^./l-il. A T T I Mly. /f DELV ACCADEMIA ITALIANA ■ - - ^ DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTL TOMO TMitO, PAltTE rjljitj. L IVOR NO PRESSO TOMMASO MASI, E COMP.» MDCCCX, AI CELEBRI ISTITUTI NAZIONALI DI FKANCIA, E D' ITALIA, PROMOTORl AMPLISSIMI DELLE SCIENZE E DELL' ARTI, CUI REGGE , E SOSTIENE L'ALTA MENTE DELL' EROE DI TUTTI I SECOLI, L' ACCADEMIA ITALIANA DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI , CHE AI MEDESIMI ASPIRA GLORIOSI DESTINI, IN ATTESTATO DI STIMA, E DI SOCIALE CORRISPONDENZA LA PRIMA DELLE SUE LETTERARIE INTRAPRLSE OFFRE, E CONSACRA. ux PREFAZIONE. 0, etimo divisamento e hdevole fit certamente quello d' istituire un Accademia ^ o Societa Leiteraria, che riunisse^ per cost diie, gli oggetti edi vantaggi di inol- te oltre in varie parti d' Eiiropa stabilite , mettendo a contribuzione i liimi ed i lavori in ogni maniera di Scienze e di belle Arti (Tun gran numero ctUomini^ i piii illustri^ sparsi specialmente in Italia^ non meno die fra le piii culte Nazioni. Imperoeche la maggior parte delle altre Accadeoiie, essendo formate nel seno di ijuulche Cilld\, non possono avere che oggetli ciico- s'-ritti e limitati, limitato essendo il numero dei vo- lenti Soggetti, che vi si possono attivamente associare. Quesla Socictd Lelteraria pertanto avendo la sua sede nett Italia^ e nelle Isole adiacenti\ abbracciando i diversi rami dclf umano sapere ; e riunendo percib a iC stessa gli Uomini piU celebri nelle Scienze, nelle Zettere, e nelle Arti , aver doveva un organizzazione particolare^ e non comune con le altre Accademie lo- caii sirtora istituite : ma nel tempo stesso evitar duve- vasi quella moltiplicita, e complicazione di Cariche ■, e di Leggi, che infievolilo aveva altre volte un simile IV stabUimento ^ e cJi e la causa piii ovv'ia della inattivi- ta, e della dissoli^zione di qualiuique siasi Letterario Istituto. Qiiindi e che nelf anno iSc^. le fu data una Costi- tiizione , che venne giiidicata soddisfacente al propo- stosi oggetto ; e vi fu aggiunto il Catalogo del Membri e Socj^ che componevanla. Se alcune scissiire posteriormente insorte fecero s\^ che dessa non avesse per qualche tempo il sua pieno vffetto ed eseciizione, fiirono qneste perb dignitosamen- te terminate col separarsi dai dissidenti , e dichiarar'e „ che quest' Accademia e afFatto distinta da qualunque iiltra che porii un noine analogo, e che da una diversa Costituzione, e da altre Dignita sia piir regolata (fir),,. £d ajjine di allontanare ogni equivoco , e nel tempo medesiino dar degli oggetti della sua instituzione un idea piii distinta , fu data a quest^ Accademia il titolo di Accademia italjana di Scienze, Lettere ^ ed Arti ; ed uno Stemma, o Sigillo sua propria^ e carat- teristico (6). {a) Tale appunto e 1' Accademia Italiana , di cui e attiialmente Pre- sidente il P. Pagnini , e Segretario Generale il Sig. Caa. Sacclietti. Que- sia pero sark sempre dall' Accademia Italiana di Scienze, Lettere , ed ATti,riguardata sotto il rapporto di una nubile emulazione ; e sarebbe da desiderarsi per il ben delle Scienze che desse , non meno che tutte le altre Accademie che lioriscono in Italia, comecche dirette iiano al me- desimo scopo , collegate fossero in una reciproca associazione , e corri- spondenza. {h) Questo Stemma forma rornamento della vigcetta del frontespizio. Frattanto /' esame piii maturo delta Costituzio?ie del /8o^., fatto da varj dei di lei rispettabUi Membri, avendo dato Itiogo a qnalche utile rettificazione della medesiina ; ed il siio Catalogo avendo per le sopraddet- te ragioni sojferto non pocfii cangiamenti , egli e per- cib cite I'lino-, e l' ultra, venriero poi riprodotti in quella forma convenuta e stabilita, che servir potesse di ba^e fissa ed invariabile a questa Societd Letteraria; che potesse avviciiiurne tutte le partly benclie diiparate e lonfane; e che fosse finatmente capnce di dare a tutte quel movimento e quelt aitivitu, che e necessaria per ottenerne un utile resultato. Condotta dunqne t Accademia a tal grado di orgn- vizzazione^e diperfezionnmento^metterpotransi a pro- fitto i mezzi non comuni che deSiO possiede nelle com- binate forze di tanci valeni Uomini che la compongono: e dando essa alfine dei resultati degtii della sua istitu- zione ^ ed atti a servire alia propagazione dei lumi^ ed a pronmovere il gusto e la perfezione delle Scienze , e delle belle Arti , proverb, che C Italia e sempre nudrice di sublimi Ingegni , e che se un giorno fu la niaestra di tutte le altre pill culte Nazioni , nulla oggi le ma/icu per sostenere f antico suo lustra. Con simili auspicj^ e dietro a siffatte vedute,gH Atti di quest"" Accademia offriranno alia pubbtica istruzione, ed utilita., le originali produzioni (scritte in lingua ha- VI liana^ o lat'ma) iielle Scienze, nella Letteratura, e nelle belle Arti di tutti i cli lei Membri e Socj^ tanto Nazio- nnlt^ che Esteri (a); conserveranno gli Annali di qiie- sto vasto Istituto; e consacreranno i nomi degli escinti Accadeinici col semplice e veritiero rayguaglio deipro- dotti del toro genio^ onde assegnar loro il posto dovu- to nei fasti delle Scienze e delle Arti , e nella memoria dei Posteri. V Archivio Accademico asendo il deposito di tutto cib che t Italia specialmente prodiirra in genere di Scienze, di Letteratuia^ e di belle Arti (b) , offriraper- cib i materiali alia Storia Letteraria di questa Classi- ca Terra^ e vindice snra in ogni tempo ^ in faccia a tiit- te le altre Nazioni.della origi/talita, del merito, e delia gloria dovuta agt Ingegni Italiani. Mentre gli Uomini dilett&re travaglieranno alia glo- ria dell' Accademia, i piii distinti Soggetti chiari per la nascita^ pet la fortuna , e per le cariche^ i quali sono pur chiamati a .far parte di essa in qualita di Membri di Onore (c), saranno i lor Mecenati ^ e con la loro liberatita sosterranno^ e promiioveranno un Jstituto che costituisce il valor letterano di un intern ISazione. (a) V. Costittuione dell' Accademia Art. XXIII. (A) ivl. Arc. XXXIX. (c) ivi. Art. VII. VII I Dott'ideltestere Nazioni corrispondenti conquesto corpo Letterano^ (a) oltre ad accrescerne il lustro, con la comiinicazipne dei loro lumi e scoperte dnranno ec- citawento ni nostri , e concorreranno alia Scoria dei progressi dello Spirito Umano. Le Leitert lianiio un cerco caratterz di diquita as- sai impnrtnnte pel loro avanza?nenti, che e alimentato dagli oiiori , e dalla consider azione: ed il merito su- periore e incoraygiatOi e valuta anche piii deile osciire riccliezze le marche esteriori di distivzione ^ che lo innalzano al di sopra del volgo. E' a questo appunto che mira la medaglia di Onore per i piii benenier'iti fia gli Accademici, proposta e stahilita dalla Costituzio- ne di quest' Accademia (b). La riunione in Colohie nelle principali Citta d^ Ita- lia degli Accudemici^ che vi si trovano^ (c) alfoggetto di eseguire quelle parziali Admianze nelle quali discuter si possano gC interessi delf Accademia , e coniunicare vicendevolmenle le respeltive produzioni (sempre pero in corrispondenza col centra dell' Accademia medesimaj; {a) ivi. Art. VI. (/») ivi. Art.XXXlV. Que.sta distinzione,rlie ap[>artiene eaclusivamen- te alia Costituzione deir.Vccadeiiiia Italiaua di Scienze, Lettere, ed Arti, fu sanzIoQata gia dall' Auiitista Pririci[)ebja Elisa , con leltcra del di Lei Ministro di (liiistizia e dell' Interno de' 5. I-'ebbraio 1807. , come lo fn akresi dalla gik Ke°ina di Ecniria con silo Motuproprio de' 14. Aprile 1807. , neir alto di presentare all' una , ed all' altia la.Cootiluzione pre- derta rol Catalogo degli Accadeuiici. (c) ivi. Art. XXXIX. YIU questa parte^io dico^di organizzazione^oUre al mantene- refragtindividui quella unione^e qitella emulazinne^che sono funima del letterarj Istituti , e die difficilmente sostener potrebbonsi con la semplice epiilulare corri- spondenza-^ oUre a dare e vita^ ed attivita ad una So- cieta costititita da Soggetti niimerosi, e sparsi in un'in- tiera Nazione, facilitera ancora i mezzi alia esecuzio- ne delle grundi lelterarie iutraprese^ die solo da quel- la coucepir si potrebbero , quali sono la Statistica la piit esatta ed interessante di tutte le Prov'incie dt Ilulia; iin Qiornale periodica scientifico e letterario , a citi e stato 'gill dato principio ; gli Annali delle meteorolo- giche emediche Osservazioni di tutta questa Penisola; qaelti delt Agricoltura ;e finalmente la compilazione di un Vocabolario della lingua^ di cut da tanto tempo si desidera t accrescimento e la perfezione^ e cli eseguir non si pub che dividendone f incarico fra molti dei piii distinti letterali Italiani^ e speciulmente Toscani. In sivnl guisa la bella lingua d' Italia emula in ric- chezza^ in armonia , in eleganza , a quelle che gib. fio- rirono in Atene^ e nel Lazio , e il di cut puro fonte nacque , e piii limpido ognor si mantenne nel Tosco suolo^ avra nella riunione di tanti suoi illustri Cultori un saldo sostegno; e questi conservandone la purezza , ed aumentandone ognor piii il ricco patrimonio , secon- deranno il voto sublime del Massimo dei Monarciti , IX Flglio primogenito della natura^clal Citi immenso ([cnio pende /' ordine delle umaiie cose, Voto, ch"" Egli espi es- se gia con f aitreo , ed immortal Decreto de ^. Aprile /8o^.,ove fra le altre disposizioni, relative particolar- mentealla Toscana, leggesi quanta appresso: N A PO L E O N E IMPERATORE DF FRANCES! , RE D'lTALIA, PROtETTORE DELLA CONFEDERAZIONE DEL RENO ec, ec. G lonsiderando che importa alia gloria del Nostra Impero. ed a quella dei Letterati, che questa linjiua (Italiana) elegante , e faconda, si trasnietta iii tutta la sua purezza. Noi abbiamo fondato e fondiamo col presente De- creto un jneniio annuale di 5oo. Napoleoni , i di cui fondi sarahno fatti dalla nostra lista civile, e che verra dato.secondo il. rapporto che ci sara fatto, agli Autori. le di oiii Opere contribuiranno con maggiore efficacia a niantenere la lingua Italiana in tutta la sua purezza (o). (a) A questo utilissimo scopo diretto a?ea di gii 1' Accademia fino dair Agosto del 1808. il segiiente Programnia : Determinare l<> staio presente della Lingua Jtalcana,e specialmente Toscana : indicare ie cause che poriar la possono verso la sua deca- deiiza , ed i mezzi piu accunci per impedirla. Varie illuitri penne Italiane occuparonsi di questo interessantissimo o§gett'> ; p ne ottt-nne la paima il hi-nemerito P. Antonio Cesari, la di cui Ais[K>!>ta ^'stata gi4 resa di pubblico diritto. XI COSTITUZIONE DELL' ACCADEMIA ITALIANA Dl SCIENZE, LETTERE, ED ARTI Secondo la Pdfuima del i8u8. Articolo T. L' Accndrmia Ttnliana rli .Srienze. Lettere , od Arti,Hppartieneei;ua Inientea tntta la Penisola dlta- ]ia, e sue Is(i]e adiaienti, nve vol^armente si parli il linjiuajroio Italiano; 11 centro di E*i?a perosi conside- la il Liiogo di residenza del Segretario-Geneiale per- petuo. Articolo II. La detta Arcadeinia lia per ogftetto di promuove- re I'increnieiito delle Sienze, il buon gusto nella Letteratura, e nelle Belle Arti, I'aumento e la per- fezi'ine possihiJe delJe roirtiizioni dello Spirito Unia- no, e la loro ;i])plicazione al vantaggio delJa Societa, ed alia inaffisior (fl*^J"ia d'ltalia. Ouindi e rhe per coinodo dei lavori Accadeniici Essa dividesi in quattro Classi. La prima Classe e <'onsarrata alle Soienze Mnrali. La seconda Classe alle Seienze Esatte, e Natural!. La terza Classe abbraccia tutta la Letteratura, non esclusa l'Aiiti(piaria. xu La quarta Classe e declicata alle Belle Arti . Ciascheduna Classe si divide in tre Sezioiii nella forma seguente: Prima Classe. Seconda Classe... I. Filosofia Morale, e Razionale. II. Storia de'Popoli, e Legislazione. III. Economia Pubblica, Statistica, e Politica. I. Matematiche pure, e miste. II. Fisica, Clnmica, Storia Naturale, Agricoltura ec. III. Medicina, Chirurgia, Anatoinia ec. Terza Classe... I. Filologia e Grara- matica. II. Eloquenza, e Poe- sia. III. Storia, Viaggi, An- tichitfl ec. Quarta Classe. i I. Teoria, e Storia del- \ le Belle Arti. ''■ II. Arti Liberali, Arti I Meccanlche. f III. Musica, Mimica ec. Articolo III. L' Accar?emia e C(imp(p\ti inriasriinadelle prinripali Lin|:iie d'Europa;di Mem- hri diOnore; e di Socj Onorarj. II iinmero dei Membri Ordinarj e invariabile: (jiiello di tiitti gli altri e in- dete"rminato. Gli Ei?teri da Itingo terrpo stahiliti in Italia pn«sono entrare nel humero dei Membri, eSocj Ordinarj. Articolo IV. Lifc Glasse dei Memltri Ordinarj costituisce essen- zialuiente ^Corpo Accademico Deliberante; ed e principal inente iricaricato di promuovere il grande oagetto dell' Accademia. Quest! cento Membri sono divisi inClassi,e Sezioni,ateuore della supra descrit- ta distribuzione^ • ArticolqV. I Socj Ordinarj sono associati ai Membri Ordinarj per cioperare con i medesimi a promuovere I'ogoretto dell' Accademia. S'tno distribuiti, come quelli, in Ciassi , e Sezioni. Articolo VI. I Socj Corrispondenti sono divisi egualmente in Classi , e Sezioni. Non sono obbligati a determinati lavori; ma cooperano libcraiuente aH'oggctto propo- XIV stosi con arriccliir 1' Accademia delle Opere e"delli Scritti l(iro, e col tenerla al f»:it)rno di tutte quelle no- tizie scientifiche, e letterarie, che possono contribui- re alio scope, eh' Essa si e specialmente prefisso. Articolo VII. La Classe dei Menibii di Onore comprende. quei soli Sogg;etti , i quali e per dii ha il diritto di proporre ai detti Sefrretarj qualche Soggetto , che sia veraniente meritevole di entrare nel niimero dei predetti Socf; e la misura di questo merito e appog- giata alia ceJebrita del Nome, alle Opera pubblica- te, ed anche alia moralita del carattere. Articolo XXII. I Menibri di Onore, ed i Socj Onorarj, sono nomi- nati dal Presidente, d'intelligenza pei primi col Se- gretario-Generale, e pei secondi col Segretario altre- si della Classe delle Belle Arti. Articolo XXIII. Jja maggior parte delle Accademie sodisfanno alio pcopo della loro instituzione con adunanze piuome- no freqiienti, per la comunicazione vocale dei lumi , delle vednte, e delle osservazioni dei respettivi Soci, e per la lettura delle Memorie. Un tal mezzo man- cando in parte a quest' Aocademia per la natura del- la sua organizzazione, fa d'uopo percio ch'Essa giun- ga al medesimo scopo, e soddisfaccia al proprio og- getto, con utili letterarie intraprese, e con la pubbli- cazione dei lavori e scritti dei di lei Meipbri , e Socj. Quindi e, che fra gli altri lavori, ch'Essa propu- XIX nesi, pubblicliera sotto la Jirezione ed ispezione del iSegretario-Generale, e dei Segretarj di Classe, i suoi Atti , nella forma e luodo che sara determinato nei Regolamenti Organici. ARTJCOLO XXIV. In tutti i suoi lavori, e nelle Opere, e Memorie, che pubblicliera periodicamente ne'guoi Atti, TAccade- mia si prefigge per base il piii snupoloso rispetto al- ia Religione, ai costumi, edai Governi, Articolo XXV. I Membri ,eSocj Ordinarj, presenteranno, aJmetio ogni due anni, una Memoria per gli Atti dell' Acca- deiuia. Articolo XXVI. Ogni Membro, e Socio, pero, sebbene aggregate eg] i sia ad una data Classe, e Sezione, e in liberta di scri- vere sopra qualsivoglia soggetto relative alle diverse Classi dell'Accademia;poiche I'aggregazione ad una data Classe, e Sezione, non intendesi fatta con idea di limitazione, ma per seniplicecomododiairftribuzione. Articolo XXVII. II Biografo compila gli Elog] degli Accademici mnrti, che saranno.stampati nel principio di ciasche- dun Volume degli Atti. L'Archivio,ed il Segretario della Classe, a ciii il morto Accadeaiico apparteneva, XX ^li somministreraniio le notizie LiogiaiicLe, cLe ne possiedono. Articolo XXVIII. I TVTemTiri.eSooi OnlinaT]. chenon adempiono, sen- za giustificati niotivi, quanto loro inconibe, cessano di apparteriere all' Accademia. I Menibri Ordinarj poi,clie ne addncono giuste ra- gioni, e clie liannn hen meritato dell'Accadeinia, so- no considerati Emeriti nella respettiva loro Classe, e Sezione. Articolo XXIX. I Membri,e Socj Ordinai-j, clie abbandonano per- manentemente I'ltalia^ed Isole adiacenti, cessano di appartenereadetteClassi, e passano in quella di So- cj Conispondenti. Articolo XXX. Le prestazioni volnntarie di tutti gli Accademici, ed i proiitti delle stampe dell' Accademia, formano per adesso le sue Finanze. IRegolameriti Organici ne determineranno il piano. Articolo XXXI. 4 II Segretario-Generale perpetuo, come deposilario delle predette rendite, fara ogn'anno un prospetto di entrata, ed uscita, da presentarsi al Coilegio degli Anziani. Articolo XXXII. L'Arcliivin eil Deposito generale di tiitti gli Atti, «li tntfi^ la cnrrispontlcnza delP Accadenija. e di tut- teleOpere che dai di lei.Meinhri, e Scicj, le vengono trasnicji.se in dnno o divcttaniente, o per iiiezzn dei Sejiretarj di Classe. Onesti peio hanno la facolta di serviiiicne quando loro occoria. Articolo XXXIIL L' Accademia ronrede degTincoraffgiamenti , dei preuij, e dclle onorifii-enze, a qiielM tra i suoi Membri, e Socj, che con niagginre zclo ed iiiipegno s'interes- sano alia sua prosperita, e oon i loro lavori aumen- tano la sua gloria. II Segretaiio-Generale, ed i Segre- tarj di Classe, hanno il diritto di proporli: al Colle- gio appartiene (juello di detenninarli; e la facolta di accordarli e riserbata al Presidente. • Articolo XXXIV. L' Accademia distingue i Menihri suoi piii merite- voli con una Decorazione di onole consistente in una Medaglia stellata, che ha da un lato le parole — Ac- cademia Italiana delle SciENZE cc. — , e dall'altra il di lei Stonnna. Questa Decorazione appartiene di di- ritto al Presidente, al Vice-Prcsidente., al Scnetario Generale, ai quattro Segretarj di Classe, al Biografo, ed ai dodici Anziani costituenti il Collegio. E agli altri Membri sara coulerita dui Presidente, in seguito xxn della proposizionedel Segretario-Generale, e co] con- senso degli altri , cui e affidato il goveino e la djre- zione dell' Accademia. Articolo XXXV. L' Accademia presenta al concorso la solnzione di Quesiti diretti alio sviluppo delle umane cognizioni, ed ai progress!, delle Scienze, delle Lettere , e delle Arti . I detti Quesiti snno proposti dal Segretario-Gene- rale , concordemente con i Segretarj di Classe, all' approvazione del Collegio degli Anziani, il quale ne determina il Premio. I Giudici poi delle Memorie presentate al concor- so sono i Meinbri Ordinarj della Sezione di quella Classe , a cui il Quesito appartiene. La forma delle proposizioni, e degli esami,sara de- terininata nei Regolamenti Organic!. Articolo XXXVI. Tutt! ! Membri, e Socj Ordinarj dell' Accademia sono obbligati d! porre nelle Opere, che pubbliche- lanno sotto il lor ndme, !1 t!tolo Accademico die lo- re appartiene. Articolo XXXVII. Won verra permesso ad un Accademico, die cuo- pra una Garica, di abbandonarla piima die &ia no- minate il suo successore. XXllI Articolo XXXVIII. La notnina di Depntarioni straordinarie, per oc- correnze parimente straordinarie delJ'Accadeinia,ap- partiene al Presidente. Articolo XXXIX. All'ofrnfptto di pmre in nttivita n)ago:iore, e rende- re pill efficaci le vicendovoli lelazioni degli Accade- iiiic'i spaisi in tutfa 1' Italia, non potendo aver luogo periodiolie e di Letteratura . XXVI PRIMA CLASSE SCIENZE MORALI, E POLITICHE. SEGRETARIO MICHELE ANGIOLO BARTOLINI , in Ltvorno . SEZIONE PRIMA. FILOSOFIA MORALE , E RAZIONALE. MEMBRI ORDINARI. Targioni F»A Anton LuiGi , Definitor Generale dell'Ordine de'Cap- puccini , Frofessore onorario (lell'lmper. Arcademia di Pisa. Anziano. BioiNAMi Akgelo , Cavaliere del R. Ordine della (Corona di Feiro , Mem- bro del C.ullegio Elettorale deDottl del Regno Italico, e Professore di Economia Pubblira nella K. University di Padova . PnANDi GiROLAMO, Membio del Collegio Elettorale de'Dotti del Regno Italico , e Professore di Diritto di ]Natura, e Sociale, nella R. Universi- ta di Bologna . MoNTicELLi D. Teodoro , Professote di Filosofia morale, e Segretario perpetiio dell' Accademia di Scienze in hiapoli . Zabeo Prosdocimo", Professore di Storia, e Belle lettere, nel Liceo-Con- vitto del Dipartinientii dell' Adriatico , in f^enezia. Cuoco ViNcENzio, Giudice nel Tribunale di Cassazione, in JSapoli . Cassitto f. Luigi Vincenzio, Professore primario di Teologia nella R. Universita di Napoli . Valdastri Idelfonso, Reggente, e Professore di Logica , e Morale, nel Liceo del Dipartimento del Mincio , in MatiLova . SOCI ORDINARI. Brandaglia d. Clemente, Monaco Camaldolese, in Firenze. ScoKNTo Paolo, Professore di Filosolia morale nella Imper. Accademia di Gtiiova . XXVIl Battini f. CosTANTiNO , Seivlta , Meinbi'o del Collegio tie' Teologi , in Firenze . tjAppKLLF D. AuRELio, Monaco Camalclolcse , Lettore di Filosolia , in Firenze . I)e-Simun Matteo Luioi , Presidente della suptema Coite di Giustizia speciale , e criminale , in Sai'oiia . SoLARr MONSTO. BENEDETTO , Membro della Legion d'Onore, Vescovo di Aoli . Vallaperta f. fiLiPPO Maria, in Guastalla . SEZIONE SECONDS. STORIA DE' POPOLl , E LEGISLAZIONE , MEMBRI ORDINARI. I'ozzErTi D. PoMPiLio, Regio Bibliotecario, Piofessoredi Storiae Dijjlo- tnazia nella R. Univeiaita di Bologna, e Piofessore onoraiio della 1. Uiiiverbiti di V\'ilna . Anziano. lisNAZzi FiLiPPo Maria, Professore emerito dell'Archiginnasio della Sa- pienza, in Roma. Raffaelli Giuseppe, R. Prorutaroie Geoeiale nella Corte di Cassazio- ne, in Napoli. Matteucci Luioi, Membro della Legion d'Onore, Gran-Giudice , e Ministro della (iiuscizia, dell'lnternu, e delle Relazioni estere,del Prin- cipato di Lucca . Rau tiiANcEsco, Alembro della Corte CrimiDale , in Siena. IiicciARn: Francesci Bernardo, Giiiclice della (]orte di Appello , in Firenze . MucNAi Alessanoro, (^onsigllere di Prelettura del Dipartinientodei Me- diterraneo , in l.ii'orno . A'aleriani Luioi, Menibro del Collegio elettorale de' Dotti del Regno Italico, Professore di Ecunomia [xibblica , e del Codicedi Commercio nella R. Universita di Hnlogiia . GioiA Melchiorre , in Milaiio . Rivani ALtssANDRO, Giuiiice della Cone di Appello, in Firenze. Valeri Giovanni , Consigliere della Prefettnra deU'Ombione , in Siena. KiDOLii Anoelo, Proletbore di Diritto Pubblico, e Cobtituzionale, nella R. Universita di Bologna . Salfi Francesco , Professore di Diritto Pubblico Commerciale nelle Scuole di Biera , in Milano . PaS!>eri Vincenzio, in Siena. De Megino d. Alberto , in P'enezia. Cedronio Alessandro , in Napoli. De Marini Ferdinando, Direttore dalle Contribuzioni nel Dipartimen- to di MoDteaotte , in Savona . XXX SECONDA CLASSE SCIENZE ESATTE, E NATURALI. SEGRETARIO PIETRO FERRONI , Professore di Matematica nella Imper. Accade- mia di Pisa , e Matematico Imperiale, in Firenze . SEZIONE PRIMA MATEMATICHE PURE, E MISTE. MEMBRI ORDINARI. <^AGNAzzi LucA DE Samueie, Arcidiacono della Cattedrale di Altamura, Professore nella R. Universita , e Capo di Bureau nel Ministero dell' Interno, in JSapoLi. Anziano. (]akt£rzani Sebastiano, Membro della Legion d' Onore , Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Membro dell'lstitnto Nazionale del Re- gno Italico, Professore emerito nella R. University di Bologna. 1 ossoMBRONi ViTTORio , Senatore e Conte deirimpero,in Firenze. PiAzzi D. Giuseppe, Teatino , Membro del CoUegio Elettorale deDotti, e deir Istituto Nazionale del Regno Italico, Professore nella R. Uni- versit;\, e Direttore del R. Osservatorio Astronomicn di Palermo. RuFFiNi Paolo, Membro della Legion d'Onoree dell' Istituto Nazionale del Regno Italico, Professore di Matematica nella R. Scuola niilitare del Genio ed Artiglieria in Modena. Delanges Paox.0, Membro dell'lstitnto Nazionale, ed Ispettore Generale Onorario dell'accjne e strade del Regno Italico, in Brescia. Cossali Pietro, Membro del Collegio Elettorale dei Dotti, e dell'Istitu- to Nazionale, Ispettor Generale Onorario dellacque e strade del Regno Italico, e Professore di Calcolo sublime nella R. Universita di Padova. Brunacci Vincenzio, Membro della Legion d'Onore.. Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Membro del Collegio Elettorale de' Dutti, Ispet- tor Generale delle acqiie e strade del Regno Italico, e Professore di Matematica sublime nella R. University di Pavia. XXXI son ORDINARI. Fravceschini Francesco MARiA,M«»mbrorlel flollegio Elpttoralede'Dot- ti (Ifl Kfgno Italico , e I'lotfisoie di iV^ateniatica appiicata nella R. UiiivtTsita di Padova. CniMrNELLO ViNCKNzio , Membfo del Collegio Elettoiale de' Dotti del Regno ItalicOjl'iolensure di Astronotnia ntlla R. L^nivprsita di PaJoi'a. De VtccHi DoMENico, Pioiessore di Astrononiia nell'I. Museodi Fiicitze. Paoano Antonio, Professore di Fi-ica (jenerale nella I. Accademia di Genora. Ricca d. Massimiliano, Scoloi)io, Professore di Fisica teoretica, e speri- nientalc,neir 1. Liceo di Siena. CrccOLiNi I.ooovico, Meinbro dtl Collegio Eleftorale de'I^otti del Regno Italico, e Prolessore di Astrononiia nella H. Universita di Bologna. Magistrini ( jiAMBATisTA , Piotessoie di Calcolo siiLliuie nella R. Uni- versita di Bologna . Zenorini Anoelo, Menibro del Collegio Elettorale de' Dotti del Regno Italico, in Venezia . Venturoli (Giuseppe , Menibro del Collegio Elettorale de'Dotti del Re- gno Italiro , Protessore di Matematica applicata nella R. Univenita di fiologna . Saladini (jirolamo, Canonico, Membro della Legion d'onore, del Col- legio Elettorale de' Dotti , e dell' Istituto JNazionale, Professore emi- rito nella R. ITniversita di Bologna. IiAND[ Ferdinando , in Piacenza . Merlint (jiuseppe, Professore di Matematica sublime nell" Imp. Acca- demia di Torino . PiccONE, Professore di Astronomia , in Safono. SEZIONE SECOJSDA FISirfA, CHIMICA , STORIA NATURALE, AGRICOLTURA . MEMBRI ORDINARI. Fabbroni Giovanni, Professore onorario della R. Universiti di Pisa , e di Wiliia, Membro del Corpo Legislativo , e Direttoie della Iinperiale Zecca di I'irenze. Anziano. TARcioNi-'rozzETTi Ottaviano, Professore OHorario dell' Impef. Acca- demia di Pi»a , Professor di Botanica neU'impcr. Museo^ e Direttoie dell' Orto Aj^iario, ia Firenze . XXvII Breislak SciproNE, Amtninistratore ed Ispettore generale delle polreri e de'nitri del Regno Italicu, in Milano . VoLTA Alessandro, Meiiibro della Legion d'Onore, del Senato, e dell' Istituto Nazionale del Rei:;no Italico , Cav. del R. Oiditie della Corona di Fcrro, Proffssore di Fisica sperinientale neilaR. Uiiiversita dl Pa\>in. GiovENE MONsiG. GiusEPPE Maria , Arciprete della (jattedrale di Mol- tetta, e Vicario Apostolico della Diogesi di ],ecce. ViCHARD DI S. Real CAV. Jacopo Alessio, Soprintendente Generale del- le Miniere , e Conservatore Generale de' Boschi , e Selve del Regno di Sardegna , in Cagliari . BoNviciNO Bejsedetto , Frofessore di Chimica Farmaceutica nella Imp. Universita di Torino . AvANziNi Antonio, Membro del Collegio Elettorale de'Dotti, e dell'Isti- tuto Nazionale del Regno Italico j Professore di Fisica generale nella R. University di Padoi'a. SOCI ORDINARI. MovoN Giuseppe, Professore di Chimica nella Imper. Accademia di Ge- noi>a . Brugnatelh L. V. Membro dell'Istituto Nazionale del Regno Italico, P. Professore di Chimica generale nella R. Universita di Pai'ia. Gazzeri Giuseppe, Professore di Chimica nell' Imperial Miiseo di jP/- renze . Gatteschi Giuseppe , Professore di Fisica nell' Imper. Accademia di ■ Pisa . Carradori Giovacchino , Professore di Fisica, e Medicina, in Prato. MiGLioRiNi Spinola Francesco, Direttore della Classe statistica d'Agri- coltura del Dipartimento di Marengo, Presidente dell' Accademia degl' Indefessi ec. , in Alessandria . Grihaldi d. Gabbriello, Professore di Fisica, e Governatore de'Paggi delle LL. AA. II. e RR. di Lucca . Saint-Germain-de-Gordes , in Milano. Mangil! Giuseppe , Professore dl Storia Naturale nella R. Universiti di Pavia . BiscEGLiA ViTANGioLo , Canonico , Moderatore della R. Universiti di Altaniura , in Terlizzi . De-Paunner cav. Leonardo, Capitano , Direttore del R. Gabinetto di Storia naturale , in Cagliari . Da-Rio Niccolo, Membro del Collegio Elettorale de' Possidenti del Regno Italico, in Vicenza. Borsarelli Antonio Evasio , Chimico Farmaceutico , in Torino BoNELLi Francesco Andrea , in Torino . e XXXllI •RkFiliPPO, Cav. delR. Ordine della Corona di Ferro, Professore di Agraria nella R. University di liologna. IJonsoN Stefano , Conservatore del Museo di Stoiia naturale nella Imp. LDiversitci di Torino . Sanciorcio Paolo , Professore di Botanica, ed Agraria, nel R. Liceo del Dipartimento d'Olona, in Milano . Spinola Massimiliano, in Genova. Colli Francesco Maria , Professore di Chimica Farmaceutica nella R. L'niveisita di Bologna. ScANNAcATTA GiosuE , Profcssore di Botanica nella R. Universita di Bo- logna . Araldi Michele, Membro della Legion d' Onore, Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Membro del Collegio Elettorale de'Dotti Segretario dell' Istituto Nazionale del Regno Italico , in Bologna . Salvigni Pelleorino , Professore di Chiniica nella R. Universita, e Di- rettore della R. Zecca di Bologna . Ricci Aucusto , Colonnello, in Parma. Arduini Luigi, Professore d' Agraria nella R. Universiti di Padova. Provenzale Gio. Francesco, Professore onoraiio di Medicina , e di Chi- mica, neir Imp. Accademia di Pisa. Tenore Michele, Direttore dell'Orto Botanico , in Napnli . \ ANANSON Flaminio , Capo di Divisione nel Ministero di P'llizia, in Na~ poll . Gallizioli Filippo, P. Professore di Botanica, e di Agricoltura, nel Li- ceo di Faenza . Savi Gaetano, p. Professore di Fisica sperimectale nella Imper. Acca- demia di Pisa. PisTOLEsi Francesco , in Lii'orno . Canali Luioi , Professore di Fisica , e Chimica , e Bibliotecario nell'Uni- versit^ di Perugia . SEZIONE TERZA MEDICINA, CHIRURGIA, ANATOMIA. MEMBRI ORDINARI. Bar7.eli.otti Giacomo , Professore di Medicina nella gii University , a di Polizia Medira , e Mi^dicina legale, nell' Imp. Liceo di Hiena . Mascacni Paoi.o, Professore di Anatoniia, di Fisiologia , e di Chimica, neir I. Airis|>e(lale di S. Mari^ Nimva , e di Anatomia Piltorica nell' 1. Accademia delle Belle Arli di Fireitze. XXXIV • Vacca'-Berlinghieri Faakcesco, Professoie di Medicina nelfl. Acca- deniia di Pisa. Malacarne ViNCENzio, Membro del CoUegio Elettorale de' Dotti del RetDO italico , Piotessore enierito delle University di Toiino, e di Pa- via , e Prot'essore d'lstituzioni Chirurglche , e di Ostetricia, nella R. University di Padoi'O . Brera Valeriano Luigi , Membro del CoUegio Elettorale de' Dotti del Regno Italico , P. Professore di Medicina pratica , e di Clinica , nella R. Universita di Padvi'a . Chiarugi Vincenzio, Professore onorario della Imp. Accademia di Pisa, Medico Intermiere dello Spedale di Bonifazio, Professore di nialattie cutanee, e mentali, nell' Imp. Arcispedale di S. Maria Nuova , e Me- dico Ordinario di S. A. 1. ia Gran-Duchessa di 'I'oscana , in Firenze . Rolando Luigi , Membro del CoUegio di Medicina nella Imp. Accademia di Torino, Vice-Piotvint ilico Generale in Saidegna, e Professore di Medicina teorico-pratica nella R. Universita di Sassari , Caldani Leopoldo Marcantonio, Membro del CoUegio Elettorale dei Dotti del Regno Italico, Prolessoie emtrito nella R. Universita di Pa- dovfi. SOCI ORDINAHI. Vacca'-Berlinghieri Andrea, Professore di Chirurgia nell'lrop. Acca- demia di Pisa, e Chirurgo ordinario di S. A. I. la Gran-Duchessa di Toscana , in Pisa . Montegoia Giambatista , Chirnrgo Primario nello Spedal maggiore di M llano . (^ALDANi Florxano, P. Professors di Medicina nella R. University di Pm>ia . (^ATELLAcci Antonio, P. Professore di Anatomia nella Imp. Accademia di Pisa. Jacopi Giuseppe p. Professore di Fisiologia , e Notomia comparatira, nella R. Universita di Pai'ia. Gautieri Giuseppe , Membro della Commissione de' Boschi e Selve del Regno Italico , in Noi'Oia. Maggi Desiderio , Medico a Chiaiiciano. Giannini Giuseppe, Medico nello Spedale maggiore di Milano. RuBiNETTi Giambatista , Medico in Torino. Michelotti ViTTORio , Medico-Chimico in Torino. UccELLi FiLippo , P. Professore di Anatomia comparata nell' I. Museo di Firenze. Testa Antonio Giuseppe, Membro dell'IstitutoNazIonale del Regno Ita- lico , e P. Professore di Clinica Medica nella R. University di Bologna. XXXV T,Aniii Lpigi, Membro dell' Istltuto Nazionale del Regno Italico, e Pro- fessore emerito nella R. University di Bologna. MoRELLi Luioi , P. Protessore di Medicina nella 1. Accademia di Pisa. MuuGETTi Francesco, P. Profiessore di Patologia, e Medicina pratica, nella R. Universiti di Bologna. AzzocuiDi Germano, p. Professnre di Fisjologia, ed Anatoniia compa- rata, nella R. IJniversita di Bologna. Penada Jacopo , Proftssore Onoiario della J. Universita di Wiina, e Medico della Commissione dipartioientale di Sanita del Rrenta , in Pad ova. MoREScHi Alessandro, Cav. del R. Ordine della (Corona di Ferro, Ret(- gente, e P. Professore di Anatoniia, nella R. Univeisica di Bologna. (jARWERi Orazio, Membro del Collegio Chirurgico nell' I. Accademia degli Stiidj, e Chirnrgo piimario nell" I. Spedale di Carita, in Torino. MANfiiNi DoMENico Antonio , Medico Clinico nello Spedale Azzolini di Bologna. Atti Giuseppe, Membro delt'Istituto NaTionale Itilico , e P. Professore di Clinica Chinirgica, nella K. Universita d\ Bologna. Rertoloni Antonio, Professore di Medicina in Sarzana. Hasori Giovanni, P. Professore di Medicina nel R. Spedale militare di S. Ambrogio in Milano. Galuko Stefano P. Professore di Fisiologia , e Presidente della R. Ac- cademia di Scienze, Lettere, ed Arti , in Padoi'a. Rellotti Giuseppe, i\Tedico Chirureo dell'I. Spedale di Piacenza. AssALiNi , P. Professore di Clinica Chirurgica militare in Milano. Savarese Antonio, Medico in Capo dell'Armata Francese in Napoli. UiAoiNi LuiGi, Professore Onoiario dell'I. Accademia di Pisa, e Pro- fessore di Chirurgia in Pistoia. XSXVI TERZA CLASSE LETTERATURA SEGRETARIO GIANFRANCESCO de SIMON , Abate di Salvenero e Cea , gii Con-, sultore Canonista di S. M. il Re di Sardegna, Presidente del R. Colle- gio de'JNobili in Cagliari,e Membro di quella R. Universita,in Savona. SEZIONE PRIMA FlfciOLOGlA, E GRAMMATICA. MEMRRI ORDINARI. De Cesare Giuseppe , Capo di Divisione nel Ministero delle Finanze in jSapoli. Anziano. D' Ancop.a Gaetano, Professore Emerito nella R. University di Napoli. Sarchiani Giuseppe, P. Professore di Eloqueaza Toscana , Direttore delri. Archivio Diplomatico,e Segretario degli Atti nella I. Accademia Agraria ed Economica di Fireitze. Mezzofanti Giuseppe, Profess. Emerito nella R. University di Bologna, FoLLiNi ViNCENZio, P. Ribliotecatio della MagliaLechiana in Firen.ze. Massala Giannandrea , Membro del CoUegio di Arti liberali nella R. Universita di Sassari, P. Professore di Rettorica , e Prefetto delle R. Scuole in Alghero. SoLDATi Matteo , P. Pfofessore di Rettorica nel Seminario e Collegio di Pistoia. Pacchi mons. Domenico, Cappellano di Onore di S. S. , e Professore nel Seminario di Lucca. 60CI ORDINARI. Arnaud Carlo, P. Professore di Rettorica, e Filosofia nelle Scuole di Fossano. Zajihoni Andrea , Prefetto delia Pubblica Biblioteca di Faenza, XXXVII CosSEDDu GtAN-GnisosTOMO, Pfefetlo (lelle R. Scuole, Accaderoico net R. Colle^iodei Nobili,e Proi'essore di Eloquenzalatinaj nella R. Uni- versitA di Cagliari. Del I'URiA Francksco, Bibllotecario dtlla Laurenziana e della Maiucel- liana, e P. Professore di Lingua e Lctteiatura Greca in Fireiize. De Rocati Francesco Savehio , Giudice nel Tribunal di Cassazione in ?^apoli. BoTTAzzi GtusEPPE Antonio , in Milano. Heavas Lorenzo , Biblioterario I'ontificio in Roma. '1'adini Placido, Direttore delle I'libbliche Scuole d' Alessandria. Dt CouREiL (jioVAKNi , in IJiorno. Raynal Francesco, Monaco Benedettino-Cassinese , P. Professore di Lingue Orientali in Firenze. FioccHi EusTACHio , P. Piufessore di Uniane Lettere, e di Lingua Gre- ca, neli' I. Liceo, di Siena. Moreali Giovanni, P. Professore di Umane Lettere , e di Eloquen/.a Italiana e Latina,iiel R. Licen del Dipartimentodel Panaro, in Moderia. Mabeli.ino Giuseppe, Alenibro della 1. Accadeaiia degli Studj in Torino. Vasaturo Michele, in Napoli. SEZIONE SECONDA. ELOQUENZA, E POESIA. MEMBRI ORDINARL De Rossi Gian Ghfrardo , Direttore della R. Accademia di Portogal- lo ec. in Roma. Anziano. Mo«Ti ViNCENzio, Menibro della Legion d' Onore, Cav. del R. Ordine della Corona di Feuo, Membro del Collegio Eleltorale de' Dotti , e dell'lstitiito del Regno Italico, Proi'essore emerito della R. Universiti di Pavia , ed Istoriograf'o Regio , in Milano. BiAMONTi Giuseppe , Protessore emerito nella R. Universitk di Bologna. FioRENTiNO Salomone , Pub. Profcssore di Lettere Umane , in Livoinu . Tesari Aktonio, Prete dell' Oratorio , in Verona . FoscoLO Uoo, P. Professore di Eloqiienza Italiana e Latina nella R. Uni- versita di Pa\'ia . Polcastro (jirolamo , Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Mem- bro del Colle^^o Elettorale de' Possidenti, in Milano . RoNCALLi Carlo, in Brescia. PuNTA GiovACCHiNO, in GenofO . Anouiu.e»i GioVAMMi, in /-"I'^sa. XXXVIII SOCI ORDINARI. ' CoiPANi Giuseppe , in Brescia . A'alle Raimoauo , Caiionico della Piiniaziale , e Menibio tlel Collegio (J'Arti liberali, nella R. Universita di Cagliari . AfARENro DI Castellamonte Vincenzio , Professore de'Paggi delle LL. AA. 11. , io Torino . De Longo ANroMio, Arciprete della Metropolitaaa di Firenze. A^'1CHINI PoMPEO, in Lii'orno . Garzia d. Antonio, in Venezia. Chocco Giuseppe , Segretario Generale della Prefettnra di Geno^ia . Regis Fp.ancesco , P. Prolessore di Eloquenza Latina nell' ImptT. Acca- demia degli stiidj di Torino . LioNE Carlo, Principe di Caposele, e Consigliere de'R. Deinanj, in Na- poli . Cassitto Gig. Antonio , in Napoli. Mabil Luigi , Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro , P. Professore di Eloquenza Italiana e Latina nella R. Universitk di Padoi'a . Franceschi Francesco, Professore di Eloquenza, in Lucca. De Velo Giambatista, P. Professore di Eloquenza nella R. Universita di Pavia. (jRASsi Francesco, in Savona. BiANCHi AcjosTiNO, Ispettoie de'Boschi, e Foreste, del Dipartiniento di Montenotte in Savona . Strocchi DiONisio , Professore , e Yice-Prefetto , in Faenza. SEZIONE TERZA STORIA, VIAGGI, ANTICHITA', MEMBRl ORDINARI. Marini mons. Gaetano, Prefetto dell' Archivio Pontificio, e Prime Cu- stode della Biblioteca Vaticana , in Roma. Arziano. VoLTA Cammillo, Meoibro del Collegio Elettorale de'Dotti del Regno Italico, e Bibliotecario e P. Professore di Belle Lettere, e Storia anti- ca e moderna, netR. Liceo del Dipartimento del Mincio, in Mantova. Daniele Francesco , Antiqnario , Istoriografo del Regno , Direttore del- la Stamperia Reale, Segretario peipetuo diell' Aceademia di Storia , e Belle Lettere, in iVa/?o//. XXXiX Capecelatko mons. GitJSEPPE, Arcivescovo di Taranto, Gonsigliere
  • ona , XL QVARTA CLASSE BELLE ARTI SEGRETARIO GIOVANNI PAOLO SCHULTHESIUS , Ministro Ecclesiastico delle Nazioui Alenianca, Olandese, e Danese, in Lu'orno . SEZIONE PRIMA. STORIA, E TEORIA DELLE BELLE ARTI IN GENERALE . MEMBRi ORDINARI. NAPOti-SiGNORELLi PiETRO , Piofessore emerito delle RR. Univeriita di Pavia e di Bologna, in Napoli. Anziano. Requeno VI^cENZIo, in Jwoli. (juATTANi Giuseppe Antojnio, in Roma, A'ermigijoli (jiambatista , Presidente del Museo Pubblicodi Perugia. OnsiNi Baldassarre, P. Proiessore di Belle Arti , in Perugia . Vici Andrea , ex-Principe e primo Consigliere dell' Accadeniia di S.Lu- ca , in Roma . Uggeri Angiolo , Professore di Belle Arti , in Roma , Arditi Michele , Direttoie del R. Museo, e degli Scavi di Amichitd, nel Regno di Napoli . SOCI ORDINARI. Bettoni Niccolo , Membro del Collegio Elettorale de' Dorti del Regno Italico, Direttoie dellaTipografia Dipartinientaledel Mella iniS/eic/a. Sardini Jacopo , in iMcca. PooGiALi Gaetano , in Livorno. Nicolas Felice , in Napoli. Bracci ViRoiNio , Segretario ed Archivista dell' Accademia di S. Luca in Roma. Giordan I Pietro , Segretario della R. Accademia delle Belle Arti di Bolosna. XLI Regis Giuseppe Francesco , Professore dell' Accademia degli Studj , in Torino . Maatinetti Giambatista , Ingegnere in Capo delle Opeie straordinarie nel Regno Italico, e Menibro dell' Accadeniia delle Belle Arti , in Bo- logna. KuGGiERi LuiGi, Profewore di Meccanica, e R. Architetto de'Ponli e Strade, in JS'opoli . ^io Elettorale de' Possidenti , e dell'Istinuo Nazionale , Sena- tore del Regno Italico , e Presidente della R. Accademia diBelle Arti, in Milano. Chici Anoelo , Membro della Legion d' Onore , in Siena. CiANciiJLLi MicHELANCiiOLO , V icfc-Presiden tc del Consiglio di Stato , in Napoli. CicooNARA Leopoldo , Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Mem- bro del Colleyio Elettorale de' Dotti , Presidente della R. Accademin delle Belle Arti di Fenezia . CoDRONciii MONs. Antonio, Gran Dignitario del R. Ordine della Corona di Ferro, Arcivescovo di Ravenna, Grand' Elemosiniere , e Grande UtH/.iale della Corona del Regno Italico , in Rai'enna . CoLOBRANo Principe di, Duca di Maddaloni, Ciamberlano di S. M. il Re delle due Sicilie , in Napoli. CoRVETTO l.uiGi, Comanclante della Legion d'Onore, Consigliere di Sta- to deir Inipero Francese, in Paiigi. Dandolo ViNc.ENiio, Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Mem- bro del f^ollegio Elettorale de' Dotti , e dell' Ltitnlo Nazionale del Re- gno Italico, Provveditor (ienerale della Dalmazia, in Zaia. D' Anoioi.o Ranieri (iianiberlanii di S. A. L lit Gian-Duciiessa di To- scaua , e Capitanu del Portu di Li\'Qino , XLVI Della Somaoma-Ugceki Mad. Bianca , in T^enezia . Della So^[AGLlA (JicjLio , CarfJiiiale di S. Chiesa , Vicario Generale di S. Santrta ec. Di Saluzzo Revello Map. Deodata , in Torino . Di Saluzzo Mentsiglio (iiL'SEPp' Angelo , (jeneiale , CancellifTP delta XV.'. Coorte della Legion d'Onore , Diiettore della Classe delle Scien- ze Hsiche , e niatematiche nella Imp. Accademia di Toiiiio . Della Torre mons. (jiacinto, (Jomandante della Legion d'Onoie , Se- natoredell inijicro Fianrt>se , Arcivescovo di Torino. De' LoscHi INiccoLO, ill Venezia . Devoti MONk. IJiovANNi , Atcivesoovo di Cartagitip . De Fallette-BarolO c. Ottavio , Senatore dell' liiipero FranCese, in Torino. DuRAzzo c. Girolamo , Comandante della Legion d'Onore, Senatore deir Jnipero Francese , in Torino. Ebcolani Filippo , Senatore e Menibro del Collegio Elettoraie de'Possi- denti del Regno It.ilico , in Bologna. Ferroni Ubaldo, Presidente della Imp. Accademia Ayraria ed Econo- mica di Firenze. Galateo, Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Colonnello Direttore di Fortifirazioni nel Corpo K. del Genio del Regno Italico, in Bologna. Galdi Matteo , Cav. del U. Ordine della Corona di Feno, in j\apoli . Galli , Conte , Comandante della Legion d'Onore", Membro del Corpo Legislative , in Torino . Galling cav. Commend. Tommaso , Membro del Collegio Elettoraie dei Dotti , Consigliere-Legislatore di Sttito , Piimo Presidente della Corte di Appello , in Venezia . Gandolfo Angelo Membro della Legion d' Onore, Prefetto del Dipar- timento dell' Onibrone in Siena. LiRUTi MONS. Innocenzio , Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Membro del Collegio Elettoraie dei Dotti del Regno Italico , \ escovo di Verona. LuccHESiNi Girolamo, Cav. dell' Ordine dell' Aquila nera di Prussia, Gran Cordone dell" Aqiiila bianca di Pollonia , (jran Maestro della Corte di Toscana in Firenze. l.uosi Gjcseppe, Grand' Aquila della Legion d'Onore, Gran Dignitario del R. Ordine della {Corona di Ferro, Gran Giudice, Ministro della Giustizia nel Regno Italico, Milano. Manca-Tiesi marchese Stefano, in Cagliari. Manfredini marchese Federigo , Generale , Colonnello Proprietario , ('av. Gran Croce dell'Ordine di S. Stefano d'Llngheriaec. in Vienna. Marescalchi Ferdinando, {irand' Aquila della Legion d' (Jnore, Cjran Digiiitaiio e Cancelliere del R. Ordine della Coiona di Ferro, Mini- stro degli alfari Esteri del Regno Italico ec. , in Parigi. XLVII MiRTrNENCO GiROLAMO SiLVTO, Mpmbpo del CoIlegioElettoraledfi Pos- sidi-nti iM Hegno Jtalico, in BiKicia. Martinengu f^ESARESCo Francesco , in Brescia. Mastrjlli d. Marzio, Maicliese del Gallo, dei Dnchi di Marif^liano ec' Cav. dell inaigne Oidine del Toson d' Oro ec. , Oonsigllere di Statu, e Ministro deyli AITari FLsteri di S. M. il Re delle due Sicilie, in Napoli. MtLANO MoNs. ViTToRio FiLippo, VVsrovo di Novara. Mercati IJario, Direttore dell' I. Fosta di Livorno. MuRABi DELLA CoRTE (jiROLAMo, Memljro del Collegio Elettorale dei Pus»identi del Rej^no Italico, I'residente delT Accademia di Scienze, Lettere . ed Arti di Manloi'O. Mozzi (jiui.io , Presidente dell' I. Accademia Fiorcntina in Fi'enze. Napione-Cjaleani (iiANFRANCESCo , Meoibro della Legion d'Onoie ec. in Turino. Odescalchi Baidassarre , Diica di Ceri , in Roma. Pacchiani Fr»xcf.sco, Can. p. Professore dil'isica nell'Imperiale Acca- demia di Pisa. Pagnini p. Giuseppe Maria , P. Professore di Eloquenza Greca e lati- na, neir I. Accademia di Pisa. Paradisi GiovANNr, Conte, (irand'Aquila della Legion d' Onore , Gran Dignitario del R. Ordine delli Corona di Ferro, Meinbro dell' Ltituto Nazionale, Direttore Generale delle Acc|ue, Strade, e Porti Marittimi del Regno Italico, e Presidente delSenato in Milano. Parisi cav. GiuseJ'PE, General di Divisione, e Consigliere di Stato di S. M. il Re delle due Sicilie in Napoii. Pedroli cav. f^OMMEND. Carlo Antonio, Menibto del Collegio Eletto- rale dei Uotti, (jonsiglieie di Stato Onoiaiio, e Prinio Presidente del- la Corte di Cassazione del Rejjno Italico, in Milano. PiccOLOMiNi GiuLio (^-EsARE , in Siciia. PioNATTELLi CAV. CoMMENO. , Tesoriere del R. Ord. delle due Sicilie, in Napoii. PoLFRANCEScHi PiEi Ro , Cav. Comniend. del R. Ord. della Corona di lerro, Mtjnibro del Collei;io Elettorale de'Dotti , Generale di JBiigata Ispettore Generale della ( jiandarnieria , Presidente Consigliere Udiro- re di Stato nel Regno Italico , in Milano . PfliNA Giuseppe, Grand' Aquila delia Legion d'Onore, Gran Dignitario del R. Ordine della Corona di Ferro, Menibro del Collegio Elettorale de' Dotti , e Ministro delle Finarjze nel Regno Italico, in Milauo . PucciNELLi MONS. FRANCEsi;o,Provveditore della Imp. Accademia di Pisa. RoNcioM Anoiolo , Ciamberlano di S. A. I. la Grao-Duchessu di Tosca- na , Consiglier Dipartioientale ec. , in Pisa. RoNNA MONS. ToMMASo, Cav. del R. Ordine della Corona di Ferro, Membro del C'olleijio Elettoiale de' Uotti , Consigliere Editor di Stato nel Re"Qo Itulico, \ escovo di Creina , XLVIII S. Martino DELLA MoTTA coNTE Feltce , ComandatitP della Legion d' Onore , Senatore dell' Impero Francese, in Parigi. Santangelo Niccola, Segretario Geneiale delld Inleiidenza di Terra di lavoio , in Capua . Santi Giorgio , P. Professore di Storia Naturale nelia Imp. Accademia di Pisa. Scarpa Antonio, Membro della Legion d' Onore e della Corona di Fer- ro, P. Professore di Anatomiae (^hiiurgia nellaR. Universiti (WPavia. Serra GrANCAKLO, Resideote per S. M. I. e R. , in F'arsavia . SiMONETTi Marciano, Console Genersle del Regno delle due Sicilie, in Livorno . Sproni Francesco , Maire della Citta di Lit'ornn. Sproni Beniamino, Direttore della Pubblica istruzione nei Dipartimenti della Toscana . Stiozzi Giuseppe , in Firerize . Tambroni Clotilde, Professora Emerita di Eloquenza Greca nella R. Universitk di Bologna. Taverna Francesco, Membro del Collegio Elettorale de'Dotti del Re- gno Ttalico , f^onsigliere di Slato , e Primo Presidente della Corte di Appello in Milano. Tassoni cav. Giulio Cesare , Membro del Collegio Elettoiale de'Possi- denti , Coniinissaiio Ordinator di Guerra , e Ministro del Regao Ita- lico , in Napoli. Teotochi-Albrtzzi Mad. Isabella , in Venezia. Testi cav. Commend. Carlo, Membro del Collegio Elettorale de'Dotti Incaricato del Portafoglio del Dipartimento degii Affari Esteri , e Se- natore del Regno Italico , in Milano . ToNDUTi Lescarene , Segretarlo Generate della Prefettiira del Diparti- mento del Mediterraneo , in Li^'orno. ToRNiERi Arnaldo, Membro del Collegio Elettorale de'Dotti del Regno Italico, in f^enezia. Trissino Marco Antonio, Membro del Collegio Elettorale de' Possiden- ti, in Vicenza. ,Vaccari cDnte Commend. Luioi , Membro del Collegio Elettorale de' Dotti, Ministro dell' Interno del Regno Italico presso S. A. I. il Vicer^ in Milano. Valdrichi cav. Commend. Luigi , Membro della Legion d' Onore, de! Collegio Elettorale dei Dotti, e R. Procurator Generale della Corte di Cassazione del Regno Italico, in Milano. Valperga di Caluso cav. Tommaso , Membro della Legion d' Onore, e Pnbblico Professore di Lingue Orientali nella R. Accademia degli Stiidj di Torino. Venturi cav. Giambatista, Membro del Collegio Elettorale dei Dotti XLIX e Jeir Istinito Nazion.-ile , Agente Dlplornatico del Regno Italico pres- so la Confederazione Elvetica , in Berna. Zacuai mons. Marco, Vescovo di l^icenza. ESTERI RESIDENTI IN ITALIA. Capelle, Membro della Legion d' Onore, Barone deH'Impero, Prefetto del Dipartimento del Mediterraneo in Livorno. CossE Brissac , Prefetto del Dipartimento di Marengo. Chabhol de V'oLVic , Membro dell' Istitiito d' Ei;itto, Prefetto di Sai/ona. De-Humbolt Baron (juglielmo, Ministro Plenipotenziario di S. M. Priissiana in Roma. EscHAssERiEOx , Membro della Legion d' Onore, Ministro Plenipoten- ziario di Francia in Lucca. MioLLis, Conte di N'arsavia, Comandante della Legion d' Onore, Com- mendatore del R. Online della f loruna di Ferro, General di Divisione, e Presidente della f'onsulta in Boma. Vargas-Maciucca Duca d. Tommaso , Marchese di VatoUa ia Napoli. YAAGASf-LAGVNA D. Antonio , in Romu (a). Ca) Nel incceiiivo Tomo degli Atti saranno descritti i Socj Corriipondenti, 'd i Merabri di Onore Esteri non residunti in Italia. N 0 T A Delle Opere trasmesse in dono alia Bihlioteca dell' Acca^ demia ItaUana di Scienze,,Lettere, ed Arti in Livorno, dai respettivi Autori , Sod delta medesinia , nei due de- corsi anni j8o8-^. rivELLiNo Francesco M'arj\ -Gtornule Numismaeico ~ 'Na\to\i 1808. e-seg. — Jul. Pluedii Fhlnilarum Liber noi'Us e M. S. Coell Perottino M. BibLioUieca! : nunc piiinum edit J. A. Cassittus — Neapoli 1B08. Barzellotti GiACOMO' — Poliziu di Sanila — Siena 180G. — Memoria per setviie di Avviso al Popolo suite Asjissie, o Morti ap- pareiili ec. — Parma 1808. BfiTioNi NiccoLO — Letiere sulla Edizione Palavina Bresciana deile Opere di P'ittorio Alfieri . — — Discorsi pronunziati nella seduta del 16. Febhajo 1S07. deli'Acca- demia di Scieiize ec. del Dipartirnenio delta Mella — Brescia 1807. Il iriedesimo Sig. Bettoni ha pure trasaiesso in dono all' Accadeiiiia le se- giienti Opere come Saggi di alcune sue pregpvoli edizioni. ~ Dei Sepotcri — Carme di Ugo Foscolo — Brescia iSoy. — Alcesle , Tragedia postutna di P ittorio Alfieri — Brescia 1807. — Lettere di Cajo Crispo Sallustio a Cajo Cesare sul inodo di ordinar la Repubblica , recate in Italiano da Luigi Mabil col Teslo a fioii- te — Brescia i8o5. — Pronea, Componirnento Epico di Melchiorre CesaroCti — Brescia 1807. BiANCHi AoosTiNO — Elogio Scorico di Pietro T-'aolo Celesta — — Ri/lessioni sulla grandezza e decadenza delta Repubblica di Ge- nui'a — (ieuova 1797- BoRSARELLi e MicHELOTTi — Prospetto d' uno stabilimento d' Acque minerali artificiali — Torino. Slato Agronomico di varj Territorj del Diparliineiito del Po — Torino . Bossi (iiusEPPE — Discorsi letci nella R. Accademia di Milano in oc- casione della pubblica dislribuzione de Premj net i8o5. — JXotizia delle Opere di Disegno pubblicamente esposte nella R. Ac- cademia di Milano net maggio 1806. — Discorsi letii nella R. Accademia di Milano in occasione della pub- blica dislribuzione de Pretnj V anno 1806. — A Giuseppe Zanoja ArchiteiCo , e Poeta , Episcola — Milano i8ro. LI BuccioNi Giuseppe — Metodo per iiisegnare, ed apprciidcre T A) le del Canrare, o siano Osunaziorii f>ialitliti su qtiesla nnhile , e difficile Aile, urili at J'/oJessuri , ed agli Studenii dtilainedesiutja T-ljien- ze 1807. Cacnazzi Lbca de Samuele — Rletneiili delV Arte Staiistica . Vol. 2. Najioli i8og. Cedronio ALEibANDRO ~ Elementi di Legislazione Civile T. 2. — fsajioli 1807. Cesajii Antonio — Rime dii-erse T. 2. Verona 1790. — 1800. — Dc Ralione regendce Provincia; Epistula M. T. Cicerouis ad Quin- tnm Fratrem ec. Traduz. llal. — Verona 1804. — IJ Heauloniimorumenus , a sio il Punitore di se sresso , Commedia di P. Teretiziv , recafa in volgar Finreiitino . Verona i8o5. -- T'ulgarizzameiito delle file tic SS . Padri . T''ol. /^. in 4.° gi: — Verona 18 10. CossEDi Jo. Chrysost. — DeGaT&libanK McademicfLaudibus Oratio, Academics haliance Scientinrum , Lifciaturoe , et Arcium dicata — Carali 1807. Carradori (jiovAcr.HiNo — Dtdla FertiUtii delia 'Terra , Memoria -- Firenze i8og. — Sperierize ed Osservazioni sopra V irritabilita della.I^ttugn , con alcune li/lessioiti generali sull irriiahiliia dci Vegetabili — Mila- Do i8u8. — Ossen'azioni sugli Organi a<:sorhenli delle radici delle Pianle. Crocco Giuseppe — 1 Fasti di :S apoleone it massimo , Ode — Parigi 1808. — La Pace colV Austria nel 1809. , Otle . De (^esare Giuseppe — Agricola di C. Coriielio Tacito, T/aduzioae - Firenze i8o5. De Zach — Tables abregees et porlatives du. Soleil ec. — Firenze 1809. De Frovenzale Gjo. Irancesco — Meinnria sulla Cannuccia patuslre, Arundu pliragainites di Linneo, dedlcala a S. E. Mosccii Presiden- te delC Accadernia lialiaiia di Scienze , Lettere , ed Arti — Firenze 1809. 'De Velo — Dell' Elof/uenza , o sia Serie ordinara di Dissertazioni Iftte pubblicameiite riella Cattedia di FdocjUfrtza della /(. Uiii^'ersiid di Pavia, durante il corso dell anno scuiasiico 1807-8. T. 1. — Pa- via 1808. — Testimonianze Epistolari oitde servire alia Stoiia Letteraria del Secnio xriii. — ib. EicHsT/VEDT HtNR. Carolus — De Iniagiiubus Romanorum Disserta- tiunes duce etc. Fabbriini Giovanni — 1 Sacrobaccanali festeggiamenti di Firenze, t^oti iotto il notnedi FieruculQiie,c di Bejaiw , dedicato a S. E. il LII Siff. Barone De Schuhan T'^lce-PresidentcdellAccadernia Italiana di Scienze , Leicere , ed Arti — Firenze 1808. ~ liO S latere Filippico , ovvero RiLievi sulla bontd , o titolo, delT Oro nativo — ib. — Nuovo Termotnetro Stazionario, Meinoria i/iseriea iiel Tomo XIV. delta Societd Italiana delle Scienze — FoLLiNi ViNCENzio — Lettera at Sig. Canonico Anionino Longo sopra it 6'epolcro di M. Vieri de Medici — Firenze 1807. FoscoLo Uoo — DelV Origine , e dell' Ufficio delta Letleratura , Ora- zione — Milaiio i8og. Ferroni Pietro — Delta ^>era Cutva degli archi del Pome a S. Trini- ta di Firenze — Verona 1808. Gatteschi Giuseppe — Trattato elemeiitare sul inoto ed equilihrio tlei Corpi ec. — Pisa i8o5. — Prospetto di elemeiiti Fisico-Chimici . Vol. 2. — Pisa 1806. Gervasoni Carlo — La Scuola delta Musica divisa in ire Parti — Piacenza 1800. — 11 Carleggio Musicale — ib. GiANNiNi Giuseppe — Delta natura delle Jebbri, e del viiglior metodo di curarle. T. 2. — Milano iHo5. Grassi Francesco — Grammatica comparati^-a d''ambo le lingue, Ita- liana e Francese — Torino jSoC. — DJapoteoni Magno Gallorum Imperatori ec. ec. Carmina — Torino 1807. ~ Georgiche di P. Virgilio Marone ^ Traduzione — Torino 1807. — Del 2iernuoto accaduto nella XXT'll. Dit'isione a z, , e 16. aprile 1808. , Poemetto. — L' Aiiima immorlale, Poemetto — Torino i8o8. — Traduzione delC Fneide Hi P. Virgilin Marone — ib. ~ La ragione neW Adolescenza , / irititd , e V ecchiezza , Poemel- to — ib. Guattani Giuseppe Antonio — Roma descriita , ed illustiata — Ro- ma i8o5. e sag. Hernandez J. F. — Memoire sur les signes,que peuvenl fournir la lan- gue , les lei'res , et les dents , et contre la inethode wacuante relati- vement a i etat sabunal des premieres voies — Toulon i8u8. KoEs (j. H. C. ~ Commentatio de discrepantiis quibusdam in Odyssea occurrentibus — Hafniae 1806. LoNGO Antonino— Elogio di Polibio — Firenze i8o5. M-iNoiLi G. ISIuove Ricerche Zooloiniche sopra alcune specie di Con- cliiglie bivalvi — Milano 1804. — Saggio d' osseivazioni per seivire fitla Storia dei Mammiferi sog- ge'ti a periodica leiargo — Milano 1807. LIll MoNTicELLi Teodoro — Catechismo di Agricohuia pracica , e di Fa~ stiirizia — Napoli 1792. — Del Tiatiainento delC Api in Fai'ignana — Napoli 1807. MA->DEt' (iio. l■'IlA^XESco — Arte Poetica llaliaiia — I'arma i8o3. Magoi Df.siHEnio — Elogiii isfoiico del D. Leonardo de Vegni — Siega. — Topugrafiafi$icadiCliianciano — &\en'3. Sangiorgio Paolo — Analisi delle Acque die hanno sentita V azioiie della Pila del Volta — Milano i8o5. — Memoria per servire alia Storia del Fluido Galvanico — Mil. 1806. — JDissertazione sopra le Chimiche affinita — Milano. 1806. — Memoria sul migliore, e piii economico metodo di preparare lapol- %'ere da guerra — Milaoo 1807. -« Dell' Epoche piii luminose della Botanica ed Agricoltura — Mi- lano 1807. ~ Elementi di Botanica compilati ad uso delle Universita, e dei Licet del Regno d: Italia. T. ft. — Milano 1808. — Istoria delle Piante medicate — Volume primo dedicato all' Acca- deaiia Italiana di Scienze, Lettere, ed Arti. Milano 1809. Sardini Giacomo — Congetture sopra un' antica Stampa pubblicaea dal Proposto Ferdinando Fossi. — Firenze 1793- " Le tre Eta del mondo. Poemetto dedicato alia Nobil Donna la Signo- ra Caterina Controni Orsucci . Lucca 1797. — Esame sui principj della Francese , ed Italiana Tipografia , oi'vero Storia critica di Nicolao Jenson. Lib. 3. Lucca 1796-98. ScHiA«si FiLiPPO — Sul diletlo degli sludj Antitjuarj , e singolannen- te della Numismatica — Bologna 1808. — De pateris ex sententia Jacobi Tatii Biancani Sermo — Bononiae 1808. — Specimen Inscriptionum Coemeterii Bononiensis — Bononiae 1809. Signorelli Pietro Napoli — Del Gusto, e delBello, Ragionamento - Nupoli 1807. ■— Delle migliori Tragedie Greche e Francesi, Traduzioni ed Analisi comparative . Vol. 5. — Milano . LVIII — Elementi di Critica Dtplomatica. Vol. 4. — Milano . SiSMoWDi 1. C. L. - Histoire des Republujues Italiennes du moyen age — Zurich 1807. ec. Simon (iianfivancesco — Lelteia sugV illuslri coliivatori delta Giuii- sprudenza in Sardegnafiiio alia meta del Secolo XVlll. — Cagliaii 1 80 1. SoLDATi Matteo Luigi — L' j4rte Rettojica — Pistoia 1807. SpfiiiTi Camillo — Spreti Desiderii Historici Rwenjiatis de ampli- tudine , eversione , et restauiatiotie Urbis Ravenna: Libit ties a Ca- millo Spieti Pair. Raven, in ItaUcum idioma versi, et notis illustru- ti . Vol. 3. — Ravennae 1793. — Compendio Istorico dell Arte di comporre i Musaici , con la descri~ zione de Alusaici aiitichi die trovansi nelle Basiliche di Ravenna , e con due brevi Ragionamenti . una sulla Raveniiace Pigneta, e I' ul- tra sulla Rcpubblica detle Api — Ravenna 1804- Tamrroni (iiu^EPPE — Compendio delle Istorie di Polonia. Vol. 2. — Milano 1807. Tenore iVIicHEi.E — Memoria sulle qualita , usi , e cultura delV Ara- chide Americana — Napoli 180S. — Saggio sulle qualita medicinali delle Piante della Flora Napolefa- na, e sulla maniera di surrogarle alle Droghe esoticlie -- Napoli 1 808. Thiebaut-de Berneaiid Arsenne — Voyage a, I' Isle d Elbe suivi d'uiie notice sur les autres Isles de la mer Tyrrhenienne — Paris 1808. • — Notice sur la vie , et les ecrits, de Georges Zoega — Paris i8og. " Considerations sur t etat actuel de V Agriculture en Corse - Paris 1 8og. TissiER Louis — Essai sur la Theorie des &ois elemens de la Chimie pneumatique — Lyon 1804. Vargas Eduardo — Sulla Poesia Pastorale , Lettera — Pisa i8oa. — M. H. Klaprotk Saggi: Estratto analitico — Napoli i8o3. -- liitroduzione alio studio della Mineralo£;ia . ibid. — Riflessioni critiche sul Ryblis , Tragedia del Sig. G. Drummond . Napoli i8o3. Sulle Miniere della Sardegna — Livorno 1806. Valentin Louis — Notice sur /' etat present des Sciences physiques et nalurelles dans les F.tats Unis d' Anierique ec. Inseree dans les Me- moires publies par 1' Acad, de Marseille T. 5. 1807. Sur V efficacite de l extrait de Cigue dans les affections dartreuses, el pariiculierenient dans une maladie inveteree de la vessie . Public dans la Biblioteque Americaine n.° g. an. 1808. II niedesimo ha pur trasmesso in done all' Accademia le seguenti Opere : — Mcmoires publies par I' Academie de Marseille — an. 1807. • — Instruction sur la fabrication du Syrop de raisin par M. Casimir Rosian — Maiseille 1808. — Precis analitique dcs rravaux de la Societi d6s Sciences, Leliies, vc Arts, de Nancy peiidanl le cours des amices i8n8-g. — Seance puhlique de la Socieli de Medecine de Marseille tenuc le aC. tioi'emhic i8og. VALLh Rajmondo — GU Orti d! Amiida : Poemetto — Cagliari iSoG. Vananson I laminio — De V im'entiun de la Boussole naulique — Na- poli 1808. Zannoni Andrea — Ixltera sopra alcune edizioni del Secolo XV. non. coiiosciule finora dai Bibiiognifi — Faenza 1808. Zo£GA Gioncio -- Numi y4Egiptii Imperatorii prostantes inMuseo Bor- giano Velitris ec. — Romx 1787. f S U I R I T I I RELIGIOSI, E POLITICI DE' GRECI NEL PUERPERIO. DISSERTAZJONE DELL'AB. FRANCESCO FONTANI Biojirafo dell' Accademia. i^ o , non e una semplicee vana curiosity vuota d'o- gni interesse, e priva affatto di qualuncjue vantaggio, co- me forse taluno giudicd, la ricerca delle costumanze e dei riti usati dagli anticlii popoli nel conducimento della loro vita si privata che pubblica. Qiiesta, a giudizio dei dotti, conduce il cauto indagatore alia cognizione del sicuro ca- rattere dcllenazioni, gii manifesta i gradidiscienza a'quali esse giunsero, mediante la necessaria relazione dei lumi con le azioni, e lo aiuta non poco alia perfezioue dell' arti belle ed ingenue. Qualsisia popolo infatti nel proprio contegno manife- sta il carattere della Religione die professo , ed ecco un aiuto potente per indagare i rapporti dell' interna creden- a FON T AN i za con I'esterior cjelle pratiche, palesa 1' indole rlelle leggi die I'obblinarono a vivere deiitro i segnati limici crun cer- to iiialteral)il sistenia, ed ecco al fdosofo politico un eflica- ce mezzo ond'e tutte Compiendere le relazioni d' un piano atto a coliegare, ed insieme unire i diversi membri per co- stituire fra ioro una societi, beiicbe di genio dift'ormi , d' inclinazioni, e d' iuteressi. ed indica inolfre il proprio na- tural gusto si neir opere di spirito rhe di mano, ed ecco un vasto cainpo per i^cnprir le cagioni dei priini piincipj, dei progressi, delle alferazioni si nelle letrere che nell'arti. S'arroge a cpiesto che essa rende piu facile e agevoie I'in- telligenza dei classici Aiitori, che nella lor foggia di par- lare alludono bene spesso a quei riri, ed a quelle rostu- manze , ed ecco escluse infinite dubbiezze , e toiti aftatto innumerabili scontorcimenti d' idee per i quali il vero sen- so de2,li antichi Scrittori ci viene oscurato o nascosto. Niu- no v' ha pero tra di vol, Accademici, che I'interesse di tal ricerca ben non coinprenrla , e non sia ben persuaso dell' utile deila inedesima, per lo che lasciato affatto indietro tutto quello che addur vi potrei di convincenti ragioni atte a comprovare la mia asserzione, mi si permetta I'interte- nervi con I'esposizione dei riti, e delle costuraanze de'Greci nell'occasione del Fuerperio, ed in progresso di tempo del Sistema Ioro nella prima istituzione puerile, giovandomi il credere che, siccome non vi tu gia discaro 1' udirmi altra volta esporvi i Riti Nuziali, cosi non sdegnerete ora il mio ragionamento su gli altri che possono dirsi come conse- guenti dei primi, giacche all'unico oggetto appunto di con- seguire dei figli furono con certe l'?ggi e cerimonie si pro- fane che sacre ordinate le nozze. Non solo infatti tutii gli augurj degli Epiralamici canti a questo principale oggetto avevan riguardo, ma le leggi medesime con le ordinazioni Ioro opportunamente de- termjnavano quello che al conseguimento del prefissosi fine PUI PITI RELIGIO=I ec. 3 dovea rc^olare i roiiiuffi nel loro coiisorrio. Cosi Pliitarco, parlani* uTu^tuv TctvTi/iv ov Soreov, ovSi TepioT- ((jTpi'i eKXfTOV iJiyivii I vlvy ^xvsiv Tccvltiii ryj sTiK^ajpoj to)/ ^.xfiovix. (ti) TtJKfT/xxAtjfoy. xv o Kfxluv Kxi KVfio: yeyo-^w? kxtu rot vafXiV, AUToi fly, bwxTci yi T^v^aix^tiy. vtotui/ tyyUTX tov dvopoi ottviS- ^1 F O N T A N I Don ci lascia luogo a dubirare di cio dicendoci die gli /fte- niesi sacrificavaiio agli Dei Trltopatori, e facevaiio loro del voti per la generazione dei figll faj, lo clie ci confer- nia pure I'antico Scoliaste d'Orfeo. Non e mio scopo cjui- vi 1' indagare qual delle taiite opinioni riferite dagli anti- chi Graimnatici, e lAlitologi intoino a questi Dei Tritopa- tori sia la piu verosimile, e se con Demone si debban credere i Venti , o con Filocoro il Sole e la Terra , o con Oifeo Amalcide , Protocle, e Protocleonte che sono come i custodi dei venti , e ciie lo Scriltore dell'Exegetico vuole esser figli del Cielo e della Terra; ma se io dovessi profe- rire il mio sentimenro, inclinerei a credere col Meursjo che questi fossero C otto, Briareo, e Gige, la nascita dei quali dalia Terra e dal Cielo ci vien descritta da Esiodo nella TeotTonia, ed a riguardo appunto dell'esser eglino i piuvi- gorosi fra gli uomini si tenessero quasi ij« ytwi^eM dp-^viyovi, ossia autori della generazione . come gli chiamo Esichio , ed ammessi percio fra i Semidei. Checdie sia per alrro intorno alia diversita dei nomi coi quali questi furon chia- mari, egli e certo che si onoravano per I'anzidetto fine co- me rilevasi daAristeneto il quale gli chiamo lib. i Epist. ig. Qsoi yeve^Moi uniformemente a Sopatro il quale dicea di se (h): lo ardentemente desiderava che mi nascesse un fi,- glio , ed assai par si preghiere agli Dei presidenti alia generazione perche presto mi cnmpiacessero in cio che di cuore bramava'^ed altrove gli disse pure lo stesso. yswia-ea? e^opoi Jai'/zoi/fc, che e quanto dire Genii inspettori della ge- nerazione, e che corrispondono probabilmente, come av- verte il Aleursio, adi Dei Geniali degli antichi Komani, -o (n) 01 'A^vsmioi ^vovg-i t( )^ iv'Xpv'lstt avTol? (jptTOTZTpoa-i) VTSp ysves'iui Tctiiuv. (bJUvy^ofiyiv yeveff^at imi tcu^oi. x,cu toMu rcvi ysvs^/iiovi e^i- irdpovv Qiovi TAyipuirxi ,ao' Sia, tu^qivq to airou^ci ^ojj.evav. PUi RITI BELIGIO^l CC. 0 Dal sopraccitato testo cli Sopatro inoltrc cliiaro rilevasi, a iiiio crer£;f«, ossia Salva- (a) TivytTvXXti yvvxiK-lx &eoi, weToimie'vov tov cvifixroi TXfci rd( yivcreif .... ear* Se ^£»(k>) ij Q$oi , xai iof rij tuv ywximv. 6 FON T ANI trice, ed aH'afTannata partoriente si dava in mano a toe- care nil lamo di f'resca palnia, in ciii si credea infusa virtu da Larona di render piu niiti i dolori. D'anibedue quesci rici si hanno sicure restimonianze presso gli anticlii Scritto- ri ; e (pianto al primo, Callimaco nell'Inno a Diana cosi Jci medesiuia introduce a pirlave faj : Nei moiiti abitero, ne le cittadi D'uomin ricetto fia th' io vegira, fnore Che quando oppresse dai dolori acerbi Del vicin parto invocheran le donne La rnia divinitade, e possa e ajuto Richiederanno a me, cui dier le Parche Cura di loro e lor porgessi aita, lino dacche la lieve aura del giorno A spirar coniinciai , e i'alma madre Me partorendo non senti dolore, Siccoine afFanno non avea provato Nel portarmi gia incinta Per tal morivo pertanto Diana fu detta ancora E(Af('9-i>«K come appresso Pindaro nella sua ode sesta Ira le olim- piche, dove parlando del parto di Evadne, Apollo Fe' presedervi Diana con le Parche {bj, siccome al parto d'Ifigenia presso di Euripide;ed Antonio Liberale nel ventesimo nono delle sue Metamorfcisi pai lando della partoriente Alcmena dice clie fcj Lucina e le Far~ (a) Ovpso'iv oiKvicru ToAst1i jxi Kui Tiy.Tova-oi Kai ovx. ^A^vja'a p&^ovjo, Mi^rvjf (b) E'A£u&w (7vi/.Tu.(iiTTU(rev re (jLoipcc;. (cj MaTfOK xaj E/Afj&u(a Trpci x,^piv tij« 'Hf«? Kxretyev tv roui SUi RITI RELIGIOSl ec. ■? che hi grazta di Ciunone liinos^ero da Alcmena i doloii del parto.Di qui egli e die Flarone conoiunge iusieiue queste Dee, come presideiiti alia nascita, nel suo Simposio che il detto flume rende a ! atona relativamente alia di lei inohiesta, si deduce die non solo i piccoli nati faucinlii si usavan lavare nei iiuuii,uia le uie- desime puerpere, poiche dice: (bj iNon ch'io ricusi, o somma Diva, il parto Too ricever neH'oiide, anco molt'akre Sgravate appena ricevei a moiidarsi In le coirenti mie, ma fiera Giuno Pill dell'usaro mi minaccia e brava. Seppur ci6 mon debba piuttosto intendersi delle soz- zure, e dei natural! sgravi del parto die si gettavan nei fiumi, e secondo Paiisania dicevansi dagJi Attici Xvi^xtx, e }t,a.^cifiJ.u.rx da tutti gli altri popoli della Grecia, siccome sembra piii verosuiiile . Egli e poi certo die i fanciulli ap- pena nati si ponevano ora giacenti, ora in piedij in terra, perche non tanto riconoscessero la loro prima genitrice, sic- come avverte lo Spanemio, ma per comprendere altresi se eraiio di tale abitudine di corpo da potersi ripromettere che eglino sarebbon vissuti. Si sa in fatti da Pausania che in Sparta eravi un luogo della citta chiamato Lesche, do- ve erano soliti portarsi i nati bambini, perche dai pitji vecclii dei Tribuli si esaminasse la loro conformazione e ' struttura, cosicche se questa era tale da non si poter ri- promettere un utile alia patria, si mandavano sul monte (a) KoijJi.yi(ra,i [liya. p^e Jja« . TepiirAe^cur^s yevslcp , AtTaotitvxt . TO. Ziiuoi ev idUTt re vx Tc^scB'tiii. (b) UJtviu (rxiuS^i'xiavaivoiJt.ini oiSa. y.a) a.h?.ai Aovcra.iJ.iVM dir qmo M^uiSm. d^d /xo<"Hfij Aci^l/iAii eTei^yi sente in cuore sti- muli di umanita , e di attaccamento ai suoi simili, non po- tn\ non freniere in udire si fatta cosa; ma fjualunque vol- ta si riguardi Sparta, e la severita delle sue leggi, non si avri luogo di raaravigliarci di un tal costume, in tutto af- fatto conforme alia prima idea de' suoi legislacori, i quali volevano che tanti fosser gli Eroi, cjuanti erano icittadini. Anco in progresso avremo luogo di osscrvare nella educa- zionedei piccoli figli un sistema alTatto diverse dalla mol- lezza che regna presso di noi,.ed assai difTorme da quella (a) To 3e yevvni^ev ouk ^v Kvpio? o yevvtja-xi rpe KoAv^ij-ivot tuv IpUXiTUV oi TfiT^UTCLTOl, KXTO.jlu'iliVTii; TO TXt^dflOV, it jJLSV iVTrUyii «(t), KM fx\ixXiov. Tfcpem ine^ivov- nX^poi/ uutu tuv ivvuKia-^i^iuy Tfoa-fuixavlti;, el $^£ dyeni/ei, Kzi xiicppav ciTreTrtjj.Tov eii; rdi; MyoijJ vxi ^.'To^■iTai■, Tupd TxvyiTOi ^xpccTfu^tj totov. ui ovts avT^ ^yjv OHlilVO)/. OVTt TIJ To^il, TO ^)J K«>.«« iV^Vi t^ CifX*!^ "'/"'■ St^fl'*" . luci fufJ-tiv Tt(pvKii, la FON TANI dei Topoli specialmente dell' Attica; e basti ppr ora il di- re che dove quesri lava vano , come abbiain poc' anzi osser- vato , i loro parti appena nati nelFacqua, quegli gli lava- vano, al riferire dello stesso Plurarco, nel vino, dicendo clie cio fact vatic per isperiinenture appunto la loro mac- chinalc costituzioae, meiitre dove it vino i ben forinati ^ e sani corpi rinvlgorisce e confenna , i deboll e mulaticci inflevolisce, e deterlora (a J Di piii in segno di felice au- gurio, e di marziale f()rtezza,che si ri|)roii)ettevano nei lo- ro fiwli le Spartane, al lidiie di Nonno nei Diouisiaci, depo- nevmo i loro parti supra un rotondo scudo, ed un simjje scudo per lo piii bagnatodi nemico sangiie serviva di cuna ai fanciulli, come d'Alcinena madre di Ercole, e d'IficJe, racconta Teocrito dicendo ^6^ Anibo lavati,e del suo proprio latte Pasciuti coricolli in ampio scudo Vaga armatura un tempo, e insiem difesa Di Pterelao che nel pugnar soggiacque Al possente valor d' Amphitrione, e orli antichi di lui Scoliasti non lasciano luogo a dubitare che non fosse questo un quasi universal costume delle Spartane. InGrecia coniunemente si dava riposo ai fan- ciulli in una specie di culle infessute di giunchi dette da loro AiMoi, e dai Latini Fannl , doviziosamente ornate per i piu ricchi , siccome osserva lo Scoliaste di Calluaaco neir Inno a Giove, clove di lui si dice: (n) ovSi vSdTi zd^pi(Jiv[. a'AA' o'lvm Ttfti/^ovov al yvvouKH . (ioL- ffxvov Tivx Toiovi^iva,! riji Kpda-iw; avruv. ?ieyeTai yap £^1 Jraj-^xt vyieivd \j.d?^Mv aroij.ovff'^a.i. k^i Kfarv-ej^cii rtjv e^iv. (b) h' iJ-Porepov; ?i.ov(rctJa. kxi eiJ.T^yi)xcV gV da-Tthx, tdv nrsfe^dou pui niTi HEtiGio^i ec. i3 Adrastea te ileposto in auroa cuna IJ tlolce sonno nchiamo siij^li octlii ; C*^) e per tacere degli altri I'autore deirEtimologico ci insegna chf ciascheduno dei Greci avea gran preinura d'ornare, ed arriccliire le culle dei proprj rigli,quasi per augurio di fel'i- citA futura, di ricchezze, e di prosperi evt-nti nel corso della loro vira. Abbiain veduto di sopra die Alcinena pres- so 1 eocrito da se medesima e lava, ed allatta Ercole ed Ificle: ne dee cio recar )a minima maraviglia, poiche fino dai tempi ( )ineiici era riguardato come un preciso, e in— dispcnsabile dover tltlia n atlre il nucrire col proprio latte il tiglio, qualuncjue volta la salute glieio avesse permesso. Cosi di Penelope sciisse Omero nell'undecimo dell'Odissea che (bj II piccol figlio le pendea dal seno Siiggetido Palimerito alia sua vita, ed Ecuba nell'Iliade rammentando ad Etfore le sollecitu- dini datesi a pro di lui fin dall'infanzia, fra I'altre cose ramtnenta : (c) Se mai a! vagir tuo presta ne accorsi Con la nuda mammella a darti aita . Che se per qualuntjue accidente d' impossibilita nella madre , d'altronde si dovea riccrcare il vitto ai piccoli li— gli, si avea grandissinja premura nella scelta delle nutrici, e per lo piu si sceglievano tra le Spartane, siccome quelle che piu opportune stimavansi, ed in tutto le piu morige- rate, e continenti . Ci assicura di cio Flutarco nella vita di Licurgo , e nel tempo stesso ci awerce che Amicla nu— (d) Y.e Se K ifjLKTSv A'^tp^j-reict AiKvu en J^fi/j/ oi (l>) rial* « Si 01 (jv f T/ (-ta^^J fitfTioi; (cj . . . . tl TOTe TOl Xct.^lKtjSeei flXO'TOV eTTifj^p . l/J. r ON T A N I trice d' Alcibiade Ateniese era Spartana , e che esse avea- 110 per costume (a) (.Veducare i piccoli JigH scnza avvol" gergli in fascie per conciliar loro scioltezza di membra , ed un tratto libero , gii assuefacevano a qualunque spe- cie di cibo ed anco alia parsimonia, voleano che si rinia- nessero iatrepidi in mezzo alle tenebre, e senza timore o paure nella solitudine , e non conoscessero cid che fosse il pianto, e il capriccio. Diana Coritallia era quella speciale divinita a cui raccomandavano i loro allievi, e sisa da Ate- neo che in un giorno dell' anno particolarmente facevano esse una festa detta n^-iviyix, in cni conducevano tutti i lattanti niaschi fuori della cicta al tempio di quella Dea situate presso al fiume Tiassa vicino a Cleta, ed ivi im- bandita una parca mensa per la salute dei condotti bam- bini si sacrificava un porcello di latte, e se ne dava anco loro a mangiare. Esichio aggiunge che dopo il sacrifizio si faceva dalle nutrici medesime tenenti in collo gli allievi un ballo della specie dei mimici, ed alcuni contadini in tale occasioue si mascheravano appostatamente forse sia per muovere a riso, sia per assuefare i fanciulli a non temere la deformity dei loro raendicati voiti, e sembianze. Particolari pero affatto degli Spartani erano si fatti costumi; perleche ritornandosi ora a considerare, ed esa- minar quegli che erano in use presso gli altri popoli della Grecia, diio che niuno forse si partitamente ce gli descrisse siccome Efippo antico greco Comico nel Gerione, di cui pero non ci rimane che un breve squarcio conservatoci da CTCtpya 7tAxv^jj.vpi(rjj.uv . sui niTi r.ELiGiosi ec. i;? Atenen, ed e da dolcrsi die null'altro di lui ci resti con svantaggio grandissiino della greca erutlizione. Da esso si sa pertanto che il quinto giorno dopo del parto si facea graixiissima festa in casa del iiaro fanciullo, clie uu tal giorno diceasi A.'iJ.p:'^p3iJ.ix, die in esso si era usati d'ornare le porte anco esterne della casa con corone, che si sacrificava una vittima per la salute del fanciullo^ o quindi iiubandivasi un solenne e lieto convito. Anco Tar- reo in faJ^ti nei Proverbi ci assiciira {^aj che gli Ateniesi erano usati di riguardare come snlcnne il quinto giorno dopo del parto , e dice die in esso splevano purificarsi le doaae die aveano a quello assistito , aggiungendo che ia- tanto appellavasi A ucp-^fjij-ta., in quanto die portavano cor- rendo il piccol fanciullo intorno al fuoco. Esidiio, Arpo- crazione, e Suida parlano anch'essi presso che nella stessa maniera alia predetta voce, se non che ii primn di loro ag- giunge la particolaritd del dovere esser nudi coloro che portando II fanciullo intorno al fuoco correvano (b), e I'autore dell' Etiinoiogico insegna che una tal funzione fa- cevasi con porre in estrema gala il bambino , nel che si avea luogo di dar lode alia diiui nutrice o custode (c). Che poi le case delle piierpere fosseio deCte percio 'np-j-v^^i^i perche tutte ornate di corone, oltre gli anticlii Scoluisti d'Euripide lo avverte Esichio il quale piu particolarmen- te ci, Individ ua (d) che era costume presso degU Ateniesi, (a) Kftj:pthp)i'tst,.ry,i/ vefMrlvi-j a.yov' SeKxrtfv e'ta-Ttuv sTri toU yer^vlbii^i , t^ s'v uvt^ tx (b) f&oc v\v TCiibuv (ivyyevvuiJ.iV(iiv toI? h'^v^vuiuv da-Toli. rfj Si- KXTVI TUV VVKTciv CtTOTiji ytvijiui (TVyX.u/e! 3-^X1 TOVC TfO? TXTpOS e(«^fi^0Li , (h) ei fj.ev Tohvv ovToi e)(^si Sbi^cii voij.ov, qi; Toitt KUfiovi eii/ai Tcvi: Tou^M Tov iaVTUv ovdui.a.Toi , « XeySi vvv ohroi , o'lO&wc «,v ^•'Pl^oia'^i. el S' 0 i-i-iv m'/xoc, ov tuvth eTW'rui^e a\j.oiiisi sao), rov'! yovsM touI y.\J(ii-v: :v fjiovov S-fV&a; twvoi>-oi, s'£«p%if? . aAAa' i^ xa'AfV e^:t/£7i|/:z(, iOiv ^.v/.u-1m. iTsitti;x Ss syiii tov vint^a o'« xii'f(o« (Jv fx TOV vdiiox) TovTO) fjiiv BatuTov, e{ioi rti Mjsi'7i9'soi' S'f/xf- wv, TWi vtxiv tsTtv a.X?^oTt tt/ijv i eyw ^^eyu '^tYipha.a^a.t ; (") W« bvi TfiS^VTitOi W" TOUVtHtX B^itV TO TOV TTfO? TOfTfOi WXTTTOV. SUI niTI RELIGIOFI CC. 21 qunttio figli prosiegue: Al magglor nato di questlyO gludici, io jjosi il iwnie di Sosia inio padre, e come a priino restituii questo nomr giusta il dovere; al secondo posl nome Eu— huitde , die era il nome del padre della mia moglic; il terzo lo chiamai Meiiesteo dal nume di un di lei stretto congiunto ; ed al piu piccolo detti il nome di CallistratOj die tale appellavasi appunto il padre di mia madre (a). Benclie non vi fosse aduiKjue una legge particoJare die obbligasse i padri a rinnuovare il noine degli antenati nei loro ligli, pure invalse un tal costume presso dei Greci, e non vi ha, oltie gli addotti esetnpli, die esaniinare il so- praccirato Demostene, Eschine, Iseo , e gli altri oratori per convincersene pienainente. Egli e vero pero die talora il padre trasferiva in altri il sue diritto d'imporre il nome al proprio figlio, come si rileva da Polieno lA dove raccon- ta (h ) come a Giasone essendo nato un figliuolo, aduna- ti gia i principali cittadini di Tessaglia , diiamo il suo fratello Merione, e non solo il fece presedere al Sacrifizio, ed al convito, ma voile pure die avesse il diritto di dare il nome al fanciuUo, trasferendo in esso la di lui propria autoriti . iNIoIti Critici sulla fede d'Arpocrazione sono d'av- viso die si nel settimo, come nel decimogiorno erauoiGre- (a) T« ovoftuTX i^eiJLV\v rov ran , u txvSfH Sikxctxi raJ (jlcv Tfef^UTClTOi ■ TOTti TUrpCi TCV euaVTcC Ol/OfJlCC, ^VTlU-V. UJTep KUt SlKXIOV iTTI. TU dilXera TOV TftlT^VTCiTOV •yeVOfJLS'Xp i TCVTU; e^ijJVfV Ev^OVAii>]t, OTif (Jf 0 1/0//« TM TTX^f'l TU Ttjt IJ-^Tpii TOV TUlba^ TOV- Tov. ToiSi fierd tovtov. MiviO'^est i'^e/Jimi. kui yxp ' MeveT^evi fXTOV, 0 Vj" OVSjlX TU TUTfi Tvii ifi-VlC )J.1^TpzC . Tou« x'.i^Tovi Qerloi^iv jMi/fVa?, TapiKXAere tov aSeAtpov Tpajriivxi T^« VT'id^oy^iii: pLSTii TTOvSvi< iTi to Se'iTvov ^A&«, y.xi tu t'yo'/Mcrsc tou tuiHou. 2'2 FOKTANI ci indistintamente usati di dare il nome ai nati fanciulli; ma se avessero eglino avvertitOj come Arpocrazione asseri- sce, che falora fii anco dato il noine ai piccoli bambini nel settimo, pel che al riferire d'Aristotele da lui citato (a J molti d' essi muoiono giunti a quel giorno ,p^r lo che du- bitando della loro vita gli pongono in quello il nome j avrebbon compreso ancora che questo case non invalida- va nulla il consueto rito del decimo giorno, di cui infiniti Oratori e Poeti ci fanno la piu sicura testimonianza . C-osi ci attesta in fatti Pistetero presso Aristofane negli Uccelli V. 923. dicendo {bj: 1' orse il decimo di non io per questa Citt^ sacrificai, e offerte e voti Per lei non porsi dando ad essa il nome , Come suol farsi dopo nato un figlio? Cosi Elettra presso d'Euripide v. 11 24. prega Clitemne- stra a voler fare le sue veci nel giorno decimo dopo il suo parto in si fatta maniera fcj: Udisti, il credo, come gia deposi Di mie viscere il frutto: or tu deh compi Le mie veci e sacrifica in mio nome, Che ignara io son del consueto rito, Ne m'e noto fin qui cio ch'io far deggia Nel di decimo, e sacro. rare Tt^e^lxi . w; Tio'TBtjovle? njSvi jJiu^Xov ry (ruTijfiiji. (b) Ot/K ipri &Jai T^i/ ^sKdryjv Tuilrvii eyu; ■ . TovTuv vrep fj.ov d'Oaov, ov ydf olb' e'yw, AiKdrvt (TS^tjviji KaiSo'( «« voiM^tTut. SUl R!TI TELIGIOSI CC. -2 3 ed Iseo ncirOrazione a favore cli Pirro riporta (^aj che i dl lid nonni attestavano d'essere statl prescnti II drciino gior^ no dalla sua nascita alia solennita deW imposizione del notnej e che 11 padre gll pose qucllo di Clitarete sua non- na. Da tutte queste autoiita pertanto agevuliiiente rilevasi come fuor d'ogni dubbio uel solo decimo gioino aveva luo- go r imposizione del nonie, e che se talora anticipavasi net settinio, cio unicamente fl^cevasi per prevenire il pericolo acheforse parevaandare incontro la vita del figlio, egual- mente die si deduce essersi cio fatto con una certa legal pompa alia presenza di tucti i parent! e degli ainici. Dopu una tal funzione fucevasi il sacrifizio genetliaco, del quale quantunque molti Scrittori antichi ci parlino, niuno d'essi peio, per quanto io sappia, ci ha lasciata la minima me- inoria siarelativamentea qual divinitd precisamente e' fos- se offerto, sia riguardo al genere tlelle vittime, e de' riti coi quali questo compievasi. Mi si conceda percio 1' arri- schiare anco in questo la mia opinione, la quale non an- dera forse molto lungi dal vero, od almeno non sara af- i'atto deitituta della naturale probabilita. Io ho gia ripor- tato di sopra come Elettra presso d'Euiipids prega Clitem- nestra a voler far le sue veci nel giorno decimo, ed addu- ce per ragione della sua istanza il non saper ella precisa- mente gli opportuni riti : dunque la puerpera madre ave- va alcuna incombenza nel sacrifizio e solennita del decimo giorno. Egli e certo inoltre che le puerpere finche non si fossero sottoposte alle religiose purgazioni erano riguarda- te come impure, ed i superstiziosi guardavansi dall'entra- re nelle loro case. Di cio fa chiara testimonianza Teofrasto (c) Oi ^i TDv Uvppov '^eioi iv rsj hy.dr*! (jictirKovlsi TUpxysvsJ^xi, TO rtj"? T>]^>]: avo[ix UMircifiTyiv riv Trccrspa ej-'-cipTvfyjs'xv ^fV^ai cuJt^. 24 FONT ANI nel Carattere appunto della superstizione, ed Euripide nell' Ifigeiiia in Tauride v. 38 1. cosi canto (aj: Se alcun mortale con nemico ferro Tolse la vita altrui , odiceegli^rf^, e un soprannoine di Diana derlvatole o per I'aiuto che ella presta alle partorienti , o da Upi die Vavea nutrita, o per raglone delle tre fancluUe Tperboree Upi, Ecaer~ ge, e Loxo , onornte da Apollo e da Diana, cosicche da Upl fosse cost appellata Diana , da Loxo poi ed Ecaer- ge fosse denominato Jpollo. lo ritrovo inoltre che I'Auto- re deU'Etimologico, non nieno clie Suida alia voce rs:'/3-/\<«!, fanno inenzione d'una festa privata gia in grand' use pres- SO dei Greci , sohta fursi ogni anno nella ricorrenza del giorno natalizlo di clascheduno(e) , niolto simile a quel- la usata nella solennitil delia nascita. Or siccome si sa da Platone clie in essa si sacrificava al buon Genio , cosi h ((>) VTO vioT/.vvei ec^iiTi. (Il) ^'TSciti 5rt'f/f /aVai Sf/.^xP^w a./'MC. (c) @xkl(i) irriffxii/tii/ iffTiiLij-eyov. (d) OiiTii, eTi^STOv A'prsiJ-iSoi- v\ Txfd to oTt'^sir^cii rd^riXr- T3vr:'-i ^ ncL^x tv^v Q-f/J/acrai' uvt^v Outtiv , ij h)a. rcii 'TTsp^ofiov; yjfui, OiiTiv. h'y-xepyyiv Aolo!- uiSTifivisiv AtoZ/wv i^ K'fTifin. i^ UTc jjiiii; fJ-ev OuTii vj f^freiJ-n- AoE,'ta( ^e Kj tKcie(yai o AVo'/At'i'. !:6 FONT AN I molto verisimile a credere die nel sacrifizio pure del de- ciaio gicrno si f'acessero a questo le Jibazioiii ])er la salute del piccol fanciullo. I'uJie indubirataniente certo in fatti die secondo la Greca credenza si riputava universalaieiite, clie ciasciieduiio ilcgii uomini appena nato avesse la custo- dia d'uu Genio suo tuielare,il quale opportunamence pren- desse cura di lui nelle particolari octorreiize della vita. Fra le infinite autorita,die io addur qui potrei in compro- vazione di cio, e die posson vedersi pressu coloro i quali lianno a lungo trattato del Genio di ^ocrate , e tra quest! Plutarco, Massimo Tirio , e Apuleio, mi basti I'accennare qnella di Cebete nella sua Tavola plena d'infinite allegori- clie co^nizioni. e 1' altra di Menandro aiitore della nuova • Conimedia,secondo die ci vien riportato da Clemente Ales- sandrino nel lib. V. degli Stromi. Cebete adunque in quel- la sua inisteriosa pittura cosi pa la del Genio (aj. Quel vecchio, dice egli , che al di sopra della porta si vede sta- re in piedi , avente in una delle mani un volume , con Val- tra poi indicante un non so che, questi si chiaina il Ge- nio , ed intima a coloro che son per passare cio che con— venga loro il fare appena essi verranno in vita, ed accen- na quale strada bisogna che calchino, quando c' vogliano esser salvi n^l corso della medesima . Menandro poi con- tradicendoall'opininne d'Empedocle checominciava a pre- valere appresso i suoi , e percio credevano che vi fosse un Genio buono, ed un Genio cattivo, ainbedue scortanti la vita dell'uomo, cosi canto (bj : n (n) O' Si yifav , o a,vci} JaT>))Cw« f 3^Cr)v ^xfTVlv rivd iv ryj X^'P' ' '''V Si irifCt, UTTip SuKVVWV Tl. OVTOi A.-ilJ-WH HXAetTCtl TpOffTOCTlil Si Toii eiMTOfevoi^hoii; lihl avTovi; Toielv uQ ccv eiJi^d'ua-i)/ tiQ tdv (iiov, ti/ StiKw'ei TToiciv obov Ss7 uvtovq fiixSi^eiv, ei ;v ^viiv, dopo di cho si passava al cnnvito pieno di quelle sfoggio die era secondo la portata del respettivo stato di ciasdic'duno. iNfoscopulo nella sua silloge delle Vo- ci Attidie, parlando della solennita di tal convito,la cliia- ma fa J festa di non miiiore intercsse e sfarzo di quella che si facea nelV occasione delle nozze , nd in quella del- la dedicazione chiainata con greco vocubolo evKulvix; e Giuliano nel Misopogone aggiunge inoltre fbj die quan- do alcuno pel giorno natahzio apparecchiasi ,iinbandisce unacopiosa sontuosissima cena ,convitando a lauta men- sa gliainici. Efippo,delcui fraininento nel Gerione vi par- laineir ultimo niio ragionauiento, Accademici, fa una lun- ga enumcrazione di volatili e di pesci che avevano luogo in un tal convito ; perleche e inestieri il credere che in si . A'yciboi;. KUKov ycip S'atliJ.ov cv vofiKTTeov Elvcti Tov ^tov ^Aci-rlovlz ^^^f.yjJTOV. Ttivix yif dti dyx^ov eivxi @eo'v (a) Teve^ix xAt)9'ui'7) s'v yeventi tivos Tf Aou/zeVt) sopTtj. uiTCf yctiiii^jx. t) if yxfiii). 1^ evi^ctivix, >j £v eyKxiviiriJta} . (h) Ka/ yf*£'9'A(fl! ixiv Tii ejTiuv. Ikslvui; Tctfctjy.njx^ei SbItvov eirt oS F O N T A N 1 fatta occasione il lusso fosse grandissimo, tanto piii die dall'esteriore apparatodel medesiuio, e dallo sfoggio in es- so, fatro si argon, t-ntava la letizia e il piacere dei geiiitori Del cduseguiineiito della prole. Non istaro io qui percid a itidagare la aia<>nificenza di tali conviti, che troppo iuiigo sarebbe I'individuarla a parte a parte, e solo aggiungero che i cantici i quali secondo il Greco costume soleano for- mare la gioia maggiore della tavoia, o fosser questi a nio' di scolii disposti, od in foggia d'altra regolare canzone, contenevano per lo piu le lodi deigenitori, i felici atigurj per il nato f mciullo, e per la conservazione di esso si for- mavanodi tanto in tanto dei voti afrii Dei. Attestano cioo-H antichi Scoliasti dei Comici, nei cori dei quali soitanto si rinvengono dei tratti clie ci dimostrano I'oggcttodisi fatte canzoni , avendoci invidiati il tempo quei piu estesi mo- numenti che I'antichita ci aveva lasciati. Si sa da Ateneo che dopo tali canzoni si bevevano tre nuove tazze di vi- no, la prima delle quali a mo' di libazione era come sacra al buon Genio, e da Esichio percio fi''yji2roS:iiiJ.cvi3-rui son detti quegli che la libavano,la seconda dicevasi A:o(; a-dirijcoc, ossia sacra a Giove autoie della salute, la terza poi alia Dea Salute medesima era consacrata, ed era detta percio KpciTi^i Tyieiui siccome attestano e Polluce, e Snida. Da essi come da altri giammatici si sa pure che dopo tali libazio- ni si facevano delle danze, giusta cio che Omero nel primo deir Odissea V. iSa. cantando disse (a): L'armonioso concento, e il lieve ballo Son dei conviti Tornamento primo, e qiieste, siccome pure altrove notai, erano per lo piii se- condo il genio dei convitati ,quantunque si procurasse che fossero in qualche niodo allusive alle diverse occasioni delle solennita per le quali erano destinate. Lo Scoliaste di Cal- (a) MoAt»7 t , of^yicTTVi T£, TK yap r' civu'^ij[iaTu Scttroi. SUl RITI RELIGIO'I CC. 29 limacOjlA dove il Poeta racconta come i Coribanti scuoten- do i loro scudi saltavano intorno a Giove perche Saturiio noa ascoltasse i di liii vagiti dicendo f^a^ : I destri Coribai)ti a te d'intorno Saltaion lievi, e dibattendo I'armi Con lo srrepito lor, col lor fragore A Saturno impedir della tua voce Udiie ii suono, i tuoi vagiti, i lai, sembra d'esser d'avviso cbe, neiroccasione dei conviti fatti nella nascita d'alciino, il successive ballo fosse del genere di qutgli apj>unto die i Greci cliiamavan Tvpf'i^vi per una certa soiniglianza a (juello dei Coribanti suddetti. Faccvasi questo da persona vestire di armi, le quali al suono di mili- tari strumenti muovevansi in varie 2;uise, al dire di Sui— da, edi Girolamo Alercuriale, e sicconie era esso unodei piCi difficiii, e della niaggior fatica, cosi appunto era prescelto in questa opportunity come per un augurio di vigore e di for- tezza futura nel nato fanciullo. Vi ba tra gli eruditi cbi cre- de ciie 02;ni sette giorni dope del decimo si facessero in ca- sa dilla puerpera delle private solennita e feste similli aile gi;\ narrate, ma ollrecbe non si trovano indubitate testimo- nianze d'anticbi Autori die ce le confermino, elleno poco piii, poco ineno esser dovevano della specie medesima delle anziilette, giaccbe dopo la festa del decimo giorno non si trova indizio di singolarc parricolarit^ cbe nel quarantesi- nio, in cui si considerava legalmente compito il tempo del Puerj)erio. Ccnsorino non lascia luogo a dubitare di cio di- cendo: Post partum quadragiata diebus pleraeque foetae sunt graviores, nee sanguinem, interdum continent, et par- vuli fernie per hos dies morbidi, sine visa, nee siaeperi- (a) Oi/Aas Ss Kovp^Tti cc^foxi t^u OiVft/fA « Tori kvimxt' bt' cilovoi rrlvovly.^ AuTxTxi Se )Co/xa>, i^ lirl a&ufx xoatov ctye'o'ui , 2tij3-£x( pxivOi'Aivotg, /.lyv.x; Of^uixt^' doiScli. 3'2 F O N T A N I Or clie Vener si tiene il dolce sposo, Lieta sel tfiiga; ma su! primo albore Quando giu cade la rugiada molle Nuuzia del giorno, tutre unite insieme ^ Fnori il trarrem sull'onda, e presso al lido Facta la purgazion, disciolti i crini Al zefiro soave, e in lunga veste. Ma tal die il petto semiaperto mostri, La linoua sciojjlieremo a nuovo canto. Se,oltre i predetti, poi vi fossero altri religiosi riti per la particolare espiazione delle puerpere, non e facile il lin- tracciarlo, non vi essen^'o ciii d'essi parli partitamente j e solo si sa che terminata questa,elleno si portavano al Tem- pio di Giunone per ivi sacrificare una vittima per lo piii consistente in una pecora, che tutta offerivasi in olocaasto a quella Dea per rendersela propizia nel corso della loro vita matrimoniale, siccome avverte I' Autore deU'Eniniolo- gico, e favorevole a'proprj figli. La ragione e il fine di tal sacrifizio ci vengono additati da Pausania la dove ei rac- conta le gelosie e i contrasti di Giunone con Giove, il quale col fingersi amante e sposo di Platea figlia d' Asopo richia^ mo a sela sua moglie e feceche rinunziasse pure una volta ali'orgogiioso suo sdegno. Oltre di die Giunone credevasi dagli anticlii che anch' ella presedesse ai parti , ed in fatti racconta Pausania stesso die dal momento in cui ella sor- presa da gelosia mando ad assistere Alcmena prossinia a partorire alcune maliarde , die pero furon deluse dalla sa- gacita della figlia di Tiresia, tucteleGreclie donne intimo- rite cominciarono a prestarle onore, ed a rendersela pro- | pizia coi voti, e coi sacrilizj. Cliecchessia perd delle poe- ^ tiche invenzioni, e dei favolosi racconti, dai quali voglionsi originariamente derivati certi ritij egli e fuor d'ogni dub- bio che dalle puerpere si faceva a Giunone il predetto sa- crifizio 5 terminato il quale passavano esse al Tenipio di Dia- SUI RlTl RELIGIO^I CC. 3o ra soprannomliiata Loohitee Ilitia,per renderle grazie ('ell' assistfiiza ed aiuto di cui si credevfaiio ad essolei del)itri- ci nel parto,e le consacravano la mantale zona, e la vcste d)•■• oV/ vyjSvv Zuov drr' u^i'yxr >mm t^s&s ^fipai. 34 FONTANI na anco i leojami delle loro treccicj e nei parti loro susse- cutivi al primo quel peplo stesso di cui eran vestite nel parlo, onde cosi introduce Ambrosia, che s'era sgravata di due gemeili, a parlare (aj: Alma Lucina, cui si dee la vita Da chi madie diviene. Ambrosia il cinto Di sua chioma depone innaute ai piedi Tuoi venerandi, e quel medesmo peplo, Di che vestita duplicata prole, Tua merce, dette al mondo: d dono accetta Di lei che beta oinai scordossi il duolo. Marco Argentario inoitre;, il quale visse, a mio credere, circa ai tempi di Adriauo in un suo Epigramma ci assicura die molti altri ornamenti donneschi oltre la zona raaritale, e la nuzial veste^ si consacravano talora dalle puerpere a Diana, frai quali una porzione dei propri capelli^ il cinto del petto J, e quella interinre specie di camicia che era allora in uso, la quale dicevasi ;jinuno per propria espf-rii'iiza lo ricmosce. jSel niio trairato dflVuntica Eco- noinia Jisica per la costruzione delle Citta (aj alciiiu pre- yetliuienti honotato, che a ricreare, e conservar la vista furt)no dali'antichita praticati , e circa la nianieia cl'illiimi- nar le stanze, in inodo da non oflender gii occhi , pur qual- che cosa di passaggio vi e detta. Ora aveudo direttamen- te in veduta un tale argonjento, fa d'uopo con maggior di- stinzione sviluppare quanto a Dura acceiinai. e non nieno de' inezzi narurali, che degli aiuti deli' arte in tal proposi- to , alcune non inutili osservazioni rapportare . In fatti a che giova lo studio degli ancichi originali, se ii confronto delle loro nozioni rispetto a noi non c'istruisce o ad imi- tarli, o pure a migliorare le loro scoverte, avendo sempre per osgefro finale, che nisi utile est quod faciinus stulta est gloria?' OH antiquarj ordinariamente poco critici, e raeno filo-/ sofi, si sono imbarazzati neH'osservaretalvoha la disposizio— ne delle finestre ne' ruderi di alcune antiche case, fino al punfo di non esservi mancato piii d'uno, che ha creduto, e con maggiore imperizia ha spacciato, chegli antichi man- cavano aflatto di Hntstre nelle loro abitazioni o che tut- to al piu le stanze avevano de'piccioli lumi ingredient!, ol- tre quello, che ricevevano dalla porta (2); e che cio na- sceva da un gusto quanto particolare, altrettanto incredi- bile, di esseie gli antichi piu anianti delle tenebre, che della luce. Ma quel che reca maggior meraviglia si e, che il dotto Winkelmann, uno de'piu sagaci, ed accorti anti- quarj de^ nostri tempij si spiega co^i su cpiesto particola- re fbj: „ Se si potesse giudicare dagli antichi edifizj , che (a) Pag. 287. Nap'oli 1796. (b) Osservazioni sail' Architettura degli Antichi C. i .%■ 66. PRECAUZIONI OTTICHE ec. 09 ci rpstano, e particolarmente da quel dclla villa Adria- „ na a Tivoli, dovremino credere, die gli anticlii preferis- sero le tenebre alia luce; perocche non si trova alcuna volta, camera veruna, che abbia delle aperture a mo- do di fiiiestre. Pare che la luce y\ entrasse anche per „ mezzo di un buco nel centro deila volla ; ma siccome le „ volte sono cadute verso il puiito della cliiave, ossia il „ punto centrale, not! e possibile il convincers(>ne cliiara- „ meute Checche ne sia, e certo almeno, che lunghissimi corridori, o gallerie meta sotterra, dette cryptoporticus, e Imighe anche piu di cento passi , non ricevevano ai- tro lunie che dagli estremij con una specie di feritura , per cui il luine cadeva dall'alto. „ Or chi non vode, che qiianto dice il vero rispetto a' crittoportlci , o sieno gallerie di estate, fabbi icate a bella posta nel modo indica- to, per evitare il soverchio calore del sole, altrettanto s'inganna rigiiardo alle finestre, che quasi alFatto nega al- le stanze di abitazione; tanto piu ch'egli immediatamente ricorda, che le gallerie della villa Laurentina di Plinio faj avevano finestre da ambidue i lati, ed altrove (bj dice, che non par probabile che le case in Citta grandi sieno sta- te fabbricate senza finestre, che dessero in istrada, rappor- farido alcune autorita di poeti Larini. Oltre a cio, come bene avverte il suo dotto annotatore Carlo Fea, non pare che si possa trarre alruno argomento a questo proj)osito dalle rovine delle stanse della vdia Adriana, che non si sa a qual uso fossero destinate. E poi dagli Scrittori abbia- mo generalmente il contrario. Palladio fcj prescrive, che le case di campagna abbiano molta luce, e di quelle di campagna, e di citt^ non meno, lo dice apenameute Vitru- C\i antichi conobliero a bastaiiza la teoria della luce, e Ic regole deli'otlica. La scuola di I'latone non con- tribui poco aU'avanzainento di cjuesta parte della fisica per rimportante scoperta, che ii hi me si propaga in linee reite, e cbegli angoli d'incidenza sono eguali agli angoJi di riflessione . Platoue medesimo senibra di aver preveduro il sistema di Newton sopra i colori, ailorche disse, ch'essi sono I'elfetto della luce trainandaca da'corpi, e la quale contiene picciole particelle proporzionate all'organo della vista (a). Lo stesso Newton seguendo Democrito, ed Epi- curo, insegna, che la luce sia una vera, e reale emanazio- ne del corpo luminoso, e che il fascio di luce scagliato ista rlfratta per mezzo di certi tuhi riceve piu giandi le iinmagini dcgli oggetti Icntani. Di piii sappianio da Giambiico (a), che Pitagora si era applicato ad iiiveutare degii strumenti, che fossero di un sotcorso rarito stabile, e sicuro jjer Ftidito, f|uamo lo era SioTTfu per la vista. Sotto tal nome veniva tanto il tra- guardo inatematico , ed architettonico giil inventato da Ipparco, quaiito il traguardo astronomico, o sia telesco- pico armato di tubo, e di lenti . In fatti del tubo fii se- gnara inenzione Polibio, SixvAiirKoi , e Plinio Cbj dice, che se ne servivano per guardare le ombre del sole, onde conoscersi la loro retta linea negli equinozj prima, e dope il niezzogioriio , o pure Taltezza, e la depressione nei solstizj ■• iVain nisi ia medio esset (terra), cequales dies noctcsque haberinon posse deprehendunt et dioptrae , quae vel maxime id conjirmant: cum ccquinoctiali tempore ex eadem hnea ortus, occasusque cernatur , et sohtitialis exortus per suam lineam, brumalisque occasus. Da quaiito si e detto possiamocoiichiudere col gran Sal- niasio (cj. /^i^-rrpx proprie vitrum est seu specular, per (a^ Tn vitr Pyrhng. Cup. XXVI. (h) L. ir.Cip.Ui). (c^ Ad Soliii. p. io3. TrajecCi ad Rhen. 1689. • I 48 D AN COR A quod videtur ; ^uTOTTpov speculum, in quo vldetur . . . . ^ H(ec differentia est i'ioTTfM , ct x^aroTrpa , specularis , et speculi did(pxaiv facit specular , speculum eiJ-Puatv. No- teretno per ultimo , che senza pregiudicare alia gloria deir iiumortale Galilei, e di alcuni oltramontani, che si han disputato il merito dell'inveiizione del Cannoccliiale, il P. Mabillon (aj, che pur merita tutta la fede, asserisce che nell'opera di uii certo Monaco Corrado, che vivea nel secolo XIII., vedevasi dipinca la figura di Tolomeo in atto di contemplar le stelle con un cannoccliiale nella destra a quattro tubi. E percio sempre piu si ricoiiosce vera la sen- tenza Oraziana: Multa renascentur, quae jam cecidere. (o) Itin. German, p. 46. et seq. Hamburgi 1717. 49 ANNOTAZIONI (i) A ra le infinite lotli profuse con ben giusto titolo a favore di si niirabil organu de' nuMtri sensi, cod aurea piecisiooe cosi canto Angelo di Costanzo Son. xi 1 1. Gli oGchi che volse quel gran Mastro eterno Formarvi 'n fronte con mirabii arte, Per far p'm chiare e plane in ogni parte Le strade a noi del liel camniin superno. QninJi tbbe a dire Cicerone de Oral. I. iii. c. Sg. ,, Gli occhi singo- ,, larmente son qiu'lli per I' intensione, pel rilassamento, pel volginien- ,, to, e per I'ilarita de'quali convenientemente i mtre assai in alto, secondo il prescritto da Vitruvio I. v. c. 1 I . , in tutio il reNto erano luinino?;>simi con finestie grandi , e basse in inodii , rhe stando a sedere nel bagno si vedesse il mare , e la campa- 7. 50 d' ANGORA gna, come nota Seneca Epist. lxxxvi. de'tempi suoI,dopo diaver detto, che il bagno di Scipione Affricano il maggiore in Linterno era moltoo- scuro all'uso de' bagni antichi. (4) E' assai nota la legge dell' Imp. Zenone , registrata nel Codice di Giustiniano tit. de O'dif. piin. leg. 12. In Constantinopoli , dove molto pre^iavasi il prospettu del niare, ie finestre per dar luce alle camere do- vevano tarsi alte sei piedi gieci dal paviniento: Ie prospettive poi erano appena tanto alte, olie uno staiido a sedere vicino ad esse potesse godere deir aspetto di tiiori, seiiza recar sogyezione al vicino. (5) Jientianio quaiito brevemenle nota su tal proposito Giniio Minu- toli Dissert, iv. de Doniibns sect. 2. h.x Scriptoium sedula Jectione inspect ioiieque illud cnlligiiur . fenestras iiempe prinULm tucijeias taiiluin fuisse, seu ad solum lumen in conciai'ia adinitteiidum , adeo" que in eininenlii 1 i parietum situ, postmodurn i>ero eliam piospectivas, inijue cuinrni)diuti ad ptospectum loco. Fetiestraiuiti Jigura multiplex fuit, ijuadiata, rotunda , el ohlon^a, t/uarum postrema hcec frequen- liar, ut apud Haptistam j4lbertuin I. i. c. 12. -I'idere est. licet Daniel Jlarbarus ad p^itrut'ii l. iv. c. 2. quadratam figuratn untiquis pioha- lain dicat. (6) Le lopgie intanto , ed i portici , rh'erano davanti e per fianco del- le fabbriche,ri paravane I' interiore delle abitazioni dal troppo gran caldo, non dando il 6ole a piombo snile muraglie, e sidle finestie della case. (y) Ecco in comprova nn tatto luriiinnso rapportato nella traduzioce Italiana del Sig. Beer dell' Opera su i mezzi di conservar la vista pag. 4- Milano i8o5. « Son cinque anni , che un viaggiatore giovine , e sanissi- « mo smonto la sera in un albergo di questa (^itta ( Vienna). La mat- « tina spguente i raggi del sole, i quali venivano ripercossi sopra i suoi « occhi da un mnro laterale, e dalla soffitta, lo risvegliarono subitamen- tf te. Egli si leva per tirare Ie cortinerh' erano bianche , e ritorna nuo- appartamento.« (8) Speciahnente in Ezechiele c. xli. v. 16. par che per obliqute si debba intendere della luce, che venendo dall'alto obliquamente si tra- mandava dalle finestre nell'interno delle fabbriche. 1 lxx. , la parafrasi Caldea,ed in segnito gli Espositori,si sono allucinati per la natural signi- ficazione del verbo Ebreo OK'K , occludere. S. Girolamo par che me^ glio ne abbia capito il sense, come I'abbiamo nella Volgata. ANNOT-VZIONI. 5l (g) Ben rifli'tte il lo.Iato annotatore di Winkelir.ann Sig. Fea , cioJ che non piio Carsene una regola generate , e clie quelle delle antirhe Chiese, e Kasiliche di Homa,son iacte a norma delle Hasiliche de'Gentili, di i'urniu Liialunga, come si ve^jjunu ne^li avatzi di qualchti oa&a andca , e !iu'basiiiri!ievi. (lo) Da Ippocrate fino a' Medici de'nostri tempi si ^ sempre convenn- to , die tra tntti gli altri segni da pronosticare nelle malatlie , gli ocohi sono i pill indicanci ; e peicio il gian Celso I. iii. c. 6. precelta , cha Meilicus iteque in lenel//is , !,equ.ea capite ce§ri lesideai , set! illustri loco adversus eum , ut omnes iiotas ex vullu quoque cubanus prospi- viat. Serondo quesla pratica medica il nostro Salvadore co»i si spie£;a in t). Matteo cap. v i . verso aa. Lucerna corporis tui est oculus tuus , Si oculus luusfueric simplex- , loiutn corpus luum lucidum erit . Chi sia vago d' inioiniarsi de'diversi pronostici de^li ocelli poira consiiltare sopra tutti gli altri la dotta Dissertazione di Cristiano Haertel de oculo ut signo. Gottingae 1786. (ii) Jn latti setiza tali ajuti, che ingrandivano gli oggetti, ed aguzza- vano la viata, come niai Cicerone, al riferir di PUnio. I. v 1 1. c. 21. , a- vrobbe potuto vedere tutta I' lliade d' Oinero, scritTa di si fine caratte- re da poter esser contenuta in un giiscio di noce . Comunque voolin credersi o esagerata 1' espressione , o pure che il poema fosse scritto con sigle , o sieno seniplicl iniziali delle parole , egli e certo che rispetto alia possibiliti di simili inipercettibili lavori fin al di d' oggi ammiriamo let- tere , e lavori d'intaglio in diverse antiche gemme, che abbisognano dl acutissime lenti per ravvisarsi. Senza ricordare i risa[)uti lavori di tal i^e- nere di Mirinecide Milesiano , e Callicrate Lacedenioiie , ranimenlati da Lliano Far.hisi. 1. i.e. 17., rlmandiamo il leltore a quel che dottamen- te nota su tal proposito Angelo M. Ricci nella 111., e xi\. delle sue Dissertazioni Omericlte,e per alcune prove de'moderni miografi a qnan- toasserisce VjennaioithiineWUndirizzoperlaletteratura Greca p. 166. seg. Napoli 1758. (12) Oltre le ragioni, che ricaviamo dagl'intagli delle gemme antlche, circa le noateni ottiche de' (jreci , e de' Romani , da un passo di Plinio 1. XXXI I I. c. q. poco esaniinato chiaramente rilevasi , come egli secondo i principj della cauterica luirabilinente spiega gli elletti di alcuni vasi di argenco, i quali in t'ornia di varj specchi, e con perfi^tta piilitura,cum- paiivano ligurati al di dentro . Egli priinieramente parla del caratrere deir argento si atto a fare degli specrlii : Aatura mira imagines n-dden- di,quod lepercusso aeiv, atque in oculus regeslu fieri caineait. Dul qiial passo, giusta le osservazioni di Monsieur Jannon de 6. Linurent Dissert, suite pietre preziose degli Antictii, si vede , che non ricorreva Plinio a quelle specie visibili , colle quali gli antichi spiegavano la visi.jne ; ma egli intendeva, siccome h aintnesso fra noi , che fosse una qualche mate- 53 d' AN COR A ria , che da' corpi si riflettesse sopra il piano degli speech! , e da questi a' nostri occhi. Seguita quindi il discorso degli specclii concavi , e degli accennati \a&\:Eadem viin speculis usu polita crassitudine ( colle quali parole dichiara evidentemente, che gli antichi seppero lavorare gl'istru- Dienti di ottica quasi come noi , ed ebbero I'uso delle patine), pauluni- que propuha dilaiatur in immensuni magniludo imagijium Quill etiam pocula itajiguraiilur , exsculptis inlus crebn's ceu specu- lis, ut ce/ uno intuente, poputus totidem imaginum fiat. Excogitantur el nioiistrifica , ul in templo Smyi riae dicata. Id evenil figura mate- riae ; pluriinumque refert concava siiit , et poculi inodo , an parmae Threcidicae, media depressa an elaca , transi-ersa an obliqua, supina an recta quaUtate excipientis figurae torquente 'venientes umbras. Altre sode ragioni in tavore dell' ottica degli antichi, ricavate dalla pit- tura, si tralasciano per amore di quella brevita, che ci e sempre a cuore. 53 I DUE SISTEMI DI ECONOMIA POLITICA. DISCORSO sopra una Questione proposta dall'Imperiale Accademia di ^A'ilna DI J. C. L. SIMONDO SISMONDI. X-J Economia Politica e forse la sola sclenza, che abbia per oggetto inimediato la beneficenza universale e la prosperita degli uomini; imperocche e dessa che pre- tende insegnare al Governo, com'ei possa conservare ed accrescere le ricchezze delle nazioni; incoraggiare I'agri— coltuia, da cui nascera rahbondaiiza; render florido il commercio, die dividera i beni della terra fra i di lei abi- tatori in ragione della loro industria; perfezionare le arti, le ijiuli inoitipliclieranno i godiinenti degli uomini, con far tendere a loro avvantaggio i progress! tutti de'le akre scienze. IMa non basta gii , die una scienza sia destinata a pro- durre un gran bene,perclie coloro che la coltivauo ineri— tino la nostra stiiua ed il nostro rispetto: fa d' uopo altresi 54 S I S M O N D I che dessi pervengano alio scopo che si sono prefisso, o che vi si avvicinino alineno; conviene ciie i loro sforzi non siano perduti per il genere umano,ch'egIino ban voliito sollevare. Una scienza,clie sia annunziata come avente per suo scopo la piospcrita di turti gli uomini , diventa quasi oggetto diderisione, qualora essa si racchiuda in vane teo- rie, di cui giammai non s'intraprenda I'applicazione. Tale e forse oggidi la sorte dell' Economia Politica. L'Europa vede comparire sovente qualche opera nuova, in cui vJene con confidenza inse2;nata 1' arte di governar le nazioni, di aumentare le loro riccnezze, di assicurare la loro prosperity: ciascun giorno numerosi uditori interven- gono alle piu celebri Universita per prendervi delle lezioni sulla grand e scienza degli uomini di Stato; e cio non per tanto tutti i Governi di comun consenso, rigeftando con egual disprezzo e le teorie degli Scrittori, e le lezioni del- le scuole, battono una strada tlirettamente opposta a quel- la die si vorrebbe ad essi tracciare: eglino si sono fatti per loro medesimi dei principj , die stanno in contradizio- ne con quelli dei dotti; e sia die niuna scintilla di nuova luce scaturisse mai dall'urtodi tante differenti opinioni, sia che gli uomini in posto abbiano costantemente opposta I'alterigia del potere, e I'albagia di uno spirito limitato agl' jnsegnamenti dei loro inferiori , la verita si e che 1' ammi- nistrazione de'popoH non e stata migliorata per niente^ e tutti i progress! della scienza non I'hanno punto avvici- nata al suo scopo, ne le hanno fatto cogliere alcun frutto. Certamente nel carattere degli uomini di governo si rin- verrebbe una delle a;randi cause deila loro trascuratezza per teorie, che avrebbero potuto accrescere i loro lumi; ma comecche non possiamo mai aspettarci ch' eglino siano sensibili alia critica dclle persone di lettere, o che si sot- toniettano con dociliti alle lezioni che lor si pretendessedi dare, si tratta qui di ricercare i torti degli Scrittori suU* ECONOMIA POLITICA. 55 Econoniia politica, e non i loio , se aumcntar si voglia r iiilliit'iiza delle teorie politiche sai Goveini, e ravvici- nai le al loro scopo.Egli e percio die non possiaino che far plauso alia saviezza dell' Universita di Wilna per la scelta del Problema da lei propostrt agli Economisti. Ella ha ve- duco che I'ostacolo grande per i progressi, e soprattutto per i'applicazionej della scicnza, consisteva nella confn— sione, e sovente nella contradizione del sistema di niiglio- raniento che vien proposto al Governo ; nella confusione, e sovente nella contradizione dei principj di Economia po- litica, i qaali non pettanto vengono riguardati come san- zionati , ed a C!ii si appe'lano con fiducia gli Scrittori: essa ha osservato che due sette opposte, i discepoJi di Adaino Sinidi e c[ae!li di Qaesnay j gli ultiini d(^i quali soiamente artribniti si souo il iioiiie di Economisti , qLiantunque do- vesse questo appartenere a tutti colore che coltivano la medesima scieiiza, essa ha osservato, io dico, che cjueste due sctte^sicaratrerizzavano reciprocamente come ausilia- ri, perche combattevano in coniune certi abusi, e perche egualmente riconoscevano certe verita general! , certi fon- danientali principj; che qneste due sette si considoravano come I'una all'altra alleate, mentre di fatto avvi tra le idee madri, che appartengono a ciascheduna, una opposi- zione tale che le uiie necessariamente distruggono le altre; che le conseguenze che tirar si possono dai principj dei due sistemij sono cjualche volta direttamente contraditto- rie; e che la confusione, che ne resulta, ha dato gia luogo piCi di una volta a qaelli che restano attaccati all'antica pratica , o che sono intercssati alia difesa degli abusi esi- stenti, di attaccare la scienza medesima degli Economisti^ e direspingere con tutta la lore forza I'applicazione di teo- rie vane per il Governo e per i piil immediati interessi desrli uomini . 56 S I S M O N D I Questione proposta daW Imperial e Accademia di Wilna nel Giugno i8o5. Determinare qiiali sianoipunti su dl cui si accorcla- no ]e idee niadri di Adaino Smith con quelle del Dottor Quesnay, e quali quelli su di cui differi- scono queste idee, od anche sono interaniente op- poi^te. Cio tende dnnque a rimuovere dall'Economia Politica una folia di errori, clie nascono dalla confusione di questi due sistemi, cio tendea facilitare lo studio di questa scien- za a coloro che non avvertono I'opposizione delle due set- te, o che ingannati dai riguardi ch'esse han mostrato I'u- ua per raltra^ indarno intraprendono di conciliare i loro priacipj ; tende final mente a toglier di uiano le anni aque- gli avversarj di quakmque teorica cognizione per il Go- verno, i quali con attribuire il medesimo sistema, e per conseguenza i medesimi errori a tutti gli Economist!, ne coiicludono che la scienza non puo essere che il resultato della praiica, e che in conseguenza il diritto d'influire sul governo degli uomini, quello di far loro del bene e del male, quello di occuparsidei loro piii preziosi interessi, dc ve essere esclusivamente riservato a coloro che il caso, I'intrigOj la venalit^, come pure bene spesso ancora una scelta illuminata, hanno collocati negl' impieghi di ammi- nistrazione, dall' ultimo commesso di Dogana fino al mi- nistro di Stato. Cosi formano essi due classi della nazione, quella dei Governanti, e quella dei Governati; ed alia so- la prima accordano il pensiero, o piuttosto la perizia che deve regolare la sorte degli Stati. L'Economia Politica e la scienza che insegna a conosce- re la natura ed a sviluppare le cause della ricchezza delle ECONOMIA POLITICA. 67 nazioni. Ora ilsistcmadi Quesnay,ef{uelIo di Addmo Smith dilFeriscono in quaiito alia natiira ed all'origine di questa ricchezza, in (juaiito agl'individui che la producono, ed in cjuanto alia rendita netta cl/essa costituisce. Noi esa- niineremoprimierainentequeste tie dilFerenze capital!, e le immediate lor conseguenze, affine di tar vedere come le due teorie eull' Econoinia Politica formano due sistemi as- solutamenie incoiiciliabili, de' quali non puo esser vero ruiioseiiza che I'altro sia necessariamente falso; come pu- re che la loro pratica influenza sulTamministrazione sotto questi tre rapporti esscr deve diametralmente opposta. In seguito noi passeremo ai punti d' incontro dei due sistemi, poiche bisogiia bene che essi ne abbiano avuti parecchi , perche fosseio insieme confusi: noi faremo vedere in quali casi tirano essi dei resultati com\ini, talvolta dai medesimi principj , talvolta da principj difFerenti, e cosi spie2;here- nio perche le due scuole abbiano si sovente parlato il me- desimo linguaggio, e siano comparse dividers! tra loro le medesime opinioni. L'Accademia di Wilna ha con raffione designate il dot- tor Quesnay come il foiidatore della scuola Francese , e strano comparirA senza dubbio che per sviluppare il di lui sistema da noi si ricorra agli scritri de' suoi discepoli piutfosto che a' suoi. Ma Quesnay, quantunque capo di setta, non ha scritto alcun' opera fondamentale, a cui si possa ricorrere per aver la chiave del di lui sistema: egli ha sparso le sue lezioni in varj libercoli, che diflicil sarebbe il riunir in opere del giorno, in articoli dell' En- ciclopedia, e di Giornali: cio non pertanto il di lui corpo di dottrina e stato ammesso da tutta la setta Francese con una si cieca fiducia, che ciascheduno dei di lui discepoli puo far testimonianza per lui. Noi citeremo soltnnto I'A- bate de Riviere (Ordine narurale ed essenziale delle socie- ti Politiche) , e Mirabeau (I'Amico degli uoinini). 8 53 SISMON D I Sarebbe stato inutile, egualiuente clie facile, il moltipli- care le nostre citazioni. II filosofo Francese fu uno dei primi a riconoscere che I'oro e I'argento, segni di tutte le ricchezze, niezzi di ba- ratto fra tutci gli uomini, prezzo di tutti i mercar.i:, non formavano per aitro da per se stessi la ricchezza di uno Stato; che alt re persone,oltre quelle che lavorano alle mi- niere, potevano procurare ad un popolo la vera opulenza, e che giudicar non si dovea della piosperita di una nazione dalla sola abbondanza dei metalli preziosi (i). Con ri- volgere i suoi sguardi sopra gli uomini delle diverse classi, i cjuali frattanto egli vedeva occupati tutti a guadagnare del denaro, impiegati tutti a far circolar le ricchezze, con senibrar ciascuno di crearle a vicenda, ei cerco fra loro quali potevano esser riguardati come i piu vicini alia sor- gente; rimonto dagli uni agli altri , e quasi sempre gli par- ve di non scoprire che un baratto in tutto quelle che fin allora era stato riguardato come una creazione. 11 negoziante che porta da un continente all'altro le produzioni de'due emisferi, che rientrato nei porti della sua patria ritrova nella vendita del proprio carico una somina di denaro doppia di cjuella con cui aveva incomin- ciate le sue corse, non aveva fatto ancoresso, secondoQue- snay , che un baratto (^2^. Le aostre stofFe, trasportate nelle Colonic, erano state vendute, e vero, piu di quello che non gli erano costate, ma il loro valore in efFetto era piu graude. Non doveva egli farsi rimborsare del suo tem- po, delle sue cure, dei viveri coi quali erasi nutrito nei suoi lunghi viaggi, di quelli che aveva somministrati a* (1) Ordre essentiel des Societes polkiques, Ch.'i%. p. 862. et Ch.^0. p. 382. Ed. in 4.° (2) Ordre essentiel des Societes politiques j Ch. 89. p. 365» 369. ECONOMIA POLITICA. 5(j suoi marinari, a' suoi agenti?Un nuovo rimborso del me- desimo genere gli era dovuto, per aver riportato nel suo ricorno in Europa, i cotoni, gli zucclieri dell' Indie. £ ve- ro forse che la somma, cli'ei considerava qual suo profit- to, era snperiore al saiario che aveva meritato, a I rimbor- so delle provvisioni di qualunque genere ch'egli ed i suoi avevano consumate nel viaggio; mail di piu del guadagno era il frutto delle sue economie . e cjualche volta della di lui accortezza. Per arricchirsi egli era sempre vissuto da povero, non aveva consumato tutto il frutto del suo la- voro, tutta la compensazione che per dirirto gli toccava in baratto delle sue cure. Per mezzo de'suoi risparmi e-^li avea forse formata la sua fortuna.ma il di lui mestiere non era in fine che un baratto, e le ricchezze preesistenti, cioe da una parte le mercanzie delle quali egli faceva commer- cio , dall'altra quelle che desso ed i suoi agenti consuma- vano in vanrago;io di questo commercio, non erano per niente aumentate col lavoro di tutta la di lui vita. Dietroquesta prima veduta, generalizzata e adottata da tutti gli Economisti 1' rancesi, il commercio di trasporto ha ricevuto da essi il nonie di commercio di economia. Consi- ste questo nel baratto tra due nazioni straniere delle mer- cansie che loroconvengono, senza che giammai il mercan- te finisca col servirsene egli stesso in questi baratti. Secon- do gli Economist! Frances! il prolitto di questo niercatante altra cosa non e che una specie di saiario per la pena ch'ei si di: egli non pud accumularlo che per mezzo della sua economia, e la nazione, che si dedica ad un simil commer- cio, cerca nell' economia I'origine primaria della sua ric- chezza . Agli occhi del Filosofo Francese I'artigiano, il quale la- vora nelle manifatture, fa nel raodo medesimo del merca- tante un cdntinuo baratto, ma del presente coll' a v venire. Drappi, mercanzie di ogni specie, sono il prodotto del la- Co SISMONDI voro delle di lui mani; ma cos'e in ultima analisi nn simi- le piodotto? La semplice accumulazione del di lui sala- rio (i). Una pezza di panno e staccata oggi dal telajo; ma a prezzo di quali ricchezze preesistenti si e ella ottenuta ? Questa pezza senza dubbio rappresenta i velli delle pe- core che sono state impiegate per farla, il nutrimento ed il mantenimento di tutti gli artisti che successivamente hanno lavata, pettinata, filata, tessuta la lana, il nutri- mento ed il mantenimento del padrone che ha diretta To- pera. Sono stati sempre distrutti dei beni prodotti daila terra, avanti che altri beni siano stati prodotti dagli uomi- ni per rimpiazzarli . Questi prodotti della terra come si sono eglino ottenuti? Qui si presento agli occhi del Francese osservatore un lavoro di tutt'altra natura. Egli vide che I'agricoltore in- caricato di far nascere questi beni, faceva egli stesso una specie di baratto coila terra, i di cui frutti pagavano il di lui salario,e compensavano la pena ch'egli erasi data, e le provvisioni che aveva consumate per far nascere e racco- glier le messi; ma egli vide parimente, che dopo il paga- mento di questo salario vi restava ancora una rendita net- ta, che il proprietario percepiva, una rendita che gli ve- niva gratuitamente concessa , una ricchezza la qual& so- la fra tutte quelle che avea fin allora osservate, non era il prodotto di nn baratto, una ricchezza che non ricompa- riva per niente sotto una forma nuova, ma che colava, come dalla sua sorgente, dalla mano benefica del Padrone della natura , una ricchezza che la natura in dono gratui- to apportava al suo proprietario , e la quale sola non es- sendo predestinata a compensare un tal qual lavoro, a for- fi) Ordre naturel et essentiel des Soeiet. polit. Ch. 3i. p. 25/. et Ch. 4.3. p. 423. * ECONOMIA rOLITICA. 6l nire a certi haratti, esser dovea 1' origine di qualslvoglia accumulata ricchezza ( ^ ) . Discendendo allora di nuovo dal proprietario di ter- reno a tutti gli uomini, tea i quali si repartisce la ric- chezza, I'osservator Francese crede di vedere che il primo pagasse a tutti il loro salario. E per il ricco che i fiutti seinpli- ei della terra son convertiti in squisite vivande, in magni- fici abiti, in suntuosi palagi ; e per il ricco che lavorano tutti gli operaj ; per il ricco tutti i mercatanti cambiano le produzioni dei diversi climi,- ed e il ricco, vale a dire, il proprietario di terreni, quegli che pagando a tutti il loro salario, eccita tutti al lavoro: quando egli spende le sue rendite in intiero, sparge allora I'abbondanza, e risveglia I'industria. Non e col risparmio come il mercatante ch'ei deve arricchire, ma e per mezzo della generosita ch'egli arricchira tutti i suoi compatriotti j e non impoveriri per niente se medesimo (2 ) . In tal guisa fu completato il sistema degli Economisti francesi. Essi stabilirono per principio che il prodotto an- nuale della terra era la sola ricchezza nazionale ; che le arti eil il commercio non facevano che dare una nuova forma a questo prodotto senza auraentarlo, e che tutte le ricchezze, che sembravano create dagli uomini, erano neces- sariamente eguali a delle ricchezze naturali, che dessi non avevano fatto che rimpiazzare a delle ricchezze naturali, che avevano nudrito gli artisti e pagato il loro salario. Questo sistema iiigegnnso . ed in tutte le sue parti coe- rente, sarebbe stato adottato come Tunica spiegazione del- lo stato economico di ciascheduua nazione,se allorquando (i) Ordre natitrel et essentiel des Societes politiques Ch. 3\. p. 282. Mirabe.au, Ami des hommes , Tableau Economique Tom VI. p. a3. 5 a. ec. (a) Mirabeau, Tableau Economique, Tom. VI. p. 108. 62 SISMONDI si e voluto applicarlo a quelle ch'erano state meglio stu- diate, I'esperienza non fosse venuta a snientirlo. Infatti, ■se vero fosse die Ja sola agricoltura crea delle nuove ric- chezze, i paesi favoriti dalla natura, quelli die possiedono delle vaste e fertili campawne, eohe abbondanti messi rac- colgono, esser sempre dovrebbero i piu prosperi . Una le— gislazione piu o nieno buona , e le accidentali circostanze possono bene accelerare,o ritardarei progressidellaricchez- za nazionale, ma non possono produrre che delle niodifi- cazioni, e non un completo rovescianiento dell' ordine, in cio che forma la base di tutto il sistenia: ropulenza,o la miseria, di ciascuna nazione possono non esser sempre esat- tamente conformi ai principali dati deU'Economia polirica; ma un siscema dieccezioni alle sue proprie regole sarebbe necessariamente un sistema falso. Ora I'industria e la liberta sembrano aver preso I'as- sunto di smentire in tutti i paesi ed in tutti j secoli I' as- serzione degli Economisti in favore della superiorita dell'a- gricoltura: non vi e uno stato, non una provincia, che addur non si possano in eserapio contro di essi . Noi ci li- mitererao al confroiito della Francia e della Polonia, del- la prima in cui e stato inventato un sistema degli Econo- misti, e dell'altra, in cui questo sistema e chiamaio ad esa- me per valufarne I'esattezza . L'una e I'altra contrada e immensa, e nel suo vasto re- cinto abbraccia dei clinii differenti e adattati ad ogni gene- re di coltivazione. Ma la Polonia in addietro molto piu estesa della Fiancia la supera forse nella fertility del suo territorio . L'una e 1' altra contrada e bagnata da fiumi maestosi, i quali facendo scorrere le acque loro al setten- trione ed al mezzogiorno aprono dei ricchi sbocclii e lon- tani ai prodotti delfagricoltura; ma I'interna navigazione della Polonia si estende a maggiori province, e si inolti- plica per mezzo di un pii"i gran numero di canali naturali. ECONOMIA POLITICA. 63 L'una e I'alrra contrada eabitata da un popplo numero- so, nrode, spiritoso, ina i Pollacclii su|)erano i Frances! nella pazienza , nella sobrieta, neH't'coiioinia j nelle virtu che sembrano proprie a far tiorire I'agricoltura. L'una e I'altra contava per princijiali proprietarj dei Nobili , i quali vivevano con splendidezza, i cjuali nei loro abiti, nelle lo- re case, nei loro equipaggj, rivalizzavano in elegariza, so- vente in fat-to ed in prodigaliti, e che spendevano con pro- fusione (luelle rentlite,da cui, secondo il sistema degli Eco- noniisti, nascer dovevano e I'abbondanza fra tutti i loro concittadini, e Tindustria di tutti i loro inferiori. IMa i no- bili Pollacclii erano liberi, avevano per la patria loro un amore che faceva la loro gloria: il sentimento della lor propria importanza ranimentava lor sempre il dovere di occuparsi del bene generale : cost i\ loro patriottismo do- vcva essere piii attiro di quello dei nobili Francesi, Quale dunque esser dovea la conseguenza di questo stato delle due Nazioni? Hicchezza e Forza nella Francia, ma Bic^ chezza e Forza niolto piu grande ancora nella Polonia. E cio non pertanto noi abbiamo veduta la Francia , cadu- ta sotto un governo anarchico, sotto un governo distrutto- re J prodi2;are nei tempo della guerra della rivoluzione dei tcsori che ci hanno insegnata per la prima vo'ra 1' immen- sita della di lei ricchezza. Noi abbiamo veduto la Polonia, nei momento in cui essa erasi data una Costituzione sa- via, libera e vigorosa, non poter resistere agli attacchi dei suoi vicini, e soccombere per il proprio suo infiacchi- niento. Certaniente le politiche circostanze, che non ci spetta in verun cento di esaminare, spiegano in parte que- sta differenza; ma una sola osservazione economica baste- rebbe per renderne ragione ; in Polonia la schiavitu delle classi inferiori del popolo, la quale non favorisce Faccu- mulazione di alcun lavoro; in Francia la libertA di queste medcsinie classi che incoraggisce tutti i iayori, e che ne 64 SIS MONO I accumula tutti i frutti. II travaglio, vera sorgente del!a ricchezza , era immenso nell' uno di questi paesi , ed era quasi nullo nell'altro. In Francia le lane dei montoni venivano convertite in panni preziosi, le sete in sontuose stoffe,ilini e le canape in tessuti piu o meno ricchi , dalla piu rozza tela fino alia trina . Le pelli ricevevano I'ultimo loro apparecchio> il cuojajo, il conciatore, il guantajo, il lavorator del ca- moscio, quelle del marrocchino, il sella] o, le impiegavano in servizio dei primarj bisogni deU'uomo, o ai di lui piu ■ eleganti gusti:i legnami , niediante i lavori del faJegname, dello stipettajo, del tornitore, deU'ebanista, erano trainu- tati in 022:etti artificiosamente fabbricati, in utensili neces- sai j , in mobili di un gusto ricercato: i metalli tenevano oc- cupata una classe di artigiani ancor molto piu numerosa, e dai piu vili istrumenti fino ai lavori i piu preziosi erano tutti consecrati agli usi deU'uomo. Le materie prime, che la Francia produceva, non bastavano alia di lei industria: andava essa in lontani paesi a cercare i cotoni, le pellic- cerie , affinche le numerose sue fabbriche ne aumentassero il vatore col lavorarle: una massa di godimenti infinita era il frutto di tanta attiviti; imperocche lo scopo del lavoro essendo I'utilita per rapporto alia specie umana, non vi ha alcun lavoro il quale non abbia per ultimo fine i godi- menti degli uomini. Una massa inlinira di ricchezze, vale a dire di godimenti riserbati per un tempo avvenire, era I pure il prodotto di questa medesima attivita. I inagazzini dei negozianti erano ripieni di stoffe, di panni, di tele, di gioje, di mobili , di tutti i prodotti del suolo, il lavoro dei quali ne aveva portato al piu alto grado il valore, di tutti i prodotti del commercio acquistati per mezzo del la- voro, e per mezzo di questo resi piu preziosi, ua immen- so magazzino dii mobilia , se questa espressione puo esser applicata ad un popolo , fonnava la ricchezza naziouale; ECONOMIA POLITICA. 65 qiiesta mobilia e stata in pane venduta per sovvenire alle spese clella gueira e della rivoluzioiie, ed allora appunto si e potuto giuJicare del di lei prodigioso valore. Intanto in tutte le citti, in tutti i villaggi, litrovavasi una classe numerosa di uomini iiberied inclustriosi, intermedia fra il coltivatore ed il proprietario, la quale senza iuterruzione occupavasi adaumentare il valore delle materie prime pro- dotte dall'agricoltura, e ad accumularne i frutti. La Polonia presentava un aspetto molto diverse: i le- gnami, le canape, le pelli, le lane, le cere, ed ancbe i grani e le di leiricche uiessi, scendevanopei di lei fiumi peressere trasportate in paesi stranieri, senza che lor fosse data al- cuna preparazione. I semplici doni della natura formava— no tutta la rendita della nazione; e questa nazione si af- frettava a distarsene per far luogo ai doni che la medesima natura prometteva per I'anno venturo. Di distanza in di- stanza rinvenir si potevano dei negozj di mercatanti , for- nitidi straniere produzioni, per appagare i bisogni del lus- so: alcune manifatture, ad onta del contraggenio, stabili- te dallo zelo patrioitico di qualrhe Magnate, servivano a provare cbe i PoUacclii erano puutosto capaci di riuscire nelle arti, cbe di arriccbirne il paese. Ma fra il nobile e lo scbiavo altro intermediario quasi non eravi, che un popo- lo straoiero, vale a dire gli Ebrei. Le fabbricbe, le mani- fatture, non esistevano; le citta non erano animate dall'at- tiviti delle arti e del commercio; i borghi non racchiude- vano che dei contadini^ deserte erano le campagne. Un'in- tera razza, la quale formar deve la meta della popoiazionej mancava alia Nazione PoUacca : non aveva essa quasi al- cuno di quegli artigiani, (igli della liberta, il lavoro co- stante dei quali aumentar deve il prezzo dei beni della terra, ed accumularli : in tal guisa tutta la sua m()!)ilia noa consLst^eva in altro cbe nelle spoglie dei |)roprietaij. E vero ehe i.loro palazzi erauo ubbelbci dal Jussoj ma tutte la lo- 9 66 SISMONDI ro ricchezze erano state gicl tolte al commercio per esser consecrate al godimento: tutce le loro ricchezze iion erano piu un capitale da poterne disporre, o die avesse potuto trovar compratori . L'enumerazione stessa di ci6,che componeva la ricchez- za di queste due nazioni, c'indica abbastanza donde pro- yeniva la diflerenza die tra loro esisteva , e qual' era la causa dell'opulenza dell' una, e della poverta dell'altra. In Polonia le rendite dei Proprietarj, ed il lavoro degli ikgricoltori, erano presso a poco le stesse die in Francia. Quello che mancava al priino di questi paesi era il lavoro degli artigiani , i quali avrebbero dovuto fabbricare gli strumenti di un'agricoltura perfezionata, ed i niobili della casa comoda benclie semplice del povero; nia non eranvi uomini liberi da fame degli artigiani. Cid,clie mancava an- cora, erail lavoro dei inanifattori, i quali avrebbero dovuto convertire le canape, le lane, le pelli,imetalli, in niercanzie infinitaniente piu preziose, incuiaccuniulatosarebbesi tutto il valore della niano d'opera; ma in Polonia non vi erano uo- mini liberi dei quali far si potessero dei inanifattori. Quel- lo che mancava finalmente era il lavoro dei commercianti Pollacchi, i quali trasportassero al Nord le provvisioni del Mezzodi, al Mezzodi quelle del Nord, che profittassero di quei bei fmmi che gettano le loro acque nel Baltico e nel Mar nero, per cuoprirli co i loro battelli, ed i quali ri— scontrar facessero lo Svedese, il Danese col Greco, e coll' Armeno, nei mercati delle Sarmate citta ; ma non eravi in Polonia quasi alcun uomo liberoj il quale applicar si po- tesse, senza degradarsi, al commercio. Frattanto questa verita. che il travaglio degli uomini li- beri fa la ricchezza delle nazioni , nel modo medesimo che la liberta del povero fa la loro forza e la loro virtu, que- sta veritA cominciava a manifestarsi in Polonia. Diversi JMagnati, ed alia loro testa il Principe Stanislao Poniato- ECONOMIA POLITICA. 67 wsclii, davano I'esempio deH'afFrancamentodei loro servi: la nopolazione delle loro campagne erasi auinentata, ed il lavorodellc mani libere aveva facto fruttare la terra. Nel- la successiva generazione la soprabbondanza di questa po- polazione sarebbesi radunata nelle citta, e vi avrebbe for— niata la classe degli arcigiani e dei manifattori, liberi co- me i loro padri, e non meno di loro utili alio State. Ab- hondanti sorgenti di riccliezze nazionali sarebbonsi aperte in tutte le citta : in caso di bisogno queste sarebbero state consecrate alia difesa dello Stato : la di lui indipendenza sa- rebbe stata garantita, e se questa gloriosa liberazione dal- la schiavitii avesse potuto precedere di cinquant'auni sol- tanto le ultime calaniita, la Polonia non yi sarebbe sog- giaciuta giammai:al contrario essa sarebbe stata qnella che avrebbe aperto un asilo agli sfortunati Francesiji quali fug- givan lungi dalla lor patria gli orrori della rivoluzione e tlella tirannia; la Polonia sarebbe stata quella che avreb- be avuto al suo soldo una legione Francese aruiata per la liberti. II lavoro delle inani libere fa la ricchezza delle nazioni: questo e il sisteina di Adamo Smith; questa e la verita ch' rgli ha diuiostrata, e su di cui egli ha fatta riposare tutta la sua teoria ( 1) . La terra, ci dice Tlnglese Filosofo, e senza dubbio un istrumento produttivo: la terra resa fertile prodjo^a all'uo- mo i suoi tesori, ma la terra rimane infruttuosa, se 1' uo- mo non le consacra i suoi sudori ; le foreste che la cuopro- no, i prati che I'adornano, gli animaliche nei deserti dell' America vivono delle di lei spogjie, in paesi in cui I'uomo non ha bagnato il suolo co'suoi sudorij queste apparenti ricchezze rimangono senza valore: e questo un lusso del (\.) An Inquiry into the nature and cause of the wraith of nw tions by Adam Smith B. V. 68 S 1 S M 0 N D 1 Creatore, e noii I'opulenza deH'uomo (i). Le prime messi, ]e prime gregge, le prime capanne innalzate con i rami di quercia, le prime pellicce, spoglie degli abitatori delle fo- reste, farono acquistate per mezzo del lavoro creatore dell* uomo, ed oggigiorno i'abbondanza delle nostre campague, i frutti dei iiostri giartlini, i grani dei nostri maggesi, i vini delle nostre vigne, sono pure il lavoro dell' uomo, il quale secondando la natura, edirigendo la di lei forza ver- so Tutilita, ne ha fatta la ricchezza dell' uomo. Ma la ricchezza nazionale, die non e misurata che sul prodotto della terra in un soio anno, e ancor poca cosa, se il lavoro dell'artigiano e del commerciante non acciimula- no questa ricchezza, e non la fanno fruttare. La lana, che ricuopre le nostre pecore, ha pochissimo prezzo in faccia ai sontuosi panni di Sedan o di Louvier, o degli Scialli di Casimirra : le foglie del selso non ne hanno d'avvantagsio in paragone della ricca stofFa di seta, ossivvero le canape, ed i lini appena levati dalla terrapin faccia alia trina od al- ia tela batista. Fra quelle produzioni che il lavoro del col- tivatore strappa alia natura , e quelle che il commercio e le arti presentano in tutto il raffinamento al lusso dei ric- chi, I'intermedio e il lavoro dell'uomo^ il lavoro variato di tutte le classi della societa, il lavoro sempre unica sor- gente della ricchezza . E cosa importa che ciascuno degli artigiani , che ciascu- no deoli operaj di una manifattura, nel creare un valore non abbia fatto che un baratto? Che 11 frutto del di lui tra- vaglio non sia che I'equivalente del di lui salario? Non e ella dunque una prerogativa assai bella quella di peter (i) Adam Smith, Wealth of nations ,Introduct.T. i.p. i. I. B. Say , Traite de I' Economic politique liv. t . Ch. V. VIII. pag. 1 9. 42. Tom. I.J. C. L. Sismonde, de la Hichesse commerciale liv. I. Ch. I. pag. 1 8. ECONOMIA POLITICA. 69 vivere senza Jiminuire in niente col nrnprio consumo la inassa delle ricchezze nazionali, cli avei- lasciato tlietro di se alia socicta un complcto indennizzamento per quello che essa vi ha fornito,in modo che tutta la parte della sua ren- dita che vi tonca in poizione, appunto perche siete voi che ne godcte piuttosto che un aliro, si converta in un'accu- niulazione del suo capitaie, in un accrescimento della sua I icchezza ( 1 )? Quello che voi avete barattato, dicono gli Economisti , non e che un salario, ma ciascun uomo ha egli dunque il diritto ad un salario, e questo salario ove dovrebbe egli es- ser preso? Provatevij voi che non vi trovare alcun'accu- nuilata fortuna, tentate di batter le acque coti un inutile rcnio, provate, come Ulissenella sua finta pazzia, a lavorar le arene del lido ed a seminarle di sale, e vedete qual sa- ri il baratto di questo lavoro: domandate alia societi il salario delle vostre fatiche. II lavoro destinato al ben esse- re degli uoraini, il lavoro produttivo e dunque la sorgen- te, I'unica sorgente di tutte le ricchezze dell' uomo. Rimanderenio alle Operedell'Inglese rilosofo,ed a quel- le dei di lui Commentatori , per dei nuovi sviluppi di quc- sta veritA (2). Noi qui faremo soltanto osservare che nelle ricerche so- pra la ricchezza delle nazioni e la natura di questa ricchez- za, e la sorgente da cui essa emana, che devono esser IW- getto della prima e della piOi importante questione; che a tal questione il dottor Quesnay ha risposto, che questa sorgpute e la sola terra; Smith ha opinato esserlo il solo lavoro; che queste due opinioni sono contradittorie, e che (l) Adam Smith Wealth, of nations lib. IV. Ch. IX Tom. III. pag. 287. (ij Adam Smith Wealth, of nations, B. II. Ch. III. Vol. II. pag. 93. Richesse conimerciale liv. I. Ch. i. 2. 7C S I S M O N D I assurdo sarebbe il cotifonrlere due sistenii , I'uno dei quali porta il rovesciamento dell'altro. II lavoro produttlvo, come abbiamo gii detto, e la ve- ra ed unica sorgente delle ricchezze deJl'uomo. Ouesta espressione produttlvo e stata inventata dagli Economi- sti francesi, eguabnente che la distinzione fra i lavori pro- duttivi ed impioduttivi, tra gli operaj produttivi ed im- produttivi; ma i principj sui quali riposa quesa distin- zione, e la maniera con cui essa divide in due classi tutti i lavori e tutti gli operai della nazione, non sono i rae- desimi . Qui pure si presenta la seconda differenza importante tra i due sistemi da noi gia accennata, e che riguarda gli unmini die producono la ricchezza. La questione sugli opera) produttivi merita di esser trattata con qualche es- tensione, perclie gli Economisti, che son venuti dopo Ada- mo Smith, hanno quasi tutti egualmente rigettata la di- stinzione stabilita dall'uno e dairaltro sistema; e sebbene essa sembri fondamentale nell' uno e nell'altro, eglino I' hanno nondimeno combattuta in modo da lasciar molti dubbj neilo spirito (i). Riprendiamo per un memento il sistema di Quesnay, e ragioniamo dietro i suoi principj . Nel tempo che tutti gli operaj secondo lui non fanno che barattare il loro lavoro con un saiario, e rescituire alia societa quel tanto che ad essa e costata la loro consiimazione , i soli agricoltori fanno produrre alia terra , non solamente il loro saiario , ma an- cora la rendita netta dei proprietarj , cioe il prodotto delle (ij Gamier, nclle sue Note alia Traduzione di Adamo Smith j ha attaccato la distinzione stabilita dal sua autore. J. B. Say , Traite d'Economie Politique, liv. II. Ch. i^j. T. I. p. 36o. /' attac- ca pure, ma per modificarla in una maniera in fondo assai con- forme a quella che siamo per dire. ECONOMIA POLITICA. 71 rampa'i'ne, questa riccliezza nuova, superiore al lavoro che ]a fa nascere, da esso iudipendente, e che foriua uii fondo separato, il quale solo puo foraire il salario a qualunque aJti'uoiiio lavoiante nulla societi (i). llesulta da questa maniera propria agli Economisti di cousiderare gli Agricoltori,che la Societa iiitera deve esser divisa in tre classi, quella degli stessi Agricoltori, i quali soli nella Nazioue sono operai produttivi, i quali soli de- tenninano per mezzo del loro lavoro la creazione di una licchezza nuova, oltre la riproduzione di quella che essi hanno consuniata. La seconda classe e quella dei proprie- tarj , a profitto dei quali questi operaj lavorano, e nelle inaui dei quali essi depositano questa rentiica nazionale ia ciascun anno creata, perche questi ladiscribuiscano a pro- iitto di tuttala Societa, con goderne essi medesinii. La ter- aa classe e quella degli stipendiati o salariati, operaj non produttivi, i c[uali non fanno per mezzo del loro lavoro che servire alle fantasie dei proprietarj , allorche (juesti barat- tano la loro rendita greggia col lavoro di quelli. I prodorti di questo lavoro sono piu variati, sono appropriati a piii usi, ma non sono per altro superiori i[i valore alia rendi- ta che i proprietarj avevano di gi^ (r) . Qualunfjue uomo , secontio il dott Quesnay ed i suoi Settarj, deve necessariainente appartenere ad una di que- 8te tre classi: cgli deve essere proprietario, operajo pro- duttore,o salariato, a meno che egli non provveda alia sua sussisrenza per mezzo della mendicita o del lurto. Adamo Smitii partiva da un altro principio: per distin- guere i lavori, egli ha ammesso nella classe produttrice uu Ci) Tableau Eronomitjitc dc Qnc%nay commente par Miraheau, Ami dcs homines, To 111. VI. pag. 23. Ordre naturel et Econom. des Socictcs politkjues , Cli. 2B. p 220. 228. (2) Tableau Economique ^ Ami des liommes, Tom. VI. p. 41. 73 SISMOIIDl gran numero di operaj, i quali ne eiano esclusi da Quesnay. Egli ha veduto che il lavoro diretto in generale verso di CIO che chiamasi utilita, cioe verso i godimenti che I'uomo puo procurare all' umana specie, puo avere due differentl. fesultati. Quaiche volta questo lavoro lascia dietro di se uoa produzione, o nuova o migliorata, la quale per 1' au- mento del suo valore rappresenca tutto il travaglio che gli ha dato origine. Cosi il vaso, che il vasajo ha formato, pa— ghera, allorquando sara messo in vendita,illavora col qua- le il vasajo uiedesimo lo ha formato. Altre volte il lavoro, quantunque egualinente destinato al goiliniento dell'uomo, allorche finisce, non lascia alcuna traccia, e non ha pro- dotto altra cosa che un piacere fuggitivo, il quale non puo durar piu di lui. Cogi il rnusico dopo di averci incantati per mezzo dei suor\i di un istrumento, allorchcj il suo la- voro sopra quest' istrumento e cessato, non ha lasciata una produzione che sia restata dopo di esso, la quale possa di— venire una mercanzia, ed accumularsi per arricchire la ija- zione, che possa barattarsi con una nuova ricchezza, e pa- gare un nuovo lavoro. A. Smith e partito da questa osser- vazione per distinguere il lavoro e gli operaj produttivi, i quail lasciano dietro di loro degli oggetti suscettibili di es- ser calcolati nella ricchezza nazionale , dal lavoro e dajili operaj non produttivi , i quali niente aggiungono al capi- tale barattabile della nazione , perche il vaiitaggio che si ritrae dal loro lavoro, cessa al mpmento in cui questo fi- nisce (i). La definizione di A. Smith viene attaccata da due sette opposte: da una parte gli antichi Econouiisti sostcngono la loro, e pretendono che senza ingiustizia confonder non si possano gli Agricoltori, i quali producoiio per la societi una rendita netta, coi salariati, i quali finalniente non ri- (\) Smith , Wealth of nations j Book II. Cli. TIT. ECONOMIA POLITICA. 7J producono che I'esatto valore di cio che essi costano; da imaltra parte nuovi antagonistic che non hanno per anche fatto conoscere il loro propiio sistema, rappresentano come ridicola una divisione, la quale nega la facoltii di produrre, •;d in qualche modo I'utilita, alle classi le piu distinte del- la nazione, a quelle senza di cui restar non saprebbe I'or- dine sociale, ai inagisirati i quali mantengono I'ordine e la liberti, ai niilitari clie ne garantiscono. Per rispondere agli iwii ed agli altri, non ci e possibiledi limitarci a cio che ha fccrilto A. Smith: conviene amraettere tutti gli sviluppi che le di lui opinioni hanno potuto ricevere dai progressi del- lo spirito nel corso di rnolti anni; cunvien giustificare la di lui teoria (che e saldissinia) per mezzo di idee nuove, che egli stesso non aveva adoprate per sostenerla . II grand' argoinento degh Econoniisti per rilevar I'im- portanza dell' Agricoltura, e la di lei facoltd creatrice, si e che questo lavoro e il solo il quale dia una rendita netta^ pagato il fitto dal lavoratore al proprietario. Noi credia- nio esser possibile il dimostrare che vi ha tra i lavori agri- colie(juelli di manif'atturazione una parita molto piu per- I'etta di quella che lo stesso Smith non aveva loro. attri- buita, una paritA, la quale toglie assolutamente ai primi il vantaggio che vogliono attribuir loro gli Economist! : questo e quello che noi siamo per isviluppare. II dott. Quesnay aveva stabilito al principio che qua- lumpie specie di baratto facevasi sempre fra due valori eguali ( !)■ Un d'rscepolo di A. Smith ha messo innanzi uu principio direttamente contrario, ed e che qualunque ba- ratto eguale, fatto sccondo lo spirito di commercio, produ- ce per i due contraenti un aunienio di valore. Qualunque baratto consimile e fatto colla veduta di una piu grande >niliti: da una parte e dall'altra i contraenti riterrebbero (i) Ordrc cssenticl dcs Sociec. poluiqucs^Ch. 36. /'. 335. et suii: 10 74 SISMONDI presso cli loro i propri efFetti , se non vedessero un vantag- gio nel barattarli ( J ) ■ Questo vantaggio, che per i due contraenti deve resul- tare da un bararto, e pure il carattere per mezzo del qua- le distinguer pivi sicuramente si possono le speculazioni commerciali dai coutratti di azzardo. Gli aggiotatori , i cjuali comprano e rivendono i foudi pubblici, gli aggiota- tori di niercanzie, i quali le comprano.e le vendono, non per i loro bisoguij ma neU'espettativa di una guerra , di un' imposizione, di un avvenimento quaiunque, ch'eglino sup- pongono dover alterare i prezzi; gli aggiotatori non agi- scono da mercatanti, ma bensi da giuocatori: le loro com- pre e le loro vendite nulla aggiungono al valore della mer- canzia, che passa per le lor mani, poiche essa non convien meglio ad essi che a quegli che I'ha ceduta loro . ma eglino hanno voluto solamente mettersi nel posto di questo ces- sionario per correr la sorte medesima ch' egli avrebbe corso. Secondo il sistema degli Economisti, nel quale tutti i baratti, sia di due valori presenti , sia di un valor presen- te con un valore futuro, erano rappresentati sempre egua- li, concluder ben si dovea che il commercio, che e un ba- ratto di due valori presenti, che le manifatture, le quali sono fondatesul cambio di un valore attualmenteconsegna- to per prezzo di un valore avvenire che si aspetta, non potevano in verun conto aumentar le ricchezze di una na- zione; che icommercianti ed i manifattori medesimi elevar non potevano la loro propria fortuna che per mezzo di un sordido risparmio, e recusando al loro consumo una parte del salario che era ad essi giustamente pagato per il loro lavoro . Ma se si ammetta che i baratti aumentino i valori per mezzo del solo aumento dalle convenienze di proprieta, si (i) SimondCj Rickesse commercialc, Liv. T. Ch. VJI. T. I. p. 190. ECONOMIA POLITICA. 70 comnrencleri come ciascun contraente guadagnaiitlo in ua baratto, pu6 risparmiare cio ch'ei guadagna, o parte di cpiello, senza esser forzato a ricorrere ad una sordida eco- jiomia: non saremo piu limitati da quel rapporto costante che avevano supposto gli Econoinisti tra la consumazione ed il salario; e comprenderassi che il prezzo di una mer- canzia non e stabilito solamente sul lavoro cive essa e co- stata . Allorche due negozlanti barattan tra loro le produzioni di due cliini differenti, quel tanto die ciascun di loro ri- ceve vale realmente per lui e per il suo paesepiudi quel- loch'eidA: i consumatori che in seguito si provvederanno da lui, e che gli pagheranno le sue derrate, non in ragio- iie del piezzo che gli sono costate, nia in ragione dei pro- prj loro bisogni,realizzeranno per lui quel profitto che re- sulta da un aumento di convenienze, senza che essi mede- simi abbian provata una perdita. La somma di questi pro- fitti particolari del commercio forma il profitto nazionale, ed e unicamente in ragione di quest' aumento di conve— nienze resultato dai baratti, che il commercio arricchisce una Nazione Ci) • In egual modo nel mercato fra un artigiano, e quegU che lo impiega, mercato che e stato altresi considerate co- me un baratto, il salario^, che I'artigiano riceve, vale piu per lui che il prodotto materiale del suo lavoro, da cui esjli non saprebbe come trar partito: per quegli poi, che lo pa- ga, val meno del prodotto di questo mcdesimo lavoro, di cui egli ha bisogno. II manifattore dunque guadagna nel pagare una mercede a quest' artigiano, ancorche per la sua (\) Noi rimanderemo all' Autorc gia citato , per vedcr lo svi- hippo delta maniera con cui si stabdiscono questi due prezzi del lenditoic e del compratore , dalla coinparazione dei quali ne re- sulta il hencfizio ( Bichesse Commercialc , Liv. II. Cli. I.png.z'^i.J l6 SlSMONDl parte I'artigiano possa guadagnare su questo salarlo . e per conseguenza farvi sopra un risparmio. U proprietario, o I'affittuario, guadagna-egualmente nel pagaie un salario al coltivatore, quantunque ilcoltivatore possa per la sua par- te risparmiare sopra questo salario. Ecco pertanto un pri- me elerqento della rendita delle terre , che non difFerisce in verun conto daJ profitto del commercio, edeil vantaggio die resulta per qualsisiasi intraprendente di lavori dal ba- ratto di cio ch'egli ha coi prodotto avvenire del lavoro ch'ei fara fare conprudenza. Noi diciamo con prudenza , poiche ii manifattore perdera, s'egli addimanda ai suoi la- voranti di preparargli una inercan/ia che in paese vaglia meno di quel che gli costa; e il proprietario pure scapite- rtl se domanda al coltivatore di far nascere una derrata, che abbia in paese minor valore di quelloche gli e costata. Ma per far un mercato cogli operaj , per fare il baratto delle ricchezzeattualicolle produzioni avvenire, quasi sem- pre, oltre la proprieta di queste medesiine produzioni, le quali servir devono di salario agli operaj , vi abbisogna la proprieta di qualche altra cosa, che deve facilitare il la- voro od csserne 1' o^getto . Per il manifattore fa di bisogno della proprieta delle materie prime, delle macchine, e di tutto quello che costituisce il capitale mercantile; per il proprietario abbisogna il possesso della terra medesima, la quale rappresenta nel tempo stessoe la materia prima su di cui si esercita il lavoro, e I'istrumento che lo facilita. Non avvi che un limitato numero di persone, le qnali siano proprietarie o del capitale o della terra: queste persone, senza le quali niun lavoro potrebbe esser fattoj esercitano verso gli operaj una specie di monopolio, il quale assicura a quest! un vantaggio maggiore nel baratto di quello eh' essi fanno con loro. Questo vantaggio resultando dalla pro- prieta esclusiva, costituisce un secondo elemento, sia della ECONOMIA POLITICA. "^7 rcnJit.i del terreni,sia del profitto del conimercio,di egual natura noil' una e neiralno. Cio non pertanto la lendita dei terreni apparisce essere una rendita hetta, indipendente non solo da qualunquo lavoro^ma eziaiulio da qualsivoglia haratto: tale apparen- za proviene da questo, che ordinariamente non e il pre prietario quegli che ordina a'suoi contadini il lavoro cho eglino devouo fare. L' impulse da darsi al lavoro campe- stre e stato diviso fra il proprietario e 1' affittuario: il pri*- mo facilita questo lavoro prestando il terreno, I'altro lo fa eseguire trattando cogli opera j, e facendo con loro il baratto iinmediato del presente coll'avvenire. Ma I'impre- 1^ stito di nil capitale ad intercsse e un mercato molto analo- go a quelle di un affitto. Sorte dal capitale una rendita netta senza alcun lavoro e senza alcun baratto, in pura coinpensazione del monopolio del capitalista, come la ran-' dita dei terreni nasce da qucsti per pura compensazione del monopolio del proprietario (i)- Da qucsta comparazione, che noi non intraprendererao di spinger piii oltre, non concluderemo gia che la distin- zione in ogni temjx> stahilira tra il profitto e la rendita, tra le rendite dclle terre e quelle del commercio , non meriti di esser conservata : essa e utile sotto un gran numero di rap- port!; e le (.lue classi di persone che traggono le loro en- trate da ^ucstc due sorgenti, hanno in generale degl'inte- ressi differentissimi. Soltanto noi crediamo di aver dimo- strato che gli opcraj cui i'agricoltura fa lavorare, e quelli che fa travagliare il commercio, sono produttori nella me- desima maniera,- che gli uni e gli altri rendnnopiu di quel- le che sono costati, e fanno nascere per vantaggio della So- ciety , oltre il loro proprio salario, un profitto ed una ren- (\) Ad. Smith. Wealth of nations B. i. Ch. XI. T. I. p. aa3. Id. Buuk V. Ch. II. T. 2. p. 2o3. ^8 SISMONDI 3ita netta, in modo che 1' agricoltnra non ha per niente so- praglialtri lavori il vantaggioche gli attribuivano gli Eco- nomisti; essa non e la sola professione produttiva. Dalla medesima discussione noi possiamo tirare ancora un'altra conclusione, ed e che. se il lavoro e la sola poten- za creatrice delle ricchezze, I'economia per tutte le classi della societa e egualmente il solo mezzo per accumularle; I'economia, vale a dire, una spesa per ciascuno inferiore alia sua rendita , in qualunque siasi modo essa si ottenga, I'economia, che per i proprietarj non consiste punto in non barattare la totalita deila rendita che la terra ad essi fornisce in matene prime , ma in non consumare la totali- ta di quelle che essi si procurano per mezzo dei loro ba- ratti. Gli Economisti francesi raccomandavano ai proprie- tarj di spender tutte le loro rendite, affinche la Societa potesse profittare di tutte le derrate ; ma la Societa profit- ta delle derrate ogni volta che esse sono messe in vendita, ed il proprietario dopo di averle vendute non puo arric- chirsi che come un altro, cioe coU'economizzare suUe sue rendite: questa e una nuova applicazione della teoria di A. Smith , direttamente contraria a quella degli Economi- sti ^^v*- La difesa della distinzione dei lavori in produttivi, ed in non produttivi,contro i nuovi antagonist!, i quali riguar- dano questa distinzione come immaginaria, e clie credono eo^ualmente profittevoli tutti i lavori, e piil delicata, per- che essa non e stata intrapresa giammai. L'Autore della ricchezza commerciale e stato universalmente criticato, per aver conservato nella sua opera la distinzione tra i lavori introdotta da A. Smith. Serabra per altro che i Critici non si fossero accorti ch'eglino attaccavano nella sua base il sistema dell' Inglese filosofo ; poiche A. Smith non ha vedu- (i) Wealth of nations B. IV. Cli. IX. T. III. p. 291. ECONOMIA POLITICA. 79 to per le ruzioni alcun altro mezzo tli ammassar le ricchez- ze, che racciunulazione del laVoro procluttivo. Ora se al- cun lavoro i)on e piu procluttivo di un altro, nou ve ne sa- ra pure alcuno suscettibile di accumulazione. Cid che ha piu esposto alia critica I'Autore della Ric- chezza Couimerciale, e senza dubbio I'euuuierazione, ch' cgli ha facta, di quelii che compongono la classe improdut- tiva, Secondo lui cjuesta classe conipreude: i." cjuelli che affittano i loro servigj alle classi produirive; 2.'^ Quelii che lor vendono dei godiinenti; 3" Quelii che ne strappano i loro beni per mezzo della forza, dell'ascuzia, o della pieta:* discentlenilo in seguito all'enumerazioue di questi uouiini incapaci di produrre cos'alcuna, egli non ha evitato uu difetto che era stato gii rimproverato a A. Smith . Fra quelii, che affittano i loro servizj, egli e forzato ad awici- nare i primarj magistrati ai dornestici ; fra quelii che ven- dono dei godimenti egli colloca i filosofi, e le meretrici. Questi ravvicinamenti sono come i sistemi di alcuni botta- nici, i quali dietro un rapporto nella sola parte della frut- tificazione riuniscono insieme dei vegetabili, i quali I'oc- chio il meno esercitato separcrebbe. Innocent! nelle scien- ze fisiche questi ravvicinamenti, non sono senza inconve— nienti nelle scienze morah, allorqnando ferir possono I'a- mor proprio di uomini a cui sono dovuti dei riguardi. Ri[)ctiamolo: i godimenti dell'uomo, o degli uomini, sono lo scopo di qualunque umano lavoro. Forse lo scopo mora- le, il piu degno dell'umana specie, non e egli I'utilitd o la felicita? £ vero che dessa deve tender piuttosto al suo per- fezionamento, che a'suoi godimenti; ma questo scopo e per altro il solo, che possa esser calcolato, il solo su di cui sia organizzata la Society. Risparmiare su i suoi godimenti , o consumar meno di quello che si produce, e per una nazione, come per un particolare J il solo mezzo per aumeatar le proprie ricchezzie. So S I S M 0 N D I U Ora ciasclieduno puo fare agevolraente del risparmj so— pra i suoi godimenti, tutte le volte die questi gli sono pro- curati dagli opera j produttivi di A. Smithy cioe a dire da quelli checi preparano dei godimenti de'quali possiam noi a nostra scelta profictare nel inomento, o soltanto in un tempo lontano: frattanto altri operaj non ci preparano che dei godimenti fuggitivi, i quali finiscono tosto che il loro lavoro e terininato. Sotto il rapporto di utiiita per I'liomo, gli uni e gli altri sono al medesimo grado , e certamente il loro rango non e determinato dalla duiata piu o meno lun- ga dei loro prodotti. Come mezzo poi di accumulazione del- la ricchezza nazionale^ i soli primi possono esser considc- ^ati per tali, perche i secondi niente potrebbero aggiunge- le alia massa di gia esistente : essi stessi sono una parte della ricchezza nazionale , ma non la moltiplicano. La na- zione , che non si arricchisce che per mezzo deU'econoraie, pud far lavorare senza riserva i primi , e soltanto imporsi la regola di non spender tutto cjuello che eglino avranno prodotto. Una simil'economia non e applicabile ai secondi: una voka che essi esistono, non si puo ne accumulare il lo- ro lavoro , ne risparmiare sul godimento che essi procura- no. E dunque cosa vantaggiosa per una nazione, sotto il rapporto dell'aumento della sua ricchezza, di mantener so- lamente un piccol numero di questi operaj non produttivi, i quali per quanto non abbiano giammai eccitato che un godimento fuggitivo, devono non pertanto esser pagati per mezzo del prodotto durevole del lavoro. Dunque A. Smith, ed i suoi discepoli, non hanno dato loro il nome di non pro- duttivi, sotto il rapporto dell'utilita, ma solamente sotto quello deir accumulazione delle ricchezze: in effetto, co- me lo ha osservato I'lnglese Filosofo, la nazione giammai non sara arricchita da alcuno di quelli i quali, mediante il loro lavoro, procurano dei godimenti inimediati, o al nostro spirico o ai nostri sensi, dai filosolij dai poeti, Aai musici ECONOMIA POLITICA. 8l tia una parte^ dai tloniestici dall'altra; c la nazione, die per unico scopo non si proponesse che la sola ricchezza sofFrir non dovrebbe presso di se die il minor numero pos- sibile e degli uni, e dcgli altri. Nella classe medesima A. Smith ha collocate un altr'or- dine di persone, Ic cpiali per altro prendono una parte in- diretta nella produzione: sono questi quegli uoniini i quali per se medesinii non fanno dei lavori , ma die difendono quelli che ne lanno. Cosi il medico che mantiene in salute gli uomini utili alio Stato, il giureconsulto che conserva le fortune che cssi luuino accumulato , il magistrato che pre- scrva Tordine interno della societa , mediante cui ciascu- no puo attendere al suo lavoro, il soldato che difende I'uo- mo attivo e Ic di lui propriety contro straniere aggressio- ni, contribuiscono tutti al mantenimento ed aH'aumento della fortuna nazionale, ed il valore della niassa del laro- ro nazionale eaccresciuto col loro individuale lavoro, ben- che questa massa debba pagare a ciascuno di essi il loro sa- lario. Cosi in una gran fabbrica sonovi alcuni operaj ne- cessarj, i quali travagliando molto, nulla producono, ma fanno produrre agli altri. Essi mantengono il fuoco, fanno scorrcre le acque, imprimono il movimento alle macchine, e quantuntpie essi non abbian avuto una parte immediata nella creazioiie di ciascuua mercanzia, i prodotti della ma- iiifattura devono in parte esser riguardati come prodotti del loro lavoro. Se queste classi rispettabili della societa possono in certo inodo esser considerate come produttive,la distinzione di A. Smith, che nega lor questo titolo, non e meno fondata so- pra una giustiiiima osservazione. Raddoppiate il numero dei veri operaj in attiviti, e la ricchezza nazionale verrA raddoppiata; nia raddoppiate il nuinero dei soldati, dei giudici, degli avvocati,dei medici,e non solamente la ric- diezza nazionale non ne riceverA alcun aumento, ma essa 1 1 82 S I S M O N D I al contrarlo sara dlrninuita di tutta la somma necessaria per farli vivere. Senza dubbio la loro opera e necessaria, ma meglio sarebbe il poterne far di meno; e siccome ci6 non puo farsi , bisogna almeiio avere in vista il minor nu- mero possibile di persone e le niinori spese possibili. La distinzione stabilita da A. Smith tni gli operaj pro- duttivi, ed improduttivi, non deve punto decidere ne del ranwo delle professioni, ne della loro iitilita, e neppure della parte per cui esse contribuiscono alia ricchezza na- zionale, ma essa deve essere rigorosamente conservata sot- to il rapporto, die e vantaggioso per una nazione che il numero de'suoi operai produttivi in attivita si aumenti in- definitamentej e che al contrario e utile per essa che il la- voro necessario degli operaj improduttivi si eseguisca col minor numero possibile di persone. In quanto ai primi I'e- conomia deve portarsi sulla consumazione delle cose, ed in quanto ai secondi sul numero degli uomini. Noi abbiamo annunziata,comc terza difFerenza tra i due sistemi, la natura e la forraazione della rehdita nazionale^ ma ci e impossibile di sviluppare questa difFerenza senza rientrare in parte in clo che abbiamo aia detto; tanto in Econoniia Politica I'idea raedesima di tutto un sistema e racchiusa nella definizione della ricchezza nazionale! e tan- to sono inconciliabili le opinion! di quelli che considerano come sorgente di questa ricchezza, la terra gli uni, ed il lavoro gli altri! Gli Economist! francesi hanno fatto sortire dalla terra tutta I'intera rendita nazionale. Siccome , secondo essi, a riserva del lavoro dell' Agricoltore:, tulte le altre operazio- ni degli uomini, in apparenza lucrative, non snno che ba- ratti, i proprietarj di terreno, i quali mettono in attivita il contadino, sono i soli nella nazione che ricevano imme- diatamente dalla sorgente la loro rendita annuale, mentre ECONOMIA POLITICA. 83 tutti gli altii che senibrano avere una rendita, la ricevo- no da loro, e iiiediatainente. in fatti, dicono eglino, la rendita nazionale non deve es- ser considerata come eguale a tutre le rendite individual! sommate insienie : (juesta inaniera di calcolare darebbe luo- go ad un numero iniinito di doppi inxpicg/ii. Supponghia- jno, essi aggiungono, un proprietario di terreni, la di cui rendita sia di cento niila tranchi annui, prodotto de' suoi lieni fondiari; nia supponghianio ancora che questo mede- sini'uomo abbia ilei debiti considerevoli, e che per inte— resse di rjuesti debiti paghi annuahnente a' suoi creditori una somnia di ventimila franchi ; vi sarebbe doppio impie- £0 se nclla rendita nazionale si contassero i centomila fran- chi comcdilui rendita, e ventimila per quella dei suoi cre- ditori. Lo stesso individuo dovri parimente passare degli asscgnanienti a dei parenti, a dei domestici fuor di servi- zio: qucsti asscgnanienti ammontano annuahnente a dieci niiia franchi, che non bisoo;na contar due volte. II mede- simo individuo pa2;a dei salarj ai domestici che lo servono, fa delle spese per il loro rnantenimento, e questo articolo forma per esso un altro sborso annuo di diecimila fianchi: ora questa somma potrebbe dare ancor essa luogo ad un loppio impicgo, poiche i domestici considerar potrebbero come rendita propria il nutrimento ed il salario, cui han- 110 diritto in ciascun anno. Ma ancor di piii, il medesimo individuo fa guatlagnar ai Negozianti ed agli artigiani che lo servono, e che lo provvedono di tutte le cose che sono necessarie alia di lui consumazione , un' annua somma di ventimila franchi; e questa somma, secondo il D. Quesnay, non pu6 esser contata come rendita per gli uni e per gli altri, senza un doppio impiego , e cosi nelia maniera me- desima fine alia totalita dell' annuo impiego della di lui for tuna. ti 84 S I S M O N D I Ouesto non e ancora tutto . Tutti colore, che hanno o credono d'avereuna rendita assegnata sopra quella di que- sto proprietario , dovranno pagare parte delle somnie , che fornieranno- una rendita per uri nuovo ordine di persone . Essidovranno pagare al Governo delle imposizioni, le quali si repartiranno in seguito fra gli appuntamenti dei pubbli- ci funzionari; dovranno pagar dei salarj a' loro domesti- ci , a' loro artigiani die per essi lavorano ; dovranno far guadagnare i negozianti,clie liforniscono di quel che con- sumano. Vi sarebbe un triplo impiego, se questa rendita fosse contata per ciascuno di essi : sarebbe quadrupio e qulntuplo r impiego se andar si volesse dietro la fortuna del proprietario tra le niani di tutti quelli presso i quali essapa8sa,e se dappertuttola niedesima fosse contata come rendita. Dunque gli Economisti francesi non hanno considerata come rendita nazionale che la rendita dei proprietarj , e quahmque altra rendita da essi veduta nella societa e sta- ta da lor considerata come un effetto delia circolazione del- le ricchezze, e come una riproduzione della medesima som- ma sotto una forma nuova. Questa circolazione, hanno essi detto, non aumenta di niente il suo valore, e molto impor- ta di non confonderla con una produzione nuova. Un resultato della piu alta importanza della teoria de- gli Economisti sulla rendita nazionale si e cio ch'eglino hanno chiamato impnsizione diretta, come pure la prefe- renza, che hanno data a qu«sto modo di levar le contrihu- zioni sopra quello che hanno chiamato iinposizione indiretta. Una consegucnza della formazione delle societa politiche^ o della riunione degli uomini in un sol corpo, di cui gl'in- teressi siano comuni, e la di cui conservazioue e difesa sia- no confidatiad un governo, si e la uecessitadi formare una torsa comune, dalla quale si traggand Je somme che devo- no pagare il salario a tutti quelli che mantengono I'ordine, ECONOMIA POLITICA. 85 e la pace neirinterno dello Stato, a tutti quelli die lo di- fendoiio ncl di fuori, a tutti quelli i quail contribuiscono alia puhbiica prosperira, e che non sarebbero ricompen- sati del loro lavori dai particolari che ne godono. L'ordine pubblico e un vantaggio per tutti gli uomini: non vc ne ha alcuno a cui esso non assicuri o il godi- raento della sua proprietii o dei frutti della sua industrial ma s'egli e vero che i soli proprietari di terre possiedano tutta la ricchezza dello Stato e tutte le sorgenti delle sue rendite;che a lore soli sia permesso il pieuo godimento del- la loro fortuna, ed anche comandato, mentre gli altri non possono pervenire a qualche grado d'indipendenza che per mezzo deU'econoniia. o col privarsi di una parte del sala- rio che hanno guadagnato per mezzo del loro lavoro, l'or- dine sociale e tutto a vantaggio dei proprietarj di terreni dei quali esso garantisce tutti i diritti e tutti i privilegj ; ed e di mera giustizia che un ordine, dal quale eglino i pri- nii raccolgono il frntto, sia mantenuto a lorospese. Olcre questa ragioue di equitA , onde far cadere sui pro- prietarj di terreno tutte le imposizioni, gli Economisti ne allegnno un'altra ancor piu potente, vale a dire I'impossi- biliiii in ultima analisi di larle pagare ail alcun altro (i). I bisogni dello Stato esi»ono una nuova somma che deve esser in ciascun anno raccolta per mezzo delle ini])osizioni, e spesa in ciascnn anno : ma bisogna pure che una nuova somma sia una rendira o una parte della rendita nazionale. Dietro il sistema di Quesnay non vi e che una sorgente di questa rendita, cioe la terra, o la rendita che raccolgono quelli che la posseggono: ivi soltanto avvi produzione: ovunque altrove noh si trova che baracto o riproduzione. Altri potranno benissimo fare delle anticipazioni deH'impo- (i) Tahlcuu Eronomiquc de Quesnay commcnic par Mirabeau, T "(^. /"ig. 5(>. ct suiv. 86 SIS MONO I sizione ; ma alia fine del conto essi saranno sempre rinibor- sati dal proprietario, perche niuno puo pagaie, eccettiug- to quegli che possiede. Cosi aliorquando un' imposizione posa sui salariati , questi aumentano il loro salario; allor— che posa sui negozianti, essi aumentano le riprese del loro commercio. Queste apparenze di ricchezze, troppo deboli per sopportare i dazj , li respingono verso la ricchezza rea- Te, e la rendita nazionale in fine paga sempre la spesa na- zionale. Ma s'egli e yero^ dicono gli Econoaiisti, che qualunque imposizione in ultima analisi sia pagata dai jaroprietarj di terreni, egli e per conseguenza cosa piu sicura e piu econo- mica di domandare a loro niedesimi questa imposizione, piuttosto che faria pagare anticipatamente da altri, i quali ne esigeranno in seguito con usura il rimborso f i J ■ II negoziante, che ha pagato al fisco' I'imposizione che deve riprendersulla rendita dei terreni, non ha potuto far- ne gratuitamente I'anticipazione, poiche il privarsi per un tempo de'suoi capitali e per lui una perdita, e quegli che non ha cos'alcuna non puo perder niente; quegli la di cui intera vita non e che un continue baratto, senza profitto alcuno, non puo neppur esso diminuire in niente i valori che baratta . 11 negoziante dunque esige sempre iniperiosa- mente il rimborso ^ non solo di tutto cjuello che ha pagato come imposizione, ma ancora di tutta la perdita che ha sof- ferta per aver pagato, di tutto il rallentamento che resul- ta nel di lui commercio, di tutto rincomodo che gli e state arrecato. Frattanto i Governi hanno due maniere di posa- re le imposizioni ; o le posano immediatamente sulla terra e suUe di lei produzioni , ed allora egiino domandane di- rettamente una partecipazione sulla rendita nazienale, e (\) Ordre naturel et essenticl des societes politiqucs. Ch. 32. pag. 269. 278. Ch. Z^. pag. 295. 817. ECONOMIA POLITICA. 87 la tlomandano a quegli cliehanno esclu^ivamente ramnii- iiistraziotie di questa rendita. Questo e cio che gli Econo- iiiisti distinguon col iiome cV iinposizione dlretta . Ovvero i Govcrni posano le iiuj)osizioni sulle consumazioiii, o sopra quaJunque altra cosa estranea al prodotto della terra, e ((uesto e cio che gli Economisti chiainano V imposizlonc in- diretta, poichc dopo die qiiesta e stata anticipatamente pagata da persone chenon hanno alcuna rendita, essa vien riniborsata con usura da quegli che ne hanno una. Ora, dicono essi, quanto e maggiore la distanza fra quegli che paga rimposizione e quelli che la rimborsa, tanto piu len- tainente e intlirettanience si ed'ettua questo riinborsoj e tanto piu oneroso esso diviene a quegli, a carico del qua- le restar deve in ultima analisi il paganiento; poiche cia- scuno .degl' intermedj , oltre il rimboi'so deirimposizione mcdesiina, gli donianderi un'indennit^ del tempo in cui non sono stati fruttiferi i suoi capitali, e per la perdita che avra provata. Consiinili indennita rcclainate talvolta da dicci e da venti intermedj, raddoppiaiio o quadruplicano il ■valore primitivo deirimposizione, e dietro il calcolo degli Economisti le iinposizioni indirette costano effcttivamente al proprietario di terreno tre o quattro volte piu che le iniposi/.ioni dirette, senza che ci6 produca alcun vantaggio al lisco. Questi ragionamenti degli Economisti sono perfettamen- te conseguenti, ed una volta ammessine i principj , e Im- possibile il non ammetterne i corollarj in tutto il loro ri- gore. Per altro siccome 1" esperienza si e attraversata per dimostrare clie le imposizioni dirette non possono hastate oggigiorno all' eccessive spese che fanno le nazioni ; che non si coprirebbero forse queste spese quand'anche tanto avanti si portasse qucsta imposizione da non lasciar niente ai pro- prietarj , che intanto questa imposizione e gia si cresciuta da opprimere I'agricoltura e scoraggiare Tindustria, diinO' 88 S 1 S M 0 N D I doche da ognl parte si rlunlscono i Contribueiiti per do- mandare delle imposizioni indirette in luogo di essa, per- clie si trovano piii miti, e nel tempo medesirno piu produt- tive ;, gli Economist! si sono trovati in un grand' imbarazzo fra il rigore dei loro principj ed un'evidenza a cui non po- tevano chiuder gli occhi. £ una cosa assai curiosa il vede- re come eglino si agitino contro di essa, come cerchino per mezzo di distinzioni di niettersi d'accordo con loro medesi- mi, come confessino che i loro primi dottori non hanno co- nosciuti certi vantaggi delle imposizioni indirette ^ vale a dire, una esazione piu dolce, una liberta piu grande, poi- che ciascheduno in qualche modo le paga volontariamen- te allor quando ci comprano le mercanzie imposte una maggior comodita per i contribnenti, poiche essi pagano a rate, ed a niisura che hanno del denaroj una contribu- zione, che sarebhe lor molto onerosa, se venisse doman- data in urt dato terraine ed in un sol pagamento. Realissi- mi sono tutti qnesti vantaggj, ma gli Ecoriomisti, che li ri- levano, non possono per mezzo solo di questo calcolo far accordare i loro principj coll' esperienza : se queste imposi- zioni sono realmente indirette, sono esse talmente piu co- stose per la Nazione, che niun v^antaggio nella loro esa- zione pud compensare I'aumento enorme delle spese. L'e- sperienza ha dimostrato, e noi bentosto lo riconosceremo dietro un altro sistema , che le imposizioni che dessi han- no chiamate indirette, sono in generale imposizioni diret- te sopra un' altra specie di rendita diversa da quella dei proprietarj; che esse non sono rimborsate da questi ultimi, perche i proprietarj non sono gli unici dispensatori ed i soli custodi della ricchezza nazionale. Fa d'uopo tornar qui di nuovo alia teoria di A. Smith, e vedere coa esso qual'e la rendita nazionale, ed in qual maniera Timposizione ne preleva una parte. ECONOMIA POLITICA. 89 Tl lavoro clell'uonio, secondo il sisteina dellTnglese Fi- Josofo, cssendo Tunica sorgente delle ricchezze, non si puo, lie si deve trovare la rendita nazionaie che nel prodotto annuo del medesimo. A prima vista si potrebbe credere che lutto interoquesto prodotto fosse una rendita; ma eglie iin- portaute il rammentarsi che una rendita e una parte del- la ricchezza, la quale pud essere intieramente consumata o da una nazione, o da un individuo, senza che il capitale lie resti danneggiato, senza che la rendita dell'anno se- guente si trovi in niente diminuita . Ma s* una uazione consumasse senza riprodurre tutti i frutti del suo lavoro di un anno, essa si troverebbe rovinata I'anno seguente, una parte della sua ricchezza mobiliaria sarebbe dissipata , il di lei capitale in circolazione non esisterebbe piu, e nell' anno, che venisse dopo quello della dissipazione, ella noa sarebbe neppure in statodiricominciare il lavoro per crea- re delle nuove ricchezze. L'attenzione di A. Smith, portata una volta snlla rendi- ta nazionaie, ha dovuto richiamarlo a distinguere da que- sta rendita tutte le specie di ricchezze accumulate. Egli ha fatto in qualche modo I'inventario delle nazioni, ha classate le loro diverse specie di propriet;X, ed ha dato dei iiomi a queste classi. Nel primo rango fra queste proprieta nazionali 1' Ingle- se Filosofo colloco le terra, non gia come 1' unica sorgente di tutte le ricchezze, siccome avealo fatto Quesnay , ma come una materia prima per il lavoro dell'uomo, ed anche come un istrumento, che collocato fra le di lui mani rende piCi produttivo il suo lavoro. Egli vide nella terra non solamente il valore, ch'essa po- teva aver per se stessa , ma ancora quello ch'ess'avea ri- cevuto dal travaglio a'ccumulato dell' uomo, dall'opera del- le generazioni passate, che ha reso i nostri giardini, le no- 90 S I S M O N D I stre vigne cosi superiori in valore ai deserti della Naova Olanda fij. Adamo Smith fece in seguito conoscere il capitale fissn, o sia il lavoro accumulate degli uomini, il quale serve ad aumentare le fprze produttiici del loro annuale lavoro , e sotto questo nome egli coUoco tutte le specie di arnesi e di macchine, dal piu vasto e piti complicato apparato di fab- Lrica fino al piu semplice istrumento di agricoltura . Egli mostro ancora come 1' abilita acquistata da certi operaj po- tevaesser considerata come lui capitale fisso, e come I'edu- cazione lunga e costosa della loro gioventu serviva a ren- dere nel corso della lor vita piu prolicui i lavori che intra- prendevano. Egli fece in seguito vedere che il capitale fis- so era di lunga durata, ma non eterna, che gli arnesi si deterioravano, ma che per la societa questa perdita era piu che compensata dall'aumento del valore delle cose annual- mente prodotte col loro mezzo fs. ) . Dopo di cio egli fece conoscere la natura del capitale in circolazione. La piti gran parte delle ricchezze delle na- zioni non e composta d'altro che di beni destinati alia con- sumazione ed al godimento degli uomini. Ma questi beni sono in parte messi in mano di operaj produttivi che non li consumano senza rimpiazzarli con nuovi beni di un va- lor superiore, opera delle lor mani. Tutta la parte della ricchezza nazionale che non e cosi consumata che per ser- vire alia riproduzione, o in termini piu chiari, tutto il ca- pitale che una nazione lascia ogn'anno^ come salario, nel- le mani dei suoi proprietarj produttivi, fu da lui nomina- to capitale in circolazione. Questo capitale passa efFettiva- raente per un movimento continuo, ma sotto forme difFe- renti, come mercanzia. dall'artigiano al manifattore, da (1) Adam Smith:, Vcaltli of nations Book i. Ch. XI. p. 223, (2) Ad. Smith, Book II. Ch. !. T. I p. 6. ECONOMIA POLITICA. (jX questo al inercatante, dal mercatante al consumatore, dal' le mani del quale egli ritoina come argento al mercatante, al manidittore cd alTartigiano, e mentre ch'esso du in oarii parte la vita ed il raoviniento , senibra distruggersi per es- ser riprodotto di nuovo f i J ■ Fu dalla nozione del capitale in circolo die sorti final- inente la nozione precisa della rendita annua della societa, poiche qnesta rendita altro non fu die la quantiti di cui in ciascun anno il prodotto del lavoro trovasi sorpassare il capitale circolante die lo aveva messo in movimento (2). Adanio Smith diniostro die tutte le diverse specie di ren- dite della societa si prendevano in ultima analisi sopra que- st© fondo primitive, ma egli nel medesimo tempo dimostro die queste difFerenti specie di rendite appartenevano real- mente a diverse classi di persone^ die le une vi acquista- vano un diritto per il loro lavoro soltanto, e questo e cio die un discepolo di A. Smith ha nominate il salario su- perjluo (3);, die altre vi partecipavano per aver chiamati gli operai al lavoro, col mettere a loro disposizione o un capitale circolante o un capitale fisso, e cjuesto e quelle die A. Smith ha chiamato il pmfuto; che altre finalmente acquistavano un diritto consimile per aver somministrato il terreno, su cui erasi esercitato il lavoro, e questa parte fu da lui denominata aUogagione,od affitto. Tutti i proprie- tarj di terreni, a titolo di rendita, tutti i negozianti, ma- nifattori , impresarj di lavori e capitalisti, a titolo di pro- fitto, rutti gli operaj, e tutti gl' individui che lavorano per un guadagno, a titolo di salario, si trovarono duncjue a pa- rer suo possedere in proprio una porzione della rendita na- zionale; e siccome tutti trovavano il loro vantaggio nell'or- '00 (\) fCalth of Nations, Book If. Ch. V. T. Il.pag. I 38. ('a) Ibid. Book II. Ch. II. T. 11. p. 1 8. (i) Richesse Coinmcrciale Uv. I. Ch. IF. T. I. p. 90. p'2 S I S M O N D I dine sociale, proporzionatamente almeno alia loro fortuna, cosi tutti dovettero altresi pagare la lor parte delle impo- sizioni necessarie per mantenerlo . La rendita nazionale ricevette dunque da Smith una stima infill itamente superiore a quella che data le avevano gli Economisti, poiche la rendita dei terreni, la quale se- condo Quesnay formava la totality della rendita nazionale, Bou ne fece secondo Smith che una parte, ed anche la mi- nima presso le nazioni ricche e commercianti. In tal modo trovossi spiegato un fenomeno che niolto dovea imbarazza- re gli Economisti, ed e, che esiste una tal nazione, per esempio I'lnghiJterra, che leva in imposizioni annue, tan- to dirette che indirette^ piu che la totalita della rendita delle sue terre , senza che una spesa cosi enorme giunga a rovinarla. Ma in questa nazione i proprietarj di terreno non pagano che un' imposizione fondiaria moderata: il ri— manente delle imposizioni nazionali vien pagato da rendi- te nazionali di un'altra natura, da quelle cioe che pro- vengono dai capita li immensi che questa nazione ha accu- mulati, e da quelli imiiiensi che essa adopra. II sistema di Smith annienta dunque le distinzioni delle^ imposizioni in dirette, ed indirette; poiche se le imposizioni sui terreni sono imposizioni dirette sopra i proprietarj , le imposizioni sopra le consumazioni sono imposizioni dirette sopra tutti i consumatori , cioe sopra tutti quelli che han- Bo una specie di rendita di qualunque natura essa sia: la lotteria e un' imposizione diretta sopra i giuocatori; il hol- lo ed il registro sono imposizioni dirette sopra i capitali; e se vi sono delle imposizioni indirette, che anticipate dal mercante vengano rimborsate dal consumatore, come per esempio le Dogancj e gli Octroi, la circolazione fra quegli che fa I'anticipazione in denaro, e quegli che lo rimborsa, non e cosi lunga ne si dispendiosa, quanto quella che Que- snay aveva calcolato, allorche supponeva il rimborso fatto ECONOMIA POLITICA. 9I dal proprietario: essa forse noii lo e tanto nemmeno quan- to I'aveva annunziata Sinitli, poiclie ee,li e probabile che una parte di queste imposizioni indirette venga pagata dal commercio. II sistema di Smith non presenta alcuna ragione di pre- ferenza sia per I'lmposizione sui terreni, sia per quella sulle consumazioni; dal che concluder si deve che una na- •zione chiamata a grandi spese deve far uso moderatatuen- te e degli uni e dell'altre, piuttosto che ricorrere ad ua' imposizione unica , che produr non potrebbe una somma forfissima senza esser nel tempo stesso rnolto onerosa, e che non potrebbe posar sopra una sola classe di rendite, senza essere ingiustissima. Le regolejche A. Smitli prescrl- ve sullo stabiliniento e suH'esazione delle imposizioni, sono molto meno sistematiclie di quelle degli Economisti: egli vuole che Tiajposizione posi piu egualmente che sia possi- bile sopra ogni specie di ricchezze e sopra tutti quelli che le posseggono; vuole che le spese di esazione siano le mi- nori possibili; vuole che sia scelta per il pagameiito I'epo— ca la piu convenevole al contribuente; vuole in fine che la natura dell' imposizione non sia tale che 1' esazione porti seco tlelle vessazioni per quegli che la paga, oltre il disgu- sto abbastanza grande di dover pagare (i).Le regole sem- plici, e che non sono fondate sopra alcuna distinzione, ne sopra alcuna sottigliezza scolastica, devono essere applica- te alle contribuzioni usate in ciascnno Stato , onde giudi- carle: esse si modificano a seconda delle circostanze, e non sono inflessibili come tutto cio che non e che astratto . Tali sono dunque le idee niadri, le idee fondamentali dell'unoe dell'altro sistema: sono esse essenzialmente dif- ferentia sono ancora inconciliabili in modo che potrebba- mo meravigliarci come quesri due sistemi siano generalmen- (ij fFtalth of nations. Book. V. Cli. IL T. IKpag. 164. p4 S I S M O N D 1 te confasi, e clie vi siano altresi degll uomiiu di talento e di una rara abilira in finanze, i quali, sia per sostenerli, sia per combatterli, non li hanno considerati che come una sola teoria. Pert.anto bisogna rammentarsi che I'uno e I'al- tro sistema si trovano egualmente in contradizione colla pratica di tutti gli Stati , e coi calcoli che il commercio, e la setta mercantile, hanno dappertutto presentati per giu- stiScare il sistema proibitivo stabilito in lore favore. Com- tattere i pregiudizj adottati, distruggere gli abusi esisten- ti, esser doveva per Quesnay, e per A. Smith, il primo passo da farsi, ed il piu difficile, avanti di far ricevere delle idee nuove, ed un sistema fin allora sconosciuto. L'attacco fu la parte la piii lunga, la piu accurata e la piu difficile, nelle opere degli Economist! delle due scuole, l'attacco che da una parte e dall'altra non fu una conse- guenza del sistema, ma bensi una giusta ed ingegnosa ana- lisi degli antichi errori. Di piu, siccome questo attacco era diretto contro pregiudizj potenti e radicati,gli Economisti delle due Nazioni cercarono di far causa comune contro avversarj formidabili. A. Smith iudicando gli errori che aveva riconosciuti negli Economisti francesi, lo fece con dei rio-Liardi estremi : ei frammischio la sua critica cogli elo- gj i piu lusinghieri, adotto sovente i ragionamenti e gli ar- gomenti degli Economisti, tutte le volte che conciliar si potevano col di lui sistema, e si fece onore di aver profit- tato delle loro idee. Gli Economisti francesijche son venuti dopo Smith, gli hanno in contraccambio dimostrato altret- tanto riguardo, hanno citate e commentate le di lui opere, ed il Sig. Garnierj ultimo traduttore di Smith, che ha ar- ricchita la sua versione di un gran numero di note , e di dissertazioni, si mostra dovunque attaccato ai principj del- la setta francese, e nel tempo medesimo all'Autore ch^egli tradusse . ECONOMIA POUTICA. (/5 Quest' alleanza era senza inconvenienti per gli uni e per gli ;iltri , poiche malgrado la diirerenza dci loro principj , ullorquando essi venivano ad ajjplicarii , le loro conclusio- lii, a riserva deli'iiiiposizioue unica sui terreni, erano in generale conformi, perche gli uni e gli altri per mezzo di un cainmino differente erano giunti a riconoscere I'interes- se privatu come il migliore argoniento deirinteresse pub- Llico , e la liberti assoluta come il migliore incoraggimen- to (lie si potesse accordare a qualsivoglia industria. In fatti passiamo in rivista i punti d' incontro de' due sistemi. II putere del denaro aveva sorpresa rimmagina— zione di tutti gli amministratori, di tutti i Sovrani, di tutti gli uomini, die si erano occupati di fuianze. L'espressioni Denaro e liicchezza si erano confuse in tutte le lingue , e lo scopo di tutte le Politiche pubbliche e private era stato di attirare il denaro j e di accrescer quello die giu si aveva. Gli Economisti francesi portandosi coll'immaginazione avanti I'invenzione della moneta in una societa d'altron- a; e gli Econoiiiisti delle due nazioni dovettero discendere ad una folia di dettaglj per provare die I'applicazioue del sisteina di Colbert era cosi rovinosa, come viziosi n'ernno i suoi principj. L'interesse del consumatore era state costanteniente sa- crificato a cjuello del commerciante; gli Econoniisti delle due scuole fecero vedere che il piii generale interesse del- lo Stato,ed il piij essenziale, era quello del consumatore f2j. Eglino diniostrarono die rjualunque monopolio era il sacrifizio del numero maggiore al minore, dell' interesse iiazionale del cittadino all' interesse personale del merca- tante, mentre che la persona,non metio che la fortuna, del niercatante non appartenevano piii ad una societa che ad un'altra /'J^. Posero essi in vista che la liberta del commercio era il si- sterna di amministrazione che piCi convenisse a quelli per cui si fa il commercio medesimojvaleadire ai produttori da una parte, ai consumatori dall'altra; poiche in ragione di questa liberti essi compravano e vendevano al prezzo che meglio conveniva ai lore interessi, al prezzo che la sola concorrenza assegna a ciascuna cosa commerciabile, prez- zo il quale per tutti coJoro, che commerciano tra Joro, e il piii vantaggioso, perche e quello senza di cui le mercanzie (i) Ordrc csscntiel lies Societcs pnliriqiies, Ch. ^7, png. 347. Ihid. Ch. \i.pag. 38i). Adam Smith Wealth of Nations B. IV. Ch. I, T. II. pag. 23 1. fa; Ordre essent. Ch. 39. p. 368. 373. Ad. Smith. £. IV. Ch. in. T.n.p. 336. (i) Ordre essent. des Societcs politiques Ch. 38. p. 364. et Ch. 39. i)ag.369 Ad.Smith.B. i. Ch. VII. T. 2. p. 92. Ibid. B. V.Ch.I. T.i. 102 S I S M O N D I non potrebbero plu pagarsi,o barattarsi,le une colle altre. Nel qual caso, dicono gli Econoniisti, i compratori inan- cherebbero bentosto di venditor! , ed i venditori manche- rebbero di compratori (i) . Ed in tal caso, dice A. Smith , il lavoro non essendo piu convenevohnente ricompensato, ]a produzione diminuirebbe o cesserebbe. (2), Fecero essi vedere che il prezzo delle opere d'industria jion e arbitrario; che esso e all'opposto un prezzo neces- sario. EgHno non si accordaron punto, egli e vero, sugli element! di questo prezzo, ma ambedue convennero che la sola concorrenza doveva stabilirlo (^3). Dimostrarono ancora , sebbene dietro difFerenti princi- pj e per un cammino diverse, che, siccome importa al- io Stato di dare il piu gran sviluppo possibile alia pro- duzione , bisogna per ci6 ofFrire al produttore il prezzo il piu vantaggioso , che la piu libera concorrenza possa pro- curargli, di maniera che e I'uno e I'altro egualmente ri- provarono qualsivoglia molestia arrecata all'estrazione delle materie prime delle manifatture, ed a quella delle derrate di prima necessity. Furono essi d'accordo che uno Stato, nel piu alto grado di sua prosperity, trovar doveva nel proprio seno i consumatori delle sue derrate, i mani- futtori delle sue materie prime ; ma eglino afFermarono che per far nascere Tuncje le altre, conveniva incorraggiare la produzione per mezzo della concorrenza dei forest ieri (/f). Essi fecero vedere che sarebbe mettere I'interesse del manifattore al di sopra di quello del produttore, e del con- sumatore, il diminuire la concorrenza che i manifattori si procurano gli uni agli altri , ed in conseguenza voUero che (\ ) Ordre essent. Ch. 40. p. S82. (2) Ad. Smith, B. I. Ch. VII. T. i.p. 82. (S) Ad. Smith, ibid. Ordre essent. Ch. 42. p. 407. (4) Ordre essent. Ch. i^z. p. 419. Ad. Smith B. IV. Ch. VIII. T. 1 1 1. p. 284. Idem B. IV. Ch. V.p. 39. ECONOMIA POLITICA. 103 nliino cli quelli, che potessero esercitare la professione di manifattore, ne fosse escluso. Dietro questo principio essi attaccarono le leggi cli matricola, quelle di praticante, e qualsivoglia specie di societ;\ privilegiata ( ij- Essi diniostraiono che qualsivoglia liraitazione, o reclu- sione,e piu nociva a quelli cli'essa racchiude, che a quelli che esclude; ed in conseguenza incoraggiarono I'apertura delle strade e dei porti ai vicini, a iasciar loro liberi i ma- ri, ed a civilizzare i Popoli coi quali si commerciaya, as— sicurando che la prosperity altrui era un bene per noi, e I'avversiti un male, in econoraia politica egualinente che in morale (2^. Posero essi in vista che la proibizione dell' introduzione delle opere manifatturate in paesi esteri era un calcolo falso, j)oiche questa proibizione sacrificava il consumatore al manifattore, ed era insieme un'inefficace niisura , perche giammai veniva eseguita per Tintero, ed attirava sempre delle rappresaglie (3). Finalmente essi dimostrarono che il sistema adottato dal- le nazioni della moderna Europa, nell'amministrazione del- le loro Colonic di America, non essendo fondato che su^l' interessi e le limitate vedute dei mercatanti, non contri- buiva ne alia popolazione dello Stato, ne alia di lui forza, ne alia di lui ricchezza , ne alia fclicita dei cittadiui, dei quail esso e coinposto (4.) . Cosi i due sistemisi accordarono quasi costantemente per combatter tutte le istituzioni economiche dell' Europa ^ e (\) Ordre essent. des Societes polk. Ch. 42. p. 419. Ad Smith B.I. Ch.X. P. II. T. I. p. i83. (2) Ami des hommes T. ill. Ch. III. p. 99. Ad. Smith, B. IV. Ch. HI. P. II. T. II. p. 237. (Z) Ami des hommes T. iii. Ch. V. /?. 217. Ad. Smith B. IV. Ch. li.et III. T. ii./j. a68. (n.) Ami des hommes T.iii. Ch. VI. p. 266. Ad. Smith B. IF. CLVII. T. III./). 9a. 104 SISMONDI la concordanza da noi rilevata tra la setta di Adanio Smith, e quella di Quesnay , da tanto piu di forza al loro giudizio, quanto che la teoria dell' u no era essenzialmente differen- te da quella deiraltro,e che partendo da principj soven- te opposti , la sola verita ha potuto riunirli . Da ambidue la liberta e stata indicata come il mezzo il piii sicuro per far fiorire I'Agricoltura, le Arti ed il Commercio: ambidue non hanno cessato di raccomandare al Governo di non vo- lar troppo governare; ambidue in conseguenza hanno dovuto sentire che I'opposizione tra i loro sistemi non doveva im- pedirli di far lega insieme, poiche si accordavano per com- battere dei mali positivi, degli abusi esistenti^ e ch'essi non differivano quasi che in spiegazioni teoriche, delle quali non potevasi sentire immediatamente I'influenza sulla pratica, Questa lega fra due opposti sistemi ha dovuto sussistere fino al momento in cui gli Economisti hanno riportata una breve vitcoria, e di cui hanno abusato per i loro errori. Effli e importante ildisciogliere quest'alleanza, nel momen- to in cui questi errori compariscono in pieno giorno, affin- che non vengano imputati a coloro che non vi hanno avu- to parte: e importante di scioglierla nel momento che I'at- taccojinvece di esser diretto contro i Mercantisd, e rivolto contro gli Economisti : interessa finalmente iL diniostrare che allorquando Quesnay annunzio esser la terra 1° unica sorgente di tutte le ricchezze, egli immagino una teoria elegante , ingegnosa , ma sofistica , la quale non riposa che sopra osservazioui incomplete, sopra calcoli erronei, e so- pra asserzioni spogliate di prove; una teoria che I'espe- rienza e venuta a rovesciare; mentre che, allor quando Adamo Smith presento il lavoro dell'uomo come Tunica sorgente della di lui ricchezza, egli rivelo alle societa po- litiche i veri fondamenti della pubblica fortuna^ ed i soli principj, dietro i quali i custodi della felicita dei Popoli possano assicurare 1' umana prosperita . icS IN ERATOSTHENIS CYRENAEI GEOMETRICUM EPIGRAMMA VOTIVUM EXCURSIO CRITIC A. PETRI FERRONII JN SECVNDA CLASSE MATHESEOS AC NATURALIUM SCIENTIAKUM SSCnETAUll P£SP£TL1. c. .>(etera inter egregia Graecanicae Geometriaehistorica moniimenta ab Eutocio Ascalonita discipulo Gemini Rhodii et Isidori Milesii praestantissimi Architecti collecta,dum ver- tente Aerae Christianae seu mavis Dionysianae V. aut VI. Saeculo quaedam Archimedis Syracusani , Apolloaii Per- gaei, Claudii Ptolemaei, et Pappi Alexandrini Opera com- mentabatur, est Enneadistichon illud ab Eratosthene Cy- renaeo, Anathematis ad instar, Ptolemaeo Aegypti Regi di- catum una cum aeneo Instrumento, aut dixeris Mesolabio , columnae nescio cujus Aegyptiaci Templi coronidiaftixo, et ad celeberrimi Problematis Deliaci, longius etiam porre- cti, resolutionem affabre elaborato. Joannes Albertus Fa- briciiis Eratostlienem (loruisse arbitratur regnante Ale- xandriae Ptolemaeo Evergeta sive II. aut Phiscone, eotjue '4 106 FEE RON II temporis Lycaei Bibllothecae Praefectum fuisse post De- nietrii Phalerei obitum, qui primus, uti Diogenes Laertius testatur^ Aegyptuin dominante Ptolemaeo Lago aut Sotere, ad annum circiter CCC. XXX. praeRedemptoris adventa, Bibliothecain ipsam instituit (i). Ortum auteai Eratosthe- nem^ postmodum Geometram simul, Poetam, Astronomum •atque Geographum , Cyrenae(quae Afiicanae Pentapoleos Urbs erat clarissima) anno, juxta Bedae. scriptoris VIII. saeculi calculos , ante Christi Nativitatem CC. LXXVI. , scilicet ad Chronologorum melioris notae fidem statim ac Ptolemaeus I. in Olympiade C XXIV. e vita migraverat, aliunde constat vixisse imperantibus cjuoque Ptolemaeis Pliiladelpho, Evergeta , Pbilopatore Evergetae filio , et Epiphane ; ideoque opinari facile licet eum senescentem , et oculis fortasse laesum, Musei Cathedras, ac signanter Bibliothecam J cui praeerat, cessisse Apollonio Rhodio, uni ex famigeratiisimae Plejadis Alexandrinae Poetis> quippe qui navalem Argonautarum expeditionem pro aureo Velle- re conquireudo ad Phasi ora velColchidem in extremoEu- U xini Ponti littore sitam heroicis carminibus cecinit. Incer- tum itaque foret cui singulariter Ptolemaeorum jam memo- rata stllnpinachia sua ad morem Clypei sar.ri suspensi Vo- tum solverit Eratosthenes, in praelaudato Atheneo Eucli- di Geometrae (aMegarensi Philosopho ejusdem nominis, Socratis discipulo,valde diverse) ferecoaevus, nisi ob tan- tam illius aetatis obscuritatem. nimirum HI. et IV. ante Partum Virginis Saeculi, et vetustis, qui adhucsupersunt, Scriptoribus hac de re oninino silentibus^ spes aliqua ades- set ex recta Anathematicae ip-^ius Poeseos interprecatione, aut ex plausibiii saltern conjectura hasce tenebras dimo- vendi. Hellenicum, de quo loquimur, EpigTarama, quodque Epistolam subsequitur Eratosthenis ad Ptolemaeum, Joan- nes Hervagius edidit primius, at sine versione, qnum Ar- / GEOMETRICUM EPIGRAMMA IV^ chimedls Operum Graece et DIalecto Dorica scriptorura , aclditis Eutocii Coininentariis, anno M. D. XLIV. Basiltae Editionem curavit, tituloscjue ita apposuit~ APX1MHA0T£ TOr STPAKOTEIOT TA MEXPl NTN SnZOMENA A RAN TA-- ETTOKIOT ASKAAnNITOT EIS TA APXIMHAOTS OEPI iqjAlFAS KAr KTAINAPOT K \I TA AAAA THOMNHMAT \ =3 geniiniunque Textuni in Latinum transtulit Idioma. Dma itaque ad Ammonium Philosoplium scribebat Eutocius, ac Librum II. Archimedaenm de Sphaera et Cylindro hi- storice ac geometrice recensebat ( cujus illustracionis ne verbum quiik'm liabet Larina Archimedls Editio princeps, Venetiis anno M. D. XLIII. Nicolai Tartaleae curis typis- que Venturini Rnfliaelli vul2;ata ) in II. Propositionis compositionem animadvertens, qua Cono vel Cylindro dato aequalein Sphacram pecitur inveniri, de Pi'oble- matc fusius disserit geminas medias proportionales duas inter. rectas extremas sistendi, utpote a quo Proposition nis ipsius enodatio praesertim penderct. Varies post la- tam ab Ilippocrate Cbio ( vetnstissimo ante Euclidem Geo~ metriae Elenicntorum Scv'iptore^de Cubi duplicationesen- tentiam Probloraatis hujusce construendi modos Eutocius memorat, ordinem enumerationis incipiens a diviao I'lato- ne, deindtque ad lleronem, Philonem Byzantinum, Apol- lonium Pcrgaeum, Dioclem, Pappnm(in Mechanices In- stitutionibus^, Sporum , Menccbinum (l)is), Archytani Tarentinum (HI ETAHMCS ISTOPE: ), Eratosthenem, et Nicoraedem tandem procedens. Sed quum Commentator aut Scholiastes idem ad Eratosthenefn venit , non modo ipsius, uti aliorum , apte explicat, et distincto Schemate dilucidat Mesolabium , verum etiam Epistolam nuncupatoriam Re- giumque Epigramma superius narratum subnectit. Vincen- tius Vivianus nostras, jure merito Geonietra Florentinus antonomastice praedicatus (2), quum nullam adesse illius Epigrammatis translationem aegre tuli^set, ut novissiinaoi 108 FERRONIl spartam banc totis viribiis honestaret, Antonium Marlara Salvinum cousuluit , tunc peiie adolescent i am praetergres- sum, nihilo tamen minus in Patrio Atheneo Graecas Lite- ras profitentem ; nam usque ab anno M. DC. LXIX. , aeta- tis suae yigesimum tertium agens , ea in Cathedra Salvi- nus successlt Canonico Mediceae-Laurentianae Basilicae Apollonio Bassetto {Cyphrae deinceps, quemadmodum Aulici ajunt, Serenissimi Magni Dncis Etruriae a secretis), qui Joannem Targionum ejusdem Ecclesiae Collegiatae Ca- nonicum vita functum suppleverat (3). Accidit sane Vi via- no Graecorum sermonis inscio, verumtamen antiquoiuui Geometriae, quam mire callebat, penitus hauriendae stu- dioso, portentum idem ac Alphonso Borello Messanensi Mathematico eximio, illius aeniulo, in Florentina Acade- mja Experimentali, vernacule Del Cimeiito , consocio, e£ Lino'uae Arabicae ignaro. Hie eniin, ut tres ex quatuor po- stremis deperditis octo Conicorum Libris ab Apollonio e Perge Pamphiliae urbe congestis, in Codice Palatine Me- diceo Arabum characteribus scriptos ac nuper lepertos in- terpretaretur , Abrahami Ecchellensis Syro-Maronitae ageometrae, Romae in Propaganda degentis ^ openi quae- sivit : alter, ut Carmen Eratostheneum rite recteque intel- ligeret, Salvinum sibi conjunxit, qui Mathesim omnigenam a prime vix limine salutaverat. Res tamen impari fato ab- soiuta : iitteralis quippe Salviniana versio, quam in auto- orapha adservo schedula Vivianaea, ab ingenuo Epigram- matis sensu hue illuc aberrat, dum e contra Latina versio Fragmenti illius ApoUoniSni textui simul fideliter et argu- nientorum difficultati et Geometrarum expectation! perfe- cte respondit (4). En igitur Graecum Poemation typographicis, aut vetu- stiorum fortasse amanuensium mendis purgatum, ac nexi- bus resolutis Hellenistarum neotericorum consuetudini ac- commodatius, cum traducdone adjuncta in Latii sermo- GEOMETHICUM EPIGRAMMA 109 nem, solutae orationis instar,sed, uti nuiicupant, interli- iiearls, quam Salvinus Viviaousque communi inviceni la- ))ore confeceranc, et typis paraveraut. Episiola sic inscri- Ijitur: hxji^el TlroMiJiXic;! 'Efaroa-S/j'ij; ^aip^iv^ idest Jiegi l'to~ leniaeo Eratosthenes salutem (iinn laetari , ut Ilervai^io placuit et Winkelniannus irrklet, qui X^-^ip^ icieiii ac salu- tatio ave aut salve, et x^'^f^'^ Qraeco ivTpxTTsii/ bene agere aequipdilens adfirmat ) (5); tametsi in apographis Codici« bus MSS. Parisiensi ac Mediceo, ah Josepho Toiello, egre- gio Pappi iinitatorcj diligenter conlatis sub finern Saeculi clapsi, alias inter varlantes lectioues epigraphes istius loco adsit potius: 'Hi Ef^^roa-SfVtjc pyixi : TJt Eratosthenes inquit (6). E'( Kvfiov t| oktya SiuXctaiov , « 'yafie , rev^^iv Si Cubum ex parvo duplum, o bone, facere (.u^ia.i. i] trepeviv (iiuaav ei aAAo pu.H (pfiluTOQ iVfV kvtc? Vel tumulum, vel cavi putei latum vas TijS' xvxfj,eTfii(rxto, (litrcu ore Tepfi.xffiv xy.poa Ad huncmodum metieris; medias quando, finibussummis ^vvSpofJLxSxi Siffruv ivTOi f'A>}? kxmquuv . Concurrentes. duplices inter accipias regulas. MticJj 7v y h'pxjiJ'rtiii Sv(r(i^)(a.]ix epyx Ku^ivSpwv, Neqiie tu Archytae difficilia opera Cylindrorum, MijJe M.iveXj-'-iiHi x.MOToiJ.eh TpixSai NequeMenechmeas Coni-sectioneSjCt Triadas adhibere A('^))a<. y-vib' et rt ky^toi E'v^i^oto Quaeras; neque si quae Dei terror inclyti KaiJLb)v?iOv e'v ypxfj.ij.xii siSo; xvxypx(peTxi . Curva in lineis species describitur . 110 FERRONII ToiiSc ^e ev uivxy.es'Ji i/.e(Tay(u(pct [j.v(ix reti'^oi?, His vero in Tabulis medias describere sexcentas poteris, ?'iia, Kef, £/, uxvpH uv^fjievoi a.^yj.u.ivai . Facile etiam, ex parvo fuiido incipiens. '^xjtt.im Y\TaXk\>.cLie axTVJp, on uxiii a-L/i/;; j3wi' Bene semper tibi sitjPtolemaeejquod pater velut filio sciens OaVS' cffx y.xi MtfV«(? Kcti Bxp GEOMETRICUM EPIGRAMMA. Il5 lis Triadas Curvarum in superficie secti Coiii geiiitarum mimerum coacervatiin , ac contra veiitatem inultiplicant, duin rcapse Linearuni liaiumce Trias unica existit. Circu- lus eniin est species aut potius varietas Ellipseos, quemad- niodum etiam bina Coni latera, aut recti aut scaleui, Hy- iierbolaruni sunt Umlies , in quos desinunt statiin ac ia asymptotas eae convertantur Hyperbolae. Versum eundein a Proclo Lycio Diailocho relatum in Cominentarils ad I. JBlementorum Euclidis Librum, cum sola variatite Mivx- <%///su? pro Mfvfj^^t/ouc, jamdudum recte interpretatus erat post Ilervagii editioneni Basileensem anni ]M. D. XXXIII. usque ab anno M. D. LX. Franciscus Barocius (14); sed ^•nrlam illam lectionem respuit Robertus Simsonus in Prae- f'.i clone ad Qulnque Sectionum Conicarum Lihros anno ]\r-. DCC. L. in lucem publicam proditos Edinburgi (i5). ]\IiracuIo itaque proxinium arbitror quod postreiuus ille Calilaei summi discipulus, cui praesertini Italos inter coae- vos a Lynceo nostro institutos Geonietras Graecorum Ma- thesis synthetica et analytica universa late adeo patebat, ur e paucis a Pappo traditis lineamencis in Antelogio ad VII. Collectionum Libruin divinando conjecerit Apollonii V. Coniconun de maximis agentem et minimis, Locaque Solida in V. Libros distributa ante Euclidem et Apollo- riium ipsum ab Aristaeo seniore pariter divinatione altera restituerit ( 16 ), in re tarn obvia pedeni oflPenderet. Paruin geometricani dictionem interpretationis quinti pentametri omittam - Curua in lineis species describitur -, cujus loco vprsionem - Curva inter lineas aut Unearum species - sub- stituendain et Scientiae nativa loquutio technica et mutua dunrtiin Idioniatum vis imperabant. Vitiis hisce in Viviani et Salvini metaphrasi mecurn ipse porpensis, ac mente iterum iterumque volutatis, ne niilu fidi-rem nimio ausu interrogatidos putavi,duin adhuc erant in vivis, Johannem CUristophorum Ama Jutiuuj, et Domini- Il6 FERRONII cum jMariam Bccuccium, meuni ex matris sorore consobri- jiam, celebratissimos Graecaruin Literarurn Magisti'os, il- ium llomae, istum Florentiae docentes, elaboratorumque Operum fama supra invidiam elatos. Transcriptis igitur Eratosthenis Textu et Veisione autographa, de qua supra, communicatiscjue pluries et disjunctim observationibus al- terucrius una cum meis quaiiacumque fuerint excogitatis, XLt Graeca Lingua non modo, veruni eriam Geometria sar- ta tecta maneret, in banc ii convenerunt Versionem, quam fideliter exeorum Epistolisad medatissubjungere]ibet(i 7). Si Cubuin ex parvo duplum, o perite, faccre Cogitas, et cujuscumque figurae Solidum In aliud recte permutare, hoc quidein tlbi licebit si vel tu stabuli capacitatem , Vel acervi molem , vel profundi putei ampluin reee- ptaculuin Heic nictieris , statimque medias ( proportioaajes ) su- premis punctis In eddem recta concurrentes geminas intus regulas accipias. Nee verb tu male elaborata opera Cyliridrorum Archytae, IVeque Msnechmi in Cono secare tres lineas Qaaeras. Neque vero si quae, divi ipsius Eudoxi terror ^ Curvilinea figura describatur. His quidem in 7 abellis decetninilUum mediarum descri' ptionem habebis , Aequa facilitate exparvis etiain Jineis incipiens. Bene in aeternuin, Ptolemaee , veluti pater filio optat, qui scls Omnia quaecumque et Musis et Regibus cara. Tu ipsehunc donastiad hoc tempus^ caelestis Juppiter , Nam et sceptra ex tuis conseqwutus est manibus. Haec autem ad optimum fmem pertingant: dicat verb quisqi.is hoc Fotiim vidcrit , CEOMETRICUM EPIGRAMMA. 11"^ Cyrenaei istud opus est Eratosthenis . DuoEnigranimatis ipsiiistranslatioiies si nunc invicem con- firantur,ncinoiiillcias ibit postreniam esse a mendis quam- ])lurimis, quae in Salviniaiia occurrebant, purgatani. Ni- hilo tamen minus restat adhuc quiH melius optandum, et j-ignanter in versibus quarto, sej)tinio, deciiuotertio, et in ])enultimo cjusdem votivi Carminis cbsticho. Antequam ad interpictationis integritatem, quae hacte- tius deest, rite, si potis siin,con5equendam gradum faciam, aliqua praeniittenda censeo Philologiae et Ilenneneuii- ces adsertoribus baud ingraca. Primum in eo situm est, quod Arcbytas , Menecbmus, Eudoxus inter Curvarum llieoriae corypbaeos aerate Eratostbenis colebantur. Alte- rum ad Ilisrnriam !\fatheseos pertinens cum Procb conso- iiat auctoiitate, qui Conicarum Sectionimi repertoreni non riatonem, neque Eudoxum Cnidium, ut plurimi autumant inter recentissimos etiani Matbemacicas discipbnas tractan- t '5, at Menecluiiuui potius adfirmar, intima amicitia, qui- iiimo et famibaritate Platoni conjunctum, et praelaudati Eudoxi discipuium. Ad tertium quod attinet j ab ejusdera Carminis bexainetro quinto perdiscimus in apotbeosi, qua Tetcres decorare sueverunt Artium Scientiavumque Inven- tores egrefvios, et supra cooimuiies mortabuni vires insenio praestantes, non Di\i modd aut Divini (^Qei't^, sed Dei ( &.ti ) etiam potiore adjuncto ( stithtikii/ dixeris) abquan- do, et peculiaritcr in Pocsi, usos fuisse, prouti Milesii An- tiucliuni Pi^gem salutavere, et deEudoxo Eratostbenes ca- iilt (^I'd). Divln'uatem igitur literatis viris clarioribus eo- rumque operibus admirandis, picturis statuisve praeter iiiorem ad naturam composiris,alii5ve Artium in vitae com- ninda augenda sagacioribus adjumentis gratissiina anliqui- tas bono jure donabat; nosque a Platone exeraplum cle— surnti Danteni, Bonarotam, Gablaeum divinos aeque ad- pcllamus, dlvinas istas aut illas domesticas Tabulasprae- 1 l3 FERR ONI I ccllentia quadam ccteras synchronas superanteS;,cfti,mo,aut taelesti manu efficta vel ab Olynipi ipsius sede clelapsa Anaglypha, Toreumata, sen talia haec pcrutillima pacis aut belli Instrumental unde tot tantaeque fabulae in val- gus, mirabilibus potius proclive quam veris, temporis lap- su dimanaverunt. Postremum , quod monendum opinor, esc trium tantummodo Mathematicorum , Archytae, Menechmi, Eudoxi. et hoc adamussim in ordine , commemoratio, qui simul Platone vivente vixerunt; nam in Stobaei Eclogis, nee non in Gretseri fnstitutionibus Craecae Linguae ha- Lentur, aut Platonis ad Archytam citantur Epistolae, et ea praesertim Sermonis XLIII. de Zaleuco Locrensium Le- gumlatore auream ac cedro dignam referente sententiam( 1 9). Siquidem ipsa aetate florebat quoque Menechmi frater Di- nostratus , qui coaevum Eudoxum imitatus Curvas lineas versabat,reperitqueQuadratricem (TiTpayui/t^ovTs-j^, a. Ni- comede et Hi})pia EleoGeometris deinceps excultam (20), ejus tamen ignorata semper asymptota, quam Soverus Indi- visibilium recti ac curs'i primus investigator SaeculoXVII. ineunte Patavii (non Parmae, ut errat Fabronus) descrip- sit(2i). Quod ipsum neglectae aut ignoratae asymptotae sphalma etiam Diodes CiSsoidis inventor (EN Tfi llEPl nx. PlfiN) In Pyriis suis renovavit (22) ; Proclus etenim ad calcem Libri II. adserit duas tantum antiquorum Curvas asymptoticas esse^ videlicet Hyperbolam et Conchoidem ad rectam lineam. Fatum autem postremae consicleiatione dignum exsistimo , utpote quae ab Eratosthene coaetanei Nicomedis aemulo in quinto Epigrammatis disticho asper- nata et irrisa, prouti fusius narrat Eutocius , adeo post- modum a Newtono in Arithmetica IJniversali exaltatafue- rit, ut earn descriptionis facilitate ad Problemata omnia, quae Geometrarum plerique dixerunt soUda {sAiilinearia^ resolvenda aptiorem prae ceteris Lineis exhibere non du- bitaverit. Circinus namque notissimus signandae Curvae GEOMETRICUM EPIGRAMMA II9 condaceas Coiicliaiuai valvae sectioui sin nae, dutn siiii- jtlicicate illi cedit, quo circuiiiscribitur F >lieria circula- ris, proxiine coliaercc in praxi cum Ellipseos Circiuo Apol- lonianae, et facilior cominodiorque est Instiumento gra- phico ad Paraholeii cousequeudam idoneo,cujus in niinu- sculi A Graeci grauimaris sclieuia compositi artificem ve- tustissimum constat ex Eutocio ipso fuisse praenominatum Isidoruin Mdesium in Cominentaiio KxuxfiKu-j sive ad He- ronis Cainaricas (K^,xa'fot<^i)';), scilicet Curvas fornicura tholorumque usibus inservientes, ac Diabeti ( A/a/StjVsi ., nempe Epimetri^ vocabulo illud nuncupavisse. Hoc au- tem de praeceptore suoj idest de visu, Eutocius adlitniaus superaddit nondum al) omnibus ejus aevi Geometris Se- ctiones conicas (^x-oi/iKxtiTofJitii^ proprlis nominibus appel- latas. Parabolam quippe, hac spcciali dictione, si non post Aristaeum antiquiorem ab Eucbde in iV. deperditis de Conicis Secdonibus Libris, ab ApoUonin praeter dubi- tationem oinnem singillatim distinctam, Commentariogra- phus idem Sectionem nuncupat rectangull Coni, prouti scnpserat Arcbimedes III. ante Orbem redemptum Saeculo o^bi-yw.'iiv Kuvciv r»jxa in Libro ad Dositheuui misso de geo- luetrica areaeCurvae istius ^uadratura (23), passimque in duobus de Coiioldibus et Sphaeroidibus praenoniinat Pa- rabuloidis Tractatum Uepi ofhyu'/iov Kxv n^ia^ et alter uui Hyperboloidis etc. ris^i «,a|3Ai/7wi'(ai> KwvaefiJfav, adserente Fi- bricio (-i-j-)} idemque roborantibus accuratissimis Codici- bu> iiii-mbranaceis J c|uos iterum iterumque transcriptos S-lioliastae, Glossatores, ac Epitomatores pene innumeri l.q)su temporis corruperunt. Vcrumtamen, uc melius constet de vcteris Geometriae progressu praecipuorumque Geometrarum aetate, ad Epi- grammatis, cujus epicrisin suscepimus, eruditionem sup- plendam, jnvabit pauca subnectere, ne errores aliqui a Blancano, Vossio , Scaligero, Baldo, Declialesio , Montu- 120 r E R R O K 1 1 cla, aliisque, aut schedae aut typis commissi, minus cauto- rum mentes invadant. Maximam quidem huic aigumento lucem affunderent ii, qui jamdudum perierunt, de re ma- tbematica Scrlptores historici, et praesertim Eudemus Rho- dius in Ceometricis Enarrationibus ,'TheophrsLStas Eresius seu Lesbius, a Dif)gene Laertio laudatus, in Historla Ma- theseos (^i'<^of>Mv reotii/STpiyMv S' ^^ Geminus Lycius in Mathe~ maticarum Discipl'marum Ordine et in Libris Mathema- ticorum Praecepturum ac de ortu Spirahum, Conchoi- dum J CissoicZit/n, a quibus Arcbimedes inPrmct/:(iis(A'f;c^'« vel A'f;;(;a(' ad Zeuxippum), Sporus in Selectis ^2,5), Pappus, et Procbis, necnon in postremi Philosopbi Vita, a Fabricio primum edita Hamburg! Londinique recusa , Marinus NeapoHtanus (26) quaraplurima bauserunt notatu digua doctaeque posteritati donarunt. Initio itaque brevis Elencbi biograpbici baudquaquaia suato a fabuloso fortasse lUi fato, quod Cbronologi solent XII. annorum centuriis ante Cliristum revobifis referre, sed potius post bellum celebre Peloponnesiacum a Tbucy- dide, ut omnes norunt , tanta Graeci eloquii gratia me- moriae mandatum, quod anno accidit ante Cbristi ortutn CGCC. XXXI., exclusis scilicet Tbalete, Pberecyde Sy- rio, Cbstbene Sycionis Tyranno, Pytbagora Scbolae Itali- cae Institutore, YII aut Vf. ante Vuloarem Aeram la- bente Saeculo penes Crotoniatas erectae, ceterisque anti- quioribus Mathematum Patribus, et Olympiadum periodo ad Aeram nostram translate, epncbam speciatim Atbenis fundatae a Platone Academiae IV. ante Cbristianuni coin-' putum Saeculo, et sequentia potissimuni ten)pora contein- plemur. Arcbytam, Eudoxum, IMenecbmuni, Dinostratum una cum Platone floruisse jam diximus, seniorem primum, juniores alteros, Platonisque obitum aliunde constat ver- tente Olympiadis CVIII. anno I., videlicet reparati Orbis CCC. XLVII. contigisse. Hippocratem auteni Cbium Lu- GEOMCTRICUM EPIGRAMMA. 121^ nulae roensorem, a Coo Medicae Artis et Cliirurgicae per- gpicacissiino promotore valdediversum, etOenopidem con- civein illius (27) praecedente vixisse Sueculo simul cum Anaxagora Clazomenio Socratis praeceptoie, Metone Evved- (Je>c«£r;)f«^s« praenuncio, Empedocle, Periclc. etc. apertissi- me patct, utpote qui Ocelli Lucani iarer Pythagoricos fa- ma exirnii, et Hellanici heshW Hlstoriarum Scriptoris, ab cjusdein nominis juniore Gramniatico discrepamis (28), conteinporanei adberuiuur. Post Platonicae Academiae fun- datioQcm parvotpie dissiti annorum intervalio vigebaut Aiisraeus, Theoplirastus, Eudemus, Hero Ctesibii discipu- lus (29), et Euciides Geoaietra ac Perseus sub Antigoiio Conata ifacedoniae Rege Spiricarum inventor (3o), quos circa IV. finem et III. Saeculi initium ac uiedietateni ante Yulgarem Aerani, scilicet prinii Belli Punici aetata, anno ab Urbe condita CCC('. LXXXIX. aut XC^ incoepti, cum IMenclao Lineae mirabilis vel paradoxae contemplatore , Apollonio, Conone Samio Callimachi Carminibus (3i) et iS/)jra/i6us suis ad immortalitatem evecto, Arcbimede Sy- racusio e Regia Hieronuni stirpe florentes testantur Dioge- nes Laertius , Plutarcbus Cbaeroneusis aut Baeotius Vir Consularis imperante Trajano, Procius Diadoclins, et ex eoruin auctoritate Snellius, Fabricius, Mazzucbellus, Fre- rerus, Cramerus, Heinius, Melotus,omnesque uno verbo, qui de vitis aut placitis aut gestis Pbilosdpborum scripse— re. Secundo postmoduni subeunte Saeculo , sive transacto alterius Belli Punici tempore, vixerunt Eratostbenes, Ni- coinedes (fortasse Smyrnaeus), Hipparcus, Ileraclides Ar- cbiuiedis biographus, Pbilo Byzantinns, seriusque anti- quior Geminus, qui annum agens sexagesimum Mario et Sylla tyrannidcm Romae exerceiitibus erat in vivis anno LXXn. aut LXXVII. prae Redemptoris Nativitate. Sae- culo praeterea proximo enumerantur potinres inter Geo- metras Sporus Nicaenus Phiionis discipubis et alumnus, iG 122 FERRON II Carpus Mechanicus Astiologusque, et Philo secundus . Vulgaris deinceps Aerae verteiue Saeculo priino (quo Per- gami Bibliotheca pessuradata) ac praecipue in Alexandria no Gynmasio, docuerunt Mathemata Ericemus Purado- xoruin auctor, Heraclitus a Pappo recordatus, Demetrius, qui Opus de Lineis coinr>'oguit varietate et indole singula- riDus, ctuoque ^.iilones, secundus jam dictus, e Tyana •'^^^y'l'Iiara aut Urbe cognomine Monti Tauro subjacente in Ciiiciae finibus et Cappadociae, Curvarum ilM/.ToeiSuv institutor, tertius e Gadara ( iion Gadibus, prout in men- dosa s'ariante^ de approximatlone ad mensuram Circuli Lenemerito, quemadinodum ex Pappo et Entocio simul colligimus. Florueruut secundo Saeculo Theodosius Sphae- ricorwm- scriptor et Chordarum Menelai amplificator,Clau- diusque Ptolemaeus, qui vixit Alexandriae Antonino Pio Oibi Romano imperante, videlicet jam vita functo Stra- bone Geographo, qui Augusti aut Tiberii tempore, ta- metsi nunquam a Ptolemaeo citatus, septemdecim Geogra- phicos Libros suos absque dubio condiderat (32). Gemi- nus junior fortasse tertiam Aerae nostrae centuriam fama et openbus claris circa rem Geometricam Versautibus con- decoravit. Attamen praestantiora in.irenia Saccule IV. Ma- tbesin omnigenam promover-jnt , et signanter ( ne dicam de II. et III. Herone forsitan sub Imperio Heraclii vigen- te) Theon, ejusqye filia cpleberrima Hypatia inter Ante- cessores Aiexandrini Arhenei numerata (33), cui ornatis- simae simulque inausplcatissimae foeminae Synesius Cyre- nae Episcopus vulgatam scripsit Epistolam, et Pappus Col- lectionum Mathematicarum motiumentum insigne Theo- dosii Magni aetate (quidquid contra sentiat Stoeflerus) componere ausus, filiusque Hermodorus, ad quern familia- ris literae instar vere auream Praefationem Libri septimi misit, ac denium Diopliantus, in Suidae Lexlco nominatus, tredecim Jrithmetices Librorum conscriptor , quorum sex GEOMETRICUM EPIGRAMMA. 123 tantum priores superstites, et indeterminatae Analyseos aiitesignanus. Quintum illustraverunt Saeculuin (praeter lleronein II. fortasse) Diodes atque Eutocius ex Ascalo- ne Pliilistaeoniin Urbe, Judeae finitima, ac prope nuperain Joppen sita, queni dicunt vixisse regnante Athanasio Dio- scuro, et Syrianus magister Procli Platonici, Proclusque ipse tandem praelaudatus (non, ut plericjue jactant, Plu- taichi auditor Trajano Piomanorum Imperatore ), qui paul- 16 aute Acliillem latiuin puhlice docuit Athenis clausitque decern pene Saeculorum periodura, si ah Eudoxo nuniere- tur , eoque moriente Graecia pariter fere mortua est, va- stataque hrevi a Barliaris irruentibus Alexandria, et flam- mis, ut ajunt , consuinpta immensa Ptolemaeici Musei pre- tiosissimi Bibliotheca. Proclum commemorans, Athenarum inter extremes Do- ctorem, a pluribus aliis Proclis, et maxiinea Sophiata Plii- lostrati ingenio ac aetate diversum. in mentem venit duo- bus a me promissis Epigrammati additamentis in Epistola Florentiae data ad Antonium ^fariiim Lorgnam, quae Vo- luinine VII. Sucietatis Scientiarum Itallcae vulgata fuif, minime liucusque satisfecisse (34). Ut igitur fidem prae- stitam solvam, cjuaedam bac occasione eruditis subjicere libet de mutiia primum ac depravata Graeca Inscriptione Tliyatiris ad fines Lydiae et Mysiae in Asia Minore Saecu- lo XVn. cadente re|)erta. Haiic lapidariam Epigraphea retulerunt simulf[ue variis animadversionibus locupletarunt Baro Montis Scleuci Bimardus agens de supremo Boma- norum Caesarum Pontificatu in Volumine XVIII. Pari- siensis lascriptionum et humaniorum Literarum Acade- miae (35), Hicautius, Sponius, VanDalenus, et Jacobus EI- snerus in Schediusmate Crltico, quod typis excusum com- plectitur Continuatio Tomi VII. MisceUaneorum Regiae Boruisicae Acadeniiae annoM. DCC. XLIV. in vulgus edita Berolini (36). Monumentum istud Lyciae proxiinura, (jua 124 FERRONII in Anatoliae Provincia natus fuic Proclus i]le,aSuIda aliis- que Lexicugraphis et Biographis ideo Lycius nuiicupatus, ne cum geuiino Mallote Proculejo, atque Justini Impera- toris Quat-srore coufuaderetur, nicer ceteras scalpcurae re- liquias non omnino deletas haec habet a Graeco partiin translata PATRIA . MARKON . AVRELIVM . DIADOCHVM . HIPPICVM botaapxak POiNTIFlCEM. ASIAE. TEMl'LORVM. QVAE. SVNT. PERGAMI . ET.PONTIFICEM . EODEM. TEMPORE . PATRIAE Marcus igitur iste Aurelius plurimis pro- pe Lyciam in Asia distiuctissimisque muiieribas functus , et precipue Pondficatu in Pergamena ditione extra Pa— triam (nam Pergamus Sardisque, juxta Ptolemaeum, Ste- phanum Geographum, (3/), ac Plinium, a laeva tum sta- bant Lyciensium et Thyatirinorum ), A.AAOXOS adpel- latur, genetldiaco a Proclorum Geute aut Famiiia nomine mutuato . Exinde arguitur fallax cunctorum hucusque In- terpretum versio, qui titulum Procli Operis fronti apposi- tum riPOKAOT AlAaOXOT EI TO nPfiTON TflN ETKAEI- AOTS STOKE nN B BAION nPQTON sic transtulerunt Pro- di Successoris in primuin EucVidis Elenieiitorum Liber primus , eum Successorem nescio cui in Philosophica Athe- iiiensi Cathedra ita indicarum soniniantes. Aeque oscita— runt quorqtiot a citati Stoeflerisententia discrepantes Dia- dochi a|5pellationem civicam a Piinianis quibusdam Popu- lis, Dnclds dictis, veluti Procli concivibus , derivave- re (38). Hippicus auteui, bteraliter Equinus, vere signi- ficat Equiterii, nobilem nempe ac generosum Virum eque- stri Ordini adscriptum et honoris causa equitantern , non equi, si Diis placeat, ad vocabuli unisonum , instinctu et consiietudine similem. De ScvA>.px,^ pauca nianent dicenda: honorifici etenim aut honoraiii Principis-Senatus dignita- tem ab hac voce denotari ipsamet docet etymologia ; co- njecturaeque plausibili locus est hujusraodi Byzantinos GEOMETRICUM EPIGP.AMMA. ia5 Principes-Viros Romano postmoduin Senator! in Roma- nova, ac deinceps in veteris ad Tarpfjain rupem Capitolio sedfnti^et Sacri Romani Imperii Principibus labente aevo originem fortasse dedisse.— Alterum erat investigatio, cjuid sibi reajise vellet in Graecorum Palaeographia vox anti- quata tJaf(7fxa? Norunt omnes ex Proclo antedicto Eucli- dem Geomctram non modo scripsisse AfJo'//£i';« aut Data, Geonietrica XCV. , quae simul cnm Praefatione Marini public! juris fecit Lutetiae-Parisiorum Claudius Hardyus Tertente anno M. DC. XXV., verum etiam noffx^aVo'v /3<- ^^I'x y , et hosce tres Porisinatum Libros deperditos per- peram, tainetsi pluries repetito tentamine, restituendos optasse Girardum,Stevinuin, Bulliaidum J, FermatiumSae- culo XVII., quod opus melioribus avibus sagacique divi- iiatione tandem exegit Robertus Simsonus inter Postuma aut ReViqucb Clasguae edita anno MDCC. LXXVI. Mirari attamen licet in hac Porismatis interpretatione nativa hae- S'iise Commandinuin, Fabricium, atque Vivianum, qnum Vardiius ipse jamdudum, et ejus auctoritate suffultura Vocuhularium. Etruscuni vernaculum , vul^o della Ctu- sea , aut Academicorum Florentiae Furfureorum, voci Ciutita vel (.lixeris, Accessio, Additumeatum . Mantis- sa, etc., synoninia Corollarj , Porismati (non Porismi, velut Automati ab a'vtoij.xto;, baud Autonii) apnosuerint. Quod ipsum et derivatio arguit ts riof/ffui-'r/? a Graecorum Verbis Vleifu:. nofi'^w. Hof/^o^a;, transeo , lucror , acquiro , prouti ex Thesauro Henrici Stejibani Roberti filii, ac Ala- nuali Lexlco Scapulae ejus abbreviatore apertissime con- stat (39). Inde concluditur derivatum Uofuriice aeqnepol- lens es3e Ftalicis vocibus Lucro , Vantaiigio , Palmario, Soprappiu, Latinisque Corniiis , Corollarium, queinadmo- dum passim habet M. Terentius Varro, Julii Caesaris Bi- bliDtliecae Prarfectus, in Libris De Lingua Lutina et Verborum origine ad Ciceroncni , atque Cn. Naevii (^o~ 126 FERRONII roUaria confirmant a Bibliographo Fabrlcio sine expllca- tione cirata (40). Sed quod nieo saltern judicio omnera amovet dubicationem Euclidea Porismata nihil aliud vere fuisse nisi Elemends Geometriae ( ETKAEIAOT STOIXE'fiN BIBA. 1E~ )Theoremata superaddita, ex ProcJo, imo et Eu- rlide ipso deducitur . Consulta siquidem Elementorum, Graeca Editione Basileensi anni M. D. XXXIII., quain curavit Simon Grynaeus , et Oxoniensibas typis anno M. DCC. III. (^EucUdis omnia, quae supersunt) renova- vit David Gregoryus, Corollariuin quodbbet ibi Uofiffiix adpellatur, moremque ipsum sequutns est Proclus, prae- sertim in III. CominentariQruin Libro, et usque a prima Libri I. Coronide Barocins in sua versione to llopicriix mar- ginaliter scriptum Coronidem (seu n^oarijxijv) semper vo- care snevit . Redeo nunc ad Epigramma Eratostbenis , quod eo plu- ris exsistimo quia Philologorum catervae nonnisi praeteri- to labente Saeculo ejus interpretationi vacarunt. Vetustis- ■sima enim CoUectio (^I,Te(puvov ETiypufjif^xTuv^, quam domi- nante Seleuco VI. Epipbane Nicatore, et vertentibus an- nis XCVI. VII. ante Aeram Christianara Meleager incoe- pit Gadarae (quae postniodum dicta fuit Seleucia et An- tiocbia) Celesyriae vel Altae-Pboeniciae Urbis, deindeque a PbiHppo Thessaionicensi atque Agathia e Smyrne Sclio- lastico locupletatam Maximus tandem Planudes Mona- chus (41) A nth olo giam nuncupavit f Epigramma iUud ne- glexerat simul cum aliis baud paucis, quae MS. continet Vaticanus Codex ab Eruditis non satis excussus. Typis ex- cudendi arte reperta lohannes Lascaris a Petro Medices stimuHs additis per Laurentium Francisci de Alopa Vene- tum TIT. Tdus Augusti An. M. CCCG XCtV. Florcntinam Editionem principem j4nthologiae uncialibus bteris pro- curavit (42) ; verumtamen hoc etiam in Elorilegio ipsum Eratostbenis Carmen inter onomastica et adespota ac spe- GEOMETRICUM EPIGRAMMA 12^ ciutiui inter aiiathernatlca aut declicatoria desideiatur , af(|iie ac in posterioribus Editioniijus Stepl)aniana , \Ve- clu'liana, et Graecis Cainiiuibus ab lensio atcjuc Reiskio tditis, et in praecedente loh. Jacobi Porsii anipliore Coro- na, quani Francofurti ad Moenurn versibus Latinis recen- suit atnio j\l. DC. XIV. tituloque lusorio distinxit ob Sae- culi vltiuin -Omaiu/n jLoraruin 0^«oaia -(43). Collectio- nem Ricliardus Brunckius adauxit, si non perfecit, Argen- torati, ex Baveri Typographeio trihus Tomis comprehen- sa AnalectavcCaruin Poctaruia Qraecoruin protlureiis (44). Hujus Operis in Voluinine I. iegitur anathematicutn Epi- granima , de (juo mentio pluries jam facta, al^scjue ulla in aliud itlioina versione; sed Fridericus lacobss Gotliae scri- bcns, post evulgatam anno M. DCC. XCI. Vltrajecti .^^/i- thnlogidin veterem ab IIugoneGrotio Latinis nuineris red- ditain, /lachologiain ipsam Graecam sive Poetaruin Grae- corum Lusus, ex recensiode ejusdein Brunckii, nova Edi- tiune Lip?iae curatns aiinis M. DCC. XCIV. — XCVIII. in Dyckio Bibliopolio, Epigraniina illud , prouti cetera col- lecta Carmina , Coinnientario perpetuo et doctis Animad- versiuniljns latine exornavit , Emeiidation.es suas Lip- siae pariter editas praecedeiile anno in Eplgranimata An~ thologiaej^raecae non niodo iteiatus, verum etiain Lucu- brationeni serjuiitus de Cubi dupUcaduiie eodi'm anno M. DCC. XCVIII Gottingae a Nicolao Theodoro Reiine- ro vulgatain Notisqne variis in Epistolam Carmenque Eia- tosthenis illustratain (4^) Qnidfjuid autem sit de Reiine- li labore Lipsiensibus quoque nundinis aegre cognito(ejus etenim Dissertatio saepius oitra Alpium juga penes amplis- siiiias BibliotliecasLibrariosqueltalicos singulari flmia prae- ditos, at undequaquefrustrdquaesita), dubio caret Auctc- rein ipsnm non tantummodo in Latii germonem Epigram- ma ab llervagio prius editum transtulisse, sed praeterei iniorprctatum fuisse quo ad argumentiun geometricum . in- 128 FERRONII terpretationes hasce partim lacobss dein Je adprobante par- timcjue, attainen rarissime, renuente. Hoc autem obiter sciant oportet Matheseos Historiae abditioris exsrimatores in Collectionis postremae Tomos XII. complectentis Voiu- niine I. unum Euclidis, ac in II. tria contineri Epigram- mata OTO AEMMOT BASIAEHS nescio cnjus;in III. I'rocli Lycii nraememorati Epigrammata duo,Hyinnos qiiaternos. Soli uimm, Veneri gf^niinos, alterumcpie Cainoenis dica- tos, necnon Arithmetica Problemafa XLIV. posr tirulum MHTOAfiPOT TA IIAE.STA , praeter unicum Alexandri- ni Dioplianti decemqiie Epigrammata Nicomedis Sinirnaei; etdemumin IV. Epigrammata EPATOS0ENOTS IXOAAST!- KOT a tribus, quae ad CYreaaJcuni' spectant, toto marte diversa; nam ea ternis distincta Romanis numeris praesi- gnantur in Volumine I. Eratosthenis Fragmenta quaedam, inter Carmina INItnecratis ac Khiani. Obstupuit mehercle Vivianixs tot tantosque anteriores Geometras Graece doctos inexplicatnm Carmen Eratosthe- nis reiiquisse, nee qua reUquissent de causa sibiiietipsi suadere unquam poterat. Rivaltum etenim ac Mauroly- cum id omisisse ( ut admonui in praecitata ad Lorgnam Epistola) (46) in Parisina et Panorniitana omnium vel ali- quot Arcliimedis Librorum typis prodita Latina Editione non mirabatur^ quum utrique Eutocii in Libros eosdem Commentaria silentio praeteriissent . Federicum autem Commandinum , se Musis Atticis eruditum iterum iterum- que jactantem, aegre excusabat quominus Eutocii quae- clam piomens latine translata in Aklina Cominentariorum nonnulla Archimedis Opera illustrantium Editione, quara Venetiis curavit post fata patris anno M. D. LVIII. Paulus Manutius, Epigrainmatis illius celeberrimi ne verbum quidem addiderit. At potissimum redarguebat Franciscum Vietam eo quod, quum fastidiose et saepius etiam inepte in Geometria atque Algebra graecizasset , ac Opus ApoUonia-" GEOMETRICUM EPIGRAMMA. I29 num nriT rilA^nN jam despcratum clivinando restituisset, et ante Cartesium speciosae Analyseos fnndator jure meri- to salutatiis fuisset a Gallis prae Anglo Jlarrioto, Ilervagii seu potius Jacobi Crenioneusis indiriam imitatus Epi- gramina Graecimi Eratostheneam retulci it liaiidf|ijaf|uata conversum in Latii orationem IT. Capite Lihii VLII. Va- riorum de rebus Mathematicls Besponsorum (47). Maxi- ma tamon niirabillus videhitur, nisi a vero longius aber^- roni, Montnclain universae Matbeseos Historiograpbum la- ^unam istam non complevisse nee in Opuscule, quo post enarrata Gconictrarum niiini aetata molimina ad inquiren- -dnni arcac Cirrub dimensionem Caput VI. et ultimum ad- bt de variis artificiis consequendae Cuhi duplicationis et .yinguli trifariam srcandi , in oujus prioribus Numcris a iprimo ad totum undecitnum ex professo colligens veleruni -et nuperorum reperta, de Anathcmate aut Mesolubio Era- -tostbenis aliqiia disserit,et signanter in Paragrapbo VIIL, ubi versus nunciat Rogi Ptolemaeo consecrates (48), nee in utrac|ue Editione 1. Voluininis Mathematicae fusioris ffjstorJae(49); namque ibidem in III. Primae Partis Libro a Num. Xl.incipiens perpauca et kviora jamdudum a se abbi scripris sul)jungit. Conquisitis undique lustratisque p\irioris fitlei CodiciI)US Josepbus Torellus, amoeniordius Literis siraul et Geomctrarum veteruin studio adjirime claruSj Archimedem sunni graeeo-Iatinum cum Eutocio ejus interprete Veronae editurum polbcebaturj Opusque tamdiu desideratum et ad finem perductum tanti babi- turn est, ut postumis elegantissimis ty|)is Oxonii anno M. DCC. XCII. e Typograpbeo CKirendoniano puldicae exprctationi donatum fuerit (5o) in veterum Patrum Geo- metriae eomplementum, scibcet (quemadmoduai nionui ) Euciidis ( M. DCC'r. Itl.), Apollonii Pampbyli ac Sereni Aiitisscnsis ( M. DCC. X. ) Oxoniensibus pariter curis un;\ cum Diviiiatione VIII.de Lineis Conicis Libri ab Edmuu- '7 l30 FERRONII tlo IJiilleyo ingeniose molita excusoium. Quanivis autem Editio ilia Archimcdis , rerum copia et magnilicentia nulli secunda, noii modo certa, sed dubia cjuoque et exoterlca Syracusani Opera universaque Ascalonitae TFIOMNHMATA coiuprehendat, norunt c)mnes,qui legerint, Epigramma Eratostheiiis fideliter in graeco textu reterri, et id uni- cuii) (Oxoiuensibus curatonbus 'lorelliani MS. haudqua- quam suppJentibus) in opposita colunina orbatum esse Ja- tina versione (5i). Eja igitur age; quod Torello defuit in Eutocio suo la- tine translate (absit oinnis invidia!), quod ab innumeris liucusque Philologis vel intactum vel imperfectum recepi- iaus,Saeculo XIX. ineunte, si vires sufficiant , complen- clum nunc atque instauranduai censemus. Literalis Epl— graminatis versio quum Elegiacos numeros neque respuat iieque aversetnr, raeliorern j4 iitholo giae Interpretum sty- luni imitari non piget, qui utile dulci niiscentes latina car- mina adposite condiderunt. Didascalica enim praecepta inetrice describi posse non sine elegantia et nitore Titus Lucretius Carus prae ceteris in Poemate nunquam moritu- ro de Rerum natura posteritati eruditae monstravit; ejus siquidem heroici versus Democrincain atomorum Philoso- pliiani nobilitant potius quam intellectui obscuriorem red- dant, et in causa sunt ut facilius, auribus blandiente ver- suum haruionia , ea Physices subiiniior pars memoriae niandetur. Hoc unum caute vitandum,ne scilicet rhithmus ampullas proijciat,et verbis utatur sesquipedalibus, tu- niicbsve tropis obsoletisve metaphoris, ut Lucani Pharsa- Zia, superbiat ac luxurietur. Verborum quippe sapiens delectus in Idiomatum synonimiis, rara vocum innovatio , transpositio baud artificiose quaesita, lucidus ordo textiii consonans, et summa praesertim perspicuitas, absque ima- ginum flosculorumve peregrinorum redundaiitia , leges sunt inconcussae, quibus non modo versiones dc una in al- ^ GEOMETRICUM EPIGRANfMA. l3l tcram Linguam inniti oportere arbitror, veriim etiam Poe- sin universain, ac nomiiiatim Italicam, quae jam vitio cor- rupta Saeculi XVll. invito Apolline ctiamnuin reviviscere aiulet, nonnullosque secum traliir Carminum altisonantium artifices pene energumcnos, qui Dante, Petrarca, Tasso, et Ariosto postliabitis ferias dandas primorihus liisce Vati- bus jactitant , novo(]ue inientato irinere Tiiscuni Parna- sutn ascendere, si Superis placeat, praesumiint (52). Ad Piosodiae Graecae canones, et sigiiaiitor ad Artis Metricae consuetudiueni ab Eratosthene in Epigrammate suo votivo observatam latina carmina revocans , suboii- tur statim sequens nativa translatio. Parvum si veils arte Cubuin duplare , Perite , Corporeas fortnas vertere et in varias ; Fas cquidem duiii heic measures praesepis inane, Vel Ccreris caveam, ainpluin aut putel vacuum ; Dein luedias in recta vertice concurrentes , Regula et inclusas acclpias gemina. Archxta nee quae molitus minus apta Cylindris Neve, Meaechmus quam in Cono habuit triadein Secto , quaeras, ncc si quae, divum ipsum Eudoxum Terrcns, duel aliter Linea curva queat. Consequi cnim innuineras medias licet hisce TabeUis Quuin a parvis etiam (^ae que facile^ incipias. Caudia semper, Ptolemaee pater , genito et, cui Tecum Jlorenti Re gibus omnc placens Donasti , ac Musis. Caelestis Juppiter adsit , Ut post et sumat sceptra tuis manibus . Sit felix faustumque hoc: qui autem viderit, inquat , Cyrenaei Votum est Eratostheneos. In hoc tantum a Reimcro dissentio, numerale videlicet a- djunctum ^upiain hexametro sexto, quod praeter rfece/n mi J- lena numeruin etiam indefinitum, iinnio et infinitum ad instar postreniae Alpliabeti Siglac ^ sive antiquitus =c , ut l3a FEREONH alias de Palaeographia innui (53), penes Graecos atque Lati- i:>os signiOcabat, deiiotare il/esograp/zi huj usee ab Erato— ithene invent! aptitudineni non niodo ad duo niedias pro— portionales exhibendas, sed tres, qnatuor, quinqucj etc., ac quotobbet numeroGeonietiae placeat. Si etenim, lleiinerus ait(54), vicetrium Tafce/Zaritiiiorthogonabum, simiiiuni, et aequalium, quibuslnstrumentum simpbcius votivum ab Au- ctore coaipositum fueratj nuniei'us earuudem indefinite, au- geretur, ope bisgeminarum ternae mediae jquinarum qua- ternae, sicque in infinitum innuinerabiles (si fata homini- Lus concessissent ) reperirentur. Verumtamen, quuai sum- nius fastidiosissiniusque labor sit, tribus tantummodo Ta- hellis positis, ac ita alTabre elaboratis, ut in canaliculis auc labiis superincuiiibentibus rctio et ante vicissini excur- lant, repetito ac manuali tentamine, et saepius frustra,ex- periri an quatuor puncta, cjuorum terna super diagonaU~ hus sita, in eadem jaccant recta Linea , quae est conditio, sine qua non, ad duas consequendas niedias proportiona— les; difficilliniuni certe opus aiigrederetur Geonietra, qui casuali potius quara rationabili praxi niuiiuin fidens quin- que, sex, septem , etc. puncta in una rectd adamussim di- sponere sibi polliceatur. Atticos quideni sales, et Nicome- dis risus , quibus Eratosthcnis Mesolahiuni in Matheseos pane incunabulis receptuui fuit, nee probo nee moror (55), quum ceteroquiu lustrunientuui istud ob mechanicaui sim- plicitateiuj et dcmonstrationis geonietricae a priniis ele- nientis petifae naturam perquammaxiine commendetur. Namque statim ac inspiciatur depictum Schema , in aper- tofst, ob rectam Lineam ANOPQ (Fig. 2.) juxta Disti- clion IV., et AD, EII, IM diagonabuni parallelisinum in identicis TabeUis mobilibus ABCD, EFGH, IKLM pro- ])ortiones enasci geometricas AC: ND::CQ:QD:: CD: DH, ideoque CQ : DQ : HQ -H . Iterum oritur ND : OH:: DQ : QH : : DH : IIM, videlicet DQ : HQ : BIQ ^: . Curaula- GEOMETRICUM EPIGRAMMA. j33 titii ergo consequitur esse in Geometrica Progressione CQ: \)Q : HQ : MQ -H- , et idcirco AC : .\ D : Oil : PI\J ■^. , nompc 2VD, on primaii) et alteiam (|uaositaruii), inter datas tjuamcuiu|ue rationcm habentes AC, PM, mediarum pro- jjortioiialiuii). lisdeiu priiuipiis elenientarihus, si nuiiieras Tabellurunt augescerct, Progrcssioues innituntur aetjue Geouietricae quinciue-, sex, septem,etc. conflatae termlnis t|uae ternas, quaternas, (juinas, etc. medlas j)roj)ortiona- les exrein])l6 praeberent . Obstat nihilominus buic progres- sui Indefuuto dillicultas gravissima , quain siiperius expo- s>ui; et capropter opinor (pace dixerim Eratostbenis in Z/)isto7a(56)) senium uiideciini acduodecimi versuum Aiia- theinatis Epigranimatici ad boc vergere, ut ejusdein lu- strumenti piaesidio (/lisce T'atcZ/ts . scdicet tribus) repe- liri aeque facile possint binaria iiiaumera mediarum pro- ])ortioiialiuin , ab utcunque parva inclpieado rectae MP liiagnitucbne. et usque ad ML piocedeudo . Ceteruin nun iujjiatam Icctoribus jiuto sententiain, quain sileiitio prae- tennisi obiter abbi de Probleiuate Debaco loquutus, prae unniibus nimirum niobmeritis, quibus mcchanice inveiitio mediarum proportioiialiuin obtineri queat , excellere nie- ihuduiii a Ludovico \\ eiitzio in Actis Helveticis peiinge- iiiose propositam (57). Quid eniiii siiupbcius quaui parata fideb Norma DBQ, (Fig. 3.) dataque paritcr fidcli Regu- ]a IT ( praesertim si Micrometro procurrente^ ut in Cir- cinis exactioribus, postrenia muniatur) minimam quaere- le et sisteie longicudinem lOS, diun Regulae caput super latus Norinae BD semper fluat, ipsaqueRegula circa pun- ctum O circulariter moveatur , quod punctum est apex inferior Rectanguli ABCO praesignati, cujus latera fue- rint AB, BC,duo videbcet Rectae, inter quas mecnaepro- portionales petantnr, quae in adposito Schemate sunt CS et AI, facillime eddem Regula mensurandae? (58) 1 34 r E R R O N 1 I Dcliacum nuper dixi Problema , ad quod siiigulari tan- tum pro casu pertinebat universalius Eratosthenis Epi- gramma. At re quidern vera, priusquam unicum casum respiciens rectae AC duplae PM in Figura penultima De- liis Apollo jussisset Aram Tenqjli sui cubicam duplican - dam, veluti de Oraculi response hujusmodi Fabula narraf, extant in anterioris Tragoedjae fragmento gemini versus a Walckeiiario emendati Euripidem illustrante (Sg) , quil)U3 constat Minossem Cretae Regem Glauco filio demortuo Mo- numentum exstrui volentem, Architecti, cui fabricae cu- ram typumque imposuerar, quiqueaedificium centum qua- quaversus pedum in longitudine, latitudine, et altitudine praesignaverat , nimis angustam conceptionera modesta quadain indignatione compescuisse — i MiKpov y tXii,M PiciffiAiKov iyjaov TCiipov iXtTr'AU.o'ioi isrui tov y.v^oh Se /jtsj aipu-A'/ii (6o). Haec ita lacine reddita carmina, verborum ordine vix imniutato, et sartis tectis Epigrammatici metri legibus, ad- dere libet. Parva quideni electa est Regal'is cella Sepulcri: Duplex esto Cubits j sphalinaque sitae, cave. Nee novum, nee rarum erat primaeva aurora Philoso- pliiae, qua rudes hominum mores ad cultuin societatemque revocati, Scientiarum Artiumve reperta Oraculorum voce honestare, aut hostiis oblatis in exultatiope aniini Ds^o commendare, ut et auctorum faraae et rei inventae cele- bricati melius prospiceretur (6i). Divina humanis conso- ciare antiquissima religio fuit et consnetudo Populorum, nomadum etiam ac sylvas absque foedere ullo degentium. Praeter Eratosthenis Votum historia Matheseos quamplu- rima Geometraruin exempla suppeditat Caelicolis vel bo- nis Daemonibus haec aut ilia inventa voventium. Testatur Proclus (62) Thaletem Milesium Geometria instructum ab Aegyptiis sive Phoenicibus^ ob repertam solutionem uni-- I 4 GEOMETRICUM EPIGRAMMA. iSS vcrsaleni Problcmatis perquam facilliini, inf^criptionis ni- iiiiruiii cujuscurnjut spiciei TrianJ- fxiTi^.oi;''^ Italiae praesertim adscripta , a Pindaro Olym- piae Cantore cum Atropo aut Ncmrsi commiscebatur ,que- madraodum Pausanias de praestantissimo eodem Lyrico scribens adserit in Acliaicis, et ex Gemmis quibusdam INIusei Stoschiani colligitur (6^). Erraret insuper cum Blaucauo, Vossio, Rivalto, aliisque plus humaniter. quam matheraatice edoctis (65), quisquis arbitraretur Persei % I GEOMETRICUM EPIGRAMMA. I.S7 t.Te'ifiK:isve] mavis E'/z/w^fK cum Spiralibus aut Hellcibus Arcliimerlis Cononisve seu cum Linea slniUari (^Ko^M'ui\ duplicis inllexionis confiindi, do qua Proclus et ejus aucto- ritaci iniiixus Fabricius Pappuin scripsisse testantur in sin- gulari Tractatu Uift tQ K:;i^/(a rpxij-jj-xTi. Spira etemm(ZTei p:i\ cujus derivatio Spiralis (ZTeifiKx^, ex Beniamini Ilederici Lexico nulii secunilo Curvam stattiit (a Veibo Srs/p ) fle- xuosam 5 convoliitam, sed orbes in se non redeuntes fa- cientem , ad instar funis in gyros collectae aut potius Ar- cliicectorum Volutae in Capitulis Coluninarum Jonicis, Co- rintliiis, sive (Jompositis. Hujusmodi reapse sunt Spiralis Archimedaea in piano posita et Cochlea circa convexaui superficiem Cylindr; variis striis aut orbibus acta, nempe fjuivo^fi^poi, Siqfopoi, TfiK^faipoi, TiTfx^popoi;, etc.,quamvis prior a Geometra Syracusio in Liiiro Uspi E^Aikuv fuerit E"/\i| seu £/.)'.>) cognominata, e Verbo tamen h"Ai:iu), quod iiitorque~ re, implicare , circumvolvere , conglobare , sed in vorticis, arnii/Zcte, aut annuli formam, niiniruin zonae in se re— deuntis spatiuinve undique circumscriptum claudentis. Quod ade6 veruin est , ut Vitruvius in Capite VI. Libri IX. (66) adfirmet penes Graccos Septentrionein communi- ter E"yni>jv fuisse vocatum. Admonendum hie obiter censeo quodij pro e posita, uti in varietate Dialectorum Graeci Idiomatis aut ob poeticam licentiam occurreret (67), vox ita scripta H'Ai| ( unde H'/fxiwrij,-) coacLuin significaret, a qua radice procedunt H'/.(^ Achajae Urbs Peloponnesiaca (exinde Helicon mons celeberrimus) simul cum Bura(68) motu terrae et dilnvie diruta Olympiadis CI. A. IV. ,H'^ik.o-; quantus, quammagnus , H'XikU statura in juventute flo- rens, vel juvcnum electa multitudo apud Aeschinem, aut passim H'/ixi'a r^? n6^iw? adulta ac vigens Civitatis pubertas in Demosthenis Philippicis necnon in Lysiae Orationibus. Nnmen ergo Latinum Spiralis rite convenit Curvis ab Ar- chimede, Grammatica invita , aspirando Helicibus vice Spi~ i3 1 38 r £ R R O N 1 1 ricarum, aut , diphtongo ablata , Splrarum, nescio qao- niodo nuncupatis; dum ex adverse vocabuluin Hclicis , Helicoldls ut in Parabola convoluta Jacobi Bernoulli (69), etc., nunquam Spirlcae, Lineis consonaC a Perseo (vel cum Suida legas, Persaeo Citico, Persajo Historico j aut Dorotheo Stoico, Demetrii filio Zeuonisque alumno ac di- scipulo) repertis, a Fabricio praetermissis, a Cramero su- bodoratis, a Montucia Proclum sequuto restitutis (70), quippe quae ope sectionum Circularis Annuli generantur Tel aperti vel clausi vel mutili, et idcirco in se redeunt, acfinitum spatium circumeuntes ad idem remeantperimetri punctum a quo digredi incipiant . Ac equidem Perseus reapse secando Corpus annulare rotundum, a Circulo vci ejus segmento circa axem revoluto progenitum, quomodo- cunque transverse piano illud quinquies secuerit , nuUate- nus verae Spirae in Ammonii cornus figurara contortae potis erat originem dare, sed Lineae ordiuis quarti, imo et Cassinianae simillimae, nunc nodatae ad instar hippope- dae seu pedicae equinae, nunc veteris clypei ad instar circa medium diminutae,et nunc tandem dividuae aut Ber- nouilianae ad instar Leniniscatae ( quae ^'arietas est Orbi- tae ovalis abs Joanne Dominico Cassino, ut alibi innui , Planetis praestitae inauspicato) in lemnisci morem euri- thniice flexuosae ('/i). Peculiaris harumce Persei Helico'i- don (nam trlbus prouti in Cono Menechmus, iste Geome- tra etiam in Annulo suo diversis ipsas gaudere configura— tionibus sensit ) species est ea , cujus Aequatio analytica ( non ut in Spirls trascendens^ad instar Loci geometrici sic exprimitur inter orthogonales x, y coordinatas (x ^ 4- y ^) ^ — a^ (x^ 4-y*)-i-c^x^=- o. Haec vertitur in Lemniscatae consimilem Curvam dum az=:cVi ; namque, istahypothe- si assumta, fit (x^ -+ y^)- — 2C'(x' n-y^) -¥ c"- x- =: o, videlicet (x^ -f y' )' --C x^ — 2C- y' =:o, quum Lemnisca- la praedicta Aequationem habeat (x^ _4.y^ )' — 6= x" -+ GEOMETRICUM EPIGRAMMA. 1 39 /)- y- = o, sive (x* -+ y- )- — ^- (x^ h- y^ ) -i- a ^^ y- = o , iibi permutando ordinatas positisque a =b, c =r b F~ = a V~ , prima ac postreraa Aequationes apertissime Iden- ticae evadunt. Elegantissimam praebet istius Spiricae aut jxjtius Helicis varietatem casus singularis in iiieis explica- tus nuperrirais Ceometricis Cogitationibus , Hemisplricae neqipe, ciijus area tripla Circuli inscripti, cjuemaJmoduru nosciinus de priinaeva TrochoiJe. Species t;mm notata di-> stingiiitur simpliciore Aequationes4 — a^ z'^ +- c^ z^ Cos.*

    cupletare sunt ausi. Aqua in cocbleifunni canabonlo gravitatis suae vi descendendo nibilo tamen nii- JDUS ascendcns, Cochlea fiuica siuiul et infiaita, vcrc Pan.^ l40 FER R 0 N I I craJtofi, cochlearis Superfiriei spliaericae pars non proxi- iiie, sed exdcte quadrabilis ( 74 ), Supei ficies juxta co- chleareni ductuni iiiHumeris reccis contextae, et liAey-rot/iJijc a Denietrio Alexandnno, Pliylone Tyaiieo, et Menelao imncupatae (HAtxti) texo, ni/.sy.Tii textus , [Imktdii^ rey-vii te— scendi ars,iiioi species^ (z^) veteriini Craecorum sagaci- tatem iiigeniumque praecox indubitanter ostendunt. Feli- cia tempora! baibarorum teniporum, quae diu successe- runt, calijiine et calainitatibus nou obscurata! Graecia vi- eta, haudquaquam deleta ; Alexandria capta (76), tion tameu oblita. Haec Arabes vastatores ad exercenda bona- rum Artiuin studia excitavit: ilia Latinos victores non mo- do erudivit, verum etiam ad Graece sae})ius scribenda hu~ inillter impulit Romana verba , raaxime labefaitato Impe- rio, et a tinitimis Asiae atque Europae gentibus depopu- late. Dum hoc Literaruin fatum pluribus retr6 lustris mecum ipse aniino volutabam, exempia quaedam rariora mediae et infimae Graecltatis , mediaeque pariterac infimae Lati- nitatls speciminis loco undique perquisivi , quorum ple- raque Graeco-Latuium-Italicuui hujuscemodi airml^a— ma adfo perspicuum indubitatumque reddunt doctae Anti-"- quitatis indagatoribus, ut laboriosissimo ipsi Du Cangio, si in vivis esset, minime displicere censuerim (77). Legitur in ylaalectis aur Collectaneis Graecis Montfau- conii, de Aoyafjxt), aut Ratione sui Regiminis publice red- dita a Constantinopoleos Imperatore Aiexio Comneno !o- quentis, — Af^t/Tro? KajiVjuf — . Aliquoties ex Gorio et Guarnaccio Winckelmannus refert in Vasculorum veterum Inscriptionibus superlativum MASfMOS — (78)- Robertas Stephanus in Thesauri Larinae Linguae Volumine Til. Lon- dini edito An. M. DCC. XXXV. Ceographiae Ptolemaei Caput III. Libri II. commemorat, in quo Angliae Partus in- signia jam a Quiritibus magaus vocatus (liodie literaliter 1 GEO\fETKlCUM EPIGRAMMA. l/^l Portsmouth seu Partus Hamonis prope Urbeni Southam- pton'). lli'/jrovpayKoidciioininarur— .Excerjjta Falesianate- stancur Joannem Antiochenum usumfuisse plurali (pctjiuioin, et altero usos AifiiA/.si Glossatorrs B isillcarum, — . Stra- Lo ill Ccographicorum Y. imucupat neiitro genere a"/|3«a« a(|uas albulas, potius quam '^euy-drepc. sive li-o/.tuKx — . . Passim ('odex Fai ft-nsis Saeciili XI. et Capaccius in Hlsto- ria Neapolls aut mavis Partlienopes, simul cum Leone Ostiense de Adelperto Montis Cassini Abbate quaedam narrante et Augustae Byzantinae Hlstoriae Scnptoribus variis, habent I'ljf, Kji/a-»A. Atf|, hd.vei ke Dux Italias (sic Latinis Literis, at desincntia Graecanica), ke Cala- hrias (diprongo juxti pionunciationeni scripta ), Sikelias (cujiis expressionis vi Calabria tunc ab Italia distiiicta, Scillacjue in singulari vocata et CaJabriae conjuncta u- triusque Siciliae segregatam ah ItaVica Dominationem in- digitat), ke Pujlegonias — - . Romaiia quo(|ue Alpbabeto, ac plerumque Latinis cum Graecis \rocal)ulis simul fusis in veiborum compositione, Aulicae Digiiitates Gj'aeci aut Orientahs Imperii in llubricis vel Autlienticis exponuntur, quae torqiient aeternumque torquebunt Eruditorum inge- nia quoties in tanta temporum morumque distantia sate- gerint nupeirimos Lapides literatos ad antiquarum melio- ris aevi Inscriptionum typum, et ad Morcelli praecipue exemplorum imitationem , stylo veteri scalpere et tlecora- re. Megadoinesticiis. ver. gr. , scribitur pro Caesareae Do- mui Praefecto; AJegaducas aut Megalducas pio Supremo Classium et Rei nauti> ae ImperatDte; Megascurator pro Imperil Vectigalium universorum Moderacore; quodque mirabilius est, baec vigebant publ conim munerum Nomi- na eadem vertente aetate, qua Magnus Scriba Autocrato- ris ( hodie Caesarei officii Cancellarius et Sigdlorum Iinpe- rialiumque Diplomatum Custos) nuncupabatur Graeca In- tegra voce Megaterlarchus , necuon Megaltriarcha (pro 1^2 lEERONH Megaheteriarcha") Praetorianoruni Procerum Mllitum vol brevius Praetorianoruni seu Palatiuorum Cohort! Praeposi- tus(79). Omittam libenter exotica alia vocabula, quae Hellenis- mum sapiunt, uti m siiigulari casu noniinativo Magistros vestis, Pernia vice rd Upovoia (^Providential , nonniillaque etiam rariora a me de Magni cujusdam Logistice conje- ctando sub finem elapsi Saeculi iuterpretata (80), ne op- porturiitas vel spatium desit declinantem Latii sermonera in Idiotismum aut Dialectum Italicam sensim conversum, maxime Saeculo XI. , Docunientis aliquibus demonstrandi. In Moiiasticis Coiistitutioriibus a Beato Rodulpho , IV. Priore Eremi Camaklulensium super Vallis Clusentinae alpibus positi , anno M. LXXX. exaratis, atque una cum Membranarum et Codicum rite ordinaforum supellectile copiosissiina adservatis in Archivo Coenobii ipsius a S. Ro- mualdo Ravennate fundati prope Clusii Castelkim Pala- tiumque Comitis Malduli (quorum vestigia ad Rassinae fontes et in aquaruni suspendio Arnum inter ac Tyberira adhuc manent indubitata admirandaque), paragraph! prae- sertim XXIV. XXV. XXVII. XXVIII. circa rem victua- riam Eremitarum congregatorum versantes has adhibent 00 ... curiosas satis vernaculas voces- Turtarutn- Mdiaciorum- GraneUorum refectio:- Turtelli- Fnttellae- Juncata,sc'i- licet lactis eduhum. Et ne de granellorum adpellatione subiret in Monachorum abstinentiam aut sobrietatem mun- dana vel mabgna suspicion additur Glossa - /m quibusdam Solemnitatibus Granella j vulgo sic nominata , solent de pasta frumenti exhiberi-^. Curabo , quoad poteroj ne fiat Schedarum jactura mei Hodoeporici Roraandiolo-Clusen- tinensis, quibus non pauca ad Naturae Historiam, Flnvio- yum cursus, Antiquitates et amoenas Literas pertinentia a,dnotavi , quaeque hospitah, baud tamen urbana, comi- tate favente collecta lucem publicara arbitror non inposte- GEOMETPICUM EPIGRAMMA. l^S rum demeritura, si rite recterpie fuerint magistra manu et lepore attico pertractata. Nullibi verd in Eremorum pa- rietibus sacris, quos sa'^-pius ac diutissime perlusrravi , mihi obviam vcnit Epigraphe, cujus Itineratorum quamplurimi mentionem faciunt, omneniqne navant operam tempusque et oleam perdunt ad persuaHendum cum Ziniermanno so- Utudinein silentiumque Christiano-philosophicum in hoc lino antique Apophtegmate vel Eirato consistere-niE ZH- EAIE EN Areois-. scilicet- BIBE. VIVE. *1 -BONIS-. . CUM ADNOTATIONES. (i) Voliimpn !V. Bihliolhecae Graecae e/c. E(?itionis novissimar Ham- bdri^o-Lipsifiibis Aniii Al. JidC. Xi Poisii (>ollectione , ciii liiulus u\lvb quaebiuu Omnium lioramm. Opsonin etc. Franrofiirii cdita A. j\I. DC. X^'.; alia in Montuclae Historia Maiheseos superius citata , quo Aiiotor in Voliiniiiie I. Analysin indcterminaiani describeas JNicomachi Aritliineticani Qi-.^cystimay , liaiiaauii Monachi Logislicen , et Maxinii Planildls Aritlimeticam secundum Indos et Persas,ac prnosertim Diophanteos VI. Arilhmeticorum ex XIII. siiperstites Ijibios iinicuniquo dc JVumeris mullangulis a (juilelmo Xylandro piiiniiai, dein a Claudio Gaspare Baoheto A. M. DC. XXI. Lute- tiae-Pariiioi'uni , tandeniqne a Prtro Fermatio Tolosae A. M. DC. l.XX. int-rpretatos exponit. Recordanda etiatn paiica , quae in Graeci lipigrammatis ^pecimineSenU vulgato A. M. DCC XCV. coDtinentiir, et inajora a Pagninio prolata ac Etrusco addita Pindo in ^'olllIni^e Yli. Tusci Promtuarii A. .M. DCCC. V. alibique . (g) Anti Solensis Pftenomena et Prognoslica Graecc cum Scko/iis ' Qraecis emendaiioribus et \\arir(firii'''t: Kratostlieiiis , ac Dro- nisii Hjmnisycuraiite Joanne E'ello, Oxoniensi postea Episcopo. Oxonine M. DC. LXXll. (in 8.). (lo) Ant/iologia Graeca sive Poiilarum Graecorum I^usus . Ex re- censione Brunchii . Indlcein et Commentarium adiecit Friederl^ CHS lacobss. J.ipsiae in Jiibliopolio Dyckio ( in 8. ) Vide Volumen Vil. ad pag. 3 1 5. atque sequentes usque ad 3i8. inclusive . (i i) Praeter Felli Aratea jam diirta , dum cunsulatur pag. 35. , conso- nat et «Sclineiderii» pag. ZZi^Ind. Scriplorum Rei Rusticae . (iiO, il/e'r/) uIj Luto- cio enarratis in (Jotnmcnrnrio ad Archimedis Libinm de Ciiculi diinensloiic: Opus e»enim Arithmeticiini arhitror tiiisse Apolionii untouoniastice Geoiiietrae sui teniporis jMugiii , haudijuaqnani ve- ri) natroiijniico noiiiine t^ Alagiii , pioiiti putariint V\ allisiiis ia Volumine III. Opcrurn Motheinaticuium ad pag. 55g. Fabiiciiis- que ipse in Nolo (a) ad pag. 5G3. Libri III. ( Vide A'otas 73. ac 92. in mea subcil. Epislota ad Lorgnani ) . (rg) Quoad GieUerum, consulatnr texUis Libri I. Pioniae editi Anno M. DC. VIII. ex Typographia Ikrllioloinaci Zannoiti a pag. 468. iisqne ad linem 4^4- 2iit (-apitis Will, sive pcjstremi — n^s'T»y A'f yira T»f iii'Tj'i.^ ij Xfurrfiv E'^iTO>>l sirarn — . In Joanitl's a]\tPm 6lobaci ■Seicctoiurn sen Ftorilegii 1 iguiina Editione An. M. D. XLIII. Grat'OO-Latina, quaui curavit Goniadus Genierus, legenda est pa^. 3 12 (a tergo) onm seqiiente — TlXu-n^tm; ix t*; vfi; Wx"'"" ivi^iXif — Plaionis ex F.pistola ad ylrchytam (quae est niimero nona inter hodiii extantes) , niniirum Probi hnperatoris , Porphvrii Jaiiibliciqiie aetate,5eii post annum ab Orbe lederapto CC. LXVIX., quo lapse, absque dabio, (jnomograplius ipse Seimones C, XXIII. mm Theoctisti Sententiis qiiibnsdam , vel quatuor juxta Suidara Libras , Epimio filio sno nuncupavit. (20) Villebiotdus Sncllius Cyc/omecrici Praefatione Lugduni-Batavo- iiim ab Lizeviriis vulgali vertente Anno M. DC. XXI. Quadratri- ccni sive Quadralariam.\slam delumbatam adpellai,iit a Qiiadra- Mri'o comniuni (TiTfay^ii) vel Helice aut Voluta Cononis distin- f^ueretur . (ai) Constat hoc ex Propositionibus XIV. et XV. Libri VI. Operis po- stunii, ciijiis tituliis 6"u;i'i ac /?ec;/ /^ro^)07'//o a JUiitholoinaeo So- vero Fiiburgensi in Qyrniiasio Patarino Malheseos Professore promota Libris sex. Patavii M. DC. XXIX-XXX. Curante Gui- lelnioSohierio (jallo-Belga . Angelus Fabronins Paulum Frisium iinitatus ( F.logio di Bonat'entura Cai'alieri ad pag. 47- editionis Mediolanensis) istud mendum repetivit Cavaleriiim laudans in Jfa- lorum f^itis doctrina evcellentium etc., quae An. M. DCC. LXXVIII. Pisii prodierunt . ( Vol. I. ) (aa) Idcirco Veteres vocarunt banc Curvani Hederae simi/em , a K^^so's et I'Jss , quia duo fiitiei ejus Lineae rami arutum aninluni comple- ctentes , ac soluinuiodo eo temporis animadversi , siniul cum sub- jecta semicirrumlerentia CirruJi-genitoris folium intpgruni hedera- ceuiBimitabantur , quoa I'oUuai untiquitusnupero luisse simillimum i48 FER RONII et Cista niystica Tauii FainesiatiietPanis Corons in oelebri Noinis- mate Antigoni ( Winkelmannus Stoiia etc. Tom. I. pag. V. editio- nif citatae) riiaiiitestissim^ ostendunt . (aS) Ita est in 'I'extu , litulurn praeter, Tsrfay<>nirfti,i Tlcectffoxiii , a Codicum vaiioi'um Scriptoribus deinceps loiigoque post Archimedis decessum temporis intcrvallo passim adposilum . (24) Libra III. (ad pag. 547. ) Giaecae suae fiihliothecae toties citatae, ibiqne adijcit Architiiedeni, ut ab ejus Praelatione aiU ArUetogio patet , in secundo Libro agere voluisse '^sfi cfSiyiurls K(ui.»£ de Sphacroidihus et Conoidibus Sv- racusium scripsisse decernit , non duo , proiiti in plerisque Editioni- bu.s circumferuntur (Vid. Archimedis iiwenta de Conoidalibus er. Sphaeroidibus Figuris . iiasileae , Liber uutis , M. D. XLIV. Htr- vagio curante) . (tS) Vallisius habet riofo'c Graeci Codicis errore ab eo in Latintim trai-- slati ( Operum. Maihematicorum Tom. JIL Oxooiae M. DC. IC. , et signanter Eutocii Cummetitarii Venio KuUxou MeVf bo-is ) . Quisqiiis autem fuerit , ne unquain cum Sporo cor.iiindas Eiinucho a Nerone desponsato Iniperatoriisque vestibus insignito , quemad- modiira Cajns Caligula Equnm suum , nomine Incitntum , Consu- , lem designavit narrante Svetonio in Caesaribus ( (^ap. 55. ) (26) Veluti supplementum Bibliothecae Laliuae in huju: calce legl etiaoi potest , quamvis segregata prostiterit in Editioiiibua autea cltaris Annotnm M. DCC. atque M. DfiC. III. Adeant Eruditi i)r8f-tprp^ ad vocem ProcZui SVIDAE LEXICON ( Editione utor {Nota 14) coi rcctissiina Cantabrigiensi Ludulplii I\ii->teii Academicis typis An. M. DCC. V.) ubi Blograplio Maiiiio teste adseritur Prochi:n Atbenlensl Lycaeo praetuisse , atque inter ceteros discipulum ha- buisse Marcum Antonium , cujus gratia , amicitia , et anctoritaCe ad Consulatum evectus fuit. Edilio Veneta M. DCC. XXVIIl. praedi- ctae Bibliothecae caret eo Supplemealo . '(2") Hisloire de I' Academic Rorale des Sciences et Bclles-Lettres. Aiinee M. DCC. XLVIIJ. A Berlin M. DCC. L. ibiqne in Anioe- niorum Literarum Classe propfe finein de Hippociate Disserlatin Ciameri. Accedant Libri II. BiLlioiiiccae Graceae lo. Alberti Fa- bricii §. 18. Capitis IV. ac praecedens Hei;iii de Oenopide Dis- sertaiio ad pa';. 4°'- Voluminis ejusdein Academiae pro Anno M. DCC. XLVI. (a8) Contra Barthelemynm (aut potius Sanctae Crucis Baronem 1 in Anacharsis junioiis Itiiierc (Tom. VII. Edit. M. DCC. XC. Tab. I. pag'^-sG'). , Tab. II. pag. 285. >et Tab. HI. pag. 3o4. ) Hellanifius nnus a Snida ritatns distal a cognomine Historico quantum abs eo distat Ksrodotus, qui vixit XXiH. Saeculis ant6 hodit! vigentis ini- ADNOTATIONES. l^y tium XIX. , viJclicet Annis C. saltern antlquior Magno Alexan- dre Pliilipi>i lMaretariini . (30) Prorlns in Libri 11. Caj>ire XI. ad pag. (34-68. et Libro IV. in prin- cipio . — Fabricius in Libro 111. ad pag. 587. — Montiicla in Li- bio V. I'urtis 1. Voliunir i< I. Historian Matlie^cos . 3i) 01 TOT KAAAIMAXOT KTPHNAlOT TMNGi KAI Enl- rPAMM ATA. I'iu mae 1 ypis Bodoniunis. An. M. L)(,( ,..\( ,11, (b.xstat , Cononis laiis etiam in Coma Beieniris Catnllianis versibus etlnter- pretiim ingenio nobilitata). — Aiistofaiie, Menandro, Callimaco, ed Epigram mi. Vtiiiezia, 1795, presiu Aitloiiio Zutta efif;li, ( in 8. ), et signanter pag. iSy. Callimaco Cireiicsc Irarlotto da Giuseppe M. Pagnini , ibiqtie a pa^. 317. ad aaa. incl. T'^ol gari^.zaniento delta, Eleg'a di Callimaco sulta Cliioma di Berenice secondo la f^er~ siune Latina/aiiane da Catullu. Accedaul i'oscoli Montique C'^r- inina recentioia, niipeninuiiuqucs Puccinii, iit silentio piaetereaai Elegiae ejusd^m ad Ortalimi missae Salvinianani Versionein ab An- felo Bandino vulgatain . , , 'ojt Eratoatlieneiii Poetae Lycophroiiis cuiiteinporaneuni StuLo scripsit de Gtographia ante .\nnuiii XLIV. .Aeiae Christiaiiae, I'ta- lemaeusqiie IV. t'er<^ Saeruiis fuit Erafosthene Junior et CXXX. ant CIj. Annis Strabon,-. Consulantnr Mieronymus Ruscfilus Geo- grajia di Claudia Tolomi; J fiadot/a in Italiarto-fenezia 1676, \jo Heligionis zelo peicuMain An. CGC. LX. Vulgari'j Aerae , niiiiiruin aot^ Impe- riuni 'I lieodosii Magui seu I., quud Anno incot[itiini C(D(^. LXXiX. desiit vertonte CCC. XCV. Cyrcne hodii Cuiiiiim in Afiieae pai- te Lybia dicta non procul erat a Ptolemaide, et prope riuperaih 'i'ripolin vere becunda Alexandria . (34) Extant in Notis 60 et 76 , Textuinque consulere libeat in §. Cade il Secolo X.V111. cum adjuncti> quatuor Adiiolationib.i» . (35) Pag. 671. et seqq. Dissertatio (lo-.eplii de liiinard la Hwiiie) inter Academica Coinmentaria ( Memuires'} habet locum . l5c FEE RONIl (36) Legatur Caput XTII. , et quo ad Ricautium ac Sponium ttat pre- sent fie r F.^lhe Grecque necnon Voyage du Levant . (37) 2TE*AN02 nEPl nOAEIlN — Steplianus (Byzantius) de Vrhi- bus,quein primus Thunias de Pwe^o (Lusitanua) Latii jure dona- bat, et observation ihus,scrutinio variarum Linguarum ,ac praecipue Ebraicae (hand Hebraicae), Phoeniciae, Graecae , et Latinae , delectis illuscrabat. His additae , praeter ejusdem Stephani Frag- meniuin , coUaliuaes lacobi Groiiuvii cum Codice Perusiiio (Cas- sinensiuii:' vel Mauiinorum Abbatiae Sancti Petri) . yimstelaedami npud IVetstenios M. DCC. XXV. (58) Plinius in Historiae iS'aturalis Capite XXX. Libri VI. Conferatur hie locus cum Stoefleri Opeie praecitato in ISota 14. et cum Prae- facione ad Euclidis Data Marini Neapolitani, Editionis Parisiensis alibi rprpniifae . (39)eHSATPOS THS EAAHNIKHt TAI^rrHT (A^ol. III.adpag.177.) 4 in Lililione secunda (niniirum post earn Anni M. D. LXXIJ.), quae \'. Annum nullum gerit . ( Videantur Annales Typographici Mi- chaelis JMaittairii in Tomo 111. ad pag. 676 Hagae-Comitum M. Dec. XXV. ) — Lexicon Graeco-Latinum novum etc. Joannis Scapulae opera et studio . Basileae ex OJficiiia Hervagiana M. D. LXXX. (40) Editlonem Vaironis diligentlssimam sequor Ingolstadii Anno M, DC. V. a Gaspare Scioppio curattim, eamque consulere opoiteC in Libro VJ ad pag. laS; aut potius ( si libeat) ad pag. 43. Libri IV. in Marci Teretitii P^arronis Opera quae supersunt Henrico Ste- piiano recensente atque edente An. M. D. LXXIII. Bibliotlieca autem Latina commemorat Naevii Opus in Vokimine I. ad pag. 93. et ad pag. 490- 'Q !!• Adde synonima n»ffv5»'ii.i EV//Sx>,^a ^ Donarium , Auctarium , Italice Aggio , Augumento . (41) Fauci novum Planudem Venetiis muiantera Literisque vacantem fuisse vertente Anno M. CCC. XX. , Gadaramque praenomina- tam civilium morum suavitale , advenarimi frequentia , et hospitii gratia fuisse ornatissimam , Balneorum thermaliuni praesertim cau- sa , qui solis Bajae cedebant , Eunapio testante . (42) Titulus chai taceo Voluaiini adpositus sine Gi animate primo (quod fortasse , ut Q in Epistola nuncupatoria, amo mininque, aequeacia 1 membranacpo , colorandnra restabat ) e't NGOAOriA AlAifOPliN ElIrPAMMATllN , APXAIOIS STNTEGElMENnN lO-tOlS etc.Accetitus spiritusque nun desunt;diphlonK,i prupriae atque inipio- priae signantur ; payinarum numeratio alternatur ; duplex in perga- niena et lineft charta eoriindem characterum impressio; postrema subalba ; in quarta folii parte modulus Editionis . Consulantur Fa- bricius in Libro III. Bibliothecae Graecae (Ja(). XXXVIII. Num. 4. et Catalogus Codicum Saeculo XV. impressorum , qui in pu- ADNOTATIONES. l5l lUca Bthliolheca MagUabechlana Fluiciirlae adservatitur , Au- ctore Ferdinando Fossiu ejiisdcni Hihliotliecae Praifeclo . Tomus primus. Floreiifiae A. H. 8. cia. ijcc. xcrii. etc. columnis Jo6. ac 107. inter ioanriis Aiiiiii yilerbiemis Commeitlaria Aiitiquila- luin . Roman iM. CC(KJ. XCN'lll. et Antonini Aickiepiscopi Flo- renlini Sammula ConfeSiionis . f^eiienis M. iAlCAZ. LXXIII. \Z) Ad literarii iiioris pravitatem , extra Italiaoi quoqiif infeliri ilia ae- tate vaf;antein, angut; [lejiis in posteriim evitaiidam jmabit fidelitfir reliiiiiuin Tituli ver^ penidicnii ac peregiini tiansCiiLiere -- Aino*:- nioii lectioiie gialaque jiicuiidilale feslive simul ei gratitei t- jr-.posiia, ac dispoiita in Moratia, Safjiica, et Cax'illatr.ria , Fpi- tapiiia , Imagines , ac ■Stafuas , Anaihemaiica seu Dedicaturia , et Ainatoria , proul ciijusque liuinori , ac palato coin'ciiiuut de- guslanda , eaque collucta ex pi us minus tercoiitis Opsoiiialoi ibus miiiimc tanriilis. Ceternm Opus ( in 8. ) constat paginis 535., vi- dendaqiie Adnolntin g8. praeniemnralae Fpisio/ae ad Lorgnam . (^4) Raii.'.sima liodie (Jollectanea i:pocr6nis aqua mundentur qui , veliili in Poeseos incunabulis, Ennii Into, aiit Pacuvii gauderent , rudiorumve Latii Cantorum ant& conditani Urhetn Olympiadis VL Anno tertio . (53) ita est in undecima TSlota mei Ohlectainenti Analytici ad promo- vendam applicationeni .\evvtoni i^'orniidae potentialis , quam in- CQmpletani liactenus Lncubratiunoulam cuntinet Volumen VIII. Actorum Societatis Scientiaruin Italicae . (54) In ejus Opere praereceiisito, et signanter ad pag. 3i8. Volunii- nis VII. (55) En Glossatoris Ascalonitae verba in !. c. Describlt IS! icomedes in '," Libro sibi super scripto de Conchoidibus lalem Instrumetiti stru- ' ctnram , 177/0 eadem necessitas supp/etur , in quo vir isle videtur || supra modum gloriari jnulturnque iiiventis Eratosthenis irridere , , i'eluti quae fieri iion possint , neque imaginari , ac simul geome- trica doctrina prifa/a sint . Utinam certis narratia ista documentis innixa fuerit , nee alterius ad instar clandicaverit bfstoriolae de Archimedis deperdito Opiiscido hiscripiionis Sepcatiguli in Cir- culo ! i ADN0TATI0KE5. l5.j '(5S) F.xcogiiafn autem est a nobis qiiaedam Instrumenti structura fa- cilis per quam i/wenire puterimus iion solum duahus dads reclis duas nieiliaj, I't'iurn cliain qiiodruntjue //itisjusseiit. i'oisan quod- ruiique diveiso a (/uotcunque sensu adiiiljetur . (Sy) Voliiinen X. Societatis Sciei)liorur>i Italioac in Scholia Dynami- cae Dissertationis , quod Corollariiim VI. subseqiiltiir Partis II. Tkeortmaiis uiiici Articnli I. — Acta Helrciiia Pliyiicn-Malhe- matico-Eotaiiico-Medica Figuiis iioiinullis ariieis iilustiala , et ill usus puMicos exnrata . I'oluineii i. Baslleae M. DCC. LI. ibiqne ad pag. 83. Noi'a atqiie duplex solu/io meclianica Prn- blfinalis Deliaci , ut meclianicae sunt et tentando denuoqiie ten- tando exeiccDuae eae Flalonis, Eratosthenis , Heronis , Phiiuuis , atque Apcllonii , ac inter neotericos praescrtim Hugenii . (58) Therae eniin vel Capsulap Instriimentoriim ad res malliematiras pertinentium , Lontlini , Lutetiae Parisiorum , alibive cnllariini gentium elaboiatae , ReguUis prafcipiii servant in arillimetica Pro- gressione diiigeiitissinie supra nioduni divisas ac subdivisas, quae Prupoitioiiis Scalae seu melius Moduli vid^o dicuntur. (5g) Dialribas Philologi hiijusce inrnssum Florentiae qnaesivi. Exind^ est quod Jacobss eliato in I. c. pag. 5i5. baud arcedere neqiieam , qui dixit — Quos t'ersus, sic a se einendatos , fj-^alckenaiius in i'.uripide Poljido lectos fuisse docet in Diatiib. p. 2o5. B. (60) Evolvendum ad Verbi Xs'»x>(u intimiorem significationem et svno- nimiam Lexicon. ( ver^ aureum) Maimale Graecutn Beniatnini Hederici , Lipsiae typis vidgatnm vertente Anno M. DCC. XXll. (61) Serino CXVII. in loii'^vu tcC T.ii&ticv Opere {JSota iq. ), cui titulus EKAOrAI Anoni insistentibiis , vel earn subter a laterum productione ef'for- matis ; quod Tlieoroma deinceps universalius reddidere Apollonius etlieminusad trium solunniiudo Linparum siniilariialem decer- nendam, jRecMe nimirum, C/Vcu//, ac Cocbleae (Caput XI. Lib. If.) (G3)Lege pag. 3i. Prodi Libri II. et Vibrne ar.ledictam (/Yofn 7.)Cnl- lertionem Openiin postuinam pag. 35o. (64) Adeunto Sectioiiem V. ad Num. 1816-17-18, et Acliaica citatA ad pag. 4^^ 1. i54 FERRONII ■(G5) Videantiirin I. Voliiminis Parte I. Lib. V. Editlonis veteris prae- f'atae Historiae Matheseos ea, quae monet Montucla Ailnotatio- nes(e) (/) jnngens Textui j)ag. 3ii. (66) Ad pag. 364. iiditionis Neapolitanae Anni M. DCC. LVIII. Galia- ni ciira et versione Jtalica ^vpi^ vitlgatae. (67) Consiilatlir pr;ie rerpiis titf! Ar-vAtVrai, .\ tsT- 'V,',»ot/ Vp't/juciriv.eij Tf;^v/»«Jv io rPAMMATiKH' KilNSTANTlNOT AAXKAPEPS TOT BTZANTIOT etc. M. UCC. LX.Wii. ad pag. Sbg. et se- qiiecites . (68) Alii scribunt Ba'f=' {Eara) ex auctoritate Favorini ( 'l)-i5iupi'i'«) a Stobaeo memorati . (69) Acta Eiuditorum Lipsiae An. M. DC. XCF. Men. Jan. ad paj. i3. — Tomus 1. Operuni omnium Auctoris: Genevae M. DGC. XLIV. ad Num. XLI. et pag. 4"*i' u-.qiie ad 443. (70) Cramerus in Praefatioiie (adpag. A^l.) liitiodiiofionis in I.inea- rum Cnrvarum Anaiysin ita scripsit . — A jyeiiie la Geometrie sor- toit-elle de I'enfance , quelle s'occitpa des Secfions Conic/ues : bieulot apits elle adiiiiia les propriites de la Conchu'ide , Je la Cisioidc , des Spirales ( Courhes dijfere.nta de cclles que nous dc- sigiio/is par ce iiom , et qui soiit les Helices des Atjcicns ) etc. — Montucla Proclum citat ad Defiuitiones 4. et 7. Sed Commenta- tor idem fusius recenset eas novas Lineas in Capite XL Libri li. , et speciatim iisdem fei 6 Montuclae verbis aC. L\'l., quain priuj I erracciiid r.o-.tras coaiposuerat An. M U(^C. XL., et la- r).>nle M. DCC. XLVIII. restauratani prope Bassanimi pi-rfecerat. (7.')) Hodienum a Galliae Geometris Corpora ant Solid.i sin circumsorl- pla vocantur Corps-gauclics : (iiiido (Jrandns dixit Prismalia in Voiiiniine veterii Collcvlionis Calu^ieranae XXII. \'enetiis M. DCC. XL. ad pag. 2(j. Consulas qnoque Juvabit Mongii praeserliiu. Tinseauique et Bossuti Tlieoremuta in Tomo IX. Memorabiiium ab Alienipenis Acadeniiae Scientiarnm Parisiensi datorum (M. DCC. LXXX. ) necnon in IV. CoUectionis ejusdem . 76) Vertente id accidit Anno Vuit^aris Aerae DC. XLil. , frustra Joan- ne Philopono obsecrante ne Bibliotheca ureretur ab Arabnni-Feli- cinm Dure Anirio , quae Pergami ducpntisniillenis et ainplius Codi- cibus a Marco .\ntoiiio Cleopatrae donatis increverat. At in Italia LiterJiiuii et Philosophiae cultas nunqnain periit oninino. Calabrei etenim a Pvtliagoiico Ocello Lucano bonis Artlbns eruditi , Croto- niates a I'lidoiao, Eieates Coloni a Zenone et Parmenide, Lorren- ses a Tlmaeo , ab Archyta Tarantini . Quid plnra ? Lisidas Taranti- niis Tliebani Epaininondae praeceptor , ut Socrates Alcibiadis, Dionysii Svracii»arurn Tyranni ipse Plato, et Manni Alexjndri Ari- stutelesl ( \'idi' Deiiinae Dclle Bii'oluzioni rf'7/a//'<2 Volunien I. Lib. I. Cap. Vn. pag. 53. Edirionis Taurinensis M. DCC. XCI. ). (77) Gloisarium ad Scriploies mediae et iiifimae Latinilatis , Aucto- re Carolo Dufresne Domino Du Caiige etc. Edilio nova locuple- tior et auctior opera , et studio Monachorum Ordinis S. Benedi- cti e Congrcgatione S. Mauri. Tomus quaitus. Parisiis M. DCC. XXXIIl. Adde G/nssarium mediae et infimae Graccilntis etc. , sed prae omnibus loaiinii Meursii Glossarium Graeco- Ha rlia rum a|)ud Elzevirios edituni Lugduni-Biitavoruiii Anno M. DC. XIV. ( in 4- ) (78) Corius Guarnacriusque in Libro- Difesa dell' Alfabeto Finisco ad pag. CC. XV. m \Vinrk»»l'nannns in V(.luinine I. pag. 218. cum ^'ota it>) litoria ddk Arti etc. { Vide JSotat/i j. ) itlerunt MAEI- l56 F£R R ON II MOr EnOlEI -MAHIMOS EfPATE. Gemmae liteiataehavxdia- Irequeiiter continenl MAPNOS. Ctterum Eric-Magnus freqiientis- simum nomen est-4n tJueciae Regionibus: Magnus-haduios Hulmii ilex An.M.CC.LXXII. memoratur a Toiberno Bergmano in Opus- cu\o Histoi iae ChemicaeMedii ^evi ad ^3.^.0%. Floientinae Editio- nis: Romanos inter Impeiatores Historici naiaecainx. Magnum-Ma- ccimum Saecvdo y . (post (jiatiani decessiim) Gallos , Hispanos , Britannos , et dein etiam Italos dom'nantem , a Magno tandem seu II. U heodosio, Arcadii filio, anti Annum GCCC. L. debellatum , et e vivis ereptum . (79) Sub Orieiuis Autocratore Constantino VIT. Porphyrogeneta Theo- pbaniis NoHnus Medicus Cae^arei Gazophylacii Praeses creatus vel (80) Adveiaus Wallisium Fabriciumque hoc argunaentum explevi in A lii cii'conferenza AFC, descritto coine innanzi sopra di essa il semicerchio egd, sara pure la lunula AegdCFA ■uffuale al rettan^olo AedC. LEMMA IL I. Caso. Se da'punti H,L (Fig. I.) ne' quali la retta ED raglia la semicirconferenza AFC s'innalzino le per- pendicolari HM LN al diaiiietro ED,e si congitinga la M N , il rettangolo H M L N e uguale alia lunula HMGNLFH. Se poi si conducano da'punti R S, presi nella circonfe- renza del semicerchio A FS (Fig. II.) equidistant! dalle estremitaA, Cdel diametro AC, le peipendicolariRH-Mm SLNn, II. Caso. II rettangolo RMSN sara uguale alio spazio lunula re RMGNSFR. III. Caso. Ed il rettangolo R m n S sara uguale alio spa- zio lunulare RmgnSFR. TEOREMAI. Se al cerchio ABDE (Fig. III.), in cui lo spazio ippo- cratico AHELDMBGA e uguale al sue quadrato in- scritto ABDE, si circoscriva il quadrato QOPR, e so- pra il lato QR si descriva il semicerchio QNR che tagli la circonferenza del cerchio ABDE ne'punti Z, Y, ed i lati AE BD del quadrato ABDE ne'punti V,X,chesi congiungano con larettaVX idicochei! rettangolo A BXV * e uffuale alia lunula D M BCD con il doppio eccesso degli spazj CYRC BYXB. Imperciocche essendo il quadrato inscritto la metA del ■ quadrato circoscritto; sari il quadrato ABDE uguale al rettangolo QRCH, ed al quadrato ABDE e uguale lo spazio ippocratico AIIE LDMBG A, ed al rettangolo QRCH e uguale lo spazio luriulaie Oil E LDCR-NQ (Lein. I. Caso II. ): cluiKjue lo spazio ippocratico sar;"k u- guale al cletto spazio luiiulare, e toko il comune spazio ZHELDMNZ,saiail riniaaeute spazio AGBMN VZA uguale al rimanente DMYRCD con lo spazio 11 ZO ov- vero CYRC. E poiche la retta VX e uguale alia DB, sara la lunula VNXV uguale alia lunula BMDB; e tol- ta la comune porzione FMX, sara il rimanente spazio VNMFV uguale ai rimanenti spazj DMXD FXBF, e percid sari lo spazio VNMFV diminuito dello spazio FXBF uguale alio spazio D M XD: cfuindi essendosi di- inostrato superiormente lo spazio AGBMNVZA uguale alio spazio DMYRCD con lo spazio CYRC, se dal pri- iTio si tolga lo spazio UNMFV, e vi si aggiunga lo spa- zio FXBF, ed al secondo si tolga lo spazio DMXD, sara il rimanente spazio BXVZAGB uguale a' rimanenti spazj DXYRCD, CYRC; per ultimo tolto dal primo spazio, lo spazio AZVA, e da'secondi lo spazio uguale J3XYB, ed ag-iiunc-endo di comune le u-juali lunula A EGA BDMB, risultera il rettangolo A BXV uguale alia lunula BMDC con il doppio eccesso degli spazj CYRC BXYB. II che era da dimostrarsi. COROLLARIO I. L' area del cerchio A BDE con il quadruplo ecccsso de- gli spazj CYRC, BXYB insieme, e uguale al quadrato •inscritto col doppio rettangolo A B X V. COROLLARIO IL Essendo il rettangolo ABXV uguale alia lunula AGB XN VA (Lem. II.), sara la lunula stessa uguale alia lu- i6o nula BTvIDCB con il doppio eccesio degll spazj CYRC BXYB. LEMMA I. Se I'ipotenusa d'un triaiigolo rettangolo isoscele ACE (Fig IV.) dividasi in quattio parti uguali AG GB BF F£, dico che tre di esse piese insieme componeuti la por- zione GE,sono maggiori d'uno de' lati uguali AC CE. Si conducano le rette CB CG, delle quali CB sari perpendirolare alia base AE. E poiche il triangolo rettangolo ACE e simile al trian- golo retfangoio FBC, anche il triangolo EBC sara isosce- le, e percio CB uguale a BE, ed il quadrate della CE doppio del quadrato della BEj ma il doppio quadrato del- la BF con il quadrato della GB, per essere divisa GE in niodo che la parte GB e la meta dell'altra BE,e ugua- le al quadrato della GE: dunque il quadrato della G E e maggiore del quadrato della CE del quadrato della GB; quindi la retta GE sar^ maggiore della CE; il che ec. COROLLARIO In un triangolo rettangolo isoscele il quadrato fatto so- pra le tre quarte parti dell'ipotenusa , eccede il quadrato fatto sopra il suo catetto, del quadrato della quarta parte dell'ipotenusa medesima. LEMMA IL Sia da dividersi il parallelogrammo PCGD (Fig. V.) per mezzo con la parabola POF, di cui il lato PC sia un suo diametro, e le parallele al lato CG,o PD siano le or- dinate alio stesso diametro . \ SULLA QUADRATURA GEOMETRICA ec. l6l Si tagli il lato CG In F in guisa die CF sia tre quarte parti di tutta la CG, e con I'ascissa PC, e I'ordinata CF si (loscriva ia paraljola POF, e si ineni la retra FE paral- Icla o all'uno, o alTaltro de' lati PC DG: dico che il pa- rallelogiainmo PCGD e diviso per mezzo dalla parabola POF Tmperciocche essendo lo spazio parabolico POFCP u- guale a due terze parti del parallelogrammo PEFC, e le dette due terze parti sono uguali alia meta del parallelo- grammo PCGD, per essersi fatta CF tripla di FG: dun- ■>! -a p ^ -^■^""^ tJ ^y^ > - / / / / 1 / V \ \ i 1 fa ' rv" ■ % x^^w ?\^^^. DESCRIZIONE DI UN BAROMETRO PORTATILE DI STEFANO BORSON. n ai tempi di Pasral, che osservd il primo il mercurio nel barometro abbassarsi a misura che scendeva la nionta- gna, ed al contrario risalire in pioporzione che rimontava, sino a' giorni iiostri non poco aftiuicaronsi i fisici tamo nel cosiiuire barometri i cpiaii ad una grande esattezza e soninia precisione riunissero anche la soiiditi con una certa aofvolezza nel portarii per strade difficili e disastrose, ciulio. Per mag>iior soli'lita ancora , esspudo il barometro diste- so e nello stato di osservazione, le tre parti dcll'astuccio che fonnano un triangolo ecjuilatero stanno fra loro equi- di>tai!ti per mezzo delle ve,ighe a, a, a, a^ di ottone della lunghezza di a3 niillimetri circa. Ognuna con una vite,nel- la cpiale si muove liberamente, tiene ad una di quelle tre parri, e si aggiunge alia sua corrispondente per mezzo tli uii uncinetto. Quando, finita 1' osservazione, si deve ripiegare lo stroniento, come lu-lla (\'z 2., o2:ni v<>rc;a viene uascosra nel suo candetto inravato ueila Inngliezza dellastuccio, e le loro estreiuiiill ripiegate ad angolo retto che devono en- 174 B O R S O N trare nell'uncino, trovano nclia parte corrisponclente un foro JelJa loro niisura , nel (luale eiitrano. Le tre parti dell'astucclo vengono unite superiormente per mezzo di uu laroro di ottone a tre raQ;o;i. Ojini raairio tiene con vite ail estremita deila sua parte conispoiidente> ]a quale esseudo mobile, puo separarsi e allontanarsi a pia- cimento dalla sua vicina, e tutte tre riunirsi per fare un corpo solo, fi*. 2,. Quel lavoro di ottone porta in mezzo una spranghetta di ferro dentata F fig. i. ed un bottone g die tiene ad una piccola molla , che entraiido nei denti della detta spranghetta F, serve a fissarla all'altezza, che si "vuole. Al di sotto di essa sta libcramente sospeso il baro- inefro per niezzo di un uncino mobile. Fig. 2. Baronietro chiuso colle tre parti dell' astuccio riunite per mezzo degli uncini c d. un piccolo astuccio b riveste la parte superiore, die C|ui si trcva capovolta, ptr custodirla. RECIPIENTE DEL BAROMETRO. Fig. 3. II recipiente vien composto di tre parti, come si vede nello spaccato. AB parte su])eriore, del diametro circa di 47 millimetri, di Itgno di busso il piu stagionato die s> possa avere: que- st." j:r'rte ha tre aperture. La prima nel centro e conica, accioccbe possa ricevere ^— un andlo conico c d. Questo anello, aiicbe di busso, bene j^ unito con mastice al tui)0 barometnco a, b, fa con esso uu ^^ corpo solo, si adatta esattamente a quella apertura conica, e oltrepassa alquanto in d I'oilo eievato di quella parte del recipiente. Una pelle con colla riveste ben bene quel- la uuione dell' anello c d con I'orlo suddetto in d , per to- gliere il niinimo adito all' aria, ed all'uscita del mercurio dal recipiente qiiando il barometro e rovesciato . DE^CRIZ'ONE DI UN BAROMETRO CC. I^S La seconda apertiira e quel la h g dove passa il tubo ter- niomcinco e f : dfVf' ;incln' iniesta t-ss< re conica e di gran- df esartt-zza , coint- la |jiiriia , per ricevere I' aiieiio coiiico li g il (juale iiiiiio con mastice al rubo teruif»inetrico e F, oltirpjssa an(i«"es>() I'orlo elevaro in g di quella pane del iccipieiite , e a <|iiella uiiione del derto oi lo g coU'aiullo hg i'iiicolla della pelle acciocche ogni passaggio venga cljiuso air aria esterna e al lueicurio. La terza aperrura c cilindrica, ed e in principio del dia- uietro di un niiUlmetro circa verso I'interiio del recipiente, e poi suhito vien fatta di due niillimecri, o un poco meno, per ricevere un tubo di vetro i K , il (juale unito con ma- stice al legno riposa sopra Torlo del piccolo diametro in ii di inudo die f|ualunr|ue pressione fatta in K non lo possa far penetrare nel recipiente; ogni adito deve pure essere tolto tra i\ vetro ed il iesno all' aria e al mercurio del reci- piiMite. L'ufficio di questo tubo egli e di dar adito all'aria iicl recipiente: e di piu vi passa in mezzo un galleggiante di avorio G II fig. 6. di cui la parte inferiore G sta a galla sopra il uiercurro. Parlero piu abbasso dell'ufficio di quel galleggiante. La parte di mezzo del recipiente e un ciliiidro di vetro bianco CD,di i -• millimetri cli altezza e del medesimo iliaiiieii'o della parte superiore A B, colla quale vien uni- ta con mastice. Si lia facilniente un tal cilincfro con far ta- gliare un bicchiere di cristallo bianco. Si deve per altro lugli^-rc il polimento a quella parte interna del cilindro di vetro cho si vuol unire con mustice tanto al coperchio AB dil recipiente quanto al cilindro EF inferiore. Questo cilindro E F, anche di busso, ha 48 millimetri circa di altezza, e fa corpo col coperchio AB mediante il cilindro sutldctto di vetro. Deutro quel cilindro di busso ne sta ancora un altro del medesimo legno PQ, nia di un di.imutro alquanto piu stretto. 176 B 0 R S O N Una tasca, ossia una borsa, dicui si vede lo spaccato LG-L, fa anclie parte del lecipiente. Essa e cilindrica, col capo in G sopra fatto a forma di calotta di una peJle sof- fice sotrile, ma che non lascia peio trapelar il mercurio per i suoi pori in caso di pressione. L'estremita circolare di cjuella tasca viene strettamente racchiusa in mezzo ai due cilindri di logno EF esterno, e PQ interno; e quandu il recipiente ha rjuella dose di mercurio che ^li compete, ac- ciocche da quella parte non ne esca un atomo ^ i due cilin- dri debbono essere ricoperti di pelle con cella all'esterio- re sopra I'intaglio o o, dove il cilindro interiore oltreoassa ]'esteriore, e quella parte legarsi strettamente con filo a re- plicati giri. La parte inferiore del reclpiente viene ricoperta da un altro cilindro di ottone AB fig. 4. il quale nelia parte sua inferiore porta in mezzo una vite di le2.no C D: questa in D mette capo nell' intaglio profondo H fig. 3. fatto in un pezzo circolare di legno pur di busso G H di un diametro iin poco niaggiore della meti del diametro dell' interno del xecipiente; questo pezzo GH viene unito con colla al fon- do della calotta della suddetta tasca di ptlle. L' ufficio di questa tasca e il seguente. Quando il baro- nietro essendo in operazione, e nella posizione delle fig. i. e 5. il mercurio del recipiente preme sopra la tasca LGL fig. 3. la vite C D fig. 4., posta sotto I'intaglio H suddetto, facendo alzare o abbassare il fondo G, mette la superficie del mercurio al livello segnato r s, fig. 3., e x y, fig •>.; e cosi si accresce, o si diminuisce, la capacita interna del "re- cipiente secondo il bisogno. Qufclla tasca di pelle di cui il fondo GH si alza je- si ab- Lassa mediants la vite C D fig. 4. per portar il nliercurio, che sopra essa preme a quell' altezza che si desidera , e stata messa in luogo dello stantuffo di pelli o corami solito usarsi in alcuni barometri dentro a' cilindri di vetro. Que- DESCRIZICNE DI UN BAROMETno ec. 177 to lul il c;i"ave incomodo, ristrinscndosi il corame alia sic- cit;\ ileiraria,di lasciar facilinente uscire il mercurio, come ap[uinto a me e accaduto in OttoLre i8o5 sopra una ci- ma di monte che domina il monre Cenisio, ove adoprando nil harometro a stantutFo, tui costretro ad abbandonare Ic progetcate sperienze,non avendo potuto rimediare a quell' inconveniente. La borsa di pelle ba pure il vantaggio di adatiarsi meglio, nolle atce temperature, alia dilatazione del mercurio. La parte superiore del recipiente AB fig. 3. viene anche C3«a ricoperta da un cilindro A B fig. 5. di ottone al quale c uuito un altro M N, di minor diametro; vi sta anche una colonnetta EB, la quale porta un pezzo orizzontale e mo- bile E die tiene alia sua estremiti una vire di pressione F sotto la quale sorge, tlal coperchio del recipiente, il tubo r fig 5 e i k fig. 3.destinato, come si e detto, a dare adi- to air aria nel recipiente. Quel cilindro superiore AB fio^. 5. tiene all'inferiore CD per mezzo di tre parti 0000... che le uniscono con viti . L' ultima parte che viene annessa al recipiente e un al- tro cilindro di ottone E F fig. 6 , che ricuopre il cilindro ]\IN fig. 5. Ad esso e unito i. un tubo di ottone AB per le division! del barometro, metriche da una parte, e lineari dall'altra. 2. una lamina stretta di ottone per la doppia divisione del termometro, con un canaletto in mezzo per il tubo. Le due viti E, F sono di pressione e le loro punfe entrano m piccoli intagli fatti ad uguale distanza nel ci- lindro MN, onde potere, alzando o abbassando il cilindro E, F, secondo il bisogiio, come fra poco si dird, portare il tubo A B baroinetrico a varie altezze sopra quello di vetro che vi sta dentro, e poi fissarlo iramobilmente a quel punto che si vuole. Bisogna notare che quel tubo di ottone AB lungo 29 poUici circa i acci6 non sia troppo pesante, e aperto in tut- a3 178 B 0 K S O N tala sua lungliezzaper la parte anteriore dove sono segna- te le division!, e vi sono anche posteriormente delle aper- ture rettangolari corrispnndenti alia prima. Le lamine per le (livisioni del tennometro sono le piii leggiere che e stato possibile di fare . LINEA DEL LIVELLO. Per evitare quanto si e potuto ogni sospetto di paral- lasse nel fissar la visuale al segno che dentro il recipiente determina la liiiea del livello, si e preso per il cilindro di mezzo C D fig. 3. un vetro dei piia sotiili di cristailo Lianco. Un cartoncino di 7 millimetri circa di lunghezza sta con colla unite alia parte superiore dentro il recipien- te, alia distanza di due o tre millimetri al piu dalla super- iicie interna del vetro, e in una direzione che forma come una porzione del raggio della circonferenza. Sopra questo cartoncino da ambe le parti e segnata una linea nera oriz- zontale J la quale subito si presenta all'occhio dcll'osser- vatore dietro il vetro, e sopra la costa del cartoncino. Per cleterminare la linea del livello alia quale., come si sa, co- minciano le divisions per la misura dell'altezza del mercu- rio nel tubo barometrico, x y fig. 5, e r s fig. 3. bi^ogna che la superficie del mercurio, la quale al toccar del car- tone si fa alquanto convessa , incurvandosi verso di esso, lambisca quasi il segno nero sulla costa anteriore del car- toncino dietro il vetro, e die non lasci vedere die un pun- to bianco del detto cartoncino sotto la linea nera. Per assicurarsi vie piu di quella linea di livello, un gal- leggiante GH fig. 6. di avorio di una estrema sotti^liezza, nuota sopra il mercurio del recipiente , e la sua estremi- tk H che esce dal tubo P. fig. 5. ha intorno dei punti neri fatti con inchiostro della china , i quali debbono ap- pena lambirc la superficie esterna fatta orizzontale del tu- DESCRIZIONE DI UN BAROMETRO CC. 179 Lo P quamlo il mercurio giunge alia linea dtl livello r s dn. 3. e X y fig. 5. Quel galleggiunte puo Jirsi 1' esploratore del iivello. TUBO DEL BAROMETRO II tul)0 del barometro e di cristallo bianco del diatnetro interno di due linee e mezzo circa, come lo racconianda il Sig. Deluc (i). Esso forma air estreniita superiore una caTotta emisferica, e immediatamente sotto di essa il dia- mctro si ristrigne un poco, facendosi niinore il vacuo in- terno; la ragione e questa: quando il tubo e ben privo d'a- ria per mezzo delT ebullizione, come lo deve essere, il mercurio trovando un passaggio piu ristretto percuote con minor impeto la superficie interna di quella calotta, e nou v'e piii rischio clie la rompa: I'altra estremitu poi clie s'im- merge nel bagno del recipiente vien (iitta anche piii stret- ta per la medesima ragione clie il mercurio,che discende per portarsi nel recipiente, esca in minor quantitd , trovando il tubo fattn piu stretto. Vi sono anclie de' fisici i quali chiu- dono quell' cstremita del tubo, e non vi lasciano che un piccolo foro laterale. Nel porre il tulxi barometrico col suo anello neirincavo conico c d fig. 3. si lia I'avvertenza necessaria che la sua estremiti b. fig. 3. , o G fig. 5, oltrepassi di una linea e mezzo o duc^ linee il livello stabilito r s fis;. 3. acciocche TestremitA b sia sempre nel bagno e che non eiitrino bol- le di aria nel tubo. 11 pezzo di legno GH fig. 3., che tie- ne con colla alia calotta inferiore della tasca , e stato fatto un poco concavo nella parte G appunto per non trovare nella punta b del tubo barometrico un ostacolo al suo al- z;imcnto, ove occorresse, per togliere ogni vacuo nel reci- piente, didoveralzar molto la tasca suddetta. (i) Modifications de I'Atmosphere Tom. 2. §. 355. iSo B O R S O N Sarebbe ben a desiderarsi che in questi tempi, in cui si conosce tutto il pregio delle osservazioni mereorologiciie , e die tanto si lamentano i fisici di trovarne un cosi piccolo nuinero di buone, nella costruzione del baronietro si por- tasse una piu scrupolosa attenzione, come anche nelle sue divisioni, onde ottenere die quello stromento dasse ovun- que misure uuiforrai in ragione delle varje sue posizioni, e cosi soniministrasse per il calcolo delle altezze piu esat- te quantita. Una cosa, fra le altre , essenziale da farsi sa- rebbe che le sostanze componenti i tubi fossero sempre le medesime in quantity e quaiita, e che nella loro scelta si portasse una indagine analoga a quella usata per formare vetri acfomatici (i ). Allora si avrebbero tubi in cui il mer- curio obbedirebbe solo al peso dell' aria ed al calore, o al- meno la sua adesione al vetro sarebbe costante ed uguale in tutti: giacche si sa che quell' adesione, suscettibile di va- riare secondo le diverse materie di cui vengono composti , benclie piccola, non lascia pertanto di essere una sorgen- te di errore. Un altro oggetto non meno importante, oltre I'ebulli- zione del niercurio necessaria farsi dentro iltubo, per pur- garlo a dovere dell' aria aderente alle pareti interne, e deH'umidita, egli e la scelta del raercurio medesimo che sia di una gravita specifica costante, e ben depurato' d'ogni altro qualunque metallo straniero. Consigliano i dotti so- pra citati fisici di adoperar il raercurio rivivificato dal su- blimato corrosivo per mezzo della calce (2). Le di'nsjoni fatte sopra il tubo di ottone, il quale ricuo- pre quello del barometro fig. 6. AB, sono da una parte in poUici , linee, e mezze linee, e dall' altra secondo il sistema (i) Deluc , Modifications de 1' Atmosphere ; e Moscati e Landriani, Memorie della Societi Italiana Tom. i. pay. 238. (2) Memorie della Societi Italiana Tom. 1. pag. a38. DE"CRIZIONE DI UN BAROMETRO CC. l8l inetrico, ed in corrispondenza colla flivisionc lineare. Quelle del tennoinetro sono anclie doppie, cioe in 80 gtadi con i inezzi gradi, tra il ghiaccio e i'acqua bollente, ed anche nel sisteina centigrado. Un nonio adattato al tubo baronie- trico mi da la ceiitesiuia parte della linea, e quello del tu- bo terniometrico da anclie le centesimc parti delle sue di- visioni, come lo raccomanda lo stesso M. Ramond ( i )• DEL MERCURIO CONTENUTO NEL RECIPIENTE. II mercurio contenuto nel recipiente non deve essere in una quantity da rendere pesante di troppo lo stromento. Questo non ne contiene una libbra nostra piemontese di oncie 12 , vale a dire arriva a circa 400 gramme: il vuoto ossia la capacity interna die puo dare la tasca di pelle nell'abbassarsi deve essere tale da ricevere il mercurio clie dal.tubo discende, quando il barometro vien portato sopra le ma2;giori altezze accessibili. Essendo qui in Torino pol- lici 27. ifs , la comune altezza del barometro, e 16. circa qnella alia quale discende il mercurio in cima del monte Bianco (2), il recipiente del nostro barometro dovra con- tenere, oltre la dose sua propria, anche quella contenuta in un tubo di i i pollici e mezzo circa . USO DEL BAROMETRO . Quando il barometro non e in istato di osservazione egli k ripiegato nel suo astuccio,come nella fig. 2., vale a dire la vite C D fig. 4. con alzar la rasca G H L fig. 3. porta il (1) Ali'tnoircs de 1'Ios.litiir. Tom. C. p,ig. 457. (2) Voyages de M. de Saiissure §. 2oo3. iSa B O R S O N mercuiio al di sopra del livello r s, e lo fa toccar la super- ficie interna del coperchio AB del recipience, e lo farebbe ancora nscir per il tubo i k, se si volesse. AUora con far discendere la vite di pressione F sopra il tubo P. fig. 5. e raettendo in mezzo un pezzetto di pelle lavorata di camoz- zo, si chiude esattaniente ogni adito all'aria ed ogni uscita al mercuric ; si rovescia pian piano lo stromento sinche sia capo volto; il mercurio si porta alia sommiti del tubo, e va a percuoterlo , qnando e ben purgato di aria per mezzo dell'ebullizione. Si fa allora un vacuo piu o meno grande nel recipiente, il quale ben si vede sotto il cilindro di vetro quando lo stromento e ancora orizzontale. Se si teme che quel vacuo possa far entrar delle boile d'aria nel tubo, colla vite V fig. 5 si alza la tasca, e subito ogni vuoto e tolto. Si uniscono insieme le tre parti divise dell'a- stuccio cogli uncini c d, fig. 2. il tutto si mette in una tasca di pelle che si porta sernpre capo volto sulle spaile, a gui- sa di un fucile da caccia. Quella posizione a capo volto del barometro porta seco un prezioso vantaggio ed e questo. Tutta la colonna di mercurio premendo sopra la sommita del tubo, lo purga ben presto, col solo portarlo sulle spaile, delle boile d'aria che avrebbero potuto introdurvisi : sperienza che piii volte ho fatto in presenza dei curiosi. Con due o tre piccole scos- se date da alto in basso al barometro in posizione vertica- le, I'aria introdotta alia sommita del barometro a bella posta, e presto intieramente scomparsa, la qual cosa pero non sarebbe compitamente riuscita , se prima il tubo non fosse stato ben bene purgato d'aria col mezzo dell'ebolli- mento . Quando poi si vuol metfere il barometro in istato di os- servazione, data ad esso la posizione della fig. i. e messe le verghe a, a, a, a, nei rispettivi loro uncini, prima di tutto, colla vite V fig. 5. si fa abbassare un poco il mercurio nel DESCRIZIONE Dl UN BAROMETRO CC. l83 reciplcnte, iiidi si da adito all* aria esteina coll'aprire il tubo P inediante la vice di pressione F die si alza: e poi colla prima vite V si fa abbassare la superficie del mercu- jio sino al suo livello xy, la qual cosa si conosce quando iin puiuo a una minutissima linea bianca si lascia vede- lescjtto il segno nero del cartoncino nel recipiente dictro i! vetio; e (juello si verifica ancora mediante il galleggian- te, quando i puntini stgnati in II lig. 6 vanno a iambire la superficie esterna del tubo P fig. 5 donde esce, come si e deito sopra. Finita Tosservazione del barometro e quella del termometro, si toglie ogni vacuo nel recipiente, e ogni adito all'aria esterna, mediante le viti V,e F; si rovescia j)ian piano lo stromento o si niette nella tasca per essere sempre portato in quella posizione. II Nonio applicato tanto al tubo barometrico quanto a cpii'llo del termometro J somministrando il comodo di por- tare il calcolo, per la niisura delle altezze, ad un grado di S )mma precisione, quando si volesse anche in certe occa- pioni tenere conto deila distanza die vi e tra la superficie del niercurio al livello nel recipiente ed il suolo sul quale posa lo stromento, si puo abbassare, mediante la spran- glielta a denti Fg fig. i. il barometro sino a raiito che nel- Ja suddetia distanza non vi sia piu frazione, e poi fissarla ove fa tl'uopo, mediante il bottone g die tiene nella pic- cola inolla la quale entra nei denti della sprangbetta, es- Sendo le frazioni sempre d'incomodo nei calcoli. ' FiSsendo pur froppo vcro che fra tanti barometri difficil- tnente se ne trovano due, i quali, bencbe costrutti separa- tamente con ogni cnra, abbiano un movimento ugualc, quantunquc per prendere Taltczza del niercurio nel tubo si usi ogni necessaria esattezza ; e ci6 o per la diversa mi- sura nei diainetri interni , o per le varie qualita delle so- stanze com|>onenti i tubi, o per non essese stati purgati d'aria all'istesso grado^ o per altre cagioni, cosi trovando- l84 B 0 R S O N mi nella circostanza dl clover fare con altro barometro del- le osservazioni comparative, ed avendo bisogno di avere in essa un movimento uguale posso sempre adattare il niio barometro al movimento di uti altro qualuncjue. Ho detto che il piccolo cilindro M N fig: 5. si ricuopri- va coir altro cilindro EF fig. 6.: ora alzando o abbassando pill o nieno il detto cilindro EF, porto la divisione fatta sul tubo A B, che ricuopre qnello di vetro, a segnare quell' altezza che voglio al mercurio, e lo fisso a quel punto (col- ]e viti E, F di cui le estremitA entrano in intagli fatti a di- stanze uguali sopra il cilindro MN) che corrisponda a quel barometro col quale voglio avere movimento uguale o almeno uniforme. Ma si deve avvertire che il termome- tro avendo due punli che non si possono variare, quelle del ghiaccio, e cpiello dell'acqua bollente,si e fatto in mo- do che la lamina delle sue divisioni resti immobile e ade- rente al tubo, nel caso che debba alzarsi quelle delle di- visioni barometriche col cilindro E F, e che non partecipi per niente del suo movimento. Si potrebbe altronde, per evitare questa difficolfa, non far immergere la boccia del termometro nel recipients adattandolo solamente al tu- bo AB. Se accadesse di dover rinnovare il mercurio del recipien- te per nettarlo e purgarlo dell'ossido che non manca di formarsi dopo un certo tempo di servizio, si puo vuotarlo senza toccare punto il tubo di vetro che rimane annesso al recipiente. Basta , togliendo il barometro dall'astuccio, te- nerlo capo volto, aprir il tubo P fig. 5. e per esso uscira tutto il mercurio: togliendo poi la parte iuferiore CD fig. 5,colle viti oooo,si inumidisce con accjua calda la pelle intorno ai cilindri di legno fig. 3. per togliere quelle inter- no PQ, colla sua tasca, indi si metter^ a piacimento tutto r interne del recipiente: si puo anclie accrescere la quan- tita del mercurio nel recipiente , versandolo per il tubo P DESCRIZIONE DI UN BAROMETRO CC. l85 fig. 5, qiiando per accidente ne fosse uscilo, ed e sempre cosa utile averne di riserva una certa quautita, quando si ia un viaggio lungo. Essendo il recipiente interno di legno ricoperto sola- niente da quello di ottone, ed i tubi essendo annessi al pri- mo, si vede che questo ultimo puo faciliiieute venir tolto senza clie I'altro abbia da cssere scomposto. Le oscillazioni del mercuric dentro il tubo, quando so- no forti e continuatej fanno si che vi vuole un tcmjio anche notabile prima che abbia il riposo necessario all'os- servazione. Questo inconveniente non succede se da capo volto si mette con lentezza lo stroinento nella posizione del- la fig. 1. D'altrondefacendo abhassare adagio il mercuriodel recipiente mediante la vite V, fig. 5., sino al livello, il mercurio nel tubo discenderi al suo punto senza fare oscil- lazioni. Quando il terrenoein pendio, cosa frequente sui monti, si vede, che il mio barometro avra senipre la sua posizione verticale mediante i tre piedi deU'astuccio. A taluno forse sembrera un poco complicato questo ba- rometro: ogni cosa pero vi e necessaria o almeno utile, e qiialunque macchinista lo puo eseguire. Le principali parti in ottone del mio furono fatte dal Sig. Lana figiio, giova- ne di abiliti, e le altre parti, come anche la loro commes- sura, furono fatte da me. Fra i vari barometri sin ora usati per le misure delle al- tezze, nonsose venesia uno che esiga minor tempo per I'os- servazione; il che interessa moltissimo, specialmente quan- do si ossorvu sopra i monti dove alle volte si tratta di co- gliere alia sfuggita un i^ante favorevole, per non imbat- tersi nei venii descendentio ascendenti, nelle pioggie o altre intemperie, cagioni tutte d'inesattezze notabili die sovente fanno andar a vuoto fatiche, osservazioni , e spese. Piii volte ho fatto la pruova del tempo che abbisogua per met- 24 l86 B O R S 0 N tere fuori dell' astuccio il mio barometro, poilo in istato di Gsservazione , scrivere le osservazioni tanto barometriche, quanto ternionietriche , ripiegar ogni cosa , e riporre lo stromento nella sua tasca; ed ho veduto che piu di otto mi- nuti non vi abbisognavano.il suo peso poi,compreso anche la tasca, e 6 iibbre e oncie i i nostre Piemontesi, peso, che unito a quello di un martello di una libbra e mezzo circa, non pud inconiodare qualunque viaggiatore pedestre, se si diletta delle cose natural!, e principahnente della niinera- logia. Quanto poi alia solidita dello stromento posso anclie portar in prova la sperienza. Esso fu terminato in Marzo 1806; ha sempre viaggiato con me a cavallo, a piedi, in vettura, in ogni modo, ha sofFerto degli urti, deile scosse, e piu volte caduto con me, ed ha rotolato sopra sassi nei pendio delle montagne che ogni anno non manco di per- correre, tanto per genio particolare delle scienze minera- logiche, quanto per dovere: nulla pero vi e raai mancato di essenziale. Le mie osservazioni sono , quando lo permette il luo- go, in corrispondenza con quelle, che tre volte il giorno si fanno con ogni esattezza, e da inoiti anni alia specola . dell'Accademia, elevata di 2,5 tese sopra Torino, e i 54 so- pra il livello del mare, secondo il sopra lodato Vassalli- Eandi ; ed il suo movimento va d'accordo con i baroinetri che visono, mediante il meccanismo sopra citato (i). (1) L'auiio scoiso iSuy. ebbi occasioije lii peicorrere 16 dipartimenti dells parti ineridionali dcHa Francia : partii i prinii giorni di Aprile, ed il mio baronietro andava d' accordo con qiielli tiella specola dell' Accadi>mia. Al mio ritorno , 37 Liig^io , ebbi il piacere di far vede- re a paiecchie persona che, malgrado una serie di piii di i5o osser- vazioni, iin viaggio per una distanza che oltrepasso 400 poste , e g" incomodi che non poteva a meno di softrire un tale stromento , nulla pero vi mancava , non era iiscito un atomo di mercurio , e ri- posto atcanto agli altii topra rosier\atoiio era d' accordo con ei~ I DESCniZICNE DI UN BAROMETRn CC. 187 Questo hasti per il barometro portatile. Diio ora rjual- che cosa intorno a quello che stazionario tengo nel gal)i- iietto. e che airoccorrenza munito del suo astuccio puo anrlie essere portato in campagna. Egli c seinpre il tul)0 Torricelliano con il recipiente e la linea del livelio sirniii al precedente. II tubo di un bel vetro bianco viene inca- strato sopia una tavola fli Sa pollici circa di lunghezza , e larira 6 e mezzo, fatta di Icgno di abeto tagliato da i 5 an- ni e pin, il quale ha le sue fibre longitudinali parallele al tubo, perche la dilatazione non operando sensibilmente nel sense della lunghezza non puo disordinare le lamine di ottono ivi attnccate, le quali porfano le divisioni (')■ Dai iG pollici in ?u sino alia sommiti il tubo vien messo a gior- no con aver tolto il legnodi dietro. Poco soddisflxtto di quanto ho visto fin ora per evitare il minimo sospetto di paralla«?e nel prendere I'altczza della colonna barometrica o sopra la sua convessita , o alia li- nea alia quale il inorcurio tocca le pareti del tul;o, o alia mefa fra I'lmo e I'altro jiunto; e le divisioni delle parti del- la linea o del niillinietro, le centesime, per esempio, ne- si , come prima di paitire . La stessa cosa mi era siirce>sa I' anno 180G ul ntoino di replicati viagiji sopra le ciiiie delle alpi , come si vedra qiiaiido avn'i il tempo di calcolare le osser vazioni ivi fatte. ' Pass.mdo a Montpellier I'anno scorso ehbi la lortiina d'incontrar I'insigne liotanico il Sig. Oecandolle , il quale avevasecoiin barome- tro a tuljo Torricelliano, e con iin astuccio a tie piedi couie il iiiio: ma in altre parti era diverso . Per esempio il suu livcllo era questo: dentro il recipiente alia [)arte siiperiore e viciuci al ceniro era ))iantato nn ago colla jmnta in giu : la superllcie del mercuric nel recipiente doveva venire alzata sincli^ I'ombra di queU'ago , che in esso si riflelteva , venisse a toccarlo. Ma quel metodo , il quale se non sbaglio <^ di Lavoisier , altronde giustissiino, non piio servire in nn recipiente dove la luce e poca , e dove la superlicie del mer- ciirio diventata nericcia per Tos^idazione del mctallo do|Hi breve tempo non lascia ])iij >*dere I'ombra dell'ago . (1) Modifications de I'almosplicre Tom. a. §. jtia. l88 B O R S O N cessitando per la loro picciolezza 1' uso della lente, mal- grado la quale pero nou sempie si sfugge I'errore, pensai al modo di evitare, se si potesse, simili inconvenienti, che . rendooo le osservazioni sempre difficili, e spesso inesatte. Mediantc un ingegniosissinioaitifizio affatto riuovn e non inai adactato al barometro, il quale da pochi giorni vien terminato, credo di avere ottenuto quanto sn quest' ogget- to io desiderava da gran tempo. Con un mezzo niatemati— camente giusto ho evitato ogni parallasse. Con ogni como- do posso assegnare le minima possibili aitezze del mercurio, e il piii piccolo suo movimento non mi puo sfuggire . Le di- vision! sia dell'antico, sia del nuovo sistema sono di una preclsione che sofFre il piu rigoroso esame; e cio che sein- breri strano si e che le centesime o le millesime parti, se Toglio, della linea, come del milhmetro, riescono di una misura molto visibile all'occhio nudo, di modo che ognuna deile centesime parti della linea, per esempio, occupa nn sito che equivale alia linea medesima, e che potrei ancora ingrandire ; la qual cosa offre I'apparenze di quel celebre paradosso delle parti che sono uguali o pivi grandi del tutto (i). Non manchero di adattare questo nuovo meccanismo al suddetto barometro portatile, onde avere uno stromento per il viaggio esente, il piu che si puo, da ogni sospetto di errore . Al medesimo barometro stazionario vien unito il suo ter- mometro incastrato nella suddetta tavola e di cui il tubo >'i ill (i) Queila macchina h stata fatta dal valente Sig. Capel di Toriao , uo- mo di una singolaie abilitA tanto neirimmagiiiare, quanto nell'ese- guire qiialunque meccanico artificio. A lui dobbiama il millin:ietro diviso sopra il vetro in cento parti, e di una tale preclsione e bellez- za che essendo stato sottomesso allesame di questa Accadeniia delle scienze, I'Autore ne ha riportato testimpnianze pubbliche di iatera » pprovazione . DEPCRIZIOKE Dl UN BAROMETRO ec. 189 e niesso a giorno con aver tagliatoil legno di dietro. Sopra laiiiiiie di ottone da una parte e I'altra del termonietro sono scolpite le divisioni centigrade e Reaumuriana, e un no- nio scorrendo in mezzo mediante una spranghetta denta- ta me ne da le ceutesime parti. Per prendere poi I'altez- za del nicrcurio, cosi soglio fare: aizo o abbasso il termo- metro ed il nonio applicandovi I'occhio molto vicino fin- die la pupilla riflettendosi nel I' ottone die tengo sempre di una estreina nitidezza , venga tagliata nel mezzo dall'an- golo superiore destro del nonio quando egli segna I'altezza del iiiercurio, il restante deU'occliio riflettendosi neila la- mina della divisione: ma sottili e vicine molto essendo co- teste divisioni , adopro una mezza lente vale a dire una lente spezzata nel suo diametro. Per la parte vuota io veg- go riflettersi rocdiio nel nitido ottone, e coU'altra io leggo le divisioni ingrandite d'assai. 191 DESGRIZIONE D I UN NUOVO GAZOMETRO DI VITTORIO MICHELOTTI , ANTONIO BORSARELLI. N. i ella costruzione dei Gazometri si ha per iscopo di po- ter misurare il volume dei Gas, e di produrne una corren- te coiitinua: le condizioni a tal uopo richieste la rendono diliicile, e fanno sostituire delle macchine complicate a sem- plici hocce o campane graduate. Posion ridursi a due specie i Gazometri conosciuti, queili cioe die chiamar si potrebbero bilance aerostatiche, e queili die sono mcri apparati idropneuniatici. Delia pri- ma specie e il Gazometro dei Sigg. Lavoisier e Meuuier, dal quale pochissimo difFerisce quello adoprato dai Sigg. Fourcroy e Vauquelin , come essi medesimi accordano. Van Marum trasse gran vantaggio da'varj gradi di pres- sione die si puo produrre per mezzo di una colonna d' ac- qua sopra un volume di Gas racchiuso, onde determinare Tintroduzione del Gas entro i recipient!, o la di lui sor- tita. ipa MICHELOTTI , E BORSAHELLI Michelotti s'e servito clell'eccesso di leggerezza dei Gas suU'acqua per introdurli, ncl mentre che la niedesima ac- qua che serve a scacciarii, serve pure a couipi'imerli ed a niisurarli ai difFerenti gradi di pressione: questo apparato ci e sembrato il piu seniplice, ed abbiamo procurato di a- dattarlo ai diversi ogG;etti della Gazometria: e abbisognato per altro farvi dei canibiameiui essenziali. Ora poiche desso e giunto ad un grado di perfezioneclie lo rende atto a moiti Tisi, e potendo il siio grado di esattezza meritare attenzio- ne J stimianio percio conveniente di darne la descrizione, con mauifestare insienie i modi di applicarlo alle principali operazioiii della Gazometria. Questo Gazometro e composto di tre qualita di recipien- ti : dei recipient! ^ (Fig. i.) che servono di tinozze idro- pneumatiche, dei recipienti B destinati a contenere i gas, e del recipiente C che e il serbatojo deH'acqua. II serbatojo ha un rohinet o chiave che corrisponde ad ognuno dei recipienti dei gas. Questa chiave e doppia, co- me pud vedersi alia Figura 2. L'una perpendicolare A die Ak scolo all'acqua; I'altra poi orizzoncale e destinata a far comunicare il Sifone SS coil' aria atnicsferica. La chiave B riceve nell'estremita superiore un tubo prolungato fino alia sponda superiore del serbatojo C. Ri- ceve al di sotto il sifone SS, il quale si incurva in S i ed in S 2.,penetra nel tubo d'ottone G^ e termina in S 3. II pezzo G che si vede alia figura 3. e un tubo di ottone alquanto inclinato, e saldato al tubo perpendicolare H, il quale e chiusosuperiormente dalla piccola chiave F, e ter- mina sotto il turaccio della boccia, dove riceve un tubo di vetro,il quale si inoltra cjuasi fino al fondo del recipiente B. Questo tubo di vetro e alquanto inclinato verso la par- te anteriore, ond'evitare la direzione del foro nel mezzo del fondo della boccia. ^ ^ \ ^ *< •< /■. I DESCRIZ. Dl UN KUOVO GAZOMET/'.O. IpS 11 copercliio di rame giallo, unito con mastice al collo ilella boccia, e dunque travcrsato dal tubo II e da quello della chiave G. Su quest' ultimo tubo e saldato il tubo D ad angolo un poco inclinaro. Nella coscruzione si ha cura di rieiiipirc di mastice il collo del rccipiente, dimanieraclie se ne insinui 1111 poco nei foro della chiave C. Cosi riempiendosi d'acqua la boccia , qualunque bolla d'aria viene espulsa neila chia- Ve (jr. La parte superiore di questa chiave si apre nel sifone NN, il quale comluce dove si vuole I'aria contenuta nel Gazometro; percio per fissare il sifone sulla chiave non si usa se non cera molle, affinche questo si possa facilmente inutare ogni qualvolta lo richieda I'apparato cui applicar si voglia il Gazometro. II fbndo della bottiglia e ferraato col mastice su di una lastra di latta stagnata in forma di berrettc, nel centre della quale passa I'estremita superiore del robinet J per aprirsi nel fondo del mezzo della boccia. La chiave J e del tutto simile a quella rappresentata dalla Fig. 3. in C, eccetto die il tubo L (fig. i ) e saldato superiormente alia cliiave, e questa ha un diametro niag- giore . II sifone di vetro O O aprendosi superiormente nel tubo D, ed inferiormente in quello segnato L fa dunque parte della bottiglia stessa . Per suo mezzo si csprime in una li- nca perpendicolare I'altezza della bottiglia e ci6 esatta- mente accanto al sifone SS, il quale e pariinente perpendi- colare. Per graduar la bottiglia ad ogni peso d'acqua si pun- teggeru il foglio situato dietro il tubo OO. Si ridurranno poi qiiesti punti in scala numerata dall'alto in basso, men- tre all'opposto sarA numerata dal basso in alto la scala del sifone SS graduata in raisura lineare. 25 194 MICHELOTTl, E BORSARELU La descrizione da noi data di questo Gazometro pare suffioiente a fame concepir I'uso. Nella niisura del volume del gas con questo Gazometro si hanno tie puntf di pressione; I'uno a zero, che iudica la pressione atmosferica o barometrica; e due punti opposti, I'uno al di sopra e i'altro ai di sotto di questa medesima pressione . II massirao della pressione dipende dall'altezzadel sifone SS, ed il mlninio dalla lunghezza delFinjbuto M. Quindi e che allungandosi nella costruzione queste due estremita, si possono portare le pressioni opposre all' atmosferica molto al di li\ di questa. Irioltre qualunque sia ia distanza reci- proca di questi due punti, potendosi scorciare le due co- lonne d' acqua opposte , si possono avere parimenti tutti i punti intermedj. Si hanno dunque i volumi al grado della pressione atmosferica del pari che a gracli molto oppoSti, quali son tutti i gradi della scala gazometrica. Riguardo alia corrente che si determina con un gazome- tro, Bisogna poter interromperla ogniqualvolta occorre, e senza perdita. Consiste poi la perfezione deli'apparato, nel poterne determinare le quantita che si vogllono far passare in dati tempi, come pure nel rallentare o accelerar la cor- rente, il che e molto importante per le operazioni in cui, qualunque sia la quantita totale sulla quale si agisce, essa deve per altro variare a tenore dei cambiamenti che vi han- no luogo. II solo uso delle chiavi produce il primo di questi effet- ti, ma in quanto agli altri deve avvertirsi che la quantita del gas che sorte sta in ragione della celerity e del foro. INel caso nostro si regola I'apertura col voltar della chiave C, e la celerita vien determinata dalla pressione conveniente. A tal uopo soli desfinati I'indice ed il qua- drante dolle chiavi Ced A. Somministra dunque questo Ga- zometro il modo d'operarecon un solo apparato sopra due DE^CRIZ. DI UN XUOVO GAZOMETRO. I95 cas nel meJesimo tempo, e con varie qtiantira. Ma ove si rratti di una specie sola si puo allora, col riunire i clue si- foni NN e fame un solo, operare senza interruzione per un tempo iilimitato, vale a dire finche si avr;\ gas da con- fiimare, 2;iacclie mentre si vuota una delle bottiglie si ha il comodo di riempire I'altra. Vnlendo poi rispnrmiare il tedio d'imparare a tasto il niancg^io di quest apparato, ecco la dirczione in un caso assai complicato. Sia duncjue data una quantitii di gas da misurarsi a va- rj gradi di pressione, e clie si voglia inoltre modificare la fortita di quello tanto per la continuita quanto per la ce- lerit;\. Devesi prima di tutto riempire il Gazometro di acqna, il che, in quanto ai recipienti dei gas, si opera nel la seguen- te maniera. Essendo chiuse tutte le chiavi, si apra il foro F,e la chiave A, ed in breve sara pienod'acqua il fondodella bottiglia, e lo sara ancora tino alia piccoia cliiave J che si chiude, il sifone S 3, la di cui estremita vi e immersa. Al- lora I'acqua salirA con rapiditi all' estremita del sifone SS; chiudendosi la chiave B, ed aperta I'altra C I'aria della bottiglia sar;\ espulsa con forza dall'acqua che occupera il di lei posto nello scendere dal sifone SS 3. I tnl)i N N aduncjue non devono esser lutati in qualsivo- glia apparato se non dopo d'esser ripieno d'acqna il gazo- metro; o abbisognerebbe almeno una chiave ovvero un tubo per lasciar sortire I'aria atmosferica per la prima volta. Tutte le chiavi essendo chiuse esattamente , ripiena d'acqua la bottiglia, si apra la chiave J dell'imbuto M, il quale e immerso nell'acqua della tinozza , quindi I'aria cnntenuta nelTiinbuto salira nel collo della bottiglia, men- tre I'acqua cosi scacciata riempira rimbuto. Chiudendosi 196 MICHELOITl, E EORSAEELLI la chiave J ed aprendo A e C ( Fig. 2. ) si scaccia quest'a- ria introdocta rielia bottiglia. Si rileva da cio che per introdurre un gas in quest' ap- parato serve versarlo sotto I'imbuto , d'onde s'iniialza nel- la bottiglia . Una volta introdotto il gas nel recipiente si chiude la chiave ], e si j)rocede a decerminare il di In; volume j pri- mieramente alia pressione atmosferica, ossia alio '■_>_ dtl Gazornetro. Quest' operazioiie e un seguito dei fenomeiii che debbono considerarsi. L'acqua iiitrodotta per riinbuto nell'apparato nel salire alia sommita di questa colonna d'acqua passa dal grade della pressione barbmetrica a cui si trovava ad un altro tanto piu basso, quanto piu alta sara la colonna d'acqua posta fra quest' aria e la su])erficie dell'acqua della rinozza ^. Cio non sarebbe se non nel car so in cui si fosse fatta passare dell' aria in cima ad un tu- bo pieno d'acqua; ma chiudendosi la chiave J, e tutte le altre rimanendo parimenti chiuse, bisogna considerar la cosa sotto un altro aspetto. Chiuse tutte le chiavi,ed essendo pieni d'acqua i sifoiu SS insieme colla bottiglia B e i'imbuto M, se la chiave J sia aperta,si concepisce come l'acqua e trattenuta sino al- ia sommita del sifone S S dalla sola pressione atmosferica che si esercita sulla superficie della tinozza A; ma quando s' introduce dell' aria per mezzo dell'imbuto M, sara que- sta compressa dalla colonna d'acqua del sifone SS, menfre essa comprimeri nella medesima ragione la colonna d'acqua situata fra lei e la superficie della tinozza A. Abbisogna dunque sempre questa colonna d'acqua, ac- cio quest' aria sia alia pressione barometrica; ma ove si chiuda la chiave J, allora tutta la colonna SS gravita sull' aria introdotta, ecessa percio qualunque pressione baroine- trica. Quest'aria dunque non softre la pressione atmosferica, giacche il sifone S S facendo le veci di un tubo barometri- DE.SCinZ. Dl UN NUOVO GA/OMETRO. I97 CO, noil contiene una colouna d'acqua corrispnndeiite a qiu-lla die rcggerehbo J'aria atmosferica; occurionu per- cio alcune precauzioni per procurare a quest' aria la pres- sione baronietrica : in fatti a|jrendosi la chiave B i'acqua del si(i>ne e Taria atinoslerica eutrerebbeio con rapidita. aella buCciglia. Ci6 non ostante riesce quest'operazione assai facile e breve. Dopo di avere introdotto il gas, chiudendosi la chiave J , aperta poi la cliiave A (Fig. 1. ), scende I'acqua nella botti^lia fino ache I' aria ciie contiene sia conden- sata in niodo da sostener la colonna d'acqua situata fra le due superficie deli'acqua delia bottiglia e del recipience C, piu la pressione baronietrica. Chiusa allora la chiave A si aprira B. e I'aria atmosferica gravitera liberamente sull'ac- qua del sifone S. Ma il sifone SS ec. e la bottiglia forniano soltanto un livello, uno dei recipienti del quale e la botti- glia stessa, e I'altro e il tubo ascendente S j. S del sifone: i due recipienti comunicano fra loro per mezzo dell'incur- vatura S i. S2. S3. Dunque il livello deli'acqua nei due recipienti, vale a dire il tubo e la bottiglia, porrispondera esattamente alia pressione che provano le loro superficie, il the vuol dire che conducendosi I'acqua nella bottiglia a livello di quella del tubo, la quale trovasi sotro la pressio- ne baronietrica, I'aria della bottiglia sard pure esattamen- te ada medcsitna pressione, e cosi le diiFerenze del livello deli'acqua del tubo suH'acqua della bottiglia saranno sempre un'esatta misura della pressione dell'aria che vi sara rinchiusa. Gia si e osservato che a prendere esatta- mente e facilmente questi due livelli e dcstinato il tubo 00, che fa parte della bottiglia stessa, ed e appoggiato al tubo S I. S. Inoltre il tubo OO presenca lagraduazionecu- bica P, e il sifone S i S presenta sulla scala Q le altezze in niisure liueari per esprimerne le pressioni. tpS MICHELOTTI, E BOnPAEELLI £ duncjue molto condensata I'aria della iDOttiglia nel ca- so nostro, giacche regge tutta la pressioiie del sit'one S i.S e la pressione atmosferica. Si fara {)oi passar quest' aria per tutti i gradi di pressione die vi sono dalla cima del sifone S. fino alia pressione atmosferica, aprendo iegger- mente la chiave J; e prociirando cosi lo scolo deH'acqna, se ne lascera sortire quanta occorre per portar la colonna cVacqua del sifone S i.S al grado di altezza die si deside- ra, o finche essa sia esattamente a livello con quella del tu- 1)0 O O, qualora si ricerclu la sola pressione atmosferica. Facilmente si trova la quantita d' acqua da lasciarsi sor- tire quando si operi con lentezza allorche avvicinasi il panto cercato. Ma se inavvertentemente se ne levasse troppaj serve aprir leggermente la chiave A perche 1' ac- qua del Sifone arrivi a quel punro. Un'altra ragione per operar con accuratezza si e che I'aria non prende il volu- me che le conviene se non con un moto di oscillazione. Puo giovare talvolta il determinare i volumi sotto la pressione atmosferica. La scala Q del tubo S i. S comincia esattamente al piano orizzontale della tavola del Gazome- . tro; dall'altra parte si vede la scala T (Hg. 4.), la quale dalla superficie dell'acqua A s'innalza sul cletto piano; cosi coila scala Q piu T si ha tutta I'altezza che puo esservi (la chiave J essendo aperta) fra la superficie ^, e la somniita del recipiente B . La sottrazione della pressione barometri- ca che produce questa colonna sull' aria rinchiusa e ancora diminuita e graduata coll'accostare la tiiiozza A alia tavo- la del Gazometro in modo da non lasciar piu da sottrarsi che alcuni pollici che sono dovuti alia grossezza della ta- vola e della veste della bottiglia. Per agir piu liberamen- te nella tinozza A, conviene che la scala T sia movibile. Ove si abbia un volume d'aria che sia sceso a iiiu gradi* sotto la pressione barometrica, e si voglia sostituirle il suo primiero volume, va serrata J, e non aprir A (fig. 2.) se DESCRIZ. Dl UN NUOVO GAZOMETrO. I99 non pocliisjiino da piincipio per tema die I'aria riinasta' m-[ iifoiie S I S non sia spinta nella bottiglia dalla corren^ te rapitla dell'acqua prodotta dalla gran diversitil di pres- sione, clie ha luogo IVa i due recipienti C e B. Sicconie per akro nelle operazioni complicate e continue coH'ap- plicaziune di questi apparati non sempre si scansano le inavvertenze, cosi puo accadere che si lasci portar via poi- zione di quest' aria. A tal inconveniente e ovviato dal- la costruzione stessa, per cui quest' aria non si mescole- ri in verun conto con quella del reci[)iente. In fatti ben- che la corrcnte dell'accjua nel sifone sia molto rapida nel passare daU'incurvatura S 2 G in S3, I'aria che vi e nie- ficolata guadagna la parte superiore di questa incurvatura, e di la passa alia parte snperiore di S 3. vale a dire alio spiraglio F. Siccome poi il tubo S3, supera molto in dia- nietro il resto del sifone, quest' aria rimane accumulata nella sua sommitifinche introdotta inseguito una sufficiente qiuuitit;\ d'acqua nella bottiglia, trovandosi piu compres- sa dell'aria atmosferica , prende fin d'allora la via dello spiraglio F coll'aprirne la chiave, ed immediatamente I'ac- qua liempiecon esattezza il tutto . Cosi lunghi e minuti deitagli erano necessarj per dame un'idea chiara, ma operando sull'apparato si trovera es- serne facile e breve I'esecuzione. Posti questi dati sari agevole il giudicare come si pro- duca una corrcnte continua, eguale o interrotta ec. , ed in die motio si deterininano, senza interromper 1' operazioiie, le (fuantitA dei gas sortite in dati tempi. L'egresso del gas essendo in ragione dell'apertura e del- la compressione,' rimanendo la stessa I'apertura C, si pro- duce una pressione eguale adoprando la chiave dell'acqua A (fig. 2.) in modo da somministrarne quella quantit;\ che occorre per occupare il posto dell'aria sortita, e per man- 2 00 'MlCHEtOTTI, E BORSARELLl tenere la colonna comprimente sempre alia medeslma por- tata sopra al livello cleil'acqua del tubo OO. Questa operazione e agevolata dal Quadrante A (fig. 2.)j cosicche it jriro che deve far 1' indice o lancetta essendo una volta determinato, cio basta per tutte le altre in cui si ricerca lo stesso grado d'apertura e di pressione. In tal caso dunque si ha una corrente che in tempi u- guali da eguali quantita di gas, vale a dire che desso ha uq eguale velocita , Per altro non intcressa in moici casi che nuesta velocita sia esattamente uniforme; e necessario sol- tanto che somministri in un dato tempo la quantita richie- sta per I'operazione. Allora poi non si ha che stabilire la colonna comprimente , ed esser cauti nell' aprire al dovuto srado la chiave C. I • • • La colonna d' acqua comprimente e contmuamente in- dicata dalla sua scala; e la graduazione in raisura cubica della bottiglia e indicata dal tubo OO, che vi corrispon- de. Si puo dunque giudicare di continue, e senza alcuna interruzione, delle quantita di gas, sia sortite, come rima- ste, mentre da una parte I'orologio e 1' indice del quadran- te C (fig- 3.) segnando il tempo e I'apertura indicano pa- rimente la velocita . Conviene per altro prevedere una difficolta che insorge qnando e per terminare 1' operazione, e precede dalla co- struzione. Siccome i nostri recipienti sono una specie di grandi bottiglie allungate, e tonde poi nel fondo, I'anda- jnento della sortita del gas corrisponde assai bene all'in- troduzione dell' acqua ( allorche questi due dati son beri de- terminati) dal punto da cui comincia la graduazione fine al punto eve principia il collo della bottiglia. Ma a questo punto minorando la capacita in lin mode non uniforme, bi- sogna prima impratichirsi a chiudere convenienteraente I'apertura A delF acqua . DESCRIZ. DI UN NUOVO GAZOMETRO. • 2C1 Si scaii?ercbl)e del tutto quesfa cliffiroIcA coll'afloprar dellc cainparie invece d\ hortio;lie; ma cjueste sono da iioi nreferite per il vaataggio di poter cosi misurare nrl collo della bottiglia anclic delle piccole quantiti di gas. Ifn pollicc cubico, o alcuiie frazioni di pollice non po?sono de- termiiiarsi in campane, anche di mediocre capacita, le quali percio non potrebljero servire come recipienti gazometrici. DaMa premessa descrizione si rileva facilmente il mode di applicare I'apparato alle diverse operazioni, ossia og- CPtti della gazomcrria . Non faremo parola dell' esperien- /e per cui Tabbiamo adoprato; indicheremo soltanto ci6 rhe risnarda il sue uso nei sagsi a lucerna cbe si fanno con- tiniiamcnte negli elaboratorj per 1' csame dei fossili . Con «piest'appaiato si lia dunque la continuita e 1' uniformita del dardo della fiamma; come pure si pno operare con due dardi separatamente , ed anco riunirii in un sol punto, e porre i! corpo da provarsi in mezzo ai due fuochi. Ove si richiedesse maggior fuoco, Tesito e pure felice coi due gas idrogeno ed ossigeno. Anzi credlamo poter as- serire che in questo caso il nostro apparato porta il vanto soprailcannellodel Sig.Harn, tanto piu cheefixcilissimarin- troduzione d(\ gas. Ed invero alibiaino fatto I'esamc e la ri— duzione di miniere scarsissime di metallo e refrattarie. Con- viene per altro osservare che il tratrare i minerali e le pie- trc col borace, come c solito, non e il metodo il piu van- laggioso. Gia Guyton ha osservato uelle sue note agli opuscoli di Bergman che la potassa e il raiglior dissolvente: con que- sto mezzo siamo giunti ad estrarre e ridurre a giobetti del- le quantiti microscopiche di Nichel contenuto in una ser- pentina, quantunque non avesse dato che deboli indizj coi reattivi medesimi. Ma nel trattamento delle miniere col flusso abbisogna, per riuscire, una qualche attenzione. Dap- prima facciasi bollire la potassa unitaraente alia sostanza da r 302 . MICHELOTTI, E BORSARELU sciogliersi sopra il cucchiajo d'oro o di platino, oppure egunlmente bene sopra un pezzetto di porcellana che si tiene colle mollette. La materia essendo ben liquefatta e carbonizzata dal carbonic che viene tramandato dalla fiam- ma, si lascia raffreddare, quindi si pone sopra il carbone, clove vien fusa di nuovo e poi coppellata. Egli e allora che la pntassa penetrandolo con cio che essa ha di- sciolto di terroso, lascia alia superficie col loro lustro le sostanze rnetalliche ridotce. Accade talvolta che non si ricavino globetti o scorie discernibili a occhio nudo da mi- uiere o pietre scarse di sostanze rnetalliche tentate con que- sto inetodo: fa d'uopo allora osservarle con una lente ab- bastanza forte, e si restera sorpresi della quantita di piccoli globuli che vi si scuopriranno. ao3 DEL BllONZO ED ALTRE LEGHE CONOSCIUTE IN ANTICO. NOTE DI GIOVANNI FABBRONI. J— 'ottone, il similoro, il bronzo, come sanno gli stessi Ar- tefici d'oggidi, sono composizioni metalliclie, delle quali il Tame forma il principal iiigrediente : a questo e unito zin- co, stagno ec. in varia dose, che temprando il suo rosso natural colore, piii o meno al dorato, oall'argentino lo ap- prossimano, e cosi producoiio le diverse leghe, che da noi, come dagli antichi, frequentemente si adoprarono per utensili, ed ornamenti. Cliiunque ha veduto per tutta Italia monumenti delle arti, anco anterior! alia storia, formati con tali leghe, de- ve aver osservato con sorpresa che siavi stato taluno, il quale aljbia creduto esser di moderna invenzione I'ottone, e il bronzo, e dovuta ai vani tentativi degli Alchimisti. Ma che cio non sia vero, e die gli Antichi furse altrettan- te, o piu leghe, e combinazioni metalliclie conoscessero, ed usassero di quello che da noi facciasi oggidi , io niostra il 204 F A B B R O K I fatto; ed a questo mi propongo aggiungere quei niigliori aigornenti, e notizie , che rai sovvengo aveie incoutrate neJJa mia lettura. Fece forse illusione il ravvisare nel bronzo ,e ottone (^) due noini reputati nuovi, non derivanti, sicconie molti Dotci conobbero, ne da latina, ne da greca voce; e I'os- servare che i Greci, ed i Latini non ebbero quasi che un solo nouie per iJ rame, e sue combinazioni; il che indicar potrebbe che tali combinazioni non conoscessero, se diversi aggiuntivi nonne caratterizzassero le diverse ieghe, e coui- posizioni . E noto per la storia a tutti che il rame e il metallo piu anticamente conosciuto in Europa, e piu comunemenLe usato per varj rurali, domestici, e bellici strumenti. Cio fu probabilmente a caglone della sua relativa abbondanza alia superficie della terra rispetto all' argento e all'oro; della sua facile fusione rispetto al ferro; e della sua superior saldezza rapporto alio stagno, e piombo. Chalcos lo nomi- iiarono i Greci, e distinsero specialmente per la sua pu- rita quello che si scavava, e si aftinava in Cipro, dicendo- lo Chalcos Cyprios, o, come altri pronunzierebbe, e foise come pronunziavasi anticamentejC/iaicos Cupreos, dal c[ua- le aggiunto ebbe probabilmente origine il cuprum dei La- tini, cosi detto, come I'aegineticum, il corinthium dalla provenienza. In tal modo appunto noi chiamammo majo- liche le terraglie che da Majorca portarono i Pisani : i (*) Klaproth, cu! tanto devesi sopra qnesto argomento per h\ sua iloci- mastica luuulsniatica , t'a derivar 1' Ottone dall" Aialio Z,a/;u«: sa- rebbe ti oppo stirata etimolugia il far derivare la voce lironzo dal Greco Braxo che vale Strepo . Ella sarebbe forse amuiissibile do- po la invenzione delle Artiglierie , glacche Bronte si cliiaaia il 'I'uono . Anco la nostra voce Rame non deriva ne dal Greco, wh dal Latino i ed 6 rimarcabile molto il trovarla idenlica ia Vallacchia . DEL BRONZO, ED ALTRE LEGHE CC- SCO Francesi le dicono Fjyance dalla Cicr;^, o tenitorio di Faen- za ; e gli luglesi chiainano seiiipre China Je porcellaue. Deir Oricalco giallo. La natura ci offre it rame niisto, o larvato sotto vario aspeiio nei suoi rninerali, raramente nativo, o iii regolo, talvolta in acerbo sale, o in polvere sciolta efflorescence, come dicono i Naturaiisti; e questa, perche di vario colo- re, cice verde, celeste, biancastra, rossejigiante, o perche cosi rifioriva sul sasso, venne detta daiGieci Chalcanthos dalla unione di due voci, che una rame 5ignifica, e I'altra fiore (*). Qtiei rninerali di rame, che avevano aspetto di dura teira, o pictra, come quello priucipahnente che si scavava in Cipro, dicevansi Chalcyti, o quasi pietre di ra- me. Ma trovavasi piu coiuunenjcnte il rame, come ora si trova , in vene formate di dense masse di materia dura do-> tata di splondore metallico, e per lo piu di colore quasi dal bianco argeutino sino al giallo dell'oro. Questo e cio che noi chiainiamo pirite di rame, e marcassita d'oro (solfuro, e soprasolfuro) ed i Greci certamente chiamarono orichalco, ossia rame, (pial piu sovente trovasi nelle mon- tagne, compouendone il nome di oros, e chalcos, che vuol dire rame, e monte, quadi rame muntano. (Questo norae, al certo, meglio competeva al rame nativo., ma e troppo raro trovailo in questo stato, quanto e abbondantissimo il suo soprasoUuro nella natura: e la etimologia popolare, che ne riferisce Festo, alia quale per altro non soscrive, porta che efiettivamente a questo rame giallo tal nome si attri- buisse; giacche lo credevano cosi detto con ibrida voce dal greco, e dal latino, quasi significar volesse rame, e oro , ossia rame, che all' oro si rassomiglia. (*) Souo quest! , ossiJi , carboaati, miiriati , o arseniati di raine . oo6 r A B B n o N I Si reputa, forse non senza favola^ da Lucrezio, e da Servio, clie neU'incendio di certa selva colassero liquefat- te alcune metalliclie sostanze, tralle quali uu rame simile nel color giallo all' oro. I componenti dai quali resulta tal colore si sa die sono zinco, e i-ame: conviene adunque cVie ivi il fuoco agisse sopra una sosianza minerale, die rac- cliiudesse entraiiibi. Che una tale comhinazione si trovasse Tcalmente in natura lo prova Plinio allorche dice esserse- ne perduta la cava, die non poteva perdersi, se prima non esisteva. Nuove cave trovatene modernamenre conferma- no I'antico asserto; e lo Svcdese Lejiell assicura col fatto I'esistenza di una miniera di rame giallo nel suo paese. Fu anco annunziato nel 1788 il ritrovamento di altra cava di rame giallo nel Poitouj vicino alia cirta di Civray, e del castello di Traversay . Dampier disse aver veduto anella di rame giallo nell' isola Baclii verso Formosa, qual trovasi dngl' Indigeni nelle montaaine. Condamine, ed UUoa ne vidcro in America. Ma questo rame giallo anco artificial mente si fece dagli antichi, e fu come il native chiamato con lo stesso nome grecaniente oricalco. Festo gia disse die projettando la terra cadmea sul rame se ne fa oricalco. Anco Plinio lo accerta. Questa terra cadmea dicevasi anco cadmia, e forse calmia si disse, onde noi facemmo calamina, e gial- lamina. La giallamina none die un ossido piu, o meno puro di zinco, cioe di quel metallo, die eminentemente possiede la facolta di colorare il rame in giallo, ossia di for- marc una lega gialla con esso. Ecco la storia piu recente die abbiamo da Thomson di questa metallica sostanza: „ gli „ Antichi J egli dice nel suo sistema di diimica, avevano „ avuto cognizione di un minerale, che chiaraarono cad- j, mia dal nome di Cadmo, che il primo ne insegno 1' u- „ so alia Grecia. Sapevano essi che questo minerale fon- .. duto col rame foimava I'ottone In Lai minerale si DEL BRONZO ED ALTUE LEGHE ec. 20^ „ racrliiudeva lo zinoo in gran copia; e oi6 non osrante 3, non rc.sta veruna prova chc. qucsto inetallo sla stato co~ „ nosciuto dagli Anticlii. Alljerto il Grande, die mori nel „ 1280, fu il pnino il quale ne trattasse ne'suoi scritci in „ modo al(|uaiit() circostanziatoj ma e didihio che lo abbia 5, vediuo, perche Jo chiama marcassita d'oro, cosa che 5, fa supporre di color giailo il metallo di cui parla. Negli „ scritti di Paracelso, inorto nel i4Sr.si trova per la pri-> ., ma volta indicate il nome zinco: si chiamo anco spel- „ tro. INon si e mai trovato zinco pure in Europa: si era „ ininiaginato fla lungu teinijo un nictodo per estrarlo dal „ niinerale, che forse appartiene a Lawsou : Henkel ne in- „ dico uno nel 1721. Swab I'ottenne per distillazione nel „ 1742. e MargrafF pubblico altro metodo nel 1746 che e „ queilo che si siegue adesso in fnghilterra ; cioe si torre- „ fA il minerale, si polverizza , si unisce con carbone, indi „ si espone ad un forte calore in grandi vasi di argillu J, cliiusi ; e lo zinco per mezzo di una canna di ferro „ cola in un recipiente d'acqua „. Per quanto venga da aiitorevole, e rispettabile uomo questa storia, pur sembra che due asserzioni racchiuda , Ic quali, cpiantunque generaimente adottate, o niancano di ^ppoggio alia critica, o sonu contraddette dalle es]>res- sioni degli Antichi Scrittori . L'una e la etimologia dell'os- sido di zinco; I'altra e la invenzione del medesimo attri- buita ad cpoche troppo a noi vicine. Pare che Cronstedt abbia voluto assicurar Tonore della prima scoperta dcllo zinco metallico , o, come dicevasi, regolo di zinco, ai suoi compatriutti Brandt, e Sowab, .< convenendo che sapevasi far I'ottone in antico; ma si e ji saputo da poco in qua, egli dice, die nella giallainina ^^fosse nascosta una tnctalllca sostanza . L' autorita di ! quest' uomo celebre sembra aver fatto chiuder gli occhi su i Classic! a tutti i successivi Scrittori; giacche avvi prova QCS r A B B R O N I cliiarissima chcjclal nome in poi , lasostanza, il metodo di sua estrnzione, le pioprietii, e gli usi fossero gii noti agli 7\ntichi. Stefano, anzi Strabone niostra che al tempo suo, e non puo assegnarsi sin da qual epoca piu lontana, estrae- vasi dal mineral* questa sostanza metallica, e per distilla- zione precisamente: „ si trova presso Andeira, (lewgesi nel „ citato Scrittoie) una pietra , la quale nelle fornaci si „ fonde in ferro; ma cotta con certa terra in camino, stil- „ la del Seudoargiro ( cosi detto probabilmente dal co- 5, lore) il quale, se si agginnge al rame, forma oio che J, alcuni dicono oricaico „. E che di piii, o di piu cliiaro si vuole per esser certi che gli Antichi conobbero benissimo lo zinco anco in stato di metallo? Sembra che nei piu re- moti tempi, come anco in oggi si fa, si procurasse la con- Tersione del rame rosso in otcone non solo col zinco metal- ]ico, ma generalmente con la. projezione , o cementazione dell'ossido di zinco, piu o meno puro, ossia con la pietra calamina, ogiallamina, che voglia dirsi, Kadmeian Li~ then, grecamente chiamata. Non con alrro appoggio , che con quello debolissimo dell' analogia del suono, si voile attribuire a Cadmo la cognizione, e 1' use della ciallami- jm. I Greci adunque sino dai favolosi tempi di quell' E- joe Fenicio avrebber conosciuto, e praticato la formazione tlel rame giallo. Ma noi troviamo che ai tempi troppo piii ])OSteriori di Platone era questa lega, 1' oricaico, nota in Grecia soltanto, direbbesi, ne'suoi scritti; e ci offre questo divino filosofo un indizio di tutt'altra origine dell' oricaico medesimo, che esclude la sua formazione in Grecia, ed an- co nelle contigne regioni, dicendo che veniva recato dall' Atlantidcj Isola famosa, in direzione opposta, e che piu non esisteva che nel suo Crizia. Non sara inopportune di osservare, che abusivaniente in antico dicevasi di speciali materie , quando dalla opposta loce del mediterraneo venlvano ai Greci, o ai Romani, che DEL EPOKZO, ED AI TRE LECHE ec. COp rccate fossero dalT Atlantide, o dall' Atlanrico indefernii- natamente. Vero era, per eseiiipio, che lo stagno si scava- va nelle Cassiteridi; e PJinio raccoiita che dicevasi di ari- darlo a prendere alle Isole dell' Atlantiro al tempo siio, nientre si era linalmente saputo clie recavasi a Roma ilalla J.usitania, o Gallizia: e cosi forse Platone disse che I'o- riralco vetiiva dall' Atlantide piu anticamente in Grecia , nientre probabilmente traevasi da luoghi assai piu vicini si- tiiati a Ponente. I popoli ])iu civilizzati che si trovassero siille spiagge del mare inferiore, in remotissimi tempi, f'uro- no i Tirreni, o Etruschi. Ci e noto da molte istoriche certezze, che gli Etruschi, assai prima dei Greci, sapevano fondere,e gettar metalli; che prima dei Greci coniarono monete; che fiuono i primi a far statue dibronzo vuote, confomie serine il greco Pau- sania, e Cassiodoro, e che dettero alia Grecia metodo, e art<"fici per far opere di getto. Atenep testifico che i vasi doratijcd i lavori in bronze fatti per ornamento delle abi- tazioni greche rendevano giustamente celebre la Toscana. Quanto periti fossero gli Etruschi uel far leghe con ranie lo prova il getto della riputata bellissima statua di Apollo, che si conservava nella Bihiioteca di Nerone, della quale dice Plinlo non sapsrsi decidere, se piri pregevole fosse il lavoro, o piu bello il metallo. Non poteva adunque essere un volgar bronzo, che non avrebbe nieritato tale osserva- zionc, ma una lega particolare. Fosse per sistematico tentative, e fosse per caso, non e difficile die i Metallurgi, e fonditori Etruschi nell'esercizio del lor mestieio combinassero in varie dosi dello zinco o giallamina col rame, e discoprissero cesi il portentoso can- giamento di colore, che il rame soffre in seguito di tale unione, e la preziosa qualitu che acquista, di esser piu fa- sibilc, piCi malleabile a freddo, piu dure, e di colar piCl fluido nolle forme. 210 F A B B R O N I . Lo ziiico e un metallo abbondaiicissiino nella natura ; si trova sotto tre stati diversi, cioe: in solfuio, o blenda; in soltato, o vetrioio bianco; in ossido, o calainina. II Birin- gucci asseriche anco al suo tempo se ne trovava in Tosca- iid. Di qui, diincjue, e probabile die passasse I'oricalco aila Grecia in antichissinu tempi, sia in lavoii, o sia in raassa. La sua bellezza, le sue fisiche (jualita, ciie tanto j)iti atto lo fanno a molti usi, e la sua provenienza stra- niera, doveva renderlo piu pregevole assai del rame istesso. Ciie tal lega non sia di gieca invenzione lo prova, oltre il citato as^erto di Platone, il veder clie Esiodo, ed Omero lo dicouo preziosissinio, mentrecbe era vile, e comune in Etruria, contornie puo desumersi dal trovar che si fa di fibbie, ed altri ornamenti in sepolcri etruscbi, certamente di povera gente, perche semplici, e disadorni. Sembia die stranieio egualmente fosse I'oricalco alia Fenicia, all'Egit- to, alia Persia, e all' India. Arisfotile verainente dice die tin tempo vi fu in India un rame cosi bello e risplendente, clie dall'oro non discernevasi, se non mediante il suo odo- re, e del quale erano formati alcuni vasi, che Dario aveva nel suo tesoro: ei li doveva forse al commercio di altre parti di mondo. Si vede ancora , che tra i preziosi vast dati da Arcaserse a Esdra per servizio del Teinpio di Gerusa- lemme si contavano ben venti bacini d'oro, e due soli vasi di rame giallo, o oricalco, che sembra stimato ancor piu prezioso percio dell'oro medesimo. Dunque non era formato in Persia, ne nella prossima India, e molto raeno in Grecia, giacche non sarebbesi reputata si preziosa una lega fiuta con niateriali ovvj in paese. Si cliiedera da taluno, come avvenne, se gli Etruschl e non i (ireci inveniarono I'oricalco, che i Roaiani non un etrusoo, maun greco vocabolo adottassero per indicar tal lega. Difficil cosa e il render conto della origine dei nomi, che dal capriccio, o casualita, piuctoito che dalla ragiune I p DEI BrONZO ED AI.TRE LEGHE ec. ail clorivnno. Provo il Contp d' Arro nella sua dotta operetta ,. sulln Patria primitiva dclle Arti del disegno, die daffli F.trusrlii fu invenrato ed nsato il capitello, che Dorico si rhiama, avanti che nella Oreoia penetrassero le belle Arti; nniire dai Romani e da noi chiamasi Dorico, quasi fosse di greca , e noii di toscana invenzioiie. C'hi sa che, circa al nome oricalco,non influisse qualche |)olirica avversione? I Hoimni fiirono nemici irreconciliabili degli Etriischi ; for- ?p perche ne rirevettero leggi, arti, coltura , e rito; e for- se perche Porsenna impose loro una volta I'umillante leg- ge di noil iisar ferro se non che nelle rnrali fnccende: vollero cssi prescegliere un greco vocaliolo per dise- gnare una lega di rame, che adopravano in quella vece. Possidonio dice che il solo rame Ciprio si nnisce alia cad- mia ; il che darehbe forza a creder che I'ottone fosse inven- tato dai Greci. Ma Plinio scrive che i! rame del Monte ATirio, ossia della Sierra morena, e quello pure clelle cave di IJvia nella Gallia, si lesavano nieglio degli altri con la cadinia, e che se ne facevano i sesrerzj . Iscrizioni aniirhe provano I'esistenza di fabbriche di ottone in Spagna; ed al tempo di riinio stesso facevasene in Italia nel Bergamasco, e Terra di Lavoro. Dalle fabbriche moderne si sa che la miscela del rame, e zinco e suscettibile di proporzioni diverse. II Biringiicci notd che il rame nel convertirsi in otrone cresce I'otto pep cento: in oggi in qnalche luogo si ottiene ottanta libbre d' ottone con sessantaquattro di rame; in altri luoglii ses- santa libbre di rame ne fan cento del pii'i bello ottone, dut- tile in tenui fila, che i Francesi dicono di /Irechal, con- servando un suono di affiliazione coll'antico nome oricalco. Tutte le gradazioni di colore si hanno con la miscela di rame, e zinco," dai rosaceo al giallo dorato, al pallido, all' argentine . 112 F A B B R O N I II Vescovo LandafF nella sua Dissertazione sull'oricalco, uon contentodelle etimologie di Festo, di S. Isidore, e del Vallesio, voile dedurne una daJI'ebraico Or che fuoco^ e fiamma sijrnifica , che riaiuarda come radicale dello stesso aurum dei Latini. Ma noi nella cornune idea riguardiamo il color del fuoco, o focato, cnme una gradazione di rosso; ed ill tale erimologia, come in quella dell'Autor delle Ori- gini ec. non potrebbe esser compreso I'oricalco bianco che pure avevano iGrecij e del quale parlanoi Latini ancora. DelV oricalco bianco. Jies Mossyiuecum Rammentasi questa lega da Esiodo, da Pol.Virgilio, dall' Etimoiogico magno. Aristotile dice che i Mossineci , popoli del Ponto Eussino, facevano il rame di splendidissimo can- dore, e simile all'argenfo senza aggiungervi stagno, strati— ficandolo e cementandolo con certa terra, clie trovavasi nel lor paese. II chalcolibanon dell' Apocalisse prendesi per la stessa cosa, derivandone il noine,con ibrido composto, dall'cbraico Laban, che vuol dir bianco. L'Ossido di manganese imbianca il rame: GadoJin vide in Londra una lega di manganese e rame, che era di ua l)ianco bigio; ma avverte che, non ostanti le ripetute pro- ve fattene in Birmingham, non si trovo di poterne trarre alcun partito. Non era questo adunque il rame bianco de' Mossineci. L'Arsenico imbianca il rame; ma fa una lega quasi in- trattabile. Stahl pensa che il miglior modo di ottenerla sia di fondere in crogiuolo aperto parti eguali, per esempio , mezza Jiobra di rame , e mezza di ossido d'arsenico, e con- siolia aogiunservi mezza oncia di aro;ento. Altro modo in- scgna, e consiste nell'aggiugnere ad ogrii qiiattro once di rame fouduto un oncia d arsenico fissato col nitro o arse- DEL BPONZO, ED ALTRE LEG I IE ec. 21 3 niato di potassa iinpastato in pallottoJe con argil la ed acqua ili calce, a£;iiiuiit>;(.iKli)vi iiualirieiite la ineta, o uii teizo d'arj^eiito, il quale fa die la lega non anuerisca, e sia mal- Icabile al(]uanto. Dize fece leghe coti due parti di rame, una di arsenico inetalio,ecl ebbe un niisto color d'argento, ina polverizzabile: con una quarca parte fu men bianco: con una ottava prese ii colore del rame antico; con una se- dictsiina il color del rame non restu alterato; con una vt n- tiqiiaitresima riesci bastantemente malleabile, ma rosso. Niiinu di queste senibra esser la lega di che si tratta . Si sa che quando 11 rame ha imbevuto zinco per una do- dicesima parte del suo peso, gii il suo colore gialleggia: crcsce il giallo sin che siavisi combinato per meta: poi coii dosi ma^igiori diventa sempre jiiu pailido, ed alia fine si accosta al bianco argentino. L probabile adunque cue con Innghe, e ri|)etute cementazioni di rame conossido ter- joso tli zinco , o giallamina imbiancassero il loro rame i Mossineci. Si conosce una bellissima lega blanca fatta dai Chinesi, nolla provincia di Yunan, simile all'argento, nioho sono- ra , di bella apparenza, non soggetta a ruagine, e della quale forma base il rame. La chiamano Paek-ibiig, ed an- co I'et-ong, ossia rame bianco. GeofFroi I'esamino con ripe- tute fusion!^ gli divenne rossa come pure rame, ed esalo in , fnmo un settimo tiel suo peso. Quindi e che nelle Tiansa- j zioni Anglicane si lesse, che in sequela di sperimenii fatti ( alia China, non vi si rinvenne alcnna lega. Engstroem con i piu accurata analisl trovo nnito al rame del nichi-lio, con un poco tli cobdito col quale scavasi naturaln.enle, ed e di color rossastro in proporzione di 5. a 6 , e mediante I'ag- giunta di zinco vien bianco quasi come I'argento. Altri vi trovaroiio un poco di argiMito, altri un atomo di feiro do- ij vuto alia impuriti del nichelio, o dello zinco. Non si sa % 2l4 F A B B R O N 1 Lene se qnesto non sia lo stesso di quel die chiamano TCa- lin delle Indie. Metallo Corintio. E coinune opinione che il mptallo Corintio fosse il resul- tato-di una mescola accidentale di piu liqnefatti metalli. rioro. ed Orosio, ripeterono la farolosa origine dall'incen- dio di Corinto accaduto nell' anno 608 di Konia. Piinio a- veva gia indicato contro questo volgare errore che le va- rie leo'lie del metallo Corintio erano in uso avanti la gner- ra Acaica, e conseguentemente assai prima della distruzio- ne di Corinto medesima. Eravi del metallo Corintio giallo , eravene del pallido, e del bianco, differenze prodotte dalle varie dosi dei componenti. PJinio awerte die non deb- bonsi confondere con gli oricalchi; Floro ed Orosio sem- brano indicare che I'aggiunta di una piccola quantita di oro, o di argento, forse alle leghe di rame, e zinco, ne fa- cevano un metallo splendente, e quasi inaccessibile alia ruiz^ non si conosce. Cosi ef- fettivamente tinti ci vennero vasi di rame dalla China, e Giappone, iniitati poi per i'apparenza esterna neH'lnghil- terra, e altrove. Ecco varie ricette, che trovansi negli scrittori Chinesi . Aspetto antico: Prendasi verderaoie due dramme; sale aniuioniaco, due dr.; yat-soni-tan-fan , minerale del Tihet, che e forse il lapis armenus, cincpie dr.: tchu-cha, che e cinahro, cinque dr.: il tutto si polverizzi e si unisca den- saniente ad aceto. II vaso da colorirsi sia diiigenteinente foruito con cenere di legno forte: si lavi con acqua pura, fe SI asciughi: vi si applichi ccra pennello uno strato della 6ui |)i'r acceitare clie il bionzo nostro fosst- /' aes culda- riuiii , altri cnl tre, ed uno di bisinnto. II miglior Pcitro Inglese contiene il cintpie per cento di ranie senz'altra aggiunta; nel pt'i'giore avvi alquanto piombo; pd aliro trovasene con l)isniuto, Jiisti propose nna utilissima sofisticazione dello stagno in nutsto inodo; fondasi una libbra di re«:olodi anti- monio, e nna e mezza di liinatura di ferro; quando questa materia e in fusione si asjainno-a una libbra di bismuto; OCT O ' si getti in verga ; e se ne avr;l nna lega die pesera tre lib- bre: questa si unisca a cento libbre di stagno ; e ne resulte- r;\, pgli dice, un metalio sonoro, splendente, e bello quan- to r argento . Piombo argentario : Saldatura. Si efFettuava anticamente la stessa fraude soprawertita per sofisticare lo stagno in altro modo; ed era, fondendo a peso eguale piombo nero, piombo bianco, e deve inten- dersi piombo candido,come nel precedente esempio. Cliia- niarono argcntaria questa lega, perdie incuocendo in essa i lavori di rame, restenio se ne copriva, e, direbbesi , si inargentava. Cosi dei freni dei cavalli, e di tenui lastre di ferro anco adesso si fa, tuffando tali cose e quasi cuocen- dole in stagno fuse: chiamavansi tali lavori anticamente Jncottilia . Noi a questa lega aggiugnendo una quarta parte di anti- nionio ne formiamo un metalio bianco , splendente, usita- 10 in piii cose: 1' unione di un quince ddlo stesso antiuio- 228 F A B B R O N I nio metallico a quattro quinti di piombo, forma la itiiglior Jega , onde si formano i tipi per le scainperie. Lo stagno comune , col quale si fanno del vasellami tra noi, e una lega iielle proporzioni appuntodeli'antico piom- bo argentario; ma siccome il pic>mbo per la sua solubilita, quando e copioso, puo comuiiicare uua qualita venefica ai cibi, e alle bevande, e raccomandabile il diminuirue la dose, e ridurla alle diciassette o diciotto iibbre jier ogni cento di stagno, proporzione che fu riputata innocence dalla Commissione dei pesi, e misure; e di tal lega le niisu- re di capacita per i liquidi son costruite in Parigi. Altra lega inferiore Facevano gli antichi fondendo due parti di piombo, ed una di stagno, che chiamavano piom- bo terziario, e, come noi, la usavano per saldar ie canne idrauliche, o condotti di piombo. Alcuui a questo piombo detto terziario , fatto di due parti di piombo nero, una di oandido, o stagno, ne aggiungevano altrettanto di bianco, ozinco, e chiamandoio pure argentario, come tale lo usa- vano, cuocendovi quelle cose, che volevano spalmare con esso. Lega di piombo candido, e piombo bianco, cioe stagno e zinco soli, forse non nsarono gli antichi, ed e quella con la quale in Germania si inargentano attualmente le carte. j\Ia, come Plinio disse, dopo che abbiam discusso la natura dei metalli, bianchi ingredienti alle leghe, „ Nunc revertemur ad differentias jEris, et mlsturas. Bame specolare: Metallo da, specchj. Con argento, ma piii comuiiemente con una bianca lega di rame, facevansi anticamente gli specchj di varia mole, e figura. Ne facevano gia gli Etruschi, ed uno di questi se ne conserva nel museo Guarnacci. Celebratissimi erano DEL BnONZO., ED ALTHE LEGHE ec. 229 quelll cIiBriiulisi(*): la composizioneloro seiiibra noii altro ♦.■siere die stagno, e ratne. Se Caylus fu ben servito nelle aiialisi, die riporta di uno speccliio antico, pare die vi si iiitroducesse anco dell' aiiciiuoriio, e pioinbo. Erano pre- feriii, lo dice lo stesso Pliiiio, gli spccclii facti in argeuto; ma non pocevano essere in tal caso di argt-nto piiru, [)er- che troppo morbido, onde licevere, e conservare uno splenditlo pulimento Si rileva anzi in Plauto,che doveva- no essere di una bassa lega di argento unito a ranie, e for- se anco stagno; poiche in Plauco si dice, die lasciavano odor nietallico alle niani di chi li inaneggiava. Lo sragno, e ii ramc sono i metal li, die aiaiigiore (jdore diano ai fre- gamcnto. 1/ uso degli specchj metailici per gli struinenti catottri- ci (*'') eccito nei moderni tempi a peifezionarne la com— posizione. Molte ricette produssero i noitri Chimici, e Se- gietisti . Porta ne da due, nelle quali il rame e sempre tri- plo alio stagnoi manell'una aggiunge arsenico, ueU'altra antimonio, argento, e bismuto. Fu osservato col f4tio,'che le ricette piu complicate non nescono le mijiliori. Darcet trovo in uno specchio antico il ventuno per cen- to di stagno jjuro. Una terza parte di stagno nel rame produce un bel bian- co, ma la sostanza ne e troppo dura per prestarsi al Javoro. Tre parti di rame, ed una e un quarto tli stagno si repu- t6 ottima composizione da Smith. Mudge dice migliore la dose di once 3^ di rame di Svezia; e 14 1/2 di stagno pu- re II) gram . Oescendo moko lo stagno si ottiene un metallopiu dol- ce, di un bianco azzurrigno, che si presta al lavoro, e ri- (*} D'Ancora creHe che dehha Ipguersi Briuiana , invecp di Brurrlusisna. (**) Se ne attribiiisce la prima applicazLune a Zaccaria Joannides di Middlebur^o. 2 iO F A B B R O N I ceve e conserva ottimo pulimento. Convien fonclt^re prima il rame coperto di oarboni, iudi incrodurvi lo stagno , e get- tarlo in verga. Si dee rifondere la lega per fame sparire le porosira, ma al minor fuoco possibile, e si getta in figu- ra Fu osservato clie dei diversi specclii resultanti da una stessa fuiione gli ultimi sono i migliori. Rochon compose collo stagno un metallo, col quale fece specchi da Telesco- j)i unendovi rame, arsenico, e platina. Edwards tro\r6 nei i787(*) una composizione da spec- chi, che da piu luce d'ogni altra ; ed e fonnata di ii parti di rame rosso, i5 di sragiio, i. di ottone , i. di argento I. di arsenico; e dice, che gli specchi f.itti con tal lega ban restitnito ai telescopi quella superiorira, che, quanto alia luce, arevano sopra di essi i canocchiali. Rame statuario . Era questa una varieta di bronze in quelle proporzioni, che pill trovaronsi convenienti nella pratica dell' arte. Pli- uio dice che componevasi unenclo un terzn di rame vecchio nel rame nuovo fonduro, ed aggiungendo a questa inassa dodici e mezzo di piombo argentario in cento. II rame pu- ro e malleabile chiamavasi regolare dagli antichi. L'e- satto chimico Darcet dice che non adopravasi da questi il rame senza stagno, non avendone ancor trovato del pure nellesueanalisi. Klaprothasseriche le nionete Romane rosse fossero di rame senza alcuna lega. Aggiunge questi nella sua Numismatica docimastica , che le monete antiche di bron- zo sono molto varie nella loro composizione; che oltre il rame, base comune, ed il suo elemento dominante, stagno, e piombo, come parti essenziali della It'ga , tengono talvol- ta dell'argento e del ferro come parti accessorie, e fortui- (*) Nautical Almanach . DEL nnOKZO ED ALTPE LEGHE CO. 2^1 le.... e lit lie moiiete di color j;ia!lo avvi molto ziiicn.e so— no iiKJiJilicazioiii

  • il quale di- ce che i migliori , e piu maturi datteri assomigliano all'e- lettio: ma J e chi ignora che dai poeti furono assomigliate all'oro le mature messi^ alcune frutta, e lo stesso vino? D'altronde la proprietache avevano i vasi di elettro, quel- la cioe di tingersi con i colori dell' iride quando vi si in- foudevano venefiche sostanze, forse disossigenate, o sulfu- late, in verun modo potrebbe verificarsi che con una nie- tallica sostanza. Vero e che lo splendido pulimento ili cui era suscettibile I'oro in stato di elettro, e la sua difficolti a fondersi, non conveugono ad una semplice lega di argen- to, e di oro in stato di purita assoluta: e forza credere a- dunque che fosse una lega terziaria, o di piu altri metalli composta, fornita tal quale dalla natura, indi imitata dall' arte, aggiungendo all'oro, e forse senza saperlo, un'argep- to che naturahnente contenesse o antimonio, o arsenico, (*) Appena se oe son fatti del piccoli poaii allt caone o mazze da pas- DEL BRONilO., ED ALTEE lEGIiE CC. 24 1 o alrra siiuilc sostanza. Ne fa prova il trovare in Plinio (lie se SI univa [)iu dclla cjuiufa paite d'argento all'oro, noil le^^eva a Mora al luariello, cosa clie con argento ben jHiro lion si verificlu!r< LIjc' I'oro acquisca la massima du- rczza, ma resraiido per altro inalltMbilissiino, alloiquaiulo I'argento vi e unito per lameta. L'oiostesso nativo con- tieiie calvolta anco del ferro, e Taigeuto pud avere del ra- llies'arscnico, *^<^l antinionio. L'iiiaeiindsoed eiudiro Bossi tento diinostrare che TEkt- tro aiiticD iion altro Ibsse che il niodcruo jiiatino. La diln- cile fusione si accorderebbe. II valtMui?siui(i cliiiiilco V'au- queiia discopii la presenza del platiiio uelle miiiiere di Spagna , ove e uuito aH'argeUvo; e di queste iniiiii-re tras- seru inetallo i Roiuani . Ma il platino e bianco, ed uuito air argeuto in proporzioui* di un uudicesimo solo fa un couipoito piu bianco, e inalleabile, il (juale iu niuu uiodo si agguagliercbbe al bel giallo dei datteri, cui lo assomi- glia Ateneo. Si deve la iiidicazione delPaccennata lega al cavalierc Uobilant , che varie alfre col platino ne fece. L'uiiione del rame con un terzo di platino gli olFii una lejiu ben inalleabde, ma biancastra: lo stesso rame con un quarto di platino fa un coiiq) )Sto lii bel colore di rosa , e luolto nialleabile; con un quiiito fu ancor piu nsso, aia luttavia paliido, malleabilissiino, con uii scsto fu rosso sbiadito di fuori , e prese colore azzuironel pulimento. L'oro unito anco alia ventesima parte di platino e pallido, ed agro: un ventiseiesimo lo lascia malleabile, ed un poco men scolorito; sei di platino so|)ra cento d'oro dettero le^a aiicor piu inalleabile, e piu alta in colore. Tutte queste, ed altie leglie , che al iiostro oggetto non fanno, etfettud Uobilant col platino greggio, cioe unito a ferro ed aiquac- tro nuovi metalii che lo accoinpaguano: forse non moJto dilfi-rirelibero se si rifacessero tali leghe adesso col plati- no purilicato . jia e da avtrsi beujpie prcseute che relet- ■2^1 F A B B R O N I tro era una lega di oro, ed argento, e clie o I'uno, o I'al- tro, od eiitrauibi, dovevano non essere in stato di purit^ , pel dare al coinj:)osto i giu indicati caratteri. JNon iasceio di ramiiientaie , ciie due qualita d'oro ebbero nonie particolare in aniico; 1' una dicevasi apy— rum, e I' aitra obryzuin. L'apiro facilmente s' intende per Javoio d'oro non di gecto , o fatto per fusione, ma Ja- vorato a wiarteilo: I'obrizzo si prende per oro purgatissimo dal raine che conteneva . Conoscevauo la ceiiientazione gli anticlii; se ne trova descritto ii melodo da Agatarchide; altro metodo ne descrive pure Diodoro Siculo. Clemente Alessandrino distingue Coldfune come celebre nell'arte di purgar I'oro: ina e da avvertirsi che I'oro puro trovasi detto aurutn munduin nel digesto, che forse non e sinoni- nio di obi yzum . Crisopea, o Aurificio antico. Essendo caduta occasione per ultimo di pailare dell' o- aI ro puro in queste note, non si reputi affatto afFatto stra- niero aU'oggctto il chiuderle con una curiosa indicazione di Plinio relativa a questo prtziosissinio metallo. Seuibra che fosse proposto a Caligola, e forse da qual- che Metallurgo, o adepto, un aurificio, ch'ei feoe tentare, orduiando, naturalmente secondo la prescrizione , che si cuocesse per cio gran quantita di sulfuro d'arsenico, o or- pimento. L'esito fu fa vorevole, perche se ne ottenne di fatto oro ecceliente, ma di cosi piccolo peso, ossia in si tenue quantita, che risultonne uno scapito; e I'esperimento non fu piu tentato dipoi. Pare che debba intendersi, nella oscuritii del testo, che si cmientavano dosi di quattordici libbre di orpimento per ogni libbra di altra cosa, della quale disgraziatamente fu omesso il nome, e non pita re- stituito in verun testo a penna, o edizione. Era manifesta- DEI. BRONZC, ED ALTPE lEGHF. CC. 24 > mciite nuesta una estrazione dcH'om, cho larvato trova- vasi ton I'arsenico, il ijuale rarissiine volte va esente dal- la luistioiie di altre metallic he sostanze. Ileiikfl giadi^sp, die trattaiidu I'arsenico con la creta, se ne otieneva argento. Keioer, Dyg!)y , Glauber rapportano esjuM'ienze essi pure, per le cjuali risidco argento dalFarsenico. Boerliaave , e Newinanno riguarJaroao I'arsenico bian- co come cosa ignota agli antichi ; ma non e dubbio che fosse loro notissimo il solt'uro col nome di orpimeiico, e ve- niva loro di Siria. J. a soscanza , ora ignota , alia quale nel metodo di Ca- ligola uuivasi I'orpimento per il tentativo suddetto, era- forse r argento. Becker dice, neile sue concordanze cliirniche , che fon- dendo orpimento con alquanto a r^eato, safTrano di Marte attenuato, o ossido di ferro, e piii nitro, o borace, ottene- vasene ordinariamente un poco cVoro. Kratzenstein, informando Crell per lettera del resultato di un simile esperimento di Cappel, ne indica la quantita: egli dice, che in una memoria da questi letta nella societi niedica di Copenlughen comparisce, che dal cimento di quattro once di argento con otto once di arsenico, risulta- rono dieci grani d'oro. Non molto argento si volatiiizzo con I'arsenico in questa occasione; giacche non si trovo calante che soli quattro,o sei grani la quantita soprindicata. Ma un aurificio assai piu snigolare di questo, e men fa- cile a spiegarsi ci viene offerto nelle Lettere del celebre Meyer d'Usnabruck dirette al suo amico Andre, Speziale Annoverese: si aggirano esse sul resultato di una capric- ciosa mestura fatta dal Medico Costantini , dovuta forse ai suoi inutili tentativi diretti a formare artificialmente il Bo- race. Questi uni due parti di borace o borato di soda a cinque di tartrito acidulo di potassa, e due di subliinato 2^4 F A 2 B E 0 N I corroslvo, 03sia ossimuriato di inercurio, clie sciolse in ven- li pdici d'accjiia. Da (jueita soluzione si tit'positaroiio, do- po i|uaiciie Ceiiipo, alcune squamiiie aijieutine, le cjuali fatce sfumare co! liioco sopra un cucchiaio d'argento ail' aria iiL)i-ra, Jo ciiisero in color d'oro, per ii vapore nper- cosso. Questo feunnieno ebbe iuogo anco sui pionjbo fnso, sui (juale Costantini, con parcicolare artifizio, fere sfuaia- re presso die un'oncia delle sopriiidicate squaainie argen- tine, le quali tinsero in color dorato la superfice ili circa trenta libbre di jjiornbo: raschiando egli, sottihneiue quan- to era possibde, cjiiesta doratura a[)pareiite, dice averne ottenuta quasi una dramma di oro finissimo a qnalunque ciajento. jleyer, quel sagace chimico, che provo I'acutezza del suo ingegno nella conmnque insussisteute, nia pure ben coiidoua teoria dell'acido jjingue, ripete con snccesso il liietodo deii'amico; indi lo diversilico per eliminare ii su- perfluo, e conoscere il principio influence. Evito il Borace, usando il solo tarcrito acidulo di potassa; indi invece di quesco, adopro il sal seignette o tartri/o ili soda , ed il tar- taro tartarizzato, o tartrito di potassa, e finalinente I'ace- lato di questa base niedesiiiia. Quest' ultimo solo non offri le a*pettate squamnie a.^^entine, die sono forse un tartriro di mercurio; e la ustulazione del suo precipitato, oprata sopra I'argento, produsse atoaii di metailo, die furono ri- conosciuti da Costantini esser raaie, e pioai])o. Quesfi ne sospetto la provenienza dall'acetato di saturno, col quale suppose esser preparato, per doppia aliiiiita , I'acetato di potassa: Meyer ne dileguo il sospetto, indlcando per fi- ne di aver fatto passare per I'alcoole I'acetato da lui ado- prato. Gli altri due processi di Meyer, e specialaieate il secondo, produssero abboadaati sqnaianie argentine, dalle quali egli ebbe la presagita doratura apparente, che veri- fico solubile all'acqua regia. Aaco il inercurio reviiicaco DEL BRONZO, ED ALTRE LEGHE CC. 2^5 per distillazione, o sublimazione da tali squamme, produs- se lo stesso fflecto; ed e singolare clie non altero punto il colore di molto filo d'argento frapposto alia sua sublimazio- ne in vasi cliiusi . Resterebhe adunqiie provato, die I'acido tartaroso, e la presenza dell' aria ld)era,sono necessarie condizioni alia ef- fettuazione del feiiomeno; cioe, per quanto pare, a dispor- re il inercurio ad abbandonare quelli atoiiii di oro. clie seinbra portar seco, e ritenere tenacemente, ancor che pas- sando per piu chimiche conibinazioni. Se con occhio di scienza, e non con vedute alchimistiche, riguardasi tal fe- nonipno,non debbono sdegnarei culroridella buonachimica di sottoporlo a nuovo esame, e trovarne la non facile spie- gazione. Credero aver bene impiegati i pochi momenti oc- corsi a questa inia critica compilazione, se avro richiamata I'attenzione dei Cbimici, come quella pur anco dei sem- jilici metallurgi, alio studio delle antiche leghe, che ci conduce alia piu esatta intelligenza dei classici, e che pud non inutilmente portarci al ritrovamento della lega costi- tuente I'antico preziosissimo elettro , clie deve essere stata uii composto di piu elementi, e clie deve riguardarsi come attualmente perduta. 32 *47 DELLA RACHIALGITE CENNI PATOLOGICI VALERIANO LUIGI BRERA. JLia raicloUa spinale, organo al pari del Cervello essenzia- lissimo pel inantenimento della vita nella sua integrita, e pure soggetta direttamente aU'infiaramazione, indipenden- tL-mente cioe da quella del cervello e delle sue membrane. Ceniii non oscuri s'incontrano di questa malattia piesso di alcuni moderni Scrittorisottoil noine improprissimo d\ pleu~ ritidc dorsale. L' angina vertebrate d' Ippocrate esser do- vcva il risultato deirinfiammazione de' ligamenti del corpo delle vertcbre ccrvicali estesa fino alia sostanza della mi- dolla spinale (i). La cinanche devia di Sauvages dipen- dente dalla lussazione anteriore del corpo delle vertebre del collu appartiene pure a queslo particolar genere di ma- lattia ; come altresi sotto di esso puo essere ridotta Vesofa~ ^'itlde degonerata in una vera infiainmazione de' Ligamenti, clie mantengono insieme unite nella parte anteriore e la- terale le vertebre del collo, e die al certo passo ad iuvesti- re altresi, se non per intiero, almeno una parte della midol- 248 B 11 E R A ]aspinale, quale venne da me osservata in Pa via I' anno 1797 (2). Tuttavia egii e certo, die dopo i primi peiisa- nienti d'Jppocrate, poco o nulla occupati si sono i Pratici iiella speciale considerazione di silFatia malattia. Quantnn- <]ue Balloiiio, ed Allenio, (3) nbbiauo ne'loro sciitti dimo- strato di conoscere rinfiaiiunazioue della niidoUa spiuale, tuttavia unicaniente nelie Opera preziosissime di Frank, e di Vogel, (4) si trovacon nietodo accennata , clie una serie ben nunaerosa d'esseri del regno aniiuale vive, e si riproduce, senza essere fornita di cervello , eil unicamenle uiunita della roidolla spinale. La classe este- sissima de'vernii tanto intestini (8), rjuanto terrestri, ed ac- quatici, uii' inlinita di inolluscbi, ed un iiumeio non pic- ciolo d' iusLtii ancora non posseggono che niidoila spinale; e le riccrclie comuiendevolissime de'Naturalisti ci hanuo ben inscgnato, clie puiamente in quest'organo esistoiio i lentri della vita sensibile; e ciie sebbene questi esseri sieno di cervello descituiti , il loio fuoco di vita resta cio ncii pertanio egreglauiente dalla niidoila spinale acceso, man- tenuto,e per 1' intiero loro organismo propagato . L'idea aduntjue fclicissima di consideiare le spinali inidolle gan- glionicbe di sKlatti animali quale concatenazione di altret- tanti cervclli , comt piacque di espriniersi al cel.iSatiirali- sta Sig. Cuvier, a pieno ci instruisce deirimportanza ui questa parte neU'econoraia organico-animale. Ne solo una tale considerazioue esser deve limitata agli esseri gia ac- cennaii: essa e pure a uiio parere applicabile agli ani- mali i piu perfetti , non eccettuato I'uoino istesso . Die- tro le luminose ricerche istituite dai Sig. Gall e Spurzheim iiuorno alia tabbiica del cervello e della midolla spinale olferte dal prelodato Sig. Cuvier all'Istituto Nazionale di Francia (g), si e pure in qualche modo diniostrato e con- venuto, die la niidoila spinale non essendo punto un fa- Bcetto di nervi discendenti dal cervello, come pretesero gli Anatomici, esser non deve riguardata qual appendioe del tci Velio istesso, ma beosi per una serie concatenata di or- -ani parziali col cervello connessi, e dal cervello^ per rap- porto alia vitale loro attivazionc, indipendenti, ed assoluta- i.ienre segregati. Nascouo infatii i nervi spinali da Jlli, di cui gli uni uscendono e gli altri discendono, co;ne special- 2 5o E R E R A mente e rimarcabile ne'bruti, ed in particolare ne'vitel- ]i. La materia oriiiia esistente nell'interno della midolla spinale sembra cssere la matrice di questi fili nervosi, poi- che la midolla s' ingrossa ad ogni punto dove esce un pajo di nervi spinali; e tanto piu s' ingrossa, quanto piu grand! devono essere i nervi, che ne escono. Quindi e, che anche la midolla de'grandi animali sarebbe come quelia de' vermi, e di moiti molluschi ed insetti, cioe precisamen- te nodosa e ganglionica, ed una serie quindi di ingrossa- nienti capaci di dar origine a' nervi, i quali sebbene tutti comunichino insieme, sono cio non pertanto pe' loro feno- meni organico-vitali affatto da considerarsi per akrettanti cervelli divisi (lo). Ma se oltre qnesti anatomici insegna- menti ci faremo ad esaminarc la singolare struttura e I'im-. mensa copia delle diramazioni sanguigne, delle quali e per cfeso arapiamente fornita la midolla spinale j sempre piu cliiara si appalesa I'importanza di questa mirabilissima con- catenazione di organi ad ulficj particolari destinati. Consor- presa veramente somma si rileva nelle ingeguosissime e inaestose Tavole Anatomiche del celebratissirao Sig. Ma- scpgni (i i) come una triplice ed anco quadruplice maglia d'intinitissime diramazioni vascolari sanj^uigne cuopra I'in- tiera sostanza delta midolla spinale, e si anastomizzi coa altre prodigiose maglie parimente vascolari, die vestono tutt'all'intorno 1' esteriore del corpo delle vertebre, ove e riposta. Un apparato quindi cotanto sorprendente e niune- roso di vasi sanguigni non e al cerro compartito ad un or- gano secondario, passivo, subordinate : egli e senza dubbio proprio diquegli organi, che hanno da loro stessi offici im- portantissimi da eseguire, da sostenere, da dirigere. Che se non soddisfatti de'lumi anatomici passare si vo- glia ad investigare quanto sul conto della midolla spinale c' insegna la Fisiologia, la sua importanza nell'economia animalcj e la sua indipendenza dal cervello, sono da vali- '4 BELLA RACHIAl-GITE ec. aSl dissimi argomenti e appoggiate, e confeniiate. Il nostro Mal- pighi, cui la Fisica degli esseri organizzati deve tame sco- perte e tanti avaiizamenci, ci ha pure con siidlciente chia- rezza fatto palese, che i primi rudimenti del iuturo polio neir uovo incubato si osservano nella coinparsa dellu co- lonna vertebrale gelatiiiosa (12). Qiiesta fecondissiina liac- cJa di utili ricerche non e stata dai Fisiologi abbastanza avvertita,ne seguita per indagare I'ordine e la piogressioiie dello sviluppo, anzi della creazlone delle diverse j^arti dell' embrione: egli e dietro si fida scorta, che si ha fondamento di credere, che si sarebljero in (jualche modo potute dira- dare quelle folte tenebre, che tutt'ora tengono avvolto il verace processor che la aatura siegue iieilo svolginieuco dell'embrione. Occorso essendomi di poter riinarcare in un Icto privo di petto e di testa, e solo fornito della meta infe- riore all' incirca della midoUa spinale,che laddove esiste- vano le diramazioni nervose ad essa attenenti, ivi erasi svolta e perfezionata la tessitura organica, parnii the ua argomento importantissimo non ci manchi per concludere, che la inidoUa spinale eserciti nell' organisnio delle funzio- ni essenzialissime, indipendenti dal cervello, e che ove essa mancaj si altera, o si distrugge, difettose, alterate e distrut- tc abbiano consegiientemente ad esser non poche priniarie parti deir organisnio, quautunque sano ed intatto si trovi I'organo del scnsorio (i3). Quelle mole uterine, nelle qua- li la tra.ccia sola della testa del feto si scuopre immersa ed unita ad una massa carnosa, infornie, disassimilaia, disposta sen/.'ordine, e direnio anche senza niotivo, sono verosiniil- uiente il risultato di una vegetazione animale che sembra abbia luDgo dietro il non seguito priniitivo svilupjjo della midolla spinale, o in conseguenza della sua distnizione ac- cidentalmente arvenuta ne' primi giorni delio svclgimciito deU'embrione. 2.Z-2 B R E R A Ma quanto I'importanza e 1' influenza dflla mldolla spi- nale nel prosiedere al primitivo officio deH'organizzazionej e nel raantenerla e ripararla in seguito, sono con validate dai Juniij che ci somministrano insieme afFratellate I' Anatomia e la Fisiologia , una serie di fatti patologici non mrno certi ]e rende altiettanto conosciute e stabilite. Da uno spiriro di pura pratica diretti scrissero gia fino da'loro tempi due soiiini padri dell' Arte nostra Galeno, ed Alessandro Tral- liano, che le paralisi delle estremita, e quindi la morte sen- za veruna lesione del cervello,sono ben sovente gli effetti di un' affezione della midolla spinale (14). Gia Ippocrate registrato aveva questo fenomeno, e non poche consimili osservazioni ho potato io stesso raccogliere nelle persone, che riportato avevano delle forti contusioni in qualche pun- to della colonna vertebrale. Nella colica saturnina restan- do afFette le dlramazioni nervose, che comunicano colla inidolia spinale, bene spesso insorge la paralisi delT estre- mita inferiori, della vescica orinaria, dell" intestine retto senza che il sensorio ne rimanga ofFeso. Violentissimo si e il tetano, che si manifesta dietro le impurita gastriche, in- tanto che vernna traccia di lesione non si scuopre nella te- sta. L'emorroidi, e la menstruazione, soppresse, I'aborto ini- niinentp, sono pure talvolia segnati da gravissimi ed insop- portabili dolori lombari. La legatura, ed il taglio, de'nervi frenici indussero negli animali somma difficolta di respiro, quale si rimarca ne'cavalli asmatici (i5). Questi .ed altri consimili fatti, de'quali abbonda la Patologia, abbastanza confermano la somma influenza della midolla spinale sopra diverse essenziali parti dell'organismo indipendentemente dal cervello e dal sistema nervoso-cerebrale . Incalcolabili essere dovranno quindi i perniciosi efFetti, che vanno a risulcare nell'organismo intiero in conseguenza della mor- bosa alterazione della midolla spinale ;e fra queste altera- zioni la piu grave e feconda di raicidiali risultati si e senza BELLA RACIIIALGITE ec. 253 alcun diibbio quella, che viene decisa dalla sua infiamma- zione, die gli Autori mal a proposito compicsero sorto il nonie di pleuritide dorsale, come si puo scorgere dalla fe- nomenologia niorbosa propria di una rale lualattia. Non vi e parte della midolla spinale. la quale possa tro- varsi unnmne dairinfianimazione, jioiche tanto resterno, quanto 1' interne della colonna vertebrale dalla prima ver- tebra del collo fine all'estremita delPosso sacro, vestici sono tutt'air intorno dai giA accennati moltiplici strati di aiaglie vascolari. E se ad un nuinero cotanto prodigioso di dira- niazioni sano;ni2;ne corrisponde una n^ualmente nnmerosa serie di vasi biancbi, che neli'ordine c nel ritmo norniale di natura destinati sono ad ammetterc nel lore lunie la par- te la piu sottile del sangue pel processo della nutrizione e della vitale vegetazione degli organi, cui servono, ampla occasione al processo infiamniatorio offrir deve la tessitura di questi nunierosi vasi, e pe/cio Tinfiammazione della mi- dolla spinale per rapporto alia vascolare di lei organizzazio- ne esser non deve cotanto rara da alienare la speciale con- siderazioue de'Praiici, ne costantemente un puio efi'etto ed una progressione deU'immediata inliainmazione deU'ence- falo, come si e opinato da diversi Medici. L'indipendenza assoluta dal cervello, in cui vedemmogiatrovarsi la midolla spinale, col quale e puramente continue, sia in grazia dell' organica sua struttura , sia per effetto delle particolari sue funzioni, ci rende ragione della predisposizione , nella qua- le puo trovarsi questa parte importantissima dell'organismo ad infiammarsi indipendentemente dall'encefalo . Infiniti esempj si lianno pure di malattie infiammatorie del cervel- lo, Sana essendo la midolla spinale, come d' infiamniazioni della midolla spinale senza veruna alterazione deU'organo cerebrale. Ancorclie I'intiero corpo della spinale midolla esser possa dall' inliammazione sorpreso, quale lo dimostra- rono al Sig. Frank le replicate sezioni de'cadaveri, pure il 33 a54 B R E R A pill delle volte egli e al collo, al dorso^ed a'lombijche des- sa resta ordinariamente dall'iiifiarainazione assalita, come in que' punti, ne' qoali piii mobile si scorge la teca ver- tebrale, che la rinchiude. Insorgono in simil guisa i feno- meni, die sotto le denoniinazioni deli' angina verte'orale, della pleuritide dorsaIe,e della tombaggine, sono stati da- gli Scrittori ed accennati, e descritti. Ove quindi questa malattia fissa la sua sede, ivi esterna una serie di fenomeni morbosi e generali a tutto il coipo della midolla spinale, e particolari al punto ore 1' infiam- mazione I'ha assalita. Questi morbosi i'enoraeni, coi quali una siffatta intiammazione si appalesa, saranno quindi idio- patici e simpatici, ossiano consensuali. Nella stessa guisa che la cefalea e capace di suscitare de' fenomeni morbosi idiopatici e simpatici, second© che questa o quella parte del cervello resta dallostato morboso affetta, cosi pure uguali fenomeni morbosi idiopatici e consensuali insorgono a nor- ma che in questo o in quel punto della midolla spinale si manifesta il foco deH'infiammazione. Egli e inoltre da con- siderarsi, che la midolla spinale vestita essendo dejle me- nino-i al pari del cervello, die il periostio tappezzando I'in- terno delle cavita vertebrali, die una serie di validi e ro- busti ligamenti essendo destinata a mantenere insieme vin- colati gli uni cogli altri i corpi vertebrali , e che infme piu strati muscolari trorandosi per gl' important! movimenti del tronco in vicinanza collocati della colonna vertebrale, a tutte queste parti puo estendersi e comunicarsi il proces- so infiammatorio , ed oltre quindi i fenomeni dell'infiamma- to tessuto midollare far insorgere altresi quelli deH'infiara- mazione parziale di queste singole parti. Premesse queste essenziali considerazioni, la morbosa fe- nomenologia, che alia mente del Pratico offre la presenza di questa infiammazione, chiara ne appalesera la sede, 1' in- dole, e 1' estensione, il punto cioe della sostanza della mi- BELLA RACHIALeiTE ec. 255 ' doUa Jpinale daH'infiammazione interessato, 1' indole flem- monosa o risipelacea della vigente infiammazione , e quali parti fra le adiacenti sono dall'uguaie stato morboso sorpre- se ed invase. Doiori violent! , ardenti, interni, iiisofFribili sotto il moviraento della parte ammalata, che non si ac- crescono dietro la compressione, e die costanti si manten- gono in qiiella tal data sede, danno gia un indizio d'uno stato inliammatorio parziale interno del tratto corrispon- dente della colonna vertebrale. La fugaciti di questi do- iori lungo il corso della spina, da quaiche remissione ac- compagnata,manifesta 1' indole risipelatosa dell' infiamma- zione, la quale e la piu comune. Qualora poi, oltre il do- lore interno, altresi dolenti, gonfie, rigide, immobili e sen- sibilissime al tattO;, si mostrassero le parti adiacenti , evvi gi^ nn evidente indizio della contemporanea infiammazio- ne delle stesse. Oltre questi idiopatici morbosi fenomeni,la piressia o la febbre vi e consocia, e si I'una che I'altra of- frono fin dal loro principio un grado notabile d' intensitii e di persistenza. Per la qual cosa i polsi in questa malattia sono forti o piccioli, duri o molli, a seconda della diatesi, che si sviluppa, ma costantemente frequenti ed irritati. Continuo-remittente si e il tipo della piressia o della feb- bre consocia, ed in proporzione della maggiore o ininore violenza della diatesi universale predominante, piu o meno lunghe ne sono le remissioni, che si hanno ad osservare. All'apparato de'fenomeni morbosi, che indicano la pre- senza di questa o di c]uella diatesi, s'aggiugne ancora una serie multiforme di altri fenomeni morbosi simpatici. Gli organi, i quali sotto 1' influenza si trovano di quelle dira- mazioni nervose, che connesse sono col tratto infiammato della midolla spinale, esternano essi pure de' morbosi ri- sultati analoghi alia deviazione del loro stato normale per effetto di diretto consenso provocata. Cosi qualora si rinno- vasse rosservazione da Ippocrate registrata, allorche disse : 2.56 B R E R A „ plnres et cruribus et manibus impotentes fiunt, et corpo- „ re torpescunt, et uriuae his supprimuntur, quibus gibljo- ,, sicas quidem neque extra neque intro exstiterit, in recti- „ rudineai spinae veheinenter concussi fuerint „ in alJora se non I'intiero corpo della niidolla spinale, al certo piu punti nel suo tratto esser devono clall' inliammazione sor- presi . In simil guisa la niorbosa fenomenologia parziale al- le vertebre del collo,acconipognata da torpore, da paralisi, o da convulsione degli arti superiori, indica la presenza della malattia nel corrispondente tratto della inidolla spi- nale, e si avra T angina vertebrale d'Ippocrate. L'ansieta somma del petto , e la precordiale oppressione accoinpagna- ta da dolore fisso nel dorse, segna rinfiammazione del cor- rispondente punto della midolla spinale, cio che e stato colla pleuritide dorsale confuso. E se nelle cosi dette lom- baggini insorgono coliche intestinal!, iscuria, o incontinenza d'orina, e di feccie, stnpore, paralisi, o convulsione delle estreniita inferiori, abbastanza chiara e la sede della malat- tia in quel tratto della midolla spinale, che resta dalle ver- tebre lorabari alber2:ato. L'accennaca morbosa fenomenologia e gia per se stessa sufficiente onde informarci, che una tale forma di malattia risultar deve da uno stato infiammatorio della midolla spi- nale. Tuttavia I'esame delle cause, che possono suscitarla^ e un mezzo opportunissimo per rischiarare questa parte im- portantissima di diagnostica nelle gravi c pericolose malat- tie. Questa infiammazioae o e il risultato dell'alterata pro- porzione dinamica nell'universalita dell'organismo, oppu- re di idiopatiche nocive potenze, che affetiano direttamen- te la midolla spinale. Nel primo caso saril I'effetto della gia sviluppata diatesi, ed anco d'una preventiva infiamma- zione del cervello o delle vicine parti , che si estenda alia midolla spinale, e che fugace, perche d'indole risipelatosa, abbia abbandonato 1' encefalo o le parti annesse per inve- BELLA RACHIALGITT: CC. ^67 stire la niidolla Spinale. Nel secondo caso una inltazione idiopatica col suo soprastimoln, richiainandcn i una pletora ]ilativa,pu6 suscitarvi una paiziale o topica in(iaininazJo- iie, die tacendo decideie una diatesi nelluniversalita dell' oiganisino a seconda della contemporanea azione delle po- teuze nocive sopra i sistenii deli'organisino istesso, la reu- dtt hencosto sussegiiica dalla diatesi universale. Si nell'uno, die neir altro caso egli e innegabile, che un certo sca- to di esaltamento si manifesta nel sistenia vascolare san- guigno, per efl'etto del tpiale puo iin anco il sangue subire un cerlo grado tli disassiinilazione ne' suoi materiali, per crale, che corrispondeva alia parte inferiore del dorso, ed ai lotubi. L'ispezione del cadavere di questa fem- mina niorta repentinamentepresento fra le cosedegne di os- servazione uno stravaso sieroso-sanguigno neH'interna capa- city della colonna vertebrale,e mostro all'evidenza quasi to- talmente coartato illume dell'arteria celiaca e della mesen- tcrica superiore in conseguenza della subica diuturna coni- pressione. Non piiJ ci recheru nieraviglia adunque, se die- (> 26o B R E R A tro I'arresto de'nienstrui e delle abitualievacuazioni emor- roidali, se negli ultimi tempi del la gravidanza, se nelle in- iiammazioni, ne' prolassi, nelle retroversion!, nelle scirrosi- ta deH'utero, se nelle coliche spasmodiche efFettuandosi un vero state di pletora relativa ne'vasi vertebrali, insorgano Tivissimi dolori lungo la spina, ed in ispecie in vicinanza de'lombi, torpori, convulsioni, tremorij dolori pertinacis- simi,e paralisi delle estremita inferior!, soprattutto la clau- dicazione e I'ischiade ancora, linainiente I'epiiessia ed il tetano,allorche la coinpressione sanguigna avesseluogo snll' intiero tratto della inidolla spinale . Quindi e che oppor- tunaniente scrisse Ippocrate (19), chela diminuzione e la soppressione de' flussi emorroidali sono talvolta susseguite dalla verti^ine tenebricosa , e dalla paralisi ancora. Quindi non fuoridi proposito racutissiinoFed. Hoffmann (20) enu- mero fra le cause della paralisi deir estremita lo sforzo pro- trattonell'atto del parto. Quindi finalmente il Barone Van- Swieten (2i)tutta la ragione ebbe di prevenirci, che la pa- ralisi degli arti inferiori e pure uno degli efFetti de'perti- naci e lunghi conati al vomito. Dietro il giii istituito esame de'fenomeni morbosi, che esterna Finfiammazione della raidolla spinale, el'enumera- zione, sebbenebrevissima, delle potrnze nocive, che capaci sono di promuoveria e di decideria, chiaro apparisce, che la forma di questa malattia puo risultare ora in conseguen- za deU'accresciuta forza projettile del sangue spinto col mas^ simo impulso nell'interno della colonna vertebrale per ef- fetto della violenza dell' iperstenica diatesi predominante soprattutto nel sistema vascolare sanguigno, ora da una ple- tora sanguigna promossa e mantenuta dalla pienezza e di- stensione de'vasi della midolla spinale, sia in grazia d'una esteriore violenza, come d'uno stimolo morboso metastatico, ora in fine per opra del morboso consenso fra una parte dell'organismo akerata, che si trovi in immediata relazio- DELL A RACHIALGITE CC. 261 ne colla mitlnlla spiiiale. Soiio qucste altrettante clrcostan- ze sufricioucissLme per destare nella niidolla spiiiale una for- ma infiaminatoria tanto generale quanto parziale. Manchiamo nelle Scuole d'uua esatta tlenominazione , la quale esprima la vera sede e T indole di questa forma niorbosa ; poiclie quantunque nel tratto compreso dalle ver- tcbre cervicali ai conHni del dorso, ed ai lonibi, soglia piu comunemente infiammarsi la midoUa spiiiale, tuttavia le denoniinazioni di an2;ina vertebrale, di pleiiritide dorsale, e di ioinl)a£;gine, senza offiirci lidea adequafa delle parzia- li iiifiaiuinazioni della niidolla spiiiale, sono ancora suscetti- bili d' incerte interpretazioni . II nome di rachitide, che convcnientemeiite ejprinierebbe 1' infianimazione della co- lonna vertebrale, e stato gi;\ dai Nosologi usurpato per de- signare una inalattia,la quale per nulla partecipa dell'affe- zione infianimatoria. Inaproprj pariniente sarebbero i nomi di spina bifida, di tabe dorsale, e di cifusi, conseguenze per verita frequentissime dell' infianimazione della niidolla . epinale, ma denoniinazioni atte ad esprimere piurtosto que- gte nialattio secondarie, anzi die la primaria alfezione, da cui sosrliono derivare. In vista di silfatte inconvenienze di nomenclatura, i Sig. Ludwig e Frank inclinarono a distin- guerla col nome di rachialgia, cioe di dolore della colonna vertebrale, la quale denoiiiinazione venne gia da Astruc e da Sauvages impiegata per esprimere la colica saturni- na (22). Con tutto cio non conviene dissiniulare, che i do- lori della colonna vertebrale non sono scmpre dall'infiam- mazione suscitati . E se nelle Scuole si e ragionevolmente . iatta una distinzione di nome fra il reumatismo e la reiinia- 'I talgia, ragion pur vuole,che nel caso di dolori spinali non abbiano a niancare ai Pratici vocaboli opportuni per espri- mere qnelli, che sono dall' infianimazione suscitati onde di- stingiierli dai dolori da tutt'altra causa dipendenti, e pe' quali correre [wtrebbe il nome di rachialgia. Col vocabolo 34 2.62. B R E R A di rachialgite si potrebbe in qualche moclo opportunamen- tp denominare la nostra malactia , tuttoche desso esprimen- do rinfiammazione complessiva della coionna vertebrale non riesca ad individual equella della seniplice niidolla spi- nale. Cio non pertanto essendo una tale denominazione quella, che meglio d'ogn'altra porgere ci puo 1' idea della vera natura di questa forma morbosa, parmi clie in nian- canza d' una piu adequata possa essere intanto adottata . Col nome quindi di rachialgite ccrvlcale, dorsale, e lom- bare,s\ potra ancora meglio coniprendere quanto si volcva intendere sotto le improprie denominazioni di angina ver- tebrale, di pleuritide dorsale, e di lonibaggine. Molti dolori della coionna vertebrale accompagnati da uno state piu o meno grave di torpore degli arti, e daqual- ch'altro fenomeno niorboso, clie per effetto di consenso si osserva nella rachialgite, insorger possonoindipendentemen- te dairinfiammazione della niidolla spinale. All'oggetto quindi di dilucidarne, anzi di positivamente determinarne la storia diagnosrica, fa d'uopo istituire un retto parallello fra la fenomenologia e I'etiologia della rachialgite, e quelle delle malattie d'aspetto analogo. Non pochi sintomi comuni sono all'esofagite ed alia ra- chialgite cervicale: tali sono a cagion d'esempio I'inimobi- Jita del collo, ed il dolore sommo alia cervice. Tuttavia in caso di esofagite totalmente resta impedita la funzione della deglutizione, la parte anteriore del collo si fa gonfia, tesa, e dolente al tatto , e I'ispezione delle fauci gia ci assicura, che neir estensione della faringe tiene la sua sede I'infiam- mazione. Per certo Tuna e I'altra malattia possono insieme combinarsi, e rinfiammazione dall'una puo all'altra parte progredire. Piu equivoca si e I'analogia de'fenomeni raorbosi, che passa fra la rachialgite dorsale, e rinfiammazione della parte posteriore del mediastino, cui molto bene conviene il IF F DELL A RACIIIALGITE ec. 263 nonie cli pleuritide dorsalfi. Ma in questa malattia il dolo- re non e tanto pungente ed ardente come nella rachialgite, e rassomigliapiuttosco a qiiello, che suscitato viene da una esulcciazionc. Prova,e ben vero, raramalato raolta ansie- ta , e nulla si e 1' espettorazione : invece si trova piu male allorche eriae il tronco, edabbassandolo all'innanzi si sen- te di molto sollevato. Un tal fenonieno essenzialinente ca- ratterizzala dilTerenza, che passa fra le due malattie. Per tal titolo altresi la rachialgite dorsale viene distinta daiia rottura dell'csofago nella cavita del petto (^3), e daila rottura del cuoreancora (24). Del rimanente nella pleu- ritide dorsale il dolore si estende costantemente lungo la spina, eil una tosse molescissima tormenta I'infermo. Nel terzo o nel quarto giorno di malattia le orine si fanno sa- niose e sanguinolente: la morte succede, allorche I'esiioe infelice, nel c[uinto o nel settimo giorno al piu, e Tauropsia cadaverica mostra un'infiammazione nella parte posteriore del mediastino. La pleuritide dorsale e infine una malattia rarissima : il Dott. P\.enauldin asserisce, che appena se ne riscontra una fra dugento pleuritidi (2 5). Una malattia da dolore acutissimo nel petto contrassegna- ta, e particolarmente corrispondente alle scapolc, accompa- gnata da convulsioni e da torpore neU'estremita. superior!, si e la cosi detta angina pectoris (36). Ma in quest'afFe- zione oltre che la malattia e puramente topica , dessa si manifesta per accessi , il dolore insorge sotto lo sterno, si estende al lato sinistro, e discendendo per la spalla si fa sentire fmo all'avanbraccio ed alia mano,le cui dita restano ordinariamente incomodate da un insopportabile formicola- mento . La colica pictonum dalla paralisi deU'estremit^ segnata ofFrirebbe qualche relazione di fenomeni colla rachialgite lombare, quando la natura della causa, e lo stato del basso 264 B 11 E R A ventre, nou portasseio una marcata distinzione fra I'una e I'altra forma morbosa. Piu afiini ai fenomeni morbosi della rachialgite lombare sonoquelli della nefra!gia,e della nefritide. Talvolta rilliisio- ne e tale, che a primo aspetto fernianiente si crede di poter riscontrare ne'feaonieni offerti dagl' infermi isintomi di cjue- ste forme morbose. Ad ogni modo Tesanie delle cause pre- gresse, le orine scarse e sanguigne, rassolutaniente impedi- to decubito sul lato affetto, ed il dolore, che si inasprisce socto la pressione, sono altrettanti indizj proprj della ne- fritide, e mancanti nella rachiala;ite loinbare. La nefralgia e poi distinta dalla remissione sensibilissima del dolore, e dagli altri sintomi alia nefritide comuni, oltre che dessa ri- conoscendo per lo piu la sua origine dalla presenza de' cal- coli, lo stato delle orine serve non poco a dilucidarne la dia- gnosi. II decorso e I'istantaneiti del pericolo non sono ne cosi pronti, ne cotanto urgenti, come neU'encefalitide. Tuttavia assai conseguenti sono le malattie secondarie successive, o postume della rachialgite , le quali vanno ad essere per lo pill dalla morte susseguite . Egli e percio importantissimo di tosto applicarsi alia cura di questa malattia durante la prima comparsa della sua forma, onde prevenirne la con- dizione lenta e cronica, che facilmente acquista, dalla qua- le hanno origine delle irreparabili conseguenze. Pur trop- po frequentissime sono alcune lente convalescenze, che re- pentinamente finiscono colla morte. Altre volte uno stato d'inerzia impadronendosi gradatamente del sistema rnusco- lare, I'estremifa perdono a poco a poco le facolta, motrice e senziente, e la face della vita iiisensibilmente deperisce neU'intiero organismo. In altri casi lui'ipostenia insupera- bile, accompagnara da moti convulsivi neH'estremita, tra- scina alia tomba senza verun' altra causa manifesta . In tut- ti questi casi la degenerazione della midolla spinale per ef- PI il BELLA RACHIALGITE ec. a65 fetto d'una lenta infiammazione in essa precetliita, sebbene poco avvertita, reuJe ragione di consegiienze cotanto fune- ste. Non di rado !e gravi piressie, e le febbri violentissime, sorio accompagnate da gravissimi dolori della coionna ver- tebrale. D'ordinario i Pratici poco accorti gli rigiiardaiio per semplici accidentali siiitomi della piressia o della febbre, senza rillettere che da una contemporanea flogosi della mi- doUa spinale possono essere prodotti. In simil guisa inceiti e trascurati nella diagnosi si oniette il corrispondente trat- tarnento, e la nialattia fa intanto progressi insuperabili. Non v'ba dubbio, che gli efFetti della respirazione esser debbano identici tanto sul cerveilo, quanto sulla niidolla spinale. Le vene vertebrali copiosissime non meno delle ce- rebrali si gonfiano ad ogni inspirazione, e si vuotano sotto Tespirazione. Nelle morbose distension! polmonari esser de- ve quivi sensibile la pletora quanto la e nel cervello. Quin- di e , che possono pure in qualche tratto della midolla spi- nale per efFetto di compressione manifestarsi altresl de'veri insulti apoplettici seguiti dalla paralisi della meta del corpo. I diuturni dolori della cervice neVecchj sono gl' indizj pro- dromi dell'apoplessia. Forse alcuni insulti asniatici sono da una tale sorgente da ripetersi. II vero si e, che nella cavi- ta vertebrale, come neH'interno della calvaria, hanno luogo delle reali compressioni: somma sara quindi nell'esercizio pratico della medicina la necessita di saper distinguere I'a- poplessia di testa dall'apoplessia della midolla spinale. Du- harael infatti ha osservato un caso di apoplessia, che ven- ne prodotta da uno stravaso di sangue neH'interno della co- ionna vertebrale. Oltre queeti niorliosi effetti della compressione nella ra- chialgite, qnesta infiammazione puo terminare ancora con una efFnsione acquosa. L' idrocefalo interno e, al dire di Withering, una delle conseguenze comunissime dell'encefa- litide; e «;iusta le mie osservazioni 1' idrorachitide saiiiosa 266 E R E R A pare essere una freqnentissirna conseguenza della rachialgl- te. Inoltie le ossa luacerare e distrutte, da questa seconda- ria malattia, possono dar luogo alia vera spina bifida, alia cifosi , ed a' tumori esteriori, ne'quali si fonde la sostanza della stessa niidolla spinale. L' esulcerazioni della midolla splnale, quali osservo Chambon de Montau; gl' indura- menti scirrosi della medesima descritti da Frank e da Hai- der; le sue ernie accennate da Lecat; le sue fungosita os- servate da Phillips; le dissoluzioni di quest' organo os- servate da Wepf'tr e da Morgagni, sono altrettaiui infeli- cissinii risultati della rachialgite trascurata o mal curata. E se noi richiameremo quanto si e gici nel bel principio di que- st! Cenni soggiunto intorno aU'eniinente influenza della mi- dolla spinale neU'econoniia organico-vitale, non occorre intrattenersi con ufteriori argomenti per comprovare qua- li fuuL'Stissime conseeut-nze nella totalita deH'orgaiiismo ab- biano a scoppiare dietro ladegenerazione di siffatta [)arte (27). Mi restrigneio solo ad esporre per conclusione in succinto tre relative osservazioni, onde il presente Saggio riferibile ad una malattia cotantoimportante resti avvalorato coi trat- teggi della sua pratica considerazione. Osservazione prima. Nel trasporto de'militari Francesi inferrai alio Spedale Civico di Crema dopo la faniosa bat- taglia di Marengo, un giovane soldato d'infanteria leggie- ra venue co\k ricevuto, il quale si diceva convalescente d' una febbre peteccliiale da esso contiatta nelle vicinanze di Geneva. Agli ultimi di Luglio ( 1800) non era piu febbri- citante e vero, ma debolissimo, emaciatissimo, tristo e taci- turnoj privo d'appetito, incapace di reggersi in piedi, e ben sovente inabilitato ad evacuare le orine senza il sussi- dio della siringa: annunziava e d'essere stato gravemente ammalato, e d'essere tutt'ora in una poco felice situazione. Altro non sapeva accusare che d'esser stato sorpreso duran- te la superata malattia da fierissimi dolori lungo la colonria DELL A RACHIALGITE ec. 267 vertebrale dorsale, nella quale parevagli di sentire del fuo- co. Soggiunse inoltre, che tail dolorisvanirono a misura rhe la febbre diniinuiva, e che a f'ebbre cessata gli era riinasta un'assoluta impotenza nel piegare questa parte del suo tron- co, unifamente ad un'inerzia ed incapacita di reggersi ncll' estremita inferior!. Talvolta era ancora iuconiodato dalle involontarie escrezioni delPalvo; e nella sua convalescenza iiivece di acquistare perdeva giornalraente le forze, e dinia- gravaconsomma celerita. Le funeste conseguenzed'una pre- ceduta rachialgite non erano piu nn mistero, e tuttoche di- leguata si scorgesse ogni speranza di guarigioue, s'impiega- rono i nutrienri, ed i corroborant], colla massima assiduita, e la china china, gli eteri, la canfora, la serpentaria vir- giniana, I'arnica inontana, il ihus radicans, I'elettricita, non vennero rispariiiiati: coll'etere solforico canforato giornal— mente si praticavano delle ripetute fregagioni lungo la co- lonna vertebrale; ed i rubefacient] sull'osso sacro, non che i bagni termali artefatti, furono successivainente Impiegati. Ma iiiutili riuscivauo i prat]cati soccorsi, polche I'inerzia deir estremita ]nfer]ori a poco a poco si cangio in una vera paralisi, la quale gradatamente investendo diverse altre par- ti del suo organismo, sul finire di Ottobre s'iinpadroni anco- ra delle estrennta super]or], e si estese fino alia laringe. To- talmente immobile, insensibile, afono, rimase per due altre settimane in si deplorabile situazione, sebbene gli si mante- nessero illese le facolta intellettuali ; ed il giorno 14. di Novembre cesso di vivere quasi alFimprovviso. Median- te la sezione del cadavere non s] scopri la benche min]ma alterazione morbosa sia nel cervello, che nei visceri del to- race e del basso ventre. Ma la midolla spinale si rinvenne totalmente inondata d'una copiosa raccolta d] siero sanioso, spappolata, suppurata, e dlsorganizzata dalla reg]one dor- sale fino alia sua ]nferiore estremita. II suo tratto superiore quantunque conservasse la normale figura, era cio non per- 268 B R E R A tanto divenuto sommamente molle, e vicino a disciogllersi. Disnutte eraiio pure le membrane, che I'avvolgono, ed il pcriostio dell' interna capacita della colonna vertebrale in tutto quel tratto, ove era stata disorganizzata la midolla spinale. La sostanza delle vertebre, ed i loro ligament! si trovarono sani. Osservazione seconda. Nell' Aprile dell' anno 1804. entro nel Civico Ospedale di Crema un uomo di quarant' anni circa, d'abito di corpo cachertico ed assai indebolito, il qua- le dlcevasi sommamente animalato : esso per altro non ac- cusava verun dolorcj non aveva febbre^ godeva d'un ec- cellente appetito, e non ofFriva verun fenomeno morboso, ad eccezione d' uno stato d'infievolimento prodotto dalla miseria, e da alcuni patemi dell'animo, die lo avevano ab- Lattuto. Trattato cogii opportuni sussidj andava egregia- mente rimettendosi ; ma temendo di dover abbandonare 1' Ospedale appena ristabilito, e di ritornare in mezzo al ram- marico ed all'indigenza, prese il partito di fingersi impoten- te ad alzarsij e di starsene invece continuamente a letto. Colle persuasioni,ed anco colle minaccie, si giunse per qual- che tempo ad ottenere, che si alzasse e passeggiasse per qualche ora del giorno ; ma non essendo cio confornie alle sue mire arrivo a sorprendere talmente la pieta, o meglio I'ignoranza, di chi a quell'epoca presiedeva all'amministra- zione del Pio luogo, che venne ordinate di lasciarlo tran- quillamente ed a di lui piacere a letto. Esso percio passo piu mesi mangiando bene orizzontalmente disteso sul caro suo idolo, ma non ando guari, ch' ebbe a pentirsi del giu- livo suo divisamento. Durante Testate divento pingue e rubicondo,e in ugual stato si mantenne nel corso dell'au- tunno. Solo coir avvicinarsi dell'inverno perdette I'appe-, tito ed acquisto il primiero abito cachettico. Nel Febbrajo dell'anno i8o5. divenne totalmente paralitico, ne piu ca-, pace era di muovere le mani e le gambe. La paralisi fege Ha BELLA RACIIIALGITE CC. 269 Celcri e notabili progressi ad onta de' rimcdj , che non ss nianco di tosto porre in opia, e verso la ineta di Marzo eiiiaciato e leucoflemmatico fu dalla morte inun istante sor- preso. Nulla degno di osservazione offri il di lui cadaveie ne al cervello, ne ai visceri del torace, e del basso ventre. Invece nell' interna cavita della colonna vertebrale si os- servo un notabilissimo stravaso sieroso-sanioso-sanguigno ; ed evidentissimi indizj di stasi sanguigna e di snppurazione si ebbero a notare in piu panti deiia inidolla spinale, la cui sostanza era divcnuta estremamente niolle, e diinostra- va una tendenza veramente somrua alia dissoluzione. Osservazione terza (28). Natalina Gherardi d'anni 20. di temperamento astenico-eccitabile , contrasse gia da quattr'anni un'infezione sifilitica, consistente in alcune ul- ceri alle pudenda, in una blenorrea, ed in dolori osteoco- pij dai quali incomodi si credette in breve tempo libera- ta dopo di aver fatto uso di varj decotti antisifilitici, e di alcuni boli della stessa natura. Godette infatci in seguito d' uno stato discretamente florido di salute fino a che varj ed intensi patemi deU'aniino depriinenti uniti ad un regi- me dietetico d( II' indole medesima sopravvennero a perver- tirla. Cio accadde appunto nell'Ottobre dell'anno 1808., epoca in cui una febbre vespertina intermittente incomin- cio ad assaiirla quotidianamente. Ben lungi dal sotlomet- tersi ad un regime curative, ed anzi continuando ad essere esposta air ulteriore azione delle accennate nocive pntenze, alia febbre si associo una violenta diarrea, acccmpagnata da tormini,e dasommi dolori lombari, da tenesmo, da ab- battimento di forze.e da rimarclievole emaciazione. Ad on- ta di tali malori dovette questa infelice suo malgrado por- tarsi ad abitare una stanza oscura, umidissima, ed esposta alle intemperie tutte deH'atmosfera ; per lo che nel giorno 12. Gennajo 1809. una vera scelotirbe si aggiunse alia gia sussistente iliade de' suoi incomodi. Era una tale scelotirbe 35 \ 270 ■ B R E R A caiatterizzata da movimeiiti coiivulslvi, die a2;itavano sli arti, r occhio e la guancia deJ sinistro lato del corpo dell' infernia. Se qtiesta camminare voleva, la gamba affetta ve- niva di rado elevata in quel aiodoj che si convieue per fare il passo, nia invece quasi si trascinava dietro, e quando questa tentavasi nmovere in altra loggia, allora ella tro- vavasiinunediataniente agitata da pertuibazioni convulsive irregolari. Parimente ilbraccio dello stessolato eracontem- poraneamente affetto,e percio allorquando in esso volevasi daH'ammalata esegnire un qualche volontario movimento, non potevasiquesto compiere a do vera, perche in diversi modi precipitatood iriterrottodaalcunialtrimovimenticonvulsivi, che si operavano in da-ezione contraria alia determinazio- ne della volonta. Finalmente anche il bulbo deH'occhio e la guancia delio stesso lato sinistro seguivano le vicende de' depi-avati movimenti degli arti. In tale stato entro I'infer- ma il giorno 19. Gennajo nelJ'Istituto Clinico della R. Uni- vcrsita di Padova, ove presento alia nostra osservazione i seguenti fenomeni: febbre sufRcientemente rimessa con pol- si frequenti, piccioli ed irritati, abbondanti scariclu di ven- tre con termini e tenesmo, scelotirbe indicata dai gia accen- nati movimenti irregolari del sinistro lato del corpo, loque- la alquanto difficile, memoria diminuita, emaciazione som- nia, prostrazione di forze, anoressia, amarezza di bocca, lingua coperta di muco biancastro. Trattandosi adunque d' una scelotirbe (29) associata ad una febbre intermittente, ed a gravissima ipostenia delle prime vie, si passo a pre- scriverle una dieta nutriente e di facile digestione, non che I'uso d'una mistura composta d'un infusione di radice di Valeriana silvestre nel decotto saturato di china china, d'acqua spiritosa di menta pipcrite, e del laudano liquido del Sydenham, Dietro I'uso di cjuesti rimedj nel giorno 22. Gennajo cessarono la scelotirbe, la diarrea e I'anoressiaj e notabilmente si diminui pure la febbre: tuttavia avuto ri- BELLA RACHIALGITE cc, 271 flesso alia considerevole ipostenia, die predoniinava nell'or- ganismo dell'inferma, e sospettandosi della presetiza d'un vi- 710 assai conseguente nella niidoUa spinale, e nelie diraina- zioui nervose, che vi sono connesse, si presagi infausto I'esi- to di questa malattia. Infatti non passarono clie alcuni gior- ni dopo I'apparente raiglioramento che nuovamente si csa- cerbd la febbre vespertina , che I'anoressia ricomparve con maggiore intensita, e che notabilmente s'aumentarono il torporr, I'inerzia, e la difficolta iie'movimenti muscolari de- gli arti inferior!, unitamente ad una frequenza considerevo- le ed a debolezza de'polsi; cosi che uel giorno 10. del sus- seguente Febbrajo la comparsa di orine nerastre molto,se- dimentose e sommamente fetide, la maagiore intensita del- la febbre, e deiranoressia , e la paralisl doll' estreniita in- ferior) ce ne indicarono vicina la perdita. I poisi si fecero essi pure piu languid! ed irregolari , la fisiononiia si mostro al)battuta e cangiata , la faccia divenne edematosa. e ben- tosto riuferma mando un odore cadaverico. Nel giorno i 3. s'aggiunsero il sopore , lo stertore , la perdita de'sensi e del- la favella, e la soppressione dalle orine e dell' evacuazioni alvine; e nel susstguente giorno 14. sorpresa da terribili convulsion! universal! spiro I'ultimo fiato. L'apertura del suo cadavere mostro uno stravaso di linfa ne'ventricoli latera- 1! del cervello, e nella cavita del torace. La sostanza del cervello sembrava essere piu del consueto molle, ed eviden- temente si vedeva macerata. Nel basso ventre il tubo inte- stinale c la vescica orinaria offrivano sulla loro superficie una serie di macchie rosso-brune. Gl! altri visceri erano sa- ni. Uno stravaso sieroso, e in molti punt! marcioso, si rile- v6 nella capacita interna della colonna vertebrale: la mi- dolla spinale contenuta era diventata estremamente sottile, molle e flaccida, nell'intiero suo tratto quae la epatizzata e sup[)Lirata. Le membrane, che la vestivano, erano sottilis- sime e in molti luoghi asperse di umor! puriformi. 273 ANNOTAZIONI. (i) Erant autem anginosorum affectiones hae: colli verlicula intro- vergebant , ijuibustlam avtylius , quibusdani prope . £t colluin Jbiinsecus conspicuam caxntutem intro hahehat: el hac parte ail coiUactuin dolebat. (hios aultin ego novi , omnes mortui sunt. Hippocrates de Moibii populaiibiis etc. Sect. II. (2) Si ved. le rnie Annotazioni niedico-piatlche suUe diverse malatjie trattate nella Clinica Medica della K. Universita di Pavia m^cli an- ni 1796-97-98; per servire di continuazione alia Storia clinica di Pavia dell'anno 179S, del Sig. Profess. G. Frank. , ed i Comnienti agli Eleiiieuti di Medicina del Sig. Consigl. W eikard , Vol. II. pat;. 38. §. CXL. (3) Balk>nii Opera medica Vol. IV. pag. af^g. Pleuritis dorsalis . Al- lenii Synopsis universae medicinae practicae , P. I, pag. i65. (4) Frank Epitome de ciirandis hominuni morbis , Lib. II. §. 141. Vo- gel's Haiidbuch der practischeii AizneywibSenschart , iV. Baiid. pag. 32. (5) Soemmering iieber Verrenkiing and bruch des Ruckgrads , Berlin 1793. 8. Van-Gescher Bemerkungen ueber die enstellung des Jiiickgrads , (joettingen 1794- 8. Palletta Osservazioni anatomico-patologiche suUp curvature della co- lonna vertebrate accompagnate da paralisi , Milano 1792. 4. (G) Dissertatio Inauguralis de uiedullae spinalis inflammatione, Marbur- gi 1799. 8. (7) Oratio Acaderaica de vertebraTis colaninae in morbis dignitate . Si trova questa Memoria npl Vol. XI. del suo Delectus opusculorum, raccolta interessantissima , e da me percio continuata sotto il titolo di Sylloge OpuscuJnrum sehectonuii ad praxim praecipue medi- cain spectantium : Kn' ora ne sono pubblicati nove volunil . (8) Ved. le rnie Memorie per servire di supplimento e di continuazione alle Lezioni medico-pratiche sopra i principali vermi ilel corpo nma- no, e le cosi dette raalattie vermioose ec. Memoria 1. Sistema ner- vosa pag. 3o. {9) Annales uu Museum d'histoire naturelle , Fasc. 65. n. i. (10) Quaecutnque spinalis medullae vertebra pro parco eodemque cranio est consideranda , quod ad instar majoris et in perpendi- culum sequentibus vertebris super itnpositae calvariae determi- )|»-| AKNOTAZIONI. 278 nnfis corporis regioiiibus prospiciens , cereheUum amplectatur suurn , et in quo cerebello spinal i iidetn proisuo , Fig. V. (i3) Per unaniuie consenso de' Fisiologi si 6 opinato , che il ciiore fosse nell' embrione il primo viscere a svolgersi . Qiiesta Concorde opi- nione di Scrittori illustri pare clie sofliir po^sa qiialche eccezione dietro I'esame anatomico-patalogico di alciini singolari raostri noia- ni , i quali si sono svolti senza niiore e senza 1' ordinario appara- to vascolare , ed hanno invece diiuostrato , che laddove esiste ana jioiziune di slstema neryoso, Cula si riscoutiano pure i visceri sotto il suo im[iero soggetti , e che aiancano que' visceri , pe' quali man- ca la necessaria porzione de' nervi . Rimane in siftatti casi altresi incon-pieta la normaleorganizzazione del sistema sanguigno , ed i pochi vasi , che vi si svolgi.)no, acquistano una coiilormazione adat- tata alle circostanze. Un eseaipio incontrastabile di quejito mio as- sunto, per verita nuovo e niente avvertito , mi'ntre i mostri umani hanno Kii' ora piuttosto servito ad ornare i Musei delle raritA natu- rali , anzi che ad accrescere e rettificare le no^tre fisiologico-patolo- giche cognizioni J io 1' ho fatto conservare nel Gabinetto Patologico della K. Universitci di Bologna , che ebbi il bene di dirigere p. di au- mentare pel corso di due anni intieri , e che ora 6 profiouamente presieduto dal dottissiino mio allievo e successore in quella K. Uni- veisita Sig. Piofess. Muggetti. Si ^ qnesti un mostro di sesso masco- lino organizzato dalla sommiti del basso ventre fiiio agli ultiml membr; dell' estremiti inferiori , ed e percio privo di testa e di to- race, e per conseguenza de' visceri , che albergano in qneste cavitA. Desso 6 per altro tornito di midoUa spinale dalla meta del dorso li- no all estremita dell' osso sacro , e percio degli ultimi nervi dorsali, dei lombari e dei sacri . Ugualmente nella sua oreanizzazione of'fre anto que visceri e que membri , che ricevono esclusivamente rami dagli accennati nervi. Quindi h , che i muscoH abdominali , obliqui e uasversi , i quadrati dei lombi , i psoas , e gU iliaci inter- 274 E R E R A ri vi si r.ivvlsano perfettamente organizzati come qiielli , cli" rirp- voDO iiervi dal sesto firio al duodooiino ilei nervi doisali . Parimente tnollo bene organizzati vi si riscontrano , percli6 ugualnieiite di nervi iiiuniu, i umsculi creniastere ed i testicoli , i imucoli e la cu- t(" del lombi , non die 1' estreniita inleiiori da cinque paja de' ner- vi lombari ravvivafp; le pndnnda, 1' am), la vescica orinaria ai nervi Siicri soggette ; e in grazia del concorso diqnesti alia foimazione del plesso ipogastrico un principio d' organizzazione si osserva pure chiaiu e pateiue ne' leni e ne! tabo intestinale crasso. Stante i[ue5l;'. paiticolare conformazione il sistema vascolare oft'riva delle maravi- gliose deviazioni nella sua labbrira e nel suo online , le quali eiano per altro ojiportune ed adatsate alle circostanze di una tale organiz- zaziace. Da una tale o»servazlone istruiti non si potra a menodido- vere stabilire, che il sistema nervoso sia il primo ad organizzaiii neir embrione, e ch' esse slesso qnindi presieda all' organ izzazionu degli altri sistenii de' singoli visceri , non ecceltuato il cuore istes- sj , mentre senza del cuore si organizza nella niassirna sua parte la macoliina , e senza de' nervi non si efiettua 1' oiganizzdzione. Noii e gik che i nervi concorrano coila K)ro materia a iiiitrire rorganismc, fome venne opinato da alcnni h'isiologi contro il sentimento dell' Inglese Monro, e deil' (Jlandese Voss ; ma bensi ei^li e culla lorn proprieta eccitabile che fornendo est a all eccitamenlo destaiio nelle singole parti il necessa; io tnrgore vitale , senza del quale non vi pi't) essere ne nutrizione, n^ ripara^ione , ne inoremento, re svolgimen- to di parti , ne energia di vasi . Lesi intatti o distrutti i nervi di una tul data parte, questa perde e movirnento e vita , e cade in iiiia irre[ niabile pulre'dzione . (r4) Cum e.-ic Auatome didicnis . ntrvos , qui per faciei porter sparst sunt, a cerebio dirnitli, si eaiuin oliqua pars simul cuvi Into corpore soLuta est , hand quaquain vos latere debet , resotmionis dispositionem in ipso cerebro coiisisccre : ubi vero illesae perinan- serint, spinalis medullae initiuia ajfici sciendum est. Galenas de locis afl'ectis , (^ap. X. Atlendito dillgenter quae sit pars affecta. et unde initium tiahat , aut a qua I'citebra id , aut a quo neivo incipiat , atque illi cu- ralionem adhibeto ; non autem ut vulgus symplomalihus lan- lunt obstito . Itaque resoluias partes sic internoscere convenit , animum scientiae anatoinicae advertendo. Quod si e.r. stiperiori- bus pariibus quaedam ajjeciae fuetint , nempe oculus, aut na- sus , aut lingua, aut quaedam in facie, constet ipsurn terebruin rnorbo esse impliciturn , eiquc primario succufendutn esse . Si I'g- ro nulla ex praedictis pailihus sosu aut motu , aut utroque lae- safuerit , iiecessejore , ut spinalis medulla aegrotet , aut aliquts J' ANNOTAZIONI. 27^ iicn'nruin ex ipsa procedentium affeclus sic. Alexand. Tralliani (Ic \rre Medina Lib. I. Cap. XV'I. (i5) Jjowei- TidCiatMs tie coule etc. {lb) JJellii trasniigiaziorie delle diatesi . \etl. le niie Annotazioni nif-dico-prauohe cit. Vol. II. pag. aoi.§. CXCIII. (ty) Aflversaria nisdico-piactica , vol. II. 1-". II. (18) Vizj di propoizione iisico-chimica si osservano tanto nelle parti so- lide die lluide io eccitabile per lo meno quali potfnze ruorhose , e suscitano una preternatuiale reazione nelle di- veiie liinzioni organiclie, e soprattutto nel piocessu vegetante . Iq siiiul guisK enoimizzato , diuiinuitu , o deviate questo processo , si i^ei.ei.ino nell' or^anisiiio delle enorniita, delle deficienze e delle al- terazioni nelle normali riproduzioni . Silfatte tendenze alia viziata assimilazione iisico-chimica nell organisms si possono determinare in non poclie allezioni . Gli antiohi le conoscevano sotto ii nome di aciimonie , e i.oi , onde designarii con qualche esattezza, le possia- mo denominare discrasie. Dietro queste liflessioni ben presto si ri- leva , che siffatte discrasie, indipendentemente dallo stato dell' ecci- tamento vogiiono e devono essere alle volte il principale soggetto delle curative indicazioni . Bene spesso non e in verun modo possi- bile di niigliorare lo stato dinamico , ossia 1' eccitamento d' una data parte aft'etta , se prima non ci riesce di rendere migliore la propor- zione Hsico-chimica della stessa pa,rte , imperocche I' esperienza ci diiiiostra, che consimili vizj , i quali costituiscono una specifica for- ma morbosa, diventano essi stessi in fine la causa della sussistente aberrazione eccitamentale . In molte discrasie non i quindi possi- bile di ricondurre al ritmo normale il morboso eccitamento , senza impiegare prima que' sussidj,che capaci sonodi ricondurre al ritmo normale la proporzione iisico-chimica degli organi aifetti . Un e- sempio lo abbiamo patentissimo nelle affezioni sifditiche , scorbuti- che , artritiche , scrotblose , clorotiche , psoriche etc. T^ed. le mie Annotazionimedico-pratichecit.Vol.il. fag.zi8.nota z., pag. 220. nota I. (19) Praenotiones etc. n. 364. (30) Medicina rationalis systematica etc. P. IV. §. 41. (31) Commentaria in omnes aphorismos Her. Boeihaave etc. Tom. III. Iiag. 266. (;!2) Quaestio medica an morbo colicae pictonum rectius rachialgia di- cto, venaesectio , auctore Astruc ; Parisiis lySo. 8. (23) Caso teiribile osservato da Boerhaave nell' Ammiraglio Olandese Baronedi Vassenaer. /^eti. Zimmermann dell' Esperienza nella Me- dicina , Tom. I. ^)a°. 263. 276 B Pv E R A (24) Caso non mero terribile da me osservato in Ciema , e descritto Bp\\c Memorie di Matematica e di tisica della Societi Italiana delle Scienze, Tomo XIV. F. 11. pag. 228. (aS) IS'el decorso Jell' ora terminaio anno scolastico sono stati riceviui nell' Istituto Cliuico della K. Universita diPado\a tienta inlern.i aft'etti da pleiiio-pfripneumon'a . Fra qii?sti uno si vide attnccato da una vera pleuritide dorsale , dalla quale 6 stato felicemente li- bera to . (26) Non poche osservazioni mi hanno dimostrato ^ che questa malatlla consiste in una tendenza alia paralisi del cuore . Di-s^e forniano il soggetto d' un particolar Saggio , rhe verrk pubblicato nel Tomo XV. delle accennate Memorie della Societti Italiana delle Scienze. (37) InterdiLin, -veto ejcilccatur medulla spinalis, niaxinie cum fdiiulae ad medullam terideiiles fuerinc ohluiatae , itenique ex cerebio accessus . Propter corporis autetn ajflicrionem hacc pntitur et aegrotat. Resiccalur etiam a venere, dolor acutus accidit ipsi ill caput , et in. collum, et in lumbos , et in lumboruin musculos , et ill arliculos cruruiii , ut aliquando flectere nun possit. f.tstej- cus non sccedit , sed sistitur. Et uriiiae dijficultate vexantur , Et mors accidit. Hippociates de internis affectionibus eto. (28) Medico Assistente il Sig. Dott. Donato Benvenisli Padovano . (29) La scelotirbe e una malattia convulsiva totalmenle diversa dalla chorea S. J^ili , poich^ in questa i movimenti muscolari peiturbaci si manifestano senza il concorso della volonti , la quale sembra an- zi talora poterii reprimere, o almeno diminiiire . Ho inoltre avuto occasione di osservare ne' casi di scelotirbe da me veduti , che la convulsione costantemente occupava il laio ainistro . I 277 SOPRA UN AGNELLINO MONOCULO. I ME MORI J F IS ICO - ANA TO MIC A DI JACOPO PENADA. N on mancano esempi di veri Monoculi osservati , e de- scritti da gravissimi Autori , tanto nella nostra umana spe- cie, quanto in quella de'bruti animali. Plinio nella categoria delle Nazioni intiere mostruose ripone quella da lui detta degli Arimaspi , celebre per- che portavano un sol occhio in mezzo alia fronte. L'AfFri- ca fu 6reduta dagliantichi quella regione del mondo in cui piu ch^ in ogn' altra si ritrovano di cosi fatti straordinarj prodotti di natura. Lo stesso Virgilio poeticamente descrivendo qaell'orren- do Monoculo pastore Polifemo crudelissimo antropofago, ce lo dipinge fornito di un sol occhio riposto in mezzo alia spaziosa sua fronte, di cui fu fatto privo da' Trojani, ia vendetta della uccisione da esso fatta di parecchi de' loro compagni, schiacciati prima sulla parete della sua grotta, indi ingordamente mangiati ancor semivivi, e palpitanti, di cui dice per tal modo il Poeta : 36 P E N A D A Nos magna precati Nuiiiina, sortitique vices, una undique circum Fundimnr, et telo lumen terebtamus acuto Ingens,quod torva solum sub fronte latebat, Argolici clypei , aut Phoebeae lampadis, instar. Virgil, ^neid. III. v. 63o. Che se pero si voglia credere favolosa la presente de— scrizione del Mantovano Poeta , essa e pero appoggiata ad un fatto fisico , e tal volta verificato per particolare aber- razione di Natura , cui piacque piu di una fiata produrre ' dejrli esseri veramente e fisicamente Monoculi. Nel ragguardevole Museo appartenente alia celebre Universita di Pavia, recenteniente descritto dail'egregio Professore Anatomico il Sig. Antonio Scarpa , nostro pre- giatissimo amico, si riscontra tra le altre particolaritu pre- giabilissime, quella di un uorno Monoculo collocato nello stesso Museo dal Chiariss. Sig. Profess. Malacarne Vinceiizo, il quale asserisce di piu oelle sue Lezioni sui Mostri , clie nel Piemonte nacquero tre Monoculi in un sol anno C^) . Sem- bra pero quasi costante cosa, clie la Natura nella produ- zione de' Monoculi abbia riposto il solo occhio piuttosto in mezzo appunto della fronte, siccome luogo piu vicino alia natural sede degli occhi, di quello clie in altro luogo della testa , e molto uieno fuori della stessa . Pur tuttavia si legge appresso Ambrosio Pareo nel libro de Mirabilibus , d'una fanciulla acefala nata: in Guascogna I'anno i362., la quale aveva le sue orecchie poste sopra gli omeri anteriormente ; il naso tra le orecchie; la lin- (*) Lo Storico Sonata riporta il caso di un fanciullo nato in Costanti- nopoll r anno di Cristo 1076. co' piedi quasi caprini , ed avente un occhio solo in mezzo alia fronte ; lo che in que' tempi rozzi , e su- perstiziosi , unitamente alia comparsa di varie comete, fu conside- rato come un funesto presagio della orribile pestilenza , che si sviluppo in appresso nell' Oriente . AGNELLINO MONOCULO. 379 gua fuor uscita dalla spina del coUo; e finalmente gli occhi riposti, ed annicchiati noUa superior parte delle scapole. Se il fatto e vero, e credere si debba a Pareo, il quale se id vidisse sancte affinnabat , seiulira ragionevole 11 supporre, clie in questo mostro acefalo le piu essenziali parti, che appartengono alia testa, siano state bizzarranien- te dalla Natura in novella foggia, direi, quasi disseminate qua e la sul moncone del collo^ e delle scapole di questa fanciulla. Pliniostesso da noi poco sopra citato indica una razza di mostri umani acefali, e privi anco di coUo, che tengono gli occhi negli omeii, ed iin'altra specie ancora di Mostri, che tengono gli occhi riposti nel petto, i quali so- 110 chianiati da esso Acefali Bleniii, de' quali egli fa una in- tcra nazione . Machinon vedeche alcuniindividui forse in quella stra- na foggia costrutti, e recati per avventura in giro da'ciur- inatori, veduti in Roma da Plinio stesso, e dal popolo cre- denzone, ponno aver data origine all'opinione voigare dell' tsistenza di nazioni intiere d' uoraiai in cosi strano modo conforraati, e costrutti? Ora pero accostandomipiu da vicino alia descrizione del mio Agncllino monoculo faro osservare come nel case pre- sente non solo abbiamo riscontrato il difetto del Monocu- lismo, ma di piu ancora la totale mancanza del naso, e del- la mascella superiore, che !o costituisce, secondo la divisio- ne di Plinio, un mostro IVomade, e nello stesso tempo Mo- noculo: nella seconda parte. poi della presente Memoria ml tratterro sull'argomento tutt'ora oscuro, della generazione de' Mostri , proponendo anco una nuova classificazione, for- se piu semplice d'ogn'akra, degli stessi mostruosi prodotti della Natura . Niente eccedente non per tanto in grandezza, od in pic- colezza, si riscontra la testa del presente nostro Agnellino : liscia, e rotondeggiante, fe la volta tutta superiore del ca- 28o PENADA po, formata dalle ossa comunemente componenti la calva- rie, ricoperta dai comuni integumenti, e di quella inci- piente lanugine, di cui sono vesti'd i neonati Agnellini. Le orecchie natural! sono esse pure,' ma neJIa parte deiia fac- cia superiore ai lati dell' osso frontale non si rinvengono punto le orbite ossee contenenti naturalmente i bulbi de- gli occhi, non che parte veruna interna, ed esterna , che copre gli organi della vista: anzi al luogo,dove risieder do- veano le palpebre, non si scorge ne piega , ne ruga, nella pelle simulante lestesse palpebre, siccome si osservo in una fanciulla monocula ricordata da Fortunio Liceto , la qua- le aveva almeno due piegature bislunghe integumentuli al luoijo dove giacciono naturalmente. Ma cio che v'ha di piu curioso nel caso presente e 1' os- servare, che neppure in mezzo alia fronte di questo mostio si scorge riposto il solo suo occhio, mentre questo si ritro- va collocato dove doveva risledere naturalmente il naso, il quale in questo nostro Agnellino fu intieramente dimenti- cato dalla Narura, e postovi in quella vece, ed in quella sede precisa , il solo occhio del nostro monnculo presente . Questo poi e veramente bellissimo, e naturale, e di pro- porzlonata grandezza fornito, lo che forma il piu singolare della presente nostra Osservazione : quest' occhio si trova molto ben collocato neU'orbita sua ossosa, ivi riposta in iscambio delle ossa nasali , che mancano perfettamente : e fornito delle sue palpebre, che tengono alle loro estremi- t^, o lembi superiori, ed inferiori, i suoi tarsi, ed i suoipeli corrispondenti. La scherzevole Natura poi per collocare, direi quasi, a capriccio quest' occhio solo nel nostro Agnellino a quella inusitata sede, ove star doveva il naso della bestiolina, mutilo , e distrusse quasi tutta alFatto la mascella stessa su- periore corrispondente , dalla qual mancanza deriva la deformata costruzione della bocca stessa del nostro mostro. /•I AGNELLINO MONOCULO. 281 e la impossibilka, se fosse vissuro, di poteria aprire, oiide poppare dalla madre il dolce nettare vitale. E per venta esaminata questa superior mascella diligen- temente non presencava il niinimo vestigio di parte os- sea alveolare, ne di palatina, nuli'altro esistendo in essa, che una piccola integumentale protuberanza della grossez- za di poche linee, mancante di qualunque regolare figura, e struttura di mandibula superiore naturale; dal che ne deriva una cosi fatta angustia della cavira interna della bocca di questo bestiolino, clie non ammette comodamente neppure un fuscellinodi poche linee digiossezza; e cosi pa- rimenti ne viene rimpossibilitu di aprire la bocca a verun patto, per quanto mi sono studiato di fare: anzi io credo certamente,che la stessa respirazione neiragnellino, se fos- se vissuto , sarebbe stata impossibilitata per la mancanza appunto dei fori nasali , per i quali, siccome e noto, si de- ve introdurre I'aria nella natural respirazione; ma la lin- gua del nostro Mostro , la quale in se stessa si ritrova na- turalmente costrutta, e collocata nella sua sede ordinaria, in grazia appunto della mancanza della mascella superiore rimane quasi tutta nuda, e scoperta, e fuor dalla boc- ca pendente, e sovra posta alia sola mandibula inferio- re, che la sostiene. Questa inferior mascella poi e tutta perfettamente conformata, ed a suo luogo collocata, sicco- me si puo vedere nello stesso originale, o nel disegno che feci da esso ritrarre. Questo strano prodotto di Natura fummi cortesemente recato in dono dal carissimo mio amico, e Socio della no- stra R. Accademia di Padova, il Sig. Dottor Dalle Ore ba- stantemente noto per la molta sua perizia nell'Arte Me- dico-Chirurgica, e per la molta sua erudizione, e sapere, il qua! mostro poi e da me gelosaraente custodito, e con- servato . S«2 PENADA SPIEGAZIONE Delle disegriate Figure. L= ia Tavola disegnata in due Figure esibisce la serie del- le cose osservate inquesto nostro Agnellino Monoculo. Nel- la prima Figura ahbiamo rappresentato il disegno coni- pleto del mostruoso prodotto, quale si trova nel suo origi- nale: si puo percio in esso osservare quella ributtante fi- gura j che ne presenta, in grazia della strana configurazio- ne della sua testa . La seconda Figura poi formata dai soli contorni ci of- fre le cose esterne piu riinarchevoli nel caso presente. La lettera adunque iriajuscola A indica la fronte del Lestioliiio: le due BB segnano le due locality della fronte nelle quali doveano essere collocati gli occhi : la C e posta per contrassegnare il luogo precise dove si ritrovava quell' occhio solo, che abbiauio detto, che occupava la sede desti- nata naturalinente per il naso, di cui mancavaintieramen- te. La lettera D indica quel piccolo integumentale ingros- samento, o lenibo informe, che teneva luogo della mascel- la superiore, di cui parimenti mancava il mostro presente; la E dinota la lingua tutta scoperla al disopra, e posta fuori della bocca , pendente come quella di un caneanelan- te e sitibondo nei bollori della fervida estiva stagione. Finalmente la F fa osservare la mandibola inferiore, che si trova naturalmente costrutta, ed organizzata. Fui tentato piu volte di anatomizzare minutamentela fab- brica cosi delle ossa del cranio tutto, e della mandibola su- periore, e delle narici interne, come pure del cervello, e- de'nervi singolarmente ottici, ed olfattorj, siccome ho fatto nell'altra miaJMemoria intorno ad unaltro Aarnello raostruo- w } Fia/. r.i Ri .haa.'M:. UAil ^i<7./l Iav^v AGNELLIJiTO MONOCULO. 28 l SO monocefcdo, bisomo , gia pubblicata nel mio terzo Sag- gio d'osservazioni, e memorie patalogico-anatomiche, ]Me- moria V. pag. 1 12. Ma siccome in cio fare si clovea lacerare, e scomporre afFatto> quella strana e bizzarra esteriore rap- presentanza Jplla bestia , die la rende ammirevole nella sua totalita, e dall'altro canto poi sembrandomi facilissima cosa ad un Fisico, ed Anatomico. rimmaginarsi le mancan- ze istromentali di questa testa nelle sue ossa principali che la compongono, e cosi pure rinsolita origine, e distribu- zione de'nervi ottici, ed altri che airorgano visuale provve- dono, non che degli stessi olfattorj ; cosi ho amato meglio di conservarlo intatto nella sua originalita, siccome un ogget- to di lodevole curiosita , ed ornauiento del piccolissimo niio Gabinetto. Compiuta non per tanto la storica narrazione,a dimostra- zione del nostro Agnellino Monoculo, ed insieme la prima parte della presente nostra Osservazione, mi faro lecito in questa seconda Parte di avanzare molti riflessi suli'argomen- to tutt'ora oscuro, e combattuto, della geiierazione de' mo- stri; e sopra tutto poi cerchero di proporre una piii sem- plice, e generate classificazione di codesti mostruosi prodot- ti di riatura, e cio col lodevole fine non gia di recar giorno a tante tenebre, ma solo di spargere un qualche barlume suH'argomento, che abbiamo per le mani. Tre adunque sono a parer mio i generi principal!, e le categoric direi quasi primigenie alle quali si ponno como- damente ridurre le cosi dette mostruosita tutte, le quali per avventura nella nostra umana specie, non che in quella de- gli stessi bruti animali , non esclusi per fino i vegetabili, si ponno ordinariamente avverare. La prima classe io la ripongo in que'natnrali prodotti di natura animale, i quali in origine sono mostruosamente fino nel primo lore sviluppo conformati, e disposti; e questi io amerei chiaraarli mostri ingeniti. a84 PEN AD A La seconda classe io la colloco in quella sorta di mostri, i quali in origine ben conformati ricevono delle strane al- terazioni nella simetria naturale delle loro parti componen- ti in grazia di molte svariatissime cause accessorie, e suc- cessive, acta ad agiie sopra de'teneri germi ancor esistenti, o neH'ovulo, o nelle angiistie delle adiacenti parti, e sin- golarmente in quelle dell' utero niaterno, che tali li fanno divenire. Finalmente la terza classe io la colloco in quella, che veramente morbosa si potrebbe dire, nella quale ap- punto una qualche fisica e reale morbosita sopraveniente al feto stesso in istato del suo naturale ingrandimento, nel tempo singolarniente della lunga sua dimora xiell'utero del- la madre, Io rende niorbosamente mostruoso, e deforme. Ecco adunque le tre classi radicali de' mostri , ch' io vo- lentieri cliiamerei: La prima de'lMostri Ingeniti s'v^ia 9-froi/; La seconda de'BIostri Accidentali; La terza de' Mostri Morbosi. Faro vedere in seguito della mia Memojia quanfo la pre- sente nostra divisione sia piu generale, piu vera^ ed espres- siva for?e di quant' altre ne furono proposte da gravissimi Autori sulio stesso argomento. II celebre filosofo di Ginevra Carlo Bonnet propone quattro classi generali di Mostri; la prima di quelli, che tali sono per la straordinaria conformazione di alcuno de' loro membri; la seconda di quelli ne' quali alcuno de'loro organi, o membri,si trova diversamente distribuito che nel- lo stato naturale," la terza abbraccia quella de' Mostri per difetto di qualche parte integrantedel loro corpo; la quar- ta finalmente di coloro che abbondano per eccesso di alcu- ne parti. Oueste pero mi sembrano suddivisioni piuttosto, e di- pendenze delle tre primarie Classi da noi per avventura proposte. L'Allero ne fa due sole Classi generali dicendo AO'ELLINO ]MO:>OCUL0. 28, > „ acl foetus in priniordiis suis aliter fabricates refero ho- mines, quibus- viscera inveisa sunt, et partes insolitas no- vasque praeseferunt; acl casuin refero plerosque mutatos inembroruni situs, fabricas alienas, cc. e TAzzoguicIi sog- giunge „ Monstrorum causae multiplices sunt : interdum ovo rurlimenta monstrosa sunt conformata, interdum a duo- rum ovorum concursu; interdum a conditione quarundani partium ipsius ovi; interdum ab exteriiis causis in tubis, in utero contra ovum applicatis, res oranis proficiscitur . „ Ora pero mi accingo a far conoscere la niaggior genera- Iita,e chiarezza, che pud derivare dalla proposta mia tri- plice primigenia naturale divisione de' fliostri. Tutti adunque c^ue'strani prodotti di natura, i quali in se stessi attentamente esaminati, e dibgentemente osservati, presentano alio sguardo del Fisico, e deirAnatomico, una cosi fatta primordiale disposizione , ed organismo di j^aiti, la quali non ponno essere state ragionevolmente alterate, o viziate in verun modo, per accidente veruno, o per sen- sibile sopravveniente morbosita de'feti; tutti questi si pon- no ridurre coniodamente alia nostra sovra esposta prima classe de' Mostri . Per esempio ci si presenta un Mostro da osservare for- nito di un solo capo, piantato sopra due tronchi, detto per- cio, Monocefalo hisomo : in esso non per tanto si osserva una costruzione nel suo cervello si, e per tal modo, archi- tettata,per cui si ravvisa una determinata precisione della operatrice Natura nel formarlo in modo, clie questo visce- ra alia sede della cosi detta protuberanza anulare si divi- da spontaneamente, ed originalmente fuori affatto d'ogni natural costume, in due nascenti spinali midolle , le quali trovar devono gia preparati nell'osso occipitale sottopo- sto due fori occipital! appositamente scolpiti in quest' osso, per dar passaggioa questi due funicoli spinali, che si recano 37 286 PENADA alle doppie sottoposte vertebrali colonne appartenenti ai due corpi separati, e tra di loro perlettainente divisi. Questo particolare meccaiiisaio, e cjuesta insolita preter- naturale disposizione, e fabbrica csatta di parti, neH'indi- cato caso, ed in cent altri di simil fatta^ e tale clie asso- lutaniente presuppone iin'ingenita predisposizione apposi- taniente diretta, e forniata dalla stessa generatrice Natura. E cosi pure mostruosita ingenite si diranno cpielle, se gran- demcnte non erro, le quali consistono in ccrta originaria trasposizione di parti, singolarmente interne, per cui furo- no riscontrate piu di una fiata alcune viscereessenziali tra- slocate cotahiiente dal loro posto, e situate al rovescio del- la lor sede, or raddoppiate, or moltiplicate , or diniinui- te straordinarianiente: anzi lo stesso monocuiismo, in cui si scorge la meccanica struttura dell'unica sua orbita , la presenza determinata di un solo nervo ottico nel cervello, e somiglianti simmetriche, e ragionate disposizioni di parti integranti la bella fabbrica del corpo umanojod altro che sia , sono tutte cose le quali suppongono una determinata originaria, direi quasi, deliberazione, o lavorio meccanico delia sapientissima Natura. Troppo lungo pero sarebbe e noioso il niio discorso, se ad uno , ad uno, esaminar volessi tutti quei casi di ino- struosa apparente conformazione di somiglianti prodotci, che si ponno ridurre facilmente, ed evidentemente alia prima da noi stabilita categoria de' Mostri ingeniti, ed originarj . Quindi passando ad un breve esame della seconda ca- tegoria, di quella cioe, che risulta per le moltissime cau- se, e combinazioni accidentali , ed accessorie, in questa Classe io ripongo tutti que' corpi organizzati, i quali in origine perfettamente conformati , e divisi in due, ed ancor piu corpi, collo scambievole, e mutuo avvicinamento deile loro parti giunsero a compenetrarsi, e direi quasi, a rime- ACXELLINO MOXOCUI.O. 287 scolarsi assieme bizzarramente, ma clie pero attentamente osservati fanno conoscere, che ragionevolmente in origine tali non erano certamente. Questa unione poi, od accozzamento accidentale, io lo suppongopossibile ad efFettuarsi non tanto negli ovuli stes- si, quaiito ancora nei feti gia discesi , e stazionanci nell'iue- ro del la madrc. Se avvenga, per esempio, in moiti casi pai- ticolari, che ravvicinamento di due corpicciuoli aniniali assieme viventi in istato di successivo sviluppamento, sia molto piu tenace, ed aderente, di quello comporterebbe la disposizione naturale stabilita dalla stessa Nacura alio svolgimento regoiaie di due, o piu feti gemelli, allora cre- do che avvenga, che quello dei due corpi , il quale origi- nariamente si trova fornito di un grado maggiore di robu- stezza , premendo, ed urtando a poco a poco, e facendo quasi breccia nel piu debole corpicino, arrivi bene spes- so a compenetrarlo, in modo che guastata, ed alterata ne rimane la naturale simetria, e disposizione delle parti di questi feti, risultandone da cio una mostruosa comparsa di alcune, o di molte insieme delle parti di questi due corpi. Di questa classe sono a mio giudizio que' Mostri, nei quali si veggono accozzati insieme, e quasi compenetrati, due corpi animali, or colle lor teste, or coi lore toracij, or coi ventri". E similmente di quelli, che SMgeon veduti re- carsi in dosso un altro corpo piu piccolo intiero, o mutila- te, ora mezzo fuor uscito dal ventre di un altro feto, or da una coscia, or dal dorso, alia qual Classe potrebbero an- co ridursi quelli che si veggono forniti di molte membra, e somiglianti mostruosita . Le aderenze poi, e le unioni singolarmente di due corpi si ponno verificare anco nell'utero stesso materno; ma pero, se non erro, molto raeno fortemente, e direi quasi, sol canto superficialmente. Quindi le unioni di due corpi, che talvolta si son vedu- i88 PEN AD A te per inczzo qu^si dei soli integumenti, o poco piu inti- inamente, possono verificarsi piu agevolmeute nella Innga (Jiraora de'feti doppj nell'utero stesso della madre. E certe deformiti poi, e mancanze di alcune parti inte- granti la totalita de'corpi, io le suppongo bene spesso ca- gionate dalla presenza j e combinazione noii infrequeiite, di una qualche estranea materia, o corpo, che si ritrovi coabi- tante, e ristretta assieme col feto stesso. Qiiesti corpi poi ponno essere o delle moldure volumi- riose scirrosc; o tumori di varia specie attaccati alia pla- centa, al funicolo ; ovvero talvolta la stessa placenta stra- namente voluminosa, conipatta, cartilagiriea, scirrosa:tutte qucste cause possono produrre somiglianti disordini ne'feti stazionati neirutero: queste estranee combinazioni di cor- pi duri, e comprimenti la mollissima sostanza de'teneri cor- picciuoli, la dove si trovano applicati, possono nelle varie parti deU'enibrione in isviluppo impedire Io svolgimento necessario or dell' una, or dell'altra, or di raolte insieme, e quindi esser causa efficiente, ed accidcntale j della pre- ternaturale mancanza in certi feti or del capo, or delle braccia, or de'piedi, siccome avviene pur troppo di frequen- te , quando forse in origine tali non erano. Finalmente la terza specie, o categoria generale de'Mo- stri, io la riport||o in quefeti, che natiiralmente ben forma- ti e ben construiti dalla Natura nella loro origine, per mol- te svariatissime lisiche malattie, che ad essi sopravvengono nel tempo della stazione nell'utero ;, nascono scomposti,e deformati mostruosamente. Ti-a le malattie pero, le quali non di raro sopraggiungo- no ai feti umani, sopra tutto ancor rinchiusi neH'utero, e I'idrocefalo, I'idrope cioe del cervello. Da COS! fatta malattia appunto nasce il deperimento successive dello stesso viscera del cervello , che altera- to dalla copia delle acque stagnanti, e stravasate nella ca- ag:tellijto MoxocrLo. 289 vita clell'encefalo, a poco a poco siguasta, si fonde insie- ine con le acque dell'idrocefalo, e si asporta fuori per qual- che via aperta tra le ossa del cranio ancor disunite, cioe per iduefonti pulsatili singolarmente. Dalla cjua! morbosa effusione di acque, e di sostanza ce- rebrale, ne viene la conseguente alterazione forniale nella simmetrica figura di tutta la volta superiore ossea del cranio del piccolo bambino; lo strano combaciamento delle stes- se ossa parietali, frontali, ed occipitali, a quelle deila ba- se inferiore della testa,e quindi le ributtanti cicatrici al luo- go d'onde uscirono le acque in un col cerveJlo stesso: in soinma si vede in questi infelici esseri umani, allnr die na- scono, quella ributtante figura. che molto gli assomiglia al rospo, cad altro simile scliifoso animale, e li rende affat- to mostruosi e deformi, singolarmente nella testa , uel collo, nella spina, ed in altre parti ancora. Che pero dalla malattia teste indicata d'idrocefalo inter- no, e dalla spina bifida , nascano ne'feti soniiglianti mor- bosita niostruose, ce lo assicura il fatto , e Tautorita ce lo conferma dell'immortale nostro Morgagni nella sua Eplsto- la Anatomica vigesima, paragrafo 53 , dove francaniente pronuncia, che tanti bambini comparsi alia luce senza trac- cia di cervello, cervelletto, e spinal midoUa , tali non era- no certamente nella loro primiera origine; ma che per ef- fetto di morbosa idropisia del cervello, tali si resero in se- guito del loro naturale sviluppamento. E lo stesso ancora puo avvenire a molti tra questi ospiti sfortunati nel seq ma- terno, o per idropi delle altre cavita principal!, o per mor- bo consuntivo , e disseccante le loro membra, o per tumo- ri d'ogni sorta, per ernie ingenite stravagantissime con usci- ta degli intestini, per sfaceli, cancrena, ossificazioni mor- bose, spaccature del palato, e cento altri mali fisici , e reali, a'quali pur troppo vanno soggetti i leti, singolarmen- ago P E N A D A te umani, prima ancora die sieno usciti a godere di cjue- st'aura vitale. Sono note abbastanza le osservazioni di un Littre , che trovo il cervello di un feto petrillcato, e di un Orazio Eugenio a Monte Santo, che rinvenne una bambina per- fettamente petrilicata neU'utero materno, per tacere di tan- ti altri cusi antichi, come moderni Scrittori, che di tah os- servazioni seriamente si occuparono. AU'effettodi rendere niostruosi, e ributtanti alcuni neo- natj bambini niorbosamente, possono concorrere anco mol- te esterne cause di percosse ricevute al ventre pregnan- te della madre, e di strane compressioni ed altre violenze praticate in ogni punto dell'addomine della madre stessa, dal che possono poi derivare deiie morbose impressioni, ed alterazioni nei teneri germi ancor rinchiusi nel seno ma- terno. Ecco non pertanto Che coi pochi cenni da me fino ad era avanzati io spero di aver dimostrato, se grandemente non erro , la ragionevolezza del niio assunto, e di avere suffi- cienreinente provato quanto sia semplice, generate, e piu consona al vero, la mia triplice divisione principale delle tanto svariatissime specie de'Mostri, che cumunemente si osservano dalla Natura prodotti; la quale nostra divisione si pu6 anco applicare in qualche modo, e con le dovute re- lazioni, e rapporti, tanto alia grande famiglia de'bruti ani- mali, quanto a c^uella de'muti abitatori dell'acque, e perfi- uo agli stessi vegetabili. E per verita tra le mostruosita vegetabili, or ingenite^ ed or morbose, ne abbiamo moltissime annoverate da Pareo, da Fortunio Liceto, e da parecchi illustri Botanici. Io stes$o conserve una radice di fitidaca dccandria, la quale dalla bizzarra Natura, senza I'intervento d'arte veru- na, essendo stata svelta dalla terra fortuitamente, presenta nella sua esterna configurazione la figura precisa di un ca- AGNELLINO MOXOCULO. 291 onolino, con il suo capo corrispondente, col petto, basso ventre, gambe,e clue code, come se da mano maestra fosse stata architetcata , e disposta, per tacere delle tante mo- struosita clie vere, e f;ilse, vengono spacciate intorno alia nota radice della Mandragora; e cosi poi per inalattie che sopraggiungono alle piante si riscontrano delle mostruosita in esse molto strane, e singolari; ed in quanto alia stermi- nata faniiglia de'pesci, e molto curiosa la descrizione chfe dallo Storico Sig. le Beau vien ftitta nel S.'"° XXV., all' anno 600. dell'era Cristiana, ove dice, che in Egitto presso Alessandria comparvero fuori del Nilo due mostri singo- larissimi: il priino,che d'improvviso alzossi dall'onde di ([Uel 'ran fiume, sembrava uno smisurato gigante di virile uma- la figura fornito, terribile a vedersi, e rtiinaccioso : tre ore [dopo viddesi un altro mostro sortire dalle acque fine alia Icintola, che aveva una qnalunque figura di donna. Questi imostri nou erano probabilniente, che pesci deformi, ed lanfibii, in qualche modo rappresentanti la sembianza uma- la, sicconie saranno stati quelli, che fnrono descritti dal 'Cardano, dal Ramusio, dal Bellonio, da Fortunio Liceto, e da altri ancoradiligenti osservatori delle strane produzio- ni di natura. Conosco per verita, che averei potato dare una maggior estensione al presente mio ragionamento, se non avessi te- muto di oltrepassare i confini stabiliti ad una seniplice l\fe- moria Accademica, ed incorrere nel difetto della sempre noiosa prolissita. In questo mio scritto io non mi son proposto di azzardare qualche nuova ipotesi, o metafisica speculazione, di cui a' giorni nostri si trova pur troppo quasi inondato I'orbe letterario: ho cercato piuttosto di rendere piu semplici, ed universali alcune idee, che sono comunemente abbrac- ciate intorno alle diverse genera li produzioni mostruose di natura , senza pero punto derogare al merito dovuto a 29 i P E N A D A tutti colore i quali con tanta lode, e sapere, si sono occupati clello stesio argomento. Se pero io sia bastantemente riusci- to nel mio assunto, saia deciso dal pubblico iniparziale. Forse ogni saggio, e giudizioso osservatore mi previe- ne, che in natura nulla vi e, che dir si possa veramente mostruoso, e che ogni cosa e sapientemente fatta da essa con leggi certe e determinate, avvegnache da noi non ab- bastanza conosciute, e distinte; e che que'corpi, che noi chiamiamo Mostri, avvegnache della classe stessa degl' in- geniti, tali assolutamente non sono tra le mani della saggia organizzatrice Natura, la quale si serve degli stessi raezzi suoi proprj per modificarli quasi a modo suo, onde si puo dire a tal proposito con nn antico Poeta,e Filosofo, osser- vatore di somiglianti straordinarie produzioni naturali: Animalia semper Jisdem constant membris , et moribus isdem , Nee fieri aut errore, aut casu, Monstra putandum, Quam certas habeant causas Sponte sua hsec Natura facit , quae ssepe jocatur Informes edens partus , ludicra creando . Marcel. Palins Zogiac. Vit. pag. 212. I 293 ELOGIO DI TOMMASO BONICOLI ANAT03IIC0 FIORENTINO DEL DOTT. GAETANO PALLONI SiOPETABIO CZNEltjILE DELL' ACCADEMI A IT/ILrJA'J DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI. J? ra gli oggetti delle Accadeniiclie utilissiiue Tstituzioni non e ceitainente il meno interessante, e lodevole,queIlo di non permettere die oblio ricuopra la memoria di quei Cit- tadini., die in qualdie Sdenza, od arte distinti, si resero benemeriti della Societa, e della Patria iu cui nacquero. Nell'immenso nurnero d'uoniini die non fanno die passar sulla terra, e nnlla di loro riujane che I'esistenza ne attesti, conservar gelosamente si debbono le tracce segnate da quei pocbissimi , che offrono altrui un degno modello da imitar- si; che un'idea ci risvegliano dell'era passate, somministran- do materiali alia Storia; e senza i quali lo spirito umano troverebbesi sempre nello stato d'infanzia. Rari sono quegli esseri, figli veramente priniogeniti del- Ja natura, cui la superiorita del genio rese di lunga istoiia legni. A questi giaminai tnanco penna sublime, che ne scri- iresse le gesta, e i pensieri. Maggiore e il nuinero di colo- PO5 che d'inferior genio dotati, o cui forruna meno benigna- 33 294 PALLONI menfe arrise, che le veglie, e gli studj loro a varitapgio itn- piegando dei proprj Concittadini, onorarono il Secolo nel quale vissero, benche di loro fama poi non suonasse oltre la toniba. E alia memoria di questi ancora che pagar si deve no giusto tribute di lode, non macchiata pero dalTadulazio- ne, o dalla eloquenza sligurata, ma vera e siucera, come ad imparziale istoria conviensi. Tomraaso Bonicoli Anatotnico sommo, Chirurgo insigne, che visse fra noi, e di cui piangemmo insieme la perdita, e il soggetto il lustre del quale mi propongo di tessere il ben meritato elogio; e grata colgo occasione di ofFrir cosi un doi- ce tribute all'amicizia. Nacque egli nella Lastra a Signa, piccolo paese poco di- stance dalla Cittii di Firenze, nel Dicembre del 1746, da Paolo Bonicoli, e Maria Felice de' Fucini di detto luogo, d'onde peraltro nella infanzia di Tommaso spatriarono, e portaronsi a stabilirsi nella Citta di Livorno. Se la nobilta dei natali, e la generosa fortuna fossero un titolo apprezzabile per 1' elogio di un uomo, mancherebbe questo intieramente al nostro Bonicoli. Figlio di un mani- fattore di cappelli di paglia, la di lui famiglia non aveva giammai goduto che di assai scarse, e limitate sostanze. Ma appunto perche tale, perche mancante dei mezzi atti a fa- cilitare la coltura dello spirito , ed una letteraria educa- zione, merita Tommaso I'encomio maggiore ; nientre a forza di travagli, ed attraverso ad una serie di penose difficoltu seppe elevarsi dalla folia degli uomini volgari, e sviluppa- re un genio che assai di rado e amico del fasto, e della opu- leiiKa. In fatti destinato dal padre con altri due suoi fratel- li, dei quali egli era il maggiore, all'esercizio della propria A professlone , seppe egli di buon'ora tanta aversione mostrar per quella, e tanta disposizione d'altronde, e curiosity d' istruirsi per la parte delle lettere, da obbligare quasi sue malgrado il genitore a tollerarlo apostata dall'arte sua, e ELOGIO »EL BONICOLI. 298 secondare, per quanto gli era possibile,Ia di lui inclinazione: tanto e vero che I'uorao ordinario seguita sempre I'educa- zione che gli vien data,*ma ruomo di talento sa crearsene una nuova. Non ci tratterreino un momento su i dettagli poco inte- ressanti della prima eta, e dei primi studj del nostro Bo- nicoli. Gli uoniini,che al vero amano sempre di aggiungere il maraviglioso, non vedono die prodigj nella infanzia dell' uonio grande: il filosofo non vi scuopre per lo piu che le comuni debolezze, e vede il genio preparato dalla natura svilupparsi piu omeno lentanientea seconda delle circostan- ze che lo favoriscono. Quel che interessa di rimarcare si e, ch'egli non fu appena in istato di giudicare della natural tendenza del proprio gusto al genere di professione da sce- gliersi, che si determino per lo studio della Chirurgia. Que- sta innata inclinazione fu presaga dei di lui successi. Lottando sempre con la scarsita dei mezzi, e coa la vo- lonta dei proprj parenti, gli riusci null'ostante di entrar jiel numero dei giovani studenti Chirurgia nello Spedale di S. Maria Nuova di Firenze ; d'onde pero pria che. a meta del suo corso egli fu barbaramente espulso perche I'iiifeli- ce suo padre pagar non poteva al medesimo la benche lieve somma richiesta pel di lui convitto . Ed una tal circostanza lo avrebbe tolto per sempre alio studio, ed alle lettere se dopo di essersi inutilmente affacci?;to alio Spedale di Siena, ed ogni altra risorsa esaurita,il di lui invincibil trasporto per la professione che si era scelta non lo avesse indotto a soffrire di dorniir per molti mesi in mezzo ai ma- lati dello Spedale donde era stato espulso , e di essere so- stentato da quei giovani praticanti con gli avanzi del proprio vitto in premio di cio ch'ei faceva per loro : e se i saggi da lui gi;\ dati di non ordinarj talenti non gli aves- » sero finalmente procurato un posto di Chirurgo assistente nello Special militare ch'esisteva allora separatainente ia 296 PALLONI, Firenze , dove peraltro non gli veniva soinrainistrato che la misera paga di semplice soldaco. L' iiigenuo carattere di Tommaso, e la inancanza assolOta di quel talento, assai raro ncgli uoniini di vero mcrito, che sa avvicinarsi ai Potenti per ottener protezione , e soccorsi, i cpiali inai vanno incontro a clii n'e piu degno, appunto perciie non sa ciiiederli, sencir di buon' ora gH fecero tutto il peso deH'avversa fortuna che, come vedremo, lo accompagno finclie visse. Nonebbe il Bonicoli incotninciata appena la carriera de- gli studj chirurgici i non fii appena in niezzo a quel teatro di umane miserie , ove vedesi la natura in miUe forme de- gradata; ove I'umanita languisce per una moltitudine spa- ventosa di mali che in proteifornie aspetto, e con inaniere innumerabili, diverse, e sempre crudeli, or palesemente , ed or di nascosto I'assalgono, e la straziano , che tutta vi- de la difficolra deH'impresa, gli ostacoli da superarsi j il tempo, le fatiche necessarie per giungere ad cccupaie un posro distinto tra i benemeriti Professori di questa Scienza. Ma la dil'ficolta di riuscire non fece che accrescere viepiii nel Bonicoli I'ardor d'lntraprendere; e fisso nell'idea che la conoscenza profonda deila struitura del corpo uinano e il fondamento del sapere, e la guida necessaria al Chiriir- 2o, la di cni mano armandosi di un ferro doloroso cracciar deve la via ch' ei seguir deve per esser utile, e benefice, all'Anatomia si rivolse col trasporto piu grande, e a lei tutto si consacro: studio penoso, lungo, e difficile, perche non eseguibile nel tranquillo ritiro del Gabinetto, o in mezzo ai comodi della' vita, ma trall'orror dei cadaveri, e in mezzo alle infette esalazioni di uno Spedale; studio che caratterizza particolarmente il genio, perche diretto alia conoscenza della propria organizzazione, e perche circon- dato , com'esso e, dal disgusto, dal raccapjiccio, e dai peri-; r ELOGIO DIL BONICOLI. 297 coli, non v'ha die il genio che po-isa iiispirailo, non v' ha che una forte passione che possa simo, che le piu utlli , le piu interessanti preparazioni delle varie parti del Corpo Uma- no sceglier sapesse, ed eseguire; porle nel piu bel punto di vista; presentarle sorco tutri gli aspetti; e diriger la mano dell'artista, on-de il vero fosse nella piu esatta, e piu scru- polosa maniera copiato, e modellato. (i) LoJovico Cardi, detto il Cigoli , nacqiie a Ci<;oli ppI iSSg. Mori nfi i6i3. V. Fell'ijitn p. 2rjg. Oilandi, Abeced. Pittoi. p. 388. (2) Gaetano Giulio Zumnio narque in Siraciisa nel £656 Mori a Pari^i nel 1703. V. Mem. per servire alia Storia letter, di Sicil. t. 11. (3) Occuperi sempre un posto distinto negli Annali del Fiorentino Mu- seo il nome illustre , e benemerito del Cav. Felice Fontana, allor Diiettore di qnello , a cui egli era ben fortunato di presedere men-^ tre v'impiegarono I'opera loro valenti suggetti ed abili artisti. ELOGIO DEL BOA'ICOLI. 3o3 Alcuni biavi allievi del lodato MafFei furono i primi a travagliare per si bella iinpresa; ma al iiostro JDonicoli n'e- ra riserbato il proseguimento , e la perfezione . Possedeva egli in superior giado tutte le facolta necessarie a cal uo- po, onde che iiel Maggio del ij8o. fu scelto ad eseguii- io(.). Di quanto ei fosse capace; quanto debba al sue zpIo.^ ed alia sua inteiiigenza,questo augusto Teinpio della Natu- ra; come i lavoranti in cera divenissero ben presto sotto di lui Anatoir.ici non superficial!, ed egli a vicenda appren- desse da lore quell'arte preziosa al punto di eseguir da se stesso del lavori in cera di molto pregio, non pud giudicar- iie se non chi rivolga lo sguardo su questa interessantissi- lua coHezione , eve la natura e viuta dalT arte, e che ri- svegliera sempre I'ammirazione di tutti gli Osservatori . Diciassitte Statue grandi come natura, e piu di tremila pezzi di dettaglio formano la serie che vi si presenta alio sguardo. Scorgonsi in essa i Sistemi osseo, muscolare, ner- voso, sangiiigno, e linfatico esposti e rappresentati nella loro piu grand' estensione ; ma niuno di essi pcro e stato traitaio con maggior precisione , e dettaglio; nessuno fa maggior prova dei talenti, e dell'infatigabile zelo del nostro Bonicolijdi quello che faccia il sistema dei nervi. Vedesi poi lo Scheletro Uniano rivestito dei suoi ligamenti , e car- (i) Debbo renilere un tribiuo di lode, e di giustizia,aire5|jerto Chirur^o Sig. Giuseppe Galletti ProR'Ssore di Ostetricia nel!o Spedale di S. Maria Nuova di Firenze, il quale contemporaneamente a quest'epo- ca aveva esegiiite in terra cotta varie pre[>arazioni anatomiche, ri- " guardanti in ^pecie I'utero gravido, e le varie operazioni del parto; ed immaginate avej pure delle artificiose statue per il medeaimo og- getto , e per la istruzione dei giovani studenti , e delle donne rhe si occupavano dell' arte ostetricia. Questi lavori gli nierirarono la sti- ina , e la riconoscenza del di lui Sovrano , ed una onorifica couiinis- sione di siinili stiitue per la Scuola di Oitetricia dello Spedale di Vieiina. 3o4 PALLONI tilagitii, giusta le belle tavole del celebre Weitbrecht. Si osservano le fatiche illustri di Albino, e di Curcelles iiella esposizione dei muscoli. Quelle di Vicq d'Azir nelle varie sezioni del cervello , supeiato in cio dal Bonicoli , clie in una sola sezione di questo viscere modellata in cera, ed esistente nello spedale di S. Maria Nuova, egli haposro in veduta tutto quello che appena puo scuoprirsi in venti pre- parazioni diverse del prelodato illustre Francese . Vi si ain- mirano i non meno sorprendenti lavori del Mascagni nostro nelia esposizione dei linfatici ; e dell' Hunter suH'utero gravido, e nelFAnatomia del feto dai primi suoi rudimenti fino al sortire dal seno materno; la Splanchnologia rappre- sentata da pill di seicento pezzi di dettaglio; le scoperte, e. le pill belle osservazioni degli Haller, dei Meckel, dei Wal- ther, dei Fischer, dei Monro, dei Schmidt, degli Scarpa, de- gli Asellius, degli Hewson, dei Cruickshank, dei Senac, deiZinn, dei Smelie, dei Baudelocque ; e finalmente una serie nunieiosa di opere destinateall'Anatomia morbosa, ed alia Chirurgia operatoria: e da tutto questo, e quel, pi ii ch' io taccio (i) far ci potrenio un'idea dell'attivita, della pazienza, e della destrezza somma di chi diresse, e di chi prepare sui Cadaver! Umani tante parti cosi diverse, cosi distinte, e minuziose, ove lo scrupoloso anatomico non tro- verebbe al certo di che esercitare la sua critica severa se (i) Non faro menzione della Statua anatomica !n legno, di grandezza maggiore del natuiale , decomponibile io tutte le sue parti, ch'esser doveano tutte quelle che costituiscono 11 corpo umano , immaginata dal Direttor Fontana, ed in gran parte eseguita , la quale per qyan- to riuscir potesse la piii meravigliosa tra i lavori di questo genere, pure I'impossibilita di condurla al vero punto di pertezione, la difii- colta di smontarla ericomporla, la perdita del tempo, a I'enormi spe- se per I'esecuzione, e manteniuiento di essa, non equivalgono certa- tnente al vantaggio che arrecar potrebbe per la istruzione in parago- re delle Cere. Ond' h che a ragione il Bonicoli non apprezzo mai 1* Anatomia artificiale di questo genere. I' I ELOGIO DJlL BOMICOLI. 3o5 arl)itro fosse stato il Bonicoli di disporre, e rettificare le va" rie, e foise soverchiamente molcijiiicate preparazioni (i)- La sola Statua in cera che anreriorineiice a tiute le akie i^ Bicchierai (noiue illustre, e beiiemerito nei fasti della Me- dicina Toscana ) inimagii)6, ed al Bonicoli ne aifido la di- rezione; Statua che sebbene destinara a rappresentare il si- steica nervoso, pure per rinsieme delle altre parti che riu- nisce, sulTiciente ad un intiero corso di Anatomia , e per la precisione con cui sonn disposte , dir si puo certauiente I'opera piu perfetfa di questo genere ; essa sola, io dico, basterebbe ad illustrare la menioria di un uo]Tio,e renderlo meritevole delPencomio che giustamente riscosse il Bonicoli dai piu celebri Professori che il conobbero, del piu esatto e piu profondo Anatomico, e dcgno al certo, come Scarpa, e Cotunnio si espressero, di una sorte migliore. E cjui mancherei di troppo alia giustizia, ed alia verita, se un tributo di lode io non pagassi a quei nostri benenie- riti Artisti, die a cost alto grado di perfezione hanno por- tata questa Plastica preziosa , e che dietro le tracce, e gl' insegnamenti del Bonicoli hanno saputo riunire all'eserci- zio dell'arte medesima la piu estesa, e profonda cognizio- ne anatomica , per il che il nonie loro passera certamente alia posterita con quello del maestro, come i piu istruiti, ed abili Artisti di questo genere (2). (i) II vuoto che pur restava tuttora in questa copiosissima , e preziosa collezioneera 1' Anatomia comparata. Ma il (Jei;no successor di Boni- coli, ilProtessore di detta scienza nell' J. Liceo, Sig. Dot. Filippo Uccelli, va ora ad arricchiria anche delle preparazioni di questa in- teressante branca di Anatomia. (a) Meritano fra questi panicolar menzione gli abilissimi artisti Susini, e Calenzuoli, la perizia dei quali 6 da bramarsi che con i ben meritati incoraggiameriti si trasfonda, e conservi in allievi che a lor rassomi- glino. Hanno reso al Susini la dovuta giustizia gli oltramontani : i Professori Frances! Beaufils , e Andral, si sono espressi « malgr^ ie « meiite real des preparations des lyraphatiques , et du grand syifl- 3c 6 PALLONI Con tanta esperienza, e contanto sapere, non poteva non giungere il Bonicoli a possedere quel tatco fitiissimo, edelica- to, quel colpo d'octluo sicuio che vede il fondo deJle co- se appena se le pieseiitano alia vista; che scuopre gli al- trui abbagli, e difetti dove la mcdiocrira non vede che beiiezze , e perfezione. Iniperocche gli oggccti faniio negli uomini diverse impressioni secondo la diversa organizza- zioneclel loro cervello : su i piii e la sola superfitie che agisccj e prendono per I'oggetto intiero la prima faccia t!ie lor ne presenta il caso: ma per I'uomo di genio non vi e lato, non vi ha punto in un oggetto, che non !o colpisca: si moliiplicano essi, per cosi dire, sotto il di lui occhio sa- gace; ne scuopre le forme, le proprieta, i rapporti ; e la Natura conipiacendosi quasi di essere nei suoi roistcrj sor- presa, spezza per lui quel velo col quale ha voluto tutte le sue opere nascondere agli occhi dell'uomo volgare. Questo spirito di ricerca, questo genio penetranre, e sagace, por- tarono il Bonicoli a rettificare molte cose in Anatomia da altri erroneamente avanzate,e pubblicate, ed a scoprirne non poche altre in pria non vedute da alcuno. 'Cosi egli e statot'ra i primia dubicaje che il nervo intercostale , o gran simpatico, avesse origine, come generalmente credevasi, dal sesto paio, avendo fatto osservare che le diramazioni di quelle, oltreche nel sortire dal tronco principale fanno con lui un angolo contrario a quel che farebbero se gli dessero K patique executees avfc rant d'art par le citoyen Laiimonier, nciis c< usons dire que Siisini est plus voisin de la nature, sans donte par- " cequoi il connoit les justes proportions des substances ditierentes cc avec les quelles il I'aut pckrir la cire « (V. Mem. della Suo. ined. di eaiulaz. t. i. p. 270. ); e Lassus sciivendogli in nome dell' Istituto di Francia per ringrazlarlo della bella j)reparuzione da hii nundatagli della porziou dura del settiuio paio con tutte le sue diramazioni , gli dice « cette piece d' anatomie artificielle est une preuve que vons « reunissez le double ineiite d'un savant anaiomiste , et d'un habil « dessiuateur. « I ELOCTO DEL EONICOLE So? origine, vanno altresi ad espundersi sopra il sesto paio, e sfipra il masrellar superiore, i rpaali essendo di color biai)- co, c leydiramazioiii deH'intercnstale mostratido un colore rosso-chiaro, non Jascian duLbio di una tale espansione. Qiiesff! sue osservazioni sono state poscia confermate ed avvalorate dai piu accurati Anatomici, i quali son giunti a persuaders! die il preteso nerve intercostale in luogo di riascere, o tenninare in alcun nervo tanto dei cere- brali, quaiito degli spinali, puo considerarsi piuttosto co- me un nervo parasito die nasca , e viva a spese rli tutti gli altri , formando un sisteina suo particolare : ed i! -ce- lebre Biohat con ripetute esperienze, e con le piu plau- sibili ragioni ha provato che il gran simpatico altro non e die il sistema dei gangli, da cui nascono tutti i nervi della vita organica. Vidde iiioltre il Bonicoh un nervo che dal gnnglio sfeno-palatino si porta direttamente ai due denti incisivi della mandibula superiore, mentre tutti gli altri denti hanno in comune delle diramazioni procedenti dal mascellar superioreijEgli scopri pure un nervo che par- tendo dailaporzion dura forma un triangoletto sopra la pi- ramide della costa del tannburo, e vide che lastessa porziou dura con esso comunica per mezzo di varie diramazioni pro- cedenti dal glosso-faringeo, le quali si confoudono con i rami deirintercostale. Osservo inoltre chealcune diramazioniner- vose dall'ottavo paio rimontano nel cranio, e vanno quindi a inserirsi nell' organo acustico; e che Je ampollette dello Scarpa nei canali semicircolari non sono che flocchetti ner- vosi, che pendono nel vestibulo. Finalmente egli, anco pri- ma del celebre Chirurgo , ed oculista di Milano Sig. Fran- cesco Buzzi, scopri, ed a'suoi discepoli dimostro quella mac- chia gialla del fondo deH'occhio, che fu poscia illustrata da Soemering, ed altri (i) . Se contentato ei non si fosse (i) Marc, e Leveille ci hanno istruito che M. Michaelis, a cui Soeme- 3c 8 PALLO^^I sokanto cll dimostrare, e diaccennare in parlando ai pro- prj auiici, e scolari queste, ed alrrenon poclie sue osserva- zioni, e ritrovati; e pussednto avesse un poco piu cli qiiella lodevole ambizione, die non lascia perir nel silenzio le utili produzioni e scoperte dell' uomo d'ingegno, maggior lode ne avrebbe oggi certamente il suo nome, e piu faiuoso suo- nerebbe anche al di la delle patrie mura. Tale originalita di vedute, tanta estensione di luini fa- cer si che il di lui giudizio sulle opere ed opinioni altnii era franco, e severe ,• che niuna qnesrione insorgeva di ana- tomioa, e chirurgica dependeiiza, ch'ei non sciogliesseage- volmente col ragionamento, e col fatto; e che nessuna sco- perta veniva in campo, ch'ei non le desse il suo giusto va- lore, e se ne occupasse quanto il meritava. Infatti la dot- ring corriunico 1' osservazione da Ini fatta ( sebbene , come abbiamo noiato, non fosse il primo) ili una macchia gialla nella retina, di una piega , ed un foro nella stessa parte , rettifico con maggiore accura- tezza una tale osservazione, ed insegno la maniera di tarla. Tagliate, egli dice, in due segnieoti un occhio sano, risparniiando quanto e pos- sibile I umor vitreo: immergete in seguito rocchio stesso nell'acqua cliiara, ed aitraveroo ili questa vedrete sulla retina una macchia gial- la di Colore [)iu cupo nel centro, il cui diametro^ di circa una linea. Mettendo quindi bene a scoperto la retina , oltre varie pieghe, e iu- crespature, vedesene una piu interna, e sinuosa,clie coiiiincia prcsso la inserzicne del nervo ottico, e va a terminare esternauiente con un estreniita piii marcata, e rotonda. ConCinuando^le osservazioni sott'acqua , e compiiaiendo I'occhio , la parte ove vedesi la macchia si presenta sotto la forma di una protuberanza ovale: nel tempo stes- sovisi scorge un punto traspa rente, un piccolissimo foro. Avendori- petuto Michaelis queste osservazioni nelle varie malattie degli occhi, ha vedutu che la macchia gialla sparisce negli occhi divenuti opachi; ch'i rimpiazzata da un puuto appena visibile in un occhio stafiloma- toso ; e da una macchia nerastra in un occhio afletto da amaurosi: quindi si puo concludere che queste particolaritft concorrono alia perfezione dell'apparecchio ottico, senza che per altro se ne sappia ii vcro va'uie (v. Mem. della S^jc. d'euiuldz. an. i. p. 394)- Al nostra Bonicoli adunque prima di ogn' altro e dovuto il merito di tale sco- perta. I i ELOCIO DEL CONICOLT. ' 809 trina, ed il-lastrazioiie del sistema linfatico, che incomincio a menar gran lomore nelle Scuole, e che tanta lode e tan- ta gloria ha prodotto al paese nostro, che la vide perfczio- narsi, fu un nuovo stimolo alia di lui ardente passione per le ricerche anatomiche; ed una certa rivalita, die ben di rado manca tra i Professor! di un'arte^che per le medesi- me vie alia perfezione s' incamminano, eche,sein un'ani- ina nobile insorga, non e che uno sprone alia gloria, ehbe jmr luogo iiel nostro Bonicoli; e fu per essa ch'egli egua- glio r altrui sapere anche in questa parte iiiteressante e uuova deir anatomico studio. Debbo pero confessare che la di lui opinione fu sempre diversa dalla comuneniente jicevuta quanto all' origine, e distribnzione li questo si- stema di vasi. Imperocche non riguardavalo egli sempli- cemente come un sistema unico, continuo, e generale al pari del sanguigno, ma lo considerava piuttosto sotto r aspefto di sistemi moltiplici, indipendenti, e parziali , quasi niezzi di comunicazione ( quanto alia circolazione sierosa, e linfatlca ) fra le diverse parti organiche della maccliina animale. Varie osservazioni da lui fatte sopra la loro origine, la direzione, la posizione delle valvule, e le diramazioni loro, lo indussero in tale opinione. E co- si ei spiegava con molta facilita la dottrina delle meta- stasi, e i pronti trasporti delle varie sostauze mediramento- se, e morbose da una parte all'altra del corpo, per la spie- gazione dei quali ad un movimento retrogrado, e non natu- rale,si era da Darwin, e da varj alrri, avuto ricorso: e molta luce eglispargeva sopra la nutrizione delle parti, e su moiti altri oscuri fenomeni fisiologici e patologici dell' animale economia. Intanto, benche distratto da-siffatte gravose e continue applicazioni, non trascuro per questo I'esercizio e lo studio della Chirurgica professione. Conoscitore profondo di tutto cio che dagli antichi, e dai moderni, si era peusato e scrit- 40 3lO ' t'ALLONI to su tal materia; illuminato abbastanza per non giurar vil- mente nelle opiiiioni altrui; e non egoistu al segtio di non valutar quanto il meritano le fatiche degli altri, e di sacri- ficare al prepotente amor proprio la verita , si era egli for- niaco un giusto criterio, ed un colpo d'occhio pronto, e si- curo da giudicar rettauiente, e ragionar con chiaFezza, e precisionediqualsivogba malattia se le presentasseinesame. Non parlero della di lui destrezza, e feliciti\ nell'egpgui- re le piu difficili operazioni Chirurgiche: notero soltanto cli'e sua invenzione un' ingegnosa macchinetta esistente neU'armamentario dello Spedale, facta pel casi di frattura fuori di sito della mascella inferiore, per lo piu fatali per la lacerazione del nervo (i). Fu pur sua idea la cosriu- zione di un ago utilissinio per 1' allacciatura delle arterie piri profonde (2). E finalmente da rilevarsi che a lui la Citta e lo Spedale son debitori dell'uso, e dell'applicazione del metodo di Le Gat alia litotomia , essendosi egli deciso per questo dopo un mature esarne , e cotifronto facto sui cadaven dei varj metodi usati neH'operazione della pietra, e avendo a quello addescrato i suoi bravi allievi . La fama veritiera delle fatiche illustri del Bonicoli, e del di lui merito sommo nell' Anatomica, e Chirurgica Piofes- sione non poteva non porlo di fronte alia occhiuta caterva degli emuli,e degli orgogliosi pseudo-sapienti, che,quai fuchi molesti e parasiti, infettano la Repubblica delle lettere,ove adoprano la tactica infarae di lodare altrui da quel lato (i) E' dessa composla in maniera che solleva il pezzo anteriore depresso nell'isteiso tenijio die (Ifprime il posteriore sollevato dall'azione del niassetere, e del crotaKte; e incanala i denti onde iinpedire il divari- cainento dei pezzi della tiattiira su i lati. (2) E' questo tbrmatodi due pez.zi; di una cannula die contiene i laccl, e di un apice che iie forma Tansa. Passata la punta dell ago al di sotto dell'arteria , con una pinzetta si tira fuori ; e ritirandosi contempo- raneanionte la cannula, i lacci re'itano al loro posto. Quest'ago i pre- cisamente Topposto di quello a resson di Dessault. ELOGIO DEL BONICOLT. 3ri die lo merita il meno, per avviliilo, e calpestarlo poi in cio ch'e veraniente degno di encomio; mentre spacciano cotne loro proprieta quello che criticano, e disprezzano in altri. Tal fiume, dice eloquenteraente, e con verita un dotto EIo- gista della Francia, corre romoroso, e gonfio d' acque tor- bide, e impure; tal altro va superbo delle non proprie: ec- co I'emblema della reptitazione usurpata.SeilBonicoliaves- se potuto vaiersi delle arm! , che il proprio nierito accor- dava^ji, sarebbero state certaaiente nulle le vociferazioni della gelosia, e le cabale dell'intrigo,' ma la natura in- grata lo paralizz6, come vedremo; ond'ei vi dove soggia- cer finche visse, senza poter mai altro posto occupare, che quello di semplice Dissettore, e di lavorante giornaliero neir I. Museo. L'invidia, che tutto teme , tutlo abborre , tutto biasima nel merito , lo cuopri sempre col suo torbido veio, onde ofFuscarne ogni raggio di luce, e perfinona- sconderne il nome. Ma regnava ancora Leopoldo. Conoscitor profondo degl' ingegni eievati, sfaggito non eragli il nostro Bonicoli: ed accortosi che poco erasi ancor fatto per lui, rivolse ad esso spontaneamente il pensiero . Non ignorava quel Principe filosofo che la cunoscenza personale degli Uomini sommi * nelle Scienze, e nelle Arti, non in copia sparsi fra le piu culte Nazioni , assai meglio che la lettura delle Opere loro; ' e le oculari osservazioni degl' Istituti di pubblica istruzio- ne, e dei varj metodi in uso nelli Spedali dei diversi Paesi, piu che le relazioni spesso infedeli di quelli, vagliono a svi- luppare il genio, ingrandir lo spirito, e portar merci assai piu preziose dell'Indiche gemme anche ov' e piu fertile, e ij . piu coltivato il terreno. Voleva dunque Leopoldo che profit- tando ancora il Bonicoli di un si pregevole avvantaggio, si portasse in Francia, e poi in Inghilterra, indicandogli come un particolare oggetto di osservazione , ed istruzione, lo studio, e la conosceuza dei migliori metodi usati nella ope- 3l3 PALLOXI razione dclla pietra dai piu celeljii oltiamontani Litotomi, onde perfezionare anche in questa branca interessante, e pocb fin allor fortunata, la Chirurgia Toscana , e tornar poscia a sostenerne I'incarico. Pieno il Bonicoli della lusinghiera idea di questo viaggio, si applico nell'istante alio studio della lingua Inglese, ch'ei giunse ben ^jresto a possedere. Ma qnando realizzar si do- veva un tai progetto, piu luminosi destini tolsero Leopol- do alia feliciti dell'Etruria. Distrutta nel nascere unasibella speranza, il Bonicoli da quell'istante non ebbe die niali, e calamira da soffrire; imperocche un asma nervoso, fiutto forse dei suoi luuglii travagli, e delle putride esalazioni in tanta copia inspiia- te, incominci6 di li a non molco,con accessi piu o meno foi- ti, piu o meno frequenti, a tormentarlo, e lo rese inftlice per senipre. Ed ecco che la mia penna allor ch'esporre doveva i pre- mj della yirtu, e i resultati felici del genio, e della supe- riorita sul volgo degli uomini, non se le presenta invece che una serie di niali a narrare. Ma io non mi tratterro gia a mostrarvi il Bonicoli miseramente lottare per moiti anni fra il desiderio di esser utile altrui, e la forza di un morbo senipre piu fiero, che inutili rendendo tutte le risorse dell' arte niedica, rainava crudelmente la vita di quest' uomo in- felice . In tal dolorosa situazione avreste veduto i suoi Compa- gni d' arte, i suoi bravi allievi,accorrere a lui, quasi ad ora- colo, tutte le volte che qualche difficile operazione Chirur- gicalor presentavasiadeseguirsi : e il Bonicoli segnando lore la via sicura da battersi ; indicando i mezzi piu acconci da adoprarsi ; corres^endo o-l' istrumenti giu conosciuti , o in- ventandone ancora dei nuovi piu idonei all' uopo, guidava loro , benche da lunge, maestrevolmente la mano sul cor- po degl'infermi: il suo letto , la sua conversazione, i suoi I ELOGIO DEL BONICOLI. 3l3 familiari colloquj, non erano die una scuola continova, eel istructiva. Ricco di cogiiizioni, e di fatti profondamente sen- titi, edi quella scrupolosa esariezza, e precisiont',che accom- pagnar li suole alioiohe non si sono appresi dalla lettura dtlli scrirri altrui, ma acquistati con le proprie ricerche, ed ocalaieosservazione,ei nietceva nei suoi discorsi, ed espres- sioni un fuoco, che tutta animava la di hii persona; cosic- che io avreste creduto agitato da una calda disputa allorcli' ei non faceva che comunicare altrui i proprj pensieri con quella facondia naturale, esemplice, ch'e piu il prodotto della nioltipliciti delle idee, che della elegante e studiata disposizione delle parole. Ed oh perclie I'ozio in pria, a quindi la salute, mancogli, onde consegnare alle carte tanti lumi preziosi , tanti utili frutti della sua dotta esperienza! Perche perpetuardovransi gli erroii, e le frivolezze degli uomini vani, e da nulla , a cui la natura accordo Nestorta vita e felice, onde il mondo di tante opere inette infettare, e passar non potranno so- vente per di lei colpa alia posterita gli utili prodotti del genio, che si di rado ella dispensa, e piu di rado ancora fa- vorisce, e seconda?Mase il Bonicoli nulla pote a noi tra- mandar con gli scritti , opere non men preziose, non meno durevoli, ne lascio, che lui rammenteranno iinche lo studio deU'Anatomia sari in pregio, ed onore. Fuvvi un tempo, in cui gl' intervalli di quiete, che gli accordava la sua crudel nialattia, rendendolo alia Societa, ed a' suoi prediletti studj, glie ne facevano sentir meno I'or- ribil peso. Ma la natura, quasi il volesse piu misero, gli tolse ancor quelli. Erano raolti mesi ch'ei languiva oppres- so senza riposo dal furor del suo male . In tale stato sof- ferse il di lui spirito un rimarcabile cangiamento. Privo da lungo tempo della compagna, ch'ei s' era scejta in consorte, senza figli, e senza risorse, le sue parole non risuouavano che lamenti e disperazione. Una cupa misancropia si era 3 14 PALLONI iinpadronita di liii. Ei s'irritava contro il genere umano, e non a torto: i bisogni della sua vita crescendo ogni gior- no, gli mancavano i mezzi necessarj a soddisfarli. £ vero die a fronte della impotenza sua tolto non gli fu mai, sebben pill volte crudelinente contrastato, lo stipendio accordato- gli dair I. Museo, purch'ei pensasse a supplirvi con al- cuno de'suoi piu abili allievi. £ vero clie quello Spedaie, che di tanto era a lui debitore, e che gloriar si doveva di possederlo; quello Spedaie che un giorno lo ricompenso della piu nera ingratitudine , gustar facendo anche a lui il calice amaro della persecuzione nel regno del fanatismo , e della ingiustizia; questo Spedaie medesimo a lui stese al- lora pietose le mani, e gli opportuni riuiedj , e I'assistenza iiecessaria generosamente gli ofFri. Ma troppo misera era crmai divenuta ia condizione della di lui vita; cosicche il peso delle sue inferinita aggravandosi ogni di piu, la fa— tica di esistere divenne per lui insopportabile. Un Uomo che tutta conosce la forza del proprio ingegno, e che la sente da nemica crudel potenza inceppata; che vede la natura congiurar quasi contro la sua felicita, e gli uomini se non nemici, indolent! almeno a procuraigliela; un Uomo che nel calcolo della propria vita vede svanire ogni apparenza di bene a fronte di una somma immensa di mali, e mali ch' ei crede irreparabili; un Uomo infine che vinta sente dalla piena del dolor fisico ogni moral reazione, se con mano violenta tronca il debole stame di una vita cosi miserabile, lascer^ certamente dubbioso il suo giudizio nella mente del filosofo, mentre la Societa, e la Religione non potranno che condannarloper I'oblio dei proprj doveri. Tale appunto fu il fine del nostro Bonicoli la mattina del i8. Luglio del 1802. in eta di anni cinquantasei (i); scena lugubre su cui tirero di buon grade un velo per ri (1) Si uccise annegandosi. ELOGIO DEL BONICOLI. 3l5 sparmiare I'akrui sensibilita gia di troppo ferita dalla per- dita di quest' Uomo iiifeliccj i cui meriti, le cui fatiche, ne Iianno gia segnato il nonie nei fasti della patria Istcnia. Non i freddi elogj deirammirazione; noii le profuse lodi della moltitudine die larera, o disprezza I'Uomo grande finche vive, lo piange,e lo encomia allor che non e piu; ma le lacrime della riconoscenza, e i fieri sparsi sulla toniba del maestro dalle mani degli ailievi ch'ei formo, sono il 2;iudizio piu yero, e Tomaggio piu lusinghiero che render si possa alia menioria di un Cittadino. Dessi furono infatti che airamico, al maestro estinto, gli ultimi pietosi ofHcj rentlendo, le di lui spoglie depositarono nello Spedale di S. JMaria Nuova, in cjuella stanza medesima che fu il teatro delle sue fatiche, e della sua gloria: e una lapide marmorea innalzar si proposero in di lui onore fra i monumenti di quelli, che si resero come lui benemeriti di quel luogo, e ■ della Umanita. V'ha sol da dolersi die I'ombrasua aggiran- - dosi intorno a quelle, avria potuto ripetere lo stesso ama- ro riniprovero, che gia sul monumento di akro simile sven- turato fu incise „ Vivo mi negaste un pane, morto mi date un sasso „. Una viva sensibilita; una penetrazione facile, e pronta; uno spirito attivo, imparziale, ed indipendente , formarono il di lui carattere morale. Un corpo piccolo, agile, scarno, lua bene organizzate, costituivano il fisico. Amice sincero, liberate, e disinteressato; critico severe, ma non indiscrete. Maestro affezionato,e mai repugnante a comunicare altrui i proprj lumi, la societa il conosceva ben poco, perche poco viveva in mezzo a quella. Gli Uomini che il conobbe- TO lo stimarono, ma pochi il protessero. La fertuna contra- ria far ne veleva una vittima: egli ebbe il coraggio di pre- r venirla. Fine della Parte prima del prima Volume, NOT A per la pagina Joj. Jjonicoli fu il primo ad osservare,clie dal ganglio sfeno palatino, e pre- cisamente iiella parte opposta alia oiigine del nervo Vidiano , nascono due piccole diraiiiazioni nervose , le quali passando per un fbto comiine dell osso sfenoide , che resta imniediatamente di faccia a detto ganglio , entrano nelle narici, e vanno una al palato , e I' altra al dente grande in- ciiivo della parte corrispondente al ganglio niedesimo. Quest' ultimo ner- vetto non inanda vcruiia diramazione alle parti che percorre , e mi piace- rebbe denominarlo BonicoUaiio dal suo scopritore . Dalle naiici, prima di portarsi al dente giande incisivo, arrivato che e alia base ed al princi- pio del Vomere , enti a in un piccolo toro del mascellar superiore , e si porta quasi a perpeodicolo allestremita della radica di detto dente, ed entrando per il di lei fbro va a spandersi nella sua cavita accompagna- to da una diramaziooe arteriosa, da una venosa , e da qualche vaso lin- fatico . Allorch^ questo dente h malato al seeno di risvegiiar del dolore , que- sto si fa sentire ancora nell' interno dell' orecchio della parte corrispon- dente . E' era facil cosa spiegare come tal fenonieno accada : il nervo di questo dente porta lo stimolo doloroso al ganglio sfeno-palatino , dal qua- le ha origine ii ner\'o Vidiano, che manda una ben visibile diramazione , la quale va sugli ossetti dell'udito a riunirsi alia corda del timpano. L'ocu- lato Fisiologo , conosciuto questo nervo , spieghera tacilniente il dolore dell" orecchio per cagione della malattia di detto dente , senza ricorrere agl ingegnosi consensi del celebre Darwin . E' veramente mirabile come la Natura ha scherzato nella distribuzione dei nervi dei denti , e specialmente di quelli della mascella superiore ; poich^ dessi ricevono le loro diramazioni nervose da tre punti diversi , sebbene tutte partono dal secondo ranio del quiuto pajo , cioe, il grande incisivo riceve la sopradesciitta diramazione che parte dal ganglio sfeno- palatino ; il piccolo incisivo, il canino, e i due bicuspidali, o piccoli niolari, ricevono ciascuno una diramazione dal nervo infraorbitale ; e i grossi mo- lari dalle appeodici dentarie . II Sig. Gaetano Buzzi peritissimoChirurgo, ebenemerito specialmente nella branca delle malattie dei denti , a cui egli si e in [larticolar modo applicato , ha fatta eseguire dal celebre artista Siisini una bellissima pre- parazione in cera del sopra descritto Nervo Bonicoliano , egiialmente che di tutti gli altri nervi dei denti. E' desiderabile che il big. Buzzi conui- richi al Pubblico le sue Osservazioni sopra questo ramo di Anatomia , e di Chirurgia, fra le quali parmi assai interessante quella, che i denti di Jatte non hanno i medesimi nervi dei denti dell' adolesrenza ; come pure le osservazioni ed esperienze da lui fatte sulla comunicazione dei suoniper mezzo ilei denti. Ecco ni6,ch'egli mi ha sciitto su tal particolare : « Aven- « do pochi mesi sono fatte delle osservazioni , edesperienze sopra I'udito, « lelativamente a cio die M. le Cat ci dice, che ancora per i denti noi « aentiamo , son potuto venire in chiaro che le onde sonore si comunicano « al sensorio comune non solamente per mezzo dei denti , ma ancora per « lutte quelle parti che »ono dolate di nervi provenienti dal Quinto Pajo, « e particolarmente dal secondo ramo del medesimo ; e di piia ho rimar- « cato che alcuni denti sentono piu , ed altri meno, tanto della mascella (c superiore che della inferiore . Kiserbandomi ad altro tempo a descrivere « tiitte r esperienze fatte su tal proposito , accennero saltanto quelle che i< ri^uardano i denti , e specialmente il nostro Nervo Bonicoliano . « c< L' esperienze turono da me tatte nel corso della notte mentre io era « attaccato da una torte oltalmia ; e mi servii di varj strumenti sonori , « ed in particolare di un piccolo orologio a repetizione. Turai col cotone, i< e poscia con della morbida cera preparata con trementina , i miei orec- « chi finchfe 1' udito era attatto preclnso a qualunque prova . Allora ap- « plicai I'orologio sulla lingua, sulle labbra, e nonsentii alcun suono; I'ac- >:*. \ \ m ?*a 'm^ A T T I DELL" ACCADEMIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI. ToMO FBiMO, Paxte Second a. LiY^^iMsro PRESSO TOMMASO MASI, E COWP.* MDCCCX, 1 II SOPRA LA TRADUZIONE E COMENTO DELLA POETICA D' ARISTOTELE DEL CAVALIERE LIONARDO SALVIATJ. M E M O R I A DI VINCENZIO FOLLINI. Jl ra i Letterati che illustrarono nel secolo XVI. la nostra c,itu\ di Firenze, celebratissimo e tuttora il cav. Lionardo Salviati, come quegli che avendo ricevuto dalla natura ua singolar genio per le belle Lettere, e un finissimo gusto per la Toscana eloquenza, iltustro la patria lingua con o- pere utilissime, e benemerito di essa, piuchealtri, diven- ne cou la fondazione della famosissima Accademia della Crusca, della quale certamente pud dirsi il principale au- tore, come dalle scritture di essa si rileva. Tra le di lui opere, che citate furono nella prima e sus- seguenti edizioni del Vocabolario della (Irusca , trovasi il Comento sullaPoetica d'Aristotele scritto a penna senza in- dicarvisi il possessore del Testo . Di questo Testo inteudo di far I'istoria, la quale e molto varia, curiosa e interes- sance , non dissimulando in cio la mia compiicenza per a- vere sco[)erta una parte notabile del medesimo, gii da Tom. 1. Jf. 11. , 2 F O L t I N I molto tempo stimato affatto percluto. Bastiano de' Rossi detto r lnteria,iio, che fu il primo editore del Vocabolario della Crusca iiel 1612, e che conoscer potcva il possessore del Testo lo tacque atfatto, come lo Cacque di altii. Lo stesso accadde nella seconda e terza edizione del Vocabo- lario, ma nella quarra o ultima Fiorentina si trova una no- ta ili questo tenure „ dicono che questa copia a penna si „ conservava in due voluini in foglio nella L-ibreria del „ Marchese Pieraiitonio Guadagni, ma che da esso fu pre- j, stata a Valerio Chimentelli, dopo la morte del quale „ non si sa in mano di chi ella andasse. II Padre Negri di- „ ce che al tempo del P. Gamurrini era presso al Cavaliere ,, Zefferini „. Si vedrii j)iu sotto che tro[)po bonariamente chi fece la nota, non sapendo dove il Gamurrini asseri C][ue- sto,si fido del Negri. La notizia del possessore Pieranto- riio Guadagni, e dello smarrimenfo accaduto dopo esser passata in mano del Chimentelli, e presa di pianta dal Rilli nelle Notizie degh Uomini Illustri delV Accaclemia Fio~ rentina peg- 222. Per descrivere con ordine la storia di questa smarrita opera, e il ritrovamento di una parte di essa , mi rifaid dalla morte dell' autore. II cavaliere Lionardo di M. Gio- vanbattista Salviati mori la notte precedente al di 12. Lu- t'lio I 589. come si rileva dal Diario dell' Accademia della Crusca scritto da Bastiano de' l^ossi detto Plnferigno, che e il Cod. 23. del' Piu^eo IV. della Libreria Pubblica Ma- gliabechiana, alia pag. 26. Questa certa notizia se fosse ve- nuta alle mani di Apostolo Zeno, quaudo ei parlo della morte del Salviati nel T. I. dell' Eloquenza Italiana del Fontanini dell' edizione di Venezia ijSi. |)ag. 32^. gli a- vrebbe risparmiato il dubitare dell'asserzione del Lombar- delli, e I' aver tanto riguardo perquella di Sal vino Salvi- ni, che nel Settembre dell'istesso anno la pose nei Fasti Consplari deW Accademia Fiorentina pag. 193. II Fonta- ■t « 50PRA LA TRADUZIONE DEL SAL VI ATI CO. 3 nini i'avea posta col Lonihardolli nel cli i s. Luglio, e Hl-i cc die accadde nel Monastero degli Angeli. Fino a questo gioriio rion possiamo dubitare del possessore del Libro che fu rautore luedesimo. Per (juaiico egli dice nella Lettera dedicatoria del Decamerone al Dtica Jacopo Buoncompa— gni in data del di 26. Aprile i 582. da 16. anni si occupa- va allora in (jnesto lavoro, on^le pare cominciato nel i566, vale a dire poco dope la morte di Benedetto Varchi , che accadde il di 18. Dicembre i565. come si ha dal Bottari nella Prefazione aU'Ercolano pag. XV. benche I'isorizio- ne sepolcrale la ponga nel i566. lo ho voluto prima di se- guirare r istoria del Codice notare questa particolaritA, perche unita ad altre osservazioni favorisce un inio sospet- to.clie il Salviati abbia in quest'opera molco profirtato del- le fatiche di Benedetto Varchi. Egli e certo che 11 Varchi tradusse e comento la poetica d' Aristntele, dicendolo egli stesso alia pag. .599. delle sue Lezioni neU'edizione in cjuar- to in qiiesti termini: „ se io non mi fossi (sono oi^' molti „ anni) in traducendo e comentando la Poetica d'Aristo- 5, tele (senza il quale non saprei muovere un passo) eser- „ citato non iiezzaiiamente „. Questo il dice nella Lezione prima della Poesia letta nell'AccademiaFiorentina nel i 553, cosa I he non poteva ignorare il Salviati . A questo lavoro pare che alluda il Lasca in quel Sonetto iXl Varchi che e nella P. I. pag 96 delle sue Rime: Attendete a tradurre e comentare, E fatevi Aristotile in volgare. Ma tutfavia il Salviati, che nell'Orazione fatta per I'Ese- quie del Varchi, le sue opere d'annoverare si compiacque, non fece alcuna menzione di questa; perche laddove alia 'i pag- 59., ( io cito I'edizione del prime Libro delle Orazio- ni del Salviati del i575.) dice „ or la poetica dichiaran- y, do „ parla certamente delle sue Lezioni , avendone egli fdtte cinque della Poesia ^e una della Poetica in generale. [^ r O L L 1 N I Ma quello che a mio credere e di ci6 molto valido argcr- nieiito si e il silenzio del Salviati nella Prefazione alia sua Traduzione e Comento della Poetica di cui v6 facendo I'i- storia, dove citando quelii che si erano esercitati nell' e- S|)osizione di quest' opera, omette del tutto il Varchi, giac- che per le lettere C. V. non Comento Varchi intender si debbe, ma Castt Ivetro , che egli ingegnosamente, e forse non senza ottime ragioni, per Comento Volgare vuol die sieno interpetrate. lo ho rilevato questo manifestamente dal confronto fatto ccn 1' opera del Castelvetro, avendo ri- trovato che le opinioni sotto le lettere C. V. notate dal Sal- viati sono quelle precise diesso Scrittore. Aggiungoaqueste un'alcra ragione,ed e I'intrinseca aniicizia del Salviati con D. Silvano Razzi e Lorenzo Lenzi Vescovo di Fermo , ere- di deo^li scritti del Varchi j come si ha dal Bottari nella Prefazione all'Ercolano pag. XVI., per mezzo dei quali potette facilmente avere in mano gli sbozzi di quest' opera. Un'altra pure aggiunger se ne potrebbe, ed e il non essersi piu trovata 1' opera del Varchi, essendo cosa solita, e diio necessaria a chiunque gli altrui scritti si appropria il di- struofferne sli ori^'inali affmche resti il furto semnre oc- culto. Tornando all'Istoria del Codice ei dovette venire natu- ralmente in potere de'suoi Eredi. Un Anonimo che scrisse tra il 1 668. e il 1676, come si vedra piu sotto, cosi lascio notato in un Ricordo detto Informazione esistente nei Cod. 140. PI. II. della Libreria Magllabechiana fol. 5i. e 5a. ,, Un vecchio Accademico della Crusca disse moJti „ anni sono che Bastiano dei Rossi detto lo 'Nferigno, pu- „ re Accademico della Crusca, era rimaso erede di tutte „ le scritture del Cavalier Lionardo Salviati; et interro- „ gato chi restasse erede del sopraddetto 'Nferigno, rispo- „ se che tutto aveva lasciato alia predetta Accademia, ec „ aggiunse che egli era da San Casciano. Altri hanno det- ail 55 SOPRA LA TRADUZIONE DEL SALVIA TI ec. 5 „ to che D. Silvano R.izzi Monaco Caiijaldolese, e noii „ lo 'Nferigno fosse 1' erede del cavalier Salviati. Per chia- „ rirsi del vero, quando fossero usate le debke diligenze „ nella Libreria de' sigtiorl Guadagni, e che non vi si „ fossero trovate le Letteredel Tasso,che si cercano, sa— „ rebbe necessario che prima fra le Scritiure delTAccade- „ mia, e poi in quelle del detto D. Silvano, fosse fatta 5, esattissima perquisizione da persona che vi si applicasse „ da dovero, alia quale bisognando si usei-ebbe secondo la sua condizione convenience mercede, per le sue fatiche, J, e se in San Casciauo vi fossero eredi del detto Basciano ,^ de'Rossi, non sarebbe se non bene di cercarne la ancora . „ La Poetica inte.ra d' Aristotile Coiiientata dal medesimo „ cavaliere Salviati, era pochi anni sono nella Libreria „ de'signori Guadagni, e da loro fu prestataalChimentelli, „ che mori poco dopo in Pisa „ (vale a dire nel i668. on- de il presente ricordo e scritto poco dopo quest' anno, as- serendo che pochi anni prima era nella Libreria Guada- gni) „ e dicono die fra le sue scritture, capitate alle nia- „ ni di una ]\Ionaca sua parente non si sia ritrovata se non „ la prima parte di essa Poetica, e che la seconda la qua- „ le e desiderata non si trovi; et alcuni credono che pos- „ sa essere in mano di qualcuno, che la tenga nascosta ; „ et i paiticolari si potranno sapere dal signor Lorenzo „ Panciatichi „ (il Canonico Lorenzo Panciatichi che mori il di 12 Luglio 1676., come si ha dal Catalogo Cronolo- varlo presso gli eredi Ceffini, lo che non avve- niva deir altro totalmente ignoto dopo il passaggio in ma- no del Chimentelli prima che 1' Anonimo dell'informazione ce lo indicasse presso una Monaca senza dir dove, e che ii f] Marmi felicemente lo ritrovasse . L'aigomento e questo. II Maghabechi in una Lettera al Canonico Lorenzo Pan- ciatichi stampata nelle Prose Fiorentine, edizione Fioren- tina Vol. I. deile Lettere pag. 167. dice „. Veddi e lessi -„ qualche anno fa un tomo della Poerica del cavalier 8al- „ viati, e non mi pare che faccia menzione alcuna del Tas- „ so;-Per esser nondimeno cosa di molto e molto tempo „ non mi posso fidare della mia infelicissima memoria, on- „ de per servirla, mi faro prestare di nuovo il detto tomo, „ e le accennero il tutto,, . II Pauoiatichi desiderava, come si Tom. 1. P. 11. a. 22 F O L L I N I vede, di sapere come e dove il Salviati potesse aver parla- to del Tasso, oiicle per servirlo noii uii solo toiiiu della Poetica, ma ambedue avrcbbe dovuto il Magliabechi scor- rere; eppure un solo dice di averne letto, ed un solo ed istesso prometie di tornare a leggere, facendoselo di uuovo prestaic. I lomi adunque erano gia separaii, ed uu solo gli era noto, e sapeva iu quali mani era , altrimenti non potca faistrlo nuovamente prestare. II Panciatichi mori nel 1676. e [)er couseguenza la Lettera e scritta puma di que- sto tempo o non dopo. Essendo il toino gi^ separate dall' altro, non potea trovarsi allora nella Libreria Guadagiii dove furoiio sempre uniti, ne tampoco jn mano del Chi- meiitelli morto nel 1668. e che li'tenne in mano ambedue, lie potea tarselo da essu il Magliabechi prestare, giacche dice di farselo prestar di nuovo, cioe dal raed>.-simo che glielo avea prima prestato, se non prima di quelTanno. Dice qualche anno fa, lo che tempera quel tnolto e molto tempo che potrebbe credersi assai distante da quello in cui scriveva. Se il Libro fu prestato al Magliabechi da chi lo possedeva solo, e duro a possederlo solo per alquanti an- i\\ , accadde cio dopo la morte del Chimeutelli, e pero fu quel tomo che pervenne al Ceifmi, da cui il Magliabechi I'avia avuto in presto. II tomo che rimase all'erede del Chimentelli, e alia Monaca, non potea esser noto al Ma- gliabechi, che fra gli eredi oscuri di esso, ai quali sapeva non esser pervenuta la Libreria, non aviebbe cercato di quel Libro, e forse avendolo trovato avrebbe procurato di farlo suo con la compra, come far soleva trovando Libri di tal fatta in mano di persone a cui non potevan servire. Ma I'averlo preso in presto e restituito, e quindi dal me- desimo possessore intendendo di farselo nuovamente pre- stare, dimostra ch'ei fosse d' una libreria considerabile, o di possessore che dovessestimarlo e cotiservarlo. Non al- tro possessore adunque di uu solo tomo di qiiesto MS. es- r:^l SOPRA LA TUADUZiONE DEL SALVIA!! CC. Q.3 ser vi potette allora di tal fatta ciie il cavalier Francesco Ceffini, lie altro toino in mano di esso setiibra esser [)ei- ^veiiutoche il toino H. e die per coiisegueuza questo pres- so i di tui eiedi bisogna cercare. Che il Ciiielli ignorasse in O- qual mano era la prima Parte di quest' opera, nienrie I'au- f tore della Informazione seppe esser in inano della Monaca, non e da inaraviiiiiarsi , nerche la cosa non e di taiita iiu- e ,P' jiortaiiza die non dovesse ignorarsi da veruno. II cavaiie- te Antonfrancesco Marnii, dopo I'acquisto lactone dalle Monache, possede questa prima Parte sino al di 3. Dicem- bre 1736. ne) quale iiion, lasciando turti i suoi Libri alia Libreria Magliabechiana trai quaii tuftora queato Codice, dopo tante viceude a cui fu soggetto, conservasi. E questo in foglio piccolo di carte 392. Dal fogiio prinio al 369. con- tiene il principio della Poetica d' ^ristotele divisa in 5o. testi o articoli in greco, e sotto ciascuno e la versione To- scana ed il comento o esposizione del Testo medesimo. Pa- ragonato questo testo greco con Tedizione della Poetica del Casrelvetro di Basilea del 1576. termina qui con la pardcella sesta della Parte II. priiicipale del Castel- vetro pagine 99. sicohe pare die il secondo tonio di que- sto MS. se conipisce I'opera, sia inolco piu di questo vo- luminoso, o ineno diflf'uso il comento, ed i testi piu copio- si e nieno siiiinuzzati. In fine del testo ciuquantesimo leg- Q;onsi le approvazioni originali per la stampa del Vica- rio Arcivescovile Gio. Francesco Buonamici, e di Fra Felice da Pisa Vicario dell'Inquisitore di Firenze del i585. come di sopra ho notato. Dal lo^lio 371. al 372. volto e un Proe- mio die paria degrinter|)etri di quest' opera d' Aristotele, ma finisce in tronco. Dal toglio 373. retto al 385. retto si trova un principio dell'opera, o bozza, corrispondente a quel che si legge dal foglio primo al i 2. e dal foglio 14. al 18. che e un^ altra bozza principiata . Dal foglio 386. al 392. esiste una doppia copia deU'avviao di Leonardo Sal^ itv F O L L I N I v'lati a Lettori, con cui termina il Corlice. Questi fogli legati ill fine deH'Opera non restano inclusi nell'opeia fiiii- ta e approvata per la stampa, ma tanto il proeniio ch I'avviso ai Lettori, sono bozze e prove da ripulirsi e cor rejigfrsi, per scaniparsi dopo i fogli del toino, per preniet- tersi al niedesimo, come si usa, stampandosi sempre le pre- fazioni in ultimo luogo. Nall'altro nii resta a dire su que- sto Codice; la cui scoria e interessantissima quanto quella di altro Codice fosse mai, ne credo dovra dispiacere agli amatori della nostra lingua, trattandosi della scoperta di una parte notabile di una celebratissima opera uscita dal- Ja penna di un solenne Maestro di nostra Lingua^ e di un testo citato in tutte le edizioni del Vocaboiario della Cru- sca, che si piangeva interamente perduto. Cosi potesseio gl' indizi da me in questo ragionaniento dati servir di scorta per rintracciarne I'altra parte, e muovere il posses- sore della medesima , se pure esiste, ad iinirla di buona voglia alia prima , onde talento venga ad alcuno affeziona- to alia Lingua Toscana , e alia memoria del Salviati, di intraprenderne la stampa , e cosi preservare da nuovi pericoli un'Opera, di cui fu proniessa la pubblicazione piu di 23o. anni fa, come si e veduto. ^ i il *• 25 DELL' ORIGINALITA DI DANTE ALIGHIERI. TgiT* L RAGIONAMENTO DI POMPILIO POZZETTI. loca iiullius ante tiita solo Luc. lib. 4. a principals tra le molte prerogative che innalzano il eenio di Dante Alighieri oltre i confini dell'ordinario, e lo costituiscono padre delta lingua e delia classica poesia Ita- liana, dee dirsi I'originalitA , per cui trasse egli dai tesori della sua fertile immaginazione, e vasto sapere, I'ldea della divina Commedia, senza essere di veruno ne imitator ser- vile, ne freddo seguace. Fuvvi tujtavolta chi avvisd nega- re siffatta gloria a lui Che sopra gli altri com Aquila vola; e sorgr adesso a disputargliela un ragguardevole mio Collega nella compilazione deirodierno Giornale Pisano di Letteratura , Scienze ed Arti , il Sig. Dott. Luigi Canali Bibliotecario e Professore di Fisica nella Citt^ di Peru- 26 P O Z Z E T T I eia (i). Coniicio cio non ostante die t^uesti, dotto al pari e o'eiicile, sia per concedermi di recare in mezzo alcun ile' inotivi clie mi consigliano a non iscostarmi dall'acceniiata bentenza, in favor deli' Aiigliieri, protestandomi peio in- sieme presto ad abbandonarla , ove manclii a'medesimi il valido iuiparziale suo voto. Primo a rapire il merito caratteristico dell'invenzione al noscro maggior Poeta si fu Malatesta Porta Riminese nel Dialogo per iui divulgato, ove assunse a riparar dalle oft'ese della Crusca,e de'due Infarinati, la Gerusalemme del Tas- so (3). Pronunzia quivi I'Apologista, per bocca dell'inter- locutore Giangaleazzo Rossi Bolognese, le seguenti parole: Dante quegU fu die Vimitazione della Cominedia sua di peso da colui traporto che la fa^'olosa istoria di Gueriiio da /Jurazzo scrisse . IMonsignorGiusto Fontanini, dopo il Crescimbeni, riferi tale accusa (3). Monsigm/r Giovanni Bottari la riprodusse, mediante iiiia Lettera (niprtssa nel volume settiino delie Siinbole Lctterarie d'Ani\infrat)cesco Gori (4). Ne ragionarono, con parecchi altri, il Peili (5), e retentemente il P. Ab. Don Giuseppe di Costanzo in un' Epistola da se iiidiriz^ata , sotto nome di Eustazio Dicear- cheo, ad Angelio Sidicino (6), la quale ha fornito appun- to a quella del Sig. Canali I'occasione e la sostanza. Pre- (i) Lettera del Prof. Canali al Prof. Galteschi sulla non origiiialitd della dwiua Comedia di Dame , nel Gioitiale di Pisa tuiiiK ix, n. a6 , pag. 23 1. e segg. (2) 11 R'lssi , ovi>ero il parere sopra alcune ohhiezioni fane daU'lnfa- rinato Accademico della Crusca intoriio alia Qerusalemnte like- rala ec. Dialogo, Rimiiio i58g. Si/nl/e/ii , pag. i6u. (3) Dell' Etocjueiiza Italiaita, Lib. i , cap. xxvi. (4) LeCtera di un Accademico della Crusca scriira ad un altro Acca~ deinico della medesima , pog. 177 , e segg. (5) Mernorie per servire alia Vita di Dante Aliglderi , nel Toriio 4 , pnite II. dell Upeie cli Daiice stajiipate in Venesia Ua Antonio Zatta lySS. (6) Roaia 1801. 1 iilj^onl. dell'originalita* DI DAXTE , 27 tesp adiinque il Porta che I'anzKletto romanzo j denominate aiicora il Meschino , suggerisse a Dante il pensitro dt-lle bolsie niesse da lui nell' Inferno, non altrainetife che I'Au- tore di quella favola collocate aveva il suo Eroe entro un abinso ill qualche maniera siinigliante, ossia giii nelPingor- do irremeabile pozzo di San Patrizio in Iberuia, dove I'uo- inp, canto poscia Lodovico Ariosto, (7), purga ogni sua colpa prava . II Bottari pertanto libero da questa iinputazione I'im- mortale suo Concittadino, si col discoprire I'essenziali dif- 1 ferenze die separano dalla prosa del Novelliere il metrico lavoro deir [spirato d' Apollo, si col palesare che Dante, ricchi^siino d" intrinseca suppellettile, non ebbe, no, me- i stieii di dissecarsi ad aliene fonti ; quand'anche I'Opera di ' lui stiinisi posteriore alia Franzese (8). II perche sembra piuttosto credibile essersi 1' italica sussecutiva traduzione (del Guerrino, abbigliata , qual ci pervenne, di ornaraenti tolti ul poenia sacro,riii d'allora celebre , e percio trape- lare in qualche tratto di questo e di quella vestigj di uni- formita. Cosi , giusta I'acuto Bottari, il volgarizzamento delta leggenda Provenzale divien la copia, Dante riniane il prototipo . Ed io tengo col Pelli (9), che lo stesso tosca- no Parafrastp, chiamato per Michele Poccianti (10) An- ) drea Fiorentino, sia realmente (\ne\V Aadrea di Jacopo di Tieri di Barberiao di F^aldelsa, del quale favello il Ca- nonico Biscioni nella sua inedita Storia letteraria di Firen- ze ( n ). Per conseguenza e corso arror tipografico nella Lettera del Sig. Canali (12), in cui si nornina Andrea di {7) Canio X , si. 92. (8) Lettera cit. pag. 179. e segg. (g) Memuiie citate , pa;^. 121 , nota (a). (10) Catal. Scriptorutn Floreiitirioruin. (11) citata dal Pelli iiel luogo ota deilo. (13) Pag. 236. !io POZZETTI Jjorboni. Sianii qui lecito restituire al prode Eustazio Di- cearcheo una rillessioiie, acconcia per lo proposito nostro, ris^uardante Cecco da Ascoli, regalata a Moasignor Gio- vanni Bottari dall' Epistolografo(i 3). Consideioquegliclie Francesco Stabili, o piu comuneiiiente Cecco da Asc( per immaginar- (21) Berlino ijS^. Tumo 1 , pag. 161. (32) JVouveaux Memoites dc i Academie Rojale ec. an. .'704. (23) Essai sur le poeme epique . (34) Band in i , Vila del Card. Niccolo da Prato. Livorno 17.^7. Sen- tini,pag. i5. DELL'ORIGINALITA' DI DANTE. 3 1 lo, ne inipuUo,ne norma dal bizzarro avvenimento. A rin- forzo delld qual proposizione io non son pago di notare coll'insigne f iraboschi ( 2.5 j , esser Lui stato assente da Fiorenza allora quando vi si esegui rale scena, poiche due anni avanti finine bandito, ne luai piu ripatrio. Si fareb- be luogo a risponderaii , che porendo arrivargli altrove il ragoiiaglio della strepitosa rappresentanza, gli restava an- che schiuso I'adito ad iiifiammarne ed a pascerne la pro- pria fantasia. Si ristrinse lo storiogralo dell' leal iana Lette- ratura (ai6) a dar per verisimile die Dante avesse innanzi I'anno mille trecento quattro principiato a tessere il divi- no suo carme, il che non e solo probabile, ma indubitato, venendo pure sciolta cosi la quistione, che il Signoi" Canali disse indecisa (27), del quaiido, per servirnii della frase di Lui, coniiriciasse a scrivere I suoi canti. Asserisce Giovanni Boccaccio, nella Vita deirAlighieri, che Questi a\reva posto mano aH'irapresa, per cui de- scrisse fondo a tutto V uiiiver so, prima, dell'esilio intiraa- togli, con oditto di Cante Gabrielli Potesta di Firenze, il di ventesimo settimodel mille trecento due (28), siccome a partigiano de'Bianchi, i qnali coU'avversa fazione de' Neri desolavano quella Citta, sopra ogni ultra Italica hcl- Zissima, (29): sicche n'erano ben sette canti formati all'epo- ca della divisata condanna. E trattando, inaltro luogo (3o), queU'Uomo eloquentissimo di cio stesamente, aggiugne, che Leone Poggi^ nipote di Dante per lato di sorella, riu- sci a trovare i Canti medesimi fra gli scritti deH'Autore, (25) Storia della Leu. Ital. ediz. seconda Modanese , lomo 5 , parte 11 , pag. 496. (26) ivi . (p-f) T.etrera cit. pag. f.jP. (28) Pelli , Meinoiie citate pag. '/(j. (29) Pelli, Memoiic citate , pag. j(j. {3o) nel iuu Cumento ivpia Loilavu canto dtli hijtrao . 32 POZZETTI nascosi da Gemma Donati sua Moglie, allora quando la plebe corse tumultuanre a disertarne la casa ; die il l'o2;gi comunic(illi a Diiio Frescobaldi; e che quesri gli spedi all' Esule magnanimo, onde I'eccelsa faitura coiuinuasse. Al cjLial successo lavvisa il Certaldese coerente I'esordio dell' ottavo canto, eve il Poeta ripiglia il filo, gia imeirotto, del suo discorso: Jo clico , seguitando , che assai prima Che noi fussimo al pie dell' alta tare Gli occhi nostri n andur suso alia cima (3i) Fece eco V Imolese Beiivenuto Rambaldi a tal parere del suo Precettore; in conferma di cui il Pelli (Sa) rammenta una novella di Franco Sacclietti {^^), daila quale impa- riamo che Dante udi, soggiornando tuttora infra le patrie mura, un Fabbro cantare sconciamente alcuua delle terzi- no da seiii addietro composte, e risuonanti sulle labbra del volgo ancbe innanzi I'irrevocabile proscrizione . Ne mi commuovono le autorita del Maffei, del Biscioni, del Pvaf- faelli (34), che rigetcano il cosiffatto racconto d' un Boc- caccio. E con qual esito impugneremmo Lui,che il soggetto yi allega d'onde ricavollo, che nuovamente, e piu circo- stanziato lo presento nel Comento sopra i primi sedici ca- pitoli deir laferno di Dante, prosa pregiatissima quant' altra mai, scrive il benemerito Sig. Giambatista Baldel- li (35),ove qual che si voglia Interprete, nella parte ch' egli schiari, gli rimane di gran lunga inferiore? Fu Gio- vanni sollecito a segno di rinfrancare la veritA del pubbli- cato aneddoto, che presenti e dissipo I'obbiezione facile a (3i) Seguitero sempre nel rlportare il resto di Dante la lezione pre- scelta dal Sig. Prof. Portirelli , per le ragioni schierate da Lui nella citata prefazione ec. (Sa) Metnorie ec. pag. 1 13. (■^3) la Norella CXIF. (34) citnli dal Pelli nel suddelto liiogo. (53) Fita di Giovanni Boccacci , Fireiizs 1S06. pa^. 3o3. e ao5. dell' ORIGINALITA' DT DANTE. 33 suscitarsegli. Finge I'Alighieri^ ne] Canto sesto, che gli fos- se presagica da Ciacco la disgustosa caccuita dal natal pae- se, vaticiiiio ineseguibile avanti che questa accadesse, giac- che solo al passato suole estendersi la profetica giurisdizio- ne de' Poeti . Ci accordera luttavia il Critico piu severo, che Dante ahbia potuto, in processo di tempo, fregiare quel Canto d'alcuna giunta, spettante massinie ad un fat- to, che pungea Tanimo di Esso lui gagliardamcnte. Avvertira inokre doversi anticipar davvantaggio J'epo- ca, nella quale Egli architetto la produzione, onde siede principe nel Toscano Parnaso. Consta che anteriormente aveva preso a detrarla in esametri latini, e in letterato sti- le, dice Lionardo Bruni (36), un piccolo saggio de'cjuali porsero appresso il Boccaccio ed il Varchi (37), e niolti Eruditi, e maggior numero ne spio Antonniaria Salvtni(38) in un testo a penna della divina Commedia, superato non pertanto da quelle di IMonsignor Fontanini, che le centi- naja ne conteneva (Sq). Dell'attitudine di Dante a verseg- giare nel vetusto idioma Romano, per quanto la ruvidezza di quell'eta il comportavaj ne assicura un giudice inap- pr?llabile di letteraria eccellenza, Francesco Petrarca (40). L' intensa voglia, e non altro, di salire per calle non pra- ticato air apice della rinomanza, lo determine a trasmigra- re dal latino al nazionale Elicona; ne io, dopo essermi de- liziato nelle terse egloghe di Lui (41) ho cuore di unirmi a loro^ che lo spaociarono insufficiente alia poetica lingua (3G) nella Vita di Dante . (Z'j) iieW F.rcotaiio . (38) Note al Comento del Boccaccio sopra il Canto 1. delV Inferno , Tomo VI. delle Opere del Boccaccio impresse a Napoli colla data di Firenze . (Sg) della Folgare Eloquenza , lib. 11 , c. i3. (40) Baldelli , F ita cit. di Giovanni Boccaccio, pag. \1>2. nella Nota. (41) Carmina illustriutn Poetarum Italorum, Flor. 1719. Tartini e Fraiiclii . 34 p 0 z z £ T I del Lazio, ed a Pietro Bayle in partJcolare (42), il quale decise, clio la vena Dantesca incontrava cola ostacoli a di- scorrer limpida e rigogliosa. Da tutto cio risulca,che la ferale poinpa Fioventina del niille trecento quattro non pote in verun conto invitar 1' Aligliieri a concepire il lavoro da piu anni intrapreso,e di cui aveva Egli ordita 1' intera finissiaia tela quando s'ac- cinse a distenderne i primi Canci ; imperocche gli Alunni privilfgiati dtlle Muse sdegnano adoperar la penna, ove di gia costrutta non ahbian la pianta "jierfetra, e disposte le singole parti dcllVdifizio, che eriger voglioiio e adorua- re. Eh! che e soltanto 1' usanza rea de'Mevii,e de'Bavii, enipiere senza previo disegno le pagine, sicche dalle mem- bra sconnesse e mal proporzionate degl' infornii lor parti miriamo uscirne il ridicoloso mostro delineate a' Pisoni dal Vc.'nosino. Mette il sigillo alia presente discussione lo stesio Dante, che adombio, giusta lo Speroni(43), il progetto del poema, nella sua ^ita iiuova, ovvero Rigc- neraz'ioiie, scritta nel niille dugento novanta cinque (44)> ne Ei fu espulso dalla terra natia che sette anni dipoi. I Contradittori peio dcirori£>;inaIita di Dante, ed in ispecie il Sig. Canali; accampano, a danno di essa, certa Visione d'Alberigo Monaco Benedettino , della qtfale nulla liavvi, se gli ascoltiate, di piu efficace a combatterla. Ne vide Motisignor Bottari uu eseniplare fra i manoscritti rac- colti dair Abate Gat-tani, e custoditi nella Biblioteca iu Eoma della Sapienza (45) . II diligente Eustazio Dicearcheo* esploronne copia in unCodice del secolo duodecimo conser- vatb nell'Archivio di Montecassino (46). Ora, chi fu co- (42) Diclioniiaire liistoiique et critique , ylrt. Daure. (43) Opere, Kenezia 1740. Occhi To/no V , pag. 5o8. (44) Pelli , Memoiie citate , pag. 109. (45) Lett, cit.pag. igi. (46) Articolo della cit. sua Letteta , pag. XXVI. iiel luogo picueUo. DELL'ORIGINALITA' DI DANTE. 35 tPSt'y\.lberi^o, e quale il tenore dell'estasi clecantata? T/t nacque nel Castello de' sette Fratelli nel contado d'Alvito Diocesi di Sora circa il niille cento e uno (47): di due lu- stri, non fiiiiti ancora , mortalmente ammalo ed ebbe I'ap- parizione sulla quale dovremo arrestarci . Ricovrata appe- na la salute , vesti le Cassinesi divise, condusse uel Cliio- stro vita illibata, austera, contemplariva:, finclie ottuage- nario passo all'eterna. Tanto ha, nel supplimento alia Cro- naca di Leone Ostiense, registratoPietro Diacono suo con- fracello e coetaneo, laonde mal lo scambiarono col diaco- no Alberigo seniore, Cardinale di Santa Chiesa, e chiaro negli ecclesiastici Aniiali dell'undecimo secolo, il "V^ion, il Possevino, il Tonigio, il Ciacconio,ed i Bollandisti ri- presi dal Bottari nell' atto che Ei pure a torto dona ad Al- berioo Cherico il titolo di Diacono. Ne piii vicino al vcro sta Gianibernardino Tafuri (48) che nel la Serle sua cro- nologica degli Scrittori Napolitani , ben cognita all'erudi- to Sig. Canali (49), propende a tenere il nostro Alberigo per autore d'una Cronaca inserita nel volume quinto degli Scrittori Muratoriani delle cose italiche. E qui spero che E'di, il Sig. Canali, mi sapra grado se colgo 1' opportunity di pregare i Leggifori della sua Lettera filologlca a sosti- tuire il nome di Pietro all'altro di Paolo, dato quivi per Esso lui senipre al condiscepolo ed Istorico di quel Ceno- bita. Sa il Professore che Paolo Diacoao Hon neH'ottavo secolo, e che nel decimo secondo viveva Pietro, onde la evista dee attribuirsi a puro materiale sbaglio della penna. Ora, per venire al ratto deirinfermo Alberigo, parve a Lui, fanciuUo di nove anni, esser levato in alto da una Co- lomba e condotto, durante rintervallo de' nove giorni in cui eragli impedito resercizio delle animalifunzionij ad er- (47) ii'i , pag. XXIX. (aS) Calogern , Raccolta r!' Opuscoli , tomn 31. (i^Cj] la cica a carte aS. dcila sua Laice/a . 36 POZZETTI rare nelle regloni del Purgarorio, dell' Inferno, e del Pa- radise in compagnia di due Angeli e del Princijie degli A[)Ostoli, clie gli andava spianando le varie qualita de' gastighi adattate ivi alle classi de' varii colpevoli, e che i.ifiiie, per inezzo il sereno de'sette Cieli, guidollo a fissar r avido sguardo nella gloria de' Comprensori (5o) . £ sic- come la storia di qaesro accidente contraeva , disseininan- dosi, gravi alterazioni, cosi Girardo Abate Cassinese ordi- no al Monaco Guido di tramandarloa' posteri socto I'auten- tica dettatura di Alberigo gia arrolato alia pia e dotta mi- lizia di S. Benedetto. Obbedi Guido j ma la relazione di Lui eziandio si guasiava col moltiplicarsi, finche Senioret- to, che nel niille cento ventisette reggeva Montecassino, voile che il Veggente la tergesse dalle falsita mischiatevi, al quale intento giovossi della inano esperta di Pietro Diaco- no . Dopo tutto cio io confesso di non comprendere qual- mente estimatori altronde ottimi delle cose possano asse- verare che il fecondo e trascendente spirito di Dante biso- gnasse,onde agire, d'impetrar lena dal mistico sogno d'e- gro garzoncello, propalatosi per via di tradizioni spesso in- f'edeli, sottoposte a cambiamenti di relatori discordi perfin di credenza, talche il Botiari , e lo stesso Eustazio Dicear- cheo (5i) vi subodorarono le menzogne degli Origenisti, rispetto alia durata delle pene . Ve le intruse per avven- tura qualcuno de' tanti amanuensi, ne Alberigo le cancel- 16, digiuno, come al dir di quest' ultimo, egli era di let- tere, e persino della piu elementare calligrafia, perche de- dito solo al ritiro,ed assorto ognora nella meditazione de' celesti misteri. La sana Logica ci esorta subito a dimorar forte in dubbio che il Fiorentino Alighieri fosse appieno istrilico d'un fatto di sivecchia data, sparso in confuso nel (5o) Articolo della Lettera di Eustazio Dicearcheo al luogo cit. pag, XXIX. e segg. (5i) Articolo delta cit, sua Lettera , al luogo predetLo pag. XXXV. DELL'ORIGINAUTA" DI DANTE. 3j Regno di Napoli, che avesse agio di studiarne I'istoria nia- nuscritta , e che ne invaghisse cotanto da non divenir piu volte, son le parole delSig. Canali (Sa), che il traduttore di cio che dice Alberigo . II certificarsi che Dante ia con- sultasse nel tempo in cui fermossi a Napoli qual Inviato della Repubblica di Firenze, sarebbe il frutto d'ampie e distinte nozioni intorno le gloriose ambascerie daLui soste- nute: al contrario gli Scrittori le toccaronoappena, e Gio. Mario Filelfo, che piu a lungo ne parlo, non e Letterato su cui affatto convenga riposarsi, giacche per testinionian- za dell'esimio Signor Cavaliere Rosmini (53) altri gli con- tese a bnon diritto erudizione e criterio . E mi iusingo di cessare il riniprovero d' uomo scortese presso I'umanissimo Signor Professor Canali, se io non concorra seco a dire fuor di quistione che Dante si trattenesse a Montecassino con que' Monad, in niano de' quali ■oedesse forse la Visions d' Alberigo (54). Ne tanto pretende lo stesso Padre Aba- te di Costanzo (55), ne i versi del vigesimo secondo Canto del Paradiso (r)6),ov'e fatta menzione di Quel Monte a cui Cassino e nella costa provano che per qualche di Ei v' abitasse . Del resto , essendosi Dante prefisso di compiere un qua- dro piccante 1' universale curioeita, ben era da aspettarsi che la potenza inimaginativa di Lui gli prescrivesse nel Mondo invisibileil teatro dove meglio mettere in esecuzio- ne il grandioso proponimento, al quale scopo se gli offeri- va spontanea I'idea di effigiare al vivo i tre stati dell'ani- (5a) Lett. cit. pa^. 240. (53) f-^ita di Francesco Filelfo tomo III , pag. log. (54) Lett. cit. pag. 246. (55) Arlicolo della sua Lettera , nel luogo citato pag. XLIX. (56) Aiiche qui e cciiso error tipografico nella Lettera del Sig. Ca-' nali, die ha: nel Canto 22. del Purgatorio, invece del Canto 32. del Paradiso . Tom. 1. P. IL 6 38 POZZETTI nia sjTombra del peso corporco, e cosi di porre ad argomen- to delle sovrumane sue Cantiche I'lnfeiiio, il Puroatorio , il Paradiso, senza die ne dcggia cader sospetto die all'e- scro deir Alighieri sia staco uopo giaimnai di mendicare da •"Stranea vixiata miniera I'eseniplare ed i materiali dell'im- paieggiabile produzione. Atteso il viaggio per que'tre re- gni , e non altriinenti, gli venia consentito di sfoggiare, tonf'orme ambiva, in Fisica ed in Astrononiia, col descriver I'universo, la terra, gliabissi, I'cnipireo, i pianeti, e coll' assetruar sovente le vera intime cause d'astrusi natural! fe- iiomeni, prevenendo le dottrine e le scoperte de' tempi mi- "liori ; il che veggiam dilucidato nel Discorso del Mazzo- ui ladlfesa dlDante (57), nellaMenioriadel Merian (58), e di fresco nel Prospetto sugli avanzamenti delle Scienze fisichc in Toscana del Sig. Uirettore Cavaliere Girolamo de' Bardi (59). Ne men vasto gli si apriva il cammino ad ispaziare nella provinciareconditadella Teologia. La scien- za di essa quanto spicchi nell' eminence fatica del nostro Poeta,o deftnisca i tormenti de'miseri,e i prernii de'Beari, o esprima gli augusti dogmi del Cristianesimo, lo svelaro- no, r Abate Salvini , che scrisse al Redi (60): Ed ho iinparato piu Teologia In questi giorni che ho riletto Dante , Che nelle scuole fatto io non avria; ed il Padre Gianlorenzo Beiti, delle cuiDissertazioni sulla dottrina teologica contenuta nella divina Conmedia , supposte dal Signor Canali tuttora inedite (61), arricchissi (^7) Jvi , panicella prima . (58) §. 3. La Science de Dante , (Sg) negli Annali del Museo Imperiale di Fisica e Stoiia naturale di Firenze, Tomo 1. in una JSota . (60) principiod'un Capitolo riportato dal Volpi nell'edizione Cominia- na di Dante del 1727. Tomo 1. pa^. XXXI. (61) Lett. cit. pag. 245. dell' ORIGINALITA' DI DANTE. 89 fin tlal mille settecento cinquanta sette la ristainpa Veneta delle Opere di Dante Alighieri (62). L'ardore uiedcsinio, onde questi avvampo , di esaltar le geste de' Buoni e la sirandezza di Colui chc tuttu muove, e di conse^na- re aH'infamia i nomi d'abborrid Coetanei, !o astrigneva, di per se, e fuori d' ogni altro occasionale incitamento, a trasportarsi co'liberi voli di fantasia vigorosa la dove stau- ziano gli avanzi del iMondo morale, ove e dato far risalta- re i caratteri loro , i deliri, le cognizioni, le virtu, dove raccolti sono i fasti di tutte Tetadi, e compendiata I'univer- salita moltiplice delle cose. E qualora pur si amiuettessc; quello di che io esito ancora , cioe, che a Dante, pieno la mente di qualsivoglia sorta di erudizione , ignoto non fosse I'ascetico peliegrinaggio di Alberigo, mi guarderei daJl'in- ferirne col Sig. Canali,che il GhibellinoprencZesse iZa^ae- sto V idea del suo lavoro, lo vestisse di forme piu forti e piii, leggiadre , e la desse poi come sua (63): imperocche niuno, a rigor di equita , tasserebbe ugualmente il Bojar- do , che letto aveva lo Specchio di cavalleria , favola Spa- gnuola, prima di comporre 1' Orlando innamorato, o I'A- riosco studiosissimo de' romanzi della Tavola rotonda,o il Tasso che delle bellezze d'ogni Autore in ciascheduna del- le tre lingue piu nobill s'avea nella mente fatto conserva, oGuglielmo Shakespear, il quale per confessionediDryden, gli argomenti quasi tutti delle sue Tragedie ricavo dagli Ecatoinmiti del Ferrarese Cinzio Giambatista Giraldi , o il Milton che spettatore fu in Milano d'una farsa di Giam- batista Andreini intitolata Adamo , materia congenere a quella del Paradiso perduto. Stabilisce il Padre Sforza Pal- Javicino neU'eccellente sua Arte dello stile (64), che tor- (62) presso Antonio Zatta, Tomo III , pag. 5g, p segs (63) Lett. cit. p. aSa. (G4) Cap. XI. \ .40 POZZETTI je una cosa ad altrui allora dicesi negli Scrittori, quan- do lastessa, in individuo, inventata dall'uno, e usata po- scia dall'altro. Ora, le singolarita signilicate da Albeugo iielle tre condizioni dell'esistenza futura non erano gia suo ritrovamento: bastava a discernerle, non clie il pto- fondo sapere teologico dell' Aligliieri, una tintura delle ini- luutabili massime Cristiane. Oltreche il Monaco nel pro- prio raccontodistribui, e vero, le punizioni e le licompen- se indiversi gradi, ma cio Egli face niolto hrevemente , scri- ve Monsignor Bottari (65), e non con tutta quella distin- zione , 7ie con quell' ordine scientifico , ne con. quelle belle proprieta e descrizioni che si leggono in Dante , anziche talora confonde le pene dell' Inferno con quelle del Pur~ gatorio: non sono le circostanze della visione d' Alberigo cotanto specifiche e rare che entrar non potessero original- mente a cliicchessiasi in capo; anzi oso aggiungere, die in alcuni passi di comune accesso, e dominio , il Monaco e Dante dovessero per necessitii raffrontarsi. Appresso il qual pi incipio torna facile penetrare il motivo legittuno e solo, onde qualche fiata nella scrittura dell'unOj e nel poenia dcli'altro^ comparisce agli occhi del Bottari, del Padre di Costanzo e del Signer Canali,soverchia corrispondenza. In •"razia d'esempio, maravigliossi il Prelato Fiorentino che Alberigo,e rAlighieri, si conformassero in rimirare laggiu nel baratro dell'angoscia perpetua i reprobi tuffati , qual piu, qual meno, entro ad un lago, a misura de' coinniessi falliieppure cotesta identita di concetto era inLviiabile per ambo loro che i superni document! professavano d'una me- desima Beliwione. Ne permesso e pioclamare col Dicear- cheo il Canto duodecimo delT Inferno Dantesco ricopiato appuntino (66), quanto alia predetta sommersione de'pec- (65) Lett. cii. p. if (66) al cap. 4- DELL'ORIGINALITA' DI DANTE. 41 catorijdal rapimento d'Alberigo (67), poiche ivi diversi- ficano, o m'inganno assaissimo. Li disse Quegli in valle aspra di gelo serrati ad abbiividire, li dipinse Questi fino alia gola sepolii in un fosso di bollente sangue. Nuova ra- gione per dinunziar Danre ligio alle idee del Giovinetto somniinistra al Padre di Costanzo (68) quel luogo ova ri- traggono d'accordoil passaggio dell' anime purganti , do- po acerbissimi patinienti, alia sede delle interminabili de- lizie, nel cui centro e situato il Paradiso. Ma era egli pos- sibile che questa non si affacciasse ad entrambi appunto nell'aspetto di florida, amena, fresca, odorosa campagna? Ben ni'accorgo piuttosto che nissuno, salvo Lui, Che le Muse lattar piu cli altrlmai , avrebbe saputo pennelleggiaria cosi: Vago gla di cercar dciitro e dintorno La diviixa foresta spessa e viva , Che agli occhi temperava il nuovo giorno , Senza piu aspettar lasciai la riva , Preadendo la campagna lento lento Su per lo suol, che d'ogni parte oliva. Un' aura dolce , senza mutamento Avere in se , mi feria per la fronte , Non di piu colpo che soave vento. Per cui le fronde tremolando pronte Tutte quante piegavano alia parte , U' la prim' ombra gitta il santo monte (69). E per non tacere del vocabolo vermo,o aspide, col cjuale Alberigo denota I'antico serpente, e cui, a detta di Eu- stazio Dicearcheo e del Signor Professore Canali, usurpoi- la Dante Alighieri , onde contrassegnare Lucifero ed il Cer- (67) al rap. 4. (H8) Articolo cit. della sua t.eltera , nel luogo predetto , pag. XIV. (69) Purgatorio Canto XXVUl. #> 42 POZZETTI bero, e patente ch'Ei non Tappaio dal Garzoncello, poi solitario cli iMontecassino. A lui addimesticato cogli aurei Scrittori dell'eta d' Augusto lo insinuava da gran tempo Tibullo con quel distico citato opportunamente dal Ven- turi, e dal Volpi , ne' coraenti loro al Canto ststo dell' In- ferno . Turn niger in porta serpentum Cerberus ore Stridit , et aerutas cxcubat ante fores (70) O meglio, se ne aggradi preferire la lezione dello Scalige- ro approvata dal sagace Filippo Rosa Morando (71) Turn niger in porta serpens , turn Cerberus ore Stridet . Quindi, sull'esempio del Latino e del Tosco Poeta, applied il Pulci tal dizione ad enornie bestia (72), e I'Omero Fer- rarese parimente a Satauasso (73). M'obbliga inoltre I'a- more incessante del vei'o a dilungarmi dal Dicearcbeo quand'Ei riconosce molta affinita nella scelta de' Condot- tieri (74) , da cui Alberigo e Dante venivano ammaestrati viaggiaado, che furono^del Priino,San Pietro, del Secon- do, per la piu parte, Virgilio, persone si disparate in tut- to fra loro che rigidi Censori biasiinarono I'Alighieri per essersi renduto discepolo d'un Pagano circa i punti concer- neiili la santa Legge rivtlata, del die pero 11 suo Chiosa- tore Cristoforo Landino scusollo cosi ("5): non senza ca- gione il nostro Poeta si propone per guida e duce Virgi- lio , perche quello va imitando per ogni parte , benche si copertamente che pochi se ne accorgono . In ultimo, e co- me arrenderci a' divisamenti del Padre Abate di Costan- (70) Lib. T , Elegia 3. (71) Edizioiie cit. di Dante, dello Zatta. Tom. UI , pag. 10. (72) Morgan te Maggiore , canto IV , st. i5. (73) Orlando furioso , canto XLJT' , St. 78. (74) Art. dclla cit. Lett, al luogo predetto , p. XXXVII. (75) sul piincipio del Comento al canto delV Inferno . DELL'ORIGINALITA' DI DANTE. 48 zo (76), che s'atFatica in aJditar Dante occupato a rical- care le vh' battnre dall'Estatico de'Sette FrateJli ne' suoi giri pei diversi cit^li de'Pianeti, ossia per la sfera celeste, onde quivi^ncora ha scorta ii Signor Canali una conve- nienza cli concetti e di espressioni solamente italianlzza- te (77)? Sono le descnzioni d'Alberigo quali potevano at- tendersi dd un iinperito n<^lla scienza degli astri, e perfia nel sisteina planetario di Tolomeo, cui senibra pure vo- lersi attenere. In quelle dell' Alighieri all'oppnsito signo- reggiano in guisa e in tanta copia le piu sottili teorie allo- ra conte di cotesta disciplina che il Merian (78), e avanti di Lui il Muratori (79)5 desidero in Dante parsinionia nel corredarne, e talora collo stesso linguaggio delle scuole , la divina Commedia. Rettaraente conchiude il Signor Pro- fessor Luigi Portirelli nella prefazione mentovata , che Dante rassomiglia soltanto a se medesimo, e che i paralelli di Lui con altri son Teffetto del nostro coinbinare, non dell'intendimento suo a prenier I'Drmedi qualcheduno. Ma io ne sostengo la totale orio;inahta,a cui il Sionor Ca- nali contrasta nelTesordio della sua Lettera. Si, il mag- gior Toscano sollevd cola la lingua romanza d' Italia dalle erotiche follie, cui abbassaronla i suoi Predecessori , ad ispiegare altissimi sensi. Ei fu primo, osservo vSperoneSpe- roni (80), a scrivere in rima le ardue cose, ed il pritno altresi a promuovere ed aumentare 1' energia od evidenza del proprio stile innestandovi, alia foggia d'Ouiero, voci e formole derivate con industria dal latino serinone e da parecchi volgari dialetti. Del che tra gli altri ci sono mal- levadori un Bembo, un Pierio Valeriano, un Lenzoni, ua (■-6) Leitera e luogo cieati , p. XLFII. {j-j) Leu. cit. p. 242. (78) luogo citato . (79) Delia Perfetta Poesia Italiana , lib. Ill , cap. 7. (8j) Ope re , edizione cit. Tom. I. pag. 352. 44 POZZEXTI Torquato Tasso, un Ceba, un Gravina, un Fontaniiii(8i). Non divide I'Alighieri con veruno la lode somina d'esser quasi il creatore del bel parlare italiano, e nulla Ei si ar- rogo affermando, nel canto undecimo del Purgatorio, d'a- ver cacciato di nido Guido Cavalcanti e Guido Guinicelli, die lo precedettero neljo scabroso cimento. E se ricusere- mo di farlo col Cardinal Bembo anche I'inventore della terza rima, ovveio catena, poiche Brunetto Latini suo Maestro av^-ala gia adoperata (82) , chiunque cederA il vanto di riscoratorc e di niiglior padre di essa a Lui die quesca piaggia squallida, oscura ed ingombra di spine, ral- legro di schietta luce, di arnionia, e d'insoliti ornamenti. Lo stesso pocanzi defunto Aristarco di Dante, in una del- le sue Lettere pseudo-virgiliane, e costretto a tributargli omaggio come a fabbro d'un poema italiano, come a dipin- tore ardito di tutte cose, in mezzo alia generale ignoran- za e corrutela , come a Lui , che di pianta eresse, per dirlo col Salvini (83), un ammirabile edifizio di poesia. Chi di fatto lo avrebbe, dal suo fervido entusiasmo in fuori, assi- stito nell'aringo disusato in una stagione, durante la quale le cetere in ira a Minerva percosse stridevano sotto il ger- go di barbare voci, ne una scintilla pure di fuoco Febeo scaldava i petti de'suoi Coltivatori ? Dal qual sentimen- to non mi rimuove la fania dell' abilita singolare di Cino da Pistoja , conciossiache ne ammonisca il Signer Professor Ciampi, moderno Biografo di Lui accuratissimo (84), che Egli, rilasciata a Dante I'epica poesia, tutto alia Lirica si consacro. Adunque la ferace immaginazlone di Questo, ap- prezzata altresi dal suo detrattore Sherlok Inglese (85), (8r) citati dal Fontanini al cap. XIV e XV del Lib. II. delC E- loquenza Italiana . (.82) nel Pataffio . (83) Discorsi Accademici , Firenze 1712. Manni . (84) Memorie della Vita di Messer Cino da Pistuja pag. gr. (85) nel suo Libretto intit: Consiglio ad un Giovine Poeta . DELL'ORIGINALITA' DI DANTE. 45 fii la rnadre e I'educatrice d' un'impresa inenarrabile, im- mensa, cui, secondo riferisce il Gelli (86) j stupir soleva Costantino Lascaris che il Poeta avesse dato comincianien- to senza sgomeutarsi del progresso e del termine. Risplende viemaggiortnente la Dantesca originalita, ove si ponderi coir asseniiatissimo Autore del Prospetto del Parnaso Ita- liano da Dante fiiio at Tasso (87), che I'Alighieri, ad imprimere perfezione e dignitu nella robusta nostral poesia, non ebbe pronti i sussidii che Oinero, Virgilio, Orazio, Cornelio, Shakespear rintracciarono entro il gia lauto pa- trimonio delle lingua loro materne. Ci6 mi rimembra I'or- tiino pensamento, onorifico sopra modo al Precursore degl' Itali Vati , aperto dall' egregio Sig. Cavalier Tommaso Puc- cini a Moiisignor Fabbroni (88), cioe, che Dante, nell'a- vanzar la poesia > aveva, pur quanto alia rapidita , vinti i ]\raestri delle diverse Arti d'imitazione , ancorche provve- duto di soccorsi assai minori onde attingjere alia meta. Di piu 5 r originalita dell' Alighieri , che il Sig. Canali cerca sniinuire, si propaga a ciascuna parte del lavoro (89) , sic- che trionfa l' originalita nel tenia, nel disegnoj nella sim- metria, nello scompartimento , nella dettatura. Dal fondo inesauribile del proprio intelletto Eitrasseil midollo e I' im- paste della divina Conimedia. E da chi mai desunse I'Ali- ghieri , o desumer poteva , eccetto da se medesimo , quella magia di sposizlone die vi para d'avanti nelle congenita fattezze gii oggetti, quella fierezza di tinte, alia cui scuola (3G) Orazione preliminare alia Lettiua 111. sopra I' Inferno . (87) Milano , 1806. De Stefan is. Cap. i.pag. 47. (88) nella Lettera consecutiva aW P.logio di Dante scritto da Mons. Fabbroni, ed impresso a Parma nella stamperia Meale , 1800, con quelli del Poliziano , dell' Ariosto , e del Tasso . (89) Vedi, in prova di questo , il Capitolo I. del citato I'rospetto del Parnaso Italiano ec. Tom. 1. P. 11. ' 7 46 POZZETTI per avviso del sapientissinio Lanzi (90), MicheLino'elo af- iino le sue; che v'agita e vi raccapriccia , e uoii solo ue' rristi casi diFrancesca d'Ariinino,e ne'disperati geiiiici del Conte Ugoliiio, ina ne^tant'altri passi, che indebitamence per molti si obbliano? Da chi quelle similitudini legt^iadre, laconiche, dilicate, sorprendenti? Da chi quella proprietu di colorito, per cui senci il terrore campeggiare nelia Can- tica deU'Inferno, spirar nell'altra del Purgatorio la com- passionevoie melanconia della j^>enitenza afflitta, nella ter- za il ripo30 e la serenitaimperturbabile d'un'anima giunta al porto sospirato? Da chi infine, se non dal sublime suo wenio , apprese Dante le regole deU'elocuzion difFerente; di mariiera che , esprimendo Egli , ne inforuja il Gravi- na (91)5 i caratteii degli aniiui e delle passioni lore, espo- se anche le forme di ogni stile , del nagico nel grande , del cornice e del satirico ncl mediocre e nel ridicolo, del lirico nella lode , e dell'elegiaco nel dolore? Al die se I'illustre Abate Giovanni Andres avesse rivolta I'attenzione, stato sarebbe piu rattenuto nel promulgare i difetti d' un poe- ma (92)5 che il Tasso, quel Grande, ammirava in tutto, e dicuiintreccio Egli destramente nel Goffredo, conforme ri- corda Pierantonio Serassi(93), le piu forbite nianiere e piii degne dell'eroica niaesta . Ascrivasi percio alia modestia di Dante ressersegl'imposto da Lui il titolo di Commedia anche pel moclo di parlare ivl rimcsso , umile e volgare, dice Egli medesimo nella dedicazione del Paradise al ma- gnifico e vittorioso Cangrande della Scala (94) ■ (90) Storia Vittorica delf Italia, edizioiie teiza. Basiano 1809. Re* mojidini Tom. j , pag. i3i. (gi) Delia Ragione Poetica . (92) DeW Oiigine, de Progressi, e dello stato attuale d'ogni Lettera- tura . Parma, stamperia Reale lySS. Tamo 111. par. 1 , pag. i34. (gS) f'^ita di Torqualo Tasso, Roma, Pagliarini lySS. Lib. 1. p. gr. (94) E rijerito nel tomo I , pag, XX F. e segg. ddl edizione T^ero- nese di Dante. Berno i749' DELL'ORIGINALITA' DI DANTE. 47 E tanto e lungi che la Musa rlell' Alighieri scendesse ta- lora ad italianizzar solamente i concetti e Z' espressioni d'Alberigo (qS), che schifo spesso di approfittarsi delle ricchezze altrui, e di coloro ancora che seggono maestri de'saggi, e colle quali sogUonsi gloriare i piu di crescer le proprie. Da simil costume nemmeno si diparti in riguardo ad Omero, letto da Lui, checche ne giudichi il Merian, ed assaporato nella favella greca , la quale Monsignor Dic- nisi dichiaia aver Dante insegnata nella Citta di Gub- bio (96). E noi, per esser giusti col merito, deliberiamo che Questi emulasse , anziche imitarlo ^ il primiero Pittore delle memorie antiche, se, praticando in parita di circo- stanze dissimili mezzi , valse a risvegliare maggiore negli animi la maraviglia e il dilefto. Dalla trita officina mito- logica pigliarono assaissimi le spoglie poetiche, onde am- raantarne quasi I'Aurora, il Sole, la Sera. Eccovi pero come Dante ricorra per 1' identico fine all' intatto dovi/io- sissimo erario della natura. L" Alba vincea gia Vora mattutina Che fuggia 'nnanzi , sicche di lontano Conobbi il tremolar della marina . Lo Ministro maggior della natura , Che del valor del cielo il Mondo inprenta , E col suo luine il tempo ne niisura. Tempo era gia che V aere s' annerava . . . Che 'I giorno d' ogni parte si consuma . Vuole Egli, nel ventunesimo canto dell'Inferno, tratteg- giare cotal diavolo, che scaglia da orrida balza nella fer- vente pece un barattiere? Non ad altri fuorche alia veri- ta Ei domanda le immagini e le sensibili comparazioni. (gS) parole del Sig. Canali , Lett. etc. pag. zt\B. ^G) Serie di Aiieddod n. V. de' Codici Fiorentini, T^eioiia 1790. 43 P O Z Z E T T I Quale ntlVarsena de Vcneziaiii Bolle I' inverno la tenace pece A rlmpalinar li legni lor non sani, Che navicar non ponno , e in quella vece Chi fa suo legno nuovo, c chi ristoppa Le coste a quel che piu viaggi fece: Chi ribatte da proda, e chi da poppa: Altri fa remi ed altri volge sarte, Chi terzeriwlo ed artimon rintoppa: Tal non per fuoco , ma per dlvina arte, Bollia laggiuso una pcgola spessa , Che ^nveschiava la ripa d'ogni parte. lo vedea lei, ma non vedeva m essa Mai che le bolle che 'I bullcr levava , E gonfiar tutta e riseder compressa . Menu' io laggiil fisamente mirava , Lo Duca mio , dicendo , guarda, guarda. Mi trasse a se del loco dov' io stava .... E vide dictro noi un diavol nero Correndo su per lo scoglio venire Ahi! quanta egli era nelV aspetto fiero . E quanta mi parea neW atto acerbo. Call' ale aperte, e sovra i pie leggiera! U omero sua ch' era aguto e superba Carcava un peccatar con amba I'anche., Ed ei tenea de' pie ghermito il nerba. Del nostro ponte, disse, o Malebranche , Eeco un degli Anzian di Santa Zita , Mettetel sotto che io torno per anche A quella terra che n'e ben fornita. Ogni uom v'e barattier fuorche Banturo: Del no per li denari vi si fa ita . dell' originality' DI DANTB. 49 Laggiu il butto , e per lo scogllo durn Si volse, e inai non fa mastino sciolto Con tatita fretta a scguitar lo furo . Quel s'attuffo e tomb su convolto . Che piu? Allora perfino che Dante sembra farsi meglio pre- sence alia memoria il Principe de' latini Poeti, da cui in piu d'un luogo delle sue Cantiche (97)sinceramente incul- ca se avere I'intelletto e lo stile, se riverirlo e seguirlo, Egli allora persevera a mantenersi in possesso della sua ori- ginalita. Lo Speroni accertonne (98) che ilCigno Fiorenti- no supero in perspicacia il JMantovano nell'assortire i tanti cerchi o ripostiglidel tetro carcere sempiterno" e se a Quel- le, non altrimenti che alio shigottito Enea sceso (99) nell' Averno, in sul coininciar dell'ertR, vennero a fronte le vo- raci belve che fecero a Lui pure tremar le veiie e i polsi, ap^grandi Egli, corresse,. nobilito , coll'insico valore, ral fin- zione , in guisa da avverare per I'esenipio suo, che ne'so- vrani Ingeijni Poca favilla gran fiamma seconda . Infine, anche la dove si pregia I'Alighieri di ricevere dalle mani stesse del venerate Duce il pennello, Ei lo padroneg- gia„ ed impronta neila composizione la fisonomia dell'indo- le e del talento innato. I gruppi di Virgilio, e que'di Dan- te, avvegnache mostrino guari analoghe cose, generano ef- fetti diversi in chi li contempla. Descrisse Quegli, nel se- condo dell'Eneide, Laocoonte ofFeso e malconcio da imma- niangui, Questi, nel vigesimo quinfo dell'lnferno un mal- vagio flao;ellato crudehnente da invelenitolJrago. Risarciro i miei Lectori della noja recata loro fin qui, col riportare i rammemorati esquisitissimi tratti d' icastica poesia : (97) Speroni Opere cila.'c. Tomo 11 , pag. 36o. (g8) Opere citate. Tomo IP', pag. 5^5. (99) Aeneid. lib. VI. 5o POZZETTI .... nil (^ungues ^ agmine certo Laocoonta petunt , et primuin parva duorum Corpora natorum serpens amplexus uterque Implicat , et miseros morsu depascitur artus. Post ipsuin auxilio suheuntem ac tela fercntein Corripiunt , spirisque lisant itigetitibus, et iatn, Bis medium amplexi, bis collo squainea circiim. Terga dati , superaiU capite et cervicibus altis . Jl.le siniul manibus tendit divellere nodos Pcrfusus same vittas atroque veneno , Clamores simul horrendos ad sidera toUit. Quales mugitus , fugit cum saucius aram Taurus 5 et incertam excusslt cervice securim. DANTE. Com' io tenea levate in lor le ciglia ; Ed un serpente con sei pie si lancia Dinanzi all' uno , e tutto a lui s'appiglia. Co' pie di mezzo gli avi>inse la panda , E con gli anterior le braccia prese: Pol gli uddento e V una e I'altra guancia. Li diretani alle cosce distese j, E miseli la coda tr' amendue , E dietro per li ren su la ritese . Ellera abbarbicata mai non fue . Ad alber si, come V orribil fiera Per Valtrui membra avviticchio le sue. Poi s'appiccar come di calda cera Fossr.ro stati , e mischiar lor colore . Come procede innanzi dalV ardore Per lo papiro suso un color bruno, Che non e nero ancora, e 'I bianco miiore. dell' ORIGINALITA' DI DANTE. 5 1 Forti , natural!, vivissinie scoigi le cosififatte pitture, ma la vista delle niedesime ti desta in cuore moti diffonni.In Vir- gilio due teneri figli, ed uu padre araorevole, son le vittime infelici: li e in Dante un ladro dannato: il colorito latino e patetico, I'italiano feroce: I'uno eccita il pianto, Taltro il ribrezzo (loo). Per le suddette cose vengo confortato a sperare clie il Sig. Professore e Bibliotecario Luigi Canali mi perdonera ove io ardisca ripetere, aver Dante Alighieri cantato di se stesso a tutta ragione : L'acqua ch' io prendo giafnmai non si corse , Minerva spira, e conducemi Apollo. (lOO) F~edi V Elogio di Dante Alighieri scritto dal Sig. G. F. ed /«» seritofra eli Elogi Italiani stampad in Venezia dal Marcuzzi, Vantio ijBzjper opera del benemerico Signor Ab. Andrea Ruhbi. Toino XI , nota (36) . 53 RISPOSTA AL PROGRAMMA PROPOSTO DALL' ACCADEMIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE^ ED ART I: Determinare lo stato presente della Lingua Italiana , specialmente Toscana ; indicare le cause, che portar la possono verso la sua decadenza , ed i mezzi piu acconci per impedirla. Del Prete MATTEO SOLDATI (a). Spcrare audemuj veniam, non prctemia landis. _l3enche consapevole a me medesimo del mio scarso inge- gno, e delle mie deboli forze, se io pure a favellare m'ac- ciogo del Programma dall' Accademia Italiana, alia quale ho I'onore d'essere ascritto, saggiamente proposto, niuno creda , che io il faccia per qualche speranza di poter pie- namente corrispondere alle laudevoli mire di chi lo ha pro- posto, ma a cio il desiderio solo mi muove di far nota a'miei valorosi ed eruditi Colleghi almeno la disposizione , e la volonra, che in me sento viva e sincera, di contribuire, (a) Qupsta Memoria otteniie I'onore dtiW Accessit. T. 1. P. 11. 8 54 S O L D A T r per cjunnto io potessi, al niaggior lustro, e progresso della leggiadriisima nostra Toscana favella. Non potea piu op- portunameute proporsi agli auunti e conoscitori tleila patria Icrtcratura un tal programma; come piu opportiina esser non pud la iicerca e la scoperta d'uii quaklie specifico, ed pfficace rimedio, quando serpeggia e niinaccia d' attacca- re gli ahitanti di (jualche citta, o pinvincia, contagioso fu- nestissiino morbo. Non e foi'se questa I'imniagine piu vera dello state, in cui la medesima nostra lingua infelicemetite si trova per le molte, e direi quasi continue vicende, a cui vanno specialmente le hngue soggette? Ma il dispiacere forse di vederla e dichiararla oraai a tale stato ridotta ha penetrato si fattamente raniino dello zelantissinio Autor del Programma , die ha volute piuttosto supporre , che giunto per anche non sia il tempo della di lei decadenza , e che percio d'alfro non abbisogni occuparsi, che di preve- nire con opportuni ed efficaci mezzi un avvenimento cosi fatale al decoro del bel paese, Che Jppennin parte, il mar circonda e V alpe, e specialmente della piii amena, e piu colta delle sue pro- vincie, della sopra d'ogni altra madre feconda d'ltDmiiii in- signi in ogni maniera di scienze, e d'arti, e presso le nazio- ni tutte rinomatissima nostra Toscana. Ne senza fare la piu ainara violenza a me stesso sento io pure di potermi indurre a palesare il mio se^timento, di- cendo con rammarico, ma insieme con sincerita, che questo tempo di decadenza e omai pur troppo venuto, ed e da temersi, che ogni di piu s'avanzi, di nuovi, e piu gravi oltraggi alia gloria delle Toscane lettere apportatore. Non e inlatti cosi? La lingua che a' di nostri nell'ltalia, e nel- Ja Toscana stessa si parla , e si scrive, e forse il puro, il gentile, il nobile, Tarmonioso linguaggio, che si dolcemen- te suona nella divina Commedia di Dante, nelle Rime del Cantor di Laura, nelle opere del Boccaccio, del Casa, e mSPOSTA AL PnOCRAMMA. 55 • d'altri elegantissirni Toscani, edltaliaoi scrittori? lo credo che se ad alcuno di qut-sti conccsso fosse di ritornare fra noi, e udir potesse in qual riianiera cjuelhi lingua si par- la, e si scrive, che per loro crebbe a tanto pregio di pu- rica, , di bellezza , e di maesta, resterebbe al certo assal maravigliato e sorpreso nel vedere quanto ha fra noi per- duto del suo antico splendore , ne frenar potrtbbe l.e que- rele, ed i gemiti nel rimirarla da queila , che prima era. di- versa cotanto, e cosi sOgurata , e cosi scontraflatta . E omai quasi un secoio scorso, dacche reruditissimo, ed elegante Anton Maria Salvini, cui tunto deljitrice e la re- pnbblica delle lettere, e di cui si parlera linche delle let- tere non sara affatto fra di noi ramore estinto, e la olo- ]ia. cosi CI chpnise io state, in cui erasi gia ritrovata la Toscana eloquenza „ la questo peccarono molto (die' egli) alcuni moderni Jtaliani , che per smoderato dcsio di va- luta introdusscro traslatl arditi iniproprieta dl voci , argutezze rlcercate., fredde talora , e ndicole: stimarono che il gonfio, ed il turgido, fosse grande, lo sforzato subli- me, L'aJfettLito galante: senza aver riguardo veruno alia santita, alia gravlta, delle materie tnittate, ogni cosa con lisci sfacciati ed irriverenti corruppero , ed in guisa par- larono , che niun uomo savio in queila purler ehbe ,,. Con questi colori , lo so, fu dall'egregio Fiorentino S'erittore ■espressa e dipinta 1' immagine di quel secoio infelice, nel quale vide 1' Italia, e la nostra Toscana, al buon gusto un gusto depravato succedere, al veio belio un belio apparen- te, alfiaiitazione della natura lo sforzo di mal regolata im- inaginazione, e dell'arte, ai padri, e maestri del gentil par- larc, ed ai loro degni seguaci,uno stuolo di fanati?l,di ridi- coli, d'insuisi Scrittori. Potrebbero elleno rinnuovare con tutta ragione auche ai di no-tri le loro querele. e i lor ge- initi la Toscana, e I'l'talia, sullo stato, nel quale si frova il loro un tempo si colto, e si puro linguaggio? M' allon- 56 SOLD ATI tanerel dal proposto.soggetto, se qui prender volessi ad esa- minare il gusto die regna ne'nostri Scrittori, e le parti non bene arrogandonii di giudice, e di censore, additare tru questi forse non pochi, de' quali ripeterebbe Orazio, che mentre sollevar si vogliono e grandfggiare con lo stile-, si perdono fra le nuvolej danno in gonliezza, e pompa fanno d'un linguaggio enigmatico, ed oscuro al pari degii oracoli di Delfo ; mentre scherzar vogliono m-Uo stile infinio, e fa- rniliare, cadono in vili indecenze e nauseanti bassezze; men- tre seguir vogliono lo stile fiorito, ed ornato.uno stile pren- dono affettato, snervato, e moUe, quanto carico di studiati orriamentijaltrettanto di' naturali-grazie e bellezze, di gen- tili pensieri digiiino. Quante strane voci, quanti vocaboli di nuovo conio nella nostra Jingua, d'ogni leggiadra manie- ra di dire ricca e feconda, senza necessita introdotti e nel parlare s'ascoltano, e s'incontrano ne'libri! Qaanti error! alle buone regole della stessa giammarica , ed ortografia Toscana afFatto contrarii ! errori che men si conoscono, quanto piu divenuti sono comuni, e familiari, ma che non isfuggono aU'occhio di coloro, che in tempi piu felici cre- sciuti, ed educati nella lettura , e nello studio de' piCi ele- ganti Scrittori, colsero il piu bel fiore della Toscana favella, ne possono senza nausea legger tanti, e tanti volumi , ne' quali, quand'altro non manchi, si desidera al. certo la pro- prieta, I'eleganzajla grazia . Mentre pero dello stato in tal- guisa io favello, nel quale pur troppo attualmente si trova la nostra lingua, niuno mi faccia il torto di credere, che in questo numero le Opere di coloro io voglia riporre, che agh altri pregj della Toscana eloquenza quelfo ancora mi- rabilmente accoppiano d'un parlare puro, colto, e leggia- dro. Doler ci dobbiamo , the si scarso ne sia I'onorato drappello. II poco amore , che si ha per la nostra medesima lingua, la negligenza, col la quale si parla, e si scrive,ci fa raiumentar con rammarico quel secoli fortunati, ne' quali KISPOSTA AL PROGRAMMA. 87 nelle piu floride, e colte provincie d' Italia, e molto piii nella nostra Toscana, fiorirono in gran numero uomini insi- 2ni, che oggetto f'ecero delle lore piu soUecite cure, del loro auiore, delle loro dellzie ogni piu teiso, ed ornato modo di dire, e sembraroiio disputarsl gareggiando 11 vanto di col- ti , ed eleo'anti Scrittori. Ma ora (convien ripeterlo) rari sorgoiio questi fra noi, ed un niaggior numero forse ne tra- mandera ai posteri la Storia letteraria dell'altre provincie, e citta d' Italia, che qnelia della nostra Toscana, benche sia stata ([uesta del nostro idioma la cuna, ne sia stata, e ne sia sempre a fronte di qualunque depravazione, la rego- latrice, I'arbitra, la niaestra, ed i saggi uomini dell'altre provincie, abbandonato il patrio dialetto, amino sempre di trasmettere nel medesimo Toscano idioma alia posterity le loro letterarie produzioni. Ma uello stato, in cui vede e I'ltalia, e la Toscana la propria lingua, parlando abbastanza I'esperienza, ed il fat- to, inutile e superfluo si rende il prolungare intorno ad esso le osservazioni, e le ricerche. Piu utile, a mio parere, e piu opportuno sara I'andar rintracciando le cagioni funeste della sua decadenza, sco- perte le quali, piu agevole si rende I'opporre a queste i piu acconci e validi rimedj , come a saggio ed accorco medico non rie.sce piu tanto dilHcile il troncare il corso di grave e pericoloso morbo, ed aiutar la natura nel rendere all'in- fermo la bramata salute, quando del morbo istesso sia giun- to a scoprire la radice venefioa, il genio maligno , la sede principale nella macchma alterata del corpo. Sebbene an- che queste si presentano subito alio sguardo di chiunque si ponga a considerare per poco, da una parte la non cu- ranza, per non dire il quasi toiale, ed universale disprez- zo de'mezzi, onde il bel parlare s'apprende, e si peri'ezio- na, dall'altra la perniciosa facilita, con cui s'introducorto, iatrodotte s'adottano, ed adottate si rendono a poco a po- 53 SOLD AT I CO abituali, e comuni, certe strane eel improprie maniere, die alterano, sfigurano, e guastauo aft'aito la purita e la bellezza della Toscana favella. Quando ni'avvenisse di niettere nel suo pin chiaro lume tali nflessi, lusingar ini po- trei d'avere non delusa affatto I'espettazione, ne perdtito di vista I'interessante oggetto del chiarissimo Autor del PrograiiiJiia. L'aver solo tentata una si laudevole ed uti- le impresa non sara piecola gloria per me. La cagion principale, da cui e derivata, e sempre piu de- rivar potrebbe, la decadeuza della nostra lingua, e certa— joente il trascurato studio di essa. Coniune pur troppo an- che fra noi e Topinione, che I'uso basti per divcnire uella propria lingya assai bene istruitu. Perche si comiocia a par- larla, appena che I'elastico e fiessibile istromento della vo- ce, e della favella, e caj^ace co'suoi diversi inoti d'articolare i vocaboli, e col crescere dell'eta, e nel continuo coiiver- sare con gli altri, osservandone i moti diversi, le diverse aperture della bocca, e delle labbra , i suoni, le voci , e Studiandosi a poco a poco d'iraitarli, ogni di niaggior fran- chezza nel parlare s'acc[uista, credesi inutilmente impiegato il tempo nell'apparare per via di precetti cjuello, di cui la pratica, e direicjuasi la natura, sono a noi piu assidui e men gravosi maestri. Ne da riprovarsi sarebbe forse un si fatto niodo di pensare, ed uo tal sistema , se I'educazioue.de'fan- ciulli regolaia fosse secondo il saggio, e giudizioso metodo da Quiutiliano nel libvo I. delle sue Oratorie Istituzio- ni insinuato, e proposto . Preso aveudo egli fiuo dalle fasce ad educare un fanciullo, vuole che sopra d'ognl altra cosa tutte le diligenze si adoprino, perche appeua comincia a snodar la sua lingua, e balbettar delle voci, che dalla boc- ca della sua nutrice ascolta , imparl un linguaggio puro,e non difettoso, ne per couseguenza tale, cui debba, cresciuto in eta, con gran fatica e studio disimparare. Raccomanda peir-io che le nutrici istesse parlino, se non con flicondia, al- RISPOSTA AL PROGRAMMA. 69 meno con purita, e proprieta di voci. con soave, e graziosa proimnzia la linoua , chf cli'/il f.iDciullo imparare = /hue Omnia ne sit vitiosus scrmo nutricibus ... Has primum au- dirt puerjiaruin verba efjingere iinitando canabitur .. . Non assLii-scat prMo . ne Hum iiifans quidein est, sermoni , qui dediscendus est :=. Ne piu forte esser puo la lagiorie, sul- la <|uale appuggia un si giusto insegnaniento, meiitre dice, clie e da teineisi assai, clie i difetti coiitratti dalla ]iiu tfiie- ra eta, equelle prime iinpressioni,diveiigatio in essi una se- conda narura, la quale si renderebbe poi quasi impro- setto sarfbbe da non vedersi giainmai esejiuito quello di allontanare da essi ogni sorta di persone, dalle quali bever potessero un parlar guasto, e vizioso, ed a queste sostitui- re una compagnia, ed una conversazione, in cui aperta avessero una scuola continua d'un pu-rOjC gentile lingiiag- gio. Assai sarebbe, se quando cresciuti sono in eta, e dive- nuti capaci di qualcbe studio, e di qualche applicazione, con ogn'impegno si procurassero loro i niezzi di correggersi di qui'i difetti, che in parlando la propria lingua, come il comune delle persone la paria, hanno fino da' primi anni abitualmente, e senza loro colpa contratti . Siami permesso d'acceniiar cjui almen di passaggio, e di condannare il cat- tivo metodo, che si pratica pur troppo nelle prime istru- zioni, che si danno ai fanciulli. In un piano d'educazione istruttiva il prime luogo aver dovrebbe lo studio della pro- pria lingua. La prima grammatica che por si dovrebbe in mano ai fanciulli, quella esser dovrebbe in cui della stessa lingua esposti fossei-o con chiarezza, con precisione, econ or- dine i principj , e le regole. Questo nietodo io bramerei di vedere introdotto ed osservato nella privata e dirnestica educazione, e nelle pubbliche scuole. Qual vantaggio non ne deriverebbe? Cosi giungerebbero i giovanetti a spo- gliarsi per tempo de' difettosi modi di parlare, di cui per abito si sono imbevuti. Cosi si renderebbero a poco a poco in grado di parlare correttamente, con pulizia, e cou pro- priety la propria lingua. Cosi diverrebbe loro -pill facile, e meno noioso in appresso, a'nclie lo studio di qualche lingua straniera. Ma a danno della nostra Toscana favella biso- gna pur confessare, essere un tal-sistema cosi trascurato. RISPOSTA AL PROGRAMMA. 6i rhe seiiibra sconosciuto afFatto, e come autore di novita riguardacosarebbe chi dun tal sistema promoter si facesse, d' una novitc-i per altro lodevole al soiiimo, e vantaggiosa , mentre per essa al primiero suo lustro, ed alia sua antica puritci, vcdrebbesi la nostra lingua risorgere. Ma non bastano i soli precetti per giungere alia gloria di parlare con proprieta, e con eleganza una lingua. Lo studio diligente d' u«a buona Grammatica giova non poco, dice Cicerone, a rendere piu pulito, e piu puro il parlare. TNIa a quesro studio conviene unire I'assidua ed attenta lettura de'buoni, ed eleganti Scrittori si in prosa, che in verso. Questi sono i maestri , che spesso fa d' uopo ascolta- re. Da questi non solo il corretto favellare si apprende, ma il piu bel fioie dell'eloquenza si coglie: da questi la copia; da questi I'ornaniento; da questi cgni maniera di vezzo, dibellezza, e digrazia, come da feconde e limpide sor- genti, s'attinge. „ §ed omnis loquenclielegantiaquamquain expolitur scie.ntia literarum ,tanien augetur legendis ora- toribus et poctis ,, ( lib. III. de Orat ) . Queilo che del latino Jinguaggio lo stesso Retore, cd Oratore insegna „ sunt enim, illi veteres , qui ornare nondum poterant quae dicebant , omiies prope proBclarc locuti , quorum sermoni assitefacti qui eruntne cupientes quidem poterunt, nisi latine loqui ,, dicasi ancora della soave nostra, e leggiadra Toscana fa- vella, la quale non potremo non parlare, quando anche nol volessimo, con tutta la grazia , e con tutta 1' eleganza, se per mezzo d'una continua ed attenta lettura assuefatti ci saremo ai semplici, tersi, ed armoniosi modi di dire, che in Dante, nel Petrarca, nel Boccaccio, ed in altri colti ed eleganti Toscani, ed Italiani Scrittori s'incontrano. Se la lettura di essi e stata sempre conosciuta non solo come uti- le, ma necessaria, e sempre percio raccomandara , io cre- do, che piu necessaria sia ai di nostri, ne possa mai abba- stanza raccomandarsi . Bisogna pur dire, che una delle T. 1. F. 11. g 6-2 SOL DAT! cause, per le quail ha nou poco perduto , o almeno inco- iiiinciafo a peidere, della sua purita , e del suo lustro la nostra lingua, e certaiueute la moltitudiue de'libri , ne' fjuali si vede cosi stranamente sciitta, che invano vi si ri- cerca propi ieta di voci, huona e ngolare sintassi, e fiiio uu' esatta ortografia. Ma piii di tutto soiio di paiere, che ub- biano guastato, e capaci sieno di guastar sempre piu, ed alterare la bella lingua d' Italia, e delia nostra Toscana le veif-ioni di libri oltramontanl , le quali hanno uiondate, ed inondano le nostre proviucle, e sono nelle man! di tuttl. Tra queste quanto poclie son quelle, nelle quail lu buono Itaiiano espresse si veggano le idee,e le dottrine de'gran- di uoinini, che vanta la nazione a cui appartengono, e (he SCI lire si trovlno da persoue , die Tuna e I'altra lingua possoggano, e couoscano appieno d'anibedue II carattere, la forza, ed il belle! Queste traduzioni perche facte per lo piu seuza studio, e senza ddigenza, perche farte da perso- ne che non hanno della lingua originale, e di quella, iiel- la quale trasportano le opere, che una superficial cogni- zlone, plene sonodi manlere affatto Francesi, e niente jjro- prie della nostra Toscana favella . Qual maraviglla, che si fatfe juaniere si sentano da nou pochi In parlando, si veggano In scrlvendo o per irriflessione, o per abito, e non di rado per una veramente ingrata e nauseante affettazio- ne adoperate? Ecco 11 torrente di depravazlone, che ogni glorno piu mlnaccia la nostra lingua, e incontro al quale ar- glne o riparo piu saldo a mio parere opporre non si puo, che la lettura, e lo studio de' nostri cleganti Scrirtori. Co- me venuto 11 corrotto secento,dlce egregiamente 11 Bettlnel- 11, noi abblaino dovuto nell'etA nostra cominclar con Dan- te, Petrarca,e Boccaccio a studiare una lingua, morta puo dirsi con loro, cosi sembra che slanio in magglor bisogno di fare altrettanto In quosto secolo , In cul dal puro lluguag- gio di essi abblamo di nuovo degenerate tanto , e tanto si ! I mSPOSTA AL PROCRAMMA. 65 Ta sempre piu degeoerando. £ questo certamente i! mezzo j)iu ftlicace, ed acconcio per premunirsi contro la corrut- fela , e contro la seduzione. Chi e bene nella nostra linriua isrruito , chi nelle opere de'buoni Scrittori e arrivato a co- nosceriie i principj , le regole , le bellezze , distiiigueia f'a- cilmente le maniere irregolari e viziose di chi male la par- la , e la scrive , e guardar si potra dall'adottarle. E se il numero fortunatamentecrescesse ognor di colore, che amo- re, e zelo avendo per la piirita , e per la gloria del nostro Itaiiano lingua'io'io, sua delizia farino, ed ogzetto de'suoi studj i iiostri eleganti Scrittori, sperar si potrebbe di vcder da qiiesti frenato, ed arrestato il corso ai modi impuri, e viziosi di dire, che nella lingua d' Italia, e della Toscana si .' ono introdotti, e si potrebbero sempre piu insimiare. Del- la lettura dunque de'buoni nostri Scrittori «i cerchi d'in- namorare e nelle pubbliche, e nelle private scuole la gio- vpntfi,ed alia gia seguita, ed allaulteriore decadenza della nostra lingua si opporra conveniente, ed efBcace riparo. E non sarebbe oltre modo desiderabile, che non alia let- tura, ed alio studio degli eccellenti Italian!, e Toscani Scrittori soltanto si applicassero i giovanetti, ma de'loro studj oggetto facessero ancora, a preferenza di qualunque altra lingua, la lingua del Lazio? Sembrera forse a prima vista, che in cio dire dal proposto Programnia io m'allonta- ni non poco: ma non e certamente cosi. Aperta anzi io mi sono la via ad accennare un' altra non men forse potente e funesta cagione, per cui ha perduto non poco, e va per- dendo della sua bellezza e del suo splenrlore Ta nostra lin- gua. Echi puomettere in dubbio esser questa Tavvilimento, r la noncuranza, in cui giace specialmente ai di nostri la bellaj la sonora, la maestosa lingua degli antichi Roniani? Basta il rammentarsi, che di (juesta e figlia la nostra To- scana favella,e figlia tale che. sopra d'ogni altra a lei so- rella lingua, porta in se scolpiti della madre i lineamcnti. 64 S O L D A T I I'indole, i pregj; ne facile cosa e il deciclere, se della figlia la madre, o della madie dir si debba piu bella, e piu lew- giadra la figlia, per apprendt^re come cosa, direi quasi, im- possibile rarnvare a conoscere la nacura, il genio , il bello della nostra lingua senza una sufficicnte cognizione almeno ^ . . . ^ della larina.Tanio io mi lusingo d'aver fino all'evidenza diniostrato in uu ragionameato, che, non ha niolto, ebbi i'onore di sortoporre al purgito gindizio de' miei umaiiissi- mi e dotti colleghi di que-sta fmperiale Accademia di varia Letteratura. Lungo sirebbe il liportarlo qui intero. Oppor- tuno e per altro Tacrennare almen di passaggio quello che su tal proposito piu diffusamente ( vorrei poter dire con di- gnittl , e con eleganza ) esposi. Chi non sa , che sebbeiie niolte voci, e maniere di parlare,vanti la nostra lingua tut- te sue proprie? grandissima e per altro la copia di quelle, che sono passate in lei dalla lingua latina? Chi non sa che molte di queste voci , e specialmente quelle consacrate al linguaggio delle Muse, del quale sopra d' ogni alcra va ricca , e superba la nostra lingua, son tali, che non ne pud conoscere il significato , la bellezza, e la forza , se non ohi intende appieno il sigiHficato, la bellezza, e la forza delle voci latine, da cui derivano? Mi renderei al ccrto mole- sto, se per mezzo d'una lunga enumerazione riportar qui le volessi . A chiunque abbia una sufficiente cognizione del- la nostra lingua si affaccian tosto al pensiero le voci : car- me, adusto, onusto, vetusto, edace, venusto, cmergerc, la- niare, Umo , irretito, iiiulto, inostrare , corusco, e simili, delle quali, come di non poche, che suonano non bene in- tese anche sulle labbra del volgo, e manifesto non potere appieno ii senso, e la forza conoscere se non chi nella lin- gua latina sia insieme non poco istruito. Ma oltre ad un infinito numero di voci e di frasi, non e ella ancora debitri- ce la nostra lingua alia lingua del Lazio, della gravita , della rotondita?, dell'armonia de' suoi periodi per I'ottima ti RTSPOSTA AL PROGRAMMA. 65 disposizione, che soinigliantissima anche in questo alia 'nia- dre, ama eila di dare alle parole, cosicche vengano a for- inare un giro pieno, e perfetto, e a diletrare col suo vario, e grato numeio le oreccliie dcgli ascoltanti? Non ci sembra d'udire gli annoniosi periodi di Cicerone nelh' suefaconde, ed eleganti Orazioni, ed i pieni di grazia, e di soavira ue' suoi Oratorii, e Fdosofici Libri, e nelle sue Lettere, cjuan- do ieao-iamo le Oraeioni di Monsignor della Casa, il suo li- bro degli Ulizj , il suo Galateo? Ne prerendo io gia che sul- la struttura de' periodi latini modeliar si debbano rigoro-» samente i ragionamenti , e gli scritti Italiani, imitandone appunto i! giro, e la disposizione delle parole. Fu questo il gusto, onde vedesi scritta la nostra lingua, quando ella era ancora vicina alia sua origine, dallo stesso Boccaccio, il quale ne e egualmente che Dante, e Petrarca, padre, e maestro. Sono anzi persuaso, che, come si renderebbe ridi- qolo chi certe voci riprodur volesse da lui adoprate, ma orauiai rigectatedall' us(;),cosi lusingar non si potrebbe d'es- sere con piacere ascoltato, o letto chi un parlare affettasse tessutodi periodi con arte , e stile Boccaccevole elaborati, e coniposti. Ma piii da biasimarsi non e forse la trascura- tezza J colla quale dai piu si scrive oggi la nostra lingua, e la niuna arte, con cui si stendono, negletta affatv^ ogni acconcia disposizione di parole, i periodi? Qual vestigio ser- ba della sua antica annonia, emaesta la nostra lingua? E siccome io penso, che dal negletto studio della lingua latina un disordine tale in gran parte derivi,cosi porto sicura opi- nione, che Io studio della medesiina lingua sia incontro alia depravazione uno de'piii efficaci rimedj , e contribuir possa non poco a mantenere nel suo lustro la nostra lingua, e ad accrescerne ancora le bellezze, ed i pregj. Si consulti la storia medesima dell' origine, e de' progressi dell'Italiana , e Toscana favella . Fu dessa mai tanto florida; con tanta eleganza , e leggiadria si parlo , e si scrisse mai , quanto 6^ SOLD ATT ne' tempi felici , i quali videro con le TdSrane lettere e neir Italia, e piu nella nostra Toscana coltivate con impe- gno , e col pill feiice successo, le Greche e le latinc? Dai jirimi maestri di essa, Dante, Petrarca , e Boccaccio, iino agli Sciittori"de'nostri tempi , quelii die I'hanno con pn- rita, e grazia parlata , e scritta, non suiio eglino stati, e sono anche della Latma intenclentissimi , e dagli scrittori Latirii prese non hanno le piu singolari bellezze, che ne' lo- lo componimenti si in prosa, die in verso s'ammirano? Ah ! #i , convien confessarlo col chiarissimo ed erudito Saivini,, Quel lustro (Discorso 65.) quella fiamma , quel hrio, quel forte scintiUar di concetto, quell arm onia deile parole , quella grande bellezza , quella maesta , quella leggiadria, quel componiniento piano insieine , e magnifico, se non si accatta da^ maestri della Latina eloquenza, malagevol- mente potra essere nello scrivere , e net ragionare Tosca- no. II mestiero vivo del bel dire , e copioso^ meatre fiori la iiberta della Repubblica, fu presso i Romani . Tesoro di questo dire sta ne' lor libri racchiuso^e seppellito . In que- sti dobbiamo noi penetrare, e cacciar fuori le gemme, e le ricchezze del favcUare del Lazio, per adornarne il nostra idiomavago erede, e bel successore di quello. E rircnosccn- do-la lingua Latina come madre della nostra, e che non ha della nostra ftghuola a lei pid somigliante, e piu cara,' verremo,coltivando la bella madre, a fare onore nel- lo stcsso tempo alia suanonmeno bella figliuola,,. Al giu- dizio di SI celebre e saggio Scrittore eco lacendo quei me- desimi , che animati da lodevole zelo per I'onor nazio- nale ci predicano la necessita di scrivere nella projiria lin- gua , now possono con piu forti espressioni eccitarci anche alio studio della lingua del Lazio: „Nonvaestinto (dice il chiarissimo Rosini nella sua Orazione proemiale) ma colti- vatn anzi e promossonell a letteraria educazione I amo~ ' re,il gusto, I'esercizio della latinita. Studiati vannoe pro E.ISPOSTA AL PROGRAMMA. 67 fondamente meditati quel latlni ScriCtori, die rif,uardatl seinpre verraitno come il PuUadio d' ogiii phi lcg£,Lidro SCI Ivere hoii solo, ma d' ogni plu giusto iiiimaginare , e coinporre Di, e notte , com.e il Venosiiio inculcava dc Greci.dilucidare , e svols,ere si dovranno quei latini esem- plari, prima fontc tra noi del hello nelle lettere, polche da essi , come da purissima vena , sgorgar si vide , e pro- pagarsi in Occidente ogni lume di letteratura , e di scicn- za „. (ili bcritiori alunque, die resero cosi gloricjso il seco- lo d' Augusto, formino il nostro pascolo, e la nostra delizia, e riprometfiamoci uii grand' aiuto a divenire colti ed ele— g.inti Si.ricCi>ri uella nosda Irggiadrissima Toscana favella . Aquesto ci richiamano le stesse leggi Imperial!, le quail pre- so di miia anche rimportantissimo oggetto della pubblica istnizioiie. vogliono, e decretano lo studio della lingua la- tina, e I'tleziuiie de'Maestri clie in essa istruir debbano la giaventu . -Denclie per aitraed il negletto studio della nostra lin- gua, e la lettura d'opere, nelle quali invece di bere il pu- re Toscano lin'iua2:;er solo si dovrelibe ai lim- pidi funti d^'nosiri eleganti Scrittori, de' piu difettosi modi di dire rimanghiamo q poco a poco, ed insensibilmente im- bevuti, e ravviliniento, in cui giacciono le latine lettere, sieno, come sembrami d' aver fin qui dimostrato, altret- tante cause di decadenza al nostro bello idioma ; pure io non ho per anche esposto quelio, che principalmen- te ne altera e ne corrompe la purita, ne oscura la bel- lezza, la nobiita ne avvilisce. Allora dir si puo veramente guasta , e depravata una lingua, quando in essa si sono introdotte,e frammischiate maniere di dire alia sua natura, al suo genio, alle sue regole, a'suoi principj afFatto contra- rie. Simili dir si possono queste ai vapori, ed alle macchie, che talvolta s' introducono sulla superficie di lucido e non ben difeso cristallo, o all'estranee materie, che s'insinua- 6" • SOLD ATI no fra le acque di limpidissinio foiite. Nulla vi ha di piil farale, e nocivo, ad una lingua della facilita d'iatrodurrein essa nuovi vocaboli. Questa e la trista vicenda^ che deplorava avvenuta alia lingua di Francia unode'piucelebri comuien- tatorid'Orazio, il P. Sanadon. Dopo aver egii fatte le sueos- servazionisulle regoleprescritteda quel gran poeta riguardo jilla liberta di far usodi nuove voci,e che piu sotto iopure avro luogo di ranimentare,, TeUes sont, egli dice, les regies qu Horace etablit, oCt plutot le boii sens present , regies bien oppusees a cette licence sans homes , que I on se donne de~ puis quelque terns d'introduire dans notre langue ces mon- strueuses nouveaiites de tcrmes , et d' expressions ^ qui la rendent meconnoissable, et inintelligible aux Francois me- nies. On comptoit autrefois parmi les Latins les nouveaux mots (Quintiiiano 1. 8. cap. 3.): on scavoit ceux , que Te- rence, que Cecilius ; que Ciccron , que Hortansius, qu'Au- guste, que Mcssala , que P,ollion , et que Sergius Flavius avoient pro.duits , et Von en trouvoit d'peine huit, ou dix, pendant deux, ou trois siccles. Mais aujourd liui V Aca- demic Francoise pourroit faire un Dictionnaire de tous les mots, et toulcs les phrases , que Von a fabriques dans i'espuce de douxe, ou de quinze ans , et cet ouvragc auroit son utilite , non pas pour leur clonner cours , inais pour apprendre 6, les eviter „. E non e questa la neniica sorgente della depravazione, alia quale gia da piu anni, ed ogni giorno piu,deploriamo soggetta anche la nostra lingua? Non e questo il costume, che a danno della di lei purita, e mae- Sta,veggianio pur troppo divenuto coinune? E non avviene bene spesso , che inveoe del puro idioma Italiano si ascolti, e si legga.non senza nausea un linguaggio oltrauiontano ma- le Toscanizzato? Pur troppo anche in Italia, e nella Tosca- na, mancar non potrebbe materia per un voluminoso Di- zionario a chi raccoglier vi voLsse tutte le voci , e tutte le frasi affatto nuove, e stranierc, che sono 5tate nella RISPOSTA AL TROGRAMMA. 69 nostra lingua gia da qualche tempo introdotte . Vicino e ancora da temersi il tempo, in cui giunga a tal segno la confusione, ed il mescolamento delle voci Toscaae, eFran- cesi, che non piu si patli nell' Italia, e neila Toscana, ne I'una ne I'altra lingua, ma una terza ne de'rivi, che quasi mostruoso centauro qualche forma ritenga dell' una, edell* altra, ma non piu ne i'una dir si possa, ne i'altra, come sappiamo dalla storia essere altre volte, e d'altre nazioni, avvenuto. Ne penso io gia, come neppure il pensava Ora- zio, che vietare si debba I'inveutare, ed introdurre nella nostra lingua nuovi vocaboli: licuit, semperque licebit Signatum praesente nota procudere nomen. Sarebbe questo (come ho gia nella terza parte della mia Rettorica osservato) un voler chiudere affatto la via a nuo- ve ricchezze,ed all'acquisto di nuovi pregi, di cui esser puo ella capace perche ancora viva,e dominante. Ma cre- do altresi troppo necessario I'osservare in cio le regole da Orazio medesiaio giudiziosamente prescritte, e si rigorosa- mente a' suoi tempi riguardo alia lingua del Lazio osser- vate. Eccole tutte in pochi versi racchiuse: In verbis etiam tenuis cautusque serendis . E poco sotto Si forte necesse est Jndiciis monstrare recentibus abdita rerum, Fingere cinctutis non exaudita Cethegis Continget , dabiturque licentia suinpta pudenter , £t nova J fictaque nuper habebunt verba Jidem , si Graeco fonte cadant parce detorta. T. 1. P. 11. 19 yo SOLD ATI Dai quali vers! facllmente rilevasi, die per formare ed in- Irodurre nuovi vocaboli in una lingua si richiede primie- ramente un gusto lino, e delicato, tenuis, un gusto formate f sulla lettura de'buoni Scrittori, e dalla plena coii;nizione della lingua, e dalTuso delle persona coke e civili, die meglio la parlano. Richiede in secondo iuogo Orazio una gran cautela per non lasciarsi sorprendere dalla novit^, talche prima d'avanzare nuove espressioni bensara I'aspet- tare almeno, die sieno approvate dali' uso deile persone saggie, ed illumiiiaje: cautus. Vuole in terzo Iuogo, die le parole prese da un'altra lingua, (e questa era allora la Greca) alcuni tratti ritengano di somiglianza con quelle, da cui son derivate . ma piegar si debbono ancora, e con- formare al genio, ed alia natura della lingua, in cui son trasferite parce detorta. Ed applicando questo principio ai vocaboli, die dalla lingua Francese trasferir si potrebbero nella nostra, con vien farlo in modo,che riescano bene To- scanizzati, dando lore un aspetto, ed Hina termiuazione conforme al suono, ed alia termiuazione delle voci Tosca- ne, e facendo si, che si senta, meno die sia possibile, lo straniero . Orazio finalmente non permette I'uso di nuove voci, se non quando la necessita lo richiede, quando cioe mandii la lini>;ua di termini per espriniere una qualche cosa per I'avanti ignota, e recentemente scoperra, e lo permette a condizione, che s'adopri sempre nioderazione, e riserva nel- I'uso d'una tale liberta: . . . dabiturque Ucentla sumpta pudenter.- A tal fine (dice in una sua nora il Traduttore Italiano di Blair ) prima d'usare un ternine straniero^ e necessa~ rio saper bene, se la propria lingua non somministri I'e- quivulente, il che non f anno ^li Scrittori trascurati, i qua' '^ III5P05TA AL PROGRAMMA. 71 11 si vaJgono delle stranicre locuzioni per IgiioraiXza del- 1e proprie. Anche quando alia nostra lingua realinente manchi H termine equivalente, non si dee suhito adottar lo straniero , qualora con un diverse giro di frase , o con qualchc aggiunto, supplir si possa agevolmente al difetto. Ma perche in tal caso non far uso del termine straniero, ma scrivendolo e pronunziandolo, come lo pronnnziano e lo scrivono le persone di quella lingua, dalla quale si prende in prestito, ed aspettando intanto, che I'uso, arbitro, leg- ge, e norma del parlare, lo approvi, e lo conii secondo i! genio e caratfere della nostra, come osserviamo aver fatto Cicerone riguardo a tanti vocaboli Greci? Qual argine sa- rebbe mai contro la novita, o coiitro la facilitcl d'introdur- le nella nostra lingua voci straniere, ed improprie I'osser- vanza di queste regole? Ma e tempo, ch' io ponga fine all' incolto mio ragio— namento, accennando in breve le riflessioni , che presen- tate mi si sono alia mente nell' esaminare 1' utilissimo , ed opportuno, Programma dallo zelo per la gloria, ed avanza- mento della Toscana ed Ita liana favella ispirato e dettaco. Perche non si studia come dovrebbesi la stessa lingua: per- che non se ne leggono i piu colti ed eleganti Scrittori : per- che anche le Latine Lettere giacciono fra noi incolte, e ne- glette: perche finalmente si sono in essa introdotri, ed ogni di piu s'introducono in copia, modi stranieri di dire, avve- nuto essendo, che ella sia decaduta non poco dal suo anti- co splendore, e sempre piu alia sua decadenza s'afFretti, ne- cessario si rende, che si pongano in pratica i mezzi, che ho saputo, e creduto bene di propoire, come i piu valevoli, ed opportuni. Ho intanto il piacere d'invitare I'illustre Ac- cademia Italiana a concepir meco le piu belle speranze di vederli per it bene delle Toscane Lettere messi in opra , e di vedere insieme compiti con i suoi, e con i miei, voti quel- li ancora di tutti coloro, che si sentono per le stesse Lette- 72 SOLDATI re da noblle, ed ardente amore infiamniali. E non sara que- sto i'oggecro deJIe sollecite cure, e de'lumi di quei chiaris- simi ed eruditi uomini, che dalle provide detei minazioni di S. M. Imjieriale NapoJeone il grande, che alia gloria del- I'armi unisce lo zelo piu ardente per i progressi dclTarti, e delie scieiize, sono stati nominati , ed eletti, restaurato- ri e sostegni dell'antica. e celebre Accademia delta Crusca? Quest! si, da profondi conoscitori dell'indole, delle proprie- ta, delle bellezze, della Toscana favella, oltre a correggcre, ove ne abbia bisogno, Tantico Vocabolario, che porta in fronte il nome di detta Accademia, per essere stato da' piu valenti Socii della medesima con ammirabile criterio, ed ac- curatezza,compiIato, di questi seguendo le luminose traccie, distinguer sapranno, per usar la frase del Menzini, il puro argento Del Toscano Parnaso , e il pronto acume Fissar, piu che al di fuorij, al bel die drento. Frutto de'loro diligenti esami, e della saggia lor ct'itica, sa- ra il veder riprovati ed eliminati quei modi di parlare,che invece d'aggiunger grazia, e bellczza, alia di per se leo-^ia- drissima nostra favella , la giiastano, la contraflfanno : frut- to saranno gli ulterioii acquisti, ch'ella fara pe'nuovi vo- caboli, che oniai I'uso non solo dt^lle persone volgari, ma de'coiti e saggi uomini ancora ha gia adottati, e che por- tano un'improiita non disdicevole, aiizi alia vaghezza e mae- stA della nostra lingua conforme. E che riprometter non ci possiamo dal loro zelo, e dal finn e delicato lor gusto, ri- guardo al puro ed elegante pailare^ Ouai progressi non annunzia di piu alle Toscane, ed Italiane, IjCttere la mente illuminata, e provida di sua Maesti Imperiale? Ne udim- mo, non ha gran tempo, il nuovo f;\ustissimo oracolo. Dal- I'altezza deli'augusto suo Sogliociha detto: Negli stessi pub- niSPOSTA AL PROGRAMMA. 7$ blici Atti e criminali, e civili, si faccia egualmente uso del Toscano, che del Francese idioma. Vuol dunque, e deside- ra, S. Maest^ , che nel suo lustro ritorni, e si conservi, che con impegno si studi, e si coltivi. la nostra lingua. A que- ste mire Sovrane io non dnhiro, che tanto conforme sareb- be, quanto e desiderabile, die si vedesse arrestato i! corso alle cattive Versioni, dalle quali tanto danno, ed oltraggio deriva, siccome ho dimostrato, alia nostra lingua, e che de- gradano fino la maesta delle Leggi, e de'Sovrani Decreti, perche figiie per lopiudella precipitazione , e della negli- genza, perche opera, che porta scolpiti in fronte i segni piii manifesti della poca cognizione, che si ha e della Lingua originate, e di quella in cui si traduce; ed all'opposto di- stinre compartssero anche con qualche autentico, e solenue Privilegio quelle Versioni, che norma esser possono del bel parlare. 75 INSCRIPTIONUM SPECIMEN ANDREAE ZANNONII. Saciae. (I) PRIDIE . NON . APR . ANN . M . DCC . LXXX TRISTISSIMA . VERTENTE . NOCTE TERRA MOTIBUS . HORRIFICiS . CONGUSSA AEDlFICnS . OMNIBUS . AD . LABEM . FERE . QUASSATIS FAVENTINA . CIVITAS OPE . PRAE31DI0QUE . SUI . SOSPITAE DEIPARAE . VIRGINIS . GRATIARUM IMPENDENTl . EXCIDII . PERICULO . LiBERATA TaNTI BENEFICU . NON . IMMEMOR . FUTURA ANNIVERSARIO . DIE . SACkUM CUM . CANTU AD . ARaM . MARIANAM . SE . IN . ANN . T . FACTURAM EX . AERE PUBLICE . CONLATO CUI . SACEO MAGISTRATUS QUIQ MAGISTRAT:BUS . APPARENT UNIVERSORUM . CIVIUM . NOMINE . INTERSINT SANCTE . VOViT 76 ZANNONII (II) QUOD . VOTUM FAVENTINORUM . CIVITAS . ANNO . M. DCC. iX.XXI MAXIMO . TERRAE . MDTU . CONCUSSA PRAESENTIQUE . OPE .D.N. MARIAE GRATIARUM . POTENTIS AE . IMHlNtNTI . EXCIDIO . SIRVATA IN . ANN . L" EXPLENDUM . SUSCEPIT PERQ . BIENNIUM . TEMPORUM . CALaMITATE . IMPERANTE INVITA . INTERMISIT VICEM . TAMEN . PUBLICAM . IN . ID . INTERVALEI . SUPPLENTE PRIVATORUM . CIVIUM . PIETATE . AC . LARGITAI'E EADEM PACE . TANDEM ■ RELIGIONI . DATA ERGA . DEIPARAM SALUTIS . SUAE .AUCTOREJI ET . CONSERVATRICEM , GRATA PROPOSITI . TENAX . VOLENS . LUBENS . MERtTO PERSOLVIT _ PRID . NON . APRIL . ANN . M . DCCG (III) DEO . OPTIMO . MAXIMO ET DEIPARAE . VIRGINI . SIWERIBUS. RECEPTAE FAVEN1IN)RUM . TUTELAE. . PRAESENTI IMPIETATIS . LICENTlAEQUE . CONATIBUS . FRACTIS FRISCO . RELIGIONI . CULTU . RESTITUTO CIVITATE . PACE . COMPOSITA ORDO. POPULUSQUE VOTA . EUCHARISTICA TRIBUS , AB . HINC . ANNIS . SUSCEPTA SUPPLICATIONIBUS . PER . DIES . QUA'l UOR . CONSTITUTIS VV . LL . M . PERSULVUNT A . D . xT. X .TX fix . KAL . SEPT ANN . W. DCC IC ORE . FAVETE . GIVES . PROCUL . HINC . PROCUL . ESTE . PROPHANI DUM . PACEM . TE . DIVA . POTENS . VENUMQUE . PRECAMUR INSCEIPTIONUM ec. ^7 (IV) TIBI INTEMERATAE . DEIPAKAE SPEI . TUTELAEQUE . PR.AESENTI URBI . ET . AGRO . FAVENTINORUM UTI . INGENTES . PLUVIAS . ARIDITATEM VKEDINEM . CETERASQUE . INTEMPERIAS AB . EORUM . FRUGIBU3 . AC . VINETIS QUOD . RITE . EXORATA . SOLES PROHIBESSIS . AVERRUNCESQUE VERI . TUI . NOMINIS . CULTORES A . D . VI . ID . DECEMBR SACRA . SOLEMNIA (V) DEO ..OPTIMO . MAXIMO BELLORUM . POTENTI PACIS . AUCTORI . EXORATO TUOQUE . HONORI SABINE CAELESTIS FAVENTINAE . CIVITATIS . HUJUSQ . CURIAE . PATRONE QUOD IMPENDENTIBUS , VASTATIONUM . INCENDIORUMQ . PER1CULI3 TUA . VIRtUTE . PRAESENTIQ . OPE . LIBERATi VETEREM . TR-ANQUIELITATEM . RECEPIHUS PATRUM . RELIGIONEM . S^RTAM . TECTAM . SERVAVIMUS TRIDUANAS . SOPPtlCATIONES CURULE3 . TUI . GRaTI . LIBENTES . MERITO DECREVIMUS . HABEWUS A . O . V. fv! iTT ID . SESTII. . ANN . W. DCC. IC T. 1. P. II. II 7§ ZANNONII (VI) D. O. M. QUOD A . NEFARIO . DEAE . VESTAE AD . VERI . DEI . VIRGINISQUE . WATKIS . CULTUM FAVENTINORUM . PIETAS . ANTIQUITUS . TRAUUXIT TUM . FF . SIIN . CONV . ABHJNC . ANN.. XXX CIRCITER . SUPRA SQUALLORE DETERSO . AWPLIARUNT IIDEM . TEMPLUM . IN . HONOREM . S. FRaNCISCI . PATRIS AERE . PROPRIO . AB INCHOATO . SUBSTRUCTUM DEDICaVEKUJMT ANNO . M DCC. OT TITULUM . REI . TESTEM . MULTOS . POST . ANNOS POSUERUNT . (VII) DEO . OPT . MAX . SACRUM TIBI FRANCI3CE SERAPHICE TEWPLUM . A . MAJORIBUS . ANNO . M. CC. LXXI. AB , INCHOATO EXTRUCTUM QUOD . VETUSTATE . INELEGANTIA . SITU . SQUALLERET MINORES . CONVENT . TIBERIACENSES . FILIOLI PATRI . SAJStCTISSlWO . PROVIDENTISSIMO CONCAMERATIONE . ALTIUS SUPERIHPOSITA OPERE . CULTUQUE . SPLENDIDIORE ORNaVIMUS . RESTITUIMUS ANNO . M. DCC XCV INSCRIPTIONUM ec. 79 ( VIII ) DEO . OMNIPOTENT! . EXORATO SUPPLICATIONE . DECRETA QUOD A . PIO . VI . POST . MAX PRINCIPE . OPTIMO . PROVIDENTISSIMO ANTONIUS . GABRIEL . CAROL! . F . SEVEROLIUS DOMO . FAVENTIA PATRICIUS AB . AVIS . ET . MAJORIBUS BONO . CHRISTUNaE . KEIP . ET». CIVIUM . GLORIAE . NATUS SUWMA . OMNIUM URDINUM LAETITIA FLORENTI . AET.\TE FANESTRIUM . PONTIFEX NUPER . SIT . DICTUS SODALES . ANTONIAN! IN . QUORUM . SCHOLAM . OLIM . NOMEN . DEDERAT INSIGNI HONOKE . AUCTI VOTA . EUCHARISTICA VV . LL . M . PERSOLVUNT IDIB . lUN . M. DCC LXXXVII V A R I I . ARGUMENTI (IX) PIO . SEXTO . PONT . MAX E . GERMANIA REDUCI FEUCITER 2© ^JAKJfONJI (X) PIO . SEXTO PONTIFICI . MAXIMO . PRINCIPI . OPTIMO BONO . CHRISTUNAE . ROMANAEQ . REI . NATO - URBEM . SUA . PRAESENTIA . H0NE3TANTI ORDU . POPULUSQUE . FAVENTINUS D . N . M . Q . EJUS (XI) • PIUS . SEXTUS . P . M AtVEUM ONERARIIS . NAVIEUS . VEHENDIS EX . URBE . FAVENTIA . IN . PADUSAH INDULGENTIA . AUSPICIISQ . INDUXIT (Xll) PIUS . SEXTUS . P . M NOTHOTROPHIUM TRANSTULIT . LAXaVIT RE0IT1BUS . LEGIBUSQUE . SALUBERRIMIS AUXIT (xni) QUOD . PIUS . Vi . P . M VINDOBONAM . CAESAREM . ADLOCUTURUS . CONTENDENS A . D . TV^ NON . MART . A . M. DCC. LXXXII HUC . DIVLRTERIT FRANCISCUS . SEMPRINIUS PONTIFICIAE . AD NOVAS AUCI . PRAEFECTUS VILLULAE . SUAE , INSPERATUM , HONOREM . GRATULATUS OPTIMI . PRJNC1P13 N . M . Q . D . M . P f }^- INSCRIPTIONUM etc. Si (XIV) QUOD PIUS . SEXTUS . PONT . MAX E . GERMANIA . AUSPIGATO . REDUX A . D . iV. KAL . JUN . ANN . bT DCC LXXXII COENOBII . VIRGINIBUS . HIC . IN . GENUA . PROVOLUTIS MURI . ANTERIORIS . SEPTIS . IN . TEMPORARIUM . FORNICEM RECLUSIS E . VIA . BENEDIXERIT FRANCISCUS . M . COLUMBANIUS . BRITONORII . EPISCOPUS VIRGINESQUE . TANTO . BENEFICIO . AUCTAE NE . REl . WEJIORIA . INTERCIDAT PP (XV) DE . NOSTRIS . ANNIS . TII5I . JUPITER . AUGEAT . ANNOS NAPOLEO . MAGNE GALLORUM . IMP . JTALIAE . REX . INVICTE . FELIX . AUGUSTE QUI REGNUM . TUA . TIBI . VIRTUTE . PABTUM OPTATISSIMA . PRAESENTIA . HONESTATURUS SECnONIS . RUBICONIANAE . FINES . INGREDERIS HU/US . SUPREMA . CURIA ARCU . TEWPORARIO . TRIUMPHIS . ONUSTO AUSPICATISSIMUM . ADVENTUM . TIBI . OPTIMO . PRINCIPI GRATULATUR T. J. F. 11. 12 82 ZANNONII (XVI) NAPOLEONI . MAGNO GALLORUM . IMP . ITALIAE . BEGI . I . F . A FAVENTINI HEROI . INTER . HEROAS . MAXIMO PUBLICE QUOD CIVITATEM . ARMORUM . VI . SUBACTAM A . DIREPTIONE . CAEDIBUS . INCENDIIS IPSAM . VINCENS . VICTORIAM . ILLAESAM . SERVARIT IN . REGNI . PARTEM ADSCIVERIT PRAESENTIA . SUA . REX . DICTUS . BEARIT PORTAM . REGIAM . A . SOLO . EXCITATAM VIAM . E . REGIONE . LAXATAM . SILICE . CONSTRATAM ARBORIBUS . UTRINQUE . CONSITIS GENIALE . DEAMBULACRUM . AD . ANIMORUM . RELAXATIONEM VV . LL . M . D . D ANNO . REGNI . ITALICI .T ( XVII ) DEO . OPTIMO . MAXIMO PRO . SALUTE . ET . INCOLUMITATE D.N. NAPOLEONIS . MAGNI . 1 . F . A GALLORUM . IMPERATORIS . ITALIAE'. REGIS RHENANI FOEDERIS . AUCTORIS . VINDICIS NATALI . EJUS . EODEMQ . NOJMINALI . RECURRENTE . DIE QUI . DIES . EST . XVIII . KAL . SEPT ORDO . MUNICIPII . FAVENTINI DEV . NOM . MAJ Q . EJUS L . M . GRATES . PER30LVIT NUNCUPAT . VOTA INSCRIPTIONUM etc. '$3 ( XVIII ) JOSEPHO . II . n • • FRANCISCUS . II PATRl . POTIUS . QUAM . PATRUO ANNO . FT. UCCC . Ill GKANDE . JOSEPH NOMEN ! NE GRANDIA . NOMINA . VINCAT HEROUM . PARCA . HEU ! SUSTULIT . ANTE . DIEM (XIX) D . O . M CATHARINA . GINNASIA DOMO . ROMA A . D . V . ID SEXTIL . ANN . M . DC . XLIII IN . HONOREM . SANCTAE . DEI . GENITRICIS SCUTAT . Tn . M . NUM . HOIC . SODALITATI TESTAMENTO . LFCAVIT UT . EX . REDITU . EORUM . IN . PEUPETUUM SCUT . XV ill . N . NOMINE . DOTIS . SINGULIS . ANNIS IN . SINGULAS .Tv . PUELLAS . DE . HOC CASTRO SEU . EJUS . AGRO VESTIS . INSUPER . UNiCOLOR . CUIQUE . TRIBUATUR SI . QUID . RELIQUUM . PAUPERIBUS . DILARGIATUR EA . ETIAM CONSTiTUTA . LEGE UT . DUAE . EX . PUELLIS . AB IPSIUS . SODALITATIS . FRATRIBUS TERTIA . AB HAEREDIBUS . FIDEICuMMISSARUS DOWINICI . S . R . E , PRAESBIT . CAKDINALIS POSTREMA . AB . HAEREDIBUS . CYNTHIAE . GINNASIAE AD . DOTEM . EXHIBEANTUR HISCE . VITA . FUNCTIS HOC . QUICQUID JURIS . AD . SODALITATEM . DEVENIAT EAMQ . REM . SAXO . INSCRIBl . JUSSIT QUOD . SERIUS . QUIDEM . SED . TANDL.M . EST . FACTUM C) Vindobonae pro Statua E<{o«8tri Joseph! II. Rom. Imp. 84 ZANNONII (XX) HIERONYMUS . FERRIUS POETA . ORATOR . POLYHISTOR • GERMANAE . LATINITATIS . CULTOR . ADSERTOR IN . FERRAR . LYCEO . HUMANIOR . LITT . TRADENDIS . DOCTOR DECURIALIS IN . WANT . ACAD CERTAMINE . lUDlCUM . SENTENTIIS . CORONA DONATUS PIETATE . IN . DEUM . SACERDOTALIS . VITAE . SANCTITATE ERUDITORUM . PRINCIPUHQUE . VIRORUM . AMICITHS AUDITORUM . CELEBRITATE . DOCTRINAQUE EDITIS . EDENDISQUE . LIBRIS . APPRIME CLARUS OPTIMOR. STUDIOR. MASSAELONG. FAVENTIAE. ARIMINI. AUCTOR NATUS . LONGIANI . IN . AEMILIA . A . M . DC'C . XIlI OBUT . FERRARIAE . V . KAL JUL A.M. DC(J . LXXXVl (XXI) HEU . QUANTUM . FUNERE . IN . UrTO MORS . RAPUIT JOANNI CAROLO . S . R . E . CARD . BOSCHIO CRIMINIEUS . EXPIANDIS . PRIMO . LOCO . PRAEFECTO VI RO . ANTIQUAE VIRTUTIS PIO . IN . DEUM . BENIGNO . IN . EGENOS ANIMI . CANDORE . MORUM . SUAVITATE RERUMQ . REGUNDARUM SOLERTIA CUM . PRIMIS . ECCLESIAE . LUMINIBUS . COMPARANDO S . FAVENTiNAE . ECCL . CANON ICI NGN SINE . LACRIMIS JUSTA llSrSCRirTIONUM etc. 85 ( XXII ) JOANNI . CAROLO . EOSCHIO DOHO . FAVENTIA . PATRICIA . NOBILITATE QUEM BENEDICTUS . XIV .P.M. gACRO . CUBICULO CLEMENS . XlU .P.M. iUPPLlCIBUS . LIBELLIS IDEM . IN . PATRUM . CARDiNALlUM . COLLEGIUM OC . EJUS . EGREGIA . IN . REMP . MERITA . COOPTATUft ADMISSIS . FIDELIUM . EXPIANDIS . PRlMO . LOCO . PRAEFECIT VIRO '. INTEGERRIMO . PIENTISSIMO DOCTRINAE . PRDDENTIAEQ . LAUDE MORUM . SUAVITATE . INKOCENTIAQ . OMNIBUS . CARO SODALES . MARIANI . SODALI . EIDEMQ . PATRONO MOERENTES . PARENTANT VIXIT . ANN . LXXlII . MEN IV . D ; XXVIII AVE . ANIMA . 1NN0CENT13SIMA . QUODQ . SODALITIUM . PRAESENTI OPE HONESTATUM . IN . TERRIS . JUVISTI . NUNC . SIDERIBUS . RECEPTA MELIORI PERENNIQUE . PRAESIDIO . VOLENS . PROPITIA . SOSPITES . AC. TUEARIS ( XXIII ) S , C QUOD . ANTONIUS . CANTONIUS . FAVENTINORUM . PRIMUM . DEINDE RAVENNATIUM PONTIFEX . OMNIGENA . VIRTUTOM . COMMEND ATIONE . SUI NOMINIS . FAMAM . PERENNITATI MaNDAVERIT . PATRIAM . HONESTAVERIT . INLUSTRAVITQUE S . P . Q . FAVENTINUS . QUO MAGIS . CETERI . ETIAM . GIVES . AD . BENE , FACIENDUM IN . REPUBLiCA . PROVOCENTUR lUSTA . PARENTALIORUM OFFICIA . PERSOLVl . CENSUERUNT • SACRA . PIACULARIA • CANTONIO CUI . JUS . FASQ . EST . ADIRE PACEM . MANIBUS . PIENTISSIMIS ADPRECATOR T. 1. P. 11. i5 86 ZANNONII ( XXIV ) SPEI . AC . SECURITATI . AETERNAE ANTONII . CANTONII PATRfril . FAVENTINI • QUEM . IN . IPSO . AETATIS . FLORE . AD . PATRIAE . EPISCOPATUM CANA . ET . SUBACTA . VIRTUS . EVEXIT EADEM . A0 . RAVENNATEH . CATHEDRAM . DEINDE . TRANSTULIT VIRI PIETATE . RELIGIONE . ABSTINENTIA EXIMIA . PRAECIPUE . ET . PENE . INCREDIBILI . IN . EGENOS BENEFICENTIA . COMMENDATISSIMI NATI UT . PER . MAGNI . BORROMAEI . VESTIGIA . IN3I3TENS PRAEPOSTEROS . SAECULI . MORES . CORRIGERET KELIGIONEM . CONSTABILIRET PRAEREPTI UT . AETERNUM . RAVENNATIBUS . LUCTUM CIVIBUS . DESIDERIUM . SUI . RELINQUERET DEBITA . VERO . JAJIDIU . TANTIS . VIRTUTIBUS . IN . CAELO PRAEWIA . PERCIPERET HUIC S . P . Q . FAVENT TUMULI . APPARATIONE . ET . JUSTIS . EXEQUIARUM . OFFICIIS MOESTISSIMI . PARENTANT VIXIT . ANN . LXXII . MENS . II . D . XXVI OBIIT . RAVENNAE . IV . NON . NOVEMBRES M . DCC . LXXXI INSCRIPTIONUM etc. 87 ( XXV ) SACRA . PIACULARIA VUI . AB . OBITU . 'vU , AB . INFERIIS . -DIE ANNIBALI . COMITI . FERNIANIO PLAUTILLA . NELLIA . DOLORI . RELICTA CONJUGI . INCOMPARABILI ( XXVI ) f. a. ANNIBALI . OCTAVIANI . F . FERNIANIO . CASTRI . NOVl . ET • VALDOPPII . COMITI EQUITIS . STEPHANIANI TIRO FRUGI . INTEGERr.IMO . PIENTISSIMO GENERIS. CLARITATE-. ANJMI . MAGNITUDINE INGENII . LAUDE . CONSPICUO DOCTISSIMIS . PLERISQ . HUJUS . AETATIS . APPRIME . CARD CUIUS . ERUDITIO . IN . EDITIS . EDENDISQ . SCRIPTIS VIRTUS . ADVERSIS . IN . REBUS . ENITUIT VIXIT . ANN . LVI . M . IX . D . XV DECESSIT . KALEN . QUINCTIL .A.M. DCC . LXXXIII PLAUTILLA . -NELLIA . DOMO . FLORENTIA UXOR . MOESTISSIMA QUAE . PRIOR . VOLUISSET . MORI CONTRA . VOTUM F 88 ZANlSrONIt < XXVII) AVE. ALEXANDRIOLA ANIMA . INNOCENTISSIMA HEIC . tE . NOVENNEM JOANNES . BA'PtlSTA . GALLIGNANIUS . PATRUUS CONDIDI . CUM . LACRIMIS ANNO . M . Dec . XC (XXVIII) ■ STEPHANOS . BONSIGNORIUS DOMO . BUSTO MEDIOLANENSIS . DITIONIS . OPPIDO . PRAENOEILI VIR . ANTIQUI . MORIS PIETATE . MODESTIA . COMITATE ELOQUENTIA . OMNIGENA . ERUDITIONE SPECTATISSIMUS MAESERTIH . VERO . PHILOSOPHIAE AC . DIVINARUM . LITERARUM SCIENTIS3IMUS UNIUS . COMMENDATiONE . SAPIENTIAL FAVENTINO . EPISCOPATU . AUCTUS DIUTINAM . ECCLESIAE . VIDUITATEM SOLATUKUS PONTIFICALEM . DIGNITATEM BONIS . OMNIBUS . PLaUDENTIBUS CIVIBUS . SIBl . CONGREDITIS FAUSTA . OMNIA . ADPRECANTIBUS LAETITIAQUE . GESTIENTIBUS FELXCITER . AUSPICATUR URBEM . PATRI . ET.. PASTORI . AMANTISSIMO OBVIAM . EFFI/SAM OPTATISSIMUS . JNGREDITUR IKSCRIPTIONUM etc. S9 (XXIX) NAPOLEO . MAGNUS . INVICTUS GALLORUM . IMPERATOR . ITALIAE . REX RHENANI . FOEDERIS . AUCTOR . ET . VINDEX STEPHANUM . BONSIGNORIUM CONGREGATIONIS . SANCTORUN . AWBROSII . ET . CAROLI UT . VOCANT . OBLATUM FAVENTINO . EPISCOPATUI A . D . XVII . KAL . MAJAS . ANN . do . loccc . ti DESIGN A VIT FERREAE . CORONA E . TORQUE . DONAVIT PIUS . VII . PONTIFEX . MAXIMUS RELIGIOSISSIHI . VIRI . \'ITAE . INNOCENTIA MORUM . SUAVITATE . CETERISQUE . YIRTUTIBU3 QUAE . OPTIMUM . PRAESULEM . DECENT RITE . PERPENSIS . COGNITISQUE A . D . XIV . KAL . OCTOBRES . ANN . cla . Ijccc . vii PROBAVIT ( XXX ) ADVENTUI . AUSPICATISSIMO EIDEMQUE . EXOPTAtlSSIMO STEPHANI . BONSIGNORII NOVI . PRAESULIS . DIVINITUS . DATI FAVENTIA SACRO . PASTORE . TRIENNIUM . ORBATA DEVOTA . NOMINI • VIRTUTISUSQ . EJUS VOTI . COMPOS T. 1. P. 11. '4 ^O ZANNOMI ( XXXI ) BONO . SIMUS ANIMO . FAVENTINI . NOBIS . LAETA . O^TNIA . ET FAUSTA . PORTENDUNTUR . NAE . INSTINCTU . DIVING . AFFLATUQUE EST . FACTUM . UT . STEPHANOS . BONSIGNORIUS . A . PIO . VII . PONT MAX . NOSTRAE . CIVITATIS . ANTISTES .SIT . DICTUS . DECIMOQUARTO KaLENDAS . OCTOERES . QUI . DIES . SACER . EST . DIVO . THOMAE VILLANOVANO . E . COWPLUTENSI . CATHEDRA . UBI . PHILOSOPHICAS ET . THEOLOGICAS . DISCIPLINAS . TRADIDERAT . VIRTUTUM . OMNIUM PRAEEUNTE . CHORO . AD . VALENTINUM. ARCHIEPISCOPATUM- EVECTO NIMIRUM . ET . NOVUS . PRAESUL . PER . EADEM . STUDIA . AC . MUNI A QUI BUS . IN . MAJORI . MEDIOLANENSI . SEMINARIO . AD . MULTOS ANNOS . MAGNA . AUDITORUM . FREQUENTIA . SUMMAQUE . CUM LAUDE . EST . FUNCTUS . VIRTUTIBUS . ISDEM . DUCIBUS . VIA . SIBI MUNITA . AD .OMNEM . ECCLESIASTICAE. DIGNITATIS. AMPLITUDINEM PONTIFICAL! . TANDEM . INFULA . REDIMITUS . SUO . NOS . ADVENTU OPTATISSIMAQUE . PRAESENTIA . EXHILARAT . RECREATQUE ( XXXII ) DEO . OMNIPOTENTI . EXORATO QUOD LONG AM . FAVENTINAE . ECCLESIAE . ORBITATEM TANDEM . MISERATUS STEPHANUM . BONSIGNORIUM SS . AMBROSII . ET . CAROLI DUO . ILLA . MEDIOLANENSIS . CATHEDRAE . LUMINA ALUMNUBI . VIRTUTUMQUE . AEMULATOREM ILLI . EPISCOPUM . DEDERIT ^ FAVENTIA TANTO . AUCTA . BENEFICIO VOTA . TRIENNALIA . PERSOLVIT TRICENALIA . NUNCUPAT INSCRIPTIONUM etc. .91 ( XXXIII ) CAROLE . BORROMAEE. GRANDE . MEDIOLANENSIUM . DECUS . ET PRAESIDIUM . IDEMQUE . FAVENTINI . SEMINARII .TUTELA . CAELESTIS SI . TUA . PRAESENTIA . FAVENTINAM . URBEM . QUONDAM . BEASTI IN . EAQUE . HOSPITARI . NGN . ES . DEDIGNATUS . QUIDNI . TIBI ACCEPTUM .REFERAPIUS .DONUM . INSIGNE .QUO .HODIE .PERFRUIMUR AH . QUANDO . VOTA . NOSTRA . BONUS . ADSPEXTI . USQUE . FACILIS ADFUISTl . QUAE . BIODO . SUSCIPIMUS . PRO . STEPHANO . BONSIGNORIO EJUS . ADVENTUM . GRATULATURI . IIS . VOLENS . ANNUE . EAQUE VALERE . ET . RATA . ESSE . PROPITiUS . VELIS ( XXXIV ) LECTISSIMIS , IVUENIBUS STEPHANO . ZAULIO DOMO . MONTEPAULO ET JULIAE . RAGAZZINIAE DOMO . TARDOCIO JUGALU . VINCLA . LIBENTISSIMIS , OMNIBUS FELICISSIMIS . OMINIBUS . SUBEUNTIBUS Tv . NON . MAIAS ANN . do . lo . ceo . VIII PAULUS . CASTELLANIUS AUSPICATUM . GEATULATUR . CONNUBIUM TITULUWQUE AMICITIAE . ET . LAETITIAE . TESTEM L . M . D . D 10 . HYMEN . HYMENAEE . 10 TUVS . lAM . ADEST . DIES TU . CROCEO . VELATUS . AMICTU 9» ZANJfONII NIVEOQ . GERENS . LUTEUM . PEDH . SOCCUM PAR. HOC . BEATUH . LAETO . ADSPICIAS . VULTU ILLUDQUE . OBSEQUENTI . TRAD AS . DUMIDUCU QUI ADSCITIS . SOCIS . JUNONE . PRONUBA ET . VIRGINIENSI . SOLVIZONIA . ET . CYPRIDE ET . QUICQUID . EST . DIVORUM . MARITALIUM ROSEO . DETERGET . POLLICE . LACRIMULAS QUEIS . OB . FUNUS . RECENS . PARENTUM ADHUC . MADESCUNT , NOVIS . NUPTIS . OCULI ET . GRAVES . CURAS . PROCUL . ESSE . EDICET ET . INSUETIS . PERTENTATOS . OELICIIS BONO . ESSE . AMIMO . BONUS . JUBEBIT 93 DE' SOFISTI GRECI LORO CARATTERE , E STATO DELL' ELOQUENZA DEI MEDESIMI AVANTl E DOPO IL SECOLO Dl COSTANTINO: DI PROCOPIO GAZEO SOFISTA AUTORE DEL PANEGIRICO IN LODE DELL' IMPERATORE ANASTASIO DICORO. DISSERTAZIONE DI FRANCESCO DEL FURIA. N. el gran periodo de'passati Secoli, nella lunga serie del- le antiche Nazioni, quale niai pote eguagliare la Grecia let- terata? Eppure quella invisibile potente mano , che ork soUeva, ora precipica il fasto de'Popoli, e la grandezza de' E.egni,il tempo discruggitore, porto anche su quelle felici comrade la desolazione, e I'orrore. L'eta future avranno sempre da piangere, e detestare I'orgoglio fatale, e I'insa- ziabile avidita del popolo di Roma , che come fu causa della sua stessa caduta, cosi prepnro I'oppressione delle genti, e la rovina ancora de'piu belli studi, non meno che di tutte T. 2. P. 11. .5 94 DEL FURIA quelle arti,che alimenta I'onore, e la pubblica tranquilll- ta. Quando gl'Imperatori di Roma degeneri dalle virtu de' loro antecessor!, avidi d'infruttuose conquiste, e di sterile gloria, dairestrema Scizia agli ultirai confini dell'Iberia op- primevano non solo i pacifici barbari, ma faceano ancoia crudelissima strage di tanti innocenti sudditi, che perivano vittime delie piu orribili persecuzioni, allora fu che I'O- riente, e la Grecia paiticolarmente, muto afFatto di aspet- to, e divenne il teatro di tutte quelle sciagure, che natu^ rahnente dovea seco trarre il sangue sparso dei giusti, e la inaudita empieta di Diocleziano, e de'suoi infami Colleghi . Come egli cangio tuito ad uq tratto la pace della Chiesa in una guerra dalle piu micidiali,cosi lo stato dell'Impero se- guito i disastri di quella, e la sua tranquillita tutta quan- ta disparve . L'Epoca e questa, in cui lo splendore della Greca cultura riniase alquanto oscurato; ne potea far di meno in mezzo a tanti mali,chegli toglievano ogni modo di rinvigorirsi, e risorgere dalla sua oppressione. Ma breve esser dovea il decadimento della letteratura in una nazio- ne naturalmente piena d'ingegno, e dotata di tanto spirito e di tanta energia. Costantino, le di cui grandi qualita ce lo presentano in ogni aspetto come uno dei piu gran genj che reggesse 1' Impero Romano , desso fu quegli, che per allora arresto il corso alia barbaric, che gia cominciava a gran passi a dilatarsi. Vincitor di Massenzio, e diLicinio, pacificator della Chiesa, e distruttor dell'Idolatria, non solo pote far cessare la micidiale persecuzione, che avevano ovunque eccitata i suoi antecessori contro il nome Cristia- no, ma voile ancora rendere alle lettere, non meno che alle arti,il perduto loro splendore. L'idea di fabbricare a Bizan- zio una Citta(a), che portasse il suo nome, e pari fosse in (a) Si comincio probabilmente nel SzS. , o piu precisamente il 26. No- vembre del Sag. Ved. Tilleniont. i T)E' sofisti creci. 95 magnificenza all'antica Roma, eseguita in modo da non la- sciare differenza alcuna fra questa e quella, mostra ad evi- denza I'animo grande di questoEroe. Fosse qualunque la ragione di questa sua intrapresa, che fu certamente la piii raaravigliosa di quanta ei n'esegui,benche poi piu vantag- gio arrecasse all' Oriente, che ali'Occidente,Costantinopoli linalmente divenne la nuova sede dell'Impero, ed in tal guisa si conservo per qualche tempo il nome Romano in Oriente, mentre in Italia andava di giorno in giorno mol- to perdendo della sua dignit^, e della passata sua gloria. La comodita della situazione, la fertilita del paese, e !e premure del suo fondatore , resero ben presto quella Citta la piu ricca , e la piu potftite di quelle parti . II suo sog- giorno divenne la delizia dei piu rispettabili personaggi della Siria, della Fenicia, e deli'Egitto, e gl'inviti cortesi di Costantino Vi attirarono dalla Grecia non solo, ma an- cora da ogni piCi remota parte, un grannumero di dotti, senza deiqualiei ben vedeva che la sua nuova Citt^ avreb- be eguagliata I'ampiezza, ma non la gloria e la cultura, deir arnica capitale dell'Impero Romano. Emulo di Augu- st©, e di Trajano, che non fece perche le arti, e le scienze vi coUocassero la loro sede? La sotto i suoi auspicj si sta- bilirono Accademie, si eressero Licei : in una parola a tutto provvidesi per propagare la pubblica istruzione, e stimo- lare la gioventuall'acquisto della sapienza, che fu sempre, e mai sempre sara, fondamento de' Troni , e sostegno dei Re. Fra i pregi che adornavano I'animo di Costantino me- rita di esser rammentato ancor quello della (a) sua somma erudizione, la quale (fc) faceva sempre risaltare maggior- mente le altre rare doti che possedeva . Amava le lettere , e promoveale con ogni impegno, perche egli medesimo ne (a) Euielj. Vit. Const. Lib. IV. cap. 55. {b) Aurelio Vittore Ep. p. 543. 96 DEL FURIA gustava i piaceri, ne sdegnava applicarvisi , e coltlvailc canto in mezzo alle cure pacifiche del governo, clie ai di- sagi, e agli strepiti della guerra. II tem[)o, che nun ebbc forza di oscurare la di lui gloria, ci lia lasciato anchc UH saggio de' dotti suoi studi , monumento piu eloquen- ce, e perenne delle scarue eretce in suo ouore(a). Ed ecco intanco che mencre i! vigore della Romaua eloqueri- za alTacto indebolito non presentava se non se miserabili avanzi della sua passata grandezza, socco I'iiupero di Co- siancino la Greca saliva in canCo pregio e splendore, die Calvolra sembro emular ^elia , per cui si alteri e f'amosi a ragion vanno gli aurei Cempi di Pericle, e di Alessandro. Era oinai la lingua dei Greci eslftsa per quasi cucce le pro- vincie delFAsiaj perclie gli affari del Governo , e la Cliie- sa di Oriente, di cui era propria , ne rendeano necessaria la cognizione, e perche i docci di quella Nazione invicati a scabilirsi nelle principal! cicta di quel nuovo Iinpero, in quelle seco purCavano il gusto della loro lingua e de' loro piu anieni e piacevoii studj . Allora fu che dopo un brevis- siuio avvilimenco di nuovo emersero le arti liberali, prima cjuasi perduCe, e quella particolarmence del bel parlare fu coltivata con ogni studio, e con altreccanCo Felice successo. Un numero rispetcabile d'OraCori, chiamaci allora comu- nemenCe Soflsti, inondo per cosi dire tutto TOrierite, e C'o- stantinopoli, Atene , Alessandria, Efeso , e Smirne, chia- re si resero per rafiluenza di quelli , e per la eelebrita del- le loro Accademie, nelle quali essi dettavano i precetti del- la Greca eluquenza . II secolo di Costantino percanto for- ma un' epoca considerabile pel risorgimeiico della Greca letteratuia, la Storia della quale conviene rapidamente esa- minarc, perche meglio conoscer si possa in confronto il pre- gio , e r indole degli Scrittori o anceriori, o contemporanei (a) Fabricio Bibl. Gr. DE' 50FISTI GK,rCT. 97 al nostro Procopio Gazeo, cli cui particolarniente mi occoi- rera di parlare allorquanrk.) (^aro an' idea del suo Panegi- rico decto in lode dell'Iinpeiatore Anastasio (a). Convieiie pertanto, a trattar cio con quell' ordiiie die e uecessario al niio oggetto , clie dipartendouii da piu remoto principio prenda io in esame il carattere particolare de'Greci Sofisti, ed osservi quali fossero i loro studi, le loro professioni, ii nierito loro, e qual use di essi si facesse in cio die risguai - da gli affari pubblici e privati della civil societa . II nome di Sofista nei primi tempi della (jrecia ottenne un significato estesissimo. Eiano cosi chiainati tutti quelli, die si disringuevano nella professione di qualche scienza o arte, sia nieccanica, sia libeiale. Quindi i Filosofi, i Tec— logi , i Poeti, i IMusici, i Medici, gl'Interpreti de'sogni, in una parola gli artefici stessi (6) erauo indistintamente chia- inati col nome di Sofisti. I Filosofi per altro, poiche il piu delle volte riunivano lo studio della Filosofia, e dell Elo- quenza , ebbero piu propria cjuesta denominazione. E in- fatti difficile nella Storia dell' Eloquenza Greca de' buoni tempi ritrovare un eccellente Oratore che non sia stato ancora nel tempo stesso sommo Filosofo. In tutti^ i secoli ■per altro s'incontrano dei veri e dei falsi Filosofi. Gravi, di- sinteressati, e religiosi i primi, a niente altro tendevano, se non se a far conoscere all' uomo la verita, la potenza delle leggi morali, e fisyche dell'Universo, ed a soUevarlo col sua pensiero a quell'Ente supremo da cui trasse I'origine sua: orgogliosi, leggieri, venali ed empj i secondi, altro scopb non si prefissero, se non se concqlcare I'umana natura, e ricoprire sotto mentite forme di probita i piu infami,ed ese- () Anno di Roma 5g3. (c) Suetonius, de cl. Rhetor, cap. i. Gellius, Noct. Atticar. lib. xv. «| C. II. il ■PE' SOFISTI GRECI. Jo3 creto risguardante appunto i Sofisti, che qui riporto per- che ci da un'esatta idea del loro carattere, e del poco con- ro che di essi faceasi in quei tempi. CI e stato riferito , di- con essi J die alcune persone chiamate Metori, e Sofisti^ pongono in campo un nuovo gencre di dottrina : che ad es- si in folia concorre la gioventu , talche ne son. piene le sciiole, e vi passa inutilinente Ic intere giornate. IVoi ab~ hiamo dei luoghi destinati gia dai nostn maggiori per la puhblica istruzione, ed essi fin d' allora stabiliruno a quali studi ci doveamo applicare. Queste nuove dottrine, che sono totalmente opposte alle consuetudini patrie, ed ai cnstumi dei nostri antenatl, ne piacciono a noi , ne semhrano rette come conviene . Si procuri pertanto di fare intendere a questi stranieri , ed ai giovani che li frequen- tano, che noi sommumente lo disapproviamo (a). INon si c'ee'pero confondere la turba iaimensa di questi entusiasti Declamatori con i buoni e dotti Sofisti, alcuni dei quali fiorivano anf^he quando il cattivo £;iJsto era presso che do- uiinante nell' Italia, e nella Grecia. Tali non furono al cer- to ne Annio Milone, ne Caninio Celere, ne il famoso Ero- de Attico, i qnali il filosofo Imperatore (6) Antonino ama- va di aver sempre appresso di se, come ])ure molti altri, de' quali trovasi fatta onorata nienzione presso Filostrato,- ed Anlo Gellio. II merito, che finalmente sempre emerge, e si fa distinguere a preferenza dell' impostura, procure ai So- fisti ancora i piu grandi onori, e le piu generose ricom- pense. Irifatti Tito Flavio Vespasiano, al riferir di Suetoi|io (c), ftabili per onorario dei Sofisti Greci, e Latini, cento se- sterzi maggiori all'anno (cZ). Prima di quest' epoca i Mae- (a) Sueton. loc. cit. (6) Jul. Cajjitolinus in vita,cap. z. .(c) In vita Cap. XVIII. {d) Conteneva il sesterzio 11 valore di due libbre, e mezzo, ossia mille assi . IC4 DEL FURIA stri d'eloquenza non erano stipendiati dal pubblico erario, ma ricevevaao dai loro scolari una mensual paga chiamata Didactron (a) che priino iiurodusse Pitagora, e che Iso- crate molto tempo dopo ridusse a mille dramine all'anno (hj, ]a quale pero generosamente ricuso sempre dai suoi coii- cittadini (c) . Oltre a questa ricevevano ancora una man- cia cliiamata Minerval, che ad essi ofifrivano e;li scolaii quando la prima volta presentavansi alle loro lezioni (rf). Ne con Vespasiano cessarono le munificenze degl' Impe- ratori Roniani a riguaido dei buoni Sofisti. Antonino il Fi- losofo, fra gli altri, non raeno generoso voile mostrarsi di essi (e) . In fatti egli assegno a tutti i Professori delle tre Cattedre, che allora erano in Atene (/), di Politica cioe, di Filosofia , e d'Eloquenza, una provvisione di dieciniila dramnie, ed il Sofista Teodoto Ateniese, come si ha da Fi- lostrato, (g) fu il primo a godere di questo pingue stipendio. Gli onori poi accordati ai Sofisti, e i titoli maestosi ad essi attribuiti, uiostran bene quanta stima si avesse della loro dottrina. Noi non potremo fare a meno di restar sor- presi per meraviglia sentendoli talora chiamar divini,pos- sessori del linguaggio degli Dei, celesti, sacri, sapienti, e perfino attribuir loro I'augusto nome di Bcgi (/i), per ta- cereditanti altri enfatici nomi,che immaginar seppe, o I'ani- mirazione, o la debolezza tal volta de'loro facili encomiato- ri. L'onore poi delle pubbliche statue, che sembrava de- (a) iiiaxTfiv, del quale parlano Joseph Laurentius , Collect, de Profes- sor, etc. in Tom. X. pag. 1 170. Thesauri Gronovii; /^ossius de Vitus sermonis lib. I. c. 33. Salma.sius de mod. usurarum cap. 3. {b) La dramma pesava 1' ottava parte di uii' oncia . (c) Fabric. Bibliot. Graec. Lib. II. c. a6. {d) Vossins loc. cit. (e) Xiphilinus in Vita . [/) Meursius Fort. Attic, cap. 8. {g) Vit. Sophist. Lib. IL n. 2. (A) CliresoUius loc. cit. DE' SOFISTI GRECI. lo5 stinato esclusivamente per gli Dei, e per gUEroi, fu spes- so conferito non solo ai primi maestri deH'antica ^loquen- za(a), ma ancora i Sofisti nei tempi posteriori furono a par- te di questa gloria. Cosi al Sofjsta Aristide per pubblico de- creto, e per testiraone di eterria gratitudine, fu eretta una statua dai cittadini di Smirne, perche, quasi distrutta la loro citta dai continui teiremoti,seppe egli con tanta viva- cita, con tanta forza, e commozione di affetti, dipingere a Marco Imperatore il quadro desolante delle loro calamira, che vinto dalle lacrime solennemente promise di riparar- le (6). Anche Traiano ordino che si erigessero statue ai tre Retori Sossio, Palma, e Celso, i quali allora fiorirono con molta lode d'ejoquenza (c). Collocavansi per lo piu le lo- ro statue nelle private e pubbliche Biblioteche, aH'ogget- to di presentar sempre alia studiosa gioventu le vive imma- giiii di coloro, che colle lor dotte fatiche aveano tanto con- tribuito al bene della civile societa,che nasce principal- mente dalla cuitnra dell'animo, e dell'ingegno. Quest' uso era divenuto cosi frequente ai tempi di Plinio, che le imma- siui dei dotti, destinate a servir d'ornamento alle Bibliote- o che, si faceano non solo di bronzo, ma ben spesso ancora d'argento, e d'oro (rf). Ma troppo lungo sarei se annoverar qui volessi gli altri singolarissimi onori, de'quali in ogni tempo gnderono i Gre- ci Sofisti: solo rammentero di passaggio, che ad essi piu che ad altri affidate vennero importantissime ambascerie, conferite autorevoli magistrature, ed impieghi ragguarde- volissimi nelle piu cospicue citt^. Come un tempo Eschine, e Demostene, furono prescelti ambasciatori a Filippo per trattare con lui della restituzione d' AmfipoliagVi Ateniesi, (o) Fulv. Ursin. Elog. pag. 77. (J) Philostrat. Vit. Sophist. Lib. II. c. 9. (c) Xifilino nel Compeiidio di Dione . (d) Histor. Natur. Lib. XXXV. cap. 3. lo6 DEL FURTA rosi Polemone dl Laodlcea (a), oosi Tppla , Scopeliano, ed Apollonio Molone, furono spesso incaricari di trattar "'1' jnteressi de'loro Prinr ipi , e delle loro Eepubbliche. Altri poi giunsero perfino ad es?ere Asiarchi , ossia Presidenti generali del culto, e de'pubblici spettacoli, per tutta I'A- sia, come Eraclide Lido (fc), ed Erode Atenlese, il quale merito d'esser posto nel numero delle persona consolaii Ro- mane, e fu Preside delle citta libera Asiatiche, Sofista di un merito tale in facto d'eloquenza, che ottenne le arami- razionij a le lodi di tutta Roma, e di Atene (c). Niuno pero dei grandi onori surriferiti era paragonabile a quello, die in ultimo qui v^engo ad esporre, o si conside- ri il decoro, o il vanraggio ragguardevole, che seco arreca- va. Era questo il trionfo, per cosi dire, e la palma piu insi- gne dei Sofisti , uon meno che di tucti quelii, che in qual- che arte, o scienza, si fossero resi famosi. Alessandria, queila hella e doviziosa citta, emporio di tutti i piu rati ingegni deila Grecia , e dell' Asia , da Tolomeo non solo , ma dagli altri Re ancora, sempre abbellita, ed accresciuta, era il luogo destinato a ricevere quelli che distinti gia s'erano in niodo particolare per merito di dottrina. II famoso Museo , quell' Edifizio splendido, e maestoso, destinato dai Tolomei ad esser la sede della Sapienza, e pari al quale non vi ebbe mai forse in alcun tempo, ne presso alcuna nazione, era anche I'albergo dei Paggi, che da ogni parte la generosita di quei dotti Monarchi vi invitava a portarsi. Ne sotto i Tolomei soltanto , ma anche sotto i Romani Imperatori, quando Alessandria soggiacque al loro dominio,cola richia- mavansi i Filosufi, e i Letterati, che nel Museo- stesso abita- vano, ed in quello splendidamente mantenuti di tutti gli (a) Philostr. Vit. Soph. Lib. I. n. 25. ibi.niun. ii. et nmii. ai. {b) Strab. Lib. XIX. p. 655. (c) Aul.Gell. Noct. Att. c. 12. Lib. XIX. de' sofisti greci. 107 a^i godeano, e di tutti i comodi di una beata vita . Questo premio, degna ed onorata ricompensa delle faticlie dei dotti,bei]e spesso meriiarono ancora i SoBsti. Filostrato (a) ci ha conservati i nomi di alcuiii di essi, che la furono ge- iierosamente invitati dalFIraperator Adriano, il quale al pari de'suoi antecessori seppe conoscere il merito, e pre- miar la virtu. Da tutti questi fatti pertanto provati e contestati dai raonumenti che ci rimangono presso gli anticlii Scrittori, fa- cil cosa e comprendere quanto in ogni tempo sia stata te- luita in picgio la vera eloquenza, come cjuella, che piu d'o- gn'altra prerogativa dell' uinano ingegno, e capace di ren- dere i piu importanti servigi alia civil societa. Noi abbia- mo per6,benche rapidan]ente,abbastanza veduto, che le di lei bellezze non furono sempre sincere, e costanti, e che vi furono bene spesso dei tempi ne'quali perdette ella molto di quellosplendore, che la poneva nella serie delle arti piu nobili , e pregiate. 11 secolo stesso di Costantino, posto in confronto di due o tre secoli consecutivi , si trovera ben diverso da questi in materia di buon gusto, ed eleganza negli Scrittori . Di fatti qua! grazia di stile non trovasi' in Aristeneto, qual vivezza d'espressioni in Libanio, cjual for- za, ed energia in Tanistio, quanta bellezza in Giuliano, in Eusebio, nel Crisostomo,ed in tanti altri Scrittori del quar- to secolo? Si pongauo adesso rimpetto a questi nomi si in- signi Asterio, Sinesio, Teodorico, Siriano, Proclo, Marino, Olimpiodoro , Simplicio,e Timmensa schiera dei commen- tatori di Platone, e di Aristotele, tanto Gentili, che Cri- stiani, ed osserveremo quanto enorme distanza gli disgiun- ga da quelli. II quinto e il sesto secolo furono, e vero, assai 1] fecondi di Retori, e di Sofisti, ma percorrendo la storia let- teraria di quei tempi ben pochi ritroyeremo capaci d'e- (o) De vit. Soph. Lib. i. n. 22. et 25. io8 BEL FURIA mergere dalla mediocriti. Non era piu in quell' et;\ la ma- teria deU'eloquenza di quella vasta estensiooe non circo- scritta da termine alcuno quale assegnatn gia aveale il prin- cipe degii Oratori latini, ma desrinata piu clie altro a teo- ]ogiche,ed ascetiche, discussioni , avea caoglatc ormai le sue prime forme e la sua vetusta robustezza . Qualunque al- tro soggetto, che si prendesse a trattare, essendo [)er lo piii o ideaie, o somministrato dalle narrazioni, e dalle favole degii anticlii P6eti,dovea necessariaraente porre i Sofisri nel case d' esser declamatcri , non essendovi cosa, che tan- to incateni lafacondia, quanto dover dire in un argomento, ove non si trova da dire piu di quello che e statq detto da altri. Per questo appunto lo stile turgido, ed affectato, che si adopra dalla maggior parte deiSofisti di questi tempi, non riconosce altra causa se non quella d'ater dovuto sacrificar ringegno a trattar dei soggetti o troppo serviii, o gid esausti, o afFatto sterili, e indifFerenti . Cessato poi 1' uso deU'eloquenza nel Foro, e tra I'armi, non vi rimase piucara- po di esercitarsi in cose d'interesse, e di fatto, le quali sole impegnano il core , e il sentiment© dell' Oratore , e possono considerarsi le vere basi della facondia , e dell'abbondanza dei sentimenti . In questa scola di fatti formaronsi Demo- stene , Lisia , Erennio , e Cicerone , e tutti gli altri piu cc- cellenti Oratori Greci , e Latitii . Ma i Sofisti di rado combinavano in se quel carattere di robustezza , che e proprio della filosofia, e per questo an- cora languida e povera riesciva la loro eloquenza . Jnol- tre piu r argomento era sterile, e meschino, piu reputavasi adattato per far brillare l' ingegno, e risaltare lo sforzo del- le parole: lo riceveano iSofisti con un deciso entusiasmo,, ed essi procuravano dal canto loro di trarne profittOj e far eredereai ioroascokatocid'esser realmente ispirati da qual- che Genio divino, mentre parlavano! Antonio Polemone (a) (a) Philostr. Vit. Soph. Lib. I. d. zH. de'sofisti CRECI. 109 fu spesso biasimato per tal vanita , ed Elio Aiistirle Sofista reputatissirao nella citta cli Srnirne, per dar credito alle sue Orazioni, ebbe la stoltezza di dire, che spesso unNume ap- parivagli in sogno, e con divine parole eccitato lo aveva a professar Teloquenza . In una parola i Sofisti generalmen- te si arrogarono d'essere ispirati, come i Poeti , da Febo, e dalle Muse,e da Bacco,e procuravano inogni Joro espres- sione di far sentire la stravaganza di questa fantastica idea. II Sofista Nicete (ft), che ebbe a precettore Plinio il gio- vane, fu accusato il primo d'esseisi allontanato dall'anti- cogenere di dire eguale,e facile, e d'aver trattata I'eloquen- za con un' ampollosita di parole, e con un furor tale , qua- le e proprio dei canti di Bacco, e de'ditirambi, nel qual difetto fu osservato ben spesso cadere anche Gorgia Leon- tino , benche egli fiorisse in un tempo, in cui 1' eloquenza conservava peranche tutte le sue forme piu belle. Ma nei tempi posteriori al secolo di Costantino e cosa generale il trovar nelle Orazioni dei Sofisti tutti i vizi surriferiti, va- le a dire prosa ridondante di stile, e frasi poetiche,sconnes- sione d'idee, e queste per lo piu false, e nial combinate; giro di parole senipre forzato, sempre aflfettato, passaggi improvvisi d'uno in altro soggetto, incostanza di stile, si- militudini caricate, e frequenti ; in una parola tntto il di- tirambico, e tutto quello che costituisce I'insania, e I'in- sulsiti deir eloquenza. Cosi il citato Nicete fa ridere, quando descrivendo la flotta di Serse ancorata nel Golfo di Salamina, per darci un'idea della gran mole della nave Reale, disse, che I'isola intera d'Egina servi per tener fer- mo quello sterminato vascello (6) . Era qupsto presso a poco lo stato della Creca eloquenza, quando il nostro Procopio ne dettava in Gaza i precetti. (a) Phil. Vit. Soph. Lib. I. n. 19. (b) Olearius observ. ad Philostr. C. i. p. 5i3. T. i. P. 11. in 110 DEL FURI.V Diverse egli da Procopio lo Storicojclie fu di Cesarea, ebbe per patria la Citta di Gaza, per lo che fu poi deno- minato Gazeo per distinzione. Comincio a fiorire circa i tempi di Giusciniano, e tenne la Cattedra d'eloquenza in sua Patria, oltrela qua! professione da esso con molta lode esercitata, quella ancora sostenne d'Interprete della Sacra Scrittura, e quelle che piu merita d'esser notato si e, co- me osserva il Fabricio (a), ch'egli fn sempre ortodosso in materia di Religione, cosa molto incerta in quei tempi, net quali la Chiesa era tanto travagliata dall'Eresie. Fu il no- stro Procopio amico di quel celebre Enea Gazeo autore del famoso Dialogo deU'immortalita dell'anima intitolato il Teofrasto , del che se ne ha una chiara testimonianza in una sua lettera, che si ritrova nella Collezione dell'Episto- le Greche pubblicata dall' Aldo, nella quale parla di iui, come di persona soiiimamente cara, e seco unita coi vinco- li della piu intrinseca amicizia. Le molte sue Opere sono una ben certa riprova dell' indefessa sua applicazione. £ pero da dolersi , che per la maggior parte sepolte giacciano nelie Biblioteche. Sono tuttora inediti i suoi Commentarj sull'Ottateuco , e la Cantica, opera veramente perfetta in questo genere , sia per la dottrina profonda, sia per I'ele- ganza dello stile, talche merito gi^ le lodi di Fozio (6), che ne raccomando la lettura, e che Richardo Simon (c) desiderava che fosse resa pubblica insieme collealtre Opere del nostro Sojista, dalle quali un buon frutto puo sempre ricavarsi per i sacri studi . E noto altresi che VOleario tra- scrisse questi Commentarj da un antico Codice d" Augusta, e che tradotti, ed illustrati, ei gli destinava alia pubblica luce, ma tale idea rimase priva d'efFetto (d). Piu fortuna- (a) Bibl. Graec. T. VI. pag. aSg. (b) Cod. 306. (c) Bibliot. Grit. T. IV. p. 143. {(l) Fabric. Bibl. Gr. T. VI. Lib. V. , EE' SOFISTI GRECI. Ill to pero il Meursio pubblico le Interpretazioni di questo Scrittore (a) nei quattro libri dei Re, e nei due Cronici, lette anch'esse, e sommamente \od ate, da. Fozio (Cod. 207.), ed un Epitome di spiegazioni sopra i Proverbi di Salomo- ne esistente in un M. S. della Biblioteca regia di Parigi, di cui parla Montfaucon nella Paleografia Greca {pag- 278.). Ignoto al Fabricio, e tuttora inedito, si conserva nei Cod. XXII. della Biblioteca di S. Marco in Venezia un al- tro Conipendio di spiegazioni sull'Ecclesiaste, dettate da Gregor'to Nisseno , Dlonisio Alessandrino , Origene, Eva- grio, Didimo, Nilo , e OUmpiodoro II Curterio nei i58o. pubblico anch'esso un Comento di Procopio sopra Isaia,e sessanta Lettere di lui possono vedersi nella coUezione dell' Epistole Greche pubblicate dall' Aldo, la Sg.'"^ delle quali scritta da Megezio a Procopio ineiita di essere considera- ta, perche vi si parla delle sue Dissertazioni ottiche e di una Orazione funebre, le quali non sono a noi pervenute. Scrisse inoltre una Metafrasi di Poemi d'Omero, irrterpre- tando in |)iu maniere i versi di questo Poeta, e cio con tan- ta vivezza e legoiadria, cbe, come afFerma il sopracicato Fozio (Cod. 160.) ben si distingue quanto grande fosse il suo merito, e la sua perizia nell'arte dell'eloquenza. Ma questa Metafiasi si e sfortunatamente perduta, e la sfessa sorte incontrarono le sue Orazioni, delle quali Tunica, che sia sfuggita alle ingiurie del tempo, e il Panegirico all'Im- peratore Anastasio, da lui recitato nella stessa Citt^ di Ga- za, verso r anno di Cristo 509. vale a dire negli ultimi tempi di questo Imperatore. Da questa Orazione pertanto noi possiamo format giu- dizio del merito del nostro Sofista , di cui tante lodi ci ha prodigamente date il Fozio, ma che in sostanza non com- pariscono tali, alnieno in tutta la loro estensione. II suo sti- (o) Liigd. Batav. 1.620. 112 DEL FURIA !e e spesso diseguale, ampolloso, e troppo ricercato, vi- zio generale di tutti gli Scrittori di quel tempo, che, come osservammo, piu s'occupavano del vano suoiio ilelle parole, che della robustezza dei sentimenti. Pur tuttavia e assai pregevol cosa, che questa sua Orazione sia conosciuta, perche niolti fatti coatiene apparteiienti non solo alia vira di Anastasio, ma alia storia aucora partlcolare di quei tem- Y>i, e che non si trovano rammentaii ne da Teofaae,ne da Cedreno, ne da Zonara, e neppure dai piu moderni Scrit- tori delle cose del basso Impero. Sembra che Anastasio fosse giunto al colmo della sua gloria, quarido Procopio a notiie di Gaza sua patria prese a lodarlo con questa Orazione, nella quale raninienta le imprese,che lo segnalarono , espone i mezzi, che lo cbn- dussero al Trono, facendo vedere da quali principj egli co- mincio da per se stesso a studiar la grand' arte di regnare, e come si preparo la sua gloria, annoverando gli esempi lu- minosii che diede fin da private, di moderazione , di libe- ralita, di benignita, di sapienza. Era r impero d'Oriente nella piii deplorabile situazione, allorche Anastasio ne prese il governo ; ma la sua promo- zione fu I'epoca di un universal cambiamento. I barbari , che da tanto tempo ne aveano insultata, e lesa la mae?ta, furonodisfatti , ed obbligati alia pace, dalla valorosa e pru- dente condotta d' Anastasio. I tributi, e le imposizioni, che per I'avanti avean ridotto ogni cittadino nello stato piu uii- serabile ed abietto, furono dallo stesso annullate. La Corte Imperiale, che prima di lui non dava accesso, che ai dela- tor!, ed ai caluiiniatori, divenne merte le cure del nostro Eroe Talbergo dvAla. giustizia, e della saviezza. Molte cit- ta abbandonate alia tirannia de'loro Prefetti, ed aggravate dalle continue estorsioni, eran rimaste quasi vuote di abi- tatori; ma Anastasio a tutto provvide, le resarci, le soccor- se, Ip accrebbe, le adorno: tutto in somma 1' Impero prese de' SOFISTI CRECI. I I 3 sotto di lui nuova forma, e nuovo vigore, e vide tornare a risplendere qualclie raggio deila perduta felicita. Con tale apparato di lodi adornate dal nostro Sofista con una certa vivezza, e leggiadria, le virtu d'Anastasio ven- gono ad avere iJ piu gran risalto; e ceitamente se la Storia, fida testimone de'passati tempi, non ci avesse d'altronde fat- to conoscere il carattere proprio di questo Imperatore, egli andrebbe merce di Procopio, al pari de'piu grandi Eroi.- Non puo negarsi, che Anastasio fosse adoruato di moJte buone quality, ma queste furono talvolta oscurate da vizj contrarj. Nato egli in Durazzo, e nell'eta sua gioveniie ve- nuto a Costantiuopoli, col suo contegno religioso e niodesto, attirossi Tattenzione dell'Imperator Zenone, che lo fece Si- lenziarlo , grado distintissimo nella Corte. Morto I'lmpera- tore, Ariadna sua moglie, che gia concepita avea molta sti ■ ma per il giovane Anastasio , procuro tutti i mezzi per far- lo succedere nell'Impero. Ne molto vi voile; ed egli otten- ne nel tempo stesso e lo scettro, e la mano dell'Impera- trice. Ebbe Anastasio molti lodatori, ma non pcchi ancora bia- simarono la sua mal regolata condotta , la quale finalmente precipirolio negli errori di Entiche, e Jo mosse a persegui- tar gli Ortodosii. Quindi noi tioviamo in Anastasio una per- sona di qualila sempre opposte, e contraiie, secondo il giu- dizio, che ne fa il le Beau neJJa sua Storia del basso Im- pero. Osservando infatti quanto di lui ci dicono gli Storici conteraporanei, fu un Principe mediocre, senza un certo, a determinato carattere, senza verun principio fisso e stabi- le, e si poco d'accordo con se medesimo, che non si puo lo- dare di quasi nessuna virtu, senza riprenderlo, e tacciarlo del vizio contrario. Pacifico e persecutore, avaro e libera- le, spargeva con una mano generosi sussidj, e rapiva coll' altra i beni dei legittimi Possessori: aboliva pubblicamen- te la vendita delle cariche, e continuava a venderle occul- I 14 DEL FURIA tamente; e quindi colloco spesse volte nei magistrati uonil- ni ingiusti, e corrotti. Ritiro dalle Provincie le truppe de- stinate alia loro difesa, per risparniiare la spesa del loro inantenimento, e difendeva i suoi Stati dagli attacchi dei Barbari non con I'arrai, ma col danaio. Si faceva render coiito dei l)eni delle persoiie ricche, e facoltose, che mori- vano , e non ne lasciava agli eredi se non se quella porzio- ne, che giudicava a proposito: rovinava gli abitanti delle Cittii, mentre ne rifaceva le statue e gli edifizi. II triple re- cinto di raura, che fece innalzare a Durazzo sua patria, fa fatto a spese dei suoi compatriotti. Spoglio, e rovino le pro- vincie, obbligandole a sonnministrargli in denaro ad un al- tissiino prezzo quello, che per I'addietro davano in sostan- za, per il mantenimento delle truppe. Era I'usanza, che i Corpi municipali facessero il ripartimento, e la riscossione delle gravezze. Egli diede quest'incombenza ai Vicarj, ed Esattori, che inviava in ciascheduna Citta, lo che produs- se tre mali ad una volta. I Corpi di Citti perdettero il loro lustro, e la loro considerazione: questi Vicarj s'impingua- vano nella pubblica miseria^ e le rendite del Principe sce- mavano per I'impoverimento dei particolari. Anastasio ave- va per principio, che un Principe puo mentire, ed anche spergiurare per ragione di Stato, massirna abominevole, e detestabile, attinta dalla perversa morale dei Manichei, in- segnatagli da sua madre. Non era niente piu delicato sopra la gratitudine, di quel che lo fosse sopra la verita. Questi vizi di Anastasio erano pero compensati da alcune virtu, almeno apparent!. Aveva Teste^iore della pieta: fon- do molte Chiese a Costantinopoli. La sua vita sembrava re- golata , benche si conoscesse un suo figliuolo naturale. Ri- spettava gli Ecclesiastici,e i Monaci, anche Cattolici, e nel- la persecuzione da lui mossa contro gli Ortodossi non fece mai mettere a morte alcuno, e si guardo sempre dal versa- re il sangue^ ma la licenza, che lascio prendere agli Ere- ? DE' SOFISTI GRECI. Il5 tici, cagiono orribili eccessi. Bandi di Costantinopoli tutti i delator!. Dimostrava niolta prudenza,ed intelligenza nelgo- verno degli affari. Non concedeva cosa alcuna ai suoi piaceri ; e quelle che rendeva le sue rapine un poco meno odiose si e, che il denaro, che traeva da'suoi sudditi, non era dissi- pate in inutili spese, cosicche lascio il suo Successore in gra- de di alleggerire i pesi da cui erano i Popoli aggravati. Le Citta,che avevano provate lecalamita della guerra,n'era- no compensate coUa remissione delle imposizioni. Essendo in Costantinopoli mancata I'acqua in tempo di siccit^, fece costruire una nuova Cisterna, che fu chiamata la Cisterna di Mocio, a cagione della Chiesa di S. Mocio, alia quale era presso. Le contradizioni, che ritrovansi nel carattere di A- nastasio,possono men difficilmente conciliarsi, distinguendo i diversi tempi del suo Regno. Ebbe finalmente la sorte de' Principi deboli, le cui virtu non hanno ferma e soda ra- dice, e la sovrana potenza, della quale era rivestito, guasto, ed in ultimo distrusse, quel poco, che aveva , di buone qua- htk. ^'7 SALOMONE FIORENTINO AL SECRET ARIO GENERALE DELL'AGCADEMIA ITALIANA Dl SCIENZE, LETTERE, ED JBTI. T J. r> ra le pin difficili imprese, che si presentino ad un PoeCa,una e certamente qiiclla di trattar con dignita Argomenti Didascalici. La severitacolla quale dehhono sostenersi, V mode termini tecni- ci ai quali fa duopo ricorrere , la scarsezza dei teneri tocchi del scntimento , e dclle dolci passiani del ciiore, e quelle poetiche pic- toresche descrizioni che raro vis' incontrano , c di ciii ubbondano i Poeti Epici , Tragici, e Lirici, obbligano il piii dclle volte quelli, che prendono a maneggiare tali soggetti,a camminar nell'angusto pericoloso sentiero del tenebrore , o dell' aridita. Di tale specie si e ilparlar delCAnima, ullor quando se ne voglia ragionare con gra- vita psicologica , c non contentarsi di que'fiori superficiali che pes- sono raccogliersi daWargomento , i quali sono altresl atti piutto- sto a dilettare che a persuaderc , ad occupare piu che a convince- re. Bla un subbictto di tanta importanza,e cosi nobile per se stes- so^non semhrava doversi tvuttare,per cosi dire, per passatempo. E troppo intercssante il rintracciare se maniera si trovi da fuggire lo spaventoso vorticc dell'annientamento ; e quantunque difficilissima cosa sia il riuscirvi, perche mancando le diinostrazioni imrnedia- te^noTi si pub giungere alle pruove dimostrative di fatto, sara per- messo d'altronde argomentar negativumente , e da qitello che non pub esserc avvicinarsi cd probabile almeno. L' idea consolante della durabilita delV uomo, che a differenza di altri animali produce opere meravigliose d^intclletto,di genio,e di suhlimita, mi ha talmentc signoreggiato, che a fronte degl'inu- tili sforzi di quellljche hanno faticato a dame pruove geomerriche, mi ha strascinato a parlarnc col linguaggio degli Dei, ed a careg- giarla con dolci versi perche rrii si rendu piii familiare_,cd il balsa- T. I. P. 11. ' i8 ii8 mo della speranza utto sia a consolarmi negV infortuni, ad in-' coraggirmi nelle terrene burrascosc vicende, e ad nssicurarmi nel giorno chc d ponte ruinoso del tempo mette nelCOceano deWinter- minabde cternita. lo nan conforto a leggcre questclinee veruno di coloro,che iiu- volti nel fcmgo del piii sozzo materialismo si compiacciono di ab- hrutire se stessi,e rendcrsi egitali ad un quadrupede,ad un volati- le,ad nn rettile,e die sperano celare la loro vita inimorale sotto it manto iinpenetrabile del nulla. 3Iolto meno intendo fnvellare a qiiclli che attribidscono Vopere mirabilissimc deW Univcrso ad un aggrcgato di atomi muovent isi cd urtantisi^piii confuso ed intri- cato del Caos medesiniOj giacche qucsti tali non potranno giam- mai svilupparsi nclV osscrvar La natura involta nei lacci incstrica- bili del dubbio, e deirignoranza^quando si tengano lontani da una Causa incomprensibile,e chc neghino tutto cib che e supcriore alia loro intclligenza, confessando appena quello che lascian loro trci- vedcre gli occhiali ingainiatori del senso. Ellu,Signor Segretario^mi ha gentilincnte obbligato a rilasciar- Ic il mio M.S.,ed ora sento che vorrebbe pubblicarlo negli Atti della iiosti^t Accademia. lo per altro dcvo avvertirla esser questo scritto il prlmo gctto di pcniia^ che mi sorti dalle mani ncgli aniii miei pill giovanili; chc non mi e staio pcrmesso fin qui di terminarlo , c molto meno di arricchirlo con qualche nota,pcrche giorni incle- menti di disastri mi hanno perseguitato e tenuto lontano da po- terlo prosegulre,onde sicuramente lo considero piuttosto un abboz- zo in forme che un parte ben organizzato. Tutta volta se ted quale egli c sembra al di lei cliiarissimo ingegno che tali versi non me- ritino dresser cancellati dcdCobl'io, sard non curantc per le criti- che della turba filosofante, e resterb pago dei suffragj di molti Fi- losofl veri_, che dietro Ic traccc di Socrate , e Vopinionc di altri si- mili a lai, hanno csaminato Vuomo,ed i suoi rapporti con se stcsso e con altri, e sono rimasti convinti che a fronte del mistero, che racchiudono Ic pruove della sua immortalita, il ruziociniu ed il consenso universale di quasi tutti i popoli della terra su tal dot- trina, un intcrno presentimrnto , il raccapriccio col quale ci av- vcrte la sindercsi per le uzioni delittuose, c I'espansione che ci ca- giona qualche azione virtuosa, ci fa argomentare questa verita, e chiaramente ce la dipinge, e ce la dimostra. '* 1 119 LA SPIRITUALITA E L'IMMORTALITA DELL' AN IMA. POEMA LIBRO PRIMO. A che la Cetra, se d'anior non canto ? Invano or tenta suUe raolli corde A ridestar la tenera armonia Di fugace beltu spingere un raggio Qualche figlia d'Adam. Qui dove io sied® II seducente morniorar non giunge Di fonte die si franga , e in rio trascorra . L'oranon e del fervido meriggio, In cui di boschereCcio antro muscoso L'aniante Pastorel ricovra aU'ombra, Che dopo lungo desiar travede Con pie leggiero tra cespugli , e fratte, Giunger furtiva al patteggiato incoatre La palpitante seminuda Fille. I20 POEMA £ alpestre il colle: a tramontar vicina Muove con fosco pie rumida notte. Un Ciel vestito di sereno azzurro, L'astro minor, che tardo il viaggio siegae In inezzo a! tremolio vivace, e spesso, Dei chiari minutissimi splendori. Col silenzio, che tacito passeggia Cinto di venerande ombre segrete, AU'occhio ammirator dispiegan tiitta La grave niaesta della Natura. Questa e I'ora de'saggi: il tempo e questo, In cui dagli Estri aligeri, e possenti, Nascon di fantasia alti pensieri. Or Tu d'ogni cagion prima Cagione, Essere necessario , ed infinite , Per lo cui cenno onnipossente uscio Questo non sol doppio emisfero, e quelle, Che il circondano attorno arcate volte, Ma cento ancora per lo spazio immenso Di mondi innumerabili, e di Soli P'olgoregglanti equilibrate schiere^ Che come in manto di zaffiro sparse Forman lo strato deU'eterno soglio, U' de' tremanti Serafini a! puro Sguardo ti cela un Ocean di luce, E stabilmente in lor movenza fanno Delia Grandezza Tua pomposa mostra. Tu vivo animator fonte perenne, D'onde quel fiato il di primier si mosse. In CUI le cose tutte ebbero forma, E rapido-aleggiante in lor diffuse Cotanti di virtu propagatrice Misti a spirto animal gravidi semi, Che germinando or pe'cerulei campi DI SALOMON FIORENTINO. 121 Dell'aria, or sotto I'umide profonde Vie dell'equabil flutto. ed or ntirampio Sen della Terra, a popolar fur pronti L'atro solingo error di mille, e mille, Con alto incomprensibil magistero Vita-spiranti abitator costrutti. Tu, lo cui guardo vigile passeggia Fin nelle interne sinuose rughe Dei consiglianti cori, e delle attive Menti discuopre, e numera, i pensieri ; Or Tu , che umile a si grand' aopo invoco, D' insolito furor mia mente infiamma : Tu I'inesperta man guida, e gli accenti, Cosi che in Toschi ben temprati versi, „ Convenienti al nobile soggetto, DeH'anima iramortale intessa il canto. E se per lei mirabilmente puote Quasi un Nuine adeguar I'Uomo di creta, Non men di lei I'essenza, ed il destino , Tu che lo volgi, a pinsere m' ins^gna . E mentre I'ako ardimentoso carme Di ragsji filosofici sfavilla, Incurvi I'asse d'ozioso letto Col gravitante in\itil peso il pigro , Che oppresso dairimmagine di morto Tra finte larve., e tra fantasiui erranti, Figli del forte immaginar diurno. Per falsa gioja-, o per timor vaneggia . Chi fu coluijche qual palustre augello Con ali fiacche il suol basso strisciando Oltre il material grave confine Spiccare un volo unqua non seppe, e in faccia All'incalzar degli anni minaccioso, Che questa deli'Uoni fral niisera spoglia 4^^ 122 POEM A Indebolisce , logora^ e disface, Grido che I' alma siegue della rea DisCruzion I'inesorabd legge, E in sen del nulla si dilegua anch'essa Qual fumo al vento, o come nebbia al Sole? Ah che presenti alia sconvolta idea Ebbe Id stolto i vortici fumosi Deirincenso profan, ch' arse sull' are Al Nume del piacer , quando ne pinse Con si vil paraxon dell' alma il fine. Nel di, che dalla man del Fabro eterno Fu fatfo rUom di limaccioso impaste, L'onnipossente labbro a un soffio solo Nel frcddo sen della terrena immago Mosse equabil respiro, ed alma infuse. Indi gli disse: „ or va', regna su tutti „ Delia terra, e del mar, gli ampi recessi, „ E al muto gregge,alla canora turba, „ Alle fiere de'boschi, ai pingui armenti, 5, Con sovrano poter da'leggi, e impera: „ A te rivesta il prato un verde ammanto, ,, E il nutritivo umor schiudendo il varco „ Delle porose vegetanti fibre „ Di fruttifere piante e latte, e miele, „ Distillino per te. L' astro maggiore „ A te rimeni col variabil corso „ La fredda bruma, ed il cocente raggio, „ E la temprata, e la stagion ridente. J, Tu sei di creazione il primo oggetto. „ Tra gli enti, che formal quaggiuso in terra, Chi conosca non v' e del braccio mio L' infinite poter, la mia grandezza: Te sol ne fei capace. II don ricevi Del tuo benefiUtor. Vivi, e ra'adora. DI SALOMON FIORENTI>;0. 12.Z Arbitro Creator! . . . Unico Dio! . . . Ence perfetto! venerandi nomi, Che idea ne dan d'una iiidivisa eterna Somma bontade, e insieiu giustizia somaia! Qual don fora esi&tenza aH'uom caduco Se di vita infelice un brieve istante, (Poiche non v'ha felicitade in terra) Se una fral corruttibile natura D'aspre vicende ai coJpi rei soggetta Conceduto ne avesse? il guiderdone Degno sariadella pieta di un Padre, Che tutti vuole i pensier nostri , e i voti, Un freddo sasso . . . un'insensata polve.... L'oinbra funesta d'un cipresso negro? Se in are sacre non zampilla il sangue Degli svenati candidi olocausti, Se non fumano I'Arabe cortecce, L' istessa Perfezion sia men perfetta? Le ceree faci , e i candelabri d' ai*ro, Forse agginngon splendore a tanta luce? A che dunque formar rUoino ristretto, . Tetro confin! tra la miseria, e il nulla? Scienza... Ragion... doni del Ciel piurari, A che dell'avvenir le cifre arcane 1 Interpretar! Perche con mano ardita I Squarciar quel vel, sotto di cui riposa La qnieta iraperturbabile ignoranza! ■* D'essa piu che di fronde il giovin Toro Si pasce allor che le nascenti corna Aitero squassa , e il bipartite piede Vi In segno di letizia all'aure estolle. i Egli s'allegra al Sol di Primavera, t Che non legge, o dover lo turba, o niega I Gli spontanei desiri. Ei gode, e scherza, 124 POEMA Che non saqual I'attenda ultimo fato. Se I'infelice traveder potesse Poco lontan quel barbaro momento. In cui sacerdotal grave bipenne Con sacro colpo il di troncar gli deggia , Certo men gaio, e men superbo, andria Con gli abeti, e coi frassini, cozzando: E il feroce terror delle foreste Men faria risuonar de' suoi rug";iti T T Le Ircane selve, e le Numide arene, Se pensasse die insiem col suo furore Al nulla dee la sua roinuta polve Ben tosto consegnar queir aura istessa, Che a tiniido fanciullo agita il crine. Ignoranza felice! amabil velo, Che cela il fin dell'esistenza, e Tore Brievi del respirar rende tranquille! L'Uomo al sortir dal carcere che il serra. La sulle ssglie coricati in coppia Quinci ritrova il duol,quindi il vagito: Invano allor necessita gemendo Alle deboli sue tenere membra Anco all'uopo maggior chiede soccorso. Desiri combattuti, ovverdelusi. Turban del viver suo I'alba nascente. Dal momento, che in lui novella forza La pensatrice facoltade acquista, Or la fugace multiforme speme Sotto doraca nube trasparente Da lunge mezzo ascosa volteggiando Di sete inestinguibile Taccende ; Ora da tergo col deforme aspetto Un gelido tinior nel core ansante II palpito alimenta, e lo minaccia. DT SALOMON FIOREIsTIXO. aaS E allor che se contempla , e il guardo inokra Dentro le nebbie del fatal dimani, Nuvole di terror cingonlo intorno , E il moto d'ogni foglia, ogn'aura, ogn'ombra, Tremar lo face, ed il suo fin 2;li a'nnunzia. Sotto i piu neri spaventosi aspetti Vede morte da lunge. Ei la ravvisa Qon la crudel desolatrice mano Discolorar le piii vivaci cose: Sa die anche ad esse il calice prepara , Ed anzi tempo de'piacer soavi Ogni dolce al meschin sparge di tosco. Or se la sorte egual, se il fate stesso , Volgesse il brute, e ruom,scienza, ragione, Al bel riposo avverse, a che vantate L' origine dal Ciel ? Voi non sareste Un funesto retaggio, iin don tiranno? Ma restin seinpre illese intemerate Le sante leggi del Fattore eterno. JNon fia mai ver che il di del pianto sia D'esistenza I'estremo. Oltre la tomba Vita si trova: 1' immortal scintilla, Questo spirto divin, che il sen ne investe. La torbida caligine di morte Non vale ad eclissar . Lo stolto il niega , Perche intender nol puo. Ma siegua intanto ; Quest" essere conosca, e si confouda. Che s'ei d'occhio terren non fassi obbietto, Delia forte energia, della sublime Attivita che in lui nasce, e si spande, Gli effetti ammiri, ed immortal lo creda. Cosi del Nile I' inaccesso fonte II curioso indagator delude; ; Ma se nel dorso col crescente uniore T. 1. P. 11. 1 9 126 POEMA Sostien navigli > e immensi caiupi allaga , Aigomentar ben pud chi non e folle Che i'ampia scaturigiue deriva Da una perenne inesauribil vena. Oh quanto iri mezzo agh esseri s'lnnalza L' uom porcentoso! oh qual per lui si schiude Scena di nieravJgHa , e di diletto! Egli sdegnando quelle austere leggi, « Cuisottopon Natura i figli suoi, Delia necessita gli argini angusti Sormonta, e dove in vasto piano alberga II comodo piacer, cola s'aggira, E la niadre con arte emulatrice Adeguar no , ma superare intende. De'copiosi doni suoi non pago Sen corre a ingentilir piante selvagge, Le accoppia ad altre, e creator novello Di grati lior, di peregrini fructi Vaghi alia vista, ed al sapor soavi, Quel suoi, che ne fu privo, coU'industre Connubio vegetabile arricchisce. Alia sua destra vincitrice e forte Cedon le scabre oniai zolle ferrigne, E rese in un purificate, e niolli, D' utile, di piacer, fansi instrumenti; Mentre con abil arte or le feconde Viscere della terra ove si chiude Largo tesor di gemme , e di mctalli, Lacera e scuopre, ed ora la durezza Con la durezza doina, e nnova forma Gl'indocili ban per lui rigidi sassi. Gli archi, i Templi famosi, e le superbe Piramidi, e !e ornate ampie Cittadi, Sorgono quindi a istupidir colei , DI SALOMON FIORENTINO. 127 Clie nel voider sossopra e terre, e sussi, Altro formar co'moti suoi non seppe Sol che alpestri inontagne, e rozzi scogli. Le mute tele , & i bronzi , e i Parii marinl , Sotto leggiadri o venerati aspetti Sembrano respirar. Sferici globi D'ordigni impercettibili contest! , Quai semoventi ed animati iusetti, Vantano assiduo il moto. I leghi stessi S'odon. distinte articolar parole. Ah se un istante sol di senso, e vita, Dar r uom potesse, mancherebbe poco Che al suo Fattor non si rendesse uguale. Ma donde mai I'umano ingegno apprese A oprar cotanto? Eguale al nascer suo Qua! Nume protettor sceso dagli astri L'empieo di Deita? Chi loconsiglia? A che agisce, e per cui? Son forse desse Le meccaniche leggi , o I'elatei io , Onde i figli d'Ippocrate fan pompa, Che un di guidaro sulle tracce industri La man d'Apelle, o lo scalpel di Fidia? Regolavan tai leggi; e tali raoti, L'illustre difensor di Siracusa, Mentre fea con le macchine tremende Impallidire, ed agghiacciar per tema , Gli equorei Numi spettatori all'alto Inusitato scempio, onde le squadre Del superbo QuirJn nel Campidoglio Colle sdruscite mal sicure navi Tornaro appena a raccontar portenti, Giurando in faccia agli orgogliosi Padri, Che un uomo sol le avea disfatte, e vinte, Un uom che si die vanto aver possanza 128 POEM A Fin dai cardini suoi svellere il niondo E seco trar la smisiirata mole? E gli urti, e i tnoti sol di molle, e siiste, Fatte di fibre, e vene, e nervi, ed ossa, Che agiscon dcntro 1' uom , cause esser denno Di cotanto saver, d'opia cotanta? Che piu? Da queste leggi aver mai puote L'alto principio, la cagion, gli efFetti, Di quante a'nostri giorni opre condusse, Da istiipidir que'secoli die furo, La mano porteiitosa e I'intelletto Del Magno Eroe, die d'Alessandro e Giro Vinse non solo e sorpasso la faina, Ma quanti Seniidei la tromba Adiea DeH'alto suon vesti tacer fe' tutti, Quegli, die quando a conibinar s'accinge. In ogni sue pensier geometriza , Simile a un Dio Napoleone immenso? E se cio fia, perche gli uomini almeno Che vatitan parti eguali, egual struttura, Oprar non ponno cio die un giorno opraro Non sol Fidia ed Apelle, ed Archiniede, Ma il Macedone Eroe, I'Eroe Persiano, E di tutti il maggior Napoleone? Perche a un tacer d'arterie, e di precordj , A breve dissonanza, a un tratto in lore Sparir debbe scienza, ingegno, ed arte, E restar muti sassi, e immobil tronchi, Qual vile inciampo al passegger die incespa? Ah, se fola non e quell'olmo annoso D'inipalpabili sogni albergo e stanza Abbarbicato nell'opaca selva, Che niette in Acheronte, e certo ancora, Che unqua dai rami negri suoi non mosse DI SALOMON FIOKEKTINO. l!fc Piu folle, piu chlmerico, e piu strano Sogno di quest© a disturbar I'insana Di piccol Novator credula mente. Ma troppo e pueril facile impresa Questa fagar Im'va apparente, e vuota, Che tosto in aria sfiima , e si dissolve. Or come sovra I'AftVicano lido Generoso lion sua forza immane Sdegna provar coi timido coniglio, E sol Torrenda giuba arruffa , e sferaa Colla possente coda il fianco svelte, Mentre ie fauci spalancate, i forti Aduuchi artigli a rintuzzar ha mossi II rabido furor d'orsa sfigliata; Cosi prendendo la ragion per guida, Che ci copri d'adamantine tempre, L'armi volgiam contro maggior nimico. Dei piu scaltri sofismi eccolo cinto Nati cola negli orti Epicurei, AH'ozio vile, ed al diletto in grembn, Cui d'effimera luce un inanto ordio Co'lusinghieri numeri la cetra Del Romano cantor, quando altamente Risuono la natura delle cose. Eccolo ad avvilir burbero in faccia L'alto immortal principio onde abbiam vita, E come ad ente material , che insieme Col corpo nasca, ecresca, e si distrugga, Minacciarlo, e additar quei dardi acuti, Che il tempo vorator daU'inesausta Faretra e toglie e vibra, e cjuel di morte Indissolubil gel che tutto sface. Ma tacciano per or 1' opre ammirande Fatte in virtu dell' essere pensante , l36 POEMA E a dileguar quest' ombre spaventose, Che Tincalzan del nulla in ver I'abisso, Parli quel sentimento, onde conosce Ch'egli esiste , che vWe, e di se fuori Sa ch'esistono ancora enti dirersi, Dote, che aver non puo quella sostanza Solida, divisibile, ed estesa, Che materia s'appella, in cui se fosse Possibile il sentir , questo dovria Posar del tutto nella massa intcra, O delle innumerabili sue parti Ciascuna aver distinto un sentimento. Or se afFermar vogliam che il tutro seuta Con propria facoltade universale. Come avverra ch'ogni aniinato corpo^ Benche I'altro dall'un diviso, e lunge, D' esistere conosca , e per se stesso Certo di viver sappia ? In questa guisa D' uopo saria che divisibil fosse Tl sentimento ancor, cio che giammai Tn intelletto uman capir non puote: Ovver moltiplicando, a mano a mano Che dal tutto distaccansi le parti, Un sentimento sol ne producesse • Ben mille e mille in infiiiito, e allora E I'uomoe glianimai, le piante,i sassi, E tutto cio che di materia e parte Del par sentir dovria ch' esiste e vive . Dunque non e della materia il tutto Di sentimento e nozion capace. Or questa facolcd le parti avranno? E quai saran? Forse fian quelle solo, Che han mole atta a colpire i sensi nostri? Oh qual poter 1' uom vanterebbe allora ! DI SALOMON nORENTINO, l3il Se un vitreo vaso, ove amnsassato, e stretto. Quel bianco mineral stassi, die feo Di chimico sudor spargere i rivi. In man mi reco, e ver la dura opposta Parete il gitto, veggio al suol cospaiti Cento e cento rotar candidi globi, Che nel forte percuotere divisa Moltiplico la sdrucclolevol massa . Ecco di creazion nuovo portento! Se fur due parti il minerale, e il vaso , Ebber due sentimenti : e un atto solo Tanti formar ne puo c|uanti pur sono Sferici globi, e lucidi rottami, Onde fatto e ciascun sensibil ente. Ma se altri poi curvato e chino incende Le piccole a raccor parti rotonde , Che disciolte sfuggivano sul piano, Nel fondo a cristallin concavo nappo A raggrupparsi 5 a riunirsi astrette, Fonnan di nuovo cjuel volume istesso D'un sentimento solqual era in pria Non piu docato, ma di cento, e cento , Avviluppati insiem sensi confusi. Questa saria la sorte , e le vicende , Delia materia, le di cui composte Parti or disciolte, or riunite, vanno A cangiar modi, a variar figure, Per r urto ognor vertiginoso iratte Del moto infaticabile, e possente: Ma se non v'ha fra le create cose Esser che doppio senta , e doppio viva , Ne di materia il tutto, e non le parti. Per natura potran sentir giammai. Ne gli atomi invisibili pertanto ^ 1. 3-. POEMA Esser dovran di scnsazion capaci , Poich'cssi pur frangibili, e composti, Al pari son d'ogn'altra estesa mole. l)unc[ue per rintracciar I'ente, in cui siede La propriety d' un sentimento solo, D'uopo e girne a lie nionadi sognate, O agli enti semplicissimi iuestesi . Ma gia risorge benche scosso, e vinto, 11 neniico implacabile deli' alma, Qual redivivo favoloso Anteo, A niinacciar con piii robusta lena , Gridando che non gia spirto, nia solo Del corpo organizzato el'armonia Questa eh' alma s'appella, a cui raccordo Delle corporee parti il nascimento Dona, e la forza , indi a svanir costretta Vassene, e piu non e quando discordi Crollano, e si disgiungono fra loro; J,, E ve' , dice, ve' come armarsi a pruova Di varie corde quella eburnea cetra , Che si soavemente il cor ti raolce ; Eppur fra lor divise avvien die parti Disarmoniche fian quelle, che insienie Destano d'armonia dolce il concento. Del par le pietre irregolari, e scabre, Che prive d'ordin van, di simecria, Dal Dorico, dall' Jonio, o dal Corintio Artefice disposte, ecco lo sguardo Ammirator sorprendoao, e fan page Nel regolar simmetrico edificio. Or se da sassi informi , e dalle fila Dissonanti, allorche composti furo, ■ Vien Farmonia, lasimetria, prodotta, Perche nascer da parti non pensanti. DI SALOMON PIORBNTINO. l53 „ La pensatrice facolttl non puote? BrancoJando cosi tra '1 buio addutto Siegiie ad argomeiitar colui die tenca Nel van del nulla annichilar se stesso. Pur suo malgrado e lucido, e imiiiortalej Scudo vedrassi al petto in sua difesa De'carmi aiiei fregiato, ove nol viete Nel malagevol dir fatta restia La canora poetica favella. D'uopo e dunque mostrar, che cio che forma L'artificiale o il natural composto, E di lontane cose, esciolte in pria, Un collegarsi, un accostarsi insieme, Per cui ciascuna di quel tutto fassi Parte integrante, essenziale, e quindi Dai varj modi, in cui disposte sono, O pill perfetto, o men, I'ordii) risuita. Ma non avvien percio che forza alcuna Dal vario combinar , dall'ordin nasca . Se in ogni parte elementare istessa L' origin, la cagion, non se ne traova. • Imperocche s'anche le parti tutte Delia materia avvicinate in pria Erano nell'inerzia, e nella quiete, Mescer poteansi, e collocarsi in mille Diversi aspetti, e varie positure A generar giammai foran capaci O moto, o resistenza, o di veruna Forza, ed attivita dar pure un segno. Ne a cio si oppone se dai sassi informi Nasce la sensazion, che alletta il ciglio Di simmetria col nome, e da piu suoni Disarmonici al ouor scende I'incanto Per r intricate tortuose vie T. 1. P. IL 2.0 iSi • POEM A Dell'orecchio uditoi , se vanno iusieme Ad accordar raimonioso plettro: Poiclie se ciascun suon diviso, e solo, A ticillar I'udito atto non fosse, Se ciascun sasso irregolare, e scabro, Non bastasse ad agir siilla pupilla , Nemmen piu suoni avrian prodotto mai Un armonico accordo, e non piu parti Potato avrian d'architettata mole Con vaga simmetria porger diletto. Dubbio dunque non vlia che in un composto Nascere alcuna attivita non puote Se nelle parti sue questa non posa. Ma quell'ordine alfin, quell' armonia, Altro non e che un percepir di mente Di queila proporzion , che a lei presentano Diverse impressioni insiem comprese, E I'une e I'altre in paragone poste. Or qual fia, se non e I'ente che pensa, Quello che combinar possa d'un tutto Le parti, e quel che il paragon ne faccia? Nel vastissiino regno di natura Suoni isolati, ed isolate masse, Succedonsi, edesistono, e ova mai Qui r armonia, qui I'ordin si ritrova? Se una pensante facolta non stassi Presente a radunar, e a far confronto Di varie parti , e argomentar di poi Dalla comparazion I'ordin, I'accordo, 11 pregio istesso ha il musico usignuolo, E la gracchiante stridula cornacchia; ' Ed i Templi superbi, i Mausolei, Gli Anfiteatri, i Portici, e le Terme, Altro non son che d' arenosa sabbia I DI SALOMON FIORENTINO. i35 Que'monti, che per Libici deserti II turbo infuriate aduna, e volve. Ne sol quest' annonia, ne sol quest' ordine, Fuor dell'ente che pensa, invan ricercasi, Ma i corpi ancora, o sian grimmensi , e i lucidi, Che per Tetereo plan stan fissi o ruotano, O quel, che il globo in vasto regno triplice Tra lor distinti vagamente adornano, Corpi quai sono in nulla parte esistere Di natura potrian sprovvista d'anima; Poiche ii sparsi lor membri, che posano L'un fuor deU'altro, e un tutto poi compongono, Di combinate idee la turba lirapida Chieggiono ognora , che grandezza e numero , Divisione, accQzzamento, e spazio, Con spesso confrontar vada a conoscere. Or tuttocio I'origine non ave Sol che daH'alta attivitade interna Delia pensante facolta, cagione D'ogni comparazion: essa distingue Le parti combinate, e forma un tutto. E dove mai s' udria di nieiite folle •Un delirio magiiior se indi afFermasse && ? Che nasce una cagion dai proprj effetti ? Chi mai credeo che.al platano frondoso Desse principio, nascimento, e vita, La tremula ombra ch'egli getta iu seno Del sottoposto fuggitivo rio ? Chi Torisiin poso dei biondi raggi Che piovono dall' astro della luce Nel vario-colorato arco dell'Iri? Impossibil fia dunque che I'attiva Pensante facolta resulti, e nasca, Dalle azioni sue proprie, e che consist^ I J 6 P O E-M A Nell'armonia in relazion locale Di parti divisibili, e composte, Se I'orcline, il composto, e rarmonia, Del suo possente agir gli effetti sono. Quindi ne avvien che aoche negar si dcbba Esser quest' alma attivit£l del corpo : Poiche se un tutto generar non puote Qualunque forza per se stesso allora Che nelle parti sue quella non posi, Quando per I'union di forze inolte Nel composto una tal forza e produtta , Che dissimil rassembri, e in tutto varia Da quella delle parti, ecco fa d'uopo D' un essere pensante , a cui le forze Gii combinate insieni da cio che sono Sembrin diverse; indi ne formi un tutto. Ne sol delTarmonia cosi succede, Ma seppur stanno due color diversi In tale angusto spazio, ove da lunge L'altro dall'un discerner non si possa, Avvien che 11 nostro interno sentimento Dissiraile ad entrambi altro sen formi Benche restin ognor varj quai sono : Cosi del gusto avvien , del tatto forse, E di qualunque sensazion , laddove Diverse paion le composte cose Da quel che son le lor distinte parti. Or questa pensatrice attivitade Dalla combinazion nascer non puote S'ella del combinar e altrice, e madre . Ma seppur del sentire, e del pensiero, Se del rappresentar la facoltade Del composto la forza esser dovesse, Necessitsi saria che pur le forze DI SALOMON FIORENTINO. 1 3^ Delle parti Integrant! avesser anco L' istcsse proprieta die vanta il tutto. Ma d' un sifFatto error quale argoniento • Sano pansier persuader potria ? Quest' alma forse entro di se non chiude Idee innumerabili , e sublimi? Non nutre ella infinita una caterva Di cognizion, d'inclinazion , d'afFetti? E se di parti ella costrutta fosse, Ove posar dovrian, dove trovarsi, Cotante dilFerenti afFezioni? Ciascuna in vario loco errante , e sparsa , Non ripetuta mai, ne ad altra unita, II sovvenir fora negaro a noi : Rifletter, combinar non si potria; E I'uomo istesso dopo un brieve istante Altr'uom sarebbe, e ognor da se diverse. Eppur le idee, le inclinazioni nostre, Riunite son da un intimo legaiiie Clie di separazion non e capace . Dunque fia d' uopo confessar che in noi Una sostanza ainil-n sieda al governo, Semplice , indivisibile, inestesa, Di rappresentatrice attiva forza PiCi d'ogn' altra possente, a cui fia dato Tutte le idee, tutti i desiri, e tutte Le inclinazion delle integrant! parti Entro se stessa riunir qual centro . E che sara se I' alma non e questa? Or se ragion vuol che neli'uomrisieda Questa sostanza nobilQ, e perfetta, Perche del corpo le ammassate parti Pensante attivit^ vantar dovranno? L' economia , la Sapienza eterna , 38 POEMA Nella composta macchina terrena Eagionevoli spirti a mille a niille In Inogo d' un moltiplicar dovea? Da cjuesti dipartirsi era mestiero Idee confuse, e vaghe, ed in rivista Sotto spiito maggior passando a schiere, Luce acquistar, ctftnbinazion , ceitezza ? Ma se avvi un forte che sostenga il pondo, Inutile non e de' fiacchi il braccio? Ove 1' astro del di largo fiammeggia Vane non son cento notturne faci? Ah si del grande Autor cotal lavoro Nell'inipasto dell'uom sarebbe indegno. Delia material orare sostanza Le propriet£k 5 che restan note a noi, Da quel che un'alma pud van troppo lunge. Materia e moto, ed estensione abbraccia . JE attivitade il moto, ed elemento E I'estension. Per Tun, per 1' altro, in varie Forme si mostra a noi c[uella catena Di structure mirabili, ed immense, Che la natura corporal rmrchiude. O sian gli atomi al guardo ignoti, oppure T magnifici corpi, onde I'Olimpo Su per gli eterei campi e tanto adorno, Tutre han del par I'attivitadal moto, E dair estensione han 1' elemento. Ma ragionare, apprendere, volere, Sentir, soffrire, e combinar, richiede Altri elementL, altre cagioni, ed altra Sorgente oritrinal di cangiametiti. Quella non gia dell'estension , del moto. • D' uopo e che in semplicissiina sostanza Lo spesso qui rappresentar si faccia DI SALOMON FIORENTINO. 189 Di separate cose , indi succeda La riuiiion di quelle, ed il confronto. Cio clie pel niondo niateriale e sparso Questo ente chiude in se come in un punto. Cio che fu pria, cio die sara dipoi, Nell'istesso niomento in paragone Col presence avvicina : atti son questi In cui non v'ha chi riconoscer possa Colore, estension, tempo, ne moto, Ma una forza interior che spazio, e tempo, Estension, color , moto, e riposo E divide, e combina, e riunisce, Che a sua voglia ora sceglie, ed or rigetta. La folia dei piacer che Talma sente, II disgusto, il dolor che sofFre, e quanto Aborre , o brama , e cio che teme o spera , E ben altro ched'atomi inquieti Un local cangiamento, e un val^io moto. Nel circolar per le ramose vene Dello scorrevol sangue i tenui glolii Forse destossi entro la mente vaga Dell'animoso pensator priniiero La combattuta invan, la trionfante Delia Divinita sublime idea? Dell'equabili arterie ai spessi moti Nacquer forse in quel sen religioso Di timor sentimenti, e di pietade, Onde al suo creator commisti al pianto Figlio di gratitudine, e d'amore Sciolse in teneri canti inni di lode? Al tremar della rupe ov'era assise. Pel nitroso vulcan ch'arse repente , Alio scoppiar del folgore che aprio Del soyrastante nuvol cieco il fianco. 1 4o P 0 E M A Eappresentar potea la mente scossa II tlifetto di un Ciel ricco di stelle, II difetco di un suol d'erbe fecondo: Ma il pensier sbigottito unqua potea Un Nume rintracciar tra I'ombre nere Che il terror suscitava, e lo spavento. La nozion d'un Ente unico, e primo. La perfezione in lui del buon, del giusto, L'eternitade, e rinfinito insieme, Pint! nou sono a quegli oggetti ii) faccia Che ii vasto cerchio material racchiude. Nel sviluppar le facolta natie Quest'anima immortal die certo segno Dell'esser proprio, e di sua forza allora Che da'tesori suoi la grande idea Trasse, e varcando giri, e spazj , e a tergo Gettando'si I'edace instabi^ tempo, II moto, I'eStensione, e la materia, Cerco per vie di Deita ripiene L'immutabil, I'eterno, e I'infinito. Ne sol di questa immaterial sostanza Le proprie idee ci scuopron la natura. Ma ii iibero voier, che guida e regge Qualunquesua passion, fa certa fede Che a quelle leggi, ond'e soggetto un corpo, Com'altri immagino, non e soggetta. Fra tutte le passioni e la men forte, L'impetuosa men, forse il desire. Mosso da questo colle arsicce labbra, Di poive e di sudor tutto cosparso S'affretta il peregrin ciie il morniorio - D'un limpido senti fonte vicino: Gia vi giunge, s'inrliina, ed anelante Va per sugger deli'onda il primo sorso , DI SALOMON FIORENTINO. 141 Ma in tal memento ode gridar da lunge: „ Ferma, infelice, e pien di tosco il fonte,,. A quella voce I'assetato e scosso, Trema , s' inorridisce , e poi s' arretra. Di tale opposto agir quai son le leggi , Che il viator deterrainar qui fanno? E moto d'attrazion quello che all'onda. Con agil passo avvicinar lo feo? Ma pria di giunger presso alia fontana Per saziar la sitibonda voglia , Una ne immagino ricca di umore: Or come puote immaginario oggetto D'unaforza attrattiva imprimer moto? E allor che inorridito retrocesse Dal margo insidiator, forse il respinse Forza di repulsion che il tosco avea ? Eppur con Tonda chiara il letal succo NcH'atto di libarla iva commisto, Ne un moto solo il peregrin sentia Che lo spingesse indietro. Or come a un tempo L' istesso oggetto puo la forza istessa Avere, e non aver? Sogni, follie Di chi ravvolge in tenebroso velo L'ordine delle cose, indi trasforma L'azion, libera sempre, in una vile Delia necessita seiva impotente. Cola nel folto d'un' antica selva Esule va perseguirato a morte Un mi3ero,e s'asconde, e mentre sbufFa Di sdegno, e di vendetta , ecco la sorte Gli ofFre I'inconciHabile nemico, E a passo lento , disarmato, e solo Non visto il vede a quel robusto, e cavo, Tronco appressar che gli servi d'asilo. T. 1, P. 11. 21 1 4a POEM A Sente i motl dell' ira : al fianco porta La destra furibonda: il ferro snuda In atto di ferir; ma in quell' istante Un eroico pensier la mano, il colpo, Arresta all' un, 1' altro si salva , e passa . Oh forza di sovrana indipendente Arbitra volonta! Lanciato sasso E-Otolando precipita dal monte, Ne puo restar se per la via non trova, O sterpo, o bronco, a equilibrarne il pe?o . Retrocedere invan, piegarsi al suolo Vorria lo stral mentre gli aerei campi Da curvo arco vibrato e fende, e vola . La vil materia ah non fia mai che possa Volere, e disvoler, quando le place. Questo eccelso dominio, e questa dote Serbata e solo a un essere che intende , Che combina, divide, indi argomenta Cio ch'e nial, cio ch'e ben; che di se stesso £ libero motor; semplice spirto, Che forma non rice.ve,ed urto, o scossa, Non puo modificar. Ouesta e quell' alma Che s'asconde nell'uom. L'agil pensiero, Quell'atto indivisibile, immediate, L'agil pensier che colle rapid' all IJ vento, il turbo, il folgore trapassa, Figlio non e d'un material composto, Che sol racchiude in se parti, e figure Solide, varie, immobili, ed inerti. Questo puro messaggio ovunque passa Dell'Essenza immortal, da cui si parte,, Lascia non dubbie luminose tracce. Egli d'un guardo le ridenti spiagge Gode mirar dell'Indo ove natura i I DI SALOMON FIORENTINO. 148 II 8H0 bello spiego . Cupido tocca Le gemme vario-tinte, e I'auree zolle, E il dolce cliina, e il puro aer ne respira. Ma nel momento istesso agghiaccia, e freme, AI truce aspetto de'Caucasei tuonti, Ch'ofFron soltanto in mezzo a geli eterni Orridi tronchi, e irrigidite belve. Ne sol lidi remoti, e mari immensi , Scorre d'un vol , ma I'Universo intero Dell'umano pensier non e capace, Perocche oltrepassando e giri, e spazj. In seno aU'infinito egli s'immer";e, £ se pur nol comprende, il tenta almeno. Ma forse allor che I'uom contempla il vario Aspetto delle cose, alia sua vista Ne son gli efletti, o le cagioni ignote? E grande allor che i filamenti scuopre D'un vile insetto, ed analizza un Core; E grande e piu quando sottile e raro L'etere fatto, che il trattien, si scaglia Con all velocissime di fuoco, E sormontando le aggruppate nubi Entro I'angusto sen di fragil barca, Laddove nasce il turbo, e la piocella, Vede per I'aria in liquidi sentieri L'elettrico vapor come s'accenda, E come Tonda condensata in gelo Scenda furiosa a disertare i campi, E ad agghiacciar sovra I'irsuto petto Di stentato sudor I'umide stille Al bifolco meschin, ch'ambe le palme Batte sull'anca sospirando, e tinge II bruno volco del pallor di niorte. Con I'alma si consiglia allor che tenta 144 POEMA Di gareggiar col Creatore istesso, Mentre Tlricolora, il fulmin crea , . Toglie, e dona il respiro all'anelante Moiibondo augelletto, e mille e mille Prove d' alto saver dimostra , e spiega . Ma se tante stupende meraviglie Lo spirto del pensier con I'energia Giunge ad oprar, se circondato ancora Da un denso di materia opaco velo Con legge incomprensibile, ed arcana, Per la strada de'sensi e vede, et ode, E percepisce, e pensa, ed argomenta , Quando fia tolto dal terreno impaccio Stupido rester^ ? privo di moto Fia chi gia naosse altrui? del vuoto niente Svanir dovra qual fumo entro I'abisso? Orsu veggiam se I'ordin di colei, Clie deU'eterna volontii ministra Le cose tutte a regolir presiede, Con braccio distruttor veggiam se possa Precipitar quest'alma al nulla in seno. E se la forza sua non giunge a tanto, Temer non si dovr^ che un Dio possente, Che I'essere a lei diede, in brieve istante Annichilar cosi bell'opra intenda. Pur se incredulo v'ha che ancor vaciili, AU'incredulo vil con voce eterna L'infinita Bonta cosi favejla ; „ Misero che paventi? al mio cospetto „ Mille secoli, e mille, un giorno sono: „ Un' ombra passeggiera e la tua vita, „ Se vita e mai quella che traggi in terra „ In preda alle tempeste . lo ti forraai 5, Piccolo tanto, e tanto grande insieme: DI SALOMON FIORENTINO. 1^5 Pensi che un Dio la da siderei scanni Del braccio Creator le nobil opre Tragga dal nulla, e a) nulla riconsegni, Come fanciul per capriccioso giuoco Ben cento volte il di forma , e jlistrugge, Di cerea niassa un' indigesta imago? La mia Giustizia, la Bonta, qual fora! Quando al terreno esilio io ti comraetto Compionsi i miei disegni alti, e profondi Piu deir ultimo Ciel , piu dell'abisso. Ma r immortal tuo spirto e una scintilla Di mia Divinita . Si cela ai sensi ? Me ancor non vedi, e ovunque mi ritrovi: Quel non ravvisi , eppure in te lo senti. Or se immagine egli e del suo Fatfore, Benclie d'immenso mar qual stilla ei sia, Ne giudica da saggio , e lo conosci . 146 POEM A LIBRO SECONDO. D air alto scende temperate un raggio, E penetrando la tenace e dura Superficie del suol , gli ascosi semi Deirerbe,e delle piante, urea e percuote, Onde per forza dell'impresso moto Son tratti a germogliar. Da brine, e piogge. Han nutrimento. ban vita, e nascon quindi E rami, e fronde, e fior , frutti, e cespugli. Tutto nel verde April , nel lieto Maggio II vegetabil regno olezza e ride . Ecco di spigbe coronata il crine Succinta nel vestir Cerere bionda, Che I'ardente stagion ne riconduce, £ gia montando il Sol fervido passa In seno alia Ledea gemina prole, E col maschio valor sui rami adulti Ogni frutto maturate colorisce. II pomifero Autunno indi succede Largo compensator delle fatiche, Onde il campestre agricoltor f'e' raolle D'onorato sndore il tergo, e 11 volto . Alfin di geli, e di procelle, cinto II canuto sen vien rigido verno, E col nevoso braccio ai prati, ai campi. DI SALOMON PIORENTINO. 147 Toglie I'onor del giovanile ammanto, E delle chiome gli arbori disfronda . Ma in pochi di su per I'aeree strade Tornansi ad abbracciar Zeffiro, e Clori, E la terra s'allegra, e si rinnuova. Cosi natura i cangiamenti suoi Tutti regola, e muove; a pas>so lento Ogni creata cosa in vario aspetto Cangia, e trasforma; il Tempo a lei cornparte T lievi impercettibili inomenti, Onde tacitamente discorrendo Passa per mille e mille gradi, e intanto Dair uno airaltro variante state Tragge le cose. Ma non fia che possa Nell' opre sue giammai varcar d'un saJto Tra due confini opposti. Avvi un sentiero Dall'aitro ali'un per cui dee far tragitto. Quando la notte al di rinunzia il regno L'orto rischiara pria languido un raggio: Poi di luce maggiore a poco a poco S'adorna il crin la rubiconda aurora, Indi il sol nasce , indi e cresciuto il giorno: Cosi nel ricondur I'umida notte Del martin, del meriggio, a gradi varca Natura per le vie, finche I'occaso Di filamenti lucidi,e vermigli, II vespertin crepuscolo rivesta, Che impallidito alfine a passo lento AUe tenebre nere il campo cede. L'istesso avvien quando Natura un corpo Dall'un conduce all'altro stato opposto, E di mezzi infiniti una catena Trascorrer dee per giungere alia meta. Grande il piccol divien, piccolo il grande. 148 POEMA E il crescere e il maacare in questo, e in quello. Invisibil rimane ai nostri sensi, Finche una serie di veloci istanti L' alterazione, e il cangiamento scuopra. Ma se clali'esistenza a! vuoto niente Niun mezzo si frappon, non puo Nanira Ad essere chiamar cio die non fue, Ne trarre al nulla una creata cosa. Non fia pertanto che I'attive forze Delia Natura operatrice un solo Momento nella quiete, e nel riposo, Possan restar ; poiche s' anche un istante Oziose restassero, ed inerti, Altro clie il suon del labbro onnipotente Alia primiera attivita potria Richiamarle di nuovo, e daile il moto, Come nel di che feo la Terra , e i Cieli . Cosi le forze irrequiete sono Delia Natura; onde quant' essa e intenta ^ggi a produrre, oggetto fu niai sempre D'ogni fatica sua, che mentre intende V\\<\ stato a cangiar , dell' altro opposto II principio dispon . Quando Morfeo Sovra le stanche afFaticate membra Scorre con man d'oblio stillante, e molce * Gli spirti della vita, anch'essi allora Lavorano a condur la pronta e nuova Desta vigilia :, e poiche franca , e lieve, Giunse col Sol , tosto da lor s'intesse Tl vi.cino a tornar placido sonno. Certo e non men per chi discerne il vero Che quanto v'ha di mutazion capace Cangiasi ad ogn'istante, e si trasmuta: Poiche mentre lo snello edace tempo I' DI SALOMON FIORENTINO. 149 Co'vanni infatigabill , e veloci. Per r ocean de'secoli veleggia, Mentre a quel che paSso dona il presente, Ed il presente aU'avvenir consegna, Tuttocio ch'e mutabile trasforma, E il mostra ognor sotto novello aspetto: E se alcuno pur v'ha fra tanti oggetti, Che per qualche intervallo ai sguardi nostri Si mostri invariato, ed uniforrae , De' sensi e un' illusion che al ver si oppone. Cosi veggiam dalla fnnerea pira Vorace alzarsi e stridula una fiamma, Che sembra ardendo a noi sempre I'istessa; Eppur di fuoco e un rapido torrente, Che continue si parte, e va scorrendo, Dall'arse legna , e dal combusto corpo , Le di cui non visibili scintille Come I'onde del fiume al mare in seno Perdonsi, e vanno alia nativa sfera. Sovente appare ancor I'iride vaga Di settemplice adorna e pinta luce : E mentre splende nell'acquosa nube Sempre simile, inalterata sembra; Mal'astro, che I'investe, un raggio all'altro, Vibrale ognor con succedaneo moto, E in curve strisce i bei colori alterna. Tali anche son le stabilite leggi, Che il peusante animal traggono ognora Degli accidenti suni pel variocalle. Stansi opposre fra loro e vita, e morte; L'una per conservar sta in guardia, e I'altra Per distrugger si prova. AUor che nasce La macchina animal, questa con quella T. 1. F. II. 22 ^ POEMA Incomincia a lottar. Mentre la vita Dispiega il suo vigor, sul corpo integro Vedi spaziar la sanitA robusta , Che de'balsaiui suoi tutte cosperge Le intese a conservarsi intatte membra . Se I'ascosa cagion distruggitrice Sviluppa alcun de'suoi letali semi, Ecco il languore, e ad un girar di ciglio La vacillante debolezza, ed ecco L'infennita, che con la plumbea mano Fiira il color del giglio, e della rosa, E il composto dell'iiom discioglier tenta. Ma presso all'orme degli assidui colpi, Che di vibrar caducita non cessa. Sen viene alfin la sua rugosa figlia. Con stil di bronzo lineando i solchi Sulla cedevol cute, e a sorso a sorso Di quell' umor le vena inaridisce, Ond'eran colme in pria;e il folto e biondo Poiche in raro cangio canuto crine , Poiche le dritte ricjuadrate spalle Ebbe curvate in arco, e nervi e fibre Poiche spossare ed allentar poteo. Quel di sua crudelt^ miseio avanzo A morte inesorabile consegna, Che la strage ne compia, e la ruina. Ai sensi nostri allor fassi palese L'atroce miserabil cangiamento, Che lunga etade preparato avea: . SolvoDsi i membri gia contesti insieme , E la corruzion lurida, e sozza, Li percuote cotanto, e li sfigura, Che oraai I'uomo neH'uom piu non si trova. DI SALOMON FIORENTIXO. i5i Ma forse allor che in grembo al ferreo sonno Morte precipito, disciolse un corpoj Eali d' esister cessa? Ah se natura Cosa annientar non puote, indi ne avviene Ch'anche minima parte or non si perda Delia disfatta imputridlta salma. Quegli atomi divisi han forza ancora D' agire, di soffrir, di ricomporsi, Finche per mille avvolgimenti, e mille, D'alcro corpo ciascun parte addiviene: Altri cangiansi in poIve;altri montando Per I'aria a volo co' vapor commisti Umidita si fan; questi una pianta, E quegli un'erba a nutricar si porta. Dai corpi vegetanti alii animati Passano quindi; e qual nutrisce un Bege^ Quale d'un verme vil fassi alimento,' Et indi ambo lasciando in abbandono, L' uno ritorna umore , e 1' altro arena . Ecco che vita , e morte , or piu non sono Nell'ordin general della natura Si disgiunte fra lor ne'vivi corpi Quanto serabrano ai sensi. Esse nel giro Di gradati e continui passaggi Le anella son d'una catena istessa Tenacemente insiem strette,ed avvinte: Ne avvi un istante onde afFermar si possa Or sen muor I'animale, or cade infermo ; Poiche se quanto e a mutazion soggetto Cangiasi ognor, qualunque stato fia Solo effetto di quel che lo precede , E fia cagion di quel che segue poi . Ma seppur 1' alma ha di sua fragil veste ^ J02 POEMA Egual clestino, e fia soggetta a rnorte, Forse e tratra a sofFrir 1' ultimo fato In un momento, e ad un girar di ciglio Sparir dovran qual rapido baleno Le forze sue, le facolta, le azioni? Oppur varcando le gradate vie DcH'incerto mutabile, avvi un tempo, Ond'ella alma non sia, nia varia cosa, Siccome avviene al corruttibil corpo, Che tra le innumerabili vicende Cangiasi in polve, in aria, in acqua, in pianta? No che mancar la vita in un momento AH'anima non dee. quella che lenta E nell'oprar, se dimostrato e omai Che 11 nulla, e I'esistenza, ognor divide Una larga voragine profonda, Che linqua Natura traversar non puote. o Dunque dell' alma lo svanir repente Piu non si dee teraer ; ma quando avvenga Che a perir si conduca, allor cio fia Che di quest' ahna il corpo uopo non abbia. Giunto del viver suo all'ultim'ora , E per seguir le stabilite leggi Onde la comun madre opra, ed intesse, I cangiamenti suoi, I'alma del pari N' andri col fragil mal composto velo A sofFrirne le scosse, e le vicende. Quindi a misura che tra lor discordi Le parti della macchina terrena A sciogliersi fian pronte, e I'alma ancora Perder dovria del pari a mano a mano Le facolta, le azion, le forze interne. Ma per saper se cio possibil fia. DI SALOMON FIORENTINO. l53 Co' raggi della fulgida ragione Seguiam pur quesri due fidi compagni Nel brieve loro tempestoso viaggio, E alfin veggiam ciocche d'essi ne avvenga. Nel tempo che deH'uom I'intesto iiitero Ricever puo di saiiita grinflussi, E la parte maggior de'moti suoi Alia conservazion del tutto inclina, •Quando gli org^^ni ancor dei varj sensi Serban le moile inalterate, integre, L'aima non men tutto il vigor dispiega, Sente, pensa, combina, apprende. e vuole. Un funesto malore il corpo investe? Ecco io guerra tra lor que'moti istessi, Che intenti furo a conservare il tutto, Pugnando acerbamente e opposti fini L'un conseguir, I'altro toccare agogna. L^anima allor, per quanto sembra a noi, Del par s'indebolisce, ed e del pari In disordine ancli' essa : ombre , chiinere, Con falso iramaginar sogna, e vaneggia, E sno malgiado anche ad agir costretta In delirio precipita, e in furoie. Piomba alia fin suU' invecchiato corpo Quel letargo feral, quel grave sonno, D'ogni sonno maggior che morte ha noma; E benche tutti i movimenti a gara Di vita abbandonar yoglian le tracce. Air alma sbigottita esser ben puote Che alcun debole, e quasi omai spirante, Movimento vital che interno resta Tenti rappresentar confusamente Qualche imniagin corrotta, e tenebrosa, I 54 P 0 E M A E die sokanto in cio sua forza adopri. Ma che? fragile e troppo, e troppo brieve Quel sostegno a cui Talma allor s'attiene! Poiche ben tosto quelle membra istessej Che la vivente macchina formaro, Delia corruzion lestano preda , Marciscon, si disfanno, e seguitando Leggi diverse e mille opposti fini , Con altri corpi van misce, e confuse. Or dove, in quale stato, avvien che resti L'anima allora? il suo destin qual fia? Gia quel vaso terren, che la conlenne. Si corrompe, si scioglie; e quelle parti Che ne restano ancora , or piu non ponno Uu sol tutto formar d'alma capace. Gii gli organi dei sensi o fur disciolti , O trasformati furo; e se le idee Dalle sensazioni hanno i natali , Come pensar, come voler mai puote? Dunque fia tutto in lei steril rimaso? II forte immao;inar, le idee feconde. o Sentimenti, desiri, e passioni^ Le aversion, le inclinazioni tutte, Perder debbe in un subito, e per sempre? E qual sarebbe mai, se non e questo, Dell'anima il totale annientamento ? Ma se a umana ragion nuda si offerse La catena degli esseri, e comprese, Che a poter di natura unqua fu date Trarre dall'esistenza al vuoto nulla, Ne questo spirto dal suo fral disgiunto Perir giammai potral. Dunque in eterno Forza e ch'esista, e s'egli esiste, e forza I' DI SALOMON FIORENTINO. i55 Che agisca 5 sofFra 5 intenda^ pensi, e voglla, Poiche queste Je azion son convenienti D'un essere pensante alia natura . Orgoglio uman ! fierc^igante immane, Che con irsuto e cieco occhlo di talpa . Fiso, qual lince, in pieno di la faccia Guatar presumi del maggior Pianeta! AH'accorser tuo fral forse non basta Saper che di natura o legge, o forza, • L'alma annientar non puo? Disgiunta ancora Dalla veste mortal che la circonda Cercar vuoi come pensi, e come esista? Chi dopo morte esperienza inoltra? Se allor mancano a lei corporei sensi, Onde r esterne impression riceva , Che idee possa formar foUe tu nieghi? Ma dimmi cnn qual legge al corpo unita Questa essenza purissima poteo Altamente pensar : dimmi quaj mezzl I contrarj e dissimili compagni Facciano agir con arn>onia Concorde; E se pur giungi a tanto, allor ti volgi Alia segreta madre delle cose , E gli aurei suoi volumi in tuono altiero Le cerca, li dischiudi, e leggerai Tra le misteriose arcane cifre Quel mirabil tenor, cheoltre la tomba A vivere, a pensar I'anima adduce: Ma se di tante alterne leggi arcane, Che col suo career frale alia conserva, Gli efFetti vedi, e la cagiou ne ignori, Ne giusto fia 1' investigar laddove Esperimento uman giunger non puote. i56 POEMA Dunque si lascl all' alto magistero Delia feconda madre operatrice Tessere un nuovo ignoto ordin di cose. Per cui sue facolta I'alniji dischinsa Esercitar tnirabilmente possa : E s'ella vive, e pensa, e cento, e cento Figli di volont^ forma desiri, Certo non piu di basse idee terrene La turba a coinbinar fia mossa allora, Troppo a sua nobiltck misero oggetto . Ma qual non conosciuta alta Reina, Ch'avido predator rapi tra i flutti, Ed in barbari lidi a prezzo infame Con rozzo manto, e raccorciata chionia, Lascio venduta a titolo di schiava , Se mai ritorna sul gemmate so2:lio A dettar leggi, ed a trattar lo scettro, Di sdeo;noso rossor le gote inostra Al sovvenirsi ropre abiette, e vili, A cui dannar la dilicata destra In quei di servitu giorni inclementi. Tal poiche fuor del sue recinto angusto L'ahna fia resa alio splendor natio, Sopra i vanni immortali equilibrata L^ dagli spazj lucidi, ed immensi, D' onde beata in seno al vero eterno Nel bello incomprensibile si specchia, Sogguardera con ciglio di pietade Questo si picciol tenebroso punto, Che il folle uman vaneggiamento serra. Che fian per lei delle ordinate ad arte Sulle di volutta splendide mense DI SALOMON FIORENTINO. 157 I copiosi odor-spiranti cibi? Che ]e racchiuse in porpora , ed in oro, Sotto Batavi lin piumate coltri, Dolce ristoro anche a non stanche membra? S'uopo non ha di nutrimento, e sonno, Grate saranno a lei queste del gusto Affinator deliziose prove. Come a colui che all'opulenza in grembo Nuota in sazieta, vive in moUezza, Grate foran le amare erbe selvagge Onde il ventre digiuno avido pasce L'abitator famelico dell'Alpe. Ma forse avri tra i desiderj suoi Quella possente bramosia ricetto, Che rindo ai cuori ispira aureo metallo Con I'usurpato immaginario prezzo? Vaga sara dell'impalpabil vauo. In cui nuotano i titoli fumosi Dell'umana alterezza figli? O intorno Forse avverra che vaneggiando giri Al cerchio, ove in uu di suila porosa Superficie sottil di fragil cute E nasce, e muor, la femminil bellezza? Ah che a lei sembreran questi dei sensi Aliettamenti vani,e folli cure, Cio che a grave d'etade,e di consiglio, Burbero ed inflessibil Magistrato Sembrar potrian gli scherzi puerili Di fanciul che all'insipida nutricc Raccolto in orembo iJargoIeggia, e ride. Or quai saran gli afFetti, ed i pensieri, Cui Del mirar la sospirata aurora L'alma si Volga , e pur di lei sien degni? T. J. P. 11. 23 i58 , POEMA Deh tu, che in me di creta vil ti muovi, Essere immaterial, semplice e puro, Tu che in me senti , e vedi, e in me favelli, Or di tua luce un fulgido raggiante Lampo distacca , e dardeggiando il vibra Con tal possanza a questi carmi intorno, Che dell' ombre nimiche, onde son cinti, Fugga la schiera dissipata, e vinta. Ah si . . . r intendo : dai profondi e cupi Nascondigli del cor tacitamente In basso mormorio cosi risponde: 5, Me d'essenza immortal creo dai nulla „ L'onnipossente man del mio Fattore; „ Di mille doni al nascere primiero „ Prodigo fummi, e tal mi rese adorna „ Come in di nuzial novella sposa. „ Piacque indi a Lui che ad animar scendessi J, Grave , material , caduca spoglia , 5, Quaggiu tra varie organizzate forme 5, D' animali rampanti infime classi , 5, Onde compier gli arcani alti disegni 5, Di sua mente infinita, i cui pensieri ,5 Lontani son da immaginar terreno, „ Com'e lungi dai piu basso emisfero ,; Quell'altissimo Ciel che lo sovrasta. „ Or se apprendesti a celebrar col canto „ Dell'esser mio la nobilta natia, 5, Se co' rai della fulgida ragione , „ Abili a saettar del tracotante 5, Error le larve, disvelar potest! „ Qual mi difenda indestruttibil possa, „ Siegui con guida tal, siegui I'esame „ Delle tue passion : qual rango esplora i 5J 55 DI SALOMON FIORENTINO. I 5^ Tra i viventi occuparti fia concesso; Indj r incomprensibile Sapieuza , L'infinita Botita , che 1' Esser primo In se comprende, e nell'oprar diniostra, „ Con attonito ciglio ammira, e poi „ SuU'avvenir del tuo destin decidi. Oh come al suon di tai segreti accent! Destasi in me novello ardor, che schiude Fin nell'interno tutta del Create L'ignota al volgo architettata scena! Veggio di parti mille in bel composto Largo spazio ingombrar delTuniverso Nel vasto pian le inanimate cose : Nascono senza vita, e mentre sono, D'esistere non san , che noto e solo Di chi vive alia parte; in essa acquista D'ordine, d'armonia vaghezza, e tanti E raezzi, e fini, a divenir perfetto, Cio ch'e composto. Egli presenta allora Coi multiplici oggetti insiem confusi Di mille idee un in(li2;esto ammasso, Che indi per propria attivitade innata L'Essere pensator forma in se stesso, E formate combina, oppur divide: Ma di tante sue parti una non awi Che al torrente fatal resister possa Del distruttor vertiginoso moto. Scorre di cangiamento in cangiamento, E da quel che gi^ fu fatto e diverso Per lui che lo rigenera , e il dissolve. Or se il composto alfin passa, e non dura , Delle sue perfezioni e il vario aspetto Duiabil meno, e piu fugace ancora. i6o POEMA Percio veggiam nel regno inanitnato Fiorire il hello, ed appassire a un tempo, n disordin seguir Tordin d'appresso, Ove fu rarmonia, la dissonanza Nascer ben tosto, e il buono e ii rio del pari Con vicenda succedersi, a iliisura Che il vuol I'utilitade, ed il bisogno, L'uso, o il piacer dell'essere vivente, Per cui quanto e quaggiu di vita privo Prodotto fu, modificato esiste. Volgiaino il guardo agli esseri viventi In doppia classe tra di lor distinti: L'una fia sol di sensazion cnpace, L'altra di sensazione, e di pensiero. Ambe un^essenza vantan che conserva Durabil proprieta : anibe aver ponno Interna perfezion che per se stessa Sussister debba , e de' cui doni all' uopo- Godon gl' insegnamenti, ed il favore. Di qualunque animal ch' orni la terra Le sensazion, le brame, ed il sapere. Air utile, al bisogno, al fin primiero Di conservar, di propagar, la specie Mirabilmente in ogni tempo accorda. Quest' armonia sta nell'interno. Un Ente Immaterial la muove, che conosce L'esistenza di se, degli altri oggetti, Che agiscono al di fuor nei semi suoi. Or se le cose inanimate in parte Per gli animai prodotte son che all' uopo Ne godono il piacere, ed il profitto; Se al diletto sensibili, al dolore, Alio state felice, alle sventure, DI SALOMON FIORENTINO. 16 1 Se anche sono d'amor , d'odio capaci, Diibbio non v'ha che un ben discinto loco Di creazion neU'ordin, nel disegno, Chiamati furo ad occupare airch'essi: Ma in lor pero non si ravvisa alcuna Traccia di progression, che gli conduca Verso un grado piu nobile e perfetto . Senza chi loro esercitando addestri, D'apprender schivi, e di saper nemici , Sembra pur che del nascer sul moinento Dal Creatore onnipossente braccio II costume, il talento, abbiano in done Che a conservarli, a propagarli, basti. Ivi s'arresta ogni lor brama, e quanto Nascendo sono e tutto cio che ponno Essere in avvenir, quando anche in vita Restasser mille etadi, e all' infinite La specie lor moltiplicata fosse. Poiche se di cosi ristrette idee Varcassero il confin, degli anni il giro, L'esempio altrui , 1' esperienza almeno, O variare, omoderar, potea II rozzo genio,edil brutal costume, Qual della favolosa eta deU'oro L' Attica Musa ogni animal fingea: Ma se fu sempre mai nel grado istesso Timido il cervo, lo sparvier vorace, Cruda la tigre, eel innocente I'agna, Forza e pensar che nel primiero istante Che I'Autor di natura il don gli feo Di quelle facolta che istinto ban noma, Indi gridasse lor, qui vi restate. E vestan pur di fola e meraviglia l62 POEMA Quanto dal fido can, dairanimoso Destrier, daH'uomosimile elefante Oprar si vede, che un sol passo, un solo Movimento non lia che per se stessi Sian atti ad avanzar, se pria la voce Non odon dell' istinto, o del hisogno , Che parlan lor con un medesmo accento i Poiche se avvien talor che d'essi alcuno Faccia inarcare instupidito 11 ciglio Con opra tal che d'intelletto scmbri, L' arte appresa non e , non e I' ingegno , Che ad agir lo consiglia e il persuade, Ma di necessity sono argomenti. Perocche a tale azion certo e che il muove O il suon d'un aspro imperioso grido, 0 il sibilar di flessuosa verga , 1 cui colpi e il rigor teme, e rammenta , O il digiun che le viscere divora A lui che vuoto ha il ventre in faccia aU'esca, O del fino odorato il dolce invito. Or quello che li cinge argine angusto D'intelligenza, e di pensier, la pigra Volonta non curante, che bramosa Inoltrar d'un sol passo unqua si mostra, Annunzia pur che gli animai qua in terra Quali enti sottoposti occupan luogo, * E ad altri di piu nobile destino Quai mezzi atti a prestar forza, e soccorso : Pur la vital sorgente in essi ancora Ave un principio semplice, e costante, Le di cui qualita non fia che possa Giammai natura inabissar nel nulla. Ma con gli enti diversi esister dee DI SALOMON FIORENTINO. 1 63 Concorrendo a seguir gli aiti disegni DeH'increato Autor. Questo e couforrae Air infinita Sapienza, ond' Esso L'ordine stabili dell'universo Nel profondo degli Angeli consiglio. 1 65 D O D I C I OPUSCOLI LAPIDARJ DEL SIG. AB. D. GIANFRANCESCO MASDEU BARCELLONESE. OPUSCOLO I. Scoperta lapi9aria sulla vera etimologicL della Dea Cupra. I n distanza di un miglio da Grotte-a-mare , paese situa- te suUe spiaggie Anconitane fra le citta di Ascoli e Fermo, v'e una Chiesa dedicata a San Martino, dove si conserva- no due antiche meraorie Roniane, ia prima delle quali e una lapida, in cui si paria d'un tempio restaurato dall'Impera- tor Adriano; e la seconda e un mezzo piede colossale di marmo bianco, posto sulla porta maggiore di detta Chiesa. Intorno al piede hanno scritto con diversita i due Polidori, Pietro, ed Eugenio, natii del suddetto paese, pretenden- do il Sig. Pietro, essere un pezzo dell' antica Statua Capi- tolina di Numa Pompilio, ed il Sig: Ganonico Don Euge- nio, essere un residuo (come generalmente si crede) d'una grande Statua del suddetto Imperatore . Ma siasi questa T. 1. F. II. 24 l66 MASDEU fragoiento o di Adriaiio, o di Pompilio, che non e facile a sapeisi, ci6 che io prendo ad esaminare e I' Iscrizione , la quale copiai da me siesso sulla lapida originale incastrata ncl muro sotto alia conca dell' acqua santa, profanazione (a ine pare) da non tollerarsi, benche autore ne fosse (co- me mi fu detto) Monsignor Alessandro Borgia Arcivesco- vo di Fermo, spinto a cio fare dall'opinione di alcuni Let- terati,che quello medesimo credono essere il luogo dell' antico tenipio gentilico restaurato da Adriano. L'lscrizio- ne dice cosi : IMP. CAESAR DIVI TRAIANI PARTHICI F. DIVI NERVAE NEP. TRAIANVS HADRIANVS AVG. PONTIF. MAXS. TRIB. POTEST. XI COS . Ill . MVNIFICENTIA SVA TEMPLVH DEAE CVPRAE RESTITVIT Eccone la tradurione letterale: L' Ifhpera tore Cesare Tra- iano Adriano Augusto , figlio del Divo Trajano Portico j Nepote del Divo IVerva, e Pontefice Massimo, nclV anno undecimo delta sua tribunizia Potesta , e dopo il terzo 3U0 Consolato ristabili colla sua munificenza il tempio della Dea Cupra . Secondo le note cronologiche di que- sta Isorizione, essa £u posta negli ultimi mesi dell'anno cen- to \>cnti sette dell' Era Cristiana, o ne'primi del seguente anno cento ventotto, perche in questo corso di tempo con- tava rimperator Adriano tre Consolati (che mai ne ebbe di piu ) ed anni undid appunto della sua tribunizia Pote- sti: anzi potrei aggiungere^ che piuttosto nel principio, che nel fine, del sudrletto anno undecimo dovette porsi I'lscri- zione; perche in essa non si nomina il nuovo titolo di Pa- dre della Patria, che in quel medesimo anno gli fu dato, la qual cosa potrebbe dar motive a congetturare o che ancora il suddetto titolo egli non avesse, quando fu scolpi- OPUSCOLI LAPIDARJ. 167 ta riscrizione, o die la riuova non ne fosse ancora pefve- nuta dov' essa si scolpi; benche per altro e certo, che vi sono ancora molte lapide Imperiali, in cui il suddetto tito- lo si tralascia, come si tralasciano altre volte alcuni altri . Ma venghiamo gia al principale argomento, che e quello della Dta Cupra. Dice Strabone nel suo libro quinto, che i Tirreni diedero il name di Cupra alia Dta ETa,o Giii~ none', e questa e forse Tunica notizia, che ne abbiamo da- gli antichi Scrittori . Tra i moderni poi alcuni la stiniano Divinita Greca, altri Etrusca, ed altri Sabina; e v'e chi di- ce che Cupra nella primitiva lingua d' Italia vuol dir Buo- na Dea, e chi, seguendo Strabone, crede di aver trovato in quella parola un sinoninio di Ciunone Jlegina. Sia lecito anche a me I'esporre il mio sentimento. II tcnipio, di cui si parla nella dianzi accennata iscrizione, era situate ne' contorni di Grotte-a-mare, monticello cavernoso, soggetto per la qualita del suo terreno, che e spongioso, e facilmen- te movibile, a frequenti alterazioni e vicende, le quali vi vanno chiudendo, ed aprendo, delle nuove concavitA, che son quelle, che gli han dato il nome di Crotte . Or io os- servo,chele due greche parole Cupe Era (KuV^j H'/j«) so- no adattatissime, quanto mai possono essere, a cio che ab- biamo udito da Strabone, e alia qualita del paese, in cui era il tempio; giacche Era vuol dir Giunone, e Cupe vuol dir Crotta: onde I'intero nome di Ciipera, o Cupra, sigmG- ca espressamente la Giunone delle Grotte. Che puo dirsi di piu verisimile, irattandosi d' una Dea , che sappiamo dal greco Geografo esser Giunone, e vediamo cogli occhi no- stri essere stata venerata in un paese di terreno grottoso o cavernoso? Se e vero, che i Tirreni dessero a Giunone il so- prannome di Cupra , da questo luogo, e da queste circc^* stanze ne avran presa la denominazione. Sottometto a! giu- dizio degli eruditi Italiani questa mia lapidaria ed etimolo-' gica opinione. _j68 MASDEU OPUSCOLO II. I Scoperta lapidaria d' una Creca Divinita jinora non conosciuta . 1 Cavaliere Don Giuseppe Antonio Vazquez Valdivieso, Signore della Torre deiConti, nell'anno 1777. , facendo rassettare per ocdine del Pubblico le strade della citta di Lugo in Galizia, ritrovo e raccolse cinque Lapidi Roiiiane, delle quali mi mando esatta copia nel mille settecento no- vantadue, sperando da rae, die le potessi in qualche manie- ra dilucidare, giacche da niun altro era stato fatto. Le spiegai di fatti, come seppi,e se ne pubblico la spiegazione in Madrid nel tomo terzo della mia Raccolca lapidaria (i). Aveado facte molte riflessioni sulla parola Verora, la qua- le o intiera, o abbreviata, 0 poco alterata, nelle quattro prime Iscrizioni chiaramente si legge, parmi di avere sco- perto una greca Divinita, finora non conosciuta, la quale fosse tutelare della vista, o della salute degli occhi . Ecco le principali mie osservazioni . L' £ stato uso comune in ogni tempo, non solo tra i Po- poli barbari, ma ancora tra i piu colti e letterati, il con- vertire il B in V. Cosi i Romani, per esempio, dalle Greche parole hia, bioo , boo, batco , beronica, formarono le la- tine vis ; vivo, voco , vado , veronica; anzi nella stes- sa lor lingua trasformarono essi piu volte il B in V, ne solo in V consonante, ma anche in vocale dicendo aufero per abfero , e aufugin per abfugio. Ricavo da questa pri- ma riflessione, die la Dea Verora (cosi chiamata senza dub- bio a tempo de' Romani, come consta dalle cinque Iscrizio- (i) La Tavola posta in fine della preaente Memoria contiene le Isciizioni delle qnali si parla. i OPUSCOLI LAPIDARJ. 169 ni, tutte in linguaggio latino) pote chiamarsi piu antica- inente Berora. II." Fu usanza ancora, non meno frequente ed antica, quella di cangiare la F in B, ed il B in F. Dall'antica pa- rola Ferenice formarono i J/Tacedoni^ed i Romani, il nome di Berenice . I Greci dicevano amfo , ed i Latini umbo ; quelli triambos , e questi triumphu^ . In Roma si diceva, e si scriveva, Bruges e fruges , abficio ed afficio, subfi~ cio, e sufficio; e di tali esonipj potrei addurne centinaia. Rilevo da cio , che la Dea Ferora , o Berora , si chiamo ori- ginariamente Ferora . III.' II nome di Ferora, o Pherora (che in ambedue le maniere si poteva scrivere) e greco sicuramente, composto dalle due voci phero , o fero , ed orasls o ora, la prima delle quali e un verbo che significa recare, e la seconda un nome corrispondente all' italiano vista; ond'e, che Ferora, in greco e lo stesso che I' Apportatrice della vista, la Con- servatrice della, luce degU occhi. Questa terza riflessione mi porta a credere, che la suddetta Divinita, venerata in Lugo, traesse origine da' Greci, e fosse tutelare della vista. IV." Conferrao questa mia congettura con altre quattro osservazioni. La prima si e che le lapidi sono indubitabil- meiite votive , e debbono apparteneie per conseguenza ad una qualche Divinita. La seconda, che in una delle cin- que pietre si vede scolpito un occhio, ed in un'altra un ovatino, con cui voile forse signifioarsi lo stesso; onde sem- bra doversi credere, che abbia una qualche relazione cogli occhi cio che in esse si legge. La terza ragione si e, che nella prima di esse lapidi si legge espressameute VISV, e nella seguente v'e una abbreviatura, con cui sembra ac- cennarsi la stessa parola ; nuovi indizj , da' quali si rileva , che si parla in esse di vista. L' ultima osservazione si e il soprannome d'/megoa, attribuito alia Dea Verora nella 170 MASDEU quarta iscrizione, il piii proprio (coirte piu sotlo si vedra) d'una Diva tutelare degli occhi. Posti questi priiicipj , i quali se non hanno ii vanto d'u- na ben iondata certezza, da non potersi sperare in cotali rose, hanno quello almeno ( mi pare) d'una gran probabi- lity e verisimiglianza, si spiegano le cinque iscrizioni senza gran difficolta nella mSniera seguente. Iscrizione i. Le due lettere ME della terza riga posson prendersi , senza gran tiniore di sbaglio, per un' abbrevia- tura di merito, parola, e formola usitatissima nelle Roma- ne iscrizioni votive. La seguente letrera, che pare un C, credo di sicuro essere uno di quegli E semicircolari, che furono assai in uso negli antichi tempi ; benche si usassero per altro con una righetta in mezzo, la quale forse dal tempo e stata cancellata nel sasso; opptire a cagione della Uua tenuita, o sottigliezza, non e stata osservata dal copista. Leggo adunque tutta I'iscrizione cosi: VERORE RVFVS MERITO EX VISV; e prendendo I' EX in vece di PRO, come fa preso piu volte da' Roman i a' tempi della piu pur- gata latiniti, ne fo la seguente traduzione: Bufo per la vi- sta ( o conservata , o ricuperata) fa questa dedicazione dovuta alia Dea Verora. Iscrizione 2. Nella prima riga, in cui mancano alcune lettere, o non si divisano con chiarezza, vuolsi leggere VE- RORAE, o VERORE, come nella lapida antecedente. II PA della seconda riga dovrebbe essere abbreviatqra di Pa- fius , o Paulas , o Pardus , o Papirius , o Paternus , tutti nomi di famiglie nella Spagna Romana ben cognite; e cosi ancora il PRIMI , che segue, e un accorciamento notorio di Primitivus . Nella terza riga leggo EX VISV, come nel- la prima lapida, perche nell' abbreviatura si discernono chiaramente i due VV della parola VISV ; e la cifra di sotto si compone d'una linea retta, ohepuo equivalereall'I, e di due circoletti, co' quali pote accennarsi la lettera S. d OPUSCOLI LAPIDARJ. 171 II senso e questo: Jlla Dea Verora (diede questo dono) Pafiti Primitivo per la vista (riavuta, 0 non perduta). Iscrizioiie 3.11 VER della prima riga vuolsi prendere per accorciamento di Ferorae, ed il FICER della seconda per abbreviatura di Flcerius nonie proprio. Le tre ultinie lettere RC S possono essere iniziali di Bite Con-Secrat j o di Recuperata Capitis Salute , o di qualche altra espres- sione, che sia adattata ad una lapida votiva. Ma qualun- que cosa se ne dica, giacche nulla di certo se ne puo dire, essendo rotta la pietra, ed imperfetta I'iscrizione, cio che sembra indubitabile si e , che un uomo chiamato Ficerio fece una dedicazione votiva alia Dea Verora, Iscrizione 4. II nome Virrora , che si legge in questa la- pida, e una manifesta alterazione, o variazione di quel di Verora, in cui convengono le tre antecedenti. Per poter leggere poi le due seguenti parole, vuolsi osservare, che vi sono antichi esempj d'essersi scritta, o accennata, la lettera M con tre righette 111, e la N con 11; e che piu volte pa- rimenti si e fatto uso di una sola M di gambe aperte per denotare I'intiera sillaha MA, 6 AM. Fatte queste due ri- flessioni, si scorge chiaramente, che le voci accennate nella seconda riga, e nella terza, son quelle di VMAEGO, e ALTAMNUS, delle quali la seconda e nome proprio, die accorda con PATERNUS, e la prima e un' abbreviatura del dativo Umaegoae o Imaegoae, che vuolsi accordare Con Verorae . La parola Iinegoa e tutta greca, ed e un ag- giunto propriissimo della greca Diviniti, di cui si ragiona, imperocche il nome ime vuol dir membrana, o pellicella formata di umori, ed il verbo ago, o ego, corrisponde all' italiano rompere; ed attribuire alia Dea Verora il sopran- nonie d' Jmegoa e lo stesso che denominarla Quella che rompe le pellicelle , o nuvole, o cataratte degli occhi. Se sara aduttata questa mia interpretazione , che comunque non carta J e senza dubbio verisimile, faciluiente si leggera. iji MASDEU e si spiegher^ tutta la lapida . La lezione e questa : Virro- rae Jmaegoae Altamnus Paternus Votum Solvit Libeas Merito . In italiano: Altamno Paterno compi di buon gra- do , come dovea, il voto fatto alia Dea Verora /mcgoa , ossia Diss'ipatrice delle cataratte . Iscrizione 5. In questa lapida non altro si legge die SOLVIT LIBENS MERITO, compt di huon grado il vo- to fatto. Piu in su della pietra sara stata coilocata 1' imma- gine della Divinita, a cui si fece il voto; ed a' piedi di es- sa si sark letto il nome del Dedicante. To aggiungo questa Iscrizione alle quattro antecedent!, perche essendosi trnva- ta insieme con esse, e nel medesinio luogo, e tempo, e cre- dibile assai, che appartenga alia stessa Dea Verora, di cui si parla nelle altre. Ho piacere d'aver dato agli studiosi dell'antica storia, e mitologia, il norae d'una Diviniti, di cui npn credo es- sere mai stata fatta menzioue da veruno Scrittore, ne anti- co, ne inoderno. opuscoLO in. Scoperta Numismatica dell'origine del nome di Helia, dato da Adriaiio a Gerusalemme. J.n alcune delle molte monete,che si batterono in Roma a tempo dellTmperator Adriano, si legge la seguente Iscri- zione: HADKIANVS AVGVSTVS COL. HEL. CAP. E noto agli Antiquarj , che nelle tre abbreviature della se- coada riga dees! leggere Colonia Helta Capitolina , nome, che diede Adriano, per relazione di Dion Cassio, alia ce- leberrima Gerusalemme, quando egli ne rinnovo ed accreb- OPUSCOLI LAPIDARJ. 173 be gji cdilizj , e vi costrusse un tempio al Gran Giove del Campidoglio, ed eresse sulla porta principale della Citta I'efligie d'una troja, atiimale si odiato dagli Ebrei (i). Ocone, Argelatii, Mezzabarba, e tutti gli altri Antiquarj, che ban parlato di queste monete, ban creduto uniforme- mente, che a Gerusalemme fosse dato il nome di Helia da qiiello della famiglia EUa dell'Imperator Adriano. Siami lecito di pensare, e di parlare altrimenti. Sono innumera- liili le lapidi,e le nioneCe, cbe ci rimangono, diquesto gran Principe Spagnuoio. Dovunque si esprime il di luinome, non Hello si legge, ma Aelio. Dunque il soprannome di Helia, dato a Gerusalemme, non da questa origine provie- ne, ma da un'altra diversa. Racconta Sparziano (2), anti- co scrittore delle gesta di Adriano, cbe quando gli Ebrei presero le armi contra il governo diRoma, per essere sta- ta loro proibita la circoncisioue, I'lmperatore, prima di espugnarii, sali alia cima di un monte ad ofFrir sacrifizj al Sole nascente, e prese quivi da un fulmine il felice augurio della vitroria. Rilevo da questo fatto storico, ch' egli at- tribui alia Divinita del Sole la sua riconquista di Gerusa- lennne, e cb' egli per gratitudine voile dare a quel la CittA il nome del suo divino Benefattore,cbiamato da' Greci He- llo. Ne dee recar maraviglia, che il nome greco le desse, piuttosto cbe il latino, essendo egli stranamente trasporta- to per la greca Nazione, per le greche antichita, per le greche arti, ed ancbe per il greco linguaggio, nel quale si dilettava moltissimo e di parlare, e di scrivere. Spero che non dispiacera ai Letterati questa verisimile etimolo- gia del nome di Helia, dato da Adriano a Gerusalemme. (i) Dion Cassio lib. 6g. cap. 12. pag. 1161. (2) Sparziano in Adiiaiium pag. 7. r. I. p. 11. ^ (^"' 174 MASDEU OPUSCOLO IV. Correzione del mal inteso Epltaffio del Cavallo di Adriano . J_j Imperatore Adriano, insigne cacciatore, avea un Ca- vallo leggerissimo;, di cui si serviva per la caccia, ed a cui dope niorto fece un'Iscrizione sepolcrale nelle due lingue , che gli erano piu familiari, la greca e la latina. La latiiia Iscrizione, scolpita in raarmo, fu ritrovata in Provenzadi Francia , dove forse il Cavallo gli mori . La greca non e stata finora scoperta; ed una, che ne riporta il Salmasio in questa lingua, e traduzione moderna, o da lui medesimo composta, o da qualchedun altro che glie la diede. Ecco ia copia esatta della latina . EORISTE^'ES. ALANVS CAESAREVS . VEREDVS PER . AEQVOR . ET . PALVDES ET . TVMVLOS . ET . RVSCOS VOLARE. QVISOLEBAT PANNONICOS . IN . APROS NEC . VLLVS . INSEQVENTEM DENTE . APER . ALBICANTI AVSVS . FVIT . NOCERE VEL . EXTIMAM . SALIVA SPARSIT . AB . ORE . CAVDAM VT . SOLET . EVENIRE SED INTEGER . IVVENTA INVIOLATVS. ARTVS DIE . SVA . PEREMPTVS HOC . SITVS . EST . IN . AGRO Prima di spiegare il senso di questa Iscrizione , io debbo correggere due errori, che si sono commessi a mio giudi- zio intorno ali'intendimento di essa, il primo in particola- OPUSCOLI LAPIDARJ. 178 re dalcelebre Montfaucon,ed il secondo in generale da tutti gli Antiquarj ed eruditi,che Than pubblicata,o ricopiata. L'errore del IMontfaucon e veramente vergognoso, e non degno di quel grand' uomo ch'egli era(i). Nel tradurre ch'egli fece I'lscrizione in lingua Francese con ben poca fe- licita, disse che il Cavallo d' Adriano volava, o leggerissi- mamente correva par les eaux, che vale a dire suU'acque , rairacolo, ch^egli medesimo non avrebbe creduto,se aves- se pensato di poter interpretare altrimenti la parola latina aequor .^ pvesa. da lui materialmente per mare. E cosa ben nota ai gianunatici , die la voce ^e^wor non altro propria- mente significa che Pianura, derivata essendo dal verbo aequare, checorrisponde apareggiare, o spianare:, e quan- tuncjue si usi le piu volte pei' accennar la pianura del ma- re, e use nondimeno comunissimo quelle di adattare il me- desimo noma alle pianure della terra , anzi a quelle anco- ra dell'aria. Dobbiarao credere adunque, che non corres- se il suddetto Cavallo super le acque del Mediterraneo, per Ja cui vastissima superficie non poteva andar a caccia di cinghiali , come 1' Iscrizione ci dice , ma bensi ( come fanno tutti gli altri quadruped!) per le pianure della terra. II secondo errore, di cui debbo parlare, fu di Claudio Fabricio di Pierec, cui ban seguito poi ad occhi chiusi Pie- tro Gassendo, RafFaello Fabretti, Isacco Casaubon, Clau- dio Salmasio, Bernardo Montfaucon, in una parola tut- ti (2). Essi nel copiare I'lscrizionehannoscritto nella quar- ta riga TVMVLOS ETRVSCOS, ed inteso,che vi si par- la di monti o colli dell' Etrur'ia, del qual intendimento son si persuasi , che il traduttore greco della lapida latina tra- (1) Montfaucon t Aiuiquite expliquee tomo 5. parte i. lib. 2. cap. II. pag. 74. (2) Vedasi (Jassendo Nicolai Claudii Fabricii P'ita lib. 4- all' an; 1629. pag. 33i. Salmasio in Spariiani Hadrianum pag. 54- Monttdii- con citato. 176 MASDEU dusse ancli'egli in favella greca tyrrenicos . Non so come non abbian veduto si grandi uomini, essere impossibile af- fatto, cheii Cavallo di Adriano, correndo per i monti della Tirrenia Toscana, inseguisse i Cinghiali della Pannonia, che e r Ungherla. Credo adunque, clie non debba scriversi ETRVSCOS in una sola parola, ma bensi ET RVSCOS in due, ed intendersi, che correva il Cavallo anche per luo- ghi selvosi, o prunosi , o cespugliosi; giacche il ruscus in buon latino e una pianta salvatica pungente , chiamata in Italia pungitopo . Fatte queste due correzioni, che serabranmi necessarie, e facile i'intelligenza dell'Epitaffio. Boristenes Alanus so- no i nomi del Cavallo dell'Imperatore, presi io credo, il prinio dal fiume ^oryst/ienes, oggi chiamato Nieper;ed il secondo dalla provincia Alania denominata adesso Litua- nia, per dove passa quel fiume, che va a sboccare al Afar nero ; i quali nomi gli furon forse dati per significarne la patria o I'origine. Dicesi ch'era Caesareus , perche appgr- teneva a Cesare Augusto ; e chiamasi Veredus per denota- re, che era corridore, giacche i Romanichiamavano Verc- di non solo i Cavalli da tiro, ma quelli ancora da corso. L'intiera Iscrizione dice in italiano cosi.B oristene Alano, Cavallo corridore di Cesare, avvezzo a correre leggieris- simamente per pianure e paludi , per monti e veprai , non mai da gli Ungheresi Cinghiali, che inseguiva , col bian- co dente morsicato, anzi neppur nelV estrema coda dalla lor saliva hagnato, come pur suole accadere; giovine , e sano; non offeso nelle membra., tolto di vita nel tempo del suo destinoj fu sepolto in questo campo . OPUSCOLI LAPIDARJ. 177 OPUSCOLO V. Spiegazione rf' una Lapida Riminese de' tempi di Aerone. iL alquanto difficile a spiegarsi la seguente Lapida di Ri- mini; ma e del pari stimabile per i mold impieghi niilicari, de' quali in essa si fa menzione . M . VETTIO M . F. AN . VALENTI MIL . COH. VIII . PR. BENEF . PRAEF . PR. BONIS . DONATO BELLO. BRITAN TORQVIBVS. ARMILLIS PHALERIS. EVOC. AVG CORONA . AVREA . DONAT > COH . VI . VIG . > STATI > COH . XVI . VRB . >. COH . II . PR. EXERCITATORI . EQVIT. SPECVLATOR . PRINCIP. PRAETORI . LEG . XIII . GEM. EX . NEC . LEG . VI . VICTR. BONIS . DONATO OB . RES . PROSPER . GEST. CONTRA. ASTVRES CORON . PHALER . ARM. TRII5 . COH . V . VIG. TRIE . COH . XII . VRB. PR . LEG . XIIII GEM . WART . VICTR. PROC . IMP . CAES . AVG PROV . LVSITAN. PATRON . COLONIAE SPECVLATOR. X. H. C. C LVCIO . TELESINO C . SVETONIO . PAVLIN COS. 178 MASDEU Una delle maggiori dilficolta di questa Lapida e la spie- gazione delle ultima abbreviature SPECVLATOR. X. H. C. C. Prima d'ogni alcra cosa bisogna fissare due principj . Sia il priuiOjclie 1' ultimo C non si puo prendere per inizia- le di Cajo, ne congiungerlo col Lucio Telesino della se- guente riga, perche il Console che vi si nomina, si chia- mava Lucio Ponzio Telesino, come consta dai Fasti Cou- solari, onde avendo egli avuto il prenome di Lucio, non po- re aver quello ancora di Cajo. Sia il secondo principio, che le suddette abbreviviture debbono interpretarsi di Persona, o di Persona dedicanti; imperocche in tutto il rimanante della lunga Iscrizione non v'e altro posto opportune , in cui possa aver luogo una tal clausola, la quale sembra altri- nienti necessaria, trattandovisi d' un monumento onorifico (qualunque esso si fosse) eretto nella citta di Rimini ad un chiarissimo uomo , per molti titoli benemerito . Fatte que- ste due supposizioni, leggo nelle suddette abbreviature, Spcculatores Decern Heredes Condi Curaruiit . Essendo stato Marco Vettio Valente uno de' Priucipi , o Pi incipali, del Corpo degli Speculatori , come in essa Lapida si dice ; e cosa ben facile a credersi, che dieci individui dello stes- so Corpo fossero stati da lui per testamento dichiarati Ere- di, e che a titolo o di obbligo, o di gratitudine, gli facesse- ro innalzare una Statua, o qaalche altra gloriosa memoria. Aggiungasi, che I'aspirazione H per iniziale di Heres, o Heredes si trova usata piu volte nella Lapidaria, e che non mancano esempj intorno all' uso del verbo Condere, o Con- di, benche piu frequenti siano quelii del Fieri Curarunt. Meritano ancora una qualche particolare spiegazione cinque non ordinarj titoli, o iuipieghi, che dicesi nella Japida aver avuci Marco Vettio Valente ; quelii cioe di BENEF. PRAEF, PR, Beneficiario del Prcfetto del Pre- toria; EVOC. AVG , Evocato di Augusto; >- STATI, Centurione Stazionario; EXERCITATORI E(^VIT. ^ser- OPUSCOLI LAPIDARJ. 179 citatore della Cavalleria; e SPECVLATOR PRINCIP, Specuiatore Principe. Si chiamavaiio Beneficiarj quelli die erano da un qualche personaggio singolarmente beiie- licati , o favoriti, o ajutati, onde fossero a pubbliclie ca- rLche promossi, e cosi dicevasi Benejiciario del Console, o del Pretore, o del Tribuno, chi dal Console, o dal Pretore, o dal Tribuno, personalmente era protetro: ed ecco la ragio- ne, per cui tanfe furono le cariche militari di Marco Vet- tio Valence , il di cui protetrore fii il Prefetto del Pjretorio , da cui per Tappunto lu Milizia, piu die da verun altro, dipendeva. Gli Evocati d' Augusta eran quelli die aveano il distinto onore di esser richiamati dalT Imperatore al ser- vizio, dope averlo di gia compito, come persone singolar- mente nieritevoli della stiina e soddisfazione del Piincipe. Per Centurione Stazionario deesi intendere un Uffiziale di Centuria, o di cento Uomini , destinato alia stazione fissa d' una Piazza, clie in italiano direbbesi Capitano di guarnigione, o di presidio. Esercitatore della Cavallerla si sara chiamato senza dubbio quest' Uffiziale pratico, e ?pe- rimentato, clie incaricato era d'lnstruire i Soldati a cavallo, e d'insegnar loro 1' evoluzioni militari, ed ogni altro eser- cizio proprio d'una cotal soldatesca. Gli Speculatori final- mente ( che non son da confondersi cogli Spiculatori , o Esecutori della Giustizia ) eran quelli, che avevano il ca- rico di specolare, o esjilorare il campo nemico per notizia e regola del Generale dell'esercito : io credo poi, che si cliiamassero Speculatores Principes , o Principales quelli che fossero o piu distinti degli altri , o Capitani loro j come succedeva ne'diversi ordini del rimanente della truppa. Fuor di ci6 non mi rimane nell'Iscrizione verun' altra co- sa dubbiosa, che I'abbreviatura EX. NEC. della riga de- cimaquinta, nella quale tengo per certo esser corso errore del Copista, ne saprei assolutamente che leggervi, fuorche PRAET 5 o PRAETORI , come nella riga antecedente. Cio l8o MASDEU supposto, ecco come si puo leggere, e tradurrc tutta I'Tscrl- zione. Lezione della Lapida: Marco Fettio , Marci filio , e tribu Aniense , Valentin MUit'i Cohords Octavae Practo~ rianae; Beneficiario Praefecti Praetoris ; Donis donato hello Britannico torquibus , annillis , phaleris ; Evocato yiugusti . corona aurea donato; Centurionl Cohortis Se~ xtae Vigilantis; Centurionl Stationario ; Centurioni Co- hortis (^ecimae sextae urbanae ; Centurioni Cohortis se- cundae praetorianae ; Exercitatori equitum , Speculatori Principi ; Praetori Legionis decimae tertiae Ceminae ; Pretori Legionis sextae Victricis ; donis donato oh res prospere gcstas contra Astures, corona, phaleris, armillis; Tribuno Cohortis quintae Vigilantis ; Trihuno Cohortis duodecimae urbanae; Praetori Legionis decimae quartae, geminae , Martiae , victricis , Procuratori Iinperatoris Caesaris Augusti , Provincia Lusitania Patrono Colo- niae , Speculatores decern Heredes condi curarunt , Lucio Telesino, et Cajo Suctonio Paulino, Consulibus. Traduzione. A Marco Vettio Valente, figUo di Marco, della tribu, Aniense; Soldato della Cohorte ottava Preto- riana; Favorito del Prefetto del Pretorio ; rimunerato nella guerra Britannica con monili, hraccialetti , e bar- dature ; richiamato da Augusta , e con corona cV oro pre- miato; Ccnturione dslla Cohorte sesta vigilante; Centu— rione di Presidio ; Centurione della Cohorte sediccsima Urhana; Centurione della Cohorte seconda Pretoriana; Instruttore della Cavalleria; Esploratore Principe; Pre- tore della Legione tredicesima Gemina ; Pretore della Le- gione sesta vincitrice ; rimunerato con corona, bar datura, e braccialetti , per le sue felici prodezze contra gli Astu- riani I Trihuno della Cohorte quinta vigilante ; Tribuno della Cohorte duodecima urhana ; Pretore della Legione quattordicesima gemina, Marzia, vincitrice ; Procurators OPUSCOLI LAPIDARJ. iS'i delV Iinperatore Cesare Augusto nella Provincia Lusita- na ; e Patrono della Colonla ( di Rimini ).' Died Esplora- tori suoi Eredi gli fecero innalzare qucsto monumento , essendo Consoli in Roma Lucio ( Ponzio ) Telesino, e Cajo Suetonio Paulino. L'anno sessaiitesinio sesto dell' era Cri- stiana fu 1' epoca de^suddetti Consoli, e del pubblico onore fatto in Rimini a Marco Vettio Valente. OPUSCOLO VI. N Spiegazione fZ' una Lapida dl Sarzana de tempi di Nerone . el territorio di Luna, antica citta famosa, che situata era presso all'odierna Sarzana, si trovo in un gran marmo la seguente Iscrizione, e dopo di essa un'altra consimile, nella quale si aggiunge al nome di Nerone quello dell'Imperiale Consorte gia defonta Diva Poppea Augusta. IMP . NERONI . CLAVDIO DIVl. CLAVDII. F. GERM . CAESARIS . N. TI . CAESARIS . AVG . PRON. DIVI . AVG . ABN. CAESARI . AVG . GERM. P . M . TR . POT . XIII. IMP . XI . COS . nil. L . LICINIVS. L. F. GAL GLAVCVS . LVCRETIANVS FLAM . ROMAE . ET . AVG. II. viR . nil . p. c. SEVIR . EQ . R . CVRIO PRaEF . FABR . COS TR . MIL . LEG . XXII . PRIMIG. PRAEF. PROLEG INSVLARVM . BALIARVM TR . MIL . LEG . VI . VICTRICIS EX . VOTO . SVSCEPTO T. J. P. 11. a6 i82 MASDEU PRO SALVTE . IMP. NEP.OXIS l^VOD . BALIAPanVS . VOVERAT j\NNO . A . LICINIO . NEKVA . COS. 11 . VIR . A . VFETO . VEGETO ET . Q . ABtRIO . NEPOTE VEE . VEIJ.ET . PONERET VOT . COMPOS . POSIT . lOVI IVNONI . MINERVAE FELICITATI . EOMAE DIVO . AVGVSTO Varj artlcoli presenta questa Lapida, i quali, secondo il mio debole giudizio, non sono stati ben intesi da' celebri Antiquarj , che rhan pubblicata. II prime articolo e quello dell'epoca, il cui punto fisso dipende dalla sicura cognizione delle due Note numeriche Neronis trihunicia Potestate decima tertia , ed Anno A. Licinio Nerva Consule . E certo die la Potesti tribunizia tredicesinia comincio nell'anno sessantasei dell'era Cristia- na , ed il Consolato di Public Silio Licinio Nerva princl- pio e fini nel sessantacinque , che vuol dire un anno avan- ti. Or la lettera A , annessa al nome di Licinio, non credo che possa prendersi per iniziale di Aulo, come pur sem- bra esser piaciuto al Gori , ed a piu altri (i)j perche il Console Nerva , come consta dai Fasti Capitolini , non eb- be il prenome di Aulo, ma quel di Publio. lo piuttosto per ANNO A, intenderei Anno Anteacto, perche ne ho in que- sta maniera due vantaggi notabili; quello di non dare a Nerva un prenome, che non ebbe," e quello di verificare con maggior chiarezza le due diverse Date, che accenna ITscrizione; imperocche essa , cosi intesa, ci fa sapere con veritijche Licinio Glauco adempi nella citta di Luna nel sessantasei J anno della Potesta tribunizia tredicesima di Nerone , il voto fatto nelle [sole Baleari nelV anno ante- (i) Goii Inscrijiiiones in Etturiae uililus. Part a. p. 46- OPUSCOLI LAPIDARJ. i83 cedente sessantacinque , che fu quello appunto del Conso- Jato di Nerva. Ne dee recar maraviglia, che insieme con questo Console non si nomini, secondo lo stile piu comnne, il di lui compagno Cajo Giulio Attico Vestino; giacche es- sendo questi mancato prima di arrivare al terniine del suo . impiego, voile forse TAutore dell'Iscrizione darci una Da-, ta piii espressa, qual e quella senza dubbio deU'esercizio del primo Console, quando gia era privo della compagnia tlel secondo . Un altro articolo degno d'indagine e 1' abbreviatura II. VIR. nil. P. C; imperocche essendo stato quesio I'u- nico oggetto, a cui rivolse il Muratori le sue congetture, ini sembra che lo eseguisse con poca felicita (i). Egli con- getturo in primo luogo , che si potesse leggere Duumvir ^ QuatuoTvir Potestate Censoria, interpretazione contraria alio stile lapidario, il quale per nominare un Quatuor-vi- ro non segna il solo numero IIII, ma anche la parola vir, o intiera, o abjjreviata . Con:iettur6 in secondo luorro, che ]e lettere P. C. possano essere iniziali di Patronus Coloniae, intelligenza poco verisimile per due raotivi; perche in tut- ta r Iscrizione non si nomina Colonia alcuna , a cui possa- no cotali parole riferirsi; e perche il Patronato non era un impiego, maun mere titolo di onore, il quale davanoi Pro- tetti al Patrono loro, ma niuno per altro a se medesimo , come qui succederebbe. Congetturo per ultimo, che forse neirOriginale in vece di IIII. si dovesse scrivere IV., ab- breviatura di IVRI , nel qual caso si potrebbe leggere Duumvir furi Dicundo , interpretazioue troppo capriccio- sa, non solo per il cangiamento che vi si fa senza ragio- ne, o bisogno che obbliglii a farlo, ma molto piu perche posta ancora la parola/uri , non troviamo poi nelle lettere p. C il preteso Dicundo. lo dunque nel II. VIR IIII. leg- (i) Muratori -Vocui Thesaurus lomo i. p. 33. -l84 MA5DEU o-erei senza veruna esitazione Duum-Vlr Quartum, che vale a dire Duumviro per la quarta volta , perclie di que- sta espressioiie in questi medesimi termini abbiamo nella Lapidaria , e nella Numismatica, innumerabili esempj . Prenderei poi le due lettere P. C. per iniziali di Praetor Candidatus , e ci6 per piu ragioni: perche cosi chianiavasi ed intitolavasi il Pretendente di Pretura; perche di questo titolo fan pur menzione alcre lapidi in circostanze simili; perche essendo stile lapidario il nominar gli onori, e gl' im- pieghijcon quell' ordine cronologico esuccessivo, con cui si ottennero, e propriissimo il luogo in cui si dice (come io suppongo) che aspiro Licinio Glauco alia Pretura, dopo cioediaver avutoun onorevoleFlaminato,equattro Duun> virati, e prima di esser giunto alle Dignitji piu alte , delle quali poi si ragiona. Le altre difBcoltEl, che posson nasce- re neH'intelligenza della lapida , son tutte di minor rilie- vo. Cosi I'abbreviatura EQ. R. significa Equcs Bomanus , die e quanto dire y^ggregato aU'Ordine equestre: il Sevir e titolo equivoco , di ordine or sacro, ed or profano: per Curio sembra doversi intendere Sacerdote di Curia: il Prae- fectus Fahrumyo Fabrorum , era un Ingegnere, Diretto- re deali Artefici militari: il COS. e abbreviatura ordinaria di Consul; ne si oppone a cio, che non sia registrato Lici- nio Glauco ne' Fasti Consolari, perche in essi non ebbero luogo i Consoli SufFetti o Sostituti, uno de' quali pote egli essere: il POSIT finalniente, che e lo stesso che posivit , pjreterito antiquato, sinonimo d'lposuit, non dee recar ma- raviglia in una lapida, in cui si scrisse Ube vellet con egual affettazione. L'Iscrizione tutta si legge cosi: = Imperato~ ri Neroni Claudio , Divi Claudiifdio , Germanici Caesa- ris nepoti, Tiberii Caesaris Augusti pronepoti ; Divi Augu- sti abnepoti , Caesari Augusto Germanico , Pontijici Ma- ximoj Trihunida Potestate declmatertia, Imperatori un— decies , Consuli quartutn, Lucius Licinius, Lucii fdiusj OPUSCOLI LAPIDAPJ. i85 e Caleria trihu , Glaucus Lucretianus ; Flamen' Romae, et Aiigustorumi Duumvir quartilm ; Praetor Candida— tus ; Sevir ; Eques Bomanus ,, Curio: Praefectus Fahrum ; Consul: Tribunus militum Legionis vigcsimae secundae primigeniae ; Praefectus pro Legato /nsularum Balea- rium., Tribunus militum Legionis sextae victricis , ex voto suscepto pro salute Imperatoris Neronis , quod in Balea- ribus voverat anno anteacto , Licinio Nerva Consule , Duumviris Aulo Ufeto Vegeto , et Quinto Jburio Nepote, ut ubi vellet , poneret: Voti compos , posuit Jovi , Junoni, Minervae, Felicitati Romae, Divo ^u^usJo. =: Traduzio- ne : Memoria dedicata all' Imperatore Nerone Claudio Ce- sare Augusto Cermanico figlio del Divo Claudio, nepote di Cermanico Cesare, secondo nepote di Tiberio Cesare Augusto , terzo nepote del Divo Augusto Ottaviano, Pon— tejice Massimo, condecorato della Potesta Tribunizia da tredici anni , proc.lamato Iwperatore undid volte , creato Console quattro , Lucio Licinio Glauco Lucreziano , ji sjio di Lucio , della tribu Caleria , Flamine di Roma , e de~ gli Augusti; Duumviro quattro volte:, Pretore Candida- to: unode'Seviri ; Cavalicre Romano: Sacerdote di Curia; Prefetto degli Artefici dcW esercito ; ornato della Dignita Consolare i Tribuno militare della Legione ventesima se- conda primigenia ; Prefetto Prolegato delle hole Balea- ric Tribuno militare della Legione sesta vincitrice ; per il suo voto di ergereun monumento , dove piu gli piacesse, per la salute delV Imperatore , il qual voto fece nelV Isole Baleari un anno avanti , essendo Console Licinio A'er- va , e Duumviri Aulo Ufeto Vegeto, e Quinto Aburio Ne- pote; ottenuta ora la grazia , lo eresse a Giove , a Giuno~ ne , a Minerva , alia felicita di Roma, e al Divo Otta- viano Augusto . f 1 86 MASDEU O P U S C O L O VII. Spiegazione d'una Lapida J^rvalica , pubbJicata dal Ch. Sig. Marini. J_jra famoso in Roma il Collegio de' Sacerdoti , chiamati Fratetli Jrvali, i quali prendevano questo nome dalla vo- ce Arvus , o Arvum, die e lo stesso che campo arato , o terra da lavoro, e destinati erano ad ofFrire i Sacrifizj ai Numi Protettori dell' Agricoltura per )a felicita delle Rac- coke. L'erudito Antiquario Sig. Ab. Gaetano Marini pub- blico in Roma nel 1787. una preziosa Raccolta di Memorie lapidarie de' Frarelli Arvali, ed una fra queste stimabilis- sima per le varie notizie che contiene intorno al metodo e rituale de'loro sacrifizj. Essendo la lapida rotta e logorata, cmancante(da principio sino al fine) d'una notabilissima parte di parole ; alcune ne ha supplite il Sig. Ab. IMarini , ma non tutte, e Thalasciata poi (che e quello che piu mi rincresce ) senza 1' erudite illustrazioni, con cui avrebbe egli potuto dilucidarla. II Sig. Ab. Francesco Cancellieri, che premise alia suddetta Raccolta del Cli. Marini una sua Prefazione, cerca di scusarlo a cagione deg'i eccessivi cal- di della state, che nonglipermisero il letterario lavoro, che per illustrarla si richicdeva. Ma io debbo credere venuta questa gentile scusa dalla compitissima scuola di Monsignor Delia Casa; giacche ne il lavoro era tale da far sudare un Marini, ne il Pubblico n'era si impazientemente bramoso, che nonavesseaspettato volontieri finoall'autunnoper aver- lo piCi perfetto; ne la Sagrestia Vaticana di Pio Sesto avea bisogno dell'aiuto de' Fratelli Arvali per manifestarsi al mondo con tutto quello splendore, che da si magnifico Pon- tefice ha ricevuto. Ma il fatto si e, che potendo io occupa- re, per un motivo, o per un altro, il luogo lasciatomi da OPUSCOLI LAPIDARJ. 187 un si dotto Antiquario, ho arclito di empire tutti i vani del- la lapida, scostandomi anche piu volte da quei medesimi supplementi, ch'egli vi ha posti, perche mi e sembrato ne- cessario di doverlo fare. Per addurre di cio un esempio, che mi serva ancora di difesa , copiero qui la prima clausu- la della lapida secondo la lezione del Marini, e secondo la mia. Zegge il Marini. Tertio nonas januarias, in Capirolio, votorum nuncu- pandorum causa pro salute Imperatoris Caesaris Nervae Trajani Augusti, Germanici, Dacici, Parthici, Fratres Ar- valcs convenerunt gil 5 Lucius Obittius Proculus , Marcus ValeriusTrebicius Decianus, I '• • -.'-•J nj::.rJM- • • Leggo io. Tertio nonas januarias , in Capitolio, Publius Metilius Secundus Magister Fratrum Arvalium vota nuncupavit pro salute Imperatoris Cae- saris Nervae Trajani Augu- st!. Germanici, Dacici, Par- thici, Fratris Arvalis. Adfue- runt Publius Rutilius Vigil, Lucius Obittius Proculus , Marcus Valerius Trebicius Decianus, Imperatore Tra- jano sextum, et Cajo Julio Africano secundum Consu- libus. Si osservi a fa vore della mia lezione, ch' essa presenta la clausola intiera, ed in forma assai verisimile, e con perfet- to significato; ch' essa attribuisce al Presidente del Colle- gio la determinazione di farei Sacrifizj , come piii sotto gli si attribuisce 1' intimazione de' medesimi ; ch' essa onora Trajano col titolo di Fratello Ar.valc, il quale e da cre- dersi ch' egli avesse, come si sa da altre Lapidi, averlo avuto ed Ottaviano,e Tiberio, ed Adriano , ed altri Impe- l88 MASDETT ratori; ch' essa finalmente, secondo lo stile tli altre simili Iscrizioni, accenna T epoca de' Sacrifizj , e de'Voti, dandone per Nota cronologica I'anno cento doclici dell' Era cristia- na, che fu quello del sesto Consolato dell'Imperatore , e del secondo di Cajo Giulio Africano . lo ben so, che il fis- sar questa Data e un indovinare: ma questo e un difetto non solainente necessario, ma coinune ancora ad ogni altra sorta di aggiuute, con cui i vani si vorranno empire di qualunque antjca Iscrizione: ne mai un niotrvo sard que- sto per distogliere gli Antiquarj da un si fatto lavoro, col quale hanno il piacere di veder restaurate, e perfette colla possibile verisimiglianza, le rispettabili Memorie de' no- stri Antenati ,• come godono molti altri di veder riedificato un antico ediiizio sontuoso, che minacci rovina. Porro adunque sotto agli occhi de' Leggitori I'intiera Iscrizione colle mie aggiunte, racchiudendo queste Ira parentesi, ac- ciocche sidistinguano (come e di dovere) dalle rimaste pa-- role originali . La dividero per maggior chiarezza in sei ar- ticoli , perche son sei appunto le diverse azioni, delle quali in essa si ragiona; edaggiungero ad ogni articolo, secondo il mio solito metodo, la traduzione italiana, acciocche ne giunga la notizia non solo al piccolo circolo de' Latinisti ed Antiquarj, ma a quello ancora di tutti gli altri studiosi. ARTICOLO I. IVuncupazione de' Sacrifizj. [ III . NON. ] lANVAR . [ IN . CAPITOL . P . METILIVS ] [ SECVNDVS . WAG . FRATRVM . AKVALIVM . VOTA ] [ NVNCVPAVIT . PRO . SAL . IMP . CAESA]RIS . TRA lANI . AVG . GERM . DACICI . PARTHICI . FRATB[IS] [ ARVALIS . ADFVEBVNT . P . RVTILIVS . V1]GIL . L ORITTIVS . PROCVLVS . M . VALERIVS . TREBICIVS DECIANVS . I[MP . TRAIANO . VI . C . IVLIO . AFRI ] [ CANO . H . COSS ] OPUSCOLI LAPIDARJ. 189 Traduzione. A^el giorno terzo del mese dl Ccnnajo, nel Campidoglio , Publio Metilio secondo , Presidente de Fra- telli Arvali promise di far Sacrifizj per la salute dell' I m- peratore Cesare Trajano Augusto, Gerrnanico , Dacico, Partico , Fratello Ar^iale ; e vi furon presenti Publio Ru~ tilio Vigilc , Lucio Obizio Procolo , e Marco Valeria Tre~ bicio Deciano , essendo Consoli V Imperatore Trajano per la sesta volta,e Cajo Giulio Africano per la seconda, che vale a dire nell'anno cento dodici dell' Era Cristiana. ARTICOLO 2. Intimazione de' Sacrifizj . Ill . ID . IAN . ( FR ATRE3 . ARVALES . IN . AED . CON ) ( CORDIAE . CONVEN)ERVNT . IBIQVE . P . METILIVS SECVNDVS . BUGISTER. MANIBVS. LAVTIS . (VELA) ( TO . CAPITE . DEAE • DIAE . CVM . COLLEGIS . SACRIFI ) ( CIVM . INDIXIT . QVOD . EONVM . FAVSTVM . FELIX ) ( FORTVNATVM . SALVTAREQVE . SIT . IMP . CAES . TR A ) (UNO) . DACICO . PARTHICO. TOTIQVE . DOMVI . (EIVS) POPVLO . ROM( ANO . QVIRITIBVS . FRATR1BVS(JVE) (ARVALIBVS. SACRIFICIVM. DEAE. DUE. HOC. ANNO) (ERIT. A. D-. XVI. K. IVN. DOMI. A . D. XIV. K. IVN . IN) ( LVCO . ET . DOMO . A . D . XIII . K . EA ) SDEM . DOMI . AD FVERVNT . COI.LEGIO . B(ELL1TIVS. TORQVATVS . L.) OBITTIVS . PROCVLVS . (P . RVTILIVS . VIGIL) Traduzione. Ncl giorno undid dello stesso mese di Cen- najo si congregarono i Fratelli Arvali ncl tempio della Concordia i ed ivi il Presidente Publio 3Ietilio Secondo , lavate le mani , e coperto il capo con un velo , intimo in~ sieme co' suoi Colleghi un sacrifizio da farsi alia divina Z)ea. (Cerere). A maggior bene (^d'lsse'), e prosperita, e felicitu, e fortuna, e salute dell' Imperatore Cesare Tra- jano Dacico, Partico, e di tutta la sua famiglia, e del Popolo Romano, e de' Quiriti , e de' Fratelli Arvali, si T. 1. P. n. 27 IQO MAS DEU fara quest' anno il Sacrlficio alia dlvina Dea, nel giorno diciassette di maggio in mia Casa, nel giorno dicianno- ve in casa, e nel sacra Bosco, e nel venti di nuovo in ca- sa . Assisterono a questa radunanza Bellizio Torquato , Luclo Obizio Procolo , e Puhlio Rutilio Vigilc. ARTICOLO 3. Giorno primo de' Sacrifizj. [XVI. KAL.] IVNIAS. [DOHI. APVT . MAGISTRVM . DIS ] [CV]MEENTES . TORALIBVS . ALBIS . SEG[ MENTATIS] [SACRIFICIVM • FECERVNT . PR]AETEXTATI . L. VITRA SIVS . AEQVC[1VS . BELHTiVS . TORQVATV3 . CAE ] CILIVS . SIWl'LEX . TI . iVLlVS. CAND1DV[S. EX . SA ] [CRIFICIO. EPVLATI. SX'NT . ] nOMI [TlYS] . ANT[ONIVS] [?,' . TALlRlVS . TREBICIVS . DEC]IANVS . L . A>tTONIVS ALBVS . [ C . STATIVS . CAPITO . ARRIANVS] Traclnzione. Nel giorno diciassette di maggio , In ca- sa del Presidente seduti ad una mensa , che coperta era d'un panno bianco ricamato, sacrificarono, vestiti di Pre- testa, Lucio Vitrasio Ecuzio , Bellizio Torquato, Cecilia Semplice , e Tiberio Ciulio Candida: e quindi si cibaro- na della vittima Damizio Jntonio, Marco Valeria Trebi- cia Deciano , Lucia Antonio Albo , eCaja Stazio Capito- ne Arriano. ARTICOLO 4. Giorno s£Conda de' Sacrifiz] . X(IV . KAL . IVN . FRATRES. ARV . APVT . MAGISTRVM) DEAE . DIAE . TVRE . VINO . FECERVNTJ . 1BI(QVE . DIS) (CVHBENTES . EPVLATI . SVNT) MINISTRANTIBVS PVERIS . ( I'ATRIMIS . ET . MATRIWIS . QVI . FRVGES ) ( AD - AR ) AM . RETVLERVNT . C . STATIVS . CAPITO ARRIA(NVS • M . VALERIVS . TREBI)C!VS. DECIANVS TI . IVLlVS . CAND1DV(S . DOMITIVS . ANTONIVS . ET ) ( L ANTONIVS . ALBVS ) OPUSCOLI LAPIDAUJ. I91 Traduzione : Net glorno diclannove dello stdsso mesc di maggio i Fratelli Arvall in casa del Presidente sacrifi— carono alia dlvina Dca con inccnso e vino; ed ivi Cajo Stazio Capitone Arriano , Marco Valerio Trehicio De- ciano , Tiberio Giulio Candida , Domizio Antonio , e Lu- cio Antonio Albo , seduti a mensa si ciharono , scrviti da, fanclulli aventi padre e madre, i quali portarono le offer- te air Altare . ARTICOLOS. Continuazione del giorno secondo. (EADEM . DIE ) XIV . K . IVN . (P. METILIVS . SECVNDVS) ( HAGISTER. AD . ARAM . IMHOLaVIT . PORCELLAS ) ( PIACVLAR)ES. DVAS. LVCO . COINQVENDI . ET . OPE RIS . FACIVNDI . 1B(1QVE . VACCAM . ALI3AW . AD ) ( FOCVM . IMMOLAVIT. ET . SACERDOTES. ) EX . SA CHIFICIO . EPVLATI . SVNT . SVMPTISQVE - PRAE TEXTIS . ( ET . CORONIS . Sl'ICEIS . VITTATIS . AGNAM ) (OP)IMA(W) . IMMOLAVERVNT . PERFECTOQVE SACRIFICIO. OM(NES. TVRE . VINO. FECERVNT ) ( DEINDE . E . LVCO . DIGRESSI) . DISCVMBENTES EPVLATI . SVNT . APVT . P . METILIVM . (SECVNDVM) (POST. EPVLAS. BOLANVS . SIGNVM . BJGIS) (QVADRIGIS- D)E3VLT0R1BVS. MISIT . PRAESI DENTIBVS . TREB(ICIO . DECIANO . ET . TI . IVLIO) (XiANDlDO ) Traduzione. Nello stesso giorno dicidnnove di maggio il Presidente Publio Metilio Secondo immolo sulV Altare nel sacro Bosco due Porchette di espiazione per la felicita della potatura e seminatura ; ed ivi ancora immolo al fo- colare una vacca bianca: ed i Sacerdoti , esscndosi cibatl della vittima , si vestirono di Pretesta., e si posero una co- rona tessuta di spighe , ed immolarono un' agnclla gras- sa,e tcrminata la funzione^ sacrificarono con incenso e vino; e partiti dipoi dal boschetto, andarono a mangia- 19a MASDEU re a casa til Publio Metilio Secondo . Tolte le mense , Bo- lano d'lede il scgnn , acciocche si desse principio alio spet- tacolo degll Agitatori con cocchj da due j, e da quattra , sotto la presidenza di Trebicio Deciano^ e di Tiberio Giu- lio Candida. ARTICOLO 6. Giorno ultbno de' Sacrifizj. XIII . K . IVN . (IN . DOMVM . P . METILII . SECVNDI ) (FRATRES . ARVALES . CONVENERVNT AD . CONSVM) (WANDVM . SACRIFICIVM . DEA)E. DUE. INTER CAENAM . WETILIVS. SECVN(DVS. MAG. ET . COL) (LEGAE . EIVS . DISCVMBENTES . TVRE . ET . VINO) (FECERVNT. M1NISTRANTIR\ S . PVERIS . PA)TRI MIS .ET .(MATRIMIS. QVI . FRVGES. AD. ARAM . RETVLERVNT) Traduzione: IVel seguente giorno venti di magglo i Fratelli Arvali si radunarono in casa di Publio Metilio Secondo per consumare il sacrifizio della divina Dea . In tempo della cena, il Presidente Metilio Secondo j ed i Coinpagni suoi, seduti alia inensa, sacrificarono con in— censo e vino , serviti essendo da fanciulli aventi padre e madre , i quali portarono le offerte all' Altare. OPUSCOLO VIII. I Jieintegrazione di mezza Memoria lapidaria d' un insigne Proconsole. 1 Chiarissimo Muratori nel tomo primo del suo nuovo Thesaurus, nella Classe quinta, pag. 355, pubblico un' Iscrizione Bomana di Barcellona, ma si contrafFatta ed al- terata, che ben si scorge averia avuta da un imperito Co- pista. La lapida, che si conserva ancora nella muraglia vecchia della suddetta citta, non e che mezza, ne contie- 'I OPUSCOLI LAPIDARJ. 193 ne che mezza Iscrizione, niancando d'ogni sua riga quasi una meta. Dopo cVaver lette 1' erudite riflessioni, con cui r ha illustrata il dottissimo Antiquario Catalano Don Giu- seppe Finestres nella sua llaccolta delle Iscrizioni Roma- ne di Catalogna Classe 7., nuni, 5. pag. 3o6., ho preso yo- lontieri I'impegnodi empirne tutti i vani, onde rendere uti- le in qualche maniera una Memoria storico- lapidaria d'un jnsigne Proconsole Romano. Si avverta, che la mezza Iscri- zione, o quasi mezza, racchiusa fra due lunghe parentesi, e tutt'essa un'aggiunta, oltre alcune altre di minor con- siderazione,c!ie si vedranno similmente segnate nelle righe quinta, sesta, e nona. Ne si creda^ che la grande aggiun- ta sia del tutto libera, o capricciosa ; imperocche oltre i riguardi della verisimiglianza, i quali si apprendono dal contest©, e da altre Iscrizioni simili, ho avuto quello an- cora di adattare la misura delle mie mezze righe a quella delle mezze che ci rimangono , avendo principalmente I'oc- chio alia disposizione dell' ultima e della prima, che son quelle che il centro della pietra piu ordinariamente occu- pavano, quando scolpite erano le lettere da diligente Pro- iessore . L' Iscrizione intiera e la seguente : L. ANNIVS . VI FLAM. AVG. VI. VIR. AVGVS NI . PATRIS . IMP . A NONIAE . PROCVRATOR . A MVR. VRB. EVOC ATVS D. TR A TRAIANI BENEF . DONI HASTA. PVRA. VEXILL. II ET. PHALERIS. AVREIS. I. PR PROV. HISP. CIT. P CLARISS. VIR. COS. L AN ANNJ. VITALIS. LEGATI. P IPOLiT. ET PROVING. AFR. CA . FORVM . CVH . PORT PECVN. SVA TALIS . COS . PR0CO3 TALIS. LEG. AVG. PR. PR. DIVI. TRAIA DRIANI . AVG . PROVING . PAN LVEI . TIBERIS . ET . RIPARVM . ET I ANI. PARTHICL LEG. III. AVG. LEG. DI[VI] S. DONATVS. EXPEDITIONE. DACIC[A] CORONA. VALLARI. MVRALI. AVREA EG. PR. PR. PROVING. AFRICAE. PR R. VIARVM. CVRANDARVM. [VR] ET NIVS. VERVSJE- AVGVR. TRIE. PLEBIS R. PR PATRIS. PROVING. AFRIGAE. TR RT. VIC. TIT. VIR. MONETALIS. A. A. A. F. F ICIBVS. SOLO. SVO. ET FECERVNT 194 MASDEU Le riglie ddla Tscrizione sono quattordici. T^e scorrer6 ad una ad una per rendere una qualche ragione dellemie ve- risimili aggiunte,e poi la tradurro tiuta insieme, secondo il mio uso, nella volgar favella italiana. Riga I. Avendo scritto il Muratoii nella prima riga L. . . . ALIS, e nulla di piu, e stato creduto da alcuni, che vi si parli di Lucius TutiusCereALlS, che si trova norninato ne' Fasti Consolari all' anno centesimo sesto dell' era Cristia- na. Quest' epocae sicuramente verisiinile per riguardo all' eta, a cui appartiene la lapida: ma e rertissimo per alcro, che il nome non pote essere quelle che si dice, ma quelle piuttosto, che io scrissi, di Annius Vitalis ; ed eccone le ra- gioni patenti. Si nornina piu sotto nella medesima Iscrizio- ne un di lui figlio chiamato Annlo Vero: dunque il padre era deila famiglia Annia, e non della Tuzla, ed Annlo ^ e non Tuzio, dovea chiamarsi. Le ultime lettere poi del suo cognome non sono ALIS, ma TALIS, come assicurano(per non dir di me) ed il Dou, ed il P6u,ed il Finestres, An- tiquarj peritissimi, che hanno esaminata la pietra: dunque per cognome pote egli dirsi Vitalis, ma non mai Cerealis . Che non sia norninato ne' Fasti Consolari questo Lucio An- nio Vitale , cio non dee far ostacolo, si perche egli pote es- sere uno de'molti Consoli Suffetti o Interini, che non son notati ne'Fasti; e si ancora perche poteva aver ottenuti, senza esser Console in esercizio, gli onori Consolari , e Pro- consolari. Riga a. Ho dati al Proconsole Annio i titoli di Flaini- ne Augustale, e Seviro Augustale, perche in altre lapidi, simili a questa , trovo insieme riuniti questi due Sacerdozj, e perche li softie ambedue comodamente I'estensione del- la riga. II titolo che poi segue, e quello di Legato Augu- stale Proprctore del Diva Trajano ,nel\e quali parole (che son della lapida origiaale) non dee recar maraviglia jl so- praimome di Diva, perche quando essa fu scolpita, era OPUSCOLI LAPIDAPJ. 195 gia morto I" Tmperatore, e non poteva piu allora la di lui nota modestia privarlo degli onori di questo consueto for- molario . Biga J. Tra le due parole Trajani ed Adriani, che sono dell'originale, aggiunsi, che il primo era padre del secon- do; perche.qnalche aggiunta era necessaria tra questi due nomi si vicini 1' urio alTaltro, ed in tal luogo, ed in tali cir- costanze ( come rifletteva il Finestres ) non pud idearsene iin'altra piu verisimile. Si scorge chiaramente "da tutto il seguito della lapida, che Annio Vitale, avendo avnti al- cuni impieghi a tempo di Trajano defonto, seguito ad aver- ne degli altri sotto il successore Adriano, che allora vive- va , e per conseguenza non e maraviglia, che I'autore dell' Iscrizione, dovendoli nominare ambedue, uno come morto, e I'altro come vivo, dicesse, che il primo era stato padre del secondo. Riga ^. Dicendosi nell' originale, che Lucio Annio Vi- tale era stato Propretore in Pan, non poteva darsi miglior compimento a questo principio di parola, che scrivendovi Pannonia, una. delle molte provincie di Propretura Roma- na . Aggiungendoglisi poi per secorido impiego quello di Alvei tiberis , et Riparum et , e dovendosi quivi per necessita aggiungere una parola in principio, ed un'altra in fine, acciocche abbia senso la proposizione, sembra che la lezione piii naturale sia quella di Procurator alvei Ti~ beris , et riparum, et murorum TJrbis, che era impiego ono- rifico, di cui ci rimangono molte Memorie, non solo lapida- rie, ma ancora storiche. Riga 5. Si chiamavano Evocati quei valorosi Uffiziali , che chiamati erano dall' Imperatore con particolar invito ad una determinata guerra: e nonecertamente una capric- ciosa aggiunta quella di dar quest' onore ad Annio Vitale, dicendosi di lui espressamente nelle righe originali, che servi in guerra a Trajano in qualita di Legionis tertiae 196 MASDEU 'Augustae Legatus, e cVie merito molti premj, di quelll che solevan darsi ai piu distinti guerrieri. ftighe 6 , 7 , e 8. Ponendosiquivi il Catalogo de'doni mi- litarj, co' quali furon ricompensate da Trajano le prodezze militari del nostro Proconsole, aggiunsi con sufficiente ra- o-ione nella sesta riga Trajani beneficio, e nella jettima ha- sta pura, vexillis duobus , e nell'ottava etphaleris aureis; essendo prese tutte queste espressioni , e parole da altre Iscrizioni Romane ben cognite , nelle quali di cotali premj SI ragiona Riga 9. Essendosi finite di parlare degl' impieghi ed onori di Vitale sotto I'lmpero di Trajano, e passandosi a ragionare (come io credo) di quelli che ebbe sotto il Suc- cessore, si dice, che fu Proprctore della Provincia d'Jfri- ca (di quella cioe che si distingueva dalle altre Africane con questa particolare denominazione) e quindiPropretore d'un' altra Provincia, di.cui manca il nome. Io v'ho nominata per necessario supplemento la Provincia Hispana Citerio- ;-e, a cui apparteneva Barcellona, perche non si scorge al- trimenti un motivro, onde potesse egli col suo figlio soggior- nare nella suddetta citta,e farvi innalzare I'edificio, di cui poi si parla. Quando questa fabbrica futerminata, e ne fu scolpita in marmo la presente memoria, si rileva dalla par- te originale di questa medesima riga, che gli venne da Ro- ma I'impiego di Procuratore, o Prefetto delle strade Ro" mane. Riga ic. Fin da questa riga si comincia a parlare del di lui figlio Annio Vero, a cui il titolo ho aggiunto di Claris- simus Vir Consularis, perche non improprio mi sembra d'un uomo tale, di cui si dice , che fu Augure, e Trihuno della Plebe , e Vicarioj o Vicegerente di suo padre in ai- cuni governi, e Triumviro ancora monetale A. A. A. F. F. , notissime iniziali di Auro , Argento , Aere , Flaiido , Fe- riundo. OPUSCOLI LAPIDARJ. I97 Bighe ii/ei2. Innanzi al oenkivo Propraetoris Patris, che si legge nell originale, e verisiinile assai, die si leg- gesse ^nnii Vitalis Legati, perche son parole le piu adat- tate a potersi uiiire con quelle. Le Provincie di questa sua Propretura erano due, delie quali un noma comincia "da TK, e I'altra finis.ce in RT. Congettur6 Finestres colla mao^- gior pruderiza, e felicitAj die la Provincia TR, di cui si dice cspressaniente iielToriginalej die era dell' Africa , do- vesse essere la Tripolicaaa; e che la seconda, il cui noma abbreviate finisce in RI, dovesse essere la CART, o Car- taginense, die pure era dell' Africa Su di questo pruden- te consiglio ho fondato le aggiunte della riga dnodecima. Righe i3, e 14. Lo stesso consigliere ho seguitato nelle ukime aggiunte da me fatte, che son quelle di FORUM CVxM PORT, e PECUNIA SVA; perche di fatti non si puo dir di megljo si per il contesto di tutta I'lscrizione, che per riguardo alia giusta misura delle stesse righe. II senso poi della lapida intiera' e il scguente ; Lucio Annio Vitale , Console, Proconsole, Flamine Augu— stale J Seviro Augustale , Legato Augustale, Propretore della Provincia di Pannonia per il Divo Trajano padre deir Imperatorc Adriano Augusto, Procuratore del Tevcre, delle riviere, e delle muraglie di Roma, chiamato alia guerra dal Divo Trajano Partico per sua Legato della Legione terza Augustale , premiato nella guerra Dacica , per beneficenza di esso Divo Trajano, con una lancia di puro ferro , due bandiere, una corona d'oro vallare e mu- rale , ed un' aurea bardatura ; Legato Propretore della Provincia chiamata d' Africa: Propretore della Provincia Hispuna citeriore , e Prefetto delle strade pubbliche di Roma: (egli), ed il chiarissimo uomo Consolare Lucio Annio Vero sua figlio , Augure e Tribuno della plebe , e Vicario di Annio fitale suo padre nelle Legazioni Pro- pretorie delle Africans Provincie di Tripoli, e di Cartagi- T. 1. P. 11. ' 28 198 m'a s d e u ne, e Triumviro inoltre monetale delle zecche d^ oro, argen- to , e rame :, Jianno eretto a loro spcse, ed in terreno loro (coniprato cioe da essi) questo Foro co" suoi porticali. OPUSCOLO IX. Correzione ed indagazione delV epoca di una lapida di Bolsena. A, .ppartiene all'antica Volsinium, oggi chiamata Bolse- na , o Bolseno , una bella Iscrizione Romana , che ha avuta non solo la disgrazia di essere stata pubblicata dal Gru- tero, e da piu altri con notabilissimi errori, ma quella an- cora di non essere stata ben intesa neppur dal Bolsenese Storico Andrea Adami, che si accinse di proposito a spie- garla nel suo tomo 2, lib. 4, daila pag. 1 18. Eccola com'es- sa e, accresciuta solamente di alcune piccole aggiunte, con cui ne ho empiti i vani , racchiudendole fra parentesi, ac- ciocche si distinguano da tutto il resto. [ M . IVL . L . F ] [ POL ] CaND[IDO . CVRAT] IN . ITALIA . VOLSINENSiVM PATRIAE. SVAE ITEM . FERENT. ET . TIBVRTIVM ITEM . COLON . ITALICENS IN. PROV. BAETICA PRAETOR ETRVR . XV . POPVLOR. SACERDOTI . CAENINENTIVM M . HELVIVS . M . F. CLEMENS . ARNENSIS DOMO . CARTAGIN. PRAEF. EQ. ALAE . PRIMAE . CANNVNEFATVM PRAESIDI . SANCTISS . ET . KARISSIMO OPUSCOLI LAPIDARJ. 199 CVR . AGENTE L . ACOWO . CALLISTO TK .MIL. LEG . XlHI . GEM . SEV. Tracluzione. A Marco Ciulio Candldo , figVi-o di Lucio, della trlbu Poll'ia , Procuratore in Italia di Bolseno sua patria , di Ferento , e di Tivoli, ed unche della Colonia Jtalicense nella Provincia Betica , Pretore de' quindici Po- poli deir Etruria, e Sacerdote di Cenina (antica citta del Lazio) Marco Elvio Clemente Arnense , figlio di Marco, Cartaginese per famiglia ., Prefetto di CavaUeria dell' Ala prima de' Cunnunefad ( di Olanda ) , fece innalzare que- sta Statua al suddetto Presidente santissimo , e carissi— mo, essendosene incaricato Lucio Aconio Callisto , Tri- huno inilitare della Legione deciinaquarta Geinina Seve- riana . Intorno all'epoca di questa Lapida si facciano le seguen- ti riflessioni cronologiche . I. Che in essa si dA il titolo di Colonia alia citta d'ltalica: dunque vuoisi credere poste- riore all' Imperator Adriano, nei cui tempo (dice Aulo Gel- lio nelle sue Notd lib. 16. cap. i3. pag, 486.) comincio quella citta a prendere il titolo di Colonia . II. Che vi si paria di un Curatore, o Procuratore di varj paesi, impiego che divenne di gran moda sotto I'lmpero di Marco Aure- lio il Fiiosofo, come lo asserisce nella di lui vita Giulio Ca- pitolino: dunque la lapida non solo e piu recente dell' eta di Adriano,nia di quella degli Antonini ancora. III. Che alia Legione decimaquarta Gemina vi si di il soprannome di Severa , o Ses'eriana , titolo che non pud essere piu antl- 00 di Lucio Settimio Severo stato Imperatore ne'primian- ni del secolo terzo Cristiano: dunque I'lscrizinne e anche piu raodernadi cio che finora hodetto, e dovrebbe credersi fatta, poco piu o meno, per gli anni dagentoventi dell'era Cristiana sotto I'lmpero di Eliogabalo. II Signer Adami non 200 MASDEU fece su di essa tutte le liflessioni clie dovea . Ne anticipo i'epoca, senza attendere alle circostanze della Legione, clie vi si noniina. La suppose sepolcrale contro tutti gl' indizj ch'essa ci reca . Prese le quattro lettere CAND della se- conda rigaper abbreviatura piuttosro d'un titolo, che d'un nome propiio, essendo piu verisiniile tutto I'opposto. In- vento ii nuovo impiego di Questori Candidati di partico- lari citta, comruetteiido in cJ6 doppio errore, quello cioe di supporre in esercizio i Questori Candidati, che non era- no che Pretendenti della Questura ; e quello di supporre incaricati d'una particolar citta i Questori Imperiali, che solevano aver la cura d'intiere Provincie . OPUSCOLO X. Memorla Romana d'un Fermano, infellcemente interpretata da'inoderni Antlquarj di Ferino . I 1 signor Canonico Catalani , il signor Arcidiacono Erio- ui, ed il signor Abate Don Giuseppe Colucci, tutti e tre, per rendere onore ed ossequio alia citta di Fermo lor di- lettissinia patria, han regalata al Pubblico una lapida Ro- mana del Portogallo, nella quale si fa menzione d'un anti- co soldato lor paesano. Ma sono stati, a dire il vero , sfor- tunatissimi. II Catalani la adultero in due mauiere, alte- randone cioe alcune parole, ed allungandola con un'altra Iscrizione d' una certa Giulia Sabina, che nulla ha da fare con quella (i). GH altri due poi Than profanata incredi- bilmente colle ridicole interpretazioni, delle quali di poi ragionero (2). Vedasi intanto 1' Iscrizione: (i) Catalan! Origini ed Andcliha Fermane parte 2. §. t. pag. 44- (a) Vedasi Colucci Antichita Pirene tomo 2. Continuazione delle Aiuithitd Fermane parte i. pag. i/f>. if OPUSCOLI LAPIDARJ. SO I C AXONIVS Q. F. TAP LEG . XX . NAT . COL. FIR . PJCENO . SE , VIVO MONVMENTVM . FECIT SIBI ET. FR. Q. AX. Q. F. Parmi che debba leggersi cosi : Cajus Axonius , Quint'i FUius, e Trihu Papia, Legionis vlgesimas, natus Colo- uia Firrno Piceno , se vivo ,monuTnentum fecit sibi, et fra- tri Quinto Axonio ,Qidnti jilio . In italiano : Cajo Axonio, figlio di Quinto, della Tribu Papia, Soldato delta Legio- nevigesima, nato nella Colonia Firmo Piceno, esseado ancor vivo , fece questo sepolcro per se e per il suo fratello Quinto Axonio figlio di Quinto. I Signori Erioni e Coluc- ci, vedute le abbreviature NAT. COL. FIR, lessero glo- riosissimamente Natali Die Coloniae Firmi , ed osservata ]a parola Monumentum, credetCero, che un nome si sono- ro Hoti ad un povero sepolcro si dovesse adattare, ma piii tosto ad una pomposa Memoria d'un qualche onorifico suc- cesso; e quiudi rilevarono per cosa carta, che il lor solda- to Axonio, trovatosi casualmente col suo esercito in Porto- ojallo nel solennissimo giorno anniversario della fondazione {li Fenno, ne celebrasse con quell' eterno Monumento la ri- coi'danza . II sogno e verarnenre bellissimo : ma e si pieno di circoscanze inverisimili, che non uierita altro nome, che quel di sogno . Inverisimile I. L'immaglnarsi una Memoria di liete co- se, e piacevoli, dove non si paila, che d'un monumento di morte. Inverisimile W.W voler incastrare la parola Die, dove non e, ne mai fu , col solo fine di poter far dire alia pietra cio che essa non dice. Inverisimile III. II pretendere contra le leggi gramma- ticalijche i genitivi Coloniae Firmi possano accordarsi coirablativo Piceno. 202 MASDEU Inverisimile IV. II giudicare, che i Fermani celebrasse- ro il gioi'iio natalizio della lor Colonia, non essendosi cio iisato fuor di Roma, che in pochissime citta, fra le quali nessuno Scrittore ha mai nominato Fermo. Inverlsimih V. II supporre, che si celebrassero cotalian- niversarj dalle particolari persone, essendo propria quest' incombenza del pubblico Magistrate. Jiiverisiinile VI. II far solennizzare in straniero paese una festa propria d'una particolar citt^; non essendovi di cio verun altro esenipio, se non nel caso d'una gran rela- zione o connessione tra un paese ed un altro. //iverisimiZe VII. L'attribuire ad un povero soldato bas- so il nobile e dispendioso pensiere di far sapere a' Porto- ghesi con un glorioso Monumento il giorno della nascita clella sua patria . Ills' erisiinile VIII. L'avervoluto un Fermano lasciar a' Portoghesi, ed ai poster! loro, la memoria della fondazione di Fenno, senza informarli del giorno, ne dell' anno di det- ta fondazione, che non dovea certo sapersi in si rimote con- trade . Inverisimile IX. L' aver dedicata il buon Fermano una si onorevole Memoria non all'antico Fondatore della sua patria, o ai Signori- Duumviri, o Decurioni di essa , o a qualche Genio,o Nume tutelare dell'insigne Colonia Pi- cena, ma in drittura a se medesimo , con un certo genere di stoltizia, e di vanita, di cui non e facde trovar esempio. Inverisimile X. L'aver il medesimo Fermano fatto par- tecipe il suo fratello della sua singolarissima sciempiaggine, dedicando il suo gran Monumento SIBI FT FEATRI, sen- za averne dal fratello le ragionevoli lagnanze, che pur me- ritava. Mi senibra, che bastino i dieci Inverisimili da me ac- cennati per dimostrare quanto sia mal fondata, e quan- to contraria insiemea tutti i principj della vera Scienza an- I OPUSCOLl LAPIDARJ. 2o3 tiquaria, I'interpretazione data da'Signori Erioni, e Coluc- ci, alia loro Lapida Picena. O P U S C O L O XI. Facile soluzione d' una difficolta lapidaria del Chiaris. Ah. Bianchi. y\ eir anno 1 798 , in una possgssione di casa Brugnoli pres- so alia citt^ di Brescia, fu ritrovata la seguente Lapida vo- tiva: MINERVAE SENtCA. IMAGIA WAGI . F. Nello stesso anno, in cui la lapida fu ritrovata, ne diede conto al Pubblico il Sig, Abate Isidore Bianchi con una Lettera, che diresse al Sig. Conte Gaetano Maggi, la qua- le fu stampata in Cremona, e ristampata iminediatamente in Venezia nelle Memorie per servire alia Storia letteraria, alia pagina 34. del Volume quinto. L'Autore della si ap- plaudita Lettera rivolse tutti i suoi pensieri al nome di Se- neca, W quale, essendo stato proprio di molti antichi uo- mini, non si sa che sia stato mai posto a veruna donna; e senza sapere come svilupparsi da questa difficolta, conclu- de fmalmente, che none poi impossibile, che una donna si chiamasse Seneca. lo certo non vi scorgo difficolta: ma qualora vi fosse, come pensa il Sig. Bianclii , crederei di poterla sciogliere facilniente con solo separare la prima let- tera di quel nome da tutto il resto della parola. Si legge- rebbe in questa caso MINERVAE S (cioe Sacrum, voce ed abbreviatura usitatissima in cotali Iscrizioni votive) ENECA MAGIAMAGI Filia; in italiano: Memoria sacra a Minerva : la pose Eneca Magia figlia di Magio . Si ren- ^m 2o4 MASDEIT de poi molto verisimile questa interpretazione; perche es- sendo greci i nomi Magia, e Magio, derivati da Ma;<©-, die vuol dir Sapiente , potevabenissimo la donna chiamarsi Eneca, che pure e nome tutto greco, ed avente diverse significazioni, secondo le diverse maniere, con cui si puo scrivere; imperocche H'veKx. vuol dir Perenne, ed E'vyiy^ JntrodursL,ed E'i/£»asPer causa, o Per cagione . Ecco sciol- ta facilmeiite la difficolta del signor Bianchi. OPUSCOLO XII. Scoperta delta vera Patria de' Soldati Brittoni delV antica Roma . iVli presentano i libri de'moderni Antiquarj cinque Iscri- zioni Roraaiie, appartenenti agli antichi Soldati Biittoni, la patria de'quali, benche piu volte ricercata, non credo es- sere stata finora ben couosciuta. Nella prima, che e di Pe- saro,si nomina un Tiberio Ciaudio Zenone TRIE. COH. I. FL. BRITTON. , cioe , Tribuno della Cohorte prima Fla- \>'ia de' Brittoni. La seconda e una dedicazione fatta nella cittA di Fernio a Tito Appeo Alfinio TRIE. COll. I. AELIAE BRITTON. , Tribuno della Cohorte prima Elia de Britto- ni . La terza e una niemoria di stacua, che fu eretta in Ri- mini a Cajo Nonio Cepiano PRAEF. COH. III. BRITTO- NVM VETERANOR. EQVITATAE, che vale a direPre- fetto della Cohorte terza equitata de' Brittoni Veterani. La quarta fu posta in Braga di Portogallo a Lucio Terea- zio Rufo PRAEF. COH. VI. BRITTON., Prefetto della Cohorte sesta de' Brittoni . La quinra,chee di Camerino, merita di riportarsi piu a luugo, perche vi si fa distinziorie espressa tra i Brittoni, ed i Britanni. OPUSCOLI LAPIDART. 2o5 PI . MAENIO . C . F. COR . AGUIPPAE ET . VSIDIO . CAMPESTRl HOSPITl DIVI . HADRIANI . PATRIS . SENATORIS PRAEF. COH. II. FL. BRIXTON. FQVITAT. ELECTO . A . DIVO . HADRI ANO . ET . MiSSO IN . EXPEDITIONEW . BUiTANNlCAM » TRIE . COH . I. HISPANOR . EQVITAT. PRAEF . ALAE . I. GALLOR . ET . PANNONIOR . CATAPHRACTAE PROC. AVG. PUAEF . CLASSIS . BRITANNIGAE PROC . FROVINCIAE . BRITANNIAE &C. ffC. &c. • Traduzlone: A Marco Menio Jgrippa, chiamato pure fjssidio Campestre, figlio cli Cajo della tribii Cornelia , Jlbergatore del Senatore padre del Divo Adriano , Pre- fetto della Cuhorte seconda Flaf.'ia de' Brlttoni equitati , nominato, e mandato dal Divo Adriano alia guerra Bri- tannica , Tribuno della Cohorte prima degli Spagnuoli equitati , Prefetto dell' Ala prima di corazze di Francesi ed Ungheri , Procuratore Augustale , Prefetto dell'arma- ta navale Britannica , Procuratore di Provincia in Tn~ ghilterra ec. Per cio che appartienein generale alle cinque lapitli ac- cennate, si facciano le seguenti riflessioni: I. Le Coborti Brittoniche, delle quail in esse si paria, son cinque; la Flavia Prima, la Elia Prima , la Flavia Seconda, la Veterana terza , e la Sesta senzsi verun altro titolo, dalla qual cosa s' inferisce , che le Cohorti Brittoni- che furono almeno sei, se pur non v'e errore nella Nota numerale dell'Iscrizione di Braga . II. Le Cohorti, chianiate Flavia Prima, ed Elia Pri- ma, non credo che fossero distinte, ma una medesima, la quale avendo avuto dai Vespasiani i! soprannome di Fla~ T. J. P. 11. 29 '* 2o6 MASDEU via, ottenesse poi da Adrianoquellodi Elia. Ne fu bisogno, che nel prendere essa il secondo soprannome, perdesse il prinio, come giudico , non so per qual ragioue, il dottissi— mo Abafe Zaccaria nella sua lettera al P. llomoaldo Rota. III. Due delle anzidette Coliorti Brittoniche ebbero il titolo di Equitate ; o perche esse sole avessero una poizio- ne di cavalleria, e tutte le altre fossero peditate, o di soli Fanri, che e I'opinione piu comune ; o perche dalle altre si distinguessero pel maggior numero de'suoi cavalli, che fu il sentimento di Zaccaria nella dianzi accennata Lettera. Ma I'articolo piii degno d'indagazione e quello della pa- tria de Brittoni, che io credo essere I'antica Brittonia, citta e regione di Spagna nella Galizia,dove si conserva ancora quel nonie con piccola alterazione nel paese chia- niato Brettogna , e dove fu fondato da' priniitivi Cristiani I'antico Vescovato Brittonlense , di cui ci rimangono mol- te memorie. Cristoforo Cellario, Guide Panciroii, Giano Grutero, Tommaso Reinesio, Lodovico Muratori , Ant. Fr. Gori, Scipione Maffei, Giovanni Bianchi,Giacomo Beigra- do, Francescantonio Zaccaria, tuttiquesti, epiu altri, han parlato de Brittoni (i); ne mai a veruno e nato il pensie- re, che potessero essere Spagnuoli, disputandosi solamente tra i I.etterati, se furono Ingiesi o Frances! . La pretensione de' Francesi merita, a dir il vero, di es- sere disprezzata piuttosio che esaminata ; im])erocche con- fessano i piu dotti uomini di quella niedesima nazlone, che la lor provincia Britannia comincio ad aver questo nonie a tempo de' Goti,quando vi si trasferirono i Britanni dell' (i) Grutero Tnsaiptiones antic/uaepag. 35g. , e iioi. — Reinesio Classe 6. pag. 462. — Muratori Noviis Thssaurus pag. 1 1 14- — Gori >Sy/«6oZa vol. 4. pag. i3i. e i43. — Maffei Museum T'eronense pag. 350. — Bel^rado Episto/a ad Gorium Vl>\. /^. pag. i35. — Zaccaria Epistola ad Rotam nel vol. /\. citato pag. 147. e seg. -- Cellario, Bian- clii ,. Panciroii ec. allegati da Zaccaria . OPUSOOLI LAPIDARL 207 Tngliilteira; onde ne segue, come articolo di Storia certissi- mo, che nor^ poterono i soklati ^rittoni dell' eta de'Roiua- ni prendere questo lor nonie da una ProVincia delle Gallie, dove quel nome non aveva ancora esUtenza. Gl' Inglesi hanno ottenuto nel signor Abate Zaccaria (dopo di altri anteriori a lui ) un erudito difensore, ma uou tale tuttavia, che possano lusingarsi di aver vinta la <;ausa. Due sono le ragioni di quest' uomo dotto, ma nes- suna convincente. Osserva in primoluogo, che i Britanni dciriiighilterra non solo esistevano con questo nome fin dal tempo de'Romani, ma aveano ancora alcune Cohort! denominate Britanniche , delle quali si fa menzione in Cor- iielio Tacito, ed in varie lapidi antiche. Questo einnegabile: da cio per altro non si puo dedurre, die Popoli Britanni j ♦; Popoli Brittoni fossero una stessa cosa, e che lo stesso I'ossero parimenti le Cohorti Britanniche , e le Brittoniche: anzi qualora questa medesimezza non si pruovi(la qual c(jsa certo non provasi) vuole ogni buona ragione, che due cose, diversamente nominate, si tengano per cose diverse. Dice in secondo luogo il signor Abate Zaccaria, che essen- do state distinte alcune Cohorti Brittoniche co' titolidi Fla- vta, e di Elia, e credibile assai che fossero Inglesi, impe- rocche rimperator Flavio Domiziano fu il domatore dell' Inghilterra, ed Elio Adriano la divise dagl'inquieti confi- nanti con un muro di ottanta miglia di lunghezza. Ma do- vea pur sapere il degnissimo sig. Abate, che se i due sud- detti Imperatori iftostrarono di aver qualche parzialita per gl' Inglesi, piu assai ne aveano e doveano averne per gli Spagnuoli, co' quali Adriano avea la patria comune, e da' quali fu innalzata la famiglia -FZavict all' augusto trono dell' Impero , quando tardo Roma anche un anno a volerla rico- noscere per sua Sovrana. Dovea ancora sapere, che se me- ritarono il soprannome di Fla^'ie alcune Cohorti dell'In- ghilterra, si distese questo medesimo soprannome con pro- 2,o8 MASDEU fusione moko maggiore sopra moltissime citta della nazione Spagnuola , e sopra ti e i inornate Legioni della niedesima, la Fiavia di Pact, la Flavia di Virtiu, e ta Flavia dl Salute. Dalle quali riflessioni si conclude, che le armi dei Signer Abate Zaccaria, se qualche vigore lianno , non tan- to son atte a sostenere la patria Inglese de Brittoni, quan- to la Spagnuola, appunto perche gli Spagnuoli piii favori- ti furono, clie gl' Ingiesi, dagli Adriani, e da' Vespasiani; e perche piu si assomiglia il nonie de' Brittoni a quello del- la regione Brittonia , che a quello dell'lsola Britannia. Di fatti tutti gli antichi Scrittori, si ue'libri, che nelle pietre, han distinti, come due popoli diversi , i Brittoni, ed i Britanni, scrivendo quel prime uome con doppio T. ed un solo N, ed il secondo al contrario con N doppio, ed un solo T. Ne v'e da attribuire cio ad ignoranza di Scultori, o di Copisti, perche non si nota varietA in questo articolo di ortografia, anzi generahnente vi eunasicostante uniforniita, che toglie affatto ogni ombra di dubbiezza. Ma perche si veda cio anche con evidenza maggiore, si consukino i Poe- ti, che di quei Popoli han fatta menzione; e si vedr^, che nella parola Brittoni han fatta la prima sillaba lunga, e la seconda breve, ed in Britanni al contrario breve la prima, e lunga la seconda . Cosi Giovenale disse in una stessa Sa- tira, che e la quindicesima, = Callia Causidicos docuit facunda Britannos =r Qua nee terribiles Cimbri, nee Brit- tones unquam = : ed Ausonio in uno stesso Epigranima ^zSilvius hie Bonus est. Quis Silvias? Iste Britannus ? :=z Aat Britto hie non est Silvias, aut mains est =:, su i quali testi poetici si facciano le seguenti riflessioni. I. Che Giovenale, ed Ausonio, quandonominarono i Brit- toni, vollero accennare senza dubbio un Popolo diverse da quel de'Britanni ; giacche la quantita, o la misura del ver- so, non li obbligava ad alterare in quella strana maniera la parola, avendo potuto dire il primo = Qua nee terribiles OPUSCOLI LAPIDARJ. 209 Cimbri , saevique Britanni ; ed il secondo r= Aut non est talis Silvius , aut malus est. II. Che in fatti i modeini Giaraaiatici , e Lessicografi , han fatta distinzione tra le suddette parole , prendendo i Brittoni per Popoli distinti da.' Britanni: lua nello spiegare poi questa diversita hau coinmesso uu errore troppo inadornale^ imperocche lianno asserito, clie i Brittoni sono i Frances! della Brettagna uiinore, senz'aver osservato , che a tempo di GiovenaJe, che li uomina, non esisteva ancora nella Francia una tai Brettagna. III. Che accordandomi da una parte i Grara- inatici, che i Brittoni, noininati da Giovenale, non era- no gli Inglesi; ed essendo altrimenti certo che non pote- vano essere quei Francesi, che essi dicono , perche non erano ancora nati , bisogua crederJi necessariamente d' un'altra ter-sa nazione ; ed altra di certo non v'e, a cui si jxossano ragionevohiiente attribuire , fuorche la Britto- Ilia di Galizia. IV. Che e verisimile assai , che Giovenale parlasse di questa; imperocche egli va dicendo in quella suaSatiia, che la fierezza degli Egiziani era maggiore di quella de' Vasconi, de'Cantabri, de' Saguntini, de' Cimbri, de' Sarmati, de' Brittoni, e di pill altri ; onde ben si puo credere, che nominando egli tanti altri popoli Spagnuoli , quali erano i Vasconi, i Saguntini, ed i Cantabri, quelli pur iiominasse della Brittonia Galiziana : ne dee recar ma- raviglia, che li frammischiasse co' Sarmati della Moscovia, avendo egli mescolati poc'anzi in una maniera simile i Can- tabri di CastigHa con i Britannici dell'Inghilterra, ed i Sa- guntini di Valenza co' popoli settentrionali del Thule. V. Che Ausonioegli pure in quei suoi puerili scherzi ,co' quali cerca I'equivoco del Britto e del Britannus , e del Bonus cognome, e bonus adjettivo, dovea sicuramente aver in pen- siere un quaiche popolo di Spagna, piuttosto che della sua Francia, giacche essendo egli Francese, non avrebbe mai detto ue auche per ischerzo, che se Silvio Bono fosse state 2 10 IM A S I) E U clella Gallia Britannica , dovea per necessita e«ser cattivo. Ma voglio confermare anche di pii\ ci6 die finora ho def- to, .recandone aitre prunve prese dalla Lapidaria. Si osservi in prirno luogo 1' Iscrizione, die ho ricopiata, di Marco Me- nio Agrippa. Vi si dice, che egli era Pref'etto deila Cohorte seconda Brittonica , andato per ordine d'Adriano alia guer- ra Britaiinica , ed onorato poi cogl' impieghi di Prefetro della Classe Britannica, e di Procuratore deJia Provincia Britannia. Chi potra credere, che PAutore dell'Iscrizione, dando per tre volte all'Tnghilterra I'espresso nome di Bri- tannia., volesse poi far uso d'una diversa ortografia, qual e quella del nome (\\ Brittonia , per significare quella stes- sa Isola? Com' e credibile, che si voglia accennare in una stessa pietra uno stesso paese con due nomi affatto diversi. ugualmente cogniti per altro, come sarebbero Roma ed Ur— bs , nia coii uno stesso nome si diversamente scritto, e pror ferito, che possa far nascere idea d'un nuovo oggetto di- verse ? Cio si potrebbe lolierare in una poesia, dove il nome proprio ed usato non potesse introdursi per la diffi- colta delle sue sillabe, ma non gia in una prosa , e molto jneno poi in una Lapida, dove cotali difficolta non han Jnogo. Si osservi oltre di cio, che delle cinque Iscrizioni, che ho citate, quattro sono d' Italia, una di Spagna, e.d' In- ghilterra nessuna. Questa casualita nulla prov»i ^er se me- desima : ma pure dope le altre ragioni, olie ho recate, e una circostanza, che aggiunge un gran peso, quella di non avere gP Inglesi, ne i Francesi, verun monumento lapida- rio del lor preteso nome di Brittonia , ed averlo al con- trario gli Spagnuoli, non solo nella lor lapida di Braga , Citta per I'appunto della stessa antica Galizia, di cui erano i Brittoni. ma forse in altre lapidi ancora, le quali non ho Toluto riportare, perche vi rimane dubbiosa la parola a ca- gione dell'abbreviatura BRIT o BR, con cui e scritta. OPUSCOLI LAPIDARJ. 211 Un'altra riflessione lapiclaria posso aggiungere ancora in— torno alia patria Spagnuola degli Ufliziali Britroni, de'qua- li ci han conservato memoria le anzidette Iscrizioni. Tibe- 1 io Claudio Zenone , Tribune della Cohorte prima Flavia de' Brictoni , aveva il soprannonje di Ulpiaito , di cui non altronde e da cercarsi 1' origine che dalla celebre famiglia Spagnuola Ulpia^ dalla quale uscirono i due illustri Tra- jani , il Generaie , e I'lmperatore . Lucio Terenzio Rufo , Prefetco della Cohorte sesra de' Brittoni , non solo fu pre- iniato nella guerra Dacica dal suddetto Imperatore Spa- gnuolo, ma onorato ancora con una Statua per decreto de' Decurioni di Braga in quella stessa provincia di Galizia, a cui apparteneva (come ho detto) la Brittonia. Marco Me- iiio Agrippa , Prefecto della Cehorte seconda de' Brittoni, fu promosso da questo carico a quello di Tribuno della Cohorte prima degli Spagnuoli Equitati , ed avea inoltre delle onorate relazioni colla fiimiglia Spagnuola deli'Impe- rator Adriano, al di cui padre Senatore diede egli alloggio in sua casa. Cajo Nonio finalmente Prefetto della Cohorte terza de' Brittoni Veterani sembra non potersi dubitare , che fosse Spagnuolo; imperocche egli nella lapida e cogno- minato Ceplano , o Cepianense , dall' antica Citta Cepiana jiosta da Toiomeo in Ispagna nella Lusitania ; ed inoltre fu Prefetto dell' Ala prima degli Spagnuoli dell'Asturia, e merito in Rimini una Statua erettagli da un Uffiziale della stessa Cavalleria Asturiana. Tutte queste relazioni de'sud- detti Ufliziali Brittoni colla nazione Spagnuola m'inducono piu facilmente a dover credere, che questa medesiraa fosse la patria e 1' origine delle Cohorti Brittoniche. Aggiungero finalmente anche un^ altra congettura presa dall'Opuscolo anonimo Aotitla dignitatum Imperii j che fu scritto negli ulcimi anni del secolo quarto Cristiano^ o ne'primi del quinto. Sembra potersi dedurre da quell' Ope- retta, che le truppe, alle quali affidaYano aliora gl' Impe- a!2 MASDEU ratori la Jifesa Jella Spagna , erano qur.sl tutte Spagnuole ; imperocche tali erano i Legionensi della Cicta chiamata Legione aU'occirlente della Castiglia; tali i Gallici Primi
  • 3anno lutti gll Eruditi clelle patrie Antichita, che tra Ic altre autonome nostre CittaGreco-Itale dall'accurato Geo- grafo Strabone Italiotidi appellate, poco in la dall'Ofanto, e trai confini della Daunia , e dell' Apulia propriamente del- ta, fuwi la Greca Salpi, che il medesirao Strabone {Geogr. VI.) chiamo Navale di Arpi , I,cc^x7ria. m -mv A' fyv^TTrv^vuv sTivaov. Fu di fatti fondata sull' Adriatico per comodo for- se di trafficar le merci deila fertile Arpi suddetta; e dalle Greche sue varie meda2;lie, che anche oggi non e difficile di avere, argornenta il cliiarissimo Mazzocchi essere stata Citta Greca di Tirrenica fondazione, e quindi autonoma, e libera; se pure crederla nonpiacesse fondata piuttosto da' Rodj , leggendo SaAssTr/a? in vece di E"At<;«« presso il mede- simo Greco Scrittore (ibid, XIF.) eve parlando di loro dis- T. 1. P. U. . 3o 2 1 4 M O L A se, secondo il suo latino Interprete,,. Unde et usque Ihe- riam profectl ibi Hhodum condiderunt , postea a Massi- lierisibus occupatam , apud Oplcos vera Parthenopen, apud Daun.ios cum Cois (^Coum auxilio, legge (^atnniillo PelU- grino della Campania Felice Disc. 11.^ Elpias „: impercioc- che una tale EIpieafFatto ne'Daunj sconosciuta, e non mai intesa . Comunque sia, per r acre grave, e nocevole della vicina smisurata palude celebre tra gli antichi sotto il no- rae di palude 5aZapi(ia,e rainmentata finanche dal vetu- stissimo poeta Licofrone^ desoiata nel progresso de' tempi, fuda'Roinani sotto la scorta di M. Ostiliano, al riferir dell' Ughellio (^Ital.Sacr. T.Vfl.^, trasferita quasi miglia quat- tro lungi dal mare sti di unacollina, dove fu non meno conioda, e conosciuta tra le Apule citta, sapendosi, che nel tempo, in cui Annibale vi discese per la famosa guerra di Canne , ivi teneva la sua arnica; ed indi iiori per il ri- cevimento della Religion Gristiana, ed ebbe i suoiVescovi, la cuiSede e oggi unita allaTranense^e sul mentovato col- le con dolore se ne veggono le vestigia, e i pochi segni del- la secoada anche distrutta Citta. In quel lido intanto, ove ia prima e Greca Salpi era si- tuata, non e difficile di osservar finoggi le reliquie di una citta magnifica 5 vedendosi nel mare, allorch'e tranquillo, ruderi di colonue, di fabbriche laterizie, e simili cose, che additano un luogo di coltura, e di magnificenza. Per ta- car di tutto, basta guardare le belle Greche medaglie, che in quelle vicinanze si riuvengono, e che dal Magnan sono esattamente descritte ne' suoi Miscellanei nuniisma- tici ( Tom, IF. tav. 54.. 5S. ) col v.olto di Giove , o di Apollo, antbi laureati, da una parte, e dall'altra, o il cin- ghiale (forse il Caledonio, come appresso si dira), ovvero il cavallo col tridente, solito simbolo delle citta raarittime per I'onordi Nettuno, a cuiruno,e I'altro, eran sacri e proprj. Tra gli avanzanti ruderi adunque di talGreca cittd lun- t'M SPIEGAZIONE DI UN BASSOUILIEVO. 2i5 ghesso Taccennato lido Salapinofu non ha guar! riiivenuto il presence picciolo monumento difonna aitaglifa, che, come singolare per quanto io sappia in questo genere,sembra me- ritare che i nostri Eruditi v' impieghino un momento delle dotte loro investigazioni perdeterminarnerintelligenza. Io non faro, che semphcemente esporre le piu facih idee, le quali si sono eccitate nella mia mente al rifletter su di esso, senza osar di decidere cosa veruna in materie si oscure, e di iin'antichita si prodigiosamente rimota. Forse vi sara anche taluno, che di censoria gravity ri- vestiro notera come indecenti queste poche osservazioni, perche convenga in esse rammentare molfe cose, ed azioni, comunemente reputate oscene, ed abominevoH. Pvispondo raodestamente a costoro, che di tutto puo, e dee parlars! con verecondia di sentimenti, e di parole, suH'esempio di tanti eruditi sacri, e profani Scrittori, ed in particolare de' nostri dottissinii.Ercolanesi Accademici, e Commentatori . Oltre a cio, allorche I'ordine delle cose ii richicde, e I'in- vestigazione degli antichi monumenci ci costringe, niun ostacolo incontrar dobbiamo nell'esaminare o i deiirj delle pagane superstizioni per maggiormente detestarle,o i vizj, e le foUie degli uomini sforniti di vera religione per isfug- girgli, e guardarcene^ come fecero gli Apologisti Cristia- ni antichi, emoderni, e segnatamente S. Agoscino. Ed al- ]or,che trattisi dell'umana generazione, molto nieno dee cre- dersi improprio tal ragionamento ; perciocche separando I'osceno dal fisico, e dal naturale, sembrera molto utile r incoraggiare gli uomini alia propagazion della specie per vie oneste, e non vietate: se pur non vogliamo imitate i Paterniani Eretici, i quali insegnavano, che gli organi del- la generazione umana non da Dio, ma da un Antidio, fosse- ro stati in prima creati, e costruiti; quando anzi in essi dobbiamo amrairare, come pure in tanti loro usi, ed ope- 2i6 MOLA razioni arcane, il suggello artifizioso, che la mano v'impres- se del divino Creatore . S- !• Culto religioso dl Priapo. X rimieramente adunque place descrivere cio, che in tal curiosa pietra vedesi effigiato. Un uomo ritto in pie con folta barba, ed ignudo, se non quanto gli pende dal sini- stro braccio un lembo di mantello, niostra cli ragionare al- trui, gesticolando con la sinistra mano in una forma miste- riosa, e simbolica, mentre una donna similraente adulta, e del tutto ignuda, estuberante dal fondo deila pietra in un quasi semirilievo^ prostrata a lui d'avanti o succhia, o ba- cia,il suo fascino. Al primo aspetto io non dubitai di cre- der la tabella votiva al Dio di Lampsaco dal vedersi nella sua superiore estremita un foro ben eseguito con rotondo istromento, a cui forse corrispondeva daU'altra estremita simile forarae per introdurvi una cordellina , per mezzo di cui si appendesse nel muro di alcun Tempietto, o di pri- vate Larario. Mi venne allora in mente il vergognoso cul- to, che le piu antiche Nazioni prestarono a questo falso Nume,come fautore, e propagatore della specie umana. Gli Egizj ( dice -Erodoto nella II. Istoria^ nelle Feste B^c- canali ebrj recavano intorno per i villaggi alcune loro sta- tue cubitali con gran fascino disteso, che facean muovere con alcune cordicelle, chiaiiiate percio in Greco Nfiipo«T«?iZ ; andando innanzi il flauto, ed il coro colla statua di Mercu- rio simihnente mutoniata , a cui le donne , e soprattutto le attempate matrone, recavano omaggio, menandosela innanzi con una pompa trionfale fCoel. Rhodig. Led. at\t. lib. vii. cap. XVI. Alex, ab Alex Dier. Gen. lib. vi. cap. xix.). Nel- la prisca EUade era pure frequentissimo , e generale, il SPIEGAZIONE DI UN BASSORILIEVO. 217 culto di Priapo. Petronio Arbitro, che nel suo Satirico de- scrisse i Greci riti, e costumi, introduce un giovanecto a fargli questo voto : „ Nympharum, Bacchique comes, quem pulchra Dione „ Divitibus silvis numen dedit inclita, paret „ Cui Lesbos, viridisque Thalos, quem Lydus adorat „ Vestifluus, teinplumque suis imponit Hypoepis, „ Hue ades, o Bacchi tutor, Driadumque voluptas, „ Et timidas admitte preces Egli descrlve ancora la pompa, ed il rite delle Baccanti di Grecia, loro gia tramandato, come altri molti, dall'Egitto, e fa che in uno speco di Greca Citta quelle oneste matrone recassero anche nelle mani fascini Priapeschi per religiosa ceriitionia. „ Complures Bacchantium instar mulieres vidi- mus, quae in manu dextra Priapinos fascinos gestabant. „ Luciano ( de Dea Syria ) spiegando che fossero i Phalli presso i Greci, narra ch'eran legni aventi in punta statuet- te con lungo fascino mosse da cordicelle invisibili, ch'erano quelle, che di sopra accennai col nome di Nf ypo^TraVa, e sog- giugne , che nel Tempio della Dea Siria vedevasi ccivp a-/ji- y.poi ^qUaksoc e'^oiiv ouhlcv [xiyu. Inoltre ne'misteri Eleusini quantunque il secreto deU'epoptia, ch'era 1' ultimo grado dell'iniziazione, fosse impenetrabilc, ed a qualunque costo nonsicomunicasse, pure in alcune Citta si rivelava, come ia Creta,secondo cio che con Diodoro avverte Meursio (^Eleusin. c. 20. ). II simbolo, che in quella pubblica pompa recava— si, era precisamente un simolacro del viril fascino. Tertul- liano contro Valentino ( cap. I. ). „ Tata ia adytis divi- nitas , tola suspiria epoptarum, totum signaculuin lin- guae^ simulacrum virilis membri re\>elatur. „ E chi non sa in fine la famosa festivita del suddetto Phal- lo, che Erodoto (71. 49. ) chiama ^y^A^^ayoylci, ovvero Flt- e} per formar questa o religiosa, o misteriosa, raemoria de' patrii riti, o voti , o costumi. Ecco dunque que' pensamenti, che colla fievolezza del inio ingegno ho potuto formare sull'intelligenza non faci- le di questo singolar cimelio, qualunque vogliasi credere, della nostra autonoma Apulia. Sia poi di altri valorosi ta- lent! nelle Filologiche investigazioni il deciderne. 329 SAGGIO FILOLOGICO SULLE PRISCHE EGIZIANE TEOGRAFIE. DI S. GERMAIN-DE-GORDES. E'v ffKOTbi TAicra-uv ■rroiu.i apuXAet , ti/ ir^MV'^ ststou. • J. ra i varj Scrittori, cbe trattarono delJe Egizie Divini- ty faj, Alessandro Alessandri e il primo presso cui leggasi die le medesime anticamente venissero rappresentate alife- re: in usumvenit, dic'egli, apud y^egyptios et Phoenices, ut singulis Diis singulas alas adderoit (i). Non ci fa pe- ro sapere da qual Autore egli riconosca tale teografia (dal greco 0£oc, e x^'ipw), ne i di lui Comentatori haiino sup- plito a questo suo silenzio. E sembrato loro piu agevole i'abbagliare i poco diligenti leggitori col fasto d'una fal- sa erudizione, che di occuparsi a dibicidare un punto di cri- tica si interessante. Essici riraetcono a Leiio Giraldi, il qua- le e di gran lunga posteriore ad Alessandro Alessandri, ci-^ tandone la sua Storia de Diis Gentium CbJ, senza indicare il passo confacente al sentimento del loro Autore. Ma e egli vero almeno, cbe Lelio Giraldi vi ammetta siffatta teografia? (i) Geniales Dies , I. 4. c. xii. tomo i. Ed. c. N. v. Liidg. Bat. ex off. Hack in 8. p. io3o. T. 1. P. 11. 32 2 3o S. GERMAIN DE-CORDES Se cio fosse dovrei confessare che mi e fatalmente sfugaito il relaciyo passo quante volte ho procurato di rinvenirve- lo. Quest' Autore vi dice bensi dietro Eliano, di cui faro parola in appresso, che gh Egizj fregiavano il capo d'lsidu con penne d'avoltoj (2) : ma oltre che i menzionati Comen- tatori tacciono su questo luogo, in vano vi si vorrebbe ap- poggiare la pteroforia ^c^ d'Aless. Aless. II testo, che ne ho poc'anzi rapportato, decide la contesa, poich'egli vi ut- tribuisce delle ali a tutte le Divinita d'Egitto, e dalle sue espressioni si ha da presumere ch'ei credesse tali ale ade- renti al corpo delle relative statue o pitture, quando che L. Giraldi d'ali non parla, ma di penne, e ben lungi di ac- cordarne a tutte quelle Delta, e dire che al corpo de'sitnu- ]acri loro fossero aderenti , egli ne restringe I'uso alia sola Iside,e cio come sempliceornamento di capo. Winckelmann accenna alcune statue della nominataDea nellequali si rav- visano questi fregi (3); ma cio non pertanto sono da valu-. tarsi molto tali monument! dell' arte, sotto ogn' altro aspet- to, non contando i medesimi che un' assai poco remota ve- tusta pe' motivijche da me verranno addotti. Altronde fa mestieri notare che i ripetuti fregi adatta- vansi al capo d'Iside allora solranto che questa Dea veniva adorata qual parte soprana del cielo, e talvolta ancora qual Minerva. Presso gli Egizj il nome del cielo e di genere fem- minino , e secondo i riti loro facea d' uopo che quello fia gli esseri naturali, il quale adottavano per simboleggiarlo, fosse di una specie riproducentesi senza maschio . Essi tale cre- devan I'avoltojo: ond'e che al capo della Dea si ponevano le penne di quell' uccello rapace , soltanto nella surriferita (2) Syntagma duofJecimum, col. 385. tomo i. delle sue Opere, Liigd. Bat. Hackius, MDCXCVI. in f. (3) Storia delle Arti , ec. tomo i. 1. 2. c. i. p. 69. dell'ed. Milan.; e i Monumenti ant. ined. n. 77. Roma f. SAGGIO FILOLOGICO. '" aSi circostanza (4) • Dietro queste necessarie distinzioni riguar- do alle varie emblematiche rappresentazioni di quella Dea, non avvertite da Eliano, ne da L. Giraldi, non posso tratte- nermi dal dire die mi sembrano amendue assai mediocri os- servatori. In quanto ad Aless. Aless. io inclinerei a credere ch'egli non abbia verun Autore consultato circa le ale in questione. In fatti non vi sono tra gli antichi niolti Scritto- ri, che possano suggerirne I'idea. La dovrebb'egli mai ad Eliano, gia citato, o a Macrobio? In tal caso gli avrebbe interpretati male assai, e sarebbe pur riprensibiie per non avcrii nominati. II prime limitasi a dire che Tavoltojo era presso gli Egizj sacro aGiunone, e che dalle penne dello stesso (e se vogliasi dalle sue ali ben anche) ne acconciava- no il capo (5) ad Iside ; e cio senza dichiararne il motive, ne la circostanza, il che ho teste notato. II secondo riferisce che i medesimi usavano rappresentare pennifero il Sole, qualora occorresse additarne il corso veloce (6) ; laddove appare che non sempre venisse incotal modo simboleggiato. Non avvi pertanta fondamento di pretendere che nemmen queste due Divinita fossero con ali o penne effigiate indiffe- rentemente in qualsivoglia occasione, in vista delle ragioni addotte; meno poi riuscirebbe fondata 1' opinione d'Aless. Aless. che, cioe, tale attribute comune fosse eziandio a que- gli altri Numi , non avendo eglino le notate fisiche proprie- ty colle ali volutesi indicare : ci6 non abbisogna di dimo- sirazione . Macrobio nota a questo proposito (7) che il Sole (4) Orapoll. Hierogl. p. 20. , e 23. Ed. Greco-Latina , Paris. Sac. Herver. M. D. L. ia 8. ; Cour. Gesner. 1. iii. deavibus (ubi de vulture) Tiguri M. D. 1. 1 1 1 1, in f. p. ySy. ; e Kiveher, OEdip. Aegyp. tomo 3. p. 334. (5) AEIian. Hist, animal. 1. x. c. xxri.p. 569. tomo i. Londini eC MIJCCXLIV. in 4. (6) Saturn. 1. i.e. xix. p. zgS. in 8. C. N. V. Lugd. Bat. 1670. (7) loco citato. aSa 9. GERMAIN-DE-GORDES pteroforo d'Egitto altro non fosse se non il Mercurlo de' Gieci e de' Latini. Dal fin qui detto risulta che quand' anche Aless. Aless. \u abbasso perche mi sono servito di quella ediz. ((?) dal greco v/3fiiaccii, dietro " cio che leggesi nell' Esodo (c. 32. v. 6. i8. e ig. ) intornoairinan^n- « razione del Vitello d'oro , che altro non t'u che un'imitazione della fe- ci sta dell'Api Egizio ? Iiifatti Mose,che, secoiido Manetoiie (Joseph 1. 1. t( contra ./Jpion. c. zb. p. 460. 6461. tomo 2. ed. d' Havere. f. ), ha pre- « so in ogni cosa tutto lopposto delle sacre e civil! istituzioni di quel pae- " se, non ha ammessa la musica nella celebrazione de'sacrihzj da lui pre- n scritti. Egli se ne astenne per educare il popolo eletto in un ciiito del i< tutto contrario a quelle della Nazione, da cui I'avea liber.UuA'i era duil- « que in Egitto una Musica pe' sacrifizj , e un'altra per la celebrazione « delle fe»te. La prima vien attestata da Platone {de leg. I. 2. pag. 656. « lomo 2. ed. Serraiiiaiia), che W . non cita ; e da Strabone {I. jy. pag. « 1 152. e 1 155. alias Soi.), ch'egli cita a contra senso, sicconie mi la- « r6 a dimostrarlo: la seconda ^ attestata da Erodoto {I. a. c. 60. p. iSa.} , " e dal citato (ieografo ( /. 17. p. 1169. alias 8i4- ) « H resto non b di mio soggetto. (u) S' io qui dovessi unire la lista di qiianti ne ho rinvenuti nella di lui Opera sarebbe al certo soverchianiente prolissa. Ve ne ho ravvisati di piij sorte. Alcuni sono errori di fatto, altri false citazioni , o mal appro- priate, ed altri contradizioni. Talvolta accade d' incontrarne una quarta specie, che comprende le altre tre riunite in un medesimo punto; e ardi- sco dire che gli esempj non ne sono rari, indipendenteniente da'Iuoghi ri- presi da Azara , Bettinelli , Falconet, gli Editori niilanesi , Harcauville , Heyne, Home, Klotz , Lessing, I'Aut. della Phil. delaNat., Paw, Ti- raboschi, ec. ec. Si lasciaper breviti d'indicare le respettive Opere de'me- deslmi. ((') Leggesi nelle Memorie concerneiiti la vita di Mengs , preniesst; alle Opere di qiiesto insigne Pittoro (tomo i. da p. lxxx. a p. lxxxxix. ), a proposito del grado dove Mengs giunse nello studio dell'antico, e della luaestria di altri pittori nel contraflare le pitture Ercolanesi,che « Certi> « Casanuova allievo di Mengs tece due quadri nello stesso gusto antico, e « per ridersi di W. glieli fece capitare solto niano,come se fossero stati sca- « vati fuori di Roma. 11 buon W. se lo credette , e ne diede una spiega- (c zione pomposa nella prima edizione Tedesca della sua Storiadell'Arte. c< Ma scoperto poco dopo 1' inganno , 1' antiquario ne fu disperato : se ne « lagno amaramente in moke lettere, e ne'giornali, e ricorse fin al Lieu- T( tenant de police di Parigi per far sopprimere i rami , e la spiegazione " della tradiizione Francese, che allora coli si stampava.Oiiesta moda di « contraffaie pitture antiche entro in capo a Mengs, e lece un quadro <• rappresentaiite Giove baciando Ganimede , che W. prese pur per an- u tico, e lo descrisse con molta erudizione nel suddetto suo libro ; n^ »i « qaerelo dell'inganno, come fece per quello di Casanuova , forse perch^ « credette antico fin alia morte il quadro di Giove, ec. «. Se gli Editori a56 S. GERMAIN-DE-GORDES Milanesi avessero saputo questo curioso aneddoto, di cui ho un po' scor- ciatii la narrazione, non avrebbero fatte le oiaraviglie di non trovare nel- I'edizione Viennese, ne manco nella 2. traduzione Francese, la spiegazio- ne delle arcennate pitluie. Ben mi sorprendeche gli editor! Viennesi aven- done soppresse le desciizioni, abbianvi conservati i rami de'due quadri di Casanuova, ch'eranopui proscritti da W. I buoni Monaci Cisterciensl ascrivendo tiitto cio a omissioni involontarie, si credettero in dovere di ristabilii e i liioglii soppressi, a modo pero di supplimento (tomo 2. p. 340).' • (x) Prima diTiniie sul conto di VV . debbo prevenire che queste mie criticlie sono appoggiate all' originale Tedeseo della prima e seconda edi- zione, non che airElogio di lui pubblicato a Lipsia dal Sig. Heyne , pres- so Weygand 1778. in 12. siccome deesi sempre praticare da chi fa la notomia delle Opere altrui. Ho pure scorse le due traduzioni Francesi, e non pochi rilievi avreida notare contra le medesime, specialmente la pri- ma ( Paris in 8. ). Ho poi trasportate le mie annotazioni alia versione Ita- liana , dopo veriiicati i passi corrispondenti coU' originale Tedeseo , pet maggior comodo de'leggitori, e mio, schivando in tal modo di citare ora una edizione, ora un'altra,secondo che occorre. (y) Gli Autori suddetti citano iinicamente lapag. 148. del tomo i. del- la Stor. dell'Arte della versione Francese in 8., e cio soltanto rigiiardo al- le Divinita Etrusche. Se intendevano fondarsi suU' autorita di quel libro rapporto agli Dei Egizj , doveano rimeltere il leggitore alle pag. j3. 96. e iig. dello stesso toaio. (a) INotitia librorum est dimidium studiorum ; et niaxiina eruditionis pars exactam librorum habere cognltionera ( Gasparis Thunnaniti Bi- blioth. Academ. etc. Halae Magdeburgicae , impensis J oh. Freder. ZeiUeri M. DCC. in 4. ) {aa) Tali sono i miei principj: veggasi il mio Philaiete , entretien po- liiique et moral sur la philosoplue (p. 44- e s^gg- Mantoue de 1' im- prim. Virgil. MDCGCYlIi. in 8. ). DELLA VERA SPIRALE, 0 VOLUTA DEL CAPITELLO JONICO. MEMORIA DI COSmO KOSSI WELOCCHI. i erdesi nell'oscurita cle'tempi I'origine della Valuta, che adorna il Capitello d'Ordine Jonico nell'Architettura de'Gre- ci. Congetturano alcuni, che prendesse incominciamento da imitar trecce, buccole, ed inanellature di capelli muliebri; akri dall'incartocciarsi dei rami, o dalla corteccia stacoa- tasi, e ravvoltasi in cima dei tronchi degli alberi, quando s'adoperavano per Colonne. Ma sembra piu verisimile, che la Valuta avesse principio dalle tavolette sottiH poste in difesa, ed a stretta, tra la testa della Colonna arborea, e r Architrave dalla medesiina sostenuto, le quali tavolette accartocciandosi in appresso per 1' influenza dell' umidita atmosferica.si conformassero in Elicl. In ultimo il dotto An- tiquarlo Gio. Gherardo de'Rossi affaccio I'ipotesi molto pro- babile che, come dal vaso di Callimaco nacque casualmen- te il Capitello Corintio, cosi nell'alto delle Colonne Joniche prendessero questa forma di Valuta di fronte, e Cuscini di 2.58 COSIMO ROSSI MELOCCHI fianco, i paramenti, ed addobbi o di drappi, o di fogliami preparati pe' di festivi nei Templi, ravvolgendoli, e fernian- doli lateralmente aH'alto del Capitello piia di calarli, e spie- garli in pendoni, ofestoni nel giorno solenne. Ma cliecche sia di cio, parve tanto graziosa si facta Foluta che gli Ar- chitetti di quelle floride etti I'adottarono come ornainento nell'Arte loro, e disegnaronia nelle proporzioni piu delica- te. Cercarono gli Architetti, e specialmente cinquecentisti . d'indovinarne il segreto; e chi descrisse la Valuta in un niodo, chi in altro, gareggiando, per cosi dire, nel piesen- tarla di miglior garbo, venusr^, e proporzione. Convenne- ro pero tutti i seguaci delle regole del Vignola, che sono i piu , che la Foluta partendosi quasi dal sommo del Capi- Tello, e terminando alia circonferenza dell'occhio, avesse tre giri, come apparisoe dalla I. Figura, e composero questa trip! ice rivoluzione con varie regole grafiche, e con diversi centri descrivendo piu archi di circolo, digradandone i rag- gi , e facendo si, die gli archi consecutivi fossero men di- scordant tra loro. Ebbetra le altre descrizioni della Folu- ta accoglienza maggiore dagli Architetti quella, i cui cen- tri sono disposti come nella Figura II., la quale dimostra la regola classica del Fignola . Flavvi pero in tutte il di- fetto del passaggio saltuario dalla curvatura di un ottante, o quadrante, di circolo a quella del suo vjcino, che e quan- to dire la discontlnuitd df^Wa. curva. Tanto e cio vero quan- toche analizzaudo il tipo datone dal Fignola, gli archi di cerchio, che si descrivono, in vece d'esser tangenti 1' un J' altro, come dovrebbero nei loro incontri, forman de- gli angoli rlentrun.ti , sebben piccolissinii, e nascosi all'oc- chio volgare, ed e accettata dagli Architetti la correzio- ne datane da Daviler, che puo riscontrarsi nella Figura segnata di lettera L. Tav. VI. delle incise da Cipriani in seguito deir Opera del Milizia Principj d' Architettura Ci- vile. Sarebbe stato, per mio avviso, miglior consiglio imi- BELLA SP2RALE , O VOLUTA ec. 209 tar la Spirale di Conone, o Arch'imede, ch'e una Valuta contlnua, o qualche altra consimile come la Spiral logarit- mlca ec. rintracciandoue il modo agevole di segnarla, e descriverla all' uopo . E di fatti , per quant'o il sentimento del Bello sia ancora un mistero nella sublime Filosofia, contuccocio i fini co- noscitori dclla Bellezza nei tre regni della Natura vanno d'accoido ch'essa soprattutto consista nei lineamenti, o profili delle forme graziosamente tratteggiati, cioe senza salto, stacco, o rapido cambiamento di curva; cosicche rocchio non possa accorgersi del, passaggio da un punto all'altro, che serv^a a lui di riposo, ma venga per avven- tura obbligato a contemplarne J'insieme. Guasta la sensa- zione del Bello ogn'interruzione, che vi s' incoutri : di- spiacciono gli angoli o rientranti, o salienti; urtano il buon gusto degli osservatori assuefatti alle grazie della bellezza i mancamenti diproporzione tra le parti d'un tutto, o i pas- saggi non motivati da membro a membro, da modinatura a modinatura. Chiunque faccia il paralello degli Architetti antichi, e moderni, non potra a nieno di non con venire ciuanto differiscan tra loro neW nrnatlva degli Ordini, e quanto, ferme stanti le masse, si discosrin dal Bella a paia- gon del PaZ/acZtogli Artisti, o anteriori, o contemporanei, o d' eta posteriori . Hanno i precetti di Vitruvio , Serlio , Sca- mozzi, Flgnola,uno stile, ed una maniera particolare, che fa distinguerii presso gli araatori del Bella, come il Pittor delle grazie ,raniabil Coreggla si distingue tra gli altri del- le Scuole pittoriche di tutta Italia. Leggansi a questo pro- posito le iilustrazioni di Spampani, ed Antonini, al Vigno- la dell'edizione di Roma, e si vedano I'esattissime Tavole deir Abate Uggeri nella sua Opera intitolata: Les trols Or- dres Grecs d'apres les Monuments de Home antique. Applicando gli esposti principj alia Valuta Jonica, ch'e il principale argomento del mio breve discorso, non v'ha 2,6o COSIMO ROSSI MELOCCHI dubbio, ch'essa s'allontani non poco da quell' armonica per- fezione, che suol essere la magia deile Belle Arti. Di tre, o piu o ineno giri, che sia, secondo il vario costume degli Ar- chitetti, abbia i suoi inolti centri situati diversaniente con questa, o con quella regola pratica': gli Archi circolari, che la compongonosempre cambiario saltuariamente di curva- tura, e fanno accorgerne I'occhio, che fuor d'ogni dubbio mal sofFre si fatta diiformita, anche senza intenderne la ca- gioiie. Aggiungasi che nel girar le Folute,come anche segue nelle Ovali a piii centri, ancorche gli archi di cerchio fos- sero regpettivamente rangenti, gli Scultori, ed Artefici se- condarii, nel passare da un Arco all'altro, in virlu della loro ordinaria trascuratezza , son soliti accrescerne il man- camento, mescolandovi transizioni brutte, e angolose. Di qui e che tornerebbe in acconcio trovare un metodo age- vole, il quale regolasse la mano degli Architetti non solo, ina eziandio degli esecutori meccanici di questa parte orna- tiva del Capitello si Jonico, che Corintio , e Composito, non meno chedi molti altri ornainenti accessorj, come Men- sole, Modiglioni, Cippi, e consimili, i quali terminan di frequente in Volute arricchite di tbglie, maschere, ed altri emblemi, o accessorj. Esaminata adequatamente la soggetta materia, mi e riescito trovar la maniera facile di descrive- re la Spirale Jonica mediante il movimento cont'inuo . At- tendendo prima di tutto alia citata descrizion del Vignola, trovai quella equivalente al modo d'aver posatosull' occ/iio della Valuta la base d'una Piramide regolare a quattro facce, la qual base quadrata si rappresenti dal maggior dei qua- drati tratteggiati nella Fig. 11. , e d'aver viavia trasportati i centri t , 2 , 8,4 sugli spigoli della Piramide, collocando- le gradatamente a maggior altezza, e svolgendo unfilo, o ca- tenuzza fissata nel punto I, onde descriver la prima rivo- luzione. Descritta questa, verrebbe la seconda a segnarsi mediante lo svolgiraento d' un altro giro del medesiino jilo BELLA SPIRALE, O VOLUTA ec. 26/ avvolto sulla Piramide in maggiorealtezza, e corrisponden- te agli angoli 5, 6, 7, 8 del secondo Quadrato; e cosi si dica del terzo giro, o di altri consecutivi,avvoIgendo il filo sempre piu prossimo all' apice della Piramide . Ora egli e manifesto che, se Vignola , in cambio d' una base quadrata, n'avesse scelra una triangolare, e cjuindi un'ottagona, se- decagona ec. , avrebbe nel primo caso ottenuta peggiore Spirale, ed avrebbe negli alcri conseguita la sua Valuta composta di piu piccoli archi di Circolo, ed in maggior nu- niero, e percio men dlscontinua. Qmndi e che soppressi g!i angoli non era malagevole I'inferirne, chela Pii amide cam- biata in un Cono recto avrebbe mutato il dlscontinuo an- damento in continuo , e resa molto piu vaga, ed armonica la Valuta. Merce dunque dello sviluppo, o evoluzione di un filo (che potrebbe anco adattarsi, quando piacesse, a piu di tregiri) o mediante una minugia men che si possa cstensibile , si descrive con tutta grazia, e vaghezza, senza niun salto o distacco, la Valuta sopra di un piano, come presso a poco descriverebbesi la piu semplice delle curve, ch' e la circolare circonferenza. Ognun sa, che le curve ge- nerate pel mezzo d' evaluzione , vengono ad esser composte d'archetti inassegnabili circolari, diversi di curvatura, e di centre, ma tali, che le curvature, i raggi, ed i centri, pas- sano senza inteiruzione, ne salto, daun sito all'alrro, da una grandezza all'altra insensibilmente, componendo cosi una sola Curva uniforme, e contlnua. Chi e giudice della Bel— lezza, e dee sapere, come avverti Michelangiolo, d'aver le seste negli occhi, non trover^ intoppo, ne ostacolo in os- servare si fatta Valuta, la seguira in tutto il contorno, non incontrera punto di passaggio spiacevole, e quasi con lei s' immedesimera neU'assaporarne col gusto dell' Arte la pro- porzione , e vaghezza . Ecco il metodo suggeritomi dalle speculazioni, che ho fatto in diversi tempi, e congiunture opportune, su questo 2'. J. P. 11. 36 26a COSIMO ROSSI MELOCCHI ramo di Oniativa architettonica ora propostomi ad illu- btraie. Sia V occhio della Voluta da disegnarsi di tal grandez— za, cbe il doppio del di lui Diametro venga rappresentato da AB nella III. Figura. Questa retta AB dividasi in looo. parti eguali a foggia di Scala proporzionale > o di Modulo. Stando ai tre giri della Voluta, e piacendo di conserva- le le pi'oporzioni delle loro distanze assegnate dal Vlgnola (Fig. I.) dee formarsi uri Triangolo isoscele (Fig. III. ) sul- la base AB, e della altezza CD, che determineremo piii sotto, ma che sia tale, che le tre sue porzioni inferiori CE, EF, FG, stiano in continua geometrica proporzioae , il cui piitno termine CE sia eguale alia base AB nominata di so- pra. Cio si ottieiie tagliando CE = AB, EF=MN, FG = PQ, condotte le MN, PQ ec. paralelle ad AB, e va- lutate iu parti del Modulo nella precitata Figura , come rendesi manifesto dal seguente T E 0 R E M A. D, 'ivisa la retta CD di qualunque lunghezza in progress sione geometrica, di modo che si verifichi ^DC: DE: DF: DG, ec, se per i punti della proporzional divisione cooducansi le rette MN, PQ, RS,ec. (paralelle ad AB, e tra di loro, e terminate ai lati eguali dell'angolo ADB) saranno i." anche le dette paralelle in progressione geome- trica ; 2." e se A B = E C , saran parimente M N = F E , P Q = GF, ec. Imperocche i Triangoli simili ADB, MDN, PDQ, RDS ec. danno BELLA SPIRALE, O VOLUTA ec. 263 I." AE:MN:PQ:RS = DC: DE:DF: DG. Dunque ec. 2.° AB: MN::DC-DE: DE-DF : : CE: EF, cioeMN =:EF;MN:PQ::DE-DF: DF-DG::EF: GF,cioe PQ=GF. Dunque ec. Alle rette M N, PQ, sonosi aggiunti (come si e detto) i numeri delle parti del Modulo, dai quali resulta .AIN ^ PO=:AB = CE. Oitre di cio son segnate nella fioura tre altre rette tratteggiate paralelle alia base AB, e per conse- guenza fra lore, perclie dietro la traccia delle medesime in- cidasi una seconda Spirale conica, che dee servire alia de- scrizione dell'altra Valuta lineare, tra la quale, e la prima, ricorre il Listello in rilievo. Per comodo degli Architetti evvf ancora segnata la de- scrizione grafica col Compasso. Trovato il punto E mediante CE rr A B. e trorato il punto G per mezzo di EG = CE=rAB, resta solo il punto F da assegnarsi. Ma essendo, o dovendo essere. per I'ipotesi CE, ovvero EG, EF, FG in proporzione continua geo- metrica, viene ad essere EF la parte maggiore di EG, ossia C E, ossia A B, divisa in estrema, e media ragione. Ora tutti i Geometri sanno, die per eseguir col compasso divisione si fatta si dee prendere C t eguale a C E, e poi dividere per met£l in H la retta istessa CE, e condurre da H a t la retta 11 t. Fatto quindi centro in H, e col raggio HC descritto un Arco circolare sino a tanto, che tagli H t nel punto y, sara ty, o la sua egual misura riportata in ty, eguale ad EF, che si cerca determinare. Si divida percio, come DC (Fig. III.), il lato di un Co- no retto, che abbia la cima non molto elevata sul piano del- la sua base. Sopra la superficie di questo Cono debbon de- scriversi tre giri di Spirale, partendo da un dato punto del- la base medesima. A tale oggetto si coininci dal descrivere un cerchio (Fig- IV.), che abbia per raggio il lata del Co- :z6i^ COSIMO ROSSI MELOCCIII no. Incli misurata la circonferenza della Base del Cono stes- &u, si svolga questa, eriportisi sulla circonferenza del detto cerchio, e coincida , per esempio, coll'Arco disteso tra i punti A , e B. II raggio C A rappresenta quel iato del Co- no, dalla cui estremita inferiore contigua alia Base, si trac- cia la Spirale, che si avvolge attorno al Cono in tre giri, e taglia percio tre volte il predetto Iato del Cono. I punti di queste intersezioni, notate sul raggio C A, o sul suo egua- le CB, dai nunieri 4, S, 12, deggiono essere tali, die C 12, Ci 8 3 C 4, C A. sieno in continua progressione geometrica, lo che da il modo di determinarli facihnente tirando nella Fig. III. la linea a h paralella a DC, ed eguale al Iato del Cono. Le intersezioni 12, 8 , 4^ di questa linea ah con le linee condotte dai punti G, F, E all'apice h daranno la si- tuazione dei medesimi punti sul raggio CA, e C B nella Fig. IV. Restano a deterniinarsi i punti intermedj, nei qua- li la cfirva taglia i diversi raggi, che dai centre C si pos- son condurre alle varie divisioni dell'arco AB immaginato diviso in due, quattro, otto, sedici ec. parti eguali. Sup- ponghiamo quattro di queste divisioni notate mediante i tre punti D, E, F, a cui si conducono i tre raggi CD, CE, CF. II punto 2, ove la curva taglia il raggio CE, equidi- stante dai raggio C A, e da CB, si ottiene cercando la me- dia geometrica proporzionale fra le due linee CA, e C 4, poiche - C A: C 2 : C 4. In vista di cio sulla linea indefi- nita LL ( Fig. V. ) si riportino la retta CA della Fig. IV. da m ad fi J e la retta C <^ da n a p ; la somma m p di queste linee si divida per metti in Oj e quivi fatto centro si giri il semicerchio m gp. Dal punto n si alzi la normale n q, e sara questa la niedia-proporzionale richiesta , che ])ortata sul raggio CE ( Fig. IV. ) dara il punto 2, in cui la curva taglia il predetto raggio. Collo stesso metodo si trovi la me- dia-proporzionale fra la linea CA,elaC2jesi avra la lunghezza C ij sul raggio CD: si trovi pure la media-pro- BELLA SPIRALE, O VOLUTA ec. 265 porzionale fra C 2 j, e C 4^^ e si avra la lunghezza C J, o bivvero il punto, in cui la curva taglia il raggio CF. Que- sts tre medie-proporzionali sono additate nella Fig. V. dalle linee rette, o altezze nq, n s, nr. , Fissati cosi i punti 1, 2 , 3 della curva, si potranno ot- tenere, senza npetere le stesse operazioni, anche i punti 5 , € i'^ , ^ , 10, 11. k conseguir cio si riportino le tre linee C A, C 4 J C 8 \n ah , cd, c f paralelle fra loro ( Fig. III. ). Sul- la a 6 si riportino le tre linee C 1 , C 2 , C 3 , che corri- sponderanno SiA a 1 , a 2 , a 3. Dai punti 1, 2 , 3 si con— cjucano all'apice h aitrettante linee rette: le intersezioni di queste colle due paralelle cd , e/daranno i punti 5 j, 6 , j ec. , e riportando la linea cs in C s ( Fig. IV. ), la c6 in G b, e cosi le restanti, s'avranno i ricercati punti sui raggi CD, C E, CF. Questi medesimi punti 5, 6, y, ec. (Fig. IV.) si sarebber potuti altresi trovare portando le corde , che sottendono gli Archi Aj^ 1,2 2,3 3 , /^ paralelle a se stesse in ^, 5; 5^ 6^; ec. , come pure in 5^ ^ ,' ^ , iO ," ec. , deir ultimo giro, o rivoluzione. Supponendo d'aver con questo metodo delineata la Spi- rale in un sol tratto contlnuo sopra d' un Circolo, in vece d'averla tracciata in tre parti staccate sopra il Settore B A C, e supponendo oltraccio d'aver fatta I'operazione sopra una lastra, o lamina metallica, si ritagli questa secondo I'an- damento della curva, e si riporti quindi sulla superficie del Cono determinato. Cosi il fondo dei giri, o delle rivo- luzioni Spirali, tornera appuntino sull'esatta, e vera conica superficie, su cui la Spirale debb'esser descritta. Se ora nel solco spirale si ponga, ed avvolga, una corda fermata con un de'suoi estremi stabilmente all'origine inferio- re della Spirale medesima^e quindi si collochi immobilmente la base del Coho (che debb'essere precisamenteugualeal cir- colo tratteggiato, e distinto co' numeri ijS, 3,4, nella Fig. II. ) suir occhio della Volutajdi tal maniera che il pun- 9.66 COSIMO ROSSI MELOCCIII to fisso della Corda corrisponda esattamcnte , e si posi sul punto C, che^iace suH'orizzontale AB ( Fig. VITI. ) eqne- sta Corda sia sempre tesa, tenendosi con facilita nattualc ai Disegniitori la punta di un lapis beo verticale nell'altrn estremo (*), la punta stessa del lapis, sviluppandosi, o svolgendosi graduatamentela Corda, descrivera sulla Carta, o sul piano la Valuta Jonica . Descrizione sifFatta si rende ancora piu chiara osservando nella Fig. VI. in elevazione I'insieme del Cono , del lapis, e della mano che !o condu- ce, e nelia Fig. VIII. il Cono in pianta colla Corda compiu- tameute sviluppata ( che mostra ancora in E, F, G i pun- ti della sua divisione relativi ai tre giri, con piu Tavanzo tguale al raggio AmWoccIuo ), e descritta gia la Spirale. Se- gnato in ta! guisa il contorno esteriore della Valuta ranpre- sentata nella sua integrita con i nuraeri corrispondenti , e gempre fermo il Cono nella situazione gic\ delta, svolgasi allora col medesimo metodo I'altra Corda, la quale fissata nell'istessa parte della periferia della Base, come la prima, ricorre sulla seconda Spirale conica, ed e tanto piu corta della prima Corda, quanto importa la distanza tra le due ultime paralelle z x , td A B (Fig. III.). Verra cosi a dise- gnarsi il contorno interiore della Valuta, tra il quale, e I'esteriore gi^ descritto, resta compreso il Listello summen- tovato. ^ Nulla cosi manchera alia vaghezza, e aH'insieme di tutte le parti della Vuluta , che, a diflFerenza di tutte le altre costruzioni di Volute immaginate fin qui, e rappresentata da un'esatta Spirale, che in tutti i suoi punti conserva sem- pre la medesima legge unifornie, e costante;, e nulla perci6 manchera alia continuita del perimetro, alia grazia della jiroporzione delle parti, alia facilita di descrivere la Curva collo sviluppa , come sarebbe, se non d'un Circolo, o d'ua Ovato, di una Curva, che fosse generata AdW-evoluzione d'un DELLA SPIRALE, O VOLUTA ec. 267 filo avvolto sopra d'un altro, che fu la bella iuvenzione del- j'Ugenio , generalizzatn piu di recente da Monge. Oltre alle mie considerazioni speciaJi sulla sensazione del Bello , e massimamente iti Architettura, mi e stato d'ecci- tamento. per Wndurre a termine la ricerca del perfeziona- nienco della Volutu, quelle che ho detto di fiJosofico, e nuo- vo, neirOperetta pocanzi prodotta alia luce sulla vera Cur^ va degli Archi del Ponte a S." Trinita di Firenze , e se- gnatamcnte nell'articolo Magistrale, che incomincia Rima' neva ora solo eo., a pag. 24. e segg. dell'edizione di Verona. Nota (*) SPIEGAZIONE DELLA FIG. VIL che dimostra una Macchina per descrivere le Spirali continue . Oul vertice A del Cono inalzo ua'asta B, che serva di perno , o di car- dine, al cannello C, addossato al quale venga stabilito ad angolo retto ii canal chiuso D, dove scorre il pezzo, o verga E, aU'estremiti della qua- le vi sia fissato un altro cannello F, per contenervi la Canmircia del La- pis G. Se in questa s'intaglierci una vite corrispondente in altezza alle tre livoluzioni del Cono, e V yj^ello, o il laccio dell' estreiiiita della Corda H, sia coUocato nellicnpanatiirii della vite suddetta, nel girar che tarii la Verga avvolgendosi al Cono la Corda, sari questa obbllgata a mantener- si sempre orizzontale, scorrehdo I'estremiti di lei a proporzione dello ^^ svilu])po del Cono in detta Vite, ed in conseguenza ne verri che 1' Asta ^/f del Lapis, che descriveri la Spiiale, rimanga sempre verticale rispetto al piano sottoposto. Con simil mezzo resta corretta la parallassi , che potrebbe na->cere guidato il Lapis dalla seonplice mano d'Esecutori mec- canici, che per lo j)iu con avendo la mano avvezza, e terma nel disegna- re , saranno adesso in grade con sl fatto Istrumeoto di corrispondere alia stessa esatCezza degli Architetli. 268 COSIMO ROSSI MELOCCHI La Verga su(Metta dovra nel girare scorrere nel siio Canale appiinto tanto , quanto rirhiede il successivo avvolgersi della Corda ; e converrA, star ben cauti che nel rivolgere il pezzo F, durante rinvilii))po della Cor- da sul Cono, il cappelletto I della Cannuccia, il quale sta ira le dita del- J'Operatore , giri siffattatnente , che il suo diametro ^ resti sempre pa- ralello a se stesso , onde il laccio vada girando neliaVia vice corrispon- tlente. • 269 SULLO STATO ATTUALE DELLE BELLE ARTI 1 N 1 TALI A, E PARTICOLARMENTE IN ROMA DI G. A. GUATTANI. JlLO STIM ITJSStMO SiCNOnE GIO. PAOLO SCHULTESIUS Segretario della Ctaise detle Belle ArtU A llora che vi compiaceste, o Signore, di manifestarmi il vosrro desiderio d'inserire nel primo VoluinCjche va a pub- blicarsi degli Atti deH'Accademia Italiana di Scienze, Let- tere, ed Artija cui apparcengo, un Articolo di mia mano, che dipingesse, come in un quadro, lo stato attuale delle Belle Aiti, e segnatamente indicasse le ultirue produzioni di quel inigliori Artisti, che vanta la nostra immortale Penisola, parvemi alia prima facil cosa il potervi ubbidire. Pensai, che,per quanto Roma concerne, avendo io molto di gia rac- colto ne'quattro Volumi. delle mie Memorie Enciclopediche sulle belle Arti ed Antichita, agevolmente avrei potuto in- formarmi dell'operato neile altre Citta del Regno Italico, dove le Arti si onorano, e dove alzan la fronte Accademie T. 1. t 11. 37 270 GUATTANI illustri, con regolati coticorsie distribuzione di premj. Non saprei dire intanto per qual ftitallta non ha I'esito corri- sposto alle mie buone intenzioni: poco a dir vero ho pota- to risaperne; onde astretto dalla parola, alle produzioni della patria niia,come ad unico asilo,ho dovuto ricorrere per servirvi. A buona sorte ascrivo pero, che essendt) ancora Roma la niaestra del Disegno, tali e tanti prodotti ha ve- duto e vede sorgere nel suo seno, che poco mi e stato ne- cessario di aggiungere per conseguire I'intento di mostrar- vi come trovisi ai nosCri giorni quest'arte trip! ice, ed a qual meta potra aspirare, se i fati le saranno amici. Pittura. Happorto dunque alia Pittura, se si volge per iin mo- inetito io sguardo a qualche secolo iiidietro, dopo tutti gli bforzijche fecero i divini ingegni del Secolo decimo quioto, per ricondurre al sublime le tre Arti sorelle, massime la Pit- tura, questa insieme colle altre, alio spirar di Raffaele.e de' suoi imraortali coevissi vide miserabilmente cadere; e pre- cipitate avrebbe per sempre, se dal Cielo,piu che dalla ter- ra, venuti non fossero a sostenerla i fratelli Caracci , con aver piantata una Scuola, non cosi pura nelio stile come la Romana e la Fiorentina, ma ricca di pensieri, brillante in coniporre, armoniosa nel colorire, e quel ch'e piu, fortu- nata, perche feconda di alunni, i di cui nomi e le opere fan- no, e faran sempre, I'onore dell'Arte. AU'eta dei Zuccheri, e del Cortoiia, deve fissarsi I'epoca della prima sua decadenza, sebbene non siavi dubbio, che raassime il secondo, non sia stato un Artista di grande in- gegno, fecondo in immagini, franco nell'eseguire, Pittor grande, ed insieme Architetto. Pur dopo ancor I'Era Carac- cesca, dopo le tante ammirabili produzioni de'gerrnogli piti felici di quella Scuola, Domenichino , Guido , Albatio ec. DELLE BELLE ARTI. 371 vqjle il destino che la Pittura ( displace il rainmentarlo ) ritornasse a languire. Sia per timidezza soverclwa , sia per certa limitazione o servilita d'iiigegno, sia per difetto di ben regolati'studj suU'antico e sul vero, i dipiiiti che seguirono quell'epoca, non ebbero nulla di grande. Si scosse I'Arte un poco, e iliede qualclie ribalzo al coiuparir del Maratti; che pero belle cose in seguito apparvero del Benefiali, del Ma- succi , del Concuj, del Trevisani , di Benedetto Luti ., del Batoni, ma non bellissime, e tali che niostrino una fran- chezza maestra, un geaio veramente pittorico. Blanco, ci sembra, cjuesta potentissimadroga anche al valoroso Mengs: ne ci iasceremo cosi facilmente imporre da qualche Critico, quanto saggio nel resto, altrettanto a di lui favor prevena- to, il quale per troppo inalzarlo, nocque piuttostOjche gio- t6, alia sua fama, decidendosi a dire, che solo in lui si cu- muiassero il sapere degli antichi, il disegno di Rajfaello , il colorito di Tiziano , il chiaroscuro del Correggio. Con- fesseremo piuttosto di buon animo, che questo iiistancabile pittore, e pittore filosofo,co'suoi scritti non raeno che co'suoi dipinrijne ha mostrato, vaglia il vero, la buona strada, per cui camminando potra 1' Arte risorgere ad eraulare , se non superare, i passati. E che di fatto questo sia il felice andamento,che le Arti ban preso neiralfacciarsi del corrente secolo, non puo dubi- tarsi. Una ragion potentissima di quest'aurora felice e ap- punto, a mio credere, che ai ben diretti studj uniscono i inoderni Artisti la cultura dello spirito. A cio aggiungendo- si lo stabilimento di numerose Accademie, raumento de'Mu- sei, un miglior metodo introdotto negli studj, lo spirito del criticare, e I'assistenza che alia gioventu studiosa prestano j capi d'arte, tutto fa si, che le opere al giorno d'oggi si ve- dono andare immuni da certi madornaii errori e bisbeti- chezze praticate negli scorsi tempi: al contrario trovansi '^ presso che tutte inventate con convenienza, e lodevolmen- 272 GUATTANI te esegulte. Che se malgrado i suddetti vantaggi volesseja- gnarsi taluno di non vedere produzioni tali, degiie di misu- larsi con i molti capi d'opera de' maestri passati, ai quali, per di piu, e mancarono i mezzi , e nell'lndigenza piuttosto die nei coiuodi vissero, non e nostra la colpa. Attnbuir cio si deve al giro delle umane cose, a qualche soprannatiirale ascendente die fa sorgere, quando nieno si peiisa, straor- dinarj ingegni, e facendo loro superare gli ostacoli piu in- vincibili, li conduce, senza sapei come, all'apice della glo- ria. Intanto non possiamo non cliiamarci content! nell'osser- vare le ultima produzioni del tempo nostro. Quante di es- se, allorche avranno indosso la veneranda patina del tem- po, non andranno con le antiche confuse? Non pochi Arti- sti sono presentemente in Italia, o dali'Italia passati altro- ve, che possono giustaniente pretendere ad un tale onore. Vedianio, se nial non mi appongo, un David in Francia, il quale, dopo aver visitato I'ltalia e Roma, si fa ora amraira- re in Parigi, sorge meritamente in capo della Scuoia Fran- cese, ed ha per seguaci Fahre , Drouait ed altri professo- ri di merito. Che non doveva sperarsi dal pensionato Fran- cese Ariette , se avesse vissuto dopo quel suo Orazio al Ponte, esposto gli anni scorsi nell' Accademia Iroperiale e Reale di Francia in Roma, sebhene non compito? Pari al merito suona la fania dell'attual Direttore deH'Accademia Francese in Roma le Thlerre, i cui dipiuti si sostengono fra i capi d'opera della Galleria Luciano Bonaparte . Cosi il presente Direttore della Reale Accademia di Napoli Vicar fu da noi piu volte lodato per il suo purgato disegno, per la vivacita delle tinte, e per certa lampante veritu, e fini- tezza, che mette ne'suoi ritratti. Brilla in Milano il Profes- sore Appiani tanto nel genere eroico, che ne' ritratti, ed unico puo dirsi nel condurre mirabilmente a fresco, gene- re di pittura, secondo Michelangelo, il piu difficile, proprio DELLE BELLE AB.TL 278 e caratteristico de'gran Pittori . Ne onora meno la sua pa- tria Giuseppe Bossi, i di cui pittorici ed eruditi talenti fu- rono "iii da noi enconiiati nel secondo Volume delle nostre Memorie in proposito del suo spirante Temistocle. Ivi no- taninio, che dopt) aver egii fatto per lungo tempo sua stan- za le stanze di Raffaello, e la Sistina del Buonarroti, non poteva non godere la grazia di Melpomene, e cimentarsi con successo, ovuutjue avessero avuto luogo la tromba ed il co- turno. Giustamente per conseguenza avendo quel saggio Governo ordinate di trasportare in Mosaico la famosa Ce- na di Leonardo, e stato prescelto a formarne i cartoni co- ]ui, che tanti altri ne avea felicemente eseguiti suUe opere deirUi binate e di Michelangelo. Vanta, e con ragione, Fi- lenze i suoi SabatelU, e Bcnvenuti, al secondo de'quali si sa quauto il suo bel quadro della Giuditta abbia recente- mente accresciuto cretlito e rinornanza. Dopo tanti altri Pit- tori di voga, che sparsi qua e la ne stanno per le Capitali del Regno, i di cui nomi o ci sono ignoti, o non ci vengono sulla penna, e non saranno men degni di elogio, Roma non cede in questo ramo d'arte a verun paese d' Italia, sia per numero, sia per valore. A comprovarlo ricordiamo per primo il Cav. Vincenzo Camuccini, attual Prmcipe dell'insigne nostra Accademia di S. Luca. E cosa notissima come i profondi studj,che ha egli fatti su i due prototipi della Scuola Fiorentina e Roma- na, lo hanno condotio al punto di divenire la piu corretta amatita, il dist-gnator piu spedito e net to che si conosca, il compositore piu ragionato ed esatto. Ad una piena notizia della Storia antica, della Favola, e di tutto cio che ha rap- poiroaMe memorie presenti e passate dell'Arte sua, tanta as- siduira ed amnre aggiunge nell'operare, che gia Roma con- ta vedere in questo suo figlio un pittore finito. II suo graa quadro didla Virginia giganteggia in arte cosi per la subli- miti del pensiere, che per la sostenutezza del carattere Ro- 274 GUA.TTANI mano ne'volti, nolle attitudini, e nella viva esprcssione di quei Repubblicani che vi fanno la scena. La morte di Cesa- re atrende gli ultimi ritocchi per accompagnar la Virginia, tanto in mole, che in nieritp. II siio b. Tompiaso fatto per la Basilica di S. Pietro, si sta ponendo in Mosaico a quello Studio del Vaticano, ov'egli e direttore. Fra nioki altri sog- getti ha recentemente eseguito in tela per la casa Baghoni di Perugia il fatto di Federigo Barbarossa, allorche da il comando della Citta di Perugia a Lodovico Baglioni Duca di Svevia; ed or sono pochi mesi che ha compito un irunien- 60 quadro per una Chiesa di Piacenza, in cui viene espres- sa la Presentazione di Maria Vergine al Tempio. In queste, ed altre sue piu fresche Opere,riconosce ognuno i ccmside- revoli avanzamenti ch'egli ha fatti nelle tante parti fonda- mentali deli' Arte, massime in quel la del colorire, a cui non sogliono che di rado giungere i gran disegnatori. Moke e grandi prerogative in Pittura possiede il Cav. Gaspero Landi. Invidiabile e la facilita del suo penncllo, la grazia del tocco, I'lntelligenza del chiaroscuro, la bellez- za de'volti, I'espressione onde anima le sue figure;, in fine la perfetta somiglianza e verita che iraprime ne'suoi ritratti. Le due tele stragrandi da lui eseguite gli anni scorsi per la Citta di Piacenza,descritte ed encomiate dal Cav. Gio. Ghe- rardo de' Rossi, giai avevano fatto bastantemente conoscere questo Pittore. Ora fra i suoi piu recenti lavori sono da va- Jutarsi la bella Greca giacente in candido letto, sorpresa dal giovine Alcibiade; il ratto di Antigone secondo la tragedia dell'Edipo a Colone di Sofocle; due eccellenti ritratti del Cav. Canova , e del rinomato Chirurgo Sisco; finalinente I'ultima sua grand'Opera inticolata lo Spasimoj o sia la gi- ta di Nostro Signore al Calvario; quadro che va compagno a Piacenza con I'altro sopraccennato della Presentazione al Tempio del Camuccini. DELLE BELLE ARTI. 27,5 Qualunquefeia per esser la critica, die possa clarsi a que- ste due maanifiche tele, non o;iun»era essa mai a to^liere ai due rispettabili Protessori qu(?l disti^to merito cui ginnsero gia per diverse sentiere, con assicurarsi in grado sublime la pubblica estimazione. Sono ormai di gia eonosciuti,e senten- ziati i due quadri.'Si ammira in quelle del Landi un fuoco non ordinario di composizione, una sorprendente facilita di pennello, una esriema franchezJ!;a e liberta di genio nel muo- vere le figure, nel variare le teste, nel dare a tutte una vi- vace espressione; ond'e che per tali prerogative il suo qua- dro commuove in vederlo, e sembra dettato dalla Natura stessa: sorprende inoltre per il brillante gusto delle tinte, non meno che per la forza dell'espressione, dal cui spetta- coloso effetto si aumenta il caldo di quell' afFettuosa scena; sicche al primo vederlo fa tosto conoscere I'Artista per un uomo nato alia Pittura, e favorite dal Ciele de'piu rag— guardevoli doui. Nell'altro del Cainuccini I'Arte vince la Natura, o potrebbesi dire, che lo regola sempre e le con- duce come per mane in ogni tecco individuale del suo pen- nello. Non abbaglia tanto il suo quadro, quante slarga il cuore per la sodezza e maesta dello insieme; contenta I'oc- chio^ma ancor piu I'anima dello spettatore; soddisfa aH'ama- tore, ma piu ancera all'Artista. Tutto vi sta in carattere; tutto vi e grande, espressive, ragionato, ligio ai piu seve- ri precetti; e studiato e cerretto, quante avrebbe potuto desiderarsi dal piu bravo allievo di P.afFaele, quel RafFaele, la di cui maniera ha saputo il giovane Artista convertire in succum et sanguiaem. Da tacersi non sono per la Storia presente della Pittura i lavori ultimi della fu Angelica Kaufmann. Due le ne fu- rono condotti nella sua pompa funebre presso la bara, la Samaritana al Pozzo, e il Davidde rimproverato da Nathan per I'uccisione d'Uria. La partenza di Coriolano, e la Cleo- patra inginecchiata avanti u'Augusto, sono ancora delle piu 276 GUATTANI recent! sue cose, eseguite in figure alia Possina, con tal caJilo di tinte, e con si gentile espressione,che ben giustifi- cano, come non a torto fu ella chiamaia la Pittrice deile Grazie, la Pittrice veramente Angelica. Una Maddalena penitente e stata propriamente 1' ultima sua fatica, nia ul- tima in epoca, non in merito. Che anzi questa mezza figu- ra vale a mostrare, coirie nelle Arti di geriio non s' invec- chia mai: ella vi conserva tutto il fuoco dell'immaginazio- ne, il siio solito brillante colore, e quel tenero sentimento d'espressione, che furono nell'eta verde le principali carat- teristiche del suo pennello. Innumerabili sono stati i ritrat- ti, ch'essa ha eseguiti sino alia morte: I'ultimo, cioe quello del Pollacco Colgroscki, vale il piu bello de'suoi giorni piii belli. In questo genere di pittura e comune opinione ch'el- ]a abbia sorpassati i moderni, ed eguagliati gli antichi. For- se la Storia pittorica non ricorda un Artista che abbia ved li- te tante incisioni de'suoi lavori, quante ne ha vedute la Kaufmann. Non avrebbe mai fine il nostro discorso, ed una inutile riperizione sarebbe dopo i nostri 4. Volumi, il riportare le Opere tutte dei rispettabili Artisti Berger, Nocchi , Man- no, Pozzi, Collignon , Kecli, Behberg, Schick j Wagner, ed altri. Finalmente a far palese il gusto, che vi e per que- sta delle Arti la piu vaga e seducente, nulla e piu accon- cio, che il somraare le infinite belle produzioni coniparse in questi ultimi anni, ed eseguite da'Giovani pensionati, che vengono da ogni parte a formarsi in Italia, specialmente in Eonia. Per certo che la culta Euj-opa puo esser contenta del profitto che fanno i respettivi individui, ch'ella invia a questa Madre Scuola delle Arti. Oltre la Imperiale e Rea- le Accademia di Francia,ove alcuni trovansi di grande in- gegno in ogni classe, puo ciascuna vantare i suoi, la Russia, I'Austria, la Prussia, la Danimarca, la Svezia, I'Olanda, la Fiaiidra, la Baviera, la Spagna, il Portogallo, e perfino i' America. DELLE BELLE ARTE 277 Scultura. Venendo alia Statuaria osserviamo, chel'onor presente d' Italia scmprepiuingigantisce. Dopoil risorgimentodelle Ar- ti contavansi rari nantes le belle Statue in Roma ed in Fi- renze: il Gionata per esenipio di Lorenzetto, il Mose, il Cristo, e la Pieta di Michelangelo; la Susanna, i Putti, e il S. Andrea del Fiammingo; la Giuftizia di Guglielmo del- la Porta; I'Attila delJ'AJgardi; la S. Cecilia del Maderno, erano tutto quel che ofFriva di bello la Statuaria moderna. II vasto ingegno del Bernino avrebhe potuto far fare nn sal- to alia Scultura, ma le diede viceversa una scossa fatale. Egli v'inrrodusse uno stile capriccioso, stravasjante, ammaniera- to nelle movenze, ne'panneggi, nemico affatto della natura, e della semplicita deH'antico, nel che fu tanto piu condan- nabile, inquanto che si conoscevano,ed ammiravano fin d'al- lora,rApoIlo, il Laocoonte, il Torso, I'Antinoo, la Venere Medicea, I'Ercole Farnesiano ec. Per forza del suo raro ed originale talento pote nulla di meno quel grande Artista so- stenersi in alcuna delle Opere sue, come nella S. Bibiana, nella S. Teresa, neH'Apollo e Dafne di Borghese, nella Fon- tana di piazza Navona ec. M"li i suoi seguaci avendolo pe- corescaniente imitato, degradarono a poco a poco I'arte a segno, che la condussero, lino ai nostri giorni, ad una vil de- cadenza. £ duopo confessare,che i primi a richiamarla nel buon sentiero furono in Roma, F'llippo Valle, Agostlno Peaiia, V Angclini, e il Cav. Vincenzo Pacetti. Ebbero per nostro bene questi saggi Artisti I'occhio sui Greci esempla- ri,'cercarono conseguentemente nelle lor Opere d'imitarue lo stile; e queste rrescirono lod^voli foriere del m^lio che serbavasi appresso. Comparve in fatti di li a poco il bravo Tedesco Trippel,che fece diverse figure, diremo cosT, di nuo- vo conio, fra le quali una Diana, ed una Vestale. Vi spie- T. J. P. 11. 56 shy" guattani go egll una iDaniera piu semplice, piu corretta e severa, tanto nelle forme quanto ne'panneggi, di moclo che, scostan- dosi affatto dagli svolazzi, ed aiiipollositA Berninesche, mol- to si avvicino alia natura, ed irnito I'antico. Ma certo spi- rito, cert'anima, quel soffio di Minerva, che il rutto compi- sce,gli mancarono per mala sorfe; ed il peggio fu che non ebbe il tempo di perfezionarsi, prevenuto dalla morte. Do- pe del mentovato Trippel mi pare degna la memoria del Dear Scultore Inglese, iiivolatoci dalle Parche nella sua gio- ventu. Esse si distinse per un bello stile nei Bassirilievi. II piu giusraniente riguardato e la Nereide nuda, seduta su di un capro marine, la c[uale, benche in piccolo, ha grandi bellezze. Era riservato al Cav. Antonio Canova I'onore di ridesta- re nel suo totale la Statuaria. Scolpi egli il primo Gruppo del Teseo alio stesso tempo di Trippel, e con questo, co- me Aqu'ila vola, s'innalxo sopra tutti i moderni: fin d'allora la bilancia d'Astrea piego in suo favore; quindi nuovo Pig- malione non trovo giammai inesorabili gli Dei. Paive dapprima che il suo natural genio non lo avrebbe fatto riescire che in soggetti teneri e delicati, quelli per cui tanto da Fidia si distinse un giorno Prassitele. Ma nel suo Perseo del Vaticano, nel suo Secondo gruppo del Teseo, nel suo Ercole e Lica, ed ancor piu nella sua Statua eroica del Bonaparte, e ne'suoi pugillatori Greuca e Damosserio, ha egli ad evidenza mostrato, che scorre libero ovunque vuo- le per i campi dell'Arte. Qualunque sia per essere il giudi- zio che formera di lui la posterita, egli e certo che lungi dall'aver seguito alcun metododelle passate Scuole Buonar- rotesche, e Berninesche, non si formo che da se medesitno sulla veytd della natura, e sull'antico. Favorite dal suo pro- prio genio pote si presto a tanta pratica giungere dell'Ar- te sua, che non si vide mai Scultore piu facile in fare e di- sfare un raodello, carabiarlo in maniere c^uante si vuole,sen> DELLE BELLE ARTI. 279 pre con la semplicita, bellezza e carattere tlei Greci esem- plari. Per bene deli'Arce,la Fortuna prese di buon'ora a pro- teggere i suoi rari talenti. Le Opere da lui facte sin qui,nej- lo spazio non piu che di cinque lustri, basterebbero a foi- niare un copioso Museo di Scultura; sicche trovandosi egli in eta ancor fresca, giungeranno esse ad un numero inau- dito. ed insolito nella Storia. Sono, piu o meno, due anni, che dal Quatremere de Quincy in Parigi ne fu pubblicato I'elenco, in un Opuscolo che ha per ticolo == Notice sur M. Canova ec. Tiattandosi di un professore che fa epoca, troviamo es- ser cosa interessance il riportar qui tradotto quell' elenco, con aggiungervi tutte le Opere posteriori, accio la Storia pre- sente lo abbia compito. „ Avanti di venire in Roma egli avea fatto un gruppo „ di Apollo e Dafne = un Orfeo grande al naturale = un „ Esculapio = un gruppo di Dedalo ed Icaro r= la Statua „ del Marchese Poleni a Padova. Dopo la sua venuta in Ro- „ ma, la prima sua opera fu il surriferito gruppo del Teseo „ col Minotauro =: poi il Deposito di Papa Ganganelli = una „ Statuetta di Amore, ritiatto per la Dama Pollacca Lu- „ bomirski =: altro Amore con testa ideale per il Colonel- „ lo Campbell = un terzo Amore per TOiauda z=: cin- que Bassirilievi con soggetti presi dall'Iliade, e dall'Odis- sea = un gruppo di Venere e Adone in piedi per INa- poli = altro in piedi di Amore e Psiche ^ altro degl' istessi giacenti =:: la Maddalena penitente = un Apolli- no := una Deposizione dalla Croce in Bassorilievo, da altri esejiuita in marmo rr la Statua del Perseo che sta 5, nel Vaticano = il Pugillatore Greugas per il detto Mu- 5, seo = Ercole che uccide i suoi proprj figli =: un grup- 5, po Colossale di Ercole e Lica = la Statua di Ferdinan- „ do IV. =r il Mausoleo dell' Arciduchessa Cristina = un ., Leone, uu FanciuUo, ed un ritratto in medaglione per 2C0 GUATTANl „ Vienna r= la Statua del Pugillator Dauiosseno = la Sta- „ tua Colossale di Napoleone 1. = il ritratto dell' attuale ,. Pontcfice =r la fignra giacente di Paolina Bonaparte, og- „ gi Principessa Borgliese =: una Venere clie sox te dal ba- „ gno ::= la Statua di Palamede = senza contare uu gran 5, numero di Bassorilievi e quadri. Fin qui Teleuco del Quatreuiere , in cui per altro man- ca un bel Bassoiilievo, rappresentante la morte d'Adoue, secondo la vaga descrizione di Bioue nel celebre Idillio,del tjuale vi e una bella Stanipa. Indi luaucano due Bassorilie- vi, che rappresentano due delle Opeie di misericordia, cioe I'insegiiar agl'iguoranti, e I'Eleuiosina, composizioni grazio- sissirne . Sono ora da aggiungersi le seguenti Opere: „ il modello Colossale del Teseo che uccide il Centauro „ r= due figure di Ebe := la fignra di una ballerina =z due „ depositi diversi dell'Alfieri z= quelle del Volpato = quel- „ lo del Faliero Veneziano suo Mecenate = altro del Prin- ., cipe d'Oranges morto a Padova = quello ordinate dalla 5, Marcliesa di Santa Cruz per la figlia defonta e se stessa 5, = due per il Conte di Souza Ministro di Portogallo alia ., S. Sede =: il busto di Cimarosa = quello dell'Eniinentis- „ siino Fesch = una Statua di Paride ^ un busto del me~ „ desinio = una seconda Venere = una Musa con Liia, „ ritratto di Madania Luciano Bonaparte = una Copia del- „ la Venere de' Medici = un bassorilievo con Socrate e la „ famiglia Er il modello d'un Cavallo che marcia rr „ Ora e2,li sta appresso al modello di una Statua equestre 55 di Napoleone (a), di grandezza pari a quella del Marco (a) Rigiiaido a qiiesta Statua basteia il riflettere chi 1' Iia fatta , ed a till e falta , e pensare rhe va esegiiita iii broiizo, ed in mole da soipassa- re quella del M. Aurelio Capitolino. La descrizione del Cavallo I'lio gi4 data e»attaniente nella ultima distribuzione delle niie Memorie Encirlo- pediche. La ligura dell'Eroe clamidato ha il piii bel lelice momento di szioiie, ch'espiinier possa il suo nolo e veto caiattere risuluto, viiicitor di DELLE BELLE ARTL a8l ,, Aurelio del Campidoglio, da eseguirsi in bronzo per com- „ ruissione di Giuseppe I. Re di Spagna, sicconie anche al- „ la Copia, che si fa in bronzo della sopraccennata Stacua „ Colossale di S. M. 1' Imperatore e Re d' Italia. A queste „ debbcnsi aggiungt-re ic novissime della Stacua eroica del- „ I'Ettore, la quale e della grandezza delFApoUo in circa, „ di altra Ebe, e di varj altri monuuienti sepolcrali. Sue Opere sono ancora diversi pensieri galanti, eseguiti da alcri in miniatura. ,5 Uno rappresenta un Mercato d'Amori, ed e diviso in tre „ quadri. Un altro e diviso in nove quadri, ognuno de'qua- „ li rappreseiua una Musa in conipagnia di un Filosofo, „ che si e distinto in quella Scienza che alia Musa appar- „ tiene. Cosi alcri dieci quadrecti di Baccanti, e quattro di „ Ealierine di finissimo gusto. „ Tutte le sue dette Scuiture e per I'iniportanza de'sogget- ti, e per il nurnero, riguardevoli, hanno,oltre il pregio del- la composizione del tutto e delle parci, olcre la bella pro- porzione e seuiplicita dell'antico, hanno, replico, una mor- bidezza ed impasco cosi finito, che si rende impossibile I'iini- tar nieglio col marmo la vera carne. A questo prode Arti- sta, come Inspettor generale sulle Antichita e Belle Arti, debbonsi tnolti proficui stabilinienci: ne passerenio sotto si- Icnzio, come avendo ultimamente tentato uno scavo al di Ja del Mausoleo di Cecilia Metella, vi ha fatto I'interessan- te scoperta di un sepolcro appartenente all'antica famiglia Servilia J uno dei quattro nominati da Cicerone fuori dell' Appia, autenticato dall' epigrafe scolpita sull' Architrave; Marcus Sers>iUus Quartus de sua pccunia fecit. ogni oblacolo, e inanestabile nel cammin della gloria. Vedesi percio rap- presentato nell' atto che, tnentre con la sinistra niano regge il corsiero , avanza la Jestra con cui stringe lo scettro , volgendo al tempo stesso lo sguardo indietro, quasi dica : seguitenii che io vado innanzi , nu mi ar- resto :;ianimai. a8a GUATTANI A raaggior lustro della Statuaria non deve lasclarsi di dire come va sorgendo un numero considerabile di biavi s;iova!ii Artisti di ogni nazione. Alia testa di questi porre- ino di buona voglia il Danese Thonvaldsen distgnator cor- retto, modellatore insigne, originale nell'inventare, ed irai- tatore non servo degli antichi esemplari. II suo Giasone non teme il confronto di un bell'antico: quel suo braccio, e scbiena pnncipalmente, vantano una sorprendente bellezza. II modello di un Marte, oh' egli ha or ora compito, lo fa emulo del Giasone, se non lo su[)era ; e nel suo Bassorilievo del distacco di-Briseide da Achille vi lampeggia il carattere di uno scalpello Greco. Gran conto si fa di un suo Adone in riposo, maggior del vero; di un Apollo in 6. palini suo- jianre la lira; come altresi di un Gauimede, di un'Ebe, di una Venerina Stradiomene, e di un Bacco, tutti di una proporzlone alquanto minore dei due suddetti. Con poetica e bizzarra idea ha rappresentato in bel rilievo le Muse, che Lallano intorno alle Grazie aggruppate insieme, raentre Apollo seduto da un lato le accompagna con la lira. Dan- 110 queste Opere a conoscere, come dalla eroica e sublime loaniera deirAchille, del Giasone, e del Marte, sa egli fe- licemente discendere a quello stile opposto, ch'esige nudi delicati, molli espressioni, e tanto nelle carni, quanto nel piegare, morbidezza e grazia. Non dobbiamo tacere di altri suoi quattro Bassirilievi scolpiti intorno ad un'ara, in cui I'.a rappresentati quattro fatti Evangelici, per comniissione iivutane da una Chiesa Danese. Molto e piaciuta I' idea di jichiamare alia memoria la forma de' primi altari, usati da Noe, e dagli Antidiluviani. Essi non furono che are. I Gen- tili le ridussero di mano in mano in miglior forma, senza cambiarne la sacoma, sino a che i Cristiani , chiamata in soccorso J'Architettura, ne fecero quelle moli si complicate, che di rado contentano I'uomo di gusto, e bene spesso gli spiacciono. Ultimaraente egli ha fatto dei modelli per quattro < DELLE BELLE ARTL ^83 Bassorilievi destinati per il Palazzo Reale di Copenhagen , i quali rappresentano i." Giove e Nemesi, i? Esculapio ed Igea, 3.° Ercole ed Ebe, 4." Minerva nell' atto che ani- ma I'liomo poc'anzi fatto da Prometeo. Questi lavori sono fatti in stile veraniente grande, e danno una diaiostrazione magnifica del senso per la bellezza,che animo i'Aitefice. In fine grande e I'abilita ch'egli spiega ne'ritratti: sempre ve ne sono nel suo studio, tirati alia perfezione, scolpiti al vi- vo, studiati nelle parti, e spiranti nei tutto insieme la ve- rity. Concludiamo dunque potersi dire francamente, che il Sig. Thorwadsen e un Genio straordinario , polidedalo in arte, capace, ove ponga Jo stecco, di fare quanto e possibile a farsi da uno Scultore. L'Amor vincitore di Schweickle va alia pari delle plu belle moderne produzioni per la semplicitu dell' attitudiiie, e per una espressiva morbidezza, temprata al gusto dell' antica Scuola. Questo Professore e passato ultimainente a dirigere la Scultura nell' Accadeniia di Nap'di. Nel Tele- maco di Marin si e osservato riunito felicemente il belio col naturale : egli eseguisce con grazia, ed e pieno di verira. Belle cose sono state reputate il Meleagro, ed il Bacco, dello Svedese Coethe; la Venere j il putto con cigno, e I'Apollino dell'y^/varez di Cordova, il gruppo del Marte e Venere del Tedesco Klesling ; il Bonaparte togato , col Bassorilievo sepolcrale al piccolo fanciullo del Ministro Francese Artaud, del nostro Massimillaao Laboureur, V Achille giacente di Filippo Albaccini , come altri lavori del Prosperi, Finelli, Festa, Caetano Monti da Ravenna, e molti altri pensionati di merito. Puo intanto Felsina esser contenta di aver ricuperato il suo concittadino Luigi /4cquisti, di gran pratica nel mo- dellare, autore del Gruppo siniboleggiante la Pace, della Vestale, dell'Atalanta, cose tutte riportate ne'nostri fogli. i>84 GUATTAOT Milano egualmente puo vantarsi di possedere nel Diret- tore deH'Accatlemia di Brera Cammillo Pacetd un profes- sor distinto, profondo in sapere, egualmente bravo nella creta che ncl maneggio del marnio. Una per tutte deve va- lere la sua Minerva sedente,che infoiide I'anima alia Sta- tua di Prometi-o, pensiero sublime, e di una esecuzione mi- rabile: non minor gloria ha riscosso nel grnppo fatto in Mi- lano sul marnio rappresentante il Gran Napoleone, che ri- desrando Tltalia col fuoco sacro, la richiama a maggiori de- srini. Se non mancassero per le angnstie de' tempi le commis- sioni, la Scultura in bronzo non iascerebbe in Roma di se- ynalarsi, come per lo passato, negli studj del Valadier ^ Jlighettl, Boschi , e Rossi. Bei lavori nulladimeno abbiam veduto del penultimo, I'anno scorso, I'Ebe di Canova, il Mercurio di Gio Bologna, una Diana Efesia ec. II Riglietti fonditor Pontificio e quegli, cui si e affidato 3'impegno di fondere i! sunimentovato Colosso Canoviano del Napoleone; cio basta per fare il suo elogio. Che se alia tietta Classe vogliansi liportare i conj delle medaglie, que- sto e il luogo di repistrare il nome di Tommaso Mercandet- ti,e parlaredel suo esclusivo talento nelle medaglie in bron- zo. Egli ha giA date le immagini di Pio VII.; del Cardinal Gerdil; del Metastasio; del Gravina; del Pergolese; del Mu- ratorj e di altri, con si bella simiglianza e precision di for- me, che nulla lascia a desiderare in quel genere. I suoi rove- sci non possono esser meglio pensati: sembrano bassorilievi eseguiti con la piu bella imitazione dell'antico fare. Architettura. Passando ora all' Architettura, questa primogenita delle Artij la piu nobile, la piu necessaria, risenre al di d'oggi piu DELLE BELLE ARTL 285 ch'ogn'altra. rinclemenza della stagione. Tele, Simulacri, Bassorilievi, Protomi, non eguagliano il prezzo di una mole, per cui si richieggono monti d'oro, un orizzonte lunganien- te pacifico, ne niesi,od anni, ma lustii inceri. La trjonfan- te Parigi puounicamentesomministraread essa risorse gran- di. Noi dobbiamo contentarci che il nostro Italiano Brenna abbia saputo eseguire lodevohnente in Pietroburgo il o^an Palazzo Imperiale di quella Corte, il piu magnifico che sia- si fatto in questi ultimi tempi. Roma non ha potuto impie- gare quest'arte che neristauri delleantiche Memorieal Pon- te Milvio, agli Archi di Settimio Severo e Costaiitino, all'An- fiteatro Flavio, al Tempietto celebre di Bramante. Non e pertanto che I'Architettura sia trascurata in Ita- Jia , ne che v'abbia penuria di Artisti capaci di farie fare al bisogno beila e luminosa comparsa. Professori di merito sono Antolini in Bologna, il Cav. Cosimo Rossi Melocchi in Firenze, il Marchese Cagaola, ed il Barberi Romano in Milano; in Roma Camporesl , Valadier , Vici , Stern, D. Antonio Celles Spagnolo, ed alcri che per brevita tralascio. Osservando poi i concorsi delle Accademie tutte d'ltalia, si fa palese al contrario, come I'arte del fabbricare vienc studiata, e spinta all' ultimo del buon gusto, alia magnifi- cenza e semplicita degli Antichi. Condannata pero a rima- nersi ne'disegni, negli scritti , e nelle stampe, dobbiamo con- tentarci di veder proseguire I'Opera sugli Ordini dell'Aba- te Angela Uggeri, condotta al termine dall'Architetto Ma- rini la nuova, e magnifica edizione del Marchi. Seguonoa pubblicarsi periodicamente dal Valadier i suoi pensieri di Arcliitettura, e si prosiegue in fine la ristampa del De- sgodetz, intrapresa per ordine del nostro Sommo Pontefice Pio VII. T. J. P. U. 39 286 GUATTANI Paesaggio. AiJa Pittura appartengono il Paesaggio, ed il Mosaico. Poiche ritalia e quelJa parte di Europa, ove sotto un bel Cielo,ed un Clima soave,si e compiaciuto I'Onnipotente riu- nire tanti e si belli oggetti in modo, die ofFrono il piu ric- co, variato, ed armonioso quadro della natura, non piio rae- glio die qui formarsi il Paesista, ne si formarono altrove i iurainari dell'arte, Claudio, Pussino, Salvatore, Vernet. Egli e percio regolare die Roma veda sempre tVa ie sue coliiiie una folia d'Artisti, die imparano il paesaggio, e giun- gono a trattarlo con estrema bravura. Dope che mancaro- no i tre celebri Moore, Filippo Hackert, Thiers, da njolti piu sono stati rimpiazzati, dii per uno, dii per altro pun- tOjdeH'arte segnatamente a stimarsi . Tali sono Labruzzi , Reinhard, Vogd, MatUveff, Verstappen, Wallis, Boguet, Cadet, Fidanza, Caracciolo, la Mezera, Denis, Partini. II penultiino v\ve al presente in Napoli sti[)endiato da quelia Corte, e rultiiiio, nostro Romano, e partito ora per stabi- liisi in Vienna. ^cquarelle. Andie il dipinger sulla carta a colori, volgarmente cliia- mato air ^cquarella , riesce di somma vaghezza, e place agli amatori del Paesaggio. Non conta ancora cinque iustri di vita il ritrovato dei coloretti , che gia vien portato al punto di un quasi eguale efFetto, e di un egual durata, del- la Pittura a olio. Vi si distinguono in tal genere Ducros, Ciuntotardi, Kaisermanii. Mosaico. Per cio che riguarda il Mosaico, reccellenza, a cui vie- ne tal arte spinta odiernamente , fa vergogna agli antichi; , DEIXE BELLE AUTI. 287 ogai qual volta le celebri Colombe Capitoline, per i mira- coli che ne faPlinio, debbano tenersi per una delle piii belle Opere loro. Sembra doversi credere, che generalmen- te parlando, come nelle arti ci superarono per ogni verso, cosi il Mosaico , e I'Orificeria, sono i due soli os:£etti, in cui possiamo vantarci al di sopra di loro. Le dette Colombe certamente non possono paragonarsi con la finezza e gusto de' moderni nostri lavori; ne un anello , un oreccbino, un golino si e rinvenuto da opporre alle piii infinie bigiotrerie dellaFrancia. Dopo che il Mosaicista Romano Ciacomo Raffaelli ne ando pensionato in Milano per i lavori in pic- colo , sostengono in Roma I' arte Arguatti, De /Ingelis , Volpini , Pugt'ieschi, Rinaldi, Ciuli fhj, Barberi, Bor~ ghese , Angeletti , Depoletd ec. Rapporto a questo ramo d'arte speriamo di vedere fra un anuo circa un fino ed eccellente lavoro nel ritratto, a cui il detto Rinaldi ha s;ia posto mauo, di Napoleone il Gran- de, nostro Augusto Sovrano, ricavaro da un assai bel dipin- to del Sig. Roberto le Fevre,che I'enunciato Mosaicista ha j)ortato ora da Parigi. Vi e la Maest^ Sua rappresentata in uniforme verde, mezza figura, e a detto universale di chi ha potuto vederlo in questi ultimi tempi, di una perfettissi- ma somiglianza. Le premure, che sta attualmente prenden- do I'Artista per lodevolmente riescire in commissione di tan- ta importanza, ci danno a credere ch'egli sara per supera- re con questo tutti gli altri suoi lavori, celebrati ne'nostii fogli Enciclopedici. (/') Questi ha ultiniamente eseguito un Giove sopra iin copeicliio <1L scatola , la sola testa a cliiarosniro , ma con un tiiono di tinta , e con inodificazioni unite ad un impasto tale da paragonarsi con qualunque bel- Ja miniatura: tutti lo riconoscono come un portento di qutst arte. Che- ro persone cognite , incominciando da Canova , De Rossi , Humboldt, le Brun, le Thierre, e terminaudo con Camuctini: tanto hutltik per avei- ne iatta oaorata axenzione. 288 GUATTA^ri Ed ecco il luogo, dove per la combinazione felice tli aver dovuto noininare I'Eroe che ci governa, cade in acconcio di far pubbliche le giuste speranze,cbe Roma ha concepite, di vedere queste Arti belle viepiu risorgere, anzi dare quello slancio, a cui pud solo balzarle il braccio forte di un pos- sente Monarca. L'occhio linceo deirUomo sonimo, cui nulla sfugge, non puo non vedere il piacere, il lustro, ed il van- taggio grande, che le medesime recano alle popolazioni che le coltivano. Grande percio sempre e stata la protezione,che Egli ne ha avuta^ in Francia, in Italia, e ovunque ha stese le sue conquiste. Or conoscendosi, che Roma per la qualita del sue clima , jjer la sua ubicazione, e per avere un suolo ricco per natu~ ra di ameni siti, per arte di grandiosi monumenti atti a ri- svegliare negli studiosi le piu grandi idee, deve tenersi per Ja niaestra, e per la sede esclusiva di queste alme sprelle, non ha potuto a meno di non accordarle, anche in questa parte, la sua sovrana clemenza. Quindi e che ne! primo pro- clama qui affisso ha dichiarato la MaestaSua di volerla pro- teggere efficacemente. Gia la Suprema Consulta secondan- do si beneficlie disposizioni ha fatta una deputazione per la conservazione de'Monumenti antichi e modernistielle rispet- tabili persone de'Sigg. Canova , Camiiccini, Marini, Mar- torelli. Gia un piano si e formato di una nuova Accademia, tale, quale non si sarebbe immaginata ne ai tempi felici di Luigi XIV., ne a quelli de'famosi Pontefici Giulio, e Leone : ritornando donde ci eravamo partiti, quanto alle grandi Opere, siegue la fabbrica di S. Pietro i suoi lavori, diretti, come dicemmo, dal Cav. Camucciiii. Viva, ad onta de'Cri- tici, quest' arte benemerita della Pittura, la quale traspor- tando sul sasso i preziosi dipinti eseguiti sulle tele, sulla ta- vola, o sugl' intonachi de'muri, li strappa al tempo, e li consegna aU'eternita. *• DELLE BELLE ARTL 289 Incisione in rame. A voler per iatiero il quadro delle Arti, non riniane che il descrivere qual parte vi hanno V Incisione, e V Intaglio. Jf^antasi Firenze, nea torto. di avere neJ celebre Morghen il primo bulino Italiano. Dopo le sue molte e classiche Opere abbastanza note, attende il Pubblico atiiatore coUa Trasfi- gurazionedi Raffaello, di vedeienelsommo de'quadri il som- nio della sua abilita. La niorte rapi non ha guari il Rainaldl celebre per la sua (^ena di Leonardo a fronte di quella del Morghen: ora vi si vede sorgere nel Verico un giovane di rari talenti,che da le piu belle e lusinghiere speranze. Ne' giorni scorsi abbiamo veduto di lui un'assai bella stampa del ritratto ultimamente fatto dal Vicar alia Maesta di Giuseppe I. di Napoli. Quanti mai sono gl'Incisori di nie- rito, che Roma enumera! Uno de'primarj e Pietro Bettelini direttore, e capo incisore, della Calcografia Pagni. Egli ha nella mano forza e delicatezza insieme: intende a perfezio- ne il disegno; possiede il grande arcano di correggere sen- za alterare gli Originali, che traduce. Nella IMaddalena de!- lo Schidone, da lui ultimamente eseguita, si e veduto ri- valizzare il Morghen. Fra le molte sue commissioni , la piii gigantesca e quella, che ora fa, d'incidere la gran Giuditta del Benvenuti. Giovanni Folo puo vantarsi di essere dopo il Morghen I'allievomiglioredel Volpato. Le sue carte offrono un gusto di taglio non comune, una lucidezza, trasparenza, ed ertetto, che sorprende. Belle stampe sono gli ultimi suoi lavori, la Strage degl'Innocenti, il Tempo che scuopre la verita, ori- ginali ambedue del Pussino. Incide al presente diversi pez- zi della Galleria Bonaparte di Roma, ed ha compita or ora la surriferita Maddalena della Kaufmann. i.g() GUATTANI * Pietro Bonato molte cose ha fatte, e fa, degne di lode. Si riconosce ne'suoi lavori un bulino purgato, corretto, armonioso, die impasta bene, e fa chiasso . La sua Carta del gran deposito della Principessa Cristina di Canova , e gli ultimi sei quadri del Guercino, dell'Albano, e del Ba- rocci, fanno onore all' Arte. • Francesco Fontana, instancabile nel Javoro, traduce con molto senno i piu difficili Original!: sembra nato per ben rappresentare tutti i diversi stili dei Capiscuola. Sulle Sculcure si e facta una dianiera sua propria, vaga,nitida, e la piu adattata a significare il marmo: pare che il nostro Canova lo abbia scelto per incidere i suoi lavori. Ne! pro- fessor Campanella abbiamo un pittore di merito, non che iin valente incisore: molto disegno, effetto, e stile, hanno generahnente i suoi lavoii. L' istessa esattezza e sapere ha nel contoruare sul rame Tommaso Plroli , col di piu di una pratica fatta da molti anui sulle statue e bassirilievi antichi, tale, da dichiararlo esclusivamente il piu abile in «]uel genere. II suo Ercolano, il Museo Napoleoue, per cui fu chiamato dai Piranesi a Parigi , e le altre Opere del suo Catalooro, ne sono una convincente prova . E stato ora ri- chiamato in quella Metropoli per altri lavori. Carlo Lasinio, il di cui valore nell' incidere all'acqua- fprte e ben conosciuto, ha dato nuove prove della sua ac- curatezza nell' arte, con I'lntaglio da lui fatto, presso gli Originali, delle Pitture del Camposanto di Pisa. In trattar 1' Architettura a meraviglia riescono i Profes- sori FeoVi j Cipriani , Ruga. Neir incidere il Paesaggio esige gran lode il Morell per la delicatezza e per I'accordo, che spiega col suo bulino; ma Federigo Gmelin spinge, ne sembra, all'ultimo il meccanisnio dell'arte, I'ardimento, la forza. Dopo i suoi quattro Claudj , e le tante altre Opere, pubblico I'anno scorso la Vedura reale delle grandi Cascatelle di Tivoli , presa dal piano DELLE BELLE ARTL 291 delle niedesime. £ impossibile di meglio rappresentare i tan- ci e variati eflPetti dell'acqua, i capricci naturali di quelle vedute, i moltiformi accident! di luogo, d' ombre, di chia- ri ec. O&servatore della riatura, coin'eglj e, niente gli si na- sconde. Nulla sfagge alia sua vista, e nulla alia sua mano. Quando sembrava tutto fatto per quel locale del Tiburtino, altra nuova e piu generale stampa ne ha egli pubblicata li scorsi giorni,con redutapresad'appresso la Villa d'Orazio, da cui si scuopre I' immensa pianura della Campaf^na Romana. Gl'intelligenti in vedeila coriverranno foise con noi, cHq in questa sua Opera il Ginelin ha superato se stesso. Noii v'e difficolti di mesriere, ch'egli non abbia in questa carta incontrata, e vinta al tempo stesso felicemente: la sua ma- no non fu mai piu soda nelle masse forti , ne piu leggera, e sfumata, nei lontani di un ampio e degradato Orizzonte. Incisione in pietra. L'elenco degl'Incisori in pietre dure, sia in cavo, sia in rilievo, non cede ne in numero, ne in valore, a quello de- gl' Incis6ri in rame, prova di fatto, die fiorisce in Italia questo ramo d'arte al pari di qualunque altro. Non v'e chi non conosca i nostri bravissimi Piomani , fiega in Na- poli, Santarelli in Firenze, Berini in Milano. Fra que'mol- ti, che fra noi restarono, sono Capparoni, ed Amustini il padre, i quali si distinsero sempre nelle teste, con dare alle forme individuali, e ai capelli,il vero carattere dell'antico. Egregiamente poi eseguiscono ogni sorta di lavori il Ccrha^ ra, il Girometti, il Morelli, Amastini il figlio, Maggia- rotti, Cades, Pestrini, ed altri che per brevita si lasciano. Fanno tutti de'Caomiei in grande con fatti istorici,o mitolo- gicijdi moke figure, con tale intelligenza di comporre , di— segno, ed esecuzione, che ben facile sara un giorno ai tar- di nipoti I'ingaunarsi, ed equivocare sulie date dei tempi. <) 292 GUATTANI II Pichler sembra che nei lavori in incavo riporti la palma. In fine non deve passarsi sotto silenzio un'Opera di questo genere,cheha terminato non ha guari il professor Liborio Londini. Si tratta della Colonua Traiana in rilievo, ch'e- gli ha incisa in rosso antico, alia foggia che s'incide un Cam- meo: il fusto della colonna e di palmi tre circa: col piedi- stallo, il capitello e la statua, giunge I'altezza sopra palmi cinque. In questo lavoro ha egli impiegato presso che otto anni, mettendo al crociuolo, non saprei dire se piu, la pa- zienza, o I'arte: ma alfine il medesimo e riescito in modo che gl' intelligenti di sifFatto geuere ne stordiscono, e I'Au- tore fara epoca fra i Litologi del nostro tempo. Da quanto si e fin qui esposto, si rileva non per via di rnendicati tipi oratorii, o fucate espressioni, ma per mezzo di fatti certi , trovarsi al presente le Arti nel momento della piu felice rivoluzione. Queste amabili, innocenti, e liberali figlie di Apollo, ergono il capo liete e superbe, ben cono- scendo che sor^ono a nuova vita: non hanno esse a bra- mare che I'oro de'ricchi, il genio di chi governa, e soprat- tutto r ombra pacifica di annosi ulivi per alimentarsi , per- fezionarsi, e fare Tonor dell' Italia, la delizia del genere umano. <9 CATALOGO DELLE OPERE INTAGLIATE DAL CELEBRE RAFFAELLE MORGHEN VI GAETANO POGGIALI (i). t^Jeil il Catalogo,che io qui presento delle Opere deU'egregio nostra incisore Raffaello Morghen , da me con tante cure raccolte per lo spazio di circa vent' anni , e cosa Icggiera riguardo alia parte cli io vi ho, mi giova il lusingarmi che dovrii senza dubbio esser grato pcrche conserva la memoria delle produzioni di un si mirabile ingegno , che ha saputo condurre V Arte difficilissima delV intaglio in rame al maggior grado di perfezione , specialmentc in cid che al meccanismo s' appartiene. Le Opere di questo illu- stre Italiano meritano certamente di esser tenute in gran cunto e da coloro che amano.i piu pregevoh prodotti di quest' Arte , e da quelli che sono lodevolmente infiammati per la gloria della nostra Nazione. Io poi mi lusingo che i veri Conoscitori potranno age- \'olmente comprendere il pregio singolare di questa colle~ zioncj quando si consideri la rarita somma di molti pezzi, (i) La Collezioae qui (Icscritta 6 posseduta dall' Aiirore. T. 1. F. IL 40 294 e la ricchezza,e la sceltezza delle yrovc die vl han luosoj parecchie delle quali sono veramente preziose ed uniche , talche ben e da credersi non potersene da chicchessia , ed a qiialunque prezzo , formar giammai una simile, atteso i Cimelj particolari che I'arricchiscono, eclie mi e avvenuto di poter riunire anche per la lunga e costante amicizia, che mi lega in dulce vincolo col valeiite Autore. Era mio pensiero di compilare una breve Vita del no- stra Morghen , considerato specialmente come artista, ma iarie cagioni mi han trattenuto dal farlo , e piu, d' ogni altra quella di non avervi acconsentito la di lui modestia. Ho pero supplito a questa mancanza col procurare I'eru- dita Lettera che precede il Catalogo , la quale serve non solo ad amenizzare la sterilita del medesimo colle oppor- tune notizie che vi si contengono, ma giova eziandio a ren- der completa Venumerazione delie Stampe Morgheniane ri- guardo a que' pochi pezzi fatti dalV Incisore nei primi tempi dello, sua carrier a , cheamenon e riuscito diriutracciare. Se il presente tenue lavoro verra favorevolmente accolto dagli /hnatori delle pregevoli produzioni d' Intaglio , in sard in grado di partecipar lorofra non molto il Catalogo ragionato deila vasta Collezione delle Opere incise dal ce- lebre nostra Francesco Bartolozzi, ricca di prove singolari. la qual fa parte della mia non volgar raccolta di Stampe de' migliori Incisori antichi e moderni • e qumdi passero a pubblicare quelli delle Opere di Balechou, di W^oollett, di lFiUe,e di altri eccellenti Professori, le serie de' quali io mi lusingo di aver condotte quasi al maggior grado di compimento. 295 AL CUIAT.ISSIMO SIG. GAETANO POGGIALI. .vrei da \)\h tempo eseguito I'incarico, che Voi, Ornatis- simo Signore, ayece avuto la bont^ di aflidarmi, e soddisfat- to al vivo desiderio, che ho di moslrarmi in qualche modo grato al mio Maestro, trasmettendovi il Catalogo cronologi- co de'di lui intagli unitaiuente ad alcune iiotizie ad esso lui appartenenti, se le disparate mie occupazioni, e la difficol- la soprattutto di ricavare da un Uonio pieno di modestia dt'lle notizie,che lo riguardano, non mi avessero impedito di cio effettuare. Ne crediate che possa io inviarvi una ben di- genta Storia della di lui vita: questo lavoro sarebbe statu eccellentemente eseguito da Voi, come qtiegli, che possie— de cosi vaste cognizioni riguardanti le Arti belle, e che da tanli anni nutre un'intrinseca amicizia pel medesimo, ed io al certo sperava, che un giorno ne avreste arricchiti gli an- nali delle Arti. Mio intendimento era gia, se non di esten- dere un ben tessuto elogio, di far conoscere alraeno con un Catalogo ragionato tutte le Opere di lui, e le diverse pro- ve che di esse esistono, non che le circostanze, che hanno dato luogo alia esecuzione della maggior parte delle mede- sime; ed in tale occasione avrei accennato quel tanto del no- stro Professore, che mi fosse stato possibile di rintracciare . Ad un tal lavoro mi andava preparando nell'atto, che tutte le mie cure riponea nel compiere, quanto per me si pote- va, la collezione delle Opere suddette, la quale sebbene sia mancante di alcuni pezzi rari, e preziosi, che adornano la vostra pregcvolissima, pure mi do a credere di poterla ri- 296 POGGIALI ilurre una delle piu complete, e migliori, che dopo la vostra possano esistere. A tale oggetto io mi era gla procurato di- vers! documenti relativi al mio scopo, quando palesatemi le \ostre premure, e ad esse di aderire piacendomi, indotto iiii sono di buon grado a tutti trasraetterveii, ed ho osato altresi d'interrogare lo stesso noscro Raffaello Morghen, da I ijuale, sebben condifficoha, ho potuto ottenere delle nuti- zie, che quantunque in picciol nuaiero, hanno peio il vaii- tasaio del la verita, che rare volte nella Storia degli Aiti- sti s'incontra. Qual sia I'origine della Famiglia di si rinomato Profes- sore non si sa precisamente: e a nostra cognizione soltanto, che il di lui Avo era di Montpellier. Questi sposo una Genovese, e si stabili in Firenze, dove aveva un Negozio ill irine vicino al luogo detto il GigUo. In questa Capitale nac- quero Filippo, e Gio. Elia, ed anibedue applicaronsi al disegno. Gio. Elia riusci un valente disegnatore, con)e ci danno a divedere, oltre le molte cose, i bei disegni esegui- ti neirOpera dell'Ercolano stampata in Napoli, Opera che inostra pure ad evidenza quali fossero le cognizioni ed il gu- sto di Filippo nell'intaglio, giacche gl'intaglidi lui superaro- 110 di gran lunga quelii di tutti gii altri che hanno lavora- 10 in essa. Avaiizati cjuesti due fratelli,ognuno nell'arte sua, trasferironsi a Napoli, dove Filippo sposo la figlia di Fran- cesco Liani celtbre pittore al servizio di Carlo III. Da que- sta felice unione venne alia luce il nostro Raffaello il gior- no 19. Giugno del 1788. E non mal si avviso il padre nel porgli un tal nome, avvegnache, se il nome di Raffaello Sanzio pronunziasi con soinma venerazione, elaude,ove par- lisi di pittura, per aver egli ridotta quest'arte ad un segno, per cosi dire, inarrivabile, il nome di Raffaello Morghen ri- petesi con rispetto, ed encomio, da ognuno che d' intaglio si diletti, e ragioni, per aver condotta I'arte sua ad un pun- to quasi di perfezione. CATAL. DELL'OPERE DI JMORGHEN. 297 Filippo applicollo da giovinetco alio studio del disegno, lie) quale si esercitava con assiduita diretto e dal padre, e dal zio Gio. Elia. II di iui geuio, e trasporto particolare, era il disegnar Paesi, nel che indefessamente esercitaadusi a inatica, e ad acquarello, giunse persino a dipingerne a olio. Dedicatosi quindi all' intaglio sotto la direzione del padre, coniincio dal copiare qualche pezzo del Londonio. NeU'eta di anni undici ue'dodici, cioe nel 1770. intaglio alcune fi- gure deTiofeti di Baccio Bandinelli, ch'esistono in babso- jilievo intorno al Coro della Metropolitana lioreatina, e precisamente quelle registrate nella Stampa con i numeri 57. 58.^5. 76. 81. 82. 85. 86. essendo state le rimanenti in- cise o dal padre, o da altro intagiiatore nella di Iui scuola (1). Nel 1773. di ordinazione di D. Marco Ottobuoni della fainiglia Buoncompagni, incise il giuoco del pallone al lar- go del Castello di Napoli, ove si vede spettatrice la Corte, stampa in foglio con moltissime figure, e di una fatica grau- de in riguardo all' eta dell'artefice, ma ch'egli condusse a termirie con intrepidezza. Intaglio in seguito la Statua d'lsi- de, per I'Opera dell'ErcoIano poc'anzi citata, la quale poi non vi fu inserita, non si sa per qual motivo, ne io ne cono- sco alcuna prova. In questo frattempo non trascuro il sue prediletto studio per i Paesi, e giunto all'eti di anni sedi- ci ne'diciasette, il valente paesista Gio. Batista Tierce, co- nosciuto a prova il genio del giovane portato pel detto stu- dio, conducealo seco in campagna, dove disegno moltissime vedute, che quasi tutte restarono presso il sopraccennato pittore, il quale gran piacere provava nel coltivare il bel talento di Raffaelle, che dava gia chiare prove di un Feli- ce avanzamento. (i) Qiiesti rami esistono attualmente presso la fainiglia Morghen in Napoli. <>(jS rOGGIAII S'intagllava in quel tempo nella Scuola di Fillppo lina laccolta delle Vedute di Napoli, ed il Figiio ne disegno di- verse dal vero: quindi nel i 775. si pubblicarono disfgnate,^ ed intaofliate da lui.la veduta interiore del Truo'Iio, o sia- no Bagni antichi presso al Tempio di Venere a Baja, e la veduta di parte delle lave, die nell'eruzioni del Vesuvio coprirono I'antichissima citt^ di Ercolano, stampe in foglio per largo; e nell'anno scguente quelle del Tempio Esastilo Ipetro dalla parte di ponente, e la respettiva pianta della stessa forma delle precedenti, parimente da lui con esattez- za delineate, lo che non dee reoar maraviglia, se sappiasi, che fin da quel tempo aveva studiati gli elementi (^ Archi- tettura. Avvi pure la veduta del Ponte di Caligola, che non porta alcun nome,ma che TAutore medesimo assicuradi ave- le incisa. Queste Vedute tutte sono intagliate, in ragiono della di lui eta, con un certo gusto, ed intelligenza. Fece dipoi la Grotca del Cane di grandezza meta lUlle anteceden- ti, sempre pero tramezzando il tempo con disegnar di figu- ra , e dipingere Paesi a tempera (i). Nel 1777. pubblico i Ritratti di E'erdinando IV., e di Maria Carolina,dalle pictu- re di Francesco Liani suo nonno. E da osservarsi che il ri- tratfo di Ferdinando IV. e lo stesso rame inciso da Filippo nel 1760., e che all'epoca di Raffaello fu cancellata la testa del giovane Sovrano, e da esso rifatta nell'eta, in cui allo- ra si trovava, del che mi sono bene assicurato confrontan- do le due diverse stampe, ed oltre a cid si rileva dalla se- guente iscrizione. posta il primo verso nel piedestallo dell' ovale, ed il secondo nel margine bianco della stampa : Fhilippus Morghen cffiiixit an. MDCCLX. ejusque filius Raphael patrem oemulatus an. MDCCLXXVII. ad vivum expressit. (i) Tutte le accennate Vedute esistono presso la detta famiglia Mor- CATAL. DELL'OPERE DI MORGIIEN. 299 Nel carnevale del i 778. piacque al Re di Napoli di fare una Mascherata, che rappresentasse il Gran Signore che va alia INfecca, la quale fu con gran lusso, e magnificenza eseguica in Campagna feJice, ed ii nostro RafFaello la dise- gno dal vero,n]entre se ne provava I'esecuzione:, e la inta- glio quindi in detto anno ripartita in dodici rami,compresa la descrizione. Sembra che in quest' Opera abbia voluto iinitare lo stile d'Jacopo Callot; ma sebbene molto da quel- le dilFerisca, e fatta nondimeno con sufficiente gusto, e fran- chezza . In questo frattempo incise ancora un'Arme per il Duca di Cassano Serra. Vcdeudo pertanto il buon genitore 1' ingegno del figlio, che atto rendealo a ben riuscire in cotal arte, ed a guisa di Giovanni de'Sauti da Urbino dubitando di sue forze , seb- bene abile intagliatore egli fosse, per agevolargli i progres- si nell'arte, penso di farlo passare a Roma sotto Giovanni Volpato, che a ragione era riputato in quel tempo uno de' primi mtagliatori d' Italia. L'invio pertanto nel novembre del 1778. ui quella gran Capitate, vera sede e ricetto dei- le Arti nobiii, e di coloro che I'esercitano, dove fu dal Vol- pato accolto amorevohnente; e osservati da quel Professo- re i saiigi del nuovo Alunno formo sopra di lui delle buo— ne speranze, non mancando di coltivare quella felice dispo- sizione che in esso scorgea. La fu il sno primo studio una copia dell'apparizione di N. S. alia iladdalena in furnia di Ortolano per iniianzi in— tagliata da Egidio Sadeler. Nel gennaio del 1779. fece una raezza figura in piccolo della Maddalena, da Guido Reni,di- segiiata da se medesinio. Questi due rami furnno inviati da RafFaello in segno di rispetto, ed amor filiale,al suo genito- re a Napoli, od ora non si sa quale ne sia stato il fine, noa ritrovandusi piu tra que'lasciati dal defonto Filippo. Nel marzo del 1779- comincio il rame rappresentante la Pittu- ra da Gaviao Hamilton piu di mezza figura. Qaesto fu di 5co POGGJALI ordinazione do'fratelli Filippo, e Giorgio Hackert, il primo ;ibilissimo pirtore paesista, ed il secondo intagliatore di Pae- si non dispregevole, i quali furono molto contenti dell'im- pegno, con cui il nostio Arfefice condusse al suo felice com- pimento il detto rame, e con larghe ricompense lo incorag- jiiarono a dar principio nel maggio del 1780. al suo com- pagno, che rappresenta la Poesia,dal dipinto del suddetto Hamilton, nel quale si riconosce il sempre maggiore avan- zamento, che neli'arte facea: laonde i prelodati Artisti, oltre nl restarne soddisfattissimisdimostrarono vie piu verso il gio- vane intngliafore la loro benevolenza. Per qnanto questidue rami, primi di stile finite, sentano niolto la maniera del di lui maestro, pure, se il vaneggiamento di amor di discepo- ]o non mi tradisce, sembrami, che in essi traluca un non so rhe di piu grandioso nella condotta, da dedurre, che fin da f[uel punto prometteva di superare in breve lo stesso mae- stro, come avvenne di fatti. In questo frattcnipo ft- ce un ra- me duplicato della Madonna addolorata per una Confrater- - nita di Napoli; e nel finire dell'anno 1780. fece una prepa- jazione ail'acqmforte rappresentante una Marina dal dipin- to di Du Cros di ordinazione dell'Autore, il qual rame non finito fu trasportato nella Svizzera. lo sono stato possessore di quest' acquaforte, credo unica in Italia, e fu il solo mio Maestro, che pote farmene privare cedendola alia sue ri- chieste. Fece in seguito quattro rami in piccolp per I'istoria di Germanicp di Grand-jean Olandese, i quali passarono in Olanda; ed in Italia ne sono rarissime le stampe. Nell'anno 1781. pubblico i due tondi dipinti da Raffael- ]o nel Vaticano, la Poesia, cioe, e la Teologia, incisi per conto di Volpato, il quale concento oltremodo e degli avan- zaraenti del suo allievo, e del di lui carattere morale, gli concesse in isposa la sua figlia Dornenica, ed ebbe efifetro questo matrimonio nel carnevale del suddetto anno. Passa- ti pochissimi giorni dopo questa uuione, incomincio il rame CATAL. DELL OPERE Dl MORGHEJN. 3oi delld Giurisprudenza,una delle Lunette dipinte da RafFael- ]o nel Vaticano, condotto a termine con tale attivita, impe- gno, ed intelligenza, die fece vedere a'suoi coetanei , che rUomo decisivamente studioso non lascia di proseguire con energia la sua carriera anche in qualche circostanza di fe- licitd, che ne lo possa distrarre. Quest' opera fu allora, ed e stata dipoi costantemente tenuta a ragione in sommo pre- gio dagli aniatori, e dagl' intelligenci. Intaglio quindi il ri- tratto della Principessa della Roccella, e tre rami istoriati per I'opera intitolata Versi, e Prose, ec. che il Principe del- la Roccella fece starupare in Parma dal celebre Bodoni nel 1784. con gran lusso tipografico in lode della di lui amatis- sima consorte defonta. Questi quattro rami sono eseguiti con tanta leggiadria, ed eleganza, che non hanno da invidiare le tanto per la grazia celebrate vignette del rinomatissimo Bartolozzi. Intraprese poscia per conto di Volpato il Mira- colo di BoJsena , o sia la Messa , una delle otto grandi Lu- nette dipinte da RafFaello nel Vatica[io,avendo quegli iuta- gliate lodevolmente le altre sette (i). Non si tosto uscirono in luce i due rami della Giurispru- denza, e della Messa, che la fama il grido ne sparse, ed ad- dito agli occhi degl'intendenti il nostro RafFaello, come que- gli che a perfezionare sorgea I'arte dell'intaglio. Questo e il punto di fatti, in cui si puo con sicurezza asserire essersi egli innalzato sopra la maniera del maestro,raentreper quan- to con valore, come teste si e detto, intagliate siano le sette del Volpato, non reggono esse pero al confronto di quelle e pei- la puriti del disegno, e per la conservazione del ca- (i) In questo rame accadde che, tirato un numero di stanipe, si scopri una rrepatura Delia scalinata a parte diritta sopra le teste degli Svizzeri, onde convenne stagnarlo, e di nuovo incidere sullo stagno quel pezzo , e cio esegui il Morghen con tanta niaesthu , ch' h quasi invisibiie : ts pero da notarsi, che le prove, aoche con le lett6re,le raij^liori sono quelle, nelle quali si vede la piccola crepatura uel luogo citato. T. I. P. 11. 41 3o2 PU&GIALI rattere di quel gran Pittore, e per la maniera dell'intaglib piu nicida, e grandiosa. Cio per altro nulla toglie della lau- de giustamente dovuta al Volpato, che anzi debbono saper- gli buon grado gli Amatori delle Arti, avvegnache, senza le ottiine istrnzioni di lui, non avrebbe forse il Morghen sviluppati que'talenti, die in minore, o niaggiur copia ven- gono solo conceduti dalla Provvidenza. Dal Gran Priore Antinori vennegli ordinate il ritratto di un Incognito dipinto da Mireveld, ch'esisteva presso il me- desimo, nel quale fece vedere, che anche con un taglio lar- go si possono fare le carni molto bene impasrate, e di un bellissimo effetto, lo che jiero non riusci a Wille nella sua Morte di Marcantonio. Fece in seguito le preparazioni all' acquaforte degli altri due tondi del Vaticano, la Filosofia e la Giustizia, che furono terminati dai Giovani dello studio di Volpato con dei ritocchi di lui alia fine. Lavoro ancora in questo tempo in due degli Ovali, detti gV hlilj di G csner , come pure in una Madonna dal Frate,pubblicati presso Vol- pato, e in due Bacchi dal Mola, che portano il noine di Volpato e Morghen. Sono parimeute intagliate dal nostro Raffaello otto acquaforti di Paesi per terminarsi a colori, e ]a maggior parte de'rami dc'Principj del Disegno ricavati dalle antiche statue le piu perfette, e divisi in quaranta fo- gli, compresa la descrizione, cotninciando dagli occhi sino alle figure intere, Opera, che, al dire di Niccola Passeri, ( Metodo di stud, la Pit. tomo i. pag. 5i.) per la sua esat- tezza n.elle belle forme, pel tenero effetto del chiaroscuro , e per la nitidezza deU'intaglio^dev'essere di un grandissi- mo vantaggio ai Principianti. Nel 1784. fece societa d'interessi col maestro, e suocero, e comincio allora il Parnaso dipinto da Mengs nella villa Albani, e la Caccia di Diana, quadro celebratissimo del Do- menichino esistente in casa Borghesi a Roma, stampe in fo- glio grandissimo. Alcune figure del Parnaso, e singolarme CATAL. DELL'OPERE DI MOKGHEN. 3o3 te le due lateral!, sono lavorate da altra niano (i), lo che facilinente si conosce da chi e dell'aite, o da chi vede cliia- ramente in essa ; e nella Caccia di Diana, ch'e bellissima, Jeggesi in un nastro de'sandali proposci in preniio alle vin- citrici „ per V amlco Puccini,^ Questi e il meritissimo ca- valiere Toramaso Puccini Directore della I. Galleria di Fi- renze, aniantissimo, e peritissimo delle Arti Belle, uno de' maggiori, e degni amici, che abbia avuto il nostro Profes- sore, il quale per contestargli in qualche niodo la sua gra- ritudine gli desrinava alcune prime prove de'suoi ranji, ed in talune piu particolari incideva nel rame il di Jui nome, come nella sopra indicata, e in qualche altra in seguito (2). Nel i786.esegui da un busto di Domenico Cardelli il ri- tratto di Stanislao Augusto Re di Polonia, il qual busto col rame furono tiasportati in Polonia , ed io non ne conosco ciie un solo esemplare; e fece ancora nello stesso tempo al- cuni ritocchi nella testa del ritratto del Cardinale Herzan inciso da Ottaviani. Intagli6 quindi il ritratto del cavalie- re Gaetano Filangieri da un disegno di Stefano Tofanelli, (3) di ordinazione della famiglia di quel celebre Scrittore; inoltre il S. Gio. Batista da Gu'ido Reni, e la S. Famiglia da Rubens, nella quale non vi e finito di sua mano, che la te- sta della Vergine, il Bambino, e la biancheria, essendo il rimanente di Giovanni Folo (4). Nel 1787 fece un piccolo rame rappresentante le Nozze di Germanico, e di Agrippina, che fu inserito nel libro in- (i) Ja Francesco Cecchini suo scolare, che poi mori. (2) Time le belle prove , dell'" quali si parla in questo articolo, esisro- no attualmente nella sceltissima raccolta dal suddetto Cavaliere ceduta ai Signori Fi ie di Torino. (3) Questi e il valente pittore Stefano Tofanelli maestro di disegno, e iiittura, neir Arcademia delle Belle Arti di Lucca , e quegl! che ha fatto la maggior parte de'disegni deUe Opere intagliate dal IN. A. (4) allievo del N. A., che si distingue a Roma pubblicando delle Opere interessanti , e pregevoli. 3o^ POCGIALI titolato „ Coinponinienti per It nozze del Conte Sanvltale , t della Principessa D. Lulsa Gonzaga. Parma nella Stam^ peria Reale I'^Sj. in 4.. „ ed av vi ne! fronte«piziu una vignet- ta iimilniente di sua mano. In tempo di villeggiatura nella campagna di Albano incise il Teseo dalla stacua di Canova, ordinato dal Conte di Fries di Vienna, il quale possiede la statua, ed II rame (1). Ad istanza del P. Carlo Antoiuo di Rosa della Congregazione deil'Oratorio di Napoli fece un S. Filippo Neri di propria invenzione. Esegui ancora una S. Famiglia da Andrea del Sarto pel suddetto Conte di Fries, nella quale lavoro non poco il di lui scolare Fontana. Dopo queste opere intaglio I'Aurora da Guide Reni di- piuta in una delle volte del Palazzo Rospigliosi a Roma, stampa die per la sua felice esecuzione e meritaraente assai stimata dagl'Intelligenti, e n'e stato tale I'incontro, ch'es- sendosene tirato un grandissimo nuraero, il rame ne diven- iie stanco oltremodo, onde fu fatto ritoccare nella scuola di Volpato, ma per cattiva sorte da chi avea uno stile dal Mor- gheniano troppo difFerente; ed e percio, che le belle prove, ormai divenute rare, vengono avidamente ricercate (a). In contrassegno di aniicizia verso il prelodato cavaliere Puccini intaglio alia punta il Ritratto di se medesimoinpro- lilo, che presso il detto Cavaliere si conserva, sotto il qua- le il Morghen incise di sua mano il seguente verso: Jn segno di amicizia pel signor Tommaso Puccini; e questi vi fece incidere I'altro: Nee sculpi melius, nee potuit melior. (i) Credesi che ora il rame sia passato in mano di qaalche negoziante, e ne sono state tirate delle stanipe a Parigi. Le migliori prove sono quelle impresse a Roma , e si conoscono , oltre alia maggior forza , alia qualita della carta nieno beila della francese. (2) In questo rame, dopo tirato circa un cento di stampe con !e lette- re , fu aggiunto In Aedibus Mospiliosis , ond' 6 che quelle senza VAedi~ bus sono tenute in somnio pregio. CATAL. DELL'OPERE DI MORGIIEN. 3o'> Per Ulisse Pentini di Roma fece un viglietlo da visita rap- presentante Monte Cavallo, che in quella picciolezza e gra- ziosissimo ; ed un altro per un Religioso, che rappresenta la citc^ di Todi. Di commissione di iM. Day, negoziante di quadri in Roma, intaglio il Lot con le figlie dal Guercino (i), ove ha molto bene lavorato ancora il di lui fratello Guglielnio (2); quindi per la sua societa il bellissimo Ri- poso in Egirte, ed il Ballo delle Stagioni , o sia il Tempo dal Pussino; e contemporaneamente nelle ore dagli altri deite di riposo , ma chVgli quasi mai non conobbe, con- dusse a termine I'Angelica, e Medoro,dal dipinto di Teodo- ro Matteini parimeute di commissione del sopraccitato M. Day (3). Vennegli commesso poi da Monsignor Ridolfi con i disegni del To'anelli la stampa, che precede il frontespi- zio, e due vignette, per I'Orazion funebre dal suddetto re- citata in occasione de'funerali fatti da Pio VI. a Carlo III. Re di Spagna , e della suddetca stampa, che rappresenta questo fatto , n'esiste, come Voi ben sapete, signor Gaeta- no Ornatissimo, una prova all'acquaforte, die tempo fa di buon grado vi cedetti, nella quale e inciso nel baldacchino del trono ., unica prova per I' amico Puccini „ . Intaglio anche per Monsignor Gaetani in piu piccola forma il ritrat- to di Carlo III. da Meags, e due Medaglioni, nei quali son rappresentati i ritratti di Carlo IV., e di Ferdinando IV., che servirono per un Elogio stampato in Napoli; e pel Car- dinaie Despuig la testa di Augusto da un busto antico. Ven- negli quindi ordinato il ritratto di Miledi Hamilton dalla pittura di Angelica KaufFman, il quale rest6 poi presso I'Au- (i) Questo rame appartiene attualtnente a Giuseppe Calendi, e C." , i quali pubblicarono ua catalogo di diversi altri swl principio dell' anno scorso. (2) fatto valente intagliatore con la direzione del N. A. , ed ora ^ maestro d' intaglio nella R. Accademia delle Belle Arti di Napoli. (3) Ora 6 di proptieta de' medeiimi Giuseppe Calendi , e C? 3o6 POCGIALI tore,denominandosI la Musa Cotnica. Esegui ancora la testa cli Giove Egioco da un cammeo della medesima grandezza deila stampa , die apparteneva al cavalier Giuliani Sena- tor Veneziano, nome ceiebre ne'fasti dell'istoria delle Arti, ed a Voi molto caro, per I'amicizia che seco vi legava (v). Nel 1 790- portarosi a Napoli per rivedere la sua famiglia, fece cola alia punta il ritratto di Filippo suo padre disegnato daH'anzidetto fratello Guglielmo, il quale disegno pure, ed intaglio nello stesso rame, il ritratto del N. A. Ritornato in Koma incise in piccolo S. Pio V. pel Conte Fiorenzi di Osimo. Dal dottor Francesco Aglietti di Venezia ebbe commissione d'intagliare il ritratto del Conte Algarotti, il di lui Depo- sito esistente nel Camposanto di Pisa, e varie vignette, che servirono per I'edizione delle di lui Opere pubblicatein Ve- nezia dal Palese. Fu circa a quest' epoca, che il Fidia del nostro secolo, il cavaliere Antonio Canova , all' eta di anni aS. per media- zione del di lui intrinseco amico Giovanni Volpato (2),e di ordine della Famiglia Rezzonico, esegui il superbo De- jiosito di Clemente XIV., che fu coUocato nel vasto Tempio di S. Pietro di Roma, ed al Morghen ne fu affidato 1' inta- glio. Accadde che,dopo aver gia fatta la preparazione all' acquaforte,piacque alio Scultore di mutare la posizione di alcuni pezzi , per cui venne pur anche a mutarsi il lume: ria cio fu benissimo corretto dal nostro Professore, e fu rondotta a fine la stampa col lume totalmente variato, sop- priraendo altresi due figure di Prelati sotto la porta, che vedonsi in contorno nella prova di acquaforte. Dai disegni del Matteini intaglio, e pubblico nel 1791. tre rami di di- (i) Questo cammeaesiste ora nel Museo Francese , ed il rame, che si diceva rotto , trovasi presentemente nella calcografia Morgheniana. (2) lo che rilevasi dalla iscrizione posta nel bellissimo deposito espri- rnente I'Ainicizia, dal niedesimo esetjuito pel caro amico delbnto , e che fu collocato nell'atrio della Chiesa de'SS. Apostoli di Rooia, CATAL. D£LL'0PERE DI MORGHEN. 807 Terse grandezze, e di composizione di£Ference,rappresentanci Suor Maria dell' Incarnazioue , che passarono in Francia presso I'Abbate di Chatetioy. Esegui poinel tempo brevissi- ino di mesi dieci, e termino alia line del 1792. il superbo ritratto del Generale Moncada a Cavallo, dal bellissimo (juadro di WaiidiL, ch'esisteva in casa Braschi. Dall'epoca dell'Aurora in poi le principali di lui Opere gono di uno stile veramente grandioso, e sublime, ed in par- ticolar modo 1' Aurora, il Riposo, il Tempo, ed il Cavallo, nelle quali tutte, oltre al mantenere il carattere de'respet- tivi pittoii, prime scopo di perito intagliatore, trovasi una coudotta di tagiio, che sorprende, mentre ivi con bell'im- ])asto sono tractate le carni, con molta intelligenza il piega- re de'panni , con somma lucidezza i metalli, con inlinito gusto il paese, I'aria, e sino il peio del Cavallo e condotto in tutte le sue parti {)er lo stesso giro, che ha in natur^, cosa non ancora veduca in quel tempo, e che* non potendosi iieppur dalla pittura ottenere, supplisce in certo modo, se mi e lecito il dirlo , alia mancanza del colorito. L' ultima Opera, che fece in Roma, fu il Presepio da Mengs, ordinato- gli da una Societa di Signori Spagnuoli , della quale era Presidente il Principe Ereditario, Societa che si era pro- posta di far intagliare i piii be'quadri dell'Escuriale. Que- sto rame si lavorava ne'pezzi meno interessanti da France- sco Rainaldi (i), mentre il Morghen si occupava del Ca- vallo, ed appena ultimato questo, termino il Presepio. Qual si fosse la di lui attivita, e prestezza nell'esercizio di un'ar- te si penosa , difficile, e lunga, facilmente lo vediamo dall' epocbe sopraccitate. Nel giugno del i'^()2. fu invitato a Napoli, dove gli fu esibita una pensione di ducati seicento annui, con I'obbli- (1) uno de' buoni allievi, che abbia avuto il N. A. , e che la morte ci rapi nel tempo appunto,che ad eseguire si preparava delle Opere d'im- pegiio. 3o8 POGCIALI ivo pero d'incidere i quadri della Galleria di Capo di Monte, edi dovere in tutto dipendere, sia per la soelta de'soggetti, che pel metodo datenersi, da'Direttori di queila; ed a cia- schedun rame, che andare dovea per conto della Galleria, gli sarebbe stata data una volontaria gratificazione. Ma egli stimo piu opportuno di venirsene in Toscana, vale a diie nella patria deVuoi maggiori, sotto gli auspicj del Gran Du- caFerdinando III., il quale conRescritto de'g.gennajo 179'. ]o chiamo in Firenze, assegnandogli la provvisione annua di scudi quattrocento, I'abitazione da scegliersi in quella parte della Citt^, che piii gli piacesse, ed il libero arbitrio d'intagliare quelle opere, che piu gli fossero a grado, inci- dendole per conto suo proprio, col solo carico di tenere scuola aperta d'intaglio. Portatosi dunque in Firenze nel prime di maggio del 1 ygS. iPsuo primo lavoro fu la Madonna della Seggiola dal cele- bre quadro di Haffaello, cli'esisteva nel Palazzo Pitti (i), della quale avea giii f;itto la preparazione aH'acquaforte in Roma di due diverse grandezze, e la prima piu piccola fu poi terminata da Giuseppe Calendi (2) per conto de'Pagni, e Bardi negoziantidi Stampe, siccome peimedesimi servi an- cora quella ultimata dal N. A. II Morghen la dedic6, come lesueToscane primizie, al Generale Marchese Manfredini amantissimo delle Arti, e possessore di una scelta raccolta di Stampe (3), per esser quegli, che contribui alia sua ve- jiuta in Firenze presso il Principe sopra indicato. Intaglio (i) ora nel Museo Francese. (2) discepo'.o del N. A. , ed uno degrintagllatori, che hanno lavorafa per la famosa collezione del Mnseo Francese ; ed attualmente si occupa di un Corso elementare di disegno intagliato alia maniera di oiatita con i pezzi di Anatotnia impressi a rosso e nero, che fanno un bellissimo ef- i'etto, opera che a giudizio degl' Intendenti sari utilissima a chi studia il disegno. (3) 11 catalogo di qiiesta raccolta h stato pubblicato in Padova nel 1808. per opera del dottore Frangeico jXeuiuayr. CATAL. DELL'OPERE DI MORGHEN. 3o9 cjuindl la Carita dal Coreggio per conto del sopraccitato M. Day ( I ) , e nello stesso tempo in piccolo ovale il Ritratto del Conte Alfieri da Francesco Saverio Fabre pittore celeber- rimo, ed amicissimo del detto ristauratore del Teatro tragi- coltaliano, il quale dal solo Fabre permise, che i questo superbo Ritratto ii ^ fatto un dovere il N. A. d' inviaie prontamente i primi esemplari all' Imperatore , ed ecco la risposta , olie ue ha avuta dal Ministro dell' Interno. Monsieur, fai mis hier sous les yeux de Sa Majesle les deux exem- plnires de son portrait , que I'ous m' aviez adresaes. File a daigne te- moigner qu elle agreait volontiers cet liommage . Elle a donni des eloges k -voire talent , et fai lieu de croire que vous receviez de VEm- pereur quelque marque partieuliere de sa satisfaction. CA.TAL. DELL'OPERE DI MORGIIEN. 819 n nosfro Professore HafFaello Morghen di carattere dol- ce, religiosissimo, e molto inclinato alia beneficenza,e stato sempre alieno da tutto cio, che potesse Hall'arte sua distrar- lo. Nondimeno considerato fu sempre in tutti i consessi di rinomati Artisti: quindi e che trovasi decorato di diverse parenti di celebri Accademie, come sarebbero I'Euoeniana, la Napoleone, I'ltalianadiScienze, Lettere, ed Arti.equel- la di Siena: e membro dell' Istituto Nazionale di Fjancia, e Deputato della Society del disegno, una delle tre classi deir Accademia Fiorentina. E assai stimato, ed amato dai Grandi, ed abbiamo veduto in piii occasion! con quanta aviditi le produzioni del suo rairabile ingegno non gia nella sola Italia, ma nell'Europa intera, vengano ricercate; cose tutte, che mostrano quanto abbiasi in pregio un tanto A rtista. Dal suo felice matrimonio ha conseguito quattordici Fi- gli, de'quali soli cinque sono vivi, tre inaschi e due fern- mine; ed al presence nell'eti sua di anni 5i.. continua a godere d' una prospera salute , e di quella quiete di spirito, che non si e mai in esse alterata per le decorse perturba- zioni e vicende, applicando assiduamente a'suoi studj, che forraano la sua delizia , come I'hanuo sempre forinata fin dalla prima sua giovanezza, senz'aver mai saputo, j)er cosi dire, che cosa sia ozio, impiegando sempre lodevolmente il suo tempo. Ma io non estendero piu oltre le mie riflessioni, perche dirette a Persona, che sa col suo savio discernimenco, e con la sua vasta erudizione, rilevare tutte quelle doti che rendono singolare I'arte dell' intaglio, ed il nostro celebrato Autore. Solo aggiungero, pel trasporto che mi stimola a giu- stamente lodare chi tanto onora I'arte deliziosissima soprac- citata.e con tanta amorevolezza dirige i miei studj, che I'esi- mio Raffaello ftlorghen ha saputo valersi di un tagl'w, che dh ragione di se dal principio sino alia fine: ha trattato gll oggctti dis'ersi con div'ersa inaniera , adattando lofo in 320 POGGIALI mancanza del colore un taglio, che caratterizza 1' oggetto intagliato: ha conservato il carattere de'Pittori, de'quali ha impreso a divulgare le opere: ha mantenuto la purezza del disegno , e V ejj^etto del chiaroscuro ^ dalla quale unio- ne di cose resulta un'arraonia che sorprende, e che fara pas- sare le di lui opere alia piu tarda posterita. Desidero altre occasion! da potervi dimostrare, Ornatis- simo Signore, quella stima distinta, ed amicizia sincera che mi fa essere Firenze i5. Aprile 1809. Vostro demtiss , ed obhligatiss. Servitore, ed Amico NICCOLO' PALMERINI. 3ai CATALOGO t INCISIONI FATTE IN NAPOLI. I. I. Giovinetto orante inginocchioni verso Oriente. Questo pezzo stimato uniro,e che non era noto nep- pure alio stessu Aiuoie, ai cbbeda FiiippoMorgheij, pur valente inciscre padre di Raflaeife , che di suo piigno vi appose sotto la presente nota : Primo sag- gio a bulitio di Raf. Morghen da giovinetto. Sem- , bra cheallura egli potesse essere nell'eta di circa no- ve anoi. II. al IX. Alcutie figure de'Profeii,c\\e esistono in bassorilie- Baccio a- al 9. y^ neWa. Metropoiitaoa Fiorentina , segnate precisa- Bandmelh. mente con i numeri 57. 58. yS. 76. 81. 82. 85. 86. di quella raccoita. '77"' X. 10. 11 Giuoco del Pallone. Prova avanti lettere, e senza il nome dell'Incisore. '773- XI. II. Vedu.taiaterioredelTruglio,owero Bagni anti- chi, presso al Teinpio di T^enere Genitrice a Baia. L' espressione die 6 sotto questa stampa: Pyaffa- ello Morghen dis. e inc. mostra il possesso nel dise- giio del nustro Artefice fin da qiieU'epoca. '775. XII. la. f^eduta delle Lave , che nelle eruzioni del Ve- suvio cuoprirono I' antichissima cittd d' Plrcolano. Anche in questa si legge R. Morghen del. el inc. '775' xiii. 1 3- Veduta del Tempio Esastilo Ipetro dalla parte di Ponente ec. Qui pure si legge Morghen fig. dis. e inc. '77^* xiT. 14. Veduta del Ponce di Caligola. Non v' e il nome dell' Incisore , ma si sa esser opera del nostro Autore. i776' XT. i5. Veduta della Grotta del Cane. Ha per compagua la Veduta della Scuola di Virgllio, ma questa, bench6 senza nome d'lncisore,non ^cer- tamente lavoro del nostro Artefice. '776\ f POGGIALI XVI. 16. Ritratto di Ferdinandn IT''. Re (leUeilue SictUe. La sola testa di questo bel Kitratto 6 opera del no- stio Raffaelle, che la lifece in eta pin avanzata, giac- c\\h !a prima, chf rappresentava quelSovrano in eti pifi giovanile, e i! resto,era gii stato inrisoda Filippo suo padre. II V\a\\o vi ha posto sotto di sue pugno il di lui Dome, come pure la seguente nota : Stampa rata doiiata aiC amico Poggiali dali Incisote. '^'ill- Maria Carolina Regiiia delle due Sicilie. Questa t) la sola prova non perletta, che s'incontri in tiitta la presente Collezione , non essendoci liuscito di poterla ottenere di prima impressione, nonostante le pill diligenti ricerche t'atte. ^Ill- La celehre Mascherala faita nella splendidissi- ma citta di Napoli in Catnpagna fe.lice nel cariie- vale deir anno 1778. rappresentanie nella verita della sua maestosa comparsa il Fiaggio del Gran Signore alia Mecca ec. , Ancor quest'Opera grandiosa fu disegnata con mol- to spiritoed ele§anza dal nostro Morghen. iiseniplare impresso in una tinlaiella rossiccia. '77^" XXX- 3o. U Anne del Duca di Cassano Serra , grande a- matore e hno conoscitore in genere di belle Arti , e assai celebre per la doviziosa Biblloteca da esso for- mata^ riccatli preziosi Cimelj. XVII. 17. xvtii al XXIX. 18. al 19, 'XXXI. 3 1. XXXII. e xxxIII. .■5a. e 33. 34. e 35. 36. e 37. 38 e 39. INCISION I FATTE IN ROMA. La Maddalena a mezzafigura. Dedicata al Mar- chese della Sambuca. E' forse la prima opera, nella quale il Morghen dette un piu chiaro saggio della riuscita ch' era per fare il suo bulino. La Pittura , e la Poesia. Le due Acqueforti. Queste sono di somma rariti , e probabilmente non esistono altrove. Prove avanti lettere assai rare. Gotle lettere, ma col raro indirizzo di Giorgio Ha- ckert in Roma. Coir indirizio di Napoli. Sono impresse sopra carta della Cina. I present! due Cuido Revi. ''1^1 • Gavino Ha mil ion. J CATAL. DELL'OPERE DI MOUGHEN. 323 40. e 41. XXXIV. 4a 43. AA- Rami furono fatti incidere al nostro ArteEce , allor giovine, dai fratelli Filippo e Giorgio Hackert, nomi cari alle Arti del disegno, i quaii molto contribuiro- no air avanzamento del valente Artista. Dai medebimi Hackeit , che furono nostri parti- colari'amici, si ebbero le rare prove sovraccennate , assicurandoci che dell' Acqueforti altre non ue fu- rono tirate. Due copie piu in piccolo fatte in Roma da Leo- poldo Ricci. La Poesia. Acquaforte. Prima prova avanti lettere. Colle lettere. Notisi qui una volta per sempre, che le prove col- le lettere coutenute nella presente Raccolta sono co- stanfemente delle prime tirate, e di perfetta impres- sion e; XXXV. 45. La Tenlogia. Acquaforte. 4f'- Prima prova avanti lettere 47- Colle lettere. XXXVI. 48. La Giurisprudenza. Acquaforte. 49- Prima prova avanti lettere. So. Colle lettere. Questa Stampa viene a ragione considerata come una delle Opere principali, e piu perfette del nostro Artetice , il quale ha saputo ancora conservare ec- cellentemente in essa il carattere del celebre Pittore. Rarissime ne sono le prove d' eticheica. al Ritratto della Principessa della Roccella , e tre Stampe istoiiace. Quest! quattro pezzi servirono per adornare la beir edizione Bodoniana de'Versi,e Prose, di varj ri- nomati Autori fatti per onorar la memoria di D. Livia Doria (>araffa Principessa della Roccella , pubblicata in Parma nel 1784. in 4.° grande. zLi. 55. Miiacolo di Bolse/ia, altrimenii detto la Messa. Prima prova avanti tutte ie lettere. 56. Colle lettere. XXXTII XL. 5l. al 54. I779- e 1780.' Haf. rf- Vrbmo. 1781 Detto. 1781. Detto. 1783. Fedelt Flschietti dis. 1783. Raf. f'7- Colle lettere chiuse. Vi e r indirizzo di Niccolo Pagiii, e Gius. Bardi , che h il prinio di questo rame. 168. Prova singolare maestrevolmente miniata con tinte simili all' Originale. 1C9. Prova in carta della Cina coil' indirizzo di Nic- '79^- cold Pagni. CATAL. DELL OPERE DI MORGHEN. cvi. 170 La Caiita. Acquafoite.* 171. Prova iiuD finita. 17a- Avanti lettere. 173. CoUe lettere. CTii. 174. Ritrattn del conte F'ittono Alfieri, Prima prova avanti lettere, e avanti i nomi del Fittore e dell' Jn- cisore. 175. Prova singolare come sopra in carta della Cioa. 176. Avanti lettere, ma can \ nomi sopraindicati. 177- Superba prova colle lettere. 1715. Colle lettere, impresso in Pergamena. cTiii. 179. La Famiglia Holstein-beeck , altrimenti delta la Famiglia Pollacca. Acqiiaforte. •8o. Superba prova avanti tutte le lettere. •3i. Prova avanti lettere , ma con i nomi della Pit- trice, del Dise^natore, e dell' Incisore. i«a- Colle lettere. cix. i83. Ricratto di Domenica f^olpaCo Morghen. Prima prova avanti tutte le lettere. 184- Colle lettere. >y5' Eccellente prova, impresso in tintarella scura. ex. 186 Ritrattodi Furtunaca Sulgher Fantasfici. Avun- ti lettere. ili7- Colle lettere. 1B8. Colle lettere, impresso in carta turchina. CXI. i8<)- Ricratto di Niccolo MacJitavelli. Acqiiaforte. 190. Uriica prova avanti tutte le lettere. 191- Prova avanti le lettere , ma con i nomi del Pit- tore e deir Incisore. 191 Prova simile in carta della Cina. i9j- Colle lettere. ^94- Colle lettere, impresso in Pergamena. cxii. 195. Ritratco di una Signora Tedesca, die dicesi rap- presentare Madama Fulger. Prova avanti lettere. cxiii 196. Medaglia colla Testa d' O^idio. Prima prova avanti tutte le lettere. 197- Colle lettere. cxiv. 198. Ritratco di una Monaco. Prova avanti lettere. Antonio Allftjri detio il Coreggio. F. X. Fabre. Angelica Kau-ffman. Delta. «794- Delta. '794- Angela Brunzino. '794- '794- 33o POGGIALI cxv 199. Z,a Madonna del Sacco. Ar.qiiaforte. AitJrra aoo. Acquaforte con qualche ritocco a bulino. del Sarta. ■ ioj. Prima rarissima prova avanti tucte le iettere. aoi. Prova colle Iettere aperte -d3- Colle Iettere cliiiise. *<'4' Colle Iettere, iinpressa in carta della Cina. aoa- U Controcalco. '795- cxvi. ao6. La Tras/igurazione. Acquaforte. -So/- d" ' aoj. Prova condotta a bulino fino a circa la meti del Urkino. lavoro. '796- Questo h quel Ranie,che il nostro valente Artefice lascio irnperletto , seoza curare il danno d' interesse die gliene veniva , per essersi accorto che la man- ranza d' nn esatto Disegno non lo avrebbe posto in grado di poter tare quel capo d opera dell'Arte che s' immaginava , e die non e da dubitarsi che sia per dare uel nuovo Rame, che sta incidendo, di quest' Opera sublime. cxvii. 208. La Vergine col Bambino che dome. Acqua- Tiziano- forte rarissima. 309. Prova non terminata, unica. aio. Superba prova Knita avanti tutte le Iettere, im- pressa su carta deila Cina. ill. Controcalco riuscito di squislta perfezione e morhidezza. '797- Tutte le prove di qnesta elegante incisione sono di somma raritA per esser d' un Rame non vendibile in Italia, ma fatto per I'lnghdterra. In quel tempo cor- se voce che il detto rame perisse in mare per viaggio insieme ad altri preziosi oggetti riguardanti le belle Arti. cxvin.iia. La Madonna di Caravaggio. Prima prova coll' indice della mano destra della Verginealzato. ai3. Seconda prova colla detta mano dimostrante le quattro dita. o.xix. 114. Viglietto da visita per il Senatore Bartolini. Acquaforte. *j5. Prova non interamente terminata. Questo lavoro rimase cosi non £nico. CATAL. DELL OPERE DI MORGHEN. iOl cxx. a; 6- La Cena d! nosno Si^nore con gli Aposloli. Acqiiafoi tecolla testa di iin Apostolo Cnitaa bulino. 317. Frova rarissiina quasi condotta fino alia hieti. ai8. Prova come sopra con tiitte le Figure quasi ter- minate,eccettuato alcuneestreinita,etiitta la tovaglia. Di questa prova non si tirarono che quattro soli esenipfari, uiio per I'lnc isore, altro per la di lui Mo- glie, il terzo per il sig. Niccolo Palmerini , il quarto per noi. a 19- Questa prova insigne ha sotto la segnente iscri- zionecTl carattere delljstessoMorghen: Proi'aiinica col PiartiTio non finiln , ai'arili l' Anna ec. desti- nata dall Incisore Rafjaell^ Morghen per la Col- lezione di Scainpe scelte e rare del Sig. Gaetano Poggiali suo dilettissiino Amico in contrassegno di parziale affetto ec. Nel Piattino non Hnito vi sono ■ le iniziali R. M. Prima prova colle lettere aperte. Colle lettere chiuse,iuipressa in carta della Cina. II Controcalco. Lionardo da Vinci- no. all. 13a. cxxi. 2*3. al aaS. a26. a 17. aaB. cxxii. aai). i3o. a3i. •799- e 1800. Rit ratio di Monsig. Diodato Turchi , F'escovo France tea di Parma . Tre diverse prove ;jradatamente non Vieira. finite. Superba prova quasi terminata. Eccellente prova avanti tutte le lettere, impres- sa in carta della Cina. Colle lettere. 1800. Paghero'del Monte redimibile. Prova non terminata. Prova avanti tutte le lettere. Prova terminata, ma con parte dei caratteri fat- ti imprimere senza tinta d' ordine della Comunita di Firenze. 1800. Queste prove sono di gran raritci per non essersi dipoi pubbiicato questo Documento. cxxm a3a. Vignetta per il General Marat. Prima prova. i33. Altra prova con qualche leggiera diversity. cxxiT. 234. Immagine delt Arcangelo S. Gabriello ec. in- tagliata alia maniera di matica. Prima prova avanti tutte le lettere, in tinta rossognola. a35. Colle lettere nella stessa tinta. 336. Prova impressa su carta della Cina in tinta nera. 333 POGGIALI Bencb^ qupsta Stanipa porti il nome del nostro Morghen^ pure egli non vi ebbe che pochissima parte. cxxv. 23j. Ritratto di Giovanni Volpato valence Incisore. Angelica Acquaforte. Kauffma'i. 338. Supeiba prova avanti tutte le lettere. 239. CoUe lettere. 340. Colle lettere, itnpresso in carta della Cina. 180 1. ^'^iene a ragione rignardato come uno de' piii be' Ritratti fra quelli iocisi dal nostro Artelice. cxxvi.»4i. Ritratto di Giorgio Jona Mayer. Acquaforte. Ettlinger. a4»' Frova non interarnente finita. ^43- Superba prova avanti tutte le lettere, impresso in carta della Cina. *44' Prima prova con due soli vers! d'iscrizione. 348. Prova conipita con cinque versi d' iscrizione. La testa di questo Ritratto 6 una delle piu belle fra quelle die sono Hscite dalla mano del nostro Artelice per la freschezza e liberty del segno, e per esser ben modellata nelle parti. ' gxxTii. La Maddalena penitente. Acqaei(one. B. S. a46. _ Murillo. 347. Con qualche ritocco a bulino. 348. Superoa prova finita avanti tutte le lettere. 249- Cplle lettere. cxxTiii. Vignella per i Libri di S. M. il Re £ Etruria. a5o. cxxix.aSi. Ritrattoia MedagUone col roiiescio ist-oriatodel celebre medico AttiLio Zuccagni. Prova singolare air Acquaforte. »5i. Prova finita. II noitro Morghen, essendo stato felicemente cu- rato in una grave malattia ch' egli ebbe nel marzo del 1802. dal dottore Zuccagni dilui amico, in segno di gratitudine, pubblico coll'intaglio la presente Me- daglia accompagnata da un' Iscrizione analoga com- posta dal celebre Ab. Luigi Laozi, nome caro alia Repubblica Letteraria. 1802. cxxx. i53. S. Filippo JSeri, Due diverse prove non termi- Stefano * »^4- nate. ' TofanM- a5S. Superba prova avanti tutte le lettere in carta della Cina. a56. Colle lettere. dii. CATAIi. DELL'OPERE DI MORGHEN. CXXXI.157. Ricratto'di Raffaelle Sanzio d Urbino. Acqua- forte. a58. Prova colla mano non fiatta. aSg e 160. Due prime prove avaoti tutte le lettere , con piccole variazioni. Prova colle lettere aperte. 161. 362. CXXXII. a63. CXXXIII, 164. ibo. e ^66. 1167. a68. 269. a7c. Colle lettere. Ritratto di Lionardo da Vinci. Acquaforte. Qiiesto Rathe, alquaiito avaozatoa bulino ne'pan- ni, e riniasto sospeso per uluLuarsi pero dopo Id Tra- sfigiirazione. Riciatto di Dance Alighieri. Acquaforte. Due diverse prove non finite, una dellequali pero h quaai condotta al sue cooipimento. Siiperba prova avanti tutte le lettere, impresso in carta della Cina. Prima prova colle lettere aperte. Colle lettere. Controcalco. cxxxiv. Ritratto d' un Principe incognito, piccolo ovale ^7'- riijuadraco. Prinia prova non finita. ^'^^- Prova finita col solo nome dell'lncisore. ^7'*- Prova- finita avanti lettere con variazioni nell' ornate. Cxxxv. ■'74- a/S. CXXXVI. ^76. GXXXVII. 378. CXXXVIII. 279. CXXXIX. aiio. 333 Raf-d' Viiino. i8o5. i8o3. Ritratti in medaglia di Maria Luisa Regina Reggente, e di Carlo Lodovico Re dEtruria. Prima prova avanti i nomi di Santarelli, e di Morghen. Coi sopraiadicati nomi. Ritratto del Primogenito delV Imperator Fran- cesco d Austria. Assai raro. La Madonna col Bambino in piccolo ovale ri- quadrato. Prinia prova avanti la riquadratura. Colle lettere. Ritratto della Fornarina. Prova air acquaforte colla testa quasi finita a bufino. 5. M. Maddalena de Pazzi, con la B. Bagnesi in gloria.N'i ebbe gran parte i'incisore Gius. Calendi. / P. 11. 45 Gio. Ant. Santarelli, 1804. Lodovica Car ace i. Raf.iC Vrbino. 334 POGGIALI cxt. a8i- Ritratto di Francesco Petrarca. Acquaforte. St. Tofanelti a8a. Superba prova avanti tutte le lettere, impresso ''"■ in carta della Cina. a83. Avanti tutte le lettere con qualche leggiera va- riazione. 284. Prova avanti le lettere con i soli nomi del Dise- gnatore, e dell' Incisore. a85. Prova colle lettere aperte. a86. Colle lettere chiuse. i8o5. cxn 387. Diltico antico rappreseiuanle Esculapio edlgia. Prima prova rara avanti le lettere. a88. Colle lettere. ?xLii. aSg. Ritratto di Antonio Canova. P. ma prova avanti tutte le lettere. Non esistono di questk prova che soli quattro e- semplari , una nella raccolta deirAutore , altro in queila del sig. Palmerini,un altro fu inviato al sig.Ar- taria di Vienna, ed il presente. ago. Prova colle lettere , ma prima dell' aggiunta della pupilla nell' occhio. 491. Prova colle lettere, e colla pupilla aggiunta. i8o5. Gx1.111.a91, Ritratto di Dante Alighieri. Acquaforte. agS. Prova non finita. ■ ay4. Prima prova finita, impresso in carta della Cina. V^ incisa alia punta secca la segiiente memoria: Prova unica per I'amico sig. Gaetano Poggiaii. R. M. agS. Prova avanti tutte le lettere. 296. Prova con i soli nomi del disegnatore Tofanelli, e deir Incisore. 897. Altra come sopra, impresso in Pergamena. a98i Altra come sopra, impresso in raso argentino. 399. Prova colle lettere aperte. 3oo. Colle lettere chiuse. 1806. Questo Rame ^ di forma piii piccola di quello ri- portato al N." 264. cxiiT. 3oi. Ritratto di Torquato Tasso. Acquaforte. fietro Ermini 3oa. Prova colla sola testa iinita. «'"■ 303. Prova quasi finita. 304. Prova nnita avanti tutte le lettere. CATAL. dell' OPERE DI MORGHEN. 335 305. Altra simile con i soli nomi dell' Incisore ec.,ini- presso in Pergamena, nella quale tre sole se ne tira- rono. 306. Prova coUe lettere aperte. 307. Colle lettere chiuse. 3o8 Cotitrocalco. 1807. «xLv. 309. La Trasfigurazione. Acqnaforte; Raf. W 3io. Prova colle figure del Salvatore, d' un Profeta, Urbino. della Fornarina, e metideH'ariapressoche ultimata. Sotto il Rame evvi la seguente nota scritta alia punta secca dall'Incisore: Prova facta tirare tspres- samente dalV Autore per V ornatissimo Amico sig. Gaetano Poggiali. ' j8o8. cxLvi. 3ii. Riirafto di Napoleone il graride ImperTiCore de' Stefano Frances! ec. Acqiiaforte. Tofanelli 3ii. Prova rarissima non finita. ' 3i3. Prova di egiial rarita con i soli nomi dell' Inci- sore, e del Diifcgnatore. 3H- Altra colle lettere aperte. 3 1 5. CoUe lettere. 1809. cxLvii. Immaglne del Salvatore in piccolo ovale. Lionardc 3i6. Rata prova avanti lettere, col solo nomedeirincisore. aa Vinci. 317. Colle lettere di ottima impressione. L' originale trovasi nella Galleria degli ornatissimi sigaori Fratelli Trivulzio di Milano. 1809. CXLV111. al Lo Studio del Disegno in XXXVI. Tavole in- < Lxxxi 1 1, cise, prese dall'antico, e 5. carte di materia stampa- 3i8.al35j. |.g conipresovi il frontespizio. Stampe, nelle quali il nostro Artefice ha avuto qualche parte col suo intaglio. Da/ni , ed Am ore. Augusta Nahl Dafni , e Fille. Prova rara avanti tutte la lettere. Detto. Colle lettere. La Fergine , che insegna a leggere al Bambino Fr. Bart. Gesii , con due An^eli ec. ''" '^^ ^^'""■ Ritrauo del Cardinale Herzan. ' ^m. Maron. i I 337 SULLA MUSICA DA CHIESA. MEMORIA DI GIOVANNI PAOLO SCHULTHESIUS SEGRETARIO DELLA IV. CLASSE. Q- _ ualunque siasi bell' Arte, dice un egregio Scrittore Te- desco (aji assume secondo i diversi suoi prodotti, anche di- verse un carattere, ogni qual volta ii geueraie scopo d'ogni rappresentazione, e la particolare esigenza delj'attuale ope- razione, sono tra loro di una quasi iuconciliabil diffcreuza. Nascono percio da un medesimo Genio produzioni di un genere del tutto difFerente, e spesso di qualita, starei per di- re, opposte. Percio I'arte del dipingere ora rappresenta Pae- si, ora soggetti presi dalla Scoria, ora Ritratti, ora Allegoric; e neir istessa guisa che la Poesia puo esser epica, liiica , drainiuatica ec. , nel modo medcsiuio anche la Musica si presenta in forma molto diversa , secondo che gli oggetti, (a) Veggasi la spconda Annata dfll.i niova Gazzetta Musicale Jcl ce- lebre sig. Gio. Federigo BeicharrftMaehtTO di Cappella diS. M. il Rp di Prussia , articolo 35. , tli cui e Antoie 1' intclligenllssimo sig. C. t. AH- chaelis. 338 SCHULTHESIUS ed i rapporti proprj alia di lei rappresentazione, ed alle sue espressioni,sono differenti. Tali diversita si manifestano parte nel proposto soggeCto, parte nell'esecuzione di esso, V non solamente nei gradi, ma eziandio rielle formejSi dell' espressione, che della rappresentazione. La Musica e stata divisa principaimente nei seguenti rami : in musica da Cliiesa , da Teatro , e da Camera (bj. Ciascheduna di queste tre principal! Classi comprende sot- " to di se diversi generi in quanto all' estensione, al contenu- ro ed al carattere delle di lei produzioni : imperocche, quantunque questi tre generi principali, qui nominati, con- siderandoii come Musica, abbiano quaiche cosa di coinune fra loro, si distinguono pero essenzialmente per quello spi- rito orisinale, con cui la Musica in ciascheduno di essi e trattata ed impiegata. Cio non ostante nascono anche di nuo- vo certe diversita, parte dalT estensione e dal carattere del- la Poesia. che serve di fondamento alia Musica da Chlesa e da Teatro, e di cui si fa use anche nella Musica da Ca- mera, parte dalle circostanze del tempo e della localita, di modo che nel trattare questi tre diversi rami, i limiti quai- che volta insensibilniente si toccano, con nascer percio tal mescolanza nelle diflerenfi qualita dello stile, che parlando di quello della Musica da Chiesa, da Teatro, e da Camera, si deve distinguerlo in antico e moderno , in puro e misto, ■n sublime e basso, considerando inoltre, se le produzioni di ciascheduna specie sieno piu grandi, o piu piccole. E mio intendimento di comunicar soltanto qui alcune ri- flessioni sul carattere della Musica da Chiesa, e sopra lo sti- le propriamente detto stile da Chiesa fcj, riserbandomi ad (l>) Si potrebbe aggiimgere a qneste classi la Musica di Campagiia , annoverandovi la Musica cia Caccia e da (iuerra. ';r) In qiiesto stile sono scritti gli Qratorj, i Misereri, le Canlate sacre, le Masse, gl' Inni, i Salmi, i Mottetti, i Requiem ec. Si distinguono quattro sorri di stili o generi da Chiesa : lo stile a Cap- SULLA MUSICA DA CHIESA. 339 altra occasione di far parola su gli altri due stili da Teatro, e da Camera. La Musica, considerata come Musica da Chiesa, non e tocalmtJnte libera da ogni vincolo ; essa e legata ad un certo prefisso scopo, e non si puo muovere, se non in una certa forma corrispondente alio scopo medesimo. II luogo dove deve risuonare, cioe il Tempio dedicate a Dio^ la radunan- jiella , lo stile accompagnato , lo stile concertato , e lo stile d' Oratorio," i.iascheduna di queste sorti di stile e ben descritta nel teizo Tomo della insigne Opera del nostro Socio corrispondente Sig. Alessandro Choron intitolata : Principes de Composition des Ecoles d' Italie , Chapitre troisleme: Des Styles ou genres, pag. i^-z^. Per dar iin'idea della ma- Jiiera cou cui il chiarissimo Sig. Choron scrive e giudica sii tali cose, vo- glio in sua lode trascrivere il paragrafo 3. Style d' Eglise concerte, e piii in su il §. Oratorio. « Nous appellons style d' Eglise concerte celui qui est ,« accompagne de I'Orgue, et de tous les instruments. Ce style anjourdhui '« le plus usite, en ce genre, est encore plus libre et plus fleuri que le pre- ;« cedent: et dans la maniere d un graud nombie de Compositeurs, il :« differe a peine du style du Theatre , et quelque iois menie du style de c. TheAtre le plus familiar. II a cependant des caracteres qui lui sont pro- >< pres : ce sont , quant aux inoyens, 1 eraploi des Conirepoints, des sujets « contrastes des fugues , tout ce qui tend a uroduire les grands effetsj « quant au caractere, la noblesse, le serieux, le pathetique. Le maitres, n qui ont honore les deux generations qui nous ont precedes, nous en ont f< laisse les plus jiarfaits modeles. Nous avons donne pour module le bel li Offerloire de Jomelli: on peut y joindre la Messe des mortstoute en- « tiere de ce grand honime, qui s est acquis en ce genie une gloire qui cf rien ne pourra jamais effacer. Il faut placer au meme rang , si non en t, un plus haut encore, k raison de sa hardiesse et de sa vigueur, le celebre « Durante , qui a fleuri quelques temps avant lui , et qui a consacre sa (e) II sentimentale e malinconico sig. Chateaubriand ( genio del Gri- srianesimo , tomo terzo, libro primo. Belle Arti, cap. i. Musioa pag. a. ) dice poeticaraente : « Si aggiunga che la Cristiana reiigione 6 esseozial- tt mente melodiosa, per la sola ragione che ama la soliludine. JNon & gia « che sia ella neinica del mondo, che anzi vi si mostra amabilissima; ma ti qnesta celeste Fiioniela preferisce il deserto : t; dessa un poco straniera « sotto i tetti degli iiumini ; ama con preferenza le foreste, che sono i pa- « lazzi del padre suo, e sono Tantica sua patria. Ivi estolle la voce verso " il firmamento in mezzo ai concent! della natura : la natura diviilga iu- <; cessantemente le lodi del suo Creatore , n^ vi ha nulla di piu leligioso •1 che i canlici che fan concerto coi venti, le querce, le canne del deserto. <■ Cosi il Musico, che seguir vuole la reiigione nelle sue relazioni , ^ co- « stietto ad apprender 1' imitazione delle arraonie della solitiidine. Fa «■ d' uopo ch' ei conosca quelle note melanconiche rhe si enianano dalle c< acque e dagli alberi .• fa d' uopo che abbia studiato il rumore dei venti " nei chiostri, e quel raormorio che regna nei (jotici templijUeU'erba dei Tedesco) la scelta d'un peiisiero, ch'egli non avrebbe sicu- ramente ideato nei Poemi di dizione semplice ed affettuosa. Vero e bensi, die il Poeta, che scrive per la Musica sacra, dovrebbe piu che mai star attaccato ad unlinguaggio schiet- to ed affettuoso, nioderando la sua lussuriosa e voluttuosa i'limaginazione, a segno di somininistrare al Compositore, o al Cantante, cio che potesse eccitare un filiale e religiose sentimento, che avesse tutta la verita, naturalezza, dignitel, forza.ond'essere senza difficolta inteso, almeno nell'essenziale, da una devota, ma non sempre scelta, Assemblea. Ma quali sono le proprieta della Musica da Chiesa riguardo alia parti essenziali, ed alle piu importanti forme della ]\Iusica? I. La Cantilena o Melodia fhj- Questa dovrebb' essere in arado eminente, semplice e dignitosa, aliena da qualun- o (/;) Un perito e culto Maestro di Musica , mio pregiatissimo amico, e rollpt;a, mi notilico : « Nel genere ecclesiastico sono slate fin ora fatte .- mofte procluzioni ; ma il genio popolare, rhe ^ sempre amante del sol- .( letico dell orecrhio prodotto piu da qualche biz'zarra cantilena rhe diilla n verita e forza dell'espressione, ha strascinato inolti Maestri della nostra r> Arte ad uno stile molte volte indecente nella Casa di Dio,e(chi lo cre- c< derebbe?)a quella insensata hiasioievolecompiacenza verso il popolodi •I far sentire in certe Musiche ecclesiastiche composte per la Festa di qual- tt clie Santo I'applandite arie di bravura d'un Dai id , le cavatine ed i « rondo favoriti ec. d'un Pacchiarotti , Marchesi, Crescentini , Seiiesi- « no ec. d'lina Giassini, Catelani, Sessi, rivestite soltanto di parole sa- i, ere! La scarsezza di buoni Cantori da Chiesa , il numero grande del ■< cattivi e petulanti Organisti , hanno contribuito molto a guastare que- i< sto bellissimo genere, in cui la Musica fa pompa di tutta la sua forza e i< maesti. « • i ^» Godo sommamente di poter riferire.che il nuovo Conservatono di Mu- sica stabilito in Milano , non sono ancora due anni , e diretto dal giande ytsioli, ben presto dari all'ltalia degli ottimi Cantanti. « Chi nori avreb- <. be desiderato.cosi si legge Del Giornale delle Dame,secondo Trimestre, << N.° XIV. Miluno 7. aprile 18 10. , di trovarsi il 17. di nnarzo nella SULLA MUSICA DA CHIESA. 345 que leggiero e frivolo andamento. Essa non deve gia espri- mere nessuna soverchia ilarita, ed i di lei suoni tristi nessu- na melanconia appassionata, o disperazioiie. II di lei carac- tere, sia allegro o tristo, dev'essere sempre nobile e mode- rato. Si doviebbe dunque cautamente scliivare quelle figu- re, le quali per certi niovimenti atti a far saltare e bailaie, espriniono o eccitano una inquieta e volubile fantasia, ca- pace d'irritare piu la sensuality, che di occupare o solle- vare lo spirito, e il cuore. Anche ne'di lei piu veloci aucla- inenti si dovrebbe nella totalita sostenere la cahna, la serie- ta e la dignita. In generale la Musica ecclesiastica, come a me sembra, deve aver un carattere piu naturale che affettato, rappresentando I'uomo piu nella sua innocenza, e probita, che nel suo inquieto sforzo per trovar la semplicita della It sala del Conservatorio di Musica ? Ivi alia presenza di S. E. il Ministro c( dell'lnterno, e di una scelta adiinanza, si e esegiiito l' Oratorio della « Creazione del Mondo di Haydn per dare un saggio dei piogressi lalti « dagli aliievi del detto Istitiuo.- La Musica fu esegiiita €( egregiamente in una sala assai armonica di detto Conser\ atorio dagli f- « fer ; qu'elle doit etre transpareitte , selon 1' heureuse expiessioa' de « Marmontel ; qu'il n'est rien de plus absurde que d' ^crasrr le chant , « qui est sans contredit le principal , sous le poids dun orchestrf,et qu'ii « soit tellement perdu au sein de ce chaos , qu'ou n'en puisse demeler ua <( seul syllabe , a nioins que le chanieur ne se livie aux ciia et aux voci- « f'erations necessaires pour percer cet epouvantable I'racas. ec. ( Ma- « gaz. cit. pag. 267. a 268. ) « {n) U Canto-fermo, in tedesco Choral, dice Schubart (loc. cit. pag. 344.) ha tanta digniti, soUeva tanto il cuore; il di Ini effetto e di tanta durata , che con ogni dirltto occupa il primo luogo ncllo !>tile da Chiesa. Mentie qualuuque altra IMusica h soggetta al capriccio della moda, il solo Canto- lermo resta permanente : la di lui celeste virtu opera in egual forza ia tiitti i popoli culti. Le otto melodie^ che S. Ambrogio prese da'Greci , come pure le sue proprie, so'no ancora al di d' oggi ascoltate con traspor- to , bencli^ alcune di esse abbiano piu di due mila anni. Simili composi- zioni di Musica ecclesiastica non soffrono in alcuna maniera abbellimenti od arabeschi musicali. Un' immagine della Madonna , fosse essa perfino fatta da un Carlin Dolce , perdeiebbe quasi ogni celeste attrattiva se iosse vestita sul costume della piu moderna moda. Altreltanto deforme e una canzone da Chiesa s'ella § addobbata dalle frange della moda. Chi vuol tar sentire nella Composizione i toni di devozione dev'esser devoto egli stesso. Quindi i migliori Canti-fetn)i,che possiede la Chiesa cristiana, provengono da Corapositori veiamente religiobi. Pergolesi, dice il Sig. Chateaubriand ( iiel sopra citato lU. Torr.o pag. 6. ) ha fatto pompa nel suo Stabat Mater- di tutte le ricchezze dell' arte sua ; ma ha egli torse sorpassato il canto sernplice della Chiesa .' Avendo io consultato 1' egregio Maestro di Musica il sig. Canonico D.' Marco San.tu.cci in Lucca sopra i mezzi di migliorare la Musica segnata- inente da Chiesa , ebbe egli la compiacenza di comunicarmi in una sua lettera Accademica cio che segue: n Se io dovessi esternare il niio qua- « lunque sentimento sopra il primo passo da piescriversi per raifrenaie K la sf'renata licenza, che iiiolto generalmentedoraina nella moderna Mu- 352 SCHULTHESIUS quatido e condotto con dignita, e pai ticolariuente quando dei hravi Caiitanti riescono feliceinente in cio, che in tei- mine d'Arte si chiama porcare, sostenere, accrescere insen- sibilttiente, e smorzare dolcemerite, i suoni. Passaggi difficili e ricercati, cadenze faite con tropp'arce, ornamemi sover- « sica Ecclesiastlca, pocodistinguibile spesse volte dalla Miisica Teatrale, K ppr quindi fade strada ad niteiiori suoi progiessi, e renderia degna « della Oasa di Dio , e dell' approvazione degl' Jntendenti , direi , che si tc dovrebbe tornare a lavoiare , se non sempre , almen con liequenza nel « Canto-feruio, seguendo le traccie di taiiti valent'uomini , che ci hanno « precediuo , con emanciparsi per altro alquanto dalle loro leggi fbrse n troppo rigorose , e severe , e dando luogo ad alcune pratiche alquanto « piu libere e sciolte, regolate con fine giudlzio e discernimento. Con sit- ,« fatta norma si otterrebbe ( per quantoa me sembra) una Musica grave, te la V delicatesse, rintelligence,et le gout du musicien,doivent r^pandre dans « I'execution, soit sur le chant principal, soit sur les parties plus ou moins 'c( iinportantes qui 1' acconnpagnent : et sans cela cependant, oil est la >' Musique? Ne vous semble-t-il pas de voir un tableau, dont toules les '« teintes sont unifortnes , et ou tons les objets se pressen.t sur un nneme ei plan .' L' orgue a d'ailleurs un autre genre d' imperfection dans la pro- cc duction trop sensible des harmoniques de divers sons , ce qui denature '« souvent 1' harmonic par 1" introduction de sons Strangers aux accords, « dont r oreille est preoccupee. Enfin 1' orgue nous paroit itnpropre ^ rt raccompagnement des voix, par les raisons que nous venons d'e\poser. « 11 seroit bien k desirer que i'on trouvAt pour ce bel instrument les mo- V yens de perfectionnement,que Ton cherche depuis si longtenips pour le II clavessin,et que M. Chladni paroit avoir bientdt atteint par I'heureuse ct invention du Clai'i-cylindie. « (i) Magaz. cit. pag. 264. 2G5. 266. Pare che il sig. Raimond non conosca le piii recenti ed ingegnose sco- perte relativamente alia costruzione degli Organi fatte dal piii celebre fabhiicatore d' Italia di tale struuiento, il sig. Giuseppe Serassi (2) di (1) Voyez le Rapport du Conservatoire de Paris sur cet instrument , insure dans le JVlagasin Encyehpedi^ue ( avril l8oq. ) (a) » Le invenzioni Serassiane^ cosi mi eigniBca il chiariss $i^. Gert^asoni ^ ex » rietacono priniieraDiente alia maniera di suonare gli Organi ad ogni distan- >' za, dl cai si pud vedere il dettaglio anche n^lla mia Scuola delta Musica a » pag 373. In secondo Inogo alia maniera di rinforzare la Toce riteiiendo le « dita sopra i tasti, senza clie si senta urto, e tutto cio con un semplice movi- >' mento di piede Qnesto ingegnoso ritrovato e stato messo in pratica per la » prima volta in Como in un grandiofeO Organo coBtrutto dai Serassi , nella » <}uale congiuntura il suddetto eig. Giuseppe Serassi ha pubblicato an Opa- SULLA MUSICA PA CHIESA. 359 ''^ano ad uso delle sacre funzioni , chiaro si vede , che esso servir dee soprattutto per I'accompagnamento del Canto ecclesiastico. Un Organista pertanto a tale oggetto deve es- sere bene istrutto e versatissimo; e necessaria se gli rcnde Ja conoscenza e la pratica delle regole assegriate da tanti buoni Autori Italiani e Tedeschi, e particolarmeiite in ab- ])ondanza tra i moderni da un Gervasoni fsj, Schuhartj ( nel Libro sopracitato pag. 280.) Vogler, Reichardt , e Tiirck (tj. Si eseguiscono nell'Organo diversi pczzi d'ar- inonia e nielodia in Intavolatura, come sarebbero delle Suo- liergaino, e quelle del sig. Abate Vogler : altrimenti non avrebbe giiidi- pel nuovn Organo posto nelia Chiesa delV Annunzinta di Como. t= Como iSoU, » presso Fas casato Serassi ec. 36o SCIIULTIIESIUS nate distinte in Aliegii, Andanti, Hondo ec. Questi pezzi per altro, sebbene comunemente i piu praticati, non sono gia quelli, die piCi convengono alia maesta ed alia venera- zione della Chiesa : lo sono pero gli Adagj legari, e le Fu- ghe, nelle quali un virtuoso e pio Organista si deve distia- guere. In questi pezzi v' antra tutta la finezza della Com- jjosizione, ed il soggetto, clie nelle Fughe principalmente vi si propone, vien condotto a dilettare I'udito con una sor- j)rendente varieta di risposte, imitazioni, conseguenze e ca- iioni. Ma la pratica di questo genere di Musica nobile e dotto, che con ogni diritto si richiede da un perito Organi- sta in tutta I'estensione, in oggi non e certamente la piii dominante in Italia, conservata soltanto in alcune Metropo- li. „ Nella niia dimqra in Milano, cosi mi scrisse Tanno scor- „ so un mio caro ed intelligentissimo amico Italiano, ho „ con piacere osservato che I'erudito Maestro sig. ^gosti- 5, no QuagUa non solo conserva in vigore il buono stile 5, nella Musica ecclesiastica, ma che non permette che i due 55 novelli Organisri eccellenti nella lor Arte, sig. Pietro „ Piazza, e sig. Ferdinando Bonazzi^ si dipartano dal ve- „ ro stile, inveterate gia in quel Duomo, di suonareognora „ legato, serio, e grave, ed in un modo in somma, come io jj spesso ho inteso reiteratamente, che seconda veramente „ la piu pura divozione, pieta, e celeste consolazione. In „ altre Chiese non ho avuta la pazienza di trattenermi per „ tutta intera una ufficiatura, giacche le Contraddanze, e „ Balletti, che eseguivano alcuni imperiti Organisti, erano „ per me insofFribili nel santo luogo ^u). „ (u) Mi sia permesso di apporre qui iin Aneddoto d'un Ernutiano {c^oh d' un Membro della Comunione de' Fratelli evangelici f'ondata dal sig. Zinzendorfin Herrnhulh piccola Citti della Lusazia superioie). Questi assist^ un giorno a un Servizio divino in una Chiesa Protestante , dove un assai esperto, ma qualche volta un poco petulante, Organista suonava: egli commise 1' iniprudenza di scegliere un tema prol'ano per il suo hi- teiiudio. Teiminato il Servizio divino, \ Ernutiano disse all" Organi- sta : Oggi mi avete veranieule scaudulizzalo , peich6 quella Volalina , SULLA MUSICA. DA CHIESA. 36 1 Un altro mio amico,eCollega, si spiega su tal particolare in questi termini: „ Potrei addurre degli altri rilevanti e- „ senipi deii'abuso, che fanno dell'Organo molti dei nostri „ moderni Organisti coU'eseguire nel sagro Tempio delle „ Overture di Paeslello, di Cimarosa, di Mayer, e la co- „ tanto rinomata Overtura Lodoiska di Krcutzer ec. , dei 55 leggiadri e scherzosi Rondo di Pleyel e di Hayda; ma „ essi soDO troppo odiosi, onde sar^ meglio tacerli. Sarebbe 5, oramai tempo che si pensasse seriameute a togliere gl' „ infinitiabusi introdotti nellaMusicada Chiesa,ed ognuno „ sa a chi toccherebbe a mettere un argine al torrente. „ Mi stimerei fortunate se questi raiei qualunque siansi pensieri suUa Musica ecclesiastica contribuissero in qualche inodo ad accelerare unasalutare riforma nello stile odierno da Chiesa. Cosi i miei ardenti voti da lungo tempo nodriti in petto sarebbero largamente adempiti. c]uel passaggio tra I'iDtervallo e la strofa (del Canto-fermo ) I'bo udito in un dramina. Per quanto sia strano,ed un poco rigoroso,un tal rimpro- vero, Dulladimeno in cio si deve ubbidire al precetto di S. Paolo, il quale avverte gli Auziani, e Funzionarj della Chiesa , e per conseguenza anche gli Organisti, di aienar buono qualche cosa ai lore fratelli deboli. " L' orgue est au reste 1' instrument le plus heureux pour seconder le I« choeur, et ajouter k la majest^ du chant et des ceremonies de I'Aiitel : n ''alternative des versets et des strophes, dans les Pseaumes et les Hym- '< nes, et en general toutes les pauses son tr^s-bien remplies par un trait '« d'Orgue convenablement adapte. Mais je voudrois bien que les Orga- « nistes perdissent enfin la malheureuse habitude, qu'ils ont, de troubler n les intervalles, ou 1' Orgue doit se taire , par ses sons importunes qui , n impatiens de se faire entendre , s'^chappent au travers du chant , et «< ressemblent au jeu d' un enfant qui s' amuse: c est blesser grossiere- !« ment les convenances. Que diroit-on si , pendant que 1' Orgue joue , :« les chantres de leur c6te , essayoient de menie hauteraent leur gosier K sur quelques syllabes insignifiantes , par forme de prelude? Tout cela « ne feroit-il pas nn bel ensemble ? Que I'Orgue et !e choeur se snccedent « alternativement , mais que le silence absolu de Tun laisse k I'antre une <• juste independance , et il en r^sultera un veritable et noble eftet, tel « que 1' exigent le g6ut , la raison, et la dignit^ du lieu. ( Magaz. cit pag. « a65. e 2G6. nella Nota) « jt'ine della Parte seconda del prima Volume. INDICE DELLE MEMORIE CONTENUTE NELLA PARTE SECONDA DEL TOMO PRIMO. i-Vlemoria sopra la Traduzione, e Comento dellaPoetica d'Aristo- tele del Cav. Lionardo Salviati : di Vincemio FoUini. pag. i liagiooamento sull' Origioalitk di Dante Ali^ Pompilio Pozzetti . « a5 Risposta al Programme deH'Accadeniia ec. del Prete Matteo Sol- datl. « 53 Inscriptionum Specimen y^/jrfre^E 2a«rao«/». « y5 Dissertazione sui Soiisti Greci ec. di Francesco del Furia . « g5 La Spirituality, ed Immortalitk dell'Anima: Poema di Salomon Fioreiitiiio . ■ « iiy Dodici Opuscoli Lapidarj : di G/ara/raraceico A/asfi?eu . « i65 tipiegazione di un piccolo Bassorilievo rinvenuto nel Lido della Gre- ca.Salpi: deir Avv. is/ra/7ia«ue/e ^o/a. « 2i3 Saggio Filologico suUe prische Egiziane Teografie : di iS. Germain de Gardes. " aag Memoria sulla vera Spirale, o Voluta del Capitello Jonico: di Co- simo Hossi Melocchi . « zSj SuUo Stato attuale delle Belle Arti in Italia, e particolarmente in Ro- ma : di G. A. Guattani . « 269 Catalogo agionato delle Opere intagliate dal celebre Raffaelle Mor- ghen : di Gaetano Poggiali . « agS Memoria supra la Musica da Chiesa ; di Gio. Paolo SchuUhesius. « SSy ^ tJtoc*^' V^* i^i/ i