*'• * ) + U I V E + 2F* + G¥ = 0 .
dq, cq-z L c'jj cs j
dq, dq,
dove per brevità è posto
£. = ,
I tre integrali comuni sono i tre integrali del sistema normale :
* = 1/ £ + 2t\ + «7 • (9)
dqt
■Sulle curve funicolari. 11
Questo sistema integrato offre :
1 = /a C ffi , Cj, C, , C.) , Ul)
s = Zi ( ?i » c, , e, , e, ) . (12)
La (10) è /' equazione della curva funicolare in termini finiti. Se
i calori dati di , , q, , V , corrispondenti a un calore dato di s ,
sono c/li stessi per tutti i problemi della classe definita dalle equazioni
(1), (6), (7), la curva funicolare non varierà da problema a problema
della classe stessa.
Ricercando i sistemi di due integrali non contenenti esplicita-
mente la variabile indipendente e comuni a più problemi, si otter-
rebbe di nuovo il valore (6) di le, e per l risulterebbe la stessa
espressione (7), nella quale -h si siano sostituite le quantità au -t- br, au + evo.
Dai tre integrali si può dedurre evidentemente un' equazione della
forma :
F(H,Z, Ci» e.» e») = 0,
che rappresenta una superficie cilindrica, sulla quale dovrà giacere
la curva funicolare. Il caso di
= 0 è quello in cui la forza
è soggetta alla sola condizione di essere parallela ad una retta da-
ta. Rappresentando in questo caso con a, b, e tre costanti propor-
zionali ai coseni di direzione della retta, i tre integrali possono porsi
sotto la forma :
bu — av = y , cv — bw = a ,
a(yw — za ) -+- b(zu — xw ) + c(xv — yu ) = e ,
essendo y , a, e tre costanti arbitrarie, e la curva funicolare è piana.
i i CtV. Bertrand, Sto- Ics intcì/ntlcs coinniuncs à phtxieurs jiroUciitcs de Mcctuiiquc i Liuu-
villc, t. XVII, 1852); Annali della lì. Se. Nomi. Sup. di Pisa, Voi. IV . tesi citata: Giornale
di Matoni. Voi. XXIII, nota citata.
Stille curve funicolari. lo
§ XII.
Se le componenti X, V , Z sono funzioni delle coordinate e
della tensione, tali che :
le equazioni dell' equilibrio ammettono tre integrali che si ottengo-
no dagl' integrali primi non contenenti esplicitamente la variabile in-
dipendente , del sistema di equazioni differenziali ordinarie di 2°
ordine :
d1» , ... d% , „.
sostituendo in questi ultimi integrali — > — > xv — yu , xw — zv m-
vece di ,, ? , ^ , w •
L* equazione :
^ ( '-J , < , e, , e, , e, ) = 0 ,
che si può dedurre dai tre integrali, rappresenta una superficie co-
nica sulla quale giacerà la curva funicolare.
In particolare tre integrali del problema dell' equilibrio d' un
filo sotto 1' azione d' una forza la cui linea d' azione passa costan-
temente per 1' origine delle coordinate, sono :
yw — zv = e, , zu — xiv = e, , zv — yu = c3 ,
e la curva funicolare in questo caso è piana.
§ XIII.
Sia data una superficie di rivoluzione od applicabile sopra una
superficie di rivoluzione (*). Prendiamo sopra di essa per linee coor-
(*) Cfr. Bertrand, memoria citata; E. Rouché . Sur les intégrales communes à plusieurs
problèmes de Mécanique relatifs au mouvement il' mi point sur unesurface (Liouville. 2» serie,
t. III. 1858).
14 Sulle curve funicolari
dinate un sistema di linee geodetiche e quello delle loro traiettorie
ortogonali, sicché il quadrato dell' elemento lineare della superficie
assuma la forma :
ds* = dqS 4- GdqJ ,
dove G è funzione di g, soltanto. Supponiamo che le forze soddisfino
alla condizione :
PiT+^pl = 0, (1)
Or
dove 9 (q2) è una funzione qualunque data di 7,, e P2 è una funzio-
ne di qi,qs, T. Il problema dell'equUibrio del filo sopra la data su-
perficie ammetterà l' integrale :
[T(;d(g„) identicamente nullo,
la condizione ( 1 ) delle forze e l' integrale (-2) corrispondente diven-
gono :
come al paragrafo sesto.
Catania, Febbraio 1892.
Memoria II.
Ricerche embriologiche sui Cestodi
Memoria del Prof. B. GRASSI e del Dott. G. ROVELLI
( con quattro tavole )
AVVERTENZE
1. Questa Memoria è stata incominciata da me solo ; dopo aver
scoperto che lo sviluppo della T. marina s. natia è immediato e
che la Pulce è un ospite intermedio della T. ellittica , il problema
eh' io m' era proposto diventò molto ampio e mi trovai quindi nella
necessità di dare una grande estensione alle ricerche, e perciò mi
unii al Sig. Dott. Rovelli. Mi corre l' obbligo di dichiarare che que-
sti ha collaborato attivamente ; ed è dunque giusto e doveroso che
amendue assumiamo la responsabilità del lavoro, il quale perciò esce
con amendue i nostri nomi.
B. Grassi.
2. Il nostro punto di partenza è stata la seconda edizione del-
l'opera classica del Leuckart sui parassiti dell'Uomo (1); noi ci lu-
singhiamo di essere arrivati ad aggiungere al suo Trattato sui Ce-
stodi una serie di osservazioni e di esperimenti , che completano
in molte parti i fatti prima di noi noti , rendendoli assai più in-
telligibili.
Due sono i punti fondamentali, sui quali richiamiamo 1' atten-
zione del lettore. Il primo si è il seguente : la storia dello sviluppo
del cisticerco presenta fatti, come disse il Moniez (2) '; absohunent
extraordinaires et bien invraisemblables a priori „ ; noi abbiamo tro-
vato una forma (la T. ellittica) che possiede uno sviluppo sempli-
ci) Die Parafateli des Menschen ecc. 2.e Auf. 1. Bd. 1. 2. à Lief. 1879-81-86.
(2) Essai monogT. sur les Cysticerques p. 35 (Travaux d. l'Inst. zool. de Lille — T. III.
fas. I. 1880, Paris).
Atti Aco. Vol. IV, Serie 4a — Meni. II. 1
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
ce, spiega questi fatti e li rende ordinari, verosimili, naturali, se ci
si permette la parola.
Passiamo al secondo punto. Tutti i Cestodi hanno bisogno di
un ospite intermedio ; uno soltanto allo stato di larva diventa adulto
(Archigetes Sieboldi). Così scriveva il Leuckart. Altri invece, e so-
vratutto il Mégnin, sostenevano la possibilità d'uno sviluppo imme-
diato ; manca qualunque prova, soggiungeva il Leuckart.
In questa Memoria troverà il lettore le prove dell* asserzione
da uno di noi avanzata in una Nota preliminare , che la T. nana
s. murino, non ha un ospite intermedio. Questo fatto rompe quel-
1' inesplicabile monotonia che caratterizza il complicato ciclo evo-
lutivo dei Cestodi; esso potrebbe lasciare intravvedere come un
parassita abbia potuto arrivare a vivere per un periodo della sua
vita in un animale, e per un altro in un altro; in ogni caso ricon-
duce le leggi che regolano lo sviluppo dei Cestodi a quelle dei Tre-
matodi e dei Nematodi.
Si troverà in questa Memoria anche il tentativo di determinare
la formazione degli organi dei Cestodi, campo finora inesplorato;
in complesso siamo convinti di esser riusciti a tracciare con sicu-
rezza alcune linee fondamentali, ma giudicherà il lettore se la no-
stra convinzione è solidamente basata.
Noi speriamo che nell' apprezzare il piccolo frutto delle nostre
ricerche si vorrà tener calcolo delle straordinarie difficoltà che ab-
biamo dovuto superare. La nostra pazienza è stata messa a dura
prova, e ci sono stati necessari molti esperimenti, i quali ci hanno
consumato di spesso una grandissima quantità di tempo in tenta-
tivi infruttuosi.
Queste sono le scuse per le lacune e per qualche incertezza
che, senza dubbio , 1' occhio del lettore non mancherà di rilevare ,
specialmente nella parte riguardante lo sviluppo degli organi, sulla
quale noi stessi intendiamo ritornare in successivi lavori.
Catania, 10 Novembre, 1887.
B. Grassi e G. Rovelli
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
3. A questa Memoria toccò in sorte di restare per trenta mesi
manoscritta presso l' Accademia dei Lincei, alla quale era stata pre-
sentata per il concorso al premio reale di morfologia. In ciò il mo-
tivo del ritardo con cui si pubblica, mentre la rispettiva Nota rias-
suntiva è già comparsa ila quasi tre anni nel Cmtralblatt f. Bacter.
u. Parasitenk. 188'.), Bd. V, N. 11 e 12.
Nel frattempo uscirono parecchi lavori , che si riferiscono al-
l' argomento qui discusso. Non essendosi però nessuno degli autori
sobbarcato all' improba fatica di procurarsi tutti i necessari stadi di
sviluppo dei cisticercoidi, a nostro parere, la quistione non fece al-
cun serio progresso, soltanto venne confermato ciò che noi dimo-
stravamo nella nostra Nota riassuntiva , vale a dire che esistono
molti cisticercoicli a lunga coda e che esaminando gli invertebrati,
si trovan facilmente dei cisticercoidi nuovi.
Vero è che 1' Hamann crede d' aver scoperto un nuovo modo
di sviluppo del cisticercoide delle tenie proprie agli uccelli.
Noi però riteniamo che egli abbia avuto sottocchi appena al-
cuni stadi, i quali lo condussero ad induzioni erronee. Ma su que-
sto e su altri punti torneremo con alcune brevi note, che il lettore
troverà aggiunte al testo primitivo della nostra Memoria.
Catania, 30 Settembre 1891.
Ricerche embridogiche sui Cestodi.
CAPITOLO I.
OISTICERCOIDI E LORO STORIA EVOLUTIVA (1).
A. Taenia elliptica s. cucumerina.
Descriveremo i vari stadi da noi osservati , curando di esser
brevi, specialmente in quei punti che il lettore può a primo aspetto
rilevar dalle figure, molto più facilmente che da minuziose descri-
zioni.
1° stadio. Embrione esacanto (oncosfera).
I più giovani embrioni ( Tav. I fig. 1 ) da noi studiati sono
tondeggianti od ovalari e molto piccoli, raggiungendo appena i 35,
40, 45 p. il diametro o 1' asse maggiore ; presentatisi solidi, o pa-
renchimatosi, che vogliansi dire, senza lacune, o con qualche pic-
colissimo vacuolo a contorni più o meno irregolari.
Ad un esame attento si può rilevare che gli uncini embrionali
sono disposti a paia, in tre gruppi, quindi un paio per ogni grup-
po, e si trovano in una parte speciale, che possiamo fin d' ora de-
nominare posteriore, in riguardo sia della posizione che essa piglierà
nel cisticercoide, sia di quanto sappiamo d'altri embrioni esacanti.
Gli uncini sembrano anzi limitati ad una metà ali questa parte pò-
steriore (ciò diventa più chiaro in uno stadio successivo), sicché si
veggono alle volte a quella superficie dell' embrione, la quale pre-
sentasi superiore , sotto il microscopio, all' occhio dell' osservatore,
alle volte invece a quella superficie che presentasi inferiore. Uno
delle tre paia d'uncini è posteriore-mediano, le altre due posteriori-
laterali ; le punte delle falci del paio posteriore - mediano segnano
F estremo posteriore dell' embrione ; le paia posteriori-laterali, pure
(1) V. Nota preliminare " Intorno allo sviluppo del cistìcerco. „ Reale Are. dei Lincei .
Voi. V, Ser. 4a Rendiconti fase. 3°, pag. 165-174.
8 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
colle punte delle falci, segnano la parte laterale o lateral-posteriore.
Questi uncini danno all' embrione una simmetria, quale è già stata
notata nelle oncosfere d'altre Tenie (Leuckart (1), Van Bene.den
juniore (2) ).
Neil' embrione si notano movimenti di contrazione e rilascia-
mento in svariato senso, che mutano alquanto la sua l'orma, vale a
dire lo restringono allungandolo, o l'accorciano allargandolo etc; una
vera locomozione non fu però da noi rilevata nò nel presente, né
in ulteriori stadi di sviluppo, compreso quello di cisticercoide. Mo-
vendosi 1' embrione , si muovono pure gli uncini , s' intende passi-
vamente.
Quest'embrione, finché è vivo, è molto trasparente, assai op-
portuno perciò per le osservazioni, anche colle lenti ad immersio-
ne. Per studiarlo vivo ci siamo serviti della solita soluzione d' al-
bume, leggermente salata (un albume d' uovo in 200 gr. di acqua
distillata, più 75 centigrammi di cloruro di sodio). Aiutandoci an-
che coi soliti reagenti (soluzione acetica-osmica degli Hertivig ,
acido acetico diluitissimo ecc.) arrivammo a formarci un concetto
sicuro della sua struttura (Tav. I, fig. 2). Risulta di cellule a con-
fini, se pur esistono, non ben determinati; la sostanza cellulare o,
come altri dice, il protoplasma cellulare, ossia il citoplasma , è re-
lativamente molto scarso e coli' acido acetico appare granuloso ; i
nuclei sono tondeggianti, di differenti grandezze, sempre però relati-
vamente molto grandi; sono vescicolari e racchiudono un nucleolo
abbastanza grosso ; la membrana del nucleo è evidente ; colle so-
stanze coloranti, appena il nucleolo resta intensamente colorito. Se
si avesse sott'occhio questo solo stadio di sviluppo, di cui parliamo,
potrebbe venire il dubbio che si dovesse interpretare come proto-
plasma cellulare il nucleo , come nucleo il nucleolo , e come so-
stanza intercellulare il protoplasma cellulare; gli stadi successivi
però dimostrano che questo dubbio sarebbe infondato.
(1) Quando nominiamo il Lcmekart senza speciale citazione , ii riferiamo sempre all' opera
opraeitata,
(2) Archives de Biologie par Ed. Van Beneden eoe Voi. II, Fas. II, 1881, pa^. 183 e seg.
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Tutto ben considerato , riteniamo perciò che V embrione esa-
canto consta di cellule di svariate grandezze ed a contini indistinti.
Esse sono disposte in un cuuiolo . senza rilevabile stratificazione
(blastema d'alcuni autori, o tessuto embrionale d'altri); non si può
neppure ammettere che, almeno in complesso, le più piccole, o le
più grosse si trovino a preferenza alla parte periferica, od alla cen-
trale.
Si rinvengono in svariati punti dell' embrione , probabilmente
dentro il protoplasma cellulare, corpuscoli molto piccoli, splendenti,
assai rinfrangenti e giudicando dall' aspetto, adiposi ; talvolta isolati
ed altre volte accumulati a piccoli gruppi di i2-3, o più.
Non vi sono tracce sicure di musculatura , neppure in corri-
spondenza agli uncini embrionali.
Quìi e là, a preferenza verso la parte media dell' embrione ,
si scorgono talora, come già sopra si accennò, 1-^-3 spazi o va-
cuoli angustissimi, tondeggianti, o più o meno irregolari e pieni di
un liquido trasparentissiino.
L' embrione è rivestito da una sottilissima cuticola, amorfa, in
cui non si possono rilevare pori-canali , quando è ancor vivo ed
intatto ; quando esso comincia ad alterarsi , la cuticula rigonfia, e
compaiono allora attorno all' embrione delle bollicine, che non sap-
piano bene in che modo siano prodotte, e si intravvedono anche i
pori-canali nella cuticola.
u2.° Stadio. Vescicola primitiva. Comparsa della musculatura e dei
corpuscoli calcari. Accenno della coda.
A poco a poco i vacuoli ingrandiscono, confluiscono e si for-
ma (Tav. I, lac fig. 3-4) una piccola cavità (lacuna primitiva) ec-
centrica , e perciò a parete più assottigliata da una parte , che è la
posteriore e più ispessita dall' altra che è l'anteriore; contemporanea-
mente va ingrandendosi 1' embrione, che , giunto a questo periodo
di sviluppo, denominiamo vescicola primitiva.
Che la lacuna primitiva si formi per distruzione di cellule (ciò
Atti Acc. Vol. TX. Serie 4a — Mem. II. -
10 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
inclina a credere il Leuckari per i cisticerchi) , non possiamo am-
metterlo, perchè 1' embrione contemporaneamente cresce di volume:
lo che può spiegar la formazione della lacuna senza ricorrere ad
una distruzione di cellule, la quale non era mai evidente né a fre-
sco, né sui tagli in centinaia di vescicole primitive da noi esaminate.
La lacuna va sempre più ingrandendo, (Tav. I, fig. 5.) tenen-
dosi sempre però vicina alla parte posteriore, sicché la parete che
la delimita, presenta un ispessimento anteriore.
L'embrione a poco a poco, assume 2-3-4 volte il volume pri-
mitivo; gode di vivaci e svariati movimenti di contrazione e di rila-
sciamento, i quali ne cambiano la forma; però di solito presentasi
allungato (Tav. I fig. 6), e la parte posteriore è assottigliata a guisa
di coda , cosicché si può già cominciare a parlare d' un corpo e
d'una coda, che non sono però separati l'uno dall'altro, apparendo
talvolta la coda molto lunga ed il corpo piccolo, e viceversa.
La lacuna primitiva (lac.) , quando principiasi a distinguere
corpo e coda , può corrispondere in parte alla coda ed in parte
alla porzione posteriore del corpo: di solito però manca in corri-
spondenza alla coda.
In questo secondo stadio si notano i seguenti altri fatti . Compare
sotto alla cuticola uno strato sottilissimo di fibrille circolari . di-
sposte attorno all' embrione in direzione trasversale (equatoriale);
rappresenta quello strato subcuticolare che noi , basandoci anche
sul confronto colla muscolatura del rostello (v. più avanti), coi più
autorevoli autori , riteniamo di natura muscolare e che è caratte-
ristico dei Cestodi e dei Trematodi (1). In circostanze fortunate, si
possono scorgere anche fibre finissime che vanno agli uncini, però
non possiamo assolutamente asserire che siano comparse appena in
questo secondo stadio.
Diventano evidenti i conlini cellulari (Tav. I fig. 18) e si di-
(1) Se alle fibre circolari si acccompagnino anche tibie longitudinali, è questione che dob-
biamo lasciare indecisa; negli stadi successivi, qualche volta, queste fibre longitudinali ci ap-
parvero evidenti in corrispondenza alla coda: esso incrociavano perpendicolarmente le circolari.
J)ol resto molte volte notammo -trio longitudinali, ma ci seminarono appartenenti alla cuticola.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 11
stìnguono di solito due sorta di cellule , le une molto più grandi
e mollo più scarse di numero che le altre ; queste (cellule piccole)
Circondano quelle {cellule grandi) che di regola presentatisi isolate.
In corrispondenza alla parte posteriore questa distinzione e distri-
buzione delle cellule è meno evidente e si trovano forme intermedie
tra le grandi e le piccole, cellule piuttosto grandi addossate le une
alle altre ecc. In complesso le cellule grandi stanno a preferenza
alla parte periferica dell'embrione; se ne trova però qualcuna anche
alla superficie interna della lacuna primitiva.
In mezzo a quell' ispessimento che , essendo la lacuna primi-
tiva eccentrica, come si disse, trovasi alla parte anteriore dell'em-
brione, le cellule sono costantemente tutte piccole. Le cellule grandi
possono essere ovalari allungate, o tondeggianti ; alcune mostrano
evidenti prolungamenti protoplasmatici; le cellule piccole sono per
lo più fusate, ad estremi affilati più o meno, talvolta anzi chiara-
mente prolungati in delicatissimi filamenti. I nuclei, tanto delle cel-
lule grandi , quanto di quelle piccole , conservano i caratteri che
avevano nel periodo precedente.
Il significato delle cellule grandi ci è tutt' altro che chiaro ;
certo è però che nello stadio successivo cessano di essere distinte.
In linea d'ipotesi potremmo riferire ad esse la produzione dello
strato muscolare sottocuticolare ; ma si potrebbe anche supporre
che le distinzioni delle cellule in grandi e piccole, dipendesse dal
tempo della loro riproduzione; vale a dire che sarebbero tutte d'una
sola sorta, le grandi non si sarebbero divise da qualche tempo, le
piccole invece si sarebbero recentemente divise.
La lacuna primitiva non ha una superficie uniforme, sibbene
irregolare, perchè le singole cellule vi sporgono alquanto, anzi qua
e là qualcuna è molto sporgente, o libera a dirittura.
Come risulta da quanto abbiamo detto e dalle figure , non è
possibile distinguere una stratificazione nella vescicola primitiva.
La cuticola è un po' più ispessita che nello stadio precedente.
In essa, quando è osservata sugli embrioni viventi, non possiamo
in alcun modo rilevare i pori-canali , i quali però compaiono alle
12 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
volte evidentissimi, quando gli embrioni vanno alterandosi e moren-
do, e contemporaneamente la cuticola si rigonfia; sulle sezioni alle
volte si veggono, alle volte no; in realtà noi crediamo che i pori-
canali esistano sempre , ma che il non poterli rilevare sul vivo ,
dipenda dalla loro piccolezza.
Gli uncini mutano ben poco la disposizione che avevano nel
periodo precedente, (Tav. I, fig. 3, 4; 5 e 6). Quando 1' embrione
si appalesa con quella forma, che ci permette di parlare d'un corpo
e d' una coda, allora è evidente che gli uncini corrispondono alla
coda e precisamente ad una sua metà, sicché , almeno di regola ,
occupano appena una delle due superficie che si sogliono presen-
tare all' occhio di chi osserva al microscopio , vale a dire ap-
pena la superiore, od appena l'inferiore. Per spiegarci più chiara-
mente, è possibile dividere la coda pel lungo ( cioè in senso longi-
tudinale) in due parti eguali e tali che ad una metà corrispondano
tutte le tre paia di uncini, un paio posteriore-mediano, le altre due
paia anteriori-laterali; queste sono però ad un livello differente di
quello , tale per cui, quando stanno alla superficie, che offresi al-
l'osservatore superiore, le paia anteriori-laterali si mostrano meno
superficiali di quello posteriore-mediano.
Verso la fine del 2.° stadio, compaiono alcuni corpuscoli cal-
cari alla parte mediana trasversale dell'embrione. Che essi derivino
da cellule, ci sembra probabile, avendo noi qualche volta trovato
nella cavità, da essi lasciata dopo la decalcificazione, traccie di un
nucleo (ciò specialmente negli stadi successivi , in cui i corpuscoli
calcari vanno diventando molto numerosi), circondato talora anche
da traccie di plotoplasma. I corpuscoli calcari sono, molto probabil-
mente , involti da una membrana , che , dopo la decalcificazione ,
resta a delimitare il posto che essi occupavano. Hanno forma
svariata, varia anche molto la loro grandezza; alle volte tre-quat-
tro molto piccoli si osservano addossati l'uno all'altro. Notevole si
è che non se ne sviluppa mai alcuno immediatamente sotto alla
cuticola e relativa muscolatura.
Quei granuli, d'aspetto adiposo, che noi avevamo incontrati nel
periodo precedente, si rinvengono pure in questo 2.° stadio.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 13
3° Stadio. Ara nno del rostéllo e delle ventose.
L'embrione va sempre più aumentando di dimensioni, senza che
di solito vi corrisponda un evidente ingrandimento della lacuna ,
tranne posteriormente. Intanto l' accenno della divisione in corpo e
coda, sempre più diventa chiaro, nonostante che, in certi movimenti
di contrazione dell'embrione, possa ancora scomparire.
Contemporaneamente ( Tav. II. fig. 2.) alla parte anteriore si
delimita un ispessimento, a cui poco più tardi (Tav. II, flg. 1.) se
ne aggiungono quattro altri (due soli se ne veggono generalmente
negli embrioni, quando si osservano vivi, ma sulle sezioni è facile
persuadersi che in realtà sono quattro); il primo è l'accenno della
formazione del rostéllo, gli altri quattro gli accenni delle ventose, che
perciò sono alquanto più tardive a comparire (Vedi anche la fìg. 1).
Fig. I. (Schema)
bulbo
I
zona peribulbare anteriore "y^f^^^K _ zona pi,ribu!bare anteriore
k-'jSp \ \ ventosa
\ \ .-!...._/- lacuna primitiva
coda
Veniamo ai particolari. Le cellule al polo anteriore assumono
una disposizione speciale, per cui giunge ad accennarsi e poi a
delimitarsi un corpo tondeggiante (bui) (cuscinetto o bulbo del rostéllo) ,
il quale viene ad essere circondato ovunque da cellule, eccetto alla
14 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
sua estremità o calotta anteriore , che è libera, essendo provveduta
di cuticola (parte della cuticola generale dell' embrione) , proba-
bilmente col relativo strato muscolare sottocuticolare. Il confine
nella parte circondata da cellule, viene ad essere prontamente se-
gnato dalla comparsa di uno straterello muscolare circolare (sacco
muscolare del rostello) , simile a quello sottocuticolare , che si è
descritto nello stadio precedente: il bulbo è fatto da cellule più o
meno nettamente fusiformi, accumolate senza una evidente stratifi-
cazione (blastema). Le suddette cellule circondanti il bulbo , pure
fusiformi, tendono a formargli quasi un rivestimento , perciò sono
qua e là evidentemente incurvate a concavità verso il bulbo; neppure
esse sono disposte in strati distinti, ma accumolate , diremo così ,
come mucchi di ciottoli; si vede che, ordinandole, se ne farebbero
parecchi strati , che rivestirebbero il bulbo, come le membrane
d' una cipolla.
Le ventose si accennano quali corpi globulari, solidi, in modo
del tutto simile a quello del rostello. L' accenno si vede bene ap-
pena dopo la comparsa del rostello.
Bisogna però confessare (Tav. II, fig. 2) che, già al momento
in cui comincia a delimitarsi il rostello, le cellule, in corrisponden-
za al punto ove compariranno le ventose, tendono ad aggrupparsi
in modo da farne intra v vedere la prossima comparsa.
I corpuscoli calcari intanto crescono di numero; non se ne
forma però alcuno in corrispondenza alla coda ed all' accenno del-
le ventose e del rostello (in complesso mancano quasi alle parte
anteriore del corpo).
4° e 5° Stadio. Sviluppo ulteriore del rostello — Delimitazione
del corpo e della coda — Comparsa dell' apparato acquifero — Scompar-
sa della lacuna primitiva — Accenno del sistema nervoso.
L' embrione cresce sempre più e si allunga (Tav. I, fig. 8.8,
7,9.) Qui probabilmente ci manca uno stadio di secondaria impor-
tanza, che deve avere brevissima durata. Fatto sta che 1' embrione
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
15
più piovane e seguente lo stadio 3° che noi abbiamo potuto sezio-
nare (stadio 4°), presenta di già un infossamento e non appena
nel bulbo (Tav. II, fig. 3 e 6). Spieghiamoci: il bulbo, come si disse.
(Tav. II, fig. -2), è circondato da cellule (che tendono a formargli
un peculiare rivestimento), eccetto alla estremità o calotta anteriore.
Orbene quella parte di cellule circondanti il bulbo [ zona peribul-
bare (Ulteriore. Vedi fig. I (Schema)], la quale viene ad essere an-
teriore (ossia trovasi là dove il bulbo comincia ad esser rivestito),
ha proliferato.
Nello stesso tempo trascinando seco la relativa cuticola e lo
strato muscolare sottocuticolare, si è invaginata insieme colla estre-
mità anteriore del bulbo coperta da cuticola. È perciò che scorgia-
mo sui tagli longitudinali una depressione, o, se si vuole, un inva-
ginamento, tutto coperto di cuticola alla sua superficie interna, o li-
bera che si dica : evidentemente è fatto in parte (fondo cieco) dal
bulbo, in parte da quelle cellule (s' intende insieme colla relativa
cuticola e strato muscolare sottocuticolare) che circondavano il bul-
bo nella zona immediatamente circostante a quella in cui esso era
nudo {zona peribulbare anteriore).
Fig. II. (Schema)
zona peribulbare anteriore
bulbo
ventosa
„_ allargamento anteriore
allargamento posteriore
. ventosa
accenno
del sistema nervoso
L' invaginamento (Tav. II, fig. 6) è dunque in parte corrispon-
dente al bulbo, ossia bulbare (lo denomineremo fin d' ora allarga-
mento posteriore), in parte alla zona che circonda il bulbo , ossia
peribulbare ( lo denomineremo fin d' ora allargamento anteriore) ; il
1G Ricerche embriologiche sui Cestodi.
confine tra le due parti è indicato già da una lievissima strozza-
tura. La cuticola, rivestente l' invaginamento , va fornita di nume-
rose, molto delicate e cortissime punte , o peluzzi cuticolari , i cui
rapporti colle cellule sottocuticolari non sono evidenti. (Vedi an-
che la fig. II).
L' embrione può estroflettere tutto questo invaginamento , che
muta facilmente anche di forma, ed allora si vede dall'estremità an-
teriore sporgere un corpo a guisa di proboscide. Anzi qualche volta
si può assistere a lenti , ma ritmici movimenti di introflessione e
d'estroflessione.
L' invaginamento in discorso (stadio 5°) poco più tardi cresce
in ogni dimensione; però meno nella parte corrispondente al bulbo
(allargamento posteriore) e molto meno ancora in corrispondenza
alla strozzatura. Questa strozzatura perciò diventa assai più spic-
cata; quivi non si notano neppure le punte cuticolari, che nel frat-
tempo vanno ingrandendo, in corrispondenza tanto all'allargamento
posteriore , quanto all' allargamento anteriore dell' invaginamento ;
esse mancano però anche alla periferia dell'allargamento anteriore,
ossia alla bocca dell' invaginamento la quale può restringersi od
allargarsi considerevolmente (Tav. II, fig. 8, Tav. I, fig. 15).
Dopoché 1' invaginamento è incominciato , cioè al 4° stadio ,
la parte posteriore ( coda ) dell' embrione va delimitandosi netta-
mente dall' anteriore (corpo) ; precisando, la coda si allunga, come
anche il corpo, ma contemporaneamente verificasi uno strozzamento
che viene a separare l'uno dall'altra (Tav. I, fig. 10, 19); cosi
resta netta la distinzione di queste due parti , distinzione che è
indicata eziandio dalla mancanza dei corpuscoli calcari nella coda
(eccezionalmente se ne vedono 2-5-10 alla sua estremità anteriore,
mai però nella parte corticale di essa). In molti casi è facile osser-
vare, ciò che forse esiste sempre, che questa coda non si diparte
cioè dal polo posteriore del corpo, sibbene sta inserita in modo che
vien quasi a segnare nel corpo due facce, una delle quali è quella
da cui essa si diparte ; essendo evidentemente un organo rudimen-
tale, già adibito alla locomozione, come spiegheremo più avanti, si
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 17
potrebbe torsi' dire che la coda sorge dalla parte posteriore della
taccia ventrale dell' embrione.
E gli uncini embrionali l La loro posizione (Tav. I, flg. 7, 10)
non è (issa; molte volte non se ne vedono che quattro; sono di
spesso appaiati ; in sostanza conservano la disposizione descritta
negli stadi antecedenti: la distanza dall' un paio all'altro è differente
nei vari individui. Notevole si è che di spesso si vede uno o due
uncini in corrispondenza alla parte posteriore del corpo, già netta-
mente separato dalla coda per lo strozzamento; s'intende che gli
altri sono ancora in corrispondenza alla coda.
La lacuna primitiva, essendosi all' indietro ampliata, viene co-
stantemente a corrispondere in parte alla coda, ed in parte al cor-
po : di solito poi comincia a restringersi, poco dopo che la coda si
è ben delimitata e tende a scomparire. Qualche volta invece dopo
questa delimitazione, nella coda raggiunge il suo massimo, cosicché
quesf ultima pare una vescicola a pareti sottili. Notisi che in ta-
luni casi , specialmente alla coda, la lacuna non si scorge già nei
due precedenti stadi di sviluppo ; ma ciò può essere dovuto a fe-
nomeni di contrazione, potendosi vederla comparire in embrioni, a
cui poco prima mancava, e viceversa. Certo si è d'altra parte che,
quanto alla sua ampiezza ed all' epoca della sua scomparsa, si dan-
no molte differenze individuali. La scomparsa definitiva di regala suc-
cede alla fine dello stadio clie abbiamo por' anzi segnato conte 5° , tran-
ne alla coda, nella quale ne resta traccia, non di rado, ancora nel
cisticercoide maturo.
Dicendo che la lacuna va scomparendo, intendiamo che a poco
a poco, viene occupata da cellule migranti (Tav. II, fig. 1, -2, 3)
che, fissandosi, formano un tessuto che ha l'aspetto d' un connettivo
molle e più o meno nettamente reticolare (lo denominiamo paren-
chima molle); così il liquido che la riempiva in parte resta raccolto
negli spazi intercellulari, mentre forse in parte verrà assorbito.
A poco a poco le cellule, che stanno vicine alla cuticula, sono
andate assumendo caratteri peculiari (celiale sottocuticolari); non for-
mano però uno strato a sé, continuando invece ad essere un tutto
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. II. 'i
18 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
col parenchima compatto (v. più sotto) e molle. Sono in gran parte
alte, fusiformi, verticali, od oblique rispetto alla cuticola, di spesso
evidentemente non tutte in un piano , ma irregolarmente qua e là
più in dentro, o più in fuori (perciò in certi punti è difficile dire se
certe cellule si debbano, o no considerare sottocuticolari); danno
prolungamenti ramificati , o no , in ispecie ai due estremi ; hanno
insomma acquistato particolarità , quali si riscontrano in molti Ce-
stodi.
Le cellule grandi, che abbiamo fatto conoscere nel 3° stadio ,
durante il 4° si veggono quasi appena alla coda ed al 5° non sono
più, neppur qui , evidenti.
Le cellule interne a quelle che abbiamo dette sottocuticolari
(parenchima compatto), sono pure per lo più fusiformi; stanno però
disposte in molte svariate direzioni, danno svariati prolungamenti ,
i quali, insieme con quelli delle cellule migrate nella lacuna e delle
cellule sottocuticolari, offrono l'aspetto di un reticolo; se veramente
vi siano anastomosi di questi prolungamenti è, nel presente, come
in molti casi, difficilissimo a determinarsi.
Al quinto stadio compare anche 1' apparato escretore , che si
limita al corpo , senza punto estendersi alla coda , essendo così
forse il movente della caduta di questa parte.
Rapidamente si formano la vescicola di sbocco ed i quattro ca-
nali longitudinali; 1' anello di congiunzione di questi quattro canali,
in corrispondenza alla testa, venne da noi rilevato più tardi, appe-
na cioè al principio del sesto stadio , come pure gli imbuti colle
fiammelle vibratili.
Come si forma 1' apparato escretore ?
Ecco un punto sul quale lavorammo molto, senza un esito pie-
namente soddisfacente.
Verso la fine del 4" stadio, nel parenchima compatto (Tav. II,
fìg. 4 e 5) , compaiono i quattro canali come tubili] cuticolari , a
cui si appoggiano cellule dello stesso parenchima compatto, distinte
dalle altre appena perchè a preferenza disposte nel senso della lun-
ghezza del tubillo. La loro comparsa non è preceduta da un alli-
nearsi di cellule, né da separazione di colonne di cellule.
Ricerche embriologiche sui Oestodi. 1'.»
Contemporaneamente, o quasi, ai canali escretori, compare la
vescicola ili sbocco, per quanto vedemmo, non per un processo di
invaginamento ma, come i canali , per l'orinazione di una lacuna,
che compare tappezzata da uno strato cuticolare.
Questa vescicola al suo nascere, in mezzo alle cellule sottocu-
ticolari, è molto stretta, e poi rapidamente diventa ampia ; il suo
lume ci parve, già ab initio, continuarsi con quello dei canali. Qual-
che preparato ci fa sospettare che dapprima si formi una lacuna
di shocco per ciascuno dei quattro canali, e poi la vescicola risulti
dal fondersi assieme di queste lacune.
In complesso dunque riteniamo che V apparato escretore si formi
da cellule sottocuticolari e dal parenchima compatto, che si trovano nei
tratti in cui. esso (vescicola e canali) è destinato a comparire. Conclu-
dendo: neppure al suo comparire, l'apparato escretore è nettamente se-
parato dal parenchima e dalle cellule sottocuticolari.
Attorno alla parte posteriore del bulbo del l'ostello (Tav. II.
lig. 6, 8, 12), già al 4° stadio, ma più chiaramente al 5°, le cel-
lule presentansi disposte in modo particolare , difficile a ben defi-
nirsi ; esse ci indicano con sicurezza il primo rudimento del siste-
ma nervoso.
Appaiono in intimo rapporto colle cellule circondanti la parte
anteriore del bulbo, e quindi anche colle cellule sottocuticolari di
quella zona anteriore di cellule, circondante il bulbo {zona peribul-
bare) che si è invaginata, come sopra si disse, formando l'allarga-
mento anteriore.
Questo accenno del sistema nervoso non forma una parte ben
delimitata in alcun punto , tranneché in corrispondenza al bulbo ,
mercè lo strato muscolare. Le cellule non ci mostrano neppure spe-
ciali caratteri , se si eccettua che di solito assumono alquanto più
facilmente le sostanze coloranti.
Pertanto resta dubbio se certe cellule debbano, o no, compren-
dersi neh' accenno del sistema nervoso, accenno che in certi pre-
parati già appare, benché imperfettamente, alla fine del terzo stadio.
Dunque questo sistema nervoso deriva da un graduale dif-
2Q Ricerche embriologiche sui Cestodi.
ferenziamento di una porzione non ben delimitata del parenchi-
ma compatto, la quale perù tende forse a mostrare un rapporto in-
timo colle cellule sottocuticolari dell' allargamento anteriore dell'in-
vaginamento formante il rostello. A lungo abbiamo cercato di sta-
bilirne la derivazione dalle cellule sottocuticolari stesse, ma non sia-
mo riusciti ad ottenere argomenti veramente plausibili: non possiamo
neanche assolutamente escludere una siffatta derivazione, perchè le
cellule di questi cisticercoidi sono molto piccole, e le figure cario-
cinetiche sufficientemente chiare sui nostri tagli erano molto rare.
Ripetiamo però qui che le distinzioni da noi fatte di cellule
sottocuticolari, parenchima molle e coni putto , ci servono per fissare le
idee, ma sono appena accennate , non ben indicate nella larva in esa-
me, sicché non esistono confini sicari tra le parti da noi distinte.
6. Stadio. — Modificazione del rostello — Allungamento della coda-
Principio dell' 'introflessione della parte anteriore del corpo nella poste-
riore.
Giunto a questo stadio, il cisti cercoide quasi non cresce più :
anche la coda può non ingrandire ulteriormente ; non di raro però
continua a crescere , in guisa da superare la lunghezza del corpo.
A proposito di dimensioni, è d'uopo notare che vi sono molte oscil-
lazioni individuali, osservandosi cisticercoidi maturi magari Y uno il
doppio più grosso dell' altro, e ciò vale anche per la coda. Come va-
ria la grandezza dei cisticercoidi maturi , varia eziandio quella dei
giovani. In complesso, quando in una Pulce si trovano pochi cisti-
cercoidi, sono grossi, piccoli invece se numerosi.
Gli uncini embrionali persistono nelle- posizioni precedentemente
fissate ; qualche volta tuttavia non si trovano ; forse sono caduti
durante la preparazione.
Come già si credette bene di accennare , il canale escretore
circolare e le dilatazioni imbutiformi colle fiammelle vibratili, si ri-
scontrano appena al principio di questo periodo.
Ricerche embriologiche sui Cestini/. 21
11 rostello va meglio delineandosi. Nulla di nuovo nella musco-
latura del bulbo: invece le cellule, clic lo riempiono, mutano di ca-
rattere e presentano prolungamenti facilmente rilevabili , l'ormando
una sorta di connettivo reticolare (Tav. II, lig. 13 e 13).
La parte posteriore dell' invaginazione, cioè al di là dello stroz-
zamento, (allargamento pi iste ri or e), perde le punte cuticolari, od uncini
embrionali, sicché resta rivestita di semplice cuticola (Tav, I, fig. 16,
e Tav. II, fig. 10). La parte anteriore, al di qua dello strozzamento
(allargamento anteriore) come già sopra si accennò, distinguesi in
due porzioni , una anteriore e 1' altra posteriore. La porzione an-
teriore (che viene ad essere la periferia o bocca dell'invaginazione)
presentasi ancora alle volte molto ristretta ed alle volte molto al-
largata, e persiste ad essere inerme; la porzione posteriore continua
a rimaner armata, anzi gli uncini vanno assumendo i caratteri de-
finitivi, cioè alla parte prossimale crescono ed in modo da formare
quell' allargamento basilare che è caratteristico degli uncini della
T. cucumerina.
Così resta chiaro come si sviluppa il rostello. La porzione an-
teriore dell' allargamento anteriore, cioè la periferia o bocca dell' in-
vaginazione, forma nello scolice adulto la cavità che accoglie la parte
libera del rostello. Il resto dell' invaginazione , insieme col bulbo e
col sacco muscolare, diventa il rostello. L'allargamento posteriore,
estroflettendosi, viene ad essere la punta del rostello che è sfornita
di uncini e può offrire ancora neh" adulto una lieve introflessione ;
la parte dell' invaginazione provveduta d' uncini , ossia la porzione
posteriore dell' allargamento anteriore, diventa la parte del rostello
fornita d' uncini ; il bulbo ed il sacco muscolare ingrandendo , di-
ventano quelle parti che portano gli stessi nomi nel rostello. Per
quanto noi abbiamo potuto rilevare, la muscolatura longitudinale si
sviluppa più tardi.
Il rostello è adunque, tutto sommato, una formazione compli-
cata ab origine ; non è giusto dire che si formi addirittura come è
neh" adulto, né che si formi rovesciato su se stesso.
Intanto che così ben si definisce il rostello, le ventose per un
■>■>
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
ulteriore sviluppo della rispettiva muscolatura, diventano capaci di
introflettersi , anzi di solito presentanti concave , cosicché si po-
trebbe dire che quest' è il loro stato di riposo.
Fig. III. {Schema)
ventosa
allargamento anteriore
allargamento posteriore
bulbo
coda
Contemporaneamente ai processi or indicati, comincia 1' intro-
flessione, od invaginazione generale della parte anteriore del corpo in
quella posteriore. Questa introflessione è permessa dal parenchima
molle, che riempie la lacuna primitiva. A poco a poco si forma così
il cisticercoide della T. ellittica, quale è stato scoperto dal Melnikoff
e dal Leuckart. (Tav. II, flg. 1 1 ; e fig. Ili e IV.)
Le ventose intanto mantengonsi sempre concave ed acquistano
perciò 1' aspetto di invaginazioni secondarie ; anche il rostello viene
ad esserne un' altra invaginazione secondaria.
Fig. IV. {Schema)
allargamento anteriore
- allargamento posteriore
- bulbo
Noi assistemmo a tutti i momenti di questo processo d' imagina-
zione generale, che comincia anteriormente, e perciò dapprima lascia li-
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 23
bere le ventose: poscia queste appaiono alla bocca dell'invaginazione,
più tardi diventano approfondate.
In complesso pare quasi che si tratti di una continuazione
del processo , che ha formato l'invaginazione che si descrisse a
proposito del rostello.
7. Stadio — Maturazione de! cisticercoide.
L*introflessione della parte anteriore nella posteriore cresce e rag-
giunge il suo massimo appena quando il rostello è diventato quasi ad-
dossato alla vescicola di shocco dei vasi acquiferi (Tav. II, fig. 9). Le
ventose non soltanto appaiono come invaginazioni secondarie, ma si
forma a loro quasi un canaletto di sbocco per una estroflessione se-
condaria della introflessione generale (Tav. II fig. 14). La bocca del-
l'introflessione generale presentasi di solito ristretta. (Tav. I, fig. 13).
La coda lunga talora quanto 2-3 volte il corpo , conservasi
aderente, ma per un peduncolo molto stretto, cosicché facilmente
distaccasi via . durante la preparazione. Noi crediamo che la sua
caduta naturale si verifichi nello stomaco dell'oste definitivo. Essa
va perduta senza gemmare ed infatti noi non incontrammo mai in
una medesima Pulce coi cisticercoidi adulti, cisticercoidi giovani, né
alcun altro indizio di un processo di gemmazione.
Il cisticercoide introflesso è di solito ovalare , talvolta anche
tondeggiante ; la sua lunghezza di solito varia da 3 a 4 decimi di
millimetro.
Quando si esaminano i cisticercoidi appena usciti dalla Pulce,
si trovano quasi sempre introflessi e vivi ; sotto al microscopio (Tav.
I. fig. 13, 14) si veggono estroflettersi più o meno celeremente ;
qualche volta cominciano ad estroflettersi e poi si introflettono di
nuovo ; che , allorquando sono totalmente estroflessi , possano di
nuovo introflettersi, è possibile, ma non lo verificammo.
La coda , come già sopra si accennò , è capace di far leggeri
movimenti, specialmente quando è staccata dal cisticercoide ; si al-
lunga, o si accorcia contemporaneamente assottigliandosi, od allargan-
dosi; non è capace di locomoversi, come non lo è neanche il corpo.
24 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Duranti' questo settimo stadio il cisticercoide matura.
Gli uncini del rostello ingrandiscono e sono disposti nettamente
su 4-5 file. La parte che li sostiene , già nel periodo antecedente.
ha cominciato ad estendersi per lasciare loro posto sufficiente ; ora
cresce sempre più e viene perciò a rivestire anteriormente il bulbo,
che nel frattempo offresì piuttosto appiattito ed assai ampio. Il
bulbo diventa così quasi cuscinetto su cui riposano muscolatura e
cellule sottocuticolari, e la relativa cuticola cogli uncini ; resta li-
bera, s' intende, la parte centrale, a cui corrisponde 1' allargamento
posteriore dell'invaginazione del rostello (Tav. II, flg. 9, 10, 11).
Durante la sopra indicata estroflessione del corpo del cisticer-
coide, anche il rostello si estroflette (Tav. I. fig. 13. 14, 17 ; Tav. II,
fìg. 7) ed allora si vede che il bulbo si allunga e si restringe , as-
sumendo perciò forma ovalare.
Da quanto or ora si è detto, ognuno capisce che anche in que-
sto periodo d' estroflessione, gli uncini coi relativi strati, su cui si
appoggiano, delimitano come una calotta alla porzione anteriore del
bulbo : calotta che nel mezzo presenta un forellino , il quale con-
duce nella piccola invaginazione [allargamento posteriore (v. sopra)]
propria del bulbo.
Questo rostello del cisticercoide interamente sviluppato, è, per
la sua struttura , già eguale a quello della T. ellittica , soltanto è
molto più piccolo, come è molto più piccolo tutto lo scolice, com-
prese le ventose , ed anche più gracili gli uncini. Aggiungasi che
non vi distinguiamo con sicurezza la muscolatura longitudinale, che
diventa molto evidente nella metà anteriore del rostello , quando
1" individuo è adulto.
I corpuscoli calcari, come erano andati aumentando di nume-
ro negli stadi antecedenti, crescono ancora, lasciando sempre libero
il rostello e le ventose, ed in complesso la parte anteriore del corpo.
L' apparato escretore non presenta nulla di nuovo.
L' apparato nervoso è molto evidente specialmente negli indi-
vidui più grossi e conservati , svaginati che siano , col liquido del
Kleinenberg e del Flemming, e poi coloriti colla ematossilina.
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Esso è rappresentato (Tav. Ili, fìg. 26) essenzialmente da tre ri-
gonfiamenti, uno mediano e due laterali, disposti su una linea che
corrisponde presso a poco all' indietro della estremità posteriore del
l'ostello, rigonfiamenti riuniti assieme da corta commessura ; vedem-
mo con certezza da ciascuno dei due rigonfiamenti laterali (Tav. Ili
tig. ^(>, il; Tav. II, fìg. 13) dipartirsi parecchi rami. Uno si dirige
all' indietro (nervi longitudinali laterali) . due vanno alle ventose
(uno a ciascuna delle due ventose vicine), altri due vanno a for-
mare anastomosi con rami simili dell' altro rigonfiamento, cosic-
ché ne nasce un anello. Esistono altri rami che non abbiamo po-
tuto ben seguire.
Come si è sviluppato questo sistema nervoso ? È difficile dirne
i particolari; è certo che è derivato, almeno in gran parte, dall'ac-
cenno descritto in uno stadio precedente.
Durante questo 7° stadio le differenze tra il parenchima molle
e quello compatto di solito vanno scomparendo, mentre cresce re-
lativamente il numero delle cellule nell'uno, e diminuisce nell'altro;
così pure pochissimo evidenti sono le differenze tra lo strato sot-
tocuticolare ed il parenchima.
La muscolatura delle ventose contemporaneamente va meglio
sviluppandosi.
Quanto allo sviluppo della muscolatura in generale, due sono
le modalità che essa ci presenta. Si può sviluppare di guisa che le
fibrille muscolari formino uno strato regolare , distinto nettamente
da quello dei mioblasti (attorno al rostello e nello strato sottocuti-
colare) , (Tav. II, fìg. 4, 10, ecc.) , oppure in modo che le fibrille
non formino uno strato distinto (quasi tutta 1' altra muscolatura).
Nel cisticercoide, per quanto sviluppato, non sono ancora ac-
cennati gli organi genitali. Essi compaiono nella Tenia giovane ; il
loro differenziamento, per quanto finora abbiamo veduto , trova ri-
scontro in quello descritto dallo Schmidi per altri Cestodi (1).
(li In Zeihch. f. u-iss. Zoohy. XLVI. Bd. 1888— Beitaye z. Kennt. ,1. Entwick. d. Gc-
schlechtsorgane einiffer Cestoden.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Mem. IL i
26 /.'/cerche emVriólogiehe sui Gestodi.
B. TAENIA MURINA
Noi ne abbiamo ottenuti importanti stadi di sviluppo nello spes-
sore del villi intestinali, e precisamente in una cavità, che ritenia-
mo la cavità linfatica centrale del villo , molto dilatata ; ordinaria-
mente se ne trova un solo in un singolo villo, qualche rara volta
due ; stanno di regola orientati in modo che secondano più o meno
nettamente 1' asse longitudinale del villo, e, precisando, vi sono in-
nicchiati in modo che colla estremità posteriore (quella che porta
gli uncini embrionali), guardano verso la punta del villo e colla e-
stremità anteriore la base. (Tav. III. fig. 25).
In complesso i cisticercoidi della T. murimi sono molto piccoli,
di gran lunga più piccoli di quelli della T. ellittica.
Il primo stadio da noi studiato è quello d' embrione esacanto,
(Tav. Ili, fig. 4, 5, 6, 7, 10, 11) talvolta ovalare, di solito a for-
ma di girino, cioè con un corpo ed una coda ; può presentare già
una lacuna primitiva, piuttosto ampia, che , quando 1' embrione ha
forma di girino , viene ad essere in corrispondenza alla parte po-
steriore del corpo e talora anche alla coda (Tav. Ili , fig. 8, 9).
Gli uncini embrionali si trovano ih generale sulla coda , qualche
volta anche sulla parte posteriore del corpo ; sono appaiati ed han-
no le punte delle falci rivolte come nella T. ellittica.
È difficile di isolare questi embrioni intatti ; molte volte pre-
sentano forme irregolari, prominenze ecc. (V. le sopracitate fig. 5,
6, 7, 11 della Tav. III.)
Nel bel mezzo del corpo possono esserci uno, due o tre cor-
puscoli calcarei.
Sui tagli , gli embrioni in discorso possono presentarsi più o
meno curvi, od anche gibbosi.
Si mostrano fatti da cellule irregolarmente disposte (blasfema),
tutte minutissime , eccetto poche , poste specialmente in corrispon-
denza alla coila ed alla lacuna primitiva. (Tav. Ili, fig. 14).
Una muscolatura sotticuticolare non venne da noi distinta né
in questo, né in ulteriori stadi.
RicercJie embriologiche sui Cestodi. '21
Il secondo stadio da noi esaminato a fresco, mostra ancora la
lacuna ed invece alla parte anteriore un infossamento, che sulla se-
zione ottica longitudinale è a forma di ipsilon , perciò deve essere
una invaginazione a bocca ristretta , dal cui fondo sorge una pa-
pilla (Tav. Ili, 12).
Si notano oltre a ciò, di solito poco distintamente, ma chiara-
mente in certi embrioni bene isolati, quattro punti, in cui le cellule
sono disposte in modo da indicare quattro masse tondeggianti. I tagli
di questo stadio (Tav. Ili, fig. 15, 16), confermano la presenza delle
quattro masse tondeggianti ; là dov' era l' infossamento ad ipsilon,
che nelle nostre sezioni, pur troppo riuscite sempre oblique, non
si vede mai bene , notasi un altro accumolo di cellule. Certo è
che questo accumolo di cellule coir infossamento ad ipsilon , rap-
presenta 1' accenno del rostello. Noi siamo stati a lungo esitanti nel-
T interpretare le altre quattro masse di cellule come accenni delle
ventose, potendo qualche volta, per alterazioni dell' embrione, com-
parir masse simili in regioni lontane da quelle delle ventose ; però
alla fine il costante apparire delle quattro masse in molti esemplari,
osservati a fresco e sui tagli, ci ha persuaso che esse esistono ve-
ramente neh' embrione in condizioni normali.
Perciò questo secondo stadio eli sviluppo è caratterizzato dalla
formazione del rostello e delle ventose, accenno precoce, come nella
T. ellittica; vogliamo aggiungere che forse il primo ordinarsi delle
cellule per formare il rostello è precedente a quello delle cellule
per formar le ventose.
Nello stadio successivo, (Tav. Ili, fig. 17, 18, 20)', si trova che
la parte anteriore del corpo si è invaginata nella posteriore ; la la-
cuna primitiva è perciò diventata quasi virtuale . od almeno con
pochissimo liquido tranne all' indietro, in corrispondenza, cioè, alla
coda ; quivi si conserva ampia e può contenere qualche cellula a
prolungamenti molteplici. Del resto la coda resta breve e porta gli
uncini embrionali. (Questi ultimi fatti non si rilevano dalle nostre
figure, che rappresentano tagli riusciti un po' obliqui).
Lo stadio in discorso , non tenendo conto di questa coda, ri-
28 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
produce la l'orina d' una gastrula. S' intende che qui ed altrove ci
riferiamo alla semplice forma, non trattandosi affatto di una gastrula.
Come appunto in una gastrula, distinguiamo una bocca, una cavità
gastrulare (gastrocele), due pareti, una estenui e l'altra interna ; tra
le due pareti sta 1' angusta lacinia 'primitiva (il blastocelè).
La parete esterna è molto sottile e risulta cpiasi dapertutto
di uno strato irregolare di cellule, più o meno piatte e d'una sottile
cuticola, esterna rispetto a questo strato.
La parete interna è irregolare, spessa ; si vede tappezzata in-
ternamente di cuticola. I gruppi di cellule indicanti le ventose sono
introflessi , formando quindi delle ben distinte cavità secondarie ,
rispetto alla cavità gastrulare, a poco distanza dalla bocca.
Il rostello conserva la figura che aveva nello stadio precedente,
ma è al centro della parete interna; perciò più arretrato delle ven-
tose.
In stadi successivi (Tav. HI, 19; 31, 33) le ventose si trovano
portate all' indietro, sempre però come cavità secondarie, mentre il
rostello comincia a rialzarsi e sporgere nella cavità gastrulare ; in-
tanto la bocca va restringendosi e finisce per chiudersi.
In uno stadio ulteriore anche le ventose si sono rialzate, pre-
sentatisi però sempre introflesse (Tav. III. fig. 33). Ora lo scolice
è formato ; un collo o peduncolo 1' attacca alla parete interna ; la
bocca è chiusa e si è formato un vero coalito tra le parti che la
delimitavano ; resta però una striscia di cuticola a testificare la sua
preesistenza.
Il rostello intanto ha mutato poco , tranne che le parti sono
più evidenti ; gli mancano ancora gli uncini ; alle volte presentasi
estroflesso (Tav. III. fig. 34).
Non avendo potuto sezionare ulteriori stadi di sviluppo , non
possiamo ben indicare come si formino le singole parti del rostel-
lo, quale è neh' adulto ; a noi pare che la papilla sorgente dal fondo
della cavità a sezione ottica di ipsilon (ossia della cavità ristretta
in avanti) dia luogo alla formazione del rostello e che la cavità
stessa si trasformi nella cavità in cui viene a stare la parte libera
Ricerche embriologiche sui Cestodi. L".(
del rostello (Tav. III. ftg. 3). Comunque sia. il suo modo di sviluppo
è differente da ([nello della T. ellittica, e forse in complesso siamo
davanti ad mi processo semplice o semplificato.
La coda persiste quasi immutata , conservando gli micini em-
brionali.
In uno stadio successivo da noi esaminato appena a fresco ,
sono apparsi anche gli uncini dello scolice e 1' apparato escretore
(Tav. 111. fig. 13).
Più tardi ancora, si trovano, attaccati all' epitelio dei villi , le
giovani Tenie col collo piuttosto lungo, non ancora segmentato ; al-
lora esse sono in tutto e per tutto paragonabili ai cisticercoidi della
T. ellittica svaginati, astrazion fatta però della coda. Evidentemente
per trovarsi nelF indicata posizione , hanno dovuto abbandonale il
villo che le ospitava, al periodo di cisticercoide.
G. TAENIA CUNEATA
Abbiamo sezionati soltanto un piccolo numero di cisticercoidi
della T. cuneata; erano interamente sviluppati. Essi stavano in uno
strano tessuto connettivo, ricco di vasi , che riempie la cavità del
typklosolis del Lumbricus ( Allolobophora ) foetidus ; a differenza dei
cisticercoidi precedentemente descritti, che non hanno cisti avven-
tizia, quello della T. cuneata ne possiede una spessa, evidentemente
formata dall' oste. Essa consta di una capsula amorfa , dalla cui
superficie interna dipartonsi numerosi sepimenti a distanze rego-
lari , i quali si comportano in modo che vengono a limitare tante
concamerazioni ripiene di cellule, come dimostra la figura (Tav. IV,
fig. 11) In complesso questa cisti risulta di un tessuto simile a quello
che riempie il typklosolis.
Dentro alla cavità da essa delimitata, trovasi il cisticercoide ,
che è molto piccolo (è lungo circa 3, 4, 5 ventesimi di millimetro) :
ha figura di una gastrula. Anche qui distinguiamo, come in una ga-
strula, una cavità gastrulare ed una bocca, due pareti, una esterna
e 1' altra interna, e tra le due pareti una lacuna primitiva.
30 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Il cisticercoide, procedendo dall' esterno all' interno , è fornito
di una spessa cuticola, di uno strato muscolare sottocuticolare, molto
accentuato , d' uno strato di connettivo reticolare (par. est.) ed in-
fine di uno strato connettivo pur reticolare , ma a cellule più ad-
dossate (par. itit.) , e rivestito internamente di cuticola.
Tra i due strati connettivali che a fresco, perchè molto ricebi
in corpuscoli calcari, non si distinguono bene, su certe sezioni, ve-
desi angusta la lacuna primitiva, su certe altre non si vede affatto,
su altre infine esiste piuttosto ampia, ma osservansi fibrille che lo
attraversano e congiungono assieme i due strati.
La lacuna primitiva dunque si può ritenere esistente, ma quasi
virtuale, o, se si vuole, rudimentale.
Perciò, tenendo il confronto colla gastrula , gli strati al di là
della lacuna formano la parete esterna , quelli al di qua la parete
interna. La bocca e stretta e , come si capisce , in coi : ,
ad essa la parete esterna si continua nella interna. Si è detto che
la parete interna è tappezzata da cuticola, eccettuiamo però la parte
di mezzo, ossia direttamente opposta alla bocca; quivi sorge lo sco-
lice , che presentasi estroflesso , ossia come nella Tenia adulta , e
guarda coli' estremità anteriore la bocca ; esso va fornito di uno
stretto collo, riempie quasi tutta la cavità gastrulare e si presenta
continuo colla parete interna in corrispondenza del punto , in cui
sorge. Nello scolice è notevole che le quattro ventose non sono ad
egual distanza 1' una dall' altra, ma avvicinate due a due.
Come risulta dalla breve nostra descrizione e dalle annesse
figure, il cisticercoide in discorso è caratterizzato dalla mancanza di
coda , dalla bocca pervia , dalla lacuna primitiva rudimentale , e
dalla semplicità degli strati che lo compongono.
D. TAENIA PROGLOTTINA.
Il cisticercoide della T. proglottina è lungo circa (5-8 ventesimi di
millimetro ; benché in generale più grosso , è simile a quello della
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 31
cuneata; i caratteri principali che lo distinguono sono i seguenti:
(Tav. IV, fig. 7, S, 9).
I.° 11 cisticercoide della T. proglottina risulta degli stessi strati
enumerati per la cuneata, colle differenze però che lo strato cuti-
colare esterno è molto delicato, ed al posto della lacuna primitiva
vedesi un tessuto lamellare ; in certi preparati in toto si osservano
traccie di una lacuna (naturale od artificiale!) al di fuori ovvero
tra questi strati lamellari , traccie che mancano in molti altri e su
quasi tutte le sezioni; in ogni modo è incerto il confine tra le pa-
reti interna ed esterna.
vJ.° Talvolta il cisticercoide della T. proglottina presenta ancora
gli uncini embrionali, quattro quasi a metà della lunghezza, due
all' estremità posteriore; i quattro sono disposti a due a due, come
si vede dalla figura (Tav. IV, fig. 7.).
Di questo cisticercoide osservammo anche parecchi stadi gio-
vanili, tra cui uno (Tav. IV, fig. 10) in cui esisteva una coda breve,
portante il paio posteriore di uncini : questa coda viene assorbita
dal cisticercoide stesso , come dimostra il fatto che non ne resta
più traccie neh' adulto, mentre vi rimane il paio posteriore di un-
cini ; aggiungasi che noi cercammo invano le traccie di queste code
nelF oste, con molteplici sezioni di organi, che erano pieni di que-
sti cisticercoidi ; soltanto in un caso la potemmo vedere e piuttosto
lunga, ciò che devesi forse spiegare come anomalia.
Di solito il cisticercoide in discorso non ha capsula avventi-
zia, cioè fatta dall' oste ; qualche volta però la possiede, benché im-
perfetta.
E. TAENIA LEPTOCEPHALA.
Questo cisticercoide da noi osservato soltanto allo stadio di
maturanza , può trovarsi libero , oppure essere provveduto di una
capsula avventizia connettivale , evidentemente derivata dall' oste
(Tav. IV, fig. I).
Ha le dimensioni presso a poco di quello della T. ellittica e-
32 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
stroflesso. Offre la solita figura di gastrula , ma è fornito di una
lunghissima coda (Tav. IV, fìg. 4, 5). Tenendo il confronto colla
gastrula, distinguiamo anche nel caso presente (tav. VI, flg. 4, 5,
6), una cavità gastrulare ed una bocca, una parete (par. est.) ester-
na ed una interna (par. ini.) e , fra queste , una angusta lacuna
(Zar.) ; la coda dipartesi, anche nel caso attuale, dal polo aborale.
La parete esterna e l' interna sono molto differenziate (Tav. IV.
fig. 2, 3.) L' esterna , progredendo dagli strati superficiali ai pro-
fondi, risulta di una spessa cuticola, fornita di pori-canali, d'uno
strato di cellule fusate, quasi cilindriche, d'uno strato fibrillare (mu-
scolare ? ) circolare, d'uno strato di cellule molto allungate, disposte
nel senso della lunghezza del cisticercoide ed infine di uno strato
lamellare : veramente strana si è la circostanza che lo strato di
cellule fusate non è completo , ma limitasi a formar due striscie :
precisando, il cisticercoide è alquanto appiattito, sicché i tagli tra-
sversali hanno quasi figura ellittica e le due striscie corrispondono
ai poli dell'asse maggiore dell' ellisse (Tav. IV, fig. 2.)
La parete interna consta d'uno strato di connettivo reticolare,
ricco di cellule e di corpuscoli calcari, ed è tappezzata internamente
di cuticola, tranne il punto aborale, da cui sorge lo scolice su un
peduncolo non tanto stretto. La lacuna primitiva sui preparati buoni
è ben distinta, e rilevasi anche a fresco coli' azione dell' acido ace-
tico; manca in corrispondenza alla coda. Lo scolice tiene la posi-
zione, che occupa quello della T. cuneata e proglottina. La bocca è
angusta; qui al solito la parete esterna si prolunga nell'interna. 1
quattro vasi acquiferi si ripiegano dallo scolice sulla parete interna,
descrivendo perciò anse ascendenti (Tav. IV, fig. 6).
Gli uncini embrionali sono spesse volte evidenti ; quattro sono
di solito sulla coda, due sulla parete esterna là dove confina colla
coda (Tav. IV, fig. 4).
Siccome alle volte abitiamo trovato questa coda ramificata, ed
altre volte (nella Anisolabis) ij cisticercoidi riuniti per le code a gruppi
di 3-4, siccome talora nell'Aids spi/iosa ad un cisticercoide di gran-
dezza ordinaria stava attaccato un cisticercoide piccolo (la parte pò-
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
steriore della coda dell' uno era l'usa culla stessa parte dell'altro);
così pensiamo che in certi rasi il cisticercoide della T. leptocephola
possa proliferare.
Notevole .si è che gli or ricordati cisticercoidi che ne porta-
vano uno piccolo, ma anche molti altri che ne andavano privi, eran
morti, avendo subito una speciale degenerazione, per cui avevano
assunto un color giallo bruno, e la struttura non era ben rileva-
bile , specialmente nei piccoli. In questi casi , riscontrati però sol-
tanto neir Akis spinosa, la capsula avventizia era presente e molto
spessa : notisi che i cisticercoidi vivi ci si presentarono incapsulati
appena nel!' Anisolabis (I).
F. TAENIA INFUNDIBULIFORMIS.
Questo cisticercoide della T. infundibuliformis vive libero nella
cavità addominale delle Mosche (Tav. IV, fìg. 15, 16, 17).
Rassomiglia (Tav. IV, fìg. 14) a quello della T. cuneata , ma
se ne distingue perchè la cuticola è più sottile, e la lacuna primi-
tiva ben delimitata. Spesse volte al microscopio lo scolice si libera
dal resto del cisticercoide trascinando seco estroflessa la parete in-
terna (V. sopracitata fìg. 15).
Trovammo altri cisticercoidi nuovi , che non abbiamo ancora
potuto studiar bene ; li enumeriamo brevemente.
1° uno con circa 20 uncini definitivi, nel fegato dell' Asca-
labotes mauritanicus.
2° uno in una Trogosita (sp. ?)
3° uno nella Blatta (Eeterogamia) aegyptiaca , con circa 12
uncini.
4° due nell' Anisolabis annuì ipes (uno con circa 15 uncini ,
il) Recentemente il IJ.r Calandruccio ha trovato ano stadio di sviluppo del C. della T. le-
ptocephala, dal (inule risulta che anche nella T. leptocephala la formazione del rostello e delle ven-
tose precede 1' invaginamene), come nella T. ellittica e murimi.
Atti Acc. Vol. IV, Serie -ta — Mem. II. 5
34 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
1' altro con circa ^5, probabilmente quest' ultimo appartenente alla
T. microstoma).
5° uno nell' Akis spinosa con circa ^0 uncini (Tav. IV. iìg. 18)
Quasi tutti avevano una coda più o meno spiccata; tutti poi
si riducevano facilmente alle forme presentate da quelli delle T.
cuneata e leptocephala.
CAPÌTOLO II.
UNITÀ DI TIPO DEI CISTICERCHI E CISTICERCOIDI— AFFINITÀ DEI
CESTODI TRA DI LORO E COGLI ALTRI PLATELMINTI - STATO
DELLA QUESTIONE, PRIMA DEI NOSTRI STUDI E DOPO DI ESSI.
Noi ci stuelleremo di determinare 1' unità di tipo dei cisticerchi
e dei cisticercoidi , riducendoli tutti ad una forma semplice, e poi
passeremo a discutere le affinità dei Cestodi tra di loro e cogli al-
tri Platelminti. Per questo secondo scopo; le nostre ricerche si li-
mitarono alla embriologia dei Cestodi, la quale, confessiamolo fran-
camente, ci pareva un argomento appena sfiorato , mentre la loro
anatomia è relativamente ben nota.
Nella nuova edizione dell' opera classica del Leuckart, si trova
accuratamente raccolto, può ben dirsi, tutto quanto si sa sullo svi-
luppo dei Cestodi (1); sarebbe quindi inutile che qui volessimo lar-
gheggiare in citazioni. Ci limiteremo perciò a toccar brevemente quei
punti che a noi più premono , in quanto che valgono a mostrare
in quale stato abbiamo trovata la questione.
Chi ci ha preceduto, ha studiato quasi esclusivamente i cisti-
cerchi : sui cisticercoidi possediamo appena ricerche molto frammen-
tarie, o semplici induzioni. Dice benissimo il Leuckart, che nessuno
ha ancora seguito lo sviluppo di un cisticercoide (Niemand , auch
Moniez nicht, hot bisher gesehen wie der Cysticercoid aus dem Em-
bryo hervorgehet; op. cit. pag. 980, 1886); si conoscono più o meno
ili Non si dimentichi di consultare le aggiunte che si trovano alla fine del primo voli
che riguardano la letteratura fino al 1887.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 35
bene parecchi cisticercoidi; di (lucilo del Tenebria molitor , come è
noto, lo Stein ha descritto parecchie fasi, ma pur troppo le osser-
vazioni di questo egregio zoologo datano da un' epoca relativamente
remota, sono imperfette ed insufficienti nello stato attuale delle no-
stre cognizioni. Il Villot ha descritto parecchi cisticercoidi nuovi, ed
ha tentato di classificare cisticerchi e cisticercoidi in base ad indu-
zioni derivate dalla loro struttura; questa embriologia induttiva ha
però portato a conclusioni molto strane , e poco accettabili già a
priori , come vedremo meglio più sotto.
Non occorre aver fatto studi speciali in argomento per persua-
dersi che la storia dello sviluppo dei cisticercbi non poteva fornir
lumi per la filogenesi. Fa bisogno che ricordiamo come si sviluppa
un cisticerco '?
Giusto quanto già aveva intravveduto il Goze, ed ha meglio ve-
rificato il Wagener, e meglio ancora il Leuckart, lo scolice si sviluppa
nella vescicola del cisticerco cavo ed uniformemente rovesciato, cioè
nasce cavo ed invaginato nella vescicola materna (Leuckart); le con-
clusioni contrarie del Moniez (vi torneremo in avanti) , sono basate
su ricerche incomplete (Leuckart ed altri).
Possiamo brevemente riassumere il processo come segue : si
forma una vescicola , che noi denominiamo vescicola primitiva . ri-
piena di liquido e colla parete fornita di muscolatura , vasi escre-
tori ecc.
Una parte di questa vescicola forma un invaginamento o, come si
suol dire , uno zaffo cefalico , in forma di capezzolo cavo. (Il ter-
mine di zaffo cefalico non è del tutto proprio, perchè esso forma
anche il tronco del Verme).
11 fondo di questo invaginamento si trasforma direttamente nella
testa del Verme solitario ; il resto dell' invaginamento fornisce il
tronco dello stesso ; le ventose ed il rostello originano come inva-
ginamenti secondari. Perciò il Verme solitario nasce capovolto al-
l' indietro , nasce rovesciato su sé stesso e cavo . in guisa che la
superficie esterna , o cuticolare , presentasi interna. Prendiamo un
Verme solitario non ancora segmentato e supponiamo di poterlo ro-
36 Ricerche embriologiche siti Cestodi.
vesciare su sé stesso uniformemente, partendo dal polo anteriore ed
avvicinandosi man mano a quello posteriore: lo avremo così nello
stato in cui si sviluppo.
// resto, cioè gran parte delia vescicola che non ha partecipato
alla formazione dell* invaginamento . e perciò viene ad essere una
parte circondante quella invaginata , costituisce un semplice appa-
rato larvale ; essa cade al subentrare della forma adulta.
Ma anche il tronco, che nel periodo larvale si sviluppa , ben-
ché possa essere già fornito di proglottidi , cade una volta che il
cisticerco si è fissato all' intestino.
Se la distruzione del tronco e della parte non invaginatasi della
vescicola entra facilmente in quanto già è noto sullo sviluppo degli
animali, invece lo svilupparsi dello scolice rovesciato e cavo , costi-
tuisce un processo oltremodo strano e la cui spiegazione riesce
quasi impossibile , ed in ogni caso eccessivamente fantastica. Ap-
punto perciò il Moniez (1) ne riprese lo studio e, basandosi su al-
cuni stadi, credette , come già si accennò , di poter contraddire il
concetto generalmente accettato : egli avrebbe trovato che lo sco-
lice del Verme solitario nasce già in principio colla sua disposizione
e forma definitiva. Ciò che si denomina zaffo cefalico , è , per il
Moniez, una semplice vagina ; dal cui fondo il capo viene a solle-
varsi, come una sporgenza solida. Mentre il Leuckart denomina re-
ceptaculum capitis una porzione della vescicola, che si differenzia in
modo speciale e circonda lo zaffo cefalico (porzione eoa confini quasi
sempre non ben determinati) , invece il Moniez sotto questa deno-
minazione , oltre alla or detta porzione della vescicola , comprende
lo zaffo cefalico. È il fondo del receptaculum capitis , scrive questo
autore, che, sollevandosi, forma lo scolice, già così disposto, come
si osserva nel Verme solitario adulto.
Ma evidentemente ha ragione il Leuckart di sostenere che al
Moniez debbono esser sfuggiti stadi molto importanti, ciò che pro-
vano chiaramente la nuova edizione dell' opera del grande elminto-
(1) Op. cit.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 'M
logo tedesco e le ricerche del Eaum (1) e del Vogel (-2). Anche il
Crety (3) vuol confutare il Moniez merce ricerche limitate al solo
stadio (del resto già disegnato e descritto nella seconda edizione
dell' opera del Leuckart) , in cui lo scolice è rovesciato indentro.
Però questo stadio, dopo le nostre ricerche, non può ritenersi pro-
vativo. poiché, come si rileva dalla parte speciale e si ripeterà bre-
vemente più sotto, lo scolice può nascere diritto e secondariamente
rovesciarsi.
In ogni caso resta assodato che io scolice sì sviluppa caro e. co-
inè si dice, rovesciato sopra sé stesso.
Che questo modo di sviluppo rappresenti una vera falsificazio-
ne (ci si permetta di continuare ad usare il termine proposto dal-
l' Haeckel) dei processi embriologici , è facilmente ammissibile ; ma
di stabilire quali erano le condizioni primitive , ecco il punto dif-
ficile.
La poca esperienza da noi acquistata ci ha persuasi ad adot-
tare un vecchio assioma che, anche in questo caso, ha mostrato il
suo valore: invece di fantasticare sulle forme complesse, conviene
cercar forme semplici e far punto di partenza dalle condizioni meno
complicate. Ecco perchè volendo noi tentare di rischiarare i cisti-
cerchi, sapendo oramai che tutti si comportano uniformemente . li
lasciammo dapprima in disparte e tentammo di aprirci una via col
mezzo dei cisticercoidi.
I cisticercoidi (intendiamo per tali col Leuckart forme giovanili,
che in complesso corrispondono ai cisticerchi delle Taeniadae, ma
se ne differenziano soltanto per la piccolezza e la mancanza o scar-
sezza di liquido nella vescicola) offrono condizioni molto svariate ,
alcune però relativamente semplici. Come è già stato di sopra ac-
cennato, pochissimo è noto sul loro sviluppo. Il Leuckart in com-
plesso ritiene che il cisticercoide si sviluppi come il cisticerco ; però
deve ammettere la possibilità, il dubbio d' uno sviluppo differente ,
ili Baitrage z. Entivick. d. Cysticercoiden. Inaugurai Dissertation. Dorpat. 1883.
(2) V. Bau u. Entit: des Cyst. fascìolaris. Ed. Zickfeld. Osterwieck (Harz) 1888.
(3) Atti Accad. Med. Roma. Voi. III. 1887.
38 RicercJie embriologiche sui Cestodi.
vale a dire semplice, e ciò in base alle osservazioni insufficienti del
Gruber (1) sopra il cisticereoide d'un Cyclops. In complesso anche
i Tetrarhynchus (Rhynchobothridae) offrono , secondo il Leuckart .
un cisticereoide che si sviluppa come quello delle Tamiadae ; del
pari si comporterebbero le Phyllobothridae.
Quanto alle Bothriocephalidae, V unica forma, di cui noi cono-
sciamo sufficientemente lo sviluppo, è 1' Archigetes Sieboldi, che in
condizione di cisticereoide diventa sessualmente maturo ; esso si svi-
luppa direttamente, benché i particolari non siano ancora ben pre-
cisati ; la parte anteriore dell' embrione esacanto si trasforma nella
testa e nel tronco, la posteriore nella coda. Qui si tratta, secondo
il Leuckart, di una semplice gemmazione esterna, una gemmazione
che , per chi non conoscesse gli altri Cestodi , sarebbe nient' altro
che un accrescimento. Quanto alle altre Bothriocephalidae, bisogna
ammettere col Leuckart , che le nostre cognizioni sono troppe im-
perfette per azzardarci a tirare delle conclusioni.
11 fatto dell' Archigetes assume maggiore, o minore importanza,
a seconda della posizione, che accordiamo nel sistema alle Bothrio-
cephalidae,
Sono le Bothriocephalidae forme più prossime ai Cestodi primi-
tivi, ovvero più delle altre ridotte ? Precisiamo, per quanto è pos-
sibile, questi punti, anche per delineare il vero valore, che si deve
concedere ai cisticercoidi da noi studiati.
Ma qui dobbiamo premettere alcune considerazioni sul gruppo
dei Cestodi; esso non è relativamente molto eterogeneo ; noi cre-
diamo col Leuckart che si possa dividere in quattro famiglie, o su.
bordini, che si preferisca nominarli :
Tetrarhynchidae < Rhynchobothridae) Phyllobothridae , Taeniadae ,
Bothiocephalidae (Bothriocephalus, Ligula, Archigetes, Arnphilina, Am-
phiptyches ecc.^)
Il primo gruppo è caratterizzato da quattro lunghe proboscidi,
da quattro robuste ventose periferiche (alle volte concrescenti due
a due), e da un rudiménto di ventosa terminale.
Il) <>|>. rit.
Ricerche embriologiche sui Ccstodi. .">'.»
Le Phyttobothridàe possiedono quattro ventose periferiche (ra-
ramente soltanto due) grandi e mobili (che possono portare alla
loro estremità anteriore degli micini) ed una ventosa terminale, tal-
volta rudimentale.
Le Taeniadae hanno quattro ventose periferiche molto robuste
e mobili, ed un rostello terminale con uncini, talvolta anche senza,
rostello che può eziandio ridursi. Notisi che tra le Taeniadae e le
Phyttobothridàe esistono l'orse delle forme quasi di passaggio ( Te-
nie degli Uccelli a botrie armate, Taenia proglottina, le cui proglot-
tidi si isolano ancora immature ecc.)
Nelle Boihriocephalidae Y apparato di attacco è limitato a due
fossette longitudinali, poco mobili (in rapporto con ciò una riduzio-
ne della muscolatura e del sistema nervoso) , talora appianate di
tal guisa che si possono appena considerare come formazioni indi-
pendenti ; soltanto di rado, all' estremità anteriore del corpo, si tro-
vano uncini.
In complesso assistiamo ad una complicazione andando dalle
Boihriocephalidae alle Tetrarhynchidae , complicazione che non è li-
mitata soltanto allo scolice, ed infatti, p. es. nelle Bothriocephalidae,
la segmentazione è spesse volte solamente accennata, o manca in-
teramente, ed allora il tronco colla testa sono fusi assieme; nelle
Taeniadae le proglottidi si separano di regola appena quando sono
mature, mentre nelle Phyttobothridàe ciò avviene ancora quando so-
no immature, sicché maturano indipendentemente dallo scolice ecc.
Certo è dunque che le Boihriocephalidae sono i Cestodi i più sem-
plici che si conoscano : si domanda però ora se questa semplicità sia
primitiva, od altrimenti se, invece che forme primitivamente semplici ,
non siano forme semplificate. A chi tenta di sciogliere questo proble-
ma , occorre tener presente una circostanza , ed è che alcune Bo-
ihriocefalidae, specialmente per la loro organizzazione si accostano
più delle Taeniadae ai Trematodi.
Ciò condurrebbe a farle credere forme primitive , e quindi a
ritener primitiva anche la condizione déil'Archigetes.
Il Leuckart ha ammesso una parte di questa conclusione ; se-
40 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
condo lui. se Itene lo intendiamo, ì'Arckigetes dovrebbe valere come
l'orma primitiva quanto all'ospite unico; ma però in quanto non
assume il carattere di una colonia (il capo non è separato dal
tronco), esprimerebbe uno sviluppo accorciato. Riservandoci di toc-
car questi due punti in altre parti del presente lavoro, ora aggiun-
geremo perù che , riguardo allo svilupparsi senza 1' invaginamento
caratteristico dei eisticerchi e dei cisticercoidi , il Leuckart non si
pronunzia chiaramente.
In ogni modo la considerazione che il capo delle Bothriocepha-
iidae in generale e dell' Archìgetes in speciale, è più o meno insigni-
ticaute, molto semplice e senza la ventosa terminale (eccetto nelle
Amphilinae ecc.) mentre si sa che quest'ultima è omologhizzabile
(v. più avanti) alla ventosa orale dei Trematodi, può indurre a cre-
dere che il mancato invaginamento sia condizione secondaria, espri-
ma cioè accorciamento di sviluppo.
Come si rileva, non possiamo ilare con piena sicurezza all' Ar-
chigetes quella importanza die richiederebbe il suo nome (progenitore).
Quanto all' antichità di questa forma, è fatto importante, come
nota il Leuckart, che essa si trovi in un Invertebrato; è anche im-
portante rilevare che le Amphilinae (che possono forse considerarsi
botriocefalide relativamente primitive) abitano nello Storione, Pesce
antico, ma di ciò non bisogna esagerare il valore, come ci sugge-
risce la circostanza che nei Selaci, che sono ancora più antichi, vi
hanno Cestodi molto differenziati (Tetrarinchi, Fillobotri).
Per questi dubbi sub" Archigetes (sui quali avremo occasione di
tornar ripetutamente più sotto) ed anche per la lontananza a cui
esso sta, rispetto alle Tenie, incerta era la luce che ne veniva ai
cisticerchi ed ai cisticercoidi. Nello studio di altri cisticercoidi sem-
plici era dunque riposta la speranza di rischiarare lo sviluppo dei
Cestodi, e specialmente quello del cisticerco.
La testa delle Tenie è fornita anche di un l'ostello, che si può
ritenere un perfezionamento della ventosa terminale, quale si trova
p. es. nello Scolex polymorphus. Siccome quest'ultima, colla circostante
muscolatura , rappresenta un carattere trematoideo ( cioè ventosa
lì ice re he embriologiche sui Oestodi. -ti
orale, e muscolatura della laringe dei Trematodi), così era spera-
bile che negli embrioni delle Taeniadae . per poter dar luogo allo
sviluppo di un apparalo più perfezionato, comparisse più nettamente
lo stomodaeum dei Trematodi.
Quest' era un' altra ragione che ci induceva a studiare i cisti-
cercoidi delle Taeniadae.
Le nostre presunzioni teoriche furono coronate da un certo
successo, come ora subito esporremo.
Dopo molto cercare , abbiamo scoperto parecchi cisticercoidi ,
tra cui uno molto semplice. Naturalmente su quest'ultimo facemmo
le nostre ricerche, che poscia furono estese a forme più complicate.
Siamo così arrivati a conclusioni, le cpjali rischiarano la formazio-
ne dei cisticerchi e stabiliscono nuovi rapporti tra i Trematodi ed
i Cestodi , e così anche la posizione dell' Archigetes diventa assai
più chiara.
Riassumiamo prima quanto ci ha rilevato il cisticercoide sem-
plice, che è quello della T. ellittica ; vediamo quindi come si com-
portano gli altri cisticercoidi da noi studiati, e che posto vengono
a pigliare quelli prima di noi noti ed i cisticerchi: si determinerà
così la nostra posizione di fronte ai concetti del Leuckart e del Villot.
Passeremo infine alle affinità dei Cestodi coi Trematodi , e con-
seguentemente anche alla questione dei foglietti embrionali dei
Cestodi.
L' embrione esacanto, costituito da una massa di cellule uniformi,
si tramuta in una vescicola (vescicola primitiva) a carità eccentrica
(lacuna primitiva), e perciò a parete di vario spessore e, più precisa-
mente, spessa nella metà anteriore, assottigliata nella posteriore, a cui
corrispondono gli uncini. La lacuna primitiva è piena di liquido; si
può ritenere che si formi per spostamento di cellule; man mano che
la lacuna cresce, la vescicola ingrandisce.
La parte anteriore delia vescicola diventa il corpo, la posteriore
la coda. // corpo ispessìsce sempre più, acquista il rostello e le ventose,
e diventa un tutto insegmentato , che rappresenta testa e tronco del
futuro Verme solitario.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. II. 8
42
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Fig. I. {Schema)
ìmlbo
zona peribulbare anteriore
zona peribulbare anteriore.
ventosa
lacuna primitiva
: coda
L' accenno del r ostello precede di pochissimo quello delle ventose.
Il suo sviluppo è molto complicato. Distinguasi dapprima il bulbo colla
Fig. II. (Schema)
zona peribulbare. anteriore
Imitili -
renti isa
allargamento anteriore
allargamento posteriore
ventosa
accenno
del sistema neri-oso
relativa muscolatura, all' estremità anteriore dell' embrione; la parte an-
teriore della superfìcie del balbo viene fatta dalla superfìcie generale
Fig. III. i Schema)
-- ventosa
— a Ila rga m en to an ter iure
allargamento posteriore
— balbo
coda
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 43
del corpo , e perciò è rivestita i/i attienili e libera ; il resto del bidbo
giace in mezzo a cellule ammassate senza una distinguibile stratifica-
Fig. IV. ( Schema)
/ £ __j -\- — allargamento (Ulteriore
ff\~ììr\ allargamento posteriore
\ ■ '■ -4 bulbo
zio/te. La parte anteriore del bulbo , rivestita , da quanto si disse, di
cutìcola, introflettesi trascinando seco anche le cellule (insieme colla cu-
ticola e colla muscolatura sottocuticolare corrispondente) adiacienti a
questa stessa parte anteriore. — Denominiamo per brevità zona peri-
bulbare anteriore, le cellule in discorso insieme colla cuticttla e colla
muscttlatura. — L'introflessione presenta subito uno strozzamento, per
cui ri si distinguono due allargamenti, uno anteriore, (corrispondente alla
zona peribulbare anteriore), e l'altro posteriore (corrispondente al bulbo),
amendue rivestiti di punte cuticolari (uncini rudimentali), le quali man-
cano però nel luogo della strozzatura. L' allargamento anteriore cresce,
ciò che non si può rilevar con sicurezza per V allargamento posteriore;
le punte ingrandiscono, poi quelle dell' allargamento posteriore cadono,
mentre quelle dell'anteriore appaiono limitate alla sua parte posteriore,
e vanno acquistando i caratteri degli uncini definitivi.
A poco a poco V allargamento anteriore cresce ancora e la forma
del bulbo si modifica , sicché gli uncini colla relativa cuticola, cellule
sottocuticolari , e muscolatura vengono a trovarsi in parte std bulbo.
1/ allargamento posteriore persiste senza crescere.
Il bulbo e la sua muscolatura (sacco muscolare) divengono le parti
che hanno gli stessi nomi nel rostello definitivo; la parte anteriore
dell' allargamento anteriore, che può restringersi ed allagarsi svariata-
mente, diventa la cavità che accoglie la parte Ubera del rostello; la
parte posteriore, estro-flettendosi, forma la parte del rostello che è for-
nita di uncini; /' allargamento posteriore, parzialmente estroflettendosi,
forma la punta del rostello, che di solito nella Tenia adulta lascia
riconoscere un infossamento.
44 /'/cerche embriologiche sui Cestodi.
so-
Le ventose compaiono come corpi tondeggianti, ben delimitati e si
lidi, già nel luogo dorè si trovano neW adulto. Secondarla niente si in-
troflettono e così diradano care; esse si sviluppano del tutto indipen-
denti dal rostello.
La parte posteriori' della vescicola cresce e dirada la coda : ri sì
notano gii uncini embrionali, disposti a paia, come nell' embrione esa-
canto, ma l'ini paio assai più allontanato dall' altro ; spesso l'ultimo
paio viene a corrispondere alta estremità posteriore della parte anterio-
re della vescicola, cioè all'estremità posteriore del corpo. La coda rag-
giunge mia grandezza considerevole, e poi, mano mano che il cisticer-
coide matura, al suo punto d' inserzione sul corpo, subisce uno strozza-
mento : finisce a dislaccarsi via, quando il cisiicereoide arriva nell' in-
testino dell'ospite definitivo; essa non gemma e va certamente perduta.
Gli uncini embrionali sono ancora presenti, quando il cisiicereoide
è maturo; molle ralle non se ne possono trovare che 4 o 5: stanno alla
coda, tranne, non di raro, uno o due che si trovano alla estremità po-
steriore del corpo.
La lacuna primitiva presenta molte anomalie nel suo modo di com-
portarsi ; in generale viene a trovarsi in parte nel corpo, in parte nella
coda; nel primo non larda a riempirsi di un tessuto che ha V aspetto
del connettivo molle, nella seconda fende pure a scomparire in modo si-
mile, ma si può trovare ancora qualche colta accennata nella coda al
massimo sviluppo.
Contemporaneamente all' alluni/arsi della coda ed appena dopo la
scomparsa della lacuna primitiva del corpo, dopoché si sono formate li-
ventose ed il rostello , la parte anteriore del corpo , fino al di dietro
delle ventose, si introflette nella parte posteriore, e così si ha il cistir
cerco i de introflesso, quale renne scoperto dal Melnikoff, e si troni figu-
rato in lutti i libri (al Melnikoff è sfuggita la coda , la quale perciò
manca in tutte le figure); così si presenta, almeno di rei/ola , il cisii-
cereoide finché è nella Pulce; fuor della Pulce, sotto al microscopio, si
può vederlo estrofi 'ette rsi ed acquistare la posizione definitiva.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 45
Lo sviluppo qui descritto non ha niente di strano, quando teniamo
/'risenti i Platelminti in genere ed in spiriate i Trematodi, e d'altra
puiie ricordiamo che il cisticercoide deve arrivare nel/' intestino tenne
iteli' ospite definitivo. A quest' ultima circostanza (processo cenogenetico)
riferiamo l'introflessione della parte anteriore in quella posteriore; alle
parentele coi Platelminti, ed in speciale coi Trematoli! (processo palin-
genetico) , la formazione della lacuna primitiva, il nonio peculiare ili
svilupparsi del rostello, e la presenza della ani a.
Spieghiamo un po' minutamente questi punti. Paragoniamo prima
il rostello allo stomodeo. Se lo studiamo nel cisticercoide , cioè prima
che si estrofletta, vi si distinguono evidenti, come in molti Platelminti,
nna carità Laccale (alla ri/amento anteriore) , ed una faringe (allarga-
mento posteriore) : come in molti Trematodi, e' è nel nostro caso , uno
strozzamento tra la carità boccale e la faringe: quella parte, che ab-
biamo denominata bulbo , forma un ispessimento quale troviamo nella
faringe dei Trematodi.
Si ricordi che, specialmente nei periodo giovanile in molti Trema-
toli7, la faringe può estroflettersi nella carità boccale ed anche sporger
fuori di essa e poi ritirarsi ; d' altra parte V estroflessione del roste/lo,
è facoltativa, (quando è appena formato, cioè nel cisticercoide, e diventa
permanente nella Tenia adulta. Come si vede , il riscontro coi Tre-
matodi NON POTRERBE ESSERE PIÙ INTIMO.
Noi crediamo che la lacuna primitiva stia a rappresentare la ca-
rità dell' intestino medio (m esenterò») dei Trematodi.
Il formarsi e, senza aver avuto una funzione, il chiudersi di que-
sta lacuna ampia in un Platelminto che, conte tutti gli altri , ha la
caratteristica di essere parenchimatoso, il variar molto di questa lacu-
na (carattere degli organi rudimentali), ed infine la posizione che essa
occupa, sono svariati argomenti che giustificano il nostro confronto, che
sarà ulteriormente discusso più sotto , a proposito ilei foglietti germi-
nativi dei Cestodi.
Le ventose sono appendici indipendenti dal rostello; appendici con
esse convergenti si trovano anche in certi Trematodi (Gyrodactilidae).
La coda è un organo che si sviluppa più o meno in tutti i Ce-
46 Eicevclie embriologiche sui Cestodi.
stodi, come mostreremo in aranti ; alt mie ad un tempo in cui i ('estinti
conducevano un 'periodo di vita libera e rende il cisticercoide della T.
ELLITTICA sorprendentemente si in ile ad una Cercaria.
Ij invagina mento della parte anteriore in quella posteriore, avve-
nendo tardivamente, non è più un fatto sorprendente, come nei cisticer-
cki; si dece considera ri- un adattamento speciale (FENOMENO CENOGENE-
tico), il quale ha probabilmente la sua ragione in ciò, che il cisticercoide
dece arrivare nell'intestino tenue. Se fosse svaginato , giunto nello sto-
maco, ri s' attaccherebbe , e, non f forando ambiente ili rifa opportuna
(i cestodi abitano nel tenue), morrebbe. Così invaginato, è molto più fa-
ci/e che giunga alla sua destinazione.
Potrebbe anche da/si che i succhi gastrici fendessero a mantenerlo
invaginato e gli enterici a farlo svaginare. Comunque sìa, crediamo che
il nodo della questione stia nel doversi portare il cisticercoide al di là
dello stomaco, e che a ciò giovi /' invaginamento. D' altra parte si sa
che V Archigetes Siep.oldi presenta abitualmente movimenti di introfles-
sione ed estroflessione della parte anteriore nella posteriore del corpo
(v. più sotto) ; per cui /' invaginazione stabile del cisticercoide della T.
ellittica, troverebbe il suo morente in una invaginazione instabile e su-
bordinata ad una differente funzione neW Archigetes.
Tutti gli altri cisticercoidi da noi studiati, si riducono alla for-
ma fondamentale ora equi descritta. Senza sforzo possiamo anzi ridurci
tutti ì cisticerchi, cisticercoidi, plerocerchi e plerocercoidi finora noti.
Cominciamo coi cisticercoidi da noi esaminati.
È prima di tutto necessario di fissare bene le denominazioni che
noi abbiamo precedentemente usate e delle quali ci serviremo anche in
appresso. Si è distinto, nel cisticercoide della T. ellittica, un embrio-
ne esacanto, che si è trasformato in una vescicola primitiva con una
lacuna primitiva. La parte anteriore della vescicola primitiva, alla sua
volta, si è trasformata nel corpo, la posteriore nella coda ; nel corpo
abbiamo distinto una parte anteriore ed una posteriore; nessun netto
confine tra parte anteriore, posteriore e coda, tranne in dati momenti.
Da noi il termine scolice vien riservato a quella parte del cisti-
cerco e del cisticercoide che conservasi nel Venne, quando divenia adul-
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 47
tu: è una parte maggiore <> minore, n seconda dei rari rasi. Quanto
alla t. ellittica , siccome tutto il corpo del cisticercoide pass \
nella Tenia adulta, così il corpo equivale allo scolice.
La T. murina si svolge dapprima rome la T. ellittica, tranneché il
modo di sviluppo del mstello sembra accorciato. Le altre differenze
cominciano dopo /' invaginazione della parte anteriore nella posteriore
del corpo, donde deriva una specie di gastrula (parliamo di .semplice
somiglianza di forma , non intendendosi menomamente di paragonare
morfologicamente /' invaginazione dei cisticerchi s. 1. ad una gastrula)
con una cavità gastrulare, una bocca e due pareti, una esterna (ve-
scicola caudale del Leuckart ; secondo noi è la parte posteriore del
corpo) e l'altra interna (tronco — Wurmleib, o scolex del Verme so-
litario pel Leuckart; secondo noi parte anteriore del corpo), tra le
quali viene a trovarsi la lacuna primitiva. Alla porzione della parete
interna, che sta ai fondo della cavità gastrulare, corrispondono le ven-
tose ed il rostello; questa porzione a poco a poco si solleva e forma lo
scolice. Il resto della parete interna , che è poi la porzione posteriore
della parte anteriore del corpo, e la parete esterna, si degradano e di-
ventano involucro embrionale, in cui possiamo continuar a distinguere
una parete esterna ed una interna , notando che questa non è tutta la
parete interna primitiva, essendosi una parte trasformata nello scolice:
la lacuna primitiva diventa virtuale, od almeno il liquido iti essa con-
tenuto è in minima quantità: la bocca infine a poco, a poco si eh inde.
Riunendo tutto assieme, possiamo dire che, a differenza della T.
ellittica, la parte posteriore del corpo (precisando, secondo la nomen-
clatura adottata, la parte posteriore del corpo e la porzione posteriore della
parte anteriore) si trasforma in involucro embrionale e deve essere ri-
generata, quando la Tenia diventa adulta.
La coda resta relativamente molto corta. Gii uncini dell' oncosfera
(embrione esacanto) assumono posizioni differenti ; si trovano però in
coi ■rispondenza alla coda.
Ripeteremo che, quando il cisticercoide diventa Tenia, cade la coda,
come nella T. ellittica, più rade V involucro embrionale; resta quindi
appena lo scolice.
48 Ricerche embriologiche .sui Cestódi.
Perciò, riassumendo , lo sviluppo si è complicato : è comparso un
involucro embrionale (processo cenogenetico) il (piale è analogo all'ani-
mo degli Artropodi, dei Gefirei, ecc., ed è formato essenzialmente a
spese detta parte posteriore del corpo (cioè secondo la nomenclatura
sopra adottata, la parte posteriore del corpo e la porzione posteriore
della parte anteriore).
Il more/de è stata /' invaginazione, già verificatesi nella T. ellit-
tica , invaginazione che si è esagerata nella T. murina ; tanto che ha
potato aver luogo il rialzamento secondario dello scoi ice , dentro una
eelìetta appositamente formatasi per proteggerlo.
Gli altri cisticercoidi sono fatti in maniera simile a quello della
T. murina qui descritto, colla sola differenza che la bocca resta pernia
(benché piò 0 meno ristretta, quando è in /'stato di riposo). Il loro mo-
do di se il appo ci è restato incognito; però anch'essi colla coda, o cogli
uncini embrionali, ci danno indicazioni importanti.
Veniamo ai particolari. Xel cisticercoide della T. leptocephala
abbiamo le stesse condizioni della T. murina, soltanto che la coda è
molto lunga: la lacuna primitiva, confinata al corpo, è meglio delimitata:
e talvolta svi! apposi una cisti avventizia, fornita dall' oste. Due paia
di uncini stanno sulla coda, il terzo paio compare alla parte poste-
riore della parete esterna , lo che vuol forse dire che la coda ha in
piccola parte probabilmente contribuito a formarla.
Nel cisticercoide della T. cuneata manca affatto la coda; così
pure nel cisticercoide della T. INFUNDIBULIFORMIS (GozE, nec Dm.)
Nella T. proglottina abbiamo veduto che dapprima formasi, ma
poscia viene assorbita.
E notevole che in essa, secondo noi, la coda contribuisce molto più
largamente, che nella T. leptocephala, alla formazione della parete e-
sterna (veggasi la posizione degli uncini) e che la lacuna primitiva è
indistinta.
Dai casi qui descritti, si passa facilmente a quelli già noti. Il
Cysticercoides Tenébrionis (1) è niente altro che un cisticercoide della
(1) Per questo è per altri cisticercoidi vedi il Leuckart e le citazioni specialmente nel Cnp.
Ili della presente Memoria.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 49
T. murino, a coda più lunga, ad uso quella di una Leptocephala (1).
I C. Arionis sono molto simili a quelli della T. infundibuliformis;
però in essi la parete esterna è, a nostro parere, formata a prefe-
renza dalla coda, perchè gli uncini si trovano al punto di confine
della parete esterna stessa colla interna (Meissner , Leuckart , Mo-
niez). Come in questo senso la Froglottina esagera la Leptocephala,
ora il ('. Arimi is esagera la J'roglottiiiu.
Anche i cisticercoidi del Villot rientrano facilmente nelle forme
sopradescritte.
È probabile che il C. Cyclopis sia del tutto identico a quello
della T. ellìttica. I cisticercoidi dei Tetrarinchi hanno pure con esso
intima somiglianza, soltanto il tronco è più sviluppato.
Alcune osservazioni del Monticelli lasciano credere che lo Sco-
lex polymorphus si sviluppi pure come il cisticercoide della T. ellittica.
L' Archigetes Sieboldi è un cisticercoide alquanto più semplice
di quello della T. ellittica; la sua estremità anteriore, come già si
accennò, è in continuo movimento, ritirandosi in dentro e di nuovo
fuoruscendo; quindi è già in esso indicato l' invaginamento , ma è,
per così dire, molto più mobile.
In forza delle omologie da noi sopra ammesse tra il rostello e
l'intestino anteriore dei Trematodi, ci sembra di poter sospettare,
come già accennammo, che V Archigetes sia stato una volta più com-
plesso. In ogni modo la T. ellittica toglie 1' abisso, che fin qui esi-
steva tra V Archigetes e gli altri cisticercoidi.
Che il plerocercoide del Botriocefalo lato sia riducibile all' Ar-
chigetes , non è cosa nuova ; le omologie delle parti però non sono
ancora chiare.
A noi pare che questo plerocecoide sia nient' altro che un ci-
(1) Allo stesso tipo si riferiscono i cisticercoidi delle T. fasciata, tenuirostris, sinuosa, gra-
cilis, anatina, Hamanni, recentemente descritti da Haniann (Jenaische Zeitschrift f. Natur. 1889
e 91) e da Mràzek in un giornale ungherese di storia naturale (1890 e 91). Noi siamo persuasi
che Hamann dopo questo nostro lavoro si accorgerà che il suo Polster (cuscinetto) non può dar
origine alle ventose , che esso è niente altro che il bulbo del rostello e che in breve la storia
evolutiva del cisticercoide della T. sinuosa, qual è stata da lui tracciata, è erronea in gran parte.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. II. 7
50 Ricerche embriologiche sui Cesfodi.
sticercoicle del Tetrarinco, ma col tronco ancora più sviluppato. Uno
sviluppo simile, maggiore ancora in grossezza , ma minore in lun-
ghezza, si riscontra nei Piestocystis.
/ dsticerchi poi non sono nuli' altro (1) che farine nelle quali la
lacuna primitiva ingrandisce assai. Pare che in essi la coda general-
mente non compaia più; la parte che dorerà produrla concorre proba-
bilmente a formare la vescicola caudale {parete esterna), che assume un
gran sviluppo. Il Moniez però ha descritto nel C. pisiformis dei fenomeni
che fanno pensare che, anche in esso, si formi una coda, la quale poi
andrebbe perduta : egli ha visto il C. pisiformis strozzarsi e dividersi
in due parti, una anteriore e V altra posteriore ; suppone che la parte
posteriore possa produrre un altro cisticerco ; manca però di ciò qua-
lunque prova, ed è molto più logico d'interpretarla come coda.
Nei dsticerchi, come fors anche in certi cisticer coiài, V invagina-
zione anticipa (processo cenogenetico), cioè precede la formazione del
rostello e delle ventose; invece il sollevamento dello scoi ice dal fondo
può ritardare, da ciò lo svilupparsi e persistere alle volte del cisticerco
rovesciato e cavo.
Nei dsticerchi la formazione della lacuna primitiva è più tardiva,
che nella T. ellittica; accade contemporaneamente, o dopo la forma-
zione della muscolatura periferica e dell' apparato escretore.
Nei dsticerchi accade anche un fatto che giustifica in certo modo
la denominazione di tronco ( Wurmleib) , limitata dal Leuckart a
quella parte della parete interna die non forma lo scolice; questa parte
in certe forme (ad es. C. della T. crassicollis ) si vede man mano
crescere e trasformarsi in un tronco già diviso in proglottidi. Notisi
però che questo tronco è provvisorio; esso va distrutto , insieme alla
parete esterna (vescicola caudale), quando il cisticerco arriva nelV o-
spite definitivo; so/tanto lo scolice viene conservato e si trasforma senza
metamorfosi nel Verme solitario adulto, rigenerando il tronco.
(1) Iu questi confronti non possiamo discendere a molti particolari, essondo diventate neces-
sarie dopo i nostri studi, nuove ricerche sui dsticerchi.
(2) Secondo gli studi recentissimi del Mrà/.ek il C. Oyclopis sarebbe uno stadio di sviluppo
del C. della Tamia gracilia. Noi siamo d' avviso che ciò possa accogliersi . specialmente dopoché
il D.r Calandracelo ha trovato uno stadio simile per la T. leptocephala.
Ricerche embriologiche sui Custodi. 51
Questi fatti rendono verosimile l'omologia di una parte della pa-
rete intenta, ossia dell'involucro embrionale, col tronco, omologia che si
dorrebbe trasportare a nette ai cisficercoit/i.
Il concetto così espresso, non e però preciso. Per essere piti esatti,
bisogna dire che nei ('estolli dalla vescicola primitiva si differenzia un
corpo ( anteriore) ed una coda (posteriore). La parte posteriore del
corpo (distinguibile, per quanto sopra si è visto, in due, l'una, che è
la parte posteriore p. d. del corpo suddetto, e l'altra la porzione po-
steriore della parte anteriore) può trasformarsi in organo (invòlucro)
embrionale, a formare il quale può però contribuire anche la coda; questa
parte posteriore del corpo , così trasformata , rigenerasi , quando il
Verme d 'trenta adulto. Forse le migliori co udizione di nutrizione (i cisti-
cerchi si trovano a preferenza nei Vertebrati superiori) permettono a
una parte del corpo, trasformata in organo embrionale (e precisamente
a parte della parete interna) di far, per così dire, rivivere il suo ca-
rattere d' essere strobilare: si tratta però di un fuoco fatuo, perchè
questo corpo riesce sterile [tranne forse il caso del Pagenstecher (1);
qui in ogni modo siamo duranti ad un caso secondario].
Ci resta di parlare delle forme proliferanti ; esse debbonsi evi-
dentemente ritenere come forme secondarie, che hanno riacquistata
la proprietà di proliferare nel periodo giovanile. Sono esse pure ri-
ducibili ai tipi sopradescritti ; cosile così dette teste dell' Echinococco
sono omologhe al corpo del cisticercoide della T. ellittica; i cisticer-
coidi del Metschnikoff sono paragonabili a quelli della T. murina ecc.
Se ora noi cerchiamo di coordinare tra di loro tutte queste
varie forme che presentano le larve dei Cestodi, lasciando in di-
sparte quelle proliferanti, possiamo stabilire i seguenti gruppi.
1°. Cisticerchi [ s. lato (2)] ad invaginazione iniziantesi e senza
involucro embrionale (Archigetes).
2°. Id. ad invaginazione tardiva (C. della T. ellittica, murina e
(1) Cit. dal Leuckart.
(2) Con molti autori, parliamo anche noi di cisticerchi in senso lato, che comprendono i ci-
sticerchi pr. detti ed i cistieercoidi.
52 /'/cerche embriologiche sui Cestodi.
leptocephala, fors'anche cisticercoide del Gruber, Scolex polymorphus e
tutti i cisticercoidi).
Alla sua volta questo secondo gruppo distinguesi in due sot-
togruppi :
a) con semplice invaginazione (T. ellittica).
b) con invaginazione, susseguita dalia formazione di involucro
embrionale (T. marina, leptocephala etc).
3°. Lì. ad invaginazione precoce, susseguita dalla formazione d'in-
volucro embrionale (cisticerchi s. str; alcuni cisticercoidi?)
Questo 3° gruppo contiene larve che possono essere a scolice
rialzantesi dal fondo della cavità d' invaginazione precocemente (ci-
sticerco pìsiforme), o tardivamente (cisticerco della cellulosa).
Vi sono graduali passaggi fra i gruppi qui registrati (così p. es.
il sottogruppo b. del 2° gruppo è il ponte che conduce al 3° gruppo).
Dunque possiamo dire che 1' invaginazione tardiva del cisticer-
coide delta T. ellittica assume grande importanza nella maggior parte
degli altri cisticercoidi e nei cisticerchi. Probabilmente in ciò la ra-
gione del suo anticipare (per processo cenogenetico) in molti casi.
Così messa la questione, lo svilupparsi dello scolice rovesciato e
cavo evidentemente si riduce ad una falsificazione dell'epoca di sviluppo
e ad un perfezionamento embrionale (formazione d'Involucri speciali),
in rapporto colla grande capacità di rigenerazione del corpo dei Ce-
stodi. Così cessa di essere strano e rientra in una serie di fenomeni
semplici e di facile intelligenza (processi cenogenet/ci).
Paragoniamo ora queste nostre conclusioni con quelle dei due
altri autori, che più si occuparono dell' argomento, e cioè con quelle
del Leuckart e del VUlot.
Col Leuckart noi abbiamo, oltre a parecchi punti di contatto ,
altri punti importanti di divergenza, che, anche a costo di fare delle
ripetizioni, vogliamo mettere in rilievo. Per questo autore intercede
un grande abisso tra il cisticercoide della T. ellittica e V Archigetes
Sieboldi; per noi invece essi sono grandemente simili. Egli inclina
ad ammettere che tutti i cisticercoidi ed i cisticerchi si sviluppino
in modo simile , ossia come i cisticerchi pisiforme, della cellulosa
Ricerche embriologiche sui Cestodi. ">:■>
ecc.; noi invine abitiamo trovato delle differenze notevoli, sicché ab-
biamo , per dir così, messo un lungo ponte tra 1' Archigeies ed il
cisticerco ordinario, ed abbiamo fornito perciò una chiara e sem-
plice spiegazione del formarsi lo scolice cavo e rovesciato.
ti Leuckart ritiene la coda dell' Archigetes senz'altro omologa
alla vescicola primitiva (Blasenkorper) (1) e la dice " Kopfbildner .,
cioè " formatrice del capo „ ; questa interpretazione non può es-
sere esatta , perchè noi abbiamo dimostrato nel cisticercoide della
T. ellittica che la coda è omologa soltanto alla parte posteriore della
vescicola primitiva.
Egli inoltre indirettamente viene a dare del Wurmleib (tronco)
una definizione che, secondo noi, non si può dir del tutto giusta.
Come già si accennò, egli parte dai cisticerchi e denomina tronco una
porzione che può essere segmentata già in essi; questa parte (pa-
rete interno dell'involucro embrionale, secondo la nostra nomenclatura),
ha per caratteristica di andare perduta quando il cisticerco è arri-
vato neh" ospite definitivo (v. sopra) , perciò il tronco può essere
provvisorio, o permanente ; quello permanente non si sviluppa mai
nel cisticerco e di rado nel cisticercoide (Archigetes). Che la parete
interna sia parte del tronco, nessun dubbio, ma ad esso appartiene
anche tutta o gran parte della vescicola caudale (parete esterna).
Come noi ci esprimiamo, parete esterna e parete interna dell' invo-
lucro embrionale, sono la parte posteriore del corpo del cisticercoide,
notando che a formare la parte posteriore della parete esterna , o
tutta la parete esterna, o fors'anche la parte anteriore della parete in-
terna può contribuire la coda, lo che non ci deve fare meraviglia,
perchè la coda è la parte posteriore del corpo dell' embrione e dap-
principio non ne è affatto distinta.
Il Leuckart e molti altri, ritengono che V oncosfera, detta anche
embrione esacanto o protoscolice , rappresenti una prima generazione
(mamma della nutrice o Grossamme dei Tedeschi), il cisticerco (nu-
trice od Anime) una seconda, ed il Verme Solitario adulto una terza.
(1) Cosi nella 2a ed. del Trattato. Nella Memoria sull' Archigetes (Zeitschrift f. wiss. zool.
XXX Bd. Suppl.) la ritiene omologa alla vescicola caudale.
54 Ricerche embriologiche sui Oestodi.
Iliservaiido a più sotto di discorrere intorno alla terza generazione,
noteremo che però già il Leuckart ammette la gemmazione essere
molto evidente appena nei casi di forme proliferanti (echinococco,
cenuro ecc.); egli cita anzi dei casi in cui la Grossamme e V Amine
non si possono distinguere come formazioni individualizzate (Scolex
pólymorphus), come vi sono altri casi in cui le tre generazioni sono
indistinte (Archigetes e forse Ligtdidae). Però altrove paragona la
produzione dell' Archigetes ad una gemmazione esterna, e quella dei
cisticerchi e cisticercoidi ad una gemmazione interna, e, come già
si disse, ritiene in generale di poter considerare il protoscolice rap-
presentante d' una prima generazione, e lo scolice di una successiva.
Finché mancava la spiegazione dei fatti strani , offerti dal cisti-
cerco, era possibile di riferirli ad una gemmazione interna , anzi ciò
poterà, fino ad un certo punto, giustificarli. Ora però, dopo i nostri
studi, si può con sicurezza abbandonare questo concetto, e confinarlo agli
Echinococchi ed ai Cenuri ecc., considerando la loro gemmazione come
proprietà secondaria mente da essi acquistata, fenomeno di convergenza
o d'afa risma, da spiegarsi colla comoda ed agiata cita, che può con-
cedersi il parassita nelV ospite intermedio.
Di fronte a queste divergenze col Leuckart, relativamente pic-
cole , stanno le ingegnose induzioni del Villot (1) dalle quale noi
discordiamo profondamente; già il Leuckart ha tentato di confutarle,
ma di nulla si poteva essere sicuri, finché non si fosse chiarito lo
sviluppo dei cisticercoidi.
Quasi soltanto in un punto noi ci accordiamo col Villot; egli
ha ragione di ammettere col Leuckart e con altri che fra lo stato
inerme e quello armato non c'è delimitazione netta; il nostro cisti-
cercoide di Tenia inerme {Lephocephala), il quale è conformato
come molti altri cisticercoidi armati, forma il paio col cisticerco
della T. Sag incita.
Riassumiamo brevemente gli altri punti della Memoria del Vil-
lot. Egli distingue due modi di formazione della vescicola caudale:
(1) Ann. se. nut. Zool. Octobro 1883. XV, 17-Art. N. 4. Mémoire sui' les cystìques des
Tnnias.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 55
per semplice modificazione del protoscolice, cioè senza produzione di
una parte nuova (tutto il protoscolice si trasforma nella vescicola cau-
dale), o per gemmazione del protoscolice: nel secondo modo si produce
una parte nuova . che si aggiunge a quella preesistente. Il primo
modo caratterizza i cistici pr. ci. del Leuckart. Oltre alla loro
particolare idropisia , hanno di solito un inviluppo avventizio, il
quale vien fornito dall'oste, che è sempre un Vertebrato; contiene
i generi cisticerco, echinococco e cenuro. Il Villot, che usa sempre
il termine corpo per indicare il Wurmleib (Leuckart), distingue nei
cisticerchi, una testa, un corpo, una vescicola caudale ed una cisti,
od inviluppo avventizio; i cisticerchi sono monosomatici e monocefali.
I cenuri sono simili ai cisticerchi, ma sono però polisomatici e
monocefali, cioè ad ogni corpo corrisponde una sola testa. Gli
echinococchi sono invece polisomatici e policefali, perchè ad ogni
corpo corrispondono molte teste. La cosidetta testa dell'echinococco
equivale ad una testa di cenuro o di cisticerco; la parte anteriore,
quella che è invaginata, costituisce la testa pr. d. , la posteriore ,
il collo (parte posteriore della testa) , la vescicola proligera corri-
sponde al corpo del cisticerco e del cenuro; la vescicola madre poi
è omologa alla vescicola caudale dei cenuri e dei cisticerchi. Perciò
la vescicola caudale (vescicola madre) produce per gemmazione
numerosi corpi (vescicola proligera), e questi portano numerose
teste. Come si vede, il Villot non vuol ritenere corpo la parte pos-
teriore del giovane echinococco, perchè non va perduta quando
la T. echinococco si sviluppa.
Passiamo ora a quegli altri cistici, la cui vescicola caudale
si forma per gemmazione del protoscolice. Nessuna parte dell'embrione
esacanto passa alla larva (cisticercoide del Leuckart): esso le serve
appena di sostegno. Si distingue perciò in questo secondo gruppo,
oltre alla testa, al corpo, alla vescicola caudale, anche un blastogeno (em-
brione esacanto che prima gemma e poi serve di sostegno alla parte
gemmata). La posizione della testa in generale è primitiva, non se-
condaria, come pretende il Leuckart per analogia coi cisticerchi; la
vescicola caudale è caratterizzata anche dalla sua relativa semplicità.
56 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Questi cistici che risulterebbero, come dicemmo, di quattro
parti, vengono suddivisi in due sottogruppi, a seconda che la loro
vescicola caudale si forma per gemmazione endogena (allora la te-
sta presentasi avviluppata non appena dal corpo e dalla vescicola
caudale, ma ancora dal blastogeno), ovvero per gemmazione esoge-
na (la testa è allora avviluppata appena dal corpo e dalla vescicola
caudale).
Il primo sottogruppo si suddivide in Monocerchi (C. Arionis,
M. glomeridis, Villot) ed in Policerchi (Echinococco del Lombrico).
Nei Monocerchi la cisti, supposta avventizia dal Leuckart, è invece
il blastogeno trasformato, e perciò gli uncini non possono trovarsi là.
ove i vari autori credono di averli veduti. Dai Monocerchi si de-
ducono i Policerchi, che sono Monocerchi proliferanti.
Il secondo sottogruppo comprende :
1." I Cercocisti, in cui il blastogeno, dopo aver gemmato, re-
sta addossato, a mo* di coda, alla vescicola caudale (C. tenebrionidis).
2.° Gli Stafìlocisti (Villot) che sono Cercocisti costantemente
proliferanti.
3.° Gli Urocisti (Villot) che sono del pari Cercocisti proliferan-
ti, benché in modo alquanto differente.
4.° I Criptocisti : così denomina l'autore i cisticercoidi della T.
ellittica.
Ed eccoci giunti al punto culminante del castello aereo : il
ìi xdo e semplice cisticercoide della T. ellittica, semplificato ancor di
più dal Melnikoff e dal Leuckart, a cui era sfuggita la coda , deve
possedere almeno quattro parti distinte : la figura del Leuckart protesta
contro il Leuckart, e la cuticola diventa agli occhi del Villot la vesci-
cola caudate, più il corpo del cistico, strettamente saldati e ridotti ad una
membrana !! Ecco V effetto del voler rischiarare il semplice col com-
plicato!
Conclusione generale.— La testa vera (il futuro scolice) non de-
riva mai direttamente dalla vescicola caudale, ne è sempre separata
per una porzione intermedia (corpo), che gli serve di inviluppo im-
mediato.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. ol
Dopo i l'atti da noi osservati, ci sembra che questa breve
ricapitolazione, ila se slessa parli fortemente contro il Villot ci
limiteremo perciò ad accennare alle obbiezioni essenziali.
l.° Si può ritenere die almeno in certi cislicerclii (pisiformis)
si differenzi una coda, o blastogeno per usare il neologismo impro-
prio proposto dal Villot.
II. Non è vero che nel secondo gruppo nessuna parte del-
l' embrione passi alla larva ; non è vero che la vescicola caudale
sia prodotta da una gemmazione (una parte dell' embrione esacan-
to si trasforma in essa)
III. Il cisticercoide della T. ellittica non possiede vescicola
caudale.
IV. Le forme del secondo gruppo possono avere cisti avven-
tizie, fornite dall' oste, quindi non derivate dal blastogeno (coda)
trasformato, come dimostrano le T. leptocephala e cuneata.
V. Gli uncini embrionali possono trovarsi sulla coda (blasto-
geno) e sulla vescicola caudale. (1)
Cosi chiudiamo le nostre osservazioni sull' unità di tipo delle
larve dei Cestodi, e passiamo ora alle affinità che questi presenta-
no tra loro e cogli altri Platelminti.
Tutti gli autori, eccetto il Moniez, si accordano neh' ammette-
re intimi rapporti tra Cestodi e Trematodi. Furono prima gli stu-
di del Leuckart, ma poi quelli dello Schneider, del Lany, dello Schau-
insland ecc, che condussero a questa conclusione, che noi ora vo-
gliamo riprendere in esame.
Anzitutto fissiamo la posizione che nel sistema occupano i Tre-
matodi ed i Cestodi. Certo è che nella scala ascendente , con cui
si suol rappresentare il sistema zoologico, i Cestodi devono essere
collocati più in basso dei Trematodi, come fa appunto il Leuckart;
(1) Recentemente il Villot, basandosi sulla nostra Nota preliminari', torna a sostenere la giu-
stezza delle sue classificazioni. Noi speriamo che dopo la lettura del nostro lavoro esteso vorrà
convincersi del punto fondamentale da noi sostenuto, che; cioè nessun fenomeno autorizza a spie-
gar come processo di gemmazione la formazione della vescicola caudale etc.
Del resto lasciamo giudice il lettore, non ritenendo noi utile d' entrare in una polemica fino
a che il Villot si sarà data la pena di confutare i fatti da noi scoperti.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. IL 8
58 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
ma, se si parte dal concetto filogenetico, nessuno può disconosce-
re che i Cestodi sono parassiti assai più perfetti dei Trematodi.
Ciò è dimostrato dai seguenti fatti: hanno perduto il tubo digerente,
non presentano quasi mai un periodo di vita libera, mancano asso-
lutamente di organi speciali di senso in qualunque epoca della vita.
Tutti questi sono caratteri di degenerazione, accanto ai quali notansi
perfezionamenti in rapporto col genere di vita del parassita, e sono:
1°. Ha acquistato organi d' attacco, e perciò si è differenzia-
ta nettamente una testa complicata (musculatura , apparati nervoso
ed escretore).
II0. Ha perfezionato gli organi genitali, i quali si ripetono nu-
merose volte ed in modo da simulare individui (proglottidi),
specialmente perchè si sono provveduti d'una propria porzione di
musculatura , di apparato escretore ecc.
E qui cade in acconcio di pronunciarci sul concetto, ancor og-
gi sostenuto, che il Verme solitario rappresenti una colonia ; per-
ciò ci si permetta una breve digressione.
L' ipotesi delle colonie è sorta prima della teoria dell'evoluzio-
ne, e per non pochi (specialmente quella parte che si riferisce al-
le colonie lineari, cioè agli animali metamerici), non ne ha ancora
respirato bene 1' aria purificatrice.
È noto che la divisione parziale, od imperfetta (caratteristica
piuttosto del periodo giovanile), conduce alla formazione delle co-
lonie: la divisione del lavoro , a persone differenti in una medesi-
ma colonia. Però, come osserva benissimo il Leuckart, tra generazio-
ne ed accrescimento non e' è nessun netto e determinato confine,
e neanche tra individuo ed organo. Molti gradi ci sono adunque
di mezzo; non si può dire dove finisce 1' uno e comincia 1' altro :
perciò un certo arbirtrio lasciato ad ogni studioso, perciò una que-
stione oziosa, simile a quella se certi individui siano piuttosto spe-
cie; che varietà.
Siffatta questione, secondo il nostro parere, non ha proprio più
alcuna ragione di essere, quando si tratta di casi come quelli offer-
ti dalle Tenie.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 59
Certo che il risultato finale simula una colmila, e che le proglot-
tidi hanno i caratteri di individui; è però del puri certa (lo dimo-
strano i Cestodi non segmentati) che quest'è un perfezionamento acqui-
sito per il parassitismo, e che non esprime una condizione primitiva,
proprio alla stirpe da cui provengono i Cestodi.
Ma, come origina questa, diciamola pure, colonia!
Appena la parte anteriore dell'embrione esacanto forma il Verme
solitario; il resto si sviluppa nel periodo embrionale come coda ed in-
volucro embrionale (parete esterna ed interna dell' involucro). Però la
formazione dell' 'nicol nero è successiva a quella della coda e manca an-
cora nelle forme più primitive ( T. ellittica), e perciò la coda è un
organo, rudimentale antico, e 1' involucro, ci si permetta il termine, è
invece medioevale. Coda ed involucro rappresentano dunque quella parte
posteriore del corpo della vescicola primitiva, che trasformasi in orga-
ni embrionali, e poi cade; essa viene rigenerata dalla parte anteriore
quando il Verme diventa adulto; s' intende che quando non si sviluppa
alcun involucro, la parte da rigenerare è minore.
In ogni caso è evidente che il progenitore del Cestode era un
Verme piatto non segmentato , in cui non esisteva contrasto spic-
cato tra capo e tronco. Gol perfezionarsi degli apparati d' attacco
alla parte anteriore (in rapporto colla vita nelF intestino, da cui fa-
cilmente il Verme potrebbe essere scacciato) comincia questo con-
trasto, e così si può cominciar a parlare di un capo e di un tron-
co; poi questo tronco si segmenta esclusivamente per servire agli
organi genitali.
Niente perciò di più naturale che rivedere ancora nelle forme
segmentate un periodo, in cui il tronco ed il capo non sono net-
tamente separati e non e' è traccia di proglottidi. Ciò verificasi ap-
punto chiaramente in molte Tenie.
Che se ora passiamo ad esaminare uno scolice qualunque
(si ricordi il senso da noi concesso al termine scolice), perchè non
paragoneremo , come abbiamo già fatto ; al tronco la sua parte
posteriore, che crescendo e segmentandosi dà luogo alla formazione
di questo ?
60 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Né si dica che con ciò i cisticerchi che hanno un tronco prov-
visorio (es. classico si è il cisticerco fasciolare) verrebbero ad avere
due tronchi , perchè è troppo chiaro che saremmo più precisi, am-
mettendo che essi hanno un tronco , di cui cade, e poi rigenerasi
la parte troppo male differenziatasi nel periodo giovanile.
Per tutte le ragioni qui sovraesposte , in generale noi conclu-
diamo che nello sviluppo del Cestode non si succedono tre genera-
zioni, due agame ed una sessuata , ma semplicemente si tratta d' "-
na generazione sessuata (una generazione agama esiste però nel
caso degli echinococchi e dei cenuri).
/ cisticerchi (s. lato) non proliferanti , subiscono dunque una
metamorfosi semplice , che può anche mancare in gran parte. Spie-
ghiamoci.
Nella T. ellittica la parte posteriore dell' oncosf era viene a formare
un organo rudimentale (coda) che cade. Anche nelle altre Tenie questa
parte posteriore si trasforma in una coda, ma in esse la parte media
dell' oncosf era diventa involucro embrionale ; quindi soltanto la parte
anteriore costituisce ciò che trapassa nella Tenia adulta, ossia lo sco-
lice. Concorre a formarlo anche la parte media nella T. ellittica perchè
non si trasforma, ancora in involucro embrionale. L'animale adulto si for-
ma poi per semplice crescere e segmentarsi dello scolice, in tutte le Tenie.
Così fissata la posizione che i nostri studi ci fanno pigliare
davanti alla questione della generazione alternante dei Cestodi ,
ritorniamo ora a discutere i rapporti dei Cestodi coi Trematodi. Sen-
za inoltrarci nella esposizione di quello che è già noto , vogliamo
soltanto ricordare i più saglienti riscontri finora stabiliti tra Cestodi
e Trematodi.
1° Vi sono Cestodi insegmentati , quindi da vicino ricordanti
i Trematodi.
u2° Lo sviluppo embrionale di certi Cestodi (Botriocefali) è perfet-
tamente eguale a quello di molti Trematodi (eliminazione dello stra-
to esterno cibato).
3° Vi sono Cestodi con una coda , come quella delle Cercarie
(Archigetes).
Ricerche embriologiche sui Cestodi. til
4° Esiste in un Cestode non segmentato (Amphìlina) e negli
Scoh.r polymorphus, una ventosa terminale, paragonabile alla vento-
sa boccale dei Trematodi : essa permane anche nella forma adulta
dello Scole.r polymorphus; essa compare anche nelle Tetrarhynchìdae,
ma rudimentale. Negli Scolex polymorphus molto giovani è assai più
sviluppata.
Il confronto colla ventosa boccale dei Trematodi è in certi casi
(Amphilinae, Tetrarhynchìdae) confermato anche dalle ghiandole spe-
ciali che vi sboccano ; appunto come nei Trematodi. In alcuni dei
Cestodi sopranominati , si trova anche una muscolatura evidente-
mente paragonabile a quella della faringe dei Trematodi. Tutti questi
fatti furono messi in luce dal Lany (1), dallo Ztscokke (2), dall' Ols-
son (3) e dal Monticelli (4), il quale insiste anche sulla somiglianza
nella minuta struttura della ventosa terminale colla ventosa orale
dei Trematodi, al che però non possiamo concedere troppo valore,
perchè potrebbe essere un semplice fenomeno di convergenza.
5° L' apparato genitale nei due gruppi in confronto è fatto
sopra un medesimo tipo , specialmente se confrontiamo Bothrioce-
phalidae e Trematodi.
6° La muscolatura dei Cestodi è intimamente simile a quella
dei Trematodi (Schneider) (5).
7° L' apparato escretore è nelle due forme tipicamente simile,
eccezione fatta delle anastomosi dei Cestodi, le quali sono in rap-
porto colla loro segmentazione.
8° L' apparato nervoso delle Amphilinae è riducibile a quello
dei Trematodi.
Secondo lo Schneider le somiglianze sarebbero ancora maggiori,
e cioè: 1.° Il Diplostomum sarebbe una vera forma intermedia. 2°.
Nel Cariophyllaeus, nella Amphìlina, e nell' Amphiptyches esistereb-
(1) Mitth. Zool. Stat. Neapel. 2 Bd. 1881. p. 28, e. seg; p. 372 e seg. Veggasi Kahane cit.
dal Leuckart.
(2) Centrablatt. f. Bach. u. Paras. 1. Bd. 1887. p. 161-199.
(3). Lund's Univers. A°rsskrift. T. 3. 1867.
(4). Mitth. Zool. Stat. Neapel. Vili. Bed. lll.p. 85 e seg.
(5). Schneider's Zool. Beitràge. 1. Bd. p. 116 e seg.
62 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
be un intestino ridotto. 3° Gli embrioni di certi Trematodi (Poly-
stomum) , come quelli dei Cestodi , hanno all' estremità posteriore
degli uncini , e questi embrioni alla lor volta si assomigliano agli
adulti Gyrodactylus e Dactylogirus, che portano alla ventosa posteriore
degli uncini. Mentre questo terzo confronto per certo ha un valore,
gli altri due sono per noi molto dubbi e meritano di essere pre-
cisati meglio.
I nostri studi permettono di aggiungere alcuni altri punti di
riscontro tra Cestodi e Trematodi.
Nello sviluppo dei Cestodi è diffuso molto più che il periodo
di larva cibata , un periodo in cui il cisticerco (s. lato), provvisto
d" una coda , rassomiglia da vicino ad una Cercaria ; questa coda
varia molto , anche in una stessa specie , in altre poi è rudimen-
tale, in altre infine è scomparsa del tutto.
Perchè essa manca dei canali escretori , il confronto con quel-
la delle Cercarie riesce di regola veramente calzante.
Nei Cestodi è un organo che di solito sparisce senza funzio-
nare (qualche volta appena si trasforma in parte dell' involucro
embrionale) ; in ogni modo non funziona mai così come è supponi-
bile abbia funzionato una volta , cioè come organo del nuoto , quan-
do i Cestodi avevano un periodo di vita attiva , come quello delle
Cercarie.
Noi dunque 1. Abbiamo di mostrato molto diffuso il periodo cer-
cariforme, che si crederà limitato ad alcune forme, e perciò goderà di
poca importanza : la coda dei Cestodi è un organo rudimentale , che
funziona nelle Cercarie. 2° Abbiamo anche trovato nelle Taeniadae
tracce evidenti di un intestino anteriore (cavità orale e faringe, sepa-
rate da uno strozzamento). 3° Sosteniamo che la lacuna primitiva dei
Cestodi sia paragonabile alla cavità dell' intestino medio (cioè del mesen-
teron dei Trematodi) .
II secondo punto è già stato più sopra sufficientemente discus-
so ; il terzo invece è stato appena brevemente toccato , e vuol es-
ser qui ulteriormente svolto. Perciò dobbiamo richiamare la que-
stione dei foglietti dei Cestodi. In proposito vi sono molte opinio-
Ricerchi- embriologiche sui Cestodi. 63
ni, come è noto, e nulla si sa di sicuro. Specialmente il Van Be-
neden (1) e lo Schaicinsland (2) l'uno sullo Tenie, l'altro sui Bo-
triocefali, seguendo la segmentazione, videro delaminarsi un fogliet-
to ciliato (Botriocefali) o no, e 1' embrione risultare , dopo questa
delaminazione, di uno strato periferico, od esterno di piccole cellule,
racchiudente una massa midollare od interna , fatta di cellule al-
quanto differenti (nel Botriocefalo evidentemente più grandi).
Il Van fìeneden si domanda se queste cellule interne rappre-
sentano 1' entoderma e le esterne 1' ectoderma. Nessun fatto noi ab-
biamo trovato die appoggi questa maniera di vedere. Nei primi
stadi da noi osservati , non abbiamo potuto distinguere due sorta
di cellule , tanto meno 1' accenno di distinzione in strato esterno e
massa centrale midollare. Negli stadi successivi scorgemmo due sor-
ta di cellule , ma neppure la più lontana traccia di distinzione in
strati. Neanche sull' embrione esacanto di Tenia leptocefala , an-
cor racchiuso nelle membrane dell'uovo (embrione, che ben si pre-
sta a questo genere di ricerche), abbiamo potuto confermare l'os-
servazione del Van Beneden.
Il Leuckart e lo Schauinsland ammettono che i Cestodi ed i
Trematodi siano senza ectoderma , e ciò in base a fatti istologici
ed embriologici (muscoli alla superficie del corpo, delaminazione e
perdita totale dello strato ciliato).
Il Leuckart , se ben l' intendiamo, ritiene che anche l'entocler-
ma manchi e perciò i Cestodi sarebbero costituiti da solo meso-
derma ! Secondo il Kleinenberg un mesoderma non esiste in nessun
animale: perciò si dovrebbe ammettere che i Cestodi risultassero di
ectoderma , di cui si sarebbe delaminato appena la parte periferica.
Abbiamo quindi avanti una matassa molto avviluppata, e cer-
tamente non sarà lo studio dei Cestodi, che potrà grandemente
contribuire a dipanarla. In ogni caso ; i fatti nuovi da noi aggiun-
ti a quanto si sapeva , appoggiano 1' una o 1' altra delle due se-
guenti ipotesi.
(1). Loc. rit.
(2). Jenaische Zeitsch. f. Naturawiss. Bd. XIX. .Jena 1885.
(j4 Ricerche embrologiche sui Gestodi.
1°. Nei Cestodi , in rapporto particolarmente colla circostanza
che gli organi speciali di senso e l'intestino medio sono scomparsi, e
che 1' apparato vascolare non è mai esistito , lo sviluppo è gran-
demente abbreviato, e perciò la distinzione in foglietti, o non vie-
ne accennata del tutto , od appena molto imperfettamente , sicché
si forma una sola massa di cellule (blasfema), dalla quale derivano
tutti gli organi. Il modo di origine degli organi (sistema nervoso ,
muscolare , escretore , genitale ecc.) appoggia fortemente questa
prima ipotesi.
2°. Premesso che, secondo noi, il Kleinenberg ( 1 ) ha seriamen-
te provato la mancanza di un mesoderma ben distinto nei Vermi,
premesso che al mesoderma in quelle forme, ove esiste evidente-
mente (insetti ad es.), devesi dare il valore assegnatogli dal Bal-
four nel suo Trattato di embriologia, si può ritenere che l'embrio-
ne esacanto risulti soltanto di ectoderma. Ciò è molto meno assur-
do che farlo constare di solo mesoderma, inquantocchè in que-
sto embrione si sviluppa un sistema nervoso, ed il sistema nervoso
è sempre ectodermico (tranne alcuni pochissimi casi in cui si so-
spetta d'origine entodermica) ; vero è che gli Hertwìg (2) hanno
molte volte parlato d' un sistema nervoso mesodermico , ma la lo-
ro ipotesi non è stata mai appoggiata seriamente. Il giudizio che
l'embrione esacanto sia tutto ectodermico, è però reso dubbio dal-
la circostanza che nei Platelminti le ghiandole genitali sono d' ori-
gine entodermica (Lang ('è)).
Si accetti l'una o l'altra delle sopra riferite ipotesi, a noi pare che
la cavità, che si forma nell'embrione esacanto, sarà sempre para-
gonabile a quella dell' intestino medio. Quando 1' embrione esacan-
to va avanti nello sviluppo , le singole sue cellule pigliano la po-
sizione che spetta loro, a norma dei differenti destini che devono
(1) Die Entstelnmg d. Annelid. ecc. Zeitsch. t'. wiss. zool. 188G.
(2) Hertwig 0. u. R. Die Coelomtheorie ISSI — V. in proposito i Chetognati del Prof.
TI. Grassi (Fauna u. Flora d. Golfes von Neapel. V. Monographie lss;i. p. 50 e seg.)
(3) Die Polycladen d. Golfes von Neapel (Fauna u. Flora d. Golfos von Neapel XI. Monog.
L884.) Questa opinione del Lane/ viene contradetta specialmente da Ijima (Z. f. wiss. zool.
Bel. XL. 1884.
Ricerche embriologiche sui Uesfodi. 65
subire: non essendovene alcuna deputata alla formazione del me-
senteron . resta libero uno spazio (lacuna primitiva) corrispondente
al niesenteron, il quale certamente una volta esisteva, e poi, per
effetto del parassitismo, è andato perduto: s'intende che questo
spazio viene ad essere limitato dalle cellule che formano gli altri
organi. La lacinia primitiva farse rappresenta dunque la spazia, die
doveva venir occupato dalie cellule del niesenteron.
I rapporti della lacuna primitiva col rostello (intestino ante-
riore) e la mancanza d'un accenno di intestino posteriore , appoggia-
no fortemente il nostro modo di vedere.
CAPITOLO III.
CICLO EVOLUTIVO DEI CESTODI.
Il ciclo evolutivo dei Cestodi, dopo gli studi classici del Van
Beneden sen. , del Siebohl , del Leuckart e del Kiichenmeister , e
dopo le ricerche, benché molto meno importanti, tuttavia non tra-
scurabili, del Melnikoff, del Batzel ecc., pareva determinato con si-
curezza, cosicché nei Trattati e nelle Memorie più reputate di Zoo-
logia e di Parassitologia domina assoluta la conclusione dei citati
autori. Vero è che questa conclusione, che cioè tutti i Cestodi han-
no bisogno di un ospite intermedio, colla sola eccezione dell' Ar-
chigetes, è basata su un numero di forme piccolo, in confronto alla
grande quantità dei Cestodi adulti che si conoscono, ma d' altra
parte non è meno vero che per questo piccolo numero gli esperi-
menti sono così provativi e completi, che nessuno potrebbe solle-
vare contro di essi alcun dubbio.
Dall' epoca da cui datano le scoperte di quei zoologi, è passato
un tempo che può dirsi abbastanza lungo , se si tengono presenti
i rapidi progressi della Zoologia e delle scienze affini; ma l'argo-
mento non è stato ancora ripreso con quell'ardore e quella serietà
che sono necessari per andar oltre, e due ne sono probabilmente
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. II. 9
66 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
i motivi. Anzitutto il ciclo evolutivo delle forme che si credono
più interessanti , è noto ; in secondo luogo il campo è coperto di
triboli e spine, mentre la speranza di arrivare a nuove conclusioni
è piccola.
Per provare le nostre asserzioni, dovremmo diffonderci in cita-
zioni, se non potessimo rimandare il lettore alla parte storica della
grande opera del Leuckart, opera che però, sia detto tra parentesi,
a tanti pregi unisce un difetto, quello cioè di avere, come dicono
i Tedeschi, arrotondata la presente e molte altre questioni. Noi ci
limiteremo perciò più sotto a toccare alcuni punti, che a noi paio-
no meritevoli d' essere messi in rilievo.
Bisogna confessare che anche durante questo periodo, nel
quale il ciclo evolutivo dei Gestocli venne negletto, non mancò qual-
che sprazzo di luce. Il Brami precisò alcuni Pesci nei quali trovasi
il plerocercoide del Botriocefalo lato; dopo di lui, altri ne vennero
determinati dallo ZschoHe, dall' Ijima ecc., però nessuno di questi
autori arrivò a stabilire come 1' embrione di Botriocefalo arrivi
nei Pesci. Il Leuckart confermò la scoperta del Ratzel, che, cioè, il
Caryophyllaeus appendiculatus {Ratzel), sin. di Archigetes Sieboldì
(Leuckart), è un Cestode con caratteri giovanili, ma sessualmente
maturo , stato che esso raggiunge nel suo unico oste, che è un
Anellide.
Oltre a questi fatti, venne pubblicata sull' argomento un' altra
serie di contribuzioni più, o meno imperfette, e talvolta del tutto
inattendibili. Riassumiamone alcune.
Il Marchi (1) ha semplicemente comunicato d'aver ottenuto
neWa. Strix flammea lo sviluppo dì un cisticerco, armato di quattro serie
dì grandi uncini, che ha trovato in un Ascalabotes; il lavoro esteso
però non venne reso pubblico, e dal Marchi stesso non abbiamo
potuto avere ulteriori particolari.
Il Villot (2) scoperse nei Glomeris alcuni cisticercoidi che riferì
(1) Atti soc.ital. Se. n/it. 1872 Voi. XV fase. TV e Moniez, Essai monogr. s. I. cysticcrqucs
Paris ISSO p. 115 (Travaux d. Tinsi zool. de Lille. T. Ili tose. I)
(2) Ann. Se. nat. 6.e Sèrie. T. Vili 1878.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 67
a Tenie dei Sorex (uno Staphylocystis bilarius, ad una specie vici-
nissima alle T. scutigera e scalaris, ma più probabilmente alla T.
scalaris: uno Staphylocystis micracanthus, alla T. pistillum: ed un Z7-
rocystis, probabilmente ad una Tenia del Sorea- alpinus) però senza
avere sott' occhio queste Tenie, che del resto sono molto imperfet-
tamente note.
Il Moniez (1) rinvenne nella Renna un cisticerco che fece svi-
luppare nel Cane ottenendo una Tenia (T. Krabbei), ch'egli giudica
nuova.
Il Linstow (2) notò neh' intestino di una Perca, in compagnia
di piccoli Crostacei, un cisticerco, che riferì alla T. gracilis delle
Anitre, in base alla descrizione ed alla figura di questa Tenia data dal
molto esatto Krabbe; ma domandiamo noi il cisticerco era parassita
della Perca o dei Crostacei ?
Il Gritber (3) scoperse in un Cyclops un cisticercoide, che si
crede appartenga alla T. torulosa dei Ciprinoidi.
Il Leuckart riferisce il cisticercoide dello Stein verosimilmente
alla T. marina in parecchi punti del suo Trattato.
Il Krabbe (4) ha reso probabile che il Gryporhyncus pusillm
della Tinca Chrysitis diventi la T. macropeos dell' Ardea nycticorax.
Il Piana (5) osservò, non sa bene se neh' Helix carthusianélla
o maculosa, un cisticercoide che ritiene appartenente alla sua T.
Bothrioplitis..
Lo Zschokke (6) crede che lo Scoìex polymorphus sia un giova-
ne Caltobothrium; anzi il Monticelli (7), dopo accuratissimi studi di
confronto, e dopo molti sperimenti, pensa che sia precisamente la
forma giovanile del C. filicolìe. Però l'aver ottenuto, dopo un gran-
dissimo numero d'esperimenti fatti cogli Scolex polymorphus, un so-
(1) (iià sopra citato.
1-2) Aivh. f. mikros. Anat. 1872. p. 535.
(3) Zool. Anz. T. I p. li. 1878.
(4) Bidrag til Kundskah ora Fuglenes Baendelorme. Copenaghen. 1869.
(5) Memorie Accad. Bologna. 1881.
(6) Mitili, zool. Stai. Ncapel. 7. Bd. 1887. p. 264-271.
(7) Mitili, zool. Stai. Neajiel. 8. Bd. 1. H. 1888.
68 Ricerche embriologiche sui Gestodi.
lo esemplare giovane di C. filicolle, lascia adito al sospetto che que-
sto esemplare possa essere stato in realtà non giovane, ma ringio-
vanito, come nel caso del Mégnin, che vedremo più avanti.
Molte altre citazioni simili potremmo aggiungere, ma ci sem-
bra che basti questo saggio per dimostrare come questi lavori sia-
no quasi sempre d'induzione, od imperfetti, e quindi lascino campo
a dubbi.
E dubbi sorsero infatti per opera di parecchi, per es. deìYHe-
ring (1) in Germania e di A. Costa (2) in Italia; ma chi in pro-
posito mise il campo a rumore fu il Mégnin (3). il quale anzi ten-
tò una rivoluzione in questi studi, sostenendo due grandi leggi :
I.° Che le Tenie inermi degli Erbivori sono Tenie perfette , che
hanno continuato tutte le loro fasi e subito tutte le loro metamor-
fosi in un medesimo animale: li". Che le Tenie armate sono Tenie
imperfette, benché adulte, derivanti dalle medesime larve cistiche, da
cui provengono le prime (ogni Tenia inerme avrebbe quindi la sua
corrispondente armata), ma, trasportate nell'intestino di un Carnivoro
o di un Onnivoro, la loro ultima trasformazione ha subito, sotto l'in-
fluenza di questo mezzo, un arresto, caratterizzato dalla permanenza
della corona di uncini dello scolice, che è un carattere proprio della
larva cistica. Per es., secondo il Mégnin, il Cysticercus pisiformis del
Coniglio diventerebbe la T. serrata nell'intestino del Cane, la T. petti-
nata nell'intestino e nel peritoneo del Coniglio stesso; l'Echinococco
del Cavallo, diventerebbe la T. echinococco nell'intestino del Cane, la
T. perfoliata nell'intestino del Cavallo.
Così si spiegherebbe la presenza delle Tenie negli animali Er-
bivori.
Pur troppo però si cercano invano le prove di queste brillanti
elucubrazioni, nelle Memorie del Mégnin; egli appoggia tanto edifizio
a poche osservazioni, veramente imperfettissime.
(1 ) cit. dal Leuckart.
(2) Lezioni di Zoologia. <5.a odi/., pag. 458 Napoli. Ws'tf.
(3) Journal de V Anat. et Physiol. Pari*. l%7&. pi/. 2SS e sey.
Ricerche embriologiche sui Cestodi: f>i)
Più tardi (I) il Mégnìn ha sostenuto lo sviluppo senz'ospite
intermedio, anche delle Tenie annate: ma non ha saputo far vale-
re in favore di questa sua tesi altro fatto che quello di aver tro-
vato in un Cane casalingo, oltre a tre esemplari adulti di T. Serrata,
una dozzina di giovani, lunghi da tre a cinque millimetri, che do-
vevano essere derivati dalle uova della Tenia suddetta, perchè il
nutrimento del Cane nelle ultime settimane era stato assolutamente
puro. Ma, invece che Tenie giovani, non potevano essere Tenie
ringiovanite, vale a dire in rigenerazione per la caduta dello stro-
bilo, la quale non di raro verificasi per molte Tenie?
Apparentemente erano molto più serie le osservazioni dell' He-
ring sulla T. cucumerina; questi vedeva svilupparsi in certi casi
la T. cucumerina dopo l'ingestione delle uova, e, accanto all'estre-
ma frequenza della T. cucumerina notava la rarità del Trìchodectes ,
che si credeva 1' unico suo ospite intermedio.
Come si vede, /' ipotesi
Che. specialmente per i caratteri del rostello, i cisticercoidi
della Pulce abbiano ad appartenere alla T. eli if tira , è cosa che
risulta evidente dalla parte morfologica del presente lavoro; nes-
suna altra Tenia si conosce, la quale possegga un rostello simile.
Quanto però ci fu facile arguire dalle nostre osservazioni, fat-
te a Catania e ripetute a Rovellasca ed a Milano , che i cisticer-
coidi, cioè, della Pulce dovevano spettare alla T. ellittica , altret-
tanto ci riuscì difficile di provarlo sperimentalmente.
Aprendo con aghi le Pulci sul portaoggetti nella nota soluzio-
ne indifferente d' albume e di cloruro di sodio, allorquando com-
parivano i cisticercoidi, facevamo leccare il portaoggetti stesso da
giovani Cagnolini: anche una persona che non vuol essere nomina-
ta, ne trangugiò parecchie volte. Ci sorprese il fatto che né i Ca-
gnolini, né questa persona si infettarono di T. ellittica. Ciò è probabil-
mente in rapporto colla circostanza che le Pulci devono essere in-
ghiottite intiere, o quasi, perchè possano i cisticercoidi sorpassare
lo stomaco, senza venir uccisi dai succhi gastrici; in certo qual
modo il corpo della Pulce supplirebbe alla mancanza di involucri
nella larva della T. ellittica.
Ma questi esperimenti negativi potrebbero anche interpretarsi
contro l' induzione che le Pulci fossero l'ospite intermedio, special-
mente da chi non conosce che fatti simili si verificano anche per
altri Elminti, ad es. per gli Ascaris (Grassi). Questa interpretazio-
ne però cade davanti ai seguenti esperimenti che, condotti rigoro-
samente e sommati assieme, danno indirettamente una prova irrefu-
tabile.
1°. Tenemmo un Cane, con molte T. ellittiche, legato in una
camera, nella quale non si potevano certamente trovare uova, che
non fossero di questa Tenia; dopo 20 giorni le Pulci di questo Cane
presentavano molti embrioni esacanti , ancora senza la lacuna
primitiva.
2°. A molti Cagnolini neonati e conviventi colle madri (que-
ste erano senza T. ellittiche, senza Pidocchi e con pochissime Pulci)
facemmo inghiottire numerose Pulci, di cui non poche erano pre-
Atti Acc. Vol. IV, Serie -la — Meni. IL 10
74 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
sumibilmente infette (ciò arguivasi da opportuni saggi fatti sopra
un certo numero di Pulci), ed ottenemmo costantemente l'infezione.
Ed infatti nell'intestino di questi Cagnolini, riscontrammo le Tenie
di una lunghezza, che bene corrispondeva coi giorni passati dalla
ingestione (di 2 mm. se i Cagnolini venivano uccisi dopo 3 gior-
ni, di 4 mm. se dopo 4 giorni, mature se dopo 15). Aggiungasi
che altri Cagnolini, figli delle stesse madri e conviventi cogli infet-
tati, ai quali non si era somministrato Pulce alcuna, non alberga-
vano le Tenie.
3.° Isolammo due Cagne, alla fine della gravidanza, una in
una camera, l'altra in un'altra: una (la prima) senza Pidocchi, sen-
za T. ellittica e con Pulci presumibilmente molto infette, 1' altra (la
seconda) con Pulci presumibilmente non infette, senza T. ellittica e
senza Pidocchi. Uno dei tre figli che fece la prima, quando aveva
cinque giorni , venne sezionato e presentò alcune Tenie ellittiche
molto piccole; gli altri due ne ospitavano moltissime , già mature ,
dopo un mese. I quattro figli della seconda restarono per un me-
se senza Tenie, come dimostrò V esame diretto del loro intestino ,
fatto dopo questo periodo di tempo, e si osservi che si aveva a-
vuto cura di far loro inghiottire giorno per giorno numerose uova
della Tenia ellittica, ciò che si era accuratamente evitato, che acca-
desse, pei piccoli della prima Cagna.
4.° Ripetemmo 1' esperimento terzo con due altre Cagne, l'una
senza Pulci, senza Pidocchi e senza Tenie, e 1' altra senza Tenie,
senza Pidocchi, ma con molte Pulci presumibilmente grandemente
infette ; ne abbiamo ottenuto simile risultato , cioè l' infezione dei
figli della seconda, e la preservazione di quelli della prima.
Evidentemente nei casi 3.° e 4.° l'infezione era avvenuta colle
Pulci; i Cagnolini le avevano inghiottite, leccando le madri, come
sogliono fare di spesso, quando cercano la poppa. A togliere il
sospetto di un' altra via di infezione , noteremo che le Cagne ri-
cevevano soltanto pane ed acqua pura bollita: i Cagnolini, anche di
un mese d' età, non abbandonavano ancora i cesti , in cui erano
stati partoriti, e vivevano ancora solamente di latte materno; infine
Ricerche embriologiche .sui Cestodi. 75
i locali, nei quali venivano tenute le Cagne coi Cagnolini, erano pu-
litissimi, non frequentati da Insetti, eccetto le Mosche, che certa-
mente non possono fare da ospite intermedio alla T. ellittica, giusta
le nostre numerose osservazioni in proposito.
Dopo che determinammo la grande frequenza dei cisticercoidi nelle
Pulci, ci facemmo la domanda : come va che in Italia non si è an-
cora verificato alcun caso di T. ellittica nel!' uomo % Che l' italiano
goda refrattarietà per questa Tenia ? !
I sopracitati e molti altri esperimenti diretti escludono in modo
assoluto la possibilità dello sviluppo della T. ellittica senz' ospite in-
termedio, possibilità che era stata messa innanzi dall' Rering , so-
spettata da uno di noi (il Grassi) e confermata dal Lutz ecc.
Possiamo inoltre aggiungere di aver fatto molti esperimenti per
ottenere lo sviluppo senz'ospite intermedio della T. derrata, anche
essi senza il più lontano accenno a risultato positivo, ciò che an-
nulla 1' osservazione del Mégnin.
B. TAENIA NANA e MURINA
Dimostreremo che la T. marina, Duj., e la T. nana (che rite-
niamo tutto al più una semplice varietà della T. marina, come ve-
dremo più sotto), si sviluppano senza ospite intermedio.
II Leuckart asserisce parecchie volte nella sua classica opera
(p. es. a pag. 458, 2a ediz.) che il cisticercoide del Tenebrio moli-
tur verosimilmente appartiene al ciclo evolutivo della T. marina ;
verso la medesima opinione inclina il Kuchenmeister. Anche il Grassi
la mise innanzi, indipendentemente dal Kuchenmeister e dal Leuckart, e
quando ebbe il piacere di vedere che questi illustri elmintologi lo
avevano preceduto, si confermò in essa, molto più che il T. molitor
è già stato riconosciuto come ospite intermedio di un altro paras-
sita dei Topi (Spiroptera).
Perciò il Grassi fece numerosi tentativi per ottenere lo svi-
luppo delle T. marina e nana nei Tenebrio. I primi sperimenti non
gli riuscirono, ma erano però anche poco persuasivi , o perchè i
76 Ricerche embriologiche sui Uestodi.
Vermi della farina dopo 8-10 giorni non si mostravano più vivaci
e qualcuno moriva, o perchè le fecce, contenenti le uova , dissec-
cavano, oppure putrefacevano prontamente. A poco a poco egli im-
parò a far gli esperimenti in modo veramente convincente, ma il ri-
sultato era sempre negativo, usando eziandio di larve giovani, anziché
vecchie, ovvero di larve vicino alla muta ecc. Nello stesso tempo
egli ed il Calandruccio sezionarono migliaia di larve di Tenébrio
raccolte in luoghi, ove i Mus decumanus erano infetti da T. murina,
ma una volta sola ebbero il piacere d' imbattersi in due cisticercoidi
dello Stein; il loro scolice, da un esame superficialmente fatto per
non ucciderli, sembrò identico a quello della T. murina: essi servi-
rono per una esperienza sulF Uomo, che riuscì però negativa.
Le osservazioni e gli sperimenti del Grassi e del Calandruccio
non si limitarono ai soli Vermi della farina , ma furono estesi a
moltissime altre forme. Fu facile di escludere quali ospiti intermedi
i Vertebrati; per un momento tuttavia si dubitò che la trasmissione
avvenisse mercè la carne di Pecora , dubbio che venne subito eli-
minato dal Calandruccio, limitando perciò il campo agli Invertebrati.
Dietro la guida fornita da un minuto esame di 24 casi di T.
nana (20 in Sicilia e 4 in Lombardia) , in parecchi dei quali esse
erano numerosissime, cioè a migliaia, il Grassi, aiutato dal Calan-
druccio, esaminò qualunque animale sospetto anche alla lontana e
sopratutto molte specie di Artropodi, Molluschi e Vermi. In parti-
colare le ricerche vennero fatte minuziosamente sui Molluschi com-
mestibili (benché per due casi verificati in Lombardia con Tenie
nane numerosissime, si potesse a priori escluderli), sui Gasteropodi
nudi e specialmente su quelli che si trovano comuni nelle lattughe e
che il volgo in Sicilia denomina amarozzoli dal loro sapore (apparten-
gono al genere Amalia ), sui Pidocchi (dei quali, per questi esperi-
menti, il Calandruccio ebbe il coraggio di riempirsi per un paio di
mesi), sulle Mosche, sulle Pulci (prese in locali dove eravi una
bambina infetta da molte T. nane), sul Bruchus, comune nelle fave
ecc. I risultati furono sempre negativi.
Successivamente noi, per le ricerche su un' altra Tenia del Mus
Ricerche embriqlogicTie sui Cestodi. "il
decumanus, riesaminammo molto materiale sospetto, ma sempre in-
vano.
Tutti questi fatti acquistano il loro reale valore quando si tien
conto delle circostanze che a Catania , luogo precipuo delle nostre
ricerche, la T. marina è molto frequente ; i Topi, presi in certe lo-
calità, ne possiedono sempre almeno 1-3, non di rado 6-8, o più;
qualche volta però, anzi assai meno di rado di quanto credevamo
un tempo, ne presentano anche centinaia.
Neil' uomo poi la T. nana è oltremodo comune; come già di-
cemmo, un solo individuo ne può ospitare migliaia, quasi sempre
non meno di un centinaio. Il Grassi ed il Calandruccio ne verifi-
carono 20 casi in circa 250 esami, fatti, per ragioni facilmente imma-
ginabili, a preferenza sui ragazzi dai 4 ai 14 anni. In generale si
è certi che su trenta ragazzi, uno almeno alberga la T. nana; per-
ciò questa Tenia è in Sicilia molto più frequente delle altre.
Dopo tutti questi studi risultava naturale di ammettere che, se
la T. marina e la T. nana avessero un ospite intermedio , noi a-
vremmo dovuto trovarlo. L' unico sospetto riguardava la larva del
Tenebria molitor Stein; ma anche siffatto sospetto non ci è stato
convalidato dalle molte indagini, che facemmo ih proposito.
Il Moniez, che a torto attribuisce al Grassi solo 1' ipotesi mes-
sa innanzi dal Kiichenmeister e dal Leuckart , che cioè il cisticer-
coide del T. molitor appartenga alla T. marina (1), viene senz'al-
tro a sostenere che il suddetto cisticercoide spetta alla T. microsto-
ma del Mas mnseuìiis; aggiunge che anche il Linstow (in lift.) ha
manifestato la stessa opinione, la cpuale noi ci guardiamo bene di
rifiutare, ma ci concederanno i due egregi elmintologi di ritenerla
per ora non dimostrata, dal momento che le T. nana e murina pos-
sono avere lo stesso numero di uncini, che ha il cisticercoide del-
lo Stein, e visto che la forma di questi, stando alle figure, è quasi
identica, e l'unica differenza consiste nella loro lunghezza (da 3 a
(1) Comptes rendus de l'Acad. de Paris. 1. seni. 1888 e Les pei rasi tes de l'Homme. Paris.
Baillière et /!&. 1889. pag. 127 , e seg.
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
6 y.), lunghezza la quale è minore nel cisticercoide dello Stein, che
nelle T. nana e marina , mentre è risaputo che gli uncini possono
ingrandire anche dopo che la Tenia è arrivata neh' oste definitivo.
Insomma non vediamo che esista una prova sicura per la quale
il cisticercoide dello Stein debba appartenere alla T. microstoma, piut-
tosto che alla T. marina. Vi ha di più. Pur troppo la T. microstoma
è molto difficile ad aversi, al pari del cisticercoide dello Stein (non
ostante che né 1' una, ne l'altro si possano dire molto rari , perchè
infinite sono le coorti dei Mas musculus e delle larve del T. molitor);
non potemmo quindi fare tanti esperimenti; però parecchie volte alle
larve del Tenebrio molitor abbiamo fatto mangiare uova di T. mi-
crostoma, senza ottenerne uno sviluppo ulteriore. L'esperimento vuol
essere rifatto, ma intanto havvi il sospetto che possa riuscire ne-
gativo.
In ogni caso però noi non possiamo pronunciarci definitivamen-
te (1), come hanno fatto il Linstow ed il Moniez, a rischio e peri-
colo di essere smentiti. Lasceremo adunque la questione impre-
giudicata. (2) Ripetiamo però che gli studi surriferiti per noi, che
sappiamo con quanta pazienza li facemmo, basterebbero già ad esclu-
dere che la T. nana e la T. marina si sviluppassero con ospite
intermedio ; ci sono però anche le prove positive tanto per la T.
marina quanto per la T. nana.
Dopo le figure, che abbiamo potuto dare nel capitolo morfolo-
gico di questo lavoro, il lettore potrà facilmente persuadersi della
serietà dei nostri esperimenti fatti colla T. marina ; perciò invece
di riferirli in lunghe pagine, ci limitiamo a qui riassumerli.
I primi risultati positivi furono ottenuti con 34 albini del Mas
clecumanus, dell' età di 1-3 mesi, allevati in gabbie pulite (una cui
(1). Il Grassi non ha mai asserito categoricamente che il cisticercoide dello Stein apparten-
ga alla T. murino,, solo ha avanzato un sospetto, un suo modo di vedere, come chiaro risulta
dalla sua nota preliminare.
(2) Avemmo più tardi occasione di far 1' ('sperimento inverso a quello sopra riferito, vale a
diro demmo a mangiar al Mus musculus cisticercoidi dolio Stein provenienti dal Tenebrio mo-
litor, ed ottenemmo lo sviluppo delle T. microstoma. Resta cosi dimostrata 1' ipotesi del Moniez.
(Mi uncini sono molto differenti da quelli della T. murino (v. tav.a IV fig.* 19).
Ricerche embriologiche sui Uestodi. 79
parete era fatta di rete metallica) e dopo lo slattamento nutriti sol-
tanto con pane ed acqua pura. Aggiungiamo subito che le loro
madri, colle quali essi avevano convissuto appena durante l'allatta-
mento, non ospitavano alcuna Tenia, ciò che era provato dell' esa-
me della feccia prima e colla diretta osservazione dell' intestino
dopo. Gli esperimenti furono ripetuti 11 coìte, ogni volta con 1-2-3
dei 34 Topi bianchi, ai quali si erano somministrate più o meno
numerose proglottidi mature della T. murimi e con 1-2 degli stes-
si 34 Topi, che non avevano inghiottito alcun ovo di Tenia. Que-
sti e quelli venivano messi in gabbie nuove e nutriti come sopra
si è indicato. Costantemente nei primi si svilupparono più o meno
numerose le Tenie (alcune volte più di cento), mentre nei secondi-
noli se ne trovò mai alcuna.
La celerità, con cui le Tenie si sviluppavano, variava coi dif-
ferenti individui e probabilmente anche colle stagioni. In generale
già dopo 4-5-8 giorni si trovavano Tenie lunghe 3-5-8 nini., cioè
o soltanto con un lungo collo, ovvero con proglottidi evidenti; dopo
15 giorni, si trovavano Tenie con proglottidi contenenti talora già
ova mature; dopo 30, comparivano le prime ova nelle feccie.
Si volle precisare il tempo necessario allo sviluppo del Cisti-
cercoide. Si vide che 24-36-50 ore dopo l' ingestione delle proglot-
tidi, nelle pareti degli ultimi 10-12 cm. dell'intestino tenue, stavano
annidate le oncosfere, già a forma di girino (con o senza accenno
del rostello e delle ventose) non ancora invaginate, o già invaginate.
L' esame fatto ore 40-50-70 dopo l' ingestione , rilevò che le
oncosfere erano diventate giovani scolici, elevati dal fondo della ca-
vità di invaginazione, ma ancora senza uncini definitivi; dopo 80-90
ore riscontraronsi i cisticercoidi cogli uncini definitivi.
Notiamo che, se si fornisce ai Topi una sol volta le proglot-
tidi di T. murino,, di solito si ottengono stadi di sviluppo molto
prossimi 1' uno all' altro; se parecchie volte, a 3-4 ore di distanza,
talora si ottengono stadi lontani 1' uno dall' altro, talora no.
Come il cisticercoide diventi libero, non abbiamo ben verificato.
Fatto sta che, quando è quasi maturo, occupa quati tutta la grossezza
80 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
del villo , il connettivo restando compresso contro all' epitelio ; è
probabile che ad un certo punto possa arrivare a far scoppiare il
villo (1). Questi esperimenti fatti nell'anno scolastico 1886-87 dal
Grassi furono da noi ripetuti molte volte nell' anno 1887-88 e si
poterono pienamente confermare ; si ebbe a notare soltanto che
la maturanza delle Tenie può tardare d' un mese e più , e che
non di rado le Tenie, o prima o dopo di esser maturate , scom-
paiono; ciò vuol dire che i Topi se ne liberano, non sappiamo né
come, né quando.
Già nel 1886-87 si era osservato che soltanto gli esperimenti
coi Topi bianchi in età di 1-3 mesi; davano risultato costantemente
positivo; quelli coi Topi non ancora di un mese (lattanti) o di più
di tre mesi riuscivano, ma di raro, e non si ottenevano quasi mai
molte Tenie; lo stesso era accaduto coi Mus decumanus non albini,
anzi in questi molte volte 1' esperimento non riusciva, anche quan-
do avevano 1-3 mesi di età. Si era anzi in proposito notato che
le condizioni di digiuno dell' animale, il dargli molte proglottidi ecc.
erano senza influenza. Risultava perciò evidente da parte di molti
individui una certa refrattarietà, paragonabile a quella di cui godono
di regola Uomini ed Animali per gli Ascaris, e forse non spiegabile
coli' azione troppo intensa del succo gastrico , perchè nelle feccie
di quei Topi, nei quali le Tenie non si sviluppano , compaiono
presto, o tardi le uova inghiottite, apparentemente intatte.
Durante 1' ultimo anno scolastico, abbiamo confermato questi
dati non solo, ma siamo arrivati alla conclusione che i Topi, ben-
(1) H Leuckart (Ccntralblatt f. Bakt. w. Parasitenkunde. II Bd. N. 24 p. 718 e seg.) ed
il Moniez (1. oit.) mi Inumo molto frainteso, e credo che la colpa spetti interamente a loro. Io
insomma avrei scritto " che alle volte si sviluppa la T. murina passando per un periodo di
cisticercoide (con ospite intermedio) ed alle volte no (senz'ospite intermedio) „; ma leggano at-
tentamente, li prego, la mia Nota e. vedranno che io non ho presentato loro un enigma da scio-
gliere, sibbene che descrivo gli esseri, da me trovati nelle pareti dell' intestino, come forniti di
cisti e di coda, li dico ■larve, e li paragono al cisticercoide dell' Arion e più avanti scrivo : " Es
ist jedoch eine Thatsache, dass die von dem Stein' schen Cysticerkoiden presentirteli Formen
den von mir oben besehrieben (ini Darri) der Ratten) sehr abulici sind und dass die wenigen
Verschiedenheiten, welche hauptsacblich den Schwanzanhang betreffen, als eine, durch das Leben
in einen ungewOhnlichen Wirthe bedingte Kntartnng erklart werden kimnen „. — Grassi.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 81
che ancora dell'età di 1-3 mesi, se albergano di già Tenie murine,
presentano una refrattarietà allo sviluppo di altre, refrattarietà mag-
giore o minore, a norma del numero che ne ospitano. Perciò in
generale /" aver già le Tenie murine, preserra i Topi da una nuova
invasione; fors'anche la madre trasmette ai figli questa refrattarietà;
almeno ciò supponiamo per spiegare altri ripetuti insuccessi seguiti
ad esperimenti fatti in ottime condizioni (1).
Comunque sia, esiste una refrattarietà da precedente invasione,
e ciò richiama alla mente quei fatti che si vanno oggigiorno sem-
pre più mettendo in luce sui Batteri.
Questa refrattarietà spiega perchè non riscontrammo quasi mai
alcun cisticercoide nei Topi, che avevano le Tenie murine, e come
queste non si moltiplicano continuamente nel loro intestino. Ad
impedire siffatta moltiplicazione concorre però un' altra circostanza,
e, cioè , gli involucri, in cui trovasi ravvolto 1' embrione esacan-
to; essi non sono né intaccati, né rammolliti dai succhi di quella
parte dell' intestino , in cui le uova vengono eliminate (parte po-
steriore del tenue), né a priori ci riesce possibile ammettere che
1' embrione esacanto possa attivamente aprirsi una strada attraver-
so questi involucri: aggiungeremo anzi che molte osservazioni di-
rette in proposito riuscirono sempre negative. Perciò in certo mo-
do la T. marina si comporta come 1' Oxyuris vermicularis (2),
cioè dire le uova di T. murimi, perchè si sviluppino ulteriormente,
debbono passare attraverso stomaco, duodeno e digiuno , ove il
loro guscio viene rammollito, e permette così l'uscita dell'oncosfera.
Passiamo ora all' uomo. Finora si fecero dal Grassi e dal
Calata! ruccio soltanto otto sperimenti , di cui 6 in adulti e i2 in
fanciulli (né questi , né quelli presentavano uova di T. nana nelle
fecce), dando loro a mangiare uova e proglottidi (specialmente
(1) Recentemente il Vogel (U. Bau u. Entwick. des Gysticercua fasciolaris; Osterwieck
iHarz) 1888. Ed. Zickfeldt.) ha trovato refrattarietà pei cisticerchì fascio-lari da parte dei Topi, che
ne ospitavano già un esemplare. La refrattarietà potrebbe spiegare il perchè presso gli Abis-
sini è uso di non liberarsi dalla Tenia?
(2) Anche qui il Leuckart ha frainteso il Grassi, e glielo ha già fatto osservare il Lutz.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4" — Mem. IL 11
82
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
quest' ultime non in buone condizioni) di T. natia e quasi sempre
contemporaneamente uova, o proglottidi tli T. min-ina. I risultati
furono tutti negativi, eccetto nel seguente caso: un fanciullo di 5
anni, dopo quindici giorni che aveva inghiottito soltanto molte pro-
glottidi di T. murina , presentò uova di T. nana nelle sue fecce e
più tardi coli' antielmintico eliminò circa 50 T. nane. Si può ag-
giugere che un fanciullo, il quale (giudicando dalle fecce) non ospi-
tava T. nane e raccoglieva le fecce d'un altro che ne albergava, un
mese dopo se ne trovò infetto.
Come si vede, gli sperimenti sull' Uomo non sono affatto per-
suasivi, ed il dubbio si rinforza quando si pensa che vennero esegui-
ti in un paese, in cui la T. nana è molto frequente e che essa può
esistere neh' intestino senza manifestare la sua presenza colle
uova nelle fecce.
Non ostante questo dubbio, sia che si ammetta che la T. na-
na è unum et idem colla marina, sia che si ritenga una semplice
varietà (1), il complesso degli studi fatti da noie dal Calandruccio
(1) Il Moniez (Compt. rend. di' 1' Acmi. Paris 1888. I Sem.) e prima di lui il Linstoir (in
litt.i ritengono che non sia vero quanto il Grassi (Centralblatt. f. Back. u. Paras. 1 .labri;. 1*S7
II. Ed. N. 10, p. 282 e seg.) sostenne: chela T. nana sia tutto al più una semplice varietà del-
la murina. Le differenze, secondo questi autori, sarebbero importanti; enumeriamole, contrappo-
nendo ad esse le nostre osservazioni.
La T. nana misura da 15 a 20 min., la ma-
rina da HO a 40.
L' embrione della T. liana misura 18 fi. di
diametro ed è rotondo, quello della T. murina
è ovale ed il suo più grande diametro (tubercoli
(■scinsi | misura 27 fi. su 21 di larghezza: due
tubercoli saglienti, che non si osservano siigli
embrioni del primo, si rimarcano alle due estre-
mità del grand' asse del secondo.
E difficile lo stabilire le misure esatte della
T. nana, non potendosi mai averla soft' occhio
viva e quindi presumibilmente intiera. Ve ne
sono però di quelle di :ìi) min.; molte volte la
T. murina non superai 20 min., ancorché adul-
ta da molto tempo. Nella sistematica delle Te-
nie, la lunghezza non fornisce di solito un buon
criterio (T. ellittica, Botriocefalo lato).
Cominciamo (Tav. Ili; fig. 1 e 2) ad osser-
vare che i due tubercoli appartengono alla sot-
tile ed elastica membrana interna, circondante
l'embrione, e non all'embrione; si noti che non
sono neanche esattamente ai due poli; si avverta
anche che la differenza dei tubercoli i' stata ve-
duta dal Orassi prima clic dal Moniez (V. Ceti-
t'ralhlatt. s. cit.). Anzi il Orassi ha già notato
che esistono, benché appena accennati . anche
nella T. nana. ( Ira possiamo aggiungere che
qualche volta nella T. nana sono abbastanza
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
83
autorizza a ritenti- come certo, clic è immediato (cioè senza ospite in-
termedio) anche lo sviluppo della T. nana.
La storia di una serie di casi di T. nana riscontrati in ragaz-
zi di famiglie benestanti durante gli anni 1890-91 ha interamente
confermata questa conclusione.
In parecchi casi vedemmo in una famiglia infettarsi un ra-
gazzo, e successivamente dopo 2-4 mesi parecchi fratelli e sorelle,
i quali certamente non avevano inghiottiti Invertebrati con cisticer-
coidi. Ugualmente istruttivi riuscirono parecchi casi di recidive a
distanze più, o meno lunghe.
C. TENIE DEI POLLI.
Siccome in Italia i Polli albergano molto di frequente numerosi
esemplari di parecchie Tenie, e ciò verificasi anche nel piano lom-
spiccati i', viceversa, non di raro nelle uova
di T. murino,, che si osservano isolate nelle
feccie dei Topi, o non sono quasi accennati, od
appena indicati, come nella T. nana. Probabil-
mente si tratta di due prominenze cave e nella
loro cavità si estende il liquido che circonda
1' embrione ; queste prominenze possono perciò
crescere e diminuire a norma dell' abbondanza
di questo liquido e delle condizioni di espan-
sione, o meno, della membrana, a cui appar-
tengono. Riguardo alle dimensioni in generale
ed alla forma dell' embrione, se si esaminano
uova fresche, non si rileva mai la menoma diffe-
renza tra quello di T. nana e quelle di T.
murina.
Si vedono difficilmente nelle uova di T. nana
mal conservate.
Gli uncini dell' embrione esacanto nella T.
nana sono di 1 fi. più corti.
Ma è difficilissimo di vederli a causa delle
numerose granulazioni vitelline; la loro nettezza
al contrario è notevolissima nella T. murina.
Ecco le differenze, colle quali si confutano le conclusioni del Grassi! Nel lavoro sui parassiti
dell' Uomo (1889) il Moniez fa spiccare che il Grassi gli ha scritto che non ha potuto finora
far sviluppare nel Topo la T. nana; ciò è vero, come lo è del pari che non ha, con ogni sicu-
rezza, ottenuto lo sviluppo della T. murina nell'uomo.
Si deve però accordare ben poco valore a questi esperimenti, prima perchè e' è di mezzo la
refratterietà, che risulta evidente da quanto sopra si è detto anche pei Ratti stessi, cosicché sen-
za gli albini a quest'ora non si sarebbe ancora conchiuso nulla, e poscia perchè non si ebbe mai
un caso di individuo colle T. nane, che eliminasse fecce non molto putrefatte, od almeno non molto
rapidamente putrefacentisi. Da ciò potrebbe benissimo dipendere l'insuccesso degli esperimenti ten-
84 Ricerche embriologiche sui Gestodi,
bardo asciutto (qui sono stati fatti i nostri studi, ed a preferenza
a Rovellasca ed a Cogliate), che ha una fauna molto scarsa, ci
sembrò opportuno di rivolgere ad esse le nostra attenzione, fidu-
ciosi di trovare almeno per qualche forma lo sviluppo immediato,
o mediato, o l'uno e l'altro ad un tempo.
Le Tenie dei Polli da noi vedute in Lombardia (piano lom-
bardo asciutto) sono le seguenti:
1.° T. proglottina, Dar. (non proglottidina, come scrisse il Pia-
na, e noi pure seguendo il Piana stesso).
L2.° T. infundibuliformis, Gbze (nec Dii/ardin.)
3.° T. cesticillus, Mofin (infundibuliformis, Duj.)
4.° T. cuneata, Linstow.
5.° T. tetra ;/oii a, Moliti.
6.° T. bothrioplitis, Piana.
tati colle uova di T. nana , non avendo noi mai potuto dare ai Topi proglottidi di T. nane
viventi ancora (col felce maschio queste escono tutte rotte e macerate).
Non vogliamo tacere che in un caso recente, in cui però V esperimento non si è potuto
condurre con tutte le cautele necessarie, avemmo 1' infezione dei Topi bianchi, crediamo . colle
uova di T. nana.
Ad appoggiare sempre più l' identità della T. nana colla murino concorre anche la circo-
stanza die ad altri parassiti del Topo è sensibile 1' Uomo (T. leptocephala. Echinorinco monili-
forme, Trichina ecc.). Il Grassi ha inoltre notato che nelle uova di T. leptocephala. eliminate
dall' Uomo colle fecce, la membrana interna del guscio è regolarmente ellittica e non presenta
quasi mai quei due tubercoli, presso a poco ai due poli, che si veggono frequentemente nelle uo-
va della Tenia stessa, quando vengono eliminate colle fecce del Topo; ciò trova perfetto riscontro
in quanto osservasi (v. sopra) anche per la T. nana.
Riguardo alla distribuzione geografica, non crediamo L'insto di ammettere col Moniez che sia
limitata per la T. nana ed illimitata per la T. murino, ed infatti in Italia il Grassi ha rinve-
nuto dappertutto, ove le ha cercate, tanto la T. nana, quanto la murina ; egli ebbe poi a ri-
scontrare la T. nana in un ratrazzo italiano, proveniente da Marsiglia, ove era stabilito da vari
anni. Non si dimentichi clic la T. nana è stata trovata anche in Inghilterra (Ranson in Lancet:
1888); per altri paesi mancano finora le osservazioni: del resto ammettiamo che nelle regioni, do-
ve la pulizia è molto curata, la T. nana deve essere molto rara.
Recentemente R. Blanchard torna sull'argomento nella sua interessante /Ustorie zoologique
et medicale des Téniades du genre Hymenolepis, Paris, 1891: siccome egli si basa sulla descrizione
della T. murina. fatta imperfettamente dal Dujardin (1815), cosi risponderemo semplicemente che
lo comparazioni da noi fatti' tra esemplari di T. murimi e di T. nana, ci permettono di negare
le differenze riportate da Et. Blanchard.
Quanto alla distribuzione geografica stata invocata dallo stesso A. osserveremo che in (ier-
mania e in Francia non si fecero ancora sufficienti ricerche.
Ricerche embriologiche sui Oestodi. 85
In Sicilia cercammo meno, e le specie che abbiamo notate
sono la °2.a, la 3.\ la 5.a e la 6.a
Non ci è mai riuscito di osservare la T. exilis, Duj. e la T.
echinobothrida, Mégnin; quest'ultima è però forse sinonima di bothrio-
plitìs, Piana; lo è fors'anche la exilis ?
Con quasi tutte le forme da noi trovate facemmo numerosis-
simi sperimenti, diretti a determinare l'esistenza del ciclo immedia-
to di sviluppo: tutti, per quanto condotti accuratamente e ripetuti,
con grande costanza, riuscirono negativi, e perciò dobbiamo credere
che le Tenie dei Polli si sviluppino mercè l'ospite intermedio.
Noi abbiamo determinato quest'ospite intermedio per tre specie;
per una quarta era già stato notificato e noi possiamo quasi con-
fermarlo. Restano due altre Tenie, una inerme (la T. tetragona) e non
tanto comune , quantunque, dove si trova , sia sempre numerosa,
l'altra armata (la T. cesticillus) e caratterizzata dalla sua testa grossa
con un grandissimo rostello. Sulla prima le nostre ricerche furono
poco numerose. Della seconda invece ci siamo occupati molto e siamo
sicuri di essere vicini a raggiungere la meta.
Veniamo a parlare in particolare delle varie forme, lasciando
in disparte, per l'or detta ragione, la T. tetragona.
T. PROGLOTTINA
La T. proglottina. Dar. (1) non raggiunge la lunghezza di 1 inni.;
possiede al massimo quattro proglottidi, di cui le posteriori facil-
mente si staccano, vivono e si sviluppino libere, acquistando una
lunghezza considerevole (persino 3 min.). Sul rostello porta circa
80 piccoli uncini , disposti alternativamente in duplice fila : le
ventose sono fornite di uncini ancora più piccoli e situati su tre
ordini, quantunque riesca diffìcile di ciò precisare su tutta la sua
periferia pel differente livello, a cui essi vengono a trovarsi.
(1) Traité a" entozoires. Paris. 1878.
86 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
La T. proglottina é oltremodo comune in Lombardia (piano
lombardo asciutto; per es. a Rovellasca ed a Cogliate). Ospiti in
termedi sono i Li max e, precisando, il L. cinereus , Lister, il L.
agrestis, Linn. e più comunemente il L. variegatus, Drap, (dobbiamo
la classificazione di questi due ultimi Limar al Prof. Sordelli di
Milano). Essi possono ospitare gran copia di cisticercoidi della T.
-proglottina nei vari organi (cuore, fegato, rene, muscolatura del
piedi- ecc. ma è particolarmente nel rene che essi si annidano).
A prima vista non si crederebbe che i Limax fossero gli ospi-
ti intermedi di una Tenia dei Polli, per i costumi differenti ; poi-
ché, mentre questi si cibano di giorno, i primi fanno vita presso-
ché notturna. Ma quando si considera die i Limax stanno nasco-
sti sotto immondizie, od altro materiale , che può di leggeri venir
rimosso dai Polli, si comprende come quelli da questi possono fa-
cilmente venir divorati. Riguardo poi ai Limax, non è necessa-
rio supporre che gli embrioni della T. proglottina abbiano a pene-
trare casualmente nel loro tubo digerente , imbrattandosi dello
sterco dei Polli i vegetali, dei quali si nutrono. Noi abbiamo infatti
avuto occasione di accertarci piìi volte come la T. proglottina sia un
cibo molto appetito dai Limax, più che noi sia ad es. la foglia del
cavolo. Se su questa si pongono le Tenie in discorso, si vedrà che
vi accorrono e le mangiano avidamente, rispettando il vegetale, di
cui solitamente si cibano con piacere.
Che il cisticercoide dei surriferiti Limax appartenga al ciclo
della proglottina, oltrecchè appalesatoci dalla comparazione di esso
collo scolice della Tenia, fu da noi accertato sperimentalmente,
mercé prova e controprova. Avendo fatto deglutire a vari Pulcini,
immuni da Tenie, pezzi di Limax, contenenti i cisticercoidi, dopo
4 giorni ne sagrifìcammo alcuni e notammo nel loro intestino pa-
recchie T. proglottine, provviste di scolice e di una proglottide; dopo
8 giorni ne uccidemmo altri e rinvenimmo le Tenie per intiero
sviluppate , vale a dire con 4 proglottidi giovanissime e senza
proglottidi libere. Avendo di nuovo recentemente ripetuto l' e-
sperimento , come sopra , con numerosi cisticercoidi , ottenemmo
Ricerche embriologiche sui Cestodi.
dopo 15 giorni in notevole quantità le proglottidi libere e mature.
La controprova ci insistette nel far sviluppare nei Limax i ei-
sticercoidi, dando loro proglottidi mature, dopo di esserci quasi ac-
certati che non ne erano prima infetti per la provenienza ( località
non visitata dai Polli ) e per 1' esame di vari esemplari. L' esperi-
mento riuscì benissimo, e di venti Limax, in meno di 20 giorni,
erano riccamente forniti di cisticercoidi dieci, che avevano mangia-
to le proglottidi, mentre non ne contenevano i dieci altri, che non
ne avevano mangiato.
Noi abbiamo accennati già parzialmente questi fatti in una
nota preliminare (1), nella quale sospettammo che nei luoghi da noi
studiati i Limar non fossero sufficientemente diffusi per spiegare la
grande quantità e frequenza della T. proglottina. Però, dopo molte
nuove osservazioni, siamo disposti a rigettare questo sospetto.
T. INFUNDIBULIFORMIS
La T. infundibtUiformis, G-oze (2) raggiunge una lunghezza di
200 mm. ; possiede il rostello armato da una semplice fila di un-
cini, in numero vario da 16 a 20.
Essa è moltissimo diffusa, anche là, ove le altre specie sono
rare. Così p. es. nei Pulcini, che le donne povere allevano nei loro
tuguri a Catania, proprio nel centro della città, mentre difettano
in generale le altre Tenie, la infundibuliformis esiste in gran quantità.
La ragione si è che 1' oste intermedio è la Mosca (Musco, do-
mestica L.) Noi abbiamo nella sua cavità addominale trovati varie
volte da 2 a 30-35 cisticercoidi , il cui scolice è identico a quello
della T. infundibuliformis. Nello stesso laboratorio della Università
di Catania, dove tenevamo molto materiale di Tenie dei Polli per
i nostri esperimenti, abbiamo potuto accertarci che alcune Mosche
si erano infettate.
(1) Bandtettrmerenturickeiung: in Centralblatt f. Bakt. u. Paras. II Iahrg. 1888. Ili Bd.
Xo. 6.
(2) Krabbe, Sopra iit.
88 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
T. cestii :ilu:s.
Col nostro metodo consistente nel limitare gli ospiti sospetti,
abbiamo determinato che la T. cesticillus deve avere per ospite inter-
medio un animale che vive nei cortili di Rovellasca, o sulle erbe tra-
sportate dalle campagne a casa, e che deve essere probabilmente
un Lepidottero, od un Coleottero. Essa (1) ci si è sviluppata in pul-
cini allevati in un cesto, senza chioccia, e perciò cresciuti senza Pi-
docchi ; ci si è sviluppata durante i mesi dal Giugno all' Ottobre
(Giugno ed Ottobre compresi) in pulcini che non bevettero certa-
mente acqua contenente animali macroscopici. Manca il relativo
cisticercoide nei pochi Molluschi che vivono a Rovellasca ( le no-
stre ricerche sub1' Heìix carthusianella sono state però insufficienti) .
ne potemmo in essi farlo sviluppare. Molte altre ricerche ci auto-
rizzano probabilmente ad escludere i Ragni, i Falangidi. i Miriapodi.
le Formiche ed i Lombrici.
T. CINEATA.
Questa specie scoperta e descritta dal Limtow {"2) ha forma
di cuneo e misura solo 2 min. di lunghezza ; il rostello è provvisto
di 13-14 uncini molto sviluppati e di forma caratteristica.
La T. cvneata non è in Lombardia, per quanto noi sappiamo,
molto diffusa; però in alcune località la trovammo numerosissima.
Naturalmente i tentativi per scoprirne l'ospite intermedio furono, come
per le altre specie, assai numerosi. Dopo di avere eliminato , quali
forme sospette, gli animali di acqua dolce (giacché i Polli in certe
località si abbeverano con acqua purissima di pozzo profondo circa
70 metri) i parassiti (Menopon, Goniodes, Guniocotes, Lipeitrus (3), Der-
manyssus) e molte altre specie di Artropodi e Molluschi, sospettam-
Ui Molin. Prodromus Faunae helmint. Venetae (Wien) 1861. Denkschr. d. k. Akad. XIX.
( '1 1 TrOschel' s Archivio 1872 p. 50-57.
(:i) Il Lipeurus manca a Rovellasca.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 89
mo specialmente i Lombrici , i quali . benché ricercati avidamente
dai Polli , ci avevano dato costantemente risultati negativi per le
altre Tenie. Ed infatti nelle sole località , ove si rinveniva diffusa
la T. cuneata e specialmente in certe stalle, nelle quali non aveva-
no accesso altri Vertebrati che Buoi , Cani , Topi , Sorex e Polli,
ed i Polli erano assai infetti di T. cuneata, incontrammo molti Lom-
brici ( Allolobopìtora forti a" a , Eis. : Sin. Lumbricus foetidus , Savi-
ijìiìj = L. olititi* , Hofmeister , diagnosi gentilmente confermataci
dallo specialista Doti. Rosa di Torino), i quali presentavano, nella
cavità del typhlosolis, numerosi cisticercoidi. Questa indubbiamente
erano corrispondenti alla T. murata , e lo dimostrava la forma ca-
ratteristica degli uncini, mentre non avevano nulla a che fare colle
Tenie degli altri sopracitati Vertebrati , Tenie che noi conosciamo
non appena dalle descrizioni, ma anche per pratica.
T. BOTHRIOPLITIS.
Come già si è accennato il Prof. Piana riscontrò in una Helix
(carthusianella o macnlosa?) un cisticercoide, che non potè riferire
ad alcuna Tenia nota. Studiando però le Tenie dei Polli, ne di-
stinse una nuova specie, la T. bothrioplitis, Piana, allo scolice della
quale corrisponde perfettamente il cisticercoide da lui trovato, co-
sicché egli ritiene molto probabile che esso rappresenti proprio la
larva della T. bothrioplitis. Molto affine a questa (ci comunica gen-
tilmente il Prof. Piana) è una Tenia della Colomba ; differisce
però (come ci dimostrano le figure , gentilmente favoriteci dallo
stesso Piana) per l'armatura e la grandezza del rostello e delle ven-
tose, e per altri caratteri, per modo che non si può riferire ad essa
il suddetto cisticercoide dell' Helix.
Noi abbiamo fatto in proposito molte ricerche, e dubitavamo
grandemente che, o il ciclo evolutivo della T. bothrioplitis fosse dop-
pio (con e senza ospite intermedio), o che il cisticercoide del Piatta
non appartenesse alla T. bothrioplitis, perchè a Rovellasca era ol-
tremodo comune la T. bothrioplitis, non trovavamo né YHelix car-
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Mem. II. 12
90 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
tli usili nella, né la macidosa , e non eravamo giunti a far sviluppare,
od a scoprire il cisticercoide nelle pochissime altre lumache col
guscio (Helix s. Coenatoria pomatia, Linn., Hyalina Dreparnaldii, Beck,
Helix s. Patula rotundata, Miti/., Cecilianella urinila Harting), che si
rinvengono a Rovellasca. Anche molte altre ricerche su grande nu-
mero di animali erano riuscite infruttuose.
Gli ultimi giorni che restammo in Lombardia, per caso, ci ac-
corgemmo però che 1' H. Carthusianetta è oltremodo comune sulle
rive erbose delle strade vecchie , luoghi, cioè, che noi ritenevamo
troppo asciutti per un Mollusco e che perciò non avevamo esplo-
rato. Dopo ciò non esitiamo a credere che la T. bothrioplitis deve
avere per ospite intermedio 1' H. carthusianetta , essendo il riscon-
tro molto intimo tra Tenia e cisticercoide del Piana, come abbiamo
potuto noi pure verificare sui disegni di questo egregio Collega, al
quale qui rendiamo pubblicamente grazie.
Altre Helix però debbono funzionare da ospiti intermedi , ed
infatti a Catania è molto comune la T. bothrioplitis, mentre o man-
ca, od è rara 1' H. carthusianetta.
D. T. LEPTOCEPHALA.
La T. leptocephala Creplin . quale vien descritta dal Dujardin
(sinonimo di T. diminuta, Budolphi, e probabilissimamente di T.fla-
vopunctata, Weinland) come è noto, è abbastanza frequente neh' in-
testino del Mas decumanus e del Mus rattus, ed anche due volte
venne già in Italia trovata neh* Uomo (una volta dal Paratia E. e
recentemente dal Grassi (1).)
Tutti gli esperimenti da noi fatti per ottenerne lo sviluppo
immediato, essendo riusciti negativi, la nostra attenzione fu rivolta
a scoprire l'ospite intermedio, cercando sempre di limitare le osser-
vazioni in locali chiusi , dove vi erano Topi in quantità e ripieni
della Tenia in discorso. Le nostre fatiche furono coronate da un
felice successo.
(1) Atti dell' Accad. di Scienze di Torino. Voi. XVIII Adunanza
sa uscir fuori dal corpo dei Pesci, e come poi venga inghiottito,
perchè, messo neh' acqua , cade al fondo , e le vistose sue dimen-
sioni difficilmente possono lasciare credere ad una inavvertita deglu-
tizione. Una impurità, quale è richiesta dall' ipotesi del Parona, è,
in complesso, inammissibile per le acque potabili di Lombardia. L'ac-
qua poi dei laghi di Varese, Moliate ecc., (località del Varesotto, a
cui si riferiscono i casi studiati dal Parona) , ospitando numerosi
pesci coi plerocercoidi in discorso , potrà qualche volta per caso
venire a contenere qualche plerocercoide libero, ma essa non vie-
ne mai bevuta dall' uomo.
L' ipotesi la più semplice sarebbe la esistenza di uno sviluppo
con e senza ospite intermedio, od in altre parole, che 1' Uomo po-
tesse acquistare il Botriocefalo sia inghiottendo i plerocercoidi, sia
gli embrioni cibati ; ma questa ipotesi dello sviluppo senza ospite
intermedio (che erroneamente il Braun ci attribuisce in un riassunto
sul Centralbl. f. Back. u. Paras. di una nostra nota (1) ), non è
suffragata da fatti, anzi noi sappiamo che in Sicilia, colla mancan-
za degli osti del plerocercoide , coincide 1' assenza del Botriocefalo
Iato , ed in Lombardia il Botriocefalo è limitato ai villaggi , o me-
glio alle persone che mangiano pesce almeno qualche volta ; man-
ca invece sempre nei contadini di inaiti villaggi della Lombardia, ore,
non mangiatisi mai pesci.
Bisognava dunque cercare una nuova spiegazione. Si poteva
ammettere che il plerocercoide si trovasse in altri animali, già ac-
cennati dal Kiichenmeister, e7 cioè nelle Rane esculente e nei Gam-
beri. Ci procurammo perciò Rane esculente da Gavirate (lago di
Varese), ma non vi trovammo il cercato parassita; sono pochi del
resto gli Uomini che ne mangiano, perchè, specialmente i contadi-
ni, ne provano una certa avversione. I Gamberi poi nel Varesotto
sono diventati così rari, che è inutile il supporre in essi il focolaio
infettivo. Aggiungasi che in Italia non si usa preparare alcun caviale
colle ova dei Pesci ospitanti plerocercoidi.
(1) Contribuzione allo studio dello sviluppo del Botriocefalo lato. Acc. di Med. di Tori-
no 1887.
'•'4 Ricerche embriologiche sui Ce studi.
Giunti a questo punto, credemmo opportuno verificare che bo-
triocefalo fosse quello ottenuto dal Dr. Paratia coi plerocercoidi da lui
trovati molto frequenti nella Perca fluviatile. Egli li giudicò eguali
a quelli del Botriocefalo lato. Avendone poi dati parecchi a mangiare
a tri- Cani, ottenne lo sviluppo di un Gestode che egli considerò
appartenente al B. lato, senonchè somministrandone a due uomini,
quattro esemplari per ciascuno, la prova fallì completamente in uno,
ìiell' altro riusci imperfetta. L' esperienza del Paratia venne ripresa
dallo Zschokke su due studenti, del pari con risultati negativi. Per-
ciò restava il dubbio che il plerocercoide della Perca non spettasse
veramente al B. lato, e con fondamento si poteva sospettare che
appartenesse ad un B. del Cane simile, ma non identico a quello
dell" Uomo, essendo anche la parte zoologica nella Memoria del
Parona (come francamente confessa lo stesso autore) imperfetta.
A fine di togliere queste incertezze, somministrammo 5 plero-
cercoidi, da noi raccolti in Perche del lago di Varese, a persona
non infetta da Botriocefali. Dopo 21 giorni, durante i quali essa
abitò in un luogo, in cui non si riscontrò mai alcun caso di B. lato
e non mangiò Pesci di sorta, ebbe a presentare nelle fecce ova del
Botriocefalo lato, e dopo tre altri giorni, per effetto di una dose
opportuna di felce maschio, ne eliminò tre esemplari intieri, lunghi
circa 60 cm. ; dopo di che scomparvero le ova delle sue feccie per
non più riapparire.
Questo nostro esperimento dimostra perciò che anche il ple-
rocercoide della Perca fi a ciati/ is spetta al B. lato, come aveva am-
messo, senza però positivamente dimostrarlo, il Dr. E. Paratia (1).
(1) Siccome, dopo i nostri esperimenti, il Dr. E. Parona ebbe ripetutamente a stampare che
un suo esperimento soli' Uomo era riuscito decisivo, cosi noi crediamo di dover riportare le pre-
cide parole dell' autore, tolte dal suo lavoro esteso sopra citato.
" L'individuo per la sua vita all' estero non sarebbe stato a dir vero il miglior soggetto di
esperimentazione Debbo rilevare per la completa valutazione dei fatti chi' non fa pos-
sibile circa l'alimentazione quella scrupolosa osservanza che avremmo desiderato e l'esperimento
richiesto Solo al 24° giorno dalla propinazione mi fu possibile riscontrare nelle feci
uova somiglianti assai a quelle del Botriocefalo, quantunque l'opercolo fosse poco distinto, questo
dubbio però fu escluso per gli esami successivi. L' individuo morì 40 giorni dopo 1' assunzione
Ricerche embrioogiche sui Uestodi. 95
Dopo questi studi, abbiamo meglio considerato quanto aveva
riferito il Parona, e ci siamo persuasi che aveva posto male la que-
stione. È bensì vero che in molti casi il nesso etiologico fra l'uso
della carne di pesce e l' infezione di Botriocefalo non è evidente ,
notandosi che molti di coloro, che presentavano il Cestode, avevano
mangiato raramente Pesci. Ma è anche vero che il fatto non è poi
tanto sorprendente se si riflette : 1° Che il Botriocefalo è relativa-
mente raro, anche là ove lo ricercò il Parona. 2° Che tra gli abi-
tanti dei luoghi in discorso, sono molto scarsi quelli che usano Pesci
di frequente, invece quasi tutti ne mangiano alcune volte nell'anno,
od almeno qualche rara volta nella loro vita. Se dunque migliaia
ili persone mangiano Pesce, benché soltanto eccezionalmente, non stupisce
che qualcuna raramente venga ad ospitare i plerocercoidì ancor vivi,
che si trasformano perciò in Botriocefali; ciò che anzi appare troppo
naturale, se si pensa che circa una metà delle Perche del lago di Varese
contengono almeno un plerocercoide, e che non sono rari i Lucci , che
ne ospitano molti.
Concludendo diremo che, dopo le esperienze dirette coi plero-
cercoidi, dopo il fatto che il Botriocefalo si sviluppa esclusivamente
dove si mangiano certe specie di pesce, mentre nei villaggi, ove
i contadini non ne usano mai, non si riscontra alcun caso di Bo-
triocefalo, resta confermato che i pesci sono i soli ospiti intermedi,
come ha scoperto il Braun.
dei protoscolici (sic-!); non se ne potè fare l'autopsia e 1' osservazione non potè avere l' illustra-
zione completa. „
In un altro articolo riassuntivo (Gazz. med. lomb. Anno 1888, I. semestre), il D.r Parona
così si esprime :
" Di cinque esperimenti tentati con larve di Pesce persico, tre sul Cane furono positivi, dei
due fatti sali' Uomo , uno riuscì negativo. Dei cinque esperimenti istituiti con larve di Luccio ,
uno nel Cane riuscì positivo e nell' uomo tre positivi , uno negativo. Otto esperimenti su dieci
riescirono pertanto dimostrativi. „
Come facilmente si scorge, il D.r Parona non volle usare una dicitura precisa; egli ha evi-
tato 1' affermazione di positivo per il secondo dei casi di infezione nell' Uomo, mediante il plero-
cercoide della Perca; ed è ben giusto, diciamo noi, dopo i sospetti da lui stesso elevati, come si
vede dalla riferita citazione del lavoro esteso.
96 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
Riassunto
Riunendo insieme tutti i fatti qui sopra riferiti, possiamo con-
cludere:
1°. La T. murino s. T. nana si .sviluppa senz' ospite intermedio, e
precida niente passa il periodo di eistieereoide nei villi dell' intestino ,
■poscia dirotta libera nella rarità intestinale, e quivi matura.
2°. Il fatto della T. marina , non ostante le contrarie precisioni
teoriche, od è isolato, o si verifica in ben poche altre forme (1).
3°. Il non riuscire ad infettare, in molti casi, i Mas decumanus
e V Uomo, nonostante die si introducano in essi moltissime uova di T.
marina, o nana, ita fatto sospettare che questa ria di infezione fosse
diffeile e ne, esistesse un'altra indiretta, a mezzo di un ospite inter-
medio; /' ipotesi non è a priori spregevole, ma le manca qualunque ap-
poggio nei fatti, e perciò noi la rigettiamo.
4°. Se di molte Tenie finora non si è trovato F ospite intermedio.
si dece incolpare la grande difficoltà che presenta la ricerca, non già
indurre che lo sviluppo sia senz' ospite intermedio.
5°. Il caso offerto dalla T. marina potrebbe benissimo dirsi di svi-
luppo diretto, perchè un modo di sviluppo, non differente, riscontrasi in
molti anima li, che pur dicousi a sviluppo diretto: ciò non ostante, per
erifare qualunque equivoco, preferiamo denominarlo sviluppo immediato;
iu ogni caso è questione di parole , intendendosi che anche la T.
mulina, come è chiaramente detto nella Nota preliminare del Grassi,
passa per un periodo, in cui è una larva, un eistieereoide (2).
6.° Ij ipotesi del Mégnin viene contraddetta anche dal ciclo evo-
lutivo della Tenia leptocefalo.
(1) Il Moniez (Les parasitea ecc. issi) p. 17.) dice che si può riferirò al ciclo della T. mu-
rimi una Tenia del cavallo, i mi embrioni sono stati trovati nei villi intestinali dal Max Fìe-
sch e descritti da questo autore come un animale nuovo sotto il nome di Globidium Leuekarti; noi
avemmo sott' occhio dei preparati del Gloìiiilium. donatici dal Flesch stesso, e possiamo dichia-
rare del tutto infondata l'opinione del Munir:.
i'2) Il Leuckart oppone che nella T. uno-ina oste ed ospite intermedio coincidono in un me-
desimo individuo: che si spieghi con questo giuoco di parole, notici riesce chiaro; c'è in ogni ea-
SO una netta differenza, ed è che nel ciclo evolutivo ordinario, lo sviluppo è subordinato alla mor-
ti- dell' oste intermedio, e nella Tenia murina non lo è.
Ricerche embriologiche sui Cestodì. 97
Proviamo ora alla luce dei fatti sopra riferiti, le teorie formu-
late per spiegare l'origine delle migrazioni delle Tenie ed in com-
plesso dei Vermi ad ospite intermedio.
Esse sono le seguenti :
1.° La forma di cisticerco è secondaria ed indica una condi-
zione acquisita coll'adattamento a modalità di vita diverse e sfavo-
revoli. Come dice il Claus (1), i Gestodi primitivi si sarebbero per-
duti in osti stranieri; in questi si sarebbero sviluppati in stadi in-
termedi, dapprima eccezionali, in appresso divenuti normali, per
poi, ricondotti nell'oste primiero, dopo la perdita di certe parti
sviluppatesi per adattamento a quelle nuove condizioni di vita,
diventar sessualmente maturi. Quindi l'evoluzione •primitivamente si
sarebbe fatta intiera nell'animale, clic corrisponde all'ospite definitivo,
e T ospite intermedio si sarebbe intercalato ad un dato momento nel
ciclo del parassita. Aggiungiamo noi che a poco a poco sarebbe
andata sopprimendosi la generazione immediata, come all' incirca la
generazione libera in certi Nematodi {Strongyloides, ossia Rhabdonema
intestinale).
L2.° L'ospite intermedio, quello nel quale il parassita vive allo
stato larvale oggigiorno, una volta bastava al suo sviluppo com-
pleto. Esso sarebbe poi diventato insufficiente, perchè il parassita
differenziandosi progressivamente, avrebbe avuto uno sviluppo di-
latato e prolungato , complicato di vari stadi : così si esprime il
Leuckart. " Siccome è poco verosimile, aggiunge questo autore,
che i parassiti, che si trovano principalmente nei Vertebrati, ab-
biano preso origine solamente con questo tipo, bisogna credere
che gli Elminti degli Invertebrati abbiano, col tempo, modificati i
loro caratteri; e, perchè debbono subire una metamorfosi ulteriore
nei Vertebrati, si siano trasformati in forme asessuate. Lo stato
larvale attuale corrisponde allo stato primitivo sessuato, e la somma
delle particolarità delle forme adulte attuali rappresenta tutto ciò
che ha acquistato l'animale primitivo sotto l'influenza di modifica-
zioni progressive del suo ambiente. I Vertebrati formavano d' al-
ti) Lehrbuch d. Zoologie. Marburg u. Leipzig. 1887.
Atti Aco. Vol. IV. Serie 4a — Mem. II. 13
98 Recerche embriologiche sui Cestodi.
tr.onde un mezzo ben più favorevole agli Elminti che gli Inverte-
brati. In molti casi la formazione di nuove specie ha dovuto farsi
parallelamente alla trasformazione, che subivano i loro ospiti. „
3." Gli entozoi sono tutti quanti derivati da animali saprofagi;
qualcuno di essi si è sviluppato direttamente, senza migrazione, nel
tubo digerente. La più parte degli embrioni suscettibili di diven-
tar parassiti , introdotti nel tubo digerente , 1' hanno subito abban-
donato , emigrando nei tessuti , in seguito alla loro inettitudine a
resistere alle influenze meccanico-chimiche dell'intestino; le larve, e-
migrate fuori dell'intestino, andarono generalmente perdute, eccetto
il caso in cui poterono svilupparsi neh* intestino di un Carnivoro ,
nel quale esse erano apportate colla carne del loro primo oste.
Perciò il secondo oste esiste ab origine per le specie a migrazioni
( Moniez (1) ).
In conclusione vi è chi crede che una colta /' ospite definitivo
era unico ospite delle Tenie, chi ritiene che lo era invece /' ospite in-
termedio, e chi infine ammette che i due ospiti, intermedio e definitilo,
esistano ab origine.
Noi pensiamo che non sia giunto ancora il momento opportuno
di decidere seriamente a quale di queste tre differenti teorie si deve
dare la preminenza, e perciò ci limiteremo quasi ad indicare quale
influenza esercitano sopra di esse i fatti da noi scoperti.
Due sono le forme importanti, se questa nostra discussione
viene ristretta ai Cestodi, 1' Archigetes e la T. murina.
La teoria del Leuckart riceve un grande appoggio dall' Archi-
getes Sieboldi, il quale in certo modo lo realizza.
La teoria del Claus a tutta prima riceve un appoggio dalla T.
murina, nella quale, per così esprimerci, l'ospite intermedio va for-
mandosi; ma ciò potrebbe anche interpretarsi nel senso che le
migrazioni fossero un fatto d'ordine primitivo, come vuole il Moniez.
Si potrebbe però sempre opporre che la T. murina è l'espressione
di uno sviluppo falsificato, vale a dire molto abbreviato, ciò che
varrebbe anche contro V Archigetes Sieboldi.
(1) Opera citata.
Ricerche embriologiche sui Cestodi. 99
In favore dello sviluppo abbreviato della T. murina, parla però
tutta la complicata organizzazione del suo cisticercoide (coda brevis-
sima, sviluppo del rostello ecc.), mentre sta contro lo sviluppo ab-
breviato dell' Archigetes la sua semplice organizzazione. Ma né l'u-
no, né 1' altro argomento sono decisivi, l'abbreviazione dello svilup-
po potendo produrre una semplificazione, cpiale uno di noi (il Grassi)
ha dimostrato nelle Termiti , e potendo d'altra parte, non ostante
le caratteristiche del suo cisticercoide, essere la sviluppo della T.
murino primitivo.
Certo è che bisogna spiegare perchè nel corpo dell' ospite in-
termedio i giovani Cestodi acquistino gli apparati, che servono ad
attaccarli all' intestino dell' ospite definitivo: ammettendo come pri-
mitivo il caso della T. marina, la cosa si capisce facilmente.
È pur importante di tener presente che Tenie affmissime alla
marina hanno per ospite intermedio un Invertebrato; ma da ciò si
sarebbe portati tanto a ritenere accorciato lo sviluppo della T. mu-
rimi, quanto a giudicare recente 1' assunzione degli Invertebrati ad
ospite intermedio.
Evidente in ogni caso si è un fatto, che cioè prima che si cono-
scesse la T. murina, la teoria del Leuckart era molto più solidamente
fondata.
Un altro elemento, che finora non fu pigliato in seria conside-
razione nello svolgere queste teorie, si è che in molti casi, come
risulta ora sempre più evidente dopo i nostri studi, gli ospiti in-
termedi dei parassiti dei Vertebrati, sono gli Artropodi, i Molluschi,
è qualche volta anche gli Oligocheti. Aggiungasi che uno di noi
{il Grassi) ha recentemente scoperto nella Blatta V ospite intermedio
della Spiroptera sanguinolenta, e nelle Blaps (mucronata e gigas)
quello dell' Echiuorinco moniliforme. Ora , lasciando in disparte gli
Oligocheti, sui quali si può questionare, certo si è che i Vertebrati
nella loro storia filogenetica non registrano un periodo in cui erano,
almeno lontanamente, simili agli Artropodi ed ai Molluschi, che sono
due rami divergenti e terminali, come i Vertebrati stessi. Notevole
si è inoltre che forme disparate, come un Dermattero (Anisolabis),
100 Ricerche embriologiche sui Cestodi.
un Lepidottero, ed un Coleottero , possano essere ospiti intermedi
di una stessa Tenia. Neanche la circostanza che le Pulci ed i Pi-
docchi sono ospiti intermedi deve essere trascurata.
Tutti questi fatti, a noi pare, s' accordano meglio colla la e
colla 3a teoria, che colla 2a.
Un altro elemento che, secondo noi, ha molto valore, si è la
coda, organo del nuoto. Noi 1' abbiamo trovato nei giovani Cestodi,
ancor molto sviluppata, benché già senza funzione; invece essa fun-
ziona tuttora nei giovani Trematodi. Perchè non si potrebbe ammet-
tere che i Cestodi, i Trematodi ed i Nematodi attuali a due ospiti,
in rapporto colle loro dimensioni piuttosto considerevoli, una volta
diventassero adulti in vita libera, come gli attuali Gordius e Mermis,
per la qual vita, quelli che non avevano già una capacità locomo-
toria, si provvedevano di una coda (Cercarie e Cisticerchi) ?
Sarebbe questa una quarta teoria da unire alle altre e da va-
gliare opportunamente.
Come già dicemmo, non crediamo per ora di dare la prefe-
renza a nessuna delle tre precedenti, e neanche a quest' ultima.
Noi ci lusinghiamo però che i nostri studi portino elementi
non spregevoli alla soluzione del problema, che non è ancora ma-
turo.
Spiegazione delle Tavole.
N. B. Neil' eseguire le figure abbiamo tenuto conto della diffi-
coltà che avremmo incontrata nella pubblicazione del lavoro, se fos-
sero state numerose come richiedesi quando si vuole non appena
rendere chiaro il testo, ma provare anche al lettore che veramen-
te tutti i fatti stanno quali vengono riferiti. Abbiamo perciò dovu-
to accontentarci di illustrare le descrizioni, limitandoci a provare i
punti essenziali. Ecco perchè non di rado invece di copiare una
per una le sezioni, combinammo una figura con parecchie di esse,
e perchè altre figure sono state alquanto schematizzate , rendendo
così meno costosa la esecuzione litografica.
Di questo nostro procedere saremo certamente criticati in Ger-
mania, ma in Italia no , perchè nessuno ignora le tristi condizioni
in cui versano gli autori che cercano di pubblicare i loro lavori
quando sono accompagnati da tavole.
Il primo numero dopo la spiegazione delle singole figure indi-
ca l'oculare, il secondo, l'obbiettivo: K. , microscopio Koritska : H.,
microscopio Hartnack.
Le figure sono copiate a tubo accorciato, però non sempre a
livello del tavolino portaoggetti.
In tutte le figure:
ali. ani. = allargamento anteriore.
ali. pos. = allargamento posteriore.
hoc. = bocca del cisticercoide introflesso, da noi pa-
ragonato per la figura ad una gastrula.
bui. = bulbo del rostello.
cai. = corpuscolo calcare.
102 Spiegazione delle tavole.
cav. = cavità della gastrula (v. sopra).
cis. = cisti avventizia.
cod. = coda.
cut. = cuticola.
esc. == vaso escretore.
lac. = lacuna primitiva.
mus. = muscolatura.
net: = sistema nervoso.
par. est. = parete esterna.
par. ini. = parete interna.
ros. = rostello.
sco. = scolice.
veri. = ventosa.
TAVOLA I.
Riguarda lo sviluppo del cisticercoide della T. ellittica.
Fig. 1. a e b — Embrioni esacanti con alcuni vacuoli (a fresco) K. 3, 7.
v 2. — Porzione di uno di essi trattato coli' acido acetico.
K. 4. Via (ad olio).
„ 3, 4. — Vescicole primitive (a fresco) ; la lacuna primitiva è an-
cora piccola. K. 3. 7.
„ 5. Vescicola primitiva, cresciuta di molto (a fresco); la lacuna
primitiva è già molto ampia. K. 3. 8.
„ 0. — Id. (a fresco) ; periodo di sviluppo un po' più inoltrato.
K. 3. 8.
„ 7. — Embrione (a fresco) nello stadio, in cui sono da poco
comparsi il rostello e le ventose. Il rostello è alquanto al-
terato, le punte in parte cadute. K. 3. 7.
„ 8, 8. — Embrione alquanto più giovane ( a fresco ) ; non si
vedono le ventose; sui tagli di questo stadio è però possi-
bile di distinguerle ed anche a fresco in casi speciali si pos-
sono intravvedere. La lacuna è segnata oscura in una figu-
Spiegazione delle tavole. 103
ra, in parte chiara ed in pai-te oscula in un" altra, perchè
così appariva senza che noi bene potessimo rendercene ra-
gione. K. 3, 5.
Fig. 9. — Id. presso a poco nello stesso stadio della iìg. 7. (a
fresco ). K. 3. 5.
, 10. — Cisticercoide ( a fresco ) poco prima che cominci 1' in-
troflessione della parte anteriore nella posteriore del corpo;
il rostello sta estroflettendosi ; si vede un uncino, che pare
attaccato all'estremità posteriore del corpo (fatto riscontrato
numerose volte anche sui tagli ). K. 3. 5.
„ 11. — Cisticercoide (a fresco) poco prima che cominci l' in-
vaginamento; il rostello stava estroflettendosi, perciò non si
vede la bocca dell' invaginamento, sfornita di uncini; la co-
da è stata tralasciata. K. 3. 7.
, 12. — Cisticercoide maturo ed invaginato (a fresco). K. 3. 5.
„ 13. — Cisticercoide maturo e svaginato (a fresco); il rostel-
lo è quasi totalmente svaginato ; la coda è stata tralasciata.
K. 3. 6.
„ 14. — Cisticercoide maturo e svaginato (a fresco) : è alquanto
alterato : il rostello è parzialmente svaginato : la coda è sta-
ta tralasciata. K. 3. 6.
„ 15. — Invaginamento corrispondente al rostello (a fresco),
quando gli uncini sono ancora presenti neh' allargamento
posteriore. K. 4. 8.
„ 16. — Id., quando più tardi gli uncini dell' allargamento po-
steriore sono caduti. K. 4. 8.
„ 17. — Porzione anteriore d'una giovine tenia ellìttica mostran-
te il rostello quasi totalmente sporgente. K. 3. 8.
„ 18. — Sezione longitudinale della vescicola primitiva. K. 3, 9.
„ 19. — Sezione longitudinale : il rostello è formato da poco ;
non è ancora incominciata l' invaginazione della parte ante-
riore del corpo nella posteriore ; la coda è già separata dal
corpo per mezzo di uno strozzamento. K. 3. 4.
104 Spiegazione delle tavole.
TAVOLA IL
Riguarda lo sviluppo del cisticercoide della T. ellittica.
Fig. 1. — Sezione longitudinale obliqua, quando sono comparsi an-
che gli accenni delle ventose. K. 3. 7. (Essendo la sezione
obliqua, il bulbo del rostello appare anteriormente coperto di
cellule).
„ 2. — Sezione longitudinale al comparire del bulbo. H. 3. 9.
„ 3. — Sezione longitudinale, quando è appena cominciato l'inva-
ginamento in corrispondenza alla regione del rostello. K. 3. 8.
4. — Porzione di una sezione longitudinale di un cisticercoi-
de molto grosso ed estroflesso ; corrisponde poco indietro
delle ventose. H. 4. 9.
„ 5. — Id., in corrispondenza di un vaso escretore. H. 4. 9.
„ 6. — Porzione anteriore di una sezione simile a quella rap-
presentata dalla figura 19. Tav. I. K. 3. 8.
„ 7. — Porzione anteriore di una sezione longitudinale : ro-
stello semiestroflesso. K. 3. 5.
„ 8. — Porzione anteriore di una sezione longitudinale del cisti-
cercoide, poco prima che incominci l'invaginamento. K. 3. 8.
;, 9. — Sezione longitudinale del cisticercoide con invaginazione
della parte anteriore nella posteriore ; la coda è stata tra-
lasciata. K. 3. 5.
„ 10. -- Uua porzione di una sezione simile a quella rappre-
sentata dalla figura precedente. K. 3. 8.
„ 11. — Sezione longitudinale un po' obliqua, quando l'inva-
ginazione della parte anteriore nella posteriore è mediocre ;
la coda è stata tralasciata. (La sezione non passa come le
precedenti, per l' asse antero-posteriore del rostello per ciò
potrebbe dirsi, in certo modo, laterale) K. 3. 5.
„ 12. - - Porzione di una sezione simile a quella precedente,
ma a periodo di sviluppo alquanto meno inoltrato. K. 3, 8.
„ 13. — Porzione di una sezione longitudinale di un cisticer-
coide molto grosso ed estroflesso ; del bulbo è rappreseli-
Spiegazione delle tavole. 10f>
tata appena 1' estremità posteriore ; si vedono i due nervi
longitudinali. K. 3, 9.
Fig. 14. — Sezione trasversale a livello delle ventose, quando l'in-
vaginazione della parte anteriore nella posteriore è molto
avanzata. K. 3, 8.
TAVOLA III.
Riguarda lo sviluppo del cisticercoide della T. murina, eccetto
le figure 26 e 27, che riguardano quello della T. ellittica.
Fig. 1. — Uovo di T. murina , come si vede non molto di rado
nelle fecce (non si distingue sicuramente da un uovo di T.
nana). K. 3, 8.
„ i2. — Uovo di T. mitrino, (a fresco), tolto da una proglottide.
K. 3, 7.
„ 3. — Estremità anteriore dello scolice, col rostello sporgente
(a fresco); Tenia adulta. K. 3, 8.
4, 5; 6, 7. — Embrioni esacanti (a fresco) K. 3, 6.
„ 8, 9. — Vescicole primitive (a fresco); in una si vede un cor-
puscolo calcare. K. 3, 5.
„ 10, 1 1. — Embrioni esacanti, senza lacuna, ma già con corpu-
scoli calcari. K. 3, 8.
„ 12 — Vescicola primitiva, dopo la comparsa del rostello e
delle ventose. K. 3, 5.
„ 13 — Cisticercoide interamente sviluppato (a fresco). K. 3,8.
„ 14 — Sezione longitudinale della vescicola primitiva , prima
che compaiono il rostello e le ventose. K. 3; 9.
„ 15 — Id. ma un po' obliqua, dopo la comparsa del rostello
e delle ventose. K. 3, 9.
„ 16 — Stadio uguale a quello della figura precedente , in
sezione trasversale. K. 3, 9.
„ 17 — Sezione longitudinale un po' obliqua , dopo che si è
verificata l' invaginazione da pochissimo tempo. K. 4, 9.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4» — Mcm. II. M
106 Spiegazione delle tavole.
Fig. 18 — Ugual stadio della figura precedente , ma in sezione
trasversale, al livello delle ventose. K. 4, 9.
„ 19 — Sezione longitudinale un po' obliqua, a periodo di svi-
luppo un po' più inoltrato di quello rappresentato dalla
fig. 17; le ventose sono nettamente invaginate. K. 3, 5.
„ 20. — Sezione trasversale a livello delle ventose in uno stadio
di sviluppo poco più inoltrato di quello rappresentato dalla
fig. 18. K. 3, 5.
„ 21 — Id. a periodo ancora alquanto più inoltrato di quello
della fig. 19. K. 3, 5.
„ 22 — Sezione longitudinale (laterale : v. sopra) di un embrione
a periodo di sviluppo presso a poco eguale a quello della
fig. 21. K. 3, 5.
„ 23 — Sezione longitudinale del cisticercoide, prima che spun-
tino gli uncini; il rostello è introflesso. K. 3, 8.
„ 24 — Presso a poco della fig. 23; ma col rostello estroflesoO
K. 3, 8.
„ 25 — Sezione longitudinale d' un villo con un cisticercoide;
si notano sul cisticercoide due uncini embrionali. K. 3, 8.
,26 — Sezione trasversale a livello delle ventose, subito dopo
il rostello, di un cisticercoide (T. ellittica) molto grosso, sva-
ghiate ed interamente sviluppato, K. 4, 9.
„ 27 — Id., verso la parte media del cisticercoide. K. 3 , 9.
TAVOLA IV.
Riguarda i cisticercoidi delle Tenie Proglottina , Leptocefala,
Cuneata, Infundibiliforme, ecc.
Nella spiegazione delle figure :
P = cisticercoide della T. yroylottina.
L = „ » » leptocephala.
C = „ „ „ cuneata.
I — „ » „ infundibuliformis.
Spiegazione delle favole. 107
Fig. 1 — L. noli* Anisolabis (a tresco) ; è incistato ; vi si vede la
lunga coda, la quale presenta molti corpuscoli d' aspetto par-
ticolare. K. 3, 4.
., '■l — Sezione trasversale della L. a livello delle ventose. H. 3, 8.
„ 3 — Sezione longitudinale della L. ; si vede appena una porzio-
ne della coda. H. 3, 8.
,4 — L. (a fresco), senza cisti e con una sola porzione della co-
da; è stato trattato coll'acido acetico; la muscolatura (?) cir-
colare in parte è stata copiata da un sol lato; linee, relati-
vamente grosse e molto oscure segnano la lacuna primitiva
ilac.) ed il residuo della cavità paragonata alla cavità ga-
strulare (cav.). K. 3, 5.
„ 5 — Porzione della figura precedente a più forte ingrandimento:
la parete della cavità gastrulare è indicata da una linea trop-
po grossa e troppo oscura ; si notano molti corpuscoli cal-
cari. K. 3, 9.
,6 — Porzione simile in un altro esemplare ; si notano vasi
escretori. K. 3, 9.
,7 — P., interamente sviluppato (a fresco) ; si vedono i sei un-
cini embrionali. K, 3, 8.
„ 8 — Id., conservato in tato. K. 3, 8.
„ 9 — P., interamente sviluppato ; sezione longitudinale. H. 2, 7.
,10 — Giovane P. (a fresco), ancora fornito di coda. K. 3, 5.
,11 — C, sezione trasversale; per un piccolo tratto, attorno alla
cisti, è segnato quel tessuto del tyjpMosolis, in cui sta il ci-
sticercoide. K. 3, 7.
, 12 — C. (a fresco). K. 3, 4.
„ 13 — Tre uncini della C. (è, e e d) K. 3 , 8 ; un quarto (a) è
rappresentato fortemente ingrandito.
„ 14 — L, metà circa posteriore-laterale di una sezione longitu-
dinale. K. 3, 8.
„ 15 — L, svaghiate e reso trasparente in potassa. K. 3, 4.
„ 16 — 1., estremità anteriore della fig. 15. K. 3, 8.
10^ Spiegazione delle favole.
Fig. 17— Uncino definitivo, isolato della 7. ed ingrandito 920 volte
(dal Krabbe).
„ 18— Uncini definitivi di un cisticercoide indeterminato deWAkis
spiti osa. K. 3, 8.
„ 19— Uneini della T. microstoma : a K. 3. 8 : b, e, d, a tortis-
simo ingrandimento.
INDICE
AVVERTENZE patf. 1
DEDICA » 5
Capitolo I. — Cisticercoidi e loro storia evolutiva ...» 7
Capitolo II. — Unità di tipo dei cisticerchi e dei cisticercoidi. —
Affinità dei Cestodi tra di loro e cogli altri Platelminti. — Stato
della quistione prima dei nostri studi e dopo di essi. . . » 34
Capitolo III. — Ciclo evolutivo dei Cestodi » 65
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE » 101
Tav. 1.
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Memoria III.
Contribuzione allo studio geologico dell' Altissima
Memoria del Prof. LORENZO BUCCA
La bellissima collezione di roccie (1), che forma 1' oggetto di
questo studio, fu raccolta dall' ingegnere L. Baldacci, incaricato dal
R. Governo del rilievo geologico della nostra colonia eritrea. Le
condizioni fortunate in cui egli potè eseguire le sue escursioni, ma
più di tutto la sua arditezza permisero di esservi rappresentate lo-
calità dell' interno dell' Abissinia dove ancor oggi sarebbe assai pe-
ricoloso di penetrare.
Lo studio di queste roccie riesce poi di grande interesse per-
ciò che 1' Abissinia , costituita principalmente da scisti cristallini
e da roccie massiccie, non offre alla geologia quasi mai altro ca-
rattere che il litologico.
Se questa è la prima volta che il materiale abissino venga
sottoposto all' analisi microscopica , però già da parecchio tempo
numerose e preziose osservazioni geologiche sul posto sono state
fatte da Ferret e Gallinier (2) nel 1S44, da Blanford (3) nel 1870;
dall'ingegnere L. Baldacci (4) nel 1891. La importante monografia
pubblicata da quest' ultimo , accompagnata da una bellissima carta
geologica ci dà un'idea assai chiara della costituzione geologica di
questa parte d' Africa. Io mi limito quindi a darne qui solo un
breve cenno.
L' abissinia è formata principalmente da un immenso altipia-
no, quasi perfettamente orizzontale, a più di 2000 ni. sul livello del
mare, tagliato a picco verso il Mar Rosso , dal quale è diviso da
una serie di contraforti , ancor essi imponenti e formanti anzi fra
(1) Figura nella mostra eritrea dell' Esposizione nazionale di Palermo di quest'anno.
(2) Comptes rendus 1K44 voi. XIX pag. 881.
(3) Observations on the Geology and Zoology of Abyssinia. London 1870.
(4) Osservazioni nella Colonia eritrea. — Memorie descrittive della carta geografica d' Italia
Roma 1S91.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Mem. III. 1
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
loro strette e ripide gole che sono la maggior difficoltà per 1' ac-
cesso all' altipiano.
Il suolo è costituito in grandissima parte da scisti cristallini attra-
versati da filoni e più spesso ricoperti da immensi mantelli di roc-
cie eruttive antiche (graniti, dioriti, ecc.) o giovani (basalti e trachi-
ti). Due roccie stratificate sono sviluppate nella parta meridionale
dell' Abissinia, cioè: il calcare di Alitalo, che pei fossili si è potu-
to riferire al Giurassico, e 1' arenaria di Adigrat ad esso sottostan-
te. Queste due roccie non furono però incontrati nella via per-
corsa dall' ingegnere Baldacci. Verso la costa del Mar Rosso il Bal-
dacci constatò la presenza di conglomerati fatti a spese delle roc-
cie cristalline, di marne e arenarie probabilmente riferibili all' eoce-
ne; di argille fossilifere del pliocene superiore: di calcari tufacei co-
ralligeni ancora in via di formazione. Anche lungo questa costa ha
grande importanza una serie di formazioni vulcaniche , di epoca
geologica relativamente recente. Depositi di travertino si trovano
frequentemente sulle strette vallate che fiancheggiano il ciglione
dell' altipiano: esso è il materiale più accessibile in questa regione
per fornire la calce.
SCISTI CRISTALLINI
I signori Ferret e Gallinier aveano già notato essere il suolo
dell' Abissinia costituito principalmente da roccie cristalline , che
riferivano in parte alla formazione primaria, in parte à quella di
transizione e in parte (le dioriti e le amiiboliti) al carbonifero,
senza però appoggiare la loro determinazione ad altro che al-
l' analogia con formazioni consimili dell'Europa centrale.
II Blanford indicò tutta questa formazione col nome di " Me-
tamorphic „ riferendosi all' ipotesi del metamorfismo regionale , se-
condo la (piale tutti gli scisti cristallini sono dovuti al metamor-
fismo di roccie sedimentarie per azione principalmente del granito,
talora neppure venuto a giorno. Egli vi distinse nettamente due
parti, cioè : una nettamente scistosa e un' altra d' aspetto granitoide
Contribuzione allo studio geologico dell' Abìssinia.
alla quale, secondo la vecchia scuola, si solea attribuire l'azione me-
tamorfizzante. Il Blanford si oppose decisamente a questo modo di
vedere, egli considerava tutte queste roccie, tanto le scistose che
le grauitoidi, come appartenenti ad unica formazione, anzi trovava
perfetta somiglianza con analoghe roccie dell'India, dove le roccie
granitoidi e gli scisti, ricoprenti quasi metà della penisola gange-
tica, presentano i graduali passaggi delle une nell' altre e da nes-
sun geologo ivi si dubita sulla loro comune natura scistosa.
L' ingegnere Baldacci distingue nettamente due formazioni. La
formazione scistosa, che forma la base, il fondamento di quasi
tutto il suolo abissino : e i graniti e le altre roccie a tipo grani-
toide, che costituiscono la parte superiore.
La formazione scistosa è formata, procedendo da ba'sso in
alto, da gneiss, scisti gneissici e amfibolici, banchi di micascisti e
cipollini, argilloscisti e filladi, tutti diretti a N-E con pendenza molto
marcata ad O. La parte superiore è formata da potenti ammassi
pressocchè orizzontali di roccie granitoidi, che poggiano in discor-
danza sugli scisti cennati.
È interessante come il Baldacci abbia potuto distinguere net-
tamente le due formazioni senza confonderle in unico gruppo, come
fece il Blanford. È in oltre da notare che questa disposizione delle
roccie a tipo granitoide al disopra di quelle a tipo scistoso è tutta
al contrario di quanto avviene sulle nostre Alpi dove il nucleo è
costituito dal gneiss granitoide, dal così detto serizzo ghiandone.
Passerò ora allo studio di queste roccie: gneiss, gneiss epidotifero,
gneiss talcoso; micascisto talcoso, scisto amfibolico, scisto amfibolico
epidotifero ossia ovardite, scisto cloritico, scisto calcareo-cloritico,
scisti filladici e scisto siliceo.
N. 1. Keren. Gneiss.
È un gneiss tipico, abbondante di feldspato, il quale forman-
do sovente delle segregazioni, dà alla roccia una struttura porfi-
roide ( ad occhio ). Contiene tutte e due le miche, ma l' oscura vi
domina. Al micoscropio parte del feldspato si manifesta ortoclasi-
co, ma il microclino vi è abbondante. Copiosa poi vi è la titanite.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
X. 2. Gola (il Ailet. Gneiss epidotifero.
È un gneiss finamente scistoso, ricco di amfìbolo.
Al microscopio si mostra scarso di feldspato, avvicinandosi
più ad un micascisto. Accessoria vi entra la titanite. Come prodot-
ti secondarti bisogna annoverare: 1' epidoto e la calcite.
K 3. Monte Farak. Ailet. Gneiss talcoso.
È una massa feldspatico-talcosa verdastra , lucente , che può
riferirsi a quel tipo di roccie a cui si è dato nome di gneiss pro-
toginici.
N. 4. Collina presso Và'à (Zula). Micascisto.
È un micascisto molto oscuro, perchè ricchissimo di biotite.
Presenta sulle superficie di frattura, esilissime pieghettature ret-
tilinee, parallele, dovute sicuramente a compressioni laterali, deter-
minate dalle forze orogenetiche, e che più accentuate avrebbero
fornito una falsa scistosità (o come è intesa più comunemente
una scistosità trasversale). Contiene dei cristallini neri aciculari .
a splendore piuttosto vitreo, che al microscopio si palesano per
tormalinia bruna a forte pleocroismo (da giallo bruno a bruno
oscuro).
N. 5. Valle del G/uncla. Filoyobai. Micascisto.
Micascisto marcatamente fogliettato, nero splendente, con ten-
denza al verdastro, per cloritizzazione della mica. Simile del resto
alla roccia precedente.
N. 6. UeVà. (Zilla)- Micascisto talcoso.
È proprio uno di quei tipi di micascisti verdastri più o meno
talcosi e cloritici, così frequenti nella zona delle pietre verdi (stabi-
lita dal Gastaldi ) delle nostre Alpi occidentali, e che taluni indica-
no per scisti protoginici.
.V. /. Forte di Keren. Scisto amfibolico.
Amfibolite verde nerastra, splendentissima, ad elementi apprez-
zabili ad occhio nudo. Al microscopio presenta l'anifibolo bacillare
verde, fortemente pleocroitico e, in assai minor quantità, granuli
giallo-pallidi di epidoto e nel fondo anche granuli incolori di feld-
spato ortoclasico.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
N. 8-9. GrUtnÒ. Valle Ansila. ( Keren ). Scisto amfibolico.
Simile alla precedente, ma con struttura molto finamente sci-
stosa , resa appariscente per alternanza di sottilissimi stratarelli
bianchi feldspatici.
N. 10. Monte Ghèdam ( Massaua ). Scisto amfibolico.
Amfibolite verde oscura, occhiettata con macchie più chiare :
attraversata da macchie e venuzze bianco-lattee di sostanza saussu-
ritica. Al microscopio accanto all'amfibolo, discretamente pleocroi-
tico, compare dell'augite verde chiarissima, quasi incolora ( diopsi-
de o saalite), di formazione posteriore, infatti sempre racchiude
cristalli dell'aiuti bolo e non è da questo. mai racchiuso. Inoltre la
roccia racchiude del feldspato ortoclasico, epitodo e bei cristalli di
titanite.
N. 11. Ghinda. Scisto amfibolico.
Amfibolite finamente scistosa, nera grigiastra , con splendore
semimetallico, tanto da sembrare uno scisto grafitico. Al microsco-
pio risulta formato principalmente d' amfibolo bruno e in minore
proporzione da feldspato, in gran parte ricoperto da una minuta
granulazione epitodifera.
N. 12. Monte Ghèdam. (Massaua). Scisto amfibolico epito-
difero.
Amfibolite nera verdastra, chiazzata in verde pistacchio da
concentrazioni epidotiche. Non mostra segno apparente di scistosi-
tà; tanto da sembrare proprio una roccia massiccia. Al microsco-
pio mostrasi costituita da amfibolo, in gran parte cloritizzato, da e-
pidoto, il quale talora si concentra a formare quelle macchie visi-
bili ad occhio nudo. Nella roccia compare anche plagioclase ab-
bastanza ben conservato e come accessoria l'illmenite, circondata
da quella sostanza biancastra, semiopaca, conosciuta nella lettera-
tura petrografia col nome di Leukoxèno di Gumbel. Anche l'apa-
tite è discretemente rappresentata.
Mentre la presenza del plagioclase fa riavvicinare questa roccia
alle dioriti, d'altra parte l'abbondanza di epidoto e clorite la col-
legano colle roccie seguenti, conosciute col nome di ovarditi.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
N. 13-14. Valle dell' Arghesama. Sotto il Monte Bizen (Ghinda).
Scisto amfibolico epidotifero (ovardite).
Roccia verde pisello oscuro: apparentemente massiccia, ma
anche al microscopio risulta la sua natura scistosa , mostrando
una struttura finamente granulare e con fluttuazione degli ele-
menti. Questi sono granuli di epidoto e ammassi verde chiari di
clorite ; tutto sopra un fondo incoloro di feldspato plagioclase e di
muscovite e forse anche di talco. Qua e là granuli opachi, giallo
ottone e a splendore metallico, riferibili a pirite.
Questa roccia mostra una perfetta somiglianza con quella che
nelle nostre Alpi occidentali e precisamente nella zona delle pietre
verdi ebbe il nome di ovardite, perchè la Torre d' Ovarda , in vai
grande di Lanzo, ne è essenzialmente costituita.
N. 15. Mai' hinzi. Arbaroba. Ghinda. Scisto cloritico.
Scito verde, sottilmente fogliettato, costituito in massima par-
te da clorite. Sulle superficie di frattura presenta un sistema di sot-
tilissime pieghe, che gli danno un aspetto fibroso, ma che si spie-
gano per compressioni laterali preparante una scistosità trasversale.
N. 16. Fondo della ralle Arghesama. (Ghinda). Scisto calcareo
cloritico.
Roccia verde nerastra tendente al verde pisello: alla stilatura
bianco candido, come la sua polvere. Al microscopio si mostra for-
mata principalmente da lamelle verdi pallidissime di clorite e da
granuli di calcite, senza le geminazioni polisintetiche, tanto caratte-
ristiche per questo minerale nei granuli dei calcari cristallini. Da
questa descrizione appare evidente il suo riferimento ad un cipol-
lino cloritico.
N. 17. Porte del diavolo. (Asinara). Scisto filladico.
Vero tipo di argilloscisto, come se ne trovano in tutte le for-
mazioni geologiche, dall'eocene al paleozoico e all' arcaico.'
N. 18-19. Acque calde di A ilei. Scisti fìlladici.
Anche questi sono argilloscisti, ma più lucenti e più verdastri
del precedente : il vero tipo delle fillade.
N. 20. Porte del diavolo (Asinara). Scisto filladico.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
La lucentezza si accentua di più, diventando un po' grassa e
ricordando in tutto, uno scisto sericitico.
X. 21. Mai'hìnzi. Arbaroba {Ghinda),
Scisto siliceo, nero compattissimo; vera Udite, come se ne tro-
va in tutte le formazioni geologiche.
ROCCIE MASSICCIE ANTICHE
Riuniamo qui tutte quelle roccie ad aspetto granitico, che for-
mano delle intrusioni attraverso la serie cristallina sopradescitta o
si distendono a guisa di potentissime e ^estesissime colate su di
essa , formando il livello superiore dell' Arcaico, secondo F ingegne-
re Baldacci.
Parleremo quindi di pegmatiti, di granito a mica oscura ossia
granitite , ta lora ad aspetto porfiroide , di granito e di granitite
amfibolici, di granititi epidotifere, di leptiniti. Del tipo porfirico ci-
teremo poi i granoliri (micropegmatiti della scuola petrografìca fran-
cese) , i porfidi quarziferi , l' eurite o porfido compatto terroso.
Delle roccie meno acide descriveremo la diorite quarzifera; le
dioriti con passaggio alle diabasi ossia le vere epidioriti, le dioriti
epidotifere e infine anche la diorite porfìrica.
N. 22. Monte Ghedam (Massima) Pegmatite.
Roccia a grossi elementi , di color roseo. Il feldspato vi pre-
domina ; ad occhio nudo è visibile la sola muscovite. Al microsco-
pio ci presenta il feldspato ortoclasico e il microclino penetrati da
sottilissime infiltrazioni di ematite in lamelle rosso sangue. Oltre
alla muscovite compare pure la biotite, in gran parte ridotta in
clorite. La presenza della biotite nelle pegmatiti non è nuova. Ho
visto delle bellissime pegmatiti delle Alpi centrali , dove la biotite,
in larghe lamelle predomina sulla muscovite : sicché la denomina-
zione -pegmatite più che una specie litologica , deve indicarci una
struttura peculiare delle roccie granitiche. Nella roccia in questio-
ne vi è moltissima quantità di granuli di granato rosso, ai quali
si deve pure la colorazione della roccia. Inoltre del quarzo pegmatitico.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissi ma.
X. 2':>. Monte Ghedant. (Massaua). Pegmatite.
Quest'altra pegmatite è bianchissima, a piccoli elementi, in modo
da l'are un vero passaggio alle leptiniti (apliti, secondo altri scrit-
tori). È ricca di feldspato e contiene pochissima mica chiara.
Al microscopio mostra oltre all' ortoclase anche del plagiocla-
se e principalmente del microclino.
Accessoriamente vi si nota molta apatite.
X. 24-25-26. Keren. Granitite.
Sono diversi campioni più o meno ben conservati di granititi
(ossia granito a biotite) a grana piuttosto piccola, ricchi di feld-
spato (ortoclasico e plagioclasico). Presentano del resto tutto l'aspet-
to delle granititi frequenti sulle nostre Alpi , in Calabria, in Corsi-
ca, Sardegna e nell' arcipelago toscano.
X. 27. Valle di Ziret. Bar resa (Ghinda) Granitite.
Pioccia molto simile alle precedenti, però giallastra perchè il
feldspato oltre ad essere profondamente caolinizzato, è imbevuto da
una sostanza ocracea giallastra. Al microscopio appare molto ricca
di quarzo. Il feldspato, non ostante la sua. profonda alterazione si
fa conoscere in gran parte per plagioclase, ricoperto da granulazione
giallognola di epidoto. La mica assai pallida è spesso cloritizzata.
N. 28. Vanni. Piano di Gurà. Granitite.
Granitite grigio chiara a grana media, ben conservata. Al mi-
croscopio mostra oltre all' ortosa anche del plagioclase , quarzo e
biotite ancor fresca. Abbondante vi è l'apatite in sottili e lunghi aciculi.
X. 29-30. Amba Sani. (Molto a N. di Kn-en) Granitite.
Questa roccia per l' aspetto è identica alle precedenti. Al mi-
croscopio mostra perù abbondanza di plagioclase e prevalentemente
di microclino.
Questo fa nascere il sospetto che molte di queste roccie de-
scritte come graniti, possano essere solamente gneiss granitoidi.
Ma però il microclino è stato trovato anche nei graniti veri.
L'epidoto è abbondante , non solo come minuta granulazione, co-
sparsa sui plagioclasi , ma anche in granuli abbastanza grossetti.
Abbondano pure gli aciculi di apatite.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
X. 31. allinda Granitite.
La roccia è piti oscura, e a splendore più grasso delle pre-
cedenti e ciò dipendentemente dal feldspato ridotto in saussurite.
Il microscopio conferma questo stato di alterazione del feldspato,
e mostra la mica molto cloritizzata. Qua e là si constatano le gra-
nulazioni dell' epidoto.
X. 32. Fortino di allinda. Granitite amfibolica.
È una roccia grigia piuttosto oscura, perchè la biotite vi è in
gran parte rimpiazzata dall' amfìbolo e perchè il feldspato è meno
abbondante". Al microscopio la mica è quasi totalmente ridotta in
clorite, l'amfibolo invece vi è discretamente conservato. Accessoria-
mente compare molta apatite.
N. 33. Vanut. Guru. Granitite amfibolica.
Questa granitite è molto simile alla precedente , però qui è la
parte feldspatica, che predomina sopra la parte oscura formata di
amfìbolo e biotite e da ciò una tinta più chiara della roccia. Il feld-
spato si presenta in grossi cristalli che formando come delle se-
gregazioni, danno alla roccia un aspetto porfirico.
JSr. 34. Vaile del Marèb. (fra Godofelassi e Gurà). Granito am-
fibolico.
Questa roccia è grigia, piuttosto oscura , non tanto per 1' ab-
bondanza dell'amfìbolo, quanto per la colorazione grigiastra del feld-
spato e per 1' abbondanza del quarzo. La biotite è anche discreta-
mente conservata. Al microscopio si riconosce per plagioclase gran
parte del feldspato : ciò che fa avvicinare la roccia ad una diorite
quarzifera. L' apatite vi è copiosa.
Ar. 35. Forte piccolo di Ghinda. Granitite porfirica.
Roccia grigio oscura, a tinta però più smorta della preceden-
te, perchè il feldspato è abbastanza alterato. Alcuni cristalli di feld-
spato ; sviluppati maggiormente , formano delle vere segregazioni
portinerie. Il microscopio conferma lo stato di alterazione del feld-
spato , non che degli altri elementi. Il feldspato è in gran parte
plagioclasico; la biotite è accompagnata dall' amfìbolo. Il quarzo è
meno abbondante della roccia precedente.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. III. 2
10 Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
N. 36. Valle di Ziret. Barresa. (Ghinda). Granitite porfiriea.
Questa roccia è a grana assai fine , a tinta un po' più chiara
della precedente e pei grossi cristalli di feldspato aquista un
aspetto porfìrico.
Al microscopio si mostra perfettamente simile alla precedente.
N. 37. .58. 39. 40. 41. Cima del Monte Bizen. (Ghinda) Grani-
tite rosea.
Il colore roseo di queste roccie è dovuto al feldspato compe-
netrato da sostanza ferruginosa.
La biotite vi è per lo più cloritizzata, e in generale poco ab-
bondante. Il feldspato più o meno alterato, al microscopio si fa
riferire al plagioclase, ed è accompagnato da granulazioni epidoti-
che, che talora raggiungono discrete dimensioni. L'amfibolo si trova
in tutti i campioni, ma in proporzione variabile.
N. 42. Valle del Marèb. Granitite rosea amfibolica.
Roccia grigiastra, macchiettata porfìricamente in rosa e in bian-
co dai cristalli di feldspato. Il fondo grigio , guardato attentamen-
te, risulta formato da quarzo e da un minerale nero , che al mi-
croscopio si riconosce per amfìbolo, in parte cloritizzato e disseminato
di granuli epidotici. Il feldspato è bianco e presenta spesso una leg-
gera tinta giallastra, dovuta a copiosa formazione di epidoto. La bio-
tite vi è anche discretamente rappresentata, ancor essa in parte
cloritizzata: il quarzo abbonda e così anche 1* accessoria apatite.
N. 43. Fiume Marèb. Granitite porfiriea epidotifera.
Questa bellissima roccia ha molta analogia colla precedente ,
però sul fondo grigio spiccano delle macchie bianche feldspatiche
e delle altre color verde pistacchio epidotiche. Pulita dovrebbe riu-
scire di un magnifico effetto. Ad occhio nudo, e meglio poi al mi-
croscopio si distinguono nella roccia dei cristallini di pirite. La caoli-
nizzazione dell' ortoclase e I' epidotizzazione del plagioclase è mol-
to marcata. L' epidoto oltre che in minuta granulazione sul plagio-
clase, compare anche in grossi granuli gialli , discretamente pleo-
croitiche. La biotite è più abbondante che nella roccia precedente;
in parte è cloritizzata.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia. 11
X. 44. Arbascico ( Falle dell' Anseba); N. 45. Monte Bizen.
(Ghinda). Leptiniti a biotite.
Roccie granitiche formate pricipalmente da feldspato rosso
mattone e da piccole lamelle nere di biotite, poco splendente per
avanzata decomposizione. Il quarzo pare mancare , non solo per-
chè confuso dal colore generale della roccia, ma anche perchè scar-
so. Al microscopio si spiega la colorazione rossa del feldspato per
infiltrazione di sottilissime vene riempite da lamelle rosse di ema-
tite che attraversano anche gli altri elementi (quarzo e biotite). La
biotite è abbondante; il quarzo appare più copioso di quello che
non sembri ad occhio nudo.
X 46. 47. 50. Monte Bizen; N. 49. Falde del Monte Bizen (Ghin-
da), N. 48. Debra Sina (Mensa) Leptiniti a biotite.
Queste roccie sono di grande importanza. Infatti per la loro
struttura minutissimamente granulare, per la mancanza quasi asso-
luta di mica, e per la struttura microscopica si lascerebbero rife-
rire a roccie clastiche, a delle vere arcose.
Sembrano delle arenarie ; ma guardate attentamente risultano
formate in gran parte da feldspato. Il loro colore rosso più o meno
carico è dovuto a infiltrazione di ossido di ferro. Pochissima è la
mica, essa è della biotite più o meno profondamente cloritizzata.
Al microscopio appare più nettamente la natura clastica di queste
roccie ; infatti oltre ai granuli irregolari e arrotondati di feldspato
molto decomposto e di quarzo, compare anche la mica in lamelle
cloritizzate, e poi il tutto è cimentato da una pasta eminentemente
feldspatica caolinizzata. Se però il presentarsi in dicchi, come le
descrive il Baldacci, non è apparente , e che debbano ascriversi a
roccie massicce , il loro posto nella classificazione sarebbe tra le
leptniti , avuto riguardo alla loro struttura, benché generalmente
si ammette per le leptniti la presenza della sola muscovite. Però
abbiamo visto come anche le pegmatiti possono presentare anche
la biotite.
JVr. 51. Falde del Monte Bizen. N. 52. Monte Digdigta presso
Ailet Granofiro (Micropegmatite).
12 Contribuzione allo studio geologico dell' Ahissinia.
Roccie compattissime, rosee, ceroidi, con macchie verde pistac-
chio epidotiche. Il microscopio ce li mostra formate principalmente
da feldspato e quarzo che s'intrecciano in modo da costituire que-
gli aggregati caratteristici delle pegmatiti, onde il nome di micro-
pegmatiti. Spesso più individui feldspatici così attraversati dai cu-
neetti quarzosi, si riuniscono a guisa di sferuliti attorno ad un cen-
tro, riuscendo di un bellissimo effetto alla luce polarizzata. La mi-
ca vi è scarsamente rappresentata da lamelle di biotite.
N. 51.52.53.54 Maia, fra Godof elassi e Gara Porfido quarzifero.
Sono porfidi a massa litoide, porcellanica, con ricche segrega-
zioni di quarzo e di feldspato bianchissimo. — Al microscopio mostra-
no una massa fondamentale litoide, felsitica, dove sono sparse del-
le segregazioni, più o meno angolose di quarzo e di feldspato pro-
fondamente caolinizzato.
Qua e là si scorgono delle cavità riempite da calcedonio in
venature o in sferuliti a struttura sempre fibroso-raggiata , che si
manifesta colle molteplici croci di estinzione tra i Nicol incrociati .
A me è rimasto dubbio se queste roccie debbano assoluta-
mente riguardarsi come veri porfidi quarziferi o se non lo siano so-
lo apparentemente. La loro massa fondamentale più che una de-
vetrificazione d' una pasta vetrosa, ha tutta l' apparenza di una pa-
sta caolinica. Le segregazioni invece che essere arrotondate e pre-
sentare insenature della massa fondamentale a guisa di pseudo-
inclusioni, si presentano angolose e irregolari.
iV. 55. Sa/iati , forte Sud.—N. 56. Bei- Mekà- Asinara. — X. 57.
Scià-à. Pseudoporfido.
In queste roccie è poi evidente l' impronta del conglomerato.
Saranno forse fatte a spese di veri porfidi quarziferi. Lo stato
d'intorbidamento, prodotto da sostanze ocracee giallastre o rossa-
stre, ne rende assai difficile lo studio al microscopio.
N. 58-61 Bei- Mekà- Asmara, Eurite.
A queste roccie biancastre e compatte ho dato il nome di eu-
riti per 1' aspetto molto simile a quei porfidi compatti noti nella let-
teratura petrografica con questo nome o anche con quelli di argil-
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia. 13
lofìro o di felsite. Il Baldacci ce li descrive come prodotto di me-
tamorfismo dei basalti sugli argilloscisti arcaici. Roccie perfettamente
simili noi troviamo all'isola d'Elba, e dai diversi scrittori della geo-
logia di quell'isola, furono considerate come una varietà di por-
fido. In una mia recente nota (1) bo potuto dimostrare che 1' eu-
rite dell* Elba non ha nulla di comune col porfido quarzifero, che
sempre accompagna. Dapertutto ove le due roccie compaiono, netto è
il distacco di esse al contatto; ho infine conchiuso coli' ammettere
per cpiella roccia un'origine di metamorfismo (del porfido, quarzifero
sugli scisti arcaici) ne più né meno come in questo caso dell'Abis-
sinia. La simiglianza delle due roccie e del loro modo d' origine
mi ha condotto a ripetere anche per esse la denominazione di eurite.
Il N. 61 è interessantissimo perchè mostra ancora molto net-
tamente la scistosità primitiva della roccia originaria.
X. 62. (are di Giunti a. Diorite quarzifera.
Roccia nerastra tendente al verde, ad aspetto doleritico: sem-
bra assolutamente un' amfìbolite.
Il microscopio ce la mostra formata d'amfìbolo verde, forte-
mente pleocroitico (giallo-pallido, giallo-verdastro, verde), da feldspa-
to plagioclase e ortoclase in parte decomposti e da quarzo. Questi
elementi bastano a farci riferire la roccia ad una diorite amfibolica
quarzifera. Come ben si vede è ben più difficile mettere una netta
separazione tra un granito amfibolico e una diorite, che fra un granito
e una sienite. La presenza e la variabilità di proporzione del pla-
gioclase ci rende talora ben difficile una sicura determinazione.
N. 63 Monte Dondolio presso Ghinda, Diorite quarzifera.
Anche oscura come la precedente ; ma qui il feldspato è più
appariscente, formando delle macchiette o delle venature. Al micro-
scopio è perfettamente simile alla precedente.
N. 64. Monte Dongollo presso Ghinda, Epidiorite.
Qui gli elementi sono più grandi. Il feldspato è più appariscen-
te; esso è ridotto in masse d' aspetto ceroide, o in altri termini è
trasformato in saussurite. L'amfibolo è spesso ricoperto da squame
(1) L' età del granito di Monte Capanne (isola d'Elba). R. Aeead. dei Lincei 1891.
14 Contribuzione allo .studio geologico dell' Abissinia.
di fiorite. Al microscopio si scorge oltre a questi elementi, la fio-
rite disposta in aggregati fibbrosi a contorno e ripiegature quanto
mai bizzarre, solo intersecata da minuta granulazione feldspatica.
X. 65. Mescielit. Epidiorite.
Il feldspato in questa roccia è profondamente decomposto ;
l'amfibolo abbontaiitissimo è molto cloritizzato. Abbondante vi com-
pare la magnetite.
X. CO. Mescielit. Epidiorite.
Ad occhio nudo sembra una roccia dioritica simile a quelle
già descritte , ossia formate d' amfibolo più o meno cloritizzato e
da feldspato saussuritizzato. Quando però si osserva da vicino l'am-
fibolo si vede costituito da esilissime fibbre. Al microscopio la roc-
cia ha tutto l'aspetto di una epidiorite tipica; non vi si potè però
constatare la presenza di segregazioni di augite. Contiene quale ele-
mento accessorio il quarzo in granuli, dovuto facilmente ad azioni
secondarie di decomposizione.
È una roccia interessantissima, perchè 1' amfibolo, poco ab-
bondante, è sempre trasformato in un aggregato fìbbroso o bacil-
lare verde chiaro, quasi incoloro che per tutti i caratteri ottici si
fa riferire ad augite (strahlstein) : e però noi ci troviamo appunto
dinanzi ad una di quelle roccie di passaggio tra le dioriti e le dia-
basi. Le epidioriti sin'ora descritte presentano 1' augite trasformata
in un aggregato di fibbre di amfibolo (ossia uralitizzato); questa nostra
roccia invece ci presenta il caso inverso, ossia dell' amfibolo para-
morfizzato in un aggregato bacillare o fìbbroso d' augite. Le con-
dizioni di formazione di queste roccie essendo intermedie fra quelle
della diorite e della diabase; a secondo poi che in principio favorirono
la formazione del tipo dioritico o diabasico, produssero una epidio-
te dioritica o diabasica. Del resto che si tratti di una epidiorite
tipica ci viene confermata dalla presenza, abbastanza abbondante di
illmenite circondata dalla Leukoxeno , del quale fu fatto più volte
parola nel corso di questa relazione. Il feldspato di questa roccia
è ricca di minuta granulazione epidotica e però accenna alla saus-
suritizzazione.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia. 15
K 6? Aiderèso, al S. del monte Bizen. Epidiorite.
Microscopicamente simile alla precedente, però vi compaiono
delle macchie giallastre o verdastre epidotiche. Al microscopio mo-
stra del feldspato plagioclasico discretamente ben conservato ; am-
tìholo. in parte cloritìzzato, accanto a dell'augite verde pallida, quasi
incolora : ma poi abbondanza di piccoli granuli gialli di epidoto
che frequentemente si accumulano a formare degli aggregati gra-
nulari. Anche questa è una delle roccie di passaggio tra le dioriti
e le diabasi; ma i due elementi amfibolo e pirosseno sono com-
pletamente indipendenti l'uno dall'altro. Anche qui l'illmenite. cir-
condata dal classico Leukoxèno attesta la relazione della roccia colle
epidioriti.
X 68. Passo di Se Hi Ut), tra il m mite Gli ed a di e !' Aija metta.
Epidioriti.
Abbontantissimo amfibolo e in grossi cristalli a struttura fìb-
brosa: del resto la roccia consimile alla precedente.
N. 69. Aiderèso. ai S. dei monte Bizen. Diorite epidotifera.
Questa roccia è simile all' altra della stessa località descritta
più sopra, solo che è più ricca d' epidoto, il quale compare anche
in segregazioni visibili ad occhio nudo.
A'. 70 Dicchi sul monte Bizen. Diorite epidotifera.
Roccia grigia più oscura delle precedenti , perchè la massa
feldspatica ha una tinta grigio verdastra sporca da rendere più
difficile la distinzione dei cristalli di amfibolo. Al microscopio l'ani-
fibolo è bruno, discretamente pleocroitico, in parte cloritìzzato. La
tinta della roccia dipende dal fatto che gli elementi sono minuti e
intimamente collegati fra di loro.
X. 11 Dicchi nei terreno cristallino del forte di Gurà. — A'. 72
Sanati Diorite epidotifera.
Queste due roccie per la tinta quasi nera, per la loro compat-
tezza, per il loro peso, rassomigliano ad un basalte. Al microscopio
si mostrano formate da un fitto aggregato di feldspato plagioclase
e aciculi esili e lunghi rosso-bruni di amfibolo, fortemente pleocroico
(giallo-sbiadito, bruno, bruno-oscuro) accompagnato da clorite.
16 Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
Accanto a questi elementi però compare e in gran quantità ,
1' augite in granuli o cristalli, verde pallidissimo, quasi, incoloro,
ma benissimo conservata. Qua e là vi è anche dell' epidoto e qual-
che granulo di magnetite.
X. 73. Valico. Diorite porfirica.
È verde grigiastra , molto oscura e a struttura porfirica per
grosse segregazioni cristalline di feldspato, per lo più arrotondate.
La roccia però è molto decomposta e il feldspato della massa pro-
fondamente saussuritizzato. L'amfìbolo è copiosissimo e spesso clo-
ritizzato. Frequentissime sono i granuli di leukoxèno biancastro ;
che solo di rado presentano un nucleo nero ancora intatto di illme-
nite. Abbondanti sono pure gli aciculi di apatite.
Come appendice alle roccie massiccie antiche citiamo :
N. 74. Nei micascisti della gola di Ailet;
N. 15. 76. Nel cristallino presso la cima del Bizen.
Che sono delle vene feldspatiche, essenzialmente costituite da
ortosa.
N. 77. Aris Arise. Una vena di epidoto.
Basalti
Le roccie che imprendiamo ora a descrivere sono compattis-
sime, a tinta nera talora con un piccolo accenno al verdastro, do-
vuto ad un principio di decomposizione. Viste attentamente ci pre-
sentano una struttura completamente afanitica (basalti propriamen-
te detti, N. 78-83); o permettano di riconoscere ancora alcuni e-
lementi da cui sono costituite, e principalmente 1' augite e il feld-
spato (basalti doleritici Ar. 84-89).
Al microscopio mostrano tutte indistintamente una struttura
eminentemente cristallina, senza traccia di parte amorfa : ossia so-
no tutte delle vere doleriti. Gli elementi da cui sono formate , in
ordine decrescente di abbondanza sono: l'augite, l'olivina, il feldspato
plagioclase, la magnetite e l'apatite.
L' augite è rosso-bruna , fortemente pleocroitica (giallo-bruna ,
Contribuzione atto studio geologico dell' Abissinia, 17
rosso-bruno, bruna-violacea) : essa forma 1' elemento ultimo forma-
to, proprio il t'ondo sul quale spiccano tutti gli altri minerali.
L' olivina compare o in grossi granuli ; e allora presenta an-
cora intatto il contorno cristallografico; ma più generalmente è in fram-
menti granulari , distribuiti in tutta la roccia. Generalmente 1' oli-
vina è ben conservata, o solo arrossata alla parte esterna : anzi
non è raro il caso di vedere nello stesso esemplare di roccia dei
granuli intatti, allato ad altri arrossati, e talora molto profondamente.
A preferenza gli arrossati sono i granuli più grandi, che spiccano a
guisa di segregazioni nella roccia. Quest' arrossamento non si limita
sempre alla parte esterna; ma procede nell'interno per venature
che s'intrecciano fra di loro a guisa di rete, riproducendo il pro-
cesso abituale nella serpentinizzazione di cpiesto minerale.
In quelle roccie soggette all'alterazione, l'olivina è serpentinizzata;
anzi spesso di essa non rimane che un ammasso verdastro di so-
stanza serpentinosa , che talora penetra in tutta la roccia, dandole
quella tinta leggermente verdastra su cennata. L' olivina presenta
inclusi dei cristallini di magnetite (forse anche di ferrocromato) e
delle bolle vetrose, quasi perfettamente sferiche o ellissoidali , con
ribella, naturalmente immobile.
Il plagiocase è in lunghe liste, a numerose lamelle geminate ,
con angoli di estinzione molto grandi (raggiungendo sino a 45° e
anche 50° tra le due lamelle geminate) e quindi va riferita alla serie
più basica, dalla labradorite all' anortite.
La magnetite è abbondante : anzi pare che rimpiazzi 1' olivina,
dove questo è meno abbondante.
Tutti gli elementi presentano poi delle esilissime venuzze, che
partendo dall' esterno penetrano a differenti profondità neh' interno
del minerale, oppure dipartendosi da una vena più grandicella, si
insinuano nella massa del minerale. Queste venature, talora di di-
mensioni appena apprezzabili ; quando raggiungono un certo spes-
sore, fanno riconoscere esser formate eia, sostanza vetrosa incolo-
re o più frequentemente giallastra ; la sola parte vetrosa che
compaia in queste roccie, la sola che ci attesti il residuo amorfo
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. III. 3
18 Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
del magma fluido originano.
In ordine ad età di formazione gli elementi di queste roccie
procedono così: apatite e magnetite , olivina , feldspato, augite : e
come prodotti secondarli di alterazione vengono in ultimo il serpen-
tino e la clorite.
Per comodità della descrizione dovremo qui allontanarci un
po' dall' ordine, tenuto sinora, nella numerazione.
BASALTI D' ASPETTO AFANITICO
N. 83. Valle di Ziret. Barresa, presso Ghinda.
Roccia nera, un po' verdastra per principio di decomposizione.
Presenta sottili lisi e di plagioclase e magnetite in grande abbon-
danza: invece l'olivina è rappresentata solo da ammassi di sostanza
verdastra serpentinosa. L'augite, che costituisce il fondo della roc-
cia, è molto pallida.
N. 82. Valle di Ghinda, presso i pozzi.
Molto nera, e però meglio conservata della precedente. L'au-
gite del fondo vi è frequentemente cloritizzata.
N. 81. Felfelè. Bassa ralle dell'Ameba. Molto a Nord di Keren.
È a minutissimi elementi. L'olivina vi è rappresentata da gran-
di macchie verdastre serpentinose. È singolare poi come accanto
ad essa compaiono degli altri elementi benissimo conservati: forse
le dimensioni degli elementi hanno favorito la loro resistenza al-
l'alterazione. La magnatite è discretamente abbondante.
N. 80. Godofelassi.
Analoga alla precedente, però vi si aggiunge un' abbondanza
di piccoli granuli di olivina, talora di proporzioni estremamente pic-
cole, distribuite per tutta la massa della roccia. Oltre alle macchie
verdi serpentinose, altre ne compaiono verde-bluastre di clorite ,
dovute all' alterazione dell' augite. È anche qui singolare il fatto
della presenza di elementi intatti, p. e. 1' olivina in parti dove ab-
bonda la clorite; o dell' augite dove si trovano prossime le mac-
chie verdi serpentinose.
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia. li*
iV. 79. Ambaroba. G /linda Asinara (Sopra gli scisti fUladici).
Questa roccia è ad elementi più grandi. L'olivina oltre che in
grosse segregazioni , rotte e in parte serpentinizzate , compare an-
che in minuti granuli diffusi in tutta la massa della roccia. La ma-
gnetite è bensì rappresentata , ma scarsamente, come a compen-
sare l'abbondanza dell'olivina.
.V. 78. Dogali.
Roccia perfettamente analoga a quella descritta più sopra al
N. 80.
BASALTI D'ASPETTO DOLERITICO.
N. 84. 85, Larusa. Altipiano di Damha, tra l'Asinara e Gara.
Al microscopio questa roccia si mostra formata da grandi ele-
menti perfettamente conservati. L'olivina vi è limpidissima, in gra-
nuli irregolari, e col plagioclase formano gli elementi predominanti
della roccia.
La magnetite invece vi è poco abbondante. Il N. 85 è però
un poco alterato, infatti l'olivina è un poco serpentinizzata.
N. 86 Adì-Guadad; a S-E dell'Asinara; fra Asinara e Gurà.
Roccia identica alle precedenti ; ma un po' più alterata ; anzi
F olivina presenta al massimo grado 1' arrossamento e penetrante
molto profondamente nell'interno del minerale.
N. 87. Strada Debarroa-Godof elassi . Sul versante del fiume Bar-
ca. N. 88. Arecìiit. Marchatw. Hamasen.
Anche queste roccie sono a grandi elementi, e ricche di oli-
vina. È singolare però in esse l'augite giallo-pallida, con accenno,
alla parte esterna, di cloritizzazione. In compenso però l' olivina
che suole essere ordinariamente perfettamente incolora, ha qui una
tinta giallognola, e un arrossamento molto pronunziato e profondo:
viceversa difficilmente è serpentinizzata.
N. 89. Galle di Sciket. Molto a N. di Godofelassi.
Questa roccia è a grana media ; contiene delle grandi segre-
gazioni plagioclasiche a contorno irregolare. L'olivina vi è profon-
20 Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
damente decomposta. Talora nelle macchie verdastre serpentinose
dovute alla sua alterazione, si scorgono delle venature e delle ste-
nditi di calcedonio.
Le roccie sinora descritte col nome di basalti , vennero indi-
cate dal Blanford colla denominazione di trappi , non solo per il
loro aspetto nero, compatto, basaltico; ma anche per la loro forma
geologica in grandi colate o mantelli, pressoché orizzontali. Il Blan-
ford però distinse due gruppi : uno inferiore a strati piuttosto in-
clinati, sporgenti talora a guisa di scogli, attraverso quelli orizzon-
tali del gruppo superiore. Chiamò l'inferiore gruppo di Ashangi, per-
chè sviluppato attorno al lago di questo nome e quello superiore :
gruppo di Magdala: al quale secondo tutte le probabilità vanno ri-
feriti gli esemplari qui descritti.
Il gruppo di Ashangi è formato, secondo il Blanford (pag. 183)
da roccie dioritiche, spesso ricche di amigdali ripiene di agate o zeo-
liti (per lo più stilbite bianca o rossa), rivestiti da terra verde (clo-
rite 0. Con queste colate doleritiche s'intercalano letti di ceneri ric-
che di augite o breccie vulcaniche. Molte colate sono assolutamente
scoriacee. A Meshek fu possibile osservare le relazioni tra i due
gruppi di trappi, e colle roccie sottostanti. Ma quivi la geologia è
molto confusa, il calcare d' Alitalo e le arenarie ad esse associate
essendo molto disturbati e scontorti , e inoltre al Blanford non fu
dato di prolungare di molto le sue osservazioni per la ristrettezza
di tempo concessogli. Ad ogni modo egli potè stabilire in modo
assoluto che il gruppo d'Ashangiti non è anteriore all'oole.
Il Blanford inoltre dice che pei caratteri mineralogici rassomi-
glia in tutto alla serie trappica dell'India occidentale, dove si con-
siderano per cretacei. Ma certamente a tale enorme distanza il ca-
rattere mineralogico non è raccomandabile per fare dei paragoni
cronologici.
Però analoghe colate sono conosciute qua e là lungo la co-
sta dell' Arabia, sottoposte sempre alla serie nummulitica , perfet-
tamente come per i trappi di Bombay (Guzerat e Cutch). E una
Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia. L2l
quistione interessantissima, dice il Blanford, per le ricerche future,
di indagare quali correlazioni esistano tra i varii gruppi di trappi
(sopra-secondarii e sótto-terziarii) del S. 0. dell' Asia e dell' E.
dell' Africa. Se si potesse arrivare a dimostrare che sono vera-
mente collegate , come i resti di una grande regione vulcanica
antica, un' idea non assolutamente improbabile , il loro studio
acquisterebbe un grandissimo interesse per la storia geologica del-
la Terra. Ad ogni modo, seguita lo stesso Blanford, questi trappi
sono molto rimarchevoli e meritano di essere descritti più detta-
gliatamente di quanto non siano stati finora. Nessuna cosa di si-
mile è stato osservato neh' epoca attuale sulla superficie terrestre
e il loro modo di formazione è ancora abbastanza oscuro.
Nel gruppo superiore, ossia di Magdala, il Blanford trova più
spesso delle colate di trachite, più o meno cristallina, però sempre
di poco spessore, ma che si ripetono moltissime volte, sempre disposte
orizzontalmente costituendo la maggiore difficoltà per 1' accesso a-
gli altipiani, e specialmente delle ambe , tanto abbondanti in Abis-
sinia. Anche per queste roccie il Blanford trova molta rassomiglian-
za con analoghe formazioni del Deccan occidentali e colle vallate
dei ghat occidentali in India: ma i burroni abissini sono più esa-
gerati.
Alcuni strati trachitici sono brecciati : altri invece presentano
una struttura columnare.
Le doleriti associate a queste trachiti sono generalmente compat-
te, raramente amigdaloidi , e più raramente le amigdali presenta-
no la terra verde (clorite?). Nessuna formazione riposa sopra di
queste roccie, sicché è incerta la determinazione della loro età. Il
Blanford dice che i trappi dello Sciòa e dell' Abissinia centrale
dovranno riferirsi a questo secondo gruppo. E in verità, per i lo-
ro caratteri litologici non che per la loro disposizione orizzontale
i nostri basalti vanno riferiti a preferenza al gruppo di Magdala ,
e debbono quindi riferirsi con molta probabilità al cretaceo se non
assolutamente all' eocene.
22 Contribuzione allo studio geologico dell' Abissinia.
SERIE DI ADEN.
Lungo la costa del Mar Rosso s'incontra una numerosa serie
di centri vulcanici estinti, che si collegano intimamente coi vulca-
ni sottomarini che ancora, di tanto in tanto , danno segni di at-
tività, e che si osservano in diversi punti a qualche distanza dal
littorale. A questa categoria deve riferirsi il cratere vulcanico su cui
è fabbricata Aden, onde il nome, dato a tutte queste roccie vulca-
niche, di serie di Aden. Queste roccie sono largamente sviluppate
nei pressi di Massaua e della baia di Zula. Io ho potuto studiarne
dei campioni di Dogali.
N. 91 Dogali.
Roccia verde chiaro compatta, con minuta punteggiatura nera
di amfibolo splendente. Al microscopio attesta una struttura essen-
zialmente feldspatica. Vi predomina il feldspato ortoclasico, (sani-
dino), accompagnato da amfibolo bruno chiaro, marcatamente pleo-
croitico (giallo chiaro, bruno chiaro, bruno). La massa fondamentale
della roccia è microlitica, e mostra nettamente la microfluttuazione.
È interessante osservare come le grosse segregazioni feldspa-
tiche che a luce naturale sembrano formate da un solo individuo,
a luce polarizzata si risolvano in un fitto aggregato fibroso di mi-
croliti , simili a quelli sparsi nella massa fondamentale. In molti
punti di questa, spicca la pasta vetrosa, incolora e anch' essa con
marcata microfluttuazione : carattere questo che distingue queste
roccie giovani da quelle più antiche più sopra descritte.
È notevole la presenza della clorite, talora in ammassi di no-
tevoli dimensioni: sovente con una struttura fibrosa da rammen-
tare la biotite, da cui con molta probabilità deve essere originata.
La magnetite vi è scarsamente rappresentata.
}0<>iii<» rija I"V
Sulla variazione in latitudine
della sede dei principali fenomeni Solari.
MEMORIA
DEL
Prof. ANNIBALE RICCO
La serie di osservazioni astrofisiche solari da me eseguite nel-
l' Osservatorio di Palermo dal 1880 al 1890, ossia giusto per un
ciclo undecennale dell' attività solare, aveva per iscopo precipuo lo
studio della fìsica del sole, e perciò le cure ed il tempo per effet-
tuarle erano posti specialmente nel disegnare sulla proiezione le
macchie e collo spettroscopio le protuberanze solari ; la bontà del
cielo meridionale permettendo di vedere e rilevare anche finissimi
particolari, valeva la pena di destinare a questi disegni anche pa-
recchie ore al giorno.
Invece la determinazione delle posizioni si faceva solo in mo-
do approssimato , circa a mezzo grado per le latitudini , lasciando
le cure di più rigorose misure , per le quali non occorre un cielo
di singolare bellezza , agli osservatorii esteri , specialmente ove a
questo scopo usasi la fotografia.
Però i predetti rilievi , per quanto approssimati , sono suffi-
cienti in una lunga serie di osservazioni a mettere in evidenza i
grandi movimenti o spostamenti dei fenomeni solari ; e di più per
la compensazione degli errori fortuiti che hanno luogo nell' insieme
di moltissime determinazioni di posizione, le medie annue delle la-
titudini eliografiche si possono ritenere esatte, come è dimostrato ad
esempio dalla perfetta coincidazione coi valori ottenuti a Potsdam
con metodi più rigorosi.
Avendo ora 1' assistente sig. Dott. C. Del Lungo compiuto coi
consueti metodi e colle stesse forinole il laborioso calcolo delle la-
titudini delle macchie solari apparse nel 1890 , ed io quello delle
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a — Meni. IV. 1
Sulla variazione in latitudine della sede dei principali fenomeni solari
protuberanze, come io e 1' assistente sig. Ing. Mascari all' osserva-
torio di Palermo avevamo fatto quello per gli altri 10 anni prece-
denti, le due serie delle medie annue delle latitudini eliografiche
per le macchie e per le protuberanze sono ora complete , ed ho
1' onore di presentarne i risultati.
La tabella I. e la fig. 1. danno la serie dei valori delle lati-
tudini eliografiche medie per le macchie e per le protuberanze, di-
stintamente nei due emisferi , boreale ed australe ed insieme per
1' intera sfera solare.
Tabella I.
1878. 9 minimo
1883. 9 massimo
1889. 9 minimo
o
<
LATITUDINI ELIOGRAFICHE MEDIE
MACCHIE
PROTUBERANZE
Boreali
Australi
Boreali
ed
Australi
20°. 1
Boreali
Australi
Boreali
ed
Australi
1880
20«.3
20°.0
39°.9
41-.6
40°.6
1881
18. 9
19.2
19.0
36. 7
37. 8
37.1
1882
15.3
16. 4
15. 9
35.8
34. 2
34. 7
1883
11.3
14. 0
12. 9
32. 2
30. 8
31. 9
1884
10.4
12. 6
11.6
35. 0
29.3
30. 9
1885
10. 2
12. 3
11. 7
31. 1
26. 2
28. 7
1886
10. 0
10. 7
10. 4
28. 8
25. .9
27.5
1887
9. 1
9.8
9. 5
30. 4
32. 9
31. 7
1888
5.3
8. 8
8. 3
27. 7
32. 3
31.2
1889
12. 6
13. 3
13. 1
36. 4
35. 7
35. 9
1890
22. 0
22. 8
22. 4
38. 5
42. 9
41. 3
Si scorge subito che le latitudini medie delle macchie vanno
diminuendo continuamente e gradatamente fin presso ali* epoca del
Sulla variazione in latitudine della sede dei principali fenomeni salari :\
minimo dell'attività solare da circa 20° fin a poco più di 5°; poi
quando questo minimo è in corso , le macchie rapidamente risal-
gono alle elevate latitudini primitive: in altri termini, la ricompar-
sa delle macchie dopo la scomparsa ([nasi completa nel tempo
del minimo , avviene a latitudini più alte , per tornare poi a
discendere e ritirarsi verso 1' equatore solare nel corso del ciclo
successivo.
È questo il grande movimento di fluttuazione delle macchie so-
lari, che certamente ha un nesso strettissimo colla fisica dell'astro:
fu già dimostrato da Garrigton e Sporer per i cicli precedenti : lo
attuale conferma 1' esposta legge.
Ma riguardo alle protuberanze solari il terreno era affatto
nuovo per siffatte indagini. Le delicate e diffìcili osservazioni di
questi fenomeni in pieno sole possono solo riuscire continuate e
proficue là dove si ha cielo hello , buoni e potenti strumenti. È
quindi avvenuto che diversi osservatori i quali avevano penosa-
mente intrapreso questo studio, lo hanno dovuto abbandonare; al-
tri hanno fatto osservazioni e studi speciali importanti, ma saltua-
ri, cambiando spesso strumenti. In conclusione non è rimasto di
serie completa, continuata fino ad ora, che quella di Roma ( Sec-
chi-Tacchini) e quella di Palermo (Tacchini-Ricco) : anzi in questa
seconda stazione non essendo mai stato mutato il telespettroscopio
adoprato, la serie è anche più omogenea, e ciò spiega il buon ri-
sultato avuto riguardo alle latitudini medie di questi fenomeni.
Osservando la tabella I, e meglio la figura 1, si vede che an-
che le latitudini medie delle protuberanze vanno decrescendo, quan-
tunque meno regolarmente fino verso l' epoca del minimo , da
circa 40° fin a poco più di 25° poi si rialzano rapidamente. In
sostanza il parallelismo delle due curve delle latitudini inedie delle
macchie e delle protuberanze nella loro escursione di circa 14° è
evidente , quantunque esista un intervallo fra esse di circa 20°. E
che le latitudini medie delle protuberanze dovessero essere più al-
te di quelle delle macchie, era d' aspettarsi , sol considerando che
questi fenomeni si estendono fino alle regioni polari del sole men-
4 Sulla variazione in latitudine della sede dei principali fenomeni solavi
tre le macchie rarissimamente vanno oltre il 40° grado eli latitu-
dine.
Dunque anche per le protuberanze ha luogo la stessa oscil-
lazione in relazione al ciclo dell' attività solare.
Un analogo movimento pare esista anche per le facole solari,
ma siccome la gran parte di esse, anzi le più brillanti , accompa-
gnano le macchie , se si tien conto di tali facole come fenomeni
distinti è inevitahile che risulti la stessa legge dell' oscillazione del-
le latitudini medie : se si tien conto soltanto delle facole che ap-
pariscono sole non potranno dare nulla di caratteristico, perchè il
loro numero diminuisce al crescere di quello delle macchie che
lasciano ad esse facole men posto libero.
Anche per le eruzioni metalliche di vapori di ferro, magnesio,
sodio , ecc. che avvengono sul sole, sarà difficile trovare in modo
indipendente la legge dei loro spostamenti in latitudine, perchè esse
pure accompagnano ordinariamente la formazione e le più energi-
che trasformazioni delle macchie ; e inoltre questi fenomeni non sono
abbastanza frequenti, specialmente nell'epoca di minor attività so-
lare, e quindi non si possono aver delle medie formate da un nu-
mero sufficiente di valori.
Ma appunto perchè le facole e le eruzioni metalliche accompa-
gnano le macchie, ne seguono necessariamente le oscillazioni, pren-
dendo parte al grande movimento periodico, che a guisa di marea
trasporta 1' attività dei fenomeni sui diversi paralleli solari , e ne
la ritrae.
Probabilmente ciò devesi ad immense correnti nella massa, od
almeno negli strati superiori fluidi del sole. Ma bisogna confes-
sarlo , finora il mistero della fisica solare non è completamente
penetrato.
Nel finire sono lieto di poter annunziare che col primo giorno
di questo anno ho iniziato la serie Catanese delle osservazioni so-
lari : la purezza di questo bel cielo e la potenza dei nostri stru-
menti mi fanno sperare che la novella serie non riuscirà inferiore
alla Palermitana.
Sulla variazione in latitudine della sede dei principali fenomeni solari b
Quantunque 1' attuale stagione sia generalmente poco propizia
ai lavori astronomici, pure in questo gennaio ho potuto fare il di-
segno delle macchie solari in 21 giorni e quello delle protuberanze
in 14. Presento un saggio dell'una e dell' altra sorta di rilievi,
sebbene, ripeto, questa non sia 1' epoca dell' anno in cui le osser-
vazioni in discorso riescono meglio.
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Memoria V.
Sul moto brachistocrono
d' un sistema qualunque di punti materiali
NOTA
DI
GIOVANNI PENNACCHIETTI
§ i.
Sia dato un sistema di n punti materiali. Denotiamo con vi,
la massa di uno qualunque di essi e con x,- , ;/, , zL le coordinate di
questo punto rispetto a un sistema di assi ortogonali fissi nello
spazio. Supporremo che le forze ammettano una funzione potenzia-
le U dipendente dalle sole coordinate , sicché denotando con Xt ,
r, , Zi , le componenti secondo gli assi, si abbia :
x - 1E v 3£ dU
' ~ da, ' ll~ dyt ' A '-ITi '
Supponiamo inoltre che i legami del sistema sieno dati me-
diante k equazioni :
Li.(x,,yl,zì,xt)...zn) = 0 (»- = 1, 2, ... k) (1)
tra le sole coordinate dei punti mobili. Perciò denotando con T l'e-
nergia totale del sistema e con h una costante arbitraria , il pro-
blema del moto ammetterà l' integrale :
T— U = h. (2)
Immaginiamo determinate le coordinate di tutti i punti mo-
bili per mezzo di una di esse xi , e sia t il tempo che impiega il
Atti Acc. Vol. IV, Serie ±*. — Mem. V. 1
2 Sul moto orachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali.
sistema nel passaggio tra due configurazioni individuate dai valo-
ri x\ , x\ di fcj . Si avrà :
t = J% Vdx" (3)
essendo :
<,(l+yl"+z,")-hm1(x1,'-hyì'1-hz,") + ...+mn(xn'3+-yn,'-hZn')
/=*
2 (U + h)
dove gli accenti indicano derivazioni rispetto ad xt .
Se si denotano con /, , k , ... lK quantità da determinarsi , si
trova che, affinchè l' integrale (3) sia un minimo, è necessario che
si abbia :
d.vì dxj ' dxj ' dxj K dxj
(4)
d dV dL, , dL, , dL,
da?, 3y* d#j 3y< 3,yf
d 3F 3L, 3L, 3/., _
1 ~" ~dx~1z: + ' lz~ + * "3z7 + " * W _
ttt^i V*S( */(&( L't&f t-^(
(.7 = 2, 3,...»; J = l,2, 3,...«)
Prendendo t come variabile indipendente , il sistema (3) , (4)
equivale al seguente :
d'xt v 1 dT dxi , dL, , dL, , dL* \
mi-dF = -Xi + -T-dimi-dT^l'd^-" l'dx--l-- + l'-dx~'
d'yi v , 1 dT dt/t dL, dL, dLh- [...
ar 7 dt dt dy, dy, dy,
m,
d'zi „ 1 dT dzi , 3£, , 3Z., , 3L*
df*
= — Zi + -=■ -j- m« -=f- + Z, 3-ì -+- Z, 3-i + ... + h 3— .
T dt dt dz, dzi dzt
Nel caso in cui le forze esterne sono nulle, cioè in cui si ab-
bia Xc = 0, F, = 0, Zi = Q (*=1, 2, ... n), questo sistema coin-
Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque ili punti materiali. ?>
cide colle ordinane equazioni del moto d* un sistema soggetto ai
vincoli (1) il quale si muova in virtù di velocità iniziali.
Esprimiamo mediante le ( I ) le coordinate x, , //, , zt in funzione
di 3u — k = p parametri q, , qt; ... y tali chele espressioni stesse
sostituite nelle (1) invece di xc, //, , z, rendano le (I) identiche.
Se si pone :
q'r= ^-, (r= 1, 2, ...j*)
si avrà:
T = ir (fl"?'" + "ni*' -r - + 2«« «'.?'* + •••),
dove le quantità «,., sono funzioni conosciute delle q,.. Il sistema (5)
si trasformerà nel seguente :
(6)
Sarebbe facile vedere che le equazioni del moto brachistocro-
no conservano la forma (6) anche quando , senza che le compo-
nenti A, ., Yi , Zi delle forze sieno necessariamente le derivate di
una stessa funzione delle 3// variabili xt , //, , zt , Y espressione
S ( A', dxi -+- I', di/, + Zi (hi ) sia nondimeno il differenziale esatto di
una funzione U delle variabili q,.. (*).
Ponendo :
dT
^f =Pr, H=T- U,
ed esprimendo T per mezzo delle p,., q,., il sistema dell' equazioni
del moto brachistocrono assume la forma : (**)
r dqr _ dH
dt " ' dpr '
T dfr _ dH_
dt dqr
d dT
dT
dU 1 dT dT
dt dq',-
dqr
' dq,- + T ~dt dqr
(*) Cfr. la mia nota Sul moto brachistocrono, Rena. Cir. Mat. t. V. 1K!)1.
(**) Rend. Cir. Mat. nota citata.
4 Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali.
Di questo sistema i 2« — J integrali non contenenti esplicita-
mente il tempo sono in comune col sistema canonico :
dq,. _ dH dp,. SH
di dpr ' dt cty,.
Posto
A =
si trova :
T =
"il > fl« , ••• din
«21 ! #22 , ... d2a
d/lt i 1«2) ••• ditti
2A
0, P, , P» , ■
p, , atl , aiì, .
Pi | «21 ! a22 ) •
.. Pn
.. a„,
Pili d/ìi j «rt2j ■" "««
Perciò l'equazione differenziale parziale da cui dipende la de-
terminazione degl'integrali non contenenti esplicitamente il tempo è:
0, /;, , p, , ... pn
Pi ; "il ) «12 ; ••• din
p, , «2i , d>2 , ... «s„
Pn j d„i , d,n, ... «„„
(U
Ct 21 , £E$g , ... fljrt
f'rtl j ft/i2 j *■ * Ann
o,
dove :
dS
Sqr
Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali. ">
§ IL
Considereremo ora alcune proprietà del moto brachistocrono
d' un sistema rigido.
Sieno |, f, <" le coordinate del baricentro , M la somma delle
masse dei singoli punti del sistema. Sieno Gx, Gy, G;; il/,, My,
M. i momenti delle quantità di moto e delle forze attive rispetto
agli assi x, y, z. Dal sistema (§ I, 5) si ottiene :
M de ~ L ' t dt dt '
M de ~ h l t dt dt -
d^ M dT dt
^-L^G --M
dt T dt fr" •- Mx>
dt T dt.v~ My'
dG; 1 dT _
Pel baricentro conduciamo tre assi a?" , y" , z" paralleli rispet-
tivamente agli assi x, y, z e tre altri assi x, y, z pure ortogo-
nali, ma fissi nel corpo. Sieno 6^..., G,r, G.-; M_c.. , My-., il/-.., i
momenti delle quantità di moto e delle forze attive rispetto agli
assi x" , y", z". Si avrà :
fc-fc + («£-»$)*•
t> Sul moto òrachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali.
con formule analoghe rispetto a Gy.., G.-, Mv«, M.,. Dal sistema (2)
si deduce :
1 dT G,. = - M,
di T dt
X t
-dT~Tlt G'r - ~ M*"'
dU:- 1 dT „
dt I dt
Sieno G,, , Glf, G-. i momenti delle quantità di moto rispetto
agli assi x, y ', z . Sieno a, b, ci coseni direttori dell'asse x
rispetto agli assi x, y, z; a', V, e', i coseni direttori dell' asse
//. e a", b", e" quelli dell' asse z rispetto agli stessi assi x, y, z.
Si avrà :
GL- = aG.,- -+■ a'Gy + a"Gz- ,
Gy- = bGr- + VGy + &"*■ , • ! (4)
Gy = CG* + c'Gy + C'(?s- .
Denotiamo con />, ry , r le componenti, secondo gli assi x, y' ,
z , della velocità angolare cu intorno all' asse baricentrico di rota-
zione, quando si immagina decomposto il moto infinitesimo del si-
stema in una traslazione , caratterizzata dalla velocità del baricen-
tro, e in una rotazione intorno all' asse istantaneo che passa pel
baricentro. Si ha :
da' ,,, db' ,, de'
r dt dt dt
da" , , db" de"
« = a -di + b W + c ~dt '
ctV ett c«
Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali. 7
Dalle equazioni (3), (4), (5) si deduce facilmente :
«£ + fft._r e, _£«: &. = _%,, j
*fc + ,«,. _ ,c, _ ^ f e,. = - «, , ( (6)
dG- „ „ \ dT „
_±_ + ^ .. g(?x, _ __ _ G, = _- M, .
Poniamo :
T, = i (^ + -B?2 -+- <>' — 2Zty- - 2£rp - 2Fpq) ,
essendo A, B, C, D, E, F i momenti d' inerzia rispetto agli assi
x, ij\ z e i prodotti d'inerzia rispetto ai piani y'z, z'x, x'y'. Sa-
ranno Ti , Ti V energia esterna e F energia interna del sistema , e
si avrà :
T = Ti -+- Tt .
Si ha inoltre, com' è noto :
&*--^> e»--%' G*-~Tr '
Supponendo, per maggiore semplicità, che gli assi se', //', z
sieno gh assi principali, si ha Z>= 0, E = 0, F= 0, e il sistema (6)
diviene :
A± _(jB_(7)?,-lf 4* = -*-,
C*-{A-B)Pq-^Cr = -M,..
8 Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali.
§ HI.
Se il momento delle forze attive è nullo rispetto ad un asse
(),, e se si denota con g{ una costante arbitraria e con Al£ l'a-
rca descritta dalla proiezione, sul piano yz, del raggio vettore con-
dotto dall' origine 0 al punto mobile m, , si ha :
dGx 1 dT
~W - T li G* ■ ~ ° '
G.-,- = Tg, ,
2imdX° = yffi ?^.
Se il momento delle forze attive rispetto all' origine è nullo ,
e denotiamo con gt , g3 due nuove costanti e con A(y0, A[" le aree
descritte dalle proiezioni, sui piani zx , xy, del raggio vettore con-
dotto dall' origine 0 al punto mobile mt , si ottiene :
dGx }_dT dG^ ±dT dG^ l_ dT _
dt ' T dt ^ ~ U ' dt T dt y ' dt ' T dt lTZ ~ '
Gx = Tgt , Gy = Tg, , Gs = Tg, , (1)
SnudA™ = —9i Tdt, S»i, dAv«> = ^ g2 Tdt, EmtiAt<»=^g, Tdt,
G = \ g? 4- g.' -+- g./ T. (2)
Sieno a, 0, y i coseni direttori d' un nuovo asse On condotto
per 0, e indichiamo con All' l'area descritta dalla proiezione, sul
piano perpendicolare ad 0n, del raggio vettore tirato dall' origine
al punto mobile. Sia 0 l' angolo che 0„ forma col momento geo-
Sul moto brachistocrovo d'un sistema qualunque di punti materiali. 9
metrico G dello quantità di moto rispetto ali* origine. Sia G„ il
momento delle quantità di moto rispetto ad On. Si avrà:
%mdAn = g- (,9i("osa + ffjCOS/3 +- .^cos?) Tilt
— — (Èra cosa +- G,,cos/3 -+- G-cosy) df = — <7„cft
= ^- (?cos9^ = — l ' §»,' -h g; -+- g* cosfl 7«£,
Dalle equazioni (1), (2), (3) si trae quanto segue. Durante il
moto brachiatocrono d' un sistema invariabile nel quale iì momento
delle forze attive rispetto a un dato punto è nullo, il momento geome-
trico delle (piantiti) di moto ha costante direzione, e in grandezza è
proporzionale all' energia cinetica. Il piano perpendicolare al momento
geometrico delle quantità di moto ossia il piano della coppia risultante
delle quantità di moto è quello per cui la somma delle proiezioni delle
aree, descritte in un dato intervallo di tempo dai raggi vettori e mol-
tiplicate per le masse dei punti mobili rispettivi, ha massimo valore.
Nel caso d' un solo punto si ha :
dz
dy
" dt Z dt
g*T,
dx
dt
x
dz
~di
— r, --$-»
dx
dt
g3T,
da cui si deduce che la traiettoria è piana.
Prendendo il piano della brachistocrona per piano yz , indi-
cando con v la velocità, con p la perpendicolare tirata dall'origine
sulla tangente condotta pel punto mobile alla traiettoria stessa , e
con A V area descritta dal raggio vettore, si ha :
dA 1 1
Atti Acc. Vol. IV, Serie -la. — Mem. V.
fl"i»
P\
10 Sul moto hrachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali.
cioè: Nel moto hrachistocrono a" un punto materiale soggetto all' azio-
ne d' una forza data la cui linea (V azione passi per un punto fisso ,
la velocità è proporzionale alla perpendicolare tirata dal punto fisso
sulla direzione della velocità.
§ IV.
Consideriamo in ultimo il moto hrachistocrono d' un sistema
rigido sotto P azione di forze le quali si riducano ad un' unica ri-
risultante baricentrica. Essendo ora il/,- =0, M,,=0. Mz = 0, le
(§ I, 7) divengono:
*%-<*-<»r-Y% * = »•
fi$-(i-«lf!-ìfft-«.
Moltiplicando queste equazioni rispettivamente per pdf qdt,
rdt e sommando , si ottiene :
2T,dT = TdTt ,
da cui integrando e denotando con e la costante d' integrazione :
T = c\l\~, (1)
ossia
dT, -+- dT = 2 ~ dT.
Le (§ II, 1) offrono:
dT, = - SXdl - S^dij - ZZtd'4 + 2 -^ dT,
Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque iti punti materiali. 11
dalla quale e dalla precedente segue:
dT = va', dìi + v }', d-i t- vz, d%.
Sia G il momento geometrico delle quantità di moto rispetto
al baricentro. Si avrà, per quanto si è detto al § precedente, de-
notando con e una costante arbitraria :
G = c'T, (2)
e inoltre G sarà costante in direzione.
Immaginiamo l'ellissoide centrale ossia 1' ellissoide d' inerzia o
di Poinsot relativo al baricentro. Sia / il semidiametro intorno a
cui avviene la rotazione istantanea , e consideriamo il piano tan-
gente all'ellissoide e passante per l'estremità del semidiametro stesso.
Questo piano , per le note proprietà dei sistemi rigidi , è perpen-
dicolare al momento geometrico G, il quale, come si è osservato ,
ha direzione costante. Perciò questo piano non può muoversi che
parallelamente a sé stesso. Sia d la lunghezza della perpendicolare
tirata dal centro dell' ellissoide sul piano tangente considerato ,
a l'angolo delle rette /; G; sia k0 il raggio d'inerzia, sicché fc„ = -j- '
essendo k0 una costante. InoJJre, se si prende h0 definita dalla re-
lazione mhl = 1 , si ha , secondo le note proprietà dei sistemi ri-
gidi :
&
(7 = 1 V21\ , (3)
w = L V 2Ti ,
G cos a = Mie? w •
Dalle (1); (2), (3) si deduce che d è costante. Da tutto ciò
che precede risultano i teoremi seguenti : Nel moto brachistocrono
d' un sistema rigido soggetto all' azione di forze le quali si riduca no
ad uri unica risultante ha ricentrica, V energia cinetica totale è propor-
12 Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque di punti materiali.
zionale alla radice quadrata dell' energia cinetica interna; il momento
geometrico delle quantità di moto è proporzionale all' energia cinetico
totale, ed ha costante direzione. L'ellissoide centrale di Poinsot rotola
sopra un piano. Questo piano è dotato del solo movimento di traslazio-
ni-, essendo la velocità di ciascuno suo punto eguale, in grandezza, dire-
zione e senso, alla velocità del baricentro. L'asse baricentrico istantaneo
di rotazione è il semidiametro condotto pel punto di contatto dell'ellissoide
con questo piano. La velocità angolare della rotazione istantanea caria in
ragione composta del semidiametro intorno a cui essa ha luogo, e del-
l' energia cinetica del sistema. La componente, secondo /' asse istanta-
neo, del momento delle quantità di moto rispetto al baricentro è pro-
porzionale all' energia cinetica. Se il sistema in un istante dato ruota
intorno ano de' suoi assi principali, continuerà sempre a ruotare in-
torno a quesf asse con velocità proporzionale all'energia cinetica totale
del si stenia.
Catania. Aprile 1892.
ia«'Eài<>ra;s VI.
Formula empirica pel calore solare.
dei Proff. A. BARTOL1 ed E. STRACCIATI.
In una memoria precedente, nella quale discutemmo le nume-
rose serie di determinazioni da noi eseguite in Italia dal 1885 in
poi. con metodi calorimetrici i più rigorosi, giungemmo alle seguen-
ti conclusioni (1).
Riunendo le diverse osservazioni di una mattina (o di una
' sera) in tanti gruppi ; in ciascheduno dei quali la massa atmo-
' sferica E vari poco , per ciascheduno di questi gruppi vale la
" formula adoperata dal Pouillet.
Q = Ap'
Le due costanti A e .p variano da gruppo a gruppo , cioè
" p croscè col crescere di - , mentre A diminuisce, (resultato iden-
tico a quello trovato a Padova' dal compianto Prof. Rossetti).
" Tutte le nostre osservazioni provano inoltre , che in una
data stazione , nelle diverse epoche dell' anno, le costanti A e p
' (corrispondenti ad uno stesso determinato valore di £ ) crescono
col diminuire della tensione del vapore acqueo neh" atmosfera :
: lo stesso avviene per quantità AD2, dove D indica la lunghez-
' za del raggio vettore che dal sole va alla terra „ " Invece, lo sta-
di vi. Bartoli ed E. Stracciati. Misure del calore solare eseguite in Italia dal 1885 in poi;
Nuovo Cimento, serie 3a voi. XXIX, pag. 63 (Pisa 1891 ) Bullettino dell'Accademia Gioenia
in Catania , Fascicolo VII , Maggio 1889 ; Bullettino mensuale dell'associazione meteorologica
italiana, serie 2a, voi. XI, pag. 129. Torino 1891.
Atti Aoc. Vol. IV, Serie 4a. — Mem. VI. 1
Formula empirica pel calore volare.
" to igrometrico dell' aria non ha sensibile influenza sui valori dì
" AD2 e di p: risultato che conferma quelli trovati dal ATiolle. .
Infine dalle nostre misure risulta , contrariamente a quanto
" aveva trovato il Fròlich, non esservi dipendenza fra il valore ili
A od anche di AD* ed il numero e la estensione relativa delle
" macchie solari. „
Dunque la costante A dipende principalmente dal valore
" di E e da quello della tensione f del vapore acqueo : Da un nu-
1 mero grandissimo di medie ricavata una formula empirica .
Air =?(£, f)
" ponendo in questa f = 0 e poi e = 0, si otterrà per AD3 un
" valore A, che esprimerà il valore approssimato della costante
" solare. „
Seguitando ora noi, in queste misure eliotermiche . e nei cal-
coli e nella discussione dei resultati , ci siamo convinti che diffi-
cilmente si può rappresentare 1' andamento del fenomeno con una
formula semplice . che abbracci fatte le misure fatte nella prima o
nella seconda metà del giorno.
Il Rossetti, che pubblicò nel 1877 un importante studio sulla
temperatura <ìel sole , tentò invano delle formule empiriche della
forma
q = ab : ~ -
q = a. -+• ulti1 + lljs
dove a, b, ai, a, a, '3, :-, sono costanti da determinarsi.
Quando ci si contenti di rappresentare q in funzione di £ .
per valori di e non grandi ( come per altezze del sole superiori
ai quindici gradi) si possono trovare moltissime formule empiriche
che rappresentano quasi egualmente bène 1" andamento del feno-
meno.
l'or ni ula cui /lirica pel calore solare.
Così per es. il Radau, (I) nel suo pregevole lavoro sulPActi-
Qometria, prova che una serie di determinazioni, può essere ugual-
mente bene interpetrata con le seguenti diverse formule:
I Q = 1,8 (|)
Q = 0,3 + 1,6 (|
I!
3J£
4
« = ?£)'+ n
V Q =
VI Q=0,5
9 U0' \2
2,1
1 + 0, 412E
0,827 1,852 1,679
il) .Si veda la pregevolissima monografia di R. Radau. Actinometrie, Parigi. Gauthier-Vil-
lars, 1877.
D'altra parte è noto, che quando ci si contenti di una detcrminata approssimazione, è fa-
cile nirarc formule empiriche diverse, che rappresentino abbastanza bene 1' andamento di un fe-
ÌIHIIH'IIO.
Così per esempio le espressioni :
cosec. a,
■' ''* "'•' — 80 sen a + [ 161 -f- 6400 sen'a
e così pure la serie di Bouguer danno, per a compresa fra 30" e 90°. dei valori che differiscono
fra loro meno del 2 per cento.
Vedansi a questo proposito, Radau, opera citata, e le sue pregevoli pubblicazioni, inserite
nel finì/etili des seienees matìiémtitiques et ns-f routini iqttes. Paris Gauthii'r-Villars . e cosi pure
1' importante lavoro di G-. V. Schiaparelli, Sul modo di ricavare la rem espressione delle leggi
drilli natura dalle curve empiriche; Milano . stamperìa reale : 1867 : ed A. Bartoli. Sulla coe-
sistenza di formule empirtelo- dicerse. ed in ispeeie su quelle che contengono la costante capil-
lare dei liquidi e la coesione dei. solidi. Nuovo Cimento 1884: Gazzetta chimica di Palermo 1884;
e Rendiconti dell' Aec. dei Lincei, seduta del 15 Giugno issi.
Far mula empirica pel calore so/are.
Un' altra serie, viene dal Radati rappresentata con le tre for-
mule diverse :
Q = 0,488+ 1,7(-|)S
Q = 1,653 (0,847 )£
Q °
2 + e
Le formule proposte ed adoperate dai fisici che si sono oc-
cupati di questi studi sono le più diverse : così il Pouillet adoperò
la formula :
Q = APt
ed il Forbes, 1' altra :
Q = a + b «6
Il Crova, ha adoperato invece la seguente
A
Q =
( 1 -4- ai. )"
Fra tante diverse formule empiriche le quali possono con ugua-
le precisione rappresentare entro certi limiti 1' andamento di un
fenomeno, le più utili sono quelle nelle quali le costanti (immettono
mia interpretazione fisica : e nel caso nostro questa condizione è
pienamente soddisfatta dalle formule a esponenziali , come quella
di Lambert-Pouillet :
Q = Apl
Formula e in pirica pel calori' solare.
0 dall' altra (1).
Q = AìP? + A,P,' + ... + Anpn*
Ma però una formula semplicissima che rappresenti discreta-
mente qualunque serie completa , per qualunque valore di = , ha
certamente un qualche interesse, anche se la formula è puramente
empirica, e se le costanti che vi entrano non possono ricevere una
interpetrazione tisica semplice.
(Il Vedausi:
Lambert, Photo»/ etria. sive de mensura et gradibus luminis, colorimi, et umbrae; August.
yindelicorum, 1776.
De Saussure, Voyage dans les Alpes, Toni. II. pag. 294, 315 e 497-199.
Bouguer, Voyages au Perou ; pag. 51.
Bouguer, De diversis luminis gradibus dimetiendis Vienna», 1762.
Laplace, Mécan. celeste, tomo IV, libro 10°.— Cap. I e II : Des refractions astronomiques
et des refractions terrestres.
Poutllet, Comptes Rendus. VH pag. 24; Herschell Comptes Rendus, Tomo 3» pag-. 50; For-
bes, Phylos. Transcictions 1842, Part, II, pag. 225: Althans, Pogg. Ami. t. 90 pag. 544 : Que-
telet, Meteorologie de la Bclgique, Bruxelles 1847, pag. 43 : Waterston, Phylos. Magazine ( Fo-
urth series) Voi. 19, pag. 338.
De Gasparix, Comptes Rendus, T. 26, pag. 974. Kaemtz, Lehrbuch der Meteorol. Bd. III.
s. 14.
Soret. Bill. Univ. de Genève (passim) : Comptes Rendus du congres de Bordeau ; seance
du 6 septembre 1872.
Desains. Comptes Rendus t. 69, pag. 1133; t. 78 pag. 145; t. si) pag. 1420.
Secchi, Le soleti, II Partìe, Livre VI pag. 227 a 282; Comptes Rendus, t. 73, pag. 1301.
r. 74, pag. 301.
Dufour, Bibl. Univ. de Genève, 1873, t. 48, pag. 129.
Rossetti, Nuovo Cimento, terza serie, t. 3° pag. 238 a 256.
Crova. Annales de Ch. et de Phys. 5 serie 1. 11° pag. 433, t. 19° pag. 1: Association fran-
arne pour l' avancement des sciences. Congres de Montpellier, et Comptes Rendus, passim.
Violle , Rapport sur la question 19 du proyramme pour le congres méteorologique de Ro-
me. Utrecht, Kervink et tìls; Annales de Chimie et de Phgsiquc 5 s. t. 10 pag. 289, 1879. Jo-
urnal de Physique t. V. pag. 169.
Langley, Researches on solar heat and its absorption by the carth's atmosphere; a report
of the Mount Whitney expedition : Washington 1884 ; ed American Journal of Science and
arts: passim.
Frolich, Annalen der Physik und Chemie 1884 Bd. XXI, 1887, Bd. XXX.
Radau, Actinometrie, Paris Gauthier Villars 1877.
Formula empirica pel calore solare.
Tale è la seguente
(1) Qs" = C
dove n e C sono due costanti, di cui la prima n ha valori com-
presi
fra 0, 25 e 0, 70
ed 6 è la massa atmosferica , calcolata con la formula di Laplace
oppure con la serie di Bouguer.
Questa forinola (1) si applica per le giornate ben serene a una
intiera serie di esperienze, qualunque sia il valore di £, cioè anche
col sole bassissimo; e questo è il pregio principale della formula :
non è perù maraviglia se nelle giornate in cui la serenità del cie-
lo è variabile, la formula dia risultati meno approssimati.
Seguono senz' altro le tavole che provano 1' applicabilità della
nostra formula.
In queste tavole t rappresenta il riscaldamento corretto della
cassetta pireliometrica , il quale è in ciascuna serie proporzionale
alla quantità di calore Q raggiata normalmente dal sole, sull'unità
di superficie nera, neh' unità di tempo.
I valori di ; sono calcolati con la formula di Laplace, la qua-
le dà per £ dei valori quasi uguali a quelli calcolati con la serie
di Bouguer.
TAVOLA I.
Iytxa — (Antica casa deijìi ini/Irsi) Altitudine 2942 metri.
Prof. Babtoli: L.4li2
Altezza
E
log*
logC
59° 0'
1, 164
0, 0659
0, 738
56° 40'
1, 193
0, 0766
0, 739
50° 40'
1, 288
0, 1099
0, 737
42° 20'
1, 473
0, 1682
0, 749
32° 57'
1, 812
0, 2582
0, 742
23° 7'
2, 465
0, 3918
0, 743
13° 20'
3, 943
0, 5958
0, 707 (*)
TAVOLA XV.
Determinazioni del Prof. Rossetti, Padova il 29 settembre 1877.
Altezza
s
log*
logC
45° 20'
1,40
2, 3155
2,374
41° 40'
1,50
2, 3073
2,378
29° 50'
2,00
2, 2667
2,387
23° 25'
2,50
2, 2279
2,387
22° 25'
2, 60
2, 2204
2, 386
19° 15'
3,00
2, 2047
2, 395
18° 0'
3,20
2, 1847
2, 387
16° 20'
3, 50
2, 1629
2, 380
14° 15'
4, 00
2, 1399
2,381
12° 35'
4,50
2, 1229
2,384
11° 35'
4, 84
2, 1139
2, 388
11° 15'
5,00
2, 1075
2, 387
10° 5'
5, 50
2, 0899
2, 386
8° 10'
6,69
2, 0374
2, 368
« = 0,400
(*) Il valore di e accettato dal Pouillet, è calcolato con la formula di Lambert; con la for-
mula di Laplace, quesf ultimo valore di e diviene 4,253 in luogo di 3,943: e il valore di C di-
viene 0,7218.
14 Formula empirica pel calore solare.
Da queste tavole si deduce che la formula
(1) Qe" = Costante
è assai bene verificata , e vale così per piccolissime altezze come
per altezze rilevanti: Le piccole oscillazioni nel valore di C in cia-
scheduna serie potrebbero attribuirsi in parte anche alla impossibi-
lità che le condizioni atmosferiche, e segnatamente la serenità del
cielo ; la tensione del vapore acqueo , si mantengano costanti pel-
uria mezza giornata.
Nessun' altra formula empirica semplice si presta come questa
per un intervallo di altezze fra 3° e 70° :
Se la confrontiamo con la formula razionale
Q = AP£
riguardando A costante e p variabile collo spessore e , si deduce :
log. p, — n log-, e
log. p =
(avendo* indicato con pt il coefficiente atmosferico corrispondente
allo spessore e = 1 ).
Supponendo ^i= 0,7940 (che è un valore medio) si ottengono
da questa ultima formula i seguenti valori per p
e = 1,5 p — 0,749
s = 2 p ~ 0,749
e = 3 p = 0,771
e = 4 p = 0,794
e = 5 p = 0,813
e = 6 p = 0,829
e = 10 p — 0,871
cioè che il coefficiente atmosferico cresce col crescere dello spessore
dell' atmosfera, traversata dai raggi solari , resultato già trovato dal
compianto Prof. F. Rossetti e da noi confermato nella memoria
sopra citata. (1)
il) Bartoli e Stracciati, Misure del calore solare eseguite in Italia dal 1885 in poi; Bui-
lettino mensile dell Accademia Gioenia di Catania, Fascicolo VII , Maggio 1889 ; Nuovo Ci-
mento, serie III voi. 29 pag. 63, Pisa 1891; Bullettino mensuale dell'associazione meteorologica
italiana, serie 2», voi. XI pag. 129, Torino 1891.
Formula empirica pei calore solare.
U">
La forinola (1) può mettersi anche sotto la forma
Q cosec"« = Costante
oppure sotto 1' altra
(2)
Q sec".z = Costante
(avendo indicata con a e con z , V altezza e la distanza zenitale
del sole).
Infatti per valori di a > 4° e di z < 86° si ha prossimamente
cosec a
come risulta dalla tavola semiente.
TAVOLA XVI.
z
distanza
zenitale
secz
E
Laplace
90°
1,000
1,000
80°
1, 015
1,015
75°
1,035
1, 035
70°
1,064
1,064
65°
1, 103
1, 103
60°
1, 155
1, 155
55°
1,221
1,221
50°
1,305
1, 305
45°
1, 414
1, 413
40°
1,556
1, 555
35°
1, 743
1, 740
30°
2,000
1,995
25°
2, 366
2, 352
20°
2, 924
2,900
15°
3, 864
3, 805
10°
5, 759
5, 70
8°
7, 18
6, 85
6°
9,57
8, 79
4°
14, 33
12,20
1
16 Formula empirica pel calore solare.
La formula (2) può anche scriversi:
Q
= e
cos " z
valevole per tutti i valori di z inferiori ad 86°.
La quantità y di calore che riceve dal sole un decimetro qua-
dro di una superficie nera orizzontale, in un minuto primo, quan-
do la distanza zenitale del sole è z , è espressa da y = Q cos e
sarà dunque, (2) y = v = Ccos"+1z
ricordando inoltre che
cos z = sen v sen d -+- cos *? cos d cos «j
dove v è la latitudine del luogo;
ci la declinazione del sole a mezzogiorno vero nel giorno del-
l' esperienza;
"> Y angolo orario del sole ; corrispondente all' ora dell' espe-
rienza, si potrà calcolare approssimativamente per un dato luogo
della terra , e per un data epoca dell' anno , la quantità di calore
che il sole raggia sopra una superficie piana orizzontale di un de-
cimetro quadro , in una intiera giornata, perfettamente serena, in
cui F esponente n rimanga sensibilmente costante , quando siano
noti i valori di C e di >i. (1).
Istituto Fisico dell' Università di Catania, 3 Aprile 1892.
(1) La formula (2) dà per y dei valori troppo piccoli quando z ^> 86° ; ma d' altra parti'
il calore versato dal sole sopra una superficie orizzontale . (piando il sole si eleva sull' orizzonte
fino a 4°, è piccolissimo n trascurabile di fronte a quello che esso versa nel rimanente della
adornata.
Memoria VII.
Il calore specifico dell'acqua.
Memoria dei Proff. A. BARTOLI ed E. STRACCIATI.
Ogni misura calorimetrica in cui 1' acqua che riempie il ca-
lorimetro non prova un riscaldamento da 0° ad 1°, richiede una
correzione, per far la quale, è necessario conoscere esattamente la
legge con cui varia il calore specifico dell' acqua : e su questa
legge appunto regna la più grande incertezza , visto il grande di-
saccordo fra i risultati dei diversi sperimentatori. Di tale incer-
tezza risentono tutte le misure calorimetriche; e se ciò è di poco
danno nelle misure nelle quali non si può richiedere per ora mol-
to rigore (come per es. in quelle di termochimica) è invece causa
di grandi errori in altre misure, come per es. nella determinazione
dello equivalente meccanico del calore e in quella del calore svolto
dalle correnti nei circuiti metallici.
Il calore specifico dell' acqua a diverse temperature è stato
studiato dal Regnault (1), dal Bosscha (2). dal Pfaundler e Plat-
ter (3), dall' Hirn (4), dal Jamin (5), dall' Henrichsen (6), dal
Paumgartner (7) , dal Viillner (8) , dalla sig.a Starno (9) , dal sig.
Il) Ann. de Oh. et de Phys. voi. 73 pag. 5, 1847. — Mémoires de l'Académie Boyale des
seiences, de Vlnstitut de France. T. XXI, pag. 729-749, Parigi 1S47: Comptes Rendita T. LXX,
pag. 664. Parigi 1870.
(2) Poyg. Ann. Jubelband. 549.
(3) Fogg. Ann. CXL, s. 574, CXLI, s. 537.
(4) Comptes Eendus, LXX. pag. 592, 831.
(5) Comptes Eendus. LXX, pag. 661.
(6) Wiedemann Ann. VITI. pag. 83.
(7) Id. VHI, pag. 648.
(8) Id. X. pag. 284 e IV pag. 286 , dove bob riferite le misure del sig. TI'. Miinchausen.
(9) il. Stamo, Untersuchung iiber die specifische Warme des Wassers: Inaugurai Disser-
tatimi. Znrich; Drudi voli Ziircher und Furrer 1877 (Memoria gentilmente donataci dalla Bi-
blioteca cantonale di Zurigo).
Atti Aco. Vol. TV, Serie 4a. — Meni. VII. 1
Il calore specifico dell' acqua
Gerosa (1) , dal Rowland (2) , dal sig. A. W. Velten (3) , dal sig.
Neesen (4), dal sig. 6. A. Liebig (5).
Non è qui il luogo di parlare dei metodi tenuti da questi fi-
sici e diremo soltanto : che in alcuni l' avere trascurato il con-
fronto dei termometri col termometro a gaz toglie il valore ai re-
sultati , e che in altri si può rimproverare lo scarso numero di
esperienze fatte in proposito (Rowland, on the mec. ecc. pag. 128).
Noi abbiamo ripreso le esperienze sul calore specifico del-
l'acqua, inspirandoci più che in nessun altro, nei lavori del Regnault,
non senza tener assai conto di quelli del Rowland e di altri an-
cora. Insieme con l'acqua abbiamo voluto ripetere lo stesso studio
sul mercurio , il quale fu già proposto ed impiegato come liquido
calorimetrico.
Per determinare il calore specifico dell' acqua noi abbiamo
impiegato diversi metodi : in tutti però la capacità dei calorimetri
e perciò anche la massa del liquido fu assai considerevole.
l.° Facendo cadere nell'acqua del calorimetro delle palline
metalliche scaldate a + 100°, impiegando palline non alterabili nel-
F acqua e di cui si conosce il calorico specifico vero a tutte le
temperature fra 0° e 100°, (Regnault). Questo metodo fu da noi ado-
(1) Atti della R. Acc. dei Lincei, voi. X. seduta del 24 Aprile 1885.
C2) Un the mecanical Eqv.ivale.nt of Heat and on the variatimi of the specific hèat of
water (Cambridge, John Wilson and son, issili e Appendix containing the comparinoli With
Dr. Joule's thermometer; Memorie gentilmente favoriteci dall'Autore.
(3) Annalen der Physik, 1884 Bd. XXI. pag. 31-64.
(4) Annalen der Physik. 1883 Bd. XVIU, pag. 369-387.
(5) G. A. Liebig. Variation de la chaleur spécifique de l'eau, American Journal, voi.
XXVI. 1883. Journal de Physique, 1884. pag. 184.
Vedasi anche:
E. A. Rowland; Relazione critica sulle varie determinazioni deW equivalente meccanici
della caloria; Venezia, Tipografia Antonelli 18S-J. (Memoria premiata dal Et. Istituto Veneto).
A. Bartoli ed E. Stracciati, Revisione ili alcune misure cahrimetriehe fondamentali.
Nuovo Cimento, serie :ìa voi. XVIII. 1885; Rendiconti della R. Acc. dei Lincei, seduta del L'I
Giugno 1885.
A. Bartoli ed E. Stracciati, Sul calore specifico dell' acqua . a diverse temperature . se-
conda nota preliminare. Bollettino dell'Accademia (iioenia di Catania, fase. VII. Maggio 1889.
A. Bartoli ed E. Stracciati, Sul calore specifico ielV acqua; terza nota preliminare; Bui-
lettino dell' Accademia (iioenia di Catania, fascicolo XV11I. 1891.
A. Bartoli ed E. Stracciati. Calore specifico dell' acqua soprafusa; Nuovo Cimento,
Pisa 1892.
M. Bkkthelot, Ann. de Chini, et de Phys. T. IV. 1885, e Journal de Physique, 1891.
Or. Dieterici, Wied. Ann. T. 33, pag. 417-444.
X. Mkseius, Journal de Physique 2» s. T. VII pag. 489; 1888.
Il ailore specifico dell' acqua
pelato anche impiegando il mercurio per liquido caloriiuetrico e fa-
cendovi cadere delle palline di platino.
-_\° Aggiungendo all'acqua del calorimetro una determinata
massa di acqua a zero gradi (Rowland , l. e. pag. 1:23) o a 100°
(Regnault, Rowland).
3.° Aggiungendo all' acqua del calorimetro una determinata mas-
sa di acqua a temperatura ben determinata, ma diversa da quella
del calorimetro (Regnault, Gerosa ecc.)
Clou questi metodi noi abbiamo eseguito oltre duemila esperien-
ze, nelle quali abbiamo impiegato nove anni , lavorandoci indefes-
samente, quasi senza interruzione , con 1' assistenza di diversi gio-
vani fisici, i quali ci hanno molto aiutato nelle esperienze prelimi-
nari e nelle operazioni accessorie :
Le esperienze s' incominciarono nel 1883 nel ricco gabinetto
di Fisica dell' Istituto Tecnico di Firenze, Via S. Gallo 68, e furo-
no proseguite indefessamente fino al 1886; dal 1887 al 1891 fu-
rono compiute nell'Istituto Fisico della Università di Catania; in questi
ultimi anni ci applicammo specialmente allo studio ed al confronto
dei termometri , secondo le regole della moderna termometria. —
Ora che abbiamo compiuto questo lunghissimo e penoso lavoro
sentiamo il dovere di ringraziare vivamente i chiarissimi signori
Dottori G. Papasogli professore a Firenze, Paolo Guasti ora profes-
sore a Intra, principe B. Galitzine ora professore all' Università di
Mosca, ed A. Mochi di Firenze, i quali si compiacquero di assisterci
a Firenze, prendendo per i nostri studi il più vivo interesse; e così
pure ringraziamo i signori G. Raffo di Genova e G. Platania di Aci-
reale, per lo zelo intelligente col quale prestarono l'opera loro nei
confronti e negli studi termometrici compiuti a Catania.
I.
Termometri
I termometri adoperati furono ventisette; quattro normali , in
vetro duro , costruiti dal Tonnellot di Parigi, identici a quelli che
esso fornisce al Bureau internazionale di pesi e misure di Sevres
Il calore specifico dell' acqua
più altri quattro normali che ci servirono nelle determinazioni sus-
sidiarie , e quattordici calorimetrici , portanti lo zero , e divisi in
cinquantesimi di grado , col grado ampio più di trenta millimetri ,
( costruiti dal Baudin di Parigi ) e da lui divisi in parti di uguale
capacità : oltre questi termometri , in una serie di determinazioni,
abbiamo pure adoperati quattro termometri calorimetrici, a cinquan-
tesimi di grado, costruiti dal fu Geissler di Bonn, ed uno di Ton-
nelot, diviso in centesimi di grado, il quale servì più che altro pel-
le basse temperature.
Quasi tutti i termometri erano già stati costruiti da oltre tre anni
avanti al principio dei nostri studi ; alcuni anzi erano di data an-
che più antica, per cui la posizione dello zero (a zero) non varia-
va più sensibilmente col tempo: la variazione era inferiore ad 7-^-
di grado, per ogni mese, nel primo anno in cui s'intrapresero queste
esperienze; oggi, che siamo alla fine , si è ridotta inferiore al r— ^
di grado (per un mese) e per alcuni termometri è affatto nulla.
Termometri normali
I quattro termometri normali in vetro duro, a, b, e, d, erano
stati costruiti dal Tonnellot di Parigi secondo le norme prescritte
dal Bureau internazionale di pesi e misure di Sevres; erano divisi
a decimi di grado, colle divisioni di uguale lunghezza. (1)
I primi due a e b, portavano tutta la scala, da — 6° a +- 103°,
ed avevano il grado lungo 5 millimetri circa : gli altri due e e d
erano muniti di due serbatoj intermedi, in questi la divisione pro-
1I1 Vedansi le memorie sulla termometria nei Travato et mémoires du bureau Internatio-
nal des poids et mesures, Paris GautMer Villars.
A. E. Guillaume, Tratte pratigue de la termometrìe de prieision. Taris, 1889.
Vedansi segnatamente le importanti memorie :
Ch. Ed. Guillaume, Étitdes thermometrigues; Travaux et mémoires du bureau internatio-
noi etc-, T. V. parte I. A. III.
Pernet. Travaux et mémoires t. 1° p. B;
ChaPPUIS, Ktudes sur le thermométre à gaz et compara isons des thenuométres à memi re
avec les thermométres et gaz; Travaux et mémoires etc., t. VI. ìsss.
Max Thiesen. Verchleichungen roti Quecksilberthermometem (Metronomische Beitr&ge, n. 3,
Berlin issi).
E. I. Mills, Ttesearches on thermometry Trans, roy. soe. of. Edinburgh, t. XXIX pag. 567,
anno 1880.
Thorpe e Rììcker, Vitti. Mag. 5* s. t. XII pag. 1-184.
Kowlani). On the mecanical eguivalent of Heat : Cambridge, 1880.
// calore specifico dell'acqua
cedeva da — 5° a 4- 38°; quindi da -+- 64° a -+• 66° fra il primo
e il secondo serbatoio, ed infine fra -t- (.>7" a -+- 102° dopo il se-
condo serbatoio : i gradi erano in ciascheduno di ugual lunghezza,
(circa hi millimetri).
Per ciascuno di questi termometri fu prima verificata 1' equi-
distanza dei tratti della divisione , che fu trovata giusta. Di poi
si procede al calibraggio , coi metodi stessi praticati dal Bureau
internazionale di Sevres ; vale a dire che per i termometri normali
a, b. si procede dapprima ad una divisione in cinque parti, e poi
al calibraggio di due in due gradi, infine si ricalcolò una seconda
approssimazione della divisione in cinque parti : costruimmo così
per ciascheduno dei termometri, una tavola delle correzioni di ca-
libro. ' procedente di decimo in decimo di grado.
Invece, coi termometri e e d aventi due ampolle intermedie ,
venne fatta la suddivisione in tre parti , il calibraggio della parte
inferiore [ — 2°, -f- 38°] di due in due gradi ; i punti vicini a (56°
ed a 100° furono determinati con colonne speciali.
Coefficienti di pressione— Intervallo fondamentale —Posizione dello zero.
Il coefficiente di pressione esterna fu determinato per ciasche-
dun termometro con un apparecchio quasi identico a quello de-
scritto dal sig. E. Guillaume, nella sua memoria Etudes thermomé-
triques ( T. V. dei Travaux et mémoires du Bureau international
des poids et mesures , Parigi 1886, pag. 26). Così pure fu deter-
minato più volte avanti di cominciare le nostre determinazioni . lo
intervallo fondamentale , seguendo il metodo stesso indicato nella
memoria sopra citata.
Per le correzioni dello zero , noi ci siamo assicurati . che i
termometri, già costruiti da lungo tempo , avevano gli zeri a zero
(cioè dopo lunghissima immersione nel ghiaccio) quasi invariabili ;
le variazioni mensuali erano inferiori al millesimo di grado :
La posizione dello zero dopo lungo soggiorno del termometro
in un ambiente a zero fu determinata annualmente; le correzioni
dello zero dopo che il termometro era stato mantenuto per un certo
Il calore specifico dell' acqua
tempo ad una temperatura t (sempre inferiore a + 35° nelle nostre
misure) fu calcolato pei termometri Tonnellot in vetro duro, serven-
dosi dei dati forniti dalle memorie sopra citate del sig. Guillaume (1).
Per i termometri fabbricati con diverse specie di vetro fu fatto
uno studio speciale, di cui rendiamo conto in una nota che fa se-
guito alla presente memoria.
Così, per ciascheduno dei termometri in vetro duro avevamo
compilate quattro tavole di correzioni.
l.a Per le correzioni di calibro.
-2.a Per le correzioni di pressione esterna.
3.a Per le correzioni di pressione interna (il termometro aven-
do la posizione verticale nelle nostre determinazioni).
4.a Per le correzioni d'intervallo fondamentale (2).
5.a Un' ultima correzione doveva portarsi alla lettura dei no-
siri termometri per ridurli al termometro a gaz.
Quest'ultima correzione venne fatta al termometro normale a
( che fu studiato nel 1886 al Bureau International des poids et me-
sur-es di Serres, dal chiarissimo Sig. Dottor E. Guillaume mercè
la gentile intercessione del compianto D. Brock direttore di quel-
l'Istituto, ) col mezzo della tavola dedotta dai confronti del M. Chap-
puis. dei termometri in vetro duro col termometro ad azoto.
Il termometro normale b e così pure quello d furono confron-
tati a Firenze nel 1885 col termometro ad aria, dal Prof. Bartoli; il
confronto fu minutissimo, per tutti i gradi compresi fra 0° e + 35°;
infine il termometro
10
Il calore speci
fico dell'acqua
TAVOI
Termometro
Tonnellot 4285 confrontato dal Bureau di Sevres
r=l + z+i + e+C+f-t .4
.
f
A
T
DATA
Pres-
sione
esterna
sul
bulbo
t
tempe-
ratura
bruta
letta
z
correzio-
ne per lo
sposta-
mento
dello zero
corre-
zione
di pres-
sione
interna
e
corre-
zione
di
pressione
esterna
c
corre-
zione
di
calibro
corre-
zione
d'inter-
vallo
fonda-
mentale
corre-
zione
relativa
al termo-
metro
ad azoto
tempera-
tura
ridotta
al termo-
metro
ad azoto
22
793,n,5
3,409
4- 0,0605
4- 0,0101
- 0,0034
- 0,0481
— 0,0022
- 0,0172
3,4087
Gennaio
1887
»
2,767
+ 0,0600
4- 0,0096
»
- 0,0397
— 0,0017
- 0,0140
2,7778
»
2,628
-+- 0,0600
4- 0,0095
»
— 0,0383
- 0,0017
- 0,0133
2,6408
»
2,945
-+- 0,0602
4- 0,0098
»
- 0,0419
— 0,0019
— 0,0148
2,9530
»
3,400
4- 0,0605
4- 0,0101
»
— 0,0480
— 0,0021
— 0,0172
3,3999
•»
3,761
f- 0,0608
-+- 0,0103
»
— 0,0522
— 0,0024
- 0,0190
3,7551
»
4,235
4- 0,0613
4- 0,0107
» ■
— 0,0583
— 0,0028
— 0,0210
4,2215
»
4,717
4- 0,0617
4- 0,0110
»
- 0,0634
— 0,0030
- 0,0229
4,6970
•»
5,229
+ 0,0622
4- 0,0114
»
— 0,0703
- 0,0034
— 0,0251
5,2004
23
Gennaio
797m,8
5,857
6,251
4- 0,0627
4- 0,0631
4- 0,0118
4- 0,0121
— 0,0039
— 0,0766
— 0,0815
— 0,0037
- 0,0040
- 0,0282
- 0,0:300
5,8191
6,2068
»
6,739
4- 0,0636
4- 0,0124
»
— 0,0884
— 0,0043
— 0,0317
6,6867
»
7,147
4- 0,0639
4- 0,0127
A
— 0,0942
- 0,0046
- 0,0336
7,0873
»
7,554
4- 0,0643
4- 0,0129
»
- 0,1005
- 0,0048
— 0,0346
7,4874
»
7,927
4- 0,0646
4- 0,0132
»
— 0,1053
— 0,0051
— 0,0366
7,8539
25
Gennaio
797"\6
>
8,384
8,835
4- 0,0651
-1- 0,0655
4- 0,0135
4- 0,0138
- 0,0039
»
— 0,1104
— 0,1167
— 0,0054
— 0,0057
— 0,0381
— 0,0395
8,3048
8,7485
*
9,346
4- 0,0659
+- 0,0141
»
- 0,1235
— 0,0060
- 0,0414
9,2512
»
9,800
4- 0,0663
4- 0,0144
»
— 0,1290
- 0,0063
- 0,0432
9,6983
»
9,146
4- 0,0666
4- 0,0140
n
— 0,1209
— 0,0059
— 0,0406
9,0553
26
Gennaio
788,0
»
9,470
9,818
4- 0,0660
•- 0,0663
4- 0,0142
4- 0,0145
— 0,0029
- 0,1245
- 0,1292
— 0,0061
— 0,0063
— 0,0418
— 0,0433
9,3749
9,7171
Il calore specifico dell'acqua
11
Termometro Tonnellot -t- 4497
a cinquantesimi
calorimetrico Itaudin,
Termometro
N. 9770 (Sì)
T' = t + z + e
-i- .4' essendo A' = « 4- 0 4-
f+ A
T" = t + z + e
z
A'
somma,
delle
altre
correzio-
ni
T
T"
Pressio-
ne
t
tempe-
ratura
bruta
letta
corre-
zione
per lo
sposta-
mento
dellozero
e
corre-
zione
di pres-
sione
esterna
tempera-
tura
ridotta al
termo-
metro
ad aria
T-+-T'
temperatura
Inula, cor-
retta dello
zero e della
pressione
esterna
ed interna
A =
2 T
esterna
sul
bulbo
2
793,5
3,414
-f 0,0041
- 0,0040
— 0,0051
3,4090
3,4088
3,4138
— 0,0050
•
2,782
-f- 0,0036
»
— 0,0017
2,7799
3,7788
3,7863
— 0,0075
»
2,642
4- 0,0034
»
-1- 0,0007
2,6421
2,6414
2,6484
— 0,0070
>
2,954
-> 0,0037
»
+- 0,0016
2,9553
2,9541
2,9596
— 0,0055
»
3,406
4- 0,0041
»
— 0,0049
3,4012
3,4006
3,4051
— 0,0045
»
3,765
4 0,0045
»
— 0,0074
3,7581
3,7565
3,7617
— 0,0052
0
4,231
4 0,0048
■
- 0,0078
4,2240
4,2227
4,2290
— 0,0063
«
4,703
4- 0,0053
»
- 0,0075
4,6968
4,6969
4,7054
- 0,0085
»
5,209
4 0,0057
»
- 0,0099
5,2008
5,2006
5,2114
— 0,0108
797,8
5,833
4- 0.0063
- 0,0045
- 0,0120
5,8210
5,8200
5,8320
— 0,0120
»
6,227
4- 0,0066
»
— 0,0183
6,2108
6,2088
6,8203
— 0,0115
»
6,707
+- 0,0071
•»
— 0,0202
6,6894
6,6876
6,6996
- 0,0120
»
7,115
4- 0,0074
»
— 0,0286
7,0893
7,0883
7,1028
- 0,0145
•»
7,518
-+- 0.0078
»
— 0,0312
7,4901
7,4888
7,5038
-- 0,0150
9
7,888
4- 0,0082
»
— 0,0357
7,8560
7,8550
7,8712
— 0,0162
»
8,344
4- 0,0085
»
— 0,0430
8,3050
8,3049
8,3223
— 0,0174
797,6
8,794
4- 0,0090
»
— 0,0489
8,7496
8,7491
8,7672
— 0,0181
>
9,300
4- 0,0094
»
— 0,0559
9,2490
9,2501
9,2679
— 0,0178
»
9,758
4- 0,0099
>
— 0,0661
9,6973
9,6978
9,7108
— 0,0130
»
9,100
4- 0.0092
»
— 0,0488
9,0559
9,0556
9,0724
— 0,0168
788,0
9,422
4- 0,0095
— 0,0034
— 0,0523
9,3758
9,3753
9,3913
— 0,0160
»
9,771
4- 0,0099
»
— 0,0625
9,7150
9,7160
9,7295
— 0,0135
12
II calore specifico dell' acqua
Questo piccolo saggio dimostra il metodo tenuto nei nostri
confronti e l' esattezza che si poteva raggiungere : Ottenuti per
ciaschedun termometro calorimetrico, una diecina di valori di a
corrispondenti all' intervallo di mezzo grado, si prendeva la media
di questi valori, e si costruiva la curva che aveva per ascisse le
temperature T" lette sul termometro (e corrette dello zero, della
pressione esterna e della pressione interna ). Dalla curva si dedu-
ceva la tavola delle correzioni.
Noi riportiamo qui, quella delle correzioni pel termometro Bau-
din ^ (N. 9770), e quella del termometro Baudin G (N. 9160).
Tavola II.
Termometro calorimetro -+- A = Termometro ad azoto
La temperatura del termometro calorimetrico essendo corretta , per lo
spostamento dello zero (leggendo subito la posizione dello zero corrispondente
alla temperatura letta) e dello effetto della pressione interna ed esterna.
il Termometro Baudin a cinquantesimi N. 9770
( Va da 0° a -+- 10° )
VALORI DI A
1»
Oo
3»
4°
5"
6°
7»
8°
9"
Oo.o
(), 1
0,2
0,3
0.4
0,5
0,0
0,7
0,8
0.9
-0,010
—0.000
O.OOIi
— O'OIO
—0.006
— o.oo,;
—0,009
—o.oo:,
—0,006
—0.011
— 0,009
—0.005
—O.OOIi
O.Oll
-0,008
—0,005
—o.oiiT
—0,011
— o.oos
0,005
—0,007
—O.Oll
—0,007
-o.oo.",
o.oos
-0,011
—O.OII7
—0,005
-o,ooè
—O.Oll
—0,007
—0,005
—0.009
—0,010
—0,006
—0,006
0.0011
1»
2°
3"
4»
—0,009
-0,011
—0.012
—0,015
-0.017
—0,010
0.011
—0,012
—O.Oll!
—0,017
—0,010
—0.011
—0,013
—nulli
—0,017
—0,010
—0,011
—0.013
—0,016
—0,017
—0.010
-O.Oll
0,013
—0,016
—0,016
—0,011
— 0,011
—0,014
—0.016
—0,015
—0,011
— Olili
—0.014
—0,017
— 0;015
-O.Oll
11.011
-0.014
0,017
—0,015
-0,011
-0,012
—0.015
—0.017
11.011
—0.012
—0.015
—0,017
5»
li"
7°
8°
9"
0,0
0,1
0,2
0,3
0.4
0.5
0,6
0.7
0.8
0.9
Distanza del centro del bulbo allo zero, millimetri 127
» » » » a -+- 8" millimetri 388
Lunghezza media di un grado 32mm, 6
H Coefficiente di pressione del serbatoio per 1""" di mercurio fi = 0,000289
Coefficiente di pressione interna per l",m di mercurio = 0,000305
per 1 grado = 0,009943
Equivalente in acqua del bulbo dell'asta fino alla divisione zero = 1,81
» » di ciaschedun grado dell'asta = 0,31
// calore specifico dell' acqua
13
Tavola III.
Termometro G (9160) Baudin, a cinquantesimi
( Porta lo zero , ed è graduato da
18" a
29" )
18°
19"
20»
21°
22"
23°
24°
25°
26°
27°
28°
29°
0,0
0.1
0.2
0.3
0.4
0,5
0.03!)
-0,044
—0,040
—0.042
-0,049
—0,057
—0,060
—0,063
—0,064
—0,063
—0.066
0,5
0,6
—0.040
-0.044
—0.040
-0,043
—0,049
—0,058
—0,060
—0,063
—0,064
—0,063
—0,067
0,7
—0,041
—0,043
—0,040
—0,044
—0,050
—0,060
-0.061
—0,063
—0,064
—0,063
—0,068
0,7
0,8
-0,042
-0,043
-0.040
-0,044
—0,051
—0,061
0.061
-0.063
-0,064
-0.063
—0,068
o.s
0,9
-0,043
—0,042
-0.033
-O.H43
—0,034
-0.044
—0,036
—0,044
—0.037
—0,044
—0,038
—0,044
18°
19°
-0.042
-0,040
-0,045
—0,052
—0,061
—0,041
—0,041
—0,046
o.o:,:l
—0.061
-0,041
-0,041
—0,047
—0,054
—0,060
-0,041
-0,041
-0,047
—0.055
—0,060
—0.040
— 0.042
—0,048
—0,056
—0,060
—0,063
—0,064
-0.064
—0,066
0.4
—0,040
—0,045
-0,051
—0,061
—0,062
-0,063
—0,064
—0.064
—0.068
0.9
20»
21°
22"
23°
24°
—0.062
—0,063
—0.064
o.oiU
—0,063
-0,063
-0.064
—0,064
--0,064
—0,063
—0,064
— 0.06.')
- 0,063
—0,063
—0,064
—0,065
25°
26°
27°
28°
29°
0.0
o,i
0,2
0,3
0,6
Distanza del centro del bulbo allo zero 4G",m, 0
» a + 18° 95m,n,0
Lunghezza media di un grado 32""", 9
Coefficiente di pressione interna per millimetro 0, 000 245
per grado 0, 009 610
Coefficiente di pressione del serbatojo 0,000 230
Peso del mercurio 35s',92; del serbatoio 1**' ,94; dell'asta (tige) 23*'-,62;
Totale 61,48.
Equivalente in acqua del serbatoio e del mercurio lB'"-,57; dell' asta
fino a zero 0,26; dell'asta fino a + 180; 0K' ,72: di ogni grado dell'asta 0s'-,33.
14
Il calore specifico dell' acqua
La posizione dello zero (a zero) era + 0°,0580 nel Gennajo 1890
ed è divenuta -+- 0,0620 nell'Aprile 189-2.
Tavola III ,)is
Tavola degli abbassamenti dello zero; Termometro Baudin G. (9160).
Tempera-
tura
Abbassa-
mento
dello zero
Tempera-
tura
Abbassa-
mento
dello zero
0"
0,0000
2o
0,0006
22°
0,0160
40
0,0014
24"
0,0208
6"
0,0022
26°
0,0268
8°
0,0032
28°
0,0340
10°
0,0042
30"
0,0412
12"
0,0052
32"
0,0490
14°
0,0064
34"
0,0580
16"
0,0078
36"
0,0680
18"
0,0096
20°
0,0124
Il calore specifico dell'acqua 15
I).
Esperienze coi metalli (Platino, rame, stagno, argento, piombo).
Dell'apparecchio adoprato nelle esperienze con le palline dei
diversi metalli (1) si può avere una idea generale guardando la
tavola II ; le parti principali sono poi particolarmente rappresen-
tate nella tav. III.
La stufa che serviva per scaldare le palline ad una tempera-
tura di 1 00° ( rappresentata in sezione della fig. 1 della tav. Ili )
era di ottone a doppia parete e di dimensioni assai grandi : con-
teneva diversi litri di acqua , che si manteneva all' ebullizione per
mezzo di un fornello a gas.
Il vapore si sollevava fino alla estreimtà superiore, ridiscende-
va circolando per lo spazio anulare s e per mezzo di grossi tubi
T i quali servivano anche a sorreggere la stufa, appoggiando su
scanalature praticate nelle grosse tavole di legno G era guidato ad
un serpentino ( tav. II ) immerso in un vaso B pieno di acqua
fredda, dove si condensava e quindi ricadeva nella stufa. Le estre-
mità dei tubi T si aprivano liberamente nell'atmosfera ed i tubi
erano cosi larghi da impedire nel modo più sicuro, l'ingorgo del-
l'acqua e quindi un eventuale aumento di pressione neh' interno
della stufa.
.tlllll'
(1)1 metalli adoperati furono Platino (procurato dalla rasa Matthey di Londra
del commercio, (palline grandi); Rame del commercio, (palline piccole dorate); stagno, argento
piombo :
Le palline di rame furono tornite da grossi fili di rami' che si trovano in commercio; quelle
di stagno, argento, piombo furono fuse entro forme, e poi pulite al tornio; lo stagno, 1' arguito
e il piombo furono acquistati rome puri dalla casa Trommsdorf di Brfurt ;
Le palline, prima di essere adoperate, furono per centinaia di volte riscaldate in stufa ti
100° e poscia raffreddate versandole nell'acqua fredda, nello stesso modo che dovevano essere
adoperate nelle esperienze calorimetriche. H calore specifico medio fra 100» e 15° riferito all' ac-
qua a ■+- 15° rimase invariato, dal principio di queste esperienze coi metalli (1883), tino alla
fine (1886). L'Analisi delle palline fu fatta a lavoro compiuto dtil chiarissimo Prof. Giorgio
Papasogli di Firenze; i resultati sono trascritti nel seguito della presente memoria.
Hi // calore specifico dell'acqua
Superiormente, la stufa terminava con un largo bordo, contro
il quale si adattava il coperchio, interponendo delle rotelle di piom-
bo e stringendo per mezzo di otto robusti viti u ( fig. 1 tav. III. )
Al coperchio era saldato un tubo cilindrico che penetrava dentro la
stufa e che serviva a ricevere le palline P che si dovevano scaldare.
Questo tubo aveva un diametro ed una. altezza uguali a circa la
metà del diametro e dell'altezza della stufa e poteva contenere ol-
tre 3 chilogrammi di palline ; la sua apertura era chiusa da un
grosso tappo di sughero D, attraversato da un termometro q il
quale serviva per conoscere quando nell'interno del tubo si era rag-
giunta una temperatura stazionaria.
Per impedire il raffreddamento della stufa, la parte al di so-
pra dei tubi T era circondata da uno spesso strato di flanella, e
al coperchio si sovrapponeva una specie di cappello imbottito di
flanella. Così si poteva avere nell'interno del tubo che conteneva
le palline una temperatura uguale a quella del vapor d' acqua che
vi circolava intorno. Per gettar le palline nel calorimetro si faceva
ruotare la stufa di circa LIO0 in modo che la bocca del tubo con-
tenente le palline venisse a trovarsi vicinissima alla bocca del ca-
lorimetro, e le palline spinte dal loro peso scorrevano nel tubo e
cadevano nel calorimetro : così si poteva ritenere che le palline non
si raffreddassero affatto nel passaggio della stufa al calorimetro.
Ciò fu confermato da diverse esperienze preliminari, facendo
cadere le palline entro un calorimetro contenente del petrolio bol-
lente ad alta temperatura, mantenuto a -t- 100° da una corrente di
vapore di acqua; i resultati furono nettissimi : a correzioni fatte pei
termometri, il liquido a + 100" non si scaldava né si raffreddava
per l'immersione delle palline scaldate alla stessa temperatura.
La stufa ed il calorimetro poggiavano sopra una robusta ta-
vola addossata ad una parete di una vasta sala, ed erano separati
I'una dall'altro per mezzo di un diafragma E formato da una ta-
vola di noce e da tre grossi cartoni rivestiti di stagnola, paralleli e
distanti un centimetro l'uno dall'altro : la metà superiore di questo
schermaglio era mobile e poteva sollevarsi, guidata dalle scanala-
// calore specifico dell'acqua 17
ture praticate nelle guide U, tirando la fune k, la quale passava
per la gola di due puleggie attaccate al soffitto della sala.
Calorimetro. I calorimetri adoprati nelle nostre esperienze non
differiscono essenzialmente da quelli impiegati dal Berthelot.
La fig. H della tav. Ili rappresenta, in sezione, uno dei nostri
calorimetri.
C è un involucro di zinco a doppia parete , contenente una
gran massa di acqua, D è un vaso cilindrico di rame argentato in-
ternamente e poco più grande del calorimetro E che vi sta den-
tro e ne è separato da sottili dischi di sughero. Il vaso calorime-
trico era di lastra sottilissima di platino , di nichel , o di ottone e
perfettamente speculare all' esterno ; era coperto per impedire la
evaporazione dell' acqua ed il coperchio non si apriva che un
istante per lasciar cader le palline.
Nelle diverse serie di esperienze la capacità dei calorimetri ha
variato da "200 centimetri cubi a 9 litri : ma. salvo le dimensioni,
non vi erano differenze essenziali fra gli uni e gli altri. Importa
però che il calorimetro abbia un' altezza poco più grande del dia-
metro: con calorimetri troppo alti tendono a prodursi le correnti
di aria, tutte le volte che 1' acqua del calorimetro abbia una tem-
peratura anche leggermente diversa da quella dell' ambiente. Col
calorimetro a sezione grande, ci è anche il vantaggio che sollevan-
dosi di poco il livello dell'acqua, coll'immersione del corpo caldo,
si rende piccolissima e trascurabile la correzione per l'aumento di
pressione sul bulbo del termometro.
L'agitatore ha una forma speciale, comoda, perchè serve a ri-
cevere le palline le quali così non cadono e restano al fondo del
calorimetro: è una specie di panierino (rappresentato in sezione den-
tro il calorimetro nella fig. ù2 e in prospettiva dalla fig. B della
tav. III.) fatto della stessa lamina con la quale è fabbricato il calori-
metro, ma tutta bucata; ha forma leggiermente conica ed è alto un
po' meno della metà dell'altezza del calorimetro : una larga lamina
p dello stesso metallo è avvolta ad elica sulla superficie esterna e
due lamine della stessa larghezza circondano, una la bocca e 1' ai-
Ara Acc. Vol. IY, Serie 4a. — Meni. VII 3
18 11 calore speci fico dell'acqua
tra il fondo del panierino ; con queste appendici 1' agitatore viene
ad occupare quasi tutta la larghezza del calorimetro.
Il movimento d'alto in basso all'agitatore era dato, pur stando
a distanza dal calorimetro, per mezzo del filo /' e della puleggia q :
i due tubi g entro i quali scorrevano i fili a a servivano a guidare
il calorimetro e a limitarne la corsa, in modo che non sfregasse con-
tro le pareti del calorimetro, né urtasse contro il termometro (il quale
passava comodamente attraverso i fori m praticati nelle lamine che
circondano il panierino) e non avesse ad uscire dall'acqua né a bat-
tere contro il fondo del calorimetro.
Il termometro calorimetrico b era sostenuto da un bocciolo di
ottone al quale era fissato per mezzo di un tubo di gomma spac-
cato in due: questo bocciolo per mezzo di un gambo e di una vite
di pressione era fissato al sostegno s, oppure era fissato diretta-
mente al coperchio del calorimetro.
Un termometrino / diviso in quinti di grado , disposto , al di
fuori del calorimetro , in contatto coli' asta del termometro calori-
metrico, serviva per determinare la temperatura della colonna non
immersa, per far poi la correzione relativa, la quale però fu sempre
piccolissima (1) come può vedersi dalle tavole IV a IX.
La lettura del termometro calorimetrico si faceva a distanza per
mezzo di un ottimo cannocchiale munito di micrometro oculare,
scorrevole a guisa del cannocchiale di un catetometro, lungo un' a-
sta verticale.
Nella tav. II il cannocchiale è rappresentato di fianco all'appa-
recchio, ma si trovava invece di fronte; e nella parete della stanza
si fece appositamente praticare, dietro il termometro , una finestra
larga 20 centimetri ed alta 60 , la (piale si teneva chiusa da un
vetro smerigliato: questo modo d'illuminare il termometro rendeva
nettissima la colonnina del mercurio e quindi assicurava l'esattez-
(1) Ni. Ir esperienze caloriinetriihe (dire il Sig. Guillaume, Traiti de la (termometrie de
precision, pag. l!*:!i l'elevazione totale ili temperatura si produce in pojki minuti, e non sorpas-
sa i 2 a :! gradi; si può dunque ammettere senza errore apprezzabile, che l'asta (tige) del termo-
metro, abbia conservato la temperatura dell'ambiente.
// calore spiri fica dell' acqua W
za della lettura . tanto più se si aveva cura di socchiudere le im-
poste delle altre finestre in modo da lasciare la sala in una semi-
oscurità.
Le esperienze erano condotte nel modo seguente : mentre si
introducevano le palline dentro la stufa, si versava l'acqua (1) nel
calorimetro, visi metteva l'agitatore e si pesava; indi si poneva a
posto il calorimetro e il termometro, e dopo quattro o cinqne ore
si leggeva con un cannocchiale il termometro della stufa finché
questo indicasse, da mezz' ora almeno , una temperatura perfetta-
mente costante. Allora manovrando 1' agitatore e osservando il
termometro, ci si accertava che l'acqua del calorimetro non variasse
affatto di temperatura , ciò che accadeva quasi sempre (avendo
1' acqua del calorimetro la stessa temperatura dell' aria e dell' in-
volucro dal quale era circondato) ; se la temperatura variava un
poco, ci assicuravamo che le piccole variazioni fossero proporzionali
ai tempi , poscia si notavano le temperature di minuto in minuto
per 10' e si faceva poi la correzione relativa.
Letto il termometro , si scopriva il calorimetro e mentre con
la mano destra si tirava la fune z (Tav, II) per alzare lo scher ma-
glio E, con la sinistra si dava un colpo alla leva E per liberare i
tubi T della stufa, quindi si alzava il paniere agitatore , ma senza
farlo uscire dal liquido, e con 1' altra mano si scopriva la stufa e
si rovesciava : cosi le palline cadevano dentro il panierino. Ricon-
dotta a posto la stufa e lo schermaglio E, sì copriva il calorimetro
e per mezzo del filo f si muoveva l' agitatore e con 1' occhio si
leggeva al cannocchiale osservando il movimento ascendente del
termometro : — questa manovra con la pratica acquistata non richie-
deva più di 10 secondi.
Si notava la più alta temperatura indicata dal termometro, la
( 1) Abbiamo sempre adoperato acqua distillata od abbiamo avuto cura di verificare che eva-
porata non lasciasse residuo ne s'intorbidasse per 1' aggiunta di nitrato d'argento: la stessa acqua
non si adoprava più di due volte e talora non più di una, come nella serie di esperienze con le
palline di piombo. Abbiamo così impiegato in queste esperienze molte diecine di ettolitri di acqua
distillata.
20 II calore specifico dell' acqua
quale succedeva un minuto dopo gettate le palline nel calorimetro,
e quindi, sempre agitando , si leggeva il termometro di minuto in
minuto per 10': queste osservazioni servivano per calcolare la cor-
rezione.
Nelle nostre esperienze gli abbassamenti di temperatura do-
po l'istante in cui fu raggiunto il maximum , riuscivano ben pro-
porzionali ai tempi.
Dopo terminata una esperienza si toglievano subito le palline
dal panierino, si asciugavano con carta da filtro e quindi si scal-
davano in una stufa ad aria alla temperatura di 100° e poi si
ponevano di nuovo (così calde) nella stufa a vapore per prepa-
rare una nuova esperienza.
La stufa a vapore era mantenuta continuamente in azione
(oltre 16 ore al giorno) per essere sicuri di ottenere un regime per-
manente di temperatura, così nella stufa come neh' acqua del ca-
lorimetro e nella sala : 1' acqua stillata che serviva per le espe-
rienze era conservata nella sala stessa delle esperienze, dove pure
era collocata la bilancia per determinare il peso dell' acqua.
Immediatamente prima di ogni esperienza si leggeva il baro-
metro per calcolare la temperatura dì ebullizione dell' acqua della
stufa ossia la temperatura iniziale delle palline.
Il barometro che abbiamo sempre adoprato, durante tutte que-
ste esperienze, era a mercurio, del sistema Fortin, costruito dal
Deleuil di Parigi, riempito, poco prima di cominciare queste espe-
rienze, e confrontato a lungo col barometro normale del R. osser-
vatorio dell' Istituto superiore di Firenze e con un barometro nor-
male da noi costruito: la correzione da applicare al nostro barome-
tro per ridurlo a coincidere con quello normale era + 0m,06.
Il barometro era collocato in una piccola stanza a Nord , (si-
tuata allo stesso piano) in cui le oscillazioni diurne di temperatura
erano assai piccole.
Le bilance adoprate per pesare i calorimetri e le palline fu-
rono due : una grande, del Deleuil, della portata di 10 chilogrammi,
adoprata specialmente pei grandi calorimetri , 1' altra del Sarto-
rius, della portata di cinquanta chilogrammi.
Il calore specifico dell'acqua -1
Le pesiere furono verificate, fino a due chilogrammi, impie-
gando una eccellente bilancia di Sartorius sensibile fino al decimo
di milligrammo; quanto ai pesi maggiori , furono confrontati per
mezzo della grande bilancia di Deleuil.
Le correzioni relative da applicare ai singoli pesi erano infe-
riori al centigrammo sicché non se ne tenne conto, perchè ci ba-
stava conoscere il peso dell' acqua a meno di un centigrammo.
Facemmo anche il confronto del chilogrammo della nostra pe-
siera (al quale si erano riferiti gli altri pesi) col chilogrammo cam-
pione fornitoci dal Ruepreckt il quale alla sua volta era stato con-
frontato dal compianto Prof. Pisati col chilogrammo in platino del-
l'ufficio centrale dei pesi e misure (1). Ma non tenemmo conto
della differenza che era ben piccola, anche perchè nei nostri calcoli
figura sempre il rapporto di due pesi e quindi il fattore di corre-
zione viene a eliminarsi; l' importante era per noi di esser certi dello
errore relativo dei nostri pesi e questo era , come abbiamo detto,
inferiore agli errori compatibili con le nostre esperienze.
Diciamo ora del metodo tenuto nel calcolare le esperienze.
Per determinare gli equivalenti in acqua dei calorimetri e
degli agitatori cominciammo dal determinare ii calorico specifico
della lastra e del filo metallico con cui furono costruiti: Facemmo
questa determinazione fra le temperature di circa + 3° e + 3o°
adoprando una stufa ad etere più piccola ma simile a quella ado-
perata nelle esperienze con le palline : i valori da noi trovati fu-
rono : per l'ottone adoperato 0,09275, perii nichel adoperato
0,10493 (media di dieci determinazioni concordanti) (*2).
Gli equivalenti in acqua dei termometri si potevano determi-
nare con tutta esattezza, fino a un punto qualunque dell'asta, aven-
doci il costruttore indicato il peso del mercurio, il peso della bac-
chetta e del serbatoio, ed avendoci inoltre mandato , dietro nostra
(1) questo confronto fu fatto, avendo noi in mira di riprendere la determinazione dell'equi-
valente meccanico del calore, col metodo già adoperato da uno di noi. (Bartoli, Nuovo Cimento
T. Vili. Pisa 1880; ed Atti della R. Accademia dei Lincei, Voi. Vili pag. 1)7.
(2) Avendo preso come unità il calore specifico vero dell' acqua a -t- 15°.
22 II calore specifico dell' acqua
richiesta, un campione dello stesso vetro col quale erano fabbricati i
termometri, del quale noi determinammo il calorico specifico fra t0° e
35° e trovando il valore 0,1938 (Pel vetro dei termometri Baudin) (1).
11 peso dell' acqua ed il peso delle palline fu ridotto al vuoto.
Le palline conservarono in generale lo stesso peso e si verificava
di quando in quando die non avesse variato; soltanto le palline di
piombo perdevano sensibilmente di peso e si dovevano ripesare
ogni giorno distribuendo la diminuzione di peso fra le due espe-
rienze fatte nella giornata: la diminuzione era di circa 0^am-030
in ciascuna esperienza sopra un peso di piombo di 1600 gram-
mi (circa) ossia di - Annr. del peso totale.
r>4000 *
In tutte le esperienze abbiamo cercato che la temperatura ini-
ziale dell'acqua del calorimetro fosse uguale a quella dell'ambiente
e dell' acqua del recinto che circondava il calorimetro: la cosa era
un po' incomoda per le temperature prossime a zero e per quelle su-
periori a 30°,. ma era facile per le altre. Per le esperienze a tempe-
rature prossime a 0° si scelsero le giornate più fredde dell'inverno,
quando la temperatura esterna discendeva sotto zero e lasciando a-
perte nella notte le finestre della sala si poteva, nelle prime ore della
mattina, avere la stanza a+l° e anche più fredda: le esperienze alle
alte temperature si fecero nei giorni più caldi del luglio e dell'agosto,
nei quali, occorrendo, si accendeva talora anche un buon calorifero.
Così in generale non si ebbe da tener conto di variazioni di
temperatura del calorimetro prima del mescuglio: quando però questa
variava un poco, allora si notavano di minuto in minuto le tempe-
rature nei 10 minuti che precedevano l'istante del mescuglio.
La correzione pel raffreddamento del calorimetro durante la
esperienza fu fatta così : 1° quando la temperatura rimaneva as-
solutamente costante prima di gettare le palline , si ammise che
dall'istante del mescuglio lino a che si raggiungeva 1' equilibrio di
temperatura fra le palline e il liquido (ciò che succedeva dopo un
2
minuto) il calorimetro si raffreddasse -5- di quel che si raffreddava
il) Pel mercurio ilei termometri si accettò il numero 0,0333 per valore del calore specifico.
Il calore specifico dell' acqua 23
in un uguale intervallo di tempo successivo; e questo raffreddamento
si deduceva osservando le temperature del calorimetro per altri 9
minuti dopo raggiunta la temperatura finale.
-2" Quando la temperatura del calorimetro variava un poco
avanti il mescuglio , (1) si è ammesso che durante l' esperienza la
perdita di calore del calorimetro sia stata, nel primo terzo dell'interi
vallo di tempo, uguale a quella che era prima del mescuglio e per
gli altri due terzi uguale a quella che era dopo raggiunta la tem-
peratura finale.
Questa correzione fu sempre molto piccola : non superò quasi
mai i sei o sette millesimi di grado e spessissimo oscillò fra 2 e 4
millesimi. (2)
La temperatura iniziale delle palline si è ammesso fosse ugua-
le a quella del vapor d' acqua in ebullizione nella stufa e questa
si deduceva dalla pressione atmosferica per mezzo delle tavole della
tensione del vapor d'acqua di Regnault, ricalcolate dal Broch. (3)
Della costanza della temperatura ci assicuravamo con un ter-
mometro in contatto colle palline.
La temperatura avanti 1' immersione era perfettamente costan-
te : ad esempio il 9 gennaio 1884 ottenemmo (l'altezza barometri-
ca essendo 758,98).
Termometro della stufa
Ore 9 10' 99, 962
15' 99, 963
20' 99, 961
2ó' 99, 963
30' 99, 962
(1) Quando la temperatura del calorimetro variava un poco avanti il mescuglio. ci siamo
assicurati che nei venti minuti precedenti , le variazioni ili temperature fossero proporzionali ai
tempi.
(Si vedano le tavole numeriche in cui son riferiti tutti i dati delle nostre esperienze).
(2) Tutti i metodi proposti per questa correzione sono buoni, a condizione che la correzione
risulti piccolissima. Se invece la correzione riesce grande, i diversi metodi diurno resultati discor-
danti; ma si trova sempre un numero troppo grande per la quantità di calore, quando il calo-
rimetro tende molto a riscaldarsi, e troppo piccolo quando tende molto a raffreddarsi.
Questo argomento fu da noi studiato lungamente e i resultati sono esposti in una nota rhr
fa seguito a questa memoria. (Bartoli e Stracciati— Sulle correzioni pel raffreddamento in ter-
mometria). Bollettino dell' Accademia Gioenia di Catania. Fascicolo XXVI.
Compara anche, Journal de Physique II, p. 345, 1N73; X p. 46 e 80 (ISSI): Annales de
Chimie et de Physiqne, 4a serie, T. XI pag. 94S; Lehrbuch der exporimental Physik, von Wiillner
II. s. 398.
(3) Broch, {Trav. et Mém. du Bui: intern. des Poids et Mes. I. A. 33. ISSI i.
24 // calore specifico dell' acquo
II termometro era Ietto col catetometro :
La colonna sporgeva un due centimetri onde evitare la eva-
porazione del mercurio già untata da diversi sperimentatori.
La riduzione della pressione al livello del mare e alla latitu-
dine di 45° non la facemmo perchè non aveva influenza sensibile
nelle nostre determinazioni (1).
Non fu fatta la correzione per la variazione di pressione ester-
na prodotta dall' innalzamento del livello dell* aequa nel calorime-
tro dopo la immersione delle palline, perchè piccolissima (e sempre
inferiore ad un millesimo di grado) e che inoltre rimaneva costan-
te in tutte le esperienze con uno stesso metallo.
Con ciascun metallo furon fatte da 200 a 400 determinazioni:
dei valori trovati sperimentalmente e di tutti i dati che hanno ser-
vito al calcolo , diamo un saggio nelle tavole seguenti (IV a IX):
1" ultima colonna intitolata calore specifico rappresenta il calore spe-
cifico del metallo fra 100" e la temperatura finale del calorimetro,
avendo preso come unità, il calore specifico medio dell" acqua fra
la temperatura iniziale e quella finale del calorimetro.
Seguono le tavole IV a IX le quali servono , più che molte
paiole, a dare un'idea chiara del metodo tenuto nei calcoli.
il) A Firenze deve furon eseguite le esperienze coi metalli, In latitudine è 4M0 17 '. l'alti-
tudine (Gabinetto di Fisica Via S. Gallo, 2° piano) inferiore ad so metri.
Nella forinola
tj = yn (1—0,00259 cos 2y) (1—0, 100 196 B)
data dal sig. Anwers (Beimi. Geograpn [ahrb 6, pag.697, anno 1876) dove #45 esprìme L'intensità
della gravità a 45° di latitudine e al livello del mari' . e g quella in una stazione alla latitudi-
ne 9 all'altitudine H , ponendo 9 = 4:!° 47' H = 80 si ottiene
g = 9k X 0.999 S75
perciò a Firenzi' . all' altitudine 80 metri . l'altezza barometrica 760mm equivale a quella di
To'.'. 905 alla latitudine di 15° ed all' altitudine zero.
Il punto di ebollizione dell'acqua a 7591"n,,905 normali è. 99°, 996.
Compara Brodi, Trav. et Meni, du Bureau Inter, de Poids et Mes. 1. A. ■'!■!. ISSI.
Segue Tavola IV a IX.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a. — Meni. VII.
26
Il calore specifico dell'acqua
Tavola IT.
Data
O
• u
o -—
CC 3
3.1
S 2
£1
2 °
3- o
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■° o
O ti
II
Equivalente in
acqua del calorimetro,
agitatore e termometro
©
Pi
G3
"o
*a
o
co
Ci
TEMPERATURE DEL CALO
O
lette
CD
il
iniziale
dopo 1'
dopo 2 '
dopo 4'
dopo 6'
1886
5045
Aprile 29
D
117,51
4,19
118,37
16°,604
19°,092
19°,072
19°,028
18°,988
5046
Maggio 1
D
116,73
4,19
118,37
16,672
19,172
19,156
19,123
19,090
5048
2
D
116,85
4,19
118,37
16,384
18,892
18,876
18,845
18,814
5049
» »
D
117,26
4,19
118,37
16,516
19,018
19,006
18,978
18,950
5050
3
D
119,21
4,19
118,37
16,488
18,968
18,952
18,916
18,882
5051
4
D
117,65
4,19
118,37
16,584
19,072
19,054
19,014
18,976
(1) Cioè, ridotte al termometro ad azoto.
Il calore specifico dell'acqua
27
PLATINO
RIMKTRO
Barometro
ridotto a zero
Temperatura
iniziale delle palline
Correzione
pel raffredamento
dovuto al raggiamento
Correzione
per la colonna
del termointìtro
non immersa
Aumento
di temperatura
del calorimetro
Raffreddamento
delle palline
•ifico
0
corrette (lì
rieo spe
el piatili
dopo In '
iniziale
tinaie
O
18°,904
16°,5670
19°,0520
733,8
99°,02
+ 0,0139
+ 0,0071
2°,5060
79°,9470
0,032229
19,024
16,6250
19,1320
731,3
98,93
+ 0,0110
+ 0,0071
2,5251
79,7799
0,032333
18,752
16,3460
18,8489
730,5
98,90
■+ 0,0104
+ 0,0070
2,5203
80,0337
0,032202
18,892
16,4790
18,9780
730,4
98,90
+ 0,0093
+ 0,0070
2,5153
79,9057
0,032298
18,812
16,4509
18,9270
735,9
99,10
+ 0,0115
+ 0,0069
2,4945
80,1546
0,032442
18,900
16,5470
19,0320
736,0
99,11
+ 0,0127
+ 0,0070
2,5047
80,0583
0,032204
28
E calore specifico dell' acqua
•
Tavola V.
-RAME
8
»3
Data
o
5 ~
o
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5
'x
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o
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a
©
TEMPERATURA
o
■e
avanti
2'
iniziale
1
10'
5'
1885
2416
Marzo 6
E
— 0°,040
s°.o
15°,0
7107.25
92.87
2S31.62
costante
14°.260
2417
.. 7
E
— 0. (i4(l
SII
14,5
7136.07
92,87
2831.62
*,
14.065
2418
..
E
— ((. 040
8.0
15.0
7143,25
92. S7
2S31.62
«
14.104
2419
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E
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s.o
15,0
71:11.89
92,87
2831,62
n
14.352
2421
8
E
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8.0
15,0
711IÌ.79
92.S7
2831,62
«
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9
E
— il. olii
8,0
15,0
7145.35
92.S7
2831,62
M
14.012
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„
E
— il. (140
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92.S7
2S31.62
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15,0
7124.63
92.S7
2831,62
«
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92.S7
2831.61
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1885
E
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8.0
16,0
7139.77
92,87
2831,61
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14,094
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14.100
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24.1
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29.436
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24.1
30,0
6885,65
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2831,50
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30,6
(19iiS.4.">
92,82
2831,50
30.170
30,156
30,146
30.140
(1) Cioè, ridotte al termometro ad azoto.
// calore .
■peci fico dell'
acqua
29
Palline grandi
DEL CALORIMETRO
03
z
si
Correzione
O
a cd
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215
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PER LA COLONNA
DEL TERMOMETRO
NON IMMERSA
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99, 87
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0,093008
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0.093115
17. 348
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17. 336
17, 330
17. 320
14. 3311)
17. 3353
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—0.0015
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0.011:1011
17. 208
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17. 193
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17, 1980
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99, 87
+0.0033
+0,0001
+0,0040
3. 0120
82. 7759
0,093154
17. 236
17. 229
17. 224
17. 218
17, 208
14. 2233
17. 2255
754, 12
99. 78
+0,0018
—0,0011
+ 0,0022
3, 0073
82 5505
0,093055
17. 108
17. 101
17. 096
17. 089
17, 080
14. 0940
17. Unni
754, 59
99, 80
+0.0017
—0,0016
+0.0014
3. 0113
82, 6963
0,093010
32°,426
32<>,412
32°.400
32o,384
32o,362
290,6050
320,2490
761, 75
100o,06
+0.0050
+0.0001
+0.0031
2o.li.V20
67o,S029
0.093391
82, 524
32, 510
32. 496
32, 484
32, 46(1
29, 7290
32, 346S
761. 47
ino. 05
+0.0052
—0.0O02
+0,0028
2. 6260
67. 6952
0,093552
82, 264
32, 248
32. 234
32. 218
32. 19S
29. 5650
32, ossii
758. 71
99,95
+0,0052
— o. :',
+0.0023
2. 5308
67. 8545
0,093545
32, 442
32. 430
32, 416
32. 4i HI
32. 380
29. 7S.-,(I
32, 2650
7. ">7. sii
99, 92
-4-0.0051
—0,0003
+0,0023
2. 4877
67. 6476
0.O93433
82, 040
32, 024
32, 006
32. 990
31. 968
29. 2620
31. 8640
758. 18
99, 93
+0,0060
— 0,0003
+ 0,0023
2. 6106
68, 0577
0,093694
32. 500
32, 484
32, 470
32. 456
32. 434
29, 7650
32, 3230
757. 44
99. 91
+0,0056
— 0,0002
+0.0027
2, 5665
67, 5787
0,093600
32, 448
32. 438
32. 426
32. 416
32, 4HI
29. 7730
32. 2711
756, 12
99.86
+0,0032
—0,0011
-t- 0,0013
2. 5036
67. 5845
0,093675
32. 322
32. 308
32. 294
32, 280
32, 260
29, 6670
32. 1458
756, 55
99, 87
+0,0052
— 0.0002
+0.0033
2. 4875
67, 7157
0.093645
32,340
32, 326
32, 314
32. 301
32, 2S(
29. 715C
32, 1636
755, 22
99, 82
+0,0047
+0,0001
+0,0030
2. 45(52
67. 6487
0,093640
32, 661
32. 644
l
32, 628
32, 612
32, 58S
29, 9640
32. 4S2I
756, 69
99,88
+0.0063
—0,0006
+0,0027
2. 5276
67, 3890
0,093537
30
Il calore specifico dell' acqua
Tavola VI.- RAME
£
ai S
TEMPERATURE DEL CALO j
0
Data
— O
o a
Z s
1 1
T 3
I 1
S3 o P
,2 "3 S
g-'S g
Pi
'O
lette
y.
o
-S co
iniziale
dopo r
dopo 5'
dopo 10'
18 8 3
385
Api-ile 24
D
957,39
13,18
378,91
12°,480
15°,516
15,468
15,404
386
» »
D
947,43
13,18
378,91
12,600
15,672
15,624
15,564
387
» »
D
956,55
13,18
378,91
12,440
15,488
15,440
15,380
391
25
D
946,23
13,18
378,91
12,392
15,472
15,428
15,376
392
» »
D
950, 98
13,18
378,91
12,828
15,882
15,834
15, 768
393
» »
D
946,33
13,18
378,91
12,900
15,962
15,914
15,856
399
27
D
956,54
13,18
378,91
12,656
15, 708
15,672
15,628
400
» »
D
953,96
13,18
378,91
12,920
15,982
15,946
15,900
( 1 ) Oioù ridotte al termometro ad azoto.
Tavola VII.
1195
1200
1209
1210
1212
1213
1218
18 8 3
Settembre 12
13
14
» »
15
» »
16
F
1943, 19
25,51
1593,65
24°,540
26°,360
26°,324
26°,276
G
1911,51
25,44
1593, 19
24,510
26,362
26,320
26, 270
(i
1945,84
25.44
1593,19
24,396
26,210
26, 174
26, 126
G
1933,23
25,44
1593,19
24,218
26,046
26,002
25,952
G
1979,98
25,44
1593,19
24,006
25,810
25, 774
25,728
G
1980,83
25,44
1593, 19
24, 138
25,936
25, 893
25,840
G
1946,34
25,44
1593, 19
24,444
26,274
26,232
26,182
// calore specifico dell' acqua
31
palline piccolo (dorate)
K1MF.TR0
Barometro
ridotto a zero
Temperatura
iniziale delle palline
Correzione
pel raffredamento
dovuto al raggiamento
Correzione
per la colonna
del termometro
non immersa
Aumento
di temperatura
del calorimetro
Raffredamento
delle palline
o
«3
correi
iniziali'
te (lì
finali'
n
O
O
O
12°,4412
15°,4778
746,33
99IJ,50
+ 0,0083
+ 0,0067
3",0516
84,0072
0,093141
12,5610
15,6330
746, 73
99,51
+ 0,0080
+ 0,0069
3,0869
83,8621
0,093316
12,4016
15,4500
747,13
99,52
-r- 0,0080
-1- 0,0067
3,0631
84,0553
0,093261
12,3540
15, 4340
752, 45
99, 72
-1- 0,0071
+ 0,0068
3,0939
84,2721
0,092957
12,7880
15,8422
752,60
99, 73
+ 0,0084
+ 0,0069
3,0695
83,8725
0,093122
12,8600
15.9220
753,22
99,74
+ 0,0079
-r- 0,0070
3,0769
83,8031
0,092973
12,6164
15,6690
753,27
99,75
+ 0,0059
+ 0,0069
3,0654
84, 0682
0,093316
12,8798
15,9420
752,52
99,72
-+- 0,0061
+ 0,0070
3,0631
83, 7649
0,093334
PIOMBO
24°,4770
24,4500
24,3360
24, 1580
23,9450
24,0774
24, 3840
26°,2980
26,2980
26,1469
25,9830
25,7470
25,8730
26,2103
757, 74
757,06
755,81
755,51
756,51
756,26
760,56
99,92
99,89
99,85
99,83
99,87
99,86
100,02
+■ 0,0062
+ 0,0068
+ 0,0062
+ 0,0070
+ 0,0061
+ 0,0071
+ 0,0068
+ 0,0068
+ 0,0069
4- 0,0068
+ 0,0068
+ 0,0066
+ 0,0066
t- 0,0067
1°,8340
1,8617
1,8239
1,8388
1,8147
1,8093
1,8398
73°,6090
73,5783
73, 6901
73,8332
74,1103
73,9733
73,7962
0,030779
0,030762
0,030625
0,030618
0,030822
0,030801
0,030855
:y
Il calore specifico dell' acqua
TU
293
371
372
373
375
4(59
480
481
490
539
540
541
546
Tavola Vili.
Data
1883
Aprile 6
22
1883
Maggio 20
21
» »
22
29
» »
31
S
o
D
D
D
D
D
F
F
F
F
F
F
"3 "5
497,57
498,38
498,36
498,22
497,43
496,32
496,29
496,07
497,39
497,25
497,62
498,09
496,98
S t
10,44
10,44
10,44
10,44
10,44
10,49
10,49
10,49
10,49
10,49
10,49
10,49
10,49
TEMPERATURE UKL C'ALO
ette
256,21
256,21
256,21
256,21
256,21
256,21
256,21
256, 21
256,21
256,21
256, 21
256,21
256,21
iniziali
13°,234
dopo r
15,588
13,572 15,898
13,614
13, 800
14,002
19°,480
19,874
19,896
19, 400
19,326
19,840
19,500
19,448
15,940
16,120
16,320
dopo 5'
15,545
15,863
15,904
16,080
16,282
21°,674
21,650
22,056
22,022
22,080
22,048
21,(500
21,580
21,520
21,476
22,020
21,980
21,696
21,660
21,640
21,604
dopo 10'
15,492
15,820
15,860
16,028
16,240
21,620
21,984
22,010
21,556
21,424
21,928
21,616
21,550
(1) Cioè ridotte al termometro ad azoto.
// cahre specifico dell' acqua
33
STAGNO
EUMETRO
corrette (1)
iniziali
13°,1930
13,0320
13,5741
13,7610
13,9640
19°,4500
19,8440
19,8660
19,3700
19,2960
19,8100
19,4700
19,4180
finali'
15°,5500
15,8580
15,9000
16,0810
16,2820
21u,6360
22,0144
22,0382
21,5620
21,4828
21,9788
21,6580
21,6020
760,48
750,60
749,96
749,21
749,26
747,74
756,47
756,69
759,79
760,53
760,22
760,05
755,96
100,02
99,65
99,63
99,60
99,60
99,55
99,87
99,88
99,99
100,02
100,01
100,00
99,85
5 g ~
o 5(2 ci
- È -
4- 0,0071
4- 0,0058
4- 0,0059
4- 0,0068
-4- 0,0059
-4- 0,0040
+ 0,0053
+ 0,0052
0,0033
4- 0,0071
-r- 0,0068
•+■ 0,0059
4- 0,0067
5 s
p « a a
3 03
O —
O s.
i - =
4- 0,0053
-4- 0,0053
-+- 0,0053
4- 0,0053
4- 0,0054
4- 0,0067
4- 0,0069
4- 0,0069
4- 0,0068
+ 0,0068
4- 0,0069
4- 0,0068
4- 0,0068
~ £ 7Ì
2«,3694
te
è,
84°,4576
2,3371 83,7789
2, 3371
2, 3321
2,3293
2°, 1967
2,1826
2, 1843
2, 2021
2,2007
2, 1825
2,2007
2, 1965
83,7188
83,5069
83,3067
77°,9033
77,84:14
77,8349
78,4179
78,5233
78,0175
78,3293
78,2345
a
"3 ^
ci
O P
5
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4». — Mem. V7J.
0,055625
0,055399
0,055437
0,055444
0,055424
0,055780
0,055459
0,055484
0,055666
0,055541
0,055479
0,055772
0,055610
5
34
Il calore specifico dell' acqua
Tavola IX.
a
-
55
1242
1286
1288
1290
1291
1320
1321
1322
Data
18 8 3
Settembre 20
29
30
Ottobre 7
» »
G
G
G
G
G
G
G
G
499,31
496,90
496, 35
496,40
496, 75
497, 70
496,85
497,67
- tri
10,50
10,50
10,50
10,50
10,50
10,50
10,50
10,50
pi
253,21
253,21
253,21
253,21
253,21
253,21
253,21
253,21
TEMPERATURE DEL CALO
lette
iniziali1
dopo r
dopo 5'
dopo 10'
20°,322
22°,490
22°,446
22°,394
20,142
22,310
22,268
22,234
20,922
23,066
23,024
22,974
20,086
22,258
22,218
22,168
20, 162
22,326
22,290
22,246
20,258
22,430
22,384
22,324
20,006
22,182
22,142
22,090
20, 560
22, 724
22,682
22,630
(li Cioè ridotte :il termometro mi azoto.
// calori
specifici (A7/' acqua
35
ARttEJfTO
EOMETRO
Barometro
ridotto a zero
Temperatura
iniziale delle palline
Correzione
pel raffreddamento
dovuto al ragliamento
- = £ S
g o a S
■| s 1 1
E ^ '~ "~
J3 _ -£ -
Aumento
di temperatura
del calorimetro
Raffredamento
delle palline
o
9
SO
corret
iniziale
tedi
finale
Calorico
specifico dell' a
20°,2812
22°,4411
757, 38
99°, 90
+ 0,0071
+ 0,0070
2°, 1740
77°, 4448
0,056520
20, 1010
22,2629
748.94
99,59
4- 0,0056
4- 0,0069
2,1744
77,3146
0,056356
20,8820
23,0203
747,99
99,55
+ 0,0068
4- 0,0070
2, 1521
76,5159
0,056300
20,0449
22,2110
747,58
99,54
4- 0,0067
-4- 0,0069
2,1797
77,3154
0,056438
20, 1210
22,2787
747,03
99,52
4- 0,0067
4- 0,0069
2,1713
77,2277
0,056323
20,2170
22,3817
761,65
100,06
+ 0,0078
4- 0,0070
2,1795
77,6635
0,056323
19,9640
22, 1352
761,63
100,06
4- 0,0068
-r- 0,0069
2, 1849
77,9111
0,056189
20,5200
22,6738
762.00
100,07
4- 0,0070
4- 0,0070
2,1678
77,3822
0,056221
36 11 calore specifico dell' acqua
Da questi valori del calore specifico delle palline abbiamo de-
dotto il calore specifico dell' acqua, tenendo conto della variazione
del calore specifico del metallo col variare della temperatura , nel
modo seguente.
Siano T e t la temperatura finale e 1' iniziale del calorimetro
(dopo fatte tutte le correzioni) , P il peso dell' acqua , p il peso
delle palline, CTit il calore specifico dell'acqua fra /° e T° (riferito
ad una unità arbitraria , per es. al calore specifico vero a 15")
»• Mm,t d calore specifico del metallo ( riferito alla stessa unità )
fra 100° e T° : si avrà evidentemente
Mm.r (100 - T) p = CT,t (T-t) P
e il calore specifico del metallo, mmT, registrato nelle tavole pre-
cedenti è stato calcolato, come si è detto, prendendo per unità, in
ciascuna esperienza, il calorico specifico dell' acqua del calorimetro,
cioè con la equazione
mm,T (100— T) p = (T-t) P
la quale combinata con la precedente dà
,, _ Mtao,T
^T,C
rt'lOO.T
sicché la determinazione di CT>{ era ridotta a quella di MmT.
Per questo calcolo noi abbiamo ricorso alle formule seguenti :
Pel platino, secondo Violle (1)
q = 0,0317 T -+- 0,000 006 T'
pel rame, secondo Naccari (2)
q = 0,92 435 (T — 17°) 4- 10,629 X IO"0 i T — 17/
per lo stagno (secondo le nostre determinazioni)
q = 0,0556 T + 0,000 012 T-
ili Violle, Comptes Rendus, t. LXXXV pag. 543; 1877.
(2) Naccari, Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, voi. XXIII. Dicembre lssu
e Nuovo Cimento, 1890.
// calori- specifico dell'acqua 37
per l'argento, secondo Naccari (I)
q = 0,054 984 (T - 23) + 10,070 x lo~'j (T - 23)!
per il piombo, secondo Naccari (l)
q = 0,029 93 (T— 15) -+- 6,7923 X IO"6 {T — \bf
dove g indica la quantità totale di calore, riferita all' unità di peso:
ed abbiamo accettato per coefficiente di variazione del calorico spe-
cifico quello trovato da noi e dai citati sperimentatori per gli stes-
si metalli, ossia abbiamo ammesso che i calorici specifici del pla-
tino , argento , rame etc. da noi adoprati fossero proporzionali ai
calorici specifici del platino, argento, rame, etc. studiati da Violle
e da Naccari , fra due temperature qualunque comprese fra 0° e
100°. (2) Così si poteva avere all' infuori di una costante, diversa
da un metallo all' altro, il valore di Mm,T pei metalli da noi ado-
prati e quindi il valore di CTt moltiplicato per la stessa costante,
la quale fu determinata come poi vedremo, in modo da rendere
uguale a 1 il calore specifico vero dell' acqua a 15° (3).
Per fare questi calcoli non si adoprarono separatamente i re-
sultati di ogni singola esperienza, ma credemmo conveniente di ag-
gruppare quelle per le quali le temperature iniziali e finali del ca-
lorimetro differivano di poco, e di adoprare le medie dei valori di
t, T e mlMtT. Così si ottennero, per ogni metallo, da 16 a 30
gruppi, ciascheduno composto di 8 a 15 esperienze. Tutti questi
valori che ne hanno servito per il calcolo sono riuniti nelle tavole
seguenti :
(1) Naccari. Atti della E. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXIII. Dicembre ISSO
e Nuovo Cimento, 1890.
(2) I metalli da noi impiegati erano abbastanza puri e ci sembra lecito ammettere che m
comportassero come quelli impiegati dal Violle e dal Naccari — Per lo stagno le misure furon
fatte sulle stesse palline da noi adoperate — Del resto, le correzioni per la variazione del calore,
specifico col variare della temperatura, non portano che piccola differenza nel resultato finale.
(3) Per calcolare aMv»,T si deduce facilmente la forinola
*M10o,t = a 4- t (100 -r T)
Infatti
?ioo — °t_ a . 100 -t- 6 . 1002 — aT—bT2
aM'<>« - ioo - T - 100 - T
loo— t ìoo2 — r2
= a L^_± + b Lnj = a + 6(100 -t- T)
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Il calore specifico dell' acqua
Tavola X. - PLATINO
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// calore specifico dell' acqua
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Il calore specifico deli acqua
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G
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Atti Acc. Vol. IV, Serie 4a. — Meni. VII.
6
42
11 calore specifico dell' acqua
Segue Tavola XI.
»'100.7'
2483
G
2484
G
2487
G
2488
G
2489
G
241M )
G
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G
2498
G
2499
G
2500
G
2501
a
1
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1
ledia
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fi
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G
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G
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G
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Media
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S
S
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Media
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S
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Media
25'
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1
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32'
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Il calure specifico dell' acqua
43
Tavola XII. — RAME palline piccole
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K
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191
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K
196
K
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K
•203
K
Media
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K
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K
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K
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189
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•205
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K
Media
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185
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210
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227
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K
K
K
K
K
K
K
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K
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55
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211
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93022
I
ledia
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44
11 calore specifico dell' acqua
Segue Tavola XII.
243
244
245
su?
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K
K
K
K
K
K
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323
D
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D
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D
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// calore speri fica dell'acqua
45
Segue Tavola XII.
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46
Il calore specifico dell' acqua
Segue Tavola XII.
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47
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Il calore specifico dell'acqua
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Atti Aco. Vol. IV, Serie 4a. — Meni. VII.
50
// calore specifico dell' acqua
Segue Tavola XIII.
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// calore specifico dell' acqua
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Tavola XIV. ARGENTO
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56008
1529
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7. 1862
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0, 056056
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1377
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E
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U
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9»,3132
0, 055937
1378
E
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16, 5090
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147:1
U
6, 1020
8, 6237
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1379
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E
14.4230
16. 7 152
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1475
U
6, 6030
9, 1240
56084
1402
E
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17, 1706
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1481
U
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E
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16,8639
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u
6, 7400
9, 2587
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1406
E
14, 6970
17, 0003
56076
1484
u
6, 0960
8, 6217
55766
1485
u
Media
6, 0400
6, 3907
8, 5700
8,9126
56010
0, 055923
Media
14, 3857
16, 6979
0, 056036
1341
1342
E
E
16o,0348
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18»,2981
18, 4420
0, 056065
56275
1454
E
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0, 0560(33
1343
E
16, 3468
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E
8, 1573
1(1,6558
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1345
E
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19, 1960
56218
1526
E
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11. 1000
56014
| 1346
E
16, 2305
18, 4868
55947
52
11 calore specifico dell' acqua
Segue Tavola XIV.
y.
1348
1349
L350
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E
E
Media
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2387
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26°,7460
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s. 97009
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8, 97027
s. 97031
8, 97036
8, 97041
8, 97046
8, 97051
8, 97056
8, 97061
8, 97065
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8, 97084
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S. 9(1(111.".
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S. 9I1S42
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s. 96894
8,96931
s. 96986
s. 97076
8, 97131
8, 97119
S. 97145
8, 971S2
8, 97024
8, 96984
S, 9(1999
8, 97022
s. 97020
8, 96976
8,97008
8, 97043
S, 97013
8, 97005
8, 96946
Tavola XIX. - STAGNO
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3, 99
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17, 69
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13, 58
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18,64
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23, 57
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s. 75471
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S, 75498
S. 75508
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S. 75526
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s. 75554
s. 7556]
s. 7.".:,7ii
s. 755S1
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S. 75597
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8. 75660
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S, 75I1SI1
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8. 75703
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8, 74497
8, 74379
8.7427(1
S. 74205
8. 74158
8, 74185
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8,74301
S. 74327
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s. 743(12
S. 743(17
s. 74401
s. 743SO
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8. 74474
8, 74509
S. 745(15
8. 74591
s. 7155(1
8.74507
S. 74449
8. 744SS
8. 74585
8. 74594
8. 74512
8, 74481
S. 74517
8,74521
s. 71469
8, 74387
// calore specifico dell' acqua
01
Tavola XX. —ARGENTO
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8,74538
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8, 74569
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8, 74955
Tavola XXI. — PIOMBO
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30, 35
32, 23
34,02
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31, 39
33, 20
8, 4s:J25 8, 48705
s. 1S345
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8, 48529
8, 48547
8, 48570
8, 48589
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8, 48828
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8, 48988
8, 48972
8, 48970
8, 48934
8, 48846
8, 48787
8, 4SS1:;
8,48821
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4». — Meni. VII.
58 II calore specifico de!!' acqua
Nelle tavole X a XV si trovano gli elementi pel calcolo del
calorico specifico dell' acqua dedotto da ogni gruppo di esperienze.
Per avere poi il calore specifico vero di grado in grado ab-
biamo ammesso cbe il calorico specifico dell' acqua , CTiJ , medio
fra le due temperature T e t (iniziale e finale del calorimetro, le
quali non differivano per solito che circa 2°), sia uguale al calo-
T+t
rico specifico vero alla temperatura intermedia — — = 0 ; e con i
valori che si erano trovati di log <* CTit, uguali , per 1' ipotesi l'atta.
a log a C0 si è costruito una curva prendendo come ascisse le tem-
perature 0 e come ordinate i valori di log a Cn : da questa curva
si sono dedotti i valori di log * CQ di grado in grado, i quali sono
registrati nelle tavole XXII a XXVII (seconda colonna) insieme ai
valori che si ottengono per il calorico specifico vero dell' acqua di
grado in grado , determinando la costante « in modo da rendere
uguale a 1 il calore specifico vero a 15°.
Si sono così ottenute sei serie di valori del calorico specifico
vero CQ dell' acqua , da 0° a 3 1 ( tante quante sono le serie di
esperienze da noi fatte con diversi metalli) le quali sono riassunte
nella tavola XXVIII insieme alla loro media.
Il calore specifico dell' acqua
59
Tavola XXII.- PLATINO
Tavola XXIII.— RAME pali, grandi
t+ T
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lo11'
log C
c
t+r
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log
log- C
C
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0, 00341
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1. 00415
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0.0(1410
0. 001-28
1. 00-295
6
0.00317
0, 00156
1,00360
T
0, 00390
0, 00108
1. 00249
7
0, 00295
0, 00134
1,00309
8
0,00374
0,00092
1, 00212
8
0, 00275
0.00114
1. 00263
g
0,00357
0,00075
1, 00173
9
o. 00256
0,00095
1, 00219
IO
0,00342
0. 00060
1. 00138
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0. 00-236
o. 00075
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0,00327
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13
0, 00185
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li
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14
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ir.
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0
1
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1
li;
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18
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18
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19
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'20
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25
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26
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27
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28
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28
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1, 999-28
0, 99834
29
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1, 00242
29
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1, 99929
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30
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30
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31
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31
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1. 99944
0, 99871
60
Il calore specifico dell' acqua
Tavola XXIV.- RAME palline piccole
Tavola XXV. — STAGNO
a M 1U0'T
Ino-
log- C
C
t + T
2
, » Miw,T
log
log C
e
1
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0,00338
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1
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1,00362
•>
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3
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1.00297
4
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5
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o. 00225
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5
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0
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n.iioui
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17
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0. 99993
1!)
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1. 99965
0,9991 ì)
19
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1. 99990
0. 99991
•20
1. 99955
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0. 9990S
20
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1. 99990
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■Jl
1.99955
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21
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■22
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22
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23
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o. 99922
23
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24
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24
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•25
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25
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■2i ;
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1. 99995
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20
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(1,00050
1. 001-29
•27
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o, 00010
1.0002:!
27
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28
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31
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31
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0, 00224
1. 00517
Il calore specifico dell' acqua
61
Tavola XXVI. - ARGENTO
t + T
1
2
3
4
5
6
7
s
g
ìu
LI
12
13
14
15
16
17
1S
li)
20
21
■22
23
24
25
2(3
27
28
29
30
31
*M>
1110, T
Mllim.T
1. 99798
1. 99790
1. 99780
1. 99770
1, 99760
1. 99750
1.99741
1. 99730
1.99721
1,99711
1. 99703
1.99(594
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1, 99677
1, 99668
1,79660
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1. 99045
1, 99638
1 . 99633
1, 99633
1, 99634
1. 99635
1, 99641
1, 99655
1. 99670
1. 99687
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1, 99735
1, 99769
1. 99810
log C
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0, «111112
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0
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1,99965
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1, 99787
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1 00189
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1.00122
1, 00099
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1. 00060
1,00041
1. 00021
1
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0. 99947
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0. 99919
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il. 99924
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1, 00044
1, 00090
1. 00154
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1, 00328
Tavola XXVII. - PIOMBO
t-k-T
2
3
4
5
6
7
8
9
IO
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
«M>
iim.T
log C
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1,00360
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il. 00068
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1.99517
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1. 99535
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1.00014
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0
1
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1,99998
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1, 99500
0, oooos
1, 00018
1. 99512
II. (101)20
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1, 99525
0,00033
1, 00076
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1, 99565
il. II007.',
1. 00108
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0,00098
1,00226
1 . 99620
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1. 99650
0, 00158
1,00364
1. 99680
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1. 99715
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1,99750
0. 00258
1,00596
1.99790
0,00298
1. 00688
62
II calore specifico dell' acqua
Tavola XXVIII. — Calori specifici veri alla temperatura 0.
8
Col
Platino
Col
Rame
pallili e
grandi
Col
Rame
pallin e
piccole
Con lo
Stagno
Con lo
Argento
Con il
Piombo
Media
0
1,00631
1.00719
1. ODS47
1, 00399
1.01)323
1. 00388
1,00551
1
L, 00577
1. 0Ù65G
1,00781
1,00362
1,00300
1. 00: ili!)
1, 00506
2
1,00513
1,00596
1, 00709
1, 00328
1. O02S1
1.00332
1. 00460
8
1,00459
1,00533
1,00642
1,00297
1,00258
1, 00314
1, 00417
4
1.1)0408
1. 00471
1,00577
1. 00263
1. 00235
1.00293
1,00374
5
1,00353
1. 00415
1,00519
1,00228
1.00212
1. 00272
1. 00333
li
1,00295
1, 00360
1,00457
1.00191
1. 00189
1. 00240
1. 00289
7
1,00249
1,00309
1,00399
1,00154
1, 00168
1.00211
1. 00249
8
1, 00212
1.00263
1,00337
1.00125
1. 00143
1. 00189
1,00211
9
1, 00173
1. OU219
1, 00279
1,00099
1, 00122
1,00157
1, 00175
111
1.00138
1,00173
1, 00228
1.01107(1
1, 00099
1, 00127
1. 00140
11
1.00104
1. 00136
1,00177
1. 00055
1,00081
1, 00099
1,0010!)
12
1. 00074
1. 00090
1.00129
1, 00039
1. 00060
1, 00067
1,00077
13
1,00042
1,00055
1.00081
1. 00021
1, 00041
1, 00041
1,00047
14
1.00018
1,00028
1.00039
1, 00009
1.00021
1. 00014
1, 00022
15
1
1
1
1
1
1
1
Ili
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0, 99975
0, 99977
0, 99998
0. 99982
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17
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18
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lì»
0. 99956
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20
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23
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o. 99922
1, 00023
0,99924
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24
1,00035
o. 99844
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25
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26
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27
1,00136
0. 99832
0, 99923
1, 00184
1, 00044
1, 00304
1, 00097
28
1, 00189
0, 99834
1. 169
1. 00251
1, 00090
1, 00434
1,00144
29
1, 00242
0, 99837
1, 00125
1, 00334
1, 00154
1, 00515
1, 00201
30
1.0029.",
0, 99848
1,00184
1, 00425
1, 00233
1, 00596
1. 00204
.".l
1, 00364
0, 99871
1,00254
1, 00517
1, 00328
1, 00688
1. 00337
// calore specifico dell' acqua
63
Esaminando la tavola precedente XXVIII, apparisce che il ca-
lore specifico dell' acqua detcrminato con sei metodi diversi pre-
senta un andamento presso a poco identico , col crescere della
temperatura : Con ciascheduno dei sei metodi troviamo che il ca-
lore specifico a partire da zero va decrescendo col crescere della
temperatura, sino a raggiungere un valore minimo che corrisponde
alla temperatura di circa + 18° col metodo delle palline di platino,
di -f- -21° colle palline di rame grandi , di ■+- 20°, colle palline di
rame piccole, di -+- "20° colle palline di stagno, di ~t- 20° con quelle
di argento, di + 19° con quelle di piombo, e che al di sopra di
questa temperatura , il calore specifico prende a crescere regolar-
mente coli' aumentare della temperatura.
Certamente esistono delle differenze nei valori del calore spe-
cifico corrispondenti ad una stessa temperatura , ma queste diffe-
renze non sono che piccolissime di fronte a quelle enormi che si
riscontrano nelle misure degli sperimentatori che ci hanno prece-
duto in questa via di determinazioni ; se si abbia riguardo alla
natura delicatissima delle misure calorimetriche riteniamo che i fi-
sici competenti in questo genere di studi troveranno abbastanza
notevole 1' accordo trovato con sei metodi assai indipendenti.
Noi abbiamo infatti mutato considerevolmente , le condizioni
delle nostre esperienze variando la natura del metallo , il peso e
il numero delle palline e la massa dell' acqua come risulta dal
prospetto seguente :
Platino
Rame (palline grandi1)
Rame (palline piccole)
Stagno
Argento
Piombo
Peso totale
delle palline
in grammi
Numero
delle palline
Peso
di
ciascheduna
Peso
dell'acqua
del calorime-
tro in granimi
118,4
48
2,*r-5
150
2830,0
80
35,4
8000
378,9
20
18,9
904
650,8
33
20,0
890
253,2
30
8,4
520
1600,0
55
29,1
2000
Le palline prima di essere adoperate erano state ripetutamente
riscaldate in stufa a 100° e poscia raffreddate gettandole nell' ac-
64 U calore specifico dell'acqua
qua fredda: questa operazione era stata ripetuta centinaja di volte.
affine di ottenere un assetto stabile nelle proprietà termiche dei
metalli che si dovevano cimentare : possiamo aggiungere che il ca-
lore specifico (medio fra + 100° e -+- 15°) di tutti i diversi me-
talli, e riferito all' acqua a -+- 15°, risultò alla fine delle nostre de-
terminazioni, esattamente uguale a quello trovato in principio, cioè
alcuni anni avanti.
Le regolarità che noi abbiamo trovato nelle precedenti deter-
minazioni coi metalli, si deve principalmente alla grande cura che
noi mettemmo nello studio dei nostri termometri, e segnatamente
per quello che riguarda la correzione per lo spostamento dello
zero e quella per la riduzione al termometro a gaz.
Alcuni degli sperimentatori che ci precorsero in questo studio,
tralasciarono la determinazione di queste due correzioni, e si con-
tentarono soltanto di riconoscere che i loro termometri erano ben
calibrati e poco più; a ciò si deve, probabilmente , la grandissima
discrepanza fra le loro determinazioni.
Come prova di ciò riportiamo una tavola che fu pubblicata
in una nostra precedente memoria. (1)
In questa tavola sono scritti i calori specifici medi degli stes-
si metalli impiegati nelle determinazioni sopra riferite, ma i calcoli
sono stati eseguiti senza applicare ai termometri calorimetrici la
riduzione al termometro ad aria , e la correzione per lo sposta-
mento dello zero corrispondente a ciascheduna temperatura.
(1) Baktoli e Stracciati, Revisione di alcune misure calorimetriche fondamentali.
Nuovo Cimento, 3» serio voi. XVIII, 1885; e Rendiconti dell'Accademia R. dei Lincei, se-
// calore specifico dell'acqua
<;:,
Temperature
iniziai
do
del li< 1 1 ii
del
calorimetro
ir _
1°
1
2
2 -
3 —
4
4 -
0
D —
6
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n
<
7 —
8
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9
9 —
10
10 —
11
11 —
12
Calorici specifici medu uel
Rame
1 commercio
(rispetto all'acqu
Stagno
, , (rispetto all'acqua I
Argento
(rispetto all'acqua i
Piombo
(rispetto all'acqua)
0, 093
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
- 13
- 14
- 15
- 16
- 17
- 18
- 19
-20
- 21
22
-23
-24
- 25
— 26
— 27
--28
— 20
— 30
— 31
— 32
— 33
0,094
0. 093
0, 094
0, 093
0,094
0, 093
0, 092
0, 093
0, 093
0, 093
88o
766
963
815
856
879
731
632
591
890
377
335
221
412
439
446
925
014
609
697
989
119
925
972
799
035
845
779
179
549
432
0, 056
0, 055
0, 056
0, 055
0, 056
0,055
100
106
173
084
920
896
949
932
823
677
518
660
585
440
576
633
565
932
930
832
991
289
237
121
761
770
026
383
272
354
652
0, 056 0795
1486
1100
1429
1588
6363
2642
9863
9517
5232
5450
6588
4305
5618
3950
4574
1422
0, 030 7209
8690
9136
8770
9170
0,031 0482
0038
0, 030 9458
9008
0,031 0383
1198
0040
0, 030 8268
8068
9603
7643
6169
( liasc
lo stagno
mici dei
furono
numeri qui inserirli è la media ili 1">
eseguite con i termometri Geissler, le
a 20 esperienze; le serie col rame e con
altre serie con i termometri Baudin.
Se da questi dati, ricaviamo il calore specifico vero dell'acqua,
di grado in grado da 0° a 32°, troveremo per ciaschedun metallo
una curva sinuosa , che presenta un grande numero di massimi e
minimi nel solo intervallo 0° — 31°!! Resultati analoghi abbiamo
ottenuti impiegando palline di platino coli' acqua.
Il bello si è che anche il mercurio, studiato con lo stesso me-
todo e con gli stessi termometri ci ha presentato le stesse singo-
larità dell'acqua; cioè con gli stessi termometri (1), il raion' .speri firn
(1) S'intende, con gli stessi termometri, ma non corretti per la posizione dello zero corri-
spondente alle diverse temperature, né per la riduzione al termometro a gaz.
Atti Acc. Vol. IV, Serie i*. — Mem. VII. 9
66
Il calore specifico dell' acuii a
vero del mercurio fra 0° e 31° presenta un grande numero di mussi-
mi e minimi, i quali, in generale, coincidono coi massimi e minimi del
calore specifico vero dell'acqua, studiato con gli stessi termometri !!!
Temperature
Iniziali
del liquido
del
Calore
specifico medio
del Platino
(rispetto al
Temperature
iniziali
del liquido
del
Calore
specifico medio
del Platino
1 rispetto al
calorimetro
mercurio pu-
calorimetro
mercurio pu-
rissimo)
rissimo 1
no — io
0. 96 8613
17 — 18
1 - 2
—
18 — 1'.'
n. 96 9153
2 - 3
35-24
19 — -2(i
—
3—4
—
20 - 21
II. HO 9171
4—5
3961
21 — 22
—
5—6
—
22 — 23
8732
6—7
1009
23 — 24
—
7 — 8
—
24 - 25
0,97 0200
8 - 9
ISlilj
25 — 26
—
9 - 10
—
26 — 27
0,97 14:10
10 — 11
4401
27 — 28
—
11 - 12
—
28 — 29
n. '.17 2417
12 - 13
1375
29 — 30
—
13 — 14
—
30 — 31
0,97 1215
14 — 15
0144
—
15 — Hi
—
—
1(3 — 17
0, 95 8967
Ognun vede dunque a quale causa si debbano attribuire i
molteplici massimi e minimi trovati nel calore specifico dell' acqua
da qualche poco cauto sperimentatore.
L' insigne tisico E. A. Rowland a cui si debbono molte im-
portanti determinazioni calorimetriche trovò " che il calore specifico
" dell'acqua decresce da 0° a -+- 39°, dopo il qual punto cresce.
" Questo fatto , egli aggiunge , avviene solamente quando la tem-
" peratura sia misurata con un termometro ad aria , e non è più
" vero quando sia misurata con alcuni termometri a mercurio
" compreso quello costruito dal Geissler. ., (1)
Ciò è perfettamente d'accordo coi nostri resultati, salvo che noi
troviamo il minimo a ■+■ 20° invece che a -+- 29°.
Nella nota a fine di questa pagina , riferiamo i resultati della
analisi chimica dei metalli impiegati nelle ricerche precedenti. (v2)
ili E. A. Rowland, Relazione critica sulle varie determinazioni deW equivalente meccani-
co della calorìa; Venezia 1882, Tipografia Antonelli, pag. 78. i Memoria premiata dal B. Isti-
tuto veneto di scienze, lettere eil arti).
(2i Due palline di platino del peso complessivo di grammi 5 furono disciolte nell'acqua re-
gia: l'analisi più scrupolosa rilevò una piccolissima quantità d'iridio, e traccie di metalli della
famiglia del platino.
11 rame (palline piccole, dorate) conteneva il 0, 18 per cento di stagno e 0. 12 d'oro e trae-
// calori' specifico dell' acqua 67
III.
Esperienze fatte mescolando acqua a 0" con acqua
alla temperatura dell' ambiente.
In queste esperienze si adoprò il grande calorimetro di nichel,
che ci aveva già servito per le esperienze con le palline di rame
grandi, disposto al solito modo entro allo stesso recinto alla Ber-
thelot. L' agitatore fu costruito appositamente per queste esperien-
ze : era anch' esso di nichel ed è rappresentato dalla fig. 2 della
tav. I; (hi sono due sottili lamine orizzontali, di un diametro poco
inferiore a quello del calorimetro , distanti circa un terzo dell' al-
tezza del calorimetro, e riunite da due bacchette verticali aa e da
tre larghe lamine piegate ad elica, le quali servivano egregiamente
a rimescolare il liquido. Un foro centrale lasciava libero passaggio
al termometro.
Per raffreddare a zero 1' acqua da versare dentro il calori-
metro, adoperammo una grande boccia di nichel della capacità di
parecchi litri , la quale si circondava completamente di ghiaccio
entro una cassa appositamente costruita , della capacità di più
quintali.
La boccia di nichel era munita di un agitatore e vi era im-
merso un termometro sensibilissimo , diviso a centesimi di grado ,
coi centesimi ampi oltre un millimetro (1).
eie di altri metalli (L'analisi fu fatta sciogliendo 19 grammi di rame): Il rame, palline grandi,
conteneva il 0, 005 per cento di stagno.
Lo stagno conteneva 0.030 per cento di ferro, e il 0.O0S di piombo (l'analisi fu fatta so-
pra 18 grammi di stagno I.
L'argento conteneva il 0.1)47 per cento di rame ed il 0,016 di oro (1' analisi fu fatta so-
pra (i.-l gr. di argento).
Il piombo conteneva il 0,033 per cento di Tallio <■ traccio di altri metalli: L'analisi fu fat-
ta su 28 grammi di piombo.)
Le analisi furono eseguite dal chiarissimo sig. prof. G. Papasogli nel laboratorio di Chimi-
ca della Et. Scuola superiore di Mercilogia in Firenze, che qui nuovamente ringraziamo.
Il) (Questo termometro che si adoperava per determinare la temperatura dell' acqua della
boccia fu fatto costruire appositamente : ava il serbatojo lungo 10 centimetri in modo da oc-
cupare gran parte dell'altezza della boccia, ed era graduate da - 3» a + 3°: esso rimaneva
sempre nella boccia, e perciò ad una temperatura molto vicina a zero, per tutto il tempo che
durarono queste esperienze coli' acqua fredda, (circa 2 anni).
Il termometro era stato costruito dal Mailer successore ilei Geissler (a Bonn).
L' apparecchio per mantenere V acqua a zero . il quale era assai complicato, fu costrutto
abilmente dalla officina Turchini di Firenze, via S. Hallo.
68 U calore specifico dell' acqua
V apparecchio non differiva molto per la disposizione da quel-
lo del Rowland, (On the mechanical equivalent of heat, Cambridge,
1880, pag. 123 fig. 4a) il nostro però era colossale, ed assai più
complicato.
Le esperienze erano condotte nel seguente modo : riempita la
boccia di nichel di acqua già freddata sino a pochi gradi sopra
zero, la si richiudeva, e si lasciava a sé per circa 24 ore; avendo
cura ogni tante ore. di aggiungere del ghiaccio nella cassa, in quan-
tità uguale a quello che si era fuso. Dopo circa 24 ore si agitava
di tratto in tratto l' acqua della boccia di nichel, ed in pari tempo
si leggeva il termometro col cannocchiale , per assicurarsi che la
temperatura non variava più anche in capo a dieci minuti, e che
essa era inferiore a -+■ 0°,020.
Allora si cominciava a leggere il termometro del calorimetro,
nel quale, già da lungo tempo si era introdotta una nota mass/i
d'acqua, (determinata colla bilancia); il termometro calorimetrico si
leggeva di minuto in minuto mentre un assistente agitava l'acqua
del calorimetro; quando si giudicava opportuno si faceva cadere
una certa quantità di acqua a zero nel calorimetro.
Manovrando 1' agitatore, bastava un minuto perchè la tempe-
ratura del calorimetro raggiungesse un valore che restava per un
poco costante e che dopo cominciava ad aumentare regolarmente:
si notava quel valore come temperatura tinaie del mescuglio e si
osservava la temperatura per altri 9 minuti per fare poi la corre-
zione del calore acquistato dall' ambiente durante 1' esperienza.
Terminata la esperienza si ripesava il calorimetro e 1' aumento
di peso rappresentava 1' acqua fredda versatavi ( 1).
Per dedurre da queste esperienze il calorico specifico dell'ac-
qua di grado in grado, come dalle esperienze fatte coi metalli, ab-
ili (ili apparecchi per mantenere l'acqua a '/.ero erano duo. perfettamente uguali: poteva-
mo perciò eseguire anche due determinazioni nel periodo di ventiquattro ore.
Per evitare dm si deponesse un velo dì rugiada sullo pareti esterne del calorimetro, dopo
avere versata l'acqua fredda, si ebbe nini di mantenere l'aria abbastanza secca ut-Ila sala delle
esperienze, con calce viva, t'aiuta in diverse casse.
Inoltre il raffreddamento dell'acqua del calorimetro non superò mai i 3°,5— La superficie
speculare di nichel, permetteva «li scorgere nettamente il più piccolo vele di rugiada deposta e
noi abbiamo rinunziato a quelle poche esperienze nelle quali ciò avvenne.
// calore specifico dell' acqua 69
biamo cominciato dal calcolare, da ciascuna esperienza, il calorico
specifico dell'acqua del calorimetro, prendendo come unità quello
dell'acqua fredda versatavi. Diremo prima di questi calcoli e poi
degli altri.
Per le correzioni da apportare ai termometri calorimetrici, (che
furono gli stessi che avevamo adoprato per le esperienze coi me-
talli), possiamo riferirci a quanto abbiamo già detto precedentemen-
te. Soltanto aggiungeremo che in queste esperienze si tenne conto
del punto fino al quale era immerso il termometro avanti e dopo
il mescuglio e si dedusse da ciò la pressione sofferta nei due casi
dal centro del bulbo, e si calcolò la correzione dovuta all'aumento
di pressione esterna prodotto versando 1' acqua fredda.
La correzione di pressione esterna fu fatta anche pel termo-
metro che dava la temperatura dell' acqua fredda della boccia ri-
ducendone le indicazioni alla pressione normale.
La correzione per la colonna non immersa del termometro
calorimetrico fu fatta, tanto avanti come dopo il mescuglio con
T acqua fredda, prendendo per temperatura della parte non immersa
quella indicata da un termometrino a quinti di grado sospeso ac-
canto all'asta del termometro calorimetrico.
Il riscaldamento del calorimetro prodotto dall'ambiente, nel mi-
nuto che correva dall' istante in cui si faceva il mescuglio, a quello
nel quale si osservava la temperatura finale, si è determinato ammet-
tendo che fosse la media dei riscaldamenti che avvenivano in un
eguale intervallo di tempo avanti e dopo il mescuglio; e questi erano
dedotti dalla variazione di temperatura che avveniva in 9 minuti.
Quanto alle pesate vale quello che abbiamo già detto, anzi in
queste esperienze sarebbe stato inutile fare la riduzione al vuoto
del peso dell' acqua, poiché si mescolava acqua con acqua e le due
correzioni si eliminavano poi nel calcolo , (facendo il rapporto dei
pesi).
Per dare qualche esempio , riportiamo nelle tavole seguenti
( Tav. XXIX a XXXI ) tutti i dati relativi ad alcune delle molte
determinazioni che facemmo col metodo sopra descritto.
70
Il calore
specifico
dell' acqua
Tavola
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751,9
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XXIX.
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993SS
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4». — Mem. VII.
10
Il calore specifico dell' acqua
Tavola XXXI.
Acqua a zero versata nell' acqua alla temperatura dell' ambiente
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76
Il calore specifico dell' acqua
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13. 45
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Il calore specifico dell' acqua
77
Segue Tavola XXXI.
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3744
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0,9979:1
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13, 74
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3718
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E
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1
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D
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0, 99865
0, 99(112
3257
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13°. si
12°,73
0,99772
3383
14, 96
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12, 87
0. 99680
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0. 995(10
3406
E
13, 91
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13, 82
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14, 80
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D
D
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13, 82
12.59
0, 99831
3245
D
15°,05
13o,66
0,997:15
3586
D
13, 96
12, 79
0, 99554
35S4
U
16.011
13. 76
0,99341
3254
D
13. 85
12. 64
0,99698
3251
D
15, 06
13, 78
0, 99671
3256
D
13. 82
12. 55
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3380
E
15,03
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0,99644
3716
E
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3753
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13, 98
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0.99445
3415
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0,99630
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13, 94
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3589
D
15. 1S
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0. 99507
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15,08
13. 85
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D
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3246
3248
D
14.11
13,03
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3592
D
14,03
12, 87
0, 99432
3882
15, 21
13,92
0, 99409
3719
E
14,18
12, 38
0, 99778
3227
D
15, 28
13, 17
0, 99(197
3229
D
14, 21
13, 05
0, 99603
3247
D
15, 38
14,32
0,99509
3243
D
14. 23
13, 17
0, 99604
3881
15,30
14. 09
0, 995:12
3587
D
14. 26
12, 80
0, 99683
4001
15, 33
14, 27
0, 99488
3590
U
14. 19
12. 50
0, 99641
3566
D
15, 33
13, 3S
0, 99584
3376
E
14, 26
13. 20
0, 99772
3409
E
15,44
14.41
0, 99724
3746
E
14, 26
12. 92
0, 99742
3571
D
15. 45
13. 14
0, 99568
3755
E
1 5. 59
14.10
0,99879
Media
14,17
12.90
0, 99624
Media
15,36
13, 87
0,99605
D
14»,31
13".08
0, 99600
3253
3414
E
14, 39
13,34
0, 99601
3573
D
15o,62
14o,25
0, 997(15
3887
14, 33
12, 91
0, 99498
3252
D
15, 62
14,50
0,99700
3715
E
14. 36
12. 5(1
0, 99622
3228
D
15,69
14,29
0, 99725
78
Il calore specifico dell' actjua
Segue Tavola XXXI.
3570
3542
3582
3572
D
D
D
D
Media
3570
1411
3225
3412
3224
3220
3734
3226
3565
3736
D
E
1)
E
I)
D
E
I)
D
E
Media
3399
3417
3757
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E
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t + T
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15,67
15,74
15, 73
15,87
15, 71
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14,48
14, 24
13, 60
14. 12
16°,05
Hi. L3
1.6,20
Iti. 23
Hi. 29
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Hi. 34
16,46
16, 55
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1.6,32
14»,69
15,03
14. 51
15. 08
14. 79
14,91
14,57
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14, 66
14,83
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3567
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D
3397
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3396
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3238
D
3738
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D
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D
3241
D
1
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17. 12
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17. 36
17. 11
15°,61
15,79
1 5, 55
15, 61
15, 80
15, 93
15,14
15, .'.7
15. 94
16, 02
15. 69
170.42
17, 43
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16o,17
16,47
15. 92
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0,99550
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o. 99595
0, 99369
0,99399
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0.99634
0.99717
n 99723
il. 99576
0, 99693
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li. 99578
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0, 99127
0,995 19
0,99461
0, 99765
0, 99620
0, 99562
0,99499
0,99479
0,99302
0. 99477
0,99653
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0,99562
0,99710
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D
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17, 57
17, 63
17.49
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3448
G
3419
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3447
G
3781
(i
Media
20°,04
20. 46
20. 76
20. 89
20, 91
20,90
20. 93
20, 70
L8°,83
19,39
19. 60
19. 76
19, 74
19, SI
19, 51
19, 52
3767
G
3442
G
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G
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ii
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G
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il
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G
3777
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21o,15
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21. 23
21. 38
21, 35
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21,48
21. 49
21. 28
21. 33
190.44
19. 84
19.61
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19, 84
19. Sii
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G
3783
G
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G
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li
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G
3445
G
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G
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G
3776
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21o,55
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20, 21
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0. 99421
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1. ooioo
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0.99920
0, 99571
0, 99663
0, 99672
0,99577
0,99519
0,99581
0.997:12
0,99908
0, 99797
0. 99455
0. 99802
0. 99671
0,99515
0,99574
0,99853
0. 99798
0.99190
0.999.;;.
0. 9971(>
1, 00047
II. 99745
0, 99727
0, 99740
0, 99946
0, 99975
0, 99570
0. 99799
0. 99734
// adori' specifico dell' acqua
79
Segue Tavola XXXI.
3439
G
22, 25
20, TI
0,99799
3762
G
22, 24
20,03
0, 99754
3709
G
22, 23
20, 20
0,99634
Media
•2-2. 12
20, 40
0, 99776
3879
G
3877
G
3423
G
3768
(i
3427
G
3Slo
G
3878
G
3812
G
3791
G
3577
G
3775
G
J
Iedi;f
22°,40
•_'•_'. 47
22. 47
22, 47
22, 50
22,50
22, 59
22, 63
22, 67
22, 71
22, 71
22.56
20°,85
21,06
20, 97
20, 64
21. 18
20, 98
20. 93
20, 95
21,05
20, ss
21, 67
21, 01
3562
G
1422
G
3811
G
3813
G
3471
G
3475
G
3814
G
3231
G
3453
G
3563
G
Media
22°,79
22, 83
22, 77
22. 79
22. 89
22. SS
22. S!)
22. 98
22. 94
22, 96
22. 87
20°,85
21,02
21.H2
21. 1S
21, 78
21. 41
21.2C
21.49
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G
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G
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G
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G
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G
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G
3473
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3232
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G
3431
G
3210
G
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G
3476
G
3,554
G
3579
G
3794
G
5
ledia
240,01
24, 03
2 1. OS
24.09
24. 1 1
24, 19
24,02
24, 11
24,20
24, 18
24, 21
21, 11
3462
G
3553
G
3234
G
3872
G
3432
G
3801
G
3550
G
3871
G
3209
G
24o 36
24, 34
24, 39
24, 36
24, 42
24, 45
24, 53
24, 54
24. 60
22° 25
22. 03
22. 20
22. 91
22. 25
22. 54
22. 53
22. S9
21, OS
21,45
22, 16
22,32
23o,13
21, 89
22, 35
22,59
22. 90
22, 87
22, 59
22. 84
22. 40
Cr.t
t 'c,0
0, 99871
0,99851
0. 99842
0, 9983-1
0,99713
0,99667
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0. 99850
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21. 05
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22. 21
0,99848
23. 85
22, 37
0, 99885
23. SO
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0, 99723
23. 92
22. 42
0. 99770
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0. 99617
23. 82
22, 14
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o. 99912
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0. 119702
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0. 99758
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0,99791
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o. 99552
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0. 99870
0, 99832
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// calore specifico dell'acqua
Segue Tavola XXXI.
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2
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G
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G
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3189
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lì
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20. 21
o. 99968
o, 69865
// calore specifico dell'acqua
81
Segue Tavola XXXI.
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s
3860
s
3190
li
3196
G
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s
3851
s
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s
3854
s
3855
S
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27. 61
27, 46
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25, 69
26, 07
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26.20
26,30
26,26
26,24
26,30
25, 24
26,05
3819
S
3852
S
3866
s
3821
s
3498
s
3483
s
2847
s
3858
s
3859
s
3499
s
3504MS
s
35121ÌS
s
Media
27<>,tì6
27, 66
27, 66
27, 74
27. 74
27, 78
27, 75
27, 75
27, 79
27. 81
27. SS
27, 86
27, 76
260.40
26, 10
26, 16
25, ti."'
26, 35
26, 1 7
25, 76
25, 59
26, 24
26, 29
26, 4s
26,50
26, 15
3500
S
3845
s
3531
s
3820
s
35021ÌS
s
3822
s
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s
3846
s
3180
s
3843
s
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s
350 6MS
s
3857
s
3505MS
s
I
tedia
28»,06
28,00
28,09
28, 10
28. 09
28, 03
28, 18
28. 14
28, 25
28, 22
28,23
28. 29
28, 17
28,30
28. 15
26o,67
26, 30
26, 20
26, 31
26, 50
26, 7S
25, 75
26, 12
26. 72
l'i; r,s
27.07
26. 7:;
26, 43
26,94
26, 51
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1,00110
1, 00228
1,00070
ii. 99799
0, 99919
0,99662
0, 99831
0, 99916
0, 99938
o. 99867
0, 99934
0, 99937
0,99704
0, 99981
0, 99956
1, 00190
0, 99781
0, 99952
0, 99972
0. 99931
0. 99814
0. 99830
0. 99912
0. 99913
0, 99687
1. 00073
0, 99900
1, 00172
(i. 99783
0. 99S07
0. 99887
1, 00120
1, 00102
0, 99696
0, 99684
0. 99912
0, 99946
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0, 99903
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3512
3521
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s
s
s
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S
3482
s
3832
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s
3862
s
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s
3485
s
31111
s
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s
3833
8
3868
S
3S24
s
3826
s
3830
s
1
ledia
28°,48
28, 511
28, 59
28, 00
28, 62
28, 68
28, 76
28,71
28, 77
28, 82
28, si;
28,91
28, 93
28, Di
28, 78
26o.56
27. 21
27, 10
27. 07
27. 22
27, 44
26, 98
27, 16
26, 53
26, 68
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27, 18
27, 05
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3184
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s
3490
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211.0!)
29, 16
26, 26
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2H. 38
29. 21
27°,67
27, 48
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27. 52
26, 60
27, 93
28, 25
27. 46
29o,66
21). 66
29, 81
21). 87
21). 82
21). su
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21). 71)
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27. 44
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27, 21)
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3181
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s
3522
s
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s
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ili). 56
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30,86
30. 93
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28, 92
28, 2,7
29, 19
28, 74
28, 85
21). S4
28, 7:1
Cr.t
C[,0
0. 1)1)715
0, 99935
0, 99S22
0, 99741
0, 9996:1
1.00201
0. 99918
0, 99824
1, 00774
0,99862
0, 99857
0, 99772
0,1)1)11011
0, 99886
0. 991)41
0, 99857
1.00019
1, 00319
0, 99956
0, 99874
0, 99855
0, 99781
0,1)1)1)51
1, 00611
0, 99991
0, 99701
0, 99716
0.99752
0.99794
0.99957
0.99982
0, 99602
0, 99932
0, 99952
0. 99962
0, 99779
o. 99861
0. 99848
0, 99848
Atti Aoc. Vol. IV, Serie 4a. — Meni. VII.
11
82 11 calore specifico dell' acqua
Per dedurre poi il calore specifico vero dell' acqua di grado
in grado, invece di valerci separatamente dei resultati di ogni sin-
gola esperienza , abbiamo stimato più comodo e più conveniente
T + 1
riunire in gruppi quelle per le quali le medie —~ — della tempe-
ratura iniziale T e finale t del calorimetro , differivano di poco.
Abbiamo così divise le nostre esperienze in 61 gruppi, contenenti
ciascuno non meno di 8 e fino a 12 determinazioni: in ciascun
T -t- t
gruppo abbiamo calcolato la media dei valori di — ^— , la media
dei valori di t e la media di CTit : Ctfi , cioè del calorico specifico
dell' acqua del calorimetro diviso pel calorico specifico medio del-
l' acqua fredda , versatavi. Queste medie sono riportate nella ta-
vola seguente tav. XXXII.
// calore specifico dell'acqua
83
Tavola XXXII. - ACQUA
t-hT
->
t
Ct.c
Cc.o
t + T
q
t
C r.t
Ct.O
:',. SO
3.26
0, 99882
15. :',(i
13. 87
0, 99605
4,44
3,87
0, 99837
15. 71
14, 12
0. 99595
5, 30
4,48
0, 99850
16. 32
14. 83
0. 9957S
:,. 69
4. 91
0,99845
16. su
15. mi
0, 99562
ii. 22
5, 26
0, 99847
17.14
15. 69
0, 99575
6,51
5,60
0, 99852
17, 49
16.16
0, 99632
6, su
6,07
0. 99856
2il. 70
19. 52
0, 99663
7,14
6,19
0, 99845
21, 33
19. (il)
0, 99671
7,49
6,58
0, 99820
21. 76
20,26
0. 99740
7,83
6,89
0. 99795
22. 12
20.46
0. 99776
8,19
7,07
(1.99772
22, 56
21.01
0. 99765
8, ts
7, 60
0, 99752
22, s;
21. 21
0, 9975S
s, 80
7,96
0, 99735
23. 24
21, t;.;
0, 99756
9,24
8,18
0. 99692
23, 47
21, 74
0, 99757
9,72
S, 62
0,99620
23. 82
22. 14
0, 99760
10. -14
9,25
0, 99575
24. 11
22, 32
0. 99768
10, 83
9,69
o. 99570
21. 49
22. 67
0. 997S7
11,20
9,95
0, 99568
24. 85
23. 04
0. 99807
11,56
10,40
0, 99569
25, 31
23, 53
0, 99S7H
11,79
10, 54
0, 99569
25, 70
24, 31
0, 99957
12, 16
10,89
0, 99575
26, 30
25.(15
1.001)114
12, 51
11,19
0. 99585
26, 82
25. 33
0. 99975
12, 86
11.59
0, 99597
27. 18
25. 75
0, 99951
13,11
11,89
(1.99605
27. 46
26. 05
0, 99934
13,33
12, 15
0. 99610
27. 76
26, 15
0,9991:;
13,60
12, 60
0, 99615
28, 15
26, 51
0, 99903
13, 87
12, 70
0, 99622
28, 73
27, 05
0, 99942
14,17
12, 90
0. 99624
29. 21
27, 46
0, 99951
14,46
13, 07
0, 99622
29. 79
27. 29
0, 99932
14,80
13, 32
0. 99618
30. 72
28. 73
0, 99S1S
15, 08
13,85
0. 99614
84
Il calore specifico dell' acqua
Tavola XXXIII. - ACQUA
t-+- T
2
t
Cr,t
Cu
Ct,o
1
ii. 9
1.00(590
0. 99954
2
1, «
1.0062(5
0,99926
3
2. 7
1,00561
0,99890
4
3. li
1.0049IÌ
0,99855
5
4, 5
1.00434
0,99821
(5
5. 4
1.00374
0.99791
7
ti. 3
1.00318
0,99765
8
7. ti
1,00256
0. 99736
9
S. 2
1. 00205
n.99710
IO
!'• 1
1,00157
o. 99690
11
10,02
1, 00113
0, 99671
12
10. 94
1.00078
0,99664
13
11,86
1, 0004S
0,99657
14
12. 7S
1,0002:!
0,99657
15
1:1. 70
1
0. 99655
Ili
14, (54
o. 99982
0,99657
17
15,58
il. 99968
0,99664
18
Hi, 54
0, 99961
0. 99674
19
17. .",0
0. 99954
0, 99685
20
ls. 40
0, 99949
0, 99697
21
19, 34
0, 99947
0,99708
22
2i i. 28
0. 99949
0. 99722
23
21. 22
0.99954
0.99740
-•4
22, Iti
0, 99970
0. 9976S
'25
23. 1,)
0, 99986
0. 99793
26
24, 04
1. IO.-)
o. 99821
27
24, 98
1,00032
0,99857
28
25. 92
1.00053
0,99883
29
26, sii
1,00085
0.99922
30
27. so
1. (Milli
o. 99952
31
28, 74
1.00145
o. 99988
// calore specifico dell'acqua 85
Da queste medie abbiamo costruito una curva prendendo
per ascisse i valori di — g— = 0 e per ordinate i rapporti ~ ; e
ammettendo, come si è fatto anche nei calcoli delle esperienze coi
metalli , che il calore specifico medio dell' acqua fra le tempera-
ture vicine T e t , iniziale e finale del calorimetro , sia uguale al
T+t
calore specifico vero alla temperatura intermedia — s— = " ; la curva
così costruita rappresenta i rapporti fra il calore specifico vero
alla temperatura 0 e il calore specifico medio fra 0° e t°. Da que-
sta curva che abbiamo potuto con certezza estendere fino al va-
lore 9 = 0 poiché si ha :
lim G'o
9 = 0 G
= 1
o,t
ri
si sono dedotti i valori dei rapporti 77- corrispondenti a valori di
' 11./
8 di terzo in terzo di grado (la tav. XXXIII, ultima colonna, con-
tiene questi valori, ma solo di grado in grado) : un' altra curva
pochissimo differente da una retta ci ha dato i valori di t corri-
spondenti ai valori di 0 di -3 in y eli grado (tav. XXXIII colonna u2a);
Co
così insieme ai valori dei rapporti 77— siamo venuti a conoscere 1
valori di t.
Ora per dedurre C0 da questi rapporti si è preso provvisoria-
mente come uguale a 1 il calore specifico medio dell' acqua fra
0° e 3° e così dal rapporto -jf— si è potuto dedurre (730,33 , quindi
C-0%3-
si è calcolato Go<>,3°,3 con la formula
C3°,33 —
Co
-+■ 6qo,3
3 +
^0°.
66 +•
... +
^3°
4-
£30, 33
10
/C0 +
CQo,33
+
11
c0°,66
-H ■••
. -H
6*30
) +
{
10
)
'3° 33
11
10 600,30 -l- 630,33
10 + £30,33
11
gì , Il calore specifico dell' acqua
Calcolato <">.:;;;:no, dal rapporto -^ abbiamo dedotto 630,07, e quin-
' 0 ,3',3
di applicando una formula analoga alla precedente, si è calcolato
Co<>;3°,67 e così di seguito abbiamo potuto avere i calorici specifici
veri di terzo in terzo di grado.
Per giungere a questo resultato oltre l'approssimazione conte-
nuta nella formula precedente e nelle analoghe di cui abbiamo fatto
uso ci siamo dovuti servire anche di un' altra. 1 valori di t non
11 3 3
progredivano di -w in -=- come quelli di 0 ma bensì di ^ in ^ e
così mentre, p. es. avremmo avuto bisogno di conoscere Co°;4»,2
per dedurre &o,67 dal rapporto
Qo, (57
C|JO;4oO
noi conoscevamo invece Cb»;4»,33 e abbiamo dovuto ammettere che
Cio°;4o.33 = Co°;4»,2.
(ìli errori prodotti da queste approssimazioni erano certo estre-
mamente piccoli e abbiamo così potuto evitare calcoli che per al-
tra via sarebbero riusciti immensamente laboriosi , senza che rie-
scissero di veruna utilità pratica.
Questi valori cominciavano da 3°,33; ma costruendo una curva
li abbiamo estesi sino a 0° ; li abbiamo poi moltiplicati per una
costante in modo da rendere uguale ad 1 il calorico specifico vero
a 15°, (come si era fatto pel calorico specifico dedotto dalle espe-
rienze coi metalli) , così si sono ottenuti i valori registrati nella
3a colonna della tavola XXXIII.
Dando ai resultati di queste esperienze un peso uguale a
quello della media dei valori ottenuti con le palline metalliche, si
è calcolato il calorico specifico vero dell' acqua di grado in grado
da 0° a 31°. Vedasi la tavola seguente (XXXIV), dove nell'ultima
colonna si è scritto il calore specifico medio Co, 0 fra le tempera-
ture 0 e 0 .
Il calore specifico dell' acqua
87
Tavola XXXIV.
o0
o0
Co
C0,9
0
dedotto
delle esperienze
coli' acqua
dulie esperienze
eui metalli
media
dei due valori
precedenti
dedotta
della media
precedente
0
1, 00777
1. 00551
1.H0664
1
1. 00696
1. 00506
1. 00601
1. 00632
•>
1.00626
1, 00460
1.IMI543
1,00602
3
1. 00561
1. 00417
1,00489
1. 00573
4
1. 00496
1. 00374
1. 00435
1. 00545
5
1. 00434
l. no;;:;:;
1,00383
1. 00518
li
1. 00374
1, 002S!)
1,00331
1. 00491
7
1. 00318
1. 00249
1,00283
1. 00465
8
1,00256
1,00211
1. 00233
1. 00439
9
1, 00205
1. 00175
1, 00190
1. 00414
10
1. 00157
1. 00140
1. 00149
1. 00389
11
1. 00113
1. 00109
1.00111
1. 00366
12
1,00078
1. 00077
1, 00078
1. 00343
13
1, 00048
1, 00047
1. 00048
1. 00321
14
1, 00023
1, 00022
1, 00023
1, 00301
15
1
1
1
1, 00282
16
0. 99982
0, 99985
0, 99983
1. 00264
17
0; 99968
0. 99969
0. 99968
1. 00247
18
0, 99661
0, 99957
0, 99959
1, 00231
19
0, 99954
0, 99949
0, 99951
1, 00216
20
0, 99949
0, 99946
0. 99947
1, 00203
21
0, 99947
0, 99953
0. 99950
1.1)0191
22
0. 99949
0, 99962
0, 99955
1,00180
23
0, 99954
0. 99974
0. 99964
1. 00171
24
0, 99970
0, 99996
0, 99983
1. 00162
25
0, 99986
1, 00025
1, 00005
1, 00155
26
1. 00005
1, 00058
1, 00031
1. 00150
27
1. 00032
1, 00097
1. 00064
1, 00146
28
1. 00053
1. 00144
1, 00098
1. 00144
29
1. 00085
1. 00201
1. 00143
1. 00143
30
1, 00111
1. 00264
1, 00187
1. 00144
31
1. 00145
1. 00337
1, 00241
1, 00147
ss
// calore speri fica dell' acqua
Abbiamo infine cercato di rappresentare il calorico specifico
vero da noi trovato (\ per mezzo di una formula, e fra le diverse
formule che abbiamo provato, quella che meglio si adattava era la
seguente :
(1) C, = 1, 006 630
— 0, 000 593 962 t
■+ 0, 000 004 388 650 f
-+- i), 000 000 425 520 f
— 0, 000 000 002 819 /4
i valori di Ce calcolati con questa formula differiscono estrema-
mente poco da quelli dedotti dalle esperienze, come mostra la ta-
vola seguente :
Tavola XXXV.
/
Ci
alcolato
osservato
l'i cale. - 'V oss.
/
Ce
calcolato
osservato
A =
C, caie. - Ci oss.
0°
1,( Hii)(530
1,00664
— o. ooooio
18»
o. 999530
0, 99959
— 0, 000060
1°
1,006041
1. 00601
+ o,000031
19
o. 999462
0. 99951
— 0,000048
•>
1,005463
1,00543
4- 0.000033
20
0.9994:19
0, 99947
— 0,000031
:',
1. 004898
1,00489
4- o. ooooos
•21
0. 999463
0, 99950
— 0,000037
4
1,004350
1, 00435
0
22
o. 999533
0, 99955
— 0.000017
5
L, 003820
1, 00383
— 0,000010
23
o. 999652
0.99964
-+- 0, 000(1 12
(i
i. 003307
1, 00331
— 0,000003
24
o, 999821
0,99983
— 0,000009
7
1,002824
1,00283
-- 0, Oooooii
25
1. ooooio
1,00005
— 0, ooooio
8
1,002362
1. 00233
-+- 0,000032
26
1.000311
1, 00031
+ 0, oooooi
9
1,001927
1. 00190
+ 0,000027
27
1.0001133
1. 00064
— 0,000007
10
1,001522
1,00149
-+- o.o 32
28
1,000967
L, 00098
— 0,ooool3
11
1,001146
1,00111
H- 0,000036
29
1. 00143S
1,00113
-+- 0, OOOOOS
1-2
L, 000804
1, noi (78
+ O.OI 'il
30
1,001921
1,00187
+ 0, 000051
13
1,000496
1, 00048
-4- 0,000016
31
1.002 1:.!»
1, 00241
4- 0,000049
11
1,000224
1. 123
— 0,000006
32
1,003054
15
0,999990
1
_ 0,000010
33
1,003668
lt;
o. 999795
O. 99983
— 0,000035
34
1,004408
17
0 999642
0, 9000S
__ 0,000038
35
1. 005170
// calore specifico dell' acqua 89
IV.
Esperienze fatte mescolando acqua a temperatura dell' ambiente
con acqua più calda.
Le esperienze fatte con questo metodo ebbero per scopo di
verificare la formula a cui eravamo giunti coi metodi precedenti.
L' apparecchio consisteva in un calorimetro molto ampio di
nichel, con coperchio, ed agitatore simile a quello già descritto pel-
le esperienze con acqua a zero , della capacità di 20 litri. Il calo-
rimetro era munito del solito involucro riflettore, e racchiuso en-
tro un recinto alla Berthelot.
Nel calorimetro s' introduceva una nota massa di acqua ri-
scaldata cinque o sei gradi al di sopra della temperatura dello
ambiente ; e quando il raffreddamento di quest' acqua agitata era
ben regolare, (cioè perfettamente proporzionale ai tempi) s'introdu-
ceva una certa quantità di acqua alla temperatura dell' ambiente
e si procedeva nel resto come nelle esperienze fatte coli' acqua
fredda.
L' acqua alla temperatura dell' ambiente era contenuta in una
specie di bottiglia di rame stagnato, munita di agitatore e di ter-
mometri calorimetrici; la bottiglia era fissata dentro una larga va-
sca di zinco contenente circa 40 litri di acqua alla temperatura
dell' ambiente.
Aprendo (coli* intermezzo di una lunga leva) un largo robinet-
to che si trovava in fondo della bottiglia, l' acqua scorreva per un
tubo a pareti sottili e quasi verticale, di caucciù, di quattro centi-
metri di diametro e di 25 centimetri di lunghezza , e veniva con-
dotta nel calorimetro contenente l'acqua più calda: l'acqua impie-
gava solo pochi secondi a riversarsi nel calorimetro.
Ci si può fare un' idea chiara dell' apparecchio nella figura 4,
pag. 123 della sopra citata memoria del Rowland.
Le esperienze eseguite con questo metodo sono esenti da qua-
lunque obiezione.
Atti Acc. Vol. IV, Serie -l". — Meni. VII. 12
90 11 calore .specifico dell' acqua
L' acqua che si versa nel calorimetro avendo la temperatura
dell'ambiente, ed una massa considerevole, e venendo versata con
rapidità, non può soffrire variazioni di temperatura: inoltre questa
temperatura può essere determinata colla stessa precisione con
cui si fecero i confronti dei termometri: l'acqua più calda del ca-
lorimetro che ha una massa grandissima, si raffredda lentissima-
mente, e con la più grande regolarità , per cui la correzione re-
lativa al raffreddamento viene esattamente determinata ed è picco-
lissima , in quantochè 1' equilibrio di temperatura del mescuglio ,
vien raggiunto rapidamente, circa 1' dopo avere versato l'acqua
della boccia.
Infine gli apparecchi essendo chiusi, 1' evaporazione è resa im-
possibile. (1)
L' esempio seguente dà un' idea del grado di precisione delle
nostre determinazioni.
Firenze 6 Maggio 1886.
Or,
%
Temperatura dell' acqua
calda del calorimetro
ll;,n'
0'
22", 1824
2'
22°, 1770
4'
22°, 1719
6'
22°, 1662
8'
22°, 1614
10'
22°, 1563
12'
22°, 1506
14'
22°, 1459
16'
22°, 1405
18'
22°, 1355
20'
22°, 1304
Alle llant-
20' si
versa l'acqua della
llant.
21'
20°, 3276
22'
20°, 3262
24'
20°, 3233
26'
20°, 3200
28'
20°, 3174
30'
20°, 3140
34'
20°, 2982
38'
20°, 2921
42'
20°, 2962
Temperabu/ra dell' acqua
della boccia
16, 2104
16, 2108
16, 2110
16. 2110
16, 2112
16, 2116
(1) Gli apparecchi tomo costruiti con molta cura dalla officina Turchini di Firenze, Via
S. Gallo.
// calore specifico dell' acqua
91
Con questo metodo noi abbiamo eseguito diverse determina-
zioni.
Per brevità noi riportiamo soltanto il resultato tinaie , senza
trascrivere tutti i dati che occorrevano pel calcolo, le correzioni es-
sendo state fatte col metodo stesso tenuto nei mescugli di acqua
a zero con acqua alla temperatura ordinaria.
Nella tavola seguente (la colonna) noi riportiamo i valori
da noi trovati direttamente pel rapporto del calore specifico medio,
Crfi fra la temperatura iniziale T dell' acqua calda del calorimetro
e quella o del mescuglio, al calore specifico medio Co.t fra la tem-
peratura finale e e quella t dell' acqua della boccia, avente la tem-
peratura dell' ambiente.
Nella seconda colonna sono scritti i valori dello stesso rap-
porto, calcolati con la formula
(2)
Q, = 1, 006 630 000 t
— 0, 000 296 981 f
+ 0, 000 001 446 217 f
+ 0, 000 000 106 380 t*
— 0, 000 000 000 564 t<
a
T.a
la quale si deduce dalla formula (1).
Segue il confronto fra i valori di -y^- trovati direttamente ,
e quelli calcolati con la (2).
Tavola XXXVI.
C
T,0
Trovato con 1' esperienza
Calore specifico medio fra 6° e 4° _ . qc_„
Calore specifico medio fra 4° e 0°
C. S. M. fra 6° e 4° _ Q Q983
C.
s.
M. fra 4" e 0°
C.
tì.
M. fra 8° e 6°
C.
C.
s.
s.
M.
M.
fra 6° e 2°
fra 8° e 6°
C.
s.
M. fra 6° e 2°
= 0, 9984
= 0, 9986 I
C
T.t
calcolati) con la formula (2)
1,003822
1,005194
= 0, 9986 . 4
1,002830
1, 004361
= 0, 9984 . 8
92
Il calore specifico dell'acqua
Segue Tavola XXXVI.
Trovato con 1' esperienza
calcolato con la t'onnula
(2)
Calore
specifico
medio fra 11° e 9"
—
0, 9987
0, 9\ix::
1, 001530 _
1,003089
0, 9984
4
Calore
C.
specifico medio fra 9° e 4°
8. M. tra 11° e 9°
c.
S.
U.
fra, 9" e 4"
e.
e.
e.
e.
8.
S.
s.
s.
M.
M.
M.
M.
fra. li'0 e 10°
fra 10° e 5°
fra 12° e 10°
fra, 10° e 5°
—
0, 9986
0, 9988
1,001152
1.002618
0, 9985
3
e.
s.
M.
fra 14° e 12°
—
0,9985
0, 9988
1,000507
1,001972
0, 9985
4
e.
e.
s.
8.
M.
M.
fra 12° e 6°
fra 14° e 12°
e.
s.
M.
fra 12° e G°
e.
e.
e.
e.
8.
8.
S.
8.
H.
M.
M.
M.
fra 16" e 14°
fra 14° e 9°
fra 16° e 14°
fra 14" e 9"
=
0, 9990
0, 9992
0, 991)995
1,001009 ~
0,9989
8
e.
e.
e.
e.
8.
8.
8.
8.
M.
M.
M.
M.
fra 18,J e 16°
fra 16° e 12°
fra 18° e 16°
fra 16" e 12.
—
0, 9996
0.9992
0,999651
1.000251 "
0,99! )4
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e.
8.
M.
fra 20" e 1 7"
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0, 9993
7
e.
e.
8.
8.
M.
M.
fra 17° e 12°
fra 20° e 17°
e.
8.
M.
fra 17° e 12°
e.
8.
M.
fra 21° e 19°
—
0,9998
0, 9995
0, 999458
0, 999759
0,9997
0
e.
e.
S.
S.
M.
M.
fra 19° e 14°
fra 21° e 19°
e.
8.
M.
fra 19" v lf."
e.
e.
e.
8.
8.
S.
M.
M.
M.
tra 2:;" e 21°
fra 21° e 16°
fra 23" e 21°
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1,0000 .
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S.
M-
fra 21" e 16°
e.
e.
e.
8.
8.
8.
M.
M.
M.
fra 25° e 23°
fra 23° e 1S"
fra 2.")" e 23°
=
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3
e.
8.
M.
fra 28" e 18"
e.
e.
e.
e.
8.
8.
8.
S.
M.
M.
M.
M.
ira 26" e 24"
fra 24" e 18a
fra 26° e 24°
fra 24° e 18°
=
1,0006
1,0005
1,000063
0,999547
1,0005
2
// calore specifico dell' acqua
93
Segue Tavola XXXVI.
e
r,o
VT. t
c
o,f
( 't,0
Trovato con 1 e
sperienza
calcolato con la formula
(2)
Calore
speci lieo
medio
fra
28°
e 26"
=
1,
0007
1,000663
0. 999743
= 1,
0009
o
Calore
specifico
medio
fra
._,,;.,
e 20°
C.
S.
M.
fra
28"
e 26°
1
0010
c.
s.
M.
fra
26"
e 20°
e.
s.
M.
fra
:;m"
e 28"
1
0013
1, 001458
= 1,
0012
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e.
s.
M.
fra
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e 23"
1 , 000242
e.
s.
M.
fra
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e2S"
1
0014
e.
8.
M.
fra
28"
e 23°
e.
s.
M.
fra.
52"
e 30"
1
0018
1 , 002500
= 1
0016
. 1
e.
s.
M.
fra
30°
e 25°
1, 000889
e.
s.
M.
fra
82°
e 30°
1
0016
e.
s.
M.
fra
30°
e 25°
Le nuove determinazioni confermano dunque la validità della
formula (2).— L'accordo non potrebbe essere più perfetto. (1)
Il Rowland a pag. 125-129 della sua notevole memoria ( On
the mechanical equivalent of heat, Cambridge 1880) riferisce 9 de-
terminazioni del rapporto del calore specifico medio dell' acqua
fra temperature comprese fra 0° e 36°.
Noi abbiamo voluto confrontare i valori trovati dal Rowland
con quelli dedotti dalla nostra formula (2).
(1) Abbiamo poro omesso il 5° esperimenti) del Rowland, dacché il numero 1,0062 discorda
troppo dagli altri trovati dallo stesso lisi™.
(2) Teniamo molto a far conoscere (quantunque ciò a prima vista possa sembrare ozioso)
che l'acqua adoperata in tutte quante le nostre esperienze era sempre stata distillata da più
mesi e mantenuta in damigiane che avevano da molti anni servito a conservare 1' aequa stillata.
Le damigiane le tenevamo in un angolo oscuro della sala stessa del calorimetro e della bilancia:
1' acqua si versava nel calorimetro senza che in nessun caso avesse mai subito altra variazione
di temperatura che quella dovuta alle piccole oscillazioni termometriche dell' ambiente.
Uno di noi, nella memoria sulla corrente residua e sulla costituzione degli elettroliti, Pi-
sa 1882, Nuovo Cimento T. XI pag. 193, ha sviluppato a lungo un ipotesi da cui deriverebbe
che molte proprietà tìsiche degli elettroliti possono dipendere dalla loro storia precedente. An-
che il compianto fisico «. A. Hirn, nella sua pregevole memoria, sulle variazioni della capacità
calorifica deW acqua verso il massimo di densità, Comptes Rendus , t. LXX, 21 Marzo 1870
scriveva: " Ne se peut-il pas qu'un memo corps, qu'une mème masse d'eau , par exemple, rece-
" vant une mème quantità de chaleur, prenne des tempèratures différentes selon la manière dont
" se fait l'addition de chaleur? ,
94
11 calare specìfico dell' acqua
Come si vede nel prospetto seguente, 1' accordo della nostra
formula con otto dirette determinazioni del Rowland è più tosto sod-
disfacente, se si ritien conto del piccolo numero delle determinazioni
riportate dall' insigne fisico Americano.
EOWL A N I)
(pag. 126)
Calore specifico
medio fra 0 e 18°
= 1,0025
Calore
specifico
medio fra 18 e 27"
C.
S.
M.
fra 0° e 17°
= 1,0024
e.
S.
M.
fra 17"e29u
0.
s.
M.
fra 0U e 18°
= 1,0067
e.
s.
M.
fra 18° e 30°
e.
s.
M.
fra 0" e 16°
= 1,0010
C.
s.
M.
fra 16° e 24°
C.
S.
M.
fra 0" e 17°
= 1,0027
e.
s.
M.
fra 17° e 25°
0.
s.
M.
fra 0° e 21°
= 1,0045
e.
s.
M.
fra 21° e 28°
e.
s.
M.
fra 20" e 24"
= 0,9983
e.
s.
M.
fra 24° e 29°
c.
M. fra 21° e 29u
0,9954
Formula (2)
Baetou-Stkacciati
1,002315
0, 999765
= 1,0025
1 , ( 102476
0,999963
= 1,0025
1,002315
1,000187
= 1,0022
1,002648
0,999573
= 1,0031
1,002476
0,999598
= 1,0029
1,001909
1. 00(3045
= 1,0018
0,999583
1,000588
= 0,9990
1,000194
1,003518
= 0,9967
C. S. M. fra 29° e 36
Il Rowland nella sua notevole memoria (On the mechanical
equivalent of beat) pag. 196 , Tavola LIV, dà i valori dell' equi-
valente meccanico Et riferito alla caloria presa alle diverse tempe-
rature dell' acqua fra -+■ 5° e -+- 36°. Da questa tavola si deduce
il calore specifico dell' acqua a queste stesse temperature. I valori
così calcolati non sono molti diversi da quelli da noi trovati , col
metodo delle palline grandi di rame.
Nella tavola seguente sono trascritti i valori di E, (seconda co-
lonna ) quelli del calore specifico secondo Rowland, (ottenuti divi-
dendo Et per Ea), e quelli del calore specifico trovato da noi col
metodo delle palline grandi di rame : il minimo del calore specifico
corrisponde a + 29° secondo Rowland , ed a + 27° nelle nostre
esperienze con le palline grandi di rame. Noi perù riteniamo che
// calore specifico dell' acqua
95
i nostri resultati ottenuti, con sette metodi diversi, precisino il mi-
nimo a + ^20° : e che i valori del calore specifico dedotto dalle
nostre misure eseguite con tutte le cure prescritte dalla termome-
tria moderna con questi sette metodi diversi , siano di gran lunga
più attendibili di quelli ottenuti da tutti i fisici che ci precedettero
in questo studio.
Giova ricordare che lo stesso Rowland scriveva (pag. 107
della sua Relazione critica .sulle varie determinazioni dell' equivalente
meccanico della caloria) \
" La temperatura del minimo non può dirsi conosciuta , ben-
" che io 1' abbia collocata temporaneamente verso 30° , ina essa
" può essere ben differente. „
CALORE
Et
specifico vero a t"
t°
Nostre
Esperienze
determinazioni
del Rowland
(eoi rame, palline grandi)
5°
429,8
1, 00561
1, 00415
6°
429,5
1, 00491
1, 00360
7°
429, 3
1, 00444
1, 00309
8°
429, 0
1, 00374
1, 00263
9°
428,8
1,00327
1, 00219
10°
428 5
1, 00257
1, 00173
11°
428,3
1, 00210
1, 00136
12°
428, 1
1, 00163
1, 00090
13°
427,9
1,00117
1, 00055
14°
427, 7
1, 00070
1,00028
15°
427, 4
1, 00000
1, 00000
16°
427, 2
0, 99953
0, 99975
17°
427,0
0, 99906
0, 99945
18°
426,8
0, 99859
0, 99919
19°
426, 6
0, 99812
0, 99901
20°
426,4
0, 99766
0, 99880
21°
426,2
0, 99719
0, 99873
22°
426, 1
0, 99696
0, 99860
23°
426, 0
0, 99672
0, 99850
24°
425, 9
0, 99649
0, 99844
25°
425, 8
0, 99625
0, 99837
26°
425, 7
0, 99602
0, 99834
27°
425, 6
0, 99578
0, 99832
28°
425,6
0, 99578
0, 99834
29°
425, 5
0, 99555
0, 99837
30°
425,6
0, 99578
0, 99848
31°
425,6
0, 99578
0, 99871
96 II calore .specifico dell' acqua
Nella tavola ultima (Tav. XXXVII) abbiamo riuniti i valori del
calore specifico medio fra due temperature qualunque comprese
ira 0" e -+- 35. Le temperature fra le quali si cerca il calore spe-
cifico medio sono scritte nella prima linea e nella prima colonna :
I valori del calore specifico sono dedotti dalla formula (3).
Crediamo che questa tavola potrà riuscire di qualche utilità
nelle misure calorimetriche. (1)
Oltre ai metodi precedenti, adoperammo anche quello del riscal-
damento di una massa di acqua a zero (circa mezzo chilogrammo,
entro un recinto a 100° ma abbandonammo questo metodo, per la
incertezza nella lettura esatta delle temperature, e per quella più
-rande delle correzione da applicare alla temperatura letta, per lo
spostamento dello zero.
Molte particolarità che non si sono potute spiegare nella pre-
cedente memoria, onde non renderla troppo lunga , si troveranno
nelle seguenti memorie e note che le fanno seguito, le quali furo-
no uià comunicate ali* Accademia Gioenia nelle sedute di questo
anno
l". Sulla variabilità del calore specifico del mercurio fra 0"
e + 32°.
2°. Studio dei termometri calorimetrici.
3°. Sulle correzioni per il raffreddamento, nelle determinazioni
e alo rimetriche.
4°. Sulla costituzione degli elettroliti e sulla variabilità del lit-
ro calore specifico con la temperatura.
Istituto Fisico delia Università di Catania, 1892.
(1) Da questa tavola ilei calori specifici risulta che supposto 425,5 il valore doli' equivalen-
te meccanico del calore, quando la caloria si riferisca all' acqua a -t- 15°, esso divieni' 128,0 ri-
ferendo la caloria all' acqua a zero.
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Memoria Vili.
Teorema di Stokes in coordinate generali
Nota del prof. GIAN ANTONIO MAGGI
Nella mia Memoria " Sulla propagazione libera e perturbata delle
onde luminose in un mezzo isotropo „ (pubblicata nel tomo XVI degli
Annali di Matematica) (*) ho già avuto l'occasione di dare una
dimostrazione del teorema di Stokes, che, se implica l'esistenza di
tutte le derivate delle funzioni considerate , mi pare però la più
atta a mettere in rilievo la natura di quella relazione , e la più
semplice che si possa dare , facendo uso di coordinate curvilinee.
Ma, per 1' applicazione che ne facevo in quel lavoro, non ho con-
dotto la trattazione a termine che nel caso delle coordinate orto-
gonali.
Qui, premesse alcune considerazioni sugli integrali secondo un
cammino, riproduco la parte generale di quel procedimento, e ne
deduco poi l'espressione del teorema in coordinate curvilinee gene-
rali, che, per quanto mi consta, non fu data ancora.
Nella sua Memoria fondamentale " Sali' uso delle coordinate cur-
vilinee nella teoria del Potenziale e dell' Elasticità „ (Memorie della
R. Acc. delle Scienze di Bologna, (4) t. VI) il prof. Beltrami dà
1' espressione in coordinate generali, per usare delle parole dell' il-
lustre autore, di quel gruppo d' equazioni che ha il suo centro nel
teorema di Green. Viene così aggiunta quella del teorema di Sto-
kes, equazione della stessa natura di quelle , e come quelle tanto
spesso invocata nelle questioni di Fisica Matematica.
Indichino q, , q2, q-, le coordinate del posto qualunque di un
(*) V. anche la mia Nota " Sui doppii strati agenti „ nei Eendic. del R. Ist. Lomb. (2)
t. XXII.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4.» — Meni. Vili. 1
Teorema di Stokes in coordinate generali.
campo, e {q) lo stesso posto. Cammino conducente da (g), ori-
gine, a ('/'), termine, è ogni successione di posti (7) tali che
q,= A- Y d9>) dt
J Ax'~di +X%~di+Xs~diì clt'
dove X,, Xt, X3 indicano le funzioni di t composte colle funzioni
così indicate, e colle (1). E ciò chiamasi l'integrale di
A", dq, + Xt dq2 + X, dq3
Teorema di IStokes in coordinate generali.
secondo il cammino considerato, e si indica brevemente con
/' [X,dq, + Xidq, + Xsdqs) ,
salvo ad aggiungere qualche indice per mettere in evidenza le cir-
costanze del cammino medesimo.
Così, supposto il cammino semplice, se è aperto, indicando con
A, B gli estremi, J AB significherà che il suo senso corrisponde al
passaggio da A a B, ossia che A è l'origine e B il termine: e
se è chiuso ; immaginando A, B, (', D succeclentisi lungo la linea,
J abcda significherà che il senso del cammino corrisponde al movi-
mento di un punto, che, percorrendo la linea, incontra quei punti
neir ordine in cui stanno scritti.
E chiaro, con questo significato dei simboli, che :
J AB = ~ J BA'
J ABCDA ' ABC J CDA •' ABC ■' ADC
Tutto ciò premesso, sia il campo in discorso semplicemente
connesso, per modo che, immaginandovi una linea rientrante, possa
sempre essere il contorno completo d' una superficie tutta parimen-
te compresa nel campo: e consideriamo un cammino semplice chiu-
so ad esso appartenente.
Esisterà
/ (A', dq, 4- X, d+ Jfc3** ^7^'
dq, * dq, * dqa
(2)
(*' = 1, 2, 3).
Secondo ogni cammino conducente da A e B e corrisponden-
te ad una linea u esisterà
f (X, dq, + X 3qt 4- X3 dq3),
Teorema di Stókes in coordinate generali.
e sarà una funzione di v, la quale , supposto almeno che le linee
si possano scegliere in modo che esistano anche dòq,, òdq, finiti e
continui, ammetterà il differenziale
S j (X, dq, + X, dq, + X, dq3) .
Di questo differenziale ci giova trovare una forma opportuna.
Perciò osserviamo che, per teoremi noti, nelle nostre ipotesi, sarà:
5 f X, dqt = I ' S {Xi dq,) = /' ÒX, dq, + f X, 8dq< ,
I Xi Sdq, = I X, dSq, ,
I Xi dSqt = — I 3Xi Sqi,
perchè pei limiti dell'integrazione, cui corrispondono i punti A e B
*q, è 0. Quindi:
5 j Xt dq, = j (SXt dq, — dX Sqi).
E di qui, impiegando le {"2), deduciamo, dopo ovvie riduzioni :
S f (X, dq, + X, dqt + X, dq,)
che è il risultato voluto.
D'altra parte
/ (X, dq, -t- X2 dq» + X3 dq3)
= /' (Xi 33i + Xì dq, -h X3 dq3)
J AA'/I
— y* (X, dq, + X2 dq, + X3 dq3)
= /' a /' (X, 3gl -+- x 3?! + x, dq3) ,
Teorema di Stohes in coordinate generali.
dove nell'integrazione (interna) per rispetto a u è da intendersi,
come precedentemente, che il limite inferiore corrisponda ad A, <■
nell'integrazione (esterna) per rispetto a v è da intendersi che il
limite inferiore corrisponda a AB'B. Quindi , con queste conven-
zioni :
/ (Zi dqt + A~2 dq-i + X3 dq3) =
fi ; ( £ - f ) ( *<>- * - >« * ) + ( g - £ ) ( *»■ * - s* *)
dq2 dq3 I \ I \ dq3 dq
dXj dX
dqL dq2
Ll ) ( sQi 3* — sq* ^, ) j ,
Ora è
àq-i àq3 — àq3 dq» = \-±- -f f- -y- du dv ■
\ dv du dv du I
Troviamo un'opportuna espressione di
dq, dq3 dq3 dq2
dv du dv du
Sia perciò
dx- — S« Qijdqidqj
V espressione del quadrato del differenziale dell' arco s di linea
qualunque del campo colle supposte coordinate, e
ds! = Edu2 -+ 2Fdudv + Gdv2
l'espressione analoga nel caso che la linea appartenga alla super-
ficie considerata, colle coordinate u, v.
Essendo, col solo vincolo che (q) si trovi su detta superficie :
dqi dqc
dqL = -y- du 4- -j- dv
du dv
(t = 1, 2, 3)
Teorema di Stole.s in coordinate generali.
■ii ha
dove
E=-^m% « = S, V.%
F — y ■ V -.USL — y . v, ^
r ~Ll Ui dv~hi ' du '
u> -- ^ <* È . T < = S< *>> È
Ui e Vf hanno un significato semplice. Conveniamo una volta
per sempre che il senso attribuito alla tangente ad una linea in
ogni punto sia quello in cui cresce l'arco, e che in una linea coor-
dinata l'arco cresca nel senso in cui cresce la coordinata. Ciò po-
sto , indicando con d's , d"s il differenziale dell' arco di due linee
diverse passanti per uno stesso punto (q), relativo a questo punto:
con d'q, , d"<]i i corrispondenti differenziali di q( : e con (d's, d"s)
l'angolo formato dalle tangenti alle due linee nel punto in discor-
so, si ha :
d's d's cos {d's, d"s) = 2 Qy d'qi d"qj (%\
Sia la prima linea la linea coordinata qt , e la seconda la linea
a , e rammentiamo che
ds = [ Qii dq, , dsu= y E du ,
dove, nelle precedenti ipotesi, i radicali hanno il segno -4- . Per (3)
abbiamo :
[XQ~ \[E cos ut =2j Q« ^, (4)
dove u.i indica l' angolo formato dalle tangenti in (q) alle linee ,
e v.
E analogamente :
]/Qtl \/Fcosvi= 2, Qa J,
dove i radicali hanno il segno + e r, indica l'angolo delle tangen-
ti in (q) alle linee g, e v.
Teorema di Stokes in coordinate generali.
Indichiamo con (/ il determinante dei ^(j,econ $ Py il com-
plemento algebrico di Qy. Moltiplicando le tre equazioni che si ri-
cavano da (4) con i= 1, L2, 3 rispettivamente per Pu, Pa> P,,, e
sommandole poi membro a membro, ne ricaviamo :
Quindi
p* = \/e 2, Piil/S cos «.,-
gj = 1/-E 2, Poi ' Q« cos «, ,
SWffy;
/-
l « li Pa\ Qa cos »,,
E per conseguenza :
dpdp. _ d£i ^ = ./— s p p j /q,.q^.(cos „. cos M/ - cos q cos «, ;
a?' du dr du ' •
Poniamo per un momento :
l Q« Qj> ( COS Vi COS Mj — COS Vj COS ?/,, ) = [*, j] ■
Si troverà subito :
V
ì« pw p3, [t,J]
= (P22 P33 - Ps3 P32) [2,3 J + (P23 P» - P« P33) [3,1] ■+- (P2, P32 - P22 P3i) [1,2].
I tre determinanti sono i complementi di Pn , Pi2 e Pa nel deter-
minante dei PW) e, per conseguenza, stante la definizione dei Pu ,
rispettivamente eguali a
Qn Qi2 Qi3
Quindi :
2« P!t P„- [V] = ~ ((2u [2,3] + Q« [ 3,1 ] -+- Q13 [1,2] )
D' altra parte indichiamo con n la misura del segmento di
normale alla superficie nel punto qualunque ( u, v ), volta in un certo
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4." — Meni. Vili. 2
10 Teorema di StoJces in coordinate generali.
senso per rispetto al giro che conduce dalla tangente alla linea e
alla tangente alla linea u : e con nlJ quelle del segmento di perpen-
dicolare alle tangenti alle due linee qé e % , passanti per lo stesso
punto, volta nello stesso senso per rispetto al giro che conduce dalla
prima tangente alla seconda.
Indicando inoltre con (re»y), (uv), (ij) l'angolo formato dalle due
normali, dalla prima e dalla seconda coppia di tangenti, abbiamo :
cos vi cos a. — cos v. cos iti
COS «,,» = : Tttt—. p-4;
sin (ij) sin (uv)
Per conseguenza di tutto ciò :
dqt dq3 dq:l dq2
dv du dv du
I .
ossia
— sin (uv) \'EG S. Q„ \/ Qu Qkk sin (jk) oos ( »,* n)
Sq<,dqs — Sq3dq2 =
q- sin (uv) | E du |. G do IV Qu | Q„ Qnli sin (jk) cos ( »M n )
dove, scelto /, s* intende che y' e k siano, fra i numeri 1, 2 e 3,
quelli che gli succedono circolarmente.
Stabiliamo che du, dv siano positivi , cioè che w cresca da A
verso B , e v da AB'B verso A AB. Siccome, per le nostre pre-
cedenti convenzioni, la tangente ad una linea coordinata ha in o-
gni punto il senso in cui cresce la coordinata relativa , sarà, per
rispetto ad un determinato senso della normale », il senso del gi-
ro che conduce dalla tangente alla linea v alla tangente alla linea
a, per l'angolo concavo, come il senso del cammino considerato.
Concludiamo così:
/ (A'i dqt + A",, dqt -+- X, dq3)
A „ idjX _ dX3\
dq2 dq3 1 \ rfq.i dqi ' \ dq{ dq2 ' À 3 ) Q
■' t \dq2 dqj ' \dq3 dq.l 2 ^ \dq, doj 3 ) Q*
Teorema di StoJces in coordinate generali. 1 1
dove
-Vi = 2< Qu l ' QjjQkk sin (JA-) cos (»,-am)
2V2 = £. Q,, | (,/„(/„. sin (jk) cos (//,,//:
ÌV3 = 2, Qai | QtfQ»* sin C/fc) cos (w^w) ,
e il senso della perpendicolare nJK alle tangenti alle linee qj , qh
passanti pel punto considerato della superficie è, per rispetto a quello
del giro che conduce per l'angolo concavo dalla tangente alla pri-
ma linea alla tangente alla seconda , come il senso della normale
n nello stesso punto della superficie a quello del cammino.
Questa è la forma più generale del Teorema di Stokes.
È tacile ricavare di qui la nota torma del caso che le coordi-
nate siano ortogonali.
In questo caso sin (jk) = 1, Qui = 0 con h diverso da i, e
nJk avrà la direzione della tangente alla linea coordinata che non è
2
Can. FRANCESCO FISICHELLA
Professore ordinario nella R. Università di Messina
Signori ,
È sacro il dovere di commemorare ed onorare coloro che scen-
dono nel sepolcro circondati dall' aureola della benemerenza nel
campo del pensiero o in quello delle opere, o nell'uno e nell'altro
insieme. È gratitudine verso di loro : lavorarono per 1' incremento
del nostro patrimonio intellettuale e morale. È incitamento per noi
ad alacrità per mettere a profitto ed accrescere quel sacro patri-
monio. È carità patria mettere in rilievo le glorie dei nostri Gran-
di. Con dolore d'italiano ricordo che gli stranieri nell'interesse del-
la loro patria zelano pur troppo l'onore dei loro grandi, innalzano
monumenti anche a mediocrità ; e . noi lanciamo spesso inosservati
anche i nostri Sommi. A forza di non curare le nostre glorie ,
si finirebbe per crederci da nulla , e più tardi a non valer nulla.
Onoriamo i Grandi per loro, per noi, per la patria. E questo dove-
re si accresce ancora di più quando si tratta di coloro che nella
prima metà del nostro secolo lavorarono tanto per rigenerare il pen-
siero italiano, e in modi diversi con sublimi ideali e con fede ar-
dente cooperarono a compiere la grande Epopea nazionale; ed ora
scendono nel sepolcro addolorati dal nostro scetticismo e dal man-
co d'idealità della nostra vita.
Il professore A. Maugeri , che illustrò per tanti anni questo
glorioso Ateneo col suo insegnamento, e la filosofia siciliana e na-
Atti Aoc. Vol. IV, Serie 4.» 1
Il prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
zionale colle sue opere, è sceso nel sepolcro ! L'Accademia Gioenia
tanto benemerita al progresso della scienza, che ha avuto ed ha nel
suo seno tante Illustrazioni , compie il delicato dovere di comme-
morare l'illustre Estinto !.. Volle affidare a me l'onorevole incarico,
e non posso che rimanerle grato della fiducia mostratami. Senti-
vami impari all'alto mandato; ma il Maugeri fu mio maestro, e do-
po , mio intimo amico ; parvenu delitto il declinarlo ; e col cuore
addolorato tributo il mio omaggio, comunque modesto, al maestro
ed all'amico; sperando d'altronde che altri meglio, che io non fac-
cia, metterà in rilievo questa nobile figura nella nostra scienza. In
un discorso commemorativo in un' Accademia non posso parlare
dell'illustre Estinto che sotto il profilo della scienza, lasciando inos-
servato ogni altro aspetto della vita; " // prof. Maugeri e il suo
sistema filosofico „ è il profilo speciale del mio discorso.
Dovendo parlare di un filosofo ad un' Accademia di scienze
naturali e matematiche, qualcuno potrebbe credere che mi trovi in
un ambiente eterogenio. Ma ciò non è vero; molto meno ai nostri
giorni in cui, come osserva Benno Erdimann , una nota filosofica
è divenuta caratteristica delle scienze naturali (1), una concezione
generale del mondo agita tutto il pensiero e la scienza moderna.
Il processo della scienza, diceva il Wundt , non consiste solo nel
distinguere ma nel connettere. Dopo 1' analisi si sente il bisogno
della sintesi : d'altronde è pei limiti della mente che si deve stu-
diare smembrando ciò che nella natura è unito. Singole scienze
si uniscono a gruppi, la biologia p. e. studia la vita nelle sue di-
verse manifestazioni nella pianta, nel bruto, nell'uomo; molti gruppi
si uniscono in una idea più generale, e tutti .in quella dell'essere,
in grado massimo generale. La realtà singola è un'astrazione, e per
lo meno, non è la vera realtà che trovasi nella unità organica del
cosmo. La filosofia , secondo Spencer , è il sapere completamente
il) Sono molto le opere che si pubblicano eoi titolo di filosofia chimica , di filosofia orga-
nica, di filosofia zoologica, etc.
// "prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
unificato. Il positivismo accentua questa idea : la teoria della per-
manenza e della trasformazione della forza, la teoria della evoluzio-
ne, il suo monismo, rivelano pur troppo il bisogno di quella scienza
che studia 1' uno nel molteplice.
Ciò è vero non uscendo dalla realtà oggettiva. Ma perchè ci
sia scienza è necessario lo studio del pensiero. Ogni scienza è un
complesso organico di raziocini, di giudizi, d'idee; e tutto ciò non è
che pensiero, di cui la filosofìa studia le forme, le leggi, la genesi,
i rapporti colla realtà oggettiva, il processo, il dinamismo e i rap-
porti col dinamismo cosmico. La filosofia è la scienza universale
che informa ed integra le singole scienze. Perciò nelle Università
tedesche, meglio che nelle nostre (1), la filosofia fa parte della Fa-
coltà di scienze e le dà il nome : chiamasi Facoltà di filosofia. Noi
parlando di un filosofo in quest' Accademia non mi trovo in un am-
biente eterogeneo.
La filosofìa italiana nei primi lustri del nostro secolo erasi
sviata dalle sue nobilissime tradizioni , e soggiaceva alle tristi in-
fluenze della più gretta filosofìa straniera; regnava il sensualismo di
Locke, di Gondillac. di Tracy , popolarizzato dal Soave. La Sicilia,
all' infuori di qualche eccezione che davano gì* illustri discepoli del
Miceli, subiva la stessa sorte del resto della Nazione.
Ili Presso di noi si è. voluto unirla colla Facoltà di Lettere, e riesci' mia fusione ibrida.—
Nel 2» Congresso universitario, che ebbe luogo a Milano nel 1887 fu deliberata ad unanimità la
proposta che lo studio della filosofia teoretica sia obbligatorio per tutti •.'li studenti di qualunque
Facoltà. E il pensiero è degno di quell'autorevole Consesso. — Credo inoltre preferibile che la
filosofia, come in Germania, faccia parte della Facoltà di scienze. Gli aspiranti alla laurea in filo-
sofia, invece di essere obbligati di studiare per due anni letteratura latina e per tre letteratura
greca . etc. . studierebbero con più profitto anatomia comparata , fisiologia , zoologia , etc. . esse
apportano molta luce ai problemi che si agitano nella Scienza prima, e facilitano la concezione
delle grandi sintesi, a cui si aspira. (Queste sintesi a loro volta gioverebbero ad una migliore
compreensione delle scienze speciali.
La filosofia morale, il cui studio non è obbligatorio agli aspiranti alla laurea in lettere, pure
si lascia in questa Facoltà; e non si pensa invece ad aggregarla alla Facoltà di giurispudenza; o
per lo meno farne obbligatorio lo studio per gl'iscritti a questa Facoltà; tanto più in un momento
in cui l' aspetto etico si accentua sempre più nel diritto, e si rivela abbastanza nella stessa eco-
nomia politica. D'altronde nella sociologia il fenomeno etico è il più importante.
Il prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
In Catania, il Sac. Benedetto D' Agata, prima nel Seminano, e
poi in questo Ateneo, aveva sostituito al Wolf il Locke, il Gondil-
lac, il Bonnet sino al 1793; il che più tardi fece pure il Can. Do-
menico Privitera in questa stessa Università nei primordi del nostro
secolo. — In questo triste ambiente filosofico nasceva in Catania , il
4 giugno del 1813, Antonino Maugeri da poverissimi genitori, che
vivevano stentatamente col lavoro delle proprie mani. Sin dalla prima
età egli rivela ingegno non comune. Ma come attendere allo studio
in quello stato di miseria ? -- Senza le Corporazioni religiose , si
avrebbe avuto in lui un calzolaio o un fallegname di più; quell'in-
gegno che più tardi doveva illustrare la Patria, sarebbe rimasto la-
tente. Ma entra nell'Ordine religioso eminentemente italiano e de-
mocratico di Francesco d' Assisi , di questa stupenda e poetica
Figura , che lenisce e santifica la povertà , segna le vie per solu-
zione del più grande problema sociale e dà la palestra, in cui si
rivela il genio dei figli del popolo.
Il giovane Maugeri, già francescano, rivela l' alta sua vocazio-
ne per la filosofìa, più tardi sarà assorbito dallo studio di questa
scienza.— In essa ha per primo maestro il P. Luigi Carnazza dello
stesso Ordine, d' ingegno elevato; ma vittima anch' esso del sensua-
lismo: il Tracy era il suo libro di testo. — Frattanto in questo si-
culo Ateneo rivelavasi il potente ingegno di V. Tedeschi, di quel Cieco
sorprendente, che fu grande nelle Matematiche e nella vastità delle
sue conoscenze su vari rami dello scibile, grandissimo in filosofia.
Il Tedeschi aveva anche lui pagato il suo tributo al sensualismo,
le sue lezioni s' ispiravano al Condillac e al Tracy. Ma quell' elet-
ta Intelligenza non potea a lungo rimanere aggiogata alle grettezze
esiziali del sensualismo, e fu tra i primi in Sicilia ad elevare la
voce contro quella sedicente filosofia. Frattanto un poderoso Inge-
gno: il Filosofo di Tropea rigenerava la filosofia in Italia, rivelan-
do tutta la futilità e la nullità scientifica del sensualismo. Il Tede-
schi unì le sue alle forze del Galluppi, la filosofia italiana si elevò a
grandi altezze. — Il Maugeri fu discepolo e la più splendida gloria
di siffatto Maestro ; il quale conobbe sin d' allora che il modesto
Il prof. /'. .1. Maugeri e il suo sistema filosofico
Frate era nato filosofo, e ch'era destinato a mantenere vivo il sa-
cro fuoco della Scienza prima in quest' Atene di Sicilia.
11 primo lavoro filosofico, ch'egli pubblicò in Messina nel 1841.
è: Un dubbio sulV esistenza delle verità filosofiche. Esso ci rivela le
prime impressioni di scoraggiamento del filosofo in vista delle con-
traddizioni dei sistemi nella scienza ; e se devo chiamare le cose.
col proprio nome , in questo libro si sente il grido scoraggiato e
scoraggiante dello scetticismo filosofico. Il Romano fa una larga
critica del lavoro del Maugeri e viene a questo apprezzamento (1).
Il nostro filosofo si difende dell'accusa di scetticismo (2) ; ma ri-
tengo con poco frutto; in quel lavoro il dubbio è troppo spiccato.
Ma esso era il dubbio del filosofo non ancor maturato; era il dubbio
del filosofo in fieri.
Più tardi acquista profonda conoscenza dei sistemi filosofici.
Allora in essi potè vedere l'uno nel vario, il permanente nel mu-
tabile. Li vide non presi singolarmente, ma nel loro assieme , in
una verità superiore in cui si armonizzano i contrari. Allora vide
senza scoraggiamento l'evoluzione del pensiero filosofico a traverso
i tempi. L' indagine dell' in sé , delle cause prime , delle ultime
ragioni, ha gravissime difficoltà ; i filosofi sono chiamati a que-
st'ardua impresa, e perciò non è sempre concorde il loro pensie-
ro. Ciò però non autorizza 1' agnosticismo di cui taluni vogliono
farsi banditori. Le pretese antinomie tra il fenomeno e il noumeno
di Kant e V inconoscibile di Spencer sono la esagerazione delle dif-
ficoltà a cui accennai. Certo è, che la scienza ci rivela una gradua-
le e sempre crescente approssimazione della mente umana all'in sé
delle cose.
Un sistema il più erroneo contiene molti veri che vengono
esagerati, e questa esagerazione o questo esclusivismo di un aspet-
(1) La rivista critica del Romano fu pubblicata nella Scienza e Fede di Napoli, voi. IV,
Fase. XXffl, Nov. 1842.
(2) V. Maugeri, Rivista alla rivista del P. Romano, Messina 18-13.
Il prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
lo del vero, spinge altri ad esagerare l'aspetto contrario stato sco-
nosciuto. Nella discussione, gli aspetti del vero si presentano sem-
pre crescenti, una verità superiore e più dialettica diviene il patri-
monio della scienza.
Un fatto nuovo , o una nuova conoscenza fa modificare una
teoria, occasiona un nuovo indirizzo. Il nuovo esercita il suo fascino,
assorbe esageratamente il pensiero, lo fa esclusivista ; e quindi si
misconosce l'antico. Ma anche questo era parte del vero e trova
i suoi apostoli ; si discute e si lotta ; un vero più armonico e più
elevato ne risulta. I sistemi erronei fanno sul campo filosofico, ciò
che le eresie sul campo teologico; e fu detto : Oportet et huereses
esse (1). Chi può misconoscere i profondi veri in teorie che nel
loro esclusivismo ci sembravano deliri della mente umana ?! — Il
Maugeri con questo modo d'intendere i sistemi filosofici, quali fram-
menti di un tutto (2), escluse quel dubbio primitivo, si affermò
nella scienza.
Ammiratore del Galuppi, che con poderoso ingegno vittoriosa-
mente confutava il sensualismo inglese o francese e il criticismo
trascendentale alemanno, rimase influenzato da lui anche nel sog-
gettivismo, che credo esagerato nel Filosofo di Tropea. E fu questo
soggettivismo che impedì, secondo me, al Maugeri di raggiungere
in alcune teorie il vero, o almeno la coerenza nel complesso delle
sue dottrine (3). Ma più profondamente ammirava il Rosmini. Spes-
(1) Vi è pure una ortodossia e una eterodossia in faccia al senso comune e alla coscienza
ilell'u nità; ohe hanno la loro evoluzione, come il pensiero dommatico della rivelazione, pei nuovi
aspetti del vero, che si rivelano alla mente e pei nuovi modi migliori in cui vien concepito. Il
senso comune si trova >pesso di fronte al criticismo, il quale giova alla evoluzione di esso. Ma
se il criticia è esclusivo, non si hanno che deliri più o meno esiziali nella scienza e nella vita.
NHla Biosofia moderna il scuso connine esclusivo pare sia rappresentato dalla Scuola scozzese e
precisamente da Reid , come il criticismo esclusivo dalla Scuola alemanna e precisamente da
Kant. Il scuso comune e il criticismo uniti s'integrano a vicenda; separati, l'uno darebbe la-
Stasi del pensiero, l'altro un moto rapido, vertiginoso, infecondo, esiziale. Uniti danno la evolu-
zione; separati, danno: l'uno l'immobilità, l'altra la rivoluzione radicale e nichilista.
ili) V. Maugeri, Corso di lezioni di filosofia razionale, Catania, 1865-67, passim.
':'>> l'Ya gli eliciti .li questo subbicttivismo esagerato credo si possa ritenere il concetto del
Mauukri relativo all' obbietta della filosofia: che per lui, come pel Galuppi , è la Scienza del
pensino. Cosi, la tilosotia viene più che dimezzata, non comprendendo la realtà nei suoi primi
principi; rende facile subbiettivare la atessa realta, come fecero il Fichte e gl'Idealisti di tutte
le gradazioni. Credo puro possa attribuirsi a questa influenza l'innatismo dell' idea propugnato dal
nostro filosofo ; e la non permanente coerenza nel precisare il rapporto fra l intelligibilità e la
realtà e quindi la natura doli' idea.
Il prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
so mi diceva: " Fu con la lettura del Nuoro saggio sull'origine
delle idee del filosofo di Rovereto, che parvenu' d'entrare nel santua-
rio della scienza. „ E realmente bisogna non esser nati filosofi per
non sentire profonda riverenza in faccia al più acuto analizzatore
del pensiero umano; che tutti i rami della filosofia e delle scienze
speculative trattò con vedute profonde ed originali, divenendo così
una delle più grandi glorie del nostro secolo e della nostra patria.
Contiene errori, mi si dice ; lo ritengo anch'io, ma è questo il do-
loroso tributo che spesso la mente umana, anche la più elevata, è
costretta a pagare : la sua teoria, per non dire altro, dell'ente pos-
sibile non regge ad una critica coscienziosa e severa. E il Mauge-
ri, più che all'ente possibile, fissava la sua attenzione all'ente reale.
E nel silenzio della sua cella meditava sopra un fatto importante,
che la storia della filosofia gli presentava : La scienza nei suoi
primi albori è teogonia , più tardi si rivela la cosmogonia, ancora
più tardi si rivela la psichegonia. Eloquentissimo fatto , che unito
all' altro, dato pure dalla storia della scienza : che il primo errore
filosofico è il panteismo , mostra pur troppo che il processo del
pensiero è tutt' altro di quello che una superficiale filosofìa crede
additare : la mente procede dall'assoluto al relativo, dall'uno al
molteplice, dall'infinito al finito. Questo importante corollario veni-
va tracciando nella sua opera : La Genealogia della Ragione filoso-
fica. Ma prima che fosse portata a compimento, apparve un'opera
di un Genio italiano, che dal suo esilio regalava all'Italia e al mon-
do : L'Introduzione allo studio della filosofia; in cui con una sintesi
meravigliosa, con originalità e profondità di concetti, affermava molta
parte della teorica fondamentale del Maugeri. Questi, per quanto potè
godere dell'incontro del suo col pensiero di Gioberti, per altrettanto
capì che l'opera sua , pubblicandosi dopo di quella del Filosofo to-
rinese, avrebbe perduto molto del prestigio dell' orginalità. E non
l'avrebbe pubblicato, senza l'insistenza d'insigni cultori della filosofia.
Nel 1846 si aprì il concorso per professore sostituto di filoso-
fia in questo Ateneo, col diritto di successione al titolare; ch'era il
Il prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
Tedeschi. Questi spinse il Maugeri ad iscriversi a quel concorso.
Ed il modesto frate diede poi sì luminose prove, da meritarsi la
pienezza dei voti della Commissione esaminatrice, e con regale Re-
scritto nel novembre del 1846 fu nominato professore sostituto di
fìlosoiia in questa Università, col diritto di successione al Titolare
della Cattedra.
Mentre è tutto inteso all' insegnamento della gioventù, che nu-
merosa accorre a sentire le sue private lezioni; e alla meditazione
dei più gravi problemi della scienza prima nel silenzio della sua
cella, nel 1849 un nembo terribile si scaglia sul capo di lui. Sotto
l' accusa di liberalismo viene tradotto in carcere, quindi viene esi-
liato a Siracusa; e poi, non ostante il giudizio della Gran Corte
penale, che non trovò nulla d'incriminabile contro l'illustre filosofo,
è chiamato a sciegliere tra il carcere e 1' esilio fuori gli Stati. Il
Maugeri è esule a Roma!— E anche lì, sentiva le terribili ire del
Governo di Napoli, che incitava la Corte Ponteficia contro di lui ,
come " il più temibile liberale di Sicilia. „ Eran precisamente queste
le parole che Pio IX ebbe a far leggere al Generale dell' Ordine, a
cui il Maugeri apparteneva. — Nel 1853 per un mezzo strano , che
prova il completo arbitrio di quel Governo (1), gli si permise di tor-
nare a Catania , ma rimase fra le unghia della Polizia del Mani-
scalchi: Gli venne interdetto anche l' insegnamento privato. L'auto-
mi l Credo utile registrare il fatto a cui accenno :
Nel dicembre del 185-1 promulgatosi il domina dell' immacolato concepimento di Maria, il
Maugeri, pei privilegi del suo Ordine, fu il primo Oratore che recitò in Roma il panegirico
relativo a quella solennità. Quel discorso ebbe splendido successo, la cui eco giunse fino al Papa;
che dopo qualche giorno, visitato dal Generale dei M. 0., gli chiese il nome del frate ohe avea
recitato quello splendido panegirico. " S. Padre, gli rispose il Generale, il panegirista è stato-
li più terribile liberale di Sicilia „. Alludendo alle parole della nota del Governo di Napoli.—
A tale risposta Pio IX si portò la mano alla fronte, mostrando di aver compreso l' origine della
persecuzione, di cui il Maugeri era vittima.
In quella stessa occasione un prete del Napolitano, entusiasta del panegirico del Maugeri,
volle andare a trovarlo in Convento per manifestargli i sensi della sua ammirazione. Quel prete
non rivelava importanza alcuna, un tipo allegro, alla buona, espansivo. Li fine della visita chie-
se al nostro filosofo se avesse bisogno qualche cosa dal ... Re di Napoli ; sapeva che il Maugeri
era siciliano. Questi, che si trovava in un momento critico di nostalgia, fino ad essersi pentito
Il prof. P. A. Maugerì e il suo sistema filosofico
rità politica locale parve rendere meno odiosa la tirannica interdi-
zione maniscalchiarta " Avete, gli fu detto, vecchi genitori d'alimen-
tare col vostro lavoro, fate pure scuola; se mi sarà ordinata un'i-
spezione vi preavvertirò. „ Sembrava che, se non 1' amore alla
istruzione della numerosa gioventù, almeno un senso di umanità pei
vecchi genitori, abbia permesso al Maugeri di esercitare il santo apo-
stolato dell'insegnamento. — Ma lì c'era un fine subdolo, quell'auto-
rità sperava cattivarsi l' animo del Maugeri, e più tardi difatti cercò
con lusinghiere promesse aversi dall' illustre Filosofo, dichiarazioni
ed apologie a prò di quel Governo; e quel eh' è peggio: dichiarazioni
di fatti e di autori di fatti , di cui era certa essere in conoscenza
il Maugeri. Ma questi respinse sempre con dignità e coraggio le
tristi insinuazioni. — Frattanto Garibaldi vinceva a Calafatimi, a Pa-
lermo, a Milazzo, entrava in Napoli; la grande epopea nazionale si
compiva, i criteri d' apprezzamento mutarono: il Maugeri fu visto
circondato dall'aureola del martirio. Con decreto prodittatoriale fu no-
minato Professore ordinario di filosofia razionale in questo Ateneo.
Non si fece d' altronde, che riconoscergli il diritto, che avea splen-
didamente acquistato col concorso del 1846. E qui insegnò per
quasi trent' anni, degno successore del Tedeschi, elevando la scien-
za ad altezze più sublimi di quelle in cui 1' avea lasciato il suo
Maestro.
L' insegnamento gli fece accelerare la pubblicazione dell' ope-
ra sua , il più importante frutto della meditazione di tanti anni ;
che meritò tanto plauso in Italia e fuori d' Italia: il Corso di lezio-
ni di filosofia, in tre grossi volumi. II 1° dei quali si occupa di pro-
di aver preferito l' esilio al carcere, che gli avrebbe permesso di stare a Catania, si strinse alle
spalle e amaramente sorrise, mostrando di non credere alla efficacia di quella espansione. Ma quel
prete tanto più insistè, e saputo che il Maugeri era in esilio, con accento risoluto gli disse : " fra
15 giorni avi-ai la libertà di tornare a Catania „ Queste parole all' esule non fecero né caldo ne
freddo. E pure ... non scorsero i 15 giorni e gli fu partecipata 1' autorizzazione di tornare a Ca-
tania. La sentenza della Corte , che lo dichiarava innocente , non gli aveva giovato a nulla , la
raccomandazione di un privato qualunque , che non potea conoscere l' innoccenza o la reità dei
Maugeri, valse a restituirlo alla Patria.
Atti Acc. Vol. IV, Serie 4.» 2
10 // prof. P. A. Maugeri e il sito sistema filosofico
tologia razionale, il 2° di frenologia razionale (1), il 3° d'ideologia ra-
zionale. Non posso in un discorso riepilogare le dottrine fondamentali
del Maugeri; ma accenno all' ardua impresa, a cui nobilmente si ac-
cinse, di far cessare un' antico dissidio sul campo della scienza tra
psicologismo e ontologismo , riunendoli in unico sistema che chia-
mò psicheontologico.
Un psicologismo esagerato crede poter ridurre alla psicologia
tutta la filosofia. — Un psicologismo meno esagerato ritiene la psi-
cologia il cardine, la pietra angolare su cui deve erigersi tutto l'e-
difizio della scienza. È quindi un predominio più o meno esclusivo
del soggettivismo sull' oggettivismo, col pretesto che il fatto psico-
logico sia il fatto più certo, sia il primo fatto, il fatto che dà ga-
renzia a tutto il resto.
L'ontologismo al contrario vuol fondare la scienza sulla realtà
oggettiva , o sull' oggettività del vero, che legittima se stesso e le
facoltà psichiche; vede nell'idea il reale in quanto si rivela alla
mente; al nominalismo o al concettualismo contrappone un ben' in-
teso realismo. Osservano gli ontologi che la scienza deve rispecchiare
1* ordine reale, il suo ordine genetico; che la riflessione non crea; che
il momento riflesso del pensiero suppone precedente il momento spon-
taneo; che il processo del pensiero sia evolotivo, processo di diffe-
renzazione e d' integrazione conforme al precesso reale della na-
tura ; che le grandi idee: assoluto-relativo ; necessario-contingente,
(1) Alla parola: frenologia non dà il significato ristretto di cranioscopica, intesa a determi-
nare da modalità organiche specialmente cerebrali e da pretuberanze craniali in modo .erto ed
assoluto i sradi d' intelligenza, la qualità e 1' intensità delle tendenze, dei sentimenti e «Ielle pas-
sioni umane, come si pretese dal Lavater, dal Soemmering, dal Camper e specialmente dal ( ìall.
dallo Spurzueim e d' altri. Contro le loro teorie mise in rilievo i fatti contrari, i quali non per-
mettono che quelle osservazioni siano elevate a principi; combatte le preteso deduzioni che se ne
vorrebbero trarre contro la spiritualità della psichi'. Pel Maugeri la frenologia non significa
che " lo studio del pensiero nei suoi rapporti colle condizioni organiche, ,
Nel primo significato la frenologia più modernamente ha perduto molto dell'antico entu-
siasmo. Trova molta analogia coi pretesi tipi di delinquenza detcrminati da particolarità orga-
niche , secondo 1' idea del Lombroso ; chi' non ha trovato eco presso i più illustri antropologi
francesi e tedeschi; e in Italia anche nella stessa scuola positiva trova poderosi attacchi.
V. Colajanni, Sociologia criminale, ('attinia 1889.
// prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico 11
uno -molteplice , infinito-finito sono essenzialmente correlative; che
non si può misconoscere la precedenza logica del necessario, del-
l' assoluto, dell' uno, dell' infinito, in faccia al contingente, al rela-
tivo, al molteplice, al finito.
Il Maugeri volle evitare gli eccessi dei due sistemi e riunirli
in un solo , che chiamò psicheontologico. Distingue il momento
spontaneo e il momento riflesso del pensiero. Crede che la coscien-
za s' inizii nell' " io senio, io penso. „ Ma se questo fatto, egli dice, è
il primo cronologico, non è però il primo logico; il momento rifles-
so richiede la precedenza del momento spontaneo, che s' inizia nel
lume o nell'idea ingenita di Dio. — Uniti insieme il primo cronolo-
gico e il primo logico, si ha il primo filolofico; eh' è così analitico-
sintetico, psicheontologico.
Analizza il fatto dell' intuito, ch'è l'atto spontaneo con cui l'in-
telligenza si congiunge misteriosamente con l'idea dell'Essere. — Di
quest' atto primitivo e spontaneo non possiamo renderci ragione che
indirettamente. Per poterlo fare direttamente, osservava il Gioberti,
bisognerebbe riflettere, e riflettendo non si è più nel momento spon-
taneo.— Ma la sua dimostrazione di presupposto logico è perentoria,
tenendo presente la natura evolutiva del pensiero medesimo. Questo
intuito è vago ed indeterminato, rasenta la natura del sentimento; che
fu ben detto idea implicata, il cui studio esatto risolverà parecchi
problemi e rafforzerà parecchi veri d'indole trascendentale. Esso vien
oggi ribadito dalla filosofia dell' incosciente ; che, senza accettare le
esagerazioni di Hartmann, trova grandi applicazioni nei fatti psico-
logici, biologici e potrei dire cosmologici. Ma nell'intuito osserva il
Maugeri non si può fare a meno del soggetto che intuisce e dell'og-
getto intuito; è necessario quindi il sintetismo dei due termini, e
quindi il psicheontologismo. E qui con una stupenda analisi osser-
va contro un ontologismo sconfinato che l'io nell'intuito, se non
ha queir attività che rivela nella riflessione, non è passivo com-
pletamente. La psiche, osserva egli, è attiva anche nelle sensazioni,
ogni forza è sostanza ed ogni sostanza è forza. Richiama la teoria
di Leibnitz, che per chiarire 1' idea di sostanza risale all' idea di
12 11 prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
forza; che non è secondo il Maugeri la semplice potenza delle scuole
o la semplice facoltà o possibilità di agire , la quale per essere
effettuata avrebbe bisogno di un eccitamento venuto dal di fuori. La
vera forza, egli dice, racchiude 1' azione in se stessa, è la vera etite-
l trilla aristotelica, il potere medio tra la potenza e 1' atto determi-
nato, perchè questo potere contiene lo sforzo (1).— Se potessi usci-
re dal profilo speciale, che mi sono imposto, metterei in rilievo
l'importanza di questa teoria del Maugeri, specialmente nello stato
attuale della scienza, in cui la stessa fisica è costretta di parlare di
eneryie, più che di corpi o dì sostanze; in cui la corporeità e l'e-
stensione si concepiscono come soli fenomeni , rimanendo la forza
come entità noumenica ; in cui la filosofia dinamica ha tanto svol-
gimento, specialmente in Germania; in cui nelle forze si va rintrac-
ciando l'unità, e Luigi Ferri, uno dei più illustri rappresentanti della
filosofia classica italiana, presenta la teoria del monismo dinamico (2).
E tutto questo c'ispira riverenza verso il Filosofo catanese, che pro-
pugnava una teoria che ancora non avea incontrato il plauso nella
scienza. L' ho ricordata solamente perchè questa teoria ribadisce il
suo psicheontologismo, in quanto esclude la passività dell' io nell'in-
tuito.
Neil' analisi ideologica mette in rilievo 1' elemento empirico e
l'elemento trascendentale della idea, la necessità dell' assoluto nella
idea medesima, e quindi la necessità della preconoscenza di esso ;
vede pure 1' assoluto rivelarsi direttamente nelle idee necessarie ,
indirettamente nelle idee relative. Esamina il processo dinamico del
pensiero, che dall' idea confusa dell' assoluto nel primo momento
spontaneo, passa nel momento riflesso, in cui si scorge il condizio-
nale e quindi la condizione , e si viene all' idea esplicita dello
assoluto medesimo. Insiste su quel vero , che senza ragione si
(1) Corso di lezioni. Voi. 2°, Lez. lla.
(2) Ilo già da qualche tempo tracciate le prime linee di un lavoro sul Monismo in sé e
iulT ardine t-iico-ijiuridico; ma per fatti estranei alla mia volontà, non ho potuto attendervi quanto
esige la sua importanza. In esso intendo mettere in rilievo ciò che vi è di sofistico e ciò che
vi è di dialettico nel pensiero monistico.
// prof. /'. A. Maugeri e il suo sistema filosofico 13
vuole inforsare: che il non essere per sé non può essere percepito
per sé, che l' intelligibile e il reale si convertono; che 1' esistente
non può dar l'ente, né il finito l'infinito, né il molteplice l'uno, né
il negativo il positivo. E ciò, egli dice , non deriva da una neces-
sità metafisica per una legge subbiettiva della intelligenza , come
pretese il Kant, ma dalla natura stessa della realtà. Ma togliete,
continua egli, lo spirito ch'è il centro in cui si riunisce tutta la va-
rietà delle percezioni, privatelo della sua facoltà di analisi e di sin-
tesi per distinguere, separare, riunire i termini, e non avrete l'idea.
Il soggetto di questa idea, e in generale del pensiero, non può ès-
sere trasandato dalla scienza. Sotto aspetti diversi il sintetismo
psicheontologico s' impone nella filosofia. (1)
•
Un aspetto di questo sintetismo o di questa armonia dialettica
del pischeontologismo possiamo considerare quello relativo al pro-
cesso scientifico empirico-razionale, coni' egli stesso lo chiama. Il pro-
cesso esclusivamente empirico, o sperimentale, non darebbe mai la
scienza di qualsiasi natura ; 1' altro esclusivamente speculativo si
perderebbe in vuote astrazioni , in un idealismo aprioristico senza
riscontro alcuno nella realtà. Il processo empirico o sperimentale
ha intime relazioni col piscologismo esclusivo , che vuol poggiare
tutto 1' edifizio della scienza in un fatto subbiettivo, fenomenico; il
processo esclusivamente speculativo , razionale , aprioristico ha inti-
me relazioni coli' ontologismo esagerato; che poggia non sul fatto,
ma sull'idea, o su un principio apodittico che aprioristicamente si
evolve.
Il Maugeri, dall'armonia del psicheontologismo traeva l'armonia
della deduzione e dell' induzione , dell' a-priori e dell' a-posteriori ,
della esperienza e della ragione, nel processo scientifico. Nelle sue
opere propugnò quest' armonia con tutte le sue forze. E rimase
profondamente addolorato quando vide dilatarsi sul campo scienti-
(1) Corno di lezioni. Voi. 8°, Lez. 42, 43, 44.
14 // prof. 1\ A. Maugeri e. il suo sistema filosofico
fico un positivismo esclusivo sinonimo di materialismo. Ma a certo
inulto egli, che seguiva il movimento filosofico in Europa, scorge, colla
soddisfazione degli apostoli del vero, una nobile reazione; ed a quella
unisce le sue forze con un'altra opera importante: Positivismo e Ra-
zionalismo o la Missioni' della scienza negli ultimi 10 anni, che pub-
bli. :ò nel 1880. In essa mette in rilievo tutto ciò che si era pub-
blicato intorno a questo aspetto della scienza in Francia , in Spa-
gna, in Italia, in Inghilterra, in Germania ; ovunque scorgea il bi-
sogno che si sentiva di tornare alla speculazione senza esclusivismo.
A questo movimento portò il contingente del suo pensiero.
È necessario che il fatto si constati sinceramente, e spesso più
che fatti si hanno ipotesi, che i fatti smentiscono. Il passaggio spon-
taneo della materia alla vita, p. e., è tutt'altro che constatato. Anzi
coi geniali trovati del Pasteur nell'analisi della fermentazione, la
generazione spontanea, o la metamorfosi della morte nella vita .
virile recisamente negata. La trasformazione della specie in gene-
rale, e della scimmia in uomo in particolare, e tutt'altro che con-
stata: anzi si hanno fatti messi in rilievo da sommi naturalisti, che
la smentiscono. Sono note le frasi eloquenti del Vircow in una con-
ferenza tenuta a naturalisti riuniti a Vienna nel 1887. " Oramai ,
quell'ipotesi non è più tollerabile di fronte ai fatti, erasi insinuata
alla credenza, ma nou appartiene alla conoscenza scientifica „ (1).
Molte teorie del positivismo esclusivo più che da fatti sono spesso
corollari di una metafisica sconfinata, come quella di Hegel , tut-
t'altro che armonizzante colla coscienza umana e coi fatti. Sarebbe
un lavoro degno da farsi e facile a farsi: L'egelianismo nella scuola
ili V. Corrispondez-Blatt der Deutschen anthropologischen GeseUsehaft, 1890, N. 9; in coi
si possono leggere le bellissime osservazioni e lo frasi incisive dell' illustre scienziato all'indirizzo
del darwnistno. — Non occorre che ricordi, ira tant' altri, qui il Bianconi, il Bernard, lo Chefreul,
il Gratiolet. I'Alix, il Bew. il Vaizt, il Flourens e specialmente il Cuvier. Anatomie compa-
/., . I Agassiz, De V 'Espéce— Cmitributions to the naturai history of the United states of Xorth
Ann, un e quell'Illustre, che la scienza ha testé perduto: il Quatrefaues, L'Fspére hunmine
L'homme - Rapport sur les progres de l'Antropologie, i quali rilevano i fatti più costatati nella
flora e cella fauna, anche mummificate, che hanno smentito la creduta trasformazione.
Il prof. P. A. Mungevi e il suo sistema filosofico 15
positiva (lì. — Ma non basta alla scienza la costazione del fatto, è
necessario raziocinare su di esso ; e questo è un lavoro di spe-
culazione , di analisi e di sintesi. Scorgere i rapporti in generale,
e di causalità in particolare, non è proprio dei sensi. Anche la fisica
ha i suoi principi, che lentamente si vanno applicando, con un lavo-
rìo mentale di deduzione. Anche nel mondo fisico vi ha molto che
sfugge alla esperienza sensibile: si parla pur troppo di atomo, d'in-
finità, di eternità, di monismo del mondo per poter ridurre tutto ad
esperienza sensibile. Taccio di tutto quello che nel mondo fisico
credesi sorpassi i sensi e l'intelligenza, e che si è voluto chiama-
re inconoscìbile. Il Meccanismo cede sempre più terreno al dinami-
smo, si crede sparisca la corporeità negli esseri. — Mentre si voleva
materializzare lo spirito , pare ora si voglia spiritualizzare la ma-
teria. — Ci è troppa matematica nel mondo fisico per poter' essere og-
getto della sola esperienza sensibile. E la matematica è pensiero ,
è logica. Si conoscono gli ultimi lavori intesi a ridurre la logica a
formole matematiche. — La natura è dialettica e rispecchia pur troppo
la dialettica del pensiero ; il logos che in essa si rivela, è identico
al logos che si rivela e si svolge nella mente umana (2). — Gli
(1) Pareva che il positivismo sarebbe rimasto lontano dal nullismo di Hegel: pure, anche
esso venne raccolto da questa scuola. H D.r Nicolaus Kleinenberg illustre zoologo, positivista
convinto, nel suo Discorso inaugurale del corrente anno scolastico, letto nell'Aula magna della
R. Università di Messina, attenuò, credendo provarlo, che " la scienza comprende il mondo come
non esistente „ (pag. 7). che " scienza è convincimento della non esistenza del mondo . (pag, 29).
E se volete 1' identità egeliana dell' essere e del non essere, trovasi pure affermata " Essere
e non essere sono ugualmente certi , ciò significa che si confondano in una unità superio-
re „ (pag. 29). Non entro nel merito della dimostrazione , costato solamente il fatto : L' ultima
parola di Hegel è l'ultima parola del Positivismo. Surto forse come reazione a quella sconfinata
metafisica, si è invece ingolfato in essa.
(2) Platone avea mirabilmente presentita 1' unità dialettica nel doppio ordine del pensiero e
della realtà , modernamente Hegel volle mettere in rilievo il parallelismo della doppia rivela-
zione dell' unica dialettica nel pensiero e nella natura; ma il suo panteismo e il suo sconfinato
apriorismo gì' impedirono di raggiungere le meta , quantunque il suo tentativo riveli 1' opera
del genio. Ci è però nel campo scientifico tanto di costatato e in via di costatarsi intorno a ciò,
che ci autorizza a ritenere la teoria nelle sue grandi linee; salvo ad aversi di seguito i dettagli
che la ribadiranno e la preciseranno.
16 11 prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
sforzi per occultare la mentalità nel mondo riusciranno sempre inu-
tili: son troppi i fatti che rivelano mirabilissima armonia in ogni
organismo vivente tra gli organi fra di loro, tra essi e gì' istinti,
tra questi e gli scopi diversi della vita ; ci è troppa armonia nel
mondo, che si concepisce come un tutto organico , per potere in
esso occultare la teleologia, la mentalità; per eliminare quindi il bi-
sogno della ragione nello studio del cosmo. Sotto questo aspetto la
teoria del Maugeri sulla necessità di riunire i due aspetti di un pro-
cesso unico: l'induzione e la deduzione, l'esperienza e la ragione,
rimane completamente giustificata.
Ma riuscì completamente all'ardua impresa nel primo aspetto
del problema, nella riunione , cioè , in unico sistema del psicologi-
smo e dell'ontologismo?— Qualcuno ha risposto affermativamente. — lo
ho i miei dubbi (1). Potrei però ingannarmi. Ma ove fosse ragione-
vole il mio dubbio, nulla si derogherebbe al merito dell' insigne Fi-
di Ritengo che avendo ammesso innata l'idea, sia pure quella di Dio, egli sia rimasto sul
rampo esclusivamente psicologico. ^Nuii essendo essa la rivelazione immediata della realtà , o la
realtà in quanto si rivela alla mente nel suo carattere d' intelligibilità, non rimane che un fatto
u un fenomeno subbiettivo, come le categorie di Kant, etc.
Coli' innatismo non si comprenderebbe più l' intuito, di cui a lungo si occupa nelle lezioni
7&, 8a, 9a del 1° volume. Esso significherebbe rapporto immediato tra soggetto ed oggetto, che
esclude l' innatismo. Senza di questo, avrebbe avuto nell' intuito il campo più adatto al tentativo
di conciliazione o del sintetismo dei due sistemi, a cui accenna 1' Allievo con quell' acume che
lo distingue nei suoi Saggi filosofici, Milano 1866, passim, e specialmente a pagg. 3-56.
Crede che l' idea di Dio sia un primo logico , ma non un primo cronologico. Questa poste-
riorità cronologica non può intendersi in rapporto al momento spontaneo, ma al momento riflesso.
In realtà quindi sarebbe anche un primo cronologico; né potrebbe essere diversamente avendola
ammessa innata. Sono d' altronde esplicite le sue parole " L' attuazione del pensiero non po-
trebbe aver luogo senza un elemento che lo svolgesse ; elemento puro in cui non ha parte 1' e-
sperienza sensibile, perchè anteriore ad ogni fenomeno empirico. (Voi. I, pag. XI). Ed altrove
" L'idea ingenita di Dio, sommo principio protologico ...lume dell'intelligenza, sovrano intelli-
gibile per cui si conoscono le cose. ..dà vita, energia, attività allo spirito e lo rende pensante
in uno e sapiente . (Voi. 2°, Lez. 1").
Ammesso questo concetto, non si può dire che non si tratti anche di un primo cronologico.
Nel momento riflesso la precedenza cronologica " dell' io penso io sono „ , ammesso le sue
teorie ideologiche, potrebbe seriamente contestarsi; tanto più dopo di avere costatato nella sua
Genealogia della ragione filosofica il fatto della precedenza storica della Teogenia in rapporto
alla Cosmogonia e alla Psichegonia; a coi si può aggiungere l'altro fatto importantissimo, che il
più antico errore della mente umana è precisamente il panteismo.
Il prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico 17
losofo. L'arduo tentativo è stato un grande servizio reso alla scien-
za; dopo l'opera di lui riuscirà facile un ritocco qualunque per e-
liminare qualche antinomia in alcune teorie; e lo scopo sarà com-
pletamente raggiunto.
Per integrare il pensiero filosofico del Maugeri ricordo ch'egli
fu credente. Dico : per integrare, perchè non è facile nello esame
delle teorie dei pensatori poter dire : qui è il filosofo, lì è il cre-
dente. Si sa quanta parte si ha la fede anche in molte teorie di
scienziati, che, si crede; rappresentino il libero pensiero. Il Lacor-
daire osservò che tre classi di persone in un modo speciale non
possono fare a meno di Dio : il filosofo , la donna , il popolo (la
mente, il cuore, la forza. — Io direi invece: la mente, il cuore, il
senso comune , rappresentato mirabilmente dal popolo). Il filosofo
che indaga la causa prima e la ragione ultima, delle cose; non può
non imbattersi in Dio : alfa ed omega del pensiero e della realtà.
I profondi ingegni partecipano meglio dell' Infinito , e lo sentono
più ; perciò il loro pensiero cresce in estensione ed intensità. E
questo ci spiega forse il fatto , che Ahrens ritiene degno dell' at-
tenzione del filosofo , che il progresso dell'umanità, cioè, si deve a
scoperte e a teorie di uomini profondamente religiosi.
Il Maugeri fu credente fino alla pietà nella scienza e nella vi-
ta. Ebbe il coraggio di rivelarsi tale in ogni tempo e in faccia a
chicchessia... Ebbe amore filiale pel suo Francesco di Assisi, pel suo
Ordine (1). — Cattolico convinto , praticò sempre la sua fede. Nel
(1) Nella dedica della sua Conferenza Sulle Missioni Francescane in Italia, in occasione del
centenario di S. Francesco d'Assisi, così si esprime: " A Voi intitolo questo mio tenue lavoro
sulle Missioni Francescane, quale ultimo fiore della mia vita, che già corre il settantesimo an-
no. A voi lo devo, perciocché tutto ciò ch'io sono, lo sono per Voi, per l'Ordine vostro; al quale
mi glorio di appartenere sin dalla più verde età. Voi mi accoglieste fra i vostri figli, e mi of-
friste tutti i mezzi a potere attivare la pochezza di quei talenti, che Dio mi aveva affidato ;
mentre da me nulla mi ebbi, né i miei poverissimi, come che onesti, genitori potevano giovarmi
a qualche studio. Se valgo dunque a qualche cosa, lo è per Voi, o mio glorioso Patriarca. Non
isdegnate di accogliere un frutto eh' è tutto vostro , e con cui vi consacro tutto me stesso
gradite questa Conferenza eh' è stata dettata più dall' infocato ardore di un figlio, che dalla pa-
cata mente di un filosofo.... etc.
Atti Aec. Vol. IV, Serie 4.» 3
18 11 prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
suo testamento dichiara anzitutto di gloriarsi di essere vissuto e di
morire cattolicamente (1). Si preparava alla morte con pratiche
pietose, moriva coi conforti di questa religione, ch'è d' altronde la
religione di sommi Geni; religione che, secondo la frase di G. Bal-
bo, se non fosse cattolica nella sua essenza, si dovrebbe chiamare
religione italiana.
Nella scienza e nella vita non fu solamente cattolico . fu an-
che italiano. Nelle sue opere spicca l' italianità della scienza. È
vero che la filosofia non ha patria; ma come nella lingua, così nel
pensiero si rivela la fìsonomia individuale dei popoli ; la tradizio-
nalità accentua la fìsonomia del pensiero nazionale. Conservare la
individualità della lingua e del pensiero nazionale è amor patrio.
Il servaggio del pensiero è più esiziale del servaggio politico; quando
il pensiero nazionale non è spento , se si è perduta 1' autonomia
politica , presto o tardi sarà riaffermata. La Russia il sa , e sa il
mondo con quali arti inique essa vuole russificare la Polonia.
Il servaggio del pensiero s'inizia col perdere la coscienza delle
proprie glorie e della propria pontenzialità; allora non si ha ammira-
zione che per gli stranieri, le loro teorie spesso si accettano, solo
perchè straniere ; i sommi della propria patria si lasciano inosser-
vati. Gl'Italiani sventuratamente, misconoscendo le loro gloriose tra-
dizioni, hanno voluto essere or francesi ed or tedeschi nel loro pen-
siero. Nel diritto, p. e., abbiamo voluto essere più francesi che italia-
ni; pur avendo un dritto patrio, monumento imperituro di sapienza
giuridica. Giustiniano in molti istituti, in faccia alla nostra legisla-
(1) In esso dichiara eh' è stato autorizzato a tostale dalla Congregazione dei vescovi e
regolali con Breve del 1 Maggio 1883, e poi cosi comincia : " Io frate Antonio Man-cri da
Catania dell'Ordine dei M. 0. del P. S. Francesco di Assisi, sacerdote della S. Chiesa catto-
lica Apostolica romana, nella cui fedo fui educato sin da fanciullo dai miei religiosissimi genitori:
e nella quale ho sempre fermamente creduto ed a cui sono stato sempre legato di ìuent li
cuore . ed in essa voglio e spero morire confortato dai Sagramonti e da tutti i carismi di si
augusta Religione , Prosieguo quindi con pietosi slami del suo cuore raccomandando il suo
spirito all'infimi isericordia di Dio, invocando la protezione della Vergine Immacolata . di
S. Agata, del suo serafico Patriarca, la benedizione dei Superiori del suo Ordine e della Diocesi.
// prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico 19
zione infrancesata del nostro secolo, rappresenta il progresso. In fi-
losofìa, da Anselmo d'Agosta, Bonaventura e Tommaso d'Aquino,
al Vico , alla gloriosa triade : Rosmini , Gioberti , Mamiani e agli
illustri filosofi viventi , che più o meno s' ispirano a quei grandi
Pensatori , abbiamo una luminosa tradizione di teorie chiare sen-
za superficialità, profonde senza nebulosità, lontane da estremi sofi-
stici, eminentemente dialettiche. E se taluni dei nostri non rivelano
quest'armonia pure nell'evo antico e nuovo l'originalità e la profon-
dità del pensiero filosofico italiano si sono sempre rivelate mirabili,
dalla Scuola italica, a Giordano Bruno e al Miceli, che ispira Schelling
ed Hegel. Taccio dell' Arte, in cui abbiamo sommità inarrivate : e
pure, non sentiamo ammirazione che per nomi e teorie di stranieri.
Signori , ammiro coloro che si agitano per rivendicare dallo
Straniero ogni palmo di terra italiana; ma ci è da piangere quando
non si sente bruciare il cuore per rivendicare 1' autonomia , 1' ita-
lianità del nostro pensiero !..
E su questo terreno l'illustre Professore, che commemoriamo,
meritossi largamente la benemeranza della Patria. La sua filosofia
nelle sue teorie fondamentali , nel suo processo logico evita sem-
pre gli estremi sofistici di filosofìe straniere. Il suo sintetismo psi-
che-ontologico non è che sintetismo di scuole italiane. Portò con
santo orgolio nazionale l'italianità della scienza ; inteso sempre ad
ispirarla nella mente della gioventù, a celebrarne le glorie in tutte
le sue opere , e specialmente nella lezione XII del 1° volume del
suo Corso di filosofia e in un Discorso inaugurale di anno scola-
stico avente per tema : L' Italia al cospetto delle Nazioni; in cui ri-
chiama alla nostra memoria le glorie italiane in ogni ramo dello
scibile umano. Ed in questa italianità della filosofia trovava un
importante fattore dell' autonomia e dell' unità politica della Patria
nostra.
Sono dolente di non aver saputo mettere in rilievo tutta l'im-
portanza dell' ingegno e delle opere del Maugeri. Certo è che illu-
stri Pensatori italiani e stranieri diedero di lui splendidi giudizi. Per
•20 11 prof. P. A. Maugeri e il suo sistema filosofico
amor di brevità taccio dei primi, ne ricordo qualcuno dei secondi.
Il Reichlin-Meldegg nell' lahrbueher dei làteratur di Heidelberger
del 1866 (N. 56, 57) in più di 25 pagine fa un'esposizione ed una
accurata analisi di tutte le teorie svolte dal Maugeri nel I e II vo-
lume del Corso di lezioni , e quindi conchiude " Il libro in discorso
contiene una ricerca attraente ed esatta dell'oggetto... tratta con
cognizione di causa le più importanti questioni della filosofia... Non
si limita alla esposizione dei propri concetti, ma anche scalza cri-
ticamente le ripudiabili dottrine degli Italiani , dei Francesi , degli
Inglesi e dei nostri Tedeschi filosofi. „
Il Mittermaier nello stesso giornale di Heidelberger (1886 N. 15)
in un elenco di nuove pubblicazioni filosofiche di sapienti italiani,
come egli stesso s' esprime, enumera 1' opera del Maugeri giudican-
dola " una delle più nuove pubblicazioni, eh' è degna dell' attenzio-
ne universale ,, — Egli stesso in una lettera al Maugeri gli scrive :
" Il di lei libro è un'eccellente prova delle rare qualità che distin-
guono gli scrittori italiani. Vi si trova la subblimità delle idee, la
profondità delle ricerche, la chiarezza della esposizione... sarà gran
piacere per me fissare 1' attenzioue dei miei compatriotti sull 'im-
portanza della di lei opera, „
Neil' Antuiaire philosophique di Parigi del gennaio 1867 si fa
una lunga rivista del Corso di lezioni del filosofo catanese, si met-
tono in rilievo i concetti fondamentali di lui con apprezzamenti
lusinghieri. Si tratta specialmente dell' arduo tentativo della con-
ciliazione del piscologismo coli' ontologismo ; e si afferma " ch'egli
ha armonizato razionalmente il psicologismo del Rosmini e 1' ontolo-
gismo del Gioberti. „ — " E quand'anche la questione non sia del
tutto risoluta, non puossi denegare che la scienza ha fatto un pas-
so notevole per la gagliardia e la forza del potente ingegno del Mau-
geri. „
Così lo giudicarono sapienti stranieri. Ne serbi cara e venerata
memoria la Patria.— Non si cancelli dal nostro cuore il rispetto
per chi lavorò tanto, e con tanto ingegno e con tanto martirio per
illustrare e rigenerare il patrio pensiero.— Non ci prostriamo cieca-
// prof. /'. A. Maugeri e il suo sistema filosofico 21
melile a teoriche .straniere esiziali; ispiriamoci alla italianità della
mente e del cuore dei nostri Grandi. — Coloro, a cui torna conto
il servaggio della patria, perdonano forse chi combatte sulle barri-
cate, ma non perdonano chi combatte col pensiero e pel pensiero.
Il Maugeri sperimentò questa inesorabilità: In un'epoca in cui si
dava 1' amnistia a molti che avevano combattuto per rivendicare i
siculi diritti, s' incrudeliva contro il nostro Filosofo; il quale anche
neh" esilio sperimentava i furori come il più temibile liberale dell' 1-
sola. Si , il pensiero è terribile ai despoti , il pensiero è una forza
in cui s" infrange quella dei tiranni. Essi possono uccidere, pos-
sono bruciare i corpi: ma il pensiero non si brucia, sorvola alle
fiamme, ed assicura il trionfo del diritto e della patria.
N.° X.
In commemorazione del Prof. Comm. LORENZO MADDEM
Parole
pronunziate nell'Aula Maglia della R. Università di Catania
il dì IO gennaio 1892
Prof. GIOVANNI PENNACCHIETTI
Socio effettivo dell'Accademia Gioenia.
Signori ,
Invitato gentilmente dai Colleghi Accademici a dive, dinnanzi
a così eletto uditorio, alcune parole in commemorazione del coni;
pianto commendatore Lorenzo Maddem, pensai che non accettare
l' onorevole incarico ; che altri più degnamente di me avrebbero
potuto sostenere , non sarebbe stato convenevole sia per debito di
gratitudine verso i colleghi , sia per sentimento di riverenza verso
l' insigne professore eh' ebbi la fortuna di conoscere personalmente
due anni prima della sua morte, e che per moltissimo tempo mi
precedette nella cattedra di meccanica razionale in questo ateneo.
Dopo 1' erudita orazione del chiaro professore dell' università
di Messina , Can. Francesco Fisichella , intorno alla vita e agli
scritti dell' illustre filosofo catanese Cav. Antonino Maugeri , non
volendo io abusare della vostra bontà con un discorso che non
potrebbe essere che disadorno, mi sia permesso, o Signori , che,
per adempiere il mio compito, mi limiti ad appena qualche brevis-
simo cenno intorno all' esimio matematico che fu uno dei soci fon-
datori della nostra Accademia.
Nacque Lorenzo Maddem il dì 14 novembre 1801 in Acireale
dall'ingegnere Giovanni e dalla signora P«.agusa; ma sino da fanciullo
e durante l' intera sua vita dimorò in Catania. In questa città per-
corse gli studi di grammatica e retorica; nella nostra università
Atti Acc. Vol. IV, Seme 4.a 1
In commemorazione del Prof. Comm. Lorenzo Maddem.
studiò filosofia e matematica e in tali discipline fu addottorato. Nel
1829 gli fu per concorso conferita in quest' università la cattedra
di fisica generale, la quale nel 1 862, a causa di nuovi ordinamen-
ti degli studi superiori, egli mutò in quella di meccanica razionale:
insegnamento, che, insieme a quello della geodesia teoretica, tenne
in questa stessa università sino a non molti anni addietro, quando,
per la grave età, fu dal governo collocato a riposo col grado di
professore emerito.
Il Maddem ebbe coltura assai vasta, fu valentissimo insegnan-
te, stimato e amato dai colleghi e discepoli, e per oltre venf anni
sostenne con lode la carica di preside della facoltà.
Durante la sua vita disimpegnò con solerzia molti incarichi
onorifici. Fu consigliere comunale, e si meritò il plauso de' cittadi-
ni. Appartenne alla giunta metrica. Come perito giudiziario non si
discostò giammai da criteri eminentemente scientifici. Nella scienza
delle costruzioni e neh" idraulica fu di gran lunga esperto. Esercitò
con rara intelligenza e sommo zelo l'alto ufficio d'ispettore di ponti
e strade per le tre provincie di Messina, Catania e Siracusa. Que-
st' ultima carica , sebbene gli apportasse assai maggior lucro della
cattedra, egli rinunciò , quando, per effetto della legge sul cumulo
degli impieghi, dovette scegliere uno dei due uffici; la quale risolu-
zione esso prese per amore dell' insegnamento, e gli torna a lode.
Quelli che lo hanno conosciuto non molto vecchio, attcstano
com'egli fosse, per naturale indole, avverso alla pubblicazione dei
trovati del suo ingegno. Perciò de' propri studi scientifici si pro-
poneva far tesoro nelle orali lezioni e nell' esercizio professionale
senza divulgarli per mezzo della stampa. D' altronde devesi tener
conto delle enormi difficoltà che, per la penuria delle comunicazio-
ni e per le infelici condizioni politiche di quei tempi , incontrava-
no allora , massime in Sicilia , i cultori delle matematiche pure e
applicate. Non dobbiamo dimenticarci nemmeno che le leggi sopra
l'istruzione superiore prescrivevano, nei concorsi, ai tempi del Mad-
dem, esami estemporanei , anziché opere stampate. Per tutte que-
ste ragioni non dobbiamo maravigliarci se egli non dette alla luce
In commemorazione del Prof. Comm. Lorenzo Maddem.
opere scientifiche, all' infuori di qualche ristrettissimo lavoro che
non è uopo qui menzionare.
Lorenzo Maddem fu rapito all' insegnamento il di 14 marzo
1891, stando per compire novant' anni di età. Fino a pochi anni
prima della sua morte, conservò vigorose le facoltà mentali. Du-
rante la sua lunga vita fu cortese con tutti e benefico verso i bi-
sognosi. Discepoli, colleghi, amici e quanti lo conobbero, sono te-
stimoni delle sue preclare virtù.
Legò al nostro ateneo la sua ricca biblioteca, e si rese, ezian-
dio per quest'ultima sua volontà, benemerito del collegio dei pro-
fessori e della gioventù studiosa.
INDICE DEL VOL. IV, SERIK IV.
G. Pennacchietti — Sulle curve funicolari — (.Nota 2a) . . . . Memoria I
G. Grassi e G. Rovelli — Ricerche embriologiche sui cestodi (con i tavole) » II
L. Bucca — Contribuzione allo studio geologico dell' Abissi nia ...» Ili
A. Ricco — Sulla variazione in latitudine della sede dei principali feno-
meni solari » IV
G. Pennacchietti — Sul moto brachistocrono d'un sistema qualunque di
punti materiali » V
A. Bartoli ed E. Stracciati — Formula empirica pel calore solare. . » VI
Idem —Il calore specifico dell'acqua (con tre tavole)» VII
G.-A. Maggi — Teorema di StoJces in coordinate generali » Vili
Fisichella — Discorso commemorativo pel Prof. P.re Antonino Maugeri » IX
Pennacchietti — In commemorazione del Prof. Lorenzo Maddem . . » X
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