•^. • ^'^; /• ^.n-)^- ATTI D E i r ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI SIENA DETTA DFFISIO-CRITICI TOMO IV. IN SIENA V ANNO MDCCLXXL Ad iibnza di Vincenzio Pazzini Carli e Figli CON APPROFAZTO NE, jn( in \vr A SUA ALTEZZA REALE PIETRO LEOPOLDO PRINCIPE REALE D'UNGHERIA E DI BOEMIA, ARCIDUCA D' AUSTRIA GRANDUCA DI TOSCANA &c. &c. A mftra Accademia delle Scienze dt Siena ^ che neW Anno 17Ó7. ottenne dalla Clemen- za Voftra la peci al grazia di potervi a 2 Htm- urntlìare il Tomo terzo degli Atti [mi , rijpettofa a quel Dritto Sovrano ,^ che (opra di lei avete per chiederle conto de fuot (cientifici trattenimenti , nel tornar oggi come fa a porgere a V. /t IL nuove juppHche , acciò com- piacer Vi vogliate di acc(gliere con la Voftra Sovrana degnazione ti pre- Jente Tomo delle ftie Memorie^ (pe- ra di ritrovare (otto /' /liigu[lo Vo- flro Patrocinio , un asilo Jicuro , per cut vie più fioriti faranno i (uoi con- greffi 5 utili le (uè produzioni , e a pubblico profitto vantaggiojijfime le fue (coperte. Di tanto adunque fi ripromette la noffra ''ccademia : e fé Voi colia Po- lirà Sovranità j e colP Impero delle Vo(ìre rffett abili ffime l eggi nella To- (cuna la vera Sapienza ravvivare .A.x\ * J*sr fcipejìe , per farle godere rifiorito co- sì 5 ed afstcurato il Cormjiercio, ac- ere f cinta , e migliorata /• /Igrìcoltu-- ra 5 promojfe j ed onorate le Scienze j tra/curar non vorrete ancora nella nofìra Accademia un Ifìituto , che nel coltivar lo fi ti dio della ti atura , e tut- te le ad effo annefse facoltà , penfa per onor della ti azione ^ e per pub- blico vantaqgjo di formarvi quanto per lei il pili fi può degl utili Va(^ jalli ; E cju) col piìi profondo offe- quio , ci diamo il particolare onore di effere Deìr ALTEZZA VOSTRA REALE Umili Ifiìii Servi e Sudditi GLI Accademici f isi o cri tici. Cario Tonini Segretario. :^( VII )^j TAVOLA DELLE MEMORIE. Mtìttematìca . DE Pfoblematis qulbufdam maxhnorum , & mìnimofitm exercitaiiiì Geometrica, del Reverendifsimo Padre PAOLO FRISI Prpr<> Regolar Barnabita &c. pag, 15. De Refolutione aequationum tertii gradus exercitatio Ana- litica, eiufdem . pag, 20. De acquationibus Qiiadrato-Cubicis difquifìrio Analitica, del Sig. Dote. FRANCESCO MALFATTI &c. pag. izp. Aflronoinìa . Lettera Agronomica del Sig. Daniello Melander &c. al Re- verendifs. Padre PAOLO FRISI &c. pag. 25. Rifpcfta del Padre Paolo Frii'i &c. alla Lettera Agronomica del Sig. DANIELLO MELANDER &c. pag. 3 1. Difsertazione feconda fu le Comete , nella quale fé ne profiegue la Storia incominciata nel Tomo terzo degli Atti dell' Accademia a pag. 112. del Padre DOMENI- CO TROILI della Compagnia di Gesù . pag. 41, Balijìica . Tavoletta BaUfUca del Sig. ANTON MARIA LOR- GNA &c. pag. 187 Fi/ìca . Delle Mofete del Vefuvio del Sig. Dottore DOMENICO BARTALONI &c. pag. 201. Fi^co - Chimica . Confidcrazioni fopra i Principj Coilitutivi della Pietra Amian- ^(. vili )^ JsK Amianto del SIg. Dortor GIUSEPPE BALDASSAR- RI «Scc. pjjg , jy^ Dcfcri/.ione di un Sai Nentro deliquefcente , che (i trova nel Tufo intorno alla Città di Siena del medelìmo . pag. i. Chimica . Rifpofla del Sig. GIOVANNI ARDUINO &c. fopra il Qae.iro fé nei luoghi ove fi ejirae il Varinolo , fi [ìojfa. dubitare d' infezioiie di aria ? pag. 357. agricoltura . Memoria , che ha riportato L! premio dell' Accademia il 31. Maggio 1770. per avere fciolto il Problema, che 1' Accidemia propofe nel Gennaio del 176ÌJ. nei feguen- ti termini . = In alcuni (Irati della Campagna Sanefe , come per = efe'iipio nei Colli di Malanierenda lungo la Valle dell' = Orna , fi ritrova una qualità di terrà cretacea affatto = jtertle = Ci domanda in qual maniera ii pofsa render fecon- da, e quali utilità fé ne pofsano ricavare ?del Sig. Dott. CANDIDO PISTOJ &c. e Sig. DOMENICO NiC- COLETTI. pag. 251. Se il Loglio fecondo la volgare opinione fia prodotto in alcune occafioni dalla femenza del Grano del Sig. GlO- VAM DOMENICO OLMI . pag. 2^7. Vanificio . Memoria per fervire ad un piano di ricerche Fifìche, ed Economiche, dirette al miglioramento del Panificio nel- la Lombardia Auftriaca, del Sig. Dottore MICHELE ROSA &c. pag. 321. AnatoKiìa . Difcorfo intorno alla flruttura de' Tendini, dei Sig. Dot- tore PIETRO MOSCATI &c. pag. 233. Zootomta , Obfervationes Zootomlcae IOANNIS BATARRA &c. pag. 353- DE- DESCRIZIONE DI UN SALE NEUTRO DELIQUESCENTE CHE SI TROVA NEL TUFO INTORNO ALLA CITTA' DI SIENA DEL SIC. DOTTORE GIUSEPPE BALDASSARRI PUBBLICO PROFESSORE D' ISTORIA NATURALE NELL' UNIVERSITÀ' DI SIENA. r Situata la Città di Siena fui dorfo di una Collina formata da (Irati arenacei fo- prapofti gì' uni agi' altri con giacitura per lo più parallella all' Orizonte , n.a q:aich3 volta ancora al medefimo ificlinata . Que- llo ansmancfnicnto di arene d:f"foP-e a Itra- ti chiamali q'^i comunemente col nome di 'lujo , e varia molto nella fua durezza, ma quello > fu cui riliede la Città, è di una coniìlìcriza molto f'on e, poiché oltre al fervire di foflegno alle Fabbriche , funovi incavati molti, e lunghi fotterranei , a guifa , per così dire, di tante occulte ftrade , dcAinati ad ulì divcrli . Uno dei principali è quello di fervire di Condotti per le acque fomminiilrate alla varie Fontane della Città. Nelle pareti, e nelle volte di quefti Condotti , che prolungati fuori delle mura , li eflen» dono per la lunghezza di alcune miglia verfo la parte Set- tentrionale , fi oilérva un continuo Itillicidio di acqua , la quale raccolta nel fondo del Condotto , ed ingroflàta fem- pre più nel fuo corfo per i continui ftillicidj , e qualche A pie- piccola polla , che di tanto in tanto fcaturifce , produce finalmente un groifo corpo di acqua, che ripartita in var; canali , fornilcefi alle rifpcttive Fontane della Città. Qliantunqie quell'acqua vada feltrandoli a travcrfo di que- fle concrezioni arenacee , non lafcia però di portar feco una porzione di terra calcarla , conforme chiaramente apparifcc dalla moltiplicità del e lhlattiti> che pendono attaccate al- le volte de i condotti, e ne incroftano le pareti , ed il fondo . Chiunque brami ofiervare quelli ftillicidj , fenza impegnarli nell' orrore de i fotterranei , baila fole , che dia una occhiata ad alcuni dirupi , e fcofcelì pendij di Tufo , che fono all' intorno della Città, e potrà vedere geme- re , e Aillare a goccie in conformità di una pioggia , 1* acqua , che raccolta , e riunita è in flato di formare una viva forgenre . Sono bene fpelTo framezzati quelli Letti di Tufo da qualche altro Letto di Conchiglie marine di ogfii claflèj quali li olTervano ancora in qualche luogo diflribuite irre- golarmente , e alla rinfufa nel Tufo . Altri {Irati pure Ori- zontali di ciottoli , o faflì ritondati , uniti per lo più col mezzo di una Palla arenacea petrilìcata , che gli lega , fi ve- dono frapponi alternativamente fra quelli del Tufo. In qual- che luogo però trovali quella Ghiaja agglutinata da una bian- chilTìma ,e lucida materia llalattitica ,o fpatofa,che inlinuata negl' interftizii fra un falTo , e l' altro vi li è aggrumata intor- no, ed ha inlìeme congiunti quelli Ciottoli, formando in tal guifa una mallk petrofa . Molti forami di Dattili, o Foladi lì fcorgono incavati nella foilanza di quelle pietre , e bene fpef- fo vi 11 trovano dentro quelle Conchiglie intiere , e ben con- fervate , particolarmente in quelle pietre , che non fono fiate levate di lito , e non fono fiate rotolate dalle acque de FofTì, e dei Torrenti. In alcuni di quelli (Irati di Tufo fi rinviene un fale neu- tro deliquefcente , quale non comparifce fotto la forma di una bianca crolla, o di una fioritura falina, conforme fogliono ordinariamente manifeflarfi i fall nei muri , e nelle terre , ma ì flrari nei quali eliftc , fi fanno vedere umidi , e come bagnati dall' acqua , e fono friabili , e li disfanno in polvere quando li comprimono fra le dita , dai quali due fegni combinati inlìe- me dell' Accademia . 3 me fi difllngnono quelle porzioni di Tufo > nelle quali fi tro- va , dalle altre , che ne fono prive . La rena del medcfiiiio imbevuta pofla fulla lingua vi fa una impreflione di falfo a- cutifiìmo , urente, e poco meno che infoiìribile, lafciando poi in ultimo una fcnfazione di amarezza non molto intenfa . Prefa pertanto una porzione di quella arena falata, tem- prata nell'acqua, e quella feltrata, ed evaporata, mi diede per refiduo un fale del mentovato fapore , e di un colore bian- cafiro, o cenerino. Per averlo afciutto mi convenne fare l'e- vaporazione ad una totale ficcità, imperocché non fu polli- bile ridurlo a criftallizazione , quantunque ciò tentafil in più maniere , evaporandolo a gradi diverfi , Né ciò recommi al- cuna maraviglia , poiché così afciutto frando un poco efpofto air aria , ne tira avidamente l'acqua in maniera, che ben prefto li rifolve in un' liquore , andando , come volgarmente fi dice , in deliquio . Moftra quello liquore al tatto una certa o- liofità, di modo che maneggiato rende le mani untuofe, co- me fuccede con l'olio di Tartaro per deliquio'. La refoluzio- ne di quefto fale in liquore fuccede ancora nei giorni piij cal- di dell' Ellate, onde non è maraviglia fc i luoghi, nei quali fi trova » fiano in ogni tempo imbevuti di umidirà , Nella foluzione del medelìmo vi mefcolai 1' olio di Tar- taro per deliquio, e fi precipitò al fondo del vafo una terra bianca, la quale diede certifiìmo indizio della fua indole al- calina , poiché verfativi fopra gli fpiriti acidi, fufcitofil fubi- to r effèrvefcenza . Lo fpirito di Vetriolo verfato fu quefto fale , non vi fe- ca alcuna ebullizione, ma efalava un vapore, che manifefta- mente aveva l' odore di fpirito di fale marino; verfato poi in al- tra porzione di efTo lo fpirito di Nitro, chiamato Acqua Forte, dopo efi'ere efalato l'ingrato odore di quefio, rimafe parimente quello dello fpirito di fale marino . Il Giulebbo violato dalla mefcola!:ìza di quello fale con- tralTe un bellifiìmo color verde, quale perfifiè per due giorni, e poi trafmutofn in colore di Topazio . Quefti pochi tentativi furono ballanti per farmi compren- dere efière quello un fale terzo compollo di terra calcarla , e di acido di fai marino, non dovendo dare alcun fofpetto di fale alcalino la tintura verde contratta dal Giulebbo violato A 2 per 4 ATTI per la mefco'anza del medefimo , mentre in oggi è cofa nota predo i Chimici , che una tale mutazione di colore è un fe- gno equivoco dell' alcalefcenza dei fall , mentre ancora alcuni fali terzi producono lo ilell'o cfièrto . Per aiTìcurarini ulteriormente dell' efiftenza dell' acii'o ma- rino nel noAro fale > mefcolai con un oncia di quello tre on- cic di Bolo comune polverizato ? e porto il tutto in una pic- cola llorta, ne feci la diiìillazione a fuoco di riverbero , e ne ottenni un vero fpirito di fai marino , e di colore giallogno- lo , qwàV colore dopo un giorno svar.ì del tutto ? riducendoli lo fpiriro chiaro , e trafparence come l' acqua pura > etìetto derivato dalla debole concentrazione di quelto acido . Sciolto neir acqua il capomorto rimalto dopo la diflilla- zione , e feltrata , ed evaporata a liceità la foluzione , ne ot- tenni circa a mezza dramma di fale marino, che per tale ap- punto li manifeftava al fapore > benché gettato fapra i carbo- ni acccli non decrepitalTe per avere di già foUbrta l' azione del fuoco . Paragonando in tanto quello noUro fai' folFile colla vafta ferie di tanti Sali terzi , ritrovo eilere totalmente lo llelfo con quello ,che per mezzo dell' Arte li ricava dal capo morto Tetta- to nella llorta dopo la dillillazione dello fpirito del Sale Am- moniaco colla Calcina , e che viene coftituito dall' acido del Sale marino feparato dall' alcali volatile in atto della diltilla- zione , e com!)inato colle parti alcaliche della Calcina . Da ta- le combinazione deriva , conforme è noto , un' Sale neutro a bafe calcarla chiamato impropriamente da i chimici col nome di Sak Ammouiaco fiJJ'o > e che con fomma facilità efpoRo al- l'aria aperta li rifolve in un' liquore,, chiamato pure impro- priamente olio di calcina. Quantunque Niccolò Lemerì nel fuo corlo di chimica abbia alferito , che quello Sale rimallo nel capo morto dopo la dillillazione del Sale Ammoniaco col- la calcinatila alcalino, nondimeno è certo elIere un fale neu- tro prodotto dalla fopraddetta combinazione , conforme olfer- va ancora Mr. Baron in una nota a quello luogo del Lemery » lo ho confrontato inlieme colla maggiore efattezza a me poflìbile quello Sale artclatto col foflìle nativo , di cui prcfen- temente ragiono , e gli ho ritrovari totalmente limili , ed egua- li ne i loro effètti , e proprietà , avendo ambedue lo fteli'o fa- pore dill' Accademia. 5 porc di fale neutro acre, e pencrrantifTimo» la fteflTa facilità a ril'olveriì in liquore quando fono efpolti all'aria aperta» la ilclfa untuolira in quello liquore, la iteiià proprietà di colorire di verde il gijlebbo violato , e tinalmente ho ritrovato ellere lo itellb uno de i principi coflitutivi > cioè l'acido del fale marino . Rimaneva a me il ritrovare la flcnà bafe » quale nell'ar- tefatto è la Calcina . Quelta non poteva fupponi nel folTile , mentre non vi è alcun principio di verilimigiianza > che in queiti luoghi per lungo tempo (lati coperti dalle acque mari- ne , potellc ritrovarli la calcina prodotta dal fuoco. Per altra parte la terra alcalina precipitata nella foluzione di quello fa- le dall'olio di Tartaro non dovea crederli una terra cretacea, mentre il fale della creta , compoflo d* acido di fale marino , e di creta, non ha lo Hello fapore acuto, e penetrante, ed è molto piià amaro, né lì rifolve in liquore all'aria aperta. Notai già di fopra , che in quelli llrati di Tufo li trovano immerfe molte conchiglie marine. Or qui conviene avvertire, che quefti corpi marini immcrfi nel Tufo lì trovano per lo più calcinati, cioè o difciolti in una fottiliffima polvere, op- pure fé fono intieri , appena toccati , o compreffi tra le dira lì rifolvono in polvere , ed alle volte in grolTì tritumi . A quello propolìto (ìami permelfa una breve digrefllone tendente a rilevare i diverlì cangiamenti, che fotfrono i fc- ilacei relativamente alla varietà delle terre, nelle quali fi tro- vano immerli , mentre alcune di elle fono atte a confervarli pili, o meno intatti, ed altre a dillruggcrli inrieramcnte. Nelle terre cretacee lì rinvengono ordinariamente benilTi- mo confervati quelli corpi marini, e reca maraviglia il vederli, ancorché gentili , e dclicatillimi , manrenerlì inratti > ed avere confervata la propria ilruttura fenza alcuna lelione a difpeito della lunghezza del tempo, e delle ingiurie dell' aria, e talora, benché di rado , avere ancora conferva'"o i nativi colori . Per maggiormente far conofcere V efficacia delle terre cretacee per la confervazione delle Conchiglie, un folo fatto add-irrò, da. me ollervato in vicinan/'a di due miglia in circa da biena , in un luogo detto la Coroucinay dove appunto le Colline deila Creta fubentrano a quelle del Tufo, predominando le prinic alle feconde. Or quivi in un Colle Cretaceo, oltre a varie fpe- fpecie di Ortocerati , che fono quelli fegnati dal Gualtieri nel fuo Indice de' Teftacei nella Tav. 1 9. fìg. M , fìg. R , S , e fìg. N j vi ho ritrovate alcune fpecie di minuti Corni di Am- mone di varie grandezze, che cominciando da quella di un feme di Papavero, e pafTando per varj gradi intermedi , molti lì eftendono a quella di un feme di Lente , tutti ricoperti della loro fottiliffima , e delicata conchiglia. Sono quelli di più fpecie, ma la maggior parte de i medefimi lì riduce a due fpecie defcritte dal chiariilìnio Monlig. Giovanni Bianchi nel fuo celebre Trattato De Conchis mìnus notts . Una è quella pofta fotto il nome di Cornu Hammonìs lìttoris Ariminenjis tertinm , feti Nautili genus umbil'tco prominente , ér* plerumque iji arginatami ed efprelfe nella Tav. i. fig. 3. 1. G. H. I. e col margine nella fìg. 13. della feconda edizione fotto le lette- re z Z . L' altra fpecie è quella dal mede/imo defcritta col nome di Cornu Hammouis littoris Ariminetìfis quartnm , fett Nautili genus valde depreffum , umhìlico carens , ^ plerumque ìnarginatmn-, ed efprellà nella Tav. i. colla fig. 4. e 11. fotto le lettere L , M , N , Q^ R , parimente della feconda edizio- ne. Alcuni appunto di quefli Corni di Ammone della Coron- dna fono marginati , depreiTi , alquanto lunghi , e fcnza umbi- lico , ed altri piij elevati , più rotondi , e globolì , coli' umbi- lico piano , ed elevato , ed ancor elfi marginati . Alcuni in vece del margine fogliaceo fono guarniti di alcune fottiliffime punte a guifa di raggi . Tralafcerò di ricercare fé quefà raggi , che fi oflervano all' intorno di quelli Corni di Ammone liano derivati da lacerazione , o rottura di detto margine , o fiano tali in flato naturale, conforme moiri con tali raggi fi oifcr- vano delineati nel Trattato delle Petrificazioni del Pjourguet Tav. 44. e Tav. 47, Solamente le mie confiderazioni fono di- rette a rilevare quanto quefie delicafifiìme corteccie teftacee fi fiano ben confervate , rimanendo intatte per tanto tempo in mezzo alla terra cretacea , con ritenere ancora il loro co- lore lucido periato , di maniera , che ninna differenza ^\ ritrova tra quelle , e le analoghe eftratte immediatamente dal mare . E' noto a chiunque abbia qualche tintura d' Iftoria na- turale, che ordinariamente i Corni di Ammone fi trovano fenza la loro Conchiglia , ma ^\ rinvengano foltanto model- lati dentro la cavità della medefima , ivi petrificati , o mine- rà- dell' Accademia . 7 ralJzati dalla Pirite, o dal Ferro &c. per efserfi la ftefsa a motivo dell' ertrema fua i'onigiiezza , e gracilità disfatta, e triturata- In una valla ferie di Ammoniti e cola rara il ritro- vargli nei Mufei de i curioli veiHti de la loro Conchiglia. Un efempio particolare ne reca Monf. de luiièu in una me- moria efpoibi all'Accademia Reale delle Scienze di Parigi il dì 25. Agollo 1722. E nel Mufco Ricteriano ftampato a Li- p(ia nell'Anno 1743. pag 227. e 228. leggo rcgiltrati fette Ammoniti coperti della loro nativa Conchiglia. Ordinaria- mente però , come dilTi , li trovano della medellma fpoglia- ti . Da ciò dunque chiaramente li comprende quanto bene lì confervino le Conchiglie marine dentro la terra cretacea . Al contrario poi ne i Tuli vi li rinvengono quelli Cor- pi marini , contorrae accennai , ordinariamente calcinati, cioè ridotti in polvere, o ahneno facili ad efsere {tritolati. Ad oggetto di meglio comprendere qual lìa la forza del Tufo nel difciogliere la follanza delle Conchiglie follili , addurrò una , particolare olservazione . In diftanza di circa a miglia tre dalla Città di Siena , in luogo detto Belriguardo , vi è una Cava di Pietra arenaria durilTima, con cui gli Scarpellini la- vorano le pietre per le Fabbriche , come gradini per le fca- le, llipiti per le porte, per le fineltre &c. E' notabile qual- mente in queilo ammafsamento pietrofo di Tufo , li fcorgo- no moltilTimi Teftacei marini impietriti , difpofti a letti , ed anco fparlì irregolarmente. Quelli impietrimenti conlìllono in una candidilTìma , lucida , e brillante materia ftalattitica « che li e modellata dentro la cavità di quelle Chonchiglie, che per la maggior parte d riducono alla Clafse de i Tella- cei Turbinati, rapprefentando piij tolto la figura dell'anima- le , che vi abitava , che il gufcio medelìmo . Curioli molto « e vaghi alla villa fono quelli impietrimenti , mentre il fugo patrifìcante , che ha indurirò a conlìflenza di pietra l'arena, inlìiiuato in quelle cavità , fi è attaccato alle pareti del Te- flaceo , nella maniera ftelfa , che li attacca alle pareti de i Canali, pe' quali fcorre l'acqua petrificante , e vi ha forma- ta una crolla uniforme della grofsezza più , o meno di mez- za linea parigina in circa , Ijiciando tal volta nel mezzo un vano, d'onde derivano vaghilTmii cannelli lucidi, e bianchi di figura fpirale ; e talvolta quelli cannelli li ofservano in par- te te ripieni della ftefsa materia ftalattkica ivi ammafsata, ed aggrumata in forma di brillami ingemmamenti . Ciò fembra fenza dubbio efsere accaduto quando il fugo petrificanre ha ritrovata la cavità di quefti teilacei turbinati affatto vuota di terra» o di arena, ma quando vi ha incontrate quefte fo- ftanzc , le ha legate , ed impietrite » formandone ripieni di ofcuro colore, ed all'intorno vi ha prodotto un invoglio di materia bianca flalattitica , fervendo quefta di coperta alle contenute materie petrificate . Or qui è neceifario notare qualmente quefti impietrimen- ti modellati dentro la cavità delle Conchiglie , li oflèrvano fpogliati affatto della foftanza delle medelime , di cui non ve -fé ne fcorgc un minimo veftigio attaccato , per efferll quefta disfatta , e ridotta totalmente in polvere , e perciò gì' impie- trimenti fono riiiiarti, per così dire, ifolati, e feparati dalla foftanza del Tufo con un intervallo eguale alla groifezza del- la Conchiglia di già disfatta. Nel Tufo poi impietrito li fcorgono le imprefsioni della figura efterna del Teftaceo otti- mamente efprelfa, dalle quali li rileva chiaramente la fpecie ■del medeiìmo , che non può ricavarft dal ripieno petrihca- to. Da quefta oftèrvazione adunque, e da altre che ho breve- mente accennate rifulta l' attività , che ha il Tufo di calcina- re , difciogliere , e ridurre in polvere le Conchiglie fofsili ; e il detto fin qui fa manifeftamente comprendere , che la di- verfità del terreno è atta a confervare , o a diftruggere ia dette Conchiglie , e che le meteore , e l' ingiurie deli' aria non hanno in quefto fatto h maggiore influenza . Giacché dunque da quanto ho efpoilo finora venivo af- -lìcurato della quantità grande dei Teftacei marini , che eCi- ilono in quefti Tufi , e della loro rifoluzione in una polvere calcarla, pcnfai, che quefta poreffè fervire di bafe all'acido marino per coftituire il fale terzo deliquefcente , di cui prefente- mente ragiono . E tanto più n accrebbe in me il lofpctto , in quanto cheinvarj fiti preci! i , ne' quali fi trova il noAro fa- le , vi notai varie Conchiglie già sfacelate , e che appena toccate Ci rifolvevano in una fortiliffìma polvere . Intanto per tentare con l'efperienza fé fuftè vero quanto mi ero immaginato, mefcolai lo fpirico di fai marino al punto -di perfetta faturazione colla polvere di Conchiglie calcina- te dell' Accademia . 9 te cflratte da quefti Tutì , e dopo la folita clfervcfcenza fi produn'e un falc terzo deliquefcente fimile in tutto, e per tutto a quello finora del'critto . Tentai lo fteifo collo fpirito cavato da detto fale nativo , e feguì l' elFetto mcdellmo . Fi- nalmente mefcolai la polvere di Conchiglie calcinate con una porzione di arena di quefti Tufi , e aggiuntovi Io fpirito di fale marino al punto parimente di perfetta faturazione , ri- fultò dopo r cllervefcenza un Tufo dotato del fopraddetto fa- pore acre, e penetrante, e che fi è mantenuto fempre umi- do, benché confervato in vafo di vetro tenuto continuamen- te aperto , ancora nel maggior bollore dell' Eftate , onde in tal guifa mi riefcì di contrafare felicemente la natura , e di n'ioftrare che la polvere delle Conchiglie naturalmenre calci- nate, è la bafe terrea, che unita all'acido del fale marino coftituifce il defcriito fale neutro deliquefcente , che li ritro- va in quefti Tufi. Fra i diveriì tentativi da me praticati intorno al noftra Sale, uno fu quello di metterne una porzione in un Cro- giuolo , ed applicatovi il fuoco alla prima li fufe, e dipoi di- venne confiftente , e continuato per qualche tempo il fuoco medefimo, i\ fece l'evaporazione a guifa di un fumo, e re- flò nel Crogiuolo una dofe di fale marino a bafe falina . Or qui bifogna rifiertere, che la porzione fvaporata altro non era, che il Sale neutro deliquefcente , quale per altro real- mente non è , che una fpecie di Sale marino a bafe calcarla , che conforme è noto a i moderni Chimici facilmente fi fcompone dalla fola azione del fuoco. Quello poi, che ri- mane nel Crogiuolo, è conforme dilli un Sale marino co- mune , cioè un Sale marino a bafe alcalica falina , che dalla fola azione del fuoco non può fcomporfi.Da ciò dunque ri- fulta , che con quello fale terzo deliquefcente vi è compli- cata una porzione di Sale marino comune, non effendovi al- cuna apparenza, per cui fi polla credere prodotto nel Cro- giuolo , e lo ftefib fi conferma da quanto avvertii di fopra , cioè , che dopo la diftillazione del nofi:ro fale col bolo , ri- niafe nel capo morto una porzione di f^l marino a bafe fa- lina. Or qui fi pre Tenta motivo di ricercare in qual maniera il fale marino poli» trovarli rimcfcolato col fale di cui ab. B bia- IO biamo parlato. Potrebbe fofpettar/ì, che ficcome tutte que- lle colline , fuUe quali di prelente fi abita , e iì pafleggia , fono ftate in antico un letto , o fondo di mare , così fin da quel tempo flavi rimaflo difperfo , il che non fembra inve- rilimile. Pur tuttavia non è fuori di propolito il credere, che polla efiervill pofieriormcnte prodotto, ed eccone la ra- gione. 11 Sai marino, conforme è noto, è un tale terzo nato dalla combinazione di un acido dotato di alcune proprietà particolari diverfe da quelle dell'acido vitriolico , e del ni- trofo , chiamato acido di fai marino , con un fale alcalico nativo; che l'acido del fai marino predomi'^ii in quelle col- line, già l'ho dinioiìrato col far vedere, che quefto unito colle conchiglie calcinare forma il divifato fale , e 11 deduce ancora dalla copia del Sale cretaceo , che in quelle colline iì ritrova, quale è compoflo dalla creta, e dall'acido del Sai marino. In quanto poi al Sale alcalico nativo necellario per la collituzione del Sai marino a bafe falina , alcune mie oiler- vazioni mi dimoftrano rirrovarli in qualche Tufo , av^endovi {coperto un Sale bianchiHlmo aggrumato , che pollo in bocca oltre al pungere vivamente la lingua, vi laicia i;n fapore di mina putrefatta, bolle con ogni forra di acido, e moiira tut- te le altre proprietà dei Sali alcalici fifh nativi iimiiiiiìmo al Natron di i gitto , ed a quello notato dui Tournefort nei Campi dell'Alia minore non lungi da Efefo, e da Smirne i ed al pari di quelli lì mantiene afciutto all'aria aperta lenza rifolverfi in liquore, proprietà conveniente agi' alcalici iìih mi- nerali a differenza di altri ordinari artefatti . Riprovali pure alle volte in quelli flrati di Tufo in ve- ce del nofiro fale deliquefcentc, o dell'alcali nativo, o del fa- le comune, una fioritura bianca, e falina di amariflìmo fale cretaceo, che come accennai viene coflitniro dall'acido ma- rino, e dalla creta, ed alle volte vi fi ritrova un mifto di alcuni di loro . Ecco dunque che a mifura , che queflo acido incontra diverfe bafi , fi fpccifica diverfamente , cioè in for- ma di Sai neutro deliquefcentc, quando incontra le conchi- glie calcinate, di fale marino quando fi combina con l' alcali follile , e di fale cretaceo amaricante , quando fi unifce colia creta . In ordine poi alla facilità, che ha il nofiro fale a tira- re DEtL* Accademia. ii re l'acqna dall'aria vicina, e rifolverfi in tal guifain un' li- quore, "quelta genjralmcnrc parlando è una proprietà, ciie compete alle foftanze ialine , o a quelle che ne contengono per la grande affinità, che le medelirae hanno con l'acqua. Lafciando di parlare degl'acidi concentrati, o di alcuni Ai- calici iìflì, mi bafterà folamente notare , che i fali neutri dota- ti di quella proprietà , fono ordinariamente quelli, che hanno per bafe una foftanza non falina , poiché i loro acidi ne re- fìano imperfettamente faturati, e non impiegano rutta la lo- ro attività fuUe foftanze , colle quali (i trovano uniti , onde li refta ancora una porzione della loro forza per poterla efer- citare full' umidità. Quindi è , che quefti filli neutri deliquefcen- ti vengono conlìdcrati in uno flato di mezzo tra quello di un* acido libero, e quello di un'acido perfettamente faturato. In tale (lato dunque l'acido del noftro fale debolmente unito alla foftanza delle Conchiglie calcinare , averà forza di attrarre dall' aria le particelle dell'acqua , conforme è proprio degl'acidi concentrati; e quantunque non dia manifelli indizj di acidi- tà , nondimeno trovandoli in parte libero, potrà imprimere fulia lingjua quel fapore cotanto acre, e penetrante, di cui parlammo. Aggiungali a ciò, che l'acido del fai marino , per quanto ollèrvano i Chimici piià illuminati , in confronto dell* acido verriolico, e del nitrofo , ha una minore afllnità con gì' alcalici filTi , e colle terre aftorbenri , onde anco per que- fto capo apparifce la fonima facilità del noftro fale alla dc- liquelccnza. In congiuntura di fare varie offervazioni fopra ifali,che fi rinvengono in quefti Tufi, notai che i letti dei mcdefìmi erano foventc tramezzati da alcuni ftrati di una terra di colore biancaftro ,e di una conlìftenza maggiore di quella della Cre- ta . Ritrovai quelli ftrati di groftezze diverfe, poiché comin- ciando da quella di una cofta ben groflà di coltello, e paflàndo per varj gradi intermedi , alcuni afcendono alla grolfczza di due terzi di braccio , ed anco più . Il colore , e la conlìftenza di quefta terra mi fece fofpetrare cftere la medeiima una vera A'Iar- na , cioè quella cotanto celebre terra atta alla fertilizazione dei Aerili terreni , che deve diftinguerii dalla Creta , ne confonderli l'una con l'altra. Di ciò me ne afiìcurai con il confronro, che ne feci colla Marna di Francia, con quella d'Inghilterra, B i con con quella di Fiandra» e colla defcrizione più efatta, che ce ne danno i moderni Naturaiifti , avendovi ritrovata la ftef- fa conliftenza , e tutte le altre proprietà , che convengono a que- fla fpecie di terra . Le ho tentate tutte collo Ipirito di Ni- tro » detto comunemente Acqua Forte, e le ho vedute egual- jriente tutte fare una furiofa effervefcenza ; ma iìcconie i tentativi fatti coli' acqua forte , fecondo ciò , che alièrifce il Sig. Zanon nel fuo Trattato fopra la Marna poflono eller fallaci , per avere quelV acido attività di attaccare vivamente jnolte altre foftanze , perciò fecondo il coniiglio del medcli- mo , mi prevallì dell' aceto , quale pure produfle tanto nelle Alarne eftere , quanto nella noftra la ftefla cbullizione . Ver- fata un poco di acqua comune fopra tutte quefte Marne , fi fufcitò una brevilTìma e palfeggiera ma fenlìbiie effervefcenza , e s'impaflarono in maniera con l'acqua» che fi refero dut- tili , e capaci di lavorarli alla ruota . Tutto queflo a me ballò per aflìcurarmi , che la terra da me olfervata in forma di Strati in quelli Tufi, fìa una vcra> e legittima Marna. E' noto eli'ere la medelima un com- porto di terra Calcarla , di Argilla, e di una ibrtilifiìma Sab- bia, i quali tre componenti fi ritrovano appunto nella noftra terra , manifeftandoli la prima dall' ebuUizione con gì' acidi , -la feconda dalla duttilità , e da un certo untuofo , che com- parifce al tatto, e la terza dalla depolizione arenofa , che fi ofiérva nel fondo de i vafi, quando fi ftempra nell'acqua, o fc ne fente la ruvidezza quando queflo impafto fi maneggia tra le dita . Alcuni dotti Naturalifti , tra i quali principalmenreMonf. de Buftbn nella fua Iftoria Naturale , e Moni". Bertrand nel fuo Dizionario Orictologico fi moftrano impegnati nell' affer- mare , che la Marna debba riconofcere la fua origine , e for- mazione delle Conchiglie disfatte, e ridotte in polvere, e al fentimento di quefti li accorda ancora il Sig. Pott nel- la fua Litogeognolia. Monf de Boraars parimente nel fuo Dizionario d' Iftoria Naturale fembra in certa maniera aderire a qucfta opinione , dicendoci, che nei flrati di Marna fi trovano ora poche, ed ora molte Conchiglie , e che fembra , che quella terra altro non Ila , che una depolizione del mare , la quale in alcuni lìti va compofla di triturili di dell' Accademia. 13 di c(re Conchiglie . L' avere io oflervato , conforme ho detto , gli Itrati di Marna lìtuati fra i Tufi , che fono ri- pieni de i detti tritumi, e l'avere anco ofiervato qualche vol- ta un groffo (Irato della medeiima foprappofto ad un gran banco di Conchiglie disfatte , mi rapprelcntava per molto vcrilimilc il fentimenro di quefti Valentuomini. In fequela di ciò ne derivava , che fé le Conchiglie ridotte in polvere con- corrono a coftituire la Marna , e a comunicarle la parte cal- caria , lo fpiriro di fai marino con cfla rimefcolato doveva produrvi un Sale al defcritto affatto conlmiiie . In fatti aven- do io infuib lo fpiriro cavato da quello Sai terzo deliquefcen- te in una porzione di Marna, li rigenerò un fale, eh' era to- talmente lo fìciro di quello , e che li manteneva in deliquio all'aria aperta, il che, fé io non m'inganno, fcnibra una couferma dell' elìilenza delle Conchiglie calcinate nella_* Marna . 11 celebre Monf de Reaumur in una memoria prefenta- ta air Accademia Reale delle Scienze di Parigi 1' Anno 1720. in cui riporta alcune lue offervazioni fopra il Falan , e le Falmicre , che fono a m malfa menti di Conchiglie follili , delle quali li fervono in alcuni luoghi della Turrena per fertiJizzare i campi fierili , li protefla eh' ei fu tentato di credere , che la Marna falle una fpecie di terra , che dovefle la fua origine a fomiglianti adunamenti di Conchiglie difciolte pili perfetta- mente , ma che una tale idea era diitrurta , perchè nei mede- limi paeli, ove trovali il Falnutil trova eziandìo della Marna» di cui fé ne fi ufo ; ma li ha cura di non condurla nei Cam- pi di natura tale , che richiedino le Conchiglie , o di copri- re quelli, che efigono il folo Falnn . Riiiette per altro , che il Falun intanto rende fecondi certi fuoli , perchè mifchiato con clTi ne foftiene le molecu- le, le fepara, e v'introduce de vuoti, e vieta a i granelli della terra di unirli , e ftringcrli inlìeme . Quando ciò dun- que lìa , qr.eflo non toglie che alla coftituzione della Marna polfano concorrere le Conchiglie disfatte , e polverizzate y mentre alcuna qualità di Terreni pofTono richiedere quefte in polvere minuta, ed altre le medeiìme in più groHi tritumi per la loro fecondazione. Sofpettò ancora quefto gran naturalità > che le Conchi- glie »4 Atti dell' Accademia . glie a mifara y che fi diftruggono fomminiftrino de i fall , che fecondino la terra. Che quelli l'ali li produchino dalle Con- chiglie dislatte > mi pare con quanto ho detto di averlo fuf- fìcientemente provato . In fequela di ciò rellerebbe folo di e- faminare fé 1' ufo di qucfti fali , cioè fé quelle arene tufacee piene di fale fuflero convenienti per fertilizzare le terre. E' vero, che limili terre faline , àtnc (alma Hr aie y inducono la llerilità nelle medelimc ellèndo in flato di bruciare , e rodere ì teneri germogli delle temenze , e le loro fottiiilììme radici ; eppure qualora fulTero ripartite in minor dofe , e fé ne tacef- fe ufo con mifura e proporzione in maniera , che quelli fali fulTero diradati, e alquanto dilavati dalle acque piovane , non è lontano dal verilìmile , che quelle arene falle poteflero ef- fere di profirro per la fertilità di alcune terre . C infegnano alcuni valenti Alaeftri di Agricoltura , che la .Calcina viva j il fale marino , 1' acque di forgenti falfe , 1' arena del mare « ed i fondacci del medelinio , quantunque lìano follanze cor- rolìve , tuttavolta fono in flato di fecondare le terre qualora colla dovuta prudenza , ed ottimo regolamento fé ne fappia fare un' ufo opportuno . Ma io non voglio avanzarmi fu que- ilo articolo di Agricoltura , baftandomi avere rilevato , che air intorno di quefta Città trovali la iMarna , un Tufo fatu- rato di fale, equivalente all' arena» ed a i fondacci del ma- re , al che aggiungo trovarvifi diverli ammallamenti di Con- chiglie follili, che poilono fervire in luogo del Falmt , e del- le ^Falhmicre della Turrena. PAUL' 'i PAULLI FRISII PRESE. REG. BARNABITAE. In Pifano prìmnm > ac delude in Medìolanenfi Gymnafio Pnblìci Mathejeos Profefjòris ; Londinejijìs , Berolinenjìs , PetropoUta' nae > Hohn'teujis , Uafnienjìs , Bonomenfis , Seneìijis , Liigdu" nenfts , Bernenjis Academìae Sodi > Parìjieujis autem Corre- fpoiukutis . DE PROBLEMATIS QUIBUSDAM AIAXIMORUM, ET MINIMORUM EXERCITATIO GEOMETRICA P R O B L E Al A I in diametro G F, Fig. l Tab. I. , femiclrculi G L F fignentiir punfta C, & B hinc inde aeqaaliter diilìra a centro A , & ad peripheriae puncluni M ducantur reclae B M , A M , C M , invenire locum M maxi- mae dirièrentiae duorum angulorum , B M A , C M A. RESOLUTIO SIT pun6ì:nm N proximum ipfi M . Patet in primis quod- cum diflcrentia duorum angulorum > quos binae reclae 'ab 1^ Atti A B j AC ad idem peripheriae pun£lum fubtendunt , a G ad M tranfcundo augeatur , ac deinde imminuatur ufque ad L , in punftis M , & N fibi proximis nec augeri , nec minili debct eadem differentia, five ede debet BMA^ — AMG =:^BNA — ANC. Eli: porro externus angulus NQA1 = NBM -+CMA = BNA-fNAM, five eft NBM-^ BMA — BNA r=NAM, atque eù pariter angulus NPA1= NCM -+ ANG ^ AMG -+ NAM , five eft NGM -^ ANC — AMG = N AM. Iraque ob BAIA — AMG — BNA -h- ANC =o ; in loco ma- ximae angulorum eorumdeni diftèrentiae erir NBM -+ NGM = 2 NAM. Hoc dato radiis BM , GN defcribanrur arcus MO, NT, atque ex punftis B, G ducantur in radios AM, AN perpendicula BD, CE. Ob reclos angulos BMO , AMN aequales erunt anguli BMD, OMN .-atque ob reftos fimiliter angu- los D , O fimib'a crunt triangula MNO, MBD , eritque MN : MO = MB : MD. Pariter erunt limilia triangula MNT, CNE , eritque MN: NT = NC: NE. lam vero ob punfta M, N fibi pro- xima» erit NG=cMG, & AD=^AE: atque ob iimilitudinem triangulorum BAD, MAH, erit A D = A E = ^^ » ,,_ AG'— AB-AH - ^-rr- AG'-fAB.AH j^ ■ • M D = ^ „ , & N E = --, „ Erit ita- A G AG que arcus M O = t^-JLl^^JL M N , & angulus NBM ^ AG.BM " ^ ag'-Ta^. ah ^^ n ac pariter angulus N C M = AG. BM' r o f^'JlL^^-AI? M N: 8c cnm bini fimul hi anguli acquari AG. e M' dcbeant duplo angulo NiVM, fcu^^, prodibit 2 B M\ C M= = A G^^=^A B. A H. C M^ -+ A G -r A B. A H. B M\ At in triangulo M A B eft B M' = A G=-f A B'— 2 A M. A D = A G' -+- A B'— 2 A B. A H , ac pariter efl G M^ = AG' Dell' Accabemia , i - A G' -f A B' -+- 2 A B. AH. Hifce igitur valoribus fubftitu- tis fuo loco fingulis » & deletis terminis omnibus fefe invicera deftrucntibus eruetur denique A H' = t A G"-i- AB". Inde eti- am haec habebitur conftruftio. Si in punòlo A educatur pcrpendiculum AL Diametro GF, & fir LUc=AB=ltC perpendicularis ipfì A L in punfto L , Jungaturque U A , & fupra ipfam defcribatur fe- niicirculus U Z A , arque infuper bifecetur fcmicirculus in punclo Z , & centro A , ac radio A Z defcribatur femi- circulus alius XZH; perpendiculares, quae in pundis H,X educentur diametro G F, peripheriae GMF occurrendo , dcfignabant bine inde a centro duo puncla maximae difFeren- tiac angulorum B M A , AMG. Eft enim A H' =: A Z' = i AU^ = iAG'-^AB'. Familiaris eft mihi hacc methodns in folvendis maximo- rum , & minimorum problematis , propofitam fcilicet proprie- tatem maximi , aut minimi transferendo in locum proximum , cfficiendoque ut quantum quantitates aliquae augentur, tan- tundem aliae imminuantur. Methodi ipfius epe geometricas faepc faepius, elegantefque conftruftioncs problematum iis et-» jam in cafibus obtinui, in quibus vulgares di/ìèrentialis cai- culi rcgulae in fubfidium vocari fortafTe nequeunt. Vt aliquod exemplum praebeam , fìnr tria pun6ta A,B,C Fig. 2., & quaeratur aliquod punftum O, ad quod ductac tres reclae AO,BO,CO minimam fummam conlìciant. Vt hoc proble- ma refolveret Cavalerius in Exercitationibus Geomctricis fta- tuit binarum B O , CO fummam conftantem elle , & focis B , G ellipfim defcribi, in cuius perimetro fit punclum O. Hoc po- fito manifeftum eft rectam A O ex A ad perimetruni elilpfcos du6lam eftè minimam ubi eft perpendicularis tangenti in pun- ito O , atque inde facile eruitur iìngulas A O , B O , CO oppolìtos angulos COB, COA, AOB bifccare oportere , atque angulos ipfos aequales clfe inter fé ut fumma trium re- ftarum fit minima . Simpfonius in tractatu Fluxionum fta- tuit centro A , & radio A O circulum defcribi , oftenditque fummam binarum B O , C O ad idem peripheriae puncìunx d'i^arum efle minimam., ubi angulos B O C recta A O bi- C fece- i8 Atti- fecetur , atque inde ad eamdem pervenir Cavalerii conclu- lioncm. Tribus reclis habitis fìmul prò vadabilibus , ope me- thodi noftrae ira folvirur problema . Transferarur punélum O in G , ur reèla B O quanticate O G imminuatur , cenrrifque A, C defciibendo arculares arcus OF,OE, binae AO, CO augeantur quantitaribus FG,EG. Erir in cafu mini- mae rrium re^larum fummae OG^=FG-fEG. Parirer fi puncìum O in L abeai , & iir O L = O G , cenrris B , C defcribendo arcus O M , O H erir OL=ML-f-HL = FG-f EG. lam vero ob reftos angulos AOF,BOM aequales funr anguli GOF, L O A'I , & reflae ML, FG aequales , adeoque aequales reòìae H L , E G , & anguli L O H , G O E aequales , ac redo utrimque addirò angulus A O G aequalis erir angulo B O C . Arque ira infuper punfto O in reda O C moro eruerur angulum A O B angulo B O C in cafu miniraac rrium reflarum fummae acqualem efTe oporre- re . Simili merhodo parebir maximum rectangulum , quod darò rriangulo ABC Fig. 3 , infcribi poreft elle illud , cu- ius balis , alrirudo , & arca, bafeos, alrirudinis, & areae ro- tius trianguli iir dimidia . Quare fi daris rc£tis B F , B E fé in puncto B deculTanribus , produtlifque urrimque , refta AC urrinque ad reclas ipfas rerminara mo^^earur circa punftum H , & maximum reftangulum varierur , inquirarurque qua reftac A C poiìrione rriangulo ABC reftangulum maximo- rum omnium maximum , aur minimum infcribi poffir , in primis manifeftuna erir. quod ubi recla A C fìer reftae B E , aut B F parallela , reilangulum maximum evader infinitum,, nuUumque erir reftangulum ubi refta A C rraniibir per pun- ftum B . Vr maximorum omnium reélangulorum minimum aliud habearur , quod duobus infiniris inrerjacer > obfervan- dum eft retìa A H C in a He rranslara , & manenre eodem recìanguli valore , ac trianguli eriam A. B C , a B e , quod maximum recVangulum trianguli circumfcripri dimidium lìr, triangulum C H e aequabirur rriangulo A H a , & redVa H G aequalis erir refiae HA, feu rora A C in cafu reftanguli quaelìri bifecabirur in punfio H , Parirer fi darò angulo E B F quaerarur recla A H C , quae omnium per punftum H tranfeuntium , produftarurnque ufque ad reóìas BF, BE fit Diill' Accademia . 19 Ut minima ; ponendo H C — H e = H a — HA eruetur facile acquario cubica , quae problemati fatisfacier . Pofiem his alia adjicere non pauca exempla. Unum vero jam anrca attigi Tonio fecundo difTerrationum Lucae cditarum in tra- ftatu de methodo fluxionum. Darà fcilicet politione reciac A C , eaque produ6ta utrimquc , fi angulus F B É circa ver- ticem B lir niobilis, inquiraturque qua ipiìus anguli pofirio- ne non quidem fumma duarum B A , B C , fed fumma re- ftae B A , & reclae alrerius B C in conftantem quantiratcm Al duftae fit minima ; triangulo tantifpcr moto incremen- tum. reftae B A acquando decremento rcftae B C in M du- fto , alia prodibit acquario cubica , atque in cafu anguli F B E redi refolutio problematis pendebit ex invenrionc dua- rum continue proponionaliugi inter i , & Al . In eodem au- tem traélatu, & in diilcrtationc de problematis quibufdam, Ifoperimetricis , quae Tomo feptimo novorum commentario- rum Petropolitanae Scientiarum Academiae Icgitur , alia quae ad cafus maximorum » minimorumque , & ifoperimetricorum pertinenr expofui. Jbi fcilicet brevem protuli demonftrationem theorcmatis , quo valorcm femiordinatarum fé proxime con- fequentium elegantiflìme definivit Mac — Laurinus , adnotavi- que , quod cum numeris omnibus abfoluta cenferi debeat fin- thetica demonftratio theorematis ab ipfo exhibita parte pri- ma eximii operis de fluxionibus , analytica tamen demonllra- tio, quam parte fecunda adiecit, non adeo generalis efl , & in cafibus quibufdam deficit . Deinde poft recenfitos maxi- morum, & minimorum cafus, qui habentur cvanefccnte im- pari quolibet fuccedentium fluxionum numero , Mac ■• Lau- rinum rurfus, atque alios difièrentialis calculi authores nota- vi, quod univerfim ad infinitum crefcente prima fluxione fe- miordinatae maximum , aat minimum haberi doceant , cum id non nifi in peculiaribus quibufdam calìbus , quos attici» contingar. Ad problemata dcnique ifoperimetrica progreflus , in quibus nimirum plures maximorum, & minimorum proprie- tatcs fimul componuntur , oftendi quod licer ubi tria fimul > quatuor, aut plura maxima, aut minima in eadem curva componi debeant , ubi videlicet proponantur problemata ifo- C 2 peri- 20 A perimetrica fecundi , tertii ordinis &c. plura quam duo ele- raenra curvae con/ìderanda fint , infiniti tamen funt cafus , in quibus duo dumtaxat dementa curvae refolvendis altioris or- dinis problematis fufficiunt- Exempli loco problemara eadeni attuli , quae tomo fexto priorum Academiae Petropolitanae Commentariorum Clariflimus Eulerus ope trium , quatuor Scc: elemenrorum curvae refolverat , ac duobus dumtaxat eie- mentis curvae fpedatis eafdem fummi Mathematici aequa- tiones brevifiìme fum aflecutus. Quod licct in Hiftoria tomi ipfius feptimi notatum (ìt quali non noverira tunc temporis ifoperimerrica omnia problemara generaliter ab Eulero pecu- liari opere foluta effe > ingenioliffimum tamen Euleri opus > apud nos etiani tunc temporis notiffimum > fummis laudibus fempcr commendavi, licer operae pretium effe ducerem ani- madverrere quod cum infiniti fint cafus ifoperimerricorum , in quibus plura confiderari debent curvae dementa , ut cum proprietas ifoperimerrica exprimitur aliqua arcus funzione, in- finitis etiam funt cafus , in quibus problemara hujufmodi al- tioris ordinis duobus tantum dcmentis curvae fpcftatis refol- vi poflunt, ut cum proprietas ifoperimerrica exprimitur fun- zione aliqua abfciffae, vel femiordmatae. E I U S D E M De refoliitioue aequationum tertii gradus Exercitatio Analytica . PRoponatur aequatio cubica x^ — px—^q=Oì & po- fita x^=z~i-y 1 transformetur ipfa in aequationem alianx y' ~-^ ì y~ z —^ 3 z^ y ^-^ z^ — j> y — pz—hq=:o. Methodus t quam appellant Cardani , cmnis iili hypothefi innititur , quod fcmper redufta aequatio dividi poflit in duas alias yi -+ z^—b q = o 1 & 3 y' z~h' 3 z'y — j> y — p z = o : quod fcilicet cum feptem omncs transformatae aequationis termini fé mu- tuo deftruant, primus etiam, quartus, & feptimus fé deftruant iìngillatim , adeoque etiani quatuor alii termini ilngillatim fum- pti fé deftruant. Ex Dell'Accademia. 21 Ex data aequatione 3 j" s -+- 3 z^ y = p y .~+p z criii- tur j/ = — ac deinde a? = z-f — . Altera acquario y — i- 2? — t- ^ = e» dat a'^ -)- ^ 2' = ^ p^ Inde vero cruiturs = ^ ( — { q — -^ /»' ) ) . Idem ctiam obtincri poteft aflumendo primum x = z ' —i- — r. Hac cnira fafta fubftitutionc prior acqua- tic cubica convertitur in aliam z — f — hq = 0 : arque in- de ,prodit z='-iq-^V ( ? ^"—-kf)* & Ar=.^ ^ — ^ ^5 ) ) -^^/ ( - I ? - V ( i 2^--^/ ) ). Alii mo- di omnes, qui apud authores varios occurrunt> prò refolven- dis aequarionibus huius generis, coincidunt, & omnino iidem fune. Senipcr enim pendent ex binis aequarionibus huius for- mac y = -^ , &y ~+ z' = q. 3 ~ Hyeronimus Cardanus minime anrhor efi: merhodi» quam ipll tribuunr. Optime ramen de univcrfa Algebra efl: merirus, cum primus omnium radices pofìtivas, & negativa» diftinxerit, cum fìngulos aequarionum cubicarum cafus lìngil- latim examinaverit> cumque cafum illuni perfpcxerit , queni vocant irreducibilenijin quo fcilicet fi coefficiens _p negativuiu vaio- il Atti valorem habeat, & f ([' fit minor quanrifate -^ />5 , qyae rea- lis c(i radix propoluae aequarionis cubicae fab forma imagi- nariae radicis exhibetur. Clarillìraa Agnelìa in opere eximio Inltitutionum Analyticarum nitide oftendir, quod fi tres ac- quationis cubicae radiccs reales iìnr, & inequales inter fé, ac fecundus aequationis terminus deficiat , femper coefficiens rer- tii termini negativum valorem habet , & ~p^ major eft quam i^', quod etiam anthores alii ferierum infinitarnm ope often- derunt . Antequam ulterins progrediamur praeftabit haec , & alia theoremata , quae CI. Koenig exhibuit tomo 5. Academiae Bcrolinenlìs, breviffime demonftrare. Primo autem cum in aequatione cubica deficit fecundus terminus oporret radicem unam aequationis duabus aliis ae- qualem elle : ira ut 'i\ minor radix unitate exprimarur , & tres radices voceniur "^ i> ^ i ^ ^, -^a fit etiani a =■ z -4- b . lam vero coefficiens tcrtii termini efi: fumma binario- rum omnium — za — a b —^ \ -^ b . Itaque loco a fcribendo 2-^b erit coefficiens tertii termini — 3 — ■>, b — b' = — p: ni- mirum ubi tres radices fint reales , & inaequales coefficiens ter- tii aequationis termini erit negativus. Praeterea ultimus terminus erit produclum a-+ ab radi- cum omnium aequationis . Erit itaque ^=2— 1-3^»-+^', & i ^^ = I -4- 3 ^ -f i?- ^^ -+ 1- ^-' -+ i ^'^. Eft vero /»' = ( 3 -4-3 ^-+^ ) 5, & ^^5^ I -+3 ^-+4^^-»-3 ^5-fj-/J4_^. ^ b'-^-l,- b'^^q'-^ì b'-+\b^ -^ j^b*-^ j-b^ -+- ^b^.ìn eo- dem igitur cafu trium radicum realium , & inat;qualium cric etiam i 5-^ minor quantitate ^z»'. Quo in cafu binae aequationis cubicae radices aequales fune inter fé fit ^ = 0 , 8c i q^ = -^ p''- atque ita evanefcit dif- iìcultas omnis , & acquario cubica ad aequationem fecundi gra- dus reduci poteft . At quoties radices omnes funt inaequales , fingulae juxta Cardani methodum imaginariam formam obti- iient . Cuius propterea methodi defeclus ut inveniatur a prio- ribus iis aequationibus eft exordiendum, in quas divifa eft ae- quatio y — i- 3 ^' z —f- 3 z'y -+z' — py — pz—^q=-9 fciliccr videndum eft utrum in aequatione ipfa tres primum , ac dein- de quatuor termini excerpi poflìnt» qui fé invicem deftruendo duas Dell* Accademia . 23 duas alias aequationes praebeant y— )-2'-r^ = o, £c 3^3 -^-3 z y—py—fz=o. Polito x=z~\--L. ^x. z^ — zx = — -f-/», & z = \x ^-^ V { k x^ tP)- ^^^m vero in cafu trium radicum rea- lium, & inaequalium quanticas ^ in aequatione cubica femper negativa elt . Iraque li-j-/> major fit quaml^AT', fcilicet il tenia pars coefficientis tertii termini major fit quarta parte quadrati majoris radicis aequationis, valor quantitatis z erit i- niaginarius , adeoque mirum non erit quod politis acquationibus iyz-+iz-y=py—¥^pzy?^x:^z~+ — , valor radicis realis e- ruatur imaginarius. Porro cum major aequationis radix (ìt a = z -^b-, major quantitatis ^ x valor erit \ -^ i b —^ ^ b' -, eritque -y p =^~ (3-^ìb~+b') = i -hb-+- ; b' = ix^~i-{b-^-^b\ Itaquei^:' femper minor erit quam J p, & V (ix^' — • yp) habebit radices binas imaginaria». Itaque in cafu trium radicum realium ,& inae- qualium aequatio J'' — ^- 3 ^' 2 — +- 3 z'y-+ zi — py ■ — p z-+ q = 0 minime partiti poreft in binas aliasy— t-z'— i- ^ =ro , & 3_j'"z— t- "i z^ y — py — pz = o. Supervacaneum autem elTet imagina- rlam radicis expreflìonem ad rcalem formam revocare cum ipfa cxprelTio ex aequatione x = z-+ -~, quae quantitatem imagi- nariam involvir, deducla fuerit. Aequationes quarti gradus reducere ad cubicas docuit Cartclìus. Ipfms methodum in eo delìccre animadvertit New- xon\xs pag. 237. Arithmeticae, quod aequationem propofitam in aequationem aliam fuperioris gradus , nimirum fexti , transfor- met, adeoque plures cxhibeat redices aequationis quam opus fit . Quod idem dici debet de poilerioribus aliis inventis Ma- thematicorum ccleberrimorum , qui prò refolutione quarumdam aequationum aequationes alias fuperioruni ordinnm in fublì- dium advocarunt . Ubi etiam aequatio fexti gradus prò aequa- tione tertii accipiatur, Cartelli, & Cardani methodus, & con- fimilcs onines regulae prò altiorum aequationum refolutione cidem dillicultate laborabunt. Ut 2 + Ur vero defet::h:s methodi generaliter, zc breviffimc inno- tcfcat, obfervandum cfl: quod fi *", z,m line rcales quantita- m tes , & quantitas m fit conftans , acquario x==z-^ -^ non fatis generalis ed: ut variabilem quamcunque exhibear . Sumptis enim de more ditFerentialibus cric d x = d z — ~—r- > & ,2 Z ddx = — —^ — . Tum quia fecunda fluxio pofitiva eil , fi zw quantiras conflans > & pofitiva » ordinatae omnes x rcferent curvam convexatn verfus axem i ut ex elementis diffcrentialis calculi notum eft , & ordinata omnium minima habebitur po- fita z = V tn . Itaque x nunquam minor erit quam zVm. It.aque juxta Cardani methodum , pofita x=z-i- — ^ > qua- dratum x^ nunquam minus erit quam-f/, fcilicet ex jam di- ftis nunquam minus erit quam 4 — t- 4 ^-f 7- ^^' la™ vero ma- ximus valor quadrati x^ ed /i^ = 4 — f 4 ^ -+ ^"^ . Patec itaque Car- dani methodum ab ipfo exordio erroneam > 6c falfajtn effe . VI- VIRO CELEBERRIMO DOMINO PAULLO FRISIO AMICO SUO HONORATISSIMO DANIEL MELANDER UPSALIENSIS ASTRONOMUS S. D. P. Nlhil mihì neque gratius , neque jucundius acciderc potuic quam ex litreris tuisnovifTimis humani/Timifque per Excel- lenriam fuam Dominum Comirem de Belgiojofo mihi datis tuni intclligere conrinuaram tuam in me amicitiam , tum nancifci fpecimen operae tuae in Lunae theoria enodanda . Tibi Vir Celeberri.ne non fatis aniplas perfolvere gratias poHum , quod typis iam imprefTo Opufcolo meo de Lunae theoria , non tan- tum eam benigne gererc volueris curam ut eius aliquot cxem- plaria mihi obtingerent, fed & quod maximi facio ipfum illud Opufculam fat dignum reputaveris quod iimul&una cum Tui iplìus de Lunae motibus fagaciflìmis difqui/ìtionibus lucem vi- dercr, qnos tuos commcntarios fumma cum animi voluptate pcrlcgeram, illaque tanto majori quanto magis percepcram mcthodum a te ulitatam , tantaque Scienria Mathematica ap- plicatam eHc illam qnam femper & unicam, & optimamjudi- caveram ad turbationes corporum coeleftium explicandas» li- cer aliae lucubrationes , plurimaque negotia mihi haud permi- fcrint meas in coniimili aliqua cxequenda experiri vires. Fxi- niiam tuum opiis de Gravitate dum ante aliquor hebdomadas Srockholmiae efleni apud Amicuni Noftrum Fernerum aliquan* tifpcr luftrare mihi licuit : verum brevi aut exemplar Ferneri, aut illud quod cum Acadcmia Scientiarum Srockholmienll benigne comunicare tibi placuir, qucmadmodum & Ferncrus, & Wargentinus polliciti l'unr, expeclo , ita ut hicmale tempus ad ipfum adidue volvendum impendere qneam, iliumque inde ufum. , qaem diu dclìderaveram, mihique pollicebar dum Fer- D nei 2(5 Atti neri exemplar oculo percurrere fugitivo tantum mihi obtigit . haurire , quo fa6):o nihil mihi erit jucundius quam tibi iplì eo- rum^ reddere rationem quae ex ipfo didicerira. Pollquam proxime praecedentes ad Te celeberrime Vir exararem litteras duo phoenomena coeleftia rariora, unum Vene- rem in Sole> klrerum Comeram obfervare nobis eriam Upfaliae "licuit de quibus phoenomenis licer certo fciam ribi jam antca multo exatliffimas eorum obfervationes effe noras > pauca tamen praecipue de priori tecum hac epiltola quod diilèram non ae- gre re laturum fore confido. Primum omnium narrare con- venir iter amici nui integerrimi obfervaroris Ailronomiae Upfa- lienlìs Friderici Mailer Marhemarici , & Aftronomi ClariÓimi Torneam ufque > & adhuc longius ad vicum Fello , ubi Mauper- tuiS) & Clairaut &c. commorabantur, prò obfervanda Venere in Sole frufiraneum fuilTe . Nubes Coelum occupabant, neque ingrelTum, ncque exi- tum obfervare ei licuir. Per duo tantum minuta roro duranre tranlìru Venus ab ipfo confpecta fuit ita ur tantummodo eius diamerrum apparenrcm fumere poller . PauUo felicius contigit Domino Planman Phyliccs Profellòri Aboenli ad urbem Caja- rebourg Fennor.iae cujas lat. 64.° 30 'circirer Veneremin Sole obfervare cum utrumque rum introitum , tum exirum intuere- tur . In obfervatorio Opfalienli obfervationes procedebant qua jneliori rarione, & exiru optari poterat. Obfervationes pluribus diebus tum ante , tum pofl tran- fitum Veneris faclas in alrirudines Solis correfpondentes exfcrlbcre prolixitaris virandae caufla fuperfedeo ; fufficiat adno- taflè harum ope de tempore vero nos admodum fuiife fecuros. Obfervatores autem una mecum erant Thorbernus Bergman jam Chemiae profelTor , anrehac aurem Mathematum adjun- fìus, Ericus Profperin nunc temporis Mathemarum adiunctus» Vir impiger, & Scientias Marhematicas felici minerva colens, & Ioannes Salenius Magifter Philofophiae & Matheleos culroc affiduus. F.go quidem 8^ 2z' i." Tempore vero prima Veneris vcdigia in folis margine derexi , quod Venus jam appropinquans cito confirmabat. Margo aurem Solis urpore horizonti vicini vehementer undulabar, acque ex hifce undis facpius eram de- Dell* Accademia . 27 deccptus , exiftimans ctenim Vcnercm effe proplnquam cum ta- men unda ellet confclHm evancfcens. Hora 839' 57'' Tempo- ris veri aeftimabam Vencrem totam efTe immerfam , licet adhuc ligamento quodam nigro » Teu fafciola cum Sole cohaercbat. lUud vero ligamentum abfcindebatur , & Venus a Solis mar- gine libera confpiciebatur S''4o' 12". Ufus vero eram tubo Àftrononiico 30. pedum . ProfelFor Bergman hora 822' 25'' Venerem in Sole de- texir , hora aurem 4 40' 9" ligamentum illud abrumpi , Vene- remque in Sole vidit totam : utcbatur autem tubo Aflronomi- co 21. pedum. Adjunftus Profperin hora 8 22' 12" prima Veneris in So- le veftigia vidit, & hora 8 40' 12'' ligamentum abrumpi ob» fervabat ; inflrumentum erat tubus Aftronomicus 16 pedum, verum optimae fabricationis . Magifter Salcnius animadvertebat primum hora 8 22' 15" Venerem in Solis margine , fafciolam autem abfcindi , Vene» remque in Sole totam vidit hora 8 40' 15''; inftnimentum erar tubus artronomicus 12 pedum . Huic vero idem contigit ac Pro- feflbri Gadolin Aboac, quod fafciolam fcilicer, fcu ligamen- tum illud nigrum abrumpi videret hora 8 39^45''' iterumque coire ) idque momento temporis . Aliquot minutis poft ingreffum ratione praedicla obferva- tum nubcs Solem occupabant , Venufque cum ipfo difparait. Haec de ipfis obfervationibus . Ut vero quid de illarum ufu in determinanda Solis parallaxi fentiam ingenue farear eum non fatis amplum , & delìderiis Mathematicorum minus re- fpondentem effe judico. Atmofphaera etenim Veneris noflra Telluris atmofphaera etiam paullo denfìor ea copia radios e Solis margine eraanantes ? & prope ad ipfum Veneris corpus per eius Atmofphaeram tranfmittendos abforbet , ut radii tranfmi/Il non fatis efficacera penicillum ad Solis marginemlucidum ab ipfo corpore Veneris dirtinguendum formare queant,anrequam con- taftus interior vere praeterierit , Vennfque aliquantulum in Sole progrelfa fuerit. Hoc ipfum ex obfervatione ligamenti illius ni- gri, quo margines Solis, & Veneris connexi elle vidcbantur , licet contai^lum interiorem vere praeteriillè certo juditari pof- fetj & quod ligamentum interea dum magis magifque atte- D 2 nua-. 28 ■ Atti nuabatur momento temporis abrnmpi, iterumque coire fac- pius confpeclum eli, iicut D. Gadolin Profeflbri Abocnfi in primis obfervare contigit , ulquc dum ultimo quali abfcindere- tur , & Venus jam a Solis margine diflinfta , verum limul ali- quanruium in Sole promota apparebat, ulterius conlìrmabatur , Quo igitur melioribus Inflruaientis , vifuque acriori oblervato- res iiillru6ìi fuerunt , eo citius Venerem ligamcnto hoc iplìs tum prius evanefcente in Sole ab ejus margine divulfam con- fpicerc debuerunr, quippe a quibas penicillus ille radiorum a Solis margine emanans prius diiHngui poterit ; quod acci- 3it etiam in Obfcrvarorio Upfalienli , ubi in eadem fere pro- greflione qua inllrunienra eflenr meliora etiam Venerem a So- lis margine citius diltinclani obfervabamus . Ex hac igitur cauf- fa oriecur inaequaliras aliqua inrer judicia obfervarorum de vero contactLiS interioris, rum in ingrellu, tum in egrelFu Ve- neris , momento , cum fcilicec idem ligamentum & eadem cauf- fa etiam Venere ad exitum properante conCpici debear ; ut taceam incertitudinem illam de vero conraftus momento ex retrazione radiorum Solis dum atm(){phaeran.i Veneris tran- feunt quoque oriundam, cum fieri poffic nìarginem Solis laci- dum per radios refraclos primum fuiUe confpectum : quibus om- nibus obfervatores Venerem in Sole aequaliter faille promo- tam , dum illa a Solis margine libera iplis videretur, haud af- feverarc poterunt . Huio meae de bocce phocnomeno fenrentiae illam pariter obrcrvatiunculam addam , fcilicet ncque mihi videri Vene- rem in Sole fatis aptam ad ejus diametrum apparentem fumma cum accuratione dccerminandam , nam radii undique circa Ve- nerem. e Sole enianantes per quos corpus Veneris nigrum a Sole diHinguetur , in Veneris autem Atmofphaera refracli Vene- rem vera minorem repraefentabunt , dum ab altera parte fi ra- dii proxima-: ad corpus Veneris per eius Atmofphaeram iran- feundo non ea tranìmittantur copia ut per illos Sol videri, & diftingui polTit Veneris imago ex hac cauHa iternm vera ma- jor videbirur. Haec omnia me movent ut exiftimem Venerem in Sole obfervatam in primis infervire ad eius Theoriam emen- dandam > Solis vero parallaxim adhuc relinquere dubiam : ve- rum Dell'Accademia. 29 rum enim vero Tuam vir Celeberrime de hifce meis cogita- tis fentcnriam luculenriflìme fcire vcllem . Ad Comcram quod attiner nulla vice utcunque dilìgcn- ter eum quacrebamus in eius rece/lu a Sole ipfum Upfaliae ob- fervare licuit ob Coelum nubibus continuo obduclum. War- gentinus aliquantulum felicior Holniiae erat, aliquafquc (aris bonas hicicbat obfcrvariones . In acceiru Conierae ad Solem Holmiac crani variis negoriis ibidem derentus , Wargentinum in obfervatorio Holmienli dum noctes ellbnt fercnae vilirans , ob- fervaiiones autem in Comeram Upfaliae habebantur a Marhe- matum adjunclo Erico Profperin , cui in abfcntia D. Mailer, qui \4enfe Novembri ab itinere fuo ad Pello redux primum erar, curara oblcrvationum aflronomicarum commemoraveram. Q^aanra aurem alliduitate , & foientii dicìus Profperin buie fe- fe negorio applicuerir tibi ip(i jadicandum linquo ex fequca- tibus eius obCervationibus, elementis ex illis erutis, & com- paratione locorum obfcrvatorum cum locis per calculum pro- deunribus , quibus omnibus dum ipfa ulteriori examini fubji- cerem nil addendum neque in illis aliquid emendandum inve- ni. Diclus hic Profperin difcipulus roeus fuerat ufque ab an- no 1753. eo fuccellu ut in re Mathematica pulcherrimos fece- rit progreflùs, Se fé fé iaiik felici minerva applicet ad foUi- tionem problematum diificilioris indaginis . Hinc itaque fi cai- culi hi tibi videantur digni qui luccm videant publicam eni- xe oro velis ipfos iicut illoruni eit auclor, & jam fub ejus nomine publici iuris facere, quod non parum incitamenti ejus dili^cntiae addct; fant autem fequentes. Eleìiienta Carnet ae Profperin hivenit effe feqttentìa . I. Longitudo Nodi afcend 5' 25". 6'. 33/ IL Longitudo Perihclii 4*. 2\. 11/ 7." III. Dill. min. a bole o, 12272^5. IV. Tranlitus per Perihelium Oa. 7.'' i3.''46.' 21/^remp. med. ad mcrid. Par. V. Inclinatio orbitae ad Ev.lipticam 40.° 48.' 49." VI. Motus direftus . Sequuntur jam loca hujus Comerae ope horum elemento- rum fuppurara, & cum obfervationibus Upfaliae & Stockhol- niiae faclis collata a Profperin, Obfcr- 30 Atti Obferva in tabulis obfcrvationum Holmiae » & Upfaliae habitarum , tempora in prima columna aliata ad meridianum ejus loci , quo inftituta eil obfervatio , efle intelligenda • Tra- ftatum D. Mallet fub titulo Theoremata integrandi &c. Upfa- liae anno 1764. editimi , una cuni ultimo focieratis Upfalien- fìs Tomo brevi ad te mittam . Vale > Vir celeberrime , me- que tuae amicitiac ) Se favori commendatum ut caepiili habcas . Dabam Upfaliae die 23. Aprilis anni Ì779. DA- .perObf. I Diricr. Lucus obfer. 2y. 30." —fo. i. 1 Hoim. 38. 56. 0. 13. Holm. 38. li. —f-o. 23. Ups. 3y. 4. -+I. 55- TJps. obs. dub. 52. 9. - I. 12. Ups. 5+. 18. - I. I. Ups. 57. 32. -0. 19. Srock. obs. dub. d. 37. -0. 38. HoJm. 9.' 40." -0. 14. Holmiae 4. 14. - 0. 9. Holmiae 49. 3. -0. 0. Holmiae 48. 28. -0. 20. Upfaliae 49. S9- -0. 37. Ups. 50. 35. - 0. 29. Upfaliae 51. 29. -0. 41. Ups. 21. 31. -I. 7. Ups. _ 38. 57. -0. 0. Holmiae 39. 27. -0. 15. Upfaliae . 8.' i4."B -+4. 17- Holmiae 59- 59. -^3. 4«5. Holmiae 4- 17. — f 2. 33 Holmiae IO. 18. —hi. 52. Holmiae 2Ó. 2. -4- 1 1. Holmiae 33. 25. -+o. 19. Holmiae Pag. 30. Tcm p. Appar. Lon gir. per Lalcul. Lor 2.' igu-.perObiVe Sepr. 2* 14." 27.' 18." 2.' 12.° 59. '37." 1 2-° 59-' 27. 3- 14. 22. 6. 2. 16. 44. 8. 2. '<5- 44- 30. 3- 14. 23. 38- 2, 1(5. 43. 30. 2. i(J. 44. 34. 3- 15- 14- 44 2, 1(5 51. 48. 2. i j- 22. 41. 44. II. 15. 42. 0. 3- 28. 40. 14. 3- 28. 40. 1(5. II. ló. 20. 38. 3. 28. 49. 57- 3. 28. 50. 22. 1-0.' 10, ■O. 22 - I. - o. -fo. -o. -+2. -+0. -1- 3 -o. 47 •I. 13 ■°- 33 •o. 51 •o. 35 ■o- 39 •o. 7 •o. 2. •o. 2.5 i^ at. per Cale. 15. 29. 37- Io. 38. 43. 16. 38. 34- ló. 40. 59- 17- 50. 59- 17- 53- 17- 18. 57- 51- 20. 5- 59. 21. 9- •26. 22. 4- 5- 2 2. 49. 3- 2 2. 48. 8. 22. 49. 22. 22. 50. 6. 22. 50. 48. 23. 20. 24- 23- 38. 57- 23- ^9' 12. Lat. per Obi'. Diriér. Locus obfer. i5.°29.'3Ó." — +0. i. Holm. 16. 38. 56. 0. 13- Holm. 16. 38. II. — fo. 23- Ups. ló. 39- 4- — f-i. 55- Ups. obs. dub. 17- 52. 9. - 1. 12. Ups. 17. J4- 18. - 1. 1. Ups. 18. 57- 32. -0. 19. Stock, obs. dub. 20. 6. 37. -0. 38. Holm. 21.° 9.-40;' -0. 14. Holmiae 22. 4. 14. - 0. 9- Holmiae 22. 49. 3. - 0. 0. Holmiae 22. 48. 28. -0. 20. Upfaliae 22. 49. 59- -0. 37- Ups. 22. 50. 55- - 0. 29. Upfaliae 22. 51. 29. -0. 41. Ups. 2J. 21. 31. - I. 7- Ups. 23- 38. 57- - 0. 0. Holmiae 23. 39. 27. -0. 15. Upfaliae . Pofl: Tranfitum per Perihelium. OA. iS."" i<5.''33.'57-^' 7.' 27.^12.-35/' 7' 27.° 16.' 51." -4. 16, 19.° 12.^ 31.B 19.' 8.^i4."B -+4. 17. Holmiae Nov. 17. 6. 14. 28. 8. 23. 31- Jo. 8. 23. 28. 47. -+3. 3. 23. 3- 45- 22. 59. 59- -43. 46. Holmiae 18. 6. 14. 15. 8. 24. 52. 57- 8. 24. 28. 25. -*4' 32. 23- 7. 50. 23. 4. 17. •H-2. 33 Holmiae 20. 6. 10. 49. 8. 26. 27. 54. 8. 26. 29. 12. -1. 18. 23. 13. 10. 23. IO. 18. -1-2. 52. Holmiae 28. 6. 33- 8. 9- 3- 35. 3- 9- 3. 29. 42. .4. 39- 23. 30. 22, 23. 26. 2. -4- II. Holmiae Dee. 2. 6. 21. 39. 9- 6. 43. 3j. ii^. 6. 41. 20. -+-2. 15. 23. 33- 44- 23. 33. 25. — fO. 19. Holmiae 31 DANIELI MELANDRO ASTRONOMO CELEBERRIMO ET AMICO SUO OPTIMO PAULLUS FRISIUS S. D. P. Llrteras tuas humanidìmas, fuperiore Aprilis menfe ad me da- ras, fumma jucunditatc animi accepi, & typis illieo evulgare volai , quo citius innotefcerent noltratibus gravilTima illa , quae a tot tantifque obfervatoribus Upfaliac , & Aboae optimis > di- vcrlifque iniirumcntis detccla funt Atmofphaerae Veneris indicia. Scis enim, Vir Celeberrime, quam in priori Veneris per So- lem traniitu Tobolski D. de Chappe> cuius nupcrrime fatum luximus , & Pariliis D. de Fouchy , cui comes obfervationis erar Fernerus noder , confpexerint fpeciem annuii difco Vene- ris circumpoiiti . Ego non nill ex pofterioribns voluminibus Tranfacìionum Philofophicarum ante aliquot menfes didici quid occalìone prioris illius traniìtus in Succia ab Aftronomis vellris clarifTimis Mailer, Stròmer, Wargentin , ac te ipfo jam obfer- vatum fueric : fcilicet interiorem utrumque contattum Veneris cum Sole tunc etiani ampliorem deprehenfum fuiflè: cornua Solis obtufa fuillè vifa: Veneris limbum veluti quodani ligami- ne m utroqtie conraclu Soli adhaefidè : limbum Solis ante e- grelTum Veneris caepidè flavefcere ; fplendorem , & lumen quod- dam debilius circa Veneris difcum ante immerdonem perfe- ctam , & poli emerlioncm incoeptam apparuillb . Quae cum At- mofplìaerae Veneris nullum jam ampliiis dubium relinquant » Suecis Aftronomis vehementer grarulor, quod lingulare hoc phoenomenon detexerini , defcripferinc , ac modo etiam coniìr- maverint . Hac vero in re adnotandum eft reflexionem radiornm lu- cis pendere ex medii heterogeneitatc , &: quantitatem retradic- nis ex deniìtate . Unde nili Atmolphacra Veneris ex partibus inter fé valde heierugeneis confurgat> ratio quanatatis radio - rum rum ab Atmofphaera undique reflcxorum, aliorumque ad nos ufquc tranfmiirorum tam magna edè non poterit ut diamerer apparens Veneris feniìbilirer augeatur .- cum centra t'adii propc Veneris difcum tranfeuntes, in ingreflu , & egrefTu Atmofphaerae refracìi, minorem diametrum feniper debeant exhibere . Video autem extuis obfervationibus ratione Atmofphaerae, & annuii in aeftimando contaftus tempore errorem aliquot fecundorum haberi pofTc .- quem errorem fi addas exiguis aliis , qui in de- terminandis locorum longitudinibus , aliifque elemenns obfer- vationum Inter fé invicem comparandarum poflunr lubrepere , certo concludes tranficum Veneris fub Sole corrigendae qui- dem parallaxi infervire, minime vero parallaxim ip(am tanta diligentia exhibere pofTe quantam nonnulli expeftaverant. Ego , poft prioris tranfitus obfervationes, cum quae a Brirannis, Gal- lifque Allronomis magno animorum ardore difputaf a funt, di- ligcnter conllderaiTem , & cum iifdem concertarionis iphus au- thoribus in Anglia, & Gallia diu collocutus e (lem , ce n fui pa- rallaxim mediocrem Solis minorem quidem effe oportere , quam Caillius exiftimaveraf , ut autem medium ex omnibus affume- rem, in libro de univerfali corporum gravitare , quem a vobis eriam benigne cxceptum fuille mihi vehementer gaudeo , inte- gro numero parallaxim .adhibui novem fecundorum: quara c- tiam parallaxis Solis quantitatem poflerioris tranlìtus obferva- tiones, ut noAi, Vir pracclariflìme , exhibent fatis proxime. Frioris tranlìtus Veneris obfervationes novem ab hinc an- nis Bononiae cum fummis Aflronomis inftitui . Occalione vero illius Comctae, cujus orbitam D, Profperin tanta diligentia , & tam feliciter fupputavir, & Cometae alterius , qui ineunte hoc raenfe fingulari celeritate morus vifui noflro fé eripuit , para- boIicaeCometarum theoriae elucidandae aliquanrulum iiicubui : quamvis mihi defuerit parientia numerorum fubducendorum j ut ex obfervationibus graphicam femirae defcriprionem obti- ncrem. Quae hacce in re nuper confcripfì , & plura alia>fìve ad Aiironomiam , five ad Mechanicam, & Phyiìcam perrinen- tia , habebis, Vir OrnatiiTime i in uberiori altera, quam paro, editione operis de univerfa theoria gravitatis. In priori libro prae coetcris invenies non incleganrem folutionem problematis, quo quaeritur locus ftationis in orbitis ellipticis , tracì:ationem ani- Dell' Accademia' 3J ampliorem de mota rotationis, & proie6ì:ionis corporum, ac brevilTimam demonftrationem duorum fequentium iheorema- tum : quod fcilicet binis rotationis axibus invariabilibus , fé in- vicem fecantibus ad rectos angulos,in unoquoque corpore axis tcrtius refpondet > pariter invariabilis , traniieiis per centrum crraviratis , & plano duorum priorum axium perpendicularis: quodque in unoquoque corpore faltem tres axes ailìgnari pof- funr > per gravitaris centrum tranfeuntes , & iibi invicem nor- males , circa quos totum corpus ubi femel revolvi coeperit in- variabiliter femper revolvi pergit . Alrerum ex bis theorcma- tis Segnerus , ut nofti , primus propofuit . In libro altero de gravitate plura alia adiicienda fuerunt de fluxu , & refluxu maris, de praecefTione aequinocliorum , & de generali zonae torridae vento, queiii Alathematicus piane fummus Daniel Bcrnoullius repetendum efle cenfuerat aut ex fridione ftrarorum fuperiorum atmofphaerae,& actheris circum- polìti, aut ex artluxu polaris aeris ad zonam torridam , &ae- quatorem, dirfèrentia caloris genito. Ex meo etiam ilio theorc- mate compolìtionis motuum rotationis novam , breviflìmamque demonftrationemelicui theorematis alterius , cui innitunrur fo- hniones omnes problemaiis praeceflìonis aequinocliorum , & nu- tationis terreflris axis , & quo theoremate (latuitur rotationis axem ab axefìgurae fenlibiliter non recedere, & medium rota- tionis axem femper effe ipfum axem figurae . Obfervationes in- fuper, quae pofterioribus hifce annis in America Septentriona- li, in Stiria, Aullria, Moravia, & Hungaria tara diligenter inftiturae funr, occalìonem dcderunt ut plura in eodem libro adiicerem de figura, & irregularitate terrefirium meridianorum. In Aullria enim, & Stiria diflèrenria graduum contiguorum ad 443 { Parifienfes hexapcdas adbrgir, & gradus Hungaricus in lar. 46'' paulo minor prodiit gradu Americano in laritudina fere 39", & 171 hexapedis minor gradibas aliis , qui fub cadcni fere latitudine in Galliis obfervati funr . In tertio autem libro porilTìmum mihi fuit adlaborandum ut, quam in opufculo Parmae edito metbodum artigeram , ad inaeqaalitatcs omnes Planctarum, arque Sarellitum , & in pri- mis Lunae traductam undique abfolverem. Merhodum ipfam quo plus excolui eo magis idoneam effe inveni llngulis medio- £ rum 34 ATTI rum motuum aequationibus ultra quofcumque corre£ì:ionis li- niites (upputandis. Primo fcilicct cum dentur vires perturba- trices > Uve qaae juxia veftorem radium lanaris orbirac> iìve qi'ae perpendicularitcr ad radium ipfum exercentur, cumque infnper velocitas in elementum fuum dufta aequetur vi acce- lerai rici ductae in elementum i'patii ■> ex datis viribus radio ve- £ìori perpcndicularibus inquiiìvi quod incrementum proiefti- lis velociraris, ac vis cenrrifugae haberi debeat. Deinde fi- mul cotlectis viribus centripetis, ac centrifugis inquiiìvi vim omnem qua Luna iuxta veciorem radium afcendir, vel defcen- dir. Jam vero vis omnis acceleratrix ducta in elementum tem- poris aeqvatur elemento velocitatis, velocitas autem aequatur ("patio per tempus divifo, ut notum eft . Quare li radius veétor lunaris orbitae vocerur r , media excentriciras (f> , r linus inclina- tionis orbitae ad eclipticam, motus angularis Lunae dzy Sol s au- tem n d z, lìtque infuper R pars illa virium perrurbatricium jux- ta veftorcm radium agentium , quae exprimirur coiìnubus an- gulorum dillantiae Solis, & Lunae ab apiìdibus > nodis , & a fé invicem , ac pariter ea pars quadrati velocitatis » quae expri- rriitur coiìnubus angulorum eorumdtm, vocetur Qj tacile ad- modum eruetur dirtèrentialis aequatio problematis 4-(r +-5r_) r^ dz' -\-2dr\ Aequatio hujufmodi differentialis in varias formas dirpo- ni , & ad integrationem reduci poteft . Cum vero ipfam in par- tes omncs verfaflem , & aequationibus (ìngulis fupputandis lae- pius, ac diverfimode applicafTem , ftatuendo r= i — i ac Stellis fixis afTurgentes ad Terram ufque pervenire ncqueanr , five quod Conietarum caudae leviores iint> nec nili quandoque Cometa aliquis propius Terrae ac- cefTerir. Pollquani aurem coUatis (ìniul obfervaiionibus omni- bus Maierus accelerationcm medii motus Lunae ab Ara- bum temporibus ufque nunc 9' fuilTe, & univerlìm augeri ollendir in duplicata ratione temporum , minus récle hujus- niodi phaenomcnon incremento terreftris mallae tribui vide- retur, unde accelerariones omnino exiguae» & fubfultim dum- taxat haberi poiFenr. Clarifs, BoHut in dilTertatione , quae ab Academia Regia praemium retulir , optime adnoravit quod quae hypothelis deniitatis » & reliflentiae aethcrei medii nuUam variarionem fenlibilem motus mcdiocris Terrae , & anni fola- ris gignerer, ea exhibere poflet accclerationem fcnfibilem me- dii laotus Lunae , & aequationem fucceflìve auclam in du- plicara ratione temporum. At vero cum de refiflentia me- dii acrherei agirur fiuidum illud in primis confiderari debet, non quod lucis phaenomenon conftituit, fed quod lucem ipfam reflecìit , & zodiacale lumen ultra Terrae orbitam protendit, qu-odque vapores ex Cometarum capite afl'urgentes altius in formam caudae cogit afcendere , & quod propterea luce , Se vaporibus Comcticis deniìus elle debet . Itaque acceleratio medii motus Lunae potius Atmofpliaerae Solis quam aethcris refiftentiae deberet tribui . Sed infuper phaenomena fyderum , quae trans Atmo- fphacram Solis apparcnt non longc a Sole ipfo , fine ulla fen- fil)ili motus» figurac, & lucis variatione , fatis indicant Atmo- fphacram Solis multo denfiorem aere noftro prope Solem elFe non pofTe , Denique cum diftantiis a centro fumptis in progref- fìonc mulìca dcnlirates in locis fingulis cfle debeant in progref- lione Geometrica , lì denlìras in locis fingulis fit proportio- nalis ponderibus comprim.entibus, a Sole ad regionem ufque tclluris nolirae recedendo magis rarefcet Atmofphaera Solis quam aer noller rarefcat in regione Lunae, Se ad diitantiam fexa- 38 Atti fexaginra terredrium femidiamctrorum . Qaod Ci etìam flatua- mu5 Atniorphaerac cuiufque denlìratem proportionalem effe ponderibus comprimentibus addirà confanti aliqua quantitare « ne l'cilicet Atmofphaera ultra qnofcunque limites excurrar,vi- der«tur adhuc Atmofphaeram Solis, quae prope Soiem aeris noftri denlìratem non luperar , in regione Lunae dendoreni ef^ fé non poflTe ea noftrae Atmofphaerae parte quae ad Lunam ufque pertingeret, Quamdiu itaque ex legibus gravitatis fae- cularis aequario minime colligarur verofìmilius forrafle vide- ri polTet accelerationem medii motus Lunae potiori ex parte inde oriri quod Atmofphaera Terrae Icvilfimae, rariflìmaeque Atmofphaerae Lunae fé immifceat, & ufque ad Lunae cor- pus pertingar, atque imminuta projeftionis velocitate Lu- nam telluri propiorem faciat » & motum mediocrem augeat. Scd ut ad priorem methodum reverrar , quae feries calcu- 11 lunarium motuum aequationcs fatis accurate exhibet , eadem fupputandis Planetarum omnium , ac Satellitum inaequalitati- bus tacile aprati potefl . Undique autem fubdu6tis numeris raa- nifeftum eft coefficientes plurium terminorum, qui in aequa- tione dilFerentiali exigui funt, integratione habira maxime au- geri, adeoque in problematis hifce traftandis nihil elle, quod fola coeificientium parvitate in differentiali aequatione negligi debeat. Singulare eft etiam quod quidam termini qui in dif- ferentiali» & integrali aequatione exigui manent, cum tamen per finus, & colìnus angulorum quorundam multiplicentur , evolyuntur in alios terminos, qui integratione maxime au- gentur . Adeo in hifce problematis falfum eft aut aequationes augeri in ftmplici ratione temporum, aut polfe in aequatio- ne integrata negligi terminos , qui in aequatione differentiali prae caeteris exigui funt . Ut aliqucd aequationum ultimo re- ducìarum fpecimen habeas, Vir Clariftìme , fi iìt x media di- ftantia Jovis , & Saturni , z anomalia media Jovis , y anoma- lia media Saturni ; erunt priores aequationes medii motus Jo- vis y quae artraclione Saturni oriuntur . — I.' 26." lìn. AT-f 3/46." fin. 2 a: — z.' i.'^fin. (zx-^-z) — t- I.' 24.'''' fin (zx' — y). Singula habehis fuo tempore , & laetabor mihi quam ma- xime fi tanto judici fiugula non difplicuerint . Brevi etiam ha- Dell' Accademia . 39 habcbis llbrum jam a me editum de fluviis» ac torrentibus cdi- tione tenia multo au6lum> & traftatum alium de foflis navi- gabilibus, in quo plura invenies de Gotha tlumine, & de folli illa ingenti , qua navigatio a Baltico mari ad Oceanum trans lacus veltros brevi aperietur. Libros nuperrime apud vos edi- tos iucundiffime femper accipiam . Opus noviflìmum Eduar- di Waring A4athematici ingeniofifTimi , & amici optimi ex An- glia iam ad me mill'um avide expefto . Praelidem , Curatores, aliofque Academiae noiìrae Holmienlìs focios, in primis au- tem Femerum , & Wargentinum faluta meo nomine fummo obfequio. Tu vero me ama, & vale. ' Dabam Alediolani Id. lui. anni 17701 4» DISSERTAZIONE SECONDA D I DOMENICO TROILI DELLA COMPAGNIA DI GESVi SU' LE COMETE. hlella quale fé ne projtegue la Storia . '• n^^^^^Fi^^^ quelle Comete, eh' efTere apparfc prima del- la venuta del Divin Redentore ci hanno la- fciato gli fcrittori memoria , aflài ho par- laro, Virtuollfllmi Accademici, nella prima DilTerrazione , cui avete cortefeniente ono- rata di un luogo nel terzo tomo de' voftri Atti dotrillimi. Nel fine di efia ne ho una feconda promelfa per quelle Comete, che dal principio fino all'anno 1569. della noftra era volgare eiFerii fatte vedere , hanno fcritto gli Au- tori, ed ora manterrò la promelfa. Forfè una sì lunga Storia delle Comete vi recherà noja, e moleftia grandiflìma, e certo nojolìlTImo a me riefce lo fcriverla. Ma elTa è primamente ne- ceffaria ad un compito trattato fa le Comete, quale mi foa propollo di fcrivere nelle mie differtazioni ; e poi gioverà an- cora moltiflìmo quando la natura, i moti, ed i pretefi effetti di iltTacci alrri il dovranno cercare. Superiam dunque con tut- ta alacrità ogni moleftia, come un difficile, e difaftrofo cam- mino di buon animo fupera quel viaggiatore, che là cerca di giugnere , ove fpera di trovare un gran bene ; e fenza piii lungo proemio, che ne dia maggior noja, accingiamoci» voi a leggere, ed io a fcriver la Storia di quelle Comete, che fono apparfc dopo la falutifcra Incarnazione » e nafcita del noftro Divino Redentore. F II. E 4» ATTI II. E giacché ho già moftrato (i), che tra le vere Co- mere annoverar non il vuole quella itella maravigliofa , la qua- le alla culla di Gesù Crijio recenteniente nato condulle dall'O- riente i Magi adoratori , né quella ItelIa io qui porrò tra le Comete apparto nel primo fccolo dell'era noltra volgare, né un'altra, di cui dopo il Rockenback ha fcritto il Lubiemetski{z) in quello modo. Anno a nato Cbrifio primo Cometa-, vel ut ali- epii volimt 1 fax ardens in Jigno konis una cum eclip ji lunari per tres noctes vi/a eji . Imperciocché leguir facendoli quello fe- nomeno dalla crudeliiTima llrage degl'innocenti bambini, e dalla mifcra morte di Erode t che l'avca comandata; é chiaro, che quello fenomeno, e la itella de' Magi furono una fol cofa , tutta diverfa da una vera Cometa. Che poi taluno ponga la comparfa di quel fenomeno un'anno dopo la nafcita di Gesti Crifìo , ciò proviene dal fentimento di alquanti autori , che i Magi venilfero ad adorare il nuovo Re de'Giadet, non tredici dì, ma un anno dopo il fuo nafcimento ^ come oiTerva ancora l'autor citato. Egli fu l'autoricà del Rockenbach di un'altra Cometa così foggiunge {i).Auno a Chris/o nato 12. Cometa per noSfes 3 2. /'/; Jigno arietis apparai t . Ha/ic bella diuturna , li^ terribilia fant fecuta Romani totam Gertnaniam peragrantes , II- lyriam-, ^ vicina loca Juae ditioni Jubjecernnt . Quinti lius Va- rus a Germanis Duce Arminio caefus eìl. Dice però lo ftelfo Autore, che altri ad altri anni riferifcono quella Cometa; ch'ella non fol fu feguita, ma fu ancor preceduta da guerre afprilTirae ; e che ne ha fatta menzione il P. Riccioli , riferen- dola air anno tredicelimo prima di Gesù Cri/io (4) . Per quell' ultima cofa lafcio volentieri di annoverare ancor quella Co- meta tra quelle , che nel primo fecolo veder li fecero dagli uomini . La prima adunque di quel primo fecolo dovrà dirli quella , che apparve l' anno quattordicelìmo di Gesù Griffo , fa la quale fono a fare alcune poche olfcrvazioni . E prima all'an- no quattordicelìmo di Gesù Cri fio la rifcrifce il P. Riccioli (5) ì VAI- (i) To. ni. degli Atti dell' Acca itemi a ( accrefcendo fcnza niun fondamento il loro numero . Sembra in fecondo luogo che in dubbio parli di quefla Co- meta il P. Eiccioli , così dicendone , Primtis polì Christi ortum Comete $ in hifìoriam relatns efl is , qui anno 1 4. Chrifìi prope Angusti obitìim vifas est-, ut refert Fiornovellns; vel certe is $ qui palilo ante mortem Claiidii Imperatoris campar uit •, Q^Afi- nio Mtrcello y(/s' M. Acilio Aviola Cojf. Accrefce il dubbio l'of- fervaziune del Litbtenietski ■, che di quefta Cometa non fa men- zione Sveto liot Itorico per altro aliai diligente, che fuole an- noverare in gran copia i lieti, e gì' infaulH portenti avvenuti a tempi de Ce/ari, de' quali fcrive la vita. Io credo però con tutto quello, che una Cometa appariflè poco prim.a della mor- te di AuguHo . E certo olferva l'aurore di una dilferrazione inferita nel tomo undecimo della Biblioteca Germanica (3) con quello titolo ; Spiegazione delle ftraordinarie ecliljt del Sole , e della Luna , che poffono effere cagionate dalle Comete ; che ap- punto po:o prmia della morte di Augiifto avvenne un' eclillb ftraord naria del Sole, della quale potè ellèr cagione una Co- rner i. Certo Dion Ca(fto (4) parlando della morte di Augiifto avvenuta a' 19. di Agollo dell'anno quattordicelimo di Gesti Criflo 1 annovera un'eclilfe totale del Sole tra i prodigi, che la precedettero , della q'.ial ecliife fa menzione ancor Eiifebio così fcrivendo (5), DefeBio folis f'aéìa eft ^ i^ AugnHns LXXVIL aetatis fuae anno Atellae in Campania moritur , fepeliturqne Ro" F 2 inae (1) ApprefTo il LuiitnUtski nel citato iert , To. I. par. II. ( p'ig. 43- /'•?<; ) I"f>go. (4) Nfl To. II. d?lle Storie Rim.Tiie r -, fi) ApprefTj lo fteffb autore . ftampate in Amhurgo dal Reimtro l'ai.- (3) Da qucfta nella fila EihVoteca dì Fi- no 1752. I pag. 8:8.) fica, e di Storia Saturnie è ftata la (5) Chrott. Olymp. CXCVII. difTertaxion trafpcrcata dall' Abate Law 44 ATTI mae in Campo Marno. Ora il P. Dionigi Petau (i), ed altri; autori oUervano,ch^ da calcoli agronomici non li può dedurre un'eclilfe folare per l'anno quattordicclinio di Gesù Criflo; e quindi lo fteHo P. Petau è di opinione , che Diofie chiami eclif- fe totale del fole ciò, che fu folo un gran pallore di quell' aftro, oppure sbagli; ed altri autori dirfèrifcono di qualche an- no la morte di Augujio per farla cadere dopo un' ecliilc del iole, che li accordi con gli agronomici computi. Ma me- glio) iecondo l'autor citato, tutto s'accorda dicendo, che una Cometa fu cagione di quell' Eclilie. Che che Ila però di una tale opinione, della qudle dovrò altrove parlare; è certo che Dione tra prodigi , che andarono innanzi alla morte di AaguHo , annovera ancor la cometa Prodigia , die' egli quae id ( la morte ) et praeciixerant , neque minima , neqtie ohfcura eve- uerant . Sol totus defecerat: magna pars cmlt ardere vifa fue- rat : ignitae trabes de coelo cadentes apparuerant : crinttae -, i^ Janguiiiolentae Hellae fiilserant . Ma balH quello della prima Cometa del primo fecolo dell'era volgare. 111. Venendo ora alla feconda il P. Riccioli la riferifce all'anno cinquantelìmo quarto dell'era volgare; ma tra la Co- meta dell'anno 14, e quella del 54. tre alrre ne annovera il Lubienietski (2); una all' anno 40. fu la fede del Rockenbach un' al- tra fu la fede dello ftelfo aurore all'anno 48., ed un'altra fu la fede de' Centuriatori Magdebur^e/i zìi' anno 51. Oiferva però r autor citato , che niun Cronologo fa menzione di queft' ul- tima, nel cui luogo la comparfa di tre Soli, oiìa del Sole con due parelj, è accennata dall' Fck/ìorm , e dal Funccio . Oiferva altresì, che il Rockenbach fa feguir la cometa dell'anno 48 da quegli accidenti, che appartengono all'anno 56. della fua crono- logia, e 54 dell' era volgare, benché due diverfe Comete ponga in quelli due anni . Finalmente oflerva , che gli accidenti riferiti dal medeiimo autore, come accaduti dopo la Cometa dell'an- no 40 , fono in anni afiii rìiverfi , ed anche da quello lontani avvenuti. 11 perchè fi può a ragion fofpettarc,o che la fecon- da Cometa del primo fecolo lia (lata quella dell' anno 54 , o che almeno qualche error lia negli anni» ne' quali fi pongono I > 1 1 ai- (j) Ttoar.Tfmp.To. n. lib. Xl.cap. Vn. (i) Thta*. Comet. To. U. {pos- t»A/f-) Dell' Accademia . 4.5 ' l'altre tre dagli Autori. Quella dell'anno 54- fa veduta poco prima della morte dell' Imperador Claudio i'eguita il di 13. di Ottobre di quel medelimo anno , o lorle ancora qualche tem- po prmia per veleno appreltatogli dalla moglie Agrippina . Per qucito Plinio (i) avendo detto, Comete Sy terrificum magna ex parte Jidus , ac non leviter piatiim , ut civili motti Ottavio Con- Jule , iterumque Pompei , i^ Caejaris bello ; così foggiuge . Lt nojlro vero aevo circa veneficium-, quo Claudius Caefar impe- rtum reliquit Domitto Neroni . Tra i prodigj > che li videro pri- ma della morte di Claudio annovera queila Cometa Svetonio (2) in quefle ^2Lro\t. P/aeJagia mortis ejiis praecipua fueriint exor- tus crinitae Hellae , qiiam Cometen vocant , tadiimque de coeh monumentiim Druji patris , (i^ quod eodem anno ex omnium ma^ giftratum genere plerique mortem obierant . Finalmente ne ti iaper Seneca (3)» verlo il fettentrione e'.ler comparfa , ed ef- fere andata verfo oriente perdendo Tempre parte della fua lu- ce, quella Cometa, da cui non fu quella diverfa, che all'an-, no 5 '>. e riferita dall' Ockftorm , e ddW'AlJiedio all' anno 57. (+) . IV. A Claudio fuccelle nell'Impero 'Nerone-, al cui tempo due Comete ell'er apparfe fcrive il P. Riccioli ^ una l'anno óa. dell'era volgare, l'altra l'anno 64. At fub Nerone-, dice l'au- tor citato (5), qui f/ (all' Imperador Claudio-, di cui ha più fopra parlato ), fuccef/ìt , vijiis efl duplex Comete s -, unus ann<^: Chrirù óo. conjiilibus Nerone quartum , cT Cojjo Cornelio Len- tulo-, ut habetur ex Tacito lib. 14. Annalium dicente : Inter quae & lidus clfuHit , de quo vulgi opinio elt , tanquam mutationem rcgnis portendat . Alter Confulibus C. Lecanio Bajfo , ,ì^ M. Li- cinio Crajjo-, vide licei anno Chrijli 64., é^ decimo Neron'ani im- perii ■ Della prima Cometa ha fatta menzione ancora Lodovica Antonio Muratori-, il quale così ne parla (6). Apparve ìjp qnefi' anno una Cometa. Il vol^o imbevuto dell opinione -, che qiteBo fenomeno predica la morte de' Prìncipi , comincio a fare i conti fu la vita di Nerone ^ e a predire chi a lui fuccederebbe . Con- ■■■ {:) H--fl. Sat. nb. ir. cap. XXV. (j) Atmaf. To. n. lib, Vni. fec I. c»p. (i) Nel cap. 4(S. della Vira dell'Impera- III. [pag- 5- ) dor Claudio . (6) Nel primo tomo degli Annali d Ita- U) Sjf'itfl- Nat. lib. VII. cap. XXL Ii3, riftampzri Tanno 1761. in Mond- in) ApprelTo il Lubitnittski . «« , %U'«aao 60. (/"»£• »48. ) . , . ;. 4<5 Atti Concorrevano molti in Rubellio Plauto > difcendente per vìa ài donne dalla famìglia dì Giulio Cefare -, perfonaggìo ritirato , e dabbene . 'Ne fu avvertito Nerone- Sì aggiunfe iche trovandoli a defìnare il medejimo imperatore in Subbiaco , «;/ fulmine gli ro- vefiiò le vivande-, e la tavola. Perchè quel luogo era vicino a Tivoli , patria de' Maggiori dì eJ[o Plauto-, la pazza gente per- duta nelle Juperjìizioni maggiormente Ji confermò nella predi- zione fuddetta . Fece dunque Nerone intendere a Rubbellio Plau- to i che miglior aria Jarebbe per lui l'Ajia-, dove egli pojjedeva dei beni . Gli convenne andar là colla Jua famiglia > ma per poco tempo j perchè da lì a due anni Nerone mandò ad ucciderlo . Dell'altra Cometa poi e Tacito (i) , e Seneca (2) ti hanno lafciata memoria. Fine anni-, dice il primo, vulgantur prodì- gia . Vis fulgurum non alias crebrior -, ^ jidus Cometes fangume illuftri femper Neroni expiatum. L' alrro poi così ne dice. Non ejl , quodputemus , eumdem vifnm effe fub Claudio , quem jiib Au- guro vidimus ; nec huuc , qui Jnb Nerone Caejarc apparuit -, Ó" Cometis detraxit infamiam , UH Jìmilem fuijje , qui poH necein divi luliì ludis Veneris genetricis -, circa undecimaìn dici horam emer/it . Per lei meiì ellcrli fatta vedere la Cometa dell'anno 64» aggiagne Seneca altrove (3) in quello modo Sex enim menjibus hic , quem nos Neronis principatu laetifjimo vidimus 1 fpe£landum Je praebuit in diverfum UH Claudiana circumaótus . Ille enim a Jeptentrione in verticem fiirgens -, orientem petiit femper obfcurior ; hic ab eadem parte coepit , (ed in occidentem tende ns > ad ìneridiem fìexit-, é^ ibi fé fubduxit oculis . La sì lunga du- rata di quefta Cometa, e la comparfa aliai vicina di quella dell' anno 60, e di un'altra, di cui parhrò poi, e forfè ancora qualche altro fenomeno apparfo in cielo negli anni di mezzo, ha fatto fcrivere a Plinio (4), che quali continua, e fiera fu fotte r imperadore Nerone veduta in cielo una Cometa . Non è certo a credere, che per lo fpazio di quali quattordici anni, quanti durò l'Impero di Nerone acclamato imperadore a 13. di Ottobre dell'anno 54., e morto a'9. di Giugno dell'anno 68., li facciie quali continuamente vedere in cielo una Co- ni e- (i) Anaal. liS. XV. (3) Kel cip. 11. del citato libro. (2) SJuaefl. Nat. Uh. VII. Cip. XVII. (4) Ntl luogo citato. Dell' Accademia . 47 meta. Che fé liicafi otto Comete clTer apparfc a tempi dell' Imperadore 'Nerone-^ più facilmente ancora s'intende ciò» che ferivo Plinio. Ed otto eilbrne apparfe, 1' una l'anno 55. dell' era volgare, uu' altra l'anno 50., una terza l'anno óo. > un* altra l'anno ói.» un'altra l'anno Ó2 , l'anno 64. la feiU, U fettiina l'anno 66. t e l'anno 68. l'ultima, riferilce dopo altri aitori il Lubienietski (ij, il qual per altro quelle otto Co- mete riduce a cinque. Ma che che lia del fenlo di quelle pa-. role di P/i/iio, e del numero delle Comete apparfe a' tempi di Nerone •■, 1' dee certo a que' tempi riferire una Cometa, di cui il P. Riccioli y benché dica, dae Comete eiler apparle al. tempo di quell' imperadore , fa menzione, cioè qaella, djlla quale ha Seneca (2) fcritto a quello modo. Fecit is Comete s y qui Pater e alo , "(^ Fbpijco confiilibus apparuit , quae ab Arijìo- tele ì l'beopbrusìoque flint pr^d ùta ; fuerimt einm muximae , 1^; continuae temperiate s ubique , aS" ift Acbaia , M.icedoniaque tir' bes terrariim motioits proruttejunt . V. Non è tacile di determinare , a quale anno riferir il debba quella Cometa , perchè nei Fani ConloUri non lì tro- vano Patercoloy e Voptfco nominati da Seneca -^ come Confoli di quell'anno, in cui fa ella veduta. Per quello il P. Riccioli avendo le citate parole di Seneca riportate, così (ojgiange. Crediderim atitem hos futjfe Confiiles Jujf'e^os ; aut honorarios \ nam in catalogo ordinariornm confulum eos non reperio . Se però da confoli nominati da Seneca , intcrir non pjlfianio in qual amo lia la Cometa comparfa,di cui fa egli menzione, \\ può ciò inferire da quegli accidenti ; che dice elfer fegaiti dopo la fua comparfa. Ora l'anno di Cristo 62. fieri tremoti li fecero neila Macedonia fentire, e mW Acaja-t come rifenicc il Tille- mont (3j; e quindi in quell'anno, o fu la fine del precedente dee cllbrli veduta quella Cometa, che da tremoti tu leguita nella Macedonia •, e ncìV Acaja per telHmonianza di Seneca. Ne folo quella Cometa, a quelle due, che dice il P. Riccioli ■, ef- fer apparfe a' tempi di Nerone y ma un'alrra ancora, che li fe- ce vedere l'anno 65. Di eiia il P. Riccioli fa in quello modo men- to Nel cifaro luogo ( p/ig. 39. Jea. \ perndr>ri , riftampata in Veitetia l'anno (1) Lib. VII. cap. XXIX. 173J. neU'art. XV. deUa Vi» di Nert^ (j) Nel prim» tvmo dslU Storia degi'lm' »f i,fng. ijji.) 48 Atti menzione. A)ino 70. Chriiii confuUbus Flavio Vefpafiano /. , ^ Titio ejtis hilio devaHata eft Hierojolyma praeceàeme , ac ful- gente fere per annum imegrum Cometa Xiphiay ^ ìpfi Urbi Hierofolymitanae iìnmtJiente . Dalle quali parole appare* che l'autor citato riferifca quella Cometa all'anno 6y. , al quale la rifecifce ancora V Eckjìorin appreflb il Lubienietski (1). Ol- tracciò pare, che il P. Riccioli t V Eckftorm ■, ed altri prendano per una fola Cometa due tenomeni , de quali parlano Giufeppe Ebreo (2)1 e Giovamn Zonara (3) Miferaudam igitnr plebetrit dice il primo parlando de'prodigj, che la difiruzione di Gero- foltma T^ttnxmzÌA'cono t fedtidores t feqiie a Dea miffos mentien- tes-, tum fitadendo decipiebaiit ; evidetìttbus autem prodigiis y^ fiituram Jolititdinem praemmciantibus neqiie attendebant ani- mos , neque credebant ; fed tamquam attoniti , oculifque , (^ men- te capti 1 Dei praeconta iufuper habebant . Primutn ctim fiipra Gvitatem fletit Jìdus fimile gladio , <^ anni fpatio ardere perfe- verabat Cometes . L' altro poi le ilelle cofe ripete a qucflo mo- do . Siibornabantur autem multi tales a tyrannis , ut populus mi- niis transfugeret ; per quos deceptus -, evidentibus portentis , ta?»- qtiam attonitus non movebatur > quorum multa acciderunt . Nam fupra urbem ajìrum fletit gladio fimilie : cometa per annum ap- paruit , c^ aliquando lux ante bellum noBu aram tam darà per dimidiam horam circumfulfit -, ut dies effe videretur Ma di Itingue il Tilleìnont (4) la Cometa dalla llella Umile ad una fpada t delle quali due parlano gli autori citati , come prima avca fatto il Valefio per atteflazionc àtW Hudjont il quale alle parole di Giufeppe per me citare quella nota aggiugne. Cae- terurn Nicephorus aflrum hoc gladio limile , liy cometen unum > idemque Jìdus effe exiffimavit -, non re£ìe -, judicio Valejii . Dice oltracciò il TilJemont >, chela Cometa fa veduta l'anno 68. di Gesù Crzjfo, il qual anno immediatamente precedette il comin- ciamcnto della guerra àz' Romani contro gli Ebrei. Impercioc- ché attelfa Giufeppe-, che i prodigi prcdilfero la futura de- folazionc di Gerufalemme in quell'anno, in cui la fella degli azi- (i) Thtnt. Conttt. To. IT. t pig. 49.) (3) Nel lib. VI. degli Anufli ftampati con (1) Nel lib. 6. della C'tieriii Giudaica ftam- la vcrficnc , e con le nere del /)« C/mg! para ìnCx forti l'anno 1710. crn la ver- in Par;'?/ l'anno iiS8(5. Te. \.(fiip. 303.) iìionc , ccon le note di fjf/ot>fl»K; //«art. XLI. {/'«^•4?7.) Dell' Accademia . 4{) azimi cadde agli 8. di Aprile ; ed appunto l'anno 68. agli S. di Aprile cadde tal fefta. Ed oltracciò e Zonaray e G'uJfcppe de' prodigi accaduti prima della deftruzione di Gerofolima y par- lano in modo, che ne danno non ofcuramente a conofcere» clIer'elFi avvenuti , ptima che incominciaire la guerra de' i?owtf;;i contro gli Ebrei. VI. L'anno 7(5. comparve altra Cometa con lunga cod» in forma di dardo j!a quale avendo veduta Vefpa/lanOt difl'e ri- dendo ch'ella apparteneva al Re àt Perftani ^ e de' Parti ì il quale avea una lunga capigliatura, come apprclTo il P. Rìccioli narra Aurelio Vittore. Di ella parla ancor PHnio (i) ove dice. Acontiae jaculi modo vibrantur ocyfTìmo fignificatu . Haec fuit y de qua quinto [ito confiilatu Titus Imperator Caejar praecluro tarmine coììfcripjit t ad b une diem novijjìme vi/a ejì. Aggiugne il P. Riccioli narrarli da Dione , che feguì dopo quella Come- ta una gran iìccirà ; che d' intorno al Vefuvio li videro pro- digi di fioco , e le.nbianze di uomini aflai grandi chiamati dal volgo giganti acrei; e che 1; ceneri del Vefuvio, dalle quali rimale il fole ecli'*a'0, non follino a Roma furon portare, ma ancor fino àV' Africa ■, ed zW Egitto . Io però credo, che tali cofe da Dione li riterifcano, non già come avvenute dopo la Compra dell'anno 76., ma piurtollo come avvenute dopo un' altra Cometa i che lo ile'To P. Riccioli atreila elfer comparfa poco prima della morte d'i Ve fp asiano-, benché poi folpcrri,clie Dio.ie dibhx intenderà della Cometa dell'anno 76. Ss^d palilo ante Ve/pa/tani mortem-, die' egli, alter ad ipfiim propiiis per ti' tiens v'iftis eft , ;;/// forte Dio de priore inteHigendns cfi . Vano clfere un lìliatto lofpetto, e Dione parlare di una Cometa po- fteriore all'anno 76., la quale fu feguira da quegli avveni- menti, ch'egli ricorda, a me pare alfai chiaro. E prima of- fendo Vefpajiauo morto a'23.,0 24. di Giugno dell'anno 79.1 non par che Dione parlando di una Cometa apparfa tre anni innanzi , potell'c dire , eh' elTa era Hata veduta poco prima della morte di quell'lmperadore. Sappiamo oltracciò dal Mu- ratori (2) e dal P. Gianmaria della Torre (}), che l'anno ftellb G 7 9- . (0 Hifl. Sat. lib. II. cap. XXV. (3) Neil' Opera ftampata in Nipoi; V an- (») Amml. come dice il fecondo de' citati fcriitori, ò come dice il primo, il primo dì di Novembre accadde il primo incendia del Vefuvio ; e quindi poco propriamente direbbe Dione , che quello incendio ieguiUe dopo la comparfa di una Cometa , s'egli di quella parlaiìe, che tre anni mnanzi li era veduta l'anno 76. Sembra duiique aliai più verilìmile , che parh Z)/o;;e' di una Cometa polkriore,la quale appariflè l'anno fteflo?^. » e dopo la quale feguille la morte di Vefpajiano , e l' incendio del yejiivio già infermo dell* ultima fua malattia udendone ragionar rifpofe; oh queila non farla per me. Quella pia chioma minaccia il Re de' Partii che- forta la capigliatura . Quanto a me fon calvo . E può ben ef- iere , che in quella guila fcherzalTe l' Imperadore per occafione della Cometa dell'anno 7»;.; ma non li vuol per quello negar la comparfa di altra Cometa nell'anno jó.-, giacché cadde in queir anno il quinto Confolaro di Tito ; e fembra , che Plinio di una Cometa a quel tempo apparfa rifèrifca, che fa da Tito defcritta in verli nel quinto fuo Confolato. Conchiudali adun- que , che al tempo dell' Imperadore Vefpajiano due Comete lì fon vedute, una l'anno 76 , e l'altra l'anno 79. dell'era vol- gare, nel primo fecolo della quale fé ne fono almeno vedute otto, una l'anno 14., e r altra l'anno 54. »la terza rannoóo.> la quarta l'anno 62., l'anno 64. la quinta, la fella l'anno 65.^ l'anno 69., la fettima l'anno 7Ó. , e l'ultima l'anno 79., do- po la quale o non apparve altra Cometa nel primo fecolo , o non ci è certo pervenuta notizia di altra Cometa in quel fecolo apparfa . VII. Più di felfant-' anni dopo l'ultima Cometa del primo fecolo, l'anno 130. fé ne vide un'altra, che ad Ufuardo Re à' Inghilterra fu faufla aliai fecondo il P. Riccioli', ed è la folt nel fecolo fecondo da lui riferita in quello modo- Aftno 130. vtfus eji Cometas faiiBiJJìmus Ufuardo Angliae regi, qui Car- iuele tyranno fubado-, mitltas Jibi-, ac Dea provincias ad}un~ xit (a). Ma olferva primamente il Itdienietski , (i) che Oswaldo più (l) Nel luogo citiito. {pag. 141.) (.) Mei ÙU» Uog». (/"»f- iÌ-\ (3) Ritriti. Atmég. T«. U. (>>#£. j.) Dell' Accademia . s i più communemente chimavafì dagli autori quel Re à^Tugììter- ra y che UJuardo è dal P. Riccioli appellato , e Cadovallone » non Carditele , il tiranno da quel Re foggiogato . OHèrva in fecon- do luogo, che il Re Ofvvaldo fu aliai pofteriore all'anno 130. dell' era volgare , giacché viiFc nel fecolo fettimo i onde né fau» fta ì né infaufta potè elfergli una Cometa del fecondo fecolo , Ne per quello egli nega la Cometa dell'anno 130,, della quale anzi dice , che ne fegni di Aquario « e di Capricorno fu ve« duta per 39. notti, benché neghi, che dopo la fua compar-» fa perlifero per un tremoto le Città di NicopoU-, e di Gf-* fareat come vuole il Roehenback -y giacché l'anno 129. erano quelle Città perite fecondo il Funvioy e il Cilvifìo-, o fecondo Eiijebio citato dallo ftelTo Calvi/io-, l'anno i2 3. ; ed oltracciò neghi altresì , che a quella Cornerà attribuir li polfa la ftragc Aq.' Giudei fegaira fotro l'im^eradore Adriano-, giacché effa av- venne l'anno 134. (i). Di altre Comete apparfe noi fecondo fecolo , e dal P. Riccioli onedc , fa ancor menziona (2) . E prima una ne riferilce dopo il Rockenbacb all'anno 145 , ve- data per fei naCti nel ^z2,no di A^jiarij; ed un'altra dopo il Keckerina'ino all'anno i4'5., la q lale per molto tempo fa iri tutto il mondo veduta. Se 1' Eckslorin non parla di una di quelle due Gor.iere, mentre dice, che fé ne vide una forto l'Imperadore Antonio Pio, ne farà un'altra a quelle due po- fteriore apparfa , l'anno 160., a cai la riferife il Lttbienictskt, Egli le altre Comete del fecondo fecolo rifcrifce agli anni 181., 187., o 18S., 190,, 192., e 195. ; ofTervando però, non efferc la comparfa di alcuna li certa, eh; non polfa con qual- che ragion dabitarfenc . Ma per altrettante Comete diverfe tutte qaelle amertendo, che fono dal citato autor rammentate» novene faranno apparfe nel fecondo fecolo, una l'anno 130 , la feconda l'anno 145. , l'anno appreffo 145. la terza» la quarta l'anno i5o. , l'anno 181., la quinia, la fella l'anno 187., o 188., la fettima l'anno 190. l'anno 192, l'ottava, e l'ultima l'anno 19*:. Nel fecolo terzo quattro ne annovera lo ftelfo Lubìenie- tski (3); una all'anno 204., un'alrra all'anno 213., un'altra 2x7,, ed un'altra all'anno 220,, benché fofpetti, the le due G 2 pri- (0 S' *ag. jy. / come ap- prefib il P. Riccioli dicon Ticone , ed il P. Cifati . IX. Apparve l' altra poco prima , che V imperadore Va' Jentiniano il Giovane fofle per opera del parricida Arbogaftc llrangolato a' 15. di Maggio. Niceforo maravigliofe cofe ci nar- ra di quefta Cornerà » dappoiché di alcune ftraordinarie inon- dazioni del Nilo ha fatta menzione. Tum vero die' egli, (i) ^ prodìgia iijjolita vifafuntt qitae futura orbi mala portende- ritnt. Primum nainque inopinata-, 1^ infolens disila in eoe lo c'ir- fa mediam noéfemprope Luciferum refulgens apparuit circa Zo" diacum , quae quia propter corufcantes radios ingens erat , ^ lucida , non admodum Lucifero ceffìt . Paulatim vero ad eam /'«- gens fti/fm aliarum flellarum vis aggregabatur . Speólaculum Imìì fi vidijfes j apum examint , quae circa ducem fuum obvoUtant « eontulijfes . Lux autem ex illis mutuo concurfu emicans in unam ■Rammam evafit-, òy gladii prorfis ancipiti s magni-, che la Coiucra folle oHervata fopra di Venere. Ma e Filojìorgio ■, {2) il qual fioriva nel 425, e Marcellino (3) che vivea nel 534» le fteire cofc di quella Cometa raccontano, e da efll ha for'e Niceforo prefa la Tua narrazione. Con tutto quello però io crederei que- lla narrazione favolofa in qualche parte; e in altra dilFertazio- nc dovrò efaminare ciò > che dice lo Storico , efTerli più altre ftelle unite alla Cometa in modo , che formaller con ella una fola fiamma iimile ad una fpada, e qual forza abbia l'argo- mento •» che dalla narrazion di Wiceforo pretende trarli per col- locare fopra di Venere la fua Cometa e dà al P. Riccioli fa- ftidio . Oiièrverò per ora > che Liibieiiietski altre quattro Co- mete tra quelle annovera > che apparvero nel quarto fecolo ne- gli anni 394, ^96-, 398, e 399, di due delle quali, cioè del- la feconda , e della quarta , parla ancora il P. Riccioli . X. Di quella dell'anno 394. così il Lubiemetski fu l'au- torità del Kockefiùacb dà notizia, Aivio Christi ^^^.Jiella qiiafi columna , vel ut aliqni volunt , columba ardens , teHe Profpero in coelo ardens , Lucifero lìoit diljìmilis verjus feptemrionem > frope liicìferum in zodiaco apparuit , perqiie dies 3 o fiagravit , Ma perchè lì aggiugne . Max eodem menje magna , atque cruen- ta feditio in Antiochia propter tribiitum a Tbeorìofto extraordina- rie impofìtiiìn orta ejì ; e la fedi/ ione degli Antiocheni contro rimperadorc Theodo/io o all'anno 387 appartiene, o all'anno 388. , o anche all' anno 38Ó. come olferva il Muratori i (4) con alcuna delle anteriori Comete li dee quello fenomeno confon- dere , fé pure fu eflTo una vera Cornerà ; perchè però nell' an- no 394. pone Sozomeno (s) un' Eccliffi del Sole accaduta z 6 di Settembre , mentre fegaiva una battaglia tra 1' efercito di Teodojìo, e quello dell' ufurparore Eugenio-, e fecondo i calcoli astronomici niun EccUjJioccorfe allora-, come olferva il Murato- ri (i) Al.n. lib. Vni. cap. VI. fchd. TTT. mond in Varìgt l'unno ttfip. (pag.S.^ (1) NqW Epitome tlilU Storit Eccl.Jltfli' fi (.ffrvi, che '^4:rcdl:Ho dice, efferfi che di Filofliirgio fatta da Fozio , e la Cimerà vediiri per ló. giorni. con le note del KrtAy/o riftampata in Ti- {4) Ann. d'hai. Ann. 387. (Tom. Il.pag, rino l'anno 1748. nel ter7.o v me de' 5-i-) Greci fcrittcri di Storia Etcleliaftica. (5) L b. IV. cap- LVU. tppreiro U W(»r«« (/»".?• +^8.) tari. (1) Nella Crttaea pubbliciu dal P. Sir- r- 55 Atti y<(i) fofpettar fi potrebbe per quello, che ho detto piùfop''a» che proveniflb sì tatto ofcuramcnro del fole da una Cometa . Di quella dell'anno 39^5. S. AgoHiuo (2) ci ha lafciata la dc- icrizione in quelle parole . hloólis initio tenebrane jam tnundo , vij'a ejì ignea nubes ab oriente , primo parva » deiude paulatim , ut accedebat fuper civitatemt ita crejcebatt donec mi urbi in- jjtens terribiliter immintret. Videbatur borrenda fiamma pende- re -, nec odor fulphuris dee rat : omnes ad ecckjiam confugiebant . Nega il P. Riccioli-, che sì fatto tenonieno foire una vera Co- meta, benché poi ammetta per vera Cometa il fenomeno af- fatto limile dei 399-, del quale parlerò tra poco; dappoiché avrò offervato, dubitare il Lubienietski che la Cometa del 598. rammentata dai Rocken')acbt non iìa diverfa da quel fenomeno, che air anno 396. è dal P. Riccioli riferito . Quedi all' anno 400. riferifce l'ultima Cometa del fccol quarto, così dopo le paro- le già citate di S. Agoftino aggiugnendo . Ille -, inquamt non vi- de tur fidjfe Cometa; licet Baroiiius ad aìtnum Chrifti 400 aliud jimile oftentumfiipra ConftantìnopoUmCometis nomine indigit et. E forfè meglio all'anno 400. che al 399. li riferifce a quella Co- meta, della quale Socrate -, (3) Nicejbro ,(^) e Sozoweno ^ (5) ci hanno lafciata memoria . Gaynae tyrannide , dice il primo Con- jtantinopoli tam grave imminehat pericnlum , civitati , ut come- te s maximus de coelo ad terra, n ufqne pcrvail^ns , { fimi lem ve- ro ante a nemo aliquando afpexerat ) tlliid ipfum portenderet . Il fecondo la fteda cola ci narra a quello modo . Qjias Gaynae infidias ftella illa enjis fpeciem praefvrens portendit , quae Jupra modum Jplendida fiiit -, qiialem nunqiiam ante a literarum memo- ria proditum efi : fupra urbem ipjam relncens , ^ a fummo pro- fe caelo ad terram ujque pertingens . Finalmente il terzo de* citati llorici così raccoora il tenomeio . Quo tempore Ù" Co- meta hujufmodi Gaynae infidias portendebat , qui fupra Confian- tivopolim maximus appnruit , ad ipfam ufque terram ferme per- tigens ; (^ qualis antea nunqu'm fuijje dicitur . lo inclinerei aliai a credere, che l'uno» e l'altro fenomeno lì debba cgual- mcn- fO Ann. d-ltal. An. 3P4- {Tom. II. pag. fj) ff//f. Eccl. T^^. VI- "P- VI. . 5^,4,) f4) Hifl. Feri. lib. Xlir. C.p. V. (,) T. m. VII. oper. Autuer^iat MDCCL (y) Lib. Vili. c»p. IV. ( evi. +10.) Dell'Accademia. jf*^ ménte dal numero delle vere Comete efcludcre ; ma certo non veggo, perche uno di due fenomeni ati'atto limili da quel nu- mero li efcluda , e non [' altro . XI. Di due fole Comete appartenenti al quinto fecolo parla il P. Riccio/i nel fuo catalogo di quefti aftri . (i) Anm vero 405, die' egli, quo bilico Getus vicit -, apparuit Comete s a Claudi ano defcripttts in poema te de Bello Getico... Anno 454. Chrijìi ì & Valeiitiniam imperatori s 26. praeter Cometam alia in toe lo prodi già refert Trtthemius , qnae Theodofii mortem , AttiliaC' que irruptioìies vifafunt praenunciare . Afcoltili qui primamente « come deferiva Claudiana (2) la prima di quefte due Comece . Ut que eHy ingenioque loquax -, ^plurima fingi Permittens , credique timor ; tum Jomìiia vulgo , Narrari ; tum monflra Belimi monitufque Jinijìri: Quid ìneditentur aves , quid cum mortalibus aether Fulmineo velit igne loqui , quid Carmine pojcat Fatidico cuftos Romani carbajus aevi . Territat aljìduus limae laljor , atraqne Phoebe hlo6libus aerifonas crebris ululata per urhes. Nec credunt vetito fraiidatam fole fororem Telluris fui eunte globo : Jed caftra fecutas . Barbara Thejjalidas patriis lunare venenis Incestare jubar . Tunc anni figna prioris , Et Ji quod fortajfe quies neglexerit omeny Addet cura novis : lapidofos grandinis idus , Molitafque examen apes , paijtmque crematas Perbaccbata domO! nullis incendia cauffìs-, Et nunquam eoe lo fpeBatum impune Cometen% Qui prtmum rofeo Phoebi prolatus ab ortut Qua micat aflrigera fenior cum conjuge Cepheus « Inde Lycaonia paulatim expulfus ab Ardo Crine vago Getici foedavit jidera plaujlri , Dmec in exiguum mortens vanefceret ignem . H Si (1) i fecondo Zona- ta > attribuirono la fua morte a mal naturale , e questa accadde per quanto fi raccoglie da Theodoro Lettore a' 28. di Luglio y e non già per ferita prefa nella caduta dal cavallo , ma perchè nella caccia cadde in un fiume , di modo che nella notte feguen- te pafsò all' altra vita. Lo sbaglio del P. Riccioli è nato dalle parole del Tritemio-, il quale parla a quello modo r3). Mori' tur (Clodius) anno regni fii vice/imo.' Daminicae vero nativi- Satis CCCCXLVI indiélione XIIIL Meroveus Clodii memorati re- gif major natu filius , patri facce dens 1 regnavit Juper Fran- COi (i) Ann. J' Itat. Ali. ^of, (^Tom. in. pag. lyjp. con quefto titolo, Comprndtum , ^'i- f'S-) Jiìe Brevi ari um primi vùlurninis Ah- (a) Ann. d'hai. An. 4J0. (Tom. llLpag. ualium , five hiftoriarum de origine re- 1 3P- ) gun» I come te s horrendae magni- titdinis appifruit-, (2r alia multa funt vifa prodigia-, quae voit fuijfe penitus ocioja dsclarant mala fubfecuta . Sequenti enim an- no , qui ftiit regis Merovei uonus -, <Ùr Dominicae vativitatis CCCCLIIT , indizione Romanorum Jexta -, Attilia Rex Hnnoruni f Walamirus rex Oflrogotiorum , Ardaricus rex Gepidarum-, ^ Mliae gente s aquilonare s in unum confpirantes , a Pannoniae finif bus egrediuntur y i^ imperum occidentale fimul -, i^f re^num Fr ancor um in partibus Gallicanis cum quingentis mi Ili bus pugna-' to^uin iiìvaduntì Strage s ingente s conficiunt ■y nemini parcunf» Nelle quali parole il Tritemio dice , che la Cornerà prenunzia- trice dell' invaiìone de' barbari apparve l'anno ottavo del re- gno di Meroveo Lcceirore di Clodia ■, o pnxtoiìo Clodiojie ■, 452. di Gefacriilo . Ma le Clodione era morto i' anno 446 , V anno ot- tavo di Meroveo cadde nell'anno 454. non 452. di GeJucriflo\ e quindi appai'e , che n Ila enumerazione degli anni non ila aflai efatto il Tritemio. 11 perchè è ben vero, che l'anno otta- vo di Meroveo era il 454 di Gefucrifto-, fé Clodio non era mor- to l'anno 446 i ma quatto non dovea al P. Riccioli baftare per riferire all'anno 454. una Cometa apparfa, mentre ancora vi- vea r Imperadore Teodo/io ; e meno dovea egli del Tritemio fìdarfi , vedendo» che quello autore all' anno 452. rifcrifce una Cornerà, che all'anno 454 dovea riferirli per quello flelTo, ch'egli medelìmo dice. Si porrebbe dir forfè, che e nei 450. (i vedeir? una Cometa, e un'altra nel 452., e un'altra ancora nel 454. E certo negli anni 450, 453, e 454 tre diverfc Comete, la feconda de le q lali può prenderli per quella del 452, annovera il Luhienietski (2), il quale nel fecolo quinto H 2 div (i) Fu qiiefto fenomenenn' Aurora Bore»- Boreale. Egli prende ancor» per un' Ari» le , e dal tie Mairan nel Aio Trattato rcra Boreale il fenomeno del anno 4ob. Storico , e Fijìco deW Aurora Borenlt del quale ho più fc pra parlato , onde riftampato l'anno 1754. in Parigi I fvz. «neh' elTo fi può dal numero delle vere 4. Clip. 1. pag^. 180.) è riferito lo ftaffo Cernete efcludere. Bcmeno tU'tnno 4fo. per un'Auror» (>) Tbtat. Qomtt.XQTti.'ìi.{^pag.%6.fiigg.) <30 Atti di molte altre Comete, trabfciate dal P. Riccioli, fa menzio^ no. Ma perchè a quefte tre Comete quegli avvenimenti li at- tribuifcono , the accaddero dopo l'anno 450., non mi pare> che (i debba il numero delle Comete moltiplicare, e parmi , che bafti una riferirne all' anno 450. XIII. Oltre le due Comete rammentate dal P. Rìccio/i , una il Liibiemetskì ne rilerilce all' anno 408. , benché il Rockenbacb la ril'erifca all' anno 41 2. , perchè 1 imperadore Arcadia ■, la cui mor- te lì h feguire dopo quella Cometa, finì i Tuoi giorni l'anno 408.(1) All'anno 410. ne riferifce un'altra, che dal Rockenbacb è riferita all'anno 413.; ed un' altra all'anno 412., la prima delle quali apparve nel fegno della Vergine , e fu veduta per quattro meli. Nel 418. un'altra Cometa elFere apparfa, narra il Lttbienietski citato; un'altra l'anno 423. poco prima, chea' 15. di Agofto pafTalle a' più l' imperadore 0;;ono; e un'altra l'anno 430., in cui fa Ippona alfcdiata da Genjerico ■■, e nel terzo mefe dell' aifedio morì il Vefcovo di quella Città S. Agoftino . Pone il Rockenbacb quella Cometa con gli accidenti , che la feguirono , nell'anno 434; rna doverli porre neir43o è certo, perchè nel 430. accaddero gli avvenimenti, che la feguirono; come accen- na ancora il Lubienietski . Parla poi queil' Autore di un' altra Cometa apparia l'anno 442,, e ricordata ancora dal Murato- ri (2) con quefte parole . Sotto il prefeme anno s) Idacio , che Marcellino Conte fcrrvono •, che fi vide in cielo un' infigne Come- ta , e che le tenne dietro la peHe , la qnal fi dijfitje per tutto il mondo. L'ultima Cometa, che tra le due dal P. Riccioli an- noverate Ila apparfa nel fecol quinto fecondo il Lubienietski ., Ci e quella , che lì fece vedere l'anno 44S. , giacché lo ftelTo autore fofpetta con una delle anteriori doverli quella confondere , che all'anno 443. riferifce ì'Alfiedio, fé pure quella fteffa dell'an- no 448. non fi voleffe confondere con alcuna delle anteriori. Cerro il Lubienietski , intendendo principalmente di far vede- re, che le Comete non fon fempre da infaufti avvenimenti fe- guitc , né quefti accadon folo dopo la comparfa delle Come- te, parla di tutte quelle, che trova dagli autori annoverate , e poco il cura di cercar 1" anno precifo della lor comparfa , ben- ché (jl) Sivegg» il Murstori neìtom. UI. all' (i) Aun. d' Itel.Ttim.lll. inno ♦fi.QfKf. , ■HÉnno 408. (/ifl^. 17.) HP') Dbll' Accademia . &^ che non trafcuri affatto neppur quefta ricerca , Altre quattro Comete lo Itello autore raminemora pofteriori alla feconda dal P. Riccio/i annoverata tra quelle del quinto fecolo . Della pri- ma fu r autorità dell' Ecksiorin , che cica Sigiberto , parla in qac- fto modo . Anno Chrifii 457 Jiiper hìjulam Britanniae ftella mi- rae viagnitudiiiis apparith-, cujus radio gladiiis igne ics dr aconi fimilis adhaerebat ; ex cujus ore duo radii procedebant > quo^ rum unus ultra Galltam Je extendebat , alter vero verjus Hy- berniam tendens in jeptem minore s radios terntinabat . Quello fenomcna tu veramente una Cometa ? io non lo credo , e avrei piacere di vederlo piuttoilo annoverato tra le Aurore Boreali. Anno Cbrijìi 459- Cometa vijus efi^ (ì^" alia acciderunt prodigi a y fofi quae inguinaria pejìis multos abfumfity dice della feconda r autor citato dopo l' Alfledio ; e della terza dopo l' Aljìedio ftcdo» il Rockenbacb ne fa fapere efTere apparfa 1' anno 488. ; e della quarta, che veder elfa li fece verfo l'anno 500.) come riferifce V EckHorm citando Zonara. XIV. Venganiì ora alle Comete del feflo fecolo , nzi di- ciannovellmo anno del qual fecolo pone una Cometa il Lubie- uietski, ove (i) di quella tratta, che appartengono a quella fecolo. Fan di eila menlione il Calvi/io, e V Al/ìedio y ma il P. Riccioli y trattando delle Comete del medeiìmo fecolo , (2) non ne fa parola. La prima, di cui efib parli, fi è quella, che l'an- no 538. fu feg'jira da una tal careftia , che gli uomini, lupe- rando quell'orrore di cibarli di carni umane, che ci è ilato dalla provida natura imprellb , giunfera a ufarne contro i fti- moli della fame . Debacchantìhus per Hifpanias barbaris , die; Jdacio (3) fu queda orribile careltla , 1^ pieviente nihilominiis peBi lenti ae malo-, opes^ <^ condii am in urbibus [léjiantiam ty- rannicus exaólor dtripit , ^ miìes exbaurit : fames dira gfaj^ faturt adeo ut humanae carne s ab hiimano genere vi fa.rtis fuerint devoratae ; matres quoque necatis , vel coBis per fé na- torum fuorum (hit paslae corporihus . Befliae occijorum gladio y faìne , peflilentia cadaveribus adfuetae , quofque bominum fortio- rum iffterimuntt eorumque camibus pajìae pajjim in bumani (j) Tom. Theat. Carnet, (fag. 95. feg.) (3) Nella fu» Crofficit pubblicata dal P" (x) Alm. lib. Vili. fcc. I. cap. III. (few, Sirmond ia Parigi l' mno itfi». (pa£' n. pag. a.) II.) nel quale anno di una Come- ta fan menzione gli Annali Cinefl (5) ed effendofi fatta veder per pivi mefi, è ftata da altri riferita all'anno 531. Di un'al- tra Cometa anteriore a quella del 537.» o 538., e dal P. i?/V- tioli tralafciata nel fuo catalogo, fa menzione il Lubienietski 1 il qaalc ofierva , che l'anno 535. elfa apparve, fecondo il Cai- vijioì e che quella, la quale dal Rockenbach è riferita all'anno 539, non è diverfa da quella del 53 5- J perchè 1' una, e l'al- tra fu nel Dicembre veduta nel fegno del Sagittario, e fu fe- guita dalla guerra àe' Goti in Italia. Ma quell'ultima circoftan- za mi fa credere, che all'anno 535. Ila da riferir la Cometa per ciò, che ha fcritto il Muratori (6)y dal quale Tappiamo, - • che "(l) /4«i». d'Ita!, tom. ni. «II. y5T- fP'S- l'o-) (j) Appreffb il Freret nelle fue Ripfliomi (1) Nel citato luogo all'anno 538. {pag. /tpra un' un antico feniriKHO cel^fle , ,gi 1 inferi'e nel citato lurgo del tom. X. (1) Alla pa^. no. feg. dell' Accadcrpia delle Ifcriiioni. (4} Nel r.m. X. dell' Accademia Reale (S) Ann. d'Uni, tom. III. anno J3*. (/*/ d^'le Ilcriiioni, e Belle Lettere. {>»*^. }74') J«3-) Dell' Accade>;ìia . ^ che Tanno 53(5. ebbe principivr-k guerra tra i Gottt che già dominavano in Italia t e l'impcradore Giuslimauoy e che quella guerra ebbe poi fine col regno loro in Italia l'anno 555. (i). XV. Alia Cometa dell'anno 538. fa il K Riccioli una fuccedere, di cui così dice. Amia item falutiferi partus 557. Jìella crinita in formam lanceae Con^antinopoU apparuit « ut narrat Jo. Praetoritts. Ma il Liéienietski tre alcre ne annovera tra quella del 538., e quella del sìl-t una apparfi nel Tegno del Sagittario T anno 540 , la quale fu per più giorni veduta i l'altra apparfa per la Feftadi Pafqua l'anno 541., l'altra l'an- no 550. apparfa in forma di lancia. Lo ftefto aurore di un' al- tra Cometa dal P. Riccioli omeiTa, e pofteriore a quella del 557. parla in quefta guifa . Ante cladem Arvernarum magnam « anno quo mons in Gallio, ultra duos menfes mtigitus :;dens -. tandem ab alio monte avnlfus praeceps in Rhodanum riiit , Jlella » qatitn quidam Cometen vocant 1 radium tamquam gladium habens , fu- per Arvenùam per annum integrum > apparuit > (I3' coelum ar-^ dere vìfum eft -, ^ multa alia jigna apparuere . Gregor. l. 4. e. 31. All'anno 562., o al fegucnte 5'53. doverli quelta Cometa riferire > olfcrva l' autor citato , che poi di altra Cometa fa ir.en- zione, della quale parla ancora il P. Riccioli a queflo modo. Rurfu/que anno 570. Cometa vifus-, c^ Longobardi Narfete Eli' nucho duce Italiam occupar unt ; fé d Alboinus anno sji.necaturé Fino dall'anno 508 erano i Longobardi entrati in Italia ■, e ci avean fatta qualche ccnquifta , benché poi folo nel 570. inco- minciaflero a regnarci, o ad averci tanto paefe conquiftato » che il poteflTero chiamare padroni d' Italia . Quanto al re loro Alboino ì fa il Muratori vedere (2), che la faa morte non ii può all' anno 57 1. riferire col Cardinal Baronia > ma riferir li dee all'anno 573.1 o 574. Negli anni 583-» e 584. due altre Co- mete dal P. Riccioli tralafciare pone il Lubieuietski . Ma la prima > di cui dice effcre ftara una rilucente ftelk veduta nel mezzo del lunar defco , fu forfè tutt' altra cofa, che una Co- rnata ) come oflTerva lo ftelfo autore ; e la feconda fu forfè un* Aurora Boreale 1 ed il di cui parla 1' autore prima di quella fi è quella del 570.) nempe amio 587. quifuit quartus imperli Man- ritti , apparuit Cometes Bizatttii -, tejìe Zonara. Su' la quale Co- meta è prima a olfervare, che l'anno 587. corrifponde al quin- to dell' imperadore Maurizio 1 che incominciò l'anno 582. ad eiìcre imperadore , come dice il Muratori ; (2) e poi che quel- la Cometa è diverfa da un' altra > di cui dice il Luhienietski ellere apparfa l'anno fettimo del re Childeberto . Ed è ben ve- ro, che fecondo lo ftelTo autore, l'anno fettimo del re Chil- deberto corrifponde all'anno 585., o 586. di Gefiicrìslo -, ma all'anno 582. corrifponde fecondo il Muratori (3); onde all' anno 582. fi dee riferire la Cometa, che apparve l'anno fet- timo di Childeberto . Lo ftelTo autore agli anni 589- , .T94. , 597. e 599. riferilce le ultime quattro Comete apparfe nel fello fe- colo . Della leconda fa menzione anche il P. Riccioli riferendo- la all' anno undccimo dell' imperadore Maurizio ^ ma meglio li dee riferire al fuo anno trediceìimo . Et anno, die' egli , ejus (del mentovato imperadore) un de cimo y 7je7npe Jalutis S9^- Co- metes integro me nje apparuit -, quem fames •, 02' Jiccitas fubfecu- ta eft . E dappoiché ha fatta menzione di un' altra Cometa forto r imperadore Maurizio apparfa, della quale parlerò tra poco, così foggiugne. Natus autem eft fub hoc imperatore Ma- hometus , quo tempore refert ]o. Praetorius crinitum fidus per fex menfes apparutjje , ^ forte fidt unum ex praediélis . Si tat- to (1) Nell'opera intitolar», Memoriah de {p^S- '5*-) ^"^^ '' fan"" alcune giiin- rcbus Abjìeiitiì'us , ftampara dal Mura- te, e tra qiiefte la menzione della C»« triri nel tcm. XI. degli Scrittori delle meta del 5 84. ltaiichec»fe , e rammentata da Gitifep- (2) Nel teme citato, {pag. 510.) p-j Pajtni nella feci.nda puiite de' Codici (j) Nello fteflb tomo {pug. 51*.) MSS. della Real Biblioteca ii T«rii$Qt Dell' Accademia . 6s to fofpetto è afTai ragionevole i perchè Maometto nacque a' 9. di Aprile dell'anno 572.; come rifevifce dit Porte da Tertre t (i) e quindi o in quell'anno qualche Cometa apparve, o al- cune delle precedenti ; e probabilmente quella del 570, fi rife- rifce come annunziatrice della nafcita di Maometto . Ma noa può didi, che quefti iìa nato fotto l'imperadore Maurizio ^ zi- {"unto all'impero l'anno 582.» dieci anni dopo la nafcita di quel celebre legislatore àt' Turchi t come riferifcc il Muratori con quelle parole . Non pafso il medefimo dì d' AgoHo ( dell' an- no 582.) che Tiberio Auguro proclamò imper udore il fuddett» Maurizio ; con far feguire gli fpoìijali fra lui > e Coftantiria [uà. figlia ; e nel giorno apprejjò cejfaudo di vivere la/ciò libero il irono al fuo juccejfore . Quelle cofe però lafciando > vengali alle alle Comete , del fecol fettimo . XVI. Di queite parlando il Lubienietski , (2) riferi- fcc la prima all'anno 601., olTervando però, che non ne £a menzione niuno autore, falvo il R0ckenbach . All'anno 603. la riferire il P. Riccioli , annoverando le Comete fotto l' impe- radere Maurizio apparfe, con quefte parole . Deinde ultimo ipjius anno t qui fuit Chrifli 603. Cometas Xiphias confpe£Ìus é"/?» qus anno Mauritius cum tribus filiabus interemptus efl. Ma primamente all' anno 602. riferifcono la morte di Maurizio il Muratori , (3) e i PP. Benedettini delia Congregazione di S. Mauro autori dell' Arte di verificare le date de' fatti fiorici , delle Carte , delle Croniche , e degli altri antichi ino- Humentit ftampata l'anno 1750. in Parigi. (4) Poi con cinqje tìgli, non con tre figlie fa l'infelice Maurizio uv;ci- fo, Ecco le parole, con le quali narra il Muratori l'orrendo cafo. Non fn) la faccenda., che Foca fu egli da qué" malcon- t'enti dichiarato imper udore , e coronato poi da Ciriaco Patriarca nel dt 23. di Novembre. Co ft: mi no pò li gli apr) le porte. Già »' era fuggit0 con tutta la ftia Famiglia Maurizio , e ritirato- fi a Calcedone ; ma qvivi prefo nel dt 27. del fuddetto Mefe diede fine alla tragedia., che neppure oggidì fi può udire fenza, $rrore . Su gli occhi dello fventttratt Augurio per or (Une delti' 1 ranno (i) Nel tomo VI. dell» Sttrìa ùtile Coi»- (») Theat. Carnet, tota. TI. ( ptg. lai. Jeg.) givre, ft»mp»t» in Parigi l'inno i7f(S. Ò) ^'">- J' Ital. tom. IV. {pag. J. j U"g97.) (♦) Tom. U. (/-«Jf. 411.) 66 , A T T 1 ranijo furono fcatiìtatì i fuoì fiiglìiioli njafchi , cioè Teodojìo già dichiarato imj)eratore , Tiùerio desinato imperadore d oc- cidente -, Pietro Gì lisi ino t e Gìiifliiiiauo . .. . Dopo i figliuoli a lui pure tolta fa la vita » e pariménte a Pietro Juo tra- telìo , e ad al ri Ujfìziali de' primi ueila Corte . I lor Cadaveri gittatt in mare jervirono. anche di poi di jpettacolo al matto popolo . li perchè la Cometa o dopo la morte deli' impera- dore ALiurizio apparve -, o V anno Ó02., in cui la pone 1* Eckjìorm apprell'o il Lubi^nietski . Quslh di due Comete ap- parle in un' illeiib anno > una ne' Meli di Aprile , e di Mag- gio , e V altra, ne' meli di Novembre , e Dicembre ■, fa mcn- lione; oilcrvando» che l'anno Ó04. le riferifce ambedue il Rockenbacb r e all' anno feguente 605 1' Eckjiorm , ed il Si- gonio . Fa ancor menzione di un' altra Cometa > che per un Mcfe intiero li vide in cielo , iccondo il Rockenbach 1* anno 617.» e 620. fecondo l'Afìedio; giacche iiima una fo- la edere ftara quella, che da due citati autori è riferita a due anni diverli. All'anno 622. ne' riferifce un' altra, che è r ultima di quelle , che il P. Riccioli, ha tralafciaic prima della Cometa dell' anno 632. Di quella parla il P. Riccioli così A»- tequam vero Per/ìa occuparetur a Saracenis , vifus e fi an- no 6^2. alter Cometa ignei gladii formam praefeferens ■» ut nar- Tiit Petrus Surdus y ii^ Spondanus ex Theopha^.e . All'anno 631 r f Eckjìorm e all'anno 633. il Rockenbach riferifce que- fta fteifa Cometa apprello il Lubienietski -, il qual poi fu 1* autorità dell' Eckflorm um divcri'a Cometa riferifce all'an- no 633. Forfè anche quella li dee con la precedente confon- dere , e perchè gli autori ,che in diverli tempi pongono la com- parfa di un' altra Cometa , vi aggiungon la guerra de' Sara-^ seni contro 1' imperadore Eraclio ; V unica Cometa , di cui cffi parlano, apparve forfè 1' auno 633-, in cui, fecondo il Muratori » i(0 ebbe la prima origine la folevazione di que' popoli contro 1' imperadore. Negli anni 660. , 674., e 675. pone il Lubienietski tre altre Comete , tralafciare dal P. Ric- eiolir il quale dappoiché della Cometa del 632. ha parlato» parla immediatamente di quella, che dice eflére apparfa l' anna (1) Ann. 4' b*t. fra. TV. inr»'fyì.{f»£, 7»,) Dell'Accademia. 6-j inno 677. > o 678, Atim Chrijìi -, die' egli, (J;6> vel ut alti narrant 67 8. terribilis Comete s per tres Meufes Romae ffe- éfatus elfi additqne Orojius ■, fecutas fuijfe ingente s pluvìast^ frequentia tonitrua , fed Reda Jìccitatem , ac peflem ; feqtien' ti vero anno locuHas magnis agminìbus per Syriam y iir Aùf- Jbpotamiam volitaffe . ^. XV' li. Dico, che il Lubìemetski all' anno 6-] 6. riferifcc una Cornerà tralafciata dal P. Riccioli; perche quella, di cui quelli parla, appartiene a mio credere all' anno ó,"^.,* cui il ven. Beda la riferifcc . Anno DCLXXVIII , dice quell* autore, (i) Cometa apparuit ; Vilfrid Epifcopus a Sede j uà Puljus eft Ecgfrido re gè ; cT* / ro e a Bofa , Eata , e?* End baetb confecrati flint . E più ampiamente in altro luogo (2) così parla . Anno Dominicae Incarnationis Jèxcentefitho feptuagcjt- mo oiiavot qui eft annus imperli regis Ecgfridi o^avns ■, appa- ruit Menje AuguUlo Stella , qnae dicitur Cometa , cj" tribus men- Jìhus permanens , matiitinis horis oriehatnr , excelfam radian- tis flammue quafi cohimnam praeferens . Qjio etiam anno « orta inter ip/.'tm regem Ecgj'ridum , q^ reverenti ijìmum Anti- ftitem yilfriduin dijjenjìont; pulfus , eft idem antiftes a fede J'ui Epijopatu^ t c^ dito in lociim e'jus (ubstituti Epifcopi-, qui Nordanbymbroruin genti praeejjent : Bofa videlicet -, qui Deiro- rum , OS" hata , qui Berniciorum provinciam gubernaret : hic in civitate Eburavi , il/e in Lindisfarnenji ecclefia cathedram babens epifcopc-.lem , ambo de monacbormn collegio in epi lopa- tus gradum adjciti. Ciim quibus 0^ Eadhaed in provincia Lin- disfarorum-, qmim nuperrime rex Ecgfrid-, fuperato in bello^, Ù" fugato Vi.lfhere obtinnerat ■> ordiuatiir epifcopus . l^zCovuc- ta del Ó78. li fii l'ulrima del fecol fettimo fecondo il V, Rie doli y il quale fa bensì meniione d' un' altra fcclla di ilraor- dinaria grandezza apparfa 1' anno 684. in oriente ; ma aggiu- gne eifer cofa aliai dubbiofa- ed incerta, eh' efla folle una vera Cometa. Ferturque y egli aggiugne dopo le parole , che ho più fopra citate, poil annos 8 ingens fidus in orierte ap- farviffe , incertum tavieu , an Cometa fucrit , joft quod anno I 2 ÓS5 . (i) NcJ pper» intirclatn, Hifloria Eccle- no 1711. \\h. V. cap. XXIV. ( pi^. 111.) fajìica Gentis Angljrum , con altre fue e- (2) Nella cirara Strr/'j Fic/Ji/iJlica . iib. pere ftoriche ftampat» in Cemirìgt \' «n- IV. cap. XII. {j'a^. 1 5 j. ) ^8 Atti 68 s. vefnvius evomiitt incendia ^ ut refert Sabelieus Emi. 8. /ÌJ 6. Lalciamoqui di olièrvare , che da quelle parole fi ve- de, che il 1». Riccio/i all'anno 676. riferifce quella Come- ta, che Beda riterifce all' anno Ó78. giacche dal 676, non dal 078. lino al Ó84. corrono otto anni; e che anche il P. dd/a Torre (1) nferifcc all'anno 685. un' incendio del Fe- Jhv.o; ed oilerviam qui piutolto , che il Luhienietski prima- fl'ence non dubita, che 1' anno 684. una vera Cometa ap- pariiìe i e facendo poi menzione di quella llella , di cui il P. Riccio/i dubita , fé foife una vera Cometa , dice non do- verli con la llella confondere la Cometa , benché 1' una , e 1' iltr^ lo llelfo anno apparilfe . Pare altresì , che due Comete nferilca l'autor citato all'anno Ó84. Imperciocché parla pri- ma di una Cometa, ( ed è nel fuo catalogo la centelìma qua- rantèiima nona ) la qual per tre Meli veder ii fece in quell* anno ; e poi di un' altra , ( e nel fuo catalogo è la centelì- ma cinquantelima ) eh' ellendo apparfa verfo le Felle del Natale l' anno Ó84. veder lì fece fino ali Epifania del fe- guente 685.; aggiungendo, che nel Febbrajo del 685. fu 1' altra flelfa veduta , che non dee con la Cometa confonde- re, ^fwo Corifei 684. Cometa horribilii totos tres Menfes ap- paruit t dice il Lubiejiìetski ■> ove della prima fa menzione; e dappoiché degli avcnimenri , che ad elfa lì atribuifcono , hi detto ; così fa menzione dell' altra , che dalla ftefla dell' P. Riccioli diverfa eftima . Anno Cbrijìi 684. Ht^lla noxu jiixta Vergilias eoe lo fereno inter nativitatem Cbriifì , ^ Thcopha- ìiiam appiiret obtuja lumine -, ut Luna-, (^ die 14. Februa- rii exiit Bella vefperì-,a meridie ab feptentrionem . Così, citan- do il Calvijio ; ma citando il Sigonio più ampiameute in que- llo modo. Anno 68 5 initio inde lanntiarii apparuit flella «0- Hu coelo fereno , ea obfcnritate infe£ia , velati cum Imam ntibes fubiit .... Et Menfe Februario meridie altera ab occa- fu cum magno fulgore ad orienterà deccurit . Martio vero Ve- juvius mons in Campania per aliquot dies ignes evamuity utque omnia virentia àrcuìnquaque adulììt . XVIII. (i) NeLk opera incitoli», Sttrìa , e Fenameni dtlVefttvi» , cap.IV. {fg-ie.) Dell' Accademia % XVIII. Ma lafciando ornai la Cometa del 684. il P. Riccioli (i) lecte, o cinque ne rifcrifcc ; ppartenend ali' ottavo l'ecolo , ed alquante più il Lnòienictski . (2) La prima , che fu di terribile afpctto , ed ebbe la coda vcrfo il polo artico rivolta, fu veduta 1' anno 715» e l'i feconda nel legno del Sagittario 1' anno 719, Creile due Comete fono taciute dal P. Riaioli, il qual di due altre apparfe^m un medelimo anno fa menzione in modo, che fa vedere el>cr elfo di opinione , che una fola fu quella Cometa , che altri prefer per ànc . Awio fahttis reparatae 729 J die' egli, Beda^ C^ Palmerius in Chroiiico affirmant duos Cometes Menfi Ja- n Ilario apparuijj'e per 15. dies-, quorum unus folem praecede- bat , ut lucifer , alter fequebatur , ut hefperus ; fieri tamen fotuit , ut ob magiiam decHfiationem verfas polum confpicuitm idem ejjèt Cometa , qui mane , ér vefperi cernsretttr . Lo itel- fo folpctta ancora 1' Alfiedio , il qual apprellb il Lubieiiietski dà prima la relazione delle due Comete, e poi così aggiugne. Utinavj pluribus hijìoria , ér obfervatio horum Cometarum fui/- Jet de/cripta \ Falde videtur probabile unicum fuijje . Praejértim eum uterque caudam obverteret fepteinrioni , Jt vere hoc Jcrt- bitur. Uude apparet Jimilts Jiius ad Solem-, vel idempotìus. Habuerunt injignem latitudinem , ér declìnationem borealem , ^ jòl admodum auftrakm . Quae valde cougruuut . Et erant tunc homines occidentales imperitiffiini afIro?jomiae . lo di buon gra- do al parere del P. Riccioli, e dell' Alffedio mi focrofcnvo, benché il Lubieiiietski piii volontieri abbracci il fentimento di parecchi autori , che due Comete riferifcono all'anno 729. Ed a queil' anno i più defili autori la riferifcono; ma non tutti, come olferva il P. Riccioli y così dopo le parole citate aggiungendo . Ad bum vero anmtm hos dometas referunt Io. Praetorius , & lo. Carni llus G Iorio fus ; (3) ^'^^^ Cardaiìus (4.) /;; lib. 2 de as7rorum judiciis textu sì- referat illos ad amium 726., dicatque vijàs intra dks 14. Menfe la-nnartoy cau- (1) Almas.Wh.Vm. tee. I. c«p. m.(png. ehnh.ich , il Catvifi» . \' Eckflorm, & 6) Y Aljledio, WM àiX Lul'unietskt. (2) Th.-at.- Corner, tomo II. ( pag. ut. (+) E il Kcektrmaoit d»l Laiiein.-rtki cU f'g) raro. (j) A' ^nali fi vogliono ijgiugaere il /?»• e €au3is hi aqtnlofiem obverfis . Vincentìus atitem Gu'vii/tus Sic. £ hi Oratioue de Cometae felicitate retrahit tllos ad amunn 725.} ^uo intemperie s qiiideìn aeris tota muudo fuitt fed Ca- rolus Marte llus de Saracenis triumphavit . Alla data di queiV ultima circoftanza è favorevole il Cardinal Barouto , il quale all' anno 725. dice cosi, (i) Hac item mino ( ut habet vetns Chronicon a Pithaeo editam , cui Ubenter ajjejitior ) Elido Aqui- taniae diix in odiam Caroli Martelli vocat m Galliam Surace- iios ex Hifpaniis. Leguntur enim baec ibi. Anno lepringenie- iimo vigelimo quinto Saraceni ab Eudone in auxilium fuum vocati cum rege fiio Abdirama Garumnam, Burdigalamque perveniunt, cundis locis vaftatis, & eccleliis igne crenia- tis : balìlicam quoque Sancii Hilarii Piclavis incendunt : haec ibi eadem apud Gregormm Turonenjem in Appendice., ^ alias •veteres res Francar um fcrìptis profeqimtos , qui addimt : cum Saraceni ireiit > ut baJUicam Sandi Martini Turonen(is inceli' derent , Carolum Martelliim occurrijfe cupi exercitu , a qm itdem viiti fiierint Saraceni ■> exercituque deleto rex eorum Abdirama occifus fuerlt • SjIo aggiugne il Baronio , che da Ca- rlo Martello tu la vittoria riportara , non nel 725. , ma nel 72(5. Ferum haec de viatoria a Carolo adverfus Saracenos ob- tenta fequentì anno contigijje in eodeni Chronico ponitur Ma alìerma il Muratori (ij? che I' anno 615. Carlo Martello... uBilmente entrò nella Baviera 1 ne [aggiogo , e [acche ggiò una parte., cioè la (pettante a Grimoaldo Duca. Qjanto poi alla Iconlìtta a Saraceni data da Carlo Martello la riferifce lo iìeilo autore (?) all'anno 652. > al qaale anno la riferi- fcono ancora gli autori dell' Arte di verificare le date ("4) XIX. All' anno 744. un' altra Cometa effcre apparfa t ed cfler dal cielo caduta una pioggia di cenere , e ne' porti del mar G///'/o eflTeril un tremoto fentito, narra il Lubienietski; olTervando, che folo 1' Eck/ìorm t dopo Paolo Diacono, e Si- geberto , fa di quefla Cornerà menzione . Egli , ed il P. Riccio- li fanno menzione di un' altra Cornerà apparfa l'anno fegucn- te 745.» della quale il fecondo de' citati autori parla a que- (i) Nel tomo IX. d^gli yf»(»«/;ftamp»tiln (3) Nel tetro citato ( pag. 166.) Roma l'»nno 1600. ( feg. 47-) W Tomo II {pog. ^t^.) (»J Alta. d'Ita /.tomo IV. (/>«£. ì^S.) Dell' Accademia fx. fto modo. Anno Chrìfti 745. fofl Cometam in Syria vifuirf fub fine nniìi , fecuta est peftìs trienual/s > fiuac Siciliam primo > dande Alediterraìtei ivjulas , ac totam Gracciam-, tandemque Con- Jlaiitinopolim depopulata ejl -, ut refert Io. Praetorius .Dxi-]\5, fino al 7i5i, non li trova niuna Cometa > ma in qaell' ultimo anno ic ne trovano due , delle quali il P. Riccioli ha così Icritro . Dande anno 761. Cometa i-t oriente decem diebus ftiljit ; alter antevi in occidente diebus 2 1 ; foruijjè tmus « idcmq^ae t licet funBius in Chronico tamquam diverfos referat. Due anni apprelFo ne fu veduta un' altra ricordata dal au- tore citato > che in quefta guifa prolìegue a dire . Anno ite' rum 7Ó3 Come te s orienti vif/is^ cui fuhfecuta e fi ingens Jicci" tas y ac frigus intokrabile . Turcae aiitem magno fiiccejjajiium potcftatem ampliarunt . Anche il Lubienietski di quelle ultime Comete parla , come il P. Riccioli j ma quefti una qui ne tra- lafcia > della quale ha quegli fatta menzione con le feguenti parole. Anno Cbrifii 791. Cometa appuruit in virgine -, ut re- fert D. Erlicins . Bellum hoc anno Hunuis e fi illatii /; ; C'^"'^" lus Magnus Pannoniam vaslavit ujipte ad fluvium Raba. .bi- nalmente ambedue gli autori citati una Cometa riterilcona all'ultimo anno del ottavo fecolo. Anno 800. , dice il ?'. Ric- cioli , cui il Lubienietski cita , di quella Cometa parlando , Io. Praetorius adjcj-ibit Cometam ■, quo imperium romanam tran- slatum efi ad Carolum Magnum . E dappoiché così brevemente dell'ultima Cometa del fecolo ottavo hanno parlato , pailano» (i) ad annoverar quelle , che appartengono al fecol nono. XX. 11 Lubienietski due ne annovera fui principio di que- fto fecolo , che fono dal P. Riccioli taciute . Della prima dopo \' Ecksìorm parla a quefto modo. Anno Chrìfti H09. imperatore Carolo Magno faBa efi magna conjnn^lio fnperioruìn Pianeta- rum in initio Sagittarii , quam Jequutns eft horribilis Cometa > fonjunéfiojfe illa adbiic durante . Eventus hujus Cometae legantur in eclipfibusjolis , <^ lunae , quae tunc temporis frequentcs fue- runt. E della feconda fa così menzione, citando lo fteiio au- tore. Anno Cf'rtfli 812. nonis h'ovembris apparuit Cometa in forma duarutn lunarum fulgentium , adunantium Je , atque Jè- pa- li) Rice, tomoli. Alm. {p»i.«.)Liiiitn. temo DL Thitt. C*mct. (f*S-fUAs) ;a ATTI parantium in àiverfa fehematay ita ut viri acephali figurai» exprimerent . Annales . Effeiìus hujus Cometae petantur ex de- liquiis folis ^ quae aano ChriHi 812, (^ fequetJti fa6ia funt . La terza Cometa del fecol nono dal P. Riccioli <» che la pon per la prima» è rammentata in quefta guifa. Deinde (dopo la Co- meta dell'anno 800, della quale dà noti/ia immediatamente prima) anno 814. terribilis Cometes pattlo ^nte niortem ejiifdem Caroli apparuit: ex Aanalibus Franciae . E giacché Carlo Ma- gno morì a' 28. di Gennajo dell'anno ^4.» fui principio di q jel mefe farà apparfa quella Cometa , che li dice veduta poco prima della fua morte. L'anno apprefTo un'altra Cometa pone il Lubienietskt accompagnata da altri naturali fenomeni . Anno C/jrifli 815.» die' egli, altero anno y quo Carolus M. ohiit ■> fol Ql)fcuratus eft , ^ luna pallorem recepit , terruemotus accidit -1 Cometa exarfit , ^ alia dira prodigia confpeóia , ^ audita funt in terris . Né folodi quefta fa egli menzione, ma di du9 altre ancora taciute con quefta dal P. Riccioli; una nel fegno del Sagittario apparve a' 5. di Febrajo l'anno 817., e l'altra, di Ciii dubita l'autor citato, che non fìa dall'altra diverfa , l'anno 818. Ma le nel brevifllrao corfo di pochi anni fei Comete ve- der fi fecero fui principio nel nono fecolo^ non fé ne fece poi veder niuna-, o certo non ci è reftata memoria, che ne appa- rine alcuna prima dell'anno 828., in cui una ne apparve, ed un'altra l'anno feguente, come il l.tibienietski ne fa fapere . Arno Chrijìt 828. Cometa in Libra apparuit', ^ alius fequenti anno in Ariete conjpe£lus efl , é^ per aliquot dies plurimi in- fiar Hellarum ignicuU per cotlnm difcurrere vifi funt . Vento- rum violenti a multa aedtficia e ver fa funt . Non ià il P. Riccioli niuna menzione della prima di q-.iefte Comete, e dubita, fé l'altra fofte una vera Cometa, così parlandone . Et anno 829 • ut refert Fiornovellus , vifae funt Hellae pntius cadente ■ , quam Cometae , quae occiderunt pecudes , ^ homines qmfdam , éf f^- dem anno cecidit glacialis lapis de coelo , quatuor pedum longi- tudiuem habens . Proleguendo poi il fuo catalogo delle Come- te, così foggiugne. Et anno 837- ptortutts eli Pipinus -, prae- cedente Comete i ejìo alii hunc ad Ludovicum Pium protrahant « qui obiit anno S^o.t dicantque anno 8^^. praefulijfe Cometem in Jìguo Arietis % quo vijò-, praefertim accedente e clip fi •, eoepit tè Deil' Accademia . ^j fé ad mortem praeparare . Ma all'anno 830. il LuBemetskt t'i- fcrifce una Cometa , dal P. Riccioli taciuta, che dee aver luogo tra quelle degli anni 829,6 837, dopo l' una , e prima dell' altra . XXI. Quanto poi alla morte di Pipino Re di Aquitcvitay e figlio di Ludovico Pio-, fa egli veramente da immatura morte' rapirò l'anno 837., o il feguente, come ii raccoglie dal Mura"' tori. Parla egli di un'accomodamento feguiro tra Ludovico Pio-, e i Tjoì Figliuoli Lottarlo-, e Carlo-, l'anno 838., e poi così aggiugne {i).Ora da che fu fi. ibi Ut a la concordia d' ejjò Lattari» tal Padre , e con Carlo fuo fratello , {fé pure non fu prima , ep jendo ancor qui confitfa la Boria ) eccoti gitignere la nuova , chi Pipino Re d' Aquitania era Hata da immatura morte rapito l. Perchè neir aggiuiiamento poco fa defc ritto fi trova ajfegnatit al Re C'irlo l Aquitayiia , par molto probabile , che quejìo Jegtiijfe dopo la morte d' ejjò Pipino. Ma quanto all' anno, in cui la Co- meta apparve, altri apprellb il Lubienietski la rifcrifcono all' anno 83 7., ed altri ad alcuno degli anni polleriori . Tra primi iì dee ancora annoverare il Cardinal Baronio , il quah così ha fcri-ro (2). Seqnitiir annus oBingenttfimiis trigefimas feptimus ^ indiclioue declina quinta , quo Lu:lovicus Lnp. coeleftibas ad- monitiis lìg'iis , tanquam proxime moriturus , multa fanBe , fieq'ie difpofut . yl/tronomus ipfe , qui res geffas a Ludovico coilcripfit , b.iec pariter , ut (e bubiierunt , quam fideUlJìme ita fojitris tradidit . Mediante, inquit -, felbVitate Pafcali dirjm fc iiper , ac trille porrenrum ibidem ( Aqui/grani fcilìcet ) Cometac lìdus in iigno Virginis appàruir,in ea parte ejufdera fiwni , qua penulam ejus fubtus caudam vero ferpentis (ìmili- ter, comumque conftringunt . Qnod cuni more erranrium fe- ptcni ilderum orientem verfus pcreret, per viginti quinque dies ( quod miram eit di.ìu ) idem lidus & Leonis, & Cancri, nec non Geminorum tranfìens ligna , in capite Tauri tandem, fub Aurigae pedes , igncum giobum, jabarumque prolixiratcm de- pofuir, quas ufquequaque porrcxerar ante. Q_iani rem cum primutn imperaror ralium ftudiolillimus confpexillet , conftitit, & antequam quieri membra committeret , accitum quendam, itemque me, qui haec fcriplì, & qui hujas rei fcientiam ha- K bere (i) AonaK d'Itili To. IV. { fof. u^) (») ^«^t Te- IX. (fa*. Iit.) 74- ATTI bcrecredebar, percontari ftuduir, quid fuper ea mihi viderc- tur. A quo ciim tempns peterem , quo faciem iideris conlide- rarcni , ac per haec rei vsriratem invelH^arein , & cogniram in crartinom nuniiarcni : imperator ratus ( quod erat verum ) me rempus redimere velie, ne cogerer trifte aliquid refponde- rc » perge, inq^iir , in moenia huic domui contigua, & nobis , quae relpexcric , nunua; novi enim a me hanc llellani nequa- qiìam prae^erito vefpere vifam , vel a te monfìraram> fed l'cio hoc (ìgnum coaierarum elFc , de quo praeteritis diebus loculi fumus . Quid aarcm tibi portendere videatur, ediciro : cumque aliqviid dicerem > & ab'qaa racuillem , unum eft , inquit , quod adhuc lilenrio prcmis; mutationem enim regnorum, mortem- que prìncipis hoc portento moniTrari dicunt . Cumque ego te- fìimonium Prophetae ( Tereu. X. 2. ) prorulillem , quo dicitur ; a Jìguis coeli ne timiierhìs t quae pavent gente s ; illa folita ufus magnanimirare, & prudentia , non aliam , inquir, timcre debenms, praeter illum, qui nollri, & hujus iideris creator eft. Sed ejas clcmentiam non fatis laudare, & imirari poliumus, qui noftram inertiam , cum lìmus peccatores , & inipoenitentes talibus indiciis dignatur admonere. Quia ergo & ne, & om.nes communirer hoc oftentum tangit , onines prò poiìè , & fapere ad meliora f'eftinemus , ne fone mifericordiara ilio prorogan- te, & noftra impoenitudine impediente, nos illa inveniauiur indigni. His dictis, & ipfe paulis per mero indillir, & omnes id facere judìr, & unumquemque ad fua fé coUigere praecepir, noilemque illam (ut nobis perlacum eft) pervigilem duxir , ac Dei laudibas, & obfecrationibus honoraram - luci fupervenienti praefentavit . In cujus crepufculo miniftros aulicos vocavit, & eleemoiìnas quam largiftime pauperibus , ac fervis Dei , tani Monachis, quam Canonicis porrigi juftìt . MilFarumque fole- mnia per quofcumque potuit , celebrare fecit , non tantum libi metuens , quantum Ecclelìae libi creditae prorpiciens . Fin qui l'autore dal Cardinal Baronio citato, dalle cui parole inren- diamo , che la comparfa della Cometa fu occalìone di darli a parecchie opere di pietà per l'imperadore Ludovico Pio , il qua- le , come narra il Muratori (i j , finì di vivere a' 20. di Giu- gno dell'anno 840. XXII. (i) Nel Te. IV. degli Anitattf Ital.(fag. j«o.> Dell'Accademia. 7J XXII. Ma il Lubk'metskì ofierva , poterfì credere per tutto ciò, elle gli autori ne dicono, quattro Couierc aver la morte di queir imperadore preceduta; una l'anno 837, un'altra l'anno 838, l'anno 839 un'altta, ed un'altra l'anno 840; e aggiugne , che rillringendo quanto più è pollìbile U numero delle Comete, fé ne deono contare almeno tre, riferendole agli anni 837 , 8j8., 83^- Gflerva poi, chcV Alsledio altre tre diverfc Comete rilerifce agli anni 840, 841 , 842; ma crede, che folo una Cometa apparilfc l'anno 842 nc'fegni dello Scor- pione, dell'Ariete, e dell'Acquario. All'anno 842. una pare ne riferifce il P. Riccioli , e di altre apparfe ne feqaenri anni fa ancor menzione . Deiìide ^ die' egli dappoiché della Cometa dell'anno 837 ha parlato), anno 842, qui fuit Jecimdus Lo- tharii 1 iterum Cometa in Adi due giorni fu preceduta dalla compara della Cometa, e diciam piuttofto, che W l. tibie nii'tski fa eziandio menzione di akre Comete apparfc nel fecoi nono. E prima all'anno 868 ne rifcrifce una, che fu fcguita da gra- vi calanuta nell' Inghilterra » e della morte di Lotario Re di Lorena-, avvenuta a' 10. di Agolto dell'anno 869. Ne rif;;rifce poi un'altra all'anno 8y8 , o 899, della quale per altro aflè- gna l'anno per fola congettura; giacché dagi antichi monu- nicnci fé ne la menzione fenza l'anno della comparfa in que- lla giiifa. Sub Carolo Jiniplìci rege Galliae -, (il quale a Re di Trancia fu eletto l'anno 862.} caejis ad Carnotum 13. Kal. Augniti Ó800. Normannis , mediante inenfe Martio apparuit Jlella a parte Circiiy emittens radium magnum fere diebiis 14. fcquenti autem anno fames magna per totam Galtiam . Final- mente un'altra ne riferifce all'anno 900; e benché fofpertar fi polla , che lia ella con la precedente a confondere ; con tut- to ciò vuol piuttofto l'autor citato diilinguere l' una dall'altra . XXIII. 11 P. Riccioli di tre iole Comete al decimo fecolo appartenenti fa menzione, cosi dopo le parole citate più fopra aggiugnendo (2) . Et anno 900 Oimetam praeter tnodum rubi- cundtim Jiibfecutae Junt magnae pluviae , 1^ anno 945 Cometa n/irae magnitudinis vijìis eft in Italia , quem fames ibi , i^ in Gallia fectita eft. Anno quoque 983, quo Otbo fecundus impe- rator ex moerore obiit , vifus e fi Cometes , cui fames , q^^ piBis pedi/èqua fuit . Ma. il Lubieuietski (3) annovera nel medelimo fecolo un numero aliai maggior di Comete. E prima all'anno 902 lie riferifce una, che avea verfo Oriente la fua coda ri- volta , e fa per 40 giorni veduta; e all'anno 905 un'altra ,che apparve nel mefe di Maggio , ed è dall' Eckftorm riferirà all' anno 904. Parla poi della Cometa dell'anno 906; e dice , che fu veduta per fei meli in circa. Tra quella , e quella dell'anno 945 tre altre ne annovera ; una delle quali l'anno 910,0912» o 913 fu veduta; giacché diverli autori, ad anni diverlì la ri- ferifcono , un altra nel fcgno del Cancro apparve l'anno 930; e la (1) Nel citato tomo. {pag. i;j.) (3) Tittit. Ctmtt.T: II. {pai. if j./ff^-) (i) Almut. T«. U. {p»s. i.) Dell' Accademia . 7J- eia terza l'anno 941 fecondo il Rockcnbachi o fecondo V E- ckftorm 942. Ambedue qaclti autori all'anno 944 riferifcono quella Cometa, che alrn col P. Riccioli ritcrifcono all'anno 945. Dopo quell'anno nel 964, nel 968, nel 975 » e nel 979 quattro altre Comcre veder li fecero? prima di quella, che apparve l'anno 985 ; fé par le dae prime confonder non ii vogliano in una fola in diverii anni da autori diverii riferita , come fofpetta il Lnbienictki. Di due akre Comete apparle fai finire del fecol decimo, una l'anno 996, e l'altra nel 999» o piurtollo 1000. fa menzione; e poi (1) anche nell'undecima fecolo più Comete, che il P. Riccioli (2). Quelli all'anno 1005. rifcrifce la prima con qucfle parole Anno 1005 Cometa afpeiìit horribilis vijus eff per tredecim nodes fub fefta Pafcha- iia y ut habet Io. Pmetori/is. Ma ed una al precente anno 1004 ne riferifcc il Lnbienietski , e dice, che l'anno 1005 ne appar- ver due. Amio Chrijli 1004 Cometa din vifas eft t dice della prima, (^ magnam fectim attulit annonae pecumam. Henricus imperator hoc anno in inteùore Germania Vundahs J'ibegit . E quanto alle feconde , riporta prima la Cometa dal P. Riccioli rammentata, apjjarfa per le felle di Pafqua, la quale cadde in quell'anno il dì 1. di Aprile; e poi un' altra dal P. Rn-cio/i taciuta , la qual veder lì fece il dì i. di Ottobre, e così dip- poi foggiugne . Duo dijlindi Cometae , ut circumstuntiae appari- tionis , (y durationis docent , hoc anno apparncrunt . Di una di quelle due Comete fa ancor menzione Sozomeno Pisiojefe con quelle parole : Cometes in auftrali plaga emicuit ; come li rife- rifce nella Storia Letteraria d' Italia (3). L'anno apprellìj fa per reftimonianza del Lnbientetski un'altra Cometa veduta ^ taciuta pure dal P. Riccioli-, il quale all'anno io':i9 rilerifcc la feconda tra quelle dell' undecimo fecolo, delle qjali egli par- la, dopo le citate parole, così agffiagncndo . jSf anno -, quo mor- tiitts ejì Ioannes 18 , vel ut aiii cliciint 19, mmpe unno 1009» Mpparnit terribilis Cometa verfus meridiem , qaem ignens fa- pies, èr pejìis Jecuta e§i -, ut ajfirmat Cirdanus 54. in Uh. z ds Aslr. lud ifid', foggiugne , c^ ^;;/;o 1027 pojì Cometis fttljionein tam dira peslis fuit , ut vivi ìnortuis jepctiendis non fn^csrent > in- (i) Nc-l tomo eiwto [paf. tjì. Affg.) {}) VeL III. liU. IL cip. H. Rua. V. (i) Nel tomo citi» . (/<»£. 6. fcg) 7®> Atti v ÌTffjitit Petrus SurdtiS . Ma tra le Comete del 1009 , e 1027 due altre ne aggiugne il Lubìenietskiy una all'anno io 17, ed un altra all' anno 1025. XXIV. Più altre Comete tralafci'a qui il P. Riccio/i; giac- cTic immediatamente dopo le parole citate, così loggiugne ; An- tio 1066. Cometes ante tnortem S. Eduarai regis Augltae oppa- riitt ; naì-rmite Henrico Spondano in Fpìtonie Annaliiim ; e il Luhienietski tra quelle del 1027 , e quelle del loóó. jic anno- vera altre fette. Apparve la prima l'anno 1031., la feconda nel 1038. » nel 1042. la terza, la quarta nel 1043., nel 1053. la quinta, la fella nel 1058., e nel 1064. 1^ fettima . lo lafcio di annoverar tra le vere Comete quel fenomeno, che dal cita- to autore è in quella guila defcritto . Anno ChriH't 1039., 8. Idus Aprili s iiiter orttim , t^ meùdìem ignea trabs mirae magvitu- àinis m eoe lo confpeóla est, quae dumjolem vicinimi occafui tran- Jiret-, in terram delahi vija f/?, ejufqne veHigia din in aere uo- tari potneritnt. Imperciocché quel fenomeno fu piuttoito un' Aurora Boreale, e per tale è dai de Mairan (i) riconolciuto . La Cometa del 1066. apparve per la P'ella di Pafqua , che cadde in quell' anno nel dì ló. di Aprile, e veder li lece per quattordici notti, fecondo alcuni autori; altri la pongono nel mefe di Maggio, e dicono, che fu per 40. notti veduta; onde io raccolgo , che efìcndo apparfa in Aprile , fu anche nel me- fe di Giugno veduta . Aggiungo, farli di qiiefl a Cometa men- zione nella Cronica di un'Anonimo Caffinefe (2), lampara in Napoli l'anno 1753. ài Frane e fin Alaria Pratilli nel quarto to- mo della Storta de' Principi Longobardi . Era dapprima quali e- gualc alla Luna, ma avendo poi una coda acquillata , mentre que- fta crefceva , la grandezza apparente di ella lì liiniinuiva , fin- ché alf'atto dilparve . Ma l'anno apprelFo apparve in cielo un' altra Cometa, di cui il P. Riccioli tu così m.enzione. Et anno io6j. alter ( Cometes) apiid Fiornovelhtm ; quo anno Alexander Pontifex jummus vexatus f'uit a Caclaloo Parmenji Epifiopo . Di quella Coiuera ci han lalciara memoria moiri Cronografi . E prima Sczomeno Pifìojefi (3} dice a quell'anno: Cometes in coe- lo (l) Nffl Trattato Storico, / Fifìca dell' fj) Hifl. Princ. Ltng. Te. IV. (p/tg.-;S.) Aurora Sanali, iei. IV. cap. i. (/>«#• {{) Si vegga il citit» luogg dcUt it«r, 1S2.) Lfttir. é' Ifl. Dell'Accademia. 7^ /» apparttit; e poi, per tacer di molti z\in^ Lupo Proto/pota (i) ne ha fatra in queflo modo menzione. Aiuo io 'ìj .mLUiJe Mm mortitus cft ConHantinus ... Imp. cT Michael filtns ejns { Pura- fiiìjciiis dicliis ) fitjci'ph imperi iim , & appuriùt sielLi Cometa , CJr Comes Norman iiiae Robert us fecit beUum cttm Arnaldo re gè Angloriim-, & vicit Robert it s , qui é" f^i^^^ ^^ rcx fuper gen-^ tem Aiiglorum. Ai feguenre anno ii Lnbieiùetskì nfecitco un altra Cornerà , rralafciara dal V. Riccioli con quelle pache pa» role . Anno Chrifti apparuit Cometa ignitiljìmus eorundnn malo- rum , (di liceità, di careltìa, e di pe.te) qitae diximus ad duor praecedentes annos-, index. E quindi ia tre anni con'ecanvi, nel 1066., nel loóy., e nel loóS. apparvero tre diitinte Co- mete . Ala per tre anni non ne apparve niun' altra tirio all' an- no 1071., in cui ne fu una veduta, della quale, e di altre due appartenenti all' undecimo fecolo il P. Riccioli ha così Icritro. Rurjus anno io-] i. pofl Jìellam novam verfus anjirum, éf occa- fum vijam apparurit Cometa longts , ac flammeis crinibus per dies 25., cui /imilis fuit fiamme US Co me te s anni 1097., y-V 1098.//» occajit appare n s ■, ut memorat Kecher'nannus ; q^ alter 1099.//» oriente locum per faltum mutans . Fa però il Liibienietski men- zione di più altre Comete, apparfe fu la fine del (ecolo, ne- gli anni 1077., 1092., 1095., \o<)6.-, 1097., 1098. , e 1099. » due delle quali fono le llellè , che le annoverate dal P. Ric- cioli nel fuo catalogo , e qualchcduna fenza fondanicnto è fia- ta dagli autori didinta dalle altri , come olferva il L'ibieuietski di quella dell'anno 1095. \n una Cronica C.iffuisje (2J ii n di quella del 10915^. menzione con quelle parole. iog6, fiella Co- tnetes apparuit . Hoc anno urbs Antiochena a Cbrisìianis capta, efi 111) unii quinta feria . Da Sozorneuo Pìslojfe (3; è ricorda- ta la Cometa del 1097. così: Comete s in occidentali plaga vi- fiis eft ; quella del 1098. è ricordata di Lupo Protofpota con le f^guenti parole: (4) anno 1098. menfe Oóto>ris app.iruit Jiella Cometcs , cj^ Chri^iani bellando venerunt ufqne A.ixiocbiam , e?* obfiderunt eam-, i^ menfe Aprilis oomprebe udente s hiterfeceru^it ibi plufquam 6o.mil. hominuìu ■, iterumque eommijfa pugna , Chri- fiia- (1) Hifl. Prìin: LoHgn',. To. IV. {p,t7. (3) Nel ciraro luogo della Star. Ltttef (i) llifi. Prive. Lineali. To.lV.{f.7£.2o.) (+) Nel luo2o ciuco (/rf^. yj.) *0 A T T J M'iam vicerunt , é" coeperunt multa fpolìa Turcorum . Et hoc anm e^mprehsiìja eft Qipna a Rogerio comi te me afe Mar t ti. Ma li vjol qui coi Prati/li oirervare , clic nella CroiiicaCufJtneJe ìmz- ce dell'anno 1C96. li ha a leggere 1097., e che in quelt'anno Antiochia fu prefa nel mcfe di Giugno, e Captta nei niefc di Maggio ; onda rimangono aflai dubbiofe Je due Comete degli anni ioy6. , e 1098. Aggiungo, che un'altra Cometa lì dee dire apparfa nel lecolo undecimo , fé tra quelH aftri annoverar ij vuole un fenomemo, di cui nella Cronica Cafp.ne [e citata (1) co?( (i parla. 1085. (o pitrollo 108 (5.) XUI. Kalendas Mirtii no^is ifìitio He Ila clariljiina in circiilum prhnae lunae iiigrejja tjì . Ma ciò laiciando , veggiamo , quali Comete riferifcano al duodecinvo fecolo il i^. Riccioli (2J , il Lubìenietski (3) , ed altri , XXV. 11 primo de' citati autori quattro fole Comete ri- ferifce al duodecimo lecolo a quello modo. Maximns quoque Cernete s apparuit amio 11 od. tempore qiiadrnge/rùrae ■,{ zàòét'm quell'anno la Palqua a' 21. di Aprile) quo Henricus IF.olnit.t ex Jo. Praetorio; nec non anno 1 141. Anno i lóp. Cometa hi Sco- tia appuriàt , cum duobiis longijjimis radiis ardens , lì?* iiigcns riiGrtuitJque efi Malcoinius IV. Scotoriim rex, diilus cognoi/wnto Virgo , ita refert Cardanus Uh. 2. /;; quadripartitnm textii 54. A^iho 1200. Haly Ben P.odoan Arabo-) cum juvenis aftronomiue eperam daret , vidit Cometam , cujus pars foltda triplo major ve- nere apparuit , i^ rotnndue figurae , ej'ifqne Incus in Gr. 1 6. Scorpii , (^ moveùatur mota primi mobilis ab oriente in occiden- tem , ita ut velocius moveretur contea Jignornm ordiuem , doms fervemt ad Gr. 15. Virginis ; ita ipfemtt in lib. 2. qradriparti- ti 1 C''p. 9. , e?' Cardanus ibidem textu S\- plnres circumftantiis tìfirologicas hujus Cometis deferì tens ex Haly ; fé cut a vero e il reheìlio in Africa-, de qua ìbidem. Tartarorum imperiavi tiiuff exordia fua iniit Ora la prima di quelle Comete dal Cronogra- fo Cafjìuefe (4) è riferita all'anno 1105., in cui pone la morte dei Ke Errico; ma olTerva il Pratillit che l'anno 1105 fu dal figlio imprigionato quel Re, il quale, come atteilan gli autori dell'Arte di verificar le date (5) morì a' 7. di Agollo del i io<5. In (ì) K>I ciraro Incgo f/'ug. 79.) (%) HiJI. Prive. Leagtla. tco. IV. (Jtf (:) /Imxg. T(.m. V. (fag. 7.) «2.) [f) Titti. Coeist. To.U..liii>'g. iS>?-/tsg-) (j) Tir- II. (^j?^. 4j|.j Dell* Accademia . 8 ìt In queft'anno la Cometa di Ogige -, della quale Ci è più volte parlato > terminò il fuo periodo di 575 anni, come oflerva il Freretì (i) e tornò a farli vedere. Ma prima di quell'anno me- delimo due Comete annoverate dal Lubienietski erano apparfe, una l'anno 1102, e l'altra l'anno feguente 1103. All'anno 1107 ne riferifce egli un'altra di color fofco,cheper 40 giorni veder li fece con lunghilTiiTia coda ; ed ai feguenti cinque anni j iio8, II 09, Ilio, iiii, e 1112 altre cinque; onde nova diverfe Comete egli annovera ne' primi dodici anni del fccolo. \\ Cronografo Calji)iefe all'anno 1109. rifcrifcela Cometa del fe- guence anno (2) ; al quale una ne riferifcono ancora Pietro Diacono (^) -, dicendo, che apparve a.' 6 di Giugno, e una O'o- nica di S. Sofìa (4) , dalla quale Tappiamo, che fu per 30 gior- ni veduta. Per ire anni dopo il 11 12 non lì vide niun'altra Cometa; ma una ne apparve l'anno 11 15, che per fei meli atterri col fao afpetto qae'miferi mortali, i quali per la coni- parfa delie Comete a que' tempi lì fpaventavano. Qiiattro anni appreflo nel 11 19. ne apparve un' altra nella prima fettimana di Qjareiìma, e li moilrò rifplendenre nel ciclo fino alla Palqua, caduta in quell'anno nel dì 30. di Marzo. Negli anni 1125,^ 1132., 1133. ne furono olFervate altre tre, prima di quella del 1141., eh' è la feconda nel catalogo del V. Riccioli-, e in quel- lo del Lnbianetski la quindiceiima del duodecimo fecolo. Do*» pò quattro anni ne fu un'altra veduta nel Maggio del 1145.JV di cui e il Lubienietski fa menzione , e prima di lui Giovanni da Bdzaiio in una Cronica di Alodena pubblicata dal Muratori. (5) Ne ta ancor menzione il Cronografo Ca 'fìucfe-,{6) ma riferendo- la all' anno p"ei.edente 11 44 , perchè nella (da Cronica, come of- ferva il PratiUi , tutto è riferirò un'anno innanzi . Venti anni ap- prell'o altre due Comete C\ videro , fecondo il Calvijio citato dal Lubienietski ■» appreifo il quale così fi legge . Anno Chrifii 1165. Cometae duo hoc anno fimul apparnernnt ante foUs exortum , quo- rum alter ad aiiHrtim fiiit , alter ad aquilone m . Di quelle due Co- mete doverli ciò inrendere, che il P. Riccioli dìcQ della Co- meta del 1 1 69. , crede lo Itefiò Ltibienietski ; perchè il re Mal' L col- (0 Nella fna dilT cit»t« . [pag. "ìSi.) (y) Nel tomo XV. àfi^W Scrittori dilla ct'> (1) Nel luogo citato. ( pig. 85.) fé Uniche . 'col. S<:6.) (3) Hiff. Princ. Lotigoi.tom.lV.(pe£. 83.) (6) Nel luogo citato, {pog. yj.) (4) tìtjf. (it. {pag. 378-) H .Atti colmo, 0 come egli chiamalo Milcolombo l'anno 11(^5., o il fe- gucnte fini di vivere. Aggiugne all'anno 1172. un'altro feno- nomeno , che dopo 1' Eckftorm così defcrive . Anno ChriHi 1 172. Qìrcìter in vigilia Nativitutis Domini in occafu dnae ftellae ignei color is , quorum una erat magna -, altera parva -, upparuere ffue- ruJitque initio quali conjimtìae , pojtea clisjuntìae , e" longo Jpatio diftantes apparerà dejierimt . Ma dubira poi , le lìriatto teno' meno debba aver luogo nel numero uelle Comete > così aggiu- gnendo. Subclubito, an hae fiellae inter Cometas poni debeant . Ego quidem autori tate Ecksìormii hoc facto-, rem t amen non de- cido. Finalmente aggiugne un'altra Cometa ali anno 1180. ;ed cliii fu l'ultima tra quelle del duodecimo fecolo , che il P. /J/V- (ìoit ha tralatciate, fc pure non fé ne voglia un'altra all'anno iiyy., taciuta ancora, yhl Liibienietski. XXVI. Certo Cejario nel libro X. degli Excerpti delle Storie memorabili pubblicati dal Leibnitz (i) parla in maniera» onde lì polla inferire, che l'anno 1x97. appariife una Cometa. Dice egli primamente a quello modo (2) . Po/i mortem Henri- ci imperatoris ( parla di Enrico VI. morto in Al:iljiiia a' 28. di Settembre del 11 97. ) cnm de fuccejjore Coloniae in palatio tradarettir y poft meridiem vifa eft ftella lucidijjima : tane cur- rentibus nobis in curiam Epijcopi omnes illam vidimus tfed quid portenderet vi/io tam in [olita Jcire non potuimus . P«co dappoi così foggiugne. (3) Similiter hoc anno per dtias hebdomagas vi- fa eH pofl folis occafum Hel'a tantae magnitudinis , ut ad inftar ignis Jplendorem de fé emitteret . Judali ajferunt ■> eam fiiijje fi' gnum adventus fui Mefjìae . E annoverando finalmente le ca- lamità di que' tempi, cosi profiegue a dire. (4). Videtur nO' /Iris temporibus y quod Dominus in Evangelio (Lue XXI. tom. II. ) dicit : Surget gens contra gentem , & regnum adverfus regnum, Scterrae motus magni erunt per loca, & peitilentia, & fames , temorcsque de coelo , & figna magna . Licet de bis aliqua dixerim exempla , fupppraddam nunc plura . No^ris tem- poribus gens Saracenormn , duce Saladino rege Syriae , fure- xit cantra gentem Crijìiafwrum ^ a quo capta eft Jertìfalem (1) Nel tomo II. dpgli Scrittori defit cofc (3) Lib. cit. CJip. XXVH. Brufviceiifs, ftqmpato 1' »nno 17 io. (+) Lib. cit. c«p. XXVII. (») UV X. cap. XXV. ifa£. f jf. } Dell'Accademia. Éf tum terra ptfjffa . Cantra qiiavi geutem perfidam tres vìdimiis ex-^ ptditìoiìes maxi mas fide lìiim ; prima fuit jiib Frederìco imperatore^ fecundajub Henricofiiìo eJ!is;tertia fiib Frederico, qui hodie imperat. Noflris , iììquam , temporibus geìis Latinorum farrexit coutra Grae-' (OS , illorum perfidia provocata , coepitque ConHantinopolim ,é^' ma- gìiampartem Graeciae. Circa eadem tempora vianifeftari coeperunt haerefes Alhi^enfium , «««'1? zeìofidei conturbatae funt gente s catho- licorum , is^ inclinata funt regna , ut potè Franciae , ^^ Hifpaniae ed il li US deftruBionem-) fed non dum eii finis . Ut enim taceam de regnis gentium infidelium , quanta fuerint bella Inter regna fide Ha ìU ti regna Francorum adverfus regniim Anglorum-, inter regnum Alemaniae cantra Gallar um regnam , novimus omnes i ^)uaedam etiam gens (i Tartari-, come il Leibuitz ollcrva) alino praeterito intravit regna Retitenornm -^ (^ totam ibidem gcntem unam delevit , de qua nobis couftat , quae fit , unde ve- niat ) vel quo tendat . De pejìilentiis > ì;^ fame legimus jalìs non in libris -, fcd i'z prejfuris nodris posi martetn praedicli Hen' rici imperatori s t'inta fames erat , ut maldrum Jiligìnis in Ale- mannia marca Colo nisn fiumi &" in qiiibnfdam provinciis de- cem (i^ oSfo Jolidis venderetur , (2?* exmagnitudine !amis popnlas hinumer abili s extingueretur . De terrae motibns per loca nova t ^ magna tibi referan miracula . Così fcrive Cefario fotte la nota d^ir anno 1 207 , ma certo narra cofe in altri anni avvenute j e qaindi par più probabile, che al precedente fecolo , e al anno 11975 o ai feqienie 1198. li debba riferir la Conieta annoverata da Cefi/ria tra le calamità de' fuoi tempi : e appar- fa dopo la morte del imperatote Enrico VI. Pare però , che di un'altra Comera apparfa l'anno 1207, faccia menzione, ove dice, che queir anno ancora, cioè nel 1207., eh' è al prin- cipio della narratione notato, iì vide per due fcrtimane un' ardentiflì na llella . Ma ciò per ora lafciindo , veg^alì ora di quali Comete il P. Riccioli , fi) e il Lubienietskì (2) facciaa menzione nel fecolo tredicelimo. L 2 XXVIL fi) Tomo n. Atmag. [pag. 7.) (») Tbtat. Cumtt, tomo II. (fag, »iy. /egg.) $% Atti XX VII. Air anno fecondo di quel fecolo il Lubìenietski-, ed il P. Rìccioli all' anno undecimo liferifce la prima i laician- do ambedue di far parola di quella , che poco prima ho det- ta ellcr probabilmente apparfa l'anno 1207. E quindi tre Co- mete veder lì fecero lui principio del fecolo; una nel 1202, la lecondo nel 1207.1 e la terza nel 121 1. Altre due veder fi fecero nel 1214., come riferifce il P. Riccioli-, il quale ta- cendo le prime due , cosi delle altre tre del fecolo ci da notizia . AiihO izii. falutis reparatcìe ■> Menfe Majo Cometa vijus eH -, e nuda fitper Rufiiam porrsBa -, dnravitque dies 18. linde itiun- datioTurtarorinn in Mojcoviam ■, «^ Ajfyriam ■, ut refert Spon- daìins ili Epitome Aniiulium-, iS" Io. Praetorius . Se d mino 1214. duo Jimul Cometiie in Scotia apparueriint -, unus mane praecedens-, alter vefpere Jtibfeqnens folem ■> quo anno injignis prudentia ■> (jy fauBimonia rex Vuildelmus annorum "j^.St eringi obiit -, { a 4. di Dicembre ) ut habet Heilor Boetius lib. 13, HiB. Scotorum. Qui poi lafcia 1' autor citato lette Comete apparie negli anni iii5., 12170 1219.» 1222,, 1223., 1230. , e 1238., come dice il Lubienietski. Anche Giovanni da Bazano ha lafciata memoria di quella, che fu veduta l'anno 1222. con le fe- cuenti parole . MCCXXII. circa festum SanBi Michaelis appa- ruit ile Ila cometa a latere Jero , quae erat in figtio Scorpiouis . Dopo quefte fette Comete ne apparve un' altra , di cui il P. Riccio i ha così ftritro . Iterum anno 1 240, in oriente Come- te s apparuit , crinibus ad ujque eoe li medietatem exporreólis , (^ pervenit ufque ad poliim , ut oculatus teHis affirmat Al- bertus Mag. lib. 1. Me ter. tr- 3 cap. 5- ■> &" t-'ix intra (ex Metifes extinBus e^ te^e Daniele Santbechio lib. de obferva- tìonibus prop. 1 9 , quo anno Tamerlanes irrupit in Ajiam , ut habet Pontanus . Sed hunc Cardanus in lib. 2. de Aflror . Judi- cìis textu 54. confert in annum iz6o.-> dicens mortuum effe il- io anno Urbanum Pontifcem , quod falfitm eli: alreruter porro errar it in numeri. f MCCXL.pro MCCLX.t a ut vici/Jìm. I Ifcr tal- fo ) che l'anno 1260. morille il Papa Urbano IV., fi vedrà tra poco ; e per ora oiferverò , che il Lubienietski fa Tamerlano di un mezzo fecolo anteriore all' anno 1240., che ancor egli perù pone in queft' anno la comparfa di una Cometa, e niu- nanon riferifce all'anno 1260.; che finalmente all'anno 124 1 na ne Dell'Accademia. Sf: ne riferifce una la quale fui principio dell' anno apparve , e veder li fece per 30. giorni, il i^. Riccioli quella Coiueca tia- lalcia » ma dopo le citate parole così imnicdiatameme fog- giarne . Alino 1 254. Cometa in Germania per aliqaot Mcnjes conf- picims fuit » fequeiite vehementi copia veutorum . Lalcia egli altresì due polteriori Comete, una delle quali d' immenfa grandezza fu in Inghilrera veduta l'anno 125 5.» e T alerà ap- parve nel 125Ó. , come narrali Lubienietski . Ma e quelli, ed il P. Riccioli altre due Comete tralalciano , le quali deono qui aver luogo . Fa di una menzione una Cronica SneJJ'ana eliiten- te in un codice della Libreria della noltra Cala de' Profefll in Roina , e pubblicata nella feconda parte de' fuoi Viaggi dal P. Francefcantonio Zaccaria in quello modo (1). Anno Do- mini 1258. die Martii ( forte MartisJ 19. Menfis Febbruarii posi Completiorium partim ante occafiim folis fuit magnns , e?* w?ii- nifeshis terremotus Suejfae -, qs" fere in omnibus aliìs civitati- biis , éf i'i quibufdam Jatis damniim aiinlit , ita quod Campa- nae Alonafterii Sandi Germani , éf Ecclejiae Sanóli Matthaei propter mmiam pnljionem diBi terremotus ex fé fonuerunt , quo anno in aesiate fuit maxima penuria viéìualium , ut fupra , fed fuit valde jalnbris •, d^ dominabatur ditìns Dom. Manfredus princeps Tarentinus , ^^^ dicio anno fella magna in oriente vi- Ja est a die Nativitatis Domini ufque ad terremotum . il perchè quella Cometa apparve fu la fine del 1257., e fu veduta fino •a' ly. di Febbrajo del feguente anno 1258. Dell'altra poi Guglielmo Ventura (z) ci ha lafciara memoria a quello modo. Stellum Cometam admìr abile m vidi 1263., cujus ortus in orie^i- te circa horam prim.vn galli cantus , (zjr in ortn ejus corufca- bat , (icut fornax ardeus , posi forma ejns rotunda in modum rne- àietatis Luna . Coma ejus erat magna , ficut magni equi , per plures partes divifa , i^ occafis ejus fuit verfus meridiem , quae vifa fuit per menfes jex , ^ ìion amplius . jQjtidam vero phi- lojòphi exisìimantes dieebant , rex mvus veniet re^nuturus in trbe. XXVIII. (i) AH» pag ttif. p«» nel tomo XI. Ae^tiScrittori ddlt (») Neil» Memiria dette e»fi d' Afli àtx^^ cofe Italicbe . 8<5 Atti ^,, XXVIII. L' anno apprelTo apparve un' altra Come fa 'j della quale il P. Riccioli così ha l'cntto immediatamente do- po le parole, che più l'opra ho citate. Et anno iz6^ iugens Oììmta apparuit in oriente Jub iiiitium Aagufti -, <Ì3^ fuljìt per é^es 40: initio oriebatur duabus horis ante ortum folis -, ìnagnusy dar US » q^ comam longam , ac latam dijfundens , qiiae in dies viagis defecit ii3^ foli adjanBa eji ; jìchabent Annales Colmar ien- fes . Hoc vero anno conflai mortuum effe Urbanum IV. fub ini- tiiim Odoùris , cujits mortem vifus e fi pr^enunciajfe Cometa praedidiis , ((ni vifus e fi in Ptolemaide , in Italia , /'« Gallia , ut ait Bzovi/is in Annalibus , 1^ de eodem loquitnr Poutanus in centiloqniam\ Ptolomaei apborifmo ultimo diceits . Anno mille- fimo ducentelimo fexagelimo quarto a natali Chrifli die , Men- fe Augullo crinita itella in orientis coeli parte vifa eli, quae ab ortu ipfo ad medium coeli crines derfunderet , fullìtque circiter mcnlìbus tribus > nec ante deliit videri , quam Urba- nus Pontifex Max. diem obiit,inde Carolus cum exercitu mo- vie ex Galliis, fuperatoque Manfredo regnum Neapolitanum occupavit : ^«o;;//?/« tamen Juccsjjor Urbani Clemens IV. non fuìt tleBus , nifi anni 116$. Februario ■, fortaj]e hunc cometen ad an- num 1275. trahit Io. Poaetorìus ; fed Funólius , (^ Camerarius conféntiunt cum Annalibus Colmarienfbus ■■, proivde Cardamis hunc (um altero^ con la Cometa del 1240. , di cui li è parlato più fopra) confudit ì &" credendmn poiiiis Pantano-, qui verbi s , «0?/ numeris annum dcjignavit . Può foipertarlì , che quefta non ila diverfa dalla precedente Cometa, giacché la fola du- razione 1' una dall' altra diflingue. Ma che che fia di quello, Sozomeuo Pifiojefe fi) dice della Cometa del 12(^4, che prae- grandibus , ac lucentibus radiis per nonaginta fere dies in coeh emicuit . Della fteira GomeKs Iacopo dalla Voragine Domenicano^ ed Arcivcfcovo di Genova (z) parla a qvieilo modo. Anno JMCCLXIV. flella cometa apparuit , trahens pò fi fé caudam ma- ximam lò^ ìgnitam-, fiirgens a plaga aquilonari • \^ pergens ad fhigam orientfilem . hicaepit autem apparere prima die Augu- fli ì i^ Ecclejiae rebellaverat t in Oin- tìibus Jiiperavit . Anche Stefanardo da Vicomercato pur Dome- nicano, (i) defcrive la flella Cometa con quelli vedi. Turbatitis regna Cometis Sidus Jìgna dedit caiidam fundentis ad auftrum Axe l'ub Ariloo vijam ; nam cladis amarae Parte vel occidua micuit , quod nuper Ibero Se mergens pelago , fumumque effudit Eois > Prodiginm majoris erat , Jiragìfiiue fiutar ae . Della lleiia Cometa così S. Egidio ci ha lafciata memoria ali*' anno 1 264. (2) Stella » quae dici tur Come te s , apparuit > vide lice t' in oriente ante orttim dici , po^ flellam matuùnam : apparuit ficiliiet ante auroram ciim radiis multis : ipfi ejits radii longe % lateque apparuerunt > antequam circiter ipfia fiella Cometes . Jgitur veloci curfiu laboravit ipfia flella Cometes ita > quod prae- eurrerit , (j^r longe verfius meridiem praeceffit flellam matuti- tiam 1 idell Lucifierum . Vi; a e fi circa fieflum Sanóiae Mariae Magdalenae primo , ^ ufique ad oclavam San^i Augufiini ap- paruit. Di più Simon dalla Tofia (3) all' anno 1264. così della Itcllà Cometa fcrive . Del Mtjè d' Agofio appario la ftella , ch^ era fiatta come fuoco » /'// Firenze . Fue del Me/e di Agofio , f bafio in/ino a Novembre j lucendo iufino a mezzod) . Finalmente Paulinio Pieri ì (4) per tacer di molti altri, parla della me- deilma Cometa a querto modo. Nel mille du^ento fiejjanta quat- tro apparve una flella , la quale uvea una grande chioma di die- tro di fiuoco t che levandofi da oriente con gran lume inaino a, mezzo il cielo rtfiplendea ver/o occidente . ^esta flella fi vide tre {i) pcgejlìs in Civìtatt Mediolaitì , Sto- (j) '^eWx Cronica con sirre St»m,iata i< ria dal Muratori pubblicata nel citato Firenze da Doimnico Maria Matiui 1* tf>"'o- inno l'/ij. (i) Nella Cro'iica . i»\ Lcihnitz nel remo (4) Nella Cronica illn!Trata dal Car. An- ìl\. ì\q^\\ Scrittori delle s*ft Erufvi- toitfilippo Aliami, e ftampatiLi ii!ow« «»»/»■ ftampit». Taane 17J0. tf Atti tre Me fi , e tla wolti fu guardata per gran maraviglia ì ér là notte , ibe Pupa Urbaho mor) , fi celò -, i^ non fi vide pili . Hue- iia fi aij]e , cbe fignifico la morte di detto Papa , c^ altri dij/e- ro t che fignifico la venuta del re Carlo che dovea ejjère . XXlX. Ora da tutte le recate teftimonianzc aj par chia- ro, che la Cometa» di cui qui parlo, aprarve nel 1264, ben- ché Riccohaldo da Ferrara (1) la riferifca all'anno 1265. An- che la morte di Urbano IV. li dee riferire all' anno 1264, giac- che gli Autori dell' Arte ai verificare le date (2) aiìerilcono» che Urbano mor) in Perugia a' 2. di Ottobre \2(>ù^-,dappoicche uvea tenuta la finita Sede tre anni , un me fi , e quattro giorni . La [anta Sede fu vacante quafi cinque Me fi dopo la Jua morte . Anche il Mur-atori (3) a' 2. di Ottobre di queir anno 1264. pone la morte del Papa ; e fu fre"^///*" , foggiugne , che una gran Cometa , la quale incominciò a vederfi di Ago^o , e fparve , allor- ché egli mancò di vita-, avejje predetta la (uà morte . Aggiu- gncrò folo fu quella Cometa , che eifa e la prima i cui ele- menti lìano ftati finora calcolati , e fi trovano nel Supplemen- to alla Tavola degli Elementi delle Comete , ftampata in fi- guito delle Tavole del Sig. Halley (4) . Venendo ora alle altre Comete del trediceiimo fecolo , il P Riccioli dopo le parole citate più fopra , così foggiugne . Addunt Annales Colmarien- fes-, triennio poH -, nempe anno 1267. ortam fuìjje flellam in ortu filis pulcbram , é^ magnani prope limam die 18. lulii-, quae magno impetii progrejja a luna verfiis crientem ad medietatem hemifphaerii , reliqnit pofl fi comam , feu nubem albani -, cb" in- cenjaniì quae pariter ejje defierunt . Et anno 1268. Comete s mi- rae magnitudinis Jub meridiem ( magno utique miraculo ofienti ) plurìbus di e bus vijus eft in Scoti a-, ut narrai Cardanus in lib. àe AHr Jud. text. 54 , qui huic tribuit clades ingentes in Scotia a ventis ortas . Lafcio qui di olìervare, che all' arno 1269. la feconda di quelle Comete altri riferifcono apprelTo il Lu- tienietski ; ed oflervo piattello , che quello autore riferifce all' anno (i) 1n}in»CompilatìoHf CroHolg fica, pnh- 11S4. blicata dal Muratori nel tomo IX. de- (^) Nel tomo II. dell' Aftronomìa pubbli» gli Scrit. delle coff Italiche. cata in Parigi l'anno 1764. d?.ll' Acca- fi') Tomo II. [piig. 387.) demico de la Lande, lib. XIX. (/i»^. (3) Negli Annali d' Utili» , »ir anno iiSj».) Dell' Accademia . 8^, anno 127.3 un'altra Cornerà tralalciata dal P. Rìccioli. AH' anno feguente poi un altra Cometa > tralafciata da ambe- due gli autori citati , da Sozomeno da Piftoju è riferita con quefte parole . (i) Stella Comete s tribiis die bus aiits obitim B Thomas ( lini di vivere il Santo Dottore a' 7. Marzo del 1274. ) apparititi deindeque ipjo Thoma deficiente stella evanuit • Anche il P. Ferdinando del Caviglio {x) della {Iella Cometa » e delle medeiime circoflanze ci ha lafciata me- moria . Tre notti > die' egli , avanti che il Santo paffaffe di que- fta vita , fu vijìa [opra di quel Mon aiterò una nuova /iella Jpleit- dida a maraviglia ■, iS" di tanta luce , che talbor Ji fcorgeva an- che tra giorno ; via di notte pareva un fole , ne mancò mai •, fin tanto che egli fpirò , che in quel punto difparve fubito > nel qual difparire mojìrò , che quello era flato la cauja ■> e quel tanto t e' bave a voluto jìgnijicare . All'anno 1283. il ^- Riccioli annovera un'altra Cometa, ed un altra all'anno 1298. con le fegucnti parole. Anno quoque 1283. ae fiate vi funi Come tam^ quo tempore Adolphus imperator ab Alberto vitìus in praelio fuerit -, narrat Io. Praetorius : Anno 1298, ut referunt Spon- danus t lìs" Bz,ovius in Annalibus ■, tantus repente terrae mot in in diverjis mandi regionibus accidit -, ut omnium memoriam fu- perarit-, fuitque in die fé [io S. Aidreae, 0^ /// fine Navembris appiruit Comete s . Ma primamente è tallo, che 1' imperadorc Adolfo folle vinto, ed uccil'o in bartaglia l'anno 1283. L' an- no 1292. fu egli proclamato imperadorc a' 20. di Maggio; a' 2?. di Giugno del 1298. fa depolto, e fu eletto in in fuo luo- go Alberto duca di Auftria , e quelli lo vinfe in battaglia , ed uccife a' 2. di Luglio dello ft^fTo anno. (3) Poi in quell'anno» oltre il P. Riccioli t anche RitobalJo pone una Cornerà, non nel Novembre, ma nel Gennajo . A.ialbt^rtus diix Aaitriae ■, àì- ce quello Cronifla , quondam Rtdilphi i.ntteraroris filius pri- mogenitus fucefi^ i:i regno y pere npto Andiilpbo imperatore in praelio . Stella Cometa apparuit Menfe Januarii , paitcis tamen diebus , Ì3* parva . Qj,iadi io fofperto , che non li vedelTe niu- M na (i) Nel cit. voi. III. della Star. Lett. d' ftnmpata in Venezia l'anno I5»p. {pag. Itili. 418. (1) Nelli par II. deh' Hiftori a gtiiertil; di (3) Si vegga 1' Arte di verifi.are le date S. Dom.HÌco , e dell' Ordine fui) de' temo II. (fg- +57-) Predicatori , tradotta in italiano , e jjios- Atti na Cometa l'anno 1283, e che la riferita dal P. Riccioli a q..eli'anno riferirli debba al 1298. 11 Litbienietskiy che un' al- tra Cometa riterifce all' anno 1273 , un' altra all' anno 1282» una ter/a all'anno 1285, ed al ieguente 128'^, una quarta , penfa che quella, eh' è dal P. Riccioli riferita all' anno 1283 , riferir lì debba all'anno 1293. Riterifce peraltro anch' egli una Cometa all' anno 1 298. , nel qual anno due Comete elìere apparfe> li potrebbe fofpetrare con fondamento ; perche Rico- baldo una picciola , e di poca durata ns pone nel Gennajo » ci il P. Riccioli ne pone una nel Novembre, nel qual Mefe la pongono altri autori appretto il Lubienietskij i quali aggiungo- no > eh' ella fa di maravigliofa grandezza. Lo ftellb Lu- bieiiietski z^i ■anvÀ 1299., e 1300. rilerifcc due altre Come- te , iralafciate dal P Riccioli ; e poi ambedue gli autori citati pailàno alle Comete del fecolo quartordicelìmo . (i) XXX. Delle prime tre Comete di quello fecolo il P. Rìc- cioli ha così fcritto . Deiiide anno 1301. ante mortem Q:roli Mar- felli , c^ Andrene regis Himgariue alter Cometa fpi'ilatiis fuit ex eodem Spandano^ Et anno 1303. Cometa-, ut columna ignea dejcendens , ac max reafcendens , ut re feri Keckermaujius Uh. 6. Phyf. Syft. pag. 894. Moxqne anno 1305. Faj'chalìbiis feftìs Co- meta peHis per univerjum orbem grttjjatnrae mmcius fuit , in- quìt lo. Praetorius . (^i-, agji gne lo Itelfo autore alrre tre Co- mete annoverando , addit anno 1312. Cometam per 14. dies fé vi- dendum praebuijfe : alterumque Jequenti annacqui a jeptentrione verfus meridiem procurrebat , fecutus Murtis mottim ; ac demum anno 13 14. Cometem in fine Virgiuis comparuìjjè per tres hebdo- madas , S" flamnnim direxiffe verfus Aqtiìlonem , tuncque fuijje fa- mem maximam in Lithuunia , é'' adjacentibus regionibus , pluvias per totam aeftatem , (y inde pejìem , quibiis tertiam partem vi- ventium abfumptam fuijje . Phiiippus Pnlcher rex Galliae 29. 'Novembris moritura equo inter venandum excujfus. Tralafcio qui di ollervare qualche sbaglio di cronologia, in cui l'auto- re è caduto nel rammentare gli avvenimenti , che feguirono do- po la comparfa delle riferite Comete. Oflcrvo pintrolto, che il Liibienietski un'altra Cometa riferifce al anno 1302; un'al- tra (i) Hic,;iol. Almig. tomo II. (pag.j.) Lal't». Tèe»t.Comtt.tomoU. {p/Jg- ^'^9-As-') Dell' Accademia . pt^ tra all'anno 1304., la quale durò per tre mefi ; un' altra ali* anno 1307.; onde fecondo quello autore nove Comete, non fci l'ole, turon vedute. A quelle nove una decima fé ne può aggiugnere , della quale Simon della 7o/i (i) lembrava aver fat- ta menzione all'anno 1309. con quelle parole. E a d) 10. di Maggio di notte apparve in aria un gran fuoco , grande qiiafi come una galea » e andò d' aquilone verfo meriggio , e fu gran- de maraviglia. Lo Hello aurore poco innanzi fa ancor menzio- ne della prima Cornerà del fecolo a quello modo. MCCCi del Meje di Maggio furono cacciati la parte Nera di Piftoju ...E in quefl" anìto di Settembre apparve in cielo la flella Cometa ■ Di quella del 1305. ci ha lafciara memoria Corrado Botane cirradi- no di Brunfvicb , (2} da cui fappiamo , che apparve nelle Fe- lle di Pafq.ia. Ma io dal numero delie prime dieci Comete del fecolo q lattordicelìmo efcladerci volenrieri quelle del 1303 , e del 1309 , perchè e la colonna di tuoco del 1303 , e la ga- lea p'ir di fuoco del 1309., mi pajon piurroflo due Aurore Boreali. (3) Anzi dallo lleifo numero efcluder fi dee airresì la C )mera del 1302., onde le prime dieci Comete del fecolo lì riducono a ieice, apparfe negli anni 1301, 1304, 1305 , i-?o7, 1312, 1313, e 13 14 ; beicbò della Cornerà del 130Z. ci ahbijn lafciara iiiemo'-ia Ricoba'do da Ferrara, (4) e un au- tore An.)nimo degli Annali di Milano (s) . XXXI. Ne pana il pri i o aquc.lomodo. MCCCIL die XI. FehriiarÌ! , qnod fuit primtrn Sabba /im 0'iadragejii:ae , appa- riiit jìclla vacata Cometa futurornn .naloru.n pr aenuncia , habens eaudam , feu potius comam a parte fiiperiori , quae apparuit per totam Qjiadragej'ìmain-, aug'sndo quoti die aliqnaliter comam uf- qag.i'{^.) (3) V:^t iittoW de Miilrnn non ne fa parol» . (a) In una fua Cromica, fcritta in lirigi,a (4) N 1 tom. IX. degli Scrittori delle c»- Saffona pìtnirara , e dal L;il>nìtz inf'- /.- Ituliche . tifa n-1 forzo temo degli Scrittori dtl' (j) Nel tom. VII. dell» citaU CoUczioat /.■ cùft Drufaicf^. utilifliina MuraSoiianat 9Z Atti ^um ) appareus pixta folem , habejis caudam > videhatur ab uno bracino uj'que ad duo brachia » ne e folis lumìne obfcurabatur , qiiin videreturì qtuie admiratìonem-, ^ magnitudine m futuro- rum malorum , i^ timorem intelitgemibus ìntulit . De v atura au- tem Cometarum ì e?' earmn fignijicationibus jic fere fcrtptum re- perì per Docfores pbi/ojopbiae . .. . primo quod Cometa jecundum philofopbum eft biella a materia exhalaftonis calidae , i^ Jitcae , tir* Igne caufita... item quod omnes Cometae univerjaliter /igiéi- Jicant malam » in quo concordant omnes philofopbi , q^ ajìrologi . L'altro poi così dice , quali copiando le parole del primo. Anno MCCCIL — die XL. ( Fcbruarii ) qnae fuit prima dies Domiui- ea Quadrage/ùnue , apparuit Jiella Cometes -, incipiens apparerc Jingnlo fero inter meridiem , ei^ occidentem , occafum fumn pniens ad occidentem . Quae apparuit continue per totani Qjtadragejt- mam ■, habens caudam , feu potius comam a parte fuperiori » au- gendo qnotidie ejus comam aliqualiter ; adeo ut , quae prius vi/a fuerat in menjura duorum brachiorum-, vel trium tpoìtea paula- ftm creverit ad menfuram unius perticae , é^ ultra . In bebdoma- da autem fannia ejus coma mirabiliter crevit per tres dies in piodum flammae longilftmae , ita ut prima die videretur ejje lon- ga bracbiis XXV. yfecunda die longitudinis brachiorum L.-, tertia vero die brachiorum CC , (^ multo plus . Ulterius non apparuit de nocle -, fé d per dies oclo feguentes apparuit de die , incipiendo die Mer curii janBo , apparens jtixta jolem longitudinis bracbii nnins cum dimidio . Nec folis lumine ojfufcabatur etiam in meri- die. Quae admiratìonem -, li^ futurorum malorum timorem gen- tibus inthlit : quum omnes Cometae focundum philojòphos , quam aHrologos -, multa mala jignificent » fcilicet inundationes aquarum j terremotus , careftias , fames , mortalitates •, guerras > mtitatio- nes domiìiiorum -, dijcordias , fediiiones populorum -, mutationes fedariim , ds" legum •, morte s regum -, ér principum . Et haec vi' <&, é^ legi infcriptis Dociorum pb lojophiae fuper librum Meteo- rorum . Ora pare , che il Muratori creda doverli all' anno 13 i 2. riicrir la Cometa , che i due citati Cronologi riferifcono all' anno 1302; giacché l'indica con quefte parole (i). Cometa an- no 11.01. t feu potiits anno 13 12. vifus. E per raoilrare, eh' cr gii (i) Nell'Indice al citato tomo IX. degli Scrittori dilli ctfe Italicbi . Dell'Accademia. 93 gli ha ragione di creder così , lafciamo ftarc , che in ambedue i citati fcrictori li trova all'anno 1 302. riferita la Conica dopo la narrazione di altre cofe avvenute molti anni dappoi; lafcia- mo ilare , che negli Annali di Milam V annotazione dell' anno è lontana dal racconto della Cometa ; e lafciamo ftarc final- nicntc, che nella Compilazione di Ricobaldo per la fola orniilio- ne della nota numerica X. liali potuto agevolmente mutare l' anno MCCCXII. neir anno MCCCi!. Cena cofa è , che 1' anno 1302. il Mercoledì delle Ceneri cadde nel dì 7. di A4arzo ; onde è cofa certa altresì , che in quell'anno il dì 11. di Febbrajo , in cui il dice , che la Cometa appariife > non poreva effere né il primo Sabato» né la prima Domenica di Qaarelima. Dicendo adun- que ambedue i citati Cronologi, che la Cometa fu veduta a- gli II di Febrajo, nel qual dì fa uno cadere il primo Sabato» l'altro fa cadere la prima Domenica di Qaareiima, è manile- fto> che non poilono eifi parlare di una Cometa apparfa 1' an- no 1302. Ma l'anno 1312. cadde il Mercoledì delle Ceneri nel dì 8. di Febrajo, e nel di ii. il primo Sabato di Q_iire(mia. Dunque in tal anno fu veduta quella Cometa , della qjale af- ferifcono i due citati fcrittori , cifer apparfi il dì 11. di Feb- brajo, nel qual dì cadeva il primo Sabato, come dice Ricobal- do-, non la prima Domenica di Quarelima , come dice \' A^ma- lifta di Milano . Si ftabilifca pertanto, che x\:>n apparve niani Cometa l'anno 1302., ma la riferita a quell'anno da due cita- ti fcrittori apparve piuttoflo l'anno 1312., al qual anno una ne riferifce oltre il P. Riccioli-, che le dà per altro una durata troppo corta, anche Corrado Botone . XXXll. Due, o tre Comete tralafcia qui il P. Riccioli-, da quella del 1314. pallando fubito a quella del 1357 Ala il Lubieuietski all'anno 1315. ne riferifce una, di cui trovo fari! menzione anche in una Cronica de'Vefcovi Vardenfi pubblicata dal Leibnitz (i) con queftc parole. Appartiit etiam Cometa hor- ribilis metjfe Decembri Anno Domini MCCCXK , quem conjecuta eil maxima viortalitas . l,a fua durata fu iìn alla rin di Febrajo del feguente anno 1316., in cui un'altra ne apparve, fé non id la 11 ella , ch'eflendo (tata per qualche tempo invilibile , o inof- (i) Nel tom. II. degli Scfitiori delia cofe BrvfvUenfi, 9^4 ATTI inoiìèrvata, di nuovo Ci faccfiè vedere, o Ci ofTervalTe. Cerro il Ci/vijto y e il Keckermann apprello il Lubieuietski m parlano in modo, che due diverfe Gonete fembrano apparle ne' due anni 1315., e 1316. Anno Chrìjli i 3 1 5. , dice il primo , Cometa men- fe Decembri circa Nativitatem Cbrifli appariiit ■, qui circa polum fé volvens , catidam in diverfas orbis partes , /// orientem -, occì- dcntem-i ut ds" Jeqnemi anno ; post qiios contentio magna fuit de Imperatore « dnm aia Lndovicum Bavariim , alti Fridericiim Aiiìlriacum va- luerunt ; nude bellum ìnter hos ortum eli-, quod oéfo annis du- ravit . L'anno 13 18. apparve l'altra Cometa rralafciara qui dal P. Riccioli ì il quale un'altra tralafciara ne avrebbe, fé folle fia- ta una vera Cornerà quel fenomeno , di ci Simon della Tofa (i) ci ha làfciata quefta memoria. MCCCXXV. .. a dt XXI. di Maggio venne in Firenze grande terremnoto dì notte •, e poi l' al- tra notte apparì in aria un grande vapore dì fuoco-, che ogni gente ebbe paura . Ma quel fenomeno fa piutrollo un'acccnlio- ne fegìiita nella noflra atmosfera , e quindi dall' anno i 3 18. fino al 1337- non fu veduta alrra Cornerà, di cui ci (ia reflata me- moria . In queir anno però apparvero due Comete fecondo il P. Riccioli ì che in quella giifa ne parla. Anno 1337. dir us Co- mete s in Tauri figno 4. menfes-, c^ amplius duravìt -, cui accef- fìt alter-, qtti una cum ìlio meifibiis -, Junio-, Jìio-, ^ Augnfto ejfiiìfit ; clades bellorum multae , vis locuftarum , e^ peftis No- rimbergae . Jo. Praetorius in catalogo Comet . Ne parlano altresì parecchi altri aurori appretlb il Lnhienietskì; e fc le due Co- mete non (ì fodero inlìeme vedute in cielo , dubitar iì potreb- be, che forfè r anno 1337., non due, ma una fola Cometa fof- fe apparfa , e folle prefa per due diverfe a cagione delle divcr- fe relazioni , che gli fcrirrori ce ne han lafciate ; dicendo gli uni, che per più di quattro meli lì era la Cometa veduta, e gli altri affirmando , che fi era veduta per due o tre meli . Ma perchè ne' tre meli, ne quali veder fi fece la feconda Cometa , quefta moftravafi inlìeni colla prima di piìi lunga durata, non ri- (i) Neil» fua Cronica (pag. \6l. feg.) Dell'Accademia. 95 rimane più luogo al dubbio, e lì dee dire, che l'anno 1337- comparvero due Comere ; ed una di eile (i è la prima di quel- le 24., gli Elementi delle quali ha con tomma diligenza rica- vati Edmondo Htilley . Primanicnre così egli ne dice (i). Ac evolutis flitriniis Co>mturiim hìftorììs , nihil ommno inverno , qnod buie negoi'to (di determinarne i moti) tj.fervire poijìt ■» ante an- tium u Cbrtjìo nato 1337., quo Nicephont^ Gregorjs h'tftortcìis -, ^ ajìronomiis Conftammopontaniis nobis Cometae Jemitam inter fixas jatis accurate defcripjìt : tempora autem nhnìs laxe conft- gnavit ; ita ut non niji quod ab bine quadringentis pene appa- rtierit , lubriciis , c^ incertns hic Cometa Catalogo , qiiem damtis , inferi mereatiir . Dà poi (2) nella tua Tavola gli elementi del moto di quella Cometa , i quali lì daranno per me fui rine del- la Dillertazione. Dirò intanto col Litbìenietskit che negli anni 1338. , e 1339. furono vedute altre due Comete, delle quali non fa parola il P. Riccioli-, che di altre due ha così fcritto dopo le parole riportate più fopra. XXXllI. Adjtingens ( il Pretorto da lui citato ) triennio poji ( cioè l'anno 1340. ) aliam in Jìgno Virginis apparnijfe menfe Martio ; (iy Norimbergae 4.00. aedifìcia incendio abfuin- fta . Mortttiis eji autem ( a' 13 di Giugno del 1341 , più di un'anno dopo la comparfa della Cometa ) Androiiciis impe- rator . Et ipfe paùter , •^ Eiornovellus referunt anno Chrisli 1347. menfe AuguHo confpeóium fnijje in Jigmo Tauri fé u Co- metem-, feu vaporem igneum de coelo velai cadente m-, ciim ma- gno terrore fpedatorum , fed hiinc per paticos dies , illum per duos menfe s vilum : facce Ifìt tota Europa , fed praecipue in Ita- lia fames valida-, 1^ anno fequenti peflis ab Ajìa nfqiie ad Britjnniamy qiiae triennalis fuit-, li^ maximafn partem morta- lium abjiulity fnperavitque omnes pofì ho.ninnm memoriam lii- es tac morbo i . Ma tra quelle due, aUrc d 'e Comete agli an- ni 1341 , e 1345. riferifce il Lubienietski\ il quale cita ben- sì per reiHmonio dalla prima il P. Riccioli , che infatti nota nel margineranno 1341 , che non è certo il terzo dopo il 1337; ma (i) Nelli Ctmetotrafìa , pu^bIicata pri- nf^nia di D.ivit Gregori , riftampati in ma n"l Num. CCXCVII. delle Traufi- G-ntvrt 1' ai. u i?;?. (pag. 4. linni Fihfofichc 1' anno 1705; poi in (1) Nella Comcto^rafia citata (/'''J'- ?•) latino al fine degli Elimtuti 4i AJlro- 9^; Atti ma anche all'anno 1340. un'altra Cometa riferifcc fu la te- ftimonianza di altri autori . 11 P. Riccio/i altre cinque Comete aggiugne a tutte le già riferite del lecolo quattordicelìmo , pro- feguendo a dir cosi dopo le citate parole. Liìu q^ anni 1352 » t Ù" 1353 ditos Comete s fenjeripit ■, ^ unito 13 63. ingens Co- tnetes per tres totos meiijes ah oriente apparutt » diro in- cendio a'éris ad medium coeli verjus occidentem juos radios proji- ciens , ut inqttìt Io. Praetoriiis ■, ^ anno 1375.^0/? crinitum Jìdus fecuta mors Caroli IV; nec non anno 1391. Comete s vìfus imagiìieni veru habens , q^uem aftrologi^ inc[uit idem Praetoriusy peljimum autumant . Su le quali parole è a oliervare , the G/r- lo iV. morì , fecondo gli autori dtW Arte di verificare le da- te t'in Praga d.' 29. di Novembre del 1378; e qumdi non pa- re, poterli dire, che l'anno 1375. dopo una Cometa feguilfe la morte di Carlo IV. fi dee ancora olfervare, che appreflò il ÌMbienietski alcuni riferifcono all' anno 1351. quella Come- ta, che altri , e il P. Riccioli riferifcono all'anno 1352; e quella-, che il P. Riccioli riferifce all'anno 1363. al preceden- te è riferita nella Cronica Cajjinefe . AH' uno, e all'altro an- no una diverfa Cometa riferilce il Liibienietskiy il quale al- tre Comete annovera in quello tecolo tralafciate dal P. Riccio- li; una air anno 1368, ricordata fol da Tritemio ; un' altra alla fine del 1379, ^ ^^ principio del 1380; benché V AlHe- dio in ciafcuno de' decti anni ponga una Cometa diverfa ; all' anno 1382. un' altra , di cui ha ancor fatta menzione Corrado Botane; un' altra all'anno 1390; e tre all'anno 1399 , fé pu- re il fenomeno di tre code di fuoco oiTervate in quell' anno prender fi vuole per tre Comete , che fol moftraifero le loro code . 11 P. Riccioli citato ancora con altri autoti dal Litbie- tiietski -, aggiugne qui un' alrra Cometa , di cui così parla . Amia i ófOo. appartiit Cometa ingens in orifntis coeli cardine-, qui movebatur verfus occidentem-, ijque paiicis menjibus ante- quam Tamberlunes Tartarorum dynafia cantra Bajazethen miil- tis Jecundis rebus elatitm-, in Afìam cum maxima Turcarum clade irrumperet ; qtiam cladem Annales Turaci conjìgnant an- no Hegirae 80 j, qui coepit anno Chrijìi 1401 , (ir Tamberla- nem vocant Temirem , ut q^ Chakondylas . Poutanus autem , qui aphorijmo 100 Centiloquii -, ^ Cardanus , qui Uh. 2. de AHr. iiid. Dell'Accademia. 97 jud. tex. 54. refertint de Cometa praedìSlo^ vocant ìllum To* myrim , vel Tamorlanitm . Ma dall' aderzione del citato auto- re , elTerù la Cometa veduta pochi meli prima , che Tamer- laiio andadè nel A/ia » ed aver elfo fatta irruz one nell' A/ia 1* anno 804. dell' Egira, ii vede chiaro, che è corfo errore nel tefto del P. Riccioli, e l'anno 1400. vi è porto invece dell' anno 1401. fegnato per altro nel Maggio. Imperciocché l'an- no 804 dell'Egira ebbe principio agli 11. di Agofto del 1401; e quindi di una Cometa apparla ancora fai fine del 1400. mal fi direbbe , che fu veduta pochi Meli prima della irruzione di Tamerlano nell' Ajta . Mi lìa dunque permeilo di annoverar quella Cometa tra le altre, che il P. Riccioli (i) e il Lubie- titetski (1) riferilcono al fecolo quindiceiìmo . XXXI V. Al primo anno di quello fecolo S. Egidio (j) riferifce le nplicemenre una Cometa così Cometes appariàt. Lo Stadtitegio ( \) aggiugne , eh' elTa fu grande , e f j veduta verfo ajnilone : Cumeta magna ( lìc ) /';; acqniloue appariiit . Ne par- la ancora Corado lìoto le -, e più diffufamen e Teodorico E>igtlh;tl' Jcn a qacito modo (s)- Cometa graudis per QHadragejhnum diiravit , tir tamcn ho:i'.mi tempus /u'ifècutitm esf, Itcet bella gravi'Jìiiia tnter Piiganos etiam fint fecuta . Nam rex Tartaro' rum Tamerlanes terramTurcoriim diffìpavity <Ì5* bello commino triiimpbavit ■> i^^ regmtm turcoritm fube^it -, ubi ceciderituc ul' tra D.mill a homintim-, (^ B.irf'tns , 1 urcorum Admiratns ',id~ e fi imperator interfedus eft . Mi è qji a notare, che autori all'ai efarri, e tra qielii i dotti Betiedetti/ji , che ci han data l' Arte di verificare le date -, (')) pongon la morte di Ba;azet ali* anno i\oi. L' anno 1402, dicono clTi, Bajazet lafciò Costanti' mpoli , ch'egli teneva bloccata -, per andare ad opporli a' pro- grelji del famofo Tamerlano , che avendo fottomeffo il Corafan , /' India , la Perpa , la Siria , era entrato nella Nito/ia . Le due annate s' inco'itraro-io ad Aicira, 0 Atgtri.i. B i/azet a 28. Luglio vi perde la battaglia , la libertà , e poco di poi la vita, eh' egli fin) miferamemte dando il capo contro le (barre di una N gab' ft) Almng. tomo TI. t pri^. f. feg.) U) Nel tomo citato. ( psg. ìtS.) (1) Theat. Comi-t. tomo II. {pag. ìT6.ftg.) (5) Nel tomo II. della citata collciion» (3) Ne! temo IH. rfcg'i Striti, dtlle toft ( />«?. un-) Brufvicenfi {pag. jjij. ) {fi) Nel tomo II. {pag. 441. gabbia di ferro -, nella quale ave alo fatto rìnchiudt:re il vififito*. re. Qjindi le la Cometa 11 ponga apparfa 1' anno 1401. do- po gli li. di Agoilo, quando incominciò 1' anno S04. deli' Egira , li , vede , come pochi Meli dopo la Cometa paiFa- fie Tamerhmo a invader \ AJia contro à^' Turchi ■, che fiiron vinti prima , che terminafTc l'anno 804 dell' Egira nel Luglio del 1402. A qiert' anno un'altra Cometa riferifce Matteo Pal- mieri (i) con quelle parole; 1402. Cometes in coelo est vifus. Galeatius MedioLineiiJium diix , cominuans adhuc fer fuos du- aes in Florentinos belhim , apud Marignanium « Meaiolauen(is agri oppidnm , moritar ■ Aggiugne , ell'cr morto nella Hello an- no Tamerlaiio-, ma fa egli padrone dell'impero de' Turchi fi- no al 1406,0 morì nel 1415; e quindi ii dee ancora emen- dare ciò , che dice il P. Riccioli, così aggiungendo dopo le pa- role » che ho di fopra citate. J^i (Tamerlano) mortuus efi 1403.. praevio item Cometa -, ut narrat Io. Praeterius ; Jed Fior- nove II us Cometam bunc adjcribit atmo 1^02. dicens ■, i^ ipfum babuijfe formaw veru , (j^ per Metifem luxiffe , mortuumque pau- h post y noti Tamar lati um modo , Jed t^ Galatium Me dio hi ni du" tem. Forte fuerunt duo diverfi . Senza niun dubbio due diver- fe Comete agli anni 1402 > e 1403. riferifce il Lubienietski, il quale un'altra ne riferifce all'anno 1400 > ma con troppo de- bole fondamento, appogiandola alla morte di Tamerlano, no- tata dopo la comparla della Cometa . Sembra dunque dover- li dire piuttofto, che la prima dopo qaella del 1403. li facef- fc vedere nel 1407, al qual anno una ne riferifce la Cronica de' Vefcovi Vardenfi (2) dicendo , che a' tempi di Roberto re lìt' Romani, duca di Baviera, e conte Palatino del Reno, il quale fu eletto imperatore a* io. di Settembre del 1400 , e morì a' 18. di Maggio del 1410, Cometa apparuit, à" ftatim poft Leodium cecidit ; XL. mtìltbus interfedis . Solo può fare difficoltà li dirli in una Cronica di Fiandra dal Luhienietski errata , che la Cometa apparve 1' anno fefto di Roberto ; ma o in quella Cronica 1' anno fefto è notato invece dell* anno fettimo , o forfè efTendo apparfa prima del Settembre del (i) Si vegga il Voi. ITI. del!» Sfr. Letter. (») Nel tomo II. degli Scrìtt. iillt eoft \^d' hai., ove però mincino le parole Brujv. {fan- iii.) «lei Ptlniiri . DiLL* Accademia . j^'j^ del 1407 , fi può dire con verità , che appari/Te nel fefto an-- no di Roberto . Che che lìa di ciò il P. Riccioli e di quefta , e di altre qnattro Comete ha cosi fcritto. ^//«o praetcrea 1407, quo Pruteni magna '(Iragc a Polonis fuperati perhibentur , fuuni Cometen, & anno 1433 ,trimaltrem Cometam , & annisi434, q'io Trapezuntius florebat , ac 1439» quibus crevir Turcica res , & vircs Chriflianorum debilitatac funt » iuos Cometas ad- iìgnar Io. Praetorius , & praeterea anno 1444. ingentein Co- metani folftitii tempore , qui mortales pcrterruic . Ma dopo la Cometa del 1407 , il Lubiemetski afferma eHerne altre com- parfe prima dell' anno 1433 » una nel 1408, una nel 1414» ed una nel 1426; ed aggiugne che nel 1445. ne apparve un* altra > ommefTa , come le altre tre dal P. Riccioli > il quale immediatamente dopo la Cometa del 1444. così foggiugnc. v XXXV. Amio 1450, vifus fmt ille Cometeside quoGsor^ gius Phranza lib. s-Juae Hiftoriae cap. zi. fic narrai . Acftare anni Chrilli MCCCCL. Cometes fupra horizontem quotquot vefperis ftarim pofl: folis occafum in romphea lìmilitudinem apparere coepir ; qji plenum lunae orbem fubiens eclipfim efficiebat juxra ordmem , & morum folitum luminura coele- ftiura : Quidam Couieren hunc gladii fpeciem exprimere « & ab ocidenre in orieiirem mover! , ac lunae appropinquare > dc- fectionifque illius tenebras videntes, ira rem interpretati lunt, conlpiratione tafla « principes Chriflianos adverì'um Turcas venturos , eofqae debellataros . Turcae quoque eo portento in rimorem non levem incidenint Adeo manifeftum fiiit lillum Cometam effe infra limam . Ref'ert hujus audoris verba Tan- tjenis noiter qttnefl.n. de coeh . par. \. ilio vero anno Amtira- tbes Turcarum impera tor ex ebietate mortuus eft . Non l' anno 1450, ma a' io. di Febbrajo del 145 1. elfer morto Amurat > atrcitan gli autori dell' Arte di verificare le date . Ma ciò lafciando , V autore della dilFcrtazione /// l'eclilji del fole > e della hot ' , delle quali ejjer pojjo/t le Comete cagione ; cosi di queflo fenomeno ha ferii ro. Ci) 5"/' trova un folo efem- pio di un' eclijfe Uraordivaria della luna , queilo è fondato foh Ju la relazione di Giorgio Pranza , che ne parla nella f ita flo- N 2 ria (i) Neil» Biilitt. di Fìjìe», tomt I pur. IX. lOO ria. Secondo il racconto di queHo autore , la Cometa^ che la frodujje vilibilmeìite , non Ji mojj'e molto più velocemente , che alcimt Pianeti . Qjiegli però , / (inali negano , che quelle ftelle entrino nel pftema planetario ^ ile hanno fatta una falja Come- ta , e la prendono per una meteora . Certo fé Ji ha a prejiar fede a certi fiorici , Ji è un moto (mille ojfervato , e la JìeJJa du- rata in alcuni fenomeni-, che non fono stati ejfettivaniente ve- re Comete Ma comunemente sijfatte meteore » e tutte le altre in generale pajjano ajjai prefto , ne hanno nn corfo regolare . H eclijfe poi , di cui Ji tratta , e provenato , Jecondo ogni appa- renza da una vera Cometa , e per confeguenza è Jlata rifpetti- vamente alla terra iiniverfale . Non cercherò in queilo luogo % fé una Cornerà folle la cagion vera di qucU' cclille lunare , ma profeguendo la iloria delle Comete dirò piutorto , all' anno 1 454. ellèrne apparfa un'alrra > ranimenrara dal Luhienietski , ma taciuta dal P. Rìccioli-, che dopo le parole di già citate così prodeguea dire di due altre Comete. Anno 1456, ut refert Io. Praetorius , Cometa cum •"arììs prodi giis app aruit per inte- grum menfem in Polonia , <^ alibi i fraenunciajfe creditur nior- tem Ladijlai Bobemiae regts . Anno autem fequeìitt , videlicet 1457 , ifi^uit idem atiHor -, fnljit ille Cometa-, de quo Pontanus: in centiloquìum Ptolomaei aphorijmo »oo. (ic loquitur. Nobis adolcfcentibus inlignis etiam Comercs ad orientem in Cancri, Leonifque regionibus multis diebus fullir , tantae magnirudinis,, ut amplius quam duo cocli lìgna cornac fuae traftu occuparctr cum fecuta eft Alphonii regis mors , quae Acmiliam, Sabi- nam , Campaniam , univerfumque regnum Ncapolitanum r & longo , & gravi bello implicavir ; fecuta eli: §c pellilcntia ali- quanto diuturnior. Mortitus e fi autem Alpbonftis anno 1458. Calendis lulii .,{ o piuttorto a' 28. di Giugno ) atmorum 66. At keplerui in Cometarum Phijiologia pag. 130. a(Jirmat -, Pan- tanum intelligendum effe de Cometa anni 145^. » quando Maho- .nietes 'l'urea Eelgradmn ohfedit -, Taurìnum-, Jeu Albam diBum-, foflquam Confiantinopolim anno 1453 29. Maji e x pugnar at ; Jed hoc anno 1456 a Io. Corvino Hunicula y curatore Ladislai regis Hnngariae adhuc pueri-, cum magna Turcarum fìrage > é?* ignominia depulfus ejt ah obfidione in die Sanófae Mr.gdale- «ae fiero , cuius pugnae auóior in primis fuìt fanftijfmas vtr ex Dell'Accademia. loi ex Minortim ordine ìoannes Capiftranus : ilio enim agente , tj ,««■ cis ili/igne yiiy arma '^ooo o buiniìies contra Furcas jmnpjctatt ^ Mori UHS e ji lumen felici exitu Huinadesi tini erut yuuoaa'^ idtjì priiiceps Trunjilvaniae . Fin qai il P. Bicàoli; ma uovci'ii inicnder Fontano della Cometi del 1457 , par certo per ciò ^ ch'egli dice,ellere Itaca la Cometa feguita dalla morte àìAl- fonjo , che tra i re d' Aragona tu il quinto di qneilo nome . Anclie Ludi] Lio re di Boemia mori nel 1457. a' 22. di Novem- bre ; ma non li vuol per quello negare una Cometa all' anno 145Ó » al quale un' anoniaio Cronijia dal Prattlli pubblicato la rilerilce con quelle parole (1). An 1456. afparuit Cometa . Die 5. Decemùrif bora iv nodis fiiit terraemotus maguus. ìJ anno 1458. un'altra Cometa apparve nel legno del loro al Mefe di Luglio , della quale ha latta il Lubienietski menzio- ne , ma non ha detta parola il P. Riccioli . Quelli di altre Co- mete ha parlato a quello modo . XXX VI. Sed pergit Pontantis loco jam adduólo dicens'-zn- nÌ3 his fuperioribus Cometes alius tenui primo capite , coma- que admodum brevi confpeftus eli : mox mirae iiiagnituainis taftus , ab orru dcflcètere in feptentrionem coepir » nunc ci- tato motu > nunc remillb, & quod Mars , Saturnufque uterquc repedabat ,averfus ipfe , praegredient e coma , ferebaiur , doiiec ad ipfas AriElos pervenir ; unde cum primum Saturnus , ac Mars recto curfu pergere coeperunt » in occafum iter flexit taa- ta cclerirate, ut die uno ad trigmta gradus emcnfus liti acque ubi ad Arietem, ac Taurum pervenir , videri deliit. Non mul- to poli Uffonus CalTanus Parthiae, atque Armcniae rex ad Euphratem profeftus eo coniìlio » ut Aiiam invaderet , coUa- tis lignis cum Mahometo Turcarum rege ita dimicavit , ut qui ingentem & inlerrct » & aciperet cladem ; duo enim potenti- fimi exercitus , duo maximi duces in paucis diebus bis confli- xcre . Et palilo poft. Scniimus iifdem temporibus univerlaiu H(f- paniani quailari bello > Erricum regem diem oUJiirfe . Sed non fuit hic Cometes ille , qui anno 1460. vifus ed , & quo Io. a Capiflrano faeculi mala vaticinarus fertur, ur ait Io. Praeto- rius i nec if , qui anno 1470- idibuslanuariilongilFimis capillis decur- (i) Hifi. Pri»e. Ltugoi. tomo IV. (j>ag. 131) lOZ decurrit i Ci Bodino credas lib. 2. Theatri . llle vero » de quo Ponranus , refercur ad annum 1471» quo Alfonfus rex Por- tugalliae Tingim , & Argillani expagnavir . Atkeplerus in Co- metarttm Phijohgia pag. 129 cladem illam Turcarum-t d^ Tar- tarorum ait fnijji; anno 1+73; Corner am autem anno 1472, de quo mox . Dalle quali parole del P. Riccioli intendiamo , eh' egli ) lafciando alcune Comete dal Luhienietski rammentate > una all'anno i4(5i , un' altra all'anno 1467 , e due all' anno 14Ó8., parla folo di treapparfe neglianni 1460, 1470, e 1471. Quanto alle {loriche circoftanze , che accompagnano la nume-' razione delle tre Comete 7 anche gli autori del Arte di -veri" ficare le date {i) àxcono <, chs Alfonfi V. re di Portogalo l'anno 1471. s' impadronì di ^rziA? , e di Tanger; ma efli (2; pongon la morte di Errico IV. re di Ci/iig/ia, di cui pare , che li deb- ba inrender Pontano , a' 12. di Dicembre del 1474. Le guer- re nella Spagna erano incominciate aliai prima. Fino dal 1465. erailato Enrico dspolìo da ribelli , che clelFero in fuo luogo A/' fenjo fratello del re deporto; e fino dall' anno 14^5 erano ri- totnati i ribelli al dover loro . Altre guerre ancora lì erano a que' tempi accefe ne' Regni di Spagna-, le quali aliai prima avcano avuto principio, e durarono poi per alquanti anni, come lì può vedere apprelTo i citati autori . Non danno cilì niuna notizia delle due battaglie tra i Tartari , e i Turchi , accennate da Pontano , ove (3) parlano di Maometto li , che fa imperatore de' Turchi dall'anno .^si. fino all'anno 1481 , in cui morì a' 3. di Maggio- Ciò bafti fu le notizie {loriche ,che unite fono al racconto dalle tre Comete , e fu le quali notizie fono a vedere gli autori, che ne trattano di propolìto . Ve- nendo ora all'anno 1472., il P Riccioli gli attribuifce due Co- mere, delle quali cosi ci ha lafciara notizia. Anno 1472 duo Cometae apparuerunt , ut habet Hiìforia Polonica ; unus ex il- lis , ut ref'ert Petrus Surdus pag I. de Cometis , vìfus efl Men- je Wartio . formam'jaciili habens ■> quetn fecutaeB tanta /iccitas y ut (tiu fontes aqna caruerint ; alter obfervatus fuit a Io. Re- giomontano die uJanuarii 1 qui ^baejtt in Libra ìi^ quetn trien^ nalis fi) Tomo IL ^ pag. 700.) (3) Nel temo citMo (/«f. +4a-/f^-) fi) Nel temo ciuco {pag. ^8t. ) Dell'Accademia* 103 nalis jiccitas fecuta e^y ut narrai Io. Praetorius in cataloga Cometarum , iS* Cardanus in lib 2. quadripartiti textu 54 , ubi ait ; ab Antonio Mizaldo hunc Cometem adfcribi modo anno 1472. modo anno i^^js . Id vero Keplerus in Tycbonis Hyjperajpite lib. i. cap. 2. 16. 1^. docet ortu/n y quia Mizaldus fatetur fé hujus objfrvationis hijloriam fmnpjijfe ex Ziegleri Conceptìonibits in Genèjim : fucile autem erravit Ziegkriis ufurpans objoletura characlerem binarii prò quinario . tracaBorius lib. 2. Homo- centricorum cap. 23 ait y vifum anno 14.2 FcbruarioyfuiJJe' que pagoniam , ^ ex auHrali evajiffe borealem : verbo, Regiomon-r. tani apte Zieglerum y i^ Curdanum flint baec . Idibus lanaarii anno Uomini 1475 {lei[e 1472.) vil'us eli nobis Cometa fub. libra cum Itella Virginis , cujus caput tardi erat motus, donec propinquum ellèt ; nunc incedebat per crura Bootis vertus ejas liniitram, qua defcendendo die uno naturali poriioneni circuii magni, graduum quadraginta dercripiìt , ubi cum elVet in me- dio Cancri maxime dirtabat ab orbe lignorum fexaginta feptcni gradibus»& tnncinter duos polos Zodiaci ,& Aequinocìialis ibat> intermedia pedum Cephei : deinde per pcilus CafTiopeae fu- per Andromedae venrrem. Poil; gradiendo per longitudinem Piftis feptentrionalis , ubi valde remittebatur motus ejus,pro- pinquabac Zodiaco traniìens ipfum , juxta medium Arietis > do- nec cum ftellis Ceti occafus heliacus illum nobis occultavic ultimis diebus Februarii. Hoc motu fuo proprio circuii magni portionem defcripilt , quo in feptcntrionem contra ligno- rum fucceiTìonem ferebatur a Libra in Arietem . In iine> & principio tarde movebatur t in medio velocillime y uno die per quatuor iìgna a fine Virginis ad principium ufque Geminorum. Cauda vero ejus minus mobilis continue rcfpiciendo llellas Ge- minorum erat i in fine vero , Cometa fub Ariete locato, prop^ ter folis vicinitatem jnonnili in occidente apparuit , cauda orica- tem verfus protenfa, quia in hoc litu rtellae Geminoram po- nebantur . In medio vero apparitionis caudam vertebat ad me- ridiem: illic tunc erant ftellae Geminorum, contigitque nocte eadem ,. ut Hatira poft folis occafura cauda orientcm refpicc- rcr, appropinquante medio noftis refpexit meridiem; poli m:- dium vero noctis occidentem ; ante folis exortum indicabat lo- cum feptentrionis . Haec caudae diverlitas ,quoadfitanj exmo- .. cu IH ATT 1 ni diurno oriebatur, qui femper efl: ab oriente in occidentem Motu aurem proprio extremitas caudae » quamvis rardius , quam caput Coriietae , femper tamen etiam ad occidentem contra iignorum fucceffionem defcribens paralielum a principio Li- brae ufqae ad medium Tauri movcbatur, vadens fub pedibus XJlulantis per urfam majorem propinquando Perfeo, per quem circa Pleiades ad medium Arieres ibat fere in medio Tauri . Unde parer , ram caput « quam caudam cometae verfus occi- dentem , & nunquam verfus orientem fuilfe , non foum motu diurno, fed etiam proprio. Confirmat autem Keplertis locis ci- tatis , hiinc effe eiindem , de quo fnpra Pontanus , tum a mo- ta indicato ab ipfo , tum a Jìatione , iS' retroceffu Martis , ^ Sa- turni ■, qtiae iu finem anni 1471 , iJS' initium anni 1472. caduntt tum auSloritate Eieri di/erte dicentis , effe ilhim , quem é^ Pat- tanus in Centiloquio -, & in Af^teoris eleganti Carmine defcri- fjit 1 & quem Gurcenfis Mathematicus dimenfus affrmavit » fuiffe iongum plufqitam 4000. milliarinm germanicormn , latuni vero in capite 26, in cauda 81. milliaribus ■, (^ ex Mathia Palme- rio , qui cometam hunc Perticam appelluvit . His igitur potius Jubfcr!>}i"Jits -, quam Fromondo lib. 3. Meteor. cap 4. art. 4. hunc Regiomontaui Cometam anno i^j s conjignanti ■ Po/Iremo Petrus A- pianus par. 2. AJirouomtci Cuefirei ait ■, Cometam anni 1472. caudam ufque od terram demijffe , (i^ vixiffe fuo tempore fé- fjes ■> qui hoc rememorarent ^ vocatamque Pavonis caudam Jecu' ta eji (iccitas ingens , ^ UJumcaJìani motus . Fin qui il P. Ric- cioli dtlle dae Comete deli' anno 1472. XXXVll. Anche il Lubienietski fu la fede di pareccbj au- tori, che cira> due Comete riferifce a quell'anno , ma forfè una fola Cometa apparve quell'anno, la quale fece per più meli vederli. Certo olrregli autori dal P. Riccioli ^ e dal Lubienietski citati, molti altri parlano di una Cornerà apparfa l'anno h?^' fenz' accennar nulla, che due ne apparilfero. Lafciando di ci- tar qui alcuni CroniOi pubblicari dal Leibnitz, (i) per amore di brevità, citerò folo Giandomenico Ca/ffni , e V Halley . 11 primo in una fua Memoria del moto vero aelle Comete relativamente al (l) Ne' tomi II. e HI. degli Scrìtt. delle tofe Brufvit. Dell* Accademia . 105 al Sole ■, e alla terra, ne parla a quefto modo. (1). Abbiam srednto di dovere incominciare le nostre ricerche della Cometa del 147 2-' ^'^-'^ f'^ ojfervata da Regìomontano nel figno della Bi- lancia che rapprefenta /' orbita annua , in cui Ji è pofla la ter- ra a 11 . di Gennajo , principio della comparfi di quefla Cometa fino rt'14. di Febbrajo; giorno, in cui cefo di apparire ; e da quefti punti tirando alcuni raggi al vero luogo della Cometa iit questi diverfi tempi , fi trova , eh' e/fa ha avuto un moto diret- to, fecondo l' ordine de' fegni ; che prima fi è trovata di là daW orbita annua , e poi verfo la metà della fina comparfj ha attra- ver lata que fi' orbita, nel qtial tempo Ji è trovata molto vici. 1 a alla terra, oitd' è provenuta la fna grande velocità apparente, e poi dalla terra Ji è allontanata , accoflandofi al Sole , come fi è qui notato mll.i prima figura , dove Ji vede , che farebbe dììfici ■ li fimo di rapprefe.itare il moto di que fi. i Cometa contro l ordine de' jegni in nio.lo, che di \n. gradi fojfe il fio moto apparente , quale è flato ojcrvito. L'altro autor poi, che nella faa Come- tografia dà il fecond.) Iiogo a q leila Cometa, dopo le paro- le, che ho pili fopra cirate, così fo^i^iagne . Dein Cometa anni 1472. omnium veloci fin is , ac terris proximns Regiomoitanum habuit obfervatorem . Hic magnitudine , (^ coma terribilis unius dici fpJtio 40 gradus J:tb ciré ilo coeli maximo dimenfus e fi, ac omnium primus efl , de quo obfervata idonea ad nos pervenere . Ma dop.) q iella tre altre Coaiete del qaindicelimo fecob rife- rilcc il P ^/(-T/'o/f, così dopo le parole ciiare aggi ignendo . ^/7- «0 1477. notatiir ab Eberof in catalogo Cometa f'u'miger, pò fi qiiem ficcelfit caeJes Caroli Burgundi . Tandem fab fi.iem faecw li, ileft anno 1491. accidit folis eclipfis , éì" Co mete s circa prin- cipi um Arietis cnm latitudine auitrali , nec aliiid annotat de il- io Vualtherus in objervationibus . Ferdinandus initio anni fequen- tis , Granata capta, Maurorum 800 mi Ili a ejicit . Anno .500 O Co- (i) Nelle Memorie dells Reale ActademÌM delle Sciente parranno iTìì.{pag. ìoi.) io6 Atti Cometa hi feptejitrìoìie comparuit in longitudine Capricorni men- fe Aprili > p.ìitlo anteqnam Tartari Polo;iiam , Mojci Lithuanium va0ctrent : captus pr aeterea ejì Ludovicns Sfortia ; l^efuvius cou' fliigrat , Q^ Cbriftiani ben vi^i a Turcis fuere , ex Io. Praeto- riot & aliis . Su le quali parole è a notare, che G/r/oducadi Borgogna morì uccifo in battaglia a' 5. di Gennajo del 1477; onde convien dire» che fui principio dell' anno apparille la Co^ meta, chs precedette la fua morte. 4 2. di Gennajo del 1492. fu prefa Granata-, ed in quell'anno, ma dopo la prefa di quel- la Cìcrà , apparve nel Dicembre un' altra Cometa , che per due meli veder li fece, fc preftiam fede al Lubìenietski . Né quefta fola Cometa egli aggiugne a quelle, che dal P. Riccioli fon ri- cordare ; ma fa di più altre menzione agli anni 1473-, 1475., 1476., 1392., e 1493. E lino a quefto tempo poco edatte era- no ftate le ollbrvazioni delle Comete , e quindi folo di alcune poche , le quali ebbero la fortuna di clTere da qualche aftrono- mo oflervare, determinar (ì può qualche cofa . Nel fecolo fe- dicelìmo s' incominciò ed ufare qualche maggior diligenza neli* ofTervare quegli altri ■■, ma non tutti neppure in quel fecolo ef- fere flati oHervati con egual diligenza, ii vedrà chiaro da quel- lo , che mi rimane a dire fui fine di quella dilfertazione dopo il P. Rìccioli-, (i) e il Lubìenietski . (2)., XXXVIII. Sul principio d^l fediceflmo fecolo , negli anni 1534 , e 1505 , apparvero due Comete, dal primo de' citati autori ommeile , ma rammentare dall' altro . L' anno 1 506 appar- ve un* altra Cornerà , di cui il P. Riccioli ha così fcritto . Et anno 1506. flella crinita imer ArBon appartiit ^.Id/is Aprili s t qnae duravit dies 25., vifaqite ejl praedicere mortem regis Po- loniae , ^ Philippi patris Caroli V. , ut hahet Praetorins , fed Cardanus in HI;. 2. jQjiadripardti textu 53 ex Aiiguflino Ni- pho refert hunc Cometam ad conjimSlionem magnam in Cancro faclam auno 1504, additqne Carnet ae comitem fìii(Je in Lifnbria tantam ficcitatem , ut a Jauiiario ad 'Novembrem nulla fuerit pluvia. jVla il Lubìenietski non rifcrifce a quell'anno una fola Cometa, ma due, una apparfa in Aprile, l'altra in Agofto, ed altre due ne riferifce poi agli anni 1510, e 151 1. Della pri- ma (i) Aim. rem. II. (f^S- 9- Ps) (») Thetit. Coma, tom II. {pag-ìiS.fti.) Dell' AccAt5EMiA. 107 ma dopo il Keckermasm cosi dice: A/aw Cri/li 1510. Cometa^ apparnìt , ex quo lapilli quidam fiilphiirn , e di cattivo odore. Della feconda, la quale da' 30. di Maggio fa veduta fino a' 3. di Luglio doppo lo itellb Kcckcrmann riferifce un fenomeno tutto limile con quefle parole . Suejjanns Sca- ligeri praeceptor commemorat anno 151 1. in Lombar- dia Cometam inflar ignei pavonis per aera voUtaJJe-, e quo-, eum evannilfet , tres lapides fulphurei deciderint , horam pri- nius lóo.libras y alter 60. lihras y tertiiis 20. libras pondera sequavit. Sono quelli tre efempli di pietre cadute dall'alto» che agjiagner ii potl'ono agli altri molti da me narrati in un mio Ragionamento; che in Modena pubblicai 1' anno i-]66. per occaiione di un faffo vicino a quella Città caduto dall' alco in qaell' anno ; ma non è a credere > che dalle Come- te fieno veramente cadute quelle pietre . Quefle per qual- cuna di quelle cagioni , alle quali ho , detto in quel mio Ragio'jumento porerii la caduta de fafTì dall' alto arribaire » caddero ia qiel' tempo > in cui lì vedea una qualche Co- mera in cielo ; e non eifindo a que' tempi ancor nota la vera natura delle Comete , che lì prendevano anzi per annunziatrici quaiì prodigiofe di avveriirà , e miferie « li credetero dalle Comere cadute. E qui mi lì permetta di fare odervare , che nel giornale Enciclopedico di Bovillon per I. di di Febrajo di queiF anno 1768. { pag. 148. feg.) lì è volato di quel mio Ragionamento parlare, ma il Giornalifta non lo ha certo veduto , e n' è llato male informato . Ne premer e il titolo, e poi così aggiugric . // P. Troili pare molto perfiiajo della verità della fu a relazione , che per altro coitiene certi falli -, de' quali non ha penfato ninno [alvo lui Jolot di parlare , e molto meno di raccontare dopo le vift'o- fii di alcaie perfone del popolo. Ala fé il Giornali la, aveifc letto il mio Ragionamento y avrebbe veduto , che ho ragione di elfcre perfuafodi una verità, la quale ho provara in modo» che da qualche amico fono llato avvertirò , avere anzi tròp- po tempo impiegato nel confermarla , e difenderla da' dibbj centrar]. Traduce poi il Giornaliila in Franzefe il mio rac- O 3 con- io8 Atti conro 5 e Col nel principio mi fa dire fcioccamentc ciò > che io non dico . Verfo la metà di Luglio cll'cre ii fenomeno ac- caduto , iodico , perche accadde a' 14. di quel Alefe ; ed egli traduce le mie parole. Verfo i 15. di Luglio, la quale efpre- ffione è men propria . Finalmente dopo la craduzion del rac- conto , che occupa una piccioliffima parte del mio Ragiona- mento t quali che di elio folo mi folli contentato , così il Giornalilta termina il fuo ragguaglio . Ecco tutte le circoftanze della relazione d^l credulo Gejhita ■> ch'era tanto /paventato^ che non è entrato in ninna forte di Fijica difcuzione Jul l'ogget- to della preteja caduta. Y^ qui mofira di nuovo il Giornalirta che non ha mai veduto il mio Ragionamento -, in cui e cerco, in quanti modi polla fiiicamente l'piegarii quella veril'fima ca- dura> e dappoiché ho efaminati lìllatti modi, attribuifco il fenomeno a quella cagione , a cui credo doverli attribuire . Impugni , fé vuole , il Giornaliila 1' opinion , che ho feguita , mi moftri gli sbagli , che ho comrncifi nello ftabilirla , e difenderla, ed io gli farò di queflo obHli garo ; ma prima leg- ga il mio libro, come il fao dovjrc Ji feiel Cìiornalifta richie - de>enedia un lincerò ragg laglio . Ma ciò lafciando , d i- ciam piuttoflo di due altre Comete delle quali il P. Riccioli così ci ha lafciara memoria . ^jii vero vijus eft anno 1512. Martio , c^ Aprili , fnit coloris fauguiuci , fnccefjìtque tlli nex Bajazetis; ( e in quell'anno morì di veleno Bajazet 11. a' 2j. di Giugno) (^ anno féquenti (3.' zo. di Fchhr jl]o )ìJfors Lilii IL Pontif. , c>^ bellornm vis magna-, ut narrat Petrus Surdus ; qui fnlmeiìit alternm Cometem anni 15 13. vifum a fine Decem- bris nj'que ad 19. Februarii anni fequentis -, vartis coloribus t^ cauda oblonga -, quae a fine Cancri ad finem Virginis excurrit ■% ^ vidcbatur tota no£ie . Ergo Francificus rex Galliae venit in Jtaliam , ^ Jecuta bella varia . La venuta in Italia del re France/co l.y che fui principio di Febrajo del 1515' era nel regno fucceduto a Luigi XII. cadde nell' Agoilo dello ftello an- no i5i5»ncl quale, e ne' due feguenti 151Ó, e 1517. il Lu- bienietski pone tre altre Comete tralafciate dal P. Riccioli. Queili dopo le parole citate così proiieguc a dire, dando di altre Comete notizia . Anne 1521. fpcdabilis fuìt Cometes Aprilis n:enfe in fine Cancri , breves crines habens , clarus » (^r lunai Dell'Accademia. 109 lunae àìchotomaefimìlìs , facce denti bus bellts contra Poìitijicon Rowatiumy <^ morte Leonis X. ( il primo di di Dicembre ) At qui vijlts eft anno 1526. a die 23. Aagitsli ad 7. Septem- bris fuit e iili igneo limili s 1 te sì e Petra Sur do par 2. lum an- no 1527. Cometa alms. notatur a Io. Vogelino objervatus , quem Petrus Creujìer aHionomiis ait duraffe bora i.f .Sed Cornelius Gemma lib. i. de natiirae e baraci, cap. 8. ait ì vijum in Pala- tinatu inHar gladii: d^ anno 1528. alter Comete s apparuit in Pijcibuja die 18. lanuarii in oppofitione cmn Saturilo. Fran- cijcus rex iterum in Italiam venit » Roma a Borbonio capta fuit. Dovea dirli piattollo, che fino del 1527- Francefco il. avea maidara in Italia una fua armata; e foric dal numero delle vere Comereli dee quella deludere » che folo per cin- que quarti d' ora fu veduta nel 1527. Il Lubienietski ne ag- giagne altre tre > ed una ne riferiice all'anno 1522, una all'anno 1523 » ed una all'anno 1524 Ma 1' anno 1529» ^2 pu- re e vero ciò> che ci narrano autori , della fede de' quali ci è permeilo di dubitare , mentre fappiamo « che a que' te. ti- pi li avea poca notizia delle Comete, quattro fé ne fecer vedere > delle quali il P. Riccioli così ci dice. Anno 15^9' adnotantur quatuor Carnet ae ex adverfi Piante s , ad quatuor ■mundi luterà crines diifundentes \ Vienna a Turcis obfijjà .{ dà 26. di Settembre fino a' 14. di Ottobre, quando la levatoi' aiìedio ) fames valida Norimbergae . Hic lo. Pruetorius de/i- derat accuratiorem illorum defcriptionem . E con ragione per verità i giacche per mancanza di ac:;urata defcrizione abbiam tutto il motivo di fofpettarc , che qualche altro lenomeno meteorologico Ila flato prefo per quello di quattro Comete inliemc apparfe . XXXIX. Che che lìa di quede quattro Comete , uii' al- tra ne apparve 1' anno feguente , della qaale l'autor citato parla a quello modo. Anno 1530. ex eodem Praetorio y Car- dano textu 5\. in lib. 2. Qjtadripartii ■, é?* Petra Sur do , Co- tneta con/pici coepit a die 6. Auguftiy duravitque ad 3 , vel 13. Sepiembrisy videbaturqne mane ante foli s ortnm y deinde pofl aliquot dtcs videbatur vefpere posi Jolis occubit'm , eo vera tempore Cancrnm perambuluvit t (S" teonem , Virginem t ^ Libravi , in quo jigno evanuit . Tunc fubmerjae Juut multae ur- be* no ies^ in TJoIIandla » Zelandia , <^ Brabantia ; Helvetici motus > ^ rajìicorum Gtrmanorum agreste bellnm ; anno autem fequeii- ti terraemotus Februario Lajitaniam coiiatljtt , adeo ut Ulyljl- fone corruerint domus 1050 , (^ 600. nutar'tnt , é^* proxi- nuie fuerint rninae . Quidam tamett has calamitate s actjcri- buiit Carnet ae anno 153 i. E certo in quefto anno fu veduta un'altra Cometa, a cui \' Halley ha dato nella fua Cometo- grafia il terzo luogo , e di cui il P. Riccioli ha così Icritto. Atiìio 1531- apparnit Cometa Pogonias , Jèu Barhatus , ut te- ilatur Alili chitis in Lib. 2. Plinii cap. %s.-,himc vero Petrus Apianus defcripjit par. 2 Aftronomici Caefarei cap. i. C* 0^" Jervavìt a die 6. ad 23. Augufiì-, affirmaus Ingoisi adii caudatn in partem a Jole avtrfam procurrijfe ; ideoque fole jam oc- € Jò furfum l'erjiis affiirrexijje; ab initio autem con fpedum ef- fe mane ; die vero \ 5 Aiiguìli occidijje heliace , ad pope a emer- Jifse 1 ac vifnm ejfe vejpere , inde autem fadum , ut imperiiut» vulgiis putarit fuiJJ'e dnos Cometas . Qjiando horizonti approptU' quabat ■> videbatur fiamma ejus extinguì , quomodo ìntelligit ver- ta Plinii lib. 2. cap. 25. dicentis , Cometas numquam efiè in occidua coeli parte , idesl ob debile lumen ibi nunquam appa- rere 'lalioquin die 13. occidit bora 9. ss', pò fi nwridiem . Porro die Augufìi 14 locus capitis Cometae fuit fì gr. 23 39'. > c5^ la- titud. bor. gr. 23. 2.', caiidae autem extremae O. gr. 19. 18'.» -^ latitud.gr- 39. ^s'-;fed die i^.lccus capitis fuit £i:gr. 2 51'. , ^ latitud. gr. 14 31'. Nodus boreali s orbitar Cometariae cum ecUptìca fuit in fcorpii grada 14. Alotus Cometae in propria ejus jemita ex differentia longititciinum -, d^ complementis la- titudinum colkBus fuit-, ut in fquenti luterculo vides ■» a die 13, quo refumptae fiuti 1^ Zelandiae oppida merfa ; Turcarum truptìo in Attftriamy (^ Cbriiìierni regis Daniae carter > Mo- Dell' Accademia . Ili Motus Conietae In pT'oprìo dudlu Diftaiitia Capitis a die in diem. Diuriius . Cometae a Sole. 13- 14. Gr. 4. 3.' Gr. 23. 40.' 14. 15. 4. 0. 23. 31. 15. 16. ■ 6. 0. 22. 15. 16. 17. 5- 24- 22. 12. 17- 18. 5. 0. 23. 2. 22. 23- 3. 40. 28. 16. Fin qui per ora il P. Riccioli > della ftefTa Cornerà il Caf- fini (i) ha così fcrirro. Dopo la Cometa del 1472. Hevelio ^ co- me altresì coloro ■, che han fatta la Storia delle Comete ■> ne ri' ferifcono molte •, delle quali non è slato il corfo defcritto , né la quantità del loro moto. Oitindt ci contenteremo di e f aminar qui filo quelle , delle quali è fiata per le ojjervazioni aBronomìche determiìtata la jituazione . Tra qitefie Comete troviamo quella del 1531 1 che apparve da' 6 di Agofto fino a' 3. di Settembre . Fu efia determinata da Appiano a' i^. di Agosto nel ly'^. 15'. del èì con una latitudine boreale di 23^. 15'. Era a i\. nel zi"^ . 3 9'. del me defimo figno con una latitudine boreale di 23. 2'. a- vendo avuto tm moto di 4". 24'. /';; longitudine fecondo l'ordine de' fegni t e di 13 minuti in latitudine da fitte ntrione a mezzodì. A 15 di Ago fio era nel 29^. 24' del Sì con una latitudine di 22°. o', efièndo flato il fuo moto di 5 . 45' in longitudine ■, e di V. 2' in latitudine . Fu poi il fio moto a' 15 ■> e a' 16 di 5°. 13' in longitudine , e di un minuto in latitudine da mezzodì a fit- tentrtone . A' ij. ji ofiervò la Cometa nel 9'. 14' della 11? 1 con una latitudine di 21°. 25% ejfendo Hata il fio moto di 4'. 37'ia longitudine , e di ^6' in latitudine. Era a' 18 nel 15^ 30' del~ laW con una latitudine di 2 . 12'} avendo avuto in longitudine un moto di 6'. ló', e di 1°. 13'//; latitudine. Fu a' iiojfirva- ta nel r. 23' della ^ con una latitudine di 1 6°. 3 2' ejjendo cia- to I 12 to nello fpazìo di quattro giorni di 15°. 53' il fuo moto in lon- gitudine-, e in latitudine di 3°. 40'. Finalmente tf' 23 di AgoHo fu determinata nel 2°. 51' della s^ con una latitudine di \\\ 3 I ' verjò fettentrione , come pure le precedenti , avendo avuto un moto di 1°. 28' /;; longitudine •, e di 2°. 1' in latitudine . Se le ojjervazioni di quejla Cometa fono e fatte , e (oìw Hate fatte alla ftejfa ora ogni dì -, il fio moto in longitudine è flato due vol- te accelerato t e due volte ritardato ; giacche di 5°. 45' è fato da' là^ a' 1$ di AgoHo maggiore-, che nel d) precedènte , e nel fegiiente 1 e da ij a' 18 maggiore di 6\ ló", che il giorno innan- zi , e poi , con una variazione poco regolare in latitudine , la qual cofa per t ordinario non fi ojferva nelle Comete . Comunque Jìaji la cofa-, il fio corfo f può in tre diverfi modi rapprejen- tare , due diretti ■> ed uno retrogrado . Il primo diretto , ponendo la Cometa tra il fole , e la terra , ma più vicino alla terra > che al fole tcome nella figura è notato (1) . Il fecondo retrogrado , metten- dola pure tra il fole , e la terra di là dal concorjo de' raggi con- dotti dalla terra alla Cometa ; ed il terzo diretto , ponendo la Cometa di là dal fole ■> in quella diflanza ■» che f giudicherà più opportuna . XL. Parlando il Fracaforo (2) di quelle Cornee , ch'egli fteflb avea vedute, così ne dice. Ergo anno 153 i primus Come- ta vifus efi die 8 , (^ 9 Septembris : appariiit. autem primtim ma- tutintis 1 ac valde feptentrionalìs (ut potè qui aeftivo tirculo bo- realior multo ejfei ) idem mox circa 13 diem vefpertinus emer- fit circa aeftivum circulum : fequentihns vero difùuf , longitudi- ne pariim mutata -, in latitudinem adeo fé agit , ut ultra aeqiii- noBialem fpe£laretur , 7ion longe a Jove , qui tum in gr. 1 3 . fcorpìi vertebatur ; circa diem autem 18 feujim abfumptus fuit . Ora è a cercare, fé la Cometa , di cui parla il Fracaforo ■, lia la nicdeiìma, che quella, di cui parla Appiatio. E queft' au- tore nega apertamente, che due Comete ^ì vcdedero l'an- no 1531 , come appare da ciò, che il P. Riccioli ne dice nelle parole, che più fopra ho citare. Pare, che dello fledb fcnri- mento (la ancora il Lubìenietiki ■, che una fola Cometa riferi- fce all'anno 1531- Ma fé non vogliamo dire, che una ftefla Co- (i) ta figura qui acce 'insta farà più cp- (3) Nel luogo, che tra pece farà citat* 1 portunamente dati altrove . dal P. Riccioli • ^ Deil* Accademia . 115 Cometa prima la mattina (ì facefTe vedere a.' 6 di Agoflo ; poi la fera dopo il dì 15 del medclìmo mefe ; poi di nuovo la mattina il dì 8 di Settembre ; e finalmente di bel nuovo la fera verfo il dì 13 di Serreaibre ; pare» che debba dirfi piatto- fto col P. Riccio/i , due Comete efferli fritte vedere l'anno 153 1. liicertttm autem f /? , foggiugne V autor citato , dappoiché della prima Cometa ha parlato, an idem Jit hic Cometa ciim eo-,qnem rracajloriiis l ib. 3 . Homocentricorum cap. 2 3 . vìfum Jibì alt hoc anno 1 5 3 i die H ■> i^ i^ Septembris matutinum , c^* tropico aeflì-' vo valde borealiorem ; jed circa diem 13 vefpertinum fadum e- merjijje circa aefiivtim tropiawi , fequeiìtibns autem diebiis , Ini- gitudine p artim imitata , in latitudinem asiiim ultra aeqinno^ia- lem fpeiiatnm fnijfe non longe a Jove , «jr/r tnm in gradii 1 3 fcor- pii verfabatiir , q^ circa diem i S jenjim abfnmptiim fuiJfe . (^a- re mot US ejiis fiiit ai? occidente in orientem oblique-, idesi a ma- giftro Jeu caiiro in notapelioten. At ciim fiuim Appi.mus dirat coepijjl' di/parere die 23 Augufli , c^ non emerjiffe vefpertinumy nifi pò jt diem 15 Atignfti -, iiS' femper ìlliim ponat citra ec/ipti- cam ì icT aequatore:n: quis non v i de t fnijfe diverfos Cometas? Et famum duorum Cometarum non fiijfe in eo fmdatam , qnod priiis mane-, deinde vejpere vift funt ; fed quia Jive quando lua- tutiniìjive quando vejpertini vt/ì funt -, diverfi dies -, ^ meit- fes fieri -ìt . Sed brev'ior hujus vita di-ernm io, ^ tardus de ilio rumor , Jeu nubilum tempus higolihdii obfervationem Appia- tto forte inviderunt . XLl. L'anno appreffo 1532 apparve un'altra Cometa, della quale molti autori ci han lafciata memoria. E prima En- rico Botane (i) all'anno 1532 così ne dice: Hoc anno Cometes apparuit -, Hetitque Jatis din . Circa enìm feftum Mattkaei pri- vium nobis apparuit , vidimujque eum in die Simonis , <> Judae ApoHolorum . At ex tane nubibus atris coelum tegentibus , qua die ce/faverit , vel defcerit , videre band quivimns . Poi il Fracasioro con più parole ne parla, così dopj quelle, che già ne ho citate , prolegucndo a dire . Secundus autem vifus futt anno .1532 1 femper matutinus ante Jolem : ftella erat triplo nuijor Jo- veicoma autem y Jeu barba loagitudinis bracìnorum duorum ; vi- P de- (i) Nel tom. n. degli Scrit, dtìle ceft Brufvhtnfi. 114 Atti deri autem socp'it die 22 Septembris ^ ac perduravit ufque ad dk'n 3. DecemoriSì qui fuere dies e irei ter yi. £x quo aittetn nos objervare per iiijtrumenta coeptmus , erat primum Cometa in Virgine gr. fere 5 , ausìralis ab aequinoBiali gr. circiter 6->ab ecliptica gr. 15. Mox in Virgine vijtis esì gr. 7. auftra- lis ab aeiiiiidOiiiaft gr. 3 > ab ecliptica gr. 14: detnde in Virgi- ne gr. fere n , ab acquiiiOLÌiali auftralis gr. 4. ab ecliptica au- flralis gr. 3. Die vero 12 Odobris fnit in Virgine gr. 21 ■» fep- tentrionalis ab aequinoóiiali gr. 3. min. io y ab ecliptica gr. o. Die 26 fui t in Libro gr. 12, Jeptentrionalis ah ecliptica gr. 2 j ausìralis ab aequinocìiali gr. 2. Die 4. Novembris vifus fuit in Scorpio gr. 8 , auftralis ab aequinoàiali gr. 6 , erat atttsm te- nnis , ac pene cxHinefcens : ad die m vero 3. De cembri s abjiimptus omnino fnit . Anche il V. Riccioli riportandone le ollerva^ioni del FracaBoriot e àc\V Appiano .> ne park a tiuelio modo.^a- no 1532. Cometa ■» Xiphias Milichio in lib. 2. Plinii cap. 25 di- éfus , qui prius auftralis fuit , deinde flexit in boream , coepit- que vi de ri ab Apiano aie 25 Septembris ., vtf ufque e si ufque ad 20 Novembris , cum degeret in Dnjeno jvlijiiiae oppido , jub al- titud. Poli gr. s^.Die 2. Oélobris locns Come tue Oi:jcrvatus fuit ab ipfo in W gr. 8. 24', cum latitudiae anftrali gr. 13. 44'» ^ Cometa prius occidebat ■» qnamjol., me i:iji mane videbatur . At Oftobris 21 5 bora 5 poft mediam hoBcm locus ejus vijus fuit in £2: gr. 21. 30''. cum longitudine bor. gr. 13. i 5' ■» caepe- ratque pr accedenti apparere vefpere , paulo poft folis occafum -, (cuda in dies magis vergente in meriìiem , doriec perpendicula- ris fieret refpedu zenith .Jam die 8. Novembris bora 5 12'' poft pied. tiodem locus Cometae erat Scorpii gr. 3. 35', cum latitnd. boreali gr. 19. 36', cauda verjtis boream ftexai quae vefpere quoque confpiciebatur . Nodus boreus orbitae hujus Cometae fuit in principio Librae . Haec , lìjr alia Apianus , fed Cardaìtus lib. 3. de flèti li tate -, (^ Fracaftorius lib. 3. homocentric. cap. 23. fiit exortum die 22 Septembris ■, ^ occubuijfe die 3. Decembris ■, tiec illis die bus 71 progrefsum , nifi gr. 63 .,fciUcet a gradu 5 W ad gr. 8. Scorpii , ideoque fupra lunam fuijje colligìt . Addit Fra- eaHorius fiàjje caput ejus triplo majus Jove , <^ caudam bicupi- talem -, ^ motum ejus ftùfse ab auftro in boream , ac fuijse die 22 Septembris in gr. 5. Virginis cuvi latitud. anftrali gr. 15 > Dell' Accademia . 115 15; «r die 3. Decembrht quo evmmtt -, ftiìffe multo onentaltO" rem. Vogelimts antem B.egiomontanì dìfcipu.us dicitur ohjervdf- fe in hoc Cometa parallaxem gr. 6, q^ ejus dìametriim deduxif- je milltarts wiius cum quadrante . Finalmente anche il Ca'fiiìi ha di quella Cometa parlato, ed ecco le fue parole (i) . Ne/ J532 apparve prima del fole una Cometa da' 2^. di Settembre fino a' 3 di Dicembre , eh' era tre volte maggior di Giove » ed ave a una coda lunga due braccia . Fu ojjervata da Jppiano } sbc determinò la jua Jituazione ì tom'e qui notato. Longitudine . Latitudine. Ottobre 2. W. 8". 2+'. 13". 44'. Meridionale. 3* 1. 25. IO. 12. 14. ^ 0. 0. 0. 0. 19. 5. 4<5- 4. 51. Settentrionale. 31- £1. 30. 13. 15. Novembre i. 23. 57- 14. 42. 8. m. 3. 3 5- ly. 36. _ Secondo quefle e fferv azioni la Cometa è compar fa prima re- trògradà , avendo avuto da' 2 a' i di Ottobre un moto in longì' tudiiie di 7 gradi contro /' ordiu de'fegni , e nelle feguejiti ojjer- V azioni è (lata diretta , ed ha cos) continuato fino alla fine della fua apparizione . Non pare , che il corfo di quefla Cometa , qua- le è flato determinato (t pojfarapprefentare ife fi (apponila -, che il fuo moto fia Baio veracemente retrogrado ; ed è necejfario di porla dal principio della fua comparfa jjell' orbita annua molto vicino alla terra -, da cui (i è ne' giorni feguenti allontanata con un moto reale fecondo l' ordine de'fegni. Non hzV Halle y dato Idogo a qaerta Cometa nel fuo catalogo, ma 1' kh.de la dil- le le ha dato luogo nel fuo air.>i più ampio. Ma a quella del fcguente anno 1533- anche V Halley ha dato luogo nel fuo catalogo . XLII. Di elTa molti autori han parlato» e prima il Traca- fioro z quello modo. Tertius vero Cometa fequentì anno 1533 éb aliquibus vifus fuit die prima Julii inter Plejades , & ft^l- P 3 last (1) Neil» Mtmiri* ciati . {pug. 303. ) iì6 Atti ias , quae funt in corntt Arietis , a mbis non mji àie 7 ; ùr'teba-^ tur (ìutem bora fere 2 notiis , Bella erat panlo major jave , ve- rum caudae-t aut barbae tam longae y ut militarts bajtae longi- tudìnem in cacio aequaret : erat autem quum primum vìjhs a tiobis fiiit in capite GorgorÀus , ac triangulum pene faciebat cimi duabiis iliis iieliis , quaejemper lucidaejunt : Jeqiienti twóte elon- gatus ab ilHs fuit feptentrionem verfus gr. fere 3 . Die vero 2 1 » bora circiter b no^is vifus fuit prope flellam , qtiae e fi in dextra Perjéi manti , ubi eft enjts , quare gr. fere 1 5 abjce/je- rat in latitudiiiem a loco , ubi primum vi/us a nobis fuit . Die 27 apparuit prope Jìellamt quae eH in cathedra Antiope s -, fe- ftentrionalis gr. jere 3 o « prima die , qua eum vidimus in la- titudmem aBus ; a prima éiuiem die , qua alii eum videre , gr. fere 65. Ne ha ancàe il P. Riccioli parlato , così dopo le pa- role di fopra citare aggiagnendo. Anno 1533 emicuit Cometes éicontias , feu bafti.ormis , tefte Milicbio in liù. 2. Plinii cap. 25 , qtiem Fiornovellus ait fuijfe nigricantis colori s , p^ cdudam ab- vertijje verfus Aficam^ vifumque per 30 dies in partibus bo- re alibus , praefuljijjeqne morti Clementis VII. cjr Alfonji III. Fer- rariae ducis , qui anno fé q ne mi excejjere ; Curdanus in lib. 2. Qjiadripartiti textu 54. dicit mot um fui se cantra or dinemjigno- rwn a Geminis per Taurum in Arietem . Petrus Surdus part. 2. de Cometis ajjèrit fuijfe coloris flavi > <^ vifum a fine Junii ad diem ^ Augujii ìficutum verofchijina Anglicanum anno 1534. quo HenricMs Vili. Aiiglus fé caput Ecclejiae dixit, Anabapti- §ìarum furores > incmfones Aenobarbi , inortem Clejnentis VIL ^ ducis Mediai ani — {i)fed praeftat audire Petrum Apianum -, ejus diligente m obfervatorem , qui in Aftronomico Caefreo par. 2. narrai, die iH. Junii objervatum Cometam Jibi in U gr 3. 40'' diftantem a Jole gr. 6(5. eum latitud. boreali gr. 3 2. prope Hellam Algenib ; é" die 21 caudam longam faifje gr. \S •> & die 25. fuijfe in \j gr. 15 , cu?n latitud. gr, 43 , dijìantem a Jole gr. 88 » nec unquam occidijfe ob viciniam eum Polo boreo ; cofpicuumque fiiijfe poji 24 Junii circa medium noólis uj'que adfolis ortum Jem' per intra hoream , c^ fubfolanum , eum orituro- jain Jole fé- - re mcridiem conjcendiffet . Addit , // tam vicimis terrae , quatta tum (j) Qui il P. Riceitlt riporta le ciTcrvazioni del Fraaijioro , eh' io credo acn dorce tipecere . ' Dell'Accademia* 117 tum Peripatetici putant , futnrum fuiffe , Ht lateret intra um- bram terme , i^ qiiofdam ex imtu regulari ip(ius cantra /igiiO' rum ordìnem Jujpicatos fuijfe , himc ejj'e ftellam , qiiae deorfum defceriderit » ac p&Hea Jnrjìim reverja jit . At de hoc Gemma FriJÌHs Jenior iu Radio AJlronomico art. Vidimus Coineram an- no 1533 in Jalio ab ilirci lidere lecundum viae lacteae ductum , motum per CalFiopeac lidus , hoc eli: iimul in praecedenriu iì- gnorum , & longe in boream . Secittae Junt vafiitas Vestphaliae ab haereticis 1 Anglicani fi hifmatis manifefta eriiptio tTiircariim motus cantra Perjam , éf Barbarojfae cantra Mitleajfim. Ne ha per ultimo parlato il Caijini y (i) il quale così ne dice. Nel 1533. Appiana ajjervò nel me fé di Giugna una Cometa ■, la cui Jit nazione potè egli determinare fil quattro volte . Era a' < 8 di Giugna nel 3 . 4o'^é' p con una latitudine fettentrionale di 31°. A 21 del medejtmo mefe egli l' ojjervò nel 29". 20' del \i ■> con una latitudine di ^6"^. 20', ejjenda dt \s° la lunghezza della faa coda ^'23 di Giugna era la Cometa nel 21*. 30' del y » con una latitudine di 40". 30'. Finalmente a' 25 di Giugno egli la trovò nel 15^. del "ij, con una latitudine di 4^1'^. Qj^^fi^ Co- meta era s) vicina al Polo , cJye non apparve mai tramontare ; ed io fin perfuafo , aggiugne Appiano , che fiarà cagione di non picciol diljèntimento tra glt ajìronomii e i fìlofofi; perchè il Juo moto è fiato coìitro r ordine de' (egni da Gemelli ver/o il Toro. Riferifce Hevelio verfo la ftefso tempo /' ofservazione di una Co- meta fatta da Cornelio Gemma-, che la trovò nel 5*. de Gemelli al principio di Luglio verfo la coHellazione della Capra -, con una latitudine di z^., ed una declinazione di 48 ^^.y e pare che ci Jia errare 7iel giorno-, perchè «'25 di Giugno era ftata la Cometa of servata nel 25°. del Toro ; e quindi noi abbiamo impiegata V ofservazton di Appiano-, fi e ondo la quah il moto della Cometa è flato retrogrado di 18"., 40' nello fpazio di 7 giorni , e tro- viamo-, che il fio corfi reale fi può rapprefentare diretto ficon- ào l ordine de\fegni ponendola al di dentro dell'orbita annua ^ molto più vicino alla terra , che al fole . XLIIl. All'anno 1537 due Comete dal P. Riccioli ommef- fc riferifce il Lubienietski fu la fede del Rockenbach ; una del- le (1) Noli» Mtmarié eit»u. (/*/• i°ì-) ii8 Atti 1; quali fu veduta in Gennajo verfo occidente » I' altra nel fc- gio del Toro, la quale veder il fece per tre intere fettimanei ma accenna un fuo fofpetto> che una foia Cometa in queil* anno apparfa iìa per due contata dal Rockcnbach . A' due fe- guenti anni due Comete riferifce oltre il Lubiemntiki ; anche il P. Riccioli ■, il quale così ne parla. Anm isì'^- fuljit Come- tes a die 17 lanttarii ad ii. obfervatus Petro Apiano ■, qui ait habuijje caudam erei^am verfus Zenith^ longam gradus 30,4:^ locum ejus fitiffe )~{gr. 5» cum lutitud. boreali gr. 17» in ip- fo Pegafi Collo: caput Cometae di flit it die 17. a Jole gr. 32 ,30'. Petrus Surdus ait fuijfe oppojìtum Saturno ., cui Jucce/Jìjfe tu- rnultus Florentinos cantra Cojmum magnum Hetruriae ducem : edventum Francijii Galliarum regis cum magno exercitu in Ita- liamt colloqi'iiim Pontìficis cum eo , e?* Ciro lo V; infelix foe- dus Chrijìiaìiorum cantra Turcas , vitto m Barharojfa Io. Auria » qui er^t praefeiius cla/Jts Hifpaitae , Venetae , ^ Pomifìciae .- AnnQ 1539- idem Aptanus observavit Cometam a die Maji 6. fld i'] 1 aitqus die 17. bora naófis 10. fuijfe in Q gr. 17. cum ìatitud- gr. 3. auHrali y ér cauda brevi ^ atque obfcura ■, (^ di- lli tijfe a fole gr. 72: motum denique ip/ius cantra ordinem Jì- gnorum J'uiJJe , ac velocìorem in occidentetn , quam /it motus ; rithi niobi li s . Ad hunc rejerunt cladest ac turba s Mijniae ., Turtn- giae , Brandeburgicas , 1^ Brufuicetìfes . Ma il Lubienietski al- lo fteflo anno 1539. rifetifce un altra Cometa , -apparfa in Gen- najo , ed aggiugne che fé ne vide un'alrra a'21. di Agofto del 1541» ed un altra per 40. giorni l'anno 1542. Nega poi, che ila da annoverare tra le Comete quella, di cui il P. /?/V- «o/i dopo le Citate parole ha cosi fcritto. Anno 1543 , ut ex fe^ ne do narrai Fromondus lib. 3. Meteor. cap. i art. 6. cauda Co- metae delapfa ufque ad qaemdam rivum ; illum exhaujit , qua rat ione Scaliger quoque Exercit. 79. ait, Cometam fui tempori s vijiw: delabi : c^ bine a Jimili Cometa ortam Pbaetontis Jabu- lar:t putat Vicomercatus , J'ed Tertullianus ex incendio fiipra So- domam. Se però toglie quefia dal numero delie Coniere , agli anni 1545, 1554. ne aggiugne due altre, taciute dal P. Ric- «■/(?//, il quale non ne conta niuna tra il 1543, e il i55<^ -^^^ no 1556, die' egli dopo le parole citate, teUe Cardano lib 14. cap. 69. de varietale , vifus eii fub iniiium Marcii Comeres « aequa- Dell'Accademia'. 119 aeqtialis fere lunae dimidlo , crinibus non longis , nec conflan- tibjs , fed vclut in incendiis rutilantibas , .ut in taedis « dum vcncus tlat , fufca erac,ac rubcns , & t\iTb\da. . Adit Car^ da/ius y Conte ten diebus 4. fecijje gr. ts ab or tu in occ c^ 30, ab aufiro in bor. Io. Homelius quoque ipjius objèrvator tuirraty die 5. Martii vonHitiJJe fiipra fpicamjuxta alam jiniHramVìr' gt'ìis ; die 'è. infra genu Booti s : die y. juxta ArBurum ; ut qua- Ji in maximi circuii peripheria tenderei reóia verfus po!um borealem eclipticae , ^r tunc uno die piare s quam gr. 1 5 • circu' li ilitus coiifecijfe ; deinde afiendijfe verjus Polum aequatoris magna velocitate ; ér inde qiiafi ex culmine dejcendijfe ad Sa- turntim , qui fune in Ariete verfabatur -, contendijje . Sìcut aw tem antea ex Libra contra ordinem fignorum feciindiim long'i- tudinem procejjerat > ita poHea Saturni motum imitatum fuijje t fecundum ordinem Jignorum progreffum effe per Andromedam ad fignuin Pifjium , ubi extincius fuit . Addit , radios , qui vef- pere in meridiem , media noBe in occajum fuiffe converfos ■> nc- que comam huic a fole averjaìnfuijse-, donec a fole remotus fuit tniuus quadrante circuii . Cam autem a file ; ^ ab eclipitca procul abefset , potuit fpeófari tain mane , quam vefperi > c2" aliquando non dejcendere infra Horizonte . Keplerus in Cometa- rum Phi/iologia pag. 113. ait -, Carolum V. frujlra Jibi ab eo ti- muifse , cum diutius juper vixerit ; potius ergo turbas inter reges Hifpanum , ii^ Gallum , (is' iii Livonia per Teutonicos , e?* P'ig. 129. eidem adfcribit difftdia occulta inter Carolum ■> ^ Per- di landum fratj-es . Della ItelFa Cometa ha parlato ancora il Ca'Jtni; (i) per isbaglio dello llampatore, come io penfo , fia riferita collanremente all'anno 157(5. Per elfer convinto, che il P. Riccioli , e il Caljìni parlano di una flelfa Cometa , bafta udire il fecondo , dappoiché lì è veduto , come parli il primo di quelli autori. Nel 1575. die' egli , // difcuopr) al principio di Marzo una Cometa ■, che compariva quaji eguale alla metà della luna -, e ave a una chioma , che non era lunga -, ma fpan- deva la Jua luce-, come fa una torcia ■, quando (pira il vento. Scorfe y fecondo Cardano t'j^. gradi contro l ordine de' Jegni da Oriente verfo Occidente , e ^o. gradi da mezzodì verfo Set- ten (i) Neil» M/morìa citata. (/*^. 30+. fég.) I20 tentri ofie . Giovafwt Home/io y il quale ofservolla , riferì/ce , eh* ffsa a 5 di Marzo era vicino alla ftella ->,. eh' è nella jinislra della Vergine ; a y. vicino ad Arturo , alzandoli diritto verfo il polo boreale-) d'onde difcefe verfo Saturno ■, eh' era allora nel fegno dell' Ariete . Per le ofservazioni , che fc ne fon riferite -, appare che il moto di quesia Cometa è flato prima per alcuni giorni diretto ; e poi retrogrado , avendo un moto ajsai veloce -, the da mezzo dì la portava a fettentrione , d' onde difcefe ver- fo mezzodì nella parte del Zodiaco . Avendo rapprefentato il giro di quefia Cometa , rifpettìvamente all' orbita annua , fi trova-, cb' efsa al principio della fua apparenza era di là da quefi' orbita , eh' efsa ha attraverfata verfo la metà del fuo cor- fo , con un moto diretto fecondo /' ordine de' fegni , e pot fi è al fole avvicinata 1 allontanandof dalla terra. Ciò; che aggiugne il Cal/ìni, Tempre più conferma, ch'egli parla della Cometa dei 1556. Quesia Cometa-, ài\z z<^\y fembra aver molta analo- gia con quella , eh' era fata 84. anni prima ofservata da Re- gìomontanonel 1472 la quale era prima apparfa nel Jegno del- la Bilancia , ed ejjendo poi pajfata tra il polo dell ecìnica , e quello dell' equatore-, verfo il fegno dell' Ariete ave a terminato il fuo corfo . Imperciocché per la figura , in cui Ji è il moto loro rapprefentato -, Ji deve , eh' ejfe ri/petto al fole hanno avuto un moto limile . Vi Ji ojfervano J'olo due differenze . La prima -, che la Cometa del 1472. avea attraverjata l e e litica verfo i prime gradi del Lione , quejla vi è p^Jfata all' efiremità della Vergi- ne . La feconda-, che la Cometa del 1472. ha fcorfi 0,0. gradi nel- lo fpazio di un giorno-, e quella del isjó. ne ha Jcotji Jol 15. nello Jìejfo tempo . Maji può render ragione di quesle due dif- fenze 1 attribuendo la prima al moto del nodo di quella Come- ta -, che nello fpazio di 84. amn Jarebbe Hato di 50. gradi fecondo i* «rdine de' fegni ; e la feconda alla diverfa difianza di quelle Co- mete dalla terra ; fupponendo che la Cometa del i^']2.Jia pajfa- ta più vicino alla terra-, che quella del isjó. ond' è -, che il Juo moto ha ejfere in apparenza più veloce . XLIV. Ma benché il Caljini parli di una Cometa appar- •fa r anno 1556» non lì dee con lutro quefto negare, che an- cora nel i?7(5 non fi vedelTe un'altra Cornerà, di cui parla ii Lubienietski . Quefti oltre quelle , che dalP.7v/Vw/i fono an- nove- Deil' Accademia . 121 noreràte fino al 1577. ^"* "^ rifcrifce all'anno 1550, un'al- tra air anno 1564 , due all' anno 1566 , un' altra all' anno 1572, ed nau all' anno 1556 come fi è detto. Quin- di egli dall' anno 1576. fino ai 1577- aggiugne fei Come- te a quelle quattro, delle quali il P. Riccio/i a qucfto modo, Afitio issy./iìnih oHemum ( una Cometa limile a quella del precedente anno ) in occidetitis plaga vifum menfi Odobris in Jigno fagitarii ; éf anno 1558. Cometam veru imaginem haben- tein confpeótitm AugttBo per multas hediiomadas in Scorpio , cau- da in Romam verfa , narrai Io. Praetorius , (ì^ Fiornovslltts hiinc gurem Fromondus Itb. 3 . meteorormn cap. 3 . putat , praenunciafi- fe Caroli V. obitumy qui fuit hoc anno die 21. Septemb. alii dicitnt ■) caitdam habuì/Je in Hifpaniam cenverfam , é^ /"«(^ fub coma Berenice s ; itaque big potius eft ille , a quo Jibi innuit Qirolus Vt Wide de ilio manavìt illud pentametrum ab ipjò faitum . His ergo indiciis me mca fata vocant ? Mortua quoque eji Maria Angliae regina "Novembr. 17 , eodemque die Re gin al- dus Polus , mortuae item reginae Poloniae , (ì^ Hungariae , ut rurfus anno 1559. alius Cometa comparuit jub finem Maji ufque ad diem 22. lunji in Oriente-, mortitufque e§l Henricus II. rex Galli aet <^ paulo pofi Paidas IV. & \S. Cardinales •, Her- cules dux Ferrariae ì rex Angliae-, rex Lujìtanrae , rex Da- ni ae ^ dux Venetorunty multique alii principes -, ^ perfidia Hu- gonotorum erupit manifeftius . Anno i5(5y. memoratur Cometa menfe 'Novembri fui gens in Serpentario-, <^ refpondens longi- tudine fua Sagittario , c^ Capricorno .- felimus intentus ad ufur- pandam Cyprum , qnam anno feguentx obtinuit ; procefjtt Cometa. ex Cancro , ^ verfus fiaem dimiffo itinere diredo , defilé xìt ver- fius gradum 4. Virgtnis , ubi itationarius evajit . Ita Keplerus in Pby filologia Cometarum pag. 114. 129. Anno fiequenti terrae- motus Ferrariajn conciitit -, cr mare Belgium exundat . Fin qui il P. Riccioli delle Comete apparfe nel fedicclimo tecolo pri- ma del 1577. Di quelle che dal 1577. fino a nofiri giorni fo- no comparfe, tratterò in una terza diifertazione , la quale fa- rà più gioconda delle altre due per le ofiervazioni piii cfarte , che conterrà. Prima di terminare quefta feconda difiertazio- ne , oflèrverò brevemente, che l'omifiìone di parecchie Cnme- CL te 132 T T I te » e gli errori dì Cronologia del P. Rìccioli , tr<^o fidatoci degli autori > che cita , e da me corretti » fecondo le tavole cronologiche de' PP. D.Qemsticet ^ e D. Durando autori efat- tilfimi dell' Arte ai verficare le date » alcuni de' quali fono fìati dallo l>ciro P. Riccioli corretti nella fua Cronologia , non pregiudican punto ne' alla ftoria delle Comete » qua! li può aver per que' tempi « ne alla iHma » eh' io ho j e ii dee avere pel P. Riccioli. Aggingnerò altresì il catalogo di quelle tra le Comete apparfe fino al 1577 y ^^ moto delle quali è itato de- terminato i non già qnal li trova nella Cometografia dell' Hai" ley\ ma piuttoilo qual li trova nelle Leeoni Elementari ài AjiroNomia dell' A b. de la Caille » che notabilmente hi accre» iciuto il catalogo dell' Halle j. iìf • •« n JS u , >. J- (t, (D 61 ;:; ::3 !> 1 g O n * , e ex n ra O ea m ^-^ HI X X I Q X C O .5 o « re • 2 S ♦ "T3- K v^ S 3 2 bn bo V ? o ti g» S Su Oi U u L. W u S § £ ;5 £ ^ V» ■ t . «s o •<■ f^ - c5v ~ te «a s • . • N Oi o • o M « M òi «• « o X M ir .. N cu • « O lil ti .5 é- o o < =$ § r^ eó ^ "^ "^ O >0 M «5 • ■♦ C i=* r« CN •♦ o o >o i>^ « .::; o "^ •»* ^ tfd >0 vo 1^ >o «»\ >o 3-^ ò> d e\ ^ d è; «li ^>« "O g to' • « o o ± * «^ ^ V\ f*\ o « © degli fruite .;. ,i js • ■ • •" r~ co M ri • « • '^ ■^ 0\ ■1^ • O 11 2iS co ò 0 ò «5 0 0 ?» •c;^ li ± - vó f^ '«■ M ^ -a e •♦ rt ^ n ^ ,f d » 4 -• O *^ lA o « 3 O • n M « " r< J-a to • • • • • . rs .^ •■ •sof ^ -= 3 4 rC M « A vi ir "o »»i r» •^ m -> •** l*\ «A *« «« «^ " X « < u ^/tif nt ^ Vt } /s n ^ J 1 15 NOBILISSIMO, ET DOCTISSIMO VIRO GOMITI ANGELO FAGLIA ECCLESIAE CLARIENSI PRAEPOSITO. JOANNES FRANCISCUS DE MALFATTIS S. P. D- Ucundiffìmìs ìllìs meufìbus , quihus mìhì lice- bat , Vir Nobiliffìme , fnaviljìma tua confuetudine un 1 illud perjatpe nohis coìitigijfe recar dor , ut de rebus jMatbemnticis fermoncs coiifereremus ■, qu'tbus ad Algebrai- cas » ut folet , deflexis , fi bene viemineris , admirabar qiian^ doqiie j (ìy , pene dicam « affii^abar , qiiod , cum quadratica' rum aequationtim Arabes , cubicarum Scipio Ferrens qua- drato - qitadraticarum Ludovicus drf Ferrar iis refò/utionent praefliteriut , in aequationibus quinti ordinis , fiiiicet qua- fi in ipj'o Analyticae Jcientiae veftihnlo » adeo hiiefèrint eo- rum temporum » c^ poBeriores Geometrae , ut nulla ìniprae- fens adfit oecumcnica methodiis , qua earum radìces Ana- lyticis fymbolis exprimi queant-, quanqtiam a pofiremis illis R ' ìven' 125 Atti hiventit ffathmjam ditcentum annorum defluxerit ■» atqtte in hoc ipfo jummi homi/ies ad hanc itfqnc diem maguopere con- te n. trini ^ Maximus Geometra Leonardus Eukrus -, quod Jciainy de form'ts radìcum aequatìoumn ciùitjque ordinìs in l'omo VL Commentariorum Academiae Scieiitiarum Imperialis Petropdlitanae coniecluvit . i^am coniedationemi etji mihi 'vernati fmtllma vìdeatur > non aujìm tamen veram ajjèrere > doììcc ìp/a valtclioribus m gumentìs ftilciatur > qiiam Euleria- na [unti qitihus fortiijje meae ipfae commentationes non le- v'iter fuff'riigautnr . Tentatrentum fau§liori ornine aggrejjo res melius ceffit dotliljìmo Vìncentio Riccato , qui , ut probe no- di ì in Jnornm Opufculorum Tom. I. Op. IV. elegantiijimam mcthodum exhihuit > cuius ope non Jolum quinti Jed Jhperio- rum quoque graduum Aequationes rejolvuntur ■, it?* conHruun- tur dummodo eae aliquìbus gaudeant conditionibus in notis termiuorum coefficientibus -, quae tamen inventi utlitatem adeo intra angufios limite s conftituunt y ut praepediti -, ac pene impervii itineris aliquam dumtaxat femìtam Clar'ijimus Aii- dor aperuiffe cenjeatur • Nuperrime tandem Eduardus Warin- gìus in libro , cui titulus : Mifcellanea Analyrica de acqua- tionibus Algebraicis , & curvarum proprietà tibus Cantabri- giae edito anno 1762. fibi gloriam foluti probkmatis adj'ci- fci debere arbitratus efl in aequationibus quinti <[^ fextì gradus , earuni ad cubicas redudione . Poflquam autem ex- cufus fuit lìberi ipfemet fefe in errorem lapfum comperiiti vani in exemplari 1 quod ad celeberrìmam InHituti Bono- mie nfis Academicim dono mjfum fuit , eo loci , ubi fermo efi de aequationibus quadrato - cubicis , Jequens nota wargi- tjalis manti Audoris /cripta legitur : Haec regala failir , nifi fumma diiarum , & fumma trium radicum nihilo iìt aequalis . ^o ìgitiir redit totum illius Dodrinae negotìum ■, ut per eam tantum criterium exhibeatur dignojcendo cafui utile-, in quo quinti ordinis acquatto in duas jecundo termino carentes ■, qnarum una cubica Jit -, altera quadratica -, dividi pojjìt . Qjiod profedo nullìus prorfus momenti cenjehitur : proHant enim antiquae methodi , quae buie praedando fuffìciunt . Tot do- diffìmorum hominum conatibus meos quoque adiungam ; atque in aequationibus tantum quadrato-cubicis conjidens , quod cum non Dell'Accademia. 127 tjon mediocrìhns (ììfficultatìbus colluClato ajjequi tnlh't liciùt y jampr'tà'm tihi » Vir praeftantìjjhne , mmcupare coììftitnì , ut publicum extaret amìcitiae ^ (^ obfervantiae mene teftìmonìum adverfus hominem wgenii (^ doólr'uiae praeflantia , morum co- mi tate ■, urbiiìùtate ì lìberalìtate -, benevolejitiam omnium non di- cam (ibi concilìantem > [ed pene rapientem , cui me tantis ob- flrièum nomiuibus fate or •, ut hac ipfa grati animi fignifica- tione non mihi eum devincire •, fed minimam UH quaji aeris alieni partem exolvere videar. Ver unt amen quantulacunque baec ftint j quae tibi in/cripta effe volui , fi jion ex fé ipjis , fed ex voluntatis meae ubertate vieaque omnia pngulari humanitate , 0" amore profeqnendo •, fatis miht perfpeóla eft cbaritas ^ diligentia- Sed rem ip- fam aggredìamur . Vale interim , vir praeclariffime , ac > fre- quentiori literarum mi/Jìtatione , vi fendi , iiy alloquendi tui , quod per locar um disjuntTionem mihi vetittim eB , dejiderium lenire perge . FeRRARIE SEPT. IDUS MART. I77O. R 2 JO. C29 )0. FRANCISCI DE MALF\TTIS DE AEQUATIONIBUS QUADRATO-CUBICIS DISQUISITIO ANALYTICA. Abriel Manfredi us rerum Algebraicarum pe- ritiflìmus in Tomo III. Commentariorum Bo- noniendum methoduni exhibet > formulani ex pluribus terminis corapolìtam , quorum unus rationalis lìt, caereri radices cujufcun- quc indicisjin rationalem convertendi, quan- dam aliam tormulam quaerendo» cui reciproci nonien indidit, in quam» fi propofita ducatur, exurgat quantum rationale. Quum forte in id Opufculum inciderem , atque illud atten- te perlegcrem , fufpicio oborra efl: , Manfrcdianam methodum aequationis quadrato-cubicae radicibus evolvendis conducere nonnihil poflè r arreptoque e vefligio examine > quid inde pro- fecerim, ex hac difqui(itione apparebit, in qua fuppono , do- ftiflìmi Viri methodum notam elle, quam, liquem forte la- teat , in praedidis commentariis enucleatifllme cxplanatam in- veniet . 11. Ne autem ad propofltum concitatiori , quam par eft, pedc procedamus, libet paulubjm in aequationibus inferiorum ordinum immorari, ut, dum a fimplicioribus ad difficiliora via fìernitur , methodi perfpicuitati confularur . Sir iiaque ae- quatio catholica fecundi gtadus, cui fecundus terminus deJìc x' ijó Atti X -+ a^=Oi ciijus radix fupponatur xj-+ in V~f' = o. Rcct- prociim hujus formulae eft x — m V f ■> ut cuicumque pa- tct i eaque in hoc reciprocum du6ì:a gignit quantum rariona- le ^^ — fYi^j^^^o. Haec aequatio , fafto /"= i . evadit x' — ■ j;;'*=r (? , quae identica efie debet propolltae .r'' -+ « = o Col- lato igitur termino — m' unius formulae cum analogo termi- no —f « alteriiis , nova aequatio confurget m—\-a=^Ot un- de eruitur ;« = -+ v' — a > qui valores , in radicis exprefTionem introduci, exhibent duas propofitae radices at -f v/— df = o ; j( — Y/m a ^=^ 0 quae primo contuentibus aequationem ip- fam x"^ -+ a ^= 0 fponte fé fé oftèrent , quafque per verboriun circuitum determinare libuit , ut methodi noftrae uniformitas ab iplìs fecundi gradus aequationibus patefìat. III. Aequatio, cujus radices inveniendae funt, vocabitur deinceps propofita-, vel rejòlvenda : forma radicis ex quantita- tibus in progreilu calculi determinandis compofira , radix hy- pothetica: rationale demum faftum ex reciproco in radicem hypothetictvn duclo, aequatio canonica; quibus retentis deno- mination ibus , ad cubicac aequationis refolutionem illieo pro- grediamur , IV, Erto aequatio cubica refolvenda x^ -^-^ ax—^b=Ot Radix hypotheticaì cuJus reciprocum inveniendum eft, a: — h jfi ^y' _+ ;; i^/y= 0 . Hujus reciproci , quod ex Manfredii rega- la haurietur, in radicem multiplicatio camnicam fofficiet » quae erit huiufmodi x^ — ^m nfx -t- W/' =o , live faclo/= i , —I- ìì'f x^ ^3 m n X -+ m^ —^ n^ = 0 . Collatis inter fc terminis analogis canonìcae & refolvendae , duae aequationes enafcun- tur, quarum prima eft m7i-+a=.o (cui refolvemis nomen indimus)> ex qua oritur n = — — ; altera m^ -^ n^ = b . In hac prò //' fubftituto cius valore ; refultat aequatio wj"^ '■ m _ ijfjìi — a^=o; unde colligitur w'=: 1- — -+ a' i 3, 2—4 ac proinde »/ =; 1- v/ ^' — i- «' Ex altera autem formula Dell'Accademia. 131 j » = prodlbit « = ^ 1-^£. -+ a^ . Si , ex ambiguo fìgno quantitati ^ 1- «' praefixo , fumatur fignum fupe- 4 f^^ v A^ : K^ v"^' rìus , erit w= - — •■ ----{. / unitati acquato , fit a: -+ w — t- « = 0 , indifferens eft fuperius , vel in- ferius lignum quadraticae radici pracficere ; nam in quacuni» que hypochefi valoribus quantitatum m , « fubltituris , exurgit femper idem radicis aequationis refolvendae valor x —\- /~b Vb^ \ ^ b \/y — — I- — -+-<«'— f i-rt!' = o: quod femel 24 24 ^ difVum in fequentibus, quotiefcuraque recurret occafio, va- lere deber. Quoniam vero tres funt unitaris radices cubicae , tres itidem erunt valores iplìus m > & tres valores ip(ìus n ; ex quibus iis deleftis, qui lìmul mulriplicati efficiunr pro- duftum mn^=. — a\ atque adhibitis fymbolis m-tU prò iis radicibus, quaerefpondent unitatis radici terriae i > tres datac aequationis radices prodibunt > quas hic fubdo 1*. ^ -(- ;« — I- « = 0 2«. x-^m {^k-+k\/~i^^ -^■ « (— i — iv'IT'j) =0 3'. x-^m (— t—i^/zr-j) -^ il (_i_+.iV— ) =0 V. A. 132 Atti V. A cubicis ad biquadraticas tranfitum faciainus, & refolvenda proponatur biquadratica aequatio x'' — i- 4 , ;^^ — 4 ;;; « ;f "^ — H 4 ;»''/ A" — f zmn — p" = 0 j CuiuS — 2 j!>" ;v' — f 4 «' j» ;f ■ — ( /«* -+ «' )'' terminorura cum propofitae terminis coniparatio hafce aequa- tiones gignir /»' = — 2 « — zmn ^ ex qua colligitur 2 ?« » 2 ^ ^ •! """1 "' — p^- rz^za—^ ^mn\ m — 1-« = — , ideoque m -+n' = i_= ; & denique 2«— f-4W;« -f • ^* 2 /J — + 2 ?« ?2 2 <7 — I- 2 OT M = f ; unde aequatio refolveus efFormatur 3 2 w' «' -+ 6 4 ' = — 2« — ^A. Infuper eft m' —^ «-=. — ; aique idcirco »;+— (-«''^= 4- — • 2w;^«% quem valorem , compendii gratia , pono == 5 . Ex acquatio- nibus m}i = A; m'^ -h n'^ = B , li rite eas traftes, has alias nancifceris j/i"^ = f- — -<4^ ; «^= - — A^i fu- 24 24 pra autem invenimus p^ = ~2a — 2 A. ExtraiSla igitur ex duabus primis radice biquadratica > ex poftrema vero radice qua- 1/ B v' 'W^ dratica , valores iftos aflèqueris , ;« ^= ' 1- ^+ ; ?/ = ■' '—za — 2^>ac promae hi. ^ A^ì p = — 2 a — 2 Ai ac proinde radix Dell'Accademia. 135 hypthettca biquadraticae refolvendae, pro/unitate fubftituta» K5 fÌQtx-h^ i-'^JL'—A^ -H- A^ 24 * 4 , , . f^B V'ir- V' — 2 /7 — iA = o; vel , quoniam ~ zt -T — A^~ 42—42' 42 4 ^- '^ h — h V 2tf— 2 ^ =0. 4242 Quatuor porro unitati refpondent radices biquadraticae — f i , — I , v^— I , . — V— I ; duae vero radices -luadraticae — f i > • — 1 . Si iraque prò valoribus jam repertis fymbolis ;;; -, », p utaniur, refteque radices unitatis dillribuamus , jam qaatuor extabunt biquadraticae aequationis radices li. X —^ m—^p—^ it = o Z*. X 771 —^ p — » = 0 3 •. X —^m V^i — p — n V — I = 0 4=. X — ;;; V—\ — /> — +- n V^^ = 0 Haec omnia perfec\è confentiunt cum iis , quae ab oainibus In- ftitutionum Analyticarum Aucloribus , etiamii divcrfa metho- do inventa traduntur, quaeque ideo praemilìmus , ut tanquam praecurfor , aut fax quaedani viam fequentia lecturis aperiant > atque colluftrent . VI. Antequam vero aequationes quadrato-cubicas attin- go, illud velini primo confìdcres , ideo me ilngulas fpecies w , w , jf» ì-adicìs hypotheticae in irrarionale quantum eius in- dicis, qui refpondet gradui refolvendae y multiplicatas exhi- builfe , ut mihi liceret per Manfredii regulam, ejufdcm radi- cis rcciprocum invenire , & ad caJiouicam inde exorientem perduci : nullo enim cget recip7'oco formula x-¥ì7t-+u~+ p^=o fupradiCtis radicalibus deftituta , cum ipfa afpeclum habeat rationalem . Tali itaque artiiìcio canoìùcam aiTecutus , Se de- S "nde 131- Atti inde quantirate/ unitati acquata, nitidiores reddo forniulas , quae obtinendis quaeiltis radicibus inlcrviunt. VII. Si in cafìoiiicìs fupra inventis , prò at, eiusque po- teftatibus fnbftituantur ejus valores , valorumque poteftates ex radice bypothetica defluentcs , fumma terminorum in canoni- cis evadei zero ; quod ea mente monitum volui , ut leftores hoc criterio de canonicarum veritate certiores factos, a fafti- dio fupputationis Manfredianae in inveniendis reciprocis, 8c canonicis determinandis amoveam , quae m aequationibus po- tiflìnium alriorum graduum adeo longa eft , ut mitiflìmum A- nalyftam valeat in iracundiam concitare. Vili. Animadverre fecundo , me in refolvendis qua- draticis aequationibus hypotheticam radicem binomiam adum- plìfle , trinomiam in cubicis , quadrinomiam vero in biqua- draticis , optimeque hanc aflumptionem cefTìfTe . Quare igi- tur, analogia ipfa id flagirante, non ftatuam , quinquino- miam elle radicem in aequationibus quinti gradus ? Urger ad hoc faciendum progreilus poteftatum quanriraris y, quas vinculo radicali completlimur , quafqne ira conlìuximus, ut rationale faftum ex radicis hypotbeticae in ejus reciprocitm multiplicarione refultans aequationem conftituar ( quae hac negletta conditione altius afcenderet ) cjufdem oninino gra- dus, cujus eft ipfa, quam relolvendam proponimus. Adhi- bitae enim poteflates fpeciei /", & radicalibus vinculis impli- citae, fuerunt, in quadraticis unica poteftas /", in cubicis binae /*',/, in biquadraticis denique ternae/S /' , /', tot nempe fupponimus terminos radicales componere radicem aequationis gradus cujufcumque n , quot termini habentur in ferie /" ' , /• ^ , /" ' /, quorum fìnguli fuo figno radicali protesi, & in refpeftivas fpecies m-, py ^, » &c. mul- tiplicati , quantirati x addantur. IX. Quapropter nobis vidcrur refte agere , fi ftatua" mus , radicem hypotheticam aequationis quadrato-cubicae x^ — S a x^ -+ sbx'—^scx—^d = Oi quam noftro examini s s. lubjicimus, efle huiufmodi forn* x -+ wV/* -)- /> v^y* — »- Dell* Accademia . 13; I s q Vy * -+• n Vf= 0 rei x-1-m -t-p -+ ^ -+ « =: o , quunx poft 4a7jomcae inventionem fecerimus de more /"= i. Cai- culo iuxta praefcripras regulas infl:ituto> & deinde fpecie / in unitatem converfa , deveniemus tandem ad canotiicam quin- ti gradus, quac talis fìec x^ — Smnx^ -\- Sm" qx^ — 5 ;«'/> x -H- ra^ '—Spqx^ *-!- 5 n- px"" — 5 n^ qx •H- n' ~+ 5 m p^ X' — 5 m q' x ~^P' -+ j nq" X — 5 n p^ X ~^q^ -+ 5 m n'x — 5 mn pqx ^S p*q^ X '-^smn^Spq X (>«/>' -^nq- — ni q — ìi p) = 0 X. Ut multifarias opcrationcs Analyticas, quas aggredì neceflè efl priufquam rejolventem aflequamur , molliores" red- dam , operae pretium erit aliquibus fubftirutionibus uri, quae in longiflìmo calculo non minimum afferent compendii & utilitatis. Fiat mn=yypq ==a; ni q -^ tip = r\ mp" ~h nq^~t . Erit m^p -^ u>q = rt —y ( m q' -f »/»') ; atque n nip -+ «5 q Y m q^ -+np^ = r'u~^ fy — 4 «»/ . Ex dua^ bus pouremis hifce acquationibus hauriemus S z ni. tn*p ijó Atti tfpp-hn^q rt-^-Vr-t^ — 4 r'' u^y — 4 f uy'' -f i 6 «' y^ 2U * mq^-i- np^ = rt — Vr^ t^ - — àfYuy — ^t' uy^ -+ I 6 u^y^ 2y Multiplica quantiratem m'p—hn^q in m' q -^ ti' p \ orictur tibi produclum m' — h «'X^ q ~-¥ ni' ti {jutp"- -i-nq): produftum itidem j!»? -+ q^X m n -f p^ q^ {ni q -¥ tip) exurget » fi ducas quantum m q^—hiip' in quantum mp'—^nq^ ^ unde tandem eliciemus IjM ni-^ìi^^ft — ztuy^-^r'^r^i' — 4 r^tiy — 4 fiiy' — t- i 6 u'y^ zu IfJ p^-^q'^=rr — zru^y — tVf't^ — 4;- u y — ■\iuy' -+ 1 6 li y' > ^f quas formulas peculiaribus fymbolis |X| |]T| adnotare volui; has enim in fequentibus perfaepe advocabimus. XI. Inllituatur modo comparatio terniinorum canonìcae cum analogis terminis r^yò/zif «^«f . Succeffivae terminorum col- lationes quatuor aequationes fuppeditant 1 *. y—Jru = a 2». i- — f / = 5 3*. — rt{y-^-u) -f « — yX VrY — ^r tiy — ^iuf-+i6u^y^ uy ■y — uy~¥ii = C Dell* Accademia . 137 •. r" ty^ -¥ rt^u" — zty^ u — zry 11^ ~¥ 2«y -f r-/ — tti-^ a/ r' /' — 4 r ti'-y — 4 f ' uy - + 16 «'y zu'f -f 5_y — 5 ^^ X f — r = d; ex quarum tertia eruituc v'r* /' — 4 r'' ir y — i\t^ uy' ~\- \6 u^y^ = '" ^ (jy ""+• " ) — i ^'J'^ —^ 2 // j/" — 2 li^y -¥ic uy u—y Haec aequatio « prò quantirate / ejus valore ex 2'. ^ — r fubili- tuto , elevetur hinc inde ad quadratum ; terniinifque refultan» tibus repurgatis , arquc in imam partem colleclis , & fecundum poteftates quamitatis r ordinatis , orietur acquario . y4 — 2^r' -4 2y — y « — yii"-^ 2 «' — e y — cu-^-b'^r^ — • — 3 by^ — f- 4 by^ u- — z b y u' — ^bu'—i-bcy-+bc «X r -+ — i-y u — 6 y"^ «"— f- I ly' «' — 6y^ u'*' -+-y — 2 cy- u — f -+ 2 cy' n' — zcyti^—v c^ y u —+ b'y'^ — 2 b^y' u -+ b^y «* = o , Si rationalem infuper valorem fupra inventum quantiratis Vr^ t — <^ r u^ y — <\ t' 11 y' -^ 16 «• j/' in quartam ex fuperioribus aequationibus introducas > omniaquc adimpleas , quae in antecedente praeftitimus , alteram aequationem inve- nies ^ — I- « X >•' — by — 2 ^ « X r^ — t- -+•2^'^ — I ly'u —h 2 2_)''«* — I zyu^ — ^ 2«'^— r ^^ « — cy^ — cu' ^ »* — XII. 138 Atti XII. Quoniam ex i«. aequatione num. praec. habctur y^i-u = aì erit y = ^ — t- V a" — 4 «J » atque u = a — ^/d'- 4/<)'. Novis hifce valoribus utor in fuperioribus formulis fecundum literani rordinatis, eaeque formas recipient» quas hic fubdo confpicuis notis inlìgniras . |c| ;•■* — ^hr^ — q auy—^ 2a^ — « f — (- ^' X r"" -+- 25 u'y'' • — IO a^ii'y^ -f 6 ctt^y^--^ a'^uy — z(^ cuy-+e^uy- 2 ab^ uy-¥ a^V — zh^u y ~^a: // X V /i' — 4 tty = 0 1^1 ar^ — ■i ab-^bV a — 4 « j/ X r^ --i-sou'y' — 2oa'uy—^2cuy-+2a'^ — a^c-^ab' — bW <»' — 4"jX »*• z — 25 bii" y~+ loa^ buy — bcuy — a^ b-+ ~¥ à'bc — 2 duy — ab c^ \/a^ — 4 //j/ = 0 , Hae refolven- 2 2 tem fufficiunr , 8c quandoque jure proprio ufuvenient • XIII. In omnibus fere libris , qui luvenem ad Analyfirti inftituunt, proftat methodus, cujus ope, datis duabus for- mulis juxra aliquam incogniram ordinaris , ad alias deducimur» in quibus maxima poteftas incognitae minor fit maximis eiuf- dem potefìatibus , quas habet in formulis propofitis , ita ut fenlìm progrediendo ad unicam formulam perveniamus , in qua incognita ipfa omnino defir. Hocce iraque artifìcio adhibito, 8c fucceflìva noftrarum aeqnationum \€\ |d^| depreflìone indi- tuta « fiftamus primo in ea formula . ubi r ad unicam dimen- fionem afcendit , quae , utpote magni ufus > diligentius adno- tata, reperietur hujufmodi E Dell* Accademia. i3y lEJ r=^ — -^ V a' — \uy (02 5 u^y^ {ab— zd) — . — ^ouy{sa'b-+()abc—\- 3^' — '} a' d—\- i C d) —tr 2S a'' ù— ^115 a^bc — i^ ab e* -+ j $ ^^ b^ — — Il bc — za^d — f i^a'ed — ■ 2 c^ d — i laù'd —+■ bd'' j — 62500 «'y — I- l']'iou^ y^ ( II a^ ' — 2 £• ) — — \Q!^ u y {i)o a!^ — 38rf^£'-(-3f^ — ab^ — bd)-¥ — f 650 a^ — 490 a^ e -¥^6 a^ r — 4 f' — . — 30 rf' ^' -+ 14 ab'c — 1- 4 ^■'' — i^abd-^ ^bcd—i- 2 a d^' Eadcm ; frazione , quae multiplicat quantiratcm Va^ — 4«>' > A per literam b denominara , evadet r = — — <- A Va- — ^ity , A ac proinde fiet t= — ■ — h Va' — 4 «3'- determinatas ita- que habemus fpecies r , t per unicam incognitam uy > & quan- tirates notas a-, bt c^^d. XIV. Defcendamus candem ufque ad oranimodam quan- tiratis r eliminationem, longiflìmique curfiis metam attingere liceat , & diu optatam rejolventem adipifci. Haec cric acqua- rio quaedam coalefcens ex quantitatibus uy ì a^b yC ì d quae, fafto 2sny = z—h 50^ — —, & prò uy^ ejus valore per z adhibito , contra£ìiorem hanc formam fufcipiet \'T\ (z' — 5 z (3 a'c — 4£_' -+ ab^ -+ id ) -+ 20 a^ e'' — $60 140 •H- 560 f'— 1- issab^f-^sù*-^ 15 a' ùd—i- 40 bc d-\- s ad- 27 Sjid^\ 9 -+ z — sà" — se X d^-+ioabd' — loS a^ d 4 3 ^ìBoa^cd'- — 80 a c^ d'-i- 165 a^b'd^ -h- i^ob^cd" ^'>,6oa''bcd-+ sóoa^bc'' d-~ ' | . — 160 b c^ d — 80 a' b^ d -+ 6}o a ù^ e d ■ 108 b^ d -+ ^00 ^i"^ e' — 6^oa- c^-i- zsóc^-i- ^ 1 00 «5 ^' e" — J20 ab^ e' — 135^'^ e) = 0 . XV. Si methodus mihi in proniptu effet hanc fexti gra- diis aequationcni refolvcndi» quae generaliter fumpta nullum admittir vel rationalem, vel radicibus tantum quadraticis im- plicirum diviforem , jani confecla res efTet , ncque amplius Analyfeos cultores oecumenicam quadraro-cubicac aequario- nis radicem defiderarent . Cura auteni nonfuppetat, non ideo particulares cafus negligendos cenfeo , in quibus hacc refolu- tio fuccedir , praefertim cum mea methodus & omnibus, quae haclenus rcfolutac funt quinti gradus aequationibus fuiliciat > ac ad plures alias fé cxtendar , quas Geometrae ad hanc uf- que diem, veluti refolutionem Analyticam refpuentes, de- ferucrunt . XVI. Porro omnes cafus, quibus datae aequationis qua- drato-cubicae refolutio obtinetur » unica propodtione com- pleftor. Si notae quantirares a-> b •, e ■, d terminorum rejol- vendae talem inter fé refpeftum habeant , ut earum valores in refolvente fubftituti aequationem conftituant , quae diviforem .aliqucm vel rationalem > vel radicahbus quadraticis mixtum Dell' Accademia. 141 patiatur feiiiper praefto erit datae aequatlonis quinti gradus refolutio . Quando autcni refolvens eft fexti gradus , rejolven- t'ts divifor aut induet formani lineareni , utz -+ e =:. Fafto u=Oy in for- mula lAl fif ^^^ ~+ «^ = '■ — = «5 » quod eft abfurdum indicans, hypothefim « ■= 0, quum /, & r remanent quan- tirates finirae , prò eadem formula nunquam effe admitten- dam ; fafto autem ^ = 0 , in formula |Xj evadit p'' -+ (^ = — quae aequatio vera efl: > fed ex ea nihil eruitur . Hoc ofFendiculum declinaturus eam viam potiflìmum fclegi » quae utilior mihi vifa eft, reliclis comraodioribus , quae eidem devirando fufficiunt: atque in hoc maxime contendi, ut va- lores w^ —f- «S />'-+ g'^ fub forma diverfa ab ea, quae num. io. fpeclari potclt , exponere mihi liceret. Id autem levi negotio alTecutus, calculum, quo huc perducimur, breviter explana- bo . Pofito a- — 4 a^ = w , unde effluir y = ^ ~^ «== t formulae num. 13. valores quantitatum r-, t exprimentes evadent r = vh V~u j t = f> W, 2 2 T Po- 142 Atti Poftremorum terminorum cammcae -, & refolvendae collatio aequationem fuppedirat m^ -+ n^—\-p'' -+ q' -+ 5 y j^ x / r = ^, quae, adhibitis fupradiftis iubllitutionibus , in fcquen- tcm convertirur m' -i- n'^ -^ p^ -+ q^ — s -^ hw = d. Quoniam vero ex num. io. habetur. r 4 /? ^ — 4 W X in' —4- n^ — (- ( erunt huiufmodi 1*. *? — J- /» — i- « -+-^ -+ ^ = 0 2'. x-^nt ( — V~ — I — V — io-f2v''7)-H 4 « ^ — Vs — I -f \/ — I o — t 2 Vf'S-h Dell'Accademia. 145 p(V~s — ■!— t- V"— IO — 2 V~\ ~h 4 jr ( v^ ^l^ V— 10 — 2 VY) 4 3', *•-+■»;(— V~5 ^- i-f y/— lo-h 2 y/y )-+ _4 fi( — vj — I — V — 10— h 2 vy)-f- 4 p ( v~s — 1 — ■ \/— IO — 2 vy^-H- 4 2' \^T — 1 -+-\/— IO — i ^T) 4 ^ 4». ;v <-+ »? ( v/T — i~+V — IO — 2 VY) -^ _ __4 »(V5 — » — v^ — 10 — 2 v^T")-'- 4 p( — Vt — I ~+-V — 10— t- 2 VI")— t- 4 q ( — Vj^ — I -+ v^ — IO-+- 2V~J^ 4 5'. X -h m yVJ — i — V — IO — 2v'l~)-H __ __4 «( v'T — I — f v/ — IO — 2\/T)-+- 4 _4__ q y — vy — I -+ v/ — I o -f 2 \/ t)~<" 4 XX. \ 146 Atti XX. Inventis valoribus Analyticis quantitatis .r, ad ca- i-undem radicum conftrucìionem accedamos» quam haud dif- fìculter obrinebimus, li eorum meniincrimus , quae in Opu- fculorum Tomo I. Op. 4 parte 2. maximus Geometra Vin- centius Riccatus Praeceptor nieus vel in Libro 2. cap. 12. Inltitiuionum Analyticaruni , quibus exarandis Clarillìmns Hyc- ronimus Saladinus laboreni & operain fociavit, de iinibns , Se cofinibos circularibus , & hyperbolicis , eorumqiie ufu fulius tradidit ; e quibus , demonftratione relièìa , ea folummodo de- cerpcre liber , quae conftruélionibus noftris peragendis vel ma- xime conducunt. In hyperbola aequilarera A EN {Fig. i.) fìt centrum C> femiaxis prinius C^, unum ex alFymptotis C P cum axe angulum fcmirettum conflituens . Ex vertice A aga- tur in aiìymptotum normalis AKt fumptaque in eo qualibet CG» formetur fcries linearum CÀ% CG, CH, CP &c. quae line in continua geometrica proportione , cujus prim'is termi- nuseftC^. Alia deinde intelligatur feries 0 , Mi 2 M, ■} Ai Scc. in continua arithmetica proportione , cuius iìt primus termi- nus Oì fecundus autem quaelibet quantitas M . Termini feriei geometricac voccntur numeri, termini feriei arichmeticae nu- merorum logarithmi, hique illis ita refpondeanr , ut 0 fit lo- garithmus num. ClCi M logarirhmus numeri CG ■, 2 M loga- rithmus num. CHScc. Ex harum ferierum proprietatibus eviden- tifilme colligitur» exiftentc numeri CG logarithmo == ^, fere ?«ylf logarithmum ;»— )- 1 proportionalis pofl CK-, CG-, gc '— logarithmum primae ex mediis proportionalibus nume- ro m — 1 Inter CK-, CG; imo generalius — , J/erit logarith- luus « ex mediis proportionalibus numero m — i inter eafdem C K , CG . Fa6to itaque fucceflìve « = i , « = 2 > » = 3 » ^ . M , . ■, . z M « = 4 , ;// vero iemper =5 , erit — loganthmus prmiae — — losarithmus fecundae, ^ — logarithmus tertiae logarith- mus quartae ex quatuor mediis proportionalibus Inter CRt & CG-, quos cafus, ut ad nos praecipuè pertinenres , feorf^m ad- noravi. His praemiffis, fcrrviaxis CA dicatur finus totus , & vo- ce- Dell* Accademia. 147 cetur r » facìoque numeri CG logarithmo = M^ normalis al- fymptoto G E a. punélo G excitata fecet hypcrbolatn in pun- ito £> a quo ducarur UE axem abfcindens in puntlo B, ei- que (it pariter nomalis . Reda CB vocabirur deinceps coiinus logarithmi Mi B E vero ejus (inus : acque hi colìnus & lìnus hyperbolici delignabunrur notis Cb, Sb ira» utSb.M expri- niat linum logarithmi M7 Cb. Mcoimum ejufdem logarithmi. XXI. In circulo auteni A E Q_( F/j-, 2. ì, cujuscenrrum C> dicarur (inus totus ,feu radiusr; Arcus A E = yl/, ciufque finus & cofinus B E , BC per fymbolas Se . M,Cc.A^cxpnnvà- tur. Adhibitis hifce denominationibus > & proprieraribus hyper- bolae, & circuii mirifico artificio ufus Calarilfuiius Auctor, quatuor formulas inde manare demonflrat , quas hic fubjiciemus Cb. » M = Cb. M -+ Sb. M -+ Cb. M — Sh. M n — I 2 r Sb. n M = Cb. M-h Sb. M — (Cb. M — Sb. Al) n- 2 r Ce. n M = Cc.M-t-V—i.Sc.M-i- C: M—V—i.Se.M « — I 2 r V^rrr. Se. nM= Ce. M-^V—i-Sc.M — {Ce. M~V—i.Sc.M) > « — I 2 r ubi « numeram fignificat pofitivum > aut negativum , integrum, aut fraclum , five etiam furdum quemcumque ; & quantitas n Al tantum logarithmi M in hypcrbola , tantumque arcus Min circulo vel multiplum , vel partem defignat , quantum ja- bct efie vel numcrus, vel portio numeri n . Ope harum for- mularum plures confiruuntur cuiufcumque gradus aequationes , quae certis pracditae fint conditionibus , lineaeque aliquae {ta- tui pofi'unt earum radicibus aequales. Cum autem in hac no- fìra 1 1.S Atti ftra lucubratione de quadrato-cubicis tantum aequationibus fer- mo fit , fatto « = 5 generales formulae ad cafum noilrum ap- tatae huiufmodi fient : 6 S 1X1 Ch.M= Ch. Mr'^-^ Sh. Mr'^ -f Cb. Mr^ — Sb. Mr"^ 5 -? ~ |X1 Sh.M= ^^' ^l^ ^^■^•Jl^'^ ^ {Ch. Mr'^—Sb. Mr^) 5 1 f ì \M\ Cc.M= CcMr^-+V~i Sc.Mr'^ -+- Cc.Mr^'—V—iSc.Mr'^ 5 2 \'W\V'-^iSc.M=Cc.Mr^-i-V—iSc.Mr^— (Cc.Mr*—\^~'iSc A1r^)y 5 ~~z quibus totum conftru^lionum noflrarum negotium nitìtur, ut in fequentibus numeris patefaciara . XXII. Refumpta iraque generali radice num. iS.quam fic ex- i i hibeo ;v=-- (A-^BVu>-h y{A-+BV<^) ^ — {a-^V e. y\ - 2 ' 4 32 Dell* Accademia . 149 3, )--- --- « ^2 4 ì^ ' ut comparatio cum Riccatianis formulis inllitui queat -, po- no Jf = — 2 j — Iti i i = {éllE^~^ f^(A~+B y-J^a -+■ s/l, ) A-H __ji 4 ZZiEZ^ 2 2 4 3^ 5 2 ^2 4 32 / 2 4 TI ' 1 Primam ex poftremis duabus formulis conftruendam nobis proi^ ponamus , de qua ea omnia , quae difturi fumus , alteri eciam applicari poiTe iìmilitudo formularum evincer > ita , ut me- thodus, quae inveniendo valori s idonea (it, eadem & al- teri t detegendo fufficiat r quibus i^ventis, ex aequatione *• = — 2s — 2; prodibit valor x,cui linea aliqua acqualisaf- iìgnari porerit: quo femel difto, iure poftulo , ut in fcquen- tibus a repetitionis moleftia abfolvar. Ut autem nitide & per- ► fpicue omnia explicentur,quoniari quantirates A,B,a,u,po{ìtìnt Qih poiltivae & negativae , atqus infuper » eiiam iraaginaria , V hy- I50 Atti hypothcfes has omnes a nobis confiderari necenTe cfl, ut ea- rum lingulis genuina Tua > & peculiaris conftriiftio accommo- decur. XXIII. Sit primo u realis ac pofitiva , & quantirates AìB,(i pofitivae . in hac hypotheiì tres ealus diilingaendi funr, quan- doquidem fieri poteft, ut lit (^— ^ 5 v/w )*>(/?-+■ VVjS _ 4 32 five ( A —i- B V 01 )* < (a —h vaT ) ^ , aut denique _4 _ 32 ( A-+B V u )^ = (a -H-v'w')J. Quoniatn in primo ca- 4 pSL —_— fu quamitas 1/ ( A —^ B ^ u )' — (/i— (-v/«)^eft rcalis , 4 32 liquet > noflrae formulae coUationem infìitui oporrere ciim ea )1~ , quae exprimit colinum logarithmi fubquiatupli , _unde duae gignuntur aequationes C&. Mr'^—^Sb. Mr*=^A~*- B & deinde alterius a prima fubtra£lio , iufficiet Cb.M:^A-+BV'Z iS/j.M=l^(^^BV^y^^(a^V^. Tr^ "^ 4 . 32 Ex hyperbolae aequilaterae proprietate, quadratorum cofinus & linus hyperbolici diiibrentia aequatur quadrato linus to- tius ; igitur CL^^ ~~Sb7M' = T^ -^ B ^ ^ ) ' — 4 r^ {A-^BVZy -^ {a-^\rZy = r^hoc eft ( a^V «Y 4 r* 3 2 r* - 3 ^ = r '° ; ac proinde r = V a -^ VV • Eric idcirco f = 2 Ch. Dell' Accademia. iji C&. Mi exiftente M co logatithmo , cuius cofinus cfl Cb. M = 5 _ _ A—^BVt»=2 (J--+B\/w)ì & finus totus r == ir^ (a~+ V"13" ) J/a 4_ v^ »» . Ut conftru6lionem obtineas , hyperbolam aequì- 2 lateram defcribiro , cuius fit femiaxis CA=^y^ a -+ VlT { Fig. i .) 2 interceptoque in pofitivarum linearuni plaga cofinu CM = 1 (A-i-B \/~)» a puncto Ai age finum poiicivum MN fe- cantem curvam in punfto N, ex quo due NP afsymproto nor- malem, cui parallela agatur AK. Inter CK , & CP fac in- venias quatuor medias gcometrice proportionaies , qnarum prima ih CG, A punclo G afsymptoto normalis excitetur , eiufque cum curva concurfus habeatur in puncto £, cui rc- fpondens iinus B E abfcindet colìnum CB = s . XXIV. Cafus alter eli ( ^ -^ B Vi:ry < ( ^ -f V^ ) S _±_ Tà " in quo f^ (A -h B Vz^) "■ — (a-j. y/ «) ^ fit quantitas ima- 4 il ginaria. Difponatur formula in hunc niodum s =^A~+B\/ 6>-^\/:irr t^~(A^ B V—) '-+ (a-^-V ^TV^ -h- i 4 3i_ 2 ì 4 ~ll qua cum formula {Wl ad cofinum circularem perrincnre com. parata , habebitur Cc.Mr^ = A~+B \/~i ; atque Sc.Alr^ = V z v^- 15* Atti i^— (A-+BV'7y~+{A ~h VlT)^ . Quando autem fum- 4 3i ma quadrarorum fìnus , & cofinus circularium aequalis ed quudiato radii , fiet ideo { A~^ B \/« )' — {A-i-B s/l^) ' -h- { a -+ Vu )'^ = r , fcilicet r" = (^-t-v/w~) ^ ; atque 32^*^ 3"^ exinde r =Ì^ a -^ v/w, & denique Cc.M= 2 {A -^B a/«JT Conftruftio tali modo abfolvetur . Defcribatur circulus , cuius llnus toius , feu radius CA = f^V~v/^ ( Fig. 2. ) . In- 2 tercepta ex pofitivorum plaga CAi = 2 (A —i- B V~ ) , at- que excitaro finuy1/iSrarcus^A^inqninqueparresdividarur,qua- rum prima ilt AE. Expuntlo E ducatur linus EB 1 abfcindens radium in B , cric portio radii CB = Ce .M = s , Quq- 5 niam vero non uno tantum arcui AN refpondet cofinus CAU vocato enim arcu AN, M-, 8c circumferentia circuii e , idem colinus omnino valet prò numero infìnitis arcubus fequentium ferierum M -, e -+ M -, ic—hMi^c—hMScc. My f -H- M-> 2f -+ M, — ic -+- iW &c. il hos omnes arcus in quinque partes dividas * novos arcus A2Eì A3E &c. definies, quorum cofinus CzB , C3B &c. no- vos valores quantitatis s fuppedirabunt > qui vero non funt numero infiniti , fed quinque tantum , cum reliquae diviiìo- ncs in eadem punfta recidant, quae primis quinque divifio- nibus detcrminantur. XXV. In cafu tertio, quum fcilicet fit(>4-+fi V'«")*= _ 4 ( a -^V u ) S evadit s = T2 CA Dell' Accademia . 153 (A-^bvu,-+o)ì-^-{a-^bv'ì:ì— o)f 2 =^ (A -^ B V'u ) f , quam formulam fi cum ea m cofi- 2 nus hyperbolici conferas « invenies cofinum CM aequalcm fe- niiaxi CA (Fig i.); & CP coincider cum CK: Atqui prima ex quatuor niediis proportionalibus inter aequales CP"» CK eli ipfa CK. Inde itaque coUigetur, Cb. M , live j, in hoc 5 cafu, femiaxi ipfi C//_aequalem efle. Eodem redibir colla- tio foi'mulae cum ea lM| collnus circularis , tum enim coil- nus CM evadir radius circuii CA {Fig. 2.}, & puncla N E coincidunt in puncto A . XXVI. becunda hypothefis in qua ftatuantur A, Se B negativac, a politiva , « realis 5c politiva ita ut formula conllrucnda evadat s ( A—BVo> 2 4 32 2 \ A BV» —(/{- -A-BV» )' — [ a -f \n^)') 2 4 32 eadem fibi vindicat» quae de prima hypothefi dicìa funt,cuna hoc tantum difcriminci quod colinus CM ex parte negativo- rum intercipiendus eft , ut CzM ( Fig.j_, ) ; atque in primo cafu , hoc eft quum ( — A — ^Vw )'>(^-+ V V ) * 4 32 qnatuor continue proportionales inveniendae funt inter CK » & Cz P ì quae eft portio afsymproti plagam nc- gativam verfus dcterminiita a normali 2N2P demiisa in afsym- ailymprorum a punfto 2N extrerao finus lAhN refponden- tis colinui CiM. Harum proportionalium prima C2G, quae pariter negativa erir> fi a punfto zG ad hyperbolam duca- tur zGiE ipfi zNiP parallela atque ad punélum lE apte- tur finus zEiBì cofinum C2.B = s deterniinabit . In cafu al- tero , vidclicet > cum ( — A — BV u )' <: (a-^- \/~u ) ^ » 4 3i cofinus CM negative fnniptus , ut CiM {Fig. 2.) , arcum Aiì^ in quinque partes fecandum definiet , ex qviarum prima Ae -, fi punfto e iinus eb applicctur, colìnus Cb = s innote- fcet . Ad hanc hypothefim transferenda funt, quae in fupe- riorc monuimus de feriebus arcuum eodem coiinu gauden- tiuni > nec non de quinque arcuum quinquife6tione quin^uc quantitatis s valores fubminillrante. XXVII. Erto prò tertia hypothefi A negativa, B pofi- tiva , a polìriva , w realis & pofitiva , In hac hypotheli fi- nus totus idem eft ac in praecedentibus ; CM = 2 {— A—^B \/"w~) {Fig. ij 2.), qui negativus fit, fi A> JB V w > pofìtivus , fi ^ < Z? V" a> . Conftruflio itaque for- niulae valorem quantiratis s exprimentis non difièrt ab ea , quam abfolvimus in fecunda hypothefi , quuni A > B VlT 7 ncque ab altera primae » quum A < B v' «7 . XXVIII. Quarrae hypothefi A pofitivain , B ncgativam , a pofitivam, w realem & pofitivam conftituenti ea omnia , quae in prima hypothefi di6ta funr, i\ A > B VHT , quaeque in fecunda ^ fi A < B Va' , perfefte conveniunt , dummodo eodem finus totius valore manente , capiatur in axe hyper- bolae , vel femidiametro circuii ( Fig. i > 2. ) cofinus CM five CzM, prout cafuum diverfitas poftular f = 2( A — B V u )i & reliqua , ut fupra , perficiàntur . XXIX. Sit modo a quantitas negativa , u realis & po- fitiva, ac quinta haec hypothefis compleclatur cas omnes, quae a varietare figni quantis A > B praefigendi oriuntur, Co- Dell'Accademia. 155 Colìnus logariihmi , vel arcus fubquintupli forma cric in hac hypotheii •f -(.- ■A^B 2 \' w -\- V{-^A ;H^/? Va. T' -C^/"^- -tfjO ^ 4 32 / — 2 Cri A ^- 2 BVi;- -^^L 4 — 32 ay)' lam vero , vel ;/ w — a e([ quantitas pofitiva , vel negativa . Si V u — a elt quantitas politiva, liquct , formulam ad ali- quam ex quaruor fuperioribus hypothelibus efse referendani ; & linum rotuin fieri iugiter = f^VV — a \ colinum auteni 2 CM^=2(^ A^B s/ u); quo pofitivo exiflence , hypothc- lis affinis eft primae > fecundae vero > quum cofinus CM eva- dit negativus. Si itaque. quae inibi difta fune , huc transfe- ras , fervatis folummodo iinus totius , & coiinns CM modi- ficationibus , iam tibi praeiìo erit conftruftio formulae > quae congruit cafui> in quo v^lT — a Ut quantitas politiva. XXX. Supponatur nunc Via — —(/(-^A^^BVw y-^ij^rJ^^J^J 32 Haec , cum nihil imaginarii contineat , fpeftat ad hyperbo- lam. Si autem eius coUatio fiat cum formula coiinus h\'per- bóli- IS6 bjlici , finus totu9 , fcu femiaxis evadit imaginarlus , quod indicar, non cum formula coilnus, fed utique cum iformu- la lìnus hyperbolici , compararionem efTc inftiruendam . Id , ut commode fiat , immutanda efl: tantillum aequationis facies > eaque in hunc modum expofita 4 32 2 1) 2 -V i 4 3i -+ J ^ B V^ 2 )' 2 conferatur cum formula | Lj finus hyperbolici ; atque illìco hauriemus r = l^ a — Vu ; Sh. M = 2 (-+ A^+B v/"») , unde effluir huiufmodi conftruftio. Dcfcripra hyperbola aequi- latera AEN ( Fig, 3. } , cuius femiaxis CA = Va — v'ÒT, 2 accommoda finum MN =^2 (^A^BV'u ) in pofitiva re- gione ,fi^^-+Bv'ù)efi: quantitas pofitiva , finum vefo 2M2N negativum, fi -^ A ^ B V'ÓT eil quantitas negativa. Ex -punfto Ni vel 2N due NP , five jN^ afsyraptoro CGP normalem , cui parallela fit AK. Ab extremo punfto G li- neae CG primae ex quatuor mediis proportionalibus int^r CKy CP ì vel ab extremo punfto 2G lineae CiG primae ex qua- tuor ,mediis proportionalibus inter CK, CiP , du(3:a GÈ , vel 2G2£' afsymptóro notariali , finus EB a punfto E ad axem excitatus quedtam s acquabit , quum ^ A -^^ B Vlò efl: quantum pofitivum ; & finus negativus 2E2B a punito 2E ad axcm duftus eidem ^ aequaJis erir ? quum ^ ^ -t- B V u «il quaatum negativum, *" XXXI. Dell' Accademia . 157 XXXI. Ha6ì:enus fuppofuimus quantitatem u realeni, ac pofitivam; atque in hac determinatione conftrudliones for- mulae prò quacumque lìgnorum combinatione , quae fpecie- bus JìBì a praefiguntur, fua pene fponte fluxerunt. Cum vero « eit quantitas realis , fed negativa, ncmpc radix w ima- ginaria , incidinius in difficiliorcm hypothefim , in quam , ut conftruftionibus noftris per formulas iìnuum & co/inuum fu- bjiciatur, nonnihilum laboris impendere cogimur . Confìiruat itaque fexra hypotheiis quantitatem w realem , fed negativam , Se reliquas Àt B -, a poiitivas ; ex qua manabit formula hu- jufmodi 2432 . — — n-zL ^. ~^A \A-^B^ (0V—i — ^{A~f-B/u V—i )" —{a~^V uV~iy\ 2 4 32 Ut quantitates imaginariae a realibus fecernantur , eflìciendae funt primum porelFates fecunda, & quinta binomiorum A-^ B VuV — i', a-+VlìV^^ , qaae quadratico radicali vin^ culo implicantur , fietque 4 ' 32 rSA'—SB'(c~a'—hioa"c:'-s^'^*—^ióAB-~sa'^~i-ioa'<--"--^-.V wv' — i. Brovirati infuper formularum confulant fubftitutiones 8A^ — S B u — a^ ~+ IO a^ i>) — 5 a u^ ^=r. m ; __ 16 AB — 5 rt'*' — I- 1 o <2- « — w" X V ù) = nì . X & ha- 158 Atti . _.^ 4^ "T^ ym -H- n yCTT ; Atqui 1/ m -+ n s/^ acquivalet binomio ' \ in' —k- n' —h m ~+ ' V m~ — ^ ii'—m X V — i > ut ne- 2 2 mìnem Analyftam latet . Subdiruro iraque hoc binomio prò ra- dicali fupradiclo, fejunftifque imaginariis quanc'ratibus a rea- Iìdus , en tibi formuiae metamorphoiìiu 2 '■\ J — — r \'ìn'-+n' -+ ;«— h B V v — ■ fM/ ?« — f <' — m.\/ — ; j L 2 2 2 J Kanc fi ftatuas conftruere earum ope , quae pertìncnt ad coiìnum , vel linuni circularem arcus fubquinrupli , fruftra adnitere; divcrlitas enim valorum cum realiuni, tum ima- ginariorum , qui in duobus alterius membri articulis infunr» impedit , quominus cum illis formulis praefentis collatio in- ftitui poffit • Veruntamen tali incommodo medebimur hunc in modum. XXXII. Quoniam num. 22. pofuimus ^1^ = — is — iti fufcepta altera formula) & noltrae hypotheli accommodata > ita ut evadat -T-. « : I A—Bs/i:^ V—i~^ t/(A—BV u V—iy—ja—VW—i) l ^ 4 32 Dell' Accademia . 1 59 r~i=—rs » 2 4 3 2 in hac ea omnia praeftemus necefre ed » quae in prima p rae- ced- ««w. praecepimus . Eric 4 32 ^OT — n V — i=yVm'-h ti" — 1- ;;/ — f^Vm"- -+ n — m. V — i ♦ fi eafdem fubflitutiones adhibeas , qnae inibì funt adnotatae. Inde oritur transformatio tbrmulae in fequcntem L 22 2 J -^ — r Vìn-^n ■ ~+m — BV u — l^Vm" -+ «^ — ;« ) . V — i 222 } 2 Ex hujasj & fnperioris fornmlae additione? faftis prius A ■^ --^yV tn~ ~htr -+ m^=E;BV u -f lA/ ;;;' -+»'' — m = F z X 2 4 j[(Jo Atti 2 2 2 z confurgit aequatio i 2 2 (^j-fFv/-i) f ^ ^^—Jj^JZ-jJ ' • ^""^o 2C tertio fi- 2 mnl fumptis alterius membri arriculis ponatur « aequalis, z autem reliquis fecundo & quarto i & tiet ^^=^ ii~+z;u=^{E-^ FV —ly ~h {E— F \/~ i)^ z={G~^HV — i)s -+ {G — HV—i)K Neutra porro 2 harum formularum cum il!a i^l , quae arcus fubquintupli colinui adlcripta eft , comparationem recufat : ea itaque ia diverfis caiìbus & iìgnorum & magnitudinum , quae quanti- tatibus Ai By a^u tribuuntut , aeqaationum noitrarum con- ftructionibus opiuulabirur . Primam ex adnotatis formulis cum formula JM^i conferto: invenies radium circuii r = ^ ^ E__ (VE'~^FY , ^ Ce. M ^ {E'--+~ryV . Sumpta li- nea aliqua CK { Fig. 2. ), quae in noftro fyftemate loga- rithmorum hyptrbolicorum iìt proto-numerus , fcilicet nnme- rus ille, cujus logarithmus =0, primae ex quatuor mediis proportionulibus inter C li ^ CT= \/~E^^F^ vzdins circu- IF il CA = r = (VE'~+ F ) * crjr aequalis . Practcrea fiat , ut ultima ex bis quatuor mediis (£"-f F) "f ad E , ita CK CK^ ~CK^ ad quartam proportionalem ; erit haec = E = Ce. M. CF~P]-r Dcfcnpto igltiir circulo -4A'i? » cujus radiusC/^jcapiaturC/W-— I Dell' Accademia. i6i E & finus MN definiar arcuni uiN. Hic arcus in quinque parres diVidatur, quarum prima fit AE; finus B E-, refpondeiis arcui A Et abfcinder colinum CZ?> cui « aequatur. XXXIII. Quum £■ eft quanritas negativa, quod accide- re nequir, nifi A pariter negativa fu, atque infuper A > r ^ w' -4- w^ -H- w; , Ce. M =r. E ncj?ativus cvadit. 2 Huic itaque , Fpofitivo manente, aequalis C2 J/ intercipicn- da efl: ad plagam negativam ; finus poiltivus zMzN deter- minabir arcum AiN in quinque pat'cs partiendum, quarum prima exirtenre Ae , ejus colìnus Cu quaelitani // reprae- ieniabit. Si F parirer negativus iit, qui cafus locum habe- re non potell: , nili B Ut quantitas negativa, arque infu- per B\/ u > *^^ m -H- «* — m , ducVo finu negativo zAhfJt arcus m quinque partes fecandus cric Aaiìj ■> & » evader Czby qui fir colinus arcus Aie= quintae parti arcus Auin. Polìtis demum E pofìtivo , F negativo , formula evadit u =- {E—FV^^y -f {E'-^F\^—i ) ^ , quae eadem eft ac il- 2 la , cujus conftraclionem num. 3 2. abfolvimus , ac proinde idem colinus arcus fubquintupli valor exurget . XXXIV. Venio nunc ad omnium difficillimam hypo- thefim , in qua w non amplius realis fupponirur , fed com- poiita ex realibus , & imaginariis ita , ut generaliter iit w = c—^d V^ I , ubi fpecies e , d exprimunt quantitates reales pofitivas , vel negativas. Eric v'~« = l^'"^ r ~h d^—^c -+ f^^'' c'-hd'~ e. V—i ì five fimplicioribus fyrabolis /« = id2 Atti t=z p ~^- q V' — I . Quantità tes porro A y B in formuHs «//;;;. 18, utpote funéliones cognitarum > a y ù , e ì d , Se quanti a, compolìtae itidem cenfeantur necede eft ex quan- titaiibus realibus & imaginariis , quae ideo univerfaliter ita exhiberi poterunt ; ^4 = 2 fuperio- rum contumaciam perfringere , ac voti compotes fieri da- tura erir . XXXV. Ut has formulas nancifcamur, opportuna ali- qua animadverlìo praeniirtenda erit.. Exlex feries ftaruarur terminorum una continue quantitate quacumque crcfcenrium mi Dell'Accademia. 163 Wììn-^ Ui m—i- u — f jf , ;;/ — t- « -+p-^q , 7n-^n—vp~\q-^r , (^f. atque cuique termino feriei tale fadlum rcfpondeat> quale od- tur ex multiplicatione inter fé omnium quantitacum numero parium , quac terminos conftituunt, adeo ut in iis , in qui- bus quantirates numero imparcs fune, reje^T:a ultima, reìi- quarum producìum locum habeat. Reperita ferie lìngulis eius tenninis fua tacìa fubdo in > m — +- ;; > m~\ n—^p-, m-^n -+p—^q-> m-^n-^p ~t- ^ — f r » quas ab aequarionibus quadraticis exorii cuicumque ordini adfcripli- mus , fequcntes faille 2' ordinis x — f m 3' ordinis x—i-m—hn J prò aequationibus 4* ordinis x—hm~\-n—^p 5' ordinis x—hm-^n-+p-+q. In formulac qnadraticae canonica > cum unica m fuerit ia cognitae x adjuncìa, nuUum fjdum extitit quanriratum num.* parium , cuius valorem ex collatione canonìcae cum propo~ Jita quadratica elicere oportuerir , quod factum ideo fuit 0. Cum aiitem in cubicae radice duae inlint quantirates ;;;, ;;, aliquis effe debuit valor facli mn ex comparationibus inve- niendus > qui revera num.<\, datur per aequationem m n —\-a = o. Valorcs infuper faCli m n , quod radici biquadraricae convenir > ex aequatione 3 2 ;;;' «^ — t- 64 ^ m^ n^ —*- 40 «' ^ — 1 e. mn — ^ 8^' — 2 ac —¥ b^ z=.o man. 5 eliciuntur : Fadi vero m n p q va- lorcs, quod ad quadrato-cubicae radicem pertinct , ea 1^|, quac num. 14. habetur, fexti gradus acquario complcclitur , li in illa prò z eius valor 2 5 m np q — 5 a'-+ se fubftituatur . In- 3 de colligere licer, dcterminationi radicis aequationis qua- draticae x -^ tn nuUum quantiratum num". parium factum , cum ipfum fit 0; radicis cubicae x-+m—i-n unicum valoreni i»«; biquadraricae x -+ m ~+ u -+ p tres valores m n \ quadrato-cubicae x ~hm —i-n-+ p—\- q (ex valores mnpq in- fervire ita, uc quocumque ex his «valoribus , li plurcs (ìnt , uta- 1^4 Atti utare» fubduftis calculis ed eandem radicis exprclllonem de- venias , XXXVI. Aequatlonem , quae valores faftorum quantita- tum numero parium detctmin-it y propq/ìtae refolventem voco . En ribi igitur prò quinque ^ro^ojitarum gradibus refolveiithtm gradus refpondentes ; 2'. gradus o. gradus 3'. gr- »« S^'- propjìtae rcfolvens eli 4'- gr. 3- gr. 5*. gr. 6, gr. ubi numerorum o , i » 3 ? 6 progreflu fpefVato , cito cogno- fces, eorum , fi bini fumantur , diiferentias tres terminos conftituere feriei arithmeticae numerorum naruralium 1,2,3; quod indolem feriei o , i , 3 , 6 , fumpto ex induclione ar- gumento, fatis detegit, adeo ur non perperam agere videa- mur , (i fufpicemur , propofitae fexti gradus refolventem fo- re grad. 10, quod reapfe calculum ineunti Analyftae pate- bir , propofitae 7 . gr. refolventem fere gr. 15; & gcncraii- ter propojìtae gr. 2-f 7; refolventem fore gr. «'—*-«. Qaae 2 fufpicio timide quodammodo & vcrecunde prolata imminuet forrafTe fupcr rcfolveìitinm gradibus conjeftationis pondus, quam CI, Eulerus in Acadcmiae Pctropolitanac Commenta- riis inferuitj qui ex eo , quod invenerat fuas refolventes ae- quationum quarti atque inferiorum ordinum minorum gra- dmim , quam ipfae erant refolvendae > id etiam in aequa- tionibus fuperiorum fieri debere arbitratus eft, cum ratio non levis exifiar aflìrmandi, poft biquadraticas , aequationum quinti, ac fuperiorum ordinum refolventes altius afocnfuras , quam ipfae, quae refolvendae proponuntur. Scd ad nos re- deamus . XXXVII. Animadverte infuper , byporhefim , quae conftiruit valores omnes quantitaris w iniaginarios , lo- ci m habere non pofiè primo, quum generalis refolvent'ts Q divifor formam habet linearem ; in co enim calu w re^Js erti fecundo? quum refolveus recipit diviforem cubi- cura. Dell' Accademia. i5j cnm primac foniiaC) quem jmm. 16 fìc exhibuimus z? >h* tz^-^fz-vg = Ot fuppoluis Cy fi g quantis rationalibus ; tum enim non deficiet realis valor quantitatis z , adeoque & ipllus w, quem adhibeamus in noflris refolutionibiis abfol- vendis . Reliquum cfl: igitur , ut hypothefis pollibilis iìt , vcl quum refolvetnis divifor efl: quadraticus > vel cubicus fecun- dae formae , quem codcm num. 16. invenies z' — 1- z' v'7 — h z(e-+- gVT) -+f'-+/j v^T = Oi ubi, pofìris quanritatibus Cyfi gì b ■, l realibus, fit / negativa, ac proinde VT ima- ginaria ; nam fi V / realis efl: , unus faltem valor z, realis aderir in ufum revocandus. In hoc cafu alrcr refolventìs divifor talis erir z' — z' V l -^z{e -^ g\/~T)~+f^j \'~'= Of atque hujus & prioris diviforis valores omncs z per ea , quae fjum. 35. di£ì:a funt eidem radici quadrato-cubicae nancifcen- dae ufuveniunr. Neminem quidem later , unam primi divir» foris radicem reduci polle ad hanc formam z—t-A—^-B / 1 = 0 ( A Se B funt quanta realia): erir igitur analoga alterius di« viforis radix z —h A — B V~i =0 y ex quarum inter fc multiplicatione efficitur trinomium z''—h2Az~^A^-+B^=0y quod nullis imaginariis implicatur . Quocirca quadrinomio cu- bico fccundae fpeciei exidente, quod refohentem dividat , & in quo appareant quantirates imaginariae , habebirur etiani quadraticus refolventìs divifor, quo uti po(Iìmus,a cujus ter- minis irr-aginaria arceantur: quod coincidit cuni cafu , quod refolveutis primus divifor fit quadraticus , quem ideo unicQ perpendemus . XXXVIII. Suppofito itaque refolventìs divifore z^ —ir ez — <-/= 0 , duos inde valores quantitatis z erucmus ; z =■ — e — f- 2 V_r — /; z—— e — V e" —/, qui, fi fit £•* < /, am- 4 24 7~ bo erunr imaginarii , ac proinde duo valores quanti w ex hac hypothefi defluentes fub hac forma porerunt exhibcri w = c~+dV — ì, u = e — d V~ ì ; horum utrumvis deligas , & rcliquas operariones perficias, ad eandcm radicem pcrvenies *--*-w-f«-f^-f q =Oym num. 35. admonuimus. Pri- i66 Atti ini valoris deleftu ad formulas fjtitn. 34. perducimur, quae » variata tantum iìgno» quod quanto imaginario V—i praefi- girur , ex fecundi valoris fufceptione manabunt . Quaproprer vocatis 'w/> '«, "/> , 'q illis radicis quadrato-cubicac articulis , qui ex primi valoris u; ^m^ ';;, py ""q illis, qai ex alte- rius valoris w allumptione profluunt, hae celo confurgent formulae 'm- = (f-fi — c- — {e — i-+ M- = (e — i-^-M- -^/-. /-^d.V— -y '«: ^/-^ /-d.V-~ 0* > = -/- ./-^N.vZ ')^ \-- -./- ./—N.V- -)^ ^m -(/- ^l-^d)V- -0^ ^n. -if-^l-d)^- -^f > = ~(f- -l^N)V- -^f quae faais e-^i-^ C= E,f-+ /^ d=F;e -i- i— C=Gi f^ l ^ d = H ; e — i -^ M = r, f^ /-^- N = L ; ^ _ ;• „ M = P; f— / ^N= j2_> in has alias convcr- tuntur '^=(/-^ZV — i)^ ^^=( J^/; ^37)» Quantitatum porro ';»> '«> '/> 's' primae columnae fura- ina> Dell' Accademia . tój ma, perea,quae di£la funt, aequalis efTe debet fummaa quantitatum '/?; , '« , '/>> ^q quae in altera colunana haben- tur ; atque duae hae fummae in unum coHeftae alterutrius duplum conftituent. Qua confidcratione praeitiifTa , o6ì:o for- mulac ad quatuor rcducendae funt hoc modo •»; -4. ^»/ = ( ^ -4- F y/ZT) ^ -H ( E — F VITi)^ zi 2 2 ? 2 2 j 2 quarum conftruftio in pronipm ed , earum enim fìngulae ad exprcflìonem cofinus circularis arcus fubquintupli referri poHunt ; & linea exprimcns quatuor linearum fummam , q-jac ex quaque conftruclione determinabuntur , aeqnabitur duplo quantitatum 'w — t- '« -+ 'p —t- 'q ; ncmpe fiet aequalis 222 2 m-+n—¥p—¥qì quibus negative fumptis aequfvalet quae- lita *• . Quamobrem prò maxime omnium ardua hyporheli > in qua fupponitur « quantitas imaginaria , muruis praediita- rum ofto formularum officiis adiuvantibus, radicis conflru- flionem obtinere quifque poterit : cui abfolvendae non ini- morari vel tantillum decrevi : iis enim , quae neceffario ad- vertcnda fant in earum conftruftionibus, praccedcntibus nu- meris abunde a me fuffèclum confido. XXXIX. Unum tantum addere non pigebir , quod per?- tinet ad rcduftionem formularum ad eandem hyperbulam » vel ad eundem circulum : nani datis duabus formulis Y i s =z 1(58 Atti 2 ' = ( g-4- i/)' -4-( g — //) ^ 2 exprefsioni Ij^ | cofinuumhyperbolicorum fubjicendis , fi , col- lationibus inftitutis > femiiixcm r hypetbolae quaeras , inve- nies prò primi formula r= ( V E' — F' ) ^ . ? prò fc- cunda r =^ (fÙ^' — H'-) "' qui , cum V E^ — P non eft aequa* lis \^ G — H^ duarum diverfarum hypcrbolarum defcriptio- nem poftnlanr , quae plerumque conilructionum lìmplicirari olficiet . Redigentur vero formulae ad unicam hypcrbolae de- fcriprionem , cuius ilt femiaxis = (V E^ — F^) * , tali pafto. Invento ex collarione colìnu hyperbolico fecundae formulae» defcribarur hyperbola acquilatera jiEN [Fig. i.) -, quae fe- miaxem CA habear quantitati {V E'^- — F")' aequalem . Dein- de fìat , ut femiaxis fecundae hyperbolae ad femiaxem da- tae AlN ita corinus fecundae hyperbolae ad quartam pro- portionalem , cui aequalem CM abfcindo in axe datae : inter CKì & CP quatuor medias proportionales invenio, quarum primae CG refpondens collnus lir CB ; quarta proportiona- lis poli femiaxem CAt femiaxem fecundae hyperbolae » & li- neam CB , quantitati t fecundae formulae acqualis erit . Si formulae ad unicam hypcrbolam reducendae ex iis fint , quae ad exprefsionem [Lj pertineant finuum hyperbolicorum , fub- fìiruendus efl dumtaxat in fuperioribus proportionibus finus hyperbolicus pr© cofmu : imo^ & prò duabus formulis , quae fubjefVae fint exprefsionibus [M^l |^1 cofinuum , & ilnuum cir- cularium, fervatis fervandis, eadem regula omnino valebit, cuius demonftratio tam facilis eli:, ut de ea verba facere fu» pervacaneum exiftimem . XL. Revertamur modo ad formas diviforum 7Jum. 'i aequatione refolura, fequcntem forma m ra- dicis cubicae obtinebis z z lam vero canonicae formulae num. 21. ad cofinus finufque hyoerbolicos & circulares fpeftantes , aequationibus cubicis accommodatae , huiufmodi fient Cb. M = ( Cb. Mr' -h- Sb. Mr) "T -+ ( Cb. Mr — Sb. Mr' ) "T; sr^ 170 Atti Sb.M_— ( a. Mr'-h Sh. M r^ )f — "7" z ( eh. M. r^— Sh. M y^)4 — z ( Ce. Mr* — V^^i Se. Mr'Jj^ z V=:ri Se M = {Ce. M r" -+ V~[ Se. M r^y-^ ~r * ~~ ( Ce. Mr^ — A/Cr"i Se. M r )^ cum quibus cubicae radicis comparationem inftituere oporte- bit, ut per eam fas fit eidem radici aequaleni lineaiu de- terminare . Cum autem ea omnia > quae de conftruftione formu- larum ad radicem quadrato-cubicam pertinentium fuperiori- bus numeris 23, 24 ufque ad 31 explicara fune, nulli ne- gotii iìt ad radicis cubicae formulam transferre , trifeftione modo arcus circularis > vel logarithmi hyperbolici , prò eo- rumdem quinquifetlione ufurpata, nulla interjefta mora ad reliqua feftinans progredior. Determinata linea aliqua > cui A fit aequalis , & fymbolo ^ prò illa linea in caeteris for- mulis adhibiro» norae fient quantitates, z, w,^, », qua- rum epe reliquas operationes Analyticas cxplere , 8c deni- que ad propojitae quinti gradus radicis conftruftionem per- duci potcrimus , cui afsequendae prius arcus circularis , Tea logarithmi hyperbolici trifectioneiU} deinde aliorum arcuum circulariam,' vel logarithmorum hyperbolicorum quinquife- ftionem necefsariam efse , perfpicuum erit. Sed de his hac- tenus . Supcreft , ut Theoriam noftram exemplis aliqnor illuftremus » in quibus numeris dumtaxat utemur , ne , fpe- cie- Deil' Accademia. 17: ciebus Algebraicis retentis , in immanes , ac propemodum in- finitas calculorum falebras oifendamus. LXI. Exemplum i- Supponatur uy ^= 0 . Quando ex ««7». 14. habetur fubftitutio zstty =z— r sa^ — se-, cric 3 in hac hypothefi z = — s a~ -¥ se; quo valore in refol- __ . 3 vejitem \_p_\ invelo , orietur quantum ex cogniris ac proinde uy^=Ot quae eft condilo rcquilìra. Ex hypothell tiy=zo oritur w =2", adeoque V « =^ 2. Aflunipro in- feriori figno ita, ut lìt V~u =^ — 2> formula \T\nnm. 13. ad exemplum noftrum deflexa evader r = ^ ■> cujus ope inveni- tur h =. , — 2 . Ut intinitorum , vel fraftionis o oftèndicu- o lum evìtemus, rejeftis formulis |X| \'^\ imm. io., ad aire- ras 1^1 1^1 num. 17 confugiamus: eae lìent m\—i- n^ =4; p^ —i- q^ =: i(S . Quoniam vero eodem «//;«. 17. duae aequa- tiones habentur j* = m n = a —t- Vuy u = p q = 2 a — V ui proveniet in cafu noftro mu = ~—2ypq = oi 2 quae ultima aequatio confiftere nequit , nifi vel /> , vel q in radice evanefcat . Cum autem in arbitrio llt alteru- tram a radice excluderc> ftatue q =^ 01 tum fiet p' = i5, adeoque p = 2 * , In aequatione porro w^ —+-«' = 4 , prò «^ ejus valor fubftituatur — 3 2 » quem altera aequatio w;/;^= — z m' fup- 172 Atti fuppeditat ; atque haec formula confurget w* •— ■ 3 2 = 4 , m'' unde eruitur w^ = 2 •:± v'30. Sepofìro fuperiori figno -+ , fumatur fignum alterum — , erit ni^ = i — Vló, 8c m = (2 — Vì6) ^ ì quo valore in aequationem v =^ — 2 intro- m àuào » invcnietur « = ( 2 ~+ VJó )^ . Si igitur valores ?», fi, p in unam fummam coUigaS) & quantitati x adjun- SAS propojìtae ;v'— f 10^' — f- 100 =0 quefìra radice potic- ris; eaque fiet x -+ (2-1-V/36} '-+ (2 — v'sój'-f 2» =£?, vel A- = — ( 2 -H- \/3ó)^ >— ( 2 — Vjt ) ' —Jj" . Haec 1 22 cxpreflìo , pofìto s = (2-+ VI0 ) -f ( 2 — V'fS ),t= 2 * 2 2 in duas partes dividamr , quarum prima > quia efl: Vfó > 2 , ne in axcrn iniaginarium incidamus , fic cxpofita s = (v^Jó"— I- 2 )* — ( a/36— 2 )^ , refcrenda eli ad for- 2 mulam finus logarithmi fubquintupli . Terminoruin compara- tio praebebit Co. M= 6 ; Sb. M = 2 ; Ergo Cb. M* —> Ti 7? 5/&. M =36 — 4 = 32 = y^; ac proprerea r'° = 32 nempe r = VT", Se Sb. M = i ' Semiaxe CA = VT hyperbo- 2 la aequiktera defcribatur ( Fig. 3. )j a cuius vertice A aga- tur in afTymptotum normalis ^4^. Applicato iinu MN-^:^ i, 2 duftaque NP parallela AK , quae fecet anymptotum in pun- tìo P , inrer C^» & CP inveni quaruor medias geome- trice proportionales, carumque prima fit CG. A punclo G excita'-a 'pfi aflymptoto normali GÈ nfq ie ad punctum cur- vae Eì iiuic punclo rcfpondcns fmus EB erit =s Dell'Accademia. 175 I. i = V^6 -h 2) * — £ ( Vì6 — 2 ) • Valor alterius par- 2 tis;= 2 " dimidium cfl quartae ex mediis proportionali- 2 bus inter CX", & qnadruplum finus MN: Sic hoc dimidium BH . Addirà BH ipfi BE , erit tota HE == s -t t ^ eft au- tem X = — s — t ; ergo dnpluni Lneae HE negative fum- 2 " ptum aequabit propojttae radiccm . Q^E. I. XLII. Hyperbolae adiumento radicem noflram con/lru- ximus , ne, aliter faciendo, videremur ab expollta merho- do difccdcre. At revera l'adicis conftruftio nulla eget cur- £ vae dcfcriptione. Nam, cum invenerimus m =(z — Vsó) = — 2j;w = (2-+- V3<5 ) = 2 j , ji> = 2 j , atque idcirco .Y=2 f — • 2 r — 2"5"> 11 reperiantur quatuor me- diae geomctrice proportionales inrer unitarem & binarium , at- que a f'jmma carum tertiae & quartae fecunda deducatur , relìduo negative fumpro x aequabitur , ut vel leviter con- fidcranti palam iìet , cfl enim 2 ^ fecunda , 2 T tertia, 2"»' quarta qjaruor mediarum geometrice proportionaliuni inrer unita tem & binarium . XLIII. In aequationc w' = 2 ;;^ v/Jó > fuperiori figno -+ recufato, inferius — ea mente amplexari fumus, ut valores quantitatum w; , n-, p^q in coefficientes terminorum canonicae inveirli, eos refolvencUe -, quam nobis propofuimus , cocffi- cientibus aequales reddant , qnod ipfum obtincri , altero lìgno accepto , non potcrit . Etenim in hac afsumptione fiet m^ = 2' , unde feqaentes dererminationes ena- fcunrur ?« =:= 2 "7 , « = — 2V , quibus reliqua adjungen- da efl ^ = 2 s . Harum fumraa negative fumpta 2 T ' ^- -— 2 s — 2 f , CUI .r aequalis eli , nil differt ab illa , quam in alterius iìgni cledione na6ti fumus , qaod ijidicat , rela- Z te 174 Atti te ad radicem at, indifferens efse aut unum, aut alrerum fìgnum lufcipere . Verumtamen his valoribus adhibitis in ca- tioiùcae coefficientium determinatione , eius in refolvendam transfomutio non fuccedit ; fit enim coefficiens termini x^ aequalis 2 « — i- 2 t , cum ex propojjtae cum canonica col- latione dcbcat efle =- 0 . Si auteni cibi arrideat in ufum re- jolvendae , quam propoluimiis , hos quoque valores converterc ita , uc eius cum canonica identiciras l'ervetur , unum tan- tum praellare debebis -, mutare videiicet hypothelim q = 0 in altera m p =- 0 tx qua refultat ^ = 2 T . Exurgen- tium determinationum prò hac hypotheiì fubftitutio in canO' nicae coeiiìcentibus propojitam relHtuir . Nii igitur tibi me- tuendum efl fuper aiterucrius ligni delectu , dummodo ex hypothelibus /> =^ o? q ^= 0 illam ufurpes , quae tibi ten- tanti aut uni , aur alteri cafui idonea videbitur . XLIV. Superiore ninn. 41. invento \/~u = :it ^ » ^3,- tuimus \/w = — 2. Quid (i alreram hypothelim Va = 2 fufcipiamus? Ex formula |J_| num i3.nancifcemur r = — 4» ac proptcrea fict A = 2 . Qaoniam vero mn ^^ a ~+ V 2' = 25",»?, s- . , J. j_ _± live « = 2 5 , ac promde x = 2 ' — 2 ' — 2 ^ , quae acquario eadem eft ac illa , quam num. 42 invenimus , ideo- que vera radix propojjtae , unde concludes , in ancipiti lì- gno formulae Va» ^= ^ 2 » utrumque radicis determina- tioni opportunum cenferi debere . Caereroquin una inventa aequationis radice , reliquae quatuor ex num. 19 tibi in promptu fient , quae omnes cum fint imaginariae , certo alìirmare poterimus , aequationem propolìtam unicam tan- tum compienti radicem realera & negativam> caeteras autem ima- Dell' Accademia . 175 imaginarias . Nolui fedulicarera ac diligentiara a me in hoc primo exemplo tramando delidcrari, quod efiiciet ut ne ea- dem in fequentibus requiratur , utpote quibus , fi quando oc- cafio tulerit , ea omnia applicari poterunti quae liic vifa funt neceJTario advcrtenda. XLV. Ex. 2. Hypothefis hujus exempli fir u—y . Quo- niam ^ —1- u^=ai cric y=u= a ideoque uy= a' . Fiec 2 4 itaque z =■ 5 in fublìdium advocatis duabus aliis mii= — i,pq=— i , praebcbit tandem w = f 20 — I- 13 V 5 "1 ' — ^ ' ■ "'' - "* u 2 J quos valores > fi experiare , veriiTìmos efTe intelliges ; ac pro- picrea aequationis nollrae radix erit huiufmodi U 2 J l. 2 J •^ s =0. Formulae porro \~g] |^| ««w- 17. adhibito quoque valore r = I > verae radicis determinationi uriles funt > tametfi ali- qua oriatur valoriim m, u, p, ^ ,permutatio, quorum tamen collegio eandem rcftituit radicem . In hypothefi enim r = i , invenies A = — 3 , quo valore in formulas introdurlo, & poft redu = a^ — 4 « J* in cafu noftro provenir =<>) tibi praeflo erunt cptatac de- tcrminationes m^ -+ si^ ^= i ì p^ —b q^ =^ 2<^i unde de- mum Dell'Accademia. 177 mum hauries f" = (^^ YxV ' »— (" — V^TV i 2 2 2 ■' X ' quorum fumma non diffcrt a praecedente» adeoque nec ra- dix quaelita . XLVl. Huius radicis conftruclio tali paclo obtinebitur. Fa6to de more x^=^ — 2j — 2/ , & ( quia \/T> 1 , ac 1 3 s/~J> 29 ) 2 2 2 utraque formula cum ea comparetur, quae fpeftat ad finum loganthmi fubquintupli. Ex primae coUatione prodibit fe- miaxis hyperbolae r^=i;Sb.M=i. Sumpto igitur CA 2 femiaxe = i ; hypcrbola aequilatera ANiN ( Fig 4. ) defcri- barur, cui applicetur iinus MN = i : Lineis AKì NP nor- 2 maliter in afTymptotum incidentibus , abfcindatur CG prima ex quatuor mcdiis inrer CKi CP, erit finus BE rcfpondens punclo G = s. A Iteri US formulae comparatio cundem fé» miaxem =i fuppeditat : fit autem Sb. i]/= 29 . Si ita- 2 quc ad candem hyperbolam adaptes finum 2MiN^= 29 , & ducas 27^2P parallelam AK^ prima CiG ex quatuor mediis inter CA^, CzP infervier determinando lìnui 2EzB = t. Sum- niac linuum BEì zBiE duplum negative fumptuni acquaie 178 Atti cft radici x\ arqne forma infpefta reliqnanim radicum aequa- tionem nollram conftitucntium , turo pronunciare poterimus , unicam tantum in illa inefle radicem realem & negativam > cum cacterae evadant imaginariae. XLVII. Ex 3 In aequationibus , quae ad normam prae- fentis exempli refolvuntur , locum habet conditior= /= b\ 2 ergo prò hac hypothefi in formula |T] evanefcere debet nu- merator fradionis > quae adjungitur quantitaii b . Seclufo cafu huius evanefcentiae » quum fit »=o, quem fuperiore exem- plo traélavimus, & zero acquato altero numeratoris coefficien- te» quadratica extabit aequatio> ex cuius refolutione prodibir valor uy; in quo vero illud accidir perincommodè , quod fub valdè complexa forma appareat . Videamus idcirco , an, aliam tentando viam > nobis liceat eundeni valorem uy fub fimpli- ciori afpeftu exhibere . Tertiam & quartam formulam num. 1 1. ad cafum noflrum flectamus , atque liabebimus u~^y, é/b^ — ab'uy—i- i6u^y^ = ab'^ — 2a'uy-^2Cuy-^6y^fi* i 16 4 ft^P — Puy — a' buy-+^abu'y'' — 2 du^ y^ ==■ ab(u — y) i/ ^'^ — ab^uy-+- lóu^y^. i 16 UzQc, ipro u—y-f/b'*^ — ab uy-i- 16 uy eius per alteram valore fubflituto, in fequentem mutzmr 2 duy^ ~+/i b e uy-^ Pay=Oi undè eruitur fmipliciflìraa aequatio «^= — b^-^^abc . ..Conditioncm , quae verificari debet inter nota fym- boia a,b,c, d-, facile alTcquemur, fi in formulam l£.| num. 12 va- • Dell'Accademia. i7j> valores jam repertos quanritatum r , uy introducamus ; ea enim concinnò difpolita talis iiet 'à^ -\- ab — àcO^ -+'i a e — 4 e' . J^ 6 e — \ o a^ . b^-+ ^abc . d — 25 {b^ -+ ^abc) =o,quaeefi: 8 ' 6Ì noflrae hyporhefis conditio, ubi illud adverras velim , quod fatlo b = o ì debct elFe = — ^ a'^ —^B a^ e — ^c^ =10 y nempe c = a^ . Huius peculiaris cafus , qui fub gcneraliori noftra for- mula comprchenditur > refolutionem & conftruftionem exhibuit primi ordinis Gcomecra Vincenrius Riccatus in fuperius cita- to Opufculorum Libro, nec ulterius , quod fciam, a Mathe* maticis profeclum eft . Cum autem methodus noftra latius e- vagetur, hinc irerum de invertigationum noftrarum utilirate nia- gis , magifque conftabit . Sed ad exemplum accedamus . XLVlII. Aequationis ;«•' — s x' —h io x' — 35Ar— +-3 =0 4 refolutio & conftruflio quaeratur. Ex hac profluunt determì- naiiones fequentes : //_>'= T>undè omxiT y=mn^=kiu^=pq^:={-y & formulae IAI ll^l "uni. IO. ex l'upradiftorum valorum fubftitutione eva- dent m^ ~¥n^ = 5 ; ^^ — i- ^' = ^ ; reliquifque operationibus ab- 2 folutis , hauriemus tandem w= A.2-f7v/Ty (i—hiVT^'^ »=: /5.2— 7\/z y= fl—lV 2 \ i ip~/2.-+V~\ ' ^ 2; ^ 5f= fi^V^Y . Ponatur j =A. 2-4-7 v^^Y'-ff 5.2— 7X^7X^4 2' ' ^ 2' t = i8o Atti , Cum utraque formula ad ex- '^{^^y-i^^f preflìonem cofìnus hyperbolici pcrtineat, comparatlonlbus ini- tis , prò prima nancifcemur r = \/T, & CD. M= 5 ; prò al- tera eundem fcmiaxem , Se C&. vW = i . Quaproprer in hyper- bola , cuius femiaxis CA = s/~ ( Fig. 4. ) fumpro prius CM^=iy cui in alTyiiiptoto refpondeat CP» determinabitur axis portio Cl^^=t analoga CG, quae prima i'it quatuor mediarum propor- tionalium inter CK^CP . Abfcilìà deinde CzM qmnrupla iplìus CM, definiatur CiB^=s , analoga lineac CiGì quae prima ih ex quatuor mediis inter CKì CiP. Samma linearumC2Z?, CB ae- quabitur fummae s —i-t ,lineaque eius duplo aequalis, & negati- ve fumpta aequationis radicem ^-f-;«-H-;/— f-^-f^r=o repraefcn- tabif , quae unicè rcalis eft, & negativa. XLIX. Faftigium huipopufcolo ponat, exemplum defum- ptum ab hypotheiì , quod minimus refolventis divifor llt cubi- cus primac formae ; atque ut peculiari aequationi hypothefim accommodemus fuppoiìtis a^=o > ^=4» f=^o » d= — 48 , ex- ter aequatio refolvenda x'^ — f- lax"" — 48 =0 . Supradiclis vale- ribus in refolveme \'T\ adhibitis , complexa eius quantiras rf+ — f "io ab d^ -^ (ì^c- > quae multiplicatur per trinomiuni z — 50^ — 5 t" , fir = o ; ac proindè refolveus evadic 4 3 z' — I- 5 . 3 . 2'' z — t- 5 . i'' = o , cuìus divifor cubicus ed 2' — f 5. 3. 2"^ 2; -+ 5. 2^ ;= o , vel , ( quia z= s'uy ) 5^«y-+5''3-2^//y-H 2^ = 0 . Quoniam uy = mnpq quatuor conflat dimenlionibus » fa61:o uy^=P^y ubi P fit politiva quantiras quaecumque trium dimenfionum , A vero qnantiras linearis > prò uy , eiufque cubo analogis valorjbus per p/ in fuperiorem cubicam fubilitutis, exurget acquario 5^ P' ^^ -+ 5^.3- z^ P^ —1-2^ = o , ex cuius rcfo- Jutione elicitur — V S'P' ) \ 5'P' ) quae Dell' Accademia. igj quae cum formula finus logarithmi fubtripli num. 40. com- parata dabit femiaxem hyperbolae r = 8 , Sb. M^= 2 , un- 5P71 Tip de pieno alveo fluit fequens conftru£lio. Delineata hyperbola AN { Fig. 3.} cuius lic femiaxis CA = 8 eic]ue ordinato fimi iWiV= 2 , duSifque iuxtà tradita ^^ » A^P j atque invcn- ta CG prima ex duabtis mediis geometricè proportìonalibus in- ter CK, CP t recla B H dupla linus BE analogi lincae CG Se negative iumpti , exprimet quaefitam a, quae, ut iamdixi,efl: quantiras negativa. Hac refoiurione,& conflruftione praemifsa reliqua expleamus. Formula j_K^| num. 13. l'ecundum noftras determinaciones modificata ■> atque fublìdio aequationis 5^«'y5_(, 5'.3-2^«jy-+-^ = o ad minimos terminos redufta huiufcemodi formam induet r =2 ~+s'^uy" -i-s'.z^uy-t- ipTtJ x V — ^uy j 3. 2'^ hoc cft (é prò — 4//)'ufurpato r=2-+ 5'^"' —5 \2+a>+-29 i^X v'~w : eae autem , quas num, 1 7 adnotavimus , tales ficnt ;;;' — (-«^ = 5^0. — 24 -+ Vu (25/j-M— 96/j — 4 ) ;^s -(- ^? = 5 /j 0, _ 24 — Va. (25/j'&'— 9(5^— 4} . Ex aequatione r = ù-^bV'w' innote- fcet è, quae aequabitur 5V-— 5^ 2'^M-f 29.2^ , cujus valoris epe obtmebitur illarum in fequenres converfio . ,s 3-2' 3.2^ A a Janx i82 Atti Jam vero» quoniam ^ — i- « =o , erit j/ = «;« = V'"!r; u=pq 2 = — V u . Si itaqne , brevitatis gratia , ponas 5' w^— )-5.2'«-(-7 .2' 3.2^ srrjT; 5^*01^— f 5^2'«-f 2"^ = ^, 8c,quae fuperfunt, operationes "^ ^^ abfolvas , hae tibi prodibunt formulae I " — — _ — ^1 f tn■~^-tt= j —\-f — gV u-¥ //(/-+ gVu )■— w V « j -+ Li 4 3i J ; 2 L 4 32 2 J 4 12_ i J » 2 a quibus, cum imaginaria abfint, nam gVuì atque eo ma- gis (/"— (- j-v''w)^>w^ v' w > liquct eas elle ad hyperbolani refe- rcndas , ita tamen » ut earum prima ad cofinus , altera ad fi- nus hyperbolici expreflionem partineat. L. Primae formulae comparatione inftituta > elicietur hy- perbolae femiaxis r = V u ; Ch.M= — 2/ — igV <»; fccun- dae Dell' Accademia. 183 dae vero collatio dabit eundem femiaxem y Se Sb. M = — 2/-+2^s/'ir. Defcribatur igitur by ^Qxhoh ANzN { Fi^. 4.), cuius femiaxis fit = x/ « , atque abfcifTo negativo cofinu Cm = 2/— I- 2 gVHi agatur lìnus pofitivus ;;;« ac ex punfto u de- u mittatur;;/» normalis in aflymptotum CP. Inter CA'pofitivam, & Cp negativam quatuor mediae proportionaics inveniantur» quarum prima» quae iridcm ncgariva erit , lìtCg' Aflymptoro Dormalis gè fecet curvam in punfto f > a quo ductus lìnus ^ ^ intercipier Cb^=tn~+}i. Applicato infuper fmu iMzN = 2 • — 2/'-f2_^v'~ in pofitiva plaga , quandoquidem ex methodo ap- u proxiniationum eruitur^ V~> /> excitetur 2N1P normalis af- fymptoro , & prima quatuor mediarum inter CKt C2P iìt CzGt erit huic analogus finus 2B2E=f-+q> zBzE vero invenietur 2 major quam Cl> ; translato igitur Co in zBR , duplo refidui zER negative fumpti aequabitur x. Q^E I. LI. Per longas ambages evagati ad radicis determinatio- nem devenimus, ut methodi noltrae applicatio aequationibus quadrato-cubicis , quarum refolvemes diviforem cubicum primae fpeciei admittunt magis perfpicua tìat , cum profeclò vel levi- ter intuenti aequationem propoiìtam x" —k-zo x^ — 48 = o ipfa radix confeftim appareat ; ea cnim divifibilis eft per binoniium x~\rz \ ac proindè linea £/?> cuius duplum negative fumptum ra- diccm X repraefentabat , revera acqualis eft unitati . Lll. In hoc exemplo fuppofuimus a=o, b^=àftC-=Oi quae determinationes cificiunr, ut in refolvente IXI num. 14. multiplicator d^-¥T,oabd^ — à'c. binomii 2— 5 rt^ — se prorfus evancfcat. Nolim autem, tibi perfua- ~^ "^ A a 2 oeas» 184 Atti dcas , quod aliis valoribus quantitatibus ayb^Cìdi aflìgnatis, arqije ita conftirutis > ur illius multiplicaroris evanefcentia ju- giter habeatur , inde refultare pofTit quinti gradus aequatio > quae per divifores lineares ad inferiorem gradum deprimi ne- queat. Vera etenim eli: generalis propolirio , quod quandocum- qne talis ratio valorum in fpeciebus t a ■> b ■> e ì ^locum habear, ut in praediclurn multiplicatorem ii valores inveiti illum con- ftituant = o , quadrato cubica aequatio ex iis valoribus exo» ricns, femper diviforem aliquem linearem patietur Fa£lo e- nini b =■ — 2tji^ —h ^ a m — 2 ?« «' ; f = 3 m"^ — 3 a /«^ — 2 m^'n^ m~+7iy hifce fubftitutionibus utere in mulriplicatore enuncia- to, fiat ipfe =0: aequatio vero oecumenica x^ — 5ax^~+5bx^ -H- 5CX-^d—o bis valoribus accommodata in aliam converte- tur , cuius cric perpetuus divifor x — ?77 — »==o . Hoc quali cur- litando monirum volui , ut tentantibus Analyftis morem gere- rem , neve > hoc criterio edocli , in quaerendo > quod obtentu ìmpofTibile ed , operam & tempus teranr . un. Anteqnam metam attingo, breviter itideni mone- bo refolutiones noflras aliquarum formularum difrbrentialium inte<^rationi non minimum profuturas , earumqae ope ad ae- quationem curvae iìnitis terminis conitantem, quod haclenus nemo praeftavir perveniri polle . Sit ex. gr. aequatio dilferen- tialis dy=Ax^^ d X , ubi A quaecumque conftans quan- x''~+ax^-+bx^—\-cx~hd tìtas fit ; in quicumque numerus ; a-, b ■> e ■> d notae quantita- tes taleni inter fé refpeftum habeant , ut denominatoris for- mula refolutionibus ncflris fubjiciatur . Ea in tot binomia di- vifa x~^B tX—^C &c. quot in ipfa reales radices infunt, & in realia trinomia quadratica x^-^Dx-^E^ii^rc. iì adfint radices imaginariae ; atque infuper per notas methodos fraclione A X "^ dx in plurcs fractiones refcfta, quarum denomi- tc '— I- ax^—^bx^—\-cx—\- d natores fìnt vei linearla binomia, vel trinomia quadratica , in prom- Dell' Accademia . i8y promptu erir fingularum fra£lionum inregratio, quae per Ioga- rirhinos , live per arcus circulares exhiberi poterit ; exindèque aequatio tìnita confurger, quae curvae indoli detcgendae, ejuf- que progrciìiii dcrerminando plurimum conferet. LÌV. Lucubratiunculam hanc, li non levis momenti cen- fcbitur Geumetrae benevolo animo accipiant > ejufque utili- tare , liqua eli > fruantur , donèc mcthodus alicui occurrat , quae omnium aequationum quinti gradus radicibus revelandis fuffi- ciat , unde fortallè ad nltiorunv quoque aequationum refolutio- nem provehi datum erit ; quod profectò maximum ellet i & Cartefianae, & fublimis Geometriae incrcmentum. TA- "87 TAVOLETTA BALISTICA D I ANTON-MARIO LORGNA CAPITANO D' INGEGNERI, E PROFESSORE DI MAT TEMATICI! E NEL PUBBLICO COLLEGIO MILITARE D I V E R O N A ^p'On è mio fcopo di riteflère in queft' Operet- ~ ta la Teoria della Balillica , ma foltanto di porgere un nuovo ajuto alla pratica di quell' Arte per mezzo di un fempliciffimo Strumen- to , di recente iniaginato per dirigere con elattezza , e facilità i tiri delle Bombe . Una proprlsrà delle Parabole Apolloniane sfuggita a miei precel- fori me n' ha inllnuaco l' invenzione non meno , che 1' ufo pratico agevoliilmo . e non elige dall' Artigliere fé non fé un p.-:ro cfcrcizio di conipaflb ed una lieve attenzione ; ne 2 vcruii conteggio lo allrignc fi ne diretti, che negl' inveri! q ieii:i Bdliltici , che occorrono nella pratica . Mi iulingo per ranro che lìccome utililTima , così farà accetta la def- crizione che verrò facendone , premefli i fondamentali prin- cipij da' quali la fua fabbrica dipende. GAP. I. §■ I Sitppojìzioui 770te , e dimojfrate giulfa T ipoteji del Galileo. \. Che gittaro un corpo 'dal punto A ( Ftg. i< ) fe- condo una direzione qualunque parallela , od obliqua all' Oriz- i88 Atti Orizzonte, come AN -, o AL colla forza che avrebbe ac- quiltara cadendo verticalmenrc da E in At t che iì dirà forza della Polvere , defcrive col fuo moto una Parabo- la ApoUoniana. 11. Che la linea di direzione tocca la Parabola de- fcritta dal mobile nel punto A. IH. Che la linea AE é la quarta parte del parametro del diametro AD ■> e la retta EF perpendicolare a DL la direttrice comune di tutte le Parabole defcritte da un nio- bile gittato dal punro A colla ttedà forza fecondo tutte le pof- fibili direzioni. IV. Che fé dal centro A col raggio AE fi deferiva un femicerchio EMO , la fua circonferenza farà il luogo de' focili di tutte quelle Parabole . §• 1 1- Teorema . Se col centro E-, raggio E A fi deferiva il femicer- chio GHA ì e fi conduca dal puuto A alla circonferenza una retta qualunque AL , e per L la LK perpendicolare all'Orizzontale AN) dico, che LK Cara TMle della Para- bola APB defcritta da un mobile gittato dallo lleflò pun- to A colla forza EA fecondo 1' angolo d' elevazione LAN. Si divida per mezzo in P il fegmento j2_0 della retta LK , comprefo fra la diretrice EF e il femicerchio EMD ^ e poiché la circonferenza EMD è il luogo di tutti i fochi delle Parabole, delle quali EF è la direttrice co- mune { fup. ), è manifello , che P farà il vertice d' una Parabola, come APB-» della quale .^ fia il foco, e PK V alfe ; ma i femicerchj GHA-, EMD deferirti collo ftelìb r.ggin EA efTendo eguali e porti iìmilmente , una retta co- me LK parallela a GA gli legherà in modo, che gli Ar- chi LH , QJH faranno uguali , e per confeguenza eguali le linee LO , QK . AggiangendvT dunque di comune i fe- gmenn' uguali PO , P^, la reti a PK farà uguale a PL ì e per- ciò LK farà doppia di PK . Nella ftelfa maniera ii dimo- ftre- Dell'Accademia. i8p Arerebbe per li quadranti inferiori HA > DM > efTere la retta LK doppia di PK. Dunque la linea LK è fotrotan- gente pel punto A » e AL tocca la Parabola APB nello llelFo punto A. In | confcguenza un mobile gittato fecondo la direzione AL , e con la forza EA defcriverebbe col fuo moto la Parabola APB ; ciò che bifognava dimoiirare . Corol. I. Ne fegue, che il punto L del concorfo fa- rà fempre o nel quadrante fuperiore GH, ovvero nell'in- feriore HA , a mifara > che il foco della Parabola > come APB y farà nel quadrante fuperiore EM^ o nell' inferiore AJD. Coro!. II. Si raccoglie in oltre > chef la retta Z^com- prefa fra il punro Z. » ed il foco 0 è una qaantua co- lUnrc per tutte le Parabole , come APB. Imperciocché ef- fendo coftantemente la retta LO eguale alla fua corrifpon- dentc ^_K , aggiugnendo di comune la retta Oj2j pe* quadranti fuperiori , e la IK per gì' inferiori , farà Lj^ eguale a K& , cioè alla quarta parte del parametro AD « che è una quantità collante . Corol. 111. Per conofcere dunque in gradi il valore di tutti gli angoli d' elevazione, coaw LAN , baflerà divi- dere il femicerchio GHA in 90 parti eguali , e quante di dette parti avrà I' aro LA di tanti gradi farà 1' angolo LAN. Poiché l'angolo Z^/Ve'lèndo eguale fempre all'angolo LGA, e r angolo LGA » eh' è alla circonferenza del cerchio ef- fendo la metà dell'angolo LEA, eh' è al centro, la metà del numero de' gradi d' un' arco , come LHA è il nume- ro de' gradi dell' angolo LGA, o LAN. Per confeguen- za fé li dividellb il femicerchio GHA in iSd gradi, ciaf- cuno non clprimerebbe , che mezzi gradi per rifpetro agli angoli d' elevazione LAN ; il che è utile , e comodo nel tempo fteifo per la pratica. §111. Era noto da gran tempo, eh' effendo la ^prta. FF la direttrice comune d' un numero infinito di Paralole fegant ù B b nel ipo < Atti punto A , il ce'chio EMD è il luogo de' fuochi di qucftc Parabole ; che dividendo in due egualmente la retta EA nel punto R , conducendo la RV parallela alla direttrice Et\ ed eguale alla retta EA -, e defcritta la femi -ellilFc conica EyA , il perimetro EVA è il luogo di tutti ver- tici di quelle mededme Parabole, e che finalmente la pa- rabola ENS ddcritta col vertice E , e foco A le tocca- va tutte, lo ho dunque dimoftrato una quarta proprietà , cioè che il cerchio GHA e il luogo di tutti i concorlì de- gli A fi! prodotti, di tutte quelle Parabole, colle Tangen- ti rifpettive al comun punto A. Da quefta fi è che trag- go la cofiruzione d' un'Iftrumento per ufo degli Artiglieri, pre- mettendo il feguente. Lemma . Se fi prenda 1' arco MC di 30 gradi ( Fig- 1 ] al di- fotto dell'Orizzonte AN ^ e li conduca per C la rerta AS qua- drupla della forza della polvere AE ■, dico, che ylS è il maggior tiro , che li pofia fare colla fiella forza AE fopra un piano inclinato 30 gradi fotto T Orizzonte . Poiché fupponendo defcritta col vertice E , foco A la Parabola conica ENS , è manifello , eh' ella rinchiude nella fua concavità tutte le Parabole defcritte dallo ilefib corpo gittato colla velocità acquiftata cadendo da E in A con qualfivoglia direzione , giacche detta Parabola le tocca tutte , giufta CIÒ eh' è ftaro dimollraro dal Sig. de 1' Hó- pital . Scz. X Prop. VII. dell' Analili degli Infin: Piccoli ; e che per confcguenza ella è il confine de' malllmi tiri pof- fibili fatti con una data forza . Avendo dunque condotta la fua direttrice GZ , e dal punto S la SZ parallela all' Affé ED; poiché l' angolo T^,? è di 30 gradi, e ATS angolo retto, la linea AS larà dop- pia della ST. Ma la retta AS è per cofiruzione quadru- pla della EAi cioè doppia di AG; dunque le AG y o TZ e 75" faranno eguali fra di fé , e confeguentemcnte la rer- ta AS , che parte dal foco A è eguale alla SZi che va . alla Dell' Accademia. 191 alla direttrice parallelamente all'AfTc. E però il punto 5" è nel- la Parabola ENS , ed JS è il nriaggior tiro , che li polla fare fopra un piano, la di cui inclinazione lia per 30 gra- di fotto all' Orizzonte jiD ; il che &c. §. IV. Corruzione dell' JJìrumemo , ABGHCD { Fig. IL ) è una piaftra di Ottone , o altro metallo di groifezza difcreta > ove tono deferirti fopra una retta ^Ddiie femicerchj ABFi ECD di tre oncic di raggio ciafchcduno , e più fé lì volelTe > per tal modo» che il cen- tro dell' uno lia nella circonferenza dell'alerò. La lunghez- za EG non eccede 14. pollici, qualvolta iìa di tre la lun- ghezza del raggio; e da centri E , F li conducono le rette linee EG , FH p^-pendicolari alla AD . Le due circonterenzc poi debbono efTer graduate con quefta differenza , che nella ijperiore ABF, fé lì divida come l'altra in 180 gradi, ogni grado della divilione indicherà mezzo grado per gli angoli di elevazione, come è flato dichiara- to nel Coroll. 111. Hel Teorema precedente . Si divida la EF femidiamctro comune in 100 parti eguali , e fopra la retta FH li fcgnino da F verfo H 200 di quelle medelìme parti , nomandovi fopra almeno di 5 in 5 li numeri corrifpondenti , Fatto quello li prepari una Tavola quadrata LTRS ( Fig. III. )di legno diro, e Cagionato, la quale abbia in- torno a «4 pollici, e mezzo di lato, come fono comuneaien- ta le Tavolette degli Agrimenf^ri. Vi s' incaftri fopra il pezzo defcrirto ABGHCD ( Fig II), in modo che il fuo piano riefca nel piano della Tavoletta ; la retta KG lia parallela, e dillanre mezzo pollice dal la- to Zi? ; e il punto K Ha lontano dallo fpigolo LT un pol- lice , e mezzo . Sieno poi filTati ne* centri A , B due piccoli cilindri di metallo vuoti, e alti ^ di p-^llice, poco più, li che adattando la punta d' un compall'o fopra la circonferenza Bb 2 di Iti d qualcuno de' due cerchi , 1' altra pei* la cavità del cuin- dio pofTa applicarli al centro liberamente. E ficcome ne' pun- ti ^ , i^ deggiono talvolta collocarli due diottre per tra» guardare gli oggetti aelle miiurazioni , così la forma delle diottre dcbbc eilere , come indica la Fig. IV. aifinchè il polla qualvolta occorre introdurre ne' cilindri vuoti il cilin- dretto p 1 e aggirare la diottra per ogni parte . LM { Fio;. V. ) è un regolo di metallo nell' cllremità del quale havvi un toro circolare ', in cui dcbbe entrare ellàtamentc il cilindro vuoto , che li avrà filTato nel punto B » e intorno a detto cilindro deve aggirarli il regolo libe- ramente . La Tua lunghezza dal centro del foro L all' ellre- niità M deve qualche pjco eccedere la lunghezza di un piede , cioè una lunghezza quadrupla di AB [ Fig- III. ) -rn.'i V ha nel mezzo una felTura , per cui la Diottra N dee fcorrere con libertà ( Fig. IV. ) . bui canto vivo PM del re- golo vanno fcgnate di 5 in 5 quattrocento di quelle par- ti , cento delle quali colHtuifcono la retta AB ( Fig. Ili ) cominciando dal centro L. La diottra A^ ( Fig. VI. ) h poi coftrutta in quefta ma- niera.-^Z?CDjE'G è una lamina di ottone, che porta la diottra MLKI mobile intorno due perni p ■> q ■» la quale è propria- mente quella per cui li traguarda 1' oggetto . U pLitma F s' inferifce nella fellura della riga LM ( Fig. V. ] , per la quale fcorrendo allontana , o avvicina al centro L la diot- tra , fecondo il bifogno , dovendo così combaciarli colle pareti della fé filira , che nello fcorrere non traballi la lamia, e la diottra li mova fempre a fé ftelfa parallela , mantenendo r alle qp nel piano dello fpigolo PMt per pendiholarr al piano del Regolo LM . He una piccola punta ,0 indice , che denota la diftanza dell' alle qp dal centro/^ fu le divilioni della PM IP ' P.3_( P'^- m- ) ^ono due regoli di ottone uniti in P alla foggia de ' compalli di proporzione . Uno de' due regoli: P^è incail'ato nella Tavola : e 1' altro PI folamen- tc Uè, che può aggirarli , coilrignendo così e dilatando il compaiTo. Sulle faccicj dovranno cfièr fegnate le linee arit- iinetiche in parti della AB , e li potranno parimente nota- re Dell'Accademia. 193 re altre cofe fpettanti all' Artiglieria, le quali riufciranno>di molto comodo , e giovamento ia pratica . Le quali cofe preparate fopra della Tavoletta , farà ne- ceflàrio armarla di l'otto di un ginocchio da inlerirc , e po- faro fopra un ^Picde di legno , sì che polla maneggiarli come le 'l'avolette degli Agrimenfori. §. V. S' avverta, che ficcome accade di rado, che il termine a cui rivuoi tirare con un mortajo forpaflì il 30;'°° grado fotto il livello delle Batterie , così non ho fatto il regolo ZM , fé non fé doppio del piìi grande tiro orizzontale , tan- to appunto convenendo al malfimo tiro , che coli' inclinazio- ne di 30°. fotto r orizzonte polTa praticarli , com'è flato di- moftrato nel lemma del §. HI. Ciò però non olla , che la Tavoletta non li faccia di qual grandezza più piace , onde farla fervire anche per angoli maggiori del predetto fotto V orizzonte . C A P. ir. §. VI. Ma quanto all'ufo di quello ftrumento, è ferve pri- mieramente per determinare la dillanza dal llto ov' è il Mor- tajo al termine, ove li tira. Prendeli per tanto una baie orizzontale , per efempio di cento pertiche la quale lì fa rap- prcicncare dalla retta AB [ Fig. IIL ) . Il punto B della^ Tavoletta deve fempre elfere nel lito ov' è il Mortaio , e li traguarda in fcguito 1' ellremità della bafe prefa| colle diot- tre, che fono in 5, ed J Si traguarda ancora lo fcopo colla diottra fi, e colla mobile N [ Fig. Vi. ), cheli avrà per que- llo effetto inferita nella felfura del regolo BC e lì Jafcia il re- golo BC in quella polìzione . Di poi li ttafporta T iilru- mento nell' altro iito , cieè a capo della bafe, che debbe corrifpondere al punto A della Tavoletta » e ri traguarda per le diottre At B > ilpantodel Mortaio ,.checorrifponde fopra lo 194 ATTI lo ftrumento al pnnto B. In feguito fi fa fcorrcre lungo il regolo BC la diottra mobile , fenza cangiare la polìzione del Regolo» finché riveggaii per quefta diottra , ch'è in A ilo fcopo dato. Allora li fermi la diottra mobile, e fi oflervi il numero fegnato dall' indice fopra la divilione del Regolo , e tanto farà appunto la diftanza del mortaio allo fcopo in parti della Baie , cioè in pertiche nel cafo nofiro . §. VIL Ciò premefib verremo generalmente rifolvendo col no- flro ftrumento i Problemi a' quali fi riducono tutte le Teo- rie del getto delle Bombe . Suppongo per tanto , che li ab- bia a riconofcere preventivamente la .forza delia polvere , cioè che fi fappia per efperienza qual è il tiro di un dato mortaio caricato con una data quantità di Polvere fotto un' angolo femiretro; e ii dil'arnii in oltre la Tavoletta de' fuoi Traguardi» che più non occorono > e lia Prol>. I. Data la diftanza fopra un piano qualunque dal morta- io allo fcopo » e dato il maftìmo tiro orizzontale fatto dal medelimo mortaio con una data carica, ritrovare l'angolo d' elevazione da darli al mortaio per colpire colla palla nelpro- pofto fegno. Primo Cafo per le ampiezze »* che fono a livello d'Ile Batterìe . I. Se la maflìma ampiezza orizzontale è eguale alla maf- fima 200 fegnata fopra lo ftrumento , iì prenda col com- paflb il femidianierro dell' uno o dell' altro defcritto \ fu la Tavoletta ( l'tg. IH. ) , e pofta una punta] fopra la retta BS al numero , eh' efprime la diftanza data de lo fcopo , 'ì\ feghi coir altra la circonferenza AFG -, e fatto cenrro nel punto d' interiezione , col medelimo intervallo (x feghi la circonferenza KHB . U numero, che fi troverà fegnato in que- Dell'Accademia. ipy queflo punto d' interfezione farà quello de' gradi > che dovrà avere 1' angolo d' elevazione ricercaro , fc la circonferenza KHB farà divifa in 90 parci eguali, come rapprefenta la fi- gura , o dei fcniigradi s'ella folfe divifa in i8o(§. IL Coroll. Ili . ) E qui è da avvertire , -che come nell' operazione p^e-^ cedente in due punti può fegarli la circonferenza del cer- chio AFGi così due diverii punti d' interfezione polfono confeguirli nella circonferenza KHB , cioè due diverfe ele- vazioni da darli al mortaio ; il che appunto corrifpon- de a ciò , che nella dottrina de Proietti è dimollrato , ef- fervi cioè due elevazioni per intervallo eguale diilanti dall' angolo fen ireito , fecondo le quali può colpirli nello itef- fo fegno . 11. Ma fé la maffima ampiezza del mortaio non è c« guale alla maflìma BS dello Strumento converrà prima ritrovare fullo Srumento 1' ampiezza corrifpondenre al- la propofla , inferendo come 1' ampiezza maffima del mor- taio alla maffima 200 dell' Illrumento» cosi 1' anipiezza pro- porta ad un quarto proporzionale , che farà detta ampiezza > ridotta all' lilrumento . È quefta regola del tre potrà infti- tuini col mezzo del compalf» di proporzione P/.Q_^ anne- fo alla Tavolerra . Se dunque fatto centro fa la BS al nu- mero, eh' cfprime detra ampiezza ridotta, coli' intervallo del fcmidiair.etro AB li fcghi prima la circonferenza AFG\ poi la KHB » come (i è fatto nel precedente articolo , li troverà 1' angolo d' elevazione ricercato . Secondo cafo per le Ampiezze , che iiou fono a livello delle Batterìe . I. Se la maffima ampiezza orizzontale del Pezzo è uguale alla maffima 200 jdcllo Strumento , fi difponga la Tavoletta verticalmente , ma in maniera , che la retta Z^S" fia parallela all' Orizzonte , e pel regolo mobile BC armato di fue diottre li traguardi lo fcopo , fecondo, eh' e' farà fopra, o fotto 1' orizzonte. Fermato im tal polizione il regolo 11 rimetta nel primiero flato orizzontale la Tavo- letta ip5 Atti letta 1 e fìa detto regolo come in BC . Confiderando j4B come fcala delle milure adoperate nel definire la diftanza dello fcopo li porci detta dillanza col compairoin parti del- la AB dal centro B in Z lungo il regolo , e polla in- di in Z la punta del compafTo , lì deferiva coli' altra un arco di cerchio di cui lia tangente la AD » per efempio in ^ , e fcghi in qualche punto la circonferenza AIG . Di poi fatto centro in quello punto d' interfezionc , e coir intervallo del femidiametro del medefimo cerchio AFG il feghi la circonferenza KHB . Il numero, che fi trove- rà fegnato a quello punto farà quello de' gradi , che dovrà avere 1' angolo d' elevazione ricercato , ellendo la circonferen- za KHB divifa in 90 parti eguali ( § II. coroll. Ili ] li. Se la nulTima ampiezza non è eguale alla malTìma 209 dello Strumento , bifogna primieramente ridurre I' ampiezza propofta ad un' ampiezza , che lia comprefa nella gradua- zione del regolo ; ciò » cI:o p.ecifamente fi fa col com- pallo di proporzione anneflb al! a Tavoletta , come lì è pra- ticato per ridurre le ampiezze orizzontali [ Prob. I art. II. ). Ma ritrovata fuUo ftrumcnto coral ampiezza ridotta , come BZ 1 1' operazione da farfi per rinvenire I' angolo d' ele- vazione, che li cerca, e in tutto lìmigliante a quella dell' articolo precedente . La Dimoftrazione di quella pratica è appogiata intieramente a ciò , che li e premellò nel I. capitolo. §. vm. Qnando il maflìmo tiro orizzontale del mortaio fatto con una certa quantirà di polvere non è eguale al maf- iìmo fegnato fopra V lilrumcnto fa d' uopo , come li è veduto , ridurre le ampiezze propofte ad altre corrifpon- denri nella graduazione dello ftrumento . Ma può intervenire , che un ampiezza ridotta , qual- volta col compalfo venga ad applicarfi fopra Io ftrumenro dal centro B lungo il regolo , per le operazioni neceffa- ric , non fcghi poi , ne tocchi la circonferenza AFG . In tal cafo la dillanza propolla dal mortaio alio fcopo li può già- Dell' Accademia. ip7 giudicare cfler fuor del tiro, che in quella data inclina» zione di piano > e con quella data carica può fare il Pezzo • §. IX. La converfa della propofìzione precedente non è ne così necefTaria » ne così frequente nell' Artiglieria ; occor- rendo molto più di fapere fotto qual angolo debba(ì diri- g<;re il mortaio per colpire in un fegno a diftanza cono- fciuta , di quello che a qual diftanza poilà giugnere una palla tirata fecondo una data • elevazione . Nulladimeno ad elètto di moftrare 1' eftendone dell' ufo di qucfta Tavo- letta nel getto delle Bombe , rifolvercmo anche il fc- guente . Problema IL Dato il mafTimo tiro orizzontale fatto da un mortaÌ9 con una data carica, ritrovare .1' ampiezza di un' altro ti- ro, cui farebbe il mortaio colla flelìa carica in qualunque inclinazione di piano fotto un angolo di elevazione qaaU rivoglia . Primo Cafo per le Ampiezze , che fono « livello delle Batterie^ Si prenda col compafTo il femidiametro del cerchio ^FC?, e portando uua puma fopra il cerchio KHB al numero , ch'elprime li gradi dell' angolo d' elevazione dato, fi feghi coir altra il cerchio AFG. Fatto indi centro iu quefto pun- to d' interfezione , e collo ftello intervallo s' interfechi coli' altra p;mta la retta BS. Il punto incontrato darà la diftan- za a cui perverrebbe la palla, fé la malfuna ampiezza oriz- zontale del Pezzo foftè 200. Ma la detta maftima ampiezza del pezzo non efTen- do uguale a quella dello Strumento , fi dovrà ridurre la diftanza ritrovata alla diftanza corri fpon dente alla mafnrua C e anj- c ipS Atti ampiezza orizzontale del Pezzo colla regola" del tre da pracicarli fopra 1' annellò compairo di proporzione . Secondo cafo per le Ampiezze , che non fono a livello delle Bntterie . Prendafi col compafTo il fcmidiametro del cerchio AFG » e pofia una punta fopra la circonferenza KHB al numero, eh' cfprime i gradi dell' angolo d' elevazione dato , come per elcmpio in X , lì feghi coli' altra la circonferenza AFG come in TV ; e iìa FBM V angolo d' inclinazione del piano in cui è iituato lo fcopo. Si porti r intervallo iVJ/ da M in 0 falla circonferen- za del cerchio AIG , e li applichi una riga licchè palìando per iV , ed 0 feghi la retta AD , come in V . Polla di poi la punta del compaflb in V lì le\^i la riga , che più non occorre,, e prendali 1' intervallo Vy uguale all'interval- lo VA. Tenendo ferma la punta dei compalìo in jy , Il faccia pallate per M il regolo mobile BC-, ed aprendo il compaii'o perpendicolarmente alla AD lì fegni il punto Z fu la BC ove è applicato /l regolo : farà BZ V ampiezza ricercata in parti della fcala AB , qaalv.jlta \ iìa la maf- lìma ampiezza orizzontale uguale alla maflìma 200 dell' lllrumento . Ma non elfendo lì riduca la BZ all' ampiez- za corrifpondente per mezzo del compallb di proporzione» come lì è praticato fuperiormente . §. X. 1/ Operazione nel primo cafo di qneflo Problema non e fé non fé inverfa di quella , che s' è ufata nel pri- mo cafo del Problema precedente ; licchè non ha bifo- gna d' una partacolar dimo{lra?ione Balla dunque dimo- ftrare la nfoluzione del fecondo cafo riportandolo alk fi- gura VII. &' Dell'Accademia. ip9 Si unifca^o li punti O, N, V con4a retta ONV , e li' con- ducano^ |e ZN,ZV, ZO . E poiché per la IV. fuppofizlone del I Cap. , e per il L Teorema» li punci iV, 0 fono fochi di Parabole de- fcritte da un mobile gittate dal punto B colla forza BA fecondo 1' angolo d' elevazione dato » e fono eguali per collruzione gli archi NM , MO; la linea' NO farà fegata per mezzo , e perpendicolamente nel punto .^ dalla retta BZ condotta per M dal centro By e faranno tra di fé u- guali le due ZO > ZN . Ala la retta Ay ellendo direttrice cornane di quelle Parabole, per dimodrare che il punto Z appartiene all' una , e all' altra > bifogna dimollrare , che la Zy perpendicolare |dal Z alla Jy fu eguale all' una ,' o all' altra delle ZO y ZN. Il che dimoftreremo in quello modo. Giacché il quadrato FZ è uguale a' quadrati dells yN, NZ , e al doppio rettangolo QNf^-t cioè a* quadrati delle VN y NZì e al rettangolo ONF; cioè uguale al q a- draro A^Z , e al rettangolo OFN : e il rettangolo OVN è ugiale al quadrato della Tangence AVy o della Vy , ugua- le per coitraziijie alla y4^> farà d quadrato VZ eguale a' quadrati delle NZ , Vy . Ala il qiadraro FZ è uguale a' qjadrari delle Vy ^ Zy Dunque il qu.idrato NZ è uguale al quadrato Zj/ , e la NZ uguale alla Zy; comz bifognava dmiollrare . C e 2 DE- /laa i DELLE MOFETE DEL VESUVIO DEL SIGNOR DOTTORE DOMENICO BARTALONI PUBLICO PROFESSORE DELL* UNIVERSITÀ' DI SIENA |E Mofete > che col loro peftifero aliro privano mifera- mente ogni Animale di vita , iono ftate in ogni tempo da' Filofofì riguardate come uno de'più Itraordinarj Fe- ^ nonieni , che nel valto Teatro delle mondane cofe pre- fenuioiio degli occhj noftri la divma, e mifteriofa Natura. 1 più fagaci inveftigatori delle fue leggi hanno fatto ogni immagi- nabile sforzo per rintracciare qual lia la vera caufa del mi- cidiale etìetro di quella così potente, ed erieace efalazione , ma ficcon\e per lo più fuole avvenire , che dalla potentillìma mana del Creatore lì tenga a noi mortali nalcofta l' arte > con cui di continuo veglia (opra le ammirande produzioni , ed efTeri dell' Univerfo , così per anche non fono giunti i Filofolì a fta- bilir con certezza , qual lia di quel prodigiofo mortale eletto la caufa , non oflante le reiterate fpcrienze , e non mai inter- rotte ©nervazioni . Sia dunque a me lecito riportare in quefto breve ragio- namento quelle fperienze > e ririelfioni , che per lo fpazio di molli anni l' opportunità mi ha dato luogo ^i fare fòpra le Mofete, che quali fempre inforgono nelle più ftrepitofe ac- cenlìoni del Vefuvio ; Vulcano , che , come ognun di voi ben' fa, poco lungi egli è iìtuato verfo l'Oriente della bella, e vaga Pactenope- None che mi lulinghi poterli da ciò ricavare la vera fpiegazionedi qucfto bizzarro accidente; ma ogni fano Fi- lofofo però non porrà non ammettere, che talvolta da certi lami fparii , benché a prima villa pajono di niun momento » non 202 A T non fi pofla coli' andar de* tempi , e coli' ajuto 'delle repli- cate fperienzc, da coloro, cui è pernieflb per fubliniità d' in- gegno penetrare più addentro negli Arcani della Natura, giun- gete finalmente a fviluppare, e render chiare alcune cofe , che viirero per più l'ccoli lepolte, e nella tencbrofa ofcuriià invi- luppate . Tramandano le Mofete certe peflifere efabzioni invifi- bili , e generalmente parlando di niuna qualità dotate , cioè né di caldo , ne di freddo , o di qualunque altra affezione a noi fenfìbile Se dentro la sfera , o attività di quelle efala- zioni vi refpiri a cafo qualche Vivente, qualora prello non torni a refpirare 1' aria pura , ed aperta , quefli o in più , o in meno di tempo , fecondo 1' attività delle efalazioni , fé ne muor fotiògato . Dalle efiervefcenze de' Minerali , dalle fo- ter- ranee accenlìoni tirano la loro origine quefte mortifere efala- zioni , le quali nella mefcolanza , e ribollimento di q' elle materie li alfottigliano , fi dillaccano, tumultuariamente li agi- tano , e quindi da tale azione fuor del terreno a qualche al- tezza fi efpellono. Il Vefuvio allorché nel fuo interno rigogliofo bolle, e che fbalfa al di fuori quei portentofì Fiumi di materia info- cata, che in Napoli diceli Lava, produce ancora nella flefla liquefatta materia molte di quelle Mofete , Si manifellano poi Q per le foglie , e pianre circonvicine , che da quelle efala- zioni toccate, fi feccano , o per Lucerte, o Uccelli , [o akri piccoli animali ivi trovati morti : e qualche volta ancora lo fcoprimento loro colla la vita di qualche miCerabil vivente • Molte di eile a poco a poco fi eflinguono , quando altre fuc- celTivarnente (i manifeltano, non ritenendo in ciò ceOanre ra- gione, liccome collante non è la caufa , cioè 1' effèrvefcenza , o acccniìone di quelle refpeitive materie, che le prodece. Non li rendon quefte paleli in ogni incetìdio, qaalunq :c di ciò ne ila la cagione , ma nelle più flrepirofe accenlìoni qiafi fem- pre fé ne fcoprono nella raffreddai a, e fcorfa materia, ed in airi luoghi al Monre vicini; e quello che è degno d' ammi- razione, nafcono ralvoltain luoghi aliai diftantida! Aionte arden- te , neir abitatoe difabi' aro paefc , per le Cafe , per le Cantine , e per le Strade, o qualunque altra parte di quei contorni. Mi im- Dell' Accademia . •'263 immagino dunque che perfezionata 1* eficrvercenza in quelle cu- pe voragini , la quale poi li converte in quei tuneiii incendj , li didònda di uiano in mano il calore alle contigue parti , li dia perciò luogo a fuccellive crtervefcenze , e così per canali , e meati dilaranaoti il fuoco , (corra luccellivamente nelle inter- ne parti della Terra » ed ecciti dove ritrova materia atte a tal' uopo, quciìe micidiali elalazioni . Una tal fucceiliva com- municazione ci fomminillra iorti ragioni per credere , che norì per divorfa caula li dilati nel noltro lerraqueo Globo quel nulerabil flagello del Terremoto, che bene Ipelfo ajnoitro dan- no olìerviamo, comunicare a lontanillime diilanze quei lifu- ncfti , e deplorabili fcuotimenti . Non anderò divifando a parte tutte le opinioni de' Fi- lofofì, i quali tentano di fpicgarc il modo, e la cagione, per cui li violentemente folibghino gli Animali quelle letali efalazioni , perchè troppo in lungo andercbbe r e troppo te- diofo riefcirebbe il mio ragionamento ; dirò bensì , che quan- tunque al primo afpetto appaghi il fentimento di molti, i quali vogliono, che ciò derivi dalla diminuzione dell' elaterio dell' Aria, reto inabile dall'efficacia di quei veneiici aliti colla me- delima mifchiati ; io porto però, con molti altri, contraria opinione ; quantunque polla edere, né vi ha dubbio, la di- minuita, ovvero impedita elalHcicà delP aria pocillìma caufa,per cui in altre circollanze , e casi Ipeciali rcllino gli Animali fotibgari . Replicai in varie occalìoni l'cfpericnze, chegliltellì Napolirani Accademici fecero nelle inforte Motete di quella memoranda acccnlione dell'anno 1737; cioè poli più volte il Barometro nella maggiore attività, ovvero centro della Mo- feta , vi collocai parimcnte| una Vefcica piena d'aria, ma al- quanto fgonfìa , per vedere rifpetto all' elallicità dell' Aria , fé variazione alcuna vedcvail in quelli due fperimenti . Riflette- va , che qualora l' aria ingombrata da tali efalazioni avelie per- duto , o diminuito in parie del fuo elaterio, doveva abbalìàr- fi il Mercurio nel Barometro, e rigonfiarli' al'.resì la vefcica; perché efercirando nunore azione, o prelTione quell'aria in- fetta , cioè rclìllendo,o premendo meno fopra il Mercurio nel primo cafo , e fopra Tana racchiufa nel fecondo, ragion vo- leva» che fcguiifcro gli ellctu accennati. Niente) accadde pe- rò ao4 «. * X , rò di tutto quefto » poiché non mi fu mai pofllbile il ravvi- fare tanto in un cafo che nell'altro, e non dico notabile, ma neppure una benché minima variazione, che fofle percettibile a i feniì . Onde o feguir ncceflariamentc deve , che quell' aria , o iìa quel particolare ftrato delle Mofetc confervi l' elaterio me- defimo dell' altro ambiente circonvicino , o che da altre cir- coftanze per anco ignote venga per quanto in elafticità ha per- duto, d'altrettanto ricompenfato . Neil' efperienze dell' Ha- les dove realmente fcgue la diminuzione dell' elarticità dell' Aria racchiufu dentro del vafo di vetro per cagione della mef- colanza di quei fali, e vapori a forza del fuoco diftaccati da corpi diverlì, l'acqua che veniva ad elTer meno compreffa dall' elaterio dell' aria fuddetta , li alzava , formontando dallo ftato fiio naturale a varj gradi d' altezza . Se a cafo quelle mefìtiche efalazioni paflìno fopra le fo- .sV\z di qualche pianta, ovvero che inveilano la pianta ftefla , che per accidente ritrovili alla Alofeta vicina , ficcome fu fo- pra accennato, le foglie iì appaflifcono dopo pochiflìmo tem- po, e la pianta fucceffivamente li fccca , non altrimenti di quel che avverrebbe fé dal fuoco foife abbruciata. Se ancora fcaturifcono quelli aliti vicino all' acque , o ne' pozzi ftelli , ^conforme i citati Accademici raccontano elTcr qualche volta avvenuto , i Pefci che ivi ritrovanfi , in breve perilcono , e rcllanopure le acque imbevute d' un certo fapore piccante , e dif- ouftofo al Palato fenza produrre però a chi le beve alcun fa- nello ellètto. Benché la morte di quelli Pefci attribuir fi volefle alla perduta elafticità di quella poca d' aria, che ella è dentro 1' acqua , e la quale a qucfti animali è neceftaria per vivere , fo- pra di che niente di poiitivo , o negativo polliamo affermare , è innet^abile però , che l'acqua ha contratta una certa nuova affezione, qualle é quel fapor piccante, indipendente dall' ela- fticità dell' aria , anzi che niente allatto con efla può aver re- lazione . Dunque cfTendoci nota quella nuova qualità , ed igno- ta la diminuzione dell'elaterio fuddetto , farà fempre ragione- vole r attenerli a fpiegare i Fenomeni colle qualità , e caufe no- te , che colle altre dipendenti Iblcanto da uno immaginato li- ftcma. i-'er Dell* Accademia. '"205 Per lo che egli è veriiìmile, che quelle cfalazioni vene- fiche mifchiare coir aria , ne fconipongano , e guaflino rintiiiia fua tcfTitura di parti, e vcngafi a produrre in tal guifa un flùi- do a parte, ovvero un refultato diverfo dall' aria medefima. Sarà pure anco convertito in un fluido più attivo , ed eflìcacc per la fpeciale figura delle particelle, che lo compongono, per la loro mole , per le forze nella materia inerenti , cioè gravi- tà , attrazione, inerzia &c. dandocene indizio quell'acuto, e piccante delle fue componenti particelle , e quindi per fua na- tura capace di opporre maggior reiiftenza, rieuipire i meati, o veicoli da eflo invettiri , di rompere eziandìo , lacerare , fcom- porre la teflltura delle particelle minime di qualunque corpo , fopra cui urta , e ferifce . Onde è che rifpetro al feccar delle foglie , e piante indicare porrà fuccedere , che col riempire r meati , e veicoli in virtìi della fua forte attrazione , e gravità > ovvero per lacerare, e fcomporrc in vigor della fua eflijacia,' impedifca la trafpirazione delle medcflme tanto neceflaria a mantenerle in vita, e perciò l'umore aquco apportatore del riecefiario nutrimenro , non potendo per i veicoli , e meati in- linuarlì, forza è che alla fine , aride e fecche perifcano . Non abbiamo efperienze , che ci afficurino del modo, e della ma- niera con cui agifcono fopra i corpi tali venefiche cfalazioni , e ioltanto da certi eflètti è lecito a noi il congetturare ; i qua- li iìcconie dalle accennare cagioni potrebbero derivare, quin- di e che o ciafchcduna in particolare potrebbe cfler la vera > o tutte inflcmc prefe potrebbero al fatto contribuire 11 Boyle , l'Haller, e 1' Hales nelle loro fperienze fatte nell'aria racchiufa dentro del recipiente, hanno fatto egual- mente feccare le foglie , e le piante , notando nel tempo iìeiTo col Barometro la diminuzione dell'elaterio dell'Aria, il qua- le elaterio feniìbihiìente fcemava , onde potrebbe alcuno cre- dere , che da quefto fcemamenro quelle li feocaflcro , e che lì- milmente per tal caufa lì feccaflero le foglie , e le piante del- le ricordate Mofete . Ma oltre che neìl' aria delle Mofe- te non vedcfi quefla diminuzione d' elaterio , che al contra- rio manifeflamente fi fcorge nell' efperienze de' citati Autori, non provano direttamente tali fperienze , eh? quella , e non altra Ila la vera cagione ; ficconic non lo è di fatto negli altri D d ac- 2o6 Atti accidenti di fpegncre nel vetro la racchiufa candela, e pri- varvi di vita gli animali, conforme i medeiimi coltantementa ci alfcrmano. il) quanto poi a fofFogare gli Animali quello tal fluido , deve produrre topra le parti colHruenti Ja refpirazione dei me- deunu un elìètto conlimile , che fopra le parti atte alla vege- tazione delle piante produce ; coiicchè fcacciando egli quell'aria dalle veicichette de' polmoni per refpirar necellaria, e riem- pue delle lue particelle vifcofe , e aderenti , e dell' aria ipeciiicamente più gravi ; ovvero lacerando , o fcomponendo oppure ziare quelle parti al libero refpirar convenienti, e perciò mo- riranno gli Animali anfando , e foftbgati , non diverfamente che le relpiralìero l'aria fenza elaterio. Se mai da noi li po- rcile conolcere l'intima natura dell' aria, e ne intendeflìmo le funzioni, per mezzo delle quali la refpirazione lì efeguifceje fapelimio altresì il meccanifmo di tutte le parti dell'Animale concorrenti a quell'opera, lì potrebbe con tranthezza ilabilir fu CIÒ qualche canone; ma gran parte di tutto quello igno- randoti , liccome ignoriamo tante altre cofe ovvie ancora fra le vicende della Natura, quel che dalie fcoperte fin qui fat- te potranno fopra ciò affermare i Filofofi , a nient' altro fi ri- durrà , che a più probabile , e meno probabile congettura . Che l'aria mifchiata con efalazioni acquiiti delle affezio- ni nocevoli alla falute degli Animali , e colf opporli al libe- ro relpiro, e col nuocere per altre ftrade , fenza che iì alteri punto la iua elallicità naturale, moltillìmi efempj in Natura ne abbiamo , per 1' efperienze dell' atmosfera corrotta da aliti ve- nefici di diverfo genere, e qualità ; e per le ftelfe Epidemìe che a nollro mal grado ce ne danno indubitabili prove . 11 Muf- chenbroek fperimentò pure, che fenza elfer nemmeno coli' aria mifchiati certi vapori, e fali volatili, erano pet loro natura venefici, e mortali, i fopraccitati Autori , e con ellì il Dottor Laghi negli Atti dell'Accademia dell' Iftituto di Bologna, e quei dotti Filofofi della Società Reale di Torino, i quali tutti reiterate fperien- ze I Dell' Accademia. 207 ze hanno fatte fopra l'aria racchiufa dentro del vetro, vale a dire che han forniate le Mofete artificiali, fon di uniforme parere, che dalla diminuzione dell'elaterio non moridbro gli Animali ivi racchiuiì ; fopra i quali var), e molti tentarono fperimenti; quantunque vero folle, che l'elallicità di quell* aria gradatamente fcemaife . Ed il Boyle , e l'Halcspiiì volte anzi viddero, che il Barometro niente mutavafi, e gli Animali non oftante perivano . Or dunque fé nelle Mofete, di cui par- liamo non corta coli' efperienza della perdita dell' elafticità di quell'aria, anzi che abbiam ragione di credere con certezza, che in nulla li alteri, e fappiamo altresì dalle Mofete artificia- li, che ancora perdendo tal qualità non è quefia la caufa del- la fofibgazionc degli Animali, con molta ragione potremo af- fermare , che r efalazioni delle naturali Alofete non per tal cagione foflbghino . Onde bifognerà concludere che fieno pe- ftilenziali per loro natura , e coftituzione independentemen- te da qualità acquidare dall'Aria, operando fopra de' cor- pi animati con quel meccanifmo forfè , e con qualcheduna di quelle leggi , che fopra abbiamo divifate; quando non piaceflTe ad altri altre ammetterne ; fu di che è lecito ad ognuno a fuo talento opinare , quando de' farti non li ha convincente dimo- ftrazione . I Lavoratori delle Miniere , o chiunque altro che tenti efperienze fopra la malvagità di quefte efalazioni , fogliono far- ne la prova colla candel i accefa , la quale fé li fpegne , ne inferifcono eiferc allora nocive . Non è però quella una regola, che generalmenre dia legge sì nelle naturali, che nelle artificiali Mofete ; mentre talvolta fi eftingue in elfe la fiamnia , e gli >^nimali non muoiono; (ìccome al contrario. Nelle Mofete però da me divifate , ed in quella che ora farem per defcrivere, egli è fempre avvenuto, che fmorzandofi la candela, e non prendendo fuoco la polvere, che talvolta ho provato d' accendervi , fieno ftate egualmente micidiali per ogni vivente. Benché molti abbian defcrirta la tanto rinomata, e sì ce- lebre Mofera , non generata da incendjdel Vefuvio , ma collan- te in ogni tempo , e ftagione , detta la Grotta del Cane , e = Cri- pta Canis = da' Latini Scrittori, firuataelfa pure ne' contorni di D d i Na- 2o8 Atti Napoli, giacché di quefte venefiche efalazioni facciamo paro- la, vuol ragione che di eilà pure brevemente parliamo. Fin da' tempi di Plinio era cclebratifllma , e fin d'allora aveva quell'attività, che in oggi ritiene, e nella quale come a i dì noilri pur fanno, vi tentavano col Cane 1' eiperienze ; motivo per cui li è chiamata femprc col nome Iiiddetto di Grot- ta del Cane . Elia è prolTiaia ad un certo Lago dertod' Agna- no , dillante da Napoli miglia due per la Itrada che verfo Poz- zuoli conduce. 11 luogo, dove ella forge, nient' altro è che uno fcavo , o piccola grotta di larghezza , ed altezza limile ad una Porta ordinaria, rotonda in cima , alta da fettepicdi incir- ca , e larga lei da per tutto egualmente , lituata alle radici di un piccolo Monte, la quale ii eitende per linea retta dentro di elio da 12. piedi in lunghezza, e dove li entra per tarPef- perienza del Cane. Dal fuolo , o iìa pavimento di tale fcavo fcatnrifce un pe» fìifero , e micidiale alito , ovvero fortiliifhuo fumo invilibilc » il quale s'innalza all'altezza di un piede, e talvolta piti , dif- fondendoli in tutta la fua larghezza, e lunghezza, tormando uno Itrato a parte, lafciando l'altro fupsriore ambiente , o aria delia grotta intatta a fegno che ftandovi qualunque Animale colla tcfta fuori di qaefio ftraro non fofi^'c alcun danno, ma fé fi necelììta a Ilare , come per appunto ii fa del Cane , col capo immerfo in quello invilìbile fpiriro , dopo pochi minuti an- fando , come impedito nel refpirare, (e ne muore, qualora non li cavi all'aria libera, ed aperta, nel rerpiiar la quale a poco a poco ritorna nel fuo fiato primiero di falure . Non può dubitarli , che dalle efiervefcenze foterranee, ficcome avviene delle altre accidentali, e fopra efpofie Mofe- te , non tiri elFa pure 1' origine . Credo che dal fuoco fotter- raneo agitate quelle fottililfime parti di Minerali, delle quali giova credere ellcrne ivi in gran copia , iì efpellano , e s' innalzino al di fuora del fuolo , e trovato quello fcavo, che a loro ferve co- me di recipiente, e dove dalla mozione dell aria non fono difpcrfe, dopo che hanno perduta quella forza d' efpulfione , per ellcre di loro natura più gravi in ifpecie dell' Aria , li riducono alla quie- te , formando un fiuido a parte dell' Aria medelima , coftitu- cndo così quello ftrato immcdiaramemc fopra del fuolo ; non altri- Dell' Accademia. 209 altrimenti che feguircbbe di due fluidi inlìeme mifchiati , cho il più i^iMvc abbailo Iccndercbbe > mentre l'alerò topra di ciro formerebbe il fuo letto . NelU Chimica molti ciempj abbiamo d' elalazioni in ifpecie più gravi dell' Aria; e nelle A'iiaiere pa- riiucnic molte volte s'incontrano, e fpello ancora per la loro dealicà vilibili ; e le particelle vecrioliche > e metalliche , e par- te ancora delle lulfuree fono di qaeila natura . Se altri Icavi conlimili li facellero dentro del Monte , per mezzo de' quali fi viene a proibire la difperlione di quelle efalazioni per l'aria» non dubico che altre conlimili Mofere non lì tbrmallero > ellen- do il luogo abbondante di Zolfi, e di Stufe naturali , cioè di fotcerranec erfèrvefcenze. A quella altezza, che ij ellende quello diverfo Itraro nella Grotta , lì conofce manifeftamentc anciira nelle pareti della medclìma » poiché all' intorno fin do- ve s' innalza, vedeli macchiata , e fognata la terra di diverto colore. Non efcluderemo totalmenre l'aria da quefto fluido, perchè in qualche quantità ve ne farà mifchiata,e dillemina- ta per elio , vero lì è però, che dalla tenacità, e coelìone del niedelinio , e fpecialnienre fé racchiuda in fé delle particelle zulfuree , come è probabile , verrà ad efler ridotta così inetE- cace , ed inerte, che nulla potrà operare per la relpirazione » llccome di fatto non opera . Alcuni portati a credere , che fìa micidiale quefto fluido perchè non eiaiHco, han pretefo di feniire continuamente una certa mozione dell'aria demro la Grotta, la quale li fpinge , e tende verlo il medelimo, il qjale non ha reazione, e non li oppone colla refillenza del fuo elaterio all'aria fuperiore im- pingentei come fuccede quando il Fulmine fcoppia , che 1' a- ria intatta corre , o lì fpinge velocemente verfo dell' altra non elartica , perchè da efalazioni zulfuree ingombrata , pro- ducendo vento fenlibile, e talvolta rompendo le vetriate quell' aria pura nelle Cale racchi. .fa . A mio credere vanno peròque- lli aliai lungi dal vero, perchè oltre ad elfere una mera imma- ginazione , qucfla m;->zionc d'ariaèdaeflì fentita foltanto , per- chè in favore prevenuti ; vedremo in realtà , che una tale minore elafticiià del fliido, feppure vi lìa, non è percetti- bile a i fenlì , facendone 1' efpcrienze col Barometro, il che parrebbe che fenlibile eller dovcllc , giacché tanto la vogliono quc- ZIO quefìi notabile da cagionare velocità non poca nell'aria impel- lente . S' inlìnuerà dunque quefto venefico fpirito nelle vel'ci- cheite de' polmoni, ed agirà non diverfamente di quel che fo- pra fu detto rifpetto all'altre Mofete; quindi impedirà la re- fpirazione sgonfieranno i Polmoni, crederanno inabili a pro- muovere la necefsaria circolazione del fangue ; e perciò il Ca- ne dell' efperienza , fé prima che gli lia feguito un tal riftagna- mento di fangue iì efponga all'aria aperta, vale a dire che Ila elaftica, introdotta queA^a nei polmoni farà valevole di rime- vere quel peftifero alito , cooperare ancora con quella poca d'a- ria recatavi, ed in sì fatto modo nuovamente eccitare la circo- lazione, e reftituire al Cane la vita , ficcome realmente fuccede. Per cfser quello tal fluido più grave in fp^cic dell' aria, mi fupponeva , che prefo unitamente coli' intiera colonna dell' Atmosfera dovefse infieme efser piii grave d'un altra colonna d'aria, che non avefse per fua bafe quefto tal fluido pi iì pe- fante , e perciò mettendovi il Baromerro mi pareva , che do- vefse follevarii un poco il Mercurio . Ne feci 1 ' efperienza piii volte, ma fenza veder mai variarlo anche in una benché mi- nima altezza. Mi immaginava ancora che fé fofse flato meno elaftico dell'altra aria circonvicina , avrebbe allora dovuto ab- bafsarfi il Mercurio per la minore reazione , o refiften.r;a che op- poneva ; ma né anco ciò potetti efservare . Infegnano i Filici , che l'aria non agifce foltanto in virtià della totale gravità della fua colonna nell'Atmosfera, ma che opera ancora in propor- zione del fuo elaterio , il quale può efser diverfo in luoghi di' verfi , non ritenendo la proporzione dell'altezza di tutta la co- lonna aerea; ragione, per cui non il ha iìcuro il metodo per mifurariì 1' altezza de' 31onti dall' abbafsarfi , ed al- zarfi il Mercurio nel Barometro. Sicché al farro noftro po- trebbe fuccedere, che la gravità maggiore di quella colon- na d'aria, compofta del fluido della Mofera, non compa- rifca fenfibile nel follevare il Wercnrio , perchè l'elafticità minore di efto fluido lo faccia abbaflàr tanto, quanto dal- la gravità maggiore li alzerebbe ; cioè che refti in tal gui- fa l'una cofa dall' altra compenfata ; ovvero che ambe- due fcparatamcnte flcno talmente poco fenfibili da non po- terli ocularmente manifeftar nel Barometro. Forfè ci potran- no Dell'Accademia. 211 no aver luogo altre ragioni da me non conofciute , ond' è che riporcando i tatti, lafcerò agli elperti Filololi mec terli in chi:ro > dalla conofcenza» e fpitgazion de' quali mi dò a credere, che li acquillerebbero lumi maggiori per in- tendere r edìcacia di quello Huido , di cui abbiamo lin' ora ragionato . Quella Lava , da cui abbiamo detto forgcre nel raffred- darli molte Mofete, fuole ancora, anzi in più abbondanza, e con più frequenza produrre certe altre elalazioni , o tu- rni , vilibili però a differenza delle Mofete , i quali nel co- mun linguaggio Napoletano Fumarole , o Fumete li dico- no . Nel tempo delle accenlìoni , fé ne fcuoprono in va- rie parti a limiglianza di quel che li è detto delle Mofe- te . Sono ancora effe per la più parte nocive alla refpira- zione , ma è vero altresì , che molte ve ne fono , che nulla otlèndono . La maggior parte delle efalazioni compo- nenti quelle Fumete fono zulfuree , poiché fenlibilmentc ancora fenteli la puzza dello Zolfo a qualche notabile di- ilanza . Oltre a quelle Fumete della Lava, ed oltre a quelle inforte altrove nel tempo delle accenlìoni Vefuviane , ve ne ha non poche in quei contorni delle llabili , e perenni . Fra q ielle ultime quelle che fono verfo Pozzuoli, in luo- go detto la Zoltarara , fono affai cel bri e per la loro an- tichità , copioiità , e per altre circollanze , che le accompa- gnano . tra quello luogo fin da' tempi degli Antichi Gre- ci chiamato il Foro di Vulcano , e meritò eziandìo d' ef- fere con ifpecialità da Strabone riguardato , avendocelo egli minutamente defcruto ; dalla qual defcrizione li ofserva , che poco, o niente di variazione rifpetto ad efso è feguita, av- vegnaché in tutte le circollanze li ravvili a i dì nollri efser lo llelTo. Egli è dunque quello Foro di Vulcano una graa piazza di figura quali EUirtica, ed in tutta la fua etlenzio- ne pulitillìma, e piana, lìtuaia in mezzo a i Monti; anzi che da quelli , e da Collinetre vien tutta circondata , fuorché dalla parte, dove lì entra. A quello, che dal folo afpet- to può giudicarli , fcmbra che ella fiafi formata da qual- che precipitofo fubirsamcnto di quei Monti , cagionato for- fè ZI2 A fé dall' accenfionì di qualche Vulcano ivi già flato ne i fe- coli a noi più remori . Sorto qaefta piazza iì congettura ellervi ampie, e fpaziofe voragini, conofcendoli da un cer- to rauco rimbombo , o riperculììone d' aria , allorché ii la- fcia fopra di cflk cadere un grave pefo ; fcherzo o efpe- rienza che Colevano farla fin da i tempi del ricordato Stra- bene. Le Collincrtc , o Monti che la circondano fono un ammalTo di pietre calcinate, di Piriri, e di Marcalìre , tut- te tendenti al bianco, come fc fodero Mole di Zolfo, o d'Allume, de' quali minerali fé n' eftraggono ivi , ed ia tutti quei contorni in gran copia. L' ornamento più fpe- ciale di quello pezzo di terra fono poi i molti , e fpeffi fpiraglj , o aperture , o lìan le Fumete accennate , fparfe alla rinlula per tutte quelle Colline, da dove continuamen- te efala del fumo sbruffato con qualche ftrepiro, e copio- famente . Si pone della carta in quefti fpiraglj , la quale non brucia quantunque il calore ila molto ; refla inaridi- ta però fc iìa un femplice foglio, ma allorché ii riduca in fufficiente volume , trattiene al di dentro 1' umido , ciò che pure al di fuori ad altri corpi , eh' ivi lì pongano •, accade, eftraendoii da quelle aperture tutti bagnati, come fc foffero flati tuffati nell'acqua. L' aria imbevuta de' va- pori aquei, e l'acqua ffeffa filtrata per quelle fenditure, e meati delle Colline , rarefatta dalle continue effervefcenze , o fuoco fotrerraneo , (i elpcUe converrita in q'iei fumi, ed a quei corpi fi attacca , ragione per cai così bagnati fi eflraono . Si è pretefo da alcuni , che la forgente di qaeffi fo- chi abbia fotterranea comunicazione col Vefjvio diffan- te da elsi miglia dodici incirca, perchè han fuppoffo, che nelle accenfioni del medefìmo ekì fieno più rigogliolì , e che efpellano più copioTo il fumo. A chi però ha atren- tamentc oflbrvate quefle vicende , non ritrova vera qucfta prerefa corrifpondenza, mentre molte volte arde furiofamen- te il Vefuvio , e le Fumere niente fi accrefcono , ficcome altre volte fegue il contrario , oltreché molte filiche ra- gioni vi fono per dubitare di tale fotterranea corrifponden- za , di che ad altro tempo mi rifcrbo a parlarne . Un Dell' Accadimia . -jt} Un baHb , e largo fpazio in mezzo a i Monti , che di varj colori» di bianco, e giallo mirti, fon ricoperti; una piazza quali regolare , di color giallaftro , o zultureo ; una quantità prodigiofa di Fumete, che fparfamcnte forgono nelle circondanti Colline , con varia , e graziofa foggia , e r une , e r altre interrotte , non è Fenomeno in tutti i Luoghi così comune , né una vifta così ovvia in Natu- ra , di cui , giacché occafione lo porta , non meritalTe farfenc cfprefla commemorazione . Per foddisfare alla curiofità d'alcuni dì voi, vorrei de- fcriveryi quelle portentofe accenfioni del Vefuvio , che ca- gion fono di molti de' fin qui ricordati Fenomeni; ma fic- come in altri ragionamenti a parte , dove fificamcnte ten- to fpiegare tutti i bizzarri accidenti di quefto Vulcano , do- vrò di elle a lungo parlare , vi contenterete pertanto , che adellb folamente ve le adombri, defcrivendovi brevemente quello fpeciale Incendio avvenuto dentro il Mefe d' Ottobre dell'anno 1767 , allora quando era in procinto per ritornare alla Patria. Dopo d' avere il Vefuvio gettato con violenza dal fuo vertice una denfa colonna di fumo nero, e folto per più giorni , avre/lc fenrito , V. A , un continuo , e rauco mu- giro , ovvero un Tuono continuato fotterraneo , dentro le pili interne vifcere del Vulcano, che per piti ore continue in divertì giorni fece tremare feniibilmenre la Terra , le Cafe , e Palazzi della bella Partenope ; il che per ellerc acci- dente inulìf aro, intimorì talmente i cuori degli Abitanti, che molli dal naturai talento , lì agitavano per ogni contrada t comunicandoli vicendevolmente il dolore del prolfuno lo- ro creduto flerminio . Fiamnve interrotte avrclle ville di dopo ufcire dall'ampia bocca, accompagnate da fpeffi lam- pi , e reiterali fulmini , niente diverli da quelli , che fca- gliar fuole dal fuo Trono l'irato Giove. Infinità di mate- rie di fpecie varia, mefcolare con fiamme , e fumo get- tava pure all' intorno , ed in lontananza ancora di qualche miglio. Quello però, che rendeva piià funebre lo fpettaco- lo era una denfa , e continuata pioggia di polvere fot- tUiffiiiia > e nera > la quale per le Strade , Cafe , e Cam- fi e pa- 2X4 Atti p-igne adiacenti fpargevafi in gran copia a fogno che rico- priva il ludo . L' aria ingombrata da quefta tetra caligi- ne, e le montagne di nero fumo per 1' aria fparfe, il Sole chiariamo , e lucido nell' Emisfero, che penetrando con i iuoi raggi per quei corpi fofchi nell'ambiente difperfi , di variatillinii .colori quei raggj ftelTi tingevanli ; il terreno, e campagne di nero vertite , formava tutto in/ìemc un ap- parato così tetro , e lugubre , che fenza vederlo in fatto , egli è cofa imponìbile concepirne adequata T idea , né fu pre- fenrarvi fotto degli occhi un efempio , che ve lo polla in parte rairomigliare . Ma quello , che al fommo accrefceva il malinconico fpertacolo , era l' imnienfa turba del Popolo efclamanre per tutte le Strade , ed angoli della Città^^, domandando fra gli urli , e le (Irida mifericordia al fommo Iddio , e da fan- to zelo, e viva fede eccitato, quafi fuor di fé ftelTo , la- mentavali col fuo Avvocato , e Protettore S. Gennaro , per- chè dal fuo diletto Popolo non allontanava così funeJti accidenti . Vedevate le Verginelle fcapigliare , e di facco veftite , colla tefta coronata di fpine , col CrociHi'o in ma- no , a piedi fcalzi , e grondanti di lacrime , ("correre in Proce/fione per le Contrade , viiìrare le Chiefe tutte , in- vocare i Santi Protettori , cantando , o per meglio dire milchiando fra gli urli Canzoni di laudi ; e feguiiare poi da numerofo ftuolo di gente, che con molte Sacre Imma- gini , ed altri facri attrezzi , eco facendo alle lor voci , divota- mente le accompagnava . Calmatili poi quegli ftrani acciden- ti , il che viene ad edere indizio della fciolta, e lique- fatta materia dentro quelle bollenti , ed ampie voragini , lì aperfe il fianco del Monte da due lati verfo la fua ba- fe , e Igorgò un vado fiume di quella infocata parta , che è quella in punto , come fopra fu detto, che Lava i Na- poletani la dicono. A quefta ufcita , o per m^eglio dire oppure diftruggendone la teflìtura , alterandoli > e fcomponendoli . Eppure un' tale elemento sì attivo , sì penetrante , sì fu- gace» sì incoercibile, e diilrurtore, per così dire, della com- polìzione degl'altri corpi, è quello, che fillaro , e legato ia una maniera a noi incognitv-ì, forma una parte dei Corpi piiì folidi , e concorre come uno dei principi componcnri alla di loro coftituzione . Quefto è un' fatto chiaramente dimoilrato da una multiplicità di Fenomeni, che troppo lunga coGi farebbe il qui riportare , quantunque la noflra riilretta capacità non giunga ad inrenderne la maniera. Sovente ci conviene ammi- rare gì' eftètti lenza intenderne la cagione . Pur tuttavia il può rellare capacitati di quefta verità , che comparifce a prima fron- te in aria di paradoliò, foltanto , che si oifervi qualmente un* taf ordine è famigliare nel iiften^a della natura. Altre loftan- ze volatili, e fagaci bene fpelTo i\ fidano, e li legano per la fornazione di alcuni midi , ed ora fé ne ftaccano qualora i mi- \\i ftefli lì rifolvono, e fi /compongono, pafTando in apprelTo alla riproduzione di altri comporti con una quali perpetua cir- colazione . E per darne un qualche efempio, lo fpiriro acido minerale , detto ancora acido primitivo , i\ fperimenra così vo- latile, fugace, ed incoercibile, che fempre ha delufo le più diligenti attenzioni de i Chimici per raccoglierlo, e chiuderlo ne i loro recipienti. Con tutto quefto però iì unifce, e (i com- bina , e il fiifa in varie foftanze come nei fali alcalini , nelle materie infiammabili , nelle terre , ed in alcuni metalli , forman- do in tal' guifa i fali neutri, lo zolfo, le feleniti , i fpati , i quarzi, i travertini, ivitrioii, ed altre fimili produzioni mine- rali, dalle quali poi nuovamente fé ne fugge nella loro refo- luzione. L'Aria fteflTa quel fluido cotanto fottile, e dotato d'una forza efpaniiva indefinita , e che l' induftria umana non ha mai potuto ridurre ad uno ftaro fiifo , (ì fifia per ranro nei mine- rali, nei vegetabili, e nelle parti d gli animali, perdendo in quefte foftanze la fua elafticirà , quale poi in altre circoftanze riacquifta, e pone nuovamente in azione. Da quefti pochi efempi ad evidenza rifulra , che nell'or- dine, e fiftema praticato dalla natura nella compolizione dei mi- Dell'Accademia. 219 midi t alcune foftanze volatili > fugaci, e penetranti fi iìflano con altre per via di una mutua azione chiamata Affinità , o Attrazione, ed in altre circollanze poi ricuperano la loro pri- miera natura, e fugacità . 11 l'uoco per tanto Elemento inquieto , attivo , e vorace o immediatamente, o col mezzo di qualche foilanza interme- dia , li unifce , e li combina con altri Corpi , concorrendo co- me principio alla formazione dei midi . Quello Fuoco così com- binato per diilinguerlo dal Fuoco elementare fciolto , ed in a- zione , viene in oggi riconolciuto col nome di Flogìfto , 0 Prin- cipio infiammabile . Più, e diverfe proprietà ritiene quello Flogifto. La prin- cipale è quella d'iniiammarii , rifvegliare il calore, e la luce fugl' altri corpi, e promovere il difcioglimenro , e la fepara- zionc degl'altri principi de i mirti, ne' quali li accende, pollo in moto dal contatto di altro fuoco di già in azione, o dal movimento inteftino , e agitativo dei principi llelTì del mifto. Altra proprietà particolare poffiede quello Fuoco princi- pio, ed è di dare forma , e conlillcnza a molte produzioni della natura , e coflituirle nell' eflere loro determinato . Lo zol- fo fuori di ogni conrroverlia è un' compofto di Flogiflo , e di acido vitriolico , le q^iali due fodanze combinare formano, un' Corpo duro, conlillente, fecco , e dotato di ligure piramidali. Unito quefto principio infiammabile ad alcune terre fpe- ciali collituifce i metalli , e mezzi-metalli dando loro lo fplen- dore , e la falibilità , ed ai primi la duttilità . Una licurilTìma prova di quella verità è la riduzione dei metalli , operazione di tanta iinporranza nella Chimica. Qualunque volta quelli lì fcompongono , e lì riducono in calcina, in croco, o in vetro > perdono le loro primiere proprietà per trovarli fpogliati del loro principio infiammabile , ma fé quefto li li reliiruifce per mezzo della fulione ,0 cementazione con alcuni corpi abbondan- ti del medelimo, come fono i carboni,, gì' olii, e i gralll degl' Animali , li fcorgc riforgere nuovamente il metallo , o mezzo- metallo , e ritornare nella priftina ftirma . Quindi è che un' tal metodo è flato di gran profitto a i moderni raetallurgi, men- tre dalle Loppe vetrificate, e lafciate in abbandono prelìb le Cave , ed i Forni delle antiche miniere , hanno col mezzo del Car- 220 Carbone polverizzato faputo ricavarne quella porzione di me- tallo > eh' eravi reitaco fotro la forma di vetro . Quantunque , generalmente parlando , quelle foftanze nelle quali li trova combmato il principio fllogiltico « fiano infiam- mabili , e. combuiiibili , e quelle che ne fono prive fi ripon- ghino nella Clallè delle incombuftibili , tuttavia quella regola * contorme fovente accade delle regole generali, patifce le fue eccezioni , poiché in alcuni compodi il Flogifto ftà così tena- cemente attaccato alle altre parti coftitutive, che non lafciadi- fiaccarfi dalla violenza de i fuochi ordinar) , quantunque que- Ai vadano penetrando intimamente quelle foftanze. L' Oro » e r Argento fono due metalli , che riconofcono ancor' elfi il loro fplendore , e duttilità dal principio infiamma- bile , e fi fondono ad un' fuoco veemente « ma quantunque nella fufione fiano intimamente penetrati dal fuoco, nonèpof- fibilc con quello mezzo fpogliarli del loro flogifto , ma ii man- tengono intatti quantunque per lungo tempo fiano tenuti den- tro ad ardentifiìme Fornaci. La Platina ancora , cioè il nuovo metallo « fcoperto non è gran tempo al Perii in America, relativamente a quanto ab- biamo di fopra fiflato , deve riguardare come un' comporto di terra particolare , e di Flogifto . Eppure ancora quefto nuovo metallo, quando è folo, e fenza aggiunta di altre foftanze , è incapace di eflere fufo , e di perdere il principio infiammabile, non oftante ogni maggiore sforzo fatto da varj Chimici , e con mantici moltiplicati , e in fornaci ardentifiìme ; e benché ciò iìa ftato praticato per lungo tempo t e a piii riprefe, è fiato fcnipre un'inutile tentativo. Da tutto quefto dunque conchiudefi, che il Flogifto, o principio infiammabile entra come coftirutivo eftenziale nella compolizione di alcuni minerali, e che gli dà la forma del lo- ro fiato precifo , e che in alcuni vi lì combina così tenacemen- te, che non può fepararfi dalla forza dei fuochi ordinar). F.fpoftc per tanto nudamente, e riunire, per così dire, in un' fol punto di veduta qucfte importantifiìme verità , pafierò adefib alla conliderazione dell'Amianto, Pietra molto celebre ancora prefto gì' Antichi, per la proprietà di eftere inalterabi- le in mezzo al fuoco, e per quella di eifcre atta a filarli, e formai'fene tele, merletti ec. Si Dell'Accademia. 221 Si ricerca pertanto dalla virtuofa Accademia > quali fìano i principi collitufivi di quella pietra , da i quali derivano le due mentovate proprietà . Tralafcerò la defcrizione di varie fpecie di Amianto no- tate da i moderni naturaliiìi, quali fono l'Amianto fibrofo, lo Itellato , r Asbefto , il fugherò montano , il cuojo montano , la carne montana ec. ? che realmente altro non fono , che mere varietà derivate da diverfe cagioni» e circoftanze cafualmente combinare , e mi riftringerò ad alcune particolari oflèrvazioni fatte nei luoghi, nei quali lì trova l'Amianto, quali oflèr- vazioni potranno dare non poco lume per lo fcioglimento del- la proporta qucrtionc . La prima è che fovente quefta pietra trovali mefcolata nel Gabbro col Talco, e con il Galattite, e li dirtende nel primo in forma o di laftre , o di venature, o ferpe^^giando , e facendo varie diramazioni dirtribuite o a foggia di radiche di piante, o di rete, e bene fpeilo con minutiffimi filamenti . Tal- volta li oflèrvano alcuni pezzi di Gabbro ricoperti, e involti da una corteccia, per così dire, di Amianto, e fé ne oflèrva- no ancora alrri, che da una parte cominciano con Gabbro , e Talco, terminando nell' altra con puro Amianto . Queflo Tal- co è dirfèrente da quello di Mofcovia , e di Venezia per la minore trafparcnza, e minore delicare-^za delle lamine, e per un' certo fplendore metallico or bianco, or ferreo, ed ora do- rato . Il Galattite lì rirrcva per ordinario nei luoghi fteflì do- ve è il Gabbro col Talco, e 1' Amianto, e ta'volra queflo ul- timo vedeli unito col Galattire , inconcrandofene dei pezzi, che fono un' mirto dell' uno , e dell' alrro, e talvolta uniti iniieme fafciano il Gabbro, o s'incontrano dentro la fortanza del mc- delìmo. Il Talco, e il Galartite fono fortanze al pari dell'A- mianto, inalterabili alla violenza dei fuochi ordinari. Da ciò pertanto , e dal ritrovarli uniri , e mifchiari inlìcmc , chiaramen- te lì argomenta la grande analogia, e convenienza, che parta fra quefli tre prodotti della natura , e quanto lìano congene- ri, ed omogenei, a fegno che qualche dotto naturalirta bacon molta probabilità creduto , che uno partì , e degeneri nell' altro. Tutto qucrto ho rifcontrato per vero nelle oifervazioni da me fatte full' Amianto in var) luoghi dello flato Senefe, cioè 'F f al- 222 alla Pieve a Scuola nella Montagnola , alla Rocca Tederighi in Maremma, a Vallerano di Vercovado,c a Calanovole . Lo lìeilo leggo ell'cre Itato oHèrvaro dal Chiariffimo Sig. Dottor Targioni in altri luoghi della Tofcana, come pah vederli ncl- bellilllme Relazioni dei fuoi Viaggi , ed il medelimo ho pref- fo a poco riconofciuto in alcuni (aggi di Amianto della Gor- gona, ed in altri ancora della Germania. L'altra particolare , e molto importante ofTervazione lì ri- duce all' aver' io trovato molte volte alcuni ammafTì di Amian- to in mezzo ad alcuni librati di Argilla, e talvolta in vicinan- za della medclima , e ciò particolarmente alla Pieve a Scuola nella Montagnola . Alcune volte mi fono prefenrati dei pezzi di quella pietra, tra i tafcetti filamentoii dei quali eravi com- plicata una porzione di Argill.i , e bene fpcilo quefti fafcctti po- lavano fopra una bafe parimente di pura Argilla , nella quale pareva, che degencrailero col divenire fuccelTivamenre piia mol- li , o meno duri , e più friabili a fegno di ridurli in ultimo in una femplice Argilla . A Calanovole in Maremma in una grot- ta fotterranea incavata in un'iMonticello , in cui predomina molto il Gabbro col Talco , olfervai che le pareti della mede- fima erano falciate da molti Arati, e diramazioni di una bianchiffima terra , quale per la fua morbidezza mollrava di ef- fere una terra Argilloia, ma (ìccome fperimentai , che faceva eftervefcenza con gì' acidi , perciò credei poter licuramente in- ferire , che con 1' Argilla vi folle complicata una porzione di terra Calcarla . In mezzo agli flrati di quella bianchilTìma ter- ra vi trovai una quantità di Amianto fibrofo in parte duro > e rclillente , e in parte pieghevole, e molle ; altro ve ne olTer- vai, per così dire, nafcente, poiché i fuoi fili, che comincia- vano a delinearli , e moftravano la tellitura lìbrofa , comprellì tra le dita li sfarinavano , rifolvendoli in una terra gentile , morbidiirmia , e in una parola A rgillofa . Altri fafcetti Amian- tini parimente vi notai , che da una parte erano duri, e con- fidenti, ma a mifura, che li eftendevano verfo l'altra eflremi- tà divenivano fuccelTivamentc piiì molli a fegno , che linai- mente li riducevano ad una pura terra Argillofa. Soggiungerò per ultimo, che altrove in alcuni flrati Argilloli ve ne ha of- fervati fovente dei pezzi , che mortravano di elTcre nella di- fpo- Dell'Accademia. 223 fpofizione all'attuale pafTaggio in Amianto, a motivo di un' principio di teffitura filamentofa, parallella e di un' certo lucido proprio dell' Amianto medelimo . Ho verfato fopra quella terra, quanto ancora fopra quelle, che o li conte- nevano tra le libre dell'Amianto, o intorno a i fafcetti del medelimo, o che gli fervivano di bafe, o nelle quali il medeli- mo degenerava, gli fpiriti acidi minerali, e non ho veduto int'orgerne un' minimo legno di ebullizione, il che unito alla morbidezza delle medelime mi conferma il loro carattere Ar- gillofo . In una parola ho paragonale quelle terre con 1' Ar- gilla precipitata dalla foluzione dell' Allume con l'olio di Tar- taro» e le ho ritrovate affatto uniformi. Finalmente oltre a quelle mie proprie ofTervazioni rilevo, che da altri ancora ii è ritrovato 1' Amianto tra gli flrati dell' Argilla. Il Signor Lehman in una memoria inferirà nell'unde- cimo Tomo dell'Accademia Reale di Berlino, facendo l' ifto- ria della pietra detta Crifoprato di Kofemitz , dice ritrovarli quella in alcuni llrati , dove vi erano due fpecie di Argilla. il Talco , e r Asbefto . Notò che il Crijoprato flava attaccato , e contenuto nella matrice di A.sbello , e che era. circondato da terre graffe, talcofe , e che li accollavano alla Smettite , che vale a dire ai una fpecie di Argilla. Se adunque l'Amianto trovati prodotto in mezzo ao^li (Irati de/r Argilla, fé quella trovali unirà, o framifchiata tra i fdoi fafcetti , e fé i mcdelimi (i rifolvono infenlibilmenre in quella terra , dovrà neceffariamente inferirli , che ella iìa la ba- fe, ed uno dei principi collirutivi di quella pietra; ed a ciò potrebbe aggiungerli , che 1' Amianto moftra bene fpello al tat- to una certa untuolìtà , o morbidezza , limile appunto a quel- la, che lì fperimenta nell'Argilla. Ma paffiamo a dimoilrare per altra parte la verità di que- ila propolizione , col far vedere, che l'Amianro poffede tut- te le proprietà , che li competono alle pietre Argillofe , le qua- li proprierà fono, prima quella di follenere l'azione di un' fuo- co violentilTìmo fenza cangiarli né in vetro né in calcina ; in fecondo luogo di divenire femprc più dure a mifura, che fo- no efpolle alla forza del fuoco ; e per ter/o indurire in tal guifa di gettare fcintille quando fono percoffe con l'Acciaro. F f 2 Che 224 ATTI Che quelle tre proprietà convenghino coli' Amianto è cofa fa- cile il dimoftrarlo > iniperocchò in ordine alla prima > eh' è di rcliftere alla violenza dei fuoco, è quella appunro una proprie- tà , che comunemente ii ammira ncU' Amianto, e di cui li ri- cerca la cagione ; relativamente alla feconda 1' efperienza chia- ramente ce la dimoftra , e l' autorità di chiarilfmii Chimici , e Na- turalifti ce la conferma . Il Vallerius nella fua Mineralogìa par- lando dell' Amianto così lì efprime ::= Ces pierres ont la pro- i= prìeté de fé ditrcir daus le feii ; i^ plus on les calcine , plus = ellcs devìcuìiem dnres -> li^ compaCces .^==. Lo llellb confer- mati da Bomare nella Mineralogia , il quale avendo collocato l'Amianto nell'ordine, o divilione delie pietre argiliolc, gii artribuilce la predetta proprietà . 11 Celebre Henkclio nel fuo Trattato dell'origine delle pietre, parlando di una fpccie di Amianto, allerifce che s'induriva al fuoco a fcgno di gettare le fcintille, quando era percollo con l'Acciaro; ecco quanto il medelimo dice nel Cap. 2. n. 129. = L' Asbefle di Danne- = more-, qu on appclle chair foihle yi? durcit tellement aiifeuy = (Ili il donne des etìncelles lors qii on le bat avec le briqnet , =r comme fait la veritable pierre a fnjil . = Da ciò dunque chiaramente apparifce, che l' Amianto pofliede tutte le pro- prietà appartenenti alle pietre argillofe . So che quella proprietà di far' fuoco con 1' Acciaro non Il e finora fcoperta , fé non nell' Asbefto di Svezia, e di Da- nimarca; ma pure quando non li convenga alle altre fpecie, quello non balla per efcluderle dall'ordine delle pietre argil- lofe , imperocché fecondo M. de Bomare 1. e. ciò non è fem- ore necelfario, ballando per caratterizzare per tali le pietre, che reiillano al fuoco, che vi s' indurifchino , e che non lìano attaccate dagli acidi , conforme fuccede in ogni fpecie di Amianto . Non devo frattanto dilTunularc , che il Celebre Chimico di Berlino Enrico Pott nella fua Litogeognolìa non lì moilta inclinato a credere, che l'Amianto lia pietra argillofa , addu- cendo alcune difficoltà ; ma a dir' vero non fembrano quelle di tal pcfo, che abbiano forza di rovefciare 1' addotto fentimento. Avendo dimollraro , che 1' Argilla è la bafc , ed uno dei principj collitutivi dell' Amianto , è necelfario conliderare oual- Dell' Accademia. zzs qualche proprietà della medclìma . Qaando quella terra è pa- ra t e fenza mcfcuglio di parti eterogenee iì la conofcere per apira , né l'ort're alterazione in mezzo ai noftri fuochi più vio- lenti, e fé alcune fpecie di eife Huifcono, e ii convertono in vetro , ciò deriva dal mefcuglio di altre parti minerali . Enri- co Pott nella fua Litogeognolia tradotta in Francefe Tom. i. pag. 13. così il cfprime = Tonte argile fé ditrctt par le feti = C^ aiicune argille pure uè petit jama'is etre mife en fiijìon =■ j'aiis addition , pas meme dans un feti des plus violens = e nel celebre Dizionario Chimico pubblicato a Parigi nell' anno 1706. alla parola Argille li legge = 10. Enfin l' Argille y qui = tant qti elle e il feule , refijh a la plus grande violence dii =^ fea jans fé fondre t 'ti douner meme Li moindre marqtie de = (iifpoftion a la ftijion , etant melée avec panie egale d' une = terre cale aire -, oii gypfeiife qttekonqtie , e?* deiix parties , <Ì3' = demie -, ou trsis parties de fible , oti pierre vitrifiable qtiel- == conqiie fé fond , ìs* flit foiidre avec elle les dsiix atitres = terre s de ce melange. = Ho efaminato con qualche diligenza una fpecie di terra di colore cenerino, che cavali in vicinanza di Trequanda Ca- rtello del Senefe » colla quale lì formano i vali per fondere in elTi il vetro nella Vetrerìa di dctro luogo « ed in quella di Monre FoUonico , e che per confeguenza relilie fenza alcuna alterazione al violentiamo fuoco di quelle Fornaci, e mi fono afficararo non ellère altro la terra predetta che una vera purif- fìma argilla. Ecco dunque che un' punto d' ifloria naturale ftabilico dall' oculare infpezione ci fa vedere , che la bafe , ed uno dei coflitutivi dell'Amianto è l'Argilla, e la Chimica e' infegna con i fuoi efpenmcnti , che qaeita è una terra inalterabile al fuoco ordinario , benché veemente, eh' è una proprietà dell' Amianto. A'Ia ficcome le Pietre fono compolle di foftanze terree, indurire da qualche cagione al punto di non fcioglierli nell' ac- qua , quindi e , che 1' argilla fola , e fenza il concorfo di altro agente, remerebbe fempre una malia di para terra fenza com- parire fotto r afpetto di pietra, o alrro minerale, perciò vi è bifo-rno di quakhe altro principio attivo, chele dia la forma, la ■2x6 Atti la figeva, e le altre proprietà dell'Amianto; pafTerò dunque ad elaniinare quale lia l'altro ricercato principio. Due fono i principali agenti, e forfè i foli a noi cogniti, che nel regno fotterraneo combinati con varie terre, e foilan- ze femplici diano loro la torma, e la coilituzione fpecifica di mirti, e minerali con determinarli in uno llato particolare . Uno di quefti è lo fpirito acido minerale, che unito a varie terre, e foilanze coftituifce una lunga ferie di produzioni, quali fo- no le Seleniti, i Marmi, le Pietre calcarie, le Stalattiti, gli Alabail:ri,i Travertini, i Sali neutri a bafe terrea, e falina, i Vetrioli ec. L'altro fra gli agenti, de i quali fi parla, è il Flogiflo , o principio infiammabile . Si è fopra odervato eilere una pro- polizione la più lìcura dimoftrata in Chimica, e dedotta da in- numerabili offervazioni , ed efperimenti, che un' tal' principio è quello , che da la forma , lo fplendore , la fulibilit à a i metalli , e mezzi-metalli , potendo un Chimico con togliere , e reftitui- re quello principio ad alcune terre , e calcine fcomporre , e ricomporre a fuo talento quelle foftanze minerali. Qualora poi quefti due principi, cioè l'acido minerale, o vitriolico , ed il Flogiflo il combinano infieme , è cofa piii che dimoflrata ri- fultarne lo zolfo. Ciò prefuppofto, non può già dirli, che l'agente, il qua- le con l'argilla concorre alla formazione dell' Amianto, lìa l'acido minerale, imperocché dalla combinazione di detta ter- ra con queft' acido ne rifulta non già 1' Amianto , ma bensì 1' Allume, prodotto falino, che Ci fcompone dal fuoco, e eh' è un' comporto d' acido minerale , o vetriolico , e di argilla conforme doppo M. Geoft'roi , ed Hellor ha dimortrato il Sig. Pott nella fua Litogeognolia. Una tal verità facilmente i\ dimo- ftra col far precipitare la terra dell'Allume fciolto nell'acqua con l'olio di Tartaro per deliquio, la qual terra a chiare no- te Ci riconofce per Argilla , quantunque i Chimici abbiano per lungo tempo riguardata la terra, che ferve di bafe per l'Al- lume, come una terra calcarla. Se dunque l'acido minerale deve efcluderfì dalla compo- fìzione dell' Amianto, ne viene in confeguenza, che l'ahro principio , cioè il Flogirto , capace a coilituire tanta varietà di mi- Dell' Accademia, 227 minerali , farà quello , che combinato con l' Argilla produce quella pietra . Polia , e ilabilita quefla propofizione,che in apprelTo più chiaramente dimoftrerò , ne rifulta la proprietà , che ha 1' A- mianto di rcliilcrc al fuoco. Ed cccone la ragione. II princi- pio iniiammabilc ftà così aderente all' Argilla « che non può da ella fepararii intieramente. Di ciò ce ne afficurano i Chimici più illuminati, e (ì legge nel Dizionario di Chimica alla pa- rola Argille quanto lìegue = Eiicore cene terre ( Argille ) = a-t-elle ime fi grande affinile avec le principe inflammable > = qii Oìi ne petit gnères (e flutter de /' obtenir intierement de" = poiiillée de ce principe . = M. Macquer nella Did'ertazione fopra le Argille, ha of- fervato, che quelle terre con tutto che liano alcune natural- mente bianchilllme , e che altre vi divenghino tali ad un ca- lore mediocre , allorquando efpofte ad un' fuoco violento - s'imbevono per il contatto del Flogifto di varj colori, che fo- ro nerallri , grigi , gialli , verdailri , o turchini , che non è polTibile per qualunque ilrada di toglierli via. Il big. Pott nella fua Litogeognolìa allèrifce eflere rertaro convinto per una efperienza da elfo fatta , che nella Argilla li contenga il principio infiammabile , quantunque non faccia de- tonazione colnirro, che vale a dire quantunque per quella flra- da non polla fcpararlì da elFa detto principio , il che dimo- flra la gran tenacità con cui q icfto ila a quella attaccato . Ec- co le parole del fopradderto Scrittore =: U Argile ne fait att- ■= cune detonation avec le fai petre qS'c. = E poco djpofog- giunge = ]e troivé encore par une experìence -, que je fait = avec de l Hnile d^ l^itriol , 1^ dont je parlerai dans lafii- = te y que l' Argile doit contenir quelqne pen d' une Jhbjìirnce = inflammab'e , qui ^c. ^= Da ciò danque li comprende co- me eilendo l'Amianto un' compollodi Argilla, e di tlogillo, lì mantenga inratto, e fenza fcomporlì in mezzo al fuoco, e a guifa dell'oro, e dell'argento vi ritenga unito il fuo principio intìaumiabile, e a guifa della Platina, ve lo ritenga fenza en- trare in fellone . L'Analogia, cioè a dire la rafTomiglianza più, o meno grande dei fatti , il rapporto più , o meno fenlibile , che han- no 228 Atti no fra di loro, è una regola dei Filici per ifpiegare fatti co- gniti, o fcuoprirnc de' nuovi, quando i fenomeni però iìano perfettamente limili , e le rallòmiglianze non iìano apparenti . Appoggiato sii quefta regola pallerò a dimoftrare con qualche maggiore evidenza ellere i due mentovati principi i corripo- nenti dell' Amianto . Ho di fopra fatto vedere , che 1' Amian- to , ed il Talco li trovano infieme iTniti , combinati, ed anco confuil ne i luoghi, nei quali fi producono, che pafia fra loro lina particolare analogia , e che fono due fol^^anze molto limi- li, ed omogenee, tanto che non mancano dotti Naturalifli , che credono pallate una nella natura dell' altra . Olttc a ciò per rilevare maggiormente quefta loro omogenità bafta riflette- terc che il Talco, e l'Amianto fono due produzioni egual- mente inalterabili nel fuoco» e che per ahra parte vi (i fen- dono quando fé li aggiunge qualche appropriato fondente ; da tutto ciò li può ragionevolmente conchiudere , che in fondo iìano gli fteflì i coftitutivi dell'uno, e dell'altro, e che il di- vario dipenda foltanto da qualche particolar circoftanza non anco fcoperta , o avvertita . Ho per tanto un fatto, che mi fomminiftra una evidentif- fima prova, che l'Argilla con il flogifto fia il coftitutivo del Talco . In un luogo , dove ho lungamente foggiornato lì co- ftumava coftruire il pavimento del Forno deftinaro alla cottu- ra del Pane con una fpecie di Argilla di colore tabaccato , ac- ciò fufte di una durata maggiore. Doppo qualche tenipo disfat- to il vecchio pavimento, per nuovamente rifarlo, notai, che i rottami del medefimo erano afperiì di una coniìderabile quan- tità di maftulctte parallallepipede di un Talco di colore di argento , rifplendcnrc , ed allatto fimile in ordine alla figura , grandezza, e colore, a quello che lì rincontra nel Gabbro; e tutto ciò oftervai rcplicatamente piij volte. Quefto fatto può vederfi notato nelle mie ofìèrvazioni fopra il fale della creta , {lampare in Siena nell'Anno 1750. a cart. 13. Per allìcurarrai con ogni certezza di un tal fenomeno efaminai attentamente r Argilla prima di elTcre pofta in opra, e nella cava medefima , e a riferva di qualche rarilììma, e minutifilma paglietta mira- cca , non mi accadde oftervarvi alcun' ammaliamento notabile di Talco; eppure doppo aver folìèrra lungamente l'azione del fuo- Dell'Accademia, 329 fuoco di riverbero, ritrovai feniprc che quella argilla riempi- vali di una quantità indicibile delle accennate mailulctte di Talco. Ecco dunque dal principio infiammabile accoppiato all'Argilla prodotto il Talco. Se dunque fra il Talco, e l'A- mianto palla tanta affinità , e convenienza , aggiugnendo que- fto fatto alle ragioni addotte di fopra maggiormente (i con- ferma la propolizione . Ma diamole ancora una forza maggio- re » col porre in vifta altra oflcrvazione, da cui con molta ve- rilimiglianza ne rifulti eiTerfi nella ftcfla maniera prodotto an- cora 1' Amianto . Mr. Grignon in una memoria letta all' Accademia Reale della Scienza di Parigi li 26. Marzo lyóo. riporta una oflcrva- zione , da cui rifulta , che nel fondo di una Fornace già de- molita , che aveva fervito per la fulìone del ferro , fa ritrova- ta in mezzo ad una mafia di regolo di quello metallo una fpe- cie di materia fetacea , che fu riconofciuta per un' vero Amian- to, di cui aveva tutte le proprietà. Noi fappiamo, che l'Ar- gilla è una delle piiì comuni matrici del Ferro ; onde con mol- ta probabilità fi può congetturare, eh' cfTa ii unilFe intimamen- te col principio infìamniabile, e fi convertille in Amianto. Al- meno da quella offervazione fi può ficuramente inferire , che il predetto principio abbia contribuito alla produzione di quel- la foflanza fetacea amiantina . Per alrro Mr. Grignon riguarda quefla materia Amianrina come uno Scheletro del ferro fpogliato del fuo ilogifto. Ma per dire il vero non so come ciò polla aflèrirfì, cflcndo noto che il ferro fpogliato del fuo principio infiammabile per l'azione combinata dell'aria, e dell'acqua, o per quella della fola a- ria, o del fuoco, o degl'acidi, lì rifolve in una calcina me- tallica, chiamata Croco di A-Iarre , quale ulteriormente cipo- lla alla violenza del fuoco fi riduce in un' vetro colorito, eh' è l'ultima azione del noflro fuoco. Incanto invilendo fjllo ftellb piede di analogia, fi potreb- be far rirlertere, che la Platina, e moire miniere di Meralii , che fono refrattarie , e che fi compongono da una terra par- ticolare , e dal principio infiammabile , fé fi cfpongono alla violenza del fuoco non fi fondono in conto alcuno, fé non quando vi fi aggiungono i fondenti appropriati; così ancora G g l'A- 230 ATTI l'Amianto benché fo!o reRi inalterabile nel fuoco, pure ad un f'joco avanzato a qael grado maggiore, di cui Ila capace la Chi- mica, con l'aggiunta dell'Alcali, e del Bora-e fi fonde, e li converte in vetro . Anzi nota il Vallerius nella fua Mineralo- gia , che il fugherò montano , il quale è una fpecie particola- re di Amianto, entra in fulione , e li vetrifica ad un' fuoco violento. Quella proprietà per quanto ci ailerifce Mr. de Bo- mare nella mineralogia, deriva dai corpi llranieri , che fono frappolH, e mifchiati tra le fue parti. Lo ftelfo fu dimoltrato relativamente al Talco dal Sig, Pott in una memoria fu quello follile inferita nel fecondo Tomo degl' Atti dell' Accademia di Berlino dell'anno 1746. dove aflìcura , che il Talco con l'ag- giunta dell'alcali cauilico, del Borace milto col Nitro, o con l'Ar- fe.-ico, o con altri mezzi liuifce. Da ciò li potrebbe concbiadere, che liccome l'Amianto, ed il Talco hanno una proprietà , che appartiene ad alcune foflanze minerali compolle fuori di ogni djbbio di una terra particolare, e del principio infiammabile, così quelli elfere compolli di Argilla, e del dcrro principio. Ma liccome quello è un effetto , che accade ancora in qualche altro corpo non formato dagli llelfi prmcipj , perciò aperta- menrc confellb non avere la predetta analogia tutta l'intiera forira , né doverli valutare moltillìmo nella prefente quefiione. Paiferò adelfo a conllderare la cagione della flelfibilirà dei fili amiantini, per cui quelli li tendono atti ad clier filati , e teifuti in forma di tela. Intorno a ciò dico, che lo liello prin- cipio infiammabile, che le fomminiftra le altre proprietà, gli cagiona ancora 1' elfere di molli» e pieghevoli. Lo dimollrerò col fare manifeftamente vedere i' attività , che ha quello prin- cipio di produrre tale eflètto nelle terre di altri minerali. Le calerne metalliche, che vale a dire le terre dei me- talli fpogliate del loro principio infiammabile generalmente parlando fono piij dare dei rifpertivi metalli. Il Piombo, e lo Sragno fono metalli molli , e pieghevoli . Frattanto quando il Piombo è calcinato , cioè privato del Flogillo , e nuovamente fufo, rifulta un' vetro più duro che il piombo. Lo Stagno an- cora, che li calcina meglio che il Piombo, lì cangia in una terra bianca , di cui le parti quantunque fottilillìme hanno molta durezza, e perciò fc ne fa ufo a pulire, e logorare cor- pi Dell'Accademia. 231 pi duriflìmi come fono l'Acciaro, ed il Vetro. Eppure fé a quelle terre fi reftiruifce nuovamente la parte infiammabile, riacquiflano la primiera mollezza) conforme accade nella loro riduzione metallica. Le miniere del Ferro , e le terre ferrigne non fono ordi- nariamente duttili 7 e non hanno l'intiero carattere metallico. Fufe più volte , e combinate in tal guifa col principio inriam- mabile dei carboni adoprari per la fuiione, oltre le altre pro- prietà metalliche acquillano ancora la duttilità. Quando fono ridotte allo flato di puro ferro > queflo ha una proprietà molro a propolìto per la nollra ricerca, ed è che oltre l'avere rice- vuta la quantità di principio infiammabile nece/Taria per la fua colHtuzione merallica , è fufcettibile ancora di una por- zione maggiore del medefìmo nel che coniìfle l'arte di prepa- rare r Acciaro . Rid uceli quefla in far fondere , o arrolfire il ferro , e poi aggiungervi materie abbondanti di flogiflo come il carbone polverizzato di legni , d' olfa , di pelli di ani- mali ec. Con ral mezzo li forma un' ferro più perfetto dora- to di una maggiore flelTibilità , ed elaterio , con cui poi li pre- parano tanti ureniili , come corde per inftrumenri di miiiìca , archi, molle ec. Da quello dunque rifulta , che il principio infiamaubiic combinato colla terra marziale le compartifce la forma merallica, ed una cerra Heflìbilirà , la quale f' aumenta ancora a mifura che lì accrefce la dofe del detto principio . Per alrra parre poi diminuita quefla, li diniinuifce altresì la flellìbilifà , riducendolì l'Acciaro allo flato di puro ferro ce- mentandolo con foflanze, che abbiano forza di fpogliarlo di una porzione di Flogifto, quali fono la Calcina, e le terre Calcarie . 11 Zinco, minerale, che C\ riduce alla clafTe de i mezzi- metalli per mancarle la malleahilirà , pure acquiJla un' princi- pio della medelima caricandolo di flogiOo, con trattarlo al fuoco in vali chiulì con materie inriamm.abili. Tutti quelli fatti ci pongono per tanto avanti gl'occhi la proprietà , che ha il principio infiammabile di dare la HelTibi- lità alle terre minerali. Pollo dunque, che queflo (ìa colla ter- ra atgillofa un'collitutivo dell' Amianto, ne deriva che dovrà confiderarfi come la cagione della morbidezza» eriefFibilirà di quéi filamenti . G g 2 Per 251 T 1 Per altra parte fi conferma lo fteflb, oficrvandofi che e- fpofto quefto lungamente all' azione del fuoco diviene più duro, e piij compatto , ed i fuoi fili pieghevoli , e molli acquifiano in tal circollanza una certa durezza, ed inflellibilità , dal che fi argomenta, che quantunque il fuoco non giunga a fpogliare in- tieramente r Amianto del fuo principio tìogilBco, tuttavia to- gliendogliene una qualche porzione lo rende più duro , più ruvi- do , e per confeguenzi meno pieghevole . Quindi è che dalla maggiore , o minor' copia di quello principio pofibno dedurli i diverlì gradi di niorbidezza , e feparabilità , che fi offervano nei filamenti delle diverfe fpecie di quella pietra comincian- do dall' Amianto propriamente detto lino a quella chiamata Asbefio . DI- =33 DISCORSO DEL DOTTORE PIETRO MOSCATI PUBBLICO PROFESSORE D' ANATOMIA, CHIRURGrA,' ED ARTE OSTETRICIA NELLA REGIA UNIVERSITÀ» DI PAVIA INTORNO A LLA STRUTTURA DE' TENDINI . (Ebbene l'avanzamento della Scienza Naturale mal- grado i moltiflìmi , e pcrrinaci sforzi continuati per tanti fecoli fucceffivi da una lunghillìma ferie di Fiiofofi , non lìa per anco giunto a legno di farci conofcere la natura della materia vivente ,c la ma- ncanza di dati non ci lafci in un così vallo , e complicato argomento vedere con chiarezza in qaal mai cola conlìlla la vira animale, e ciò, che ella propriamente lìa; pare nul- ladimeno, ch'elfa lì polfa fenza pericolo di errore definire in generale il rifultato delle proprietà della materia detta vol- garmente bruta riunire in un fol corpo con di piij alcuni lingolari attributi proprj lolamente di quella materia , che iì ch'ama vivente : dalla quale definizione ne viene per im- mediata confeguenza , che una dillini-a idea di quella vita non potrà mai averli , né alcun fondato ragionamento farli fulla medelìma, ne l'azione faperfi delle varie parti , che compongono qualunque vivente , fé non lì- faranno prima con talento analitico efaminate le moltiflìme fpecie d' animali , che popolano il noflro mondo , e regillrate fedelmen- te le loro proprietà , e quelle in certe determinate clalfi di- vife , e cercato qual lìa in ogni fpecie di animale quell' organo, che tale, o tal altra azione produce, e final uien- tc combinati nelle diverfe poffibili maniere fecondo le leg- gi del calcolo i moUiiruni rifulrati , che debbono necedària- men- 234 Atti mente nafcere dalle moltiplici unioni di tante attive par- ti della materia animale. Una prova illuftre di quefta verirà , virtnofi Accade- niici ) ce ne fomminifira tra gli altri il recente efempio della irritabilità {labilità a noftri giorni , ficcome una iingolarc proprietà indivilibile della fibra niufcolare « e con tante > e cosi iicure fperienzc dimoftraia» che lì può in oggi fcnza tena d'inganno afTerire elTervi fo.'lanza mufcolare dovunque V* è forza irritabile > ed al contrario dovervi quella cflère dovunque mufcolo lì ritrova . Dal quale utiliflìmo teorema filiologico quante importanti confcguneze fé ne fieno fin' ora ricavate -, quante fé ne pofTano ancor ricavare « e quanto lume fiane venuto alle mediche teorie -, io non ve lo- racconterò a lungo Dotrifllmi Socj , poiché voi fiere trop- po nella naturale filofoha vcrfati per vederne facilmen- te tutta la pofilbile eftenfione t e non è queflo alrron de r argomento > eh' io intendo di trattare . F piutroflo io mi farò ad avvertire > che riflettendo piti volte intorno a quella illuftre fcoperra y ed al mafiimo poffibile ufo d' eilà » mi è fempre paruto » che alcune cofe efienziali mancafiero alla perfezione della medefima > cioè lo flabilire fuori d' ogni dubbio di qual natura fi fofièro le fibre de* Tendini, che paiono una continuazione del mufcolo ; il fa- pere per' qual regione la fibra mufcolare perda la fua irri- tabilità diventando tendinofa * feppure il tendine fi è vera- mente una parte degenerata del mufcolo ; il ricercare con diligenza, fé vi fia nel corpo animale vero efempio, che il mufcolo mai degeneri in tendine , ficcome par che penli la mag- gior parte degli Anatomici; e finalmente il dimollrare perchè, fé mai le fibre de' tendini non fofièro una parte altera- ta del mufcolo , quella apparente loro identità fi moftri fotto un' afpetto così feducente di verità . Io mi fono quin- di accinto ad efaminare da vicino con qualche diligenza quella mareria ; ed è il frutto appunto , qualunque egli fia- fi , delle mie ricerche intorno a quello argomento , che ho fcelfo d' efporre al favio difccrnimeJito dell' Accademia in quello faggio . Voi Dell'Accademia. 135 Voi fa pere troppo bene ficcome gli antichidlmi Padri dell' anatomia adoprarono il comune vocabolo di nervo per lignificare indiltintamenre e quelle mol i midollari produzio- ni del cerebro > che i moderni chiamano propriamenre ner- vi > ed i legamenti, ed i tendini e più ilngolarmenre poi quelle due ultime parti , ciò che apparifce dalle opere d* Ipocrate , d' Hcrolilo > e di Galeno fra gli altri (i) ; la quale confulìone di voci pare che 1' immortale riltoratore dell' anatomia Andrea Vefalio cominciale a voler togliere mollrando con alcune femplici efperienze la differenza lollan- ziale per quanto ei credeva « che palfa fra il tendine , il legamento , ed il nervo ; poiché quelli efpofti a lungo fuo- co, e cotti confervano la fua indole tenace, e iibrofa alfai più di quello > che ha altronde ancora delle altre viiibili ditlèrenze (2). Si fa ancora troppo coniunemcnte , che ten- dinofo principio fuole avere ogni mufcolo , il quale nafca da qualunque olfo , e che in tendine pure quali tutti i mu- scoli finifcono eccettuati quelli che nafcono , e finifcono nel- le parti molli , lìccome le tonache mufcolari delle intelli- na , la maggior parte degli sfinteri, il mufcolo linguale 6cc. (3), i quali non pajono a prima vifla avere alcun tendine> febiicne realmente ogni loro fafcicolo mufcolare fiaccato, ed o ìcrvato eoa ifcrupolofa anatomia abbia un fottilmente tendinofo principio, e fine: accade ciò per la particolare complicata iltuttura di qaefti ftrati mufcolari, i quali fono così disponi che il finire d' ogni lascc^to carnofo è e o- pcr;o d.il principiare d' un' abro; ficchè olfervando un' fn- tero sfintere ripulito dalla pinguedine, che fuole ticuoprir- lo , altro non vi appare che la rolfa mufcolofl carne de* fafcetfi, che lo compongono . Frattanto dice con molta verirà il dottiffimo Sig Hallcr (4) „ qualunque Tolta un mufcolo „ elee da un'ofTo, e vi ritorna, molte delle fibre, che lo „ attaccano al niede(imo , anzi quafi fempre tutte fono di „ natura tendinofa : fuole ancora eller tale la fuperiìcic di quei (i) Ved. Clcrc Hiftoirc dela M-dec. par.i. (3) Galtn. de moni mufciit. pag. Sii, l.III. cap. III. pag. l;c>, e par. 1. l.i ^4) Mailer Element. Phyliokg. To[U.|V. ca^ vi. pag. 319. 1. jtj. Scft. I. §. xjy. pag. ^17. (1) Vefal de Homan. corp. Fabr. 1. a. cip. 1. a3<5 Atti „ quei mufcoli , che fi foprappongano fenza molta pingucdi- „ ne di mezzo, iiccome ii ollerva ne' retti delle tibia, nel „ crurale anteriore, nel folate» nei gemelli, nel lungo, e „ breve peroneo : altre voice vi fono delle interfezzioni „ tendinofe nella carnofa lunghezza dello fteflb mufcolo , „ come nel digaitrico , ne' mufcoli de' bronchj, ed in quei „ dell' addome : e finalmente fogliono intendinirlì i muf- „ coli vcrl'o r eftremità degli articoli , iìcché moka carne „ abbiano fupcriormcnte verfo il più alto loro attacco , e ,, pel contrario nella parte loro inferiore non fiavi che un „ puro tendine fottile . Così, le membra diventano meno vo- ,, luminofe , ciocché produce una facile mobilità , e le par- ,. ti pili foggette al frequente sfregamento delle articolazio- „ ni acquiftano 1' infenlibilirà , e durezza necelTaria , perchè ,, il moto ii faccia fenza incomodo , o dolore . La llrurtura de' tendini nel cadavere recente umano , o della maggior parte degli animali pare in molte cofe i\- mile a quella del mufcolo , poiché eccetuatone il color bian- co lattato neir animale adulto , e la maggiore rigidezza , anch' efll fono comporti di molti fafcetti di fibre lunghe rette parallele legate inlìemefttettamente con una fottile tela cellulare ; quefti fafcetti tendinolì ulteriormente fcompofìi anche fino alla tenuità microfcopica (i) ii dividono in mi- nutiffime fibre fimili alle mufcolari benché più lottili, ma femprc omogenee , e parallele fra di loro; le fibre tut- te tendinofe fono -ficcome quelle de' mufcoli ripiene di rughe nella loro lunghezza . ed attraverfate da varie fottiliilìmc inrerfezioni come membranofe (2) , e paiono in alcuni luo- ghi iiccome per efempio ailài chiaramente nel diaframma co- sì conrinova»^e colle mufcolari , che ii direbbe, anzi ii è detto la medefima fibra eifere prima mufcolare , poi tendi- nofa, e quindi ritotnar mufcolare (3) . Oltre , a ciò fé fi oiTervano le faponeuroii , le quali altro poi non fono fuori che un tendine eftefo^ in molta lar- ghez- (1) Levvenoek Eplftol. Phifioicg. Aca. 1. jv. e. f. Hallcr Elemenr. (a) Levvenoek loc. cir. in più lucglii Phyfiolcj. 1. .ij. Scft. J, §. Jviij. T. (}) Albin. Hiftor. Mufcul. i& UncHt. jr. Dell'Accademia. 237 ghezza , ed i tendini tutti nel feto , efTì appajono come rolleggianti , e (imili alla carne de' mufcoli, i quali fono nel tenero nafcente animale d' un colore meno vivamente rolfo i la^ eftenlione de' tendini medelimi è nel feto rillret- tiffima , ficchè quali i] veggono le carnofe fibre de' mufco- li impiantarli nelle olla ; e per ultimo egli appare con chia- rezza, che i' età foftituifce una folknza manifeilamente tcn- dinofa in quei luoghi , dove il feto non aveva che pura non dubbia carne mufcolare [i) : dalle quali ofìèrvazioni mliemc unne è poi nata i' opinione abbracciata da moiri, ed eccellenti anatomici, che i tendini lieno nuli' altroché una continuazione della foilanza carnofa refi per molte necef- farie cagioni più dcnfa , e robufta principalment?. alle eflre- mìrà de' mulcoli [2), ed appunto per la troppa rigidezza privata del color rolfo , del fenfo , e della irritabilità Sebbene però tutte qucHe apparenze di fìmi.xlianza fie- no innegabili certa cofa ancora ii è , che molte^oH-rvzioni CI moljrano trovarli fra il tendine, ed il mufcolo -al-une elienziaii dilferenze , che non dovrebbero elfervi fra le parti comunque alterare d' una foilanza, che in origine fu la me- delima In fatti (1 fa che il mufcolo riceve molti nervi lad- dove il tendine ò non ne ha , ò almeno cosi pochi che hanno potuto shiggire a.la diligenza di valentiUimi olfer- vaton (}) : la foilanza mJcolarc è di faa natura irritabile, ed il rendine non lo è pin^o (4) ; 'amo comunq.ie , e ma- cerato un mufcolo impallidifce bensì, ma non acquila mai 1 aro-entea lucentezza del tendine: (s) : vi fono molti efem- pj nelle ftorie anatomiche di tendini ofiificati dalla eri , o da qualche malattia , e neffuno della foilanza mufcolare de- generata m olio (6): le fibre mufcolari il unifcono alle ten- H h di- ci) Ciò appare con maggior' evidenza nel (j) Memoirc; f;r ics narties f^nfi^Uc d,..framma del feto paragonare con quel- '"& irrirahi.s ccmuniquées T M H.Uer' lo del ucmo adulto, e nella aponeu- Laufanne tjSo. ^ "'"" 238 Atti dinofe ad angolo » e non in linea retta , ficcome pare , che dovelle accadere , le ioircro una conrinovazione della nie- delima foftanza (i); il tendine una volta ferito, o lacera, to li rigenera per mezzo di una fodanza nel luo princi- pio manifertamcnte cellulare , ciocché non v' e elempio iia mai accaduto ne' mufcoli (2] : e finalmente alcuni piccoli tendini , iìccome nell' uomo li è qaello del mufcolo pianta- re , li poiiono fenza molta difficoltà iiendere , e fcomporre dall' anatomico in una membrana , che pare arfàtto cellulare (3) , Iìccome ho anch' io veduto pm d' uua volta . Onde è poi inforca 1' opinione contraria alla fuddetta , cioè che i ten- dini iicno ben altra cofa che la foilanza mufcolare comun- que degenerata , e che effi probabilmente lieno compofti di una tela cellulare divenuta fitta , e fibrofa ; al qual parere che è ftato in varj tempi da varj rifpettabililhnii anatomici fc'fuito (4] inclina ancora dopo un diligente efame di que- lla queilione il chiariflìmo Sig. Haller nella fua grande , ed immortale opera di Fiiiologia. (5) Tale divertita d' opinioni tutte fofienute con qualche perfuadente apparenza di verità mi ha fpinto ad ollervare con diligenza la firuttura de' tendini,- il modo , col quale elfi altri. Ncdi uccelli quefta cflìficaiicnc' ie' tendini fi oflerva fcmpre . e vi è ■uefta differenza fra l' inncfllmento de' tendini, e le mcrbofe concrezioni an- che crtle de' mufccli ( Plil. Tranf. T. jo. 51. ) (Haller Opuf. Parh. atc. ) che in quelli tutta la fidanza tendincfa è Tcramente degenerata in cffo ; laddove, in queftc fi pcfTono fempre intatte ftac- care le fibre mufcolari , che cuoprono il tiitncre , o chevifcno pcfte fra mez- zo . Haller T. iv. pag. 432. (l) Muys. loc. cit. pag. J>4., 95., 181. (j) Haller de part. fenfib. , Se irritab. loc. cir. (3) Haller JElemcnt. Phyfiolog. T. jv, p. 43 ^. Simfun mot. mufcul. fu della opi- nione . che i tendini foflero fatti dalla tela cellulare . (4) Sbaragli oculor. &: mcnt. vigil. Fa- brieius ab acqua pend. de Fabri. Mnf- cul. Simk;n Miry pregres de U medcci- Be Lerrenoek cpili phifiolog. Muyfius artific. mufc. fabric. ed altri citati dal Sia. Ha'U-r nel li: la quale d'ordinario e tan- to più ragguardevole , quanto più l'animale lì accorta alla vecchiezza E primieramente cominciando da quell' anatomia di quelle parti appena cavate dal frelco cadavere, che lì può fare col folo coltello ad occhio nudo ne' mufcoli principal- mente della mano , e del piede , che per la lunghezza , e mole de' loro tendini mi parvero i più atti a querto gene- re di efperienze , ollervabile cofa li è , che molti ftrati erte- riori di libre mufcolari non finifcono aflbluiamente nella fit- ta fibrofa fortanza del tendine rifpettivo , ma in quell' in- volucro manifcftamente cellulare, che circonda il tendine medelimo ; né oltre querto attacco hanno gli erteriori carnei fafcetti altro foftegno , di modochè tiene per erte il cellulare involucro del tendine luogo di fermo punto d' appoggio nella loro contrazione. Quello involucro pji li tro- va tanto più denfo attaccato alia fortoporta foftan/a tendi- nea, e partecipe della fua indole iìbrol'a , quanti più Arati fottilirtliiii di erto li rtaccano dal tendine fortoporto. Levati querti primi rtrati mufcolari , e con clTi al- trettanto involucro cellulare che attornia il tendine corrifpon- dente (i cominciano a vedere gli rtrati fottoporti degenerare in bianche fitte longitudinali parallele fibre tendinee ^ le qua- li tutte raccolte iniieme , ed unite per mezzo di forti , e corti vincoli membranofi rrfverfali formano poi tutto il ro- burto e groiìb corpo del tendine: del quale dopo aver levato r erteriore iivoljcro fudderto s'ofi'erva elier tale la rtrurru- ra , che i fafcetti di fibi-e più vicine alla circonferenza fono ni:no fpicca'amente longitudinali parallele cilindriche delle interiori fotroporte , eh' erti li polfono con minore diiricoltà fiaccare da fuoi vicini, e che fiaccati ìì ellcndono facil- mente in larghezza perdendo la loro naturale fibrofa appa- renza, e fembrando ad occhio anche nudo come pez/.cti di lacerata dura niadre, o legamento rtrappato. Per lo con- trario a nn'fara che uno s' avvicina verfo 1 arte longitudina- le del tendine , la fortanza vi appare più iiianifc 'blamente fi- brofa, pÌLi[litra, e più rclirtente alla d;;compo(ìzione . E tale cangiamento poi, o degenerazione li fa ne grofii ten- ti h z dini 240 Atti dini a grado a grado , di maniera che penetra^ lentamente il coltello dell' anatomico dalla iorice llrutcura dell' involucro elleriore alla intima qualichè indiliolubilc tendinofa durezza. ' Olire a ciò olìérvate tutte le fibre de' mutcoli, dove effe celiano d' effer' rolie , carnofe > e morbide , fi veggono farlo in un tratto, e crudamente , licchè le il paralleiirmo delle fibre tendinofe , ed il continovare d' eiie nella medelima di- rezione colle anneiìe mufcolari non ci tacelfe inganno fareb- be l'occhio anche nudo tentato di decidere, che v' è nel- la unione del mufcolo col tendine un manifeilo indizio di pafliìggio dall' una all' altra delle dette ibllanze fra di lo- ro diirèrenti . Le roedelìme cofe s' olTervano ne' tendini del feto , fé non che in elio può 1' anatomico piìi manitertamente e con facilità maggiore fvolgere nella circonlerenza varj membrano- ii ilrati, ai quali conifpondono altrettanti pezzetti di mufco- lo . Anzi io mi ricordo di aver veduto piìi di una volta ne' mufcoii femimembranofi del feto umano i lembi degli appia- nati loro tendini fuperiori , che parrono dalla tuberoiltà de- gli ifch), chiaramente cellulari, ed inzuppati di bianco mu- cofo umore, o di vera, e foda pinguedine, levata la qua- le come per pulir bene il tendine riinancvano ciondoloni dalla parte del mufcolo alcuni falcetti di libre carnofe, che a quella pingue cellulare porzione del tendine corrifponde- vano . E con eguale evidenza li moltra cellulare anzi anco- ra alcune volte pingue ne' teneri bambini vicimlTimi alla lor nafcita la grande aponeuroli del mufcolo fafcialata, fen- za verun argenteo fplendore, lenza particolare direzione di fi- bre, fenza , di vilibile apparenza tendinea robailezza (1) Fin qui di ciò, che può l'occhio nudo vedere ne' ten- dini reccnri col folo mezzo dell' anatomica diilezione : paf- fiamo ora ad efaminarc le medelime parti efpofte alla lun- ga macerazione di molti mefi , ed al microfcopio , che coli' aggran- (i) Qualche ccfa di finiile dee aver ve- lenti , a mufcolofi caritè pnrum dif- duìo generalmente 1' illuftre E;.rcn ferunt , ncque ffleiidorcm, iiiit tluii- de Haller ; poiché dell' accrefcimcnto tieni hnbent , quibus tsn.iines adulto- del feto trattando dice , che in cflb rum animalium fé ejferunt . Hb.XXlX. t(?nero i tendini fono per totium tem- fect. ir. j. io. T. riii. p. i8o. pus gejlatiinif m»Hii , crajft, fitccH- Dell'Accademia. 241 tggrandine la fuperficie rende più chiara , e vidbile la mi- nuta ilruttura elementare . Fra i mufcoli , che adoprar (i potevano per quello genere di ollcrvazioni io ho più voion- tieri fcelto il tibiale polìeriore , che pei pcnniformc andamen- to delle fue fibre , per la robuftezza dei fuo tendine , per la varia lunghezza de' fuoi carnoli t'alcicoli m'è parato il più atto a potervi lenza bilbgno di cambiar mufcolo le medelì- nie fperienze in varj pezzi ripetere per molte volte . Dun- que dopo la lunga , e collante macerazione di tre meii fatta a vafo chiuCo , perchè non ifvapori, in acqua mutata rare volre a principio , perchè li avvii la putrefazione ; poi più fpeiìo verfo il fine , e coli' aggiunta di pochifilmo aceto per arredare il cominciato imputridimento , che troppo fcom- porrebbe le parti , e toglier loro il noiofo puzzo , che non li potrebbe per lungo tempo fofirire fenza danno , s' ofibrv-ano ad occhio nudo le cofe feguenti ; cioè I. \J efieriore corteccia del tendine è per più di una linea di grofi'ezza manitefiamente cellulare, idropica, cioè colle fue cellule gonfie d' acqua , fatta di laminette trafpa- renti foprapollc le une alle altre ed unite per mezzo di va- ri fili mcmbranoli difpolii a rete : alla quale cellulare mem- branofa Ibilanza corrilpondono varj ftrati di fibre carnofe più, ò meno grodi , fecondochè maggiore, ò minor porzione di tendine è flato dalla macerazione penetrato. Sono quefte fi- bre mafcolari pallide, ma parò ancor robjfle, cilindriche , intatte nella clcmenrare loro finutura, che reiìlte fecondo le miefperien- zz molto più di tutte le altre parti molli del corpo umano alla rovinofa forza della patretazione : nella qual cofa farebbe forfè un ragionaror tentato di magnificare il provido coniì- glio della natura confcrvatrice òllinata delle parti più neccf- farie alla vita animale. II. Levata la grofia efieriore corteccia idropica del tendi- ne vi fi vede focto una foilanza bianca fibrofa avente la dire- zione delle fibre, che avrebbe il tendine non macerato; né punto o penetrata, o gonfia dall'acqua della macerazione ; ma fé quella mcdclima tendinola fofianza li tiri alquanto per tra- verso, cfià perde il parallelifrao delle fue fibre, fi fcomponc ia 24* Atti in laftretfe membranofe , alli quali corrifponJono de' mnfcola- ri farcicoli, come li è detto di fopra . III. Se in vece di rtiracchiare quella non ancora maccrara parte del tendine eiFa ripongali nuovamente nell'acqua, che dceli con molta foUecitudine mutare, e mefcolare di poco a- ceto , perchè l'anneilo mufcolo li contervi ("ano ; ie in tale ma- cerazione li mantenga per alcuni giorni fucccffivi , vedralTi a poco a poco diventare idropica anch' ella , e farli cellulare sfioc- cata , iiccome appunto era accaduto nella corteccia elteriore . Quindi nuovamente levando quello fecondo flrato di tendine fé ne rrova un terzo non macerato , che ("erbato fcopcrto nell* acqua diviene idropico anch'elfo, finché prolungando per mol- to tempo con paziente diligenza l'efperimenro s'arriva a fcio- gliere tutto il robullo tendine in una foftanza evidentemente membranofa, e cellulare^ IV. Scorapofta così la fitta follanza del tendine fé l'at- tenzione fi rivolga ad olTervare la carne del mufcolo , che vi fi perde , vedrannoli allora i carnolì fafcetti ben confervati , e vilìbili finir crudi ad un tratto alcuni piìi sii , altri più giù nel- lo fcompoilo tendine fenza far punto coda , o allotiigliarlì a poco a poco, e iì vedrà inoltre con molto piacere, e fuflìcien- te chiarezza altro non efière quella cellulare fcompolla follan- za , che il tendine faceva, fuorichè la continovazione di quei moltiffimi cellulari membranofi involucri , che tutt' infieme cir- condano i mufcolari fafcetti , ed ognun' d' elfi , e che oltre la limitata lunghezza della carne llendendofi s'attaccano poi alle olili , e vi finifcono . V. Le medelìme cofe accadono ne' tendini del feto con molto minore macerazione, e le fteife nel tendine di Achille, neir aponeuroli del mufcolo fufcialata, ne' tendini del fr.blin.e, e profondo flefior delle dira , ed in qualunque al^ro iì voglia con paziente cofianza macerar tanto quanto richiede la fua mole, o robuftezza. Né mai n'>i e accaduto nel vario ripetere, che ho fatto di quelle efperienze, di vedere o ad occhio nu- do , o colle lenti alcun' indizio di fibra mufcolare o efattamen- te tale, o alterata per entro alla più recondi'a firuttura dei tendini ; le quali fibre mufcohri poi avrebbero dovuto renderfi vilìbili, e reiifiere alla macerazione, Iiccome il rimanente cor- po del mufcolo reiiflcva . E Dell' Accademia. »^j E giacché è caduto difcorfo di lenti giova l'aggiungerei che ripetendo le oliervazioni medciìme , che feci ad occhiò nudo con lenti di vario ingrandimento, ho avuto il piacere di vedere con maggior chiarezza confermato quanto fopra , purché le lenti non lieno acute molto, nel qual cafo pel piccolo cam- po , eh' elle hanno , non permettono di veder con chiarezza il line d'un falcetto mufcolare , ed il cominciare dell'involu- cro rendinofo : non che tale padaggio non lì faccia in un pun- to, ma perchè varia elFendo la lunghezza de' varj minutillimi fafcicoli , che compongono un mufcolo , non terminano elfi tutt'in un punto, e li richiede in confeguenza un campo di fufficiente ampiezza per poter chiaramente ollèrvare quello paf- faggio , ovverò aver la rara fortuna d' incontrare un qualche tenuilTimo fafcetto femph'ce , ed ifolato . Non m'è nemmeno mai accaduto nel vario fcomporre de' tendini macerati di ve- dervi alcun ramo di nervo, che pare avrebbe dovuto confer- varli ed elFer vilibile , perchè anche i nervi molto reiìflono al- la putrefazione, purché li fappiano macerare con cert' arte, e perchè l'andamento ed apparenza loro è aliai diverfa da quel- la del tendine fcompollo, dove non rimane più veruna parti- colar direzione di fibre (i): (ìcchè fé necelTario folle nel pacifico ftudio della natura di prender partito, e dichiararli fettario , io parrei obbligato a determinarmi pel lìftenia del Sig. Haller intorno alla inleniìbilirà del tendine; lìllema , che ho veduto confermato anche dalle oliervazioni fatte con molta diligenza dal conofciuro mio Padre fopra de' fani tendini irritati, e pun- ti fcnza dolore in uomini viventi (2) . Quan- (l) Macerando lo fpinale midollo in mt.l- i nervi , ed i mufccli , dei quali ultimi ta acqua, e poco aceto a vafo chiufo ii sì in Chirurgia, che (T confervano fc-nza mutarvi 1' acqua per quattro meli intatti anche d< pò che la fuppurazione continrvi , purché però elTa vi ù muti la confumato il cellulare pi;i che celTan tutti qnefti fintemi t?gliando affatto tutto il ccrpo del tendine punto, f f-rito . Ga- rengcrt O/i-r. Chirtirg. Heiftcr Iiift. Chirurg. part. i. S'/t. vi. cap. 171. cioc- ché era conofciuto fine da Galeno Aff/i^. ned. 1. 3. Dell' Accademia . 2^5 zione di fibre, cioc perchè non avendo ancora l' appena nato vivente molto, o con forza adoprati i proprj mufcoli non ha potuto colie frequenti loro contrazioni rendere quelle parti robulle , ed imprimervi alcun particolare andamento , o dire- zione di libre. Nò meno chiaramente li fpiega, perchè con tanta facilità li cicatrizzino i tendini anche più grandi , pur- ché r azione lì fofpenda de' mufcoli ad ellì attaccati (i) , e per- chè la vecchiezza produca in quelle parti così facilmente delle- ollée concrezioni. De' quali fenomeni il primo accade, perche la cellulare follanza primigenio elemento del tendine è così facile ad efTer rifatta nel vivente , che le malattie medelime , nelle quali è pur gualia la naturale organica ftruttura delle par- ti, ve la producono (2), e li può ella in qualche modo forma- re perfino fuori del corpo animale dibattendo con una ramo- fa fronda il caldo fangue cavato di Irefco principalmente nel- le infiammatorie malattie (3). L'altro poi, cioè l' inoflimcnto de' tendini procede da che per la molta necelfaria abbondanza di terra , che circola col fangue nell' età fenile C4) , e che tutta non può in continovo moto mantenerfi pel decadimento nella vecchiezza delle forze vitali, fé ne depone una parte più o meno grande nella originariamente cellulare più fofiice foilan- za, che forma la circonferenza de' tendini medefimi ; poi ma- cerandone a poco a poco anche la firuttura interna , perchè quella terra v'è deporta infieme ad un fluido acqueo fiero , vi penetra per entro a poco a poco , e la inzuppa profondamen- te . Che fé per 1' oppofio fibrofa fofie la firuttura de' tendini, e fatta di folide non cave fibre elementari , vedrebbeiì allo- ra la terra penetrata bensì nelli fpazj cellulari, che atiornia- 1 i no e piìt di Jette pollici di Parigi . Omero lungo pollici 13 e qualche linea Pollici Linee Deltoide 7. 3, Tendine nella malTìma lunghezza 3. Bicipite nella mafTinia lunghezza 13. 11. Tendine fuperiore corto . 3. 8. Tendine fuperiore lungo. 5. 6. Tendine interiore. 3. 9. Cubito lungo fino al Carpo pollici io. lin. 6. Pollici Linee Lungo fupinatore. 12. 4. Tendine inferiore. 4. 3^ Radiale ederno lungo. 12. 4. Tendine inferiore. 7. 7. Radiale eftcrno breve. io. 10. Tendine inferiore. 6. 3. Radiale interno . 10. 4- Tendine inferiore . 4. 8. Lr.ngo palmare. io. 8. Tendine inferiore. 5. io. Cubitaic interno. Jo. 4» Tendine inferiore. 4. Dei tendini inferiori dei Flejfori delle dita nejfuno era più lungo di ciucine pollici contando pno al legamento anulare del Carpo y ne meno di due . UiH' 250 lunghezza de' Tendini » e MiifcoU nel braccio prelentano agli occhi del PaeliAa dei Qiìadri i più vaghi e i più dilettevoli che la più viva immaginazione polla concepire. 11 Filofofo poi noa fermandoli come è fuo coilume nella fola fuperhcie delle co- fe> ma i loro più remoti nafcondigli penetrando trova di che iltruirli nelle vilccre di quelle verdi Colline ora efaminando i diverli marmi che in fé racchiudono, e che hanno abbelliti molti Pala/zi anche della più remota Europa , ora efaminando i ricchi metalli che d' ogni fpecie in moire di elfe s' incontra- no, or le acqje minerali e falatifcre, or le piante, or i Foci- li più curiolì . Diverfe Colline però formate di una terra ce- ne- 252 ATTI nerina fpogliate per la maggior parte di alberi e di piante formano per così dire lo fcuro del Quadro, e raflòmigliano a quelle Contrade che un fuoco divoratore abbia devaftate di firefco e ridotte in mucchi di fquallida cenere ; forfè troppo tardi li è rifoluto il Filofofo a gettare particolarmente i l'uoi sguardi fu' tali Colline per difaminarc la cagione della loro fte- rilità e fquallidezza e per indagarne i mezzi di correggerla e di renderle così fertili e verdeggianti quanto le altre . La no- fìra Accademia delle Scienze la prima ha incoraggito i Filofofx a quello efame proponendo il Problema in quelli termini: In alcuni Jtrati della Campagna Sanefe come per efemp'to nei Colli il Malamerenda lungo la Valle dell Orda fi trova una qualità di terra Cretacea ajfatto fterile . Si dimanda .- in qual maniera fi poj[a render feconda e quali utilità fé ne pojfano j-icavare? Noi per tanto ci prendiamo l'ardire di proporre i mezzi che abbiamo creduti i più opportuni per trarre il maggior profit- to pofTibile dalle Crete fuddette, mezzi fuggeritici da un nume- ro prodigiofo di efperienze che per due anni incellanteraente abbiamo fatto, avendo creduto che 1' efperienze fole potellcro eflere il filo di Arianna che trar ci dovellc dal propofio La- berinto . Per dare adunque qualche ordine alla materia che fiamo per trattare, parleremo in primo luogo della Natura delia no' lira Creta; in fecondo luogo della Vegetazion delle piante ; ed in terzo luogo tratteremo della vegetazion delle piante nella noftra Creta , e del modo che giudichiamo il piiì opportuno per promuovercela. C A P. I. Della Natura della. Creta che fi trova nella Campagna Sanefe. §. I, /quantunque fieno fparfe da per tutto nella Provincia V_J^ Sanefe delle Colline formate di una terra color di Cenere che Cre^a volgarmente appcllafi , un tratto di Paefe però affai conlìderabile li flende dalle Porte dì Siena verfo Sci- rocco della lunghezza di venti miglia in circa formato per la mag- Dell'Accademia. 253 maggior parte di Colline creracee; la fua larghezza per alrro è diverla in diverlì luoghi. Altro Paefe pur cretaceo li trova che da S. Quirico fi eltende fino alle falde della Montagna di Radigolani, e che giace in gran parte lungo un Torrente det- to r Orcia . Qvieile Colline lono quali torte Tpogliate afiàtto di alberi, e chiunque le vede così nude e fquallide crede a pri- ma viltà o che racchiudano nel fuo feno un veleno capace di uccider qualunque pianta , o che fieno di natura fua adatto ilerili ed infruttuofe ; in fatti elleno non danno al fuo Padro- ne che un piccoliflìmo profitto , il quale conlifie in uno fcar- fo , ma faporito pafcolo per le Beftie . Alcune di dette Colline fono molto dirupate , e quali affatto impraticabili per elfer Ist terra che le compone facililfima a sfaldare mancando in elle quello firaro di pietra , che fiiol rendere ordinariamente [labi- li , e fermi i Monti , e i Colli . Un altra cagione di sì preci- pi oli dir-jpi lì è che formandoli nella noifra terra in tempo dei gran calori dell' efiate delle profonde fenditure , 1' acqua delle pioggie fccndendj , e penetrando in dette aperture di- ftacca , e rovefcia dei gran pe7zi della medelìma , e fo-ma que- ftc voragini che fovente s' incontrano in qnel paefe. Si tro- va IO però ancora di quelle colline alcune che fono formate di llrati di diverfe terre ; mentre in alcune oltre a degli lirari di Creta fé ne vedono di quelli di Tufo, d'Ocra, e di q .elli di Arene, e di Pietruzze , e quali da pertutto li trovano dei Telhcei di diverfe fpecie . Nelli ftrari di Creta fi vedono ge- neralmente dei Telfacei aifai piccoli, e delicati, cornei Denta- li, i Canalicoli Vermiformi, le Nereidi ec. in quelli di Tufo fi fcorgono delle Oltriche , delle Penne, dei Cilindri, delle Porpore ec. ; quelli poi di pietre, e di Arene abbond.ìno di Telkcei fmifurati , come Oltriche , e Conche di gran mole, e Murici macronati alfai grandi. Molte pian-^e Aroniaticlic a- maricanti , e fpiritofe crefcono in dette Colline, come fareb- bero la Melifia, 1' Agliaria , la Gattaria, il Aiillefolio , il Mar- rubio ec. Non eficndo il noftro fcopo il dare l' Illoria naturale di qneito Paefe, baiti quanto abbiamo accennalo fin qui per quel- lo che vogliamo dire della narura della nofira Crea. lì. Alcuni Filofufi hanno pretefo che qualunque terra non K k lia 254 Atti ili altro che un afflmafTo di particelle dì Sabbia , e che i gra- ni più piccoli, o più grofli fanno tutte le differenze delle ter- re che noi abbiamo , e che quella che noi chiamiamo Creta non è che un ammalio di grani di Sabbia ellremamenie fini ; tutta via poiché i grani della Creta sfuggono alla nollra villa per la loro piccolezza noi non lì e fattane una palla Ci formò di efla il cubo » il quale fu lafciato bene afciugare pri- ma all' ombra > e poi al fole del mcfc di Giugno inlieme col cubo di Creta ch'era pur molle, e bagnata. Quando i cubi parvero bene afciutti furono provati dentro la fuddetta fcato- la> e li trovò che il cubo di Creta non toccava da alcuna par- te i lati della fcatola , ma che al contrario vi era la d ftanza intorno intorno di una buona mezza linea; il cubo poi di Sab- bia riempieva tutto l' intiero vuoto della fcatola fenza lafciar di mezzo alcuna dlftanza fra elfo e i lari della fcatola. V. Abbiamo parimente riempiuto fino all'imbuto una ca- raffa da fiori di Sabbia ben calcata , e dopo avere gettato ada- gio adagio f)pra di effa dell'acqua finché qucfla vi gallcggialfc fopra , abbiamo oilervato, che la fuperficie della Sabbia non fi è pjnto elevata, ma che in vece lì è un poco abbaffara , per- chè r acqua che vi lì è iniìnuata ha fatto apparentemente cangiar porto ed alcuni grani di Sabbia ed ha fatto loro occupar dei vo- ti che forfè vi erano rimarti quantunque la Sabbia folle fiata ben calcata nel vafo . Si è fatta inappreffo fvaporare l'acqua e la fupeficie della Sabbia non lì è in conto alcuno abballata. Qjerto ci fa comprendere che i grani della labbia fono come tanti frammenti di vetro che non poffono effere penetrati inn- mamente dall' acqua , ne refi flefilbili , e che per confegaenza la loro mafTa non è crefciuta quando vi lì è gettata l'acqaa , né fi è diminuita quando 1' acqua è fvaporata . VI. Ripetuta la ficfia efperienza nello ftefib vafo ripieno fimilmente della nortra Creta lì è trovato che quando l'i è get- tata fcpra di elTa adagio adagio dell'acqua la fuperficie della Creta li è alzata conliderabilniente , ed è poi rirornara quali al fao primiero fiato quando l'acqua è fia'a fVaporata del tut- to; lo fielTo vafo ripieno di fegatura finifiima di legno ben cal- cata ha dati li fiefii rtcfiìlTimi fenomeni della nortra Creta . VII. Tralafciamo per non eiTcr troppo lunghi molte al- tre efperienze fatte a querto propolito, come quella di aver tiralo delle lamine alfai fortili, ma della ftelTà grollèzza tanto di Creta quanto di Sabbia bagnate, le quali abbiaoio difiefc fo- K k 2 pra 250 Atti pra ladre di vetro eguali, ed abbiamo oflervato coftantemente , che dopo eflèril ben feccate , la lamina di Creta lì era di mol- to ritirarli , ed aveva lafciaro intorno intorno il vetro ("coper- to quando all'incontro la lamina di Sabbia ricuopriva tutta la lallra di vetro come quando era umida, e molle. Tutti quelli che per la loro prntdiiane li fervono della Creta o per tur vali, o modclii o altri lavori fanno quanta attenzione culla lo- ro Ja proprieià che ha la Cretd di ruirarli leccandoli ; bilbgna che cfll facciano feccare lentamente i Vali che ne hanno for- mati perchè non lì fendano avanti di metterli nella Fornace ; fc la prima fuperiìcie di un pezzo di creta li afciuga troppo prefru ed in modo che lo ftrato fottopofto lia ancor frefco ed imldo , è chiaro che lo Tirato fupcriiciale diventerà più corio di quello fa' cui egli pofa . Bifogna adunque che uno fpazio voto tenga luogo di ciò che manca alla faa lunghezza, così lo lìrato fuperfìciale lì fende nei luoghi ov'è più debole. Per accennare con qual proporzione un pezzo di Creta umida ii raccorcia quando li afciuga, noi abbiamo formato una lallra di Creta umida lunga lei pollici, e due linee , larga otto li- nee, e grolla fette, e dillefala ("opra una lavagna dopo di aver fegnati fopra di ella i teraiini delia laitra, l'abbiauio lafciaia afciugar lentamente , ed abbiamo ollervato che era rimaita del- la lunghezza di Pollici cinque e linee undici , e che così era fcorciata di un venticinqueiiuio in circa. Vili. Tutte quelle ollèrvazioni ci conducono a riguarda- re ciafcuna molecula, anzi ciafcun grano della nollra Creta co- me un piccolo corpo fpugnofo che 1' acqua può penerrare e di- {tend^rc , e per confeguenza come un corpicciuoJo compofto di parti molli, e flcflìbili , quando i grani di Sabbia non fono che dei corpi reddi, iniielubili, ed impenetrabili dall'acqua. In fat- ti la trafparenza che hanno i grani di Sabbia meflì al Micro- fcopio niollra bene che cfli non fono corpi fpugnolì , giacché i corpi fpugnofi non par che pollano elTere m nelluna maniera trafparenti. IX. Ci fembra adunque dimollrato, che l'acqua non fo- lamente s'introduce nelle parti della Creta, ma in certo mo- do le difcoRa, come difccua quelle del legno ove ella s'inlì- nua . Una adunque delle principali proprieù delia noilra Creta che Dell'Accademia. 257 elle la fa dirtinguere dalla Sabbia, dalle pietre e dai Crifìalli li è quella di cliere fpugnofa , e di iafciarli gonfiare dall' acqua . X. Un' altra proprietà della noltra Creta (i è la Duttili- tà ; coir acqua ella h riduce come una palla, li lafcia diftende- re , e prende tra le mani la forma che le (i vuol dare , e la conferva ; a quella proprietà della Creta llamo obbligati del pregio di tanti Valellaiui sì comodi alla vita; per altro una tal proprietà non e folamentc della nolf ra Crera , molte altre 1 erre eziandio la pollìedono in diverti gradi; generalmente quelle che hanno maggior durtilirà fon chiamare Terre grafie, e quelle che ne hanno meno li chiamano magre. Le Terre però che li chiamano magre, e che fono meno duttili fono quelle che più li avvicinano alla Sabbia, perchè la duttilità propria della noftra Creta , e di altre terre manca intieramen- te alle Sabbie . Q.aanfunque però ih lìcuriinma cola che la Sab- bia ordinaria, di cui i grani fono fcniibili , non abbia la dut- tilità della nollra Creìa, e delle i erre grafie, li potrebbe pe- rò fofper tare le quella mancaiiza di duttilità li debba attribuire unicamente alla grollezza de' fuoi grani ; ma dopo aver ben tri- turata della Sabbia, non ci è mai riufcito di ridurla in una pa^ Ha che avefle quella durtilirà , e quella dolcezza che pone la noltra C'era in iiraro di elfer così bene lavora' a ; la palla for- mata dalla Sabbia non difieriva molto nella fua tenacità dalla palla che abb amo formata con diii Rubini, dei Giacinti , e dei Granali macinati al Porfido. Si porrebbe però opporre a turto quello che la piccolezza alla quale abbiamo ridotti i gra- ni di Sabbia , e le gioie fjdderte non è paragonabile in verun conro a q ella alla quale la Natura può aver ridotti i grani della nollra Crera, e delle Terre graffe. Per rinvenire adunque fé i grani della nofìra Sabbia triturala , e delle noftre gioie e- rano così piccoli come i grani della nollra Creta, noi abbia- mo unito una q'jantirà di ella con una quantità di Sabbia ben trirura'a , ed un'altra doie pure della nollra Creta l'abbiamo bene unita colle gioie macinare, e dopo aver tentato in vano con delle diligenti lozioni di feparare o la Sabbia, o le gioie dalla Creta, (ìamo rinialti convinti che i grani di Sabbia, e quelli delle gioie lì foficnevano nell'acqua qvan'o quelli della Creta» d'onde li può àlii.cno conchiaderc , che i grani della Sab- 25* Atti Sabbia e delle noftre gioie erano così fottili come quelli della noftra Creta; dillemo almeno , perchè fapendolì che il pefo Ipe- citìco dei grolTi grani di Sabbia, e di Crillallo è maggiare del pefo fpecitico dei grani della noftra Creta, come uno fé ne può convincere dal vedere i grani di Sabbia precipitarfi al fondo dell' acqua con maggior velocità aliai di quello che fanno i gra- ni di Creta , ii dovrebbe piuttoilo concludere che i grani del- la Sabbia triturata , e delle gioie macinate erano più piccoli dei corani della noftra Creta , mentre reftando efll lofpeli nell' acqua come vi reftano i grani della Creta , è legno manifefto che un aumentazione di fuperfìcie ha compenfato il loro eccef- fo di pefo fu' quello dei grani della Creta, fapendolì molto bene dai Mattematici che quanto più un corpo diminuifce di grandezza, tanto più crefcc la fia fuperiìcie relativamente al- la fua malfa , e tanto maggior relìftenza prova a traverfare un mezzo reilftente come l'acqua. Da quanto abbiamo detto fin qui ne viene come legittima confeguenza che la finezza dei grani non bafta per rendere una paila duttile. XI. La duttilità di qualunque materia fuppone che le fue •parti abbiano tra di loro un certo grado di legamento , e fup- pone di più che quando lì fa cangiar forina ad una malfa di detta materia facendo mutar pofto alle fue parti fenza diltaccar- le, alcune di elfe fcorrono e li muovono fopra di altre, dette parti poi mentre fi muovono fi fanno così aderenti a quelle che rincontrano come lo erano a quelle che toccavano mentre llavano tutte in perfetta quiete ; fuccedendo a quelle parti co- me fuccede ad un pezzo di marmo ben pulirò e piano che com- bacia , e pofa fopra una laftra di marmo egualmente piano , e pulito; chi vuol fiaccarlo dalla laftra deve fup rare una relì- ftenza maggiore del pefo del pezzo di marmo, e trova la ftefta rcfiftenza fé egli lo vuole fiaccare quando è in ripofo , o quan- do egli fcorre lungo la fuperfìcie della laftra fottopofta. I gra- ni pertanto della Sabbia che fono angolofi e reddi non fon proprj a legarli e ad attaccarli iniìcme con il folo contatto; co^lino non il poflTono toccare che in piccole fuperficie e in po- chi punti, e fé iì riempiono coli' acqua gl'inrerftizjche lafcia- no tra di loro, il di loro legamcnro crefcerà intanto inquan- to l' acqua ha più colla e più vifcolità di quella che abbia l' aria . Ali. Dell'Accademia. 259 XII. Se poi air incontro fi riempicrà un vafo con Creta polverizzata ,e ben lecca , e quefta polvere li calchi per quanto li può, qvantunquc allora i grani della noftra Creta iicno nelle circoiknze niedelime in cui farebbero quelli di una polvere di Sabbia ben calcata, pur tuttavia fé lì bagni con dell'acqua la nollra polvere di Creta, noi vedremo degli etìtni molto ditJò- rcnti da quelli che fuccederebbero fé noi bagnaflìmo della pol- vere di Sabbia ; e la cagione di quelli effètti così divcrlì li de- ve ripetere dalla prima proprietà che abbiamo dimoilrato ave- te la noftra Creta, dall' eiler cioè in certo modo fpugnofa e dal lafciarfi i fuoi grani penetrare e gonfiare dall'acqua. L'ac- qua che non fcende negl'intervalli che i grani di Sabbia la- fciano tra di loro le non che per riempierli, s'inilnua in cer- to modo nei grani llefii della noflra Creta , li rende molli , e li gonfia per ogni verfo ; e i lari verfo i quali eglino li difien- deranno il più faranno licuramente quelli ove troveranno me- no oliacelo alla loro efienfione , vale a dire verfo i luoghi o- ve perfettamente non lì toccano, detti grani gonfiandoli van- no l'uno incontro all'altro, e così i loro contatti fcambievoli, ed i loro intralciamenti lì aumentano, ed il loro legamento, e la 'enacità della mafia tutta diventa conlìderabile efibndo cia- lc.;n grano cofirerro ad adattarli ed a combaciare col fuo vici- no per q .ella lìelh forza, che agifce nelle corde, e nei legni nei quali 1' acq.^.a s'inhnua e penetra. XI li. Se lì lafcia poi feccarc detta malfa di Creta Ci vedrà che i fuoi grani divenuti fecchi flaranno attaccati infienic molto più di quello che non vi fiavano avanti che folfero fia- ti bagnati. L'acqua gli ha in certo modo incaftrati gli uni ne- gli altri, e quantunque ella fia fvaporata , fon rimafii incafira- ti , e connellì quali come lo erano quando erano molli , e ba- gnati . Di qji nafce che una mafia afciutta della nofira Creta è più dura e più conlifiente di quando era bagnata al contra- rio di quello eh; fuccede in una malfa di Sabbia, in cui Io fia'o di ciafcun grano è lo fielfo o la malfa di Sabbia fia mol- le , o fia afciutta. XIV. L'efempio della fegatura di legno che H pra abbia- mo accennato può fervire grolfolanamentc di fchiarimento di quel che ora abbiam detto. Imperciocché le il prenda della fc- l6o A T T J fegatura e fi bagni ben bene con dell* acqua , quefta rigonfia , e fé li lafci feccar la parta che fé n' è fatta ella prende una durezza tale che vi vuole qualche forza per romperla . A Pa- rigi vi fono delle pevfone che fanno il tenue mercato di rac- cogliere la fegatura di legno, d' impalarla, di farla feccare, C di venderla poi in pezzi ai poveri per far fuoco . XV. Da quanto abbiamo detto iin qui fembrerebbe a ba- fìanza dimoilrato che la cagione principale della duttilità del- la nodra Creta ammollita coli' acqua li deve ripetere dalla flefTibilità che acquillano dall' acqua i fuoi grani gonfiandoiì e cedendo per ogni laro , fé non li potefìe fofpettare da qual- cuno che la figura fola di detti grani baftercbbe per ifpiegare la duttilità della Creta bagnata. Ma qual figura più opportuna lì porrebbe loro fupporre di quella di tante lallrerte ben pulite ? qnefle laftrerte potendoli adattare , combaciare , ed incaiirarli ci poifono fornire la cagione della tenacità , e di una tenacità che lì conferverebbe ancor quando foféro mefiè in moro. Con dette ladre però lì potrebbe tare un tutto di cui le parti ila- rebbero legale finche dette lafire rimanenero in una difpolizio- ne ben regolare. Quella regolarità per altro mancherebbe fu- biro che s' impaftalle la mada , le piccole laminette li trovereb- bero fubito inclinate didcrentemente 1' une per rapporto ali' altre, iì perderebbe per confèguenza il loro legamento, e la loro d Jtnlirà . XVI. 11 Gedb, e il Talco ci fomminidrano una prova che conferma il ragionamento precedente. Si fa che una delle pro- prietà dell'una, e dell' ali-ra di dette materie è di dividerli in foglie che fi fijddividono in alr^e f glie fino ad un termine che noi ignoriamo, di maniera che fé ii polverizza del gedò , o del talco , la fua polvere farà comporta di piccole lamine che a- veranno molto meno di grodezzi che di larghezza, e di lun- ghezza . Se lì um.eTeranno per altro con dell'acqua dette poi veri non daranno mai una pada mobo duttile e legala, e la mada fecca^a che da non diminuirà in conto alcuno di volu- iTie , il che prova bafiantemente che 1' acqua non penetra nell' jiT-eriore dei grani del gedo come fi in q'ielli della Cre-a , e prova ancora che la figura la piij favorevole delle parti di una polvere non bafta , perchè queda polvere fciolta nell' acqua di- Dell'Accademia. 261 divenga una parta duttile, fé l'acqua non penetra) non gon- fia , e non rende fleffibile ciafcun grano . XVII. Da quanto abbiamo detto fin qui fu' quefte pro- prietà della Creta di lafciarli gonfiare dall'acqua e di fer- rarli sì fortemente quando è umida, e di rimaner duriflìma per confeguenza quando è afciutta, li può facilmente comprende- re quanto deva reltar difficile agli alberi , ed alle piante d'in- finuarvi le loro radici . Di qui procede che le Colline cretacee come abbiamo accennato in principio fono naturalmente fpc- gliate di alberi e fembrano condannare ad una fquallida fleri- lità , dove all'incontro le Colline di Tufo, e di altre terre meno dure, e meno fpeffe della Creta fi rivedono da per fé di forerte , e verdeggiano amenamente . Per meglio anche com- prendere lino a qual fegno fia capace d' indurirfi la noflra Cre- ta quando è afciutta abbiamo fatti alquanti Cilindri di Creta > e di altre terre lavorative , e ferrili tutti della ftella lunghezza, e della ftellà grofiezza . Ai capi di detti Cilindri abbiamo le- gare delle corde, e dopo averli fofpeli per un capo abbiamo adattati dei peli all' altro capo accrefcendoli finché i C ilindri non fi ftrappavano ; in qnefla guifa abbiamo oifervato che per ifirappare il Cilindro di Creta vi fono bifognate fette libbre in circa , laddove gli altri li fono (ìrappati dopo avervi ad alcuni appcfa poco più di una libbra , ad alrri poche oncie e qual- cuno (i è firappa'o per il proprio pefo . Detti Cilindri erano flati ad afciugarlì all'ombra per moli giorni ed il diametro del- la loro grolfezza era di un pollice in circa . XVill. Un al'ra proprie'-à della noitra Creta che è a tut- ti ben conofciura li è q lel a d'inp?dire chel'acqia fi filtri at- traverfo di efia . \ quefta proprietà noi dobbiaf-no le acq'ie di tanti pozzi e di tante conferve nel fondo delle quali li fuole alzare uno firaro di Creta per impedire che l'acqaa in e nò rac- colta non filtii attraverfo alla terra eli perda. Sogliono anco- ra i contadini che abitano le Crete fare nei loro campi dei gran cavi ove raccolgono poi le acque della pioggia , e ve le confervano anche nei gran calori dell' efiare per abbeverare i be- ftianii , cofa che nei luoghi arenoli non riefce . Parrebbe a prima villa un fatto veramente Arano che la Creta che Ci lafcia così prontamente e con tanta facilità ammollire dall'acqua che la LI ri- a6i Atti ritiene per lungo tempo tra le fuc parti non permetta poi ali* n cdelima di penetrarla e di rilrrarvili a traverfo fé non avefll- mo ben riconofcìuta in ella la proprietà che hanno i fuoi gra- ni di lafciarlì gonfiar dall' acqua come i pezzi di legno. L'acqua che arriva fopra una mafia di Creta fecca trova dei grani pron- ti a riceverla e trova dei pafìTaggi tra detti grani, che la lafcia- no avanzare iino ad una certa profondità . Ala poi ella fteila ii ferra detti pallaggi ; perciocché a mifura che l'acqua vi s' in- troduce fa rigonfiare come abbiam dirooftrato i grani della Cre- ta , li difiende , e li forza a combaciarfi > ed a adatrarl-i efatta- mcnre gli uni cogli altri , ed a chiuder così il pallaggio ad al- tra acqua che fucceda. XIX Da quefta proprietà della noflra Creta di non lafciar pafTare cioè le acque ad una gran profondità 11 deve ripeter la cagione per cui cosi rare le fontane fcaturifcono dalle lue Colline, e quelle poche che lì rincontrano fi vedono folanien- te ili quei luoghi ove fono degli ftrari di Tufo. Di qui nafce ancora che non potendo come abbiam detto le acque delle piog- gie penetrare la nofira Creta ad una gran profondità fcorrcno effe in maggior copia che in altre terre fuUa fua fuperfitie, la dilavano , e contribuifcono anche per quefta parte a formare quelli sfoflati dirupi che fpeflb s'incontrano in quel paefe co- pie accennammo fui principio di quefto difcorfo. XX. Una proprietà ancora molto fingolare della noftra Creta fi è quella di ritenere 1' umido molto tempo una volta che efià fé n' è imbevuta , e di aver bifogno di una maggior quantità d' acqua per ridurfi in una pafta mole quanto un al- tra terra bagnata, e di afibrbire dall'aria umida più acqua di quello che ne fia capace di afibrbire un egual volume di altra terra . L' efperienze che ci hanno condotti alla fcoperta di que- fta proprietà fono le fcguenti. XXI. Abbiamo fatti tre cubi della fteflTa grandezza for- mati dentro la ftelfa fcatola i il primo di efll era tutto di Cre- ta, il fecondo era fatto di una pafta formata di Creta e di Re- na che in egual dofe furono ben mifchiate , il terzo era tutto fomiato di Rena , e tutti e tre erano di una pafta ben bagna- ta capace di ftare infiemc tanto quanto potefiero conferva re la figura di cubo che loro fi era data. La mattina dei 15. del Giu- gno Dell' Accademia . 1^3 ^o fcorfo fui mezzo giorno furono efpofli detti cubi all' ari» aperta di una camera , ove non potelFe mai dare il Sole in qual- che diilanza tra di loro dopo eliere flati efattamente pefati . Il Cubo di Creta pefava once 11. den. 7, gr. 3. Quello mifchiaro --- — - — = io. --31.- = 3. Quello di Rena -- — ----=io. -« 7.-=i. Ripefati li fteflì Cubi la mattina del 18. detto a mezzo giorno dopo 3. giorni di un tempo fcnipre umido efrefco li trovò eh» Quel di Creta pefava — - - once 9. den. 3(5. gr. 2. Quello mifchiato -------= 9. --=12. -■7. Quello di Rena = 8. --=35. - = 9. Ripefati i Cubi fuddctti la mattina del 20. detto dopo due giorni umidi e frcfchi li trovò che Quello di Creta pefava — - - once 9. den. 2. gr. 3. Qjello mifi.hiato — -- — — = 8. --=24. -=7. Quello di Rena = 3. --= =9. Ripefari i Cubi il 22. detto dopo due giorni non caldillìmi fi trovò che Quello di Crc-a pefava- once 8. den. 42. gr. 8. Qjcllo niilcfiiaro- ---.----=8. --» 20.-= — • Quello di Rena — -- = 7. --=46. -=ii. Il 23. detto a mezzo giorno dopo una giornata calda e fec- ca i Cubi pcfavano lo ftelfo del dì 22. eccettuato quello di Re- na che era diminuirò di due denari, ma il 25. dopo avere a- vute alcune ore di fole ambidue i giorni 24. e 25. li trovò che Quello di Creta pefava once 8. den. 38 gr. i. Q..eIlo mifchiato = 8. --» 16. • = -— Qaello di Rena = 7. --=42. -=i. L l z XXII. 2(54 Atti XXII. Bifogna qui avvertire che avendo provato a fa- re la pafca dei tre Cubi della flellà conliltenza fcnhbile non era polFibile ftaccare pulitamente dai lati della ftatola il Cu- bo di Creta ed il Mit'chiato quantunque la fcatola folle fab- bricata in modo che ciafcun lato li poteflc (laccar )ibera- mence dal Cubo (abito che quelli folle llato formato . La- onde fu di nieilieri laiciar prolciugar per un giorno la pa- lla dei due Cubi faddetti avanti di adopraria , ò lia pre- parar quefla palla un giorno prima della palla che doveva fervire per il Cubo di Rena; quello iia detto per avvifare i lettori the quando i Cubi furono meffi all' efpcrienza quel- lo di Rena era più molle e di minor conlillcnza degli altri due ; con tutto ciò come li può vedere confrontando V ef- pericnzc furriferire è ufcita più acqua dai due Cubi di Cre- ta e Mifchiato che dal Cubo di Rena . Tutto quefto ci di- moftra a bailanza che la Creta ha bifogno di maggior quan- tità d' acqua per ridurli in una palla molle quanto una palla di Rena. XXUI. Lo fcorgere poi dall' efpcrienze fuddettc , come da quella del 23. di Giugno, che i Cubi di Creca e Mif- chiato pefarono lo Hello del giorno avanti, dopo una gior- nata molto afciurra , e lo fcorgere da quella del i^.. detto che dai Cubi fuddetti per elìère llati al Sole ufci maggior co- pia di acqua che da quello di Rena dimoftra fufficientemente r idoneità che ha la Creta di confervare in fé 1' umido per più lungo tempo che la Rena , quantunque nei primi gior- ni ufcille più acqua dal Cubo di Creta , che dal Cubo di Rena , e s' indurille ben prello la fuperficie del primo . XXIV. Per dimoflrar poi che la Creta ben lecca afibr- bifce dall'aria più umidità che la Rena abbiamo fatte le fe- guenri elperienze . Avendo riconofciuti i Cubi ben fecchi Se afciutti , e del pcfo collante del giorno 25. li portammo in Cantina ed il dì 27. di Giugno eiìcndovi flati un giorno in- tiero fu trovato che erano crefciuti di pefo , e che Quello di Creta pefava — once 8. dan, 42. gr. 6- Quello Mifchiato - - = 8. = 20. 5. QweJlo di Rena ----- = 7. = 4<5. — 11 Dell' Accademia . 26$ lì 19. di Giugno dopo efiere (lati i fuddctti Cubi dae giorni in Cantina fu trovato clie Quello di Creta pefava - - - once S. dan, 44. gr. io. Qaello ' Mifchiato = 8. = 22. = 7. Qaello di Rena ~ — = 7. =46. = 7. Il primo di Luglio dopo efTere ftati i Cubi per due gior- ni in Cantina fu trovato che Quello di Creta pefava - - - once 8. dan. 46. gr. 8. Quello Mifchiato - = 8. = 24. = 4. Quello di Rena = 7. = 47. = — . II 5. di Luglio dopo eflTere flati i noftri Cubi per quattro giorni in Cantina fu trovato che Quello di Creta pefava - - - once 9. dan. — . gr. 9. Quello Mifchiato = S. = 26. = i. Quello di Rena = 8. = — . = 6. XXV, Bafti quanto abbiam detto fin qui delle pro- prietà principali della noftra Creta elfendo alcune di elle a tutti ben conofciute , come quella d' indurarli al fuoco, di ve- trificarli &c. ne ci tratteniamo lungamente a parlare di quei falc di color di cenere di cui ella li vede alperfa in tempo afciatro , e che fparifce quando 1' aria è umida mentre dal Sig. Dot. Baldalfarriè llaio dimollrato elfer queftoun fai neutro, che non sveglia alcun feniibil tumulto con alcuna fpecie ne di Acidi ne di Alcalini, e che concorrono alla di lui composizione una terra Alcalica , un acido volatile d' indole dello Spirito di fa' Marino , e d'un folfo bituminofo . XXVI Riportiamo piti torto le efperienze che abbiamo farre per vedere 1' etl'etco degli Acidi e degli Alcalini fu la Creta lidia. L' aceto verfaro fopra una lamina levigata di Crera afciuita rifveglia in ella una furiofa ebullizio- ne. Lo fpirito di vetriolo vi fa lo ftelTo effetto. foUcva la Creta fubitaneamente in una fchiuma grolla e vifcofa da cui il i66 Atti fi vedono fcappare alcune bolle d' aria , ed in pochi momenti ricade la Creta e precipita lafciando la laftra fcabrofa , e re- ticolata irregolarmente. L' Olio di Tartaro poi non folo non produce alcuna eftèrvefcenza falla Creta , ma quello che e pila maravigliofo difficilmente 1' ammollifce . Abbiamo ver- fato delle goccìe d' olio di Tartaro fu delle laftrc levigate di Creta ed abbiamo nello flefTo tempo gettato delle goc- cic d' acqua di pioggia fopra altre laftre , e iì è olTerva- to che r acqua lì tingeva immediatamente del color della Creta» ma 1' olio di Tartaro rimaneva trafparente e limpido e per qualche tempo la Creta fottopofta eradura come pri- ma , quali fuffe ftato gettato fopra di una pietra ; gettato però lo ftefs' olio fopra dei pezzi di terra di Purgo oltre una leggiera ebullizione l' amm.ollifce immediatamente . Le ftef- fe efperienze ripetute fopra di altre terre abbiamo no- tato che in alcune di efle gì' Acidi fopranominati non pro- ducono ebullizione di fort' alcuna, e che in altre in quelle cioè che fi chiamano terre grafie e da lavoro ve ne pro- ducono una ben forte ma non così gagliarda come nella Creta .La Creta adunque è una materia più Alcalina delle ter- re da lavoro che fertili ii appellano . XXVIL Si fono da Noi difaminate ed indagate le pro- prietà principali di quefia noftra terra per potere fiabilirc io- qual genere ed in qual fpecie q^z vada collocata fé tra r Argilla o la Creta propriamente detta; quantunque vi (ia chi confonda la Creta coli' Argilla come fa M. Home nel fuo gaggio di Agricoltura con molti altri che di efia hanno fcrit- to, noi però feguiremo la ragionata divilione delle terre che ci ha data il dotto Profeflòre di Upfal Giovanni Wal- lerius , e diremo che la noftra terra non può ridurfi pre- cifamcnte al genere delle Crete da t^o defcrittc nella Claf- fe 1. Genere 2. della fua Mineralogia ove egli dice f, 1. Che la Creta e una terra Calcarea, di cui le par- -,, ticelle più delicate fono farinofc e fecche ; elleno fi attac- t, cano però facilmente alle dira fé fi toccano. „ 11. Col fuoco li fcorge che le Crete fono di una na<* >, tura Calcarea perchè elleno non fi reirificano loro fole » fen- Dell'Accademia. ì^j t, fenza aggtugnervi qualche cofa > ma bifogna aggìugnervi „ del Tale Alcali. „ 111, Si dirtende la Crera nell' acqua confiderabilmen- ,, te» e le da il colore che fogliono avere le terre Cre- }> tacee » ed entra in ertervefccnza cogli acidi . Quantunque la noltra terra abbia alcune delle pro- prietà della Creta defcrifta dal Wallerius , dirterifce però fommamente in queflo che la noftra terra d vetriiìca al fuo-» co fenza aggiunta d' alcun' altra cofa come fanno tutti quel- li che alTutono alle fornaci da mattoni e da vafellarai ; an- zi i mattoni ilefil &c. non fono altro che la nollra terra in parte vetrificata . Né tampoco può ridurfi la noftra terra al genere delle Argille defcritre dal fuddctto Wallerius alla Gialle I. Genere III , in cui egli dice ,> I. Chele Argille fonocompofte di parti unite, e fdruc* n ciolevoli , cubiche, o in forma di dado che hanno la pro- „ pnerà di collcgarli le une colle altre, „ II. Qjaii qualunque Argilla li vetrifica al fuoco, m» „ fé ne trovano di quelle che refiftono alla fua violenza i „ altre domandano un fuoco violentilfimo per elfer fufe. „ Qualunque Argilla fcoppietta al fuoco avanti di fonderfi , „ di qai è che il vetro che n' è prodotto è pieno di bolle „ e di fchiuma. „ lU. L' Argilla non fa effèrvefcenza ne coli' acqua forte ,, ne con alcun' acido fé non iìa mcfcolata con delle par- „ ticole impercettibili di terra Calcarea . „ IV. Tutte le fpecic di Argille divengono nell* acqua „ molli , tenaci e proprie ad eflcr lavorare , ma non fono f, fufcertibili di una grande eftenfione e gonfiamento. La noftra terra al contrario oltre all' eifer fufcertibile di una grande cftenfìone e gonfiamento come abbiamo dimo- ftrato dal Paragrafo quarto fino al Paragrafo diciotro. fa anche una feniibiliftìma eftervefcenzi cogl' Acidi come fi è facto vedere al Paragrafo ventifei . La noftra terra adunque non è né la Creta , né l' Argilla di Wallerius. Ella è ben- sì la Marna di Wallerius , il quale al genere quarto par- lando della Marna dice. 9» I« atfg Atti „ I. Quando la Marna è pura compatta e faponacea, „ le fue particole più delicate fono ordinariamente rine e }) dolci al tatto, ma lìccome le Marne fono mefcolare per ,, la maggior parte con le Argille e con le Crete di fopra ìì dcfcritte li trovano comunemente ineguali , e ruvide al » tatto „ IL La Marna s'indurifce al fuoco al fegno che fé ne li cavano delle fcintille percuotendola coli' Acciaro . Ve n' ha ,, di quelle che lì cambiano in un vetro mezzo rrafparente, j, e mezzo opaco > nel quale non li vedono bolle , nia è „ compatto e ferrato . „ III. Ogni Marna fa efìèrvefcenza con l'acqua forte, e „ con gli altri acidi, ciò che manifefta k prefenza di una „ terra Cretacea . „ IV. Se li tempra la Marna nell' acqua fé ne troverà „ di quella che fi lafcia lavorare , e altra che non può eller- „ lo , benché elleno fembrino egualmente tenaci e grafie al „ tatto ; quefio dipende dal piiì o meno d' Argilla che vi „ è mefcolara . La noftra terra adunque è una Marna mefcolata di Cre- ta, e di Argilla, mentre effa non è cosi morbida al tatto come la Marna pura , la terra di Purgo , che anch' efia( co- me olferva lo fteffo Wallerius alla fpecic 21. ) è una fpe- cie di Marna , i Boli e le altre terre faponacee come coli' efperienza ciafcuno può convincerfene. Ella s' indurifce mol- tifilmo al fuoco , e ben fpefib veggiamo cavar delle fcintil- le dai mattoni con i ferri dei cavalli . Bafia andare ad una fornace di mattoni , e di Vafcllami per vedere dei pezzi della noftra terra da un fuoco un poco più violento dell' or- dinario vetrificati, denfi, pefanti e poco trafparenti per [ac- corgerli dell' efiftenza in ella dell' Argilla di Wallerius. Fa grande effervefcenza cogli Acidi come il è detto al fopraci- tato Paragrafo ventifei per moftrare che in eflà vi è una buona parte della Creta Calcarea dello fieflb Wallerius. In fine è duttile e fi lafcia lavorare in Mattoni, ed in Va- fellami benché ve ne fia di quella che non è molto oppor- tuna per detti lavori eflendovi in cfia troppa Creta e po- ca Dell'Accademia. 259 ca Argilla cofa che la rende capace piutroOo di sfarinarli all'aria , e di calcinarfi che d'indurire e di vctrificarfi . Ecco pertanto dimoftrato che le terre dell' agro Sancfc coniunementc chiamate Crete non fono altro che vere Alar- ne una mcfcolanza cioè di Creta propriamente detta , e di Argilla conlirtendo la ditlcrenza delle loro diverfe Specie in quello folamcnte che alcune contengono più di Argilla, ed altre meno ; quelle che contengono più di Argilla oltre all' elFere più proprie per lavorarle in Mattoni &c. abbiamo of- fervaro ancora cffere le più flerili , dove al contrario quel- le nella di cui compolizione vi entra più di Creta che di Argilla e che fanno per confeguenza maggiore efiérvcfcenza cogli Acidi fono meno iterili e più proprie per 1' Agricol- tura . Lulìngandoci d' aver ballantementc moflrara la natura del- la noftra Creta, (ij palleremo a trattare della Vegetazione delle piante come fui principio ci liamo propofti di fare . GAP. IT. Della Vegetazìoit delle piatite. §. I. Non crediamo opportuno di diffonderci lungamente full' argomento di quello Capitolo dopo che tanti Filofofì e Naturalilti di grm nome hanno fcritto dei volumi in que- lla materia . Le efperienze per tanto ■, e le ragioni che qui riporteremo non faranno tutte le nollre, ma la maggior parte di Van Helmont il Padre , di Roberto Boyle , di Ha- les, del celebre Woodward , di Mr. Eller, di Alr.Bon- net , di Mr. Du-Hamel du Monceau , e di altri accreditati fcrittori. Ci farebbamo anche volentieri difpenfati dal trat- tare quello argomento , fé egli non avelie avuta una troppo Al m ftretta (i) Siccome in quefto luogo cofi ancor» Paefe fokanto con qucfto nome , e non in molti p.lrri nei feguenti Capircli la- con quello di Marna che giuftamente fccremo il nome di Creta alla ncftra come abbiamo dimoftraco le convcrreb- tcrra perchè ella è conofciura nclncftr« kj. 270 Atti flrerra conneflìone con quello che fiam per dire nel Capitolo f'eguenre, e le quello che ora diremo non folle per gettare un gran 1 jme sii di ciò che diremo in avvenire i procureremo per altro di ufare di quella brevità che ci potrà accordare la chiarezza . il. Molti Filofofì han creduto che quello Elemento li- quido e tralparente che chiamali acqua lia quegli che for- ma per la più gran parte la bafe, o la materia folida, e cor- porea nei tre Regni della natura; che 1' acqua formi quella de' Vegetabili fu fofpetrato fin dall' antico Filofofo Talete 1 ed il gran riltaurarorc della Filolofia naturale il Cancelliere Bacone n'era convinto , e adottava quello lentimento ; Vaa lielmont il Padre 1' ha provato coli' efperienza fatta con un falicc che egli lece crefcere ad una grollezza conliderabile innaffiandolo folamente coli' acqua comime fenza che la ter- ra del vafo nel quale 1' albero era piantato diminuilTc col fuo pefo ; quello fu confermatto con delle efperienze limili da Roberto Boyle , & il Celeb. Woodward ne ha fatte di- verte altre che egli comunicò all' Accademia Reale di Londra . III. Noi lìeflì abbiamo allevate delle piante in un vafo in cui non vi era che del Crillallo pedo in vece aella terra in- naffiandole folamente con dell' acqua conmne ; lo Hello ha fatto il Celeb. Micheli . IV. A quelle elperienze ha aggiunte Mr., Eller le feguenti . Egli prefe dsir acqua di fontana la più pura che egli potef- fe trovare , e per afficurarli di vantaggio della fua vera purità la fece diltiilare adagio adagio a un lambicco di ve- tro a bagno Maria; con quefto me/zo tutto ciò che vi era di eterogeneo lì posò nel fondo dei lambicco, e non celò nel recipiente che un acqua perfettamente purificata , V. Con queft' acqua egli fece la prova della vcgetazicre a- vcndo pofti in molti fiafchi di vetro dei ramofcelli d' Albe- ro» e delle cipolle di nori , che prefto cavarono i loro ra- nù> foglie, e fiori, benché non avellerò altro nutrimento che r acqua purificata nella maniera fuddetta . Non gli fa difficile allora determinare la quantità , o il pefo di terra che r acqua aveva fornito per accrefcimcnto dei rami. Per- chè Deil' Accademia . J7i che avendo trovato il pcfo della terra, che un ramofccllo ( che pcfava per efempio un oncia ) refe dopo la fua combu- IHone e calcinazione ; adunque fé un altro ramo del mcdell- mo pefo , e della fte/fa fpecie pefava dopo una tal vegetazio- ne r altr' e tanto più ,ò meno, era facile di determinare al- lora che la metà delle parti terreltri che egli conteneva er» {lata prodotta dall'acqua del liafco . VI. Da quelle efperienze Mr. Eller fu convinto che 1' acqua forniva la terra come la bafe della folidità di tutti i vegetabili ; dello ileflc fentimento è il Celeb. Wallerius , il quale dice nella fua Hydrologia §• i. obfcrv. i. 2. che 1' a- cqua produce fempre della terra e che bifogna convenire che i minerali , e gli animali prendono il loro accrefcimento dall' acqua . Vii. Vi rimane però una gran difficoltà da fcioglierc; d' onde cioè tiri la fua origine quelia parte iniìammabilc , oleofa e relìnofa che li trova nelle piante . Mr. Eller ha rifpotlo alla difficolrà con delle efperienze . Egli aveva odervato , che la rugiada , e 1' acqua di pioggia raccolte ncll' eftate e ferrate b^n bene in bottiglie di vatro cominciano col tem- po ad intorbidarli e depongono a poco a poco nel fondo una materia torba e denla . Dopo aver egli gettata via I' acqua che foprallava a detta mareria gettò quella materia in una florra , e meflala al fuoco vide alzarli dentro di elfa delle nuvolette biancaftre che nei Recipiente li convertirono in una fpecie di fpirito acido , che fu feguito in apprelTo da un poco d' olio, o balfamo rolFiccio che fcendeva lungo . il collo della florta. Ricette per altro che la rugiada, e l* acqua di pioggia potrebbero in cadendo abbracciare e por- tar feco quella mareria infiammabile di cui 1' aria è fempre ripiena, e che riliede nei vapori che lì alzano contiuuamen- te dalla terra all' occalìone della combullione , e della pu- trefazione dei vegetabili e degli animali. Vili, Per toglier quefla difficoltà Mr Eller ricorfe di nuovo air acqua di fontana , e dopo averne diftillara una buona quanrirà a bagno Maria per ben due volte, quando egli fi perfuafo clie quefl' acqua fufle un liquido affai omo- geneo ed elementare , la pofe in due vali di vetro ben fer- M m a rati , aya Atti rati ) e tenuti detti vafi al Sole nel cuore dell' Eftate per niolte fettiniane offervò ben prcfto che quelt' acqua che in principio era coii chiara e trafparente cangiava infenlibil- mente di colore, e cacciando delle piccole velliche ed una fchiuma fottile alla l'uperficie ella diveniva un poco verdallra nel fondo, e meno trafparente. IX. Fatta diftillare 1' acqua fuddetta a bagno Maria finche non fullè efcira tutta 1' acqua pura e limpida , reltò finalmente nel fondo del lauibicco una piccola quantuàd'un liquore torba e meno trafparente . Pollo quello liquore ir> una ftorca col darle varj gradi di fuoco dopo ellereuicita dell' umidità lì alzarono al l'olito delle nuvole biancaiVrc , ufcì dell' olio un poco rodo tal quale come quando egli dillillò l'acqua di pioggia e di rugiada in certo modo putrefatta. Ved. anche Borrichio in Hermeto Egyptiaco . X. E' chiaro adunque che i raggi del Sole cagionano neir acqua un cangiamento elfenziale per mezzo di una Ipecic di fermentazione in cui la pongono , che fa nafcere ncU' ac- qua i due principi il necellarj alla produzione delle piante. Chi fa che il fale ritrovato nell' acqua non lia quell'acido univerfale fofpertato da tanti Filofoli che li genera in elia dalla forza dei raggi foìari e che combinato con divcrfe ter- re forma i diverli fall come l' Allume, il Vetriolo, il bal- coinune &c.? XI. Un oflTervazione molto volgare può fervir di con- ferma di quanto abbiamo detto fin qui. Noi vedianio che 1' accrcfcimento e la produzione dei vegetabili non luccede che nella ftagione dell' anno in cui il Sole caufa un certo grado di calore che è fuiìiciente per operare nell' acqua gli elictti fudderti. XII. Baila leggere la Statica dei vegetabili di Hales per vedere quanto ila grande la trafpirazione delle pianre, e di quanto gran nutrimento per confeguenza abbiano bifogt'u par- ticolarmente nei gran caldi . Quello dimollra fufhcientemcn- te la velocità prodigiofa con la quale 1' umido, o il lugo ricevuto dalle radici fcorre per i tubi cilindrici d' una pian- ta , e per confeguenza lo sfregamento coniiderabile dell ac- qua colle pareti dei tubi cilindrici fuddetti ai quali h dc- . ve Dell'Accademia. 173, ve attaccate una qùantirà della terra in cui fcnipre V acqua li converte come abbiamo di Copra veduto. Anzi fé li agiti un poca d' acqua in un mortaio ci vetro con un pcUa- glio par di verro , quella s' intorbida, divcnra vifcidaed alla une li converte in una terra cilreniamente delicata .Vi fono fhti an- che dei Filici i quali hanno riempiute delle boccie di Cri- ftallo con dell' acqua pallata al Lambicco per ben 40. volte e dopo averle ligillatc ermeticamente ie hanno adattate alla ruota d' un mulino o ad altra macchina ; dopo 4. o 6. me- li hanno ritrovata 1' acqua fuddetta convertita per la maggior parte in una terra fottiliffima , o in una materia tartarofa aderente alle pareti delle boccie. XIII. Con quella fpecic di Meramorfofi vale a dire per la converlìonc dell' acqua in una materia terreftre ogni pian- ta acquilla la fua folidità , e la fua bafe ; tutto quello potreb- be fervire per dimoflrare che la terra d' onde le piante fcappano per acquillar poi la loro perfezione neli' aria , non contribuifce in conto alcuno al loro accrefcimenro fé non in quanto ella riceve e conferva nel fuo feno 1' acqua nu- trice che la pioggia tornifce , e che il Sole feconda per fomuiniltrarla poi alle radici le quali aumentano in numero fotto terra a mifura che la pianra li accrefce per prenderne la quan- tità neceilaria al fuo foilentamenro , e per flabilirlì ed attac- carli fortemenic al luogo ove ella è nata. Una terra adun- que capace di ritenere l' acqua in una dofe convenevole e fci.) ta abbailanza da lafciarii penetrare facilmente dalle radi- ci farà fempre un ottima terra per la vegetazione. XIV. Qjantunqae in generale le piante crcfcano in una fleda maniera , e che 1' acqua preparata e fecondata dal ca- lore e dai ragiii del . Sole Ila il loro nutrimento comune « tuttavia elleno li dillinguono quali tutte per la loro figura» e per altre qualità dirtércnri che con i noftri fenli vi di- fcuopriamo . Pare molto verilimile pertanto che 1' Autore della natura abbia polla q:.ella differenza nel feme di ciaf- cuno individuo per la pri>d izione delle fpecie innumerabi- li che richiede la perfezione di qaello Globo che abitiamo. Filici abilidlmi hanno modrato che ciafcun feme contiene la delineazione intiera di una pianta > o di un albero in coni- pen- 374 ATTI pendio ; V acqua o fia fugo che entra nelle piante non fa altro che fviluppare colla fua circolazione quelli piccoliffimi flami , ed ingrandirli convenevolmente . XV. A riguardo poi alle altre differenti qualità che di- fcuopriamo nelle differenti piante non fono mancati di quelli che hanno creduto che non folamente vi fono nella terra dei fughi differenti per il nutrimento di ciafcuna pianta , ma che ancora in ciafcun fugo che ad una pianta conviene vi fono delle foftanze particolari per formare ciafcuna parte d'una fleffa pianta » e che effendovi della differenza tra '1 fapore del- la polpa di una pefca , e quello della mandorla che li trova dentro il nocciuolo , han creduto che foffc neccffario che nel fugo che entra nel pefco vi foffero tanti fughi particolari e di- ftinti per nutrire ciafcuna parte del medeliiuo. XVI. Non è difficile il dimoftrare che le piante fi nutri- cano tutte d'uno fleffo fugo , imperciocché fé folle diverfamen- te» e che ex. gr. la Lattuga prcndeffe dalla terra un fugo dif- ferente da quello che prende la Cicoria , è chiaro che ponen- do un certo di Lattuga tra dei certi di Cicoria , qierta Lattu- ga verrebbe più grande che fé Ci ponerte tra altra Lattuga; le offervazioni però ci fanno vedere quotidianamente ciò effer fal- fo. Per provare ancor meglio quefta propoiizione con un e- fperienza » prendete un vafo da Giardino in cui vi fieno 7.10 8. libbre di terra e feminatevi quella pianta che volete, ella troverà in querta terra , e nell' acqua che voi impiegherete per innaffiarla tutti i principj che faranno convenevoli al fuo nu- trimento ; quando effa farà arrivata alla fua perfezione fmuo- vete un poco la terra del vafo e fcninatevi un altra fpecie di pianta , innaffiatela ed effa vi maturerà , così potrete fucceffi- vamente allevare in quefta ftefìà terra tante fpecie di piante quante voi vorrete. Ma fé i fall, gli o?j ec. di ciafcuna di quefte fpecie foffero differenti gli uni dagli altri, bifognercbbe, che tutti querti principj efirteffero in querto poco di terra , il che è impoffibile , perchè quando ciafcuna di dette piante al- levare nel vafo non deffero che un oncia tra fale, terra, e o- lio, coir allevare fucceffivamente nella terra del vafo delle pian- te a avprebbe un prodotto di fale, terra , e olio che eccede- rebbe di molto il pefo della terra del vafo , il quale fi fa che ri- Dell' Accademia. %yg. rimane Tempre lo ftefib . Si rubano bensì al contrario le pian- te il fugo nurritivo colle loro radici , rubandolo le più forti alle più deboli, come li conofce fé li feminino delle piante troppo vicine» mentre allora quelle che fono più vigorofe ru- bano il fugo alle più deboli , le quali qualche volta perifco- no , e tutte inlieine non vengono così belle e così grandi co- me quando il pongono i fenii più lontani , e ad una propor- zionata diitanza. XVII. Il fugo adunque nutricante comune a tutte le pian- te fi modifica negl' organi delle medelime e prende nelle di loro vifcere digerenti qualità . Tutti gì' innefti provano e con- fermano querta propolizionc . In un Giardino di Firenze ab- biamo veduto in un vafo una pianta di Unione che oltre ai limoni portava i fichi, e le uve con i loro refpettivi fapori e figure, prova manifeila che il fugo che paifa a traverfo al pie- de del limone fi è modificato differentemente pallando negli organi del fico> e della vite. XV'IIi. Per la ftefla ragione pare anche verifìmile che gli organi delle piante diano al fugo loro le modificazioni che formano le dificrenti parti di un medelimo frutto . Se ci fi do- mandalle in qual maniera uno fteilb fugo può fervire alla for- mazione ed al nutrimento del legno del nocciuolo , della mandorla, e della polpa di una pefca, noi domanderemo per la ilelfa ragione al più celebre Anatomico come mai il Chilo che è il fugo degli aniiviali può formare la fofianza del cervel- lo, i nervi, le membriinc, la carne, le ofia ec. ; quefie opera- zioni dipendono da un Meccanifiiio sì fino, e sì delicaro che (i è nafoollo fin qui alle ricerche dei Filici i più attenti. XIX. Sicuramente non vi è parte alcuna nei Vegetabili che noi ci pofiìamo vantare di conofcere perfettamente ; Mr. Grew, Malpighi,e Du-Hamel, equalì tutti i Fifici non han- no fapito conofcere nella fuperficie delle radici altra cofa che un corpo Ipugnofo, che fcmbra ammettere indifièrenremente tutti i fughichc ii prcfenrano. Se q lefto è bifogna che i fu- ghi Ci moditìchino nelle vifcere delle piante come meglio lo dimofirano le piante allevare nell'acqua pura. AJr. Du-Hamel dice di avere allevate nell'acqua puriifima delle piante capilla- ri, delle cipolle di fiori, diiierenti legumi, e perfino degl* Al- 27<5 Atti Alberi; e pure quefte piante , dice egli» hanno trovato in queft' acqua Hnipidiilìrna di cha forniirc l' odor penetrante del Balfa- nio > il fapore dolce delle fave, l'acrimonia della Quercia, 1* amarezza delle mandorle, la vifcoiità dei bottoni del Caftagno d'India e per l' Analilì Chimica egli ha ritirati da quefle pian- te li ftelTi elementi come da quelle che fono ftate allevare nel- la terra. Noi ancoi-a abbiamo fatte in circa le ftede efperien- ze coir allevare nella pura acqua molte fpecie d'Orchide, le quali dopo aver loro nettate le radici da ogni terra le abbia- mo porte in varie caraflè di verro ripiene di acqua in cui non folo hanno perfettamente fiorito, ma tirati eziandio alla perfe- zione i loro frutti. La femplicità di querto principio nutri- cante ci pare che debba fervire di gran pefo per irtabilirne vie più r opinione , e ci pare che fia più conforme alla grandez- za , ed alla maniera di operare del fuo Creatore . XX. All'identità del noftro fucco nutricante Ci potrebbe fare la volgare obiezione facendo oH'ervare che certe terre fem- brano effere più proprie delle altre per il nutrimento di certe fpecie di piante. Una tal terra fi potrebbe dire è propria per la legala, una tal' altra per il grano, un'altra per 1' orzo , un'al- tra per i Prati concludendo che querto dipende dal trovarfi in queila meglio che in altre i fughi nutricanti querte piante; l'ortervazionc è giufta , ma la confeguenza è malirtìmo tirata. XXI. Rifpondendo a quefta obiezione Mr Du-Hamel oppo- ne ortervazione ad ortervazione fembrandogli piuttorto che una rteifa terra può nutrire iiidirtèrentemente ogni forra di piante. Si potrà allevare, dice egli, una pianta di Thimo che ama or- dinariamente i terreni fecchi , fc iì pianta in una terra di pa- lude trafportata in una montagna; nella rtcrta guifa fi potrà allevare un certo di giunco fu' della terra prefa fopra una mon- tagna purché fi trafporti in una palude. In querto cafo adun- q".e non dipende dalla natura della terra che il Thimo crefca naruralmenre fu' le montagne, ed i! giunco nelle paludi, ma dipende dalla natura delle piante, perchè il giunco efige più acqua che il Thimo il qnalc perirebbe in una terra troppo umida. XXil. Oltre a ciò i Botanici fanno che tutte le pian-^e •non folamente della noftra Zona temperata, ma ancora quelle delle Glaciali» e Torride fuflirtono nella terra del noftro cli- ma Dell' Accademia . 277 ma purché fi tengano in quel grado di calore e di umidità che alla loro fpecic conviene ; con quefla condizione la buona ter- ra fembra convenire a tutti i vegetabili ; in fatti le piante che fulTiilono in un cattivo luolo crefcono poi con un vigore llraor- dinario allorché fi trovano in una terra fertile . XXIII. Intanto non ogni terra conviene ad ogni pianta, inquanto alcune come quelle che fanno delle grandi produzio- ni hanno bifogno di una più grande profondità di terra buo- na vale a dire di una terra fcioira abbartan:^a da lafciar pe- netrare molto addentro le loro radici ; laddove quella che non ha che un mezzo piede di profondità può nutrire le piante di cui le radici non fi eftendono molto in dentro, come fono riiolte piante annuali ; una tal profondità per altro^on fareb- be capace di fomminifirare fufilccnte nutrimento agi' Alberi e ad alire piante ; ed ecco perchè certe piante vengono meo^lio in certe terre che in certe altre. XXIV. Quelli che foftengono la diverfità nei fughi nu- tricanti le digerenti piante Soggiungono che tutti i Coltivato- ri lì accordano in penfare che è cofa vanraggiofa feminare fuc- cedìvamente in una Aelfa terra dil^èrenti produzioni come il grano, poi l'orzo, la vena, i Pifelli , il miglio ec. con queflo cambiamento di femi li viene a tirare da una fielfa terra diffè- renri raccolte fucceflive ciò che non fi potrebbe fare fé vi fi cohivaffe coftantemenre la fleflà fpccie di biada. XXV. Convenendo del fa-to Mr. Du-Hamcl faofiervare che fé l'orzo non veciile bene dopo il grano, fé non perchè la ter- ra avelfc conferva'») per il n irrirnen^o dell' or/o h fpecie di fucco che gli conviene, ne feg li'-ebbe che li potrebbe fpsrare una buona raccoha di grano che folle fVaro feminaro fj' una doppia d'or/o per la ra-^ione che l'orzo non avcrcbbe conf;- ma^o i fughi che convengono al grano. rut>;ìvia ia raccoira del grano farebbe cattiva, perchè il grano non vi riufcirebbe fé la terra ove foffc llaro l'orzo non fulfe fiata prima prepa- ra-a per alcuni buoni lavori; in luogo che l'orzo meno deli- cato, e che non ha bilogno di tanto nutrimento riefce pafià- bilmente bene in un campo che non ha avuti che due lavo- ri. Qj^eda biada per altro farebbe delle produzioni nriaraviglio- fe fc fi fcminalie in una terra preparata come perii grano. In N n ol- 278 Atti oltre fé ciafcuna pianta non tirade da un campo fé non che i fughi proprj alla fua fpccie lì potrebbe fopprimere l' anno del Maggefe , e feminare nel primo anno del grano , nel fecondo dell' orzo , nel terzo della vena , nel quarto dei pifelli ec. tin- che la terra non ha recuperato quel fugo proprio per il grano per feminarvelo in apprellò . Si converrà però che con quello metodo continuato fenza interruzione per un numero d' anni non (1 otteranno quelle raccolte che lì ottengono dal Magge- fe , mentre in quelV anno di ripofo li danno alla terra i lavo- ri che fono neceirarj per dividerla , ridurla capace di elTere pe- netrata facilmente dalle novelle radici , e renderla idonea ad ammetter facilmente l' umidità nel fuo feno , e per far perire le cattive erb^ che toglierebbero il nutrimento al grano quando inlieme con elio vegetaflero. XXVI. Un altra ollervazione che fi allega ancora per pro- vare che le piante di digerenti fpecie non tirano tutte lo ftef- fo fugo dalla terra il è che una terra magra , che fi lafcia incolta } e che li copre di erbe a capo ad alcuni anni è in illaro di dare alcune raccolte aliai buone , nella ftelfa guifa i\ tanno delle buone raccolte col rompere i prati fenza foccorfo dei concimi» trovandoli quelle terre , in luogo di elìère fpollitc dall' erbe che hanno prodotte , aliai fimili alle terre nuove . XXV li. Il vedere che i grani riefcono perfettamente nei prati diflbdati è probabile che dipenda dal non eflèrli nutrite l'erbe dei prati che nella fuperlìcie delia terra, eilendo rima- ila poi al difotto delle loro radici una terra nuova che è an- che migliorata per le foglie e per le radici che ci fono marci- te. 11 Trifoglio, e il Lupinello devono elTere eccettuati però da quella regola , poiché quelle piante profondano molto in terra le fue radici , e può darli che ficcome elleno cercano il loro nutrimento a una gran profondità , non folo non fpoirano la fuperlìcie della terra , ma al contrario la ingrallàno colle lo- ro foglie che vi cadono , e vi marcifcono e dividono la terra col penetrarla come iì dille colle loro radici ; così la terra di- venta più propria per nutrire delle piante che domandano mol- to fugo , ed è per quella ragione che nelle terre forti ed ar- gillofe fi fogliono fare dei prati artificiali per romperli poi a capo ad alcuni anni, e feminarvi le fave ed i grani che così bene vi riefcono. XXVIII. Dell' Accademia. 179 XXVIII. La confcguenza più naturale adunque che fi può tirare da qucfte e limili ollcrvazioni li è che le piante non sfruttano punto la terra , e che elleno non li nuocònn che nel tempo che inlìeme vegetano , rubandoli quella umidità che fa il loro nutrimento comune. XXIX. I fautori della diverlìtà nei fughi nutritivi delle piante liinno anche la difficoltà perchè mai di due alberi del- la ilelTa fpe^ie uno piantato in un terreno magro » e l'altro in un terreno gralfo , il primo C£teris pariù/is ^todncc i fuoi fratti più faporiri benché più piccoli di quello che è piantato in un terreno graffo, che li produce più inlipidi benché più grolli. XXX. A quella difficoltà lì rifponde facilmente con quel che abbiam detto fin qui. Un terreno graflb come ognun fa è fenipre più frefco e più umido d'un terreno magro, per quella ragione una maggior quantità d' acqua egli potrà fom- minillrare alla pianta , di quello che ne polla fomminiflrare xìh terreno magro , quindi la pianta ed i frutti del terreno graffo faranno più grandi della pianta, e dei frutti del terreno magro ; or con gradi eguali di calore i raggi del ^olc averanno maggiore azione e penetreranno più facilmente nell'interno di una dofe minore d' acqua che in una più grande, e lo fviluppamento del fale e dell' olio che li fa per mezzo del caldo farà più gran- de c/etcris paribns nella dofe minore d'acqua, o lìa nel frutto più piccolo , che nella maggiore . La verità di quanto diciamo vien confernia'-a dall' ollcrvarc che quando la ilagione va mol- to calda ed afciutta anche i frutti della terra gralTà fono più faporiti di q Mando la Ilagione è frefca e umida; nella llelfa gui- fa i frutti dei terreni magri fono meno faporiri quando la Ila- gione è uiuida di quando va calda ed afciutta. Di qui nafce an- cora che in una llelfa pianta quei frurri , i quali fono cfpofti ai raggi del Sole più degli altri , o'tre al maturar più predo fono anchs più faporiri e di più bel colore di quelli che fono aduggiati . XXXI. Quantunque, come ci lufinghiamo ormai di aver dimollrato, tutte le piante fi nutrifcano dello ftcllb fugo, vq ne fono però di qiiclle che ne amano più, e di quelle che ne amano meno; quelle che hanno la più forte trafpirazione , ed i loro canali molto larghi non crefcono che dando fempre nell' N n 2 ac- Jtìo Atti acqua , come i giunchi , le ftiance ec, altre amano un terreno molto umido , come i Salici , gli Oppj e molte altre piante che in un terreno più afciutto perirebbero; altre poi penfcono in un terreno un poco troppo umido o ad una llagione troppo piovofa, e ad elle fuccede come ad un animale che prende piiò. cibo di quello che conviene al fuo temperamento > divengono del bello malaticcie , perdono il loro colore naturale e per una fpecie di putredine perifcono alla fine, e ii perdono; altre fi- nalmente non amano che un terreno molto fecco , come i Cap- peri ■ Tutta r intelligenza adunque dell' Agricoltore per far ve- nire felicemente una pianta del fuo Clima confifte in porla in una terra che ritenga una dofe d'acqua proporzionata al bifo- gno ed all'indole della pianta che vuole allevare, o di porre a forza d'indufiria la terra che poflìede in una iìruazione da poter ritenere quella tal dofe d' acqua e da lafciarli penetrare facilmente dalle radici perchè quelte ne profittino e fé ne im- bevano . XXXII. I Concimi fono fiati in tutti i tempi riconofciuti per opportunifiìmi a promuovere la vegetazione; quefti oltre al ritenere naturalmente una certa umidità cfie eglino aflbrbi- fcono da per tutto e dall'aria e dalla terra ed al dare per la loro leggerezza un facile palfaggio alle tenere radici delle piante , fa- cilmente ancora rifcaldando tengono così i pori delle radici fcm- pre aperti, e con quefto loro calore aiutano quello dei raggi del Sole a far falire più agevolmente 1' acqua nelle piante ed a promuovere la vegetazione. Qiiefia è apparentemente la ra- gione per cui le piante che così crefcono fanno i loro fieli più lunghi di quelli che crefcono nella pura terra non conci- roara. L'umidità, che abbevera le radici delle prime conti- nuam.ente, fa che tutte le parti della pianta confervino più lungo tempo il grado di flefiìbilità , e di mollezza che loro permette dicrefcere,e le radici ftefie penetrando più facilmen- fe come fi è detto in una terra concimata vi fi dividono, e fuddividono , e da quefia moltiplice fuddivifione di radici pro- cede ancora la grandezza della pianta , e lo fviluppamento di un più gran numero di germi e di fieli. Per altro anche i con- cimi bifogna che fieno dati alle piante in una dofe convenien- te , mentre un concirae troppo abondante è capace di danneg- gia- Dell' Accademia . 28 1 giare le piante o per il troppo umido che egli prende in una Ihgione piovola , o togliendolo e fucchiandolo alle radici rtef- fc in una Itagionc troppo afciutta o fvegliando una troppo gran- de fermentazione) e un calore capace di guallare e fcomporre la tellìtura delle radici fuddette . XXXIII. Bafta quel che abbiam detto fin qui fu' la vege- tazione delle piante per ciò che vogliam dire nel Capitolo fe- guenre; onde non parleremo né dell' ufo che cileno fanno del- le foglie , né della circolazione del fugo , ne della loro tra- fpirazione, né della neceffità dell'aria per vegetare eilèndone flato abballanza parlato e dall' Hales , e dal Linneo , e da Grew , e da Hook , e da Dedu , e da molti altri valenti Bo- tanici , e Naturalilli. GAP. III. Della vegetazione delle piante nella Creta t e del modo di renderla fertile . §. I. Tp\Opo quanto fi è detto nel Gap. I. fu' la natura del- jlJm la Greta, e dopo avere efaminato le fue qualità ad una ad una per poter rinvenire quale ila quella che la rende così flerile ed infruttuofa non ci è flato molto difficile il di- fcuoprie finalmente che la durezza della medeiìma quando el- la è afciutta iia la vera cagione della fua apparente (lerilità. Gli Animali certamente che non fono fiffati in un luogo pof- fono andare a cercare il loro nutrimento in tutti quei luoghi ove fperano di poterlo trovare; ma le piante non elfendo do- tate del moto progrellìvo degli Animali hanno ricevuto dall' Autore della Natura qualche cofa di equivalente; a forza di allungare e difendere le loro radici fi procurano da una mag- gior quantità di terra quel foftentamento o quell'umore che alla loro fu/Tìllenza ed al loro accrefciniento conviene : ^ Ma ,, quando , dice jMr. Du-Hamel Eleni, d' Agric. lik i. Cap- 2. le „ radici incontreranno dei terreni duriffimi , i progrelfi degli ,> Alberi, e delle piante vivaci ne faranno ritardati e le pian- „ te annuali vi periranno. „ in fatti balla dare un occhiata alle Colline di ^uel paefe che chiamiamo volgarmente la Cre- ta 28z Atti ta , noi vedremo generalmente che quei pochi alberi che vi s' incontrano fono piccoli aliai e itentati , nella ftelì'a guifa i gra- ni, e le altre biade » e tutte le piante annuali non vi crefcono mai a quell'altezza alla quale Cogliono pervenire nelle terre ordi- narie. Le radici di dette piante non potendo difenderli mol- to e penetrare la noftra terra, non pollono tirare dalla mede- lima tutto quel nutrimento che è neceflario per condurle alla debita grandezza ed alla loro perfezione . In q'-iegli anni per altro che le pioggie fono fpeife , e le ftagioni vanno molto ti- mide e poco calde, allora i grani e le altre biade crefcono nel- la Creta quanto nelle altre terre, e le raccolte che vi li fanno fono abbondanti quanto quelle che lì fanno nelle buone Cam- pagne. Da quefti dati lìcuri ed a tutti ben noti vie piii lì ricava , che la durezza della noftra Creta quando è afciurta è la vera cagione della fua apparente flerilità ; qr.efla fa sì che quelle poche radici ancora che la penetrano non fono alla por- tata di profittar facilmente delle rugiade , dei benefici raggi del Sole, e degl' influffi dell'aria. II. Quanto abbiamo accennato fin qui ci fa manifefl^o che tutto l'artifizio necellario per correggere 1' apparente Herilirà delle noftre Crete li riduce a trovare il modo di renderle pe- netrabili dalle radici delle piante , e a toglier loro queiia du- rezza che effe acquifl^ano quando lì afciugano; tutto quello e- xiandio che fin ad ora han fatto gli Agricoltori di quel Pacfe pare che abbia avuto quefto ftelTo oggetto. Le frequenti lavo- razioni colle quali procurano di rompere e di preparare que- lla terra , i concimi che le danno , e il feminar che fanno il lupinello ed altre erbe acciocché con le loro forti radici li dividano, e colle fue foglie la ingraflino, che è lo Oeflb, fo- no i mezzi che eglino han creduto fin qui i più opportuni per rendela fertile , e propria per le piante frugìfere . HI. Ai mezzi accennati che fi praticano utilmente da nìolti noi crediamo opportuno di aggiungere quello di mefco- lare e fpargere fu' le Crete fuddette altre terre difciolte come le arene, i tufi, le fabbie, le pietre Calcaree, i teftacei , e fi- mili altre cofe. Mr. Du-Hamel al Lib. 2. Cap. 2. così lì efpri- me: „ Ma quello che prova quanto lia vantaggiofo nelle terre n forti di facilitare il paifaggio dell' acqua , dei raggi del Sole > » e Dell'Accademia. 283 „ e delle radici fi è che qualche volta fi accrefce la loro fer- „ tilità metcolandovi delia Sabbia in luogo del concime i la ,) Sabbia non fornifce certo alcuna foftanza , ma impedendo „ alle molecule di riunirfi un poco troppo produce i buoni ef- „ tetti che noi defiderianio „ . I frequenti lavori e gli altri mezzi che continuamente fi praticano contribuifcono ficuramffn- te come fi è detto a divìdere le Crete e a prepararle per la vegetazione , ma ritenendo effe Tempre la loro natura ben pre- fto s' indurifcono di bel nuovo o pef il calpeftìo dei beftiami o per le pioggie , come fuccede a tutti i terreni forti i quali prefiamente indurifcono, ficcome a tutti è noto, fé piova fpef- fo fopra li medefimi. All'incontro poi il mefcuglio delle ter- re fciolre , e fa loro in certo modo mutar natura e tiene divi- fe e dilciolre le loro parti fino a tanto che non fia fiato por- rato via dalle piogge quello ftrato di Creta che con quefio metodo è fiato mcglioraro. IV, Abbiamo veduto al Gap. I. come l'acqua non difcen- de nella Creta che poco profondamente, e al Cap. II. abbiamo dimoftraro quanto ila nccefiaria l'acqua per la vegetazion delle piante. Dividendo pertanto e difgiungendo le particole della Creta col mifcuglio della Sabbia delle pietre ec. farà piiì facile a quefio nutritivo e benefico elemento di difcendere ad una maggior pronfondirà e di andare ad alinientare quelle tenere radici che anch' elfe più facilmente vi faranno penetrate , così la vegci azione verrà promofia eie piante giugneranno finalmen- te alLi loro ordinaria grandezza , e perfezione . V. S' incontrano fparfe per le Crete delle Colline in- tiere e degli ftraii di tufo , di pietre e di terre arenofe, come lì dilfe al Cap. I. fcorrendo pertanto quel paefc lì trovano fovente dei piccoli piani di fondo cretaceo ai qua- li refia vicina qualcuna delle dette Colline tufacee : in quefii piant fi vedono tempre le più belle biade che altrove e an- che nel più caldo dell' efiate fon rivefiire di erbe , e verdeg- giano alquanto . Nel girar che abbiamo fatto per la Creta , ad oggetto di far delle ofiervazioni e' imbattemmo una matti- na in un pezzo di terreno vicino a Mociano che all' occhio fembrava pura Creta , ma che era tutto rivefiito di macchie e di roghi ; ci forprefe fui bel principio il vedere i roghi che i84 Atti che hanno bifogno di ferpeggiare (otto terra colle lóro ra- dici, e di eitenderie alfai, ci lorpreCe diifi il vederli così ri- gogliolì e belli nella Crera ; elaminando poi bene la lìtna- zione effetto dell' ingrairaniento fatto con vegetabili non li fa „ fentire nelle terre più durevole di un anno , ma il miglio- ,> raniento dei campi operato colle materie fofllli dura per „ aliai lungo tempo », . In alcuni luoghi della Creta banefc come per elempio verfo la Torre a Caftello il trovano de- gli ftrati di Creta fotto i quali a una mediocre profondità s' incontra il tufo ; i contadini adunque di quel Paefe foglio- no fcavar delle folle per tirar fuori il tufo e mefcolarlo colla Creta perchè 11 fono bene accorti che quello mif- cuglio porta loro delle belle raccolte» come uno può eflèr- ne convinto interrogando la gente di quei Paefe . VII. Ala per non fare come q jegli fpeculativi che pretendono dal fondo del loro Gabinetto e fenza avere una conofcenza diretta dell' Agricoltura dar dei metodi , e d' imporre delle leggi ai cohivarori , non effendo per lo più i loro fi- ftemi che il frjtto dilla loro immaginazione la quale fo- venrc travia e loro llelli e q lelli che gli adottano con fidu- cia riporteremo in conferma di q :anro abbiamo propollo le cfperienze che i due anni fcorii abbiamo fatte con tutta di- ligenza (a quella materia . Vili. Il 27. di Febbrajo del 1768 giornata molto ferena e piuttofto calda pigliammo quattro vali ben grandi di ter- ra cotta, e li riempiemmo cialcuno per due terzi della Cre- ta dei poggi di Colie Malamerenda la più fterile , e la più ingrata che li potè trovare ; detta Creta era allora umida fulhcienreaiente , finimmo poi di riempire per l'altro terzo tutti e quattro i detti vali nella maniera fcguente . Pofemo nel primo uno flraro di tre pollici in circa di altezza della {Iella Creta mefcolata ben bene con cenere di legna brucia- te avvertendo che la cenere poteva ellere in circa alla fcila parte di tutto il mefcuglio . Nel fecondo pofemo uno llrato della iìeih. altezza del primo compoilo di Creta e di terra d' orto ben gralTa mefcolare iniìeme colle doli del primo mef- cuglio. Finimmo di riempiere il terzo con Creta pura fenza alcun mefcugho . Nel quarto poi dopo averlo quali rieinpiu- O o to idó Atti to affìtto di pura Crcra vi tirammo fopra un piccolo ftrato di pura labbia dell' altezza di tre linea incirca , in ciafcuno dei vali (addetti furono polii ad eguali dilhnte fette acini di fcandslla in fette didercnti buchi fattivi con un piccolo ftecco, che poi taron turti fecondo il coftume delle femente ordinarie ricoperti e chiuli. Tutti quelli vali furo- no fepolti quali a fior di terra in un orto in modo che la fuperlicie dei medeliini rimancile quali al pari di quella dell' orto > ma in modo che non follerò aduggiati da piante vicine, e non potellero ricevere che 1' acqua che loro ve- nille dal Cielo. L' orco come i vali godevano del Levan- te , del Mezzo giorno ed un poco del Ponente ancora avendo in tacciai poggi di colle Malamerenda d'onde la Cre- ta fu tolta . IX. La ftagione continuò ad elfere molto afciuta > e tolte poche pioggie , che caddero nella Primavera 1' Eftare fucaldilfi- maedandiffima con grave pregiudizo dell'erbe, e dei beltia- mi come ognun lì rammenta ; con tutto quello dopo 26. giorni lì vide fpunrar la fcandella dei vali , e la prima a nalcer fa quella del quarto , in cui germogliarono felicemente tutti e fette gli acini, due foli ne germogliorono nel primo e quattro nel fecondo , ma niuno degl' acini del terzo fu capace di rompere la dura croita che la pura Creta aveva fatto in una ilagione così afciutta e calda , onde in quello terzo vafo non fi vide mai spuntar fuori la fcandella . 1 meli confecutivi di Aprile , Maggio e Giugno continuarono ad cller caldi , e fereni per la maggior parte , e quantunque le due llentate e magre fpi^he del primo avellerò già prefo il loro colore di maturità avanti S. Giovanni, e le undici fpighe che fpunta- rono dai quattro acini del fecondo follerò mature avanti il due di Luglio , pur tattavia afpetrammo a coglierle tutte in- fieme l' undici di Luglio, perchè tra le quarantadue fpighe che gettarono i fette acini del quarto oltre al rion edere ben mature vi erano particolarmente quelle che chiamano la fi- gliolanza che tardarono molto a maturare , ed erano anche un poco verdi quando furon tagliate, la paglia era lunga quanto quella dei campi, eccettuata quella del primo vafo che era cortilTima . X Bi- Dell'Accademia. 287 X. Bifogna avvertire in quefto liiogoche gli acini che lì trovarono nelle due fpighe del primo vafo erano magri e quali lenza farina afiàrro, gli acini delle undici fpighe del fecondo erano per la maggior parte aifai pieni e fodi ; tra le quarantadue fpighe del quarto ve n' erano alcuni dei vori ed in particolare nelle fpighe della figliuolanza che furono col- te un poco immarurc , li trovò per altro che la fcandella del quarto vafo aveva fatto delle 97.» quella del fecondo del- le z6. incirca non avendo mai contati che gli acini ben ma- turi e graniti . Vogliamo qui riportare 1' ollèrvazione che fc- cemo nel feguente Autunno ; cavammo dai vali tutta la Cre- ta che vi avevamo porto e ii trovò che nel quarto vafo le radici della fcandella avevano minutamente penetrato tut- ta la Creta fino al tondo del vafo nel fecondo un poco me- no e nel primo pochilTimo . Quando 1' Accademia nel Gennaro del ij68. propofe quefto Problema, era già palfara la ilagionc di fare delle ef- perienze fu la femenra del grano > onde ci convenne afpettare all' Ottobre dc/lj llciFj anno, nel quale pcnfammo di ripe- tere colla fcmeiiia del grano 1' efperienza del quarto vafo, ma alfai più in grande. A quelV effetto li prefe un pezzo dilla Creta piìi magra dei poggi di Colle iMalamerenda nel mezzo di un campo nell' efpoli/ione la più meridionale ed in un fullìciente declive ; quefto pezzo era un quadrato di fedici braccia quadrate , a ciafcun' angolo del quale furono mclTI dei pezzi di legno per riconolcerlo ; quivi i contadini femi- narono il grano come nel rimanente del campo fenza get- tarvi concime di forra alcuna , quantunque fuori del quadra- to tutto il campo folle ftato palfabilmente concimato ; dopo alquanti giorni mentre il grano era già nato , e nel quadra- to fembrava più raro che nel rimanente del campo, fecemo gertare fa '1 quadrato una mediocre quantità di rena fterilillì- ma e mediocre al legno che dopo la prima pioggia in qual- c'iò parte del quadrato li fcopriva la Creta, pur tutta via nel mefe di Maggio 17*^9. il grano del quadrato raffittì a un fcgno che non v' era bifogno dei quattro legni per ricono- ftgrlo tanto verdeggiava fuperiormente a quello del campo vicino . Noi Giugno feguente li vide h paglia del quadra- O o 2 co 'ibd Atti co più alta di quella del campo , e le fpighe più lunghe e più gravi delle altre ; finalmente verfo gli ultimi del Giugno il grano del campo era da legarli come in fatti fu fegato, ed il grano del quadrato era anche verdaftro e non fu fe- gato che il cinque di Luglio ligucnte, e laddove in uno fpazio e- guale del campo turun tagliate tre manne di corta paglia , e non molto pelanti ; nel quadrato fé ne tagliarono cinque di una paglia lunga e bella e molto pefanti , le fpighe furono tutte trovate pienilìime di acini ben lodi, e maturi , e l'ef- fetto in lomma corrifpofe a maraviglia alla nollra efpetta- zione , perciocché il grano che li cavò dalle cinque manne fìiede nel pefo al grano cavato dalie tre manne come il y- al 5. Stimiamo bene di dovere avvertire che oltre alla rena gettata fopra la Creta non lono Hate fatte maggiori diligenze al grano del quadrato di quello che lo follerò a quello del campo, onde non tu mai iarchiato , non tu levata erba, ma fu fempre abbandonalo a le hello . Dopo legaro il grano d' alquanti giorni ci pofemo a llrapparne fuori le radici ed in quella operazione videmo che gli acmi del quadrato aveva- no gettato più germogli di quelli del campo , che la paglia era più grolla e che le radici ii erano profondate ed e- {lefe di più . La rena che ricopriva la fuperhcie della Creta ha impedito che quella facelìe quella tanto dura corcec- cia , che fuol fare, onde hi dato poi tempo alle tenere radici di profondarli ed eltenderli ed ha hcilicato ai germoglili palìàg- gio nell' aria . Se dunque un leggiero ftrato di rena è capace di produrre sì fatti fenomeni , cola non li deve arpcttare da un forte mefcuglio di Sabbia e di Creta , quando quella in- certo modo perderà quella fua micidiale dilpolizione ad indu- rirfi ed allodarlì sì perverfamente? XII. Siccome poi abbiamo oiFervato che nel corfo della paffata ellate non oùante il grande afciuttore il Quadro fuddet- to è flato fempre più verde del rimanente del campo , credem- mo un ottimo conlìglio quello di rompere prima colla Zappa certe Colline un poco difficili ed erte di leminarvi poi il fie- no e di fpargervi l'opra in apprellb della Sabbia quello che ci ha particolarmente confermate in quella opinione li è che nel girar che abbiamo fatto per le Colline delle Crete fé mai ci fiamo Dell'Accademia. itìt; fiamo imbattuti in qualche pianta di fieno o di altra er- ba più verde, e più rigogliofa delle altre, ollèrvando ci lìa- nio accorti che quella aveva intorno un mifcuglio di altra terra. L'indullria propofla li può facilmente praticare in quei colli ove vicino li trova qualche Collina o qualche ftrato di Tufo ; il tieno , e 1' erbe vi naCceranno molto bene e colle lo- ro forti nidici penetreranno facilmente la Greta per tutti i vcrli e bene abbracciandolala riterranno in modo che le acque non faran più capaci di portarla via o di farla dilaniare così prodi- giofamente e di fcavarvi quei profondi dirupi che ad ogni pioggia li accrefcono . Perciocché abbiamo dimoflrato nel Gap. I. che l'acqua non filtra a traverfo ad un groiFo ftrato di Greta e che dall'altro canto eflà ii fcioglie e fi unifce perfettamen- te coir acqua , onde trattenendo!! la pioggia in qualche manie- ra fu' la fuperficie ed avendo campo d' intenerirla e difcioglier- la formandoli così un fol fluido grave e pefante difcende poi con facilità nei borri, e ad ogni piccola pioggia li mura fu- perficie , e notabilmente li ileriliice ; coli' accennata pratica fi verrà a rimediare a tutto quefro ; le Golline della Greta fa- ranno fempre verdi, e in quefìa guifli fi potrà accrefcare in quel Paefe il belHame che per la bontà del pafcolo potrà dar- ci ottime carni e formaggi fqaiiiri . Quelli che pofiiedono dei Poderi nei Poggi di Golle di Malamerenda confrontando nei loro libri dei conti il frutto che loro davano quefii fondi più di due fecoli indietro col frutto che loro danno prefentemen- re vi trovano una differenza molto fenfibile . Avanti le ulti- me guerre della Repubblica Senefe quede Colline erano tutte rivellitc di erbe e nutrivano così una più gran quantità di be- iliame con gran profitto del loro Padrone. Nel tempo delle guerre non potendo i Sencfi coltivare le loro più belle* Cam- pagne , come la Val d' Arbia ec. furono coftretti a coltivar le rerre più vicine alla Città, allora fu che ruppero i Colli di Malamerenda per fcminarvi il grano e le altre biade; allettati i Senefi dalle belle raccolte che fui principio vi fecero conti- nuarono a feminarle finché non fu portato via dalle acque quel- lo Arato che le radici dell'erbe avevano così ben divifo e le ibglie delle medefìmc così bene bonificato e governato; ma dopo pochi anni il paefe diventò Iterile duro edmgrato, vi fi for- 290 ATTI formarono dei profondi dirupi , e per non avervi i Senefi fui bel principio riparato ignorandone forfè la cagione , il male è femprc andato crefcendo a un fegno che prefenremente quan- tunque di due poderi ne lia flato fatto in qualche luogo uno folo, quefli rende un piccoliffimo profitto al Padrone e prefen- ta agli occhi dello fpettatore il profpetto il più fquallido > ed il piij ingrato. Xlll. Procuriamo a forza d' induflria e di fitica di rive- nire di erbe le dette Colline, facendo in modo che le radici pollano penetrare il fuolo almeno i primi aiini, eifendo lìcuri che nel feguito elleno fleiTè ogn' anno lo boniHcheranno col- le loro foglie e con le vecchie radici che vi marciranno , e al- lora la nollra Città farà provifta di quel genere di cui tanto fcarfeggia , vale a dire di carni faporite, e di buoni formaggi» ed i Padroni ritrarranno dei conlìderabili profitti da quelli fqual- lidi deferti . Non ci pare qui necelìàrio di ulteriormente dif- fonderci in dinioftrare il modo di far vegetare nella Creta la vite e qualunque albero potendofi facilmente ricavare da quan- to abbiamo detto fin' ora. E' certo però che fé li faranno del- le grandi buche nella Creta , e quelle lì riempieranno con Cre- ta mefcolata con Teflacei , con Sabbie , pietre ce. ponendo in clfe degli Alberi che chiamano di forti radici come i Peri ec, quelli piiì facilmente vi vegeteranno, e vi faranno delle belle produzione. Sentire in quefto propoiito come li efprime Mr. Filips nel fuo Poema intitolato il Sidro tradotto dal Conte Magalotti . Se una tenace Creta Solo ti cadde in forte . . . /' avventato Pera lofio fi lancia e con le fite rohufie Radici inve/ìe sì che ogni più duro Smalto in breve penetra e vi trionfa . In alcune Colline della Provenza tutte di Creta fi pratica ri- guardo agli Alberi quelche abbiamo adeiFo accennato come ci è tiaro alTìcurato da vm tal Simone Zamparini che ha lavorato colle proprie mani in quelle Contrade che fono il Giardino delia Francia. XiV Dell'Accademia. jpi XIV. Qui cade in acconcio il ripercre il pafTo di Colu- mella lopracitaro ., Ut fabidofis locis Cretam 'nigcreret . « Per fare delle abbondanti raccolte dire Mr, Du-Hamel non balta aver dati alla terra dei buoni lavori né di averli repetuti quan- to conviene fecondo la natura dei dilièrenti terreni ; egli è an- che necellario di megliorare il fondo con dei governi e conci- mi ; anzi certe terre non pollono dilpenfarfene i e forra in fe- guiro il fuddetto Autore quelii che s' interellano ai progrefli dell' Agricoltura a procurare di renderli meno difpendioiì e meno cari che li può, e più abbondanti, perchè così i bravi Agricoltori potendo unire molti governi alla buona cultura giungeranno a procurarli delle abbondanti raccolrc. Ognun fa che detti governi iì pollbno rirare e dal regno Minerale e dal Vegecabile , e dall' Animale , ma la maggior parte di elfi in mol- ti luoghi o fono affai fcariì e a caro prezzo o difficili a procu- rarli. La Calce riconotciura da tutti per un ottimo governo è carifllma in quei luoghi che fcarfeggiano di legna; i concimi fono rari ove vi è poco pafcolo per le bertie , e fono poi ca- riffimi nelle vicinanze della Città quantunque ve ne iieno in abbondanza. La Marna iìcuramente è il migliore dei concimi, ed a ragione Mr. Du-Hamel la chiama un ineftimabil teforo e repura felici tutti coloro che polfono polfcderlo nei proprj cam- pi. La proprietà che eifa ha di fertilizzar le terre l'è coniane con molte altre forti di concimi; ma quello che rende quello foffile ringoiare e fopra gli altri conci coniiderabile li è che laddove quelli fervono alla terra di un nutrimento e di una fecondazione palleggiera di modo che fparlì che lìeno un anno convien replicarli il feguente , la Marna all'incontro, qualor fiali con giuOo metodo adoperata per render fertile una terra che ne ha bilogno ed una (ola volta con elfa mifchiata bene , lì conferva benefica e liberale per molto tempo , lafcia i terre- ni fertili di ogni forra di biada che in effi venga feminara per lo fpazio di 20. ed anche 30. anni fenza che uopo abbiano gli Agricoltori di nuovamente concimarli. XV. 11 tante volte citato Mr. Wallerius è di opinione che la Marna convenga particolarmente alle terre leagiere e Sabbionefe ( delle quali abbonda iingolarmente la Sanefe Cam- pagna) perchè dà ad elfe una certa coniilknza ed un certo cor» 292 rs. i t i corpo ; egli conferma la fua opinione coli' autorità degl' In- gleii che concordemente fono della flciìà opinione ed hanno per fondamento certo i fatti e le efperienze replicate . In fatti Gabriele Anet in una fua Lettera a Mr. Bertrand è di pare- re che a così fatte terre anzi convenga fopra tutte le altre la Marna , perchè la natura di eflTa è appunto di legare le terre e di dar loro una certa coniiilenza ; per qucfto mezzo corret- te le terre Sabbionofe ritengono conie abbiamo veduto al Gap. I. più facilmente 1' acqua delle pioggie e delle rugiade ed in magf^ior copia alTorbifcono dall'aria di quell'umido che nel Gap. II. abbiamo dimoftrato efler così necelfario alla vegetazion delle piante. XVI. Qualunque per altro fiafi la ragione per cui quello folTile fertilizza così prodigiofamenre le terre leggiere , egli è notorio che con l'ufo della Marna i'\ è conìiderabilniente per- fezionata in Inghilterra la cultura delle biade, e rutta l'agri- coltura in generale. Il Ghiariffimo Gav. Nickolls nelle fue of- fervazioni fopra i vantaggi della Francia e della Gran-Brerta- gna per rifpetto al commercio parlando dell' Inghilterra dice „ le fue Marne fono ad effa tanto utih e ne poffiede di tan- „ te forte diverfe > che non v' è terra d' alcuna natura la qua- „ le non polla eflere refa fertile con quello mezzo ; 1' efperien- „ ze che eda ne ha fatte dopo la reftaurazione dell' Agricol- „ tura fono innumerabili . « Noi potremmo incominciare da Plinio e fcendendo fino ai noflri tempi potremmo riferire un numero infinito di autorità per provare come l'ufo di quello follile lia (laro quafi fempre conofciuto particolarmente da cer- te Nazioni . Se quello non foffe flato già fatto dal Gelebre Sig. Zanon in un fuo libro che ha ultimamente pubblicato fu' la Marna . Neppure è noflra intenzione riferir qui le tante in- numerabili efperienze che furon fatte col mezzo della Marna nella colrivazion della terra. Ghiunque il compiace di leggere le belle Opere di Agricoltura che fi vanno pubblicando dagl' Incieli , dai Franceli , dai Tedefchi, e dai noflri ItalJsni an- co^dy e chiunque fcorre gli Atti di tante Accademica tale ef- fetto infliruire può ritrovare le più certe reflimonianze di que- fta verità. Tutti in fomma gli Scrittori di Agricoltura hanno concordemente pronunziato che la Marna è uno dei più uti- li Dell'Accademia. 295 li concimi che facilitar poflà i progrcffi di un arte così nccefTaria. XVII. Oltre all'aver noi dimoltrato al Gap. 1. che la no- ftra Creta è una vera Adarna , quello però che ci deve lìngo- larmente incoraggire a far ufo fìcuro della noftra Creta per marnare le noftre terre leggiere Ci è che dopo aver letto quan- to è flato fcritto fin qui fu' la natura della Marna abbiamo con- clufo che nefiuno Scrittore ha additati i veri caratteri onde di- ftingucr la Marna dalla Creta. Anzi fembra allo ftefTo Signor Zanon che alla Marna , alla Creta , ed alla Argilla alcuni ar- tribuifcano le Iteilè proprietà . I Greci infarti per fertilizzare i campi adoperavano una certa ipecie di Argilla bianca» e Plinio mcdelimo colloca appiinto tra le Marne una fpecie di bianca Creta ; Varrone ed il fopracitato Columella dicono il medefimo e tra molti moderni lo rtelTo Mr. Bertrand approva l'opinione di Mr. Geoffroy , che la Marna ila una folianza niedia tra l' Argilla, e la Crera. Comunque fia ; fcggiunge il foprannominato Sig. Zanon „ comunque lia egli è certo che „ tutti fono d'accordo in quello che l'Alcali mifchiaro in „ giufta proporzione fu' la terra fia la vera cagione della fua „ fertilità; parmi adunque di porere avanzare quella p opofi- „ zione che tutta la diilèrenza che può pailàre tra le Crete , „ e le Marne coniìlla in avere più o meno Alcali. XVIII. Nel primo Gap. abbiamo dimoftrato con delle chimiche efpcrienze quanto la nollra Crera abbondi di que- llo Alcali, e quanto ella Ila perciò adattata a rirenerc 1' umi- do che ha una volta alìorbito e ad alforbirne del nuovo e dall' aria e dalle cofe che le fono vicine per fomminillrarlo poi alle piante che le fono raccomandate , e per fertilizzare quelle Terre che ellendo troppo fciolte e troppo leggiere mancano di qualità così necelìàrie per una bella e ricca ve- getazione. Refta iolo che non venga trafcurato un mezzo che dalla divina Previdenza è itaro prcfentato così bene al- la noftra induftria per compenfarci della naturale fterili.à del- la maggior parte de' noftri terreni e che non fi rìcufi di porre in opera un così preziofo Teforo . XIX. Permeglio incoraggire gli amatori dell'Agricoltura a una pratica cosi utile torna in acconcio di riportar qui le efpericnze che noi abbiamo fitte col mefcolare la noftra Cre- P p ta 2y4 Atti ta in un terreno affatto arenofo , ed anco in cui neppur 1* erba liioi germogliare e che rimane quali icnipre nudo e fpa- ruto particolarmente quando le Uagioni non Tono piovoi'e > ma vanno calde ed afciutte .' Nel Fcbbrajo del 1768. aveva- no vangato i contadini del Podere un pezzo della Terra fuddetta in una Collina molto fcofcefa eipolta al mezze gior- no ed al Ponente per feminarvi la fcandeila , come edi dico- no a buche quando il dì 26. del pred. Mele in una giornata molto Icrena , e piuttollo calda gettammo in 11. delle buche che eglino avevano fatto una quantità della nolìra Creta un poco umida mel'colata alla meglio colla rena Itelfa del campo ( la Creta polla in ogni buca era tanta quanta fé ne poteva prendere con una mano ) indi lafciando fare il refto ai con- tadini medelimi, gettarono eglino per ogni buca egualmente una quantità di concime come 1' avevano gettata nelle buche ove non era fiata polla la Creta ed in feguito pofero in ogni buca fette acini di fcandelia ben contati che noi medeiimi ad efh porgevamo ► Qiiantunque però continuane la flagione ad effef molto afciutta fpuntò dalle buche fa fcandelia , ma dopo molti gior- ni , e nella Primavera non era dillicile il riconofcere coli' oc- chio foltanto le buche ove era fiata polla la Marna febbene follerò fiate con degli flecchi notate. La fcandelia dcile bu- che non marnate era giunta già alla fua maturazione avanti S. Pietro quando quella delle buche marnate era ancor ver- dadra , benché la flagione folle fiata fino ad allora caldilh- ma ed aridilFima come ognun li rammenterà facilmente . Fu fegata per tanto la fcandelia delle buche non marnate il gior- no avanti la Madonna di Luglio , e fi fece un manipolo da 11. buche le più vicine alle buche marnate . Convenne poi al- pettare a legare la fcandelia dalle buche marnate fino all' otto di Luglio fuddetto , quando fi fegò da elle un mani- polo di fcandelia che per la lunghezza per la grodezza del- la paglia, e per il pefo mollrava bene la fua differenza dall' altro manipolo , balli il dire che fi contarono fino a 45* fpighe per buca non comprefe alcune della fìgliaolanza , che erano ancor verdi ed immature , e dopo aver tribbiato fepa- rataraente idue fùddetti manipoli con tutte le cautele necellàrie fi e a- Dell' Accademia. 295 cavarono dal manipolo delle buche marnate once 17. e dèn. 7. in circa di una fcandella ben granirà e pulita» quando dal manipolo delle buche non marnate iì cavarono oncie 5. e dan. 20. di pulirà fcandella ; iiccome poi avanti di femi- narc la detta fcando'la li pefarono i 77. acini che furon po- rti nelle bachc marnate e il trovò il loro pelo di dan. 6. e gran. 4 come pure li trovò eller lo ftedb il pefo dei 77; a- cini che fervirono per le buche non marnate , non ci è ftato dilficile il calcolare chela fcandella marnata ha fatto delle 130. e la non marnata delle 26. La Cagione come altre volte fi è detto continuò anche dopo la fegatura ad effer caldiUìma ed aridilFuiia , mentre il Sole con tutta la forza dei fuoi raggi percuoteva e piombava fui luogo delle buche fuddet- te , non oftante verfo la fine di Luglio elTendo andati a sra- dicare la paglia che dopo la fegatura vi era rimafta , fi tro- vò che le radici della fcandella avevano per ogni verfo pe- netrata e difcioha la Marna , e che quefla era pur tuttavia un paco umida e frefca; quindi a noilro credere procedeva il tro- var che fecemo tra la paglia della fcandella alcune foglie an- cor verdi; laddove all'incontro fradicando la lottile paglia del- le buche non marnare il trovò che le radici erano fottililTìmc, che poco (i erano dillefe , e che erano atiarto inaridire come appunto la paglia che era fiata fempre fu' la fuperficie del fuolo . Non ftarcmo a diffonderci di vantaggio in riportare altre fperienze e in fare ulteriori ri;lcflloni fu' quelle che abbiam ri- ferite lullngandoci di avere ormai dimoftrato ad evidenza /"// qiitil maniera fi poffa la noffra Creta render feconda , e qua' li utilità Jì fojfano ricavare -, che è quanto domandali dal pro- pofto Problema . Ma liccone di quefla Creta varie fpczie fé ne ritrovano e tra quefle alcune più proprie ed altre me- no per marnare utilmente le terre leggiere» diremo folamen- te che la maniera più femplice per riconofcere la migliore lì è quella di gettarvi fopra dell' aceto e di fcegliere quella che fa una maggiore ebulazione , elfendo ficuri che quella contiene in maggior copia q'JcU' AlkaH alTorbcnre così, op- portuno per promuovere la vegetazione , perchè li è appun- to il più proprio per ritenere 1' umido che ha concepito , Pp 2 e per 2^6 Atti e per attraerne femprc del nuovo e dall' aria > e da tutti i corpi a lui vicini. Chiunque però deiidererà ulteriori no- tizie lu quefto folTile potrà coniultare il più voice citato li- bro del celeb. Sig. Zanon . Speriamo per altro che doqo aver dimoftrato il mo- do di render feconda l' ingratilfuna Creta e di convertir lei ftellà in un benelico concime , non temeranno li dovi- zioli Pollefori di quelle Campagne il tenue difpendio almeno dell' efperienze per vedere quelta felice nietamorfoli che ope- rerà e perpetuerà in certo modo 1' ubertà nelle loro tenu- te , dal loro cfempio incoraggiti gli altri lì piegheranno fi- nalmente a una pratica che porrà far mutar faccia a molte delle noftre Campagne , che convertirà li fquallidi deferti in tettili polTeffioni che porterà l' abbondanza e la richezza, che aumenterà il commercio dei generi primi e che pro- durrà in fomma nel noftro Paefe quella felice rivoluzione che ha prodotto in Inghilterra ed in altri Paeii l'applicazio- ne air Agricoltura e 1' ufo lìngolarmente che l' Inglefi han fat- to delie Marne , di quello follile dill'emo che li trova fparfo per tutte le noftre Campagne , e che la divina Pre- videnza ha riporto nelle vifccre medelime della terra per- chè ufandone l'uomo, per renderla feconda non fodero inutili le fatiche -, t\ vani i fudori a collo dei quali egli fu condan- nato a procurarli la propria confervazione dopo la colpa dei primi fuoi Progenitori. Non differire alla dimane , o all' altra Che r uomo che fa vano il fuo lavoro Il granaio non empie ne anco quello Che dijferifce e va procaHinando, E la premura il jno lavoro accresce . Ha (empre le di/grazie falle braccia V uomo dijferitore del lavoro. DIS- __ , i., Efiod» nelle £ue gloroBte. Tr«J. Sai*. 297 DISCORSO DEL SIGNOR GIO DOMENICO OLMI LETTO Nella prima adunanza periodica dell' Anno ly^S. ATif/ quale fi efaviiua > fé il Loglio , fecondo la. volgare opinione , fia prodotto in alcune occafioni dalla jemenza del Grano. fGgetro di maraviglia fu fcmpre agli Uomini il veder germogliare una pianta in quei luoghi , ove prima non ne avevano veduti i femi > e quindi a mio giudicio ebbero origine in ogni tem- po quelle ftravaganti opinioni , che alcune pian- te cioè dalla putredine, o per dir meglio dal calo follerò generare , e che altre per cagioni affatto aliene , ed infafTi- ftenti foggette folFero a degenerare in piante di fpecie di- verfa . Gli Antichi non ebbero in confiderazione lo ftudio del- la Storia Naturale , fé non per V utilità , che poteva ri- trarfene, onde tutto ciò che non ifpettava alla coltura» ed agli ulì delle piante , fu da loro creduto inutile , e trafcu- rando le più efatte ricerche nella Fiilca de i Vegetabili» adottarono molte opinioni , che falfe fono ftate dipoi ri- conofciute da i più moderni NaturalilH , .i quali con mag« giore accuratezza hanno coltivato un tale ftudio , ed il Se- col noftro può dirli meritamente in quella parte il più il- luminato d'ogni altro; ma tutravol a, ilccome a fradicare dalla mente degli Uomini, e fpecialmente de i più volga- ri , certe invecchiate opinioni reità cofa molro difficile , co- sì anche oggigiorno non manca chi in qualche parte am- metta r equivoca generazione degli Amichi , e trovali chi follie- ipS Atti foftiene ? che la Temenza di alcune piante , la quale abbia fofferto qualche patimento, o ricevuta non conveniente col- tura , porta degenerare, e produr piante di fpecie diverfa. Noto è a ciafcun di voi , quanto in ogni età , come lo è parimente nella noilra , lia llata da tutti agitata , né mai baltantemente fchiarita la volgar quifdone , fé la pianta conofciuta col nome di Loglio fia una pianta di propria fpecie, o fé per degenerazione prodotta iìa in alcune cir- coftanze dalla femenza del Grano . Quefio » Signori , è il foo-^etto., .di cui imprendo a favellarvi ; ma ben conofco di non patere appieno foddisfare i virtuolì voftri dcliderj, e mifurando le forze mie , molto volentieri mi farei efenta- to dal prefentarmi queft' oggi in quefta virtuofa adunanza , fé a ciò non mi obbligafle una di quelle Leggi , con cui il noftro ClementiiTuTio Sovrano ii è degnato recentemente ono- rare la noftra Accademia, ed alle quali farà fempre per me un pregio di eterna memoria 1' elFcre il primo in quella parte ad obbedire. Se mai la Natura ha fempre agito con gran libertà ne i fuoi prodotti , quello al certo può dirli averlo fatto , più che altrove , nelle piante , nello fludio delle quali fé mai cerca il Filìco d' inoltrarli , altro alla fine con fuo flupor non vi fcorge, fé non una bella, e maeftofa con- fuiione di cofc . Abbaflanza ci teftificano una tal verità tan- ti liilcmi , e metodi con incredibili fatiche orditi per di- fìribuir con cert' ordine tutte le piante a noi cognite , ed alla fine trovati quefti fempre imperfetti , e con qualche no- tabile eccezione, talmente che per qualunque parte fi fia- no induilriati i Bottanici di andar dietro alle tracce della Natura , fono fempre arrivati ad un punto , ove la mcde- iima è fparira loro di vifta, e fono ilari corretti, non di- rò vergogpofamentc , ma con lor confaiione a volgere in- dietro i pafiì » né mai li è potuto fin' ora trovare il naturai fifterra delle Piante . Nói fappiamo effer cofa fuffìcicntemenre da i fatti com- provata, che per mezzo di ftraniere fecondazioni iiano pro- dotte delle nuove fpccic fra le piante, e fappiamo ancora che il terreno , la coltura , il clima , ed altre circoftanze fono Deil* Accademia. |ì^(^ fono valevoli a produrre delle varietà nelle medefime > fenza ellèrci noro le leggi , ed i confini di tali variazioni ; onde ne nafce la difficoltà di ilabilire quali lìano i corpi primi- tivi della creazione: ed infatti mentre alcun Filofofo s'im- maginò di veder racchiufo entro il piccolo germe d' una pianta quell' iniìnito numero di piante, che dalla mededma in futuro potevano eilcr prodotte > altri penfarono che i germi si delle piante ; come degli Animali folfero confa- famenre fparli per tutta la Natura , ed allora foltanto li fviluppailero , quando una adattata matrice li prefentalle lo- ro , ed altri finalmente credettero , che lì formad'ero i ger- mi in ciafcuna pianta ; ma per vero dire non (ì è da alcuno fin' ora ben dimoftrato qual fia di quelle opinioni la mi- gliore, ed io, vel confcllb , non ardifco , né vaglio decider sii quefto punto. Ma frattanto come poter ragionare , le una pianta polla nell' altra trafinutarii fenza filfar q'iefto prin- cipio? In mezzo a tale incertezza, permettetemi, Signori, eh' io vi efponga foltanto ciò che flimo più veriiìmile, fe- gnendo l'ufo degli antichi Accademici, i quali, al dir di Cicerone (i). Nihil a(prmant y cjr qiiaji de/per at a cognhione (erti-, ì il je qui voluiit ■> qnodcnmqiie veri/imiìe videatiir . Non poflìamo in primo luogo negare, che per quanto la Natura con i fuoi ammirabili prodotti attragga per ogni par- te la nollra curiolità , e le noftre ricerche , non celia però mai d' occultarli ai nollri fguardi , fpecialmente ne i primi tratti delle fue operazioni, ne i quali dobbiamo pur confef- fare di non fcorgcrvi altro , che una mano non foggetta ad alcuna legge ; ma quantunque agli occhj noflri ila vietato il potere fpiare la catena di quell' infiniti rapporti , con cui danno fra loro conneffe le còfe create , e d' onde ne nafce 1' armonìa del tutto , veggiamo per altro nella Natura un' ordine coftantc , che ci forprende , ed il quale non inten- diamo per vederlo il più delle voice procedere da acciden- ti, che agli occhj noftri feiubrano fconcerti. Quindi è che, fé veggiamo i Vegetabili foggetti a certe trafmutazioni , del- le quali non ci fon note le vere cagioni , non dobbiamo però (i) De Fin. Lib. i. .,..; 300 però da quefto indurci a credere , che tali variazioni non fiano limitate da certe leggi , e che procedenti dal puro cafo fiano per confeguenza valevoli un giorno , o 1' altro a in- durre nella Natura un totale difordine, lo che farebbe un' opinare direttamente contravio al (enio comune, ed alla ra- gione ; Imperciocché , quantunque ii fappia , che moltilTìme piante fono ftatc da i Botanici fcoperce , le quali hanno riguardate » come nuove fpecie , per non effere ilare per 1* avanti da alcun' altro defcritte , troviamo però confcrvare in Natura quelle fpecie, che rin da i più remoti fecoli e' in- dicarono gli Storici , ed i Naturaliftì » delle quali fé pure alcuna a i giorni noftri non ritroviamo , ciò pofllamo fcnza dubbio a molte altre più ragionevoli cagioni riferire , piut- tofto che credere aver le medeiìme degenerato a tal fegno che più non lì diftinguano . Una delle piante, che troviamo d'efcritte da i più re- moti Scrittori iì è certamente il Loglio , chiamato ancor datali Antichi Zizania, la quale vien nominata più volte , e defcritta in maniera da non poterli con altre confondere nel Sacro Tefto . Siccome poi quella pianta fin dal fuo principio fa da- o-li Uomini fperimentata aliai nociva , ed incommoda attefo che nafceva framifchiara colla pianta la più necelfaria per 1' umana vita, penfarono in ogni tempo a difender/ì da qucft' Ellere a loro nemico , e non avendo mai potuto , per quante diligenze abbiano polle in pratica , ellerminarla , lì diedero a credere , che il Loglio li generalTe in maniera divcrfa dalle altre piante , e perciò venillero delufe le loro pre- mure. Si confermavano poi in tale opinione dall' oflervarc alcuni , benché molto equivoci accidenti , i quali accompagna- no la vegetazione di quella pianta, e quelli fono Ilari il mo- tivo perchè in ogni età lìali alternativamente creduto , ora che il Loglio folTe un prodotto di propria fpecie , ed or che folle una pianta degenerata dalla femenza di altre, talmen- te che fé pretendeffimo raccoglier dalla Storia le autorità de-iU Scrittori, per favorire o l'una, o l'altra opinione, farebbe cofa difficile il determinarli a decidere quale di due ^abbia Dell'Accademia. 301 abbia maggiore > o miglior numero di fautori > e troppo lun- go farebbe il riferirli tutti. Può dirli però in compendio che fra gli Antichi fembra che la maggior parte pendeilero a credere il Loglio prodotto dalla temenza di altre diverfe piante, putrefatta per la fover- chia umidità ; ma di qual pefo debba elìèr prellb di noi l' au- torità di quelli fu tal foggetto , lafcerò ad altri efaminarlo : ■ a me fembra foltanto , che dai loro Libri polliamo ragione- volmente arguire non eiferfì i medelimi in quei tempi molto internati nel filìco cfamc di certe proprietà dei Vegetabili. Dille , è vero , Teofrafto , che la femenza del Grano , e dell* Orio erano più delle altre facili a cambiarli in Loglio, ma, a ben riflettervi, dice fempre tal cofa iltoricamente, come af- feriragli da altri, e dalla maniera, con cui il medelìmo (i) in pili luoghi lì efprime , chiaro può conofcerfi , che non li era coi proprj fperimenti aflìcuraro della verità del fatto, anzi può forfè ragionevolmente crederfi , che molto ne dubitalTe, riconofccndoli in altri luoghi delle di lui opere , aver egli pof- fedure delie cognizioni fuperiori ancora a quelle dei noltri tem- pi . Ci alTerifce poi Galeno (2) che avendo più volte fuo Pa- dre feminato del puro Grano , e veduto nafcer col medeiìmo ancor del Loglio , ne deduceva che vera foffe la degenerazione del primo nel fecondo ; Ma tale fperimenro fenza altre cau- tele , ognun di voi giudicherà quanto polla elfere equivoco , e fallace , Chiamò Plinio malattie delle Biade indillintamente molte diverfe piante alle medelìme infefte, e foltanto dille , che l'Orzo degenera in Avena, fpecialmente nelle terre, ed annate umide (3), Dopo i tempi di Plinio fra tutte le altre Scienze reftò ancor la Botanica abbandonata fino al decimj quinto fecolo, in cui gran numero di perfonc li applicarono CLq al- (i) Niilltim ex feminìhus eorriiptam Pia- fan in alititi aptum eft , prxterqiiam Triticufii , atqiie Hordciim , qua wuta- ri in Loliititi afferiint , miigij'qiie Triti- CUI» Th^opbr. Hifl. PI. Lih. 8. Qap.6. Loliuin nx Tritico , ^ Hordeo cor- ruptis ennfcitiir, vel fi id mitiiss, na- Jci quidcin iiitcr Triticum folitiim efi- fe , Hiilli dubio efl . Uem loc. cit. cap. 8. (i) De Alimeiit. Factilt. Lih. i. Cap. 37. (3) Piimum omnium frumenti vitiuin ejl Avena, ^ Hordeum in eam degenerat ir e. Soli vtaxime , cwlique humore hoc evenit viti in» Pliii. Lib. 18. Cap. 17. Na:ii Lolitim , (^ Tribulos , ir Car- duos , Lappafique , non magi s quain Ru- bos , iitter friigiim morhos potiiis , quam iuttr ipfius terra pcjìis uumera-jerim. PI. Loco Cit. Bromus fiemen eft fipicam f-rentis beri)tt : iiajcitur inter vitia figetis A' vena ge/i.re . Id. Lib. 21. Cap. ij. 302 ATTI allo ftudio delle piante fu i libri dei Greci , e dei Latini , ne altra cura ii prefero, fé non d' interpetrare i niedelimi, a fe- fegno che le cognizioni di quei primi commentatori lì riltrin- gono foltanto a ciocché in detti Libri trovavafi riferito . Ser- vir può d' efempio quanto ci efpofe il noitro celebre compa- triotta Pietro Andrea Mattioli, laboriofo per altro, e lode- vol Botanico, al Capitolo del Loglio, dicendo , che tanto il Grano, che 1' Orzo tralignano nel medelìmo, non altre ragio- ni adducendo , che l'autorità di Teofrafto , la quale peri mo- tivi di fopra addotti lafcerò ad altri giudicare quanto polla fu tale articolo fervir di prova . Finalmente in quefti tre ultimi fecoH , nei quali la Botanica ha avuti , per così dire , infiniti feguaci , come ce lo dimoftra il gran numero delle piante nuo- vamente efaminate , e defcrirre, non lì è però fchiarita la no- flra quiftione al di fopra di quel che era nei tempi dei fud- detti primi Botanici . Non pochi ancor fra i Moderni vi fono flati, che abbiano credutala degenerazione del Grano in Lo- glio, ma non vi è Turo però alcuno fin' ora, per quanto io fappia, che con efatti , e replicati fpcrimenti lìafì baftaniemen- te alTicurato della verità del fatto . Non ha molto tempo , che ii è intefo, che il Sig. Sypenfiein Prelìde deirilluftre Ac- cademia d'Harlem oilervò, dopo aver più voice tagliata 1' A- vena mentre era ancor tenera in erba , divenuta poi la mede- fima vero Grano , ed in Copenhaghen parimente alcune pian- te della detta Avena tagliate più volte perchè tardalTero a fpi- gare, dicciì che finalmente lì trasformallcro nella pianta detta Bromiis focialis (i). Queiti fon fatti, ai quali non vi è ragion da opporli , ed io torno a repetere, che la Filìca dei Vegeta- bili è molto ancora all'ofcuro; ma tuttavolta , benché qui non lì tratti di piante di Grano trasformate in Loglio , lo che ap- parterrebbe alla nofira quidione, non crederò mai ofiender la verità , fé mi trattengo a creder vere tali degenerazioni , e ftimo effer necefiario a tal' uopo maggior numero di ofiervazio- ni; poiché, giulla ii fentimento di uno dei più illuminati Fi- lo- (i) Vcg;a(i l'Efl-rat. della Letterat. Euro- blico Piofenore di Medicina, e di Bo- pea. lyiJj. Tom. i. pag. 157. . come tanica ncH'Univcrfità di Perugia flam- pure un' erudita , ed, elegante difTertazio- fata in detta Città 1' anno 17(J8. alla no- ne fopra i cattivi effetti del Pane Logliato ta 4. pag. 3. del Sig. Dote. Annibale Marietti Pub- Dell'Accademia. 303 lofofi del fecol noflro (1), la fola ripetizione frequente, ed un feguito non interrotto dei medelimi avvenimenti coftitui- fce r ellenza della lìlica verità. Vi fono flati per altro due dei più illullri , e laborioll Natìiralifti , i quali per quanto abbiano ihidiato con reiterate, e diligenti olTervazioni di vedere quefla da molti vantata raetamorfoli del Grano, non è mai riufciro loro di poterla ottenere : uno di quelli li è il celebre Malpi- ghi (z)ì e l'altro l'illultre Sig. Carlo Bonnet, il quale nel fuo bel Libro delle Ricerche dell'ufo delle foglie nelle Piante di- ce , come , non fapendolì perfuadere , che fofTe polTibile tal degenerazione , tentò più volte con varj fperimenti , benché fempre invano, di poterla ollèrvare: riporta il medelìmo un fenomeno comunicatogli da altri d'eirerlì veduta una pianta di grano colla fua fpiga , e dai nodi della medefmia pianta forrire altro gambo colla fpiga di Loglio ; vi annette ancora la figura di quella pianta, ma moflra per altro di porre in dubbio un tal fenomeno. Anch'io per verità ho udirò alcuni aiferire d'aver vedute Spighe che portavano degli acini di Lo- glio framifchiati con altri di Grano , ma non ho per altro avuta mai la fortuna che me 1' abbiano potute far vedere , benché molte ricerche ne abbia fatte . Dico perciò , che fé mai vera folle la degenerazione del Grano prodotta da certe cagioni cotanto ovvie , quanto volgarmente lì fuppo- ne , non farebbero così rari tali fenomeni , nò fé ne conte- rebbe uno folo non bene fchiariro fra tanti milioni di pian- te, che faranno fiate olfervate da tutti coloro, che fin' ora fi fon dati la pena di far con occhio indifferente qualche efame fu la prefente quiftione. Il fopracitato Sig. Bonnet, parlando, come fopra II è detto, di tal fuppofta degenerazione, li pro- tella di toccar folamente di palleggio una tal cofa, e dice edere ftata trattata lìmil quillione con molta fagacità , ed ele- ganza da Mr. Cramer fuo illuftre concittadino in una latina Dillèrtazione recitata nell'occalìone di una accademica folen- nità , nella quale coHantemente nega la prctefa nietamorfolì , CLq 2 di {i) Buffon. H>fl. Natur. Tom. prtm. Di- fucceffu exptrimentì : nata faclent! mi- , /"!"■' /"■■■'"• „ hi , iy aviicisTritìci metnmorphofis nou (2) N'jiidum certum. eft de ÌHtegritate ,iy fucc^IJit . Mal^. Op. Pujìh. p„g. 6S. 304 A di cui (i ragiona : Se aveffi potuta aver la forte di veder queft' Opera, credo iìcuramente che mi farei trattenuto dall' efporvi quelle mie rilleilìoni, elTèndo cofa molto veriiimile, che fra 'e medelìme non ila cofa alcuna di nuovo , stuggira agli occhi di un Profclfore, del quale vien dato un sì favorcvol giudizio da un Filofofo» qnal da tutti è conofciuto il detto Sig. Bonnet . Spero per alerò, che mi fcuferere , fapendo voi molto bene non ellcr mai cofa inutile nella Filica 1' accumulare oiìervazioni ad oilervazioni , benché , fecondo il parere di uno dei piia ac- creditati Scrittori d' x^gricolrura (;}, non meriti la pena d'ef- fer con fatata la falfa opinione della trasformazione del Grano in Loglio, Non mi fon mai potuto perfuadere, come fenzaun ficu- re fondamento abbiano potuto ilabilire la loro opinione i fau- tori di tal degenerazione ; poiché le andiamo efaminando que- gli accidenti , che fono per lo più ferviti di morivo ad una tal credenza, gli troveremo certamente infudìllenti , o per lo meno equivoci molro, e fallaci. Nafce il Loglio fra '1 Grano piià che altrove ; dunque quefto li trasforma ncU' altro ? Moi- tilTime fon le piante, che nafcono tra il mcddimo (2), ma il folo Loglio è prefo di mira . Non polììanio fapere quali van- taggi riceva quella pianta dal viver prelfo del Grano , anzi polìianio ragionevolmente creder quella una neceiiaria cir- collanza per la di lei vegetabile vita, come in moire pian- te ofierviamo elTer cofa necefliària il viver dapprefTo ad altre da loro diverfe , Trovali maggior quantità di Loglio nell' an- nate abbondanti di piogge, e nei luoghi_^più umidi, ma da ciò potrà iìcuramente dedurli , che la femenza del Grano cor- rompendoli per la foverchia umidità degeneri , e li tras- formi ? Perche piuttofto non dire, che T umidirà favorifce pili (i) Mr. Du-H^met. Traiti de la cult. mente nei luoghi, ed anni più ahbon- des Tarr. Tom. Prem. Chap. XII. danti d' umido . s Friigu?n vitium efl , (2) Fino a cento trenta fpecie fé ne tro- che dell' alrro ? Quefta è una verira» che non folamcnte hanno conolciuta i più mo- derni Naturaliili, ma ancora (i) gli antichi , ed ]a tpecie il fopralodato Teofralto, il quale, torno a replicare > non credette mai fenza alcun' ombra di dubbio, queiia tal meta- niorfoli . Il fopracitato Sig. Bonnet per quanto procuralle d' innaffiare ecccilivamente le piante del Grano , ci allìcu- ra , che raccolte Tempre del medeiimo dove lo aveva fe- minato , ed ebbe fempre del Loglio, dove i femi di quefto aveva fparli . Mi fono anch' io alTicurato di quello colla pro- pria fperienza > avendo anche ollèrvato , che ponendo ad un immediato contatto dell' acqua tanto il femc del Grano » che del Loglio , quello più prello dell' altro vegetava > laddove in terreno piurrofto afciutto andava la cofa al con- trario . Se poi ci porremo ad efaminar più dapprelTò quella prc- tefa trasformazione , e vorremo porla al confronto di quelle reali, e licure variazioni, che fappianio accader nelle piane e, troveremo certamente , che quella farebbe in tutto , e per tutto particolare, riè conforme all' ordin di Natura, almen per quanto fin ora li è la medelìma agli Uomini Ive- lata. Qui in primo luogo e d' uopo notare, che propagan- doli le piante non folo per niezzo delle loro refpettive fe- nien/e , ma ancora delle radici , dei rami, delle gemme, le Iole femenze peraltro fono la forgente delle più notorie varietà , che nelle piante h vedono accadere, dal che può coiigetturarfi , che la maggior parte del e piante veramente degenerate , e che coAituifcono nuove fpecie , le quali li per- petuano , iiano prodotte da llraniere fecondazioni de i germi , conforme molti efcmpj ce ne adducono i più illuftri Bota- nici (2) . Negar per tanto non li può , che lo llelTo ac- cader polfa nel Grano , i germi del quale reftando fecon- dati dalla polvere genitale di qualche fpecie di Loglio , o lia (1) Iif^ue imhrìhut fretjiitntUHtìbus fie- eittm eum imlres ìncejfcrunt . Loi:um ri , precpue locis huwidis, et im- vero aquam veln-vientifime amat .Idem Ire cl.l.itis Thfopbr. Hift. PI. Lib.S. De caus. PI Lih. z. C:p. 21. Cnp. 6 „ Haec ergo mut.itio , fi vere (2) Vcggart Adanfon. Fr.milles des Piane. ejiint.con-iptio quitedatn prapter hu- Part. I. Prcf. pag. CIX. THorif iiimietutem ejfs nìfartat . Bit. 3o6 Atti fia delle Gramigne LoHacee , produca poi i! Loglio invece del Grano; ma il poterli di quello alRcurare credo efler cofaim- poffibile attefa l'elkema piccolezza, e fragilità fomma delle par- ti genitali di limili piante, lo che impedifce il poter tentare sii le medeiime alcuno fperimento . Vero è però , che non farà mai verilimile per più ragioni , che in tal guifa accader polla tal fuppofta degenerazione ; poiché in primo luogo è cofa nota a tutti gli Agricoltori , che il Loglio Tempre più tardi fiorilce del Grano , ed io per quanto ho potuto olTervare , ho villo ciò coftantemente verificarli ; oltre a quello , fé folfe il Grano foggetto a tale flraniera fecondazione , ciò potrebbe accadere indillintamente in qualunque anno, né lì vedrebbe germinare il Loglio foltanto in alcuni anni , ed in alcuni luoghi , ne i quali molte volte è fiata commefla alla terra la femenza di quella forra flelfa , che in altro tempo , o terreno ha prodot- to del puro , e perfetto Grano . Inoltre è da notarli , che le reali varietà folite accader nelle piante , fpecialmente quel- le , che dalla coltura , o clima dipendono , conofceli benif- fimo , efaminandole con attenzione , che fono rillrette da cer- ti limiti , talmente che confillono nell'alterazione di una» o più parti della pianta , non mai in tutte , e ciò fecondo certe difpolizioni , o coflumi , per così dire , particolari di ciafcun genere di piante , ellendo vero , che alcune Fami- glie di Vegetabili non fon foggecte a variazione fc non nel- le radici , altre nelle foglie , o ne i fiori , o ne i frutti , altre nella grandezza» o colore, odore ec di alcuna delle dette parti ; verità ancor conofciuta dal non mai abballan- za lodato Teofrallo (i). Ma nel cafo nollro, fé vera folfe la degenerazione del Grano in Loglio , farebbe quello un tutto trasformato in tutte le fue parti ; poiché fé fin da i primi momenti della loro vita efamineremo efattamentc que- lle due piante , le troveremo fra loro in tutte le parti diverfe. Manda fuori il Loglio ne i primi tratti di fua germi- nazione una fola radicetta , ed il Grano almeno tre » le qua- li {i) Omnia numqtit in fimiU ftln qtiic- finitus traiifeunt , Tieof6r. De Caus, fuant mutantur , non in nnutum ti. 2. C«/>. 22. Dell'Accademia. 307 li ancor nel colore molro da quella dirfèrifcono : la prima foglia del Loglio è di color rodo ofcuro > laddove quella del Grano è di un bianco verdognolo : il color rolFo poi del Loglio va perdendoli a poco a poco nel crefcer della pianta, e quando la medclìma è fatta adulta 'li manifeila foltanro un poco ne i nodi , ed allora le foglie fono piii ftrcrre, piiì ruvide al tarto (i), e di un color verde più ofcuro di quel delle foglie del Grano > a legno che gli el'atti Agricoltori difcernon benifllmo le piante dell' uno da quelle dell' altro , benché di frefco fiano nate . Non iltarò a delcrivervi la divcriìrà che li oll'erva nelle fpighe, e nel colore li di quelle , come delle femenze , che portano 1 ef- fendo quella troppo nota a chiunque . Ma quel che più mi recherebbe maraviglia farebbe il gran cangiamento della follanza tutta della pianta > per il che dovrebbe fupporli un gran cangiamento ancora negli organi della medefima , po- tendoli giullamente dire con Giovanni Bauhino (2) che lia il Loglio di natura allatto contraria al Grino , e fé que- fto foggetto Iblfe per così fàcili cagioni > da non poterli in conto alcuno né prevedere , né fchivare , a trasformarli nell' altro , avrebbe forfè 1' Uomo incontrata troppo infelice for- te, mentre il di lui migliore, e più neceilàrio alimento fa- rebbe in tal guifa foggetto a cambiarli in un veleno , quale in ogni tempo é flato da tutti i più efperti Medici , e Na- turaliih riconofciuto il Loglio. L' analili chimica ancora ci fa vedere la diverfità del- la foflanza di quelle due piante ; poiché ritraeli dalla fe- menza del Loglio una relìna acre , (3) che non li ottiene da quella del Grano , e J io volendomi di quello aUIcurare, col mezzo dello Spirito di Vino mi è riufcito ellrarre cir- ca denari fei di relina da un' oncia della detta fcmcnza ri- dotta primi in polvere, avendo notato ancora, che nel te- ner (i) Luliiim outem te. Confiflim enim L-n.io , praefertim Homini , Tritìco nit- hyemt ineunte id exortum patefcit , tei» pinne contrariiim natura . Hijl. PI multifqiie lìijfert ; habet namque an- Univ. gufluni f'iium , ^ pilofum ec. Idem (j) Dai enim rejìnam acrem , ^ fpiri- De H:ft- Pl.in. Lib. 8. C efalava un vapore molto naufeante , e che grandemente offendeva la tefta di tutti coloro , che entrava- no nella ftanza , ove facevalì detta evaporazione . Veggiamo ancora» che la farina del Loglio è di un color livido, mol to differente da quella del Grano, fpira cattivo odore, dif- ficilmente fermenta, e fabbricando colia medelima il pane, tinge quefto di un color livido-ofcuro , e lo rende amari- cante , ed ingrato . Né può dirli che lìa quefta una malattia del Grano , per cui facil farebbe a fpiegarlì l'alterazione de i fughi di quefta pianta , non avendo noi a mio giudicio in Natura al- cun' efempio d' infermità , dalla quale non venga almeno in parte illanguidita la naturai coftituzione degli elìèri viventi, e fraftornato per confeguenza il loro corfo vitale , mentre che nel cafo noftro può ragionevolmente crederli , che lìa il Loglio di pili torte coftituzione del Grano . Su quefto propoùto piacemi qui riportare una offervazione comunicata- mi dal Nobile Sig. Girolamo Alberti Cavalier Sanefc , amante della Storia Naturale , e dell' Agricoltura . Avendo elio più volte tentati varj fperimenti falle femenze del Gra- no, e del Loglio , vide fempre da ciafcuna delle medelìme produrli piante della propria fpecie , ne .mai potè olFcrvarvi alcuna degenerazione; ma ebbe luogo di vedere in tal con- giuntura molte piante di Loglio coperte da una fiera rug- gine di color nero fenza che le medelìme ne rifenrillero al- cun danno ; poiché ciò non oftante compirono felicemente il loro corfo di vegetazione, e condulfcro a perfetta matu- rità le loro femenze . L' unica fomiglianza , che polTa dirli aver 1' una pianta coir altra , fi è quella d' elfere ambedue piante culmifere , o graminee , come le dicono molti Botanici , ma quefta in- contrali in moltilfime altre piante , le quali non per quefto fi fa, che llano facili a trasformarli 1' una nell' altra. Le vere degenerazioni di una fpecie di Frumento nell* altra non reftarono già inoffervate dagli Antichi , avendoci Lifciato fcritto Columella , e Plinio » che il Robo , e la Siligine, in oggi a noi cognite fotto i nomi di Grano du- ro , Dell'Accademia. 30^ ro, e Grano gentile» erano facili per lo diverfo fuolo, e clima a palFare 1' una nell' altra ; ma quella non può dir/I trasformazione di un tutto in tutte le fue parti , né cofa dif- forme dall' ordin di Natura ; poiché ben fappiamo » che al- tre piante ancora fono foggette a variazioni di iìmil natura , conforme per molti fperimenti offervò il Alorifon j che tutte le varietà della Brafllca » elfendo feminare, degenerano , e lì trasformano 1' una nell' altra con fomma facilità . Refta adelTo a fapere, come nafcer polla il Loglio dove non fu feminato > oppur dove licuramente la fcelra fe- menza del Grano fu fpai/fa , accidente per dire il vero j che più d' ogni altro può fervir' a prima villa di motivo per cre- dere , che r uno lia dalla femenza dell' altro prodotto . Prima di determinarli ad abbracciare opinione alcuna > fa d' uopo a mio giudizio riflettere a ciò che da molti Bo- tanici è (lato olFervaro , che i femi cioè di molte piante pof- fono per molti anni fotto terra confervare la facoltà loro ger- minativa , ed elTer poi in iflato di vegetare , qualora allo fvi- luppamento de i loro germi concorrano le necellàrie cagio- ni ì fra le quali credo , che per molti femi li richieda un proprio, e parricolar fermento. Ed in farti facendo rifleffio- ne a quella analogia, che palla fra i Temi de i vegetabili, e r uova degli Animali , lìccome per lo fviluppamenro de i germi di quelle richieJcli un calore sì minutamente diverll- ficaro , che i noli ri Termometri non varrebbero certamente a mifjrarne i gradi ; poiché veggiamo , che in alcune 1' u- tero delia flefla madre , come ne i Vivipari , in altre l' incubazione della medelìma li richiede , come ne i Volati- li , in altre i nudi raggj del Sole , come avvicn nell' uova di molti Anlìbj, in altre il calor del Sole temperato a diverfì gradi nella terra, come in molti Infetti fcorgiamo , ed in altre finalmente il calor d' infinite fpecic di materie fermen- tanti , come in altri Infetti , e fpecialmente in quelli che le galle producono ; così appunto per lo sviluppamento de i germi vegetabili può ragionevolmente crederli > che diver- fì fermenti fi richiedano , prodotti da varie combinazioni di principi , e relativi sì alle diverfc collituzioni de i me- defimi , come alle circoftanze , che 1' accompagnano , non R r efclu- 3 IO Atti efcludcndo però che uno ftelTo fermento poHa cfler capace di promuovere lo sviluppamento di più germi di Ipccie divcrfa , come veggiamo che 1' incubazione d' una fpecie d' animali è valevole a far difchiudere 1' uova di piìi , e diver- fe fpecie de i medelìmi. Efaminand". in generale la natura de i femi poffiamo ofTervare, come, efiendo quefti defcinati a cui odire i nuo- vi germi , per cui lì devon le piante perpetuare , ebbe pen- lìcro la provida Natura di porre nell' interna loro foftanza gran quantità di parti oleofe , e d' aria > principi > che più degli altri fon capaci a difenderli dalla putrefazione , ed altrettanto efficaci a promuovere in loro le germinazione; ma quello per altro non ha fatto colla ftella proporzione in tutti n come può dedurli da i belliffimi fperimenti de i Sigg. Hales , Homberg , ed altri; oltre a ciò provide ancor la Natura a difender la loro interna foftanza dagli urti de ì corpi eilranei con una coperta capace a reliftervi , e qiie- flo fcorgiamo averlo fatto in molte, e dilièrenti guife , aven- do coperti gli uni d' una fotiil membrana, altri d'una follanza cartilaginofa, altri ancora di legnofa , ollba , e qua- li petrofa materia , dai che chiaro rifulra , che diverfe , e molte fono ftate in q lello le mire della Natura , e forze d'verfe fon necelfarie per lo sviluppamento de i germi . Qjain- di è che alcune femenze, come quella dei Caffè non fono in iftato di germogliare , fé non lì abbia 1' avvertenza di commetterle alla terra poca dopo raccolte dalla pianta, al- tre poi confervano gradatamente la facoltà loro germinati- va per più anni , e ciò fino a trenta , o quaranta » come la maggior parte delle piante leguminofe , e fopra tutte la Senfuiva. (i) Commefll poi, che lìano alla terra diverfi fe- mi ì vee;giamo che alcuni dopo un fol giorno principiano a germogliare , per altri poi vi lì richiedono più giorni (2) t per altri ancora de i meli , e fin due anni per alcuni , con- forme è fiato notato da efatti Naturalifii ; fcorgendoii in quello ancor qualche diverfità ne i femi della ftefia ipecie ; dal U) Vegaafi Adanfon. Fam. des PI. Part.L (i) Veggufi Plìn. Lit>. ip. Cap. 7- - «cme pag. «V a P»"S. iTtJj. pure Adanfon. 1. cu. pag. 8^. Dell' Accademia . 311 dal che può infcrirfi , che la forza de i principi > che pro- muovono la germinazione y è relativa alle divcrfe coftitu- zioni de i detti femi . Ed infatti allorché il Sig. Homberg tentò di provare» fé i femi germogliavano nel voto, tre fo- le delle cinque fpecie , che vi aveva porte , germogliarono « le altre due non foffrirono alcun cangiamento (i) . Sappia- mo ancora , che tutte le piante nell' edèr feniinate non richiedono la ftelfa profondità nel terreno ; ve ne fono di quelle , che richiedono più umido , e per confeguenza di rellar più coperte ; ve ne fono ancora di quelle , che lì putrefanno in certe profondità > dove altre vegetano per- fettamente» e vien notato da un erudito Scrittore d'Agri- coltura (2) » che una fcmenza fotterrata a maggior profon- dità di quel che richieda, germoglia nonoftanre qualor la fta- gione lia favorevole a tal circollanza , mentre che fé il tem- po fo(Tè flato fecco , e particolarmente freddo » farebbe la medcllnia reftata fotterra fenza svilupparli . Mancando adun- que r attività in alcuno de i principj , che promuo- vono la germinazione , relativamente alle diverfe coftituzio- ni de i feaii , ed alle circoftanze ancora » che 1' accompa- gnano » ciafcun fa conofcere » che mai i germi fi sviluppe- ranno ; ma refta però ditficile a concepiriì , come portano i femi rtar fotto la terra fenza putrefarli. Certo il ò» che per ifcomporre un feme fparfo nel terreno fembra che non vi liano mezzi più ovvj, ed efficaci della germinazio- ne , e della putrefazione » ed a prima virta par che fi debba credere , che allora quando refti la prima impedita , ne deb- ba fucceder necertariamente la feconda ; fappiamo per altro » che per rifvegliare in un corpo la putrida fermentazione (i richiedono oltre all' interna difportzione del medclimo ancor diverfi eftrinfcci rtrumenti » come 1' Aria » 1' Ac- qua , ed il Fuoco , e fappiamo per quanto tempo iìa in no- ftro potere di confervare illefe sì 1' uova degli Animali , ce- rne ~i femi delle piante, qualor con diverli artifizj i] p'tc- curi d' allontanar da loro il concorfo degli elementi fuddit- R r u (i) Mfmoir. de V Acad. P-iv. des Scìenc. (;) Mr. Diihiimel. Traiti Deli cAlti:- Ah. iiJpj. pag. 146. rt Amftcrdam. re des Terrei. T. {rem. Ct . io. 312 Atti ti . Sicché non farà cofa fuor di propofìto > che nelle vifce- re ancor della Terra pollano alcune volte mancare le necef- faric cagioni per promuover la putret^azione nelle Temenze « e con ragione deve crederli , che mentre la comun legge delle diiloluzioni de' corpi tende per ogni parte a diltrugge- re gli eiièri viventi , ne vengano nello lleilo tempo preferir- ti i confini da altra legge , cjie veglia alla confervazione delle fpecie , e ne afficura con altrettanti , e ficuri mezzi la loro perpetuazione. Benché moltilTmii efempj di femenze confervateli illefe fotto il terreno > le quali dopo snolti anni fenoli vedute germogliare» il trovino notati prello gli Scrittori di Storia Naturale, io fon convinto di quella verità per una oifeiva- zione da me fatta per piià anni fuccelllvi fopra i femi della Malva con foglie crefpe ; poiché avendo fin dall'anno fso. fparli de i femi di quella pianta in un piccolo vafo da fiori, la vidi germogliare nello ftefs' anno, e produrre nuova femen- 2a , la quale non elfendo fiata da me raccolta , ricadde da per fé non folamentc nel vafo predetto, ma ancora in altri conlimili , che al medelimo erano contigui ; quindi in diver- tì anni fulfeguenti fino inclalìvamente all' anno fcorfo 1767. ne ho vedute in detti vali rinafcere diverfe piante , fenza che mai ve l'ahbia lafciate crefcere , e produrre nuovi fe- mi, talmente che fono piìì che certificato efler fempre na- te le dette piante da i primi femi cadutivi , non eilendovi luogo a dubitare , che dalle radici rimallevi avellerò ger- mogliato , come in molte fpecie di Malva fuole avvenire , poiché fcrapre ho vedute nelle medelìme , quand'erano na- licenti , le due foglie ferainali , conforme ancora non può fofpettarfi , 'che il Vento , o gli Animali vi avefiero traf- portati nuovi femi , non elfendo qucfta una pianta indigena de i noftri contorni. Da tale ollèrvazione refta uno accu- rato T che per il corfo d' anni diciaffette confervarono quei femi fotto terra la facoltà loro germinativa, e quantunq.ie non follerò a gran profondità coperti dalla terra, ed immu- ni dal contatto d' una continua umidità , ciò non oftante il confervarono illefi fenza corromperli. Ma Dill' Accademia . '.^Y^ Ma non mancano altre ofTcrvazioni di varj Naturalidi » dalle quali lì può almeno probabilmente congetturare > che per un corfo molto piiì lungo d' anni polFano i femi con- lervarii II fopralodato Sig. AdanCon [i] riferifoc elFcre ila- to oiFervato, che in alcuni terreni, ove a memoria d'Uò- mini non li era mai veduta nafcer la Senape, ne farono i me- delimi allatto coperti ncli' occallone di {"cavarvi delle tolTe prc fonde. Vien parimente alTèrito dal Morifon , (2) che ot- to anni in circa dopo i' incendio di Londra del 1666. li vide per 1' eflenlione d' oltre dugento Campi , ove era ac- caduto r mcendio, nafcere in quantità forprendente la pian- ta detta = Eryfimum latifolium majus glabrwn C B.- , ed in altro luogo racconta il niedeiìmo, che parimente in Londra nel teiìpo che v'incrudeliva la Felle, eflendo ilara incendiata una piccola abitazione, fu dopo un anno da lui Hello olfer- varo , che il luogo rutto , che per 1' avanti occupava detta abitazione , era talmente coperto dalla pianta chiamata = So- pina Chirurgorum = , come fé indultriofamente vi foUe (lata feniinara , notando ancora di non aver mai veduto nafcere in luogo alcuno quella pianta cosi copiofamente , e di non averla potuta mai trovare ne i luoghi adiacenti . Ma fenza al- tronde cercar gli efempj, che non ne abbiamo de' limili giornaliuenrc fotro degli occhj nelle noltre Campagne? Veg- g amo pure alcuna volta campi interi coperti da una immen- la quantità di Papaveri erratici, volgarmente cogniti forto nome di Rofolaccj che foffjgano qualunque altra femenza che vi lìa- fparfa , dipendendo ciò , come ben voi fapete , dall' effere flati folcati quei campi in certi dati tempi , quando il ter- reno era umido foltanro nella fuperfìcie . Quante fpecie di Funghi li vedono comparire in moiri luoghi, dove prima non lì erano mai veduti C3), e fpecialmenre nelle ajuole , dove lìa llato fatto il carbone , non veggiamo nafccrvi di- poi una particolare fpecie di funghi, che a noftra memo- ria in quei tali luoghi non il era veduta mai vegetare? Mol- (i) Firn, dft PI. part. I. p/t^. «3 Scieitc. A». 1707. par. 71. « Amfier- (1) Hiflo. PI. Univ. dam. (j) Miinoiret d» V Atai. Royah dei 314 Atti Moire piante ancora» le quali allignano, ma non fon molto frequenti ne i noftri contorni , ho veduto , che in alcuni anni fi trovano in qualche copia , ed in altri non . fi fanno vedere in conto alcuno. Tali fono per efempio T Eliotropio maggiore di Diofcoride , il Cerinthc con fior giallo , e r Ononide con odor di Triaca > la qual cofa a mio credere ,ha dato motivo ad alcuni Botanici di carat- terizzare qualche pianta come propria di una fola Provin- cia, la quale poi vedo che ancor nella noftra alligna, come lo fono il = Bughjfum Creticiiìn mhnmitin ec. T. Infl-, ed il = yianthium Lufitanicum lacinìatum ec. T. Inft. , la quale ultima infatti, per quanto riferifce un' erudito Botanico del Secol noftro (i), trovandoli allignata nel Territorio Veronefe , vicn comunemente creduto , eh' ivi lìafi propagata dalla fe- menza reftata fra i purgamenti d' un Orto Botanico flato un tempo in quei contorni. Quelle , e limili irregolari germinazioni di piante ven- gono a mio giudizio promofTe dalle diverfe combinazioni delle Meteore ; ed oltre a quello mi do a credere , che al- cune volte vi polTano cooperare le varie fermentazioni an- cora, che nelle vifcere della Terra vengono eccitate dalle diverfe combinazioni che incontrano 1' infiniti , e diverfi corpi , che la medelìma compongono , talmente che fé un dato feme fotterrato ad una certa profondità non può tal- volta germogliare per mancanza de i neceffarj influflì Me- teorici , potrà forfè ciò fare qualora una fotterranea fermen- tazione fupplifca ad una tal mancanza. Quindi è, che fa- rà fenipre vero ciò che gli Antichi ancora conobbero , che la buona, o cattiva vegetazione delle piante vicn promofTa da li- mili accidentali cagioni , e che = Amius fruBifìcat -, non Tellus- Pofto per vero quanto di fopra fi è detto non fareb- be un fatto nuovo nell' ordin di Natura , che ancor la fe- menza del Loglio porcOe avere coftituzione tale da mante- nerli intatta per molti anni fotto la terra , e svilupparli fol- tanto negli anni , e circoftanze favorevoli alla fua vegeta- zione, conforme credo efler cofa la più di tutte verilimile. In (i) loh. Frane. Sfguicrii . Pi. Vero». Tom. 2. pag. 141. Dell' Accademia. 315 In prova di quefto fcmbrami a propofiro in primo luo- go far rifielfione ,che la fcmeiiza del LoljIìo Ihxccaii fcmprc dalla fua fpiga involta nel (uo follicolo > il qaale alla me- delìma reità per fempre renacementc aderente . Quanto pof- fa conferire una tal condizione a pretervarla intatta per lungo tempo» fenza adclfo fermarmi a indagarne la cagione (i), io lo deduco dalla licura notizia, che da' piiì rimoti fecoli fino a i noflri tempi li è confervara , che i grani cioè racchiufi colla loro fpiga in qualche luogo ben cufto- dito il confervano fchictti per lunghiflìmo corfo di tempo (2). Anche 1' Avena , la di cui femenza al par di quella del Loglio confervalì involta nel fuo follicolo , e molte vol- te ancor nella fua gluma , è flato in varj tempi creduto , che prodotta fodc per degenerazione da femenze di fpecie diverfa, e da alcuni è flato creduto , come lo è parimente ancora a i giorni noflri , che la medelinia fcminata una vol- ta non nafca tutta nello ftelfo anno , ma fr confervi parte fotterra, e termini di nafcere in tre anni. Per addarre una prova di tal fatto , non ha molto tempo che , elfendo io ad erborizzare in compagnia dell' Eccellentiflimo Sig Dot. B^l- dalfarri , onor della noilra Accademia , fu fatto oHervare ad ambedue da nn Uomo di Campagna , fradicando diverfe piante d' Avena , confervato intatto entro il gruppo delle ra- di;;i delle medeiìme un feme , il quale realmente con ammi- razione riconobbemo , che non aveva fufferra alcuna al- terazione , ed erail confervara bianchilTlma , e fchietra la dì lui foilanza farinacea > come fé mai fiata foife fotterra . Già (i) Vi è chi affcrifce d* aver' ofTcrvato , fci. Varrò aulior ejl , Jìc coiitìtttim Tri' che gì' Infetti attaccano fempre le fé- ticiim durare annis qainquiiginta , Mi- menze dalla parte , che ftanno anncffe lium vero centtim . Plin. Li!). i8. alla fpiga, rifendo in quella parte più Cap. 30. Ed a' giorni nollri fappia- tcnere , onde con molta v;rifimiglianza mo , che i mercatanti di quefto gc- pofla rrederfi , che effendo confcrvate nere, volendo fp^dire il Grano in lon- nella propria fpiga , ferva quc ila di tane regioni , affinchè fi confervi atto un ficuro impedimento al mrrfn di alla fementa , procurano di chiuderlo detti Animali. Vcggafi Afe. Dnhn- ben cuftì dito dentro le botti con tutt» mei. Traiti de la cult, des Terr. Tom. la fua fpiga . avendo offervato , che S^uatr. Chap. I. pag. 107. a Paris fenza quella diligenza non è pcdibile nSS- il trafptrtarlo da lungi immune da (1) Pr,t:terea cum Jj>ica Jua eondantur , qualche alterazione , e patimento. Vcg- ita Frumcntit fi nulhis ff-iritus pene- gali . Spettacele della Natura Lib. 4. trct , certum efi fiihtl mal-ficum uh- Dial.^. 3i6 Atti Già fimil cofa trovafi afferito, che pofìTa accadere in altre femenze ancora (i)) ma nell' Avena» Ikcome Tappiamo , che i di lei femi il confervano il più delle volte uniti a gruppi di due , o tre iniìeme in ciafcuna locufta ì per fer- virnii del termine Botanico , mi reca veramente maraviglia » che di due femi {lati unitamente fotterraall' ifteffo grado di calore , e di umidità > 1' uno germogli , e fi confervi l' altro fenza alterazione . Aggiungali inoltre in prova del mio propofito la fo- flanza refinofa del Loglio» la quale, come voi ben fapete, è molto valevole a tener lontana da i corpi la putrefazione, cflendo ancora noto , che le piante di quefta abbondanti han- no pivi delle altre lunga vita , confervano fempre verdi le frondi loro , e meno di tutte le altre trafpirano . Quindi non molta maraviglia recar deve , che pofTa la fcmenza del Loo'lio confervare fotto terra la propria fecondità per lun- go tempo, qualor non incontri quei gradi d' umidirà , di calore. , e di profondità nel terreno , che per la di lui ve- getazione il richiedono. Una prova di quefto fu ancora per me l'avere ofTervato nell' anno fcorfo 1767. in un campo po- co diftante da quefta Città prelTo il Torrente Trejfa di pro- prietà de i Signori Malagrida nafcere per lungo tratto di terreno , che in quell' anno era flato di nuovo fcaf- fato, una ftraordinaria quantità di Loglio , che non lì vi- de in tutto il reftante del campo fteflo , ove era flato fe- minato il Grano di egual qualità, nel tempo ftelfo, e con fimili cautele , che nel tratto fuddetto . Già di fopra ho efpoflo un mio dubbio-, che alcune vol- te le varie fermentazioni , che lì eccitano nelle vifcere del- la Terra poflano efler cagione di alcune irregolari germinazio- ni di piantele femenze delle quali per eflere fotterra aduna troppo gran profondità non avercbbero potuto germogliare per la mancanza de i neceffarj infiufli Meteorici ; onde in confeguenza di queflo mi Icuferete , fé ardifco avanzare una mia conghicttura per render qualche ragione della ecceflìva quan- (i) Mìrum in Detae fimìiit : nen enim tx copia fiminis modiee uafcitur tatum eotiem anno gignir, fed uli- Piin. Lii. l!>. CaJ>. 7. quid fequeiite , gliquid ttrtio . Jtaque Dell' Accademia. 317 quantità di Loglio, che occupò neli' anno fcorfo 17(57. le po- ltre Campagne . Rammentandoci noi non fenza orrore la fiera Epidemia, che dall'Autunno del ij66. fino all' Ertate dell' anno fiiATeguenre lece orribile llragc per le noftre Contrade credo che polliamo multo probabilmente riconolcere nella medciìma un fegno forlc non molto equivoco di qualche ftraordinaria fermentazione ful'citatafi nelle vifcere del noftro fuolo , conformandoci in quello al giudizio di quel grand' of- fervatore il celebre Sydenham (i) il quale opinò,! che le di- verfe coflituzioni d' aria dipendano , piuttollo che da altro , da qualche occulta , ed inefplicabile alterazione , che avve- nir poifa nelle vifcere fte.Te della Terra , lo che potevalì an- che arguire da un certo alito fetente , che in alcuni tempi feccii fenrire non folo per qualche parte della Città noilra, ma eziandio in molte delle valli adiacenti . Conlìderando an- cora , che ne i Climi all' Uomo più infilubri fogliono effefe pivi frequenti le piante di natura all' Uomo venefica , o ma- ligna » non porterà gran maraviglia , che ancor negli anni di cartiva coftituzione d' aria pollano più facilmente che negli altri vegetar le piante all' Uomo nocive. Cile fc molte piante producono i loro femi d'una tem- pra capace a confervarlì fotto Terra per afpettare il punto favorevole alla loro vegetazione , come dalle predette oiTer- vazioni può giudicarli , fembra certamente , che una tal for- te fia toccata, più che ad alrre , a quelle piante» le qua/i da per fé fenza la cura dell' Uomo fi propagano , ed a quelle fpecialmente , che per il medelìmo fono inutili, oppar noci- ve; poiché p;ir troppo fappiamo quante diligenze, e cautele fi richiedono per la coltura delle piante a noi necellàrie, con- forme fono la maggior parte delle piante cereali , i femi del- le quali pofiiamo licuramente credere , che allora quando venga loro impedita la vegetazione, fiano molto facili a per- derli fotto Terra . Ma qui con'lderando la cofa un poco in aAratto fcnibra che poflà averci luogo una rifiefiione , cioè rintracciando l'ordine, che la Natura ha tenuto nell'eco- nomia degli Animali polTianio olfervare , che i più deboli S s fra («) De Muriit Epidern. Cip. t. 3ìS Atti fra quefti , ed i meno fagaci fon quelli appunto , i quali ef- fcndo per 1' Uomo ncceiurj fono itati alla cura del medeli- mo commellì, come infatti la l-'ecora, animale, che può dir- li il più utile all' Ucmo , e che elleitivamente vive lotto la direzione del medeiimo, è altresì il più inerme per difender- li , il più gracile per relillere , ed il meno accorto per cuftodir- fi, talmente che può al certo crederli , che fcnza il penlìe- ro dell' Uomo elio farla incapace di confervar fé lì elfo ; laddove gli altri Animali, che la Natura ha pofti nella lo- ro libertà, come più efpolti e alle vicende delle Cagioni, ed all' ingiurie degli altri Animali , e fin dell' Uomo ftelfo , vergiamo che gli ha provveduti e di armi per difenderli , e di accortezza per prefervarli , avendo darò ad alcuni agili- tà forprendente , ad altri una infuperabil fortezza , ad alcuni mirabil delicatezza di leali, ed a moltilFimi finalmente diver- iì llraordinarj illinti, che le cognizioni ancora dell' Uomo fuperano di gran lunga . Sicché non par cofa -fuor di ra- gione il penfare, che quelle piante ancora, cui la fola Na- tura governa , ed i femi delle quali per confeguenza fono efpofti a tutte quelle infinite naturali combinazioni , che poffon lo- ro nuocere, ed all' avidità degli Animali, ed all' arbitrio de i venti, e dell' acque, iiano queih llaii formati di più forre collituzione , o di maggior fecondità dotati perchè egual- mente degli altri vegetabili pollano propagare le loro fpecie, lo che forfè non è diiiicile ad olfervarli in etiètto in moli e pian- te . Calcolò il Sig. Woodward, che da un folo fciiie del- la pianta detta Acanthìam vulgare -, potevano eiìèr prodotti ordinariamente ventiquattro mila femi ; e computando dipoi il prodotto di ciafcuna di quelle femenze nella feconda ge- nerazione afcendevano a 570 milioni (1). Oltre a quefto, come nota il medeiimo , le femenze di limili piante , le qua- li per r Uomo non fono, almen direttamente, di alcun ufo, hanno i lemi guerniti di pappi , per mezzo de i quali fono facilmente da i venti tralportati per ogni dove , venendo anche in tal guifa facilitata la loro propagazione. Chi non ve- (i) Vedi la prefazione di Beniamino Sig. Camerjirie fcpr» il Saggio della Hnllo'.vai alla rirpofta Apologetica del Storia Naturale della Terra. Sig. Woodward alle Oflcrvjiioni del Dell' Accademia . " 3 1 p vede giornalmente la prodigiofa fecondità delle' Felci, e delle Gramigne, e di molte altre piante, le quali 1' Uomo non li prende alcuna briga di coltivare , ma ftudia ancora ogni mezzo per elterminarle ? Il Loglio poi, del quale fcor- giamo a noltro danno confcrvarfi in Natura la fpecie , ad onta delle più fludiare arti deli' Uomo (i) tuttor vigilarne a non lafciarlo allignare fra le fue femente , qual mai pri- vilegio dobbiamo credere poifa aver dalla Natura ottenuto , affinchè egualmente dell' altre piante potelle perpetuarli ? Il Loglio non può dirli molto fecondo nella moltiplicità de i femi ; non gli è perraeiro propagarli per mezzo delle ra- dici ; il richiedono per la di lui vegetazione certe partico- lari combinazioni di cagioni , e fin le fatiche dell' Uomo flef- fo , attefo che non crefce fc non ne i campi dal medefi- mo lavorati : cofa mai poteva dargli la Natura , fé non una forte coftituzione delle femenre , affinchè refiftendo qucfle alle molte naturali combinazioni , che poflbn loro nuocere, cadute che iiano una volta fui terreno, fi confer- valfero intatte per afperrar quella , che per la loro venera- zione è favorevole , e riforger quando men 1' Uomo le 1' afpetta, eludendo così le finezze dell' arte Umana) la qua- le potrà è vero dirigere in fao vantaggio il corfo delle na- turali vicende con i proprj fiidori , ma non varrà mai ad arredarlo . Difficil cofa farebbp al certo 1' inveftigar le mire della Natura col pretender di fapere a quali oggetti dal- la medelima lìa delHnara la pianta del Loglio ; ma ficco me fembra , che non trovili cofa alcuna, la quale per fé ftelfa interamente fia creata , o interamente per le altre , così poffiamo forfè con qualche ragione fupporre , che le tante Temenze, le quali per molti anni lì confervano illefe fotto Terra, benché direttamente non Iiano d' alcun ufo per I' Uomo , e molte volte ancora per qualche parte di danno , fiano deftinate dalla Natura a formare i neceìfarj grana; per la confervazionc di tanti Infetti , e Volatili , che di fole S s 2 fcmen- (1) I mezzi più adattati per potere e- gellano , Accidcmico Gsorgofilo , in fterminarc il Loglio non è gran tem- un fuo aifcorfo su tal Soggetto, ftam- po , che furono efpcfti al PubMico pato in lirenze nell'Anno 17^7. dall' Erudito Sig- Giovanni Lapi Mu- , i, 20 femenze fi pafcono ; efTendo pur troppo vero, che la Na- tura è bella egualmente sì in quelle cole , che agli occhj noitri bene ordiiiate fi moftrano, come in quelle, che fcon- cerci ci fembrano , aggia egualmente in ciò che ad una parte giova , come in quello che ad altra nuoce . 3^1 MEMORIA PER SERVIRE AD UN PIANO DI RICERCHE FISICHE ED ECONOMICHE DIRETTE AL MIGLIORAMENTO DEL PANIFICIO NELLA LOMBARDIA AUSTRIACA DEL SIG MICHELE ROSA Pubblico Profejfore di Medicina Teorica e Pratica NELLA REGIA UNIVERSITÀ' DI PAVIA §. I. *L Popolo s' ha da nutrire . Quefto è un diritto na- turale comune a tutti i viventi , Il Popolo è de- ftinato a portare i peli più gravi della focietà coli' impiego della fua induitria e di tutte le for- ze fue. K' dunque giudo t eh' e' lìa provveduto d' un buono e topiofo alimento ; Quefta è quali l' unica con- dizione eh' egli li è rifervaro nella fua fervitù ; quella è quali r unica ricompenfa eh' egli dimanda pel fagrifìcio della fua vita. U. Oltre a quella ragion di giuftizia ve n' ha anche un' altra di utilità e d' interclfe , che deve impegnar chi gover- na a proteggere 1' abbondanza de' beni , che fervono alla fuf- fìllenza del Popolo, Nella foluzione del gran problema po- litico )) avere la maflima polfibile popolazione d' individui fani e fruttiferi per il bene della focietà „ ( in che conli- fte malfimamente la forza reale d' uno flato ) vi entra anche quello elemento,, provvedere all' ottima polfibilc fulFiftenza de' Cittadini „ . 11 pane è il nutrimento più comune del Popolo di quali tutta V Europa . 11 buon pane fomminiftra un ottimo nutrimento, e forfè il meno coflofo , com' è certo il più fano di tutti gli altri. Il cattivo pane colla egualmente che il buono , nutrifce meno , e pregiudica .'a fa- 322 ATTI falutc . E' dunque dovere di chi governa il provvedere al- la perfezione di queilo univerfal nutrimento . E chi s' in- terelFa a dar lumi l'opra quefta parte della pubblica econo- mìa , tratta una caufa che lo dee rendere benemerito non meno del Cittadino che del Sovrano . III. Tutti vengono d'accordo nel dire, che il pan comu- ne è un cattivo pane ; non vi è lamento più univerfale di quello, né vi può clTere lamento più giudo. Ala in che coniìfta la malizia di quefto- pane ! quai lieno i modi di me- dicarla , vi fon forfè pochi eh' abbian cercato mai di faper- lo ? Io fono in collera anch', io da gran tempo col cattivo pane » e quefta mia collera avendomi impegnato a farvi fn- pra qualche feria meditazione , mi ha condotto a fcoprirne la vera teoria, e a conofcerne, fé non erro , i vizj inlieme e i rimedj, eh' io mi propongo però ora di accennar qui brevemente per vantaggio del pubblico, offerendomi di ve- rificarli efattamenre con efperienza , qualora il voleil'e recar- ne convinti col fatto . Io fpenderò fempre volonticri il tem- po in quefte ricerche , le quali fon perfuafo , che infine pof- lano riufcire di una utilità più reale al pubblico, di quel- le, che con tanto itudio fi fanno fui iìftema della via lat- tea o fu i ritorni delle comete, (i) IV. Il (l) Non è ella una vergognofa ftupi'liti, p»ne di futta Europa ; effetto non fo- clio fra le colte Nazioni d' Europa , che lo della cfquifita diligenza di quelli nella luce di quefto fecole, che in tan- gcnercfa Nazione , ma molto pili dell» to bollore delle Scienze e delle Arti, Sovrana provvidenza che veglia al bene in tanto furor di lufTo vi fiano delle di quel felicidìmo clima . N?n era la Nazioni, che non fappiano fabbricarli fola Weftfalia notata pel fuo fczzifìimo il lor pane ? Eppure 1' Italia feconda di pane ( Boiipurnikrl ), ma il Brande tutti i doni della natura , fi trova ef- burgo la Svevia ed altre Provincie 1' fere in quefto cafo; perchè tranne la aveano fimilmente cattivo , parte per Tofcana e Roma , tutto il reftante 1' imperfetta natura d;i grano , p.irte per mangia cattivo pane. 1' ignoranza del panificio ; Ma quando 1' Venezia ftjlTa , quella Madre delle indnftria cominciò a risvcgliarfi fugli delizie , non fa far pane , e fé Roma- oggetti del pubblico bene , (ì contib- gna non foif.' , potrebbe dirfi che bero i vizi d?lla materia, e fi tro- Venezia mangia il peggior pane di vò il moio di- migliorare i frumenti, tutta Italia . fi fcoprirono i difetti dell' Arte , e fu- La Francia e l'Inghilterra il fa buo- rono ben prcfto emendati; la Germa- no; Ma fra tutte le Nazioni più in- nia cominciò a guftare il buon pane , e duftriofe neftuna il fa far perf^ttifiimo , 1' Augufta MctropcIS dell'Imperio fep- come in molte parti della Germania e pe diventar la maeftra del perfetto nu- fingolarmente a Vienna fi fa ; quello trimento degli Uomini . è r ottimo r eccellente , il pcrfettiffirao Dell'Accademia. 323 IV. Il pan comune venale o forenfe, che vogliam dir- lo , farro e mangiato fodisfà per la iua recenrczza il palaro ■di una lame viva e poco curiofa » ma egli ii trova però d' un< color non eguale , d' un pefo nicnre corrifpondenre alvo- lume ) ed ha luori una crolla frangibile e un pò rroppo ri- gida , e una midolla denrro troppo frcfca e paltò a , la qual comprciTa non torna sii così prclto nò bene come dovreb- be ■> e ftaccara e mancggiara e pigiata a lungo con le fem- plici dira, li rimpalla> e perde amarro 1' elafticirà , e tor- na a mollrarli pura e pretra palla qual' era cruda. Quello pane lat'ciaro rinvenire, come dicono , alquante ore, e te- nuto un giorno, o al più due, fecondo le llagioni, ii trova molro cambiato , perchè quella crolla di rigida eh' era e frangibile, li vede latra lenta e renace, e la midolla vie- più molle e flofcia , e turto inlìeme nojofo a mangiare , e inlipido , e come accordan tnrri , cattivo . V. Ora tutre quelle difgrazie che ha il pan comune, vengono da due foli principi , cioè dair ellere mal fermen- tato e mal corro ; E quelli vizj fono amendue del panarriere che ne trae gran profitto, ragion troppo forte, perch' egli polfa elTerc renraro mai di correggerli ; e il vero che 1' un d' elli è figlio della fua cordiale ignoranza , ma 1' alrro è certi!, dell' ingordigia, e quindi egualmente incorreggibili en- trambi , perchè r ignoranre non è panto meno- caparbio che avido. E fé, per allurdo, 1' avido volefie rimettere del fuo male, l'ignorante non può, perchè non crede d' averlo. Ora il panattiere lievita male il fuo pane per ignoranza , lo cuo- ce poco per avarizia. Il primo vizio offènde la bonrà ef- fenzialc del pane, 1' altro la fede del comprarore. Perchè il nial fermenraro perde nel fapore e nella digeribihtà, il mal cotto perde di più nel valore. 11 ciel ti guardi di fofpet- tare che vi porefTero clTere de' pillori di sì robuila perfi- dia, che ardillero di accrefcere il pelo del pane col mefco- lar nella palla una leggera foluzione di gelfo o di calce o di calcinaccio sfarinaro , o delle ceneri d' olla o rali altre fot- tili ribalderie che pur troppo i\ fa elfere Ilare talvolta ten- tate : fomigiianti nequizie non fon perdonabili neiiìmen con- tro ai nemici , e fanno orrore a penfarvi . Però quei difgu- ftoli 324 Atti ftoil fapori che talvolta s' incontrali nel pane , fono da attri- buire ad altre cagioni derivanti dalla radica'e trafcuraiezza di quelli artciìci : fuccede che il grano lia milto dii molta polvere e terra , che la farina ferbara a lungo in gran monti né magazzini mal culloditi , li riempia di pol- vere o n' abbia contratro dalla macine di frefco battuta ec in quelli cali il pane può parer afpro nel maflicarlo e d' una pafta ineguale e non ben diflolubile , e avere un fapor quali terreo e polverofo . Peggio fé il grano > e molto più fé la farina in quei gran monti , o per umido prcfo o per calor concepito abbia ribollito o fermentato o inverminato , perchè allora il pane verrà amaro o di tal altro diigu- itofo fapore , e d' odore non buono , VI. Ora per vedere come quei due principali vizj dell' Arte influifcano a rendere cattivo il pane, fecondo eh' è detto > bifogna conofcer 1' indole della materia . Noi inten- diam di parlare di quella fola fpecie di pane che fi cava dalla farina del frumento o tritico , detto per eccellenza orano » di cui v' ha molte fpecie , o varietà e diflèrenze. 11 Sig. Saverio Manetti dono Medico Fiorentino ha pub blicato in quelli ultimi meli (i) un erudita memoria fopra le varie fpecie di grano , e fopra altre materie convertibili in pane ; lavoro degno della fua molta erudizione e della fua perizia botanica; ma dell' opera del panificio, dell'in- dole della farina , e della ragion Fiiìca del perfetto pane non ha forfè creduto del fuo propoiito di parlarne affai largamente. Non è da dire però che ad avere il buon pa- ne badi il conofcere molte materie arte a produrlo , in- dependentementc dall' Arte di maneggiarle ; mentre al con- trario fi vede in farti che anche colle perfette materie, ove r arte manchi ; fi può avere catrivo pane , come ab- biam noi; e iì fa al contrario che altri 1' anno perfetto da imperfette materie r per folo sforzo dell' Arte. VII. La (i) La preferite memoria fu dettata tu- e poi efcguiro con tanto decoro di multsriam'rnte nel Nrvembre del lySS chi lo propcfc , e fcfl-enne , e con fnentrc brlliva in Milano il difcrrfo tanto vantaggio del pubblico, del rcCTchmcnro del Panificio , che fi Dell'Accademia. 325 VII. La farina trincea contiene due diverfe follanzc , una detta Gliitvìofa V altra Amilacea -, una raprcfcntantc efar- tamente per tutti i fuoi principj e attr.buiti la natura ani- male » r altra la vegetabile 1' Amilacea perciò li rifolve in acido manifedo, come tutti i vegetabili fanno, la gluti- nofa lì corrompe in una putrida alcalefcenza : da quella fi trae per diilillazione 1' alcali volatile e gli olj impireuniati- ci, quella lo fpirito ardente, e il liquor vinofo e acetofo. Noi lìam debitori di quefte notizie all' immortale , già mio maeflfo Beccati , che fottopofe il primo airofTervazione e all' analili la farina , e ne fcoperfe quella doppia natura , e la dimoftrò,e la defcrilTe Da (i) lui dunque Tappiamo che la farina fottomefTa con l'acqua li riduce in" una parta alquanto tenace , la qual lavata di molta acqua , e lungamente dime- nata per eira,iì va poco a poco feparando in due parti, una delle quali intorbida 1' acqua , e poi lì raccoglie al fuo fon- do in forma di una polriglia fine e mal coerente , e non dut- tile; la qual feccara e pcitara , (i riduce poi nella fottiiiffi- ma e bianchilTima polvere che amido li chiama ; ed è per tut- ti i cararteri di una natura acelcenre e limile alla foiianza de' vegetabili . L' altra parte di quella palla , sbarazzata intieramen- te dall' amido , li rianifcc , ù lega con maggiore tenacità , e diventa una forte tenacilTìma colla , niente men telillente di quella , che dalle pelli degli animali li cava ; la quale né per lungo dibatter nell'acqua non li difcioglie, anzi invifchia vie maggiormente, né afciagara né cotta non cangia codume , fé non che li rende rigida e friabile, ma nell'acqua e'Inegli acquolì menflrui non li difcioglie mai piii . Or qjeita iitoria ci mo- rirà chiaro , che quelle due tali follanze , che nella farina e nella parta ci appajon coperte di una formi comune, portono ben confonderli inlìeiT.e , e nafcondcriì al f-nto , ma incorpo- rarli e mefcolarli intinianxnte non mai , ic non per mezzo di qualche forza naturale o dell' Arre . Qnella forza nel calo nortro è la fermentazione , i cui clìctti ormai notiUimi fono di fprigionare, o cfaltarc , come i periti dicono, l'acido ele- mento , e di depurare, e afiotigliarc , e fcioglicre gii altri T t (i) V,M. Coment. luftinit. Ben. Tom. II. p»rt. I. prg. m. pnn- 3 2(5 Atti principi o g'utinofi o pingui o terreflri . Ed ecco il fine al qaale è diretta nel panefìcio 1' opera della fermentazione o lievitazione , fcnza cui la parta panizzata e cotta divente- rebbe un corpo pefante umido denliilìmo , impenetrabile ad ogni fluido, per la natura già detta del glutine) refo anco- ra piià denfo dalla cottura . Ma fviluppandofì per via della fermentazione [ promofTa dall' aggiunto fermento o lievito ] 1' acido della parte amilacea , e lo fpitito elaftìco in erta rin- chiufo , e adoperando fopra il glutine della pafla , lo tagliuz- za poco a poco, lo penetra lo difcioglie ,ne difgiunge le parti»e ditfondendoiì per tutta quella foftanza refa già pervia; la lì af- foggetta, vi li incorpora, vi s' immedelima; la parte gluti- nofa perde molto della fua natura animale, e tutto il mirto ii riconverte all' indole de' vegetabili . Quefto comporto di- venta allora folubile , cioè penetrabile dall' acqua , e da men- ftrui acquoll ; cangia la facoltà di putrefarli in quella d' inacidire , diventa per quella fua virtuale acidità facilmen- te digeribile, e amico allo ftomaco , e omogeneo ed utile all' animalefca natura. Vili. Or ecco perchè la parta fermentata rigonfia , fi fa più rara porofa e leggera } perchè la fermentazione crefcen- do fviluppa un fapor acido » perchè palfando i giurti confini la parta perde ogni forza di codione , e li (gretola , e 11 fcommette del tutto . Tutti querti ertetti dipendono dallo fpi- rito elartico fprigionaro , e dall' acido vegetabile , che operan- do con forze riunite fopra il glutine della parta , lo rompo- no, e lo dirtruggono intieramente . Quello aere elartico len- tamente fprigionato e difchiufo, e raccolto poco a poco in boUicelle , querte fempre crefcendo per la riunione di molte inlieme , ajuta 1' azione dell' acido fermentatore , e ajutato fcambievolmente da lui difgiunge , e difgrega le parti contigue del mirto, e le follcva con eguale conato in tutti i fenzi, e forma quelle cavità orbiculari o sferiche , e quelle bolle o vefciche che nel pan cotto fi veggono, e fanno la fua poro- fità e leggerezza , e lo rendono fpugnofo e bibace , e d' una tem- pera uniformemente folubile dalla faliva , dà liquidi naturali o artefatti, e dall'acqua medefima , e in oltre per lo svi- luppo ed equabile efaltazione degli atrivi principj , fi'porito e fra- Dell'Accademia. jiy e fragrante . e fommamente riflorativoe cordiale. La cottu- ra poi frenando , anzi troncando affatto il corfo delia fer- mcntazioue , che procedendo diverrebbe viziofa > e rendereb- be il pane acido e difguftofo , e ftruggendo affatto la forza di coelionc delle fue parti > lo farebbe rifoUere in un informe tritume , rileva il grato fapor della parta , ne aumenta il vo- lume con r accrefciuta efpanlìone dell' aria rinchiufa , e diilì- pandone l'umidirà foverchia > lo rende più facile ad inzup- parli degli altri liquori, e ad attrarli , e difcioglierli in efli, onde la leggerezza il fapore e la digeribilità principal- mente derivano. IX. Il perchè egli è dunque il vero in riguardo del pan comune , che quel fuo pefo dipende da foverchio umido trattenuto , e inceppato in quella vifchiofa foflanza ; che quella denlità e pallofa tenacità e lentezza , nafce da difetto di fermentazione, e che dall' una e dall' altra dipende la fua iulìpidità e mal gufto , e la prontezza dell' ammorvidire [ muf- fare ] e la difficoltà di digerirlo , e la fcarfezza del lento e crudo alimento che fé ne cava . Ed è pero in confc^uenza dimolìrato alfai chiaramente quel che al principio fu detto , che i due vizj principali del pan comune fono, difetto di lievito , e di cottura ; la qual verità quando non foffe per le crpreffc certiffime ragioni , collocata in luogo di picniJlì- ma evidenza ; lì potrebbe p^r via di facili e prontiffimi ef- perimenti rendere vittoriotamente manifeila e palpabile . X. Conofciuti i vizj del pane fi pnfa fubiro a trovar- ne i rimedi >e rimed) in quelto cafo fon fuggeriii affai chia- ramente dalla natura del mal medcllmo . I due vizj rileva- ti nel pane nafcono da due forgenti diverfe di finiftra dif- polìzione dalla parte del panattiere . Prelìo iì dice ; fermenta- re più efattamante , e meglio cuocere : ma il panattiere che mercanteggia fulla fame del proflìmo , e che mette a profit- to la_ buona fede del pubblico, iì giova della fua l'onoranza medelima , e non vuole né fermentare, né cuocere niente meglio di quello che è già accofiumato di fare ; quello per- ché non crede che altrimenti fi convenga di fare, quefio perchè conofce che noi farebbe fenza fuo danno. Bifogna dunque trovar due generi di rimed j , 1' uno che tenda" a T t 2 fcio- 32S Atti fcioglier r incanto di codcfta cieca perfualione e ignoranza , l'altro che lo coilringa a rinunciajr fedelmente a quello de- tciiabilc inganno, ch'egli efercita contro i fuoi limili. Per proceder con ordine noi daremo prima un efacto procello del panificio » che polla fervir d' ilh'uzione e di norma all' arrefice illuminato; poi ci prenderemo la libertà di indica- re niodefiamente que' mezzi , che full' efcmpio delle grandi rsazioni ci fcmbreranno i pivi adatatti a far argine all'avidi- tà, e all' avania. Ma perchè abbiamo accennato che oltre a que' due principali difetti , alcuni altri fé ne trovan fovente nel pan comune, non dependenti dall' Arte, ma da parti- colari condizioni o native o avventizie della materia , farà buo- na cofa il dir prima in quali modi li pollano medicar quelli mali della materia, o prevenir che non nafcano per difetto d' intelligenza, o per pura trafcurarezza di que', che la trat- tano , la cuflodifcono , o la preparano all' opera dei panificio . XI. Supponendo notiffima la teoria della perfetta cot- tura de' grani , come appartenente ad altra giurifdizione « egli è certo che miglior grano farà tempre quello che a co- fe uguali darà maggior copia di buona farina . 11 grano groflb farà fempre preferibile al minuto ^ perchè ftando le fuperficie in inverfa delle mafie, il grano groifjdarà fem- pre minor quantità di crufca del minuto , e più quello ohe farà pili compatto e pefante . Qi;efia denfità o compattezza , oltre a fignificare maggior quantità di marcria farinofa , ferve anche a rendere il Grano piti durevole » come quello che per cotefia fua denfirà e manco foggetto a eflere penetra- to e corrotto dall' umido . Una fpecie di grano di quefia natura , eh' io dico , è molto conofciuta in 7 ofcana col nome di grano grojfo o ravanefe , e il pratica anche fui Fer- rarcfc e in altre parti d' Italia. Ora 1' avere buona fanna dipende dall' avere perfetto grano, quant' è poflibile con la diligenza e con 1' Arte. E non ballano le diligenze prime della coltura per racoglierlo tale , ma bifogna aggiungervi anch.e quelle della cufiodia per confervarlo . La prima £ura però dcv' elìes^ di foleggiarlo, e feccarlo bene fiiU' aja , pri- ma di chiuderlo ne grana) , per afciugarne il lovcrchio r.iui- do j Dell'Accademia. 329 do ) che Io difpone poi a fcaldarfì , a ribollire né monti > e a corromperii, o almeno a comunicare alla farina un mal odo- re » e a renderla anureggiante e incapace d' una pcrferta fer- mentazione. Gl'Inglefi ulano gran diligenza in queftofeccamen- to del grano > e quando la forza del Sole non bada > li fer- vono delle iVafe (1), e de forni. Un altra diligenza fomma- mente importante è quella della vagliatura , non folo per le- pararne le Veccie i Logli e le altre zizzanie , ma fopratutto per rimondarlo dalla terra e dalla molrilTima polvere che vi li mefcola . Quella polvere è fottiliffima e d' una perverfa natura , come ben fanno i vagliatori che ne reftano grave- mante oftèli al polmone ; e mefcolata con la farina e col pane non può non guaflarne la perfezione . XII. Ma anche la cura della farina elige molte cautele r La prinu è che la macine non lia di frefco battuta , per- chè quel polveraccio marmoreo vi lì mefcola, e rella poi prefo nel pane , con difgullo di chi lo mangia, e quel eh' è peggio , con real detrimento delle vifcere , che lo ricevo- no; e intanto il mugnajo li approfitta dell' accrcfcimenro del pefo. La feconda è di non macinare in tempi troppo umidi: la farina alForbe l'umidirà dell'aria, che le accre- fce il pefo a favor del mugnajo , e la difpone a ribollire , e corromperli. Dopo tutto quello la farina elige nuove atten- zioni per cullodirla in luoghi afciuttiffimi , e ben difelì dal troppo calore e dalla polvere . Bifogna ripeterlo ancora , i' umido e il caldo difpongono la farina a ribollire, e quello ribollimento promollo dall'umido è una lenta fermentazione, che la pregiudica grandemente, e la fa inverminare. Xlil. Un rirlelfo economico lì vuole aggiungere , rela- tivo al modo di far la flirina.- Io fon perfuafo che per ufo del pan fine e di primo fiore, il grano non s' abbia a ma- cinare , né a macine troppo balfa , ne a foverchiamente ve- loce; r uno e r altro di quelli modi tritola troppo al mi- nuto la crufca , la quale pafia poi pe* fetacci gran parte nel- la fa- (ù) Uni ftiifio macchin» equu'alente per liani, ( per quel che ne dice egli ftef- feccarc il grano fu già iivc-ntara in Na- fo), benché il Sig. Manclti.U dice poli dal Ccl. Si». Inriori e d-rcrirta dtfcxitta dall' inventore. dalJ'icgregio e Doctifs. Sig. Abb. Gal- J30 ATTI la farina > e rende il pane men bianco e men puro La cru- fca deve venire in fcaglie grolle quanto lì può , e la ma- cine dee correre con mediocre velocità , acciocché la crufca medelima non iìa troppo preflo lanciata fuori , ma pacan- do più volte fotto la macina , polla tutta la farina efferne più facilmente ftacciata , al che giova moltiffimo la perfetta fecchezza e aridità del grano medeiimo y raccomandate di fopra- E perchè in tutte le cofe fi dee contemplare fem- ore la maffima perfezione deli' opera col minimo poffibile difpendio di fatica e di tempo > che è la vera economia i io trovo perciò molto efpediente ed utile la coftruzione de' Mu- lini Bergamaschi , i quali per un femplicifllmo macchinamen- to aggiunto alla calla o recipiente della macine -, ne traggon fuori la farina fatta infleme , e ftacciata tutt' ad un tratto; fecondo il qual metodo riefce poi fpeditiffima ed utile la fe- conda macinazion della crufca, che è di grande importanza ed economìa perii pane fecondo; perchè oltre al ricuperar- i'i con quefta feconda macinatura tutti gli avanzi della fari- na , eh' erano timafti attaccati e confulì con la crufca » li guadagna anche fulla femola ftelfa , una parte della quale sfarinata e ridotta in minutiflima polvere > torna in nota- bile acrefcimento del pane. XIV. Venendo ora al precìpuo momento del noftro e- fame > io dico che tutta T opera del panificio lì riduce a quefti tre capi : Impafto , Fermentazione , Cottura . L' impafto fuppone la materia già preparata con l'in- fufione del lievito fciolto in conveniente quantità d' acqua tepida o calda» fecondo la ftagione, nella malfa della fari- na . quello lievito , fecondo che comunemente iì coftuma in Italia [i]> non è altro che un pezzo di pafta inagrita fpon- taneamente, o che inforza > come i Tofcani dicono, per lo fvi- (i) In Francia in tamagna e generalmen» nn cttìfflo ìnftrumento che' follecU te in tutti i pacfi piii freddi per ta la fermentazion della pafta , e con- fermentare il pane h fervono del cilia al pane la dovuta Icggeiezz» fere o fchiuma della birra , eppure pcrofità e fapore ; ma nei climi più del di lei fcdimento o feccia; l' una temperati ache il lievito di pafta e 1' altra di quefl-e fcftanze aggiun- fcmplice in giufta dofe e ftjficierte tn al lievito ordinario o adoprata tempo e calere preduce tutto il de» •nche folij in d»fe ccnreniente è fiderabile effetto. Dell' AccAEDMiA . 331 lo fviluppo degli attivi principj della parte amilacea della farina, i quali iciolri dall' acqua, e fomentati a un legge- riifimo calore , in un luogo non freddo, iion ventilato , fermen- tato lentamente , inacidifcon la pafta. Ora quello lievito fciolto neir acqua tepida , e ftemprato con parte della farina ; s' in- fonde nella malia della farina m un luogo caldo proporzio- nalmente alla ftagione ; perchè in quedo modo fcioglierdo- fi intimamente nelle fue parti, difponga , e folleciti la fer- mentazione , che li vuol poi fvegliare in tutta la malfa im- palata • 1 più prefcrivono che quelìo lì ftempri , e li mef- coli con la terza parte di tutta la quantità della farina che fi vuol panizzarc , e certo quanto maggiore farà la quan- tità del fluido e della materia in cui farà fciolto e ditfufo , tanto pili facile riufcirà la di lui mefcolanza cori tutto il rcflante della farina, e pili eguale e foUccita la fermentazion della parta . Ora quello nienftruo lievitatore infoilàro nella farina , e con quella coperto e difefo dall' accelfo dell' aria fredda , e tenuto per qualche tempo . co- me dicono i Chimici , in digeftione , comincia poco a po- co a commuoverli intimamente, e a rigonfiare tutta la maf- fa , che li apre di fopra con fpefll e grandi crepacci . Que- fto è il fegno dell' attuale fermentazione , e quello è 11 tem- po dell' inipallare . E bifogna prendere quello tempo della mairima elevazione o gonfiamento del lievito , co'.ue il pun- to della fua pcrteziore , perchè tardando ad impalcare fino al momento chela malfa abbia cominciato a sgonfiare , e ribaf- fare , fi troverebbe la palla inagrita , e perduta la perfe- zione del pane . Si mefcola dunque allora tutta la malfa del lievito con la malfa della farina , vi fi aggiunge tant' acqua che bafti a unire e legar la farina, e non lì ceflà dal pi- giare , dal mefcolare , finché la farina il lievito e l' acqua non lìanli equabilmente diftribuiti e incorporati fra loro in una follanza o mafia molle conducibile uniforme , qual dev' eflcr la parta . Se la perfezione del pane a tutte cofe e- quali, rta in ragione della lievitazione , querta medelìma fa- rà più perfetta fecondo che il fermento farà più equabilmen- te dirtribuito per torte le refpcrtixe porzioni della farina, e fecondoche la quantità del fermento farà meglio proporzio- nata- 332 ATTI nata a quella della materia come è detto poc' anzi . Qucflo pigliare e rimefcolare e impattare fa dunque 1' importantif- iimo effetto di quella egualiflìma diftribuzione e miilio- re , fenza la quale il pane diventerebbe di una foflanza , e d' una tempera dil'uguale e diiibrme, e la fermentazione me- deiìma farebbe irregolare e imperfetta , onde fi vede che la di- ligente pigiatura e impaftazione importa moltiffmio , maflìme ove fia vero, come può efièrlo, eh' efla contribuifce a di- flribuire egualmente » e per tutta la parta delle mafie o bol- le di aria per facilitare la fermentazione, come 1' iftcffo Sig. Munetti giudiziofamente pretende. XV. Un principio di Chimica inalterabile infogna che i Sali > i meftrui qualunque , e tutti gli attivi principi non agifcono fé non difciolti e fluidi fatti fi). Se- condo quello principio dovendo la fermentazion della pa- rta dipendere mafl'imamente dall' azion del lievito aggiunto > egli è chiaro che quanto maggiore farà la quantità di effo fludo, rifpctto alla farina, tanto più facile farà 1' efaria mefcolanza ed intima unione , e tanto più pronta la fcrii;en- tazion della maffa . I corpi liquidi fermentano prertifijnio , perchè i loro principi non impediti nel moro , facilmente o mettono in azione , e commuovono tutte le parti del mi- fto ; i molli fermentan più tardi , fempre in ragione della copia del fluido rifpctto a tutta la malia ; i denli al con- trario e i lecchi non fermentano ne poco rè punto dal che iì deduce che avere il perfetto pane un' ottima e neccrta- ria difpodzione fi è quella di prepararne la parta molle» con- tro la radicata opinion di coloro che al contrario credono ed ulano di farla foda e compatta ; perché quantunque ila vero che il pan dcnfo e comparto fia più licuro per la du- rata e più faziante, egli è però fuor di dubbio che il molle fpugnofo e leggero è di lunga mano più dilettevole al gufio e più facile da digerire ; laonde ove quel primo poifa eilcr u- tile all' economia d' una privata famiglia , querto fecondo è al certo più adatto alla foddisfazicnc e provvedmiento del pubblico, e querto vale molto più pel pan fine, il qualle ertcn- (i) Boerh Cliom. de meftr. Dell' Accademia . 333 cflendo fatto di purìffimo fior di farina ha bifogno'di cfTere impalato molto più umido e molle di tutro 1' altro ; perché il fior di farina tende di fua natura a infifllre e addenfare la palla, ond' è notato con verità che il pan fine puriflìmo co- llipa il ventre, effetto che diverrebbe alfai più notabile ove quello pane non fi facelTe fommamente fpugnofo e leggero : Per qual riflellb io preferifco anche nel merodo d'impana- re r ufo di domarlo colle braccia o anche coi piedi, a quel- lo della gramola che alcuni adoprano , perchè fia pel vio- lento inceppamento delle parti tra loro per la forte azio- ne di quella machina , fia per la minore introduzione dell' aria , fecondo q jcUo che è flato notato poc' anzi egli e cer^^ to che il gramolato riefce femprc denfo e polpofo e meno digeribile e mcn foave al palato medeiimo. XVI. Un articolo che grandemente interefia rimpallo e tutto r diro del p,i liiìcio fi è quello dell' acqua , dalla qia- le fra noi forfè nelìuno hi mai fofpettato che polla dipende- re la buona riufcira del pane . Eppure la cofa viene ogfrimai dimollrara dall' efperienza , perchè certo nefilina indufiria non ha mai ballato per lavorare in Parigi il perfettifilmo pan di GoneJJe , benché da quel luogo lì iìan tratti a polla gli artefici e la farina medelima per fabbricarlo : Né mai a Fi- renze fi e pi;tuto imitare il pan di Prato che è 1' ottimo della Tofcana , fegno evidente che 1' acqua di que' luoghi è quella che gli dona quel grado di pcrtezione che le altre acque non poìfon d;ire . Sul quale articolo farebbe dunque da metter opra per rilevare con efatte fperienze quale fecondo i luoghi ila r ottima acqua pel panificio , e quali le proprie- tà che in cfia fi cercano , e quali i mezzi di correggerne i vizj e di 'migliorarla . Certo la più pura farà fempre l'ot- tima così per quello come per gli altri n(ì , e la più leg- gera dcbb* clfere la più pura ; ma non potendo tutti i pae- lì aver 1' acqua delle vive/onrane e de' fiumi, reda da zfà- minar con le prove fé Jquclla de' pozzi comuni chg fuol cf- fere più cruda % potcfie ridurfi con 1' arte a lodevoli condi- zioni , o fé folle da preferire 1' ufo delle ciilcrne per racco- gliervi quella del Cielo. XVII. La V 354 Atti XVn. La parta fatta vuol fermentare , che è come s* è detto il grande articolo del panifìcio .- Né quefto farticolo non elige alrro lludio che quello d' un moderato calore regola- to, fecondo i luoghi e le flagioni ; tenendo la palla in luoghi difelì dall'aria libera , e coperta con panni talora un pò caldi, fecondo il freddo; il rimanente lo fa la natura della parta, che già v' è difpofta per fé medelìrr;a, e per le forze dell' aggiunto fermento . E querta è propriamente la vera fermen- tazione dalla qual dipende la eccellenza del pane, può chia- marli fermentazione in parta o compimento della fermenta- zione o lievitatura ; giacche quella prjma della qual li è par- lato di fopra non è altro che una preparazione e attuazio- ne del fermento che ferve a rifvegliar nella parta pivi folle- citamenre querto moto fermentativo . Or tutto quello che r arte ha da fare a querto periodo , è regolar la mifura e prefcrivere i giurti termini della fermenrazione . Il tempo che vi bifogni , non fi può definir giurtamenre ,• dipendendo moltirtlnio, come ognun vede, dalla natura dell'acqua dal- la quantità del fermento , dalla perfezion dell' impafto , dalla tempra delle rtagioni e de' luoghi e dalle diligenze dell' arte ; ma per avere un fegno artài certo della fermentazion già compita può bartare il fare in più luoghi della parta del- le profonde impreffioni col pugno , perchè ove querte dopo due o più ore fi trovino riempite e quafi cancellate per lo gonfiamento e rialzo della parta medcfima, fi può ertcr cer- ti che la fermentazione iia ridotta a buon termine , e iì può allora con ficurezza rimettervi su la mano per compir 1' opra , e dividerla e riformarla in pani . Un altro indizio lo da ad una mano intendente il maneggio Ideila parta me- defima per il grado di tenacità è di Icnrore che vi fi fen- te,!.il qual va fempre fccmando in proporzione che la fer- mentazione il avanza . Per avere una fermentazione più piena e più foUecita i Francefi prercrivono un altro metodo» che è di dividere tutta h fomma della farina in fei parti, e termentata che fia la prima rimpartarla con la feconda , e querte due fermentate , rimpartarvi tutto il rertante : Ala querto metodo cpporrunirtìmo per fervire con efquifita dili- genza il pane d' una famiglia, non può aver luogo nelle gran- di- Dell' Accademia 335 di piftorle che debbono provvedere al confumo d' una Cit- tà .' Bifogna adunque per quelle attenerli all' altra maniera che non farà niente meno efficace e lìcura, quando non li voglia mancare della ncccllària attenzione . XVUI. Notato il termine della perfetta fermentazione, non bifogna più ritardar la cottura , per metter fine al- la fermentazione medelima , la qual procedendo viziarebbe il pane d'unfaporc acetofo ed acre. La cottura in forno be- ne fcaldaro ben ripulito ben chiufo fa fopra il pane que- fti importantillìmi ctlètti , che lo rafciuga dalla foverchia umidità gli leva il fapor crudo e nojofo della farina , e di- radando r aria già Iviiuppata > ne determina la porolità e la leggerezza, e finilce di romperne il glutine, e di difgregar- ne le parti , e lo rende faponro e facile da dirigere . Ma infievoliti , e quel che piiì , dovendo il pane , (ìccome gli altri alimenti, mcfcolarii nella maftigazione e difcioglierli poi nello ftomaco per introduzione e per la forza della faliva quella non può fui' umida parta del paneprefiar notabile efièt" to ; laddove nel ben cotto e afciuttifiimo viene avidamente af- forbita , e vi fi mefcola intiera con tutta la fua attività , Argomento e prova certifiìma ne fa il bifcotto, che è fenza dubbio r ottimo e il piìi falubre di tutti i pani , come al contrario pefilmo per la falute , oltrecchè difguftofo, fi è il mal cotto ed umido . X'X. Per conofcere il punto della perfetta cottura u- fano di giudicarne dal fuon che rende un pane tratto caldo dal forno percuotendolo col dito , e dal calore e dal pefo apparente; ma a buon conto, poiché quefii fogni fon tutti incerti e fallaci , egli è certo che bifogna lafciarlo nel forno pili lungo tempo di quel che ora fi fa ; e perchè il pan venale deve clTcre ragguagliato tutto a giuftiffimo pefo ; io dico che filTata una volta e ridotta a metodo la maniera dell' impalare per rapporto alla copia dell' acqua che deve aggiungerli alla farina , e (labilità la quantità che ne dee poi fvaporarc per una perfetta cottura , e conofciuta infieme la rcgo- 35<> Atti regola di fcaldare il forno Tempre egualmente , ne' rifulterà una regola (icuriUima di verificare quefto punto della cottu- ra colla bilancia, pefando un pane tratto dal forno, perchè la differenza dal pefo attuale al pefo defcritro darà la ve- ra dillanza dal punto della perfetta cottura. E bifogna guar- dare anche in quefla parte di fcanfare 1' cftrenio , poiché il troppo cotto perde limilmente il fuo gufto , e diventa a- maro e malfano . XX. Qiiefta e la dottrina del panificio adombrata fe- condo i veri principi della Fifica e della Chimica , la qua- le ove fofic dagli artefici in ogni fua parte fedelmente efe» guita non è punto dubbio che dovefiè portar l' effètto di una perfettiffìma panizzazione . Una cofa par che rimanga da ricordare ; ( oltre a molte altre minute avvertenze che li tra- lafciano, perchè pajono dovere effer notifllme almeno per T efperienza ad ogni artefice piii groflblano ) in propofito del- la farina ; ed è che , come la troppo vecchia ancorché vi- zio non abbia contratto, riefce fenipre men buona , le fa pane men faporito , così anche la troppo frefca poco riefce nel fermentare il perchè importa molto allo fquifito pane che la farina fia ftagionata di qualche mefe , Del refto la fcelta della legna pel forno, la coftruzione la folidità la forma la grandezza del forno ftcflo , la diligenza e indu- flria nello fcaldarlo e nel ripulirlo , la cuftodia del pan già cotto, e tali altre attenzioni fon tutte parti integrali che entrano nell' idea del perfetto panificio, e che caratterizzano la diligente induftria di artefice che conti in parte di fuo vero guadagno , non la turpe ruberìa ne' la vii fraude e 1' inganno , ma 1' onorata compiacenza di fervic bene il fuo prolBmo , con la certezza di vedere crefcer ji frutto de' fuoi fudori inaffiato dal concorfo e dalla foddisfazione de* compratori . § II. Rie. Dell'Accademia. 337 §111. Ricerche fipra i mezzi di flahilire /' eco;io:n\a d' un perfetto panificio efeute dalle fraudi de' Panattierì XXI. Per poco |che fi rifletta fulla teorìa da noi da- ta del panificio , dee capire che è quafi imponibile di ga- rantire il pubblico perfettamenre dalle fraudi de 'Panettieri. Perchè da una parte la natura medefima della cofa fogget- ta a molti e gravi difetti non facili a dimoftrarll in fui fatto con una perfetta evidenza , afficura l'inganno del Pa- nattiere dal rifentiniento giuftiffimo della Legge ; dall' al- tra quello fpiriro di fallirà e di menlbgna che per non fo quale perveriìtà di deftino è giunto fino ad ettinguere intieramente nel volgo il naturai fentimento dell' oneito e del giufto , non lafcia più neffuna luiìnga per credere di potere fopra un principio di verità e di onore garantire al pubblico gli eflètti reali della provvidenza del principe > e della benefica intenzion della Legge. 11 perchè rivolgen- do neir animo gli efempj di quelle illuftri nazioni che anno eftefc le loro cure anche fu quefla parte dell' economica polizia , io andava penfando fé foffe poflibile di ravvivar in qualche modo con 1' Arte una piccola immagine di quel- la loro favifiìma difciplina , e trar lumi da loro per fon- dare un utile e cauto e inalterabile iiftema, capace divin- colar la licenza di quelli pubblici predatori . XXII. I Romani maellri d' ogni provvido regolamento e configlio , fottomifcro 1' Arte del panificio a feverifilmc co- ftituzioni : Elfi formarono de' Panatrieri un collegio , i cui membri vi rellavano necefiariamenre attaccati inlieme co' loro figliuoli, e con quelli che fpofavano le loro figlie. Era proi- bito per loro ad un piilore di paflare da una piftorìa ad un' altra fenza un' efprefla licenza . Il collegio Piltorio pollede- va de' beni donatigli dalla Repubblica , e quelli beni era- no garanti della loro fedeltà nel melliere > e nelfuno potea difponere nemmcn de' fuoi proprj fennon per i necellarj ere- di, 338 Atti di», o in favore del comun patrimonio. Onde appare che i Romani prcndeffero quefte favie mifure > perchè il nume- ro de' piftori non veniffe mai a fccmare o a crefcer di trop- po ) e perchè le loro ricchezze poteflero rifpondere della lo- ro efarrezza e integrità nel lavoro . In Francia i piftori non fono foggerti a quefto rigore , ma pure in Parigi vi è un corpo di dodici principali Panattieri che li chiamano privilegiati, i quali fono foggerti a particolari regolamenti. Io non dubito che le Leggi che li riguardano non po- teflero elTere applicabili o tutte o in, parte anche alle cir- coftanze di un altro Stato, ma io non ho potuto riefcir mai a vederle . V ha però in Francia alcune altre Leggi che ri- guardano promifcuamente tutti i piftori , e che pajono ne- ceflàrie in tutti i paeii per evitare 1' avanìa e il monopo- lio : Come per efempio che il panattiere o pilìore non pofTa elTere mugnajo né avere mulini a fuo conto , né ef- fervi interelTato in qualunque modo o forma : Che il pido- re non pofla efTere mercante di frumenti o biade ne per fé rè per mezzo d' altri. E finalmente che i pilìori non pof- fano far compre o contratti di grano , finché i particolari nonne fiano provveduti, cioè fino a un certo tempo de- terminato. Quefie Leggi, e molto più quelle che riguarda- ro i prezzi, le qualità, e Io fniercio del pane fono certo utilifiìme e provvidamente dirette alla tutela del popolo . Ma io dubito forte che nella prefcntt- coliituzion delle co- fc vi potefTe efler modo di afiìcurarne V efecuzione e di chiider con effe 1' adito a tutte le Irodi . L' incerta de' gra* ni almeno per vie indirette è quali impolfibile di prevenirla, E quando ogni altra via fofle toba a pifiori per ingannare il pubblico , una leggierifiìma alterazione nella qualità , e una infcniibile diminuzione nel pefo , una inpercettibile differen- za nella cottura , bafta ad effi per fare immenfi guadagni. XXIII. Se la regolazion che fi medira folle- diretta al folo vantaggio e ficurezza del popolo , il potrebbe for- fè arrivare a fiabilire de' merodi molto efficaci : Ma quefta regolazione ha delle mire lunbo difparate fra loro, e qaa- fimenrc incompatibili . Si tratta di falvare 1' intcrcfiè de' po- polo , dy poflidenti , e del Sovrano . Tre oggetti della mag- giore Dell'Accademia. 339 giore importanza, e che efigono una fomma avvedutezza per combinarli . Il popolo ha bifogno di fuflilterc per lo ilato > e non ii deve tiranneggiarlo negli alimenti . li Sovrano ha de diritti , e non è giufto che gli lìano defraudati o fcemati : 1 poilìdenti anno le derrate , e non e oneflo che ne lìa impedirò lo Imercio , o diminuito il profitto . Bifo- gna trovare un iìitema che falvi quefli tre grandilTimi og- getti : Un folo che venga a patirne j porta un danno gra- viflìmo fu tutti gli altri. Io mi prendo la libertà di accen- narne tre foli , che potrebbero forfè elTere preli in conlìde- razione da chi preliede alla pubblica providenza. XXIV. Il primo e più comunemente praticato e quel'- lo di llabilire una compagnia o numero di piilori difpolti per i quartieri della Città , prefcriver loro le condizioni relative alle fpecie e qualiià del pane , e il psfo, e il prez- zo da mantenerli inviolabilmente per tutto 1' anno , l'otto pena della perdita del privilegio irrevocabile ; e di una multa proporzionata, da incorrerli immediatamente che fol- fe convinto di qualunque minima fraude del panificio , fia nella qualità fia nel pelo del pane . E per afilcurarlì an- cora meglio delle loro fedeltà ii porrebbe incoraggire i de- latori con r offèrta della metà della multa pecuniaria com- minata al pifiore , purché il delatore dimollrafib convin- centemente la fraude : E per evitare la foprafazione e la ca- lunnia, lì potrebbe poi afibggettare il delatore Iteifo quan- do ne folle convinto, alla multa medelima, o a un cafti- go perfonale . Quello è 1' unico efpediente che mi par riu- fcibile per evirare le fraudi de' panattieri nella qualità e nel pefo del pane. Ma per evirare che la lega de' panattieri incettaffe tut- ti i frumenti, o ordiife altri ras;giri per farne alzare il prez- zo a danno de' particolari , che fanno il pane dometlico , ii potrebbe tentare un regolamento, che può fervire anche ad altri utilifiìmi oggetti , tendenti tutti a mantener I' ab- bondanza il buon ordine ; e ad evitar il monopolio , ed è di fare che gli ufficiali regi di tutte le porte della Città tengano un' efatta lifta e regiftro di tutti i- grani che s' introducono quotidianamente , e che quefte lifte^ lìano prc- feniate fedelmente ogni mefe al Governo. Poi di ftabilire a pillo» \ 34° T I a piftori la quantità di grano che poffono cotnprare cor- ri'pondente all' annuo confumo della Citrà > e obbligarli ade- politare qucfli loro grani nei pubblici magazzini : obbligarci ie è pollibile , tutti i proprietarj ad indicare non loto la quantità del frumento che anno > ma anche i luoghi dove lo tengono ; in fomma prendere efarta cognizione di tutti i magazzini , fopra tutto proibire fevcriffimamenre a tutti i luoghi pii di tener magazzini fotto qualunque preteso , ma obbligarli a darli in affitto , e ad indicarne i fittajuoh : E finalmente ftabilir anche fu quello punto grolTe multe ai pi- fiori trovati in contraifazione , e corrifpondenti premj ai ve- ridici delatori. XXV^. 11 fecondo progetto farebbe di lafciare a tutti fenza nelfuna eccezione la libertà di fare e di vender? il pane , col folo patto che tutti i forni deflinari a cuocer- lo follerò notilicati al Governo, per potere fop-^a effi get- tare ripartiraraente la regalia , ovvero gettando qae/la nie- dedma regalia fu tutte le botteghe o cafe che voleilèro vender il pane. Quello farebbe forfè il modo più fpediro e licuro di evirare le fraudi , perche fiffaro il pefo e prez- zo pubblico , ognuno s' ingegnerebbe di farlo migliore per afficurarlì lo fpaccio , anzi non vi farebbe forfè ncmmen bi- fogno di liifar né prezzo né pefo, perchè il popolo correreb- be fempre dove trovaffe il vantaggio . E quando il merca- to de' grani foffc ben regolato e libero dal monopolio , non vi farebbe da temere che il pane venifl'e a mancare , per- ché é certo che dove è guadagno tutti fi allòllano , e nel panificio il guadagno è fempre notabile . XXVI. Ma il metodo più ficuro per I' abbondanza , più efente da tutte le fraudi , e più adequato alle malTime di un ben regolato Governo , farebbe quello di fare che l' im- prefa del pane andafle per conto della Camera Regia. Potrebbe la Camera ftabilire un fondo per la pubblica An- nona , e con quello fondo riempire i fuoi magazzini della Citrà . Per evitare tutti i pericoli delle fcarfe raccolte bi- fognerebbe metterfi in anricipazione di un' annata , e in que- llo modo fi confumerebbe ogni anno il grano dell' anno antecedente , e i magazzini rcficrebbero fempre provvidi an- che Dell' Accademia 34» che per 1' anno futuro. Bifognerebbe ftabilire un corpo dipi- ftori iHpendiati dalla mcdelima Camera , i quali dovefTero lavorare e fpacciar il pane del frumento e per conto della Camera rtelìà , fecondo le qualità e pefi da ella preferir- ti . Il pirtorc diventerebbe allora refponfabile al Princi- pe della fua fedeltà , e quando (i vedeife ridotto alla con- dizione di femplice opsrajo o miniflro , fenza poter avere nef- fun intereffe fuUa qualità della fua maniiùttura , fi rende- rebbe affai più ritenuto nclT azzardare una fraudc , che fco- pcrta potrebbe farlo rcftar fenza impiego, o coftargli anche qualche più pungente caftigo . XXVII, Ala qualunque di quelli piani il voleile adot- tare , refta poi da regolare 1' efatta bilancia de' peli e de' prezzi , dedotta dal prezzo reale de' grani e della fomma de Dritti Regii e di tutte le fpefe del panificio . Senza di que-' ila bilancia non è fperabile di garantire il popolo dalla fo- prafazione e dall' avanìa . I Diritti Regii e le fpefe del panificio per 1' impiego degli uomini per il confumo delle legne e affitto di fabbri- che e di botteghe ce. eilèndo fifie e appena foggette ad al- cun cambiamento o alterazione, riefce facile di farne un' e- fatta valutazione , e di gettarne un egualilfimo riparto fu prezzo del pane . Il punto più intrigato e fcabrofo è quello di fta bilire il vero pcfo del pane dipendentemente dal prezzo ori ginale de' grani e dagli accrefcimenti della farina . E' ini- polfibile di equilibrare nel pane quotidiano le fucceffive al" tcrazioni de' prezzi del grano fecondo le varie fue qualità - e fecondo le vicende delle contrattazioni . Le diifèrenze di" quefto genere ftanno fempre a danno del popolo, e il pa-, nattiere non manca di trarne profitto , impiegando i frumen- ti più baffi , e radoppiando i ricrefciraenti naturali della farina con 1' artificio della mala cottura. XXVIII. Per evitar quelli dannilo non ci fo veder al- tro modo che quello di fifiare una tarifià inalterabile del pelo e del prezzo delle varie fpecie del pane per un inriero decennio . Per fondamento di quella tariffa dovrebbero fervi- re i regifiri dei prezzi mercantili del grano nei tre dccennj proffimamente paifati : E certo che in tre decennj quelli X prezzi 3+s Atti prezzi debbono eilere paflati per tutte le differenze e gra- di dipendenti dal maggior numero di combinazioni filìche morali o politiche , che influifcono fulie varie vicende mer- cantili di quella necellaria derrata. Le ferie ordinare di que- fìi prezzi decennali darebbero tre ordini di termini eiiremi , corrilpondenri alle tre categorie comuni de' grani , infimo, mediocre, perfetto. Le equazioni di quefti tre ordini di ter- mini eilremi darebbero tre termini di media proporzione cor- rifpondenti alle tre dette categorie, e il medio di quefti tre termini farebbe il vero proporzionale inalterabile prez- zo di tutto il grano , che potrebbe licuramente valere per un intiero decennio ; e così le differenze de' prezzi annui reali di tutto il decennio darebbero un adequato giuftiffmio per r efatta compenfazione del popolo . Stabilito il prezzo uniforme del grano e aggiuntavi la fomma proporzionale di tutte le fpefe fecondarle , dipendenti da diritti pubblici , da opere e da affitti riguardanti il panifìcio , lo fraercio ce. re- ila da ftabilire il prezzo relativo, o Zia il pefo reale del pa- ne col metodo propofto qui fopra ,firà facilillimo di fillare {labilmente il pefo medio dallo ilajo del grano , e nello llef- fo modo la vera quantità di crufcone e di tritello che ne deve ulcire ■ Gli efarti efperimenti che noi proponiamo di fare , verificheranno fino all' ultima evidenza gì' incrementi naturali della farina ben panizzata . I termini differenziali di quefti incrementi corrifponderanno alle tre categorie già fup- pofte de' grani, e noi iìamo certi che anche il più baffo di que- lli termini darebbe al piftore un cortliderabil guadagno,ma per ab- bondare gli fi potrebbe accordare anche il maffimo lenza fenlibile pregiudizio del pane . Queft' ultimo elemento ne darà fubi- fo la foluzion del Problema relativo al pefo che deve ave- re ftabilmenre qualunque fpccie di pane. E noi nella ferie de' noftri efperiaienti ne faremmo vedere la prova con del- le tavole ben calcolate e ordinate , nelle quali apparirebbe chiaramente tutta la ferie di quella operazione . §. III. Deli' Accademia . §. III. 343 M'igltorameuto da fare nelle fpecie del pan comune -^ 0 fecondo XXIX. Stabilito in un modo o in un altro il fiflema della pubblica contrattazione del panifìcio , con quelle Leggi rcf^o- lative e penali che iian trovate le più conducenti a mantenere la perfezione del pane , e a garantire la pub- blica fede relativamente ai peli e prezzi prefcritti ; refta da vedere fc folle da introdurre qualche utile cambiamento nel- le fpecie mede/ime del pane folite praticarli fin ora. Oltre al pan bianco comune per le comode e civili perfone > un altro fé ne ufa piiì groifolano e fcuro e imperfetto» com- porto della farina sfiorata detta feconda , o tritello . Il qual pane oltre all'elFere nien nutritivo per la materia molto co- piofa di vera crufca o corteccia del grano > fé fi confiderà eh' egli è anche poco ben fermentato e poco ben cotto, co- me moflra la fua umidità e il fuo pefo , s' intende fubito eh' egli dev' efi'ere piiì che mezzanamente cattivo . Onde ne rifulta un doppio danno nel povero compratore , che paga quel trifto pane quanto appena potrebbe valere il buono , ed è poco nutrito e danneggiato nella falute, e come già s' è detto di fopra . Io non pretendo che qncfta fpecie di pane lì debba abolire . intendo folo che s' abbia a cercare i mo- di di migliorarla. Egli è anzi un pan necefiàrio pel minuto popolo , e pel gran numero de' poveri e de' faticanti che non pofTono comprar del bianco abbafianza per isfamarfi. Dall' altra parte quel pan così umido , così paftofo , olrrecchè rozzo e talvolta di mal odore » invece di confortarli gli annoja, gli fcontenta vie maggiormente d* una fortuna che non dà loro rilafcio nemmen nel momento di riftorarfi . XXX. Ora io vorrei che s' intended'e che le regole generali propofie pel panificio riguadano quefio fecondo pa- ne egualmente che il primo , e fono anzi vie più ne- ceirarie per eflb , che non può fennon per diligenza dell' arte acquifiar nome di buono o almen di foffiribile. E X 3 per 344 Atti per migliorarne la qualità fenza nefluna alterazione di prez- zo, io proporrei che a quel tritello che lì adopra per far- lo, fi doveilè in prima aggiungere forfè una quarta parte di buona farina , poi della crufca o femola grolfa che ne rimane, facendola bollire in una proporzionata quantità d' acqua , cavarne una eniulzione farinofa , che poi ferville a far 1' impaOo dei pane. Quefta bollitura cava dalla crufca tutto quei poco che vi rimane di farina , e migliora fen- fibilmcnte la qualità del pane ; iicchè con 1' ajuto d' una abbondante lievitazione , e d' una perfetta cottura che lo ralciughi ben bene, diventa non folo buono a nutrire, ma anche di buon fapore al palato. E bifogna avvertire che un tal pane clTcndo men facile a fermentare e molto tenace dell' umido , ha bifogno di dofe di lievito maggiore dell' ordinario , e di una ben lunga cottura ; al qual effetto dell' afciugarlo , gioverà anche affai il farlo piccolo e di forma bislunga alquanto fchiacciata , e il farli qualche taglio di fo- pra per citenderne la fuperlicie. Quanto al punto economi- co è da fapere , che il pan fatto con quella bollitura che s' è detto , ricrefce almeno d' un quarto fopra il pefo di tutta la materia impiegata . Onde e vero quel che i'i diile ' che una quarta parte di buona farina aggiunta al tritello migliorerebbe il pane fenza alterarne il valore. XXXI. Ma oltre a quefto metodo di megliorare il pan baflo , ve n' è un altro notiffimo e incomparabilmente più utile, e non poffo non maravigliar grandemente che neffuno non abbia penfato mai a metterlo in ufo . Tutti gli uomi- ni che abbiano denti e palato , deono confeffare , che il pa- ne detto Bifcotto è il più faporito , il più economico , ed io vi aggiungo il più falutare di quanti ne liano conofciuti nel mondo . E le nazioni marittime che ne anno la prova » Io preferifcono giullamente al pan frefco di qualunque ma- niera . Ora il bifcotto ha oltre ai già detri quefti altri tre vantaggi , che devono interefl'ar molto la pubblica economìaj Egli cofta affai meno d' ogni altra fpecie di pane: Egli è efente dai vizj del pan comune : può confcrvar/ì degli an- ni fenza notabile detrimento . XXXli. Dell' Accademia . 345 XXXII. I Veneziani fanno il loro bifcotto di tutta farina , irapallando cioè la farina , come il mulino la ren- de , lenza nelìuna llacciatura o feparazione di crufca t e quello bifcotto ferve non folo a tutta 1' armata da mare e a tutti i naviganti , ma eziandio alle trupps e a tutti quel- li che vivono a pubbliche fpele , e benché^ ricfca ailài icu- ro e un poco ruvido nel manicarlo , vi fono però aiTài pochi che volellero cambiarlo col pan frefco comune . 1 Siciliani e i Romani marittimi coilumano un bifcotto bian- chilfimo che par di pura farina . Ma io dico che il bifcotto piìi faporito vuol eller fatto di mezza farina cioè d' una farina purgata dal folo crufcone , o grolla fcaglia di femola , perchè mi è lem- prc paruto che quel bianchiÌTimo riefca di un fapor troppo languido ; oltrccchè fé il bifcotto di fiore farà tatto di pa- rta dura quella lunga cottura lo renderà troppo denfo e com- patto e meno penetrabile da' fluidi » fé farà di troppo niol- ie e aliai fermentato, la cottura lo ronderà troppo fragile e loggetto a sgretolarli in minutiflìme parti * cola che por- ta gran danno pel difperdimenro che fé ne fa . Al contra- rio il biicotto fatto di mezza farina e di parta piuttofto mol- le e ben fermentato e perfettamente afciugato con la lun- ga cottura, acquirta da quel tritello una maggior conlirtcnza e quali legatura che lo rende più durevole e come è det- to più faporito . XXXjU. Le regole per fare il bifcotto fon quelle rtcf- fe che abbiamo date pel pane , la parta vuol ellere p ut- torto molle per poterla lavorare la forza di braccia . Il bif- cotto li forma in piccic o fila come ufano di fare il pane in Tofcana , e vuol elfer cotto in forni aliai grandi e di folida rtruttura , perchè confcrvino il caldo più lungamente . Quando e poco meno che corto , fi apre il forno , e li fpez- zano quelle fila in tanti pani ifolati piano-ovali , che chia- mano cajìagmle , e li rimettono nel forno , e vi li lafcia- no chiufe , finché il forno fia raffreddato artatro •• Quelle » cafiagnole quando fon cotte reftano del pefo di fei once in circa , non '^\ fanno più grolle , perchè li ra(ciaghino e fi bifcottino più efattamente . Si ripongono ne' magazzini a folajo ) e purché non fentano 1' umido > vi li manten- gono ■ì\6 Atti gono degli anni intieri . Il bifcotto refta affai meno d' ogni alerò pane non folo perchè vi s' inpiega la farina col | fuo tritello ) ma molto più perchè egli da un ricrefcimento gran- diffimo : Non v' è pane che riefca quanto il bifcotro . La fua natura lo rende anche efente dai vizj del pan comune , il quale ogni poco che invecchj , muffa o inverminifce , o perde almeno il fapore. Il bifcotto ancorché foffe un poco men del bifogno fermentato , pure quella lunga cottura lo rende affai' piià digeribile l'è meno cattivo d' ogni pane che aveffe lo ftellb difetto : Del reffo egli non perde mai niente del fuo fapore, e non v' è altro che 1' umido che lo pre- giudichi lì potrebbe dunque fpecialmente negli anni abbon- danti formare dei gran magazzini di quello bifcotto , e for- marne un dcpolito feparato, che farebbe utiliffmio negli an- ni di careftia, e potrebbe femprc fervire di un freno all'in- gordigia de' mercatanti , perchè non alzaffero troppo il prez- zo delle biade . Quei che conofcono la neceffità di tenere» maffuue nelle Città grandi, dei magazzini di riferva per i tempi di careftia , intenderanno beniffmio, che in^ vece di g rano farebbe molto piiì utile il tener del bifcotto ; perchè il grano oltre al calare notabilmente , è anche) foggetto a ribollire a muffare , o ad edere viziato da' vermi , ed elige per quefto una continua curtodia ; laddove ;il bifcotto non ha bilogno di niente. Quelli magazzini una volta formati lì po- trebbero poi andare fucccffivamente rinnovando e riempiendo di nuovo bifcotto . Il vecchio fi anderebbe fmerciando fa- cendolo confumare alle truppe ai prigionieri ai condannati alle opere pubbliche ec. e quando il popolo vi fi foffe avez- zato fé ne farebbe grandiffimo e quotidiano confumo. §. mi. Quefto farebbe il vero pane da dare ai del genere umano, che veglia alla fìcurez- Soldati per manrenerli fani , e un za e alla rranquillità degliStati dopo avere poco mono fcontenti della loro forte. venduto , e direbbe Tacito, il corpo e 1' Pare che la provida cura de' Cover- anima per cinque foldi al giorno, a di- * "ni non abbia ancora potuto Rendere le fagi a pericoli alle fettiche perpetue > ".'Tue vifte benefiche fopra quefta parte fi ttova in tal luogo a peggior condi- importantilTima di economica polizia , zìon; pel vitto che i pubblici malfat- perchè egli è certo che non v' ha peg- tori non fono . Invano la previdenza gior pane fopra la terra di quello eh; Sovrana allarga fopra di loro le fue ii fa mangiare a Soldati . Quitta p ir- beneliccnze ; La fame delle truppe fi te SÌ rifpeitabile, al dì d' oggi sì numerofa offre Dell* Accademia. J4.7 §. mi. Caratteri del pcrfem pane. XXXIV. Il perfetto pane dev' efTerc al di fuori di un color bianco paglielco uniforme non abbronzato dal fuoco > ne sbiancato per diferto di cottura; Al fenfo della mano deve apparire leggero relativamente al volume ; rompendo- lo deve trovarvili una buccia o crofta fottile friabile « ma non rigida > e la midolla o mica bianca afciutta ed egual- mente ipugnofa . Quelle grandi vefchiche o vani che lì trc- vano in certo pan Milanefe detto Mica , che occupano due terzi almeno del volume della mica, e fono vuote affato» fono una prova parlante dell' imperfezion di quel pane, e dell' ignoranza o di una malizia dell' arrelice ordita a danno del compratore. Quelle vefciche lì fanno nafcere accelerando a forza di caldo la lievitazione , poi interrom- pendola a mezzo il corfo , infornando quel pane in un for- no poco caldo realmente e nel fondo , ma divampante per una gran fiamma di legna leggeriffime tenutavi quanto bafta offre all' incanto e fi abbandona alnnovo cer co' denti , e vi refta dentro un chiedente ; farebbe bene ftrano che un paftume bagnato e vifchiofo che non è Imprclario volefTe ftruggcrfi per ingraf- né fermentato né cotto , d' un gufto fare i Soldati fi fa che il pan militare naufeofo e appena fofTribile finché: è dev' elTer fatto di due terzi frumento frefchilTimo: E più di trenta once di e un terzo legale . Io non dico che que- quello pane fi afTegnano ogni gior- fte dofi fi flambino, o che quei due ter- no al Soldato . Non farebbe egli me- zi diventin grano infimo o farine gua- elio ili dargline venti fole di buon bi- fte o mondigli» o crufcone rimacina- fcotto? I Veneziani ne danno veutiquat- to o altre tali immondizie ; dico che tro , ma quali nelTun uomo arriva a di due terzi frumeuto| e uno fegale mangiarle . Si può dimoftrare che fi fa un pane che deve cflTere alTuluta- venti once di buon bifcotto fatto di mente buono' e quel de' Si Idati non tutta farina , con 1' aggiunta di {.iccolif- lo è certamente . Qualunque fiano i fima quantità di fegale, o forfè anche materiali che vi s' impiegano , ne vie- fenza effa affatto coìVerebbero niente più, ne un tal impafto fangofo muccido e e firfc meno, di quel detellabile ; e i per lo più di mal odore , che divifo Soldati ne farebbero maglio nodriti e in grolle forme di cinque libbre al- più fani . Perchè è certo che le dilFen- meno di mal furmentato e peggio cot- tcric , le colice , le itterizie , le oftru- to^ , e incroftato fuori a forza di un zioni , le febbri d' ogni maniera , che fuoco fubitaneo divampante , fi chia- travagliano sì frequentemente le trup- ma pane di munizione. Quella crolla pe ciiandio in guarnigione ,, fono prc- eftcriiire iiidurifce e s' inceppa come molTe in gran parte anche dalla malva* un fortt cemento, che non li può via- giti di ^uel pane. 348 ■ ll' Accademia. bafta per infiammarne 1' ambiente : Quel pane ancor fermen- tante medo follecitamente in quella vampa , fi confia fubi- to , r aria iuterna che non era equabilmente fprigionata per tutta la foftanza t fi dirada improvvilb e fqaarcia la foftan- za del pane» e fi raccoglie tutta in un luogo e forma quelle grandi vefciche . La buccia Cottile che refta d' attorno , e chiude quelle vefchiche « facilmente fi cuoce anzi diviene un pò rigida , ma nel mezzo vcrlo la parte fiiperiore dove la midolla lì riunifce , quivi la cottura fuccede più lenta- mente ; intanto dopo pochi minuti ( al più 15. ) il for- naio ritira il pane dal forno bello e gonfiato come un pal- loncino; ma quella poca midolla li trova ancora umida e af- fatto paftofa , e quel pane lalciato rivenire li fa tenace e lento , e indifiòlubile ai liquidi come in fatti dev' cflTere per gli ac- cennati diffètti di fermentazione e cottura. XXXV. Mafticando il pane li dee trovare non afpro non tropo reliftente ; ma di una foftauza unimorme ceden- te e friabile, che aflbrba l'umido e vi iì unifca , e fi fpa- poli e fi difciolga egualmente , e renda un fapor grato temperato e rifiorante , e finalmente che non annoj 1' ap- pettito , che non aggravi lo ftomaco ; Di che farà chiaro argomento ( e quefto è il caratte- re decifivo } j fé immerfo nell' acqua nel vino ne' brodi l'empiici o compofi^i ne' liquidi qualunque i'i fiano , prefto gli attragga e gì' inbeva e fé ne infuppi e ne refti egualmen- te penetrato e difciolto^; perchè qualora la midolla del pa- ne , e peggio la buccia , tarda a inzupparfi ne' liquidi , o non fé ne imbeve egualmente » e reftano come de' coagu- li non penetrati dopo lunga infufione , quello è certilfimo indizio che il pane manca di lievitazione , e che vi refia an cora del glutine non difciolto ne 'trinciato dal lievito, il quale poi introdotto nello fioraaco ; non potendo elTe- re dalla forza de' fughi comprefo ne' domo , refta un inu- til pefo che aggrava r difturba la digeftione degli altri ali- menti , e |fe qualche cofa pur ne fpreme o diftacca la con- tinuata azione delle vifcere , quello altro non è che un len- to vifcidume tardo coUofo inconcotto, che ingrofla e impi- grifce tutta la mafia del chilo , che invifchia le afiorben- ti ve- Dell* Accademia . 3451 ti vene chilifere > e inpaluda ì è riflagna 1 e oftruifce tutte le vifcere e le vie dell' alimento • e il fanguc ftelTo rende grolTo > e crudo e fecciofo e tardo a tutti gli ufficj ; onde poi ne' fanciulli e nelle donne di depravato appetito e di debole contefturc di vifcere, e in tutti quelli che di talecat-' tivo pane e di altri azimi e nialcotti cibi li pafcono , i pal- lori e le naufee , le tumidezze le oftruzioni gì' infarcimen- ti leucoflegmatici , e le cacchelTiie sì frequeotemcDte li veggono . §. V. Piano ài ricerche tendenti a SiahìUre per via di efperì- tnenti le vere Teorie fijiche del Panificio . XXXVI Benché le teorie efpofle neir antecedente memo- ria fiano dedotte dall' efattiflima oflèrvazione della propr ietà della farina riconofciate peri' analiii , e de' fenomeni del paniiicio) e in confeguenza veriHlme : Pure trattandoli di rtabilire con 1' ultima precifione le vere regole di queft* Arte ; le quali dipendono da uua ferie di fatti , crediamo che farebbe utile di verificare quelli fiuti medeflmi per via di efatte e ragionate cfperienze ,e perchè ognuno poifa ri- conofcere l' utiiità di quelle efperienze che noi proponia- mo di fare , abbiamo penfato di efporne il foggetro e r ordine ne' feguenti Problemi. Problema T Fra tutte le fpecie del grano che fi coltivano nello Stato di Milano determinare qual fia la più abbondante di ottima farina) e in cofeguenza la più utile af panificio. Problema IL In ciafcuna delle fpecie di farina determinar la ragio- ne della crufca o femola al fiore 0 parte bianca panizza- bile della farina medefima. Y Y Pro- 350 Atti Problema III. In ciafcuna data fpecie di farina determinar la ragio- ne della parte amilacea alla Glutinofa . Problema IF. Determinare la quantità del lievito neceflàrio a ben fermentare qualunque quantità e fpecie di farina. Pro lema V. Determinare il tempo neceflàrio per ben lievitare una data quantità di parta in qualunque ftagione. Problema VI, Determinare la qualità e quantità dell* acqua neceflàrla ad impalare qualunque quantità di una data palh. Problema VII. Trovare il vero influflb dell* acqua nella perfezione del pane > e fcoprire da quali fiiìche difpofizioni di- penda. Problema Vili. Trovar dunque quali fiano le qualità che dee aver r acqua per fervire all' ottimo pane. Problema IX. Delle tte acque che fi poflbno avere in Milano di fiu- me , di pozzo > di [pioggia , trovare quale piii delle altre Cx accofti air ottima per il pane. Pro- Dell* Accademia. 351 Problema X. Trovare i rimed) adattati a correggere i vizj di que- fle acque > e i modi di dar loro quelle qualità che fi cercano . Problewa XI. Determinare la forza adorbente di qualunque farina» ovvero llabilire la ragione degli accrefcimenti di ciafcuna farina nelle date fpecie di pane. Problema XII. Stabilire i veri cartareri della prefata cottura del pi- ne e il tempo necefTario per efeguirla « fuppofta buona U ftruttura de forni. Problema XIIL Determinare la perfetta cottura per via del pefo, Problema XIV. Determinare le proporzioni fra la farina , e il tritello per migliorare il pan baffo , fecondo il metodo da noi pro- pofto , fcnza neduna alterazione di prezzo . Problema XV. Determinare gli acrcefcimenti del pan fecondo dipen- dentemente dal tritello e dall' aggiunta Farina. Problema VI. Determinare gli accrefcimenti del medefìmo pane im- paftato colla bollitura di crufca , fecondo il metodo detto. Pra- Y V 2 H^ Atti Problema XVII. Determinare il tempo e le dofi per la Uevitarione e per la cattura di detto pane . Problema XVIII. Determinare gli accrefcimenti del Bifcotto.. Problema XIX. Determinare il tempo aflblutamcnte neceflario per l'in- tera manifattura del pane, cominciando dall' infufione del lievito nella farina fino all' eftrazione del pane cotto dal forno. Problema XX. Determinare i prezzi veri di ciafcuna fpecic di pane, cioè deteirminare la giufta quantità di pane ( delle rifpet- tive fpecie } che deve efcire da ogni ftaio o mifura di gra- no , dal che dipende la Tariffa del prezzo del pane, de- dotte tutte le fpefe del panificio. roA- 3 53 IOANNES BATTARR A CAROLO TONINIO Phyfiocriticorum Academiae a Secretis S P. D. Um humamljtmas Uteras tuas Idi bus Nov. hw tu/ce amii 1759. datas aecep'tjfetn , in quibui Cofs. nomine me admonebas , ut OpufcuUim ali' qiiod meum Academiae mitterem , ne legibus ciuf- dem adverfari viderert Jlatim decrevi quafdam obfervationes meas transviittere , quas hoc aw no injUtut , ad natiiralem Hiftoriam non minus quam ad Ana- tomiam ; ut ajiint , ctmparativam fpeóiantes , qiiae Ji Acade- miae , eiitj'q. Ceitforibns vij'um ftierity in A£lis referri pò- terunt . Cam itaqtte -varia Otriojorum Opera hoc anm , at- que etiam elapjo ejfent ad maniis -, ut animadverjmies me- as 1 ì^ Notas pararem -, ad partem illam Miifei Kircheria- niì qtiae ad Naturalem pertinet Hijioriam ■> ilìujìrandam^ quae modo Rojnae Typis Jllona/dini renovatur , (ì^ cum va- ria ittiologica apiid CI. Kleinium Gedanenfem legiffem^, non- nulla quae ad Rajas pertinente inveni , quae curiojttatem pteam excitarunt » ut eafdem obfervationes qttas refert hie repeterem ; ubi accidit , ut non omnia , quae a Viro de Na' turali Hi fiori a opti me merito de fuis Rais narrantnr > veri- tati in Rais Adriatici refpondeant . Multas Rajarum fpe- cies in noftro Toro Piscario omni fere anni tempore prò- flant ; quare facillimum mihi fuit eas fepae obfervare , e jf- que cui ro anatomico Jècare > ut ocuHs cernere m mas quid rejponderet » 'i^ quid Kleinimae ajfertioiii adverfaretur . Verum 354 Atti Verum ut ad rem defcendam : legi in Opufcoìo Ufo Theodor i Kleinii , cui titulum fecerat = Mijjiis IH. = pag. 4 1 . §. XXXI. = haec verba Duas -, quas Petrus Artedins in Raja Clavata = pag. 105. fìum. IO. appeìhit Apophifes breves , mo'les -, d^ = cartilitginum expertes in infima parte ad initinm caudae , = Meìitulas effe cum CI Rajo judicamus . Haec corpora ad = caudam utriìnque , pimi aeque ani annexa -, fuprema parte = a medio ad exitum ufqne fiffuram longitudinalem habem. = Rima diduéla obfervanda traditur in Tab. V. Fig 5. lib. = a Faria diverfae figurae ( fecundum Rajum J ojjìcula intus = apparent . Unum Peni ojjìum Canis : alterum Cnltro tertium = Unco Jimile . An ofjicula dici quan , haefito ; de eorum-fi- = militndine faciles funms ; modo magis haberemus curata = criteria o(ficiorum quibus funguntur officula Jic di^a tri- = partita e e: Haec Kleinius l. cit. Hic tamen itmnulla eit obfervationibus mets adnoto , five cantra Artedium , five cantra Rajum , five cantra eundem Kleinium . ■ In primifqne verum e fi non tantum in Raja . Qlav'at4 y fed in omnibus Rajarum fpeciebus , ne minimis tllir exceptis ( dummodo mares ) quae hi e Baracco! ae appellantur , duobus Penibus ad caudae radicem eas effe inHruBas -, quod nemini mrum effe debet cum alia viventia adfmt , quae quatuor tif- que a Natura reportarunt -, ut in Viperis Caudiffonis objèr- vare efl ., Pr etere a verìim efl: = z medio ad exirum [Penis] ufque fitruram longitudinalem habent = Atque hic notan- dum quod intra hanc fiffuram afftculum latìtat a a Fig. I. quod infiar accutifflmi cu/tri e fi , a quo Pijcatores incauti ■, rnanibus Rajas bamis fupenfiis pertr aitante s ifaepe vulnera in manibus reportant . Ast verum non efi: Penem Rajarum tri- bus tantum , confimi ofjìculis ; uam in Grande praeter tria minorata , alia tria valde confpicua per elixationem , q^ fé- Mionem apparent-, ita ut fi:x manifefla Jint ■> ut modo cer- fiere poteris ad a b e d e f Fig. If. Imma totus Penis , cuius Sceleton proftat in Tabula nojìra Fig. I. praeter fex ìnemorata quatuor alia offa orientai » quae truncum Penis conftituunt -, ^ quatuor articulationes habent y ubi per ultimam offt h » quae pars Offts Pubis efi , . adneflitur . Itaque decem offa Pe- nem Rajaruìn coufìituunt , Ì2^ de nndecimo dubito . Pars e ejl pars Dell. Accamia. 355 Vrethrae <, qnae femicartilaginea ejl , (^ v'n'afceus . Tota au- tem Glans ptr o'Jjlciila Uhi quae omnia per mcmbranas ad invicem vìnciuntur > Ù" artìculantnr > ita comparata est , ut in Har chirurgici insir amenti ^ quod Dìhzìtor auditì in aestro àilatari , é^ conftringi pojftt ad libitum. Si apitd Kleiniam alia non legijjem majoris momenti ■> c^ veritati minime conj'entanea facili negotio omnia ujque adeo notata filentio compre Ijtffem 1 quia baec ex a iorum poiius objervatione -, éf opinione quam propia narrajje videtur ; fed dum legsrem eius Mantiffam letiologicam , in haec ver- ta offendi-, quae pag. 14. profiant = Rajae mares duplicibus = membris genitabilibus > toiidemq'ie Uteris Focminae gau- - dejit = yi/? hifie ledis ftatim in Forum Pifcarium me contali , or ;'// omnibus quotqnot aderaut Rajarum fpecie- bus ì faóta pudendorum > reliqnarumque partium generationi infervientium fedione j domum attuli -, ut ea dìligentia qua fieri potuit maiori perpenderem ; atq/te in omnibus atque omnibus Uteru< aderat (ingularis in formam Marfupìi » nee duplex Vagina , tiec duplex ingrejfus . Atque Praeparatione dijpojita > etiam CI. Fianco noftro , nane Clem. XIV. Archia- tra Secreto contemplandam expojni , prout exhibeo Fig. Ili- ubi ne ipfe quidem in re anatomica ocuìatifftmus ■> ^ tejlis omni exceptione major , principiavi duplicationis Uteri , aut ingrejj'us recognofcere potuit . Ideoque ut unicuique Praepara- tio nostra pateap * facile a qiiovis repetenda , dicam A effe Pudendorum poriionem , in qua Rima apparet » qaae ingref- fum ad uterum praebet B 13 duo corpora glanduìoja colore > (^ fubfantia lecori hnmano omnino jimilia , qitoì'um ufum penitus ignoro , nec Planciis ipfe divinare voluit . C Ute- rus D D Rene^ , qui membrana veHiuutur -, quae mox in linteum abit , bine dilatatur -, ìy Ovariorum tunicam consii- tuit t e e Uretere s FF Ovaria tenui in membrana contentai quae ovis erant repleta fubftantia flavidis , globojis , eiufdem- que 7nagnitudinis quae adumbratur in G G H H. Duo exi- Itffìmi canai'es > per quos ova poffunt in Uterum defcendere I. Ligameìitum t quo Uterus Abdomini viucitur. In idgenus Pifdibus Vcfcica urinaria non adeii -, fed Uterus Vejcicae vices geriti nani Uretere s immediate in uterum influunt -, ut per foecil- 356 Atti [pec'iUum te mando clarìjfmie patet , ^ in eundem Vterum etìam OviduBus definunt : Dnm autem in Utero ova ado- lefcunt formam diverfam » é^ confiHentiam iudtiunt , evaduut- que fimiles firma Vìg. IV ^ citius cortex coriacetis <^ valde àurus eH -, ut cultro vix cedat ; totus in fuperficie afper Jimilis corto il/i , qmd Sagrino appellantur » atro virafcentis coh- ris i huittfmodi evum ex una parte gibbum-, ex appofìta ali- ^uantu/mn concavum ■> magtìitudine interdum decuplo majore pintura ; centinet vitellum flavum confiflentia , c^ magnitu- dine , quae in ovis pulii gallinacei obfervatur-) in multo al- bumine adnatans , q^md ovum dum Foetum emittit i n parte o o o aperitur . Haec tibi , CI. Tonine , mitto , ut fpecimen «hedientiae , ac fervitutis meae erga Aeademigm mjiram exhibeam . Vale . Dabam Arimino VII. Kal, Decembris Anno A e. V. CIDIDCCLXIX. 35? RISPOSTA DEL SIGNOR GIOVANNI ARDUINO INGEGNERE PUBBLICO DELLA CITTA' DI VICENZA Profeflbre di Mineralogìa, di Metallurgìa , e di Chimica i Socio dall' Accademia Gran-Dncale della Sapienza di Siena , e della Georgica d'Udine SOPRA IL SEGUENTE QUESITO A RICHIESTA DEL SIGNOR DOTTORE GIROLAMO VANDELLI Pubblico ProfcfTore di Chirurgia ec. nell' Università di Pa- dova , al quale il Qi:e'ìto ftelFo è ftaro fpcdito dil Sig. Dottore Carlo Caudini Pubblico ProfeiTore di Medicina in Genova. Q^U ESITO T» un Luogo molto abitato fahbrìcafi in una Cafa , e fi e^rae il Vetriuolo nel modo fegutntc . SI cava dalla Miniera la Pietra, e fi riduce in polveret e quefta polvere poneiì in gran vali di legno , foprafì^òn- dendovi Acqua , ed eftraendone il Lifcivio fecondo l'Ar- te. Poneiì poi il Lifcivio Vetriuolico in caldaja a fuoco di legna moderato , e fi fa bollire fino che fopra vi fi formi U pellicola : ed allora (\ lafcia ripofarc a^uanto ncl- Z z U 358 Atti la caldaja , dalla quale cavali poi , e gettato in vafi di le gno in luogo frelco lafc ali crilkllizzare in vetriuolo . La novità della Cafa, e la non conofciuta dal comu- ne degli Uomini natura del Vetriuolo , confufo da molti con le Softanze Arfenicali , hanno fufcitaro negli animi d' alcuni il timore, che tale nuova Officina polla nuocere alla falubrità del Paefe , ed alla fanità de' Lavoratori. Si ricorre a' pili faggi Periti ftranieri , acciò giudichi- no con fentimento di verità, e decidano, le 1' eli razione del Vetriuolo , fatta nella fuccennata forma , pofla caufare pregiudizio alcuno alla falute non Colo de' Lavoratori , ed Affiitcnti in eflà, ma anche de' circonvicini Abitanti, ed allo IlelTo Luogo. Segue la Rìfpofta del Sìg- GIOVANNI ARDUINO Profejfore ec. al Quejìto premevo. Tutte le nozioni , e teoriche , e pratiche > che ho po- tuto finora acquiflare incorno alla natura , e proprietà del Vetriuolo, collo ftudio, e con ollervazic^ni orittologiche di molti anni , con fperimenti , e attuale efercizio di Metal- lurgia , e della Chimica mi danno coraggio di manifeflare la mia perfualìone, che vanifTimo Ila il timore di nocumen- to alla falute di quelli , che nella fabbrica di tal Sale Metallico , accennata nel furriferiro Quclìro fono impie- gati né a quella de' vicini Abitanti , né alla falubrità dell' Aria del Paefe qualunque ella fia. Benché nella fuccinta defcrizione del modo che ten- gono di puritìcare il Vetriuolo indicata non fu la fpczic di minerale, da cui lo eftraggono, parmi ciò non oftan- te di ^ potere arguire , che la ftefla non fia di quelle da doverli calcinare prima che quello fale poflTa ottenerli , ma bensì di queir altre , che per difporle a darlo non hanno bifogno, che d' elTere lafciare pili meli efpofte all' azione dell' Atmosfera. La mancanza però di tale notizia mi po- ne in dovere di parlare diftintamcnte d' ambe le accenna- te generali dirièrenze j poiché non debbonli confondere le prò- Dell' Accademia, jjp proprietà di ciò, che efala dalle materie fulfuree nel cal- cinarle col fuoco , con quelle dell' altre fpecie de i loro efHuvj . Li minerali Tempre fulfurei , che atti fono a dare il Vetriuolo , li dilHnguono in molte fpecie , ed in moltif- (ìme varietà , ma per quanto ora fa a noftro propolito , fi pofTono confiderare fotto due fommi Generi , uno dei quali abbraccia tutte quelle di dette fpecie , per dilporrc le quali a fomniiniftrare il Vetriuolo , d' uopo è di pre- mettere la calcinazione > o , come dicono i Minerifli , l' arroftimento : e l* altro comprende tutte quelle , che per ridurle a ciò difpofte , bafta , cavate che lìano dalle vifcc- rs della Terra , lafciarle lungamente efpofte all' Aria . Fra tante varietà di detti minerali, de' quali non po- chi in diverli Paeli ho io ftelfo trovati, e fperimentati ,ed olTérvati , non ve n'ha alcuno , eh' io fappia, che quan- do fia recentemente eftratto dall' interno di fua miniera , cioè da i luoghi fotterranei impervj all' azione libera dell' aria , ci efibifca detto fale fviluppato , e nudo in modo da poternelo ertraere fenza premettere la calcinazione , odia arroflimento > oppure una lunga macerazione all' Aere libero . Rifpetto al Vetriuolo nativo , ed a i rifiorimenti vetri- uolici frcquentifTimi a vederli ne i luoghi minerali fopra le Piriti , e fopra le Pietre , le terre , ed altri FolTili delle Pi- riti flelle impregnati , dove (ìanno efpofti all' Atmosfera : e rifpetto pure a quel Vetriuolo generato dall' Acido ful- fiireo fublimato da' fuochi fotterranei, e nel ferro incon- tratofi , di cui ne ho veduto a i Lagoni bollenti di Alon- terotondo nello Stato di Siena, e preilo altre Terme , e Moffette, o luoghi efalanti fumo ; quefti fono fenomeni particolari nel Regno Foffile , da (non confonderli colle Minere propriamente dette . Venendo dunque alle fuddette due generali divifioni dere olfervarli , che tutte le minere appartenenti al- la prima , cioè che non danno il loro Vetriuolo fé non previa la calcinazione , fono quelle Marcallìte , ofiìa Piriti , che per foprabbondanza di Zolfo , o per altre cagioni» Z z 2 che 3<5o Atti che ora non importa di ricercare > fono talmente compatte , che la fola forza deli' Atmosfera non vale ad aprirle , e macerarle , e fvilupparne detto fale. Alla feconda poi appar- t-engono le Piriti , e le Pietre , terre , ed altre materie folfi- li di Piriti partecipi , o che il Vetriuolo fotto qualche al- tra forma tengono occultato , le quali cedono facilmente alle imprelTioni dell' Aria , cui venendo lungamente efpoite s' aprono fcrepolando , e coprendoli di vetriuolici lanuginofi capillamenti , che Rifiorimenti fogliono noniinarii , general- mente parlando di quailivoglia fale. Se la Minerà , di cui parlati nel detto Quelito » appar- tenefie al primo Genere , o divilione , non v' ha dubbio che quando la fua calcinazione ofila arroftimento li facelTé o den- tro , o affai vicino a qualche luogo abitato, il fumo fuifu- reo , che ne eialerebbe in molta copia > e per lungo tem- po ) non foffe per apportare incomodo agli Abitanti col fuo odore > e con altre lue proprietà ; ma né le Minere foglionli cavare dentro i luoghi abitati , né vi li fanno tali arroltimenti . Suppofto però : che quefte operazioni venillè- ro efeguite in non grande diftanza da i Villaggi, o da al- tre abitazioni , la fperienza fa conol'cerc non ell'ernc da te- merne maligni efletti , rifpetto alla falubriià dell'Aria, ed alla falute degli Abitanti. Si può anzi dire, che ( in qual- che cafo almeno ) il fumo fulfureo vi apporta conliderabili giovamenti come tra altri gravi Autori lo alferifce il gran Boerhaave . Elem. Chem, Tom. II. Proc. GLI = Lujìrator hic fw = w«i"(ecco le fue parole ) futrefa6iìonem in omni facile pii- - trefcenti cohibct , ttnde contra peftikns venenum , eius con- = tagiitm fparjum , a ut rebus affixiim infeólis - poco dopo = = nitrì , julphurifque fulmììieus , totiifque aciclus vapor to- ~ tum area emendai = Io certamente in nefluno de i varj luoghi di minere , che ho vilitati , né in quelli , dove ne ho attualmente dirette , non ho intefo , né ofiervato , né in me medellmo rifentito nocumento caufato da i fumi ful- furei , ollìa dall' Acido minerale efalante dalle Roflc , o Pi- re accefe di minerali fulfurofi; quantunque 1' Aria ivi ne iulTe quali di continuo infetta. Dell' dell' Accademia . 3(5i Dell' innocenza di tali fumi ne abbiamo chiara prova di fatto qui predo nella Villa di Vignola di Pergine nel Principato di Trento » dove da piiì Secoli cavali da pro- fonde caverne , e da vena alTai grande di quella fpecic di Alarcalfita, o Pirite detta da Tedefchi IVnJJer-KieJs y dura, pcfante > e di color metallico giallo-pallido-ofcuro » compo- lla di Ferro, di Zolfo, e di pochiffimo Rame ce. Quella Marcaflita , rotta con martelli in piccioli pezzi , ftratilìcati fopra legna, e carbone, e formanfene Pire, che dicono Rode, nelle quali , accefe che lìano, vi continua il fuo- co per più meli, edendo affai grandi, e di Zolfo ripiene. Cola limile veggiamo nella Valle Imperina del Paefe di Agort nel Territorio Bellunefe, ove da Minerà ancora più vada di quella di V ignola , e da Caverne all'ai più profonde traefi prodigiofa quantità di quella fpecie di Pi- rite, che i Tedefchi chiamano Kupfer Kìefs-, da cui in più Fonderìe ivi efillenti e Pubbliche , e Privare , cavano Zolfo ' Ve:riuolo, e Rame in gran copia. Le Rolte di tali Piriti continuano ad ardere più , o me- no lungamente in proporzione di loro maggiore, o minor grandezza : e per tutto il tempo che il fuoco ricercando , e bruciando il Zolfo dentro le medefime li alimenta , efa- lano continuo denfo fumo fulfureo , parte di cui fopra le Ro- lle delle per certo artifìcio li addenfa in vero Zolfo i par- te fi attacca a i Tetti d' ede Rofte ; e parte fé ne vola , difpergendofi per 1' Aria > anche a molta didanza, come il fuo odore ci manifeda. Tutti quelli perciò , che tale Aria infpirano , e fpecial- mente i più vicini alle Fonderìe , o che nelle medelìme fi efercitano , attirano nccedàriamente ne i loro Polmoni infieme coli' Aria anche i Principi del Zolfo , de' i qua- li è ripiena , e fpecialmente il di lui Acido . Ciò non per- tanto le Genti , che lavorano in ambe dette Minere , o che vi albergano in poca didanza, non ne iodrono danno fenfibile di falute , anzi vivono fané; e mentre che io mi trovava in Agort, venni afficurato, che nella Pede acca- duta nel Secolo paflato, di tutti quei Paefì la fola Valle Imperina , e la vicina Villa nominata Riva > ne andarono efenti . Efer- 3(52 Atti Efercirando la Metallurgìa , io ho vifTuto degli anni « fé non Tempre , almeno frequentemente tra 1' cfalazioni ful- furec » ed anco talvolta fulfureo-arfenicali j degli ArroiH- nienti , e delle fufioni di Minerali e meco altri Uomini in molto numero. Circa due anni e mezzo ho dirette minere nello flato di Siena per non parlare di quelle Pubbliche ne i monti di Schia di quello 'Territorio Vicentino, e di qualche altro Paefe . La Fonderìa , dove era la mia Abitazione > e di tutti quei molti , che in tale imprefa erano occupati , era appreifo la Valle di Merfa nella Corte di Montieri > in fito baffo , e foggetto all' Aere infalubre , e perniciofo , che rende quafi difabitata la Maremma Tofcana . L' Ambiente aereo, che da noi infpiravad, era quafi fempre infetto di fumi fulfurei delle Rolle , e delle fufioni di Minerali, da' quali davamo eftraendo Rame y e Vetriuolo Venereo- Marziale , belli/lìmo , e quali tanto azzurro , quanto il Ci- prio , e r Ungarico . Tutta la terra , e 1' altre materie delle Cave della principale Minerà di Rame da me fco- perta nella Merfa di Bocchejano , e fopra cui abbiamo ora eccellenti ofl'ervazioni del Cel. Sig. Dott. Giufeppe Baldaf- farri Pubblico Profelfore d' Ifloria Naturale nella Sapienza di Siena nel fecondo Tomo degli Atti di quell' Accademi* Fifio-critica> dando efpode all' Aria, fi caricavano d' az- zurrini fiorimcnti di Vetriuolo di cui fentivanfi , anche in diftanza , le odorofe efalazioni . Con tutto ciò a riferva di un Vecchio mortovi di Pe- ripneumonìa , nefiun' altro fra tanti , e di varj Paefi , e di Climi molto diverfi , vi fofferfe malattia ; anzi un certo Giu- feppe Muzzi di Montieri, che ci venne tutto mal concio, e contraffatto da quel moftruofo male , che colà dicono Maremmana, perchè effetto dell' Aria di quella Maremma, vi fi rimife tanto in falute , che non fembrava più quel- lo di prima. Se dunque non nuocono, ma anzi , in certe circoftan- ze almeno, giovano alla falute degli Uomini, ed alla falu- brirà dell' Aria quelle Minere , le quali per effere troppo fnlfu'ree , ed inalterabili dalle fole iniprefììoni dell' Atmos- fera, devonii ncccflariamente prima urroliire, oiTia calcina- re 1 Dell' Accademia. 363 re co! fuoco per difporle a poter fomminiflrare il Vetri- uolo ; molto meno certamente è da temerli malefìcio da quelle del fuddetto fecondo Genere , oflìa divilìone le qua- li di calcinamento non hanno bifogno, e che foffrire non lo pollbno fenza molto deteriorarli , o guaftarli totalmente. La preparazione necellaria a quelle feconde non conli- fle, ellratte che liano dalle Cave, che nel difporle in cer- ti cumuli, e lafciarle efpofte all' azione dell' Ambiente umi do elaftico ec. che ci circonda , movendole , e rivoltandole di tempo in tempo fino a tanto che per una fpecie di macera- zione liartli aperte , intenerite , e frante in polvere , e mi- nute parti : e che il Vetriuolo , rotti i vincoli delle mine- rali matrici , del Zolfo , e de' Metalli , che lo tenevano im- prigionato, ed occulto , trovili fviluppato , e manifello . Le efalazioni di quelli cumuli in confronto de i fumi fulfurei delle fopradette Rofte de' minerali della prima divilìone fo- no tanto tenui , che appena meritano conlìderazione .• e fé quelli difperlì per 1' Aria non nuocono , molto meno potran- no farlo quelle , che coftando di Principj analoghi fono fom- niamente inferiori e di quantità , e di forza . Se parliamo poi delle efalazioni delle Cave ; quando fìa- no di quelle, che chiamano aperte, reftando quelle efpofte ali' azione dell' Atmosfera , e del Sole , poflbno tramandarne di proporzionatamente limili a quelle di detti cumuli , ma fc fono di quelle , che dentro le vifcere della Terra lì occulta- no , e che non hanno la loro entrata , ed ufcita che per an- gulle bocche , non fogliono efalare effluvj fenlibili , prefcinden- do da quelli de i loro Sterri , ofTia delle materie , che fuori fi gettano , li quali non fono da averli in maggior riflelfo di quelli dei Cumuli fuddetti , e delle Cave aperte. Ma che quelli EfHuvj, quelle cfalazoni delle Minere vctriuoliche non lìano infalubri , oltre al non averne io al- cuna ollervazione , o fperienza in contrario , ne vengo an- che afficurato dal celebre Alichel Mercato nella fua Metal- lotheca Vaticana , comentata dal dottiflìmo G. M. Lanci- fio . Armar . IV. Cap. II. , dove parla dei modo di cavare > preparare , e purificare il Vetriuolo , da elfo ftelfo veduto in Silvena , nella Contea di S. Fiore nel Sanefe ; Minerà eh* io pu- 354 Atti io pure ho vifitata » ed ofTervata . Ecco come quell' egre- tno Naturalifta , e Medico riputatiflìmo s' efprime = Foditur = ( Vena Chalcanthi ) interdum in fubterraneis fpecubus , = vel montium cavitaribus ; interdum vero aperto undique = coelo puteorum inftar,non quod peftilentes , & lethales = exhalationes emittat , vel porius conclufas habeat > ( ut •e male iìbi perfuaferunr nonnulli ) fed quod aliquando cu- B niculos in quibufdam locis effbdientes agere nequeanr :tan- = tum enim abeft, ut in fubterraneis fpeluncis noxium vapo- = rem eructet * ficuti quotidiana docet experientia , ut po- = tius eorum fanitati conducat = Venendo ora alla confezione del Vetriuolo i cioè alle operazioni che fi fanno per eftraerlo dalle fue minerali ma- trici» e ridurlo puro, e atto al Commercio, ed alle Arti» che del medefimo fi fervono ; intendo parlare di tutte le minore vetriuoliche infiemei poiché quelle operazioni fono a tutte comuni . Sia dunque che o col mezzo del fuoco» o con lunga macerazione all' aria » CììCi in qualfivoglia darà minerà ve- triuolica fviluppato l' acido fulfureo da i vincoli del Flo- gifto ( altro principio coftirutivo del Zolfo ) e che efercitando efìo la fua energìa fpecialmente fopra il Ferro in tali mincre fempre prefente : e che dello Aedo abbia interamente penetrate , e difciolte delle particole , e colla loro afTociazione liali difpofto a comparire fotro la for- ma genuina di Vetriuolo ; il mezzo per eflracrlo puro è fempre 1' acqua , formandone una fpecie di Ranno , nel modo a un dipredo praticato nell' eftrazione degli altri Sa- li . Infufe le materie vetriuoliche nell' acqua , e poi dalle mcdefime levara, dopo che di quello Sale» e d' altri, fé ve ne foffero , fiafi » difcogliendoli v impregnata » lafciall chia- rificare . Fafii indi bollire coli' acqua ftcllà entro caldaje di Piombo » fino a tantoché lafciando cadere delle gocce d' elfo Ranno bollito fopra qualche laflrina d' elfo metallo i prontamente vi fi congelino ; quefto eflèndo 1' indizio più ficuro , che la fvaporazione fia ridotta al termine dovuto per la criftallizzazione del Vetriuolo. Allora » lafciaro tan- to ratfreddare il Forno , quanto è neceflario » perchè la cal- da ja dell' Accademia. 3 65 daja, vuotiua che fia, non li liquefacela, e fi guadi , ca- vaiene il Ranno vetriuolico , e ponefi a criftallizzarfi en- tro vad di legno a ciò deftinati. In tutro il tempo di detto fvaporamenro alzafl dalla caldaja denfa umido fumo , formato dall' acquee particole rarefatte ; ed efalrate dalla forza del fuoco . L' odore vC' triuolico d' eiTo fumo fa conofcere veramente che il niede- iimo alza» e feco via trafporta delle tenuilTìme particelle di quefto Sale Metallico , ina non già punto del fuo Aci- do puro, e nudo, avente ben altro odore, e che il folo detto bollimento non può mai eflcr badante , e valevole a fepararlo dal Ferro , che tiene difciolro, né dal Rame, o dal Zingo, quando mai il Vetriuolo {lelìb ne partecipailb, co- me accade quando fìa ellratto da minerali pregni di detti Metalli. Se fumo tale folTc nocivo alla fulute , i Tintori fpe- cialmente, che ranto Vetriuolo confumano, e fanno bollire per le loro Tinture, ne rifentircbbero i mali elietti . Ma io> che anche delle cognizioni tintorie mi fono dilettato, non ne ho mai intefo alcuno lamentarfene come non ne ho mai oflervaro , né inrefo malefìcio in quelli, che lo confettano nelle Oillcine minerali , né io mai me ne fono trovato in- commodato, quantunque tanto del fumo flellb, tenendomi aflìduamente viciniamo alle Caldaje , abbia infpirato. In fomma , per tutto quel poco che in quelle materie pof- fo conofcere, e coniiderare , fono perfuaiìflìmo , che il ti- more , accennato nel foprappollo Qiieiito , fia affatto irra- gionevole : E non fo credere che alcuno per poco irtruiro che fia nella Medicina , e nella Chimica , polla confondere colle foftanze arfenicali, e veneiichc il Vcttriuolo , e fpecialmen- te quello puramente Marziale , quale fuol cllere 1' eflratro dalle Minere > che per elfo lavorali in Italia , e che mi dò a credere Ila anche quello della minerà in queftione . Le virtù mediche del Vetriuolo , e di quello Marziale fpecialmentc, fono tanto note, che fuperfluo mi fcmbra di qui rammemorarle : e parendomi d' aver detto quanto può badare , per fare conofcere fopra quali fondamenti s' appog- gia il furrifprito mio fentimento in quefto propolito , ridur- A a a rò ^66 Atti rò a termine il mio difcorfo colle fegnenti confiderazioni . Se le eCala/.ioni ^ e le fumoiicà lulfarec , e vetriuoli- cbe nocive fallerò alia falute, e l'Aere di velenoii corpuf- coli infettailero > i Luoghi vicini alle acque di Zolfo, o di Vetrijolo partecipi; quelli, ne' quali trovanli Sorgenti ferii- pre calds , ed anche bollenti , e Moffette efalanti perpetuo fumo , ed aliti di tale natura , dovrebbono eilere infaluber- rinii . Ma io ho veduto diverlì di quefli Luoghi ; e bene popo- lati , e ne' quali gli Abitanti vivono egualmente (ani, e ro- bulH , quanto ne i Paelì , ne i quali non trovanii i detti ef.luvj; come ollcrvai particolarmente nel popolato Cartel- lo di Monte Rotondo , di cui ho fatta altra volta menzio- ne . Elio è talmente vicino, e circondato da fulturee ac- que bollenti , e Moffette, ed al loro continuo fumo tal- mente foggetto , che venni aificurato annerirvili Ipelfo per tale cagione gli utenlìli d' Argento. Le Ville d' Abano, di Monte Orione, di Monte Grot- to , ed altre diverte del Territorio Padovano , ed anche di quello noftro Vicentino, che hanno Terme lulfurce /par- genti nell'Aria perenne fumo, ed aliti di Zolfo , non ne ma- nifeikno effetto alcuno, alla falute né degli Uomini , ne degli Animali, né de' Vegetabili perniciofo. A pm forte ragione dunque niente di male deve te- merli dal fumo , dalle efalazioni provenienti dal lavoro d' una minerà di Vctriuolo , che eifcndo di natura analoga al- le fuddette , fono poi colle ftelfe appena coaiparabili sì per la quantità , che per la forza loro fommamente minore . Si rifletta inoltre , che fé mai il Paefe , in cui detta minerà la- vorali , foffe di quelli ingombri d' Aria infetta di corpufcoU aventi maligna alcalefcenza per la vicinanza di terreni palu- firi , o per altre materie putrefcenti , un tale lavoro non po- trebbe che giovare , fpecialmente fé la minerà folle di quelle fpccie da prepararli colla calcinazione . 1 lumi apportati alla Medicina, ed alla fcienza naturale della Chimica fanno chia- ro conofcere niente efl'ervi di piià valevole per vincere gli Al- cali, che la forza degli Acidi, fpecialmente Minerali. Il con- flitto , che tra elfi faflì > in qualunque modo vengono ad in- con- Dell' Accademia. 357 contrarli , ambi li trafmuta , l' uno ncll' altro intrudendo , in foflanza falina media , d'indole mite, e benefica. 11 principio acido dei Zolfo , Tempre eilflenre nelle Piri- ti » madri del V'erriuolo , nel tempo dell' arroilimenro , oiTia calcinazione delle mcde/ìmc , liberato, per opera del Fuoco, dal principio Flogiftico , parte penetra , e il unifce intima- mente colle fofanze pietrofe , e terree alTorbenri di fua mi- nerà , e da quella unione rifulta quella materia faliforme , che chiamano Sale Selenitico , o fpedb anche un vero fale in rut- to limile al Naintm Fomhim Acidniarum . Parte poi col Fer- ro , ed anche col Rame, e col zingo, fé nella minerà efìllo- no , llrertamente li combina , e congiunge , e generafene il Verriuolo , o puramente Marziale , fé non vi fia che Ferro , o miflo , fé vi (ìa anche il Rame , ovvero il zingo , o ambi inlìeme con elfo ferro : ed in modo limile generali anche 1' Allume , fé vi lia prefente la terra fpecilìca di quello Sale . Ma nel tempo , in cui la combullione analizza il Zolfo dilTJpando il fuo FlcgiHo , anche gran quanrir.\ del fuo acido fi fublima nell'Aria, in cui li confonde, fpargeli , e va nuo- tando. E perciò, l'eli abbai re in particole alcaline ivi volan- ti , colle quali ha ( come dicono i Chimici ) fomma affinirà , non può che attaccarle , e con clfe in foftanze Salino - Neu- tre modificarli . Qjella è f fé iiiale non m' appongo ) , la ragione , per cui i fumi del Zolfo tanto fono efficaci alla purificazione dell* Aria , e de' luoghi inferri di maligne , e pefiilenii partico- le , e che reiiflono alla putrefazione . Altre cofe potrei dire in favore del fenrimenro , che fofiengo ; ma temendo d' ef- fermi afiài piiì eftefo di quello defiderali dagli Autori del Quelito , lafcio di più oltre eltendermi , In Vicenza iì 26. Acrile i7(58(, Giovarmi Arduino , A a a 2 Que-!' 3(58 Atti Quefto Difcorfo ha riportata Decifione favorevole a' Si- gnori Imprenditori del Lavoro d'una Minerà di Vetriuolo nel Genovefaro , contro l' Imprefa de' quali la popolazione del Luogo avea farro fortiflìmo ricorfo al Governo > a pretefto di lela falubriià deli' Aria , e degli Abitanti . 3<^9 INDICE DELLE COSE NOTABILI. A Xl Eoac PaJoliii pag. 27. Accademia Reale di Parigi .7. L' Acqua non penetra nò 1' oro , né l' arjrciuo , ma dilciogiie i fali , s' infinua in molti altri corpi accre. fcendo il di loro volume p. ij4. Contribuiice alla perfezione del pane. 533. Adanzon. 313. Adolfo Imperadore. 89. Aequatio differentialis , quomodo in varias formas dilponi, & ad integraiioneni reduci po(fit.34. S. Agoftino . 5^. fua morte. 60. Agrippina . 45. Gii Alberi, e le Piante difficilmente indiiuano le loro radici fra la Cre- ta . 260. 261. Alberti Girolamo Cav. Sanefe . 508, Alberto Duca d' Auftria , eletto Im- peradore ai 23, di Giugno 1298. 8i*. Alboìnus . 6j. Alembert. 55. ^6. A'tonlò Re di Arragona , quinto di quefto nome. 101. Allume . 226. Alftedio , 43. 45. e altrove. America Septentrionaiis . 33. Amianto Pietra . 217. luoghi ove fi trova. 221. ritrovato in vari luo- ghi dello Stato Sanele alla Pieve a Scuola , nella Monrnerola , alla Rocca Tederighi di M.irtmma, e a Cafenoviile . 221. pofTiede tutte le proprietà delle Pietrt argillofe . 224. f\ rende atta ad elfer filata . 217. refifte alla violenza dei fuo- chi ordinar] . ivi . Ammiano Marcellino. 52. Amurnt fecondo gli Autori dell' Ar- te di verificare le Unta , morì il IO. di Febbraio del 1451. 99' Anet . 292. Annali Cineiì . 62. Appiano . 212. 217. Arcadio Imperadore. <^o. Arduino Giovanni. }57. Arene difpofle a ftrati , chiamare comunemente Tufo. i. Argilla bafe.ed uno dei Principi coftitutivi r Amianto. 223. foftie- ne 1' azione di un fuoco vioieiuif- fimo fenza cangiarfi ne in vetro, né in Calcina . ivi. divien fempre più dura a mifura , che è eipofta alla forza del fuoco, ivi. iiuluri- fce fino al fegno di gettar Icintil- le quando è percolTo coli' acciajo. ivi. Con il flogifio fono il cofti- turivo del Talco . 227. una delle più comuni matrici del ferro . 229. L' Aria mifchiata con efalazioni ac- quifta dell' affezioni nocevoli alla falute fenza che fi alteri punto la fua elafiicità n-i rurale. 206. non agilce l'oltanto in virtù della to- tale 'pravità della fua Colonna nell Atmosfera , ma oners ancora in prooorzione del fuo elaterio . 210. è dof.tn di una forza efpanfiya indtfinita, fi fill'a nei minerali, nei vegetabili, e nelle parti degli Animali .218. Arte del Panificio fottomefia da Ro- mani a feveriflime cofticuziom • Arte 37° .Avfe di preparare l'acciaio in che conlifta .231. V\vbefto. IJ2. Atmosfera Veneris Tellurìs , atque .aCnioCpheva deiifior. 27. ^U'iufto CeAre. 45. 5J. Aurelio Vittore. 49. y^uftria . 35. Avena creduta ancor efTa una dege- nerazione di femenze di Ipecie dì. verfe .315. B BAccTiino Giovanni aflerifce il gìo- (jlio efìer di natura aiFatto con- trario al tirano . 30. Baldaflarri Giufeppe. 217. Baronie Cardinale. 63. 70. 73. Baitaloni Domenico. 201. Battarra lohannes Carolo Toninio Phyfiocriticorum Arideniiae a fe- cretis. 353. Beccari Bartolommeo. 325. Beda . 67. 68. Beiriguardo . 7. Bergman Tliorbernus. 26, 27. Bernoullius Daniel. 33, Bertr.ind . 12. 292. B;anchi Giovanni Monfìg. 355. Boile. ;oy. 206. Bomare . ii. 224. Bonnet. 26p. Bonnet Carlo tentò più volte in vano con varj fperimenci fé ve- ra Tofle la degenerazione del gra- ro in Loglio. 303. Fodlit . 37. Eottanica abbandonata dopo i tempi di Plinio fino al decimo quinto Secolo. 301. ^uiTon. 12. ^—'Aillius. 32. Calvifio. sr. 68. e altrove. Caratteri del perfetto Panif. 347. Carlo Duca di Borgogna , morì uc- cifo in battaglia a' 5. di Gennaio del 1477. 106. Carlo IV. fecondo gli autori dell' Arte di verifìcnre le Date morì in Praga a' ip. di Novembre 1378. 96. Carlo figlio di Lodovico tPIo . 73.. vedi Lodovico Pio. Cafiìni Gian Domenico. 104. iii. 1 1 5, e altrove. Ceneri del Vefuvio portate non fo- lo fino a Roma , ma ancora fino all' Affrica, ed all' Egitto. 49- Cervello del Feto nei primi tempi , di fua efiflenza ha tanta mole, che il corpo tutto non è allora poco più , che una piccola appen- dice di eflb . 247. Cefario. 82. 83. Chappe. 31. Kerckerman . 94- 107. Ghilleberto. 64. Cinui. 54. Clairaut. 26. 3 5. v Claudio Imperadore . 45. Claudinno. 53. 57. Columella , 293. Cometae obfervatio in Upfalia . 2 fi. Cometa riferita al 54. anno dell' Era volgare , 40. una che fu ve- duta l' anno 68. di Grido, e pre- cedette immediatamente il comìn- ciamento della guerra de' Romani contro degli Ebi^ei . 48, comoar- fa 1' anno di Crifto 76. con coda lunga in forma di dardo 49. otto Comete comparfe nel primo Se- colo dell' Era volgare , ficcome fecondo il Padre Riccioli una fola Cometa comparve nel Secolo fe- condo. 50, e fecondo alcri due, e nove. 51. varie comoarfe nel Se- colo quinto, che diedero occafio- re a diverfe difpute. 60. 61. una del quinto Secolo a ragione fi rife. rifce all'anno 405. 58. Comete del fello Secolo . 61, Comete appartg. . iienti 37» nenti all' otfavo fecolo. 6p. Co- mitc del Ifcolo nono. 71. 7-- '-■* Cometa d' Oj;ige nei 1106. termi- nò il Ilio periodo ili 375- anni. 81. le Comete furono oflervate con miggior diligenza nel leculo decimolelto. 106. mielia r. ferita d;l P. Riccioli all'anno 454. rifc- ri-e fi dee più tolto ail' anno-^ijo. 58. que la ilei 744. è indicata da Liibrenittski, dall' Hckftorm, Pao. lo Diacono, e Ligiberto. 70. Co- mete quattro annovera il Liibie- nielcki nel terzo (ècolo. 51. le ot- to Comete d,d lopraddetto , con altri Autori Iòn ridotte a cinque pag. 47. the otto Comete com- parle fieno in 14. anni fotto l' Impero di Nerone rende più ve- nfimile l'opinione di Plinio. 47. una Cometa potè efl'er cagione di un Eciilie Ilrjordinaria avvenuta poco prima della morte di Auga- Ro . 43. 44. tra le vere Comete non è da annoverarfi quella (Iel- la (Iella maravig iofa , la qu.de conduire dali' Or, ente i Magi alla Calla di Gesù Crifto recentemen- te nato. 42. ved. Tom. ILI. degl' Atti dell' Acciiileinia delle Scienze di Siena ( pag. 177, e legg. ) che una Cometa continua, e fiera fol- fe veduta fecordo Plinio in Cielo per lo fpazio
  • . 97- Coftantino figlio di Coftsntino il rjraiide fratello di Collante. 52. Coftaiitinopoli . 64. Cottila perfetta del Pane come fi conofca . 33;. Cramer nega collantemente la pre- telà degenerazione del grano in Loglio. 305. La Creta è una materia più alcalina delle Terre da lavoro , credute , e chiamate fertili. 2Ó6, Creta della Campagna Saiiele, e (uà natura. 252. Impedilce, che r acqua fi fil- tri a traverlb di ella. 261. ritie- ne l'umido molto tempo una vol- ta , che elTa le n' è imbevuta. 262. Croco di Marte efpofto ulteriormen- te alla violenza del fuoco , fi ri- duce in un vetro colorito. 22p,_ D DEdù. 281. Dion CalTio. 43. 44. 45. 50. Du Hamel. 275. ECkeftorm . 44. 4J. 48. e al- trove . Eclifie. 43. Dubbio, che vi fia er. ror di nome, e di tempo circa 1' EclilTe , che alcuni Autori afie- rifcono leguita avanti la morte di Augufto . 44. Edmondo Halley . 95. L' EfFervelcenza , e il fuoco fotter- raiieo occafionano l' elblazioni pe- (lirere della grotta del Cane. 2o3. piridio Santo. 97. Eller . 269. Empedocle. 217. Equacio, cuius radiccs inveniendae lune 572 fuiit , vocabitnr propofica, vel re- (blvenda . i;o. Eraclio Imperadore . ft6. Errico IV. Re di Caftiglia. 102, Efercizi Accademici. 2, Efiodo. 296. Eugenio Ufurpatore. 55. Euleras 35. 5-6. Eufebio . 43. 51. Exercitatio analitica: De Refolutio* ne aequacionum tertii gradus.20. Exercitatio Geometrica de Probie- matis quibufdam Maximorum , & Minimorum. 15. FAglia Angelus Ecclefiae Claren» fis. 12;. La Farina contiene due foftanz ,una gltitiiiofa , l' altra amilacea •■ la pri- ma delle quali per tutti i iuoi principi , ed attributi ci rappre- itnta efattamente Li natura anima- le, 1' altra h ve^retabile . 325, Ferdinando del Caftiijlio . 8p. Ferro fpojliato dal (uo principio in- iìammabile per 1' azione combinata dell' aria , e dell' acqua , o per quel- la della (bla Aria , o del Fuoco > o degli Acidi, fi rifolve in una calcina metallica, chiamata Croco di Marte. 229. ved. Croco ,di Marte. Fernerus . 51. 39. Filoftergio. 55. Fior di farina, che di fua natura tende a infiflìre , e addenfare -la Parta. 333. Fiornovellus . 43. Flcfllbilità dell' Amianto cagionati dal Flogifto . 230. Flogifto , o principio infianvmabile cofa fia . 21J), Foca .65! J forami di Foladi, o Dattili con Conchiglie ben confervate ofTerva" ti liei Ciottoli non ruotolati dall' ^cijue • 3. Foro dì Vulcano verfo Pozzuoli , luo- go defcritco da Strabene . 24. Forma radicis ex quantitatibus in progredu calculi determinandis compofita, radix hypotetica voca- bitur. 130. Fouches. 31. Fracaftoro . 112. 113. iiy. In Francia , in Lamagna, e general- mente in tutti i Paefi freddi per fermentare il pane fi fervono del fiore, o fchiumn della birra, op- pure del di lei l'ediraento , o fec- cia . 330. Noe. I. Francefco primo Re di Francia fiic- cedette a Luigi ■XII- fui principio di Febbraio del i 51 5. e nell' iilefs' anno venne in Italia d' Agofto • 108. Freret . Si. Frifii Pauli. 15- 31. Fulmine , che in Subbiaco 'rovefciò le vivande, e la tavola all' Impe- rador Nerone mentre definava . 46. Funceio. 44. 51. Fumarole, o Fumete in Lingua na- poletana . 24. Il Fuoco rifveglia la luce , il calore difcioglie, e lèpara i principi di altri midi , e dà forma , e con- fi llenza a molte produzioni del- la natura per coftituirle nell' effer loro determinato . 2ip. G GAdolin profefibr Atenienfis . 28. Il Galattite,e il Talco fono Ib- ftanze al pari dell' Amianto inal- terabili alla violenza dei fuochi or- dinari. 221. Galeno dice , che avemlo veduto fé- minar più volte da fuo Padre del grano pu''o, aveva veduto ancora ralcere coi medefimo de; Loglio , e da ciò ne deduceva, che vera foffe la degenerazione dal primo nel fecondo . 301. Gar- Gandini Carlo. j;7« Gemma Cornelio 117. Geoffroy .21. Ghiaia agglutinata da una bianchlfll- ma , e lucida maceria ftaiatcitica, e fpatofa . 2. Giorgio Pranza. 99- Giornale Enciclopedico di BouiUon . 107. Giovanni da Bazzano. 81. 84. Giuliano A portata . 52. Giufeppe Ebreo actefta , che i pro- digi predidero la futura defolazio- re di Gerufalemme in quell' an- no, in cui la fefta degli Azimi cad- de agli 8. di Aprile l'anno 68. di Crifto. 48. 49. Giuftino Pietro, e Giuftiniano figli di Maurizio Imperadore. 66. Gotha flumen . 39. I Greci per fertilizzare i Campi adopravano una certa fpecie di Argilla bianca . ipj. Grewe. 27 j. Grignon . 229. Grimaldo Duca . 70. Grotta del Cane, e- Cripta Canis, 207. 2c8. e 209. Guerra fatta agli Unni , e guafto da- to alla Pannonia fino al Fiume Taba da Carlo Magno nel 791. 71. H HAles. 205. 206. 281. Haller. 205. 235. Halley . 88. 104. no. 115, Uellot. 226. Henkelio. 124. Hook . 281. Hcvelio. III. 117. Homberg. 310. Homelio Giovanni, ito. 373 Idacio . 6(. Incendio del Vefuvlo , e tempo in cui fecondo Dione queft' Incendio feguì la prima volta. 50. altro del medefimo riferito all' anno 685. 68. Inghilterra . 76. Iftoria dell' Analifi della Farina fat- ta da Reccari . J26. luflieu Monfig. 7. LAdislao Rè di Boemia morì nel 1457. a' 22. di Novembre. loi. Labili . 206. Lago d' Agnano. 208. Lagoni bollenti di Monte rotondo nello Stato di Siena. 359. Lava dicefi in Napoli quella mate, ria infocata , che il Vefuvio allor. che rigogliofo bolle nel fuo inter- no , sbalza al di fuori a' fiumi . 102. Leibiiitz. 93. 104. La lievitazione della Falla panizzata rende la detta Parta volubile , e penetrabile dall' acqua, e da' men- flrui acquofi li fa perdere la fa- colta di putrefarfi , cangiandola in quella d'inacidire. 326. Linneo . 281. Lodovico Pio Imperadore Padre dì Lotario , e Carlo . 7 3- finì di vivere fecondo il Muratori a 20. di Giugno dell' anno 840. 74. 75. Loglio (è in alcune occafioni pro- dotto iìa dalla ièmenza dai fra- no. 297. ama più del grano 1' umido. 305. fiorifce fempre pili tardi del grano . 306. Longobardi in Italia 63. Lotario Re di Lorena • 76. Lubieniet!;!;! • 42. 43. e altrove» Lupo Protofpata. 78. 79. IAcopo delia Voragine Domenica- no . 86. B b b Ma- 374 M M Acolmo, o Milcolombo. 8i. Macquer . 127. Majerus. 36. 37. Mair.in. 63. 78. Ut Malfattis Ioannes Francifciis . '-5- . Mailer Fiidericus Aftroriomus Upfa- lieiifis. 26. 2y. 51. Maipighi 275. affeiille non aver of- lervate Piante di Grano degene- rate in Loglio • 305. Manetti Saverio Medico Fiorenti- no. 524. Manfredius Gabriel rerum Algebrai- carutn peritifllmus. 29. Maometto. 64. 65. Marcellino. 55. Marna , concio per fertilizzare i Ter- reni il miglior di tutti. 11.291. Martello Garbo . 70. Maskelinius Nevilius . 36. Matteo Palmieri. 98. Mattioli Pietro Andrea appoggiato all' autorità del Iblo Teofrafto, dice, che tanto il grano, quan- to l'orzo tralignano in Loglio. 302. Maupertuis. 26. Maurizio Imperadore . 64. 65. 66, Mediolanum. 39. Meiander Daniel Aftronomus Upfà- licnlìs. 15. 51. j6. Migliorainento da fare nelle fpecie del Pan Comune , o fecondo. 343. Mofete col loro alito peftifero priva- no di vita ogni animale. 201. l* efferveicenza de' Minerali, le ac- cenfioni Ibtterranee occafionano le mortifere efalazioni delle Mofete , 202. molte Mofete fon prodotte dalla ftefla materia del Vefuvio e%)ullà, che Lava fi appella, ivi. molte Mofete a poco a poco fi e- ftinguono, quando altre fucccelll. vamente fi manifeftano , non rite- nendo in ciò collante ragione > ficcome collante non è la caufa , cioè r effervefcenza , o accenfio- ne di quelle refpettive materie, che le produce, ivi. (piegano più chiaramente le cagioni delle Mofete. 203, efperienze dimo- (Iranti, che la cagione, per culle Mofete apportano la morte non dipende dalla perduta , 0 fnervata elafticità dell'aria, ivi. Modano, Villa della nobil Famiglia Finetti . 283. Monte Follonico . 22 $• Moravia. 33. Morilbn . 309. Molcati Pietro . 23 5. Mufchenbroeck. 206. | Mufcolari fibre , parti necefTaria- mente integranti la vita animale prima formate , e da certa mole accrelciute di tutte le altre accef- forie. 24. t. Mufcolar foflanza s' indurifce ed ac. quìfta maggior folidità quanto più i mufcoli fono efcrcitati , e contrat- ti- -47. „ . . Mufcolo , che naice da odo , princi- pia, e finifce in tendine , eccet- tuati i Mufcoli, che principiano, e terminano nelle parti molli. 235' N NArfete Eunuco. 63. Nafcita di Maometto fecon- do il Padre Riccioli . 64. Nerone fuccefie nell'Impero a Clau- dio. 45. 47- ^ ,. Nervi dell' animai «afcente grandi proporzionalmente più di quei dell' adulto . 247. Newtonus . 36. 37. Niccolttti Domenico. 25?. Niceforo. 54- 55» S^* Nickolls. 292. Nilo 54. Ob- OBfervatio Veneris. & Cometae in Upfalis . 26. Obfervatioiies de Veneris Tranfìtu minus refpondent Matheraatico- rum defideriis in determiiianda Solis parallaxi . 27. Obfervationes tranfitus Veneris no- vem ab hinc annis Bononiaecum fuir.mis Aftronomis inftitucae. 32. Ogige . 62. olmi Giovan Domenico • 297. Onorio Imperadore . 53. 54. 60. Opera del Panificio ridotta a foli tre Capi Impafto, cioè , Fermen- tai ione, e Cottura. 330. L' Opinione , iche 1" Aria , V Acqua , la Terra , ed il Fuoco fieno i principi fenfibili de* Mifti , fu fèntimento di Empedocle, e que- lla opinione fu abbracciata da Ip- pocrate , Galeno , Ariftotele , ed altri, e dai Filofofi, e Chimici de' iioftri giorni è (lata mefla in più chiaro lume. 217. Orcia Torrente. 253. L'Oro , e l' Argento per quanto fieno penetrati dal fuoco, da cui riconoicono il loro Splendore , e la loro duttilità mai fi (pogliano del loro Flogifto. 220. Ortocerati della fpecie di quelli (è« gnati dal Gualtieri nel Tuo Indice de' Teftacei nella Tavola 19. Fig. R. S. e fig. 2. ritrovati in un luogo prefTo Siena , detto la Co- roncina . pag. 6. PAn-Ccmune virlofo per difetto di Lievito, e di Cottura. 527. Pane è il nutrimento più comune del Popolo di quafi tutta l' Euro- pa. 321. Panifìcio. 321. 375 Pan fine puriflimo coftipa il ventre . 333. Parma. 33. La Fdfta panizzata fenza 1' opera della Fermentazione, o Lievita- zione diventerebbe un corpo pe- lante , umido , denfiflìmo impe- netrabile ad ogni fluido. 326. Pavia . 233. Petau Dionigi . 44. Piano di ricerche tendenti a ftabi- lire per via di e(perimenti le ve- re Teorìe tìfiche del Paniiìcio. .349- Pietro Diacono. 81. Piombo calcinato privato del Fingi- Ilo , e nuovamente fufo , forma un vetro più duro del piombo . 230, Pipino Re di Aquitania , figlio di Lodovico Pio . 73. Piftoj Candido. 251. Plancus IlluflriflÌBiu» , ac Reveren- di (Ti mus . 355. Planmann Phyfices ProfefTor . 26. vid. Veneris Tranfitus. Platina nuove metallo fcoperto non è gran tempo al Perù in Ameri ca .220. Plinio. 45. 46. e altrove . Colloca tra le Marne una fpecie di Cre- ta bianca. 293. Chiama malattìe delle Biade indiftintimente molte diverfe Piante ali» medefime in- fefle . 301. Fontano . 102. Poggi di Colle Malamerenda . 28 j. Pott . 12. Pott Enrico celebre Chimico di Ber- lino . 224. 235. Praetokius loinnes. 63. Fratini Francefco Maria autore dei- la Storia dei Principi Longobardi. 78. 80. e altrove. Problematis Geometrici expofitio . 15- Proclo . 54. Profperin Ericas.26. 27, e altrove. B b b i Pro- 37«J l'iovenza, e Tue CoUiiie di Creta. R -Ea. Adicofani . 25J. Rationale fatìum ex reciproca in radicem hypotheticnm dufto acqua- rio canonica vocobitur . 130. Keflexio radiorum Solis pendet ex medii heteiogeiieitate & quanti- tà? refraflionum ex denfitate. 31. Refrrtìio radiorum Solis incertas reddic Obfervationes Aftroiiomi- cas. 28. Regio- Montano. 105. Regno de' Goti in Italia . 62, 63. Relblutio Problematis Geometrici . 15. Riccatus Vincentius Geometra nia- ximus. 146. Riccioli. 41. 44. e altrove . Riccobaldi di Ferrara, 88. 89. e al- trove . Rimedj atti a correggere i vizj del Pane. 527. 3:8. e fegg. Roberto Re de' Romani, Duca di Baviera, e Conte Palatino del Re- no , fu eletto Imperadore a' 10. Settembre del 1406. p8. pp. Rochenbach . 41. 43. Rofa Michele. 321. Rubellio Plauto confinato in Afia dall' Imperador Nerone, e colà dal Diedefimo fatto uccidere . 46. S Abbia aggregato di grani o fiero corpi impenetrabili dall'acqua, reddi , infleflìbili , e non l'pugnofi , 256. Sale neutro deliquefcente ritrovato in alcuni ftrati di Tufo. 2. Sale neutro deliquefcente indicante, che il mare abbia una volta occu- pate le Colline pofte intorno la Città di Siena, fé a forte non ci è pofteriormente prodotto in dette Colline. IO. Sale della Creta , Odervazioni (Cam- pate in Siena l'anno 1750, del Sig. Dottor Giuleppe Baldaflarri. 228. Sali meftrui di qualunque fpecie, e tutti gli attivi principj , non agi- fcono fé non dilciolti, e fluidifat- ti. 332. Salenius Ioannes . 26. 27. San Quirico Feudo Chigi. 253. Saraceni. 70. Secondino Ventura fa menzione di una Cometa apparfa 1' Anno 584, e veduta in Coftantmopoli . 64. Segnerus. 33. Semi di Malva con foglie , conlèr- vati Ibtterra per anni 17. con U loro facoltà germinativa. 312, Seneca. 45. 46. 47. Se^'ero Imperadore. 52. Siena, e fua fituazione. i, Sigiberto. <5i. Sigonio . 66. 68, Simon della Tofa . 87. pi. 94. Silpenllein Prefide dell' Illuftre Ac- cademia d' Harlem , onèrvò, che dopo aver più volte tagliata l' Avena mentre era ancor tenera in erba , che era divenuta vero grano. 302, Smettile fpecie di Argilla. 223. Sole Ecclifiato dalle Ceneri del Ve- fuvio • Ved. Ceneri, 49. Sole ibrgente inefaufta del fuoco . 217. Solis margo vehementer undulans . 260. Spirito acido minerale detto ancora primitivo, e volatile , fugace, ed incoercibile , febbene fi trovi fifiato in alcuni midi. 218. Stadtuegio. 97. Stefanardo da Vico Mercato Dome- nicano . 86. 87. Stiria. 33. Scockolm» 40» Sto. Storia pfofegiiita delle Comete ap- pavfe dopo la falucifcra Incarna- zione, e Nafcita del Divin Re- dentore, 41. Strati di Ciottoli, o S.ifll riton- dati uniti per io più col mezzo di una parta arenacea, che gli le- ga. 2. Stronier . jt. Sughero montano fpecie di Amianto particolare . 220. Svetonio . 43. 4J. Sydenam. 317. T A cito. 46. Ta merlano. 97. Tavola degli Elementi delle Comete fino al 1577. le Orbite delle quali non (bno affitto certe. J23. Tiberio Auguflo. 6$. Tiberio figlio di Maurizio , dichia- rato Imperador d' Occidente . 66. Ticone. 54. Tillemonte riferifce, che l'annodi Grido 61. fieri terremoti fi fece- ro nella Macedonia Pentire , e nell' Acnja . 47. 48 Tendini , che pofTino efTer tutt' al- tra Ibflanza , che Mufcoli degene- rati . 238. Tentativi diverfi praticati intorno al Sale deliquefcente. S. e 9. Teodorico En'^elhulfien . 97, Teo.iofìo Imperadore. 53. 55. Teodofìo fì^jlio di Maurizio Impe- radore. 66, Tcofiaf^o . 301. Le Terre dell' Agro Sene/è, che Crete fi chiamino, altro non fo- no, che vere Marne, una mefco- lanza , cioè, di Creta propriamen- te detta, e di Argilla. 269. Tonini Carolus- 356. Della Torre. 68. Delli Torre Padre Gian Maria. 49. Tretjuanda. 225. B b 377 Tritemlo . 9(). Trithemius . ry. 58, jp. Trolli Domenico 41. 107. Tubus Aflronomicus. 20. pedum.27. I Turchi con gran fucceflb amplia- rono il loro Dominio nel 763. fe- condo Riccioli . 71. U V W UPfalii 40. Vargeiitinus Holmiae felicior tres fupra Cometa m faciebat ob- fèrvatones. 29. 31. 39. Valentiniano Tm;ieradore. 53, Vakntiniano il giovane . 54, Valcfìo. 48. Vallerius . 224. Van-F-(elmoiit. 269. Vandelli Girolamo. 357. Vanone. 293. Veneris imago quando major , quan- doque minor viJeri debeat , 28. Veneris veftigia prima in Solij margine dercfta. 26. Veneris tranfitus a Domino Planmann obfervatus ad Urbem Cajanebo- rog Fennoniac . 26. Venus quan- do a Solis margine libera confpi- ciebatur . 27. Ventura . 64. Vefpaflano. 49. 50. Vefuvio fituaco verfo I' Oriente della bella , e vaga Partenope . 201. Delcrizione dell' Incendio del Vefuvio avvenuta il mele d' Ot- tobre del 1767. 213. 214. e 215. Pioggia continua di polvere (btti- lldìma nera , che ricuooriva i tet- ti delle Cale , e il Suolo delie Campagne , Strade ec. occafìona. ta dall' incendio del Vefuvio . 213. -'4- Vis omnis acceleratrix dudla in cle- mentum temporis aequ.uur ele- mento velocitatis , veloci cas autem aequatur fpatio per tempus divi- fo. 34, b 3 Wa. 3/8 Waiing-Eiuardiis Mathematlcus in- geiiiofiflìmus . jp. Woodward .269. Xmriariiil Simone . 290. Zanon. ii2 292. Ziiito mezzo metallo come li fi fac- cia acquiftare un principio di mal- leabilità, che li manca. 231, Zizzania, o fia Loglio, pianta no- civa così fperimencata fin dagli anticiii tempi . 300. Lo Zolfo è un Comporto di Flogi- fto , e di Acido vitriolico. J19. Zonata Giovanni. 48. 49. 58. 61. Ó4. ER- 37? ERRORI CORREZIONI Pagine Linee 2. 29 dentto dentro 3' 27 feca fece 6. 13 erprefle efprefla 7- S Jufleu Juflìeu 8. 12 ve vi 9- 12 contrafare contraffare IO. 7 mie fale ivi 21 mina orina II. 4 flflìnità affinità 12. 2 ritrovata ritrovata ivi 3* delle dalle »3- 15 couferma conferma 14. 26 Falluniere Faluniere iS- 7 Opufcolo Opufctilo 45- 14 magiftratum magiflratuum 5 5- 25 Theodofio TeodoGo 57 9 Actiliaeque Attilaeque 5P- «3 Imperuin Impenum Not. prima 5. 6, fiaflb nomeno fleflb Fenomeno 61. 18 Venganfi Vengafi 71- 3 Mediterranei infultas Mediterranei infula» 74- 24 Paulis per Paulifper 75- 31 Cylatus Cifatus 77. 14 precente precedente ivi 17 pecuniam penuria m 82. 24 Hebdomagas Hebdomadas ivi 26 Jiidili Judaei ivi 32 Temorelque Terrorefque 84. 15 Vuildelmus .... Steringì Wilheimus .... Stei ivi 20 fecuenti feguenti 86. JJ Deffiuideret Diffunderet ivi 21 Poaetorius Pr.ietorius 91. 34 feguentes fequentes 92. 23 (èguentes fequentes 95- 24 figmo figno 9?- 29 Ebietatc Ebrietate IO» 38o 102. 3 Atkeplerus At Keplerus ivi II re di Portogalo ' Re di Portogallo 104. 9 fbum Iblutn 106. 32 auno anno 107. 24 credetero credettero 108. IO difcuzione difcuflionc 113. 12 aftum aftum 114. 54 longitudine latitudine 116. 29 [13 gr- [] s'-. 117. 14 L_J [] 118. 28 29 Seneao Senerto 119. ì adir addit 120. '9 eclitica eclittica 121. 9 heduomadas hebdomadas 126. ? Eulerus, quod Eulerus priraus, quod 139. 4 -^bd^ -^W 142. 16 — (- 12 db^v — +• I 2_«^ h^u 172- 9 — -VJó ■ — V36 179. 3 -i-ab -^ab' ivi 21 2f _ ivi 21 /'2-f2\/ 2 \4 ^ 2f ' (2-+2N/2K- 187. 5 di recente imaginato che ho di recente imr ivi 9 • > 188. 22 diretrice direttrice 189. 17 Le Lft- ivi 18 Kd KO 190. 5 tutti tutti i JPI. 22 quadtata quadrata 192. 7 P P ivi 10 erratamente efattamente ivi 16 IV. VI. ivi 27 fé (Tura .... lamia fefTura .... lamina ivi 29 perpendiholarr perpendicolare 19?. 27 ttafporta trafporta 194. I pnnto punto ivi 24 altro defcritto altro cerchio defcritto ivi 26 de lo dallo 195. 2 2 anne(b annefTo 196. 22 e è ivi 24 appogiata appoErgiata I9S. 27 ha bifogna abbi fogna ivi 28 partacolar particolar 199. 1 unifcago, .... e b unifcano e fì IVI |8i ivi 2 I^ le ivi 15 dal Z dal punto Z lOI. 13 eficace efficace 202. 21 portentofi portentofi ivi 37 abitatoe abitato) e 203. 6 materia materie 204. r- qualle quale 205. 14 potrà potrà 207. 21 de' da' ivi 34 defcrirta dercritta 208. 7 detcod' detto d' 209. 34 ginazione , quefta (^inazione quella ivi 34 d' aria è d' aria, e 212. 32 A chi Chi 21 J. 3 zulftreo zulfureo ivi 8 di cui; di cui , ivi 8 fatfene farfene ivi 14 tentò tento ivi 21 denza denfa ivi 30 interrotto interrotte 214. 9 impofibile imponìbile -.' V 3 inevilàbile inevitabile ivi 4 drirai primi 22J. 17 Crilbprato / Crilbprafb ivi '9 Crifoprato ' Crifoprafo 224. I coli- air 228. 12 omogenità omogeneità ivi 28 parailallepipede parallelepipede ivi 3 6 lo fa ivi 29 lo da ivi 3» va 335. 14 dirigere ivi 19 maftigazione ivi 21 fu ivi 24 fa 336. 31 inaffiato 337- 4 dee capire ivi 11 fo 339. 9 fu ivi li e 340. IO fu 341. 22 fu 34}- 7 nelie ivi 29 riguadano 345' 17 ronderà ivi 27 la 346. I refta Not . 16 fctiche 347' 12 arrefice Not, . I alnnovo 348. 3 confi a ivi 3 juterna ivi 3' an Cora ivi 34 aggrava r 349- 5 contefturc ivi 17 uua ivi 25 cofeguenza 350. 14 tte 3 54- II Cultro tertium ivi 12 quan ivi 30 Grande ivi 38 nndecimo 355- Accamia ivi 37 flacidis " 360. 31 area bel abbracciandola produzioni fabbionofe attributi ;l' emplreumatici alTottigliare lènfi fermentano quale lo fa lo dà va digerire inafticazione fu' fa innaffiato dee capirli so fu* è fu' fui nelle riguardano renderà 3 colla fatiche artefice al nuovo gonfia interna ancora aggrava e conteftura una cpnfeguenza tre Cultro ; tertium queant Glande undecime Accademia flaccidis aera. i^: S TAB. I jae>:ii. Vact:i\ K^ NT al: IT. V ao: l\ «^ /., ^" '^ / I ^^ M \^ N ^ V.-^.-3 H, /-sfi Shs/ "^ ,../• ^ feN fM ■v \^^ ^ M \\ .tr e: aoo e: 200 'M %(| «5 •U (', "TX 'I^/ ■'i>^ M 1'^ •./ -•y •7, 1.1 ^*1 .^.' ìa "1 ,.4_ (I r-r-i ' T »,' 1 «