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Prof. Carmelo BERRETTA Cav. Uff. Prof. Paolo ARDINI Prof D.r Giuseppe ORSINI FARAONE Prof. D.r Angelo OAFICI Rev. P. Giovanni — Cassiere. SOCII EFFETTIVI 1. TORNABENE cav. prof. Francesco 2. ZURRIA comm. prof. Giuseppe ■ò. OAFICI p. Giovanni 4. NICOLOSI TIRRIZZI cav. prof. Salvatore ó. BERRETTA cav. uft'. prof. Paolo 6. SCIUTO-PATTI cav. prof. Carmelo 7. ARDINI prof. Giuseppe 8. TOMASELLI comm. prof. Salvatore 9. CLEMENTI cav. uff. prof. Gesualdo 10. ORSINI FARAONE prof. Angelo 11. RONSISVALLE cav. prof. Mario 12. BASILE prof. Gioachino 13. CAPPARELLI prof. Andrea 14. MOLLAME prof. Vincenzo 15. ARADAS prof. Salvatore IG. SANGIULIANO Marchese Antonino 17. GRASSI prof. Giambattista 18. AMATO prof. Domenico 19. BARTOLI prof. Adolfo 20. UGHETTI prof. Giabattista 21. FERRARI prof. Primo 22. FICHERA cav. prof. Filadelfo 23. CHIZZONI prof. Francesco 24. FELETTI prof. Raimondo 25. PENNACCHIETTI prof. Giovanni 26. PETRONE prof. Angelo 27 ■2^ 29 ;50 Sugi' integrali coiiiimi a più sistemi di equazioni (litì'ereuziali ordinarie. Nota del prof. G. PENNACCHIETTI letta all'Accademia Gioenia nell'adunanza del d) 28 dicembre 1890. Nella nota ') , che ho avuto teste 1' onore di presentare all'Ac- cadomia , ho adoperato , per la determinazione degl'integrali pri- mi comuni a più sistemi di m equazioni differenziali ordinarie di second' ordine, contenenti altrettante funzioni incognite di una va- riabile indipendente, un metodo, che si può estendere non solo alla determinazione degl'integrali d'ordine n — 1, comuni a più sistemi di m equazioni differenziali ordinarie di //^"'"' ordine tra un egual numero di funzioni incognite di una stessa variabile, ma ancora, più generalmente, alla determinazione degl' integrali comuni a più sistemi di m equazioni differenziali ordinarie di prim' ordine con m funzioni incognite. Siano infatti : ^ - r. (1) dt ~ ^' ' ^ ' ( s = 1 , 2, . . . m ) t = '■ <^> due distinti sistemi, composti, ciascuno, di m equazioni differenziali ordinarie di prim' ordine , essendo le 1'^,, Z, funzioni dì t , y^, Se F{f , Vr, y,,... Vm) = a, 1) Sugi' integrali delle equazioni della dinamica — Atti dell' Accademia Gioenia di . Scienze Naturali in Catania. Voi. Il, Serie 4" 1890. Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 1 2 Sugi' integrali cornimi a jiiti sistemi di equazioni ecc. essendo a una costante arbitraria, è un integrale comune ai due sistemi, si dovrà avere identicamente^ qualunque siano i valori di t, Hi , ih,- iJm ■ ÒF ÒF ^. ÒF ^, ÒF -, àt òy, òy, dy,n (3) a;-' hF ^ ÒF ^ HF ^ ^ \ àt ài/, òy, dy,„ Ora i due sistemi (1). {"2) non possono essere distinti, senza che due almeno, p. es. Fj, Zi, delle quantità corrispondenti Y,, Z., siano differenti I' una dall' altra. Perciò si può porre: '''- Y, - Z. ' ^^' (;• = !, 2... m — \) Si avrà Ir J r+1 n'r i i . W/ Ir Zp^i fir^i , (b) o anche : 7 Zp . 1 J , i ri 1 Z, Il sistema (3) può allora trasformarsi nel seguente : ÒF ÒF , ÒF , òt ài/, d//, ÒF ÒF , ÒF , in gcncj'ale il sistema (S), (9) non può ammettere un dato numero h di soluzioni, se i coefficienti delle derivate parziali non soddisfino ad equazioni differenziali parziali, che si determinano ÒF àym = 0, (8) ^ "/» — , =0. (9) Sugi' inteyraìì comuni a pia .■ii.stemi di equazioni ecc. 3 mediante le note condizioni d' integrabilità, fornite dalla teoria delle equazioni differenziali parziali simultanee di prim' ordine. Se nel sistema (8), (9), e contemporaneamente nelle (5), in luogo delle quantità k,., /,. , si sostituiscono funzioni delle variabili indipendenti f, ;/,, I/.2, ■■■ i/,„ , tali clie il sistema (8), (9) ammetta // soluzioni, queste soluzioni converranno agl'infiniti sistemi (1), i cui secondi membri, considerati come funzioni delle variabili indipendenti /, //, , //,,... ij,,,, soddisfino alle condizioni (5), o, ciò che è lo stesso, converranno a tutti i sistemi {"2), i cui secondi membri soddisfino alle condizioni (6). Supponiamo, p. es., che i due sistemi (1), (2) ammettano m — 1 integrali comuni, e consideriamo dapprima in particolare i due casi, sebbene estremamente semplici, in cui gli m—i integrali non con- tengano una delle variabifi y^, ovvero t. Nel primo caso si ha : ày, %, cioè tutti i possibili sistemi, che hanno m— 1 integrali comuni, non contenenti ij^, sono compresi nel sistema: dyr+i -^ = ■*!('' ^1 ' y^,-—yni) , = Yr+i {t, y,, y,,... ym), {r = ì, 2,... ni — 1) dt differendo un sistema dall'altro soltanto per la prima equazione. In particolare, se m^='ìn , e si pone: yn+i = Pi, ( «■ = 1 , 2 , ... « ) , (10) il sistema (1) non può ammettere il sistema dei 2« — 1 integrafi, non contenenti esplicitamente y^, in comune col sistema canonico: (2 = 1, 2,... il) (11) dyt dt OH ~ àpi dpi dt OH 4 Sugi' integrali comuni a più sistemi di equazioni ecc. dove H non contenga esplicitamente i/^, a meno che il sistema (1) st esso non abbia la forma : -^ = i, {.t, yi, y,,.-- Vm) , dt dy,^i ÒH dt òyi^i (i =1, 2, ... 71 - l) dpi+i ÒH dt òyi+i del quale le ultime %i — 2 equazioni formano un sistema canonico. Nel secondo caso si ha : if = o, z, = o, *A = o, e quindi la condizione necessaria e sufficiente , afflnchè i sistemi (1), (2) abbiano in comune m—ì integrali, non contenenti esplici- tamente t, è che si abbia: Z.4i = Ir {y,, y,, ... ym ) Z,, ( r = 1 , 2 , ... w - l ) (12) Y, = ->.{t,y„y„...y„,)Z,, (s = l,2,...m) essendo Z^ e ''■ funzioni qualunque di i, y^ , 1/.,,... ij,,,. Gli m — 1 integrali saranno le m — 1 soluzioni dell" equazione (9), e conver- ranno a tutti quei sistemi (2), nei quali le .Z'^ soddisfino alle m—i condizioni (12). Se uè Z,, né, per conseguenza, Z, , Z,,...Z„,, contengono esplicitamente /, la condizione necessaria e sufficiente, affinchè i si- Si((j/' iiifi'j/ni/i coiiiiui/ (I pia aisteiiiì di e(jtiazi(i)>ì ecc. sterni (1), ("i) abbiano «^— 1 integrali comuni, non contenenti espli- citamente t, è che il sistema (1) abbia la forma : df essendo >■ una funzione qualunque di f, i/^ , y., , ... //„, . In particolare, se m=%i, e si fa la posizione (10), il sistema . (1) non può ammettere i !2«— 1 integrali, non contenenti esplicita- mente f, in comune col sistema canonico (11), nel quale H non contenga esplicitamente t, a meno che il sistema (1) stesso non ab- bia la forma : dyi _ . OH dt ~ '~ò^' dp, _ . OH dt ' òìji essendo >■ una funzione qualunque di t,ij^, i/,,...ì/„, p,, p.^,...i}„. Passando al caso generale, poniamo: ^^ ^.y. òy., òy,„ „ , „. ÒF ÒF , ÒF ÒF Le equazioni (8), (9) non possono ammettere soluzioni comuni, senza che si abbia ancora: SF \, . i ÒF i t ÒF i i j^)A{l;)-B{l,)[ + ^)A{l-,)~B{l,) ; +...+ _J^,A-„,_0-i?a«.-i)J=O. 113) Se si richiede che il sistema (8), (9) ammetta m—1 soluzioni, l'equazione (13) dev' essere soddisfatta identicamente, ovvero deve essere combinazione algebrica delle equazioni (8), (9). Ma la (13) non può essere una conseguenza algebrica delle equazioni (8) (9), l'augi' integrali comuni a piìt sistemi eli equazioni ecc. perchè da queste due equazioni non si possono eliminare le deri- . ■ ,. ÒF òr vate parziali , — soddisfatta. Si ha così vate parziali _- _ , __ • Perciò la (13) dev'essere identicamente òt d//, A{k,)- B(l,) = 0, A{1-,)- Bih) = 0, A ( A-„,-. ) - B ( Z,„_, ì = 0 , ossia : àt ò(/, 0^3 òy,„ d(/, òy, dy,n Se per mezzo delle (4), (7) si eliminano le /.•, / dalle (14) , si avranno vi — 1 equazioni, che contengono le derivate parziaU di pri- m'ordine delle Y^, Z^, e che esprimono le condizioni necessarie e sufficienti, a cui devono soddisfare le Y^ , Z, , affinchè i due sistemi (1), (2) ammettano ni — 1 integrali comuni. Se sono date le Y, , Z^ , in modo, che quest" ultime equazioni differenziali siano identicamente soddisfatte, e se le espressioni corrispondenti delle A,., /,. , si sostitui- scono nelle (5), (8), (9), il sistema (8), (9) ammetterà m — 1 solu- zioni, che saranno tn — 1 integrali comuni non solo ai due sistemi dati (1), (2) , ma ancora a tutti gli altri sistemi (1). i cui secondi membri soddisfino alle condizioni (5). Se il sistema (2) è dato, ed è canonico, risulteranno determinate le condizioni, a cui deve sod- disfare un altro sistema qualsiasi (1), affinchè questo abbia in co- mune ni — 1 integrafi col sistema canonico dato. I problemi cliimici dell' epoca presente del prof. V. MEYER ed Il nuovo indirizzo da darsi alla Chimica del prof. D. AMATO. Raffronti e ragguagli (li D. AMATO Memoria letta all'Accademia Gioenia nell'adunanza del d) 30 Novenhre 1890. Tre anni or sono, nell" ottobre del 1887, lessi in una seduta straordinaria di questa Accademia un mio lavoro col titolo: Studii sperimentali e considerazioni teoriche sopra un nuovo indirizzo da darsi alla chimica. E siccome in questo lavoro emettevo concetti nuovi e tali da farmi temere, come sempre avviene in simili casi, d' in- contrare opposizione nelle vecchie teorie, io esordivo col dire che pulAlicavo con animo perplesso le mie vedute e i miei risultati. Epperò poco tempo dopo da questa mia lettura, io ebbi il piacere che una voce autorevole, quella del professore Iacopo Mo- leschott, si levasse in sostegno delle mie idee. Questo dotto infatti nel suo discorso letto nella ricorrenza della solenne apertura del- l' Università di Roma, si pronunziava, nel concetto generale, iden- ticamente a me. Cosicché io sentii il bisogno di far precedere a quel mio lavoro , a guisa di proemio, il seguente brano : " 1 concetti " che vado a svolgere in questo lavoro e che comunicai a questa * Accademia il 17 ottobre ultimo — le idee cioè concernenti l'unità " della scienza ; 1* intimo legame di tutte le scienze fra di loro ; la " necessità di scoprire altre forme di energia : il non essere tutte, " queste forme , quelle che oggi possediamo ; la possibilità della " formazione della cellula ; la necessità di partire , per conseguir Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 2 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica " ciò, dalla sintesi delle sostanze organiche naturali e specialmente " dalle sostanze albuminoidi ; il giovarsi, la biologia e la zoologia , " della paleontologia; la grande importanza dello studio dei pri- '■ missimi esseri viventi, dei Protisti ; ed il considerare il carbonio " quale elemento eminentemente biologico e causa prima della vi- " ta — queste idee dico sono state pronunziate nel novembre ulti- " mo dal prof. Moleschott, ed io sono lieto di avere prevenuto in " questo il sommo fisiologo di Roma. „ Ma il prof. Moleschott , benché fornito di grande vastità di cognizioni, non è un chimico e mi si poteva allora obiettare, che, per il trionfo delle mie idee, la voce di un chimico sarebbe stata ancora piìi autorevole. Questa voce non si fece a lungo aspettare. Due anni dopo dalla mia pubblicazione, il professore Vittorio Meyer dell' Università di Heidelberga , uno dei più sonmii chimici della Germania, il successore di Roberto Runsen, nel Congresso dei Me- dici e Naturalisti tedeschi, tenuto nel settembre dell' anno passato in Heidelberga , pronunziava un discorso col titolo di Probi emi c/limici dell'epoca presente, che è bene dirlo , fu accolto da unanimi applausi da centinaia di naturalisti fra i quali i pili eminenti chi- mici d' Europa. Ora tra i concetti svolti nel suo discorso da quest' ultimo e quelli pubblicati nel mio lavoro vi è tale unità di propositi e tale coincidenza di fatti, che se non fosse che io li abbia pubblicati due anni prima , e se non conoscessi che i tedeschi dif- ficilmente leggono i lavori italiani di chimica, direi che V uno ha copiato r altro. E questa coincidenza è tanto più significante, quando si pensa che trattiamo temi opposti : infatti mentre il professore Meyer fa l'elogio della scienza, io tratto il tema di un nuovo in- dirizzo da dare alla medesima. Ma la verità, o Signori, è sempre la stessa da qualunque lato essa si guarda. Io quindi oggi mi propongo di comunicare a questa Accade- mia alcuni ragguagli tra i concetti svolti nel nominato mio lavoro e queUi svolti dal professore Meyer nel prefato suo discorso, e ciò allo scopo di far rilevare la perfetta coincidenza tra le mie idee e quefie di quest' ultimo. E sono lieto di comunicare ciò alla nostra Nuovo indirizzo da darsi alla chimica Accademia, non solo per la coincidenza dei miei trovati con quelli di uno dei più vak'uti cliimici della Germania, ma ancora perchè mi assicurano che nel mio lavoro non mi sono allontanato dal vero e mi persuadono a perseverare sempre più in queste mie ricerche, colla speranza che mi si vorrà compatire se mi allontano dalle opinioni di persone, le quali hanno reso alla scienza sjrandissimi servizi, che io sono il primo ad apprezzare altamente. A chi poi nel leggere quel mio lavoro, qualche giudizio avesse potuto sembrare un po' aspro, mi permetto osservare che il pro- fessore Meyer non è stato meno aspro di me. Ed infatti, cosa si dovrebbe dire di quesf ultimo quando parla di stato d' infanzia della nostra scienza? quando afferma che il chimico per la sua scienza ha fatto quasi nulla in confronto di quanto ha fatto per essa la scoperta di Newton? qujindo parla di erro/-/ /"«^a/t commessi dal chimico a causa di avere studiato da un solo punto di vista la sua scienza? e di tante altre di simiU cose di cui qui taccio per non ripetermi nel seguito della presente lettura? Certo non si dirà del Meyer eh' egU col dir ciò abbia avuto l' idea d' infliggere un biasimo ai suoi contemporanei. Premesse queste considerazioni entro subito in argomento. Lo scopo della presente lettura, come ho detto, è quello di fare rilevare la perfetta coincidenza delle mie idee con quelle del professore Meyer. E nel far ciò io mi servirò da una parte del ci- tato mio lavoro " sul nuovo indirizzo da darsi alla chimica „ (1), che coadiuverò con quello del '" carbonio quale base del mondo organico „ (2), e dall'altra parte del prelodato discorso dell" illustre professore di chimica dell'Università di Heidelberga (3). Onde comincio col dire: (1) Atti dell'Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania, Serie 3*, voi. XX, p. 153 anno 1888. (2) Catania tipografia dei Fratelli Galati— 1885. (3) Tagehlatt der versammhmg deutscher Naturfurscher und Artze in Heidelberg, p. 126, anno 1890. 10 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica I. Il professore Meyer a p. 126 del Tageblatt citato nella nota precedente, alle cui pagine da qui innanzi io mi riferirò, dice quanto segue : " Dovendo il chimico parlare dei progressi che ha fatto la " sua scienza è costretto a confessare che, a differenza dell' astro- " nomo, del fisico e del matematico, tratta con animo perplesso un " tale tema. „ Io, molto più mite nei miei apprezzamenti dell'illustre autore, nelle pagine 15 e 16 del mio opuscolo sul Carbonio quale base del mondo organico, ed alle pagine 28 e 29 del mio lavoro sul nuovo indirizzo da dare alla chimica, mi esprimo così: " La chi- " mica in genere e la chimica organica in specie hanno certa- " mente sintetizzato molti corpi naturali; ma a me sembra che " hanno progredito lentamente nel campo delle teorie. La fisica, la " termo-chimica, la matematica, V astronomia, etc hanno arricchito " la scienza d' importanti novità teoriche. Ma la chimica in genere " e la chimica organica in specie non fanno che ripetere cose ana- " loghe alle già fatte. „ Come vedete, l' autore dice : che il chimico tratta con animo perplesso il tema dei progressi che ha fatto la sua scienza, ma che così non avviene per lo astronomo, il fisico ed il matematico. Io dico: che la chimica ha progredito lentamente nel campo delle teorie, ma che così non hanno fatto la fisica, la termo-chimica, la matematica e l' astronomia. IL Nella medesima pagina 126 il professore Meyer dice: " Il più " grande fra i naturalisti tedeschi dei nostri giorni, fece suo il " giudizio di Kant sulla chimica, il quale disse che questa, dicasi " pure una scienza, non è tale nel suo più alto significato della " parola. Non bisogna considerare un tale apprezzamento come un Nuovo indirizzo da darsi alla chimica 11 " biasmo, ma come un esatto riconoscimento delle condizioni at- " tuali della nuova chimicn. „ Ed a pagina 127 soggiunge; " La " chimica dei tempi d' ogyi è quella che era l'astronomia ai tempi " di Keplero e di Copernico. „ È chiaro che l'autore con ciò vuol significare che la nostra scienza, in quanto a progresso scientifico nel vero senso della pa- rola , ne ha fatto ben poco. Ora io a pagina 18 del mio lavoro sul nuovo indirizzo, etc. (1), dico: " La chimica attuale è guidata " nelle sue investigazioni da un principio mal formulato e solo in " parte esatto ; e che per conseguenza (2) si assiste tuttodì allo " spettacolo di vedere il chimico vagare da incertezza in incertezza " ed a spesso fallire nei suoi tentativi. „ Ed a pagina 16 del mio opuscolo sul Carbonio quale base etc. dico, che la chimica nel campo teorico ha progredito lentamente e che la chimica organica in specie si trova in ristagno di 29 anni. Ed infine alle pagine 27 e 29 del mio lavoro , ripetendo il medesimo concetto, prosieguo a dire che 1' attuale chimica, in quanto a teoria pura e semplice, non ha fatto quei progressi che hanno fatto le sue consorelle. m. Il professore Meyer prosiegue a dire a pagina 127 e ripete quasi lo stesso a pagina 134 (v. Capitolo XX del presente rag- guaglio ) : " Se ogni studio della natura si prefigge lo scopo di " esporre i suoi trovati scientifici in forma matematica, una scienza " come la nostra la quale è tanto lontana da questa meta da essere " ancora in cerca della via che deve tenere per raggiungerla, deve " considerarsi ancora nello stato à' infanzia. Ma verrà il tempo in " cui la chimica subirà questo grande cambiamento. „ (1) Quando parlo di mio lavoro, da qui innanzi intenderò riferirmi a quello del nuooo indirizzo da dare alla chimica. (2) Qui mi occorre dichiarare che io, durante la mia esposizione, per maggiore chiarezza, qualche volta sono obbligato a suntare e qualche volta a ripetermi ; ma che sarò fedele al concetto. 12 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica Io pure, a pagina i26 del nominato mio lavoro, faccio rilevare il bisogno del trattamento matematico della nostra scienza, e dico così : " Questo ignoto (ignoto che spiego prima) non si raggiungerà " se non si farà maggiore attenzione ai niovimenti delle ultime par- * ticelle della materia, se non si tiene insomma in maggior conto " lo studio della termo-chimica. Non è bene dimenticare che i fe- " nomeni chimici, essendo effetti di movimento, devono per forza '■ sottostare alle leggi generaU della meccanica. „ E per fare rile- vare , come dice 1' autore , che verrà il tempo in cui la chimica subirà questo grande cambiamento, dico a p. 16 del mio opuscolo sul Carbonio: " Io però non dispero per l'avvenire di questa inte- " ressante branca di scienza, e questa speranza la fondo nei giovani " chimici e nella gioventù nascente; essi, ne ho fiducia, sapranno " colmare la lacuna che noi forse lasceremo. „ IV. Nella medesima pagina 127 il professore Meyer dice:'" In ogni scienza oltre alla ragione deve assistere un' altra potenza : la fantasia. Epperò la sua influenza sopra una disciplina è tanto più grande quanto questa è più lontana dallo stato di scienza. E così avviene che nella chimica odierna la fantasia e la intui- zione hanno una parte più grande che nelle altre scienze. Queste idee non arriva ad intenderle per nulla colui che conosce la chi- mica solamente dalla tradizione dei fatti completamente chiai'iti, o colui che fa consistere il vero spirito della indagine chi- mica nel misurare i processi fisici che accompagnano i trovati chimici. In questa circostanza lo intelletto si apre solo a colui che si slancia nel mare dell' incognito, come quello che oggi giace sparso innanzi a noi nella chimica organica, etc. — Infatti i più sorprendenti successi sperimentali in chimica organica si sono ottenuti per mezzo d' intuizioni, che potranno essere spiegate , allorquando i progressi della chimica avvierauno questa scienza alle discipline fisico-matematiche. , Xuovo indirizzo da darsi alla chimica 13 Io alle pagine 5-fi del noniiiiato mio opuscolo sul Carbonio dico : ■■ lo non sono di ({Ui'Ui che amano far poniiia di teorie, ma " d" altra parte non giudico ben fatto lo eccedere nel semo oppofito. " Non bastano i fatti : ci vuole V /iiiiiiaìe che intuisce, etc. " E credete voi che vi sia opera d* ingegno scompagnato dal lavorio " segreto^ ed alle volte inconsapevole della immaginazione? Non " ve ne ha neanche nelle matematiche, nelle quali non solo la geo- " metria descrittiva, che chiamano la poesia di esse, ma c|ualsiasi " indagine richiede che il calcolo sia guidato da leggi ed anche " da lampi d' ingegno, la cui verità non è dimostrata a bella pri- " ma. Essi servono a rischiarare la via della ricerca: se resistono " sono lampi di buona luce che scortano il viandante alla meta, " se la sostanza è cattiva la fiamma si estingue. „ Come vedete, io dico: Non bastano i fatti, ci vuole Y inunayi- nazione die intuisce: ed il Meyer dice : nella chimica la fantasia e la intuizione hanno una gran parte. Io dico : e credete che vi sia opera d'ingegno scompagnata dal lavorio segreto della immagina- zione? ed il Meyer: in ogni scienza oltre alla ragione deve assistere la fantasia. Io dico : la cui verità (la verità delle intuizioni) non può essere dimostrata a bella prima ; ed il Meyer : che saranno spiegate (le intuizioni s' intende) allorquando la scienza sarà av- viata, etc. Il professore Meyer nella stessa p. 127 parla così : " La ra- " gione di questo singolare metodo d' investigazione chimica (il " metodo intuitivo) non si può esprimere in parole. Basta dire, " che senza questo metodo le più brillanti scoperte nella sintesi organica non si sarebbero potute fare : E a modo di esempio dice : Kekule intuì, in opposizione a tutti i dati che si leggevano nella letteratura chimica, che non poteva esistere un isomero del mo- nocloro benzol, etc. Per intuir questo bisognava possedere un istinto chimico pronunziato. E come altro esempio soggiunge: Esi- 14 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica " stendo r ossido di etileno, non vi era ragione logica di non am- " mettere l' esistenza dell' ossido di fenileno ; e pure vi fu chi ciò " l'intuì, e r esperimento gli diede ragione. Ma per intuir questo lo " scienziato ha dovuto essere guidato da un sentimento chimico tutto " proprio; imperocché nello stato attuale della scienza non ci si " arriva in forza di un ragionamento. „ A questo capitolo, dove si parla di metodo iìituitivo, d' istinto chimico, di sentimento chimico, risponde il concetto generale di tutti e due i miei opuscoli, quello sul Carbonio e quello sul nuovo indi- rizzo, ed in particolar modo regge quello eh' è stato da me detto or ora al capitolo IV. (v. p. 1 3). VI. Tra le p. 127 e 128 il prefato professore Meyer dice: " Prima " che la chimica possa essere maneggiata con processi fisico-mate- " mutici, deve rispondere alle seguenti domande : Che cosa è l' af- " finità chimica? (1) che cosa è una valenza? — Per risolvere questo " quesito è necessario che la chimica si metta in un laborioso la- " voro. E poi a p. 130, parlando della rotazione o no degli atomi " del carbonio uniti, stereochimicamente parlando, con una sola " delle loro valenze, soggiunge: Per svolgere questo concetto siamo " obbligati a parlare nuovamente della natura delle valenze, intor- * no alla quale è necessario confessare die lottiamo coli' incertezza. „ È chiaro che l' autore voglia con ciò significare che intorno alla natura delle valenze noi non abbiamo nulla di positivo. Or bene io a p. 9 del nominato mio opuscolo sul Carbonio, onde fare rilevare la poca importanza da attribuire alla quistione delle valen- (1) La parola affinità i chimici l'adoperano spesso come sinonimo di valenza e spesso come esprimente la preferenza che spiegano alcuni corpi a combinarsi con un corpo piuttosto che con un altro. Fu Wenzel che pubblicando le sue esperienze sui rapporti degli elementi che si combinano fra di loro pubblicò a Dresda nell'anno 1777 una memoria intitolata Teoria delle affinità dei corpi. Nuoiw indirizzo da darsi alla eli/mica If' ■i' zr, dico: " Questa iutfi|)iTtazioiR' (pialo tli (ludla del Kckulc. riferibile " Mila rai/iinic di essere dei corpi orL>auici, che come sapi^te benis- " Simo è fondata sulle valenze chimiclie ). questa interpretazione " dico, non risponde alle esigenze moderne delle altre scienze spe- " rinientali: perchè si conoscono elementi pure tefraralodl ed anche " abbondanti in natma . i (luali non godono la facoltà di formai " luno-he catene, e perchè ancora la qiiaììfivalenza degli atomi non " è una proprietà assoluta , ma bensì una proprietà relativa , la " quale in uno stesso elemento può variare a secondo le condizioni " in cui ([uesto viene messo. „ VII. A p. 130 il nominato professore, parlando del sistema perio- dico di Mendeìejef, dice : "' Ma ancora numerosi problemi lascia in- " decisi il nuovo metodo sistematico degli elementi: arr/itutto ci " manca la conoscenza esatta della causa della intima correlazione " degli elementi espressa dal sistema stesso. „ Ed a p. 131 aggiunge: " Nessuno può realmente dire se gli elementi previsti dal sistema "" saranno realmente scoperti. Abbiamo così pochi indizii sino ad " ora, che tutto facciamo dipendere dal caso. „ Io a p. 11 del nominato mio hmoro dico: * Secondo me il " sistema periodico di Mendeìejef k una resiiizione, ed esso o presto *■ 0 tardi sarà abbandonato o profondamente modificafo: una vera " classificazione deve basare su tutte le proprietà degli elementi. '• In tiuesto sono perfettamente di accordo col professore Piccini— '' (V. traduzione del Richter fatta da questo professore, Appendice " a p. 406). „ Vili. A proposito delle basi su cui è poggiata la legge di Rault e per conseguenza dei lavori di van 't Hoff, Arrhenius, Ostwald, Planck, de Vries, l'autore a p. 132 si esprime così: " ....In questo modo Atti Acc Vol. Ili, Serie 4' '^ 16 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica " vediamo la chimica fìsica in potente sviluppo. Per essa fioriscono " degF istituti speciali ed un particolare giornale, le cui pagine " sono aperte tanto allo esperimento quanto alle considerazioni teo- " riche. Tutte le questioni del tempo e di contesa subiscono là " una discussione profonda. , Ciò mostra che il professore Meyer approva ed incoraggia la pubbUcazione dei lavori teorici ed intuitivi. Ora io nel mio lavoro dico a p. -2: " Quanto mi pregio di presentare a questa Accade- " mia fece oggetto di una mia prelezione, etc e siccome in " questo emetto concetti nuovi, così bramo che siano pulil^licati " nei nostri Atti, acciocché possano ottenere una maggiore divui- " gazione nel mondo scientifico e sottoporsi alla discussione dei " dotti. , E neir altro mio opuscolo sul Carbonio, alle p. 5 e 6 dico: " Non sono di quelli che amano far pompa di teorie, ma " d" altra parte non giudico ben fatto lo eccedere nel senso opposto. " Il professore Cannizzaro che vanta in Pirla cotesta riserbatezza " si duole dell' eccesso opposto, in cui frequentemente cadeva que- " sto sommo scienziato. , E concludo dicendo: " Moderiamo adun- " que la tendenza alle intuizioni astratte, ma non tarpiamo le ali " allo ingegno: questa misura potrà riuscire benefica se moderata, " potrà diventare esiziale se esagerata. E sopratutto non attendia- " mo che certe idee ci vengano da oltremonti e da oltremari per " accoglierle con plauso generale. „ A questo proposito mi sia permesso osservare, che, se al pro- fessore Paterno, su questo terreno, si fosse lasciata libera azione, a quesf ora il vanto della scoperta della chimica nello spazio an- drebbe ad onore di un chimico italiano piuttosto che a quello, de- gnissimo, di un chimico olandese ; e la scienza non avrebbe sofferto il ritardo di 18 anni, cioè, dal 1869, epoca in cui il professore Pa- terno annunziò la prima idea, al 1887 epoca in cui fu diffinitiva- mente adottata questa teoria. (E già io avevo presentito, nel mio opuscolo sul Carbonio, il bisogno in scienza di una nuova teoria — ( V. p. 16 di questo lavoro.) Nuovo indirizzo da darsi alla chimica 17 IX. Nella stessa pagina 13!2 l'autore dice: " E pure le grandi " speranze che ci avevano fatto concepire le investigazioni delle " questioni termo-chimiche non sono state adempiute fin' ora che '■ solamente in parte; e però anche qui dei mezzi di misura più " adatti, e che attendiamo in avvenire, fanno sperare la desiderata " chiarezza. „ Io nel mio lavoro sul nuovo indirizzo etc. a p. 26 dico:" Que- " sto ignoto non si scoprirà che facendo maggiore attenzione " ai lìiorimenti delle ultime particelle della materia, tenendo in mag- " gior conto, e nei suo vero senso, che non credo sia V attuale, lo " studio della termo-chimica. „ Come vedete, V autore dice : le grandi speranze che ci avevano fatto concepire gli studii termo-chimici non sono state adempiute che in parte; io dico: questo ignoto non si scoprirà che facendo maqgiore attenzione ai movimenti delle ultime particelle della ma- teria (agli studii termo-chimici). L' autore domanda in termo-chi- mica dei mezzi di misura più adatti; io dico che lo studio della termo-chimica va tenuto in maggior conto, ma nel suo vero senso, che non credo sia 1" attuale. L'autore a p. 132 critica coloro che studiano o dal lato esclu- sivamente chimico o dal lato esclusivamente fisico la nostra scienza. Egli si esprime così: " I cultori della chimica generale invece di " considerare tutto sempre dal punto di vista esclusivamente chi- " mico, che sappino promuovere applicazioni fisiche ben pensate. " Però quei tali che cercano di fare progredire la scienza appli- " cando metodi fisici senza tener conto delle relazioni chimiche * non sono stati salvati da errori fatali. „ Io pure insisto sul danno che ne viene alla scienza se si stu- 18 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica dia soltanto da un solo punto di vista e senza 1' aiuto delle altre scienze. Infatti a p. 'M) del mio lavoro dico: " Credo di avere ali- " bastanza dimostrato che mancandosi delle conoscenze delle altre * scienze si cade nell'inconveniente di guardare da un solo profilo " la propria; la qual cosa, spingendola in uno indirizzo falso, le " è causa di regresso. ., Ed a p. :29 dico a guisa di esempio : " Go- " lui che scoprì la elettricità dinamica fu un professore di anato- " mia piuttosto che un professore di fisica; anzi da un fisico, " questa scoperta, venne osteggiata, da Volta (V. la nota), il quale " fisico anzitutto, non considerando che ìe roiidizioiii fìsiche del fe- " nomeno, rigettò la teoria della elettricità animale. , Parlando poi in termini generali dico a p. 3 : " È mia opi- " nione che per conseguire un vero progresso in una scienza oc- " corrono le conoscenze di tutte le altre.... Un passo fatto da una " di esse senza il concorso delle altre è un passo falso, è un de- " viare piuttosto che un progredire. ,, Ed a p. :28 faccio risaltare anche io il concetto del danno che ne verrebbe alle scienze se si abusasse nelle reciproche loro applicazioni; qui infatti dico: " Non " è bene fraintendere il significato della parola; altro è special iz- " zarsi in una scienza altro è isolarsi, rendersi cioè sprovvisti delle " conoscenze a questa necessarie. In quest' ultimo caso si cadrebbe " in una autonomia pericolosa, imperocché Y autonomia tanto nelle " scienze pofitico-sociah, quanto nelle scienze di fatto è indizio " di regresso. Ora in questo difetto in questa specie d' isolamento " aristocratico è caduta la chimica. - XI. In seguito a quanto ha precedentemente detto, 1" autore nella medesima p. 13:2, criticando quei chimici, che hanno la tendenza ad estimare di troppo la portata delle proprie scoperte, dice: "... Go- " me per lo inverso sarebbe da deplorare se l'interesse dei cliimici '' per la chinnca fisica diventasse minore , imperocché alcuni rap- " presentanti della medesima hanno la tendenza ad estimare di troppo Nuovo indirizzo (in dnrni nlUt chimica 19 ■' la [«irtatii dclU' Uiro scoperte. Colin clic nuota in mezzo alle oialc, " qiialrhi' roìfa noti piiìi ijiiardarc xiiìlc ciinc ili esse. „ 10 a i[uesto proposito, parlando dcH' abbandono in cui fu te- nuta la teoria di Dumas e delia lotta clic (piesti dovette sostenere con Berzelius ed i suoi seguaci, quasi tutti i cbimici di allora, meno i giovani Gerhardt e Laurent, dico in una nota a p. 5 del mio lavoro: " Ciò non deve fare meraviglia, poiché in simili innovazioni " questo può accadere anche ad uomini eminentemente dotti. „ (E proprio il caso di dire come dice il Meyer: che cotesti rappresen- tanti della nostra scienza allora parlavano così , perchè stimavano ili troppo la portata delle loro scoperte. Ed infatti tutti conosciamo che Berzelius combatteva la teoria delle sostituzioni perchè questa avrebbe demolita la sua teoria elettro-chimica , sulla quale questo sommo scienziato aveva fede illimitata). Nella medesima p. 5 soggiungo poi: " Il principio di C'.arnot " che diede le basi ad una importantissima scienza, la tenno-dina- " mica, a causa appunto di non essere stato capito dai naturaUsti " di allora rimase in non cale per molti anni, e ci vollero e Me- " yer (Roberto) e Joule per farlo redivivere. ,, E qui si può dire pure con 1" autore : a causa di trovarsi gli scienziati di allora, tanto ingolfati nelle onde da non vedere sulle cim.e di esse. XII. 11 professore Meyer dice sempre a p. 132: " Dopo i sorpren- " denti successi sintetici, un quesito chimico mostrasi malaugura- " tamente pii:i inaccessibile alla sintesi (egli intende parlare della " sintesi deh' albumina). Ma dietro i lavori di possiamo " (juardare in faccia pieni di speranza, al grande problema della " delucidazione, per la sintesi dei corpi albuminoidi. Questi successi " però non sono atti a farci inorgoglire; essi ci fan piuttosto co- " noscere gli stretti limiti in cui è confinata la sintesi chimica ! „ Con questo 1' autore vuol significare : 1. La grande importanza eh' egli attribuisce alla sintesi dei corpi albuminoidi; 20 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica •ì. Il convincimento che ha delhi ristrettezza delle nostre co- noscenze sulla struttura chimica dell' albumina ; 3. La persuasione che ha, che i nostri metodi di sintesi in genere si aggirano in limiti molto ristretti. Ed io analogamente dico nel mio lavoro: 1. A p. 5: '■ I corpi albuminoidi, che sono il solo e il vero " sostegno di tutti i fenomeni vitali, non appartengono essi al domi- " nio della chimica ? nel smtetizzare adunque questi corpi consiste " l'avvenire della cliimica organica. „ Ed a p. 13 soggiungo: " Ho detto che 1' avvenire della chimica organica dipende in gran parte '■ dalla sintesi delle sostanze albuminoidi, non solo perchè esse sono *■ i termini di passaggio tra i corpi organici e i corpi organizzati, " ma ancora perchè è sommamente necessario scoprire le cause " fondamentali, le le(j(ji che governano queste formazioni ; „ 2. Dico a p. 25 : " Noi non abbiamo prodotto la sintesi di * nessuna delle sostanze glucosiche e zuccherine, etc. etc. e del- l' albumina in specie non ne sappiamo più di quanto ne dissero " Gerhardt e Liebig. „ (A questo punto erano le nostre conoscenze quando io pubblicai il mio lavoro, imperocché allora non si posse- devano i lavori di P. Schiitzenberger. Per altro, 1' autore col dire che i nostri studii sulla sintesi dell" albumina sono appena tali da permetterci di guardare in faccia il problema della delucidazione per la sintesi dei corpi albuminoidi. e non quello della sintesi stessa, a me sembra che egli esprima il medesimo mio concetto, cioè che su questi corpi le nostre conoscenze sono assai limitate.) 3. A p. 24 onde far rilevare gli stretti liiiiifi dei nostri metodi di sintesi in genere, dico : *" Faccio dipendere 1' avvenire della chimica organica dalla ricerca dei metodi di sintesi; perchè attri- buisco grande importanza alla sintesi delle sostanze organiche " naturali e punto o poco a quella delle artificiali, dei quali se ne possono produrre innumerevoli, senza conseguire altro scopo che " l'affermazione delle attuali teorie; il che, secondo me, non è un " progresso. „ Queste medesime idee io le esprimo pure nel mio opuscolo sul Nuovo indirizzo da darsi alla chimica 21 ('(irhu)ìio (V. p. 15). Qui intatti dico così: " L'ho già detto a pa- " gina 10, bisogna raggiungere la sintesi dei corpi organici che " hanno stretta relazione coi corpi organizzati. La chimica orga- " nica ha bensì studiato la costituzione chimica di alcMiii corpi or- " ganici naturali, sintetizzatone altri pochi pure naturaU e molfis- " siiiil artificiali, e col far ciò ha riaffermato i principi teorici ri- " velatici dalla falange degl' illustri chimici dietro nominati; ma in " generale, a me sembra, che ha progredito lentamente nel campo " delle teorie. , XIIL Nello stesso periodo l' autore dice : " Dopo che Emilio Fischer " e Kiliani hanno portato più luce nelle varie specie di zuccheri, " etc. etc. possiamo guardare in faccia, pieni di speranza il grande " problema della delucidazione per la sintesi dei corpi albuntinoidi. , Da questo periodo si rileva chiaro che 1' autore, per la sintesi dei corpi albuminoidi, attribuisce molta importanza allo studio degU zuccheri. Ora io in una nota a p. 26 del mio lavoro dico queste pre- cise parole : " Ho più volte parlato della sintesi del glucosio, per- " che la credo di capitale importanza per la sintesi delle sostanze " albuminoidi. Ed infatti, s'è vero che i principii azotati dei vege- " tali e degli animali — gli albuminoidi e le sostanze gelatinose — " sono, come certe reazioni fanno supporre , dei derivati ammo- " niacali dei glucosi, e s' è vero che le materie amilacee sono, " come lo mostra il loro modo di scindersi, dei glucosi condensati, " allora bisogna ammettere che i glucosi, siano i fattori primi di " tutte le sostanze organizzate, e c^uindi il vero primo elemento " della vita. „ XIV. Siamo ancora nella p. 132, e l'autore dice: " Sarebbe impos- " sibile produrre nel laboratorio daW acido carbonico e dall' acqua. •>2 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica ■■ zucchero ed umido coiar la natura In fa un milione di volte nelle " parti verdi delle piante'':' Questo che dice 1" autore a proposito dell" amido e dello zuc- chero, io lo dico, a p. 14 del nominato mio lavoro, a proposito dei cor])i aliìimiinoidi; e siccome, come or ora ho detto, faccio di- pendere 1" avvenire sintetico di ({uesti corpi da ({uello del glucosio e delle sostanze amilacee, così il seiiuente periodo si può anche riferire allo zucchero e ali" amido. Ecco come mi esprimo: " Il chi- " mico non è ancora arrivato a prf)dm-re questi corpi nel suo la- " horatorio , ma la aatiira ti prodacc fatto d) e facilissimamente '■ neir organismo vegetale, e. cosa degna di nota, partendo da com- " posti semplicissimi, ilaW acqua , dnW aiaiuoaiaca e d-àlV anidride " carbonica. Allorquando il chimico li avrà formati nel suo labora- " torio, allora egU, consegnando il materiale nelle mani del morfo- " fogo o dell'istologo, in uno ai dati scientifici che gli valgono per " sintetizza l'I i, potrà dir loro : Ecco, formate . costruite . organiz- " zate. „ Come vedete, il Meyer dice : la natura lo fa un milione di volte nelle parti verdi delle piante ; io dico : la natura li produce tutto dì e facilissimamente nell'organismo vegetale. Il Meyer dice: sarebbe impossibile produrre nel laboratorio, etc 'ì io dico : quando il chimico li avrà pi-odotti nel suo laboratorio, alloia, etc. XV. L" autoie iirosegue nella medesima [)agina: " // metodo d' in- *■ vestiyazionc della chiniieu onjanira, malgrado lo splendore dei suoi " successi, si trova ancora oggi davanti ad una confessione venjo- " r/wo^flf. : solamente una miniinu frazione delle materie esistenti gli " è del tutto accessibile. „ Io a p. 15 del mio lavoro dico: "" Di fronte a questo quadro " sconfortante è mestieri convenire che le attuali teorie e gli attuali " metodi di sperimentare , specialmente in chimica or(/anica , sono " davvero insufficienti. „ (Il Meyer dice: il metodo d'investigazione in chimica organica si trova di fronte ad una confessione vergognosa). Xuovo indirizzo da darxi alia cìiimica 2/5 Ed a 11. "25 aggiungo: " Sin dai primi momenti che mi sono " messo a lavorare in chimica organica mi sono accorto deha in- " siiffcioìza dei nietodì e delle teorie usati. „ E conchiudo a ]). i27: " Allora giudicai inutile insistere in un tale indirizzo e mi diedi a ' fare cose che avessero un carattere di vera novità. Altri tentativi " (prosegui a p. 28) avrei desiderato di fare seguendo nuovi me- " iodi di sperimentazione , ma non l' ho potuto in un laboratorio ' come il nostro, che non appresta quei mezzi che hanno la mag- " gior parte degli altri laboratori. „ Infine faccio osservare al benevole lettore, che col consigliare a p. 15 di non adoperare in chimica organica le troppo elevate temperature e le poco ordinate azioni fisiche e chimiche ; col lamen- tare a p. 56 che il chimico spesso coli' idea di sintetizzare un cor- po si mette nefie condizioni in cui questo si disfà; e col consiglia- re di fare uso di tutte le forze e contemporaneamente , piuttosto che adoperarle ad una ad una, etc. io anche in queste pagine espri- mo il concetto del Meyer, cioè che / metodi d' investigazione in chi- mica organica sono insufficienti. XVI. L'autore prosegue a dire, sempre nella p. 132: " Il piti im- " portante progresso per la chimica organica non sta nelle singole " scoperte, e molto meno negl' innumerevoli successi sintetici degli * ultimi tempi {sintesi di corpi organici artificiali) (1). „ Io nelle pagine 24 e 25 del mio lavoro mi esprimo così : " Fac- " ciò dipendere 1' avvenire della chimica organica dalla ricerca dei " metodi di sintesi, perchè attribuisco grande importanza alla sin- " tesi delle sostanze organiche naturali, e ininto o poco alla pro- " duzione di quelle artificiali delle quali se ne possono ottenere m- " numerevoli senza conseguire altro scopo che 1' affermazione delle ( 1 ) Fficcio ossen'.xre che qui 1' autore intende pirlure delle sintesi dei corpi org.inici ar- tificiali, pronunziandosi già, in altre parti del suo. discorso per la grande importanza delle sintesi dei corpi organici naturali. Atti Ago. Vol. Ili, Serie 4' 4 24 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica " vecchie teorie, il che secondo me non è un progresso. Imperoc- " che qui non è questione di pi'odurre una sintesi qualunque, ma " di scoprire quelle leggi, quei metodi, quegli artifizii, quell' ignoto " insomma che adopera la natura per prodarre tali corpi. „ xvu. " Quel che ci mancano, prosegue a dire 1' autore in seguito " a quanto ha detto precedentemente, sono nuovi metodi per il ri- " conoscimento della individualità delle sostanze. Le materie nere " della terra, gi' innumerevoli prodotti informi e resinosi del corpo " delle piante e degli animali , lo splendore affascinante delle ma- " ferie coloranti dei fiori, di cui la natura chimica ancora oggi si " deride delle nostre conoscenze, forniranno un nuovo campo ine- " sauribile al lavoro del chimico , quando un giorno saranno tro- " vati i metodi per cominciare il loro studio. „ Io a p. 19 del mio lavoro dico : " Il chimico piuttosto che te- " nersi in questa via poco razionale dovrebbe darsi alla ricerca dei " metodi che mette in opera la natura e procurare d' imitarla. Im- " perocché , aggiungo a p. 30 , come noi non conosciamo tutti i " modi di manifestazione della forza così (e conseguentemente) non " conosciamo tutti i modi di manifestazione della materia. Questo " è r avviamento in cui, a mio modo di vedere, si dovrebbe met- " fere una nuova scuola di chimica : Ricerca di altre forze , di " altre leggi e di metodi nuovi di sperimentare. „ (L' autore dice : quel che ci mancano sono nuovi metodi). Dico i)oi a p. 25 : "... . Dopo la prima sintesi (dell' urea) si sono prodotti è vero moltissimi corpi organici naturali ; ma la più gran parte, i più importanti, e spesso di non troppo compli- cata struttura , sono ancora In a resistere agli sforzi faticosi del " chimico. Noi non abbiamo prodotto la sintesi di nessuno delle " sostanze glucosiche e zuccherine, feculenti o amilacee, albuminoidi Xiioro indirizzo da darsi alla chimica 25 " o libriunirt'iii. etc. (1). „ (Meyer dice: Le materie nere della terra, gì" imiuiiicrevoli corpi resinosi, le materie coloranti dei fiori, si de- riiìoiio ancora oggi delle nostre conoscenze). „ XVIII. Dice il professore Meyer nella stessa pagina 132 : " Sia nella " cìtìiiì/cd iinjaìtìca che nella clnniica mìneraìe noi urtiamo passo a " passo su questioni alla cui soluzione mancano attualmente ancora " i mezzi. ., Io a p. 18 del mio lavoro dico : " Secondo me 1' attuale chi- " mica è guidata nelle sue investigazioni da un principio mal for- " Ululato e solo in parte esatto (spiego poi questo periodo). Gon- " seguenza di questo fatto è che il chimico si trova, inconsapevol- " mente, in uno avviamento opposto al vero indirizzo della scienza. " Ecco perchè si assiste tuttodì allo spettacolo di vedere il clii- '■ mico vagare da incertezza in incertezza e spesso a fallire nei suoi " tentativi o solo indovinare in cose analoghe o identiche alle già " fatte. „ Ora io domando: perchè il chimico vaga da incertezza in incer- tezza e spesso fallisce nei suoi tentativi? Appunto perchè gli man- cano i mezzi a risolvere le quistioni contro cui urta passo a passo. XIX. L" autore prosegue poi a p. 133 : "E così anche nella chi- mica minerale non solamente debbansi trovare nuovi fatti, ma an- (1) Qui proseguo a dire: « e uou conosciamo nemmeno lontanamente la cagione del po- " tere rotatorio dei corpi, quella del carbonio asimmetrico non essendo ancor.i dimostrata per .1 tutti i casi, e non reggendo affatto per le sostanze minerali. » — Questo che io scrissi al- lora, lo scrissi prima dell'ultima edizione della chimica nello spazio di vau 't ]ioii (Dix années dans l'histoire (Vane theorie) , e quantunque in seguito si sono sintetizzati corpi dotati di po- tere rotatorio , pure il mio concetto regge ancora oggi. Di questo parere sono anche coloro che, come me, apprezzano 1' ipotesi vantoffiana. 26 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica " Cora nuovi metodi d' indagine, se si vuole che da questo ramo " della nostra scienza irrompa una era di nuove scoperte. „ Io, dopo di avere ripetuto in i)arecclii punti del citato mio la- voro, che abbisognano in scienza nuovi metodi d'investigazione, dico alle pagine 28 e 29 queste precise parole : " In questo difetto è " caduta la chimica.. Le altre scienze hanno saputo usufruire degli " avanzamenti fatti dalle proprie consorelle e perciò hanno progre- " dito. Ma la chimica in genere e la chimica organica in specie, non " fanno che ripetere cose analoghe alle già fatte. „ Il che a me sembra esprima il medesimo concetto dell' autore, cioè che le due chimiche hanno bisogno, per fare cose nuove, di metodi nuovi. XX. L' illustre autore conclude a p. 134 con queste parole : " Di " questo noi dobbiamo restare persuasi, che la natura non sarà da " noi capita prima di avere il mezzo di spiegare le sue manifesta- " zioni mercè movimenti semplici seguibili matematicamente. Verrà il " tempo in cui la chimica subirà questo grande cambiamento " E allora di nuovo riunita alla seria sua sorella , la fisica , dalla ' quale ai nostri giorni si era allontanata, la chimica seguirà con " passo sicuro il suo sentiero. „ A questo capitolo non ho da rispondere che quello che dico a p. 26 del nominato mio lavoro, e che ho riportato al capitolo III, p. 11-12 del presente ragguaglio (ve lo ripeto). Dico adunque qui: Io pure , a p. 26 del nominato mio lavoro, faccio rilevare il bisogno del trattamento matematico della nostra scienza, e mi esprimo così : " Questo ignoto (ignoto che spiego prima) non si scoprirà se non " si fa maggiore attenzione ai movimenti delle ultime particelle della " materia, se non si tiene insomma in maggior conto lo studio " della termo-chimica. Non è bene dimenticare che i fenomeni chi- " mici, essendo essi effetti di movimento; devono per forza sottosta- " re alle leggi generali della meccanica. „ Nuoro indi rizzo da darsi alla chimica 27 Ed a p. IT) dd mio opuscolo sul Cai-hoii/o esprimo pure la speranza, clu' verrà il teuipo in cui la chimica subirà il suo gran- de camhiameuto , e dico così : " Io però non dispero per 1" avve- '• nire di questa interessante branca di scienza, e questa speranza " la fondo nei giovani chimici e nella gioventìi nascente ; essi, ne " ho fiducia , sapranno colmare la lacuna che noi forse lasce- " remo. „ XXI. Infine a giustificare la espressione di cui parlo a p. "-21 ed a p. ^9 del citato mio lavoro, e che forse potrebbe sembrare aspris- sima , cioè " che la chimica in genere e la chmiica organica in " specie si trovano, in cjuanto a teoria pura e semplice, in risfagno " di 29 anni, „ io domando se il Meyer coli' asserire che la nuova chimica non può considerarsi una vera scienza nel suo più alto si- gnificato della parola : coli' affermare che il chimico per la sua scienza ha fatto qtiasi niente in confronto di quanto ha fatto per essa la scoperta di Newton; col dichiarare la chimica di oggi essere quello che era 1' astronomia ai tempi di Keplero e di Copernico; col dire che la termo-chimica non ha dato i frutti che aveva fatto spe- rare, e che questo ramo di scienza ha bisogno di metodi d'inve- stigazione più adatti; col parlare di errori fatali commessi dal chi- mico a causa di avere studiato la sua scienza dal punto di vista esclusivamente cliimico o esclusivamente fisico: col dire che il chimico intorno ai metodi d' investigazione in chimica organica, si trova di fronte ad una confessione vergognosa; coli' asserire che la natura chi- mica di moltissime sostanze organiche si deride delle nostre cono- scenze; col ricordare ripetute volte che ci mancano nuovi metodi d' investigazione ; ed infine col dire che i nostri studii sufi' albumi- na sono appena taU da permetterci di guardare in faccia il proble- ma della delucidazione per la sintesi di essa e non quello della sin- tesi medesima; io domando se col dire tutto ciò il professore Meyer non vogUa significare che la nostra scienza si trovi in ristagno, 23 Nuovo indirizzo da darsi alla chimica «empie sotto il punto di vista teorico, per ben altro che di 29 anni ! " Yi fu un momento, esclama l' insigne autore, quando, dietro '' le scoperte di Helmoltz, Roberto Meyer, Joule, Clausius, van 't Hoif, " i progressi della investigazione si limitavano solo alla fìsica, e si * facevano non poche applicazioni modeste alle discipline affini — " vi fu un momento in cui si credette venuta Y epoca nella quale * i processi chimici si potessero seguire in modo analago a quelli " del suono, della luce e del calore. „ E più in là soggiunge : " E " pure le granch speranze che ci avevano fatto concepire le inve- " stigazioni delle questioni tenno-cììi miche, non sono state adempiute " sin' ora che solamente in parte. „ E qui finisco il mio ragguagfio , nel quale credo di avere di- mostrato la perfetta coincidenza tra le mie idee e quelle del pro- fessore Meyer. Non so se sono stato abbastanza felice nello espri- mermi, ma mi conforta il pensiero che trattandosi di fatti, la loro natura stessa supplisca alla oscurità del mio linguaggio. Prima di chiudere mi preme dichiarare che vi sono pure delle disparità tra me ed il professore Meyer, e che queste sono due e di due specie ben differenti 1" una dall' altra. La prima dipende dalla natura stessa del titolo delle nostre publjlicazioni: Il professore Meyer trattando il tema dei problemi chimici deh' epoca presente, rileva gl'inconvenienti che s'incontrano in scienza senza suggerire i rimedii. Io invece trattando il tema di un nuovo indirizzo da dare alla chimica, agli inconvenienti rilevati faccio susseguire i rimedi da contrapporvi (V. tutto il mio lavoro e specialmente ciò che dico dalla p. 18 alla p. 24). L" altra dipende da opinioni personali : Il professore Meyer non crede essere ancora arrivato il momento per il chimico di entrare nel campo biologico e morfologico. Io invece non giudico assoluta- mente inopportuno il momento, ma credo sia piuttosto questione di saper scegliere la via da tenere; la quale secondo me, non è quella che tiene oggi il chimico, poiché con gh attuali metodi, (io sono di accordo col Meyer), il chimico non riuscirà mai nel suo intento : è Xuovo indirizzo da dar^ì (dìo chimica 29 questione quindi di taiubiart' indirizzo (V. il mio opuscolo sul car- bonio e lo stesso mio hiroro sul nuovo indirizzo). E di questa opi- nione è pure il professore Ferdinando Colui , il quale lo disse al- l' assemblea berlinese degl' Imhujatori della iiafiira. Per altro il Meyer stesso non è che dice che non spetta al chimico di entrare in questo terreno ; anzi il solo ricordarlo mostra precisamente, eh' egli pensi esser questo appunto un campo inq)ortante della chimica, in cui presto 0 tardi la nostra scienza dovrà entrare. In guisa che anche qui mi trovo perfettamente di accordo coli' illustre professore di cliimica dell" Università di Heidelberga. Io sono particolarmente lieto, che queste idee, nuove per la scienza , le quali furono pronunziate un anno addietro in uno dei centri scientifici più importanti della Germania, siano state, emesse due anni prima nella Università di Catania, e pubblicate negli Atti della nostra Accademia. Catania li 30 Novembre 1890 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari contenute neirEsai>ramnio di Pascal. Nota del Prof. VITTORIO MARTINETTI. Partendo da sei punti arbitrarii di una conica si può gene- rare una figura, V Esagrammo di Pascal, la quale, come fu messo in evidenza da molti geometri, è del più grande interesse (*), spe- cialmente per le numerose ed importanti configurazioni , alle quali essa dà luogo. L' oggetto di questa nota è lo studio delle principali proprietà di una configurazione la quale si può formare coi vertici e con certi punti diagonali, lati e rette di Pascal di un esagono inscritto in una conica. 1. Indichiamo con 1, 2, 3, 4, 5, 6 sei punti distinti presi ar- bitrariamente sopra una conica. Questi punti si possono dividere in quindici modi diversi in tre coppie; consideriamone uno, ad es. : 1, 2; 3, 4; 5, 6. Dei sessanta esagoni semplici di Pascal, i quali si possono for- mare con quei sei punti, quattro hanno per coppie di vertici opposti le tre coppie considerate, e sono : 13 5 2 4 6, 13 6 2 4 5, 14 5 2 3 6, 14 6 2 3 5. (") Nella memoria del Sig. Veronese u Nuovi teoremi sull'Hesagraimiium iiiisticum,» (Mera, della R. Acc. dei Lincei Serie 3^ Voi I. 1877) sono raccolte, insieme a molte nuove, le prin- cipali proprietà precedentemente trovate sull'Esagrammo di Pascal, proprietà poi dimostrate in modo elegantissimo anche dal Sig. Cremona nella memoria - Teoremi stereometrici dai quali si deducono le proprietà dell' Esagrannuo di Pascal " (Meni, della R. Acc. dei Lincei Scie 3^ Voi. I. 1877). Ci serviremo in seguito delle denominaiiioiii usate iu queste memorie e di al- cune delle proprietà ivi dimostrate. Atti Acc Vol. HI, Serie 4' 5 32 Sopra un yruppo di Configurazioni regolari Due qualunque di questi esagoni hanno una coppia sola di lati opposti in comune, ed ogni coppia di lati opposti in uno di essi appartiene sempre ad uno solo degli altri : sicché le quattro rette di Pascal di quegli esagoni si incontrano due a due in sei punti P ( secondo la notazione del Sig. Veronese ) i quali sono perciò i vertici del quadrilatero completo formato dalle rette di Pascal considerate. I vertici opposti di questo quadrilatero indichiamoli con 7, 8; 9 10; 11, 12, ponendo ; 1 3 ■ 2 4 = 11, 15-26= 9, 3 5 ■ 4 6 =- 7, 1 4 - 2 3 = 12, 1 6 • 2 5 = 10, 3 6-45^8. Le rette di Pascal dei detti quattro esagoni sono perciò ordi- natamente : (7 10 IIV , i8 9 111, . (8 10 12Ì, , (7 9 12Ì, . I dodici punti 1, ^, ..., H sono situati tre a tre sopra sedici rette (le quattro rette di Pascal e certi dodici lati dell'esagono com- pleto 123456) le quali passano quattro a quattro per quei dodici punti. Tali punti e rette formano adunque una configurazione (12., I63) (*). Un cenno sull' esistenza di questa Cf. si trova nella citata me- moria del Sig. Veronese (n' 5, 6) dove si considerano gli elementi comuni a due delle sei figure t. NeirEsagrammo di Pascal sono contenute quindici di tali Cf. (**). Presane una qualunque le altre si distribuiscono, rispetto ad essa, in due gruppi, uno di sei Cf. aventi una coppia di punti fonda- mentali coniugati in comune con quella, l'altro delle otto rimanenti non aventi coppie di pmiti fondamentali coniugati in comune colla data. (■) Secondo la comoda notazione introdotta dal Sig. J. de Vries « Dber gewisse ebene Conligurationen .■ ^Aeta Math. 12: 1. 1888). (■■) Queste quindici Cf. si possono far corrispondere una ad uua ai quindici piani di Plticker della figura considerata dal Sig. Cremona (« Teoremi stereometrici ecc.» 1. e. n° 18). contenute neW Esagrammo di Pascal 33 Due qualunque dei punti fondamentali 1, 2, 3, 4, 5, 6 sono coniugati in tre diverse Cf., le quali hanno due a due un solo punto Pin comune. Reciprocamente un punto P qualunque dell' Esagranimo appartiene a due sole Cf. le quali hanno allora una coppia di punti fondamentali coniugati in comune. Quindi i 45 punti P si distri- buiscono in terne di punti, ogni terna essendo individuata da uno de' suoi elementi, e relativa ad una coppia di punti fondamentali. Si vede tosto, che queste terne, in numero di quindici, sono costituite dai punti diagonali dei quadrangoli formati da quattro punti fondamentali, precisamente da quelli distinti dalla coppia di punti coniugati comune alle tre Cf. che danno origine alla terna. 2. Consideriamo una di queste Cf. e manteniamo per essa la notazione sopra stabilita. Un punto qualunque della Cf. è congiunto con otto altri, quin- di estraneo a tre punti della Cf. i quali sono fra loro estranei, come appare dalla seguente tabella in cui sono indicati i sedici allinea- menti dei punti della Cf. : i)... 1 3 11 2 3 12 7 3 5 8 3 6 1 4 12 2 4 11 7 4 6 8 4 5 1 5 9 2 5 10 7 9 12 8 9 11 1 6 10 2 6 9 7 10 11 8 10 12 La Cf. che ci proponiamo di studiare rientra adunque nel gruppo di Cf. ( 12^, I63 ) trovato dal Sig. De Vries, soddisfacente alla condizione, che i punti estranei ad un punto siano estranei fra loro , ed è precisamente una Cf. del tipo B (*) come immedia- tamente si riconosce. (*) Il Sig. De Vries il. e.) trova, che due soltanto sono i tipi di Cf. ( 124 I63) sod- disfacenti alla detta condizione , quello che ci proponiamo di studiare , e la Cf. dei dodici punti costituenti tre quaderne ed i punti aventi i medesimi tre tangenziali in linea retta. Lo studio di quest' ultima interessante Cf. (considerata già da Hesse, Cayley, Pìiicker Salmon e specialmente dal Sig. Cremona ■■ Introduzione ad una teoria geometrica delle curve pinne >> Mem. dell' Acc. di Bologna 1* serie voi. XII Art. 24) forma l'oggetto principnle dello scritto del Sig. De Vries ; ma "però vi si trovano anche accennate alcune delle proprietà della Cf. B, come a suo luogo diremo. 34 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari I dodici punti della Cf si dividono in tre quaderne di punti estranei e queste sono : 1, 2, 7, 8; 3, 4, 9, 10; 5, 6, 11, 12; ogni quaderna essendo costituita da una coppia di vertici opposti degli esagoni considerati e da una coppia di vertici opposti del quadrilatero formato dalle loro quattro rette di Pascal. 3. Tutte le sostituzioni dei numeri 1, 2. ..., 12 le quali la- sciano inalterato il complesso delle terne di numeri della tabella «), indicanti gli allineamenti dei punti della Cf., formano un gruppo, il quale si dice relativo alla Cf. (*) : Se questo gruppo è transitivo (**) la Cf. si dice regolare (***), perchè essa si comporta egualmente rispetto a tutti i suoi punti. La nostra Cf. è regolare. Infatti si vede immediatamente che le due sostituzioni : Si = (1 11 8 6 2 12 7 5) (3 9) (4 10), S2 = (l 3 5) (2 4 6) (7 9 11) (8 10 12) appartengono al gruppo della nostra Cf.. sicché vi appartengono anche, in particolare, le sostituzioni : s.,", s/, Si', .-(,% s/', s,', Sj- s,, (s,- s, y, (s,- s, y, le quah, considerate insieme ad .>^, ed .s, , hanno la proprietà di cam- biare l'elemento 1 in uno qualunque degli altri undici ; dunque il gruppo della Cf. è transitivo. Per la simmetria speciale di questa nostra Cf. è facile trovare tutte le sostituzioni del suo gruppo, le quali si ottengono, come è (*) Martinetti « Sulle Cf. piane ^3 " ( Aiiiiiili di Matematica Serie 2" toni. XV, n." 2). (**) Seguiremo in questo capitolo le usuali denominazioni di gruppo, transitivitU, ecc. della teoria delle Sostituzioni. Vedi p. es. Netto « Teoria delle sostituzioni ■■ versione italiana dei Prof. Battagliììi ( Torino - 1885. ) (***) A. Schonflies. » Ueber die regelmassigen Couflgurationen ns " ( Math. Ann. B XXXI. S. 44) contenute neW Esagrammo di Pascal 35 noto (*), moltiplicando p. es. le undici sostituzioni sopra considerate insieme alla sostituzione identica, per tutte quelle sostituzioni del gruppo, che lasciano inalterato l'elemento 1 . Queste ultime formano un sottogruppo di sedici sostituzioni ( che si possono scrivere fa- cilmente), il quale, nel nostro caso, è anche il gruppo minimo (**) contenente le tre sostituzioni : 0-, = (3 5 4 6) (9 12 10 11) (7 8), a, = (3 9 410) (5 12 6 11), ff, = (3 5) (4 6) (9 11) (10 12), Cloe 1 ='^4', ^, ^3, °i, '^,=^''t ( = «"b' = «ce), ^6 = 0/, <^, = V, Il gruppo della Cf. è composto di 12. 16 = 192 sostituzioni. 4. Considerando anche soltanto le due sostituzioni s^ , .% del gruppo si riconosce , che le quaderne di punti estranei della Cf. si possono scambiare una nell' altra, ossia, che la Cf, si comporta egualmente non solo rispetto ai suoi punti, ma anche rispetto alle tre quaderne , che la compongono ( come del resto è naturale , essendo ogni quaderna di punti estranei individuata da un suo elemento, ed essendo transitivo il gruppo della Cf. ). Si vede ancora , dall' esame del gruppo trovato , che in una quaderna i punti si dividono in due coppie di punti coniugati, poiché le sostituzioni, che non alterano una quaderna, 0 lasciano inalterate le coppie o scambiano queste una nell' altra. Le due coppie di ciascuna quaderna sono formate una da due vertici opposti degli esagoni fondamentaU , 1' altra da due vertici opposti del quadrilatero delle rette di Pascal. Il fatto della regolarità della Cf. ci averte intanto, che la Cf. (*) Netto, 1. e. Capitolo IV, n» 62. (**) Netto, 1. e. Capitolo II, n. 37. 3G Sopra un gruppo di Configurazioni regolari stessa può essere considerata in varie guise come nascente da sei punti di una conica (nel modo esposto al n." 1), e la considerazione del gruppo trovato condurrebbe senza difficoltà ad assegnare i gruppi di tre coppie di punti , i quali possono considerarsi come fonda- mentali per la sua generazione : Ma noi possiamo anche dedurli direttamente. 5. La Cf. considerata è inscritta in una curva di 3." ordine (*). Infatti, i nove punti della Cf. situati sulle tre rette. (1 3 11),, (2 5 10),, (7 9 12), stanno anche sulle tre rette (1 5 9), , (2 3 12), , (7 10 11), , quindi sono la base di un fascio di cubiche. Per la stessa ragione i punti 1, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, 12 situati sulle rette (1 3 11). , (4 5 8), , (7 9 12). , (1 4 12), , (3 5 7), , (8 9 11), , sono la base di un altro fascio di cubiche. Esiste perciò tanto la cubica (1 2 3 4 5 7 9 10 11 12), quanto la (1234578 9 11 12),. Ma queste due cubiche non sono distinte , perchè dei loro nove punti comuni 1, 2, 3, 4, 5, 7, 9, 11, 12 le due terne 1, 3, 11; 7, 9, 12 sono in linea retta, mentre non sono in linea retta i tre punti rimanenti 2, 4, 5. Ciò dimostra l'e- sistenza della cubica (1 2 3 4 5 7 8 9 10 11 12),, (*) De ì'rùs 1. e. n.° 4. contenute nelV Esagrammo di Pascal ^37 la quale alla sua volta deve passare per 6, poiché essa appartiene al fascio individuato dalle due cubiche spezzate : (1 b 9), • (3 6 8ì, • (7 10 in, , (1 6 10), • (3 ó 7), • (8 9 11),- Le coppie di punti 7, 8 ; 9, 10 ; 11, 12 essendo di vertici opposti di un quadrilatero completo inscritto in una cubica , sono coppie di punti coniiir/afi ( aventi cioè il medesimo tangenziale) in un medesimo sistema (*) : e poiché la coppia 11, 12 si proietta sulla cubica dai punti 3 ed 1 rispettivamente nelle coppie 1, 2; 3, 4 e la coppia 9; 10 si proietta da 1 sulla cubica nei punti 5, 6 così (**) anche le coppie 1, 2 ; 3, 4 ; 5, 6 sono di punti coniugati nello stesso sistema nel quale lo sono 7 ed 8, 9 e 10, 1 1 e 12. I sei tangenziali di ciascuna coppia di punti coniugati , che noi indicheremo ordinatamente con (l). (!)■ {!)• il)- (?o)' (ì^)' sono manifestamente vertici di un quadrilatero completo , e sono opposti, quindi coniugati sulla cubica, i tangenziah di due coppie appartenenti alla medesima quaderna della Cf. , perciò i punti di una quaderna della Cf. hanno il medesimo secondo tangenziale, ed i tre secondi tangenziali dei punti delle tre quaderne stanno sopra una medesima retta , la quale risulta la seconda retta satellite di ogni retta della Cf. (***) , poiché ciascuna di queste contiene un punto di ognuna delle tre quaderne. 6. I quattro punti della cubica 3, 4, 5, 6 hanno per punto opposto (****) il punto (g)^ perchè le due rette (3 5)^ (4 6). pas- sano per 7 ; Segue adunque che il punto ( g | è situato sulla retta (1, 2),, essendo i punti 1, 2, 3, 4, 5, 6 sopra una conica, hi (*) Cremona Introduzione... I. e. Art. 24. (**) Maclaurin « De linearum geometricaruju proprietatibus •< trad. di De-Jouquières » Mélanges de geometrie pure " Paris 1856 pag. 242. Vedi anche Cremona, • Introduzione... » 1. e. n.o 134. (***) De-Vries 1. e. n." 4. (****; Cremona « Introduzione... .' I. e. n. 65. 38 Sopra mi gruppo di Configurazioni regolari modo analogo si dimostra , che le rette (3 Af)^, (5 6 ), passano rispettivamente per \{q\ \-^ Allora, poiché l'ulteriore intersezione della cubica colla con- giungente due punti coniugati in un certo sistema ha per coniu- gato in questo stesso sistema il tangenziale comune ai due punti coniugati (*), così ne viene, che le tre coppie 2 ( 8 )• ( 4 10 ( 6 ) 1'^ I ^^^^'^ ^^ punti coniugati nello stesso sistema nel quale 1 è coniugato a '1. 7. Data una Gf. ( 12^, I63) del nostro tipo, è ad essa relativa una retta, la seconda retta satellite delle rette della Gf. Prendiamo ad arbitrio una retta segante una data cubica C, nei tre punti «, /3, 7. e vediamo quante di quelle Gf. siano ad essa relative. Prendiamo due punti 2 ) ( 8 ) ^^^^''^ ^'3 aventi a per tangen- ziale ( questo si può fare in sei modi diversi ) , e perciò coniugati sulla cubica in un sistema [ ^ ] , da essi individuato. Prendiamo due altri punti [A ( {g aventi ;3 per tangenziale e coniugati in [ T ] (il che si può fare in due modi diversi ) e po- niamo : (g)-(i)(L>-(^)(?o)- Sono questi punti {'q\ L 2 ) ^^^ll^'^ cubica e coniugati in [S], ed insieme ai punti [\] n ) ( g ) | j q 1 costituiscono i vertici di un quadrilatero completo inscritto in C.^. Di tali quadrilateri ne possiamo formare dodici , quattro per ogni sistema di punti coniu- gati sulla cubica. Prendiamo ora tre coppie di punti sopra C3 coniugati in [S] ed aventi rispettivamente per tangenziali 2) (4 [&] ^^^ ^^^^ ^^ può fare in 2 ■ 2- 2 = 8 modi differenti) e siano 1, 2; 3, 4; 5, 6. (♦) Cremona « Introduzione... ■> 1. e. n. 133. contenute neW Esagra ìììdio di Pascal 39 La retta (1 3), sephi la cubica in 11, e la (1 4). in 12; 11 e li2 saranno coniugati in |^] ed avranno per tangenziale CK^mune L.J Inoltre, perchè la (3 1 l)i passa per 1, dovrà la (3 H)i passare per 2; e così la (4 IDi passerà per 2, poiché la (4 1 2); passa per 1. Le rette (1 5), (1 ())i seghino T,, nei punti 9 e 10: Questi pure saranno coniugati in [S], avranno Lgj per tangenziale e saranno situati ordinatamente sulle rette (2 6 )i , (2 5)i. Le rette (9 1 1 )i (10 11 )i seghino ordinatamente la C^ an- cora nei punti 8 e 7 , coniugati in [S], aventi (g per tangenziale e situati ancora rispettivamente sulle rette ( 10 12 )i. (9 12),. Le rette (3 1 ^^ (4 7 ), segano ulteriormente la cubica negli stessi punti nei cjuali cjuesta è segata dalle rette (4 8 ), . (3 8 ), . e questi punti sono coniugati in [S] ed hanno g) per tangenziale. Per la notissima proprietà , che il tangenziale di due punti coniu- gati è coniugato ( nello stesso sistema ì all' ulteriore intersezione della cubica colla cougiungente i due punti coniugati, noi avremo, che la retta (11 12 )i passa per (g) , ed allora, perchè nelle tre terne di punti allineati della C^ 1 , 5 , 9 ; 11 , 12 , ( ^ ) ; .3 , 7 , ar si hanno anche gli allineamenti (1 3 11), (7 9 12),, si ricava, che i punti 5 , {^) , x devono essere in linea retta , però j^ è il punto 5; Sicché la ( 4 7 ), passa per 6. I punti 1 , 2 , — 12 ora costruiti appartengono manifesta- mente ad una Gf. (12,, I63 ) del nostro tipo (basta confrontare gii allineamenti ora trovati con quelli indicati nella tabella a del n« 2) perciò: Le Cf. (12, I63 ).del nostro tipo aventi una data retta come seconda retta satellite delle sue rette (*) sono in nu- mero di 6 • 2 • 8 = 96- (*) Tutte le rette aventi una fiata retta per seconda satellite sono 16 • 16 , ed i punti della cubica situati sopra queste rette souo in tutto 4-12. Tali punti e rette formano una et. (48,6, 2063 ) inscritta nella cubica, contenente le 96 Cf ( 124 , I63 ) della nostra specie e relative alla data retta, inoltre 16 Cf ( I2i , I63 ) del tipo A (del Sig. De Vries 1. e. ) e 12 Cf. ( 24s , 643 ) formate da sei quaderne di punti aventi per tangenziale comune i sei vertici di un quadrilatero completo inscritto nella cubica e formato da rette aventi la data per (1") satellite ( Cf. considerate dal Sig. de Vries 1. e. u" 4 ) Atti Acc. Vol. IH, Seeib 4» g 40 Sopra tin gruppo di Configurazioni regolari Le nostre Cf. sono individuate da tre coppie di punti coniugati sulla cubica- ( in uno stesso sistema ) situati sopra una conica : Ma si deduce facilmente, dal ragionamento fatto sopra, che condi- zione necessaria e sufficiente percliè tre di tali coppie di punti coniugati siano sopra una conica è che i tre tangenziali delle coppie di punti siano coniugati (nel detto sistema) di tre punti in linea retta. Questa osservazione mostra, che quattro sono i gruppi di tre coppie di punti coniugati della Cf. situati sopra una conica, cioè : 1 , 2 ; 3 , 4 ; j> , 6 , 1 , 2 ; 9, 10 ; n , 12 , 3 , 4 ; 7, 8 ; 11 , 12 , 5 , 6 ; 7 , 8 : 9, 10, come ritroveremo anche per altra via. 8. Una retta della Cf. essendo congiunta a nove altre, è estra- nea a sei rette della Cf. Prese due rette estranee si hanno sem- pre sei rette contemporaneamente congiunte ad esse , perchè ogni retta contiene un punto di ciascuna quaderna , epperò ogni suo punto (si intende appartenente alla Cf.) è congiunto con due punti di ogni retta ad essa estranea. Vi sono adunque sempre due ret- te estranee a due rette fra loro estranee. hi due modi diversi si possono distribuire in due gruppi di tre, le sei rette congiunte a due rette fra loro estranee in guisa ch'esse contengano tutti i sei punti delle due rette estranee , e ciascuna terna di queste rette (estranee) sega allora la cubica in tre punti della Cf. alUneati sopra una retta della Cf. Perciò da ogni coppia di rette estranee nascono due figure (.^ ) (*), ossia due Cf. (9, , 63 ) i cui punti formano la base di un fascio di cubiche, neUe quali ve ne sono due spezzate in tre rette (queste rette sono quelle della Cf.) (**). -1 *» /> t) Le fig. (A) esistenti nella Cf. data sono ^ ^ = 16 : Ma come si vedrà queste Cf. (9,, GJ sono speciaU, poiché tra i nove (*) Martinetti. « Sopra alcune Cf. piane « (Annali di Mat. Serie II. Tom. XIV, u.» 5). (**) É facile vedere, che di Cf (92, 63) non ve ne possono essere che di due tipi icome accenna anche il Sig. De-Vries, 1. e. n." 3) le fig. (A) e le Cf. che hanno per punti i vertici di due triangoli arhitrarii riferiti fra loro e le intersezioni dei lati corrispondenti, e per rette i sei lati dei due triangoli. contenute neW Esagrammo di Pascal 41 punti , che le componp:ono esiste un settimo allineamento di tre punti , ossia nel fascio di cuiiiche avente per base i punti di una di queste Cf. esiste ancora una cubica composta di una retta e di una conica. 9. Le sostituzioni .s, , .?., e loro prodotti (n.° 3) sono sufficienti a mostrare come la coppia di punti 1 , 3 possa essere sostituita da un' altra coppia qualuncjue di punti coniugati della Cf. ; talché gli elementi della Cf. si comportano rispetto ad 1 e 2 come rispetto a qualsivoglia altra coppia di punti coniugati. Esaminando (col sus- sidio della tabella ^ del n." 2), come la Cf. si comporti rispetto ad 1 e 2, si conclude. 1." Se da due punti coniugati di una quaderna si proiettano sulla cubica i medesimi due punti coniugati di una seconda qua- derna , si ottengono i medesimi due punti coniugati della terza quaderna. 2.° Se da due punti coniugati di una quaderna si proiettano sulla cubica gli stessi due punti non coniugati di un' altra quaderna, si hanno due coppie di punti non coniugati e distinti della terza quaderna. 3.° Se da un punto di una data quaderna si proietta sulla cubica una coppia di punti della Cf. allineati con un altro punto della stessa quaderna , ma non ad esso coniugato , si ottiene una coppia di punti della Cf. allineati al punto ( della quaderna data ) coniugato a quest' ultimo. Consideriamo una retta arbitraria della Cf. e siano a, b, e \ tre punti (appartenenti adunque a quaderne diverse) situati sopra di essa, e diciamo a', h' , e i loro coniugati, ed Oi, a\; è,, b\\ Ci, c\ le altre tre coppie di punti coniugati, che insieme a quelle co- stituiscono le tre quaderne. Le (a, è)i (rtj e), sono rette della Cf. , le ciuali contengono ancora due punti. Sulla (r/j è), non vi può essere il punto e e nep- pure e (per l'osserv. l''), perciò diciamo c^ il punto situato su di essa: e per la medesima ragione diciamo h^ il terzo punto situato sulla (rtic)i ■ I punti Ti e è, saranno (per l'osserv. 3*^) allineati con «'. 42 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari Le rette («', b), , {(t\ c)^ conteiTanuo allora rispettivaiueute i punti c\ e h\ pure allineati con a: E si avrà inoltre (per l'osserv. l'') che a, bi , c\; a, b\ , c^ sono terne di punti allineati. Per questo vediamo che i nove punti a , b, e. r/, . h, . i\ , «,, b\, c\ appartengono ad una fig. (^) nella quale oltre ai sei alU- neamenti: «i b e,; a, b^ e; a\ b c\; a\ b\ e; a b^ c\: a b\ Cj esi- ste anche l'allineamento a , b, e e solo quello. Partendo dalla retta {a b c)^ abbiamo adunque costruita una fig. (A) formata da punti e rette della Cf. nella quale esiste un setthno allineamento (a, b, e), di punti fondamentali, e poiché questo allineamento si comporta diversamente dagli altri sei della fig. {^) ne viene, che le fig. (A) nascenti in (juesto modo sono le 16 trovate al n. 8. Considerando ancora la figura precedente riconosciamo che devono aver luogo anche i tre aUineamenti dei punti: a, b' , e': n' , b, e; n' , b' , e, per la qual cosa a, b, e, a', b' . r sono ver- tici di un quadrilatero completo formato da rette della Cf. Di tali quadrilateri se ne hanno quattro, e le quattro fig. 1-^) relative ai lati di uno qualunque di essi posseggono tutte sei punti in comune, i quali sono situati necessariamente sopra una conica. Dunque i dodici punti della Cf. si possono distribuire in quattro modi diversi in due gruppi di sei, quelU di un gruppo essendo so- pra una conica, quelli dell'altro vertici di un quadrilatero completo. La nostra Cf. può dunque essere generata in ([uattro modi diversi nei modo che si è detto al n. 1. I gruppi di punti sopra una conica e quelli vertici di un qua- drilatero completo sono i seguenti: Sopra una conica Vertici di un quadrilatero 1, 2; 3, 4; 5, 6 7, 8; 9, 10; 11, 12 1, 2; 9, 10; 11, 12 3, 4; 5, 6; 7, 8 3, 4; 7, 8; 11, 12 1, 2; 5, 6; 9, 10 5, G; 7, .8; 9, 10 1, 2; 3, 4; 11, 12 contenute iteli' Esacjrdiiniin tU l'aneal 4.'i Due (inaliuHiuc dclK' i-oniclic liaiiiio due punti coniiiLi^ali in conuuic, l'dsì pure (lue ([uaUni(]U(' dri (|ua(lrilatei-i liaiiiio in coiuu- lu' una c(>[ipia di vertici opposti. Un quadrilatero ha sempre due coppie di veitici opposti so- pra le tre coniche ad esso non relative. 1 ({uattro quadrilateri contengono conq)lessivamente tutte le rette della Cf. Risulta subito ancora, che le rette della Gf. passanti per due punti coniugati si possono ordinare in modo da formare due gruppi proiettivi. 10. Il Sig. De-Vries (1. e.) trovò che in ì^ì modi diversi si possono prendere otto punti della Cf. in guisa che essi diano un ottagono di Steiner ( cioè i lati suoi passino alternativamente per due punti — /^/-///rZ/w// — della cubica) e per essi i punti principali sono le possibili coppie di punti non coniugati di una quaderna (aventi adunque il medisimo secondo tangenziale ma non il primo, come necessariamente devono essere tutti i punti principali degli ottagoni di Steiner (*) ). Le coppie di ottagoni relative a due coppie di punti [ìriucipali formanti una quaderna contengono come lati tutte le rette della Ct. Oltre a questi ottagoni di Steiner, rilativi a due punti princi- pali, si possono formare con punti e rette della Gf. degli ottagoni di Steiner relativi a quattro punti piincipali, tali cioè che i lati loro passino ordinatamente per quattro punti della cubica nella quale è inscritta la Gf. Infatti ordinando i punti di due quaderne qualunque della Gf. prendendo alternativamente un punto dell'una ed un punto dell'al- tra, i punti della stessa quaderna essendo poi scelti alternativa- mente nelle due coppie, che la compongono , si formano degli ottagoni semplici, in numero di ^4, aventi per vertici opposti punti (•) Per la teoria dei poligoni di Steiner inscritti in nna cubica si può vedere p. es : H. Schroeter. ■■ Tlieorie der ebenen Kurven drifter Orduiiiiy » Leipzig- 1880 § 31. Ovvero la nota di Steiner nel Giornale di Creile Voi. 32° pag. 182-184, e le memorie di K. Kiipper — " Ùber die Steinerschen Polygone anf einer Knrve 3 Ordn...ecc. » (Math. Ann- B. 24.°) P. H. Schoute « Die Steinerschen Polygone » (Giornale di Creile— Voi. 95» pag. 105 e seg. ) ecc. 44 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari coniugali, i quali, per le proprietà notate al n. 9, (o direttamente come risulta dalla tabella «)) sono tutti ottagoni di Steiner relativi ;i due od ai quattro punti della terza quaderna. Di questi !24 ottagoni di Steiner i 12 seguenti sono relativi a due punti principali : I. Gruppo. Ottagon i (li Steiner 1 3 7 10 2 4 8 9, 1 4 7 9 2 3 8 10, 1 5 7 12 2 6 8 11, 1 6 7 11 2 5 8 12, 1 9 7 3 2 10 8 4, 1 10 7 4 2 9 8 3, 1 11 7 5 2 12 8 6, 1 12 7 6 2 11 8 5, 3 5 9 12 4 6 10 11 , 3 6 9 11 4 5 10 12, 3 11 9 5 4 12 10 6, 3 12 9 6 4 11 10 5 , Iti principali 11 5; 12, 6; 9 3; 10, 4; 5, 12; 6 11; 3, 10; 4, 9 ; 7, 1 ; 8, 2 • 1, 8; 2, 7, ed i 12 seguenti sono invece relativi a quattro punti principali : II. Gruppo. 1 11 1 12 3 5 3 6 3 11 3 12 Ottagoni di Steiner 3 7 9 2 4 8 10 , 2 3 2 6 2 5 2 10 2 9 2 12 2 11 7 10 7 11 7 12 7 4 7 3 7 6 7 5 9 11 9 12 9 6 9 5 8 9, 8 12, 8 11 , 8 3, 8 4, 8 5, 8 6, 4 6 10 12 , 4 5 10 11 , 4 12 10 5 , 4 11 10 6 , punti principali. 11, 5, 12, 6 12, 6, 11, 5 9, 3, 10, 4 10, 4, 9, 3 5, 12, 6, 11 6, 11, 5, 12 3, 10, 4, 9 4, 9, 3, 10 7, 1, 8, 2 8, 2, 7, 1 1. 8, 2, 7 2, 7, 1, 8 Scambiando in uno qualunque degli ottagoni di un gruppo due soli vertici opposti si ottiene un ottagono dell'altro gruppo. contenute neW Esagnrmmo di l'oscal 4.') Anche per gli ottagoni del II gruppo ha luogo la proprietà , che si possono accoppiare due a due in guisa che essi contengano le rette della Cf. Ma si ha inoltre per questi ottagoni la proprietà, che le rette di uno qualunque di essi, i vertici e relativi punti prin- cipali costituiscono una Gf. ( H» 83) (non regolare). Perciò la no- stra Cf. (Ii2, , I63) si può in sei modi considerare come l'insieme di due certe Cf. (12j , 83) aventi gh stessi punti ma rette distinte. Le 12 Cf. (ISj , 83) nascenti dai 12 ottagoni del II gruppo so- no tutte distinte. I punti di due quaderne si possono però ordinare ancora in varii modi, così da formare ottagoni semplici , aventi per lati rette della Cf. , hasta prendere alternativamente un punto in ciascuna quader- na, senza prendere alternativamente nelle coppie i punti delle singole quaderne ; Ma è facile vedere come non nascano cosi dei poligoni di Steiner propriamente detti. 11. I 24 ottagoni sopra considerati non sono i soli poligoni di Steiner, che si possono formare con punti e rette della Cf. Ogni quadrangolo semplice avente per vertici opposti due cop- pie di punti coniugati non appartenenti alla stessa quaderna, è un quadrangolo di Steiner relativo a due punti coniugati dell' altra quaderna. Esagoni, e decagoni di Steiner relativi a due punti principali, non ve ne possono essere nella Cf. , perchè tali punti principali de- vono soddisfare a condizioni diverse da quelle di possedere il me- desimo primo o secondo tangenziale (*) , le sole condizioni cui pos- sono soddisfare due punti presi comunque nella nostra Cf. (è evi- dente che i punti principali dei poligoni, in parola dovrebbero ap- partenere alla Cf.). Ma però ogni esagono semplice avente per vertici opposti tre coppie di punti coniugati sopra una conica (e sono 16 in tutto) è un poligono di Steiner relativo a tre punti principali (situati sulla retta di Pascal di quell' esagono), né questi soli sono gli esagoni di (*) K. Kiipper — 1. e. 46 Sopra un gruppo di Configurazioni regolari Steiner relativi a tre punti i)rincipali, peroccliè uno di questi esa- goni semplici, insieme ai tre punti principali ed ai suoi lati costi- tuisce sempre una fig. (a), e reciprocamente presa una fig. (a) quale si voglia , e tre punti di essa non situati due a due sopra rette della figura, gli altri sei punti possono essere presi in modo da formare un esagono di Steiner relativo a quella terna. Ogni tig. (^) della Cf. dà adunque sei esagoni di Steiner, de' quali uno solo è anche di Pascal. Gli esagoni di Steiner relativi a tre punti principali sono adunque 6. 16=96, poiché da fig. {^) diverse, ed anche dalla stessa figura, nascono sempre esagoni diversi. Oltre a questi non vi sono nella Gf. altri poligoni di Steiner. 12. Le rette estranee ad una qualunque delle rette della Gf. sono sei e contengono insieme nove punti della Gf. , i quali, con quelle rette, costituiscono una Gf. (9^ , 63 ) diversa da una tig. (A) , quindi una Gf. (92 , 63) della sola specie possibile altre alle tig. (a) (*) In queste Gf. (9^ 63 ) non esiste alcuna terna di rette estranee fra loro, per la qual cosa non si possono distribuire le rette della data Gf. in quaderne contenenti tutti i 12 punti (**) cioè non esi- stono quadrilateri principali. Si è già notato invece come i punti della Gf. si possano in tre modi diversi distribuire in quaderne di punti (estranei) pei quali passano complessivamente tutte le 16 rette della figura, cioè esi- stono tre quadrangoli principali. Avendosi perù nella Gf. delle iìg. (a), vi sono necessariamente dei trilateri principali (tei-ne di rette estranee contenenti nove punti della Gf.) — Ogni fig. (A) dà luogo a due diversi trilateri principali, però questi sono 32, riconoscendosi facilmente, che ogni trilatero principale deve appartenere ad un' unica fìg. ( A ). 13. Se in una Gf. della nostra specie si congiungono fra loro i punti estranei, si ottengono rette non appartenenti alla Cf. le quali si distribuiscono in due gruppi secondo che esse congiungono o no due punti coniugati. (*) Vedi nota al n. 8. (**) De-Vries, 1. e. contenute neW Esagmmmo di Pascal 47 Come si è già veduto (a.* 6 e 9) le rette congiungenti due punti coniugati, in nunieio di sei , segano la cubica ulteriormente in punti distinti i quali sono i tangenziali dei punti della Cf. Le altre rette, in numero di 1:2, congiungenti punti estranei si distribuiscono a coppie ; una delle rette contiene due punti non co- niugati, quella formante con essa una coppia contiene i punti co- niugati a quelli, per la qual cosa le due rette di una coppia si se- gano sulla cubica, nella quale è inscritta la Cf. Dunque le ulteriori intersezioni della cubica colle rette con- giungenti i punti estranei della Cf. sono complessivamente dodici punti. Chiamiamo ordinatamente : 7', 8', 9', 10', ir, 12', i tangenziali dei punti 1, 7, 3, 9, 5, 11 (quindi anche tangenziali dei punti 2, 8, 4, 10, 6, 12 ed interse- zioni della cubica ordinatamente colle rette (7 8X , (1 2)i , (9 10)^ (3 4),, (11 12),, (5 6). ) e poniamo: (1 7). • (2 8)i = r , (1 8)i • (2 7). = 2' , (3 9), • (4 10)i = 3' , (3 10), • (4 9), = 4' . (5 11), • (6 12), = 5' , (5 12), • (6 11), = 6' . Segue subito che le coppie 1', 2'; 3', 4'; 5', 6'; 7', 8'; 9', lU'; ir, 12' sono di punti coniugati sulla cubica nel medesimo sistema [S] nel quale 1 è coniugato a 2. Oltre agli allineamenti delle terne di punti 7' 9' 12', 7' 10' ir, 8' 9' ir, 8' 10' 12', che sappiamo (n" 5) debbono aver luogo fra i punti 7', 8', 9', 10', 11', 12', se ne hanno altri ancora. Atti Acc. Vol. Ili, Sbeie 4* 7 48 Sopra un grztppo di Configurazioni regolari Infatti considerando le due terne 1, 3, 11; 7, 9, 1:2 di punti in linea retta, ed unendo 1 con 7, 3 con 9, ed 11 con 1:2 otte- niamo tre rette, le quali segano ulteriormente la cubica in tre punti in linea retta; questi punti sono 1', 3', 11'. Allo stesso modo considerando le coppie di terne di punti allineati : ,1 3 11 ,1 3 11 ^1 3 11 .1 3 11 ^1 3 11 ^ 1 3 11 '71012''? 3 5''? 4 e' ' 8 9 11' ' 8 10 12' ' 8 3 b' il 3 11 ,1 3 11 ^1 3 11 ,1 3 11 .1 3 11 ( 8 4 s'^l 9 n'alio 6''2 9 6''2 10 5' si dimostrano ordinatamente gli allineamenti delle terne di jjunti : l'4'12', l'9'5', l'IO'B', 2' 3' 12', 2' 4 11' , 2' 9' 6' , 2' 10' 5' , 7' 3' ó' , 7' 4' 6', 8' 3' 6', 8' 4' 5'. Confrontando i sedici allineamenti trovati fra i punti 1', :2', ... 13' con quelli indicati nella tabella a del n" 2 si conclude senz' altro : Le ulteriori intersezioni delle congiungenti i punti estranei di una Cf. { 13^ 16,, ), del nostro tipo, colla cubica, nella quale la Cf. è inscritta, sono in tutto dodici punti appartenenti ad un'altra Cf. ( 12, 16^ ) del medesimo tipo. „ Si osservi che dalle sei rette che congiungono i punti di una quaderna della data Cf. nascono quattro punti formanti una qua- derna della seconda, e che le due Cf. non hanno elementi comuni. Si noti ancora come data la prima Cf. la seconda si possa costruire (linearmente) in modo semplicissimo. 14. " Ciascuna delle nostre Cf. ( 1:2^ 16 ^ ) può essere dedotta, nel modo detto sopra, da 16 altre Cf. della stessa specie. „ Infatti : Consideriamo una delle nostre Cf. ed i suoi punti e rette siano indicati come si è detto al n° 1. Assumiamo uno dei quadrilateri formati da rette e punti della Cf. ( ciò potrà farsi in quattro modi diversi ) ad es. quello di vertici opposti : 7, 8; 9, 10; 11, 12 contenute neW Esagnannio di Pascal 49 Consideriamo diu' punii della cubica ('3 , nella quale è in- scritta la Cl".^ aventi per tangenziale 7 e coniugati nel sistema [S] nel quale 1 è coniugato a 2, e siano 1', "2' (ciò potrà farsi in due modi diversi.) Come è noto la retta (!' "2'), passa per 8. Diciamo 7', 8' le ulteriori intersezioni di C, colle rette (1 1'),, (1 -2')^; questi punti sono coniugati in [S] ed hanno per tangen- ziale il punto 8, perchè 1 ha per tangenziale l'ulteriore intersezione di (\ colla (7 8), (n° 6); la (7' 8'), passerà per 7. Le rette (1' 8'),, {2' 7'), debbono segarsi in 2, sicché se in luogo di 1 si fosse considerato il punto 2 si sarebbero attenuti colla precedente costruzione i medesimi punti 7' , 8' . Consideriamo due punti 3', 4' coniugati in [S] ed aventi '.» per tangenziale ( due sono le scelte possibili ) e proiettiamo questi punti sulla C.j dal punto 3 (ovvero 4) ed avremo due punti 9', 10' ( ovvero 10\ 9' ) i quali sono coniugati in [S], hanno 10 per tan- genziale e sono allineati con 9. I punti 5', 6', ir, 12' ulteriori intersezioni della C\ ordina- tamente colle rette ( r 9' X , ( 1' 10' ), , ( V 3' ),,(!■ 4' ), ( e quindi anche colle rette ( 2' 10' ), , ( 2' 9' ), , ( 2' 4' ). , ( 2' 3' ). ) godono rispetto ad 11 , 12 , 5 , 6 delle stesse proprietà che la quaderna 1' , 2' , 7' , 8' gode rispetto ai punti 7,8,1,2 (ovvero la quaderna 3' , 4' , 9' , 10' rispetto ai punti 9 , 10 , 3 , 4 ). hi vero 5' e 6' sono coniugati in [S] ed hanno 11 per tan- genziale : Così pure 11 , 12' sono coniugati in [S] ed hanno 12 per tangenziale ; Le rette (5' 11'), (6' 12'), si segano nel punto 5 e le (5' 12'), , (6' ir)j nel punto 6, perchè le tre rette (1- 9'). , (1' 3- 11). , (3 5 7), costituiscono una cubica spezzata, che insieme alla C^ individua un fascio fra i cui punti base vi sono ancora gli aUineamenti delle 50 Sopra tru grujìpo di Con fi (ju razioni regolari due terne di punti 1', 1', 7; 3, 3', 9' quindi anche i tre punti 5, 5', ir sono in linea retta: Analogamente per gli altri casi. I dodici punti 1', i' ,..., 12' così assegnati appartengono ad una Cf. del nostro tipo, perchè oltre agli allineamenti già stabiliti, cioè : 1' 8' 11', 2' 3' 12', r 4' 12', 2' 4' 11', r 5' 9', 2' 5' 10', 1' 6' 10', 2' 6' 9', si hanno anche gli altri 7' 3' 5' , 8' 3' 6' , 7' 4' 6' , 8' 4' 5' , 7' 9' 12', 8- 9' 11', 7 10' 11', 8' 10' 12'; Infatti le due cubiche spezzate (5' 6 12'), • (1 1' 7')i • (3' 4' 10), (1 6 10), • il' 4' 12'), • (5' 7' ). individuano un fascio al quale deve appartenere la Cj e che avrà quindi per nono punto base 3', necessariamente situato sulla retta (5' 7')i. In modo analogo si dimostrano gli altri sette allineamenti. Questa Cf. {\% I63) dà manifestamente, colla costruzione in- dicata al n» li2, la Cf. dalla quale siamo partiti. Dal fatto ragionamento risulta , che ogni Cf. del nostro tipo può essere ottenuta, nel modo che si disse, da 4. 2. 2 = 16 altre Cf. dello stesso tipo. Queste 16 Cf. si distinguono in quattro gruppi di quattro, ogni gruppo essendo relativo ad un quadrilatero della data Cf. Le quat- tro Cf. relative, ad un medesimo quadrilatero, sono costituite da rette aventi tutte la medesima seconda satellite, e le quattro seconde sa- telliti delle rette delle Cf. dei quattro gruppi formano un quadrila- tero completo inscritto nella cubica^ sicché tutte le rette delle se- dici Cf. , le quali generano (come al n° 12) una data Cf. del nostro tipo , hanno una medesima terza satellite e questa è la retta alla quale è relativa (n» 5) la Cf. data. Messina 25 Dicembre 1890. Sull'azione disinfettante dei Saponi al Sublimato Nota di E. DI MATTEI Ietta velia seduta del d) 28 Dicembre 1890. I risultati ottenuti da me in una serie di ricerche sui saponi comuni ad uso di lavanderia mi facevano estendere lo studio sur un'altra qualità di saponi detti al subìimaio, e che vanno nella pra- tica e neir uso comune fra le tante specie di saponi antisettici e medicinali. Questi saponi al sublimato da me studiati sono esteri e na- zionaU ; appartenenti i primi a fabbriche di Vienna e di Parigi , i secondi a fabbriche di Milano e di Pioma. Gli uni e gli altri van- no in commercio col titolo della quantità di subUmato contenuto e sono quelli ali" 1 al i2 al 5 "/« : altri poi non portano alcun titolo ; altri infine di titolo superiore che chffìcilmente si trovano in com- mercio, al 10 al 15 al 20 "/o ci sono stati appositamente fabbricati e forniti per questo lavoro dalla rinomata fabbrica Torti di Roma. In questo studio io non mi sono occupato di indagare il pro- cesso di fal)bricazione di questi saponi e li ho adoperati come ven- gono venduti in commercio e con quel titolo di quantità di subli- mato che portano dalla Marca di fabbrica. Questi saponi sono a pezzi, della forma e grandezza di una saponetta comune, ed hanno un colorito ora bianco-grigiastro, ora plumbeo, ora terreo: essi non si lasciano tagliare bene dal coltello, poiché facilmente si sgretolano in piccoU pezzi : sono discretamente pesanti, si sciolgono facilmente nell'acqua e danno pochissima spuma. I saponi adunque da me studiati contengono una quantità varia di sublimato dall' 1 al 20 % : e con essi , analogamente a quanto avevo praticato per i saponi comuni, ho intrapreso le mie ri- cerche, sia sciogliendo dei pezzi pesati di saponi in acqua steriliz- zata (10 : 100) e in esse diluzioni .saponate innestando delle colture Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 8 52 SuW azione disinfettante dei ISaponi al Siiblimato di niicroi'ganismi patogeni^ sia seminando questi direttamente sulla superficie di essi saponi. In quest' ultimo caso dopo un tempo determinato si ripigliava con ago di platino sterilizzato la cultura dal punto ove si era se- minata e si innestava in terreni nutritivi dei quali , nei casi dubbi mi servivo per le colture piatte rispettive. È naturale che in questi casi si aveva 1' accortezza di seminare sulla superficie dei saponi soltanto microrganismi, senza trasportare con essi dei frammenti di sostanza nutritiva ; la quale depositata anch' essa sulla superficie del sapone ne avrebbe potuto far variare i resultati per la ragione facile a comprendersi che i microrganismi, oltre al non poter subire il diretto contratto con il sapone, avrebbero potuto per via del ma- teriale nutritivo così trasportato o vivere per un tempo più lungo 0 scampare alla morte addirittura : come anche è inutile dire che ripigliando dalla superficie dei saponi la cultura seminata si aveva cura di non trasportare con essa delle tracce di sapone. Credo utile a questo punto accennare come questi saponi siano un pò avidi di acqua ; epperò a riprese si lasciava cadere sul punto se- minato qualche goccia di acqua distillata sterilizzata per mante- nervi un discreto grado di umidità. Nel primo caso poi delle diluzioni dei saponi , la cultura, da terreni nutritivi distesi in superficie a becco di flauto veniva^ come anche pel caso precedente, raccolta leggermente con una spatola di platino e sciolta in acqua distillata sterilizzata in modo da fare come un' emulsione torbida lattiginosa. Di essa con una pipetta sterilizzata se ne aspirava una discreta quantità che veniva versata a gocce , aumentandone sempre il numero , in diversi tubi conte- nenti le diluzioni saponate, preparate come detto precedentemente. Dopo un periodo di tempo determinato , avendo già preventiva- mente curato che le gocce fossero venute a contatto diretto con la diluzione, si aspirava mediante una pipetta sterilizzata una quan- tità stabilita (da una a due gocce) di essa diluzione saponata ben agitata e si versava in tubi di brodo , e contemporaneamente in tubi di gelatina che servivano per farne colture piatte; si facevano SttW azioììe d'mnfettante dei Saponi al Stihlimato inoltre degli innesti con essa diluzione in tuln di gelatina agarizzata elle si mettevano nella iuculiatnce per avere uno sviluppo più ra- jiido dei microrganisnii. I microrganismi da me studiati sono parecchi: il vibrio del colera asiatico, il bacillo del tifo, quello del carbonchio, lo stafilo- cocco piogeneo aureo, e lo streptococco piogeno. II bacillo del carbonchio si studiava prima che fosse sporifi- cato e come bacillo sporificato. Nel primo caso si versava una goc- cia di sangue del cuore di animale carbonchioso sulla superficie del sapone : nelf altro caso si pigliava il materiale carbonchioso da pa- tata 0 da una cultura d" agar (col metodo di Buchner) o da altro mezzo nutritivo, dopo esserci in ogni caso assicurati mediante esa- me microscopico che i bacilli erano sporificati. Volendo compendiare in breve tutte le varie osservazioni fatte allo scopo di non dilungarci e cpalche volta ripeterci nella loro singola enumerazione io le riassumo in una tabefia. E per maggior brevità mi permetto di aggruppare i saponi stu- diati in tre categorie secondo il titolo di sublimato contenuto : nella prima comprendo c{uelli aU' 1-2 °/o, nella seconda c|uelli al 7 e 10 p. % , nella terza ciuelli al 15-20 %. In ragione di questo ti- tolo, e in Jjase ai risultati ottenuti chiamerò i primi saponi deboli , ì secondi saponi medi, gli ultimi saponi forti. Rappresento con P il risultato positivo dell' innesto^ con p lo sviluppo lento e poco rigoglioso di esso, con N il risultato negativo. Microrganismi seminati direttamente sulla superficie dei V. del colera B. iel Ilio B. del cartioDcliio B. del carb. sporig, Stai. mi. aureo Saponi deboli 1-2 «lo Saponi medi 7-10 -^/o Saponi forti 15-20 «lo ed innestati nei terreni nutritivi dopo 5' 10' 15' 30' 60' 2» 6" 12" 24" 5' 10' lo' 30' 60' 2"^ 6M2'^ 24'^ 5'1015'30'60 2"6"12i'24" PPPNNNNNN PpNNNNNNN pNNNNNNNN » » » P P » » » » » P P P » » » » » P P P » » » » » » » » » » » P P » » » » » » P P p » » » » P P P P » » » »»» » »»»PP » » » » » >, p p p » » » » » P P » » » » » » » » » » » » » » » » » » N N » » » » p N N » '> 54 . Stili' azione disinfettante dei Saponi al Sublimato È da notare che oltre gì' innesti a periodo determinato facevo anche dei preparati microscopici allo scopo di vedere se la presenza dei microrganismi coincidesse con il loro sviluppo nei mezzi nutritivi, e la scomparsa con la impossibilità di potersi ulteriormente svilup- pare. I risultati di queste osservazioni microscopiche furono d' ac- cordo con i risultati degli innesti per i bacilli del colera e del tifo; mentre che per i bacilli del carbonchio e }ier lo stafilococco pio- geneo aureo noi potevamo ancora microscopicamente notare la loro presenza, quando nello stesso periodo di tempo non erano stati più capaci di sviluppo nei mezzi nutritivi. Si presentavano infatti i bacilli del carbonchio spezzettati, con protoplasma rarefatto, non molto co- lorabiU e molti anche granulosi e ridotti a detrito. Volendo in questo periodo vedere se ad onta della loro inca- pacità di sviluppo questi microrganismi conservassero la loro azione patogena, feci delle inoculazioni sottocutanee negh animali con il sottile detrito della superficie di sapone seminato e diluito con acqua. I risultati ottenuti da questi esperimenti sugli animali fu- rono tutti negativi : i bacilli del carbonchio e rispettivamente lo stafilococco piogeno aureo dovevano quindi essere stati distrutti , 0 in ogni caso aver perduto il loro potere patogeno. Aggiungo però che la loro presenza non persisteva molto tempo sulla superficie di sapone , e che dopo qualche tempo da che si erano mostrati incapaci di svilupparsi essi sparivano poi del tutto. Volendo in ultimo vedere se i predetti microrganismi, tolti dopo vario tempo dalla superficie di saponi seminati, benché capaci di sviluppo nei terreni nutrivi avessero poi mantenuto integro il loro potere patogeno, lio fatto negli animali delle inoculazioni con il materiale di cultura proveniente dagli innesti diretti del detrito sa- ponaceo seminato, e rispettivamente inoculazioni col detrito sapo- naceo raccolto subito dalla superficie di sapone. I risultati sono stati i seguenti. Le inoculazioni negli animali con culture in cui lo sviluppo era discreto, cioè a dire quelle cul- ture provenienti da innesti di microrganismi , che erano stati per Sull'azione disinfettante dei Saponi al Sublimato 55 un tempo rohUivameiitc breve a eonlalto della superfìcie di sa- pone, furono positive, sebbene in ogni caso la morte negli animali (se inoculati per carbonchio) sia avvenuta dopo un tempo più lun- go dell'ordinario (5-8 giorni); e la suppurazione in altri (se inocu- lati con staf. piog. aureo) sia stata più limitata e più tardiva. Le inoculazioni invece fatte con culture a sviluppo stentato, piccolo, e tardo, corrispondenti a quelle dei microrganismi a con- tatto del sapone per un tempo più lungo furono negative; gli ani- mali potevano mostrarsi a volte annnalati per qualche giorno ma più tardi riuscivano a scamparla. Quasi analoghi ai precedenti però sono stati i risultati quando le inoculazioni negli animali, invece di farsi con gli innesti dei mi- crorganismi presi dai terreni nutritivi, si facevano inoculando diret- tamente sotto cute i microrganismi raschiati dalla superficie del sa- pone seminato. Ma c^ui pel carbonchio distinguiamo subito due fatti, a secondo che 1" innesto si faceva o raschiando la superficie di sa- pone, ed inoculando direttamente questo detrito saponaceo sotto la cute, o diluendo cfuesto detrito in acqua ed inoculandolo dopo che esso s' era in questa disciolto. Si ottenne più volte il fatto che a parità di durata di tempo , relativo alla seminazione dei microrga- nismi nel sapone, mentre nel primo caso l'animale, specialmente se robusto, inoculato resisteva , nel secondo caso poteva soccombere. Ciò da noi veniva facilmente spiegato ammettendo nel primo caso il fatto che i bacilli pur stando sotto la cute, rimanendo inglobati entro il detrito saponaceo, non avessero potuto estrinsecare tutta la loro azione ; mentre che nel secondo caso essendo liberi pote- vano più facilmente venire in contatto più diretto dei tessuti ove manifestare tutta la loro attività. Per queste esperienze abbiamo potuto vedere che non per tutta quella durata di tempo, nella quale i microrganismi portati in terreni nutritivi si mostrano capaci di sviluppo, possono essi ezian- dio mantenere sempre integro il loro potere patogeno. Analogamente a una serie di esperienze sui saponi comuni, anche qui ci è stato dato poter osservare che, qualche tempo prima di perdere la ca- 56 Siili' azione di.sinfettaiife dei Saponi al Sublimato pacità di svilupparsi nei terreni nutritivi, perrlono già o attenuano di molto il loro potere patogeno. Dalle mie esperienze risulta che i bacilli del carbonchio presi dopo due ore dalla seminagione dalla superficie dei saponi for- ti (15-20 %) inoculati negli animali non si sono mostrati più ca- paci di ucciderli. Gli animali si mostravano per uno o due giorni non più vispi e non mangiare come prima per rimettersi comple- tamente al 3" o al 4" giorno. Analogamente avveniva per le esperienze fatte con lo stafilo- cocco piogeno aureo, il quale dopo 30-60' di durata nei saponi forti (20 p. %) esso perdeva la proprietà di determinare delle suppura- zioni sotto la cute degli animali nei quali s' inoculava. Questi fatti di attenuazione però non erano ugualmente con- fortati dalle esperienze sui saponi deboli ; invece erano eziandio di- scretamente rilevabili nelle esperienze fatte coi saponi niedii, sebbene essi a lor volta non fossero paragonabili ai risultati coi saponi forti. Le esperienze fatte con le diluzioni concentrate delle diverse qualità dei saponi hanno quasi convalidato i risultati ottenuti, se- minando i microrganismi sulle superficie dei saponi. Anzi questa analogia di risultati era più evidente quando le colture da terreni solidi si diluivano in acqua sterilizzata e se ne versavano delle gocce (da 2-10) nelle diluzioni concentrate saponacee. Però è da notare che quanto più aumentava la quantità delle gocce di cultura diluita in acqua (da 2 a 10) tanto più lunga era la loro presenza e la loro resistenza nelle diluzioni saponate. Come anche è da notare che analogamente a quanto si osservò per le diluzioni dei saponi comuni la durata e la resistenza dei microrga- nismi nelle diluzioni saponate era molto jiiù rilevante quando la cultura dei germi era in brodo; poiché in questo caso assieme alle gocce si trasportava un nutrimento opportuno alla loro più lunga conserva- zione. Ed in fine è da porre anche in rilievo il fatto che quanto meno concentrata era la diluzione saponacea tanto meno attiva si mostrava la sua azione sui microrganismi. Così che nelle diluzioni SuW azione disinfettante dei Saponi al Sublimato 57 saponate deboli non eoiiceiitrate e paragonabili a qnelle cbe ordi- nariamente si fanno nell'uso comune per la pulizia della cute e delle mani ecc. in (jucsti casi, qualunque fosse il IìIdIo dei sali mercuriali da essi saponi contenuto, essi si mostravano di nessuna efficacia o quasi e in nulla superiore a quella dei saponi comuni. Possiamo quindi venire a formulare qualche conclusione generale che riassuma per sommi capi i risultati ottenuti. I saponi al sublimato ali" 1-^2 "jo che sono quelli che più comunemente si trovano in commercio , e le loro diluzioni si mo- strano quasi inattivi e sono in nulla o assai poco superiori ai sa- poni comuni adoperati in commercio ; infatti i bacilli del colera, quelli del tifo, quelli del carbonchio e lo stafilococco piogeno aureo si comportano sia per la loro capacità di sviluppo sia per il loro po- tere patogeno quasi analogamente come per i saponi comuni. Nulla d' importante quindi è da sperarsi nell'uso comune della loro efticacia. I saponi al subhmato al 7-10 % si mostrano più attivi dei saponi sopradetti; imperciocché i microrganismi del colera e del tifo muojono piuttosto presto, e quelli del carbonchio e lo stafilococco piogeno aureo perdono anche presto la loro capacità a svilupparsi nei terreni nutritivi e prima ancora di essa attenuano e a volte perdono il loro potere patogeno. Finalmente i saponi forti cioè quelli al 15-^0 % agiscono ancor più attivamente tanto sui bacilli del colera e del tifo , che vengono distrutti in alcuni minuti, quanto sui bacilli del carbonchio e sullo stafilococco, i quali pur vivendo su di essi una vita relativa- mente breve e non del tutto florida, perdono ancora assai per tem- po il loro potere patogeno. Sarebbe quindi da questi saponi, a un titolo di sublimato così elevato, e che si spacciano difficilmente in commercio, forse per difficoltà inerenti alla loro preparazione, che può aversi un'efficacia discreta. Cerchiamo adesso di indagare, sebbene non sia compito di- retto di queste ricerche, quale sia il composto mercuriale che viene 58 SuW azione disinfettante dei Saponi al Sublimato a formarsi nella preparazione di detti saponi e che agisce come abbiamo veduto in modo ])iuttosto attivo sui microrganismi. E ne vale la pena tanto più che questi saponi così preparati, specialmente quelli forti (15-20 %), possono essere come si è accennato di qual- che utilità. Io in un primo lavoro ho accennato che 1' azione disinfet- tante dei saponi comuni e la loro azione di attenuare la virulenza dei microrganismi doveva attriluiirsi ai grassi principalmente (Manfredi) 0 agli alcali o ad ambedue i fattori che vanno a far parte della composizione dei saponi . Qui adesso aggiungiamo che 1' azione disinfettante ed attenuante dei saponi al sublimato, specialmente dei saponi forti studiati, è assai più energica perchè sono cresciuti i fattori che agiscono sui micror- ganismi; poiché oltre ai grassi, oltre agli alcali, resta ancora un composto energico a base mercuriale, che viene a formarsi nella mescolanza e che è appunto quello che avvalora e rinforza l'azione disinfettante predetta. Secondo Guido Pellizzari questo composto mercuriale è in gene- rale una sostanza insolubile, poiché quando al sapone si mescola un sale metallico (nel caso nostro sale mercuriale) allora per doppia decomposizione si viene a formare 1' oleato lo stearato e il palmi- tato del sale mercuriale che sono poco o punto solubili nell' acqua : e quindi questi saponi non conservano altro dei saponi al suhVnnuto corrosivo che il nome sull' etichetta ; poiché 1' alcalinità del sapone deve a priori far ritenere che il cloruro mercurico deve essersi modi- fica to. Facendo di questi saponi una soluzione acquosa non si ha mai, come anche osserva Pellizzari, un liquido limpido. Filtrando questo ed analizzando da un lato la parte insolubile sul filtro e dal!" altro la parte solubile nel liquido filtrato, si trova che la pri- ma é formata principalmente da sale mercurico e la seconda for- mata anche da piccola quantità del predetto sale che un poco si è sciolto. È egli vero che le acque ove sono stati immersi alcuni sali iSull' azione dmnfetfante dei /Saponi al Sublimato 59 mercuiiali insolubili o pocliissiino solubili (bijoduro di mercurio , joduro mercuroso, solfuro nero, solfuro rosso, calomelano etc.) non hanno alcun potere antisettico o abbastanza limitato come abbiamo dimostrato in altro lavoro; e che quindi per analogia è da pensare che lo stesso debba avvenire con le piccole quantità di sale mer- curiale formatosi nel sapone e sciolto nell' acqua ; ma pur d' altro lato non può revocarsi in dubbio che questi sali mercuriali insolubili o poco solubili, se messi nei terreni nutritivi, son capaci ad impe- dire lo sviluppo ed anche a uccidere i germi patogeni mano mano che la quantità dei saU introdotti viene ad aumentarsi; come infine non può disconoscersi che questi sali mercuriali benché insolubili hanno una grandissima potenza microbicida , secondo quanto si è altrove dimostrato , quando vengono adoperati allo stato polve- rulento, o ridotti per mezzo di acqua a poltiglia. Ora dunque se anche per i sali mercuriali insolubili noi si deve ammettere un'azione disinfettante più o meno energica a secondo lo stato e la quantità adoperata, ci sembra che quest' azione debba estendersi a ciuegU altri sali clie vanno a formarsi nel sapone , quando in questo si è aggiunto un sale mercuriale anche solu- bile come il sublimato, il ciuale va nella preparazione a decomporsi e a combinarsi, formando dei composti mercuriali insolubiU. Ed è così soltanto che possono venire giustificati i risultati ottenuti nelle mie esperienze. Un'obbiezione relativa all'applicazione di detti saponi nella pra- tica io trovo naturale, ciuella cioè che la saponata che viene a for- marsi con essi, nell'uso comune di lavatura delle mani e della pelle, sia da un lato forse una diluzione saponata un po' debole , e dall' altro tanto breve il suo contatto con la cute, da non lasciare per ambo le ragioni col suo impiego una completa sicurezza suUa sua efficacia. Ed è quindi certo che per un' antisepsi scrupolosa o per una sicura disinfezione non ricorreremmo davvero al sapone al sublimato , e che d' accordo con Pellizzari preferiremmo ado- perare separatamente il sapone comune prima e la soluzione al sublimato dopo. Ma non è anche men vero che i saponi forti, seb- tìO HulV azione disinfettante dei Saponi al Sublimato bene non siano destinati ad alcun vero successo , o a sostituire menomamente le conmni soluzioni di sublimato, pure se potessero aversi facilmente in commercio , a buon prezzo e senza inganno di titolo, ben frequente, essi potrebbero rendere dei servizi utili, anche nelle famiglie (in casi di colera o di tifo) ]ier la disinfezione d' urgenza di effetti di biancheria; potendosi questi . in specie se piccoli, facilmente disinfettare, o con la stroflnazione diretta di tali saponi su essi, o con la loro immersione in diluzioni concentrate di questi saponi. Sul calore specifico fino ad alta temperatura delle lave dell'Etna e di altri vulcani Nota del Prof. ADOLFO BARTOLI. La cognizione del calore specifico delle lave ha certamente qualche importanza per molti problemi della fisica terrestre, ma fi- no ad oggi non si hanno che pochissimi dati per la temperatura ordinaria, mentre se ne cercano invano per temperature elevate (1). Ho cercato di colmare questa lacuna misurando il calore spe- cifico fra la temperatura ordinaria e quella di + 800°, per un gran numero di lave dell' Etna, di Vulcano, del Kilauea, etc. , nonché di altre roccie di origine vulcanica. I campioni mi furono per la maggior parte favoriti dal compianto Prof. Silvestri ("2). La roccia veniva adoperata in piccoli dadi di sei millimetri di lato. Il calore specifico medio fra la temperatura ordinaria e quelle di + 100° fu determinato col metodo del calorimetro ad acqua, im- piegandovi quella stessa stufa che mi servì già per la misura del calore specifico defia Mellite (3). Diverse difficoltà s'incontrano per le temperature elevate. Queste difficoltà tengono principalmente : ì. A mantenere costante per un certo tempo una elevata temperatura ed a valutarla esattamente. (1) I (lati si riferiscono piuttosto al calore specifico medio fra 0° e 100" di molte specie minerali. Compara A. Neumann, Lehr imd Handbucli der Teniiocliemie, Bruuiischweig, 1882, pag. 2.55-265, dove son riportate le determinazioni di Regnault, Neumann , Dulong e Petit H. Kopp, Person, Pape. Recentemente il Sig. I. loly ha pure detenninato il calore specifico di oltre 50 minerali (fra la temperatura ordinaria e quella di 100°) Proc. of the royal society Voi. XLI, N. 248, pag. 250 (Novembre 1886). (2) Molte di queste lave furono analizzate dal compianto Prof. Silvestri, ed i risultati furono da lui pubblicati negli atti dell'Accademia Qioenia di Catania; 3* Serie (passim). (3) Barioli e Stracciati; Nuovo Cimento, 3» serie, T. XVI pag. 1, Pisa 1884; e Gazzetta Chimica, T. XIV, Palermo 1884. Atti Acc. Vol. HI, Sekib 4' ^ 62 Sul calore specifico fino ad alfa temperatura 2. Ad evitare l'errore prodotto dalla vaporizzazione dell" ac- qua^ quando vi s'immerge un corpo molto caldo. Per riscaldare il corpo io ho impiegato un buon fornello Fer- ro! a muffola orizzontale. Questa venne internamente rivestita da una corazza di ferro spessa quasi un centimetro, per rendere uni- forme la temperatura delle pareti: essa era tenuta chiusa da un grosso tappo di terra refrattaria, munito di due fori; pei quali pas- savano con leggiero attrito le bacchette di due cucchiaje di ferro foggiate a guisa di scatola parallelepipeda. aperta alla faccia op- posta a quella dove era inserita la bacchetta. Neil' una di queste cassette erano dei grossi pezzi di platino (del peso complessivo di 182 grammi) e nell'altra i pezzi della roccia, in tal massa da equivalere calorificamente al platino. Regolando convenientemente l'apertura del gaz, riusciva dopo qualche ora , a mantenere entro la muffola una temperatura sta- zionaria , cosa di cui potevo accertarmi, per mezzo di una conve- niente termopila di cui una saldatura penetrava nello interno della nuiffola. Allora, con una manovra rapidissima (la quale richiedeva tre secondi circa) veniva aperta la muffola, estratte le due cucchiaje. e rovesciatone il contenuto entro due calorimetri ad acqua, uguali, molto vicini al fornello e perfettamente riparati dallo irraggiamento di questo. Ad evitare la vaporizzazione dell' acqua in contatto con corpi caldissimi , ciaschedun calorimetro portava una camera formata da due cilindri di rame , penetranti 1' uno dentro 1' altro, a guisa di rubinetto : ciascheduno dei due cilindri era munito di fori per la metà della sua superficie ; col girare convenientemente il cilindro interno , i fori di questo potevano combinare con quelli del ci- lindro esterno ; si poteva cioè mantenere chiuso l' ingresso all' ac- qua del calorimetro, oppure farla penetrare nell'interno della camera: inoltre questa poteva chiudersi perfettamente in alto col mezzo di un coperchio. Al principio della esperienza la camera era affatto priva di delle Im^e dell'Etna e di altri ndcani 63 acqua ed aperta in alto. Appena vi era caduto il corpo caldo, la si chiudeva eruieticamente, per evitare perdite di calore per correnti di aria: dopo un minuto si girava il cilindro interno in modo che l'acqua penetrando nella camera, venisse in contatto col corpo, già raffreddato. Il platino che veniva a cadere nell'altro calorimetro, mi dava, col metodo Pouillet-Violle (1) la temperatura iniziale della roccia. I termometri furono quelli stessi che mi servirono per la mi- sura del calore specifico dell' acqua. (2) Come riprova che il metodo è sufficientemente esatto (almeno pel caso di roccie le cui proprietà fisiche variano sensibilmente da pezzo a pezzo di uno stesso campione ) ho rideterminato il calore specifico del quarzo ad alte temperature , ed ho ottenuto resultati quasi identici a quelli del Sig. Pionchon. (3) Così pure il ferro ha dato numeri ben d'accordo con quelli del Pionchon e del Naccaii (4). Aggiungo senz'altro la tavola seguente, la quale contiene tutti i dati necessari pel calcolo del calore specifico medio fra la tem- peratura ordinaria e quella T, per le diverse lave studiate, avver- tendo però , che la temperatura iniziale t del calorimetro fu letta quando essa era stabile da venti minuti, e che per la temperatura finale fu fatta la correzione del raffreddamento secondo Regnault (5). I valori di C sono dati con tre cifre significative, quantunque, dopo un accurato esame , io non possa rispondere che della esat- tezza delle prime due. Insieme ho aggiunto il peso specifico medio della lava, misu- rato sul campione stesso che mi ha servito per la determinazione del calore specifico. Ecco il significato delle lettere che entrano nella tavola se- guente : (1) Violle, Comptes Reudus, T. 85, pag. 543, Auno 1877. (2) Bartoli e Stracciati. Nuovo Cimento, Pisa 1885; Rend. della R. Accademia dei Lincei, Roma 1885 : e Ballettino dell'Accademia Gioenia di Catania, Maggio 1889, Fascicolo VII. (3) Pionchon, Comptes Rendus, T. 106, pag. 1344-1347, Anno 1888. (4) Naccari, Atti della R. Accademia delle scienze di Torino Voi. XXII, Decembre 1887. (5) Naccari, Vedi per esempio Mannaie di Fisica, pag 277. 64 Sul calore specifico fino ad alfa temperatura P peso dell' acqua del calorimetro, più 1' equivalente in acqua del vaso caloriuietrico, dell' agitatore e del termometro; P peso della lava ; T temperatura iniziale della lava ; t temperatura iniziale del calorimetro ; 0 temperatura del calorimetro dopo 2' dalla caduta del corpo caldo ; 0' temperatura del calorimetro dopo 6' ; ( ' calore specifico medio della lava fra T e o ; S peso specifico della lava, alla temperatura ordinaria. Denominazione P I" T r 0 9' V medio fra Te e S Lava compatta dell'Etna dell' eruzione del 1669 613 816 816 613 816 613 816 613 816 613 816 816 613 613 816 816 613 816 816 613 816 816 613 613 816 816 613 816 816 m 30 30 100 30 35 30 100 30 59 30 30 97,5 47,5 30 20 100 30 :50 81 m 29 40 60 30 30 70 30 30 99,82 506,5 786,5 99,80 449,5 21,70 22,20 24,85 18,73 22,43 21,79 23,50 18,70 22,97 23,20 26,80 32,27 23,16 26,68 32,a5 0,201 0,263 0,270 2,90 Lava compatta dell'Etna dell'eruzione del 1879 21,19 26,80 21,10 26,76 0,195 0,282 2,78 Lava scoriacea dell'Etna dell'eruzione del 1879 99,82 570,1 99,79 464,3 22,64 28,64 22,62 28,50 21,30 27,34 22,90 30,32 30,70 0,195 0,261 2,57 Lava compatta dell'Etna dell'eruzione del 1886 21,37 27,44 22,93 30,45 30,88 20,65 0,210 0,280 2,87 Lava basaltica della grotta delle Palombe (suir Etna) 99,81 576,9 776,3 21,45 25,31 23,85 0,201 0,258 0,259 2,81 Lava subvitrea dell'isola di Vulcano 99,82 18,20 20,55 0,198 — Lava pomice di Vulcano (presa dall' interno di una bomba) 9ì),81 389,1 408,4 99,82 561,7 659,8 18,58 25,28 23,47 18,35 24,30 24,65 19,81 28,80 26,06 19,77 28,73 26,01 0,202 0,267 0,278 2,20 Liparite di Vulcano 20,85 29,38 130,55 20,75 29,22 30,44 20,58 28,92 31,10 19,66 0,197 0,262 0,257 2,47 Conglomerato liparitico di Vulcano 99,81 574,3 823,1 18,51 23,91 24,31 20,58 29,07 31,28 0,198 0,260 0,250 2,55 Lava pomice di Lipari 99,80 18,65 19,70 0,202 — Lava dell'isola Linosa 99,81 553,5 790,2 21,53 25,50 24,10 23,03 30,41 31,13 23,00 30,24 30,95 0,201 0,258 0,254 — Lava trachitica del Monte Calvario a Biancavilla 99,87 328,3 642,4 21,85 23,(» 24,85 23,57 25,62 30,65 23,51 25,57 30,47 0,199 0,233 0,261 2,68 delle luce dell'Etna e di alfri nilai/u 65 Denominazione /' P' T r 0 0' 0 medio fra T e 0 3 Lava del Kilauea 1 vulcano delle isole Sandwich) (1) 613 816 816 613 816 613 816 613 816 816 613 816 816 613 816 613 816 613 613 816 816 613 613 816 613 816 816 70 30 30 80 30 79 30 70 30 30 70 30 30 88 30 107 30 70 70 30 30 ■ 49,6 50 30 40 20 20 99,74 493,4 696,2 23,10 25,02 22,87 24,77 29,33 29,20 24,70 29,22 29^08 0,197 0,255 0,260 2,88 Lava di Militello 99,79 754,4 19,00 23,28 21,10 29,97 21,04 29,82 0,206 0,253 2,71 Ciclopi te con basalto 99,86 225,3 20,17 24,95 21,82 26,95 21,78 26,90 0,165 0,277 2,86 Lava del Monte Dolce i,suir Etnaì 99,87 374,6 687,8 22,01 25,62 27,95 23,74 28,52 34,20 23,68 28,36 33,68 23,li9 28,47 34,00 0,201 0,229 0,263 0,201 0,253 0,268 2,78 Lava della valle di S. (Giacomo 99,87 381,4 742,0 21,95 25,10 26,77 23,62 28,28 33,50 — Breccia vulcanica del capo Pachino 99,81 741,9 19,17 25,54 21,56 32,34 21,50 32,14 0,215 0,263 2,81 Lava del capo Pachino 99,82 724,0 99,87 19,30 24,57 22,20 31,40 22,08 31,22 0,217 0,270 2,68 Lava preistorica del Monte Umberto e Margherita (sull'Etna) 22,02 23,73 23,68 0,199 2,66 Lava con grossi cristalli di orneblenda (a Pizzilloì sulla costiera 99,87 524,1 750,5 22,01 24,87 27,35 23,77 29,21 34,04 23,71 29,12 33,85 0,205 0,240 0,256 0,191 2,79 Enceladite dell'Etna tipo pomiceo dell'eruzione del 26 Maggio 1886 99,83 21,47 22,65 22,63 1,98 Enceladite dell'Etna (tipo compatto, della eruzione 26 Maggio 1886) 99,83 728,7 21,50 24,72 22,75 31,50 22,73 31,33 0,201 0,267 — Tifeite (dell' Eruzione del 26 Maggio 1886) 99,87 241,0 738,5 21,87 23,05 25,65 22,85 24,18 30,43 22,82 24,17 30,30 0,197 0,213 0,278 2,44 Orneblenda delle antiche lave dell'Etna 613 816 613 816 613 816 613 816 816 69,6 30 50 30 70 100 30 30 99,79 535,8 21,25 25,62 22,94 30,75 22,90 30,60 0,195 0,279 3,12 Feldispato, labradorite dell' Etna 99,93 528,1 20,41 25,10 20,43 25,30 18,65 24,50 27,25 21,80 30,34 22,28 31,70 21,19 29,30 34,90 21,80 30,20 0,218 0,289 — Pirosseuo augite dell'Etna 99,93 686,3 22,24 31,50 0,210 0,269 3,31 Ossidiana di Lipari 99,88 512,8 796,6 21,05 29,17 34,63 0,202 0,272 0,276 2,36 (1) È lo stesso campioue che fu già studiato ilal compianto Prof. Silvestri- cademia Gioenia. 3" Serie, T. XX, pag. 189 (Anno 1888). -Atti dell'AC- (■(t; Sul calore .specifico fino ad alfa femitcratura Da questa tavola risulta chiaramente che il calore specifico delle lave cresce dapprima rapidamente colla temperatura, e che a temperature molto elevate tende ad un certo limite determinato; resultato analogo a quello ottenuto dal Sig. /Vo^^rAf^» pel quarzo. (1) Dal Gtibinetto di Fisica della li. Università di Catania, Gennajo 1H91. (1) Pionchori , Comptes Rendus paa;'. 1344-1347, Aimo 1888, e BeibliittPi- zn lìn^ Anniilon rter Physik, Bd. XII. S. 769. Sugl'integrali primi di secondo grado rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica Nota del prof. GIOVANNI PENNACCHIETTI letta all' Accademia Gioenia neW adunanza del d) 28 dicembre 1890. Supponiamo ridotte le equazioni del moto d' un sistema di punti materiali, libero od a legami qualsiansi, invariabili o no col tempo, alla forma : d'x. df = A', (s = l, 2,. ..71) dove le x^ sono n quantità indipendenti, che determinano la confi- gurazione del sistema, e che chiameremo coordinate generali del si- stema stesso. Similmente con Thompson denomineremo componenti generali delle forze le quantità Xs , le quali dipendono non solo dalle componenti, secondo tre assi ortogonali, delle forze, che sol- lecitano i singoli punti del sistema, ma anche dai legami di questo. Supporremo che le componenti, secondo gli assi, siano funzioni delle coordinate dei punti del sistema, delle derivate di queste coor- dinate rispetto al tempo, e possano pure essere funzioni esplicite del tempo ; ma supporremo contemporaneamente che, come può avvenire, le quantità Xg siano funzioni delle variabili x^, x^, ... x^ e inoltre funzioni esplicite del tempo, senza però che dipendano dalle derivate x\, x\,... x„ delle coordinate generali rispetto al tempo. Ciò posto, determino la forma precisa che, in quest' ipotesi, Atti Acc. Vol. Ili, Sbeie 4" 10 68 Sugi' integrali primi di secondo grado deve avere un' equazione di primo o secondo grado rispetto alle derivate delle coordinate generali, affinchè essa sia integrale d' un problema. Osservo che queste equazioni possono essere integrali d' un problema, eziandio quando le X, siano funzioni, oltreché delle .Ti, x^,... x„ , anche delle derivate x\, x\, ... .r'„, e conten- gano pure esplicitamente il tempo. Ritrovo per integrali di secondo grado, che possono essere distinti dall'integrale delle forze vive, qual- che proprietà, che ha analogia con le note proprietà di quest' ul- timo integrale, e riduco 1' equazioni del moto alla forma canonica di Hamilton in casi, in cui può anche non esistere una funzione delle forze. I. Cerchiamo le condizioni che sono necessarie e sufficienti, af- finchè, nell'ipotesi che le X, siano funzioni delle sole coordinate generali, oltreché funzioni esphcite del tempo^ il sistema delle equa- zioni del moto : ^ = a; (s = 1, 2, ... n) (1) ammetta un integrale primo della forma : .t(«ii ^,' ' + ■•.+ a„n .Tu'' -t- 2«,j ir\ x',-\-2a,^ x\ x\ + ... 4-2a„_i,„ x'n-i a-'n + 2c, a?', + .. . +2c„ x'n ) = F{t ,x,,x,,...Xn)-h a , (2) dove si ha : dxs dt X s , } (Irs — ^sr } e in cui le quantità a,.^, e, sono funzioni di jj , x^ , ... x„ , e pos- sono contenere pure il tempo esplicitamente, mentre a è una co- stante arbitraria. rispetto alle derit-afe delle coordinate nei problemi della meccanica 69 Derivando la (i2) totalmente rispetto a /, e sostituendo quindi alle ^ le A', , si ottiene : ^J dXr -^J ^ CXs CXr ^ -^— J ^ dXh dXr CXs ^ r fs fs/i r rs r II r Siccome in quest'equazione le quantità x\, x'.2, ... .r'„ figurano soltanto esplicitamente, V equazione (2) non può essere integrale del sistema (1) , a meno che l' ultima equazione scritta non si = 0, (3) = 0, (4) (5) dove gi' indici /•, s, h sono tre numeri qualunque della serie 1, 2,... n, e possono anche essere eguali tutti e tre o due soltanto di essi, sicché le (3) sono in numero di " ("+^)_ (»-h2) ^ j^ ^j^^ j^-i numero 6 1- n (?^+l) ~^~ - § II. Dalle (I, 3) si deduce facilmente che le quantità «,., sono, ri- spetto alle x^, polinomi razionali interi di secondo grado. scinda nelle seguenti : dars dx/, das/, Sa/,r dXr ' SXs dCr , dCs , dttrs dxs ' dXr ' dt 2 2F 70 Sugi' integrali primi di secondo grado Infatti supponiamo clie le cinque lettere r, s, li, i, J rappre- sentino numeri qualunque della serie 1, 2, ... ti, in modo che let- tere differenti possono anche rappresentare lo stesso numero. Derivando le (I, 3) , se ne traggono 1' equazioni : d'ars . 3'«./, , d'a„r ^ Q^ ^^.^.^^ dxh dxi dxj d.JCr Sxc dxj Sx^ dx, dXj d'ars ^ d'a.., ^ S^a,r ^ ^^ ^^^.^ dXi dxk dxj dxr dXh dXj dx^^ 3x,, dx. ^"'''■" + ^-^ + ^ ^^-'- = 0, irU) dXi $Xs dxj dXr dXs dXj Sx/i dXs dXj d'ash , d'u/ù , d\hs dXi dXr dxj dxs 9ic,. dxj 3x/, 3x,. dXj 3'ars , d'asj d\i,r dXjSX/,dXi dXrSXhdXi dxs3xi,3x, 0 , (uhi) 0 , {rsj) d'ttr,, d'a,.j d'-ajr _ , ,.. + 5.„ ^™ 3-.. + ^^ ì. ^^ — ^> ^'"J> dXj dXs dXi SXr dXs dXi 5x/, 3.r.,. dx d^a^,, . 3'a/i dXj dXr dXi dXg dXr dXi dXh Sxrdx d^ari d^ttij d^ajr = 0, {shj} dXjdXsdx/, dxrdxsdx/, dXiSXsdxh 0 , {rij) 3'as, ^ a;a^ ^ 3^. ^ 0^ ^^y dxj dxr dx/, dxs dxr 3x/, 3xi 3xr 3x. 9'fl/„- 3'ai_j 3%h Sxj 3xr dxs 3x/, 3xr3xs 3xi 3xr 3xs = 0. ihij) Per semplicità abbiamo contrassegnato queste dieci equazioni cogl' indici, che ha la lettera a in ciascuna d' esse. rispetto alle derivate delle coordììiate nei problemi della meccanica 71 Sommando e dividendo per 3, si ottiene : ^"a,.,! d'ari, d'a^.,, d^ttri d'a^i dxh 3jcì S.Fj 3jp,^ dxj 3xj dxr Sxi Sxj $Xs dxn 3xj dx,. dxi, dxj S'am 9'«,.; , S'agì , 9''a;,j 3'ay ^ SXrdXgSxj SxsSx^SXi dXrSXiidXi dXr3Xs3Xi Sx,.dXs3Xh Sommando 1' equazioni (rsJi) , (rsi) , (rlii) , (s/ii) e dividendo per 2, si Ila : 9''rt,-s , 3'arh , 9'«s;i 9'flri 9'as( dxii dXi Sxj dxs dxi dXj dxr dxt dxj dxg 3xn Sa?; 3xr 3xn 3xj 3^ ahi dxr 3xs 3.rj = 0. Sottraendo quest' equazione dalla precedente, membro a mem- bro, risulta: 9'a,.j ^ fZ'rt,^- ^ 3'auj , S'atj _ 3xs 3xu 3x, 3xr 3x.h 3xi dxr 3xs Sxj 3x,. 3xs dxu Sommando 1' equazioni {rsj) , {rhj) , {shj) , si ha : 9'fl,-»- _^ 9'fl,-;. ^ 9'«,.,t 9'fljr 9'a;y 9x;i 9j?ì 9a;j 9iCs 9£r, 3ri 3xr 3xi 3xj dxg 3xn 3xi 3xr 3xs 3x, dXrSXi 3Xu = 0. Da questa sottraendo {jsh) , membro a membro , e dividendo per 2, si trae : d'asj 3'ajr , 3'auj „ -t- .^ ^ Ti + ;; -z r = U . 3xr 3xh 3xi 3xs dxii 3xi 3x,. 3xs dxi Sottraendo questa dall' antipenultima, si ottiene : ^^^^ = 0 dXr 3xs dxn ' Sugi' integrali primi di necondo grado da cui risulta che le quantità Uij sono polinomi razionali interi di secondo grado rispetto a x^, x^, ... x„. Il caso, in cui n è uguale ad n, essendo n' < 5, si può con- siderare come contenuto nel caso generale, in cui sia n = in , es- sendo m non minore di 5. Basta per questo immaginare che gl'in- dici delle quantità x^ , ,.'' x„ + 26',. , (2) 74 Sugi' integrali primi di secondo grado avremo : doch — •> = 2 dXr da, a- dxs de,- dCs dXr = 9 rt,..,"' X, + «,.,."-■ .r, ars"" a-n + «r a^ii''' X, + Osi,''' X., -+- ... -+- a sì,''" Xn + a^,/' aiu-'"' X, 4- aiir^'' X, + ... + a,,/'^ Xn -t an/ ^r X^ — p Cf' Xf "T" •»• ~i~ €r Xn "H '^/> Cs'-' X, + c,.''" .r, + ... + c's'-" ar„ H- 7,-'- df X, X. + 2 dOrs^ df «'/Tj a^j + ... + 2 ^^ .r, + J ^^^ X, + ... + 2 ^^ Sostituendo quest'espressioni nelle (I, 3, 4), queste devono risultare identicamente soddisfatte. Perciò, uguagliando a zero, nel- r equazioni che ne risultano, i coefficienti dei termini di primo e secondo grado rispetto alle .r, e la somma dei termini indipen- denti da queste quantità, si hanno le seguenti relazioni fra i coef- ficienti dei polinomi r/,,, . e,. : ars"' -H ««//■' + a„r" = 0, 01,-.s- ' a,-;,'' + a,,/ = 0, dars'J = 0, dt Cr'' + C.s''' 7r' + r," dars' dt €lA.rs dt = 0 = 0 (3) (4) (5) (6) (7) rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 75 Si soddisfa quindi nel modo più generale all'equazioiii (I; 3,4), assumendo por le a,,, r, l'espressioni (1), (ii) , i cui coefficienti soddisfino a qucsf ultime equazioni. § V. Tra le forme particolari d'integrali, contenuti nell' equazione generale (I, 3), consideriamo prima separatamente il caso, in cui quest'equazione si riduca al primo grado rispetto a .r/, .r'.,, ... .r,/. Allora i coefficienti dei polinomi a,, sono identicamente nulli, cioè si ha in tal caso: Il i . Il a„ a;' = Ar, = 0, (1) e i coefficienti dei polinomi e,, dovranno soddisfare all' equazioni : <^+c-:' = o, (2) % -+■ >: = 0. (3) Insieme all' equazioni (2) sussisteranno evidentemente 1' equa- zioni : le quaU, osservando che in generale è 4' = e,', sommate colla (1), danno : e' -h e, + e- = 0 , e perciò in virtù della (2) cp- = 0. (4) Dunque: Nei moto d'un sistema materiale di punti, se le com- ponenti generali delle forze siano funzioni delle coordinate generali del sistema e funzioni esplicite del tempo, ma non siano funzioni delle de- Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4" H 76 Sugi' integrai i primi di secondo grado rivate delle coordinate generali , un iidegraìe di primo grado rispetto alle derivate delle coordinate generali è altres) di primo grado rispetto alle coordinate generali. Essendo le quantità a^,^ identicamente nulle, l'equazioni (I, 6), nel presente caso, divengono: —- = -X— . (s = 1, 2, ... n) (5) Queste non possono essere identicamente soddisfatte, a meno che non si abbia: d'Cr d'Cs 2t3j-s 3f3xr ' ossia, per (IV, 2), (4): dt dt Tenendo conto di (3), si ha perciò : 3t-'' («) cioè le quantità 9-^. sono costanti. La (3) stessa, sussistendo per /■=«, otfre: 7'- = 0. Le (5), per (IV, 2), (4), (6), divengono : dF ^ ^dC, dXg dt onde integrando : dC\ dCn .' = 2['i^,, + ... + '-^., + ,«)], m riiipetfo alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 77 essendo ; ( xr a; - xs X,. ) + s a. a;. = s '^ «., + |' . (9) L' equazione (8) rappresenta l' integrale primo più generale di primo grado rispetto alle derivate delle coordinate generali, che possa . convenire a un problema del moto d' un sistema, nell'ipotesi che le componenti generali delle forze siano funzioni delle coordi- nate generali del sistema, e possano contenere il tempo anche espli- citamente. § VI. Se le componenti generali delle forze, invece di essere funzio- ni delle sole coordinate generali, sono altresì funzioni delle derivate di queste coordinate rispetto al tempo, può avvenire che la (V, 9) sia nondimeno identicamente soddisfatta, qualunque siano i valori Xi,x^, ...Xn,x^'^ ....x„',t. Quando ciò avvenga, l'equazione (V, 8) è evidentemente un integrale del problema. Nell'equazioni (I, 1) si ha: A' 2 ^r.. Mr Sugi' integrali primi di secondo grado Qui le quantità b^, B^,, sono determinate, appena che si cono- scano i vincoli del sistema, e non dipendono dalle componenti, se- condo gli assi, delle forze^ che sollecitano i punti del sistema, men- tre le c|uantità Mr contengono linearmente ciueste stesse componenti. Le quantità B^^, sono funzioni di x^, x.^, ... Xn,t, e le èj sono fun- zioni intere di secondo grado rispetto alle cjuantità xi , xi , ... x „ con coefficienti funzioni di ,r, , r^ , ... .r„, ^. Se i legami del sistema sono indipendenti dal tempo, le B,.^ , b^ , com' è noto , non contengono esplicitamente il tempo, e inoltre b^ è omogenea rispetto alle c[uan- LI Ld «*'i* '*^2j *■* II' Risulta da ciò che ogni relazione lineare rispetto alle compo- nenti generali delle forze, p. es. la condizione (V, 9), si può tra- sformare in un'equazione lineare rispetto alle quantità M^, M^, ... M^, o, se si vuole, rispetto alle componenti, secondo gli assi, delle forze applicate ai singoli punti del sistema. § VII. Ritornando agl'integrali di secondo grado, contenuti nell'equa- zione generale (I, 2) , aggiungiamo all' ipotesi del § I quest' altra ipotesi, che cioè essi non contengano esplicitamente il tempo. Con- sideriamo cioè il caso particolare che il tempo non figuri esplici- tamente né nei coefficienti dei polinomi «„ , c^ (IV, 1, 2), né nella funzione F. Saranno allora costanti non solo le quantità «"« , se- condo (IV, 5), ma altresì le quantità ari, ^rs , c'r, '^'r, Cr. Se, in quest'ipotesi, l'equazione (1) è un integrale del problema, si deduce dalle (I, 3-6) che esso è la somma dei seguenti due integrafi dello stesso problema, 1' uno di secondo, l' altro di primo grado rispetto afie coordinate generafi del sistema : Y (rt,i.T,"-|-flj, .-r,"+ ... +2a,.,x\ JL-\ -+- ... + 2a„.,,nX'n.iX'n) = F {x,,.r,, ... .T„) + /3, (1) C,X\ -+■ (•,.<■■, +... -+- CnXn = ->. (2) rispetto alle cìerivafe delle coordinate ììcì prohìemi della meccanica 79 Qui /Se? sono costanti tali che si al)l)ia : /3 + > = «. Tenendo ferme le stesse ipotesi , 1' equazione (I, !2) è dunque un integrale del problema , sol quando sieno soddisfatte a un tempo tanto le condizioni, che sono necessarie e sufficienti, afthichè la (1) sia integrale di quel problema, quanto quelle necessarie e sufficienti affinchè la (^D sia integrale dello stesso problema. Per quanto abbiamo veduto nel paragrafo precedente, 1" ec^ua- zione (i^) non può essere integrale primo del problema , a meno che non abbia la forma seguente : ^.yliXrX's — X'r .Ts) + ZOr .1'' r = 7, (3) essendo %, Cr costanti qualunque. La (3) si deduce dalla (V, 8), supponendo costanti le quantità (',., //. La condizione necessaria e sufficiente , affinchè la (3) sia un integrale primo del problema, è che fra le componenti generali delle forze sussista la relazione li- neare omogenea : Le condizioni , perchè V equazione (1) sia integrale d'un pro- blema, sono che i coefficienti dei polinomi a,., , di secondo grado rispetto aUe x, , soddisfino alle " '"^ g — - condizioni (IV, 3 ) , alle ^(^+^Hw+2) (,Qj^(j|2Ìoni (IV, 4), e che inoltre le componenti generali delle forze sieno tali, che 1' espressione : (a,, X, -f a„ X, + ... H- a,„ A'„) da\ -f ... -f («,a A', + ... -h rt„„ X„)dxn (5) sia il differenziale esatto defia funzione F {x^ , x^ , ... ./•„). Siccome il numero totale dei coefficienti ( supposti tutti diffe- Vi ( ti I 1 I renti da zero e indipendenti) degli — ^ — polinomi completi o„ , di 80 Stigl' integrali primi di secondo grado seeoiulo gnido l'ispettu alle ti vuiuujili .r, , e ^y x —^ ; cosi, detto -A^ il numero delle costanti indipendenti , che figurano nel- l'integrale (1), quando F sia una funzione data , e non si compu- tino fra queste costanti né quelle . che possono essere contenute in /', né la costante arbitraria /?, si ha : ^, ^ njn-biyin-i. 2) _ n' {n-hl){n-h2) _ w(w+l) (w+2) _ n jìi+lf {n-\-2) ~ 4: 6 6 ~ 12 ■ Osserveremo infine che , nella stessa ipotesi riguardo ai coef- ficienti dell'equazione (1), e ammettendo inoltre però che le com- ponenti generaU A'^, delle forze possano essere funzioni anche delle r'i , .t'j , ... a-'n, ^, la iDredetta equazione è un integrale del problema più generalmente, ogni qual volta le quantità A'^., considerate come funzioni delle variabili indipendenti ;ri , ... J^„ , .r', ,... ;r'„ , t, soddi- sfino identicamente alU unica equazione : («,, A', -f- ... -4- ili,, Xn) .r , ■+- ... -t- (a„i X, +...-+- fl„„ A'„) a?'„ 3F , $F , Nelle stesse ipotesi precedenti riguardo ai polinomi «„ , e senza supporre che il problema ammetta l'integrale (1), e se inoltre le quantità x^ , x^,...x,i, x\,...x'„, in virtù dell'equazioni integrafi, si considerano come funzioni dell'unica variabile indipendente f, si ha : dU= (rt,, A', -I- ... + rt,„ A'n) + ... + (a„i A'i -i- ... + a,,,, A'„) da-„; onde, indicando con U„ il valore di f/ per f=f„'- .4 , , U— Uo= I , (rti, A, +...-+- rti„ A„) dxi ■+ ... -I- {ani A, -4- ... -i-- n„„X„) dx^y §. vili. Nel caso generale, dati i pofinomi a,,. , e,., tra i cui coefficienti (l'rs, a'U A^^, Cr, yt, supposti funzioni del tempo, sussistano le rela- rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica HI zioiii (IV. 3-7), k' // componenti generali A',, delle forze dovranno soddisfare alle h + 1 equazioni lineari (I , 5 , 6 ) , afflnchè il pro- blema ammetta f integrale (I, ±). Affinchè queste «+1 eciuazioni coesistano , deve essere nullo il determinante d' oi'dine /; + 1 for- mato coi coefficienti delle quantità A'i , A'^ , ... A'„ e coi secondi membri delle stesse equazioni, cioè si deve avere: dF .V, ?.r, dt ' ",,, «,., ... am 3F de. dxn dt ' ani) "«2: .. aiin dF e,, C2, .. Cn Quest' equazione contiene le derivate parziali' della funzione F delle n-\-i variabili indipendenti x^, x.^,... .r„, f, è lineare, e, se i coef- ficienti delle derivate parziali non sono tutti identicamente nulli, serve alla determinazione della funzione F. Determinata F, la con- dizione per le forze è che 1' espressione : (rt,, A',-t-...^-rt,„ A'„)rf.i",+... +{ani A',-f ...+ «„„. Y„W.T« +(c, X,-\-...-\-Ch Xn)df sia il differenziale esatto di F, considerata come funzione delle n+\ variabili indipendenti x^, x^,... x,„ t. § IX. Non sarà inutile aggiungere qui la seguente osservazione. Se il sistema si compone di / punti materiali m^, m^,...»)/, ed è n^3/, le equazioni (I, 1 ) e le conclusioni , a cui siamo giunti nei para- grafi precedenti, possono ricevere, nel caso d"un sistema vincolato, anche un' altra interpretazione. Dapprima si può supporre che in questo caso, come nell'ipotesi d'un sistema libero, x^, x^, ... a-„, sieno le 3/ coordinate degli i punti rispetto a tre assi ortogonali fissi nello 82 Sugi' integrali primi di secondo grado spazio. Di poi immaginiamo per ciascun punto ni,, la forza attiva P,, clie lo sollecita, la forza passiva (9 , che rappresenta 1' azione del sistema sul inmto ///,,, e la risultante Q,, di queste due forze, cioè la forza effettiva, la quale, agendo sola sul punto, supposto questo liberato da ogni legame, basterebbe a comunicargli il moto che ha realmente. Posto ciò, noi possiamo supporre che Xj , X2, .... A'„ sieno le 31 componenti delle i forze Q,,, secondo gli assi, ciascuna divisa per la massa del punto , a cui la forza stessa è applicata. Ora è evidente che quanto abbiamo dimostrato sugi" integrali primi di primo e secondo grado rispetto alle x'^, continua a sussi- stere anche, quando alle quantità .«., , X, si attribuisca quest'ultimo significato. § X. Si consideri il moto d' un sistema libero di punti. Sieno A', Y, Z, L, M, N le somme della proiezioni delle forze sui tre assi e le somme dei momenti delle forze stesse rispetto agli assi; e sia in la massa di uno qualunque dei punti. Come caso particolare di (VII, 3, 4) , si avrà che , quando tra le sei quantità X^ Y, Z, L, M, iV sussista una relazione lineare omogenea a coefficienti co- stanti qualunque : a A' + bY -+- cZ + pL -+- qM + ;-A" = 0, il problema ammette 1' integrale : «2 «i-»' -^ ^'2l1 '».'/' + t;S mz -l-yjS (yz'—y'z) +gS (^./■'— 2'.c) -^ rZ {xy'—xy)—^, che, per opportuna scelta delle costanti, fornisce gì' integrali pi-imi delle aree e del moto del centro di gravità, e sul quale il Gerruti richiamò l'attenzione dei geometri e diede importanti teoremi. Un esempio semplicissimo d'integrali di secondo grado è : — (a„ x' ■' + a,, y' ' + a,, z"' + 2a„ .v y + ta,,, y' z -f- 2a,, z'x ) = gia„x-ha,,y + a, ,z) + fi, rispetto alle derivate delle coordinate ìiei problemi della meccanica 83 dove intendiamo che le quantità a ,, ricevano valori dati qualunque, e che conviene al sistema dell' equazioni difl'erenziali : à'-c d\ij d'z -dF^^^\lF=^' -dF^^ ^^^ del m,»to libero d" un grave nel vuoto. Il problema del moto libero di un punto ammette 1" integrale : y m' ) {X 1/' — .r yf +{yz' —y'z)- + {zx —z'xy\=F{x,ij,z) + e', (2) (dove il primo membro è la metà del quadrato del momento della quantità di moto , rispetto ali" origine d' un sistema di assi ortogo- nali .r, //, z) ogni qualvolta siano soddisfatte le seguenti condizioni : dF ,^ dF .^ dF essendo : Z, = zM — yN, M, — xN — zL , N, = yL — xM, ed essendo L, AI, N ì moment i della forza data rispetto agli assi. Se L^ M, N si considerano come le componenti d'una forza fittizia G, avente lo stesso punto d' applicazione della forza data , saranno L, , 3/, , Ni , presi con segno opposto , i momenti di G rispetto agli assi coordinati. Conseguenza delle equazioni (3) è : dF dF i^ _ Q dx dy dz ' da cui si deduce che la funzione F è omogenea di grado zero. Data quindi una funzione F, omogenea di grado zero, qualunque, le condizioni, a cui devono soddisfare le forze, affinchè il problema ammetta l' integrale precedente, sono espresse da due qualunque delle (3). Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4' 12 84 Sugi' integrali primi di secondo grado Se poi si esclude la condizione che la forza attiva, che solle- cita il mobile , sia funzione delle sole coordinate x, ij, z, ma si ammette che tal forza possa anche essere funzione di x , ij , z , t, Y equazione (2) sarà integrale del problema, tutte le volte che L, M, N, considerate come funzioni delle variabili indipendenti x^ y, z, x , y, z , t, soddisfino all'unica equazione: Z, .t' + .1/, ;/ + .V, z'^F {x, ij, z), e F potrà ora rappresentare una funzione qualunque delle tre va- riabili indipendenti x, y, z, anche cioè non omogenea di grado zero. Eziandio poi quando il problema non ammetta l' integrale (2), si ha, secondo 1' osservazione generale fatta in fine del § VII : d 2 m^ \{xy' — x' y/ -h (y z' — i/ zf -t- (z x' — z'xy[ = L,dx -+- .1/, dy -+- iV, dz, onde 1 i ) "2 m' ) r^ y' — a;' y)' -h fy z' — y' zY + {z x' — z' x)' { L ->"' ^ (x^ 11' — x' »/ ì^ -t- (il 7\ — il' ? V -I- ly. X — ?: . xy > m' ] {xo yo — oc'„yJ ' + («/, z'o — y\ z^)'' + (Zo *'» — z'o a-») ^ — I (L, d X ■+- M, d y + iV, d z). U integrale del secondo membro di quest' equazione esprime il la- voro della forza fittizia G, che ha per componenti L, , M^ , N^ . Più generalmente il problema del moto libero d"un punto ma- teriale ammette 1' integrale : — {a„x" 4- a,,y' -h a,, z"' -+■ 2a,,x'y' + 2a,, y'z + 2«3, z'x) = F{x, y,z) + lò, quando 1' espressione differenziale : (rtii A' 4- a,2 Y -+- aa Z) dx + («21 A'+ «22 }'-+- Un Z) dy + («31 A' + a^i Y+ a-^ Z)dz (4) rispetto alle derivate delle mordinate nei problemi della meccanica 85 sia il differenziale esatto della funzione F, e inoltre i polinomi a ,.^ abbiano la forma seguente: flu = a.y'' + a,z' -I- h.yz + tv/ 4- d^z + e, , \ rt^ = rtjz' -h a,.-r' + h,zx -+- c^z + d,a- -h e,, , (5) «33 = a.o-' + a,y' + ?>3-^7/ + <^.^' + ^..i/ -*" '-'s > ^ 2fl,, = 632' — '2a,xi/— b,yz — 6,ir2 — ca- — d,i/ + f,y + g, , 2fl.,, = b,x' — 2a,yz — b,z.r — h,yx - c,ij — d,z + f,z + .9, , , (6) 2a3i = h,y' — 2a,zx - b.xy — b,zy — c,z — d,,v -+- f^x -h g, , ' dove le tre costanti f,, f,, f, sono soggette alla condizione: Tra le forme d'integrali, compresi nella equazione (I, 2) e re- lativi al problema del moto libero del sistema di i punti materiali, notiamo l'integrale : U—F{X,, 2/1, Zi, X2, ...Zn) + 0, (7) dove : U = 2 "^ {aax'\+a2-2y'\ + a^z"r + 2aiiX'ry'r-\-2a23y'rZ'r+2a3iZ'rx'r) , essendo «„; «22; «12; - i polinomi precedenti, nei quali ad x, y, z si sostituiscano %,. , y,. , z,. . Quest' integrale conviene al problema, quando 1' espressione : "V ^ iai,A'+ai2r-l-ai3Z)c?a- + (a2iA'-t- a.iY+atìZ)dy -^{a-iiX-\-a-i{^-^a^Z)dz sia il differenziale esatto della funzione F. § XI. Supponiamo che i polinomi a^^ , soddisfacenti alle condizioni (I, 3), non contengano esplicitamente il tempo. 86 Sugi' integrali primi di secondo grado Poniamo per brevità: Yi = au X. -h rt,o A', -I- ... -+- a,n X„. Una combinazione delle equazioni (I, 1) del moto sarà: dU= Y, dx, + Fj dx, + ... + Y,, dx,,. (1) Perciò, senza supporre che il problema ammetta l'integrale (VII, 1), e considerando le x^yX^, in virtù dell'equazioni integrali, come funzioni dell' unica variabile indipendente t, si ha, indicando con ?7„ il valore di U corrispondente a t = U\ U~ f/o= f\ (F, dx, + Y, dx, + ... -f r„ dxn). (2) Supponiamo che le X^, e per conseguenza anche le y,, siano fun- zioni delle sole variabili Xi,x.i, ... x^- Noi possiamo ora immaginare che le n quantità x^ siano le n coordinate di uno spazio S ad n dimensioni_, e faremo uso delle definizioni e dei teoremi dati dal prof. Betti nella sua memoria : Sopra gli spazi di un numero qua- lunque (li dimensioni (1). Ciò premesso, noi considereremo soltanto quella parte lì dello spazio S , nella quale tutte le X_, e le loro derivate prime , e per conseguenza tutte le Y^ e le loro derivate prime^ si conservino finite e continue, e che si ottiene, escludendo neUa maniera nota, con opportuni spazi a 2, 3, ... n — 1 dimen- sioni, gU spazi a 1, 3, ... w dimensioni, nei quaU le A',, o le loro derivate prime non sieno finite e continue. Abbia lo spazio B la sua connessione di prima specie dell'ordine /; + 1. Siano s, , s^ , ... s^, le sezioni trasverse di w — 1 dimensioni , semplicemente connes- se , che rendono semplice la connessione di prima specie. Siano L, , L2 , ... L,. linee chiuse, in numero di^, che incontrano rispettiva- (1) Annali ili matematica diretti da F. Brioschi e L. Cremona, Serie II, T. Ili, pag. 140- 158. rispetto alle derirate delle coordinafe nei problemi della meccanica 87 mente le sezioni .s\ , s^ , ... .--7,. Supponiauio clic in tutto lo spazio R le funzioni 1' soddisfacciano alle ' — ^ — condizioni : -^ - -^ = 0. Siano A, , A\ , A, A' configurazioni del sistema tali, che le coor- dinate delle prime due e delle ultime due soddisfino rispettiva- mente afie ecpazioni : F {X, , X^ , ... Xn) = «0) ^^) F ix_, X,, ... Xn) = a , (4) essendo a„ , a costanti date. Supponiamo pure che le x^ , x', soddi- sfino identicamente all' equazioni : U=b,, U =b rispettivamente per le prime due e per le ultime due configurazio- ni. Indichiamo poi con IT,, TT ciò che diventa V, quando invece defie X,, , x's vi si sostituiscano i valori, che prendono queste quan- tità nelle configurazioni A\, A'. Supponiamo che negU spazi (3). (4) ad iH—ì dimensioni si possano condurre due linee J» ^'0', ^ -4', che passino , runa pei due punti A„, A',, l'altra pei due pmiti J, A' defio spazio B^ e che sieno tali, che lungo ciascun punto di esse, tutte le Xs e le loro derivate prime siano finite e continue. Le equa- zioni integrali del moto del sistema da una configurazione B a un' altra configurazione qualunque C fanno conoscere le n coordi- nate generali x^ in funzione di t, e così determinano una linea BC nello spazio B. Ciò posto, si ha : J^^^^Y.dx. 4- j\^.^Y.dx. + j\,^,;JY.dx. + J^.^^^-^Yrdx. -h 2 ^'-.1 T YrdXr = 0 , dove £^ prende i valori 0, 1,-1, secondochè la sezione .s^ non è incontrata, ovvero è incontrata progredendo in una 0 in altra direzione 88 Sugi' integrali primi di .secondo grado della linea A^ A A' A\ A^ . Ma evidentemente il secondo e il quar- to degl' integrali del primo membro sono identicamente nulli , mentre il terzo è uguale e di segno contrario all'integrale / ,, , ^Yrd.r,.. Perciò : Onde : U' - U: =U ~ IT, + y.-V f YrdXr. Da ciò si deduce che l'aumento di V, nel passaggio del si- stema dall'una all'altra di due configurazioni, le cui coordinate sod- disfino rispettivamente alla (3) e alla (4), è costante , se la con- nessione di prima specie dello spazio i? è semplice; ma non è, in generale, costante, se questa connessione non è semplice, potendo, in quest'ultimo caso, tale aumento, da due cammini a due altri, differire di multipli di [) quantità costanti. § XII. Se C/ e la forza viva T si esprimono per mezzo delle stesse coordinate generali x^ , x^ , ... x,, e delle loro derivate x\ , x\ , ... a;'„ rispetto al tempo, si vede che, mentre i coefficienti dei quadrati e dei prodotti di x\ , x\ , ... x'„, due a due, sono in U polinomi di secondo grado rispetto a a-,, a;^,... x„, in T i coefficienti potranno essere di forme svariatissime, a seconda dei legami del sistema e dello scelto sistema di coordinate generali, sicché le due espressioni saranno, in generale, distintissime l'una dall'altra, com'è mostrato anche dagli esempi del paragrafo precedente; e inoltre l'espressione di U sarà molto particolare rispetto all' espressione , che può ge- neralmente assumere T. Gli stessi esempi dati mostrano tuttavia che in alcuni casi l'espressione di U può essere più generale deU'e- spressione di 2\ Ciò avviene, p. es., nel problema del moto di un sistema di punti liberi nello spazio , quando ?7 e T si esprimono rispeito alle derivate delle coordhwte né problemi della meccanica 89 per mezzo delle eooidiuate cartesiane ortniionali dei punti mobili e per mezzo delle derivate delle stesse coordinate rispetto al tempo. In particolare nel problema del moto d" un solo ]iunto materiale , immaginando die x, ij, z siano le coordinate cartesiane ortogonali del mobile, e supponendo che i polinomi (X, 5) si riducano ai loro termini costanti, e che questi sieno eguali alla massa del mobile: supponendo inoltre che i tre polinomi (X , 6) sieno identicamente nulli, r equazione : U - F = H diventerà identica all' equazione : T - F = i3. L' equazione : T — F{x^, a-j, ... ir,,) = fi , ha però, com' è noto, eziandio quando non sia un caso particolare dell' equazione : U ~ F {.Vi, .Vi, ... .r„) = /6, pure quest' altra ben nota e importantissima proprietà, che cioè, se essa è integrale primo del moto d' un sistema dato, o libero o a vincoli indipendenti dal tempo, e sotto l' azione di forze, le cui com- ponenti secondo i tre assi siano date funzioni delle sole variabUi X,, x.,,...x„, 0 anche di x\, x\,...x'„, t, conviene pure se, con- servando le stesse espressioni per le forze, si aggiunga al sistema quel numero di vincoli indipendenti dal tempo , che è compatibile col grado di libertà del sistema stesso. § xni. Supponiamo d' ora innanzi che i polinomi ars si riducano a co- stanti date. 90 Sugi' integrali primi di secondo grado Siano : d'xs = Xs (.s- = l, 2, ... n) (1) dt' le equazioni del moto^ e supponiamo che si abbia: asi A, + a,.2 A, + ... + a.,,, A„ = ;r , Ui essendo F una funzione data di x^, x.2, ...x„, t. Supponiamo inoltre che il determinante simmetrico D d' ordine n , formato coi coeffi- cienti delle quantità A'^i , X^ , ... A'„ nei primi membri delle n equa- zioni (2), non sia nullo. Pongo : r= - (au x\ + ... -h 2ai2 x\ x\ -f ... -f 2f, x\ -|- ... -f 2c„ .r'„) (3) dV ^rr=Ps- (4) Poiché D non è nullo, le espressioni delle ./■', in funzione delle p^, sono le derivate di una stessa funzione m definita dalla relazione : u=^ — V+x\p,-\- x\p, + ... + x'„2}n + c, (5) essendo e una costante arbitraria , e intendendo che il secondo membro di quest' ultima eguaglianza sia espresso per mezzo delle ^., mediante le (4). Si ha perciò : Xs = 1^— (6) Pongo : Z7=-^(«U X'\ + ... -\-2ai2X\x,' -h ... +2an-i,n-ìc'n-iX'n) U, = c,.r', 4- e, .r', + ... + Cnx'„ , rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 91 sicché : T' = U + U,. La (5) diviene perciò : ossia, per il teorema di Eulero sulle funzioni omogenee : u = —U- U,+2U+ U, + c, cioè : M = [/ + e , dove U si deve intendere espresso in funzione delle ^;,. mediante le n relazioni (4), che legano le x\ alle p, . Le (6) divengono perciò : dxs dU dt dps Dalle (4), in virtù delle (1), (2), si trae : dps ^ dF dt dxi Ponendo : U - F = H, e osservando che JJ è funzione delle sole variabili indipendenti p^ , mentre F è funzione delle sole variabili indipendenti x^ , si ha il seguente sistema di equazioni canoniche : dx. dt dH Sps dps _ dH (7) dt dXs Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4* 13 92 Sugi' integrali primi di secondo grado Così ogni qual volta l'espressione: («Il X, + ... + a,nXn) rfa-, + ... + (a,u X, + ... + a„„.Y„) dx„ sia il differenziale esatto di una funzione F delle variabili indipen- denti f, .Ti , iPj , ... Xa, V equazioni del moto si possono ridurre in infiniti modi alla forma canonica, potendosi attribuire alle costanti Ci, Ci, ... c„ valori particolari qualunque. Se F non contiene il tempo esplicitamente , il problema am- mette, come si è veduto al § VII, l' integrale : U—F = lì ossia H=fì. D' altronde si sa che il sistema canonico (7) , in cui H sia una funzione data qualunque, ammette o no V integrale H = costante, secondochè H non contiene o contiene esplicitamente il tempo. § XIV. Si formi r equazione differenziale parziale di prim' ordine : dS „/, dS dS dS\ - ... dove il secondo termine del primo membro è ciò che diviene la funzione H, quando, invece di j), , p., , ... ^j„, vi sì sostituiscano rispet- tivamente r— , ;:^ , ... r— . Sia .S' una soluzione completa di que- dx, dx, cx,i st' equazione, contenente cioè, oltre una costante additiva arbitraria, altre n costanti «„ a,„ ... a„ . I ^2n integrali delle equazioni del moto saranno : dS 5S „ essendo /3,, A,, ••• /3„ nuove costanti arbitrarie. rispetto alle derivate delle coordinate nei prohlemi della meccanica 93 Se F non contiene esplicitamente il tempo, lo stesso è di //, ed allora ponendo : S =: — ht + S, , dove // è una costante arbitraria, e ò', è una funzione ù\i\, x^, ... a;,, , non contenente esplicitamente il tempo, la integrazione del sistema canonico dipende dalla determinazione di una soluzione completa *9, dell" equazione : / dò, dò, dò, V , cioè di una soluzione contenente, oltre una costante additiva arbi- traria, altre n — 1 costanti arbitrarie «,, «„ ... a„_i. Gl'integrali del sistema canonico sono in questo caso : 36', _ i^ — fl i^ — fl _i_ / s — ì, 2, ... n d^ -^^" dx,. - ' '■' dh - ^" + ^ ,,. = 1^ 2, ... n - 1 essendo /3„ /?„ ... /3„ costanti arbitrarie. Risolvendo il sistema di queste "In equazioni rispetto alle co- stanti, si può agi' integrali dare la forma seguente : «s = fs [X, , X, , ... Xn, p, , P, , ... Vn) , S = 1, 2, ... n H, = , U—F)=0. 94 Sugi' integrali primi di secondo grado Qui si è fatto uso della notazione di Poisson : (,f, Vj - ^ [^^,^ 2^^ g^^ 2_^^ } ' essendo >?, 4^ funzioni delle variabili .r, , .rj^ ... x„, p^ , p^, ... p,,. 2° Se 5 = ^ 4- C è un integrale, contenente esplicitamente il tempo e contenente la sola costante arbitraria C , si ha : (5, U-F) = \. Dalle note proprietà dei sistemi di Hamilton risulta, se F non contiene esplicitamente t, che, dato un integrale qualunque T-i = C, , non contenente esplicitamente il tempo e distinto dall' integrale H — F = 0, il sistema dei 2n integrali del problema si può imma- ginare composto : 1° Di 2w— 2 integraU : >, = Cr, (/• = 1, 2, ... 2» -2) 1 quali contengono le sole 2w — 2 costanti arbitrarie C\, Q, ... C'„„_2, e non contengono e.splicitamente il tempo, e siano tali che per cia- scuno di essi si abbia : (7-,, '>r) = 0 ; 2° D' un integrale : 7-2/t— 1 ^= (-'■in—i ) pure indipendente dal tempo, il quale contenga la sola costante arbitraria Cj^., , e sia tale che si abbia : (7i; 72«-i) = 1; 3" D' un integrale : 9-2/i = t -\- Con , Hspeffo alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 95 il quale contenga la sola costante arbitraria ('.,„, non contenga il tempo esplicitamente, se non aggiunto a questa costante, e sia inoltre tale che si abbia : (">,, 72" ■> = 0- § XV. Prendiamo la variazione dell' integrale / Vdt, essendo V de- Unita dalla (XIII^ 3). Ponendo per brevità : ,, _ d'xs "^ '- ~dF ' si avrà : si Vdt = Mrtii.r', + rti2.r'2 + ... +«1,, .r',, + e,) Sx, + .... \^ — f \{anx," + aio.-z-;' + ... +ft,„.T„") 3a-, + ....] dt. Perciò, se si pone : S^F= («ii A', 4- ... + rti„ A'„) Òjc, -h ... + {ani X, + ... + a„n A„) Sx,,, si ha : f (SV+S,F)=[(anx\-\-...+au.x'„-hc,)Sx,-h...'^'^^ '■0 4- /'' r )au{X,-x,")^a,2{X,-x.n+- [ òx, + ...'{ dt. Ma la quantità, che è sotto il segno integrale è nulla in virtù del- le equazioni del moto ; onde : I {SV+S,F)=2},dx,+2hSx,+...+i}nSxn—2},''5x,''—p./dx,''-...~pu''d.Tn". 96 tiugl' integrali primi di secondo grado Se supponiamo che si abbiano le (XIII, 2) , è : Ò,F = SF, e la (1) diviene : 5 il {V+ F) --= p,òx, + ... -+ p„S.r„ -p^° Sx," - ... —pn" Sx,,". (1) Se le posizioni, iniziale e finale, del sistema , corrispondenti ai valori i^, , t del tempo, sono date fisse, quest'equazione diverrà : òfl (F+Fj dt = 0. ^ ta Se F non contiene esplicitamente il tempo, il problema ammette (cfr. § VII) l'integrale: onde e SI avrà: Pongasi U - F ^ l'i- SU = SF, f* òUdf = 0. § XVI. S = fi iU+F) dt. (1) Ora per conoscere il significato del secondo membro di que- st'equazione, si deve immaginare dapprima U + F, indi il secondo membro della stessa equazione , espressi mediante t e le 2n co- stanti arbitrarie, che figurano negl'integrali dell'equazione del moto. Possiamo supporre tali costanti essere x\, xl, ... .r)', , x\, ... x'I^, o, in virtù delle (XIII, 6), possiamo fare che dette costanti siano X^, ... Xnj \K } ••• Pn • rispetto alle derivate delle coordinate nei problemi della meccanica 97 Ma le ■in equazioni integrali del molo permettono evidentemente di esprimere le medesime costanti per mezzo di .x, , ... ic,., J:'1,...Xn. Dmique S può esprimersi per mezzo di t, .r, , ... z;,, x[ , ... x„. Onde : SS = ^Sx,+...-i-^„ Sx," + ... da\ dx, Confrontando questa con ( XV, 1 ), se ne deduce : dS dS Il problema del moto è dunque ridotto alla determinazione di S in funzione di t, x, , ... x,„ x'I, ... .r",. Ora si ha da (1): SS j^ „ ¥=^+^- Ma d'altra parte : dS dS ^s^ dS dt dt ^J dXs 2 Perciò dt da cui -2af-' = ^-^- et cioè S soddisfa all'equazione differenziale {XIV, 1). Catania 25 dicembre 1890. Sopra sistemi di equazioni aventi analogia con quelli di Hamilton Nota del prof. G. PENNACCHIETTI letta air Accademia Gioenia nell' adunanza del dì 25 gennaio 1891. Sia dato il sistema di "In equazioni differenziali ordinarie di prim' ordine della forma : dt ~ dps ' ^_ _ _3Z dt dqs 1, 2, ... n] In quest'equazioni ^ è la variabile indipendente, q^, qi,...q„, pi , p., , ... pn sono funzioni incognite della variabile indipendente, Z è una funzione data qualunque di q^, ^j,... g», pi, p^ ... pn, la quale supponiamo non contenere esplicitamente la variabile indipendente, e / è una funzione qualunque , che non è identicamente nulla , e che può contenere, oltre le stesse quantità g, , q^, ... q,^, p^, p^, ... p„, anche la variabile indipendente. Il sistema è canonico, se l è uguale a+ 1, ovvero — 1, i quali due casi rientrano manifestamente l'u- no neir altro , cambiando il segno di Z. I 2« — 1 integrali , che non contengono esplicitamente t, convengono inalterati al sistema precedente , qualunque sia la funzione l delle variabiH t, q^ , ps , e sono perciò comuni al sistema canonico : dqs dZ dpa dZ dt dps ' dt dqs Nella presente nota si vedrà, come possano modificarsi le dimo- strazioni di teoremi fondamentali sui sistemi canonici, per stabilire Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4" 14 100 Sopra sistemi di equazioni direttamente le principali proprietà dei sistemi più generali prece- denti. § I. La soluzione generale del sistema proposto : dt ~dps ' ' dt ~ dq.. ^ ' consiste nel sistema di i2w equazioni fra le 2«+ 1 quantità 5, , q.^, ... In, Pi ) i>2 j ••• Pn> t e '2n costanti arbitrarie a, , «2 , ... «„_, , li, è, , b.^ , ... b„_i, bn. Se, come già si è supposto di Z , nemmeno / contiene esplicitamente t , il sistema delle equazioni integrali si può porre sotto una forma tale, che una delle costanti, p. es. b„, figuri in tutte le equazioni combinata con la variabile indipendente t per via di addizione. In tal caso, risolvendo il sistema dell' equazioni inte- grali rispetto alle costanti arbitrarie , possiamo anche immaginare che il sistema delle 2w equazioni integrali consista in 3// — 1 equa- zioni, che non contengano esplicitamente t, e in ciascuna delle quali figuri una distinta costante arbitraria, oltre un' equazione, che con- tenga esplicitamente t aggiunto ad una costante arbitraria. La condizione necessaria e sufficiente, affinchè l' equazione : F {qi , q-i , ... qn, ]h , p2 , ••• Pn, t) = a, {2) il cui primo membro è ima funzione data qualunque di t, q^ , q., , ... (/„, Pi, ... pnì e dove « è una costante arbitraria, sia un integrale del sistema (1), è che si abbia identicamente, in virtù del sistema stesso : ^ = 0 dt ^' cioè: dF ^ ( è!^ ^ 3i^ dps V dt '^ .Zj \ dqs dt "*" dps dt ì aventi analogia con quelli di Hamilton 101 Sostituendo dunque per -ji , -jf ' loro valori tratti dalle (1) , la condizione predetta è che si abbia ideiìticamente : ■ . dF x:i / $F SZ dF dZ .or '\^ { " ^ ""' "^ "" I n ' dt Zmi\ dqs dps Sps dqs ' Questa condizione, ponendo con Poisson: ^'^' ^> - Zj\ dqs dps dps dqs I ' è espressa dalla equazione : l^Z + ^F, Z)=0. (3) et È facile ora vedere che l'eciuazione: Z = h, essendo // una costante arbitraria, è un integrale del sistema (1). Infatti siccome Z, per ipotesi, non contiene esplicitamente t, si ha: dt inoltre è {Z,Z) = 0, sicché, sostituendo Z invece di F nella (3), questa diviene identi- camente soddisfatta. § II. Supponiamo che l'equazione (I, 2) sia anche integrale del si- stema : dqs _ dZ_ 7 ^ _ _ ^ ni ^' dt ~ dps ' ' dt - dqs ' ^ ' 102 Sopra sistemi di equazioni e che Z rappresenti la stessa funzione nei due sistemi (1. 1), (1), mentre l^ sia una funzione qualunque di t, q^ , q^, ... q„, /a , pi , ■■■ p„ distinta da /. Si dovrà avere identicamente : l-+iF,Z) = 0. Da questa e dalla (I, 3)^ sottraendo^ si ha: 3F Ora il primo fattore del primo membro di quest'equazione per ipo- tesi è essenzialmente differente da zero; perciò si deve avere: dF 4=°- '^> {F,Z) = 0. (3) La (2) significa che una condizione necessaria, affinchè 1' equazio- ne (I, 2) sia integrale comune ai due sistemi (I, 1), (1), è che f non entri esplicitamente in F. Dunque: L' integrale, che contiene, espli- citamente la variabile indipendente, non può essere comune ai due si- stemi (I, 1), (1). La (3) esprime che gl'integrali comuni sono in nu- mero di 2w— 1, e che essi sono le "In — 1 soluzioni dell'equazione differenziale parziale di prim' ordine (3). Siccome poi, quando Tequa- zione : F {q,, q, ... qn, }h, P, , •■• _/)„)=« è una soluzione comune ai due sistemi (I, 1), (1), la condizione (I, 3), a causa delle (2) e (3), è identicamente soddisfatta, qualun- que sia /, così si conclude che, data Z, i ^u — 1 integrali, che non contendono esplicitamente t, e che convengono al sistema (I, 1) per una particolare forma data di 1 , convengono allo stesso sistema per qual- sivoglia altra forma data della funzione 1. aventi anakxjia co» (incili di Hamilton lO.'ì Prendendo /^l, si conelude che / 2« — 1 inte(jrali del .sl.slc- ma (l, 1), )ioii contenenti espUcitamente la variabile indipendente^ sono comuni anche al sistema di Hamilton : dq, _ SZ^ ^ dp^ _ _ ^ . .^N Ciò posto, si formi V equazione differenziale parziale di prim' or- dine : dove II denota una costante arbitraria, e dove il primo membro è ciò che diventa Z, quando invece di p,,p2, ■■• Pn vi si sostituiscano - — ) - — ' ••• ^r — • Di quest' equazione differenziale sia V una solu- Sq, dq, Sqn zione completa, contenente cioè, oltre la costante additiva, altre »— 1 costanti rt, , a, , ... a,,., , e siano ò, , h, , ... b„_, nuove costanti arbitrarie. I 2w — 1 integrali, non contenenti esplicitamente f, del sistema ca- nonico (4) sono, coni" è noto : dV (/• = 1, 2, ... w - 1 ) (6) (s --= 1, 2, ... n) (7) i cui primi membri sono le derivate parziali della soluzione com- pleta V , considerata come funzione delle quantità indipendenti qiyQi, ... qn, a,,a^, ... a„.i, h. Si ha perciò il teorema seguente : Sia data r equaziotie differenziale parziale di prim' ordine (b). Supponiamo che si conosca una soluzione completa V di questa equazione, e siano «1 , «2 , ... a„.i le costanti arbitrarie , che , oltre la costante additiva , essa contiene. Le equazioni (6) , (7) saranno i "in — 1 integrali, non contenenti esplicitamente i, e contenenti complessivamente i2w — 1 costanti arbitrarie a, , a^ , ... «.„_„ h, b, , b, , ... i»,,, del .sistema delle %i equazioni 104 Sopra sistemi di equazioni (liff'erenziali ordinarie di prim' ordine (I. 1) , e converranno a questo sistema ìndipevdentemevte dall' espressione , die si assume per la fun- zione 1 delle qìiatdità q,, q., , ... q„, p^ , p, ... p^, t. L'integrale ^ {'h 1 q-ìj ■■• 'In, p i, Pi, ■•■ p,^=^li del sistema (I, 1) è conseguenza de- gl' integrali (7). L' integrale contenente esplicitamente t, e che si riferisce a una forma particolare data di /, si determinerà nella seguente ma- niera. Si comincerà ad esprimere per mezzo dei "In — 1 integrali, non contenenti esplicitamente t, tutte le p e le q, eccetto una di esse, p. es. la g, ovvero la p^ , in funzione delle altre e delle 2« — 1 co- stanti «, , Uo, ... a,i_i, /i, h^, b.;, , ... b„_^. Poi se ne sostituiranno i va- lori nell' equazione : dt dpi ovvero nelF equazione l dj), _ dZ dt dqi Per completare quindi la soluzione del problema non resterà che d" integrare un' equazione differenziale ordinaria di prim' ordine a due variabili q, , t, ovvero pj , f; anzi , se l non contiene esplicita- mente t^ basterà eseguire una quadratura. Con ciò s'introduce evi- dentemente una nuova costante arbitraria b,„ la quale, insieme alle 2// — 1 costanti arbitrarie a, ^ a^, ... a„.t, h, bi,\, ... b„_^, contenute negl' integrali (6), (7), formali numero i2rt di costanti, che devono figurare nella soluzione generale del problema. Nel caso particola- re di /= 1, ossia del sistema canonico (4), non occorre nennne- no una quadratura, giacché si sa che l'integrale, che non contie- ne esplicitamente t, è : -^ = t + b,., (8) essendo /;„ una costante arbitraria distinta dalle 2« — 1 costanti fli , a.;^ , ... a ,i_i j lì, Oi , o^j... o„_i . aventi analogia con quelli di Hamilton 105 § HI. Del teorema esposto nel precedente paragrafo si può offrire anche la seguente dimostrazione, simile alla nota dimostrazione del teorema analogo di Jacobi. Se nella (II, 5) si immagina sostituita la soluzione completa V, questa equazione sarà soddisfatta identicamente, qualmique siano i valori di q, , q, , ... ?,„ «, , a,,... «„_.. Si può quindi derivare l'e- quazione (II, 5) rispetto alle «,, e osservando che queste entrano soltanto nelle p^ , si otterrà : dZ dps _ dps da,- = 0, (r = l, 2,...n-\) ossia per le (II, 7) dZ d' V Bps 3q.^3a,- = 0. (1) Derivando completamente le (II, 6) , si ha : d'V dq, _ = 0. ^J da,-dqs dt s Per confrontare i due sistemi (1), {^2), consideriamo la matrice: (2) d'V d'V d-'V da,dq, da,dq, ' 3a,dqn d'V 3'F d'V da,dq, da.dq, ' da^dqn d'V d'V d'V dttn-idq, ' dan-idq2 ' '" dttn-idqn composta di n—\ linee orizzontali e di w verticali. Osserviamo che 106 Sopra sistemi di equazioni gli ti determiuauti d" ordine n , compresi in essa, non possono es- sere tutti identicamente nulli. E invero, se ciò avvenisse, da una nota proprietà dei determinanti funzionali si ricaverebbe che V do- vrebbe soddisfare a relazioni della forma : / dv dv_ ar ^v_ dv \ _ / dv dv ar dv _dv_\ _ A l'i, , ì a' V 3' V d' V da,dq^ da,dq.^ d' V d' V da^dq, da.^dq. da,dqn 3'V da.^qn a- T" d' V d' V j ) ••• da,i-idq, dttn-^dq, dan-idqn 3' V d'V 3'V j ) ••■ 3h3q, 3h3q, dh3qn non può essere identicamente nullo, perchè altrimenti la soluzione completa V sarebbe anche soluzione d' un' altra equazione della forma : „/ dV 3V dV \ ^ priva delle costanti «, , a^,... «„_i , h : il che è impossibile. Con- frontando quindi i due sistemi (1), (T) : (2), (2') si troverà la (3) stessa, dove però si ponga / = 1 : ciò che dimostra che la (II, 8) è integrale del sistema canonico dato. § IV. Dal § II risulta immediatamente che possiamo applicare anche ai sistemi (I, 1) una nota proposizione di Liou ville relativa ai si- stemi di Hamilton, formulando il seguente teorema : Dato il sistema di equazioni differenziali ordinarie del prim' ordine ,dqs _ dZ dt Sps dp., dt dZ (1) (2) nel quale Z non contenda esplicitamente t, se oltre l'integrale Z (9i , qi, ... q,,, Pi , Pi, ... pn) = l>, (3) aventi analogia con quelli di Hatnilton 10i( essendo li kìui eostante arhìtraria, si conoscono altri il— 1 Infiyrd/i : fr = «r/ ('• = 1, 2, ••• «—1) (4) se di più I primi membri delle equazioni (4) sono funzioni delle q. p, non contenenti esplicitamente la variabile indipendente i, e soddisfacenti alle condizioni : (y,.9,.) = 0, (Z, ?;,) = 0 (5) per i calori 1, 'ì, ... «—1 di r, r' ; e se infine l'equazioni (3), (4) si risolvono rispetto alle ^, e si sostituiscono i valori di queste nell'espres- sione : S ps dqs , (6) quest' espressione sarà il differenziale esatto di una funzione V delle q, e i rimanenti n— 1 integrali del sistema (1), (2), non contenenti esplicitamente t, saranno : ^ ^ br, (»■ = 1, 2, ... «-1) (7) dar essendo b, , b^ , ... b„_i nuove costanti arbitrarie; e finalmente la fun- zione V soddisferà all' equazione differenziale parziale : Z [q.,q., -9^- 3^' 3g7'- 3^1 -'*' ^^^ dV dV che si ottiene dall' integrale {3) del sistema (1), (2), sostituendo -^ , ^ ,••• dV 5 — rispettivamente a Pi , Pz , ... p» • "in Di questa proposizione si può dare la dimostrazione seguente, simile alla dimostrazione del teorema analogo di Liouville. Le condizioni (5) equivalgono alle condizioni d' integrabilità dell' espressione differenziale (6) , la quale perciò sarà il differen- 110 Sojn-a sistemi di equazioni ziale esatto di una funzione V delle variabili indipendenti q^ , q, , ... q„ : onde : ^r=Ps- (9) Ora si ha : gSF _^ ,aF df 3a,. ^ -^ 'di - ^ "S^ df ossia per (1) e (8) : ^IZ — i V ^Ps 3Z dt dttr l ^J da,- dps (10) Se adesso supponiamo che i valori delle p^ ricavati dalle (3), (4) in funzione delle q, delle a e di h, si sostituiscano nell'espressione (3). quest' equazione diventerà un' identità , qualunque siano i valori delle q, delle a e di Ii^ e si avrà : dZ dp: s Perciò la (10) diviene •^J Sps da,- onde i rimanenti >i — 1 integrali del sistema (1), (2), non contenenti esplicitamente f, sono dati dalle equazioni (7). Da (3) e (9) poi si deduce immediatamente che V soddisfa all' equazione differenziale (8). Se 1=1 si ha, oltre le (10) e (11): _d ar^ _ yr\dp^ dz_ dt dh ~ 2jdh dps ' s 2dZ_dp^ _ dp,dh~' arciifi analogia con quelli di Hamiltoìì 111 onde : d dV Dunque : df dh ^" dV ^ ^ essendo h„ una nuova costante arbitraria, è in tal caso l'integrale, che contiene esplicitamente il tempo. Catania, 20 gennaio 1H91. Sugli esperimenti fatti con linfa di Koch nella Clinica Medica di Catania Nota del Prof. S. TOMASELLI. Si gii ori Mi limiterò in questa nota a riferire i risultati sull'azione cu- rativa e sul valore diagnostico della linfa Koch. Gli Egregi Assistenti della Clinica Dott. Rapisarda ed Aradas si incaricheranno di ri- ferire in altro lavoro tutte le modificazioni che avvengono e si suc- cedono neir organismo di seguito all' infezione della tubercolina ; tenendo conto tuttavia di quegli infermi che tuff ora trovansi in corso di cura e ciò per avere maggior agio a poter giudicare del potere terapeutico della tubercolina. Sebbene sono di parere che 4 a 8 mesi non siano sufficienti a poter giudicare del valore terapeutico di un rimedio contro la tubercolosi, la quale, oltre di avere un corso abbastanza lungo, po- trà avere periodi di sosta e non di rado la completa guarigione con quei rimedi e mezzi igienici di che la medicina dispone, ciò non pertanto ritengo che dopo 4 mesi è possibile ricavare una conclusione pressoché positiva, tenendo presente le fasi del processo tubercoloso. Ciò è possibile ad osservarsi con esattezza e precisione, come del resto è stato da noi praticato, una volta che la cura è affidata alla sola linfa; eccetto di quelle misure igieniche necessa- rie di unita ad una buona alimentazione sostanziale. Si cominciarono gli esperimenti con la linfa, che ci fu spedita direttamente dal Ministero dello Interno, e con altra quantità suffi- ciente avuta per solerte cura del chiarissimo Sig. Direttore dello Ospedale V. E. Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4* 16 114 Sugli esperimenti fatti colla linfa di Koch Sicuro della provenienza mi proposi provare in larga scala gli effetti nella Clinica medica generale da me diretta, ed eseguire una serie di esperimenti in diversi ammalati scelti a tal'uopo, stu- diando con rigorose ricerche e con diligente osservazione i risultati di siffatta nuova medicazione tanto nella tubercolosi del pulmone, quanto in qualche altro processo affine della pelle e in altri stati patologici diversi. Le prime iniezioni per tale cura furono da me incominciate il 21 Gennaro ultimo scorso, e^ fino a tutto Aprile gl'infermi sotto- posti a siffatta prova sono stati in numero di 18 , e nei quali fin allora si sono complessivamente praticate circa 140 iniezioni. Gli ammalati a tal'uopo scelti possonsi classificare come siegue ; dieci sono stati affetti da tubercolosi pulmonare, uno associato a tubercolosi laringea, due (donne) affette da lupus ; altri cinque con malattie diverse onde comprovare anche l'azione della linfa in al- tre condizioni estranee al processo turbercolare, cioè ; uno con ca- tarro bronchiale cronico ed enfisema pulmonare, un secondo con- valescente d' un accesso pleurale apertosi per la via dei bronchi, un terzo con itterizia per semplice angiocolite catarrale , un altro con una pulmonite cronica rimasta allo stadio d'epatizzamento alla base del pulmone sinistro, ed altro infine completamente guarito da reumatismo articolare. Confermata anzitutto la diagnosi della malattia, la cura si è incominciata sempre colla iniezione d'un mezzo milligrammo, arri- vando gradatamente, nelle successive, in alcuni fino a 12 milligram- mi e in una delle ammalate di lupus fino a tre centigrammi e mez- zo, e senza aver dovuto mai sperimentai'e effetti tossici nocivi, do- vuti all' azione speciale del rimedio iniettato. Negli ammalati tubercolosi, se la malattia non è stata agevole aversi in un periodo rigorosamente incipiente, pretesa difficile del resto se non impossibile conseguirsi in un ospedale, ho potuto ac- certarmi essere stata essa però in tale stadio da offrirsi il processo appena circoscritto all'apice d'un pulmone e senza notevole inte- resse nello stato generale dell' infermo. nella Clinica Medica di Catania 115 L" età in tutti è .stata compresa fra il diciottesimo al trentesi- mo anno ; eccetto un solo , in cui 1' età oltrepassando il cinquate- simo anno, e presentando il morbo segni non dubbi d' una fase inoltrata, lo esperimento fu interretto dopo la 3" iniezione. Accertata coli' esame clinico la natura della malattia in tutti gl'infermi di tubercolosi incipiente, la prova batteriologica, colla ri- cerca dei bacilli specifici del morbo, è stata anch' essa in tutti net- tamente confermata, tenendo conto sempre di tutti i caratteri mor- fologici e quantitativi anche di essi per gii ulteriori esami compa- rativi relativi agli effetti della cura. Stabilite rigorosamente le condizioni morbose locali e generali nei diversi pazienti si è incominciata la cura proporzionando sem- pre per gradi la quantità della linfa a seconda la elevatezza della febbre, la resistenza dell' individuo o la suscettibiUtà dello stesso alle possibili evenienze reattive del farmaco iniettato. Le iniezioni si sono praticate con due giorni o tre di riposo, constatando sem- pre le modificazioni locali e generali (registrate fedelmente in ap- posito foglio) regolarmente prima e dopo di ogni injezione, ponendo sempre cura a praticare le successive, ristabilitosi il relativo benes- sere dell' infermo dopo la completa scomparsa di qualche feno- meno riferibile alla precedente quantità di linfa. Fino al 30 Aprile il massimo numero delle iniezioni praticate in alcuni è stato fino a trenta ed il minimo fino a dieci. La intensità della reazione febbrile e dei fenomeni biologici lo- cali e subbiettivi non è stata però in tutti ne costante né uniforme; in alcuni per es. è stata varia la intensità della cefalgia, in altri, mancando questa, è stato anche vario il senso di addoloramento generale o agli arti, da alcuni altri finalmente di unita ad un sudore più 0 meno profuso si è accusato un senso diverso di spossamento generale. La tosse, quando più e quando meno, ha subita anch'essa qualche leggera modificazione ; però 1' esame attento dei fatti fisici locali non ha mai addimostrato modificazioni rigorosamente apprezza- bili, mostrandosi quasi sempre invariati tanto i fatti acustici e flessi- metrici , quanto quelli relativi alle modificazioni quantitative e quali- 116 Sugli esperimenti fatti colla linfa di Koch tative degli sptdl scamìaijliati quotidiaiuiìiiente col peso e con le osser- vazioni al microscopio. Il numero dei bacilli se qualche volta si è mostrato in difetto, in prosieguo essendosi constatato il contrario, si è potuto ritenere essersi da ascrivere più che ad altro ad accidentali ragioni inerenti a qualche punto degli stessi espettorati, hi qualunque caso la for- ma dei bacini, è certo, non aver subito affatto modificazioni di sorta. Il massimo grado della febbre è stata osservata nelle due af- fette di lupus, dove la temperatura ha raggiunto 40° a 40" 5. Con siffatta elevazione termica, di unita ai fenomeni accennati , ha co- stantemente corrisposto anche un proporzionato aumento nel numero delle pulsazioni e degh atti respiratori per ogni minuto primo. Nei tubercolosi però il risveglio della febbre non è stato mai così ac- centuato; in alcuni anche con dosi un po' spinte la reazione invece è stata ad osservarsi assai mite e leggera; così per es. in un gio- vane tubercoloso coricato al N." 40 della Sala Curro con 8 milli- grammi di linfa la reazione febbrile non ha oltrepassato quasi mai i 38° 5 , mentre in altro con una pulmonite cronica alla base del pulmone sinistro, (come sopra ho ricordato) e dove fin dal princi- pio in moltissime ricerche non ci è stato dato rilevare mai la pre- senza di alcun bacillo della tubercolosi, pure con due milligrammi di linfa le reazioni febbrili sono state costantemente elevate da raggiungere il 40° grado. Del resto mantenuti gli ammalati in condizioni igieniche eccel- lenti ed ottimamente alimentati, si è in tutti potuto accertare un certo aumento nel peso del corpo e perciò nella nutrizione, asso- ciato quasi sempre ad un relativo benessere generale neUe forze e neUo stato funzionale dei diversi apparecchi come al solito. In due degl' individui tubercolosi , essendosi la malattia mani- festata con ripetute emottisi, ed in cui qualcuna anche appena am- messi air Ospidale, pure , trascorso un certo tempo, dopo accerta- tasi la natura specifica del morbo, sottomessi all' azione della Imfa, e parendoci temere il risveglio di qualche abbondante emottisi, (se- condo è stato da qualcuno anche avvertito) né la tosse però, né i nella Clinica Medica di Catania 117 fatti fisici locali hanno subito modificazioni di sorta, né la stessa emottisi si è giammai e sotto cjualunque aspetto anco accennata con quella iperemia che dicesi svilupparsi di più in quel tessuto colpito da tubercolosi. Dove a dire il vero 1" azione della linfa si è mostrata addirit- tura efficace e pronta (almeno temporaneamente) si è stata in due donzelle (sorelle) colpite ugualmente da luims alla faccia da detur- pare, in una principalmente, quasi per esteso le fattezze delle guan- ce , delle labbra e delle pinne nasali coverte già da spesse croste e gementi di continuo pus in abbondanza, hicominciando in questa con due milligrammi, dopo 24 iniezioni_, si è raggiunta la dose di tre centigrammi e mezzo ; e mentre dapprincipio le reazioni locali e generaU si ebbero costantemente assai pronunziate , apportando perfino la completa caduta delle croste fin dalla 5^* iniezione; con- tinuando ed elevando sempre più la quantità del farmaco , la rea- zione ad un certo punto si è arrestata, non avvertendo più 1' am- malata effetto alcuno (anco subbiettivo) da siffatte iniezioni. Del resto la superficie ammalata arrivò a presentarsi già in uno stato assai soddisfacente di cicatrizzazione. Nell'altra sorellina (di età minore) il rimarginamento delle piaghe in diversi punti anche della faccia mostròssi già completo dopo circa 16 iniezioni e con un massimo di 15 milhgrammi di linfa. Divenuta del resto nell' una e nell' altra refrattaria qualuncjue reazione del rimedio , ho fatto sospendere la cura per circa 18 giorni; dopo tale periodo di riposo si è dovuto constatare però la ricomparsa in qualche punto della faccia di piccole bottoni facili ad ulcerarsi , i quaU del resto si sono modificati nuovamente col ripetersi di successive iniezioni, in seguito alle quah anche le rea- zioni tanto locali che generaU mostraronsi anch' esse di minore intensità, è vero, ma discretamente sensibili. A confermare gfi effetti di questa linfa anche in altri amma- lati né luposi né tubercolosi, e convincermi di quale importanza se- miologica avrebbe potuto fino ad un certo punto essa ritenersi, ol- tre gli ammalati già accennati, ho fatto praticare qualche iniezione 118 Sugli esperimenti fatti colla linfa di Koch alalie in individui convalescenti o ristabiliti da altre comuni malattie : or bene, pur essendo stati essi apiretici da parecchio tempo, dopo la iniezione di un mezzo milligrammo di linfa, si è potuto, trascorse 4 a 6 ore, constatare un sensibile aumento della temperatura fino a 38° 8, (in uno) e 39° 2, (in altro) con corrispettivo aumento an- che nella frequenza del polso e degU atti respiratorj, e coll'accom- pagnamento anche di molti di quei fatti subbiettivi relativi all'azio- ne della linfa , come in quelli tubercolosi. Siffatti individui invero, clii più chi meno, dopo la sperimentata iniezione incominciarono a lagnarsi del solito spossamento generale e d'un dolore più o meno molesto alle articolazioni e ai muscoli degli arti tanto superiori che inferiori, accusavano discreta cefalgia, emettevano anche un sudore abbondante, e che tutto cessava poscia col dileguarsi di quella tem- poranea ipertermia. È stato anche per me d"un certo significato l'esperimento fatto eseguire sopra due ammalati estranei addirittura anch'essi ad ogni processo tubercolare , uno affetto cioè da un semplice angiocolite catarrale, e l'altro da enfisema pulmonare; tutti e due apirettici com- pletamente e nei quali infatti la temperatura non aveva mai oltre- passato i 36° 8 e 37" i2, nelle ore di sera. Or bene per conferma- re in questi le modificazioni possibiU apportate della linfa di Koch sopra una soluzione di continuo di natura non tubercolosa, ho pre- scritta, nell'uno o nell'altro, l'applicazione di due larghi vescicanti in uno sulla regione ipocondrica destra e nell' altro sulla regione sopramammaria di sinistra. Al secondo giorno ( prima ancora di qualunque iniezione ) il fondo defia piaga nell'uno e nell'altro caso presentavasi d'un colo- rito quasi roseo con piccoli solcamenti in certi punti d'un rosso più intenso e umettato tutto d'un essudato sieroso scai'so. Stabiliti in tal modo i caratteri , si passa lo stesso momento alla iniezione d'un mezzo milligrammo di linfa per ciascuno; e men- tre fin da cinque ore dopo si potè constatare già l'aumento solito della temperatura (38° 5 neW itterico; 38° 8 neìVenfisematico) coU'ac- compagnamento di parte di quei fenomeni subbiettivi già descritti, nella Clinica Medica di Catania 110 potè confermarsi, dopo già sette ore dalla praticata iniezione , 1' a- spetto del vescicante in tutti e due essersi anch' esso significante- mente modificato. Infatti il colorito si è presentato d'un fondo più spiccatamente rosso e fortemente congestionato, dando luogo anche ad una abbon- dantissima secrezione muco-purulenta. Dal riassunto di tutte siffatte osservazioni (da dettagliarsi del resto in altra apposita relazione) (1) emergono, secondo me, spon- tanee le seguenti conclusioni : 1.0 Che il valore semioloyko di questa linfa non puossi accet- tare come assoluto e per tutti i casi decisivo, non essendo la sua azione sempre costante nel designare in mancanza d'altri criteri la specialità del processo tubercolare. Restando a tal'uopo sempre supe- riori i mezzi più inconcussi fornitici dalla Clinica e dafia Batterio- logia. 2.0 Che gli effetti curativi di essa non si hanno poi quella ef- ficacia già a priori tanto decantata ; non avendo apportate mai quelle modificazioni locali capaci a determinare la scomparsa asso- luta del processo in qualuncjue stadio esso si trovi. E che d' altro canto il concorso dei mezzi igienici, di cui vengono circondati si- mili infermi, può molto valere, anche da sola, a determinare quei periodi di sosta e quel temporaneo miglioramento della malattia fi- no al momento in qualche caso osservati. 3.0 Che intorno al lupus quantunque non sia a negarsi spesso una pronta efficacia sul processo d' esulcerazione ; anche fin dalle prime iniezioni^ non è però ancora a ritenersi decisivo il vero va- lore terapeutico di essa per la completa e deffinitiva guarigione del morbo. (1) Redatta dagli assistenti della Clinica. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani pel Doti GIOVANNI DI -STEFANO. paleoutologu dell' rfficlo geologico italiauo. Il Lias medio del M. San Giuliano. Questo lavoro è diretto allo studio stratigrafico e paleontologico minuto di una massa molto potente di calcari del Lias medio, per ri- cercare se principalmente con la guida dei brachiopodi sia possibile distinguere in essi vari livelli, che possano servire poi da termine di paragone per l'ordinamento dei calcari con crinoidi e brachio- podi meglio studiati del bacino mediterraneo. Simile tentativo non si è fatto sinora per le difficoltà che si oppongono alla esatta divi- sione delle faune nei calcari con crinoidi; ma giacché nel Lias me- dio del M. San Giuliano esiste una linea di divisione stratigrafica, e lo studio dei brachiopodi, se ancora non può condurre a fondare vere zone nel significato che loro è dato modernamente (1), può permettere tuttavia di stabilire dei livelfi, ho voluto esporre qui il risultato delle mie ricerche che, se non altro, possono servire a far conoscere un importante deposito liassico. Il M. San Giufiano, cioè l'antico Erice, è l'estrema diramazione del gruppo di monti mesozoici della parte settentrionale di Sicilia, e s'innalza di 751 m. sul livello del mare che ne lambe parte defia base. Esso è molto noto nell'isola per le memorie del celebrato tempio di Venere ericina, per gl'importanti avanzi di costruzioni pelasgiche e per le antiche cave di marmi, ora esaurite. La sua struttura è messa a nudo dalla frattura che lo sezionò nel lato S. E. e rese visibile una bella e regolare successione di strati fortemente inclinati a S. 0. e diretti da N. 0. a S. E. Essi sono riccamente (l; Neumayr, Ueber unvermittelt auftretende Cephalopodentypen in Jura Mittel-Euroiia's, 1878 CJahrb. d. k. k. geol. R.-A.) Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4° 17 122 R Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani fossiliferi e fra i più importanti della Sicilia ; nondimeno , dopo la brevissima descrizione geognostica che ne fece F. Hoffmann (1) , solo in tempi molto recenti sono stati oggetto di studio esteso. Nel 1884 io pubblicai la illustrazione dei brachiopodi di quel Dogger inferiore (2) e più tardi, cioè nel 1886, il prof. Gemmellaro (3) diede la descrizione geologica del monte e l' esame di tutta 1" ab- bondante fauna del Dogger inferiore. Nello stesso anno il march. A. De-Gregorio (4) descrisse alcuni dei fossili dell'Erica, dei quali ripubblicò le tavole in un secondo lavoro (5), e l' ing. L. Baldacci stampò dei cenni sulla costituzione del monte nella sua nota bel- l'opera sulla geologia della SiciUa (6). Ora io credo bene di ri- tornare sullo studio del M. San Giuliano per esaminare i calcari del Lias medio, che sono importanti per la più estesa conoscenza paleontologica e stratigrafica di questo piano. Pertanto noto che la serie dei piani e dei livelli costitutivi del monte (tralasciando di riportare i calcari elveziani con Heterostegina, grandi Peden e Clijpea- ster, perchè sono nella pianura e non fanno parte del monte) è la se- guente : 8. Calcari dell'Eocene compatti, talora brecciformi, grigi , con abbondanti piccole nummuliti. 7. Calcari finamente cristallini, grigi o biancastri del Titonico con Terehratula diphya Cat. , Lytoceras quadrisulcatum d' Orb. sp. , Phylloceras 'ptychoicimi Quenst. sp. ecc. 6. Calcari cristallini, grigio-chiari, qua e là macchiati di verda- stro, della zona con Aspidoceras aclmntkìcmn Opp. sp. (1) Hoffmann, Geoffiiostische Beohachtungen ecc.; Berlin, 1839, pag. 454. (2) Di-Stefano, Ueher die Brachiopoden des Unteroolithes ron M. San Giuliano bei Tra- pani {SicHien); Wieii, 1884 (Jahrb. d. k. k. geol. R. A., 34 Bd.) (3) Gemmellaho, Sili Doijger inferiore del M. San Giuliano (Erice); Palermo 1886 (Boll. della Soc. di Se. Nat. ed Econ. di Palermo; seduta del 29 gennaio 1886;. (4) De-Greoowo , Nota intorno a taluni fossili di M. Erice di Sicilia del piano Alpi- niano De Greg. ; Torino , 1886 (Estratto dagli Atti della R. Acc. di Se. di Torino , S. II, T. XXXVII.) (5) De-Gbeookio, Iconografia della fauna del T orizzonte Alpiniano; Palermo, 1886. (6) Baldacci, Descrizione geologica dell' isola di Sicilia ; Roma, 1886. (Mem. descrittive della carta geol. dell' Italia) Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 123 5. Calcari cristallini con grana molto fina, bianchi, tendenti al verdastro, assai spesso macchiati di carneo, con Peltoceras transver- sariuìii Quenst. sp. ecc. 4. Calcari compatti, grigio-chiari, con liste e nodoli di selce, sterili di fossili, rappresentanti con molta probabilità la zona con Stephanoceras macrocephalum Schloth. sp. 3. Calcari compatti grigio-oscuri, con nodoli di selce, riposanti in concordanza su quelli del Dogger inferiore. Contengono la fauna degli strati di Klaus, con Posuìonoimja alpina Gras , Bliynchonella Alla Opp., Rh. defluxa Opp., Terebratula pteroconcha Gemm. ecc. 2. Calcari neri o nerastri , con grossolane ooliti ferruginose, riposanti con leggiera discordanza sul Lias medio. Offrono una fauna ricchissima del Dogger inferiore, con Harpoceras opalinum Rein. sp. Ludwigia Miirchisonae Sow. sp., Terebratula spheroidalis Sow. ecc. 1. Calcari grigi e bianchi, compatti o cristallini , con o senza crinoidi, ricchi di brachiopodi e lamellibranchi del Lias medio. Gli' strati del Lias medio formano la base dirupata del monte, e, comparendo come roccia fondamentale, non fanno scorgere gli strati sui quali riposano. La loro potenza apparente è di circa 250 m., come si vede nel lato S. E. del monte, sulla destra di chi sale le primi rampe della strada rotabile di San Giuliano. Essi cominciano molto sotto il balzo dei Cappuccini per mezzo di spessi strati di calcare tenace, cristallino , grigio, sparso di macchie gial- lastre e di venature bianche spatiche, zeppo di crinoidi indetermi- nabili e di brachiopodi , ma scarso di pelecipodi. Le sue specie più frequenti sono : Sp. rostrata Schloth. sp., Sp). Hartmanni De- slongc. non Zieten, Sp. gibba Seg., Rh. Briseis Gemm. ecc. Questi strati, il cui spessore si avvicina ai 100 m. , passano superiormente ad altri di calcare grigio-chiaro, compatto oppure sub- cristallino, poverissimo o assai spesso scevro di crinoidi, con molte Lima, col Peden heterotus Gemm. et Di-Blasi, con alcune Scurriopsis e con esemplari del Nautilus affinis Gemm. e del N. demonensis Gemm. Tale calcare ha lo spessore di circa 50 m. e alla parte superiore 124 n Lias medio del M. San Giuliano (Ericé) presso Trapani passa alla sua volta a strati di calcari cristallini bianchissimi, con sfumature carnicine qua e là, formati interamente dall' accumulo di articoli di crinoidi e di conchiglie di brachiopodi e di pelecipodi. Essi raggiungono la potenza di circa 100 m. Fra i loro brachiopodi sono notevoli per abbondanza o per importanza la Bh. curviceps Quenst. sp., la Rh. Eleuteria Di-Stef., la Ter. punctata Sow., la Ter. Rotzoana Schaur., la Wald. Verneuili Deslongc, var., la Waìd. qua- drifida Lmk. var. lyliboea Di-Stef. ecc. Fra i pelecipodi predominano le Lima del sottogenere Plaijtostoma , quasi tutte nuove , il Federi heterotus Gemm. et Di-Blasi, il P. textorim ScUoth. sp. e varie specie indescritte. Come si vede , si presentano dunque nel Lias medio del M. San GiuUano due livelli di calcari con crinoidi e brachiopodi, se- condo fu già notato dal prof. Gemmellaro, i quali, per la spessa zo- na di calcare compatto che li separa e pel loro colore differente, so- no sul terreno ben distinti a prima vista e sembrano anzi appar- tenere a due piani geologici. Per questo è necessario di studiare minutamente e separatamente la loro fauna. Nel livello più basso, costituito di calcare grigio con crinoidi, si raccolgono le seguenti specie : Spiriferina rostrata Schloth. sp. „ sicula Gemm. „ Hartmanni Deslongc. non Zieten „ Darwini Gemm. „ Statira Gemm. „ anyulata Opp. „ Z'Kjnoi Di-Stef. (jibha Seg. „ Munsteri Davids. RhynchotieUa curviceps Quenst. sp. „ tetraedra Sow. sp. „ serrata Sow. e var. Kilianl Di-Stef. „ Scherina Gemm. „ Glycinna Gemm., var. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 125 RliyìieìtuneUa palitiata Opp. „ Dalmasi Dum. „ Caroli Gemili. {=Hli. ('artieri Opp.) „ Alberti Opp. „ Briseis Gemm. e var. Iphimediu Di-Stef. ,, ptinoides Di-Stef. Wdhllifiiiiia securiformis Gemm. , var. pomatoides Di-Stef. „ cfr. siihìiìtiiiisinalis Davids. „• Eie aldi Opp. „ Rotlipletz Di-Stef. {^Z. liìignafa, var. major Haas non Bòck = Wald. Haasi Rotlipl. non Buck- mann) Lima {Plagiostoma) nov. sp. aff. L. semilunaris Ziet. Peden {Chlamys) textorius Schloth. sp. „ „ heterotus Gemm. et Di-Blasi „ „ anomioides Gemm. et Di-Blasi „ {Pseudatnussium) Stoliczkai Gemm. , „ Bellampensis' Gemm. et Di-Blasi Avicula {Oxijtoma) sinemuriensis d'Orb. Naidilus sp. Harpoceras Ahjovianum Opp. sp. „ Kurrianum Opp. sp. Nel livello più elevato^ cioè nei calcari bianchi con crinoidi si trovano queste specie : Spiriferina rostrata Scliloth. sp. Handeìi Di-Stef. „ siculu Gemm. „ Hartmanni Deslongc. non Zieten „ Darwini Gemm. „ Geyeri Di-Stef. „ Zifjnoi Di-Stef. , yibba Seg. , Milnsteri Davids. sp. e var. recondita Seg. 126 II Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani BhyìicìioneUa ciirviceps Quens^t. sp. „ tetraedra Sow. sp. „ serrata Sow. e var. KiUani Di-St^f. „ Dalmati Duni. „ Eleuteria Di-Stef. „ Zuymayeri Gemili. Terehratula punctata Sow. „ sphenoidalis Mgh. apud Gemm. „ Botzoana Schaur. e var. pJicata Waldheiìiiia secìirìfor>nìs Gemm. , vav. poìnato/des Di-Stef. „ Catìiarinae Gemm. „ Darwini Deslongc. „ cfr. subnumisnialis Davids. „ quadrifida Lmk. sp. , var. ìijiihoea Di-Stef. „ Verneuili Deslongc. , var. Kinyena Capellinii Di-Stef. „ losephinia Gemm. Placunopsis sp. nov. Lima Haueri Stol. „ {Flayiostoiiia) sp. nov. aff. L. semilunaris Ziet. „ „ sp. nov. aff. L. Edio d' Orb. „ „ sp. nov. aff. L. Choffati Di-Stef. „ „ sp. nov. aff. L. Eucharis d' Orb. „ {Radula) sp. nov. aff. L. pectinoides Sow. Peden {Chlamys) textorius Schlotli. „ „ heterotus Gemm. et Di-Blasi sp. „ „ sp. nov. aff. P. Boìlel Stol. „ {Pseudamussium) Stoliczkai Gemm. » » sp. IlehlU d' Orb. Avicula (Oxytoma) sinemuriensis d' Orb. Mytilus sp. Pleurotomaria sp. Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 127 Dall' esame di questi elenchi di fossili si trae che le faune dei due livelli appartengono al Lias medio. I due cefalopodi deter- minati ( Harp. AÌ(/ovianuin Opp. sp. , Harp. Kurrianum. Opp. sp. ) sono sufficienti a porre in tale piano il livello inferiore; però essi non hanno valore per una determinazione di zona, essendo i cefa- lopodi dei nostri calcari con crinoidi e brachiopodi del tutto ina- datti, almeno per ora, a fare stabilire tali divisioni. Il resto delle specie del livello inferiore confermano questo riferimento di età. Su 32 specie che rimangono , una era ritenuta speciale del Lias inferiore di Taormina {Sp. segregata Di-Stef.), 3 si raccolgono nel Lias inferiore della provincia di Palermo {Sp. Darwini Gemm., P. anomioides Gemm. et Di-Blasi, P. heferotus Gemm. et Di-Blasi); delle quali la Sp. Darwini passa anche nel Lias medio della provincia di Palermo e di Messina, e una {Eh. Caroli Gemm. = Bli. Cartieri Opp.) è comune al Lias inferiore di Hierlatz e della provincia di Palermo. Gli altri fossili o sono speciali del Lias medio {Sp. Statira Gemm., Sp. gibba Seg., Rh. serrata Sow., sp., Eh. Glijcinna Gemm., Eh. Dalmasi Duni., Wald. securiformis Gemm.) , oppure si presen- tano nel Lias inferiore e nel medio , e qualcuna nel superiore. Però se fra queste si tolgono la Sp. angidata Opp., la Eh. Alberti Opp., la Eh. palmata Opp., la Wald Ewaldi Opp. e il P. textorius Schloth. sp., a dir vero assai più sviluppate nel Lias inferiore ^ la massima parte sono di quelle che offrono il più grande sviluppo nel medio {Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. sicula Gemm., Sp. Hart- manni Deslongc. non Zieten, Sp. Milnsteri Davids., Rh. curviceps Quenst. sp., Eh. Briseis' Gemm., Eh. tetraedra Sow. sp., P. Sto- liczkai Gemm., Av. sinemuriensis d'Orb.). La Wald. Eothpletzi Di-Stef. =^ Wald. linguata, var. major Haas non Bòck = Wald. Haasi Ro- thpl. non Buck. si presenta pure a San Cassiano in calcari riferibili alla parte inferiore del Lias medio. È da escludere dunque che 1 calcari a crinoidi grigi del livello inferiore descritto possano riferirsi al Lias inferiore : essi vanno posti nel Lias medio, come gU altri di Sicilia detti con T. Aspasia, 128 11 Lias medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani che col loro tipo promiscuo di specie del Lias inferiore e del medio ripetono in questo la facies di Hierlatz. Cosi esattamente si può anche eliminare il dubbio che il li- vello più alto possa rappresentare il Lias superiore. Delle sue 43 specie una sola sinora pareva propria del Lias inferiore di Hier- latz (L. Haueri Stol.); 2 provengono dalla parte elevata del Lias inferiore di Taormina {Sp. segregata Di-Stef., Sp. Handeli Di-Stef.); 3 dal calcare cristallino del Lias inferiore della provincia di Pa- lermo [Sp. Darwini Gemm. ; Eh. Zugmayeri Gemm. , P. heterotus Gemm. et Di-Blasi) ; 2 sogliono essere più proprie delle parti ele- vate del Lias medio e passano anche nel superiore (T. Rotzoaììa Schaur., Wald. Darwini Deslongc.) ; 9 sono ritenute finora speciali del Lias medio {Sp. gihha Seg.^ Rh. serrata Sow. sp., Eh. Dalmasi Dum., T. sphenoidalis. Mgh. apud Gemm., Wald. Verneuili Deslongc, var., Wald. securifortiiis Gemm. ) Wald. Catharinae Gemm., Wald. quadrifida Lmk., Kingena Josephinia Gemm.) , e il resto delle spe- cie già note, pur trovandosi nel Lias inferiore e nel medio e ta- luna anche nel superiore, sono nondimeno di quelle che raggiun- gono il massimo sviluppo nel medio (Sp. rostrata Schloth. sp., 8p. sicula Gemm. , Sp. Hartmanni Deslongc. , Sp. Miinsterl Davids., Eh. curviceps Quenst., Eh. Briseis Gemm., E //. tetraedro Sow. sp., Ter. imnctata Sow., sp. Wald. cfr. snbnumismalis Davids. , A. sinemurien- sis d'Orb.), se però se ne eccettuano il Pect. teoctoriiis Schloth. sp. e il P. Helilii d' Orb. più sviluppati nel Lias inferiore. Dodici spe- cie infine sono nuove e una non permette T esatto apprezzamento de' suoi caratteri. Da quanto abbiamo esposto si trae dunque che il livello supe- riore di calcari con crinoidi e brachiopodi del M. San Giuliano rap- presenta certamente anch'esso il Lias medio. Intanto è da notare che tra le faune dei due liveUi di calcari con crinoidi si rilevano alcune differenze importanti. Prima di tutto si osserva che in quello elevato, cioè nei calcari bianchi, si presen- tano alcune specie di molto significato che mancano nel Uvello in- feriore, come sono la Ter. Eotzoana Schaur. , che si raccoglie // Lias modio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 129 nelle porzioni elevate del Lias medio e specialmente nel superiore, la ÌVa/d. quadrifida Lmk. sp. , var. e la IVa/d. Darwini Deslongc, più solite degli strati alti del Lias medio , e delle quali 1' ultima passa anche in quelli con Leptaenu del Lias superiore (1). Inoltre mancano nel livello superiore alcuni tipi del Lias inferiore di Hier- latz che invece si raccolgono frequentemente in quello inferiore, come sono la Sp. angidata Opp., la Bh. palmata Opp., la Rh. Al- berti Opp. e la Wald. Envaldi Opp., e dippiù si nota in esso una maggior quantità centesimale di specie comuni col Lias inferiore in generale. Per questi suoi caratteri, che indicano più strette relazioni con le parti elevate del Lias medio e col superiore , il livello più alto di calcari con crinoidi del M. San Giuliano mostra rispetto a quello più basso un carattere di maggiore gioventù, il che corri- sponde alla sua posizione stratigrafica elevata. I contrassegni distintivi dei due livelli si mostrano più spic- cati se si considera che ci sono delle specie e delle varietà nuove caratteristiche per ognuno di essi. Infatti la Eh. ptinoides Di-Stef. è speciale degli strati inferiori, mentre la Sp. Geijeri Di-Stef., la Rh. Eleuteria Di-Stef.,' la Kinyena Capellini Di-Stef., e le varietà riferite alla Vald. Verneuili Deslongc. e alla Wald. quadrifida Lmk. sp. sono proprie di quelli superiori. Pertanto non deve esagerarsi il valore di tali differenze, che è naturale si trovino in un deposito molto potente e formatosi per- ciò in uno spazio di tempo relativamente lungo ; nondimeno esse mostrano che i calcari con crinoidi non occupano nel Lias medio un livello determinato, ma che possono ripetersi a varie altezze e con certe differenze di faune^ al quale fatto, già conosciuto per ra- gioni paleontologiche, mancava sinora la prova stratigrafica che for- nisce lo studio del M. San Giuliano. (1) Choffat, Étude stratigraphique et paliontologique des térrains jurassiques du Portu- gal, 1. Lisbonne, 1880. Atti Acc. Vol. ITI, Serie 4' 18 130 H Lias medio del M. San Gitdiano (Erice) presso Trapani II. Sul possibile ordinamento dei calcari con crinoidi e brachiopodi del Lias medio mediterraneo. § 1. La determinazione dei due livelli di calcari con crinoidi e brachiopodi del monte San Giuliano stratigraficamente sovrapposti, può facoltare, per mezzo del loro paragone, a tentare la divisione in una porzione inferiore e in una superiore di altii calcari fossili- feri del Lias medio mediterraneo (sebbene non sia facile stabilire dei retti ciiterj distintivi), e tale che possa servire da riprova ai minuti riferimenti di età fatti sinora solo paleontologicamente e in modo vago e generale. Per procedere a questo, fermiamoci prima sul paragone dei due livelli descritti del M. San Giuliano con i cal- cari a crinoidi e brachiopodi di altre regioni della Sicilia. Le faune siciliane del Lias medio meglio conosciute sono quelle della provincia di Palermo, di Galati di Tortorici ( Messina ) e del piccolo promontorio di Castelluccio presso Taormina (Messina). Le prime furono già illustrate compiutamente dal prof. G. Gemmellaro (i), e all' elenco dei fossili riportato da lui , composto di specie prin- cipalmente raccolte sulla Montagnola di S. Elia (Palermo), di Ghiusa- Sclafani e della contrada Sant'Anna presso Giuliana nella provin- cia di Palermo , non ci è da aggiungere altro che la Sj). Darwini Gemm. { = 8p. cfr. a ululata Gemm. non Opp. ) di Sant'Anna. Le faune delle tre località cennate della provincia di Palermo (i2) hanno (1) Gemmbllako, Sopra i fossili della zona con T. Aspasia Mgh. della provincia di Pa- lermo e di Trapani; Palermo, 1874. (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia, 1872-82). (2) I fossili che si raccolfrono nei tre luoghi notati sono i seguenti. Nel calcare grigio, talvolta macchiato di rosso, con crinoidi della Montagnola di S. Elia si raccolgono : Koninkella gihbosula Genun. sp. ; Sp. rostrata Schloth. sp., Rh. pusilla Gemm, Rh. Briseis Gemm., Rh. Ziiteli Gemm., Rh. serrata Sow. sp., Rh. Scherina Gemm., Rh. fvrcillata Theod. sp., T. riidis Gemm., T. TaramellH Gemm., T. Piccinina Zht. , T.Aspasia, Mgh., Wald. Ewaldi Opi)., Wald. Catharinae Gemm., Wald. costuluta Gemm., Wald. cfr. numismalis Link, sp , Anomia numi- smalis Quenst. In quello bianco, talvolta tendente al carneo, con crinoidi, di Sant'Anna di Giuliana: Sp. Staiira Gemm. , Sp. rostrata Schloth. sp , Sp., sicula Gemm , Sp. Darivini (iennu., Sp. Mìln- Il Liaji medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani 131 gli stessi caratteri generali e sono sì strettamenente legate che nella ricerca della porzione antica o recente del Lias medio alla quale spettano , possono studiarsi riunite. L' insieme delle loro specie è notato dal prof. Gemmellaro nel quadro che ciiiude il suo lavoro; io pertanto le ho enumerate qui sotto divise secondo il luogo d'onde provengono. Le faune di Galati e del promontorio di Gastelluccio sono state studiate in parte dal prof. Gemmellaro, che descrisse i cefalopodi di Galati (1), e dal prof. Seguenza (3); però una critica minuta degli elenchi puhblicati e l'abbondante quantità di fossili di quei luoghi raccolti ora nel Museo geologico dell' Università di Palermo, fanno necessario che io enumeri di nuovo tali faune. I calcari rossi o grigi^ cristallini o subcristallini del Lias medio sten' Davvids. sp., Bh. Hetjnesi Genim. non Opp., Eh. tiiquetra Gemm., Eh. Kraussi Gerani., Eh. iurersa Opp., Eh. retusifrons Opp., Eh. Orsiiiii Gemm., Eh. Eriseis Gemili., Eh. poli/pli/- chu Opp., Eh. serrata Suw. sp.. Eh. .Scherma Gemm., Eh. flabellum Mgli. , Eh. Mariottii Zitt , Eh. furciìlata Tìieod. sp., T. sphenoidaHs Mgh. apiul Gemm., T. Aspasia Mgh , Wald. Cathariìiao Gemm., Waìd. securiformis Gemm., Wald. stapia Opp., Wald. Eiigelhardti Opp., Wald. Eu-aldi Opp., Placi<>W2)sis Zitteli Gemm., Pect. Holkzkai Gemm., Peci. Ponzii Gemm., Pect. Agathis Gemm., Lima Deslongchampsi RAuei;L. ìiasina Gemm., Eunema alpina Stol. sp., Tr. Cupido d'Orb., Tr. quadrimonilis Gemm., Ch. sinistrorsa Gerani., Ehac. mimatetise d'Orb. .sp., Earp. algoriaiimn Opp. sp., Ar. efr. tardecrescense v. Hauer sp. In quello bianco, talora tendente al carneo, con crinoidi, dì Chiusa Sciatimi: Koniiik. gih- bisula Gemm., Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. sicula Gerani., Eh. Orsinii Gemm., Eh. Briseis Gemm., Eh. Glycinna Gerani., Eh. Scherina Gemm., Eh.flahellfm Mgh., T. sphenoidaHs Mgh apud. Gemm., T. Aspasia Mgh., Wald. securiformis Gemm., Wald. costulata Gemm., Wald. Engelhardti Opp., Wald. st.ipia Opp., Wald. Eivaldi Opp., Kingena Josephinia Gerani., Placu- nopsis Zitteli Geniin., Pect. Agathis Gemm., L. Deslongchampsi Sto\., Av. sinemitriensis d'Orb. Av. sexcostata Roeni. , Arca aviculina Schafht. , Pleur. Scacchii Gemm. , Pleur. ch: princeps, Koch. et Dnnk. sp., Pleur. trochotomopsis Gemin., Crypt. heliciformis Deslongc, Crypt. cxpansa Sow. sp., Dischoh. o/-6(s Reuss, sp., Discoh. excavata Eeuss sp., Emi. alpina Stol. sp , Tr. Cu- pido d' Orb., Tr. Scherinus Gemm., Tr. quadrimonilis Gemm., Ch. sinistrorsa Gerani. , Phi/ll. Meneghinii Gemm., Earp. algovianum Opp. sp., Harp. Scherinum Gerani., Lyt. Czizcki v. Hau- er, Ar. cfr. tardecrescens v. Hauer. (1) Gemmellaro, Sui fossili degli strati a T. Aspasia della contrada Eoccherosse presso Galati; Dispensa 1»; Palermo, 1884. (2) Sequenza, / minerali della provincia di Messina, 1885 (pagine staccate da un'opera che non fu pubblicata)— /««orwo al sistema giurassico nel territorio di Taormina, 1885. ,Natur, sieil. a. TV)~Le Spiriferina dei varii piani del Lias messinese 1886. (Boll, della Soo. geol. ital. ; voi. IV ) 132 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani delle Rocche rosse sul M. Ucina presso Galati di Tortorici giacciono tra il Lias inferiore (1) e un calcare nerastro, che, pe' suoi caratteri litologici e pel suo posto stratigrafico immediatamente sottostante agli strati con la fauna di Klaus, sembra corrispondere al Dogger infe- riore del M. San Giuliano (Trapani). In questi calcari del Lias medio si raccoglie una fauna abbondantissima e mista di cefalopodi, bra- chiopodi, gasteropodi e lameUibranchi, che attendono ancora la loro compiuta illustrazione: io ne cito qui le molte specie note e quelle nuove che si presentano anche al M. San Giuliano. La lista che è utile di conoscere è la seguente : Spiriferina rostrata Schloth. sp. » pi/riformis Seg. ( = ? Sp. terebratulokles Seg.) „ gryphoidea Uhlig. {=Sp. ovata Seg.) „ brevirostris Opp. {=Sp. plano-conoexa Seg.) „ alpina Opp. {^8p. compressa Seg. ecc.) „ sicula Gemm. {^Sp. undulata Seg.) „ Hartmanni Deslongc. non Ziet. {=Sp. capulifor- mis Seg.) „ gibha Seg. a Darwini Gemm. „ angulata Opp. i=Sp. Carmelinae Seg. e var. pyra- mirJata Seg.) „ Miinsterl Davids. sp. Ehynconella Scherhia Gemm. „ serrata Sow. sp. „ Glycinna Gemm. var. „ Briseis Gemm. „ ftabeìlum Mgh. „ Orsinii Gemm. „ pusilla Gemm. „ triquetra Gemm. Sordellii Par. (1) Baldacci, Descrizione geologica dell'isola di Sicilia ecc., pag. 141. // Litis medio del M. San Giuliano {Ericé) pres.so Trapani Wò E/n/ììcoìieìfa riitiosa V. Buch. IHtljIptijcha Opp. „ Alberti Opp. „ ptiiioiiles Di-Stef. „ Reynesi Gemm. non Opp. „ pdhìuda Opp. „ Daloiasi Dum. Terebnitiila sphenoidalis Mgh. apud Gemm. „ Aspasia Mgh. ., conìicohuìa Can. Vnldlieiìiiia securifoniiis Gemm., var. pomatoides Di-Stef. „ stapia Opp. „ Ewaldi Opp. „ Furlana Zitt., var. elomjata Mgh. Peden (Chlamijs) subreticulatus Stol. „ {Pseudamussium) Stoliczkai Gemm. Avicula {Oxytoma) sinemuriensis d' Orb. Pleurotomaria Stiessi Hoern. „ cfr. foveolata Deslongc. „ intermedia Miinst. „ anglica Sow. sp. „ princeps Koch et Dunk. sp. Trochotoma cfr. striatum Hoern, Eunema alpina Stol. sp., var. Lewisiella conica d' Orb. sp. Trochus (Eutrochus) Cupido d' Orb. „ (Gibbìila) cfr. Avernus Stol. Chemnitzia (Rhabdoconcha) cfr. hierlatzensis Stol. Discohelix Beassi Hoern. sp. „ orbis Reuss „ cfr. reticulata Stol. Nautilus affinis Gemm. „ demonensis Gemm. Phylloceras Pa rischi Stur. 134 11 Lias medio del M. San Ghdìanu {Ericé) preciso Trapani Pìnjlìvceras Aluntunim Gemm. „ Meneyliinu Gemm. Rhacophyllites lihertum Gemm. Aegoceras {Liparoceras) Bechei Sow. sp. „ (Deroceras) suhmuticmn Opp. sp. Tropidoceras masseanum Opp. sp., var. mediterranea Gemm. „ Flandrini Dum. sp. „ Zancleanum Gemm. Coeloceras pettos Quenst. sp. Belemnites paxiUosiis Schloth. Il calcare grigio con crinoidi, che al piccolo promontorio di Castelluccio presso Taormina riposa sul Lias inferiore, fornisce una bella fauna, della quale le specie note e quelle nuove, che si rac- colgono pure al M. San Giuliano, sono queste: Spiriferina rostrata Schloth. sp. „ sicida Gemm. ( = Sp. imdulata Seg.) „ Statira Gemm. „ angidata Opp. ( = Sp. Carmelinae Seg. ) n gryphoidea Uhi. ( = Sp. ovata Seg. ) „ alpina Opp. ( = Sp. compressa Seg. ecc. ) „ Davidsoni Deslongc. = («S^/'- producta Seg.) „ segregata Di - Stef. „ Darwini Gemm. „ gibha Seg. Rhynchonella Glgcinna Gemm. „ serrata Sow. sp. „ Orsini Gemm. „ fiabelhnn Mgli. „ Dalmasi Dum. Briseis Gemm. e var. Iphimedia Di - Stef. „ ptinoides Di - Stef. . pohjptycha Opp. Terehratula sphenoidalis Mgh. apud Gemm. Il Lian medio del M. »Sfl« Giuìiano (Erice) presso Trapani 135 Terehrdtiild pìutctata Sow. , Aspasia Mgh. „ Beijricìn Opp. Vaìdlieimiu cfr. numismaìis Link. sp. „ nmtabilis Opp. „ stapìa Opp. „ Engelhardt/ Opp. „ securiformis Gemm., var. pomatoides Di - Stef. Eothpìetzi Di - Stef. Peefeiì [Cìamijs) heterotus Gemm. „ {Pseudamussium) Stoliezk(// Geiiim. Avicula {Oxytoma) sinemimensis d'Orb. Lima {Plagiostoma) sp. nov. aff. L. semilunaris Ziet. Discohelix Reussi Hoern. sp. „ orhis Reuss sp. Trocus {Eutì'ochus) lateiimbilicattis d' Orb. Plìì/Iìoceras Patiscili Stur sp. „ Alontinum Gemm. Rliacophyllites libertum Gemm. sp. Tropidoceras Zancleanum Gemm. sp. Harpoceras Algoviamim Opp. sp. „ Kurrianum Opp. sp. „ scherinum Gemm. I cefalopodi delle varie faune notate sopra provano con sicurezza che esse appartengono al Lias medio ; però tali fossili, pel loro ri- stretto numero e pel modo del loro aggruppamento, non rendono pos- sibile una determinazione di zona nel senso che le si dà moderna- mente, n Coeloceras pettos Quenst. sp., il Tropidoceras masseanum d'Orb. sp. , r Aegoceras suhmuticttrn Opp. sp. sono più propri delle porzioni basse del Lias medio, sebbene non manchi chi indica le due ulti- me specie in istrati attribuiti al Lias superiore (1), ma che potreb- (1) Meneghini, Monographie des fossiles du calcaire rotige ammonitique (Lias supérieur ) de Lombardie et de V Apennin centrale; Milan, 1867-81. (Paleontologie lombarde ecc.) 136 II Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani bero appartenere forse alla parte elevata del Lias medio. U Aegoceras {Liparoceras) Bechei Sow. sp. e Y Harpoceras Flandriui Dum. sp. so- gliono presentarsi nelle zone medie del Lias medio ; nondimeno il primo è indicato dal Meneghini [Amm. {Aegoceras) striatus apud Me- negliini] nell' opera qui avanti citata come trovato nei calcari di Bi- cicola (Lombardia) , da lui riferiti al Lias superiore , ma che pure possono essere delle porzioni alte del medio. U Harpoceras Kurrianum Opj). sp., r Tlarp. Alyovianum Opp. sp. e il RhacophijìHtes nimatense d" Orb. sp. si raccolgono solitamente nella parte superiore del Lias medio. L' ultima specie ora citata è indicata anche nel Lias supe- riore dell'Appennino (Cagli) dallo Zittel (1), e il Meneghini la men- ziona insieme con 1' Harp. Algovianum Opp. sp. in istrati del così detto rosso ammonitico lombardo da lui ritenuti come rappresen- tanti del Lias superiore , ma che, come si è detto potrebbero, Al- meno in parte, non esser tali. È da notare tuttavia che 1" Harp. al- govianum Opp. sp. fu notato anche nel Lias superiore di Taormina dal prof. Seguenza ; ma ivi non c'è di certo (2). Il PhyUoceras Part- scJìi Stur. sp. e il RhacophylUtes libertum Gemm. passano dal Lias inferiore sino al superiore, e il Belemnites paxìllosus Schloth. si rac- V V coglie in tutti i liveUi del Lias medio. Il Lytoceras Czizeki v. Hauer sp. non è a Hierlatz, secondo scrive il Geyer (3), perchè gU esem- plari di quella regione così determinati da v. Hauer appartengono a un' altra specie ; però esso è indicato nel Lias medio dell' Apen- nino centrale (Canavari) e in calcari dell'Itaha settentrionale (v. Hauer, Meneghini) finora posti nel Lias superiore, ma pei quali bisogna far , V V . le riserbe che ho cennato avanti. Per queste ragioni il L. Czizeki è lungi dal poter fare determinare con la sua presenza una zona geologica. Infine I' Arietites cfr. tardecrescens v. Hauer, che si racco- (1) Zittel, Geologische Beohachtungen aus den Central-Apenninen ; Mtincheii, 1869 (Geo- guostisch-palaoutologische Beitriige ecc.) (2) SoHOPEN , Sul Toarsiano , Dogger e Maini dei dintorni di Taormina, Il ; Palermo, 1886. (3) Geyeb, Ueber die liasischen Bracbiopodeu des Hierlatz bei Hallstatt; Wien, 1886 (Abbandl. d. k. k. geol. R. A. , XH Bd.) Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 137 glie sulla Montagnola di S. Elia presso Palermo , è di determina- zione troppo dubbia, perchè possa qui venir considerato. Se si tien conto di questi cefalopodi, sia nel loro insieme, al che si è facoltati dalle intime relazioni che legano il Lias medio della provincia di Palermo a quello di Galati e di Castelluccio, sia divisi secondo i luoghi che li forniscono, non si possono trarre dun- que sicuri elementi per la determinazione della zona alla quale ap- partengono i calcari con crinoidi esaminati. È necessario perciò di dai-e nello studio di questi strati una maggiore importanza ai gasteropodi, ai pelecipodi e soprattutto, pel loro forte predominio, ai brachiopodi. Pertanto i calcari del Lias medio della provincia di Palermo (montagnola di S. Elia , Chiusa-Sclafani, Sant' Anna) sopra un in- sieme di 63 specie ne hanno 23 comuni col noto deposito di Hier- latz, che, secondo l' opinione dell'Oppel (1), ora confermata dal Ge- yer (2), rappresenta una porzione elevata del Lias inferiore; 2 con quello di Sospirolo; 3 col Lias inferiore della Selva Baconica; 5 con la parte assai elevata del Lias inferiore di Taormina e 5 col cal- care cristallino del Lias inferiore della provincia di Palermo. Quelli dei dintorni di Galati (Rocche rosse sul M. Ucina) sopra 127 spe- cie (3) ne hanno 34 comuni col Lias inferiore, delle quali 24 con quello di Hierlatz, 4 col calcare cristallino del Lias inferiore della provincia di Palermo, 4 col deposito di Sospirolo, 6 col Lias infe- riore della Selva Baconica e 5 col Lias inferiore di Taormina. Quelli del piccolo promontorio di Castelluccio presso Taormina sopra 51 specie ne hanno 23 comuni col Lias inferiore, delle quali 14 sono a Hierlatz, 3 a Sospirolo , 4 nel Lias inferiore di Taormina , 6 in (1) Oppel, Ueber das Alter des Hierlazschichten , 1862 (N. Jahrb f. Min. ecc , pag. 59.) (2) Geyee, Op. cit. , pag. 272. (3) Alle specie di Galati enumerate avanti se ne bisognano aggiungere, oltre ai 31 cefalo- podi nuovi descritti dal prof. Gemmellaro, molte altre nuove ancora non pubblicate, che si con servano nel Museo geologico dell' Università di Palermo, cioè 1 Sperifen'na, 2 Terehratiila, 1 Waldheimia , i Rhynchonella , 3 Lima, 1 Carpenteria, 1 Eunema, 2 Chiysostoma, 8 Trochus, 3 Neritopsis, 3 Discohelix, 1 Eulima ?, 2 Chemnitzia, 1 Cerithium ?. Cosi il numero delle spe- cie del Lias medio di Galati sale a 127. Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4» 20 138 II Lias medio del M. San Giuliano (Ericé) presso Trapani quello della Selva Baconica e 2 nel calcare cristallino del Lias in- feriore della provincia di Palermo. (1) La massima parte delle specie delle tre famie ora notate sono o speciali di esse o di strati del Lias medio delle Alpi, dell' Ap- pennino e della Spagna, mentre solo un ristretto numero ( che in parte si presentano anche nell' Appennino e nelle Alpi ) sono di quelle che hanno un grande sviluppo o il proprio giacimento nel Lias medio estralpino OSp. rostrata Schloth sp. , Sp. Milnsteri Da- vids. sp., Sp. Davidsoni Deslongc, Eh. serrata Sow sp., Rh. tetrae- dra Sow. sp., Bit. r'nnosa v. Buch sp.. Eh. furcillata Theod sp., T. punctata Sow.). Taluna di queste passa anche nel Lias superio- re. La Eh. Dalmusi Dum., menzionata ora per la prima volta nel Lias medio italiano, proviene da quello del bacino del Rodano ed è stata trovata recentemente nella Spagna (2); la Ter. Aspasia Mgh. è citata anche negli strati con Hamm. fallax di S. Vigilio (3). Ora le faune del Lias medio eseminate qui sopra hanno, come si vede, esigui rapporti con le parti elevate di esso e col Lias supe- riore; invece mostrano grandi relazioni con l' inferiore e specialmente con quello di Hierlatz; sicché gli strati della provincia di Palermo, cioè quelli della montagnola di S. Elia, di Chiusa-Sclafani e di S. Anna; quelli delle Rocche rosse di Galati e del promontorio di Ca- stelluccio presso Taormina possono collocarsi nella parte inferiore del Lias medio. Tale determinazione di età è confermata dal paragone di questi strati con i due livelli di calcari con crinoidi del Lias medio del M. San Giuliano. Infatti la fauna del livello inferiore corrisponde a quelle della provincia di Palermo^ di Galati e di Castelluccio , con le quaU ha 26 specie comuni sopra 34 e le stesse intime ana- (1) Se al catalogo (lei fossili del Lias medio di Castelluccio si aggiinigono altre poche specie sinora indescritte (1 Spiri ferina, 3 lihynchonelìa , 3 Waldheimia e 2 Harpoceras) si avrà che quella fauna è rappresentata da 61 specie. (2) KiHAN, Éftides paléontologiques sur les térrains sécondaires et tertiaires de V Anda- lousie; Paris 1889, (Mission d' Andalousie; Mein. de l'Acc. des Sciences ecc., T. XXX). (3) Vacek, Ueber die Fauna der Oolithe voti Cup. S. Vigilio, 1880. CAbhandl. d. k. k. geol- R. A., Bd. XII.) Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 139 lotìie col Lias inferiore di llierlalz; mentre quella del superiore, pur legata strettamente con esse per l'identità del piano geologico, ne differisce per le sue relazioni molto minori col Lias inferiore e maggiori con le parti elevate del medio e col superiore. Possiamo ora stabilire i rapporti delle faune siciliane con quelle di altri luoghi del bacino mediterraneo che possono servire al pa- ragone per la loro facies a brachiopodi e per la sufficiente illustra- zione ricevuta. I brachiopodi del Lias medio delle Alpi Valdesi e contrade circostanti illustrati dal dott. Haas (1) non possono for- nire per ora sicuri elementi per la determinazione del loro livello geologico , perchè non sempre si hanno esatte notizie sugli strati che li contengono, e perchè evidentemente accompagnati da altri fos- sili che sarebbe necessario conoscere molto estesamente. Quelle fau- ne, poste in una regione che serve da limite tra il bacino mediter- raneo e quello dell'Europa centrale, hanno un carattere promiscuo di specie dei due bacini , e perciò sarebbe importantissimo poterle comprendere nel paragone che facciamo ; ma, attendendo che oltre i brachiopodi ne siano illustrati del tutto gli altri fossili , è meglio non dare giudizj deffmitivi sulla minuta determinazione della loro età. La fauna del Lias medio spagnuolo , largamente studiata dal Kilian (2), è citata negli elenchi promiscuamente a quella del Lias inferiore, sicché il suo studio, per ora, non può servire al nostro scopo. I depositi del Lias medio portoghese permettono in buona parte, pei cefalopodi che contengono, la loro divisione in zone cor- rispondenti a quelle del Lias dell' Europa centrale (3). Essi, posti come sono ai limiti dei due bacini, non contengono brachiopodi di ecclusivo tipo mediterraneo, e non sono adatti pel paragone con i calcari del Lias medio a facies di Hierlatz. (1) Haas, Étude monographique et critique des brachiopodes rhétiens et jurassiques des Alpes vaudoises ecc , II, 1887 (Mèm. de la Soc. pai. suisse, T. XIV.) (2) Kilian, Op. cit. (3) Chopfat, Op. cit. 140 11 Lias medio del M. Han Giuliano (Erice) pres.io Trapani Le poche specie che si conoscono del Lias medio dell'Unters- berg (Salisburgo), citate del Giimbel (1) e dal Frauscher (:2) , ac- cennano a una porzione elevata di quel piano ; però pel loro ri- stretto numero non permettono delle conchiusioni sicure. Per tutte queste ragioni ci limiteremo a stabilii-e dei paragoni con gli strati del Lias medio dei dintorni di San Cassiano (Tirolo meridionale), dell' Appennino centrale, di Gozzano (Prealpi piemon- tesi) e di Saltrio e Arzo (Prealpi lombarde). Sulla fauna del Lias medio nel Tirolo meridionale hanno scritto il prof. M. Neumayr (3), il dott. E. Mojsisovics (4) e il prof. H. Haas (5), in modo che ora se n' ha una sufficiente cognizione; nondimeno le conchiusioni che trarremo dal suo studio è possibile che non ab- biano un valore deffinitivo, perchè non è escluso che le specie, raccolte presso San Cassiano e nei distretti circostanti provengano da vari livelli liassici (il qual dubbio non è neanco rimosso dal recente lavoro del prof. Haas (6) su quelle contrade) , e perchè la controversia che si è elevata tra il prof. C. F. Parona (7) e e il prof. Haas (8) sull' età degli strati con brachiopodi di Val-Te- sino, tocca anche qualche specie compresa dal secondo nella fau- na liassica di San Cassiano. Se pertanto si ehmina da questa fauna la Mh. belemnitica Quenst. sp. perchè di dubbia determina- (1) GiJMBEL, Geognostische Beschreihuny des bayerischen Alpengehìrges und seines Vorlan- des; Gotha, 1861, pag. 495. (2) Frauscher, die Branchiopoden des Untersbergs bei Salzburg ; Wieu, 1883 (Jiilirb. il. k. k. geol. R. - A., 33 Brt.) (3) Neomayr, die Zone der T. Aspasia in den Sudalpen; Wien 18t>7 (Verliaudi. d. k. k. geol. R. - A. , N. n.) (4) Mojsi.sovics, die Dolomit-liiffe vnn Siidtyrol und Venetien ecc.; Wien, 1879, pag. 285. (5) Haas, Beitrdge zur Kenntniss der liasichen Brachiopodenfauna von Siidtyrol und Ve- netien ; Kiel, 1884. (^) Haas, Ueher die Lagerungsverhultnisse der Jurafonnation im Gebirye von Fanis in Siidtyrol (Verhaiidl. d. K. K. geol. R. - A N. 17; 1887.) (7) Parona Sull'età degli strati a brachiopodi della Croce di Segan in Val Tesino, 1885 (Proc. verb. della Soc. tose, di Se. Nat., 1 febb.) (8) Haas, Ueber die Brachiopodenfauna ». Siidtyrol und Venetien, 1884 (N. Jahrb. f. Miu. ecc., briefliche Mittbeil., 1 Bd. Ì88ó )—Bemerkungen bezuglich der Brachiopodenfauna von Castel- Tesino, 1886 Veihandl. d. K. K. geol. R.-A.) Il Lhis medio del M. ,San (italiano (Ei-ice) presso Tm/xmi 141 zione e diftirilinciitt- sep;iral)ile dalla B/i. Jiri.'ieis Gemni. [h'/i. var/a- bilis Scliloth.): la B/i. Zitteli, perchè nessuno degli esemplari rap- presentati nelle " Beitràye z. Keitidn. d. Ii(if< lìrach. — F. in Si'altijrol ecc. ,, corrisponde agl'individui originali della specie del prof. Geni- mellaro; la Wuld. Hertzi Haas, perchè identica con la Waìiì. cfr. Cadomensis di Castel Tesino pubhlicata dal prof. Parona (1) e sicuramente trovata in istrati con Harp. opaUniim alla Malga Ta- sula (2) (Tirolo) ; la Rh. Suetii Haas trovata pure nella stessa lo- calità, e che insieme a quella ora citata non lascia perciò sicuri della sua provenienza nella fauna liassica di San Cassiano; si riunisce alla Eli. pUcatissiiìia Quest. sp. la Rh. htmyurica Bock; la Wald. oxy- (jonia Haas non Uhi. alla Wald. securiformis Gemm. e la Wald. ìin- guata, var. major Haas non Bòck alla Wald. Rothpletzi Di-Stef. ( Wald. Haas RothpL), che si presenta nel livello basso del Lias medio del M. San Giuliano, si avrà pel deposito di San Cassiano un insieme di 30 specie. Di queste 1:2 sono comuni col Lias inferiore in generale, e fra di esse 8 si raccolgono a Hierlatz, 5 a Sospirolo e 5 nel Lias inferiore della Selva Baconica: per questo i rapporti di tale fauna col Lias inferiore non sono maggiori di quelli delle faune basse del Lias medio siciliano, e non c'è quindi nessuna sufficiente ragione per non collocarla in quest'ultimo piano. Essa va aggregata ai così detti calcari con T. Aspasia di Sicilia, con i quali ha 16 specie comuni, però con la porzione antica di essi, della quale possiede 11 specie {Sp. rostrata Schloth sp., Sp. hrevirostris Opp., Rh. retu- sifrons Opp., Rh. Briseis Gemm., Rh. fìabelliim Mgh., Rh. cfr. Rey- nesi Gemm., T Aspa,na Mgh., T. riidis Gemm., T. Taramelli Gemm., Wald. securiformis Gemm., Wald. Rothpletzi Di - Stef.) e della quale ha gh stessi intimi rapporti col Lias inferiore e le insufficienti rela- zioni con le parti elevate del Lias medio e col superiore. Se, per conferma, si paragona la fauna di San Cassiano con quella del Lias (3) Parona e Canavari, / bracìiiopodi oolitici eli alcune località delVltalia settentrionnle; Pisa, 1882 (Atti della Soc. tose, di Scin Nat., voi. V.) (l) FiNKELSTEiN, Ueher ein Vorkommen (ter Opalinus — ( und Murchisonae ? \ — Zone im- westlkhen Siid-Tirol, 1889 (Zeitsr. d. deutsch. geol Gesellschaft Bd. XLI.) 142 II Lias medio del M. San GitiUano (Erice) presso Trapani medio del M. San Giuliano, si vede che le sue maggiori analogie sono con la più bassa, che, come essa, è molto vicina al Lias infe- riore , mentre si discosta da quella del livello superiore , con la quale ha solo 2 specie conmni. La fauna a brachiopodi del Lias medio dell' Appennino cen- trale è stata ampiamente illustrata dallo Zitte! (1), dal Ganavari (2) e dal Parona (3). Dai loro scritti si trae che i fossiU, prevalente- mente raccolti nella parte superiore di quei calcari (Ganavari) , provengono da varj luoghi spesso molto lontani fra di loro [Gampo delle Monnece presso Gagliole; Gampi dell' Acqua presso Ficano ; Precicche, M. della Rossa, M. Rocchetta nel gruppo del Suavicino; M. Gualdo presso Gamerino; Gagli; tra Gagli e Gantiano ; Marco- nessa presso Cingoli ; M. Gatria^ Passo-del-prete presso il Gatria; Foci di Gantiano tra M. Petrano e M. Tenetra; M. Pietralata (Fur- io), MonticelH, Subasio, M. Soratte^ Papigno presso Terni, Grotta del miele e Val Mirandola presso Gesi ecc.]. Dippiù si vede che le specie non sempre sono state raccolte in posto dai valenti studiosi che le hanno illustrate, ma non di raro da corrispondenti ; sicché è possibile che involontariamente si siano confusi fossih di varj liveUi Massici ben determinati. L' esistenza di varj livelli di calcari a brachiopodi nel Lias medio dell' Appennino centrale è certo probabile , molto più che quel piano vi raggiunge una potenza superiore ai cento metri (Ga- navari), e sarebbe quindi utilissimo fare ricerche estese e minute nelle singole località. Tuttavia, compilando sui lavori degl'illustra- tori di quelle faune delle liste di specie divise secondo i luoghi studiati, potremo tentare delle conchiusioni. (1) ZiTTBL, Op. Cit. (21 Canavaki, La montagna dei Suavicino ecc. 1880. (Bull, del R. Coni. geol. d'Italia. — / brachiopodi dei/li strati a T. Aspasia Mgh. nell'Appennino centrale, 1880 (Atti dell'Acc. dei Lincei, voi. Vili)— Alcuni nuovi brachiopodi degli strati a T. Aspasia Mgh. nelV Appennino centrale. 1881 (Atti della Soc. tose, di Se. Nat., voi. V.)— Contribuzione III alla conoscenza dei brachiopodi degli strati a T. Aspasia Mgh. tielV Appennino centrale, 1883 (Atti della Soc. tose, di Se. Nat., voi. VI). (3) Parona, Contributo allo studio della fauna liassica dell' Appennino centrale, 1883 fin Verri, Studi geologici sulle conche di Terni e di ifiXi (presso gli Atti dell'Acc. dei Lincei)]. Il Lias medio del M. San. Giuliano (Erice) presso Trapani 143 Per venire a queste non terremo conto dei cefalopodi, perchè essi, contrariauieute a quanto accade in generale, non lianno molto peso nei nostri calcari con crinoidi del Lias medio per stabilire mi- nute determinazioni di età, e la loro presenza o mancanza non altera, come è stato detto, le conseguenze che possono trarsi dall' esame degli altri resti fossili. Inoltre è da notare che sulla provenienza di questi cefalopodi dell' Appennino si rimane dubbiosi , perchè, sebbene dalle indicazioni dello Zittel (Op. cit.) e del Canavari {La montagna del Suavic'mo ecc.) sembra che essi per lo più siano stati raccolti insieme ai brachiopodi, tuttavia poi il prof. Canavari esprime l'opinione che, in parte almeno, appartengano ipoteticamente a un livello inferiore a quello della fauna di brachiopodi (1 hrachiopodi degli strati a T. Aspasia ecc., pag. 6), e il prof. Parona invece scrive (Contributo allo studio della fauna liassica ecc., pag. 93) che i cal- cari del Lias medio con facies di cefalopodi nell' Appennino cen- trale (almeno pei luoghi studiati da lui e dal Verri) si stendono sopra quelli con facies di brachiopodi. Per queste ragioni fondere- mo le nostre conchiusioni sui brachiopodi e sui rari crinoidi de- terminati, tralasciando qualche altro fossile specificamente indeter- minato o di poca importanza. Se dopo un breve esame delle specie dell'Italia centrale citate sinora (1), compiliamo gli elenchi delle specie dei varj luoghi fossi- (I) Alla fauna del Lias medio dell'Appennino centrale, come fu riportata dal prof Zittel e dal prof. Canavari ne' suoi tre primi lavori, bisogna fare quelle aggiunzioni e rettificazioni indicate dallo stesso Canavari nella sua " Contribuzione III alla conoscenza dei brachiopodi ecc. », e dal prof. Parona nel « Contributo allo studio della fauna liassica ecc. ■>, fra le quali è importante la radiazione della Sj). Meneghininiana Can. e della Sp. Tonti Can. di prove- nienza e di età mal sicure. Dippiù è necessario togliere dal numero delle specie di quella fauna la .Sp. cantanianensis Mgh. , che è identica con la Sp. rostrata Schloth. sp., perchè il carattere dei tubercoli, indicato come speciale della superficie della Sp. cantanianensis, si riscontra anche su esemplari della specie dello Schlotheim ; la Sp. nudata Can., perchè sembra identica alla Sp. alpina Opp.; la Rh. variabilis Scloth., perchè gl'individui cosi determinati appartengono a due specie differenti dalla Rh variabilis {=Rh. Briseis Qemm.), e \a. Rh. deltoidea Can., che sembra identica alla Rh. Zisa Opp. degli strati di Klaus, essendo la minor conves.sità dell'in- dividuo dell' Appennino rispetto a quella delle figure di Oppel ( Uéber das Vorkommen von jurassiìchen-Posidonomyen - Gesteinen in den Alpen. pag. 210, tav. 6 fig. 7) dentro i limiti di 144 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani liferi studiati in quella regione, ci accorgeremo che non tutti offrono tale numero o qualità di fossili da permettere che si traggano con- cliiusioni sicure dal loro studio; però la massima parte delle faune offrono degli elementi che, convenientemente interpetrati , possono condurre a risultati accettabih. Quelle dei Campi dell'acqua presso Ficano e del M. della Rocchetta nel Suavicino, della Marconessa presso Cingoh, delle Foci di Cantiano tra M. Petrano e M. Tenetra, del M. Pietralata (Furio), di Monticelli presso Roma, di Papigno presso Terni e della Grotta del miele presso Cesi, che pel numero dei loro fossiU possono studiarsi con utile, sono intimamente legate dalla comunanza dalla massima parte delle loro specie. I loro brachio- podi sono quasi tutti speciaU dell' Appennino e in piccola parte conmni ai così detti calcari con T. Aspasia della Sicilia e delle Alpi. Sopra un insieme di 69 specie queste località ne hanno 8 sicuramente determinate comuni col Lias inferiore, delle quali ce variabilità di questa specie, secondo traggo dall'esame di molti esemplari della Kh. Zisa Opp ., raccolti nei calcari con P. alpina (Klausschichten) di Sicilia. Inoltre è da fare lo stesso per la Rh. Mariottii Csii\. non Zittel del M Suavicino e della Marconessa presso Cingoli, perchè essa non appartiene alla specie dello Zittel; invece 1' esemplare della tav. IV, fig. 2 (Eh. Mariottii). del lavoro del prof. Canavari. « / brachiopodi degli strati a T. Aspasia ecc. >• pare assai vicina alla Rh. polymorpha Opp. degli strati di Klaus ed è, pei caratteri della fronte, certamente differente dalla Rh. Mariottii Zitt ; quello della tav. IV, fig. 3 [della stessa opera potrebbe forse considerarsi come giovane della Rh. variabilis Mgh. non Schloth. var. laevis Mgli , che ha però il tipo delle Rhynchonella lisce del Dogger. C'è ancora da notare che la T. fiiihrioides CaD. non Deslongc. del M. Pietralata (Furio), rappresentata nella tav. 11, fig. l iei Brachiopodi degli strati a T. Aspasia Mgh. ecc. non potrebbe separarsi dalla T. Renier iCàt., mentre quella della fig. a è la T. Rotzoana Schaur.; che la T. hypotycha Can. (Contribuzione III ecc., pag. 17, tav. X, fig. 1) pare non differisca dalla T.fimbrioides Deslongc; che la T. sp. ind. cfr. T. sphe- noidulis Mgh. della Rocchetta (Suavicino) riportata dal prof. Canavari nella Contribuzione III ecc. è da riunire con grande probabilità alla T. sphenoidalis Mgh. apud Genim., e che la T sphenoidalis Mgh. apud Canavari (/ brachiopodi degli strati a T. Aspasia ecc pag. 14, tav. 11, fig. 5, 6.) sembra fondata su individui giovani della T. punctata Sow., come moltissimi se ne osservano in Sicilia e sulle Alpi. Alla T. punctata possono aggregarsi con certezza gl'indi- vidui che il Cmavari cita con dubbio. Questo breve esame, reso necessario dal bisogno di fare un computo esatto della fauna di brachiopodi del Lias medio appenninico , cosi estesamente e splendidamente illustrata special- mente dal prof. Canavari, fa valutare in tutto le specie che si raccolgono sui monti della Roc- chetta nel Suavicino, alle Precicche, alla Marconessa (Cingoli), alle Foci di Cantiano, al M. Pie- tralata (Furio), a Monticelli, a Papigno, alla Grotta del Miele a 70, salvo errore. // L/ai< medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 145 ne sono a Hierlatz 7, a Sospirolo 2, nel Lias inferiore della Selva Baconica 3 e in quello di Taormina 2; sicché siamo lontani dal trovarvi quelle strette analogie col Lias inferiore che distinguono la massima parte delle faune a brachiopodi del Lias medio di Sicilia. Invece in talune di esse (Marconessa presso Cingoli, M. Pietralata nel Furio) si raccolgono la T. Benieri Cat. e la T. Rotzoana Schaur; che per le relazioni che indicano col Lias superiore e con la par- te elevata del Lias medio, le fanno porre in una porzione recente di questo piano. A tali condizioni bisogna aggiungere quelle date dal loro posto stratigrafico elevato nella massa degli strati del Lias me- dio appenninico (Canavari) e dalle relazioni di alcune loro specie con altre del Dogger, come sono la BliijncìwneUa sp. = i?/?. varia- bilis Mgh. non Schloth. var. laevis Mgh., che richiama la Eh. coar- data Opp.; la Bìi. dolahriformis Mgh., che ricorda la Eh. orthoptycha Opp.; la Rh. Meneghina Ziti., che ha relazione con la Bh. hrentoniaca Opp. ecc. Questa determinazione di età, da tempo messa bene in chiaro dal prof. Canavari, è confermata dal paragone delle faune menzio- nate con quelle dei due livelli di calcari con crinoidi del M. San Giuliano, hifatti quello che per la presenza della T. Botzoana Schaur., per le relazioni con la porzione elevata del Lias medio e gli esigui rapporti col Lias inferiore corrisponde con esse è preci- samente il livello superiore, nonostante che abbia comuni con que- ste faune solo poche specie {Sp. rostrata Schloth. sp., T. pundata Sow., T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm., T. Botzoana Schaur.). Tali caratteri delle faune appenniche citate non si riscontrano invece nelle altre siciliane, che pur tuttavia hanno con esse molte specie comuni {Sp. rostrata Schloth. sp., Bh.flabellum Mgh. Bh., Sordellii Par., Bh.Ma- riottii Zitt, T. Aspasia Mgh., T. cornicoìana Gan., T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm., T. TaranielUi Gemm. T. Piccini niiZxii., Wald. mutahiìis. Opp., Wald. furlana Zitt., var. elongata Mgh., P. Stoliczkai Gemm.) La fauna del M. Soratte (Roma), per quanto poco conosciuta, sembra di occupare nel Lias medio un posto bassso, malgrado le sue relazioni con quelle dell'Appennino esaminate sopra. Delle Atti Acc. Vol. Ili, Sbeie 4' 20 146 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani sue 5 specie [ Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. alpina 0\y\). ( = t^p. nudata Gan.), Rh. pediniformis, Rh. Rusconii Can., Wahl. ntntahilis Opp. ] tre sono comuni col Lias inferiore , mentre nessuna e di quelle che indicano valevoli relazioni con la parte elevata del Lias medio o col superiore. Per queste ragioni la fauna del M. Soratte deve porsi nella porzione inferiore del Lias medio, fin- ché una estesa raccolta di fossili non modifichi eventualmente que- ste conclusioni. Il Lias medio di C4ozzano nelle Prealpi piemontesi è stato il- lustrato da un importante lavoro paleontologico del prof. C. F. Paro- na (1). Tenendo conto delle aggiunzioni e delle rettificazioni pubbli- cate più tardi dallo stesso autore (%) e da poche altre che è pos- sibile fare (3), si ha per la fauna di quel luogo un insieme di 43 specie, non computando un Lepitodus, un Pentacrinua e un Cidaris indeterminati, hi essa le specie comuni col Lias inferiore possono valutarsi a li2, delle quali solo 7 sono comuni col deposito di Hierlatz, 2 col calcare di Sospirolo, 2 con quello della Selva Baconica e 2 con quello cristallini della provincia di Palermo ; però la presenza della Gryphaea arcuata Lmk., le manchevoli relazioni con le porzioni ele- vate del Lias medio e col superiore, nonché i suoi intimi rapporti con le faune antiche del Lias medio di Sicilia, con le quali ha co- muni 16 specie {Sp. rostrata Schloth. sp., Sp. sicula Gemm., Sp. anytdata Opp., Sp. MUnsteri Davids. , Rh. tetraedra Sow. sp , Rh. I IJ Parona , // calcare liassico di Gozzano e i suoi fossi/i, Roma, 1880 (Atti dell'Acc. dei Lincei, voi. Vili). (2) Paroma, Contrihuto allo studio della fauna liassica dell' Appennino centi ale, yrni^. 94. — Valsesia e lago d'Orla; Milano, 1886 (Alti della Soc. ital di Se. Nat, voi. XXIX) pag- 102. (3) La Rh. Calderina Par. mi pare che non possa separarsi dalla Rh. Briseis Gemm. ( Rh. variahilis Schloth.), né la Rh. discoidalis Par. daHa Rh. serrata Snw.; la Rh. Zitteli di Gozza- no, figurata dal prof. Parona, non corrisponde agi' individui originali della Rh. Zitteli Gemm., che ho potuto studiare nel Museo geologico della Università di Palermo ; ma potrebbe esser riguardata come una varietà nmlticostata della Rh. Briseis, simile a quelle che il sig. Geyer figura nella tav. V della sua opera più volte citata. La T. cfr. Andleri Opp. è da riferire a una nuova Waldheimia ; la Wald. cfr Ewaldi riportata dal Parona sembra identica con la Wald. sp. ind. cfr. Ewaldi di Arzo (Pafona , Jhrachiopodi liassici di Saltrio ecc. ; pag. 259, tav. V fìg. 15), che per la gonfiezza è differente dalla Wald. Ewaldi Opp . // Lia.s medio del M. San GhiUano [Erice) jìresso Trapavi 147 Bn's-eis Gemm., E/i. Sorde/lil Par., h'/i. .serrata Sow. sp., L'/t. pabel- hoì) Mgh., T. ptmctata Sow., T. splienoidaìis Mgh. apud Gemm., T. TaramelUi Gemm., T. Aspasia Mgh., Waìd. Ewaìdi Opp. , W. cfr. subuumismalis Davids., P. Stolizckai Gemm.), forzano a porla in una porzione bassa del Lias medio, come di già ha ben dimostrato il prof. Parona. Le relazioni del Lias medio di Gozzano sono del resto pic- cole con quelle elevate dell'Appennino (8 specie comuni) e col li- vello superiore di calcari con crinoidi del M. San Giuliano (7 specie comuni.) •Per quanto riguarda il Lias medio di Saltrio e Arzo nelle Preal- pi lombarde, tanto bene studiato dal prof. Parona (1), notiamo pri- ma di tutto che sebbene può riguardarsi come tipica pel massimo numero di specie la fauna di Arzo, non è necessario di esaminare a parte quella di Saltrio , perchè così intimamente legata con la prima da non potersene staccare. Se consideriamo come appartenente alla Waìd. Eivaldi Opp. la Waldheimia f. n. che il Parona figura nella tav. V, flg. 16, 17 del lavoro citato sotto, e come una varietà della Eh. Brisei Gemm. la Bh. cfr. Ziti eli Gemm. di Arzo, perchè vicinissima a questa e dif- ferente dalla Eh. Zitteli Gemm. di Sicilia, avremo nella fauna stu- diata un insieme di 28 specie, delle quali solo 9 sono comuni col Lias inferiore , e che si presentano 5 in quello di Hierlatez , 1 in quello ad Arietiti dell' Italia centrale, 2 in quello del Bacino del Ro- dano e 1 in quello dell' Europa centrale. Siccome fra queste spe- cie poche sono quelle che hanno il massimo sviluppo nel Lias inferiore , possono riguardarsi come molto esigui i rapporti della fauna di Saltrio e Arzo col Lias inferiore ; sicché si sarebbe condotti a porla in una porzione elevata del Lias medio. Tuttavia è da considerare che essa non ha forti relazioni col livello supe- riore di calcari con crinoidi del M. San Giuliano, né con le faune elevate dell' Appenino centrale, né, quel che è più, con altri strati (1) Pakona, I brachiopodi liassici di Saltrio e Arzo nelle Prealpi lombarde; 1884. (Meni, del R. Istituto lombardo.) 148 11 Lias medio del M. ^an Giuliano (Erice) presso Trapani superiori del Lias medio in generale e col superiore; ma che inve- ce ha molti rapporti con quella di Gozzano (10 specie comuni) e perciò con quelle basse siciliane. Per queste ragioni deve ritenersi che la fauna di Saltrio e Arzo occupa la parte media del Lias medio. Infine è da notare , il che abbiamo anche accennato avanti , che taluni dei livelli di calcari con crinoidi dell' Italia superiore, spe- cialmenti quelli di Arzo, Besazio e della Bicicola di Suello (Lombar- dia), contenenti la T. Aspasia Mgh., la T. Renleri Gat., la T. Rotzoana Schaur. e la T. erbaensis Suess, sono probabilmente gli equivalenti dei livelli elevati del Lias medio del M. San Giuliano (Trapani) e dell'Appennino centrale, e ciò pei caratteri della loro fauna e per la posizione stratigrafica di alcuni che sono immediatamente infe- riori al Lias superiore , come quelli di Besazio (Spreafico (1) e della Bicicola (3). Del resto il prof. G. MenegMni (3) aveva fatto notare le intime relazioni del giacimento della Bicicola col Lias medio e la mancanza in esso dei tipi più frequenti e caratteristici del Lias superiore. La fauna di questa località ha invero l'impronta del Lias medio, molto più che la massima parte delle sue specie ritenute comuni col Lias superiore sono tali col calcai-e detto Me- cloìo, almeno per parte del quale il Reynès (4) e lo Zittel (5) hanno espresso l'uno la certezza e l'altro il dubbio che si tratti di Lias superiore. * * §2.-1 sincronismi indicati nel paragrafo precedente non sono punto assoluti, né l'aggruppamento delle varie faune in una parte inferiore e in una superiore del Lias medio può essere pre- ci) Tabamelli, Il Cantori Ticino meridionale ed i paesi finìtimi, Berua, 1880. (2) Pakoha, Note paleontologiche sul Lias inferiore delle Alpi lombarde, 1889 iReudieouti del R. Ist. lomb., S. 11, voi. XXI). (3) Meneghini, Paragone paleontologico dei vari lembi del Lias superiore in Lombardia (Atti dell'Acc. dei Lincei, II, S. II, 1875) pag. G3Ì . — Monographie du tulcaire roiige ammo- nitique ecc., pag. 222. (4) Reynf.s, Essai de geologie et de paleontologie aveyronnaises; Paris, 1868. (5) Zittel, Op. cit. // L/n.s medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 14!t cisato da una linea netta di divisione. I nostri calcari con crinoidi e brachiopodi esaminati sono dei depositi per lo più Icnticolari , formati sotto determinate condizioni locali , intercalati ad altezze varie o eguali nella massa dei calcari piìi o meno compatti o sub- cristallini del Lias medio, perchè rappresentano dei momenti con- temporanei 0 successivi di formazione. Può infatti eseguirsi negli strati che abbiamo esaminato uno smembramento piìi minuto , se si tien conto contemporaneamente della proporzione centesimale di fossili del Lias inferiore nelle loro faune e della presenza o assenza di specie che indicano valevoli relazioni con le parti elevate del Lias medio e col superiore. S'intende che al primo di questi cri- teri non può darsi un valore ristretto e assoluto , perchè la pro- porzione di specie del Lias inferiore può variare fra larghi limiti , determinati dallo estendersi delle investigazioni paleontologiche, dal modo di comprendere le specie e dalle condizioni locali sotto le quali si formarono i depositi; tuttavia, siccome le faune sulle quali abbiamo discorso hanno ricevuto una sufficiente illustrazione, fap- plicazione del criterio della proporzione centesimale di specie del Lias inferiore assai largamente inteso, ma sempre tale da servire a distinguere UvelU e non piani, può essere utile. Pertanto, se per conferma delle idee esposte in questo lavoro, si vuol fare il tentativo di una suddivisione piti precisa dei vari livelli eh calcari con crinoidi del Lias medio mediterraneo ; si do- vranno riguardare come più antichi gU strati inferiori del M. San Giuhano, quelli di Chiusa-Sclafani, di Sant'Anna di Giuliana e della Montagnola di S. Elia (Palermo), di Castelluccio (Taormina) e dei dintorni di San Cassiano (Tirolo), nei quah la proporzione centesi- male di specie comuni col Lias inferiore va dal 37 al 50 per cento (essendo pei primi 50 " o , pei secondi 43 %, pei terzi 37 " o , pei quarti 47 °/o , per la quinta 43 %, per la sesta 38 o/o ,) e non si notano specie che possano farti collocare in una porzione ele- vata del Lias medio. La fauna delle Rocche rosse di Galati di Tortorici (Messina) è intimamente legata con quest' ultime , delle quaU possiede 28 specie, ed è abbondante di tipi di Hieriatz; non- 150 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani dimeno essa ha un così grande numero di specie proprie , e una proporzione centesimale di fossili del Lias inferiore (30 « o) così piccola rispetto a quella delle altre citate sopra, che potrà consi- derarsi come leggermente più giovane. Accanto a quello di Galati potrà collocarsi il Lias medio del M. Soratte (Roma), nel qual piano a dir vero, è assai forte la propor- zione centesimale delle specie comuni col Lias inferiore (60 °/o) ; però la certezza che la fauna di quegli strati è assai incompleta- mente nota e gì' intimi rapporti che essa ha con le faune elevate del Lias medio dell'Appennino centrale, mentre da un canto danno carattere di provvisorietà alle conchiusioni che se ne possono trar- re, fanno sospettare più strette relazioni con le porzioni alte del Lias medio, e permettono, per ora, di porla in un livello più ele- vato di quelle della provincia di Palermo, di S. Cassiano ecc. La fauna di Gozzano (Piemonte) è , come fu detto , stretta- mente legata a quelle basse siciliane , e manca di specie che pos- sono farla porre nella parte superiore del Lias medio; però le sue relazioni col Lias inferiore non sono forti (il 28 % di specie co- muni) , nonostante la presenza della Gryphaea arcuata citata dal Parona; sicché potrà riguardarsi come più elevata delle faune esa- minate poco avanti. In un posto leggermente più alto , ossia nella parte media del Lias medio, potrà mettersi la fauna a brachiopodi di Saltrio e Arzo (Lombardia), per le ragioni esposte a pag. 27 (1). Fra i calcari della parte superiore del Lias medio, quelli del livello alto del M. San Giuliano potranno riguardarsi come i più antichi , perchè le loro relazioni col Lias inferiore sono (discreta- mente forti (37 ° 0 di specie comuni). Quelli dell' Appennino cen- trale sono certo un po' più elevati, ma non tutti nello stesso gra- do. Infatti le piccole faune della Marconessa presso Cingoli e del M. Pietralata (Furio) sono distinte dal resto per la presenza di due importanti specie {T. Rotzoana Schaur., T. Benierl Cat.), che molto (1) Non è improbabile che occupi lo stesso posto quella zona di calcari compatti che al M. San Giuliano separa i due livelli di calcari con crinoidi, e che per la sua povertà di fos- sili non fa emettere giudizj sicuri per la determinazione del livello. // Lids medio ilei M. San Giuliaìw (Erice) prei. 1885. „ coìHjlobata Seguenza, Ibid. , pag. 400 , tav. XIX, fig. 6, 6f/, 6è. 1885. „ rethica Seguenza, Ibid., pag. 401, tav. XIX , fig. 7, la Ib. 1885. „ palaeomorpha Seguenza^ Ibid. , pag. 402, tav. XIX , fig. 8, 8a, 8ò, 8c. 1885. „ tauromenitana Seguenza, Ibid., pag. 404, tav. XIX , fig. 9, 9a, U. 1885. „ siihquadrata Seguenza, Ibid., pag. 461 , tav. XXI, fig. 1, la, \b. n Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 157 1886. Spirifer. jiurr/rostris Segiu'nza. Ibid., pag. 460 . tav. XIX, fig. 8, 8^/, Sb. 1886. „ onieoiììorpha Seguenza, Ibid., pag. 307 , tav. XIX, fìg. 4, 4a, 4i. 1886. „ iii/('roiiì. rostrata Schloth. sp. pel fortissimo lobo della valva imperforata esteso fin sopra l'umbone, pel lungo lembo linguiforme del seno della valva perforata, nonché per la costante pili forte arenazione delle commessure sui fianchi della con- chiglia. La Sp. sicula è certamente assai vicina alla Sp. rostrata Schloth. sp. ; ma, pe' suoi caratteri , tiene un posto intermedio tra questa specie e la Sp. obtusa Opp. , secondo è stato notato, del resto, da varj autori. Il doti. L. Tausch ha descritto una Sp. Torbolensis (i) del cal- care grigio dei dintorni di Roveredo, riconoscendone bene le intime analogie con la Sp. sicula Gemm., dalla quale l'ha divisa solo perchè sulle figure di questa specie pubblicate dal prof. Gemmellaro non si scorgono coste. La Sp. sicula è però spesso costata nel modo che si osserva sulla Sp. Torbolensis e corrisponde del lutto^ specialmente per le sue forme allungate (Sp. undulata Seg.), a questa specie de- scritta dal mio amico doti. Tausch. (1) Rothpletz, Op. cit. , pag. 172. (2) Taosoh, Op. cit. n Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 163 La Sp. Sicilia abbonda nella parte inferiore e superiore del Lias medio del M. San Giuliano. Alcuni esemplari bivalvi offrono le seguenti dimensioni : I. II. III. IV. Lunghezza 23mm. 31mm. 35mm. 38mm. Larghezza 24. 26. 30. 32. Spessore 22. 23. 26. 27. Spiriferina Darwini Gemm. (Tav. 1, p,j. 4J 1874. Spiriferina cfr. angulata Gemmellaro, Sopra i fossili della zona con T. Aspasia della provincia di Palermo e di Trapani (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 56, tav. X, fìg. 6, 7. 1878. Spiriferina Darwini Gemmellaro , Sui fossili del calcare cristallino delle montagne del Casale e di Bellampo nella provincia 'di Pa- lermo (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 409, tav. XXI, fig. 22-26. La Sp. Dancini Gemm. è rappresentata da pochi esemplali nella parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano. Essi of- frono i seguenti caratteri : Concliiglia un po' più larga che lunga e in qualche caso asim- metrica ; valva perforata di forma piramidale, elevata, fornita di un seno largo e leggiero, talora appena visibile, che si estende dall' a- pice alla fronte ; valva imperforata poco convessa , nondimeno un po' gibbosa sulla sua linea mediana per effetto di un labo largo e leggiero, non limitato nettamente dalle parti laterali della conchiglia. L' apice è acuto e leggermente curvato. L' area è molto larga, alta, piana, nettamente limitata ai lati e coperta di forti strie trasversali. La linea cardinale è diritta e lunga quasi quanto l' intiera larghez- 164 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani za della conchiglia. La linea commessurale è diritta sui lati e si- nuata alla fronte. La superficie della conchiglia è coperta di fini tubercoli irre- golarmente disposti, e di forti strie di accrescimento. Sopra alcuni esemplari mancanti dei primi strati della conchiglia si manifestano le impressioni vascolari sotto forma di strie o di fine cestelle irre- golari e longitudinali, che danno alle valve un elegante ornamento. Suir apice della valva perforata si scorge il setto, che giunge quasi sul mezzo della valva perforata, e le due lamine rostrali, leg- germente arcuate verso il setto. Il prof. Gemmellaro discorse di già a lungo sui rapporti della Sp. Darwini con varie altre specie. Io mi limito solo a notare che essa è assai vicina alla Sp. angulata Opp. , ma che se ne differisce pel seno molto leggiero e mai angoloso al fondo, per la mancanza delle forti compressioni laterali che rendono quadrangolare la valva perforata della specie di Oppel, per 1" apice più curvato e non di- retto indietro, nonché per la mancanza sui lati della sua linea com- messurale di forti arenazioni. Essa è anche in istretta relazione con la Sp. obtiisa Opp. ; ma ne è distinta soprattutto per la forma più piramidata della valva perforata, per la grandezza dell" area, per la forma più depressa e pel carattere del seno esteso fin sull' apice della valva perforata. La Sp. Darwini è una specie del calcare cristallino del Lias inferiore della provincia di Palermo, per la prima volta trovata ora nel Lias medio. Spiriferina Hartmanni Deslongchamps (nonZieten.) 1862. Spiriferina Hartmanni Deslongchamps , Ètudes critiques sur des brachiopodes nouveaux ou peu con- nus, pag. 13, tav. 11, fig. 10, 11. 1851. , rostrata Davidson, A Monograph of British oo- litic and liasic Brachiopoda (Palaeont. Society of London) pag. 2!2, tav. 11, fig. 10, 12. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 165 1867. SpiriferÌHa Hartmanni Dumortier, Études paléontologiques sur les dépòts jurassiques du bassin du Rhòne; Lias iuferieur ; pag. :2"i8, tav. XLIX, flg. 15, 16. 1876. „ Hartmanni Davidson , Supplement to the British jurassic and triassic Brachiopoda (Pa- laeont. Society of London) pag. 95 , tav. XI, flg. 7. 1884. , Hartmanni Parona, I brachiopodi Massici di Saltrio e Arzo nelle Prealpi lombarde ( Meni. deiristituto lombardo) pag. 10, tav. I, flg. 3. 1886. „ capidiformis Seguenza, Le Spiriferina dei varii piani del Lias messinese (Boll, della Soc. geol. ital. , voi. IV) pag. 470, tav. XXI, fig. 4, 4rt, U, 4p. 1886. „ Hartmanni Rotlipletz, Geologisch-palaeontologische Monographie der Vilser Alpen (Palaeon- tographica, XXXIII Bd.) pag. 160. Si debbono riferire a questa specie gli abbondanti esemplari di una grande Spiriferina che si raccoglie quasi sempre a valve stac- cate nella parte inferiore e nella superiore del Lias medio del M. San Giuliano. La valva perforata ha un aspetto ben distinto per la sua forma grande, alta, conoidale ; per 1' area molto alta_, larga, pia- na o leggermente concava , ben limitata sui lati ; pel seno largo , leggiero e talvolta appena visibile o scancellato ; per 1' apice spesso, appuntito e poco o discretamente curvato , nonché per la fessura deltidiale alta e larga. La valva imperforata mostra un lobo molto leggiero, non ben limitato e largo. La superficie della conchiglia è solo coperta di strie di accrescimento molto forti, e per lo più di- stinte in forma di risalti , e di una granulazione fitta e distinta , lasciata dalle numerose spine che ornavano le valve. Tutti questi caratteri corrispondono sì bene a quelli della Sp. 166 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani Hartmanni figurata dal Deslongchamps, che è impossibile distaccar- nela. Alla stessa specie va aggregata la Sp. copuli formis Seg. del Lias medio messinese, perchè non ne differisce in nulla. La .S'^^. Hartmamn rappresentata dal Deslongchamps è differente dalla Sp. Hartìmtmii Zieten {Die Versteinerungen Wurtemhenjs, tav. 38, fig. 1 .). Questa non ha tali contrassegni perchè si possa tener divisa dalla Sp. rostrata Scliloth. sp., mentre quella pei caratteri interni, per la sua area moUo alta e larga e nettamente limitata, nonché per r apice più spesso, più elevato e meno curvato se ne distacca bene. In queste condizioni si può mantenere, in via eccezionale, il nome di Sp. Hartmanni solo per la specie del Deslongchamps, riu- nendo gli esemplari dello Zieten alla Sp. rostrata Schloth. sp. Le forme tipiche della Sp. Hartmanni Deslongc. non Zieten so- no date dalle figure del Deslongchamps , del Dumortier e del Se- guenza (Sp. capuUformis) ; però gii esemplari inglesi rappresentati dal Davidson e l' individuo delle Prealpi lombarde dato dal Parona, gli uni soprattutto per 1' elevatezza dell' apice e F altro per la lar- ghezza dell' area, non mi pare se ne possano dividere. È da notare anche che un esemplare di Spiriferina di Hierlatz, riferito dal Ge- yer (1) alla -Sp. obtusa Opp. , è estremamente vicino alla Sp. Hart- manni Deslongc. non Zieten, per ragione del suo alto apice e dei caratteri dell' area. La Sp. Hartmanni è una delle varie specie intermedie tra la Sp. rostrata Schloth. sp. e la Sp. obtusa Opp. Da quest'ultima si differisce per la sua area molto alta e larga, per la forma più glo- bulare e meno dilatata trasversalmente, per la hnea cardinale non diritta e per le sue grandi dimensioni. Rimane però sempre molto vicina alle due specie , senza che si possa identificare con alcuna di esse. Non sono da disconoscere gU stretti rapporti della specie in esame con la Sp. Darwini Gemm. , dalla quale si distingue solo per la sua area meno acutamente limitata, più alta ma assai meno lar- (1) Geyek, Op. cit. , pag. 75, tav. IX, fig. 3. Il Lkts medio del M. !San (jiitltano (Erice) presso Trapani l(i7 ga alla base, per 1' aspetto non piramidale della valva perforata, per la t'orina più globulare e non dilatata ti-asversalmente, e per le sue grandi dimensioni. Inoltre è da rilevare che l' estremità dell' apice nelle forme tipiche della Sp. ILiiimiuini è piìi acuto , pii^i protratto e più curvato. Le dimensioni di alcune valve perforate sono le seguenti : I. IL III. Lunghezza 46mm. 44mm. 4!2mm. Larghezza 46mm. 45mm. 41mm. Spìriferina Statira Gemm. (Tao. I, fig. 5-) 1874. Spiri ff ri lìa Statira Gemmellaro, Sui fossili del calcare cristal- lino della zona con T. Aspasia della pro- vincia di Palermo e di Trapani (Sopra al- cune faune giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 54, tav. X, fig. 3. Questa specie è rappresentata nella parte inferiore del Lias me- dio del M. San Giuliano da rari e piccoli esemplari corrispondenti agi' individui illustrati dal prof. Gemmellaro. Si raccoglie invece qual- che individuo relativamente grande nel Lias medio del piccolo pro- montorio di Castelluccio presso Taormina (Messina), d'onde provie- ne r esemplare che io , per la più estesa conoscenza deUa specie , ho fatto figurare in questo lavoro. La Sp. Statira Gemm. ha le più grandi analogie con la Sp. an- (julata Opp. , alla quale vorrebbe unirla il dott. Rothpletz (1); tut- tavia mi pare che se ne debba mantenere distinta. Infatti la Sp. Sta- tira negl'individui giovani e negli adulti non ha mai un seno sulla valva perforata, sibbene un lembo linguiforme piano, largo e spor- gente, in opposizione ai caratteri della Sp. anrjulata, che mostra un seno molto profondo e angoloso. Inoltre mancano nella specie del (Ij Rothpletz, Op. cit. , pag. 160. I(j8 II Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani prof. Gemmellaro le forti compressioni laterali della valva perforata che danno a quella della Sp. anguìaia il noto aspetto piramidato, e dippii^i si rileva che nella Sp. Stativa il piano dell'area è molto piìi inclinato rispetto alla linea cardinale che non sia nella Sp. ungulata. Queste differenze sono sufficienti a tener separate le due specie, se dobbiamo servirci di certi criterj che pur sono necessaij per ag- gruppare gì' individui in specie. La Sp. Sfatira si è raccolta finora nel Lias medio del M. San Giuliano e in quello della contrada Sant' Anna presso il comune di Giuliana (Palermo). L" esemplare figurato ha le seguenti dimensioni : Lunghezza 18mm. Larghezza 22. Spessore 16. Spiriferina angulata Opp. 1861. Spiriferina angulata Oppel, Ueber die Brachiopoden des untern Lias (Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesellschf.) pag. 541, tav. XI, fig. la, b. 1878. „ „ Gemmellaro, Sui fossiU del calcare cristallino delle Montagne del Ca- sale e di Bellampo nella provincia di Palermo (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 412, tav. XXXI, fig, 41-46. 1879. „ cfr. angulata Uhlig, Ueber die Uasische Brachio- podenfauna von Sospirolo bei Bel- luno (Sitzb. d. Akad. d. Wissen- schf., LXXX Bd.) tav. I, fig. 4. 1886. „ angulata Seguenza^ Le Spiriferina dei varii piani del Lias messinese (Boll, della Soc. geol. itaUana, voL IV) p. 472. // Lian ìiiedio del M. !>aìì Giuliano (Erice) presso Trapani 1G9 tSSG. SpiriferiiKi CanHclinac Si'guenza , Ibid. , pag. 478, Uiv. XXI, fìg. 5, 5rt, 5/;. ISS6. „ „ var. /ji/ramidata Seguenza , Ibid. , pag. 478, tav. XXI, fig. 6, 6r/. 1886. „ uiKjuìata Pvothpletz, Geologisch-palaeontolo- gische Monographie dev Vilser AI- pen ( Palaeontographica , XXXIII Bd.) pag. 160. 1889. „ anynlafa Geyer , Ueber die liasischen Bra- cliiopoden des Hieiiatz bei Hallstatt (Abbandl. d. k. k. geol. R. A., XV Bd.,ì pag. 74, tav. IX, fig. l-ì± Questa specie è rappresentata da pochi esemplari nella parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano, ma esattamente deter- minabili, perchè oft'ronoa prima vista 1' aspetto caratteristico della specie di Oppel. Essi non presentano contrassegni particolari e per- ciò io non credo necessario di figurarli. La Sj). Carmelinae Seg., del Lias medio messinese è senza dub- bio Sp. ungulata Opp. Lo stesso è da dire della Sp. Carmelinae Seg., var. pijramidata Seg. , la eguale, come ho visto su molti esemplari del Lias medio delle Rocche rosse di Galati (Messina) corrisponde per la forma alla Sp. angulata tipica, e, per le leggiere costelle che la ornano, alla var. costata Geyer. Dei rapporti della Sp. angulata con la Sp. Stativa Gemm. e con la Sp. Geyeri Di-Stef., è discorso negli articoli che riguardano que- ste due specie. La -S'^. angulata si presenta in Sicilia nel Lias inferiore di Bei- lampo presso Palermo e nel medio del M. San Giuhano , del pro- montorio di Castelluccio presso Taormina (Messina) e delle Rocche rosse di Galati (Messina). Altrove si raccoglie nel Lias inferiore di Hierlatz, di Sospirolo e della Selva Baconica; nel medio di Gozza- no e dell' Appennino centrale. Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4' 23 170 11 Lias medio del il/. San Giuliano {Erice) presso Trapani Spiriferina Geyeri, Di-Stef. (Tar. I, fg. 6.) Conchiglia globulare e più lunga che larga. Valva imperforata molto gonfia, piti grande del doppio dell" altra , fornita di un lobo molto elevato e nettamente distinto. Valva perforata conica, bassa, munita di un seno largo e discretamente profondo, ma non angoloso, che comincia debolissimo sull" ajjice e si fa più forte alla fronte, dove sporge in un lembo stretto e lungo. Apice acuto e diritto: area alta, piana, larga quanto tutta la linea cardinale, acutamente limi- tata e obliciua rispetto alla linea cardinale, che è diritta e lunga, ma meno dell" intiera larghezza della conchiglia. La fessura deltidiale è stretta e molto alta. Il setto, che si os- serva suir apice della valva perforata, giunge ciuasi sul centro della conchiglia ; le lamine rostrali sono lunghe e subparallele al setto o pochissimo divergenti. La superficie della conchiglia si mostra ornata di costelle ir- radianti dagli apici, larghe, ma leggiere e bassissime. Finora ho tro- vato il lobo sempre libero di coste , ma non così il seno , che le mostra nell" esemplare figurato. La Unea commessurale è fortemente ed acutamente arcuata ai lati e sinuata alla fronte per effetto del lungo lembo della valva perforata. Di questa specie posseggo solo due esemplari intieri e due valve staccate , nondimeno la sua forma globulare è così distinta , che io non ho potuto recisamente identificarla con la Sj). amjulata Opp. , che le è estremamente vicina. Infatti la sua valva perforata non ha punto l'aspetto caratteristico di piramide quadrangolare, come Io ha quella deUa-S'/). ungulata, nella quale è dovuto alle forti compres- sioni laterali, né il suo seno è acutamente limitato ai lati e angoloso nel fondo. Inoltre tale valva è anche bassa e più piccola della metà di quella perforata, che si mostra invece assai gonfia e ventricosa. Quesl" ultimo carattere della Sp. Geijeri mi pare molto importante H Lias medio del M. San Ghdìano [Er/ce) jìresuo Trapani 171 come differenziale, perchè nella Sp. angnhtta il rapporto della gran- dezza delle due valve è differente , cioè la valva perforata è molto elevata e sempre più grande , e V imperforata più piccola e de- pressa. Per queste differenze e perchè il piano dell' area è obliquo rispetto alla linea cardinale, come nella Sp. Statira Gemm. e nella Sp. Zi(/noi Di-Stef. , io ho creduto di separare come specie distinta la descritta Spi riferina , che altri può forse considerare solo come una varietà della Sp. angulnta. La Sp. Geyeri si distingue dalla vicina Sp. rupestris Deslongc. (1) per la grande gonfiezza della valva imperforata, per la bassezza di quella perforata, per la minore larghezza del lobo, che è però più elevato, per la forte arenazione della commessura laterale e per le coste assai più leggiere. Per quanto riguarda le relazioni con le Sp. Statira Gemm. e Sp. Ziijìtoi Di Stef., che per l'obbliquità dell'area rispetto alla linea cardinale appartengono allo stesso gruppo della Sp. Gei/eri, questa si distingue dalla prima, oltre che pei caratteri notati a proposito della Sp. amjidata , per la presenza del seno, e dalla seconda per la presenza del forte lobo e delle arcuazioni della commessura late- rale, nonché per l'altezza maggiore della valva perforata. Questa specie si trova solo nella parte superiore del Lias in esame e offre queste misure : I II Lunghezza i24mm. 21mm. Larghezza 23. 19. Spessore 22. 20. Spiriferina Zignoi Di Stef. (Tav. I, fìy. 7). Conchigha liscia, molto inequivalve, più larga che lunga. Valva perforata bassissima, conica, fornita sulla fronte di un seno largo e (1) Deslongchamps, Ètudes critiques sur des brachiopodes nouveaux ou peu connus, 1862, pag. 4, tav. I, flg. 3-7. 172 11 Lias medio del M. San Giuliano {Enee) presso Trapani leggerissimo, che si manifesta rapidamente e talora s' inflette verso r altra valva. Su certi individui la depressione del seno è quasi in- visibile. Valva imperforata assai più grande della perforata, gonfia, con r umbone robusto, sporgente e fortemente curvato sulla linea cardinale, e munita di un lobo largo, assai leggiero, non ben distinto dalle parti laterali della conchiglia, ma che tuttavia la rende larga- mente e leggermente gibbosa sulla linea mediana. Apice basso, appuntito, diritto, quasi centrale ; area assai stret- ta, più o meno ben limitata, ma non da angoli acuti, piana, molto obbliqua rispetto alla linea cardinale , ornata di forti strie trasver- sali di accrescimento e di fine strie longitudinali. Fessura deltidiale alta e larga; linea cardinale compresa nell'area, diritta e corta: setto e lamine rostrali corti. La commessura delle valve corre in un piano perpendicolare air asse dell' apice della conchiglia , ed è diritta sui lati e inflessa più o meno leggermente alla fronte. La superficie della conchiglia è coperta di una punteggiatura fitta e fina , e di strie di accresci- mento forti e assai rilevate verso la regione frontale. Questa specie ha il tipo della Sj). Sylvia Gemm. del Lias infe- riore (1), dalla quale origina e con la quale ha la più stretta ana- logia; però se ne distingue per l'apice sempre molto basso e cen- trale , e per la forma diversa della sua valva imperforata, che è gonfia, assai più grande di quella perforata , non slargata trasver- salmente , gibbosa sulla sua linea mediana e provvista di un um- bone forte e ricurvo. La Sp. depressa Seg., (2) del Lias medio messinese, che il Ro- Ihpletz (3) vorrebbe unire alla Sp. capuliforviis Seg., ha certo assai stretti rapporti con la Sp. Zigiio/ , però la specie del Seguenza è identica con la Sp. Si/lria Gemm., della quale possiede tutti i ca- (1) Gemmellaro, Sui fossifi del calcare cristalliiìo delle iiiontdffiic del Casale e di Bei- lampo, pag:. 410, tav. XXXI, fi^. 27-33. (2) Sequenza , Le Spiriferina dei varii piani del Lias messinese , pag. 468, tav XXI , fig. 3, 3a. (3) RoTHPLETZ. Op. . Terebratula sphenoidalis Mgh. apud Gemmellaro. 1874. Terebratula sphenoidalis Gemmellaro, Sopra i fossili della zona con Ter. Aspasia della provin- cia di Palermo e di Trapani (So- pra alcune faune giuresi e liasi- che della SiciUa), pag. 62, tav. X, fig. 16-19. Questa specie è rappresentata da pochissimi esemplari nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano ; essi sono però ben determinabili. Il prof. Gemmellaro nel 1874 mandò per esame al prof. Me- neghini alcuni individui di questa specie, e ne ebbe risposta che altri esemplari se ne trovavano nelle collezioni del Museo geologi- co dell'Università di Pisa sotto il nome ancora inedito di T. sphe- noidalis Mgh.^Per questo il prof. Gemmellaro adottò la denomina- Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 233 zìone del Meneghini. Or la pubblicazione dei tipi dell' Appennino centrale conservati nell' Università pisana (Ganavari, I hrachiopodi th'ffli sfrati a T. Aspasia Mgh. neW Appennino centrale, 1880, pag. 14. tav. II, fìg. 5, 6) ha dimostrato che la T. sphenoiclaìis illustrata dal prof. Gemmellaro è differente dagl' individui dell'Appenino ai quali il prof. Meneghini aveva di già apposto lo stesso nome e che aveva giudicati identici a quelli siciliani. Le figure date dal Ganavari nel lavoro citato sopra mi pare che mostrino chiaramente che la T. ■sphenoidaìis di Monticelli presso Roma sia da riunire alla T. [mn- dafa Sow. , dalla quale difficilmente si potrebbe separare ; invece quella siciliana ne differisce bene per la presenza delle pieghe frontali. È necessario perciò di ritenere il nome di T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm. per gli esemplari illustrati dal prof. Gemmellaro, perchè furono i primi ad esser pubblicati con tal nome (1874) , e di porre gì' individui figurati dal prof. Ganavari (/ brackiopodi degli strati a T. Aspasia ecc.) nella sinonimia della T. punctata Sow. Gontrariamente all' opinione del dott. Geyer (1) e del dott. Tau- sch (2), io credo che la T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm. debba tenersi separata dalla T. punctata Sow., perchè mostra sempre ne- gl' individui adulti delle forti pieghe frontali dirette in senso inverso a quello delle pieghe di quest' ultima. Infatti mentre nella T. sphe- noidaìis esse hanno le convessità dirette verso la valva perforata, sulla cui regione frontale si rilevano, nella T. punctata le mostrano dirette verso quella imperforata. Tale differenza mi pare che sia sufficiente per tener divisi gli esemplari adulti delle due specie. È da riconoscere però che esse sono vicinissime e che spesso riesce difficile o impossibile di separare i giovani individui della T. punc- tata da quelli della T. sphenoidaìis Mgh. apud Gemm. La T. sp. ind. cfr. T. sphenoidaìis Mgh. pubblicata dal prof. Ganavari (3) mostra le tracce di una biplicazione simile a quella (1) Geyer, Op. cit. , pag. 1. (2) TAnscH, Op. cit. , pag. 9. (3) Canavari, Contribuzione HI alla conoscenza dei bvachiopodi degli strati a T. Aspasia nell'Appennino centrale, pag. 19, tav. X, fig. 2. Atti Acc. Vol. Ili, Seuib 4* 31 234 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani della T. sphenoidalis Mgh. apud Gemm. , e perciò mi pare che si porisu riunire con questa. La specie in esame si raccoglie, rappresentata da un discreto numero di esemplari , nel Lias medio delle Pvocclie rosse presso Galati (Messina), del piccolo promontorio di Castelluccio (Taormina), della montagna della Ficuzza (Palermo), di Sant' Anna presso Giu- liana (Palermo) e di Chiusa-Sclafani (Palermo). Terebratula Rotzoana Schaur. 1865. Terebratula Rotzoana Scliauroth, Verzeichniss der Versteine- rungen im herzogl. Naturaliencabinet in Coburg, pag. 125, tav. II, fig. 6. 1866. „ n Benecke, Ueber Trias und Jura in den Sudalpen ( Geognostisch - palaeontologi- sche Beitrage, I. Bd.) pag. 167, tav. Ili, fig. 6. 1869. „ „ Zittel, Beobachtungen aus den Central- Apenninen ( Geognostisch -palaeontolo- gische Beitrage, IL Bd.) pag. 137, tav. 15, fig. 4. 1879. „ „ Meneghini, Monographie des fossiles du calcaire rouge ammonitique de Lom- bardie et de TApennin centrale, 1867-81 (Paleontologie lombarde), pag. 170. 1880. „ fìmbrioides Canavari (p. p.), I brachiopodi degli strati a T. Aspasia nell' Appennino cen- trale (R. Acc. dei Lincei, a. CGLXXVII) pag. 13, tav. II, fig. 2 (esclusa fig. 1.) 1880. „ Rotzoana Canavari, Ibid, pag. 16, tav. Il, fig. 3, 4. 1890. „ „ Tausch, Zur Kenntniss der Fauna der " Grauen Kalke , der Siid-Alpen (Ab- handl. d. k. k. geol. R. A., XV Bd. ) pag. 5, tav. II, fig. 7, 8, 10. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 23ó Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano si raccolgono pochi e piccoli esemplari di una Terehratida liscia, i quali corrispondono cosi bene con le figure della Ter. Rotzoann Schaur., pubblicate dallo Schaurotli, dal Benecke e dal Tausch, da non la- sciare alcun dubbio sul loro riferimento specifico. La loro massima larghezza è al di sopra della fronte ; 1' apice è forte , molto cur- vato , elevato , fornito di margini laterali arrotonditi , ma visibili e lunghi. Le valve sono molto convesse, e quella perforata si mostra più curvata dell'altra. Il deltidio è largo; la linea cardinale arcuata. La loro commessura rimane sempre sullo stesso piano. Le strie di accrescimento sono molto forti verso la fronte. Var. plicata , Tausch. (TaiK IV, Pj. 3-5) Accanto agi' individui lisci della Terebratula Botzoana se ne notano parecchi altri, che corrispondono con essa in tutti i carat- teri essenziali , e solo ne sono distinti dalla presenza di 10-14 coste irregolari, superficiali, arrotondite, in qualche raro caso dicoto- me, che svaniscono generalmente prima di giungere sulle regioni apiciali, che però talora pervengono a toccare. Essi confrontano as- sai bene con le varietà costate della T. Botzoana figurate dal dott. L. Tausch nel suo lavoro " Zur Kemdniss der Fauna der Gratten Kall-e ecc. „. delle quali sono certo giovani esemplari, ed io non saprei trovar valevoli caratteri per dividerii. Tali individui segnano i passaggi della T. Botzoana liscia alla T. Bmierì Cat. (1) , come fu ben notato dal Tausch, e si differiscono dalla specie del Catullo solo per la finezza delle coste. Se a questo carattere non vorrà darsi molta importanza, allora bisognerà riguardare la T. Botzoana liscia come una varietà della T. Ben/eri, tanto intimi sono i rap- porti tra le forme lisce della T. Botzoana e le varietà costate fi- (1) Catullo, Saggio di zoologia fossile ecc. 1827, pag 167, tav. X, fig. i, /. 236 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani gurate dal dott. Tausch e da me. Del resto le forme liscie della T. Rotzoana corrispondono nell' aspetto generale e nell' apparec- chio brachiale con la T. Eenieri. Certamente gli esemplari del M. San Giuliano sono vicinissimi alla T. mediterranea Can. (1) e in ispecie ai piccoli individui rappresentati dal Tausch {Op. cit., pag. 8, tav. Ili, fig. 4, 5); però non mostra- no il seno frontale che è caratteristico in quella, ed io perciò non saprei aggregarveli (2). Il contorno frontale degl' individui in esame è talora asimmetrico e ondulato, non solo per le leggiere dentature delle coste , ma per l' ineguale sviluppo di queste , delle quali ta- lune, e sono le più estese, s'imprimono fortemente (tav. IV, fig. 3(?, Atb.) ; però mai si produce un seno frontale. L' esemplare della tav. IV, fig. 36, che fa osservare erroneamente come un rudimento di seno , è inesattamente disegnato, perchè esso ha la fronte solo ondulosa per effetto delle coste un po' irregolari. Altre specie molto vicine agli esemplari del M. San Giuliano sono la T. Eustachiana Can. (3) del Lias inferiore dell' Appennino centrale (Ganavari) e la T. fimbrioides Deslongc. (4). La T. Eusta- chiana se ne differisce per la conformazione dell'apice, che somiglia a quello delle Waldheimia, per la presenza di un seno frontale e per la forte gibbosità della valva imperforata. Questa specie è però estre- mamente vicina alla T. mediterranea Can., e solo il diretto paragone di esemplari completi delle due specie, potrebbe meglio e deffinitiva- mente farne rilevare le relazioni o i rapporti. L'una e l'altra sono poi in relazioni strette con la T. fimbrioides Deslongc, che ne dif- ferisce solo perchè meno globulare. (1) Canavabi, Alcuni nuovi brachiopodi degli strofi a T Aspasia nell'Appennino centrai*, pae. 6, tav IX, fig. 10 (T. ^fimbrioides) -- Contribuzione 111 ttllu conoscenza dei brachiopodi degli strati a T. Aspasia nelV Appennino centrale, pag. 85 ( J'. mediterranea). (2; Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano ho raccolto un solo grosso esemplare di una Terebratula costata e con feno frontale, la quale sembra identica con la T. mediterranea Can.; però pel suo cattivissimo stato di conservazione non può qui venire esaminata. (3) Camavari, Sui fossili del Lias inferiore nelV Appennino centrale, 1879 (Atti della Soc. tose, di Se Nat. voi. IV) pag. 1«, tav. XI, fig. 9. (4) Deslongchamps, Meni, de la Soc. Limi, de yormundie , 10 voi., 1855; pag. 303, tav XVII, fig. 2-9 — Paleontologie franf.; terr. jurass.; Bradi iopodes, pag. 171, tav. 44, fig. 1-3. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trajiani 237 La T. fiiiibrioides Deslongc. ha intimi rapporti con questi esem- plari di Trapani da me ritenuti come varietà della T. Botzoana ; ma questi ne differiscono per l'apice più fortemente curvato, per la sua forma piìi gonfia , anzi globulare, per la costante mancanza di seno frontale e per le coste più deboli. Anche la T. Fotterìei Bockh(l)è vicina alla varietà descritta; però il forte sviluppo e la forte curvatura dell'apice della T. Botzoana var. pllcata, nonché la maggiore convessità di questa ne stabiliscono bene le differenze. La T. taiiroiiieuifaiia Di-Stef. (2) si distingue dalla descritta varietà essenzialmente pel lungo lembo e pel seno della valva per- forata, pel lobo di quella imperforata e per le arcuazioni della com- messura ai lati della linea frontale. La T. Botzoana Schaur. var. pìicata del M. San Giuliano ha, per quanto riguarda almeno i caratteri della forma, intima relazione con la T. pacheia Uhi. (3) del Lias inferiore di Sospirolo, dalla quale si distingue per la sua minore convessità , per la valva im- perforata leggermente depressa sopra , per le coste più leggiere, di numero minore e meno estese. La T. pacheia Uhi., la T. Enstachiana Can., la T. ìiiedìterranea Can., la T. tauromenitana Di-Stef. , la T. finibrioides Deslongc. , la T. hìjplioptycha Can. (4) , la T. Botzoatia Schaur. , var. pìicata , la T. Benieri Cat. e la lontana T. fimbria Sow. formano un gruppo di specie vicine per 1' aspetto , che hanno un rappresentante nel Trias con la T. suborbicularis Miinst. non d' Arch. e si rilegano cosi con le Hemiptychina del Paleozoico (5). La T. Botzoana Schaur. , var. plicata del M. San Giuliano rilega , per la forma, la T. Bot- zoana e la T. Benieri alla T. mediterranea Can. e perciò alla T. fim- (1) BocKH, Die geoì. Verhaltn. des sildl. Tìieiles des Bakony, 11; pag. 140, tav, III, tig. 3. (2) Di-Stefano, Sul Lias inferiore di Taormina e de' suoi dintorni , pag. 75 , tav. IV, fig. 2-4. (3) Uhlio , Ueber die liasische Brachiopodenfanna von Sospirolo bei Belluno pag, 20 . tav. Il, fig. 1, 2. (4) Canavari, Contribuzione III alla conoscenza dei brachiopodi degli strati a T. Aspasia ecc. pag. 84 (17), tav. X, fig. 1». (5) Waaoeh, Salt-Bangfossils; Productus Limestone fossils {Brachiopoda), 1882 (Mem. of the Geological Surwey of. India) pag. 335, pag. 361. 238 11 Lias medio del M. San Giulìaììo (Erice) presso Trapani briuides Deslongc. Questa specie e la T. mediterranea Can., la T. hy- poptijcìia Cari., la T. Eustachiana Can. e la T. iauromenHana Di-Stef. sono estremamente vicine , e spesso divise da differenze leggiere. La T. hijpupiijcha Can. del resto io la ritengo senza dubbi iden- tica con la T. fìmbrioides, cosi come il Deslongchamps la intende. Sui rapporti della T. mediterranea con la T. Eustachiana ho discorso un po' più su. Perchè si possa costituire perù un gruppo naturale con le specie nominate bisognerebbe conoscere bene 1' apparecchio interno di tutte, poiché esso assimila spesso forme che parrebbero diffe- renti e ne allontana altre molto somiglianti fra di loro. L'appa- recchio della T. Botzoana e della T. Benieri invece può dirsi di- scretamente conosciuto con i lavori dello Schauroth e del Tausch. La T. Botzoana mostra sulla valva imperforata una leggiera e lunga lamina, molto leggiera per potersi dir vero setto, e due altre parallele più sottili che r accompagnano; mentre sull'apice della valva per- forata fa scorgere due forti lamine. L'apparecchio brachiale è corto e semplice, come quello della Terebratuìa. Nella T. Benieri si riscon- trano, come notano Schauroth (Op. cit., pag. 125) e Tausch (Op. cit., pag. 6) i medesimi caratteri. Non è possibile dunque porre in due generi differenti, come fece il Waagen (1), la T.Botzvana e la T. Benieri. Esse pei caratteri interni descritti non possono asso- ciarsi ai CoenofJit/ris, né alle Waldheimia, secondo dubitò lo Zittel (2): i caratteri del loro apparecchio non permettono di dividerle dalle Terebrattda. Il Waagen prima e il Deslongchamps poi (3) compresero la T. Benieri Cat. (= T. fìmbriaeforinis Schaur.) fra le Hemypti- rhinu; ma a questa divisione può darsi al massimo il valore di una sezione, anziché di un genere, come del resto fanno lo stesso Deslongchamps e l'Oehlert (4). La T. Botzoana liscia e costata si raccoglie solo nel calca- re bianco con crinoidi della parte superiore del Lias medio del (1) Waagen, Op. cit. pag. 362. (2) Zittel, Handbiich chr l'ulneontoìogie, 1, 1876-80, pag. lOÌ. (3) Deslongchamps, Études critiijues sur des brachiopodes ìiouiaaiix ou peu coiiiius, pag. Ibi. (4) Obhlkrt in Fischer, Manuel de conchyliologie, ecc , 1877. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 239 M. San Giuliano, generalmente con poca frequenza. Questa specie si presenta altrove, come la T. Benieri, nelle parti elevate del Lias medio dell' Appennino centrale, e più comunemente nel Lias supe- riore dell' Appennino centrale, delle Alpi lombarde, del Tirolo me- ridionale e delle Alpi veneziane. Taluni livelli delle Alpi che la contengono e sono riferiti al Lias superiore, potrebbero invece rap- presentare le parti elevate del Lias medio. Le dimensioni di alcuni esemplari plicati del M. San Giuliano sono le seguenti : Lunghezza 16"™ IS"""" 15"™ 8""" Larghezza 13 13 12 7 Spessore 11 11 10 5 Gen. Waldheimia (King non Brulle) Davidson. Come è noto, dopo che HaU ha proposto {Index of the names tcìììch have been applied to the subdivisions of the class, brachiopoda; Washington, 1877) di abbandonare nella classificazione dei brachio- podi il nome Waldheimia King (1849), perchè usato nel 1846 da Brulle per un genere americano d" imenotteri, è stato indicato per tal gruppo di brachiopodi quello di Magellania, Bayle (1880). A ri- gore dovrebbe accettarsi questa sostituzione di nome; però è ora- mai assai difficile di poter rimuovere dalla Paleontologia il nome Waldheimia, e dall' altro canto nel doppio uso della denominazione non è possibile la confusione dei due gruppi, trattandosi di brachio- podi fossili e d'un imenottero vivente d'America. Per questo si può, ma in via eccezionale, seguire l'opinione del Deslongchamps (1) e del Rothpletz (2), che propongono di mantenere ancora il nome Waldheimia pei brachiopodi. Da varj autori è stato mostrato che la divisione fra Tere- bratulidae e Waldheimidae non è netta , e che perciò è difficile (1) Deslongchamps, Ètudes critiques sur des brachiopodes nouveaux ou peu connus ; 1862-84. (2) Rothpletz, Op. cit. 240 11 Lias medio del M. San Giuliano [Erice) presso Trapani il poter ritenere tutti i gruppi sottogenerici fatti in queste famiglie dal Douvillè (1) e dal Deslongcamps. Sta il fatto che in talune Terebrutìda {T. elongata Schloth. , T. hastata Sow., T. sacciihis Mart. , T. gregaria Suess. ecc. ) si notano delle lamine rostrali, e che il setto si presenta talora nella T. vitrea Born., si osserva in varie Biplicatae e anche sparisce per assorbimento in certi stadi di età nella ^Nald. cranium Miill. (Frile). Dippiù 1' apice delle Waldheimia giurassiche , appuntito e acutamente angoloso ai lati, si riscontra in vere Terebrafnhi (T. juvavica Geyerì , e invece il setto e il lungo apparecchio brachiale delle \Naldheimia si rile- vano su brachiopodi con apice di Terebrat/da {T. Gerda Opp., fde Geyer). La lunghezza dell'apparecchio brachiale non potrebbe per- ciò invocarsi neanco come importante carattere differenziale tra le Terehrahda e le Waldheimia , tanto più che esso si presenta pure lungo in varie altre Terebratula ( Dielasma, Dicfdi/ot/n/rifì), oltre a quella citata avanti. Però se nessuno dei contrassegni delle Wa!- dheimia, separatamente preso, ha costanza geneiica, l'insieme di essi (lungo apparecchio brachiale, setto, lamine rostrali ecc.) permette di distinguere un importante gruppo di brachiopodi, la divisione del quale sarebbe un errore di abbandonare. Che i generi non siano assai nettamente divisi , come non lo sono le famiglie ecc. , è un fatto certo in natura; tuttavia noi dobbiamo sforzarci di scoprire i rapporti fra gli esseri e di aggrupparh sempre secondo questi , pur conoscendo che tutti i gruppi necessariamente si confondono nei termini estremi. Per quanto riguarda i varj sottogeneri delle Wcddheimia riesce al certo diffìcile il poterli mantenere, perchè la loro distinzione ri- posa quasi sempre sopra differenze di forma che passano lenta- mente le une alle altre; nondimeno, quando essi hanno una suffi- ciente importanza, è bene mantenerli almeno come sezioni, perchè servono a bene ordinare il materiale paleontologico e a far rilevare (1) DonviLLÈ, Note sur quelques genres de brachiopode.'ì, 1879 (Bull, de la Soc. géol. de France, Tar. VII, S. III.). Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) jwesso Trapam 241 a prima vista le relazioni e le differenze dei resti organici clie stu- diamo. Per questo lio conservato in modo subordinato talune di- visioni, sebbene possano sembrare artificiali ( come sono del resto la massima parte delle nostre categorie di ogni ordine ), e nono- stante che si resti talora in dubbio sul collocamento sottogeneiico di talune forme. SEZ. ZEILLERIA. Waldheimia securiformis Gemm., var. pomatoides Di-Stef. (Tav. IV, fig. 6, 7.) 1874. Waldheiiniu secitrifonnis Gemmellaro, Sopra i fossili della zona con T. Aspasia della provincia di Pa- lermo e di Trapani ( Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 66, tav. X, fig. 10, 11. 1884. „ oxijfjonia Haas, Beitrage zur Kenntniss der lia- sischen Bracliiopodenfauna von Siid- Tyrol und Venetien, pag. 24, tav. IV, fig. 6. Negli strati bassi ed elevati del Lias medio del M. San Giu- liano si raccolgono abbondanti esemplari di una Waldheimia in intima relazione con la Wald. securiformis Gemm., ma dalla quale si di- scosta per talune diiferenze costanti, che permettono di poter forma- re una varietà, che io chiamo " pomatoides. „ Essi hanno della specie del prof. Gemmellaro i caratteri generali e la robustezza dell'apice; sono però più allungati, piìi fortemente triangolari e hanno i campi laterali ( che si mostrano lunghi fino , agli angoU frontali ) larghi , forti e leggermente concavi o piani , formati quasi intieramente a spese della valva perforata. La loro commessura laterale è ar- cuata verso la imperforata e così vicina agli angoli laterali di que- sta che quasi vi si confonde. La fronte porta generalmente una Atti .\cc. Vol. Ili, Skrik 4" 32 242 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani depressione per ogni valva. Queste depressioni sono larghe , ma leggiere, nondimeno fanno spesso arcuare in dentro il margine frontale, sicché la conchiglia sembra allora bilobata, senza che si produca un vero seno. La più forte depressione è sempre sulla valva perforata , così che, mentre non di raro sparisce del tutto quella della valva imperforata, 1' altra permane con vario g)-ado di intensità. Sono rari gl'individui privi di depressioni frontali. L'orlo della fronte è talora retto , tal' altra lievissimamente arcuato in fuori, ma per lo più è come coartato nel mezzo. L'apice è, come fu detto, robustissimo, appuntito all' estremità molto curvato, spesso compresso sull'umbone della valva perforata, e sempre carenato sui lati. È da notare che gli esemplari figurati possono riguardarsi come forme estreme riguardo alla spessezza dell'apice, il quale è solitamente assai più grosso che essi non mo- strino. Il forame è piccolissimo ; il setto e le lamine rostrali sono ben visibili. Gli esemplari descritti rammentano a prima vista per la forma la Wald. Hierlatzica Opp. (1); però l'apice più robusto, la commes- sura arcuata e vicinissima agli angoli della valva perforata, e per- ciò il carattere del campo laterale formato quasi interamente dalla valva perforata, non ne permettono punto l' identificazione. Molto meno essi potrebbero unirsi alla Waìd. Purifichi Opp. (2) , che ha l'apice assai più ristretto, le aree laterali più deboli e meno estese, la commessura laterale diritta e la fronte più attenuata. Certamente la Wald. oxj/f/onia Uhi. (3) del Lias inferiore di Sospirolo è vicinis- sima agl'individui in esame del M. San Giuliano , perchè presenta gli stessi caratteri della commessura laterale; però la molto minore robustezza dell' apice nella specie di Sospirolo m' impedisce di aggregarvi come varietà gli esemplari di Trapani. (1) OppEL, Uehff die Brachinpoden des uiitireii Lias, p.ig. 5y9 — Geyer, Op. cit., png. 26, fig. 27-29. (2) Oppel, Op. cit., pag. 538, tav. X, fig. 6a, b, e. (3) Uhlio, Veber die liasische Brachiopoden fauna fon Sospirolo ecc., pag. 23, tav. Il, fig. 4, 5. // Lian medio del M. >S'«h Giuliano (Erice) presso Trapani 'JA'.> Siccome ai caratteri della linea frontale è da dare poco valore nelle specie ora citate, io credo che nel gruppo di specie e varietà, le quali hanno \n'V forma fondamentale la IVaìd. Partschi Opp., si deb- bano distinguere due serie di forme, l'una formata dalla Wuld. Patiscili Opp., dalla IVdhI. Hierìatzica Opp., che sarebbe forse meglio riguar- dare come una varietà della prima, e dalla WuJd. oxygonia Uhi., le quali hanno la regione apiciale molto appuntita, ristretta, non robusta e r apice a pareti piuttosto attenuate; e l'altra dalla '' aìd. seciirifor- mis Gemm. e dalle descritte forme del M. San Giuliano , che mo- strano tutte l'apice meno appuntito, molto robusto e a pareti spessite. In queste due serie si possono poi distinguere specie o varietà a commessura laterale diritta e tagliante nel mezzo o quasi gli appiat- timenti laterali {IVald. Purtscìii, Wald. Hierìatzica nella prima serie e Wald. secnriformis nella seconda) e specie o varietà con la commessura laterale arcuata e molto vicina agli angoli della valva imperforata e perciò con l'appiattimento laterale composto per la massima parte a spese della valva perforata ( Wald. oxijyonia nella prima serie e la WahUieimia del M. San Giuliano qui descritta nella seconda). Que- sf ultima è però troppo intimamente legata con la Wald. securi- formis, che mostra talvolta la commessura laterale leggermente ar- cuata verso la valva imperforata, secondo si osserva sugli esemplari del Museo geologico dell'Università di Palermo per potersi recisamen- te dividere come specie, e perciò io la considero come una varietà distinta pel carattere della commessura laterale vicinissima agli angoli della valva imperforata. Questa varietà si presenta abbondante e con costanza di ca- ratteri non solo nelle due porzioni del Lias medio del M. San Giu- liano, ma anche in quello di Galati e di Castelluccio (Messina). Noto infine che la WahUieimia riferita alla Wald. oxi/goiiia Uhi. dal prof. Haas nel suo lavoro sulla fauna Massica del Tirolo meri- dionale e del Veneto, è invece certamente una forma tipica della Wald. secm-iformis Gemm., alla quale corrisponde per la forma ge- nerale, per la commessura laterale discosta dagli angoli della valva imperforata e per 1' aspetto dell' apice. 244 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani Le dimensioni della descritta varietà sono le seguenti : I. II. III. IV. V. VI. VII. Lunghezza 25min. 23mm. !23mni. 23mm. 21mm. 22mm. 19niiii. Larghezza 26. 24. 23. 20. 21. 22. 21. Spessore 17. 16. 14. 14. 18. 13. 12. Waldheimia Catharinae Gemm. 1874. Wa hi /lei mia Catharinae Gemmellaro, Sopra i fossili della zona con T. Aspasia della provincia di Pa- lermo e di Trapani (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia) pag. 65, tav. X, fig. 12-13. 1879. „ efr. Catharinae Uhlig, Ueber die liasische Brachiopo- denfauna v. Sospirolo bei Belluno (Sitzb. d. Akad. der Wissenschf., LXXX Bd.) pag. 26, tav. II, fig. 9-11. Di questa specie ho trovato un solo esemplare negli strati superiori del Lias medio del M. San Giuliano. Esso è ben conser- vato e corrisponde tanto bene all'individuo rappresentato dal prof. Gemmellaro nella tav. X, fig. 12 dell' opera citata sopra, che non fa bisogno di figurarlo e descriverlo. La Wald. Catharinae Gemm. si raccoglie pure nel Lias medio della Montagnola di S. Elia presso Palermo e della contrada San- t' Anna presso Giuliana (Palermo) , nonché nel Lias inferiore di Sospirolo. Waldheimia quadrifida Lmk. sp., var. lilyboea Di-Stef. (Tav. IV, fig. 9-11.) 1819. Terehratida quadrifida Lamarck, Animaux sans vertèbres, voi. VI, pag. 253, n. 36. 1837. „ „ V. Buch, Essai d'une classification et déscription des terebratules ( Mem. de la Soc. geol. de France , voi. Ili ) pag. 190, tav. XVII, fig. 3. Il IJas medio del M. San Giuliano (Erice) prexso Trapani 245 1850. „ , Davidson, Notes on an examinaiion of Lamark's fossils Terebratulae (Ann. and. mag. of. nat. hist.) pag. 9, tav. XIV , fig. 35. 1851. , , Davidson, A Monograph of british oo- litic and liassic brachiopoda (Palaeont. Society of London ecc.) pag. 28, tav. Ili, fig. 8-10. 1863. Terebratuhi {IVcdd/n'ìiìiia) q/iaiìri/ìda Deslongchamps , Paleonto- logie franqaise; terr. jurass.; Brachiopodes , pag. 89 , tav. 14, fig. 6-7; tav. 15, fig. 1-5, tav. 16, fig. 1-8 1871. Terebratula quadrifida Quensiedt , Petrefaktenkunde Deutsch- lands; die Brachiopoden, pag. 309, tav. 45, tìg. 125. 1878. Waìdheimia quadrifida Davidson , Supplement to the british jurassic and tiiassic brachiopoda. 1885. Terehrafulu quadrifida Quenstedt , Handbucli dei' Petrefakten- kunde, pag. 711, tav. 55, fig. 11. Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano si raccolgono abbondanti esemplari di una Waìdiieimia in intima ana- logia con la Wald. quadrifida Lmk. sp. e con la Wald. cornuta Sow. sp. e che offrono parecchie difficoltà di sicura determinazione spe- cifica. Essi hanno i seguenti caratteri: Conchiglia subpentagonale, più lunga che larga , talora tanto larga che lunga, rarissimamente appena più larga che lunga, ornata al contorno di quattro lobi, due laterali e due frontali, molto leg- gieri, separati da leggiere depressioni, che si corrispondono sulle due valve. Questi lobi tendono a scancellarsi , segnatamente alla fronte^ in modo che talvolta sono o appena visibili tutti quattro o del tutto scancellati, nel qual caso la conchiglia è molto pentago- nale, e tal' altra rimangono leggieri sui lati e spariscono alla fron- te, che si mostra troncata. 246 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani L' apice è molto prominente, con angolo stretto, appuntito al- l' estremità, molto curvato, a pareti attenuate, fornito di angoli la- terali acuti e lunghi e di un forame piccolo e arrotondito. Il dei- lidio è piuttosto allo e largo; la linea cardinale è arcuata. Le due valve sono poco ed egualmente convesse in generale; talvolta quella perforata è leggermente più arcuata dell'imperforata. Esse si riuniscono con un angolo molto ottuso e non di raro sullo stesso piano, essendo il contorno della conchiglia in varj casi in- grossato. La commessura è, sulla fronte e sugli angoli di essa, spezzata in leggieri zig-zag per effetto delle depressioni che danno origine ai lobi. Le strie di accrescimento sono forti e. presso la fronte . rile- vate in forma di risalti. Il setto sulla valva imperforata e le lamine rostrali sulla per- forata sono chiaramente visibili per trasparenza. Le impressioni vascolari si rilevano talora come strie irregolari e ramificate; quelle dei muscoli sono ovali ed allungate. Le variazioni di questa Waìdhe'nDÌa stanno nella maggiore o minore chiarezza dei lobi e nella sparizione di quelli frontali, men- tre quelli dei lati sogliono rimanere o ben distinti o accennati. Se si guardano gli esemplari tipici della descritta varietà, che sono quelli predominanti nel Lias medio del M. S. Giuliano (tav. IV, fig. 8, 10, 11), si nota che per la loro forma allungata sono più vicini alla Waìd. coìiiuta Sow. sp. che alla Wahl. quadrifida Luik. sp.; nondimeno essi sono depressi, con i lobi frontali leggeris- simi e spessissimo scancellati, in modo che non possono riferirsi alla citata specie del Sowerby, sempre gonfia, con i lobi frontali ben distinti e coi laterali scancellati nella massima parte dei casi. La forma depressa della conchiglia li avvicina molto dall' altro canto alla Wdld. quadrifida, dalla quale però si distinguono per la forma allungata, per lo meno chiara divisione dei lolii o per la loro man- canza, per la presenza di un alto deltidio, di un apice più elevato e con angolo apiciale stretto. Tuttavia è da notare che fra gli esemplari studiati se ne osserva uno (tav. IV, fig. 9), anche de- // Lina medio del M. San GiHlhino {Erice) presso Trapani 247 presso, estremamente vicino alle forme poco allargate della Wnìd. quadrifida e così intimamente legato, pe' suoi caratteri e per mol- tissimi individui intermedj, alle altre forme molto allungate del M. San Giuliano, che è impossibile separamelo. Per questo io ritengo che r insieme di tutti questi individui ci rappresenti la Wald. qua- drifida nel Mediterraneo con tali modificazioni da permettere la fondazione di una varietà Iiìijba>a, che per altri può essere anche una specie distinta. Gli esemplari tipici di tale varietà ci rappre- sentano stabilmente nel bacino mediterraneo quelle forme che fuori sono riguardate come di passaggio dalla Wald. quadrifida alla Wald. cornuta. Lo studio di altri individui di varie regioni mediterranee potrà precisar meglio se si debba fondare una specie nuova con le forme descritte. Dei rapporti di questi esemplari con la Wald. Verneuili De- slongc. è discorso a proposito di questa specie. La Waldheimia quadrifida tipica è comune nelle parti elevate del Lias medio della Francia e dell'highilterra. Il Quenstedt la in- dica nel Lias 5 di Hinterweiler in Germania. L'individuo figurato nefia tav. IV^ fig. 9 ha le seguenti dimen- sioni : Lunghezza l27mm. Larghezza 28. Spessore 15. Il resto degli esemplari allungati offrono le seguenti misure : I. II. III. Lunghezza 27mm. 27mm. 26mm. 27mm. 25mm. 2.5mm. 23mm. Larghezza 26. 25. 24. 23. 22. 23. 21. Spessore 14. 15. 15. 13. 12. 12. 13. Waldheimia Darwini Deslongc. (Tav. IV. fig. 12-14) 1 863-85. Terebratula ( Waldheimia) Dancini Deslongchamps, Paleon- tologie francaise; terr.ju- rass.; Brachiopodes, pag. 128, tav. 30, fig. 1-10. 248 lì Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 1878. Waldheimia Danriui Davidson , Supplement to the british jurassic and triassic brachiopoda (Pa- laeont. Society of London) pag. 163, tav. XXIV, flg. 9-11. Conchiglia piccola, pii^i lunga che larga, depressa, assai spesso asimmetrica per ineguale sviluppo dei lati, con la fronte per lo più ristretta, un po' arrotondita o leggermente troncata e talora fian- cheggiata da due lievissime depressioni laterali. Le valve sono per lo più egualmente convesse , nondimeno sono molti gli esemplari nei quali la valva perforata è più convessa dell'altra. L'apice è ele- vato, sporgente, largo, molto curvato, fortemente carenato sui lati; il forame è di discreta grandezza e formato sotto dai due pezzi del deUidio, che è alto e largo. La linea cardinale è arcuata. Le valve si uniscono con angolo ottuso , anzi spesso sullo stesso piano ; in modo che il contorno della conchiglia si mostra ingrossato. La linea commessurale rimane generalmente sullo stesso piano per tutto il contorno o si arcua leggerissimamente sui lati, con la lieve concavità rivolta alla valva imperforata. Sopra un solo esemplare le depressioni sui lati della fronte producono due strette e lievissime arenazioni, poste in altro piano di quello della linea frontale. Le strie di accrescimento sono fortissime e per lo più rilevate in forma di risalti irregolari. Sulla valva imperforata si nota per trasparenza il setto e sull'apice della perforata le due lamine rostrali. Gli esemplari descritti corrispondono perfettamente con la Wald. Danriììi Deslongc. , della quale ho potuto anche esaminare nel Museo geologico dell'Università di Palermo varj esemplari pro- venienti da Subles (Calvados). Una divisione da questi è impossibile. Come è noto, il Deslongchamps considerò questa specie come poco bene definita, pe' suoi intimi rapporti con la WahL sabnuìnl- smalis Dav. (1). Infatti riesce difficile di poterla nettamente separare (1) Davidson. A Monograph of british oolitic and licissic hrachiopodu , pag. 36, taV. V, fis. 10. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 249 • da questa specie; tuttavia se si considera che essa in Francia , in Inghilterra e nel bacino mediterraneo si presenta sempre piccola, meno convessa in generale e talora con la valva imperforata ap- piattita; che è coperta di strie di accrescimento fortissime e rile- vate, il che è in opposizione col carattere della Wald. subnumismalis e indica nello stesso tempo che non si tratta di giovani esemplari, si potrà con buone ragioni tenerla distinta. Non sono da disconoscere neanco le strette relazioni che la n'iiìd. Daru'ini ha con la Wald. sart/iaceìisis d'Orb. sp. (t) del Lias medio , alla quale passa. Un esemplare del Lias del M. San Giù- hano con leggiere, ma visibili depressioni latero-frontali, si avvicina singolarmente alla specie del d'Orbigny; però in generale gU esem- plari della Waìd. Darwin/ sono sempre molto più piccoli , più de- pressi sulla valva imperforata, meno allungati alla fronte, dove non hanno né lobo, né escavazioni, hanno l'apice meno largo e le strie di accrescimento fortissime. È da notare inoltre che sulla Wald. Darrvini, almeno sugli esemplari siciliani e stranieri da me esami- nati, non si osservano sottili linee radiali. Ciò non ostante la Wald. subnumismalis , la Wald. Sartacensis e la Wald. Darvini rimangono sempre tre specie vicinissime e passanti l'una all'altra. La Wald. Darwini ha anche relazioni genetiche con la Wald. perforata Piette sp. (2), del Lias inferiore, la quale raggiunge mag- giori dimensioni e ha l'apice assai più stretto e come strangolato, e con la Wald. elliptica Zugm. (3) del Retico. Questa specie è più propria delle porzioni elevate del Lias medio: nel Calvados (Francia) si presenta infatti nelle zone alte di questo piano. Si raccoghe inoltre nel Lias medio del Bacino del (1) DOiiBiGKY, Proclrome de Paleontologie stratigraphique ecc., 1850, voi. I, pag. 258, n. 270— Deslongchamps, Paleontologìe franfaise; terr.jurass.; Brachiopodes, 1863-65, pag. 130, tav. 31, fig. 1-8. (2) PiETTE, Note sur le grès d'Aigìemoiit et de Rimogne (Bull, de la Soc. géol. da France 2 S., t. Xin, 185S), pag. 188, tav. X, fig. 1. (3) ZuoMAYBB, Untersuchungen iieber rhcitische Brachiopoden (Beitràge z. Pai. Gesterreich Ungariis. 1 Bd , 1882) pag. 17, tav. II, fig. 6-8, 10. Atti Acc. Vol. Ili, Sbkib 4* 33 250 Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani Rodano (Dumortier) e in quello di Clandown Quanies (Radstock) secondo il Davidson. Ghoffat la indica in Portogallo negli strati di passaggio al Lias superiore e negli strati con Leptaena di questo. Le dimensioni di alcuni degli esemplari studiati sono le seguenti: L IL IIL IV. V. VI. Lunghezza 21mm. 19mm. 19mm. 18mm. 15mm. 15mm. Larghezza 18. 15. 15. 15. 13. 9. Spessore 11. 7. 7. 8. 7. 6. Waldheimia cfr. subnumismalis Davids. 1851. Terebratiilanumismalis, \ai\ subnmnismalis Davidson . A Mono- graf of british oolitic and liassic brachio- poda ( Paleont. So- ciety of London) pag. 36, tav. V, fig. 10. 1863. Terebratula (Waldheimia) subnumismalis Deslongchamps , Pa- leontologie franqaise; térr. jurrass.; Brachio- podes, pag. 124, tav. XVII. XVIII, XIX. Davidson, Supplement to the british triassic and jurassic brachio- poda (Palaeont. So- ciety of London) pag. 162, tav. XXI, fig. 1-7. Parona, I brachiopodi liassici dì Salirlo e Arzo nelle Prealpi lombarde (Meni, del R. Ist. Lomb.) pag. 257, tav. V, fig. 8-14. 1876. Waldheimia subnumismalis 1884. Waldheimia {Zeilleria) subnumismalis Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani 201 18S9. Waìdlieiniia cfr. siihiiiiiH/siiialis Geyer, Ueber die liasischen Brachiopoden des Hierlatz bei Hallstatt ( Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XV Bd.) pag. 28, tav. Ili, fig. 31-32. Nel calcare bianco con crinoidi della parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano si raccolgono parecchi esemplari di una Waìdheimia liscia che offre strettissimi rapporti con la Wald. subnu- mismaìis Davids. Essi sono suborbicolari o subovah , molto convessi e legger- mente arrotonditi al contorno. L'apice è discretamente alto, largo, molto curvato e fortemente carenato sui lati. Il deltidio è largo e la linea cardinale arcuata. Le valve si uniscono con angolo ottuso in alcuni esemplari e acuto in altri. La commessura è diritta sui fianchi e alla fronte leggerissimamente arcuata verso la valva im- perforata. La punteggiatura della conchiglia e le strie di accresci- mento sono fine. Il corto setto e le due lamine rostrali sono ben visibili. I piccoli individui corrispondono per la forma a quelli giovani figurati dal Deslongchamps, e i grandi alle figure 1, 2 della tav. 28 della Paleontologie frangaise ; se non che è da notare che la loro convessità è assai spesso irregolare , perchè si presentano gonfi sotto r apice e attenuati alla fronte. Per questo li ho determinati con qualche leggiero dubbio. Essi si distinguono dalla Wald. numismalis Lmk. sp. (1) per la forma meno dilatata, molto più convessa e per l'apice più for- temente sviluppato , più alto , più curvato e non cosi assottigliato air estremità. II Geyer (Op. cit., pag. 29) vorrebbe riunire alcune Waìdheimia lisce del Lias inferiore di Taormina illustrate da me, e che più sotto enumero, alla Wald. submimismalis. Così procedendo, potreb- bero riunirsi a questa specie la massima parte delle Waìdheimia (1) Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertèbres; 1819, voi. VI, pag. 249, n. 17. 252 IL Lìas medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani del Lias lisce ed ovali , ma non so con quanta utilità per la scienza. Certamente quelle specie descritte da me appartengono al gruppo della Wald. ntiniisnialis e della Wdhì. suhnumismaìis ; ma raffermare la loro identità con una di queste due specie , delie quali sinora non si è trovata nel bacino mediterraneo nessuna forma adulta veramente tipica, sarebbe ingiustificato. La Zeilleria Galathea Di-Stef. è bensì identica con la Zeilleria Cortesei Di-Stef. , ma tutte due differiscono dalla Wald. subnumisma- Us per la forma assai allungata, per 1' apice più stretto e l'angolo apiciale più acuto, nonché per la mancanza di qualunque inflessio- ne sulla linea frontale. Quest' ultimo carattere è ben vero che manca sugli esemplari assai giovani della Wald. numismaUs , che del resto sono sempre dilatati , ma è costante in quelli di medio accrescimento e negli adulti. Inoltre la Zeilleria Galathea (=Zeil- leria Cortesei) ha un setto lunghissimo e relativamente alle sue pro- porzioni è sempre assai più gonfia , sicché non si può essere convinti della sua identità con la specie del Davidson. La Zeilleria Mazzetta Di-Stef. non ha alcuna analogia con la Wald. subnumismalis , dalla quale differisce per la sua forma molto più stretta ed allungata , per 1' angolo apiciale acuto , per l'apice più stretto e per la linea commessurale diritta sui lati e sulla fronte. Essa ha invece maggiori analogie con le forme della T. pundata Sow. ad angoli apiciali ben distinti, e dalle quali la mantengo distinta pel solo fatto della presenza di un chiaro e vero setto sulla valva imperforata. La Zeilleria sp. ind. aff. Z. nu- mismalis da me figurata insieme alle altre citate nel lavoro " Sul Lias inferiore di Taormina e de'' suoi dintorni „ è, per la sua forma e per l'apice assai basso e appuntito, più vicina alla Wald. numi- smalis che alla Wald. subnuutistiudis. La Zeilleria Carapezzae Di-Stef. del Lias inferiore di Taormina è certamente vicina alla Wald. subnumismalis; però il suo contorno incompleto per ispezzamento non permette punto di poter dare un giudizio sicuro. Questa specie fu da me descritta, malgrado il suo cattivo stato di conservazione, perchè i bisogni del fatto che Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani 2ó.'5 io dovevo dimostrare rispetto agli strati di Taormina, allora ritenuti contemporanei a quelli di Kossen, mi costringevano a dover tener conto di tutti i fossili che vi si rinvengono. A ogni modo sinora non è punto affermabile la identità della ZeiUeria Carapezzae con la Wakl. siibnuDilsmalis, che ha un apice assai piìi largo e sviluppato. Il voler giudicare, come fa il Geyer, solo sulle figure , non sempre può condurre a giudizj esatti. La Wald. snbnumismaìi.s si raccoglie nel Lias inferiore di Bosen Tritt nelle Alpi di Vils (Rothpletz) e forse anco in quello di Hier- latz (Geyer). Nel Lias medio si presenta in Inghilterra, in Francia (Normandia, Sarthe, Bacino del Rodano), nelle Prealpi Lombarde e a Gozzano nelle Prealpi piemontesi. Waldheimia sp. ind. uff. Wald. subnumismalis Davids. (Tao. IV, fuj. 15, 16.) Conchiglia poco convessa o depressa, subpentagonale, più lun- ga che larga, troncata alla fronte. Valva imperforata poco conves- sa negli individui adulti, depressa in quelli di medio accrescimento e nei giovani. Valva perforata in generale più convessa dell'altra, ma talora egualmente. Tutte due valve sogliono mostrare delle leg- gerissime depressioni frontali, che però mancano su alcuni esem- plari. Talora se ne osservano le tracce solo su quella imperforata. L'apice è largo, un po' ottuso , molto curvato e fornito di angoli laterali acuti e lunghi. Il forame è piccolo e formato sotto dai due pezzi del deltidio, che è basso e piuttosto largo. Le valve si uniscono con angolo ottuso, e la loro commessu- ra rimane sullo stesso piano per tutto il contorno della conchiglia. La linea cardinale è leggermente arcuata. Il setto sulla valva im- perforata e le lamine rostrali su quella perforata sono ben visibili per trasparenza o per visione diretta. 2Ó4 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erìce) presso Trapani La superficie della conchiglia è coperta di una fina punteggia- tura. Le strie di accrescimento sono forti e presso la fronte rile- vate in forma di risalto. Di questa Wuhìheimia ho studiato solo cinque esemplari, pro- venienti dalla parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano. Essa è molto vicina alla Wald. vndabilis Opp. (1), alla Wahì. xiib- monismalis Davids e ad altre che son citate qui sotto. Dalle forme tipiche della prima si differisce perchè meno convessa , più allun- gata e fornita di un apice pii^i curvato e più largo; però si avvicina dippiù alle varietà allungate di questa specie, segnatamente a quella figurata dal Geyer nella tav. Ili , fig. 5 dell' opera citata. Questa forma data dal Geyer , se non è molto convessa (e questo non si rileva né dalla figura, né dalla descrizione) potrebbe unirsi con essa. La specie in esame è molto vicina anche alla Wald. suhiumi- smalis, dalla quale solo si distingue per la forma chiaramente sub- pentagonale, per la molto minore convessità e per la diritta linea frontale. Le forme della Wald. indentata Sow. sp. (2) con depressioni frontali leggiere rammentano anche la Waldheimia in esame , però esse se ne distinguono soprattutto per la grande gonfiezza. La Wald. stapia Opp. (3) e la Wald. Emjelhardtl Opp. hanno pure relazioni con questa Waldheimia; ma se ne differiscono bene, la prima per le sue piccole dimensioni, la molto maggiore convessità, la forma più stretta , più allungata e non chiaramente subpentagonale, e la se- conda , oltre che per le minori dimensioni, per la sua gonfiezza. Anche la Wald. siibdigona Opp. (4) , che però il Davidson (5) dice identica con la Wald. Waterhonsi Davids. del Lias medio inglese, si avvicina molto alla nostra forma; però essa è più piccola, più gon- fia e non subpentagonale. (1) OrPEL, Ueher die Brachiopoden des unteren Lias, puff. .n38, tav. X, fi^. 7. — Geteb, Veher die liasichen Brachiopoden des Hierlatz bei Halhtatt, ptig. 18, tav. Il, fig. 31; tav. Ili, fig 1-7. (2) SowEBBY, Minerai Conchology of Great Britain, 1825, voi. V, pag. 65 , tav. 445. (3) Oppel, Veher die Brachiopoden ffe< unterei} Lias, pag. 539, tav. XI, fig 2. (4) Oppel, Der mittler Lias Schwabens, (Stuttgart), 1853, pag. 71, tav. IV, fig. 2. (5) Davidson, Supplement to the british juraasic and triassic Brachiopoda, pag. 174. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presm Trapani 255 Come si vede, questa Waldheimia è in istretta relazione con molte specie, senza clie si possa identificare con nessuna: sarebbe perciò utile dare un nuovo nome specifico; però il ristretto nume- ro di esemplari che ho potuto studiare e ciuindi la poco estesa co- noscenza de' suoi caratteri m'inducono a non farlo. Essa pertanto va posta, pel suo aspetto e pel carattere del largo apice, nel grup- po della Wald. subnumismalis Davids. Le dimensioni di questa forma degli strati inferiori del Lias medio del M. San Giuliano sono le seguenti : L IL III. IV. V. Lunghezza 26mm 25'"™ 24""™ 22™™ 20""" Larghezza 21 20 22 20 18 Spessore 13 12 13 18 9 SEZ. PLESIOTHYRIS. Waldheimia Vern euili Deslongch., rar. (Tav. IV, fig. 17-18) 1863. Terebratula Verneuili 1864-85. Terebratula (Waldheimia) Verneuili Deslongchamps, Étu- des critiques sur des brachiopodes n o u- veaux ou peu connus, tav. XV, fig. 2, 3. Deslongchamps , Pa- leontologie frangaise ; terr. jurass.; Brachio- podes ; p. 179, tav. 48, fig. 2, 3. Conchiglia piia lunga che larga , subpentagonale , non di raro asimmetrica per ineguale sviluppo dei lati della conchiglia , più o meno depressa nelle forme giovani e di medio accrescimento e 2.ìC> Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani in talune adulte, discretamente convessa o quasi gonfia in altre ben accresciute. Valva imperforata per lo più leggermente meno con- vessa dell' imperforata, non di raro egualmente , ornata di tre de- pressioni, una frontale , di profondità assai variabile , e due late- rali molto larghe, ora forti, ora leggiere, in modo che la conchiglia mostra su tale valva due pieghe frontali e due lobi laterali^ che sono o discretamente distinti o deboli. Valva perforata molto curvata , fornita di un leggiero rigonfiamento frontale , corrispondente alla depressione dell' altra valva , fiancheggiato spesso da due leggieri solchi. Essa mostra sui lati due lobi ottusi e poco distinti. Apice largo, elevato e prominente in generale, molto curvato, fortemente carenalo sui lati, appuntito e troncato da un piccolo forame. Del- tidio largo e basso ; linea cardinale largamente arcuata. La linea commessurale è inflessa a zig-zag sulla fronte , per effetto delle tre depressioni della valva imperforata. La conchiglia è coperta di una punteggiatura finissima e fitta, e di strie di accrescimento forti e, presso la fronte, rilevate spesso in forma di risalti. Sufi'apice della valva perforata si scorgono, per trasparenza o per diretta visione nelle fratture, due lamine rostrali ; sulla valva imperforata si osserva un chiaro e lungo setto, nonché le impres- sioni muscolari lunghe, strette ed ovali, e quelle vascolari ramifica- te, ma non esattamente descrivibili. Questa specie è molto variabile : essa va dalle forme depres- se a quelle quasi gonfie ; da quelle a pieghe frontaU forti ad al- tre che le hanno cortissime e appena accennate. I solchi che fian- cheggiano il leggiero rigonfiamento frontale della valva perforata spesso mancano ; i lobi della concliiglia si determinano talora sulla metà della sua lunghezza e tal'altra; segnatamente nelle forme gio- vani e depresse, assai vicino alla linea frontale. L' irregolarità del loro sviluppo rende la conchiglia non di raro asimmetrica. Gli esemplari descritti mostrano due lamine rostrali , un lun- go setto, un apice appuntito, carenato sui lati e un piccolo forame, per il che debbono riguardarsi come delle Wuldheimia biplicate. Il Lias ìiìedio del 3f. aS(?« Giuliano (Erice) pre/i-so Tnipani 257 Certamente la Wald. Venieuiìi ha, pe' suoi caratteri generici, stretti rapporti con la Ter. (Voenoiìnjris) vul(j(iris Schloth. del Trias; non- dimeno quesf ultima pel suo tipo paleozoico e per taluni caratteri interni (1), nonché pel largo suo forame, non potrebhe aggregarsi alle Waìdheimia giurassiche, mentre la Wald. VenieniU per l'insieme dei contrassegni notati non può separarsi dal genere JValdheimia, per metterla, come fa il Bofhpletz (Geologisch-palaeoìitoìogische Monographie dcr Vil.ser Aìpen, pag. 76 e pag. 106), nelle Terebratida. Ognuno dei caratteri generici delle Waldlieimia può bene non essere costante; ma la compiuta riunione di essi in una specie come la Wald. Verneuiìi, costringe a porre questa in tale gruppo; né la forma hiplicata può esser tenuta come buon argomento per separarla, perchè, come è noto , spesso le forme esterne di certi gruppi si riproducono in altri più 0 meno differenti. Per indicare le Waldheimia biplicate basterebbe solo il nome Plesiothìjris {1), che del resto é da accet- tare solo come indicante una sezione. I Plesiothyris però non pos- sono riguardarsi, secondo recentemente fece con dubbio il Deslong- champs (3) , come appartenenti alle AntipUjchina , Zittel , perché queste appena potrebbero costituire alla loro volta una sezione delle Waldheimia, né alle Macandreicia, alle quali lo Zittel dubbiosamente le riunisce (4), e che sono distinte dall'essenza del setto e da vari altri particolari dell' apparecchio interno e dalla mancanza di del- tidio. Gl'individui in esame sono, pei caratteri generici e specifici, in- timamente legati alla Wald. Verneuili, Deslongc. e in modo che io non saprei recisamente separarli. È ben vero che essi si mostrano tutti, meno larghi, più allungati, più ovali e non di raro più con- (1) KoscHiNSKY , Beitrcige ziir Kenntniss von T. vulgaris Schloth. Zeitischr. il. deutsch. geol. Gesellscaft, 1878, XXX Bd.) pag. 375. (2) DonviLLÈ, Notes critiques sur quelques genres de hrachioporìes ecc. , 1879 (Bull, de la Soc. geol. de France, 3 S. t. VII) pag. 275. (3) Deslongchamps, Etudes critiques sur des brachìopodes tiouveaux ou peu coiinus, 1884, pag. 186. (4) Zittel, Handbuch der Palaeontologie, 1 , 1883, pag. 703. Atti Acc. Vol. Ili, Sekik 4* 34 258 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani vessi sulla valva imperforata, la quale non sempre è depressa ; ma queste differenze possono giustificare al massimo la fondazione di una varietà, anziché di una specie ben distinta, avuto riguardo al- la variabilità di simili conchiglie. Sono anche molto strette le relazioni di questi esemplari con quella forma della Ter. Jauberfi Deslongc. figurata nella tav. 46, lig. 4«, b, e, (l della " Paleontologie frangaise; terr. Jurass.; Brachio- podes „ alla quale singolarmente si avvicinano taluni individui del M. S. Giuliano discretamente convessi e con apice un po' piti basso del solito (tav. IV, fig. 18 del presente lavoro). Io avrei aggregato tale forma della Ter. Jauherti alla Waldheiniia del M. S. Giuliano in esame, se gl'individui piccoli e di medio accrescimento di questa, per la loro forma ovaleallungata e depressa, non differissero del tutto dai coetani della T. Jauherti figurati dal Deslongchamps, e se si potesse esser sicuri che la T. Jauberti sia invece una Waldheimia. Pur trop- po la determinazione generica di questa specie non è sicura sinora, perchè, se essa mostra acuti angoli apiciali, ha però dubbie traccie di un setto (Deslongchamps), e non fa rilevare lamine rostrali. Tutta- via i rapporti dell'esemplare della T. Jauberti già citato e dell'altro della tav. 48, fig. 1 dell'opera menzionata del Deslongchamps sono sì stretti con la Wald. Verneuili e perciò con la Waldheimia siciliana qui descritta, che io non ritengo improbabile possa essere dimostrato dall'ulteriore studio dei caratteri generici e specifici la necessità di staccarli dalle rimanenti forme della T. Jauberti per associarli agli individui del Monte S. Giuliano e alla Wald. Verneuili. Debbo notare che un'associazione di questa Waldheiiììia di Tra- pani con la Wald. quadrifida Link, sp.^ var. lilyba'a Di-Stef. o con la Wald. cornuta. Sow. sp. è impossibile, perchè queste mostrano sulla fronte due depressioni corrispondenti , cioè una su ogni valva ; e appartengono quindi a un altro gruppo {Zeilleria) , mentre quella in esame nel presente scritto ha invece per corrispondente alla depressione frontale della valva imperforata un leggiero rigonfia- mento e presenta i caratteri delle Terebratule biplicate. La Wald. Verneuili Deslongc. si presenta nel Lias medio della // Lias medio del M. San Giuliano {Ericé) presso Trapani 209 Spagna e negli strati con Peci, acidicosfdfns di Tlioniar in Porto- gallo (Choffat), i quali comprendono certo varj livelli liassici. La varietà descritta si raccoglie solo nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano, con molta abbondanza. Essa ha le seguenti dimensioni : L IL in. IV. V. VI. VII. Lunghezza 35mm 35mm 33mm 33mm 3 filini 30""" Cyj min 25'n™ Larghezza 28 27 27 25 23 25 23 22 Spessore 18 18 18 15 15 16 13 12 SEZ. AULACOTHYRIS. Waldheimia Ewaldi Opp. 1861. Terebratida {WahUìeiìiiia) Eìvaldi Oppeì, Ueber die Brachiopo- den des unteren Lias (Zeitschr d. deutsclì. geol. Gesellschf. XIII. Bd.) pag. 539, tav. XI, fig. I. 1874. Wall! liei mia Ewaldi Gemmellaro , Sopra i fossili della zona con T. Aspasia nella provincia di Palermo e di Trapani (Sopra alcune fau- ne giuresi e liasiche della Si- cilia) pag. 69, tav. X, fig. 7-8. 1886. „ frontensis Rothpletz , Geologisch-palae- ontologische Monographie der Vilser Alpen (Palaeontogra- pica , XXXIII Bd.) pag. 126, tav. XIII, fig. 16, 17. 1889. „ Eu-aldi Geyer, Ueber die Uasischen Brachiopoden des Hierlatz bei Hallstatt (Abhandl . d. k. k. geol. R. A. , XV. Bd.) pag. 31, tav. IV, fig. 3-7. 260 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani Di questa specie ho raccolto solo due esemplari nella parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano. Essi sono legger- mente slargati e corrispondono alle varietà accorciate. Il loro para- gone con parecchi esemplari della Wald. Ewaldi Opp., provenienti da Hierlatz e conservati nel Museo geologico dell'Università di Pa- lermo, mi ha convinto della loro esatta determinazione. Come fu già notato dal Geyer la ìì'ald. Ewaldi è estremamente vicina alla Wald. Waterhoitse Davids (1), e forse le si potrebbe riu- nire , tenuto conto che la presenza del lobo della valva perforata nella Wald. Waterhouse è un carattere variabile (vedi Wald. Wate- rhouse in Deslongchamps, Pai. frane; terr. jurass., brac/i.; tav. XXI, fg. 1-6). La Wald. Haijseana Bunker tipica (2) e la Wald. Sospirolensis Uhi. (3) sono specie molto vicine alla Wald. Ewaldi, ma che tut- tavia si possono tener separate. La prima se ne differisce perchè troppo slargata e fornita di lobo nella valva perforata e di un lungo lembo in quella imperforata; la seconda se ne allontana molto dippiìi, perchè assai piìi allungata e ristretta sopra, e fornita di due depressioni frontali corrispondenti. La Wald. frontensis Rothpl. (4) del Lias inferiore di Bòsen Triti corrisponde alle varietà poco gonfie della Wald. Ewaldi e non può separarsene. La Wald. civica Can. (5) del Lias medio dell'Appennino centrale è probabilmente la Wald. Ewaldi; però l'esemplare figurato dal prof. Canavari è troppo mal conservato e non fa dare quindi un giudizio sicuro. (1) Davidson, A Monograph of hritUh oolttic and jurassic brachiopoda, pag. 31, tav. V, fig. 12, 13. (2) DrNKER , Ueber eiitif/e neue Versteinerungen iius verschiedenen Gehirgsformationen (Palaeontographica, 1 Bd.) pag. 129, tav. XVIII, tìg. 5. (3) TJhlig, Uèber die liasische Braihiopodenfauna von Sospiroìo bei Belhnto, pag. 28, tav. Ili, fig 1-6. (4) RoTHPLETz, Op. cit., pag. 127, tav. XIII, tìg. 16, 17. (6) Canavari, Contribuzione III alla conoscenza dei bruchiopudi degli strati a T. Aspasia nell'Appennino centrale, pag. 88, tav. X, fig. II. // Lias medio del M. San Giuliano (Enee) presso Trapani 261 Gli esemplari indicati dal prof. Parona coi nomi di IVaìd. cfr. Eiraldi Opp. (7/ calcare liassico di (razzano ecc. pag. 1(1, tav. IT, fi(j. 3) e di n'ald. sp. ind. cfr. EiraJdi Opp. (i hrachiopodi ìiassici di Salir io ecc., pacj. 259, tav. V, fì(j. !'>) sembrano identici; però la loro grande gonfiezza rispetto alla ÌVald. Eiraldi Opp. mi pare che ne giustifichi la separazione in una specie distinta , sebbene molto affine. La Waldheimia f. n. che il Parona figura nella lav. V, fìg. 16, 17 del citato lavoro sui hrachiopodi Saltrio e Arzo , può riunirsi invece alla W(dd. Eiraldi Opp. , perchè non ne differisce essenzialmente. La IViild. Eiraldi si raccoglie in Sicilia , oltre che al M. San Giuliano, nel Lias medio della Montagnola di S. Elia (Palermo) e delle Rocche rosse di Galati (Messina). Altrove si presenta nel Lias inferiore di Hierlatz , nel medio di Arzo (Prealpi lombarde) , nell' inferiore delle Alpi di Vils. SEZ. ANTIPTYCHINA. Waldheimia Rothpletzi Di-Stef. (Tav. IV, fìg. 20-23.) 1884. Waldheimia (Aidacothijris) l inguaia , var major Haas , (non Bockh) Beitriige zur Kenntniss der liasischen Brachiopodenfauna von Siidtyrol und Venetien , pag. 25 , tav. IV, fig. 5. 1886 „ Haasi Rothpletz , Geologisch-palaeonto- logische Monographie der Vilser Alpen ecc. ( Palaeontographica , XXXII Bd.) pag. 129. Bella specie depressa , slargata trasversalmente, oppure tanto larga che lunga o più lunga che larga. Valva imperforata depres- 262 11 Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso T'rapani sa. con la massima convessità sulla regione mnbonale, d'onde scen- de alla fronte deprimendosi rapidamente. Essa porta un seno fron- tale leggiero e largo, che comincia rapidamente sulla metà inferiore della conchiglia e alla fronte è un po' sporgente dal contorno e riflesso indietro. Dentro questo seno si scorge generalmente una piega mediana e frontale, larga, ma molto leggiera , fiancheggiata da due solclii assai Hevi. Questa piega , mentre spesso è indicata da una ben chiara ondulazione della commessura , diventa talora appena visibile e tal' altra sparisce del tutto. La valva perforata è in generale più convessa, specialmente lungo la sua linea mediana; in certi casi lo è egualmente quanto l' imperforata, ornata sempre di un rigonfiamento frontale a forma di lobo , largo e molto leggiero, sul cui dorso si scorgono le tracce di mi seno largo e leggerissi- mo, che suol giungere fino al principio della regione apiciale. Tal seno corrisponde alla piega dell' altra valva , ed è perciò ora visi- bile, ora scancellato. Il lobo suole essere fiancheggiato da due lie- vissime e strette depressioni. L' apice è basso , largo , appuntito all' estremità , molto cur- vato, fornito di angoli laterali acutissimi, e troncato da un forame molto piccolo. Il deltidio è largo e basso : la linea cardinale lunga e leggermente arcuata. 11 contorno della conchiglia è per lo più tagliente. La com- messura laterale, quando il seno è sporgente, si arcua leggermente presso la fronte, con la convessità dell' arenazione rivolta verso la valva imperforata ; quella frontale è più o meno flessuosa per ef- fetto delle pieghe e dei solchi. Suir apice della valva perforata sono visibiU le due lamine ro- strali; su quella imperforata un lungo setto e le impressioni musco- lari strette, ovali ed allungate. La superficie della conchiglia è coperta di una fina punteggia- tura e di abbondanti linee , sottili e rilevate, raggianti dagli apici. Gli esemplari descritti mostrano i caratteri delle Antiptychina, secondo le intende lo Zittel. Di questo gruppo può farsi una se- zione delle Wal(Ui>'ii)iia. ma non un genere nettamente diviso, per- Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) pretiso Trajyani 263 che ha di esse i caratteri generici essenziali. Grindivi(Uii del M. San Giuliano hanno talora la piega mediana del seno cosi scan- cellata, che riesce difficile di poterle separare dagli Aiiìacof/ii/ris. La Waldlieimia in esame corrisponde del tutto a quella del M. Lavarella presso S. Cassiano figurata dal prof. Haas nella tav. IV, fig. 5 del suo lavoro " Beitrdcje z. Kcìiidn. der ìias. Brachio- podenfauna con iSiidfi/ru! ecc. „ col nome di Wald. (Aidacothijris) lin- guata Bòckli, var. minor Buckh. Esse però si distinguono dalla specie del Bockh (1) per la forma meno dilatata, pel seno più sporgente, per la forma piìi convessa, nonché pei differenti caratteri orna- mentali della fronte. Il dott. Rothpletz (3) separando la citata Wal- dheiniia di S. Cassiano da quella ungherese, le diede il nuovo no- me di Wald. Haasl PiothpL; ma questa denominazione bisogna mu- tarsi, perchè esisteva di già una Wald. Hausi Buckmann (3) : per questo io la ho indicata nel presente lavoro come Wald. Bothpletzi Di-Stef. La Wald. Haijseana Deslongc. (non Bunker) (4) pare differente da quella del Bunker (5); essa. ha però molti rapporti conia Wald. Bothpletzi e se ne differisce per la sua gonfiezza , per la fronte coartata in generale, per la mancanza di piega e di solchi nel seno frontale, nonché di tracce di seno sul lobo della valva perforata. Essa è inoltre sempre più piccola. Gli esemplari riferiti dal Quen- stedt (6) alla Wald. Huijseana non corrispondono neanco al tipo del Bunker, e sono invece intimamente legati con la Wcild. Bothplet- zi, alla quale si potrebbero riunire, almeno gl'individui della tav. 45, fig. 139, 141, 142, dell'opera del Quenstedt citata sotto, se le indi- cazioni che dà il Quenstedt sui caratteri dell'apice, del forame e del (1) BtiCKH, Die geologìschen Verhaltnisse des siidl. TìieiUs des Bakoiit/, 11, pag. 151. (2} Rothpletz, Op. cit. pag. 129. (3) Davidson , Appendix io the SupplemetUs to the british fossil Brachiopoda ( Palaeoiit. Society of Lonaou, 1882-84) pag. 265, tav. XIX, fig 11, 12. (4) Deslongchamps, Paleontologie frangaise; terr. jurnss.; Brachiopodes, pag. 113, tav. 24, fig. 1-5. (5) Bunker, Op. cit. pag. 129, tav. XVIII, fig. 5 (1847), (6) QcBNSTEDT, Petrefoktenkunde Deutschlands; die Brachiopodsn, pag. 315, fig. 139-142. 264 11 Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani deltidio non rendessero oscura l'appartenenza generica di tali forme. La Wald. Meneyh'nìii Par. (1) del Lias medio di Gozzano (Piemonte) è anche vicinissima alla Wnìd. Bothpleizt , tanto che si sarehl)e tentati di unirle ; però la specie del Parona è meno slar- gala, più gonfia e mostra i caratteri del gruppo (Antiptychina, Zittel o Coarctatae, Rothpletz) fortemente impressi, il che non è il caso nella Waldli. Hotphletzì, che fa osservare solo l'inizio dei caratteri della sua sezione. Non e' è bisogno di fermarsi sulle differenze della specie de- scritta con la Waìd. apennica Zitt. e con la Wald. furlana Zitt. (2). Nel Dogger inferiore ci sono specie prossime alla Wald. Rofh- pletzi, come la Wald. Haasi Buckmann (Wald. ant/iistipectus Roihpl. p. p.), la Wald. awjtistipectus Rothpl., secondo la recente restrizione fattane dal suo autore (3), e la Wald. supinìfrons Rothpl. (4). Il gruppo delle Anfiptychina si può eseguire fino nel Maini , ove si presenta la specie più giovane conosciuta sinora (Wald. subcanalis Mùnst. non Suess). La Wald. Rothpletzi è abbondante nella parte inferiore del Lias medio del M. San Giuliano. Le dimensioni di alcuni esemplari so- no le seguenti: L IL III. IV. V. Lunghezza 2 \ nini 2 \ nim 20.inm J y nim 16.°"" Larghezza 22. 21. 2L 20. 18. Spessore 10. 10. 9. 7. 6. (1) Parona, // calcare h'asaicn iìi\ Gozzano e i suoi /'ossiVi, pag. 10, tav. l,fis. 5. — I hra- chioijodi (ìf(jli strati a T. Aspasia eoe pag. 20, tav. TI, flg-. 12. (2) Zittel, Geologische Beohachtungen aus den Ceutral-Apenni», pag. 127, tav. 14, fig. 9 W. apenninica) pag. 128, tav. 14, tig. 8 {W. furlana). (3) Rothpletz, Xachtriìgliches zu der geologi sch-paìaenntohgischen Monographie der Vil- ser Alpeii (X. Jahrlmcli ecc. Bil. II, 1889). (4) Rothpletz , Geologisch-palaeontologische Monographie der Vilser Alpen, pag. 130, tav. Vili, tìg. 37, 39-40; tav. IX, fig. 18, 22, 23, 30. Il Lias medio del M. ISan Giuliano {Erice) presso Trapani 265 Gen. KiNGENA Davidson Kingena Capellinii Di-Stef. (T„v. IV, fcj. 24-26) Conchiglia piccola , depressa , slargata trasversalmente. Valva imperforata appiattita, talora leggermente convessa sulla regione um- bonale, fornita alla fronte di una depressione a forma di seno leg- giero, in varj casi scancellata e non di raro spostata verso un lato o r altro della conchiglia. Valva perforata molto piìi convessa del- l' altra, un po' gibbosa sulla sua linea mediana. Apice piuttosto spor- gente, fortemente curvato, provvisto di una piccola falsa area, tron- cato da un largo forame arrotondito, formato sotto in parte dai due pezzetti di un deltidio rudimentare, i quali rimangono disgiunti, in modo che tal forame giunge fino alla linea cardinale. Questa è lunga rapporto alle proporzioni della concliiglia e lievemente arcuata alle estremità. La superficie della conchiglia è ornata di fitti tubercoli, rego- lari e distinti. Quando mancano i primi strati della conchiglia si manifestano sul modello le strie numerose, fine e spesso biforcate, che sogliono ornare la superficie interna delle valve delle Kingena. Le due valve poi'tano forti strie di accrescimento , che sulla regione frontale pi- gfiano la forma di leggieri risalti. Sull' apice della valva perforata si notano due corte lamine rostrali e un corto setto mediano. Questa specie è vicina alla King. Desìongchampsi Davids. (1) e alla Kì)ig. Josephinia Gemm.; però se ne distingue per la sua forma trasversalmente slargata e per la linea cardinale più lunga e appe- na arcuata all'estremità. Essa ha inoltre l'apice assai più curvo e (1) Davidson, Examin. of Lamarcks Species ecc. (Ann. and Mag. of Nat. History, 1850; 2 S. Tol. V) pag. 450, tav. XV, fig. 6. Atti Acc. Vol. Ili, Sekib 4* 35 266 11 Lias medio del M. San Ghiliano (Erice) presso Trapani più stretto di quello della King. Deslomjchampsi e una distribuzione di tubercoli più regolari. Alcuni dei caratteri di questa conchiglia differiscono da quelli delle Kingena note sinora, perchè le sue valve non sono egualmente convesse , la linea cardinale è ben lunga e la forma della conchi- glia è slargata trasversalmente. Nondimeno essa non può riferirsi che alle Kingena : ì caratteristici tubercoli della superfìcie , la presenza del setto e il carattere dell' apice lungo, assai curvato e non forte- mente troncato la differiscono dalle Megerlia. Questa specie è assai abbondante negli strati elevati del Lias medio del M. San Giuliano. Le sue dimensioni sono le seguenti : L IL m. IV. Lunghezza 10.™"" Q mm 9_mm 10 Larghezza IL 10. 10. 10 Spessore 4. 3. 4. Kingena Josephinia Geinm. 1874. Kingena Josephinia Gemmellaro, Sopra i fossili della zona con T. Aspasia della provincia di Palermo e di Trapani (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia ) pag. 72 , tav. XI , fig. n. Nella parte superiore del Lias medio del M. San Giuliano si raccolgono molti esemplari di una Kingena distinta dalla King. Ca- pellina Di-Stef. che le è associata, ma corrispondente invece agi' in- dividui tipici della King. Josephinia Gemm. conservati nel Museo geologico dell'Università di Palermo. Essi raggiungono però maggiori dimensioni e hanno l' apice più sviluppato. Sulla regione frontale della valva imperforata si scorge un lieve accenno di seno, man- cante negli esemplari figurati dal prof. Gemmellaro , i quali sono piccoli. 11 Lias medio del M, San Giuliano {Erice) presso Trapani 'HM Questa specie si raccoglie in Sicilia anche nel Lias medio di Chiusa-Sclafani (Palermo). Le dimensioni di alcuni esemplari sono le seguenti : I. IL m. Lunghezza 9.°"" ^.^^ 9,'""' Larghezza 8. 7. 9. Spessore 4. 3. 4. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE (1) TAVOLA I. Fig. Irt, h, e, d. Spiriferina sicìUa Gemm. (Rocche rosse di Galati). » 2a, b.-, 3. « » (M. San Giuliano, parte inf.). » 4a, h. » Darwini Gemili. (M. San Giuliano, parte sup.). • ba, b. » Statira Gemra. (Castelluccio presso Taormina). » 6fl, b, e. » Get/eri Di-Stef. (M. San Giuliano, parte sup.). » la, h, e. » Z/gnoi Di-Stef. (M. San Giuliano, parte inf.). » 8«, b.; 9. » seg ree/afa Di-Stef. (M. San Giuliano, parte inf.). » 10. » » (ingrandimento delle coste — M. San Giuliano parte sup.). » 11. » » (M. San Giuliano, parte inf.). » 12a, b, e. » (M. San Giuliano, parte sup.). » 13. » gibbo » Seg. (Castelluccio presso Taormina). » 14, If) varietà (2) intermedia tra \& sp. gibba Seg. e la Sp. anguUifa Opp. (Castelluccio presso Taormina). » 16. » gibba Seg. (M. San Giuliano, parte sup.). TAVOLA II. Fig. Irt, b. Spirlferhia gibba Seg. (M. San Giuliano, parte sup.). » 2rt, b, e. Hhynclionella carciceps Quenst. sp. (M. San Giuliano, jjarte inf.). » 3a, ò, e, » tetraedra Sow. sp. (M. San Giuliano^ parte sup.), » 4a, 6. » serrata Sow. sp. (M. San Giuliano, parte inf.). » ba, b, e, d. » » var. Kiliani Di-Stef. (Idem). » 6a, b, e, d. » Glycinna Gemm., var. (Rocche rosse di Galati). » la, b, e. » palmata Opp. (Rocche rosse di Galati). » 8rt, b, e. » Dalmasi Dumortier (M. S. Giuliano, parte inf.). » 9a, b, e. » » (M. San Giuliano, parte sup.). » \Oa,b,c,d.; \\a,b;\2a,b,c,d. » (M. San Giuliano, parte inf.). » 13fl, b. » ptinoides Di-Stef. (Rocche rosse di Galati). (1) Le specie figurate in queste tavole si trovano nelle collezioni del Museo geologico del- l'Università di Palermo. (2) La profondità del seno nella fig. 14 è, per errore del disegno, un po' esagerata. Il Lias medio del M. San Giuliano {Erice) presso Trapani TAVOLA III. Fig. la, b, e, d. Rhynchonella pfinoides Di-Stef. (Rocche rosse di Galati). » 2a, b, e, d. » Eleiiteria Di-Stef. (.M. 8. Giuliano, parte sup). » 3; 4a, b, e. » » (Idem) » ha, b, e. d. ^ » (Idem) » 6a, b; la, b; 8. » » (Idem) » 9a,b,c,d;lOa,b;l\a,b. Briseis Gemra. (M. vSaii Giuliano, parte inf.). » 12. » » (Rocche Rosse di Galati). » 13rt b. » » (M. San Giuliano, parte inf.). » Ha, h, e, d. r, » var. Iphimedia Di-Stef. (M. San Giu- liano, parte inf.). » 15, 16rt, b, e. » » » (Idem) » \la,(K \Sa,b,c. » . » (Idem) » 18a, b, e. » Zugmai/eri Gemm. (M. S. Giuliano, parte sup.). TAVOLA IV. Fig-. 1«, b. e. d; 2rt, b. I?Ji_i/nchoneUa Zugmayeri Gemm. (M. San Giuliano , parte sup.). » .3rt, b. e; 4rt. b; ó. Terebrafiilit l'ofzoana Schaur. , var. plicata, Tausch (M. S. Giuliano, parte sup.). » 6rt, b; la, b. Waldheimia secar/ fori» is Gemm., var. pomatoides Di-Stef. (M. San Giuliano, parte inf.). » 8; 9«, b, e; 10, 11 » quadrifida Lmk. sp. , var. lilìjboea Di-Stef. (M. San Giuliano, parte sup.). » 12«, b; 13, 14 » i^rty)t7'«i Deslong-c. (M. S. Giuliano parte sup.), » 15rt, fi; 16a fi. » sp. ind. aff. Il', siibnumismalis Davids. ( M. vSan Giuliano, parte inf.). » lla,b,c;li^a,b;Wa,b.y> Verneuili Desìongc. var. (M. S. Giuliano, par- te sup.). » 20a,b, e; 21«, b; 22 23. » lìotliphtzi Di-Stef. (M. San Giuliano, parte inf.) » 24tt. b, e; 25rt, b, Kingena Capellina Di-Stef. (M. San Giuliano, par- te sup.). i 5« S: 6" ^\ : / .^' mr .m «IBltif" p Ài "È'?-, G.Tambuscio dis. L^y Lir. G.Huber. w ^'• ^ 3" /o' IO" /i" IO" -12' G.'J'aiiik'sci (1 dis !0' 'li<^ ir 6à Vi ,„t ^^ II" I.ii.aihiber. .^'> %u? /,' " /3" 13' ««►' 4^ rr i /C*^- /r.' 4 li.Tanibusci ■16" n ri' /z 77' 9 e ii A'/ /O' l't "- ■M*tìè^' TavIÌI ,,/. ;/■ /o" /^^' ;J'- Ut GlFubef Peli"' T,w W r. Tiiiubiiscio. (h: LilClliihiT Sulle curve funicolari IlfOTA I* del prof. G. PENNACCHIETTI. Stal)ilite sotto diverse forme le equazioni differenziali dell' e- quilibrio d'un filo flessibile e inestensibile, dimostro sulle curve funicolari alcuni teoremi , che hanno analogia con note proprietà relative al moto d" un punto. § I- Sieno ./•, //. z le coordinate , rispetto a un sistema di tre assi ortogonali, dell' estremità variabile dell'arco s d' un filo flessibile e nestensibile. Sieno T , n , v , n- la tensione e le sue componenti, nel punto di coordinate x , y , z : e denotiamo con A' , Y, Z le componenti della forza riferita all' unità di lunghezza del filo stes- so. Le equazioni dell' equilibrio saranno : — A' = - r, (1) = — Z. dx u dti ds T ' ds dy ds V T ' dv ds dz ds w r ' dw ds Questo sistema, essendo T — y to' ->r V- 4- "/' , ha la forma normale. Atti Acc. Vol. Ili, Sebib 4" 36 272 Sulle curve funicolari Per trasformare facilmente il sistema (1) dalle coordinate or- togonali X , y , z di \m sistema qualmique di coordinate cm-vilinee, poniamo : ds r ds Al sistema (1) si può allora sostituire il seguente: Se il filo è obbligato a rimanere sopra una superficie, la cui equa- zione sia : f{x,y,z) = 0, (3) alle equazioni (:2) dovranno essere sostituite le seguenti : ds,' dx '^'^ = - YT + >. ^ , : (4) rf«," dy ' ds,' dz nelle quali >. è una quantità da eliminarsi. Prendiamo ora un sistema qualunque di coordinate curvilinee nello spazio o sopra la superficie. Poniamo : '^"i" - » (5ì ossia : r^=P., m sicché potremo esprimere T"^ mediante una funzione razionale in- Sulle curve funicolarì 273 tera omogenea di secondo grado rispetto alle p,, con coefficienti funzioni delle q,, . Poniamo inoltre per brevità : T' = 1 7- , (7) come pure 9(7 V dq„ dq,, Le equazioni dell' equilibrio saranno, oltre le (5), le seguenti : A ^ ._ IZ: = _ TP,. ds^ Spi, dq,- '' ' ossia saranno, oltre le (6), le seguenti: ds \ dpn' dq,: § II. Il metodo che tiene il Del Grosso (*) per far dipendere la in- tegrazione delle equazioni del filo dalla integrazione d' un sistema canonico , è il seguente. Si osservi anzitutto che , quando esiste una funzione potenziale U non contenente esplicitamente l'arco s , il problema ammette 1' integrale: T + U=l-, (1) essendo /.• una costante arbitraria, e che si ha perciò : (*) Nota sull'equazioni differenziali, che si presentano nei problemi di Meccanica , Gior- nale di Matematiche pubblicato per cura del prof. G. Battaglini, voi. IV, 1866. 274 Sulle curve funicolari essendo : Si ponga quindi V=j{U- kf dx , di/ r, = ^ (a;" + .v'^ + 2") , H, = T, - V. Sarà r, una funzione omogenea di secondo grado rispetto alle quantità -—- (che denoteremo brevemente con q'„) con coefficienti funzioni note delle variabili q,,. Si ponga inoltre : dT, ■■ Pi.- , dq e si esprimano quindi T,, H, per mezzo delle variabili q,„ p^. r, si trasformerà in una funzione omogenea di secondo grado ri- spetto alle p,. con coefficienti funzioni di q,. . Se nei sistemi (§ I , 2,4) si sostituiscono invece di — XT , — YT , ^ ZT le espres- sioni date dalle (2) , evidentemente questi sistemi potranno ri- dursi alla forma : ds, Sp,, ' da, Sq,, Ricordando poi che , per le posizioni fatte , la funzione caratteri- stica //i contiene necessariamente la costante k dell' integrale (1) del problema, e supposto che si sappia trovare una soluzione com- pleta dell' equazione differenziale parziale corrispondente al siste- ma (3) , sarà facile dedurre da questo sistema le equazioni inte- grafi del problema dell' equilibrio contenenti , oltre la costante k, solamente altre tre o cinque costanti arbitrarie distinte, secondochè è 0 no data la condizione che il filo sia obbligato a rimanere so- pra una superficie assegnata. Sulle curve funicolari 275 Nel seguente paragrafo vedremo come sìa possibile sostituire ai sistemi (§ I, 6, 8) delle equazioni dell'equilibrio un sistema ca- nonico equivalente, senza cambiamento della variabile indipendente s, e nel quale la funzione caratteristica sìa 7'+ U, e non contenga quindi la costante k-. Il metodo, che esporremo, è anzi applicabile altresì quando si supponga che il problema non ammetta 1" inte- grale (1), purché esista una funzione potenziale contenente esplici- tamente r arco. § HI. Per ridurre il sistema (§ I, 6, 8) alla forma canonica di Ha- milton , si sostituiscano alle variabili p,, nuove variabili r,. definite dalle relazioni : T ^ = rn . (1) Si ha per la posizione (§ I, 7) : onde : ilT — S r^dp,, -+■ i] p/rdr^ — N -^ — dq,r — ^ -z — dp,. , ossia : 237" Esprimiamo T , T' per mezzo delle q„ , r,. . Racchiudendo entro parentesi le derivate parziali prese in quest' ipotesi, si ha : 27G Sulle curve funicolari Confrontando le due espressioni di dT' e avendo presente la (§ I, 7), si ha: \3r,-ì T ' \Sq>.-ì dqn- In virtù di queste equazioni e della (1) il sistema (§ I, G, S) di- viene : dq, dT dr, _ dT — — li.-, ds dr,.- ' ds dqii dove s' intende che T sia espresso mediante le q,, , p,, . Se U è la funzione potenziale , non contenente esplicitamente le p. e perciò nemmeno le /•,, , e, se si pone : r + U =^ H , il sistema precedente assume la forma canonica : dq, _ dll eh;, _ dll ds 5r/; ' ds dqn (2) Se il filo è libero , prendendo x, y, z per variabili q, , q, . q,, , 1' e- quazione differenziale parziale corrispondente al sistema canonico (i) è: \ r,' + r,' + r.; ■+- U = k , (3) essendo : _ dS_ _ ^ __ dS '■' ~ dx ' ''' ~ dy ' ''' ~ dz Se il filo è obbligato a rimanere sopra la superficie (§ 1 , 3) , Sulle curve funicolari 277 r equazione differenziale parziale corrispondente al sistema cano- nico è : (4) dove : y ECr - F' + U-k, _ 3S _ dS § IV. Supponiamo che il filo sia obbligato a rimanere sopra la su- perficie (§ I, 3), e che il quadrato dell' elemento lineare della su- perficie abbia la forma : ds' = Edq;' + 2Fdq,dq, 4- Gdq/ . Dalle (§ I, 6) si avrà : ^ = V J^P' + 2Fp,p, + Gp,' . (1) L'equazioni (§ I, 8) sviluppate divengono : {EG - F') r -^ = (- GP, + FP.,) 7' + T, , , US ' i [EG - F')T^ = { FP, - EP,) T+z,, ^ & dove > 2 ?(/, 3q., 2 2?, / -^^ ' ^ ' 278 Sulle curve funicolari Il „dE j^dF^i „dE\ ,^l ,.SE „3r?i àq, 2 2q, 2 dq,l Le equazioni (2), insieme colle equazioni : ds T ' ds 2 1 J i^) dono le equazioni dell'equilibrio nella forma (§ 1, 6, 8), e costitui- scono un sistema normale. § V. Sia: f{^, y, 2, u, V, w) = h, essendo fi una costante arbitraria , un integrale , non contenente esplicitamente l'arco, delle equazioni (§ I. 1). Si dovrà avere iden- ticamente : dx CI/ dZ ali dr dir Di qui si conclude quanto segue : Sieno — XV , — YV . — ZV , (love V = 4 / {-r-j -+- [-j-j -+- l-rp) ^ le componenti della forza solle- citante, rife)-ita all'unità di massa, nel moto d'un punto libero. Sieno X, Y, Z le coinpoìienti della forza, neW equilibrio d' un filo flessibile e inestensibile , in modo che queste quantità X, Y, Z abbiano nel pri- ,, ... dx dy dz mo problema, rispetto a x, y, z, -r-, -r- , -rr, t la stessa espressio- ne analitica che, nel secondo prablenia, hanno rispetto a .\. y, z, u, v. Sulle curve funicolari 279 \v. s. or integrali . non contenenti esplicitamente il tempo , del primo problema, e ijl' integrali, non contenenti esplicitamente l'arco, del secon- do problema, si trasformano gli uni negli altri , scambiando fra loro le componenti della velocità e le componenti della tensione. In partico- lare : Se X, Y, Z non contengono esplicitamente la variabile indipen- dente, e se inoltre non si fa alcuna determinazione sulle costanti arbi- trarie die appariscono negli integrali non contenenti esplicitamente la variabile indipendente, le equazioni della traiettoria, nel primo ])'>'ohle- ma, saranno anc/ie le equazioni della curva d'equilibrio, nel secondo. Se per un dato valore di x, i valori dati di y, z, THr» 717» "tt > fi^l primo problema, sono rispettivamente eguali , ai valori dati di y , z , u, V, w, nel secondo problema, la traiettoria e la curva funicolare sa- ranno un' identica curva. Similmente sia : un integrale, non contenente esplicitamente 1' arco , del sistema di equazioni (§ IV, "2, 5). Si dovrà avere identicamente : ILn ^11 „ df{-CrP^ + FP,)T + T, di {FP,- EP,)T+z, dq. ' ' dq, ^' dp, EG - F' "^ dp, EG - F' ~^- Se ne deduce facilmente quanto segue. Sieno : -P,V, -P,V, dove : y^,/M^U2FY-b^o^M' V^i-)' le componenti, secondo le linee coordinate, della forza sollecitante nel mo- to d' un punto obbligato a rimanere sopra una superficie. Sieno Pi , P.^ le componenti della forza nelV equilibrio d' un filo flessibile e inestensi- bile sopra la stessa superficie, in modo che queste quantità P, , Pj ab- Atti Acc. Vol. Ili, Seeus 4» 37 280 Stille curve funicolari biano, nel primo problema, rispetto a q,^ qj , ~tj~, ~df~ ' ^ '''' *''^**''* espressione analitica che hanno, nel secondo, rispetto a (\^ , q., , Pi , p,, , s. GV integrali, non contenenti esplicitamente il tempo, del primo problema, e gVinteifrali, non contenenti esplicitamente l'arco, del secondo problema, si trasformano, gli uni negli altri , scambiando —rr- , -3— rispettiva- mente con Pi , p, . In particolare, se P, , Pj non contengono esplicita- mente la variabile indipendente, e si lasciano completamente arbitrarie le costanti che devono figurare negV integrali cìie non contengono espli- citamente la variabile indipendente , l' equazione della traiettoria nel primo problema è anche Vequazione della curva funicolare nel secondo. VI. Determiniamo in qual caso, nell'ipotesi che X, Y, Z sieno funzioni di x, y, z soltanto, 1' equazione : Au + Bv -i- Cw -i- IJ = h , {l) ove A, B, e, D sono funzioni di x, g, z, sia integrale delle equa- zioni (§ I, 1). Affinchè la (1) sia integrale di queste equazioni, si dovrà avere identicamente : IdA dA dA \ idB 2B dB \ iW SO dC \ ^dx dy dz ' \dx Sy Sz I \2x Sy Sz 1 dD dD dD ^M-4- — «+— w -{AX-^BY+ CZ) V ti' + i' -+- tv' — 0. (2) È facile vedere che dev' essere : AX + «}' + CZ = 0 , (3) e che quindi 1' equazione precedente si scinde in ({uelle stesse equa- Sulle curie funicoluri 281 zioni che devono essere verificate , affinchè le equazioni differen- ziah : d'x d'y __ d^ IF ~ ' 1F ~ ' Ir del moto d' un punto libero ammettano un integrale della forma : , dx ,^ dy ,. dz ., -. dt dt dt Perciò è : A^l + ry — qz , B =^ m + j)z — rx , C = n + qx — py , essendo /, m, ti, p, q, r costanti arbitrarie. L' equazione (1) dovrà quindi ridursi alla forma : lu -+- nw + nw -f- p [zc — yw) + q (xio — zu) + >• iyti — xv) ^h , (4) ossia : ^„ r , dx di/ dz 1 dt/ dz\ / dz dx\ -^'■{'^ ~ '' w)]-'- (5) Quest'equazione è il più generale integrale della forma (1), nel- r ipotesi che le forze sieno funzioni delle sole coordinate; però esso conviene al problema, anche se le forze dipendono da if , v, tv, s, purché A', Y, Z, considerate come funzioni di x, y, z, u, v, io, s, soddisfino identicamente, per valori arbitrari di queste quantità, all' equazione : {l -h ry — qz) X -h {m -hpz — fx) Y + {n + qx —py)Z = 0. (6) 282 Sulle curve funicolari Si ha così questo teorema : (*ì Neil' equilibrio cV un fio fìes.si- bile e inestensibile, se le linee d' azione della forza appartenyono ad un complesso lineare, il momento della tensione rispetto al complesso è costante in tutti i p)nnti del filo. Potevamo dedurre questa proposizione immediatamente dal teorema analogo del Cerruti, fondandoci sull' osservazione che ab- biamo fatta nel paragrafo precedente. Volendo far uso della forma canonica (§ III, ^2) , (**) si pren- dano x, ij, z per variabili q,, q,, q^. L'equazione (1) diviene allora: Ar, + Br, + CV, + D = h. (7) Si ponga: dK dH 3 A' S//( (A, H)- 2j\d^ dr, dr, dqj ' ^dq.- dr/,; dri- dq,; dove: q, = X, q, — ij , q, = z- La condizione necessaria e sufficiente, affinchè 1' equazione (Ti sia integrale d' un problema, è che si abbia identicamente : (A-, //) =0. Sviluppando quest' equazione, si trova che essa si scinde nel- le stesse equazioni in cui si scinde la (2). Poniamo per brevità : dx dy , dz -17 = ''^ -d7 = '^ 'di = '' T = Aa -h Bb + Ce . (*) Ot'r. Cebruti, Intorno ad wici generalizzazione di alcuni teoremi ili meccanica, Cullec- tanea matliematica in meni. D. Chelini, 1881. (**) Cfr. E. Padova, Sugli integrali comuni a pii< problemi di Dinamica, Atti del R. Ist. ven. Voi. I, serie VI, 1883. SuUe curve funicolari 283 Si avrà da (ni : h T = T Quindi le equazioni dell' equilibrio offrono : x = -h4-±, r = _/,Ì_A, z = -a4-- (8) ds T ds r ds r Se i secondi membri delle (8) si sostituiscono nella (3) invece di X, Y, Z, si trova un'identità, sicché, se sono dati il complesso e la curva^ si possono determinare A', Y, Z in funzione dell'arco. Dunque : Una curva qualunque può essere configurazione cf equilibrio iV un filo del quale ciascun punto sia sollecitato da una forza, la cui linea d'azione rarii in un complesso lineaì'e assegnato ad arbitrio. Catania 20 novembre 1891. Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici (culi 2 autopsìe) pel Dottor ANGELO PETRONE Professore ordinario di Anatomia patologica a Catania. Quando si può prendere la parola in argomenti simili e con- tribuire anche in piccola parte alla loro illustrazione . si è sempre adempiuto un dovere ; e la questione della tubercolina include il sollievo dell'umanità sofferente. Oggi, che non è più lecito discutere sull' origine batterica dei morbi infettivi, dopo che \\\\ immensa mole di studi positivi 1" ha stabilito in modo perentorio , è giustificata la febbrile attività di trovare i mezzi per evitare l'invasione di questi invisibili ospiti , toglierne le condizioni favorevoli di attecchimento, facendo calcolo del loro modo di vivere, e finalmente distruggerli una volta che hanno invaso 1' organismo eludendo tutte le norme dell' igiene. L'essere preservati dai batteri patogeni è certamente il primo desiderato, perchè si evita il morbo non solo come presenza e moltiplicazione di questi esseri vivi, ma anche come prodotti dele- teri del loro ricambio materiale, da cui più spesso vengono i danni maggiori ed irreparabili. Disgraziatamente non si conosce ancora tutta la biologia di questi parassiti, i quah d'altronde per la loro piccolezza insidiano nel modo più occulto il nostro organismo, e da ciò la terribile fre- quenza dei morbi infettivi con tutto il progresso; sebbene, quando ci si mette in guardia con le dovute norme, oggi facilmente si ar- restano o si limitano spaventevoli epidemie ed endemie, come co- lera, febbre gialla, peste, tifo, ecc. , facendo attenzione al veicolo principale e più comune che è 1' acqua, o isolando le località col- pite e via dicendo. Atti Acc Vol. IH, Serie 4" 38 '286 Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici Ad infezione già avvenuta corre 1' obbligo di distruggere la causa morbigena, cioè il batterio specifico : e se per alcune infe- zioni ciò si era ottenuto casualmente ed in modo puramente em- pirico, come nella malaria e nella sifilide, oggi dietro le nuove con- quiste della scienza si cerca di risolvere il grande problema cura- tivo delle infezioni sia con mezzi direttamente microbicidi, sia coi prodotti di ricambio degli stessi batteri, che poco per volta modi- ficherebbero gli umo]-i dell' organismo infettato da rendersi final- mente refrattarii ali" attecchimento del microparassita : su quest' ul- timo principio si fonda la teoria dei vaccini, almeno la più importante, senza entrare (che non è il nostro conqjito attuale), sul modo di pre- pararli, se cioè devono attraversare un altro animale refrattario, ecc. E per ottenere il primo risultato si impiegano i mezzi già sanzionati nel laboratorio con effetti portentosi : quindi la medica- tura Lister per la chirurgia; l' acido fenico, il sublimato, ecc. nella pustola maligna; il sublimato corrosivo nel colera , e poi il calo- melano nel tifo, anzi ])erfiuo la difterite, anche nei casi disperati , si dice arrestata dalle frizioni mercuriali secondo i dettati di Rauch- fuss , confermati ultimamente da Smakovski. Sventuratamente si tratta di morbi gravi e sovente arrivati ad un punto, die il rime- dio riesce frustraneo per la dose avanzata del veleno microbico, e da ciò r ignoranza mette i suoi argomenti pel discredito. Com- prendo, che forse non si avrà tutta la specificità di azione che del mercurio si ha nel laboratorio e clinicamente nella sifilide; ma sono convinto^ che il rimedio tante volte riesce inutile ed anche nocivo per lo stadio in cui si trova il morbo, come tante volte succede nella stessa sifilide. Per ottenere il secondo risultato, cioè i vaccini, che possono essere mezzi preventivi e curativi, ferve oggi nel mondo scientifico il lavoro sperimentale, dopo che la fortuna arrise a h'uner , dopo che il genio di Pasteur mise il vaccino pel carbonchio , per la rabbia ecc. ; e dopo che Koch comunicò la sua scoverta della tu- bercolina : quindi lavori speciali sul difterismo, sul tetano , ed an- che sulla pulmonite crupale. Coìifrihufo sull'azione della hihercolina nei tisici 287 Ma le scoYorte sono sempre le più coinbnttute , perchè spo- stano la comodità dei retrivi. E pel nostro argomento le 2 più importanti scoverte di Koch , cioè cjuella sulla causa della tuber- colosi (;24 Marzo 188'2), e 1' altra sulla materia curativa di questo morbo (14 Novembre 1890) sono state oggetto di vive opposizioni: ed oggi che nessuno più discute il valore della scoverta etiologica della tubercolosi, vi è ancora grande discordia sul valore del ri- medio trovato da Koch contro la tubercolosi. In tanta disparità di risultati e di opinioni , che finalmente porterà i suoi benefici effetti, noi vediamo sempre risaltare la fi- gura di Roberto Koch , il quale con perizia somma e coscienza profonda, che ognuno riconosce in questo celebre scienziato , ha condotto a tei^mine anche questi suoi studi. La sua scoverta sulla causa della tubercolosi prima fu anche molto oppugnata, ma oggi non vi sono che pochi ciechi per non veder tanta luce. Vo- gliamo dire, che un ricercatore come Koch, il quale dopo un lungo lavoro pubbhca la sua nota del 14 Novembre, ha tutto il dritto alla nostra fede : la sua ultima scoverta deve avere perciò un in- concusso valore. Portata la questione sull' uomo per necessità dovevano venire le contradizioni, quando si riflette alla varietà degli ammalati, alla differente fase del morbo ed al grande numero dei medici sperimentatori. Senza dubbio la sana ed illuminata Clinica deve illustrare , modificare e meglio concretare 1' applicazione di questo grande trovato : ma non crediamo giusto , che verso un apostolato così fervido si sia anche da persone autorevoli messo a priori il dubbio, anzi qualcuno si è opposto all' applicazione del rimedio, mentre soltanto la scuola dei fatti vale ai giorni di oggi, perchè l' idea non li partorisce, ma ne dipende; e quindi bisognava se non altro aspettare prima i risultati clinici. Esaminiamo ora brevemente la storia dei fatti. Koch pub- blica anche prima del tempo da lui voluto la sua scoverta della tubercolina, cioè, di un estratto giicerinoso del materiale di cultura in cui vissero i bacilH della tubercolosi. I risultati delle sue' espe- rienze, che egU pubbHca anche nei suoi particolari , gli danno il 288 Contributo sull'azione della tubercolitia nei tisici dritto a concliiudere , che la tubercolina dà alle cavie l' immunità per la tubercolosi ed arresta il decorso della malattia nelle cavie che già ne sono colpite. Quindi egli esprime la speranza , che la tubercolosi dell" uomo e particolarmente quella dei polmoni deve essere guaribile : e bisogna por mente a quesf ultima conclusione, che risalta di tanta modestia per quanto grande è la scoverta : egli non dice che la tisi tubercolare debba guarire in tutti i suoi sta- dii, ma che la tubercolosi deve poter guarire. Già la notizia di questi studi, trasparendo dalla conferenza di Koch sulla batteriologia fatta al Congresso internazionale di medi- cina a Berlino, toccando l'interesse di tanti sofferenti, vicino ad un nome tanto mallevadore dei suoi trovati, aveva commosso il mondo intero, anche prima della nota del 14 Novembre. Come era na- turale ognuno, potendolo, si mise alla prova principalmente per la insistenza dei poveri ammalati, e tutti ricordano episodii raccapric- cianti di sofferenti quasi moribondi , che si facevano trasportare dalla locomotiva a Berlino. Si cominciò col disordine, si continuò coU" esagerazione e si è Anito col discredito. Ma il metodo non sempre fu praticato con tutte le norme, non si fu severi nelle dosi da applicarsi all' uomo, né sempre si fece giusto calcolo del tempo di continuazione della cura, degli stadii diversi della tubercolosi , della natura e topograha varia degli organi affetti, della resistenza speciale dei singoli malati ; e quindi i risultati ed opinioni contrarie anche di scienziati eminenti. A me però ha fatto impressione , che finora non hanno dato un giudizio esplicito gli uomini più com- petenti, come Pasteur, Lister: solo Virchow ha esposto varii re- perti anatomici, segnalando fatti funesti probabilmente dipendenti dall' iniezione di tubercolina , e richiamando 1' attenzione perchè si fosse cauti nella sua amministrazione. Ho nominato soltanto Vir- chow_, come il maestro più autorevole e veccliio in Anatomia pato- logica: autopsie simili sono state fatte datanti altri, ed in generale la conclusione è stata poco favorevole alla iniezione della linfa. Ma si comprende facilmente, che non si poteva conchiudere in modo diverso trattandosi di individui morti, non guariti, e poi influenzati Contributo xuU'azione della tubercolina nei tisici 289 dal parere di Virchow: forse anche le modificazioni in meglio erano sopraffatte dai profondi guasti , che più o meno si sono incolpati alla tubercolina. Ora io vi esporrò il risultato di ^1 autopsie di tisici trattati con la tubercolina , aftinché potessi col giusto apprezzamento dei fatti contribuire al grave argomento. 1.' AUTOPSIA. L" individuo con tubercolosi pulmonale al 3° stadio , cioè di- struttivo, era stato accolto e trattato nella Clinica medica ( Toma- selli) con 3 iniezioni di tubercolina. la prima di ' 2 milligrammo, la seconda di uno e la terza di uno e mezzo, cjuindi in tutto 3 mil- ligrammi. Il giorno dopo 1" ultima iniezione , non essendo mai mi- gliorato anzi il male si aggravava semprepiù, F ammalato volle usci- re dall' ospedale e morì nella propria casa 15 giorni dopo 1' ultima iniezione. L' autopsia per la mia insistenza e per la solerzia del nostro assistente Dottor Condorelli fu praticata di sera al Campo- santo. I pezzi portati al nostro Istituto mi hanno fatto giudicare " Tisi tubercolare con grosse caverne in tutti due gli apici, preva- lentemente nel destro — Estesa disseminazione tubercolare nel resto dei polmoni sotto le apparenze differenti di granulazioni e nodi tubercolari a stadii diversi — Pulmonite crupale floscia e corrispon- dente pleurite secca al lobo inferiore destro — Tubercolosi miliare acuta nei soli reni : ( questa lesione si è esclusa nel fegato anche con 1' esame microscopico ) — Le glandule linfatiche peribronchiali di destra sono tumefatte notevolmente per infiltramento midollare recente. 2.» AUTOPSIA. L' individuo era accolto nella Clinica medica propedeutica (Fe- letti), e decesso nella stessa dopo 19 iniezioni di tubercolina, la 290 Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici prima di ' 4 di milligrammo e poi aumentando gradatamente da ar- rivare alla dotìe massima di i centigrammi, impiegando una quan- tità complessiva di milligrammi 165^4. Le iniezioni furono so- spese pel peggioramento delle condizioni generali e locali , peggio- ramento che progressivamente aumentò sino alla morte, avvenuta 42 giorni dopo l'ultima iniezione praticata. Il cadavere venne al nostro Istituto con la diagnosi clinica " Tubercolosi pulmonare e laringea. , L' autopsia è stata fatta pubblicamente nella nostra scuola il 14 Maggio, ed abbiamo trovato. " Tisi tubercolare dei polmoni con caverne vecchie agii apici , circondate da esteso induramento ardesiaco in cui risalta un colorito roseo non ordinario. Dissemi- nazione confluente nel resto dei polmoni con esteso rammollamento caseoso, avvenuto di recente anche nei focolai più piccoli : perfo- razione di 3 di questi nel sacco pleurico sinistro e pio-pneumo-to- race— Laringite tubercolare in via di guarigione. — Nessuna altera- zione rilevante negli altri organi , meno un certo grado di rigon- fiamento torbido. „ A proposito delle condizioni anatomiche del la- ringe, omettiamo i particolari, che già si trovano descritti nel re- perto anatomico : in succinto però facciamo risaltare, per conferma della natura del processo, il fatto clinico della tubercolosi della laringe e dei polmoni , le estese alterazioni anatomiche precedenti che abbiamo potuto indurre dai postumi di riparazione in parte alla fase cicatriziale, mentre nei punti ancora ulcerati, sebbene messi quasi hvello della mucosa vicina, vi è ancora un intonaco caseoso ; ed infine anche la località prediletta per la tubercolosi , cioè , la faccia inferiore ed i margini lateraU dell' epiglottide e la parete an- teriore del laringe. L' esame microscopico relativo all' esistenza dei bacilli tuber- colosi r ho fatto a preferenza nel 2." caso, perchè in questo soltanto si può far calcolo di un'azione vera e prolungata della tubercolina ; anzi il notevole tempo trascorso dall' ultima iniezione mette , secondo me, la condizione favorevole per la possibile lenta modificazione del bacillo , mentre nascono dei dubbii nei casi in cui manca il tempo utile per simili risultati. Coììtributo stdl'azione della fubercolina nei fidivi 291 n sangue non ha mostrato traccia di bacilli tuhci-cnlari : l'esame poi principalmente delle granulazioni più recenti , raramente ha pre- sentato il bacillo specifico, il quale mi è sembrato: 1." essere un poco meno colorato che nelle condizioni ordinarie : ■2." più esile , sebbene i più corti e quelli incurvati mostrano la spessezza ordi- naria : 3." talora trasformato in una serie di grossi granuli del proto- plasma, disposti a rosario, debolmente ma evidentemente colorati nel modo specifico. Si osserva poi una quantità di granuli liberi nel tessu- to, purché si trovi in uno stato infiammatorio, perfino nelle pareti alveolari ed anche in quello essudato gelatiniforme omogeneo che talora tapezza le pareti stesse. Queste apparenze, colorate perfet- tamente nel modo specifico del bacillo della tubercolosi, sono simili soltanto un poco più grosse dei granuli disposti a catena di 3, 4 a 5 nell'interno delle membrane bacillari : somigliano a cocchi iso- lati, talora riuniti a due, tal" altra aggruppati in mmiero maggiore: alcuni mostrano la prevalenza di uno dei diametri, e quindi appa- riscono come corti bacilli. (Di questi fatti troveranno la dimostra- zione nei preparati esposti.) Io pel momento non mi fido giudicare di shnili apparenze ; credo che sieno modificazioni importanti del batterio specifico, e con molta probabilità hanno dipeso dalla tuber- cohna : se queste apparenze di cocchi sieno spore tubercolari, simili a quelle che io stesso descrissi pel primo nell'essudato della lepto- meningite tubercolare nel 1884, ovvero le spore bacillari di Schron diventate libere; e se le apparenze di bacilli costituiti da una catena di torule sieno 1" espressione del bacillo tubercolare sporifero anche da me descritto perfino con ligure nel succennato lavoro , ovvero il bacillo tubercolare giovine secondo Schron, ovvero un'apparenza artificiale , come quella indotta principalmente dal lodo, secondo C. Fraenckel ed altri, abbisognano ancora studii seveii per decidere; ed io mi riservo di studiare più ampiamente questo argomento, su tutti i pezzi conservati di questa autopsia e tratterò con lo stesso metodo quanti altri casi mi sarà possibile di studiare di tubercolo- tici non trattati con la fubercolina; e devo dichiarare che in questi studii mi son servito a preferenza dell'acido acetico glaciale in so- 292 Contribnto sull'azione della fnbercolina nei tìsici stanza come decolorante invece di altri acidi : modifica che notai nel mio lavoro del 1884, e che mi ha corrisposto sempre e megho degli altri. Pel momento però devo dire , che quell' apparenza di cocchi più che ad un fatto regressivo di frazionamento, di involu- zione secondo Fraentzel ed altri, riporterei ad un' evoluzione progres- siva, sporigena, tanto le apparenze sono precise, la colorazione per- fetta ed il graduato passaggio in corti bacilli : e che la disposizione speciale a rosai-io del protoplasma del bacillo in questo caso non si può incolpare al lodo , quindi non è un prodotto artificiale : sarebbe di un estremo interesse poter confermare Y opinione mia e di Schron in proposito, che cioè sieno bacilli nel loro pieno vigore prolifico, perchè allora la tubercolina sarebbe condannata. Su questa quistione fina , intima devo sospendere il giudizio il quale dovrà essere confermato, modificato o corretto da studi ulteriori. Pel mo- mento continuerò le considerazioni sulf argomento in parola, indi- pendentemente dai dubbii suesposti. Dalla prima autopsia possiamo dedurre poco o niente sugli effetti della tubercolina : è troppo tenue la quantità iniettata, per incolpare la linfa di effetti dannosi, come la pulmonite floscia, e di . non aver arrestato 1' ulteriore progresso del morbo, massime nelle sue manifestazioni lontane, metastatiche , come la tubercolosi miliare acuta dei reni. E se la tubercolina in primo tempo non distrugge il bacillo e la sua virulenza , tanto da poter indurre l'allargamento e moltiplicazione di focolai circoscritti preesistenti, per avere il ram- mollamento reso più facile la disseminazione e le metastasi, non si può dire ciò con asseveranza nel caso in parola per le ragioni sue- sposte : e poi manifestazioni simili si hanno non infrequentemente anche senza l'uso della tubercolina. Relativamente alla pneumonite, a noi non ha imposto l'apparenza speciale floscia, la quale, come è risaputo, si ha in generale negli individui deboli e nei vecchi a pre- ferenza : il marasmo indotto dalla tisi tubercolare giustifica la scar- sezza dell' essudato , mentre la mancanza del bacillo tubercolare , r estensione lobare e la pleurite secca corrispondente al lobo in- fiammato , confermano la natura della pulmonite crupale : non vi Contributo sull'azione della fubercolina nei fisici 293 abbiamo trovato il diplocorco di Fracnckel o a.Itri equivalenti; ma si sa , clie specialmente dopo un certo tempo lo pneumococco non si trova più: e dall' esame microscopico risulta che il processo da- tava da un tempo maggiore dell" ordinario ^ e che la risoluzione cominciava in modo lento, sebbene incompleto. L'intiltramento acuto delle glandule linfatiche peribronchiali a destra è in rapporto solo con la flogosi crupale , avendosi il riscontro in casi simili e man- cando il bacillo tubercolare. Dalla seconda autopsia abbiamo potuto trarre ammaestramenti più positivi per la questione in parola. Mentre nel 1." caso le iniezioni di tubercolina furono così scarse da non essere sufficienti a produrre cambiamenti positivi , straordinarii nei noduli recenti , nel 3.0 sono state praticate molte iniezioni , per un tempo lungo e la somma della tubercolina iniettata è stata considerevole , e quindi dobbiamo credere sufficiente per gfi etfetti speciali. L" ipe- remia delle località affette da induramento ardesiaco , oltre quefia del resto dei polmoni, certamente è un fatto straordinario ; come pure è straordinario il fatto , che in polmoni affetti da tisi tuber- colare di data antica ed a decorso lento, sopraggiunge un rammol- lamento generale delle masse caseose , anche nei nidi tubercolari più recenti, sino a cagionare , essendo mancato il tempo utile per la pleurite adesiva , la perforazione del polmone nella pleura ; è vero, che alterazioni simili troviamo nei polmoni presi da tisi flo- rida, galoppante, ma allora il processo quasi mai ha una data an- tica e lunga. L' altro fatto straordinario è il miglioramento esteso, in varii punti con guarigione cicatriziale del processo tubercolare del laringe, in modo che l'apparenza ordinaria devastante deh" ul- cerazione tubercolare , e che nel caso presente ha dovuto essere profonda a giudicare dalla riparazione cicatriziale, non più appare: un simile risultato non eravamo abituati ad ottenere con l'impiego di tutti i mezzi curativi finora conosciuti. Questi fatti straordinarii hoi mettiamo sul conto defi' azione della tubercofina iniettata. Io sono defia opinione della maggioranza, la quale oggi ritiene che r azione dalla tubercolina non sia necrotizzante pei prodotti Atti Acc Vul. Ili, Sebie 4" 3i) 294 Contributo sull'azione della tuhercoUna nei tisici tubercolari : "e davvero sarel^be inutile la poca e problematica necrosi cagionata dalla linfa, quando già V infiammazione specifica per conto proprio vi è destinata, tanto da aversi più o meno prestamente la necrosi coseosa, costituente la seconda fase, che è la degenerativa regressiva nel tubercolo. E poi il fatto di tubercoli miliari e sub- miliari , già confermato in tanti reperti di individui trattati con la tubercolina va contro l'opinione necrotizzante della linfa: anzi con- ferma, per r eruzione recentissima, che la linfa non ha azione di- retta contro il bacillo , almeno nei primi tempi della sua azione ; chi sa che invece non metta le condizioni favorevoli per la sua rapida prolificazione. Seguiamo invece 1' opinione, almeno sino ad oggi, che accorda alla linfa un'azione locale speciale sulle parti specificamente infiam- mate, per cui sarebbe alterato il campo vasale della località, dimi- nuita la resistenza delle pareti vasali, in modo da succedere dila- tazione e maggiore riempimento in sangue , e quindi trasudazione notevole di siero. Ciò è evidente ocularmente nelle affezioni tu- bercolari esterne e coi segni plessici ed acustici nelle interne ap- partenenti all' apparecchio respiratorio. E tutto questo è stato con- fermato dalle osservazioni necroscopiche, in cui ordinariamente si è trovata iperemia delle loc'alità affette di tubercolosi dietro 1" a- zione della tubercolina, e nella nostra seconda osservazione colpisce r aspetto roseo che risalta sulle parti affette da induramento arde- siaco , e la notevole iperemia del resto dei polmoni là ove sono granulazioni e nidi tubercolari di data recente , e crediamo che questo stato iperemico è minore ancora di quello che ha dovuto essere nel tempo delle iniezioni e nei primi giorni consecutivi. L' esame microscopico ha confermato la iperemia del parenchima pulmonale circostante alle formazioni tubercolari recenti, ed ipere- mia anche nelle parti già obsolescenti per induramento ardesiaco, ove è straordinario il fatto che parte del parenchima pulmonale già collabito mostra dilatazione degli alveoh per riempimento di siero e le pareti alveolari mostrano dilatazione dei capillari ed infiltra- mento leucocitico recente senza accenno a trasformazioni regressive. Contributo ntdl'azione della tubetrolina nei tinici 295 È questa azione alterante della tubercolina. quasi come fanno le sostanze aeri (Liebreicli) , indotta sulle pareti vasali più predi- sposte, già alterate, cioè sui vasi che circondano i focolai tubercolari, che deve essere la base dei cambiamenti importanti che si fanno nella località. Da una parte F invasione di siero, che, grazie ai la- vori di Buchner e di Stern , si ritiene che agisca poco per volta come microbicida, sebbene ciò dovrà essere confermato pel bacillo della tubercolosi; dall' altra, ed è un fatto innegabile, i focolai con necrosi caseosa dietro questa invasione sierosa si rammolliscono rapidamente , mettendosi la condizione favorevole per lo sfacelo : dair altra infine i tessuti piìi vecchi, anche sclerosati, sono infestati ed animati da elementi attivi , indifferenti, per cui la possibilità ai processi hmitanti, riparatori. L' invasione sierosa dei prodotti flogistici tubercolari , già ca- duti in necrosi caseosa, e consecutivo rammollamento rapido per opera della tubercolina illustra la questione di genesi del rammol- limento delle masse caseose nella tubercolosi : per conto mio da varii anni ho espressa l'opinione che non era cpella specie di cozione che si ammetteva, né il lento riassorbimento dell' acqua per cui la parte degenerata si precipitava ecc. , invece ho dato peso all' invasione di siero dalle parti hmitrofe , le quali iperemizzano ed infiammano sino alla suppurazione intorno a quella parte mor- ta, che figura da corpo estraneo ; e quella parte morta in via di sgregamento granulare per l'indole del processo è invasa passiva- mente dal siero e perciò rammollita: e se ciò non succede nella necrosi caseosa della gomma , io dicevo , ciò dipendere dall'impe- dita invasione di siero per la sclerosi circostante, che lentamente si fa intorno ai prodotti necrotici delle gomme a differenza che nei prodotti tubercolari : come anche è risaputo , che gomme le quali rapidamente assolvono il loro decorso , e sono le piìi esposte ai maltrattamenti traumatici, come le periostali esterne , appunto per la mancanza di sclerosi circostante capace d' impedire l' invasione sierosa rammolliscono anche esse e perfino suppurano. Ed infine vi sono infiammazioni tubercolari in cui , sia per la località poco 296 Confribxfo nulVazione della tuhercolina nei tisici esposta ai traumi, sia per condizioni favorevoli di lentezza del pro- cesso , masse anche grosse sono incapsulate , non rammolliscono , anzi calcificano, e ciò succede perfino nell'organo meno favorevol- mente disposto, nel polmone, sotto la forma dei tubercoli obsoleti. Ripeto perciò , che 1' azione locale della tubercolina illustra anche, secondo il mio modo di vedere, la questione generale di genesi del rammoUamento delle masse caseose per l'invasione di siero. Crediamo quindi lecito poter conchiudere da tutti i fatti os- servati, che l' azione locale della tubercolina , se non riesce cu- rativa specificamente contro il bacillo della tubercolosi specialmente quando il nodulo specifico è recente e non ancora caseificato ^ ne dissolve rapidamente il terreno di cultura quando- già è cominciata la caseificazione, per cui il bacillo può essere coinvolto in quella distruzione; e ciò che più importa mette le condizioni favorevoli per r efiminazione dei focolai specifici: inoltre se vi è molta nor- ma nella propinazione del rimedio si potrà con quella longanimità richiesta daUa gravezza del male arrivar a sequestrare semprepiù focolai che non si possono emettere al mondo esterno , mediante la formazione di tessuti riparatori , che col loro consolidamento chiudono poco per volta le vie alla disseminazione ed alla meta- stasi. Non si può negare che per norme non ancora assodate la tubercoMna tante volte agisce rapidamente, rammoUisce focolai tu- bercolari, i quali, sia perchè non si trovano su superficie libere e perciò capaci di essere eliminati all'esterno, sia perchè non an- cora si è formata la barriera locale di connettivo fibroso, infettano l)iù rapidamente la vicinanza ed il resto defi' organismo , oltre i guasti locafi meccanici, come nel laringe, di continuità , come nel- r intestino, ecc., che si possono indurre. Suir azione locale del siero trasudato, dietro 1' applicazione della tubercolina, si sono voluti giustificare gli altri metodi recen- tissimi per la cuia della tubercolosi ; si opina che sia 1* azione mi- crobicida del siero del sangue, o aggiunto al tisico da animali re- frattarii, capra, cane, (Richet, Lepine), ovvero arrivato dallo stesso malato per iperemie locali indotte nelle parti affette da rimcdii, co- Confribiiio ttull'azione della tuheirolimi nei tisici 297 me il cantaridato di potassa (Liebreicli. llcàl, quest' ultimo che ne reclama la pi'iorità di quasi i20 anni), e forse anche col ioduro di potassio (Sticker) mediante il riattivamento del ricambio materiale, che ha dato risultati incoraggianti a questi Autori. Noi non possiamo approfondirci su ciò per non divagar molto, ed essendo ancora le conclusioni sub indice : solo facciamo rilevare l'esperienza negativa di Foà, anche rafforzando , secondo Richet , la supposta proprietà vaccinante del siero di sangue dell' animale refrattario, pollo, verso la cavia anhnale assolutamente recettivo. Per ciò che riguarda Y azione generale della tubercolina, seb- bene fosse un argomento che in gran parte si sottrae agli studii anatomo-patologici , facciamo rilevare le profonde modificazioni del ricambio materiale , da cui la febbre , e forse alterazioni più spe- ciali su certi organi, massime del sistema nervoso , dell' apparec- chio urinario, ecc. ed in ciò si è quasi generalmente di accordo : ma non si può ancora dire , se poco per volta avviene tale una modihcazione del ricambio stesso da indurre 1" immunità per 1' ul- teriore attecchimento del bacillo tubercolare; come è sicuro il con- trario , che cioè almeno per un tempo notevole il bacillo che era annidato non è distrutto. Non possiamo quindi negare , che finora le grandi speranze concepite per i risultati ottenuti sugli animali non sono state con- fermate suir uomo : anzi hanno sorpreso i risultati sperimentali per- fettamente contrarli a quelli di Koch , ottenuti nelle stesse condi- zioni e sugli stessi animali, come quelli di Dubief capo del labo- ratorio di batteriologia di Dujardin-Beaumetz, ed i recentissimi di Baumgarten per cui i conigli e le cavie , infettati di tubercolosi , con tutte le iniezioni di tubercolina fanno svolgere fatalmente il processo sino alla morte , e che le inoculazioni preventive sono inefficaci contro il terribile bacillo. A questo proposito dobbiamo far rilevare che tanti altri , tra i quali nominiamo Klebs e poi SchoU assistente di Hueppe nell'Istituto igienico di Praga hanno confermato i risultati di Koch ; e quindi con probabilità i lisultati 298 Contributo sull'azione della tubercolina nei tisici opposti (lei lìiiiiii hanno dipeso soltanto dal non aver adoperato tutte le norme e cautele dettate da Koch. A questa discordia surta anche nel campo sperimentale , ag- giungendo i risultati clinici contrari abbastanza numerosi , perfino contro il valore diagnostico (Leyden ecc.), e principalmente contro il valore curativo, che anche nei casi più fortunati e promettenti ha fatto notare la recidiva fmanco negli affetti da lupus e tuber- colosi della ossa , (e ciò da persone competenti nella materia ed aumiiratori di Koch (Bergmann ecc.), segue ai più fiduciosi il dub- bio , mentre dimostra che un lato debole sta nella tubercolina , il quale deve essere corretto : non è ammissibile , che in una que- stione in cui tutti sperano e con la più buona volontà si fosse tanto esagerato nei risultati sfavorevoli. Dall' altra parte della bi- lancia pesano anche i risultati favorevoli , e perciò noi fidenti nel valore della scoverta aspetteremo, augurandoci da una parte che le affermazioni di Koch sieno confermate da tutti , e che si arrivi con nuovi studii di laboratorio e principalmente di clinica a scer- nere e separare possibilmente i i2 efTetti opposti : e ciò ci farebbe sperare 1' ultimo lavoro del Klebs, il quale ha cercato di separare nella linfa di Koch col cloroformio una sostanza di effetto tossico, dall' altra di effetto salutare, vaccinante, che resta libera nell" alcool: ed ha dimostrato con una nuova serie di sperimenti , che la tu- bercolina così depurata produce negli animali tubercolosi gli stessi benefìci effetti della linfa originaria , e nell' uomo sano nessun ef- fetto molesto o morboso : Klebs arrivò a queste conclusioni , par- tendo dal fatto che la tubercolina propinata agli animali non dà mai certi inconvenienti che si manifestano nell'uomo , e quindi si mise alla risoluzione del quesito , se per avventura nella linfa di Koch tra le varie sostanze ne esistesse una capace di [irovocare suir uomo , e non sugli animali , quelle conseguenze nocive , che mettono in preoccupazione il pratico nella sua amministrazione. È quindi necessario ed è stato il voto della maggioranza, mol- tiplicare gli studii con un esame rigoroso e conq^lesso degli effetti della tubercolina, possibilmente depurata secondo Klebs , sul san- Contributo sull'aziom delìn tuhercoUna nei tisici 299 gue, urina, .sudori , saliva e secrezioni in genere , circolazione, in- nervazione e poi nutrizione generale, tanto rimpetto all' organismo sano, come all' ammalato , per poter dare conclusioni più positive fondate sul valore fisiologico e terapeutico della linfa , notando le differenze di effetti tra gli animali e l' uomo , e possibilmente tro- varne le ragioni. Che tante volte si sperimenti con una linfa che non sia la vera , ed in cjuesti casi probabilmente mal preparata , è possibile, ma noi riteniamo ciò molto improbabile : chi volete , che volesse trar guadagno da un'operazione difficile, lunga, costosa massime per località, apparecchi ecc. quando in generale ognuno se ne prov- vede dal laboratorio di Koch sia direttamente , sia per mezzo del Governo ? Si potrebbe anche mettere in discussione, se la linfa di Koch in tutte le fabbricazioni e manipolazioni successive non abbia subito delle modificazioni intime , relative a stadii diversi di vita del bacillo, le quali avessero potuto avere influenza sulla diversità di natura di rimedio e quindi dei risultati perfino sperimentali : ma anche a ciò crediamo poco, quando ci è arra 1' esattezza e la mi- nuziosità a cui si informano i lavori che si fanno nell' Istituto di Igiene di Berlino. Il fatto è che la quistione dei vaccini non si può generalizzare per tutte le infezioni: ve ne sono alcune che danno questa modifica- zione degli umori in modo che gi' individui una volta sofferta quel- r infezione per un tempo piìi o meno lungo diventano refrattarii allo stesso morbo, vuol dire ne restano vaccinati (esantemi acuti , tifo , sifilide ecc.) Altre infezioni invece o non inducono questa modificazione vaccinante, ovvero essa dura tanto poco tempo , per cui gU ammalati facilmente ricadono (malaria, blenorragia, ecc.). — Altre infezioni, che meglio dovrebbero dare l'effetto utile della vac- cinazione , perchè la causa morbosa si mette e sviluppa in modo relativamente lento , mostrano invece lo sviluppo progressivo ed inesorabile dell'agente patogeno e dei suoi effetti morbosi, ed in ciò è tipico il bacillo della tubercolosi; ed infatti l' esperienza e' insegna che r infezione tubercolare o non è capace di vaccinare l' individuo 300 Confr/bìdo aìill'azione della tubercolina nei fisici affetto, ovvero i suoi prodotti sono talmente complessi, ohe la so- stanza vaccinante deve essere neutralizzata e paralizzata nei suoi effetti salutari da sostanze nocive. In attesa perciò, che la grave ciuestione s' illustri, io devo ri- petere anche ora ciò, die dissi fin dal principio della scoverta nella mia scuola ; che , cioè , è necessario dilucidare certi dubhii suir azione benefica dell' estratto di culture tubercolari, almeno così si sarà meno restii a sperimentare questa specie di vaccino anche suir uomo. I nostri dubbi!, poi condivisi da altri, sono i seguenti: 1° Perchè i focolai tubercolari non sono essi stessi la fonte della tubercolina nell'organismo malato? '2° Perchè i figli di tubercolotici , quasi inesorabilmente fini- scono col diventare anch'essi tisici, mentre avrebbero dovuto es- sere vaccinati nell' utero materno (quando la madre è tubercolo- tica), come succede nel vainolo e forse in altri morbi infettivi : ov- vero vaccinati fin dal primo momento per vaccinazione già avve- nuta degli elementi generatori negli organismi dei genitori malati ? La prole non è altro, che 1' effetto utile o meglio il prodotto della unione intima della cellula spermatica coli' ovarica, e più pro- priamente dei loro nuclei, e con maggior precisione , come ha di- mostrato Fol, di quella danza e fusione intima consecutiva dei cor- puscoli polari di von Beneden sia del nucleo spermatico che del- l'ovarico, a cui segue la commistione e fusione dei filamenti croma- tici dei !2 nuclei, in modo che in ciascun elemento dell' organismo fi- glio vi è la contribuzione anatomica eguale dei 2 elementi generatori •del padre e della madre. Così si spiega in un modo chiaro 1' e- redità, che 1' è una continuazione perfetta delle qualità dei geni- tori. Ora che cosa si può trasmettere dai genitori tubercolotici alla prole ì Non il bacillo, a meno che non vi fosse tubercolosi con ulcerazione dei genitali: allora il bacillo accompagna gli elementi generatori, ed il primo sviluppo embrionale sarebbe precocemente arrestato e 1' effetto utile del concepimento nullo ; ciò è indubitalo per altre infezioni, come la sifilide. Se invece manca la tubérco- Vontrìhìifo stili' azione lìclln fiihercothia »ei fisici 301 losi dei geniliili non si può tiasmettere con gli elementi generatori che r estratto, già riassorbito, dei tessuti tul)ercolizzati , e perfino filtrato attraverso la placenta : allora quei tigli dovrebbero essere immuni ed addirittura refrattari in tutta la loro vita alla tuberco- losi: a meno che non vi sia lesione placentare , la quale soltanto potrebbe far pervenire nel prodotto del concepimento i batterli, ed allora si avrebbe la tubercolosi non ereditaria, ma congenita, come si ha col vaiuolo, e si nasce ammalati di simili infezioni. Che se r infezione congenita manca, i figli dei tisici non dovrebbero mai diventare tubercolotici : invece disgraziatamente succede il contrario, e ciò conlradice l' azione salutare vaccinante della tubercolina. Potrebbe essere che la tubercolosi si trasmette ereditariamente per germi che noi ancora ignoriamo nella loro esistenza , forse spore , o altri stadii speciali del microbio non ancora ben stabiliti, e Baum- garten conferma questa opinione da ciò che si osserva per la si- filide ereditaria tardiva : ma per ora ogni affermazione sarebbe gra- tuita , ed è necessaria la conferma di studii ulteriori : comunque sia non possiamo pel momento confortare colla statistica desolante della tisi ereditaria il trovato della tubercolina. Si potrebbe dire, che 1" estratto dei focolai tubercolari nell'uo- mo riesce inefficace, anzi dannoso sia per 1' individuo stesso , che per i figli, perchè all' estratto dei prodotti tubercolari si addiziona- no quelli piogeni e di putrefazione , che ordinariamente non man- cano nei focolai tubercolari del pulmone già ulcerati ; e veramente io aveva creduto in primo tempo che i prodotti specifici del ba- cillo tubercolare fossero se non distrutti almeno neuti"alizzati nella loro azione salutare dai prodotti del ricambio di altri batterii : ed ho detto ciò fin dal principio di quest' anno nella scuola, ricordan- do che la tisi tubercolare dei polmoni è un morbo complesso, an- che come lato etiologico, restando sempre la causa primigenia ed essenziale nel bacillo tubercolare. E quindi dissi , che si doveva sperare forse nella selezione della linfa, cioè nel suo depuramento e separazione dei prodotti tubercolari dagli altri quando la linfa avesse dovuto servire per iniezioni, mentre nello stesso organismo Atti Acc Vol. IH, Serie 4* 40 3(j2 Contribiifo sull'azione della tubercolina nel tkici gli effetti propri salutari della tubercolina avrebbei'o potuto risal- tare e prendere il sopravvento, sopprimendo gli effetti dei prodotti piogeni, come ad esempio col guaiacolo, sperimentato eccellente an- tipiogeno da Martori nell'Istituto di Bizzozero. Ma non si può essere a lungo lusingati da questa speranza , riflettendo che nella tubercolosi sperimentale sugli animali , in cui si forma prima un focolaio tubercolare puro . non si possono in- vocare prodotti di altri batteri tino a che non è venuta l'ulcera- zione del nodo : e se resta il sospetto, che soltanto dopo ciò , at- tecchendo ivi altri batterli dovesse derivarne l' inutilità della vera tubercolina, sarebbe molto utile con tutti i mezzi opportuni farne il confronto coli' impedire qualunque altro arrivo di germi batterici sulla località del nodo tubercolare da inoculazione. Allora sarebbe giusto il giudizio , che nella tubercolosi miliare acuta dell' uomo se non si morisse per la grande dose di pura tubercolina riassor- bita dalle innumerevoli granulazioni grigie, 1' individuo affetto do- vrebbe guarire nel modo piti radicale dalla infezione tubercolare ; e si dovrebbe avere la guarigione completa del veccliio focolaio tu- bercolare più 0 meno nascosto , che col suo rammollamento ca- seoso e distruzione delle barriere circostanti ha immesso nel tor- rente circolatorio quei piccoli ammassi caseosi infettanti. Se ciò fosse vero, e se con ulteriori studii si arrivasse a limitare l'azione della soverchia quantità di tubercolina, la tubercolosi miliare acuta con la quale sempre si muore, diventerebbe una crisi salutare, con la quale si assicurerebbe nel modo più perentorio 1" immunità da ulteriori infezioni tubercolari. Crediamo perciò aperto il campo ad una quantità di ricerche che io stesso avrei in parte intrapreso , se una serie di sventure non avesse finora paralizzata la mia volontà. Solo col dichiarare tante altre incognite si potrà meglio apprezzare e mettere nei giu- sti termini rinipetto all' uomo questa scoverta del celebre profes- sore di Berlino, al quale invito la nostra Accademia di mandare un voto di plauso, anche per questo suo ultimo trovato. E con- cludo, che nella [icggiore ipotesi , se la scoverta ultima di Koch Contributo sull'azione della tubercolina nei finici 303 non si potrà applicare ali" uomo sofferente , specialmente se sarà confermato il sospetto suesposto, ciot' diAV nzioiic delld tubercolina favorevole \ó viene in una sua memoria pubblicata recentemente a Bergen nel Medicinsk Revue: " 1". Che la tubercolina nei lebbrosi dà reazioni generali e locali : quelle generali si manifestano ordin albamente 4-G ore dopo riniezione : alcune volte 1:2 ore, e di rado dopo 2-3 giorni. Le rea- zioni locali appariscono più tardi. " 2". Che queste reazioni apportano conseguenze sfavorevo- lissime sulla malattia, aggravandone anzi il male più che mai, seb- bene generalmente abbiano la più grande uguaglianza con le rea- zioni delle preparazioni iodiche nei lebbrosi. " 3". Che la linfa non uccide i bacilli della lebbra, ma sembra invece gli dia alimento (un mezzo favorevole alla loro vita) vita, e modo di riproduzione favorendone pure la loro circolazione nel sangue, e pel corpo, per cui è preferibile di lasciare la malattia a se stessa. " 4". Che dopo essere stato iniettato un individuo parecchie volte con la linfa può divenire in certo modo immune_, ma in nes- sun modo arresta il male, né distrugge i bacilli. Finalmente V illustre dermatologo di Bergen scrive . che " I bacilli della lebbra si trovano con molta facilità sotto la reazione destata da questo medicamento fallace , e continuano in seguito il loro lavoro distruggitore, d'onde ne segue un peggioramento sempre più grande della malattia. ,, (1) Al Kinys College Hoftpital fu costatato in un caso di lebbra ane- stetica dopo la :2* iniezione ; febbre, dolore agli arti, eruzione ros- so-scura, simmetria, squammosa con all'alluce sinistro una vescica grande, ed al 2° dito ed al mignolo una tumefazione, ed anestesia di tutto il piede. Kaposi pure ricorda un fatto di notevole reazione locale e generale in un caso di lebbra anestetica. Così Watson- Cheyne ebbe a notare in un simile caso di lebbra reazione gene- (1) Danielssen — Tuberkulinen (Kochs lymfe) anvendt paa spedalske i Luiigegaardsho- spitalet (Medicinsk Reviie " s jnnihefte 1891). olG La fiihercolina Koch nella Lebhra rale, dolori ed un'eruzione ungueale ; ed il Goldschrnidt in 5 casi sui quali ebbe a provare la linfa, ottenne : 1". Che le dosi al di sotto di 1 mill. erano senza azione; 2°. Di 1 uiill. in 3 casi ebbe dopo piìi di 24 ore reazione ge- nerale, ed in due reazione locale ; 3". Che dosi maggiori, ma al disotto di 1 cent, eccetto un ca- so, dettero febbre, ed in una reazione locale ; 4". Che la febbre delle mucose non ha reagito; 5". Che nella lebbra dei nervi vi fu reazione generale, e leg- giera locale; 6°. Che un caso mostrò una reazione speciale , progressiva , accompagnata da febbre serotina , forse in seguito alla universale malattia cutanea. Cosicché per il suesposto sembrami indubbiamente ne venga la conclusione che la tubercolina non dispiega affatto per sé una diretta azione utile nella lelibra. Come nella tubercolosi così nella lebbra agisce nella sua forma torpida e ciò ritengo sia da ripetersi piuttosto che da un'azione specifica del rimedio, dalla poco resistenza dei tessuti ammalati di fronte all'anormale attività del ricambio ma- teriale dalla tubercolina suscitato. Questo modo di considerare la cosa parmi venga a confortare eziandio l'opinione che io tengo sul- l'analogia di processo fra la tubercolosi, e la lebbra, al che può ag- giungersi anco il fatto che, ne avvalora poi piti che sempre il con- cetto nostro, dell'estrinsecazione di nuovi tubercoli durante il pa- rossismo febbrile, ed il trovare fragmentati i bacilli , come ebbero a verificarle I il mio 1" assistente D.r R. De Luca , ed il prof. Di Mattei , che insieme fecero queste ricerche sopra i detti infermi della mia clinica, e la di cui loro istoria ho innanzi narrato. Dal R. Cstituto Dormosifiliip;Uico di Catania, il 1" Mafjgio 1891. COKTRIBrZlOSE ALLA VULCANOLOGIA DELLE ISOLE EOLIE Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere. Nota del Prof. S. CONSIGLIO PONTE letta all' Accademia Gioenia neW adunanza del d) 21 Giugno 1891. I. L'illustre vulcanologo Leopoldo Pilla comunicò a questa Acca- demia nella tornata del 10 settembre 1835 una nota dal titolo Paralello fra i tre Vulcani ardenti d' Italia „ Vesuvio , Stromboli , Etna^ collocando Vulcano fra i semi-spenti o fra le solfatare, con- trariamente a come pensavano il Dolomieu e lo Spallanzani, che vi scorgevano un vulcano in riposo piuttosto d' intermettenza che d'estinzione. Nessun altro studio venne comunicato sulle Eolie fino al 1888 , in cui Vulcano , quasi a volere smentire il Pilla, ci ha dato la imponente eruzione, che richiama tuttora l' attenzione dei geologi e principalmente dei vulcanologi, sia italiani che stranieri. Il compianto mio maestro Prof. 0. Silvestri, di cui serberò viva memoria per ossequio e gratitudine , fece , su Vulcano , tre importanti comunicazioni: una nella tornata del 23 dicembre 1888 tracciando 1' andamento dell' eruzione fino a tale epoca: un' altra nella tornata del 23 giugno 1889 , con la quale comunicava oral- mente, e a tratti generah , il seguito della storia della eruzione medesima, i fenomeni studiati sul posto nel febbraio 1889 e le ricerche e i lavori eseguiti, ai quali partecipai collaborandovi: una terza in fine nella tornata del 22 dicembre dello stesso anno , occupandosi dell' Etna, della Sicilia e delle isole adiacenti. Da queste comunicazioni si rileva che la recente eruzione di Vulcano è stata delle più formidabili e che non trova riscontro tra le storiche se non in quella assegnata al 1771 e alla quale si attribuisce la corrente di ossidiana, che tuttora si osserva freschis- sima suir esterno versante NNW del monte vulcanico. E malgrado Atti Acc. Vol. Ili, Serie 4" 43 318 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere che la recente eruzione non avesse dato corso di lava fluente , pure c'è dovizia di fatti, i quali testimoniano la manipolazione di un magma lavico, nel focolare vulcanico , lanciato a strappi piìi o meno voluminosi dalle continue e molteplici esplosioni , da segnarsi a centinaia in un sol giorno e per la durata di circa venti mesi con alternativa di depressione e di recrudescenza principalmente , nella quale si ebbero violentissimi parossismi. Negli ultimi mesi di questo periodo la intermittenza delle esplosioni si fa sempre più lunga , vi predominano le deboli eru- zioni e i prodotti sono prevalentemente ammassi di vapori con sabbia e poche pietre, che cadendo entro lo stesso cratere tendono a colmarlo, hifatti nel settembre 1889, quando Vulcano fu visitato dall'Associazione geologica di Londra, che organizzò una escursione scientifica per le regioni vulcaniche italiane , quale centenario del viaggio alle Due SiciUe di Lazzaro Spallanzani, lo stato del cratere era immensamente trasformato e assai modificato in confronto a quello che presentava nel febbraio dello stesso anno, quand'io ebbi la favorevole occasione di visitarlo per la prima volta. Nel settembre il cratere si presentava per la maggior parte col- mato di materiali frammentari, e dalla parte di N. si sprofondava poco più di una ventina di metri, (1) mentre nel febbraio, quand'era in pienissima attività , da fare piti di 300 esplosioni al giorno , lo vidi con una profondità non inferiore ai 150 metri a pai'tire dal lato di N. ch'è la paiie più bassa dell'arco del cratere medesimo. Nel gennaio 1890 l'attività continua come nei mesi precedenti e le eruzioni sono miste, alternandosi le deboli con le forti ad inter- valli ordinariamente di circa mezz'ora o più, e predominandovi vapore acqueo e sabbia. Negli ultimi di gennaio il cratere è quasi sempre pieno di vapori bianchi, sicché in generale è venuta meno la forza di propulsione e quindi mancano le pietre e la sabbia mentre il vapore in gran quantità si accumula all'interno del cratere medesimo. Lo stesso slato manifesta nella 1=* decade di febbraio e in (1) G. Platania — Stromboli e Vulcano nel settembre 1889. Fiìie del periodo eruttivo di Vulcano e sfato attuale del cratere 319 corrispondenza pigliano maggiore attività i fumaioli esterni. Nella 2* decade le eruzioni ripigliano vigoria, che si continua nella 3^ e il cratere dà eruzioni anche miste. Nel marzo si risveglia sempre più l'attività del vulcano e le eruzioni si fanno forti e fortissime, per quanto la sera del giorno 15 alle ore 9,15 il cratere fa un'eruzione spaventevole con gran fuoco, rombi e rumori fortissimi e prolungati. Il lapillo, che presento e che faceva parte del materiale fram- mentario fatto saltare in aria, raggiunge 1' abitato dell' isola di Lipari attraversando un tratto di sette chilometri circa. La popolazione fu allarmatissima per la pioggia di quel lapillo, credendolo foriero di un nuovo periodo eruttivo. Questa esplosione fu preceduta da una leggiera scossa di terremoto accompagnata da forti rombi e tutto inteso a Lipari verso le 10 di mattina nella stessa giornata. Le eruzioni forti continuano Ano al giorno 18 inclusivo , indi cominciano a indebolirsi e col giorno 28 cessano ; ma i fumaioli esterni riprendono grande attività e costituiscono la sola manife- stazione^ che testimonia l'ultimo avanzo di un periodo eruttivo già quasi esaurito. Dall'aprile in poi non si osserva che emissione di ammassi di sabbia , senza pietre , e così di seguito fino a quando il cratere entra nella fase di sofaltara per avviarsi probabilmente a quella di estinzione. Ora la diminuzione di attività eruttiva, che preparò la potente esplosione del marzo , se fu realmente un accenno di cessazione della lunghissima attività del cratere di Vulcano, fu nello stesso tempo una condizione che doveva favorire all'interno lo accumulo di tanto vapore e con tale tensione da dover produrre uno di quei potenti parossismi vulcanici, che, come ultimo conato, prece- dono la fase di estinzione. Infatti i materiali frammentari lanciati dalle decrescenti propulsioni , doveano ritornare entro il cratere e doveano ammassarsi in modo da tendere -a colmarlo e quindi ad impedire l'ulteriore sviluppo di quegli ammassi di vapori, che sa- rebbero scappati liberi e successivamente, se la gola si fosse con- servata sgombra, come nel periodo di piena attività vulcanica. 320 Fine del periodo eruttivo di Vukano e stato attuale del cratere I vapori ammassati e imprigionati dovevano raggiungere tale tensione da vincere Y ostacolo sovraincorabente e mandare in aria tutto quel materiale accumulato , sfogando quest' ultimo avanzo di energia interna. In quell'ultima potente esplosione del marzo quindi si ebbe una di queste manifestazioni, e dallo stato del cratere pri- ma e dopo di quella esplosione, e dalla natura del lapillo lanciato fino a Lipari, si potrà approssimativamente valutare, come rileverò in seguito , la grande massa di materiale frammentario cacciato in aria e la forza potente, con la quale agì il vapore accumulato. Fin dal settembre 1889 si era già osservato che, quantunque non mancassero le forti e anche fortissime eruzioni e con materiaU solidi più o meno abbondanti , pure da qualche tempo la maggior parte dei prodotti eruttivi cadeva entro il cratere stesso, il quale erasi in gran parte colmato , da presentare a N. ove 1' orlo è più basso , la profondità di una ventina di metri circa. Così il fondo era talmente rialzato da far perdere l'imponenza al cratere, il quale rappresentava solo un' ampia depressione subcircolare con quella bassa profondità e un maggior diametro all' orlo di poco più di i200 metri. In tale condizione permetteva di potersi attraversare senza destare quel raccapriccio che destava quando motravasi, e come lo vidi nel febbraio 1889, quale immensa bolgia con più di 150 metri di profondità dalla parte dell'orlo più basso. Allora vomitava incal- zanti e colossali nembi di vapori , fitti, neri, squarciati da fulmini e accompagnati da massi infuocati , che si vedevano uscire dalla ignivoma gola, assistendo dall' orlo, e lanciati a più di 700 metri di altezza, mentre che gli ammassi roteanti di vapori misti a cenere si elevavano fino a 10 chilometri e mezzo sotto la spinta di propul- sione per la tensione enorme del vapore compresso entro il focolare vulcanico (1). Fino a quando la gola fu aperta e permise il facile passaggio, le eruzioni si succedevano con un certo ritmo più o meno fre- (1) Questa osservazione si deve a misure angolari prese dal prof. A. Ricco dall'Osserva- torio Astronomico di Palermo, sulla colonna ascendente, distintamente visibile anche a grande distanza, e nella esplosione eh' ebbe luogo alle ore 4 30' p. m. il 6 Gennaio 1889. Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 321 quelite ; ma quando le condizioni interne determinarono un certo grado di depressione nell' attività eruttiva e i materiali ricadevano entro il cratere medesimo , fu occlusa la via e 1' ostacolo opposto dalla massa, principalmente di lapillo, che colmava quella voragine, obbligò il vapore ad accumularsi nel focolare vulcanico e raggiunto il momento critico vinse quella enorme resistenza e produsse la spaventevole eruzione del marzo. In essa si mise allo scoperto un'al- tra bolgia, che, vuotata di quella grande massa di bombe, rottami e lapillo , raddoppiò il fondo del cratere lasciando in contempo i segni che testimoniano fin dove si era colmata la fossa. Il nuovo stato del cratere favori la successiva calma, giacché non essendo piili il vapore ostacolato nel libero sviluppo, il vulcano entrò in quella fase di solfatara, in cui è tuttora e, non essendovi proezioni solide, la gola del cratere si è mantenuta sempre sgom- bra e lungi dalla minaccia di altra esplosione per accumulo di va- pore ostacolato nella sua libera emissione. Si può quindi affermare che il periodo eruttivo di Vulcano , durato più di ventidue mesi , ebbe fine col maggio-giugno 1890 , entrando il cratere in una nuova fase, in cui tuttora continua, co- me ho potuto constatare per una recente escursione fattavi e della quale passo a dare un cenno. n. Nello scorcio del marzo 1891 mi recai all'Isola di Vulcano per completare uno studio speciale sulle bombe di nuova formazione e venute fuori durante l'ultima eruzione 1888-90. (1) Ebbi l'agio di potere osservare e studiare lo stato attuale del cratere, paragonandolo a quello che presentava nel febbraio 1889, quando trovavasi in pienissima attività. In complesso può dirsi che (1) Mi propongo di comunicare una nota sul riguardo, dopo la prossima pubblicazione della Relazione generale snll' eruzione di Vulcano, fatta al E. Governo dall'apposita Commis- sione, a cui presi parte come assistente. La nota sarà una specie di appendice alla Relazione medesima. 322 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e sfato attuale del cratere la differenza tra lo stato di allora e l'attuale si è quella precisamente, che potrà rilevarsi tra lo stato di un vulcano in piena fase pliniana e quello in fase solfatariana. Osservato il cratere a distanza o dalla base, lascia solamente vedere le attive fumaiole che soffiano a getto continuo sull'orlo del recinto esterno e nell'arco compreso tra N. e NW e principalmente verso N. Attorno alle fumaiole e per tutto il cennato arco la cresta è tappezzata di sublimazioni gialle e giallo-bianchicce. In modo in- certo poi si osservano dallo esterno le emanazioni che s' inalzano dalla cavità centrale del cratere , cioè dalla gola eruttiva , che dà luogo a tali manifestazioni gassose. Da una fotografìa presa dal porto di ponente il giorno 26 marzo alle 5 p. m., si rileva lo stato esterno del cratere medesimo. Sui versanti esterni del monte non si manifestano più quelle emanazioni di vapori, che si sviluppavano nel febbraio 1889 durante la piena attività del cratere. Per esse , certo risultanti da vapori acquei , la superficie esterna del cono era tappezzata di grandi macchie nere per sabbia inumidita, anzi bagnata, dai vapori me- desimi. Si sprigionavano principalmente sul versante W e proprio in direzione verso ove all' interno del cratere attivo corrispondeva il promontorio detto di Mastro Rosario. Quelle emanazioni poi chia- ramente accennavano che la massa costituente il cono dovea essere in qualche parte attraversata da fratture radiali; che sotto la ten- sione dei vapori interni, doveano dare a questi passaggio per ma- nifestarsi all'esterno. La serie degli attuali fumaiuoli esterni non la cedono per at- tività a quelli ch'erano attivi durante il periodo eruttivo del cratere; solamente ora danno luogo alla produzione di quelle macchie gialle e giallo-bianchicce, che si estendono attorno alle bocche di emis- sione (come rilevasi dalla fotografia) e che allora non si sarebbero potute distinguere, anche formandosi, per la soprapposizione con- tinua del materiale frammentario proveniente dalle continue esplo- sioni. Se si toglie lo spesso strato di lapillo e sabbia disseminato di Fhie del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 323 massi e bombe che raggiungono dimensioni colossali e che avvertono con la loro freschezza di esservi stata recente eruzione , il monte vulcanico all' esterno non accenna ad alcun cambiamento dello stato, in cui trovavasi prima che fosse scoppiata 1' eruzione medesima. Alla base del monte e precisamente nella spiaggia del porto di levante, proprio dietro il faraglione piccolo o cava dell'allume, osservai la solita acqua calda, che bagna quella specie di ghiaia, che si distende verso la riva. Praticato un piccolo cavo a circa due metri da questa, vi si accumulò dell' acqua calda, quasi fumante, che al termometro segnava + 79 C. con leggerissima reazione acida inerte alle carte di sale di piombo. A lunghi intervalli scappava dal fondo qualche piccolissima bolla gassosa, che suppongo essere di acido carbonico, e a cui devesi la leggerissima reazione acida. Tentai di raccogliere quel gas per saggiarlo anche sul posto, ma non mi fu possibile, giacché dopo più di mezz' ora non potei raccoglierne che meno di un mezzo contimetro cubico. Un saggio indicativo fatto in gabinetto su quell' acqua mi ha dato i seguenti risultati : Cloruri abbondantissimi. Solfati molto ab- bondanti. Calce abbondante. Magnesia quantità sensibile. Fosfati tracce trascurabili. Allumina abbondante. Credo che la composizione chimica di queir acqua e la tem- peratura dipendano da tre condizioni principali ; cioè, vicinanza al mare e quindi abbondanza di cloruri e presenza di magnesia, e r acqua difatti è salatissima al gusto e amara : comunicazione più 0 meno diretta col focolare del cratere per mezzo di fratture sotter- ranee, quindi 1' alta temperatura e in parte 1' abbondanza dei solfati e della calce, per la produzione, come vedremo in seguito^ e i de- positi di gesso; finalmente il passaggio dei vapori interni attraverso la massa costituente il faraglione piccolo o grotta dell' allume, certo fratturata, quindi abbondanza dell" allumina medesima. Difatti è in questo faraglione che si sviluppa la spiaggia e alla parte di levante era praticato un cavo che metteva allo scoperto l' ammasso dell' al- lume, di cui risulta. Vi si entrava carponi anzi quasi strisciando 324 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere sul ventre, ma ora non trovasi i)iù in seguito ad una frana, forse per r urto delle onde. Il 26 marzo feci una prima e il 27 una seconda ascensione sul cratere. L'inclinazione che presenta all'esterno sui versanti più acces- sibili oscilla tra 30° e 35°; la superficie è mobilissima essendo comple- tamente rivestita di lapillo, sabbia e cenere, ultimi prodotti di eruzione quando il cratere cominciava a perdere la sua attività. Feci l'ascen- sione a ponente della corrente di ossidiana e serpeggiando per gua- dagnare l'altezza colla minor fatica possibile. Tuttora non esiste alcun viottolo battuto e si è obbligati muoversi sopra suolo mobilissimo, ove si affonda facilmente, e allo spesso si retrocede di qualche passo , perchè tuttora quel tritume è del tutto sciolto non avendo avuto il tempo necessario di essere cementato e così rendere meno faticosa la salita. Del resto in circa tre quarti d'ora raggiunsi la cre.sta ove trovasi le regioni dei fumaiuoli esterni, che si osservano nella foto- grafìa. A questo punto il mio aneroide segnava una elevazione di circa 250 metri sulla base, questo è 1' arco meno elevato di tutta la cresta di un primo recinto e che guarda sensibilmente tramontana. I fumaiuoli esterni di quest'arco originano depositi di sublima- zioni formando le estese macchie gialle e giallo-bianchicce , delle quali presento alcuni campioni. Essi risultano costituiti da lapillo , sabbia, cenere alterati dalle emanazioni acide , cementati da for- mazione di gesso e rivestiti di zolfo cristallizzato. Varcata la cresta esterna si entra in un ampio recinto con circa cinque metri di depressione e limitato all' interno da un" altra cresta, più alta che dista dalla prima circa una cinquantina di metri e la quale costituisce 1' orlo dell' attuale cavo crateriforme, e questo sul luogo è chiamato la Fossa di Vulcano. Quell' ampio recinto è quasi concentrico alla bocca del cratere ; ha la massima ampiezza dalla parte di ponente e si restringe successivamente verso levante e mezzogiorno, in modo che raggiunto 1' arco SE-S-SW si fonde neir unica cresta, che limita la bocca del cratere da questa parte. II recinto è completamente e fittamente disseminato di tutto lo svariato materiale emesso da Vulcano ; principalmente negli ultimi Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 325 periodi di attività decrescente. In mezzo a tanto pietrame e mate- riale frammentario di tutte le dimensioni e di tutte le varietà, si rinvengono delle bombe colossali, sia pomicee che compatte e di grande peso. Presento la fotografia di una delle bombe massicce che trovasi al lato di ponente e presa sul posto il giorno 27 marzo. Accanto ad essa osservasi la guida, che mi accompagnava e dalle dimensioni dell'una e dell' altra potrà rilevarsi l'imponente mole di quella bomba e lo sforzo potente necessario per cacciarla dal foco- lare vulcanico attraverso la gola e lanciarla, chi sa a quale altezza, prima di raggiungere il posto in cui trovasi. n giovane che mi faceva da guida è dell' altezza di circa metri 1,70 e di compostezza proporzionata. Percorso quel recinto, per lo studio del materiale ivi dissemi- nato, mi feci ad osservare, dall' alto, l' interno della gran fossa , costituita da un ampio cavo imbutiforme ed ellittico con asse mag- giore , alla parte superiore , considerato ad occhio , di circa 200 metri in direzione di NNW-SSE e con asse minore di 130 a 140 metri circa. La superficie del pendio interno è tuff altro che rego- lare e presenta varii gradini, quasiché il cavo crateriforme risultasse da diverse bolge, che del resto trovano la spiegazione nelle vicende di periodi alternanti di attività e di sosta del vulcano medesimo. L' inclinazione interna sensibilmente può considerarsi di 30 a 35 gradi, quindi accessibilissimo il fondo, fino però ad un certo punto; ivi bisogna assolutamente arrestarsi. Fatta la discesa di poco pili di una trentina di metri si è varcata la prima bolgia e si è sopra un gradino di tre o quattro metri di piano per potere entrare poi nella seconda bolgia. Anch' essa ha poco più di una trentina di m. di profondità, però neUa metà abbracciata sensibilmente dalla se- miellisse W a circa 15 metri o poco più di profondità e' è un gradino con 3 a 4 metri di piano pel quale si scende lungo il resto della bolgia, mentre la semiefiisse E ha unico pendìo, sempre benin- teso accessibile come il resto della fossa, principalmente pel mate- riale sparso su tutta la superficie interna. Raggiunta la base di questa bolgia , cioè a circa una settan- Atti Acc. Vol. Ili, Sebie i" 44 326 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attìiale del cratere tina di metri di profondità , si è sopra un piano più esteso , rela- tivamente a quello delle indicate bolge e in esso apresi eccentrica- mente la bocca dell'ultima bolgia, che comunica con la gola del vulcano, e della profondità di circa una trentina di metri , ma con pendio che raggiunge e forse supera i sessanta gradi e a parete regolarissima. Dimodoché per questo solo sarebbe anche assoluta- mente inaccessibile, se altre condizioni non concorressero ad impe- dirlo. Il fondo di quest' ultimo cavo rappresenta il vero fondo del cratere, eh' è un piano quasi circolare del diametro di circa una decina di metri. Sensibilmente corrisponde ad uno dei due fuochi dell' ellisse , che forma la fossa di Vulcano e che si avvicina alla parte di N e precisamente verso il punto ove si manifestarono le spaccature del 1873^ quando incominciarono le prime manifestazio- ni, che con un crescendo interrotto da periodi di apparente diminu- zione, ci hanno condotto a quest' ultima imponente e lunga eruzione del 1888-90. Le spaccature del 1873 poi sono in direzione del grup- po dei fumaiuoli esterni, che nella fotografia si osservano di mag- giore attività. Ora io credo fondatamente che la origine di queste bolge si debba al modo di come è proceduto l'ultimo periodo, quando il cra- tere entrava nella fase solfatariana, in cui tuttora continua. In es- se quindi abbiamo i documenti di succesione dell' altalena negli ul- timi conati di attività esplodente. Quando nel settembre 1889^ Vulcano fu visitato dalla Società inglese, la profondità del cratere a N fu trovata poco piìi di una ventina di metri; vuol dire che la fossa era limitata a quella par- te dell'attuale, che ho chiamato la prima bolgia e il resto era com- pletamente colmato , e la fossa come una semplice ampia depres- sione poco profonda si attraversava passandosi dall' una all' al- tra parte dell' orlo del cratere. Il materiale frammentario grosso e minuto , che colmava il resto era il prodotto dell'attività interna , che abbassata , volgeva e rivolgeva il materiale che avrebbe dovu- to lanciare fuori , se vi fossero state forti esplosioni , e che per deficienza di energia accumulava entro la fossa medesima. Ho tro- Fine del perìodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 327 vato la conferma di quel rimaneggiamento di materiale nel cratere, in parecchi frammenti di materiale spezzato, che si presentano arroton- dati piuttostochè a spigoli vivi di frattura. Li rinvenni poi quasi im- pegolati all'esterno di una colossale bomba , emessa probabilmente in quella potente esplosione e che trasportò seco passando attra- verso il materiale frammentario accumulato entro la fossa. Gontirmò quello stato fino al 15 marzo quando avvenne alle 9, 15 di sera la potente esplosione, che lanciò in aria tutto il ma- teriale, che riempiva l'attuale seconda bolgia e che spinse attorno al cratere per oltre a 7 chilometri di raggio, almeno verso N, per cui a Lipari fu raccolto il lapillo , che ho presentato. Calcolata appros- simativamente la capacità di questa bolgia e quindi il volume e il peso del materiale frammentario accumulatovisi^ si ha, almeno, un volume di circa 75000 me. e un peso maggiore a 100000 tonnel- late. Si desuma ora lo sforzo necessario per lanciare quel materiale a tanta altezza, dalla quale parte di esso si spinse con traettoria parabolica e venne a cadere alla distanza di oltre 7 chilometri. Orbene, l'attuale interna attività del cratere è manifestata da fumaioli sparsi quasi su tutta la superfìcie interna della fossa, con intensità crescente discendendosi entro il cratere medesimo. Già ap- pena si è su r orlo, ove si abbraccia coli' occhio l' interno di tutta la fossa, si avverte molto sensibile 1' odore caratteristico e abbastanza intenso dell'idrogeno solforato, che proviene principalmente dalle attivissime emanazioni della gola del cratere. Scendendosi per la prima bolgia e anche per la seconda , le pareti sono del tutto ricoperte di sublimazioni bianche , accidentate da macchie gialle, principalmente attorno e al disotto delle grossis- sime bombe compatte, che sono disseminate all' interno, e sotto alle quaU scappano attivissimi fumaiuofi esalanti vapori acidi, con pre- dominanza, di acido solforoso. Le sublimazioni bianche , che presento , risultano da masse cristalline aciculari e acidissime; sono gruppi di cristalli aciculari di gesso, limpidi e trasparenti, a reazione acida, per l'acido solfo- roso , di cui sono compenetrati ; contenendo inoltre tracce trascu- 328 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e sfato attuale del cratere rabili di cloruri, piccola quantità di magnesia e sensibile quantità di allumina. Credo di qualche importanza richiamare 1' attenzione su 1' abi- to cristallino di esse , dovendone possibilmente indagare le speciali condizioni determinanti. È un abito che molto si approssima a quel- lo della sericolite o gesso fibroso sericeo ; ma in questo i cristalli non sono sensibilmente aciculari come quei delle sublimazioni in parola. Per quanto io mi sappia non trovo uno studio esteso e fatto di proposito sulle diverse condizioni determinanti i diversi aspetti cristallini assunti dal gesso ; solo è detto che il gesso contenente molto ( beaucoup ) acido cloridrico produce cristallini più delicati e poco sviluppati (1). Ho fatto una lunga serie di esperienze sopra varie qualità di gesso cristallizzato e di diversa provenienza e credo di aver potuto constatare dei fatti , che ci portano a spiegare fino ad un certo punto r abito cristallino delle sublimazioni gessose di Vulcano. Il gesso, sia proveniente da masse concrezionari, sia da sele- nite, sia da sericolite o da altre varietà più o meno cristalline, sciolto neir acqua dà al microscopio cristalli quasi costantemente tabulari o a ferro di lancia o al più bacillari— La stessa soluzione delle di- verse varietà di gesso, acidificata anche con sole tracce di acido clori- drico (non fa bisogno che sia molto), acido solforoso, acido nitrico, idrogeno solforato, acido borico, mi ha dato i seguenti varii risultati. Con acido cloridrico, cristalli in predominanza aghiformi isolati, lunghi, sottili e anche bi-acuminati se rari, e intersecantisi a due , a tre, a quattro in tutte le direzioni, a forma d' alberetti o dendri- tiformi, a ramificazioni sottilissime , o a doppii ventagli riuniti per gU apici e finalmente ad ammassi raggiati o a fìtta rete. Con acido solforoso, predominanza di cristalli aghiformi anche (1) e. Klemeiit et A. Renard. Rèactions microchimiques à cristaux et leur applications en analyse qualitative. Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 329 iiitersecantisi e formando gruppi, ma sempre con abito sensibilrnente aciculare. Con acido nitrico, quasi tutti bastoncini o isolati o a fascio. Con idrogeno solforato, bacillari se piccoli e isolati, e a piano ferro di lancia se grandi o a gruppi ; e proprio con quell' abito, che predomina nella selenite delle zolfare. Chi sa che in queste essa non si sia formata sotto l' influenza di emanazioni d' idrogeno solforato. Con acido borico, predominanza pacchetti a ventaglio semphce o doppio , sfrangiati divergendo; acuminati ma corti e formati da al- tri pili piccoH. Risulta quindi che l' abito aciculare predomina formandosi i cristalli sotto r influenza dell' acido cloridrico o dell' acido solforoso. Ora osservando attentamente questi cristalli , anche isolati , si può constatare che risultano da fasci paralleli , alle volte con apici divergenti, di sottihssimi prismi monoclini, non diversi da quelli che, essendo isolati e bene sviluppati, si presentano bacillari. — Però sic- come sotto l'influenza di quegli acidi si sono formati sottilissimi e lunghi non si rende sensibile la coppia pinacoide basale e le estremi- tà sembrano appuntate. — E se se ne costituiscono dei fasci paralleli risultanti da sottilissimi prismi a lunghezza sempre piti dicrescente, si otterranno dei cristalli sensibilmente a forma di aghi biacumina- ti, non potendosi, per la estrema loro sottigliezza, osservare le gradi- nate che devono esistere verso le estremità del fascio medesimo. — Questa spiegazione è suffragata dal potersi osservare in alcuni di questi cristalli i loro componenti che divergono e si allontanano per le loro estremità e che costituendosi a fasci sensibili originano i ventagli sempUci o doppii, oppure le masse raggiate. — Non credo di potere rassomigliare quei cristalli acuminati , in apparenza , ai mi- crohti o cristalloidi detti trichiti , non avendo questi alcuna azione sulla luce polalizzata e quindi ritenuti come principio o aborto di cristallizzazione. Ma se quelle osservazioni ci spiegano l' origine dei cristalli aciculari delle sublimazioni gessose di Vulcano, non ci spiegano 330 Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere perchè 1' influenza di quegli acidi origini i cristalli di gesso tanto sottili e allungati. Trovate quelle condizioni, spiego facilmente 1' abito, che presen- tano quelle sublimazioni di gesso ; cioè dovere la forma aciculare all'influenza dell'acido solforoso che l'accompagna, anzi forse che r origina. — La nitidezza e la trasparenza poi dei gruppi di cristalli devesi al processo lento di formazione, per cui il gesso non si con- creziona. — Anche nella regione bassa della Forgia Vecchia ho rac- colto del gesso in parte cristallizzato in parte terroso , ed è una vecchia formazione che dovette originarsi con qualche rapidità e non favorita da vapori troppo acidi.— Lo stesso posso dire per altro gesso trovato tra le spaccature del tufo, che forma l' interno di uno dei tre vecchi crateri di Vulcanello. Or non è improbabile che queste calde e acide emanazioni ser- peggiando per interne fratture possano comunicare , come dissi, la temperatura e in parte l' al^bondanza dei solfati e della calce , che si trovano nell' acqua calda della spiaggia. Continuando la discesa verso il fondo del cratere si rileva sem- pre piti crescente l' attività dei fumaiuoh e le sublimazioni cambiano abito, lasciando la predominanza cristaUina e originandosi piuttosto concrezioni di gesso, costituenti una trama che viene riempita da depositi di zolfo sensibilmente amorfo e di solfuri di arsenico. — Le sublimazioni che presento si mostrano gialle e giallo-rossicce, a se- condo eh' è il solo zolfo che riempie la trama di gesso o vi ab- bondano i solfuri di arsenico. — Si osserva inoltre che la loro for- mazione ha avuto luogo rapidamente e sotto l' influenza di attivis- sime emanazioni, per quanto tutta la massa è cosparsa di tanti car- naletti , che rappresentano la via per dove sono scappati i getti di vapori carichi di quefle sostanze che formano le concrezioni. Raggiunto il piano , ove incomincia 1" ultima bolgia , ossia la vera gola attiva del cratere, osservai che la superficie interna è ab- bastanza levigata ; rivestita completamente da sublimazioni gialle e giallo-rossicce e gremita d'attivissimi fumaioU, che con incessanti emanazioni riempiono quasi costantemente quest'ultimo cavo.— Se Fine del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere 331 qualche corrente d' aria esterna sgombra per poco la gola , si os- servano le pareti del tutto fumanti. — Le emanazioni poi d'idro- geno solforato sono tanto intense, che non vi si può restare a lun>- go senza accusare il disturbo , molesto e anche nocivo , provocato da quel gas. Dall' orlo a spigolo vivo del cavo si può osservare , in certi momenti, il vero fondo del cratere attuale, alia profondità di circa una trentina di metri. — Fui sorpreso per l'aspetto ch'esso mi pre- sentò.— Piuttostochè mostrarsi con accumulo disordinato di materia- le frammentario più o meno grosso in mezzo a spaccature e a fu- maiuoli attivissimi, coni' ebbi ad osservare, sebbene a maggiore di- stanza, nei brevissimi periodi di calma nel febbraio 1889, constatai che il fondo risultava da un piano , quasi circolare , sensibilmente orizzontale e relativamente levigato, con alquante sporgenze, come grosse pietre rotondeggianti di colore giallo vivo e giallo-rossiccio sopra un fondo bruniccio, e come se fossero in esso conficcate. Profittando di opportuni intervalli, per accurata osservazione, constatai, sia ad occhio nudo e principalmente servendomi del bi- nocolo, esservi sul fondo una crosta che uguagliava la superficie di esso e certamente prodotta dalle attive emanazioni. — Questo fatto però non mi spiegava come una semplice crosta deposta sopra un cumulo di materiale frammentario avrebbe potuto rendere sensibil- mente orizzontale il piano del fondo del cratere. — Mi sorse il dub- bio che si trattasse di crosta formatasi sopra un elemento livella- tore e quindi il sospetto di qualche deposito liquido in fondo al cratere medesimo ; sola condizione che avrebbe potuto spiegare quan- to si osservava. — Facendovi lanciare dalla mia guida alcune pietre, mentr' io guardava col binocolo , constatai infatti che trattavasi di un piccolo lago a piano sensibilmente circolare del diametro appa- rente di un otto metri circa e rivestito in fatto da una crosta. — ■ Rotta questa sotto l'urto delle pietre lanciatevi, mettevasi allo sco- perto dell' acqua bruniccia, ove terminato il movimento delle onde lic|uide prodotte dal tonfo dei sassi, la crosta tornava a chiudersi e la superficie tornava levigata. 332 Fiìie del periodo eruttivo di Vulcano e stato attuale del cratere Da quanto potei osservare ripetutamente, risulta che in fondo al cratere trovasi un deposito d' acqua, certamente calda, coperta da una crosta di zolfo o altro, depostovi dalle continue e attive ema- nazioni del fondo, e quelle sporgenze gialle o giallo-rossicce dis- seminate in esso erano il materiale più grosso sporgente e rivestito di depositi d' incrostazione depostivi dai fumaiuoli attivi. Sarebbe riuscito impossibile potere attingere direttamente di quell'acqua e altro materiale, ma se mi fossi potuto trattenere più a lungo in quella visita , avrei superato probabilmente le difficoltà servendomi di mezzi indiretti. Non potendo altro , tentai però di fissare alla meglio lo stato di c|uella gola fumante servendomi della fotografia. Non possedevo una machinetta a mano, tanto comoda in simili casi, e mi fu di gra- ve disagio salire il monte e discendere nel cratere con una macclùna grande, con la quale non potei rilevare il fondo non essendo stato possibile inclinarla di troppo, per quanto mi sia avvicinato proprio all' orlo di quell' ultima bolgia. Inoltre non potevo trattenermi a lungo entro il cratere e principalmente alla bocca della gola fumante per le continue emanazioni d'idrogeno solforato, le quali avrebbero attaccato profondamente il sale di argento della lastra sensibile. Piglia- te le possibili precauzioni per evitare questo certissimo e gravis- simo inconveniente, mi accontentai di riprodurre il versante interno dal cavo centrale e che guarda ponente e l'orlo da questo stesso lato, ove si osservano tuttora delle grosse bombe. Or volendo dare una spiegazione dell'origine del laghetto esisten- te in fondo al cratere , non credo improbabile trovai'la nello stato di emanazione, in cui è attualmente la fossa. Cosicché potrebbe am- mettersi essere un accumulo di vapori acquei condensati e trattenu- ti dal fondo per cementazione avvenuta nei materiali frammentarii, che lo costituiscono. La incessante condensazione poi di nuovi vapori compenserebbe quel tanto d'acqua che potrebbe infiltrarsi nel fondo medesimo. Potrebbe cercarsene anche la causa in condizioni esterne e ascriverla a deposito d'acqua in seguito a piogge invernali? Non credo che si possa essere sul momento autorizzati a dire Fhìe del periodo eruttivo di Vulcano v ^tato attuale del cratere ;-5;-53 sul riguardo 1" ultima parola perchè mancano i ciati necessarii^ e piut- tostochè precipitare in spiegazioni infondate, credo sia preferibile at- tendere le condizioni opportune pei- intcì-pretare positivamente il fe- nomeno osservato. (1) Dopo di essersi conosciuto il corso del periodo eruttivo e lo stato attuale del cratere di Vulcano , nasce spontanea la curiosità di sapere se possiamo formulare delle previsioni sullo stato eh' esso potrà assumere in seguito dopo un elasso di tempo piìi o meno lungo. Non credo che si possa dare una risposta in modo afTermativo ed esplicito perchè non si conoscono tutte le leggi , né credo che possano essere nettamente delineate. Ma richiamando in concorso tutti i fatti studiati nel lunghissimo periodo di quest'ultima eruzione e quelli di altri vulcani nelle diverse fasi, potrà azzardarsi qualche giudizio di previsione. Io penso che, per le probabili condizioni interne, sotto le eguali ha avuto luogo il periodo eruttivo : che per la lunga durata di esso, e per la fase in cui si mantiene il cratere da circa un anno, non sia difficile di vedere rientrare Vulcano nel suo relativo stato di cal- ma per ritornare la Fossa ad essere sorgente di speculazione come per il passato. Ma potrà anche darsi che il mio giudizio venisse smentito da inaspettato e imprevedibile risveglio. Ad ogni modo termino considerando il mio giudizio come Davy considerava l'ipotesi, la quale, diceva di essere " un uncino a cui " dobbiamo per forza attaccare il volume delle nostre cognizioni. " Se collo accumularsi dei fatiti l'uncino reggerà, buon per noi, se " no, prenderemo consiglio dai nuovi eventi e da quello che il tarlo " del tempo avrà messo a nudo. , (1) Rendo pubbliche grazie ai signori A. E. Narlian , comproprietario e Direttore della Fossa di Vulcano, e Tommaso Carnevale di Lipari, per le cortesìe usatemi durante la mia escursione. Sulle curve brachistocrone Nota del Prof. G. PENNACCHIETTI Letta all'Accademia (rioenia neW adunanza del dì 18 giugno 1891. Dopo avere esposto alcune generalità sulle forme che possono darsi alle equazioni generali del moto brachistocrono, dimostro in- torno a questo problema alcune proposizioni che hanno analogia con teoremi noti riferentisi al moto d'un punto materiale libero o semplicemente obbligato a rimanere sopra una superficie fissa data. § I. Le coordinate del punto mobile rispetto a tre assi ortogonali siano X, y, z al tempo ^ e sia T la forza viva, la quale, suppo- nendo, per semplicità, la massa eguale all' unità, è uguale alla me- tà del quadrato della velocità. Siano X, Y, Z le componenti della forza sollecitante rispetto agii assi^ e supponiamo che esista una funzione V della forza dipendente dalle sole coordinate del punto mobile. Le equazioni del moto brachistocrono saranno, com'è noto : d dt / 1 T dx dt ~ A' T ' d dt 1 J dy dt Y T ' d dt (^ dz _ dt 1 ~ Z T ' (1) Introducendo tre incognite ausiliarie u, v, tv, al sistema di queste tre equazioni differenziali ordinarie di second" ordine si può Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4' 46 336 ■ Sulle curve hrachistocrone sostituire il seguente sistema di sei equazioni differenziali ordinarie di prim' ordine : (2) (3) '^^ - Tu dt ~ "' t = ^- dt =^"'' du X dv Y dtv Z dt ~ T ' dt ~ T ' ' dt ~ T Se per mezzo di : — = — {u' + v' -h w' ) eliminiamo T dalle equazioni (2), (3), queste formeranno un siste- ma normale. Cambiando momentaneamente la variabile indipendente col porre : [t dt ^t,, le equazioni del moto brachistocrono prendono la forma : d'x dt: ~ X d'y dt,' Y d'z dt: z (4) Se si aggiunge la condizione che il mobile debba trovarsi sopra una superficie fissa data, la cui equazione sia : fix,>,,z) = 0, (5> tiulle curve hracliisfocrone 337 a questo sistema si sostituirà il seguente d'x df,' - X ^ , df T' ^ ' dx ' d'y dt: - T' ^ dy ^ d'z di,' z . df (6) dove '^- è una quantità da eliminarsi. Per ottenere le equazioni del moto brachistocrono in un si- stema qualunque di coordinate curvilinee q^ , q^ , q-j nello spazio ovvero (/, , q^ sopra la superficie, poniamo anzitutto : '^^'^ - Tp, , (7) di da cui si dedurrà per -j, un' espressione razionale intera omogenea di secondo grado rispetto alle p„. Moltiplicliiamo quindi le (4) ovvero le (6) ordinatamente per -^ , — ^ , -x^ , e poi sommiamo i prodotti : poniamo inoltre : dq,, dq,, dq,. dq,; óQk dqK Avendo presente la seconda delle note forme date da Lagrange alle equazioni generali del moto, è manifesto che si otterranno così le equazioni : d ^-f ^T P. dt, dpn: dqic T 1 ' 338 Sulle curce brachi stocrone ovvero ritornando alla variabile indipendente t : si al 1 d T _ _T_ _ _ J\ (8) T dt dp^ dq,. ~ T' ' aJle quali sono da unirsi le equazioni (7). § II. Nel caso che il mobile sia obbligato a rimanere sopra la su- perficie (§ I, 5), se il quadrato dell' elemento lineare è dato dalla equazione : ds' = Edq,' + 2Fdq, dq, + Gdq^' , dove E , F, G sono funzioni determinate di q^ , q^ , si avrà : -1, = j- (Ep\ + 2 Fp,p, + Gp,% (1) Perciò il sistema (§ I, 8) offre in questo caso : (AG- — /< ) — -^ _ — 1- Ti , ^2) ,j,r j,,, 1 dp, _ FP. - EP., dove : l^dF 1^3^ l ^ dE\ , l .,dG ^ SE\ dq, 2 dq, 2 3qJ ' dq, dq. Ih (i-f-'^f-M?) lì „3£ ^ dF l „dE\ , l^^dE „ dG\ \ dq, 2 dq, 2 dq, ' '^' Sulh curve brachhtocrone 339 Le equazioni (3), (3), insieme colle equazioni: ^=T,,, % = T,,, ,4, dopo avervi sostituito invece di T il valore dato dalla (l), costitui- scono un sistema normale. §. III. Il medoto che segue il Del Grosso (*) per far dipendere la integrazione delle equazioni del moto brachistocrono dalla integra- zione d' un sistema canonico, si può riassumere cosi. Ammettendosi dal problema l'integrale delle forze vive: T — U =k , dove l- è una costante arbitraria, si ha: T' " dx ' T' dy ' T' dz ' ^ ' dove : F= ' U -h k' Si ponga quindi: , dx , di/ I dz "" - ~d^' ^ ~~dr/ ^ ~ d^' r, = i- {X-' -h >/'■' ■+■ z\ H, = T,- V, essendo 6-, definita come al § I. Sarà T, una funzione omogenea (*) Del Gkosso, Nota sull'equazioni dilìerenziali, che si presentano nei problemi di Mec- canica. Giornale di matematiche pubblicato per cura del prof. G. Battaglini, Voi. IV, 1866, pag. 243. 340 Sulle curve brachisfocrone di secondo grado rispetto alle quantità ~ (che denoteremo in que- sto momento con q';,) con coefficienti che sono funzioni note delle variabili q,,. Si ponga inoltre : 37; e si esprimano quindi T, , H, per mezzo delle variabili q^^ p^.. Allora T, diviene una funzione omogenea di secondo grado rispetto alle p„ con coefficienti funzioni delle q^. Se nei sistemi (§ I. 4, 6) Y Y Z si sostituiscono per — ^ , — ^r, , — ^j le espressioni date dalle (1), evidentemente questi sistemi potranno porsi poi sotto la forma: dq,. _ dH, dp,. _ dH, dti 3pK ' df, dq,.- Ricordando quindi che, per le posizioni fatte, la funzione carat- teristica H^ contiene necessariamente la costante k delle forze vive, e supposto che si sappia trovare una soluzione completa dell' equa- zione differenziale parziale corrispondente al sistema (2), sarà facile dedurre da questo sistema le equazioni integrali del problema del moto brachistocrono contenenti complessivamente, oltre la costante k delle forze vive, altre tre o cinque costanti arbitrarie distinte, se- condochè è data o no la condizione che il moto debba aver luogo sopra una superficie assegnata. §. IV. Ma si può, senza cambiamento della variabile indipendente t , e senza introdurre la costante delle forze vive nelle equazioni diffe- renziali del moto brachistocrono, far dipendere, nella seguente ma- niera, da un sistema canonico la determinazione degl'integrali non contenenti esplicitamente il tempo, riducendo in ultimo ad una quadratura la determinazione del rimanente integrale contenente esplicitamente il tempo. Stille curve brachi stocrone 341 Il sistema (§ T, 8) si può porre sotto la forma: df dp,.- dqK Pongo : dpi! e momentaneamente per brevità al T ri.- Si avrà : ossia : da cui: T ~ --21^- 7" = S r,p,,- - T , dT ovvero 2 '•'.- ^i'- + 2 P" ^''" ~ 2 "a^ ^^^' ~ 2 "a^ ^'^" ' dT'^^p.dr,.-^^dq. Esprimiamo T , T' per mezzo delle variabili (/,. , />,,, e distinguia- mo con parentesi le derivate parziali prese in quest'ipotesi. Si avrà : .7-=S@ *V. + SE) .,. 342 Sulle curve brachistocrone Confrontando le ultime due espressioni di dT , se ne deduce: ldT\ _ _ dT ^ ^dqj ~ dq,. ' 1 ,dT\ Perciò il sistema (§ I, 7), (1), intendendo che T sia espresso per mezzo delle q,,,, p,,, e onnnettendo quindi le parentesi, diviene: rp dqn _ dt ~ dT dvK t r^dr, _ dT dt ag* - P,.- Ponendo : H = T — u, e osservando che si ha: p - ^ dq,.- il sistema precedente diviene : df dr/c ^dr^ ^ dH dt dq,.- come giunsi, per via differente, in altro lavoro (*). Il sistema (2) ammette col sistema canonico: ilqj^ _ dH_^ dt ~ drK dr\ __ dll dt dqK (2) (3) (*) Sul moto brachistocrono. Remi. Ciré, matem. di Palenno, t. V. 1891. Sulle curve hrachistocrone 343 in comune gl'integrali non contenenti esplicitamente il tempo. Se non è data la condizione (§ I. 5), prendiamo per ^, , q^, q^ le variabili .r, //, z, sicché : p, = r, =^ u, p, = r, = V, p, = *-3 = w. La ricerca degrintegrali, non contenenti esplicitamente il tempo, del sistema (3), e perciò anche del sistema (2), dipenderà, come si sa, dalla teoria dei sistemi canonici, dalla ricerca di una soluzione completa dell'equazione differenziale parziale di prim'ordine: — - t7= A-, (4) r,' -t- r, + essendo k una costante arbitraria, e dove: _ a^' , _ 9^ _ 9*' '■' ~ dx ' ''' ~ dy ' '"' ~ dz ■ Se è data la condizione (§ I, 5), la determinazione degl' inte- grali non contenenti esplicitamente il tempo dipende invece dalla ricerca di una soluzione completa dell' equazione : 2^^^-^^^ -U=k, (5) Gì;' — 2F)\ ì\ -f- Sr,' nella quale : Sia: _ as _ ds_ § V. f ( x, y, z, u, e, w ) = h, essendo /i una costante arbitraria , un integrale , non contenente Atti Acc. Vol. Ili, Sebie 4" 46 344 Sulle curve brachistocrone esplicitamente il tempo, delle equazioni (§ I, 2, 3). Si dovrà avere identicamente : dx dy dz Su 1 dv 1 àz 1 Di qui si conclude; Sieno 1 SU _J_9^ L^ "" T' aJ ' ^T^dy' T' dz ' essendo: -=H©" -il )'-{!)■]■ da; dy , dz 1 dx dt dt dt in T dt le componenti delia forza aeceleratrice nel moto d'un punto libero; sieno '\T-r '^JT '^71 — - > -— ' -K- le componenti deìla forza nei moto brachistocrono di ciX) et u dz un punto materiale. Dogi' integrali , non contenenti esplicitamente il tempo , del 'primo problema, si deducono immediatamente (jV integrali, non contenenti esplicitamente il tempo, del secondo problema, cambiando 1 dy 1 dz fdi ' TWt ' Reciprocamente se negli integrali, non contenenti esplicitamente il tempo, del secondo problema si cambiano dx dy dz . „dJ3 ^^^ r^dz dt' di' llt '" ^dt' ^dt' ^dt si otterranno gì' integrali , non cotitenenti esplicitamente il tempo, del pi-imo problema. In particolare : La traiettoria è , nei due problemi , rappresentata dalle stesse equazioni, salva la determinazione delle co- stanti arbitrarie secondo i valori iniziali e le condizioni ai limiti. Similmente sia: /■ r<7., Q,, Jh, Pi) = ^ Sulle curve hrachistocroìie 345 un integrale, non contenente esplicitamente il tempo , del sistema (§ II, 2, 3, 4). Si dovrà avere identicamente: df df P> ■ ^ dp, EG — F' ' ■ - GP, -+- FP, + T, ^Sf 1 dp, EG - F' ■ FP, — EP, + '!•, Onde : Steno 1 du 1 dU T' dq, ' T' dq., ' /e componenti della forza attiva che sollecita un pttnto obbligato sem- plicemente a rimanere sopra una superficie data. Sieno -^ — , ~— le cq^ cq.^ componenti della forza che sollecita un punto obbligato pure a rima- nere sopra la stessa superfìcie , ma colla condizione che il moto sia brachistocrono. Dagl' integrali , non contenenti esplicitamente il tempo, del primo problema, si deducono gV integrali , non contenenti esplicita- mente il tempo, del secondo problema, cambiando senz' altro dq, dq, . 1 dq, 1 dq, ~di ' It '^ T' H ' Y'' Ili ' Reciprocamente , se negl' integrali, non contenenti esplicitamente il tempo del secondo problema, si cambiano -jy , -j^ in T' -^ , 7" — ' , si ottengono gì' integrali non contenenti esplicitamente il tempo, del pri- mo problema. In particolare : Le equazioni della traiettoria nei due prohlemi coincidono, salva la determinazione delle costanti arbitrarie secondo i valori iniziali e le condizioni ai limiti. 346 Sulle curve brachisfocrone § VI. Cerchiamo in quali casi il sistema (§ I, 2, 3) delle equazioni del moto brachistocrono ammetta un integrale della forma : Au ■+- Bv + Cw -^ D = Ti, (1) essendo // una costante arbitraria, e A, B, C, D funzioni di «, y, z, da determinarsi. Affinchè lo stesso sistema ammetta l'integra- le (1), si dovrà avere identicamente per valori arbitrari di ciascuna delle sei quantità x, y, z, u, v, tv : idA dA dA \ ,?B ^ dB dB \ \dx dy dz I \ dx ày dz ' tdC dC dC \ SD ^ dD dD -+■ \^ — '« -i — ^; — '' -^ — ^ — w \ w -r -j — « -r- -^ — t -r- , \ dx dy dz ì dx ày dz - \ (li? + r' + w') K^AX + BY ^ GZ) ^^. 4 Tale equazione, siccome u, v, w vi compariscono soltanto esplici- tamente, si scinde nelle seguenti : AX + BY + CZ :^0, dx dy dz dA ^ dB ^ dB dO _ dC dA _ i (2) dx ' dy dz Quest' equazioni sono quelle stesse , che devono essere verificate , affinchè le equazioni del moto d' un punto libero : d'x _ ^ — Y ^ — 7 dF ~ ' dt' ~ ' dt^ Sulle cu ree brachistocrone 347 iieir ipotesi che F, A', Z siano funzioni delle sole coordinate, am- mettano un integrale primo della forma : dt dt di Perciò il pili generale integrale, della forma (1), del problema del moto brachistocrono è : Ut + lìiv + nw + p {zc — ijW) + q [.no — su) + r (yii — ccv) = h, ossia : ^ dx du dz i dy dz\ i dz dx I dx di/ \ , ,„ essendo /, ///, )i, p, q, r costanti qualunque. La condizione per le forze è : [l + ry — qz) X + (m + pz — rx) Y + (n + qx - py) Z = 0 , sicché U dovrà soddisfare all' equazione : du du - , du ^ ( l -h rq — qz) — -i- (m ->r pz — rx) -^ h (n+-qx — py) — = 0 . Si ha così questo teorema: (*) Nel moto brachistocrono d' un punto materiale, se le linee d' azione della forza sollecitante appartengono ad un complesso lineare, il momento della quantità di moto del punto ri- spetto al complesso è, per tutta la durata del moto, proporzionale alla forza lì iva. Questo teorema è pure conseguenza immediata del teorema (*) Cfr. Cereuti, Intorno ad una generalizzazione di alcuni teoremi di Meccanica. Col- lectanea Mathematica in memoriam D. Chelini. Milano 1881. 848 Sttlh curve bracMstocrone cornspoiiclente relativo al moto libero e dell" osservazione fatta nel § V. Per dedurre la stessa proposizione dalle equazioni (§ IV, 2), (*) si prendano in queste equazioni x, ij, z per variabili (^^ , q., , q^ . Al- lora l'equazione (1) diviene: Ar, -h Br, + Cr, + Z» = // . (3) Si denotino con K , Hi primi membri delle (§ IV, 4), (1) ri- spettivamente. Seguendo una notazione dovuta a Poisson , si ponga : \dqk- dvK cr,; àq,.-' dove in questo caso, è: A- = 3, q, = X , q2 = y , 9:» = ? • Affinchè l'equazione (3) sia integrale d'un problema, è necessario e sufficiente che si abbia identicamente: {K, H) = 0. Sviluppando quest'equazione, si trova che essa si scinde nelle stes- se equazioni (2). §. VII. Supponiamo che il sistema (§ II, -2, 3, 4) ammetta un integrale della forma: Ap, -h Bp, -h C := h , (1) essendo /( una costante arbitraria e A, B, C funzioni di q^ , q^ da determinarsi. L'equazione (1) si può scrivere: a^-^b"^ ^i— — -\- C = h. (2) (*) C/r. E. Padova, Sut;li integrali comuni a più problenn di Diuumica, Atti del R. Ist. ven. Voi. I, Serie VI, 1883. ì^ulle curve hrachhtocrone "549 Sia — un fattore integrante dell'espressione differenziale Adq^ + Bdq.^ , e sia: 1 ( Adq, + Bdqs ) = dm , P essendo m una funzione di q^ , q^. Al sistema di coordinate curvili- nee 2i , q^ sostituiamo il sistema delle coordinate curvilinee m = cosi. e un altro sistema n = cosi., che, per semplicità, supporremo essere quello delle loro traiettorie ortogonali. L' equazione {-D prenderà la forma più semplice : ^ dt dm -hC = h. Dunque, continuando a chiamai-e qt, q. le nuove coordinate cur- vilinee , si vede che , dato un integrale della forma (1) , esso si può sempre ridurre alla forma piìi semplice: Bp,-hC^h. (3) Essendosi supposte le coordinate curvilinee q, , q.^ ortogonali , si ha : ds' — Edq,' + Gdq,-, e le equazioni (§ II, !2, 8) divengono: E dp, _ P, l SE , dE 1 dG , \ TW -~ T' ~Y Sq, P' ~ a^ ^'^■' "^ 2" 2^ ^ ^ ' I G dpi _ P, 1 dE ^ SG l 3G .^ \ Affinchè la (3) sia integrale d' un problema , si dovrà avere iden- (4) 350 Sulle curve brachistocrone ticamente , per valori arbitrari di ciascuna delie quantità (/, , q.^, Pi , Ih ■ 1 dE .. dG 1 5(? 1 2 dg-i ??i 2 dq-i .1 Quest'equazione, comparendo jh , Ih soltanto esplicitamente, si scin- de nelle seguenti : P, = 0 (5) = 0, (6) = 0, (7) 0, (8) = 0 . (9) Queste equazioni sono quelle stesse che devono essere verificate , affinchè le note equazioni: d dT _ dT_ _ p dt dq'i dqi ' ' d dT ^^ - p dt dq'i 3^2 ' dqt , dqì del moto d'un punto obbligato semplicemente a rimanere sopra una superficie, ammettano un integrale della forma: dt dB B dG dq^ 2G dqi dB B dG dqi G dq. dqi = ( dC 3n. = 0, dc Sulle curve brachistocrone 351 Dalle (9) si trae che C è costante, ed è chiaro che si può supporre eguale a zero. È evidente che B non può essere identi- camente nullo, sicché la (8) dà: '^ =0. dq^ Da ciò, per un noto teorema di Gauss, si deduce che le linee q^ = cosL sono geodetiche. Essendo E funzione della sola q, , se si fa un cambiamento di variabile col porre j' —=- in luogo q, , le U- nee coordinate non sono cangiate, e il quadrato dell'elemento linea- re assume la forma più semphce: rf.s-* = dq\ -f- Gdq\ . La (7), integrata, offre : B = f{q,)G, essendo /' [q^) una funzione arbitraria di q,. Sostituendo quest'e- spressione di B in (6) e integrando, si ha: [f(q-2)Y dove ? iq^) è una funzione arbitraria di (/i . Facendo un cambiamento di variabile col porre dq., invece di , con che le linee coordinate non sono cangiate, il quadrato A?, dell'elemento lineare prende la forma piti semplice ds' ^ dq\ + + «i) , VG = /^ coshiq, VZ + y,), B = >.(? — san h ( q^ |/T~+ «i ) ^r— , dove a, ■3'i , ■>, 7i , 72 , ' sono costanti arbitrarie. 364 Sulle curve brachisfocrotie In questo secondo caso la superficie data , di rivoluzione od applicabile sopra una superficie di rivoluzione, è a curvatura costante, e l'integrale può , secondo quanto si è detto al § VII, ridursi ad avere la forma che ha nel primo caso. IX. Supponiamo che il problema del moto brachistocrono di un punto obbligato a rimanere sopra una superficie di rivoluzione od applicabile sopra una superficie di rivoluzione ammetta l'integrale: Gpi = h , essendo G funzione di g, soltanto. Le forze soddisferanno , come si è veduto , alla condizione : P, = 0. Perciò U e Pi , sono funzioni della sola q^ . Supponiamo inoltre che sia data la curva brachistocrona , e che si voglia determinare P, . Dall' integrale dato si ha : h Dalla prima delle (§ II, 4) si deduce: h dqz onde : 2G' dq « - [tn Sulle ciirce brachistocrone 355 L'integrale delle forze vive offre = \ +1-, (1) [--(t dqi essendo /• una costante arbitraria, sicché p _ 2 d G A' dq^ ^ , (dq., dqi Reciprocamente, data P^, si ha V = f P^dq^, e quindi l'equa- zione differenziale ordinaria di primo ordine (1), integrata, ci forni- rà l'equazione della curva brachistocrona in termini finiti. S X. Volendo servirsi delle equazioni (§ IV , 2) , (*) si osservi che r equazione (§ VII, 1) equivale alla seguente : A^ ì\ -\- Bifi + C — h, (1) dove : . _ AG - BF _ —AF-hBE ^' - EG - F-' ' ^' - EG-F' ' Supponendo le linee coordinate ortogonali, è Ai eguale o dif- ferente da zero, secondochè A è eguale o differente da zero, sic- ché, come l'equazione (§ VII, 1) si può ridurre sempre alla for- ma (§ VII, 3), così l'equazione (1) si può sempre ridurre alla forma: B^n -+- 0 — h. (2) (*) Cfr. E. Padova , memoria citata. 356 Sulle curve brachistocrone Indicando con A' , If i primi membri del (§ IV, 5) , (2) ri- spettivamente, la condizione necessaria e sufficiente, affinchè la (2) sia integrale di un problema, è che si abbia identicamente : (K, H) = 0. Sviluppando quest'equazione, si trova che essa si scinde nelle seguenti : (3) (4) (5) (6) (7) 3C Q dC _ dqi ' 952 = 0, 7. = »• f =0, 3qi dqi Bi 3^ _^ 2 ^^' - G dqi " dqi = 0. Dalle (3) si vede che si può supporre C=0, La (4) ci fornisce la condizione (§ VII , 5) già trovata per la forza. La (5) esprime che E è funzione della sola curvabile q^ , sicché, ponendo -77= in- vece di dqi , le linee coordinate non sono cangiate, e il coefficiente di dqi neir espressione del quadrato dell' elemento lineare divie- ne =1. Perciò si può supporre identicamente E=^i. Dalle (6), (7) si deduce facilmente che G avrà la forma : G — fiqi)i'{qi). Ponendo quindi .,=%^< invece di dq^, il coefficiente di dqlneì- Sitile curve brachisfocrone 357 l'espressione del quadrato dell'elemento lineare diviene eguale a una funzione di ji . Le (6), (7) mostrano allora che 5, è costante , sicché si può supporre = 1. Perciò 1' equazione (2) non può es- sere integrale d'un problema a meno che non si riduca alla forma : 1-2 — h , la quale equazione , ritornando alle variabili pi, p^, diviene identica alla (§ VII, li) già trovata. INDICE DEL VOL. Ili, SERIE IV." G. Pennacchietti. Sugi' integrali comuni a più sistemi di equazioni diffe- renziali ordinarie pagf- 1 D. Amato. / problemi chimici dell' epoca presente del Prof. V. Meyer ed il nuora indirizzo da darsi alla chimica del Prof. D. Amato: Raf- fronti e ragguagli » 7 V. Martinetti. Sopra un gruppo di configurazioni regolari, contenute nel- r Esagramino di Pascal » 31 E. Di Mattei. Sull'azione disinfettante dei saponi al sublimato . » 51 A. Bartoli. 8ul calore specifico fino ad alta temperatura delle lave dell'Etna e di altri vulcani » 61 G. Pennacchietti. Sugi' integrali primi di secondo grado rispetto alle de- rivate delle coordinate nei problemi della meccanica ...» 67 detto. Sopra sistemi di equazioni aventi analogia con quelli di Hamilton » 99 S. Tomaselli. Sugli esperimenti fatti con la linfa di Koch nella clinica medica di Catania » 113 G. Di-Stefano. Il Lias medio del M. San Giuliano (Erice) presso Trapani (culi quattro tavole) ........... 121 G. Pennacchietti. Sulle curve funicolari — Nota 1.'-^ .... » 271 A. Petrone. Contributo suW azione della tubercolina nei tisici . . » 285 P. Ferrari. La tubercolina Koch nella Lebbra » 305 S. Consiglio Ponte. Contribuzione alla Vulcanologia delle isole Eolie — Fine del periodo eruttivo di Valcano e stato attuale del cratere » 317 G. Pennacchietti. Sulle, curve brachistocrotie » 335 niiiiiiiniiii 3 2044 093 259 448 ■^-^ Bua ■I^s^ ^/i-'ivV.. ^J^^^' ("N^^m: ;www,wwl/uM^nI> >UV6#^' ;(^f^^. ib' . ,li*'À7W vJ ■.. VI ViVj