rv;4i i^^ .^ \ y^ '^. .^ • ^ k-<-''J' ■y-wi 11! M -•-"^ . w ■rJLn:^---^^ ATTI DELL ACCADEMIA DI SCIENZE E LETTERE PALERMO ^^ ìlL%. ATTI DELL ACCADEMIA DI SCIENZE E LETTERE DI PALERMO NUOVA SERIE TOLlimR 111. STABILIMENTO TIPOGKAKICO bl FK. LAO IIKI UHATU OKLLA IICUAGIIA D' 0110 DEL .IIEIIITO CIVILE 1)1 FllA.>Ci:»CU 1. V. PilEAllATO CON ItlEDAGLIA U'ORO DAL It. ISTITLTO U'iA'COIlAtifi. Sali (a CruiUlfri n. liti. 1859. ELENCO 0151 SOCI MECENATE S. E. D. PAOLO RUFFO PRINCIPE 01 CASTELCICALA LUOGOTENENTK GENERALE DI S. M. IL RE N. S. (d. G.) IN SICILIA PROMOTORE S. E. D. Giuseppe De Spicches e Ruffo Principe; tli Galafi, Pretore della ciKà di Palermo. PATRONO L'KCCELLEMISSIMO SeSATO 1)1 PaLEIUIO. PRESIDENTE Signori). Do.MEMco Lofaso Pietrasanta Duca di Serradifalco. MCE PRESIDENTE Signor Principe di Calati. SEGRETARIO GENERALE Padre Giuseppe Romano D. C. D. (i. TESORIERE Signor D. Federico Lancia e Grassellim Duca di Rrolo. SOCI ATTIVI pnrjiA SEzio.>F, SCIENZE MATEMATICHE E NATLHALl 1. Direttore, Professore D'' Nicolò Cervello. 2. Segretario, Professore D'' Salvatohe Cacopardo. 3. Vice-segretario, Professore Cav. Angelo Porcari. 4. Censori, Professore D' Giuseppe Coppola. 0. — Barone I). IVicolò Tirrisi Colonna. 6. — D"^ Giovanni Haffaeli. 1. — P. Ignazio Libassi D. C. D. (ì. 8. Duca D. Federico Lancia Drolo. 9. Consigliere D' Filippo Majorana. 10. Direttore Domenico Iìagona. 11. Professore D' Giamrattista Gallo. 12. Professore Giuseppe Albeggiani. 13. Professore Agostino Todaro. 14. Professore Giuseppe Insenga. 15. Professore ìUichele Zappulla. IG. D'' Giuseppe Bandiera. 17. Giuseppe Biundi. 18. Professore Francesco Caldarera. 19. Professore D' Girolamo Piccolo. 20. Professore Giuseppe Locicero. SECONDA SEZIONE SCIENZE METAFISICHE. MORALI E SOCIALI ì. Direllore e Censore, Sacerdote D. Grecorio Ucdilena. 2. Segretario, Professore Avv. Nicolò 31i)smeci. 3. Vice-segretario e Censore, Avv. Vito Lamantia. 4. Censori, Professore Giovanm Brino. 5'. — P. Alessio Barcone D. C. D. G. a. — ■• Canonico D. Francesco Bac.nara. 7. P. Giuseppe Romano. 8. Marchese D. Giovanni Mairigi. y. Canonico Professore J). Salvatore Hagisa. 10. Canonico Promissore 1). Domenico Tirano. il. Liif.i Mazza. Ì2. P. Vincenzo Garofalo D. C. D. G. .13. Avv. Gaetano Uelticnoso. 14. Avv. Andrea Giarneri. 15. Professore Avv. Diego Orlando di F. Paolo. 16. GiiLio Aldergo. 17. Avv. Gii'SEPPE Ucdllena. 18. Canonico professore D. Michelangelo Raibaidi. 19. Gii'SEPPE 3Iarino. 20. Girolamo Ardizzone. TERZA SEZIONE ARCHEOLOGIA, STORIA E LETTERATURA 1. Direttore, Canonico D. Pietro Sanfilippo. 2. Segretario, Cav. Francesco di Beaumont. 3. Vice-segretario, Cav. Filippo Stirzo Taranto. 8 4. Censori, Gaetano Daita. 5, — 1). iMario Villareale. 6, — Professore Cav. Salvatore Cisa. 7, — Isidoro Lalimia. 8. Agostino Gaixo. 9. D. Pasquale Pizzuto. 10. Professore Giuseppe Cozzo. H. Filippo Villari. 12. Principe di Galati. 13. P. Pietro Fontana D. C. D. G. 14. Avv. Francesco Crispi. 13. Cav. Francesco Landolina di Ricilifi. IG. Cav. Ludovico Landolina di Ricilifi. n. Cav. Domenico Ventimiglia. 18. Giuseppe Meli. 19. Avv. Giovanni Costantini. 20. (*) (*) Vaca un posto per la morte di monsignor D. Giuseppe Crispi socio bencnierilo già presidente dell'Accademia il cui elogio sarà inserito nel prossimo voi. IV. SOCI DI ALTRI ORDINI ELETTI DAL 24 NOVEMBRE 1854 AL 27 NOVEMBRE 1859 NOME Mons. D. Bcnedello D" Acqui- sto Arciv. di Monreale . . Prof. Dr. Giovanni Gorgone , Prof. Dr. mariano Panlaleo , Prof. Filippo Magiacomo . . Dr. Gaspare Parlaloro. . . Prof. Can. D. Nicolò Dicarlo. Prof. Giuseppe Caruso . . Principe di Lampedusa . . Duca di Caccanio . . . . Marchese di Spaccaforno. . Conini. D. Salv. Maniscalco . Conle di Alnierila . . . . Comm. D. Michele Celcsli .' Barone di Mandralisca . . Prof. Cav. Agalino Longo . Piof. Giuseppe Zurria . . Filippo De Jorio . . . . Dr. Vincenzo Scarcclla . . Prof. Giovanni Garruecio. . Cav. Annibale De Gasparis . P. Angelo Secchi D. C. D. G. P. D. Francesco Tornabene Priore cassinesc. . . . Gioachino M. Dover . . . Francesco Saverio Arabia . Giuseppe Mercurj .... Prof. Francesco Bertucci. . Prof. Alfio Mavilla. . . . Prof. Stanislao Zigarclli . . Abate D. Domenico Gravina cassinese Filippo Ansaldi. . . . . Cav. Giovanni Fraccia. . . P. Agostino Basili .... Signor Emmanuelc Liais Se- gretario della Società delle Scienze Maturali di . . . Can. D. Giovanni Spano Prc- sid. del R. Collegio di . . DOMICILIO Monreale Palermo ì) )) » )) )) 1) » I) 11 » Cefali! Catania 1) Napoli Messina Napoli » Roma Catania Majorica Cosenza Giarre Catania )) Napoli Monreale Centorbi Alcamo Savona Chcrbourg Cagliari GRADO Emerito II » 11 11 11 Onorario » 11 11 1) 11 Corrispondente 1) 11 )i 11 1) 11 11 I) 11 II 1) I) 11 11 Corrisp. estero DATA DELL'ELEZIONE | 19 dicembre 1838 1) 1) » » 11 11 20 marzo 183.i 18 maggio 1835 1 marzo 1837 I) 23 aprile 1838 27 novembre 1839 11 settembre 1833 23 giugno 1834 20 gennaio 1833 1) 13 aprile 1836 11 1) 1 marzo 1857 19 aprile 1837 » » 11 23 aprile 1838 1) 1) 21 agosto 1839 24 novembre 1834 23 aprile 1838 IO NOME DOMICILIO GRADO DATA DELL'ELEZIOÌVE D. Vincenzo Basilio Diolailevi Presidente dell'Accademia de' Quiriti Antonino Giardina. . . . Vincenzo Ricciardi . . . Giuseppe Sensales. . . . P. Carmelo Pardi de' Minimi. Beneficialo D. Francesco Ra- gusa Giuseppe Cacciatore . . . Angelo Agnello Prof. Dr. Giovanni .llisco. . Prof. Dr. Michele Pandolfina. Dr. Francesco Pignocco . . Dr. Andrea Diblasi . . . Dr. Antonino Jlncaluso . . Archil. Giuseppe Dibarlolo . Avv. Mario Corrao. . . . Roma Palermo » » 11 11 11 » 1) lì 1) II 11 11 11 Corrisp. estero Collaboratore 1) 1) 11 1) 11 11 » 11 11 11 11 11 11 4 maggio 18."i9 10 agosto 1830 11 11 11 14 sellembre 1830 » » 11 11 19 aprile 1837 )i 11 11 11 ISTITUTI E SOCIETÀ SCIENTIFICHE CHE SONO IN CORRISPONDENZA DI DONI E DI COMUNICAZIONI COLIA NOSTRA ACCADEMIA Commissione di Agricoltira e Pastorizia Palermo Real Istituto di Vaccinazione — Accademia di Scienze, Lettere ed Arti Acireale — Heale di Scienze, Lettere e belle Arti , . Bruxelles Osservatorio Reale — Accademia cioenia di Scienze natirali Catania Società imperiale delle Scienze naturali .... Cherbourg Accademia Reale Cosentina Cosenza — di Scienze Filadelfia — di Scienze, Real Società Borbonica . . . Napoli Università Toscane Pisa Accademia Pontificia dei IVuovi Lincei Roma Osservatorio del Collegio Romano — Real Società Economica Teramo l. E Real Accademia di Scienze Naturali e FiLOSOFionE. . Vienna Istituto Smithsoniano Washington IMDI€E Elenco dei soci. MEMORIE Sulla terza comela del 18j4, osservazioni e risullali del professore Domenico Ragona Direllore del R. Osservatorio di Paiemio. Su taluni nuovi fenomeni di colorazione subbicltiva, nota del professore Ragona. Catalogo degli uccelli delle Madonie , (continuazione e fine) del dottor Francesco Blinà-Palumbo da Castelbuono. Storia naturale delle Madonie, catalogo con appendice dei lepidotteri diurni. Minà- Palumbo. Sopra alcune conchiglie fossili dei dintorni di Palermo, memoria del p. Ignazio Li- bassi d. C. d. G., professore di fisica noi Collegio Massimo di Palermo. Intorno all'abolizione delle lasso sul pane e sulle paste in Palermo, memoria di Giu- seppe Biundi. Sulle monete punico-sicule, memoria di D. Gregorio Ugdulena, premiala dall'Islituto di Francia. Iconografia numismatica dei tiranni di Siracusa, memoria del p. Gius. Romano d. C. d. G. , prefello del museo Salnilriano. NECROLOGIA Intorno alla vita e agli scritti del professore Baldassare Romano, socio attivo non re- sidente, discorso di D. Gregorio Ugdulena. Libri venuti in dono all'Accademia di Scienze e Belle Lettere di Palermo dal 1" gen- naro 1833 al 30 novembre 1859. SULLA TERZA COMETA DEL 1854 OSSERVAZIONI E RISULTATI nm^ 9m,mw^ mmmmmiGm m,M,m@mM, DIRETTORE DEL BEALE OSSERVATORIO DI PALERMO. La terza cometa del 1854 fu scoperta in Gottinga dal signor Klinlcerfucs a 4 giugno 1854. Giusta le notizie qui pervenute la cometa fu in vari luoghi di Europa veduta a occhio nudo dai 17 ai 21 giugno, e somigliava una stella di (i-' ovvero di a'" in 6" grandezza. In riguardo alle apparenze clie presentava nel connato periodo, sono alquanto contraddittorie le notizie qui giunte, poiché secondo taluni era sprovveduta di coda e di nucleo ben definito, e secondo altri era indubitatamente fornita di una piccola coda. Il cielo costantemente nebbioso sino al 15 luglio, rare volte permisenii veder la cometa per qualche istante, ma giammai di poterne eseguire esatte osservazioni, che ebbero principio al 16 luglio e terminarono a 28 luglio, allorché la cometa era già debolissima e cominciava a vedersi essendo vi- cina al tramonto. La sera del 15 luglio, in taluni istanti in cui il cielo dalla parte di nord fu sgombro di nubi, osservai la cometa in prossimità alle due stelle X e fi dell'Orsa maggiore, ai confini delle due costellazioni Ursa major e Leo minor. A 16 luglio erasi alquanto inoltrata in quest'ultima. Nei primi giorni di luglio la cometa mi apparve fornita di una piccola coda che gradatamente perde, tanto che a 16 luglio non se ne osservava alcun segno. Fu molto notevole il vedere che successivamente cambiavasi 2 SULLA III COMETA DEL 1854 non solo la forma ma ancora l'intensilà ed il colore della cometa. Durante le mie osservazioni essa fu sempre irregolarmente rotonda. Ma da prin- cipio era di un bianco mai come nebulosa, e in seguito divenne grigia. In tutte le mie osservazioni la cometa presentò un nucleo distinto, e ai 21 luglio osservai che, in riguardo alle sere antecedenti, erasi molto di più indebolita la nebulosità che il nucleo della cometa. La presente memoria relativa alla terza cometa del 1834 è divisa in due parti. La prima di esse comprende le mie originali osservazioni e la loro discussione, il calcolo dell'orbita fondato su tre delle mie osserva- zioni, e un'effemeride derivata dai miei elementi. La seconda parte con- tiene la discussione delle osservazioni della stessa cometa eseguite in di- verse specole di Europa, la loro comparazione con la mia effemeride , e la correzione degli elementi dedotta col metodo dei minimi quadrati dal- l'insieme delle osservazioni. Non essendo ancora, per cagioni indipendenti dalla mia volontà, completamente raccolti i materiali relativi alla seconda parte del presente lavoro, essa non può qui pubblicarsi contemporanea- mente alla prima. Le osservazioni in discorso furono da me eseguite con l'oculare a mi- crometro circolare variabile di cui ho dato la descrizione nel voi. 2", pag. 289 del Giornale Astronomico e Meteorologico del Reale Osservatorio di Palermo. I confronti con la stella e a 20 luglio, e quelli con la stella i a 23 luglio si eseguirono col micrometro num. 1. Le osservazioni dei 24 luglio ebbero luogo col micrometro num. 4. Tranne di questi tre casi fu sempre adoperato il micrometro num. 5. I raggi di tutti questi micrometri trovansi riferiti a pag. 296 del voi. 2" dell'anzidetto Giorn. Astr. e Met. La tavola che segue contiene le mie originali osservazioni. Esse sono in tempo sidereo del pendolo Janvier. Il tempo medio di Palermo di ogni confronto è calcolato dopo eseguita la correzione per lo stato del pendolo. Nelle differenze a'—a, S'—s si è tenuto conto del movimento proprio della cometa. Le lettere S ed N indicano che l'astro trovavasi a sud o a nord del centro del micrometro. SULL\ MI COMETA DEL 1854 DATA 18jÌ e: S I ASTRO E POSIZIONE ANELLO ESTERNO ENTRATA ANELLO INTERNO ENTRATA ANELLO INTERNO ISCITA ANELLO ESTERNO VSCITA TEMPO .11 EDIO DI PALERMO a'-a Ò'-S Luglio 16 Cometa Stella n S S h m s 16 16 38.3 16 18 41.0 // m .s 16 16 53.0 16 19 1.2 Il m s 16 19 24.5 16 20 39.1 h m s 16 19 38.2 16 21 0.0 Il m s 8 39 53.05 m $ -1 41.122 1 II + 1 2.4 II Come la Stella a s s 16 29 50.4 16 31 39.4 16 30 2.3 16 31 55.5 16 32 43.7 16 34 11.4 16 32 37.4 16 34 27.1 8 33 3.88 -1 39.785 + 1 10.6 III Comcla Slella a s s 16 43 20.0 16 41 13.3 16 43 35.3 16 47 32.1 16 48 6.4 16 49 24.0 16 48 20.3 16 49 42.2 9 8 30.44 — i 31.241 + 3 52.6 IV Cometa Stella a s s 16 50 46.4 16 52 46.5 16 30 59.7 16 33 1U.1 16 53 18.2 16 3i 20.0 16 53 33.2 16 34 44.1 9 13 48.33 -1 35.640 + 3 51.9 V Comcla Stella a s s 16 53 28.4 16 51 21.0 16 33 43.3 16 57 3S.1 16 58 12.0 16 39 28.5 16 SS 27.4 16 59 41.3 9 18 34.79 -1 31.012 + 5 34.6 VI Comcla Stella a s s n 0 42.3 n 2 33.2 17 0 38.1 17 2 30.5 17 3 26.3 17 4 43.5 17 3 40.3 17 5 2.0 9 23 49.18 — 1 35.333 + 3 6.1 Luglio 17 1 Stella b Cometa 1\ ^ 16 49 57.0 16 31 10.3 16 50 12.5 16 51 29.7 16 52 36.0 16 33 48.8 16 52 51.0 16 54 1.0 9 10 19.73 + 1 14.1.32 + 0 17.8 II Siella h Cometa ^ 16 56 51.0 16 38 9.2 16 57 13.0 IO 38 31.5 16 39 6.0 17 0 21.6 16 39 27.0 17 0 43.0 9 17 6.43 + 1 16.878 + 0 6.1 Luglio 18 ■ Comcla Stella e s IN 16 27 8.2 16 33 7.0 16 27 23.6 16 33 14.9 16 29 38.2 16 33 32.5 16 29 53.2 16 33 47.0 8 42 16.71 — 5 31.838 — 13 24.1 II Cometa Stella e S 16 39 7.2 16 45 16.4 16 39 23.3 16 45 33.4 16 41 51.3 16 47 19.4 16 42 S.4 16 47 37.1 8 54 19.73 -3 49.696 -16 10.1 III Cometa Slella e s 16 48 19.0 16 53 4S.3 16 48 38.1 16 54 4.2 16 .50 18.5 16 56 32.0 16 30 38.1 16 56 43.1 9 3 9.89 — 5 48.767 — 16 51.5 IV Couieta Stella e S 16 38 10.5 n 4 12.2 16 58 26.3 17 4 29.2 17 0 50.4 17 6 21.0 17 1 5.0 n 6 38.1 9 13 17.86 -5 46.915 -16 44.3 V Cometa Slella e S K 17 8 13.0 17 14 16.0 n 8 26.4 17 14 33.1 17 10 31.2 n 16 18.9 17 11 7.0 17 16 36.0 9 23 17.37 — 5 46.300 -17 21.9 TI Cometa Slella e S n 23 3.\ 17 31 10.5 17 23 17.6 n 31 28.2 n 27 43.2 n 33 0.8 17 28 1.2 17 33 20.4 9 40 7.17 -5 43.119 -17 23.1 VII Comcla Slella e S n 34 17.0 17 40 7.6 n 34 33.1 17 40 24.1 17 36 48.0 17 37 2.6 17 42 20.3 17 42 37.1 9 49 14.08 -5 41.964 -18 18.6 Luglio 20 I Slella (i Cometa S 16 27 24.2 16 28 52.7 16 27 37.4 16 29 10.8 16 .30 2.5 16 31 3.0 16 30 16.0 16 31 22.3 8 33 54.67 -l-I 11.566 + 14 41.3 II Slolla d S Cometa K 16 33 32.0 16 34 48.4 16 .33 43.1 16 35 6.2 16 36 3.5 16 37 15.0 16 .36 17.0 16 37 32.0 8 41 56.33 + 1 13.817 + 14 23.6 III Slella d Cometa s IN 16 38 13.5 16 39 30.2 16 38 27.1 16 39 46.2 16 40 42.3 16 41 39.0 16 40 56.1 16 42 13 2 8 46 37.81 + 1 17.785 + 14 30.5 IV Slella d Cuiiiela s 16 43 20.0 16 44 45.0 16 43 33,2 16 43 4.3 16 45 58 0 16 47 2.3 16 46 10.3 16 47 21.3 8 51 47.63 + 1 17.753 + 14 13.7 V Slella d Cometa S IN 16 4'i 18.2 16 49 36.0 16 48 32.2 16 49 51.4 16 50 48.0 16 32 6.2 16 31 1.0 16 52 21.3 8 56 42.28 + 1 18.815 + 14 9.1 VI Stella d Cometa s 16 33 8.S 16 54 21.4 16 33 23.1 16 54 38.4 16 53 34.3 16 56 58.0 16 33 48.2 16 51 14.0 9 1 30.66 + 1 19.213 + 13 26.8 VII Slella d Comcla s n 1 38.2 17 3 23.4 17 2 ll.l 17 3 41.0 17 4 36 0 17 3 45.0 11 4 49.1 17 6 3.5 9 10 24.47 + 1 19.240 + 13 31.8 vili Slella d Cometa s 17 6 48.1 17 8 4.4 17 7 1.7 17 8 21.2 17 9 16.0 17 10 39.2 17 9 30.2 17 in 55.3 9 15 10.54 + 1 20.901 + 13 20.1 SULLA III COMETA DEL 18o4 DATA 1854 Luslio 20 ASTRO E posiziom: SI 'Ila f K Coniclu i> SI ■Ila e IV Co MirlU n SI ■Ila fi K Co noia K *m:lio ESTERNO EVTRATA h 17 17 m s 12 21.3 14 49.2 17 26 3.5 17 28 31.2 17 17 31 9.4 33 38.2 ANELLO 1NTER.>0 ENTRATA II 17 17 m s 12 37.2 15 14 4 17 17 26 18.0 28 51.2 17 17 31 26.1 33 59.3 ANELLO I.\TERNO ISCITA h m s 17 13 55.2 17 16 7.5 17 27 i4.2 17 30 4.0 17 32 44.2 17 35 6.U ANELLO ESTERNO l'SClTA m S U 11.7 16 31.0 28 0.1 30 24.2 33 1.5 35 26.5 ti:mpo .11 E D I 0 PALERMO Il m 8 9 21 19.92 9 35 4.79 9 40 8.81 a'-a m s + ì 23.993 + 2 26.098 + 2 27.087 ò'-ò I II + 1 44.6 + 1 12.9 + 0 32.1 Luglio 21 SIdIa g S Cometa S Siella f S Stella 17 0 38.0 17 0 52.1 17 1 56.4 17 2 14.1 17 14 52.0 17 16 4.5 17 15 6.0 17 16 2.Ì.6 17 2 26.1 17 3 25.8 17 16 39.0 17 17 46.3 17 24 22.0 17 24 36.0 17 26 HO 17 25 41 0^17 26 0.0 17 27 13.8 17 28 50.l'l7 29 4.2 17 30 34.1 17 30 0.7117 30 17.6 17 31 47.1 17 2 40.4 17 3 47.1 17 16 53.0 17 18 4.6 17 26 25.2 17 27 34.1 17 30 17 32 8 56 33.47 9 10 45.04 9 20 15.94 9 24 40.60 + 1 11.615 + 1 12.192 + 1 13.595 + 1 13.442 + 7 54.5 + 6 38.7 + G 31.9 + 6 2.5 Luglio 24 Cometa S Stella /; K Cometa S Stella le IV Cometa S Stella /; IV Cometa S Stella k IV Cometa S Stella k .\ 16 16 34 44.0 55 46.6 2 21.7 3 lO.O 5 46.2 6 33.U 9 3S.3 IO 37.8 16 50.2 17 44.5 16 54 58.3 16 56 2.1 0 3 40.0 23.1 6 5.1 6 46.2 9 56.1 IO 33.2 17 17 9.3 59.0 16 16 56 41.2 57 13.0 4 3.3 4 58.0 7 27.8 8 22.0 11 ;i.4 12 9.5 18 40.0 19 23.5 6 56 56.3 16 57 30.3 17 4 21.2 17 5 11.2 17 7 45.3 17 8 35.1 17 II 48.2 17 12 25.0 17 18 58.2 17 19 38.5 8 45 35 8 33 6.33 8 56 30.22 9 0 26.97 9 7 36.71 -0 48 002 -0 48.831 -0 47.880 -0 47.958 -0 46.874 — 12 53.9 — 13 33.9 — 13 25.9 — 13 48.-; — 13 34.9 SULLA III COMETA DEL 1854 5 DATA 1834 Luglio 27 e o te a. K I ASTRO E rOSUIOXE ANELLO ESTERXO EXTRATA A.XELLO I.XTERXO E.\TRATA AXELLO IXTERiVO ISCITA ASELLO ESTERXO l'SCITA TEMPO iH £ D 1 0 DI PALERMO a'-a 1 "1 — 19 2.9 Slella l S Cornclu a Il in S 17 18 40.3 17 19 17.3 Il m S n 18 S4.6 17 19 32.3 Il m S 17 20 48.0 17 21 22.3 Il m t 17 21 3.3 17 21 40.4 Il m s 8 53 8.15 m s + 0 36.416 II Stella l S Comcla IN' 17 2(5 38,0 17 27 22.6 17 27 15.0 n 27 37.2 17 28 31.9 17 29 42.4 17 29 8.8 17 29 S8.3 9 1 18.86 + 0 36.621 -18 25.3 III Slella l S Cometa !V 17 30 33.2 17 31 30.6 17 31 7.3 17 31 48.6 17 33 6.0 17 33 36.4 n 33 19.2 17 33 36.6 9 5 21.12 + 0 36.317 -18 13.6 IV Stella l S Comela K 17 33 20.2 17 33 59.7 n 35 33.3 17 36 18.2 17 37 33.3 17 38 4.8 n 37 49.2 17 38 22.3 9 9 48.59 + 0 36.338 -18 0.7 V Stella l S Comcla A n 39 38.6 17 40 28.2 17 40 13.4 n 40 40.2 17 42 4.2 17 42 44.8 17 42 19.4 17 43 3.2 9 14 22.19 + 0 36.612 — 17 35.8 1 VI Slella / S Couicla N 17 43 4.3 17 43 39.0 17 43 17.3 17 46 24.6 17 47 34.2 17 47 40.4 17 47 46.3 n 48 5.4 9 19 38.10 + 0 36.6S3 -16 41.4 Luglio 28 I Stella «1 N Comela S 17 27 23.4 17 28 15.3 17 27 39.8 17 23 32.3 17 29 13.4 17 30 43.1 17 29 32.0 17 31 2.5 9 4 58.83 + \ 11.239 -15 10.4' II Stella m IV Comela S 17 37 26.3 17 38 13.2 n 37 44.1 17 38 30.2 17 39 8.3 17 40 43.1 17 39 27.1 17 41 3.5 9 14 56.36 + 1 11.583 - 15 49.2 Le diverse autorità relative alle stelle di paragone trovansi nel quadro seguente. In esso tutte le AR sono ridotte al catalogo di Bessel e tutte le Deci a quello di Argelander. Le posizioni di Bradley sono calcolate per mezzo della tavola a pag. 3G2 del voi. 2° del Giorn. Astr e Mei Le stelle^ h, l sono ridotte sino ai diecimillesimi in AR, e ai mi'llesinii in Deci., per agevolare il calcolo del movimento proprio delle medesime Colgo questa occasione per presentare i miei più vivi ringraziamenti al . lustre professore Argelander, che si e degnato determinare corre- plicate osservazioni al cerchio Meridiano del Reale Osservatorio di Bonn e due stelle b, k. Tali stelle non si ritrovavano nei cataloghi, e non pò tevano da me determinarsi per mancanza di un Cerchio Merit^iano non essendo ancora defflnitivamente collocato quello di Pistor e Martins del quale il nostro Augusto Sovrano ha recentemente fornita la Specola. SULLA Ut COMETA DEL 1854 STELLI AITOUITÀ Ali 1834.0 DECL. 1834.0 a Lalanilc Besscl 1800 1823 h m s 10 6 6.94 10 6 6.56 0 / Il -+ 38 40 22.0 38 40 21.4 b Argelander 1837 10 6 44.26 4- 37 42 4.5 e baiando 1800 10 17 1.60 4- 36 56 41.8 d Bradley Lalande Piazzi Besscl Taylor 1755 1800 1800 1823 1833 10 15 44.5184 10 15 44.3007 10 15 44.4607 10 15 44.1010 10 13 44.2295 + 34 27 21.2.58 34 27 21.744 34 27 21.444 34 27 19.186 34 27 19.909 e Bradley Lalande Piazzi Taylor llcnderson 1733 1800 1800 1833 1844 10 14 41.1200 10 14 40.6613 10 14 41.0343 10 14 41.2361 10 14 41.1070 -f 34 38 39.324 34 38 38.786 34 38 39.486 34 38 37.584 34 38 37.369 f Lalande Bcssel 1800 1823 10 20 50.81 10 20 50.69 + 33 43 7.1 33 43 5.4 9 Lalande Besscl 1800 1823 10 19 12.36 10 19 11.92 + 33 46 57.6 33 47 0.3 II Bradley Lalande Piazzi Besscl Taylor Itiiniker llcnderson 1733 1800 1800 1823 1833 1836 1843 10 23 33.1994 10 23 33.4324 10 23 33.4.524 10 23 33.3000 10 23 33.4096 10 23 33.2043 10 23 33.3931 + 33 7 36.935 33 7 39.213 33 7 38.413 33 7 33.089 33 7 38.064 33 7 38.633 33 7 38.966 i Lalande Bessel 1800 1823 10 23 23.50 10 23 23.62 + 31 47 19.0 31 47 23.1 k Argclandcr 1837 .10 27 37.52 + 31 17 11.1 l Bradley Lalande Piazzi Bessel Taylor 17.55 1800 1800 1825 1833 10 32 13.5732 10 32 13.3137 10 32 13.5937 10 32 15.5882 10 32 13.8632 -f 28 17 4.260 28 17 4.305 28 17 7.103 28 17 6.036 28 17 4.262 m Lalande Bessel 1800 1823 10 33 33.01 10 33 32.91 -1- 28 4 17.2 28 4 17.9 Il risultato finale delle mie osservazioni trovasi nel quadro seguente , che contiene per ogni data il medio del tempo medio di Palermo e delie differenze in AR e in Deci., la riduzione delle stelle di paragone alla po- sizione apparente, e la correzione per la refrazione. Quest'ultima è cai- colata con le formule contenute a pag. 165 del voi. 2" del Giorn. Astr. SULLA III COMETA DEL 185i 7 e Met., facendo uso delle tavole ausiliarie contenute a pag. 301 del vo- lume 2" di esso Giornale, e a pag. 31 della memoria sulla seconda co- mela del 1854. POSIZIONE niEDlA RinUZIONE 1)IFFERE\Z.\ REFRAZIONE POSniO.\'E APPAREiVrE 1 TEMPO lBi)».U COIIEIA il I> A T A jiiEiiin 185i DI PAI.EUMO '■ s " " a a à a .5 a 5 a ^ \ Il vt s Il m s 0 / Il s II m s ( Il S II Il m s 0 / 24 13 22.78 4.77 3.13 17,91 3,93 203.363499 136 42 3.6 31 3 46,3 ì) 27 14 1.66 4.38 3.18 18,03 4,23 208.370421 138 13 5,4 28 35 47.8 n 28 14 14.02 + 4.26 + 3.17 - 18.08 + 4.33 209.372146 13S 40 33.0 + 27 47 36,2 Ho quindi proceduto al calcolo delle latitudini e longitudini, che tro- vasi esposto nel quadro seguente. 18S4 >. /3 0 / " 0 / Il Luglio 16 138 56 5.62 + 23 7 38.76 » n 140 5 25.74 24 24 26.07 » 18 141 11 0.35 23 41 35.88 » 20 143 11 35.50 22 20 8.73 )) 20 143 13 4.75 22 18 53.30 )) 21 144 8 37.00 21 40 29.11 )ì 22 145 3 1.58 21 1 8.28 ì) 23 145 54 51.62 20 23 12.06 » • 2i 146 43 49.13 19 46 59.36 » 27 149 1 29.15 18 1 19.19 » 28 149 49 25.67 + 17 26 37.89 SULLA III COMETA DEL 1854 9 Sulle osservazioni dei 16, 21 e 27 luglio ho formato il seguente primo sistema di elementi. T. T 1854 giugno 21.876868 t. m. Beri. 272 51 '58"92 ì a 347 54 50.11 S'^^^'J- ^I"i-'SS^-^ ù 71 50 56.77 log. q 9.8149375 Moto Relrogado Comparando i risultati di questi elementi con le osservazioni ho otte- nuto : 1834 d X d /3 Calc.-Osscrv. Calc.-Osscrv. Luglio 16 0.00 0.00 » 17 — 16.23 — 9.93 » 18 — 27.49 -+-18.57 n 20 — 21.70 -H 18.12 » 20 — 21.14 + 29.40 » 21 — 7.68 — 8.82 » 22 — 22.38 ■4-26.45 » 23 — 22.20 -+■ 28.66 » 24 — 13.78 -H 9.58 » 27 0.00 0.00 » 28 — 24.46 -h 68.69 Questo quadro dimostra che l'ultima osservazione non può adibirsi per la correzione degli elementi. Variando convenientemente il valore di log. M ho ottenuto il seguente secondo sistema di elementi. II. T 1854 giugno 21.851716 t. m. Beri. U) 272 50 58.21 Sì 347 56 46.30 ù 71 55 9.15 log. q Moto 9.8153206 Retrogado IO SULLA IH COMETA DEL 1854- Da quest'ultimo sistema ho ricavato, confrontando con le osservazioni, le differenze seguenti : 18S4 d \ d fi Calc.-Osscrv. Calc.-Ossorv. Luglio 16 0.00 — 0.02 » 17 — 17.48 — 9.53 r> 18 — 29.65 -+- 19.24 » 20 — 24.70 -t- 19.17 » 20 — 24.20 -+-30.43 » 21 — 10.80 — 7.74 » 22 — 23.89 -f- 24.82 » 23 — 24.82 -t- 29.68 » 24 — 15.98 -+- 10.44 » 27 0.00 -H 0.03 » 28 — 23.53 -t- 68.43 Quest'orbita è preferibile all'antecedente giacché le due osservazioni e- streme sono esattamente rappresentale, mentre per la intermedia si ha dall'osservazione log- ^ ' " ^. — 9.9654078 Sen. (>•-©) dal calcolo log- o'^^"/x^0\ =9.9654079 Sarebbe inutile una ulteriore approssimazione, tenendo conto delle altre ossservazioni, giacché l'orbita deve rappresentare non le sole osservazioni palermitane che comprendono una parte del corso della cometa , ma le osservazioni tutte e.seguile in Europa , dall' epoca della scoperta sino al punto in cui la cometa non fu più visibile. A tal' uopo ho formato su que- sto secondo sistema di elementi, per la comparazione e discussione del- l' insieme delle osservazioni eseguite sulla cometa in discorso, la seguente effemeride che si estende dai 4 giugno ai 29 luglio 1834. Essa è relativa a Oh tempo medio di Berlino SULLA III COMETA DEL 1854 11 1834 Giugno 4 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 IC n is 19 20 21 22 23 24 23 26 27 28 29 30 Alt ARCO Lui;lia 21 22 23 24 23 26 27 28 29 0 / " 29 43 24.51 30 43 36.92 31 S4 8.23 33 8 41.70 34 30 26.81 36 0 19.61 37 39 23.14 .39 28 49.44 41 29 57.10 43 44 15.02 46 13 15.16 48 58 38.86 52 3 13.51 53 24 34.53 59 8 29.71 63 13 26.00 67 39 33 09 72 25 27.37 77 28 33.21 82 44 25.97 88 7 54.13 93 32 37.80 98 52 12.70 104 1 4.10 108 34 16.17 113 28 49.18 117 42 42.87 121 35 27.51 125 7 24.87 128 19 33.63 131 13 21.95 133 30 21.38 136 12 13.06 138 20 29.47 140 16 41.22 142 2 8.54 143 38 5.33 145 5 .36.42 146 23 39.37 147 39 3.67 148 46 39.42 149 48 39.98 16 1.30 46 41.51 17 151 40 14.16 18 132 30 4.19 19 133 16 31.94 20 154 0 6.79 134 40 57.72 153 19 23.48 135 35 38.14 136 29 34 08 157 2 22.36 1.37 33 12.73 138 2 34.00 138 30 33.84 158 57 19.30 Ali T E .11 P 0 1 58 53.63 2 3 3.79 2 7 36.38 2 12 34.78 2 18 1.79 2 24 1.31 2 30 37.34 2 37 33.30 2 43 59.81 2 34 57.00 3 4 53.01 3 13 54.60 3 28 13 03 3 41 39.64 3 36 33.98 4 12 33.73 4 30 38.34 4 49 41.82 5 9 34 21 5 30 .37.73 5 52 31.61 6 14 10.52 6 35 28.85 6 56 4.27 7 13 37.08 7 33 53.28 7 50 50.86 8 6 21.83 8 20 29.66 8 33 18.24 8 44 53.46 8 53 21.43 9 4 48.87 9 13 21.96 9 21 6.75 9 2S 8.57 9 34 32.36 40 22.43 43 42.64 30 36.38 33 6.63 .39 13.99 DECL. 10 3 6.77 10 6 40.94 10 IO 0.28 10 13 6.33 10 16 0.43 10 18 43.83 10 21 17.57 IO 23 42.34 10 23 59.01 10 28 9.49 10 30 12. S3 10 .32 10.27 10 34 2.26 10 33 49.29 0 / Il 32 1 27.32 33 33 42.76 33 12 38 n 36 52 3.64 38 33 33.03 40 17 43.79 42 3 13.78 43 50 0.70 43 37 23.04 47 24 38.76 49 IO 33.26 30 35 9.30 32 36 8.97 34 12 29.93 33 42 41.82 37 3 3.87 38 17 36.18 59 19 38.48 60 8 41.86 60 43 37.74 61 4 49.98 61 10 37.70 61 2 12.01 60 40 IS.IO 60 6 12.13 39 21 27.67 38 27 47.09 57 26 48.46 36 20 8.32 33 9 9.93 53 33 8.87 32 39 7.30 51 21 38.09 30 4 24.02 48 46 57.66 47 30 12.36 46 14 23.22 44 59 48.60 43 46 40.43 42 33 7.57 41 23 13.80 40 17 9.02 LOG. A 0.0800203 0.0724143 0.0649368 0.0370260 0.050323» 0.0436727 0.0371220 0.0309209 0.0231211 0.0197747 0.0149337 0.0106488 0.0069679 0.0039346 0.0013872 9.99993(10 9.999063S 9.99.89241 9.9993411 0.0009081 0.0030101 0.003.S222 0.0093123 0.0134402 0.0181609 0.(1234236 0.0291823 0.0353791 00419619 0.0488791 0.0560808 0.0633197 0.0711315 0.07 9331 O.OS6S330 0.09(8111 0.1028389 0.1I08S94 0.1189383 0.1269651 0.1349311 0.1428810 39 10 49.19 I 0.1307408 38 6 17.05 37 3 22.13 36 2 33.30 33 3 18.37 34 5 43.67 33 9 51.86 32 13 34 26 31 22 49 76 30 31 35.21 29 41 47.37 28 33 23.06 28 6 19.07 27 20 32.27 •493.13 0.1585193 0.1602065 0.1737948 0.1812772 0.1886486 0.1959046 0 2030420 0.2100381 0.2169314 0.2237207 0.2303054 0.2368834 0.2432810 9 52.9.Ì 9 42.63 9 32.69 9 23.13 9 13.99 9 3.32 8 37.16 S 49.34 8 42 .32 8 36.12 S 30.4» 8 23.39 S 21.12 8 17.64 8 li 93 8 13.10 8 12.10 8 11.93 8 12.63 8 14.18 8 16.58 8 19.81 III D. M|K D. EQ. 1834.0 11 UECI.. /( Il 4.34 — 4.00 4.30 - I.IO 4.67 — 4.19 4.86 - 4.29 3.06 — 4.38 5.29 - 4.48 5.54 — 4.57 5.83 - 4.67 6.13 — 4.73 6.33 — 4.84 6 97 - 4 91 7.49 — 4.98 8.10 — 5.0» 8.79 — 5 04 9 38 — 4.98 10.48 - 4.97 11.30 12.00 13.74 14.88 15.97 16.97 S 23.84 17.78 8 2S.63 18.44 8 34.21 — 18 90 8 40.48 19.21 S 47.43 — 19.38 8 33 00 10,43 9 3.18 ^- 19.39 9 11 89 19.30 9 21.12 — 19.18 9 30.82 — 19.04 9 40.94 18.88 9 31.43 18.73 IO 2.30 18.60 10 13.46 — 18.47 10 24.91 — 18.36 10 36.6» 18.23 10 48.31 — 18.13 Il ».6I 1S.07 11 12.87 -_ 18.0» 11 23.27 — 17.96 11 37.78 17.92 Il 5». 39 — 17.89 12 3.»S — 17.88 12 15.82 — 17.87 12 28.61 — 17.80 12 41.43 12 54.23 13 7.09 13 19.90 13 32.70 13 43.46 13 58.19 14 10 87 • Il 23.19 — 1.73 — 4.46 — 4.26 — 3.89 — 3.50 — 3.12 — 2.71 — 2.26 — 1.81 — 1.39 — ».96 — 0.39 — 0.20 + 0.1 1 + 0.16 + 0.76 + 1.04 + 1.30 + 1.54 + 1.76 + 1.90 n.86 17.87 17.89 17 91 17 94 17.97 18.01 18.(16 18.12 .6S + 2.83 + 2 99 + 3.13 + 3.28 + 3.10 + 3.33 -+ 3.63 + 3.77 -;- 3 88 + 3.99 + 1.10 + 121 + 4.31 + 1 12 la niiiiUa rnlirica di-Ila aiilocoili'iilc (.■fTcnK-riih! è doslinala alla correzioni! della parallasse, la s.'sia a quella per rablierrazioiii-. e la selliina a quella per I.1 precessioni', e per la nula/ione lunisolare. Ili questo dui: ullinio rubriche il seijno è relativo ai valori osservali. su TALUNI NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA NOTA DIRETTORE DEL REALE OSSERVATORIO DI PALERMO. IETTA NElli TOR.^AT* OUDIIVABIA DEI 22 MARZO 1837. Nell'oltobrc del 1846 per la prima volta annunziai (1) taluni singolari fenomeni che presentano i cristalli colorati, fenomeni che attirarono l'at- tenzione dei fisici, i quali riprodussero la notizia dei fatti da me discoperti nelle più cospicue raccolte scientifiche di Europa. Tali fenomeni furono da me allor pubblicali senza la corrispondente teoria. Ritornando ora sull'argomento medesimo, aggiungo l'esposizione di altri fenomeni da me ulteriormente trovati, e che strettamente con gli an- tecedenti son collegati, e dichiarandone la teoria fo vedere che essi appar- tengono alla grande famiglia delle colorazioni soggettive, di cui formano un ramo distinto e meritevole della più accurata considerazione dei fisici. Contemporaneamente presento la descrizione di un apparecchio desti- nato a mostrare in un modo comodo e semplice i fenomeni da me disco- perti, recentemente costruito dal nostro valente macchinista signor D. Ro- sario Caruso, il quale accoppia alla bravura nell'arte la molla intelligenza scientifica che è indispensabile nell'esercizio della professione a cui è addetto. Il fatto da me annunzialo nel 184G, e di cui or tralascio varie partico- larità che possono leggersi nella mia cennata notizia , è nelle principali sue circostanze il seguente. Se in un bianco foglio di carta si tracciano a sufficiente distanza fra loro due cerchi neri, e ponendo l'occhio innanzi a un cristallo coloralo si (1) Raccolta fisico-chimica Italiana che slampavasi in Venezia dal professore Zanlcdeschi coi tipi dell'Antonclli. Fascicolo 17, pag. 207. 2 su TALUM NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA. guarda per trasmissione a traverso la spessezza del cristallo uno dei due cerchi, esso vedesi nero su fondo che ha la stessa colorazione del cristallo. Se inclinando il cristallo convenientemente, si guarda isolatamente l'altro cerchio per ritlessione sulla superficie del cristallo, esso vedesi nero su fondo bianco. Queste due apparenze sono normali e consentanee ai più elementari principi! dell'ottica. Lo stesso però non avviene se contemporaneamente si guardano i due cerchi, il trasmesso e il riflesso, cioè se il cristallo inclinasi in modo che i due cerchi corrispondano l'uno accanto dell'altro. Scorgesi allora con me- raviglia che il cerchio riflesso da nero è divenuto colorato con lo stesso co- lore del cristallo, il cerchio trasmesso da nero è divenuto anche colorato col colore complementario, mentre il fondo comune ove i due cerchi ritrovansi non è più interamente bianco, nò più interamente colorato come il cri- stallo, ma presenta una tinta intermedia. Se per esempio il cristallo che si adopera è verde , allora in un campo verde slavato scorgesi verde il cerchio riflesso e rosso il trasmesso. Questa produzione di una imagine rossa con un cristallo verde , gialla con un cristallo blu ecc. , reca sor- presa e rende molto gradevole l'ispezione del nuovo fenomeno. L'istrumenlo rappresentato dalla figura 1» è destinato a mostrare questo fenomeno, e gli altri di cui appresso si parlerà, nel modo il più comodo e il più evidente. Una colonnetta e di rame impiantata in uno dei lati di uno zoccolo rettangolare di legno, reca all'estremità superiore un sottile cilindretto di rame, che scorre orizzontalmente a forte strofinio in detta estremità. Il cilindretto oltre a ciò ha un movimento rotatorio che gli si imprime al di fuori per mezzo della testa circolare t, collocata alla punta esteriore del cilindretto. La punta interiore del medesimo, quella cioè che corrisponde dentro la superficie dello zoccolo di legno, reca una piccola pinzetta di acciaro a vite, che può abbracciare tutti i cristalli colorati che vi si vogliono inserire. I due cerchi neri sono tracciali alla distanza di 50 millimetri sopra un bianco foglio di carta , che è trattenuto sulla su- perficie dello zoccolo da apposita molla m di acciaro. Una lampade / con un bianco riflessore, è impiantata nello zoccolo dal lato opposto a quello ove guardasi, per rischiarare convenientemente la carta. Questa lampade può a volontà togliersi dal suo posto e mettersi fuori di azione. Infine per guida dell' osservatore vi ha un tubo t' collocalo all' estre- mità di un filo metallico che scorre a forte strofinio dentro un canaletto praticato all'estremità di un'asta ricurva r di rame. Il tubo quindi può a volontà variamente inclinarsi , e può anche muoversi parallelamente a sé stesso. L'asta ricurva r è infissa dentro un piccolo tubo a molla m' den- tro cui gira, può inalzarsi o abbassarsi e può togliersi a volontà. Appo- su TALUNI NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA . 3 nendo l'occhio all'estremo del tubo, dopo la conveniente inclinazione della pinzetta, si veggono nel campo visuale i due cerchietti colorati nel modo superiormente specificato. Basta poi soprapporre alia carta un panno nero prima dalla parte anteriore e poi dalla parte posteriore del cristallo, per vedere isolatamente il cerchio trasmesso e il riflesso nella loro originaria tinta nera. Che se nel modo medesimo si soprappone un'altra carta bianca sfornita di cerchi, si resterà convinti che la colorazione è indipendente del ravvicinamento delle due imagini , poiché , giusta la posizione della carta soprapposta, il cerchio rillesso rimane isolatamente dello stesso co- lore del cristallo e il cerchio trasmesso isolatamente del colore comple- mentario. Indipendentemente da tutti gli intermedi che entrano nella produzione del fenomeno, è chiaro che per renderci ragione di e.sso dobbiamo conside- rare la soprapposizione delle imagini di due superficie, luna BB' bianca (riflessa), e l'altra W colorala (trasmessa) vedi lìg. 2''. Chiameremo verde quest'ultima superficie, facendo applicazione al caso particolare del cristallo verde. La superficie BB' riflessa è l' imagine della porzione di carta che tro- vasi nella parte anteriore del cristallo. Quest'ultimo ha un cerchio nero, uno spazietto cioè privo di luce bianca. Quindi nella superficie BB' vi è come un buco, uno spazietto cioè dove manca qualunque riflessione di luce. È dunque evidente che devesi attraverso di tal buco scorgere il verde dello spazietto v' della superficie inferiore VV. Ciò spiega dunque la colorazione verde del cerchio riflesso. La superficie VV è la carta tra- smessa , che ha un cerchio nero in r, che corrisponde allo spazietto r' della superficie BB'. Quest'ultima essendo bianca e soprapposta a una su- perficie verde, devesi scorgere di un colore bianco-verdastro, cioè di un colore intermedio al bianco ed al verde. Ma nella parte r' di BB' manca del tutto la tinta verde. L'occhio dun- que in quel tratto sperimenta difetto di quella colorazione verdastra che tinge tutta la superficie circostante. Or noi sappiamo che il bianco ri- sulta da verde e rosso, quindi se dallo spazio r' togliesi il verde, l'oc- chio dee appercepire quel tratto tinto in rosso. Insomma la colorazione in rosso del cerchio trasmesso, è un fenomeno appartenente alla classe di quelli che i moderni fisici chiamano di coìn- lazione soggettiva. In mezzo a una superficie BB' ove uniformemente la luce bianca è me- scolata con la verde, manca in un tratto nello spazietto r' la luce verde e l'occhio umano per un controposto vi scorge luce rossa , quella luce cioè che mescolata con la verde fa il bianco. Questo fenomeno di colo- i su TALUNI NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA. razione soggettiva a me sembra mollo importante, perchè è una varietà di quelli che comunemente dai tisici riferisconsi. Difatti negli ordinarli fenomeni di colorazione soggettiva manca un colore alla luce bianca , e perciò si vede il complemenlario. Cosi per esempio chi guarda fissamente per lungo tratto un oggetto verde, volgendo dopo lo sguardo a una bianca muraglia vede in essa un'imagine rossa dell'oggetto. La retina non essendo per qualche tratto, nei punti colpiti dall'oggetto, più impressionabile alla luce verde, riceve dal bianco tutti i raggi tranne che il verde, e perciò vede un'imagine rossa dell'oggetto. Nel nostro caso però non è dalla luce bianca BB' che togliesi il verde, ma è sottratto il verde che scorgevasi attraverso la medesima, e che tin- geva, in bianco verdastro tutta la superficie. Ecco un' altra notevole discrepanza. In molti fenomeni di colorazione soggettiva, cessa quest'ultima se togliesi il contrapposto. Per esempio se stanno vicinissimi due oggetti uno verde e l'altro bianco, il verde del primo altera la percezione del bianco del secondo, il quale si scorge rossastro. Ma se celasi all'occhio l'oggetto verde, l'altro ricom- parisce con tutta la nitidezza della sua luce bianca. Nel nostro caso però il rosso del cerchietto trasmesso è indipendente dalla ispezione del verde del cerchietto riflesso, tanto ciò vero che celando quest'ultimo con un diaframma candido e opaco , non perciò viene ad alterarsi il colore del cerchio trasmesso. Alla medesima classe or descritta appartiene un grazioso fenomeno re- centemente da me ritrovato, e che può anche osservarsi con l'apparecchio dal signor Caruso costruito. Nel mezzo dello zoccolo rettangolare di legno sopra descritto , trovasi una scatola circolare di rame s solidamente fissata alla superficie dello zoccolo. Questa scatola reca al livello del suo orlo superiore un piccolo specchio piano delle stesse dimensioni. Un'altra scatola di rame di un diametro alquanto maggiore, e che nella parte superiore ha un anello di rame annerito, è destinala a far di co- perchio alla scatola fissa, in modo che collocando sopra quest'ultima la- mine circolari di cristallo colorato, esse siano tenute immobili dallo stesso coperchio al di sopra dello specchietto. Nel medesimo tubo a molla che reca la lampade, trovasi un collare di rame che gira liberamente intorno all'asse del tubo, e che porta con sé un largo diaframma di cristallo smerigliato , non verticale ma alquanto inclinato. La larghezza della lamina smerigliata è alquanto maggiore del diametro della scatoletta fissa, e l'altezza è tale da sorpassare l'orlo in- feriore del riflessore della lampade. su TALUNI NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA. 5 Di giorno non facendosi uso della lampade essa togliesi dal suo posto, rapparecchio avvicinasi alla lìneslra , e il cristallo smeriglialo girasi in modo che la scatoletta fìssa sia intermedia tra l'occhio e il cristallo. Di sera, facendo uso della lampade, si deve anche ottenere la slessa condi- zione, cioè la lampade nella sua parte centrale deve esser celata all'oc- chio dall'intermezzo del cristallo smerigliato. In ambidue i casi ritleltesi alla superficie della scatoletta la luce bianchissima che ha attraversato il cristallo spulito. Una molletta n di rame che porta una sottile striscia dello stesso metallo, larga un poco più di un millimetro, muovesi lungo la montatura laterale della lamina di cristallo smerigliato, in modo che la slriscetta scorrendo parallelamente a sé stessa e sempre in posizione orizzontale, può trovarsi a diverse altezze. Per tentativi si perviene age- volmente a metterla a tale altezza , che essa ritleltesi giusto nel mezzo della scatoletta fissa, e il raggio riflesso per comodo maggiore può acco- gliersi dal medesimo tubo che serviva ad osservare l'antecedente fenome- no, e che come si è detto è suscettibile di vari movimenti. Dietro questa disposizione osservasi con sorpresa, che appariscono nel mezzo della scatoletta fissa due imagini della striscetta, l'una tinta dello slesso colore del cristallo coloralo che è soprapposlo nella scatoletta allo specchio, e l'altra tinta del colore complemenlario. I colori sono vivacis- simi, e il fenomeno è molto bello a vedersi. È facile scorgere che que- sto fenomeno cambia con l'incidenza. Difatti si collochi una striscetta si- mile a quella sopradescritta , ovvero un sottile ritaglio di carta bianca o di drappo nero, per un centimetro circa al di sopra della scatoletta fissa. Si scorgerà allora che in vicinanza alla incidenza normale avviene un cambiamento di colorazione, cioè la imagine superiore che prima era tinta dello stesso colore del cristallo vedesi dello stesso colore dell'oggetto, e la inferiore che prima era tinta del colore complemenlario vedesi dello stesso colore del cristallo. Un' accurata disamina fa vedere che questo fenomeno entra nella me- desima classe di quello sopradescrilto. Bisogna difatti distinguere la luce che si spicca dall'oggetto, dall'om- bra dell'oggetto medesimo. Sia (vedi fig. 3^) CC il cristallo colorato (supponghiamo un cristallo verde) SS' lo specchio, MN la luce che si spicca dall'oggetto. Una parte di essa luce riflettesi in mn alla superficie superiore dei cristallo, mentre una parte immergendosi dentro il cristallo si rifielle in ])/)' sullo specchietto. L'occhio dunque situato in dd' vede l'oggetto col suo proprio colore, mentre situato in gg' vede l'oggetto tinto in verde. È per- ciò che guardando sotto la conveniente incidenza , in modo da scorgere G su TALUNI NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA. l'effetto proveniente dalla luce che spiccasi dall'oggetto, quest'ultimo nella sua imagine superiore vedesi col suo colore genuino, in modo clic distin- guesi se è un oggetto bianco o nero , metallico o di altra natura. Con- sideriamo adesso quel che deve avvenire riguardo agli effetti che proven- gono dall'ombra dell'oggetto. Sia mn il punto della supertìcie superiore del cristallo su cui cade l'ombra dell'oggetto. L'occhio in qualunque punto situato può vedere la luce bianca circo- stante che rifleltesi alla superficie superiore del cristallo. Ma è evidente che situato in dd' non può vedere tal luce , poiché in mn esiste per cosi dire un vuoto. Dunque l'occhio in dd' può vedere sol- tanto la luce aa' che immergendosi dentro il cristallo per la direzione abcm emerge per md e che perciò è tinta in verde. Ognun vede però che per l'occhio in dd' è indifferente la qualità ed il colore dell' oggetto ma che soltanto inffuisce la forma di esso, poiché è l'ombra ed il con- torno di essa che determinano lo spazio che vedesi verde dall'occhio si- tuato in dd'. Or l'ombra che cade sullo spazio mn della superficie superiore del cri- stallo colorato, genera un vuoto di luce in tutta l'estensione Umpfrj. L'oc- chio dunque situalo in gg' non può vedere affatto la luce che si è ri- tleltuta nella superficie inferiore del cristallo colorato. Quindi l'occhio in gg' vede soltanto la luce bianca ee' riflessa alla superficie del cristallo. In tutte le altre posizioni l'occhio vede contemporaneamente luce riflessa alla superficie superiore e luce riflessa alla superficie inferiore. Soltanto dd' e gg' formano, come si ò detto, eccezione poiché in dd' vedesi unica- mente luce riflessa alla superficie inferiore, ed in gg' soltanto luce riflessa alla superficie superiore. Non vi è alcun dubbio che la luce che scorgesi da dd' deve esser ver- de. In quanto alla luce che vedesi da gg' essa è come una mancanza di verde in una superficie bianco-verdastra. Essa dunque deve essere rossa come avviene difalti. Questo fenomeno dunque è identico con quello an- tecedentemente descritto, ed appartiene alla medesima varietà di colora- zioni soggettive. Riferisco da ultimo un altro fenomeno analogo anche da me discoperto, e che ugualmente dimostrasi con l'apparecchio dal signor Caruso costruito. Sul medesimo zoccolo rettangolare di legno (v. fig. 1») elevasi lateralmente una colonnetta a che porta all'estremità superiore un anello destinato a con- tenere la montatura di un grosso romboide di spato di Islanda. Questa montatura risulta da due anelli concentrici di differente diametro, il primo dei quali entra a forte strofinio dentro l'anello posto alla estremità della colonnetta, mentre il secondo, maggiore in diametro, riceve anche a forte strofinio una scatola cilindrica b di rame dentro cui trovasi il romboide. su TALUNI NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA. 7 Questa scatola cilindrica può girare a volontà sul suo piano intorno all'anello corrispondente, restando immobile la montatura infissa all'e- stremo della colonnetta metallica. I due anelli della montatura sono in- sieme congiunti da due ponti di rame pp'. L'anello che porta il romboide ha due braccia laterali qq' poste sulla medesima linea e nel prolunga- mento di un diametro dell'anello. A ciascuno di tali bracci è tìssala una piccola asta dentata, che può scorrere innanzi e dietro per mezzo di una rotella f. Le due asticine dentate , nelle loro estremità prossime al centro degli anelli finiscono con pinzette di acciaro a vite. L'oggetto che guardasi at- traverso il romboide è la medesima striscetta di rame /* di cui sopra si è parlato. A tale scopo la molletta che porta la striscia si toglie dallo spi- golo laterale della montatura del cristallo smerigliato , e si colloca nello spigolo orizzontale superiore di essa montatura. La striscetta dunque pi- glia sulla superficie del cristallo smerigliato una posizione rettangolare a quella che avea nella seconda sperienza. Girando la lamina di cristallo smerigliato sul corrispondente collaretto, si metta in una posizione intermedia al romboide e alla lampade (la quale anche di giorno è indispensabile per questa esperienza), in modo che la striscetta formi oggetto pel romboide , e sia in campo bianco fortemente rischiarata dalla lampade. Per facilitare questa illuminazione, il riflessore della lampade è rita- glialo circolarmente nella parte che corrisponde alla linea visuale del rom- boide. Collocando orizzontalmente i due bracci con le corrispondenti pin- zette, il romboide si giri sull'anello, tenendo quest'ultimo immobile, fin- ché le due iniagini della striscetta abbiano il massimo di slargamento, e si infigga un cristallo colorato in una delle due pinzette. Il cristallo co- lorato non deve essere di molta grossezza né di una tinta assai cupa. Dippiù il suo margine vicino al centro della montatura deve essere ret- tilineo e parallelo alle due imagini della striscetta. Per mezzo dell' asti- cina dentata il movimento del cristallo colorato che muovesi parallela- mente a sé stesso tra la striscetta e il romboide, avviene con ogni rego- larità ed esattezza. Le distanze nell'apparecchio sono in modo disposte , che ambidue le imagini della striscetta sono comprese dentro una ima- gine del cristallo colorato. Supponghiamo che la imagine ordinaria della striscetta sia a dritta e l'imagine straordinaria a sinistra. Muovendo un cristallo verde da sinistra a dritta precede la sua imagine ordinaria. Osservasi allora che la striscetta ordinaria tingesi in rosso e la straordinaria in verde. Che se il cristallo verde muovesi da dritta a sinistra, cioè è infisso nell'altra pinzetta, e 8 su TALUNI NUOVI FENOMENI DI COLORAZIONE SOGGETTIVA. perciò precede l'imagine straordinaria del cristallo, allora scorgesi che la linea straordinaria tingesi in rosso e l'ordinaria in verde. Insomma nella coincidenza delle imagini omonime si sviluppa nella striscetta il colore complementario, mentre nella coincidenza delle imagini contrarie la stri- .scetta tingesi dello stesso colore del cristallo. È evidente che questo fenomeno appartiene alla stessa classe degli an- tecedenti, quantunque esso sia meritevole di una speciale investigazione, per esaminare il modo con cui avvengono le colorazioni in questo caso particolare, argomento che probabilmente tratterò in altra occasione. Se al cristallo colorato si sostituisce nella pinzetta un corpo opaco, lo apparecchio da me descritto può adoperarsi per eseguire la nota esperienza di Monge, da lutti gli autori di fìsica riferita. Ho creduto conveniente presentare ai fisici la particolarizzata descri- zione di questi fenomeni e dell'apparecchio che serve per dimostrarli. Essi difatti potranno rivelare qualche nuovo principio sull'importante ed estesa teoria dello colorazioni soggettive, la quale in quest'ultimi tempi ha for- mato il soggetto delle disquisizioni di fisici molto distinti. Parrai inoltre che non solo per la parte teorica , ma ancora per la parte meccanica e ricreativa, questi nuovi fenomeni possano meritare l'attenzione dei fisici poiché non sarà difficile , scegliendo cristalli di bella tinta e di conve- niente grossezza, formare specie di anamorfosi che offrano belli e grade- voli aspetti. Io ho preparato difatti con tinta nera , carte che guardate con un cristallo verde sotto la conveniente incidenza, fanno scorgere un mazzetto di fiori rossi tra verdi foglie. Siccome poi la coincidenza delle due imagini produce sempre il nero, ho potuto anche con tinta nera formar carte che presentano guardate per mezzo di un cristallo verde , una ce- stella nera contenente fiori verdi , e rossi. Le parti nere identiche sono nelle due imagini la riflessa cioè e la trasmessa , le rosse trovansi sola- mente nell'imagine trasmessa, e le verdi unicamente nella riflessa. In al tra occasione presenterò le prove che a queste esperienze si riferiscono. BACONA MfOVI FENnMFNI ni COL SOOG. 7a/e r/77 0 Zia. jVi'nncr.. 0. Ció.f:cjo lac ^-r, /'<•- v':<}i , CATALOCtO DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE DI COIIIIJICATO ALl'aCCADEIII.I iVEUA SEDUTA DE' 23 AGOSTO 1857. ) yi^^-'^/ ' (Conliiiiiazionn e fino *) Vth:. Sylvia riibicoln, (Lnlham). Sylvia emula nif/rescente. Savi, Ornit. Tose. v. 1, p. 230— BcnoiI, Oniit. Sicil. p. 71— Power, Itiner. p. 202— Cal- cara, Storia Nat. di l'stiea p. 60 — Sr^hembri, Quad. Geo. Oni. p. 9. — Taranto, Disc. p. 83. — Galvagni, Fauna 1. e. p. 29G — flolacilla rubicola, Palazzotto, Orn. Sie. Mss. — Caca Mar- rugghi pauana, Russo, Mss. — Caca marniijgiu, Cupani Mss. p. 9!)-109 — fìacula sai saiìpiì* cacarts vulgo mas. Baeula seu scpens cacans vulgo foemina, Cupani Panipliiion. Il Sallimpalo è un uccello mollo comune, sedentario, nell' inverno abita i luoglii bassi, nelle colline coperle di inacchieli, nell" està ascende nella regione neinorosa o nelle colline alberale, dove nidifica. È un uccello poco timoroso siegue il contadino colla zappa , ed il bifolco coli' aratro per cercare nelle svelte glebe i vermiccioli ; qualche volta volano vcrlicalmente, si librano sulle tili, e ritornano a posarsi sul me- desimo ramo: questo movimento, che ripetono spesso serve per cercare, e vedere gli insetti dentro la macchia. Kel mio atlante son coloriti il maschio, e la femina adulti in abilo d'inverno. SiNONiniA Siciliana. rUjghia muschi, Catania — Cacamarruggiu, Sicilia. S,'>. Sylvia phocnicurus, (Lalham). Sylvia reclricibus laleralibus fulvis: mediis brunneo nigris: remige secunda quin- lam acquante. * V. la 1° parte nel Voi. II. 2 CATALOGO Savi, Ornit. Tosr. voi. 1, p. 232. — Benoit. Orn. Sic. p. OS — Sclicmbri, Quad. Ornil. p. 9. — lllotaciUa phoenicurus , Scinù, Topog. di Pul. — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Noiilo To- pog. di Girg. p. 34. — Galvagni, Fauna Etnea p. 200- Cawde ntbrum Regina, il maschio. Cauda rubra, la fcmina; Cupani. Il Codirosso è un uccello di passo non mollo comune; viene in primavera, abita nei macchicli, e nelle siepi, è molto pauroso, va a nidificare nelle colline alberale , nel mese di ottobre sono più comuni, si riuniscono in branchetti e partono per l'Africa. Nel mio atlante bo disegnato un maschio adulto. SmoMniiA Siciliana. Cuda di focu, Messina — Cuda russa, Catania , Palermo. S6. Sylvia tipiiys, (Scopoli). Sylvia reclricibus lateralibus fulvis : mediis brunneo nigris : remige secunda sep- timam acquante. Savi. Orn. Tose. v. 1, p. 234 — Benoit, Orn. Sicil. p. 08 — Schembri , Quail. Gcogr. p. i». — Cuda nisua di passa, o di rocca, Cupani, Mss. p. 28 — Cuda russa di rocca, o pai- sana. Busso Mss. — Cauda rubra, Cupani Paniphiton. Il Codirosso spa7,7.acammino nell'inverno trovasi nelle falde delle Madonic , siegue gli agricollori per cercare i verraicciuoli nello svelto terreno , nell'està trovasi vicino i fiumi, 0 salisce nei monti, dove nidifica: ho trovato dei nidi nelle crepacele delle rupi, allora tali uccelli sono molto coraggiosi, e non temono la vicinanza dell'uomo per im- beccare i loro pulcini. Ho disegnalo il maschio adulto. Si.voKiMiA Siciliana. Cuda nissaapettu nigru, Messina — Cuda russa, Castelbuono. .^7. Sylvia luscinia, (Lathain). Sylvia corpore superne caslaneo : cauda suhtruncata unicolore fulva : remige quarta secundam superante. Savi, Orn. Tose. v. 1, p. 240 — Benoit, Orn. Sic. p. 00 — Power Iliner. p. 202. — Taranto Disc. Inaug. p. 85 — Schembri, Quad. geo. orn. p. 9. — !Holacilla luscinia, Palazzotto Orn. Si- cil. Mss. — Galvagni, Fauna p. 290- iuscwia ?iocito, Topog. p. U — lìosignolo, Cupani, Mss. p. 50. II Rosignolo arriva fra noi in aprile, e colla dolcezza , e la melodia del suo gor- gheggiare ci annunzia la sua presenza. In maggio comincia a costruire il nido, ed ha molta cura ad allevare i pulcini , allora il suo canto è molto più prolungato , come DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 3 se volesse col suo dilettevole eanlo sollevare la femina dalle noie dell'incubazione. Quante volle un uomo sensibile oppresso dalle avversila della vita umana va la sera a cercare un luogo incognito per dare una libertà alla sua oppressa imaginazione e si sente trantiuillizzare lo spirilo prestando lulla la sua attenzione alla melodiosa ar- monia del rossignolo, cercando di spiegare quelle note amorose , che il maschio di- rige alla sua affezionala compagna? cosi (juicio di animo, e sereno in vello ritorna in seno della lamiglia, che l'orse è la causa de' suoi affanni. Kel mio atlante ò dise- gnalo al naturale un maschio. SinOlVlMU SlCILIAINA. rMsignolu, Riscifjnuolu,. per tutta l'Isola. 58. Sylvia rubcciila, (Latham). Sylvia corpore superne olivacco : cauda truncata einereo-olivacea : remige se- cunda octaram subaequanle. Savi, Orn. Tose. voi. 1, p. 2i3 — Bcnoil, Oni. Sicil. p. (iT — Notilo, Topoi;. p. 31 — Po- wer, Itiner. p. 202 — Calcara, Storia Nat. di Ustica p. 60 — Schembri, Quad. geo. p. n — Mo- tacilla mhecuìa, Galvasni. Panna, p. 206 — Palazzotto, Orn. Sicil. Mss. — Pe»« ritssw, lìnsso Mss. — Pellirosse, Cupnni Mss. p. i.'i, 142. 11 pettirosso è comunissimo fra noi, nell'inverno trovasi in tulle le campagne albe- rale delle falde, è poco pauroso, sempre in movimento, nell'eslà sale ne' monti, ed al)ila particolarmente nelle valli ombrose, e ne' boschi. Credo che alcuni emigrano nella fine dell'inverno, perchè nell'està se ne trovano una minor quanlilà. Ilo dise- gnalo un adulto nella mia Iconografia. SlIV'ONliUIA SlCIUAJIV. l'ittirru, Cefali! — Pitliddu. Caslelbuono — Petlu russu,. in lulla l'Isola. '>9. iiylvia atricapilla, (Latham). Sylvia corpore superne oliiaceo, cauda truncata. cinereo-olivacea , unicolore : remige sccunda sextam subaeqnante : pileo nigro (in masculo) castaneo (in foeni. et juven.) Savi, Orn. Tose. v. 1, p. 2Ì7 — lìenoit, Orn. Sic. p. 61 — Power, Ilincr. p. 202 — Sclioin- bri, Quad. gcoj;. p. 9. — ilolaciUa alricapilla, Srinà, Top. di Pai. annoi. — Gulvagni Fauna p. 296 — oocito Topog. p. Vt — Palazzotto, Ora. Sic. Mss. — Capo fusco, Russo .Mss. — Capti ftisco femina paulina di lesta, Russo Mss. — Testa niura, dipani Mss. p. 32. La Capinera è mollo rara nell'inverno, molle ne giungono nel mese di aprile e ri- mangono a nidificare fra noi in lulla la bella stagione . ripartono nel mese di olio- 4 CATALOGO bre. INcll'eslii è comune nei verzieri e ruscelli allorno Caslelbuono , il suo canto è melodioso, e grato, spesso va a posarsi sulle alle croci di campanili ad ore delermi- iiatc nel mattino, dove si ferma per circa un'ora facendoci sentire il suo malinconico, e grato lamento. NeiriconograQa è designato il maschio, e la femina adulti. SlMOKIMIA SlCllIASA. Testa niura, Messina — Testa niura. Caslelbuono — Capti fuscu, Girgenti. Palci-mn. Catania — Ali pinti '? (Palazzotto) Palermo. 60. Sylvia cineren, (Latham). Sylvia corpore superne griseo-fulvesccnte : eauda subtrimeuta , exlerne alhescen- le : peimis ciliaribus albidis : rcmigibus secundariis spadiceo marginalis : pedibus (/riscocarneis : statura Paibeculae. Savi. Ornit. Tose. v. 1, p. 2.")2 — Bciioit, Orn. Sicil. p. fil — Power, llin. p. 202 — Sclicm- l)ii. Oliali. Ocog. Orn. p. 10 — MotaciUa Sylvia. Scinà, Topog. — Oculi iiiinli, Cupani. l'iiiii- pliiloii — Occhi ]nsciali ? Cupani Mss. p. flO, IDI, 111 — Percia caìja. ocelli pisciali, liusso, Mss. La Scoperagnola è mollo comune nel mese di aprile tanto nelle falde che, nelle col- line, col suo canto ci avverto ovunque della sua presenza. Alcuni nidificano nella re- gione subnemorosa, ed ho trovato de' nidi ne' Monlicelli. SlSO.MMIA SlCllIAJiA. Aridduzzu di fava, Messina — Occhi pisciali, Palermo. 01. Sylvia lencopogon, (Meycr). Sylvia corpore s%iperne cinereo-coerulescenle (in masculo) vel yriseo-lulescenle (in foemina, et juveni): pectore, et gula rubro-lalerilio amalhyslinis (in masculo) rei albo-cinereis (in foem. et juven.): pennis ciliaribus rubris (in raasc.) vcl cine- niris (in foem. cljuv.): cauda subtriincata, exlerne albida: pedibus luleo-carneis : Statura Scrini. Siivi. Ornit. Tose. v. 1, p. 257 — Dcnoit, Orn. Sicil. p. G6 — Power, Itiner. p. 202 — Sehcm- lirl. Quali, gcog. p. 10. La Sterpazzolina viene in aprile, nidifica nelle colline coperte di cespugli, e nelle basse regioni boschive, nell'autunno emigrano, e nell'inverno non se ne trovano. E un uccello mollo timoroso, ha un volo corto, sempre sta occultato nelle macchie, da dove spesso esce per posarsi sopra i ramelli sporgenti. Nello stomaco vi ho trovato delle formiche, e de' piccoli ditteri. Nella Iconografia è disegnato il maschio adulto. SlMOKIMIA SlCIllASA. Buarotlu, Messina — Caca sipali. in altri luoghi dell'Isola. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 5 G2. Nylvia mclanocoplialn, (Lalliiiiu). Sylvia corporc nif/ro-cincroo (in niasciilo) rei cinereo-rufesccnlc (in focinina) : pl- ico nigro (in niasculo) rei dorso concolove (in ibeni.): yula alba: cauda longa . graduala, exicrne alba. Sini. Oniil. Tose. v. 1, p. 207 — lìcnoil. Orn. Sicil. p. 02. — Scheinbrl, Quad. yeo^'. p. IO Mbidos minor alter cirecaclus, Ciipani. Pampliilon. L'Orrliiollo è rarissimo fra noi, solo nel mese di marzo 1847 ho trovalo il primo nelle campaiiine sopra Caslelbuono, mentre la neve copriva lullo il gruppo delle Ma- donie. Poi l'ho trovalo comune, e sedenlario in talune colline coperte di cespugli : è un uccello poco timoroso, che vola di una macchia all'altra facendo di quando in quando sonlire la sua voce breve, ed inlerrolla, di raro si posa sullo cime dei rami. Kell'lconografia è disegnalo il maschio, e la feminn adulti. SlKONIJlIA SlClUAIVA. Ciechiledda, Catania. Siracusa — Caca sipali cu l'occhi russi, in allri paesi dell'Isola. (\?,. Syli'ia CcUi, (Marmora). Sylvia corpore superne castaneo : cauda unicolore graduata, remige quarta lon- giore, secunda admodum superante. Sa\i, Orlili. Tdsc. voi I, p. 271! ^ rciioi!, Orn. Sicil. p. "JO — Schombri, Quad. {li'Ofr. orii. p. 10. — Mina Palunibo Siipplini. nella Favilla n. 11. Il Rusignolo di palude è mollo comune ne" ruscelli vicino Caslelbuono, e nelle falde delle Madonie: ma il lenersi sempre occultalo ne' macchieti era la cagione di non averlo prima rinvenuto. In fehhraro trovandomi in campagna fui avvertito del cic-cià di que- sto uccellino, che si arrampicava di fianco su di un ramoscello, finché sali sull'estre- mità facendo sentire il suo monotono canto con maggior forza, si fermò un poco, e poi ritornò ad occultarsi nella macchia. Dopo tale epoca sono stalo a visitare con mag- giore assiduità, e pazienza gli orti, ed i ruscelli dal medesimo frequentati, ed ho co- nosciuto meglio i suoi costumi. Nell'epoca degli amori il suo canto è forte, e modu- lato, per cui fra noi ha ricevuto il nome di Gadduzzu, in maggio nidifica ne' mac- chioni vicino a' ruscelli, dove pili spesso fa sentire le sue modulate note, nella fine dell'està fa una seconda covata. Nell'Iconografia ho figuralo il maschio adulto. SlAOSIJIlA SlCILIAIVA. Uussignolu di lagu, Catania — Gadduzzu, Caslelbuono. M. Sylvia cisticola, (Temmincli). Sylvia dorso lulco-elvoht, et nigro : reclricibus infcrne verstis apicem nigro-ma- cuUilis apice albeseenlibus : remige qwinla longiore , secundam multo superunle. 6 CATALOGO Savi, Ornit. Tose. v. 1. p. 280 — lìenoit, Orn. Sioil. p. 59 — Schcmbri, Quad. gcog. p. 11 — Uliiui l'uluinlio, Siiiiplini. nella Favilla ii. 10, 11. Il Beccaiuoscliino ù un uccello mollo piccolo, ne' mesi d'inverno trovasi nelle pra- terie in vicinanza delle boscaglie, e ne' bassi macchieli, dove raramente fa sentire il suo canto ; nella primavera scende nel basso, ed abita vicino i luoghi umidi : in està è mollo raro, forse va in sili più freschi; sul finir dell'inverno è comune ne' campi seminati, ne' faveti, e nell'erba da fieno, volando tra l'erbette, e rampicandosi di fianco anche su i culmi delle avene; nell'atmosfera si eleva alquanto allo, il suo volo è lento, e descrive molte curve nel momento di abbassarsi ; in ogni curva fa sentire il suo mo- notono, ed acuto zia-zia. Nell'Iconografia è disegnato un maschio adulto. SiivoiviniA Siciliana. Riìddu di pantanu, Messina — Acidduzzu di fiemt,. Castelbuono. 65. Sylvia syliicola, (Latham). Sylvia corpore superne hiteo-olitaceo: inferne albo: a latere luteo : remige se- at. di Ustica p. CO — Taranto, Dis. Inag. p. 8.S — Schcm- bri, Qu. geo. p. 13 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. —Pispisa ftianca, Uusso Mss. — Ciipani «ss. p. 32, 137 — Molacilla moscala-fusca, vulgo pispisa clrzilana, Molacilla alba seu foo.mina, Cupaui, Pampli. \ 2 CATALOGO La Ballerina è la prima specie di questo genere a venire, si cominciano a vedere in sellembre, poi in ottobre, e novembre si trovano lungo Talveo de' fiumi, e de" ru- scelli, in tutto l'inverno è comune nelle praterie; siegue gli armenti solitari, o uniti a branchetli. Han costume quando si fa il maggese seguire da vicino il bifolco per prendere i vermicciuoli, clic restano allo scoperto nel momento, che le zolle sono ri- voltate, allora non sono allatto paurosi. Nell'Iconografia è disegnato il maschio, e la fcraina adulti. SiKOfdJiiA Siciliana. IHspisa, Messina, Catania, Caltagirone — Pispisajanca, Palermo — Vispùa bianca, nivalora, Castelbuono — Yispisa vranca, Girgenti. 78. Motacilla boarula, (Linneo). Ulolacilla dorso cinereo, vel cinereo-oUvaceo, abdomine luteo : rectricibus cjsli- mis margine interno albis. Savi, Gru. Tose. v. 2, p. .'52 — Benoil, Orn. Sic. p. 87— Power Itin. p. 202 — Sclicmbrl, Qu. geo. orn. p. 13 — Palazzolto, Orn. Sic. Mss. — MolaciUa flava, Jonslon , seti mas Cu- poni Pnmph. — Molacilla cinerea, uropygio, et podice flavn, cauda longissima vulgo Sait- tuni Cupani, Pampli. Tab. 64 il Palazzotto opina appartenersi a questa specie — Pispisa giarna liusso Mss. La Cutrellola è comune tra noi nell'inverno nelle praterie, ne' giardini , ed anche dentro l'abitato, qualche coppia nidifica fra noi. Nell'Iconografia è disegnato un ma- schio adulto. SoOJilMIA SlCIUANA. Pispisa giarna, Palermo, Catania, Siracusa — Yispisa, Castelbuono — Giallinedda, Messina. 79. Motacilla flava , (Linneo). motacilla dorso olivaceo: rectricibus exlimis albis , macula longa nigra secus marginem internum notalis: fascia supraciliari lata alba: pileo. et nuca cineroo- plumbeis (mas. adulto) vel cinereo spurcis (focm.) DEGLI UCCELLI DELLE MAPONIE 15 iiH'iipprossimnrsi dì un uomo si abbassano, e roslano iinmobni. volinndo un pocliino lu lesta per osservare intorao, prima di volare fan sentire un fischio lirevc. ed inler- rolto, prima di posarsi lacciono: sono mollo agili e svelli nel cammino. Il maschio è figurato nell'Iconografia. SlXOSIMU SlCILIAVi. Ziveddu, Messina — Lingninedda, Ungmnedda rf' erva , Palermo — I\'zin~ìcHla ■ loduna cantalura, Catania — Loduna cantalura, Palermo. 8i. Anthns campcstris, (Bechslein). Anthìix rorpore superne griseo-cìiierino , ex brunneo macidato : wigue poslico. digito ipso breviore: pcdibus griseo-carims. Siivi, Oni. Toso. T. 2, p. i3 — Bcnoit, Orn. Sic. p. !t3 — Power, Itiii. p. 220 — iuiaiilo Disc. Inag. p. S."> — Schcmbri Quail. geo. orn. p. U — Alauda canipeslrìs. l'alnzzotlo, Orn. Sic. Mss. questo autore rirerisce anche a questa specie, il Corrintunua exalbidus, et minor di- pani. Tab. 23 — Ctirrinttini, Cupani Mss. p. Ili — Alauda vulgari minor ac fasciar caii- dam ci rostruin longum, Cupani Pampli. Il Calandro è più raro della specie precedente , in aprile , e maggio trovasi nelle praterie basse, ed umide, in settembre è comune nelle praterie scoperte, e nelle mag- gesi, iillorn (li raro fa sentire la sua voce. Un adulto è figuralo nell'Iconografia. Sl.VO.MMH SlClllA3i,4. Ziulu, Messina — Currinfuni, Palermo — Currìntìna, Callagirone. Geìvere .4LAl'D.\, Ln.vEO. 83. Alanda Calandra, (Linneo). Alauda rostro brevi, crasso : jugulo macidis dimbus magnis, nigris, laleratibus cauda alas acquante : remigibus primariis, secundarias brunneas superanlibus. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 30 — Bcnoit, Orn. Sic. p. 93 — Power, Itin. p. 202. — Gatvagni. Fan. p. 293 — Taranto, Dis. Inag. p. 83 — oocito , Top. di Girg. p. 33 — Scinà Top. ili Pa- ter, p. 79 — Sclicmbri. QuaiJ. geo. orn. p. 14 — l^ilazzotlo, Orn. Sic. Mss. — Catoidro lìusso Mss. — Calandra mas, Cupani Paniph. La Calandra è comunissima nelle campagne di Colle.sano, e delle Petralie; non Mo- vasi in Caslelbuono: nidifica ne' campi seminati a grano a lato di una gleba, o di una zolla erbosa: non emigra, in ottobre sono molto grassi. SlJlO.XiniA SlCILlAYA. Calanda, Messina — Calandruni. Palermo, Collesano, Callavuturo, Girgenli — C«- lannula, Callagirone — Carranula. Catania — Ncuddarata, Pclralia. Itì CATALOGO 86. Alauda cristala, (Linneo). Alauda rostro capite panilo breviore : cauda alis loagiore : remigibus prima- riis necundarias brunneas superantibus. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 53 — Galvagni, Fauna p. 293 — Benoit , Orn. Sic. p. 9.") — Power Hill. p. 202. — Nocito Top. di Giri,'. P- ■*■! — Taranlo, Dis. Inau;,'. p. 8o — Schcmbri, Quad. geo. p. 14 — Palazzone, Orn. Sic. Mss. — Cocunczufa Russo Mss. — Cucucciula Cupani .Mss. p. 45. La Cappellaccia è sedentaria, comune in tulle le basse regioni delle Madonie, co- struisce il nido ne' campi a frumento, o ne' prati a fieno. SiivoNiMU Siciliana. Cucugghiata , Messina — Capiddiiia, Cucugghiata , Lodona tuppula, Catania — Curriviola , Castrogiovanni — Calandra, Caslelbuono — Cucucciuta, Palermo, Sira- cusa— Capiddina, Caltagironc Girgonli. 87. Alauda arvcnsis, (Linneo). Alauda rostro dimidium capitis acquante: cauda alis longiore: remigibus pri- mariis secundarias brunneas superantibus. Savi, Orn. Tose. v. 2. p. 53 — Benoit, Orn. Sic. p. 96 — Power, Itin. p. 20.S— Scinà To- pogr. di Pai. ann. — Scliembri, Quad. !,'eo. orn. p. 14 — Palazzotto. Orn. Sic. Mss. — Taranlo Dis. Inaug. p. 83 — Galvagni, Fau. p. 293 — Alauda vulgaris, vulgo, lodona, Cupani , Pam- philon — Lodala, Russo Mss. — Lodona, Cupani Mss. p. 44. 120. La Panterana giunge fra noi in novembre a branchi numerosi, e si trattengono sino a dicembre nelle scoperte praterie, poi sono meno abbondanti, e nell' està ne resta qualche coppia nelle praterie de' monti, ne ho trovalo in abbondanza nel Pizzo delle case, e Piano della Battaglia in giugno e luglio. SmoNiMiA Siciliana. Calandruni , Messina — Lodana , Castrogiovanni — Lonara, Caslelbuono, Palermo — Adulidda. Lodana ciciruni, Catania — Calannuluni, Caltagironc. 88. Alauda arborea, (Linneo). Alauda rostro tenui , dimidio capilis subaequali : nuca fascia albida cincia : cauda alis paullo longiore : remigibus primariis brunneas superantibus. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 03— Benoit, Orn. Sic. p. 96 — Power Itin. p. 203 — Scliembri . Quad. geo. orn. p. 13 — Palazzone, Orn. Sic. Mss. — toiioiio coniatura, Russo Mss. — Cu- pani Mss. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE I 7 Ln ToKavilla ò romune nello falde dello Madonie, parlirolarnienle nelle eolline al- berale, ed uliveli: credo clic non emigra, ma in maggio ed ain'ile ne lio irovalo nu- merosi branchi nelle terre scoperte de' Monticelli. SlMOJIIMIl SlCILlA.W. Calandredda, Passareddu di voscu, Messina — Turinola, Catania — Calandredda d'arvulu, Castelbuono — Lonara cantatitra, Palermo. KO. Alauda calandrella, (Bon). Alauda rostro crassiuscido, dimidio capilis subaoiiuale : caudu alas superanti'; i-emigibus seatndariis non nullis primarias aequantibiis. Savi, Ora. Tose. v. 2, p. d'i — Power, Ilin. p. 203 — Alauda liraclii/itaclita lìenoit Ora. Sic. p. 97. — Palazzollo, Ora. Sic. Mss. — Quoslo uccello è slato descrilto dui Chiarelli . conio nuova specie Mss. — Calnmlrella Itusso Mss. — Calandrella, Cupaiii. Paiiipli., e CaUinilredda, Cupani Mss. p. 114. Il Calandrino è piutlosto raro ; in aprile abita nelle [iralerie umide \ieino Castel- Imoni) a piccoli branchelli. ?iel I8i0 il passo fu più abbondante dell'ordinario, non l'ho trovato in altre stagioni, Tulle le specie di questo genere sono colorite al naturale nella mìa Iconografìa. Sl.NOMlUA SlCILI.VXA. Quuf/liariua. Messina — Ciciredda , Castrogiovanni — Calandredda . Castelbuono . Catania. Palermo — Ciurlidda. Peiralia. Gesere EMBERIZA. Linneo. 00. Enibcriza nilliaria. (Linneo). Emberizia pileo cinerino-griseo ex nigrescente maculato: abdomine cinerino ma- rulis nigricantibus: lectricibus subcaudalibus cicerinis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 79 — Bcnoit, Orn. Sic. p. 99 — Power, Itin. p. 203 — N'oeilo, To- poi;. (li Gif!,', p. 31 — Scinà, Topog. di Palcr. ann. — Schembrì, Quad. geo. orn. p. 13 — Pa- lazzollo Orn. Sic. Mss. — Cicirwii, Russo Mss. — Cupani , Mss. p. liO — Slirlo-zìi , Cupani Mss. p. 27 — Alaudis contjuner, lonslon, viilyo cieiriini, Cupani, Pamjjh. Lo Strillozzo è comune in tutte lo Madonie nelle basse regioni, e nella regione sub- nemorosa. nell'inverno vive riunito a branchi, nell'eslà a coppie e si posa spesso sulle cime degli alberi, da dove fa sentire la stridula sua voce. SlIVOlVIMIA SlCILIAIfA Ciciruni, in tutta l'Isola — Ciaciallu. Peiralia. 1 8 CATALOGO 91. Knibcriza eirliis. (Linneo). Emheriza pileo oliraceo-albido eoe nigrcscenle maculalo : ahdomine cilrino ; ler- Iricibus infurioribus, ci mbcaiidalibus cilrinis: rcmigibus cxlernis mucida lata alba in margine extimo. Savi, Gru. Tose. v. 2, p. 81— BcnoiI, Orn. Sic. p. 90 — Power, Ilin. p. 203 — Schembri , Quali. SPO- orn. p. 13 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Ziula aliis '/Aiuta, Russo Mss. Lo Zigolo nero è sedentario, comunissimo in tutte le stagioni, tanto nelle falde, che nel bosco, il maggior numero nidifica nelle colline alberate. SnOMJlIA SlCII.IAVt. Ziiilii, Messina — Zizì, Caslrogiovanni — Zinzicula giama, Catania, Siracusa — Zi- vula, Castelbuono, Palermo. 92. Knibcriza eia, (Linneo). Emberiza pileo cinereo-hclvolo ex nigrescenle maculato, teclricibus inferioribus albis, subcaudalibiis fidvis : rcclricibus exterioribus latere interno albis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 83 — Bcnoit. Orn. Sic. p. 100 — Power, Itin. p. 203 — Sclicnibri Qiiad. geo. orn. p. 13 — Ziolo vulgo Cupani, Paniph. — Zivoln, Cupani, Mss. p. 2G, 113. Lo Zigolo mucialto nell'inverno IS.IS si vidde a branchi numerosissimi nelle cam- pagne di Castelbuono , in ogni anno se ne vede una quantità mediocre , in aprile e maggio si trova a branchclti nelle allure delle .Madonie, costruisce il nido ne' cespugli. Queste tre specie sono figurate nella mia Iconografia. SiTi'oivinu Siciliana. Viziola, Messina — Zinzicula, Siracusa — Nzìnzola, Catania — Zirulu, Palermo — Ziiula di muniagna, Castelbuono. Generi; FRI>'GILLA, Li.>xeo. 93. Frins'illa cisalpina. (Temminck). Fringilla dorso caslanco-albeseenlc nigroqiie: pileo sature castaneo (maschio) vel griseo sordido (fem.) medietate pccloris nigra (masc.) rei sordido alba (fcm.): regione auriculari albida, iliis immaculatis, alis e trasverso albo -fasciai is : reclri- cibus mgrescentibus. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 98- Benoit, Orn. Sic. p. 103 — Power Ilin. p. 203 — Schemliri Quad. geo. orn. p. IG — PassT (ìnmosticiis , Kocilo Top. di Girg. p. 33 — FrinqiUn dnmo- slir.a, Galvagni, Fauna p. 297 — Passera domestica Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Passavo or- dinario Russo Mss. — Pnssaru sbirru Cupani Mss. p. 33. La Passera reale è comunissima in tulli i paesi delle Madonie, abita e nidifica nei nostri tetti, e spesso reca del male a' prodotti dell' agricoltura tanto nei campi , che ne" magazzini. E disegnato il maschio, e la feinina adulti. SnOMlllA SlCIlIA.\A. Passarli, Messina . Castelbuono — Passara , Passara comuni , Catania — Passaru sbirru, Palermo — Passaru di canali, Pulizzi. \ DEGLI L'CCELLI DELLE MADONIE 1 9 94. Friiisilla liispaiiiiilciisis, (Teinminck). Fn'ngilta dorso nigrn , inaculis pnucis cinerinis . vel spadiccis : pilco caslaiifo (inasoliio) pectore nigro (maschio) regione auricidari alba: iliis nigrn-maculatis : alis e transverso albo-fascidtis; rairicibus niyresrentiims. Savi. Orn. Tose. v. 2, p. 20C — lìciioil, Orn. Sic. p. lOi— Powor, lliii. p. 20.'5.— Calcaru, Slor. .>iat. (Ji l'siica p. 00 — Sclioiiibri. Qiiad. j;eo. orii. p. IO. La Passera sarda è rara nelle Madoiiie, ama piultoslo per nidifìeare le alle, ed an- liclic fabbriche, ha i coslumi della preccdciile specie. Si.\o.M.iii.i SiciUA.A.i. — l'msaru, Sicilia. !)j. Friii^illii «oclcbs, (Linneo). Fringilla tectricibus jyarris albis : uropigio viridi. Savi. Orn. Tose. v. 2, p. 110— Bcnoit, Orn. Sic. p. 107 — Power. Ilin. p. 203 — Scinà, To- pofr. (li Pai. ann. — Schcniliri, Quail. f;eo. orn. p. IG — Palazzollo, Orn. Sic. Mss. — rialva!,'ni Fauna Et. p. 207 — Pìììsoup, Itusso ,Mss. — Fringilla Tonslon, Cupani Panipli. — Pinsuni, Cu- paiii MfS. p. :>.■), 74, 119. Il Fringuello è mollo comune noU'invcrno in tulle le campagne dello falde ncbro- dcnsi, volano a branchi numerosi, sono mollo vigilanti, e fan sentire spesso la voce di richiamo, all'approssimarsi della primavera tulli partono restando solamenle qual- che coppia a nidificare ne' boschi di Gonalo, e dei Ponvcri. Nell'Iconografia sono fi- gurali il maschio, e la femina adulti. Sixosi.Mi.i SiciiiAS.i. — Spimsuni, Messina. Catania — Pmsimi, Palermo, Castelbuono. 96. Fringilla carduclis, (Linneo). Fringilla alis nigris transversim late e luteo fasciatis: cauda nigra, inaculis rotundis albis. Savi , Orn. Tose. v. 2, p. 117 — Benoil, Orn. Sic. p. 108 — Power Ilin. p. 203 — f.aloaiu Slor. Nat. di l'sii. p. CO — Schcmbri, Quad. geo. orn. p. 16 — Palazzotto, Orn. Si(^ Mss. — Cardiddu dipani Mss. p. Il, 16 -~ Fringilla mas lorqiialus, vulgo Cardu giaculiini CMpnni Pampli. — Cardino Russo Mss. Il Cardellino è comune in tulle le stagioni nelle campagne alberale delle .lladonle, nidifica negli agrumeti, ne' pergolati, ed in altri alberi bassi, bell'inverno ne giungono branchi numerosissimi, e prescelgono per dimora [)articolarmente le ulivele, ed i fras- saneli. Ilo trovato un giovine dell' anno che volava colle palpebre unite. Kell' Icono- grafia è figuralo un maschio adulto, ed uno nell'epoca della muda. SixoMJiu Sicii.uxA. — Cardiddu, in tutta l'Isola. 20 CATALOGO 97. Friiig'illa sgiinus, (Linneo). Friiigitla dorso oUvacco e nii/rcscenlc maculato: iliis nigro striatis: pUeo itiym (maschio) vel oliraceo (feiniiia) reclrìcibus basi liUeis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 120 — licnoit, Orn. Sic. p. lOf)— Power Iliii. p. 203 — Selieiiiliii. Quad. geo. orn. p. IG — Palazzone , Orn. Sic. Mss. — Ap'/ho/o lìusso, Mss. — /.ccih-h dipani Mss. p. IG — l.iyiirinus seu spimis foemina, vvlgo leciiia: IJynrinus mas vulgo, lenirli, dipani, Panipli. 11 Lucarino è di passo accidentale fra noi, solainonlc l'ho trovato in aprile ISiO negli ortaggi vicino Castelbuono. SlffClUIlA SlCIlUNA. Lucani, Messina — Leoiru, Palermo. Catania. 98. Friiig'illu cauiiabiua, (Linneo). FriiKjilla dorso hclvolo-fusco, vel caslaneo e hrunueo maculato: rcctricibus ex- ternis margine interno niveo: tectricibus spadiceis: gula albida, e brunneo ma- culata. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 128 — Bcnoit, Orn. Sic. p. 109 — Power, llin. p. 203 — Seinà, Top. (li Pater, ann. — Scliembri, Quad. geo. orn. p. U — Frimjilla linola vel cunnabina, Palazzotto, Orn. Sic. Uss. — Zuinu ruccaloru . Cupnni Mss. p. ÌO^ — Peclicocciniola lapi- (tuin in cula (maschio). Zuinus di rocca, vulgo, (mnina, Cupani, Pampli. 11 Montanello nell'inverno ù comune a brandii numerosi nelle praterie de' Monti- celli e di s. Fucà, nella primavera si vede nel piano di s. Paolo in perfetto abito di amore a piccoli branclielli: pochi restano a nidificare fra noi. Nell'inverno quando sono a branchi ho trovato essere riuniti il Cardellino, il Mon- tanello ed il Verzellino, che posali tutti insieme sopra di un albero facevano un mo- notono concerto co' loro canti. In marzo ho ucciso de' maschi, che avevano il petto quasi tutto rosso, perchè il bordo delle penne, clic nell'inverno è ceciato era nella maggior parte caduto. Nell'Iconografia son figurati il maschio, e la l'emina in abito d'inverno. Sl.>O.MJIIA SlClllA.Vt. luinu, Messina, Palermo, Polizzi — Minutulu veru^ Catania — Baslardunì, Castel- buono. 99. Friiig'illa scriaus, (Linneo). Fringilta dorso olivareo, niaculis nigrescentibus longitudinalibus notato: iliis e subnigro strialis: rcrtice luteo oliraceo, e nigrescente maculato : reclrìcibus brun- neo nigris. DEGM UCCELLI DELLE MADONIE 21 Savi, Orn. Tose. v. 2, p. l.^^ — l'uwer, Iliii. p. 203 — lìenoii, Oni. Sic p. 110— Sclienihri, Quad. ijeo. orn. p. 17 — Ciliiiwlla mas, vulijo, rajipareddu Cupuiii l'ampli, liniiiiarcllo lìiisso Mss. — Rapparcddu Ciipani Mss. p. 1j. Il Verzellino è piullosto comune neirimerno nelle Madonie, volano a piccoli braii- clielti, nella fine di aprile, e primi di mai;gio sono j)ìli comuni, dopo lai epoca non se ne vedono più. .^el^Iconografia ho figuralo il raascliio, e la femiiia aduli i. .Si.^o.tiMiA SiciuAiVi. — Rappareddu, Messina. Palermo. 100. Fringillu chloi-is. (Linneo). Friivjilla corpore tiridi-olivaceo: pectore iliisque immaridatis (adullo): piteo oiivaceo : rcmùjibus c.vlerno luteo margiiiatis : rectricibus e.cleniis basi ad mar- ginem ejclernum luteis. Savi, Ora. Tose. v. 2, p. I3i — lìcnoit, Orn. Sic. p. 110 — Power, Iliii. p. 203 — Calcuru, St. Nat. di Ust. p. CO — Taranto Dis. Inai,', p. 83 — Sclienibri, Qnail. ireo. orn. p. Il — Cal- vairni. Fauna p. 207 — Verdone, Kusso Mss. — Virduni, Cupaiii Mss. — Viridaceola Cupani . Panipii. — l.dxia chloris Scinà Top. di Pai. ann. — Nocilo Top. di Gir;;, p. 31 — Palazzollo Orn. Sic. Mss. 11 Verdone è un uccello di passo nelle Madonie, si Irova sebben di raro nel passo di .Vulunno e di Primavera, non ne restano mai a covare fra noi sebbene nidifichi in campagne prossime alle Webrodi, come Ternu'ni e Palermo. Si>o.MJiiA Siciliana. — Virduni, per tutta l'Isola. 101. Friiiijilla pctroiii», (Linneo). Fringilla dorso griseo nigroque: macula luleo-cilrìno in mcdielale pectoris: rec- tricibus apice albo maculatis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 138 — Rcnoit, Orn. Sic. p. Ili — Power, llin. p. 203 — Seinà, Top. di Pai. ann. — >ocilo, Top. di Gir;,', p. 34 — Galvagni, Fauna p. 297 — Sclicmbri, Quad. ireo. orn. p. 17 — Palazzolo Orn. Sic p. 4oj. La passera lajjia non è mollo comune, ma pure è sedentaria fra noi. si Irova nel basso, e nelle alture, nidifica negli alti fabbricali unitamente alla passera comune, e nelle rupi unitamente al Balestruccio, ed al Piondone. Nell'Iconografia è disegnato il maschio adulto. SiivoMJiiA Siciliana. l'nssarasira, .Messina, Palermo. Catania. Girgenli — Passara di roscu Castelbuonn — l'ir pir Petralia. 22 CATALOGO 102. Friiigilla coccwliiraustcs, (Tomininck). Fringilla gula nUjm, rcmif/ibus sccundariis Iruncatis, et emdiilalis, cmtda apice (Uba. Savi, Orii. Tose. v. 2, p. 130 — lìcnoit, Oni. Sic. p. Ili— Power, llin. p. 203 — Taranto I)is. Ina?, p. 8."> — ScliiMiiliii, Qiiad. geo. p. 17 — Loxia cocrolliraiisles Galva;,'iii Fauna pa- gina 297 — Palazzotto Orii. Sic. Mss. — Coccotkraustes siculus rostro redo Cupaiii Panip. — Scncciamennuli, Cupaui Mss. p. 23, lOì — Scacciainenduli col pi!,zo tondo, grosso, e. ta- gliente lìiisso M.ss. Il Frosone è di passo periodico nell'autunno, pochi restano a svernare fra noi e si trattengono nella regione subnemorosa, e nelle colline coperte ad ulivele, in prima- vera non se ne trovano. Nell'Iconografia è figurato un masciiio adulto. SIX0NI.1IIA Siciliana. — Scacciameiinuli in tutta l'Isola. Gekere COLUMBA, Liis.\E0. 103. Coluniba palumbiis, (Linneo). Columba cunda apice nif/ra: alis immaculatis : lectricibiis siipcrcaiuMibiis uro pygio concoloribus. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. lot — lìenoit, Orn. Sic. p. 113 — Power, Itin. p. 203 — Aocilo , Top. (li Girg. 11. 33 — Galvagiii, Fan. p. 208 — Taranto Dis. Inag. p. 86 — Selieniliri. Qu. geo. orn. p. 18. — Palazzotto Orn. Sic. Mss. — Pniumbo Tudone Rnsso Mss. — Tuduni Cupanì Mss. p. lii — Columba sijlveslris, locurrix, Cocurrix, vulgo tuduni, Cupanì Paniph. Il Colombaccio è sedentario, vive in società nelle grotte, in alcune ulivete poco fre- quentale, e di raro nei boschi, nidifica nei luoghi medesimi, nell'inverno si nutrisce di ulive. Kell'lconografia è disegnalo il maschio. I cacciatori amano questa caccia attendendoli nell'està all'acqua, e nell'inverno dove sogliono andarsi a posare per restare tutta la notte , e siccome hanno il costume di posarsi sopra i rami uno a fianco dell'altro non è raro con una lucilata cadérne molli. SnoM.iiiA Siciliana. Fassa: Messina — Tntuni, Pahimmazza, Palumma sarvaggia Catania — Tutuni, Caltagirone — Palumma Girgcnli — Tuduni Palenno, Siracusa, Caltagirone. Castel- buono. 104. Columba ociias, (Linneo). Columba cauda apice nigra : alis maculis nigris triserialis: tectricibus super- caudalibus uropygio concoloribus. DEGLr UCCELLI DELLE MADOME 23 Savi, Orn. Tose. v. 2. p. 1o8 — Bciioit, Oni. Sic. p. Ili — Power, Ilio. p. 20:ì — Aoeilo Top. (li Cirg. p. 33— Galva;,'iii Fau. p. 2i)7— Taranto Dise. Inag. p. 8G— Selicmbri, Qii. geo. orn. p. 18 — Palazzotto Orn. Sic. Mss. — Palumbo mariiiello lUìsso Mss, — Columba syìveslris maiitima ruìijo iiiarinedda, Cupani , Painpii. La Colombella è di passo: se ne Irovano a branchi dall'aulunno sino alla fine del- l'inverno, ne ho trovato nel forte inverno nei monlicelli, e sul finir dell'inverno nelle Peiralie. Sl.VOiyiJllA SlClLI.VMA. Questa sinonimia non è molto esatta, perchè 1 cacciatori confondono questa colla seguente specie — Palummu ruccaloru , Messina — Pulummn mariiiedda , Palermo — l'alummu sarvmjyhi, Caltagironc — Picciuni, Girgenti — Palumma farsa, Catania — Palumma ramalora, Petralia. IOj. C4»IucBiba livia, (Brisson). Columba cauda apice nigra : alis duplici, ci lata fascia nigra tramversa : tec- tricibus caudalibus uropygio saluralioribus. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 100 — Benoit, Orn. Sic. p. Ili — Power Ilìn. p. 203 — Selicnihri. (jii. geo. orn. p. 18 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Paltimbo ruccaluro con la vuila mezza bianca sotto lo croditzzo lìusso Mss. — Palumbus saxalilis , Ruccaloru , rulyo dictiis di- pani Pani|ili. Il Piccion Torrajolo è sedentario, abita nelle rupi di Passo scuro, della Culia, del Mirice, nelle antiche fabbriche abbandonate: nidifica nei luoghi medesimi, nell'eslà si fa una caccia abbondante atleudcndoli aU' acqua. Nelf Iconografia è disegnato un in- dividuo adulto. SiKOSIJIlA SlCllIANA. Palumba sarvaggia, Catania — Ruccalora, Palermo — liuccazz-ola, Caslelbuono. lOG. Columba turiur, (Linneo). Columba cauda apice alba. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 1G3 — Benoit, Orn. Sic. p. 113. — Power, Itin. p. 203.— .Nocito, Top. (li Girg. p. 33 — Galvagni, Fauna p. 298 — Scinà, Top. di Pai. ann. — Calcara, St. Aaf. ili Ustica p. o'J— Taranto, Dis. Inag. p. 86 — Schemliri, Quad. geo. orn. p. 18— Palazzollti Orn.. Sic. Mf,s. — Titrlura, Cupani, Mss. p. 32 — 7'«rt»ra ordinaria lìusso Mss. La Tortora viene in aprile a branchelti di otto, o dieci, abitano in ttitle le cam- pagne alberate, alcuni s'internano nelf isola, altri restano a nidificare fra noi . verso la line delfestà lutti emigrano. Costruiscono un nido mollo rozzo sugli alberi. .Aell'I- conografia è figurato un maschio adulto. Si.\oiviMiA Siciliana. — 7'i(r/Mra, in tutta l'Isola. 24 CATALOGO 0HU1.\E TERZO - UCCELLI RAZZOLATORl. Gejere PERDIX, Latiiam. 107. Perdix rraiieoliiius, (Lnthain). Perdix gula nigia : pectore nigro ex albo maculalo (maschio). Sa\i, Gru. Tose. v. 2, p. 187 — Bcnoil, Orn. Sic. p. 14S — Power, llin. p. 203 — Tiiraiild. Dis. Inag. p. 8G — Sclicmbri, Quuil. geo. p. 19 — Telniu francolimis Talazzollo Oro. Sic. .M.ss. — francolina liiisso, Mss. Il Francolino viveva scdenlai-io nei contorni delle Madonie, parlicolarmenle noi piani del Finale, molli se ne ricordano, ora non se ne ritrova più alcuno. Una volta i Du- chi di Toscana della famiglia Medici l'ecero portare questo bello uccello della Sicilia nei loro slati. Innlo era allora comune, ed ora perseguitato in tulli i luoghi si trova ristretto nelle sole pianure di Terranova, e di Partanna. SlvO-VLiiia SiciLiA.VA. — Trilurì, Franculìnu, in tutta l'Isola. 108. Perdix «iracca, (Brisson). Perdix gula alba, nigro marginata: pectore cinereo emethijstino. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 191— Bcnoit, Orn. Sic. p. 119 — Taranto Disc. Ina;;, p. S(>— Po- wer, Itin. p. 203 — Seheinbri, Quail. geo. p. 19— Perrfio;, Nocito. Top. di Girg. p. 3,"i — /'(>;■- nifi Russo Mss. — Cupaiii Mss. p. 14. La Coturnice è la specie più comune in tulle le regioni delle Madonie dalle falde sino alla regione scoperla nelle vette più elevate. Questa bella specie sarà anche fra poco distrutta dall'avidità dei cacciatori, servendosi nella primavera per zimbello della l'emina. Si.\0Ki.iiiA SiciiiASA. — rimici, in tutta l'Isola. 109. Perdix coturiiix, (Lalham). Perdix pectore spadiceo, tei helvolo, striis longiludinalibus albis insignito. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 199— Benoit, Orn. Sic. p. 120— Power, Itin. p. 203 — Taraulo bis. Inag. p. 80- Calcara, St. iVat. di l'slica p. 60— Sehembri, Quad. geo. p. \9 — Tetrai> colurnix Scinà Top. di Pai. ann. — Nocito Top. di Girg. p. 3 j — Palazzotto, Orn. Sic. Mss.— Galvagni Fauna p. 298 — Quaglia, \\w%so Mss. La Quaglia è un uccello di passo , giunge fra noi in maggio , molli si inlernano nelle campagne di Petralia, pochi nidificano, e svernano fra noi. Il suo canto nelle mattinate di primavera è mollo dilcllevole. sebbene è monotono. Sixosiniu Siciliana. — Quagghia. in tutta l'Isola. DEGLI UCCELLI DELLE MADOME 'io ORDINK QUARTO — UCCELLI UI RIPA. Gekeke GLAREOLA , Brisson. no. Glarcola pratiiicola, (Sa\i). Glareola valde furcata: carpare superne griseo oHvacea. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. ììl — Glareola lorquala, Bonoil. Orn. Sic. p. 129— Power. Itili, p. 203 — Schenibri, Quad. geo. p. 20 — Paluzzotlo Orii. Sic. Mss.— Oalvagni, Fauna p. 20:; — llirundo marina Jonslon, Ciipani, Pampli. La pernice di mare è mollo rara, uno ne fu ucciso nel Piano di San Paolo in inag- "io 1841 — è di passo accidenlalo. SnOMMll SlCILIA?r.4. Rinninuni Ainericanu Messina — Pirnici di mari Palermo — Rinninuin di muisi, lammurinnri, Tirricciacchili, Catania — Tirricciacchitì, Siracusa. Genere OTIS, Lin.xeo. 111. Otis icirax, (Linneo). Olis reclricibus acladecim : statura Anatis lìoschae. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 219- Benoit, Orn. Sic. p. 125 — Schcmbri, yuad. geo. orn. p. 20 Power, Itin. p. 20:ì — Taranto, Dis. inaug. p. 86 — Altage cauda brevi, (masthio) Pilarra . fcmina (feniina) Cupani, Pampli. La Gallina pratajola trovasi di passo accidentale nelle campagne di Pelralia al Sud delle Madonie , io non l'ho veduto , ma il signor Palazzotto mi assicurò trovarsi an- che sedentaria in quelle campagne seminate a grano. SiJOM.Mu SiciLiAivA. — interra in tutta l'Isola. Ge.xere ODICAEMUS, Temjiixck. 112. Ocdiciicmus crcpitaiis, (Temminck). Oedicnemus rostro capiti subaequaii: pileo, cervice, dorso Itelvolo griseis, lon- gìtudinaliter nigro striatis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 223 — Benoit, Orn. Sic. p. 127— Power, Itin. p. 203 — Sclieiubri. Qu. geo. p. 20 — Taranto, Dis. p. 87 —Cliaradrius oedicnemus, Scinà, Top. ili Pai. an. — >'ocito. Top. (li Gìrg. p. 33 — Galvagni Faun. p. 294 — Librazinus vulgo, Cupani Panipli. — Librazinu, o Ciurrumu, Cupani Mss. p. 77 — Lihrazino, Russo Mss. L'Occhione trovasi lutto l'anno nelle campagne di Pelralia vicino i fiumi, e nel (lume di Pollina, nell'està è più comune: la notte fa sentire spesso il suo acuto canto , è 26 CATALOGO molto colere nel pedinare , ed inseguilo si occulla spesso Ira i vuoli . che formano i sassi nell'alveo de' fiumi. SiNO.MJiiA Siciliana. Rivirsinu Messina — Librazzinu, Catania, Siracusa Girgenti — Chtrrnriu . Callagi- ronc, Palermo, Castrogio\anni — Ciurrurì, Castelbuono, Petralia. Gesere HIMAINTOPUS, Brisso». 11.3. Iliiiiaiitopus mclunoplcrus, (Meyer). Himanlopus torpore albo, dorsi laleribus, scapularibits alisque niyrh: (jiila , fi certice nifjris albo maculatis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 232 — Benoit, Orn. Sic. p. 129 — Power, Itin. p. 203 — Scliciiiliri. (Jiiad. geo. orn. p. 20 — Charadrius himanlopus, Galva^'nì, Fauna p. 294 — Himanlopus, No- ijiiA SiciLiA.fA. — Papiola 'inperiali, Catania, Siracusa. 28 CATALOGO 118. Tutuiiiis ocliropus, (Teiuminck) . Totaims tcclrinhus supercaiidalibus candidis: redricibus medietate basilari ai- bis; medietate apifilari fasciis nigris latis Iransrorsis nolata. Savi, Orii. Tose. v. 2. p. 27S — Power, Itili, p. 204 — Bcnoit, Orn. Siv.. p. 141 — Scliemliri, tjuad. ifco. orn. p. 22 — Gambella minor, Cubani, Vamp. — CflWu;.:o rfcHt (/rossi-, Russo, Mss. Il l'iro-piro cui bianco è di passo, trovasi ([uasi tulio l'inverno ne' canneti sotto Cii- slelbuono, e ne' prati umidi vicino Collesuno. Ncirinverno 1840 se ne vidiTO più del solito. Nell'Iconografia è figurato un adulto. S1ROIVI.MU SlUllAJiA. Staynolla, Siracusa, Catania — Gadduzzu di li grossi, Palermo — Addincdda d'ac- qua. Caslelhuono. 11U. TotsiEius Iiypolciicos (Tcniininck). Totanus redricibus, tectricibusque supercaudalibiis griseo-olivareis, cxtimis ex albo maculati!-: corporo .superne grisco-olivaceo, slriis nigris tcnuibus, iraimersiit notato: rostro caput parum superante. Savi, Dm. Tose. v. 2, p. 275, voi. 3, p. 2Vi — Uciioit, Oni. Sic. p. 141 — Power, llin. pa- gina 204 — Sehcmliri , (luail. ftco. orn. p. 22 — Gullulus uqualicua — Gallinatjo minor ma- rina. Cupani Paiiip. — Galluzzo delli piccioli, Kiisso !\Iss. — Gadduzzu ili li picciuH, dipani Mss. p. 100. Il PiovancUo è di passo, abita per pochi mesi del più rigido inverni) nei canneli sotto Caslclbuono, e ne' prati umidi vicino CoUesano. Nell'inverno del 18.19 se ne vi- dero molli nella fiumara d"Isnello. Neil' Iconografia è disegnalo il maschio . e la te- mina. Si.iosiiiiiA SiciLiA.nA. — Quaglia di mari Messina — Gadduzzu di lipicciuli, Palermo. Ge.^eiie trinca Brisso.x. 120. Tringa niiuutu, (Lcister). Tringa rostro subcylindrico, recto caput subaequante brciiore tarso : tarso di- gitum medium subaequante: tibia parlim nuda: redricibus mediis, et crtimis lon- gioribus. Savi, Gin. Tose. voi. 2, p. 28'J — Benoil, Oin. Sic. p. 144 — Schcnibri, yuad. yco. p. 22. • Oddi minti minima, subrufi, coloris maculis nigra, abito di està — Gallinaiio marina mi . nima, acuti minti marina dieta, Cupani, Painpli. Il Gambecchio è di passo periodico in settembre , si Iratliene più ne' pantani . e laghetti della spiaggia del mare , e qualche volta sale lungo la liumara di Pollina. I/individuo disegnato è un giovine avanti la prima muda. Si:iiOMMiA Siciliana. — Lodana di moH. Messina. DEGÙ UCCELLI DELLE MADONIE 29 Genere RUSTICOLA, Vieiuot. 121. Itiitilicola vulgiirisi, (Vicillol). Kusticola remigibus primariis omnibus uflqiiHatis: torpore infcrne transicrsim nigro striato. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 304 — Scolopax rmlicota lìenoil, Orn. Sic. p. IIC — Power, Itili, p. 204 — Taranto, Dis. iniitiir. p. 87 — Galvajfiil Faiin. p. 204 — Sclicmlui, Qii. geo. p. 2.'ì — Palazzotto Orii. Sic. Mss. — Gnllazzo. Russo Mss. — Gadfldzzii, ('iipani Mss. p. US. Le Beccaccie cominciano a vedersi nella fine deirautunno nelle regioni neinoro«e , in dicembre sono comuni ovunque, poi diminuiscono, nel riptisso di primavera sono comunissime per una quindicina di giorni. .Aell'Iconografia è figuralo un adulto. Sixojii.iHA Siciui.vA. — Ucccaccia, Catania — Addazzu, Gaddaz/.u in liilla l'Isola. Gkseiik SCOLOPA.V. Vif.ii.i.ot. 122. ^oiSopii.x ;;iilliii:9$;o, (Linneo). Smlopa.r reclricibus (iu(tlni>rdpcim : prima extima. apice, et ktlcre exlenio albo maculalo: sccunda primam superante. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 312 — Benoil. Orn. Sie. p. 148 — Power, Itili, p. 204 — Kocito , Top. di Girg. p. 35 — Galvagiii, Fauna p. 294 — Scinà, Top. di Pai. ami. — Stliembri, Ouadro geo. p. 23 — Palazzotto. Orn. Sic. Mss. — Arcirolta delli (/rossi, lìusso Mss.^.ircirolla om- nium maJL-ima, .s/rc ijalliiiuyo minor Altiror, Cupani Paiiipli. Il Beccaccino reale è comune nella rigida stagione in tutte le praterie umide, e vi- cino i ruscelli, in taluni anni ne svernano fra noi una quantità strafirdinaria. SiNo.'vi.qu Sicii.i.iJiA. lieccaccinu, beccaccinu reali, Messina — Arcirutluni , Girsenli . Palermo — Arci- rotta, Caslelliuono, Catania — Beccaccina, Catania. 123. Scolopax galiinula, (Linneo). Scolopax rectricibiis duodecim lìruuneo-niyris e fulvescenle maculatis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 317; v. 3, p. 233— Ilenoil, Orn. Sic. p. 148 — Nocito, Top. di Gir- genti p. 3.) — Galvagni, Fauna p. 294— Power, llin. p. 204 — Scinà, Top. di Pai. ann. — Scliem- bii, Quad. geo. orn. p. 23 — Taranto Dis. iiiaug. p. 87 — Gattinula minima attera, Scaceia- margi di li grossi vulgo dieta, Cupani Panip. — Arcirolta detti piccioli. Russo Mss. — Ar- cirullcdda Scacciu-margi Cupani Mss. p. Ilj. Il Frullino trovasi dalla fine di novembre a lutto febbraro ne" canneti sotto Caslel- Iniono. e nelle praterie ac(|uitrinose. in taluni anni è mollo raro. Queste due specie >ono figurale nell'Iconografia. SmOHiniA SlCILIA.VA. fleccaccina, Caslclbuono — Beccaccinu di li picciuli, Messina — .ircirultedda llii- genli — éircirultedda papiola 'mperiali, Catania. 30 CATALOGO Gejìeke ibis, L.acepede. 124. Ibis fiileiiielliis, (Teramìnck). Ibis corpore caslaneo, alis e saluro-viridi versicolore. Savi, Orii. Tose. v. ì, p. 327 — BcnoiI, Orn. Sic. p. lo2 — Sclienibri, Quad. !;co. orn. p. ìi. Il Jlignatlajo è un uccello di passo accidonlalc , uno ne è sialo ucciso nella lìu- marn di Castclbuono in aprile 1847, probabilincnle era sinarrilo da" suoi compaiini, aveva Io stomaco perfetlainenle vuoto. .S1JÌ0.M.MIA Siciliana. — Gaddaranu,. Messina, Catania. Siracusa. Gesere GRUS, Pauas. 123. Orus cinerea, (Bechstein). Cirus gula, juguloque nigrescenle: pectore cinereo. Savi. Orn. Tose. v. 2, p. .ÌSl — Bcnoit, Orn. Sic. p. 133 — Sehemliri, Qu. yoo. orn. p. 21 — Ar(h'a grux Seinà, Top. di Pai. ann. — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Nocito, Top. di Girg. p. 33 — Groi, Russo Mss. — Cupani Mss. p. 39. La Gruc è di passo periodico in autunno, ed in primavera, di raro si posano nelle allure, quando sono contrariati dal vento, 0 dalla nebbia, quelli, che sono siali uc- cisi sono stati tutti giovani, ed è un giovine quello figurato nell'Iconografia. Si>o?iiJiiA Sicii.iAJiA. — Gru. Castclbuono — Groi, Palermo, Girgenti. Gb.ìere CICOìN'IA, Brisso.v. 126. Ciconia iiigra, (Bellonio). Ciconia capite, collo, dorsoque nigris, vel nigro ìiiridibus. Savi, Orli. Tose. v. 2, p. 338 — Bcnoit, Orn. Sic. p. 1S3 — Power, Ilin. p. 204 — Zuccarollo lìic. Orn. p. 7 — Sclicinbri, Qu. geo. orn. p. 24 — Ardea nigra, Palazzotto, Orn. Sic. Mss. Cicogna, Cupani Mss. p. 40 — Ardea majcima, et nigra viridi purpurans, rostro pedibKsqiu^ riibris, Cupani Pamp. La Cicogna nera è di passo periodico, viaggia ordinariamente di notte, nel 1843 se ne vide un branchelto nella fiumara de' mulini. IVell' Iconografia è disegnalo un giovine. SI.ÌOAIJIIA SiciLiA.tiA. — Cicogna, Cicogna nitra in tutta Sicilia. DEGLI UCCELLI DELLE MADOME 31 Gekebe AUDEA, LiNiVEo. 127. *rdea ciiirrca, (Linneo). Ardea jnleo albo-nigroque : dorso cinereo: humeralibus niyris. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 3i3 — lìcnoit. Orn. Sic. p. I5G — Power. Ilin. p. 204— Scinà, To- pojT. di l'ai. ann. — Schcml)i'i, Q". S,'eo. orn. p. 24 — Taraulo Dis. inani;, p. 8G — Nocito Top. fli Gir^'. p. 3K — (ialvagni, Fauna p. 2'Ji — Ardea, Jonston, Cupani Panip. — Airone, Russo Mss. La i\onna è piutloslo rara nello Madonio, ma è di passo periodico, ed in Oi;ni anno se ne vedono nel fiume di Pollina, ed a Fiume grande soli , o a coppia , di raro a branchi. SiKOM.niA SlClliAJiA. Aroi, Aruìii, Messina — Fminazzu, Caslrogiovanni — Fannazzu, Catania . Siracusa — Airum , Palermo, Girgcnli — Bulurra di Gaddazzi , (BenoiI) Palermo — Ariuni , Callaiiironc — Airuni mascidu, o Umìsinu, Catania. . 12H. jtrdcn purpurea, (Linneo). Ardea pileo niyro; dorso cinereo; humeralibus fulvo caslaneis. Savi. Orn. Tose. v. 2, p. 343— Bcnoit, Orn. Sic. p. 136 — Power, Ilin. p. 204 — Galvagiii. Fauna p. 294 — Taranto, Dis. Inatig. p. 86 — Scinà, Top. di Pai. ann. — Sclienibri. Qu. j;eo. pa- gina 21 — Ardea stellaris major rubra alia nec crislala ^io\mc, Cupani, Panipli. — Kusselto, Russo Mss. — ìiusseddu, Cupunì, Mss. p. 103. La Ranoochiaja è di passo periodico in autunno , ed in primavera , in settembre . ed ottobre è piuttosto comune nella fiumara di Castelbuono. ma quelli, che si sono uccisi sono siali tulli giovani, gli adulli sono rari. SiNOiMiiiA SiciiiASA. — Rttsseddu, Russieddii. in tutta l'Isola. 129. Ardea alba, (Linneo). Ardea pileo, dorso, humeralibusque albis: rostro luteo, podiis nigris. Savi, Orn. Tose. v. 2, |). 3i7 — Benoit, Orn. Sic. p. 1S7 — Power, Ilin. p. 204— Schenibri Qu. geo. orn. p. 24 — Ardea major alba, Taranto Dis. inaugr. p. 86 — Grassolta franca. Cu- pani Mss. p. 118. L':VJrone maggiore è di passo periodico nelle nostre contrade, ma nel settembre 1843 ve ne furono ne' piani del finale branchi numerosissimi da far biancheggiare il ter- reno, poi salirono, e si trattennero per pochi giorni nella fiumara di Castelbuono. SlIV0I«l9IIA SlCILIAKA. Cicogna 'mperiali al finale — Airuni jancu , Caltagirone , .iroi biancu , Airuni jancu. in altri luoghi della Sicilia. 32 CATALOGO 130. Ardca garzeKa, (Linneo). Ardca dorso, el humeralibus albis ; rostro nigro, fodiis Mei». Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 318 — Benolt, Ora. Sic. p. l'iS— Schpmbri, Qu. geo. orn. p. 2!. — Palazzotto Orn. Sic. Mss. — Ardea candida minor, dipani Pamp. L'Airone minore è di passo periodico in autunno, ed in primavera, ma è piulloslo raro, in questo scorso inverno 1837 un branciietlo di otto si trallenne per più ;;iorni nelle campagne di Petralia, e la maggior parie furono uccisi. SiNONiHU Siciliana. Aretla, Messina — Gazzetta, Catania, Siracusa — Airuni biancti, Palermo. 131. Ardca ralloidcs, (Scopoli). Ardea pileo albo-cinerino , slriis longitudinalibus albo-cinereis notato : dorso l utm cinerescente amaelhystino : humeralibus albo cicerinis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 331— BenoiI, Orn. Sic. p. 138 — Power, Itin. p. 201. — Scliombri. Qu. geo. orn. p. il — Palazzotto Orn. Sic. ìlsa. — Russiddottu di Maju, dipani Mss. p. 86 — Ardea minor candida plmialis purpurantis ac jlaveìUis aurorae cirrata — Ardea minnr (ulto-fusco colore (giovine) — Arrfea minor fusca cinerarius rubra, Cupani Panipli. La Sgarza ciuffctto è di passo periodico nel mese di maggio si trova in tutte le praterie umide . e nelle fiumare. i\'el 1843 ne passò una quantità maggiore dell' or- dinario. Nell'Iconografia son figurati un maschio adulto, e due giovani nell'epoca della muda. Siso.xiau SiciiiAJiA. Cicugnetta , Messina — Pinnacchiera, Catania — Marlineddu , Siracusa — Russid- dottu, Buturnu di gaddazzi ? (Power) Palermo. 132. Ardca uyctìcorax, (Linneo). Ardea pileo , dorsoque sature viridi-nigrescente : humeralibus cinereo marga- rilaceis (adulto) : dorso humeralibusquc cinereis maculìs oblongis , cicerinis imi- gnitis (giovi). Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 333 — Bcnoit, Orn. Sic. p. 139— Power. Itin. p. 201 — Scinà To- pogr. di Pai. ann. — dtlcara, St. iVat. di Isti. p. 39— Taranto, Dis. Inaug. p. 86 — Scliemtiri, Qu. geo. orn. p. 23 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — >'ocilo, Top. di Girg. p. 33 — Ardea ci- nerea greca dorso viridante — Ardea minor viridacea cinerea, Cupani Panip. — /trrfea i-((- riegata charadriis faeie, Cupani Mss. p. 69. La iVitlicora è più comune della precedente specie, comune in autunno, ed in pri- mavera lungo i fiumi, ed i ruscelli, quando sono a branchetti sono vigilanti, se sono DEGLI L'CCELLI DELLE MADONIE 33 isolali si perdono di animo, divengono stupidi al punlo di farsi prendere colle mani. Si trattengono fra noi una ventina di giorni. SlitONIMIA SlCILIAlVA. GrassoKa, Castelbuono, Messina — 'Ngalari, Siracusa — Corvi* di notti, '^galari, (dilania — Grassotla 'mperialì Palermo, Girgenli. 133. Ardca stcllaris, (Linneo). Ardea pileo humeralibusqiie luteis, maailis nigris angulalis. Savi, Ora. Tose. v. 2, p. 353 — licnoit, Ora. Sic. p. 160 — Power, llìn. p. 204 — Scliembii, Qii. geo. orn. p. 2S — Palazzotto Orn. Sic. Mss. — Ardea slellaris altera, Ciipani Painpli. — Ardea major stetlala, comiminiter ìjulurnu, Ctipani Mss. p. 107 — Biilurnu, o re di li Gnd- dazzi, Ardea major stellata, Cupaiil, Mss. p. 60, 107, Il.S. Il Tarabuso non è molto comune nel passo di primavera, in quello di autunno non l'ho mai veduto. Nell'Iconografia è disegnalo un adulto. Sl.lONIMlA SlCllIAiyA. Capimi di margi, o d'acqua, Catania — Bulurnu, o Re di Gaddazzi, Palerran. 134. Ardea minuta, (Gmelin). Ardea pileo nigro-sature viridi (adulto) vcl Lrunneo nigro (giovine) : dorso ni- gro sature viridi (maschio) vel brunnco, e cinerino striato (feinina. e giovine) hu- meralibus cicerinis nigro macidatis (maschio adulto) vel brunneis, (femina, e gio- vine). Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 358— Benoit, Orn. Sic. p. 100— Power, Itin. p. 20i — Scinà, To- pogr. di Pai. ann. — Sehcmbri, Qu. geo. orn. p. 25 — Palazzotto, Orn. Sic. .Mss. — Taranto Dis. inaug. p. 86 — Ardea minor alba flavenlis, albi subnifì, et cinerei, colori» dorso, ala, el vertice nigris, Cupani Panipli. — Mss. p. 105. Il Nonnollo è la pili piccola specie di questo genere, è di passo periodico in aprile, 0 maggio, si trattiene pochi giorni nelle praterie umide, o nei fiumi, il maggior nu- mero di quelli, che sono stati uccisi, sono stati giovani. Nell'Iconografia sono figurati il maschio, e la femina adulti. SiiVOAlIHIA SlCILìAIVA. 'inganna cacciaturi, Catania, Siracusa — Sciarbocchi, Messina — Russeddu di caii- nitu, Palermo. Callagirone, Castelbuono. 34 CATALOGO Geaere PHOENICOPTERUS, Limbo. 135. Phoeiiicoptcrns antiqiiorum, (Tcmminck). Phocnicopterus lectricibìts nibris; rcmigibm niyris. Savi, Orn. Tose. y. 2, p. 363 — Power, llin. p. 20i — Phoenicopterus ruhcr, Bcnoit, Om. Sic. p. 162 — Scliembri, Qu. geo. orn. p. 25 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Galvagni, Fauna p. 294 — Nardu di li forestieri, Cupaui Mss. p. 71, il Palazzotto opina riferirsi a questa specie. Il Fenieollero è di passo acciJenlale fra noi , per quanto io sappia poche volle è slato veduto a fiume grande vicino CoUesano, ed una volta al fiiune di Pollina. SiHom.inA SiciiiA.\A. — Fiammiagn in tutta l'Isola. Gebìere MLLl'S, Li.\.\Eo. 136. Rallus aqiinticus, (Linneo). llallus teclricibus subcaudalibus albis, corpore superne olivaceo-htlescenle e ni- yro maculato. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 371— Benoit, Orn. Sic. p. 167— Power, llin. ]). 201- Scinà, To- poi^f. (li Pai. ann. — .Nocilo, Top. di Gir;;, p. 35 — Galvagni, Fauna p. 201. Sclieniliii. Qua- dro geo. p. 25 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Oallinula sericea, Jonston, Cupani. La Gallinella è comune in lutto l'inverno particolarmente nelle praterie de' sommi gioghi , nelle rigide giornate scende nelle falde per trovare un più mite calore , al- lora presceglie i canneti lungo i ruscelli, e l'alveo de' fiumi; alla fine dell'inverno tutti emigrano. SlXOMl.TIIA SlCILIASA. Guddazzu 'mperiali (Power) Marranzanu, Gaddinuzza, Catania — Perda sciari, Castrogiovanni — Hfarranzanu, Siracusa — Puddicino, Caslelbuono — Calachmi Petralia — Addinedda d'acqua, Palermo, Girgenli. 137. Rallus crcx, (Linneo). Rallus tectricibus gubcaudalibus albis, e balio maculalis, alis ciimamomeis. .Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 374— lienoit, Orn. Sic. p. 16S— Power, llin. p. 204 — Scim'i. Top. di Pai. ann. — Nocito, Top. di Girg. p. 35 — Galvagiiì, Fauna p. 291. Scliemliri, Ou. geo. p. 25 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss.— Re di li quaijti, Cupani Mss. p. Wi. — Culurnix lonqu.^ caiìitc pano, vulgo. Re di i/uaggìn, Cupun! — Tal). 567. Il Uè di ([uaglie è alquanto raro nel jtasso di primavera, non l'ho trovalo in altra epoca, ama le praterie umide, ed anche i campi a fieno, precede l'arrivo delle qua- glie, e qualche volta convive insieme: è un uccello sohtario. SnoMjiiA SitiiiASA. — Retiqvat/liu reni. Messina — Re di quafii/hi. in tutta l'Isola. DEGLI UCCELLI DELLE MADOME 33 138. Italliis porzaua , i^LinncD). Hallus tcclricibiis suhcaudalìbus cinerino-hekolis : carpare mperiie olivacea-ni- (jraque maculis conferlis albis, oblonyis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 376— Bcnoil, Orii. Sic. p. 168— Power, Itin. p. 204- Scliembri, , Qu. !,'eo. ora. p. 25 — Palazzollo Orn. Sic. Mss. — Galvagni, Fauna p. 295 — Gallinula (iqiia- lica minor leucosticla, Cupani. Il Voltolino è un uccello pure raro in questo gruppo di monti, se ne vede sempre qualclieduno nel passo di primavera, ordinariamente nel mese di marzo. SiA'oivinu Siciliana. Gaddina d'acqua a pedivird% Messina — Marranzanu pedi virdi, Catania — .Irf- dinedda d'acqua, Castelbuono, Palermo. 139. Rallus piisillus, (Pnllas). Ralliis teclricibus subcaudalibus nigris , alba striatis : carpare superne olivaceo e nigro maculalo, maculis albis paucis incerlis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 379 — Benoil, Orn. Sic. p. 161 — Power, Itin. p. 20i — Scliemlni. Quali, geo. p. 26 — Gallinula aquatica, scaccia maryiu dieta, omnium minima, Cupani Pampliiton. La Sciribilla è la specie più rara di questo genere, ne è stalo ucciso qualcheduno nel passo di autunno nelle praterie umide, o tra le piante aquatiche a lato de' ru- scelli, e de' fiumi. SifiOMMiA SiciiiAiVA. — Gaddinedda d'acqua surccra, Palermo, Jlessina. 140. Rallus chioropus, (Savi). Rallus teclricibus subcaudalibus mediis nigris, lateralìbus albis: carpare superne sature alivaceo. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 3S2 — Benoit, Orn. Sic. p. 170— Power, Itin. p. 204— Sclicmbri , Qu. geo. orn. p. 20 — Fulica cliloropus, Palazzollo, Orn. Sic. Mss. — Galvagnì, Pauna p. 294 — Gallinula inijieriali vulyo, Cupani, Pamp. — Gaddinedda imperiali di li grossi, Cupani Mss. p. 141. La Sciabica non è rara fra noi, e di passo accidentale in primavera, nei piani del Onale se ne vedono in ogni anno. Tutte le specie appartenenti a questo genere sono figurate al naturale nell'Icono- grafia delle Madonie. SlS0>l.1IU SlCILlAIVA. Gaddinedda d'acqua, Catania — Gadduzzu d'acqua, Messina — Jadduzzu mperiali in altri punti dell'Isola. 36 CATALOGO ORDINE QUINTO - UCCELLI AQUATICI. Ge,>ere FULICA, Brisson. 141. Falica atra, (Linneo). Fulìca rostro albo; lamina frontali cxappendiculata alba (adulto) rei riroscenti (giovine). Savi, Ora. Tose. v. 3, p. 3— Bcnoit, Orn. Sic. p. 171 — Power, Iti», p. 201— Nocito, To- pogr. di Girg. p. 34 — Galvagni, Fauna p. 294 — Scinà, Top. di Pai. ami. — Sclicmbri, Qua- dro geo. orn. p. 20 — Taranto, Dis. inaug. p. 86 — Fulica vulgo foggia, Cupani, Panipli. — Foggia, Cupani Mss. 76, 119 — Fulica, Cupani Mss. p. &9 — Facciola cliiamata Foggia nigra. Russo Mss. La Folaga è di passo accidentale nelle Madonie; prima del 1837 raramente si ve- deva in ogni anno qualche folaga, nell'autunno del detto anno accadde una grande frana nel fiume di Tornesia, e si formò un lago, clic durò tutto l'inverno, e fu po- polalo di una gran quantità di folaghe , poi l'alveo si apri e queste non ritornarono più. Nelle campagne di Pelralia si trovano in ogni anno : nell'Iconografia è figurato un individuo adulto. SliVOMJIIA SlCIlIASA. Foggia, Palermo — forgia, foggia, Jaddiiiazza niura, Catania — Addina nirra , Castelbuono — Facciola, Pelralia, Collesano, Girgenti — Gaddina nivra, Caltagirone — Addinedda, Castrogiovanni. Gemere PODICEPS, Latham. 142. Podiceps minor, (Latham). Podiceps tarso rostni/in rectum superante: remigibus secundariis latere interno tantum albis. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 17 — Bcnoit, Orn. Sic. p. 172 — Power, Ilin. p. 204— Scliembri. Qu. geo. orn. p. 26 — Cohjmbus minimus, Cupani Pamp. — Tummareddu, Colymbus minor, Cupani, Mss. p. 61. Il Tuffetto non è molto comune, si trova qualche volta d'inverno nella fiumara di Pollina, di Isnello, e nel fiume grande. IVell'Iconografia è figurato un adulto. SliVOKIMIA SlCIUAIVA. Aceddu nanu, Palermo — Pitirru . Lenlini — Tummaloru , Catania — Smuzzaloru pampineri, Castrogiovanni. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 37 Ii3. Podiccps auritus, (Lnllinm). l'odiceps tarso rostrum subascendens superante: reniigibus secundariis penitus albis. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 18 — Ronoit, Orn. Sic. p. 173— Power, Itin. p. 204— Schembri, Un. geo. orn. p. id — Coli/mbus aurilus. Galvagni, Fauna p. 29'ò — Culijinbus minor ciulfatis oculis (abito di nozze) Cotymbus minor alter (abito d'inverno) Cupani Panipli. Lo Svasso piccolo è pur di passo iircldcntalo: come la specie precedente si trova a Fiume Grande, e nel fiume del Finale. Suvoitimu Siciliana. Tmnmalora, Messina — Tummaloru, Catania — Smuzzaloru riali, Castrogiovanni. Gexere PUFFINUS, Brisso». Hi. Piaffinus ciiicrciis, (Cuvior). Pu/}ìnus rostro linoas 2j longo : alia cauda cuncata longioribus , tarso lineas 22 longo. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 38 — Power, Jlin. p. 203 — Procellaria cinerea, Benoit, Orn. Sic. p. 178 — Schembri, Qu. geo. orn. p. 27 — Quaelrus, Cnpani, Pamph. La Berla maggiore si vede ne' giorni burrascosi, e quando il mare è in forte tem- pesta nella foce del fiume di Pollina, e di fiume grande. SiivoA'iiiiiA SiciLU!VA. — AijHi, Catania — Aipa cinnirina, in alcuni paesi di Sicilia. Ho. l'uffinus aiiglorum, (Ray). l'uffinus rostro lineas 20 longo, alis paulo longioribus, cauda truncala-rotun- dala: tarso lineas 20 subaequante. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 39 — Pov^■cr, Itin. p. 203— Procellaria Anglorum, Benoit, Orn. Sic. p. 179 — Scliembri, Qu. geo. orn. p. 27. La Berla minore è anche rara, come la precedente specie , credo che nidifica fra noi, l'individuo, che posseggo, fu ucciso in luglio nella foce del fiume di Pollina. SixosiJiiA SiciLiAKA. — Aipa cinnirina, Aceddu di timpesta, in taluni paesi di marina. Gesere LARUS, Linneo. 146. liai'us canus, (Linneo). Larus tergo, scapularibus, tectricibusque cinereo margarilaceis : remigibus ni- gris, rachi, concolore: alis cauda inulto longioribus: tarso lineas 22 longo. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 59— Benoit, Orn. Sic. p. 182 — Power, Itin. p. 203 — Schembri Quad. geo. orn. p. 28. 38 CATALOGO La Gavina ò comune in ogni inverno in tiilla la spiaggia del finale . e di fiume grande, (jiiando il mare è lempesloso s'inlernano un poco ne" fiumi. Sinonimia Siciuaka. — Aipuni, Palermo — Alpa a pedinimi, in alcuni paesi dell'Isola. 147. Larus riclibuiidiis, (Lcisler). Larus tergo, scapularibus (eclricibusque superioribus cinereo-margaritaceis : re- migibm priinariis albis , plus miiius nigro marginalis: rostro sanguineo : digito postico unguicidalo : tarso lincas 21 longo : cuculio pallide nigro per tolum caput extenso (abito di amore). Savi, Orn. Tose. v. 3, p. C2— Benoit, Om. Sic. p. IS.Ì — Power, Uln. p. 20j— Schcmbri, (ju. geo. orn. p. 28 — PaUizzollo, Orn. Sic. Mss. Il Gabbiano comune trovasi ne' giorni burrascosi alla foce del fiume di Pollina, e (li fiume grande. SlA'ONIMIA SlCllIANA. Oca marina, Messina — Abbiuni, Catania — Aipa scirru, Palermo — Aipa , Aiba, Siracusa — Aipa, Cefalù — Aipa cu pedi e bucca russa, in alcuni paesi di marina. 148. Larus niclanocoplialiis, (Natterer). Larus tergo, scapidaribus, leetricibus superioribus cinereo-margaritaceis : remi- gibus jmmariis penilus albis: vel nigro marginalis , apicequo ex tota albo: ro- stro sanguineo: tectrieibus inferioribus candidis: digito postico ungulalo {ahiio i\\ nozze) cuccullo sature nigro. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. C3 — Benoit, Orn. Sic. p- 184 — Power, llin. p. 20."i — Schemhri. Qti. geo. orn. p. iO — Larus cinerea capile nigra, allìa fronte, rostro et pedibus nigris, dipani, Pampli. Il Gabbiano corallino è piiì comune de' precedenti, s'interna più delle altre specie tanto nel fiume Grande, quanto ne' terreni melmosi, che sono nell'interno. Sinonimia Siciliana. — Aipa, Palermo — Marzola, oca marina, testa niiira, Messina. 149. I.arus triilactylus, (Latham). Larus tergo, scapularibus tectricibusquc cinereo-margaritaceis : remigibtis pri- mariis apice nigris: digito postico exunguiculato ; medio ungue non comprehenso. lineas 11 fere longo. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 70. Il Gabbiano terragnolo è piuttosto comune nel forte inverno nelle terre umide mel- mose, che sono ai lati di fiume Grande, s'incontra anche spesso nelle terre basse di Petralia. Sinonimia Siciuana. — Aipa, Cefalù. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 39 Ge.\ere sterna, Liivineo. ISO. Stigma Iciicoiilcra, (Tomminck). Sleriia rostro nigro : pedibm niijris : emula fere Iruneata : alis caudum lineai n excedcntUms. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. S3 — Deiioil, Oiu. Sic. p. 187 — I'owit, llin. p. 20"; — Schemljii, Quad. geo. orn. p. 29. La Sterna nera è la sola di qucslo genere, ohe ho (rovaio nelle nebrodl, nel mese di maggio l'ho trovato nel piano di S. Paolo, e nella liumara di Castelbiiono. SiJiOlVIHIA SlCIlIA>A. Ala luncja, Catania — Ala tonya pedi russi, in altri paesi di maiiua. Ge.>ere PHALACROCORAX, Biussoiv. - lol. Phiilacrocorux carbo, (Dumonl). l'halacrocorax rostro digitum medium aequanle: cauda ex qualuordecim reclri- ribus. Savi, Orn. l'ose, v. 3, p. 103 — Carbo cormoianus lionoil, Orn, Sic. p. 20.") — Slicinbii. Qu. fteo. orn. p. 30 — Ulvrfjus vcrdaceo-fusctis minor, roslricitnus (siovine?) Meryiis ro- tilricurrus aler fcrus, Ciipaiii, Paniph. — Maijaruni, o Maraijuni, Russo Mss. Il Marangone si vede in ogni inverno nella foce di Fiume Grande, ed anche nella spiaggia di Cefalo, se ne sono uccisi di varie etii. Siivosniu SiciiiAìVA. — Marmmi, Catania, Palermo — Marguni, Messina. Gesere MERGUS, Li.h.xeo. 152. nicrgus scrrator, (Linneo). Mergiis rostro caput superante: speculo albo fascìis d/uabus nigris notato (ma- schio) vel unica tantum Iransversa (femina) : naribus basilaribus. Savi, Ora. Tose. v. 3, p. 120— Benoit, Orn. Sic. p. 193 — Power, Iliii. p. 203 — Sclieiiibri. ^•u. yeo. orn. p. 30 — J/c/yus loiìfjirostrus, Jonslon, serra vuhjo, dipani Panipli. — Anatra iliiinnala Sirrella, Russo Mss. Lo Smergo minore è di passo accidenlale, si trovano de" giovani nel forte inverno di raro si trova qualche adulto, ordinariamente si vedono nella foce di Fiume Grande. Si?iORiJiiA Siciliana. Lavuraturi, Messina — Anitra serra. Siracusa, Catania — Sirrclta, Palermo — Sir- relta luppula, in altre parti dell'Isola. 40 CATALOGO i53. Mcrgus mcrgaiiscr, (Linneo). Mergus rostro caput superante: speculo albo fasciis nigris deslilulo naribus mc- dianis. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 122. Lo Smergo maggiore è di passo accidentale ne' rigidi inverni , si trovano in abito giovanile a fiume Grande, e qualclic volta nel fiume di Pollina. Si.\omiiiA Siciliana. — Anitra serra, Sicilia. Genere FULIGULA, Bonaparte. \'ài. Fuligula claugula, (Bonaparte). Fuligula rostro brevi subconico nigro , vcl nigro apice luteo : speculo grandi albo: pedibus luteis: apertura narium versm basim rostri. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 133— ylnas gìangula, Benoil, Orn. Sic. p. 205 — Power, Ilin. pa- gina 205— Sclicmbri, Qu. geo. orn. p. 31— Anas fera dominicana, Cupani, Pampli. Il Quattrocchi nel forte inverno si vede a piccioli branchetti a fiume grande, non si trova in altri luoghi delle Madonic. Nell'autunno 1846 ve ne furono pifi dell'or- dinario. Sinonimia Siciliana. — Scaruzzuni, in alcuni paesi dell'Isola. loG. Fuligula rufiiia, (Savi). Fuligula pileo cristalo, pennis longis tenuibus fulris (maschio) rei cinereis (fe- mina) : rostro longo apice depresso, vel laete rubro (maschio) rei rufescente (fem.) : speculo grandi vel albo (raasc.) vel badio-griseo (fera.) pedibus rubris (masc.) vel brunneo nigrescenlibus (femina). Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 137 — Anos rufina, Bcnoit, Orn. Sic. p. 203 — Sclicmbrì, Quadro geo. orn. p. 31 — Anas Cacsariana pede roslroque rubra, Cupani Pamp. Il Fistione turco è di passo periodico in ogni anno, si trova a branchetti a fiume Grande nella fine dell'autunno, e principio dell'inverno. SiKONiiinA Siciliana. — Anitra turca, Catania — Anitra 'mperiali, Messina. 1S7. Fuligula nyroca, (Savi). Fuligula rostro, longo, nigro coerulescente, vngue apicilari nigra : macula sub- gulari alba: iride alba: capite, et collo castaneis: pedibus nigro-cinereis. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. ì'iS — Anas ìmcopfilalma, Bcnoit, Orn. Sic. p. 203— Scherabri. Qu. geo. orn. p. 31- Galvagni, Fauna p. 295 — An«s moscata minor, Cupani. La Moretta tabaccata è alquanto rara , nell'autunno 1846 ne fu uccisa una coppia nella fiumara di Castelbuono. e un poco più comune a fiume grande. SiHONUiu Siciliana. — Russuiidda occhi bianchi, Catania — Russulidda, Sicilia. DEGLI UCCELLI DELLE MADOME 41 Ge.>EBE Ai>AS, LlN\EO. 1j8. Alias ci- — Scliernhii, Qu. geo. orn. p. 32 — Palazzotto Orn. Sic. Mss. — Galvaitiii Fauna p. 29o. Anas sylieslris omnium minima, Cupani. La Marzajola è comune, come la precedente, ma più nel passo di primavera par- ticolarmente nel mese di marzo se ne uccidono in ogn'anno a Fiume Grande, fiumara di Pollina, e di Castelbuono, e fiume della salinella di Petralia. SmOISIilIIA SlClllANA. Marzajola, Messina — Trizzotta, Catania — Rotene. Licata, e Terranova — Zircola marzudda, Palermo — Lucirtuni, maschio, Favajana, femina, Castrogiovanni — Ma- scaruneddu, in altri paesi dell'Isola. IfìO. Anas clypoata, (Linneo). Anas rostro caput superante, brunneo vel nigro, apice valde dilatato: teclri- cibus coeruleo-cinerascenlibus : speculo viridi, antice ex albo marginato: pedibìis aurantiacis. Savi, Orn. Tose. v. 2, p. 15i — Benoit, Orn. Sic. j). 199 — Power, lliu. p. 20.)— Scinà To- po^T. (li Pai. ann. — Noeito, Top. di Girg. p. 33 — Scliemlìri, Qu. geo. orn. p. 32 — Galvagni, Fauna j). 295 — Anas cochleari rostro— Anas fera serrctla, vulijo dieta Uleseleuca. foemina. Cupani, Paniph. Il Mestolone è di passo accidentale, nel 1839 un branchetto si trattenne in aprile |)er più giorni nella Fiumara di Castelbuono . ogni due . o tre anni si vedono pure nel fiume "rande. e 42 CATALOGO SlJiOJIlMlA SlCIlUNA. Cucchiaruni , Messina — Cucchiai-uni monaru , maschio, Catania — Cucchiariini , t'cmina, Siracusa — Anatra, Anatredda, Palermo — Favujana? Caslrogiovanni. IGl. Alias streperà, (Linneo). Anas rostro nigro, tango: speculo superne albo, inferne nigro-cinereo : teclri- cibus maculis maiusadis castaneis: pedibus auranliacis. Savi, Orii. Tose. v. 3, p. 139 — Bcnoit, Orn. Sic. p. 198 — Sclicmbri, Qu. geo. orn. p. ai- Power, Hin. p. 20S— Nocito, Top. di Girg. p. 35 — Anas sylvestris imperialis dieta mu- schiatu nigroinista, Cupani, Pamph. La Canapiglia è la specie più rara di questo genere , che trovasi nelle Madonie . forse è conseguenza della sua vita notturna, che i cacciatori diincilinente la trovano: la femina, che conservo fu uccisa nell'autunno 1846. SiNOiviJiu SiciiuNA. — Riddeni, Girgcnti — Ervalora, Catania, Lentini, Palermo. 162. Anas boscas, (Linneo). Anas rostro longo liiteo-virescenle : pedibus auranliacis: speculo grandi violaceo antice posliceque primum ex nigro, demum ex albo marginato. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 161— Bcnoit, Orn. Sic. p. 197 — Power, Iliii. p. 20o — Scliem- brl, Quail. geo. orn. p. 32 — Galvagni, Fauna p. -ÌTS — Anas sylcestris colla vmli vulgo dieta, dipani, Pamp.— Capo rerde. Russo Mss. Il German reale è di passo periodico; in diccmhre, e gennaro si trovano a bran- chetti più 0 meno numerosi nelle fiumare, che attorniano le Madonie tanto dalla parte settentrionale, clic dalla meridionale. SlNOKiniA SlCIMAIVA. Coddu virdi, maschio in tutta Sicilia — Anatra, femina in Castelbuono — .Vaddarna, femina Messina. Genere CYGNUS, Beciistei.k. 163. Cygiius niusicus, (Bechstein). Cygnus rostro nigro, basi luteo: protuberantia frontali nulla. Savi, Orn. Tose. v. 3, p. 170— Power, Itin. p. 20 j — Anas eyynus. BenoiI, Orii. Sic. pa- gina 196 — Schenibri, Qu. geo. p. 32. Il Cigno salvatico è di passo accidentale nelle Madonie. è molto raro, per (|uanto io sappia, uno ne è stato ucciso alla foce di fiume grande nel 184j. SixoMJiiA SiciiiAs.i. — Cinnv. Catania — Ciciruni, Lentini. DEGLI UCCELLI DELLE MADOME 43 Gesere ANSEU, Bmsso.\. IGi. Aiiscr scgctuni, (Jlcyer). Aiisor corporc salun'-miioreo, inferne albido: uropygio cinereo; alis emula lon- gioribus, rostro longo subdepresso, nigro, et auranliaco, naribus nigris: reclrici- bus decem, et odo. Siivi. Orli. Tose. V. 3, p. 177 — liciioil, Orn. Sic. p. IOj — Sclicnibrì. Qu. geo. orii. p. 32. L'Oca granujola, mi si dice, trovarsi in ogni anno di passo a Fiume Grande a pic- coli brancheUl, ma non deve essere mollo comune , come lo è nella parie meridio- nale dell'Isola a Lenlini particolarmenle. SiNojiiiiiiA Sir,iiiA.\4. — Oca sariaggia, in Uilla Sicilia. APPENDICE l'CCELLI DOMESTICI. Phasianus galliis — neri, o scuri con restremità delle penne bianche. i\umidi» niclcg:ai;ris — Gallina di Faraone. A penne cenerine con maschie bianche rotonde. B grandi macchie irregolari bianche nel petto. Pav» cri«$tatus — l'avone. Questo è il più bello degli uccelli domestici, che possediamo . la varietà albina è rarissima. rriiigilla canarina — Canarino. A di un giallo chiaro. B di un giallo zolfigno. e, di un giallo verdastro. 1) con macchie cenerine, o grigie sul vertice, e collo. E con penne del verlice rivolte in avanti, da formare ima corona. F meticcio nato da Cardellino, e da canaria. (i meticcio nato da Verdone, e da canaria. Columba livia. Columba domestica — Sopra, e sotto del corpo cenerino blunastro. collo cangiante in porporino, groppone bianco, due fascie trasverse nere sulle ali. Columba dasypus — Piedi coperti di penne sino all'estremila delle dila gambe corte. A columba timpanisonus — Senza ciuffo. B columba Crislata — Penne dell'occipite rivolle in alto. Columba romana? — Di vario colore, bianchi, neri, rossi, cenerini. s|)i'S3() (piesti colori mescolati insieme. Columba kiticauda — Coda a forma di \enlaglio: rara. Columba gullurosa — Gola mollo grossa di molti, e variali colori. Columba crispa — Bianca, le penne tulle rivolle in fuori. Colomba con le barbe delle remiganti, e delle timoniere separate. Colomba che fa quattro, o cinque uova. DEGLI ICCKI.LI DELLK MADONIE 45 <:»li>iiibii (ui-liii- — Torliim V'Ivi' il limilo diiiiii'slirn. iiim iiiiil si i'i|ii'(i(lii('('. Coliinibii riNorìa — Turioni iiiiK'i'ìriina. SI riproiliico mullo hnw. domoslica. Aiiiis boscas — Analni. l follili (li (|iiosla siicele variiiiio mollo nello sialo domcslieo . se ne Irovaiin liilll alliliii. .'tiias ciucrciis, Aea. Si crede che questa specie sia il lipo delle oche doniesliche , meiiire allri urnilo- logi credono, che sia l'anscr Kef/elum. nello sialo domcslieo si trovano di vari colori. RI.\SSUi\TO Generi num. 63. Specie num. ICi. l'ccelli doineslici N. 39. Iconografia tav. 13i. Specie colorite al naturale num. 141. .T. n. — 11 Yullnr Ftilrus Linn. riportato in questo catalogo è il Yullur Indicus Sonn., la frase diagnostica è Yultiir tortine ex pennis longis acuminntis, husim rolli ex loto cingente, pennis pecloralihns nhtlominalilnmpte longis acuminalis. Caslelbuono, 31 agosto 1SS7. STORIA NATURALE DELLE MADONIE DEI LEPIDOTTERI DIURNI DEL DOTTOR FR&NCESCO IHINÀ FAI.TrlHBO COMlWtOATO all' ACCADEJII.l KEllA TORJIATA DEGLI 8 AGOSTO 1858 Gli antichi scolpivano sopra i sarcofagi de' simboli , e delle storielle , che alludevano alla vita del defunto, ed accurati artetìci esprimevano con mirabil lavoro quanto la dottrina Platonica insegnava solto il velo della favola intorno alla psicologia, e presi3ntnvano con orfico mito l'intero stadio della vita umana: ciò si osservava scolpito in una urnella, che si trovava nella villa de' principi Pamfili, dove racchiudevansi le ossa del giovinetto Diadumeniano figlio dell'imperatore Macrino; ivi fra le altre cose osserva- vasi Prometeo, che modella una figura umana, e mentre contempla il ter- minalo lavoro, Minerva infonde lo spirito nell'uomo posando sul capo la mistica farfalla, che ne è la figura, cosi il principio della vita umana: poi la fatai donna Atropo ne recide il filo, la salma giace a terra, ed Amore mesto tien la face rovesciata, sopra poggiavi la farfalla per dimostrare l'av- venuta separazione dello spirito con i sensi: Mercurio Psicopompo conduce la piccola Psiche nella regione dell'Eliseo. Ecco come gli antichi simboleggiar seppero nella farfalla l'anima, e come questa dopo morte sotto la figura di Psiche con le ali di farfalla è con- dotta all'Eliso. Fu la vaghezza de' colori, il leggiero librarsi nell'aere, il succhiare il dolce nettare dei vaghi profumali fiorellini, i semplici costumi, che spin- sero gli antichi a simboleggiar sotto la figura di farfalla la più sublime delle cose create. Se gli antichi dunque innalzarono a tanto onore questo umile eniomo, quanto lo deve essere dall'uomo della scienza nello stu- diarne gli amori, i costumi e la fine delle farfalle. Importanti lavori de- 2 CATALOGO scrinivi, lhI icouogranci l'Enlomologia oggi possiede, o le farfalle di Uille le contrade sono dcscriUe, e figurale, che formano il pregio, e l'orna- menlo delle aUiinli opere eiUomologiclie. Iiilenlo sempre ad illuslrarc la terra iialia ho raccollo le farfalle nebrodensi adorne di colori più, o meno vagiti, e splendenti, e brevemente ne ho compilalo il catalogo delle diurne. Diversi metodi di classificazione sono slati dagli Entomologi, proposti, sono stali divisi in tribù, in famiglie, in gruppi,- in generi e sollogeneri: ciò renderebbe molto complicalo un semplice catalogo, ed ho creduto me- glio seguire il metodo adottalo da Blanchard nell' ///s^O(>e Naturelk des Animaux articidés con alcune modificazioni, e per le descrizioni lungi di farne delle nuove, che potrebbero complicare, e confondere i caratteri spe- cifici ilo credulo meglio trovandole esatte trascrivere quelle del signor Du- meril inserite nel dizionario di Storia Naturale, che con esattezza corri- spondono a' caralleri delle farfalle del gruppo delle Madonie. LEPIDOTTEIU s3';zio.\E ìmm, ijìiìì\i, luu-. FAMIGLIA PRIMA PAPILIONINI I. Gemuk PAPILIO LiNREO 1. I>aeiilìt> Itlaciiaun, Linneo Lia. Sjs. Kal. II, p. 7jO, 33. — Blanc. llis. Nat. cJes !ns. Ili, p. 421.— Costa, Fauna p. 2.— Pclag. Ins. Ent. p. 444. La farfalla Macaone ha le ali di un bel giallo con le nervosità, il lemjjo terminale e quattro macchie sulla costola delle superiori nere ; le ali inferiori sono prolungate in coda, e vicino il Lordo posteriore vi sono delle macchie blu, di cui una è in forma di occhio con del rosso all'angolo interno. È comune in tuUa la estiva stagione ne' prati, ne' giardini ed in tutte le basse re- gioni, non rho trovala mai nella regione scoperta, ed anco raramente rinvicnsi nelle valli soleggiate della regione nemorosa, si posa spesso sopra le ombrellifere: è la piìi grande delle farfalle diurne, che trovasi nelle Madonie, come il gran [lavone è la più grande delle notturne. 2. B°ajpilio tPuilaliirius, Linneo Good. llis. Nat. iles Lcpid. I, 1, 2. — Prunncr Lcp. PcU. p. 3. — Blandi, llis. Nat. iles Ins. Ili, p. 421. il Fiammeggiante è mcn comune della precedente specie, ha le ali di un colore giallo pallido con fascie nere nelle superiori, e tre nelle inferiori, al di sotto di queste DEI LEPIDOTTERI DIURNI 3 havvi nel mozzo una linea trasversale rossiccia. Si Irova in tulle le basse regioni dalla fine di maggio a lutto agosto, ne lio veduto anche nello bcll(! giornale di marzo : si posa spesso su i fiori di rovo, e di cardo. II. Gkkkiu: THAIS FAniiizio 3. Thiiis llypsipiU^ God. God. Knc. inolod. IX, p. 82, n. 2. — Kois. Sp. Gen. (Ics Lcp. I, p. .181. — lìlanc. II. .Val. Ili, p. 422. , L'Issipile ha le ali dentale gialle variale di nero col lembo lerminnle di tutte le quat- tro ali nero, o conlomalo da una linea gialla frastagliata, il di sotto delle inferiori venato di rosso lionato. Kel mese di marzo ho trovato quesla farfalla nelle valli delle basso regioni esposte a solatio; nel 18.'!8 ne trovai una grande (|Uimlil!i in un prato vicino Casteihuono, negli anni sussecutivi nel medesimo localo non ho avuto più la fortuna di vederne un solo saggio. In luglio si trova raramente nelle alture in vici- naiìza de' ruscelli, o nelle verdi praterie. IH. Gexeue PARKASSirS LvTUE. K. ParnnssSus Aitallo, Latr. Itissn, II. Nat. V, p. 2i1. — Blanc. II. Niil. III. p. 121. PuitiUo Apollo Un. Sys. Nat. II, p. 7j'i, .'iO. — F.ilir. Eni. Pys. Ili, p. 101, n. ."(ÌO. Quc>ta vaga farfalla porla il nome de! padre della poesia, e si diiella di abitare nelle valli apriche de' gioghi alpini. È bianca macchiala di nero, sulla parlo inferiore delle seconde ali vi hanno quattro macchie in forma di occhi limilalo da un cerchio rosso, e di uno nero. Trovasi nella regione scoperta, ed in tulle quelle allure dalla fino di giugno a tulio luglio, quando il caldo è eccessivo scende nelle valli della regione neniorosa , dove trova delle verdi pralerie, o qualche fresco ruscello. In taluni anni è rarissima, e non scende mai nella regione delle querele. Il bruco vive sulla sassifraga. 3. l'jirnassius Mncuiitsyiic Latr. Risso, llis. Nat. V, p. 2U. — lilanc. II. Mal. des Ins. Ili, p. I2i. Doritis Mnemosine Dahl. Col. un. Lcp. p. 84. La Mnemosine ha le ali biancastre da ambi i lati, le superiori hanno due macchie presso la costola inferiore, col margine interno nero, le nervature sono nere. Trovasi nelle praterie , nelle valli , e sotto gli alberi di castagno , nella regione boschiva . è molto comune sopra S. Guglielmo nel mese di luglio, in taluni anni non si trova; co- munissìma ai Mandarini in giugno. La crisalide schiude alla fine di maggio, e primi di giugno. 4 - CATALOGO GKIPPO PlKniTB, Blanc. lY. Geseiie PIERIS Schr. C. Picrìs brassicac, Latr. Laiii. II. Nal. IV, p. 2o2. — God. Pap. de Fran. T. I. — Rois. Sp.Gen. dcs Lcpiil. I, p. 521, n. 121. Pontia brassicao., Ochs, Sclim. von Europ. I, 2, p. Ili, n. 9. La farfalla del cavolo ha le ali bianche ; il maschio al di sopra delle ali superiori ha l'angolo dell'apice, e la mela del lembo terminale neri, mentre la femina verso l'apice delle ali superiori ha due grossi punti, ed un fregio neri, il di sotto delle in- feriori de' due sessi è di un giallo ocraceo sudicio. Comunissima negli orti, dove le- larve recano danno ai cavoli, l'orticultore dovrebbe mettere tutta l'attenzione a distrug- gere tali larve che vivono in società, per diminuirne 1 danni. Si trova in tutte le sta- gioni, comunissima in primavera, e nell'estiva stagione. 7. Picris cratacg'i, Latr. Risso, llis. Nat. V, p. 2il. — Costa Fan. Nap. — lìjanc. His. Nat. Ili; p. 423. Ponila crataegi, Oclis, Schiii. von Eiirop. I, 2, p. Ii2, n. 1. La farfalla del bianco spino ha le ali simili da ambe le parti bianche poco sca- gliose con le nervosità nere, quelle delle prime le si slargano un poco alla loro estre- mità posteriore. Si trova da maggio a tutto luglio nelle colline, e ne' prati tanto nella regione nemorosn, che nelle falde, ma è più comune nella regione boschiva, il punto più elevalo, in che ho trovato questa farfalla è nel passo della Botte, sull'alto delle Ma- donie, la larva fa mollo danno agli alberi di Pomona. 8. Picris iiajii, Latr. Bols. Sp. Gen. de Lcp. I, p. S18, n. 118. — Risso, llis. Nat. V, p. 241. Pontia napi, Ochs, Schni. von Europ.' J, 2, p. 149, n. 4. La farfalla del napo ha pure le ali bianche, sulle ali superiori vi hanno due, o tre punti e l'apice neri: inferiormente son venate di bruno le superiori, e le inferiori di un giallo più, o meno pallido. Molto comune in maggio e giugno vicino i ruscelli sopra Castelbuono, non l'ho trovalo ne' luoghi più elevali. 'J. Picris rapuc, Latr. Du[i. Sup. a God. pi. 47, f. 1, 2. — Costa, Fauna Nap. PapUio rapae lab. Eni. Syst. III, p. 186. La farfalla della rapa ha le ali bianche, l'angolo dell'apice delle superiori è ne- rastro, il di soUo delle inferiori di un giallo ocraceo: due punii neri sulle ali su- periori, che mancano nel maschio. Comune in tutte le basse regioni dal mese di aprile a tutto giugno. DEI LEPIDOTTERI DIURNI 5 10. Picris sinnpis, God. God. Ilen. mélod. IX, p. 103. — Lain. IV, p. 2o2. Lemopìiasia sinapis, Buis. Pp. Gcn. I, p. 429. — Diane. Ilis. Nat. Ili, p. i29. La farralln della senapa ha le ali ovali, ed intere, e per un tal carattere si è isli- tiiito il genere Leucophasia, le ali sottili, e bianche hanno verso l'apice delle supe- riori una macchia nera rotonda, al di sotlo delle inferiori osservansi due Sirie Ira- sversali cenerino pallido, l'addome oltrepassa le ali inferiori. E poco comune nelle Madonie in luglio, ed agosto lauto nelle falde, che nella regione nemorosa. Var. Erydni, lilan, llis. Nat. Ili, p. 429, trovasi raramente. 11. Picris K,al!iyrii. Questa farfalla non l'ho trovalo descrilla nolh^ poche opere entomologiche che pos- seggo, fu classificata dal signor Vittore Ghiliani entomologo tun'nese, allorché visitò le Madonie. Quosin specie è alquanto rara, ma trovasi in ogni anno da maggio, a giugno. 12. Picris «laplitlicc, Latr. Bois. Sp. Gcn. (Ics Lepid. I, p. 314. — Ris^o, Ilis. Nat. V, p. 211. Ponila daplidke, Oclis. Scliin. von Europ. I, 2, p. l.fC, n. 7. La farfalla daplidicc ha le ali bianche; sul mezzo delle superiori vi ha una macchia, nera divisa da parte a parte da una Z bianca, il di sotlo delle inferiori è marezzato di verde con macchie, ed una fascia flessuosa bianche, l'apice delle ali superiori del maschio e l'estremità delle quattro ali della femina nerastri con una serie di macchie bianche orhiculari. È comune nel principio della bella stagione, particolarmente nelle falde rivolte ad est, ed a nord est; si trova raramente vicino i ruscelli della regione boschiva. 13. Picris bcliczina, God. Ghiliani, Inselli di Sie. negli Alt! dell' Accad. Gioen. XIX, p. i3. Questa bella farfallina non è mollo comune, mi è stala classiOcata dal Ghiliani, tro- vasi in primavera nelle valli soleggiate della fiumara di Caslclhuono, e de' mulini. 14. Picris cardamiiics, God. mane. Hìst. Nat. des Ins. Ili, p. 427. — Risso, Hls. Nat. V, p. 421. Anihocliaris cardamines Bois. Spec. Gen. I, p. 364, n. 9. L'aurora o farfalla del crescione ha le ali bianche, il maschio ha all'apice delle su- periori, una bella macchia aurora, die la rende bellina. Le ali superiori hanno una G CATALOGO lunula rcnlralc inloramonle nera, 1« infoiioii al disollo sono raarp/.zale dì giallo, e di nero, e \ariale di bianco. Questa farfallina e la più piccola di ([ueslo gcnL're, ò una dello prime a vedersi nella primavera, nelle terre a solatio; ne ho trovato anche in marzo, come nelle verdi praterie delle alle giogaie l'ho veduta in giugno, e luglio tanto al passo della bolle, al piano della battaglia, e ne" contorni delle Pelralie. V. Geseue COLUS Fabh. 1.'). f.olias Clcopalrsi, Fabr. Coslii, F;nma Kap. — Dahl, Col. und. Lcp. p. 8i. Papilio Cleopatra, Lin. Sys. Nat. Il, p. 765, 103. Plirodoccra Cleopatra, Latr. La farfalla Cleopatra ha le ali di un giallo limone, nel mascliio superiormente vi ha un disco rancialo, nella feniina le ali sono biancastre con la base un poco gialla, il disotto delle quattro ali ha un punto ferrugineo nel mezzo. Questa bella farfalla è comune in primavera nelle basse colline, dove Tho trovato anche in aprile, allora i colori del maschio sono molto vivaci, nella stagione estiva si trova nelle allure, ma più raramente. IG. CMlias I3!:flusa, Fabr. Cod. Enc. .Melo IX, p. 101.— Blanc. Ilis. ftat. Ili, p. 432. Papilio ndice Ilurn. p. i40, n. 4i1. La farfalla Edusa ha le ali di color fiorando sopra col lembo nero, nella femina è diviso da macchie gialle separate; le inferiori sono verdognole, al disotto con due punti argentini di cui uno piìi piccolo. Il fiorando è una delle farfalle più comune non per la qualità, ma perchè trovasi in tutte le stagioni, in tutte le contrade, ed in dif- ferenti elevazioni; ho trovato (jueslo papilione anche in gennaro in quei giorni, che il sole splende di tulli i suoi raggi, ma allora i colori sono meno vivaci. FAMIGLIA SECONDA NINFALINI GieE^^PPO i&K«B:il.YI7ri, siane. VI. Cerere ARGYKiMS Fabb. 17. ,&rgyiiiais Papilla, God. God. Enc. Mclod. IX, p. 208. — Blanc. Ilist. Xal. Iti, p. 439, pi. 11, f. 4. Nymphalis Papìda, Lati'. Ilis. >ul. p. 91. Il tabacco di Spagna ha le ali leggermente dentale lionate con niaccliie nere, le inferiori al disotto son velale di verde giallognolo con quattro fascio argentine tra- DEI LEPIDOTTERI DIURNI / svcrsali, le due niiloriori sono più brevi. Il maschio al ili scilo è ili un lioiialo vivo con le (|uaUro nervosilà inferiori delle prime ali mollo denlale nel loro mezzo; la femina siiperìormenlc è lionalo-scura, e lalfiata bruno-verdognola. Fascia marginale ni di sollo (Ielle seconde ali bifida. Nel mese di giugno si vede sopra l'origano a S. Guglielmo, dove è piulloslo co- mune, in luglio trovasi nelle valli degli alli monti, e vicino i ruscelli alla Canna. Man- darini, Ferro e Passo della Bolle. 18. Argyiinis Cyiinr», (lod. Gncl. line, metod. IX, p. 20!). — lìisso Ilis. Nat. V, p. 239. Arijinis Piiìidura Ilubiicr, Blanc. Ilisl. Nat. Ili, p. 439, pi. Il, f. 2 3. La farfalla r.inara lia le ali leggcrmenle denlale di un verde lionato con maecliie nere: il di sollo dello inferiori velalo di un verde giallognolo con lunule basiliari, e due lascio posloriori argcnline: vi lia puro una linea di punii argenlini Ira le duo fascio. Il mascliio sopra è meno verde. eJ ha lo ((uallro nervosità inferiori delle primo nli mollo dilatalo noi loro mezzo. Questa specie è più rara della procodenle ed abita noi luoghi medesimi. 10. /SrgjssBiis itdèpsto, Fabr. Risso, Ilis. Nili. V, p. 2.39. — Costa, Fauna Nupot. Pu]:iìio Adijqic, l.in. Sys. Nat. 2, p. 78C. sp. 212 — l'nmncr, l.cp. l'od. p. li, sp. 7(!. La farfalla Adippo ha lo ali leggermenlc dentale lionato con macchie nere , il di sotto dello inferiori giallo rossiccio con l'origine della coslola, molte macchie, e la pupilla di alcuni occhi ferruginee, argentine. I duo sessi superiormenle sono di un lionato più vivace della farfalla Aglaia, ed ha le due nervosilà del mezzo delle prime idi dilatale come nella specie precedente. Le macchie argcnline delle ali inferiori sono rimpiazzate lalvolla da nllre più pallide, eccettuali pere) alcuni punti, che formano In pupilla dogli occhi. La farfalla Adippo in maggio, e giugno trovasi a Liccia, ed a S. Guglielmo, in giugno, e luglio l'ho trovalo al Passo della Bollo, ed ai Pomieri punti mollo elevali delle Madonie. Var. a. , Costa Tati. Vili, f. 1, 2. Var. 11. , Costa Tali. Vili, f. 3. 4. Queste due \arielà l'ho trovalo solamente nella regione nemorosa, e del castagno. 20. ArìiyBiiiis .Igliij», God. Fabr. Eni. Sjsl. III. p. H4. n. i42. — Oclis. Scimi, von Europ. I, 1. p. 91, n. 19. Painlio Aglaja. Pel. Ins. Eni. p. 476. — Ilerl). l'ap. lab. 261, f. 5, 10. La farfalla Aglaia ha le nli leggermente dentalo, lionato con macchio nere, il di sotto delle inferiori è giallo pagliaio con l'origine della coslola, e molte macchio ar- 'apol. Papitio C. album Un. Sys. Nat. eil. XII, sp. 16S. La farfalla C bianco chiamala da Geoffroy Roberto il diavolo ha le ali superior- mente lionate tìcchiolale di nero col lembo posteriore ferrugineo , e punteggiato di giallo: nel di sotto delle seconde ali vi ha un C. bianco. Il maschio è più cupo della l'emina, ed ha tre macchie nere sul di sopra delle seconde ali. Trovasi nelle mede- sime contrade, e nell'epoca medesima unita alla specie precedente, ma particolarmente dove abbondano i castagneti, ed in vicinanza dei ruscelli a Licia, e S. Guglielmo; in settembre ne ho trovato nelle campagne di Castelbuono. * GKliPPO I^IKKITI, Blanc. IX. Geneue LIliYTlIAEV Faiìb. .°U. Libythaca celtis, Fabr. Lam. Ilis. i>'at. IV, p. 250. — Fahr. Eni. Syst. Ili, p. HO, n. 430. Hflcargc cellis Oclis. Scimi, von Europ. I, 1, p. 192, n. 1. La farfalla del bagolaro ha le ali di un bruno nerastro gatteggianle , le superiori han da parte a parte quattro macchie lionate, ed una bianca, le seconde ali hanno al di sopra una fascia lionata, corta, e flessuosa vicino all'apice, ed al di sotto sono grigie nel maschio, e grigio venato nella femina. Questa specie è molto rara nelle Madonie, trovasi nella regione ncmorosa. CRl'PPO IVIIVFAI,ITI, Blanc. X. Genere LIMENITIS Fabk. 33. liimcnitis Camilla, Fabr. Fabr. Ent. Syst. Ili, p. 24G, n. 7Cl. — Blanc. Ilis. Nat. Ili, p. 430. Ni/mphalis Camilla, lìisso, Ilis. Nat. V, p. 239. La farfalla Camilla ha le ali superiormente di un turchino nero gatteggiante con una fascia maculare bianca sul mezzo : il di sotto delle inferiori ha la base azzurra \2 CATALAGO arscnlina senza macchie: la feniina al di sopra talora ha alciine macchie cremisine. 11 di sotto di ambi i sessi è ferrugineo nerastro con una fascia, come nel di sopra, ed un ordine semplice di punti neri. Non è molto frequente: trovasi nel ruscello dei Monticelli, al passo della Botte, alla Canna, ed in altre valli della regione neniorosa da giugno ad agosto. CRIPPO S^ITIRITI, Blanc. XI. Gexere .4RGE Epeb .36. jlrge Oalatca, Blanc. Blanc. Ilis. Nat. des Ins. voi. HI. Satyrus Galatea, Fab. Ent. Syst. Ili, p. 239, n. 745. — Costa, Fauna Nap. La farfalla Galatea ha le ali un poco dentate bianco-giallognole con la base, e l'e- slremità nere, e ticchiatc di bianco sopra; la macchia della baso di ogni ala è ovale: le inferiori hanno due, o tre occhi neri : gli occhi delle seconde ali sono poco ap- parenti al di sopra, ed al di sotto sono bianchi nel maschio, e più o meno sfumante: di giallo sudicio nella femina. E frequente in maggio, e giugno nelle colline alberate subncmorose, dove abbonda il rovo, e l'origano: in giugno, e luglio è comune nella regione nemorosa, e nelle aperte praterie de' sommi gioghi. Trovansi delle varietà che differiscono solo nella gradazione dei colori. » XII. Geaebe SATYRUS Latr. 'M. Satyrus Fauna, Fabr. God. Enc. mctod. IX, p. 391. — Bisso, Ilis. Nat. V, p. 2.jO. Ilipparchia Fauna, Dahl, Col. und Lcp. p. 82. La Fauna ha le ali un poco dentate di un bruno nerastro a riflessi verdognoli, e con una frangia grigia, le superiori hanno due occhi neri separati da due punti bianchi, le inferiori al di sotto han due linee brune flessuose, una delle quali più corta, ed una fascia biancastra centrale, il secondo occhio delle ali superiori è senza pupilla. La femina ha i colori più pallidi con una iride gialla da una parte all'altra, attorno agli occhi delle prime ali. Questa farfalla non è mollo frequente; trovasi da giugno ad iigosto nelle colline alberate, molto comune ne' Castagneti sopra S. Guglielmo. 38. Satyrus Circe, Fabr. Fabr. Ent. Syst. Ili, p. 233, n. 728. — Blanc. Itisi. Nat. iles Ins. HI, p. 4o9, pi. 17, f. 2. Salyrus Proserpina, Costa Fauna Napol. La farfalla Circe ha le ali dentate nero-brune, il di sopra delle quattro ali con una fascia bianca comune, il di sotto delle inferiori con due una delle quali più corta, DEI LEPIDOTTERI DIURNI 1 3 la fascia delle superiori è maculare , e per lo più con un sol occhio. I\on è molto comune, ne' mesi di giugno, e luglio rinviensi nel basso della regione nemorosa, ed in allri punii montuosi. 30. !!>atyrus Scmcic, Fabr. Fabr. Ent. Sysl. IH, p. 232, n. 725. — Panz. Fau. Gcrm. fase. 86, n. 23. Hipparchia Semele, Oclis. Sclim. von Euiop. I, 1, p. 197, n. 13. La farfalla Semele ha le ali dentale, superiormente bruno-nerastre con una fascia giallognola maculare, e sinuata, fascia delle superiori con due occhi staccali; il di sotto delle inferiori reliculalo di bruno, e di cenerino con una fascia biancastra an- golosa. Il maschio di sopra delle ali superiori l'ha più scura, e preceduta internamente da una striscia nerastra obliqua, la fascia al di sollo delle due ali inferiori è inoltre più bianca. Mollo comune nella regione del castagno, e delle querele da maggio ad agoslo. ordinariamente si posa su i tronchi de' castagni, e di allri alberi. 40. Satyrus lanira, God. Giano. Ilisl. Nat. HI, p. 4j9. — Risso Ilist. Nat. V, p. 240. .Xi/mphaìis Janira, Lamar. Ilis. Sai. V, p. 240. Jl Mirtillo ha le ali dentate di un bruno scuro sopra, le superiori con un solo occhio all'apice, al di sollo delle inferiori cenerino giallognolo con una fascia più scura con uno, 0 tre punti neri ocellati. iVella feraina l'occhio delle ali superiori è collocalo sopra una fascia lionata trasversale, ed al di sopra delle inferiori, or vi ha una fascia, or una macchia di tal colore. Var. llisjìulla. Ilubncr, lionclll. Costa, Fauna ftnpol. — Dahl, Col. und. Lepid. p. 82. La varielìi è comunissima in tutte le campagne alberate da maggio ad agoslo, non si rinviene nella regione scoperta, si posa spesso sopra i tronchi degli alberi. 41. Satyrus Macra, Fabr. Fabr. Ent. Sysl. Ili, p. 227, n. 711. — Risso IIìsl. Nat. V, p. 240. ~ Ni/mphalis Mwni. Lani. Ilis. Aal. IV, p. 247. La farfalla Mera ha le ali un poco dentate di un bruno nero con una fascia lio- nata : le superiori hanno da parte a parte un occhio e mezzo , il di sollo delle in- feriori è grigio biancastro con due linee brune trasversali ondulate , e sei occhi a doppia iride. Il di sopra delle ali superiori presenta sul mezzo una striscia nerastra larga ed obbliqua nel maschio, slretla, e sagillala nella femina. Di raro rinviensi questa farfalla nelle falde delle Madonic, è frequente in giugno nelle alle giogaje, e sulle alte cime del Pizzo dell'Antenna, del piano della principessa, e della battaglia. 1 4 CATALOGO 42. Salyrus Illcgacra, Fabr. God. Enc. mot. IX, p. 503. — Blanc. Ilis. Nat. IH, p. 439. Papilio Mcgaera, Lin. Sys. Nat. ed. XII, sp. 142. La farfalla Jlegera ha le ali un poco dentate lionate sopra, e rigate di nerastro, le superiori da parte a parte hanno un occhio e mezzo , il di sotto delle inferiori è di un cenerino scuro con due linee brune ondulale, lumeggiate di giallognolo, e sci occhi a doppia iride : nel maschio le due linee ondulale posteriori del mezzo delle prime ali sono incrociate sopra una fascia nerastra. Comunissima in tutte le campagne attorno Caslelbuono, e nelle basse colline alberate da maggio ad agosto. 43. Satyrus Acgcria, Lalr. Risso, Ilis. Nat. V, p. 240. — Blan. IIIs. Nat. HI, p. 459. Papilio Aegeria, Lin. Syst. Nat. ed. XII, sp. 143, La farfalla Egeria ha le fili un poco dentate bruno scure; le superiori con molte macchie di un giallo pagliato, o lionate con un sol occhio, sulle seconde ali vi sono sei macchie gialle, o lionate, due delle quali centrali, e le altre formano una fascia posteriore, sulla ([uale sono tre, o quattro occhi neri con pupilla bianca. Il di solto delle inferiori è grigio verdognolo con due lince scure ondulale, ed un ordine di punti oculari. Var. Sleone llubner. Ha le macchie lionate, quesla varielà è comunissima ne' castagneti da aprile a tulio ottobre, si trova ne" boschi, e mai Iho veduto nella regione scoperta. 44. Satyrus Pamphilus, Fabr. God. Elie. mot. IX, p. 549. — Blanc. His. Nat. III, p. 439. Nymphalis Pamphilus Latr. His. Nat. IV, p. 246. Il Pamfilo ha le ali intere lionate giallognole pallide col margine posteriore legger- mente scuro sopra, il di sotto delle inferiori grigio verdognolo con una fascia bian- castra corta, e con tre a sei punti bianchissimi conlornali di ferrugineo. Un punto nerastro in faccia all'apice delle prime ali. Non è molto comune, trovasi nel lalo sel- lentrionale delle Madonie. 4j. Sialyrus Ilcrmione Fabr. Costa, Fauna Napol. — Ilubn. lab. 27, f. 122, 123, 124. Nymphalis Uermione, Lam. Ilis. Nat. IV, p. 247. Il Silvano ha le ali dentate di un bruno nerastro a rillessi verdognoli con una fascia biancastra comune da una punta all'altra, la fascia dello superiori con due punti stac- cati, quella delle inferiori con uno. Won è mollo comune, trovasi ne' castagneti, e nella regione nemorosa nel mese di luglio, ed agosto. DEI LEPIDOTTEPl DIURNI 15 4C. Salyrus Brisois, Fabr. Fiiiir. Eni. SysI. III. p. 2:ìI, n. 721. — Risso, Ilis. Nat. V, p. 240. Maniola lìrisds. Sdir. Fnii. Boic II, 1, p. 182, n. 1319. Li» farfalla Driscidc ha le ali (leniate superiormenle brune nerastre a riflessi verdo- gnoli con una fascia bianca comune, la fascia delle superiori maculare con due occli: slaccali. Il di solto delle ali superiori senza macchie alla base nella femina, e con due macchie nerastre nel maschio. Var. Pirata, Ilub. Papilio Pirata Ilubn. Tab. MS, f. 'fiOi, 605. Carallerizzata per la fascia rossiccia invece di bianca, rinviensi rarauienle ne" mesi di giugno, e luglio nelle alture di Ceraci, ed alle falde de' Monticelli, una volta in scltembre ne ho veduto una grande quanlità in un ruscello del bosco di Conato. 47. Sa. I.a l'arfalla Cyllaro ha il di sopra delle ali turchino paonazzo con un orlo nero : il di suUo cenerino chiaro con un ordine di punti ocellati, quello delle superiori con una lunula centrale, quello delle inferiori verde argentino dalla liase sino al margine posteriore. Il di sopra del maschio ha un margine slreltissimo. il di sopra della fe- mina eoli" apice di ciascuna ala bruno-nerastro: i punii del di sotto delle ali supe- riori, che sono oculari, sono più grossi di quelli delle inferiori. Di raro ho trovato quesla specie sopra S. Guglielmo, e nel basso della regione nemorosa. .)4. Lieaciia Acis, Ochs. Ochs. ScUni. von Eiirop. I, 2, p. li, ii. IO. Aryus Acis, Goil. — Olili. Inselli Sicil. 1. e. p. i2. I,a farfalla .\ci ha il di sopra delle ali paonazzo turchiniccio nel maschio col mar- gine nero, bruno nerastro nella femina, il di sollo cenerino scuro con una lunula centrale, ed un ordine di punti oculari; frangia bianca nel maschio, bigiolina nella femina : atomi azzurri afla base dì quesla. Il di sotto delle seconde ali un poco tur- chiniccio alla origino, e con un punii) oculare. Nel mese di giugno ho trovalo un in- di\iduo di ((uesta specie nel piano della lAoce soprai Monticelli, è una specie mollo rara nelle A'ebrodi. .'i.'i. Ucaciin Arjfìolus, Ochs. Ochs. Sclnn. von Europ. I, 2, p. 17, n. 7. — Dahl, Col. und. I.cp. p. Sii. Polyommalus Argiolus, Costa Fauna Kapol. — Risso, Itisi. Nat. V, p. 242. La farfalla Argiolo ha il di sopra delle ali turchino paonazzo pallido, il di sotto bianco turchiniccio con punti neri semplici. Il di sopra del maschio senza macchie : la fe- mina superiormente è più pallida con un cordone di punii neraslri aircstremità delle ali inferiori, ed un largo margine airestremilJi delle superiori, la frangia di queste ultime è interrotta di bruno in ambedue i sessi. Questo bello papilione trovasi di raro nei mesi di luglio, ed agosto nelle campagne di Liccia, Cuprania, e Monticelli, ed in altri luoghi della regione nemorosa, non trovasi nella regione scoperta. 1 8 CATALOGO XIV. Gexere THECLA Fabr. se. Tliccla Eyiipcois, Blnnc. Blanc. Ilis. Kilt. Ili, p. 401. — Gliiliani In. Sic. I. e. p. 43. Polì/ommalus Lynceus, Fabr. Ent. Sysl. Ili, p. iTJ, n. 73. — Costa Fauna Napol. La farfalla rincco lia le ali brune neraslrc, il di sollo delle inferiori con lunule marginali lioiiale, ed una linea trasversale, e discoidale di freghclli bianchi, frego inferiore obliquo. Il di sopra delle ali superiori presenta una macchia lionata orbi- colare grande nella fcmina, più o meno sensibile nel maschio. Frequente in talune estive stagioni volando sopra i fiori deiro;'i(/rtni(m vircns, in agosto non si trova piii. S7. TSiccIn rullili, Blanc. Blanc. Ilisl. Nat. Ili, p. 4C2. Cupido rubi, Scranli, Fauna Boic. Il, p. 218, n. \5'ia — Argiis rubi, Lain. IV, p. 244. La farfalla del rovo ha le ali superiormente bruno nerastro luconli, il di sopra delle quattro ali verde con una linea trasversale di macchie bianche, ed il margine jwste- riore ferrugineo. Il di sopra delle ali superiori della feniina presenta per lo più verso il mezzo della costola un punto biancastro bislungo. Si rinviene dalla fine di maggio a tulto luglio nella regione nemorosa, Bosco, Ferro, Conato. XV. Ge.vehe ARGUS 58. Ai-gais AIsus, Lam. Lamar. Ilist. Nat. IV, p. 241. Lycaena Alsus, Dalli, col. unti. Lcp. p. 83. La farfalla Also ha le ali bruno nerastro galleggianti superiormente, ed al di sotto cenerino-scuri con una lunula centrale, ed un ordine di punti oculari. Frangia bianca nel maschio, bigiolina nella fcmina. atomi azzurri alla base di questa. Il di sotto delle seconde ali un poco turchiniccio all'origine, e con un punto oculare. Var. minor. Papilio minimus, Fspcr. Pap. Tab. 34, f. 3, p. 383. Di raro rinviensi questa varietà in giugno nella regione nemorosa , come ai Mon- ticelli, la specie tipo è rarissima. 39. Ag'giis McJaiKips, Bois. Una varietà di quesla specie l'ho trovalo molto di raro in giugno, e luglio nel piano della Battaglia, ed ai Pomicri. DEI LEPIDOTTERI DIURNI 19 60. Argus Euincdoii, Kspcr. Palyommalm Emncdon, fiisso, Ilist. Nat. V, p. 219 — Costa, Fauna Nap. Lycaena Eunìedon, Dalil, Col. uiid Euiop. p. 83. La farfalla Eumcdono Iia le ali intero, bruno nerastre sopra con una frangia bian- castra , il di sotto è cenerino-scuro con punti oculari . e lunule rossiccie marginali , kre POLIOMMATUS Latr. 61. Polyonintatus l'iilcas, God. God. Enc. !\Ietli. I.V, p. 670 — lìliinc. Itisi. Nat. Ili, p. 408. Hesperia Phleas, Fubr. Eni. Syst. Ili, p. 311, n 178. La farfalla Flea ha le ali superiori lionate da parte a parte con macchie nere: il di sopra delle inferiori bruno nerastro con una fascia lionata cremulata, il di sotto cenerino-scuro con punti nernslri , ed una linea marginale rossastra, l due sessi si rassomigliano, ed hanno il di sopra delle prime ali lionato lucente. Macchie del di sotto di queste ali ocellate. Comune da maggio ad agosto ne' prati , e nelle colline è più rara nella regione neraorosa, non trovasi nella scoperta. 62. Polyommudis pruni, God. God. Enc. Mctli. I.V, p. 6i7— Risso, Ilisl. .\at. V, p. 2il. PapUio pruni, Lin. Syst. Nat. 2, p. 788, 221. La farfalla del Susino ha le ali brune-nerastre con una fascia lionata posteriore, maculare sopra, co' lati marginali sotto da punti neri. Il di sotto delle ali bruno-gial- lognolo con una linea bianca trasversale interrotta, ed una mezza luna bianca su cia- scuno dei punti neri, che marginano il lato interno della fascia lionata. Il di sopra del maschio comunemente senza macchie nelle ali superiori. Questo papilione si rin- viene nelle colline alberale da maggio a giugno, ma non è molto comune. 63. Polyunimatus jtgcstis, God. God. Enc. Mct. IX, p. 689 — Risso Itisi. !Vnt. V, p. 2i2. lycaena Ayeslis, lliibner, Dahl, Col. und. Lcp. p. 83. La farfalla Agestc ha le ali intere di un bruno nerastro sopra, il di sotto cenerino con moltissimi punti oculari; ogni ala ha da parte a parte un ordine marginale di 20 CATALOGO iiiiiccliic lioiiale, ed iiiiii fianijia iiilcnollii ili biaiicu, e di bruno. I due si-ìsi si ras- somigliaiiu. Vi sono delle niaccliie lionalc del di sopra dello seconde ali con un jiunlo nero indietro; il di sodo delle (tuatlro ali è della slessa tinta; quello delle prime non ha alcuna macchia innanzi al punto centrale; quello delle seconde ha i due punii anteriori dell'ordine del mezzo molto ravvicinali, ed isolali dagli altri. Trovasi nelli- cami)agne alberate vicino Liccia, e ne' castayneli di San Guglielmo. (il. Pislyoniinatais «tijinoctcs, God. God. Knc, nielli. IX, p. (580. Ilexporia Damoeles, l'iibr. lìnt. Syst. Ili, p. 803, n. 14.S. Il Poliommalo Damele di raro si rinviene nelle basse colline delle falde .^cb^ode^si. FAMIGLIA QUARTA ESPERINI G3tai!!»II»a KSIPK38BTB. BI»CBC. XVII. GFvnir! HESPERU Fabr. il'). BIcspcrin Coinni» Fabr. l'alir. Knt. Sysl. Ili, |i. 32.') — Ciistn, Fau. Niipol. — liisso, Uisl. .\iil. V. ji 242. l'apilio comma, Lin. Sys. iXal. 2, p. 793, 2j«. La farfalla Comma ha le ali lionate scure liccliiolale di giallo pallido sopra , di bianco sello, macchie del di sotto delle inferiori in numero di nove. Il di sotto delle ali verde giallognolo alla legione dell'apice, e con la frangia inlerrotla di nero. i\dn è mollo comune, si trova in luglio, ed agosto ne" colli alberali, e nelle praterie. <>(>. licspcria ^;yIr;lllIls, Fabr. fabr. Knt. Sysl. Ili, p. 320. n. 237 — Cesia, Fauna Napol. n. 8. Papilio Sylvamis, Priin. I,cp. lìcilem. p. 64, sp. I2i. I.a farfalla Silvano ha le ali lionate scure, liccliiolale di giallo pallido, sopra am- bedue le l'accie, cinque macchie al di solto delle inferiori. Il di sollo delle ali giallo- verdognolo alla regione dell'apice. Trovasi comunemente lungo il ruscello dello Scun- nito in luglio, ed agosto. 67. Mcspcriii 1tcR>03]. Fabr. . l'ili). i:nl. Syst. 111. l'apilio Avicoli Lin. Sy?t. Nul. I. p. 233S. La farfalla Alleone ha le ali lionalc scure con un margine bruno sopra, con la re- gione dell'apice cenerina verdognola sollo. le snpcrioii hanno da ambedue le parli DKI LEPIDOTTERI DIURNI 21 alcune macchie ginllo-palliile, clic riMinnno un arco Irasvcrsale presso la costola. Tro- vasi ne' luoghi medesimi colla specie precedcnlc, e nell'epoca medesima. 1)8. Ilc8pcria linea, Fabr. lliiincr., Di7,. «li Scien. Nat. Ari. Kurfnilii sp. 178 — Itisso Ilisl. Nal. V, p. 24!. La l'ascia nera ha le ali lionalc con un orlo hiuno sopra, con la regione dell'apice cenerina verdognola scilo, le quallro ali senza macchie da ambedue le parli. Rara nelle Madonie in luglio, ed agoslo. XVIir. OoERE SYRICHTUS Bois (ì9. Kyriclitiis nivcoiiis, lliihner lliibncr, l'ap. Tab. 02, f. 4(10, iC7 — «lane. Ilist. Nat. Ili, p. i«!). Ilesperia cardai, Coil. Enc .Mclli. I.\, p. 7S1), n. Ii7. La ftirfalla del Carilo ha le ali intere bruno-nere; le superiori hanno tre serie fles- suose di macchie bianche, le inferiori ne hanno due, l'anteriore delle ((uali più corta sopra, assai intenolla sopra. Il di sotto delle ali inferiori è scuro con due, o Ire punti bianchi iiidipeadonlemenle delle due fascio maculari. La clava delle antenne è ferruginea sotto. Raramente si trova nelle campagne di Castolbuono, e nella regione subnemorosa. XIX. Gmkiìe SPILOTHYRUS. 70. .^pilotlij i-ijs niiiìvac, Fabr. Syriclìis malvae, Blanc. Ilist Nat. (Ics Ins. Ili, p. 'i6!>. Ilesperia maìrae, l.uniar. IV, p. 212 — Costa Fauna Napol. La farfalla della Malva ha le ali dentate bruno-olivastre sopra con tre fasce tra- sversali, il di sotto delle inferiori è bruno pallido punteggiato di bianco. Questa è ancora rara in maggio, e giugno nella regione subnemorosa. 71. *<>pilo!liy3-::s allhcac, Hubn. IIés})eria aìllieac. Fai). Eni. Syst. — Dulil. Col. und. Lcpid. p. 83. Papilio aUlieae, Lia. Syst. Nat. 1 p. 2310. La farfalla dcH'Allea ha le ali dentale bruno-olivastre sopra, le superiori con due fascio grigio cenerine , e con macchie Irasparenli ; lo inferiori punteggiale di bianco sopra ogni fascia, e col di sotlo cenerino-pallido. Il margine posteriore presenta al- cuni freghi bianchi longiludinali col terzo, ed il sosto doppi, e più allungali ad ogni ala. Questa piccola farfalla è pure alquanto rara nelle campagne di Castolbuono. e nella rei-ione subnemorosa. 22 CATALOGO XX, Cerere TANAOS 72. Tanaos Tagcs, Lntr. Gliil. Ins. Sicil. 1. e. p. 45. Hesperia Tages, Fab. — Risso, Hist. Nat. V, p. 242 — Dumcr. Dizion. di Se. Nal. Ari. Far- falla, n. 187. La bigiolina ha le ali intere bruno nerastre con una serie marginale di punlollni bianchi, le superiori al di sopra hanno due fascie trasversali cenerino pallide: il di sotto delle quattro ali e più chiaro, inferiori presentano una seconda serie di puntini biancastri. Trovasi da maggio ad agosto nella regione nemorosa, non è molto comune. Kon riporlo in questo catalogo VArgynnis Matuma, e l'IIesperia virfjota, perchè ne ho trovalo pochissimi individui guasti, che non ho potuto studiar bene. Il Ghiliani riporta seltanladue specie di farfalle diurne raccolte in Sicilia, e per una coincidenza il numero delle forfalle Kebrodensi corrisponde al medesimo, ma le specie variano. Sin ora non ho trovato alcuna specie nuova, solamente alcune va- rielà, dipendenti da gradazioni di colore, e da lievi differenze nella disposizione delle macchie , non ho creduto darne delle descrizioni perchè non sono de' caratteri co- slanli da caratterizzare una varietà, e da notarla, come propria delle Madonie. Questo lavoro topografico può servire per la descrizione dell'Enlomologia Siciliana quando surgerà qualche genio per raccogliere , e studiare gli entomi della terra di Cerere. APPENDICE AL CATALOGO DEI LEPIDOTTERI DIURNI DELLA SICILIA DEL DOTTOR FR&IVCESCO miNÀ PALUMBO REDATTO DALLO STESSO AUTORE sj:7jo\e pumi, ninni, Lair. FAMIGLIA PRIMA PAPILIONINI Paeiilio ifaneEiaGia. Ln-. Caliinia. Palermo, Termini, Madonic, Messina. Non mollo comune. Kclla primavera, ed eslà. — P»daliB-ìi!S, Li.\. Termini, Ccfalìi, Palermo, Calania, Madonie, M. Elna- campagne di sanla Calcrina, non molto comune. iXelIn primavera, ed cslà. 'riaais Hypsipilc. God. Madonie. Piulloslo rara, nel principio della primavera, in laluni anni è mollo comune in alcune praterie. Parnassius <&pu!I», Lat. M. Eina, Madonie. Comune ne" sommi gioghi in luglio, ed agosto. — Mnciiiosyiic, Lat. .Madonie, Peiralia, Caslclbuono. Comunissima in alcuni luoghi in maggio, e giugno. Plcris brassìcac, Lath. Madonie, Trapani, Palermo, Termini, Calania, Collcsano, Callanissella. Comunissima. — ci'apulla, Ilin. Palermo, Termini, Catania, Madonie, Caronia. Kella regione subiiemorosa per lulla l'està. — Tidionius, Di'ji. Sicilia, (Costa). — inaerà, Fabr. Termini, JI. Etna, Madonie. Rara nell'està e principio di autunno. — Bla^aera, Fabb. Palermo, Calania , Cefalù , Madonie. Campagne alberate nella primavera, ed està. — Aegeria, Lat. Var. Ncone, Hib. M. Etna, Madonie. Regione nemorosa nell'està, ed autunno. — Pampliilus, Lat. Madonie nella regione subnemorosa, poco comune nella primavera, ed està. — Aristaeus, — Sicilia (Costa). — Uermlone, Fabr. Madonie, M. Elna, Palermo, Caronia. Comune da giu- gno a settembre. — Briseis, Fabr. Var. Pirata, IIub. Sperlinga, Nicosia, Madonie. Comune in taluni luoglii in està. — Fidia, Fabr. Var. Calabra, Cosi. Madonie, rara. — Ida, HiB. Termini, Palermo, Madonie. Comune nell'està, e nell'autunno. — Coriunus Dir. Termini , Palermo , Madonie. Ne' prati , e terre alberate nell' està. — Lyllus, God. Madonie rara. Sicilia (Ghiliani), FAMIGLIA TERZA ERICENINI Ijicacna Tclieanus, Herb. Madonie, non mollo comune giugno, e luglio. — Alexis, BiA.vc. Madonie, M. Elna, Palermo. Nelle campagne alberale, co- munissima. — Cyllarus, Daiii. Madonie, rara nella fine dell'està. Sicilia (Giuliani). — Acis, Oscii. Madonie, M. Elna, Catania. Nell'està, e nell'autunno. 26 APPENDICE AL CATALOGO DEI LEPIDOTTERI DIURNI Licncna Argioliis, Oscii. Madonio rara. Trovasi in altri luoghi. — ICoclicus, L.iTR. Sicilia (Gliiliani) rara. Tlicclìt lyncciis, BtAiy. Madonie, M. Etna, Catania, Palermo. Non mollo comune neir està. — rubS, Blaìv. Madonio, rara nelle colline alberate in luglio. — <|iiorciis, Fabr. Sicilia (Giuliani). .%r^iis Aisiis. Lah. Madonie. Welle colline coperte di suffrutici in primavera, ed cslìi. — nBelaiiops, Bois. Madonie, piuttosto rara in està. — eiiinoiloii. EspER. Madonie, rara nella fine della primavera. — jli-ion, Latr. Sicilia (Ghiliani). Polyominatus Plilcas, God. Madonie, Sicilia; nelle basse regioni nell'està. — pruni, God. Jladonie, poco comune nell'està. — ugcstis, GoD. Madonie, JI. Etna, nella regione subnemorosa luglio, ed agosto. — Damoctcs, God. Madonie, rara nella fine dell'està. — Cordius, HuBiv. Sicilia (Ghiliani). — Tlicrsanion ? Fasr. Sicilia (Ghiliani). FAMIGLIA QUARTA ESPERINI llcspcria comma, Fabr. Madonie, Cefalù, M. Etna. Pieircslà, e nel principio di au- tunno. — Sylvauus, Fabr. Madonie, comune da giugno ad agosto. — Actcou, Fabr. Madonie, comune nel basso in giugno e luglio. — I.inca, Fabr. Madonie, Sicilia (Ghiliani). Rara nella line della primavera. — IVostradamns, Fabr. (H. Aetna) Sicilia (Ghiliani). Syricbtus aivcolus, IIub. Madonie, rara, da maggio a luglio. — Sao, HuB. Sicilia (Ghiliani). — Eucratc, GoD. Sicilia (Ghiliani). — fritiilum GoD. Sicilia (Ghiliani). Spilotliyrus mnlvac, Fabr. Catania, Palermo, Madonie. Nelle colline alberate, rara nell'està. — alttacac, Hub. Catania, M. Etna, Madonie. Nelle campagne alberale, comune in està. Tanaos Tagcs, Fabr. Madonie, rara nella regione ncmorosa, da giugno ad agosto. Specie dubbie Arginnis Maturna Fabr., ed Hesperìa vìrgola Hubn. In tutto i lepidotteri diurni della Sicilia comprendono quattro famiglie , ventun ge- nere, oltantasei specie, ed altre due dubbie. MEMORIA SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI DEL, P. lOlVAZIO LIBASSI.». €. I>. G. Una piccola collezione conchiologica falla per mia industria, e per mio privato diletto (e che ora fa parie del gabinetto di storia naturale di questo collegio) m'avea già da lunga pezza data occa- sione di esaminare non piccol numero di conchiglie fossili dei din- torni di Palermo molte delle quali io non polca riferire a quelle pubblicate dal Filippi, e che pur meritavano d'essere annoverate nel catalogo delle cose nostrali. Ciò non dee certamente recar me- raviglia. Il celebre Ridolfo Amando Filippi che primo si accinse a tessere il catalogo dei molluschi del nostro regno, benché con sommo zelo ed assiduità raccolto avesse tutto ciò che veniva alle sue mani, visitate molte località dell'isola, osservale e studiate le collezioni dei nostri amatori; pur tuttavia ebbe nel secondo suo viaggio tanto a conoscere di novità all'occhio suo la prima volta sfuggile, tanto da aggiungere di schiarimenti, e correzioni, che do- vette rifondere l'opera sua già accresciuta di quasi la metà delle specie. i'Vè però fu il gran disegno della siciliana fauna silVattamenle compito, da nulla rimaner che aggiungere o desiderare. La sco- perta dei terreni di Altavilla nelle vicinanze di Palermo , e dei (ìravilelli in Messina apri un nuovo e vasto campo di ricerche ai zelanti (Mdiori della storia naturale ; e le pubblicazioni che •À MEMORIA di tempo in tempo vennero alla luce dall'infaticabile dottor Pietro Calcara e dall'egregio professore Andrea Aradas mi diedero a co- noscere che io mal non mi apponeva ; ma nel tempo stesso mi avvertirono che mal si consiglia chi per troppo riguardo e timi- dità di produrre come nuove le cose ben conosciute , indugia a segno da lasciarsi strappar dalle mani una gloria che mai piìi non pub ricuperare. Il primo adunque oltre le monografie fatte sui molluschi terrestri^ sui pleurotomi ed altri viventi delle nostre spiagge , ritrovò nei soli terreni di Altavilla non meno di circa cencinquanta specie di che ebbe ad accrescere il nostro cata- logo, tra le quali non poche erano affatto nuove: ed il secondo non punto scoraggiato dalle fatiche del primo, oltre alle varie pub- blicazioni fatte per le novità rinvenute nei mari di Aci-trezza, e nelle spiagge di Catania e di Messina, rivangò i terreni dei Gra- vitelli, e studiò pur tuttavia nei frugati fossili di Altavilla, ed in essi trovò anch' egli di che arricchire di nuove specie la scienza; e fu in islato di poter già cominciare a ritessere e riordinare tutto intero il catalogo del Filippi. Ma bene è vero che le na- turali ricchezze di questo fortunato suolo non son tali da esau- rirsi in breve tempo , uè assai facilmente ; ne le fatiche , e gli studii dei precedenti tolgono affatto ogni speranza a chi viene lor dietro di poter a via di perseveranti ricerche far progredire di un altro passo la storia naturale del proprio paese. Anche a me l'ultimo ed il più tardo fra tutti, e prevenuto da così grandi uomini , rimane pur tuttavia qualche cosa che forse non sarà inutile il fare di ragion pubblica. Non poche sono le specie a me rimaste , delle quali è pur conosciuta 1' esistenza in altri terreni, ma non sono sin' ora, eh' io sappia, registrate nel cata- logo delle cose nostrali. Altre mi sembrano , per quanto com- portano le limitate mie cognizioni, affatto nuove nella scienza; ed avvene ancora di quelle pubblicate da alcuno , delle quali però meritano di essere ritoccate le descrizioni, e notata qualche va- SOPHA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 3 rietà singolare. Imperocché io mi persuado che per (alune spe- cie, e parlicolarmenle per quelle che furono come nuove inlro- (lolle, e la cui esistenza appoggiasi esclusivamente nell'asserzione (li un solo , e la cui specie fondasi sopra un solo individuo , e talvolta non intero, o non isviluppato abbastanza, o anche su di una sola valva, non è mai soverchio agli scienziati il testimonio di un altro autore, che ne afferma T identità della specie in altri luoghi, e su di altri individui più interi o più sviluppali, e molto più se ne descrive qualche particolarità rimarchevole che potrà essere sfug- gita all'occhio del primo osservatore. Io per tanto cosi per soddi- sfare alle richieste degli amici, come per rendere se fia possibile utili al pubblico i miei studii, mi accingo a dare alla luce, questo tenue mio lavoro. Già son sicuro che non tutto ciò che vi si trova sarà di buon viso ed egualmente accolto dagli scienziati: anzi ben mi aspetto che taluna specie creduta nuova da me per la scarsezza delle cognizioni, per la mancanza dei confronti e per la penuria dei libri che altrove continuamente si pubblicano, sia ragionevolmente dai dotti rapportata a specie altrove notissima; né io sarò certa- mente per adirarmi con quelli che avran la gentilezza di farmene av- vertilo; che anzi io stesso non dissimulo talvolta la rassomiglianza che hanno talune specie, con altre già note, facendone però notare le difl'erenze. In altre specie poi altronde già conosciute ho voluto premettere la frase diagnostica degli autori, e quindi aggiungere le mie osservazioni per aver meglio solt' occhio le dif- ferenze tra gf individui stranieri, e quelli dei nostri terreni; e se im nonnulla si troverà fra queste pagine che sia credulo dai saggi tornar di vantaggio alla scienza, io mi terrò soddisfatto, e ricom- pensato abbastanza delle mie fatiche nell'avere accr(;sciuto di una sola riga la fauna della nostra isola ('). (') Le congliiglio precedute dal segno (*) non sono (eli" io sappia) siate mai pubblicate (la altri, e perù lo credo di mia pertinenza. I.c allre precedule solamente da' numeri progressivi sono da aggiungersi nel eala- logo dei fossili di Sicilia. i 1 . LuTRARiA Rugosa Lk. Mactra Rugosa Gsx. « r. ovaia, albido-jlavescente, striis longitudinalibus elevatis, transversas miiws elevatas decussar) Hbiis. » Gli esemplari fossili di Altavilla conservano ancora un po' del color gial- lognolo. Ne ho rinvenuto di varie dimensioni, e tulli identici agli esemplari fossili dell'Astigiana che ho sott'occhio. Lunghezza dei più grandi 3 % centim. Largezza 8 %. Fossile non troppo raro di Altavilla e Ficarazzi , sempre frantumalo, ma intero. 2. Lutraria Solenoides Lk. « T. oblonga, Mere postico praelongo, extremitate rotundata valde Mante, margine, dorsali postico concavo. » Fu questa dal signor Filippi trovata fossile a Taranto, poscia fu trovata viva nel mar di Aci-trezza dal signor Aradas, e nel mar di Messina dal si- gnor Grosso Cacopardo. Io l'ho trovata pur viva nel mar di Palermo, e fos- sile all'acqua dei Corsali. La conservazione della conchiglia allo stato fossile è cosi perfetta, che si slenta, quando è ben pulita, a non crederla viva; e questo è proprio di quasi tutti i fossili di questa contrada. Lunghezza 7 centim. Larghezza 13. 3. Erycina Similis Pn. (T. 13, flg. 8.). « T. ovato-oblonga, tenui pellucida, Mere antico rotundato, lìosticum an- guMum superante, fovea ligamenti triangulari, dentibus Meralibus remotis eìongaiis, validis. » Ne ho ritrovate alcune valve vicino Mondello nella pianura Castelforte. 6 MEMORIA La conchiglia è simiiissima M' Ericina ovata, ma più robusta, special- mente nel cardine e nei denti. Le impressioni muscolari sono molto più risentite e profonde , ed i lembi alquanto rugosi. Nei diversi individui alcuni hanno il lato posteriore meno angolato e più rotondato, e la con- chiglia prende allora una forma più trigona, col margine ventrale rotondalo. Lunghezza 19 millim. Larghezza 17. Non è qui inutile avvertire che VErycina longicallis Sch. annunziata dal signor Aradas per la prima volta come fossile di Sicilia in Florida, tro- vasi ancor fossile in Palermo insieme aWErycina angulosa Bron. vicino Mon- lepellegrino. i. CoRBULA Costellata Desb. (Phil. T. XIII, Og. 9.). « T. ovata infiala, tenui postice subrostrata striis elevatis radiantibus, prae- sertim antice costellata. » È una conchiglia di una estrema tenuità e fragilità , e tuttavia ne lio trovato alcune valve intere nelle argille dei Ficarazzi. Dalla descrizione che il signor Calcara fa della sua Anatina radiata trovata da lui egual- mente ai Ficarazzi, fortemente dubito che essa altro non sia che la Cor- buia costellata Desh. col cardine leso, e di cui l'analogo vivente fu già trovato dal signor Maravigna ad Aci-lrezza. 5. Thracia OvALis Pb. (T. XIV, flg. 2.). « 7'. ovato-oblonga, tumida rugosa, latere postico anticum duplo superante, angustiare rotundato. » Ne ho trovato in Altavilla di tre varietà : La prima di assai tenue consistenza conviene perfettamente colla figura del Filip., ma della larghezza di 20 millimetri; l'apice è situato ad un poco più di un terzo della totale lunghezza, ed inoltre il lato minore ha un rialzamento longitudinale, ed il lato maggiore una depressione che rende la conchiglia più sbadigliante da questo lato come la Lutr. solenoides Lk. La seconda varietà è di molto più solida consistenza a rughe assai più risentite. 11 margine ventrale si distende di più rotondandosi, ed il lato posteriore è proporzionalmente più stretto che nella prima varietà, e più chiaramente troncato ad angoli rotondati. Larghezza 30 millim. Lunghezza massima 10. La terza varietà che nella consistenza e nel resto si rassomiglia alla se- SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 7 conda ha il margine ventrale più strello, sicché la conchiglia è più cilin- drica che ovale. Larghezza 15 miilim. Lunghezza 12. In tulle e tre le varietà non ho potalo chiaramente scorgere colla lente i punti scabrosi delia superficie. 6. Thracia Fabula Pan. (T. XIV, fig 3.). « T. minuta oblonga, latere antico breviore angustiare, postico maiore la- tiore oblique truncato. » Una sola valva dell'analogo vivo di questa tracia fu trovata dal Filippi a Pozzuoli; io ne ho ritrovato allo stalo fossile due individui sani ed in- teri di diversa grandezza , la cui forma ed il cardine conviene perfetta- mente colla descrizione e figura del pielodalo autore. Il margine ventrale è egualmente convesso. La granulazione minutissima della superficie scor- gesi anche ad occhio ignudo. Larghezza dell'esemplare più grande 13 miilim. Altezza massima 8. Raro fossile di Montepellegrino. 7. Tellina Ericinoides Desb. (Desh. coq. foss. des env. de Paris, t. I, p. 78. pi. II, fig. 11 e 12.). « T. ovato-subtrigona, depressiuscula, eleganter sulcata, sulcis transversa- ìibus, planulatis valva dextra profundiore. » Non ho trovato che la sola valva superiore. Lunghezza 2 cenlim. Larghezza 3. Fossile assai raro di Altavilla. 8. Lucina Tvgerina Desh. (Cyth. Lk.). « T. lentiformi convexiuscula, decussatim striata alba, intus margine in- fero purpureo (dum vivit) ano minimo impresso trigono. Var. t. exasperata, subgranosa, striis transversis eminentioribus. » Gli esemplari fossili di Altavilla appartengono alla varietà granellosa. Le strie verticali sono più spesse ai lati che nel centro, e a quando a quando sono più profonde. L'area ligameiitare è grande. La valva destra ha due denti robusti, e poco Ira loro convergenti o quasi paralleli, ed una fos- setta grande flessuosa e tubercolata a destra. La sinistra oltre ai due denti ha un tubercolo denliforme. 8 MEMORIA Diametro del maggiore individuo 4 ceatim. Tra le Lucine trovate da me fossili in Altavilla vuoisi altresì notare la Lucina bipardla Phil., sinora non trovata altrove che raramente a Militello dal signor Aradas. 9. Cypbina Gigas? Lk. « T. maxima cordato-rotundata, striis tenuissimis, sulcisque remotioribus transversis, Mere antiquo brevissimo, lunula et sinu palliari nullis. » La forma di questa Cyprina, di cui non ho trovato altro che la valva destra, si allontana molto dalla Cyprina islandica, non solo per la statura gigantesca e per la doppiezza del guscio, ma ancora per la curvatura del- l'apice, e pel cardine. L'umbone gonfio e prolungato verso i crocchelti; il lato anteriore assai depresso per dar luogo alla gran curvatura di questi, danno alla conchìglia l'aspetto di un elmo. L'impressione muscolare anteriore è scavata e profonda : la posteriore è meno risentita. Il dente laterale è obliteralo, ma il medio del cardine è stranamente grande e sì eleva compresso conico. L'impressione palliare è semplicissima e senza alcun seno. Certamente questa conchiglia non ha che fare colla Venus brocchi Desh. Lunghezza massima 13 centim. Larghezza 12. Raro fossile dì Altavilla. 10. Cyprina Umbonaria? Desn. « T. cordato-rotundata, tranversim tenuiter striata, umbonibus ttmidis, ano ìiullo. » Io non posso riferire questa Cyprina a nessun' altra descritta dal Lk, che aW umbonaria ; ma dissenlìsco fortemente che questa sia una varietà della Cyprina islandica Lk. Eccone pertanto le mie osservazioni; Questa conchiglia che non è rara in Altavilla, conserva sempre ì me- desimi caratteri in tutte le età ; siccome ho potuto vedere confrontando più di una dozzina dì esemplari. Essa è sempre più piccola dell' islandica ed è cosi gonfia , che più si avvicina alla figura sferica. Il lato anteriore in vicinanza degli apici de- primendosi si appiattisce , e però questo lato finisce quasi angolato. Gli apici sono assai ricurvi più che nella islandica. Il dente laterale manca affatto. I denti del cardine sono simili a quella che ho precedentemente descritto. L'impressione palliare fa un seno ed un angolo molto acuto. Le SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 9 impressioni muscolari sono assai risentite specialmente quella del lato an- teriore. Larghezza 72 millim. Lunghezza 66. Spessezza 63. Fossile non raro di Altavilla. 11. Cytheraea Concentrica. Lk. « T. orbiculari, convexo-depressa, subaequilatera, alba, striis concentricis , ano cordato impresso, laevi. » L'unico esemplare da me trovato fossile in Altavilla appartiene alla va- rietà di cui si trova la figura nel Lister (t. 288, flg. 124.). Ha di diametro 8 centim. , però più piccolo , ma in tutto identico ad altro esemplare fossile di Asti del diametro di un decimetro. 12. Cytheraea L.evigata Lk. « T. oblongo-transversa, laevi, nitida natibiis oblusis, recurvis. » (Desh. foss. Paris t. I, p. 18, pi. 20, fìg. 12, 13.). L' unico esemplare fossile in Altavilla è almeno un terzo più piccolo dell'esotico. Lunghezza 15 millim. Larghezza 23. 13. Venus Rugosa Già. « T. cordata tumida, striis transversis membranaceis crebris, ano late cor- dato. » (Lister conch. pi. 286, fig. 123.). Unico esemplare magnifico ed interissimo fossile dei Ficarazzi; vi si vede nella cerniera il terzo dente rudimentale, che avvicina questa specie alle citeree, e le strie Iransversali non elevate negli interstizi delle strie mem- branacee. È più piccolo dell'esemplare vivente indiano che ho sotl'occhio. Questo è largo 72 millim. Il fossile è largo 55 millim. 14. Venus Papilionacea Lk. V. Rotunoata G.v. Pullastra Papilionacea Sow. « T. ovato-elongata, transversim stilcata, fulva, radiis 4 spadicets iiiter- ruptis, margine violascente. » Conchiglia ovata, allungata trasversalmente, a solchi per traverso assai depressi, corsaletto e lunula lanceolata. 1 0 MEMORU Si rassomiglia molto alla V. vetula Basi., la quale però se ne aisiin- gue olire alla minor grandezza, per la quasi mancanza della lunula, e per l'irregolarilà ed ineguaglianza dei solchi. Ne ho rilrovalo due valve di diversa grandezza, che conservano ancora il color fulvo, e ne ho veduto qualche altra valva in altre collezioni. Lunghezza 4 ' '. centim. Larghezza 6 % centim. Fossile di Altavilla. lo. Venus Plicata Gw. « T. subcordata, anterius angulata, alborosea, striis transversis elevato-la- mellosis distantibus, vulva anoque rubellis. » Gli esemplari trovali da me fossili in Altavilla sono perfellamenle uguali agli esemplari fossili del Piemonte che ho sott'occhio. Alcuni sono di sta- tura alquanto più piccoli. Lunghezza 4 % centim. Larghezza 5 cenlim. 16. Cardium Pectinatum L/^jv. ìEolicum Bobx. « T. subcordata gibba, alba rubro muculata, striis anterioribus posterio- ribusque transversis. » (List, coiich. T. 314, fig. 150.). L'unica valva ritrovata in Altavilla è piccola e tenue relativamente agli esemplari fossili di Andona, con cui 1' ho confrontalo. È inequilatera ed un po' gonfia ed obliqua. Le strie verticali sono poco profonde , e però le costole che ne risultano, sono piane e poco rilevate, e del lutto quasi si obliterano nel lato minore dove sono obliquamente incontrale dalle strie quasi transversali e ben rilevale di dello lato. Queste però spariscono verso l'umbone e non arrivano che alla metà della superflcie, né si prolungano al lato opposto. Lunghezza 26 millim. Larghezza 27. Fossile assai raro di Altavilla. 17. * Arca Peregrina Mini {fig. i-.). T. transversa oblonga, valde inaequilatera tumidiuscula, antice parum angustata et rotundata, postice dare angulata, oblique truncata et subro- strata, striis transversis vioniliformibtis scabriusculis ornata, area ligamen- tari fere ìiulla, margine integro. Si rassomiglia in qualche modo all'/I rea Aspera Ph. Ma ne differisce per- SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE) FOSSILI 1 I che è più del doppio maggiore, di più solida consistenza, è assai meno obl}liqua, e meno slrelta nella parie anteriore, e pochissimo dilatala nella posteriore, che è decisamente carenata. La scultura rende la supertìcie piulloslo scabra. Essa consiste in cordoncini Iransversali di granuli sca- bri, e mollo rilevati al numero di quindici sino alla base del crocchello, da cui sino all' apice difficilmente possono coniarsi gli altri che vanno sempre più impicciolendosi ed obliterandosi : gl'interstizi tra l'uno e l'altro cordoncino sono piuttosto profondi. L'area ligamenlare è strettissima, e vi si ravvisa qualche stria orizzontale. I denti del lato posteriore sono piccoli e tuberculosi, del lato anteriore obliqui. Altezza 11 millim. Larghezza 18. Spessezza della conchiglia 10. Raro fossile di Montepellegrino. 19. * Arca Subovata ^flHl (fig. 2.). T. ovata oblonga, suhgibbosa, inaequilatera, in medio versus niarginem ventralem subdepressa, postice ungulata, striis numerosis verticaìiter radian- libiis pariterque transversis tenuiter decussata, margine ventrali integro nn- dulato Mante, postico subrostrato, umbone tumido apice incurvo area li- gamentari striata. Conchiglia di tenue consistenza assai più dell'arca barbata, gonfia sul- r umbone, a crocchetli ricurvi, un poco depressa lungo il margine ven- trale. Le strie verticali incrociandosi colle transversali, la rendono fina- mente granulosa; ad ogni quattro però di queste strie verticali se ne vede una un po' più larga, e però queste dividono la superficie in tanti fasci di raggi, e tale disposizione è uniforme. L'area ligamenlare è molto visibile e solcata da G-7 strie che si spez- zano parallelamente e fanno angolo sotto i crocchetli. Il lato destro è lun^'o quasi due volte il sinistro, ed ha una non troppo oscura carena. L'estremità inferiore di questo lato è quasi rostrata, mentre l'altra e perfettamente rotondata. È simile all'arca barbatula Lk., ma questa deve avere le strie anteriori bipartite, e le posteriori distanti. Né pur mi sem- bra l'analogo giovane AeMArca ovata Gm. di cui ho sotl'occhio gli esem- plari fossili del Piemonle, non solo per la loro grandezza, che è di quasi 9 centimetri, ma per la consistenza maggiore, per la mancanza della ca- rena, per la scultura più ruvida e meno regolare ecc. Fossile di Altavilla. Lunghezza 18 millim. Larghezza 35. Spessezza massima 20. 1 2 MEMORIA 19. Arca Dydim\ Enoc. (T. II, fig. 2, p. 479.). « T. subrhomboidaea, suko medio exarata longitudinaliter anguste sili- cata sulcis leviler crenulatis, margine profunde serralo. » Il solco longitudinale che divide la valva in porzioni non perfellamenle uguali si discerne meglio in vicinanza degli apici, che fra loro si al- lontanano mediante un'area stretta. Le costole dei miei esemplari sono in numero di 34 a 36, ed in taluni individui sono granulati come nella Venus radiala. In altri la granulazione si cambia insensibilmente in re- ticolazione , e le strie rilevate e transversali o non passano affatto sulle coste, 0 appena se ne scorge vestigio. Lunghezza 8 millim. Larghezza 12. Fossile di Altavilla. 20. Arca Obliqua Phu. (T. XV, fig. 2.). « T. ovato- ohlonga, transversa, gibba, valde inaequilatera, antice angu- stiore, postice oblique truncato-rotundata, striis exilibus longitudinalibus transversisque irregularibus. » È questa dal Filippi annoverata trai fossili di Calabria. Ne ho rinve- nuti varii esemplari di diversa grandezza; tutti di tenue consistenza, ed assai fragili. I denti del cardine anteriori sono in numero di 6-7 , ed i posteriori dì 17-18 e non di 10. Nel resto convengono colla descrizione del Filippi. Larghezza degli individui più grandi 14 millim. Lunghezza 8. Fossile non frequente di Altavilla. 21. NicuLA Pellucida Phu. (T. XV, fig. 9.). « T. tcnuissima ovato- elliptica , utrinque rotundata, laevissima, latere antico breviore, margine dorsali postico recliusculo, ventrali valde convexo integerrimo » Ne ho rinvenuto un solo individuo molto fragile ad Altavilla. Era chiuso ed interissimo, però sembravami tutt'altro. Aperta con gran diligenza la conchiglia, ho ravvisato i denti e la fossetta ligamentare, che non vide il Filippi nel fossile di Calabria. Tutta la superficie coll'aiulo del microsco- pio si osserva striata a traverso da strie d'accrescimento finissime ed uguali SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 13 che però non offendono la lucidila di essa. I due lali un poco ineguali sono egualmente rotondali. I due margini dorsali sono pressoché rettili- nei, e il ventrale è inlerissimo e gonfio. La fossetta iigamentare è ovata per lo lungo giusto sotto gli apici, le impressioni muscolari risentite. L'impressione palliare è piccola e vicina all'apice, a due terzi cioè dell'altezza, ed ha la forma di due C che si toc- cano, colla concavità rivolta uno all'apice e l'altro al lato minore. Lunghezza 7 millim. Larghezza 11. 22. * MODIOLA SUBCLAVATA Milli [fig. 7.). T. Iransversa elongata tenui, fragili antice in(lata rofiindala , postice attenuata, elongata, oblique cannata, utraque cxtremitate tenuissime lon- gitudinaliter striata, in medio laevi et longitudinalitcr compressa, laterc dorsali post carinatn planulato, grosse striato; striis nodiilosis arcuatis sub- concentricis, margine inferiori sinuoso, umbonibus tumidiusculis, recurvis. Nel colore verdognolo che pur conserva nello stato fossile, e nella dispo- sizione delle strie agli estremi lali, rassomigliasi alla Modiola discrepans Lk., non però nella forma clavala, e nelle strie del lato dorsale, nella carena ecc. Il margine dorsale anteriore che per due terzi della sua lunghezza è occupato dall'area Iigamentare è parallelo al margine ventrale, e si unisce al dorsale posteriore con un angolo ollusissimo; questo poi convergendo col margine ventrale dà alla conchiglia la figura clavata. Alla fine delle strie del lato anteriore ha la conchiglia una depressione longitudinale che rende sinuoso il margine ventrale. Dalla parte interna del lato dorsale osservasi in ciascuna valva una lunga macchia violelta-blù che parte dal principio dell'area Iigamentare, e ter- mina prima di toccare l'estremità opposta. Tutto il margine interno, ma specialmente il dorsale è finissimamente crenulato, nel ventrale però spesso si obliterano le crenellalure. I crocchetli sono ricurvi e situali a % della to- tale altezza. Ho trovato ancora degli individui più piccoli, che hanno la forma assai meno clavata, ma identici negli altri caratteri. Fossile assai raro delle crete argillose dei Ficarazzi. Lunghezza 7 millim. Larghezza 17. Altezza 7. 1 4 MEMORIA 23. * Chama Concentrica Mini [fig. 3.). T. solida subrotundato-trìgona subaequilatera concentrice sulcato-lamel- losa, Mere postico et ventrali protractis, apicibus curvis lateralibus. Non ho trovato che la sola valva inferiore di questa conchiglia. 11 dente del cardine è poco elevato. L'umbone è gonfio, e l'apice è situalo a metà del lato sinistro, e questo si prolunga alquanto oltre il crocchelto, che e abbastanza curvo. Tutta la superficie è solcata a solchi assai larghi e poco profondi, che lasciano delle lamine elevate distanti e concentriche all'api- ce, e che riescono quasi verticali relativamente al cardine. 11 margine in- feriore fluisce con un ammasso di lamine che si embriciano e prolungano un po' questo lato. Le lamine concentriche prima di arrivare al lato si- nistro s' inflettono facendo angolo tutte parallelamente verso il margine inferiore. Raro fossile di Altavilla. Lunghezza massima 35 millim. Larghezza massima 33 millim. 24. HiNNiTES SiNUOsus Desii . « T. ovata inaequaliter sinuosa (aurantio fusto et albo variegata) rmìii^ numerosis perangustis slriaeformibus, scabris. » L'unica valva ritrovata da me è estremamente depressa, e di consistenza piuttosto tenue, lunga non più di 25 millimetri e larga 22. 1 raggi lon- gitudinali e numerosi sono di grossezza ineguale, e mostrano qualche rara scabrosità. La superflcie è ineguale e sinuosa. Le orecchie sono ineguali e fanno linea retta col cardine che cosi è lungo 15 millimetri. La fossetta è piccola non mollo profonda quasi triangolare allungata verso l'estremità superiore. Fossile assai raro di Altavilla. 25. Chiton Squamosus L. Questa bellissima conchiglia costa di C-7 giri di spira. La base è con- vessa; ma verso la periferia evvi una depressione tale, che l'estremità re- sta assottigliata a guisa di lamina, ond'è la base carinata e tagliente. Que- sta carena basterebbe sola a farla distinguere dal Sol. canalicolato Lk. L'am- piezza dell'apertura dell'umbilico assai profondo fa distintamente conoscere il meraviglioso lavoro in esso contenuto. Un cordoncino noduloso ad eguali intervalli adorna tutto l'orlo interno della spira. Lo spazio di ogni an- fratto è concavo, ed un cordoncino compresso, lamellare e frastagliato a merletti lo divide in due canali, i quali sono crespi da strie d'accresci- mento verlicali quasi tenute in quella postura da un fìl di refe che li at- traversa nel mezzo e che gira anch'esso per tutta la spira. Non so se il signor Calcara [Memoria sopra alcune conchiglie fossili di AltaxHlla) abbia voluto indicar questo Solario, nominandolo canalicolato Lk., forse ingannalo dalla nomenclatura del Brocchi, che l'uno confonde con l'altro. Ad ogni modo se il Calcara pel canalicolato intende il inillegrano, è giusto ch'io restituisca a quello il suo nome; se poi intende il vero ca- nalicolato Lk., (che non dilTerisce dallo stramineo a la già trovato dal Fi- lippi in Sicilia) bene sta che io pubblichi il millegrano elegantissimo e raro fossile di Altavilla. Diametro 23 millim. Tra i solari da me trovati in Altavilla sono altresì da annoverarsi due altre specie, non molto rare, ed identiche in tutto agli esemplari perve- nutimi da Turino cioè: 28 MEMORIA 00. Solarium Neglectum Miciielotii. 5.6. Solarium Cuenulosum Boxklu. 57. Trochus Fivpsys Pan. (T. XXV, lìg. 24.). « T. ovaio -conoklaea, imperforata, anfractibus rotumìalù, cingalts tnnis- versis 6-7 interstittisque hwvissiìiiis, basi lacviuscula apertura suborbii alari, cohimella extm grana-notata. » Questo raro fossile di Moiilepellegrino è identico a quello che il Filippi iiiiveiiiie in Calabria. La base è convessa e liscia, e vi si osserva il tu- bercolo vicino alla colonnetta. L'ultimo anfratto ha 7 cingoli, ma il penul- timo 5. Gli anfralli sono superiormente alquanto depressi, e questa de- pressione ed il cingolo medio li rende un po' carenali. Diametro della base 24 millim. Altezza 25 millim. Anche del Trochus crispulus Phil. trovato già fossile ai Gravilelli dal si- gnor Aradas ho io pur trovato alcun individuo a Montepellegrino. Vi conto non più di 4 anfratti. I cingoli dell'ultimo sono 9 e dopo in vicinanza della sutura avvene un decimo poco marcato, il quale se non si conta, sarà vero che l'intervallo della sutura al primo cingolo è maggiore degli altri intervalli. Nel 2° anfratto ne conto solamente due ed un terzo poco marcato, come sopra. Le strie e le costole che fanno la superficie grati- colata ed affossetlata non sono affatto maggiori degl'iaterslizii, sicché in questo si accosta il mio esemplare più alla figura , che alla descrizione del Filippi. Frai Trochi poi fossili di Altavilla ho rinvenuto Ire esemplari del Tro- chus dubius Arad. specie formata sopra un solo individuo, e non intero trovato da lui a Nizzeti. Fra questi il più intero e sviluppato ed identico alla descrizione e figura del prelodato autore {Atti dell' acc. gioj. ser. 2, voi. 3, t. 1, flg. 7) ha 35 millim. di altezza, e 30 millim. di larghezza di base. Il labbro destro è leso, e pur fa conoscere che l'apertura è ampia ovato-rotundata ed obliqua, che la colonnetta s'innalza perpendicolarmente sopra Ih base spianata, ed è rivestita da una lamina ben doppia e callosa che si riversa e si estende dal sinistro al destro lato, lasciando nell'uno e nell'altro una prominenza bislunga e tubercolosa, e non ha vestigio di umbilico, 0 di fissura umbilicale. SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 29 ")8. ScissuRELLA Plicata PuiL. (T. XXV, flg. 18.)- ) in intersectione stria- rum subspinosis, anfractibus convexis, subcarinatis , ultimo antice vix at- tenuato, apertura ovato-lanceolata labro simplici, canali longiusculo di- latato. » La superflcie di questa conchiglia non solamente è scabra per l'incon- tro delle pieghe longiludinali colle strie transversali ma ancora per una lìnissima granulazione in tulla la supcrQcie , se si guarda con lente. La parie poi superiore di ciascun anfratto che manca di strie Iransversali, è piena di finissime Sirie d'accrescimento verlicali e granulose. Tra le altre differenze che ha questa col PI. vulpccula deve anche annoverarsi la mag- gior gonfiezza proporzionale dell'ullimo anfratto e la maggiore depressione alla base. Fossile non raro di Allavilla. Lunghezza 13 millim. 76. Raphitoma Angustlm Jax. (Bell. T. IV, tìg. 25 ). « T. siibfusiformi, angusta, laevi; anfractibus elongatis, planulatis lon- gitudinaliter costatis, costis acutis, interstitiis minoribus subobliguis, sub- continuis in ultimo anfractu ad canalem decurrentibus, canali distincto di- 38 MEMORIA latato, recurro : apertura elongata, ìabiis paraìlelis. Labro ìiicrassato pro- funde fìsso, antico subsinuoso, columella laevi. » Piccola conchiglia di guscio solido, di cui la supcrlicie se si guarda fon assai forle lente, la si osserva negli esemplari di Allavilla finissima- menle striala con eleganza, e non liscia siccome dice il signor Bellardi. Le coste sono acute, quasi continue, un poco obliquo prolungale sino al canale al numero di 11-12 nell'ultimo anfratto; ed allorché giungono alla sutura inferiore, si curvano tutte un poco parallelameiile a festone. Lunghezza 8 niillim. Larghezza 3 millim. 77. Raphitoma ScHACCHi Bell. (Bell. T. IV, tìg. 15.). « T. turrita, spira obtusa, anfractibus subptanulatis, longitudinaliter cre- bre costatis, transversim elevato-striatis, costis verticalibus, canali brevis- simo, apertura exigua, labro inlus sulcato. » La molliplicilà degli esemplari tutti uniformi, e sempre più piccoli del Eaphit. purpureiun, a cui mollo si rassomigliano , mi conferma che ap- parlengouQ. ad altra specie; la lunghezza della conchiglia mai non oltre- passa i 9-10 millim. Fossile non raro di Altavilla. 78. Cancellaria Labrosa Beh. (Var. Altavill.) (fig. Io.). « T. fusiformi elongata anfractibus convexiuscuUs transversim costulatis, costulis freqiientissimis granulosis aequalibus, spira elongata, apertura elon- gato-compressa, labro dcxtro incrassato, expanso, sinuoso, intus rugoso, co- lumella contorta, biplicata. » Questa conchiglia fu dapprima annunziata nel bulletliuo della società geologica di Francia sotto il nome di Fusus labrosus e poi dal Bellardi, scoperte le pieghe della colonnetta , fu annoverata tra le cancellarie più rare fossili di Piemonte. Oggi è annunziala altresì appartenente alla Sici- lia ; ma il mio esemplare è una varietà singolare che molto si allontana dalla figura del Bellardi, e merita perciò d'essere annunziata con par- licolar menzione. La conchiglia è in pieno sviluppo. Le costole transver- sali sono per tutta la superficie uguali, e piuttosto taglienti. La gonfiezza dei due ultimi anfratti la rende più turrita che fusiforme. Si vedono in SOPIU ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 39 olire in direzione venicaie moltissime strie d'accrescimento che passano sulle coste, e le fanno parere granulalo; hawi a lato destro dell'ultimo anfratto una lamina d'accrescimento un po' rilevala, che mentisce un va- rice, e che corrisponde con altra simile e meno pronunziata al lato opposto dell'anfratto superiore e cosi di seguito, ma che sempre più si dilegua. Il labbro deslro si prolunga inferiormente quasi a cucchiaio; il labio final- mente assai sviluppalo lascia inferiormente un'orma di flssura umbilicale. Fossile assai raro di Altavilla. Lunghezza i2o millim. Larghezza massima 13. 79. Cancellaria Mitraeformis Enoc. (Voluta) (Bell, descript. des Cmicell. ek. pi, 1, fig. 3, 6.). « T. elongata, fusiformi, longitudlnaliter vadosa, ti-ansmrsim crebre stria- ta, anfraclibus sxibconlifjuis, aperlnra subovnta, basi tnmrnta. » Le cosle sono appena nodulosc in numero di dieci nel penultimo an- fratto, e scompariscono affatto nell'ultimo. Questi sono contigui, e le su- ture quasi marginate. Lunghezza 1 1 millim. Larghezza 5. Raro fossile di Altavilla. 80. Cancellaria Cassidea Enoc. (Bell. T. IV, fig. 9, IO.). T. abbreviata, ovata longitudinaliter costata, transversim crebre sulcata, nnfractibus superne canalicolntis, ultimo magno, spira brevissima, columella bipHcata, apertura ovata, superne uniplicata, angulosa, labro dextro striato, umbilico minimo. Specie molto rara tra' fossili di Altavilla. Non ho potuto rinvenirne al- tro che un solo individuo giovane ed incompleto; ma conviene perfetta- mente coi caratteri e colla figura del Bellardi. 81. Cancellaria Contorta East. (fig. 25.). « T. oblique contorta, longitudinal. costata, transverse rugosa, anfracli- bus rotundatis, columella triplicata. » Gli esemplari di Altavilla sono a mio credere una varietà singolare. Ho sotto gli occhi gli esemplari fossili di Andona che convengono perfetta- mente colla figura e descrizione del Bellardi , ma mollo ditleriscono da 40 MEMORIA quelli da me annunziali. I primi lianno 30 milliin. di lunghezza e 14 di larghezza. In essi la contorsione delia colonnella, l'obliquila dell' aper- tura, la distensione del iabio son tulle cose visibilissime, e le pieghe della colonnella non son parallele, ma divergono di dentro in fuori. I secondi che sono certamente in istalo di perfetto sviluppo per la perfezion della bocca, hanno costantemente sei giri di spira, e non oltrepassano i 12 mil- lim. in lunghezza. L'obbliquilà della bocca e la contorsione della colon- nella sono poco 0 nulla visibili, il Iabio poco disteso lascia appena un'orma di umbilico, le pieghe sono pii^i fine e più eleganti; e finalmente l'interno del labbro è segnalo da finissimi e numerosi solchi, che negli esemplari esolici scompariscono affatto. Né può questa riferirsi alla varietà Taurinia notala dal Bellardi, pere he essa differisce dalla prima non in altro, che nella sola statura. È dunque la presente una terza varietà che io amerei di chiamare var. Mtacillte. 82. Fusus MiTRAEFORMis Bitoc. (T. II, p. 42o, pi. 8, fig. 20.). e T. elonrjalo fusiformi, angusta, tenuissime transversim striata, striis minutissimis punctatis, anfraclil). convexiasciilis , primis bicarinatis tenue pUcatis, ultimo oblongo, cauda brevi adscendente, apertura angusta, utrin- que attenuata, labro lacvi submarginato. » Gli individui che ho ritrovalo in Altavilla, appartengono certamente alla specie di Brocchi; tuttavia ne difTeriscono alcun poco in ciò che mancano assolutamente di carene e di pieghe nei primi anfralli , e le strie finis- sime non sono affatto punteggiate. Il labbro destro è ben solido, arcuato e fa un picciol seno longitudinale vicino alla inserzione; in esso labbro di più l'estremo taglio si osserva con lente un po' rivolto in dietro, ed alla parte esterna ha per lungo un piccolo rigonfiamento varicoso. Il bordo sinistro è munito di una lamina columellarc eslesa ben distinta e ben liscia. Il canale ò aperto da cui piglia origine una coda corta ed ascen- dente. L'apertura è stretta e lanceolata , e lunga quasi la melii di lutta la lunghezza che negli individui più sviluppali è di 43 millim. come negli esemplari esotici. " 83. Muniix Altavillaf. Mini {fig. 17.). T. fusiformi ovata, anfractibus G-7 subscalariformibus sexfariam vari- cosis supra medium obtuse angulatis , angulo rotundato, varicibusque tu- SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 41 berculiformibus inflatis, ibique raro spinulosis coronato; suturis scrobkukitis, canali longo, recto, semiclauso; cauda tubulifera, labro expanso crasso cri- spato. Apertura parva ovali rotundala, inlus laevi, labio columellari simplici. La superfìcie è rigata da Sirie transversali che la dividono in strettis- sime fettucce quasi alternativamente più strette; le quali nello intervallo strettissimo di un varice all'altro diventano quasi cordoncini squamosi ed obliterati. Le coste o varici di gonfi che erano nel mezzo, diventano verso l'estremila superiore dell'anfratto stretti e quasi taglienti ed obliquamente vanno ad unirsi al varice dell'anfratto seguente, lasciando come una fos- setta in vicinanza della sutura. L'ultimo giro che è ovale allungato su- pera d'assai il resto della spira. I varici di esso vanno appiattendosi in vicinanza della coda, si embriciano, e diventan quasi taglienti da un lato e spinulosi. La coda è lunga, retta, e lascia un'orma di uinbilico. Il labbro destro è grosso, e crespo nella sua grossezza. Il canale è stretto, ma non interamente chiuso. Lunghezza dell'apertura i7 millim. Lunghezza del canale 10. Lunghezza totale 65 millim. * 84. MuREX Pyrulaeformis Miui {(ig. 8.). T. turbinata subumbiìicata , spira brevi conica, anfractibus sex convexo planis cifra medium angulato-nodosis , varicibus 4-5 lame Ili formibus, ad- pressis , parum clevatis. Ultimo magno, supra venir icoso , basi attenuato, columella perpendiculari subconlorta, superficie inequaliter verrucosa, ver- rucis minutis oblongis ; canali longo aperto, cauda brevissima subinflexa, apertura ampia ovata, basi acuta, labro acuto subreflexo intus tuberculato. Conchiglia assai singolare nell'aspetto, che è quello di una pirola; se non che nell'ultimo e penultimo anfratto si osservano dei varici lamelli- formi assai sottili e poco rimarchevoli ad occhio nudo. Con attenzione però 0 collaiuto della lente ben si vedono le commessure di ciascuna la- mina assai sottile e poco sporgente, rivolta ed appressata verso la super- ficie. Ogni anfratto prima della metà è carenato ottusamente, e dopo la carena s'innalza a piano inclinalo. I nodi che coronano la carena sono 11-12 compressi, che si continuano anche un poco da pigliar l'apparenza di costole. Le verruche negli anfratti superiori sono molto obliterate. Si vedono chiaramente nell' ultimo anfratto , e si affollano in vicinanza dei 4 2 MEMORIA varici; esse sono minule, bislunghe e vermiformi, poco bene espresse nella figura. La colonnella ha un po' di labio, che rivolgendosi in dietro lascia una distinta fissura, o quasi umbilico. La depressione grande del lato si- nistro neirullimo anfratto dà risalto alla lunghezza della colonnetta, e fa pigliare alla conchiglia un aspetto di clava. I tubercoli del labbro destro sono 5-6 piccoli e non si distribuiscono sino alle due estremità. Fossile rarissimo di Altavilla. Lunghezza 6 % centimetri. Lunghezza dell' apertura 42 millim. Del resto della spira 23 millim. ** 85. MUREX SUBCUTACEUS MlHI {(ìg . }S.]. T. ovato ventricosa; anfractibus 5 scalariformibus, supra pìanulatis, infra jìlkato nodosis, cingulis traiisversis prominiilis suko divisis oinatis, spira ad- modam depre&sa, cauda brevissima umbilicata, canali brevi aperto, aper- tura ovali acuta, labro intus tuberculato. Ha qualche analogia col Tritonium cutaceiim Lk. da cui ho voluto dargli nome, anche per un po' di color fulvo che conserva allo stato fossile; pure se ne distingue a primo aspetto non solo per la mancanza assoluta di varici, ma pel minor numero degli anfratti, assai più corti, più scalariformi e più piccoli relativamente all'ullimo, che è grande e ventricoso. I cin- que anfratti di che costa, sono adorni ciascuno di 7-8 pieghe longitu- dinali nodulose a guisa di costole regolari. Negli anfratti superiori la metà inferiore è occupata tutta da due cingoli trasversali elevati, ognuno dei quali è solcato nella sua lunghezza appunto come nel Trit. cutaceo. Nel- l'ullimo, verso la carena, ve ne sono tre più prominenti, ed i noduli si ele- vano a guisa di merletti; nella metà rimanente sino alla coda spariscono le pieghe, ed i cingoli si fanno assai depressi. Nella conformazione della bocca, del canale e dell'umbilico si rassomiglia al Tritonio cut. Ma l'aper- tura è ovata e più grande relativamente. Lunghezza dell'ultimo anfratto 30 millim. Del resto della spira 10 millim. Lunghezza totale 40 millim. Larghezza massima 30 millim. Fossile assai raro dei Ficarazzi. * 86. MuREX Meneghini Miai {fig. 20.). T. parva, rhomboidaea, spira brevi, anfractibus 6-7, transversiin cingu- latis, varicibus 6-7 subcristalis ornata; ultimo magno ventricoso: apertura SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 43 parva rolundata, canali fere clauso, cauda brevi adscendente, extus hihu- losa, umbilico nullo. Piccola conchiglia di solida consistenza, che costa di 6-7 anfratti assai corti e quasi a gradini , ornata di cingoli transversali che arrivando ad ogni varice divergono un po' tra di loro, e si allargano in creste, ciò che rende il varice crespo e quasi frondoso. Gli anfratti superiori non han più di due cingoli. L'ullimo anfratto è grande e vi si contan cinque cor- doncini a partir dalla carena. Gli inlerslizii tra questi sono alquanto striati, ma queste strie obliterate si fanno più visibili in vicinanza del varice. La coda invece di cingoli è giiernita di tre serie oblique di piccoli tubi. Il labbro destro è spesso, ed è crespo nella sua spessezza, tagliente all'im- boccatura come il sinistro, e liscio al di dentro. Fossile di Altavilla. Lunghezza dall'esterno del labbro sino alla coda 12 millim. Lunghezza del resto della spira 8 millim. Lunghezza totale 20 millim. Larghezza massima 12 millim. Dedico questa conchiglia all' egregio naturalista signor Giuseppe cava- lier Meneghini in segno di rispetto e di amicizia. * 87. MuREX Spadae Mihi [fig. 29.). T. turrita, longitudinal. costata , cingulis transversis filiformibus squa- vìulosis eleganler ornata, anfractibus in medio carinatis canali, brevi aperto apertura ovato-acuta, cauda brevissima adscendente subumbilicata. Conchiglia di forma quasi torricciolala che costa di 8 anfratti, ognuno dei quali è carenato nel mezzo in modo che la metà inferiore è perpendico- lare, e la superiore fa colla prima un angolo alquanto ottuso. Ogni an- fratto ha circa dieci pieghe longitudinali minori degli interstizii. Ha cin- que varici poco o nulla elevati di cui si scorge appena la sola commessura nell'ultimo anfratto, ed ognuno di essi comprende lo spazio di due pieghe 0 coslicine. Tutta la superficie è coperta di cordoncini filiformi e squa- mulosi; essi nella parte inferiore dell'ultimo anfratto sono alternativamente più piccoli, e verso la coda s'ingrossano alquanto. Nella parte superiore degli anfratti spesso le squame si uniscono con quelle dei cordoncini seguenti, e formano delle laminette ondeggianti, il che fa parere questa parte più squamulosa e più crespa. L' apertura è a MEMORIA ovalo-acula verso la base. La colonnella è drilla, e munila di labio cal- loso, il labbro è semplice ed ha nell' interno sei lubercoli lunghi di cui il superiore è più piccolo, ed a più lungo intervallo Lunghezza 22 millim. Larghezza massima 10 millim. Fossile raro di Allavilla. Dedico questa conchiglia all' insigne geologo signor conte Alessandro Spada-Lavinii in testimonio della mia gratitudine. 88. MuREX PoLYMORPHUs Brigh. [ftg . 17.) Var. T. fusiformi, anfractibm 8 rotntis, seti verticillatis acute in medio cari- natis, transverse cingulatis, cingiilis inaequalibus squamoso-imbricatis; ultimo magno ventricoso; apertura simplici ovata, canali aperto, cauda longiuscula inflexa, uinbilico ardo profundo, labio columellari tenui. La bellezza dell' esemplare assai sviluppato fossile di Allavilla mi ha invogliato a descriverlo con minutezza, e a farne delineare la figura, men- tre suole questa specie variar forma dall'un individuo all'altro. Esso co- sta di otto anfratti la cui disposizione è analoga a quelli del Pleurotoma rotato Broc, strozzali da una sutura profonda e quasi canalicolali, o in- cavati prima della carena e quasi piani dopo. L'ultimo anfratto ha dieci cordoncini dalla carena sino alla coda, nella quale vi sono altri cordon- cini intermedii, e quattro ineguali dopo la carena, i quali concorrono, a far parere la conchiglia più carenata. Il penultimo e l'antipenultimo ne han tre prima e tre dopo la carena, di cui il primo, e più vicino ad essa è sempre più rilevato. Lunghezza 5 % centimetri. Larghezza massima 3 centimetri. Lunghezza dell'apertura col canale 3 centimetri. Raro fossile di Allavilla. 89. MuREX L/issAiGNEi BiST. Var. T. fusiformi subumblicata sexfariam varicosa, varicibus exoletis tuber- cnliformibus, superficie ocraceo colore et quasi callo obducla, striis transver- sis squamoso-imbricatis exoletis. Apertura ovali oblonga, canali brevi clauso^ labro incrassato expanso, exlus transverse plicato, intus tuherculato, colu- mella recta labiata. Costa di sei anfratti. Dei varici assai obliterati sono più visibili i tu- bercoli un po' depressi che coronano ogni giro di spira prima della metà SOPRA ALCUNE CONCHIGLIE FOSSILI 4o di ciascun anfratlo. La spira è piutloslo conica per le suture assai poco profonde. L'ultimo è più ventricoso e supera in lunghezza il resto della spira. Tutta la superficie è di colore ocraceo, e come ricoperta da sottil callo, da cui però traspariscono alcune strie rilevate per traverso che si fanno più sensibili allorché divergenti tra loro si avvicinano al peristoma. L'a- pertura è ovale e piccola , il canale corto e chiuso , il labbro ingrossato e disteso, la colonnetta dritta e labiata. In qualche individuo l'umbilico è più sviluppato ed in altri havvi nel- l'ultimo anfratlo un varice che più spicca compresso ed acuto. I tuber- coli 0 denti del labbro destro sono 5-6 ineguali. Ho voluto con esattezza far la descrizione degli individui che ho sol- t'occhio perchè la forma è assai variabile dall'uno all'altro individuo. Lunghezza della spira a cominciar dalla line del labbro 13 miliim. Di là sino alla fine della coda 27 miliim. Lunghezza totale 40 miliim. * 90. Mitra Marini Miai {fig. 21.). T. fusiformi elongato-subulata anfraclibus 9 subcontinuis , suturis sub- imbricalis, submarginatis , obsolete transversim striata, et longitudinaliter plicata, plicis tuberculiformibus obsoletis, ultra medium linea elevata, in intersectione nodulifera cinctis, apertura lineari subcoarctata, canali trun- cato retro destrorsmn parum contorlo, labro acuto extus subvaricoso, intiis leviter denticulato, labio columellari intus biplicato plicis tuberculiformibus. Il primo e secondo anfratlo è liscio. Nel terzo, quarto e quinto si pos- sono contare circa dodici costole o pieghe longitudinali poco marcate. Negli altri sono sempre più obliterate. Fossile rarissimo di Altavilla. Lunghezza totale 14 miliim. Dell'apertura 4. Lunghezza massima 3 ', i. Intendo dedicare questa conchiglia all' ottimo P. Nicolò Marino della Compagnia di Gesù cultore di queste scienze , e benemerito dei museo di storia naturale. * 91. Voluta Altavillae Miai [fig. 33.). T. glabra ovalo-oblotiga spira abbreviata obtusissima, anfraclibus 4-5 con- tinuis, suturis leviter impressis, levissime sub-canaliculatis, ultimo ovali in- 46 MEMORIA flato, inferius attenuato, apertura ovato acuta, columella elongata 3-4 ph- cata inflexa, labio nullo, labro simplici. Conchiglia in qualche modo analoga alla Voluta auris leporis , ma di dimensioni più piccole assai e di consistenza assai più tenue. I primi giri della spira sono saldali e fusi Ira loro in un segmento sferico che rende la conchiglia oltusissima. Negli anfratti sebbene lisci ad occhio nudo, si vedono colla lente non poche strie d'accrescimento Iransversali. Le pieghe della colonnetta sono tre distinte , ed una quarta oscura. La colonnella allungandosi si assottiglia e si piega indietro verso sinistra. Lunghezza totale 28 millim. Lunghezza massima li. Langhc-iza del- l'apertura 22. Fossile assai raro di Altavilla. 92. Stephanophyllia Imperialis Micbelik [Iconogr. zoophyt. pi. 8, Og. 1.). Fig. 27, 28, 31, 32. Non ho voluto lasciare di annunziare alcune polipaje (benché estranee alla famiglia dei molluschi) per ciò che talune di esse sono molto rare e bellissime, e da altri non annunziate come fossili di Sicilia. La Stephano- phyllia imperialis fu riconosciuta e descritta dal Michelin , insieme alla Stephan. elegans del medesimo; ed è ancora annoverata dal Michelotti fra i fossili dei terreni miocenici d'Italia; ma poiché né la descrizione, né la Dgura sono molto sufficienti a far distinguere fra loro queste due spe- cie, né il Michelotti, né l'Alme ne dà ulteriore illustrazione, ho creduto ritoccarne la descrizione e farne delineare ancor la figura nelle sue varie posizioni. Essa é dunque di forma discoidea orbicolato-depressa. È ornata supe- riormente di una stella che risulla da lamine verticali tubercolose ed aspre alle due superfìcie a guisa di creste , e che partono dalla periferia e si dirigono al centro senza però toccarlo, lasciando in esso una piccola la- cuna ovale stretta. Son però da notare tre ordini di laminette; le principali son quelle che si dirigono al centro, quelle di secondo ordine confluiscono a qualche disianza verso quelle di primo, e le terze verso quelle di se- condo. Il carattere principale della Stephanophyllia imperialis si è quello della confluenza ed adesione delle laminette di terzo ordine con quelle di secondo, che avviene alla distanza di un terzo del raggio dal centro, an- ziché alla metà come nella Stephanoph. elegans; per cui benché la dispo- SOPRA ALCUNE CONXHIGLIE FOSSILI sizione sia sul rimanente la medesima, l'apparenza ne risulta cambiata, e non si ha più l'aspetto caratteristico deWelegans, che è quello di una croce di Malta. La superficie inferiore è tutta solcata dal centro alla pe- riferia. Essa è altresì un poco elevala verso il centro, ed un poco concava circolarmente prima di pervenire alla periferia. Gli inlerstizii dei raggi sono forati in serie con forellini quasi rotondi, che s'ingrandiscono verso il lembo. Questa perforazione del muro è identica nelle due specie. Raro fossile di Altavilla. Diametro 21 millim. Altezza 4-5 millim. 93. LuNULiTES Androsaces MiciiEiOTTi (Specùn. zoophyt.) Auiox {Orit. pedcm p. 16.). Ha la forma di una cupolelta, o piuttosto di un ditale ripieno. I raggi verticali ed orizzontali si tagliano ad angolo retto, e dividono la super- ficie in tante fenestrelle ben sagumale ed aperte pel foro centrale, anche esso quasi rettangolare. In oltre evvi un altro più piccolo forellino ad ogni sezione di angolo. La base è un poco concava, e talvolta piana, ed ha dal centro alla periferia alcune pieghe poco marcate. Altri individui, ch'io credo varietà della precedente specie non se ne distinguono che per la forma più depressa e la base più larga. Altezza 9 millim. Diametro della base 12 millim. Della seconda varietà altezza 7 %. Diametro 17 millim. Fossile non raro di Altavilla. 9i. DlSCOPORELLA UMBELLATA DeFII. (sp.). Questa specie graziosa di polipaja è assai comune in Altavilla, e tro- vasi spesso insieme alle Limuliti. Essa è appunto quella che il Calcara pubblicò nel 18il col nome di Lunulitcs patelliformi Cale. {Memoria so- pra alcuni fossili di Altavilla). Diametro 12 millim. Fine. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1. Emarginala Tubcrculosa Lib Pag. tS — 2. Arca Subovaia Lib » 11 — 3. Chama Concentrica Lib n U — 4. Arca Peregrina Lib » '0, — 5. Einarginula Elala Lib » 27 — 6. Chemnilzia Lanceae Lib ■ n 21 — 7. Modiola Subclavala Lib » 13 — 8. Murex Pyruiaeformis Lib n 41 — 9. Riraula Radiala Lib ii 16 — 10. Turbonilla Meneghini Lib » 20 — li. Scalarla Pumila Lib » 23 — 12. Rissoina Savi Lib o 18 — 13. Tornalella Depressa Lib » 22 — 14. Eulima Spadae Lib n 20 — lo. Cancellarla Labrosa Bell. Var. Allav » 38 — 16. Murex Polymorphus Brugh. var » 44 — 17. Murex Allavillae Lib » 40 — 18. Murex Subculaceus Lib n 42 — 19. Melania Plicalula Lib 19 — 20. Murex Mcneghioi Lib n 42 — 21. Mitra Marini Lib . » 45 — 22. 23. Solarium Peregrinum Lib » 26 — 24. Mangelia Savi Lib » 31 — 23. Canccllaria Contorta Bast. Var » 39 — 26. Pleuroloma Spadae Lib » 32 — 27, 28, 31, 32. Slephanophillia Imperialis Micb » 40 — 29. Murex Spadae Lib n 43 — 30. Pleuroloma Romani Lib. . , » 30 — 33. Volula Allavillae Lib » 45 ■— 34. Pleuroloma Varicosum Lib ...» 32 1.% C/tuiK-ew t^'.-x ed ine. INTORNO ALL'ABOLIZIONE DELLE TASSE SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO MEMORIA CQNUNICiTA all'accademia NELLA SEDUTA DEL 28 GENNARO 18j8. Se studiate meglio le condizioni del palermitano mercato , io ritorno altra fiata sul noto tema delle ìiiete , non è certamente nel fine di dar nuova vita a nauseose polemiclie ed a dispute vane, ma sol per mostrare intere le idee che dominano il mio spirito sull'abolizione delle tasse del pane e delle paste. Obbligato finora a guardar la quistione da un sol dei suoi lati, io non ho potuto giugnere a comprenderla intera nei miei scritti, per modo da darle quello svolgimento completo ch'essa invero avrebbe ri- chiesto. Ora mi vi son provato, deponendo ogni benché menoma passione a tal riguardo, e mirando unicamente a stabilire i principi! di libertà in- dustriale applicati alla panificazione. Possa questa dichiarazione conciliarmi semprepiù il favore del pubblico, che in ogni mio lavoro possentemente reclamo! §!• Nelle vicissitudini dell' industria umana e rimarchevole la lotta delle opinioni e degl'interessi contro il sistema di libertà economica, che pre- sentatosi in vari tempi come distruttivo d'ogni sociale benessere, ha avuto per oppositori non solo i governi, ma anche taluni economisti. Però la guerra delle istituzioni è stata più lunga invero e più ostinata, e la forza 2 INTORNO all'abolizione DELLE TASSE prepotente di esse ha saputo spesso vincere la logica di grandi uomini , i quali educati a sistemi erronei di privilegi e di proibizioni non haii ve- duto che in un malinteso egoismo la nazional ricchezza; aberrazioni delio spirito che lenta di accreditare i pregiudizi de' secoli, senza domandare alla storia se questi pregiudizi sieno stati fatali ai popoli che l'abbian so- stenuto, ovvero se i sistemi naturali sieno o pur no pili conformi degli altri all'uomo e alla società! Sin da tempi remoti fu creduto che le arti non potessero prosperare senza particolari favori; cosi ogni ramo d'industria ebbe i suoi privilegi, pei quali artificialmente procedette nel cammino economico , quando nei secoli di mezzo ricostituiti i governi d'Europa e data alle città più libertà politica per mezzo de' municipn, l'industria assunse un aspetto nuovo, perchè le arti che finallora eransi tenute a vile, vennero onorate; ma non si conobbe l'errore di credersi necessari dei favori pel loro incremento; di- modoché invece di spastoiarle da' lacci ond'erano avvinte, si stimò ulil cosa farne delle corporazioni e sottoporle a regolamenti. Cosi fu stabilito il nu- mero degli artigiani, furon determinate le condizioni per le quali poteano esser costoro ammessi ad esercitare un ramo d'industria, fissata la durata del tirocinio per la loro istruzione e per l'esercizio dell'arte, divise e sud- divise le professioni, proibito severamente ad un artigiano di usare stru- menti che appartenessero ad altri mestieri, o di esercitare un'arte che fosse alla propria analoga. Ma ciò è poco : si giunse fin a descrivere la qualità dei prodotti che ogni ramo d'industria dovea dare, ciò che faceasi al doppio scopo di non far deteriorare le arti, e di assicurare ai consu- matori la bontà di quelli. Quando giunse Colbert al ministero, l'errore economico fu più accre- ditato, perchè sebbene molti abusi sotto di lui si fosser tolti quanto alle maestranze, pure la mania de' regolamenti passò dall' industrie manifat- turiere al commercio, e fu inventato quel sistema complicato di tariffe do- ganali , di cui tuttora ci restano le triste conseguenze. Però quanto alle arti meccaniche la salutare riforma progredì , perchè la scuola di Que- snay col lasciate fare , lasciale passare , inaugurò quelle idee di libertà economica, le quali incessantemente intende ad avvalorare oggi il secolo che corre ; ciò che siesi operato riguardo al commercio , ciò che resti a fare, è stato da me detto in altra scrittura (1); restami qui a parlar delle manifatture, per le quali son caduti già in dispregio i regolamenti, e di- (I) Vedi la mia memoria, Sui Porti franchi. Pai. 18j7. SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO 3 sliuUe le corporazioni degli artigiani; sol ci restano come avanzo formidabile di questo vecchio sistema le assise, per le quali l'autorità crede necessario in- tervenire nella fissazione del prezzo del pane e delle paste sul mercato, de- terminandone la qualità e il peso; ciò essa pratica dopo un calcolo fatto sulle spese di produzione die dee sostenere il venditore per giugnere alla con- fezion di quella merce; e siccome queste spese son variabili, come è va- riabile il prezzo corrente delie cose, cosi l'autorità anzidetta s'impone l'ob- bligo di mutare ad un determinato tempo quest' «ss/sn, odi confermarla, secondocliè l'esame rinnovato sulle spese dia altri o gli slessi risultamenti. Per sostenere la necessità dell'assisa, ecco ciò che dicono i regolamen- listi: il pane e la pasta sono tra gli oggetti di consumo i più indispen- sabili alla vita; le classi malagiate, che son le più numerose in ogni na- zione, non potrebbero farne a meno senza morire d' inedia ; se adunque si lasciasse in balia dei venditori la facoltà d'assegnare a quei prodotti il prezzo che lor torni più utile, vedreste costantemente elevata la tassa, ed esclusa per conseguenza dal beneficio di nudrirsi di quelli la povera gente; quindi il bisogno che il governo intervenga con regolamenti a moderare r avidità dei panettieri , ai quali non mancherebbe giammai il consumo della loro merce, appunto per esser questa indispensabile alla sussistenza. Noi non ci fermiamo a discutere per ora sulla erroneità d'un tal ragio- namento; solo diciamo di volo, che il credere il grano formi e formar debba l'esclusivo alimento delle popolazioni è contrario a' fatti, dappoiché vi sono nazioni a' quali è ignoto assolutamente quel cereale, eppur vivono e si nudrono; cosi in America è in uso il maiz, in Asia il riso, l'orzo forma l'alimento dell'uomo del nord della Scozia, della Norvegia, della Sve- zia e della Siberia; la palata serve quasi ad esclusione in Irlanda, ed in certe contrade d'Europa la sua collivazione segue quella dei cereali. Le popo- lazioni di alcuni distretti montuosi degli Appennini, delle Cevenne e del Limosino in Francia vivono di castagne per una parie dell' anno ; frai tropici, ne' paesi che s'innalzano al di sopra del livello del mare, l'uomo si nudrc d'altri prodotti vegetali che ottiene spontaneamente, secondando in ciò la inclinazione propria , rifuggendo gli abitatori di que' paesi ar- denti dal lavoro campestre; cosi nella Siria e nelle Ande il banano, frutto d"un albero che appartiene alla famiglia delle musacee, anzi ne forma il tipo, si trova sparso abbondantemente su tutta la zona torrida, e consiste in una polpa piena di sugo , che dee il suo sapore e la sua delicatezza all'assenza dei semi; e quando questi si sviluppano, perde il frutto an- zidetto non solo nella mole, ma anche nel gusto. I datteri (dalla palma i- , INTORNO ALL ABOLIZIONE DELLE TASSE Phoenix dactylifera) la cui pianta è indigena dell'America setlenlrionale, somministra l'esclusivo cibo a talune popolazioni; e nell'Asia meridionale il cocco (1), oggi sparso per tutta la zona intertropicale, forma presso i popoli della penisola dell' India e dell'Isola di Ceylan la bevanda la più deliziosa che essi accompagnano a' datteri; questa bevanda è formata da un latte che si trova nel centro del frutto, e che dee le sue proprietà nu- tritive al principio oleoso che vi si trova mescolato. L'albero a pane, ar- tocarpus incisa, ha un frutto simile al banano; come l'albero della vacca galactodendron utile somministra per via d'incisione un umore lattiginoso che s'assomiglia a quello del cocco, ma ha più proprietà nutritive per le materie crasse che contiene. Potrei anco citare l'igname, dioscorea alata; la batata, convolvulus batatas; la manioca, introplea manioth, che coltivansi in America ed in Africa in grazia della sostanza alimentare che conten- gono le loro radici, e di cui fanno uso quelle popolazioni. È un errore dunque il riguardare il grano come l'esclusiva sussistenza delle classi malagiate , e il pane e le paste come indispensabili agli or- dinari consumi; errore è questo che ha avvalorato finora il sistema delle assise presso i governi che 1' hanno adottato. In Francia , paese dove le idee regolamentari hanno avuto più lunga vita che negli altri avviati alla civiltà , la tassa sui prezzi colpiva fin da tempi remoli tutl' i prodotti dell'industria, frai quali il pane e le paste; e il pastaio e fornaio avea certi regolamenti nello esercizio della sua professione , pei quali non era libero nella scelta, né andava esente dal pagamento di certi dritti onerosi che pagava allo stato. La rivoluzione del 1789 rese libera la professione del pastaio e del fornaio , ma volle soggetta ad una tassa la vendila del pane e delle paste; però nel 1815 Luigi XVIII sottopose quegli artigiani a nuovi regolamenti, dando loro per obbligo di doversi munire d'un per- messo speciale del governo per la vendita del prodotto, di dover eseguire questa vendita in botteghe e in luoghi designali , o a piccole forme ec. Posteriormente nel 1818 fu aggiunto anche l'obbligo degli approvigiona- menti parziali, per assicurare, secondo dice l'ordinanza, l'abbondanza del mercato ; in fine il decreto dell' imperatore Napoleone III , colla data del 1" novembre 18.54, stabilisce il numero de' panettieri in Parigi e negli altri comuni dell'impero, a seconda della popolazione, e conferma tutte le precedenti disposizioni quanto alla vendita del pane , agli approvigiona- nienti, e ad altro. (I) Apparlicnc anco l'albero clic lo produce alla famiglia delle palme. SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO o Il numero de' fornai è limilalo in Baviera, in Sassonia, in Danimarca, cioè a dire a Monaco, a Dresda, a Copenagiien; nel resto è indelerminalo. In altri paesi debbono quelli adempiere a certe formalità come nel Belgio, nell'Olanda, in Prussia, in Austria e nel Portogallo; le condizioni di no- viziato sono imposte in taluni luoghi d'Alemagna, nel Wurtemberg, nella Sassonia, nel Brunswich, nelle città di Amburgo e di Lubecca, nella Po- lonia, nella Svezia e in Danimarca. Negli Slati Sardi poi , in Toscana e nella più parte delle città di Spagna o d'Inghilterra non s'adempie ad alcuna formalità. Gli approvigionamenti sono quasi dappertutto comandati, eccetto che in Baviera dove son caduti in disuso, e a Copenaghen, che nel 1845 vi si re- nunciò come misura inutile allo scopo. La tassa del pane è stabilita tanto nella capitale che nelle città prin- cipali del Belgio, dell'Olanda, a Francfort, nel Wurtemberg, in Sassonia (eccettuatane Dresda), in Baviera, in Austria, in Polonia. È slata abolita in Torino; dopo il 1833 non esisteva più a Genova e nelle altre città del Piemonte , epoca nella quale il governo invitò le municipalità a renun- ziare al dannoso sistema delle assise. Dopo il 1813 fu abolito a Londra; il popolo l'avea respinto in Iscozia sotto il regno di Giorgio II; anche a Lisbona vi si rinunziò dopo il 1833, e a Copenaghen dopo il 1841. ,\ Cristiania, in Norvegia, vi si ricorre negli anni di carestia; a Màjenza non si tassa che il pane di segala. Esiste all'Asia una specie di cassa di risparmio, alimentala da una con- tribuzione prelevata su ciascun fornaio, e che si fa entrare nel prezzo del pane ; questa cassa indennizza i fornai quando il prezzo del grano au- menta. A Majenza la città può sospendere o interdire ai fornai l'eser- cizio del lor mestiere. A Barcellona, se i fornai elevano il prezzo del pane, l'autorità l'obbliga a proporzionarlo al prezzo corrente del mercato. A Mi- lano 12 panettieri nell' interesse della manicipalità vendono al di sotto degli altri, ma s'indennizzano delle perdite colla fabbricazione e collo spac- cio dei pani di lusso, che non son soggetti alla tassa. A Varsavia nei tempi di carestia, la polizia compra dei grani, li fa convertire in pani di qua- lità inferiore alla corrente, e li fa vendere a basso prezzo alle classi ope- raie. A Parigi s' è qualche volta seguilo il medesimo sistema, ma in que- st'ultimi tempi s' è limitato, atteso le perdile fatte, a distribuire de' boni ai jìoveri, coi quali si procurano essi del pane a buon mercato (1). (I) Queste parlirolarilù sono eslrullc da un lavoro che il Ministero del commercio in Fran- cia ordinava nel 18(9. b INTORNO ALL ABOLIZIONE DELLE TASSE • La Sicilia nei suoi ordinamenli amministrativi non ci presenta invero un esempio diverso da quelli rammentali. La mania dei regolamenti ben presto s'introdusse nei nostri sistemi, e tutto fu soggetto a tassa; cosi la carne, il pesce , il pane ebbero le mete, e a' tempi Aragonesi eravi per tutte le derrate stabilito un prezzo fisso, invariabile né per tempo né per luogo; cosi una salma di grano dovea vendersi allora quattro tarini (men- tre ora vale minimum onze tre), e la carne a tre grani il rotolo, quando ora vale a tari due e grana dodici {minimum) (1). Ora il bisogno di man- tenere sempre ad una tassa il valor venale delle derrate spesso ponea il governo in gravi perigli ; dappoiché in anni di carestia ove i prezzi di quelle doveano necessariamente innalzarsi, era esso costretto ad occorrere col danaro delle aziende comunali alla sproporzione dei detti prezzi; però coirandar del tempo l'autorità pubblica non volle ingerirsi che dell' an- nona solamente, e provvide a che il pane fosse sempre a buon patto; da ciò nacquero le colonne frumentarie, le quali come riserve di grano fatte a spese delle comuni miravano a che nelle oscillazioni dei prezzi di quel cereale la popolazione non fosse obbligata a comprar caro il pane. Ma anche questo pvovvedimento fu qualche volta abbandonato per le gravi perdite che arrecava al civico patrimonio , ed allora si videro scoppiare quei tumulti di cui é piena la storia nostra, perché lasciato indi il prezzo del pane al suo naturai corso equilibravasi esso alle spese di produzione, e quindi rincariva. La ignoranza dei buoni principii di pubblica economia produceva poi altri mali alla Sicilia, perché spesso 1' approvigionamento del grano non bastava (correndo eccessivamente scarsa quella derrata), a tutti i bisogni della popolazione , ed era allora che i viceré enietteano di tai provvedi- menti che invece di rimediare al male lo rincrudivano. Abbiamo difatli memoria, che nel 1585 fu gran carestia di cereali per la siccità di quel- r anno e pei venti che dominarono; sicché nel seguente cominciò a pa- tirsi somma penuria di grano, la quale chiamò dalle province alla capi- tale un numero immenso d'indigenti, cercandovi pane per disfamarsi. Il viceré conte di Abadalista nel timore che scoppiassero delle tumultua- zioni, come in Napoli per ugual cagione erano accadale in queir anno , (1) Di lilasi, Storia dei Viceré, voi. unico, pag. 43. Pul. ce. SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO 7 ordinò 1' approvigionamento, per cui il prezzo del grano crebbe a dismi- sura (1), nò la carestia per questo cessò, anzi vieppiù si fé' grande in seguilo; dappoiché nel seguente anno avutasi ubertosa messe, l'Abadali- sta favori l'estrazione del frumento indigeno per la Spagna senza aprire nello stesso tempo i nostri porti all'estero, sicché esportata tutta la quan- tità prodotta, i prezzi nei nostri mercati rincarirono vieppiù , principal- mente negli anni 1589 e 1590, quando il grano giunse a otto e fino a dieci onze la salma; tassa enorme ove si consideri che le mercuriali d'al- lora recavano come prezzo ordinario del frumento la somma di onza una e tari quattro la salma , e il maximum onza una e tari ventiquattro. Il Senato di Palermo per rimedio a tanto male comprò il grano a quel prezzo esorbitante, rivendendolo ad onze quattro la salma, il che recò, secondo gli storici del tempo, la perdita all'azienda comunale di scudi 200,000, perchè il numero della popolazione crebbe in modo, a causa dei provin- ciali venutivi, che il consumo del pane ne fu smisurato; quindi fu d'uopo obbligar costoro a ritornare ne' propri paesi (2). Uguale penuria si pali in Sicilia nell'anno 1606 sotto la presidenza del regno del marchese Ceraci, non solo per la mancata produzione, ma an- che per le richieste che facea dei grani una poderosa armata allora stan- ziante in Messina, a cagion della guerra dello imperatore Rodolfo contro i Turchi ; onde i mercanti esagerarono la scarsezza di quella derrata in modo, che fecer credere al governo che mancasser quattro mesi di vitto- vaglia per tutto il regno. Il marchese Ceraci suspicando che vi fosse ma- lizia in ciò, e che il frumento si nascondesse dai proprietari, aspettando costoro che fosse a più caro prezzo venduto, elesse tre vicarii per visitare i luoghi più fertili, verificare l'effettivo raccolto, e rettificare le fatte dichiara- zioni ; ordinò ancora in Palermo un nuovo censo della popolazione per conoscere la quantità di pane abbisognevole pel consumo d' ogni indivi- duo, e cosa risibilissima I promulgò un bando con cui vietò sotto pena d'una multa d'onze dieci di portar biancherie inamidate. Ma venuto in questo tempo a viceré Ciovanni Fernandez Paceco mar- chese di Vigliena, credè egli miglior consiglio di chiamare nell'isola grani esteri a carissimo prezzo, sicché la sola Messina soffri il danno di un mezzo milione di scudi (3). Quanto alla città di Palermo fu vietata la libera com- (1) Cnruso — Memorie storielle, p. Ili, lib. X, pag. 23S. (2) Panila — Giornale ms. pag. 17, — e Talamanca — Elenco Universale pag. 98, 'JO. (3) Di Blasi — Storia dei Viceré, lib. 2, pag. 276, seconda edizione. 8 INTORNO all'abolizione DELLE TASSE pra del pane, e venne assegnata ad ogni testa una quantità limitala di esso, che oltenevasi mercè la esibizione di polizze rilasciate da apposite commessioni stabilite nei quartieri della città. Uguale provvedimento fu dato dal principe di Lignè correndo l'anno 1 671 , proibendo lìnanco a' cittadini di Palermo d'uscir dalla città recando più di grani quattro di pane; fu pure diminuito il consumo della farina per la fabbrica dei maccheroni e dei pasticci, e proibito che si vendesser fo- cacce e pan caldo. E siccome molli regnicoli eranvi nella capitale, ordinò che costoro si restituissero alla lor patria, e quelli per causa litigiosa sola- mente rimanessero ; con che però dovessero costoro versare nei pubblici magazzini della città due tumoli di grano in ogni mese, quantità creduta necessaria al loro consumo. Finalmente sotto il viceregnalo del marchese Fogliani essendovi nuova carestia (1763) fu creata una giunta /"/Mmeu^acia (1) coH'incarico d'acqui- star grani a qualsiasi prezzo per la formazione della cosi delta colonna, e fu proibito agli agricoltori di poter trarre quella derrata da' caricatoi per la insementazione delle terre. E come se ciò fosse poco, per accre- scere il male sospese il Fogliani il pagamento delle rendile dello stalo per impiegare il danaro in compra di frumenti. È facile il credere quanto sconlenlo tal misura inducesse nell'animo degl'interessati, i quali al co- inun flagello vedeano aggiunto il mancato pagamento delle rendite; onde alti clamori si levarono, e vi si provvide rendendo libera la panizzazione e la vendila del grano in tutta Sicilia. Questa misura che avrebbe recati salutari effetti se fosse stata adottata fin dal principio , era insufficiente in tempi, ove venivan confiscali i grani dei particolari proprietari e sparsa la diffidenza nell'animo loro. Ma ben presto si fé' ritorno alle assise, sin quando il viceré Domenico Ca- racciolo marchese di Villamaina non ebbe pubblicato nel 1781 il bando (2), col quale abolendosi il prezzo e il peso fisso del pane, stabili che secondo l'abbondanza e la scarsezza de' ricolti, regolar si dovesse l'uno e l'altro a norma dei preventivi scandagli (3); la qual parola vernacola, per la prima volta adoperata, intendea a dimostrare la valutazione delie spese di produ- zione necessarie alla confezion di quella merce. Questo sistema degli scan- (ìarili, che pria facevasi da intervalli più lunghi, dura tuttavia, con la difTe- (1) La (jiunla frwnontaria veramente ebbe origine sotto il viceré duca di Lavicfuillc (1747); ma sotto Fogliani fu messa in attiviti — Di Blasi Ice. cit. (2) Villabianca, Diario. {?•} Scandaglio (scannagghìu sic.) significa propriamente in senso lìg. esame minuto. SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO 9 renza che or rinnovasi a periodi più brevi, e clie son cliiamali per Palermo ad intervenire nella fissazion della nietn, che si fa dall'autorità municipale, i più cospicui fornai e pastai della ciUà. A tal sistema fu fatta eccezione nel 185-1, quando S. M. considerando i danni e gli abusi a' quali davan luogo le mete nell'interesse dei produt- tori e dei consumatori, con rescritto del lodicembre del detto anno aboliva- le, sostituendovi una libertà, che però non fu piena ed intera, come sareb- besi desiderato; dappoiché nel mentre fu libero ad ognuno di far pane e paste di quella forma, specie e qualità che più gli fosse tornato a grado, si dispose poi che i pastai e fornai restasser soggetti alla sopravvegghianza della polizia municipale e sanitaria per evitare le frodi nella qualità del pane e delle paste; come ancora esigevasi, che il fabbricante non potesse aprir bottega senz'averne pria ottenuto il debito permesso, e senz'aver giustificato il possesso di cinque salme di grano (I). (I) Ecco qui tcsiuaimcnic riporlalo il citato Sovrano lìcscriUo : « Esiste nella città di Palermo il sistema delle! cosi dette mete pel pane o per le pasto, che in sostanza altro non è che una fissazione di prezzi , die vicn fatta dall'autorità muni- cipale per la vendita di tali commcstiliili — Siffatta fissazione per la sua natura in lutto con- traria ai linoni principii ed alle discipline dell' amministrazione pubblica, a^'^'iunla a^;!! stra- ni, lrrej,'olari, e talora arbitrari melodi coi (juali si è praticala, è slata perenne cagione ili danni , disordini ed abusi , in pregiudizio del commercio . della proprietà e della medesima pubblica sussistenza, come altresì d'inceppamento alla libertà di far pane e di variarne la ([ualità, la forma e la specie, a seconda del gusto e delle richieste, una dovendo esser sem- pre, giusta la dannosa norma delle mete, la forma e la qualità del pane, crescendone o d('- crcscendonc soltanto il peso secondo esse. (( Di tale sistema han domandato l'abolizione tanto le privale persone, che il decurionalo, il Consiglio d' Intendenza e l'Intendente di Palermo, e da ultimo gli stessi fornai e pastai che all' uopo ban contralto valido obbligo di non incarire i prezzi attuali del pane e delle pasli; fino a tutto il presente mese, e pel tratto successivo proporzionarli ai prezzi correnti dei ce- reali; come altresì di mantenere i medesimi commestibili sempre in corrispondenza del con- sumo, ma eziandio in abbondanza. « Ora il Re IV. S. a cui lio rassegnato tali cose, nella conferenza del di 28 prossimo scorso mese si è degnata ordinare : « 1. Che dalla pubblicazione del presente sia libero a chiunque di far pane e pasta in Pa- lermo dì quella forma, specie e qualità che più gli torna conto, restando però soggetti alln stretta osservanza delle leggi e regolamenti di polizia municipale e sanitaria, non meno pir la esattezza dei pesi, che per evitare le frodi nella qualità del pane e paste, come altresì di non potersi per lutto il corrente anno elevare ì prezzi dalla ragione in cui or sono. ( 2. Che ogni fornaio e pastaio, ed in generale cliiun(|uc voglia aprir bottega per venden; pane e paste al pubblico, debba ottenerne permesso , senza pagar cosa alcuna , dal Pretore della cillà, al quale è obbligato dare la garentigia di tener sen>pre pronti al bisogno cinque salmo di frumento. Il La vigilanza per la eircltiva esistenza di siffatta quantità di derrata è allidala ai Senatori 1 0 INTORNO all'abolizione DELLE TASSE (Ili cffelti di tai provvedimenli non poleano certo esser conformi a quelli dell' assoluta libertà , dove il concorso delle cause naturali della concor- renza non viene alTallo turbalo; pure finché non giunse l'anno 1846 non eravi generale scontento dell'adottata misura; però accaduta in detto anno carestia di grani, si credette dal pregiudicato popolo che 1' aumento nei [irezzi del pane e delle paste fosse cagionato non dalla scarsezza del fru- mento, sibbene dalla libertà, e gridò subito contro la medesima. A rime- diarvi il governo ebbe ricorso a' forni-modello, che riuscirono, come è fa- cile supporre, dannosi anziché utili al pubblico, e posero in grave respon- sabilità chi l'avea promossi. Ciò non ostante, si continuò senza mete sin dopo la rivolta, cioè sino a 2 dicembre 1848, quando il consiglio civico ne deliberò la ripristinazione, e tuttavia si continua in tal sistema; e per rimediare ai danni ch'esso cagiona si sono adoperati taluni espedienti, che vece di minorare il male l'hanno accresciuto. Però di nuovo si presenta alla discussione delle teste pensanti e del decurionato di Palermo l'aboli- zione delle assise, come un atto reclamato dalla giustizia e dal miglior servizio del pubblico, ed è di quest'abolizione che noi vogliamo ora intrat- tenerci, esaminando tutte le condizioni del palermitano mercato. Rammentiamo intanto che Messina da più anni gode d'un tal beneficio, né ha cercato mai di rinunciarvi, anzi un anno e mesi addietro l'ebbe essa confermato con apposita deliberazione decurionale. Catania v'ha ricorso più volle, ma secondo i pregiudizi e gl'interessi ha lolle e restituite le mete; altri paesi han fatto lo stesso, e ciò mostra il bisogno che quasi da per lutto si sente da qualche tempo in qua di abbandonare i vecchi sistemi di pubblica amministrazione, i quali in vece di assicurare alle popolazioni il miglior mercato de' generi annonari, non valgono che a perpetuare i danni che l'ingerenza governativa ha prodotto in altri rami d'industria. Però 3 preparar gli anim.i all'abolizion delle mele, dee cominciarsi dal dello sezioni, i quiili non potranno farne il verilìcamenlo se non dielro reclamo di qualche persona, o qualora si lemessc di penuria. In caso di mancamcnlo di lullo, o di una parie dellii della (luanlilà, rcsla assojtfjcllilo il conlravvenlore ad una molla di due. 0. in lieneficin del Comune; la quale uiuUa per ispeciule delegazione dello Inlendeule di Palermo sarà ap- plicala, le di cui ordinanze non saran soggelle a gravame di sorla alcuna. « \i. Che dal 1 gennaro 18ì2 in poi cessa il così dello lumi) dei Idvoranli disiininegati , vai quanlo dire quell'abuso linora tolleralo per cui i fornai e pastai did)hano alimenlare una quantità di oziose, e non del tutto oneste persone, clie si (pialificano per loro garzoni disoc- cupati, 'l'ali persone sono intanto obbligate per lutto il giorno ;ìO del corrente mese di com- provare al prefetto di polizia il genere di occupazione al (piale si addicono per ritrarre la sussistenza, allrimonli saranno considerale quali vagabondi, e punite come tali ce, ce. » SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO 1 1 dimostrare ch'esse siano dannose, non solo nslrall.imenle, ma anche ri- !,'aaido alle condizioni speciali del nostro mercato. Ecco ciò che abbiamo intenzione di fare. § III. Cosa si propone la mela? la risposta e facile; poiché tulli sanno che essa tende a ravvicinare le spese di produzione al prezzo venale del pane e delle paste , ad assicurare i compratori che la merce vai tanto quanto dee valere e nulla più, a non far che il venditore fraudi di un sol obolo il povero e il ricco nella compra di quel necessario alimento. Or come perviene l'autorità alla fissazione della mela? In tuffi paesi essa richiama le mercuriali dei frumenti, indaga le spese di manipolazione per una quantità data , le mercedi degli operai ec. ec, e su tali in- dicazioni perviene a conoscere quanto costa al fornaio e pastaio un rotolo di pane o di paste, ed aggiungendovi un discreto guadagno per l'inlra- preriditore, stabilisce che il prezzo naturale di quelle derrate debb'esser mi una cifra anziché in altra; quindi obbliga i venditori a cedere il lor pro- dotto alla lassa imposta. V'ha ingiustizia in questo operalo? è facile il vederlo; e questa iiigiii- slizia sta nel togliere un drillo garantito dalle leggi civili al fornaio ed al pastaio, e tal drillo è la libertà di vendere. Se a tutl'allri produttori è conceduta questa libertà, se l'autorità pubblica lascia all'arbitrio del calzolaio, del mereiaio, del carpentiere, del falegname, del cartaio, del libraio ec. di dare alla sua merce quel prezzo che più gli pare e piace, perchè non debba lasciarlo al panettiere ed al pastaio? ecco una prim;i ingiustizia; ma ve n'ha un'altra di altra nalurii: se il lavoro è libero, perché non v'ha legge oggi che prescriva, come pria, il genere d'industria al «luale uno debba addirsi, che imponga un tirocinio per le arti affin di conoscerne i talenti e le inclinazioni, che riscuola un drillo per l'ammessione al corpo della maestranza, dico se il lavoro è libero per tutto ciò, se questa li- bertà d'azione scaturisce dalla giustizia e dalla civile uguaglianza, le leggi debbono garantire questa libertà in lull'i consociati, ed ogni eccezione non è che un' infrazione a queste leggi, a questo drillo di uguaglianza. Or la li- bertà di questo lavoro non può non estendersi fino al cambio, o per meglio dire sino alla vendila dei prodotti, che sono il risultato del lavoro anzidetto; dappoiché la libertà nelle transazioni privale deriva dal principio stesso della libertà del lavoro; se sta in me il preferir questa dalla taTaltra industria, se r esercizio di questa facoltà deriva dal dritto naturale ed è utile alla 12 INTORNO all'abolizione DELLE TASSE società, è anche una fycollà che discende dal drillo di nalura quella che ci rende assoluti padroni delia cosa prodotta ; dimodoché noi possiamo venderla al miglior mercato, permutandola cou riuogli oggetti che più ser- vono a' nostri bisogni, e nei luoghi dove maggiore è la ricerca. Perchè dunque il fornaio e il pastaio non debban godere di questo dritto? perchè debbano attendere dall'autorità la fissazione del prezzo dei loro pro- dotti? sapete perchè.... perchè ci si dice, ogn'allro ramo d'industria non è soggetto come questo al monopolio, perchè per nessuna merce come per questa può esser costante il numero de' consumatori, numero necessario ad assicurare i profitti del fornaio e del pastaio. Che siano falsi questi ra- gionamenti è facile il dimostrarli. Supporre nella inesistenza della meta il monopolio de' fornai e pastai, è lo slesso che supporre l'autocrazia o l'oligarchia in un governo in cui la sovranità risegga in tull'i cittadini. Definendo esaltamente la parola monopolio nel suo senso economico, esso significa la facoltà che si dà o si possiede da un solo di vendere i propri prodotti a quel prezzo che meglio gli aggrada ; però più comunemente esprime una concorrenza ristretta per cause naturali o artifiziali; il primo caso è comune a tulle le società civili, il secondo esiste più o meno in lutt' i mercati, in tutte le nazioni; i monopoli naturali s'esercitano per la diversità ed ineguaglianza delle facoltà individuali, e sono i talenti, le altitudini, le abilità che li determinano, onde le remunerazioni che se ne otlengonn variano a seconda del lor grado e della loro estensione ; i monopoli ar- tifiziali nascono dall'appropriazione di taluni agenti naturali, come i fondi (li terra, le miniere ec, da' privilegi o monopoli legali, e dalla organizza- zione di talune branche di travaglio in vaste intraprese industriali, onde viene interdetta la concorrenza a' piccoli stabilimenti d' industria, e son chiamali anche monopoli di concentrazione. Or quando la vendila del pane e delle paste vien lasciata libera, quali de' delti monopoli potrebbero esercitare i fornai e pastai? senza il caso in cui s'introducessero nuove macchine, che renderebbero a più buon patto quella mei-ce , macchine, che non larderebbero ad essere acquistate dagli altri produttori per seguire il movimento della industria, ogni altro mo- nopolio artifiziale dovrebb'essere autorizzato dalla legge. Ma sarebbe forse la meta questa legge? per cercarne le prove bisogna sostenere che vi sia, 0 almeno che vi possa essere monopolio sotto il regime di essa meta. In tutti paesi del mondo l'autorità che stabilisce la lassa del pane e delle paste, richiama eoa anticipazione i prezzi correnti del frumento, della ma- SUL PANE E SULLE PASTE IN PALEHMO 1 3 iioilopora, della legna, dell'olio e di tiUt'allro che occorre alla confezione di (incili, e che compone le cosi delle spese di produzione; solo su lali clemenli può essa giudicare della giuslizia o ingiuslizia del prezzo venale di (lue' prodolli. Or io domando chi fornisce all' autorità tali elemenli^' saprebbe essa per avventura il prezzo corrente del grano in un giorno dato, senza attingere questa conoscenza da' sensali"? saprebbe forse quanto pane e quanta pasta produca una salma di farina? saprebbe quanta legna e quanl' olio si consuma per produrre una quantità data di quelle so- stanze alimentari? saprebbe a qual somma ascenda una giornata di lavoro degli operai? no certamente, e non sapendolo, deve ricorrere agli stessi fornai e pastai per conoscerlo. Ora essendo costoro costantemente interes- sati ad esagerare queste spese, fan si che la meta riesca sempre in lor favore; e facile l'accordo di essi coi sensali di frumenti, coi quali agevolmente deb- bono intendersi per ragioni che meglio in seguito diremo, onde simulare l'innalzamento temporaneo del prezzo del grano, che fatto il cosi detto ^candaijUo potrà ritornare al suo naturai corso, senza che perciò si alteri la mela, che imposta deve aver vita per un certo periodo perchè si rinnovi. Ora che questo modo di fissare la tassa tolga la libera concorrenza è agevole il vederlo, dappoiché all'ombra della legge nessuno porrà impegno nel migliorare la qualità del pane o delle paste, o diminuirne il prezzo; il che si osserva da lungo tempo nel nostro mercato , dove se qualche volta si è veduto crescere il peso del pane e scendere la tassa delle paste, è slato sempre a scapito della bonlà degli stessi prodotti, e tal vantaggio darsi a' consumatori al di sotto della meta da' soli piccoli capitalisti, ai (juali manca sempre il concorso degli avventori , perchè non godendo i vantaggi nelle spese di produzione dei ricchi, i quali tutto comprano al- l'ingrosso, e fan provviste a tempo debito, non possono dare a quelle so- stanze la desiderata perfezione. Osservo perciò, che la meta è utile solo a cotesti ricchi, perchè il gua- dagno mentre è sufficiente per loro a remunerarli largamente nella industria da essi esercitala, non lo è per gii altri che tutto comprano a dettaglio, e che sentono realmente le conseguenze delle oscillazioni nei prezzi del grano e di altre derrate inservienti alla fabbricazione del pane e delle [ìasle. Ecco dunque il monopolio garantito dalla meta a danno de' piccoli produttori e di lutl'i consumatori, i quali ultimi trovano sul mercato la merce ad un prezzo mai rispondente alle spese di produzione, per essei' queste iittiziamenle alterate da' migliori fornai e pastai. Ma supponghiamo per un momento che la inlluenza dei ricchi pastai I i- iNTon.NO all'abolizione delle tasse e fornai sulla fissazione della mela non esisla, e che l'aulorilà nel racco- gliere gVi elenienli di calcolo sia assistila da persone probe ed onesle, si può credere allora sicuranienle die il prezzo d'un dato giorno del grano, della legna, dell'olio, ec. sarà quello del domani, e di quanl'altri giorni 0 mesi debban correre sino alla rinnovazion della lassa? può esalla- mente, io dico, e con tulla giuslizia seguir l'aulorilà anzidetta la va- riabilità de' prezzi delle malerie inservienti alla fabbricazion del pane e delle paste? dappoiché se la meta riesce per calcoli inesatti al di sotto delle spese di produzione è ingiusta, perchè obbliga i produttori a delle perdite; ciò che non raggiunge nò la intenzione di chi la impone, né l'interesse dei consumatori, i quali vedrebber mancare il pane e le paste nel mer- cato, non convenendo a' fornai e pastai il fabbricarli; se poi la mela riesce favorevole ai produttori , ed allora si viene a nuocere al pubblico, come ordinariamente avviene, facendo pagar più cara una merce, che non var- rebbe se il prezzo di essa fosse lasciata al naturai suo corso. L'ullimo caso il dippiii diflìcile ad avverarsi per le ragioni da noi lar- gamente esposte, si è quello in cui la meta giunga a tener dietro con un" esattezza scrupolosa a tutte le variazioni dei prezzi dei generi abbiso- gnevoli alla fabbricazion del pane e delle paste , e tutto calcolando con matematico rigore stabilisca una tassa in perfetta relazione alle spese di produzione; ma allora a che io domando laute cure e tanta responsabilità da parte del decurionato o del governo? se la libertà nella vendita può dare sola (ammettiamo per ora la probabilità , ed appresso ne dimostre- remo la certezza) quest' utile resultato, se è in questa libertà che puossi trovare il maggior vantaggio dei produttori e dei consumatori, a clie ve- nire con mezzi artificiali allo stesso scopo? Però si dice, che se anche fosse nella libertà della vendita il maggior vantaggio di tutti, in Palermo però ov' esiste una corporazione di pastai e fornai lavoranti che dan la legge a' padroni di fabbrica, che stabiliscono la mercede loro spettante, che obbligano cotesti padroni a riceversi qualun- que di loro indistintamente senza poter rifiutarsi, perchè cosi vuole la lega, che questi padroni finalmente sono costretti a dar lavoro a tutti ricevendo un giorno della settimana quelli che non han potuto trovar impiego alle loro braccia , tutte queste condizioni onerose pel produttore farebbero sparire l'utilità della libera vendila; perchè non frenale le loro pretensioni dalla cifra che stabilisce la meta per la manipolazione del pane e dello paste, otterrebbero un costante e graduale innalzamento nella tassa del salario. Tutto ciò è falso per le più accurate indagini da me praticate. Esisteva SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO 15 c vero sino a pochi anni addietro tale corporazione, la quale giunse nel 1 851 , tempo di scarsezza di grano, e quindi di rincarimento di viveri, a disertar le fabbriche in veduta dell'abbassamento del salario, a cui volevan sot- tomettersi i lavoranti per non dare un prezzo esorbitante al pane ed alla pasta, oggetto di grandi clamori, ed in tal frangente vi fu giorno in cui talune delle fabbriche anzidette rimaser chiuse per mancanza di operai ; ma avendone il governo fatto imprigionare parecchi, e chiamatine altri dai paesi vicini, ottenne che si riaprissero le fabbriche, e che minorassero gran fatto le pretensioni de' palermitani lavoranti; fu allora che la coalizione ebbe la prima scossa. Ma altra contemporaneamente quasi ne ricevette, e fu quella di aver fissalo il governo con le ministeriali del 14 e 20 agosto del detto anno, che da' padroni di fabbrica non si pagasse pei pastai più di grana 2 a rotolo per prezzo di lavoro, e pei fornai più di tari 13 a salma (1); (1) Ecco i sensi delle minislcriiili clic si citano. Slinisleriale del 17 aijoslo 1831 numero 6338. S/iese da farsi linone ai fornai nella maniiiolazione del pane. AlI."l.l|TE>DE.\TE E AL l'iiETOBE Ul PaLEUJIO. K Siijnorc— Tenendo ncll.i dnviila eonsidiTazione le istanze elle ini sono slate presentale dai proprietari fornai, aflincliè talune parlile delle spese per la manipolazione del pane siano re- guliile sia in aiiinento sia in diminuzione, giusta 1' efTelliva spesa, e die vi fossero aggiunte talune altre, che sono così obbligali di fare, su la base degli opportuni elementi raccolti su la materia , sonomi detcrminato a disporre, che da ora in poi le spese per la manipolazione del pane da farsi buone ai proprietari fornai restino irrevocabilmente fissale come infra : u Per fare il frumento n macina per ogni salma tari 1, 5 — sensalia lari 1 —molitura tari 7 e grana 5 — purificatori della farina tari 2, 15 — vitto ai medesimi grana 10 — detto pei gio- vani tari 1, 13 — olio, sale e zolfo lari 1 —legna e nocciolo lari 3, U — manifattura del pane tari 13 — vendila del pane in bottega e nei posti, e perdila pel ritorno del pane duro tari i — pigione del forno col magazzino annessovi lari 3 — consumo d'arbitrio grana 11 — mercede al fornaio proprietario tari 4, 10 — delatura del frumento grana 13 — giuggiolena granaio — loicro di magazzino pel frumento grana 10 — pane ai giovani nell'nscire dal forno grana 10 — «lagazzino di legna e nocciolo grana 3 — per cambio di moneta grana 10. — Sono onza una tari 17, 5. — Quanto al drillo di molitura come sopra fissato per tari 7, 5 è bene il dicliiararc, che questo va ripartito nel seguente modo : «Al proprietario del molino lari 3, 17. « Al molino per ogni salma grana 14. r. Al capo giovane per ciascuna salma grana 14. « Sillalto premio di molitura comunque non debba avere cffelto riguardo ai proprietari ili mulini o molinari , e giovani se non dal 1" settembre prossimo venturo in poi , nullameno sonosi contentati i proprietari fornai ad aniinetterlo nel presente conto fin da oggi. Comunico ce.- Il Generale in Capo Luogotenente Generale Interino — Firmato — Satbia.\o. i, 16 INTORNO all'abolizione DELLE TASSE quanto al turno, cioè all'obbligo dato ai padroni di fabbrica di riceversi in un giorno della sellimana lavoranti che non avesser potuto trovare im- Minislcriale 14 agosto 1831 numero C49I. Per le mete delle paste. All'Imtekdekte e Al Pretore di Palermo. (1 Desideroso di sistemare l'annona di questa città, articolo che desta tutto V interesse del Real Governo, di conseguenza alle disposizioni di massima oggi stesso da me date per le pro- duzioni medie calcolabili, da potersi ricavare in tutto l'anno da salma una di frumento ridotto in pasta , e per un regolare aumento di spese in favore dei pastai , a quelle stabilite colla Ministeriale del 30 maggio ultimo; (1 Visto il listino di commercio che porta il prezzo della giustalisa di prima qualità ad on- ze 3, 16 la salma; per non ritardare ulteriormente le disposizioni per la nuova assisa, con ragione reclamala dai pastai ; a conciliare le vedute di giustizia in prò di qucsl" ultimi che fortemente si dolgono dell' assisa attuale ; e non far subire un islantaneo grave aumento a carico del pubblico, vengo a stabilire i seguenti risultali, da aver luogo per l'imminente se- conda quindicina del corrente agosto, salvo a farsi dal Decurionalo quello aumento o dimi- nuzione che possa aver luogo dal 1" scUcmbrc prossimo in poi. '< Peso convenzionale del frumento quintali 2, 70 — acqua nello sbagno per medio resultato rotoli 11 — si riduce quintali 2, 87 — da togliersi pel molino rotoli 7 — restano quintali 2, 80. Distinta. n Pasta di prima qualità quintale 1, 57, 6 a grana 16 onze 4, 6 — Detta di seconda qualità rotoli 20 a grana 12 lari 12 — Crusca rotoli 30 a grana 8 tari 20 — Seniolone rotoli li , 9 a grana 6 tari 3, 9 — Crusca rotoli 41 a grana 3 tari 10, 5 — Totale dei quintali 2, SO — delle onze S, 21, 14. Costo. Frumento Onze 3 16 » Dazio 1) » 29 2 Onze 4 13 2 4 13 2 Spese. Adacquare e crivellare Onze a 1 3 .Molitura » » 6 » Semolari » » 5 10 Pigione )ì » 2 15 Consumo d'arbitrio » » 1 » Garzone » » 1 » Olio e carbone » » 1 » Sensalia » » 1 » Guadagno incluso il cambio della moneta ed il trasporlo del frumento » » 9 » Manifattura a grana 2 rotolo » » 17 13 Onza 1 13 13 1 13 13 Onze 6 » 17 Restano in credito » » 9 3 Sono le soprascritte Ooze 3 21 14 SUL PANE E SULLE PASTE IN PALERMO I 7 piego, venne anche abolilo, o tal roslnnianza ove liillavia abbia vigore, non lo è obbligaloriamcnle come pria, ma per libera volonià de' padroni anzidelli; dunque la voluta coalizione più non esiste, giacché fu distrutta nel 1831, e d'allora in poi nessuna violenta condizione possono imporre i lavoranti a' proprietari di bottega, perchè la tassa del loro salario è stata stabilita in modo inalterabile e fisso, e perche l'interferenza del governo farebbe cessare ogn'altra pretensione che lor sorgesse in mente a danno de' consumatori. Ma mi si potrebbe obbiettare a tutto ciò, che lasciata libera la panizza- zione, questi lavoranti vedendo anche tolta la tassa forzata del lor sala- rio ricomincerebbero le loro pretensioni, e la lega rinascerebbe in tutto il suo vigore. — Pria d'ogni cosa osservo, che una coalizione già sventala e fulminata dal governo, è difficile che si riproduca con tutta la sua forza sotto il regime della libera concorrenza; ma ammessa la sua riproduzione, non può il governo stesso intervenire di nuovo a disperderla?; in gene- rale le coalizioni tanto degli operai che degl' intraprenditori nel line di avere quanto a' primi un aumento nel loro salario, e quanto a' secondi un abbassamento in quello che essi debbon corrispondere agli operai anzidetti sono dannose quando sono forzate; potrebbero esser utili ove giugnessero con equa misura a frenare le pretensioni esagerate degli uni e degli altri, (( K mio volere, clic sia falla esallnmente fassisn di 13 in 15 i,'iorni, acciò in corrispondenza (lei prezzi dei l'runicnli sia slabililo il prezzo delle paste a giustizia senza gravare i paslai e mollo meno i consumalori, che tanto stanno a cuore del Real Governo. « Comunico ce. — 11 Generale in Capo, Luogotenente Generale Interino — Firmalo — Satiiia^o. » .Ministeriale 20 agosto 1831 numero 6j98. Si stabilisce il premio di moliluTa per le semmole. All'Iktendeste e aiPbeiohe di Paieujio. Il Signore — Con Ministeriale de' 14 di questo mese numero 6489 nello stabilirsi le spese da farsi buone ai paslai, si prometteva di provvedere deffinitivamcntc in quanto alla somma B3 (secondo i LXX x^fapà , e nella Vulg. Caphira o Caphara) un villaggio o città degli Evei, che poi toccò in sorte alla tribù di Benjamin Jos. IX, 17. XVIII, 26. — Nel bronzo del n. 6. non è dubbio che le due lettere s 2 non sieno un'abbreviatura del nome intero xi£r, del quale esse son prima ed ultima. Cotal modo d'abbre- viare è usato nelle lingue semitiche, anzi appo gli Arabi e i rabbini fre- quentissimo. E qui pare eziandio che l'artista volesse disporre l'epigrafe in modo che l'altre due lettere mostrassero come occultale dietro al collo della dea. Che quello fosse il nome punico di Solunto non può dubitarsi, si per lo luogo dal quale colali monete comunemente si cavano, e si per l'epi- grafe greca della quale sovente è accompagnato. E certo che Solunto ne' principii suoi non potè esser altro che un villaggio, attesa spezialmente l'angustia del sito; per la quale, eziandio ne' tempi che la città più pro- speramente tìoriva , il circuito delle mura sue , che può ancora in gran parte osservarsi, di poco superava i mille passi romani. La scarsezza an- cora delle monete d'argento, che furono in essa battute, non indica molta opulenza; comechè i monumenti attestino che le arti vi fiorissero , e i bronzi de' numeri 3. 4. 6. sieno certamente d'un bel lavorio. Onde non può me- narsi del tutto buono quel che scrisse l'Eckhel 1. e. : numi ipsi nullo ele- gantiae aut remotae vetustatis merito. Farmi in fine di dover richiamare 1' attenzione degli archeologi sopra gli emblemi de' numeri 4. 5. 6. Quella testa di Pallade è ritratta in tal modo , negli esemplari di diversi tempi e differente lavorio e' ho potuti osservare, che parmi dovesse riferirsi ad alcuna statua della dea che fosse venerata in Solunto. E quell'uomo che tira dell'arco è forse Mercurio me- desimo, nume caro a' trafficanti, andato a qualcuna delle sue furtive im- prese, dalla quale par che fosse rappresentalo reduce nella graziosa mo- netina d'argento, dove, posto giù l'arco e 'I turcasso, si riveste degli abiti consueti. PANORMO. Terza in ordine tra le città puniche mentovate da Tucidide è Panormo: avvegnaché per l'opportunità del silo, ed ancor più per quella del porto, che penetrando viaddentro fra terra, chiudeva anticamente tra le sue braccia la città ed apprestava sicurissimo ricovero a' naviganti , ella salisse ben tosto a tal grado di ricchezza e di potere, che fu reputata stanza prin- su LE MONETE PUNICO-SICULE. M ripale de' Cartaginesi nell'isola, e la più importante tra le città del loro dominio, /Sapurarv; rcXi^ rijg rw;^ Kap'XvSo'iws/ irap^Jag, SeCOndOChè l'appella Polibio I, 38, 7.; dove imprende a narrare come, stretta dall'armi d'A. At- tilio e di Gn. Cornelio nella prima guerra punica, ella venne finalmente sotto la signoria dei Romani. Ed io noto questa particolarità della sua grandezza e potenza; perocché questo è l'argomento principale dal quale si possa dedurre, in difetto d'altri più diretti e concludenti, quali tra le monete puniche siciliane debbano credersi appartenenti a Panormo. Il nome sotto '1 quale noi la conosciamo è greco, e dedotto dalla comodità del suo porlo, siccome osservò ancor Diodoro XXII, 10, 4.: ma il suo nome punico, poi ch'ella doveva averne certamente uno, è incerto, da potersi indovinare sol per congetture e procedendo per esclusione. Peroc- ché, trovandosi tra le monete puniche una classe, ch'è la più numerosa e più bella, la qual deve per la simiglianza de' tipi e delle leggende esser appartenuta probabilmente ad una medesima città ; e quelle scritte non potendo convenire ad alcun'allra delle conosciute: ragion vuole ch'esse si riferiscano almeno in gran parte alla principale tra le città cartaginesi dell'isola. E però anch'io attribuisco a Panormo, attenendomi alla sen- tenza più comunemente seguita da' numismatici e dagli orientalisti, le monete che seguono: \. Arg. 9 %, telradrammo di bel lavorio. Testa di giovine- donna, a si- nistra, con capegli elegantemente acconciati , intrecciatevi delle foglie di canna o altra pianta palustre; dinanzi al collo, una conchiglia [pccten], che spesso manca; intorno nel campo, quattro pesci. )( Testa di cavallo maestrevolmente lavorata, a sinistra; dietro, una palma; sotto, in lettere puniche, Pinony. Tav. I, 7., da esemplari della collezione del can. Len- tinello in Siracusa e del museo Salnitriano. Publicato già scorrettamente dal Goltz hist. Sicil. ex numism. iììustr. tav. XII, 6. e da Parala n. 125. e 126. poi meglio dal Peilerin remeil III. tav. CXXI, 21 ., e più esattamente dal Mionnet voi. I. p. 208. n. 488. 489. tav. XX, 15. 16. tav. LXVI, 5. e dal Gesenius p. 288. tav. 38 A. B(l). 2. Arg. 9 y^. Testa di donna dello stesso carattere, a dritta, coi quat- tro pesci intorno. )( Testa di cavallo , a dritta o a sinistra , con palma dietro; sotto, in caratteri fenicii, nina^yU) (ved. tav. II, 34.). Barthélemy (I) Vedi ancora, per lo varianli clie si trovano nella forma dei caraUcri, la mia lav. II. :il., dove l'ulliiin' due linee appartengono certamente all'età della decadenza, come osser.vó II Ge- senius. 12 su LE MONETE PUNICO-SICULE. nelle Mem. dell'accad. voi. XXX. p. 417. tav. II, 9. Mionnel. 1. e. n. 486. 487. tav. XX, 14. Gesenius 1. e. lav. 38 H. 3. Arg. 9. Simile in lutto al n. 1., se non che! pesci nel diritto son tre, e nel rovescio la leggenda è ridolla alla sola iniziale a della voce nana, che più innanzi mostrerò essere stato il nome punico di Panormo. Nel Museo Salnitriano. 4. Arg. 9. Testa d'Ercole imberbe, a dritta, coperta della spoglia del lione, che gli s' annoda sul petto. )( Testa di cavallo a sinistra ; dietro, palma; dinanzi, talvolta un caduceo; sotto, la medesima epigrafe del n. 1. Ved. tav. I, 8., dove nondinianco il modulo e la flgura del rovescio è un po' più piccola del vero , perchè disegnata sopra un esemplare eh' ap- partiene propriamente al n. 6. Paruta n. 123. Barthélemy 1. e. p. 417. tav. II, 8. Mionnel 1. e. p. 269. n. 494. 495. tav. LXVI, 6. Gesenius I. e. 5. Arg. 9. Tesla d' Ercole come nel precedente. )( Testa di cavallo a sinistra; dinanzi, una spiga ovvero tre globelli piccolissimi; dietro, palma; sotto, in fenicio, o'nrìnay (ved. tav. II, 33.). Descritto dal Pellerin ree. III. tav. LXXXVIII, 8. tra le monete della Zeugitana, da Dulens explicat. de quelq. médailles diss. 2. tav. II, 1., da Perez Bayer del alfabeto y lengua de los Fenices, opuscolo aggiunto alla versione spagnuola di Sallustio di don Gabriel de Borbon, da Eckhel doc.tr. nmn. III. p. 415., da Mionnel 1. e. n. 496. tav. XX, 18. e dal Gesenius 1. e. tav. 38 G. 6. Arg. 7 '/,. Testa d' Ercole come ne' precedenti , a dritta. )( Testa di cavallo a sinistra ; dietro, una palma; dinanzi, talvolta un caduceo od una clava; sotto, in lettere puniche, D^'i^'nn. Vedi tav. I, 8., e per l'iscri- zione, lav. II, 35. Parula n. 124. Burmann nel comment. su le monete aggiunto a" Sicula del D'Orville tav. I, 5., e più correttamente Dulens diss. 2. tav. II, 2. Mionnel 1. e. n. 497. tav. XX, 19. Lindberg p. 47. Gese- nius p. 290. tav. 38 K. 7. Arg. 9. Tesla di donna velata d'una spezie di berretto frigio, con una bendella ornala di palmette, a sinistra. )( Lione che cammina da- vanti ad una palma, a sinistra; nell'esergo, n:^;c^2y\^^ con le singole let- tere rovesciale da sinistra a dritta. Tav. I, 9. Barlhèlemy I. e. tav. II 10. Bayer ed Eckhel II. ce. Mionnel p. 267. n. 478. tav. XX, 7. LXVI, 7. Gesenius p. 289. tav. 38 I. 8. Arg. 9. Tesla di donna con berretto frigio senza bendella, a dritta. )( Lione a dritta, davanti ad una palma; nelTesergo, njnjSQV^"- Tav. I, 10., dal bell'esemplare del can. Lenlinello in Siracusa. Mionnel 1. e. n. 479. 9. Arg. 9. Prolome d'un cavallo infrenalo, a dritta: sopra, vittoria che su LE MONETE PUNICO-SICULE. 13 vola a drilla, per incoronarlo; dinanzi, un grano d'orzo, che in altri è posto sopra in luogo della vittoria, e talvolta manca l'uno e l'altro; sotto, in caratteri fenicii , rui^nnnp , e talvolta semplicemente n , ovvero nn. )( Albero di palma; e da' due lati del tronco, njna, e talvolta solo nn. Tav. I, 11., dal bellissimo esemplare che me n'ha mandato gentilmente da Termini il barone Enrico Jannelli. Torremuzza Sic. veli, numi tav. C, 4. auct. I. tav. IX. Barlhélemy 1. e. tav. Il, 7. Eckhel doctr. nmn. III. p. 416. Mionnet voi. I. p. 331. n. 39-41. suppl. I. tav. VIII, 48. 49. Bellermann voi. III. p. 17. Gesenius p. 291. tav. 38 L (1). 10. Arg. 9. Cavallo sfrenato di galoppo, a sinistra; con vittoria sopra, anco a sinistra; nell'esergo, in caratteri minutissimi, (nU^T) nn-ip. )( Palma, e da' due lati del tronco, rana. Tav. I, 12., da un esemplare che n'ho veduto in Termini. Vedi Torremuzza tav. C , 3. , benché quivi è senza epigrafe nel diritto; ed Eckhel ?ntmo)-. vett. anecd. Syllogeì. tav. II, 16.. dove ne publica una con gli stessi tipi assolutamente anepigrafe. 11. Arg. 9. Protome d'un cavallo sfrenato, che corre a sinistra; sopra, vittoria, che vola ancora a sinistra a coronarlo; dinanzi, grano d'orzo. )( Palma, e da' lati del tronco, n\i;fn Hip. Tav. I, 13., da un tetradrammo di bel lavorio e di perfetta conservazione mandatomi anco dal barone Jan- nelli da Termini. 12. Arg. 9. Testa di donna con foglie di canna intrecciate ne' capelli, a sinistra ; dietro rirtnnip. )( Cavallo di passo davanti ad una palma , a sinistra. Tav. I, li., da un esemplare del museo Salnitriano. Mionnet suppl. I. p. 411. Lindberg p. 24. Gesenius p. 292. Tutta questa serie di bellissimi tetradrammi non può derivare se non da una città ricca e possente tra le siciliane: e l'epigrafi puniche, non meno che gli emblemi del cavallo, del Mone, della palma, indicano incontrasta- bilmente una città cartaginese. I quali caratteri a nessuna convengono me- glio eh' a Panormo ; la quale usò ancora nelle sue monete greche, come parecchie altre città di Sicilia, il tipo della testa d'Ercole, ch'ène' nn. 4. 5. 6. Egli è il vero che quella bella testa feminile, con foglie di pianta palustre intrecciate a' capelli e i pesci dintorno, è un tipo tulio siciliano e proprio quasi esclusivamente di Siracusa. Ma, essendo allor comunemente ricevuti (I) Vedi iincliL' la mia Uiv. Il, 36., (lov"è nolala iitja forma alquanlo diversa dell' epi^Turc n'i^nìTlp. Il Gesenius lolsela da un esemplare del museo brilannieo. ed io da uno della collezione Salinas, nel quale non v'c villoria. ma solo un jjrancllo d'orzo sul eavallo, e 'I p è separato dall'allrc leUere. tome nell'esemplare brilannico . perchè posto innanzi a' piedi del cavallo. 14 ' su LE MONETE PUNICO-SICULE. in Sicilia i bei tetradrammi di questa città principe tra le greche ; egli era ben naturale che i Cartaginesi, emuli com'essi erano della potenza di lei ed ambiziosi di ridurre tutti i Siciliani sotto la lor signoria , volessero gareggiar con quella anche nelle monete che battevano , e ne imitassero gli emblemi, i quali vedevano riconosciuti in lutti i piccioli slati dell'isola. Quella testa rappresentava certamente un'iddia; o fosse ella Proserpina, come vogliono Mionnet e de Saulcy , od Aslarte , come avvisano Miinler e Lindberg, ovvero Aretusa secondo Gesenius, o Artemide Potamia secondo altri: e forse in origine non era altro che la fonte Ciane, alia quale i Si- racusani tributarono onori divini, od altra simile deità locale. Perciocché, io avviso col duca di Luynes bull. arch. nap. 1. p. 172. che le teste mu- liebri le quali si veggono su le monete delle varie città di Sicilia , con acconciature e simboli costantemente diversi , non si riferiscano ad una medesima deilà: e i caratteri di questa nostra non convengono né a Pro- serpina, ch'era ordinariamente incoronata di spighe; né ad Aretusa, che ben altramente è rappresentata nelle monete siracusane che portano l'epi- grafe d' ,\PE0tCA ; né propriamente ad Aslarte , che per la sua origine era un'iddia celeste, imaginata a simboleggiar Venere e la luna. Ma quella, qualunque ella si fosse, deità locale, con intorno quei pesci, ch'erano il simbolo dell'isola, facendosi formidabile e temuta da tulli la potenza si- racusana, par che divenisse il simbolo comune di tutta la Sicilia e l'ima- gine del suo genio tutelare. E però ella potè bene esser ritratta nelle mo- nete de' Cartaginesi, ch'aspiravano alla signoria generale di tutti gli stati siciliani. Anzi, usi com'essi erano, dopoché le loro relazioni co' Greci di- vennero più frequenti, d'attribuire a' loro iddii i simboli della greca mi- tologia e di pareggiarli co' greci, poterono a quella guisa abbigliare anco la loro Aslarle, suprema divinità del sesso feminile : per modo che quella la quale era una ninfa od altra deità fluviatile su le medaglie di Siracusa, diventò Aslarle su quelle delle città fenicie dell'isola. Cosi l'Ercole lirio, nume tutelare della città di Tiro, venerato anche con sacrifici umani in Cartagine, e adorato generalmente in tulle le colonie fenicie e cartaginesi, del quale m'occorrerà di parlare ulteriormente nell'ari. d'Eraclea, è rap- presentalo su le nostre monete, siccome in quelle di Cadice e d'altre città abitate da' Fenici, con la spoglia del lione, e con gli altri simboli del- l'Ercole greco; benché gli scrittori greci e romani lo distinguano comu- nemente da questo. E pure oggi tiensi per ragioni assai probabili, eomechè Mùnter Religion d. Kaithag. p. 36. il nieghi, ch'egli non era altro in origine che Baal, suprema deità maschile de' popoli fenicii, nella quale su LE MONETE PUMCO-SICULE. 1 5 rappresentavano il sole, come principio d'ogni virtù fecondatrice, secondo c'tia dimostrato Creuzer SymboUk 11, 266., e forse anco, se vuol credersi a Gesenius comment. in Is. II, 335. e thes. Ung. hebr. et chald. I, 224., il pianeta Giove, stella maggiore della fortuna nell'asiatica astrolatria. Ma, venendo all'epigrafi delle quali son segnale le nostre monete; quella de' nn. I. 4. (tav. I, 7. 8.) oggi è certissimo che debba leggersi nino uy, come primi videro Barthélemy e Swinton, seguili da Kopp, Tychsen, Lind- berg, Gesenius ecc. ; ed è perciò composta delle due voci oy 'am, popolo, e rana; o che voglia questa seconda pronunziarsi Muìihanoth in plurale, cioè castra, alloggiamenti, come il Barthélemy faceva; ovvero JInhhaiiath in sing., cioè campo, come amerebbe il Gesenius. E quello dee credersi che fosse il nome d'una città, probabilmente di Panormo: che fu la sentenza del Barthé- lemy, il qual comparava con questo nostro i nomi romani Castra Julia, Castra Caecilia, Castra Hannibalis, e vie meglio quello di Mahhanaim, che fu una città di là dal Giordano ne' confini delle tribù di Gad e di Manasse Jos. XIII, 26. 30. L'opinione di Swinton. che nelle philosoph. transactions voi. LIV. p. 411. sosteneva contr'al Barthélemy esser contenuto in quel- l'epigrafe il nome di Mene, piccola città de' Sicoli dilungi dal mare, fu confutata dallo stesso Barthélemy nella lettera al marchese Olivieri da Pe- saro p. 13. 27. e più ampiamente dal Dutens explic. de quelq. mèdaill. greajucs et plioenic. p. 207., e dietro a loro a' nostri di dal Gesenius p. 289. E 1 Bayer, che nell'opuscolo cit. p. 347. vi leggeva Macharath, e sotto questo nome vedeva Eraclea Minoa, detta anticamente Macara secondo Era- clide Pontico, e poi nell'appendice aggiunta in fine l'attribui a Cartagine, perchè un de' quartieri di quella si chiamò Megara, errò certamente nel valore della penultima lettera. Tutta poi l'epigrafe suona 'am Mahhanath, cioè il popolo di Mahhanafli. come bene interpretò il Barthélemy, perocché in nome del popolo o dei cittadini, e per loro uso, le monete si battevano. E siccome contraria al- l'indole della lingua, deve riprovarsi la lezione del Kopp voi. II. p. 190. e di Lindberg p. 17.; i quali le prime due lettere pronunziano 'im che vuol dir con, per far che tutta l'epigrafe risponda al nome greco U(i:>ppfj.cg:. supponendo ch'ella possa cosi significare complexus portuum. Ma né quella preposizione fu mai usata a modo di nome sostantivo, né il campo ha che fare col porto, come ben rifletteva il Gesenius. E similmente io credo che non possa sostenersi la congettura proposta dal signor de Saulcy nelle Memor. dell' accad. delle iscriz. voi. XV. II. p. 39., che le monete cosi segnate, potessero essere delle monete castrensi, come più tardi l'ebbero 16 SIILE MONETE PUMCO-SICULE. altri popoli. Perciocché agli esercili cartaginesi, composti in gran parte di gente accogliticcia, di mercenari e di scliiavi, non potè mai da quel popolo essere attribuita tanta importanza politica, da battere in nome d'essi, 0 per loro uso esclusivo, le bellissime medaglie delle quali ragioniamo. Ma potè ben Panormo essere appellata di quel nome : perocché il silo della piccola penisola nella quale surse la città antica, essendo per natura for- tissimo, per le due braccia del porto che da' due lati il cignevano, è verisimile che fusse scelto per campo da' Cartaginesi nelle loro prime in- vasioni, da potervi trincerare gli eserciti, mantenendo libera comunicazione col mare. Nel tetradrammo del n. 5. al nome della città è prefisso l'articolo n, si che tutta l'epigrafe deve leggersi n:nt3n CV 'o-'»- ha-Mmahhanath, cioè (7 popolo del Campo, perocché a' nomi appellativi passati in propri suole nelle lingue semitiche prefiggersi l'articolo. Nell'epigrafi de' nn. 2. 7. 8. la sillaba oy 'nm è preceduta da un'altra lettera; la quale il Barthélemy (per un errore paleografico che poi egli medesimo corresse, e che nondimeno il Lindberg ripetè, interpretando a p. 17. quest'epigrafe,) credeva che fusse un he, cioè il noto articolo ebraico, il quale per le leggi gramaticali non può prefiggersi ad un nome che trovasi, come qui, in istato costrutto. Al Kopp parve un o, che vuol dir da, ex. Ma essa è certamente uno scin, per la coda c'ha da destra molto più breve che '1 mem: ed è qui lo scin che suol prefiggersi alle voci ebraiche e fenicie in luogo di pronome relativo, e quindi per segno del genitivo, siccome in caldeo il daleth. Di questo scin che segna il genitivo il Gesenius cita esempi dell'iscrizione sarda lin. 1., di quella di Tucca lin. 6. e delle monete del primo re Juba ; a' quali io aggiugnerò quello delle monete d'Ime- ra. Cosi, sonando tutta la nostra epigrafe sce-'am Mahhanath, cioè del po- polo di Mnhhnnath, ella risponde a capello al TTANOPMITAN che si legge nelle monete greche di Panormo. — E qui vuol notarsi che nel tetradrammo del n. 7. (tav. I, 9.) leggesi la medesima iscrizione con le lettere rovesciate, ciascuna per singolo, da sinistra a dritta: comeché tutta l'iscrizione corra da dritta a sinistra, secondo l'ordine della scrittura semitica : rovesciamento non insolito ne' monumenti fenicii, ne' quali si volle talvolta imitare il modo greco di scrivere; siccome i Greci per contrario ne' monumenti più antichi volsero tal fiata le lettere da dritta a sinistra, p. e. 1 in luogo di r. 4 per I' e simili, nelle quali forme si vede un avanzo dell'antico alfabeto, originariamente fenicio, od un effetto dello scriver serpeggiando, che fu detto dovorpof^:"- su LE MONETE PUNICO-SICULE. IT l)i mollo più difficile interpretazione è l'epigrafe che vedesi sotto la lesta del cavallo nel tetradranimo del n. G. (lav. Il, 35.) la quale Du- lens leggeva ninna, riferendola ad Imachara, e 'i Kopp Q-iano , che Hamaker imaginava potersi interpretare ex Himerensibus. Ma le prime tre lettere son fuor d'ogni dubbio llina, e l'ultima n; rimanendo forse un po' dubbia la quarta, che in alcuni esemplari pare un i per la coda che scende alquanto diritta, mane' meglio conservati è un 2, ripiegandosi verso sinistra, come in quello del sig. Salinas, dal quale ho copiata questa epigrafe. Il Gesenius, leggendovi 1, vedeva nelle prime due lettere le iniziali del nome Mahhanath; quindi 'Isolilo scin relativo, che segna il genitivo; e nell'ultime due leggeva Rom, cioè Roma: si che tutta l'epigrafe volesse dire Panormo romana, ossia P. colonia romana; poiché questa città ebbe per fermo il titolo di colonia romana, siccome appare eziandio dalle mo- nete che con tal qualità ella batteva. Gli altri, che nella quarta lettera veggono nn beth, son discordi nell'interpretazione : perocché Hamaker misceli, plìoenic. p. 138. vorrebbe vedervi '1 nome d'Aspide città affricana; Lindbcrg spiega praefecti monetae; e '1 p. Garrucci (vedi bull. ardi. nap. I. p. 175.), accordandosi col Gesenius intorno al significalo delle prime tre lettere, vede nell'ultime due una voce affine all'ebr. na3 bama, che vuol dir poggio 0 collina, ed imagina che questa Panormo del poggio fosse la città antica, la quale é detta raXaia da Polibio I. e, aprala da Diodoro XXIII, 18. 4., ed òixpa (rocca 0 cittadella) da Zonara. Da' quali tutti io dissento: perocché né a Panorno romana può attribuirsi un tetradrammo che, come gli altri, a' quali non cede punto nella perfezione del lavorio, fu battuto certamente nell'età greca; né la piccola città d'Aspide, non cartaginese, ma fondata da Agatocle siracusano nella spedizione conlr'a' Cartaginesi, ha qui che fare; né la voce ebr. D'sU-'na ebbe mai '1 significalo che le dà Lindberg, ma sì quello ù' artifices, ingegneri; né sta bene in fine la frase Panormo del poggio oàeWa rocca, proposta dal p. Garrucci, che do- vrebbe piuttosto dirsi la rocca di Panormo. Oltreché la città antica non era altramente posta in collina, né poteva mica convenirle il nome di poggio, na;; stendendosi ella tutta nel piano, dal luogo dov'è oggi il palagio reale insino alla chiesa di s. Antonio nella via del Cassaro, dove il porto di- videvasi nelle due braccia che chiudevanla da settentrione e da scirocco; benché per la naturale elevazione della pianura fusse alquanto più alta che la Città nuova, la quale occupava fuori del braccio meridionale il sito del moderno quartiere che dicono della Kalsa. — Dopo aver combattute cosi le interpretazioni degli altri, dovendo pur proporne una mia, dico 18 su LE MONETE PUNICO-SICULE. che le prime due lettere dell'epigrafe possono ben riguardarsi siccome iniziali del nome njnn, campo, e che l'altre Ire contengono forse qualche nome proprio ignoto oggi nella storia ; tal che tutta la frase significhi 'l Campo di Sebam, od anche, se si vuol leggere sciabim in plurale, il Campo de' reduci; e che l'uno o l'altro potè essere il nome antico della città che in processo di tempo fu più brevemente detta Mahhanath, ossia Campo. Dell'epigrafe in fine ch'è nel dritto de' nn. 9. 10. 12. e nel rovescio del n. 11. (tav. I, 11 — 14.) è notissimo com' ella fu letta dal Barthélemy n\litn ri'np Karth hhadasciath, che vuol dire Città nuova, Urbs nova, y^oLTroXig: il quale titolo egli dirittamente riferi a Cartagine; che il suo nome volgare, il quale i Romani e i Greci sformarono a modo loro in Karthago e Rctpxijtó». veramente era quello. Perciocché Solino e. 27. asserisce ch'esso pronunziavasi anticamente Carthada e significava Città nuova ; e questo significato confermano Stefano ed Eustazio come può vedersi appresso Bo- chart georjr. sacr. p. 167. Anzi Solino par che togliesse quella notizia da Livio, il quale avea scritto questo medesimo, secondo che attesta Servio in £n. I, 347. 370. Né é da por mente all'Eckhel, il quale do(2; slesso, il qual si legge certamente in pochi, non è mica il nome di Panormo, ma si quello di Segesta. Io non ho veduto mai l'obolo del qual ragiono: ma sospetto che ancora in esso possa es- sere scritto x>t< da sinistra a destra , e che '1 Saulcy per la troppa pic- colezza de' caratteri abbia potuto scambiare 1' x fenicio col v. E questo mio dubbio si fa tanto più forte, che l'obolo anzidetto porta altrove nella leggenda greca del diritto il nome degl'Imeresi, la cui città in fenicio era detta s>« , come io dimostrerò poco innanzi con argomenti ben saldi. In ogni modo, queir obolo ha da un lato il nome di Segesta o d' Imera in lettere puniche, e dall'altro quel di Panormo in greco: ed esso mostra evidentemente che tra le due città fu un tempo confederazione, ovvero, secondo il nostro linguaggio moderno, un trattato di commercio, per lo quale le monete dell'una ebbero corso legale nell'altra o, se vuoisi, furono battute in comune. Ed era ben ragionevole che '1 nome di Panormo città punica vi fosse scritto in greco, per esser meglio riconosciuto nell'altra, nella quale l'elemento greco predominava; e '1 nome di quest'altra, o Imera 0 Segesta ch'ella si fosse, si scrivesse per la medesima ragione in carat- teri fenicii. su LE MONETE PUNICO-SICULE. 21 ERACLEA. Eraclea, altramente detta Minoa od Eraclea Minoa, della qual può vedersi 1 Cellario not. orb. ant. voi. I. p. 989. Fil. Cluverio Sicil. ant. 1, 17. p. 217 sg. e '1 Fazello de reb. sicul. dee. I. VI, 2., fu città antichissima di Sicilia presso '1 flume Lieo o Alico, che oggi dicono Platani, e propria- mente al Capo bianco, dove se ne veggono ancor le rovine, che '1 Fazello descrisse. Secondo il nostro Diodoro IV, 79, 5. XVI, 9, 4. ella fu fondata da' Cretesi che vennero in Sicilia con Minos, e vi rimasono dopo la morte del loro re. Ma dee credersi che fosse più antica, scrivendo d'essa Eraclide Pontico de polit. 33. (ap. Gronov. aiitt. graec. VI. pag. 2831.) che Minoa di Sicilia era in prima chiamata Macara, M/iwa:/ r-iji^ in S/zsX/a Maxdpau kx.ixkou'j rpóripo-j, e che dipoi 31inos, udendo che Dedalo era venuto quivi con un navilio, salito lungo 'l fiume Alico, s'impadronì di questa città; e vinti i barbari, l'appello del suo nome, dandole leggi cretesi. In processo di tempo par che l'occupassero i Selinuntini, e poi ancora Dorieo lacedemonio (Diod. Sic. IV, 23, 3.), il quale era degli Eraciidi; o piuttosto Eurileonte, che solo rimase de' capitani venuti con quello, dopo che gli altri furon morii in battaglia da' Fenici e dagli Egestani, secondochè racconta Erodoto V, 46. : e da quegli Spartani la città fu delta Eraclea. I Cartaginesi poi la disfe- cero, per tema ch'aveano della sua grandezza, come dice Diodoro 1. e. : ed ella non era più che una città soggetta ad essi, quando vi sbarcò Dione venendo di Zacinlo, secondo Diodoro medesimo XVI, 9, 4.; anzi Plutarco in Dione e. 23. la dice una piccola città del loro dominio, zc^iofj.ino'j vj ryj S/KsX/a r% ìiap%-/iSoulwv tzixpaTzia?. Ma ella Crebbe ben tosto per l'im- portanza del sito, dovendo protegger la frontiera de' dominii cartaginesi, il cui confine fu segnato al flume Alico ne' trattali che fecero con Dionisio e Timoleonte, Diod. Sic. XV, 17, 5. XVI, 82, 3. Plut. in Timol.c.3i. Eziandio nella pace che fecero gli Agrigentini , i Gelei e i Messenii con Agatocle, essendo mediatore Amilcare cartaginese, fu stipulato che, delle città greche in Sicilia, Eraclea, Sebnunte ed Imera rimanessero soggette a' Cartaginesi, siccome prima erano state, xyAi-tp y.aì rpci;--:jp%o'j Diod. XIX, 71, 6. 7. Eraclea cadde dipoi sotto la signoria d' Agatocle; e benché se ne riscolesse, fu sottomessa nuovamente da lui, tornando in Sicilia vincitor degli Affricani, Diod. XX, 56, 3. Ma ella è ricordata più tardi come una città considerevole tra le cartaginesi nelle guerre di Pirro e de' Romani, 22 su LE MONETE PUNICO-SICULE. Diod. XXII, 10, 2. Liv. XXIV, 35. XXV, 40. : e d'essa abbiamo i se- guenti tetradrammi: 1. Arg. 9 \i. Testa di donna con foglie di canna ne' capelli, d'un ca- rattere diverso da quelle di Siracusa e di Panormo, a dritta; intorno, quattro pesci. )( Quadriga veloce, a dritta, con vittoria sopra; nell'esergo, in ca- ratteri punici, n"ipSn\iil. Tav. I, 18., da un esemplare del sig. Salinas. Paruta n. 129., con l'iscrizione al solito assai scorretta. Barthélemy nel voi. XXX delle Mem. dell'accad. delle iscriz. p. 418. tav. II, Ì2. Eckhel nunior. rett. anecd. Syllogel. tav. II, 13. doctr. num. III. p. 416. Mionnet voi. I. p. 267. n. 481. Gesenius p. 292. tav. 38. 2. Arg. 9. Testa di donna con una spiga e foglie intrecciate a' capegli, a sinistra. )( Quadriga veloce, a sinistra (in altri, a diritta), con vittoria sopra, e la medesima iscrizione nell'esergo. Tetradrammo della collezione Salinas. Paruta n. 127. 128. In alcuni esemplari la prima lettera dell' epigrafe è K in luogo di "ì ; g l'ultima lettera talvolta manca, o per difetto della stampa, o perchè il nome poteva in quella guisa accorciarsi: vedi tav. II, 37-39. Ed in uno del museo imperiale di Vienna , che fu publicato dall' Eckhel Sylloge tav. II, 14., l'epigrafe, ch'io ho trascritta nella tav. II, 40. va da sinistra a dritta, e '1 tau finale pare anche capovolto. Or in questa nostra epigrafe il Barthélemy lesse n"ip3a Dy , il popolo di Minkaroth, e sospettò che questo potesse essere il nome punico d'/»wa- chara, piccol villaggio di Sicilia, il quale non potè certamente battere que' magnifici tetradrammi , come giudiziosamente rifletteva V Eckhel doctr. num. III. p. 419.; dove anche osserva che la prima lettera nel tetradrammo da lui publicato nella Sylloge tav. II, 13. non è ain, come parve al Bar- thélemy, ma un P rovesciato, cioè un i. Fu primo il Lindberg de inscr. melit. p. 8. a vedere in quell'epigrafe ancora incerta il nome dell'Ercole tirio, Melkarth : e dipoi Kopp Bilder tind Schriften voi. II. p. 192., che secondo l'esemplare publicato dall'Eckhel vi leggeva nnpSn ai, excelsuvi Herculis , mostrò ch'ella dovesse riferirsi ad Eraclea; laddove insino a lui era stata col Barthélemy attribuita ad Imachara , ovvero a Panormo. Ma il Gesenius p. 293., dopo un esame accurato di cinque esemplari del mu- seo britannico, di quello di Parigi riportato da Mionnet , e del viennese stesso dell Eckhel, ha dimostrato doversi leggere mp^a U-'i Ros Melkarth. cioè capo 0 promontorio d'Ercole, che ne' due esemplari della collezione Salinas da me osservati è chiarissimo; e quello essere stato il nome pu- nico della città d' Eraclea, ch'era posta sopra un promontorio : perocché su LE MONETE PUNICO-SICOLE. 23 parecchi altri nomi di città puniche ci ha, come Rusaddir, Ruscinona, Ru- sibis, Rusici, che incominciano dalla sillaba Rus, la quale vuol dir capo o promontorio. Or egli è certo, come riconobbero innanzi agli altri Fuller misceli. Ili, 17. e Bochart geogr. sacr. p. 615. 709., che '1 nome, o piuttosto il sopran- nome, dell'iddio tutelare di Tiro era Melkarth, che significa Re della città, Rex urbis : e questo i Greci traslatarono 'Hp«xX-^s, Ercole, per alcuna si- miglianza che vi ravvisarono con l'Ercole loro; il quale in origine dovette anch'esso, siccome Baal Melkarth, essere un simbolo del sole e dell'anno, che dal corso di quest' astro è diterminato. Nel candelabro bilingue di Malta al greco iipakaei risponde in fenicio rnp'rn'? ; e Saucuniatone ap. Euseb. depraep. ev. I, 10 : Ui\iy.ap6cg ò xai 'HpaxXij;. Or che da esso avesse nome la sicula Eraclea, e ch'ella fusse primilivamente fondata da gente fenicia, innanzi che i Cretesi e gli altri Greci venissero a stanziarvi, ap- parirà chiarissimo ove si ponga mente alle parole d'Eraclide allegate di- sopra. L' antico nome Maxapa è derivalo manifestamente dal punico di Melkarlh, il quale accorciavasi in Melkar o Malkar, ed eziandio Makar , donde si congettura ch'avesser nome di Macaria l'isole di Cipri e di Rodi: Plin. V, 35. 36., una città dell'isola stessa di Cipri, Ptolem. V, 14, 4., ed anco una figliuola d'Ercole e di Deianira appresso Pausania in Attic. e. 32, 5. Quanto alla seconda forma della nostra epigrafe, ipSnU/'x ovvero mSpaU^'x, che '1 Gesenius die tav. 38 C. D. E. dagli esemplari di Londra, io non so se vi si debba supplire in principio la lettera -\, com'egli fa, leggen- dovi pienamente U^n"i ras, come in ebreo. Se in quegli esemplari non v'è vestigio di lettera che possa mancare, io avviso che le iniziali u;x faccian quivi l'ufficio del pronome relativo, come in quelle voci che incomincian da esse nelle iscrizioni votive, secondo e' ha dimostralo il sig. Quatremère (vedi Nouv. journal asini. 1828. p. 15 sgg. e Journal des savans 1838. oct.) , col quale s' è accordato anco il Gesenius nell' ult. fase, del suo thesaur. ling. hebr. p. 1345. A questo modo la frase Asce-Mmelkarth si- gnificherà letteralmente quae Herculis, Herculea, ch'è propriamente il greco 'II//a/.X£/a. Parmi perciò che resti dimostrato con tutta quella certezza che in quesle materie può desiderarsi, che quell'epigrafe contenga il nome d'Eraclea: e e non so persuadermi come il sig. de Saulcy 1. e. p. 57. mostri ancor dubitarne; anzi congetturi, non curando ciò che v'ha in essa di più es- senziale, cioè il nome d'Ercole, che possa anco appartenere a Cefaledio. 24 su LE MONETE PUNICO-SICULE. perchè il nome greco di questa città par ch'alludesse al capo o promon- torio sul quale essa fu edificata. A questo modo non v'avrà piii certezza né probabilità di sorta nelle interpretazioni archeologiche, e ci troveremo ridotti ad un assoluto scetticismo. LILIBEO. Cospicua ed importantissima tra le città puniche, anzi ultimo asilo de' Cartaginesi in Sicilia, fu Lilibeo; fondata da loro, od accresciuta almeno, degli avanzi di Mozia, dopo che questa fu espugnata da Dionisio tiranno, Diod. Sic. XXII, 10, 4. Ivi essi tenner fermo contr' all' armi di Pirro, ch'aveagli cacciati da tutte l'altre città dell'isola; e sostennero nella prima guerra co' Romani quel lunghissimo e memorabile assedio che fu descritto da Polibio I, 42 sgg. Ond'egli è ben da maravigliare che s'ignori tuttavia da' filologi qual fosse la forma originale del suo nome , né possano tra le monete puniche accertarsi quelle ch'a lei appartengono : le quali pare oramai che sieno da cercare tra le molle incerte ed anepigrafi. E però sol per congettura io credo che possano riferirsi a lei i seguenti medaglioni assai belli, il secondo de' quali è rarissimo : 1. Arg. 15 %. Testa di donna coronata di spighe, con orecchino, a sinistra. )( Pegaso volante, a dritta; sotto, in caratteri punici, PNlxa. Tav. I, 2., da un bell'esemplare appartenente alla collezione del fu barone Consiglio in Palermo. Parata n. 133., e più correttamente Burmann nelle addizioni a' Sicilia del D'Orville tav. I, 4. Pellerin recueil III. tav. LXXXVIII, 6. Eckhel doctr. num. III. p. 415. Mionnet voi. I. p. 267. n. 476. 477. tav. XX, 6. tav. LXVI , 4. Wihl de inscr. phoen. nel titolo, Gesenius p. 294. tav. 38 A. B. Arg. 12. Testa di donna come nel precedente, a sinistra, con orecchino a tre gocce. )( Cavallo di galoppo, a dritta, davanti ad una palma; sotto, la medesima epigrafe. Publicato da F. Perez Bayer nell'appendice al suo opuscolo del alfabeto y lengtia de los Fenices, da un esemplare che fu di don Ibagnez de Teruel (1). Quella testa incoronata di spighe , se non vuol dirsi eh" ella è Astarte (1) Un medaglione in lutto simile a questo del Bayer, eccetto la palma e l'epigrafe, che man- cano, dà il Burmann I. e. n. 3., togliendolo da un'appendice Murcliesiana inedita al Parula. E forse un altro medaglione con iscrizione punica, ma con la sola testa del cavallo in luogo del cavallo intero, e qui in Palermo in una collezione particolare ch'io non ho potuto visitare. su LE MONETE PUNICO-SICULE. 25 effigiala in quel modo, indica certamenle una dea siciliana, forse Cerere 0 più probabilmcnle Proserpina, che come una giovine incoronala di spighe è rappresentata su le monete siracusane con l'epigrafe ROPAS. Esse furono adorate ambedue da' Cartaginesi: perocché sappiamo da Diodoro XIV, 77, 5. ch'ai tempo del primo Dionisio, dopo la pestilenza che disfece l'eser- cito d'Imilcone sotto le mura di Siracusa, nella quale fu veduta una pu- nizione del cielo per li tempii di Cerere e di Proserpina spogliati dal co- mandante cartaginese in Acradina [ivi e. 63, 1 .), essi ricevettero in Cartagine il cullo di quelle dee, e rizzarono loro statue, ed instituirono sacerdoti. Onde congettura il sig. de Saulcy che le imagini loro su le monete pu- niche indichino un'età posteriore all'anno 396 a. C, nel qual cadde quel- l'avvenimento. L'epigrafe fu diversamente Iella ed interpretala, insinochè per la variante che Gesenius dà nella tav. 38 B. ed io nella lav. II , 29. non fu certo che la seconda e la quarta lettera fossero degli alepìi, e sola vera la le- zione del Barihélemy, alla quale s'era appiglialo eziandio il Pellerin snppl. IV. p. 78., dopo avervi prima letto Pplp Kaikath, che suppose essere il nome di Cartagine. A Cartagine la riferi anche Bayer p. 377., leggendovi 515:1x2, che gli parve esser lo stesso che Byrsa, nome conosciuto della rocca di quella citlà : laddove Barihélemy avea creduto quel medaglione esser di Panoimo, non per l'epigrafe, che non seppe interpretare, ma per la per- fezione del lavoro e per la qualità de' tipi. Il Gesenius distinse la leggenda in due parole, nx "iN2 beer oth, che traslatò foiis signi, fonte 0 pozzo del miracolo; ed avvisò nel giornale di Halla 1823. n. 63.' e ne' suoi pahìograph. Studien p. 66. che potesse ap- partenere ad alcuna città di Sicilia rinomata per li suoi bagni minerali, p. es. Thennae himerenses , che fu un tempo sotlo la signoria de' Cartaginesi. Ma poi nella grande opera su' monumenti fenicii 1. e. , osservando che que' tipi son comuni nelle monete di Siracusa, e richiamando i miracoli che gli antichi coniarono della siracusana Aretusa, vide in quella scritta il nome di questa celebre fonte, cb'è conosciuto per altro nelle monete si- racusane: e conchiuse che quel medaglione fosse battuto in Siracusa. Ma dell'inverisimiglianza di coleste monete puniche appartenenti a Siracusa ra- gionerò più innanzi : e quanto a queste nostre, trovo giudiziosa l'osser- vazione di Grolefend Blàlter fiir Miinzenkundc 1836. p. 179., alla quale indarno s'è ingegnalo di rispondere il Gesenius; cioè che il nome di pozzo, "1S3 , non può per nessun conto convenire ad Aretusa. Poteva bene un pozzo esser chiamato in ebr. i>y, fonte, per l'acqua viva che in esso scaturì- 26 su LE MONETE PLNICO-SICULE. sce: ma non è punto credibile che una fonte come Aretusa fosse cliiamala pozzo. Ed io avviso perciò col Grotefend medesimo che in quell'epigrafe possa più ragionevolmente esser significato il celebre pozzo del promontorio Lilibeo, che vedesi ancora in un sotterraneo, forse di greca costruzione, sotto la chiesa di s. Giovanni, tra le mura della città di Marsala e la punta estrema del promontorio. Quel pozzo, dal quale la città antica ebbe nome secondo Diodoro Xill, 54, 4., potè bene esser detto puteus signi, o dalle insegne militari del cartaginese Annibale che pose quivi '1 suo campo , siccome nel 1. e. racconta Diodoro, ch"è la sentenza di quel dotto Tede- sco-, 0 piuttosto da' prodigi e dalla virtù profetica che gli antichi attribui- rono a quell'acque, ponendo quivi 1' ultimo soggiorno e '1 sepolcro della cumana Sibilla. Ma tutte queste do siccome congetture: e giudico che con maggior probabilità possano attribuirsi a Lilibeo, della quale pochissime monete rimangono tra greche e romane, parecchie delle puniche anepigrafi, delle quali alla Une dirò qualche parola. IMERA. Parrà strano a taluno ch'ad una città qual fu Imera, popolata di Cal- cidesi venutivi di Zancle, siccome racconta Tucidide VI, o, 2., e de' Mi- letidi scacciati di Siracusa, eh' eran Dori d' origine, anzi sola città greca in quella costa della Sicilia che guarda il mar tirreno, com'egli medesimo la chiama VI, 62, 2. VII, 58, 2., io attribuisca monete inscritte di caratteri fenicii ed un nome fenicio diverso dal greco. Egli è noto ancor nelle istorie (Diod. Sic. XI, 20-22. Erod. VII, 165-167.) come sotto alle mura d'essa perisse Amilcare cartaginese con cencinquantamila de' suoi l'anno 480 a. C, e settantun'anno da poi, ch'era il dugenquarantesimo dopo la fondazione della città, ella fusse distrutta da Annibale flgliuol di Giscone, per ven- dicar la morte dell'avolo, Diod. XIII, 59-62. Ma pure è molto verisimile che l'ampia pianura dove ella surse su la ripa sinistra del fiume Imera, tra campi fertilissimi, ed in sito assai comodo da poter signoreggiare la costa settentrionale dell'isola e 'I mare che la divide dal continente ita- liano, fusse già abitata innanzi che i Greci venissero a porvi la stanza , in que' tempi che i Fenici, venuti di Cartagine e forse anco dall'Asia, abitavano intorno a tutta la Sicilia , come dice Tucidide nel luogo altre volte allegato. Ed anche , quando ella ricevè una colonia di Zancle , arò Za>xX;;s (ix/(79)j (perocché lo storico ateniese non dice ch'ella fosse allora fondala), poteron bene rimanervi degli antichi abitatori, a' quali la lingua su LE MONETE PCNICO-SICULE. 27 fenicia era famigliare. E '1 trovarsi ella altresì sola città greca in mezzo a Fenici e Sicani, co' quali aveva a trafficare, dovette naturalmente in- durla a batter la sua moneta in guisa che fosse da quelli riconosciuta. Ma queste, che per sé son congetture probabili, si mutano in un fatto certo, dopo un'osservazione eh' io debbo al mio egregio amico p. Giuseppe Romano, benemerito della numismatica per li suoi dotli lavori, e di me singolarmente per la gentilezza con la quale ha contribuito a questo mio scritto i begli esemplari di monete punico-sicule, in parte inedili ed acqui- stati da lui, che si conservano nel museo Salnitriano. Egli primo accor- gevasi, ed annunziavalo nella Rivista scientif. letter. ed artist. per la Sicilia, Palermo 1855. p. 153., che nelle monete di rame ricoscinte generalmente come imeresi , per lo tipo del gallo e per una certa forma arcaica eh' è tutta lor propria, si veggono talvolta tre caratteri fenici!, che son quelli appunto i quali soglion leggersi x>x- E questa osservazione, riconosciuta da me siccome certa, m'ha dato l'agio di poter rivendicare ad Imera tutta quella serie di tetradrammi e d'allre monete d'argento le quali, portando i medesimi caratteri, sono rimase finora incerte, attribuendole gli uni a Siracusa, e vedendovi altri 'I nome punico di tutta l'isola. Io mostrerò che quello è nome d'una città, e propriamente il nome antico d' Imera: ed attribuisco perciò ad essa tutte le monete che qui annovero : 1. Bronzo 8 '/,. Gallo a diritta; dinanzi, in caratteri fenicii, x^x. )( Sei globetli in due file. Tav. II. 3., dal museo Salnitriano. 2. Br. 6. Gallo come nel precedente, con la medesima epigrafe, variando sol la forma del primo s- )( Tre globetti in triangolo. Vedine l'iscrizione tav. II, 30., la quale ho copiato da un esemplare dello stesso museo, di perfetta conservazione. 3. Br. 3. Cavallo di galoppo, a dritta; sopra, un granel d'orzo. )( Pro- tome d'un toro con faccia umana barbuta, a dritta; sopra, x>x. Tav. II, 15., da un esemplare inedito presso il cav. Gio. Fraccia in Alcamo. 4. Arg. 2 %. Testa di donna co' capelli ritenuti da una stefane, a dritta. )( Mezzo loro col viso umano, simile al precedente, a dritta; dinanzi, n>x. Tav. II, 16., obolo inedito presso il capitan Ferrara del settimo di linea. 5. Arg. 2 %. Testa virile imberbe, a sinistra ; dietro, un granei d'orzo. )( Protome del toro barbuto, a dritta; sopra, n>s. Tav. II, 17. , da un esemplare del museo Salnitriano. De Saulcy voi. XV. delle Memor. del- l'acc. delle iscriz. p. 53. 6. Arg. 2. Testa virile imberbe , a sinistra. )( Toro con volto umano barbuto, che cammina a sinistra; sopra, x"X- Tav. II, 18. . dallo stesso 28 su LE MONETE PUNICO-SICULE. museo. Publicato già dal Paruta n. 139. con poca esattezza, e recentemente dal.sig. de Saulcy 1. e, come inedito della sua collezione. 7. Arg. 2 %. Testa giovenile come ne' precedenti; dietro, una spezie di croce. )( Toro barbuto, a sinistra; sopra, ovvero nell'esergo, a^ahv::^. Tav. II, 21., dallo stesso museo. Publicato anco dal Paruta n. 135. (1); e dal de Saulcy 1. e. sopra un esemplare della sua collezione. 8. Arg. 2 %. Testa imberbe, d'un carattere più virile, a dritta. )( Toro con faccia umana imbizzarito, a dritta; sopra, x'x. Tav. II, 20., obolo inedito del museo Salnitriano. 9. Arg. 7. Testa virile imberbe, a dritta; intorno, due pesci. )( Cavallo di galoppo, a dritta; sopra, in caratteri fenicii, X'X- Tav. II, 4., dallo stesso museo. Didrammo assai raro, publicato già nel R. Museo Borbonico voi. 1. tav. 56. , ma co' caratteri sformati, anzi il jod di mezzo mutato in un pesce. 10. Arg. 8 '/j, tetradrammo di forme arcaiche, rarissimo. Testa di donna con capelli rialzati e ritenuti da una stefane, a dritta; intorno nel campo, tre pesci; sopra la testa, osiON. )( Figura che guida una quadriga (2) lenta, a dritta; sopra, vestigi d'una vittoria; nell'esergo, un granello d'orzo; tra' cavalli e la vittoria, in cararatteri fenicii molto antichi, x'X- Tav. I, 19. Publicato dal duca di Luynes nel bull. ardi. nap. I. p. 171. tav. XI, 4., da un esemplare eh' è nella sua collezione e fu già della collezione Avellino. 11. Arg. 9. Tesla di donna con istefane, similissima a quella dell'obolo del n. 4. , a dritta ; intorno , tre pesci. )( Persona che guida una triga veloce, a sinistra; sopra, vittoria con corona; nell'esergo, X'X. Tav. I, 20., tetradrammo inedito del museo Salnitriano. 12. Arg. 9. Tesla muliebre con istefane, d'un carattere diverso, a dritta; intorno , tre o quattro pesci. )( Quadriga a sinistra, con vittoria sopra ; nell'esergo, la slessa epigrafe. Nel museo Salnitriano. Mionnet voi. I, p. 267. n. 482. tav. XX, 10. Gesenius p. 296. 13. Arg. 9. Tesla di donna con istefane, a sinistra; intorno, tre pesci. )( Quadriga veloce, a dritta; sopra, vittoria; nell'esergo, un ippocampo lungo, a dritta, e dinanzi ad esso, s'x. Tav. I, 21., dalla collezione del sig. Antonino Gargotta in Termini. Vedi de Saulcy nel voi. XV delle Memor. dell'accad. delle iscriz. p. 52., bench'egli nell'epigrafe legga sempre y"'^- (1) Forse e qiiesld medesimo obolo quel ch'egli dà al ii. 141. co' medesimi lipi ma con un pesce nel dirlllo in luogo della croce. (2) Cosi la chiama il duca di Luynes nel leslo; hendiè nel disegno clic se ne dà nelle ta- vole del bulU'Uino. dal quale io 1' ho copiala, apparisca piuUoslo una biga. su LE MONETE PUNICO-SICULE. 29 li. Arg. 9. Testa di donna con foglie di canna intrecciate a' capelli; intorno, tre pesci. )( Quadriga veloce, a sinistra, con vittoria sopra; nel- l'esergo, x'S- Nella collezione Salinas. De Saulcy 1. e. 15. Arg. 9. Testa simile alla precedente; intorno, quattro pesci. )( Qua- driga, come nella precedente; nell'esergo, n>ì< o x>s, tra due pesci, ov- vero con un pesce solo. Tav. II, 1. Eckliel Sylloye I. tav. II, 15. Mionnet voi. I. p. 267. 268. n. 483. 484. tav. XX, 11. 12. Gesenius 1. e. tav. 39. De Saulcy 1. e. 16. Arg. 10. Testa come ne' due precedenti, d'un carattere alquanto diverso; intorno, quattro pesci ; dinanzi, una croce simile a quella eh' è nell'obolo delia tav. II, 21. )( Quadriga come sopra; nell'esergo, la me- desima epigrafe, ma senza pesci e con una stella. Mionnet 1. e. n. 485. tav. XX, 13. 17. Br. 3 %. Testa virile imberbe, laureata, a sinistra. )( Pegaso vo- lante, a sinistra; sotto, {<»x. Tav. Il, 19., da un esemplare inedito del museo Salnitriano. 18. Br. 3 %. Testa come nel precedente. )( Pegaso a dritta; sotto un N fenicio semplicemente. Inedito dello stesso museo. In tutti gli esemplari, non pochi, ch'io ho potuti osservare, le due let- tere estreme dell'epigrafe sono evidentemente degli a/epA: benché il sig. de Saulcy nella serie de' telradrammi di questa spezie, e negli oboli de' nn. 5-7. abbia preso a sostenere che sien tutte de' tsade, e debba perciò leggersi y^):; il qual crede che fosse il nome punico di Panormo, come accennai disopra. Ma la perfetta conservazione de' caratteri ne' nostri esemplari, e la forma soprattutto del primo aleph nel bronzo del n. 2. (tav. II, 30.), rende certa appieno la lezione comunemente ricevuta dopo il Gesenius. Ed io avviso che la picciolezza della scrittura, spezialmente negli oboli, potè trarre in errore quel dotto Francese : perocché , essendo logora solo un poco la lineetta trasversa superiore dall'estremità di fuori verso destra , e la lineetta inferiore da quei capo che deve congiugnerla con la verticale, Valcph può di leggieri trovarsi falsificato in un isade. Oltreché talvolta per difello dell'artista fu omessa al tutto la seconda lineetta, come vedesi nella tav. II, 18. Ma che vuol dir quell's'X fa, ovvero P'S ìath, come secondo il Mionnet e '1 Gesenius può leggersi ne' tetradrammi de' nn. 15. 16? Il Gesenius crede che non fosse altro se non la voce ebr. »x i, che vuol dire isola, aggiuntavi la desinenza feminile: onde istima che i tetradrammi i quali noi esaminiamo sien tutti siracusani, e battuti in quella parte di Siracusa 30 su LE MONETE PUNICO-SICULE. che fu prima d' ogni altra abitata , da' Greci della i,;cos, o doricamenle i-wos, Slrab. VI, 2. p. 415. Diod. Sic. XI, 67, 8., e da' Romani rnsuia, Cic. in Vcrr. ad. II. IV, 52. 53. ; cioè nel!' Isola Ortigia. E questa sua congettura o scoperta, ch'egli annunzia con trasporto di gioia , potrebbe esser confermala dal tetradrammo bilingue del duca di Luynes , nel cui ritto si legge la desinenza del nome sypakosion ■ se l'altre monete se- gnate della stessa epigrafe fenicia non avesser tipi che non convengono punto a Siracusa: e lo stesso emblema della testa muliebre, comechè co- mune nelle siracusane del pari che quello delle quadrighe, non si presen- tasse qui con caratteri si fatti che quell'insigne numismatico francese non ha dubitato d'asserire ch'esso « non si riporta direltamenle ad alcuno de' tetradrammi ordinari di Siracusa, de' quali la serie arcaica è si numerosa e si ben conosciuta; di maniera che si potrebbe sospettare che '1 nostro tetradrammo bilingue fosse battuto altrove piuttosto che in Siracusa ». Oltre di che non è punto verisimile, come sennatamente riflette il sig. de Saulcy I. e. p. 57., che Siracusa, emula possente di Cartagine, si chinasse mai a segnar con caratteri cartaginesi le sue monete, che per altro avean corso ed erano comuni in tutta l'isola. Il duca di Luynes accenna perciò l'opinione, su la quale promette di tornare in un altro lavoro ch'egli darà alla luce su questa parte della nu- mismatica, che sotto '1 nome n>x s'intendesse l'isola slessa di Sicilia. Ma incontro a questa opinione io rifletteva che i tipi i quali van congiunti con quell'epigrafe son cosi diterminati e di tal natura, che par vogliano indicare piuttosto una città particolare che un paese composto di parecchi stati, ed una città non cartaginese; poiché qui non si veggono mai com- parire i noti simboli della testa del cavallo e della palma, né altri segni di dominazione cartaginese, come nelle medaglie panormitane, ma si degli emblemi tutti greci e siciliani; donde potrebbe argomentarsi col Gesenius che queste monete fosser battute da' Greci per uso del commercio co' Car- taginesi, non da' Cartaginesi medesimi. L'iscrizione pili lunga della quale son' segnati comunemente gli oboli del n. 7. (tav. II, 21.), clie deve per fermo leggersi «'« SyaU) scehba'al ia, non y«ì- SysQ mibba'al tsits, come vorrebbe de Saulcy , indica certamente una città , come nelle monete di Cadice e della betica Sexti (Gesenius rnonn. phoen. p. 306-309.), o che voglia leggersi con desinenza plurale costrutta ba'ah', che vuol dir citta- dini, come avvisa il Gesenius, si che tutta l'epigrafe suoni de' cittadini d' la, 0 che stia in luogo del feminile baalalh, città, che leggesi altresì nelle monete di Cadice. Per tutte le quali ragioni io non dubito che quella su LE MONETE PUNICO-SICULE. 31 voce non sia qni un nome proprio, essendo frequentissimi in tulle le lingue gli esempi de' nomi appellativi passali in propri: ed avviso che, dovendo il fenicio x's iu, non altrimenti che l'ebr. >x i, e l'indiano dsib, significar non solo l'isole propriamente delle, ma eziandio le coste del mare, ed in generale la terra abitabile, in quanto ella s'oppone a' fiumi ed al mare (vedi Gesenius thesaur. ling. hebr. p. 38.); potò ben da' Fenici o Peni che primi si stanziarono in Sicilia appellarsi la una città edificala su la costa del mare: siccome ancora in greco l'antico vocabolo ala,' terra, derivato senza fallo dalia nostra voce fenicia pronunziala in modo da render più sensibile il primo elemento vocale, fu altresì '1 nome proprio della patria di Medea su le rive del Fasi e dell'isola abitata da Circe nel Mediterraneo. Provato così che '1 nome la indicasse qui una città, ed una città non cartaginese, mi rimaneva a dilerminare qual questa potesse essere tra le siculo e greche. Ma il tipo del gallo de' nn. 1. 2., e quello del loro col viso umano e barbuto, che son propri delle monete d'imera, ed accom- pagnati altrove dall'epigrafe imepaion (1), non mi lasciavano dubbio al- cuno su la scelta: quando due monete, riconosciute generalmente per ime- resi ed anepigrafi, m'erano indicate dal sig. Antonino Salinas siccome una pregevole rarità della sua collezione (della quale m'ha cortesemente per- messo di poter usare) , per 1' epigrafi che in questi suoi esemplari son visibili. Esse sono : r. Arg. 6. di forme mollo arcaiche. Gallo a sinistra; dinanzi, in ca- ratteri greci ben chiari , iATOi\. )( Gallina a dritta , dentro un quadralo incuso. Tav. II, 2. 2'. Arg. 7 %, didrammo anche arcaico. Donna diritta in fronte, abbi- gliata in lunga veste, in atto di far libagione sopra un'ara o slele, che le sta a dritta, tenendo la manca levata in alto; a diritta, caduceo, an- nodativi due serpi vivi oltr'a' consueti; sopra, nel campo a sinistra, una piccola buccina; nell'esergo, T0!\, avanzo d'un' iscrizione della quale non possono mancare allro che le prime due lettere. )( Cavallo di galoppo, a sinistra, con un giovine ignudo quasi sedutovi addosso, che 'I tiene per la briglia; intorno, imepaion, retrogrado; nell'esergo, forse una cicogna. Quest'ultima publicò il Torremuzza auct. II. tav. III., dalle epigrafi in fuori, che nel suo esemplare non erano più visibili; e posola tra le ime- resi , per 1' emblema di quella donna che sacrifica , il quale gli era ben (1) Forse anco l'ippociimpo del n. 13. vctlesi nell'esergo d'un letradrammo imcrese pulili- calo dal Torremuzza auct. 1. lav. IV. p. 11. 32 su LE MONETE PUNICO-SICLLE. noto. Ed io non dubito ch'eziandio in essa non debbano supplirsi le prime due lettere lA : si eh' abbiansi due monete manifestamente imeresi con l'epigrafe lATOK- La quale dubitai un momento non dovesse forse riferirsi ad leta o ad lezia, luoghi amendue di Sicilia : ma quelli dicevansi pro- priamente "lÉT-is ed '\aiTÌa, siccome leggesi appresso Stefano Bizantino per autorità del siracusano Filisto, e gli abitatori dell'ultima son detti 'lairhci da Diodoro e nelle monete che di loro ci rimangono con tipi mollo di- versi dai nostri; oltreché l'uno era appena un castello, e l'altra una città oscura e mediterranea. Laddove le nostre monete fenicie e greche indicano una città marittima ed opulenta; e i tipi, ancorché l'altra epigrafe non vi si leggesse , son palesemente imeresi. Riman fermo perciò che quel- l'epigrafe sia in genitivo, essendo Vómicron in luogo dell'omega al modo antico, e che debba interpretarsi degl'Iati; si che risponda letteralmente alla leggenda fenicia i<>x 'jyaUJ, de' cittadini d' la, dell'obolo del n. 7., e possa valere , insieme con tulio l' altro che disopra ho ragionato , per una pruova incontrastabile che i cittadini d'Imera ne' tempi antichi furon detti Iati eziandio da' Greci, e la città la, prima che '1 nome più moderno d'Imera prevalesse. La simultaneità de' due nomi nel didrammo del n. 2'. segna, come ognun vede, l'epoca delia transizione; dopo la quale il nome più antico sparisce dalie monete greche, benché forse a quello alludesse Pindaro, quando celebrò py^ft. I, 152. l'amenità della spiaggia irrigua su la quale la città era edificata : ràv eù'jèpoy axràu 'ì[j.ipct. Ma, essendo esso certa- mente d'origine fenicia, mostra che quella fu già una città fenicia innanzi che i Znnclei venissero ad abitarvi e l'appellassero con un greco vocabolo. Ed a cotesto periodo appartiene verisimilmente quella serie di monete ime- resi ancora inedite ed anteriori forse all'età de' Greci, nelle quali veggonsi con forme arcaiche e variamente mescolati insieme i tipi della donna che fa libagione sopra una testa di lione che versa talvolta dell' acqua , d' un uomo che sacrifica, d'Ercole appoggialo alla clava, del loro col viso umano e del verro. Discorrendo adesso alcun poco su' tipi che le nostre monete fenicie ime- resi ci presentano; senza fermarmi a ragionar della testa muliebre e della quadriga, che furono comunemente usate per emblema, non sol da' Si- racusani, ma ancora da parecchi altri popoli dell'isola, credo opportuno d'osservare che quel toro barbuto dal viso umano non è da confondersi col Minotauro, mostro d'uomo con capo taurino, come l'Eckliel ha dimo- strato in un'apposita dissertazione doctr. mun. L p. 130., ma è un vero simbolo dell'ampio ed impetuoso fiume che scorreva sotto le mura della su LE MONETE PUNICO-SICULE. 33 città, siccome d'altri fiumi esso è simbolo nelle monete di Gela, di Napoli e di parecchie altre cillà di Sicilia e della Campania. Questa inlerprela- zione, la quale avea prima indicala il Burmann nelle aggiunte al D' Orville p. 390., fu con mollo senno e dollrina sostenuta dal nostro Torremuzza ne' prolegomeni alla sua raccolta delle iscrizioni p. XXVI. ed altrove /wssim. E con mal consiglio tolse l'Eckhel I. e. p. ]39. sgg. a contraddirla, op- ponendosi alle testimonianze espresse di Slrabone, di Cornuto, dello sco- liaste di Pindaro, di Pesto e d'Eliano, ed al fatto ancora de' popoli d'Am- bracia e d'Acarnania, che in colai guisa ritrassero 1' Acheloo su le loro monete. Egli credette che i Siciliani usassero, in cambio, di rappresentare i lor fiumi sotto sembianze umane e giovenili. Ma sotto colali sembianze si voile simboleggiare piuttosto il genio del popolo e del luogo da esso abi- tato : e vi furono aggiunte delle corna su la fronte , ciuando si volle in esse ritrarre il genio di qualche fiume; distinto sempre dalla forza mate- riale di quello, ch'era espressa nel toro feroce e barbuto. Cosi nell'obolo della tav. II, 20., dove quel loro imperversa sciolto d'ogni freno e leva inailo le corna superbe e la faccia minacciosa, chi non vede un bel concello ar- tistico, che mette sotto gli occhi l'impelo del fiume, il qual trabocca in- grossalo dalle piogge, e minaccia rovina a' campi circostanti? E quel gio- vine per contrario, ch'è ritratto negli oboli de' nn. 5-8. e ne' due didrammi (tav. II, i. 5.), potrà essere il genio del popolo imerese; ose vuoisi, anco quello dello stesso fiume, al quale furono renduli onori divini insieme con Esculapio {Esinun de' Fenici), siccome dimostra il Torremuzza Sic. veti. numi p. 35. con una iscrizione greca del popolo di Nisa. E forse a questo cullo d'EscuIapio combinato con ciuello del fiume Imera debbono rappor- tarsi i simboli del gallo de' nn. t. 2. e i serpenti allorcigliali al caduceo: laddove i granelli dell'orzo, che veggonsi nel br. del n. 3. e dietro a quella testa gioveniie nell'obolo del n. 5., son simbolo della fertilità del- l' agro imerese, la quale dipendeva in parte dall'acque benefiche di quel fiume. D'un significato ancor piii misterioso è quella crocetta con le quattro punte ripiegale ad angolo retto, ch'è dietro alla medesima testa nella tav. II, 21. e dinanzi alla testa feminile nel tetradrammo del n. 16., secondo ch'è riportato dal Mionnet. Essa dee reputarsi una specie di croce ansala 0 di tali fenicio; il quale par che fosse anch'esso un simbolo dell'immor- talità 0 della vita divina, non altramente che la croce ansala, propriamente detta, ne' monumenti d'Egitto: vedi Champollion précis du syst. hiérogl., tabi, des sign. n. 277, p. 32. 2 ediz. e dirtionn. égijpt. p. 329. Cotale 34 su LE MONETE PUNICO-SICULE. almeno è la sentenza del signor Raoul-Rochette , il qual prese a dimo- strare contro al Letronne in una dotta memoria inserita tra quelle del- l'accad. delle iscriz. e belle lett, voi. XVI. II. p. 285-382., che la croce ansata, moditicata in varie guise, fu usata dagli antichi Etrusci e da pa- recchi popoli dell'Asia nello stesso senso che '1 simbolo egiziano : e questa idea ribadi con altri argomenti nell'app. sur la croix ansée asìalique, dopo l'altra pregevole memoria su l'Ercole fenicio inserita nel voi. XVII della medesima collezione, p. 375-87. In amendue coleste memorie egli esamina ancora questa forma di croce che noi troviamo su le monete imeresi; la quale diventò poi comune su' monumenti cristiani. Essa vedesi altresi in alcuni vasi dell'isola di Santorino, anticamente Thera, che fu colonia un tempo de' Fenici, in vari frammenti di vasi di fabrica greca primitiva tro- vali a Cuma, in alcuni utensili della città di Cere in Etruria, sul petto d'una figura sannitica scoperta recentemente in un sepolcro a Capua (vedi bull. arch. nap. ann. II. p. 178.), e con piccola variazione nelle monete di Gaza in Palestina, Mionnet voi. V. p. 535. n. 108. 109.: e forma anzi '1 rovescio intero in una medaglia di Siracusa publicata da Gombe nel Museo Hunleriano tav. LIV., ed in un'altra molto antica di Corinto, Mion- net tav. XXXVIil, 8. Si fatte coincidenze indicano almeno un'antica comunicazione d'idee e di segni : e certo che '1 T fenicio, che non differisce molto dalla croce cristiana e da questa delie monete imeresi, fu già un simbolo misterioso di vita e di salvezza, Ezech. IX, 4. Ma innanzi ch'io concluda, convien che m'intrattenga un momento su r importante tetradrammo bilingue publicato dal duca di Luynes, ch'egli chiama a ragione « il più antico di questa serie numerosissima, che di- scende fino ad un'epoca in cui l'arte era divenuta negletta sino alla dif- formità, probabilmente in seguito di contraffazioni alfricane di questi bei pezzi, siciliani in origine, e ne' quali sovente notasi un lavoro eguale ed in tutto somigliante a quello de' belli tetradrammi di Siracusa. » La si- miglianza de' tipi , senza tener conto della leggenda fenicia , rende già verisimile che queste monete fosser battute da città amica de' Siracusani, qual fu Imera: e '1 nostro tetradrammo in ispecie, accoppiando insieme i due nomi d' Imera e di Siracusa , ci dà argomento da credere che una confederazione fosse allora stretta tra loro e i legami dell'amicizia ran- nodali; mentre lo stile della testa largo ma freddo e severo, Vómkron in luogo dell'ójrtef/a e IN paleografico della leggenda, l'andamento e 'l doppio contorno de' cacalli, mostrano certo una grande antichità. Le quali cir- su LE MONETE PUNICO-SICULE. . 35 costanze m'inducono tutte all'avviso ch'esso potesse esser battuto a' tempi di Gelone e dopo la battaglia d'Imera, si che il nome della città in lettere puniche sotto alla figura della vittoria che corona i cavalli avesse un si- gnificato tutto speziale. Il trovarsi poi de' telradrammi con la medesima epigrafe, i quali ac- cennano ad un decadimento nell'arte, e ad un'età posteriore all'espugna- zione d'Imera, che quindi innanzi non fu più abitata (Diod. Sic. XI, 49, 4.), non fa alcuna difficoltà alla mia spiegazione; si per la contraffazione possibile di tipi e caratteri già comunemente riconosciuti, della i]uale so- spetta il duca di Luynes, e sì perch'essi potrebbono riferirsi a Terme inie- rese, cresciuta delle rovine di quella, e stata un tempo sotto la dominazione de' Cartaginesi col nome stesso d'Imera, secondo ch'abbiamo da Diodoro XIX, 71,7. SEGESTA. Anco Segesta, città non fenicia, ebbe le sue monete puniche, inscritte del suo proprio nome, quale i Cartaginesi '1 pronunziavano. Imperciocché, antichissima come ella era tra le città sicane, e fondata secondo una ve- tusta tradizione, della quale rendon testimonianza gli scrittori greci e ro- mani, ed innanzi ad ogni altro Tucidide VI, 2, 3., da que' Trojan! che dopo la caduta d'Ilio, fuggendo d'innanzi agli Achei, navigarono in Sicilia, e stanziatisi a' confini de' Sicani, furon tutti chiamati Elimi; ella fu non pertanto confederata de' Fenici; dicendo poco dopo lo stesso storico ate- niese che questi si ritrassero nelle città di Mozia , Solunto e Panormo , per la vicinanza degli Elimi , co' quali erano collegali. Perciò veggiamo in Erodoto V, 46. gli Spartani venuti in Sicilia con Dorico esser battuti da' Fenici e Segestani; e secondo Antioco siracusano ap. Pausania in Phocic. e. 11, 2. i Fenici e gli Eiimi congiunti insieme cacciar que' di Gnido , ch'eran venuti a fondare una colonia in Sicilia presso al promontorio Li- libeo. Perciò quella città fu combattuta prima da Dionisio nella guerra «ch'egli faceva a' confederati di Cartagine (Diod. Sic. XIV, 48, .5.); e più tardi da Appio Claudio nella prima guerra punica, benché inutilmente ; insino a tanto che, ripudiata di per sé l'amicizia de' Cartaginesi, non si volse ella medesima alla parte de' Romani; siccome racconta lo stesso Dio- doro ne' frammenti del lib. XXIII, 3. 5. Ella battè quindi delle mouete con caratteri punici; ed a lei appartengono senza fallo i seguenti didrammi assai rari : I. Arg. 7. Testa di donna a dritta, co' capelli cadenti dietro '1 collo, 36 su LE MONETE PUNICO-SICULE. e sollevati da un diadema; intorno, tre pesci e l'epigrafe y>:; in caratteri fenicii; tra' quali e la testa, =1B, in caratteri più minuti. )( Cane a dritta, fiutando a terra; sopra, la medesima testa del diritto, piccolissima. Tav. II, 6., da un esemplare del museo Salnitriano. Questo didrammo fu publi- cato dal duca di Luynes nel bull. ardi. nap. I. p. 171. tav. XI, 5., se- condo l'esemplare posseduto da lui. 2. Arg. 7. Testa di donna simile alia precedente, ma più piccola e co' capelli più corti; intorno, Ire pesci, ed alternate con essi le tre lettere fenicie yi:^ retrograde. )( Cane e testolina come nel precedente. Inedito, nella collezione del principe di Trabia in Palermo. E ad essi convien forse aggiugnere l'obolo bilingue del quale ho ragio- nato nell'ari, di Panormo : ma ninno al certo de' tetradrammi descritti nell'art. d'Imera. Or, istando all'avviso del sig. de Saulcy, il quale credette, indotto da quell'obolo bilingue, che y>i' fosse il nome punico di Panormo, anco i nostri didrammi dovrebbero attribuirsi a Panormo. Ma , conciossiacbè i tipi d'essi sieiio universalmente riconosciuti per segeslani, i numismatici ne sono intrigati in gravi difficollà; dalle quali '1 duca di Luynes, ed ezian- dio il sig. Minervini nell'osservazioni aggiunte all'art, di lui nel bull. ardi. I. p. 174. 175., par che non sapessero uscire altramente che ricorrendo ad una confederazione delle due città, simboleggiala dagli emblemi del- l'una e dal nome dell'altra riuniti insieme nella medesima medaglia. Com- binazione per sé poco verisimile, anzi incredibile : che Segesta, tralasciando il suo proprio, scrivesse il nome della sua confederata in una moneta che senza dubbio è sua. Perocché, nel n. 1. spezialmente, la corrispondenza de' tipi è di tal fatta, il disegno di quella testa feminile del diritto, ri- petuta nel rovescio in più piccole dimensioni, di quel levriere che fiuta a terra, quelle sigle misteriose =iiì, son cosi somiglianti a quelli di parecchie monete greche di Segesta, che pajon fatti quasi della medesima stampa : né alcuno che sia mediocremente esperto in numismatica potrà mai du- bitare ch'eziandio i nostri didrammi non sieno segestani. Perciò il Miner- vini nel medesimo Intll. ardi. an. IV. p. 111 sg., risoluto di tenersi fermo a questo avviso, va ingegnandosi di mostrare che y>s Tsits fosse il nome punico di Segesta. Egli trova appresso Strabene VII, 5. 2. un castello di Pannonia ch'avea nome l/^x/a, presso al territorio della pannonica Segesta, e credendo, per ragioni che cerio non son molto valevoli, quel Si scia es- sere un altro nome della medesima Segesta , ne vuol concludere che la siciliana dovesse altresì esser chiamata Siscia, e che questo nome rispon- su LE MONETE PUNICO-SICULE. 37 desse al punico Tsits o Sis. Coiigelliire tulle troppo incerle: come certo è per contrario i didramnii da noi esaminali esser segeslani, e nella pu- nica epigrafe, comunque ella voglia pronunziarsi, esser espresso il nome della città. Anzi io avviso, per la natura delle consonanti con le quali è scritta, ch'ella non sia cosi lontana , come a prima vista parrebbe , dal suono del greco Hy-ca-ra , eh' era il nome vero di quella cillà , siccome ve- desi su le monete ed appo gli scrittori latini, avvegnaché i Greci, alte- randolo al modo loro, ne facessero eziandio M'yi'7Ta. In luogo di leggere Tsits , e di raffrontare la nostra epigrafe col nome biblico d' un castello ignoto della Palestina 2 Par. XX, tC, come ha fatto il Minervini; po- trebbe benissimo con altri elementi vocali leggersi r>j; Tsejets;\\i.\\ìa\ nome, non avendo i Greci alcuna lettera da rendere il suono dell'ebr. isade, si ch'erano costretti or d'ometterne l'elemento dentale, ritenendone solo il sibilante, come in sabaoth, Sedecias, Sion ecc., ed or d'invertire l'or- dine de' due suoni, pronunziando Bostra in luogo di niì'2 Boisia, potrà di leggieri, facendo l'un di questi cambiameiili nel primo tsade e '1 se- condo nell'altro, trovarsi convertilo nel greco 5;ì7e<7t o Sejest. Cosi in quelle lettere puniche potè, ancora quanto al suono materiale , essere espresso il nome di Segesla : e se vuoisi al tulio trovare una confederazione, questa sarà significala piuttosto nell'obolo bilingue di Panormo. Perocché questa città non può per alcun valevole argomento mostrarsi che fosse un tempo chiamala Tails, non pur per quello che '1 sig. de Saulcy p. 60. in nota, col Reynaud da lui citalo, ha voluto trarre dal nome di Zisa, ch'oggi si dà ad un palagio o castello suburbano degli antichi emiri di Palermo, il qual rimane ancora in pie, non nel silo dell'antica città, come diceva il Reynaud, ma forse un miglio dilungi da essa verso ponente. Il nome Zisa, la cui origine e vera ortografia é stala finora incerta, é cerlamenle arabo, come il palagio da esso denominalo; benché Silvestro de Sacy ne dubi- tasse, non potendo rinvenirne l'etimologia; che '1 sig. Quatremère (vedi de Saulcy 1. e.) e '1 nostro prof. Caruso si sono accordati a trovare nella voce arabica poco usala Sisa (scrina col sad), che vuol dir rocca, castello. Ma dopo aver cosi dimostrato che i nostri didrammi appartengono in- dnbilalamenle a Segesla, in guisa che nessuna discordanza sia più tra l'epi- grafe e i tipi d'essi; slimo altresì convenevole dir qualche parola intorno a questi. La testa di donna e '1 cane veggonsi ancora nelle monete d'altre città siciliane; ma in ciascuna sotto forme e con lineamenli diversi, ch'accen- 38 su LE MONETE PUiMCO-SICULE. nano probabilmente ad una diversità di significato. E nelle segestane tiensi comunemente, e '1 duca di Luynes par ch'adotti questa spiegazione, che quella donna sia la trojana Egesta, e '1 cane rappresenti '1 fiume Crimiso, che sotto la forma di quest'animale si giacque con lei, ed ebbene per fi- gliuolo Egesto, altramente detto Aceste, dal quale fu edificata la città : vedi Licofrone Cassandra v. 961 sgg. con gli scolii di Tzetze al v. 9o3. e Servio in /Eli. I, 549. e V, 30., nel qual ultimo luogo aggiugne; hujus rei ut esset indicium , numum effigie canis peraissum Siculi hahuerunt. Ma questa fa- vola, ignota agli scrittori più antichi, è probabilmente un'invenzione de' mitografi posteriori, i quali par che ne togliessero l'idea dagli emblemi stessi che vedevano su le monete segestane. E considerando con maggior diligenza le forme di quella testa , ripetuta ancor nel rovescio , le quali nel loro stile arcaico presentano i caratteri d'un' età anteriore al rimanente della medaglia, e sembrano perciò indicare un monumento antico e sacro per que' di Segesta; mi viene in mente l'idea che quella possa esser la testa dell'antico e nobilissimo simulacro di Diana del quale ragiona lun- gamente Cicerone in Verr. act. H. IV, 33-38. Egli è noto come gli an- tichi popoli eran usi di ritrarre su le loro medaglie le statue degl' iddii ch'appo loro erano in maggior venerazione, multiplicando cosi gli esem- plari di parecchi monumenti insigni dell'arte, le cui forme, se non fosse questa loro usanza, sarieno ora del tutto perdute. E quel simbolo del le- vriere nel rovescio , e vie più ancora quel cane che lacera una testa di cervo in altri didrammi della medesima Segesta, e i due levrieri eh' ac- compagnano un cacciatore in alcuni suoi tetradrammi , parmi che , anzi ch'alia favola del fiume Crimiso, accennino alla dea della caccia , che fu il nume tutelare della città. Quanto poi alle sigle =IB, che accompagnano quasi sempre il nome di Segesta nelle sue monete greche, e qui leggonsi ancora sotto '1 suo nome fenicio; sono state proposte dagli archeologi parecchie congetture ; pren- dendole gli uni per una desinenza barbara del nome di Segesta, ed altri per segni numerali, a cagion delle variazioni che v'osservavano nell'ultima lettera. Ma nel nostro didrammo del n. 1. è chiarissimo ch'esse non pos- sono essere una desinenza del nome Segesta, che v' è scritto in fenicio : e se esprimono un numero; questo non potrebbe indicare né '1 valor della moneta , né 1' epoca nella quale fu battuta , trovandosi comunemente le stesse lettere in monete di diversi moduli e di differente età. Onde a ra- gione concludeva l'Eckhel doctr. nmn. I. p. 235 : hos autem numeros inter ignotos ablegandos censeo, quos aliquando felicior quidam Lari filiiis evoìrat. su LE MONETE PUNICO-SICULE. 39 Egli è il vero che '1 duca di Luynes ha ingegnosamente congetturato quel numero potersi riferire all'ordine nel qual veniva Segesta tra le città si- cane dell'isola, che, poste tutte nel lato occidentale d'essa vicin de' Fe- nici, par che fossero strette insieme in una spezie di confederazione. Ma non è verisimile che questo numero federativo fosse espresso in guisa cosi poco intelligibile: e dall'altro lato le variazioni che quelle lettere pre- sentano sono di tal natura che non potrebbono accomodarsi con alcun sistema di numerazione. Esse Irovansi del pari con la leggenda greca e con la punica; e non sol nelle monete di Segesta, ma eziandio in quelle d'Erice, per lo più antichissime e di fabbrica sicana ; nelle quali vedesi comunemente l'epigrafe iiìvra=I, scritta a ritroso, essendo invK.v l'antico nome della città (1). Anzi in un magnifico tetradrammo, del quale un esem- plare ben conservato è nella collezione del fu barone Consiglio , segnato nel diritto dell'imagine di Venere ericina seduta a sinistra, sostenendo una colomba nella destra, con un Cupido che le sta ritto dinanzi, e nel ro- vescio, d'un levriere che cammina a dritta, davanti a tre spighe che ger- mogliano da un medesimo gambo; nell'esergo, sotto a questo, leggesi chia- ramente iitvKA=llB , da dritta a sinistra. Maggiori varietà occorrono in quelle di Segesta; nelle quali, in luogo della sillaba =1B, che segue comunemente il nome della città, e certo che talvolta leggesi =l solo; ovvero =11. =ie, come di due didrammi della collezione di Duane afì'erma il Torremuzza: e =IA leggesi nel tetradrammo rarissimo che publicò il Torremuzza me- desimo tav. LXII, 2. p. 61., siccome appartenente alla sua collezione, ed in un altro ancora inedito e bellissimo c'ho veduto in quella del barone Consiglio; nel quale è da un lato il solilo cacciatore che s'inerpica a dritta, tenendo una verga o ramuscello nella sinistra, col berretto dietro al capo, un levriere tra le gambe, e un termine dinanzi; e nel rovescio, una qua- driga veloce, a dritta, sotto alla quale nell'esergo è l'epigrafe SEtE 1TA=IA, con una cavalletta volta anco a dritta. In guisa ancor più strana, le tre lettere consuete veggonsi allungate nella voce =16^.111 in una moneta del museo Carelli riportata dal Torremuzza anct. II. Tav. V. p. 11., dove di (1) Questo nome lo(;^'esi cziundio in quella rara moneta di bronzo con lesta barilaia a drilla ed un'epi^'ral'e dinanzi, e nel rovescio un cane, anco a dritta, tra due glolietti : la quale il Torremuzza tav. XXXVIII. p. 37. attribuì ad llyccara, seguendo Parula. yucU'epi^jrafe, cbe il l'aruta lesse IK.Mt, non è altro die lUVK scritto retro^'rado ; siccome bo verilicato sopra nn esemplare della collezione Salinas, ed era stato osservato in prima dal p. lìomano in un altro cli'esisle qui in l'alenno presso i sigg. lìaimondi. E però anco quella menila, e tulle l'altre che portano i medesimi tipi, son monete elicine. io su LE MONETE PUNICO-SICULE. esse lasciò scritto: qui de lime litteris explicationem exspectat, Sibìjllam adeat aut hariolum. Ed io credo ch'esse sieno ancora inesplicabili, con tutti i progressi che la hlologia e la paleografia han falli; e non so accordarmi né con Raoul-Rochelte, che poco opportunamenle vide qui la 1" pers. del verbo sostantivo, detto AMI alla dorica in luogo d' ufM, io sono, che fu usato ne' vasi di terra cotta per esprimere l'idea di possesso; né col Mi- nervini, e' ha tolto a cercarne l'etimologia nell'ebreo e nel fenicio, come se =IBAMI e =IB, che pare un compendio del primo, potessero significar la collina, l'acropoli di Sis. Cosi fatta coraposizion di vocabolo in ebraico non sarebbe ammessibile; né é punto verisimile che una parola puramente fenicia fosse scritta con caratteri greci, anche là dov'essa é congiunla con un'epigrafe fenicia. E però parmi più probabile che tutte quelle sigle, le quali anch' io tengo per abbreviature della voce =1BAMI o d'altro simile vocabolo sicano, significassero l'idea di città, cittadini, o altra simigliarne, che potesse convenire egualmente alle monete di diverse città, ch'erano tutte d'una medesima nazione. Dicevo poi eh' apparlien forse a Segesta l'obolo bilingue descritto nel- r art. di Panormo: perocché non sono ben certo , non avendone potuto vedere con gli occhi miei alcun esemplare , se in esso debba leggersi '1 nome di Segesta, y»:;; ovvero «>x, che sarebbe quello d'Imera. E quanto a' tetradrammi fenicii con la testa feminilc e la quadriga, mostrai già nel- l'art. d'Imera, come altri potesse ingannarsi nel leggerne l'epigrafe. Ol- treché io sospetto che, nella contraffazione eh' anticamente si fé' di que' pezzi, l'x fosse segnato talvolta in guisa da ravvicinarsi alla forma del y, per poca esattezza degli artisti, a' quali era straniero l'alfabeto fenicio. Ma la soluzione di tutti questi dubbi rimetto ad un esame più accurato e più maturo. MONETE INCERTE ED ANEPIGRAFI. Innanzi ch'io passi a quelle tra le nostre monete puniche, delle quali non può assegnarsi con certezza la patria, perché non sono segnate se non di qualche lettera, o mancano al tutto d'epigrafe; credo convenevole avvenire che non ho potuto tener conto d'un tetradrammo bilingue agri- gentino del quale il Torremuzza dà il disegno neWauctar. I. lav. I, 4., con un' aquila in riposo e la leggenda ARBA CAiMO£ scritta /Souorpo'pijaoi da un lato, e dall'altro un gambero e quattro ch'egli dice lettere puniche, e crede anzi esser le lettere ai3V ed esprimere il nome medesimo d'Aera- su LE MONETE PUNICO-SICULE. 41 gante. Cotesto tetradrammo eli' egli afferma essere stato nella collezione dell'arcivescovo Sanseverino non era punlo diverso dagli altri che portano i medesimi tipi con la sola epigrafe greca : e le pretese lettere puniche non eran altro che i palpi del gambero , siccome è slato osservato dal p. Romano, nel cui parere è convenuto ancora il duca di Luynes. Cosi, non rimanendomi a ragionare se non delle monete incerte ed ane- pigrafi , senza imprendere a descriverle tutte minutamente , che sarebbe opera lunga e poco utile, osserverò in generale ch'esse son segnate quasi tutte d'una testa feminile incoronala di spighe, e nel rovescio d'una lesta di cavallo o d'un cavallo intero, e d'una palma, aggiuntovi qualche sim- bolo allegorico, e qualche lettera isolata, p. es. s, 2, n, n, h, a, ;, y ecc. Un picciol numero di queste monete son d'oro, come può vedersi appresso Mionnet clcscr. de médaill. I. p. 264. sg. n. 450-464.; né molto più nu- merose son quelle d'argento, hn p. 265 sg. n. 465-475. : laddove assai maggior copia ce n' ha di bronzo , che sono per lo più mollo comuni . ivi p. 270 sgg. n. 506-584. In quali città fossero battute è malagevole cosa a ditcrminare: benché sia molto probabile che le lettere puniche che vi sono impresse debbano riguardarsi siccome iniziali od abbreviature del nome di quelle; a quel modo ch'abbiam veduto la lettera x posta in luogo d' s>x, che il nome d'Imera, e '1 a ora indicare il nome di Mozia, or quello di Panormo {Mahhanath), e le sigle n, nn, essere un compendio di questo ultimo nome 0 di quello di Cartagine. Appartengono perciò forse a Panormo le due monete d'argento che 'l Mionnet descrive ne' nn. 473. 474. ; con una testa virile imberbe coronata di spighe , a dritta ; e nel rovescio un cavallo di galoppo, a dritta, e sotto, nn (vedi la mia lav. II, 32. e Paruta n. 140.); ovvero un cavallo parimente di galoppo con la let- tera n, talvolta chiuso dentro ad una corona d'alloro: e simile tutte l'altre e' hanno questa lettera, secondo che può vedersi appo Mionnet medesimo n. 450. 511. 522. 536. E forse son anco panormitane quelle nelle quali è la sola iniziale n, ovvero le due lettere 3n (Mionnet n. 346 sg.): sic- come non è al tutto inverisimile che sien di Lilibeo quelle segnate col 3 (n. 5t0. 520. 528. 533.), e ch'appartengano ancora ad Imera alcune altre le quali portano un s. Più sicuro argomento può trarsi talvolta da' tipi che sono altramente conosciuti: onde io non dubito d'attribuire a Mozia le seguenti monete di bronzo anepigrafi ed inedile, che si conservano nel museo Salnilriano, tutte del modulo 1 od 1 ' j : 1. Testa di donna co' capelli sparsi, in fronte. )( Un gambero; ovvero una testa virile imberbe, a dritta. " Ì2 su LE MONETE PUMCO-SICULE. 2. Testa virile imberbe, a dirilla. )( Gambero. 3. Cavallo in riposo, a sinistra. )( Gambero. E son sicuro ch'appartenga ad Imera un bronzo dello stesso modulo, posseduto dal sig. Salinas; e' ha un cavallo di galoppo, a dritta, con un grano d'orzo sopra, come nella tav. II, 15.; e dall'altro lato la protome del toro barbuto anco a dritta, d'un lavoro perfettamente eguale a quello degli oboli. Mi tratterrò bensì un momento sopra tre monete anepigrafi, delle quali ho dati i disegni nella tav. I, 15. 16. 17., che son le seguenti : 1. Arg. 9 %. Testa di donna con foglie di canna intrecciate ne' ca- pelli, a sinistra. )( Cavallo inalberalo, a dritta, davanti ad una palma. Da un esemplare del museo Salnitriano ed un altro del sig. Salinas. 2. Arg. 9. Testa di donna incoronata di spighe e foglie, a dritta; di- nanzi, due pesci; dietro, un simbolo. )( Cavallo in riposo, a dritta, da- vanti ad una palma; a sinistra, nel campo, un astro; tra. '1 tronco della palma e i piedi anteriori, un flore. Tetradrammo inedito della collezione Salinas. 3. Or. 8. Testa di donna coronata di spighe e di foglie, a sinistra. )( Cavallo in riposo, a dritta; sopra, un disco radiato, o piuttosto ornalo di penne, tra due urei. Da un esemplare del museo Salnitriano. La prima di queste tre ho voluto publicare, siccome inedita e d'un la- voro pregevole; e l' ultima, avvegnaché già publicata, ho creduto conve- nevole riprodurre a cagion di quel geroglifico d'origine egizia che porta nel rovescio, e vedesi ripetuto in monete d'argento e di bronzo che son segnate de' medesimi tipi. Quel disco allude forse al culto del sole, ch'era diffuso tra tulli i popoli d'origine fenicia , i quali avean fatto di quello il lor principale iddio sotto '1 titolo di Baal' e que' serpenti urei, che '1 Mionnet voi. I. pag. 263. n. 463. chiama teste d'uccelli, è cerio per te- stimonianza d'Orapollo hieroglyh. I, 1. ch'erano un simbolo del poter di vita e di morte; ond'essi si veggono frequentemente ne' monumenti degli Egizii, uniti al disco solare o altramente combinati, per significar la su- prema potestà de' loro iddìi e de' loro re. Mollo più importanti son forse i simboli del bel tetradrammo e' ho de- scritto sotto '1 n. 2. Quell'astro, che comparisce sovente nelle monete pu- niche (vedi Mionnel 1. e. n. 467. 470. 480. 483. 533. 533.) , è certa- mente allusivo al eulto d'Aslarle, siccome ancora il disco con la mezzaluna, che non vi s'incontra meno frequente (Mionn. n. 539. 576. 584.). Perciò ch'egli è notissimo come sotto l'emblema di quella dea eran simboleggiati su LE MONETE PUNICO-SICULE. 43 il pianeta Venere e la luna: onile nacque quel mito rapportato da Filone Biblio ap. Eusebio I, 10. (vedi Snncìmniat. fragmm. p. 34 ed. Orelli), che Astarte reina e dea de' Fenici, avendo percorsa la terra, trovò un astro caduto del cielo, il quale ella tolse e consacrò nella santa isola di Tiro: EUpe:/ àipoTt-rij àcripa, ou xai à:jAojJ.i:'-'ì i'j 1ùpu> ryj àyia in^cuj àfiipwji. Per tujte le quali cose si fa più probabile l'opinione da me altrove accennata, che la testa feminile delle nostre monete puniche , avvegnaché incoronata di spighe 0 di foglie palustri, rappresenti piuttosto Astarte che Cerere o Pro- serpi na. L'altro sifnbolo triangolare, eh' è dietro alla lesta nel diritto, non fu forse mai più veduto nella forma che qui si presenta. Perciò eh' esso trovasi bene in una superba medaglia d'argento, appartenente alia Cilieia, e' ha da un lato Pallade in piedi, a sinistra, e dinanzi ad essa questo simbolo, e dall'altro. Ercole con clava ed arco, a dritta, siccome può vedersi ap- presso Mionnet suppl. VII. tav. Vili, 6. Gesenius monn. phoen. lav. 37 0- de Luynes choix de médaill. gircques tav. XI, 6. e nella memoria altrove citata di Raoul-Rochelte voi. XVI delle Memm. dell' accad. delle iscriz. p. 325. tav. II, 19. : ma quivi manca della linea inferiore che serve di base al triangolo. Trovasi altresì in parecchie stele funebri cartaginesi e numidiche (vedi Gesenius monn. phoen. tav. 16. 24.), non che nelle mo- nete di Cossura (Pellerin recueil III. tav. XCVII, 2. Torremuzza Sic. veti. numi tav. XCVI, 1-4. Gesenius tav. 39 D.): ma aggiuntivi due gomiti che si levano da' capi della linea tangente al cerchietto. Onde questa nostra può a ragion riguardarsi siccome una forma intermedia tra le due già co- nosciute. Ma qual era il signitìcato di cotesto simbolo, che fu certamente un simbolo religioso? Il Creuzer Symbolik li, 2. p. 305. vide in esso un idolo di forma conica , qual era l' idolo antichissimo di Venere patia (la medesima che Astarte), descritto da Tacito hist. II, 3.; ed a questa sen- tenza inclina il Gesenius. Laddove Raoul-Rochetle nella memoria più volle citata, de la croix ansée, sostiene ch'esso non sia diverso dalla croce ansata degli Egizii, con la quale il paragonavano già Eckhel doctr. num. I, 267. e Cavedoni nel bull. arch. napol. anno IL n. 33. p. 125.; e però un segno dell'immortalità e della vita divina. Egli osserva che lo stelo verticale della croce egizia potò da prima, biforcandosi semplicemente , dare origine a quella forma che vedesi nella medaglia di Cilieia; quindi i due rami esser congiunti da piedi con una linea orizzontale (ch'è precisamenie la croce del nostro tetradrammo); e finalmente aggiugnervisi le due braccia a' capi della lineetta superiore, come nelle monete di Cossura. Certo che nelle 4i su LE MONETE PUNICO-SICULE. monete i contorni di questo simbolo son di tal natura da non poter con- venire ad un idolo di forma conica, come vorrebbe il Creuzer: ed in ogni modo non è da dubitare ch'esso non fosse un contrassegno della divinità, e forse in particolare d'Astarle. APPENDICE VASO PANORMITANO. ISCRIZION MARSALESE E TORELLINO D ORO. LAPIDE ERICINA. Il vaso detto dagli archeologi panormilano è un vaso fìttile, trovato nel cavar le fondamenta del collegio massimo de' pp. Gesuiti in Palermo, e depositato quivi nel museo Salnitriano; dell'altezza di 0™,152, d'una bella vernice di color rancio rosato, con un'iscrizione fenicia graffila nella pancia. Fu publicato in prima, benché con tre lettere di meno nell'epigrafe, dal p. Anton M. Lupi de Severae mart. epitaphio tav. XI. p. 86., e più esat- tamente dal Torremuzza Sicil. inscr. p. 293. (p. 321 ed. 2'), dai quale il copiarono Barthélemy nella memoria più volte citata tav. V., Lanci de 'lapide carpentoract. tav. I. , Alb. delia Marmora sopra alcune monete fe- nicie e Gesenius mo7in. phoen. tav. 14. Io ne do il disegno nella tav. II, 24., ridotto ad un quarto del vero, e in piedi d'esso, 1' iscrizione nelle sue dimensioni naturali, ritraendola direttamente dall'originale. Il Barthé- lemy 1. e. p. 418 sg. lessevi prima d'ogni altro, e meglio che quelli i quali vennero dopo lui, n'TDa p Syiiinyn , cioè Hatherbaal figliuolo di Mislahh; ed osservò che cotesto, che deve essere stato il nome del vasel- laio , è quel medesimo che fu pronunziato Adherbal o Alhcrbnl da' Ro- mani; e che rullimo carattere non è altrimenti una lettera, essendo se- parato per alquanto spazio da tutta l'altra scrittura, ma forse (secondo lui) una cifra che indicava la contenenza del vaso. In altra guisa lessero le prime tre lettere Lanci p. 48., della Marmora p. 12., Gesenius p. 160.: anzi Kopp, Hamaker e Lanci medesimo presono l'ultima figura per una lettera; onde quest'ultimo interpretò, in modo poco convenevole all'indole della lingua, Jupharbaal /'. di Maskchok. Il Gesenius leggeva d'irbaal f. di Mesullahìi; prendendo la prima lettera per un h, e la terza per un >. Ma chi osserva bene l'originale vede apertamente che questa è un n, e che la prima non può esser punto un /aiwcrf; perocché questo trovasi ben due su LE MONETE PUNICO-SICULE. 4o volle nella nostra iscrizione nella sua forma consueta: e rimane perciò che questa forma di lettera, che non trovasi in alcun altro monumento fenicio sia un he, come congetturò il Bartliòlemy. Nò doveva il Gesenius opporre che questo he non può per le leggi gramaticali prefiggersi ad un nome proprio: perocché esso non è qui certamente un articolo, ma la semplice formativa del verbo "inyn, ch'è un imperativo della S" conjugazione ; in guisa che tutto '1 nome Atherbal nella sua composizione significhi Supplica- Baal, e la sua ortografia originale sia quella che vedesi nel nostro vaso, onde i Latini scrissero Adherbal ed anco Atherbal, e non quella che divisò il Gesenius monn. phocn. p. 400., cioè '7yD"iry Atliarbaal, conformemente a' Greci, che lo pronunziarono 'ATap/3as. Io avviso quindi che tutta l'iscri- zione debba leggersi Halherbaal ben Mesullalih, cioè, Atherbal figliuolo di Mesullahh; e l'ultima figura tengo col Gesenius che fosse un segno orto- grafico, solito porsi alla fine della scrittura, come nella 10' tra le iscri- zioni di Cizio, e come un altro segno poco diverso da esso nell'epigrafe del torellino d'oro, del quale tra poco dovrò ragionare. L'iscrizion marsalese è scolpita in una pietra, che fu trovala nell'iso- letta di s. Pantaleo, nel silo dell'antica Mozia, l'anno 1779, e quindi re- cata in Marsala, dove vedesi ancora, murata nella stanza d'ingresso della casa del comune. La copia che n'è divulgala per le stampe, inesalta per ciò che concerne la paleografia, devesi ad un Rosario Alagna marsalese, dal quale l'ebbe il Torremuzza, che publicolla nella sua collezion d'iscri- zioni (p. 323 ed. 2"), donde la trascrissero 0. G. Tychsen negli atti del- l'accad. d'Upsala voi. IL p. 97., Lindberg de ìnscr. vielit. tav. 5. e Ge- senius tav. 14. Io la do più esattamente nella mia tav. Il, 25., ridottine i caratteri ad un ottavo della lor dimensione originale. Or questa iscrizione il Gesenius p. 161. interpretò sepulcrum Mazori fi- gali, leggendovi i2:>n iJia -i2p; laddove quel nome proprio era stalo letto •jDa dal Tychsen e '^Dc dal Lindberg p. 39. Ma è chiarissimo che la seconda lettera d'esso, ch'è l'ultima della prima linea a sinistra , non può esser altro che n : perciocché il tsade, ch'è ancora la penultima let- tera della seconda linea, ha qui la sua forma usata, ben diversa da quella. E però anco la lezione del Gesenius dovrebbe correggersi, leggendo "ii>n inn "i2p, Keber Mether ìia-jjotser, cioè, Sepolcro di Melher ligule. E questa interpretazione sarebbe certa, né alcuna cosa vi si potrebbe op- porre dal lato della lingua, essendo Mether o Methres, con desinenza la- tina, un nome proprio ch'ebbe anco il padre di Didone secondo Servio 46 su LE MONETE PUNICO-SICULE. in j'En. I, 347. Ma il torellino d'oro, del quale adesso dirò, è venuto a complicar stranamente la quistione. È questo un torellino d'oro massiccio, trovalo, secondo quel che n' ho potuto sapere , in Segesta ed acquistato dal fu principe di Trabia ; di forme poco corrette e non eleganti, con un'iscrizione fenicia incisa nella base, qual può vedersi nella tav. II, 26. , dov'è ridotto a metà delle sue dimensioni lineari. Né è stato publicato ancora, per quel ch'io mi sappia; se non che '1 Gesenius dice d'esso nella prefazione a' suoi monn. phoen. p. X sg. : Unam inscriptionem quum Panormi penes principcm de Trebbia (sic) in bove aureo exstare et a Lancio >nì- >n~"ira i::p [aepukrum Mitra-chai Tyrii) lectam esse acceperam, ad hunc diem nancisci non potili ; neque igitur indicare possimi quid de eorum suspicione, qui eam supposi- ticiam putaverunt, iudicandum sit. Laddove altri qui m'assicurano che quel- l'epigrafe, mandala dal possessore ad un orientalista di Roma, fu inter- pretata: dono a Mitra fecondatore. Ma in qualunque de' due modi che 'I Lanci s'interpretasse, è certo che la copia a lui mandata doveva essere molto scorretta. Io ho avuto per contrario sotto agli occhi una stampa fatta in foglia di stagno su l'originale: e la mia sorpresa fu ben grande quando vidi in essa identicamente l'iscrizion di Marsala, che a ragione è tenuta per un'iscrizion sepolcrale. Il sospetto d'una falsificazione, già con- cepito da altri, s'affacciò allora con maggior forza all'animo mio: ma si dileguò ben tosto, dopo avere osservato, si nella stampa e si nell'origi- nale, l'esattezza e la nitidezza de' caratteri, i quali ho diligentemente co- piati (non cosi 'I toro, c'ho dovuto ritrarre da una stampa in rame incisa con poca correzione), e quella croce decussata altresì, che qui è aggiunta in fine come segno ortografico e nella marsalese manca del tutto. Una fal- sificazione di tal fatta sarebbe affatto impossibile. Dopo questa identità d'epigrafi potrà più quella pietra essere riguardata siccome un cippo sepolcrale? Egli è certo nondimanco che le prime tre lettere d'amendue le iscrizioni formano la parola i^p, che vuol dir sepolcro, non solo in ebraico, ma ancora in tutte le lingue e dialetti affini; e nel fenicio è certo ch'abbia questo medesimo significato, come apparisce dal- l'iscrizion cartaginese 8^ presso Gesenius monn. phoen. p. 179. e da quella del sarcofago d'Esmunazar lin. 3. 8. Onde qui ci troviamo avviluppali in una difficoltà inestricabile: dalla quale nondimeno io tenterò d'uscire, pro- ponendo delle congetture che parranno forse troppo ardite. Da poiché la voce irn esprime certamente un nome proprio, che non può esser né '1 nome dell'artista né quello del possessore, non accomo- su LE MONETE PUNICO-SICULE. 47 dandosi l'altre voci a queste interpretazioni; e d'altra parte è chiarissimo die quel torellino d' oro doveva essere un obbietlo sacro ed appartenere al culto di quaiclie deità: io non dubito ch'essa non debba leggersi Mitliv 0 Mithir , e riferirsi a Mitra, iddio venerato da' Persiani e da parecchi altri popoli dell'oriente, primo e nobilissimo tra gl'Izedi o genii del Zend- Avesla , mediatore tra '1 Dio supremo e gli uomini , ovvero tra Ormuzd ed Arimane , secondo Plutarco de Is. et Osir. e. 46. , simboleggiato nel sole, col quale più lardi fu confuso ; nella lingua zendica detto Mithra, che risponde al sanscrito mitra, amico, e da moderni Persiani Mihir, che appellativamente significa amore e sole, siccome ancora nel sanscrito que- st'astro ha nome mihira. Il culto di cotesto iddio, che diventò in processo di tempo il dio supremo della teologia persiana, compendiandosi in esso la trinità adorata da quel popolo, penetrò più tardi tra' Romani per opera de' pirati di Cilicia, secondo che racconta Plutarco in Pompeo e. 24.; e i misteri mitriaci invasero tutte le provincie dell'impero ne' primi quattro secoli dell'era volgare: donde que' tanti bassi rilievi che v'alludono e le iscrizioni Deo Milhrae Soli invicto, ed altre si fatte. Ma tra' popoli del- l'Asia esso si divulgò assai per tempo con le conquiste de' re di Persia; ricevendolo ancora i Fenici, o direttamente da' Persiani o per mezzo delle loro colonie di Cilicia, dove questo medesimo culto fu antichissimo : ed è ben verisimile che fosse accolto eziandio da' Cartaginesi, i quali, oltre al commercio ch'esercitavano con le provincie occidentali dell'impero per- siano, erano ancora confederati co' re di Persia. Anzi F. Lajard, il quale in varie opere, e soprattutto nelle recherches sur le eulte public et les my- steres de Mithra, Parigi 1847-48, ha illustrata con molta dottrina l'ori- gine e le varie moditìcazioni del culto di Mitra, crede che quello fosse un culto primitivo in oriente, e quindi derivassero le religioni de' Siri, de' Fenici, degli Egizii, de' Frigi, de' Greci e degl'Indiani. Ma, che che possa pensarsi di questa sua sentenza, niuno vorrà rivocare in dubbio l'antichità di questo culto tra que' popoli i quali ebbero alcuna relazione o commercio co' Persiani. E certissimo è del pari che l'epiteto ■^)L'> jotser , che segue al nome sostantivo nella nostra iscrizione , significando , non solamente figulo ed artefice, ma ancora creatore, là dove ragionasi di Dio, come in [saia XLIII, 1. XLIV, 2. 24., convien benissimo a Mitra, il quale nella teologia zendica è, non solo il principio della fecondità in generale, ma più propriamenle il medialor della creazione, e la personificazione dell'amor della divinità per le creature alle quali ella dà l'esistenza, simile all'Amore demiurgo de' Greci. 48 su LE MONETE PUNICO-SICULE. La figura del foro altresì è simbolo notissimo ne' misteri e nella teo- logia di Mitra. Ed avvegnaché ne' bassi rilievi che de' Romani ci riman- gono, Mitra comparisca sotto le sembianze d'un giovine, vestito di lunghi calzoni [sambala, àua^vpiS^g), di breve tonaca e d'un mantello svolazzante, con berretto frigio in capo, in atto di trafiggere un toro atterrato, al quale s'avventano un cane, uno scorpione ed altri animali simbolici; e quindi de Hammer, nelle sue ricerche sul culto di Mitra, abbia credulo quel toro essere il dimonio Darugi percosso dal dio, e Lajard v'abbia anco veduto un sacrificio offerto da Mitra al dio supremo Ormuzd: in altri monumenti, come in quello della villa Borghese, Mitra è montato sul toro medesimo ch'egli trafigge, e quest'animale par che signillchi qualche cosa più stret- tamente collegata con essolui, e forse la costellazione del toro, nella quale il sole vibra i raggi suoi, figurali nel pugnale dell'oro, al cominciar della primavera, dando vita cosi a tutla la natura. Né altro che questa costel- lazione par che si volesse significare ne' libri zendi sotto l'imagine del toro Abudad, di quel misterioso toro primitivo, crealo da Ormuzd innanzi ad ogni cosa, perseguitato da Arimane e dagli altri genii maligni, e finalmente messo a morte; ma levato quindi al cielo, per fecondar la natura, e ser- batone il seme nella luna [Izesne ha 1 .), perchè di quello nascessero gli ani- m.ali della terra, dopoché le piante erano uscite delia sua coda e dell'altre parti del corpo [Bun-dclies p. 363. 371 trad. d'Anquetil du Perron). Nel Zend-Avesta noi lo veggiamo celebrato come quello c'ha dato l'essere al- l'uomo puro e fa crescere l'erba del campo [Vispered carde 1. 2.), ed invo- cato insieme con Mitra {Izesne 70.), eh' era il genio del sole; e '1 suo culto, che nell'India era anteriore a Zoroastro, diffondersi co' dogmi del legisla- tore persiano nell'Armenia e nelle provincie vicine. Del qual cullo, sic- come ancora della connessione d'esso con quel di Mitra, giovami allegar particolarmente in pruova due antiche monete di Cilicia, paese abitato già da' Fenici , le quali si conservano nelle collezioni Allier e Gosselin ed anco nel museo imperiale di Francia, e possono vedersi appresso Mionnet voi. HI. p. 6C4. n. 633. 656. lav. LVI, 8. suppl. VII. tav. Vili, 5., e nella memoria di Raoul-Rochette sur la croix ansée p. 334. 33o. tav. II, 2. 3. Esse son de' didrammi; nell'un de' quali è un foro a sinistra, con la croce ansata dinanzi, e '1 mihir sopra, eh' é il simbolo di Mitra o della trinità persiana ; e nel rovescio, uno sparviere (simbolo del sole) diritto a sinistra, con la medesima croce dinanzi e due linee di caratteri ignoti; e nell'altro é similmente il toro con la croce ansata e 'I viihir, aggiun- tivi sopra e sotto de' caratteri : e nel rovescio . una colomba volante in su LE MONETE PUNICO-SICIILE. Ì9 SU a sinistra, con una foglia d'eilera. Un esemiilaiL' di qiiesl' iillinio fu già nella collezione del Peilorin , che pnblicollo nel mueil de méd. \. tav. Vili. 21. p. io.; e 1 Winkelmann sloìia drlk' tu ti del dis. Il, 4. § 22. afUgui'ò in quel loro il dio Api. Ma oggi è iiuUibilabile che 'I sim- bolo che v'è sopra rappresenti Mitra, il quale, comechè fosse in prima il mediatore de' due principii, assorbì poi nella sua triplice essenza gli altri due: e però quel toro che cammina, simile al nostro torello siciliano, se non vuol riguardarsi come identificato con Mitra medesimo , è certo un simbolo persiano intimamente connesso con lui. Ma intorno al significalo astronomico di cotesto toro non rimarrà più dubbio alcuno, se si pon mente alle parole di Porfirio de antro nymphar., dove insegna che a Mitra, siccome genio del sole, fu assegnata propria sede presso all'equinozio, e che però egli porta la spada dell'ariete, segno marziale, ed è montato sul loro di Venere; perciocché Mitra egualmente che 1 toro è autore delle cose e signore della generazione : èzc%iilrai -raùpw 'Afpoàir-ig- tós xaì 6 raùpog , 5-^- Interpretate cosi l'ultime due voci dell'iscrizione, e mostralo come esse non disconvengano punto alla figura simbolica sotto alla quale sono in- cise ; mi rimane ancora a tagliare il nodo gordiano del primo vocabolo. Che significherà mai quel Sepolcro di Sliira creatore, come secondo la co- noscenza attuale della lingua fenicia dovrebbe interpretarsi? Se potesse di- mostrarsi quello che da alcuni moderni è stato asserito, che anco Mitra in quell'antica teologia fu un dio il qual sofferse e mori per gli uomini, essendo ucciso da' propri fratelli sotto '1 nome d'Irels (v. Benj. Constant de la religion considcrée dans sa source voi. Ili, 243. IV, 289.); nel qual mito poteva esser simboleggiato il corso del sole, che si dilunga da noi e perde ogni sua forza nel verno, per risorgere quasi a vita novella nella primavera: quella interpretazione non parrebbe pii^i cosi strana ed inve- risimile. Perciocché ne' misteri di quel dio, che i Cartaginesi ricevettero forse da que' di Cilicia, come più tardi i Romani, recandogli seco in Si- cilia, il nostro lorellino polè essere adoperalo a fregiare il sepolcro di Mitra, qualunque questo si fosse: e potrebbe eziandio imaginarsi che '1 loro me- desimo fosse in que' misteri riguardato siccome un sepolcro animato e vivente, del quale Mitra doveva uscire, ritornando alla vita; a modo come il sole esce dal segno del toro nell'energia del suo vigor giovcnile, per rianimare col calore de' raggi suoi tutta la natura. Ma , conciossiachè niun fondamento apprestino a queste congetture i libri sacri de' Persiani, io avviso piuttosto che quella voce, la quale ne' so su LE MONETE PUMCO-SICULE. monumenti fenicii finora conosciuli indicava il sepolcro , avesse qui un altro significalo: il qua! forse dovrebbe cercarsi nelle lingue antiche della Persia, trattandosi d'un dio e d' una religione straniera, nella quale è certo, come potrebbe dimostrarsi con parecchie iscrizioni Ialine, che de' vocaboli persiani erano talvolta adoperali. Ed io sospetto ancora che la radice nap potesse aver qualche altro significato nella stessa lingua fenicia. Perocché nell'iscrizion cartaginese 8" la voce I2p keber, sepolcro, vedesi segnata su la prima lettera d' un segno diacritico , siccome è stalo riconosciuto da Kopp iibcr puniscile Steinschrifleii p. 14. e dal Gesenius monn. phoen. p. 179.; il qnal segno in quella lingua, come in lutte l'altre ch'appar- tengono alla medesima famiglia , doveva dinotare la diversità de' suoni co' quali la stessa parola pronunziavasi secondo i suoi diversi significati. Ed è cerio oltr'a ciò che '1 nome degl'iddìi Cabiri adorati da' Fenici, il quale Scaligero, Grozio, Bochart, Selden e Gesenius fanno derivare dalla voce ebr. «i^ss cabbir, che vuol dire grande, possente, conforme al titolo di Bsoì fii-ydxoi, che lor diedero i Greci, ed all'interpretazione di i»(< poto, potenles, che ne fa Varrone de ìivij. Int. IV, 10., in greco è scritto co- stantemente col K, Y^àUiipoi, come se fosse derivato dalla rad. i2p- Io com- paro perciò questa radice con le radici affini ""zi^ galiar, raluit, praevaluìt, lì 123 cabar, magnus, potens fuit; essendo notissimo come le lettere del medesimo organo possano insieme permutarsi: e congetturo ch'ella potesse anco esprimere l'idea di possanza e di forza. Perciò leggo: lùbor Mithr ha-jjotser; ed interpreto: La virtù, ovvero, seguendo l'uso che gli Arabi e gli Etiopi fecero della radice scritta col chef, La gloria di Mitra creatore. Ma della probabilità di questa interpretazione giudichino i dotti; o ne trovino altra migliore. Quanto a me, mi basta d'aver fatto conoscere questo monumenlo prezioso ed unico nel suo genero della religione e dell'arti fenicie, della cui autenticità non può ragionevolmente dubitarsi. Anzi giu- dico che, in qualunque modo s'interpretinole prime tre lettere dell'epi- grafe, esso sia una pruova incontrastabile del culto che in Sicilia e da que' popoli fu rendulo anticamente a Mitra; e che in simil modo, per la manifesta identità, debba interpretarsi l'iscrizion marsalese; la quale potè anticamente esser congiunta con quel gruppo di scoltura fenicia, trovato anch'esso in Mozia, e collocato a pie d'essa iscrizione nella casa del co- mune in Marsala, nel quale è effigiato in pietra un toro laceralo da due lioni. Cotesto simbolo del loro laceralo da boni vedesi ancora nelle mo- nete di Cilicia; e ne' monumenti di Persepoli ò comunissimo. E forse ch'al- ludeva anch'esso nel suo linguaggio figurato a qualche mito della teologia stessa di Mitra. SV LE MONETE PL'NICO-SICULE. 31 Dovrei in ultimo luogo occuparmi dell'iscrizione ericina, della quale ci lasciò memoria Antonio Cordici in una sua storia manuscritta della città d'Erice, che conservasi nella biblioteca del comune qui in Palermo. Ma la copia ch'egli se n'ebbe dal dottor Rocco Palma, figliuolo del castellano presso al quale quella lapide era, essendo fatta da persona che non aveva alcuna conoscenza di questa spezie di studi, secondo che vedesi a carte 49 di quel ms., non può ad altro servire ch'a farci sentir piò vivo il dolor della perdita. Né alcun costrutto potrà cavarsi da quella che '1 Torremuzza ne dà Sicil. inscr. colleciio p. 296., ne da quella del Gesenius monn. phoen. tav. 13.; perchè derivate tutte dalla medesima origine. Onde quest'ultimo, ch'a p. 1Ò8-I60. si provò di darne l'interpretazione, la die taìnquam mo- destum mgenii Ivsum, poliiis qiiatn interpretationem certam et pcrfectmn. Io non mi metterò ad imitarne l'esempio, certo come sono dell'impossi- bilità dell' impresa : ed osserverò solo che non è inverisimile che quella lapide, non altrimenti che l'iscrizion di Marsiglia, contenesse gli ordina- menti d'alcun magistrato cartaginese intorno a' sacrifici che dovevano offe- rirsi nel famoso tempio di Venere ericina. La lunghezza dell' iscrizione dimostra al certo ch'ella era un de' più importanti monumenti della lingua e della scrittura fenicia. Ma poi ch'ella è irreparabilmente perduta, non m.i rimane se non a disiderare che si sappiano quinci innanzi apprezzar meglio tra noi , e guardar più gelosamente , tutte l' altre memorie delle patrie antichità che sono sopravanzate alle ingiurie de' tempi. FINE. TAV. I. f. 'ti Vili* rù-é. r> f-f, ^„/^,„c Cy^7 v; .u A ■) n 7 7 u 4C. ^^^}<^fA /ù.g. t/rut 9.tJ, C- 'OS nel rovescio (2). Mi limito solamente ad enumerar quelle delle antiche monete di principi che offrono dei ritratti. Cosi la scienza credette di posseder le fisonomie de' due primi fondatori della siracusana monarchia Celone e Cerone fra- telli, nomi gloriosi per la nostra storia: il primo de' quali perla vitto- ria riportala sopra i Cartaginesi presso Imera , è paragonato da Diodoro a Leonida ed a Temistocle; l'altro comechè le virtù del minor fratello non ritraesse, fu pure principe insigne e glorioso, accolse alla sua reggia Bac- chilide, Epicarmo, Simonide, Pindaro, Eschilo; ripopolò molte città e spe- cialmente Catana ove mori ed ottenne come fondatore, onori divini (3). Ma Ezechiele Spanheimio (4) critico e numismatico del secolo XVII con forza d' invitti argomenti smenti 1' antica fede nelle monete di Celone e (1) Castelli T. 97. Cosi si dee leggere la prima parola che altri lesse 2YPAK0SI0Y, o 2YPA- KOSinN. V. qui in line la llg. 2. (2) V. in fine flg. ì. (3) Diod. lib. XI, 23 e scgg. (4) De Praest. ntimm. vet. DEI TIRANM 1)1 SllìACUSA 3 Cerone I, e diill'arte, dalla paleografia, da allre osservazioni assai delicate concliiuse doversene riferir la fattura ai tempi di Cerone II e di Cero- nimo. Ciò nulla ostante non derogò alla credenza comune che in quei volti sicnsi voluti effigiare i due suindicati personaggi, e fu sancito qual canone numismatico riconosciuto ed accettato da Eckliel, da Visconti (I) e da parecchi altri moderni scrittori, esser quelle monete onorarie, con- sacrate da Cerone II o da Ceronimo alla memoria di quegrillustri da' quali la nuova casa regnante in Siracusa per la somiglianza dei nomi preten- deva discendere. Così quelle effigie perdettero il gran prestigio della con- temporaneità e divennero o fredde ripetizioni o finzioni arbitrarie degli artisti eseguile a maniera due secoli dopo sopra vaghe rimembranze o sopra originali di altra epoca e di stile totalmente diverso. Questa opi- nione perdeva insensibilmente di credilo e già fin dal 1825 Teodoro Pa- iiofka venuto a visitare gli avanzi delle antichità siciliane, in una dotta lettera al signor duca di Serradifalco Sullf i>^crizio>ìi del teatro di Siracusa, riteneva come certo che le imagini di Celone e di Cerone nelle monete appartenessero agli ultimi principi anziché ai primi di questo nome. E tale opinione seguiva poi lo slesso duca di Serradifalco nella sua della e magnifica descrizione delle Antichità di Sicilid (2). Non mancò il Torremuzza di darci altresì i ritratti de' due Dionisi: ma quello del maggiore è finto dalla impostura sempre feconda di Coltzio , e l'altro del più giovane è una lesta di Ercole, come noi mostrammo al- tra volla (3). Di Pirro fu creduto posseder noi la fisonomia in una ma- gnifica moneta di argento che è disegnala nella memoria di Raoul-Ro- chette (4) sulle monete di questo avventuriere. Visconti che dice averla scoverla , non dubita di vedervi un ritratto; ma il dotto ed esperto ar- cheologo francese dimostra con grande abilità esser quella una lesta eroica, probabilmente di Achille autore della razza degli Eacidi che occupavano a quel tempo il troflo di Epiro e della quale portava il nome il padre (1) EcklicI, Ooctr. mim. vet. T. I, png. 2jI e se^';;. Visoonli , Icoitot/riif. tjrcca . T. Il, pnj;. 22 e so;.'!,'. — lIoUo De' Dauli, Su lo moti, di Gelone e ili Cerone, l'ai. 1832. (2) Sopra un' iscriz. del tealr. siracusano; Idi. del iloll. Teod. l'anofka a S. K. il duca dì Serradifalco ce. Miserila nella Potigr. fiesolana 1.S25' prijiia; indi nel nostro Giornale ili Scienz. leti, ed arti Palermo 182G 'I'. XV, pa;;. 74 e 175. — Serradifalco Ani. iti Sivil. voi. IV. Siracusa. (3) Anlielie nton. ined. Dionisio I. Are. inscr. nella Rivisla l'ai. 1833 pay. 54. (i) lHémoire sur les niéd. siciliennes de Pyrrlius eie. lu li' 1C dèe. 1831 à l'Acad. royalr dcs liiscripl. ci bclles Lellrcs. h- ICONOGRAFIA NUMISMATICA dello slcssp Pirro. Ciò prova 1" col ragguaglio che ne fa ad una monda di Ophrynium ov'è il ritrailo di Achille coH'iscrizione axiaaeyC; 2» dal rovescio della medaglia di Pirro che presenta Teli portata su d'un ippo- campo avente tra le mani lo scudo del tiglio; 3" dalla lettera A che os- servasi costantemente nel campo di questa e di parecchie altre monete dello slesso Pirro. Del credulo Terone tiranno agrigentino non mi tratterrei a ragionare, allesochè lo stesso Torremuzza confessa di aver poca fede all'attribuzione di questa moneta, e che le avrebbe più volentieri dato luogo tra le agrigen- tine autonome anziché tra quelle dei tiranni di questa città se non si fosse trovata già eseguita l'impressione delie prime tavole. È anzi da maravigliare tome dopo si manifesta protestazione e dopo quanto ne scrisse il Neu- mai) (1) per distruggere qualunque preoccupazione in favore di tal sen- tenza, l'ab. Sestini uomo di lai sapere ed accorgimenlo che tutti sanno in fatto di numismatica , sia persistito a riferire la moneta anzidetta a Terone (2). Quel che mi torna acconcio in questo luogo, è il potere rel- titicare una circostanza che diede il primo appiglio a creder questa una moneta di tiranno , cioè il vedervi nel dritto una testa diademata. Ho dunque il piacere di poter assicurare sopra un buonissimo esemplare con- servato in questo nostro museo che la testa del dritto non è mica cinta di diadema, bensi di una corona di alloro: opperò cadono egualmente le congetture di Neunian che la disse una testa di Bacco per un grappolo che è nel campo, e di Eckhel che vi riconobbe il volto di un fiume dal- l'acconciatura del credulo diadema. La testa è di Apollo; e il grappolo vi è aggiunto per devozione a Bacco, come r aquila del rovescio e la leggenda Aioli i:nTHPOS è consecrala al cullo di Giove: che quei buoni iddii del sincretismo gentilesco erano com- piacenti e si tolleravano scambievolmente senz'alcuna gelosia di mestiere. Troviamo altresì nelle tavole del Castelli un ritratto formale di Agatocle al numero li. È nella parte anteriore di una moneta di argento di mo- dulo mediocre che accusa, se fede meritano i moduli appo quest'autore, un didramma. La storia che egli ne dà, è rimarchevole; perocché attesta averla veduta egli stesso in Messina presso un orefice dal quale non potè ottenerla a verun prezzo. Questa moneta era stata già prima disegnala e descritta dal Gollzio e da esso riportata nella Sicilia numismatica del Pa- ci) Popi), et reijg. num. vet. incd. T. I. lab. II. ii. t. Viiidob. 177'J (2) Lelt. numism. 1. II. p. 4. DEI TIRANNI Ul SIRACUSA 5 nila. È (jiiesla cerio una c-illiva raccomamlazione; luUavia ò sempre da aggiiislar fede al Torremuzza clie l'ebbe soU'occhio e se ne invogliò: se pure la fiella con die fu obbligalo ad osservarla nelle mani alimi, e di lale che dalla sospezione e dall'avarizia era sollecitato a sollrargiiola al più presto dallo sguardo, non abbia impedito al valente nummofilo di esaminarla con diligenza e scoprirne le magagne. Le monete vogliono stu- diarsi a tutto bell'agio per conoscerne la verità e guarentirsi dalie insi- die che l'ingordigia di guadagno tende alla buona fede e alla passione de- gli amatori. Anzi spesso non si può su di esse portar giudizio perentorio se le non sien proprie e non si abbia la libertà di ripulirle e financo di guastarle: che il guasto arrecato ai monumenti stampati, quando non si può altrimenti , ò perdonabile se può risultarne una cognizione di più per la scienza: come si guastano e si ammazzano gli animali per cono- scerne l'interno organismo, e decompongonsi co' reattivi i minerali per definirne le sostanze componenti. Or tornando al principe di Torremuzza vorremmo sapere come fece , venuto in Palermo, a ricordarsi della lìsonomia di Agalocle per farla ca- pire e disegnare al cattivo incisore Dibella che lo serviva? Cerio con mollo stento io m' induco a creder genuina la moneta di cui favella la nostra storia; e son temalo di aderire in vece alle ragioni di Eckhel il quale la tenne per sospetta. Del resto una delle due, o il Torremuzza ebbe l'agio di disegnarla sull'originale o ne fece comporre ad idea il profilo. Nel primo caso io non dubito esser questo piuttosto il ritrailo di Geronimo qual lo si vede nelle monete di questo principe; alle quali però nulla somigliano i disegni dati dal predetto insigne nummografo. Nel secondo la moneta può essere slata vera e genuina, ma noi non possediamo ancora il ritrailo di Agalocle, allesochè l'unico esemplare che polea darcelo, andò irrepa- rabilmente perduto. E quanto alla prima supposizione che il ritrailo cioè sia di Geronimo, sarebbe facile spiegare il meccanismo di simili contralTazioni le quali si ottengono segando per mezzo nella direzione della grossezza due monete e saldando tra loro il diritto dell'una e 'I rovescio dell'altra. Cosi nel caso nostro dalla lesta di Geronimo e dal rovescio di una moneta di Agalocle col trofeo e col nome di questo principe si sarebbe ottenuto il pezzo ve- duto in Messina dal Torremuzza. Sia che si svoglia di tale avvenimento, leniamoci al certo che il ritratto di Agalocle su quella moneta o non ri fu mai, 0 per lo meno noi più noi possediamo. Quanto a quello che si è creduto vedere della regina Filislide nelle inu- G ICONOGRAFIA NUMISMATICA iiele che ne porlano il nome, dopo le gravi e giudiziose osservazioni di Raoui-Hoclielle (I) si dubita forlenienle sesia quella l'effigie di una regina, 0 piulloslo di Cerere, nume tutelare della Sicilia, ciò che ridurrebbe al nulla lutle le osservazioni intorno al lungo regno di questa principessa la cui tìsonomia, giusta le osservazioni di Torremuzza e di Visconti va sensibil- mente cangiando dalla gioventù fino all'età senile. Senza ripetere le cose dette dall'illustre accademico francese, aggiungerò solo in sostegno della opinione da lui adottala la somiglianza slreltissima che passa tra la testa velala creduta di Filistide e quella che vedesi nelle monete di Melita (-2) di Panormo, di Etna e dell'assario romano-siculo pubblicalo dai signori fratelli Landolina. Per assicurarsi però di questa somiglianza bisogna os- servare le monete originali che conservansi nelle nostre collezioni e di- stoglier lo sguardo dalle tavole del Castelli, perchè i disegni procuratici in esse da questo benemerito sono cosi orribilmente scontraffatli da non potervisi menomamente affidare. Filistide dietro le accurate riflessioni del Visconti e del Raoul-Rochette dovette esser moglie di Cerone II , probabilmente la figlia del rinomato Leptine: aggiunge quest'ultimo che potè morir molto giovane e dal ma- rilo ricevere questa cara significazione di affetto in una moneta onoraria, questa specie di apoteosi che rappresentolla sotto le forme di Cerere, come sotto le sembianze di Giunone è espressa Ftia madre di Pirro in una bella medaglia di rame (3). Sicché il solo ritratto su cui non è stata mossa fi- nora, non può muoversi controversia, è quel di Geronimo, principe di brevissima durata, unico di questo nome, che colla sua sconsigliata po- litica ruppe l'amicizia co' Romani, e provocando alle armi questo potente avversario, allrettò l'ultimo fato di Siracusa e di lutla Sicilia. Caddero con Siracusa le arti e la floridezza dell' Isola : e con esse la monetazione di argento, vedendosi foggiate indi innanzi, a quanto ne sem- bra , monete, la maggior parte, di rame e di artificio sempre men nobile fino alla più abbietta e miserabile decadenza. Esposto cosi lo slato attuale delle cognizioni intorno alla iconografia dei nostri tiranni, sorgono naturalmente due questioni: !" è dimostrato a ri- li) L. e. (2) Cliiarissìina meglio clic iilliovc scorsesi quesla sninìgllanza In ima monda di Molila avcnlf IR'I iliillo la Icsla di Aslarle e nel rovescio un soj;gello egizio con le Ire solile lellere dì qiiol (ìopolo: di cui noi possediamo un liell'cseniplare dovuto alla rorlciia di madama SlricKlaiid Konici. (3) Torremiizja, Op. cil. Pi/nliiis, ii. II. DEI TIRANNI DI SIRACUSA 7 gore che le teste di Gelone e di Cerone sono i ritraiti de' due antichi re di Siracusa: o non si deggiono piuttosto riferire, come piace oggidi, ai ■due altri personaggi che la storia ricorda sotto gli slessi nomi? 2^ resta altra testa nelle monete siracusane in acconciatura e costume reale che aspella tuttora di essere riconosciuta e che potrebbe aumentare anche di un nuovo ritratto l'iconografia numismatica di questi tiranni? Alle quali due questioni dietro maturo esame io credo poter rispondere: 1° che le leste di cui è parola, sono piuttosto i ritratti contemporanei di Cerone II e di Celone II suo figlio che premorto al padre non giunse a regnar solo; 2° che una lesla ancor noi possediamo oltre alle suindi- cate, attribuita comunemente a Sosistralo e sulla quale lo stesso Eckhel non seppe portar giudizio, dicendo fuori del suo costume cose vaghe e inconcludenti, e che in essa noi possiamo con certezza riconoscere l'effigie di Agalocle. In guisa che quand'io giungerò a provare questo doppio as- sunto, avrò restituita la serie degli ultimi quattro re di origine siciliana in allrettanti ritratti eseguili durante vita e in presenza de' loro originali; e questi sarebbero Agatocle, Cerone lì, Celone II, Cirolamo. Proviamoci a farlo. E pria d'ogni altro, quali son le ragioni per cui voglionsi le monete di Celone e di Cerone riguardar come onorarie , impresse cioè alla me- moria di quegli antichi, e non già contrassegnale delle effigie de' prin- cipi che le battevano? Ciova qui riepilogarle seguendo tutta intera l'ar- gomentazione di Spanliemio e di Eckhel che io riporterò coli' ordine di quest' ultimo. Le monete in questione, dice dunque l'A. della Doclriiia Niimmonim, non sono degli antichi tiranni: 1° per l'arte; 2" per la pa- leografia e per l'uso specialmente dell'fì; 3° per l'uso del diadema che a quei tempi primitivi era sconosciuto; 4" perchè ai re di Siracusa fino a Girolamo non fu mai permesso imprimer le proprie imagini nelle monete: epperò se noi ve le troviamo , dobbiamo riguardarle come ricordanze di antichi principi che formavano i fasti del paese e della famiglia dominante, non già come effigie de' principi viventi per cui ordine le monete eran battute; 5" perchè nel rovescio di una moneta di Celone trovasi la nota numerale XII sconosciuta in Sicilia pria della venuta de' Romani che ac- cadde sotto il regno di Cerone II ; 6° perchè le monete che vengono in questione, per la più parte sono in rame: e questo metallo a' tempi dei due primi re non era in uso presso i Greci di Sicilia. Ponderando spassionatamente le accennate ragioni che possono vedersi svolte nel luogo citato, ci accorgeremo facilmente che tranne la ?" e la 8 ICONOGRAFIA NUMISMATICA quarta, tulle le altre provano bensì elle le monete son recenti, ma nulla servono a mostrare che i volli espressivi debbano riferirsi a personaggi antichi. L'esame dunque da istituire è sopra ì due anzidetti argomenti: ed io comincio dal quarto: il quale a vero dire, salvo il rispetto dovuto al padre della scienza numismatica, sembrami che contenga una mera pe- lizion di principio. Esso difatti dice così: nessuno de' principi siracusani prima di Geronimo usò apporre la sua imagine nelle monete; e certo l'a- vrebbero fatto quando avesser potuto confortarsi dell'esempio de' due più antichi Gelone e Gerone. Le imaginì dunque di questi due non sono di antica data e debbono riguardarsi come onorarie. Or se noi supponiamo per un momento che quelle dì Gerone e dì Gelone sono le imaginì non de' primi, ma de' secondi due personaggi di questo nome, ipotesi che tra tulle è la più naturale, cade di peso 1' argomento e con esso il bisogno dì qualunque altra dimostrazione per provare che le monete in esame non sono antichissime. E se ci verrà fatto poi dì provare che anche Agatocle impresse la sua testa nelle monete, la dimostrazione arrecata perderà assolutamente ogni appoggio. Cangiamo dunque la supposizione in lesi, e diciamo così: posto che giusta lutti i vostri argomenti, tranne il 3» e il 4°, è dimostralo che le monete di cui parliamo, son opera de' tempi dì Gerone II, chi ci vieta di riferire 1' imagine ivi espressa col nome iephaO- allo slesso principe che allor governava, anziché all'antico fratello di Gelone, di Trasibulo e di Polizelo? Né vale 1' esempio addotto da Eckhel delle monete consolari ove Iro- vansì reslìluile le imaginì degrìllustri maggiori. Noi non neghiamo l'uso delle restituzioni appo gli antichi : diciam solo che esso non ha luogo nel caso attuale ove l'ìmagine può ben attribuirsi al principe vivente che la fece imprimere, senza ricorrere ai trapassali. Del resto non é la slessa la condizione della repubblica romana e della monarchia siracusana; i ma- gistrati che governavano la zecca in Roma, non poteano farsi effigiare in moneta, perché non erano né re né capi della repubblica , ma solo in- caricati dì questo ramo speciale di amministrazione. E volendo magnifi- care ì fasti della loro famiglia, faceano incidere ne' conj ì ritratti de' loro antenati con altri fatti della storia opportuni allo scopo. Ma ì re di tutti i paesi, e quelli specialmente de' reami costiluili da' successori dì Ales- sandro, ai tempi di Gerone II e fin da quelli di Agatocle usavano segnare della loro imagine le proprie monete: e l'uso di questi re ebbe presente DEI TIIÌANM 1)1 SIRACUSA 9 Agatocle lìn da quando egli il primo usurpò per se nome ed onori regali, ad eccezione del sol diadema. Ecco di falli, com'io diceva, la sola difficoltà che ha qualche buona ap- parenza e che merita essere sciolla. Agalocle al dire di Diodoro si astenne dall'onore del diadema; e Livio ci assicura allrellanlo di Cerone II e di Ge- lone (I), Son queste le novità introdotte nel regale apparato dallo sconsigliato Geronimo che gli costarono l'odio comune, e congiunte alle altre sue laidezze e crudeltà maturarono il suo assassinio. Or su tali espresse testimonianze fu stabilito il canone per taluni incrollabile che tutte le teste diademate di Gerone non potevano riferirsi a un principe che non usò mai questo dislinlivo. Però con buona pace del dotto Spanhemio e de' suoi seguaci, la difficoltà milita egualmente pel nuovo che per l'antico Gerone. Si con- chiuderà dunque che quella non è la testa di alcuno de' due Geroni, anzi di verun altro principe siracusano? Niuno certo saprà accettare questa strana conclusione : bisogna quindi ricorrere ad un espediente. Spanhe- mio e i suoi si appigliano a quello della restituzione onoraria, dicendoci Eckhel : quel che non fu lecito ai vivi, lo potè essere a' morii. Ma questa replica contiene un vero anacronismo che è quello di dare un dislinlivo che non solo non era allora usalo in Siracusa, ma che neppur si conosceva affatto altrove ai tempi de' vecchi re se non sulla fronte de' numi. Tuttavia tale anacronismo non è senza esempi. Orchi ci vieta di ricorrere a un altro ripiego più semplice e più ragionevole, del quale abbiamo esempi continui negli odierni monarchi, di supporre cioè che il diadema già divenuto ai tempi delle nostre monete il distintivo presso che univoco di tutti i re, del quale per modestia o vera od affettala, si astennero nella loro persona i principi siracusani Agatocle e Gerone, sia stalo ad essi allribuito nelle ima- gini, e specialmente in quelle delle monete? Deslinavansi queste, secondo la natura del commercio di allora, a circolare presso le nazioni straniere e a render temuto e onoralo il nome di quei principi che tanto si sep- pero far valere colla forza delle armi. Non è dunque da meravigliare se in esse si sia voluto conlradislinguere la dignità reale colle onoranze dovute a quel grado. E veramente quale de' nostri re o imperatori viventi fa uso di corona 0 di scettro o di clamide reale , non dico già ne' privali convegni , ma (I) « iSam qui per tot annos Illeroncni (ìliumquc cjus Gclonem nec vcstis liabilu noe alio litio insigni diffcrentcs a cactcris civibus vidisscnt, conspexcrc piirpurani ac diadema, ac sa- lollitcs arniatos, quadriifasquc ctc. u Lib. XXIV, e. V. 5. 2 10 ICONOGRAFIA NUMISMATICA nelle pubbliciie e più auguste comparse? Se ne eccettuiamo riualche caso singolare di solenne incoronazione, non troviamo altro esempio a' tempi nostri ili quel costume reale di che veggiamo pure sfoggiar le statue, i ritratti, e fin anco i medaglioni e le monete intitolale a' principi tultor viventi. Il nostro Ferdinando I non prese mai la corona sul capo nò la ricevette per solenne cerimonia: e tuttavia se la impose in tutte le mo- nete impresse dopo il congresso di Vienna. Concludiamo adunque che l'effigie apposta al dritto delle monete inti- tolale a Cerone può ben essere quella del li principe di questo nome , non ostante il diadema di cui si cinge la fronte: gli storici ci dicono che egli ed i suoi predecessori si astennero da questa insegna nella lor per- sona, ma non dicono che abbian vietato di esser con essa effigiali. Tolta dunque di mezzo ogni difficoltà per attribuire a Cerone II l'imagine di quelle monete che ne portano il nome e che si riconoscono fabbricale ai suoi tempi e sotto la sua dominazione, sopra qual altro fondainenlo po- trà sostenersi la pretesa dedicazione onoraria di tali monete alla memo- ria dell'antico tiranno di questo nome? Troviamo anzi ragioni fortissime che ci persuadono il contrario. Tra queste adduco in primo luogo la verità de' profili di cui cerchiamo la spiegazione, i quali mirati senza prevenzioni (1) si manifestano a primo sguardo veri ritratti di flsonomie caratteristiche, vìve, parlanti. Ora è egli credibile che queste altre non sieno se non imagini restituite sopra qual- che ricordo anterior di due secoli e mezzo; sopra un ritratto, se volete, tuttora esistente dell'antico Cerone? Ma esislevan ritratti a que' tempi? 0 non anzi l'arte appena uscita dalla sua infanzia studiava ancora e ri- peteva un tipo convenzionale che applicavasi egualmente a tutte le figure umane? Noi non vogliam negare il progresso delle arti all' epoca di cui parliamo: a buoni conti sotto il regno di Cerone furono introdotti Va e le altre lettere simonidee: e le monete siracusane ove questa lettera manca, mostrano una squisita perfezione e uno sviluppo di arte che attesta esso solo il progresso della civiltà di quel secolo. Tuttavia dalla bellezza dei tipo convenzionale o ideale alla verità ed espressione del ritratto sul vero è ancora un gran passo: e noi veggiamo che le teste di quell'epoca sulle monete si rassomigliano tutte fra loro. Che che ne sia; un profilo copiato e poi ricopiato dopo si lungo tempo non potrà mai esibire la verità e la naturalezza di espressione che scorgesi nelle teste di Cerone. (1) V. fig. 1 e 2. DEI TIRANNI DI SIRACUSA 1 1 Né poi io mi so capire clie interesse abbia potuto avere Cerone II di consacrare nelle sue monete l' imaginc e le geste di un suo predeces- sore la cui memoria non era certo ne' cittadini in gran lienedizione. Ce- rone l'antico emendò in parte col favore concesso agi' illustri poeti e (ì- losolì i vizj e le crudellà di clie avea macchiato i primi anni del suo re- gno : ei lento l'aringo olimpico e vinse, e vi ebbe dedicato un cocchio. Ma la sua fama rimase con tutto ciò poco gloriosa, e certo oscurata dallo splen- dore delle virtù del fratello minore Celone che lo avea preceduto sul trono. Laddove Cerone H fu principe d'ogni parte perfetto; dolce, benefico, generoso non sol co' domestici, ma anche cogli esterni, co' Romani spe- cialmente co' quali strinse e mantenne inviolabile amicizia. Polilico ac- corto e antiveggente bcnelìcù i Cartaginesi perché la romana potenza in- gigantita non trasmodasse in abusi. Mantenne una lunga e florida pace, ma forni l'arsenale di quelle potenti e terribili macchine da guerra fatte costruire ad Archimede che furono dopo la sua morte micidiali cotanto sotto le mura di Siracusa al romano ammiraglio da coslrignerio a dar volta colle sue navi dicendo, fuggiamo da questo grometra Briareo (I). Qual rac- comandazione sarebbe stata dunque per lui presso il popolo siracusano cbe teneramente lo amava qual padre, il presentare ad esso nelle proprie monete l'imagine di un antenato che ebbe voce di crudele e fu abborrito come tiranno? Sarà stala mai questa una ostentazione di famiglia per rannodare l'at- tuale all'antica dinastia? Ma siffatta esposizione di un ritratto, di un nome di per sé non amato , questa rimembranza solennemente suscitata non avrebbe avuta l'aria di un programma della politica che intendeva seguire il nuovo principe? Che se la memoria di Cerone l'antico legavasi a quella del suo antecessore Gelone principe d'immortal rinomanza, non era meno congiunta a quella di Trasibulo terzo fratello succeduto a Cerone nel Irono di Siracusa; espulsone indi con violenza come vero e insopportabil tiranno. No, la memoria del primo non onora, ma deturpa quella del secondo Ce- rone, personaggio cui la storia non addebita alcun vizio, prodiga anzi l'elo- gio delia più bella ed amorevol virtù di cui 1' antichità pagana ci abbia lasciata memoria in alcuno de' suoi principi. Che se dopo tali considerazioni ci è lecito tenere per dimostralo l'as- sunto propostoci, vedremo da esso nascere spontanea l'intelligenza delle altre particolarità che presentano tali monete. (1) Plularcli. in Marceli. •12 ICONOGRAFIA NUMISMATICA E primieramente nel rovescio di esse vedesi d' ordinario una figura a cavallo (1). Chi la considera altenlamente vi scorgerà di leggieri nella sua picciolezza il distintivo del mento acuto e sporgente tanto caratteristico della flsonomia del dritto. Pare anzi che l'artista non potendo, per le di- mensioni del volto, dare risallo agli altri caratteri del profilo, abbia tutta in questo concentrala la sua diligenza. Il guerriero adunque sul cavallo di galoppo è lo stesso che nella testa del dritto. Ed io non esito a ri- conoscervi una statua equestre , quella stessa che narra Pausania essere stata a Cerone II da' suoi figliuoli innalzata in Olimpia (-2). Questo scrit- tore ci ha financo conservato il nome dell'artista che fu Micone siracu- sano figliuolo di Nicolrate. Tale statua insieme coli' altra pedestre che nello stesso luogo gli fu pur dedicata, forse a nome de' Siracusani, era collocata presso al carro di bronzo posto alla memoria dell'antico Cerone del quale accennammo più sopra. Né tale equestre simulacro potè essergli stalo eretto dopo la sua morte; perocché la storia ci assicura averglielo dedicato i figliuoli. Ora Cerone non ebbe altro figlio maschio che Celone II il quale premorì al padre. 0 sia dunque che i figliuoli, oi toù 'Upwuog zalòig, sieno detti da Pausania in plurale senza riflettere alla circostanza che egli aveane un solo; o sia che vi comprendesse pure le femine , certo non avrebbe detto oi -alStg delle sole donne: né è poi credibile che queste o i lor mariti dopo la morte di Cerone alla quale succedettero tempi assai torbidi per la sconsigliatezza di Ceronimo, avesser pensalo ad erigere statue al padre o al suocero. Ciò anzi non potè affatto avvenire; stanteché i due generi Andronodoio e Zoippo subito dopo la morie di Cerone presero ad aggirare talmente con perversi consigli l'animo del giovane re, che lo fecero in tulio de- viare dagli espressi voleri legatigli come in leslamento dall'avolo negli ul- timi istanti della vita: e per favorire i Cartaginesi ordirono quella orri- bile trama contro Trasone unico oramai amici vero che restava a fianco del principe e che consigliavagli la fedeltà a' vcleri del defunto e l'ami- cizia co' Romani. Sicché la statua equestre eretta C..>' figli fu posta in Olim- pia ancor vivente Cerone, e tutte le buone ragioni ci persuadono a rav- visarla nel cavaliere che occupa il rovescio delle descritte medaglie. Aggiungo un'ultima riflessione in conferma della intelligenza data a que- sto rovescio. Negli esemplari ben conservali ove può scorgersi ogni apice (1) v. r.if. 1. (2) Lib. VI, 478 eil Kulinil, Lipsiac 1696. DEI TIRANNI DI SIRACUSA 13 della figura e dei suoi accessorj, si osserva chiarameiile che il cavaliere che ingroppa il cavallo di galoppo, tiene la lancia in modo non naturale, cioè col ferro al di dietro e il calcio dell'asta in avanti. Questo atteggia- mento a mio credere ci addita un principe di carattere e di costumi pa- cilìco, una corsa per semplice esercizio ginnastico, non già un guerriero che slanciasi all'assalto, che provoca il nemico alla pugna. È il carattere vero di Cerone II che non vuole la guerra , ma per tenerla lontana ne ama gli esercizi, ne prepara opportunamente gli appresti e le macchine. Noi non abbiam toccala per anco la difficollà principale , la piii forte ragione, cred'io, che diede appiglio all'opinione che in queste monete fos- sero eflìgiati gli antichi principi siracusani. È questa l'esistenza di mo- nete che portano il nome di Gelone. E come la cronologia de' nostri re non enumera che un sol principe di questo nome, il figlio di Dinomeno, il vincitore d'Amilcare ad Iinera, però a nessuno surse mai dubbio sul- l'allribuzione di queste monete. Era poi conseguenza assai naturale che riconoscendo in esse l'antico Gelone, anche in quelle di Cerone si avesse a ravvisare il ritratto e la memoria del maggior fratello e successore nel trono di Siracusa. Ma tutta questa argomentazione cade di peso quando si conosce che il Gelone di cui parliamo, governò veramente insieme col padre, e fu da lui associato non solo alle cure, ma anche al titolo e all'appellazione dì re. Di ciò abbiamo noi svariati esempi presso gli antichi, che poi si ri- produssero anche più manifesti e solenni nell'impero romano. La ragione slessa c'induce a credere che Cerone vissuto oltre ai 90 anni, lontano da ogni ambizione di regnare, abbia facilmente negli ultimi tempi deposta la soma degli affari sopra il figliuolo, erede presuntivo del trono, e che colle cure del regno gliene abbia altresì accordati il titolo e le onoranze. Ma lasciamo le congetture ed ascoltiamo le autorità degli scrittori: Polibio ci attesta (t) in lode di questo personaggio che « nulla ebbe più a cuore della benevolenza e della fede che si deve a' parenti, neppurla maestà del re- gno » (fi-ì"' lioirsi).iiaq iJ.iyi&o;): il che mostra, al meno indirettamente, che egli regnasse col padre, comechè poco conto facesse di quest'onore in pa- ragone della riverenza a' genitori dovuta. La slessa conclusione ricavasi da un luogo assai conosciuto di Livio , citalo d'ordinario contro di noi, ove ci si dice che Geronimo il primo scostatosi dagli esempi del padre e dell'avolo ostentasse le insegne, il cor- ei) Ul). VII, e. 7, 8. 1 4 ICONOGRAFIA NUMISMATICA leggio e il f;islo ile' re(l). «Nani qui lot annis Hieroiioiii liiiumqiie ejiis Gelonem nec veslis habilu, nec alio iiilo insigni differenles a caeleiis ci- vibiis vidissent , conspexere purpuram ac diadema ac salelliles armalos. quadrigasqiie etc. ». Or se il padre di Geronimo non fosse sialo ancli'egii re, l'argomenlo di Livio concluderebbe assai poco. Che maraviglia difalli che siasi astenuto dal diadema e dalla porpora un semplice privalo, uno che non era ancora in possesso del nome e della regia dignità? Lo stesso sembra supporre Polibio (2) quando narra die a' Rodj dan- neggiali da orribil Ircmuolo « Gerone e Gelone mandarono in dono sellan- lacinque lalenli » e fecero altri singolari doni ed offerte. Il che dello di entrambi in plurale mostra ben chiaro che regnavano l'uno e l'altro e che gli ali! del governo si facevano a nome comune. Lo slesso scrittore ci narra ancora qualche cosa di più positivo intorno all' arbitrio eh' esercitava Gelone nel disporre delle forze di terra e di mare; avendo esso mandala ambasceria ai Greci nella quale promellea di venire in lor soccorso con ventimila fanti e dugenlo navi armale, a palio che a lui ne concedessero il comando (3). E Livio (i) raccontando che dopo la strage de' Romani presso Canne, né anco la casa di Gerone rimase tranquilla e ferma nella sua amicizia verso i Romani, narra che Gelone il primogenito , sprezzando la vecchiaja del padre, dalla parte dei Romani passò a quella de' Cartaginesi, ed avrebbe cagionali de' gravi disturbi nella Sicilia , se una morte tanto opportuna che non liberò il padre dal sospetto, non lo avesse tolto di mezzo men- tre stava per armare la moltitudine e farsi degli aderenti. Cose tulle che dimostrano 1' esercizio del potere regale accordato di fallo dal padre al figlio Gelone. Ma toglie ogni dubbio l'appellazione di re data da Diodoro senz'alcuna distinzione al figlio ed al padre con queste parole: « Essendo morii in Si- cilia Gerone e Gelone re (in plurale : TìXu»cì xaì Upwjog rù>u /3«(7(>iu)i) nella città di Siracusa, e caduto il principato de' Siracusani in mano di Geronimo ancor mollo giovine (5). » Finalmente Gelone ebbe moglie la figlia di Pirro, Nereide , nominata più volte dagli storici Diodoro, Polibio, Plutarco, Pausania ec. Or costei (1) Uh. .\xiv, e. v, 5, 3. (2) Lib. V, 88. (3) Lili. .\II, 26. 0, 1. (i) Lib. X.VIII, e. XXI. (j) Lib. XXVI, 15. DEI TIHANM di SIRACUSA 15 ò licordnla in uno de' cunei del teatro siracusano a caraUeri cubitali; o vi è in quel pubblico e sontuoso edificio intitolala reginn, al modo stesso che Filislide credula moglie di Cererie, basiai:ìì;a5; NHFiiuo::, n.\i;i.\is:i:A^ 'MAIì;tiaos. Se alla moglie fu dato cosi solennemente il titolo di /3aa//./5 )ì S.Guzzr'o ofts S: n: ■ e-rnìo lit S Minv.eci INTORNO ALLA VITA ED AGLI SCRITTI DEI, PROFESSORE eiuiiiiii leuio DISCORSO LETTO AlLACCAUEMU DI SCIEIVZe E LETTERE DI PAIERMO NELLA TORNATA DE' 28 FEBBRAIO 18j8 Compiono oggi tre mesi dal di che , trafitto nel più vivo del cuore al funesto annunzio della morte del professor Baldassare Romano , corsi in Termini a bagnar di calde lacrime la tomba dell'uomo sapiente, del mae- stro e dell'amico carissimo: e le brevi parole, che l'angoscia dell'animo e la debolezza delle forze, affrante ancor da lunga malattia, mi permisero appena di pronunziare in quella lugubre solennità, sono già divulgate per le stampe. Ma essendo allor dovuto , si per la qualità del luogo e della cerimonia, e si per l'acerbità del dolore di che la recente perdita tutti ci contristava, ristrignermi quasi esclusivamente a ragionar de' pregi morali del defunto; e de' suoi scritti e lavori scientifici avendo potuto toccar quello soltanto eh' ad un elogio funebre pareva esser convenevole : mi proposi insin da quel tempo di scriver quando che fosse alcuni cenni più particolari in- torno alla persona ed all' opere sue, le quali meritano al certo una con- siderazione più accurata ed una più minuta disamina. E quella omessione appositamente falla, se può dirsi fallo a posta ciò che procede dall'istinto medesimo del naturai sentimento , fu notala da parecchi ; i quali si per- suasero di per sé agevolmente che un elogio funebre dev'essere una pas- sionata effusione del cuore riboccante di dolore, anziché una storica nar- razione od una rivista letteraria, fredda ed impassibile: laddove altri, cui 4 INTORNO ALLA VITA ED AGLI SCRITTI natura non die cuore per sentire quello che nella comune sventura tutti i buoni sentivano , né mente da conoscere quelle convenienze artistiche , difficilissime da intendere e da osservare, quel decunan, come chianioUo il principe de' romani oratori (1), senza il quale nessuna produzione del- l'umano ingegho può dirsi bella, ne fecero soggetto di censure contro di me , e d' affettato zelo per la gloria e '1 nome dell' estinto; il quale oso dire niun altro potersi vantare d'aver mai ammirato con maggior riverenza, né più teneramente amato, ch'io mi facessi. Ondechè, essendo islato stretto a lui co' legami di saldissima amicizia per più di sei lustri, e da lui ono- rato di stima e predilezion singolare tra tutti i suoi discepoli, mi reputo oggi avventurato di poter leggere questi cenni innanzi a voi , eultissimi accademici , che , come socio corrispondente in prima , e poi come socio attivo non residente, l'aveste a collega; isperando di poter così chiudere la bocca a' malevoli, e adempiere a un tempo il voto de' buoni e di tutti gli amatori delle cose patrie, che disiderano di vedere onorata ancor più ampiamente la memoria di quell'uomo insigne, la quale serberemo sem- pre nel cuore indelebile e carissima. Nato di gentile e costumata famiglia in Termini a' 24 di febbraio 1794, egli ebbe da natura ingegno destro e perspicace, cuore dilicato e sensi- bile, da' genitori Cataldo Romano e Girolama Palmisano un' educazione squisita. Perciocché essi, informando per sé medesimi alle virtù cristiane, alla prudenza civile ed alla cortesia delle maniere la numerosa prole della quale Iddio gli benedisse, curarono che dagli uomini i quali più segna- lavansi per sapere fusse ammaestrata nelle lettere e nelle scienze. Baldas- sare ebbe quindi a maestro nelle prime Gaetano Costantino, prete culto, d'animo franco e vita semplice filosofica, il cui nome egli rammemorò sem- pre con singolare effusione d'affetto; e più tardi, Antonino Lamanna, va- lente chirurgo insieme ed alunno diletto delle muse, il quale, raccolti in casa Romano i giovani che davano di sé le più belle speranze, faceva eser- citargli nello studio della letteratura, della poesia soprattutto, ed educa- vagli al sentimento del bello. Le scienze elementari, ciò sono le matema- tiche, la fisica, la filosofia, imparò da Giuseppe Balsamo, canonico e vi- cario foraneo in Termini, della cui pietà e dottrina è quivi ancor viva la memoria. Ma , più forse che gli ammaestramenti di tutti questi uomini (1) ut enim in vita, sic in oratione, nihil est diIJicilius, quam, quid deceat, videre : vptro'j appeìlanl hoc Graeci; nos dicamm sane decorum.... Iluim ignoratione, non modo in vita, sed saepissime et in poi^matis et in oratione pcccaliir. Cic. orai. e. 21. DEL PROF. BALDASSARK ROMANO O egregi e benemerili della patria , accendevalo all' amor del sapere e della gloria, che nell'animo suo si svolse ardentissimo, la voce e l'esempio del suo maggior concittadino, di Niccolò Palmcri, anima eccelsa, degna di ben altro secolo e d'altri paesi. Imperocché il Palmeri conobbe ed apprezzò Bal- dassarre ancor giovine, e '1 volle amico, ed amò d'intrattenersi con lui, godendo do' presagi non dubbi ch'egli dava in quella prima età di sua futura riuscita. E questi j»c//(/t'ra allora, come ra[iilo fuor di sé, (/((/ labbri) fatoiido di Niccolò (son le sue parole medesime); ed ammiravane il xrtnìn, In copia delle sen- tenze e delle imagini, la (jrazia e la snavilà del dire; e da esso imparava a sentir le bellezze de' grandi scrittori, quando il Palmeri, per accomu- narsi piii a lui, studente ancor di belle lettere, recitavagli con quella sua attitudine inspirata e sublime lunghi squarci or delle orazioni funebri di Bossuet 0 delle aringhe del [)' Aguesseau, ora delle sloiie del Machiarelli , ed ora versi di Dante e assai jiiii spesso dell'Ariosto, ch'era il poeta da Ini prediletto (I). Dal collegio degli studi di Termini passalo all' università di Palermo , die pruove non ordinarie d'ingegno nelle molte scuole che frequentò, in- cominciando dall'eloquenza, insegnata allora dall'ab. Cannella, e dalla fi- sica, che leggeva Domenico Scinà; il quale, comechè avverso generalmente a" Terminesi per le gare avute con Paolo Balsamo nella prima età , non tardò a riconoscerne il valore, e l'ebbe poi sempre in grande stima. Stu- diava quindi la chimica e l'anatomia, ed avviavasi alla professione della medicina: dalla quale bentosto si ritrasse, disgustato forse delle incertezze di questa scienza, esagerate dalla sua fervida fantasia; onde poi ne' suoi più tardi anni, quando, spinto dal bisogno dell'infermità che '1 travagliava, volle approfondirla da sé solo e la studiò seriamente, l'ebbe pur troppo a vile , ed era uso chiamarla impostura e delitto, espressioni perdonabili all'acerbità de' dolori ch'egli sofferiva ed alla incurabilità del suo male. Si volse perciò allora allo studio del diritto, come di scienza che, avendo per obblelto l'umana società e la parte più nobile della nostra natura, sia più degna di chi vuol dedicarsi al perfezionamento morale di sé medesimo ed a migliorare la sorte degli altri. E forse gli erano incentivo a questo studio le agitazioni e gli avvenimenti ch'ebbero ailor luogo in Sicilia (era l'anno 1812), de' quali '1 suo illustre concittadino Balsamo, che primo divulgò tra noi lo studio delle scienze economiche e civili, fu si gran parie. Quali affetti e quali speranze agitassero in quell'occasione il suo petto, (I) Velli i cenni sulla lila e gli scrini di N. Palmeri p. 10. 6 INTORNO ALLA VITA ED AGLI SCRITTI può scorgersi da una lettera ch'egli scriveva parecchi anni appresso ad un Paolo Scarpinato già morto, stato suo intimo amico e compagno di studi, e nell'amor della patria non men caldo di lui. Perocché da' suoi manu- scritti apparisce lui aver avuto in animo di dettare una serie di lettere a' suoi amici estinti, le quali, a giudicarne da' pochi saggi lasciatine, sa- rieno slate monumento di sublime filosofia e d'affetti nobilissimi. Ma , con la guerra mal combattuta nel continente e con la caduta di Bonaparte, quello stato di cose avea fine: e il Romano se ne ritornava in patria; dove mettevasi qualche tempo ad esercitar con lode la professione di difensore, dando pruove in quella della destrezza dell' ingegno suo e, cosa ancor più difficile, dell'interezza dell'animo; e lasciavasi indurre dap- poi ad assumere qualche impiego civile. Ma né le palme oscure che po- teva offerirgli '1 foro in una città di provincia, né le grette occupazioni e '1 meccanismo delle abitudini , alle quali un impiegato di second' ordine deve per necessità circoscriversi, non potevano appagar queir animo sde- gnoso e nato per qualche cosa di più grande: e sgomentavalo la corrut- tela de' costumi , anzi '1 difetto d' ogni morale principio , contr' al quale gli saria convenuto assai spesso di lottare. Di che si dal foro, e si dagli impieghi, ritracvasi senza far punto dimora (che da' malaccorti, e da chi non seppe apprezzar l'altezza dell'animo suo, gli fu apposto a volubilità e leggerezza): e dedieavasi tutto agli studi. Solo un momento parve che più luminoso aringo, e più convenevole all'indole dell'animo ed alla ca- pacità della mente sua, gli s'offerisse; quando furono dal Real Governo nel 1819 ordinati de' concorsi per l'ammessionc a' gradi de' corpi facol- tativi. Perocché allora, datosi di proposito allo studio del disegno e del- l'architettura, ed approfondite meglio le matematiche, potè in breve tempo dar tal saggio del suo sapere , che ne riportò somma lode e fu ammesso come alunno del genio: onde poi, avendo preso servizio nelle truppe si- ciliane col grado di primo tenente l'anno che a quello segui, ne toccò una severa correzione da quel burbero viso del general Colletta. Ma, cessate an- cora in breve spazio di tempo tutte quelle vicende e ricomposte le cose nel- l'ordine consueto, egli ritornava da capo a' patrii lari, condannato quasi dalla sorte a menare i giorni suoi nell'oscurità del ritiro, ed attendendo il di che la sua vera vocazione gli doveva esser rivelata. Né questo di tardava ad apparire. Perciocché nel 1824, riordinato e le- vato a maggior lustro il collegio di Termini per le cure di que' due dotti veramente filantropi ch'egli avea avuti a maestri, Giuseppe Balsamo e An- tonino Lamanna, egli era chiamato da loro ad insegnarvi le belle lettere DEL PROF. BALDASS\RE ROMANO 7 nella classe che dicono d'umanità, e due anni dopo in quella di retorica, della quale in poco tempo ottenne la proprietà per concorso lodevolmente sostenuto. A cotesto incarico, oscuro ed ignobile agli occhi del volgo, ma sacro e nobilissimo a quelli del filosofo che sa apprezzarne tutta Y im- portanza e la dignità, avealo serbato la Provvidenza, che volle far di lui un istruniento benefico da diffondere i lumi della vera scienza, con esso i principii della sana morale e della sapienza civile, negli animi delia termi- tana gioventù. D'alia mente, di cuore affettuoso ed educato nella vera flloso- fla, e però di vita incolpabile, ed alieno dalla corruzione e dalla venalità de' tempi presenti, egli abborriva da quella letteratura, indegna del nome rna comune pur troppo a que' di, che, chiudendo l'animo alla voce degli affetti e del vero, non ha altro scopo che d'ammaliar l'imaginazione con la pompa delle figure, e di cattivar gli orecchi con la cadenza di periodi artifiziati e sonanti; retorica vana di parole, la qual, sostituendo il giuoco delle anti- tesi al nerbo del raziocinio ed all'energia del pensiero, i luoghi comuni alla dottrina vera e succosa, le descrizioni e le amplificazioni alle pitture della fantasia creatrice ed alla sublimità di quelle imagini che vengon dal cuore, prostituisce i doni più nobili do' quali Iddio abbia fregiata la no- stra natura, e volge a strumento di corruzione, negli sciaurati che la pro- fessano e ne' ciechi che l'ammirano, que' mezzi che la Provvidenza avea divisati ad illuminar le nienti degli uomini ed a richiamar gli animi de- gradali al sentimento della propria dignità. Sublime ufficio della lettera- tura; che il Romano conobbe ed al quale si studiò di rivocarla, ed edu- cando secondo quello le menti e i cuori de' suoi allievi, e mostrando loro (avvegnaché nelle sue lezioni non si valesse quasi d'altro che de' libri d'istituzione, i quali, per vecchia usanza, gli eran prescritti) che le let- tere non hanno altra importanza per se, come diceva il Foscolo, se non quella c'ha la forma separata dalla sua materia, ma ch'esse, facendosi mi- nistre delle imagini, degli affetti, della ragione dell'uomo, ed applican- dosi all'immensa dovìzia dell'umano sapere, debbono rendere vive ed ef- ficaci quelle conoscenze che senza il loro ajuto rimarrebbono morie ne' libri 0 nel segreto della mente, debbono, vera imogine della parola crea- trice di Dio, operare efficacemente su la vila e reggere le sorti dell'uma- nità. E però, incitando i giovani alio studio de' sommi esemplari, dei quali venia svolgendo le bellezze con quell'entusiasmo ch'è proprio del genio, insegnava loro a cercare, sotto la veste delle magiche forme, i te- sori della sapienza riposta , ed accendeva negli animi loro un disiderio inestinguibile del vero, e con esso, un amore ardente di quella gloria non 8 INTORNO ALLA VITA ED AGLI SCRITTI peritura ch'è guiderdone degno al sapere, e più che alcun altro affetto, la santa carità della patria. Cosi dirizzando a sublime meta i migliori in- gegni che, nati ad intendere e sentir profondamente, giudicava acconci a cultivar l'alta letteratura, accomodavasi ad un tempo con amabile condi- scendenza a' mediocri; informando tutti a' principii della sana critica, ed ammaestrandogli a pensar dirittamente, ad esporre convenevolmente le cose pensate, procacciando d'abbellirle, non con le lascivie di studiato idioma. ma con purità ingenua di lingua, e con quelle grazie severe che nascono quasi ad un corpo col pensiero e non sono altro che l'evidenza, l'energia e la luce medesima delle idee concepite con sicurtà e chiarezza nella mente. All'ostentazione di que' pomposi esperimenti , ne' quali i giovani son costretti sovente tra noi a consumar le forze dell'ingegno e la miglior parte dell'anno, fu sempre fieramente avverso ; siccome colui che non cercò al- tro che '1 profltto vero e la soda istruzione degli allievi. E con tale abi- lità seppe correggere nella sua scuola il difetto de' metodi pur troppo vi- ziosi dell'insegnamento elementare, che solo bastò a far che le scuole di Termini levassero grido di gran fama in Sicilia , e potè dare alla patria cittadini educati a pensare e sentire che, consecrando a lei tutti gli af- fetti del cuore , si studiassero d'accrescerne le glorie con l'ingegno e col, senno. E di quella scuola uscivano, per tacer de' viventi, Melchior Lo- faso, del cui squisito gusto, del cuore affettuoso e dell'animo nobilissimo fanno ancor fede que' primi saggi e pensieri commendati dal Manuzzi , dal Nicolini e dal Guerrazzi, e degni, per sublimità d'affetti ed'imagini, dello scrittore dell'Orlis; e Francesco Coppola sacerdote filantropo, di non comune dottrina, di fervida fantasia, di cuore ardente, che imitò con somma lode l'esempio del maestro, dedicandosi tutto, prima in Termini e poi qui in Palermo, all'educazione civile e letteraria della gioventù, talché, spento crudelmente dall' indica peste nel cinquantacinque , tutti i buoni ancora lo piangono, ed uno de' migliori istituti d'educazione del nostro paese ne sente tuttavia la perdita. Con tal sollecitudine e con si fatto zelo s"era affaticalo il Romano per bene undici anni a cultivar gli animi de' giovani, co' quali vedea crescere le speranze della patria, quando dalla commessione di pubblica istruzione ed educazione era in aprile del 1833 promosso alla cattedra d'eloquenza, della quale vollero allora accrescersi le scuole di Termini, per provvedere più eftìcacemente all'incremento del sapere e della civiltà. Ed egli lesse in quell'occasione un discorso, per dimostrar l'utilità che dal nuovo or- dinamento delle scuole dovea derivare: ed imprese a dettar le sue lezioni DEL PROF. BALOASSARE ROMANO 9 con non minore zelo eil attivila che insino a quel di avea fatto, facendo anzi più ampia mostra del suo elevato ingegno e più compiutamente svol- gendo i principii di critica e d'estetica ch'egli professava. Ma la gioventù non potè di quel mutamento ricavar tutto quel prohtto che s'attendeva: perocché, tra per la durata delle sue lezioni, che secondo i regolamenti delle scuole superiori erano divenute assai più brevi, e per l'infermità della salute, della quale cominciò allora ad esser travagliato, egli non ebbe più l'agio di ridirizzar, come prima faceva, i disordini, né di supplire a' difetti che per lo vizio de' metodi i giovani recavano seco venendo alla sua scuola, e i semi del sapere, ch'egli con man solerte e benefica pro- curò sempre di spargere, si rimanevano sovente inoperosi e non venivano, per poca disposizione e trascurata cultura del terreno che dovea riceverli. Ma a quanti l'udirono già dalla cattedra o '1 conobbero da presso duole altamente ch'egli, sentendo troppo modesto di sé, non si volesse mai in- durre a mettere per iscritto un corso di lezioni di belle lettere o d'elo- quenza tutto suo. Ondecbè, non avendo egli lasciato se non pochi fram- menti manuscritti delle lezioni che dettava, per es. su l'unità e la lingufi ìh:' Promesii Sposi; sopra Sìiakcspeare: sulla sentenza d'Orazio : denique sii quod- vis simplex dumtaxat et unum; intorno alla necessità della metafora ecc. ; chi no '1 conobbe di persona è or costretto d'andar congetturando la dirittura del suo giudicio e la squisitezza del gusto dagli opuscoli di critica e di letteratura ch'egli pubblicò in varie occasioni, e da altri articoli dello stesso genere che furono inseriti ne' giornali a' quali collaborava. Tali sono una lettera al signor Ferdinando Malvica sul Turno, tragedia improvrisata da Luigi Cicconi la sera de' 27 gennaio 18-31 in Termini, stampata quello stesso anno ; alcune osservazioni sulla musica unita alla poesia (nel Gior- nale di scienze, lettere ed arti per la Sicilia voi. XXV. p. 203), alle quali die occasione il canto XXXIII della Divina Commedia posto in musica dal maestro Donizzetti : e più spezialmente i due articoli sul Dafni della V cglo(ia di Virgilio, il qual sostiene con molta dottrina ed acume d'ingegno es- sere il nostro Dafni siciliano, nel giornale medesimo voi. XLVIII. p. 3., e su la Zanzara (Culex) di P. VirgUio Marone , nell' EtTemeridi scienti- fiche e letterarie per la Sicilia voi. III. p. 91.; due brevi saggi d'alcuni discorsi intorno al poeta mantovano che l'autore avea incominciato a scri- vere, i quali l'illustre professore Scinà, che lutti sappiamo quanto fusse parco di lodi e sdegnoso delle cose altrui, commendò altamente (I). (t) Parecchi altri articoli, per moJo di rivista delle cose che si puhblicavano in Sicilia o I 1 0 INTORNO ALLA VITA ED AGLI SCRITTI Fama di poeta non ambi, sgomentato dalla sentenza che contr'alla poe- tica mediocrità lasciò scritta il Venosino. Perocché, quantunque la forza de' profondi affetti non gli mancasse, pure egli senti di non aver da na- tura quella potenza creatrice della mente e quella ricchezza di fantasia senza la quale altri non può dirsi poeta. Perciò si ristrinse a scriver brevi componimenti nel genere lirico, per uso degli amici o per alcuna parti- colare occasione che gli s'offeriva, i quali son commendevoli non pertanto per bellezza d'imagini peregrine e per nobiltà di sentimento. E ne alle- gherò in pruova i versi diretti a Ferdinando Malvica nelle sue nozze con Angiola Pagano, che furono pubblicati dal Principe di Granateli i (cara ma dolorosa memoria a tutti i cultori delle lettere e delle cose patrie) nel se- gno d'amicizia ch'offerse a' due sposi in quell'occasione; il sonetto in morte di Marianna Mira principessa di Torremuzza, stampato ne' fiori ecc. l'anno 1838; l'ode sul sepolcro d'Archimede scoperto da Cicerone, che fu scritta per l'accademia de' zelanti d'Aci-reale e pubblicata nell' Effeme- ridi voi. XVII. p. 119.; e l'epistola a G. Lamasa per la morte di Melchior Lofaso inserita nell' Osservatore del 1844 voi. I. 123 (I). altrove, die fuori ne' nostri giornali, come: sopra un'iscrizione di Pietro Giordani; sutta versione poetica detV Apocalisse di Fr. Perez, e su quella di F. Bisazza nel Giornale di se. IclL ed arti voi. XLIX. 216. LVII. 230. LX. 309.; e nell' Effemeridi : su lo sltnlio biblio- grafico del bar. Vincenzo Mortellaro (nel voi. III. 208); sullo stabilimento letler. e tipogr- dell'Ateneo di Napoli (IV. 121.); su gli Arabi e 'l loro soggiorno in Sicilia, memoria del princ. di Scordia (V. 247.); su l'ode XUV d'Anacreonte recata in siciliano del Dr. La- manna (VII. 62.); su la deca 2. della guerra di Fiandra di Fani. Strada volgarizzata da P. Segneri (VIII. 257.); sul volgarizzamento nietrico dell' Iliade d'Urbano Lampredi (IX. 342.); su' sermoni di Melch. Missirini intorno alle belle arti: su te poesie liriche di SI. Palazzolo; sid commentario del prof. Missirini intorno alla scoperta d'un busto colos- sale di Mecenate (XII. 84. 241. 364.); sopra una memoria di R. Liberatore intorno alle miove ed antiche tenne di Torre-annunciata , .subLiello non letterario ma archeologico e mineralogico (XIII. 197.); sul Giannetto del Parraricini {\\\\. Ì30.); sugli elogi di iO uo- mini illustri italiani dettati da M. Missirini (XX. 110.); e i\e\\'Occhio giornale palermitano num. 144, sopra un opuscolo del p. Tarallo intorno al cuore di s. Luigi re di Francia. — E trovo ancora Ira' suo! mss. un giudizio ragionato su le poesie di Vinc. Errante pub- blicate in Firenze nel 1846 dalla tipogr. Le Monnier. (1) Ina piccola raccolta d'allre poesie lasciò manuscrilla; tra le quali credo dover notare, per sobrietà di pensieri, un'elegia latina al prete don Antonino Dalli; per eleganza, che può dirsi catulliana, degli endecasillabi ancor latini a M. Lofaso fanciullo di dodici anni; per grazie anacreontiche, un fiore per lo di onomastico di Rosina Muzio-Salvo, scrino nel 1843; e per sublimità d'affelli profondamente sentiti, un'ode a Francesco l'gdulena nel ISoO, un'altra per ['album d'Antonio lìatlaglia giovine medico termincse nel 5."j, e i versi sciolti per quello del p. Carmelo Pardi nel 1833. Sul dramma per musica, che lasciò ancor ms. sotto '1 titolo di Agnese Ol'i, non credo dovermi intrattenere, come cosa che. da pochi tratti in fuori, non le- DEL PROF. lìALUASSARE ROMANO 1 1 Da tenere in vie maggior pregio, e noie già in gran parte al pubblico, son le sue versioni poetiche : tra le quali prima è quella della Poetica di Geronimo Vida, che fu un di que' culti ingegni che fecero rivivere nel- l'età de' Medici l'eleganze del secolo d'Augusto, e tal poeta che la sua fa- conda ed inessicabil vena meritò d' esser celebrata dall' Ariosto Ori. fur. XLVI, 13. La costui Poelica tenuta in gran pregio, ùpel giudicio che vi si scuopre, e si per la nobiltà dello stile, e per la vaghezza e la varietà delle imagini di che va adorna, volle il Romano scerre alcun tempo per testo delle sue lezioni, e voltandola in eleganti versi italiani e corredan- dola d'opportune note, la pubblicò nel 1832, dedicandola a' giovani stu- diosi delle belle lettere ; acciocché quegli tra loro che fosse, nato ad es- ser poeta v'imparasse, com'egli diceva p. 5., a dettar versi che 'l mondo ammirerà riverente, e gli altri vi s'adoperassero a conoscere In ragione e le giuste norme della poesia, e formato cosi '1 gusto, potessero neW opere de' grandi poeti ravvisare il hello e sentirne l'incantevol piacere, ed innal- zarsi col penetrar ne' loro celesti arcani, e giovarsene. Questa versione egli conduceva in modo poetico ed alquanto libero, attenendosi più a' pensieri ch'alia lettera dell'originale: perocché s'era proposta per modello l'Iliade del Monti, procurando ancora d'imitarne il magistero del verso; e legge- vaia a me giovinetto allora di diciassette anni, e sottomettevala al giudi- zio del sig. Ferdinando Malvica , col quale era legato in quel tempo di stretta amicizia : e questi presentavagli le sue osservazioni critiche in una lunga ed erudita lettera intorno alla versione di Geron. VidadiBald. Ro- mano ed all'arte di tradurre, alla quale volle che '1 Romano rispondesse, facendo pubblicar si le sue osservazioni e si la risposta nel Giornale ar- cadico di Roma; che furono poi riprodotte qui tra noi. Ma il Romano, fatto indi a poco tempo miglior senno, veniva nell'avviso che una buona traduzione debba render fedelmente , non solo le idee , ma ancora , in quanto l'indole dì ciascuna lingua il consente , la veste e le forme este- riori dell'originale ; e ch'ad un poemetto didascalico , meglio che la ro- busta armonia del Monti, si converrebbe l'eleganza del Parini e degli al- \nsi sii|M'a la jiii'ilidoiilà: oiulo lauloio crpilè convenevole di premeltervi per nio'lo (ravverli- nicnlo 0 ili iirelazioiii' i|uesl<' seiinale parole : Solo per comlisiendero uUc vive istanze di chi colVamabilHh e la yeiililezza sa comandare ad oyni aninìo il jiiii ritroso, è stato scritto il presente piccolo e lei/gerissimo dramma. E a lui esso presentasi, animoso dicenUoyli: Voi voleste ch'io fossi cosi e non in altro modo concetto : in »• Teramo. -lìondiconlo ac<.,don.ico della r. soc'. e^^nomica della prov. del Primo Abruzzo un. por lanno 1833. rumo «pere di autori B>»rtieoliiri Agro «alale. Epislassi; nuovo mozzo di formarla in qualche minulo, Pai. 1830 in.» » Amico Vilo. V. Dimarzo. ' ' Ansaldi Filippo. Cenluripi sello la signoria della romana repubblica Pai 183» in 8 " Avcllmo Teodoro. Monografia slorico-arcboologica sulla regia insogna del giglio, iVa- Barre-^i Giamballisla. Sulle miniere melallicbe della Sicilia, Palermo, 1836 in-8 " — Dello allalosio di Sicilia, Palermo, 1837, in-8.° ' Bianconi Giuseppe. Sloria naiurale doi lenoni ardenli ecc. Bologna. 1840, in-8 ' — Roperlorio ilaliano per la sloria naiurale, voi. II, Bologna, 1834 in-8 ° Biol el Loforl. Commcrciu.n epislolioum J. Collins el aliorum do analisi promola eie Paris, 1836, in-4." '' Bondice Vincenzo. Cenni biografici sul dollor Santoro Grassicalanna Amico Acirea- le, 1838, in-S.- Biundi Giuseppe. Sulle assise. Considerazioni economiche, Palermo, 1836, in-8 " Bolla Carlo. Leltere pubblicale in occasione delle nozze ecc., Vercelli 1836 in-8 " Bozzelli cav. Sulla pubblica moslra dogli oggolli di belle ani nella primavera del 1833 cenni cslotici, Kapoli. 1836, in-8.° ' Bruno Giovanni. Sulle modificazioni della nostra tariffa doganale, Pai., in-8 " Cacopardo Salvalore. Sugli effelli sanilari doli' uso e della collivazionè del "labncco Pai., 1838. ' Caldarora F. Sulla formola comunomonle adoperala pel calcolo dogli archi del me- ridiano. (Eslrallo dal gioru. aslron. e moteor. del r. oss. di Pal.V Calloramc G. B. C. II. Jl. Cenno sull' organo de' chierici regolari minori, Catania 1839, in-S." Chicoli Kicola. Novella teoria sulla natura inlima deirclomento comunicativo del con- tagio. Pai., 18.36, in-8.° — Ricerche su le anomalie del fioro deiramar.yllis belladonna, Pai., 1838, in-8.° Colucci Giuseppe, «uovo scopone noiranlica Aersac citlà degli Equi, .Napoli, in-4.° Corrao Mario. Trattato delle società commercianti, Palermo, 1836, in-8.° Demauro Mario. Considerazioni sulla viia e la morte di Gosualda Modica , Catania 1836, in-8.'' Difirolamo Andrea. Sull'origine ed anlicliilìi di Lilibeo, Pai., ISj'G, in-8.° Dimarzo Gioacchino. Dizionario lopograDco della Sicilia di Mio Amico, Irad. ed an- notalo, due grossi voi. in-S." Dimichele Ignazio. Cenno sopra un'anlica croce nel duomo di Termini-Imerese, Pa- lermo, I8S9, in-S." Diotallevi Vinc. Basilii. De Ululo evangelii scc. Joannem, disserlalio, Romae, 1838, in-S." Dipiclro-Leone Enrico. Della illerizia endemica, Palermo, 1838, in-8.° Durelli Francesco. Fallacie ed errori del libro I bilanci, intorno alle condizioni ec- clesiastiche nel reame di Kapoli, Kap., 1838, in-8.° FabriScarpcIlini Erasmo. Annuzio di corrispondenza scientifica, un foglio, Roma. Fenicia Salvatore. Monografia di Ruvo di Magna Grecia, INapoli, 1837, in-S." Pergola e Flauti. Nuovo prospetto ragionato di loro o|)crc, Napoli, in-8.° Traccia Giovanni. Ricerche ed osservazioni ultimamente fatte in Segcsta, relazione ar- cheologica diretta alla Commess. di antich. e belle arti, Pai., 1833, in-v.° — Sopra ciò che ultimamente erasi incominciato a scovrire in Segesta , breve rag- guaglio, Pai., 1830, in-4." — Epigrafia; autografia di una iscrizione laterizia, Palermo, 1838, in-12.° — Il crocifisso dell'abbondanza, ivi, 1837. — Egesta e i suoi monumenti, Pai., 1839, in-8." Garruccio Giovanni. Sul carattere che dee distinguere l'architettura funebre cristiana dai pagani monumenti, i^apoIi, in-8." — Intorno i riti funebri degli Egizj e sull'uso delle piramidi nicnfitiche, INapoli, ln-8." — Un simposio sul cratere di Baja, opuscolo dedicalo alle Accademie di Se. e Leti, di Palermo e Gioenla di SI. Aat. di Catania, Kap., 1839, in-8." Giannini Vincenzo. Dell'amore dei genitori come principio di educazione morale, ra- gionamento, Lucca, 1856, in-8." Ciornali. — Astronomico e meteorologico del r. osserv. di Pai. pubbl. da D. Ragona. n. 21-22, Pai., 1830, in-4.° Le belle arti, anno I, n. 9, 1836, un foglio. Lettere, teatri e varietà, in Napoli, 1836, anno I, n. 12 e 14, due fogli. Giornale bibliografico delle Due Sicilie, n. 7, Napoli, 1836, un foglio. Gazette medicinale d'Orlent publìée par la Soc. iinp. de niédecine de Conslantino- ple, II ann., juin 1838, n. [), un f. Grillo Salvatore. Corso elementare di geografia, Pai., 1839, in-8.° Laniantla Vito. Storia della legislazione civile e criminale in Sicilia , epoca antica , Palermo 1838, un voi. in-S. Lancia di Brolo Federico. Sommario storico della compagnia della Pace, Pai., in-S." Laudi Achille. Discorso pel giorno natalizio di S. M. Il Re Ferdinando II (D. G.), Cosenza, 1836, in-8." Landollna F. e L. Ricerche numismatiche sull'antica Sicilia, Pai., 1837, ia-8.° Larosa Vincenzo. Teatro comico italiano, ossia trenta commedie, Catania, 1837, la-8." — Prose, parti I e III, Catania, 1833-8, in 12." — L'ombra di Dante Alighieri, cantica, Catania, 1839, in-12. 5 l.auiriini l'asqualc. Iliiislraxionc di un aulico inarnio linvciiulo u[>[>o la callediale della chiesa di Kìcolcra, Kopoli, I80G, in-12." Leforl, V. Bini. Lizio-Druiio Lcllcrio. Liiiclie, Messina, 1857, in-8." Locaselo Fiiincesco. Quadro slalislico delle nialallic eolciìelie, Palermo, 1836, in-S." Locicero Giusci>iie. Bliinuale d'isliuzione i:cr i;rinipiei;ali della lelegrafia elellriea di Sicilia, Pai., 18.Ì7. in-8." I.opresli Giaconiii. Elficicnza del Simtlia similibus, nello s\ilu|)po fisiologico ecc., Pa- lermo, 18o3, in-8." Slacniuso Antonino. Saggio sulle eliine cliine ollieinali che si osservano o si polrcb- Lero introdurre nel coniniercio di Sicilia, Pai., I8j9, in-8." Macherioni Giuseppe. Sulla tomba di .Vnlonio Jiacheiioni, memorie e laeriuie Cata- nia, 1856, in-S." Martini Pietro. Kuove pergamene d'Aiborca, voi. I in fase, tre, Cagliari, 1849-50. — Illustrazioni ed enicndazioni del cap. VI de poslulutione pradatonim delle de- cretali ili Gregorio IX. Cagliari 1853, in-8.° Melga Michele. Leggenda de' santi Cosma e Damiano scritta nel buon secolo della lingua e non mai lin qui stampala, Napoli, 1857, in-8.'' — Quattro leggende inedite del buon secolo della lingua pubblicale. i\'ap., 1857, in-W." Minii-Lagrua. Della itterizia endemica e delle malattie ordinarie dei contadini di Ca- stclbuono, Pai., 1856, in-S." Mineivini Fjancesco, Poesie diverse, Napoli. 1857, in-12." Miteliell Riccardo. Brano della Teogonia di Esiodo, tradotto dal greco, Messina 1836 in-12." Morelli Sahatore. Il sistema della riflessione sui falli propri sco\eito ecc. Lecce 1858, in-8." Kavarro Vincenzo. Il castello di Giuliana, earme, Pai., 1856, in. 8." Wicolini Nicola. Della vita del marchese Giovanni Dandrea, Napoli, 1856, in-S." Orlando Diego. Biblioteca di antica giurisprudenza siciliana. Pai., 1831, in-S." — Sul sistema ipotecario del codice francese. Pai., 1854, in-8.'* Padiglione Carlo. .Memorie sloriche artistiche del tempio di S. Maria delle Grazie .Mag- giore, Napoli 1855, in-S". — Altri opuscoli dello slesso A. Palondia Luigi. Le uve si possono salvare dal funghetto parasilo, ragionamcnlo Na- poli, 1833, in-S.» Padula Fortunato. Ricerche di analisi applicata alla geometria, Napoli, 1832, in-i." Per le faustissime nozze di S. A. R. il Duca di Calabria, ecc. Iscrizioni, Nap., 1839. Perifano Tommaso. Della Gaspara Stampa, dramma in versi del duca dell'Albanelo, esame crilico, Napoli, 1858, in-S." Pero Paolo .Maria. Quesito canonico del 1835 proposto e sciolto in Trapani , Paler- mo, 1855, in 4." — Biografia del primo vescovo di Trapani mons. D. Vincenzo Marolda. Pai., 1838, in-i." Pezzangora Michele. Cenno sulla InGammazionc cronica. Pai., 1835. in-S". 6 Piola Carmelo. Nina, racconlo conleiiiporaneo in versi siciliani, Piil., 184j, in-12." — Lorenza e Rila, raccuntu di lu scculu XVIII, Pai., 1831, in-12. ° — Poesie siciliane, Pai.. 1844, inl8." Polenza-Lauria Fr. Gennaro Pcrrclli, un fogliello in-8.", Pai. Prose e versi per la condona delle acque polabili in Acireale , Catania, 1830. — Sul lago Pcrgusa di Caslrogiovanni, Pai., 1838, in-8.° Raniondini Filippo. Pel felice giurno natalizio di S. M. il Re Ferdinando li, discorso accademico, Messina, 1838, in-4." Romano avv. Anionino. Elogio dell'abale Antonino Romano, Pai.. 1838. in-8.° Romano Baldassare. Antichità inedile trovale in Sicilia, illustrale, Pai. 1833, un fase. in-4° grande con tavole. Rota Michele. Pensamenti sulla industria, Napoli, 1838, in-4.° Sava Roberto. Di alcune ricerche di storia naturale in Sicilia, Messina, 1836, in-8.'' — Sulla priorità contemporanea delle mumificazioni in Italia, Pai.. 1837, in-8." — La muteosi , ovvero la espressione mula dei scnlijnenti e delle volontà , Paler- mo, 1858, in-8.° Scarcella Vincenzo. Riflessioni per la libera importazione del bozzolo in Sicilia, Mes- sina, 1836, in-S." — Discorso inaugurale per l'apertura dell'archivio della prov. di Messina, ivi, 1834. — Sul politeismo e i suoi riti, poche idee, Messina, 1833, in-8." — Associazione per beneflcenza ecc., discorso di V. Scarcella, e poesie di vari per gl'illuslri cittadini mancati in Messina nel colera del 34. Scarpellini Caterina. Sulla vita e le opere di Alessandro llumbold, Roma, 1839, in-4." Scionti Giuseppe. Favole siciliane, Aci-reale, 1836, in-8.°, fase. I, Mess. 1833, in-8." Secchi Angelo. Memorie dell' Osservatorio del Collegio romano d. C. d. G. , nuova serie dall'anno 1837 al 39, Roma, 1839, in-4." Serena Gennaro. Sulla necessità e possibilità di rendere di competenza de" giudici ecc., Kapoli, 1836, in-8." Spano Giovanni. Vocabolario sardo-italiano, voi. I, Cagliari 1831, in-4.°, voi. II, 1832, fino alla voce Prostendere. — Bulletlino archeologico sardo, anno I, Cagliari, 1853, un voi. in-8.° Spanò Antonio, Antiope tragedia, Kapoli, 1836, in-8.° — Cenni sull'istallazione del R. Ospizio di beneflcenza presso Marsala, Pai., 1857, in-8.° Slurzo-Taranto Filippo. Dell" influenza dell' amministrazione pubblica sull'agricollura, Pai., 1858, in-8." — Delle leggi amministrative e dell'utilità e del modo di studiarle. Pai., 1839, ìn-12.° Tardy Placido. Sui did'eronziali a indice qualunque, Roma, 1838, in-4.° l'irrito Giuseppe. Trattato del sequestro sopra effetti del debitore esistenti presso un terzo, Pai., 1853, in-8." Tornabene Francesco. Elogio funebre di Alberto Trigona duca di Misterbianco , Ca- tania, 1836, in-4." — Elogio funebre di Ferdinando li Re del Regno delle Due Sicilie, Catania, 1839, in-fol. Vcnliniiglia Luigi. SccKa e cullura di pianle da fiori in Sicilia, Pai., 1836, in-S." Villa Antonio. Sulla monografia del bombice del gelso del dollor Emilio Cornalia, Mi- lano, 1837, in-S." Villa Gianiballista. Osservazioni gcognoslichc e geologiche sopra alcuni colli del Bre- sciano, Milano, 1837, in-4." — Ulteriori osservaz. geogn. sulla Brianza, Milano, 1837, in-i." Villareale Mario. Convinzioni estetiche necessario ai poeti e agli artisti, Pai., 1838. Villuri Filippo. Discorso di prolusione al solenne dislribuimento delle medaglie per i lavori di belle arti, Pai., 1837, in-8.° Zigarclli Stanislao. Elogio storico di Nicola de Simone, Napoli, 1843, in-8.° — Storia dei sistemi di medicina, voi. unico, Napoli, 1831. — Lell'asparagina nelle malattie del cuore, Napoli, 1831, in-8.» WSr^ Y. ; ;-5*: *^?^-»>.— f-'asa^e*,^-. -'^'.^ vV . ^ \ ^ ^ 4Ìir#/. 4. ■ , ■ V - -y / ': ■■ »!* Ù^k <" Il y / •W-:^-