HARVARD UNIVERSITY, LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOÒLOGY. SaS^ ^^ V\.\"\(>'\ .^d'^ 1 ATTI DELLA ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IIV OA'l'AIVIA ANNO LXXXIII 19 0 6 SEieiE a, TT j^ T^ rr .^ VOLUME XIX. ^ CATANIA 0. GALÀTOLA, EDITORE 1906. ATTI DELLA ACCADEMIA GIOEHA DI SCIENZE NATURALI IIV OA.T'AIVI-A. ANNO LXXXin 19 0 6 SEieiE Q,TTui^IST^^ VOLU.AIK XI\. ^ CATANIA e. GALÀTOLA, EDITORE 1 9 0 (). Catania, - Stabimmesto Tipograkicci C. Gu.àtoi.a Accademia Gioexia di Scienze Natukali IN CATANIA Cariche Accademiche per l'anno 1905-'906 UFFICIO Di PRESIDENZA RICCO l'tr. l'rol. Anmiìamì — l'i-csidvittc CLEMENTI (lomni. Prof. Gesualdo — Vice-Presidente RUSSO I'kiI. Aiiiii.ue — Segretario PENNACCHIETTI (lav. l'iof. Cìiovanm -- Vice-Segretario per la sezione di Scienze fìsiche e matemuticìte FELETTI (iav. l'iol. Uaimondo — Vice-Segrelario per la sezione di Scienze >i((tifr(iH CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE STADERINI l'iot. HiTii.io PIERI l'iof. Mahio FERRANDO I'kiI'. (Iian Giacomo GRASSI (:.i\. l'rof. (ìiusEPPE — Cassiere LAURICELLA l'iof. (ìiitskppe — Bibliotecario Elenco dei Soci Onohari, Effettivi e Corrispondenti Soci Onorari NOMINATI DOPO L' APPROVAZIONE DEL NUOVO STATUTO S. A. R. IL DUCA DEGLI ABRUZZI Todaro sen. coniui. piof. Francesco Chaix prof. Euiilio Macaluso comm. prof. Damiano Cannizzaro sen. gr. uff. prof. Stanislao Mosso sen. comm. prof. Angelo Blaserna sen. comm. |)rof. Pietro Naccari uff. prof. Andrea Striiver comm. prof. Giovanni Ròiti uff. pi'of. Antonino Cerruti sen. counn. prof. Valentino Berthelot piof. Marcellino Grassi cav. prof. Battista Schiaparelli sen. comm. prof. Giovanni Wiedemann prof. Eilliard Capellini sen. comm. prof. Giovanni Righi sen. piof. Augusto Volterra sen. prof. Vito Dini sen. comm. prof. Ulisse Ciamician comm. prof. Giacomo Dohrn comm. prof. Antonio Briosi comm. prof. Giovanni SOCI EFFETTIVI 1. Clementi comm. prof. Gesualdo "2. Orsini Faraone jn-of. Angelo 3. Basile jtror. Gioachino 4. Capparelli uff. prof. Andrea ò. Mollame cav. prof. Vincenzo (5. Aradas cav. |irof. Sahatore 7. Di Sangiuliano march, gr. uff. Anf 8. Ughetti cav. ()rof. Giambattista 9. Fichera uff. prof. Filadelfo 10. Feletti cav. prof. Raimondo 11. Pennacchietti cav. prof. Giovanni 12. Petrone uff. pi-of. Angelo 13. Ricco Uff. prof. Annibale 14. Curci cav. prof. Antonino 15. Bucca prof. Loienzo Ki. Grimaldi cav. prof. Giov. Pietro 17. Grassi cav. prof. Giu.seppe 18. Di Mattei uff. (irof. Eiuenio 19. D' Abundo prof. Giuseppe 20. Lauricella prof. Giuseppe 21. Pieri prof. Mario 22. Staderini prof. Hntilio 23. Russo piof. Achille 24. Perrando |irof. Gian tiiacomo 25. ... • : . 26 27 28 ;Jt) 30 SOCI EFFETTIVI DIVENUTI CORKISPONDENTI PER CAMBIAMENTO DI RESIDENZA Speciale prof. Sebastiano Stracciati piof. Enrico Peratoner piof. Alberto Leonardi izv. uff. avv. Giovanni* Ricciardi ntl. prof. Leonardo Baccarini prof. Pasquale Zanetti prof. Carlo Umberto Cavara prof. Fridiano Fubini prof. Giiiilo SOCI CORRISPONDENTI NOMINATI DOIM) l' API' IMM AZION H UKI. .NlUVo STAIUTO Pelizzari |)rof. (ìuido Martinetti jirof. N'ittorio Meli prof. Koiiiolo Papasogli prof, (lioryio Condorelli Francaviglia dolt. .\lari( Pisani (Ioli. I tocco Bassani c.n. prof. Francesco Gaglio ca\ . pidl. (ìaclano Moscato doli, l'a.stpiale Guzzardi iloti. Miclicle Alonzo dolt. Giovanni Distefano doti. Giovanni Gozzolino ulT. prof. Vincenzo Magnanini prof, (iaelano Sella prof. Alfonso Pagliani cav. prof. Stefano Chistoni ca\ . prof. Ciro Galitzine l'iincipe l5oris Battelli -dW = ^'W-^^-lt^ ^'^ le e(|uazioni difl'erenziali del moto e le l'orze W 1', Z siano date in modo clic la traiettoria sia in un piano passante per un ))anto dato clic ]>ronderem(>, per semplicità, comt> origine delle coor- dinate. La e(|uazi(»ne del piano sia : (2) X -f c,.v + v,z = 0, dove i eoeftìcienti r,, e, sono arbitrari e la loro determinazione, neir ipotesi fatta sulle forze date, sarà completa appenachè sa- Serie li, voi. XXXVlIl. 190r.. Atti acc. Skiuk 4', Voi.. XIX — Ml'iu. I. Fìof. G. PenitdcchHtti [Memoria I.] ranno conosciuti i dati iniziali del problema del moto. Deno- tando con a})ici le derivate rispetto al tempo e dovendosi avere : (3) •«'•' + c,.i/' + cj = 0 , il problema del moto ammetterà i due iiitei;rali primi frazionari rispetto a x' , i/' , -' : (4) zx — .vs y:' — -//' iìf — t/JC yz — zy Le (4:) es[trimouo la proprietà, manifesta a j>ri(>ri, che, se la traiettoria è piana, il momento geometrico della ([iiantità di moto o della velocità è normale al piano della traiettoria stessa. Dalla (3) si avrà identicamente, in virtù del sistema (1) delle equazioni differenziali del moto : (5) A' -f e-, r -1- e, z Eliminando e,, c^ dalle tre equazioni lineari simultanee (2) (3), (5) ovvero derivando totalmente V una o V altra delle (4) con riguardo alle (1), si avrà : X, Y, 0, la (juale equazione, svilujìpata, prende la forma : (ti) X (yz' - zy) + Y {zx — xz) + Z {xy — yx) = 0 , od anche : X (yZ — zY) -L !/' {zX — zZj -j- z (xY — yXj = 0. Da ciò risulta immediatamente la seguente proposizione, che è però evidente a jtriori senza che alcun calcolo sia neces- sario, cioè : Jj(i condhioiie iiece>!,s(iria e sufficiente affincliè un mo- Sui ìnorimeìito iiiono di vii punto ìiKitiriaU Ubero nello sjhkìo hiìe ìiltcro iicflo spazio, sottn /' a~iiaii<' paxxaìitc [ter un jiuiifo dato, è che la t't>r~n sia normali ai moincnto (/cit metrico della velocità rispetto ai jiinifn dato, <> ciò <'Iic •"■ lo stesso, // nioiiaiifo f/eometrico della farsa rispetto al j/iin/n dato sia normale alla reloeifà. Se le forze (l(l)l>oiio, jìcr ipotesi dipendere unicamente dalle coordinate .r, //, ~ e ]iossoiio dipendere, anche esjdicitaniente, dal tempo, ma non debitono dipemlere dalle componenti .r', //'. ;■' della velocità, la (('*) non può ess<'i-e soddisfatta che (|nando sia: ^ — JL — JL X y z In (|nesto case» partic(dare il momento lieometrico della quantità di moto non solo è iiormah' alla traiettoria, ma. come si sa, è inoltre costante in lirande/za ed il in-oblema del moto ammette i tre inteiirali m)tissiini delle aree, cioè soik) costanti il dcoiominatore comune e i due numeratori dei rap])orti clic costituiscoiM) i secondi meniltri dei due integrali f4). l>nn(|ue : La eondi::ione necessaria e xiiffieiente affinchè un mobile, liberi) nello spasili, neir ipotesi che Ir Ire eamponenli della forza debbano di- pendere dalle sole coordinale e possano dipindcre dal tempo, anche csplirilainenle, ma non dalli cumponenti \' , y', // della vrlueilà. resti in un piano passante per un punto dato, i che la linea d' iisione della forza passi costantemente per (juesta punto. 11. T*ii"i i-eneralmente la traiettoiia si trovi in un piano <|UMluiu|ue, cioè si toli;a la restri/ione clic il piaiu) passi ]ier un juinto dato e la equazione del piane» sia : (1) ej + <•,»/ + 0,2 = 1. ISi dovrà avere : (2) c^x -j- cjj + e/ — 0, (3) VY+ c,r+ c,Z = 0. (4) c.X' + c,Y' + e,Z' = 0 . Vrof. G. Pennaechietti [Memoria IJ essendo A", ¥'. Z , le derivate totali di A', Y, Z, rispetto al tempo. Si dovrà avere identicamente : (5) T, Y, Z X\ 1', Z' Supponendo che A', 1^, Z dipendano generalmente da x, //, z, x\ II', -', f, è ((uesta un' etinazione dilterenziale parziale alla quale debbono soddiìsfare A', F, Z atiinchè il problema del moto ammetta l' integrale (1), o ciò die è lo stesso, il problema del moto ammetta i tre integrali primi frazionari che si ottengono risolvendo le (1), (2), (3) rispetto alle tre costanti (*i, c.^, Cg. Aggiungiamo la restrizione che A', Y, Z deT)bano dipendere unicamente dalla j)osizione del mobile e possano dipendere dal tempo anche esplicitamente , ma non debbano dipendere da .<;', y\ z' . Allora la (5) sviluppata diviene : ?X , SX , . dX , , SA' dt ' ?.c -" ^ Sy ^ '^ Sz .) av - zy') + dY 1 dY , , dY , . dY z'] [Zx' - AV) + ?Z . dZ , , 3Z , , SZ -St^S^^'-^S^'+Tz ^j ixy - Yx) ^ Uguagliando a zero i coefficienti di ,r"', i/"\ z"^, jl\ì/\ i/z\ z'x. si hanno le sei e(|uazioni : (6) (7) Z SY £.'• . SX Su- .SZ ,,sz SX = 0, T ^ - Z ^^ 0, y^ i a.y ) s\ y \ Sij iSZ_ \Sz 3)' \ Sz Sy I ^'-à A Sx 'A ^^1=.0. A' .SY .S'i(/ movimento piano di iiu punto materiale libero nello spazio 5 PeW) r ultima ecjuazione è una combinazione lineare delle precedenti (<3), (7), perchè moltiplicando le (6), le (7) e Tultima rispetTivamente per —X\ — J", —Z\ XY, YZ, ZA' e somman- do, si ottiene manifestamente un' identità. Einalmente eguagliando a zero i coefficienti di .v, //', ::'. si ha : 2X^ dX ^Z (S) dt _ St __ di X y z Dalle («5) si deduce : (9) A' =: r/; {x; //, t), Y = Zf, iy, --, 0, Z = X f\ (-, .e, t), essendo fu f'i^ fs t>'e tìm/ioni soddisfacenti identicamente alla relazione : f, {ij, :, t) . r, (:, a; t) . t\ i-r, y, t) = 1. Da (luesta identità è facile trarre che , in generale , dovrà essere : _ 4-3 (g, () A (y, h 0 - ^^-^ (y^ ^) ' ' ^ , A - **'. (•^' ^) (10) ^ h (-' ^h t) - qr-T^TT) ' essendo H', (.r, /)» 1*2 (.'/< 0. H's (;?, 0 fi"^' funzioni arbitrarie degli argomenti ixtsti in evidenza. Esprimeiulo che le (D) e (10) soddisfano alla prima delle (7) si trova facilmente che dev' essere : *>■> (^' > ') = ,,. ^ I , ,,, , ^'. ^'M ') -- x„ (t) X -\- 1:, (t) ' -^ ^-^ x„ (0 .r f IT., {t) l'rof. G. Peiinacehietti [Memoria I. Esprimendo iìnahnente die anche la seconda delle (7) de- v' esseve soddisfatta, si trova : T, (-', t) ^„ (t) ^ + S (^) ove ~i (f) è una funzione arbitraria di /. Tenendo adunque conto soltanto delle (6), (7), sì lia : A' Y Z T.„ (0 .r + Tt, {t) z„ (t) X + -, (t) TI,, (t) z + 1:3 (f) e tinahnente, tenendo conto anche delle (8), si vede che i^,, (0. ■1^1 (0- ~2 (0' ~3 (0 devono ridursi a costanti li, a, />, e, all' in- fuori di un fattore comune /" {t) funzione del tempo , il quale fattore può evidentemente essere soppresso. Si avranno così le seguenti condizioni per le forze : X Y Z (11) lix -|- a Ky -\- b kz -\- e Se è identicamente k:^=o, la forza lui direzione costante ; "se Jf-\-o, la sua linea d'azione i)assa per il punto fisso di coor- dinate -, -, -. Se sono dati i rapporti di tre dello A" h A" quantità Ji, (i, h, e alla quarta, cioè se è dato il pnnto pel tina- ie deve passare costantemente la linea d' azione della forza, le costanti t'i, Co, c^ che figurano nell' e(|uazione (l) del piano , si determinano per mezzo delle equazioni : o,« -f- cj) -\- c^c -\- ìì ^= 0 , a cui, in virtù delle (11), si riduce il sistema delle (1), (2), {li) ])er la sostituzione dei valori iniziali. ,Sul mocimento piano di itn punto materiale libero nello spazio Si coiicliule che : La vomìizionc necessaria e .sufficiente af- finchè itn nwhile, libero nello spazio. .\o«/(/etfo air azione di iuta forza le cui Ire componenti debbano dipendere dalla posizione del mobile e possano dipendere dal tempo anche esplicitamente, ma non debbano dipendere dalle componenti della relocità, descriva nna traiettoria piana, è che la forza sia centrale, cioè diretta verso un punto fisso, che piièì essere aneìie a distanza infinita. Catania, 10 aprile 1!)0H. Memoria IT. Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma di fPieospora fier€arum (Pers.) Rab. per F. CAYARA e N. MOLLICA (con 2 tavole e ligure intercalati- nel testo j Lo ri{'(irclie die homo oiigetto della presente iiieiiioiia si riferiscono allo studio del cielo evolutivo di una t'orma di I^ìcn- spora herbarum (Pers.) Rai), riscontrata su toiilie di ('on/plio ausfrnlìH, e che, ciineutatji in vari substrati
  • eri)etuant(^si da un periodo vegetativo all'al- tro. Le foglie giovani, appena dispiegatesi, vi andavano soggette e le altera/ioni si accentuavano sempre più col graduale sviluppo delle foglie stesse, così da fare pensare che il processo patologico fosse di natura infettiva. L' osserva/ione attenta delle foulie malate mise in evi- denza realnumte che sulle porzioni alterate si presentavano i|ua e là tlei minuti corpiccioli nerastri, prominenti che erompevano dalla epidermide lacerala e clic, ad un occhio ahituato, si pa- lesavano (juali concettacoli fruttiferi di un micromici'te. Esami- nati infatti al microscopio, risultavano (piali periteci di uno sfe- riaceo e i)r(H-isamente di una /'lro.sp(ini. La costaii/a colla (|uale si presentavano cotesti periteci nelle ])orzioiii inaridite del lembo foiiliare. la consociazione che (|ua e là essi mostravano di avere con forme conidiche, che si connettono col ciclo evolutivo di tal genere di pirenoniiceti. avvalorarono l'idea clic ad un l'/io- Arn Ai.c. Sk.kik i\ Voi.. XIX — Mcm. II. 1 F. Canna e S. Mollica [MEMORIA IL] SjHira fosse dovuto il caso patologico oiferto dalla Cort/pìia au- stmìls. Se ne iiitraiirese perciò uno studio sia per accertare i rap- porti di parassitismo, sia jicr ])ortare un contribnlo alla cono- scenza del sno ciclo evcdutivo. 11 nuiteriale si prestava molto opportunamente ad una indagine perchè, come si disse , il pro- cesso patologico era continuativo su di un esemplare nndto ri- goolioso e ricco di foglie, le quali andavano successivamente sog- giacendo alla infezione ed offrivano perciò stadi graduali di questa. Parte di materiale veniva, ad intervalli di tempo, de- bitamente fissato i)er opportune ricerche microscopiche, e parte ci serviva per le ricerche di coltura del micromicete e per altre investigazioni. Caratteri macro-e microscopici delle alterazioni. iSulle foglie di Coriipha australis. che mostravano i primi indizi di alterazioni, si notavano delle minutissime lividure o nuicchie puntiformi giallastre, disposte in serie nel lembo de- corrente fra i cordoni fibrovascolari, macchie dovute a degene- razione dei cloroplasti, e che viste per trasparenza si presenta- vano semidiafane e come una soluzione di continuità nel tessuto assimilatore. Tali piccole macchie finivano in appresso per con- fiuire insieme in guisa da formare delle linee sinuose , limitate dai cordoni fibrovascolari e che in senso radiale si estendevano dalla base, o inserzione delle nervature, fino presso 1' estremità delle lacinie delle foglie, che per solito non raggiungevano. Mentre andavano così estendendosi le dette macchie assu- mevano grado a grado un colore giallo ])iù scuro , fino a di- venii'e giallo ocraceo o ferruginoso , dopodiché i tessuti, colpiti da necrosi, inaridivano e le macchie divenivano grigio-cineree ; il lembo allora perdeva ogni consistenza, si faceva fragile e si rompeva lungo le porzioni aiterate. Le nervature di vario ordine restavano solo in posto con sottile porzione di tessuto da parte a parte, onde l'intera foglia veniva ad essere divisa in numerose Ricerche intorno ni ciclo evolutivo di nini interessante formo ecc. fibrille riunite solo ali" cstroiiiitn delle lacitiie e presso il pie oiolo (Fig. 1). Flg. 1.— l'o^Hia iù imiìortaiiti lavori, riassuniereuio »jui bre- vetiiento le oi)inioni messe avanti da distinti niicolotfi. È noto come il Tulasne (1) assegnasse al ciclo della Pleo- ■spora hcrìxiruni ben cinciue forme di svilnppo e cioè : periteci ascofori {iSph((('ri(( htrìxinim Pers.), Iii<'nidi a stilospore minutis- sime (Ci/tispom orìncuìarÌH Berk. , Phoma herhnntm West.), co- nidi liferibili a Cliido-sporiinu ficrhandii, conidì a Sarcinula {Ma- (■ro.sjwrii(iii SarcitiKlfi Berk.) e conidi a catenella {Hcìmìnthospn- riiini t(')iKÌ.s.s-imi(m K/e, Alfoioriii tennis Xees). I criteri /cnideft vero i)eri- thecia potìssimm sera nnfuinno et lii/eme currente nutfxrare solet. L' Hallier (2) andò più oltre ed aiiginnse alle forme testé <'itato del Tulasne i corpuscoli del Cornalia, il Pniirillii(iii (/ran- de, il 7.'A//~'V"'v )ii(/rican.s; un Mierofocrus, forme di Mip'othrix e ba(!teri ! II Fuckcl (:}i o\m\l} r\\v )x.\\ Epieocoini rappresentassero j.u re delle forme macroconidiclie delle Pìrospora. Il (%)(dve (4) assegnò alla Spliaeria [Pleospora) herIxtrìOH il ciclo segU(Mite : « Conidia (Cìadosporium herharutn Lk.) ; macroconidia (.IM- crosporinm Sarcinida H. et Br.) ; pycnidia {Jli/xoftporiion orhi- vidare Berk.); stylosporae {Phoma ìierharKm West.); ascosporae [Pleospora Jierbarum llab.) ». (1) TULASNK. Scicela Funyoriim Carpologia, II p. l'iil. (2) Hallikk. Unterauch. ii. il. pflanzl. Organiam. ctc. Potsdam 1868 — Die Muaeardine Acs Eieferspiniiers (Zeitschrift fiir die Pavasitenkunilp Hd. I 1868). (3) FUCKEL. Sj/mbolac miicologicae. Wiesbadeii 18li!l. (4) COOKK. Bandbook of British Fungi, 1871, II, p. 89t). F. Cavava e N. Mollica [ Memoria IL] Gibelli e Grriffiui (1), i quali consacrarono lunghe ed ac- curate ricerche sperimentali allo studio del ciclo evolutivo della Pleospora lierhnrum, vennero alla conclusione che nelle forme as- segnate dal Tulasne alla Pìeoxpora herhartim si trovano gli ele- menti estremi almeno per due specie distinte, l' una a conidì sarciniformi e fornita di picnidi, l'altra a conidì di Alternarìa e a picnidi ignoti. Il Clado-sporiiim hcrharìim Lk. è forma concomi- tante quasi sempre colle diverse forme di Pleospora , ma è da escludersi dal ciclo evolutivo di queste. Bauke (2), nel 1S77, dalle ascospore di Pleospora otteuue : da alcune Alternarìa e picnidi e da altre Sarcinule {Macrospormm) e periteci, e concluse coli' assegnare entrambe le forme conidi- che alla stessa Pleospora capace di un'alternanza di generazione. Ivohl (3), studiando nel 1883 anch' egli le forme ottenute dalle ascospore, giunse alle seguenti conclusioni : 1. Dalle Alternarìa si hanno sempre Alternarìa. 2. Le ascospore danno Sarcinule {Macrosporium) e i)eritecì ascofori. 3. Dalle stilospore di picnidi concomitanti coi periteci di Pleospora si ottengono picnidi ed Alternarle. E conformemente ai risultati ottenuti da Gibelli e Grillini conchiuse che si possono avere due distinte specie di Phosporn. Il Saccardo nella /S//llo(/e (4), a proposito della Pleospora herbarinn, ammette però entrambe le forme conidiche di Alter- narìa e di J/acro.s7>«r/»H) ed anche uno stadio speniiogouico (Pìto- ma herbanim AVest.). Il De Barv (5) ritenne intanto come t'oi'tcniente verosimile la distinzione proposta da Gibelli e Grittìni in due Pleospora a (1) GiHEi.M e Giui'FiNi. Sul l'oli iiwrjisiiio della Pleospora lurharum Tiil. (Arcliiv. tiieiiii. del Laborat. di Botau. crittog. ili Pavia.) 1874. (2) Bauke. Beìlrdije :ur Eennlniii der Piicnideii, Halle. 1H77. (3) KOHL. Ucber den Poiymorfinmitx ron Pleospora herbanim. (Bot. Ceutr.) 1883. (4) Saccardo. Si/ll. Futtg. II. 1SS8. p. 247. (5) De Bary a. Verciliinli. Morph. h. Pìn/niol. d. Pihe, Leipzig. 1S84. Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 9 forme conidiche rispettivauiente di llacrospormm e di Alternaria. Il compianto Berlese (1) , annettendo alla Pleospora her- harum la foi-ma conidica di Maerosporium, giudicò non provata invece la forma picnidica (Phoma herbarum). Il Mattirolo (2), partendo da ascospore di Pleospora herharum tipica da un lato, e di P. infectoria Euck. ( = P. Alternariae Gib. et Grrift".) dall'altro, ottenne dalla prima conidì a 8arcinula ( Ma- crosporium) e dalla seconda Alternarle e picnidi , confermando così i risultati di Cìibelli e Uriffini e di Koiil. Arrivato a questa sola conclusione, non seguì 1' ulteriore evoluzione delle colture. Il Costantin (3) dalle spore di Alternaria, variando il sub- strato di coltura, ottenne forme somiglianti specialmente al Cladosjtorium ed altre che facevano transizione n\V Hormodendron. Il Brefeld (4) ottenne conidì di Alternaria tanto da Pleo- spora infectoria Fuck., quanto da P. vulgaris Niossl. ; invece da aacospore di P. herharum, jìresa da diversi substrati, ottenne sem- pre Sarcinule e solo dopo (jUiittro mesi accenni di periteci che non arrivarono a conn)lctarsi. Infine il Peglion (5), a projìosito di una speciale infezione dei semi di Erba medica e di Trifoglio, ebbe ad osservare su questi semi, tenuti in opportune condizioni, U) sviluppo di cate- nelle di Alternaria tennis Nees, e dopo alcuni giorni la formazione di sclerozi e di concettacoli ascofori rifei'ibili alla Pleospora Al- ternariae Gib. et Griff. Come si rileva facilmente dalla citata letteratura sono due le correnti intorno al polimortìsmo della Pleospora herharum (1) Bkrlesk a. N. Monnfjrafia di-i generi Pleospora etc. 1888. (2) Mattiuolo O. Sul polimorjinmo della Pleonpora herbartim etc. (Malpifjliiii) 1888. (3; Costantin I. Sur les rariationn den Alternaria et des Cladosporium. (Hcv. géuér. de bot. 1889). (4) Brkfkli) O. Vntersuchung. aus d. Gesammutgebiete der Mycologie. X Hcft. (.5; Pegi.ion V. Di una speeitilc infezione erittogamiea dei semi di erba mediea etc. (Keiid. Acc. d. Lincei 1903). Atti Acc. Serib 4*. Voi.. XIX — Mem. II. 2 10 F. Cuvara e X. Mollica [Memoria II.] Pers. : l'nna, secondo la (juale al ciclo erolntivo di questo pire- noinicete apparterrebbero una fonila ascofora , una picnidica o spermogonifera e più forme conidiche,ed è la corrente della vec- chia scuola di micologi descrittori (Tulasne, Hallier , Fuckel , Cook, etc), iuTanc» tentata di risollevare da Bauke ; l'altra, che è data dalla scuola uioderna di micologi sperimentatori ((libelli e Gritiìni , Kohl, de Bary , Brefeld, Mattirolo, Peglion), secondo la quale due specie almeno di Pìeo,spom sono da distinguere nel tipo della P. Ji erba rum Pers., e cioè una (F. iSareinulae Crib. et Cxriif.) ad ascospore piìi grandi, a 7 sepimenti trasversali, dalle quali nelle colture si hanno conidì a Sarcinula o Macrosporìmn, ed un'altra ad ascospore piìi piccole, a soli 5 setti trasversali, dalle quali nelle colture si hanno per conidì delle Altevnaria. Mentre non vi ha dubbio alcuno sulla costanza delle forme conidiche rispcttivauiente di il/«cj"(>*7>rt>'mm e A\ Alternaria perle due specie di Pleospora (P. herhanon = P. /Sfircinidae, e P. infec- toria=zP. Altermirme) , altrettanto non può dirsi per le forme picnidiche ottenute talora per 1 ' una specie di Pleosiwra e non per r altra e vice-versa Le osservazioni di Bauke, portanti alla uniticazione delle due specie di Pleoitporn in un solo tipo a ciclo alternante ora a co- llidi di Macrosporium ora di Alternaria con miceli anche di- morfi, sono contradette dalle ricerche dei più ; e così anche quelle di Costautin intorno ai pos.sibili passaggi da Alternaria a Cla- (ìosporium e UoruKidendron, essendo stata da tutti gli sperimen- tatori cibati esclusa la forma di Cladosporiinn dal ciclo evolutivo della Pleospora herharum e della P. infectoria. Le nostre colture. Portati da queste controversie a prendere in nuovo esame la questione del polimorfismo della Pleo.spora herharum ed aven- do a nostra disposizione materiale otìrente le due forme critiche Ricerche intorno ni ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 11 e cotanto cimentate, ci accingemmo ])ur noi a delle ricerche di colture sperimentali. 'Sei Dicembre del 1904 si cominciarono i ]irinii saggi sulla germinazione delle ascospore della forma maggiore, come chia- meremo la Pleospora a i>eriteci più grandi, erompenti, con lungo collo ricurvo ed aventi spore a sette sepimenti trasversali, rife- ribile (|nin(li alla J'Uoxponi tSarcinidde (rib. et Gritt". Le |)rinie prove di germina/ione furono anzitntlo latte in acqua potabile (1), sterilizzata mediante ehullizioue |iiiiliini:ata. I periteci di /'ìeo-spora, tolti con un ago dalle porzioni alleiate di foglia di ('on/j)/i(t, venivano enucleati direttamente sul ve- trino portaoggetti, eonteiieiite una goccia d'ac(|na, esercitando una lieve ])ressione o col coiìrioggetti o ((Ui una lancetta, l'uno e l'altra sterilizzati alla tiamuia. Trasportaiub» in alti'o vetrino il nucleo di ascili fuoruscito e comprimendolo di nuovo eolla lan- cetta si mettevano in lil»eità le ascospore in (|uautità da fornire materiale per ]tiù colture in goccia pemb'iite contenenti eiascnna un numero limitatissimo di spore, talora anche mia sola. Non ostante la bassa temperatura dell' amliieiite nel (|uale si fecero (pu^sti primi saggi (la temperatura scendeva lino a .")" e a 4" C. di notte), b' ascospore germinarono. Si notò jier altro clic la germinazione non avveniva allatto di giorno, ma solo di notte non ostante l'abbassamento notevole di temi)eratura. Seminate in- fatti al mattino nella goccia d'ac(|ua delle caim-n^tte umide di Tetro e tenute su di un tavolo al(|nauto lungi da una tiiiestra, le spore non mostrarono accenni di gi'nniiiazioiie duranti' b' ore del giorno ; mentre il mattino dopo si trovarono fomite di luiiglii tubetti g(^rminativi. A maiigior i)rova di (juesta eliofobia delle ascospore, se ne misero a germinare verso sera, <' ali" indomani si trovarono ctui cospicui tul)i gcnniiialivi. Si fecero pure delle semine di giorno, mettendo le camerette da coltura sotto una grande (1) L' aci|iia iKitaliile iisatii fu iinrlhi cU-lla e. nuliittiiia t'arcaci iiiiittostn ricca di sali «li Calcili e (li Maniiesio. 12 F. Cavava e N. Mollica [Memoria II.] cainpana di vetro rivestita di carta nera, e dopo poche ore si ebbe del pari ad osservare la foruiazioiie di tubi gerininativi. La luce perciò risultò essere condizione sfavorevole alla ger- minazione delle ascospore. Riguardo all' influenza del calore, se le basse temperature su indicate non ostacolarono la germinazione, era da vedersi quale azione avevano temperature più elevate. Si misero perciò delle spore a germinare in termostato a varie temperature , e dalle nostre esperienze risultò che le ascospore germinavano a temperature di 15°, 20°, 30° e financo 37° 0. Tut- tavia restò assodato che la germinazione avveniva in minor tempo alle temperature comprese tra i 15" e i 20° 0., si rallen- tava a 30° e cessava oltre i 37°. La latitudine adunque di capa- cità germinativa, al riguardo delle temperature, è assai grande e va da pochi gradi sopra zero fino a 37° e 1' ottimo sembra of- ferto dai 15° ai 20°. Assicuratici della cai)acità germinativa delle ascospore, pas- sammo alle colture sperimentando mezzi liquidi e solidi. Mezzi liquidi. Per substrati liquidi ci servimmo sia di acqua di fonte genuina, sia di una decozione acquosa di pezzetti di fo- glia di Corypim ausfralis addizionata del 5% tli glucosio. Dopo prolungata ebullizione si filtrava il decotto e si sterilizzava al- l' autoclave. Le ascospore a 7 tramezzi (Pleosjìora herharum), le quali appena fornuite sono circondate da uno strato muscoso che poi perdono (Pig. 2, Tav. I), messe a germinare in goccia pendente, in acqua potabile e al buio , mostravano dopo una o due ore i loculi più o meno rigonfi ed alcuni di essi , generalmente di quelli estremi, ingrandivano più degli altri, al punto che le s)>ore ne restavano alquanto sformate (Fig. 3, Tav. I). Dopo altre due ore da tali loculi si osservava la emissione di robusti tubetti germinativi cilindrici (Fig. i) , jalini, con plasma omogeneo, i quali dopo essersi alquanto accresciuti si segmentavano trasversal- mente (Pig. 5 , Tav. I) e cominciavano a ramificarsi (Fig. 6). Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 13 Dopo quattro ore circa anche le ife, che si originavano dai tabi germinativi, prendevano a ramificarsi ed i rami si allungava- no diminuendo sensibilmente di diametro, mentre tendevano a raggiungere i contorni della goccia d' acqua ed anche a 8orj)as- sarli divenendo, così, aerei. Lo sviluppo miceliare dopo dieci o dodici ore si arrestava evidentemente i)er la deficienza di mate- riali nutritizi nel substrato di coltura. Seminate le spore in goccie di decozione preparata con fo- glie di Cori/pha, allora, oltre cIk^ ad un più rigoglioso sviluppo di micelio, si assisteva in processo di tenijio ad interessanti fe- nomeni, i quali preludevano alla formazione di organi riprodut- tori. Dopo due giorni dalla semina, il micelio acquistava l'aspet- to di un fitto ed intricatissimo velo. Nei singoli articoli delle ife venivano a formarsi delle goccioline in numero di due a tre per cellula e disposte con rilevante regolarità in serie. A giu- dicare dalla rifrangenza, sembravano essere delle sostanze grasse di riserva, e cogli ordinari metodi di colorazione non si colora- vano , mentre ciò avveniva di uno o due altri corpiccioli che le accompagnavano e che erano evidentemente dei nuclei. Col- l'ulteriore accrescimento delle ife, queste escivano fuori dalla goc- cia pendente mantenendosi aderenti al vetrino per la umidità che esso presentava, ma in breve venivano ad esaurirsi. Seguitamlo ad alimentare con nuova somministrazione di decozione la goccia pendente, si ossi^rvavano dopo .'} o 4 giorni dei processi di anasto- mosi svariati fra le ife miceliche. I casi più frequcMiti erano i se- guenti: due ife decorrenti parallelamente mandavano corti ramet- ti che incontrandosi venivano a saldarsi e a fondersi insieme. Si avevano così unioni ad H (Fig. 7, Tav. I)<]ie spesso si ripete- vano in successivi articoli delle due ife (Fig. , e). Al primo setto altro ne succedeva secondo un piano normale e , dopo ulteriori divisioni, si veniva ad individualizzare una sjìora o conidio a forma di Sarcina con 2 o 3 setti trasversali e a • membrana da ])rima liscia poi minutamente aculeolata (Fig. 17). Tali c(Miidì corrispoiulevano perfettamente a quelli ottenuti già da Gibelli e Gritfiui e da altri da Plenspora So rei ìi ulne os- sia dalla vera Pleospova herharnm. In alcune di (|ueste colture su decoziri/pJi(i vcnnc^ fatto di osservare, frammiste alle forme a Sarcina o di Mncro- S2)orium, dei conidì piriformi riuniti a catenelle riferibili al tipo di Alternnria^ Ma da un lato il micelio generatore di essi si presentava diverso da (juello che generava le Sarcinule, sia pel diametro delle ife che per la lunghezza degli articoli, e dall' al- tro coteste Alternarifi si formavano in determinati pnnti , in porzioni ben limitate del substrato. 8i attribuì, perciò, la loro formazione alla casuale presenza di un micelio dovuto a conidì di Alternaria caduti in quelle colture. Tenendo in osservazione le colture che avevano dato solo dei 3fftcro.S2>oriiim, si notò che questi conidì, arrivati a completa Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessanti forma ecc. 15 luatui-ità, si disarticolavaiio dall' ifa generatrice e indi a poco en- travano essi pure in germinazione, dando luogo a ife niiceliclie die non differivano da (|uelle emanate dalle ascospore. Solo in qualche caso si aveva una variante, in quanto dai tubi germina- tivi, uscenti da vari loculi di un Jfno-osporium, dopo breve decor- so si aveva una novella formazione di Sarcinule fFig. 18, Tav. I), cosa avvertita già da Tnlasne e da (ribelli e Gviffini, in modo da ottenersi delle colonie di M(i di anastomosi; e ricorda parimenti (pianto avviene nella Bomìicra, studiata re- centemente da P. Claussen (2), il quale considera) invece la unio- ne delle ife contorte a spira come un atto sessuale, fungendo una di esse da ascogonio, V altra da anteridio. (1) Van TiKOiiKM T. Bull. d. la Soo. liot. de France T. XXIII p. 271-279. (2) CLAU8SEN T. Bot. Zeitiing lalirg. IìIO.t Heft. I/II. 16 F. (Javara e N. Mollica | Memoria II A confenim di queste vedute, che 8ono da noi condivise, ci sarebbe la seguente osservazione e cioè che là dove non avve- niva la corrispondenza di due ife attorcigliate a spira, ma se ne formava una sola in un determinato punto della coltura, si ve- deva che essa, dopo aver conseguito alcuni giri di spira, rima- neva stazionaria per parecchio tempo, senza che intervenisse al- cuna modificazione di forma, senza che si costituisse alcun go- mitolo; anzi il suo contenuto da granulare si faceva omogeneo e poi acquoso, e la membrana lentamente difluiva fino a non di- stinguersi più dal contenuto : in una parola il cirro micelico ca- deva in degenerazione. (1) Dal gomitolo formatosi per l'unione intima di due ife a pastorale, in seguito a processo di segmentazione si veniva a for- mare un nodulo pseudo-parenchimatico che, mentre aumentava in grandezza e compattezza, andava gradatamente modificandosi alla periferia. Ivi le membrane delle ife venivano via via sclero- tizzandosi e assumendo un colore ocraceo che si intensificava sempre più. Si era costituito , in altre parole, uno sclerozio, la cui durata di vita latente era più o meno lunga, e che per strut- tura e dimensione corrispondeva bene a quelli riscontrati sulle foglie alterate di Coryplia anstraUs. Dopo un mese e mezzo dalla semina delle ascospore, cotesti sclerozi erano già divenuti dei periteci ascofori forniti di aschi con spore a 7 sepimenti trasversali del tutto identiche a quelle dei periteci tratti dalle foglie di Cory2)1ia. I periteci ottenuti nelle nostre colture in goccia pendente avevano carattere affatto sporadico ; la forma loro era assai regolare ed erano forniti di un lungo collo (Fig. 20, Tav. I) (1) La sterilità che si osservò iu colture assolutamente pure, ottenute, cioè, per germi- nazione di una sola ascospora, fa assegnare alla specie da noi studiata carattere di eterotal- lia, analogamente a quanto si verifica in certe Mucorinee (Veggansi il lavoro di A. F. Blakkslbb Sexiial Reproduchtion in the Mucorineae. Proceedings of the American Academy of Art and Sciences voi. XL. N. 4. 1904.). Ricerche intorno al ciclo evohitiro di una interessante forma ecc. 17 incurvato Huperionnente. Tanto nella parte rigontia (juanto nella ristretta mantenevano per qualche tempo i-esidui di ife brune che poi scomi)arivano interamente a matnrità. Dai periteci co8Ì ottenuti si ebbero ascospore ben formate le quali servirono a nuove colture, sempre in goccia pendente, di decozione di Corifplia. Essendosi la temperatura dell' ambiente di un poco elevata, si ebbe tosto la germinazione e dopo 5 o 6 giorni la formazione di conidì a Sarcinula che, staccatisi dai co- nidiofori, presero a germinare dando nuovo micelio. Dopo soli quindici giorni si riebbero sclerozi e periteci che maturarono ottimamente ascospore. Si riprese a coltivare pur queste asco- spore e si completò novellamente il ciclo evolutivo, e così per cinque volte di seguito, non ottenendosi mai altre forme all' in- fuori delle Sarcinule e dei periteci ascofori. Benché soddisfatti di (jucsti risultati ottenuti con tanta co- stanza, partendoci senipn^ dalle ascospore, volemmo invertire le ricerche prendendo per jìunto di piutenza la forma conidica e cioè il ^[acroHporììnn. Seminammo delle spore di «piesto ifomi- cete nello stesso decotto di C'oriijtÌKi, avendo ogni cura perchè le colture riuscissero ])ure e mettendo in ogni goccia da uno a pochi conidì. Ottenuta la germinazione regolare di (|uesti e la formazione di un abbondanl*- micelio, vedemmo ripetersi nelle sue ife le stesse anastomosi notate già jiel micelio avuto dalle ascospore, e formarsi, dopo po< lii uionii, nuovi conidi a Sarci- nula. Questi germinarono alla ion» volta, e dal micelio l'ormatosi si ebbero do])o una ventina di giorni gli aggrovigliamenti caratte- ristici preludenti alla formazione degli sclerozi. Prodottisi (|uesti, e con forme simili a quelli avuti dalle ascospore, si ditlerenzia- rono, in altri 10 o 12 giorni, in veri periteci con aschi e ascospore a 7 setti. Non è stata certo pi(H'ola la nostra soddisfazione l'aver otte- nuto in temi)o relativamente breve (poco piìi di due mesi) la y\\w- tizione del ciclo evolutivo con costante alternanza di conidì e di concettacoli ascofori partendo tanto dalle ascospore quanto dai Atti Acc. Skuik 4", Voi.. XIX — Mom. II. 3 18 F. Cavava e N'. Mollica [Memoria II.] collidi. Ed ei-a ben giustificata la nostra soddisfazione se si pensi che i periteci furono in iscarsa misura ottenuti da alcuni investi- gatori, e non ottenuti atfatto da altri. Il Brefeld, che si può dire il maestro in micologia sperimentalo, non ne ottenne attatto in sei mesi di colture ! Jle::::! solidi. Parecchi furono i mezzi solidi di coltura che si sperimentarono. Anzitutto si usarono le patate bollite, tagliate a fette di 1 cm. circa di spessore e sterilizzate air autoclave. Le ascospore della solita forma, a 7 setti, germinarono i)restissimo dando luogo ad un fìtto ed intricatissimo micelio cotonoso a disposizione raggiata, avente per centro il punto in cui era avvenuta la inoculazione delle ascospore (Fig. 2). Dopo qualche giorno i rami conidio- fori si erano già formati sollevandosi sul substrato a guisa di zone scure di aspetto vellutato. Staccando dei pezzetti di coltura ed esaminandoli al micro- scopio, essi risultavano costituiti di perfettissime iSarcinule portate dai so- liti rametti di colore ocraceo. Dopo venti giorni cir- ca ap])arvero degli am- massi di colore bruno risultanti dall' insieme (li tanti corpicciuoli glo- Fig. 2.-(.oiiuiii Mi |,uiaiii,ii.,.M.i.-.|,ure,ii iVto.sj^ui-a jierfcai-Ki». buhirl o globoso-dcpreS" si, spesso anche di forma irregolare che si riconobbero nelle preparazioni mi<'roscopiclie ])er sclerozi. Evidentemcjite nel mezzo solido la formazione di cotesti sclerozi avveniva più tumultuosa che non nel mezzo liquido e da ciò anche la loro forma irregolare e le varie dimensioni da Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 19 essi assunte. Lo stato di riposo di questi sclerozi durò assai piii a lungo che nelle colture in goccia pendente, poiché la loro tra- sformazione in periteci ascofori si fece aspettare oltre un mese e mezzo. Per affrettare lo sviluppo di questi si tentò da prima di sottoporli ad una temperatura più elevata in un termostato, ma senza effetto ; solo si ebbe a notare un risveglio vegetativo delle ife periferiche degli sclerozi, le quali dopo essersi allungate alquanto diedero di nuovo delle Sarcinule (tig. 19, Tav. 1). Aiudie il Tulasne figura di tali Sarcinule procedenti dal ]»eridio dei periteci. Ritorneremo più avanti su tale fatto. Non risconti-andosi differenziazione in ascili del contenuto di questi sclerozi, si pensò che questi potessero essere delle forme picnidiche, ma anche (|ue8to dubbio svanì per la nessuna com- parsa di stilospore. Siccome intanto il mezzo solido usato, cioè le patate, an- dava essiccandosi per continuata evaporazione dell'acqua propria, sottratta anche dai miceli , si jìcnsò di aggiungere dell' acqua distillata nelle scatole Petri entro cui stavano le fette di patate con le colture. Dopo 5 o (5 giorni esaniinati gli sclerozi si ri- scontrò che in essi erano venute a differenziarsi delle cellule o ife ascogene ed in alcuni gli stessi aschi. Eravamo così venuti in pitssesso di un mezzo assai accon- cio per ottenere in gran numero e sclerozi e |)eritecì che ci ser- virono poi, come diremo, ad interessanti ricerche sulla evoluzione di questi organi riproduttori. Altro mezzo solido da noi tentato fu la zucca , quella va- rietà che ha polpa aranciata assai ricca di sostanza zuccherina. Si ebbe qui pure un abbondante sviluppo di micelio, non però così rigoglioso come nelle patate e senza la regolare struttura raggiata che si avvertiva in queste (Pig. 3). Si formarono Sarcinule e dopo qualche tempo sclerozi in quantità, non solo alla superficie delle fette di zucca ina anche nell'interno di queste per compenetrazione, nella molle polpa, del micelio. Ad accelerare la trasformazione degli sclerozi in periteci 20 F. Cavarli e X. Mollica [Memoria II.] riuscì qui pure V addizione di iie(|ua distillata. Non si veriticò mai alcuna forum picnidica. Le carote bollite non diedero risultati soddisfacenti. Il micelio scarsamente sviluppato originò dopo parecchi giorni delle Sarcinule ma non sclerozi e quindi né anche periteci. Le mele bollite e ta- gliate a fette si mostra- remo un eccellente sub- strato. Il micelio si svi- luppò copiosissimo dando dopo pochi giorni Sarci- nule e al decimo giorno sclerozi. Addizionate le colture di acqua distilla- tasi diedero esse pure pe- riteci, molti dei quali più regolari che nelle patate e nelle zucche , con collo allungato come nelle colture in goccia pendente. Si volle pure tentare la coUa d'amido del commercio, sem- pre in scatole Petri. Si ebbe copioso micelio e pur copiosa pro- duzione di Sarcinule. Ma coli' essicarsi del substrato si arrestò completamente lo sviluppo delle colture. Le colture in (/elatina ordinaria , preparata secondo la ri- cetta di A. Mayer, (1) cioè: ce. 500 acqua gr. 6 peptone Witte Fig. 3. — Coltura «li Macrosporiiim su fetta di Zucca. gr. gr. gr. 4 estratto di carne Liebig 1 cloruro di sodio 5 destrosio 50 gelatina marca d' oro (1) A. Mayer, l'ruk'icmn tiir holaiiischin Bakteiieiik'undc, Jena 1903 j). 28. Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 21 diedero pure un copioso sviluppo di micelio tìoccoso dal quale si ebbero indi a poco Sarcinule e sclerozi. Per altro per suc- cessiva liquefazione della gelatina avvenne una sommersione del fungo e una degenerazione di questo manifestantesi con acutissimo odore ammoniacale. Non valse il trasportare micelio e sclerozi in gelatina fresca a fare riprendere Io sviluppo; forse per prodotti laterali nella scomposizione dei costituenti della ge- latina era avvenuta un'intossicazione delle ife e delle cellule de- gli sclerozi. Neil' agar-mjar , preparato pure secondo la ricetta di A. Mayer (Op. cit.), si ebbero ottimi risultati, e cioè, micelio ab- bondante, tioccoso, formazione rapida di Sarcinule e susseguen- temente di sclerozi e periteci ascofori del tutto conformi a quelli ottenuti con altri substrati. Riassumendo i risultati dcjUc colture in mezzi tanto ii(|nidi che solidi di Pleospora hcrharnm si ha che : 1. Dalle ascospore di |)eritecì tratti da foglie di Con/pìia si ebbero sempre da prima dei conidi sarciniformi e successiva- mente sclerozi e ])()i periteci ascofori. 2. Dalle Sarcinule o MacrosinrriHm, ottenuti dalle ascospore si ottennero altre Sarcinule, degli sclerozi e dei periteci ascofori. Essendosi completato questo ciclo cinque volte consecuti- vamente in mezzo li(|uido e su quasi tutti i mezzi solidi tentati, senz' alcun altra forma intermedia nò conidica né picnidica ci siamo ritenuti autorizzati a riconoscere nella Plfospora studiata queste sole forme, e cioè : due forme vegetative date dal micelio filamentoso e dagli sclerozi e due forme riproduttive : 3[acro- sporitim e ascospore, con una ritmica alternanza avendosi questa successione : micelio — .ìfacrosporinm, sclerozi — ascospore. Questo schenux del ciclo evolutivo della Pìeospora herhariim è il più semplice di quanti altri sieno stati presentati o presunti dai vari investigatori : ma attesa la ritmica ripercussione delle due forme riproduttive, ottenute in tanti diversi substrati, ed in così gi-ande copia, siamo indotti a ritenere il nostro schema (^ome 22 F. Vavara e N. Mollica |Memoeia II.] la espressione netta e deiìnitiva del ciclo evolutivo di questo pi- renomicete. Colture con ascospore di Pleospora a ò .setti ( P. Alter miriae Gib. e Griflf". =P. infectoria Euck.). Oouie abbiamo fatto notare fin dal principio di questo lavoro , le foglie di Corypha nelle loro parti alterate albergavario oltre alla forma di Pleospora her- barnm, della quale abbiamo studiato il ciclo biologico, un'altra Pleospora a periteci più piccoli , con ostiolo non prolungato a guisa di collo, e ad ascospore a soli cinque setti trasversali. Inol- tre erasi pure osservato che alla superficie delle macchie si pre- sentavano talora dei conidì riferibili ad Alternaria. Dovevasi quindi procedere a colture anche di questa forma , per quanto fosse già noto come essa non abbia nessi genetici con la Pleo- sjiora Jierbarum. Colle ascospore di essa si ripeterono, perciò, le stesse esperienze di colture fatte per l' altra specie. In goccia pendente con decotto di Corypha si ebbero gli stessi fenomeni circa la germinazione delle ascospore, e cioè: ri- gonfiamento di alcuni loculi inducenti altei'azione di forma nelle spore, produzione di più tubi germinativi, d' onde ife miceliche ramificate, incolore, e la produzione, dopo cinque o sei giorni, di conidì riferibili al tipo di Alternaria succedentisi a catenelle con straordinaria regolarità. Crediamo supei-fluo il descrivere qui il modo di formazione sia dei conidì ad Alternaria sia delle colonie di queste. È da notare soltanto che nessuna forma intermedia fra Ai- ternaria e 31acrosporium apparve nelle colture, e che germinando dopo pochi giorni le Alternaria ottenute dalle ascospore davano luogo a nuovo micelio che non produceva le particolari dispo- sizioni a cirro o a pastorale che notammo nel caso della Pleo- spora herbarìim, ma solo qua e là manifestava delle abbondanti e compatte ramificazioni assumenti un aspetto cespuglioso. Il significato di questi cespuglietti micelici non si potè col- pire poiché essi in ibreve subivano degenerazione. All'infuori di Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 23 queste manifestazioni, non si veritìcavono altri fatti che si po- tessero mettere in relazione con la formazione di sclerozi e tanto meno di concettacoli ascofori. Una nuova produzione di Alter- narle aveva luogo tino all' esaurimento del substrato di coltura, e nulla piìi. Si rifecero nuove colture coi conidì di seconda generazione, ma si ebbe una ripetizione degli stessi processi con novella for- mazione di Alternane. Solo a titolo di curiosità noteremo che in alcune colture si riscontrarono dei singolari gruppi di Alternarle in luogo delle regolari ordinarie catenelle , così da fiir pensare alla costituzione di gomitoli micelici preludenti alla formazione di sclerozi o di periteci. Ma esercitando su tali accumuli di Ai- ternarie una lieve pressione con vetrino coprioggctto , si ve- ritìcava subito la dissociazione dei conidi non restando che un gruppo di ite brevemente ramiticate e fra di loro a bastanza intimamente riunite. Si tentarono anche colture partendo dalle Alternarle, sia ot- tenute dalle ascospore, sia prese da foglie di Cort/pha; ma dopo un rigoglioso sviluppo di micelio e di conidi, non ostante ripetute somministrazioni di liquido colturale, non si ebbe produzione al- cuna di sclerozi e tanto meno di periteci. Nei mezzi solidi non si «'bbe maggior fortuna circa la pro- duzione di forme di organi riproduttori oltre le conidiche. Nelle patate le ascospore diedero abbondante micelio vellu- tato, uia non cotonoso o tìoccoso come nella forma ]>recedente- mente descritta, e dopo 5 o (5 giorni si venivano a ditferenziare parti più sollevate siccome zone annulari intercalatamente piane e rialzate che assumevano colorazione verde oliva scuro. Parano le ife conidiofore che prendevano tale disposizione ; ed esaminate al microscopio le zone più scure risultavano costituite di fìtto intreccio di catenelle di Altcrnaria. Lasciate a sé per molto tempo coteste colture non manife- starono alcuna variazione, e non si ebbe accenno a formazione di sclerozi e di periteci. 24 F. Cavava e N. Mollica | Memoria II]. Nelle carote fu debole sin dall' inizio lo sviluppo del mi- celio, uè alcuna particolarità richiamò la nostra attenzione. Si ebbero dopo parecchi giorni coiiidì di Alternarla, e nulla più. Su dadi di polpa di ::Hcca le ascospove germinarono ottima- mente dando un micelio olivastro disposto a zone, come nelle patate, e con copiosa produzione di Alternarie. Il nuovo micelio che si generava per la germinazione immediata delle Alternarie determinava un processo di erosione nel substrato polposo che ne restava come alveolato o spugnoso. Notammo nella nuova pro- duzione di Alternarie molti casi d' involuzione che facevano pensare a possibili forme di passaggio ad altre sorta di conidì , ma erano vere e jiroprie forme degenerative. Anche qui nessun indizio a formazione di sclerozi e di periteci. Su fette di mele cotte , abbondante si sviluppò il micelio che diede le solite Alternarie in tempo anzi piìi breve che ne- gli altri substrati ed in alcuni punti in modo tumultuoso. Es- sendosi disseccate alquanto le fette di mela si pensò di aggiun- gervi acqua sterilizzata per riattivare lo sviluppo del fungo. Si ebbe infatti un notevole risveglio nel micelio con nuova produ- zione di conidì di Alternaria, ma non apparvero mai uè sclerozi, uè picnidi, uè periteci. Coir amido del commercio in forma di colla si ebbero gli stessi fenomeni che per la Pleospora a 7 setti: abbondante micelio, produzione di conidì seguita però da esavirimento del substrato. Le colture in f/elatina diedei'o uno splendido sviluppo di mi- celio da prima omogeneo, poi in determinati punti distintamente zonato in seguito a formazione intermittente di ife sterili e di conidiofori con Alternarie (Fig. 4). Qui pure si ebbe la fusione della gelatina e la sommersione del micelio e delle Alternarie, ed in appresso la degenerazione del fungo. In agar-agar le ascospore germinarono ottimamente dando luogo ad abbondante micelio e ad Alternarie, senza seguito di altre forme riproduttive o metagenetiche. Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 25 Kiassumendo i risultati ottenuti colla seconda forma di Pleo- spora, cimentata nei vari substrati, si ha che : 1. Le ascospore a cimine setti trasversali, di periteci tratti dalle macchie fogliari di Corypha uustralis diedero infallantemente dei conidì piriformi mu- rale-settati , riuniti in catenelle, riferil)ili ad Alternaria (certamente VAlternaria tenuis'NGefi). 2. Le Alternarie ot- tenute da ascospore, ger- minando nello stesso substrato di coltura, die- dero novellamente delle AUernaria. 3. Le Alternaria sia delle colture, sia prese dalle loglic^ di Ctirìnilia (substrato natu- rale), coltivate a sé, diedero costan temente Alternarie. 4. Non si ebbe in ((uesta seconda serie di esperienze pi"o- duzione alcuna di sclerozi. \\l- di periteci. E adunque assai diverso il comportamento nelle colture di questa forma di P/eo-spora :i sporca a 5 setti, da (jnello offerto dall' altra forma a 7 setti sopratutto pel fatto saliente della ripetizione della forma conidica e pel mancato completamento del ciclo evolutivo. Ad altri investigatori era i)un! occorso di verificare simile ripetizione di forma conidica (Alternaria) senza ottenere periteci (Kohl, Brefeld, Costantin), e gli stessi Gibelli e Cìrifìini (1), ai quali venne dato di ottenere periteci in colture di oltre due mesi, eb- bero a fare la seguente dichiarazione «.... ci conviene dire che Fig. 4. — C.olliira a piatto in jrolalina di ascospore (ii Ph'ospora Aìlernariae. (1) GiBKLi,! e Griffini op. cit. p. 87. Atit Acc. Skrib 4*, Vor.. XIX — Moni. II. 26 F. Cavava e N. Mollica [Memoria II. finora non abbiamo ancora potuto trovare le condizioni oppor- tune per la formazione dei periteci dalle ascospore che ci pro- dussero Alternarle nelle nostre seminagioni, poiché tre sole volte, sopra ventidue preparati che fruttificarono Alternarle, si orga- nizzarono i periteci con ascospore (1). » La ragione di cotesta difficoltà di dare periteci, per parte della Fleospora Alternariae Gib. e Grifi"., nei substrati colturali è forse da ricercarsi, secondo noi, in speciali attitudini fisiolo- giche di questa specie e precisamente nel suo comportamento di parassita f\icoltativo. Stragrande è infatti in natura la difl^ii- sione della sua forma conidica {Alternaria tennis Nees) la quale ha abito decisamente saprofitico. Essa, al pari del Gladosporiinn herharum, è uno dei più comuni intrusi delle nostre colture, come pure una delle forme piìi frequenti negli organi vegetali in via di decomposizione. Cotesta forma conidica basta a se stessa nei substrati organici, ma non in (]uelli organizzati, e ci»') risultò nelle colture da noi e da altri fatte. Se condizioni speciali, clie noi ignoriamo , permettono a questo pirenomicete di insediarsi in organi vivi di piante supe- riori, ivi esso può completare il suo ciclo e dare periteci ascofori. È così che si può spiegare la presenza de' suoi periteci nelle foglie della Oonjpha mistrnlis sulla quale, come si disse, si ri- scontrarono anche i conidi alla superficie delle parti alterate. Si spiega pure in tal guisa il risultato ottenuto dal Peglion su semi di Vicia e di Trifolium attaccati da micelio di Pleo- S])or a Alternariae, che messi in opportune condizioni diedero luogo prima ad Alternarle e successivamente a periteci as(!ofori. Se la nostra induzione è conforme al vero, le alterazioni delle foglie di Corypha nustralis dovrebbero essere causate piut- tosto à'cxWa. Pleospora Alternariae Gib. e Griif. (P. infectoria Fuck.) anziché dalla Pleosjwra herharum (Pers.) Rab. le cui attitudini (1) Da questo passo citato del moiiioiabile lavoro di Gibelli e Griffini, risulterebbe errata r aft'ermazione del Mattirolo (Op. cit. p. 362j che da collidi di Alternaria Gibelli e Griffini ottenessero periteci complessivamente in 23 colture. Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 27 saprotìtiche sono luminosaniente confermate dalle nostre come dalle pi-ecedenti ricerche. La presenza della P. herluirìim sulle fog^lie alterate di Cory- pha australis dovrebbe ascriversi a mera consociazione ed all'a- vere essa trovato, nelle porzioni già danneiiiiiate od uccise dalla P. infecforia, un substrato adatto |>el suo sviluppo. Quanto ad altre forme nietagenetiche, per ambo le specie di Pleo-sporn, esse dai numerosi e costanti risultati delle nostre colture su così svariati substrati, sono da escludere. Riteiiiiiuio (|uiii(Ii, e con ogni ragione, ])rive di nesso genetico le forme picnidiciie ascritte dai vari autori ora alla Pìcospora Jierìmrum Pers. (P. /Snrciuuìae Gib. et tìriif.) ora alla Pìcospora infectoria Fuck. {P. Alternariae Gib. et Griif.). E se picnidi o altre forme conidiclie, oltre le due oniai indiscutibilmente ammesse di Macrosporiitììi e di Alternarla, ri- spettivamente per la /*. ìurhannn e /'. Alternariae , sono stati riscontrati in substrati di coltura di questi due Pirenomiceti, è da ritenersi , a nostro avviso , clu^ essi rappresentino delle ca- suali intrusioni e non facciano assolutamente parte del ciclo evo- lutivo delle PleoxjKtra in (juestione. La leggenda del polimoriìsmo di (|neste è andata via via spogliandosi delle iperl)oliclie gonliatnre di Hallier, delle com- plicate associazioni di Tulasne e di Euckel, dopo che le colture sperimentali condotte con procedimenti esatti hanno ridotto al giusto valore le fasi evolutive. Sussisteva tuttavia tino ad oggi la credenza che forme picnidiche (Phoniii, Cito-spora, etc.) potessero rappresentare degli stadi intermedi, attese le frequenti consocia- zioni di queste con periteci o con forme conidiche sullo stesso substrato naturale ; e i risultati di parecchi sperimentatori ave- vano pur dato peso a cotesta credenza. Ma la non concordanza di questi stessi risultati, i dubbi espressi in [ìroposito da auto- revoli investigatori da un lato, e il responso assolutamente ne- gativo delle nostre colture dall'altro, tolgono ogni valore all' am- missione di forme metagenetiche date da picnidì. 28 F. Cnvara e N. Mollica [MEMORIA II.J Ciò che ha molte volte indotto i micologi ad atfermare il polimorfismo dei Piveiiomiceti è stato anche il critevio dell'evo- luzione o differenziazione organica che ha fatto supporre una ge- rarchia di forme negli organi riproduttori: alcune più semplici ritenute inferiori, altre più complicate ritenute superiori, fino da arrivarsi alla provvisoria e convenzionale distinzione di funghi wqjerfetti per tutte le forme inferiori (conidiche e picnidiche). Le invocate ricerche sperimentali che avrebbero dovuto dipannare la intricatissima matassa dei cicli evolutivi per ridurre ad un giusto limite e valore le specie fungine, non hanno dato che scarsi ed incompleti responsi, e spesso in queste ricerche il pre- concetto di una graduale evoluzione organica , di una ritmica successione di forme, dalle più semplici alle più complesse, ha finito per dar peso e valore a fatti non bene accertati e ad os- servazioni non abbastanza scevre dall'errore, così facile ad insi- nuarsi nelle esperienze. Se le risultanze delle molte])lici e svariate nostre colture , con tanta costanza, di dati i quali collinn^no con i più salienti ottenuti da scrupolosi ricercatori che ci hanno preceduto, posso- no avere sufliciente valore probatorio, le due forme di l'ieo-spora che si trovano così frequentemente consociate anche su di uno stesso substrato, devono ritenersi, come già ebbero a dimostrare Gibelli e Grifiìni, due specie distinte che, in omaggio ai due mi- cologi italiani che le sceverarono ])ei primi, potrebbersi tuttora indicare per Pleo-spora Sarcinuìae Gib. et Gvifi'. e Pleospora Al- ternariae Gib. et Griff. Alla jirima apparterrebbe io le numerose forme della Pleo^-jmra Jurhariim (Pers.) Kab., alla seconda la Pleosjìora infectoria Puck., la P. vulgaris Niessl, e forse altre. Aml)edue le specie collettive hanno un ciclo di sviluppo assai semplice, e integrato in due forme di organi riproduttori : i conidì o spore esogene (rispettivamente Macrosporium e ^1/- ternaria), e le ascospore o spore endogene a 7 e a 5 setti. Questa duplicità di forme riproduttive è, dopo tutto, conforme a quanto si verifica in molti altri funghi ed in tante alghe. Le Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 29 Carposporee alle quali i Pireiiomiceti sono equiparati in ra- gione della coniplican/a deuli organi riproduttori, (e sempre nuove omologie vengon messe in luce dai recenti studi sui loro processi fecondativi), presentano tipicamente cotesta duplicità di organi riproduttori. D' altronde è pure assodato cbe altre specie di Pleospora danno solo conidi e periteci, così la Flcospom frichosfoma (Fr.) Wint., che è una specie collettiva , comprendente forme che si sviluppano sulle graminacee. Dalle ricerche di coltura e di ino- culazione istituite da Dieticke (1) risulta appunto che a lato dei concettacoli ascofori si sviluppano, jxm- le forme comprese in que- sta specie, dei conidi riferibili ad llclminthosporinm. Sviluppo degli sclerozi della Bleospora /lerbaruni (Pers) Rab. V. Cortjp/Kie Cav. et Moli. (2) Se le precedenti ric'crchc hanno ni<>sso in chiaro le tasi evo- lutive delle due specie di Plconpora che albergavano le foglie di Cori/])Jia auxtmUs e, parti(rolarmente i>er la P. herhnrvm, hanno dato piena conferma dei risultati ottenuti da altri micologi e sopratutto da (iibclli e (Jriibui , parve a noi cbe un punto jib- bastan/a oscuro restasse a chiarire e cioè lo svilup]») degli scle- rozi e hi loro differenziazione in periteci ascofori. .Mia soluzioiui di (piesto ]»roblenia furono intese le ulteriori nostre ricercbe prendendo le mosse» dallMnizio degli sclerozi stessi, seguendo gradatamente le modiiicazioni di forma e di strut- tura tino alla loro completa trasformazione in organi riprodut- tori, ossia in periteci ascofori. Il materiale copioso da noi ottenuto, in così svariati mezzi di coltura, si offriva egregiamente ad essere utilizzato per simili (1) Vedi DiKTiCKE H, ìjbcr dcn Zìinammenhang zwischen Pleospora u. HcluiintliDsporium- Aiteu. Ceutralbl. f. Balcter. u. l'arassitoiik. 1902. (2) DiFFKUT A TYPO : petithciiis (/loboso-conicis numquam coUabeacentibns, ostiolo in collum praelongum, cylindraciuni, arcuatum protracto. 30 F. Cavava e N. Mollica. [Memoria II.] indagini i cui risultati cercli eremo di riassuuiei'e qui breve- mente. Il modo di prendere origine degli sclerozi è già stato da noi in parte descritto, ed anche interpretato quale il risultato di un processo fecondativo e più precisamente di un atto di coniuga- zione di ife (gameti) morfologicamente non differenziate. Nei substrati liquidi le ife destinate a tale processo si at- torcigliano a spirale, e dalla fusione della estremità di due di queste ife, così avvolte a spira, sembra trarre origine lo sclero- zio. Una conferma di tale induzione non si potè avere in dati di ordine citologico essendo stata assai scarsa la produzione di sclerozi e di periteci nei substrati liquidi. Tuttavia l'osservazio- ne da noi fatta del ripetersi di simili disposizioni di ife pi'elu- denti alla formazione di sclerozi, e l'altra osservazione non nieno importante relatira alla sterilità di ife avvolte a spira, isolate, ossia ottenute dalla germinazione di un'unica ascospora, avvalorano certamente 1' ipotesi di un processo fecondativo presiedente alla formazione di uno sclerozio. Xei mezzi solidi di coltura, che come si è visto, furono molti e diedero sclerozi in grande quantità per la Pleospura herhurmn, fu possibile api)rofondire delle ricerche e seguire, nelle varie fasi, lo sviluppo di tali organi. 11 materiale di coltura veniva, in tempi successivi, tassato con soluzione alcoolico-acetico di sublimato corrosivo , e previa un passsagio di 20 a 24 ore in alcool jodato, passato agii alcooli e agli xiloli (xilolo X alcool, xilolo puro) e indi imparaffinato e se- zionato al microtomo. Non ostante il processo di sclerotizzazione cui vanno soggette le ife periferiche degli sclerozi, l' iniparaffina- mento riuscì quasi sempre egregiamente, atteso il lungo soggior- no (12, 24 fin 48 ore) al quale si sottopose il materiale nei vari passaggi. Le sezioni attaccate al portaoggetti con glicero-albumina Mayer , dopo essere state negli xiloli e negli alcooli , venivano colorate preferibilmente con Ematossilina (metodo Heidenhein al Ricerche intorno al ciclo evolutivo ài una interessante forma ecc. 31 l'allume ferrico) e molte volte ricolorate con Grange per dare mag- gior contrasto ai nuclei in seno al protoplasma. Dair esame di migliaia di sezioni , così ottenute, emersero fatti di non dubliio valore, che certamente aprono la via a nuo- ve interpretazioni intorno alla genesi ed al significato degli scle- rozi, come anche relativamente alle diftcrenziazioni interne che conducono alla maturazione degli organi riproduttori od ascili. Prendiamo in attento esame le fasi tutte. L' unione dei gameti, od ife destinate a coniugarsi, avviene nei mezzi solidi con (jualclie variante. Tali ife non si attorcigliano più a pastorale, come ne' mezzi liquidi, ma o subiscono una lieve incurvatura che agevola il loro combaciamento (Fig. 21, 22, 25, 27, Tav. II) ovvero «piesto lia luogo senza alcuna curvatura fra due ife che si dispogono parallelamente 1' una rispetto all' altra (Fig. 23), ovvero mettendosi rispettivamente di fronte colle loro estremità (Fig. 24). Quasi sempre sono gli articoli terminali che contraggono aderenza fra di loro (Fig. 21, 23, 24, 25) ; in alcuni casi per^ l'unione può effettuarsi anche fra una cellula terminale ed una intercalare (Fig. 22, 27) o fra due articoli intercalari (Fig. 2(5). Le jìorzioni di ife che vengono a nu^ttersi a contatto restano sempre limitate da un setto trasversab* dalla rimanente ifa , e sono fornite di un vistoso nucleo ognuna, e di abbondante proto- plasma spesso vacuolizzato, onde dallo strato parietale di esso si dipartono sottili banderelle chi! vanno al nucleo. Questi carat- teri citologici rendono assai manifeste le ife che iniziano il pro- cesso di formazione degli sclerozi, oltre la maggiore loro gran- dezza in confronto delle ife, sterili o vegetative. Il processo di intima unione delle due ife in coniugazione, se ci è sfuggito in alcune sue fasi, resta però sufficientemente provato da alcuni fatti da noi colpiti e che abbiamo cercato di rappresentare nella Tavola II che accompagna la presente me- ni oiùa. Anzitutto, dopo essersi stabilito il mutuo contatto delle ife 32 F. Cavara e N. Mollica [Memoria II.J destinate a compiere il processo di coniugazione, si potè osser- vare parecchie volte una reciproca da (luella ciic può es- sere assunta per base (in (pianto è a contatto del micelio da cui si è originat<» e (luiiidi del substrato di coltura) verso la opposta che diventa perciò 1' apice del futuro peritecio (Eig. -Al Tav. II). Tale orientazione e stiramento di cellule interessa da prima un piccolo nucleo di elementi, il (piale va poi aumen- tando fino a toccare i più interni degli strati del peridio. E una trasformazione in elementi allungati, forniti di vistosi nuclei, delle cellule poliedriche, isodiametriche dello sclerozio; e tali elementi sono fra di loro disposti in serie e strettamente uniti in fascio. Per la forma loro e pei rapporti che vanno ad assumere in seguito essi sono da considerarsi come gli inizi delle cosidette parajì.si, la comparsa delle (piali precede, come si vede, (|uella degli aschi. Nel maggior numero dei casi la genesi di (]uesti elementi allungati disposti in serie lineari si accenna in un punto più o meno centrale dello sclerozio ; ma non infrcfiuentemente dan- nosi più punti di origine, sjjcsso due, talora ma più raramente tre ; ed apparendo (juesti nelle sezioni mediane degli sclerozi , si può dedurne che la differenziazione di tali elementi in seno al pseudoparenchima avvenga secondo una zona annulare quando sono due i nuclei di differenziazione , ed anche al centro nel caso che sieno tre. IMolto difficile ci è stato lo stabilire il punto di partenza della differenziazione medesima dall'oniogeneo ifenchima sclero- 36 F. Camra e N. Mollica [Memoria II.J ziale, poiché nel maggior numero delle sezioni praticate erano più frequentemente avvertibili gli stadi più o meno avanzati di essa e cioè il nuovo orientamento di ife che mentre si dispo- nevano quasi parallelamente tra di loro , assumevano caratteri citologici assai spiccati e cioè un contenuto più denso e sopra- tutto dei nuclei dotati di grande capacità colorativa. Tuttavia passando e ripassando in esame le nostre prepara- zioni tacendo uso dell' obbiettivo ad immersione omogenea V^^ della casa Zeiss, abbiamo potuto rilevare stadi che danno luce particolare sulla genesi delle paratisi e degli aschi. In mezzo alle cellule costituenti il pseudoparenchima dello sclerozio se ne notano, in un determinato momento di questo , secondo le condizioni di sviluppo, alcune il cui protoplasma si fa più manifestamente granulare , e ])resentasi più o meno va- cuolato, segno non dubbio di un risveglio di attività. Inoltre i nuclei acquistano una forma e una struttura ben detinite, apparendo essi come vescicole sferoidali con un grosso globulo al centro particolarmente colorabile. Il carioplasma es- sendo più chiaro, più finamente granulare che non il citoplasma i nuclei restano perciò ben delimitati e visibilissimi. Ora ci venne fatto di osservare che in quei punti dello sclerozio ne' quali si accennava tale difterenziazione citologica interna, le cellule presentavano modificazioni nella forma oltrec- chè nel contenuto. Il loro contorno, per ineguale distensione della membrana, diveniva irregolare e sinuoso (fig. 42 a , h , Tav. II), e come fossero dotate di speciale metabolia , esse si insinuavano fra le ife dello sclerozio sia dissociandole, sia dissolvendole, evidente- mente per mezzo di enzimi da esse elaborate. Tale processo di digesticnie di una parte degli elementi dello sclerozio, compiuto da alcune cellule, è cosa fuori di ogni dub- bio e i)erfettamente consona alla natura di questi organi che rappresentano dei magazzini di sostanza di riserva. Intanto si notò che talune di queste cellule a ripresa atti- Ricerche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma ecc. 37 vita ed a contorno sinuoso, possedevano due nuclei, ed altre ne avevano quattro c-on regolare disposizione , occupanti i quattro angoli di un quadrilaten) (Fig. 42 e Tav. II). Ora cellule binu- cleate si osservavano in precedenza anche in nuclei sclerozi allo stato di riposo, mentre quelle fornite di quattro nuclei appari- vano solo nei punti di risveglio cellulare di questi, onde è lecito indurre che coteste cellule tetranucloatc derivano dalle binucleate o per divisione dei due lundei di queste, o per fusione due a due di cellule binucleate. La Hgura 4:2 b della nostra Tavola II ap- poggerebbe piuttosto la seconda ipotesi. Quale può essere il significato niorfobiologico di queste strut- ture*? È veramente difficile dare una risposta. Solo è presumi- bile che esse rappresentino una condizione di fatto per la costi- tuzione degli elementi seriati sopraindicati, poiché ò precisamente dai punti ne' quali si osservano (|ueste differenziazioni che trag- gono origine le cellule che si orientano in serie lineari, disposte a gruppi, in uno o piii parti dello sclerozio. Avvenuta la costituzione di questi gruppi, nei (piali ogni singola cellula è uninucleata, si nota però che in breve processo di tem])o una fra le cellule della parie mediana di talune delle serie lineari viene ad essere binucleata. Ora anche in questo caso la origine di due nuclei resta assai dul)bia, potendosi essa spie- gare o colla divisione del nucleo unico preesistente, ovvero per un processo di anastomosi fra due porzioni di ife contigue. Alcuni fatti potrebbero avvalorare anche in questo caso co- testa sec(»nda interpretazione, così ad esempio lo sformarsi di al- cune cellule delle serie lineari, il divenire esse gibbose da un lato, r emettere una protuberanza che accenna a formazione di un rametto il (piale però si arresta in breve appena venuto a con- tatto di un articolo di serie contigua (Fig. 43 a-c). Questi processi parlerebbero in favore di una jiossibile ana- stomosi, ma non abbiamo dati sufficienti per affermare in modo assoluto che ciò avvenga. Ciò di cui non si può dubitare è 1' origine dell' asco da 38 F. Cavara e JV'. Mollica [Memoria II.] quella fra le cellule di una serie lineare, che si presenta ad un uioniento dato binucleata. Quindi anche per la Pleo-spora herha- rnm il nucleo della cellula madre dell' asco è il risultato della fusione di due nuclei preesistenti. E cotesta cellula madre è di origine prettamente interca- lare, proviene cioè, da una cellula mediana di una serie lineai-e fertile, mentre sonvi serie lineari del tutto sterili che non dif- ferenziando alcuna delle loro cellule in asco, restano delle para- tisi. 11 caso oiferto dagli sclerozi della PUoaiiora ìierharum è, per- ciò, abbastanza singolare, conoscendosi solo linora una origine dell' asco o da una cellula terminale di un ita differenziata, o da cellula situata di poco al disotto della Terminale (1). E da no- tare che le serie lineari di cellule che si differenziano negli scle- rozi, hanno rapporto tanto cogli elementi della base dello sclero- zio quanto con quelli della parte superiore di esso (Eig. 44:), per una evidente fusioìie avvenuta durante la loro differenziazione. Ora la differenziazione di una cellula «li una serie lineare che prelude alla formazione dell' asco è la comparsa di due nu- clei in sent) ad essa. Questo fatto che dal Dangeard (2) è dato come la caratteristica della costituzione di un asco , in quanto questo autore dà valore di atto sessuale alla fusione di tali due nuclei, è di assai difficile interpretazione, come si disse ; e pur volendolo riannodare ai fatti precedentemente descritti , e cioè alla presenza di cellule bi-e tetranucleate nello sclerozio , ci«') non rimuove le ditficoltà. Si pu«') infatti, accostandosi alle idee del Dangeard ritenere di origine diversa i due nuclei che ven- gono a sdoppiarsi nella cellula ascogena , in quanto che dalle cellule tetranucleate sarebbero derivate , successivamente le bi- nucleate e poi le uninucleate delle serie lii'.eari , ma resta però sempre il fatto che l'intiero sclerozio è il prodotto della unione (1) Fauì.l, H. J. Development of Ascus and Spore forniatioii iu Ascomycetes. Procee- dings of the Boston Soc. of Nat. History. 1905 \>. 99. (2) Dangeard P. A. — Rcchcrches sur le décelopenient dii 2>érithcce chez ìes ascomycetes. Le Botaniste, Décembre 1904, Ricerche intorno ni ciclo erolutivo di una interessante forma ecc. 39 di due ite distinte, cioè inorfologicaineiite differeiiziiite , onde è poco aiiiiiiissibile che a questo atto di natura sessuale ne deb- bano succedere altri nello stesso ciclo di sviluppo ontogenetico. Noi perciò siamo d' avviso che la costituzione dell' asco pro- ceda dallo Mc-lerozio \)vv lo sviluppo di una cellula da prima bi- nucleata poi uliinucleata , ma non possiamo accordare a questo fenomeno il carattere di sessualità che vi annette il Dangeard. Aiudie il TauU (1) che si è occupato recentemente dall'origine dell' asco non ])uò condividere la opinione del Dangeard dopo i numerosi esempi di una vera e propria fecondazione esplican- tesi negli ascomicr.i in modo atfatto diverso da quello vxual, but its nature aud signiti- cance will not be fuUy understood untili further rcsearch rcvcals Avhether or not it is an acquired feature. Senza ingolfarci in una discussione la (juale non lascia spe- rare una dellnitiva seduzione di questi particolari problemi dello sviluppo d(\gli ascomiceti , e senza volere costringere i fatti da noi osservati nella cerchia di teorie non ancora interamente accettate in micologia , riassumeremo in uno schema i punti (1) Faui.l J. H.—Development of Akciih aud Siwrc formation in Ascomycelea.—\i:ig. 102. 40 F. C'arava e N. Mollica [MEMORIA II.J salienti del ciclo evolutivo della Pleospora Jierbarnm quali sono risultati dalle nostre l'icerche, tenendo presente le odierne vedute del Blakeslee relative alla ripartizione dei sessi in miceli solo fisiologicamente differenziati, in quanto clie la Pleospora herba- ruin da noi studiata si è dimostrata nelle colture decisamente eterotallica, cioè fornita di ascospore dalle quali proced(mo mi- celi sessualmente dilferenziati. Ecco lo schema riassumente i fatti da noi osservati. ©(• > ••■ asi^ospore 1 A /^ f •) iDifelio (*^ Cl) --gameti \*J ■* micelio ---■'■• collidi 0 . r«j, .,1 micelio 0 0 ^1 gameti © 0 ascospore 3 ©©a®®© 0--- asco In questo schema il punto meno chiaro dal lato della in- terpretazione è quello riguardante la fase [treparatoria delle pa- rafisi, e cioè la comparsa di cellule bi-e tetranucleate. Se non si vuole accettare la opinione del Eaull (loc. cit.) Ricerche intorno al ciclo evolutivo dì una interessante forma ecc. 41 che cotesti processi di divisione e di fusione nucleare rappre- sentino delle fasi puramente vegetative, e se anche non si vuole ammettere in uno stesso ciclo di sviluppo ontogenetico la ripe- tizione di atti sessuali, la bi-e tetranuclearità delle cellule madri delle parafisi potrebbe avere il solo significato di disgiun/ione e ricombinazione di entità nucleari (cromosenni o procromosomi) a fine di trasmettere e ripartire nelle ascospore i caratteri ere- ditari appartenenti ai progenitori. Nelle tre divisioni che nell'asce precedono la formazione delle ascospore , la sostanza cromatica verrebbe a ripartirsi nelle cellule figlie in quantità eguali ma non altrettanto fornite delle stesse qualità (caratteri o germi) eredi- tarie. Dal punto di vista filogenetico la successione delle fiisi quali abbiamo delineate nella rieosporn herharum farebbe riattaccare vieinaggiormente questi Pirenomiceti alle Alghe Carpos])oree, e fors'anco allo Embriofito potendosi annettere allo sclerozio il si- gnificato di un organo omologabile all' embrione. Spiegazione delle Tav. I e II. Tav. I. Fig. 1. — Sezione trasversale di foglia di Corypha australis , che fa vedere il micelio intercellulare di Pleospora herbarum, del quale alcune ife perforano 1' epidermide. » 2 a 6. — Ascospore di Pleospora herbarum ; 2) spora appena uscita dal- l'asco e fornita di alone niucilUiginoso ; 3 a 6) spore germinanti. » 7 e S. — Fusioni ad H di ife miceliclie. » 9 a 11. — Altri e ditt'erenti casi di unione di ife. » 12 a 15. — Particolari modi ili unione di ite a pastorale, i>recedenti la formazione degli sclerozi. » 16 e 17. — Stadi vari della formazione dei conidi a Sai'cinula. » 18. — Proliferazione in colonia di MacroHporium. » 19_ _ Formazione di conidi da cellule del peridio di uno sclerozio. » 20. — Peritecio di l'irnsporn herbarum var. Coryphae ottenuto in coltura a goccia pendente. Tav. II. Fig. 21 a 27. — Vari modi di unione di ife precedenti la formazione de.iili sclerozi, in mezzi di coltura solidi, ed osservati nelle sezioni mi- crotomiche. Nelle Fig. 20 e 27 si osserva il passaggio avvenuto del nucleo da una cellula nell' altra. » 28 a 30, 39 e 40. — Stadi vari della formazione di uno sclerozio. Gli ele- menti disegnati con i)rot<»plasma denso e con nucleo vistoso raj)- presentano cellule germinali emananti dalla divisione della cellula cbe è il prodotto della fusione di due gameti. » 37 e 38. — Gangli micelici senza cellule germinali, comparabili a spo- re-bulbilli. » 41. — Sezione assile di uno sclerozio maturo nel quale si nota la dif- ferenziazione di una parte delle sue cellule in serie di elementi filiformi (parafisi). » 43. — Oellule di uno sclerozio in via di diflerenziazione ascogena. » 43. — Elementi disposti in serie lineare, frammisti alle parafisi e che si differenziano in aschi. » 44. — Sezione di uno sclerozio differenziantesi in peritecio ascoforo, dove si nota 1' origine intercalare delle cellule madri degli aschi. w, J-^ ma-. FoLXK. Keni fi ; .., I ^^'i^\ / ^ \ Fiff.6'~ l-,<, li Pvf^ \\ \\ /v^ ■', r,l liKVISIONK COMPOSTA DAI SOCI EFFETTIVI Proff. STAUKKINI ed A. lU'SSO (relatore). In queste Memoria 1' A. es[>oiie mia sci ie di ricerche .speriineiiteli sulle ova di Taenia vranisicolUH, T. serrata e T. medio-cannellata, dirette a sa^^jjiare l' azioue dei .succili digerenti dei rispettivi osti intermedi sul guscio di dette ova. Le esperienze sono condotte con la massima circospezione, trattando le ova con succo gastrico acidificato, con l)iie e con succo [)aiicreatico — ri- cavati secondo le norme della tecnica fisiologica — e mantenute nel termostato alla temperatura di 38"-.'V.t" C, insieme a preparati di controllo tendenti ad esplorare il potere digerente dei succhi stessi Il risultato di tali esiierienze. coiitrariainciite a «inaiito geiieraliiieiite si ammette, non fu assolutamente positivo, e (|uclle relative modilicazioni cou- statate dall' A. inni sono escliisivamente devolute all' azione della liile, come sosteneva, per sue esperienze, il J)e Vincenzis. Secondo 1' A. non è consta- tabile quell'azione dis.solveiite sull'intera membrana ovulare ammessa co- munemente, poiché questa non scomparisce ne si assottiglia ; ma dalla mag- giore fragilità da essa acquistata doi>o 1' azione del succo gastrico, e più spe- cialmente in seguito alla digestione con succo pancreatico, è a dedurne che queste secrezioni, e a preferenza V ultima, agi-scaiio digerendo il cemento che unisce i pezzi chitinosi del guscio. Un' altra serie di esperienze fu intra[)resa per provare se le ova [uima di pervenire nell' oste subissero delle moditìcazioni dovute airamhiente ester- no, ma anche tali ricerche risultarono negative. L' A. con opportune considerazioni mette in rilievo l'apparente coii- Arn Acc. Snuiic i% Voi.. XI.\ — M.'r.i. III. 1 Umberto Brago [Memoria 111]. traddizioiie tra i risultati sperimentali e le aflermazioiii dei Parassitologi derivanti dalla, necessità ili si)iejj;are il cielo evolutivo delle Tenie, e spiega tale contraddizione ammettendo che le condizioni dell' esi>erimento in vetro, per quanto prossime alle naturali, non siano tuttavia identiche, e che influenze esterne diverse da quelle sperimentali agiscano sul guscio, rendendolo più accessibile all' azione dei succhi digerenti, o che infine il guscio dell' ovo reso |)iù fragile dell' azione peptolitica del succo gastrico e pancreatico, sia disgregato dall' azione meccanica dei movimenti intestinali. I risultati notevoli contenuti in questa Memoria, che sarà seguita da altre su lo stesso soggetto, la rendono degna di essere inserita negli Atti della nostra Accademia. Nel <()r8<) (li alcune ricerche siili' embrione della Tenia ser- rata del Cane e della T. erassieolUs del Cxatto fui colpito dal fatto che le ova (ì.) , messe a contatto C(»n sncco ifastrico rispet- tivamente di Coniii'lio e di Topo, e mantenute alla temperatura di .37°-38" non presentarono notevoli modificazioni relative all'in- tegrità dell' involucro esterno. Però è così generalizzato fra i Parassitologi il concetto che il succo gastrico digerisca il guscio delle ova delle varie specie di Tenia, pervenute che esse siano nello stomaco degli animali destinati ad ospitarne il cisticerco, che un risultato sperimentale, il ([naie deponga in senso contrario , deve essere assoggettato a prove reiterate, e ad una critica rigorosa. D' altro canto 1' asser- zione dei Parassitologi, rispondente più che altro a una neces- sità hitdogica per potere spiegare il ciclo evolutivo di detti pa- rassiti, non è stata fin' ora c<)ntr«)llata da alcuna prova speri- mentale. (*) Po osservare prima di tutto che riesce incomprensibile co- (1) Per uiaggiciip iiitelligi'iiza
  • ;ir Kaimiaki. Bi.axciiari). (4) A. F. Hoi.hEMAXX. Trattato di Chimica onjaiiica. (5) lA'CiANl — I''i>iiolor»)veniente dalla dige- stione artificiale delle proglottidi, si osserva nn numero grandis- simo di ova libere <'ol loio involucro caratteristico immodificato, e r embrione esacaiito. Prolungando la digestione per altre 12 ore coli' aggiunta di acqua acidulata, e riesaminato il li(]uido, le ova si mostrano cogli stessi caratteri precedentemente accennati, e quindi colla mem- brana integra, però alquanto j)iù fragile alla pressione. Umberto Drago [Memoria III] Esperienza II. Manipolazione come nel caso precedente con risultati iden- tici. 11 succo gastrico atti\o sui pezzetti di muscolo collocativi per controllo, non addimostra alcuna azione sul guscio delle ova le quali lasciano vedere nel loro interno T embrione già 4-8-12-24 ore dopo I' inizio della digestione artiticiale. 1 preparati vengono mantenuti nell'incubatrice per lo spa- zio (li (Ine giorni e mezzo , dopo il quale le ova continuano a nìostrare inalterato il loro guscio. Esperienza 111. Quest' esperienza identica alla precedente per quanto con- cerne la digesticnie di frammenti di proglottidi e di muscolo nel succo gastrico, differisce in (juauto viene completata da contem- poraneo cimento dei pezzi in succo pancreatico. Questo viene preparato con infuso di pancreas fresco di Co- niglio, e vi si immettono frammenti di pi-oglottidi e di muscolo, che sono esj)08ti alla temperatura del termostato contemporanea- mente ai pezzi immersi nel succo gastrico. Riesaminati dopo 8 ore si riscontra la colli(|uazione dei pezzi, mentre le ova , osservate al microscopio non presentano , come negli esperimenti precedenti, alcuna moditicazione nel guscio. La digestione viene prolungata per 36 ore senza che inter- venga alcun' altra moditicazione. Esperienza IA^. Proglottiti mature di Ten'ui crassicoìlift manipolate come nei casi precedenti sono messe a digei'ire in succo gastrico ottennio, col solito metodo dallo stomaco di 3fus devurnanus e acidificato. In altro recipiente è saggiato il potere digerente mediante tram- menti di muscolo. Azione sperimentale dei micchi digerenti ecc. La digestione prolungata sino a due giorni , e le intercor- renti osservazioni niacroscojnclie e uiicroscopiche mentre danno risultati ])ositivi per quanto si riferisce al potere digerente del succo gastrico, non lasciano scorgere alcuna inoditicazione nel guscio deir uovo. Esperienza V e VI. :\raiiipolazioni identiche e identici risultati ; solo ndl' espe- rienza V si nota una maggiore fragilità nel gusci») delle ova , il quale a una lieve pressione si rompe in varii punti n«'l senso delle strie radiali. Esperienza VII. In <|uesta viene, come per la T. xerrala, saggiata contem- poraneamente r a/ione del succo pancreatico ricavato dal Topo per infuso della glandola. L'osservazi(mc pmluiigata sino a du»' giorni non fa rilevare alcun risultato positivo, ma, c(»mc per le esi)erienzc precedenti, le ova presentano il guscio inalterato, e 1" embrione ali" inter- ni» coi suoi uncini caratteristici. Però, avendo lasciato i»er altri due giorni i preparati nel termostato , constatai giorno il guscio aveva assunto umi certa fragilità dimostrata dal fatto che in m(»lte ova esso si rr«'> si nota ancora (|uella condizione, j)recedentemente accennata, della sua maggiore fragi- Atti acc. Skrik. 4", Vor.. XIX — Meni. III. 2 10 Umberto Brago [Memoria IH]. lità la quale fa sì che alla pressione si rompa, e accentuando la pressione i frammenti vengano in parte rimossi dall'embrione (Ij. Esperienza XII. Constatata 1' attività del succo gastrico sulle parti molli delle ])roglottidi, sui frammenti di muscolo, e sull' albumina cot- ta, ho voluto fare a meno di frammentare gli anelli della Te- nia che ho quindi immessi interi nel liquido digerente. Il risultato è stato conforme all'aspettativa, poi(;hè già alla 4» ora è avvenuta la completa colliqua/ione delle proglottidi , e quindi nel liijuido non si sono osservati al microscopio che ova libere. Ma con questo esperimento ho viduto mettermi ancora più precisamente nelle condizioni naturali, ed ho quindi trattato le ova, che avevano già subito l'azione del succo gastrico, con bile e successivamente con succo pancreatico ricavato dallo stesso animale di recente ucciso. Il risultato come in tutti i casi precedenti è stato negativo j)er quanto si riferiva alla digestione del guscio chitinoso. Però molte delle ova, che si presentavano intensamente colorate in verde scuro ])er la bile , si schiacciarono in seguito alla so- vrapposizione del vetriiu), la quale aveva per effetto di rompere in parecchi punti il guscio, con fratture nel senso radiale , che permettevano talora con qualche leggiera pi-essione la fuoru- scita dall' embrione. Esperienza XIII. Quest' esperienza è stata condotta colla stessa tecnica e nelle stesse condizioni della precedente. Le ova che avevano già subito per 4 ore l'azione del succo gastrico dimostrato attivo sui fram- menti di muscolo e sulla stessa proglottide, sono state sottoposte successivamente all' azione della bile e del succo pancreatico. (1) Noto 1111 iiarticolare non privo di interesse : che tutte le volte che riuscivo a libe- rare eptolitica della bile, la qinile non è stata tin' ora da alcun au- tore in via generale né accennata né sos|)ettata. ^'iceversa dalle più reci'iiti ricerche su questa secrezione digerente, eseguite dal Bruno mi 1899 si ammette oggidì che V azioiu' predominante della l)ile sia quella di sospendere V azione del succo gastrico , eccitando all'incontro (|uella degli enzimi del succo pancreatico. Kd è ])recisainente col succo pancreatico che il De Vincen- zis ha omesso di sperimentare. È (|uindi evidente che nel lavoro di (juest" autore da un canto è difettosa la sperimentazione, dall' altro sono ztt. Azc;;li<> Bemiiorad mostra come r integrale, clie compare in (piesta espressione, possa eali-olarsi me- diante uno svilni>po assai coiiverf^ente. i cui termini dipend in modo sem- plice dalla liin/.ione di Kraiiip. La con vert;en/a ilello sviluppo e specialmente notevole per astri assai vicini all'orizzonte, mentre le altre forme di svi- luppo lin (|ni note non erano |>raticainente applical)ili oltre la distanza ze- nitale di Sr>". 1/ A. estende inoltre (|uesta forma di sviluppo al caso (li strati atmosferici di altezza limitata e anche :il caso ili distanze zenitali superiori a 90". Questi risultati ci sembrano importanti, e però la Commissione stima che la Memoria sia deiiiia di essere inserita nefjli Atti dell' Accademia. 1. (^iiaiitun»iiif la tcoriii il' cstiiizionc di Boimucr iioii al)l)ia ormai clu' un intcfesse piii-iuiu'iitc storico, poiclir altn^ |)iù pre- cise sono venute ;i sostituirla, i)ure è utile dal lato teorico e didattico, dare ai relativi svilupi)i il necessario riiiore non dis- tiiuiito dail.'i massima rapidità possil)ile. La teoria d' estinzione di I>oui;uer fornisce per il calcolo Atti acc. Skuik 4", Vol. XIX — Mem. IV. 1 A. Jiemporad (Memoria IV] (iella massa d" aria F{") attraversata dai ratini iii<-identi «olla distanza zenitale z V esjn-essione F{z) e (a -}- /*) (ih l j I 'rt* cos^« -(- 2 a A + A^ ' dove ajf. 119. owuro In mia mita : fiulla hiiriii d' (xtiiizione di liougiiir — Mmiioiip «Iella So<-. «Ipì;!! S]ii>ttn)sc. Ital. Voi. XXX. 1901. 2) V. Nota testfe i-itata. ■*) Cfi'. G. MuLl.KK, />((• Pliotiimcirie dcr Uentiriir, \>afi. 135. ^) Sopra ini ««ori» xrìliippo dvW ìiileijralv diìlii fHtiiiziont' iilmosfrrica — Memorie Siìettro- scopÌHti XXXI. 1902. ISopra UH nuovo sviluppo sìngoiarnititte roavt'nfettte ecc. 3 sviluppo (Iella teoria di Hoiij>uer a|)pli(aliile per (|iialiiii(|iie distanza zenitale, nella forma ■ F{z) _-^£ ^ì:^<" ,/-, (2) dove le e,, sono coefficienti costanti e le ./„ intej;rali ausiliari dati rispettivamente da J e '''• — ^ ' \ .2...V r^' .,,„ I r (a-|-ii7 + A) I ^{a -f- » " -f- ft)' — rt* sin's (. = ^j Il calcolo delle c„ ./„ veniva eseiiuito mediante lorniole li- correiiti e con un |irocedinu-n1o assai ra|)ido di approssimazioni successive, (dn- non occoire (|ui licordare. ' Questo secomlo sviluppo è in effetto praticamente applica- bile per (|ualun(|ue distanza zenitale (1)0" esci.), ma lia V incon- veniente di essere un po' tropppo, che al vantaggic» di rimam^re applicabile per (|ualun(|ue distanza zenitale ({)()" incl.) unisce (|uello dtdia massima ra])iditsi. Questo si ottiene, riduc^endo con oppoitune trasf'ornuizioni il calcolo dell' integrale (1) a «pudlo della nota funzione di Kramp. di tanto uso nella teoria d«dla refrazioiie. 'F (7) - e" j f-" dt, i .4. Bemporad (Memoria IV |. per la »|nale vennero costruite notoriamente tavole numeriche da Krani]), da Bessel e da Kadau. ') 2. >ieir integrale (1) jtongasi determinando il paranietro A' in modo <-lic veniia a scomparire il termine noto del trinomio di secondo grado sotto radice, cioè in modo che risulti, X' — 2 a X ~\- a- cos-s -:= 0. Fra le due radici scegliamo ([uella fornita dall' espressione X = II. (l — sin z) , (3) clie si annulla per jnzrOO". Risulta OC' X • _ j= Fi^) -= \ ' / \ ''" "" ^ + ;'^ % , (4) * / I 2 rt sin z x -\- x^ X e integrando per parti ♦ X j /2 a sin z X ~{- X- -^ F (z) = ~ +7^ / " ì/2 a sin z X -\- x''da:{4a) L' integrale -» oc 2 J?", («) := -^ / "^ ~ ^ I ^^ * *"' Z X -\- X^ dx X '\ V. R. Ravav. — Jahlex di f inléyal, «1' iZ) ~ ,-^ j « '"■ Aiiiiales r:i ali" csidcssionc (4nò scrivtMsi in virtfi della ! ó ) — ^ — T I '2 aaìn s \ ' o a sin z ' sin z l . • '-^r-±UL^|^r ■ì a sin e 2 '2 a sin ^ ^'>, n sili s' 8 *2 « sin tV'i-i:mu», S w sitt r — ;il iHi'ccdciifc di F^ {z). si ot- tiene coinè svilnpi») delinitivit di F {z) F(z) a SUI .?' 4 '2 rt sni z (1) '•' ,1 sin -' 1 fi'L' « sin dove r argomento ausiliario 7' è dat(> termini per ottenere solamente la terza cifra 'j. Kiiuoduciaino ([Ili sotto i siiiiioli t(M-niini degli sviluppi corrispomlenti a z = SO", Sì S!t", i>ei valori log /„ - .),9027r>8;{ delle costanti / ed a. .S.S(»4tiH(» I 11 111 fi-) )<0" 81" 82" K.3" 84" 85" 8«" 87" 88" 5, 1827 (i, 0508 6, 7520 7, 59H2 8, t>8rt(ì 10, 1011 12, 0119 li, (i962 18, tìi;2i (>«5 1)21 558 liMi i;ì5 :ì75 319 Ma 219 —2 —2 — 1 — 1 --1 rv, ófiio (i, 1 1 27 t;, 7977 7, IÌ487 8, 7:ìoo 10, uni 12,0488 14,7228 18, 6740 89" 24, 8fiSl 182 24. 8813 ') V. .S'h7/« lii'iiii il' ixliiiiiiiin ili Jlouiiiiii. M«-iii. .Ii-Mm S.11-. ili-sli SiiPttiiisiiii)isti lt;il. V..1. XXX. 1901. I";i-i. 235. A. Bemporad [Memokia IV]. Xella priiiiH delle note citate ') avevamo ottenuto mediante la formola (1^0 e in ])arte coiraiuto delle «piadrature nuineiielieì i valori z SO" .SI" 82" S3" 84" F{z) 5,551 t;,n;5 rt.7".».s 7,«49 8,7.>(l in accoi'do perfetto coi valori dati dalla nuova furinola. Nella seconda delle note citat»- avevamo ottenuto mediante la formola (2) i valori -) z sr," 86" 87" 88" F{z) 10,1422 12,0474 14,7237 Ì8,tì7«3 . (8) che ditteriscono al massimo di due unità della terza decimale dai valori forniti dalla nuova formola. Ma anche (piesta |tic- cola differenza non dijtende menomamente da scarsa approssi- mazione deir uno o dell' altro calcolo, Ix-iisì dalla diversità d(dle costanti assunte nei due casi. Infatti nei calcoli delle due note citate venne adoperato il valore Ioìì /„ = (>.iM)-2r)i;){> in luoiio del vah)re più «esatto log /„ = 0.!H)27r).S;>, clu- t|ui venne assunto. Col primo valore di log /„ anche il nuovo sviluppo (7) di F(x) tor- nirebbe esattamente gii stessi valori (8j, clu- fornisce lo svi- lup]»o (2). Ad es. jier " =: SS" risnlterelibe I 1S,()544 li 219 1^(88") 18,6763 e la i)erfetta coincidenza dei valori ottenuti per vie tanto di- verse dimostra V esattezza di ambedue i procedimenti. Certo il ') ibidem Tali. I, ]>aK. °) Nella nota iu iliscorso (Sopru un nuovo xrihipjio. . . . Memorie XXXI, pag. 143) vien dato il valore ^(88") =: 18,6773 in luo^o di 18,6763, ctmie effettivamente deve essere, e come subito risiiUa ripetendo la somma dei termini corrispondenti ad j jier s zzz 88" (pag. 142), la quale deve leggersi 10,840829 in luogo di 10,84182H. Sopra un nuovo Hviluppo HÌngolar mente conrergente ecc. nuovo sviluppo tauto più rapido rende ormai inutile per il se- guito lo sviluppo (2), ma a uoi |iremeva far rilevare, come la iMugj4Ìor lunglie//.a di ciue«to non no<(;ia affatto ali" esattez/a dei risultati. ."i. Per ~ := !M>'\ ossia per la estinzione orizzontale, risulta T ■=. 0, ed è notoriamente e (|uindi 1- <"i -^- * :: 2 ^2 e iutine I ^ y; / \_1 , 3 , Mi 5 / / li -^ V-in' -i '2«' .•?2 2ff' Coi valori ar««"nnati sopra ili 'l. E invero 'J V. (j. MiiLl.nK, Dir l'Iiotiimeliii- ilrr (Ifilinii-, puj;. 120 1X97 1. *) V. Nuta citata Sullo teoria il' enlinzionr (li liouyiirr. Ani ACC. Skkik 4', Voi.. XIX — Meni. IV. 2 10 A. Hemporad [Mkmokia IV| questo !itri. Memoi-ie liella K. Ai'caileiuiH itt^i Lincei. Serie 5», voi. V. '') Per l'tìNHeivatorio Etneo :til es. lii «Ippiéssiont- ilell'orizzonte tisico uniinonta a ciica PSO'. Sopra un nuovo uvUuppo ninf/olarmeHte vonverffente evv. 11 peiiìno acrciinnre «jui. (-(tino ]H)88a a}ievolin«^iite calcctlarsi, caso per <-as(), il valore di F (e. H) per valori (|ualisiv<>irliano di z e di //. Avremo aii/itutto F{e, H) = F(z) — 1 I e ' (a ^ h) dk TlT^a'"^' z -]- 2 ah -\- »* e iiitrodiK'tMido ancora la varialnle ./• dcliiiita dalla (.'}) e ]>o- iiendo X^ -= il (\ — sili J) ) H avremo altrcHÌ F{z. il) = F (z) —e u -T^/e ■' a (sin z -|- *■) dx \' 2 a sin z X -\- x^ Ora I" iiitefiraU" del sj'coiido mcmi»i«t non ditteiiscc da «juello della t'orinola (4) se non |ier aver»- X^ in liioi>o di .\'. Sono «|uindi applicabili tutti ^li svilnp)ii s«-i>'n«>iiti eoi semplice <-am- biamcnto dì 7' in ,^ _ I ^g (1 - sin 2) + i/ Si ottiene cosi in delìnitiva, ricordando lo svilnppo (7) di F (z), I , ' F{z. H) = [- ^-l vi a sin :' (HI) ^ 4 \ l 4 '2 « sin z l 16 12 a sin z »r (7", — e ' r (TJ B,(r) - ^ ' e, (^^ *i,{T) - _i« e ' «, (TJ 12 A. BemiMTiui [Memoria IVJ. In pratica, visto ciie tino ad S!)" si [lossoiio usavi' le tavole citate sojn'a. e clie da 89" in là i termini di 2" ordine sono ]»ic- colissimi, si potranno trascurare i termini in H,, B.„ . . . , e si Ila così lina espressione di F {::, H) notevolmente semplice e per- tettauiente atta al calcolo numerico tino a ^=J)0". Come esempio ho calcolato i valori di h\x, H) per //=;5(K)() e ;r=8(j°. S7",...!>0'\ I {)riini (|uattro valori si accordano sufHcieiitemente con quelli da me calcolati secondo una tcoi-ia ]>iù riuorosa nel iiivoro iiià citato. 2 F{z, 3000' ") tbnn. (10) foi m. ri^dr. 86" 4. Ctì!» 4, 447 87 6,007 .5, 779 88 S, 292 8, 136 89 12, 74;5 1 2, 99."". 90 .•51, 25S — 5. Accenniamo ora l)revemente, come ììIì svilup[)i conside- rati di F{s) e di F{s^ H) jwssano estendersi con tuttii facilità anclie al dove il raggio corre orizcmtalmente, data, come subito si vede, da H = a (1 sin z) ^zz 2 a sin* (11) se Z, indica la depressione Jdella visuale rispetto all' orizzonte) l)er ])oi risalire da — // a 0 e quindi da 0 ad ce . Scindendo Sopra Hit iiiioro uriliippti xi-nj/oldiìiHiitc coiii-e/rgente ecc. 13 «oiTÌH|)«ni(lonteiiieiit.e T inteftrale F (z) ^^ F (90" ~\- Z) i" fn- parti sarà, coiiM' subito diiiiostra una «eniplice considerazione sfeoine- tvica. Il •!) F (90" -j r) ^ / dF I- / (ÌF ^ F (30" — H -H . I .„ f F (»0" (12) (13) Tutto si n(lu<*«' (|uin(li :il calioln di j tf F : ma ([iiesto non è altro evidentenuMite (secondo la notazione da noi inti'odotta nel j»recedente \n) che F (!M)". //) ndativo ati un |iunlo sittiato all'altezza — // rispetto al iuoiio d'osservazione, cosiccliè il problenn\ si riduce senz'altro ad un caso particolare di (|uello trattato ned caso precedente, collii sola avvertenza, die non es- sendo i punti () e /' iillo stesso livello, couxcnà iiiolti|>licare la /''(!)()",//) per 1.1 inisuni (lcll;i dcnsil;i dell" ari.i in /' lispcflo a (jindla in () presa clla {Ili) ad una medesima unità di mass.t. Il K poiché l;i misura in discorso è dat.i da e' , così avremo intine ri<'ordainlo le (!)) (10). F{^i)" f !;) -ri L' a 1 ^ // (I " Fi'.w — :;) (14) dov«' s'intende cIm' // ahhi.i T espressione (11). Un'altra t'orma di calcolo p(M- F (di)" -]~ r) può nversi os- sei'vaiido che i due ultimi termini della (12) jtresi insieme costi- tuiscono 1' intei-rale della estinzione orizzojitale per il punto /' non difterente d.ill' inteiirale da noi calcolato nel v^ .> che i>er 14 A. Bemporad [Memoria JV. ] un fattore corrispondeuto alla iiiisura della densità dell' aria in P rispetto a «|nella in O assunta come nnità. Deve esser (luindi ancora F(90'' -\- -) e I r 1 I (15) t'orinola iu)tevI-(| f F (90" forni. (14) forni. (15) m" O'sm . il7?,5 (», 05289 9, 79308 55. 137 55. 132 9L' 3, 893!» 0, 21155 9. «0914 9(5, 1)14 96, «15 Le lievi divergen/e eiie risultano fra i valori calcolati nei due modi, divergenze del tutto tiMsciirabili in pratica, sono im- putabili air oiiiissione dei termini d" ordine su[)eriore. FEI SOCI EFFETTIVI Pkoff. G. pennacchi P:TTI e M. IMIiHl {relatore). I »;i piiclii littli s])ettaiiti allii (Ti'oiiictriii siiirente alfjebrico, l'A. (lesinile unii coimIì/.ìoiic (sufficiente) ;iHiiicliè una coirispoiiileiiza birazionalc fra due «Ulve del iiiedesinio ordine provenga da un' oiii(ili non imo interi-edere alcuna corrispondenza birazioiiale non lini'an- : teortMiia (die l'A. •;eneralizzn poi di- mostrando che il simile accade tra due ipersuperlicie algebriche dell' .S',. di ordine >i > r -{- 1, con mi numero (iiiito di punti nmltipli secondo i < r. L' ultimo § risolve il problenla di asse};iiar(^ — sotto t'orma notevolmente seiiiplico» — una (ioiidizioiie necessaria e siiftìciente accioccliè due curve al- gebriche dell' iS, siano intinitc volte i>rojeltive fra loro. La (Jomniissioue — riscoiitnindo nelle ipiistioni trattate dall' A. e nei risultati da Ijuì conseguiti preui bastanti d' interesse, di novità e metodo — propone die questo lavoro sia inserito nej;li Atti accademici. Atti acc. Skkik 4", Voi.. XIX — Meni. V. 11 primo capitolo di questa nota ha lo scopo di assciriiare alcuni teoremi, che possono essere utili per decidere se due date curve aljichriche (distinte o sovrapjxtste) sono riferibili proietti- vamente fra loro {*). Alcuni di (|uesti teoremi sonc» nià noti ; e di essi si trove- ranno (|ni nuove dimostrazioni di notevole semplicità e natura- lezza. Altri, invece, sono nuovi, e non mi semhrano privi d'in- teresse. Il secondo capitolo è dedicato alla ricerca delle ci. di iicne- re p, e immerse rispettivamente nenli spazi [r] e [r]' da r di- mensioni. Supponiamo che fra i punti delle due curve, si possa sta- bilire una corrispondenza biunivoca (». (Questa trasformerà la serie (/'„ secata su f dai>riperi)iani dello sj>azio [r], in una certa serie f„ di C. Se y,"^ coincide con la (/''„ s«-cata su C' daiil' iper- piani di [r]'. allora w individtia fra «ili spazi [/•] e [/•]' una col- lineazione trasformante f in f. Ciò avverrà certamente, se o trasforma .v uruiipi iperplanari (*) Per le emvc razionali vedi Maki.kita < Contributo alla teoria delle mirrt ruzionali [Kciid. del Circolo Matcìii. di FaltTiiio, tomo XXI. 1906]. D.r Giuseppe Mai-letta [Memoria V] liueannente indipendenti di C in altrettanti e siifatti gruppi di C, essendo * il numero dei grupjti linearmente indipendenti, atti ad individuare una (/^^ sopra una curva di genere j) ; ovvero se i numeri >i, r, p sono tali, che sopra una curva di genere 2>r esista una sola serie lineare d'ordine n e dimensione r. Osserviamo che i soli valori possibili di v sono * ^ 1 e « = /■ -^ 1. Sarà .y ^^- 1 se sulla curva di genere p esiste più d'una ffl , e inoltre è r la massima dimensione che \mn avere una g„; sarà » = r -f- 1 negli altri casi. Allorché sulla curva di genere p esi- ste una sola //,'; , diremo che questa è individuata da -v ^ 0 dei suoi grujtpi. 2. Da ciò seijue senz' altro il teorema : « Dttfe (Ine curve G e iJ' (V ordine n, genere p. e immerse ne- gli spazi [r] e [r]'; se s è il numero dei gruppi ìinearmente indi- pendenti alti ad individuare una g^ sopra una curva di genere p, allora (juahmque corris])ondenza biunivoca fra i punti delle due curve, la quale trasformi s grìippi iperplanari linearmente indipen- denti di C, in altrettanti e siffatti gruppi di C, individua fra gli spazi [r] e [r]' una collineazione trasformante O in C ». Nei paragratì seguenti illustreremo questo teorema. 3. Sojìra una curva di genere p, si abbia una serie lineare Z/,'^ , essendo n y 2 p — 2. Allora è noto (*) che si ha r 2 p — 2 , immerse negli sjìazi [n — p] e [n — j)]', se esiste fra i loro punti (*) Clifford « On the Classification of Loci s. [Phil. Trans. 1878]. Seguk « Rechcrchea générales sur leu coiirbes et lea nurfaces régtées algebriquea a . [ Math. Ann., Bd. XXX]. Castklndovo « Sui multipli di una serie lineare di grappi di punti appartenente ad una curva algebrica » . [Reud. del Circolo Matem. di Palermo, tomo VII, 1893]. iSidla identità proiettiva di due curve algebriche min vorrispomhnza hiunivoca trmfnrmante un f/nippo iperplnnare di C (/( lino siffatfo (li C, allora (jnexfa eorrispondcnsa individua fr(( fili spazi [il — ])] e [ii — ]»] nn(( (oìlineazione, la (jualr tra- sforma C /// C (*). In jiarticoltire dunque sono proiettivamente identiche due curve ellitticlie d'ordine n dell(» sjiazio ad n — 1 dimensioni, se fra i loro ])uiiti intercede una corrispondenza liiunivoca tale die ad un i>uiito d" iperosculazione dell'una, corrisponda un juinto sif- fatto nell'altra (**). 4. Sia C una curva d'ordine n, di genere p, immersa nello spazio [/•]. con r 2j> — 2. La C si può semjire riferire hiniiivocamente (***) ad una ciiiva />i d'ordine m -{/> di genere p e immersa in un [«]. Essendo n — y> la massima dimen- sione di lina //„ di />, , ofiiii (/" '' di (juesta curva è individuata da uno (|naluni , che corrisponde alla serie secata su C dagl' iper- piani di [r], e la f/'^~'' individuata da uno (|ualun(jue dei gruppi di gì, devono essere contenute in una stessa «/„ , che sarà evi- dentemente t| nella (/"„~'' . Onde la //); in (|uistione è secata dagl' iperpiani passanti per (*) Segkk « 1. c!. i . Per j* = 1 vedi anche Castblnuovo « Geometria sulle curve elliUiclie . [Atti della R. Acc. di Torino, voi. XXIV, 1888]. Le .»• Giuseppe Marletta | Memoria VJ. un certo [n — r — 1] avente p punti in eoniune con 7>i . Proiet- tando la curva />i da (jnesf [u — r — 1] in un |>'] , 8Ì ottiene una curva C\ d'ordine it, proiettivamente identica a C. Dunque G si può considerare come proiezione di una certa curva I) d'ordiiu; n -\- j> di un [h], fatta da uno sj)azio S da /( — r — 1 dimensioni, avente p punti in comune con />. Conduciamo ora per lo spazio [r] di C un [" — /'], clic apparteuiiii allo spazio [ii] di D. Proiet- tando /> in (|uest' |y* — />| dallo spazio [p — 1] individuato dai p punti comuni a /> e a X. si ottiene una curva F d'ordine ». K chiaro clic C si ])uò considerare come una proiezione di /''. fatta dall' [« — r — p — 1] traccia di S in [ii — p]. Dumiue : « ()(/ni curva spa::io [r] , con V < n — ]). e u > - 1» — -. e xcmjn-c proiezione di una curva d'or- dine 11 dello .spa::io [n - p] ->. (*) 5. Siano date due curve C e C d'ordine n, di genere p, immerse ris[)ettivanientc neuli spazi da r dimensioni [r] e [r]', con r < n — p e /* > '2, p — 2. Siano I) e 7/ le curve d'ordine n degli spazi // — />] e |// — />|. delle (inali (' e C sono rispettiva- mente proiezioni da certi due spazi i] e 2' ad // — r — j) — 1 di- mensioni (§ 4). Era i punti delle due curve (J e C interceda una corrÌ8]»ondenza biunivoca o> , trasformante un gru]ipo iper- planare di C in uno sittatto di C, e inoltre .v,+ 1 punti (/=1, 2..., Aj di C posti in un [.vH '" — 'H 7']^ '" *.+ 1 punti siffatti di G\ essendo .s, > // — r — p — 1 ; e imdtre gli h s])azi [.v, + r — ii-\-p], non abbiano alcun punto comune nell' \r — 1] in cui giace l'an- zidetto gruppo iperplanare di C. E chiaro die due punti onio- loiilii in oj , sono proiezioni di due punti uno di /> e uno di //, ouiologbi in una corrispcmdenza biunivoca oi^, la (|uale trasfor- mando un gruitpo iperplanare di J) in uno sittatto di //. indivi- dua fra gli spazi [« — p] e \n — pY una collineazione trasformante 1) in 7/ (§ 3). Inoltre, [ter le altre condizioni alle (|uali soddi- (*) Vekdnksk « JieliuniHnuii ilcr iirujeclivixchfii t'rrhalliiimiv ». [Matli. Ann. Bd. XIX]. iSitlla identità proiettiva <ìi ilitf curve algebriche tii'n (0 , sono omologhi nella detta oollineazione gli h[mv/à Z e S'. Concludendo : « Date (lue curve C e C tV ordine n e genere j», immerse ne- f/Ji .spa::i da r dimenmoni [v] r |r]', essendo r < n -p, ed n > 2p — 2 ; se esiste fra i foro pxnfi mia, rorrisjtondensa hiunivoca trasformante un firupjKi iperplanare di C in uno siffatto di C ed 8i -\- / punti (i = /. 1\.., Il) di C j>«.s7j //* un [s; : r — n + p] , in 8; + / punti siffatti di (;', essendo Sj > n — i' — ]) — / : e se inoltre f/li li spazi [h; -[- r — n |- I»] tion hanno aleuti punto a comune neìV [r — /] cui appartiene il f/ruppo ijicrplanarc anzidetto di C, allora quella cor- rispondenza individua fnt f/li spazi fr] ed [v] una colli neazione che trasfonna V in C ». Sacriamo (lualclie caHo particolare. a) Si ponga: n ."), y>^=l, »-=-3, h=l, «i=^l. Il teoiema ora dinMKstrato ci dice, cll(^ date due ((uintiche gobbe ellittiche C e C, Ht! fra i loro punti si può stabilire una coiTÌs|)ondenza biunivoca trasforma n te un gruppo piano di C in uno siffatto di V\ e i due rami (distinti o coincidenti^ di un punto dop]»io di C, in ([uelli di un punto doppio di ('', allora la detta corrispon- denza biunivoca iiulividua fra gli spazi delle due curve una collineazioiu\ la quale trasforma C in C . Si noti però, che il ])unto doppio di C (di C), non deve appartenere al ])iano del gru])])o di C (di C) anzidetto. b) Si iHuiga: h=5, p=l, r=3, h=2, «i=3, S2=2. Il teo- rema ci dice, cli(^ date due quintiche gobbe ellittiche C e C', se fra i loro ])unti si può sta1)ilire nini corrispcìudeuza biunivoca trasformante un gruppo piano (i di C, in uiu) siffatto (/ di C', (|uattro i)unti complaiinri di C iu <|uattro punti c«)niplanari di C", e tre jmnti allineati di C in tic |)unti allineati di C, allora la detta corrisiKUidenza individua fra gli spazi delle due <5urve una collineazione, la quale trasforma C in C Per altro la retta dei tre punti di C (di C) e il ])iano dei quattro punti suddetti della medesima curva, non devono avere in comune alcun punto del piano di (ì (di (/). D.r Giuseppe Marlettn [Memoria V]. e) Si ponga: «=5, p^l, /•=3, //=2. .v,=2 s^='l. Il teo- rema ci dice che date due (luinticlie gol)be ellittiche C e C, se fra i loro punti si può stabilire una corrispondenza biunivoca trasforniaiite un gruppo piano G di C, in uno ^^iftatto G' di C, e due trisecanti di C in due trisecanti di C\ allora la detta corrispondenza biunivoca individua fra gii spazi delle due curve unacollineazione trasformante C in C . Si noti però, che le due trisecanti di C (di C) non devono avere alcun punto del piano di G (di G') in coni une. 6. È noto che la massima dimensione die può avere una 5'2p-2 sopra una curva di genere p, è p — 1 : e che anzi sopra la curva esiste una sola (11^1.2, che è precisamente la serie canoni- ca. Xe segue (§ 2) che « date (lue curve V e C (Voviìiiie 2\\ — 2, di ffetiere p. e immerse in due spazi [p — J] e [p — 1]' da p — / dimensiimi, (/itaìiintpie eor- ri.si>ondeìtza hinmvoea passi fra i loro putifi , individua uiat cnììi- neasione fra
  • = 4 si corrispondono biunivocainente, esse saranno |)roiettivamente iden- tiche. 7. Siano C e C due curve piane d'ordine « > 3 ciascuna priva di ])unti multi]»li. Le curve F d'ordine n — 3 del piano [2] di C, secano su (inesta una (i^ " '"~^', clie è la serie canonica di C Se fra i punti di C e di C esiste una corrispondenza biu- nivoca (0, questa trasformerà la serie canonica di C in quella di C, cioè farà corrispondere ad ogni gruppo di /* (iì — o) punti di C appartenenti ad una curva F, un grui)])o ili altrettanti punti di C\ giacenti sojira una curva F' d'ordine ii — 3. Ora vogliamo dimostrare che ad n punti allineati di C corris])ondono. in virtù di 0), tt punti allineati di C; cioè che oj individua fra i ]>iiini delle due curve una collineazione trasformante C in C ■ A tal tine su]q)orremo che, per un certo valore di .v < n — 3 (*) Seghe « Rcrli ciclici ....»!.<•. Sulla identità proiettiva di due curve algebriche gli nx punti di C ai)itarteiienti ad una curva qualsivoglia E, d'ordine *, abbiano sempre i loro corrispondenti in C sopra una curva ^', ; e diniostrcrenio clic allora, se ii (s — 1) punti di C a])parteiigono ad una curva E^_i d'ordine v — 1 . anche i loro corrispondenti apparterranno necessariannuitc ad una F/\_i . E infatti il gruppo degli u (.v — 1) punti comuni a C e ad E^_i ap- partengono ad oi^ curve E„ , ciascuna composta della /'y',_i fissa e di una retta; onde j»er gli it (s — 1) punti corrispondenti di C' passeranno ancora ' curve A",. Ma due A'', non p«»ssono avere ])in di v" punti comuni ; (Iun(|ue se è ii (.v — 1) > -v", le oc^ ii"^ dovranutt avere una parte fissa ccnnune contenente gli /* (.v — 1) punti. Ne segue clic (|u<>sta parte fissa è necessariament»' una J^y^-i'- atteso che una curva /'>',_._,, p. es., non può secar»' in H (« — 1) > » (.V — 2) punti la i-urva irriducibile C'. Hesta solo da far vedere, che per 1 < .v < // — ."} è sempre // (.v — 1) > .v'; e invero da /( > .y 4- 3 ed .v > 1 si deduce ii (.v — 1 )>*■•* 2.v — ."5 ^ .s'. Conchuliaino clic: « AV' fi-(f i ledili ili (lite ftirn /tiant tli Ilo slis.so onliìic n > .">', <'i((scii)i(i prirn di inni fi in ni li itti, si juiÌi .sliiliiliir inni ri>ni.\/)oii(lciiZ(t biuniviicii, (jinxln iinliviihiii fra i Imo iiinui inia <(illiiiiti~i(iiii . la (jiinlc Iriisfariiia l'iinn ciirni ncIVdltra ». S. <• Se fra i punii di tliiv ijur-sn/Kt-firir n foniif (ilf/rhiiviic (J e C drilli .stesso ordine n dcf/li sfHi::i [r] r [i]'. jiiirr di /ninfi in irli i pi i, riin II > r 4 /. si /mi) slahilirr unii rorrisjnmdi n:: (*) (*) K IKiti) che il xixlini,: laiiiiiiicii ilclhi siilXTticic I d'iinlim- u di iiiii) s|>iizici (iidiiiaiin [3], priva (li jmnti iiiiiltipli. i- siTiito, per «>4, dalli' siipcilicie d'ordine »— 4. Aiiiilo^a- iiiciitr il Hislciiia cni/oH/Cd ilclla t'orma (' d'ordini- « di mi [»•]. priva di |)iiiiti Ilipli, ì- se- lciti), por «^)--f-l. dalli' t'ormi- d' oidim- » -/ — I. |,' assi-iiza di punti miiltiidi non i- iiecessiiriii : le forme piitrelibero aM-n-. p. i-s., nn numero finito di juinti innltipli ordinari di ninltii)lieitii / ^ >■ — 1 ; vinto che le forme d'ordiin- ii — i- — 1 secanti il sistenni eano- nieo di C. devono contoner ipiesti pnnti in finalità di punti (i — r-i-1) /Wi. l'na proposi- zione analof;a per due .snperliiie d'ordine ">J non contenenti altre curve che intersezioni ciim]dite triivani uiù dimostrati Ile lliccnhf di rVcomcd-ta »«(/(- iiipcrficie alijihrhhr » del inot'. V. Knhhìi Ks [Meni, dell' Acc. delle Scienze di Torino, v. XLIV., . f'aiiit. IH]. ■Atti acc. Skkik 4", Voi.. XIX — Moni. V. •> 10 D.r Giuseppe Marletta [Memoria V]. Questo teorema si dimostra in modo perfettamente analogo a quello del § precedente; sapendosi che i due sistemi lineari (canonici) segati su C e su C dalle forme ( aggiunte ) d'ordine n — /• — 1 debbono essere omologhi nella data corrispondenza biu- nivoca. Però, mentre nella dimostrazione precedente ad n {s — 1) punti di C corrispondevano necessariamente n (v — 1) punti di C, per il teorema del presente § occoitc stabilire, che alla va- rietà da >■ — 2 dimensi 4, ciascuna dotata di un .solo jtunto doppio, si può stabilire una corrispondenza biunivoca, questa individua fra i due j)iani una e(dlineazione tra- sformante l'una curva, nciraltra ». 9. Sia data una curva d'ordine n, genere p con n < '2p — 2, e immersa nello spazio [r]. Nella presente ipotesi, anzi che cer- care in generale qual' è la massima dimensione che può avere sulla curva una r/„ , la qual cosa del resto è facile a farsi (*) ogni qual volta si conoscano i valori di n e di p, ci limiteremo a registrare nella seguente tavola i casi piìi semplici ; osser- vando che anche alla presente ipotesi di n < '2p — 2, può appli- carsi il teorema del § 2. (*) Castelnuovo « Sui miillipli .... :> 1. e. Sulla identità proiettiva di due curve algebriche 11 M^ordine della ser. n — 'JjJ — S n — .2p — i n — --2p — .5 n — z2p — 6 Il = --2p — 7 n = z2p -- s M = --2p - it « = 2p- - 10 n :;= 2p- - 11 n = 2p- - 12 Egeu. della curva P P P P P P P P P P r ^ inassima dimeiis. di una g^. »• = j» — 2 r ^ p — 3 r =^ — 3 r ^p — 4 r =ip — 5 (Per;j:^6 è invece >-=p — 4=2). r =zp — 5 r=p—& r ^p — 7 j Per p=S, è invece »=/> — 0=2 i / » i)z=9, » » r=p—6^z3 \ r ^p — 7 r z=zp — 8. (Per |) =: 9, è invece »-=p — 7=2). Eaempi. Indicando ooii C*',p una curvii d'ordine « e ijenere p dello spazio [r], si ha : Sono proiettivamente identiche due curve 63,5 » » » » > C|.« » » > » » » ^ti » » CI, » » «0 » » t't. » » (^J. » » Cls » » <^'ì« » » ^t... » d ^9 » » ^1,10 » » ^Tu se fra i loro punti può sta- bilirsi una corrispondenza biunivoca , trasformante un grujìpo iperpiano del- l' una, in un }rnip|)i> iper- piano dell' altro. 10. JiCco un altro teorema (§ 2) seuiplicissiiuo : « Date dite curve 0 e O' d^ ordine n, genere p, immerse negli spazi da r dimensioni [r] ed [i-]', qualunque siano del resto i valori di n, dì p e di r ; se esiste fra i punti delle dne curve una cor- 12 D.r Giuseppe Marlettn [Memoria VJ. rispondenga hiunivoca trasformante r -j- ^ (inippi iperpiam linear- mente indi pende ti ti di C in altrettanti (/ruppi sifatti di C, allora la detta eorrixpondenza individua fra (ili .spa~i [r] e [r]' iiiu( col- lineazione ehe trasforma C /// C ». Per eseini)i(), date due eurve razionali C <' C d'ordine n, degli spazi [r] ed [r]' ciascuna dotata di r ^ \ iper[)iaiii ipero- sculatori siniiolari. cioè di contatto /; — punto, allora condizione necessaria e sufficiente affincliè le due curve siano proiettiva- mente identiche, è die siano proiettivi i due j^ruppi dei punti di contatto dei detti iperpiani iperosculatori sin,i>olari (*). Per r = n — 1 e C^C\ questo teorema è ixSìx noto (**). II. 1. Ci proponiamo oi-a di trovare le condizioni necessarie e sufficienti, aftinché due date curve algebriche C e C (distinte o coincidenti), siano infinite volte oinogratiche ; o vogliam dire, aftinché esistano intinite omogratie fra i loro spazi, rispetto a ciascuna delle quali esse siano corrispondenti. Cominciamo dall'osservave che per un noto teorema (***] il genere delle due date curve, non è maggior (rimo; cioè che in- dicando con p il genere delle curve C e C\ può essere soltanto ^=0, ovvero /> = 1. Quest' ultima ipotesi si esclude facilmente. Infatti ogni omograiia che trasformi C in C" coordinerà, p. es., il punto di contatto di un iperpiano stazionario di 6" a (*') LoKIA — t Jìiliiriio uUf iKi-rc nciaiKili d' «idilli w (lilìn sptuio n li— 1 iliniiiisiniii. > [Rendicontii dol Circoli! M;iteiu. di Pak-rmi). tmiKi II (18XS)]. ("**) ScHWAlìZ « Vt'hcr ilitjeiiiiji'ii iilijrhriiiscìini Gli'ichiiniirii zivisrhcìi ^ loiini f. Mtith. 87. (*"*•) Queste coriisiioiKleiize simci 4 se C e C sono anuoiiiclie. «■ 6 se C e r' simo im|HÌ- .aiiariiumielie. Vedi .Se(;rk ' Le lOirixjniiKhìize I. ( . iSidla identità proiettiva di dite curve algebriche 13 C e C, tnli che abbiano come oinolofjlii due punti dati a pia- cere, un«» ili C e l'altro in C : onde Haranno per certi» in numero finito le omotiratìe fra ijli spazi [r] e \r\ (dove supponiamo im- merse le C e C). tali da trasformare queste due (-urve 1" una nell'altra. C«mcludianio perciò», che se due date curve, distinte o coin- cidenti, sono trasformate runa nell'altra da intinite omoiirafie, esse sono entrambe) razioìta/i. 2. ('ome è noto, intanto, le curve C e C sono oc^ volte omofiratìclie se è n :=z i\ ess«'udo ii rordiiic di esse. Onde basta considerare V ipotesi di r < ii. La curva razionali^ C ha (j* -(- 1) (/» — r) ijterpiani stazionari. Sia 1! un iperpiano di [r] avente un contatto //* — punto in .1/ con C. essendo /( > wt > /• -|- 1 ; esso secherà ulteriormente la curva in H — m punti distinti da Jf, uno dei <|nali sia |)er es. .1. Oiiui omonralia 0 esistent<^ fra lili spazi [r] e [/•]', e rispetto alla (|uali' .si corrispondono le due curve C e C trasforma il in un iperpiano ^' di [r]', avente un contatto m — punto con C' in un (-erto |)Uuto J/', e seccante la medesima curva in un liriippo di n — VI i»unti, distinti da M\ die chiameremo .4', (/=1,2. ... ... , il m). Ad 12 dunque è subordinata un' omooratìa binaria (u fra i punti di C e C, aventi come oniolo>fhi M ed il/', ^1 e .1',; dove i ha un determinato valore. Ma l' iperpiano Z, che è da contarsi m — r volte fra ììW {r | 1) (« — r) iperpiani stazionari di C, non gli esaurisce tutti : per la (piai cosa le omoiiialie fra uli spazi [r] e [r]', aventi come onioloiiiie C e C\ sarebbero in nu- mero tiiiito. In altri termini T ij)otesi dell'esistenza di iperpiani stazionari come 2i, con « > ?h > r 4- 1, contradice all'altra, che le C e C siano inlìnitc volte omogralìche. Ne segue che se C e C sono intinite volte omogratìche, ciascuna di esse è neces- sariamente dotata di r-j-l iperpiani stazionari singolari, cioè di contatto n — punto. 3. Siano C e C due curve razionali sifì'atte. Coni' è noto (*), (*) Makletta 1. e. I. 14 D.r Giuseppe Marletta (Memoria VJ. qualunque omografia Q esistente fra [r] e [r]' e tale da trasfor- mare C in C, determina fra i punti di (|ueste curve, una omo- grafia binaria io. risjietto alla ijuale sono corrispondenti i due gruppi dei punti di contatto (l(;gr iper|>iani stazionari singolari e viceversa, se oj è un' omografia binaria siffatta, essa individua una omografia U fra [;•] e [r]', rispetto alla quale C e C si cor- rispondono. Ónde condi/ione necessaria e sufficiente affincliè C e C siano infinite volte omografiche, è che i punti di contatto degl' iperpiani stazionari singolari di C (e similmente di C) si distribuiscano in (Ine gruppi, ciascuno formato di punti iutìnita- mente vicini. Possiamo dunque concludere che ■« le (■(mdizioni necessarie e sufficienti affìiicìiè (ine curve (distinte d coincidenti) C e C', si((no trdsfhrnKite f >ina nelV dìtra da infinite omofirnfic defili sjm::i [r] e [r]' cui appartenf/ono, sono: 1^) che esse siano ra::iontili ; 2'') e poi, (I clic esse siano nomadi, orrero che ci<(s<-iina sia dtdata (li V - J ijH'rpiani stl HkVISIONE COMPOSTA DAI SoCI KKFKI'TIVI Proff. G. I*. (ìhimai.d: iod A. Ricco (relatore) L' A., quando era assistente nell' Ossei'vatorio di Catania. ra<-colsc dalle registrazioni del nostro Aneniograto i dati per lo studio della frequenza dei venti nelle varie direzioni : elaborato |>oseia (piesto materiale, presenta ora lier mio mi'zzo all' Aeciademia una nota impoitaiite (ler la ineteoroloj;ia e climatologia di Catania, e che itereiò ritengo meritevole per se stessa e conveniente i)er 1' Accademia di |)iihl>licarsi nei profiri Atti. J)'a(U!ordo con l'A. si sono soppresse al(!Uiie tabelle che non erano as- solutamente indispeiisal)ili : cosi la stampa riuscirà meno gravosa. // h'chitore A. K' I ce Ò L(^ correnti iuicc nelle ;iltissiiiie retiioiii deiratmosfera, de- vono certiUiKMite maiiifestiire renoiiieni reaolari e costanti, ma presso terra , iili ostacoli ])fo(lotti dalle itroniinen/e e dauli av- vallanienti del suolo, yli attriti, i riscaldanienti o ratt'reddanienti locali ed altre simili canse intlniscono talmente snlla loro dire- zione da complicare le legiii lienerali <(»n molteplici devia/ioni ed anomalie. Airi Aro. Skuik 4", \'()r.. XIX — Uiun. VI. 1 D.r Filippo Eredia [Memoria VI] Reiiclesi quindi indispensabile nno studio Innyo ed accurato del fenomeno, con l)uoni mezzi di osservazione, per determinare con esattezza il modo di azione delle circostanze locali, e i ca- ratteri particolari delle nioditicazioni che esse producono. L'Osservatorio Astrotisico, la cui direzione è affidata al cliiarissimo Prof. A. Kicc«'» , trovandosi in possesso d' un ec- cellente anemometroiirafo Hrassart , lio voluto qui riunire i risultati che (|uesto strumento ha somministrato nel periodo discretamente luniio 1802-1902 clic io ho studiato con lo scopo di ajiprestare qualche elemento relativo a (|ucste ricerche e cer- care di dcduirc le lei>!ii che regolano in Catania la direzione delle correnti atmosferiche. Il padiiilione meteorologico, annesso all' Osservatorio Astro- tìsico, è isolato da ti"e lati per cui non sul)isce perturbazioni né impedimenti da terreno o da altri fal)bricati, che restano molto al di sotto. Come tetto della camera meteorologica e' è una terrazza sulla quale sporgono le jìarti superiori collettrici dell' anemome- trografo, all' altezza di m. (iS sul mare e m. 40 sul suolo. In tutto (|ucllo che segue deve intendersi che 1' unità di tempo è l'ora, cioè che il numero delle osservazioni di base è di 24 per giorno. Dipjiifi siccome 1' anemonìetrografo indica unicamente le direzioni dei quattro punti cardinali e le inter- medie, le mie ricerche si limiteranno agli otto ])unti ])rincipali della rosa dei venti. Bisogna ancora avvertire che i giorni sono contati da una mezzanotte all' altra e che 1' anno è valutato meteorologicamente, cioè dal 1° dicembre al 30 novembre del- l' anno seguente. Xella compilazione dei quadri riassuntivi si ebbe cura di tralasciare intieramente (|uei giorni in cui mancavano alcune ore di registrazione, ed a un esame scrupcdoso furono sottoposti i dati, cercando così di garentire maggiormente 1' attendil)ilità delle conclusioni. 3Ii furono di guida in tale laborioso lavoro i consii>li del iSnìla direzionv delle correnti ntiiiosfericìie in (Jaianiii 3 chiarissi Ilio Prof. A. Ritto e mi è lirata V occasione per espri- mere i sensi della ])iù alta stima e riconoscenza. C'oniiiicianio a considerare il periodo annuo. Ho determinato per ouni mese il numero delle volte che è stato osservato il vento in ciascuna direzione per tutto il ])eriodo. Però onde avere numeri che siano tra di loro ]»in esattamente l>araii-onaIi, ho ridotto la frc(|iienza a KlOOO cioè ho sujiposto che in oiiiii mese si siano l'atte 10(100 osservazioni. La tali. I. dà (pieste rre<|ueiize in diecimillesimi. ITii esame alla siiiiiiominata tabella permetterà trarre le com'lusioni che ([ui sotto trascrivo. Il vento della direzione Ovest (• iiredominante nei mesi di (lennaio. Febbraio. ]Marzo, Novembre. Dicembre: col massimo in (Jeiiiiaio e Dicembre. Il \(iito della direzione Ksl è predominante nei mesi di Giugno, Luglio, Agosto, Settembre, col massimo principale in CTÌugno, e massimo secondario in Settembre. Il vento della direzione NK è predominante nei mesi di Aprile, ]\Iaggio, Ottobre, col massimo priii' e KW seguono V W quasi per tetto I' anno. Allo sco[)o di maggiormente fare risaltare 1' andamento della frequenza delle singole direzioni, ado})erando il noto metodo di D.r Filippo Eredia [Memoria VI.] Scìioitir abbiamo ridotto le otto direzioni alle quattro direzioni principali; ed i valori relativi trovansi (juì sotto trascritti : N S W E Gennaio 2100 17(tì mH 1470 Febbraio . . . 3414 1431 4125 2643 Marzo 3281 1787 3754 3330 Aprile 3375 1422 2787 4000 Maggio 2930 1358 2137 4159 Giugno 2025 1391 1248 3869 Luglio 1699 1121 1048 3571 Agosto 1531 1325 1146 3206 Settembre 2026 1148 2062 2808 Ottobre 2645 865 1979 2420 Novembre 2120 768 2119 1848 Dicembre 2860 1204 4351 1768 Operando sui soprascritti valori, approssiniativamente risaltano le seguenti ])roporzioni : Gennaio N : S = 2 : 1 W : E = 4 : 1 Febbraio N : S = 3 : 1 W : E = 2 : 1 Marzo N : S -= 3 : 1 W : E = l : 1 Aprile N : S = 3 : 1 W : E = 1 : 2 .Viaggio N : S = 2 : 1 W : E = 1 : 2 Gitigno N : S =^ 2 : 1 VV : E = 1 : 3 Luglio N:Sr=l:l W:E=1:3 Agosto N : S = 1 : 1 W : E = 1 : 3 Settembre N : S = 2 : 1 W : E = 1 : 1 Ottobre N : S = 3 : 1 W : E = 1 : 2 Novembre N : S = 3 : 1 W : E = 2 : 1 Dicembre N : S = 2 : 1 W : E = 3 : 1 Da cui si deduce come nei mesi d' inverno abbiamo pre- dominio dei venti settentrionali e occidentali ; nei mesi della primavera settentrionali ed orientali; nei mesi dell' està orienta- li e nei mesi dell" autunno settentrionali ed occidentali. ISulla direzione delle eorrenti atmonfeiiche in Catania Per i singoli mesi abbiamo anche : Gennaio N + S : W - E = 3 : « Febbraif) N + S : W + E = 4 : ti Marzo N + S : W + E = 5 : 7 Aprilf N 4- S : W + E = 4 : n MaKf^io N -t- S : W -T- E = 4 : ti Giiisnio N 4- S : W 4- E = :} : 5 L.ij-lio \ + S : W + E --:2 : 4 Agosto N -^ S : W + E = i2 : 4 Settembre N t- S : W + E = :} : 5 ()ttol)n' N + S : \V + E = 3 : 5 Xoveinlne N -v S : W -h E = ::» : 3 Diceiiil.ii" N + S : \V -*- E = 4 : ti Al>biaino (liin(|ue |m r tutti i mesi dell' ainm una leiTitiera preponderanza dei venti che agiscono secondo la direzione del parallelo in eonfVouto a ([lulli che agiscono secoudre inferiore all' W e sujìcriore del S; il SE sempre inferiore all' E e 8Uperi<»re in alcuni mesi al S. Donde deduciamo che nel periodo da noi esaminato non ri- sulta la costanza di (pielia legge ])er la (piale i venti intermedii jn-evalgano sui principali. * * » Riassunte le particolarità delle singole direzioni delle cor- renti, cerchiamo di vedere in che relazione stanno i nostri dati con quelli emessi da altri che in tale studio ci precedettero, uti- lizzando altre serie di osservazioni. D.r Filipiio Erediti [Memoria VI. Le prime osservMzioni meteorologiclie ris|M»n(leiiti al caratte- re scientitico, riguardano il decennio 1817-1S20; esse furono sa- pientemente discusse dal valoroso scienziato 0. tìrenimellaro che nel suo pregevole hn-oro: « Saggio sopra il Clima di Catania» così dis[)one i venti per ordine di frequenza : W, K, XW. 8E, NE, 8W, X, die rispettivamente furono predominanti per mesi 41, 31, 23, 13 ,7,3,2. Operando col metodo di Scliouw su questi dati, (atteniamo: N -f S : O + E = 0 : 11 il che, analogamente a «juanto abbiamo detto innanzi, ci segnala il predominio dei venti secondo la direzione del parallelo. 1 va- lori delle quattro direzioni principali sono : X = 50, 8 = 10, W = 07, E = 51 ; questi valori ci dicono come i venti disposti secondo la frequenza così si succedono : AV, P], X, 8. Successione, che se si pone in confronto a quanto superiormente abbiamo detto pel periodo 1802-1002, coincide esattamente. Lo stesso ])uò dirsi pel periodo 1833-lSlO e 1810-1810 di osservazioni fatte sotto la «inida del dotto Cremmellaro. Per il ]>eriodo diurno al)l)ianio scelto come unità le stagioni l)oicliè è evidente che aggruppando per trimestri le (luantità re- lative alla frequenza dei venti nel periodo diurno, debbonsi in parte eliminare ed in parte attenuare gli effetti delle anomalie accidentali. Abbiamo notato nella tabella II e seguenti il numero delle volte che ha spirato il vento da una data direzione per tutto il periodo, per ciascuna ora ed allo scopo di avere quantità che siano tra di loro paragonabili, abbiamo ridotto la frequenza os- servata a 10000 ; analogamente a «juando si fece pel periodo annuo. Siillfi (Jirezioìic (Ielle conenti (itmoxferiche in Catania Vn primo sguardo a siffatte cifre ci fa notare coinè in ]iriniavera. estate ed autunno, non esiste ])iù quella reijolarità niiraliile di andamento nella frequenza della direzione dei venti che si nota in inverno ; semlira che 1" aria pili densa e pesante pel freddo, sia in inverno niciio clic nelle altre stauioni soaiietta a svariati canibianicnti di direzione. p] ciò scMihra confermare quanto e noto, che in inverno le variazioni atmosferiche si estendono eqnaliilmente in vastissime reiiioni della sn])erticie terrestre, mentre nelle altre stagioni e massimo in estate sono molto jiifi localizzate e variabili. Eimane ancora facile trarre le segnenti conclusioni : In autunno : il vento \ spira con inaiiuiore fre(Hienza du- rante la luttte che durante il gioiiio. raiigiungendo il massimo nelle ore del miuinio delhi leinperatura. xS'E, K, SI^Ì hanno lo stesso andamento ; la loro freiiuenza aumenta <'oir aunientaic del calore e raiiiiJunge il massimo nel- r e]»oca del 'massimo calore. NW, W, SAN' ]>reseutano anche lo stesso carattere diminui- scono coir aumentare della temperatura e raiiiiinngouo il massimo nell'epoca del minimo calore. Abbiamo dumine in autunno due tipi piincii)ali di freiiuen- za; l'uno rajìpreseutato dai venti NE, E, SE, e l'altro dai venti NW, W, SW. I primi predominano nell' epoca del mas- simo calore api>niito (|uaiido jicr essere il sn(do riscaldato piti del mare veng. ISidhi (ìirezioìte delle eorrenti atmost'eìicìie hi Catania Tav. I. Frequenza dei venti dedotta dalla somma della frequenza nelle 24 ore. C N NE E SE S SW W NW Somma Geniiiiio . l«.iX 274 399 373 96 134 775 1428 367 5904 Febbraio . ino 449 670 507 155 71 493 982 602 5040 Marzo . . . 108S 416 9.50 752 23.7 216 578 1066 564 5882 Aiirile . 1431 261 1104 684 401 66 311 732 482 5472 Magfcio . . 1724 332 931 1019 436 68 275 333 418 5736 (Jin<;iio 2417 248 729 1068 394 100 29+ 244 170 3664 Lui;! io. . . 2ft.ìl ViX 647 937 464 27 152 250 199 5736 Agosto. . . 309:5 161 461 816 583 27 138 240 267 5808 Settembre. . 2612 237 496 814 287 69 297 437 419 3688 Ottobre . . 2720 422 690 597 136 151 222 499 443 5880 Novembre. 2St24 408 .■>15 486 35 114 270 653 288 .5712 ! Diceiiilire . 1 (it<2 4 13 484 416 129 134 438 1 3.i8 737 5822 Frequenza relativa, supponendo che le osservazioni per og-ni mese siano 10000. (iCMIlllio . 3147 464 676 632 Kelibraio . 2203 891 1329 1006 Mìirzo . 1842 707 1615 1278 .Aprile . 2615 477 2017 1250 MiiKKÌ» 3006 579 1622 1777 (Jill^MO 42H8 438 1287 1886 Luglio. . . 5110 224 1128 1634 Agosto. 5325 277 794 1405 Settembre. 4.592 417 872 1431 Ottoltre 4626 718 1175 1015 Novembre. 5119 714 902 830 Dicembre . 2889 762 Voi 832 VI V 714 162 227 308 437 733 760 696 809 1007 505 230 96 222 141 367 121 119 177 47 46 121 237 200 230 1313 2419 960 10000 982 1949 U94 10000 983 1812 959 10000 568 1338 881 10000 479 929 729 10000 518 430 300 10000 265 4.36 347 10000 272 414 460 -10000 522 803 737 10000 378 849 752 10000 472 1143 304 10000 752 2333 1266 10000 10 D.r Filippo Eredia [Memoria VI.J Tav. II. INVERNO (Frequenza per 10000). Ore C N NE E SE S .sw 1 W 0- 1 136,4 29,2 33,8 16,7 5,4 3,0 38,2 98,4 1- 2 133,6 32,2 33,8 18,5 3,6 5,4 44,7 93,0 2- 3 128,2 27,4 26,2 19,7 6,6 ',2 51,3 99,5 3- 4 131,8 27,4 26,8 1 8, 5 7,2 12,5 47, 1 91,2 4- 5 131,8 31,0 21,5 20.3 7,2 9,5 38,2 102, 0 5- 6 137, 2 28,6 25,0 17,3 6,6 13,7 40,6 100,2 6- 7 132,4 27,4 28,0 12, 5 ■1,2 10,7 46,5 97,2 7- 8 13i,8 29,8 27,4 18,5 6,6 13,1 42,3 98,4 8- 9 134,8 26,6 37,6 19,2 6,6 13, 1 45, 3 94,2 9-10 135,4 26,8 37,7 23,3 8,9 13, 1 52,5 89,4 10-11 116,9 23,3 37,6 35,8 13,7 14,9 53,7 88,8 11-12 96,6 20,3 15, 9 47,7 10,4 8,9 54.3 93,6 12-13 76,3 19,1 47, 1 64,4 18, 5 12,5 41,7 99,6 13-14 76,3 2.5,6 47,7 69,8 19. 1 16,1 41, 1 76,9 14-15 58,4 29,2 53, 7 74,5 19,1 10,1 55, 5 8:, 7 15-16 84,7 28,0 55, 5 66,2 l'i, 7 9,5 35,8 82,3 16-17 99,0 29,8 50, 1 62,0 17,3 6,6 3.5,8 76,9 17-18 110,3 37,0 57,2 35,8 8,3 6,0 30,3 81, 1 18-19 121,7 29,2 54, 9 24, 4 7,7 4,8 34,6 90,6 19-20 121, 1 30.4 38, 2 30,4 9, 5 1,7 33,4 96,0 20-21 112, 1 87.0 42,9 21,5 3,0 ■1,2 36,4 107,9 21-22 115,7 35,8 34,0 19,7 7,7 1,7 34,6 106, 2 22-23 127,6 32,2 30,4 22,1 4,2 1,8 45. 3 100, 2 2H-24 118, 1 32,8 35,2 13,7 6,6 1,7 39,4 104, t NW 56, 1 52, 5 53,7 55, 5 55, 5 47,7 54,9 45, 9 39,4 29,8 32, 2 39, 4 37, 6 44, 1 34,6 38, 2 39,9 50, 7 48,9 56, 1 51,3 61, 4 53, 1 6.5,0 Sulla direzione delle correnti atmosferiche in Catania 11 PRIMAVERA (Frequenza per 10000). Tav. III. Ore C N NE E SE S SW W NW 0- 1 151,6 30, 4 48,6 12,9 4,7 .3,5 31,6 80,2 53, 2 1. 2 15K,(| 30,4 43,3 15,8 3,5 .5,8 26, 9 77,8 55, 0 2- 3 KiO, 4 31,0 43,9 12,3 J,--' 4,7 28, 1 82,5 .52, 7 3- -4 152,7 31,0 48,0 11, 1 2,3 5,8 26,3 79,0 60,3 4- 5 166,2 31,0 47,4 8,8 1,2 2,9 32,2 76,1 50,9 5- tì 171,5 29,8 41,5 12,9 h-2 5,8 25,7 78,4 49,7 6- 7 169,7 17,5 52,7 13,5 4,1 8,8 33,9 72,6 43,9 7- H 158,6 16,4 55,0 18,7 10,5 11, 1 38,0 65,0 43, 3 H- 9 109, 4 16, 4 63,8 47,4 24,6 19. 9 43, 3 6,5, 5 2(i, 3 y-10 59, 7 15,8 .59,1 84,8 52.7 15,8 43,9 .57, 3 27, 5 10-11 35,7 13,4 64,9 113,0 63,2 1.5.8 37, 5 48,6 24,6 11-12 2tì, 9 15,2 67,9 132, :ì 72,0 11,7 29,8 42,1 18,7 12-13 22,8 11,1 79,6 140,5 72,0 12,3 23,4 33,4 21,6 13-14 21,1 17,5 89,5 141,0 70,2 8,8 21.6 28,7 18,1 14-15 20,5 18,7 9J,2 148,6 57,9 9. !t 20, 5 24,6 21,6 15-16 23, 4 24,0 108.8 138,1 55,0 7,0 17,6 25,7 17,0 llì-17 34, 5 22,8 11.5,8 120,0 46,8 X,8 18,7 26,3 22,8 17-18 56,2 28,7 124, 1 95, 4 35,7 7,6 16,4 31,0 21, 6 18-19 87,2 26,3 120,6 62,6 25,2 8, « 24,0 35, 7 26,3 19-20 117,0 32,8 110,6 33,3 13,5 7,0 24,6 54,4 23,4 20-21 131,1 33.3 86,0 24,6 9,4 7,0 26, 9 63,8 34,5 21-22 146,3 33,3 70,8 19,3 4,7 5,3 27,5 71,4 38,0 22-23 148,7 33,9 58,5 15,2 4,7 5,3 30,4 72,0 48,0 23-24 151,0 29,3 52, 1 12,3 4.1 1 5,3 1 32,2 72.0 .58,5 12 D.r Filippo Ere dia [Memoria VI. ESTATE (Frequenza per 10000). Tav. IV Ore C N NE E SE S SW 1 W NW 0- 1 299,3 20,9 11,6 6,4 0,6 2,3 21,5 33,7 1 20,3 1- 2 307,4 11, 6 9,9 4, 6 0,0 2,3 17,4 35,4 27,9 2- 3 325,4 12. 2 6,4 5,8 2,4 1,2 17,4 23,2 22,7 3- 4 335,3 11,0 9,9 3,5 1,2 0,6 16,8 18,6 19,8 4- 5 333,5 14, 5 7, 5 4,6 0,5 1,'i' 14,5 22,1 17,4 5. 6 331,8 11,6 8,1 4,6 0,5 0,0 13, 4 23,2 23,2 6- 7 325,4 11,6 9,9 7,6 1,2 3,5 19,2 18,6 19,8 7- 8 287,6 11,6 20,9 16, 8 1, 1 9,3 19,8 20,3 19, 2 8- 9 216,8 9,3 26,7 41,3 43,6 8,7 25,6 25, 6 19,2 9-10 138,9 », i 38,3 97,0 72,6 7,0. 27.3 13,9 13,4 10-11 90,6 8,7 51,7 135,4 87, 7 5,8 16,3 9,9 10,5 11-12 72,0 7,0 64,5 153,4 87,7 5,8 10,5 8,7 7,0 12-13 45,3 7,0 75, 5 166,2 93,6 4,6 12,2 7,0 5,2 1 13-14 43,0 6.4 77,9 166,2 97,0 5,2 11,6 3.5 5,8 14-15 37,2 5,8 84,8 170,9 90,1 4,6 10,5 5,8 7,0 15-16 51,7 9,3 96,5 158,1 76,7 1,7 S, 1 5,2 9,3 16-17 83,1 11,0 91,8 138,9 66,2 4.1 8,1 1,6 8,7 17-lS 112, 1 16,3 92,4 124,4 47,1 1,7 5,2 9,3 8,1 18-19 157, 5 23,2 81,3 95,9 27,9 3,5 8,1 11,6 7,5 19-20 214,4 13,4 72,0 61,0 15,7 2,9 7,5 1.>,1 14,4 20-21 243,5 19 2 55,2 34,9 8,7 5,8 1,2 18,0 19, 2 21-22 274, 2 16,8 39, 5 19,8 2,9 3,5 1,3,9 29,0 16,8 22-23 286, 5 22,7 19,2 13,4 2,3 2, 3 14,8 32,0 23,2 23-24 292,3 22,7 15,7 8,7 1,2 1,7 18,6 32,0 23,8 Sulla direzione delle correnti atmosferiche in Catania 13 AUTUNNO (frequenza per 10000) Tav T. Ork C N 1 E 8E S SW W NW 0-1 238,8 33,9 22,4 11,5 2,9 4,0 19,0 44,9 36,8 1- 2 250, 3 30, 5 23, 0 9,2 1,7 4,0 16,1 43,2 36.2 2- 3 248, tì 32, 8 23, fi 8,0 4,0 4,6 14,4 43,7 34.5 3- 4 248,6 31,1 25, 3 8,6 1,2 6,3 15,0 40,3 38,0 4- 5 248, C 29.9 27, 0 6,3 2,3 2,9 16, 1 40,3 41,4 5- 6 256, 1 24,7 23, 0 8. 1 4,0 3,4 13,2 38,5 43,2 6- 7 261,8 23,0 21.3 7, 5 2,3 4,0 16,7 37,4 40,3: 7- 8 249, 7 ■10, 7 26, 5 10,4 2,9 6,3 22, 4 43,7 31,6 8- 9 214,0 20, 7 33. 9 24,2 6.9 10,9 25, 3 52,4 2.5,9 9-10 168,0 14,4 36, 2 48,9 16, 1 16,1 27,6 òs, 7 28,2 10-11 MI, lì 19,6 39,7 73, fi 24,7 1 5, 5 28,8 46,0 24.7 11-12 118,0 17.8 46,6 93,8 33, 4 15,0 28,2 39,1 12-1 ;ì 105, 3 12,7 4S, 9 U.s, 6 31,6 19,6 22,4 35,1 20, ! 13-14 107,6 16, 1 57, 0 1 20, 3 34, 5 11,5 26,4 25.9 15,0 14-1 .i 99,0 16,1 69, 0 128,3 25. 9 10 4 18,4 32,2 15,0 15-16 119,7 21,3 67,3 1 1 6, 2 20, 1 10,4 14,4 25,3 13,8 16-17 145,0 21.9 70,7 93, 8 16, 1 >*,•> 16,1 23,0 19,0 17-18 lii9, 7 24,7 74, 2 M, 2 14,3 fi, 9 16,1 28,8 13,2 18-19 l!i(i, ,s 27,0 59, 3 47,8 10,4 7,5 is,4 27,6 19,6 19-2U 215,8 33,9 50, 1 28,2 5,2 5,7 16, 1 36,8 22,4 20-21 220, 4 37, 4 42,6 23,6 4,6 6,9 16,1 39,7 23,0 21-22 235, 9 35, 1 37,4 15,5 2,9 4,0 13,8 39,7 29,9 22-23 242,2 33, 4 28, 8 13,4 4,0 3,4 Ifi, 1 39,7 33,4 23-24 249, 7 35, 1 24,7 9,8 2,9 3,4 16. 7 38.0 3.3, 9 ^Memoria TU. Trasformazioni delle energie del Prof. ANTONIO CURCI. Le forme più conosciute di energia secondo V o]>iiiione co- mune sono : meccanica, termica, luminosa, elettrica, chimica, le quali si trasformano U) une nelle altre. Questo fa supporre che sia una V eneriiia universale princi- pale e primordiale , la (juale dia luogo trasformandosi da una in alti'a forma a secondo il sistema materiale in cui si sviluppa e 8ec(Hido quello in cui passa successivamente. Quale è V ener- gia prima universale da cui si generano le altre ! L' attrazione della materia e le sue forme secondarie di affinità cliimica , coesione, adesione , gravità , gravita/ione ecc. sono effetti meccanici di (piella primitiva ; oiule se (jiieste for- me sono degli effetti, non sono hi energia stessa. In ogni modo le suddette forme di energia non sono dif- ferenti per natura e per origine tra h)ro come si crede erronea- mente ; esse sono semi)re la stessa cosa, sotto differenti stati ed aspetti, sensibili a noi atte a produrre variati effetti. La stessa energia primordiale si manifesta ai nostri imperfetti sensi ora come movimento, ora come calore e luce , ora come elettricità dinamica e statica, ora come attrazione (» affinità chimica ecc. producendo cambiamenti di materia e di forme e di s[>a/i<» e dando luogo agi' inniimerevoli fenomeni della natura. Per comprendere questi principii è necessario vedere da vi- cino una per una, cosa sono o almeno, quali proprietà hanno le diverse forme di energia. 1. EleUricità. — Secondo gli ultimi recenti portati della fì- Atti acc. Srrik 4", Voi,. XIX— Mem. VII. 1 Prof. Antonio Curci [Memoria VII.] sica questa energia, tanto importante, sarebbe costituita da mi- nime particelle di energia, dette elettroni o ioni elettrici, i quali hanno per carattere più sagliente quello di essere forza viva, in moto, atti a propagarsi o dittoiidersi con immensa velocità pei conduttori e a seccmda la conducibilità della materia (1) e per r etere cosmico. Questi elettroni, che si sono conosciuti e dimo- strati per diverse maniere, sono costituiti di elettricità negativa ; essi si attaccano agli atomi e molecole dissociate da un solvente o dal calore o da altra energia, e costituiscono la carica elettrica degli ioni. Un elemento o gruppi di atomi e di molecole, caricandosi di elettroni, si carica di elettricità negativa ; sottraendo elettroni ad un elemento o molecola, si ha un ione positivo. Così p. e. sciogliendosi in acqua un corpo , quale ClNa o SO^Na^ si scindono il primo in ione CI negativo e ione Na po- sitivo, ed il secondo in SO* ione negativo e Xa Na due ioni po- sitivi. Questi ioni, quando sono combinati come sali, sono in uno stato neutrale o di equilibrio, essi sono attratti l'un l'altro e così reciprocamente si soddisfano ; essi sono senza energia inter- na come vedremo meglio in seguito. Gli atomi , quali quelli che si dicono allo stato nascente e le molecole, non possono stare da soli nello spazio ; essi hanno un vuoto e perciò un' avidità, un bisogno assoluto di essere associati a qualche cosa o ad altra materia, come elemento o nìolecola capace di forza ed energia contraria, o almeno ad una carica o data quantità di energia elettrica positiva o negativa. Natura ahorret a vacuo. Perciò quando il solvente o il riscaldamento protratto opera la dissocia- zione, gli ioni nello staccarsi e mettersi in libertà gli uni dagli altri , non poss«mo farlo se non a condizione di combinarsi a qualche altra materia o di ac(iuistare una carica di energia elet- trica: in quest'ultimo caso si ha la vera ionizzazione per disso- (1) A. Righi. — La moderna teoria dei fenomeni finici (radioattività, ioni, elettroni). Bo- logna N. Zanichelli — 1904. Trasformazioni delle energie ciazione, e hì ha l'ione libero iiell' accula o nell'aria, cioè un atomo solo o molecola che ha carica elettrica positiva o negativa. La carica degli ioni è 1)0534 Coulomb per ogni valenza, sia positiva, sia negativa. Uli ioni che hanno funzione chimica ì)a- sica sono jKìsitivi elettricamente, e gii ier tensione è diveisa. Così messi insieme sciolti in acqua, in cui si ionizzano ClXa e IK, si lia uno scambio con formazione di JXa e OIK, j)ercl]è sebbene i quattro ioni al)biano la stessa carica quantitativa, è diiterente ]ier tensione, la (|uale è pili forte nel CI che nel I, e più nel K che nel Xa : ]»erciò i due più forti si attrafiirono e si comliìnano. al»l)audonando lili altri due restanti, i quali si (combinano alla lor volta. 1 detti (|uattro ioni sei»jiraiidosi acquistano la carica elet- trica, che priMidouo (\n\ cahu-e d('ll*anilii«'nte ; nel comltinarsi la emettono comti calore in ((uantità eiiuale a quella che avevano a8sorl>ito. Intanto la loro carica elettrica è scomparsa; siccome energia non si distrugge , pciciò è ol)bligo ammettere che tale elettricità si sia trasformata di nuovo in calore. ]Ma se dove av- viene reazione chimica vi fossero le condizioni opportune acciò V elettricità svolta ])ossa immettersi in un conduttore e formare corrente, allora non si ha svilu])po di calore ; o se ne ha in parte ])iù o meno, a seconda che più o meno possa trasformarsi in corrente, o sia forzata a rimanere incontrando resistenza. Nelle condizioni ordinarie, in moltissime reazioni chimiche vi è svilu])po di energia termica, perchè l'energia elettrica, che primieramente si svolge, si trova in ambiente cattivo conduttore senza potersi trasformare in corrente e (|uindi obliligato a tra- sformarsi in calore. L' energia chimica non è che energia elettrica e non altro di diverso; è l'ettetto dell' attrazione, come questa è energia mec- canica generata dalla elettricità, la «juale accomjiagna la materia ionizzata con diverso potenziale. La teoria elettrochimica di Berzelius, corretta opportunamente, ritorna, a novella vita. L'elettricità è una, recentemente si è dimostrata 1' esistenza di elettroni negativi, capaci di caricare un atomo od una mo- lecola e fornuire un ione elettronegativo ; mentre la mancanza o sottrazione di questi elettroni costituisce un ione positivo. E Prof. Antonio Cuici [Memoria VII. Strana questa inversione di concetto alle denominazioni dell'an- tica teoria. Ogni processo rliiniico fornisce soltanto dell' energia elet- trica ? Sperimentalmente era stato trovato ])re8so a poco lo stesso valore e si concluse che 1' energia chimica si trasforma intera- mente in energia elettrica. Ulteriore ricerche diedero risulta- menti meno soddisfacenti. 11 prol)lema parrebbe che fosse riscdto per le ricerche teoriche e sperintentali di W. (ribbi?, di F. Braun e di H. V. Helmotz : i (juali dimostrarono che in generale esiste divario fra energia cliimica e quella elettrica, vale a dire die contemporaneamente del calore si genera o viene consumato. Epjmre, se dobbiamo chinare la fronte all'alta autorità scien- titìca dei suddetti eminenti Tisici, non bisogna mettere in non cale che in tutte le reazioni chimiche e nei più perfezionati ap- parecchi che 1' mnno possa adoperare, non sempre o quasi mai tutta r energia elettrica, che possa svolgersi, trova le condizioni opportune per prendere la forma di corrente e che perciò in tutto o in parte si deve trasformare all'istante in calore. Onde è duopo ritornare alla primitiva opinione. In seguito ai recenti progressi della Elettrotìsica e della Elettrochimica, non che della Elettrotisiologia, non è consentito di considerare 1' energia chimica come qualche cosa di differente dall'energia elettrica; ambedue sono la stessa cosa e che (juindi quando ci pare di svolgersi energia chimica non è che energia elettrica , la quale in tutto o in parte si trasforma in calore o altra forma di energia quando sia il caso, subito instantanea- mente nell'atto di rendersi libera o scaricarsi, se non trova tutte le condizioni complete assolute per essere condotta fuori, ciò che è impossibile nel mondo, in qualunque punto dello spazio e della materia. Prendiamo ad esaminare una combustione per ossidazione. L'ossigeno è un elemento singolare, il massimo elettronegativo ed ogni altro elemento sotto la sua influenza funziona da i)osi- tivo. L' ossido che ne risulta è positivo nelle valenze basse , è Trasformazioni delle energie negativo nelle valenze alte quando 8Ì combina a elementi me- tallifi ; è sempre acido cogli elementi metalloidici. L" ossigeno ha il potere di fare generare una grande forza elettromotrice, e quindi una grande quantità di calore e luce. In una combustione vi è combinazi«nie di ossigeno al car- bonio e idrogeno ; i coni1)Ustibili sono cattivi conduttori della elettricità ed in generale ogni reazione cliiniica avviene in un sistema di materia, in cui l'elettricità che si svolge non può tra- sformarsi in corrente. La energia o carica elettrica, inerente al carbonio e all'idrogeno da una |i:Mte, ac(iuistata nel separarsi dal calore comunicato, e quella inerente all' ossigen*) si svolge intensa nclTatto della ossidazione. L'ossido risultante è privo di energia, ma (|ue]la energia resa libera resta attaccata ai prodotti della combustione, non ha conduttori per potersi difliondere, in- contra da ogni lato resistenza, per necessità si trasforma subito in calore. Perciò nelle osservazi(»ni ed esperienze, l'energia che nella maggior parte si manifesta <• calore : onde le osservazioni sono giuste , ma la deduzione è falsa. Del resto iion è strano questo mio concetto, anzi è così sem- plice e vero che basta considerare il fatto, che ogni corrente elet- trica tutte le volte che trova resistenza si trastbrma in calore e luce per convincersene. K (|ui è o])i)ortuno ricordare le leggi di Ionie; cioè: La quantità di calore, sviluppato in un circuito di corrente o parte di esso nelT unità di tempo, r ))roporzionale alla resistenza e al quadrato della intensità .della corrente. Ond' è, che l'energia elettrica, che assume le diverse forme a seconda le condizi ritornata come corrente. INIa ciò si comprenderà meglio (juando avremo dimostrato (•osa sia il calore. 2. Calore. — Fin qui ab1)i;imo considerato il fatto del j)as- satfiìio della elettricità in forma di calore e di altre energie. Adesso facciamo 1' inversa, consideriamo il ])assaggio del calore in elettricità. Al)biamo diversi fatti che dimostrano (jne- sta trasformazione. a) Abbiamo veduto che utllii dissociazione idrolitica . in ([uella termica ed jn ogni altra, gli ioni liberati assorbono calore dell' ambiente esterno e cou (jnesto formano la loro carica elet- tiica, che nel combinarsi poi emettono come corrente se vi sono le condizioni o])])ortune. oppure se mancano (lueste emettono di nuovo come calore. Nella dissociazione e formazione di ioni , dunque il calore si trasforma in elettricità. Xon fa bisogno di insistere su (jnesto fatto molto importante e generale ; è chiaro e incontestal)ile. In generale si può ritenere che tutte le reazioni, che av- vengono fra ioni, disponendo opportunamente 1' esperienza, for- niscono una corrente elettrica, ciuiie si dimostra coU'apparecchio di Lepke. h) In natura non vi sono che le combustioni, le quali danno calore e luce provenienti dall' elettricità che primieramente si Atti acc. Skkik 4', Voi.. XIX — Meni. VII. 2 10 Prof. Antonio Curci [Memoria YII.J svolge. Apparecchi elettrogenici naturali sono gli organismi vi- venti, i quali sono atti a trasformare alla loro superficie e nel loro interno tutte le forme di energia dell' ambiente in elettri- cità ; la quale allora compie le diverse funzioni e, producendo i fenomeni meccanici, tisici e chimici vitali, ritorna alle primi- tive forme di energia da cui derivò, principalmente in calore. In questi organismi ogni cellula costituisce una pila o un ele- mento elettrogenico : protoplasma negativo e nucleo positivo sono le due parti essenziali per produrre enei'gia elettrica dalle energie dell'ambiente; per cui Funo non pu«"» fare a meno delFaltro e la loro coesistenza è necessaria in modo assoluto, perchè si scambino le correnti di energia protoplasmatiche, che costituiscono il prin- cipio della vita. L'elettricità in corrente, die nasce e si trasforma nelle funzioni, costituisce l'essenza della vita: ed essa, che nel suo insieme considerata costituisce l'anima, proviene dal calore. Per molto tempo l'uomo ha ignorato il significato di appa- recchio elettrogenico negli organismi viventi animali e vegetali. l\i Cxalvani che fece questii, grandiosa ed immortale scoperta e che io, forte delle molte ricerche posteriori interpretandole nel loro vero significato, indiscutibilmente ho messo in evidenza nel mio lil)ro L' Orf/anismo vivente e la sua animfi. Occorreva inventare un apparecchio elettrogenico artificiale che, per quanto imperfetto, ccnne cosa fatta dall' u- strasse questa elettricità potersi generare dal calore e da altra energia. In seguito alla scoperta del Galvani, Volta inventa la sua pila. Epoca memorabile ed unica di un grande avvenimento per l'umanità e per la scienza! Premetto però, che ogni pihi di qualunque genere non è che un meschino ed imperfetto apparec- chio elettrogenico, appena paragonabile a quello perfettissiuìo naturale della cellula vivente. Gli immensi studi di Elettrofìsica e di Elettrochimica hanno avuto degli importantissimi ed inaspettati risultamenti, che io riassumo brevemente, i (|uali dimostrano che il calore dell' am- biente si trasfornni in elettricità. Trasformazioni delle energie 11 Tutte le i)ile di soluzione e di concentrazione hanno di comune, che 1' energia elettrica fornita non viene ffenerata da energia chimiea, perchè in esse ha sempre luogo semplicemente un ])as8aggio da una pressione alta ad un' altra inferioi'c e sìa questo passaggio effettuato da un corpo gassoso o disciolto, la ])rov vista di energia del corpo non varia. Nemmeno dall'energia interna (?) che non Aaria ])uò dun(|ue ])rovenire il lavoro ese- guito ; esso ])roviene dal calore dell' ambiente. Per conseguenza ffli elementi f/alvaniri sìiddetti non ei rappresentano ehe delle mae- eJiine, le quali trasformano il ealore deW ambiente in enerr/ia elet- triea (Le lilanc, P]lettrochimica, ISO). Anche nelle ternioiiilc viene trasformato del cah)r(' in ener- gia (Icftrica ; la tnislorniazionc avviene in seguito al determi- narsi (li una differenza di temperatura. Mentre nelle pile di concentrazione viene trasfornnito in energia elettrica il calore di temperatura costante. E noto c^he la turnialina col riscalda- mento si elettrizza; così pnn* altri corpi: in essi il calore si trasforma in elettricità. Kelle pile chimiche (come (luelia di I>aniell) l'energia chi- mica viene trasformata in elettrica; ma noi abbiamo veduto che l'eneigia cliiniica è energia elettrica proveniente dal calore, die il ione zinco acquista disciogliendosi, perciò in fondo è la stessa cosa. Possiamo concepire (|uesti elementi come macchine in cui tutta l'energia in esse immagazzinata può essere trasformata in energia elettrica. Vi sono altre pile in cui una parte dell'energia è trasfor- mata in elettrica, 1' altra si manifesta come caloi'e, a somiglianza degli organismi viventi (1). Altre pile forniscono \Vii\ energia elettrica di (pianto con- sente la (luantità di energia chimica, perchè oltre 1' enei'gia in esse accumulata, trasformano anche il calore dell'ambiente. Insomma è da concludere che il calore si trasforma diret- (1) A. Cvwci -- Mierciò due cariche negative. Le valenze del solfo sono neutralizzate da (i di ossigeno, ("osic- 14 Prof. Antonio Vurci [Memoria VII.] che nelle molecole complesse, mentre si neutralizzano le dÌTerse cariche degli atomi componenti, si ha una risultante, in cui ogni molecola rappresenta un sistema polarizzato, con un lato nega- tivo ed uno positivo. E quando si trova una molecola in pre- senza di un altra molecola od elemento, si scambia un gru]>])o od un elemento che sia più forte del sostituito, cioè elettrica- mente pili positivo o più negativo. Da ciò risulta la varietà immensa delle reazioni a seconda gli elementi e le condizioni fìsiche con o senza 1' apparente intervento di un' altra energia elettrica, termica, luminosa, meccanica, la quale è .sempre e- lettrizzante, modificando la carica preesistente e favorendo la reazione. La valenza dello stesso elemento può essere diversa secondo la natura degli elementi monovalenti, coi quali esso è combi- nato. P. e. Sff, SCI', SEI", in cui il solfo è bivalente, tetrava- lente ed esavalente. Il solfo in questi casi rispettivamente allo idrogeno è elettronegativo e contiene due cariche, rispetto al- cloro funziona da elettropositivo e sviluppa 4 cariche, rispetto al fluoro sviluppa (5 cariche positive. 1 più forti negativi tolgono più elettroni ai meno forti, i quali diventano positivi, e svilu])- pano corrispondenti valenze con le relative cariche. Gli alogeni rispetto all' idrogeno e metalli sono monovalenti, perchè questi forti elettropositivi neutralizzano elettricità nega- tiva, e così non permettono che si formino ulteiiori cariche ne- gative e che si» aumentino le valenze; si capisce (|uindi che al contrario rispetto all' ossigeno ed altri elementi metalloi- dici, i detti alogeni sieno polivalenti. 11 lodo col cloro forma ICl^ e col tluore IEP ; essendo il lodo elettronegativo, per funzionare da positivo e combinarsi nei due composti notati, lia bisogno di subire l'influenza stimolante di uiui forte massa negativa, la quale svilujtpa la relativa carica positiva, onde ne avvenga la combinazione. Perciò 1' iodo col cloro è trivalente e col fluore più forte è pentavalente. Grli elementi i più elettropositivi, neutralizzando energia , Trasformazioni delle energie 15 riducono i metalloidi a iiionoTalenti, i meno elettropositivi iii- Tcee diventano più polivalenti a misura che cresce il carattere metalloidico e la carica elettrica negativa. 1 forti elettronefiativi hanno il potere di svilu2)pare un maggior numero di valenze ne- gli elementi e fare funzionare da elettiopositivi i deboli metal- loidici o elettronegativi ; ma ciò in presenza di calore necessario l'er formare la carica. Perciò l'elettronegatività e la massa servono a stimolare, col concorso però del calore, lo sviluppo di altre valenze e di altret- tante cariche elettriche. Ad onta della nuissa dello elemento sti- nn)lante, la ])(»livalenza non si sviluppa senza la presenza del calore, che fornisca V energia necessaria per la carica di ogni valenza. Quando V ossigeno o un aloi:< no agisce su di un elemento meno elettronegativo stimola la piim.i valenza, la cui carica elettrica è fornita dai cahnv aniliiciitc ; e in lai caso (juando il calore è in eccesso, sviluppata una prima valenza, favorisce lo svilu|)po di altre consecutive , alle (|uali fornisce V energia per le relative cariclie elettriche, e quindi provoca la formazione di composti ad alte valenze ; e allor(|uando è deliciente, non si ])ossono svi- luppare le valenze perchè, nnincando 1' energia, non si jìossono formare altre cariche elettriche, e valenze vuote di energia non sono possibili; così si hanno composti a valenze basse. Dunciue ad elevata temperatura aumenta il numiro delle valenze. Ogni valenza ha una carica elettrica di !)(i.")l() ('ou- lomb, vale dire coiraumentare le valenze aumentano tante cariche elettriche, e 1' elemento per soddisfarsi ha l)isogno di altrettanti atomi, e queste cariche, nelle condizioni ordinarie, non possono essere fornite che dal calore. Perciò che per ottenere composti superiori ci vuole la presenza di molto calore, senza del quale r ossigeno o V alogeno, anche in grande nuissa, non può fare sviluppare le altre valenze, per le (]uali ci vuole energia. Quindi è da concludere, che mentre la valenza è una funzione elettrica, il calore si trasforma in elettricità, la quale deve costituire la Carica ]ter ogni valenza. 16 Prof. Antonio Curci [Memoria VII. Vale a dire che formatasi la ])riina carica, il calore essen- dovi in eccesso forma di se stesso altre cariche per altre valenze, stimolate o provocate dall'azione della massa dell'elemento elet- tronegativo. È infine da notare, che il calore nelT aumentare il numero delle cariche o le valenze tende a rendere gli ossidi più elettrone- gativi, meno basici e più acidi. Gli ossidi monovalenti sono più basici, la basicità diminuisce nei bi e trivalenti e diventa acida nei plurivalenti superiori. 8ono numerosi i tatti che dimostrano lo esposto enunciato, sia guardando gli elementi secondo la Legge periodica, sia guardandoli individualmente. P. e. abbiamo 1' os- sido ferroso, 1' ossido ferrico e 1' acido ferrico ; 1' ossido manga noso, l'ossido manganico, 1' acido manganico e l'acido iperman- ganico ; gli ossidi di cromo e gli acidi cromici ecc :. Anche nei composti alogenati si osserva lo stesso fatto. Se il calore da una parte fornisce 1' elettricità per le cariche delle valenze, e dall' altra in proporzione del numero delle va- lenze, i composti sono meno basici e più acidi, formando ioni elettronegativi , vale a dire che 1' elettricità da esso fornita è elettricità negativa. Di fatti è provato per altra via che esso elettrizza negativamente i corpi che riscalda. Vale a dire inoltre che il calore stesso è una forma di elettricità negativa, cioè è costituito da elettroni in uno stato speciale di tensione, atti a penetrare i corpi tutti, siano buoni o cattivi conduttori della corrente elettrica. Perciò il calore si può chiamare elettricità termica. Esso penetra direttamente in linea retta qualutu]ue corpo più o meno lentamente di strato in strato, senza bisogno di conduzione; per la via che entra per la stessa ne esce; se occorre vi resta acctimnlato per lungo tempo. Stabilito ciò, è facile comprendere perchè il calore opera la dilatazione dei corpi e la scissione delle molecole in ioni liberi, carichi di elettricità. Nelle molecole gli ioni combinati sono scarichi di elettricità ; ma le molecole sebbene siano elettricamente neutre, possiedono Trasformazioni delle energie 17 alla superficie un'atmosfera di enersiìa in equilibrio polarizzata, in virtù della quale si attraggono e si tengono unite, cioè ub- bidiscono così alle forze di coesione e di adesione, le quali non sono che forme dell' attrazione elettromagnetica. Yale a dire ogni molecola, sebbene non ionizzata , lia un ])olo negativo ed uno positivo , per cui tutte si attraggono e si dispongono in modo speciale geometrico nei cristalli. Perciò in fondo anche la cristallizzazione è uno funzione elettrica. Perciò qualunque massa più o meno grande
  • ])o la tenijieratura è molto abbas- sata, il cielo è nuvoloso e anche ])i<)V()so. 1 raggi solari, costituiti di elettroni magativi, nell'atmosfiM-a 8Ì trasformano in calore e luce, determinano la evaporazione del- l'acqua, il cui va])ore, nel separarsi dalla teiTa o dai sali che tiene sciolti, si elettrizza positivamente e sale nell'aria. T raggi solari ionizzano il vaporo ao(]uos<ì ed ossigeno nell' atmosfera, in cui si stal)ilisce una forte tensione con aumento della pres- sione barometrica. In questa ionizzazione vi è assorbiniento di calore e così fa l)el teni])o relativamente fresco. 20 Prof. Antouio Curci [Memoria VII.] In un dato spazio non si può contenere una maggiore quan- tità (li ioni, perciò ad un dato punto la ionizzazione si diminuisce e sì arresta, e siccome continua la evaporazione dalla supertìcie della terra e del mare , così, contemporaneamente aumenta la quantità del vapore acquoso , lino a che 1' atmosfera si satura. Allora gli ioni sotlVono una pressione, si ricompongono e si lia emissione di calore e di elettricità con formazione di vapore e di nebbia e abbassamento della pressione barometrica ; allora fa tempo umido e caldo. Mi spiego : Allora le ionizzate molecole acquose non hanno spazio suffi- ciente per tenersi a distanza, sono come com))resse, si mettono in contatto, emettono energia di cui sono cariche, in parte sotto forma di calore ; allora si formano le nubi, mentre la tempera- tura atìuosferica aumenta e si hanno le giornate calde afose, in seguito a quelle fresche e splendide. Se si formano nubi oppostamente elettrizzate, allora si lian- no le scariche, la neutralizzazione dell'elettricità, 1' abbassamento della temperatura e la condensazione dei vapori acquosi in acqua o in neve come abbiamo detto. Le meteore e le aurore sono pure effetti di elettricità. Quan- do si stabiliscono le correnti aeree fra poli ed equatore , si ha una corrente in alto dalF equatore al polo, ed una in basso dal polo air equatore. Le correnti equatoriali sono cariche di vapore elettrizzato e quando arrivano ai poli, scaricano la loro elettricità con quella contraria, donde le meravigliose aurore boreali e le tempeste i)olari. Ho parlato di ciò per dimostrare che quando una corrente elettrica è immessa in un conduttore compie un lavoro, è in at- tività, allora può produrre azioni meccaniche , azioni fisiche ed azioni chimiche, subendo le relative trasformazioni; ((uando questa corrente può neutralizzarsi si mette in equilibrio, dell' energia si rende latente e si ha abbassamento di temperatura ; e quando in- contra resistenza senza potersi neutralizzare o mettersi in equi- Trasformazioni delle energie 21 librio con quella contraria, si trasforma in calore e luce. Quindi il calore è elettricità negativa, non neutralizzata, non in riposo, ma in forzata coatta inerzia, è in tensione. Un corpo incandescente è un corpo che emette elettroni ne- gativi, parte sotto forma di luce, cioè dotati d'immensa forza espansiva e parte come calore, cioè condensati, penetranti e poco radianti, e parte come ondulazioni elettromagnetiche e come raggi dotati di azione chimica ecc., e tutti più o meno ionizzanti. Il semplice riscaldamento, spinto più o meno, produce pure la ioniz- zazione di un gas. Tale è il caso delle fiamme e dei corpi arro- ventati. L' energia di ionizzazione è allora fornita sotto fornui di energia termica. Visto cosa sia il calore, si comprende il meccanismo degli effetti di esso sugli organismi viventi, sia (|uando manca come neir inverno , sia quando è in aumento come in primavera ed in estate. Gli organismi viventi, dai microbi alTuonu), sotto l'intiuen- za del calore, ad una data temperatura speciale a ciascuno, si elettrizzano , e (juel calore interno costituisce ed è la manife- stazione esterna del potenziale elettromagnetico, per il (|uale le molecole componenti i [irotoplasmi e (|uindi le cellule, le quali sono altrettante i)ile elettrogeniche , acquistano eccitabilità ed energia, la quale però è elettricità. (-<»n ciò ogni cellula si mette in attività, si desta alla vita. xVllora sente le attrazioni e le ri- pulsioni, cioè tropismo positivo e negativo con altri corpi e con altre energie dell" ambiente , si stabiliscono correnti interne e scambio con (j nelle esterne ; si formano dapertutto sistemi elet- trogenici, correnti che operano fenomeni meccanici, tisici e chi- mici ; scambio di materia; decomposizioni e composizioni; ossi- dazioni V riduzioni ; organizzazioni e disorganizzazioni; morti e rinascimenti; vita e morte; insomma sviluppo di elettricità in lavoro, di energia attiva, viva. (1) (1) V. L'Organismo vivente o la sua anima. Prof. Antonio dirci [Memoria VII.] Ogni corpo, coiue ogni cellula ed ogni organisuio vivente quando è caldo è elettrizzato, perciò allora è eccitabile e vivo, atto a ninoversi e a trasformarsi, attrarsi o respingersi con un altro, produrre e scambiare energia , attrarre materia , crescere e moltiplicarsi. Perciò pare che tutto faccia il calore ; pare giusto il dire che dove vi è calore e' è vita. È giusto ciò, quando però si con- sideri che dove v'è calore vi è svilup])o di elettricità e che, il corpo caldo è corpo elettrizzato. Ciò viene dimostrato dal fatto, che un corpo qualunque vivo o non, sottoposto ad un agente elettrizzante meccanico, tisico o chimico, quando è saturato di elettricità potenziale e che la elettricità sviluppata è superiore alla sua capacità elettrica o termica o, ciò che è lo stesso, alla sua capacità per il calore latente, si riscalda ; perchè la esube- rante elettricità si trasforma in calore. Perciò è da concludere che il corpo caldo è corpo elettrizzato e che allora è più sen- sibile e pili eccitabile. Quando il riscaldamento è oltre un certo limite per intensità e per durata, il corpo s' infiamma : così avviene il processo infiammatorio in un tessuto vivente (1). Il calore è l'energia in forzata inazione, è il generatoi-e dell'e- nergia attiva, l'elettricità, è la forza depositata e presente daper- tutto per servire a fornire la essenza necessaria, di cui formare le cariche elettriche negli ioni e nelle molecole, in virtù delle quali avvengono le trasformazioni della materia e le manifesta- zioni dei fenomeni della natura e della vita. Ma 1' elettricità è quella che direttamente opera ogni fenomeno, trasformandosi alla sua volta in quelle energie donde ebbe origine. Perciò il calore rende elettrizzabile ed elettrizza ogni corpo, specialmente ogni organismo vivente, dai microbi all' uomo ; perciò pare che esso sia l'energia vitale, ma non è. Esso è forma di passaggio, iniziale, la materia pr>m((, ed è avvertito solamente dai nervi termoestesici. (1) CvKCi — Sul jiJeceaiiìKmo dell' infiammazione — Gazzettn degli Ospedali ecc. N. 112, Milano, 1904. Trasformazioni delle energie 23 i quali lo trasforniaiio in covrente elettrica, quella che dà la sen- sazione psichica del caldo e che eccita ogni protoplasma e anche contribuisce all'accumulo del potenziale vitale. Esso, trasforman- dosi in elettricità o derivando da questa, compie indirettamente tutti i fenomeni della natura. È ])roprio il caso di dire essere e non essere. Quando un organismo è freddo, non è elettrizzato, non ha potenziale, perciò non è eccitabile. Quando maiu^a il calore, come (juando il Sole manda raggi obliqui, vengono sottratti gli elettroni alla materia, Tenergia agli atomi ed alle molecole, i (|uali e le (|uali si stringono sempre più Tuli l'altro e s' immobilizzano, sono senza energia, non S(tno elettrizzabili ; cascano in inerzia, in assiderazione, in morte; la vita si arresta. Dall' e(|uatore ai poli si osservano tutte le gra- dazioni di passaggio tra (jucsti due fatti estremi. SicH'liè i>er ogni piain^ta, il suo Sole è la sorgente prin(ii)ale dell'energia almeno in ai»parenza , e noi non sappianu) se gli astri solari ricevano energia da altra sorgente a noi ignota, op- pure 1' abbiano in se, come costituiti da materia scissa e ioniz- zata o cioè da ioni caricbi di elettricità , i quali in continua condensazione e combinazione emettono elettroni irradiatiti nello spazio dell' etere (;osmico. Questi incontrando i pianeti, ivi pe- netraiu) l' atmosfera e colpiscono la sui»erficie terraquea : incon- trano resistenza nell' azoto e nell' ossigeiu», i ([uali sono elettro- negativi , si trasformano in calore e luce , che dalla crosta terrestre sono assorbiti e trasformati, mentre una parte di questo calore e luce dagli organismi viventi è trasformata in elettricità attiva , (1) la (piale ritorna ad essere emessa come calore , e così tutto infine nella terra si disperde come correnti magnetiche (1) Nella clorotìlla e altri pigmenti, e nei diversi orfani di senso e parti dell' organi- smo tutte le forme di energia dell' ambiente, prodotte dai raggi solari , si trasformano in correnti elettriche, le (inali compiono le diverse funzioni vitali e mettono in attività gli or- gani adatti. 24 Prof. Antonio Curci [Memoria VII.] terrestri (1). Durante la notte avviene neutralizzazione ed irradia- zione di energia e perciò abbassamento di temperatura. Ohe la produzione del calore e della luce avvenga nell'at- mosfera del pianeta, e non nel Sole stesso, sarebbe provato dal fatto che vi è più calore e luce alla superficie del pianeta e meno nelle alte regioni atmosferiche, dove ad una certa altezza vi è invece freddo e tenebre ; (2) (dovrebbe essere il contrario^. Così pure quanto più i raggi sono perpendicolari alla superficie della terra, colla quale faccia angolo retto, tanto più vi è calore e luce , mentre ve n' è meno in ragione della obliquità. Quando i raggi sono perpendicolari incontrano piii resistenza ; quando sono obliqui meno resistenza, perchè sfuggono strisciando e vi è meno azione meccanica. Perciò nelle regioni tropicali fa jùù caldo, che nelle polari. La distanza tra le diverse regioni della terra ed il Sole non ha alcuna influenza ; essa è troppo piccola. 3. Luce. — La luce è una particolare f di ioni, produzioni' o luMitra- lizzazione di elettricità, etc. Trasformazioni delle energie 25 quale, proveniente dal Sole come raggi rettilinei, quando colpisce l'atmosfera e la superticie terrestre si trasforma in oscillazioni elitticlie somiglianti a quelle del pendolo ; tali raggi di vibra- zioni vengono ritiessi dal corpo colpito e sono percepiti dagli organi visivi nei (]uali si forma V immagine dell' oggetto. Que- sti raggi, detti luminosi, in ogni pigmento e specialmente nella clorotilla e negli organi della vista, come sulla lastra fotogratìca, sono trasformati in corrente elettrica, la (|uale nelle piante jn-o- duce la elettrolisi dell' ac(]ua e delle sostanze ossigenate, da cui si sprigiona ossigeno e si formano le sostanze idrocarbonatc scmu- plici ed animidate ; e negli organi visivi degli animali, detta corrente, presa dalle espansioni della retina, jx-r il nervo ottico va a fare ca]»o ai centri nervosi , dove produce la sensazione A'isiva psichica. Ohe sia così è dimostrato col galvanoinetro, il <|inde fa vedere che quando pt^netra nell'occ^hio un fascio di luce, si svilujtpa una corrente nei centri cerebrali corrispondenti. (%)sì che negli organismi viventi i raggi luminosi, da oscillazioni trasver- sali passaiK» a corrente elettrica, a somiglianza del calore, che pure alla sua volta si trasforma in corrente elettrica nei nei'vi ternìoe- stesici. Li quale nei centri dà la sensazione di caldo. Per ogni forma di energia vi è negli organismi un organo speciale, gusto, olfatto, udito, tatto, il (|ua!e la trasforma in corrente elettrica. La corrente elettri('a, la (|uale negli organi visivi è prodotta dalla luc(^, non solamente juoduce la sensazione psichica . ma anche, riflessa dal sistema nervoso, diventa corrente elettroliti(!a, la (juale eccita il ricambio materiale. Fu dimostrato da Mole- schott e da altri die la luce, per mezzo degli organi visivi, fa aumentare l'esalazione dell'acido carbonico, e ])oi tutti sappiamo che alla luce ci sentiamo |)iù eccitati, ])iù energici, più caldi. ]iin vivi, più allegri, più felici. Ma in ([lu^sti ultimi anni in Fisica è stato dimostrato che la luce è dovuta ad eletti'oni. diifondendosi con grande ra])idità, i »|uali quando colpiscono un corj)o ac(|UÌstano un moto vibra- torio dittico e si ritlettono, ])ercui a noi è possibile vedere il corpo. Atti acc. Skiuk 4", Vor.. XIX — Meni. \II. 4 26 Prof. Antonio Curci [Memoria VII.] col quale i nostri organi visivi sono in relazione mediante tali rag- gi. Oggi dopo molti studi si ammette che le onde luminose sono onde elettromagnetiche. (1) Perciò non è più da ritiutare ne da sembrare strana la mia teoria, d'altronde dimostrata dal galva- nometro, che la luce nei pigmenti e negli organi visivi si trasfor- ma in corrente elettrica , essendo già costituita da elettroni o forma irradiante di elettricità. Come le cariche elettriche degli ioni in una pila si scaricano sugli elettrodi e generano la cor- rente, così le onde luminose o elettroni diit'usil)ili si scaricano nei pigmenti, si moditìcano e generano la corrente, la quale è presa dalle espansioni del nervo ottico o dai granuli dei proto- plasmi negli organismi inferiori, formando una sorgente di ener- gia vitale. Dunque la luce genera elettricità in corrente ed è fornui di elettricità. Richiamo V attenzione sopra questo argo- mento lisiologico da aggiungersi a quelli tìsici. Inoltre la luce fu già dimostrata da Melloni e da altri es- sere identica al calore ; calore e luce si accompagnano sempre; noi abbiamo sopra dimostrato che il calore è una forma di elet- tricità costituita da elettroni condensati ; dunque calore e luce sono forme o stati della stessa energia, che noi conosciamo sotto la denominazione di elettricità. I fenomeni meraAigliosi, attribuiti ai raggi catodici, sono prodotti dai raggi rettilinei, che partono dal catodo, in aria ra- refatta, i quali sono dotati della proprietà di riscaldare i corpi da essi colpiti, spesso ancoi'a di renderli luminosi, di dare ii elettriche — Bologna 1897 — Idem La moderna teoria dei fenomeni fisici — Bologn.a 1904. Trasformazioni delle energie in massima parte del riscaldameiito da essi prodotto. (77 moto degli ioni nelle scariche elettriche. Bologna Ditta W. Zanichelli, 1903). Quindi i raggi catodici sono ad nn tempo elettroni, i quali prendono forma di elettricità, di calore e di luce. I raggi catodici sono deviati da una calamita e perciò sono elettromagnetici e, dall' accurato studio che è stato fatto d' un tale fenomeno, si è dedotto, che essi si comportano coinè fosse- ro costituiti da corpuscoli elettrizzati negativamente e dotati di grandissima velocità e cioè di elettroni negativi lil)eri. È noto, che i fenomeni della luce e del calore raggiante possono considerarsi come fenomeni elettromagnetici, e che dalle equa/ioni del campo elettromagnetico |)ossono desumersi ([uelle che rappresentano la propagazione d<'lle onde luminose (Righi). Lorentz ha su])posto che agli atomi della materia siano con- giunte delh^ particelle elettrizzate o tutte positivamente o tutte negativamente, le (|uali pn>ndano parte per via di assorbimento o di emissione al fenomeno elettromagnetico. Tn particolare la emissione della luce sarchi)»- dovuta a lincile ])articclle. le quali perchè elettrizzate, generano vil)rando quelh' onde elettromagne- tiche che chiamiamo onde luminose. Zecnianii, con io studio delle radiazioni di un gas luminoso, le (|uali si nioditìcano sotto V a- zionc di un forte campo magnetico, in ro[)rietà, che è un pernio della Cliimica, la supposta energia chimica non trova appoggio, uè ha con essa (niella relazione che si è voluta ammettere. 5. Dio. — Da tutto ciò che noi abbiamo lin' ora detto risulta, chela energia assume tre forme o stati iiriiicipali : calore, corrente elettrica e luce. Le diverse radiazioni dei corpi radioattivi sono for- me secondarie di elettricità e sono speciali a data materia. I raggi X sono raggi catodici, cioè elettricità negativa o elettroni radi- anti e molto [lenetranti, come è noto. L' azione meccanica non è una energia in se stessa, come si dice, ma è un effetto di spostamento nello spazio di una data materia, prodotto da una Prof. Antonio Uurci [Memoria VII.] vera energia come elettricità, calore e luce. La coesione, l' ade- sione, 1' atììnità cliiinica sono anche etfetti meccanici dell' at- trazione della materia, ma quesf attrazione è data dall' energia elettrica, come carica positiva o negativa inerente agli atomi ed alle molecole. La famosa, misteriosa e tanto decantata enei'- gia, chimica, abbiamo visto, è carica elettrica. Risulta evidente da ciò che V energia univer.sale assume tre forme principali nel passare da un sistema di materia ad un altro, e propriamente corrente elettrica genera calore e luce, come calore e luce gene- rano corrente. Noi abbiamo qiiindi : 1. L' energia termica come elettricità condensata, quando non trova conduttori per scorrere, che è costretta rinuuiere, poco atta a irradiarsi e diffondersi, penetrante piìi o meno qualunque corpo buono o cattivo conduttore, per cui si può paragonare ad una sostanza scdida, la quale costituisce un deposito di energia condensata e impedita di espandersi, e perciò pronta a fondersi e 8(-iogliersi (mi si permetta l'espressione) o a mettersi in moto per riempire il vuoto di un atomo o molecola che si scinde e si separa, cioè a formare la carica degli ioni. 2. Abbiamo energia elettrica, ccnne corrente, che so]>ra un conduttore isolato è temporaneamente statica, ma in coiuluttore air intìnito scorre con grandissima velocità, come farebbe un li- quido, in cerca di neutralizzarsi. Questa è paragonabile ad una sostanza liquida, la (luale in corrente adatta opera fatti meccanici, tisici e chimici ; perciò è energia in moto, in lavoro, ed ha bisogno di conduttura; è pe- netrante solo dove può compiere delle scissioni e trova ioni ato- mici o molecolari. Dove incontra ostacolo, e basta una condut- tura più stretta o meno conducibile o una interruzione, acciò come un liquido subisca una specie di conipressione ed una con- densazione, per cui subito si trasforma in calore e luce. 3. lutine abitiamo 1' energia luminosa, sotto forma di onde elettromagnetiche, atte ad espandersi per ogni lato con immensa Trasformazioni delle energie 33 velocità, a somiglianza di un gas, il quale si sprigiona appena 8i forma e non ha bisogno di conduttura, se incontra un corpo si riflette e così lo rende a noi visibile e alla seconda ritlessione essa è spenta, è assorbita tutta dai corpi, nei quali si trasforma in elettricità o si neutralizza. Dove vi è sviluppo di energia, come in una combustione, nella combinazione dell'ossigeno con il car- bonio e r idrogeno (tutti tre già ionizzati) vi è sviluppo di elet- tricità la quale, non trovando conduttori, si trasforma parte in calore, cioè si condensa e vi rimane nel gas che si svolge, come anche nell' aria e nei corpi circostanti vicini ; parte si espande istantaneamente intorno, qual gas esilissimo con immensa forza di espansione, come raggi luminosi, qnclli cioè atti a trasfor- marsi in corrente negli organi visivi per produrre la sensazione psichica della visione. Vale a dire, che gli elettroni nella luce si respingono, si espandono o s'irradiano con grandissima velocità per mozzo dcl- l'etere cosmico o forse senza Itisogno di esso, e servono a mettere in relazione gli animali con l'ambiente anche a grande distanza. Senza gli organi visivi e i corpuscoli della clorotìUa questa ener- gia, che li produce, sarebbe inutile nel mondo, (ili elettroni nel calore, come se sottoposti ad uhm c()m])ressione , si condensano, acquistano luiii grande tensione, si mu«)vono intorno a sé stessi <<)n moto circolare, vorticoso, elicoide e aderiscono agii atomi ed alle molecole della materia ; diventano penetranti , atti ad essere assorbiti, i)oco ad essere riflessi. Infine nella elettricità, gii elettroni scorrevoli , mobili , se trovano conduttore, si mettono in moto come le molecole di un litjuido, e perciò essi sono in una condizione di movimento, intermedio fra il calore e la luce. Appunto in (jnesto stato intermedio costituiscono 1' energia attiva, funzionante, viva, quella che opera le trasformazioni della materia con fenomeni meccanici, tìsici e chimici, che si ammi- rano in natura : quella che crea e anima gii organismi viventi, i <|uali perciò sono macchine che trasformano le energie dello ambiente in correnti elettriche interne, mediante le (piali si com- Atti acc. Skuik 4°, Voi.. XIX — Meni. \H. 5 34 Prof. Antonio dirci [Memoria VJI. | pioiio tutte le funzioni, compresa la meravigliosa psiche animale,, e che poi restituiscono all' ambiente come calore e luce ; quella che riempie tutto il mondo e tutto V intinito universo e che pro- duce e muove gli astri ; quella insomma che costituisce la po- tenza o onnipotenza creatrice, infinita, increata , indistruttibile , presente da pertutto, in ogni tempo, che tutto fa e tutto muove; che è negli astri, è in noi, in ogni animale, in ogni essere di qualunque natura. Insomma quella essenza creatrice, che si chia- ma Dio, Allah o Brama, !Ftà, come si voglia, il nome non im- porta, ncni è che (juesta energia universale, che tutto crea e tuttO' trasforma e che si nianifesta a noi come corrente elettrica, come calore e luce e come altra forma radiante con gli etfetti mec- canici, fisici e chimici della materia, e gl'innumerevoli fenomeni relativi del mondo universale. Perciò tutte le forme di energia, tutti i fenomeni in natura in noi e fuori di noi, tutte le vicende umane, sociali, politiche e religiose e quelle individuali sono manifestazioni di questa energia universale creatrice, cioè di Dio. Onde considerato così, non possiamo negare di vedere e sentire realmente ed evidente- mente che Dio esiste, è da per tutto ; negli atomi, nelle mole- cole e nei corpi viventi o non (1), e possiamo l'ipetere con convinzione e cognizione di causa, quale fatto vero, tangibile,^ sensibile, reale e naturale gli eloquenti versi di Metastasio Dovunque il guardo io giro Immenso o Dio ti vedo E qualunque fenomeno, meraviglioso che sia, è sempre feno- meno naturale, non so])rannaturale, onde la metafisica entra nei limiti della natura , perchè il soprannaturale è fuori di Dio e (1) Ciò reliitivaiiiciite a noi, giacché la natuia col suo Dio è tutto un organismo vi- vente. Materia senza energia è inerte, energia senza materia non si puii trasformare e mani- featare, perciò la natura è costituita dall' energia colla materia o da Dio col suo creato. Trasformazioni delle energie 35 perciò non esiste. Fuori uiitiira nulla esiste, nemmeno lo stesso Dio. La natura è infinita come infinito è anche il su«) Dio o 1' energia che la crea e la anima : e perciò oltre l' infinito nulla può esistei'e ed ogni preteso soprannaturale è assurdo. Così possiamo concludere die noi siamo giunti a dimostrare scientificamente la esistenza di Dio ; (piale cosa vei"a che vedia- mo, che sentiamo e che tocchiamo da per tutto; e perciò è vero il detto comune ab auti'III. Risultati delle osservazioni meteorologiche del 1905 fatte nel R. Osservatorio di Catania Nota di A. RICCO e A. CAYASINO Il luoiio. iili sfi-uiii("ii1i iiicteorici, k- oit- di osservazione e il modo di fare le iiK'dic dctili t'it'iiieiiti osservati, sono quelli stessi adoperati nei tredici aiiiii |inH'edenti, e se ne trova la descrizione india nota pubblicata nel 1898 ') , raninitiitiaino (|ui soltanto che le coordinate 04a iu>vembre lJM)r)): nei primi due si a,ii,iiiuni>-ono anche i valori (hd dicembre suc- cessivo, allo scopo di trovare nello stesso (piadro i dati di tutto 1' anno civile, e si riportano in t'ondo ani he le medie relative a questo intervallo : come nei precedenti riassunti le temperature e pressioni barometriche non sono ridotte al livello del mare , uè queste ultime al valore n s ce 'ab he o 1X1 s e ■A ì ■3 3Q riDii tnm inni inni Inverno. —2,4 +3,6 — 1,46 —5,7 +0,13 —271,6 --!,'' +0,10 Priiiiavera. . —0,3 —0,2 -0,40 -2,4 -^0,39 — 76,5 + 7,0 -0,02 Kstate . —0,2 -0,6 0,00 + 0,1 + 0,49 — 8,5 -^3,8 +0,01 Antiiniio . . + 1.4 —0,2 +0,49 -3,2 + 1,27 — 151,9 —4,6 — 0, 07 Anno —0,4 +0,6 —0, 3.5 -2,8 ^-0, .56 —508, 5 —0,4 0,00 Degni di nota sono, in confronto a quelli del 1904:, i valori della temperatura , pili bassi (specialmente quelli dell' inverno) tino all'autunno; (juello molto alto della pressione nell'inverno, quello basso dell' umidità relativa e della (juantità di pioggia, specialmente neirinverno, e in tutte le altre stagioni e nell' anno. Quanto al comportamento dei singoli mesi , è notevole la temperatura media e la minima più bassa in gennaio e febbraio; 1' umidità relativa e la pioggia più grande in dicembre. Risultati delle oH»errazioni meteorologiviie del J905 ecc. Passando poi a parauoiiaiv ^li stessi valori con ioggia abbondantissima. È da notarsi anclie la poca ficipK iiza
  • rai<»; con ablxtiuìante caduta di neve per dut^ notti di seguito, ciò che in ('atania non si era verifi- cato da parecchi anni; 1' altissima pressione (77i"',2j in gennaio, e la grandissima tensione del vapoi-e ac(|ueo (2()"'"',.")4) in setteml>re. Avendo ora 14 anni di osservazioni , abbiamo creduto op- portuno di fare anche il Quadro N. 5 che dà i risultati relativi ai venti, allo stato del cielo . ecc. e gli estremi degli elementi meteorici nei medesimi 14 anni. Risulta confermata la consueta predoniinanza in Catania dei venti col seguente ordine NE, E, W, S\V : la notevole serenità del cielo , la scarsità dei giorni con pioggia , grandine . neve , o brina, ed anche la scarsità dei temporali. A. Micco e A. Cavasino [Memoria Vili. «ttiadro N. 1 - 1»05 -*3 — ■ a.s Dicem. 1904 Gennaio '905 Febbraio. Marzo . . Aprile . . Maggio . Gingno . Luglio . . Agosto. . Settembre Ottobre . Novembre Dicembre InTerno . . Primavera . Estate . . . Antnuno . . Anno meteor. » civile . Medie (lei massimi diurni di temperatura, dei minimi e delle escurs. 3 M 11,0 8,1 ><, « 12,9 15,7 18,4 22,6 26,7 27, 4 24,7 18,3 15,9 12,1 9,3 15,7 25, 6 19,6 17,5 17,6 14,7 11,9 13,1 17,2 19,8 22,3 26, 6 31,1 31,7 28,8 22,4 19,9 15,0 13,2 19,8 29,8 23,7 21,6 21,6 in o ■*> 8 4, S 5, 1 8, 7 11 7 E 14,6 17,8 22,4 22.8 20, 5 14,4 12,1 9,6 5,9 11,7 21,0 15,7 13, 6 1.3,7 6, 9 7,1 8,0 8,5 8,1 7,7 8,8 8,6 8,9 8,3 8,0 7,8 5,4 7,3 8. 1 8,8 8,0 8,0 7.9 o s § 12,9 10. 4 10,2 11,7 13,8 1.5, 6 17,7 20,8 22, 3 22,4 19,2 17, 0 14,9 11,2 13, 7 20,3 19,5 16,2 16, 3 16,1 15,8 15,9 16, 0 16,0 16, 1 16, 1 16,2 16,3 16,4 16,2 16,2 16,3 15,9 16,0 16,2 16, 2 16,1 16,1 CU s s niMt 757, 6 7.58, 7 759,0 755, 4 754, 9 756, 1 75.5, 8 755,7 756, 2 756, 9 755, 2 756, 8 759,7 758,4 7.55, 5 755, 9 756,3 756, 5 7.56, 7 rum 6,91 ,5, 35 5,25 7,07 8, 39 10, 05 11,29 14,60 14, 33 C3 ■5 S 66,7 62,6 58,4 60, 5 60,4 61,7 53,8 52,9 50,8 14, 55 60, 2 9,99 9,36 7,21 .5,84 8,50 13,41 11,30 9,76 9,79 60,7 66,0 7.5,8 62, 6 60, 9 52, 5 62, 3 59, 6 60 3 RisulUiti delle oimcnmziom meteorologiche del 1905 ece. Qiiatlru N. 2 — 1905. Direni. I!t04 Oi-iiiiaio '905 Fcliliiaio. Marzo . . Ai)rilo . . Maggio . Giugno . Luglio. . Agosto. . SettiMnbr« Ottolire . Novpinlire DuM'niliri' Inverno . . Primavera . Estate . . . Autunno. . Anno nieteor. > l'ivile 9> s .o h O P. se K 1 o Tè nini 1,68 1, 99 2, 47 •>, .51 3, 14 3, 64 1, 80 5, 73 6,68 4, 70 4, 32 o 89 1, 70 ^, 05 3, 10 5, 74 3 97 li 71 3 71 s e -si a = o •e inni 57,1 W 74,5 W 46, U w 19,3 w 4,3 NE 80,3 NK 3,6 NE 27,9 NE i,3 E 45,7 NE 98,7 W 10,. 3 W 231,4 NK 177,8 w 103,9 NE 32,8 NE 154,7 W 469,2 NE 643, 5 NE 42,7 54, 1 .->4, 4 46, 3 42, 2 50, 2 31,2 24,3 13.8 25, 9 53,3 69,4 69.1 .50,4 46,2 SOLEGGIA.MEN IO .TRASPARENZA ATMOSF. Il 127,1 102,8 129,6 211,9 187,2 193,2 247, 7 2.54,01 368,0 200,2 141,1 93,3 68,1 359, 5 23, 0 759,7 46,2 434,6 41,4 2146, 1 43,6 2087, 1 B A B II 296.5 0,43 305, 1 0. 34 301,0 0,43 370, 4 0,57 394,4 0,47 4.38, 4 0,44 439,9 0,56 446.6 0,57 419.0 0.62 370, 8 0,54 345,8 0.41 .303. 1 0,31 296,5 0,23 902,6 0,40 1203,2 0,49 130.5,5 0,58 1019, 7 0,42 4431,0 0,47 4431,0 0,46 media M N 3,3 3,5 3,5 3,7 3.2 3,4 3,3 3,5 2,7 3,0 2,6 2,8 2,9 3,1 a* 5 2,7 3,1 3,4 3,0 3,2 3,0 3,3 2,9 3,1 2,7 2,9 3,3 3,5 2,9 3,1 2,8 3,1 3,0 3,2 3,0 3,2 2,9 3,2 2 = » S !• « ce 58 0, 11 0,12 0,17 0,11 0,02 0,00 0, 00 00,1 0,06 0,07 0,0« 0,04 0,08 0,13 0,04 0,02 0,06 0,06 0,06 6 A. Ricco e A. C'a rasino [Memoria VIlI.j Quadro BT. ìi — 1905. ^ N. NE o SE s\v NW, sereni. . . . F misti e coperti . . , COLI pioggia con graudiue o neve . . con nebbia ? I con liriua. . , o I a; *^ £ con temporale 'cgnscarìclie elettriche 1 > > ci 1 o a 3 < no 35 20 25 7 1 1 0 12 19 24 16 1 7 17 6 4 3 7 6 0 3 2 0 12 11 15 5 19 11 5 19 5 2 1 14 29 22 58 29 35 55 30 42 26 15 4 20 36 27 20 28 4 1 0 0 9 1 0 3 2 0 0 0 5 2 1 6 12 8 19 10 110 9 71 31 20 5 43 54 22 188 162 65 111 5 6 2 14 49 ESTREMI METEOROLOGICI ANNUI OSSERVATI Temperatura iloll' aria Temperatura del sotterraneo Temperatnra acqua del pozzo Pressione atmosferica Tensione vapore acqueo Umidità relativa Evaporazione in 24'' all'ombra Velocità oraria del vento e direzione Massimo Minimo 38," 2 29 agosto 24," 5 29 agosto 16," 4 12 settembre — l,^ 16 febbraio 5," 4 16 febbraio 15,0 5 10 gennaio 1, 2 743, 0 24 gennaio 9'' 17 aprile lo*" 20, 54 24 sett. 21'' 100 15 febbr. 21'' 13,34 4 ottobre 46,8 30 ottobre 40 Km. NE 29 genu. Il"" 1, 69 4 febbraio 8'' 13 29 giugno 15'' 0.30 17 gennaio Risultati delle ossermzioui meteorologiche del 1905 ecc. (Quadro N. 4: - Metile 1892-1905. (icniiaio Febbraio. Marzo . Aprile . Maggio. Gingilo. Luglio. Agosto. Settembre , Ottobre . Novembre . Dicembre Inverno . , Primavera. Estate . . . Autunno. . Anno . . . Tempuratura ilell' aria Pressione atmosferica all'osser- vatorio 10, 1 11,0 12, K 1."), 1 18,5 22,9 26,3 2(i, :! 24, 1 20,3 15,4 11,7 10,9 15,4 25,2 ' ridotta al mare 10,4 11, :ì i:f, 0 1,5, 5 18,9 2S, 2 26,6 20, ti 24,4 20,7 15,8 12, 1 11, H 1,5,8 2,5,5 19, 9 20, 3 17,9 18,2 all'ossiT- rid. al ma- vatorio re e a ;;. ti limi 757,3 min 762,8 756, 5 702, 0 755, 2 760,6 7òù, 1 700, 4 755, 8 761,0 750,1 761,3 755,9 761, 0 756, 5 761, 6 T.57, 1 762, 3 757, 0 762, 3 767,4 762, 7 750, 6 762, 1 756, « 762, 3 75.5, 4 700, 7 7.56, 2 761,3 757, 1 762,4 750,4 761,7 1 = F" ■|| ? ' II 6, III 41 6, 74 7, 32 8, 32 Jt, 51 11, 70 13, 12 13,99 13 37 12, 04 9, 53 7, 51 t>- 91 8 3X 12 93 11 65 9 97 ■ 66,3 65,3 64, 3 62,7 57,8 53, 1 49. 7 53, 6 59, 0 06,1 70,1 69, 4 07,0 61, 0 52,1 6.5, 0 01, 4 o = min 1,80 2,08 2,28 2.70 3,48 4,52 5, &ó 5,28 4,46 3,09 2,10 1,86 1,92 2,82 .5,12 3,22 .3, 27 min 80,9 61,4 51,5 34,8 24,8 6, 5 4,4 13,1 52,4 92,0 108,1 98,3 240,6 111,1 23,9 252, 5 628, 1 ■47, 5 48, 8 47, 0 45, 9 39, 0 26, 4 12, 7 16, 2 29, 9 48, 2 68,0 50, .5 48, 9 44, 0 18, 4 4:^, 7 38 8 0,44 0,40 0.48 0,48 0, 52 0, 00 0,68 0, 67 0,56 0, 47 0,42 0,S9 0,43 0, 49 0,65 0,48 0,51 A. Kiccò e A. Cavasi no [Memoria Vili.] <|uaflro N. 5 - Medie 1893-1905. c N ai > ■« NE ■o a> c3 E B ^^ m u SE es 0^ S td N g svv 3 1 01 b w tu l NW minti coperti .... Z, I l'Oli jiioggla . con grandine . s I con neve. . . con l)riiia. S ; con nebbia . . con temporale 29 7 9 7 1 2 13 16 34 32 33 1, 5 0,6 2,7 0,4 25 4 19 13 12 5 24 29 41 22 25 1,0 0,0 2,1 0,1 3,7 38 2 16 16 8 1 5 4 2 67 21 i 9 0,2 0,0 0,3 0, 1 3,7 39 6 11 10 3 2 29 38 24 25 0,8 0.0 1,5 0,1 4,9 ESTREMI METEOHOLOGIC'I DEL QUATTOKDICESSIO 131 19 55 46 17 7 31 40 20 149 134 82 92 3, 5 0,61 6,6 0, 15, 5 Teniiieratnra dell' aria Pressione atmosferica Tensione vapore acqueo Umidità relativa Massimo Minimo Evaporazione in 24*' all' ombra Pioggia in 24'> -J- 41, 1 11 Agosto 1896 llKIt 772,3 9 Febljraio 9'' 1903 21,73 3 Settem. 15'' 1902 100 1892, 18 Feb. 12'' 1893, 1 Geu. 9'» 1904, 7 Gou. 9'» 1905, 15 Feb, 21'" Dilli 18,22 25 Giugno 1898 mm 175,2 25 Settembre 1902 - 1,8 19 Febbraio 1895 737,7 17 Genn. 9'" 1893 (Itili 1,07 18 Febbr. 21'' 1895 26 Ginguo 7'' 1898 0,08 27 Gennaio 1896 Velocità 55 Km. N oraria del vento j 22 Dicem. 21'' e direzione 1904 Memoria. IX. Sul moto di rotolamento Memoria f del prof. G. PENNACCfllETTI Il vincolo di rotolaiiioiito puro, cioè senza possibilità di strisciamento, si esprime, com' è noto, mediante un sistema di equazioni ai differenziali totali, per lo più non integral)ile, per il qual fatto, da più anni, si ò riconosciuto che alcuni principii e procedimenti generali della meccanica razionale non sono ap- plicabili, senza opportune modilicazioni, a siffatta specie di ])ro- blemi. 1 sistemi in movimento ad n gradi di liliertà sono stati con Hertz (') distinti in olonomi e non oìonomi. Questi ultimi sistenìi, ai quali assai spesso appartengono i corpi in rotolamento puro, li;niu(» dato origine a importanti lavori recenti, tra cui quelli degli illustri matematici Neumaxn, Vierkand, Hada- MARD, OaRVALLO, KoUTEWRG, ApPELL ('), MaGGI (^j e CrEB- BIA ('). Quanto segue si riferisce al problema del rotolamento puro di un corpo solido sopra un corpo solido fisso e parmi che nella forma spedita di tali svolgimenti possa trovarsi, se non m'ingan- no, qualche piccolo contributo alla teoria meccanica del moto fi) Prinzipien der Mechanik, 18114. (-) Si vegga 1' eccellente opera di 1'. AiiiieU, Tinité do Mccaiiique Ratioiiolle. ove si trovano anche molte citazioni, t. II, seconda edizione 1904. Si cousnlti anclie : P. -Xiiiiell, Scientia liS99, Les niouvements de ronlcnient en Dynaniiqne. (3) Teoria matematica del movimento dei corpi, Milano 189t) ; Principii di Stercodina- njica 1903, nei qnali trattati la teoria dei sistemi non olonorai è bastantemente svolta e si hanno altre citazioni snl soggetto. (■') M. Gkbhia. Snlla integrabilità dello condizioni di rotolamento di un corpo solido sopra nn altro, o su ([nalche questione geometrica che vi é connessa. Rendiconti del Cir- colo Matematico di Palermo, T. XX, anno 1905. Atti Acc. Skkib 4", Vor,. XIX — Mem. IX. 1 G. Vennacchietti [Memoria IX.] di rotolaiaento, sicché ho stimato farne oggetto della presente pubblica/ione. § I- Relazioni geometriche provenienti dal solo contatto. Sia 0 x^ l/^ z^ una terna d'assi cartesiani ortogonali fissi nello spazio. Gli assi s' intenderanno sempre disposti in modo che un osservatore coi piedi all' origine 0^ e col capo verso s^ veda av- venire dalla sua sinistra alla sua destra la rotazione di 90° con la quale si può far coincidere la semiretta O^x^ colla semiretta 0 y ed analoga disposizione intenderemo per ogn' altra terna d' assi che ci occorrerà di considerare. Il centro di gravità 0 del corpo mobile si assuma come origine comune dì un sistema di assi Ox^y\z\ paralleli agli assi O^xj/^z^ e del medesimo senso rispettivamente e d' un sistema d' assi Ox)/z fissi nel corpo. Di- remo ^, r;, s; le tre coordinate di 0 rispetto agli assi 0^x^y^z^, t|j,e, (p i tre angoli euleriani che servono a determinare la posizione della terna Oxys rispetto alla terna Ox^ì/'/^. Diremo «^ , «^ , a^ì coseni direttori dell' asse Ox rispetto alla terna 0^x^1/^x^ , ed ana- logo significato abbiano P^, p,, p^ ; t,, Tg. T3 per gli altri due assi Op, Ox. Chiameremo x, y , z: x^,y^, s^ le coordinate d'uno stesso punto del corpo rispetto agli assi omonimi. Le due superficie convesse del corpo mobile e del corpo fisso in contatto sieno rappresentate rispettivamente dalle equazioni : (1) / (.r, 2/, «) = 0 , (2) F (x^, y^, zj = 0. Le formule di trasformazione delle coordinate sono : / X = ix^ -?)«! + (!/, — -q) fj, + (z, — Z) Ti , (3) ; 2/ = {X, - 5) a, + (,atibili e distinte, potremo ottenere 1' espressione d' uno de' sei })arametri Z, vj, C, S, ?, ']* in funzione degli altri cin Z-=R- C) — 8e la superfìcie mobile è di rivoluzione ed è rappre- sentata dall' equazione : « = l' (p) ove p = l x^ -f y'' , si troverà facilmente dalle (7) e (8), supponendo e acuto: . F' (p) ^= tali e , .e = — p seii m , \' = — p eoa 'f , s := f (p) , (9) ' Z = — ^ (p) cos e -f p so.n e. G. PennaccUetti [Memoria IX.] 2)) — Supponiamo che un corpo solido sia in contatto col piano fisso s^=0 per mezzo d'uno spigolo vivo circolare e clie il centro di gravità 0 sia sulla perpendicolare 0;: condotta per 0 al piano del cerchio. Supporremo che la semiretta 0^; formi un angolo acuto colla semiretta 0.?,. Le due equazioni del cerchio sieno : x'-Jf-y- = E' , z = —a. La equazione della tangente al cerchio nel piano del cerchio stesso è : xX-^yY- K- = 0, dove X , ì/ sono le coordinate del punto di contatto; X, T, le oor dinate correnti rispetto agli assi Oii/ . L'equazione del pia- no fisso rispetto a questi assi è : Avendosi anche : Ti '^ + T» 2/ + ^ - "h = 0 , si otterrà : x=^ — E seii cp , y= — Rcostf, z = — a, s; = « cos 6 -{- E seu 6. E) — Supponiamo che la curva rappresentata dalle equazioni: f{X,Y,Z)^Q, F{X,Y,Z) = i) debba essere tangente al piano fisso rappresentato dall' equazione Z, = — fc o, ciò che è lo stesso, dall' altra : Sul moto di rotolamento Qui denotiamo con lettei-e maiuscole le coordinate correnti rispetto agli assi Oxyx rigidamente uniti alla curva e mobili in- sieme con essa. Affinchè la tangente alla curva mobile, rappre- sentata dalle equazioni : |(^'-^) + |(^-^')+|(^-^) = «' dF dF dx ' dy y^ + fz^'- J) =0, giaccia nel piano fisso, devono essere soddisfatte le due condi- zioni: df df df dx' dy ' dz = 0, [a) dF dF dF dx ' dy ' dz Ti , h. T3 df dx df df , df , df dy^ dx'+ljy^dz' dF dF dF .dF .dF ' dy ' dx '"'^dy y^ dz ^ hi Ti » Ti -fc = 0, delle quali la seconda è evidente conseguenza della prima e della seguente (ft) Ti * + T2 y + T3 « = — ^■• Abbiamo così un sistema formato da -4 equazioni che sono le (a), (J)), (1) e (2), alle quali debbono soddisfare i sei parame- tri che determinano la posizione della figura mobile, acciocché il contatto abbia luogo. Queste 4 equazioni, supposte distinte e non contradittorie, ci daranno una relazione fra i due angoli G. Pennacchietti [Memoria IX.] euleriani 6, tt e ci faranno perciò conoscere le coordinate x, y, z del punto di contatto in funzione di uno di questi due angoli . La figura mobile avrà 5 gradi di libertà. Se si aggiunge la con- dizione che un punto connesso rigidamente colla figura mobile sia fisso, il sistema ammetterà due gradi di libertà. 'Nel caso di un cerchio di raggio E col centro fisso 0^ , prendendo gli assi Oj j' , 0,y nel piano stesso del cerchio e fissi nel cerchio, si troverà : X = — K seu cp , ^ =: — E cos cp , s = 0, — = sen f e dovrà essere k < H. Se 1' analogo procedimento si applica ad una curva rigida la quale 1° debba essere tangente ad una retta fissa nello spazio, 2" debba inoltre essere tale che un punto legato invariabilmen- te alla curva stessa sia fisso nello s])azio, si dimostra facilmen- te, supposto che tali condizioni non siano incompatibili, che la curva rigida ha zero gradi di libertà, sicché ne è impossibile il movimento. Se un corpo avente un punto fisso 0, che prenderemo come origine comune dei due sistemi di assi xys , xjj^z^ , è termina- to dalla superficie convessa avente per equazione /{x, y, ;:■) = 0 e se tal superficie dev'essere tangente al piano fisso rappresen- tato dalla equazione ~i = — J> cioè Y,.r -[- f.,?/ -|- 73S = — ^', que- st'ultima equazione, insieme con le (7) e con la equazione della superficie del corpo mobile, costituisce un sistema di 4 equazioni fra le tre coordinate .r, y, x del punto di contatto e gli angoli euleriani 6, 'f. Supposte le equazioni compatibili, il corpo solido avrà due gradi di libertà. F) — Si abbia un cilindro colle generatrici parallele all'asse Ox e la sua superficie sia rappresentata dalla equazione : y-F{z) = 0. Questo cilindro debba esser tangente al piano fisso 0, x^ y^ iSul moto di rotolamento rappresentato dalla (S) rispetto agli assi Oxyz . Le equazioni (7) saranno nel presente caso : cioè : seii 0 seii (p = 0, cos 6 -[- sen 6 cos tf p" {z) ^ 0. La (8) diventerà : y sen 6 cos

    \ sono le componenti, secondo gli assi ■r^y^:^^ , della velocità angolare istantanea del corpo. Se .r\ , y^, ^^ sono Sul moto (li rotolamento 11 le coordinate del ininto del corpo mobile che all' istante t è in contatto col corpo fisso, si avrà: >^.=o, TV,=o, ];.=(). Osservando che la componente della velocità del centro di gravità secondo la normale n comune alle due superficie condotta pel punto di contatto, è evidentemente nulla, una di queste tre equazioni è conseguenza delle altre due in virtù delle relazioni geometriche considerate nel § I. Otteniamo così le seguenti relazioni cinematiche : ^' = »•. (.Vi - -1) - 9, (~i - ?) , ^), (1) ; r(^p^{z^-Z,)-r^{x, una delle (]uali, per quanto abbiamo detto, può dednrsi per mezzo della derivazione, dalla equazione algebrica tra ^, r„ z, 0, tp, -^ che si ottiene secondo il § I , Denotando con ^, q, rio componenti della velocità angolare istantanea secondo gli assi Oa-yz e valendosi delle formule di trasformazione dello cooi-diiiate (§1,4), si avrà dalle (1): / Z' = {a.^z — a.^y) p -f (a^,.v — a^z) q -{- {a^y — a^x) r , (2) ^ -ri = ^p.^, _ P3_v) p + (P,.r - p,,i q + (P,y _ ^,^) r , Siano a ,h, e le coordinate del punto fisso 0^ rispetto al sistema di assi Oxys legati invariabilmente al corpo mobile. Si 12 6, PennaccMetti [Memoria IX.J arra : « = — (^«1 + -iPi + CTi) , e = — (^a, -L r,P3 4- CT3) . Se queste equazioni si derivano rispetto al tempo e nei ri- sultati si sostituiscono invece di ^', -q , Z' le espressioni (2) e invece delle derivate dei coseni si pongono le note espressioni in funzione dei coseni stessi e di 2>ì 5? *S 8Ì ottengono le formule seguenti : I a =q{z—c) — r (y — h) , (3) j b' = r(x — a) —p(z — c), e =}} {y — '') — (li^ — «} > ove è posto : , da y ^_ db^ , de '''—~dt' —'at' "" —'di Cbianiando W la velocità del centro di gravità, si avrà dalle (2) : W = {x'~ + y'~ + z'} (r + 2^ + »") - (xp + mi- ^rf . Se X, 1/, ^ sono assi baricentrici principali del corpo mo- bile e se ^, i>', C sono i momenti principali d'inerzia ed m è la massa totale del corpo, la forza viva T sarà data dall' espres- sione : (4) T=lm 'y-+y-^+z'){p^^(f-^r^~)-{xp^yq-^zrr -f ^ {Ar-{- B(f + Crf. Nei tre casi seguenti A), B), G) il sistema mobile ba un solo grado di libertà ed è quindi necessariamente olononio. Sul moto (li rotolamento 13 A) — Consideriamo in pavticolarf» il caso del rotolamento puro di un cilindro sopra mi piano (§ I, F). Pareuio uso delle formule generali : «j ^cos tp cos '-J; — sen tp seii '^ cos 6, ct^ = — seii -^ cos t}» — cos '^ seu ■} cds 6 , P^ :=z cos (p sen ']) -)- sen tp cos -]> cos 6, ^.,'=^ — st-ii -f sen -^ -}- cos

    cos 6, «3 =r seu '^ sen 6, p3 =3 — cos ■{» sen 6, Yj :^ sen 6 sen (p, -fa = '^en 6 cos tp, Y3 = cos 6, j>j :z= !p' sen () .sen 4» ■4~ ® ^os 'ji , 51 = — «p' sen 6 cos '^ -[~ ^' •''6" ' .v sen ']» -f cos '| (i/ cos 6 — z seu 6») | := 0, -/]' -f- ' •«■ eos (}> -p sen '} (^— v cos 0 -\- z sen 6) — 0' cos ■{/ (// sen 6 ~ zgosO) =z 0, Queste due equazioni, di 1" grado ris[ietto ad x, devono es- sere soddisfatte per qualnnijuc^ valore della x, siccliè se ne de- duce dapprima <^' = 0, cioè ']' = 'l'o essendo tj)^ il valore iniziale di (|». Per maggior semplicità potremo supporre '^^ nullo, sicché per tutta la durata del movimento avremo ; Allora si avrà anche ^' = 0, cioè : ? = e inoltre : ■/j' — 6' {y sen 6 -\- z cos 6) = 0. j4 G. Pemiacchietti [Memoria IX. /^) — Consiclerianio il caso di un cono che rotola senza striscia- re sopra un piano. A causa delle relazioni sopra trovate (§ I, 6^) si avrà dalle (§ I, 4) : x^ — c, = X (ttj + a, p 4- ttj a) + a, («p — h) -f «3 {a. Queste sette equazioni ci dicono che un cono obbligato a rotolare senza strisciamento sopra un i)iano fisso ha un solo grado di libertà, sicché la determinazione del movi- mento richiede la conoscenza di un solo parametro in funzione del tempo. (7) — Supponiamo infine che un corpo solido del)l)a muo- versi parallelamente al piano fisso 0,^-^?/^ e nello stesso tempo per mezzo della sua superficie, che supporremo convessa, rot(di senza strisciare sul piano stesso. Prendo il piano xOij parallelo al piano a-^OjJ/j , onde : La linea dei nodi rimane indeterminata, ma condotti gli Sul moto ili roiolamento lo assi Ox^y^'s^ paralleli agli assi 0|.r,//j^', , potremo prendere la se- miretta Ox^' come linea dei nodi, onde: ^ = 0. Si Ila in(dtre : essendo ?:„ il valore iniziale di %. Se nel contatto non è impe- dito lo strisciamento, il corpo clu^ (|ni si considera, ha tre gradi di libertà; la condizione dell' assisiiza dello .sti'isciaincnto dà luo- go a due nuove equazioni e non resterà al corpo che un solo grado di libertà. § III. Equazioni del moto. Siano X, r, Z, L, J/, N le sei coordinate del sistema delle forze attive rispetto agli assi ().r//~ supposti baricentrici e prin- ci[)ali ; siano A", F', Z', JJ, M , N' le proiezioni sugli stessi assi della reazione del corjH) (isso applicata al punto ■l\l/^z^ di con- tatto e i nionienli di (piesta reazione ris[>etto agli stessi as.si. Siano ((, V, w, p, q, r le componenti della velocità del centro di gravità e della rotazione istantanea e finalmente denotiamo con A, li, (J i momenti principali d' inerzia del corpo m(d)ile risi)etto al centro di gravità 0. Sia m la massa totale del corpo mobile. Le equazioni del moto saranno : '" ^^t "^ '^"' ~~ ''"'* — '^'+ ^ ' 16 G. Pennacchietti [Memoria IX. ^^^(<^'-B}qr=L-i-L'., B^-^{A-C}rp = M~\-M', (ir Essendo nulla la velocità del punto di contatto, si avrà : ìc-j- qz — ry = 0, v -\- rx — pz = 0, ir -\- py — qx ^0. Inoltre si ha : L' = yZ' — zY' , M' = sX' — xZ', N' — xY' — yX '. Se Z/g , ÌI/q, jVq sono le proiezioni, sugli assi Ojcyz, del mo- mento risultante delle forze attive relativo al punto di contatto, si lia : (1) L^^L — yZ^zY, il/„ = .1/ — sX + xZ, N, = .V — .rY + yX. Dalle equazioni precedenti, per via di eliminazione, si ot- tengono le equazioni del moto nella forma : (li) [a -{- m {if-{-z') -^ — mx (2/ ^ + ^ -^) + ( ^—J^> 2'" + '« (i'^'+(/y+»'^)X X (!/»■ — ^i) — *' (Qy + '>'^) + p iyy + ^^') con due altre analoghe, od anche: = L^ (3) A + ,.(.^ + r+."-)lt_..(.^+,^-f.$L) + (6'- dt -\- m (px + qy -f rz) {yr — zq — x')-\-p (xx' + yy' ■ £)qr = L„ con due altre analoghe. Moltiplicando le (2) rispettivamente per a; >/, ^ e somman- ISid moto di rotolamento ■i: do, si trova la seguente notevole loi'o combinazione, la tonale può tener luogo di una di esse : (4) A § +(<^'- S)'/'--^] *+ [ ^ ti + (A-Orp-M 1 y + ^\a^-i-{B-A)pq-N z = 0. Inoltre si può osservare che, quando esiste l'integrale delle forze vive, questo può tener luogo di un' altra delle equazioni (2) ovvero (.3) del moto. Se Uè il potenziale da cui provengono le forze attive, l' integrale delle forze vive è : (5) ^m{x'+y'-\-z^){f+q'^r^) + ^Ap^+Bcf+CV-)- l.m(xp-\-yq-{-z,f- U=h. Se nello equazioni (2) si considerano x, >/, s costanti, si ot- terranno pel moto di un corpo solido intorno a un punto fisso che ha le coordinate assegnate x, y, z rispetto agli assi h;iri- centrici principali d'inerzia, le equazioni seguenti : A -I- m (2/- + z') -^ — m.v [y -^J -I- z~) + (C — B) qr + m (px^qy + rz)X X {yr - ~q) = L^ , con due altre analoghe, nelle (juali equazioni devono intendersi X, i/j z eguali a costanti date. Kel caso dvl rotolamento puro di una superficie sferica o anche di una linea sferica di raggio /^ sopi-a una superficie qua- luiKiue fissa le equazioni (8) si semplificano, perchè si ha allora identicamente : X- + y' ^z' = K"- , XX + y,/ -j- zz' = 0, onde (6) {A + mR') ^ - mx [xp' -f y<{ + zr) -\-{C-B) qr + m (px + qy + rz) x X (P- — ^q — X) = L, Atti Acc. Sbuik 4*. Vor,. XIX — ifeni. IX. 3 18 G. Pennacchietti [Memoria IX.] con due altre analoghe. Se il corpo rotolante è una sfera omogenea soggetta all' a- zione di una forza qualunque applicata al centro e di una cop- pia situata in un piano parallelo alla retta clie unisce il centro al punto di contatto colla superfìcie fìssa, si avrà : A = B=C, Lx-{- My-\- Nz — 0 e la (4) diventerà : Se di più la superficie fissa, su cui rotola la sfera, è un piano, quest' ultima relazione diverrà (§ I, B) : dp : do , dr „ onde, osservando che si ha : i'ì'i + Sì'j + 'i', =0» avremo : i'Ti + nz + '73 = ^'' ove A- è una costante. Quest' integrale del problema ci ott're la seguente proposizione : iSe una sfera omogenea è costretta a roto- lare senza strisciare sopra un piano fsso, sotto /' azione di una forza qualunque applicata al centro e dì una coppia situata in un piano qualunque perpendicolare al piano fisso, la componente della rotazione istantanea secondo la normale al piano fisso è- costante. Se il corpo che è in contatto col piano fisso O^x^ì/^, è una sfera, si avrà (§ I, B) : yr — zq— x = 0, Z2) — xr — y' == 0, xq — yp — / = 0, e supponendo di piii che la sfera sia omogenea e che L^ = Mq =:i\r — 0, si concluderà subito dalle equazioni precedenti il ri- Stil moto di rotolamento i^ saltato notissimo : ^i =j>y , q = fJo , '• = ''o» siccliè la votazione avverrà nniforniemente intorno a nno stesso diametro della sfera. Perciò si può supporre 2)^ = 0 , 5-0 = 0 e quindi : Qi — — ''o seu e„ , r^ — r„ cos e„ . Essendo ora : a;, = ^ . yl~■r^, e, = 0 , le (§ I, 1) diveranno : onde : ^ = — Kr„ / seii 6^ , •/;=:: 0 , oltre Z = R, 0 si concluderà clic il moto del centro di gravità avviene uniformemente lunt-o una retta perpendicolare al dia- metro (isso della sfera intorno al quale essa ruota. Qui osserviamo elio il metodo seguito dall' illustre matema- tica) C. Neltmai^n (*) nel problema del moto di rotolamento puro di una superficie convessa so])ra un piano fìsso non è esatto, per- chè si fonda sopra una non giusta applicazione del principio di Hamilton ad un sistema non olonoiiio, i)er (luaiito il Xeumann abbia avuto p(u- primo il grande merito di riconoscere die sif- fatta specie di questioni costituisce una classe di problemi ai quali non si possono applicare inalterati i principii classici della meccanica di Lagrange. Apiìlicando le formulo di C. Xeumann al caso tanto ovvio di una sfera pesante vincolata a rotolare so- pra un piano orizzontale si trovano formule assai più compli- cate di quelle estremamente semplici che abbiamo dato in fine (') e. Nkumann, Ueher dio rolloiidi' Hcwnunns ani" eiiier gegebeuon Horizontalebene uiitiv «lem Einflusa dor Sohwere ; Bpvichto dir Kunigl. siichs. GesoUschaft dcr Wissenschaf- ten '/Al Leipzig, 1*^85 : Matheraatische Aniiiili'ii, lì. XXVII, aimo 1886 pag. 478. 20 G. Pennacchietti [Memoria IX. del presente paragrafo come applicazione ovvia delle formule generali. - § lY. Applicazione alla circonferenza. Applichiamo le equazioni del moto ad una circonferenza pesante di raggio B, che rotola, senza strisciare, sopra il piano fisso Or,.'/,, supposto orizzontale. Avremo: A^=B^—, — , x=i — BseìKf, y=—Jicos(f, z = 0 L^ = mg ((/T3 — s-f,), J/o = '«^ (^Ti — ^h) > -"^o = '"fi' (^h — Hi) 1 e quindi : L„:=z — mg Kcosv cosO, M^ ^ mg Raen seiicp4-gcos(p)'cos(j)Cote— ■J'cos^cose, (1) .' _2seii cpcoscp|^ -|-(l+2sen^(p)-^=ri>-^2(iJseii(p-fr/cos (piseli cf cote +-^seji

    cos(p.g>'-]-2(pseii'f-|-2COS(p)2seu» cot 6 -}- -^sen^cosO, dì* 2 ■-T-z=(j} aen iano del cerchio, in guisa che si abbia la seguente tabella di coseni : X y e sen ? — cos ? 0 cos ? sen ), dalle formule : a; := — i^ seii 'f , y z= — Ti kouo , z z= —a, Z=^a cos 0 -\- 1\ seii 6 . Si sostituiranno questi valori nella 3» delle (§ III, 2) e nella (§ III, 4) e si esprimeranno le p, q, r mediante le p , q , r , co- me si è fatto nel § precedente. Si osserverà inoltre che dalle formule f§ lY, 5) e dalle seguenti : j) = 'Y seii f) seii cp -\- d' cos o , g = tj)' seu 6 cos (p — 6' mn 'o , (') Carvallo, Théorio ilu mouvemcnt du inoiiocycle et de la bicyelette, Móni, courouiió par 1' Academie dea Sciences, Prix Foiirneyron, lournal Polytechuiquo, 1000. Sul moto di rotolamento 23 si trae (1) p = tfi' seu e , q' ^z — 6' , r := -■}'' cos 6 -j- i risaltati precedenti equivalgono in- tieramente a quelli dati da 7'. AppcIÌ (') nella Memoria in cui è trattato il problema precedente. Basta porre nella (2) m = l e inoltre sostituire alle nostre notazioni 'f , B, a rispettivamente ^^ (^ — e come pure, per cambianuMito di senso di assi, a p, q\ r rispettivamente —p, —(/ , r, per vedere che le (3), (2) sono rispettivaiiK^nte identiche alle equazioni (-t) pag. 5 della citata Memoria di Appcif, alla ([\u\\r rimandiamo per la elegante a]i- plicazione delle serie ipergeonietriche nel caso di a = 0 che è quelle» (hi cerchio. § VI. Corpo solido omogeneo pesante di rivoluzione sopra un piano orizzontale. Seguendo lo notazioni del (§ I, C), si ha : '> a; =1 — p seu tp , 1/ = — p cos 'f , z ^ F (f) , F' {f'\ =: taii 6 , (1) ' Z = ? seii 6 — F (p) cos 6 . (') Appell, Sur r integration «los écpuitions lle forme, clie T indagine comparativa non potè ancora chiarire. Intendendo per rigenerazione, in (|uesto come in altri miei scritti sullo stesso argomento, quel complesso di reazioni , che, dalla superticie d' un organo ferito ed in continuazione diretta dello stesso, permettono T integrazione o restituzione completa della parte asportata, ne consegue che i soli meristemi l)riinari conducono alla rigenerazione vera od in senso stn^tt<». Ani A(c. Skuik. i". Vor,. XIX — Meru. X. l Prof. G. Lopriore [Memoria X.] (Quelle reazioni, invece, che promuovono formazioni nuove o da meristeini secondari, originatisi spesso per stimoli trauma- tici, o da inizi die sarebbero rimasti a lungo se non per sempre inattivi e che, sviluppaiulosi, tendono a compensare il difetto o ad acquistare F egemonia perduta dall'organo soppresso , sono da comprendersi nella rigenerazione in senso largo o meglio nei fenomeni di sostituzione. Dal punto di vista bioUtgico è bene distinguere 1' una dal- l'altra genesi, anche in considerazione delle induzioni generali cir è permesso derivarne. I processi di rigenerazione, che si esplicano nelle Cormotìte in conseguenza di azioni traumatiche, possono essere studiati da diversi punti di vista, secondo che si considerano o i soli cam- biamenti anatomici dei tessuti o l' influenza di agenti esterni od infine le correlazioni che ne risultano. La cognizione esatta della biologia delle reazioni traumati- che rendendone iudisjìensabile 1' esame da tutti tre questi punti di vista, farò qui una breve rassegna delle disposizioni nettamente biologiche, relative ad ognuno di questi tre punti nonché ai mo- vimenti traumatropici, accennando in line alle possibili induzioni d'ordi]ie generale e filogenetico. Credo opportuno di esporre le particolarità biologiche in modo comjiarativo per gli assi e per le appendici, allo scopo di riconoscere se esse presentano diiferenze così profonde come gli organi a cui si riferiscono e se permettono, anche per questa Yia, di confermare la diversità fondamentale fra conno e foglia. In tale esposizione, se faccio astrazione dai muschi e dalle felci, rinviando al breve sunto dato altrove (Loprioke vi, p. 275), considero, ])erò, le foglie di quelle felci che, per essere provviste di meristema apicale, presentano identità di comportamento con quelle di alcune rare fanerogame munite di meristema basale. Per altre particolarità rinvio a quest' ultimo lavoro, poi che Necessità mi fa esser veloce. Note sulla biologia dei procegni di rigenermioue delle Cormofite, ecc. Rigenerazione di fusti e radici. Senza esporre qui molte particolarità d' indole anat in- teressanti dal punto di vista auntomico e fisiologico. Soltanto risjìetto alla decapitazione i fusti parrebbero non presentare la stessa facoltà rig(Mierativa delle radicai . almeno per quanto finora risulta dai fluitativi fatti. Però, dalla consi- derazione dei risultati da me ottenuti nella rigenerazione di fusti spaccati, il Ffeffer (i, voi. ii. p. -•"•;) induco che anche quelli deca|)itati possono rigenerarsi, se soltanto la parte estrema della gemma ai»ic^ile viene asportata. Tale induzione c(»udivid«» io pure in l)ase a risultati parziali finora ottenuti e che spero di completare criori indagini su materiale più adatto. Frof. G. Lopriore [Memoria X.J Biologifaìiiente un simile difetto ])<)trebl)e spiegarsi con raniiiiettere che la soi)i)res8Ìone della gemma apicale, affrettando la schiusa di quelle laterali, determina la sostituzione di queste all' altra. Ma per le radici Httonate, essendo parimenti sicura la sostituzione da parte di <|uelle laterali, bisognerebl)e invocale la stessa spiegazione biologica. Conviene, (juindi, ammettere che se la rigenerazione di fusti decapitati non i>otè tinora essere seguita, il difetto è dovuto i>iuttosto a ditficoltà tecniche od a materiale inadatto che ad incapacità insita negli assi. La tendenza alla sostituzione è nella jìiauta molto più grande di quella alla rigenerazione, perchè in natura e ]wr parte di agenti diversi non si verificano lesioni uè così regolari, né in condizioni così favorevoli, come quelle compiute dallo scalpello dell») sperimentatore. Notevole in questi fenomeni di sostituzione è la polarità scoperta dal YoCHTIXG (i), per cui 1' ordine dispositivo dei nuovi germogli e delle nuove radici è costante. I primi si fonnano all'estremo apicale del fusto ed a quello basale della radice; le nuove radici si formano all' estremo apicale della radice ed a quello basale del fusto. Nelle foglie non v' è polarità. Lesioni poco ])rofonde, non compromettenti cioè il peri- cambio cicatrizzano facilmente con processi rapidi ed opportuni. Disposizioni anatomo biologiche. Dal punto di vista biologico le reazioni dei diversi tessuti sono tanto più pronte ed efficaci ijuanto pili grande è 1' impor- tanza loro nella economia della pianta. Così il pericambio e gli strati più periferici del cilindri) centrale "reagiscono, data la loro importanza, molto più energicamente della corteccia e del tessuto midollare o midollariforme, che ne hanno relativamente meno. L' attività del pericambio nella ricostituzione di nuovi apici radicali è così grande e prevale tanto sugli altri tessuti da con- Note nulla biologia dei procesni di rigenerazione delle Cormofite, ecc. 5 durre, anche senza rintervento d'un <;allt), alla rigenerazione com- pleta di essi. Sarebbe questa la cosiddetta rigenerazione diret- ta del 8lMO>' (l) , da distinguersi dalla parziale — forse me- glio indiretta — dello stesso autore e dalla procanibiale del Pkantl (i), che si coni])ie per intervento del callo. Ma se gli altri sistemi di tessuti non possono senza il cambio condurre alla ricostituzi<»nc di nuovi apici, esercitano nondimeno uHìci biologici importanti. Cosi merita considerazione il fatto che gli elementi situati all' esterno della nuova epider- mide e del meristema rigeneratosi dal cambio formino una pi- leoriza provvisoria, che nel mais vien più tardi rigettata, mentre nelle leguminose passa gradatamente in tiuella normale (SlMox). Questa diversità di comportamento è da riferirsi, secondo me, al fatto biologico che il fittoiu-ino. rappresentando nel ])rimo 8vilui)po delle dicotiledoni 1" unico asse dell" intero sistema sot- terraneo, ha bisogno di meglio diieudere T apice in confronto alle radici fascicolate delle monocotiledoni. Nella corteccia, 1' allungamento delle cellule a ino" di clava per tend(M-e alla chiusura d«'lla ferita, la formazitme di bandelle di elementi più piccoli e serrati, allo scopo di proteggere il si- stema conduttore, sono reazioni secondarie che assicurano l'esito della rigenerazione. L' endoderma ispessisce e suberitica unifor- uuMìiente le sue cellule lungo la zona compromessa, lasciando solo in corrispondenza dei jtrimani delle |)laciega un" azione immediata , provve- dendo alla difesa dei tessuti rigenerantisi o rigenerati, mcnliante cingoli di elementi ispessiti, che dalla zona intatta si estendono a quella ferita. Nelle radici di Pandanm e, più tipicamente, in <}uelle di Siinfionium mi è occorso di osservare che questi cingoli risultano di elementi meccanici due o tre volte più grandi dei normali. Sorprende anzi che in alcuni casi mentre 1' ipoderma presenta all'esterno una sola tìla di cellule meccaniche, nella parte lesa e rigenerata se ne abbiano due a tre, sovrapposte, in Prof. G. Lopriore [Memoria X. coiiseguen/ii forse della rea;5Ìoiie troppo iininediata, disordinata^ niente 1' una all' altra. Con r utilità evidente di sittatte reazioni del sistema nie<;- caiiico contrasta i)erò il fatto, biologicamente poco spiegabile, che i cordoni di sclerencliinia nel lil)r. 3) descrive per le superfici libere od isolanti. Quanto alle altre reazioni, se non sempre emerge V utilità dei movimenti traumatropici, è chiara invece quella delle rea- zioni successive, intese a difendere i tessuti interni ed a ristabi- lirne la funzione. Così il sughero, la gomma e la resina di difesa sono jtrodotti di azioni traumatiche, che per la loro po- sizione periferica hanno tin (jui meglio fermata l'attenzione. L' importanza loro dal punto di vista biologico è nota. Op- ponendosi all'entrata dell'aria e dell'acqua, [)re8tano efficace di- fesa ai tessuti sottostanti, messi improvvisamente a nudo. Il cosiddetto legno di difesa risponde anch'esse» mirabil- mente al suo ufficio, grazie ali" inii»ermeabilità per l'aria e per l'acqua ed al peso specifico maggiore. Fisiologicamente ed anato- micamente esso non è altro che durame formatosi precoi-emente per la difesa dell' alburno. Agenti esterni. Per quel che riguarda l'azione degli agenti esterni, un'impor- tanza grandissima esercita la temperatura, importanza, che, rilevata prima da me (Lopriore ll, p. 2os) venne poi confermata dagli studi successivi del Simon (i, p. i-^^j e del Némec (i, p. 272). Così, importa, dal punto di vista biologico , che 1' ottimo di temperatura per la rigenerazione coincida con quello per lo accrescimento e che temperature basse, le quali ancor permet- tono l'accrescimento, ritardino la rigenerazione, senza però so- spenderla del tutto od almeno arrestare quei processi interni che ne preludiano l' inizio. Note sulla biologia dei provesiti di rigenerazione delle Cormofite^ ecc. 7 Non mono importante è il fatto the in radici sitnate in- Tersamente, cioè con V apice rivolto in s\i . la durata della ri- genera/ione si j)rolunglii di poco oltre 1' ordinario e che la pi- leoriza si conformi diversamente, pur potendo riprendere la for- ma consueta non appena la radice vien rimessa in ])osizione normale. Tutti ([uei mezzi meccanici che ritardano 1' accrescimento , ritardano jnire la rijicnerazione. Raditi intiessate conservano il potere rigenerativo tino a (juando conservan») la vitalità. (Questo limite, variabile, coni' è da asj»ettarsi , nelle diverse piante , è per le radici di fava di 7, per <| nelle di mais di 14 giorni. Le stesse radici, din-apitate e rinchiuse in cnlii di argilla , si rige- nerano normalmente in .5 giorni. L' ini])ortanza biologica di (piesti risultati, così evidente per sé stessa, rifluisce pur nella jìratica, se si ]>ensa che in terreno argilloso, molto compatto, hi radici vengono spesso arrestate nel lor<» sviluppo od anche stirate e dilacerate, come (|ueiIo, dissec- candosi, si screpola o si fende. 1 mezzi chimici finora tentati, per studiare sui pro(;essi ri- gener.itivi s|)ecialmente V azione anestetii-a , sono V etere ed il cloralio. 1 risultati relativi , ptM- (|uanto importanti dal punto di vista fisiologico, lo sono meno da (|uello l)iologico. in riguar- do particolarmente alle condizioni naturali di vegetazione. Così in acpo delle radici e viceversa (Kxv il, p. •>!«). Corndazioni non meno importanti ho ])otuto osservare in piantine di fave private, per decapitazione, della plumula. Al- l'ascella dei cotiledoni si formano in tal caso lino a tre germo«;Ii laterali. I <-otiledoni inverdiscono prima ancora di esaurire i materiali di riserva e p«'rdurano più a lunijo sulla pianta. Sel)l)en«' fra i j>ermofili cotiledonari |»ersistano i)iù tardi rap- porti molto evidenti di ficrarchia, relativi al tempo della forma- zione, sicché non tutti raiiiiiunu'ono lo stt^sso <>rado

  • 'ioni di costituzione interna, che forse meritano di venir nu'ulio indaiiate. La decapitazione del tittoìncino provoca lo sviluppo delle radici laterali . Sotto 1' enorme sviluppo delle ra«li<'i lat(^l■ali. 1" antic<^ tittone (piasi sc(mii)are, sicché il sistema radicale arieifiiia (luelN» delle radici fascicolate delle monocotiled(Hii. Su (|ueste correlazioni non insisto più a luntio , rientrando esse piuttosto nei fenomeni di sostituzione che in (iiielli di ri- generazi ad onta deirapjìiattinMMito proseguire il suo cammino ed at- ting<>re maggiore ])rofondità, scinde il suo corpo til»ro-vascolare, già tanto schiacciato, in du«' o più altri di forma t|uasi cilimlrica. (Questi, dopo di essersi isolati, possono fondersi per ricosti- tuire il corpo primitivo, clic a sua volta può scindersi di nuovo e rii)etere ancoia la di^tta vicenda. Sittatto coni]KH-tanH'nto. men- tre prova la gi-aiidc plasticità della radice, si svela d" 1111' impor- tanza l)iol(»gica grandissima, nel caso che la radice partisca ef- fettivamente il suo apice, ha )»ipartizione di «pu^sto sareiihe in tal caso preceduta e favorita da »iuella del corpo lihro-vascolare. La formazione^ di più coni vegetativi, capaci di fondersi op- ]>ure di crescere isolatamente, è certo Itiologicamente vantaggio- sa, se si pensa che nel terreno la |iiinta dei tittoncini subisce azioni traumatiche d" ogni sorta. Ma .se i chic coni provenienti dalla rigenerazione di un apice fenduto, vengono nel terreno a contatto, possono fondersi e ricostituire un cono unico. (Questo l'atto, da nu' |)rima osservato, poi confermato per altra via dal KtiHi.KU e dal Simon, se prova la grande plasticità ure da riferirsi la schizostelia, più facile a verificarsi nel fusto che nella radice, stante la natura diversa, nonché la disposizione là periferica , qui centrale dei fasci tìbro-vascolari. L' utilità biologica della schizostelia, (piando ogni cordone stelico non si avvolga d'un mantello proprio di corteccia, panni, ])er('>. molto dubbia. Era le c(»rrelazioni meno dirette, ma non meno importanti, accennerà) quelle rilevate dal Lindemuth (l) e dal Mattirolo (i). Il primo, tagliando alla base gli assi fiorali di Liìhiin rait- didum e Lachenalia hiteoln e tenendone il piede immerso in ac(iua, otteneva semi normali, c(mie d'ordinario non si hanno in natura. Impedendo la formazione dei semi, mediante 1' estirpazione dei fiori, i)romuovcva in basso quella di bulbilli. Nei giacinti, invece, compiendosi normalmente la granifìcazione, i l)ull»illi si forma- vano in alto. Note sulla biologm dei processi di rigenerazione delle Cormofite, ecc. 13 Il Mattikom) riuHciva, anche per lue//»» dell' estirpazione dei fiori, via via che si formavano, a prolungare di molto la tio- ritura della fava ed a provocare la cani ifloria. Kinviando alle spiegazioni, da me otferte altrove (vi, |>. ii7i) su »|ue8ti fenomeni correlativi, panni specialmente importante il fatto, fin (jiii non rilevato ma chiedente ancora più estesa confer- ma, di ])otere sperimeiitalmcnt<' produrle la caulitioria mediante azioni traumatiche. Ora se si pt^nsa che «|ueste in natura pctssono compiersi nei modi pii'i diversi, s'intende T «astensione grandis- sima che pctssono assumere imlT indurre la caulitioria , offrendo una spiegazione jiiù com|)l(^ta e soddisfaccMitc di «piesto fenomeno. Se le stesse <-ausc possano provocare la sr i a . stan- no per provare ahune mie esperienze in corso. Movimenti traumatropici. Ho affermato che 1" utilità dei movim«'nti traumatropici non sempre lasciasi hiolojiicamente intendere. j\li |)ermetto ora di ritor- nare suir arfiomento, per mejilio chiarire alcune osservazioni mie e commentare altre più recenti dello SpaM)I>;(ì (i)e del Hikn8(i). Se si fende il cono vef;etativo d" una radice o d" un fusto e se in conseunenza le due metà divaricano fra di loro , volticn- dosi in fuori ad arco, non «■ certo con l'esjìorre all'esterno una così larea superficie di ferita ciresse provvedono alla rigenera- zione in modo più sicuro di (juanto avverrel)l)e se rimanessero a combaciare fra di loro. E se più tardi, allnuiiandosi, si avvolgo- no a s))ira od a nodo intorno a sé stesse, come non di rado mi e occorso (II, }). :224) di osservare per radici aeree o crescenti in soluzione acquosa, esse rivelano in modo ancor \n\\ manifesto r inutilità di simili movimenti. Ma se, astraendo da comi)orta- nienti così poco naturali per «iiianto ovvii alla mia esperienza , ne «)88erviamo altri più facili a compiersi in natura, come p. es. quelli di tittoncini incisi radiahnente, le curve traumatroi)iehe avrebbero foise 1* utilità biologica di rimuovere dalla causa tran- 14 Frof. G. Lopriore [Memoria X. matic-a (meccanica o cliiniica) la parte del tittoiie, che sovrasta alla ferita e che perde tanto jìin della sna capacità rigenerativa (]uanto più s'approssima alla base. Che tali curve possano in realtà compiersi nel terreno, spe- cialmente se troppo compatto, (u)sì come in segatura di legno, è però da mettersi in dubbio, dopo che le osservazioni dello Spal- DING e quelle più recenti del Burns hanno dimostrato che ì mezzi meccanici (inclusione delle radici in gesso o introduzione in tubi di vetro) rendono imi)ossibiIe il compimento loro. Anche il geotropismo tende già 24 ore dopo V avvenuto trauma a neutralizzare, secondo il Nèmec, il traumatropismo, ri- ducendone r intensità o limitandolo alle parti i»iù giovani. 1/ inclusione in gesso, se non permette le curve traumatn»- piche , non le estingue però del tutto, potendo esse esplicarsi, dopo che le radici vengono liberate dall' invoglio di gesso, tino ad otto giorni dojx) V inclusione. Con r altro mezzo meccanico , per cui radici lateralmente ferite vengono introdotte in tubi di vetro , che, senza im|)edire l'allungamento, impediscono il compiersi delle curve traumatro- piche, lo stimolo traumatropico non si estingue ma rimane at- tivo, traducendosi in curve evidenti, non appena le radici escono con r apice dall' altro estremo del tubo. Cessata 1' intluenza dei mezzi meccanici, la reazione si com- pie con pari intensità, per impulso sia della vecchia che d'una nuova ferita, praticata uniformemente a mo' d'incisione anulare. Ma molto più che dall'azione ritardatrice dei mezzi mecca- nici, r intensità delle curve traumatropiche viene affievolita dalla bassa temperatura. Così radici ferite continuano ad allungarsi a 4-7" C. senza mostrare curve traumatropiche, portate invece a 18-21" C. incurvano tutte 1' estremo dopo 21 ore. L' intensità delle curve è però meno sensibile rispetto a quella di altre ra- dici, che, ferite allo stesso modo, vengono ingessate, poi liberate dopo alcuni giorni dall' involucro e portate in segatura di legno. A limitare 1' importanza biologica del traumatropismo sta ]^i>ir sulla biologia dei procesxi di rigenerazione delle Cormofite, ecc. 15 il fatto , osservati) dal NÉME<\ clie lo stimolo traiunatropico si trasmette soltanto tino ad nna determinata distanza dalla ferita e che la curva traumatropica rimane dapprima limitata nella zona di accrescimento più vicina ali" apice, accentuandosi però, col tempo, |tiù verso la base che verse» V a])ice. Le curve traumatropiche, estinguendosi dopo le 24 ore che susseguono al trauma, non procedono di conserva con la rige- nerazione. L'affermazione. <|uindi, del lilRXS che ferite laterali esercitino uno stimolo continuo per Tinduzione di curve trauma- tropiche, il (|ualc rima di (incile incise trasversalmente, estin- guono anche prima le loro curve traumatro])iclie. La tendenza nei fusticini di semi in germinazione a pt-rforare il terreno con la piumetta volta ad uncino, allo scopo biologie»» di proteggerne il coni» vegetativi», se potesse essere riportata in confo dello stimolo traumatropico esercitato dal terreno, troverebbe forse una spiegazione biologica più soddisfacente. Ma, astraendo dal fatto che spesso la piumetta mostra già fra i cotiledoni del seme in rip(»so una conformazi«»ne rispondente a (|uella che adotta più tardi, diffìcile è spiegare, perchè i gcrm(»gli di fava, formatisi nel- Tascella dei cotiledoni in conseguenza della soppressione dell' asse epicotileo, conformino ugualuK^nte V apice ad uncino. (Questa tendenza, da me sjìcsso osservata, sorprende tant<» più in (juanto esplicasi su i)iante allevate in colture acquose , i cui semi posano, non entro ferra, ma su reti di filo , su lastre di vetro o di sughero, liiologicameute essa è così poco spiega- bile come r altra dei germogli ascellari dei cotiledoni del Fha- mfoììtn muìtijìonis, prodottisi in modo identico a quelli di fava, a presentarsi fasciati ed a strisciare lungamente sul sostrato, pri- ma di divenire eretti. 16 Prof. G. iMpriore [Memoria X. Rigenerazione delle foglie A differenza di fasti e radifi, le foglie delle faiieroiffanie mancano della capacità di viiieiierarsi , essendo \nh vantaggioso per la pianta affrettare la schiusa delle gemme anzi che rappez- zare foglie rotte, forate o contuse. Questa spiegazione, non sperimentale ma teleologica, offerta dal Weismann, risi)onde al vero, con la sola restrizione che le foglie succedentisi a quelle distrutte da insetti o da crittogame sfruttano, con danno iiensa che « jier la pianta sarehbe di un vantaggio minimo il richiudere fori nelle foglie, possedeiuh) sen- ■/' altro la capacità di emettere nuove foglie. » Ora in foglie di Jlon-stera pertusa , caratteristiche per la [ìresenza di fori abba- stanza grandi ed ineguali, i»» ho provato con un foratajìpi a pro- durne altri , meno per constatarne la chiusura che per seguire la rimarginazione dell'orlo. Ma <|uesta, mentre è così facile nei fori naturali , in cui V orlo si distingue appena da quello peri- ferico della lamina , non si compie affatto nei fori artiticiali , che, suberiticando gli elein«Miti periferici, si delimitan*» ccui una aureola color ruggine. Oggi ancora, dopo (|nattro anni dacché furono praticati, non si sonct estesi né per necrosi ulteri<»re dc^l tessuti» limitrofo , né per macerazione della lamina pr<»mos8a artiticialnuMite. kSori)rendc , ad »>gni modo, il (^omportaniento di queste foglie, (-he. pur ])ersistendo parecchi anni sulla ])iaiita , non curano uè la chiusura , uè la rimarginazione dei fori , di- versamente da quanto fanno gli assi aerei di piante vivaci nel tendere con vicenda costante alla chiusura di quei fori , che, a mo' di cing(di e per attività del cambio, sormontano le ferite delle parti adulte, in conseguenza dell' asportazione di rami. Siffatto comportamento si spiega con la uìancanza nella foglia Note stilla biologia dei provessi di rigenerazione delle Cormofite, ecc. 17 di uieristeini, capaci di rigenerare i tessuti lesi. Per questa ra- gione non mi è riuscito di osservar mai foglie rigenerate, spe- rimentando sulla rigenerazione degli apici di fusti spaccati. Non- dimeno lamine e picciuoli, colpiti dal taglio , tendono in certo modo a regolarizzare i contorni, assumendo, ad onta della strut- tura asimmetrica, un aspetto quasi normale. Il difetto di rigenerazione è largamente compensato in alcu- ne piante dalla proliferazione o formazione d'individui agami. Fig. 1. yi/mplutcìi KUUatii Willd. var. biilbilii/ira. Foglia che alla base della lamina I>ro(luce una uuova pianta con nnniorose altre foglie (che ripetono la stessa vicenda), radici e gemme florali, '/j Grand, nat. (dal Kossj Questa tendenza è specialmente grande in quelle jìiante, in cui, mancando un cormo evoluto, le foglie tendono a sostituir- visi, acquistaiulo una grande egemonia di sviluppo. Così nella JVi/mjìhma .stellata var. hulhilUfera alla base della lamina ed alla pagina superiore, nel punto in cui i nervi convergono insieme, Atti acc. Serik 4», Vol. XIX — Mern. X. 3 18 Prof. 0. Lopriore [Memoria X.] si forma una gemma, capace di produri-e una nuova pianta con numerose foglie, radici e gemme fiorali. Il Ross , da cui riproduco la figura 1 e che ringrazio per la cortese concessione della riproduzione galvanica, ha osservato che la formazione di tali gemme si verifica specialmente in au- tunno, quando la pianta concentra le sue riserve plastiche, ma che il loro germogliamento si compie in estate o sulle foglie più esterne morenti o su quelle recise. La tendenza a formarsi alla base della lamina è dovuta , secondo Goebel, al fatto che là convergono i fasci conduttori, destinati al trasporto dei materiali plastici. In foglie di altre piante {Briioplnillìtm, Ba/onia) le gemme si formano alla peri- feria della lamina in condizioni biologiche rispondenti alla vita di quelle ed atte ad assicurare la moltiplicazione loro. La sostituzione di bulbilli a semi in alcune piante fluvio- lacustri dell' Amazzonia avrebbe un' importanza biologica non diversa da quella dianzi accennata, servendo i bulbilli, secondo BusCALiosi (i), a moltiplicare la pianta più rapidamente dei semi, non appena attingono il terreno melmoso e vi radicano a somiglianza di quanto fanno le mangrovie. Casi di vera rigenerazione fogliare sono stati osservati dal Goebel (ii p. 485), dal Pischingek (i) e dal Eiodor (i) nei due generi di Gesneriacee, JLonojth/illaea e /Strejìtocarpus, sottogenere Eu-Streptocarims con specie ad una foglia sola, gru{)po « Uni- foli a ti » del Eritsch (ih, p. 108). Per intendere il particolare comportamento di queste foglie, occorre premettere eh' esse rappresentano nell' Eu-8treptocarpus quasi i soli organi vegetativi provenienti dai cotiledoni, di cui uno solo sviluppasi prevalentemente per ditferenziazione del meri- stema sito alla sua base. Questo, proliferando, permette un vero accrescimento secondario, producente una nuova lamina, che s' interpone fra base ed apice del cotiledone e che, mentre perde i caratteri embrionali, acquista quelli d' una vera foglia caulina. La differenziazione, compiendosi in quello soltanto dei cotiledoni, Note sulla biologia dei processi di rigenerazione delle Cormofite ecc. 19 che è dotato di iiieristcìnii basale, produce un'anisotìllia spicca- tissima, accentuando la già notevole diversità iniziale di gran- de/za dei cotiledoni, di cui il picciuolo suol rimanere rudimentale. Poglie diverse dalle embrionali per forma, grandezza e pre- senza di picciuolo possono non di rado formarsi, originandosi da quelFinternodio dell'asse principale, intercalato, fra epi- ed ipo- cotile, che dal TuiTSCH (j, p. 9») fu denominato « mesocotile » e che suol formare anche radici avventizie, in difetto di qual- siasi accenno di una radichetta embrionale. Altra particolarità importante che determina , secondo me, la capacità nelle foglie a x*igenerarsi, è il difetto assoluto di una ]iluinula, cioc di un cono vegetativo emergente fra i cotiledoni dall' apice del mesocotile, difetto, che riscontrasi oltre che nello /8trej)tocarpìi-s, nella A/iif/i(( ;:('i/ì(niica {K. Notoniana dei giardinie- ri) e probabilmente nella lioettlera hnmosa (l' kitsch, in. |). isx). Un comportamenlo »iuasi identico mostra la Moiid/i/ii/ììafa JIor,sfìeIdii, senoncliè, rispetto alle specie unifoliatc dello !Strice ad uncino. La facoltà rigenerativa noi cotiledoni sembra essere più grande di quella a produrre individui agami, che, se finora ven- ne osservata dal Zabel nei cotiledoni della Borrago officinaìis , 22 Prof. G. Lopriore [Memoeia X.] fu tentata invano dal Kuestek (l) in quelli di altre piante, per quanto ricchi di materiali plastici. Il comjiortaniento particolare delle due Gesneriacee dipende A'erosiniilinente dal difetto di un vero cornio, per cui le foglie ten- dono a sostituirvisi, munendosi di meristema o prestandosi quello del meso(^otile e acquistando la capacità rigenerativa. In questi casi la foglia svelerebbe una entità superiore a quella del conno. Anche nelle felci, ove il conno non è così evoluto come nelle fanerogame, la capacità rigenerativa viene assunta dalle foglie, che a diflFerenza di quelle dello 8treptocarpìi,s, son prov- viste di meristenia apicale. Tale capacità, difettando negli assi, (il cui apice presenta una sola cellula terminale, non un gruppo iniziale facile a rigenerarsi) viene assunta dalle foglie, che, per venir spesso brucate dagli animali, hanno bisogno di rigenerarsi. L'identità di comportamento rispetto alle due Gesueriacee dipende dal fatto clic F apice rimane a lungo embrionale. In conseguenza però della localizzazione diversa del meristema, la rigenerazione si compie non più alla base ma all' apice. Se questo infatti viene longitudinalmente spaccato , si rigenera , dando luogo allo sdoppiamento della lamina ed al completarsi di ogni singola metà, come mostra la figura 2. La possibilità di tale sdoppiamento fu messa in evidenza dal Beyebinck (l) per il Blechnnm brasilienfie, dal (Ioebel (i) per il Poìi/podiinu Heraeleum e dal Figdor (ii) per lo Scolopendrium Scolo perni riunì. Dal punto di vista filogenetico merita considerazione il fattf), rilevato già dal Figdor, che uno sdoppiamento a forchetta della lamina fogliare, simile a (luello ottenuto artificialmente non è raro in natura, anzi, per essere stato spesso osservato, venne già desci'itto come varietà « daedalea » DiUl. Tale varietà sarebbe più frequente in Inghilterra che altrove, a causa della presenza là di particolari animaletti, capaci con la loro visita di determi- nare reazioni identiche a quelle promosse artificialmente. Induzione simile avvenfiirai io pure, dieci anni fa, |»arago- nando il comportamento di radici fendute, rigenerate e di nuovo Note sulla biologia dei processi di rigenerazione delle Cormofite, ecc. 23 fendute con quello dei Tunicati , sottoposti dal MiXGAZZiNi (i) a tagli successivi. Il taglio ripetuto dello stesso sifone in un esem- plare di Giona ìnteMinalis determinando una forma identica alla varietà descritta come « macroaiphonicn », jìcrmette indurre che in natura una tale varietà s' è probabilmente formata per amputa- zione ripetuta da parte di altri animali. L' azione di (juesti nel foggiare, per successivi adattamenti biologici, determinate forme di organi vegetali, se de- bole oi-a, (lev' essere stata particolarmente grande al tempo della cosiddetta e- poca ]ilasmativa del Beccari. Ben diversi dai fe- nomeni di rigenera/ione sono (incili di sostituzio- ne , offerti in modo ti- pico dalle foglie di cicla- mi, in conseguenza di fe- rite o di altri mezzi che inattivano la funzione, co- me ad cs. inclusione in gesso o rivestimento con collodio. Questo fatto, scoperto prima da Hildetsuand (i), poi seguito nelle sue par- ticolarità dal WlXKLER e dal GOEBEL, è stato anche recentemente con nuovi casi illustrato dal suo sco- pritore e ricondotto alla vera natura, attril)uitagli tin dapprima come processo di sostiti! zione e non di rigenerazione (Hildehrand, ii, p. 39) FifT. 2. rohijioiliiim Hiracleiim. Foglia spaccata loiif;itniliii;Uiii('Mt(' all' ai>icc vd in cui ogni metà lia rigenerato la niità che le manca, (dal Gokbkl) 24 Pi-of. G. Lopriore [Memoria X. Contrariamente all'effetto ritardatore dei mezzi meccanici, l'inattività promossa dal buio sulla foglia di Cyclmnen non pro- voca la formazione di una nuova lamina (AVinkler), mentre basta nella Circaea per rendere ortotropo il germoglio plagiotropo più vicino all'apice (CtOEBEL, i, p. 647 ). Tal comportamento crea in organi , come son le foglie , viventi alla luce e per la luce, quindi sensibili alla sottrazione di essa, un divario profondo ri- spetto al corni o. La luce può influire, però, non di rado direttamente sulle condizioni fototroticlie delle foglie, promuovendo 1' anisotillia. Il WiESNEB (i) ha osservato , infatti , che le foglie ancor giovani dei rami di Aesculus esposte direttamente al sole, riman- gono turgide e continuano a crescere, mentre quelle ojìposte ap- passiscono e muoiono, in conseguenza dello spostamento in senso trasversale della corrente d' acqua ascendente , })romo8SO dalle foglie soleggiate. A questo modo si può tanto promuovere una spiccata anisotillia quanto invertire quella già esistente. La stessa spiegazione potrebbe anche valere a giustiticare la grande anisotillia delle Gesneriacee, fissata già nel seme per ereditarietà e riconoscibile per la diversa grandezza dei due co- tiledoni. Ora se si pensa che la foglia ha per funzione principale la traspirazione e che ad essa subordina lo sviluppo dei veicoli di trasporto, coordinandovi la funzione fotosintetica, non sorprende se la luce provoca reazioni diverse per favorire 1' una o I' altra funzione. Maggiori particolarità al riguardo sta per offrire il Bu- SCALIOKI in un suo studio biologico sulla vegetazione dell'Au- stralia, relativo specialmente alle acacie a fillodi ed agli eucalipti. Indifferente non è neppure la respirazione, se atmosfere pri- ve di ossigeno possono determinare nei ciclami l'inattività delle lamine fogliari e quindi la sostituzione loro con delle nuove (GOEBEL, IV, p. 394). Grli stessi effetti possono dunque venir provocati da agenti diversi, anzi molto diversi dalle azioni traumatiche. Note sulla biologia dei processi di rifienerozione delle Cormofite, ecc. 25 Cenno sintetico. La considerazione dei fatti ninora esposti rivela che, mentre fusto e radice ])reseiitano nei jtrocessi di rigenera/ione identità di comportamento, la foglia ne differisce per un comportamento particolare, che non di rado svela in essa un'entità superiore a quella del cornio. L'identità di comportamento negli assi delle Cormotìte si svela nella capacità loro di rigenerarsi per virtù dei nieristemi apicali, di cicatrizzarsi per virtù di (|uelli secondari e di pre- sentare gli stessi fenomeni di correlazione. Così alle lillotassi aberranti nel fusto , corrispondono rizotassi aberranli iieli.i la- dice , tinche, però, la rigenerazione non è coui[»leta. Cosi la stessa deviazione teratologica , come hi fasciazione, da latente rendesi palese negli assi laterali di prinroidiiic, in conseguenza delle azioni traumatiche compiute sugli assi principali. La foglia o manca interamente della facoltà di rigenerarsi o l'esplica nei rari casi che possiede nieristemi. Il difetto di questi determinerebbe duiKHU' l'inipossiliilità a rigenerarsi, difetto, che, in organi caduchi come le foglie, è teleologicauiente spiegabile. I casi ancor rari ed isolati di vera rigenerazione fogliare si lianno in qucdle piante, in cui il conno è poco (^voluto o manca intt'ranient(^ della piiimetta (Strcpiocarjtii-sj o presenta all' apice una sola cellula terminale incaiiace a rigenerarsi (felci). Dove i nieristemi esistono, la foglia presenta, oltre che la facoltà rigenerativa, particolari disposizioni alte a proteggerli, come ad es. speciali tric«mii per i nieristemi basali delle (ie- sneriacee, arrollamento spirale dell'apice per i nieristemi apicali delle foglie giovani di felci. Importante, però, è il fatto che nello Streptocarpius la soppressione del cotiledone provvisto di meristema abbia 1' effetto di promuovere la formazione od emi- grazione di meristema nell'altro che ne è privo e che resta ru- dimentale. ISe tal fenomeno di correlazione, dovesse ulteriormente Atti acc. Srrik 4", Vol. XIX — Meni. X. 4 26 Prof. G. Lopriore [Memoria X.] svelarsi, l'importanza dei uieristeini primari nei processi di l'ige- nerazione verrebbe molto a limitarsi. La capacità di cicatrizzazione è grande negli assi, mi- nima o nulla nelle foglie. Rispetto alla rigenerazione essa ap- pare biologicamente più utile, richiedendo un consumo di ma- teriali e di energia notevolmente più piccolo. La polarità, riconosciuta dal VoCHTING (ii) negli assi ri- spetto alle formazioni nucìve , manca nelle foglie, per quanto W. Magk^us (i) creda di scorgei'la in (|uelle colpite da galle. La sostituzione si compie quasi semjire mediante un ger moglio od una radice laterale, che, ])rendendo il posto dell'asse principale, ne assume anche la struttura ])er mezzo di variazioni anatomiche corrispondenti (Boikivant). La foglia manca di si- mile capacità plastica. Le lamine formatesi non da gemme ma da inizi siti sul ])icciuolo, in sostituzione di quella soppressa o resa inattiva, non raggiungono insieme la superfìcie venuta meno, uè lasciano riconoscere alcun rappoi"to di egemonia (Ci/clnmeu). L' inattività prodotta dal buio sull'estremo del fusto basta a rendere ortotropo il germoglio plagiotropo jiiii vicino all' api- ce {Oircaea), ma non provoca nella foglia la formazione di una nuova lamina, così facile a venir altrimenti promossa {Ci/cìame»). In attesa che l'icerche ulteriori completino la biologia della rigenerazione della foglia, sta per ora il fatto che come, per effetto della divisione del lavoro e della conseguente differenziazione dei ineristemi, vi è progressiva evoluzione dalle Tallolìte alle Cormo- fite, cOvSÌ in seno a queste vi è progressione dal cormo alla foglia. La foglia rappresenterebbe, in conseguenza della differenzia- zione più spinta dei meristemi e quindi della sua incapacità a Ingenerarsi, un organo più evoluto del cormo. Ad illustrare le idee di Delpixo suU' interpretazione del cormo e della foglia sarebbe questo uno degli argomenti jìiù pro- mettenti per stabilire se le piante siano cormofite o fillofite. Note fiidld Inohyia dei jiracesi^i <ìi riyeiterazione (ielle Cormofite, ecc. 27 LETTERATUKA Hkccari, Nelli» tdiistf (li l!oriit;-i). Firenze 1902. Bertranu, Lois ili!8 surfaces libre». Bull, ile hi .Soc. hotaii. de Fraiiee 1884, Tome XXXI. 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IV. 3'' — (ih) Die Keiiiiptlanzen der Gesneriaiien. .Iena 1901. GOEBEL, (i) Organograpliie. .Jena 1898. — (Il) Uel)er Uegeiieration ini IMlaii/ennieli. Bini. Zentialbl. 1902, Bd. XXII. — (mi Morjdiologiselie niid liiologiselie l'.enierkniigeii. 14. Weitere .'^tmlien ìilier Re- generation. Flora 92 (190:i). — (IV) Allgemeiue Regeneratiousproblemo. Flora, F.rg. Bd. 1905. Habkrlandt, Die 8chntzeinricbtnngen In der Kntwiekiniig der Iveimptlanzen. Wien 1877. Hkring, Ueber Waelistuinskorrelationen int'olge meehanischer Hemuiuug. Pringsheims Jalirb. ISitO, Bd. XXIX. IIii.DEBRAxn, (I) Die (iattnng C',vklanien. Jena 1898. — (n) Ucbei eine eigentiimliehe Ersatzbildiing an eineiii Iveimling vou C'y clanieu MillaraUisii nini eineiii anderen von (;. ereticnin. Ber. d. Deutscbeu bot. Gesellscb. 1906, Bd. XXIV. Kny, (l) On eorrelatiou in the Grotli of Roots and Shoots. .\nn. of Botany 1894, Voi. VIII, — (il) On eorrelatiou ete. (.Seeond paperi. Ibidem 1901, Voi. XV. KoEULER, Ueber plastische und aiiatoiniselie Veriindeniugcu bei Keim- und Lnftwnrzelu dnreh partielle, mechaniselie Hcmmnng. Dìss., Leipzig 1902. KuESTER, (i) Beobaehtnngeu iilier Regeiierationsersebeinnngon an Pllanzen. Beih. z. Bot. Centralbl. 1903, Bd. XIV. — (II) Patliologisehe Pflaiizenanatoniie. Jena 19113. LiNDEMurii, (i) Uber Sameiibildungeu an abgesehnitteuen Bliitenstfinden eiuiger sonst steriler Ptlanzenarten. Ber. d. Deutscheu bot. Gesellsch. 1896, Bd. XIV. — (Il) Uber Bildung von Bulbillen am BUltensehafte von Lachenalia lutoola nnd Hvacinthn.s orientalis. Ibidem. 28 Pro/'. G. Lopriore [Memoeia X. I^OPRIORB, (l) Regeneratioii gespalteuer Stiiiiuuspitzeii. Ber d. Ueutseh. bot. Gesellsch. lj<95. — (il) Regeiicratiou gespalteuer Wurzelu. Nova Acta Ac. Leop. Carol. 1896 , Bd. LXVI. — (ih) La fasciazione delle radici in rapparto ad azioni traniiiaticlie. Atti Accad. Gioe- iiia. Catania 1903, Voi; XVII. — (iv) Kiiustlich erzeugteu Verbandernng bei Pbaseolns ni u 1 1 i fi or ns. Ber. d. Deutscheu bot. Gesellsch., 1904, Bd. XXII. — (v) Verbandernng infolge dea Kopfeus. Ibidem. — (VI) Regeneratiou vou Wnrzelu nnd Stiiinnien infolge traniuatischer Eiiiwirlcungeu. Késultats scieutititniBS dii Congrés interuational de Botanique, Wien 1905. Jena 1906. MaGNUS, Esperinientell-iuorphologische Uutersnchniigen. Ber. d. Deiitselien bot. Gesellscliaft 1903, Bd. XXI. Mattikolii, Snlla influenza che 1' e.stirpazione dei fiori esercita sni tubercoli radiciili delle legnmiiiose. Malpighia, Voi. XIII. MlXGAZZiNi, Rigenerazione nei tunicati. Boll. Società Naturalisti, Napoli 1891. Serie I, Voi. II. MoHL Uber deu Vernarbungsprozess bei der Pfiauze. Bot. Zeitung. 1849. NÈMEC, Studien iiber die Regeneratiou. Berlin 1905. Pfeffer, (I) Druck- nnd Arbeitsieistung dnrch wachseude Pflanzen. Abh. d. niatli.-pliys. Klasse d. K. siichs. Gesellsch. d. Wi.ssenscli., Leipzig 1893, Bd. XX. — 1,11) Pflauzenphysiologie, '2. Antì. Bd. II. Pl.scill.NGKK, l'ebiT Bau nnd Regeneration des Assiniilatiousapparates von S t rep to e arp us unii M onop h,v llaea. Sitzungsl>er. der IC. K. Alcad. der Wissenseli. Wien, Aprii 1902, Bd. CXI, I. Abt. Pkantl, Untersuchungen iiljer die Regeneration des Vegetationspunktes an Angiospernieu- wurzelu. Arb. d. Wiirzburger Instituts 1874. Bd. I. Ross, Nynipbaea stellata var. bulbillifera. Ur. Xeul)ert"s Garteninagazin 1898, Heft 21. Simon, Untersucliungen iiber die Regeneratiou der Wurzelspitze. Pringsbeinis Jalirb. 1901, Bd. XL. SpALDlNG, The trauiiKitropie curvature of Roots. Ann. of Botauy 1894, Voi. VIII. VoCHTiXG, (I) Transplautation ani Pflauzunkorper, Tiibingen 1892. — (Il) L'eber Organbilclmg un Pllauzenreich. I. n. II. Tei], Bonn 187N-84 Weismann, Das Keiuiplasuui. .lena 1892. WiBSNKR, Ueber correhitive Trauspìration niit Hauptriicksicht auf Anisopliyllie nnd Photo- trophie. Vorl. Mitth. in den Sitzungsber. d. Kais. Akad. d. Wiss. Wieu. Matli.-nat. Kl. Bd. CXIV. Abt. I. Mai 1905. Mit 2 Taf. WiNKLBR, Ueber die Regeneration vou Blattspreiten )iei einigen Cyklaiueuarten , Ber. d. Deutscheu bot. Gesellsch. 1902, Bd. XX. \>. SI. ^leiiioria XI Istituto Dermosifilopatico della R. Università di Catania Nuovi tentativi di sieroterapia nella lebbra Pel Prof. R. DE LUCA Ooiiimiicaiulo questi nuovi tentativi di siero-terapia della leb- bra, ad onta dei progressi tatti in questi ultimi tempi dalla dot- trina delle immunità naturali ed artilieiali verso gli agenti delle malattie infettive, ])otrei su per giù ripetere (|uello che scrissi nel 1896 sulT istesso argomento (1) ; <-on (|uesta ditterenza, che invece di far consistere, come feci allora,! fattitri dell" immunità naturale dei bruti rispetto alla lebbra, in sostanze godenti potere antisettico specitìco, preformato o no, riferirei oggi tali fattori a sostanze battericide o antitossiche; e inoltre : invece di ritenere, come ritenni allora, che coli' inoculazione di materiale lebbroso neiraniinale, si ])roduca nelT organismo di (|uesto, una sostanza antisettica, capa<'e di annientan- la vitalità del bacillo di Hansen, riterrei oggi che, con tale inoculazione, si avrebbe la produzione di sostanze battericide dotate della medesima costituzione delle sostanze battericide dei sieri, cioè sostanze costituite da una |)art.e termostabile (sensibilizzatrice o anticorpo) e da una parte ter- molabile (alessina o complemento). Vj nelle sostanze antisettiche da me ammesse nel 1896, farei oggi forse anche rientrare quelle sostanze antitossiche, che è da sospettare, si formino nell' organi- smo refrattario inoculato con virus lel>broso , per neutralizzare , (1) Tentativi (li si<-io-teiai>ia nella li'lilira. Coiiiuniiazionc alla Soc. ital. ili (U-rniatolo- gia — Ottobre 1895. Giovn. ital. mal. cen. e della polle. Fase. II, 189(5. Atti aCC. Skkik 4% Vor.. XIX— Meni. XI. 1 Frof. B. De Luca [Memoria XI.] non dico dei veleni solubili (esotossine nello stretto senso della parola), ma veleni ]»iù o meno insolubili (endotossine) quale le proteine in genere, derivanti dalla distruzione dei corpi batterici. * * Una differenza fondamentale fra le prime ricerche e quelle attuali, sta però nel concetto direttivo che mi guidò allora e quello che mi ha guidato adesso ; allora con la S(da inoculazione di sostanza lebbrosa nel coniglio, credei di poter suscitare nell' or- ganismo di questo, la ])roduzione di una sostanza antitossica che supponevo impedisse lo svolgersi dell' infezione e di poterla avere nel siero di quesfanimale in tale quantità da esercitare un'azio- ne battericida sul bacillo di Hansen. Oggi invece , ben cono- scendo come si possono ritenere, in massima, falliti i tentativi diretti ad ottenere sieri curativi da animali refrattarii inoculati direttamente col virus verso cui non sono recettivi , riprendo le ricerche , e le riprendo collo scopo di togliere o almeno di diminuire quanto è più possibile il potere battericida normale del siero di animale refrattario alla lel)bra e di stimolare in questo la produzione di sostanze specifiche contro il b di Hansen e i suoi veleni. In altri termini, mi propongo di vedere se sia possibile ottenere un siero antilebbroso, inoculando di sostanza lebbrosa un animale refrattario, reso precedentemente più o meno recettivo con la diminuzione o anche colla distruzione dei com- plementi. * Proponendomi di diminuire o anche di distruggere i com- plementi di un organismo refrattario alla lebbi'a e non potendo far calcolo sui complementi battericidi, perchè nessun animale, per quanto è oggi ammesso , è ritenuto recettivo rispetto alla Nuovi tentativi di ■sieroterapia inlht lebbra lebbra (1) ho jn-eso in coiitsideia/ione i coinplenieiiti eiiiolitit-i , perciò ho scelto per V esi)erimento, un animale il cui siero fosse noriiialuìente emolitico sui corpuscoli rossi dell' uomo . cioè lo agnello. Nella speranza che parallelanuMite alla diminuzione dei complementi detti, in seguito al trattamento, diminuissero anche i battericidi, e nel caso nostro, i iepricidi, e dopo di avere pre- so in considerazione alcuni dei |)roc(Mlimenti clie jMjfeano ri- s})ondere allo scopo di diminuire o iinche di distruggere i com- j)lementi , ho ricorso al procc^dimento indicato da Wassermann, per ottenere dal coniglio, siero che fosse capace di tìssare i com- plementi esistenti nel siero normale di cavia. Soltanto , ]>oichè io, invece dei due termini : coniglio e cavia . aveva (|uclli di agnello ed uomo, ricavai dai primo il siero che dovea tìssare i complementi nel secondo. Preparato così V nomo col siero di agnello, siccome lo sco- po da raggiungere era (|uello di rendere 1" agnello recettivo e poscia infettarlo di lel)bra, inoculai (|uesto, prima con siero an- ticomplementare tirato dal sangue del lebbroso trattato e poscia con sostanza lebbrosa carica di 1) di Hansen. Con tale trattamento, si sarebbero, è vero, jtotnti ottenere, nel siero d' uomo, anche delle sostanze antisensibilizzatrici, ma tale eventualità non avrebbe potuto che essere favorevole alle mie ricerche, perchè mi avrebbe dato un mezzo ]>er rendere an- che più recettivo T animale. » » * 11 lo Xorcmhre 1.904. Salasso della giugulare di un agnello del peso di kilogr. 14 ; si estrae circa 22 cmc. di sangue che (1) Perchè uoii li credo diuiostrati e anche perchè contraddicono ai miei nnniorosissimi esperimenti (V. trasmissibilità della leblira 1' e 2" serie di esperimenti in Rivista di igiene <) sanità piiblìlica, 1895) non ammetto i trapassi della lebbra agli animali, che si asseri- scono recentemente ottenuti. Cfr. Tironx — Ann. d' Hyg. et méd. colon. J. Vili, N. 1. 1905. Nicolle Comptes Kendu de 1' Acc. d. se. 27 Febbr. 1905. Né tanto meno ritengo esatta V osservazione secondo la quale si sarebbero osservati dai ratti lebbrosi. Cfr. U^an. lonrii. of Hvg. 1905 N. I. Prof. li. De Luca [Memoria XI. si lascia coaj^ulare in larga capsula Petri al c<)i)evto di qualunque inquinamento; si separano 12 cnic. di siero, di cui (j cnic. furono iniettati il giorno 11 e 6 il giorno 16 novembre nel cellulare sottocutaneo di 0. Ct. di anni 17 nativo dell' isola di Malta, da 3 anni alletto di lebbra mai curata e tiglio di madre lebbrosa. 11/7 Novembre 1904 , nuovo salasso di 27 cmc. dalla giu- gulare del medesimo agnello , da cui si ottengono 15 cmc. di siero, di cui sette cmc. si injettano il 18 e otto il 26 successi- vo nel cellulare sottocutaneo del medesimo lebbroso. Il 5 Dicembre 1904., salasso dalla giugulare di un altro gi(»- vine agnello del peso di Kil. 13 di 18 cmc. di sangue , da cui si tirano 8 cmc. di siero , die si injetta sottocute al medesimo lebbroso in unica volta. Il IH Dicembre 1904 , salasso dalla giugulare di un altro giovine agnello del peso di 16 kilogr. , da cui si ricavano 10 cmc. di siero che vengono injettati in unica volta sempre al medesimo lebbroso. Cosidiè, tatti i conti, in 31 giorni, furono injettati al leb- broso C complessivamente 45 cmc. di siero di agnello sano. Fatto questo trattamento, bisognava vedere se nel siero del lebbroso trattato, fossero diminuiti i complementi emolitici. Conoscendo che in condizioni n(»rmali 10 cmc. di siero di agnello emoli//ano com[iletamonte le emasie contenute in 1 cmc. di emulsione London (^5 cmc. di sangue umano detibrinato in 100 di Xa. CI. a 0, 85) mi fu possibile stabilirlo. A tal uo- po, ad 1 cmc. di soluzione di Xa. CI. a 0, 85, aggiunsi ii\ dosi via via crescenti frazioni da 0,005 a 1 cmc. di sangue del leb- broso trattato e poi successivamente cmc. 10 di siero di agnello, e trovai così che V azione emolitica di (jucsto era ostacolata da 0, 75 di siero di lebbroso trattato. Il risultato di avere ottenuto un siero anticomplementare dal lebbroso trattato verso V agnello era così raggiunto ; però ove con questo siero avessi voluto distruggere tutti i complementi emolitici contenuti nella massa sanguigna dell' agnello, facendo Niwvi tentntiin dt sierotetapia nelUi lebbra le (ìovut»^ pn)])<)izi«)iii , trovai che avrei avuto bisogno di una dose di siero anti<'<>nij>!enientare enorme ed impossibile ad ot- tenere da un uomo, dose, eli e del resto, era da sospettare aves- se potuto riuscire tossica ali" animale. Conoscendo però, che per rendere recettivi alcuni animali ad infezioni batteriche, p. e. i ctdombi al carltonchio, basta inoculare dosi di siero anticomple- mentare intinitamente minori di (juclli che occorrono nejrli espe- rimenti //( vitro (una centesima parte ed anche meno) così mi contentai di iiijettarc (jualchc cmc. ]»cr volta di siero auticom- plenientan'. E dal /•'' THvemhre in poi. inocuhii «i giovani agnelli e per 20 giorni, singolarmente ad ognuno 10 cmc di siero anticom- plemeutare , ottenuto in varii piccoli salassi fatti al lebbroso trattato. Procedei indi ali" infezione ai medesimi (i agiu'lli di mate- riale lebl>roso e nel modo seguente : Il f/iorni) 11 Gennaio IflOn, cioè dopo due giorni dell' «ilti- nia infezione di siero negli agiu-lli , escisi dalla fronte del lel)- broso V. E. di anni 27 da Pachino, ammalato da i> anni di lebbra tuben-olare, un grosso nodulo di circa cmc. 1 '2 • t"ii'ico di b di H. ; lo tagliuzzai colle forbici e lo ridussi in i)oltiglia (senza uè sabbia uè (juarzo) ]»oltiglia che diluii iu soluzione ti- siologica di Na. CI. nella proporzione di 1 : 20. Lasciai riposare ah|uanto e in .'} dei (i agnelli injettai la porzione liquida per via endovenosa, e l'altra, depositatasi in fondo del mortaio, per la via sottocutanea ed endoperitoneale. Nei rimanenti 3 agnelli, injettai un estratto ac i detti agnelli trattati, cavato con salassi successivi e a turno (in tutto 180 cmc.) fu adoperato per infezioni sottocutanee , a scopo curativo , nel contadino S. A. di anni 28 da Mascalucia, con pertinenze ere- ditarie negative e da 12 anni atfetto da lebbra tul)ercolare (1). Tali injezioni non sortirono effetto curativo di sorta né pros- simo ne a distanza. Infatti oggi, A])rile 11)0(), il S. si trova an- cora ricoverato in clinica nelle identiche condizioni nelle quali si trovava l'anno scorso, ])rima della cura. Come conclusione delle esposte ricerche si ha: che con i me- todi ora da me adoperati non si riesce a rendere recettivo V a- gnello alla infezione lebbrosa , meglio che con qualcum» degli altri uietodi pure da me s]>erimentati in altri animali (smilza- mento, dissanguamento, narcosi , fame) (2) né ad ottenere dallo agnello trattato, un siero che abbia azione curativa di sorta. (1) Mi |>iaci' iMitaie che il comuue di Mascalucia non ha leMirosi, e che nel S. la lebbra si sviluppò (lo]io 2 anni «lacchè lasciata Mascalucia. era andato ad abitare Cibali, antico focolaio di lel>bia. (2) V. Sai trapasso della Ichlint — 2' serie di esperimenti, Catania 1897. Memoria XII. Istituto Zoologico della R. Università diretto dal Prof. A. Russo. Sopra un mostro doppio di Sus Scrofa L. (Sicefalo-Sinoto) per i dottori G. POLARA e S. COMES ' RELAZIONA DELI, A (lOMMISSIOXE 1)1 UEVISIONE CO.MPOST.A. \>.\ì MEMBUI EFFETTIVI F'iott. R. STAI)KI{IN1 e A. RUSSO irelaiore,. Ili (luesta Memoria i IJoltori (1. l'olaia ed S. Comes dàiiim nuovi o più [decisi (lettajili intorno ad un mostro doppio di Sus Scrofa L. (Sicefivlo-si- iioto) facendo ii<)tiare le ditterenze tra 1' esemplare da loro studiato e quello che fu illustrato alcuni anni fa dal (Calori. Tali differenze rifjuardano in S|)ecial modo i sistemi digerente, respiratorio, scheletrico e nervoso, nei nuali si riscontra una diversità
  • pc:ial- nionte dei sistemi digerente, circolatorio e scheletrico e il Dottor Polara dei sistemi respi- ratorio, gcnito-uriiiario e nervoso. F.ntramhi presero ugual )>arte alle ricerche hililiograriche alle deduzioni t^ al resto del lavoro. Atti a( c. Sk.iuk 4". Vo;.. XIX— Mei». XII. 1 2 Dottori 0. Polara e S. Vomea (Memoria XII] ficazioni «li Isid. (Teoff. Saint-Hilaire (1) ('
  • piedi, /rno. Si trovano due ocelli normali per posizione. Ma nn-ntre il sinistro ('■ completo, il destro manca del cristallino ed è c(mte- nuto in lina cavità orhitai-ia ridotta. I due soggetti sono di colore identico : bianchi sul dorso e negli arti, neri nella testa con macchia bianca al grugno , neri nella retii(me sacroloiiibare e nelle code. Dottori (t. Poìara e S. Comes [Memoria XII.] Dalla iiiser/ione dèlia coda alla sutura lainbdoidea V indi- viduo (siiiistro inisnra inni, 170, il destro min. 172. La testa ha un diametro antero i)osteriore lungo Jt!) ' , min. nel sinistro, 51 nel destro ed un diametro trasverso massimo di min. -44. Cavità del Corpo (ognuno dei due individui lia una cavità toracica ed una addominale proitria nndto più sviluppate nell' individuo di sini- stra, di meno in (|uello di destra, per cui le due cavità sinistre si estendono per breve tratto sulle destre. Apparato Digerente 1/ apparato digerente lia una disposizione essenzialmente diversa da quella descritta dal Calori e sriva della volta del palato e comunicante direttamente con le fosse nasali, essa cioè l>resenta quella speciale conformazione cono- s«-iuta in teratcdogia sotto il nome di (/ola di lupo. Nel soggetto studiato dal Calori man- cavano solo le porzioni orizzontali delle ossa ])alatine. La lingua è unica, molto grossa alla base, dilaminata all'apice ; essa presenta due creste -"'^^ laterali rivolte in alto verso la cavità boccale .■iir^v»- .SM ..A Fig. II.— yi'mischemalica ilei- c fornite di Imigbe e vistose papille, che si estendcmo anche al margine laminare anteriore. Fra le due creste corre un solco (v. f. 2) evi- ja lingua: .iHpkpdeiia lingua- ^|gj^^j,,j^,j,^lj^ dovuto alla prcssioue escrcitata J3 base — C/^ creste linguali — p papille- .Si»/ solco mediano ,^,^|].^ liuona dal voiiicre, il quale produrebbe ancora il rialzo delle jiarti laterali della lingua e l'introduzione di esse nelle cavità nasali. Le grosse e numerose papille ricor- dano (|uelle scagliose dei pesci e dei rettili. Sopni ìiiì mostro diijiino di -S'i/.v IScroftì L. (Sice/alo-Sinoto) Segue un' unica faringe ed un unico esofago molto svilup- pato e contenuto nella cavità toracica sinistra. L'esofago immet- te in uno stomaco contenuto pnr esso in-lla , , . , ,,. , , ,.,, «"orso rettilineo va a sbocca- Fig. In. — Seniisclioiiintiea lìi'U appaiam di^remitr: CU cieco (irsfro — £5 esofa;io — /jVT.S' intestino sinistro —JJS'T£> in- y.^ .iiP eKterOn Mcllo ^teSSO testino destro — Pi*VA'r ]nnito di fusione de^li intestini desti-o e sinistro-i?D retto destro-fiS retto sinistro. Uiodo COinC aVvleUe pCr l'ìn- dividuo di sinistra. Sotto questo riguardo 1" individuo destro si può considerare come parassita dell'individuo di sinistra, giacché manca dell' esofago, dello stomaco e della parte assorbente del- V/V/TZ? Dottori G. t'olara e ti. Comes [Memouia XII. J 1' intestino. Questa disposizione dell' intestino è intimamente legata all' esistenza di una sola l)occa e di una sola farin- ge (v. fig. .3). Abbiamo osservato nna sola milza ed un solo |»ancreas con- tenuti nella cavità sinistra e, come si ò detto avanti, due fegati nettamente distinti, Tuno a livello dello stomaco, l'altro i)iù in basso e a destra, meno sviluppato del primo, contenuti entrambi nella cavità sinistra. Le glandule sottolinguali , le parotidi e le sottomascollari sono normali. Apparato Respiratorio Anche r api)arato resi)iratorio ditferisce essenzialmente da quello descritto dal OaUtri. Esistono dne laringi, due trachee, quattro grossi bronchi e quattro polmoni. Le due laringi e le due trachee sono dispttste in piani di- versi, l'una avanti all'esofago, l'altra dietro e spostata un po' a destra. Le due trachee decorrono nella cavità toracica sinistra, però il bronco destro della tra- chea superiore entra nel polmone sinistro dell'in- dividuo di destra e corri- spondentemente il bron- co destro della traciiea inferiore penetra n ultimo T art«'rÌM polmonar«' « orrc parallela al- l'arc«> aorti«'«) che perci«"> nel suo prim«> tratto non è sornnnitato da «niella. Il cuore sinistro è dÌHpost«) nella cavità sinistra fra i due bnnichi della traclu'a su])eriore. il «h-stro nella cavità de- stra rasenta il margine divisorio c«l «'■ disposto tra i «lue In-onchì «Iella trachea inferi«)re. N«)n abbiann) potuto seguire il resto del sistema «;ireolatore ])er le «•ondizi«)ni poco propizie, in cui si trovava il m«>stro. Apparato Genitourinario Ess«) è invece pressoché identico a «jnelb» «lei 8ic«'falo del Calori. Si trovan«> 4 reni normali i due del sinistro collocati (IJ Dalle estese rioerohe bibliografiche fatte rieiiltu l'hr tuie anomalia non i- stata tinora riscontrata , 8 Dottori G. L'olara e S. Comes [Memoria XII.] nella cavità addouiinalo sinistra alquanto i»iù sviluppati dei corrispondenti destri, i (juali sono alquanto più ravvicinati fra di loro per lo scarso svilupj») della cavità peritoneale destra , in cui sono allogati. Quattro ureteri normali mettono capo a due vesciclie aneli' esse normali. Esistono in ogni individuo due arterie ombelicali già obliterate e un uiaco normale, tacenti tutti capo air unico (uubelico. I due soggetti però sono entrambi di sesso femminile con utero e ovaie più sviluppati nel sinistro. Scheletro del tronco e degli arti (1). Le due colonne vertebrali sono anatomicamente identiche : ognuna di esse ha (J vertebre cervicali, 13 dorsali, 10 lombari, 5 sacrali e 10 caudali perfettamente normali. L' anomalia nu- merica per difetto alla regione cervicale è compensata, come si vede, nella regione dorsale. Le coste sono l.'i paia per ogni in- dividuo, di cui sette, le vere coste, si sviluppano enormemente per congiungersi con le corrispondenti dell'individuo vicino nello sterno rispettivo. Lo sterno ventrale (relativamente al nìostro) è più svilup- pato del dorsale. Alla loro inserzione con lo sterno , le coste dorsali (sempre relativamente al mostro) formano un'' arcata molto più convessa della ventrale mentre fra il loro punto d'in- serzione alle vertebre e le apotisi spinose niostraiu) un avvalla- mento, dove si dispongono le scapole destra del sinistro e sinistra del destro (v. fig. 1). La causa di (juestc» avvallamento si deve l'icercare nella mutua compressione più fortemente esercitata dai due individui lungo la linea dorsale del piano di unione. Tutte le ossa degli arti sono normali. CI) Il Calori non descrive, uè figura In scheletro del tronco e degli arti del suo sog- getto. iSopra un mostro doppio ili iSus IScrof'a L. ftiicefalo-tiinotoj Scheletro della testa Sebbene nelle linee generali la descri/Jone dello scheletro della testa mostruosa data dall' anatomico di Bologna coordini con la nosfra, pure imj)ortanti e numerose sono le dift'eren/e. La forma del cranio è emisferica con la porzione ])osteriore con raggio di curvatura minore di quello della parte anteriore mentre nel normale la forma è pressoccliè ((uella di un prisma retto a base triangolare. M(Mitre ni.'nilia dulia sca- > 10 Dottori (ì. Polnra e S. ('omen [Memoria XII.] ottuso verso la linea mediana. Le apofìsi giugulari sono uorniali, le due interne sono addossate ai lati della linea mediana di fusione e ridotte. Fra i due occipitali sujieriori si trova un os- sicino soprannumerario di forma pentagonale (v. tìg. 6), che si può considerare come derivante dalla fusione delle due squamme dei temporali interni dei due individiii. Il Calori descrive quest' osso formato dalla fusione delle squainme dei temporali interni con un sol(;o mediano (sicuro accenno di du])licità) continante in alto coi due parietali, men- tre nel nostro soggetto esso è più piccolo e compreso fra i due occipitali superiori e l'interparietale, che evidentemente mancava nel soggetto del Calori. La forma di ognuno dei due parietali è quella di un (|ua- drilatero (v. tig. ()) molto diversa dal normale avvicinandosi in- vece a quella del i)arietale umano. Infatti esiste una bozza parietale, che manca nel normale e mentre quivi il parietale è formato di due ]tarti, una orizzontale e l'altra quasi verticale e unentesi con la prima lungo una cresta ad angolo legger- mente ottuso, nel mostro manca tale distinzione essendo il parietale co- stituito da una unica parte convessa all'infuori, peri") la sutura temporo- parietale è, come nel normale, con- vessa in basso. Fr;\ i due margini superiori interni degli occipitali su- periori e la parte posteriore interna dei margini posteriori dei parietali esiste un interparietale, che assume uno sviluppo notevele anche fra i due occi)>itali. Esso è disposto in avanti e all'insù dell'osso so])rannumerario descritto. La .sua forma è esagonale (v. tìg. 0). Fig. VI.— Ossa principali del cranio: I. Ironlale — 2. parietale — 3. occipitale su- periore—4. interparietale— ó. osso sopr-an- nunierario interoccipiljtle. iÌ02>ra un mostro doppio del Calori. In avanti del foro i basi-occipitali si uniscono lungo la linea inedian.-i. Similmente le rocche dei tem- porali interni sono ridotte e per la (-ompressione laterale acqui- stano uno svilnpp*» maggiore in lungliezza senza |»erò saldarsi fra di loro, come neiresemplarc dei ('alori. Sulla loro superficie sì notano i forami dei condotti uditivi intcìiii poco sviluppati e i fori niiistoidei ridotti ad un buggero infossamento. Esistono <|uindi 4 fori uditivi interni e solo due veri t'orami nnistoidei. 1 fori lacero-posteriori sono (»cclusi lungo la linea di unione delle rocche sudette da miMiibraindle ossee, in tutto quindi i fori lacero-posteriori sono 4 di cui i due interni incompleti, contra- riamente a quanto avveniva nel soggetto del Calori, dove erano tutti e (juattro egualmente svilup|)ati. I fori dei condotti uditivi (\sttM'ni delle rocche mediane sono coperti dall'osso soprannumerario e (juiinli non comunicano con gli orecchi rudimentali descritti. Nei temporali esterni manca la cresta, che nel iu)rmale si estemle (l;il foro auricolare esterno alla sutura temporo-parietale. Lo sfenoide è unico e n<»rmale. Esso si unisce ])er la base, munita di due facce convergenti indietro con il margine ante- riore dei due basi-occipitali, formando una .sella tiircicn molto profonda e superiormente limitata da due apotisi clinoidee molto sviluppate. Nel soggetto del Calori il basisfenoide è doppio , il posteriore è rudimentale e situato sulla linea mediana.! due forami ovali e le due fessure sfenoidee sono normali. Degna di nota è r origine dei forami ottici da un infctssamento osseo co- mune, diretto dairindietro alTavanti e a sghembo verso sinistra; 12 Dottori ti. Polara e H. Comes [Memoria XII.] il destro molto più stretto del sinistro dà passaggio al nervo ottico molto ridotto , che inunette nella cavità orbitaria con l'occhio privo del cristallino, il sinistro è invece normale. La cecità è dovuta quindi alla mancanza del cristallino e alTatrotìa del nervo ottico. L'alisfenoide destro è più inclinato verso l'esterno del sini- stro, il quale è meno concavo e limita quindi una cavità orbi- taria più grande della corrispondente destra. Il limite anteriore, infatti della cavità orbitaria destra è più indietro del corrispon- dente di sinistra. L' etmoide è unico e normale , così pure i frontali. Tutte le ossa della faccia sono normali e come appartenenti ad un solo individuo, eccezion fatta degli intermascellari privi delle apolìsi palatine e delle ossa palatine, che mancano affatto (mancano quindi anche le coane). Dalla fatta descrizione risulta che la dui)licità della testa cessa di rendersi evidente all'interno dalla sella turcica in avanti ed all'esterno dai parietali ai nasali. La cavità cranica in complesso è molto diversa dalla nor- male: questa è ad inil)uto allungato e con la parte slargata all'indietro , quella del mostro è, come la scatola cranica, emi- sferica. Cavità e scatola cranica somigliano alle corrispondenti parti deir uomo , come s' è fatto notare, rassomiglianza dovuta certamente ad un fenomeno di convergenza prodotto da azione meccanica. Sistema Nervoso Centrale 11 cervello nella parte anteriore è unico e normale. Le cir- convoluzioni cerebrali sono numerosissime e non simmetrica- mente disposte nei due emisferi ; così la scissura superiore in- terna dell" emisfero destro de(!orre dalla parte j»osteriore del lobo parietale alla anteriore del lobo frontale, mentre la corrisjìon- dente dell'emisfero sinistro si termina solo al terzo anteriore dello Sopra un mostro dopjdo <ìi Su>: /Scrofa L. ''SicefaUì-iSinoto) i3 stesso (1). I corpi quadrigeiniiii sono disposti lnni£o una stessa linea trasversale mentre nel normale si disponji-ono due in avanti e due indietro. Di essi i due mediani sono più yrossi . i due laterali meno sviiupjìati. Ma appare evidente che i due di de- stra, uno più grande, l'altro più piccolo appartengono al nuovo- nato destro e gli altri due al sinistro perchè i)gnuno della coppia destra, come ognuno della coppia sinistra porta un solco trasversale poco pronunziato, è vero, uni certo valevole ad atte- stare la duplicità d'ognuu*», risultante dalla fusione di due (;orpi (|uadrigeniini : V anteriore e il posteriore. L'epitisi manca del tutto. Si trovai! solo due corpi genicolati 1' uno appartenente al- l' individuo destro, V altro al sinistro. K interessante a notare r andamento delle due benderelle ottiche, che dal chiasnia dei nervi ottieni si jtortano in alto e indietro jiassando avanti e vi- cino ai (!orpi genicolati, ai <|uali non si feruìano. ma, procedendo oltre, vanno a portarsi al disopra dei talami ottici corrispondenti terminandosi alla parte posteriore di questi ultimi cioè ai due pulvinar. Le cavità dei ventricoli laterali 8on«> normali, molto svilup- pata invece è la cavità del terzo ventricolo. circODToluzioiii «li un cer- vi'llii iidiilto. 14 Dottori 0. l'olara e IS. Comes [Memoria XII. .,,-CpD Fig. VII.— Schematica del cervello: COS cdrpi quadri- j^emini sinistri — CQ2> corpi qiiailrimini destri — CTS cer- velletto sinistro — CTD cervelletto destro _E0— einisl'eri cerebrali — lACTC Lobo interecebeliare cuneiforuie. rettamente ooii \\\\ loho iiitercerebellare soin-ainiuinerario molto SA^iluppato ed interposto fra i due cervelletti (v. tig. 7). fC Prima di con ti i ungersi col lobo sudetto i peduncoli in- terni danno un ramo laterale, clic ]»rende parte , insieme con i peduncoli esterni, alla formazione del midollo al- lungato corrispondente. 11 lobo intercerebellare ,,^ su descritto è rico[)erto per intero dall' inter-parietale e dair osso soprannumerario iiiter-oc('ipitale. Una forma- zione encefalica molto vicina a quella da noi or ora ac- cennata fu ritrovata aiu;he dal Calori. Egli, avendo riscontrato nel suo esemplare « due cervelli, uno vescicolare posteriore con una cavità ventricolare, ed uno anteriore perfettamente normale » ritenne che il cervello posteriore rappresentasse la vescicola ce- rebrale anteriore primitiva. Il cervello posteriore del Calori è anch'esso una formazione soprannumeraria molto simile per |»o- sizione e per forma a quella da noi segnalata. Ma mentre questa è situata tra i due cervelletti laterali e un po' all' infuori nella linea mediana , combaciando i suoi margini esterni con i margini interni degli emisferi cerebellari, quella del Calori è posta sempre fra i due cervelletti, ma al- quanto in avanti sulla linea mediana per modo che i bordi in- terni degli emisferi cerebellari ricoprono in parte i bordi esterni del corpo soprannumerario. Inoltre la nostra è priva di cavità ed è formata invece da circonvoluzioni trasverse simili in tutto a quelle dei cervelletti e come in questi differenziate sulla linea mediana in un vero e proprio verme, quella del Calori pi'esenta una cavità ed è priva di circonvoluzioni, come dimostrano 1 ISopru Itti ttiostro tloppio di ISiis iScrofa L. (Hicefalo-iSiiioto) 15 suoi (list'iiiii. Eviclenteineiile ;il nostro caso non può convenire r interpretazione che 1' Anatomico di Bolot>na ha dato a sif- fatta formazione, sia percliè essa lia tutti i caratteri esterni d'un ceiTelletto e presenta un regohue alheio (h'ihi vita nel suo in- terno, sia perchè, esistendo due tahinii ottici noniiali. non pos- siamo comprendere la presenza d' ima vescicola cerebrale indi- visa. Senza dire che difficile sarel)i»e il concepire uno sposta- mento (cotanto pronunziato della prima vcscic(da cerebrale indi- visa j)ost(U'iorniente ai talami ottici e alle lamine ([uadrifiemine. E se il (Calori ammette, come risulta dal suo lavoro, che « dalle gambe del cervello e dalle liraccia dei tubercoli (|uadri<>(>mini cominci V unione dei cervelli propriamente detti » come pos- siamo eomj)rendere la ])resenza d" una vescicola cerebrale primi- tiva indivisa (|uando essa si sarebbe dovuta (oiuU-re del tutti» colla corrispondcsnte / Pertanto, con tutti ,i riiiuardi dovuti alla memoria delT Illustre Scienziato, noi ci permettiamo di dissen- tir»' al riiiuardo dalla sua ipotesi e crediamo piuttosto che il lobo so|)ranninneiario sia prodotto dalla pndiferazione delle metà degli emisferi cerebellari, che costeggiano la linea mediana d'u- nione. Lobo ed osso sono senza dubbio formazioni vedute dalla necessità di sostegno dalle parti adiacenti, e er altro ebbe a dichia- rare per r osso lo stesso Calori. Posteriormente al cervelletto ogni parte del tubo encefalo midollare è normale. CONCLUSIONI Il mostro in esame, nella j)rogressiva fusione delle sue parti dall' indietro all' avanti fa rilevare quanto possa V azione mec- canica nello sviluppo ontogenetico. Ad essa crediamo si debbano attribuire la conformazione dello scheletro cranitH) e le modifi- cazioni di posizione e di forma avvenute nelle colonne verte- 16 Dottori G. l'nlara e IS. Comes [Memoria Xll.j brali. In essa si deve ricercare la causa della ipertrofia delle parti che non mostrano accenno di duplicità, dove al mancato sviluppo d' una parte simmetrica fa riscontro una proliferazione cellulare compensatrice. All' a/ione meccanica ancora si debbono riferire da un lato le strane disposizioni di organi molli (appa- rato respiratorio, digerente ecc.) dall'altro la formazione di parti soprannumerarie (lobo intercerebellare, osso interoccipitale) in organi importantissimi tra i primi a differenziarsi, o il mancato sviluppo di altre ])arti non meno importanti uè meno primitive (cristallino destro, condotto uditivo esterno delle orecchie atro- fiche ecc.). In tutto lo svilu[»po insomma prevalgono e s'impon- gono px'ocessi cenogenetici. L' uguaglianza di sesso dei due soggetti, la presenza d' un solo cordone oml)elicale comune a tutti e due depongono a fa- vore dell'origine monocoriale del mostro. Infine il nostro caso non puQ presumere di risolvere 1' im- portante e sempre dibattuta quistione teratogenetica dei mostri doppi , nessuna delle sue anomalie propugnando a favore della ipotesi per divisione di un'unica area embrionale o di qualche sua parte piuttosto che a favore dell'altra per fusione di due. Ad ogni modo le anomalie presentate dal mostro studiate» ci fanno sempre più convincere che nello sviluppo ontogenetico, abbia molta parte l'azione modificatrice dell'ambiente. Jfleiiioria XIII S. SGÀLIA Sopra alcune singolari formazioni montuose del Messico RELAZIONE Oer.l.A COMMISSIONE ni HKVrslONE, COMPOSTA DEI SOCI EFFETTIVI PROF. A. RUSSO E L. BUCCA (relntore). 11 lavoro (Uii l).r S. Scalia, liKuardaiite alcune tbrniazioni geologiche del Messico, dov' egli i)er più di un iiimo lia occupato il posto di Geologo, pre- senta un ui-ande interesse in iciazionc alle ipotesi della formazione oste in vari sistemi di cerchi . come (|uclli che si otterrebbero facendo cadere contemporaiieameiit<- dei sass(dini in vari punti di uno specciiio d' ac(|ua. Queste colline sono tutte costituite da strati di marne va- riegate, prevalentemente verdicce o giallastre, alternanti con grossi banchi di arenarie marnose, verdastre, molto ossidate esterna- mente , che prevalgono in alto e costituiscono generalmente le creste delle colline. Delle stesse rocce è costituita la caratteristica prominenza che si eleva come un tronco di cono tra gli scambi di 31 art e di Brisa, terminando in alto con una idattaforma perfetta- mente orizzontale, formata da grossi l)anchi di arenaria. In prossimità della stazione di Hijx'tlito, la strada ferrata si accosta ai contrattorti sud-orientali della vasta fornuizione calcarea della Pai la, così denominata i>erchè verso la sua parte centrale esistono delle doline, le quali a volte raggiun- gono parecchi chilometri di diametro e varie centinaia di nietri di ))r<ìfondità . che dai primi esploratori furono rassomigliate a delle pentole enormi. (1) e (1) Palla, in liiigiiii tlel paese si-rnitìi'a api>iiuti« : pentola, caldaia ecr. *'. Scalia [Memoria XIII.] Oltrepassata la stazione di San e e da, presso lo scambio di Arispe, la ferrovia Centrale attraversa nna serie di alture, costituite dalle solite marne alternanti con le arenarie, che verso il 8ud-Ovest si elevano a pili di 1000 metri sulla pianura e si estendono in vasto semicerchio dalle vicinanze della stazione di Keata fino al Sud degli scambi di Ceres e di Mi n er va per più di 200 chilometri. Tutte queste alture formano come una gigantesca muraglia che segue il contorno della Palla ad una distanza dai 15 ai 30 chilometri e presentano il loro lato inter- no scosceso, lungo il quale si possono seguire per tutta la loro estensione le testate dei grossi banchi di arenaria, sporgenti tra le marne e largamente ondulati, mentre sul versante esterno gli strati s' inclinano in giro verso tutte le direzioni c« zig-zagi. <■»(«« non perfectameiite paralelax. » , iS. Scalia [Memoria XIII. sione 1111 ])o' 8inaiitellato. In un'altra collina, di maggiori dimen- sioni, posta a Nord-Ovest di Mina si scorgono come nel circo di Anhelo, benché in proporzioni molto minori, gli strati cal- carei sollevati in t'orma di una cupola bassa a contatto imme- diato con le marne e le arenarie, ci«"> che denota uno stadio di sviluppo intermedio tra quello della cupola di Anhelo, nella quale i calcari sono stati portati molto in alto e quello delle basse cupole , appena abbozzate , che si elevano tra la stazione di Paredón e lo scambio di Arispe, nelle vicinanze dello scambio di A" e n u s , ecc. Lateralmente alla strada t'errata, tra la stazione di P a r e d ó n e lo 8(^ambio di Arispe, come anche nella regione ad Est e a Nord dello scambio di Delgado , ecc., si scorgono delle basse colline , più o meno circolari , incavate internamente in forma di coppa e a volte abbastanza estese, nelle quali gli strati pen- dono dalla periferia verso il centro della concavità, mentre sui tianchi esterni si possono seguire per tutto il loro contorno le testate erose degli strati, largamente «)ndulati. Al disotto della poderosa formazione di arenarie e di marne, tra lo scambio di I cani ole e la stazione di Ciarcia (sulla ferrovia Centrale) affiora lungo la strada ferrata un complesso di strati calcarei, grigio -chiari od oscuri, spessi da 15 a 50 cm., ai (juali segue ben tosto una poderosa pila di grossi banchi cal- carei , grigio - oscuri , dai (|uali risultano formate varie cupole ellissoidali molto allungate, come quelle di P e s ([ u e r i a, di Topo (Iran de e Topo Ohi co, la Montagna di Las M i- tras e la caratteristica Siila, le quali hanno i loro assi mag- giori diretti sensibilmente da Est ad Ovest e si riattaccano , nelle vicinanze di Monterev ai contraiforti settentrionali della Sierra Madre Orientai. Sui tianchi di queste montagne l'erosione ha inciso lo stesso disegno a zig-zag che si può seguire in alto, tino in prossimità dei crinali più o meno capricciosi, dove gli strati sono disposti quasi orizzontalmente. ISopra alcune singolari formasioni montuoite del Messico 7 Fin dalle prime escursioni potei convincermi clie il potente «•omplesso di marne e di arenarie è in tutta la sua estensione molto fossilifero. Presso lo scambio di Aris p e contai tino a nove banchi fossiliferi, contenenti migliaia di esemplari di Exo- ffira, rare Auumia e Nerinea, ed in alto, Acteonelht. Le Anomin sono più frequenti nelle colline a Sud della stazione di Paredón, dove ho trovato anche due esemplari di Tissotia {Biichicera^s.) 1 l)anchi «-Oli Exoffira ed Anom'ut si possono seguire per dei chilometri lungo la grande panate di marne e di arenarie, a Nord - Est della sta/Jone di P a r e d ó n, nello stretto passaggio scavato i)i essa da un torrente ed attraversato dalla Ferrovia Interna/ionale, nella gola ad Kst dello scamlùo di 1 x t 1 e . a Sud e a Nord di (|uello di Aris|)c l'd in molti altri i)unti che è inutile indicare dettagliatamente, perchè i numerosi individui di JlJxogira e di Anoinia si trovano (piasi dapertutto, spesso ])er- fettamente isolati ed in ottimo stato di conserva/ione, in mezzo alle marne ed alle arenaiic disgregate dalla lunga a/i<»nc demo- litrice degli agenti atmosferici. 1 calcari sottostanti, grigio -chiari od oscuri, in istrati poco spessi, oltre che tra I camole e Garcia, si mostrano anche allo scoperto sui tìanchi della Montagna di Las Mi t ras, ad- dossati ai calcari in grossi banchi, che circondano per buon trat- to, da Nord -Est a Sud -Ovest. (Ili stessi calcari seguono il (•ontorno orientale della P a i 1 a formando delle colline poco elevate. In una di queste piccole colline, distante circa duecento metri dalla Fattoria La L u z, ho avuto la fortuna di scoprire una ricca fauna di lnoccramu.s, Hopìik.s, Criocer(u; TurrUifes, liacuìitcs, IMimnitex, ecc., in i)arte nuova per il Messico. I calcari sottostanti, in grossi banchi, sono in vari punti pieni zeppi di Nerinea e di numerosi individui di Caprinula che difficilmente si possono staccare interi dalla roccia. Lo conchiglie delle Caprinula, di color nero e finemente striate, vanno facilmente in frantumi quando si cerca di isolarne qualche esemplare. (S'. Scalia [Memoria XIII. Ho già accennato come in seguito al mio detinitivo allon- tanamento dall' Istituto Geologico di Messico, lo studio di que- sta fauna sai'à stato probabilmente atfidato ad altri; nella speranza die tale studio ci venga a fornire al pili presto degli elementi sicuri per un più esatto riferimento cronologico di questa im- portante serie cretacica, mi limiterc') a dire che in base ai fos- sili da me raccolti , ritengo i calcari con Caprinula e Nerinea come appartenenti alla parte sui)eriore dell" Aluiano o ai più bassi orizzonti del Oekomaniano , i calcari con Inoceramus , HopUtes, Crioccras, Turrilifes, BacìditeH, Belemnites ecc., al Ceno- MANIANO inferiore, e la potente serie di marne e di arenarie con estesi banchi di E-rof/ira ed Anomia e rari esem|)lari di Acfco- nella , Nerinea e Tismtht , al Cenomaniano su])eriore ed al TURONIANO. * 1 » « Sebbene la i»aleontologia e la stratigrafia di questa regione siano interessantissime , anche iierchè ben poco si conosce fino ad ora del Cretacico del Messico , pure quello che maggior- mente ha colpito la mia attenzione è la tettonica di queste sin- golari montagne, tanto diverse da (juelle della vicina Sierra Madre Orientai e delle altre montagne isolate che in vici- nanza di Monterey formano delle cupole molto allungate con i loro assi maggiori diretti da Est ad Ovest. Se ci facciamo ad esaminare un pò da vicino la montagna calcarea di Anhelo ed il vasto circo di marne e di arenarie che delimita la pianura dalla quale essa sorge, quello die ci colpisce a prima vista è la strana somiglianza di questa singo- lare formazione montuosa con le montagne lunari e con le for- me di alcuni vulcani, dai quali, per anologie morfologiche, si è desunta l'origine vulcanica di quasi tutte le montagne del nostro satellite. Il certo si h che per la sua forma perfettamente siinme- iSopra alcune singolari formazioni montuoHe del Messico 9 tricH iioii si può jiMcriv(;re 1" origine di «|ut}sta inoiitagna a pres- sioni laterali, specialmente se si riflette clie in questa regione esiste un sistema molto esteso di cupole circolari e di elevazioni incavate in forma di cop])a, per le (piali si dovrebbe ammettere che le spinte lat(u-ali si siano tradotte anche in sprofondamenti circolari intimamente collegati con gli inalzamenti in forma di cupola. Generalmente le spinte laterali, risultanti da abbassamenti di una porzione di crosta tern^stre, producono dei sistemi di pieghe asininìetriche e delle fratture più o meno evidenti, con relative fratture, scivolamenti, salti, ecc. Nella regione da noi studiata le elevazioni assumono invece una forma simmetrica, a volte anche perfettamente cir(M)lare e gli strati pendono da tutti i lati, formamlo delle cuprosione ha accumulato iiivec»' dei grossi banchi di brecce e di conglonuu'ati calcarei. Diamo »|uì un profilo ideale del circo di Anhelo, come si otterrebl>e facendo una sezion*' attraverso la massa calcarea centrale e il circo esterno, in qualsiasi direzione. ntfìlo idealt* del cin:o di Anholo. e. Calcui'ì. a.iw., Aroiiarie i' n)Hriif\ La cupola centrale, formata dai calcari in grossi banchi, è circondata dalla ])ianura alluvionale, alla sua volta delimitata dal circo di marne e di arenarie i cui strati j)endono verso l'esterno. Lo stesso profilo, |)erò in proporzioni molto più grandi, si ottiene facendo una sezione ideale della Palla, almeno nei Atti aoc. Sf.rik. 4», Vot.. XIX— Meni. XIII. 2 10 'S'. Scalia [Mkmoria XIll.J punti clie Ilo potuto osservare, dalla stazione di Reata tìn presso Talia, dove si scorgono tutto all' iniiiro le testate erose degli strati delle marne e delle arenarie, rivolte verso la grandiosa cujìola calcarea della P a i 1 a. Il Sig. Aguilera, (1) che tempo addietro visitò questa re- gione, rimase impressionato dal fatto che tanto in (pieste mon- tagne, come in (pielle tra Jniulco e Lerdo, non si scorgono dal lato della pianura delle rocce eruttive in relazione col sol- levamento degli strati sedimentari. Dalle osservazioni geo-tettoniche da me fatte in (luella re- gi(me i-isnlta invece, che sebhene il sollevamento di quelle mon- tagne sia dovuto alla spinta di rocce massicce, pure non bisogna andare a cercar queste nelle jiianure alluvionali che circondano le masse calcaree, ma piutt(»sto al disotto di tali masse centrali che rappresentano le parti più profonde delle cupole, non an- cora sufficientemente erose perchè si mostrino allo scoperto le rocce intrusive che le hanno spinte in alto. Molti studi recenti di valenti geologi (2) tendono a ])rovare che r idea di 8aess, che cioè le rocce eruttive intrusive non hanno avuto che una parte del tutto passiva nella formazione delle montagne, è molto esagerala, ed oltre i classici esempi dei laccoliti di Henry Mountains, descritti dal Gilbert, si co- noscono ora molte altre montagne che debbono il loro sollevamen- to alle spinte ])rodotte da magma lavici ascendenti in direzione verticale. Ad Ovest della regione da noi studiata, in prossimità di Coltoli, il Dr. Emil Bòse scoperse nelF ottobre del 1904 un (1) Aguilera — Op. cit. pag. 134 » A'f difino ile notarxe (/ut- tanto un estas nierras corno eli UiK lille crìnten eiiti-r .Imiiìcu y Iatiìii, iki w l'caii del ludo di- ìa tlaiiiira roias eruptivas re- laiioiiadas con el levantamknto de lim rajìat «edimeiilarinn cretaccas ■> (!t) (2) W. B r a 11 e o — JVf «e Beireine fiir die Unablidiiijigkeit dei- Vulcane von praexiittirenden Spalten (Neues Jaluh. f. Min. etc,., Bd. 1.) 1898. W. Salo 111 ou — Xeite Seohacìitiiuj/en am den Gebieieii dea Adamello iind dea St. Gotthard (Sitziiugsber. il. K. Prenss. Akad. d. Wis. zìi Berliiij 1899. C. Burckhardt — Les masne» éruptive» intriisivea et la formation dea montagnes (Memo- riaN .le la Sdc. C'ieiit. > Antonio Alzate ., T. 21, pag. .5-8), Mexico, 1904. Sopra alcune singolari formazioni montuose del Messico H laccolito iittonio al <|nale le rocce sediiiientai'ie cretacee presen- tano una zona profondamente alterata dal contatto del magma intrusivo. Questo tatto, del (juale ebbi notizia ])oco dopo la scoperta fattane dal Dr. Bose, mi conferma majigiormente nell'idea che il sollevamento delle cupole, di fornui più o meno cinrolare che si trovano tra Torrcon e Moiiterey, sia dovuto alla spinta di magma lavici non ancora messi allo scoperto dall' crosintc mascherati dalle marne e dalle arenarie, che (|ua e là formano delle leggiere protuberanze cir- colari sulle vaste pianure alluvimiali. Parlando della Pili la a1>biaino già visto conu' le masse calcaree presentano a volte verso la loro parte centrale delle do- line più o meno vaste e profonde. E iU(dto ]»robabile che spro- fondamenti simili si siain> jìrodotti anche in altri |»unti. dove i calcari sono ancora ri<;operti dalle marne e dall(> arenarie, dando così origine a (jnelle colline in forma di coppa, nelle quali ab- biamo visto queste ultime formazioni inclinate verso il centro della concavità , mentre tutto nll" inuiro si scorgono h' testate dei loro strati erosi. * * » Da (juanto abbiamo esposto sopra, risulta abbastanza chiaro che la meccanica del sollevamento di alcune parti della crosta terrestre corrisponde, come dice bene il Salonuni, alle idee dei grandi geologi del principio del secolo ])assato. Queste idee, combattute e rigettate (•omi)letaniente tino a poco tempo addietro, tornano ad esser prese di nuovo in consi- 12 iS. iScalia [MBM0KI4 XIII. delazione per ispiegare la fonnas^ioiie delle montagne siniuietriche, la cui tettonica, piuttosto che alla teoria delle spinte laterali, con la quale si è cercato di spiegare il sollevamento di tutte le mon- tagne della terra, corrisponde alle idee di Leopold von Buch il quale pensava che le spinte dei magma lavici, ascendenti in direzione verticale , hanno dovuto esercitare un' azione molto importante nella formazione delle montagne. Dal Gabiuetto di Geologia della K. l'iiiTersità. Catauì», aprile 1906. ifieiiioria XIV. Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse Memoria di A. BEMPORAD RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DI REVISIONE, COMPOSTA DEI SOCI EFFETTIVI Proff. G. P. GRIMALDI e A. RICCO {relatore). 11 Dott. Bemporad, partendo dalle osservazioni di Secchi, Laugley ed altri circa la diminuzione del potere radiaute dei punti del disco solare dal centro verso la periferia, st.ibilisce anzitutto una formola, che rai)presenta assai bene i risultati di queste osservazioni, e che corrisponde all' ipotesi dell'esistenza di un'atmosfera omof;enea attorno al Sole. Egli applica quindi questa formola per determinare mediante integrazione i valori della radia- zione relativa delle varie parti scoperte del disco solare durante le fasi d'una eclisse, e dà una soluzione comiileta del problema cou quel grado di appros- simazione, che consentono le nostre cognizioni attuali. L' A. applica infine questi suoi risultati alle osservazioni attinonietriche e alle misure delle fasi eseguite uell' Osservatorio astrotìsico di Catania durante le eclissi parziali di Sole del 28 Maggio 1!)00 e del 30 Agosto 1905, giungendo alla conclu- sione notevole, che in ambedue i casi la diminuzione osservata della radia- zione fu jiiù forte di quella calcolata. Le tavolo numeriche , che accompa- gnano il lavoro facilitano notevolmente la riduzione delle osservazioni atti- nometriche eseguite durante un'eclisse in circostanze qualisivogliauo, e me- ritano quindi di venire integralmente i)ubblicate. IKTRODUZIONE È ben noto da molteplici ed accurate ricerche di vari asti'o- noini, come il potere radiante dei punti del disco solare decresca, procedendo dal centro verso la periferia, lino a ridursi, sul lembo estremo, ai quattro decimi circa del potere radiante dei punti Atti acc. Sekik 4", Voi.. XIX — Mem. XIV. 1 A. Benqjorad [Memoria XIV.] della regione centrale. Questo contegno, nel quale ha certo gran parte, se non unica '), V assorbimento esercitato dall' atmosfera solare, fa sì die la radiazione delle varie porzioni scoperte del disco solare durante un' eclisse non sia proporzionale alla super- ficie apparente delle porzioni stesse, ma vari secondo una legge più complessa, che qui ci proponiamo di studiare. Non è fuor di luogo notare, che per la esatta interpetrazione dei risultati delle osservazioni attinometriche o bolometriche fiitte durante un' eclisse solare è indispensabile tener conto della circostanza in questione. JFenomeni analoghi possono avere anche qualche importanza nello studio di certe variabili (stelle del tipo di Algol, ovvero doppie spettroscopiche o fotometriche ^), e in altre ricerche affini. In quello che segiie, ottengo anzitutto (Gap. I) una rap- presentazione analitica del modo di variare del potere radiante dei punti del Sole, secondo la distanza apparente dal centro, l'ondandomi sulla formola ottenuta, calcolo (Gap. II) in due modi diversi, e cioè con procedimento analitico e colla integra- zione numerica, il valore dell' integrale del potere radiante esteso a tutto il disco solare e quindi il valor medio del potere ra- diante medesimo. Galcolo quindi (Gap. Ili) con procedimenti diversi, secondochè la fase considerata è maggiore o minore di 0,5, 1' integrale del potere radiante esteso all' area scoperta del Sole durante un' eclisse parziale, e raccolgo in una tabella i va- ') Non uuica, perchè Secchi avrebbe notato ail es. un massimo d' intensità della radia- zione in corrispondenza all' equatore, massimo che non potrebbe farsi dipendere evidente- mente dall' aziono dell' atmosfera solare. V. Memorie della Società degli Spettrosc. Italiani. Voi. IV, 1875 pag. 121. -) Lo spettroscopio rivela, com' è noto, la dnplicità di varie stelle (come Algol) che non sono altrimenti risolubili cogli attuali mezzi d'osservazione. In molti casi (come nel caso citato) le doppie spettroscopiche sono anche variabili, e la natura della variabilità è tale, che si concilia benissimo colla ipotesi di un sistema doppio o multiplo, in cui intervengano periodicamente parziali occultazioni. Vi sono infine dei casi, iu cui, essendo la luminosità dell' astro troppo scarsa, lo spettroscopio nulla rivela, mentre il fotometro accusa una va- riabilità del tipo di Algol. In tal caso si parla di doppie fotometriche (Gir. in proposito Ch. André. Sur le systéme forme par la Planète doublé {4S3) Eros. Astron. Nadir. Voi. 155 p. 27.) Sili modo di variare della radiazione solare durante le fasi di uii'ecUsse 3 lori numerici da ine ottenuti, cm)ì quali, ricorrendo naturalmente alla interpolazione, può considerarsi come completamente risoluto (con quel grado di approssimazione, che consentono le nostre cognizioni attuali) il problema di determinare per una fase qual- siasi di una eclisse solare in condizioni qualsivogliano (eclisse parziale, totale o anulare) 1' importo della radiazione dell' area scoperta del Sole, in parti della radiazione totale. Applico infine (Ca[). IV) la tabella così ottenuta alle osservazioni eseguite nel- l'Osservatorio di Catania durante le eclissi del 28 Maggio 1900 e del 30 Agosto 1905, mostrando come ambedue le volte la di- minuzione osservata della radiazione solare sia stata più forte di quella calcolata. Questa conclusione importante viene confer- mata anche dalle osservazioni eseguite dal Prof. Julius a Burgos durante l'ultima eclisse, e solleva la questione dì vedere, se, come opina lo Julius, i procedimenti fin qui usati per lo studio della diminuzione del potere radiante verso il bordo del disco solare non siano aifetti da cause sistematiche d' errore. Questa ricerca verrà senza dubbio molto agevolata dalle nostre tavole. Lo studio attuale dunque, anche prescindendo dall' interesse che può pre- sentare dal lato puramente teorico, si prefìgge anzitutto uno scopo essenzialmente j)ratico, quale è quello di preparare i mezzi per il confronto delle osservazioni col calcolo in eclissi future. Gap. I. — Rappresentazione analitica del modo di VARIARE del POTERE RADIANTE DEI PUNTI DEL DISCO SOLARE DAL CENTRO ALLA PERIFERIA. 1. Valori osservati (hi potere calorifico dei punti del disco solare a varie distanze dal centro. Dall'eccellente trattato del Prof. G. Miillor ricavo la se- guente tabella comparativa dei valori ottenuti da Secchi, Vogel, Langley e Frost per il ]»otere calorifico dell' unità di superfìcie apparente del disco solare a varie distanze dal centro '). 1) MiiLLER— /)if Photomctrie der Gestirne (1897) p. 323. A. Bemporad [Memoeia XIV. Tabella I. Potere calorifico secondo : Distanza dal ceutro del © Secchi - Vogel Laugley Frost Media 0,00 100 100,0 100, 0 100 (1,20 99 99,5 99, 4 99 0,40 98 96,8 96,3 97 0,60 94 92,2 89,8 92 0, 70 89 88,4 84,6 87 0, so 82 82,5 77,9 81 0,90 69 72,6 68,0 70 0,96 (57) 61,9 01,-1 59 0,98 (47) 50. 1 50,0 49 1,00 40 — (39) (40) Il divario fra i vari autori sale in qualche caso al 5 7o» 1^ media può essere allora approssimata a meno del 2 o del 3 7o- Questo avvertiamo, perchè pei calcoli detinitivi ci permettiamo di ragguagliare i valori medi assegnati nella 5° colonna con forinole empiriche, che lasciano in qualche caso residui appunto del 2 o 3 °/o rispetto ai detti valori medi. 2. — Varie forinole di rafigumjlio. Supponendo, che la diminuzione del potere radiante dei punti del kSole verso la periferia dipenda essenzialmente dall'as- sorbimento dell' atmosfera solare, sarà naturale cercare di rag- guagliare i valori medi della precedente tabella con qualcuna delle formole empiriche più usate per lo studio dell'assorbi- mento dell' atmosfera terrestre. Le foruìole da noi date in un recente lavoro *) ci parvero troppo complicate per lo scopo at- tuale, in ragione sopratutto della scarsità delle nostre cognizioni circa la costituzione fisica dell' atmosfera solare. Kestava a sce- gliere fra r una o l' altra delle più note formole empiriche, come quella di Laplace, che mette in relazione l' assorbimento colla ') Zur Theorie dei- ExtlnUìon des Lichtes in der Erdatmosphare—'Mitteihiugen der Grossherz. Sternwarte zu Heidelberg N. IV. Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un^eelisse 5 refrazione subita dai raggi, quella tli Bouguer, che parte dalla ipotesi di una legge esponenziale per la diminuzione della den- sità del mezzo assorbente coir altezza, e iniìne quella di Lam- bert, che corrisponde all' ipotesi di un' atmosfera omogenea. La formola di Laplace venne già applicata dal Prof. kSeeliger per una ricerca analoga alla presente, benché indirizzata a tut- t' altro scopo, nella forma Refr. log J = — k SUI z ammettendo la refrazione nell' atmosfera solare come [»roi)or- zionale a tg^. Questa espressione presenta l'inconveniente di con- durre ad un valore infinito di — log J i»cr z = 90", e poiché questo valore di z corrisponde al contorno del disco solare, ne seguirebbe \wr i punti al contorno una intensità calorifica nulla, ma questo contrasta così vivamente coi risultati sperimentali (Tabella I), che giudicammo del tutto inopportuna l'apiìlicazione della formola in discorso per il nostro scopo. Lt) stesso inconveniente si presenta colla fonnola di lion- guer, sia nella forma originaria *) log J = log J, + log 1) [scc z — ^tg^'z sec z ^ ~ ^ ' sia nella forma corretta da me accennata in nn precedente lavoro -) log J = log J(, + log p isecz — — ^ tg^z sec s -j- ~ i' ed è singolare, a questo proposito, che tale inconveniente sfug- gisse del tutto al Secchi, a cui pure si debbono le prime espe- rienze in questo campo ^). ') Cfr. G. MiiLT.Kn. Die Photo mef rie dn- GeHirne. Pagg. 119, 120. 2) Sulla teoria d' estinzione di Bougucr. Memorie dellii Societi», degli Spettrosoopisti Ita- liani Voi. XXX (1901) pag. 217. 3) SiiW iiitcìiitHà del calore nelle varie parti del dinco nolare. Memorie dell' Osserv. del Collegio Romano 1851, App. 3 e App. 5 e inoltre Astron. Nachr. Voi. 34 N. 806 (18.52) Voi. 35 N. 833 (1833). V. anche Sur V intennité lumineme de» diverse» partici) du disqwe so- laire. Compt. Rend. Voi. 49 pag. 931 (1859) e 62 pag. 1060 (1866). A. Bemporad [Memoria XIY. Altre forme di sviluppo da me date altrove ^) per la teoria d' estinzione di Bougner, che andrebbero esenti dall' inconve- niente di dare estinzione intìnita (o indeterminata) per z = 90° sono da rigettare nel caso attuale perchè troppo complicate ^). Non resta dunque che ricorrere alla formola di Lambert, la quale per avventura risponde a tutte le condizioni desiderate, vale a dire fornisce una espressione analitica assai semplice dell' assor- bimento di uno strato sferico omogeneo, dà un valore tinito per ;- = 90", e conduce, come si vedrà, ad un' ottinui rappresenta- zione della intensità caloritìca nei vari punti del disco solare in ordine alla distanza dal centro. 3. — Deduzione della foniìohi di Lambert. Alla formola di Lambert si viene immediatamente condotti nel caso nostro dalla seguente semplice considerazione. Sia O P (Fìg. 1) il raggio condotto dall' occhio 0 dell' os- servatore a un punto qualunque P della superficie APRE del Sole; PQ = r la distanza apparente del \n\\\io P dal centro del disco solare ; z l'inclinazione del raggio OP rispetto alla normale P8 alla super- ficie solare; ag. 131. 2) Prima, che questo lavoro veuis.se alla luce, giungevo quasi coutemporaneamente col Ch.iuo Dott. Cernili, ad un nuovo sviluppo assai più semplice degli altri citati per l'inte- grale di Bouguer, ma allora avevo ormai condotta a termine la trattazione presente col mezzo della formola di Lambert, e non era piìi il caso di mettere in prova anche la nuova formola (V. Sopra uno sviluppo singolarmente convergente per V integrale della estinzione, se- condo la teoria di Bouguer. Atti dell' Accademia Gioenia di Scienze naturali in Catania Serie 4 voi. XIX 1906.) I Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse vita RE':^l^ (spessore dell'atmosfera solare in direzione normale), e indicando con l il segmento PP' (spessore attraversato nell'atmo- sfera solare dal raggio OP) con a intinc il raggio del Sole , abbiamo subito dal triangolo PP'8 [a -j- l^f ^ /- -}- «'- -\- 2« l cos z, da cui — ll_^2— + — cos^ z - -- cos z (1) •■o 'o «0 'o che è appunto la forniola nota nell' Astrofotometria sotto il nome di forniola di Lambert. 4. — Variazione della intensità calorifica J dei punti del disco solare dal centro alla periferia, nella ipotesi di nn' atmosfera omo- (jenea. Indichi ora ./* il potere radiante dell" unità di superlieie apparente del disco solare, ([uale sarebbe senza 1' esistenza di un' atmosfera attorno al Sole. Senijdici considerazioni mostrano che, in virtù del principio di emanazione di Lambei't, rigoro- samente dimostrato da Lommel per le sostanze incandescenti opaclie '), questo i)otere radiante J* può ritenersi uguale in tutte le regioni del disco solare, vale a dire che questo, al pari di una palla infocata, ci ajìparirebbe por tutto egualmente lumi- noso, se non esistesse V atmosfera assorbente che lo circonda. Ammettendo allora, che 1' assorbimento operato dall' atmosfera solare sulla radiazione calorifica complessiva (risultante di tutti i raggi calorifici delle varie lunghezze d' onda) segua la legge esponenziale di Bouguer-Pouillet, avremo, detti J, J^ i valori del potere radiante dell' unità di superficie apparente in /'' ed 1/, cioè dopo r assorbimento operato dall' atmosfera solare, e ') Cfr. Wicdemniiii AiDiahn. Kd. 10, p. 149 e G. Miiller, Die Photometrie «ter Gestirne p. 31. A. Bemporad [Memoria XIV.] detto 2} il coefficiente di trasmissione dell' atmosfera medesima in direzione normale, J, = J* P J = J* p '" . Di qui si ha log J = log J, + log p l— — l\, e sostituendo per -j- V espressione (1) , dopo avervi fatto cos s =: i/l — r'- e ponendo per brevità [■^ = ^ , log p si ottiene infine l' espressione V-jJo — '^^ « = 1 , log/ = - IX 1^/1 -f 2 X + XMl - »•') - '^ [/i- - r^ - 1| (2) per rappresentare (colle varie ipotesi da noi fiitte) la legge di variazione della intensità calorifica J col variare della distanza apparente r dal centro del disco solare. Si vede subito, che per r =1 1, vale a dire sul lembo estremo del disco, si ha ancora un valore finito di log J, epperò un valore diverso da zero per la intensità J, come appunto l' esperienza dimostra. 5. — Determinazione delle costanti \, n- La formola (2) è così semplice, che la determinazione delle costanti >^ e p- dai valori osservati di J non presenta difficoltà sostanziali. Tuttavia non è immediatamente applicabile il metodo dei minimi quadrati, perchè il parametro \ compare in (2) sotto un' espressione irrazionale. Ci limitammo quindi a determinare i valori delle dette costanti, in modo da rappresentare esatta- 6'm? modo (li variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 9 mente due dei valori osservati della J. Questa determinazione condurrebbe in generale ad equazioni piuttosto complicate, che si semplificano però, se per uno dei due valori della J^ si sceglie quello corrispondente al contorno del disco solare, cioè il valore J^ della J per r = 1. Si avranno da determinare allora le due incognite X e |i dalle due equazioni log J == - |). Il '1 -f 2 )l + K' (1 — »•-) — l i^l — r' — l > (2) log- ,/, = - |i j|/l + 2 X - Ij (3) 0, polche allora per legge di continuità dovrà scegliersi manifesta- mente la radice corrispondente al segno + del radicale. Avuta la » , la (4) fornisce X e la (3) |i. Riproduco nel quadro seguente i valori ottenuti per le », \, n da tre diverse coppie di valori di J ricavate dalla Tabella I (5" colonna) III *• = 0,9 J = 0,70 r = 1,0 J =z 0,40 0,42612 0,48544 9,37772 6. — Rappresentazione dei valori osservati della intensità J. La formola (2) conduce con questi valori dei parametri X e |J- alle seguenti rappresentazioni dei valori medi di J (Ta- bella I). I II r = 0,7 J=0,87 »-=^0,8 J = 0,81 r = 1,0 J=0,40 r=l,0 J = 0,40 log u 0,44642 0,45469 log X 0,53234 0,55125 log |X 9,34568 9,33286 Distanza dal ceutro del O 0, 20 0, 40 0, 60 0, 70 0, 80 0, 90 0, 96 0, 98 1, 00 Valori osservati della J 0, 99 0, 97 0, 92 0, 87 0, 81 0, 70 0, 59 0, 49 0, 40 Valori calcolati della J 0, 992 0, 96r, 0, 9l3 0, 87o 0, 808 0, 707 0, OOo 0, 542 0, 40o II 0, 992 0, 96,-, 0, 9l4 0, 872 0, 81(j 0, 70a 0, 60;ì 0, 54* 0, 40o [II 0, 992 o, 964 0, 909 0, 8(i: 0, 80i 0, 70u 0, 595 0, 53s 0, 40« 0 0 + 1 0 0 — 1 — 1 — 5 0 II III 0 0 0 + 1 0 + 1 + 1 0 0 — 1 + 1 0 — 1 0 — 5 — 5 0 0 La rappresentazione dei valori osservati appare a prima Sìd modo di remare della radiazione solare duinnte le fasi di vn'ecHsse 11 vista assai buona, e fa solo eccezione il valore di J per r=98, che presenta (con tutte e tre le coppie di valori dei parametri >. e |J-) un divario del 5 7o dal valore osservato. La cosa non può sorprendere, perchè i valori della radiazione solare al con- torno del disco risentoiK» naturalmente in majjgior grado l' in- fluenza dell' atmosfera solare, che non sarà certamente omogenea come noi alibiamo supposto, e che darà luogo in ogni caso a delle retrazioni e forse anche a ritlessioni totali. Per un i)rimo calcolo di saggio ci ])arve lecito trascurare questo divario fra il calcolo e 1' osservazione, e applicammo i|uindi nei calcoli defi- nitivi la semplice formola (2) senza alcun termine correttivo per le parti al contorno del disco solare. Solo ci parve opportuno distribuire gli scarti fra i due ultimi valori di ,/ per r i= 0,98 e r = l,00, e jìrovammo (juiudi, (inali rappresentazioni si hanno, assumendo IV r = 0,7 r = 1,0 ,1 ,1 0,87 0,38 0,7 1,0 ,1 = 0,87 J = 0,37 Si ottiene rispettivamente log il -zr 0,47370 log /. = 0,59446 . log |i = 9,32752 . 0,48713 0,(i2452 9,31933 Distali''-!^ \';ilori Valori calci .lati .Iella ./ 0 - - c dal oeiitio ossi;r\':iI i del O (Iella ./ IV \' IV \" 0,20 0,99 0, 9»i 0, 992 0 0 0,40 0,97 0, 96c 0, 96(5 0 0 0,()0 0,92 0, 91 3 0, 91:ì + 1 + 1 0,70 0.87 0, 87u 0, 87" 0 0 0,80 0,81 0, 80g 0, 80(5 0 0 0,90 0,70 0, 703 0, 70o 0 0 0,96 0,59 0, 59 1 0, 587 0 0 0,98 0.49 0, 53o 0, 524 — 4 + 3 1,00 0,40 0, 38o 0, 37" -J_ 2 — 3 La rappresentazione fornita dal sistema V di costanti è 12 A. Bemporad [Mbmoiua XIV.] ormai tale, che difficilmente potrebbe ottenersi migliore senza ricorrere a formole assai più complicate. A questo sistema quindi ci arrestiamo, e di questo ci serviremo nei calcoli, che seguono per rappresentare la distribuzione apparente della energia calo- riti ca sul disco solare. Gap. II. — Calcolo del potere radiante medio dei PUNTI DEL disco SOLARE, RISPETTO AL POTERE RADIANTE DEL- LA REGIONE CENTRALE, ASSUNTO COME 1. 7. — T)ifiposi::ìone del calcolo. — Prima di procedere, coll'aiuto della formola ottenuta nel precedente capitolo. (2) log J=-V.\ l 1+2 >^+V' (1 -r') - l l 'l-'" - 1 J , al calcolo della radiazione delle singole fasi, applichiamo la for- mola stessa per ottenere il valore della radiazione complessiva del disco solare, quando si ponga = 1 il potere radiante delle parti centrali, vale a dire il valore di 1 J ^?= Ó esteso a tutto il disco solare O , o ciò che torna lo stesso il va- lore del potere radiante medio dei punti del disco solare / dQ o Ottenendo poi il valore esteso all' area scoperta ^ , che corrisponde ad una determinata fase di un' eclisse (e inoltre a un determinato rapporto dei se- Sul modo di mriare della radiazione solare durante le fasi di itn^eclisse 13 uiidiainetri >•© e vq) il (luozieiite // : 1" ci darà il valore della radiazione della fase considerata, rispetto alla radiazione del- l' intero disco solare conij)utata come 1. Vista l'inìportanza fondamentale che ha nella nostra ri- cerca il calcolo esatto di Y, ahl)ianio ottcniuto qnesto valore in dne modi diversi, e cioè in primo hiouS la tiota forinola d' in- tegrazione ') o + (i + 4") '" /» / /• (,•) dr = >v I ;• [ « +(i + -^1 "• ] + ^ / [ "' + (*'+ "^1 "" ] con ') Cfr. Banschiuger. Talchi zur theoretischeu Astronomie. Pag. 137 (Leipzig. 1901). 14 A. Bemporad [Memoria XIV.] e con un intervallo ic di 0,08 da » •:= 0, 00 lino a r = o, 40 con intervallo di 0,01 da »-:=o, 40 tino a »■ = 0, 88 e con intervallo di 0, 01 da r = 0, 88 tino a »• = 0, 98 Per il tratto da r = 0, 98 a r = 1,00 venne invece appli- cata la forniola da me accennata in un precedente lavoro ^) (6) f(r)dr = ic \ f rt-f-l*- -^1 "■l + 4n«+^"0 J ;' + ( '■ + 4) "■] + k f'"" [ " + (^ + 2) "• 19 m 720 -^ con (6a) V (« - k "") = - ^ ^ ("■) + lY ^' (" + \ "■) - 17 ^' ^^ + «') + • • e coir intervallo (r = 0, 004. Con queste forniole e mediante calcolo logaritmico a 5 de- cimali, sulla base della forinola (2) , coi valori (Y) delle co- stanti ■-) , ci risultò 0,40 Jrdr f «, ss 0,40 /' 0, SS 0,93 r 0,9S 00 = 0, 07868 =: 0, L'6673 — 0, 051» 70 z= 0, 00933 j\/rd> = 0, 41444 ') Eiduzioue delle osservazioni attiuouietriche eseguite in Catania durante 1' eclisse di Sole del 30 Agosto 1905. Memorie della Società degli Spettroscopisti, 1906. 2) V. pag. 11. *S'«/ mo(ìo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 15 9. Quadraturti con jtrocedimetifo analitico. Introducendo nella relazione (5) l'espressione (2) e la no- tazione (4) e ricordando che il log '/ della (2) è inteso a base 10, abbiamo -=- r= / /rrfr = 10 / rdr. U) '- -' 0 al — V = 10/ rdr. r [ l^ u^ -f V (1 — r') — ^[' 1 — r' ] 0 avendo posto V- ^ - log.o e Ponendo ora 9, 68155 ]. l 1 - r' = « , otteniamo anzitutto ,Lr = i, ì /','*.. ~-'[''»' + ^'''-*'l Ponendo poi V [ l M- -j-l- t- — X f J = .V, ossia 2 X V .r ottoniamo (scambiando i limiti d' integrazione) = 10 / .\., „ „ — -dx, (7) r = 10 / ,\.; 3 3 àx, 2 / 4 X'^ v* a;'' 16 ^4. Bemporad I Memoria XIY. dove (cfr. forni. (4) a pag. 9) X^ := vw. Ora si ha, mediante integrazione per parti , — Xj r —X —X e .V dx ^\_e -^ x e e, mediante integrazione per serie, e dx Ili -i" I I x' (-1)" X" "^ 2.1.2.3.4 ' ». 1.2... (»-|-2) "•" Procedendo al calcolo nnmerico dei singoli termini, coi va- lori (V) delle costanti u , "a. , [j. , otteniamo ordinatamente j 3j / e xdx = -J^ 0,61861 -\-0,29'il3 (tenniui in .r^,) «u — 0, 2288t> ~ 0, 33749 (terniiiii in x^) = + 0, 34935 -^ dx = -f 2, 16705 — 2, 081S6 + 0, 36663 X'^ j -f 0, 08004 — 0, 00481 -f- 0, 00031 . termini iu x^ — 0, 00002 4- — 0, 22994 + 0, 67814 + 0, 19420 \ — 0, 24577 4- 0, 04530 — 0, 00891 / -(- 0, 00164 - 0, 00028 + 0, 00004 — 0, 00001 + = 0, 96175 , tenuini iu x. ^ul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 17 c sostituendo infine in (7) . -^ r = 0, 41445 in accordo perfetto col valore (0, 41444) già trovato sopra colla <|uadratura nmiierica. Dai due calcoli si trae dunque la conclu- sione che : Il potere radiaììfe medio deirunìtà di siipcrjìcie apparente del dùco solare, rispetto al potere radiante delle parti centrali assunto come unità, viene espresso dot rotore 0. S'29. In uuo studio i)rccedeiite ') otteni>vo con lu-ocediiuento pu- ramente numerico foudato sui vahtri di ./ direttamente osservati (valori in(Hli della tal)elia I) il valore ().S;{1 come espressione dello stesso potere radiante medio. 1j' accordo ii<»ii potrebl)e esser uìi- gliore, e anche (piesto viene a confermare come la formola (2) sia un' ottiniii formola di rasiguaglio per il nostro scopo. Gap. III. — Calcolo dklla kadiazionp: della porzio- ne ISCOPERTA DEli SOLK PER INA DATA FASE DI UN'ECLISSE 10. ](nie forme di eoleolo. 11 calcolo numerico della radiazione // della por/ione sco- perta del disco solare, corrisjxuideiite ad una data fase di una eclisse richiede una doppia iiiteiirazione. per la quale è naturale riferirsi ad un sistema di coordinate polari r, 0 col ])olo nel centro del Sole e colla congiungente i centri del O e della (Q come asse polare. Secondochè si jiensa di eseguire prima la in- ') Relazione sullo osservazioni attiiioiiictriohe eseguite nell' Osservatorio astrofisico di Oatiinia durante l'eclisse del 30 Agosto 1905. Memorie della Soc. degli Spettrosc. Hai. XXXV, |.as. 31. Atti acc. Skiìik 1', Vor.. \IX — Meni. XIV. a 18 A. Bemporad [Memoria XIV.] tegrazione nel senso della r o quella nel senso della d, si avran- no due diverse forn^e di calcolo espresse rispettivamente da (8«.) (Sfe) In ambedue le formole S' intende sostituita per J V espres- sione esponenziale, che si ricava della (2). Nella prima formola poi 29 indica 1' angolo , sotto cui la porzione scoperta del Sole è vista dal centro del Sole medesimo, e sarà da [)orre = 2-, qualora il centro del Sole sia contenuto nella porzione in discorso (fase minore di 0,5) , ovvero quando si tratti di un' eclisse anulare ; r^ , )\ invece denotano i raggi vettori dei punti, in cui il contorno della porzione scoperta viene incontrato dal raggio generico di anomalia 6. La >•„ è quindi in ogni caso una radice della equazione ,-- -f a- -f 2(ir cos 6 = ?', (9) dove / indica la misura del raggio apparente del disco lunare ed a la misura della distanza dei centri del O e della C "^ parti del raggio apparente del disco solare assunto come unità ; mentre r, secondo i casi, o vien dato dall' altra radice di que- sta stessa equazione, ovvero è da porre = 1. Nella seconda formola e(r) indica la porzione di circon- ferenza del cerchio di raggio r concentrico al Sole, che cade en- tro 1' area scoperta , e viene quindi detìnito dalla relazione l- — >•' — «■■ , , . , e(»-) ;=: are cos , (10) 2ar fatta speciale considerazione dei casi, in cui (juesta espressione risulti immaginaria, come avviene, (juando il cerchio di raggio 0, ò. eclisse parziale. In formole : a! In tal caso (fig. 2) sono applicabili in generale tanto la (S„) come la (8,,) , però la prima senza eccezione, la seconda invece solo per valori non troppo piccoli di a. Nella (8„) 9 s'intende definito dalla relazi (12) Nella (8j) invece è da porre Tq = ? — a, e s'intende 6 (r) ri- cavato dalla (10) colla limitazione 0 < 6 < it. /, Fid.4' 2." Caso. Fase < 0,ò. In formola : a i-/ione occultata del disco medesimo, potrà scri- versi y = jdo = y r area occultata ~^ , si ricaverà quindi dall'equa- zione cose = ^^l^^LzLi!. (e<|-) TI limite superiore i\ dilla integrazione rispetto ad r non sarà più in generale 1, come nel caso precedente, perchè per valori di ti di poco superiori ad /. vi sono raggi per il centro del O, che segano in due punti il bordo interno di :; (o o^). E precisamente per (|uei valori di fJ , per cui le radici della e(|nazione l- =z r- -]- a' — 2fi r no» e (13) risultano entrambe minori di 1, le radici in discorso forniscono senz' altro i valori di /•,, ed r^ , altrimenti la radice minore di 1 dà il valore di r^, ed ì\ è da porre = 1. Xella tbrmola (8j) invece, che pel caso attuale è d'impiego jìiù semplice, s'intenderà f^ = a — ì e 6(r) deiinito dall' espres- sione 6 (r) = are cos '" "X"' ~ " (0 < -^) (U) '2 a r 2 22 A. BemporaA | Memoria XIV.] ovvero dalla espressione equivalente più comoda pel calcolo lo- garitmico e(r)=2arctg|/ (■"-") (^ -!!> l s (*— 0 dove s =^ a -\- r -\- l. 3° Caso. Fané > 0, 5. eclisse anidare. In formole « < ? « -j- ' < 1 In questo caso (v. Fig. I) sono ancora, come sempre, ap- plicabili due forme d' integrazione, ma quella fornita dalla for- mola (8„) è qui decisamente la più comoda, epperò ci limitiamo a citar questa, che dà per >/ l'espressione 0 )■„ r^ ottenendosi ancora dalla (12). 12. Disjìosizione dei calcoli. Per procedere all'integrazione numerica ^), abbiamo calco- lato anzitutto i valori di J per una estesa serie di valori di r fra 0 ed 1 (Tavola I), servendoci della forinola (2) coi valori (Y) per le costanti X e ]).. Abbiamo calcolato in seguito, e disposto nella Tavola II, i valori di / Jrdv. pei valori di /• da 0 ad 1. di millesimo in niillesimo. Infine abbiamo calcolato coli' uno o cedi' altro dei ])ro- ') Non facciamo cenno che della integrazione numerica, perchè la integrazione analitica riesce in generale oltremodo laboriosa e non applicabile pei nostri ciilcoli dove occorrevano per la soluzione completa del problema (v. tav. Ili) ben duecento integrazioni singole. Sul modo di rariare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 23 cedimenti suiiitro lunare, e b, porzione sco[)erta del diametro trasversah; del Sole (ambedue espressi in unità del semidiametro solare) il valore della radia- zione relativa //: Y dcdl'area scoperta del 8ole, per una fase qua- lunque di una eclisse in condizioni (|ualisivogliano. Osserviamo espressamente per (|uest<», che. sen-ondo i vaioli noti degli ele- menti delle orbite della Terra e della Luna, il rap|)orto del se- midiametro ai)parente della C n quello del O può variare (te- nendo conto (Iella parallasse media della C) da 0. !>2 a 1 . 00 ; perciò i limiti da noi scelti comprendono in ogni <5aso i valori, elle |)ossouo presentarsi in una eclisse. Se alcuno poi volesse riprendere le belle esperienze attinoim^triclie di JiJricmon consi- stenti in sostanza in eclissi artificiali del Sole '), allora sarebbe forse il caso di estendere ancor [lin i detti limiti, ciò che non presenterebbe altra ditfìcoltà, che (|uella materiale dei calcoli, e questi sarebbero sempre molto agevolati delle nostre tavole I e li. Xon credo inopportuno, appunto per V eventuale estensione ') V. in )pvopositi) yiihiri, \i>l. Xll, |i:i<;. ."ilT o Voi. XIII pag. 226 iivvcro A. Secchi. Rei'initi licoii'lio iiitunio nllii (listriliuzidiic ilrl ivilon' sul disco solare. Memorie della Società dcijli Spillru-icvinxli ihilimii. l'ul. ti', /.s'7.). 24 A. Bemporad [Memoria XIV.] dei calcoli, accennare qui succintamente un esempio numerico per ciascuno dei tre casi considerati nel precedente §. 13. Esempi numerici dei ealcoli (T infef/racionc. 1.° Caso. Si voglia calcolare la radiazione della porzione sco- perta del Sole per la fase 0,96 , importando il rapporto dei dia- metri della Luna e del Sole 7^0, 98. In tal caso, essendo &=0,08 (in parti di semidiametro solare) la porzione scoperta del dia- metro trasversale del Sole, sarà « = &-(-/ — 1 = 0,0(5 la distan- za dei centri del © e della (Q. Applicando quindi la (11), si avrà per 1' angolo Q , sotto cui è veduta dal centro del Sole la metà della falce scoperta, il valore 0 = 111" 6',0. Come intervallo d'integrazione prenderemo 6^ :=z -~ q :^ 11° 6,0, e potremo al- lora applicare le formole d' integrazione (6) (6^) (pag. 14) con „,_A A-^^^ JL-19 172991 "— - r —10800' r — lJji'-JJ| e colla funzione integranda dove s' intende r^ espresso dalla (12). Il divisore Y (radiazione totale del disco solare) clic non figura nella (S ), venne da noi aggiunto per ottenere direttamente dalia integrazione numerica la radiazione relativa // : Y; e precisamente venne assunto (v. cap. prec.) Y = 0, 41444. Calcolando il valore di r^ per 6» = 6^, 26^, ... 10 6^^, e ri- cavando dalla tabella II i corrispondenti valori di /', indi for- mando le successive diiferenze e serie sommate, si ottiene il se- guente prospetto d' integrazione. /Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 25 e '"o V f f f" 111° 6',0 1, 00000 -f-0, 00038 0, 00000 +502 99 59,4 0, 98865 540 502 +585 + 83 88 52, 8 0,97700 lt;27 1087 +618 + 33 77 46,2 0, 96554 3332 1705 +611 ~ ' 66 39, 6 0, 95468 5648 2316 ■ +575 — 36 65 33,4 0, 94480 8539 2891 +507 — 68 44 26,4 0, 93626 11937 3398 +418 — 89 33 19,8 0, 92930 15753 3816 +312 —106 22 13,2 0, 92418 19881 4128 + 191 — 121 11 6,6 0,92106 24200 4319 + 66 —125 0 0,0 0, 92000 4385 — 66 — 132 — 125 / — 0,24200 I 2192,5 +5,5 —5,2 = 0,26393 E questo tìiIovc moltiplicato por l'altro già ottenuto di ir forni- sce il valore 0,01(), per la ladiazione relativa, quale si trova nella tabella III in corrispondenza aiili argomenti /=0, 98 , b=0,OH. 2" Caso. A^ogliasi il valore della radiazione relativa // : Y per / = 0,90 h = 1,52 (fase = 0,24 , a ^ ì + b — 1 = 1,42). Applicheremo la forinola (SJ all' area occultata a, , assu- mendo cernie intervallo d' integrazione per la r 0,04, v calco- lando quindi i valori della funzione integranda per r = 0, 52 , 0, 56, ... 1, 00. Indicando con - d' gli angoli ^9 calcolati in pri- mi secondo la formola (14), dovremo considerare nella fnnzione integranda della formola (Sj) ^^ = ^-r^', ^ formando i valori di ® ^ -^ X o400 fz= . Jr. — 0 =z w Jr. — 0 ' 5400 2 2 Atti acc. Skiuk 4*, Voi.. XIX — Meni. XIV. 26 A. Bemporad [Memoria XIV.] e applicando a questi l' integrazione numerica secondo la for- niola (6), si otterrà 1' importo di -^ //, — radiazione dell' area occultata Oi) e quindi la corrispondente radiazione relativa _1 2/1 0,41444 il cui complemento sarà la radiazione relativa dell' area sco- perta a. Comunico nel quadro seguente i valori di — &', di irjr (ottenuti dalla Tal). I) , di /" e delle relative differenze e serie sommate, avvertendo che l'integrazione è stata suddivisa in due procedenti in senso contrario da 0,52 a 0,70 e da 1,00 a 0,76. r log^^' log irJr V / f' f" ^iii 0,52 — co -4-0, 00024 0, 00000 +197 0,56 2, 7104 4, 5849 197 —112 0,60 2, 8424 4, 6085 221 282 + 85 — 19 +93 0, 04 2, 9124 4, 6291 503 348 -f 66 — 12 0,68 3,9574 4, 6467 851 1253 402 + 54 + 45 — 9 0, 72 2, 9888 4, 6611 447 — 9 0,76 3,0118 4,6721 1700 483 + 36 — 8 0,80 3, 0291 4, 6791 2763 511 + 28 — 11 0,84 3, 0421 4, 6809 2253 1724 528 + 17 J- 6 — 11 0, S8 3, 0520 4, 6758 1190 534 — 11 — 15 0,92 3, 0594 4, 6593 667 523 — 38 — 27 — 99 0,96 3, 0648 4, 6206 +0, 00182 485 — 164 —126 1,00 3, 0684 4, 4379 321 / 0,01700 + + 0,02763 + 241,5 -2,5 ) = 0,04945 = 241,5 1 -2,5 ) 2 y. = 0,36499 .Vi = 0,881 ISìil modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 27 Nella tabella III , in corrispoiiden/a agli argomenti /=0,9 J=:l,52 8i trova appunto 0,881 come valore della radiazione re- lativa. 3° Caso. Quando il bordo del disco lunare non taglia quello del disco solare, ma è tutto interno (o tangente) a questo, il li- mite d' integrazione B , colla forinola (8„) , coincide con i^ , e quindi 1' intervallo d' integrazione ^o risulta un summultiplo di T , ciò die porta una notevole semplificazione nei (^alcoli. Al- l'infuori di questa, non v' lia altra differenza sostanziale fra 1 calcoli del 3" caso e quelli del 1" ; non aggiungiamo quindi al- tro in proposito, limitandoci ad accennare, che l' intervallo preso nei nostri calcoli (del 3" tipo) fu sempre di 15°. II. TMazioni particolari e ricerca dei massimi e mini mi dei nostri intef/rali. Avendo ammesso che la intensità J sia funzione semplice- mente della distanza r dal (entro del disco s. Così iH'lla taltella III vediamo che in corrispondenza ad l = 0,92 si lia uno stesso valore per h = 0,00 e per 6 = 0,00. Questa relazione fa senz'altro prevedere, per semplici con- siderazioni geometriche, che il caso h = b^ = l — / ossia « = 0 (eclisse anulare, centralità perfetta) deve corrispondere al minimo 28 A. Bemporad ] Memoria XIV.} della radiazione. È facile aver di ciò la conferma dall' esame dei nostri inteijrali nella forma ,/ = — / Jr 6(r)dr, essendo ''o =^ ^ ~~ ^'' ;2 J.2 f(2 d (r) = are cos (v. pagg'. 18 e 21) ^ ' 2 a r Avremo infatti Il primo termine è sempre nullo, perchè e(>-J = 0. Per la ricerca dei massimi e minimi basta dunque vedere , quando è che il secondo termine si annulla o diviene intìnito. L' annul- lamento, essendo la funzione integranda essenzialmente positiva, non può avvenire che per ì-q = 1 cioè l ^ a -{- 1 (eclisse totale) e questo è un minimo ben manifesto. Ma noi vediamo inoltre, che l'integrale diviene intìnito per a = 0, e questo corrisponde al minimo della radiazione per una eclisse anulare centrale. Se non si tenesse conto del decrescimento della intensità caloritìca dei punti del disco solare dal centro alla periferia, non si avreb- be traccia di questo minimo corrispondente alla centralità, ])er- chè la radiazione sarebbe manifestamente costante durante tutto il passaggio dal 2" al 3° contatto. Da tutto r esposto seguirebbe esser pivi naturale la scelta del parametro a (distanza dei centri del O e della C) , anziché di b (porzione scoperta del diameti-o trasversale del O), come argomento per la nostra tavola ITI. I nostri integrali sono infatti funzioni sempre crescenti di «, mentre presentano le singolarità notate rispetto al parametro b. Ma la scelta di quest' altro ar- gomento venne consigliata da una ragione d' indole pratica molto Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 29 importante, e cioè dalla molto minore estensione, che assume la tavola rispetto al parametro b anziché rispetto al j)ai'ametro a. E invero per nna data distanza b fra i lembi dei dischi solare e lunare , la variazione del rapporto I dei diametri dei dischi medesimi non produce che variazioni piccolissime nell' importo della radiazione; mentre per nna data distanza a fra i centri dei due dischi la variazione di l dà luogo ad una variazione ben sensibile nell' importo della radiazione. E quasi superfluo aggiiiniicre, che nel caso della centralità (6 = 1 — l) il calcolo della radiazione non richiede nessuna qua- dratura superficiale, ma si riduce senz'altro al calcolo dell'inte- grale semplice .Ir dr da noi già tabulato nella Tav. II. Nella figura (5) abbiamo rappresentato l'andamento di al- Radiaz. 0,32 0,24 0,16 0,08 0,00 Porz. scoperta h = 0,40 0,32 0,24 0,16 0,08 Fig. 5. 0,00 cuni dei nostri integrali da 6 = 0, 40 a Z» :^ 0, vale a dire il modo di variare della radiazione solare (in varie ipotesi circa il rapporto dei semidiametri del © e della C) col variare della fase 30 A. Bemporad [Memoria XIY.J da 0, 80 ad 1, 00 (totalità o centralità). Per fasi non troppo grandi le varie curve corrono quasi parallelamente ; una differenza sen- sibile non si manifesta che per fasi maggiori di 0, 9. La diffe- renza più rilevante, coni' è naturale, vien presentata dalle due curve relative all' eclisse anulare. Per avere una idea dell' errore a cui si andrebbe incontro, trascurando la diminuzione del po- tere calorifico dei punti del O dal centro alla periferia, abbiamo aggiunto alle quattro curve 1, 2, 3, 4 rap[»resentanti i risultati del nostro calcolo (per / = 0,92 0,90 1,00 1,0S) una quinta curva (5) corrispondente al caso / ^ 0, 92, ottenuta ammettendo , che la radiazione delle porzioni scoperte del disco solare sia propor- zionale alla superficie delle porzioni medesime ^). Come si vede, la differenza è sensibilissima, e tale da giustificare am])iamente l'estensione data ai nostri calcoli. Intorno alla tase massima in- fatti 1' errore a cui si va incontro, ammettendo la detta propor- zionalità, ammonta quasi alla metà dell' importo della radiazio- ne, quale risulta dal calcolo rigoroso. ') Per tracciare questa curva abbiamo calcolato le aree 3,, 3.,, 3,, 34 delle porzioni sco- perte del disco solare per / = 0,92 e per a ^0.16 0,24 0,32 0,40. Nel primo caso (area anulare) è mauifestaraente 3j 1= 1,00'^ — 0,92- zn 0.1536. Per gli altri tre ca.si ci siamo serviti del sistema di formole subito ottenibile dalla Fi<;. 6. P = 2 (^ + "+ '' Sj ^ Area triaug. JliC:=[ i» (p— 1) (P — «) (j^ — l) ts : ! tg P _ S. P (P-I) " 2 pip-ì) (Controllo — iS., in Area settore A C E 4- + 4- = ^0") 180°— Y _ 3t)0" '" 5o = Area settore A B D = — !-- t: l- ^ 360" 3 ^ Area lunula A D A' E ^^ Al>bianio cosi ottenuto per a m 0, 24 0, 32 0, 40 rispettiv. 3 = 0, 187 0, 231 0, 277. Su questi numeri, insieme col primo trovato, si fonda la curva 5 della fig. 6. tSul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 31 15. Valori delle funzioni ro(6) e ©(/•). Poiché le scopo finale dei nostri calcoli è di fornire ele- menti, die facilitino lo stndio dei valori del potere radiante J a varie distanze dal centro, ci sembra opportuno distinguere quella parte dei calcoli, che non dipende dalla speciale ipotesi da noi fatta per la funzione J{r) (valori di Secchi, Vogel ed altri, rap- presentazione analitica mediante la forinohi (21), e di comunicare i relativi risultati numerici, clic potranno trovare immediata ap- plicazione, (juando si ricorra ad un" altra ipotesi circa hi detta funzione J (r), come capiterà appunto anche nel corso del pi-e- sente lavoro (vedi Gap. 4°, Osservazioni del Prof. Julius a Biirgos). Ora i calcoli che non dipendono dalla J, ma solo da ele- menti geometrici relativi alla posizione mutua e alle dimensioni relative dei dischi apparenti del O e della C, sono quelli delle funzioni ì\{6) (forinola 12, pag. 20) e 6(r) (forinola 1-t, pag. 21). ]N^elle tavole IV e A' (in tìiie) comunico (|uiudi i valori di que- ste funzioni jter quei valori dei parametri Z» ed / , che sono oc- corsi nei nostri calcoli. Cai). TV. — Applicazione del metodo esposto a vakie serie di osseliva/ioni eseguite durante le eclissi del 28 Maggio 1900 e del 30 Agosto 1005. 10. J'rineijtio del metodi». 1/ api)licazione della tavola HI consiste semplicemente nel- r estrarue per interpolazione la tabella di valori teorici della radiazione in corrispondenza alle varie fasi di una data eclisse, conoscendo il valore del rapporto 1 del semidiametro lunare a quello solare. Il confronto dei detti valori teorici con quelli ot- tenuti dalla osservazione, debitamente jìurgati della influenza dell' assorbimento atmosferico, fornirà dei dati circa la vera legge di decrescimento della intensità calorifica dei punti del disco solare dal centro alla periferia, e, indii'ettamente, circa la pro- babile costituzione dell' atmosfera solare. 32 A. Bemporad [Memoria XIV.] Come esempio, assai modesto, data resiguità dei mezzi d'os- servazione impiegati, accennerò in primo luogo 1' applicazione della Tav. Ili alle osservazioni attinometriclie eseguite nell'Os- servatorio astrotisico di Catania durante le eclissi del 28 Mag- gio 1900 e del 30 Agosto 1905. 17. Osservasioni eseguite in Catania durante l'eclisse del 1905. Secondo i calcoli da me eseguiti in un precedente lavoro *), il rapporto del diametro apparente del disco lunare a quello del disco solare (tenuto il debito conto della parallasse) aveva in- torno alla fase massima della ultima eclisse (per Catania) il va- lore 1,016. La variazione oraria del diametro lunare (0,31) è nel caso nostro trascurabile. Per questo valore di l la tavola III fornisce a vista la seguente tabella di valori teorici della radia- zione in corrispondenza alla fase (grandezza /'della fase=l- 2 ^ Fase Eadiazioue relativa Diff. 0,00 1,000 — 6 0,04 0,994 —13 0,08 0,981 — 19 0,12 0,962 —25 0,16 0,937 —29 0,20 0,908 —32 0,24 0,870 —36 0,28 0,840 —39 0,32 0,801 —41 0,36 0,760 —43 0,40 0,717 — 46 0,44 0,071 —48 1 0,48 0,623 -49 Fase Radiazione relativa Dift- 0,52 0,574 —50 0,56 0,524 —52 0,60 0,472 —52 0,64 0,420 —53 0,68 0,367 — 52 0,72 0,315 —52 0,76 0,263 —51 0,80 0,212 —51 0,84 0,161 —49 0,88 0,112 —45 0,92 0.067 —39 0,96 0,028 — 28 1,00 0,000 Riunendo ora i risultati con quelli di due precedenti del presente lavoro di puro calcolo lavori di osservazione, intesi V uno 1) Eeliizione sulle fotografie delle fasi eseguite uell' Osservatorio (li Catauia dui-ante 1' Eclisse del 30 Agosto 1905, per A. Bemporad e U. Mazzarella. Memorie della Soc. degli SpcUroscopiiiti Ital. XXXV, 1906, pag. 72. iSuì modo di rariare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 33 allo studio delle già citate osservazioni attinoinetriclie *), l'altro alla determinazione fotografica della grandezza delle fasi ^), abbia- mo la seguente tabella comparativa del Calcolo coìV Osservasione. T. m. Catania Grand, della l'^ase (Osserv.) Eadiazion Osservata e relativa Calcolata O — C h ni 14 27,4 0,76 (0,24) 0,26 —0,02 36,0 0,86 0,16 0,14 —0,02 36.(i 0,S7 0,15 0,13 —0,02 40,4 0,90 0.11 0.09 —0,02 44,5 0,92 0,06 0,07 —0,01 40,7 0,91 0,05 0,08 — 0,03 Abbiamo racchiuso fra parentesi il i)rimo valore osservato della radiazione relativa , perchè mentre tutti gli altri sono ri- sultati immediati dell' osservazione ricavati dalla tabella a pag. 25 del primo lavoro citato, il detto valore (0,24) venne rica- vato dalla curva di ragguaglio delh' osservazioni data a pag. 2(3, attesoché il valore (0,20) , che risulterebbe dalla detta tabella, si scosta notevolmente dalla curva di ragguaglio, ed è quindi ah]uaiito sospetto. Eccettuato tutt' al più questo valore, per gli altri r accordo fra 1' osservazione od il calcolo può dirsi soddi- sfacentissimo, quaiuhì si tenga conto del grado assai limitato di esattezza conseguibile in tal genere di osservazioni coli' attino- nietro di Arago ^). Como venne già notato nella prima riduzione di queste os- servazioni attinometriche, così ora risulta, che la diminuzione osservata della radiazione solare fu iiutt/f/iore di quella teorica, e presentò un ritardo di alcuni minuti risi)etto a questa, sempre- chè si voglia accordare un significato reale a difterenze di due centesimi in questo genere di misure. ') V. Osservazioni attiuoinetviolie eseguite in Catania (luraiito l'Eclisse del 30 Agosto 1905. Memorie della Società degli Spellronc. Ilul. XXXV Ut06, pajjg. 25, 26. ') V. oitazioue alla pag. preced. 3) Una coppia di termometri l'uno a l)ull>o l)ianco 1' altro a IniUio affumicato, ciascuno racchiuso in un inviluppo di retro, nel quale è stato praticato il vuoto. Atti acc. Skrik 4', Voi-. XIX — Meni. XIV, 34 A. Bemporad [Memoria XIV.] 17. Eclisse del 1900. Ad una conclusione affivtto simile conducono però anche le osservazioni attinometriche eseguite nel nostro Osservatorio du- rante r eclisse del 28 Maggio 1900, per quanto le condizioni atmosferiche fossero assai sfavorevoli, poiché il cielo rimase quasi tutto coperto lìn oltre il principio dell' eclisse, e si rischiarò a poco a poco, restando il Sole leggermente velato Ano alla fase massima, e interamente scoperto solo nella seconda metà della eclisse. Mancando osservazioni attinometriche con Sole intera- mente scoperto priuia del piùncipio dell' eclisse, è assai difficile liberare le osservazioni dall' influenza dell' assorbimento atmo- sferico, influenza ben sensibile, poiché verso la fase massima il Sole era alto appena 19° sull' orizzonte. Abbiamo cercato tut- tavia di calcolare in via approssimativa l'importo dell'assorbi- mento, nel modo che segue. Dalla rappresentazione grafica della variazione della radia- zione solare e della grandezza delle fasi per la detta eclisse ^) si rilevano per i tempi sottoindicati i seguenti valori di questi elementi T. ni. Catania S^ 10" 5'' 15™ Porz. stop, del Q "''''-^^ ^''^^ gz=Uitìer. tern)oni. 2°,n0 1",95 Possiamo ammettere, che q (ditferenza delle letture dei due termometri) varierebbe proporzionalmente alla radiazione solare, se non intervenisse la variazione dell'assorbimento. Ora é noto, che quest' ultima variazione può esprimersi in modo semplice, introducendo in luogo delle intensità q i logaritmi delle stesse intensità (formolo di Pouillet, Bartoli, Crova ^). Si può sperare quindi di ottenere una rappresentazione discreta della variazio- S"» 20" ò^ 25",2 5'> 28", 9 b^ 33" 4',00 4',00 5', 00 7', 25 10,35 00,95 00,90 0°,90 ') V. A. Mascari, Eelazione sulle osservazioni dell'eclisse parziale di Sole del 28 Mag- gio 1900 fatte nell' Osservatorio ili astrotìsico di Catania. Memorie della Società degli Spettro- scopisti italiani, Voi. XXIX (1900) pag. 129. 2j V. nota citata iu priucipio pag. 23. Hill modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un^eelisse 35 ne (li q dipencleiite dall' assorbimento atmosferico, anche in con- dizioni atmosferiche variabili, ricorrendo allo sviluppo di log q in serie di Taylor rispetto al tempo t durante un intervallo, piuttosto ristretto, qual' è quello da noi considerato di 23 mi- nuti. Poniamo dunque log Q, - log Q = at-^bt--}- cf (15) indicando (J^ V intensità della radiazione per il tempo iniziale 1^=5'^ 10'" , e / il tempo (contato a partire da t^. Indicando con Q^, Q^,.... Qr^ i valori che avrebbe assunto la radiazione solare per effetto della sola variazione dell' assorbimento atmosferico (cioè se non fosse variata la fase a partire da t^ e con q^., q.^... q^ i valori effettivamente osservati della radiazione solare ai tempi ij , #2 V" ^5 ■) poiché questi tempi sono stati così scelti, che cor- rispondono due a due a fasi uf;iiali, opperò ad uguali importi della radiazione solare, potremo stabilire in corrispoudenza alle tre coppie di valori comparabili tre equazioni per la determi- nazione dei coefficienti a, f», e, e [)recisamente le equazioni se- guenti log ^o-log i'< rapidamente di qnanto venne finora ammesso, cosi da ridursi sul lembo estremo a 0,24 del potere radiante al centro, anziché a 0,40, come risulta in media dai precedenti risultati. Il metodo di Julius consiste nello sta- bilire con procedimento gratìco e meccanico — precisamente di- segnando in grandi proporzioni le successive porzioni scoperte del O per vari istanti durante 1' eclisse e, in ciascuna di queste porzioni, tante zone concentriche al Sole, e poi ritagliando e pe- sando accuratamente le listerelle corrispondenti alle singole zone — un grande numero di equazioni fra i valori medi deirintensità J corrispondenti alle dette zone, e i valori osservati della radia- zione. 11 metodo da noi proposto consiste invece nell'ani mettere dapprima una legge già abbastanza approssimata, e nel ricavar- ne poi con procedimenti differenziali soltanto le piccole corre- zioni necessarie per stabilire l'accordo pivi soddisfacente fra l'os- servazione ed il calcolo. Il nostro metodo non è dunque altro a priori che un metodo di riduzione, inteso a mettere in luce le discordanze fra i risultati delle osservazioni attinometriche ese- guite durante un'eclisse e quelli delle osservazioni attinometriche eseguite con Sole interamente scoperto in vari punti del disco so- lare, il metodo di Julius aspira invece a riuscire un metodo di ri- cerca diretta, vale a dire ammette, che queste discordanze siano dovute ad errori sistematici nelle dette osservazioni attinometriche con Sole interamente scoperto, e conduce senz'altro ai valori del potere radiante J a varie distanze dal centro dal O , che meglio si accordano coi risultati delle osservazioni fatte durante un' e- clisse. Secondo ogni probabilità il nostro metodo dovrebbe riu- scire di applicazione più facile e più sicura clie non quello di Julius, perchè più conforme al principio — tanto fecondo nelle scienze matematiche e naturali— delle approssimazioni successive. 19. AppUcadone della Tavola III alle osservazioni di Jiilins. Per applicare il nostro metodo di riduzione alle osserva- Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 39 zioni di Julius dobbiauio ])rocuiavci per i siugoli valori osser- vati della radia/ione solare i corrispondenti valori della porzione scoj)erta b dal diametro solare. Poiché le osservazioni, sulle quali si fonda lo Julius per dedurne i valori di J, si riferiscono al- l' intervallo di tempo compreso fra il terzo e il quarto contatto, così basterà per il nostro scopo la conoscenza dei tempi e degli angoli di posizione relativi a (luesti contatti. Ora secondo i dati assunti da Julius (su calcoli del Prof. Xyland) si ebbe a Burgos per il III ris])cttivauiente : augolo (li posiz. 63 : t. m. locale t.. 304",9 o5" IV d, = 114°,9 f ——. oli J.)m contatto iV e inoltre 'O 132,8 : 126,8 = 1,047. Da questi valori, assumendo come unità di lunghezza il se- midiametro solare r© , e come assi .r, // (|uolli rispetto ai quali s' intendono computati gli angoli di posizione, otteniamo per le coordinate del centro della C rispetto al centro del © negli i- stanti del 3° e •!" contatto risjtettivamente III X^ = (l— Dcose., : — 0.02(59 (l— i)sin ©3 = 4-0,0385 IV x^ = {l-\- 1) cos «1 = — 0,8(519 ,V, = (?+!) sin e, = -I- 1,8567 Ammettendo, che fra gli istanti del 3° e 4° contatto il mo- vimento del centro della C rispetto al centro del O possa con- siderarsi come rettilineo, uniforme, avremo conìe coordinate x< , //t al tempo f ìTj = 3-3 — 0,8350 (t — ^3) yc = y,-]- 1,8182 {t - g 1/ e di qiii inline i valori rf^ = l a/' + ^r" fidila distanza «( dei cen- 40 A. Bemporad [Memoria XIV.] tri del O e della C al tempo t e infine i valori f)f = at — (/ — 1) per le porzioni scoperte bt del diametro solare , quali sono se- gnati nel seguente quadro. In questo la prima colonna contiene i tempi delle singole osserva;5Ìoni di Julius, la seconda i valori di b ottenuti nel modo che si è detto, la terza i valori delle or- dinate della curva della radiazione corretti empiricamente del- l'influenza dell'assorbimento atmosferico ') , la 4" i valori della radiazione relativa ricavati cogli argomenti h ed l dalla nostra tabella III (v. infine). Per poter confrontare i valori osservati con quelli calcolati, poiché non si rileva dal lavoro di Julius, quale ordinata possa farsi corrispondere alla fase 0 (disco del Sole inte- ramente scoperto), così abbiamo formato i rapporti delle singole ordinate corrette rispetto all' ultima e i rapporti analoghi delle corrispondenti radiazioni relative da noi calcolate ; le difterenze dei rapporti così ottenuti danno gli 0-0 della 5* colonna. t b Ordiniite dylla curTa corretta della radiazione (Julius) Radiazioue relativa (Tav. Ili) 0-C lì ni ^ 0 55 40 0,000 0,0 0,000 0,000 57 40 0,051 20,1 0,017 —0,009 59 40 0.102 52,5 0,038 — 0,014 1 1 40 0,153 91,0 0,063 —0,019 3 40 0,204 136,5 0,092 -0,025 5 40 0.254 1S7,0 0,121 —0,024 7 40 0,305 241,0 0,151 —0,025 9 40 0,356 297,0 0.183 —0,026 11 40 0,407 355,0 0,217 —0.028 13 40 0,458 414,0 0.250 -0,028 15 40 0,509 474,0 0,283 —0,026 17 40 0,560 535,0 0,315 —0,023 19 40 0,611 597,0 0,348 —0.020 21 40 0,662 659,0 0,382 -0,018 23 40 0,713 721,0 0,415 —0,015 25 40 0,763 783,0 0,449 —0,014 27 40 0,814 844,5 0,482 — 0,011 29 40 0,865 905,5 0,514 —0.007 31 40 0,916 906,0 0,546 —0,004 33 40 0,967 1026,0 0,579 —0,003 35 40 1,018 1085,5 0,611 0,000 ') V. Tubh- Il a iiag. 318 del lavoro citato di Julius iSul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un^eclissc 41 I valori () — C, per (lUiiiito piccoli, poiché non superano in nessun caso l'importo del 3 per cento *;, hanno però un anda- mento del tutto sistematico. Questo era senz' altro prevedibile a priori, pel fatto che i valori del potere radiante J ottenuti dal Prof. Julius dalle sue osservazioni col procedimento accennato a pag. 38 , si scostano notevolmente dai valori da noi assunti (pag. 4 ), ciu' sono (incili ottenuti da Secchi, Vogel ed altri mediante il confronto simultan(!() dell' intensità calorifica di punti del disco solare a varie distanze dal ctuitro, col disco del Sole interamente .scoperto. Ora però hi conoscienza dell' importo effet- tivo di (|uesti 0 — V (e di (|uclli consimili relativi ad altre serie di osservazioni) permetterà senza dubl)io di risolvere, se non su- bito, certo in breve v(dger di tempo, la ([uestione di riconoscere, quale sia V effettiva ìc(/(/e di decrescimento diJ potere radiante dei punti del disco solare., se siano cioè più nel vero Secchi , Yogel e Frost, che fanno ammontare il ])otere radiante alla periferia del disco solare a 0,40 del i»oterc radiante delle parti centrali, o lo Julius, che trova per lo stesso rai»i)orto il valore 0, 24. 21. IVnvV spiegazioni possiltiìi per il dira rio dell' osservazione dal calcolo. Il l*rof. .lulins ritiene, che ((ucsto disaccordo sia da attri- buire ad un errore sistematico del metodo, diremo così, antico, e precisamente al fatto, che nel confronto simultaiUH) di areole a varie distanze dal ci^ntro del disco solare, alla intensità calori- fica proi)ria delle singole areoh^ si aggiunga <|uella diffusa pro- veniente dalle altre parti del disco ^). Noi non vediamo vera- 1) Notiami) iiicidnitiilmeuto vÀw dello stcss-. .inlino di sraiidozz:! soni) gli O-C relativi allo duo serio di osservazioui attinoinotriclie osi^ijmìUi noli' O.s.sorvatorio di Catania, da noi precedeutomoutc discusso. 2) Credo opportuno citare lo parole toslnali dol l'rof. .hilius: there in.... a mjstematic errar whieh must kave iiifliienced similarhi ali of Ilio r-sulh llius ohtaiiicd, and tvhich pro':eed from the scatlerhig of the ruì/s by the terrculrial ntmo.^^here. In any point of an imai/e of the Sun is noi onUj to he foiind the radialioH coniinij from the corresponding point of the di«k, hut, in addition, some diffnsed radiation proceeding from other parts of the disk. Arri ACC. Sicuik 4°, Voi.. XIX — Meni. XIV. 6 42 A. Bemporad [Memoria XIV.] uieiite, come la diffusione possa falsare le niisnre, quando si ado- perino schermi ben costruiti, e a considerevole distanza dagli attinouietri, come già operò Ericsson S ; vediamo bensì un'altra cansa assai ]irobabile di perturbazione nel metodo proposto dal- l'Julius, della (juale non fa cenno l'insigne tìsico, e che consi- ste nelle variazioni (da noi già accennate a pag. 37) cui può andar soggetto durante lo svolgersi dell' eclisse il jiotere assor- bente dell' atmosfera terrestre. Basta infatti un leggero aumento in questo potere assorbente ^j col progredire della fase per spie- gare completamente la diminuzione piìi rapida della radiazione, quale è risultata allo Julius e a noi. 22. Rappresentasione dei valori dati da Julius })er il potere radiante J mediante la formala (2). Intanto un fatto molto interessante è questo, che i valori dati da Julius per il potere radiante J a varie distanze dal centro del disco solare , per quanto notevolmente diversi da quelli da noi assunti sul fondamento delle osservazioni di Sec- chi, Vogel ed altri, si possono tuttavia rapjiresentare in modo quasi perfetto colla stessa formola (2) , che abbiamo usato per rappresentar quelli, ^ quando solo si cangino convenientemente i valori delle costanti '^^ , ij-. Procedendo come al solito per approssimazioni successive , abbiamo determinato queste costanti in cinque modi diversi, e cioè anzitutto in modo da rappresentare esattamente i valori dati da Julius per r = 0,7 e per /• = 1,0 (sistema 1), poi variando successivamente questo secondo valore in modo da ottenere un accordo sempre più soddisfacente per tutti gli altri (sistemi li e III) poi variando leggermente anche il valore di J per 0,7 ') V. citazione a pag. 23. 'ì Non mancano osservazioni, che confermano indirettamente questa ipotesi. V. in pro- posito : Observations de M. Ch. Trèpied... à Guelma. BuUetin de la Societé astionomiquc de Fraricr. J905. pag. 493, e inoltre Ohservations de M. 3. Perrotiii à Alcala de Chisvert. Ibidem pag. 539. Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di Gl'eclisse 43 (sistema IV) e in ultimo rappresentando esattamente i valori J = 0,791 per r = 0,7 e .7 = 0,44:1 per r = 0,95. Le prime de- terminazioni vennero ottenute mediante il sistema di formole ac- cennato a i)ag. 9. L' ultimo calcolo venne invece eseguito ri- solvendo 1' equazione risultante di 4" grado in X colla regula falsi. Kiproduco nella tabella seguente i valori ottenuti per le costanti e le differenze O — C corrispondenti ai singoli sistemi (in millesimi del potere radiante unitario). 0—V Distanza Valori (iol al foiitro poterò radiali. I II III IV V dol O sec. JuIìhb log X=:0, 46511 log 1=^0,53585 log ).=0, 57054 log >.=0,58r)92 log X=:0, 60393 ('•) logiJ.=9,58418 log 11—9,56143 log |L^!),55117 log u^9, 55354 log 111=9,55059 0, 0 1, 000 0 0 0 0 0 0,1 0, 998 + 1 + 2 + 1 + 1 + 1 0,2 0, 9Stì — 1 — 1 — 1 — 1 - 1 0,3 0, 9(ifi - 3 — 4 — 4 — 4 — 3 0,4 0, 940 — 11 — 3 — 4 — 4 — 4 0, 5 0, 903 — 5 — t; — 6 — 5 — 5 0,(5 0, 855 - 5 — ~ì - 6 — 5 — 4 0,7 0, 795 0 0 (t + 3 + 4 0, 75 0, 7."»3 — 1 0 0 + 3 + 5 0, 8 0, 701 - 4 2 — 1 + 2 + 5 0,85 0, (ì;55 — 10 - 0 — 5 — 1 + 2 0, 9 0, 550 — 19 — 14 — 11 — 6 2 0,95 0, 440 -29 — 18 — 13 — Cy — 1 1,0 (0, 240) (0) (+20) (+30) (+40) (+46) L' accordo a meno di 5 millesimi fra i valori osservati e i calcolati è quanto di meglio possa attendersi in questo genere di misure, l'a eccezione il valore di J sul bordo estremo, dove lo scarto sale a 5 centesimi, ma il valore 0,24 venne ottenuto dal Prof. Julius per estrapolazione (gratica [)rol)abilmente), ed egli stesso mostra di ritenerlo più incerto degli altri, racchiudendolo entro parentesi. Il risultato ottenuto può rendersi più intuitivo, ricordando il significato fisico delle costanti >• e |a e i valori (V) già ottenuti a pag. 11 per queste costanti. Può dirsi dun(|ue che : / valori (iati (la Julius per il potere radiante J a varie distanze dal centro del 44 A. Bemporad [Memoria XIV.] cHsco solare si conciliano non meno bene dei valori di Secchi, Vogel ed altri colla ipotesi di ?/«' atmosfera omof/enea attorno al Sole ; mentre jìerò Valtezsa di quest'atmosfera risulterebbe in ambedue i casi sensibilmente la stessa e pari ad — circa del raf/f/ìo solare (esat- tamente 0,24 per le osservazioni di Secchi — Vof/el e di 0,25 per quelle di Julius) il coefficiente d'assorbimento risulterebbe secondo le osservazioni di Julius sensibilmente pi i( forte di quello fornito dalle osservazioni di Secchi — Voc/el (0,36 contro 0,21). Beninteso l'atmosfera, di cui (jui si tratta, non ha nulla a che vedere egli' effettiva atmosfera solare, certo non omogenea e uni- forme, come r abbiamo supposta, e ben più alta che — di rag- gio solare ; ma è da riguardare come un semplice modello, la cui introduzione è giustificata solo dal fatto, che agevola la rappresentazione delle osservazioni. Un' idea della differenza, che può presentare 1' atmosfera effettiva da quella fittizia, l'abbiamo nell' atmosfera terrestre, la cui altezza determinata dalle osser- vazioni di estinzione col fondamento della formola di Lambert risulterebbe di una diecina di km. mentre è certo almeno qual- che centinaio. 23. Potere radiante medio dei punti del disco solare secondo le osservazioni di Jidins. Una volta riconosciuto che la nostra formola (2) può rap- presentare benissimo i valori proposti da Julius per il potere ra- diante J, si presenta da sé la questione di vedere, come vengano rappresentate, col nostro metodo di riduzione e coi nuovi valori ottenuti per le costanti log k = 0, 60293 log [i = 9, 55059, (16) le osservazioni di Julius circa il modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un eclisse, e se venga a scomparire l'an- damento sistematico degli O — C, quale ci è risultato a pag. 40 coi primitivi valori delle X , |jl. Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 45 Per questo abbiamo calcolato anzitutto il valore del potere radiante medio Y = 2 1 Jr dr 0 coi due procedinìenti d" integrazione già accennati nel 2° Capi- tolo. La (|uadratura numerica ci lia dato : /0,88 ,/)• dr = 0, 3209O 0 /•0,98 con W=: 0, 01 / 7 / A Al 4ca 11 e 1 ,o\ Il / J>' dr = 0, 04468 e collii forinola (6) pat;'. 14 / ' "^0,88 ri,oo con w = 0,002 il, A AA--Q „ j, 1 //M 111 Jr dr = 0, 00o*3 e colla forinola (0) i)af;. 14 / ' 0 epperò -— Y ^ f J>' rf'" =" 0,37137 La quadratura con i)rocedimento analitico ci ha dato (cfr. § 9, pag. 15) 1^ - = v — .r„ = [9, 91281] «= l 1 -f 2X = [0,47750] (17) VM = a;, z= [0, 39031] e--^ 0, 36015 153 0,45 9, 9671 17 0, 27370 421 0, 16 9, 99(i3 5 0, 35802 164 0,46 9, 9654 18 0, 26949 428 0,17 9, 9958 5 0, 35698 173 0,47 9, 9636 18 0, 26521 436 0,18 9, 9953 5 0, 35525 183 0,46 9,9618 19 0, 26085 443 0,19 9, 9948 6 0. 35342 192 0,49 9, 9599 20 0, 25642 451 0,20 0,21 9, 9942 9, 9936 6 7 7 7 0,35150 0, 34948 202 211 221 231 240 249 259 268 278 0, .50 0,51 9, 9579 9, 9558 21 21 0, 25191 0, 24734 457 464 0,22 9, 9929 0, 34737 0, 52 9, 9537 22 0,24270 471 0,23 9, 9922 0, 34516 0, 53 9, 9515 22 0, 23799 477 0,24 9,9915 0, 34285 0,54 9, 9493 24 0, 23322 484 0,25 9, 9908 t 8 8 9 9 0, 34045 0,55 9, 9469 24 0, 22838 490 0,26 9, 9900 0. 33796 0,56 9, 9445 25 0, 22348 496 0,27 0,28 9, 9892 9. 9883 0, 33537 0, 33269 0,57 0,58 9, 9420 9, 9393 27 27 0,21852 0,21351 501 507 0,29 9, 9874 0, 32991 0,59 9, 9366 0, 20844 9 286 28 513 48 A. Bemporad [Memoria XIV. r log/ rf fjrdr d 0,60 9,9338 30 30 32 33 35 35 37 39 41 0, 20331 518 523 527 532 536 540 543 547 550 0,61 9, 9308 0, 19813 0,62 0,63 9, 9278 9,9246 0, 19290 0, 18763 0,64 9, 9213 0, 18231 0,65 9, 9178 0, 17695 0,66 9, 9143 0, 17155 0,67 9,9106 0, 16612 0,68 9, 9067 0, 16065 0,69 9, 9026 0, 15515 42 553 0,70 9, 8984 44 0,14962 555 0,71 9,8940 47 0, 14407 557 0,72 9, 8893 48 0, 13850 559 0,73 9, 8845 51 0, 13291 560 0,74 9.8794 53 0, 12731 561 0,75 9,8741 56 0, 12170 561 0,76 9, 8685 59 0, 11609 561 0,77 9, 8626 fi-> 0, 11048 561 0,78 9, 8564 65 0, 10487 559 0,79 9, 8499 70 0, 09928 558 0, 80 9, 8429 0, 09370 »• log/ ri / Ji-dr - r ri 0,80 9, 8429 73 0, 09370 0,81 9,8356 0, 08813 0,82 0,83 9, 8278 9, 8196 78 82 89 94 101 109 119 127 0, 08260 0,07710 553 550 545 541 535 528 520 512 0,84 9,8107 0, 07165 0,85 9,8013 0, 06624 0,86 9, 7912 0, 06089 0,87 9, 7803 0, 05561 0,88 0,89 9, 7684 9, 7557 0,05041 0, 04529 140 502 0,90 9, 7417 1 53 0, 04027 492 0,91 9,7264 170 0, 03535 478 0,92 9, 7094 190 0, 03057 463 0,93 9,6904 9Ar, 0, 02594 448 0,94 9,6689 345 0, 02146 429 0,95 9, 6444 293 0,01717 408 0.96 9, 6151 35-? 0,01309 383 0,97 9, 5799 450 0, 00926 353 0,98 9, 5349 643 0, 00573 315 0,99 9, 4706 2421 0, 00258 258 1,00 9, 2285 (1, 00000 25. Calcolo della radiazione relativa cornspondeìde alle varie fasi di un'eclisse secondo le costanti ricavate dalle osservazioni di Jnlins. r Introducendo i valori di J e / Jr dr , che 8Ì ricavano da questa tabella nelle forniole (8J e (85) , e ricavando i valori delle 6 e di r^ dalla tabella IV, abbiamo calcolato fai solito con qua- dratura numerica) i valori della radiazione relativa pei valori sottosegnati delle ixn'zioni scoperte b del disco solare e pei va- lori 1 = 1,04:, /=1,06 del rapporto r£ : rQ . Da questi intine mediante interpolazione abbiamo ottenuto i valori della radia- zione relativa corrispondente ad / = 1,047 , che comunichiamo insieme agli altri nella seguente breve tabella ^). 1) Questo procedimeuto di successive interpolazioni potrebbe sembrare a taluno troppo laborioso e poco esatto. Si deve riflettere però che il calcolo diretto dei valori della radia- zione relativa per le venti osservazioni in questione richiederebbe il calcolo di 20 serie di Sul modo di variare della radiazione solare dvrante ìe fasi di un'eclisse 49 l / 1.04 1,06 1,047 à 1.04 0,622 0, 619 0,621 53 0,96 0, 564 0,567 0, 568 53 0,88 0,516 0, 514 0, 515 53 0,80 0.463 0,460 0,462 54 0,72 0,408 0, 405 0,406 54 0,64 0, 353 0, 350 0, 352 54 0,56 0,299 0,296 0,298 54 0,48 0, 245 0,242 0.244 52 0,40 0,193 0,190 0, 192 49 0,32 0,144 0,141 0, 143 47 0,24 0,097 0,094 0, 096 42 0,16 0,055 0, 053 0, 054 34 0,08 0,020 0, 020 0. 020 20 0,00 0, 000 0, 000 0, 000 26. Rappresentazione dei valori della radiazione solare osser- vati da Julius. Quesf ultima tiihella applic-ata allo osservazioni di Julius, coi valori di h da noi già ottenuti sopra, conduco ai seguenti valori della radiazione relativa e ai seguenti {0 — G)^^ (differenze valori di 9 ed r„ , ciò che si evita complotamente, facendo il calcolo per quei valori di ( e di * considerati nella nostra tabella IV, ed applicando poi una duplico interpolazione. Che questo risparmio di lavoro poi non vada a scapito della esattezza, si può riscontrare agevol- mente col calcolo diretto di uno dei valori della radiazione rehitìva, p. es. di quello cor- rispondente a 6^0,051, che, essendo vicino all' estremo della tavola, risente in maggior grado delle incertezze della interpolazione. Oni dal calcolo diretto secondo la formola (8;, coi valori fc = 0,051 ed i = 1,047 e ricavami.» i valori di j ./e rfr dalla tabella a pagg. 47, 48 abbiamo ottenuto i risultati seguenti : / Jr (ir 0 6» 12 19 25 31 38 44 51 57 63 0, 00 22', 66 45, 33 8, 00 30, 66 33, 33 16, 00 38, 66 1, 33 24, 00 46, 66 0, 9490 0. 9496 0, 9512 0, 9539 0, 9577 0, 9625 0, 9682 0, 97.50 0, 9826 0, 9910 1, 0000 0, 01758 0, 01734 0, 01667 0, 01556 0, 01409 0, 01211 0, 00994 0, 00746 0, 00489 0 , 00225 0, 00000 da cui / riO / Jr -1 fi' rf) =— — . 0,10927=^0,0104 contro 0,011, come otteniamo dalle nostre successive interpolazioni (v. tabella a pag. 50). L'accordo è dunqne del tutto soddisfacente. Atti acc. Skkie 4», Voi,. XIX — Meni. XIV. " 50 A. Bemporad [Memoria XIV.] fra i rapporti delle radiazioni osservate e quelli delle radiazioni calcolate, v. osservazione a pag. 40). h Radiazione osservat:i Radiaz. relat. calcolata {0-(-\ (Julius) (2» calcolo) 0, 000 (iu millesimi) 0,000 0,0 0 0,051 20, 1 0,011 — 1 0, 102 52, 5 0, 028 — 2 0, 153 91, 0 0. 051 Ó 0,20-1 136, 5 0,076 + 1 0, 254 187, 0 0. 104 0 0, 305 241,0 0, 134 + 1 0. 356 297, 0 0, 165 -j_ ■> 0,407 355, 0 0,197 -f- 2 0, 458 414,0 0,229 + 3 0, 509 474.0 0,263 + 3 0, 560 535, 0 0,298 + 1 0,611 597. 0 0,332 + 2 0,662 659, 0 0, 367 + 1 0, 713 721,0 0, 401 + 2 0,763 783,0 0, 439 — 3 0,814 844, 5 0,471 + 1 0, 865 905, 5 0, 505 + 1 0, 916 966,0 0, 539 + 1 0,967 1026,0 0, 573 - 1 1,018 1085, 5 0, 606 0 Come si vede, 1' andamento decisamente sistematico, che si notava negli (O — (J)^ a pag. 40 (riduzione delle osservazioni di Julius colla nostra Tavola III ricavata dalle osservazioni di Sec- chi, Yogel ed altri) i»uò dirsi quasi totalmente scomparso. Mentre prima infiitti gli [O — C)j erano tutti di ugual segno e gradata- mente crescenti dalle osservazioni estreme verso il centro della serie, qui invece Tiinporto degli {O — C), positivi di poco supera quello degli {0 — G).^ negativi, e il valor medio, che prima era — 0, 016 adesso è sceso a + 0,0007, se si tien conto del segno, e a ±0,0015 se si considerano gli 0 — C in valore assoluto. 27. Conclusione. Se si considera ora che il procedimento grafico-meccanico, con cui il Prof. Julius ha ricavato dai valori osservati della ra- diazione i valori del potere radiante J a varie distanze dal cen- tro del disco solare, è di natura atfiitto diversa da quella del nosti-o procedimento analitico-nuinerico inteso allo scopo inverso, ìStil modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 51 conviene rieonoscei'e die T lu-cordo soddisfacentissimo del nostro calcolo colla osservazione dimostra insieme l'esattezza di ambe- due i procedimenti in tiuestione, e costituisce un potente argo- mento in favore dell'opinione espressa dal Prof. Julius, che qual- che errore sistematico atfetti le determinazioni antiche del po- tere radiante J a varie distanze dal centro del disco solare, e che pili esatti siano i valori, che risultano da osservazioni fatte durante un' eclisse, nel modo da lui indiciito. Tuttavia noi riteniamc) che questa conclusione sarebbe per ora prematura, e non possa in ogni modo accettarsi come ac- cennavamo già a pag. 42, che sotto la riserva di riconoscere, quanta parte possano av(M-e nella variazione della radiazione so- lare durante le fasi di un' eclisse eventuali variazioni dell'assor- bimento atmosferico dipendenti direttamente dalla intercetta- zione dei raggi solari, eiipcrò proporzionali alla grandezza della fase e tendenti (|uindi a piodnrre le stesse manifestazioni , che Julius spiega col più rapido decrescimento del potere radiante J{r) verso la periferia del disco solare. Nella nostra riduzione delle osservazioni attinometriche ese- guite ncir Osservatorio di Catania durante l'ultima eclisse ') abbiamo già accennato chianmicntc. che ni>u si può sperare di eliminare del tutto V iutluenza delP assorbimento atniosf(n-ico c(m procedimenti empirici, come «lUclli usati dal Prof. Julius (ragguagli*» grafico) e da noi stessi (ragguaglio numeric(» colla formola di Pouillet, o di Crova, o di Hartoli), ma che bisogna istituii-e apposite esperiiiuze per controllare V ettettiva varia/ione dell' assorldmento atmosferico durante 1' eclisse. Un modo assai semplice per giungere a questo è già state» indicato da n(»i a pa. = 0, 62ir.2 log iJL = 9, 319H3 per le costanti. r log d. r log J(r) rf. r log ./(.■) rf. )• log J(r) rf. 1 0, Ou 0. 0000 0 0 1 0 0.25 9, 9946 0, .50 9, 9750 12 13 13 14 0.75 9, 9250 34 35 37 3:; ' 0,01 1). 0000 0,26 .9, 994 1 0 0,51 9, 973>ì 0, 76 9,9216 0,02 0, 0000 0,27 9, 9936 5 5 0,52 9, 9725 0,77 9,9181 0,03 0,04 9, 9999 9, 9999 0, 28 0, 29 9, 9931 9, 9926 0, 53 0,54 9,9712 9, 9698 0, 78 0,79 9,9144 9, 9105 1 6 14 42 0,05 9, 999X 1 1 1 1 0,30 9,9920 6 0, 55 9, 9684 14 15 16 16 0,80 9, 9063 44 46 50 54 0, Ofi 9, 9997 0, 31 9,9914 0. 56 9. 9670 0,81 9,9019 ' 0,07 9, 9991) 0, 32 9, 9908 6 7 0, 57 9, 9655 0,82 9, 8H73 0, OS 9, 9995 0, 33 9, 9902 0, 58 9, 9639 0,83 9, 8923 1 0, 09 9, 9994 0,34 9, 9895 0, .59 9, 9623 0,84 9, 8869 : 2 7 17 57 0, 10 9, 9992 9 0, 35 9, 9888 7 7 8 8 0,60 9, 9606 17 18 19 20 0,85 9, 8812 60 65 71 77 0, 11 9, 9990 0,36 9,9881 0,61 9, 9589 0,86 9, 8752 0, 12 9, 9988 Q 0, 37 9,9874 0,62 9,9571 0,87 9, 8687 0. 13 9, 9986 3 0, 38 9, 9866 0,63 9, 9552 0,88 9,8616 0,14 9. 9983 0, 39 9, 9858 0,64 9, 9532 0,89 9, 8539 2 8 21 84 0, 1.5 9, 9981 3 3 3 0, 40 9, 9850 8 9 9 10 0,65 9.9511 21 22 0,90 9, 8455 93 104 116 130 0, 16 9, 9978 0,41 9, 9842 0,66 9, 9490 0,91 9, 8362 0,17 9, 9975 0,42 9, 9833 0,67 9, 9468 23 24 0,92 9, 82.58 0, 18 9, 9972 0,43 9, 9824 0,68 9, 9445 0,93 9,8142 0, U) 9, 9969 o 0,44 9,9814 0,69 9,9421 0,94 9,8012 4 10 26 149 0, 20 9, 9965 0,45 9, 9804 10 10 11 11 0,70 9, 9395 26 28 29 30 0,95 9, 7863 177 214 276 393 0,21 9, 9962 3 4 4 4 0,46 9, 9794 0,71 9, 9369 0,96 9, 7686 0,22 9, 9958 0.47 9, 9784 0,72 9,9341 0,97 9, 7472 0,23 9, 9954 0,48 9, 9773 0, 73 9, 9312 0,98 9,7196 0, 24 9, 9950 0,49 9,9762 0,74 9, 9282 0,99 9, 6803 4 12 32 1121 0,25 9,9946 0. 50 9, 9750 0,75 9, 9250 1,00 9, 5682 5i A. Bemporad [Memoria XIV. T^-v-ola II. r 0 1 2 3 4 5 6 7 8 !l 0,00 0,4 1444 1444 1444 1444 1444 1443 1443 1442 1442 1441 0,01 1440 1439 1438 1437 1435 1434 1432 1431 1429 1427 0,02 1425 1423 1421 1419 1416 1414 1411 1409 1406 1403 0,03 1400 1397 1394 1390 1387 1383 1379 1376 1372 1368 0,04 1364 1360 1356 1352 1348 1343 1338 1334 1329 1324 0,05 0,4 1319 1314 1309 1304 1299 1293 1287 1282 1276 1270 0,06 1264 1258 1252 1246 1240 1233 1226 1220 1213 1206 0,07 1199 1192 1185 1178 1171 1163 1155 1148 1140 1132 0,08 1124 1116 1108 1100 1092 1083 1075 1066 1057 1048 0,09 1039 1030 1021 1012 1003 0993 0983 0974 0964 0954 0, 10 0, 4 0944 0934 0924 0914 0903 0893 0882 0872 0861 0860 0,11 0839 0828 0817 0806 0794 0783 0771 0760 0748 0737 0,12 0725 0713 0701 0698 0676 0664 0651 063ÌI 0626 0614 0,13 060! 0688 0675 0662 0648 0535 0521 0508 0494 0680 0, 14 0466 0452 0438 0424 0410 0395 0381 0367 0352 0337 0,15 0. 4 03;.:2 0307 0292 0277 0261 0246 0230 0215 0199 0183 0, 16 0167 0151 0135 0119 0102 0086 0069 0053 0036 0020 0,17 0003 *9986 *9969 *9952 *9934 *9917 •9899 *9882 •9864 '9847 0,18 0, 3 9829 9811 9793 9775 9756 9738 9719 9701 9682 9664 0, l'.t 9645 9626 9607 9588 9569 9550 9531 9511 9492 9472 0,20 0, 3 9452 9432 9412 9392 9372 9352 9332 9311 9291 9270 0,21 9249 9228 9207 9186 9165 9144 9123 9101 9080 9058 ; 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Bempormì [Memoria XIV.] Teivolei XII. La tavola foruisoe cogli argomeuti l frapporto del diametro apparente della (^ rispetto a quello del ©) e ft (rapporto della porzione scoperta del diametro trasversale al semidia- metro solare) il valore della radiazione relativa. l / 0,9 1.0 1, 1 /h 2,00 1, uOO 1,000 1,000 1,92 0,994 0,994 0, 993 1,84 0, 981 0,981 0, 980 1,76 0, 962 0,962 0,961 1,68 0, 937 0,937 0,936 1,60 0, 9U 0, 909 0, 907 1,52 0, 881 0,877 0,874 1,44 0,847 0,842 0,838 1,36 0,810 0,804 0, 799 1,28 0,770 0,763 0,757 1,20 0,728 0,720 0,713 1,12 0,684 0, 675 0,667 1,04 0, 639 0, 628 0,618 ' / 0,90 0,92 0, 94 / h 0, 96 0,592 0,589 0, 586 1 0, s>; 0,544 0,540 0, 537 0, NO 0,495 0,491 0, 488 0, 72 0,446 0, 441 0,438 1 0,64 0, 396 0, 391 0,387 0,56 0,346 0,440 0, 336 0, 48 0,296 0,290 0, 285 0,40 0,248 0,241 0,235 0, 32 0, 202 0,193 0, 186 0, 24 0, 164 0,149 0, 140 0, 16 0, 139 0, 112 0,097 0,08 0, 136 0, 106 0,077 0,00 0, 114 0,112 0, 081 0,96 0,98 1,00 1,02 1,04 1, 06 1. 08 1,10 0,96 0,584 0,581 0, 579 0,577 0,575 0,572 0,570 0,568 0,88 0.534 0, 531 0,529 0, 527 0, 525 0, 522 0,520 0,517 0,80 0,484 0,481 0,478 0,476 0,473 0, 470 0,468 0,466 0,72 0.433 0,430 0,427 0,424 0,421 0, 418 0,416 0,413 0,54 0,382 0.379 0,375 0,372 0,368 0, 365 0,363 0, 360 0, .56 0,331 0,327 0,323 0.320 0,316 0,312 0,310 0,307 0,48 0,280 0, 275 0,271 0, 267 0,264 0, 260 0,257 0,255 0,40 0,229 0,224 0, 220 0,216 0,213 0,209 0,206 0,203 0,32 0,180 0,175 0, 170 0, 165 0,162 0, 1.58 0, 155 0,152 0,24 0,133 0,127 0, 121 0, 117 0,113 0, 110 0,107 0,104 0, 16 0,087 0,080 0, 075 0, 071 0,068 0,065 0,062 0.060 0,08 0,051 0,039 0. 033 0,030 0, 028 0,027 0,026 0,025 0,00 0,051 0,023 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 Sul modo (li variare della radiazione solare durante le fasi di un'eclisse 57 Tfc»-v'4 ly, 27 0, 00 119, 0(i ii:s. 11 107. ir> 1(11, 20 9."i, 25 S9, 30 Kli, 34 ■(1, 44 59, 53 +7, ti2 H-., 72 28, «1 11 91 0, 00 IIG 48 104 83 9H 19 «1 54 <>9 89 ."iX 24 4(; 59 34 95 2S 30 11 (>5 0 00 IKi 11 104 49 92 88 SI 27 (>9 (>(i .->s. 05 4(i 44 34 83 23 22 11 (il 0 00 '•„ Ci) 0000 8522 7012 5525 4143 2970 2109 1533 1170 0780 0594 0494 0438 0409 0400 000(1 903»; 8087 7178 0333 5571 4903 3851 3 1 28 2048 2335 2141 2(134 2000 0000 8714 7507 (>449 5580 4900 4390 402(i 3783 3045 3»;oo , 0000 0, 9165 0, 8352 0. 7602 0,6944 0, 6392 0, 5950 0, 5612 0, 5382 0, 5245 0, 5200 Skuik 4", VoL 0,92 121 ",82 1 15, 73 109, (il 103,55 97, 46 91,37 85, 28 79, 18 73, 09 60,91 48, 73 36, 55 24, 37 12, 18 0, 00 117, 111, 1 06, 100, 94, 88, .82, 70. 58, 35, 23, 11, 0, 114. 65 103, 19 91, 72 HO, 26 68. 79 57, 33 45, 86 34, 40 22, 93 11,47 0,00 113,08 101. 77 90,46 79, 16 67. 85 56, 54 45, 23 33, 92 22,62 11,31 0,00 '0 fO) 1,0000 0,8490 0,6951 0, 54 46 0, 40.59 0. 2902 0, 2055 0, 1500 0, 1149 0, 0772 0, 059 1 0,0492 0,04 37 0,0409 0,0400 0000 9015 8(151 7134 6286 .5.52.5 4861 3822 3110 2638 2331 2 1 39 2034 2000 1, 0000 0, 8(i88 0, 74 70 0,6413 0, .5549 0,4878 0, 4376 0,4(118 0, 3780 0,364 4 0, 3600 1 , 0000 0,9141 0,8318 0, 7567 0,6913 0, 6368 0, 5934 0, 5(>06 0, 5378 0, 5244 0, 5200 0,94 0 1 20°,98 114. 93 108,88 102,83 96, 78 90, 73 84,68 78, 63 72, 59 60, 49 48, 39 36, 29 24,20 12, 10 0.00 116,67 1 1 0, 83 104,99 99, 16 93, 33 87. 49 81,66 (Ì9, 99 58, 33 26, 66 35, 00 23, 33 1 1 , 67 0,00 112,98 101.68 90, 38 79, 08 67, 79 56, 49 45, 19 33, 89 22, 60 1 1 , 30 0, 00 110,40 99,36 88, 32 77, 28 66, 24 55, 20 44, 16 33, 12 22, 08 11,04 0,00 '■„ (") 1, 0000 0,8457 0, 6892 0, 5368 e, 397(1 0, 2831 0, 2004 0, 1 468 0, 1130 0, 0764 0, 0587 0, 0491 0, 0437 0, 0409 0,0400 1, 0000 0, 8996 0. 8019 0, 7093 0, 6242 0, 5482 0, 4822 0, 3794 0, 3093 0, 2628 0, 2326 0, 2137 0, 2033 0, 2000 0000 8664 7436 6380 5523 4858 4364 4012 3777 3(>43 3600 0000 9120 8287 7535 6886 6348 5920 5598 5375 5243 5200 0,96 ,13 12 I 11 10 0 1200,17 114, 17 108, 16 102, 15 96, 14 90, 84, 78, 72, 60, 09 48, 07 36. 05 24.04 12,02 0, 00 1 1 .5, 57 109,79 104,01 98, 23 92, 45 86, 68 80, 90 69, 34 57, 78 46, 23 34, 67 23, 12 11, .56 0,00 111,43 100, 29 89, 14 78,00 66, 86 .55, 71 44, 57 33, 43 22 29 11' 14 0,00 108, 00 97, 20 86, 40 75, 60 64, 80 54, 00 43. 20 32, 40 21,60 10.80 0,00 0,98 1, 0000 0, 8425 0, 6834 0, 5293 0, 3897 0, 2763 0, 1957 0, 1438 0, 1111 0, 0757 0, 0.584 0, 0489 0. 0436 0, 0409 0, 0400 1, 0000 0, 8979 0, 7987 0, 7054 0, 6200 0, 54 4 1 0, 4785 0, 3768 0, 3077 0, 2619 0,2321 0, 2135 0, 2033 0, 2000 1, 0000 0, 8642 0, 7405 0, 6350 0, 5498 0, 4841 0, 4353 0, 4006 0. 3775 0, 3643 0, 3600 1,0000 0,9102 0, 8261 0, 7508 0, 6862 0, 6330 0, 5908 0. 559 1 0, 5371 0, 5242 0, 5200 . XIX — Meni. XIV, 119»,41 113,44 107, 47 101,. 50 95, 53 89, 56 83, 5.9 77,62 71,64 .59. 70 47, 76 35, 82 23, 88 11,94 0, 00 114,54 1('8,82 103,09 97, 36 91,64 85,91 80, 18 68, 73 57. 27 4.5,82 34,36 22,91 11,45 0,00 1 1 0, 00 99, 00 88,00 77.00 66, 00 55, 00 44, 00 33, 00 22. 00 1 1 , 00 0,00 10.5, 85 95, 26 84, 68 74, 09 63, 51 52, 92 42, 34 31,75 21.17 10,-59 0,00 8 '•o (6) 1,0000 0, 8393 0, 6776 0, .5219 0, 3821 0, 2699 0, 1914 0, 1411 0, 1095 0, 0751 0, 0.58 1 0. 0488 0, 0136 0, 0409 0, 0400 1,0000 0, 8960 0, 7957 0, 7016 0, (>160 0, 5403 0,4751 0, 3744 0, 3062 0,2611 0, 2317 0, 2 1 33 0, 2033 0, 2000 1,0000 0, 862 1 0, 7376 0, 6322 0,5476 0, 4875 0, 4343 0.4000 0, 3772 0, 3642 0. 3600 1. 0500 0, 9085 0, 8237 0,7484 0,6841 0, 6314 0, 5897 0, 5585 0, 5369 0, 5242 0, 5200 58 A. Bemporad [Memoria XIV. Segue {Tamia IV). 1 , 00 0, 96 0, ^■o 0, 64 0 112,75 106,82 100, 88 91, m Sii, 01 s;<, OS 77, 1") 71,21 ."lO, 31 17, 1.S ■a:<, (il 2H, 74 11, S7 0, 00 1 113, 58 107,90 102, 22 I 96,54 l no, 86 \ «5. 18 I 79,51 ■ 68, 15 j 56, 79 I 45, 43 f 34,07 22,72 11,36 \ 0, 00 Il 08, 66 / 97,80 1 86,93 l 76, 06 \ 65,20 ' 54 10 0 n, (0) 0, 48 103, 89 93, 50 83,11 72,72 62, 33 51,94 41,55 31,17 20, 7K 10, 39 0, 00 0000 8362 6721 5148 3748 2639 1S73 13S6 1079 0744 0578 0187 0435 040S 0400 0000 X943 7928 6980 6122 5367 4717 3720 304,s 260 M 2313 2131 2032 2000 0000 8601 7849 ti296 545, 4810 4334 3995 3770 3642 3600 0000 9071 8216 7462 6823 6299 5888 5579 5366 5242 5200 1, 02 ligneo 112. 106, 100, SS, 82, 76, 70, 59, •i7, 35, 23, 11, 0,00 112,67 107, 03 101, 40 95 90 S4 78 67 56 45 ( I 13 50 87 60 33 07 33. 80 22,53 11,27 0,00 107, 96, S5, 75, 64, 53, ■12, 32, 21, 10, 0, 102, ■'1, J^l, 71, 61, 51, 40, 30, 20, 10, 0. '•o CJ) 0000 8332 6667 5078 3677 2583 1834 1362 1065 0738 0576 0486 0435 0408 0400 1 , 0000 0, 8927 0, 7900 0, 6946 0, 6085 0, 5331 0, 4686 0, 3699 0, 3035 0, 259." 0. 2309 0,2130 0, 2032 0, 2000 0000 858i 7323 6271 5435 4796 4325 3990 3768 3649 3600 0000 9057 8196 7442 680." 628(' 5S79 5574 5361 524 1 5200 1.04 f) 117«,3J 111, 47 105, 60 99, 74 93, 87 88, 00 82, 14 76, 27 70, 40 58, 67 46, 93 35, 20 23, 47 11, 73 0,00 111, SI) 106,21 100, 62 95, 03 ^iì, 44 83, 85 78, 26 67, 08 55, 90 44,72 33, 54 22, 36 11, 18 0,00 106, 95, 85, ■?!, 63, 53, :^i, 21. 10, 0, 10(», 46 90, 4 1 80, 37 70, 32 60, 28 50, 23 40, 18 30, 1 4 20, 09 10,05 0,00 '•o{'J) 1,0000 0, 8302 0, 6612 0, 5010 0, 3610 0, 2529 0, 1799 0,1341 0, 10.52 0, 0733 0, 0573 0, 04S5 0, 0435 0, 0408 0, 0400 OOOl) 8910 7873 6913 6051 5298 4657 3679 3023 2588 2306 2129 2031 2000 0..00 8564 7299 6248 5417 47S4 4317 39S6 3766 3611 3600 1,0600 0, 9044 0, 8179 0, 7424 0, 6790 0,6275 0, 5S72 0. .5570 0, 5362 0, 5240 0, 5200 1, 06 116, 71 110,87 105. 04 99, 20 93, 36 57, 53 81,69 75, ><6 70, 02 58, 35 46, 68 35, 01 23,34 11,67 0,00 110 1 05 99 94 SS 83 77 m. 5.5 44 11 0, 105, 94 81 73, 63 52 42 31 21 10 0 1, 0000 0, 8273 0, 6560 0, 4944 0, 3545 0, 2478 0, 1766 0, 1321 0, 1040 0, 0728 0, 0572 0, 0484 0, 0435 0, 0408 0, 0400 lo, 00 0, 9S, 95 S9, 06 79, 16 69, 27 59, 37 49, 48 39, 58 29, 69 19, 79 9, 90 0,00 000(1 SS95 7847 6882 6018 5267 4629 3660 3011 2582 2303 2127 2031 2000 0000 8549 72 77 6227 5400 4772 4310 39S2 3764 3640 3600 1, 0000 0, 9033 0, S1(Ì3 0, 740.S 0, 677(! 0, 6264 0, 5864 0, 5566 0, 5360 0, 5240 0, 5200 1, 08 f) 116»,11 106, '43 96, 76 87, 08 77,40 67, 73 58, 05 48, 38 38, 70 29 03 19, 35 9, 68 0,00 110,21 101, 03 91, SI .S2, 66 73, 17 64, 29 55, 11 15,92 36, 74 27,55 18, 37 9, 18 0, 00 104, 15 95, 47 86,79 78, 11 69, 43 60, 75 52, 07 43, 10 34, 72 26, 04 17, 36 8,68 0,00 97, 55 89, 43 81,30 73, 17 65, 01 56, 91 48, 7S 40, 65 32,52 21, 39 Ki, 2() 8, 13 0,00 '■o(&) 1, 0000 0, 7077 0, 4382 0,2430 0, 1423 0, 0959 0, 0723 0, 0589 0, 0506 0,0155 0. 0423 0,0105 0, 0400 1, 0000 0, 8166 0. (1550 0, 5237 0,1240 0. 3515 0. 3000 0, 2(i35 0, 237S (J, 2202 0, 2086 0, 2021 0, 2000 0000 8765 7656 6702 5909 5267 4781 4369 4073 3858 3712 3627 3600 0000 9784 8926 8153 7475 6896 6413 6022 5715 51S1 5325 5231 5200 1, 10 6 115 "53 107 83 100 13 92 42 84 72 77 02 69 32 61 62 53 91 46 21 38 51 30 81 23 11 15 40 7 70 0 00 109 47 100 35 91 23 82 10 72 98 63 S6 54 74 45 61 36 19 27 37 18 25 9 12 0 00 103 19 93 81 84 43 75 04 65 66 56 28 46 90 37 52 28 14 18 76 9 38 0 00 96 26 86 63 77 00 67 38 57 75 48 13 38 50 28 87 19 25 9 63 0 00 '•0 (0) 0000 7623 .5313 3421 2121 1402 1015 0794 0(;57 0567 0505 0463 0433 0414 0403 0400 0000 8147 (5520 5208 4217 3500 2989 2628 2375 2200 2085 2021 2000 1,0000 0, 8645 0, 7451 0, 6450 0, 5644 0, 5009 0, 4525 0, 4165 0, 3907 0, 3733 0, 3(!33 0, 3600 1,0000 0, 9012 0, 8133 0, 7378 0, 6751 0, 624.1 0, .5851 0, 5559 0, .535' 0, 5239 0, 5200 Sul modo di variare della radiazione solare durante le fasi di tin'ecUsse 59 Segue [Tavola 1 V). 0, ^2 0. li; e, 90 0, 92 0 '•o('J) 9 ro(0) 12li»,Kl 1,0000 116",10 1, 00011 no, r,;H 0, 95S2 104, 49 0,9502 9«, 25 0. W)W 92,88 0,9003 1 85,97 0, X574 81,27 0, 8525 ) 73, G9 0, «131 69, m 0, 80«7 ' til 40 0, 7737 58, 05 0, 7702 j li*, 12 0, 7405 46, 44 0, 7380 \ •Mì,M 0,7142 34, 83 0,7127 ' 24,5fi 0. ()953 23 22 0, 6946 12, L'K 0, tiS3!l li (il 0,6837 0, 00 0, tiXOO 0, 00 0, 6800 ISO, 00 0, 9(i()0 180, 00 1,0000 11)5,00 0, 957X 165, 00 0, 9971 150,00 0,9515 150, 00 0, 9881 , 1S5, 00 0,94 14 135, 00 0, 97 18 l 1 20, 00 0, 92K5 120, 00 0, 9574 1 105,00 0.9137 105, 00 0, 9375 90,00 0, X9H0 90, 00 0,9165 j 75, 00 0, SS2I) 75, 00 0, 81(60 [ (;(), 00 0, M)X5 60, 00 0,8771 f 15,00 0, K5(ili 45, 00 ((, 8617 SO, 00 0, K475 30, 00 0, 8499 15,00 0,8419 15,00 0,8425 0,00 1 1 0, 8400 0, 00 0, 8400 0, 94 1 lOo, 99, 88, 77, 44, 33, 22. 11, 0, 129, 119, 1((9, 99, 89, 79, 69, 59, 19, 39 29, 19 ■( 0 0000 9480 89(19 S48M 8053 7676 7362 7116 694 1 6835 6800 0000 981K 9684 95 1 1 9337 91(;6 9004 X855 8722 S6((9 8519 8454 8 113 810(1 0, 96 fi 106" 36 95, 63 85, 01 74, 38 63, 76 53, 13 42, 50 31, 88 21, 25 10, 63 0, 00 112 75 101 47 90, 20 78 92 67 65 56 37 45 10 33 82 22 55 U 27 0 00 '•o (0) 1 . 0000 0. 94(i2 0,8942 0, 84()0 0, 8027 0, 7655 0, 7348 0, 7108 0, 6937 0, 6834 0, 6800 1,0000 0, 9766 0,9521 0, 929() 0, 9079 0, 8884 0,8715 0, 8580 0,8481 0, 8420 0. 8400 0, 98 fi 102o,48 92, 23 81,98 71,73 61,49 51,24 40, 99 30, 74 20, 50 10, 25 0, 00 102, 21 9 1 , 99 81,77 71,54 61,32 51, 10 40, 88 30, (i6 2(1, 11 10,22 0, 00 Tom 1, 0000 0,9447 0,8921 0, 8436 0, 8007 0, 7638 0, 7336 0,7101 0, ()934 0, 6834 0, ()800 1,0000 0, 9748 0,9501 0, 9267 0,9051 0, 88ti0 0,8699 0, S570 (1, 847() 0,8419 0. «400 1,00 0, 32 0. k; 90,21 «9, 29 79, 37 (>9, 44 59 52 49, 60 39, (!« 29, 76 19,84 9, 92 0,00 94, 59 85, 13 75, 67 (iC, 21 .5(i, 75 4 7,29 37, 84 28, 37 18, 92 9, 16 0, 00 1,0000 0,9 13 1 0, 8902 ,8417 798!l 7624 7326 7095 0, (!931 0, 6833 0, 6800 1,0000 0, 9736 0, 9483 0,9247 0, 9033 0, 884() 0, 8(i8S 0, «563 0, 8 173 0,84 18 0, 8400 1,02 911, 35 86, 71 77, 08 67, 44 57, «1 48, 17 38, 54 28, 90 19,27 9, 63 0. 00 88, 79. 70, 62, 53, 44, 35, 26, l'i, 8, 0, 1,0000 0,9421 (I, «,xs7 0, 8101) 0, 7974 0, 7613 0, 7317 0, 7090 0, (Ì929 0, 6832 0, 6800 1, 0000 0, 9728 0,9470 0, 9233 0,9020 0, 8835 0, 8(;81 0, 8559 0,8471 0, 8418 ,0,8400 1,04 93, 82 8 1, 4 1 75,06 (i5, \\X 56. 29 4C). 91 37. 53 28, 15 18, 76 9, 38 0, 00 «4,03 1 75, 63 0, 67, 22(1, 5,s, 82 (( .5o'42 0, 42, 02'0, 33, 61 lo 25.21/ì, 16,81 «, 40 0, 00 0000 94 15 8873 S3S(i 7962 7(J03 7311 7086 6927 6832 6800 0000 9721 9161 9223 9011 8«27 8675 8555 84 70 841 8400 1 , 06 91, 57 82,4 1 73, 61, ■"'■1, 3(1, 27, 18, 11, (1. 'il, 56, 48, 40, 32, -', !(!, 8, 0, 1, 0, 0, io:o, 0, 0, 0, II, 0, 0, 0, 0000 9407 8S61 8374 795 1 7594 7305 7083 6925 6831 6800 1,0000 0,9716 0,9454 0.9215 0, 9004 0, 8822 0, 8671 0, 8553 0, 84()« 0, 84 1 7 0, 8400 1, 0« 89, 80, 71. 62, 44, 77 35,81 26,86 17, 91 8, 95 0, 00 1,0000 0, 9397 0, «850 0, «362 0,7941 0, 75«6 0, 7300 0, 7079 0, 6924 0,6831 0, 6800 000(1 9713 9447 9208 «998 88 18 8667 «55 1 «467 8417 8400 1, IO I 87, 71 77,96 68,22 58,47 ,73 I 98 .-4 , 49 48 38 29 19 9, 75 0, 00 74, 11 64,84 55, 58 46,32 37. 05 27, 79 18,53 9, 26 0, 0(1 0000 9328 8727 8205 7767 7413 7142 69 6837 6800 0000 9640 9319 9042 8813 8633 8504 «426 «400 00 A. Bemporad [Memoria XIV. Te»-vo1ei "V. Valori (Iella tniizione 0 (r) : ; are ta.u; | -fi ■ .0. 4- Z — r) {l-\-r — a) {a + )■ + /) ia + )• — l) l (9 espresso in priuii). per valori diversi di / e 1. 04 1,20 0, 04 0,08 0,12 0,16 0,20 0,24 0,28 0, 32 0,36 0,40 0,44 0,48 0, r.2 0, .-,6 0, 60 0, 64 0, 68 0, 72 0, 7() 0, 80 0, 84 U, 88 0, 92 0, 96 1,00 0, 20 0, 24 0,28 0, 32 0, 36 0,40 0, 44 0, 48 0, 52 0, 56 0,60 0,64 0,68 0,72 0,76 0,80 0,84 0,88 0,92 0,96 1,00 log ~ G (»•) X 3, 239r> 3, 3035 3, 3268 3, 3369 3, 3410 3,3417 3, 3404 3, 3376 3, 3339 3, 3293 3, 3242 3, 3185 3,3123 3, 3057 3, 2988 3^2914 3, 2887 3, 2757 3, 2672 3, 2583 3, 2491 3, 2395 3, 2294 3, 2189 • - X 2, 9532 3, 0687 3, 1252 3, 1587 3, 1802 3, 1946 3, 2042 3, 2105 3, 2143 3, 2163 3, 2167 3, 2158 3, 2140 3, 2113 3, 2077 3, 2035 3, 1986 3, 1930 3, 1869 3. 1802 Ditf. X 640 233 101 41 7 13 28 S7 46 51 57 62 66 69 74 77 80 S5 S9 92 9() 101 105 + -j- 4- 4- 4- + + -1-1155 565 335 215 144 96 63 38 20 4 9 18 27 36 42 49 56 61 67 loi;- - 9 (»■) — X 3,9411 3, 3057 3, 8297 3, 8-105 3, 3-15^ 3, 3i6^ 3, 8461 3, 8441 3, 341^ 3, 3375 3, 3332 3, 3284 3, 3233 3, 8l '7 3,3ll« 3, 3057 3, •>992 3, 2924 3 0853 3, 2779 3. 2^03 3, 2624 3, 2541 3, 2455 - X 2, 9578 3, 0739 3, 1310 3, 1652 3, 1874 3, 2025 3,2128 3, 2199 3, 2245 3, 2273 3, 2285 3, 2286 3, 2277 3, 2260 3, 2235 8. 2204 3, 2167 8, 2124 3, 2077 3. 2025 -t- Diir. + * + 646 + 240 108 47 15 6 20 29 37 43 48 51 56 59 61 65 68 71 74 76 79 83 86 1, 1 + -'- 4-1161 + 571 + 842 4- 151 103 71 46 28 12 1 9 17 25 31 37 43 47 52 log ~ 9 (r) 3, 2424 3, 3075 3.3320 3. 3433 3, 3487 3. 3507 3, 3507 3, 3493 3, 3470 8, 3440 3 3404 3^ 3364 3, 3320 3, 3272 3, 3222 3', 3169 8,3113 3', 3055 3' 2994 3' 2931 3, 2866 8, 2799 8, 2729 3' 2656 2,9616 3, 0782 3, 1858 3, 1705 3, 1988 3, 2089 3,2199 3, 2275 3, 2328 3, 2362 3, 2382 3, 2390 3, 2389 3, 2379 3, 2362 3, 2339 3,2811 3, 2278 3,2240 8,2199 Dirt'. + + + + 051 245 113 54 20 0 14 23 30 36 40 44 48 50 53 56 58 61 63 65 67 70 73 1166 576 847 228 156 110 76 53 34 20 8 1 10 17 23 28 33 38 41 Stil modo di variare della radiazione solare durante le fasi di un^eclisse 61 Searue Tavola V. 0, 0 1, :!(! 1, r>-j 1, r,H 1. SI 0,36 0, 40 0, 41 0, 4« 0, r.2 0, .")() I), (iO I), lii II, (;s II, 72 II, 7() 0, so II, K4 0,88 Il,!t2 0, !lll 1 , 00 0, 52 0, r.6 (I, liO II, III (I, liS II, 71' (I, 7(> II, SO 0, SI Il S{( II, !IL' 0, !Mi 1,00 0, OS 0,72 0, 7(1 II, SO 0, S4 0, S8 II, !)2 0, !l() 1, 00 0,84 0, SS I), 92 0, 96 1,00 log — 0 (r) 2, 8104 2, 9372 3, 0029 3, 0440 3, 0720 3, 0920 3, 1065 3, 1171 3, 1246 3, 1299 3, 1334 3, 1353 3, 1359 3, 1355 3, 1340 3, 1317 2, 7104 2,8424 2,9124 2, 9574 2, 9888 3,0118 3,0291 3,0121 3, 0520 3, 0591 3, 0648 3, 0684 00 2, 6322 2, 7669 2, 8395 2, 8869 2, 9205 2, 9455 2,9645 2. 9792 — X 2. 5674 2, 7040 2, 7783 2, 8272 Di fi'. + 1268 + 657 + 411 280 200 145 + + + + 1, 0 106 75 53 34 19 6 1 15 23 + » + 1320 + 700 + + + + + 450 314 230 173 130 99 74 54 36 + oc +1347 + 726 + 474 + 336 + 250 + 190 + 147 + oc + 1366 + 743 + 4 SII 102 0O-) — X 2,8172 2, 9447 3,0110 3, 0528 3,0815 3, 1021 1173 1286 1369 1430 1473 1 502 1517 1523 1519 1507 — X 2,7191 2,8516 2, 9222 2, 9678 3, 0000 3,0236 3,0416 3, 0553 3, 0660 3,0742 3,08111 3, 0850 2, 6423 2, 7776 2, S508 2, 8988 2, 9330 2, 9586 2, 9784 2, 9938 2,5786 2, 7158 2, 7907 2, 8402 + + i:)ift". + » +1275 + 663 + 418 + 287 + 206 + 152 + 113 + 83 + 61 + 43 29 15 6 4 12 -\- » + 1325 + 706 456 322 236 180 137 107 82 62 46 1. 1 + + + + + oc +1353 + 732 + 480 + 342 + 256 + 198 + 154 + 1372 + 749 + 495 log^ (>■) 2, 8230 2,9510 3,0177 3, 1)601 3, 0S(I3 3, 1 105 3, 1 262 3, 1381 3, 1471 3. 1538 1588 1623 1646 1659 1663 1660 2, 7264 2, 8593 2, 9305 2, 97(16 3, 0093 3, 0335 3, 0520 3, 0663 3, 0776 3, 0864 3, 0933 3, 0985 2, 6509 2, 7867 2, 8603 2,9088 2, 9435 2, 9697 2, 9900 3, 0060 OC' 2, 5883 2, 7259 2, 8013 2, 8513 Ditt'. + + 1280 667 424 292 212 157 119 90 67 50 35 23 13 4 3 + » +1329 + 712 + 461 + 327 + 242 + 185 + 143 + 113 + 88 69 52 + oc +1358 + 736 + 485 + 347 + 262 + 203 + 160 + » + 1376 + 754 + 500 ìmeiuoria XY. Effetti magnetici del fulmine sulle lave dell'Etna del Dott. GIOVANNI TRQYATO-CASTORINA RELAZIONE DELLA Commissione di revisione composta dai soci ef-fettivi l'roff. (}. P. GRIMALDI e A. RICCO (relatore) Le iiuluj;iiii del D.r Trovato simo molto iiiteressaiiti , in (iiiaiito che fauno conoscere buon numero di tracce inasnetlche a nastro (loppio , la- sciate dalle scariche fulminee sulle, lave, (non semi)lici punti o poli niague- tici isolati come si è trovato altrove) ; le ipiali tracce, come quelle trovate dai Proff. Giovanni e Gaetano l'Iatania sui fabbricati, possono servire a deter- minare la direzione delle scariche elettriche atmosferiche. Pertanto si ritiene la detta nota meritevole di esser |>ubblìcata nefjrli Atti dell'Accademia; anche perchè mette in vista un fenomeno che finora pare speciale delle roccie laviche dell' Etna. I. 1. Nei dintorni di Acinnile e precisanionte in t-ontrada Piano Piszone avevo, nell'estate dell' anno scorso, iiitrai»reso mio studio sui punti niagnetici distinti nelle rocce dell' Etna. In se- guito al temporale che ebbe luogo il 1rimo , lungo m. 8, distava circa m. 1 dal muro AB ; a m. 1, 50 cir- ca dal primo solco trovavasi il secondo lungo m. 10 ; il terzo lungo m. 7. distante circa m. S, 50 dal precedente, era al di là del muro CI> ed a 10 cm. da esso. Avvicinando una bussola Fii! Eif'etti ìiìftfpirtiri (h'I /ululine siillr lare ileìP Etna taìs(;iil)ilc (1) al iiiun» in ((nTispuiKlcn/a ilei 1° siilco .v' sotto il pri- mo iir!i|t|)o ili riiiiii jìToccilciido da sinistra a destra, lio subito \crirKa1o l'csislcn/a di mia zona disliiita a na.slro . di pidaiità Vis. Nord )m , (lìii. 2) per tutta mia strisr-ia <|uasi verticale del niiiro a sinistra del solco (y>'r <a- rallelo e raggiunge il suolo. Presso 1' estremo superiore del nastro nu, si notano, a si- nistra, dvie punti distinti a 40 cui. circa tra loro, ed è a sinistra il punto distinto di polarità Nord ed a destra quello di polarità Sud in una piccola superticie erosa. 6. Su questa stessa faccia, a pochi metri verso sinistra dalla precedente traccia magnetica, se ne osserva un' altra sotto il secondo gruppo di rami del mandorlo 3f in corrispondenza al secondo solco .s". Due viti collocate a 20 cm. di distanza da questa faccia ed a circa m. 2,50 tra loro avevano i loro lunghi tralci disposti a forma di arco. La traccia magnetica ha fonna analoga (tìg. 3), quantunque i tralci delle due viti, come nel caso precedente, fossero lon- tani del muro persino ad una distanza di 30 cm. Essi poggiavano soltanto suir orlo del muro, corrispondente alla parte più alta della traceia magnetica, che dista m. 1,40 dal suolo ed erano avviticchiati al 2° gruppo di rami del mandorlo jl/" pendenti sul muro. La traccia magnetica in discorso è costituita da due nastri distinti (li un cm. di larghezza, lunghi circa m. 1,95, distanti da 10 a 15 cm. e sensibilmente paralleli tra loro : a sinistra v'è il nastro distinto di polarità Nord un, a destra quello di polarità Sud .ss. A poca distanza verso sinistra dai pi-ecedenti nastri, e pa- rallelamente alla loro parte più bassa, ve ne sono altri due, ana- loghi ad essi e lunghi 15 cm. circa, e come precedentemente, si ha : nastro Nord a sinistra, nastro Sud a destra. Sia a sinistra di quest' arco magnetico, che suU' estremo del muro, sotto 1 rami del mandorlo, si osservano punti distinti di polarità diversa. La traccia magnetica che costituisce la parte destra dell'arco è invece abbastanza debole non solo, ma le due polarità opposte Effetti magnetici del fulmine sulle lave dell' Etna 7 sono soltanto sensibili verso la parte più bassa e si ha: a sinistra la zona magnetica di polarità IN^ord ti'n , a destra quella di po- larità contraria *V. Xon si osservano punti distinti. Le pietre della faccia 8 , racchiuse da tutto 1' arco magne- tico, non esercitano azione sensibile sul!' ago della bussola ; in- vece quelle esterne e coiu])rese fra queste e la prima traccia, lo fanno deviare sensibilmente dalla sua posizione di riposo. Su questa parte si vedeva chiaramente 1' azione del fulmine, poiché per lungo tempo le foglie del rampicante, di cui esso è ricoperto, ei'ano appassite per una lunghezza di circa 8 m. e facevano un chiaro contrasto colle parti laterali perfettamente verdi. 7. Mentre a ciascun solco *•' ed .v" corrisponde, sulla faccia del muro rivolta alla vigna, la traccia magnetica già descritta. iuA-ece relativamente al solco s" , su questa stessa faccia e sotto i rami del mandorlo il/', non si osserva nessun effetto magne- tico. S. Ho detto che il terzo solco a" era parallelo alla faccia che guarda ad W del muro C I) (fig. 1) ; il quale è alto circa m. 1,20. La traccia magnetica su (|uesta faccia è lunga comiìlcs- sivamente circa ni. -4, (50. Il suo ]n-in(i|iin (i;ill;i parte sinistra (per ('Ili (/iiarda il muro da ]V) con-isiioiKlc pcrfcttaiiniitc al prin- cipio del solco sul terreno. Mssa leggermente inclinata da sini- stra a destra comincia da m. 0. !>(i d.-ii simlo (lìg. 4), presentan- do a destra la zona di polaiità Sud .V.S', ed a sinistra quella di polarità contraria mi, con (pial- che punto distinto. Cominciano (piasi alla stessa altezza dal suo- lo e scompaiono entrambe a .')(> cm. da esso. 1m zona di pola- rità Sud non è però continua ed j,j„ ^ è più evidente soltanto agli estre- mi. Ad 80 cm. dalla parte più bassa verso destra, si osservano due nastri distinti )ì,s paralleli tra loro, sopra una pietra che Trovato Castoriva [Memoria XV.] poggia sul tei-reno, ed è a sinistra il nastro distinto di polarità Nord, a destra quello di polarità contraria. Sono lunghi 20 cni. circa. Quindi, dopo breve interruzione, si osserva presso il suolo il principio di altre due zone magnetiche, le quali in seguito si dirigono verso alto, ed è a destra la zona di polarità Sud ,sV, de- bolissima e discontinua , a sinistra quella di [tolarità contraria n'n, molto più sensibile con un punto distinto N' , di polarità ì^ord, a 70 cm. dal suolo, sullo spigolo rivolto a NW. 11 solco *•" sul terreno (1) continuava i)er un metro circa oltre 1' estremo di questo muro ed aveva fine presso il muro EW sotto i rami del mandorlo 31' pendenti sul muro. A questo solco faceva seguito il doppio nastro distinto sul muro EW, di cui ho detto al n. 4, come si osserva dalla tìg. 4. 9. La fiiccia opposta di questo muro che guarda dentro l'orto presenta anch' essa delle tracce magnetiche e per lo piìi vei'ti- cali. Ad N m. di distanza circa dall' estremo sinistro di questa faccia (per chi ffuarda) , havvi una pietra, a cm. 96 dal suolo, sulla quale si osservano due sensibili nastri distinti : a sinistra v' è quello di polarità Sud, lungo cm. 30, a destra quello di po- larità contraria, lungo cm. 15. Questi nastri sono sensibilmente verticali e paralleli. Altre tracce isolate più o meno estese so- pra pietre analoghe si osservano pr(ìseguendo ancora verso de- stra per circa ni. 2, 4, 5, 8 da questa pietra magnetica. Il non avere indizio alcuno che questa faccia fosse stata, contempora- neamente alle altre già descritte , colpita in qualche punto da scai'iche elettriche, l' esistenza di tali tracce magnetiche più o meno estese, frequentissima a diverse altezze nei nostri muri di campagna, e 1' abbondanza di punti e nastri distinti nelle lave in situ di queste conti'ade , corroborano 1' ipotesi che le tracce magnetiche accennate siano dovute ad altre fulminazioni. 10. Neil' orto , accanto al muro dalla parte N, trovai poi (1) Le tracce magnetiche sulla foccia di questo muro parallelo al solco »'" si potrel)- liero cousiflerare come dovute a due scariche elettriche diverse. Effetti magnetici del fulmine sulle lave (lelV Etna 9 delle sclieggie che (liiuostravano all' evidenza di essere state stac- cate dalle pietre del muro in corrispondenza della scarica ful- minea ed, esaminatele colla bussola , lio trovato che in esse la distribuzione maunetica è analoga a quella di una calamita : una parte della loro su|)erticie presenta un magnetisnu) di po- larità Nord, li resto oltre una polarità contraria. Una scheggia, avente forma circolare di 1 cui. di diametro, presenta nelle sue due faccie le due polarità opposte. Una parte di una pietra fran- tumata (lai fiilniiue ha la forma di una piramide triangolare. Per la l)ase imI una sua faccia stava attaccata al resto della pietra. J^a base i)reseiita un magnetismo di polarità Nord, il re- sto della superticie una polarità contraria. Una pietra di circa 3 Kg. , avente forma sferoidale, tolta dal mucchio presso il mu- ro E^Y fu. X) , offre; un solo punto distinto di polarità Sud . il resto della suiterficie presenta un magnetismo di polarità Nord. II. 11. Durante lo stesso tem))orale un i'nlmine cadde presso la- stazione lerroviaria al n. IS della slradu detta Croci fisso. La casa colpita, a pian terriMio, p(tsta den- tro un cortile, dista pochi m. dalla stra- da suddetta. La porta e la finestra, praticate in uno stesso muro, guardano a S-W. A pochi nutrì dalla linestra v' è un grosso beo dell' altezza ordiiia- lia, alcuni rami del (piale pendono su Testicuio sinistro della casa. Il fulmine investi il niiud SIvX\\ . Della facciata SW ne scrostò un pezzo (Hg. 5) presso la parte superiore dello stipite sinistro della tinestra , la- sciando una impronta avente la torma di un triangolo isoscele colla base in alto di 27 cui. di lun- ghezza e 'Mi cm. di lato. Un gallo presso la tinestra fu fulmi- Aiii Aie. Skkik 4*, Vor,. XIX — Meni. XV. 2 l'i(! 10 Trovato Vastorina [Memoria XV.J nato. Un bambino di 3 anni che stava sulla soglia della porta, distante pili di 1 ni. dalla finestra , colpito leggermente dal fnlmine stramazz»') a terra. In seguito rinvenne. Salito su di una scala a pinoli, esplorando (juesto muro per mezzo della bussola, m' accorsi che la traccia magnetica, comin- ciava dalla parte piìi alta di questa facciata. Seguendo 1' orlo da sinistra a destra, a 85 cm. dall' estremo sinistro comincia un nastro distinto di polarità Nord nn, di 1 cm. di larghezza ; si abbassa quasi verticalmente per più di mezzo metro, quindi di- venta tortuoso piegando verso destra e lambendo quasi la parte scrostata; in seguito continua in basso per altri 38 cm. sulla faccia SE dello stesso stipite , nel resto del quale non ci sono punti distinti. Seguendo sempre V orlo del muro, a 9 cm. di distanza dal- l' estremo superiore del precedente nastro, se ne osserva un altro brevissimo, pure distinto e di polarità Sud. Pili in là 9 cm. dall' estremo superiore di esso, ha origine un altro nastro distinto h' di polarità Nord, lungo circa cm. 15 e leggermente inclinato verso sinistra. Poscia a 13 cm. ne segue un altro *'*' della stessa lar- ghezza dei precedenti e di polarità Sud, il quale, quasi verti- calmente, si abbassa per cm. 80 e scompare presso 1' estremità inferiore della parte scrostata ; così che essa rimane compresa tra il primo nastro distinto nn e quest' ultimo *V. Siccome la faccia del muro è continua (1) anche continui sono i nastri ma- gnetici distinti. Piìi gin dello stipite, tino al suolo , non si os- servano tracce magnetiche. Presso la parte scrostata staccai un pezzo di calcinaccio ed un pezzo di tegola di terra cotta ad esso aderente. Tanto l'uno, (1) I muri di città souo costruiti, in generale, cou pezzi di lava basaltica piìi o meno regolare ; gli spazi tra i diversi pezzi sono riempiti con rottami di terra cotta, Bchegge di lava ecc. ed i vari pezzi sono tra loro collegati con nna malta che localmente chiamasi Effetti magnetici del fulmine sulle lave dell' Etna 11 quanto 1' altra fanno deviare sensibilmente l' ago magnetico. La finestra, di forma rettangolare lunga m. 1,16 e larga CMi. 79, era chiusa durante il temporale. Sulla sua parte sini- stra, a circa 30 cm. di altezza, si vede una traccia di legno bru- ciato b larga cm. 1,5 e lunga cm. 30, avente origine presso lo stipite e leggermente inclinata in basso. Xella parte superiore di destra, a poclii e ni. dal rispettivo stipite, si osservano fusi le estremità di due chiodi e tutto in- torno il legno bruciato. 12. Dentro la stanza oflfVe trac(;e magnetiche soltanto quel tratto della parete opposta compreso tra la porta e la finestra. Esse, in generale, sono deboli e tali da prevalere il ma- gnetismo di i)olarità Sud. A cm. QS dal suolo si osserva che, per un tratto lungo cm. 21 e largo da 3 a 5 cui. V intonaco fu scrostato e la pietra messa a uudo olfre un debole magne- tismo di pirò rilevare la direzione della sca- rica elettrica, sono ivi abbastanza frequenti. Di ciò mi occuperò per esteso in una prossima nota. 4. In quei casi in cui i tralci delle viti erano j)resso il muro, quantunque ad una certa distanza , la traccia magnetica ha forma analoga alla loro disposizione, la quale negli altri casi è ordinariamente yerticale. 5. // fatto poi che queste scariche elettriche avvennero in cor- risj)ondenza ai ranù defili alberi, di cui si è parlato, conferma an- cora una volta quanto è pericoloso ricoverarsi, durante i temporali, sotto gli alberi in campagna. (1) Invece i Proff. Giovanni e Gaetano Platania avendo eseguite analoghe licerolie sui faliliricati fulminati trovano la direzione della scarica elettrica contantemente dal sunto aita nube — Conf. Gaetano e Giovanni Platania : Effets maijnclìquefi tic la fonare mir Ick roches votcani(jue>i. Comptes Kendus 4 Décembre 1905 — Giovanni e Gaetano Platania : Sul magnelixmo prodotto da fulminazioni. Mem. R. Acc. degli Zelanti 3* serie — Volume IV 1905-1906. Catania, Maggio 1906. ]^eiiiorìa XVI. Ricerche sull' " attrazione „ delle cellule sessuali di UMBERTO DRAGO RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DI REVISIONE COMPOSTA DAI SOCI EFFETTIVI Pkoi'f. R. STADI<:KIM i:i) A. RUSSO (relatore). L'Autore, i)it'messo che l' uttta/ioiie <;lie eserciterebbero le ova sugli spermatozoi della stessa si)ecie viene oof;i dai più interpretata come una modalità di Chemiotropismo, e dopo una minuta rassepfna Ijiblio.itrafica dalla quale risultano opinioni contiadittorie , per tentare di risolvere un così jirave prol)lt'nia instituisce varie esperienze. Dalle ricerche che l'A. ha con- dotto con tecni(!a rigorosa ed i cui risultati sottopone ad una critica minu- ziosa, emeri^ono nuove circostanze
  • ;eneri diversi, a diverse classi ed anche a tipi aiiiinali diversi possono a.i,fgTupparsi attorno alle ova, co- stituendo cumuli anatoglii a ([uelli formati da elementi della stessa s|)ecie dell' ovo, come ancora che attorno alle ova uccise con vari mezzi e rese artificialiTiente, incapaci di '• attrarre ., <;li siìerinatozoi, si possono con sem- plici artilizì tisico-meccanici, indipeiidcnleiiiente dal chemiotropismo, indurre quegli accumuli, che hanno fatto pensare a Senza entrare sui particolari di (jneste aflferniazioiii è certo che la dottrina del chemotropismo sessuale che ha giiV varcato i contini delle nionogratie, e ha invaso i trattati, comincia a per- dere terreno non soltanto per (juanto riguarda 1' attrazione che io ho chiannito « specilica » ma ancora il lenonieno d' indole generale; ed anzi, come si ]UU} desumere dalle precedenti all'erma- zioni e interpretazioni del Morgan, ([nasi per reazione si tende air estremo opposto, a negare cioè che, in generale Y affollarsi degli spermatozoi attorno alle ova sia dovuto a speciali sostanze cheinotropiche dell' ovo esercitanti uno stimolo direttivo sugli elementi sessuali maschili. Il Carazzi nelle sue Bìcerehe embrine sessuale sarebbe dovuta a fenomeni elettrici. Sul proposito il BoKODiN, citato dal Kulagik (1) osserva che, poiché non vi sono che due specie di elettricità, non si com- prende come un uovo avrebbe azione soltanto sullo spermatozoo della stessa, specie. (« Da es zwei Arten Electricitat giebt, cine positive, uiid cine negative, so ist niclit zu begreifen , wie es (1) Nic. KvLAGls—UeTìer die Fraye (ter (icechlechtlichen rermchniiig bei den Tieren — Zoolog. Auz. XXI, pag. 653. Umberto Drago [Memoria XVI.] sicb wolil durc'li electriscli Evscheimingen erkliiren liesee, wa- ruvn das Ei niir auf die Sperniatozoiden derselben Ai't an/iehend wirkt. ») finalmente il Delage (1) che è rinscito a franiinentare le ova di /Stroììf/ilocentrotiis Uvùhi^ in due parti, di cni nna conte- nente il nucleo, e 1' altra priva , aveiido notato che attorno ad entrambe si aflbllaYano egualmente gli spermatozoi, nega al nu- cleo ogni influenza sull'attrazione sessuale, mentre I'Iwanzow (2) gliene attribuisce tanta da farne dipendere un maggior ])otere chemotropico sugli spermatozoi nelle ora non mature. Infatti quest'autore avendo sperimentato con ova immature di Holoiu- ria fiihnlosa, non solo ha notato che gli spermatozoi vi si dili- gono numerosi, ma che altresì vi penetrano raggiungendo il nu- cleo ove si dissolvono in un ammasso di granuli, e qìicsf a-ione cJiemofropica sarebbe mayyìore da parte ileìle ova immature aii~i- chè (li quelle mature. Ma accanto a queste vedute e a queste ricerche nel campo della chimica biologica , non mancano le ipotesi tisico-mecca- niche confortate da esperimenti per analogia, e fra queste è da annoverare quelle esposte nel lavoro di Hekkeka (3) tendente a mostrare il processo fecondativo come un fenomeno di attrazio- ne molecolare. L' A. si è servito per questo intento di un sot- tile strato d' olio (versato in un piatto.) nel mezzo del quale ha lasciato cadere una goccia di tuorlo d' ovo che vi è rimasta sospesa. Avvicinando alla goccia un corpo aciiminnto , questa estuberava nella direzione del corpo, simulando perfettamente un cono d' attrazione, e talora ])resentando contemporaneamente delle deformazioni che potevano paragonarsi a pseudopodi. Se invece del corpo acuminato fìsso, si poneva vicino alla goccia di (1) Delage V. — Emhrìon» sans noyan matcntcl — C. R, Ac. Se. CXXVII — p. 528-531. (2) N. IVANZOw - Ueher die jìlii/siologische Biiìeutnny Aer Process der Eircifnny — Bull. Soc. Moscou 1898, pag. 355. (3) Heiìreua Alfonzo — La fcconduliioi pur atlractìoii moleciihirc — Boll, de la Soo. Zool. de Fraiice. XII — 225. Ricerche huìV " attrazione „ delle cellule sensuali tuorlo un piccolo « spermatozoo artificiale » di legno, questo veniva inimediataniente attratto e penetrava nella goccia. L' A. paragona quindi questi corpi all' ovo e allo sperma- tozoo, e i fenomeni fisici che essi, presentano, ai rispettivi feno- meni biologici che precedono il processo fecondativo, e si crede pertanto autorizzato a dedurne un' analogia la quale, come è evi- dente, non è esente di critica. Come s' è visto da questa rapida esposizione hihliografica, le vedute, le ricerche e le conclusioni dei vari autori sul feno- meno dell' « attrazione sessuah^ » sono così disparate e contra- dittorie, <;he il problema si jmiò dire ben lontano dalla soluzione definitiva. Fatta astrazione (bii particolari del fenomeno , dalla sua natura, dal suo meccanismo, si ]>uò dire che gli autori non sono d' accordo nemmeno sul prin<-ii)io generale , cioè se real- mente si verillclii una vera attrazione da parte delle ova e degli spermatozoi. Così clic allo stato attiuile si può stabilire che volen e delicato richiede. Ho intrapreso le esperienze con obbiettivi diversi, e in or- dine a questi le distinguo in serie in (jnesta rapida esposizione. Serie prima. In questa serie ho avuto di mira di trasportare nel campo della biologia animale (luanto era stato praticato dallo Pfetfer Atti acc. Srrik 4", Voi,. XIX — Mem. XVI. 2 10 Umberto Brago [Memoria XVI.] f'el campo della biologia vegetale : ho voluto cioè sperimentare se le ova introdotte insieme ad un mestruo in tubetti capillari chiusi ad un' estremità, esercitassero un qnalche stimolo che motropico sugli spermatozoi della stessa specie animale, conte- nuti in una goccia di liquido nella quale pescava 1' apertura del tubo capillare. Salvo qualche moditìcazione, che noterò, intesa a sem])liH- care la tecnica, ho modellato il mio metodo di ricerca su quello praticato dal citato autore nelle sue ricerche sugli spermatozoi delle felci. Come materiale di esperimento ho scelto ova e sperma dello /Stì'oiif/ih)C('>ttrofu.s- Uvidifs- che ho diluito in acipia di mare, assi- curandomi, prima di ostrarre gli organi sessuali, che gli animali fossero vivi, e controllando, dopo V aggiunta del mestruo Fino- cuità di esso, rivelata dalla vivace mobilità degli spermatozoi. Questa precauzione mi si è dimostrata indispensabile perchè non di rado notavo, che 1' aggiunta di acqua di mare uccideva gli spermatozoi o i)er lo meno ne paralizzava il movimento, già molto vivace prima della miscela. Con tali precauzioni ero sicuro di o[>erare con elementi ses- suali perfettamente vitali. I tubi adoperati avevano un diametro oscillante da 7* a Va'Vs ^* nim. e una lunghezza da 12-18 mm. Fatta la diluizione delle ova che avevo cura di trarre da ovaie mature, in individui che già ne emettevano all' esterno in acqua di unire, come ho precedentemente esposto, le introducevo nel tubo capillare con un procedimento diverso da quello dello Pfefter. Questi operava nel modo seguente : Prescelti i tul)i, dopo averli chiusi alla lampada ad una delle estremità, li immergeva nel liquido di cui voleva riempirli, e sottoponeva il tutto al vuoto nella macchina pneumatica. Avvenuta la rarefaziene del- l' aria il liquido si introduceva nei tubi, e alla tino rimaneva nell'estremità chiusa uno spazio di 2-4 mm. ripien d'aria. Ricerche sul/' " attrazione „ delle cellule sessuali 11 Questo processo abbastanza lungo e relativamente compli- cato, veniva da me sostituito come appresso : Prescelti i tubi aperti da tutte e due le estremità, li immergevo nel liquido il quale prontamente vi ascendeva. Prima che si riempissero com- pletamente 0 quando ancora rimaneva uno spazio di 4-6 mm. all' altra estremità, li ritiravo. Sostenendoli con una pinzetta, senza esercitarvi alcuna pressione, avvicinavo 1' estremità vuota di liquido a una piccolissima fiammella e rapidamente immer- gevo r altra estremità nel liquido contenuto in un vetro da orologio clie avevo tenuto vicinissimo al tubo. L' estremo di questo esposto alla fiammella si saldava subito, e l'istantanea immersione dell'altro estremo nel liquido, aveva per effetto di ricostituire entro il tubo la colonna licpiida spostata ]ier opera della dilatazione indotta dal calore. Se V operazione non m' era riuscita, se cioè per effetto della dilatazione dell' aria e del li- quido e della loro successiva contrazioni; pel raffreddamento . veniva a penetrare dell' aria all' estremo libero del tubo, bastava avvicirfave l'estremo chiuso del tubo, mantenuto dentro al li(iuido. a una certa distanza dalla fiamma pcrcliè avvenisse una nuova dilatazione dell'aria e del li(|uido, capace di scacciare la bollicina d'aria terminale, richiamandovi in sua vece del liquido. Una precauzione indÌNi)ensabile doveva ancora adottare nel rompere i tubi per ottenerli delle volute dimensioni , pctichè se la superficie di frattura non era pressoché orizzontale, e relati- vamente liscia e continua, ina frastagliata o a becco di ffauto , si tratteneva all' estremo libero del tubo una bollicina d' aria la quale naturalmente, come nel caso precedente, impediva il con- tatto diretto fra il liquido interno e l'esterno. Si comprenderà di leggieri come non sia agevole ottenere che tubi si trovino in (|ueste condizioni, e come occorra spesso rifare più d' una volta la preparazione dello stespo tubetto. E perciò che in (juesto genere di ricerche il tempo e la pazienza dello sperimentatore sono messi a dura pi'ova. Colla modificazione di tecnica precedentemente accennata , Ì2 Umberto Brago [Memoria XVI.] non 80I0 seniplitìcavo e rendevo più spedito il metodo, ina ottenevo che, dopo la chiusura del tubo , lo spazio di aria residuale era molto minore di quello che residuava nei tubi adoperati dallo Pfeifer nei quali tale spazio, su tubi di 4-7 min. di lunghezza, variava dai 2-4 cioè circa la metà della lunghezza del tubo. Questo risultato ha una grande importanza per 1' esattezza delle ricerche, poiché avuto riguardo alla sottigliezza delle pareti del capillare, lo spazio d'aria viene tanto piìi facilmente influenzato dalla temperatura esterna e quindi tanto più facilmente determi- na la fuoruscita o il rientramento meccanico del liquido, quanto maggiore è la qujintità d' aria a terifo e rispettivamente la dila- tazione di essa. Col metodo da me adoperato io riuscivo per lo più a ridurre quello spazio a meno di un millimetro. Compiuta quest' operazione adagiavo il (;apillare sul porta- oggetti, in modo che l'imboccatura pescasse nella goccia di li- quido, mantenendovelo orizzontale, obliquo, o verticale, con oppor- tune disposizioni , a seconda le esigenze dell' esperimento. Per impedire 1' evaporazione del liquido esterno, collocavo jier lo più il preparato in (;amera umida, invece di ricoprirlo col portaog- getti, come praticava lo Pfefter, il che del resto non avrei potuto uguahnente fare, data la disposizione obliqua e verticale dei tubi. Così a determinati intervalli toglievo dalla camera umida il l^reparato, e lo sottoponevo a una rapida osservazione. Esperienze. Un numero considerevole di esperienze vengono eseguite in- troducendo nei capillari le ova di Sti'oìigilocentrotus con acqua di mare, e immergendo 1' estremità aperta dei tubi nella goccia di liquido contenente gli spermatozoi dello stesso animale. Esa- minato già dopo pochi minuti il liquido contenuto entro il tubo ho notato la penetrazione degli spermatozoi e il loro caratteristi- co aggruppamento attorno alle ova. Nelle osservazioni successi- ve la penetrazione è andata aumentando : gli spermatozoi con- tenuti nel tubo non solo si sono mostrati in quantità crescenti, ma Ricerche suW " attrazione „ delle cellule sessuali 13 si sono approfonditi guadagnando le sezioni superiori del tubo, e aggruppandosi al solito attorno alle ora. Quest' aumento nella luanifestazione del fenomeno ha però un limite e cessa dall' os- servarsi quando gli elementi maschili agglutinati all' imbocca- tura 1' occludono. L' esito di questo genere di esperienze è costantemente quello descritto , tutte le volte che si osservano le precauzioni di tec- nica che ho accennato precedentemente, poiché basta la più pic- cola inosservanza come p. es. la penetrazione di qualche piccola bolla d' aria nel tubo, o il residuo di esso all'imboccatura, o la concontrazione del liquido esterno anche per leggiera evapora- zione, o lo spostamento meccanico del tubo dal centro della goc- cia verso i margini di essa, ove generalmente la concentrazione è maggiore e gli elementi si incontrano meno vitali e quindi meno vivaci e in parte agglutinati, bastano lo ripeto, queste cause apparentemente di poca entità perchè gli spermatozoi del litiui- do esterno rimangano agglutinati all' imboccatura del tubo senza penetrarvi sino a raggiungere le ova. Devo notare a questo proposito che non ho potuto con si- curezza convincermi se la distanza delle ova contenute nel tubo dall' imboccatura di esso, avesse un certo rapporto coli' intensità di penetrazione degli spermatozoi. Xell' introdurre nel capillare il liquido colle ova mi è accaduto spesso di notare, specialmente quando il numero di esse era rilevante, che il primo ovo della serie contenuta era vicinissimo all' imboccatura, ed all' opposto, ho notato altre volte che il i)rimo ovo della serie distava dell'im- boccatura non di rado per più di metà della lunghezza del tubo. Ebbene, in lutti e due i casi il fenomeno della penetrazione de- gli spermatozoi, salvo qualche eccezione, «i veriticava ugualmente e colle stesse modalità. Dalle esperienze surriferite si può adunque ammettere con sicurezza che gli spermatozoi dello Sfroiif/i/locenfroftifi Uvidits- con- tenuti in un mestruo penetrano nei tubi capillari contenenti ova 14 Umberto Drago [Memoria XVI.] dello stesso individuo. Questa couclnsioiie soltanto, e non altra più ampia, si può trarre da questi fatti, i quali non autorizzano certamente a dedurre che si tratti di un fenomeno di cliemo- tropismo. II. Sekie di esperienze. Per escludere eventualmente la possibilità che la penetra- zione degli spermatozoi nel tubo sia un fenomeno di barotrofì- smo negativo, ho intrapreso un' altra serie di ricerche variando la disposizione degli oggetti in senso perfettamente ojjposto. Ho introdotto cioè gli spermatozoi dello stesso animale nei tubetti la cui imboccafnva ho immerso in una goccia d' acqua di mare contenente ova. Le esperienze ripetute per molte volte mi hanno condotto a risultati costantemente positivi : gli spermatozoi cioè fuoresco- no dai tubi e assumono la caratteristica disposizione attorno alle ova contenute nella goccia esterna. III. Serie. Per assicurarmi meglio dclT entità delle precedenti ricerche ho adottato una terza moditìcazione nella disposizione degli og- getti, capovolgendo i tubetti contenenti lo sperma diluito e faccen- done pescare 1' estremità in goccia pendente dal vetrino , nella quale erano contenute ova in acqua di mare. Queste operazioni richiedono una tecnica speciale, e più che la tecnica, molta circospezione. Per mantenere i tubi nella posizione verticale io usavo a*t- taccarli a un piccolo cubo di paraffina di cui fondevo la parte centrale. Bisognerà però condurre l'operazione rapidamente, e aver cura di immergere 1' estremo chiuso del tubo nella paraffina solo quando questa comincia a soliditìcarsi , poiché nel caso diverso si rischia di perdere una piccola quantità di liquido per evapo- razione air imboccatura, ed altra più rilevante per dilatazione Ricerche sulV " attrazione „ delle cellule sessuali 15 dell' arili e del liquido stesso dovuta al calore della paraffina a contatto coir estremo chiuso, il che, nel consecutivo ritrarsi dal liquido farebbe penetrare l' aria nell' imboccatura costituendo quindi un' interruzione nella colonna liquida interna ed esterna. Per maggiore sicurezza e rapidità è opportunissimo d'incol- lare il tubetto sulla paraffina dopo di averne immerso 1' imboc- catura nella goccia pendente, e adottarvi quindi al disotto un sostegno mobile. Ma con tali precauzioni non è esaurita la prova della pa- zienza dello sperimentatore , poicliè occorre che V imboccatura del tubetto non vada a l)attere contro il vetro che sostiene la goccia pendente, e quindi bisogna che questo sia anch' esso ap- poggiato a un sostegno mobile capace di piccoli si)Ostamenti a vite nelle due direzioni verticali. .Do[)o ciò io mettevo 1' apparecchino in camera umida per impedire che la goccia esterna evaporasse, dovendo esaminarla a intervalli relativamente lunghi per esser sicuro del risultato delle esperienze. Il risultato di queste è stato in massima negativo, in (guanto che, quasi costantemente non si è avverato la fuoruscita degli spermatozoi dal tubetto, e quindi il consecutivo aggrnpj)amento attorno alle ova della goccia pendente. Solo su due delle nove esperienze eseguite ho notato pochissimi spermatozoi fuorusciti dal tubo e aggruppati attorno alle ova. E poiché è da ammet- tere che nel maggior numero dei casi, V uscita degli spermatozoi era impedita dalla pressione del liquido della goccia esterna, è facile interpretare i risultati diversi dei due casi citati consi- derando che la quantità del liquido della goccia non può essere sempre uguale, e tale da esercitare una pressione significante sul sottostante liquido del tubetto. Per controllare poi i risultati e constatare che realmente nes- suno spermatozoo era penetrato nella goccia contenente le ova, nei citati casi con esito negativo, io usavo, esaurita l'esperienza, diluire la goccia in acqua di mare, ed osservare dopo un certo 16 Umherto Brago [[MEMORIA XVI.] tempo se si effettuissero in qualche oro dei processi di segmen- tazione, osservazione che ebbe in tutti e sette i casi esito nega- tivo, mentre il campione di controUo, che avevo cura di appre- stare ogni volta unendo direttamente sperma ed ova deluiti in acqua di mare, in una capsuletta , mi dava i soliti stadi divi- sionali. Dalle precedenti esperienze si può quindi concludere che la constatata fuoruscita degli spermatozoi dai tubi o reciprocamente la loro introduzione e il loro movimento verso le ova non siano dovuti a nessuna delle due specie di barotroi^ismo, poiché se da un canto è evidente e quasi costante che gli elementi sessuali maschili dell' Ecliinus Jividìift per raggiungere le ova si diriggo- no, (entro un determinato limite di pressione) nel senso perfet- tamente opposto alla pressione del liquido , è altresì evidente e costante che essi seguono ancora la direzione della pressione. A precisare presumibilmente 1' indole del fenomeno consta- tato nelle varie serie di esperienze, ho istituito un' altra serie, servendomi di ova delhi stessa specie, delle quali distruggevo previamente la vitalità del protoplasma col calore. IV. Serie. Per assicurarmi del grado di temperatura necessario ad uc- cidere il protoplasma delle ova, esponevo contemporaneamente nel termostato in due capsule distinte, ben chiuse, ova e sperma- tozoi diluiti in acqua di mare, partendo da una temperatura ini- ziale di 25° e facendola aumentare gradatamente. Successiva- mente, ad ogni aumento di 5° gradi , esaminavo la mobilità degli spermatozoi. Questa, a partire da 45" si andava indebo- lendo, tinche a 55° era completamente annullata. Era quindi a presumere che a questa temperatura la loro vitalità fosse annul- lata. Però per assicurarmi viemmeglio che non si trattava di una semplice sospensione del movimento, aggiungevo alla cap- Ricerche suW '■^ attrazione „ delle cellule sessuali 17 sula contenente gli spermatozoi così riscaldata, una quantità re- lativamente grande di acqua di mare allo scopo di ratfreddare il mestruo e di ripristinarne la densità eventualmente aumen- tata per evaporazione del liquido, quantunque, come ho accen- nato precedentemente, avessi ben chiuso le capsule. Allorché mi ero assicurato che la temperatura di questa mi- scela era quella dell' ambiente riesaminavo gli spermatozoi i quali si mostravano ugualmente immobili come prima di quest' ag- giunta. L'osservazione prolungata e ripetuta mi metteva al co- perto da possibili errori. Se adunque a 55° l'attività del protoplasma di questi sper- matozoi è annullata, è molto verosimile che alla stessa tempe ratura il protoplasma delle ova subisca la stessa sorte. Tuttavia per essere più sicuro, riscaldavo le ova a ti5". Xoto di passaggio che queste temperature le assumevo direttamente immergendo il termometro nei liciuidi delle capsule, poiché non solo si manife- sta, coni' é naturale, una notevole difterenza fra la temperatura del tei'inostato e quella dei li(|uidi contenuti nei piccoli recipienti introdottivi, ma questa ditterenza non é né costante, né propor- zionale ai A'ari aumenti di temperatura. Per assicurarmi della integrità lisiologica del materiale sot- toposto alle dette esperienze, usavo ad ogni ricerca preparare un campione di controllo, come ho riferito nell' esposizione della se- rie precedente. In un primo gruppo di questa soric lio voluto osservare il comportamento degli spermatozoi verso le ova (|uando (jueste ve- nivano riscaldate alla tem]>cratura eccessiva di 100" 0. Aggiun- gendo lo sperma diluito, all' ac(|ua contenente le ova riscaldate a 100° dopo un certo tempo che questa si era rattVeddata alla temperatura dell'ambiente, notavo che gli elementi sessuali ma- schili generalmente non costituivano attorno alle ova quei soliti Atti acc. Skbik 4*, Voi.. XIX — Mem. XVI. 3 18 Umberto Brago [Memoria XVI.] aggruppamenti caratteristici, ovvero se si acciimulavano attorno a qualcuno, il cumulo era rado non solo, ma temporaneo : dopo pochi istanti si scioglieva e gli elementi maschili si allontana- vano. Per rendermi un conto più esatto del fenomeno e avere sot- t' occhio hi differenza del comportamento degli spermatozoi verso le ova normali vive a quelle uccise col calore a 100" facevo quindi una miscela delle due specie d' ova e vi aggiungevo lo sperma. La distinzione fra le due specie d' ova era facile, poiché quelle esposte alla temperatura di 100° assumevano un colorito più chiaro, opaco, e non lasciavano scorgere il nucleo. Quest' esperienza ripetuta parecchie volte mi faceva appunto confermare con maggioi' sicurezza il risultato precedentemente esposto cioè che gli spermatozoi non si accumulavano , o solo scarsissimamente e fugacemente attorno alle ova i)reviiuuente esposte alla temperatura di 100° 0. ideile capsule di controllo V integrità fisiologica del mate- riale adoperato ei"a assicurata dal fatto che già alla l* orn dopo F unione dello sperma colle ova normali, queste si presentavano allo stadio di morula. II. In un susseguente gruppo di esperienze riscaldavo diretta- mente in una capsuletta di porcellana che esponevo a una [dccohi fiamma a gas, le ova a 75° 0. e dopo il rafreddamento aggiun- gevo lo spei'ma diluito. Tolta una goccia dalla miscela ed esa- minata al microscopio, non notavo alcun aggruppamento degli spermatozoi attorno alle ova. Riesaminata la miscela dopo 4-6 ore non notavo alcuna figura di segmentazione, mentre nel cam- pione di controllo le nmrule erano osservabili già dalla 1'' ora. III. Nel terzo gruppo di esperienze riscaldavo le ova nel termo- stato a 67°. La temperatura del liquido contenuto nella capsula Ricerche sulV " attrazione „ delle cellule sessuali 19 misurata divettainente era in tal caso di 58°. L' aggiunta dello sperma, dopo il raffreddamento del liquido, induceva 1' aggrup- pamento degli spermatozoi attorno alle ova quasi come nelle ova normali contenute nella capsula di controllo. In questa si nota- vano al solito gli stadi di morula dopo la 4" ora. lY. Nel (juarto gru])p<) il riscaldamento delle ova veniva fatto direttamente nella solita capsuletta in cui tenevo il termometro sin dal princi})io dell' esperienza, e che esponevo a una piccola fiamma a gas. A 60" C. ritiravo la capsula dalla fiamma e raf- freddavo gradatamente il li(|uido coli' aggiunta di acipia di mare e ponendo la cajtsula a galleggiare in actjua fredda. L' aggiunta di sperma diluito non provocava alcun aggrup- pamento dei suoi elementi attorno alle ova, malgrado i movimenti vivacissimi degli spermatozoi, e l'integrità fisiologica del mate- riale dimostrata dalle figure di segmentazione ottenute al solito nella capsula di controllo. Esperienze? come nel grui)po precedente. Kiscaldaun'utit di- retto a ali". Risultato negativo come nel caso pi'ecedente. Nelle capsule di controllo il risultato è come al solito positivo. VI. In ([uesto gruppo di esperienze esponevo nel termostato la capsula col li((UÌdo conteiunite le ova , e la ritiravo (piando la temperatura della stufa segnava 60". La temperatura did li(|uido della capsula misurata direttamente era allora di 52°. Kattreddato il liquido, e aggiunta la miscela di sperma e acqua di mare m)n si notava alcun aggruppamento attorno alle ova, uè figure di seg- 20 Umberto Brago [Memoria XVI. nientazione nelle ore successive, mentre nel materiale di controllo alla 5"' ora si costatavano le ova allo stadio di morula. VII. Riscaldamento diretto a 50°. Risultato positivo: aggruppa- mento caratteristico evidentissimo. Nessuno stadio di segmenta- zione però si osserva sino alla (ì" ora in queste ova, mentre nel campione di controllo con ova normali, il risultato è al solito positivo. Vili. Riscaldamento a 52" nel termostato della capsula contenente il li(juido colle ova. Temperatura interna del li(|uido 47°. Ag- gruppamento degli spermatozoi come nelle ova normali. Nessu- na tìgura di segmentazione però vi si nota in prosieguo, mentre nelle ova normali di controllo si riscontra lo stadio di gastrula alla 12* ora. IX. In un susseguente gruppo di esperienze riscaldavo diretta- mente le ova a 47° 0. e dopo il raffredamento aggiungevo lo sperma diluito. Tolta una goccia dalla miscela ed esaminata al microscopio, notavo attorno alle ova l'aggruppamento caratteri- stico degli spermatozoi, il quale perdurava , esaminando dopo molto tempo il rimanente della miscela contenuta nella capsula. Però nessuno stadio di segmentazione mi era dato di riscontrare nelle ova contenutevi, malgrado prolungassi le osservazioni sino alla G* ora , mentre nel materiale di controllo già dopo 4 ore riscontravo quasi tutte le ova allo stadio di morula. Riscaldamento diretto delle ova a 42°. Raifreddamento e ag- giunta di sperma. Aggruppamento caratterisco degli spermatozoi Eice)-che sulV -^ attrazioiie „ delle cellule sessuali 21 attorno alle ova come nel caso normale. Xessuna figura di seg- mentazione dopo 0 ore. Xelle ova iioi'iiiali di controllo si nota lo stadio di morula alla 4" ora. XI. Riscaldamento delle ova in t<-iiiiostato. Temperatura della stufa 40°. Temperatura del li(|i;i(l«> contenente le ova nella cap- sula 37°. Risultati come nel caso precedente. MI. Riscaldamento in termostato. Temperatura della stuta 35°. Temperatura del liquido entro la capsula 33°. Aggruppamento caratteristico degli spermatozoi attorno alle ova, come nei (^asi procedenti. Alla 12* ora si nota lo sviluppo di larve poco mo- bili e non vitali, in (nianter ora precisare è la ragione [)er la quale gli spermatozoi non si accumulano attorno alle ova che hanno saluto temperature su- periori a .")<)". Si pdtrcltlK; anzitutto suppoirc che venendo meno a ([ueHa temi)eratiir:i la vitalità del ]u-otoplasnia ovulare, (juesto non sia più cajìace di attrarre gli spermatozoi. Si verrebbe così a rimettere in onore la vecchia dottrina vitalistica che ammetteva la miste- riosa forza vitale cai)ace di esercitare un' arcana forza attrattiva sul!' elemento maschile. Ma è però certo che se tale non è la causa, essa è intimamente collegata a modificazioni tisiche o chimiche le (|uali a (luella temperatura (]e\(ino avverarsi iiel- r ovo, e che non è ammissibile^ dopo (luesti risultati che 1' ao cuniolo degli spennatozoi attorno alle ova, sia, come vogliono certuni, fra cui il citato Uuller un fenomeno puramente occa- sionale di contatto, dovuto alla loro uìolteplicità nel mezzo in cui sono contenute le ova, e alla dimensione di queste. Che (|uest' ijìotc^si fosse già da scartare si può assumere a priori considerando anzitutto che quel caratteristico accumulo degli elementi maschili attorno alle uova, si avvera anche se il mezzo è jìovero dei detti elementi, ma (jiiaiido tale considera- zione non bastasse, i risultati sperimentali da me citati prece- dentemente distruggono com])letamente tale ipotesi. Xon si com- prenderebbe infatti perchè gli spermatozoi si accumulano attorno alle ova che in)n lianno subito l' azione di una temperatura re- lativamente elevata, mentre si mantengono lontani da quelle esposte a tein]>erature superiori a 50'\ pur rimanendone costan- te il loro numero e le dimensioni delle ova. 24 Umberto 1 tra fio [Memoria XVI.] A ogni modo per togliere ogni dubbio possibile a favoi'e dell' ipotesi del Buller, io ho praticato un gruppo di esperienze unendo corpuscoli inerti, come polveri di carl)one e sabbia, con spermatozoi di Echinus lividus. TV. Serie In questa serie lio adoperate polveri di carbone e sabbia a uranuli piuttosto grossi, clic ho aggiunto sul coprioggetti alla goccia di sperma diluito in ac(|ua di mare, facendo nelle varie esperienze variare la quantità di spermatozoi contenuti nel li- quido tino ad adoperare soluzioni poverissime, ottenute mediante ripetute diluizioni della goccia che chiamerò viadre. Contem- poraneamente ho avuto cura di istituire collo stesso liquido di- luito che mi serviva per sperimentare la i)olvere, delle espei'ienze di controllo con ova normali dell' Echinus. I risultati pareva sulle prime, dovessero dar ragione al Buller, poiché nelle miscele ricche di zoospermi, si vedevano questi accumulati attorno ai corpuscoli di sal)bia e di carbone. Però osservando attentamente, e confrontando coi preparati di controllo si notava : 1" Che i detti accumoli si avveravano anche attorno a granuli piccolissimi. 2". Che essi erano di gran lunga meno ricchi di zoospermi che i cumuli attorno alle ova. 3° Che la loro formazione era fugace e non permanente, come in questo ultimo caso. 4° Einalmente che il fenomeno diminuiva di inten- sità a misura che si impoveriva di zoospermi la miscela, me- diante le diluizioni, finché non si avverava affatto ; mentre era sempre dimostrabile e in maniera evidente trattando le ova nor- mali del Riccio cogli stessi liquidi contenenti minore quantità di zoospermi. Dopo tali esperienze non mi pare che il Buller abbia piti ragione di sostenere la sua ipotesi, la quale del resto non é for- u)ulata in una maniera tanto chiara da escludere che essa col- Ricerche sulV " attrazione „ delle cellule sessuali leghi il fenomeno alla serie di quelli dovuti a diverso tropismo e precisamente a quello che i biologi chiamano tigmotroplsmo. Cade qui opportuno di far rilevare che il vero fenomeno dell' attrazione sessuale, nel senso in cui viene obbiettivamente osservato, non consiste semplicemente nelT accumulo degli sper- matozoi attorno alle ova, ma presenta altre particolari modalità che gli sono caratteristiche, e delle quali non si deve fare astra- zione. Queste modalità consistono, coni' è stato teste accennato principalmente nella persistenza degli accumuli, nella loro esten- sione, la quale comprende attorno all' ovo un'area che talora ha un raggio doppio di (]uello dell'ovo, nella loro compattezza e nella graduale degradazione verso la periferia, mentre le zone intermedie fra le varie ova sono relativamente povere di tila- menti spermatici. È l'insieme di tutti questi caratteri, e non soltanto i semplici accumoli, che hanno indotto gli osservatori ad ammettere nelle ova una proprietà attrattiva sugli sperma- tozoi, intimamente legata alla fecondazione. Così che nei risultati dei vari autori che hanno sperimen- tato in un senso o nell'altro, per escludere o ammettere l'at- trazione sessuale, e per assegiuirle una causa fìsica, chimica o meccanica che agisca come stinìolo fisiologico attivo o come agente da cui siano sollecitiiti passivamente gli elementi ma- schili, sono appunto da fare le i)iù caute riserve, essendo legit- timo dubitare se essi si siano realmente trovati di fronte ad osservazioni perfettamente identiche, nella loro esteriorità ob- biettiva, ai fenomeni d'" attrazione .sessuale „. Escluso adunque che 1' accumulo degli spermatozoi attorno alle ova si debba unicamente a un semplice contatto nel senso del BULLER, resta a iiulagan> (|uale altra ragione possa inter- venire nel fenomeno delT " attrazione „ dal momento che questa, come s'è visto, non si verifica nelle ova esposte a temjH'rature relativauìente alte. E anzitutto, pur non allontanandomi dai concetti biologici moderni, mi è sembrato indispensabile precisare se il fenomeno Atti aCC. Skrik 4*, Vol. XIX — Meni. XVI. 4 26 Umberto Brmjo [Memoria XVI.] si connetta esclusivamente all' attività del protoplasma vivente, o possa sussistere indipendentemente da questa per effetto dei prodotti del suo metabolismo già preformati. Per ricavarne eventualmente qualche delucidazione, ho vo- luto istituire nuove esperienze coi tubetti, come nella prima serie, introducendovi in un gruppo il liquido, ottenuto mediante tinissimo pestamento, espressione e decantazione dagli ovari del Riccio, in un altro ova, previamente esposte a varie tempe- rature come nelle esperienze della serie III. y. Serie Non avendo nulla di particolare da aggiungere per quanto si riferisce alla tecnica, la quale è stata identica a quella se- guita nelle precedenti serie di esperienze, mi occupo dei criteri ai quali mi sono informato e ai relativi risultati. Le prove del primo gruppo sono state seguite da risultati positivi analoghi a quelli della 1* serie in cui le ova erano state introdotte integre. In quelle del secondo gruppo, praticate cioè introducendo nei tubetti le ova esposte precedentemente alle identiche temperature provate nelle esperienze fatte direttamente, ho notato, da prima con molta sorpresa, che gli spermatozoi contenuti nella goccia esterna in cui pescava al solito, V imboc- catura dei tubi, penetravano in questi anche quando le ova contenutevi erano state esposte a temperature superiori a 50° C. Per maggiore uniformità di procedimento riscaldai le ova a 75° 0. prima e a 100° successivamente, ottenendo uguali risul- tati positivi. Però notai che i zoospermi malgrado la loro pene- trazione nei capillari contenenti ova riscaldate oltre i 50° C, non si disponevano attorno alle ova nei noti cumuli caratteri- stici, come avveniva nelle ova normali e in quelle riscaldate a temperature inferiori, introdotte nei tubi. Era quindi evidente che la penetrazione nei capillari non aveva nulla che vedere coi fenomeni di attrazione e che proba- Bicerche sitlP " attrazione „ delle cellule sessuali 27 bilmente iioii riconosceva 1' iiiflnenzii specitìca del contenuto dei tubi. Per assicurarmi di questa possibilità ho istituito, un' altra serie di esperienze. VI. Sekie 1. Ho introdotto dappiinia nei capillari soltanto dell' acqua di mare prcTiamente filtrata e lio ininierso V imboccatura nella solita goccia di li<|uido contenente spermatozoi del Riccio. Il risultato è stato positivo, in (|uanto che si è ottenuta una evidente penetrazione dolili elementi sessuali entro i tubi capillari. 2. Ho riempito i tubi con acqua distillata, adoperando in seguito lo stesso procedimento. Il risultato è stato positivo: gli s|)ermatozoi sono penetrati nei tubi ; però essendo V acqua distillata un mezzo nocivo alla loro esistenza, ne sono stati uccisi o ]»er lo meno paralizzati, poco dopo la loro introduzione, cosichè non hanno potuto inva- dere le parti più alte dei tulli. 3. Tubi riempiti con soluzione concentrata di Cloruro di sodio in acijua distillata. Penetrazione come nel caso procedente, riuscendo tale solu- zione tossica per gli elementi sessuali dell' Kchinus. 4. Tubi con soluzione 1 'Vg di acido ossalico. Kisultati come nel (;aso precedente. Questi risultati, non volendo generalizzare, provano per lo meno che il metodo dei tubi capillari non è assolutamente adatto allo studio dei fenomeni di attraziouc sessuale. Poiché la pene- trazione degli spermatozoi nei detti tubi avviene in qualunque condizione, qualunque sia la costituzione chimica e la condizione tisiologica del contenuto, poic^hè gli zoospermi pur penetrando nei tubetti contenenti ova sovrariscaldate non si accumulano at- torno ad esse, poiché essi penetrano inditterentemente nei tubi non solo quando questi contengono sostanze per essi indiflferenti 28 Umberto Drago [Memoria XVI.] come r acqua di mare, ma altresì nocive e tossiche come 1' acqua distillata, le dosi elevate di cloruro di sodio, e l'acido ossalico, è evidente che la loi'o penetrazione non è dovuta a un qualsiasi stimolo fisiologico direttivo che abbia attinenza colla funzione fecondativa. Nello stato attuale di queste ricerche non mi paiono adun- que possibili che le seguenti ipotesi per spiegare il mancante accumulo degli spermatozoi attorno alle ova riscaldate oltre i 50° O. 1. Determinandosi per effetto del calore una parziale coa- gulazione del protoplasma dell' ovo, questa modificazione fisica potrebbe ostacolare meccanicamente la penetrazione del zoosper- ma, togliendo ogni ragione lisiologica all'attrazione, e rispetti- vamente agli spermatozoi per accumularsi attorno alle ova. 2. O i detti accumuli sono realmente dovuti a chemotro- pismo derivante dall' ovo i cui prodotti, agenti da stimoli chi- mici, vengono a quella temperatura alterati. 3. Ovvero che non si avveri realmente un tropismo sessuale, ma che l' accumulo degli spermatozoi attorno alle ova, e quindi l'apparente attrazione non sia dovuta che a un agglutinamento prodotta da una qualche sostanza vischiosa esistente in quantità inapprezzabile nello strato pivi periferico dell' ovo , e quindi coagulata o distrutta da temperature superiori. La prima ipotesi mi pare facile a scartare considerando anzitutto che temperature poco superiori a 50° non producono nel protoplasma coagulazioni o precipitazioni così dense da osta- colare meccanicamente l' introduzione del filamento spermatico. Ma dato pure che 1' alterazione si verifichi, noi possiamo affermare che i due momenti della coniugazione : attrazione e penetrazione, sono anch' essi sino ad un certo punto indipendenti o che in altri termini gli spermatozoi formano i cumuli carat- teristici anche attorno a quelle ova, nei quali sicuramente non possono penetrare, come ad esempio attorno alle ova fecondate. Ma poiché si potrebbe obbiettare che tali cumuli osservati at- Ricerche sitW " attrazione ,, delle cellule sessuali 29 torno all' oyo dopo la penetrazione del zoosperma, siano cumuli, residuali determinati prima della penetrazione, ho istituito le seguenti esperienze. VII. Serie l. Gruppo Aiiitando alquanto un" acqua di mare ova di E. lividus che presumevo molto verosimilmente fecondate, riuscivo a liberarli quasi completamente dei zoospermi che vi erano aderenti. Ag- giungendo alle ova così preparate, nuovo li(|uido spermatico, notavo evidentissimo il fenomeno dell' attrazione e dei cumuli attorno a tali ova. II. Gruppo Ova di E. lividus fecondate e in via di segmentazione. Aggiunta di liquido spermatico come sopra. Risultato positivo evidente : attorno alle ova che si trovano jielle prime fasi della segmentazione cioè a 2, 4, 8 blastomeri, gli spermatozoi si accumulano come attorno alle ova normali non fecondato. Dopo tali esperienze mi pare sufficientemente dimostrato che 1' « attrazione sessuale » è indipendente dalla penetrazione dello spermatozoo nelT ovo e quindi la prima ipotesi per spie- gare la mancante attrazione in ova so])rariscaldate è destituita di fondamento. Occorre adunque esaminare la 2* qnistione se cioè tale at- trazione sia dovuta a sostanze emananti dall' ovo ed esercitanti uno stimolo chimico, o in altri termini, se trattasi proprio di un caso di chemotropismo sessuale, come ammette la generalità dei biologi da Pfeffer in poi. Certamente l' ipotesi non manca di avere il suo addentellato sperimentale d' indole generale , jier quanto ci siano ignoti i cambiamenti chimici che possono per avventura veriticarsi nel 30 Umberto Drago [Memoria XVI.] protoplasma ovulare per effetto della temperatura. Noi sappiamo per esempio che a temperature superiori a 60° C le lecitine del tuorlo si sdoppiano. Si potrebbe quindi dedurre clie altri sdoppiamenti o sintesi si determinino a noi sconosciuti, per ef- fetto dei quali cambiando struttura la sostanza protoplasmatica, verrebbe meno 1' azione chemotropica di esse. Per delucidare possibilmente questo quesito, ho voluto stu- diare il problema non meno importante dell'attrazione specitica cioè di quell'intluenza che, secondo la generalità dei biologi, ogni ovo sj^iegherebbe per attrarre soltanto lo spermatozoo della stessa s])ecie ; ho creduto quindi utile istituire una nuova serie di esperienze. Con queste lio cercato anzitutto di constatare se fosse realmente vero che gli spermatozoi si accumulassero soltanto attorno alle ova della stessa specie, o si trattasse piuttosto di uiM) dei soliti preconcetti scientitici, di cui il Yerwokx, sul proposito , nel passo precedentemente citato , ci dà un esempio dimostrativo. Esperienze Per questo scopo ho incrociato sperimentalmente ova e sper- matozoi di animali diversi, cominciando prima con elementi sessuali provenienti da individui di specie diversa poi da indi- vidui di diverso genere, classi, ordini e tipi, avendo cura di mettere i detti elementi nelle identiche condizioni naturali di mezzo : avvalendomi cioè di animali marini. ideila tecnica ho avuto cura di assicurarmi della perfetta vitalità dei prodotti sessuali sia coli' osservazione diretta, sia coi campioni di controllo nei quali seguivo il fenomeno di fecon- dazione e di segmentazione ; non solo, ma ho anche istituito delle esperienze comparative per quando si riferiva all' entità dell' attivazione, mescendo il liquido spermatico sia con ova dello individuo diverso, sia con quello di individui della stessa specie. Questa pratica usavo sia in preparati separati, sia sullo stesso preparato, cosichè non poteva rimanere dubbio. 1° Che gli elementi Ricerche suW '' attrazione,, delle cellule sessuali sessuali fossero vivi ed attivi. 2" Che il contenuto dei liquidi spennatici fosse nei due casi quantitativamente identico. 3° Che il paragone fra il prodotto normale e quello incrociato fosse contemporaneo e perfettamente obbiettivo. Queste precauzioni mi sono sembrate indispensabili non solo per r esattezza e la scrupolosità dei risultati, ma ancora per evitare che nelle mie osservazioni e deduzioni si intìltrasse quella suirgestione, dalla quale pur troppo non poclii osservatori sembra siano stati trascinati in ricerche di questo genere. Vili. Serie I. Gruppo Ova di Echiniis microtuberc. Spermatozoi di E. lividus. Lo sperma di E. livi(b(.s diluito al solito in acqua di mare viene aggiunto sul porta oggetti a una goccia contenente ova di E. microfuhcrcìiìdfiffi, e in altro vetro a una goccia carato il solito campione di controllo ci)are cpiesta deduzione, in quanto che ha riscontro di analogia nel regno vegetale, come per es. nelT impollinazione delle ])iante anemofile. L'indole stessa della l'ccondazionc nelle varie specie ani- mali in rajiporto alla quantità dei prodotti sessuali , ci fa pre- sumere che l'attrazione specifica non è conciliabile <(ili(' moda- lità fisiologiche dei vari casi. Così troviamo in generale assai più abbondante la produzioni» e più fre(|ueiite la emissione dei prodotti sessuali in (|uel!e specie clic si ri|)roducono i)er fecon- dazione esterna, in confronto a (incile in cui questa funzione si compie nell'interno dell'organismo. C^Mia!" allia lagione adunque può fare variare nei due casi la |>roiluzionc degli elementi ri- ])roduttori, se non la jìiù facile o più difticile dispersione nel- l'ambiente, lìoichè la prolificità non può in tutti i casi venire invocata "? Non pare adunque logico "o riuscito ad uccidere le ova, assumendo come criterio di controllo per la loro morte la contemporanea morte degli spermatozoi trattati colla stessa intensità di corrente, e 1' incapacità delle dette ova ad essere fecondate e a segineutarsi. Poiché r aggiunta dello sperma ai iiiiuido (acqua di mare) in cui si trovavano le ova già sottoposte a questo trattamento, determinava la morte istantanea degli elementi mascliili, lio ri- cambiato r ac(|ua lavando parecchie volto le ova in nuovo li- quido. Dopo tale pratica ho notato che gli 8permato>5«>i si ag- gruppavano immediatamente attorno alle ova uccise colla cor- rente, come attorno alle ova normali. Per effetto della corrente le ova subivano delle modificazioni fisiche visibili, consistenti prim^ipalmente nel loro rigonfiamento e nel rischiaramento del protoplasma che poteva determinarsi o soltanto alla periferia o in tutto V ovo. Ma poiché, ad onta della circospezione spiegata per elimi- nare r influenza elettrolitica della corrente (alternandola rnpida- mente con ojqtortuno invertitore) non riuscivo completamente nello intento, ed ottenevo dojx) T ai)plicazione della corrente un li(|uido nocivo alla vitalità degli elementi maschili, era presu- mibile che 1' azi(me elettrolitica sebbene diminuita non fosse completamente eliminata, e che quindi le scomposizioni che av- venivano nell'acqua contenente le ova si avveravano presumi- bilmente nel protoplasma di questo. Sebbene adunque non sia sicuro di essere riuscito allo scopo di uccidere il protoplasma senza indurvi alterazioni chimiche, tuttavia i risultati di queste esperienze hanno un valore non trascurabile. Nelle ova, infatti, sottoposte a tale trattamento, essendo il protoplasma morto , V accumulo degli spermatozoi non poteva 38 Umberto Drago [Memoria XVI.] evidentemente attribuirsi all' azione cheniiotropica dei prodotti metabolici in formazione, né a quella dei prodotti preformati e residuali, i quali anche quando non fossero influenzati diretta- mente dalla azione chimica elettrolitica della corrente, dovevano tuttavia trovarsi nell'uovo in associazione a quegli stessi prodotti della decomposizione elettrolitica che avevano reso l'acqua di mare, attraversata dalla corrente elettrica, letale per gli spermato- zoi. Quell'eventuale azione chemiotropica positiva di tali sostanze residuali doveva necessariamente esser controbilanciata dall'azione negativa, letale, dei prodotti elettrolitici. L' ipotesi adunque che l'accumulo degli spermatozoi attorno alle ova fosse il portato d' un'azione chemiotropica, perdeva per effetto di quest'altra serie di esperienze nuovo terreno. Ma poiché, volendo sottilizzare, si potrebbe obbiettare che la decomposizione elettrolitica del protoplasma, quantunque ovvia ad ammettere, non era tuttavia provata direttamente, come lo erano la sua morte e le sue alterazioni fisiche, e le modifica- zioni fisiologiche del liquido contenente le dette ova, ho voluto intraprendere un' altra serie di esperienze tendenti appunto ad alterare chimicamente il protoplasma ovulare non solo, ma a renderlo altresì tossico per gli spermatozoi. X. Serie Per tale scopo ho trattato le ova del Kiccio con soluzioni di bicloruro di mercurio adoperando concentrazioni di liquido diverse, e variando la durata di permanenza delle ova in esse. T. Gruppo In un primo gruppo ho aggiunto una goccia di soluzione satura di sublimato corrosivo a 20 goccie d'acqua, venendo così ad ottenere una diluizione di circa 3,35 °/qq, abbastanza concen- trata, come si vede, per uccidere i microrganismi e le spore pivi Ricerche sull' " attrazione,, delle cellule sessuali 39 resistenti. In questa soluzione lio mantenuto le ova per 10 mi- nuti, dopo il qual tempo le ho rimosse, aspirando cautamente il liquido e sostituendolo ripetute volte con acqua di mare. Quando mi sono assicurato che quest' acqua addizionale non uccideva gli spermatozoi, ho messo insieme le ova così trattate, e lo sper- ma normale del Riccio diluito come al solito. Il risultato positivo è stato di un'evidenza indiscutibile : gli spermatozoi hanno formato immediatamente attorno alle ova i cumuli tanto caratteristici. II. Gruppo In questo gruppo di esperienze ho prolungato la durata di permanenza delle ova nella stessa soluzione mercurica per mez- z' ora, do])o il qual tem])o ho dovuto eseguire un lavaggio assai più abbondante e ripetuto delle ova, prima di ottenere un li- quido innocuo per gli spermatozoi. L' aggiunta dello sperma diluito, alle ova così trattate, ha mostrato chiaramente la formazione dei soliti accumuli degli elementi maschili attorno alle ova ; non solo, ma 1' esperimento è valso a dare la misura della rapidità con cui il fenomeno si determina, poiché quando si va ad esaminare il preparato, dopo l'aggiunta dello sperma, per (pianta sollecitudine si s[>ieghi nella manipolazione, si riscontrano i noti cumuli già formati e gli spermatozoi morti. iJl. Gkuppo Ho voluto tinalmente trattare le ova con soluzione satura di sublimato, lasciandovele per dieci minuti, dopo il qual tempo ho eseguito al solito un lavaggio esauriente sino ad ottenere una acqua innocua per gli spermatozoi. L' aggiunta di questi alle ova non determina accumuli di sorta: gli spermatozoi permangono per un certo tempo vivaci, ma poi perdono ogni mobilità. 4:0 Umberto Drago [Memoria XVI.] Le modificazioni fisiche sono nei tre gru]ipi di esperienze, comuni; variano solo nel grado. Esse consistono principalmente nell'opacità acquistata dal protoplasma, die già ad occhio nudo si rivela come un imbianchimento delle ova, modifica/ione del resto notissima nelle pratiche di fissazione al sublimato, usate per la tecnica istologica, e dovute alla coogulazione degli albu- minoidi con formazione di composti organici del mercurio. Per tali esperienze nelle quali il protoplasma dell' ovo non soltanto perde ogni attività vitale, ma si trasforma chimicamente in un composto letale per gli spermatozoi, nìi pare ovvio conclu- dere che uè i prodotti di un metabolismo che più non sussiste, né quelli eventualmente preesistenti, possono essere invocati co- me cause stimolanti degli accumuli degli spermatozoi attorno alle ova. Ancora qui militano, e più potentemente, le conside- razioni fatte a proposito delle ova sottoposte all' intìuenza della corrente costante, e l'unica obbiezione possibile relativa all' e- ventualità che il sublimato pur uccidendo il protoplasma, arre- standone il metabolismo, e inducendovi notevoli alterazioni chi- miche, non alteri le sostanze chemiotropiche residuate dai pro- cessi metabolici originati prima della morte, cade di fronte alla contemporanea tossicità assunta dal protoplasma in queste con- dizioni. Poiché , dato pure che queste sostanze chemiotropiche residuali non vengano alterate dal sublimato, è evidente che la loro azione fisiologica « attrattiva » deve venire neutralizzata dall' azione per dir così, repulsiva di quel veleno contenuto nel protoplasma, azione, la quale abbiamo visto determinare la morte degli spermatozoi, poco dopo che questi si sono accumulati at- torno alle ova. Se adunque da un canto é dimostrato insussistente, il che- motropismo specifico soltanto fra prodotti sessuali della stessa specie , se dall' altro le manovre atte a produrre la morte del protoplasma, la sua alterazione chimica e la sua tossicità , en- tro certi limiti, non impediscono gli accumuli degli spermatozoi attorno alle ova in genere, la dottrina del chemotropismo ses- Ricerche suW " attrazione „ (ìeììe celhile sensuali 41 suale non si può dire per lo meno confortata dall' esperienza dei fatti. Resterebbe a ricercare allora la cagione per la quale gli spermatozoi si accumulano attorno alle ova, e 1' ipotesi più na- turale mi parrebbe in questo caso che il fenomeno sia dovuto a un agglutinamento dei filamenti spermatici attorno all' ovo, de- terminato da una sostanza attaccaticcia che lo ricopra esterna- mente, o dalla proprietà lulcsiru dello strato periferico. Quest'ipotesi spiegherebbe anche la mancanza di accumuli attorno alle ova trattate con soluzione satura di sublimato, es- sendo verosimile che la soluzione così concentrata alteri fìsica- mente lo strato periferico dell' ovo sino a impedire l'agglutina- mento degli spermatozoi. Tuttavia per tentare di comprovare tale ipotesi io ho eseguito due ordini di esperienze, valendomi di ova di Kiccio rese speri- mentalmente col calore o la soluz. satura di sublimato, incapaci di « attrarre » gli sperniatozoi. Ho immerso queste ova rispetti- vamente in albume d'ovo e in muco faringeo, allungati con accpia di mare, lasciandovele \wy circa un' ora, dopo il qual tempo li ho tratti dai licjuidi, e vi ho aggiunto, come al solito, lo sper- ma diluito dello stesso animale. Ho notato attorno alle ova che avevano soggiornato nell'al- bume dei ricchi cumuli di zoospermi vivactissimi, però tali cumuli non erano permanenti, in quanto che do])o un certo tempo si dira- davano. Viceversa, attorno alle ov.i uccise colla soluzione satura di sublimato e trattate (|uiu(li ((ti muco, si formavano cumuli quasi ugualmente ricchi conu' nelle ova normali, e permanenti. Se adun(iue ova iiua|)aci di « attrarre » gli spermatozoi, e quindi prive delle presunte sostanze chemiotn»piche interne , diventano capaci di attrazione con unii iiiMUovra artificiale che ne modifica soltanto lo strato esterno tisicamente, è logico am- mettere che il chemotropismo, quale fattore dei noti cumuli degli spermatozoi attorno alle ova, non sussista nel fatto. Tuttavia io non voglio annettere a queste esperienze un Atti acc. Skkik 4', Voi.. XIX — Meni. XVI. 6 42 Umberto Drago [Memoria XVI.] valore decisivo per spiegare quei niniuli tli spermatozoi attorno alle ova, che hanno tanto iissato 1' attenzione dei biologi indu- cendoli ad ascriverli a una « forza di attrazione » concretata in questi ultimi tempi sotto forma di stimolo cliemiotropico eser- citato da speciali sostanze contenute del protoplasma dell' ovo. Mi limito solo a rilevare che tutti questi risultati non depongono in favore di questa dottrina del chcmotro})ismo .sessuale , e che molto verosimilmente gli accumuli di s|iermatozoi attorno alle ova della stessa e di diversa specie, e quindi 1' apparente « at- trazione » esercitata dall' elemento femminile, non rappi-esentino che il prodotto della proprietà aggluti natrice degli elementi dei due sessi la quale si intensificherebbe col contatto dei due ele- menti viventi. Ria»«suiito dei risultati Facendo astrazione da ogni apprezzamento, mi pare (ìppor- tuuo riassumere i risultati delle ricerche fatte : 1. II metodo dei tubi capillari, già adoperato dal Pfetfer pei prodotti sessuali di alcune piante, applicato ad analoghe in- dagini sugli animali, non dà alcun affidamento. Esso è fallace in quanto che non fornisce un criterio sicui'o per asserire che gli spermatozoi obbediscano a stimoli emananti dalle sostanze contenute nei capillari , seguendo soltanto quella direzione per penetrarvi. Dalle esperienze fatte con sostanze presumibilmente chemiotropiche, indifterenti e nocive, risulta iuvece che gli sper- matozoi animali agitandosi in tutte le direzioni, pervengono accidentalmente entro i tul)i capillari. 2. Gli spermatozoi dell' Echinns Uvidus, e probabilmente di altre specie animali, fuorescono ed entrano indift'erentemente dei tubi capillari disposti verticalmente, e fecondano le ova col- locate rispettivamente all' interno e all' esterno. 3. Il previo riscaldamento delle ove di JS. l. a tempera- ture superiori a 50° C. circa impedisce 1' « attrazione » degli spermatozoi. Ricerche sull' '' attrazione,, delle cellule sessuali 43 J:. 11 risciildaniento a temperature superiori a 33° C. e interiore a 50°. C. mantiene nelle ova la capacità di « attrarre » gli spermatozoi, ma lo rende incapaci di essere fecondate. 5. Le ora immature con grossa vescicola germinativa , attraggono gli spermatozoi allo stesso modo che le ova mature. 6. L' ovo già fecondato, e quindi provvisto di membrana esterna, attrae gli spermatozoi come 1' ovo non fecondato. 7. Neil' unione incrociata dei prodotti sessuali di Echinus Jk'idm, Asterias f/laciaìis, Ophiiuris , Sepia ufficimiUs, Uiif/rauìis encrasicJiolu.s, Muffii ccfalns , Crenilahrus pavo, V attra- zione e 1' accumulo degli spermatozoi attorno alle ova si eser- cita come fra gli elementi della stessa specie. 8. La corrente galvani(;a debole mentre uccide il ]ìroto- plasma ovulare , non imjìedisce l' accumulo degli spermatozoi attorno alle ova. n. Le ova di Eiccio trattate i»er 10-30 minuti con solu- zione di biclornro di mercurio al 3 7oo ^ lavate accuratamente attraggono gli spermatozoi come le ova norn)ali. 10. Le ova predette trattate con soluzione satura di bi- cloruro di mercurio per 10 minuti perdono il potere di attrarre gli spermatozoi. 11. Le ova clic in seguito ai superiori trattamenti hanno perduto il potere di attrarre gli spermatozoi, lo lùacquistano se vengono tenuti per circa un' ora in muco diluito con ac(|ua di mare. CONOLUSIOM Da questi risultati sperimentali, io credo si possano trarre le seguenti conclusioni. I. Gli spermatozoi di E. lividns non risentono come stimolo direttivo 1" influenza della gravità : essi non soiu> cioè barotropici. II. L' « attrazione sessuale » è indipendente dalla capacità delFovo a lasciarsi penetrare dallo spermatozoo. 44 TJmherto Drago [Memoria XVI.] III. Essa è altresì indipenclente dalla maturazione dell' ove e dalla sua fecondabilità, cioè dall'attitudine a segmentarsi. IV. A prescindere dalla causa dell' attrazione sessuale , è erronea la credenza di un' attrazione specitica, determinante lo accumulo degli spermatozoi soltanto attorno alle ova della stessa specie. V. Crii esperimenti non confermano 1' opinione di an che- niotropismo sessuale d' indole generale : per essi pare invece piìi Yerosimile 1' ammettere che gli spermatozoi si accumulano at- torno alle ova per una proprietà adesiva dello strato periferico di queste, resa più efficace dal potere agglutinante degli spei-- matozoi. E quindi per non pregiudicare il concetto sull' indole e sulla causa del fenomeno sarebbe opportuno sopprimere le espres- sioni di « chemotropismo », e « attrazione sessuale » sostituen- dole con altra che caratterizzi il fenomeno dal lato puramente obbiettivo, come p. es. « coniugazione germinale. » ^leuiorìa XVII. S. SCALI A I fossili postpliocenici di Salustro, presso Motta S. Anastasia. Mentre i vari depositi postplicKMMiici eli»? couipariscoiio {[mi e là in nicz/o ai terreni vulcanici che si estendono a Nord-Est della città di Catania sono stati da lunjro tempo oegetto di studio da parte di molti geoloui e paleontologi italiani e stranieri, la vasta fonna/ione di ariiille che si estende ad Ovest della città tin presso l'aternò è rimasta (|uasi iiiesph)rata. almeno dal ]»unto di vista paleontologico. Tolto infatti un cUmico di 13 specie rinvenute da Inter- hindi alhi Fossa della Creta (1), altre 30 enumerate dal i)rot. li. Gravina (2) di varie località delle Terreforti, non abbiamo di questa contrada che degli accenni un pò" vaglii in alcune me- morie del Prof. C. (Temmellaro (3) ed ima h'elazioue f/eoff notifica del Prof. Sciuto-Patti (4), nella (puile sono c<58). (3) C. Gkmmki.t.auo — Condizioni iieoloijiehe del tratto terrestre dell' Etna ( .^tti d. Acc. Gioeiiia «li Se. Nat. in Catania, T. I. ) — (.'enno geologico unì terreno della l'iana di Catania (Ibidem, voi. XIII) — Sulla costituzione tisica dell' Etna (Ibidoiii. ser 2". voi. III). — -''agijio di storia fisica di Catania (Ibidem, .ser. 2» voi. V.)— Vnlcanohxjia dell' Etna (Ibidem, 8er. 2», voi. XIV) — Elementi di Geologia, pag. 132., Catania. 1840.. ecc. (4) C. Senno Patti — Relazione gemjnostiea delle colline delle Terreforti, rtr. (Atti d. Ace. Gioenia di So. Xat. ser. 2», voi. XII). 18.56. Atti acc. Serie 4', Voi.. XIX — Meni. XVII. 1 Dott. IS. Scalia [Memoria XVII. Anche più tardi Lyell (1), Walterslian^en (2) ed altri autori hanno parlato incidentalmente delle argille delle Terref(n-ti, che stratigratìcamente 8ono state sempre associate ai ben noti depositi fossiliferi di Cibali, di Oatira e di Nizzeti ; fino ad ora però non si conosceva di questa contrada una località molto fossilifera la cui fauna potesse mettersi a raifronto con (luelle abbastanza ricche degli altri depositi postpliocenici sub-etnei, già da tempo cono- sciuti, e dei quali mi sono occupato in vari lavori pubblicati negli Atti di questa Accademia (3). La nuova località fossilifera dalla quale provengono le specie pivi avanti enumerate mi venne indicata dal sig. O. De Fiore che ne ebbe notizia dai signori Monaco, nella cui proprietà sita in contrada Salustro, a trecento metri circa ad Ovest del Cimitero di Motta S. Anastasia, i fossili si trovano in grande abbondan- za sul pendio settentrionale di una collinetta argillosa, elevata di 2^0 metri sul livello del mare. In questa località, come negli altri depositi del Postpliocene sub-etneo, le argille azzurre, quasi pure, che stanno in basso, sono molto povere di fossili, i quali si trovano invece in abbondanza nelle argille superiori, giallastre e sabbiose che contengono anche dei ciottolini di arenarie, di quarziti e di varie rocce cristalline. !Nella formazione argillosa di Salustro non ho riscontrato lenti di sabbie vulcaniche, ciottoli di basalto, cristallini isolati di augite o frammenti di altri elementi vulcanici che si trovano fretjuen- temente nei depositi di Nizzeti, Catira, S. Paolo, etc. 8ui)erior- (1) Oh. Lyei.l — friiH-ipla of cieoìoyy. Varie eilizioiii. > — Oli the Slnictnre of Lavas with Kemarks mi the J/orfe nf Onijin nf Moìint Etna, etc. (Phil. Trans, im 1858, Rd. 14S. P. II). (2) S. VON WALTKRSHAti8EX. — Dei' Acliiii, Vili. II, pag. 33-39, Leipzig. 1880. (3) S. SCAI.IA — Revisione della fauna post-pUoceiiica ileìl' artjiììa di Nizzeti. j}resso Aei- Castello (Catania) Atti d. -ice. fiiocnia fli Se. Nat. in Catania, ser. l», voi. XIII, l'JOO). — /( Po8t- pliocene del Poggio di Cihaìi e di Catii-u, preimo Catuniu (Iliideni. ser. 4» , vdl. XIV, 1901). — Sopra una nuora ìoealità fostilifera del Pont-pliocene nub-etneo (Ibidem, .ccic da me rinvenute nella contrada Salustro ascendono a MI, delle quali solo cinque non sono conosciute a' i v e n t i : (li in iiii/x s nh-clav(ita, C a n t r . s p . , I)ent((ìiiiiii l'hifippii, Montrs., Tìirrilrlhi Iricarindla, lir. sp., var. [Mo-reccnSy Monlrs., Jiiicciinun .striafnm , P li . , Nassa crasse-ficiiìjtfa, Brugn. sp. Queste specie si riscontrano anche negli altri depositi postplioccnici sub-etnei. Questa fauna che per il modo di aggregazione dei generi e delle s]>('cic, per la freschezza delle conchiglie, le quali spesso mo- strano ancora vivi i colori, e per V esiguo numero di specie non conosciute viventi, mostra le più grandi affinità con (|uelle di Kizzeti, (Mbali, Catira e S. l*aolo. non lascia alcnn dubbio sul riferimento di (|uesto nuovo (l<|)(isito fossilifero ad un orizzonte molto elevato del l'osi pliocene marino o piano SICILIANO del Doderlein, al (juale appartengono gli altri depositi argillosi sul)- etnei. Elenco delle specie (ossili raccolte a Salustro. ANTIIOZOA 1. Lophoheli» Ijefrfincei, Ed, et H. — Qiuittro eseiiiiilari. L'. Cari/npIii/Ilia clarus. Sciic.clii — ììm-.ì. l'ossile iiiiclie ;i Ciiiinizziiro, a Catira e a Nizzeti. 3. Cìndocora caespitosa, L. sp. — IJara (viv. z. \A.) Fossile anche a Nizzeti, S. l'aolo e I^ozzo di S. TikImio (l'ollcz. (liaviiia). ECJIINODKIIMATA i. Aìitphii(n( squamata, Sar.s. — L'ii l)elIo esemplare , (viv. Lt. L.) Debl)0 la deteriiiiiiazione di (]uesta s|u'cie. trovata dal Sisf. De Fiore in un Doti. S. Scalia [Memoria XVII.] tnbo di Vermetus gigas, Biv. , alla gentilezza del Chiarissimo Prof. A. Russo, al quale rendo qui vivissime grazie. 5. Cidaris sp. — Uu frammento di radiolo. V ERMES 6. Nerpuìa rertnicularis, L. — Rara (viv. z. Lt.). Fossile anche a Ga- tira e a Nizzeti. 7. Vermiiia sp. — Rara. * 8. mtrupa arietina, Miill. — Frequeute (viv. z. Lt. L.) Abbonda nei depositi di Oannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo, Vena e Fossa della Creta (Collez. Aradas). 9. l'omatoeeros triqueter, L. sp. — Rara (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Catira, Nizzeti e S. Paolo. 10. l'rotula protultt, Cuv. sp. — Frequente (^viv. z. Lt. L.) Fossile an- che a Catira, a Nizzeti e a S. Paolo. 11. Betepora cellulosa, L. — Un bello esemplare (viv. z. Lt.) MOLLUSCA Lamellibranchiata 12. Vhlamys opercularis, L. sp. — Frequeute (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Vena. * 13. (Jhlamys injlexa, Poli sp. — Una valva ben couservata (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti e Motta S. Anastasia (Collez. Grav.). -|- 11. Chlamys subclavata, Cantr. si). — Una valva rotta. Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 15. Fecteii Jacoboeus, L. sp. — Piccole valve, (viv. z. L.) Fossile an- che a Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Vena. 10. Lima (Radula) squamosa, Lamk. — Una valva rotta (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Catira, Nizzeti e S. Paolo. 17. Anomia ephi/pjnm», L. — Due belle valve (viv. z. Lt. L. C.) Fos- sile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 18. l'iacunanoìììia patelliformis, L. sp. — Varie valve (viv. z. L. C.) Fos- sile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. * Le specie precedute da mi * sono state indicate dal Prof. B. Graviua (Op. eit., pag. 418-421) per le Terreforti, senza precisarne le località dove furono rinvenute. Quelle pre- cedute da una -\- non sono conosciute viventi. 1 fossili postpliocenici di Salustro l'.t. Placunanomia striata, Br. sp. — Freijueiite (viv. z. L.) Fossile an- che a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 20. Ostrea sp. — Valve iiKletermiiiabili. * 21. » (Gryphaea) cocitleai; Poli — Una valva rotta (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali, Cativa, Nizzeti, 8. Paolo e M. Cardillo (Grav.). * 22. Nudila nucleuH, L. sp. — Varie valve (viv. z. Lt. L. C.) Fossile an- che a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 23. Nuciila silicata, Bronn. — Abbastanza frequente (viv. z. L. C.) Fos- sile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 24. Leda (Lembulus) pvUa, L. sp. — Una sola valva (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e 8. Paol. — Una valva rotta (viv. z. Lt.) Fossile anche a Cibali e a Catira. 37. Vcnus (ChioHc) orata, Penii. — Comune (viv. z. Lt. L. C.) Molto frequente in tutti i depositi postplioceuici sub-etnei. Dott. S. Soalia [Memoria XVII.] 38. Venus fCIiione) strlatuld, Forb. et Haiil. — Abbondante (viv. z. L.) Fossile auclie a (Januizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Vena. 39. Venus [(Jhionc) (jaMna, L. — Piccole valve (viv. z. L.) Fossile aiielie a Cibali, Catira, Nizzeti, 8. Paolo e Vena. * 40. Venus {AnaiUsJ fasciata, Douov. — Poche valve (viv. z. L. C.) Fos- sile anche a Canuizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 41. Meretrix cìiione, L. sp. — Una valva, (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Vena. 4:1'. D(»ia.r triincìiìus, L. — Tre valve (viv. z. Lt.) Fossile anche a l'i- bali, Catira e S. Paolo. 43. Tdlina doiiaciua, L. — Tre valve (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali, Nizzeti e 8. Paolo. * 44. Tellina distolta. Poli — Una jiiccola valva (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Nizzeti e S. Paolo. 45. Tellina pidehelìa. Poli — Una piccola valva (viv. Lt.) Fossile an- che a Cibali e a Catira. * 46. Mactra suhtruncata, Moiitg. sp. — Al)bontlante (viv. z. Lt. L.) Fos- sile anche a Cibali, Catira , Nizzeti, 8. Paolo , Vena , Pozzo di 8. Todaro (Collez. Gravina) e Fossa della Creta (Colléz. Aradas). 47. Mactra corallina, L. — Una valva ben conservata (viv. z. Lt. L.) 48. Lutraria elliptica, L. — Un frammento (viv. z. Lt. L.) Fossile an- che a (Satira, a Cibali e a Nizzeti. 49. Vorhula (jibha, L. — Abbondante (viv. z. L. C.) Fossile anche 'a C-annizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti, 8. Paolo, Ye,u&, Fossa della Creta (Collez. Aradas) e Pozzo di 8. Todaro (Collez. Gravina). 5(t. l'holas dacti/lus, L. — Pochi frammenti (viv. z. Lt.) Fossile anche a Nizzeti e a 8. Paolo. Scaphopoda .51. Dentalium dentale. L. — Un esemplare rotto (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti, 8. Paolo e Vallone di 8. Biagio. (Gravina). 52. Dentalium novemcostatum, Lamk. — Belli esemplari (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali , (Satira , Nizzeti , 8an Paolo e Pozzo di 8. Todaro (Collez. Gravina). 53. Dentalium riibescens, Desh. — Quattro frammenti (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali e a Catira. ~\- 54. Dentalium Philippii, Montrs. — Un esemjdare e varii frammenti. Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Vena e Fossa della Creta (Interlandi). I fossili postpliocenici di Saliistro Amphineura 55. Chlton olivaceus, Spengler. — Una placca intermedia (viv, z. Lt.) Fossile anche a Nizzeti. Gastropoda 56. Patella coervlea, L. — Due esemplari (viv. z. Lt.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 57. Emar(iinìila elnngata, O. G. Costa — Un bello esemplare (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Catira e Nizzeti. 58. Fissurella gihberula, Lamk. — Un esem|)lare rotto (viv. z. Lt.) Fossile anche a Nizzeti e a S. Paolo. 59. Naliotis lamellom, llilari (viv. z. Lt.) Fossile anche a Nizzeti e S. Paolo. 84. Gihbula Racketti, Payr. sj). — Frequente (viv. z. Lt.) Fossile anche a Nizzeti. 85. ClaiicHhta ciiraUinUH. Gemi. sp. — Sei esemi)lari molto ben conser- vati (viv. z. Lt. L.) — Fossile anche a Catira, Nizzeti e S. Piiolo. S(i. Clancuim cruciatus, L. s|i. — Fre(iiieMte (viv. z. Lt.) Fossile a Ci- bali, Catii-a Nizzeti, e >S. Paolo. 87. Clanculus Jussieui, Payr. sp., et var. cincta, Seal. — Freijuente (viv. z. Lt.) — Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 88. CUmmdus (Olivia) Tinei, Calcara sp. — Un l>ello esempline (viv. z. C. A.) Fossile anche a Nizzeti. 89. dalyptraea. cìiinentii.s, L. sp. — Piuttosto frequente (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. * 90. Natica fNaccaJ miUepuiictata, Lamk. sf). — Abbondante (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Pozzo di S. Todaro (Collez. Gravina). 91. Natica (Nacca) fusca, De Blainv. — Due esem[)lari (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 92. Natica {NaccaJ catena, Da Costa si). — Poco frequente (viv. z. Lt. L. ) Fossile anche a Nizzeti e S. Paolo. 1 fossili postjììiocenici di iSnlustro 93. Natica (Natioina) macilenta, Pli. — Ablìastaiiza frequente (viv. z. L. (J.) Fossile anche a Cibali, Gatira, Nizzeti, S. Paolo e Pozzo di S. Todaro (GoUez. (ìraviiia). 94. Natica (Neverita) Ooscphinia, Risso sp. — Due bei esemplari (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Pozzo di S. To- daro (Collez. Gravina). 95. RixHoia vnriainlis, Miillif. sf). — Vari esemplari (viv z. Lt. L.) Fos- sile ;inche a Nizzeti e iS. Paolo. * 96. Kissoia ohloìuia, Desm. — Rara (viv. z. Lt. L.) Fossile anche Cibali, Gatira e Nizzeti. 97. IvÌksoìo sji. — Un solo esemplare. 9S. lìissoia {AlvaniaJ cimex, L. s)). — Kara (viv. z. Lt. L.) Fossile an- che a Cibali, Gatira, Nizzeti e S. Paolo. 99. RinKoia (Alvania) lactra, L. — Un solo esemplare (viv. z. Lt.) Fos- sile anche a Nizzeti. 100. Rissoia (Alrania) cancellata. Da Costa sp. — Hara (viv. z. Lt. L.) Fos- sile anche a Nizzeti e 8. Paolo. 101. A'/.v.s()«( (Alrania) Montnj/ìii, Payr. — Rara (viv. z. Lt.) Fossile anche a Nizzeti. * 102. tSralaria {('latlinin) cammunis, Lanik. — In esemplare rotto (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a <'il)a]i. Gatira, Nizzeti, vS. Paolo e Fossa della Creta (Interhmdi). io;!. iScalaria (Fusconcala) teiinicosta. Alich. — \'ari esemplari rotti (viv. z. L. G.) Fossile a Cibali, Gatira, Nizzeti e S. Paolo. * 101:. Tiirritella coìinniinis. Risso — AliWinidantc (viv. z. L. C.) Fossile anche a Gannizzaro, Cibali, Gatira, Nizzeti, S. Paolo . Vena e Pozzo di S. Todaro (Collez. Gravina). -(- 105. Tìirritella tiicarinata. V,i. sp.. var. iilio-rccens, Mentis. — Comune. Fossile anche a Gatira e Nizzeti. 10(1. Turritella breviata , liru.nn. — Dne esemplari (viv. z. L. G.) Fos- sile anche a Gannizzaro, Gatira, Nizzeti e !S. Paolo. 107. Vermetufì (jigan, Riv. — Un frammento ben riconoscibile ^viv. z. Lt.) Fossile anche a Nizzeti e al Po/,zo di S. Todaro (Collez. Gravina). lOS. Vcrmetìts ncmixiirrectKs, IJiv. — Un lìaniiuenito (viv. z. Li.) Fossile anche a Nizzeti e a S. Paolo. * 109. Vcrmetus Hubcancellatus, Biv. — \'aii frammenti (viv. z. Lt.) Fos- sile anche a Nizzeti e S. Paolo. 110. Vermetus triqiietcr, Wiv. — Due bei iVaniinenti (viv. z. Lt.) Fossile anche a tì. Paolo. Atti acc. Sehik 4°, Voi.. XIX — Meni. XVII. 2 10 Dott. *. Scalia [Memoria XVII.J * 111. EuUma subulata, Donov. sp. — Un esemplare molto beu conservato (viv. z. L. 0.) Fossile anche a Cibali. ir^. Cerithium rulfintum, Bnig. — Un framento ben riconoscibile (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a (Jibali, Catira, Nizzeti e Fossa della Creta (Collez. Aradas). 113. Cerithium rupestre, Risso. — Due esemplari ben conservati (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Nizzeti e a S. Paolo. 114. Bittium Jadertinum, Brus. sp. — Vari esemplari (viv. z. Lt.) Fos- sile anche a Nizzeti. 11.5. Bittium ìaeteum, Pli. sp.— Tre esemplari (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 116. Bittium LatreiUei, Payr. sp. — Frequente (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Nizzeti e S. Paolo. 117. Triforis perversa, L. sp. — Un solo esemplare (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e 8. Paolo. US. Chenopus serresianus, Mich. — Frequente (viv. z. L. C.) Fossile anche a Caiinizzaro, (Jibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Fossa della Creta (Collez. Aradas). 119. Cypraea [Trima) europdea, Monta. — Un solo esemplare (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 120. Cypraea (Triria) pulejp, Gray — Due esemplari (viv. z. Lt. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e 8. Paolo. 121. Cassidaria echinophora, L. sp. — Frequente (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e 8. Paolo. * 122. Cassidaria Thi/rrena, Chemntz. sp. — Un magnifico esemplare (viv. z. L. C.) Fossile anche a Cibali e Catira, 123. Triton corrìu/atus, Lamk. — Un bello esemplare (viv. z. L. C.) Fos- sile anche a Cainiizzaro, Catira, Nizzeti e 8. Paolo. 12-1. Golumhella rustica, L. sp. — Due esemplari (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e 8. Paolo. 125. Columhella (Mitrella) scripta, L. s]). — Abbastanza frequente e molto ben conservata (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e 8. Paolo. 12(5. Coìumhelìa f Mitrella) decollata, Brus. — Itara (viv. z. L.) Fossile anche a Nizzeti. 127. Goiumbella {Mitrella) Gervillei, Payr. sj). — Due esemplari (viv. z. L. C.) Fossile anche a Nizzeti e a 8. Paolo. 128. Lachesis minima, Montg. sp. — Un esemplare (viv. z. L. C.) Fos- sile anche a Cibali. I fossili postpliocenici di ISalustro 11 -L 129. Buccinum striatum, Ph. — Un magnifico esemplare. Fossile anche a Caiinizzaro, (Satira, Nizzeti e 8. Paolo. 130. Nassa Edwardsi, Fischer. — Alibastanza frequente (viv. z. L. C. A.) Fossile anche a Caunizzaro, Cibali, Calira, Nizzeti, S. Paolo e Pozzo di S. Totlaro ((JoUez. Gravina). 131. Nassa costulata, Ren. sp. — Rara (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. -|- * 132. Nassa, crasse-sculpta, Brugn. sp. — Dne piccoli esemplari. Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. 133. Nassa limata, Chemntz. sp. — Abbastanza frequente (viv. z. L. C.) Fossile anche a (Jannizzaro, Catira, Nizzeti e S. Paolo. * 134. Nassa mutabilis, L. sp. — Abbondante (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Pozzo di S. Todaro (Collez. Gra- vina). 135. Nassa {Zeuxis) incrassata, Striini. sp. — Rara (viv. z. Lt.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti, S. Paolo e Pozzo di S. Todaro (Collez. Gra- vina). 136. Nassa (Zeuxis) retivuUita, L. s|). — Rara (viv. z. Lt.) Fossile ancht; a Nizzeti e 8. Paolo. 137. Nassa (Zeuxis) varicosa. Turton sp. — Abbastanza frequente (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Nizzeti e S. Paolo. 138. Nassa (Amyclaj ronìiculum, Olivi sp. — Rara (viv. z. Lt.) Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. * 13!). Nassa {Eione) gibbosula, L. sp. — Rara (viv. z. li.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti, S. l'aohi e Fossa della Creta (Interlaiidi). 140. Cyvlonassa neritca, \j. sp. — Molto rara (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. * 141. Murex (BoUnus) brandaris, L. — Vari frammenti ben riconoscibili (viv. '/.. L. C.) Fossile anche a Cibali, Catira e Nizzeti. 142. Murex {Mttricantha) trunculus, L. — Un magnifico esemplare (viv. z. Lt. L.) Fossile anche a Cannizzaro, Cibali, Catira, Nizzeti e S. Paolo. * 143. Murex {Muricopsis) eristatus, Br. sp. — Non molto freott. Salmtore Di Franco [Memoria XVIII.] frequenti nella sona ad anaìcime, nella qi;ale soltanto, come ho detto, si presentano gì' inclusi. Inoltre è cV avvertire che queste associazioni minerali hanno dimensioni e forme simili agli inclusi, e abbondano là dove questi sono più inetamorfizzati. Delle inclusioni alcune sono gialhvchiare e conservano tal- volta ancora la friabilità della marna originaria ; esse spiccano nettamente sulla massa oscura del basalte (v. fig. 3) dal quale si staccano senza transizione. Generalmente si presentano di color grigio più o meno chiaro, con struttura compatta, molto tenaci, talora dall'aspetto di selce. Al contatto col basalte terminano con una zona più chiara, di larghezza variabile da 7io ^^ ™"i- ^ Pi^^ ^^ ^ ^'"• dovuto a metamoi'fismo di contatto. Tra queste e le prime specie di inclusioni abbiamo tutti i passaggi possibili; ma non è raro il caso che in uno stesso pezzo di basalte si trovino inclusioni corrispondenti a diversi stadi di metamorfismo, disordinatamente distribuite, riferibili perciò a frammenti di marna strappati a diverse profondità e metamor- fizzate più o meno profondamente dal magma basaltico. Mentre la massima parte delle inclusioni presentano una massa compatta, in molte di esse è notevole una cavernosità de- terminata da una certa bollosità, colle cavità per lo più tap- pezzate da minerali cristallizzati {inrosseno, ciclopite, e seoliti di- verse), oppure rivestite da una patina bianca (probabilmente di silice idrata {idromlicite di Waltershausen). Questa cavernosità è più notevole nelle inclusioni più pro- fondamente metamorfìzzate ; ma non è rara pure in quelle che ricordano ancora la loro origine marnosa. In talune di queste inclusioni, la cavernosità è più accen- tuata, o anche limitata alla parte periferica, proprio in vicinan- za del contatto col basalte , in modo da determinare un facile distacco dell' inclusione dal basalte includente; 1' inclusione anzi talvolta giace completamente distaccata dentro una corrispon- Gli inclusi nel basalte delV isola dei Ciclopi. dente cavità del basalte. In questo caso è sempre dalla parte della massa del basalte che si trova la zona oscura di contatto, riuscendo così più chiara la dimostrazione che questa caverno- sità è soltanto nella inclusione e non mai nella massa del ba- salte. L' origine di queste cavità dentro le inclusioni va collegata non solo coli' acqua contenuta nella marna come acijua di cava, ma pure in parte dovuta alla disidratazione dell' argilla della marna stessa , anzi con questa va pari passo la formazione dei varii minerali succennati, come l' analcime o altre xeoliti, la vi- clojrìfe (varietà di anortite). Esame del basalte includente. 3[ssi si han- no teoremi anaIo,i;lii a (|iielli di l'oi.s.soii , di diseontiindtà dei doppi xlrati, di diseonlinnHà delle derirale normali deffli .strati semplici, ecc. (') Mi propongo (|ni di lare V estensione di tali teoremi ai potenziali ilastiei ritardali. 1. ludicliiamo con A' lo spazio occupato da nn mezzo iso- tropo, con a la sn])erticie limite, con // la nonnaie nei ]»nnti di a diretta verso lo spazio ^S", con .r. //, z W. coordinate dei punti dello spazio riferiti a tre assi cartesiani ortotfonali , con a e h rispettivamente lo velocità di vibrazioni longitudinali e trasver- sali d(d mezzo, c(mi / il lemi)o varial)ile e con r la distanza di due punii (pialsiasi (.r, //, z), ( S. j. Z,) dello spazio. Com(> risulta dalle formole di Love (^), le quali rappresenta- no r estensione della fornxda di Kirehìioff alle equazioni gene- (') V. \\)1.[K1!1JA, Sui priiioitiio lìì llKiifiìU'iiH (Niiovo Cimouto ; S. Ili ; T. XXXII. WXIII; 1892, 18!»;?). 2) The projmiialion of wave-motion in un ÌHotropic ehintie soUd medium [Procoediiigs of the Loudoii Matlioiii. Society, Ser. 2, Voi. I, l'arts l ;iud 5.]. Atti acc. Sioitiic 4", Voi.. XIX — Munì. XIX. 1 Prof. Q. Laurieella [Memoria XIX. rali dei uioviinenti vibratori nei mezzi isotropi, i tre sistemi di potensiali elastici ritardati si possono scrivere nel seguente modo : 1 / 'F =^m ^ *'^(^>",^^^--o<^^'+i(if jix(^,.^,o-^^^'"'^'^-:^)!+ + ],^.X(^,u,^,^--i) ]''«, (1) ini s ÌTlJ \-Sjc3iiI ' rdxóy (r a b- b \J 1 3r35./ rd-Toazta^ ab- o 'J dove d/S ^^ dZ eh dZ , e dove A' (a-, //,;:•, 0 ^ uiiu funzione arbi- traria delle varia1)ili .r, //, ^, t, che si suppone finita e continua, insieme alle sue derivate prime rispetto ad .r, y, z e alle sue de- rivate dei due primi ordini rispetto a t, per tutti i sistemi di valori di x, >j, z corrispondenti ai punti di iS e per qualsiasi va- lore di / ; (2K -yl /^ da. HJUJ ' .•.V,-..,--V«. + iÌ: |ji,.T,|.„,,,,-L,-J-,X,|,,,,,-I,|],^, \10 Sui potenziali elastici ritardati (3) dove d'^ è 1' elemento di superficie a , al quale appartiene il punto (^ , tj , e;), e dove A' {l,o,^,t) è una funzione dei punti (^ , u , ?;) di a e della variabile t, finita e continua insieme alle derivate prime tangenziali su o e alle derivate dei due primi ordini rispetto a t ; ' ""=s/| '• t + '»■-'*' (ri +ii + ^h "-'+''(% co»(„„-^cos,„))+ o +6'' j-xg- cos {nz) — -g-J cos {nx) 1 ^ da. 9 dove «-tìi " *' ^■(^'^'^'^-''' '"'+ 1 {l:J i ;r -^■(^-'^' '-^'-1^ -^ '-"' ^''- ^^ ; + (4) dx + ^±Xil.,Z,t-^), „ -^iJl " t'xCz,'j,z,t-t')dt'-\- -^^ )-\xc,,'j,z,t--)-^x{^„<^,c,t--i) ; ''"~3a32/l r àx da < a^ ab- «> » ' con A(^, u, s;, /) funzione dei punti (; , 'j , :;) di a e della va- riabile /, finita e continua insieme alle dei'ivate prime tangen- ziali su a e alle derivate dei due primi ordini rispetto a t, e dove ancora si conviene che, nel fare le derivazioni di ii^ , r, , u\ rispetto ad n, ?, u, z, le variabili Z, u, Z, che compariscono e- l'rof. G. Ldvricclla [MEMORIA XIX.] splicitamente nelle funzioni A' (e, o, ?;, t — /'), X(^, u, Z, t ), X Ci, u , Z, t ^), devono esseve ritenute eonie c<»stanti. 2. Per gli integrali (1) sussiste un teorema analogo a quel- lo di Foismn. Dimostreremo tale teorema, servendoci delle eleganti con- siderazioni fatte dal prof. Somigliaxa in una Sua recente No- ta M per il calcolo di tre integrali (che si possono ottenere dalle (4), supponendo A' funzione della sola variabile f), dei quali si è giovato il Love per dedurre le Sue formole. Posto : * r ' r ) 'Ir , II •^[1, u, e, r, t)=: J^ M ,lr / A- (S, 'j, r, t 0 0 sarà (^j : * / * * s e postriipugaz'wiie ildic onde nei ìiii^:~i holropi. —Atti dclhi lì. Acc. ilellr Se. di To- liuo, Voi. XLI, anno 1905. 2) Cfr. SoMiGLiANA ; 1. e. , $ 8. ISui potenziali elastici ritardati risulterà : « = AMI,'U-|, ($_$'), ^• = J^(1>-1'')' --JJt(^'-^'')- Poiché (') 1 / f. r dS A^ '6' — -f «' — -£- T + ^ 13-4 / ' .,., 3X(^,u,2:, <— f) f' 2 3j?3j!/ / 3t 3* "~ ft' 3u: / »• + 2 «^ dx' ^ &N ?> _4- . 1^ 1 X(^,t>,^,^-^)-X(g,o,g.0|3,. b b Sui potenziali elastici ritardati X(t„i>,(^,t) d ^1 b- — a~ d~rj 1 — o 3^ " d< ^ 5> , ' 62 dxh-' 2a^ W^')'^!)^' —^(1—5) Sa; '"' dv,^X{%o,C,t) d \b'-a- d'r , dx //* dx I 2 a^ 2x3 y \'^ ' ' Sn\ _ X (;, u, r, t) 3_ ^ fc-— f- _3V_ ^ 1^" 6^ Sa; f 2 «2 aj;a2\ ' ' * * " con 3, 5, (luaiitità coiiipresc Ini 0 ed /. Polliamo poi : , _ 1 fc^-ft^ d'r , _ h^-a^ Sj»^ , _ 6--«" S-r "' — 7+ 2fl.2 3,x2' "'^ 2 a' dxSy' "' ' ~ 2 a^ 9^:9^ ' «1= Ta «i + «i. »i — U ^, + »,»•••• 6=^ Dalla semplice ispezioiK^ delle forinole precedenti risulta che le funzioni n\ , v'\ , w'\ sono tinite e continue dovunque sia il punto {x,i/,x), e che le loro derivate prime si manteniiono finite e continue fìncliè tale punto è discosto da -, mentre diventano intìnite, tutt' al più come , quando esso punto va su a ; per cui, se si indica con u^ la normale a o in un punto j>o=(^o? "o, J^o) e si pone : O ■ 3 <3 + f>" ( -^ cos (n^z)— -^ cos (M„a;) j , Prof. G. Lauricella [Memoria XIX. + &^ ( "2^^ cos {n^x) — —i^ cos («„?/) I , Z\.= arreiiio che le espressioni A^'^, , T',, , Z\.^ sono funzioni finite e continue dei punti (.r, y, s) di tutto lo spazio (i punti della su- perfìcie a compi'esi). Siuiiluiente, se si pone : ^=4^ ; ^' ^'+("'-^'H ^ +-ct +^)cos (».r)-f 6'^r-2^cos(«,/) - ^ cos(»x) j 4-..; "12 = ; «\."= con -r- ^- -^ cos wa:-) -j- -x^ cos («;/) + -^ cos («2:) a« c'i; do c'w e con l'avvertenza die, nell'eseguire le derivazioni di vf," r" ii\" rispetto a ^, 0, C, le variabili ^, u, C, che entrano esplicitamente nella funzione X(^, u, £1, /) , devono ritenersi come costanti, ri- sulterà che le espressioni »",.„ r'\.-,, jr",^ sono anch'esse funzioni finite e continue dei punti (.r. ?/, ::) di tutto lo spazio (i punti • della superfìcie a compresi). 4. Ora poniamo : I i Z Cz, 0, 2:. /) , , , 1 /z(S,o, co , .^ ^ , 1 ix{lu.'l,t) , "-=4. P "'"=' ^'"=4^ P ^'''' ""=4^ P '"'''^ Sui potenziali elastici ritardati I ,., Idw'n , . 9"-' il , ,\ \ ex CZ I n.= Z'n= = e sui>])<)iiiaiii(i elle lii siipcriicie a soddisli alle sejiut'iiti tdiidi- zioiii : 1° in ouiii suo limito jii)bia il piano tangente determinato e variabile con continuità al variare con continuità del punto di contatto ; 2° esista una lnngli(;/za l tale die, preso un punto y>„ (|iial- siasi di a e considerato il cilindro circolare avente i)er asse la normale h„ a a in />„ e per raiii;io / , la por/ione di superficie a interna a questo cilindro sia iucoutiMta in un solo punto al più dalle parallele ad /(,j ; 3° esista un numero positivo e tale clic, cliianuindo )\ la distanza di i>^ da un altro punto y/, (|ualsiaHÌ di s, e^ Tauji-olo acuto che «0 la con la iioraiale in y>, , si aliliia : Dall'ipotesi fatta che la fun/ioiie A' (^^ , ■■> , !;. /j e finita e continua in tutti i punti {-, j, C) di a e per tutti i vahiri di /, insieme alle sue derivate prime tangenziali, risulta ('), indicando con p o c(m // il punto (.r, //, z) (seni])i-e discosto da a) secondo che è nel campo finito limitato da : o uri campo iiiliuito. che le espressioni : lini X',, {■'■, y, z, t) , hm >",, (x, i/, z, t) , hiii Z'u {■'■. .(/, z, t) ; lini A"ii (./■, .V, s, t) , Hill r,, (.ì\ y, z, t) , lini Z'u (.», j/, s. t) p'=P„ 1>'--=1\ ' P'^Po (') CtV. la mia Memoria: Equilibrili Uri corpi rliiKlici imlvopi (Annali ili-lla U Sinnla Normale Sui)eriore ili Pisa, 1(^94) , Cap. IH", ^ 6. Atti acc. Skkik 4", Voi.. XIX — Moin. XIX. 2 10 Prof. G. LaurieeUa [Memoria XIX. sono detei'iiiiiiate e finite e soddisfiuio alle eqnazioni (*) : lini Z',1 («, i), ~, t) — lini ,Y'ii (X, y, z,t):= — X (z „, u,„ Z„, t) , P=Po P'=P'< lini r'ii (.r, .(/, z, t) — li in T'u (.r, P'^Po ] Imi r/ (j;, i/, z, t) — lini i'/ {x, y, z, t) = 0, ^^' I P=Po P'=Po lini Z,' {X, y, z, t) — lini Z/ {j^, y, i, t) = 0, ossia: le tetmoni nei punii di 3, corrispondenti affli integrali (^1) : n (x, y, z, t;, v' (x, y, z, t), w'(x, y. z, t) <7e//r equa::iiità della derivala normale di strato. 5. Passiamo ora allo studio degli integrali (o). i') Iliiil. : C'ap. IH", fonii. (25j, (2o)'. iSìiì potemifili elastici ritin-dati 11 Si ponga : di', \ ,' , , iSw'i dw\ \ I ^- cos (nx) ] ■+- o- \ -zr^ cos (nz) — zr^ cos {nx) (/o . irA(^,o^)j^,^ i^o, " 4x/ b- I fin ' Se liiiiimciitiiinM) clic^ la fnii/ione A'($, u, s;, ^j per ii)()tesi è finita e continua in tutti i punti (?, u, ?;) di a e per tutti i va- lori di t , insieme alle HUe derivato prime tanifen/iali, e se an- che qui indi<;liiamo con p o con p' il punto (.r,;/, ir j (sempre di- scosto da o) secondo die è iutei'iio o esterno ad S, si avrà (') clic le espressioni : lini »",, , Hill r"^^ , lini ir",^ ; 1>=I>., P^Pu V~1K, lini «",, , lini r'\^ , lini >r'\^ ; P'=Po !>' -/'„ P'^Pn sono determinate e tinite e soddisfano alli- e(|ua/ioiii : lini «",, {.V, il. -, t) — lini »",, (.r, y, i, 0 = X(;,„ j„. J;„, 0 lini r"|, (.e, //, e, t) — lini e"!! (.r. //, e. ^ rz 0 . Imi »■",, (.e, (/. .:. /) — lini ir'\^ i.r, //. e, t) := (I. l)^l)„ P'—P« Di guisa che, se si pone mente a quanto fu dimostrato per le funzioni ìt'\.^ (.r, //, ^, f) , r'\., (x, //, ^, 0. w",^ (.r, //, ~, 0 al f ^ e se (') Crf. min eit. Meni. ; Ciip. IH, ^ 4. 12 Prof. G. Lauricella [Memoria XIX. si ha riiinanlo alle forinole : u" =r h",, + «'V, , »" = v\, -f r"„ , ir" -= «'",, + »•",, risulterà che le es-pres.nom : lini «" {x, y, z, t) , lini r" [x, y, z, t) , liin ir" (.r, i/, s, ^) ; P=Pn P=Po P^ÌK lira m" {x, y, z, t) , lini r" (a', y, «, /) , lini ir" (r, i/, z, t) P=Po P'=Po P'=P" sono determinate e finite e soddisfano alte equazioni : lini m" {x, y, z, t) — lini */" («, y, z, t) == A' (z.^, u,-, , X,,,, t), P=P» P'=P„ lim r" (a;, ?/, s, /) — lini v" (x, y, z, t\ = 0, ' lini w" {X, y, z, t) — lira w" (x,y, «, t) = 0. P—Pn P'=Po Questo risultato è 1' estensione airli integrali di superficie (3) del noto teorema sulla discontinuità dei dopati strati. 0. Passiamo ora a dimostrare un teorema relativo agli in- tegrali (3), il quale rappresenta 1' estensione del noto teorema di continuità della, derivata, normale dei doppi strati. Supponiamo che la funzione X(f. u. ^, /) sia finita e continua insieme alle sue derivate dei tre primi ordini tangenziali e ri- spetto a t. Tu virtù di (piesta ipotesi si pn«'> dimostrare, appunto come si fa per i doppi strati ('i, che le derivate dei primi due ordini delle funzioni u" {.r, n, ::,t), v" (.r. >/,::, t), w" (x, >/, z, t) nono finite e continue aiiclic (|uando il imnto (x,i/,z) di S (o del cam- po ■) Vedi la mia nota : Sulle dn-ivate della fiimwne polemiali' di doppio tiralo fRenrticouti della R. Acc. dei Liucei : voi. XIV, serie 5"i. iSmì potemiali elafitici ritardati 13 ad mi punto (inalsiasi di o. In particolare le espressioni: I , „ / 3"/' , . dio'' , , 1 + b' [-^- cos{»„2) ^ C08 («„a;) | , ^l" (■»•■. .\'j ^5 0^ {immetterà 11 no limiti dc^tenniiiati e finiti, quando il punto (x,i/,s) di 8 (o di A'') si avvicina ad un punto />„ = (So. «o» Zo) di o, ossia //// httcjinili u"(x,y, z,t), v"(x,y,/, t), \v"(x,y,z, t) tifile equazioni del maio elanUco Jhoiìio le fensioni, nei punti di a e dalie dxe facce di essa, defermiìiate e finite. Noi (|ui amiiiottcrenio scn/.' altro le precedenti proposi/ioni, elle possono dimostrarsi nel modo anzidetto, e passiamo a dimo- strare eli<^ (/ireste tensioni dalle due facce di o hanno in uno stesso jinnto il medesimo rotore. Inli'oduciamo 1 P=Po .\".,^ = \un\\(.r,y,z,t), P'=Po h",, := lim u" (.e, \\ z, t), v\^ =: lini r" {x, y, z, t), '<"".,,= n\, =z lini m" (x,y, z, t), = «",,, -- ,Y (q„, o^, C.^, t) , r"j, = lim t'" {X, V, z, t) =: */'j, , P'=Po 14 Prof, G. LauriceUa (Memoria XIX. a ^'-^■'=|Ì/'"<^-^''-''""' + ^|sl \' V, (X)—^ \ t'x il 0, z, t-t') (ir -f- „ iX)=^ ' t'^' il ^^ J^' t-f) <^ ' + A (Mi, A', «)=''■ —^^ i-("- — ^■) ( 3^ + 3;7 + 37 j '^^*'' («aO+fe- [-p-cos(«3')— -^cos («a7)j -f- -|- 0' (-^^C0S(W5) ^ COS (HiC) , Sui potenziali elastici ritardati 15 Le foniioie di Love ci «. *)= ^ / M (^*n «'"22' n)-\-B(Hì, )'",.,, «)-r^«i» "•".>o, «) ! (i°-r J^ / i "1 (^^"22)+ a 0 + i\{\",,)-\-rrSZ'\,)\do « ■ + ;^ / ^ («, , A', «) ^'^ -r ^ / ; "1 ( '^""22) + n ( >'"22) + "•! (^'V..) i ''° : 3 - p poifdir si liii. come risult;i d;illc ((ì), ,,_„ , , .l("i, "",,,, «) '/a- -_ ~— / A («1, u" , «) f?a = «"21 (Co, tJo, J;,„ '^ > risnltevà dalle due precedenti i'oruiole, piissando ai limili e som- mando membro a niemhro, '«"21 (?o) "o, Zo, t) + «"sa (^o, •Jo, S^of f) = "'"21 <-^o, 'Jo' ?o' 0 + l)'=p„ 4^/ -'' *'"' -^'' ") '^^ ~ '0 3 16 L'rof. G. Lauricella [Memoria XIX. 1 -liiu 1 lini J P=Po irJ'"' (^^"'-i)+*''( ^ "^i>+"'i (-^"^i^! ^'^+ p^p„ i^/ ;"i (A"'22)+ì':( } ",2)+«-i (Z",,)(rfa= =w"2i (:;,„ 'J„, Zo,t) -f lini m"(^, V, 3, t) P'=P« ^T «1 (A",i - X\J + n (Y"2i - >",,) + + «'1 (-^"21 - Z\J [ do e per coii.seiiuon/a : (7) 0 in /' ;«i (r'21-.r,,) + n (Y"2i-Y",,) + >n(Z".>i z'\j I do Siiuilineiite sarà: 0 = ^/j^M^V ,-x';,)+p,{i"',i-.Y",,)-f «■, (Z"oi-z",j ; do (7)' 4|r|;«:.(n-A'"..) + ! '/a 7. Ciò preiiicssu , si consideriito le tre funzioni dei punti (a-, //, ^) dello spazio e di / : Ui (x, y, z, t)— ^j ]u, {X",i-X"2;)+vi ( F"2i- ^"22) + "'1 {Z'-n - Z"..)\ do , 4tc ' ' 3 tSvi potenziali elastici ritardati 17 B, {X, y, z, t] = ^ \n, (X"oi-A-",,)+ r, {i",i -¥",->) + «', (^"21— ^"22) j do , a Queste funzioni nono deliu niedesiiiia natura delle funzioui ti, v' , w' , espresse dalle forniole (2), e formano un sistenu» di integrali delle equazioni del moto elastico. Poiché le IJ^, H^, H^, come risulta dalle (7), (7)', si annullano nei punti di a per qua- lunque valoie del teni])o, e poiclK"' esse a distanza inlinita di- vengono intinitesinie come , avremo per qualun(|ue valore del tempo t e per qualunque punto (r, //, ^)dello spazio: Hi (X, y, z, t) — H, {X, y. z, t) = H., yx, y, z, tj = 0. Si Ila (piindi : rfM ' ^ ^ dx du dz I ed in forza delle forinole (5) e delle analoghe, clie non ahlùa- mo scritte, risulterà finalmente : X"2i (^0, "0, ^„, t) - A"'22 (^„, o„, Sic, t) -.= 0, i ".1 (S„, o„, S:„, f) - Y",, (So, 0», Co, f) =^ t» , . e. V. d. Catauia, Maggio 190G. Iflenioria XX. Sulla radioattività di alcune terre per ENRICO B066IO-LERA Il metodo ideato dai coniugi Curie per la deteriiiinazione della radioattività di una sostanza, consistente nel misurare me- diante la compensazione col quarzo piezoelettrico, la corrente che si produce attraverso 1' aria compresa fra le armature d'un condensatore ])iano, quando queste vengono mantenute ad una ditfei'enza di potenziale costante e sufficientemente elevata j)er- chè possano essere utilizzati tutti gli ioni che vengono prodotti da uno straterello della sostanza attiva sparsa in modo unifor- me sopra una delle armature, parmi lino al presente il migliecialmente dei dintorni di Acireale e dell' Potila, e trovò cIk^ tutte sono ))in o meno debolmente radioattive. Essendomi ancor io accinto a lare delle esperienze sulla radioattività di alcune terre, ed avendo riconosciuto la conve- nienza di usare un elettroscopio di piccola capacità, parvemi Sulla radioattività di alcune terre anzitutto non rigoroso il niisurai'e la radioattività col decre- mento del potenziale in volt per ora, od in generale per ugnali intervalli di tempo, giacché quando è piccola la capacità delTe- lettroHcopio, essa varia in modo non indiflterente col grado di divergenza della fogliolinji, ossia col potenziale. Infatti se anche si esperimenti partendo sempre con ogni sostanza da uno stesso valore iniziale j»er il potenziale, al variare della sostanza varian- do pure il |)otenziale liliale risulta ])ure diversa la capacità tinaie dell' elettroscopif», e i decrementi del potenziale cessano allora di essere proporzionali ai decrementi delle cariche. Stimai ])(!rtaiito metodo migliore quello di esperimentare a decremento di 2f"t<'»zi espt'ri- mcntato, il tempo T così da me calcolato è inversamente pro- porzionale alla (luantità di sostanza attiva posta nella vaschetta purché questa quantità non sup(M-i considerevolmente i 100 grammi ; od in altri termini il prodotto del numero dei grammi m di sostanza posta neUa vaschetta i)er il tempo 7\ e costante per una data sostanza nei limiti di massa anzidetti. Questo pro- dotto che indico con J/, io chiamerò modulo relativo di radio- attività della sostanza. Così ecco un esempio che tolgo dal libro delle mie espe- rienze. Enrico Boggio-Lera [Memoria XX.] 22 gennaio 1906. Esperimenti con 25 gr. di terra della villa del Dott. Cuonio (Capri) : t media di varie determinazioni ;^ 14'" =: 40'" 50, ^ » » » T _ U X 46,50 _ ^^ 32, 50 M = 20 X 25 =: 500 Esperimenti con 50 gr. della terra medesima : t media di varie determinazioni :^ 8™ 40 t^ 7> » » = 56'." 12 8, 40 X 56, 12 47, 72 31 = 9, 9 X 50 = 495 9, 9 Esperimenti con 75 gr. della terra medesima : t media di varie determinazioni := 5'" 8(1 t^ » » » = 40'!' 50 '^5^^0J^40^_ 34, 70 M = G,8 X 15 -z= 507 Esperimenti con 100 gr. della terra medesima t media di varie determinazioni = 4'" 41 , t » » » ^^ 37'" 24, T = ^' '' ^ ^'' -^ .= 5, 0 32, 83 .1/ = 5 X 100 = 500 Esperimenti con 10 gr. della terra medesima: t media di varie determinazioni =: 25''' 50 t^ » » » = 50'" 75 25, 50 X 50, 75 25, 25 M = 51, 3 X 10 = 513. 51, 3 'Sulla rodioottirità di iilcune terre Assumi» (luindi coiiu' iìkkìhIo rrìafiro di radioattività della terra predetta di Cajìri il iiuincio medio oOO -{- 495 + 5()7 -f 5ali Saliliia dal lìLU a, C Quiiiititìt di sost. m. lu f;r. ' 20 : 30 . 40 . .iO . 50 1 00 50 75 1 00 10. 12 11.25 9. OH 7. SS 5. !)7 22 1 50 IS (iS il 75 7. 72 :;i. OS l.s. 45 19. 61 Ili. 60 ', /■ in 39. 12 MI 37.2 33.25 1 7. 00 40.47 U. li 41. 10 9.2 41.66 6.95 59. 17 S6 4 57. .50 17.9 52. 6r, 12.0 5S. 16 9.0 44. 16 104.5 27. 75 55. 1 41. 8S 36.8 SH. 25 2S. 6 2610 2755 2760 2860 nii>(Iin S55 901 Enrico Boggio-Lera [Memoria XX. SOSTANZA Faugo delle Macahibe Fauijo di S. Veueni di Acireale Argilla di Acitrezza Terra del giardiuo dell' Istituto Teeiileo di Catania Terra del podere della Scuola Enologica di Catania .... Terra di una grotta del detto podere Terra dell' Orto Botanico . . . ■" -a della Piana di Catania . . dell' Anfiteatro Greco-Ro- niano » del Giardino Bellini . . . » della Plaia (Catania^ . . . » » » Salmastra della Plaia . . > della Contrada Bicocca. . Ghiaia rossa da costruzione (Ca- tania) Arena delia Plaia Terra di Grammichele • » Fraucofonte • » Isola dei Ciclopi . . . > Villa Belvedere (Acireale) 25 50 75 100 50 75 100 25 50 75 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 lUO 100 100 25 50 75 100 31.50 23. 75 19. 25 16.50 28. 38 20. 40 16. 03 13. 60 31. 47 25.66 21 75 17.05 13.05 12. 12 14. 05 22 .50 16.70 28, 78 23. 10 16. 70 18.77 24. 16 17.90 28.70 35. 92 17.25 17. 15 25.33 28.00 19 00 14.50 11. 50 t 1 r 45 'óO 46 00 1 46 50 47 00 49 37 49 17 49 00 49 37 46. 00 50. 85 55, 43 53. 45 57. 00 20. 08 42. 67 47.63 34.42 49.67 37.83 34.42 49.50 34. 92 41.05 46.83 39.25 40. 17 44. 50 47. 42 52.50 52. 50 52.00 52.50 T n 101 0 49 0 32 8 25 4 66. 8 34. 8 23. 8 17. 4 99.5 51.9 35.6 25. 0 16. 5 30. 4 21.0 41. 4 32.4 68,5 59. 5 32.4 30.2 78. 0 31.8 74. 0 42. 4 30.2 27.95 54. 75 59. .50 29.7 20. 1 14.7 2525 2450 2460 2540 1670 1740 1780 1740 2480 2490 2500 1650 3040 2100 4140 3240 6850 5950 3240 3020 7800 3180 7400 42400 3020 2795 5475 1485 1485 1505 1470 media 2494 I 1732 ^'^' '2516 \ 3130 1486 iSulla radioattività di alcune terre STAZIONE Marua del Basso Egitto .... Terra fina di Palazzello Motta 5 Piodiinonte Etueo .... Fango di Montegrotta Cenere del Vesuvio (oruz. 190tì) Quantità di sost. ( 'i T 3Is m. iOO • m 14.00 ni 51.93 m 19.2 1920 100 » 15. 66 37.83 27.4 2740 100 . 6.30 34.73 7.7 770 100 . 2.00 30.75 2. 14 214 80 . 2.54 29.75 2.8 224 60 . 3.23 31.33 3.6 216 40 » 4. 60 3i. 31 5.3 212 12 gr. 65 20.00 27.00 77. 1 975 216 \ Ma per quanto è stato detto precedentemente, f|uesti nu)- duli di radioattività non hanno così che un valore relativo di- pendente dair elettro8coi)io e dall' intervallo di scarica, e quindi servono soltanto ad esprimere relativamente il diverso iirado di radioattività. Per ottenere dei risultati indipendenti dall' elettroscopio e dalla caduta del potenziale, lio poi latto numerose esperienze di confronto (;on l'Uranio metallico in polvere. E poiché esso è molto più radioattivo delie terre è bastato metterne 1 gr. nella vaschetta di rame sotto all'elettroscopio; sarebbe stata sutKcif te una quantità anche molto minoic, ma per mettermi nelle stesse condi/ioni delle esperienze fatte con le terre bisognava ])er Io meno rieoi)rire uniformemente il fondo della vaschetta. L' Uranio me- tallico puro mi fu fornito nella quantità di 15 gr. dalla Casa Kahlbaun. Dalla inedia di molte determinazioni è risultato ])er 1' U- ranio il modulo di 0,85 che io indicherò con 31^. Poiché come ho precedentemente osservato l'inversa del modulo di una sostanza può misurarne la radioattività (in unità ìf arbitraria) , il rapporto ~ del modulo dell'Uranio al modulo della sostanza, potrà assumersi come misura della radioattività della sostanza in confronto all' Uranio ; ed esso sarà indipen- Atti acc. Skuik 4", Voi.. XIX — Moni. XX. 2 10 Enrico Boggio-Lera [Memoria XX.] dente dalla grandezza, dimensione e forma dell' elettroscopio e dalla caduta del potenziale. Infatti io di ciò mi assicurai fa- cendo variare sia la caduta del potenziale, sia la capacità del- l' elettroscc^pio (mettendo sul cilindretto dispersore un disclietto di stagnola, od una vaschetta di Alluminio) : cambiavano i mo- duli J/„ ed J/„ ma restava costante il rapporto. Isella seguente tabella presento i valori dei rapporti ^ os- sia le radioattività cosi dedotte per le precedenti sostanze in rapporto all'Uranio metallico in polvere. Radioattività rispetto all' Uranio. Terra ili Capri 16, 7X10-* Depositi vulcanici di Cai)ri 24,0 » Pozzolana di Acireale S, i) » Sabbia del 324 a. C. (Acireale) 3, 1 » Fango delle Macalube (Girgenti) 3,4 » » di S. Venera di Acireale ^i ^ » Argilla di Acitrezza 3, 4 » Terra del Giardino dell' Istituto Tecnico di Catania .... ò. 1 » » » l^odere della Scuola Enologica » .... 2, 8 » » » Grotta del Podere » » » .... 4, 0 » » Orto Botanico di Catania 2, 0 » » Piana di Catania -- '» » » Anfiteatro Greco Romano di Catania 1, 2 » » Giardino Bellini di Catania 1, i » » Plaia di Catania 2, 7 » » Salmastra della Plaia di Catania 1, 1 » 7> Contrada Bicocca di Catania 2, 7 » Ghiaia rossa da costruzione di Catania 1, 1 » Arena della Plaia di Catania 0. 2 » Terra di Grammichele 2, 8 » » Francofonte 3, 0 » Isola dei Ciclopi 1? 5 » Valila Belvedere (Acireale) 5, 7 » Marna del Basso Egitto 4, 4 » Terra fina di Palazzello Motta 3, 1 » iSìiUa radioattività di alcune terre 11 Terra tìiia di Pieilimoiite Etneo Il» 1 » Fango (li Montegrotta 30, 3 » Cenere del Vesuvio (eruzione 1!)0C) S, 7 » Cenere dell' Etna (1900) (), 53 » Avverto <'lie (]ne(^ti iinmcri esprimono la radioattività delle predette sostanze in confronto all'Uranio in condizioni normali. Io Ilo di recente constatato (credo per il primo) clic la radio- attività di (|UOHta sostanza, e così quella della pecliblenda, e di alcune altre, viene notevolissimamente influenzato dalla luce. In fatti esj)onendo la vaschetta contenente 1" uranio al sole prima d' introdurla neir apparecciiio , la radioattività dell' Uranio si trova essere divenuta ben sette volte magjiiore, giacché il mo- dulo è disceso da (),S5 a 0,12; per*") quest'aumento di radioat- tività scompare in un tempo pressapoco uguale a quello della durata di esposizione alla luco solare. Risultato analogo ho tro- vato esponendo l'Uranio alia luce dell'arco voltaico; e siccome anzi con questa sorgente luminosa, l'etfetto fu assai cospicuo, debbo ritenere che esso sia dovuto ai raggi ultravioletti. Di que- sto fenomeno intendo fare uno studio particolare. Ho ])oi fatto dello esperienze sulla radioattività di una mescolanza di una materia inattiva con dell* Uranio metallico in |i(dvere. P. es. ho mescolato intimamente 1 gr. di Uranio con !)!> gr. di arena della IMaia, la (]uale è la sostanza meno radioattiva -g-» X ' '^ T' "2"' T ' ^'""Viito che il tempo T;^^, impie- 14 Enrico Boggio-Lera [Memoria XX.] gato nella scarica quando nna frazione l- della superficie trovasi scoperta, e la frazione residua A' = 1 — A- trovasi coperta, si può rappresentare abbastanza bene in funzione di Jf e di A', e di T, e Te , mediante la forinola : Questa formola era d' altronde prevedibile ; giacche se -^ come abbiamo osservato esprime la frazione della carica sottratta ad ogni minuto all' elettrometro quando l' intera superficie della sostanza si trova scoperta, e -^ la frazione della carica sottratta ogni minuto quando la superficie è coperta dalla lamina metal- lica ; — e -^ saranno le frazioni della carica sottratte all'elet- trometro ad ogni minuto, rispettivamente dalla porzione scoperta e dalla porzione coperta della superficie della sostanza ; onde la somma -=- + -^^ deve rappresentare la frazione -^ — della carica sottratta complessivamente per ogni minuto all'elettrometro, sem- ])re beninteso senza le dispersioni estranee. P. S. Sento il dovere di ringraziare il Cav. Leonardo Pratesi, Preside di (piesto Regio Istituto Tecnico, per avermi fornito i mezzi di eseguire questo lavoro, e il Dott. G. Tro- vato per avermi zelantemente aiutato nelle esperienze. Catania, 5 Luglio T906. M^eiiioria XXI. Dott. GIULIO TRINCHIERI Contributo allo studio della « cauliflorìa « RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DI REVISIONE, COMPOSTA DEI l'itOFP. A. RUSSO E G. LOPRIORE {relatore). Ln memoria dal titolo : (hiitrilnito allo studio fiditi « cauli flona », pre- sentata air AcHiademia Gioeiiia dal Dott. Giulio Triiiohieri, si <)C(;ii|)a di un foiKiiiu'iio molto discusso. friMiiii'iitc tra le piante dei climi caldo-umidi delle rejiioiii tropicali, raro in (pielle della /.oiia temperata, per cui i tiori si svi- lu|ipan(i sul <;aul(! e sui rami adulti in prossimità di (-icatriei to>dt, del Potorie, dello ScHniPER, delJoHO\v. Contributo allo atndio della « caiilifloria » Di recente, poi, il prof. Buscalioni (1) , dallo studio del controverso problema, è giunto a conclusioni le quali nioditìcano notevolmente le idee finora in vigore. Egli, fra altro, ha potuto mettere in evidenza, con la scorta dei dati paleontologici , che la cauliflorìa è un fatto antichissimo , poi che di essa esistono tracce già nel Carbonifero (2) e successivamente nel Cretaceo (3). Sembra che il processo caulifloro s' inizii con gruppi abbastanza degradati del regno vegetah-. in quanto che il PoTONiK l'avreb- be risc(mtrato in jìarecchie ('alamaviacee, nelle Botrodendracee, in diverse Lepidodendracee, nelle Sigillaricc e nelle Cordaite (4), ma non al di là di un certo limite. Per i terreni posteriori. ])oi, valgono le osservazioni del BUSCALIOKI : delle 34 fanìiglic con rappresentanti caulitlori riportate da (piosto autore. 22 fecero la loro i)rima comjKirsa nel Crcfaceo. 3 nclT Eocene. 2 nelT Oligo- cene. Così pure delle 120 specie di Dicotiledoni sicuramente cau- liflore citate dal Busca moni. 20 si rinvengono nel Cretaceo su- periore, se pure non sono a])parse jìrinni, 4 nel Paleocene, () nel- l' Eocene e 15 nell' Oligocene (5). Conni ognun sa. opiinino i geologi che in (pici tempi, da noi tanto loiitiiiii. la tem]K'i";i(ur;i del nostro globo fosse ])iù ele- vata di adesso e nello stesso tcni|io il clima molto iimido, a causa dei fre(|uenti iH'(in.i/./oiii che trasformavano le terre emcM'se in veri i)aiitani. K (juindi uiituralc T. •immettere che le piante di (HU'i ]»eriodi dovessero modilit arsi in guisa da ottem>re che la pioggia non danneggiasse organi così importanti ])er le stesse, <}unli sono i fiori e i frutti. ]S'oi vediamo perciò largamente ditìuse nelle piante del ('arbonifero certe disposizioni dirette (1) Bu.scAi.ioNi L. . Sulla caiilitlniia. Ma]i>ij,'liia, voi. XVUI, 1904, p. 117-177, tav. II-III. A (piosta Nata potrà riciiiTcrc iitiliiii>iiti' il lettore, cosi per maggiori notizie suU' argo- mento colilo ]HM" la biltliogratia tltl iiiedesimo. (2) BuscALiONi L. , loe. eit. , p. 138-139. (3) loc. eit. . p. 150-152. (4) Un-, eit. , p. 138. (5) loo. eit. . p. 150-151. J)ott. Giitìio Trincìderi [Memoria XXl.J appunto a proteggere gli apparati riproduttori da un eccesso di umidità, come la forma di cono assunta dai frutti delle Selagineììa, dei Lejndodendron e di altre piante ancora, nei quali organi le parti essenziali erano in modo efficace difese da brat- tee ; come la riduzione in larghezza della lamina nelle foglie delle Calamariee, ciò che doveva impedire la persistenza sulle stesse delle gocce di pioggia; e l'essere, in varii casi, T infiore- scenza collocata sotto un notevole numero di foglie, del che si trovano tracce nelle Sif/iUnria ; e la presenza delle afleìne , vale a dire di quegli organi riscontrati nelle Pelei del Carbonifero, e che, secondo il PoTONlÉ , avevano 1' ufficio di proteggere le gemme fogliari, oltre a quello di contenere acqua (1). Disposizioni analoghe, cioè inerenti alle condizioni d" umi- dità eccessiva offerte dall' ambiente, si rinvennero nei periodi po- steriori al Carbonifero — e ne sono esempio gli apparati riprodut- tori delle Gininosperme, le radici a ginocchio dei Taxodimn (2) — come si trovano oggidì nelle piante equatoriali, specialmente se queste vivono in siti soggetti a frequenti piogge (3). Così nelle Pandanacee e in molte Palme la speciale costi- tuzione dell'infiorescenza è, per gli organi riproduttori, iin' effi- cace difesa contro l'umidità; in altre Palme, poi, T inliorescen- za è doppiamente protetta contro i rovesci di pioggia, priuìa dalla presenza di una larga spata e poi dalla riunione di parecchie foglie al di sojira dell' infiorescenza stessa : è un caso simile a quello, già ricordato, delle SigiUaria del Carbonifero. Nelle Dicotiledoni, le principali disposizioni protettive sono rappresentate o da involucri di origine bratteale — ed esempi di ci«> danno diverse famiglie come ]>ignouiacee , Composite, Dip- sacacee, Santalacee, Ombrellifere, Clusiacee , Miricacee, Cupuli- fere — ovvero da invokicri perianziali e ricettacolari , il che si verifica per le Moracee, Orticacee, Vochisiacee, Lauracee, Tern- (1) BuscALiONi L. , 1(10. cit. . 1). 136-138. (2) loc. cit. . p. 139-140. (3) loc. cit. , p. 152-158. Contributo allo .stadio della * cavlijìorin » streirj iacee, Colunnifere, Eiilbrbiacee, Kaninacee , Sassifragacee , Mirtacee, Litrariee, Ericacee, Rosacee , Ebenacee , Verbenacee , Rubiacee, Moniiniacee, Clieiiopodiacee, e per altre famìglie ancora. Altre volte, poi, le piante (Artocarpee, Magnoliacee, Moni- iniacee, Rosacee, Sassifragacee, Rubiacee, Anonacee, Melastonia- cee, Ficiifi, Casfilfoa, A rtocarpua inf et/ri fai in, Troehodendroìi, Tauilupu- ris.m, iSipanitia, Dorsfema, Kelumho, Eui-jiale, Victoria, Boccalaya, Fragaria, Rhodotyptis, LiiiniU (Juiinn, '/'rif/oiiia, ecc.). Ora, a tutte queste disposizioni, intese a difendere gli ap- parati riproduttori delle piante contro l'azione dannosa della soverchia umidità, dovuta alla IVeiiuenza e ali* abbondanza della, pioggia, va aggiunta, secondo il Huscaliom, anche la caulitlo- rìa (1). I)isposizion(^ . l:^!^ e 1511-1(50. (2) loe. cit., p. 121-128. Dott. Giulio Trinchieri [Memoria XXI.l delle modificazioni che lo stesso autore già vi introdusse mediante le aggiunte contenute nella nota collocata alla fine del suo la- voro (1). Per esempio, nel citato elenco non è fatta menzione del- l' Erycihe raiiiiffoya, di cui ci dà notizia H. Hallier (2). Quest'autore pone il gen. En/cihe fra le Oonvolvulacee, men- tre , secondo il De Oakdollb (3) , 1' ordine delle M\ì/ciheae va da quelle allontanato e avvicinato invece alle Ebenacee — che hiiiiiio vario altre specie cauliflore, già ricordate dal Buscalio- Ni — o alle A(|nifoliacee. Però, nella monografia del Peter (4), il gen. Eri/cibe vien messo fra le Convolvìdokìcnc-Erucìbeae (5). Paccio notare tuttavia che i pochi rappresentanti fossili delle Oonvolvulacee furon trovati nel Terziario antico (0), il che è in accordo con V ipotesi del BusCALioiSfi. Così pure fra le specie del gen. Ficns — ben noto per avere molti rM]ìpresentanti cauliflori — comprese nell'elenco sopra ricor- dato, non figura il Fìcìis capensis Thunb. , dell' Africa australe, di cui. nel maggio dì quest'anno, ho potuto osservare nell'Orto botanico di Catania uno splendido esemplare, che aveva la nuìg- gior parte del suo tronco addirittura coperta di tanti ricettacoli piriformi (cenanti). Questi erano raccolti in numerosi grappoli — non saprei come altrimenti chiamarli — risultanti di uiolte in- fiorescenze , discretamente peduncolate. I grappoli pendevano lungo il tronco ed avevano i rispettivi apici occujiati , non già da lino o più cenanzì, bensì da una gemma fogliare chiusa. Inoltre i singoli ricettacoli erano così disposti su quella specie di grap- (1) BuscALiiiM L. . lue. cit. , p. 169 e segg. (2) HAl.r.iEii H. . liniiitcine zìi einer Monotjrajìhir d. Convoloiilacecu. Uéb. il. Gatlimy Mry- cilic II. hìol. Beri ni hi lì lì il. ulani iiiliUi-tiiien Bliibii ii. Friiclik-. Bull, de 1' Herbier Boissier, voi. V, IH'.)', 11. !t, ]). 7:ì.")-7.54 e ii. Il', )). 10.5. (3) De C.-^xiioi.LE , Pi-oiì rolli II X Kì/slcmalix mitiiyalif: reijni regelabilÌK , piirs IX. Parisiis , MDCCCXLV, p. 4(i8-464. (4) Petei! a. , Conrolviilacfiir. in Nat. l'flaiizciifam. , IV. Tcil. Aht. 3a, (5) loc. cit. , p. st;. (6) loc. fit. . p. 11. Contributo allo studio della « caulifiorìa » poli che i loro piccoli oritìcì apicali guaidaTaii tutti il terreno, ciò che avviene talora anche nel Ficm Carica L. Ora , sembra a me che le accennate disposi/ioni debbano esercitare un ufficio di protezione contro V eccessiva umidità. E mi spiedo. Se anclie all' estremità del grappolo esistessero imo o più ricettacoli, V acqua di pioggia, la quale, per essere il grap- polo diretto verso terra, dojx) averne pei'corso l' asse, si raccoglie all' apice del gra[)poIo stesso, Unirebbe, a lungo andare, col dan- neggiarli. L' essere poi le aperture apicali dei varii cenanzi co- stantemente rivolte in basso fa sì che la pioggia non possa per quella via penetrane in nic/zo ai liori, e recar loro nocumento con la sua presenza. Inliiie, nei i)rimi giorni del corrente mese di luglio, trovai nello stesso Orto botanico di Catania un'altra pianta, il Jasmiuttm Samhac Ait. , la quale portava numerosi liori sui rami i>iù vecchi e privi di toglie. Si tratta perciò di una pianta cauliflora, che, come le altre due so[)ra ricordate, non è indicata tra quelle dell' elenco del BUSCALIONI, alle quali pertanto l'aggiungo. TI Jasminnm /Sambac è un frutice originario delle Indie orientali e , pre(;isamente, vive nelle foreste presso la si>iaggia del nìare (1); per conseguenza e pr(ti)ria di luoghi molto umidi. Inoltre il gen. Janmimim è molto antico, giacché, sarebbe apparso neir Eocene (2). La (^aulitlorìa della specie da me esaminata forse è in rela- zione ((HI la sua ([ualilà di pianta rampicante. finalmente, il gen. Jasiniiium è assai diffuso nelle regioni tropicali bagnate da piogge torrenziali (;>), il che spiegherebbe, se ancora ce ne fosse bisogno, la comparsa della caulitlona in qualche tipo del genere stesso. (1) De Candoi.m:, l'rodroiiiKx Hjishnialis iiainralii regni vegilubilis , pars Vili, Parisiis, MDCCCXLIV, p. 301. (2) BuscALiONi L., loc. cit., p. 149. (3) Dk Candolle, loc. cit., p. 301 e segg. Doti. Giulio Trinchieri [Memoria XXI. ] Ho accennato in principio clie nelle regioni temperate la cau- liliorìa non è, nelle condizioni normali, nn fatto frequente : anzi, per quanto mi consta, da noi ne oltre un esempio sicuro soltanto il Cercis Siliquastrmn L. (1) , che, in primavera , dischiude i suoi graziosi tiori rosei. Però è risaputo che esistono alcune piante le quali eccezio- nalmente possono presentare il fenomeno, specie se assoggettate ad azioni traumatiche. Una pianta , per esempio , che in tali condizioni con fre- quenza diventa caulitìora è la Vite. A questo proposito, O. Bec- CARi (2) ricorda di aver rilevato la presenza di qualche piccolo grappolo di fiori sui ceppi, nudi di foglie , di alcune viti , che, per innesto , erano state private delle loro jjarti superiori. Lo stesso autore (3) cita poi un altro caso di caulitlorìa nella Vite, nel quale ai fiori erano succeduti i frutti , riportato dalla Itcrnie Horticole (4). Di un altro ancora, perfettamente identico al pre- cedente, nel modo di manifestarsi, il dott. Montemartiki (5) ci dà la descrizione accompagnata dalla relativa figura. Infine, an- che il prof. LOPEIOKE, a quanto gentilmente mi riferisce, ebbe a notare ])iii d' una volta casi consimili. Grazie alle osservazioni che potei fare sopra un' altra pian- ta, è dato anche a me di portare nn contril)uto all' argomento che ora ci interessa. Sul finire del mese di maggio dell" anno scorso, mentre os- (1) Alcuni loiisideraiKi come ]iiaiitii cauliflora .anche la Ct;rato»ia SiUr/iia L. Le mie os- sei'vazioui, clic ho ildvutu per ora limitare a piante già fruttiticate, non mi permettono di staTiilire se nel caso del Carrnliliio si tratti o non di vera cauliflorìa. (2) Bkccari O. , Nelle forente di Boriieo. Firenze. 1902, nota a p. 538. ■• (3) loc. cit. , nota a p. 538. (4) Vedi p. 430, fig. 93, .inno 1882. (5) MoNTEMARTiNl L., Un caKO di « caidofìoria nella vite. Italia agricola, anno XL, 11. 15, 1903. p. 348-349, e tavola a colori. Contributo allo studio della « caulifìorìa » servavo con un senso di rincrescimento un alberetto di Citni.s medica L. var. Limon L., coltivato nelF Orto botanico di Sassari e che mani inesperte avevano non molto tempo prima sottopo- sto ad una intempestiva ed esagerata potatura, mi accadde di posare gli occhi sopra un ramo , eh' era tra i più grossi posse- duti dalla pianta, sul quale spiccavano, a varia distanza fra loro, tre tiori (fig. 1). Esaminando i»iù da vicino il ramndo forte i>i'r la loro esi- stenza, a causa della stagione asciuttissima e dei venti che sof- fiavano imp(^tuosi, mi decisi a sacrificare e raccogliere i tre ovarii in discorso. Sott()]»osti i medesimi all' esame microscopico, dojx) averli convenientemente prejìarati. vidi che il ])rimo di essi presentava sette logge ben sviluppate, jtiù un' altra quasi atrofica in corrispondenza del solco in cui, come sopra ho ac- J)ott. Giulio JrincMeri [Memoria XXI.j ceniiato, stava in parte affondato uno stame. iS'ove logge aveva Tovario del secondo tìore, ed otto quello del terzo. Non potei appurare se gli ovarii fossero stati o non fecondati. Lo stesso processo caulitioro, die ho descritto nel Limone, vidi i)resentato, con relativa frequenza, dal Ciirvs Anrantìum L. vav. Linicffa (Kisso). Un esempio di ciò può dare la fig. 2, tratta dalla fotografìa, — I che feci nel passato maggio, di un esemplare della jiianta ora ricordata, vivente nelF Orto bo- tanico di Catania. Per quanto mi consta, nep- pure questo secondo caso di . Xtì3 e segg. (2) Buscai. IONI L. , loc. cit. , j). ll!t-120. 14 Dott. Giulio Trinchieri [Memoria XXI.] complicata delle prime, sono, in regola generale ,' quasi le sole che si sviluppano nei nostri climi. Al contrario , nei paesi tro- picali, date le condizioni particolari dell' ambiente, le gemme fiorali dormenti tendono a svilui)parsi pure frequentemente. Conosciamo inoltre, per le ricerche del Prunet (1), 1' esi- stenza di un grosso raggio midollare, che lo stesso autore chiama « rayon médullaire geni maire » , mediante il quale le gemme dormenti delle piante legnose sono messe in comunicazione col midollo del fusto (2). Orbene, questo potente raggio midollare, tra altro, ha Tuf- ticio di portare una grande quantità d' acqua alla gemma dor- mente. Sappiamo ancora , per limitarci ai casi di caulitlorìa ri- cordati , che i frutti delle nostre piante cauliflore sono molto ricchi d' ac(]ua, la ([uale è in gran parte fornita dall' umidità del terreno in cui le piante vivono. Se a tutto questo complesso di condizioni , mirante a for- nire un largo quantitativo d' ac(iua o alla pianta o per lo meno ad alcune delle sue parti (frutti succulenti, per esempio), noi ag- giungiauio V azione di cause traumatiche, che determinino gravi mutilazioni, vedremo portato al grado massimo lo stato d'imbi- bizione della pianta , a causa della ridotta traspirazione. Così che, se le azioni traumatiche non hanno, i)er se sole, la poten- zialità di produrre il fenomeno della caulitlorìa , date queste condizioni di cose , che rispecchiano in parte quanto si osserva nelle regioni tropicali delle « foreste piovose » (Ecf/enwaUìcr) , sono tuttavia da considerarsi come im fattore importante per la com])arsa del processo. Nei casi da me in particolar modo studiati , la caulitlorìa (1) PliUNET A. , Iì radici. .Secondariamente , al)biamo dei tipi di piante dotate di grande foglianìe, di legno tenero e di altre particolarità anatomo-morfologiche, le quali ci indicano che queste piante assorbono grande quantità d' a<'qua. Ed in verità, è noto che molte di esse hanno il fusto riccamente prov- visto d' acqua. Ora , sono appunto (lueste le condizioni che si richiedono perchè si sviluppi la cauliflorìa. Ivi , però , a questo momento fisiologico si aggiunge, come sopra è stato detto, il fattore bio- logico, il (piale ha perpetuato una condizione di cose, che altri- menti sarebbe andata perduta. Peraltro, a questo proposito, devo far osservare (die v' (' una specie di contraddizione in termini nella cauliflorìn delle regioni tro])icali , poi che mentre il [>ro- cesso caulifloro serve , come si è detto più volte, a difendere i fiori e i frutti dalla pioggia , viene invece da questa favorito. Ma è facile accoi'gersi che la contraddizione esiste soltanto in apparenza. Tuttavia v' è qualche caso, che si presta ad essere ritenuto anomalo. E noto, infatti, die anclu; le Cactacee (1) presentano taloni il fenomeno d(!lla cauliflorìa. Orbene , potrebbe sembrare che r interpretazione daia al fenomeno stesso mal si accordasse con la natura delle citale jiiante , essenzialmente xerofite. Ma (1) ScHUMANN K., Ungeu-ohnlichf Sprossbilduiig aii Kakteen. Monatsschrift fur Kakteen- kunde. VI. Jaliig. 1896, p. 102. 16 Doti. Giulio Trìnchieri [Memoria XXI. J basta considerare che le Oactacee, pur vivendo nei luoghi aridi, hanno i loro tessuti riccamente provvisti d' acqua, perchè , sen- zi' altro, si sia condotti a riconoscere che, anche questa volta, la contraddizione non è reale, bensì soltanto apparente. Dal R. Istituto botanico ili Catauia, nel luglio del 1906, INDICE Memoria G. Pennacchietti — Sul movimento piano di un pmiiì materiale lilirro nrìlo spazio I F. Cavara e N. Mollica — Ricrrche intorno al ciclo evolutivo di una interessante forma di Pleospora lierbiirum {Pcrs.) liah. (con figuro infcoroalato o due tavoli") Il Drago Umberto — Azione sperimentale dei succhi digerenti sul- l' iinwlucro delle ova di alcune tenie Ili A. Bemporad — Sopra un nuovo sviluppo singolarmente conrer- (jcnie per l' intecirale della e.stinsione secondo la teoria di Bouguer I\ G. Marletta — Sulla identità projettiva di dite curve algebriche. V Filippo Eredia — Sulla direzione delle correnti atmosferiche in Catania \'l A. Curci — Trasformazioni delle energie \'ll A. Ricco e A. Cavasino - Risultati delle osservazioni ntefeoro- logirhf del 190'j fatte nel li. Osservatorio di Catania . \' 1 1 1 6. Pennacchietti — Sul moto di rotolamento — Memotia I-' . . I.\ G. Lopriore - Note sulla biologia dei [irocessi di rigenerazione delle Cormofite detennlnati da stimoli traumatici (ooii libili"' intercalate) X R. De Luca — Nuovi tentativi di siero-terapia nella lebbra . . ,\l S. Comes e G. Polara — Sopra un mostro doppio di Sus Scrofa Ij. (Sicefalo-Sinoto) (eon figure intercalato) MI S. Scalia — Sopra alcuno .singolari formazioni montuose del Messico (con figuro intercalato) \ I I I A. Bemporad - Sul modo di variare della radiazione solare du- rante le fasi di un' eclisse (con figure intercalate) . . . . X I \ G. Trovato Castorina — Effetti magnetici del fulmine sulle lave dell Ialina (con figuro intercalate) X\ U. Drago -- Ricerche « Sul!' attrazione » delle cellule sessuali X\l S. Scalia — I fossili postpliocenici della contrada Salustro, presso Motta S. Anastasia W'il S. Di Franco — Gli inclusi nel basaltc dell' isola dei Ciclopi (con una tavola) X\Ili G. Lauricella — Sui potenziali elastici ritardati XIX E. Boggio-Lera — Sulla radioattività di alcune terre .... XX Giulio Trinchieri — Contributo allo studio della « Gaulifloi'ia » (con (lue figuro intercalate) XXI 3 2044 llllillllllìlll 093 259 315