n jt' 1 ■ ■ '■ •i/c'w;' ■■ :®>' ; i;. fS’ ' ’y’: ■1. i; |. • I Q > ; f‘. llù *1,-4.. /4 1 I f f 1 DELL ACCADEMIA PONTIFICIA DE NEOVI LINCEI PUBBLICATI CONFORME ALLA DECISIONE ACCADEMICA dicembre tfP E COMPILATI DAL SEGRETARIO TOMO XV//- ANNO XVD (I8tì#-(4 1862 TIPOGRAFIA DELLE BELLE ARTI Piazza Poli n 91. IX EPOCA DELLA ELEZIONE SOCI CORRISPONDENTI ITALIANI 3 dicembre 1854 BELLA VITIS GIUSTO, professore di matema- tiche superiori nelUuniversità di Padova. » » BERTOLONI cav. ANTONIO , professore di botanica neU’università di Bologna. 11 maggio 1851 BETTI ENRICO, professore di matematica nel liceo di Firenze. 5 ottobre 1848 BIANCHI cav. GIUSEPPE, già direttore del R. osservatorio astronomico di Modena. 4 febbraio 1849 BRIGHENTI MAURIZIO, già professore di geo- metria descrittiva nella scuola degl’ ingegneri di Roma, ispettore emerito di acque, e stra- de, ec. in Bologna. 2 maggio 1858 DE-GASPERIS professore ANNIBALE, astro- nomo a Napoli. 6 maggio 1860 LOMBARDINI ELIA , ingegnere idraulico in Milano. 11 maggio 1851 1 MAINARDI GASPARE, professore di calcolo sublime nella R. università di Pavia. 5 ottobre 1848 MARIANINI cav. STEFANO, professore di fìsica sperimentale nella università di Modena. 4 febbraio 1849 MATTEUCCI comm. CARLO, professore di fi » )) sica nella R. università di Pisa. MENABREA LUIGI FEDERICO, membro della R. accademia delle scienze di Torino. 1 aprile 1860 MENEGHINI GIUSEPPE geologo in Pisa. i X EPOCA DELLA ELEZIONE 11 maggio 1851 4 febbraio 1849 1 4 settembri 4 febbraio 1849 » » 6 maggio 1860 4 febbraio 1849 )) » 6 maggio 1860 4 febbraio 1849 1 aprile 1860 4 febbraio 1849 MINIGH SERAFINO, professore di matemati- che superiori neiruniversità di Padova. PARLATORE FILIPPO , professore di bota- nica , e di fisiologia vegetale, nel museo di fisica e storia naturale in Firenze. PIRIA RAFFAELE , prefessore di chimica in Torino. o PURGOTTI doti. SEBASTIANO, professore di chimica nell’università di Perugia. SANTINI comm. GIOVANNI, direttore dell’ I. R. osservatorio astronomico di Padova. SAVI PAOLO geologo in Pisa. SCACCHI ARCANGELO, professore di mine- ralogìa nella R. università di Napoli. SISMONDA cav. ANGELO, professore di geo- logia , e di mineralogia nella R. università di Torino. SISMONDA EUGENIO, geologo in Torino. TARDY PLACIDO, professore di matematiche in Genova. VILLA ANTONIO, geologo in Milano. ZANTEDESCHI abate cav. D. FRANCESCO , già professore di fisica nell’ I. R. università di Padova. XI EPOCA DELLA ELEZIONE SOCI CORRISPONDENTI STRANIERI 10 luglio 1853 17 novemère 1850 » » 10 giugno 1860 17 novemère 1850 10 luglio 1853 17 novembre 1 850 10 luglio 1853 17 novemère 1850 )) » » » )) )) AGASSIZ L. , professore di storia naturale a Boston. AIRY G. B., direttore del R. osservatorio astro- nomico di Greenwich. CHASLES MICHELE;, membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. DE CANDOLLE ALFONSO , botanico in Gi- nevra. DE LA RIVE AUGUSTO, professore di fisica in Ginevra. DU BOIS REYMOND E., fisiologo a Berlino. DUPERREY L. I., membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. ÉLIE DE BEAUMONT GIAMBATTISTA, se- gretario perpetuo dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. FARADAY MICHELE , membro della R. so- cietà di Londra. FLOURENS G. P., segretario perpetuo dell’ac- cademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. FORBES G. , professore di fisica in Edim- burgo. FOUCAULT LEONE , fisico nell’ osservatorio astronomico di Parigi. XII EPOCA DELLA ELEZIONE \1 novembre 1850 » » » » » » » « 10 luglio 1853 » » )) » ^ 17 novemòre 1850 1 dicembre 1861 10 luglio 1853 » » » » 4 febbraio 1849 10 luglio 1853 FORCHHAMMER GIORGIO , segretario della società delle scienze in Copenaghen. FRIES ELIAS, segretario della R. accademia delle scienze di Upsala. GROVE G. R., professore di fisica in Londra. HANSEN P. A. , direttore dell’ osservatorio astronomico di Gotha. HENRY, segretario dell’ istituto Smitsoniano in Washington. lACORI, professore di chimica in Pietroburgo. KUMMER , professore di matematica nell’uni- versità di Eresia via. . KUPFFER, direttore dell’ I. R. osservatorio di s. Pietroburgo. LAMÉ G., membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. LE TERRIER U. G. direttore dell’ I. osser- vatorio di Parigi. LIAIS E. , già nell’ I. osservatorio di Parigi astronomo aggiunto. LIEBIG barone GIUSTO, professore di chimica in Monaco. LITROW , direttore dell’ I. e R. osservatorio astronomico di Vienna. MALAGUTI M. J. , professore di chimica in Rennes. MALMSTEN dott. C. G., professore di mate- matica nell’università di Upsala. EPOCA DELLA ELEZIONE 10 luglio 1853 » » )) » » )) 17 novemòre 1850 10 luglio 1853 MURCHISON cav. R., presidente della società geologica in Londra. NEUMANN, dott. professore di matematiche, e fisica nell’università di Kònisberg. OHM dott. M., professore di matematiche nel- l’università di Berlino. POUILLET C. , membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. QUETELET cav. A., segretario perpetuo della R. accademia delle scienze, lettere, e belle arti del Belgio in Brusselles. REGNAULT V., membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. REMON ZARCO DEL VALLE dott. ANTO- NIO , presidente della R. accademia delle scienze in Madrid. )) )) 2 maggio 1858 10 giugno 1860 2 Silaggio 1858 )) » ROBERTS G. , professore di matematica nel collegio della Trinità in Dublino. SABINE, fisico e membro della R. Società di Londra. ^ SORET LUIGI, fisico in Ginevra. THOMSON G., professore di filosofia naturale nelFuniversità di Glasgow. WEHLBERG , segretario della R. accademia delle scienze di Stockolm. 17 novemòre 1850 WHEATSTONE, membro della R. società di Londra. XIV — EPOCA DELLA ELEZIONE SOCI ONORARI 12 gennaio 1849 CAETANI commendatore D.MICHEL ANGELO, principe di TEANO. 3 luglio 1847 GRIFI commend. LUIGI, segretario della com- 16 gennaio 1856 RATTI dott. FRANCESCO, professore di chi- 25 maggio 1848 BETOCCHI ALESSANDRO,, ingegnere. » » CUGNONI IGNAZIO, ingegnere. 1 aprile 1855 DELLA PORTA conte AUGUSTO. 3 luglio 1847 DES-JARDINS dott. FELICE MARIA. 1 aprile 1855 FARRI dott. RUGGERO. 25 maggio 1848 PALOMBA dott. CLEMENTE. VESPASIANI abate D. SALVATORE, giàsup* piente alla cattedra di fisico-chimica nel se- minario romano. )) missione generale consultiva di antichità e belle arti. ^ETTIscommei^. LUIÒL proT^ essor^ ì di\ar- chketturaHeorica i^lla in^ne ^ntifi\a mica, e di farmacia nell’università romana. SOCI AGGIUNTI MACCHINISTA XV SOCI DEFUNTI AMICI cav. GIO. BATTISTA, nel 10 di aprile 1863. DESPRETZ CESARE, nel 15 di marzo 1863. FLAUTI cav. VINCENZO, nel 20 di giugno del 1863. MITSCHERLICH R., nel 28 di agosto 1863. MOSSOTTI cav. OTTAVIANO FABRIZIO, nel 20 marzo 1863. STEINER I., nel l.° di aprile 1863. cr ' * V ^ r 't c-^ L r.^ ATTI DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE r DEL 6 DICEMBRE 1863 PRESIDEIVZA DEL SIG. PROF. N. CAVALIERI SAIV BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI OEZ SOCI OROXIffAaZ E DEI CORRISPONBEMTX Su V infusorio del genere Bacterium trovalo nel sangue umano. Nola del sig. prof. A. Tigri da Siena {presentata dal sig. prof. Socrate Cadet.) » Ho l’onore di presentare i risultati, che parranno sommamente interressanti, delle ricerche istituite dal signor professore Tigri nello spedale di Siena, nel sangue di dodici cadaveri, dal 14 settembre prossimo passato. )) Perocché gli avvenne di scoprire certi Batter] — che sono organici minimi ricordati fra gl’ Infusorj — in quello solo di quattro morti con forme di Febbre tifoide, e in quello d’uno morto per Frattura della quinta vertebra cervicale con istravaso sanguigno nel ventre, in cui sembra si possa ben cre- dere fosse pervenuto qualche germe tifoideo ; mentre nel sangue degli altri estinti per altre malattie, gli occorse soltanto qualche specie monadica e vi- br ionica della putrefazione. )) Parranno sommamente interressanti queste risultanze come quelle che sembra forniscano , il modo per ispiegare la diffusività , per determinare la causa de’ sintomi e de’ vizj della composizione organica , e forniscano anche lume per provvedere sempre più efficacemente così al metodo preservativo come al curativo di alcune delle forme di tali infermità quali sono le febbri nervose, che talvolta si allargano e menano strage come vere pestilenze; tanto più che siffatti risultamenti suggellano altri che furono di recente conseguiti studiando il sangue di alcune specie di animali domestici colti da varie nature di morbi , particolarmente appiccaticci , in cui furono riconosciute forme di Batter] ». ® 1 — 2 — Molti anni or sono, osservando al microscopio il sangue umano levato dai vasi del cadavere, mi avvenne alcuna volta di vedervi corpi insoliti, che io attribuiva alla decomposizione putrida. Avevano essi la forma e le dimensioni degli animaletti infusorj che si denominarono Bacterium [Ehrenberg). L’argo- mento sembrandomi interessante, decisi ora di profittare del primo decesso per Febbre tifoide che sì fosse verificato nello spedale di Siena, a fine di ripetere le ricerche; avendo a mente che nelle mie prime osservazioni il sangue di co- testi ammalati contenesse quelle forme animali microscopiche. Compendio i processi verbali delle osservazioni da me eseguite. Osservazione l.“ (14 settembre 1863) Esame del sangue contenuto nei vasi venosi ed arteriosi del cadavere di donna sui 24 anni, morta nello spedale di Siena per Febbre tifoide con mi- gliare al principio del terzo settenario. Il cadavere è ben conservato dopo 26 ore dalla morte; la pelle mantiene il colorito normale. Fuorché al capo, ove notasi cominciata la suggellazione cadaverica — Bacterium abbondanti e più nel sangue arterioso che nel venoso. Globuli rossi discoidi abbondanti e molti disposti in pile; siero trasparente ed incoloro. N. B. Per raggiungere uniformità di condizioni, generalmente mi sono servito per le mie ricerche del sangue contenuto nelle vene e nelle arterie degli- arti superiori. Osservazione 2.“ (14 d.") Uomo sui 53 anni estinto in conseguenza di Cachessia cancerosa. Dopo 30 ore, suggellazioni in diverse parti del corpo; mi valgo ancora del sangue con- tenuto nei vasi delle pareti addominali , nelle quali è manifesta pel colorito verdastro la decomposizione putrida dei tessuti, e non rinvengo le forme del Bacterium a cilindro rettilineo ed inflessibile; trovo invece degli esemplari del Monas crepusculum, che mi è sembrato moltiplicarsi di lì a poco nel porta- oggetti, disponendosi in serie lineari ricurve siccome fossero monili. Globuli rossi sformati, sacciformi; siero colorato in rossigno; perciò segni evidenti di decomposizione putrida del sangue. Osservazione 3.“ (13 d.“) Uomo sui 30 anni, perito a causa di Lesione traumatica, cioè frattura della quinta vertebra cervicale e stravaso sanguigno nella cavità Centrale. So« — 3 — prav visse 80 ore ad una caduta violenta. Segni di decomposizione sollecita, in ispecie al capo, al collo ed al basso ventre. Nel sangue dell’ arteria femo- rale e della vena corrispondente si scorgono in copia i filamenti del Bacterium inflessibile ed inerte come nella prima osservazione. Globuli rossi ben conser- vati, siero incoloro. Avverto in alcuni filamenti del Bacterium un trasloca- mento che non è passivo; tantoché non saprei convenire dell’asserta loro im- mobilità. Credo la mobilità loro subordinata a circostanze speciali. Osservazione 4.“ (16 d.°) Giovinetta di 10 anni, morta in conseguenza di Piaghe cangrenose alla pelle. Esame del sangue dopo 30 ore. Suggellazione cadaverica anco negli arti superiori. Globuli rossi distesi per eff*etto di endosmosi; però i più conservano la forma discoide. Molti esemplari del Monas puntiforme, e le serie moniliformi ricurve, semoventi come nella Osservazione 2.“ da riportarsi, mi sembra, al Vibrio rugala. Osservazione 5.“ (17 d.°) Uomo di 24 anni con Angina tonsillare ed altre Lesioni viscerali per flo- gosi. Esame dopo 32 ore. Suggellazioni cadaveriche, segnatamente lungo le vene superficiali del collo, della testa e degli arti. Sangue denso; globuli rossi ritratti e stellati per effetto di esosmosi; siero incoloro. Forme d’ Infusorj come nella Osservazione precedente. Osservazione 6.“ (17 d.°) Idrope generale. Donna di anni 74. Esame dopo 32 ore. Suggellazioni ca- daveriche. Sangue sciolto e decolorato; pochi globuli rossi e sformati con am- pliamento del diametro; siero limpido. Monadi puntiformi ad alcune a monile ricurve e semoventi, come nelle Osservazioni 4.“ e 5.“ Osservazione 7.“ (19 d.) Donna di anni 67 , morta per Apoplessia cerebrale. Esame del sangue dopo 48 ore. Globuli ben conservati e riuniti in pile; siero trasparente ed in- coloro; qualche monade, però senza aggregazione in serie lineare. Osservazione 8." (19 d.°) Uomo di anni 2 1 morto per le conseguenze d’ Idrotorace e d’ Idroemia-, esame dopo 24 ore. Il cadavere manifesta i segni d’ incipiente decomposizione putrida, segnatamente al bassoventre. Globuli sanguigni rossi ben conservati, ed alcuni riuniti in pile; molto siero, ma incoloro. Meno qualche monade pun- tiforme, assenza assoluta d’ogni altro Infusorio, come nella Osservazione pre- cedente. Osservazione 9.“ (20 d.“) Donna sui 50 anni morta per Febbre tifoidea al terzo settenario. Il ca- davere dà segni evidenti di decomposizione putrida al basso ventre; poi sug- gellazioni cadaveriche al collo e altrove. Esame del sangue compiute 39 ore dalla morte. Globuli sanguigni rossi ben conservati e riuniti in pile; siero lim- pido, Filamenti del Baclerium in gran copia, ed alcuni di una lunghezza si- gnificante. Qualcuna delle altre forme semoventi, cioè del Monas crepusculum ec. Osservazione IO.® (20 d.*") Donna di circa 55 anni morta in conseguenza di Flogosi viscerale. Il ca- davere non offre che lievi segni di decomposizione. Esame del sangue dopo 37 ore. Globuli rossi corrugati pel fatto di esosmosi ; siero incoloro; assenza d’ Infusorj. Ora è qualche tempo, parlando occasionalmente della putrefazione col mio stimabilissimo amico e collega professore L. Fedi, rifletteva seco lui sulla utilità di valutare la presenza degU Infusorj, allorché si sospettasse im- putridita una data parte dell’organismo, o si volesse dichiararla per tale. Osservazione 11.“ (il d.°) Donna d’anni 30, morta per Febbre tifoide con migliare al terzo settena- rio. Esame del sangue 40 ore dopo la morte. Il cadavere presenta segni d’in- cipiente decomposizione nell’ambito ventrale, e qualche suggellazione lungo le vene superficiali delle spalle, del collo e del capillizio; nel resto la pelle con- serva il suo colorito ordinario. Sangue estratto dalla vena mediana cefalica. Globuli rossi discoidi e riuniti in pile ; siero limpido; nessuna forma d’ Infu- sorio. In una seconda osservazione, due o tre cilindretti del Bacterium. — 5 — Sangue estratto daH’arteria omerale del medesimo lato. Globuli egualmente configurati e disposti, con molti filamenti del Bacterium. Perciò confermato non solo quanto è detto nella osservazione prima relativamente alla maggior copia d’esemplari del Bacterium nel sangue arterioso, ma di più segnalato il fatto che gl’ Infusorj in discorso incominciano a svilupparsi nel sangue arte- rioso; fatto che può avere delle applicazioni allorché sul vivente s’ imprendesse ad esaminare il sangue levato dalla vena. Dalle citate osservazioni si rileva, che quattro volte soltanto mi avvenne di trovare la forma de’ Bacleriurn riscontrata da M. Davaine negli animali attaccati dal tifo, o dal sangue di milza, da M. Signol in casi simili, ed an- che nel cavallo conseguentemente a lesione traumatica {Comptes rendus de VAcadémie des Sciences di Parigi T. Ii7. Séances du 27 Juill. du 10 et da 17 Aoùt 1863 p. 220, 348, 351 et 386). Risulterebbe pertanto, un accordo coi riscontri da me fatti nei morti per febbre tifoidea delle osservazioni 1“, 9'" e 11“ con l’altro caso dell’uomo caduto dall’alto dell’osservazione 3“, e le risultanze dei precitati Osservatori. Tantoché, tenuto conto della diversità della forma degl’ Infusorj da me riscontrati nel sangue degli altri cadaveri, mi sembra poter conchiudere : 1 Che nel sangue dell’uomo, ed in condizioni speciali di malattia pos- sono svilupparsi, perdurante la vita, gl’ Infusorj del genere Bacterium. 2.“ Che gl’ Infusorj del genere Monas e Vibrio , si mostrano nel sangue del cadavere con gradazioni di sviluppo, e come attori della putrefazione. Osservazione 12.“ aggiunta (12 novembre 1863) In altro decesso per Febbre tifoide, avvenuto nel dì 8 del corrente no- vembre nello spedale di Siena, ho avuto ampia conferma circa la presenza nel sangue dei filamenti del Bacterium. Il giovine di anni 2 1 , robusto colono , era morto nel terzo settena- rio della suddetta malattia. I globuli rossi del sangue erano ben conservati, ma retratti pel fatto di esosmosi; il siero trasparente , niun altro Infusorio all’ infuori dei molti e lunghi filamenti del Bacterium. Perciò questo li- quido poteva dichiararsi affatto immune da decomposizione putrida. Il ca- davere pure, esaminato 26 ore dalla morte, non presentava segni di decomposizione, fuorché al basso ventre per la incipiente colorazione cada- verica. Per questo nuovo fatto confermativo, rimangono ancor più dichiarate le circostanze e le condizioni morbose nelle quali fu da me rinvenuto il Bacte- rium nel sangue umano che sono : La Febbre tifoide congiunta o no alla Migliare; ed un caso ancora di vio- lenta Lesione traumatica. — 7 Le TTERE ASTRONOMICHE. — Dìscussloue di aldini mezzodì osservati nella Specola MontecuccoU. I. Modena 13 Novembre 1863 All’uopo di poter trattare e discorrere sopra una maggiore varietà di astro- nomici argomenti sconnessi fra loro, che nella mia pubblica e lunga carriera di studi mi occuparono, ma che per forza di circostanze dovetti abbandonare interrotti o incompleti, e per intramezzarvi e aggiungervi pure le trattazioni di altri soggetti dello stesso genere, cui mi son dedicato nella semplice pri- vata mia condizione, io venni al divisamente di stendere sopra ciascuno di tali argomenti come altrettante piccole Memorie ; al complesso e alla serie delle quali darò titolo di Lettere astronomiche. Per tal modo comprenderanno que- ste altresì la continuazione dell’altra serie, che io m’ era proposta col titolo di Astronomia campestre, suggeritomi appunto nell’impostami e non chiesta Dispensa 0 cessazione da qualunque pubblico ufficio che, costringendomi alla sola vita domestica , mi ridusse a passarne la maggior parte nella libera quiete della campagna, privo di mezzi e di relazioni scientifiche; laonde io non era più in grado di contemplare il cielo se non qual villico amatore, nè poteva farmene oggetto a rigorose ed esatte discussioni. Se non che in buon punto venutami a conforto la squisita gentilezza del colto e nobilissimo signore che è l’eccel- lenza del mio concittadino marchese Raimondo Montecuccoli, il quale da’ suoi frequenti viaggi a Parigi e Londra colf acquisto di preziose macchine, e col- l’amore alla scienza celeste riportavane il desiderio, ben tosto e splendidamente da lui soddisfatto , di formarsene una propria Specola nel suo palagio , io n’ ebbi l’amichevole invito e la piena facoltà di esercitarmi alle osservazioni, ap- pena la novella Specola si trovasse completamente arredata. Ciò essendo av- venuto sin dal principio dell’ultimo scorso Giugno, tal è stato e sarà il mo- tivo . e l’occasione che io mi tolga di quando in quando alla mia campestre so- litudine, e che ne cavai titolo e argomento a queste mie comunicazioni ac- cademiche. Quindi anche ragion di convenienza e gratitudine richiede, che io apra la serie di queste Lettere con un soggetto che immediatamente si at- tiene all’ Osservatorio novello. Riserbandomene ad altra Lettera successiva la descrizione particolareggiata dell’eretta fabbrica, degli ambienti, delle varie macchine, e del loro collocamento ed uso, io non posso però nella presente occuparmi fuor di un oggetto spe- 8 — ciale, che tuttavia mi è sembrato non immeritevole di considerazioni. Conciossia- chè avendo io passata l’intera e bella stagione dal Maggio al Novembre corrente nella mia Yilla, e nel frattempo non essendomi condotto e trattenuto in Città che per alcune ore di sfuggita, una o due volte in ogni settimana, io non ebbi agio sin qui, se non di prendere ciascuna volta i passaggi meridiani del Sole al canocchiale di un bel circolo di Starke , uscito dall’ Istituto politecnico di Viènna, e già stabilmente collocato fin dal Giugno nella Specola del Marchese che lo commetteva. Ma nelle mie brevi escursioni e visite diurne io nè po- teva esaminar per minuto la macchina, nè riconoscere con osservazioni di stelle le deviazioni e i tenui spostamenti del cannocchiale per la precisa determina- zione del tempo astronomico. Frattanto indirettamente si vedrà che questi ul- timi debbon essere ben piccola cosa, e pressocchè insensibile da poter dirsene inalterata fin qui la stabilità dello strumento; ed è perciò che ne sottometto la tavola dei mezzodì da me osservati. meseegiorno 1863 .Mezzodì osservato a! pendolo F tempo saggio n diamoti osserv. ad F del pas- lerid. del '0 solare effe, di Milano termo. centigr. interno Stato del Cielo Annotazioni ! lì ni s m s s 0 Giugno 1 4.34.41,90 0. . . . Nuv. Sereno d 46.o4,0o 2.18.70 - 1,7’4 21,0 Sereno nel sole due macchie 8 5. 3.20,20 2.19.03 1,78 • t . • Ser. 3 macchie mediocri 10 11.34,02 19,30 1,84 • • • • Seren. macchie impicciol. lo 32.11,73 19,37 1,62 23,2 Sereno 19 48.44,83 19,82 2,02 26,0 Sereno Sole senza macchie 26 6.17.44,32 19,88 2,08 27,4 Sereno macchia mediocre 30 34.13,06 19,03 1,33 29,2 Sereno nebb. due macchiette Lunlio 3 46.33,07 18,77 1,47 30,0 Sereno macchietta unica 10 7.13.13.14 19,46 2,82 26,0 Sereno i fili a Vision indisi. 17 43.34,07 17,14 1,78 26,3 Sereno macchia grande 2d 8.11.28,32 16,01 1,41 29,1 atmosf. vaporosa una macchietta 31 38.33,16 15,01 1,39 22,4 Idem macchia mediocre Agosto 3 50.29,06 14,49 1,63 • • • • Idem 4 macch. 2 gran, due picc. 7 9. 3.43,54 14,00 1,84 28,8 Sereno una delle picc. mac. ingran. 13 28.19,74 12,43 1,23 30,8 Sereno Nuv. una macchia grande 17 43.12,53 11,12 0,.32 31,5 ieri neve ai monti molle e grandi macchie 21 57.39,74 10,87 0,81 21,3 nebb. vento freddo macchie impicc. 28 10.23.32,04 10,76 1,34 23,0 Sereno non macchie 31 34.23,03 10,57 1,63 23,4 Sereno puro non macchie. Settem. 7 39.29,92 9,30 0,90 23,2 atmosf. velata non macchie 14 11.24.28,81 9,70 1,37 20,6 Sereno puro non macchie 21 49.21,96 8,63 0,44 23,8 molto nebbioso non macchie 28 12.14.23,26 10,67 2,17 20,0 Ser. puro una macchia grande Ottobre 5 39.27,03 9,60 0,48 19,0 nuvoloso due macchie grandi 9 33.37,01 10,98 1,40 19,2 Nuv. Sereno tre macchie; una grande 12 13. 4.34,03 • • . . » • • • tutto annuv. veduto un momento il Sole 19 30.31,31 12,21 1,06 19,0 Sereno puro una macchia mediocre 26 37.10,91 13,01 0,51 16,0 tutto nuvoloso osservaz. senza elioscopio Novem. 2 14.24. 3,03 13,77 1,73 16,3 Sereno puro 4 macchie Nel reticolo deH’oculare sono tesi nove fili verticali, de’ quali sette l’uno dall’altro equidistanti (circa 1 0^ all’ equatore) e due interposti e prossimi al filo medio per le stelle vicine al polo. Io prendo gli appulsi del lembo occi- dentale e le sortite dell’ orientale del sole ai sette primi fili , notandone gli istanti al vicino pendolo di Frodsham, 1’ inglese socio e successore di Arnold. Scrivendo le sortite in ordine inverso agli appulsi, dalle semisomme delle sette file orizzontali di questi e di quelle si ha sette valori dell’ istante di mezzodì, e dal medio di essi per ciascuna osservazione viene l’istante segnato nella 2.“ colonna della tabella precedente. Ho posto nella Colonna il tempo F osservato 2 e impiegato dal Sole a traversare orizzontalmente il meridiano, e a lato nella terza la differenza di esso col calcolato, preso daH’efiFemeridi di Milano (pag. 73) che si ha dal diametro del sole in tempo, ridotto al parallelo di declina- zione, e aggiuntavi la piccola quantità del moto proprio apparente del Sole durante il detto passaggio. E mio costume di scrivere ad ogni osservazione tanto i singoli valori dell’istante di mezzodì, come quelli, pure a ciascun filo, deir indicato passaggio del diametro solare, provandosi così per duplice com- binazione e accordo, separatamente fra loro , dei primi e dei secondi, che il giudizio e lo spezzamento alla stima in decimi delle battute del pendolo non si scostan molto dal vero. Nella quale duplice comparazione avviene poi sem- pre, o che s’ accordan bene o discordan alquanto, e separatamente fra loro sì gl’ istanti del mezzodì, come i passaggi del diametro, o gli uni s’accordan meglio che gli altri o viceversa ; donde bassi un criterio pratico del medio valore più o meno attendibile e ben ottenuto. Eccone in esempio le osserva- zioni originali di quattro dei precedenti valori. 30 Giuguo 3 Agosto appaisi l.° lem. sortite 2.0 1. mezzodì F passaggi del dia. h m s m s h m s m s 6.32.33,0 35,57,5 6.34.15,25 2. 19, 6 43,4 47,0 15,20 19, 3 54,1 35,4 14,75 19, 2 5,0 24,0 14,50 19, 0 16,8 13,3 15,05 18, 6 27,4 2,7 15,05 19, 6 33.38,6 34.52,6 15,60 18, 9 appulsi l.° lem. sortite 2.» 1. mezzodì F passaggi del dia. h m s m s Il ni s Ili s 8.48.50,1 52. 8,2 8.50.29;15 2. 14, 7 0,4 57,7 29,05 14 6 10,9 47,0 28,95 14, 4 21,5 36,1 28,80 14, 6 33,0 25,3 29,15 14, 0 43,3 15,0 29,15 14, 4 49.53,5 51. 4,8 29,15 14, 7 alquanto discordi mezzodì e passaggi concordi mezzodì e passaggi 17 Agosto appulsi 1 lem. sortite 2.“ 1. mezzodì F passaggi del dia. h m s m s Il m s Ili s 9.41.35,6 44.49,5 9.43.12,55 2. 10, 8 46,2 39,3 12,75 10, 6 56,3 29,0 12,65 11, 2 6,8 18,2 12.50 11, 4 17,2 7,5 12,35 11, 8 28,0 56,8 12.40 11, 3 42.38,7 43.46,4 12,55 10, 8 mezzodì concordi, passaggi alquanto discordi 14 Settembre appulsi l.° lem. sortite 2.“ I. mezzodì F passaggi del dia. Il ni s ni s li ni s ni s 11.22.53,7 26. 4,3 11.24.29,00 2. 9, 6 3,6 54,1 28,85 9, 6 13,4 43,6 28,50 9, 6 24.0 33,4 28,70 9, 4 34,2 23,0 28,60 9, 4 44,7 13,2 28,95 9, 4 23.54,8 25. 3,3 29,05 9, 3 mezzodì alcun poco discordi, passaggi concordi Ma ciò che deve maggiormente notarsi nell’esposta serie dei mezzodì, è la differenza piuttosto forte, fino a 2^ e più, fra l’osservazione e le effemeridi o il calcolo, nei passaggi del diametro solare, differenza sempre in un senso o del medesimo segno, che di certo conviene attribuir tutta o in massima parte all’osservazione, ed è uno di quegli errori costanti da temersi, e cui tanto im- porta di rintracciar e di togliere dai medii risultamenti osservati. Nell’attuale io non credo che molto entri, qual cagione a produrlo, la maggiore o minor forza amplificativa del cannocchiale, purché non manchi in questo la chiarezza o distinzion delle immagini ; ma forse l’errore stesso deriva dalla così detta equazion personale dell’osservatore nell’abitudine da lui contratta, giudicando in un dato modo i contatti e i tempi, che non sia per avventura concorde a quella di altri osservatori al pari di lui esercitati. E convien pur avvertire — 12 •— che per lo stess’occhio il giudizio del contatto dei due lembi del Sole ai fili verticali del reticolo è differente dagli appulsi del 1 lembo alle sortile del 2.°, avendosi per quello un contatto di convessità e per questo un contatto di concavità circolare; laonde per occhi diversi la stessa differenza potrebbe di- versamente giudicarsi. Da ultimo nell’ osservazion dei passaggi del diametro orizzontale del Sole dovendosi tener l’occhio fisso e continuo al fiammante di- sco solare per seguirne l’ incedere e approssimarsi e toccare i fili è naturale una forte dilatazion della pupilla e un ingrandimento pur notevole d’ imma- gine alla retina, come appunto indica il segno negativo del calcolo rispetto al- l’osservazione corrispondente. Rileviam infatti nella tavola alla colonna 4.“ che l’eccesso dell’osservazione sopra il calcolo è risultato assai minore ad atmo- sfera leggermente velata e vaporosa, come nei giorni 24 Luglio, 21 Agosto, 7 e 21 Settembre e 5 Ottobre, venendone allora più temperata e men viva la forza radiante del Sole, e sovente distinguendosi anche meglio ad aria neb- biosa il perimetro e i lembi del disco solare. A scemare di conseguenza l’ in- dicato error di osservazione dei passaggi per mio avviso gioverebbe nei giorni sereni e di fulgido sole usar di elioscopio, e vai a dire del vetro colorato po- sto all’apertura oculare , fosco e denso in guisa che appena lasciasse distin- guere i fili del micrometro in prossimità del l .“ lembo solare che si avanza; poiché quanto al 2.® lembo che sorte i fili sono proiettati sul disco, e perciò visibilissimi. Ora per l’ intervallo totale della tavola consideriam l’andamento dell’oro- logio. Paragonati i tempi F dei mezzodì osservati ai tempi siderei corrispon- denti del mezzodì vero in Milano, dati da quell’effemeride e ridotti al meri- diano di Modena colla piccola costante - 1% 14, nella differenza fra quelli e questi se ne ha l’equazion siderale di F all’ istante di mezzodi, che indicherò col segno — o -4~, secondo che F rispettivamente si trovi allora indietro o innanzi al tempo sidereo, astrazion fatta però dalle deviazioni meridiane dello strumento, che per ora io non ricerco, supponendone corrette le osservazioni, o nulli i valori. Così anche fra due mezzodì osservati di seguito , supposto inalterato lo strumento e le sue deviazioni, ed equabile nell’ intervallo il moto del pendolo F, dalla differenza delle due equazioni sideree di questo si deduce per proporzionalità la variazione diurna del medesimo, cui pongo il segno — se in ritardo, e il segno se in avanzamento sopra il tempo siderale. Ap- parirà qui tosto che il pendolo F sebbene di eccellente costruzione inglese, ha ritardato e non uniformemente nella piccola serie, lo che potrebbe indi— care una qualche alterazione piuttosto notevole sofferta dallo strumento. Se non che la Specola del marchese proprietario essendo fornita di parecchi altri pendoli, tutti dalla più perfetta qualità e fabbrica inglese, e uno di essi, di Beni oscillando presso e nella stanza contigua a quella del circolo meridia- no, cogli accordi in prossimità dal mezzodì, presi fra Beni e Frodsham (de’ quali odonsi le simultanee battute da un punto intermedio) , ho potuto ri- conoscerne la simile variazione sidereo-diurna di Beni, e questa nella serie essendosi mantenuta costante ne consegue che dunque lo strumento dei passaggi non deve aver sofferto sensibili cangiamenti di sito e delle sue deviazioni meridiane. Eccone di fatto la tavola ottenuta dell’ andamento dei due pendoli F e D, dedotta dai mezzodì col primo e dagli accordi di questo col secondo. 1863 mese e giorno equaz. Sid. di F a mezzodì variaz. diurna di F Accordi D-F variaz. diurna di D Annotazioni Giugno 1 4 8 10 18 19 26 30 Luglio 3 10 17 24 3] Agosto 3 7 13 17 21 28 31 Setlem. 7 14 21 28 Ottobre 8 9 12 19 26 Novem. 2 m s — 0.31,30 0.38,89 0.38,37 0 41,78 0.48,61 0. 83.68 1. 0,81 1. 8,34 1. 9,47 1.18,16 1.22.30 1.28,27 1.34.86 1.37,88 1.46.31 1.87.87 2. 8,91 2 11,18 2 22,61 2 28,36 2.40.49 2 82.76 3’. 7,62 3.17.49 3 38,93 3.43.73 3.49.74 3.87,92 4.13,61 — 4.30.32 s — 1,80 0,62 1,69 1,37 1,27 1,02 1.13 1(38 0,81 1,02 0,83 0,94 0,91 2,18 1,93 2,01 1,32 1.63 0,92 2,16 1,78 2,12 1,41 2.63 1,93 2,00 1,17 2.24 — 2,39 ra s 12. 7,0 12.19.4 12.33.4 12.39.1 12.31.7 13, 8,9 13.17.2 13.24,9 13.43.3 13.48.7 14.12.2 14.33.3 14.84.2 13.13.2 18.39.3 18.80.8 13.88.7 16.13.8 16.37,1 -4- 17, 2,0 -h 0,Vl 1,06 0,99 0,97 0,94 -4- 0,07 — 0,61 -1- 0,99 0,88 1,20 1.28 0,88 1,30 1,09 0,88 0,73 0,99 1,09 1,16 ' Per un tratto, non breve, e fino al 3 Agosto è singolare che F e D pro- cedettero equabilmente, e di tanto ri- tardando quello quanto avanzando que- sto sopra il tempo siderale; sicché fra l’uno e Taltro quasi segnavano il tempo sidereo. Ma D conservò il suo avvan- zamento diurno di 1^ circa, meno la sua forte variazione in ritardo avve- nuta fra il 13 e 21 Agosto, e derivata forse da una straordinaria perturba- zione atmosferica, che nel giorno 16 Agosto imperversò con grande piog- gia, vento freddo, e copiosa neve agli Apennini. Per contrario F dopo il 3 Agosto presentò continui cangiamenti da 1 a 2% 8 nel suo diurno ritardo; ed è pur singolare ch’esso dalla detta perturbazione atmosferica del gior- no 16 manifestò una diminuzione, an- ziché un aumento del suo ritardo an- tecedente, e riprodottosi dopo il gior- no 31 dello stesso mese. 14 — Ad emettere frattanto un più sicuro giudizio della bontà e perfezione relativa dei due orologi F e D a prova di osservazioni, fa d’uopo attendere di esaminarli, come si è fatto nelle alte ed estive, nelle basse e prossime tem- perature invernali. Se non che importa molto più investigare, e riconoscere con esattezza l’andamento assoluto di ciascun d’essi rispetto al tempo astronomico locale, il che non può conseguirsi a meno di non aver determinate innanzi colla massima precisione le deviazioni meridiane dello strumento ed i loro can- giamenti successivi. Ciò è tanto vero e fondamentale per ogni ricerca, deter- minazione e deduzione di pratica astronomia, quanto è certo e chiaro in teo- rica essere il tempo assoluto l’unica variabile indipendente, cui rapportansi e si congiungono per note funzioni analitiche le altre variabili esprimenti la po- sizion istantanea di un corpo celeste. Ma le ulteriori pratiche investigazioni mi daranno soggetto di cui trattenermi altra volta nel proseguimento di que- ste Lettere, ove alla divina Bontà piaccia di concedermene la vita e le forze necessarie. Sur les Relations volumélrique de V Ozone par M. L. Soret. J ai décrit il y a peii de temps, un proce'dé qui permet de préparer par l’élec- trolyse, de l’oxygène chargé dune assez forte proportion d’ozone (1). Depiiis lors, j’ ai entrepris, en utilisant cette méthode, quelques expériences pour re- chercher s’ il est possible de déterminer la densité de l’ ozone, ou tout au moins pour étudier les variations de volume que l’oxygène ozonisé subit, lors- qu’ on le soumet à différentes actions telles que celles de 1’ iodure de potas- sium, de la chaleur, etc. MM. Andrews et Tait ont déjà traité, ce sujet, dans un travail remar- quable, ils ont opere surtout sur l’oxygène ozonisé par l'action de Télectricité de frottement; cependant leurs recherclies se sont étendues seulement a l’ozone électroltiyque. Ils avaient annoncé d’abord que la densité de l’ozone est qua- tre fois plus grande que celle de Foxygène {‘i); plus tard, ils ont eux-mémes reconnu que cette assertion est inexacte, et Fon peut résumer ainsi les ré- sultats principaux auxquels ils se sont arrétés (3). l.° Lorsqu’ on traite Foxygène chargé d’ozone par un corps oxydable, tei que F iodure de potassium, F iode, le mercure, etc. on n’observe pas de change- ment notable dans le volume du gaz. 2. ° Lorsqu’on soumet Foxygène ordinaire ou Fair atmosphérique, à l’action de Félectricité de frottement , on observe une condensation considérable du gaz. Si Fon traite ensuite le gaz ozonisé par F iodure de potassium, on trouve que la quantité d’oxigène, absorbée par ce corps, occuperait un volume équi- valent à la contraction que le gaz primitif avait subie par Fozonisation. 3. ° Lorsqu’on chauffe Foxygène ozonisé, de manière à détruire Fozone qu’il contient, on observe une aiigmentation de volume égale à la contraction que F oxygène avait subie par Fozonisation. Ces résultats ne paraissent pas avoir été universellement acceptés, et Fon a soulevé quelques objections contre leur exactitude; c’est ce qui m’ a déterminé à reprendre ce sujet. (1) Archwes Mars 1863 t. XVI p. 208. (2) Proceedings of thè Royal Society t. Vili, p. 498 et t. IX, p. 606. (3) Philosophical Transactions 1860, p. 113. — 16 — Tout récemment, lorsque mes recherches étaient déjà presque complétement terminées, M. de Babo a publié un intéressant mémoire sur l’ozone (1). Ses expériences ont été faites sur l’oxygène ozonisé par relectricité d’induction, en employant soit l’appareil qu’ il avait précédemment décrit (2), soìt l’appareil de Siemens; dans la partie de son travail où il s’occupe des relations volu- mètriques de l’ozone, il confìrme l’exactitude des deux derniers résultats, men- tìonnés ci-dessus, et obtenus par MM. Andrews et Tait. Bien que je sois aussi arrivé aux mémes conclusions que MM. An- drews et Tait, je crois devoir publier mon travail; en effet indépendamment d’un petit nombre de faits nouveaux que j’ ai pu constater, les procédés que j’ ai employés sont tous differents de ceux de mes devanciers, et assez sim- ples pour qu’ il soit facile de répéter les expériences; en outre, j’ ai opéré prin- cipalement sur l’oxygène électrolytique chargé d’ozone, ou les expériences que MM. Andrews et Tait ont faites sur le gaz, préparé de cette manière pou- vaient laisser du doute à cause de la petite proportion d’ozone qu ils ont ob- tenue. Àppareil mesureur. — Pour mesurer les divers changements de volume que l’oxygène chargé d’ozone peut subir dans différentes circostances, j’ ai em- ployé un appareil très-simple. Il se compose d’ un ballon de verre de 250 centimètres cubes, muni d’un bouchon rodé a 1’ émeri. Le col de ce ballon a été divisé en millimètres , et 1’ appareil a été calibré à plusieurs repriscs ^ de manière que l’on connaissait la capacité correspondant à chaque division de l’écbelle; le volume compris, entre deux divisions successives equivaut envi- ron à - du centimètre cube, c’ est-à-dire de la capacité totale du bal- 5 1250 lon. Pour pouvoir environner d’eau ce récipient, afln de le maintenir à une tera- pérature stable, on 1’ a entouré d’un manchon cylindrique en verre, mastiqué dans une pièce en fer-blanc ; une tubulure centrale percée dans cette pièce laisse passer le col du ballon, que y est hermétiquement assujetti par du liége et du mastio. Lorsqu’on voulait effectuer une détermination, le ballon rempli d’eau di- stillée était renversé sur un vase plein d’ eau distillé également, et Fon y in- (1) Beitraege zur Kentniss des Ozons. Berichte der naturforschenden Gesellschaft zu Freiburg in B., B. Ili, heft. 1. (2) Berichte der nat. Gesellschaft zu Freiburg in B. B. II. s.331. 17 — troduisait le gaz sur lequel on voulait opérer, en quantité telle qu^ il occupàt tout le ballon et une partie du col. Puis on remplissait le manchon avec de l’eau dont un tliermomètre indiquait exactement la temperature, et on lisait à quelle division le gaz effleurait dans le col du ballon. On tenait compte toutes les fois que cela était nécessaire, de la pression barométrique et de la hauteur de la colonne d’eau soulevée. — On soumettait alors le gaz à la réaction dont on voulait étudier l’effet, puis on mesurait de nouveau le volume de la méme manière. — En raison de la proportion d’ozone, toujours petite, que contient le gaz, les variations étaient assez faibles pour ne pas sortir des li- mites de Téchelle gravée sur le col du ballon. Préparation de V Ozone. J’ ai employé le plus souvent 1’ ozone obtenu par l’électrolyse; pour le préparer, je me servais d’un appareil que j’ ai pré- cédemment décrit ( 1 ) il se compose essentiellement d’un grand vase de verro rempli d’acide sulfurique dilué, et contenant aussi un diaphragme poreux plein de sulfate de cuivre en dissolution, l’électrode positive, formée d’un fil fin de platine iridié, plonge dans l’eau acidulée, tandis que l’électrode negative formée d’une lame de cuivre, plonge dans le sulfate de cuivre. On recueille le gaz qui se dégage sur l’électrode positive, et qui se lave, en traversant un long tube borizontal plein d’acide sulfurique. En employant cet appareil on évite com- plétement la présence d’ hydrogène, dans le gaz qui se produit. J’ ai opéré aussi sur l’oxygòne ozonisé dans 1’ appareil de M. de Babo à r aide d’un appareil de Rubmkorff. L’oxygène, préparé par le chlorate de po- tasse et le peroxyde de manganése, était contenu dans un gazomètre dans le quel on avait introduit une petite quantité de potasse caustique pour éviter la présence du chlore. Le gaz, au sortir du gazomètre passait dans les tubes desséchants, puis s’écoulait lentement au travers de l’appareil de M. de Babo où il subissait l’action de l’électricité d’ induction. — J’ ai obtenu , dans les conditions où j’opérais une proportion d’ozone moindre que par l’électrolyse. Dans quelques expériences l’oxygène a été remplacé par de l’air. J’ ai tenté aussi de préparer l’oxygène actif au moyen du bioxyde de ba- rium et de l’acide sulfurique concentré, en suivant la méthode de M. Houzeau. Ce cas présentait un intérét particulier, car, comme on le sait, M. Schònbein (1) Atti dell’Accademia Pontificia de’ Nuovi Lincei, pag. 3 et 4. 3 18 et d’autres chimistes admettent que le principe oxydant qui se développe dans ce mode de préparation, est de l’antozone et non pas de l’ozone. Malheure- sement la petite proportion de ce principe, et de la présence d’acide carbonique, dans le gaz, m’ont empéché d’obtenir des résultats présentant quelque valeur. Détermination de la proportion d'ozone. — Dans le plus grand nombre de cas, on a déterminé la proportion d’ozone contenue dans le gaz, par une analyse faite sur une portion de gaz autre que celle qui servait l’expérience principale. Quelquefois on recueillait le gaz, quelque fùt son mode de production, dans un ré- cipient d’environ 3j4 de litre de capacité; on se servait de ce gaz pour rem- plir sur la cuve à eau distillée, en premier lieu, le ballon mesureur, dans le- quel on faisait l’expérience que 1’ on avait en vue, et en second lieu un se- cond ballon de 250.^^ également que 1’ on ernployait pour l’analyse d’après la mèthode de M. Bunsen. Cette manière d’opérer présente l’inconvénient d’obliger à un transvasement sous l’eau, manipulation pendant laquelle une proportion notable d’ ozone est détruite. On a donc préfèré en generai recueillir directe- ment dans les deux ballons , dont V un est destine aux expériences volumé- triques et l’autre à l’analyse, le gaz au fur et à mesure de sa préparation, ayant soin de le diriger alternativement dans les deux appareils, cinq minutes dans l’un, cinq minutes dans l’autre. En opérant ainsi, la proportion de l’ozone doit étre trés-sensiblement la méme dans les deux ballons, fait, du reste, con- fìrmé par l’expérience, toutes les fois que l’on a eu l’occasion d’analyser le gaz des deux récipients. Action des corps oxydables. On a principalement étudié l’action de l’ iodure de potassium. A cet effet, après avoir mesuré avec soin le volume du gaz, chargé d’ozone, on bouchait le ballon, on versait l’eau contenue dans le man- chon extérieur, et l’on portait l’appareil sur une capsule en porcelaine, pieine d’eau distillée. On enlevait le bouchon, on introduisait sous l’eau, dans le col du ballon, un petit tube en verre, fermé à un bout, et contenant de l’iodure de potassium en dissolution, on rebouchait le ballon, et on l’agitait; l’ozone était détruit, et l’ iodure de potassium se colorait en brun. On replagait le bal- lon sur la capsule de porcelaine, on enlevait le bouchon avec précaution, la dissolution d’ iodure et le tube de verre qui la contenait, tombaient au fond de la capsule, et étaient remplacés par de 1’ eau. On rebouchait, et l’on agitait de nouveau pour le ver les parois du ballon. On répétait cette dernière opé- ration une seconde fois, puis 1 ’on replagait 1’ appareil sur la cuve où 1’ on avait fait la première mesure de volume ; on remplissait le manchon exté- 19 — rieur avec de 1’ eau que l’on ramenaìt rigoureusement à la temperature ini- tiale; enfìn l’on mesurait le volume comme la première fois (1). Pour s’assurer de l’exactitude que Ton peut espérer d’ atteindre par cette me'thode, on a fait un eertain nombre d expe'riences à blanc^ c’est-à-dire en opé- rant exactement de la manière décrite sur de l’air ou de l’oxygène ne conte- nant pas d’ozone. On a obtenu en generai dans ces conditions, une trés-pe- tite diminution de volume, qui s’est élevée au plus à 1 [1000 de la masse to- tale du gaz, et que l’on peut attribuer à la dissolution d’une petite quantitè de gaz dans les liquides avec lesquels on l’agite. Le tableau suivant contient les résultats de ces expériences: Gaz ne contenant pas d' ozone N.° des Exp. Nature du gaz. Diminution de volume. i Air 25 2 « 0 , 0 1 ^ « 0 , 0 4 Oxygène 0 , 12 5 <( 0 , 12 6 (( 0 , 05 7 (( 0 , lo 8 (( 0 , 12 Les résultats obtenus sur l’oxygène chargè d’ozone sont contenus dans le ta- bleau suivant, dont la première colonne donne le numero des expériences, la seconde la nature du gaz, la troisième la diminution du volume observée, et la quatrièrae le volume qu’ occuperait, dans les mémes conditions de tempéra- (1) Dans un petit nombre de cas, où l’on n’avait pas pu remplir le second ballon pour l'aire l’analyse, on a dosé, par la méthode de M. Bunsen, l’ iode en liberté dans l’ iodure de po- tassium resté au fond de la capsule de porcelaine. Naturelleraent, ce procédé pour déterminer la proportion d’ozone, n’est applicable que lorsqu’ on étudie l'action de l’ iodure de potassiuin. — 20 — ture et de pression, la quantité d’oxygène absorbée par l’ lodare de polassium et déduite de l’analyse (1). Gaz chargé d' ozone N.“ des Exp. Nature du gaz Diminution de volume Volume de l’oxygène absorbé 1 Oxygène électrolytique 0'"% 0 , 25 2 » 0 , 30 2 , 10 3 » 0 , 28 2 , 24 4 » 0 , 32 3 , 31 5 )) 0 , 20 3 , 70 6 » 0 , 15 5 , 61 7 » 0 , 20 4 , 88 8 Oxygène ozonisé par l’ap- 0 , 0 0 , 21 9 pareli de Babo 0 , 15 0 , 45 10 )) 0 , 12 1 , 16 11 » Air ozonisé par l’appareil 0 , 12 1 , 29 12 de Babo 0 , 07 o 00 En admettant que i' iodure de potassium absorhe réellement l’ozone, si la den- site de ce corps était égale à celle de 1’ oxygène, les nombres conte nus dans les deux dernières colonnes du tableau, devraient étre égaux. On volt qu’ il n’ en est point ainsi : la diminution de volume que subit le gaz est extré- mement petite; elle ne dépasse pas 1|780 du volume total de gaz, et bien qu’ elle soit généralement un peu plus forte que dans les expériences faites sur du gaz qui ne contieni point d’ozone, je penso qu’ on doit Tattribuer aux causes d’erreur, inhérentes au procede. Farmi ces causes d’erreur, il faut citer le fait que les réactions compliquées, qui se passoni lorsqu’on met le gaz chargé (1) L’analyse, qu’ elle soit faite sur 1’ lodure méme, qui a servi à l’expérience oa au moyens d’uue autre portiou de gaz, donne le poids d’ lode mis en liberté, d’où on déduit le poid d’oxygène absorbé. Pour obtenir les nombres contenus dans la quatrième colonne du tableau, il suffit de calculer le volume qu’occuperait ce poids d’oxygène, dans les conditions de température, de pression et d’ humiditè où se trouve le gaz. En général dans les circo- stances où fon a opéré un poids de 0 gr, 0013 d’oxygène correspond à un volume de l.*"' — . 21 d’ozone, en présènce de l’ iodure de potassium, et la formation des substances diverses, (iode, potasse, iodate de potasse, etc.), peuvent faciliter la dissolutioii d’une petite proportion de gaz. En répétant T epe'rience avec V arsénite de sonde , au lieu d’ iodure de potassium, on a obtenu le méme resultai. Voici les chiffres de deux ex- périences (1). Nature du gaz. Diminution de volume Volume de l’oxygène absorbé Oxygène électrolytique Oxygène ozonisé par ì l’appareil de Babo j 28 0 , 02 50 1 , 00 11 résulte des epériences mentionnés jusqu’ ici que , comme MM. An- drews et Tait l’avaient annoncé, Voxijgène chargé d^ozone ne subii pas de di- minution sensible de volume lovsqu' on le traile par les corps oxijdables, et que, par conséquent, à moins de supposer une densité enorme pour l’ozone, on ne peut pas admettre que ce corps, dans l’action qui se produit, soit in- tièrement absorbé: c’est une partie seulement des atomes, qui le constituent, qu’ il cède aux substances , telles que l’ iodure de potassium , 1’ acide arse- nieux etc. Action de la chaleur. — Pour detruire l’ozone par la chaleur, je ne pou- vais pas exposer l’appareil de mesure à la temperature élevée qu’ il faut em- ployer; mais j’ ai trouvé qu’ il est facile d’arriver complétement, et en peu de (1) Dans ces deux expériences, on n’a pas dosé l’ozone; on s’est borné à en appré- cier la proportion d’aprés des analyses faites,très-peu auparavant sur du gaz préparé iden- tiquement dans les mémes conditions. MM. Andrews et Tait n’ avaient pas étudié 1’ action de 1’ acide arsénieux ; on voit qu’elle est la mèra e que celle des autres corps oxydables. .Te ferai reraarquer aussi, qu’ en traitant par l’arsénite de soude, l’oxygène chargé d’ozone, je n’ ai point observé le développement de funiées blanches, qui est si frappant lorsqu’ on emploie 1’ iodure de potassium. 22 — temps au méme résultat au moyen d’uiie spirale de platine chaulfée au roiige par un courant électrique. Dans ce but, on a pris deux tubes ordinaires en verre, on les a recourbés deux fois, de manière à leur donner la forme d’un syphon. A l’une des ex- trémités de chacun d’eux, on a soudé un bout de fil de platine d’un diamè- tre relativement fort; puis on a attaché les deux tubes de verre parallàle- ment l’un à l’autre en les juxtaposant; on a relié par une petite spirale en fil de platine très-fin les deux bouts de fìl de platine plus gros déjà sou- dés au verre ; enfìn on a rempli les deux tubes de verre avec du mer- cure. Il était facile d’amener cette spirale dans le gaz, en introduisant, sous l’eau, dans le col du ballon les branches des tubes de verre portant la spi- rale; les extremités libres de ces tubes restaient en debors, et en les met- tant en communication avec les póles d'une pile, le courant électrique, pas- sant par lemercure et les fìls de platine, arrivai! à la spirale qu’ elle chautfait au rouge. Gomme la dilatation du gaz échauffé par ce moyen était considérable , quelques bulles seraient sorties de l’appareil si l’on n’avait eu le soin d’adapter à son oriflce, avant d’ introduire la spirale, une alonge formée d’une houle soufflée dans un bout de tube de verre ouvert à ses deux extrémités et d’un diamètre tei, qu’ il s’ajustait exactement au col du ballon à la place ordinaire du bouchon. Le gaz déplacé par la dilatation se rassemblait dans la houle de l’alonge, puis, lorsque la spirale était refroidie il rentrait de lui-méme dans le ballon. Yoici comment l’on conduisait l’expérience: on mesurait d’abord le vo- lume initial du gaz comme dans les expériences précédentes, puis on ajustait, sous r eau, 1’ alonge à 1’ extrémité du col du ballon. On introduisait alors la spirale au travers de cette alonge et du col du ballon, en la soulevant jus- qu’ à ce qu’elle atteignìt le gaz. On faisait passer un courant électrique, ca- pable de porter la spirale au rouge sombre ou cerise; dans les premiers ins- tants r eau qui mouillait la spirale était entièrement vaporisée et venait se condenser sur les parois du ballon, puis le fil de platine devenait rouge, on lassai! agir pendant un quart d’heure environ, temps suffisant pour la de- struction complète de l’ozone (ce dont il était facile de s’assurer à la fin de r expérience). On interrompait alors le courant, on enlevait la spirale, puis 23 — Talonge; on ramenait l’eau du manchon à la temperature initiale, et l’on me- surait le volume. En elfectuant rette ope'ration à blanc , sur de l’air ou de l’oxygène ne contenant pas d’ozone, j’ ai observé ime très-petite augmentation apparente du volume de gaz; je l’attribue au fait que l’eau qui mouillait la spirale venait se condenser sous forme de gouttelettes sur les parois du ballon, dont la capa- cité était_ainsi légèrement diminuée. Les cbilfres suivants montrent au reste le peu de valeur de ce cbangement. Gaz ne contenant pas d’ozone N.° des expériences Nature du gaz x\ugmentation de volume 1 Air 07 2 » 0 , 20 3 » 0 , Oo Oxygène électrolytique ^ 0 1 8 4 désozonisé parla chaleur ] Oxygène électrolytique ^ désozonisé par T iodure / de potassium (1). ) 5 . . . 0 , 15 Quand on opere sur l’oxygène cbargé d’ ozone, on absorbe au contraire une augmentation incontestable de volume. Les résultats des expériences sont con- signés dans le tableau suivant, dont la première colonne donne le numero des expériences, la seconde la nature du gaz, la troisième l’augmentation de vo- (1) Celle expérience a élé faile sur de l’oxygène forlemenl chargé d’ozone qui venait d’ élre traité à l’ iodure de polassium. Dans 1’ opinion de M. Meissner (Untersuchungen iiber den Sauerstoff, in — 8 Hanovre 1863) l’oxygène qui a subi celle opération, contiendrai. encore, à còlè de l’oxygène ordinaire, de l’antozone (ou atmizone), principe qui se détrui- rait à la longue , et auquel seraient dues les fumées blanches , qui se manifestent lors- qu’on fait agir l’iodure de polassium. J1 y avait donc quelque intérét à rechercher si l’oxy- gène dans ces condilions se comporle, sous faclion de la chaleur, autrement que l’oxygène ordinaire: on voit qu’ il n’y a pas de différence appréciable. — lume observée, la quatrième le volume qu’ occuperait dans les mémes condi- tions la quantité d’ oxygène absorbable par l’ iodure de potassium, déduite de l’analyse faite sur une autre portion de gaz; enfin la cinquième colonne con- tieni la différence des chiffres consignés dans les deux colonnes pre'cédentes. Oxygène chargé d' ozone Augmentation Volume de N.“ des Exp. Nature du gaz de l’oxygène Différence volume absorbable 1 oxygène electrolytique 3^% 83 3% 92 , 0, 09 2 )) 5 9 14 5 , 14 0, 0 3 )) 3 > 83 3 , 28 0, 55 4 » 3 02 3 , 36 — 0, 34 5 » 4 ? 10 3 , 87 -f- 0, 23 6 » 3 9 70 3 , 41 -f- 0, 29 7 » 3 ? 80 3 , 45 0, 35 8 Oxgène electrolytique ) . . 0 90 0 , 41 0, 49 autre electrode. - ) 9 9 Oxygène ozonisé par ) l’appareil de Babo ) . . 0 9 55 0 , 78 — 0, 23 10 1 9 85 1 , 45 0, 40 Les différences contenues dans la dernière colonne soni tantót positives, tantót négatives, elles ne dépassent pas IjSOO de la capacitò totale du bal- lon, et elles soni assez petites pour pouvoir étre attribuées aux erreurs d’ex- périence: en effet, il faut remarquer que les mesures de volume, faites sur l’eau, ne comportent pas un degré de précision absolu, et de plus que le vo- lume d’oxygène absorbable est calculé d’aprés l’analyse faite sur une autre por- tion de gaz, ensorte que le chiffre obtenu, peut étre influence par une pe- tite difference accidentelle entre la quantité d’ozone contenue dans les deux bal- lons. En prenant Tensemble des résultats consignés dans le tableau, on trouve que raugmentation moyenne pour une expérience est de 0^'^', 165, valeur qui 25 — se rapproche toul-à-fait de celle que l’on observe dans les experiences faites sur du gaz ne contenant pas d’ozone. On doit donc adinettre que Voxygène chargé d'ozone, subii, sous Vaction de la chaleur, ime expansion égale au volume qu^ occuperait la quanlité d^oxig- gène que le gaz aurait été susceplible d'abandonner à V iodure depotassium. Action de la potasse. — La potasse caustique, qui détruit l’ozone, n’agit pas cornine les corps oxydables: son action se rapproche de celle de la cha- leur, et donne lieu à une augmentation de volume incontestable. Voici le re'sultat de deux experiences qui ont eté faites exactement de méme que celles sur l’action de 1’ iodure de potassium, en remplacant seu- lement ce dernier corps, par une dissolution de potasse caustique (1) Nature du gaz Augmentation de volume Volume d’oxygène absorbable Différence. Oxygène elee- 45 5^% 5 05 trolytique » co 3 , 77 1 , 59 Ces chiffres montrent toutefoisque l’expansion produite par la potasse est moin- dre que celle dévoloppée par la chaleur. Peut-étre pourrait-on expliquer ces faits, en supposant que la potasse ahsorhe d’abord de l’oxygènè avec forma- tion de peroxyde de potassium, qui se décomposerait immédiatament au con- tact de l’eau, en dégageant de l’oxygène. On comprendrait qne le gaz prove- nant de la décomposition du peroxyde entràt plus facilement en dissolution, dans le liquide. (1) On saitjd’après lesbelles expériencescle MM. H. Sainte-Claire Deville et Troost et de M. Bineau, que la densité de la vapeur de soufre est trois fois plus forte près du point d’ébul- lition qu’à une température plus élevée; peut-étre existe-t-il une analogie entre ces deux états du soufre, et les deux états allotropiques de l’oxygène; dans ce cas il faudrail admettre que l’ozone résulte d’un groupement moléculaire tei, que sa densité soit trois fois plus forte que celle de 1’ oxygène; toutefois jusqu’ ici, aucun fait, à ma connaissance, ne vient établir la probabilité de cette analogie. 4 — 26 — Considéralions ihéoriques. — L’ensemble de ees résultats, qui s’accordent avec ceux de MM. Andrews et Tait, peuvent s’ expliquer par une hypothèse qui a déjà été quelquefois indiquée, en particulier par M. Weltzien et M. de Babo, et qui consiste à supposer que les molécules d’ozone contiennent plu- sieurs atomes d’oxygène (1). Un grand nombre de chimistes et de physìciens admettent que la molécule d’oxygène ordinaire à l’état gazeux, est déjà for- mée de la réunion de deux atornes, et constitue un oxijde d'oxycjène 00. Si Fon adopte cette manière de voir, et si Fozone est un état allotropique de Foxy- gène, on est amene à supposer que la molécule d’ozone résulte d’un autre arran- gement atomique. Les expériences que j’ai rapportées sont contraires à l’idée que cette molécule soit formée d’ un seuì atome 0, mais elles sont compatibles avec r hypothèse qu’elle contienne plus de deux atomes. On pourrait par exemple concevoir qu’une molécule d’ozone fùt composée de trois atomes, 000, et con- stituàt un bioxyde d'oxycjène. Dans la formation de ce corps, aux deux atomes déjà réunis, composant la molécule d’oxygène ordinaire, qui représente deux volumes , viendrait s’ ajouter un troisiéme atome, représentant un volume, pour former une molécule d’ozone, réprésentant deux volumes. Dans cette hypothèse la contraction, lors de 1’ ozonisation se trouverait aisément expliquée; une molécule d’oxygène, sous l’action de l’électricìté par exemple, se décomposerait en deux atomes libres dont chacun s’unirait im- médiatement à une molécule d’oxygène: le volume de la molecule d’oxygène décoraposée disparaìtrait donc. Les propriétés oxydantes de 1’ ozone résulteraient de ce que ce troisiéme atome est moins fortement uni aux deux autres que ceux-ci ne le sont entre eux: Fozone, bioxyde d’oxygène, céderait facilement, comme les autres bio- xydes, un atome d’oxygène en se transformant en protoxyde d’oxygène ou oxy- gène ordinaire. — La constance du volume de Fozone lorsqu’on le traite par des corps oxy- dables, serait aussi facile à comprendre puisque Fozone contiendrait son vo- lume d’oxygène ordinaire. Enfin Fexpansion sous F influence de la chaleur, s’ expliquerait par une (1) M. Weltzien (Annalen der Chemie und Pharra. t. CXV, p. 121) a présentè cette hyi)Othèse sous une forme un peu ditférente de celle que nous avons adoptée dans ce qui va suivre. J1 admet que la molécule d’ozone est composée de la réunion de deux atomes, tan- dis que l’oxygène ordinaire est formé des atomes isolés. Cette manière de voir s’accorde avec les expériences qui font l’objet de ce mèmoire, mais elle ne parait pas expliquer pourquoi fozone est plus oxydant que l’oxygène. dissociatìon des molécules d’ozone, dont chacune se de'composerait en une mo- Jécule d’oxygène et un atome libre. Ges atomes libres, provenant de ditféren- tes molécules d’ozone, s’ uniraient immédiatement, deux à deux, et reprodui- raient de l’oxygène ordinaire; deux molécules d’ozone représentant quatre vo- lumes, donneraient naissance à trois molécules d’ ozone, représentant six vo- lumes. Il est clair que rien dans les faits connus, ne prouve que l’ozone résulte du groupement de 3 atomes , plutòt que de 4, 5, eccj pour fìxer ce nom- bre il faudrait connaìtre la densité de ce corps; or, il ne sera possible de la dé- terminer directement, que si l’on parvient à préparer de l’ozone pur, ou si l’on trouve un corps susceptible d’absorber la totalité des atomes, qui le composent. Sans nier que l’on ne puisse soulever des objections contre cette bypo- tbèse, je la crois plus probable que celle dont MM. Andrews et Tait avaient indiqué la possibilité, et d’ après laquelle 1’ oxygène serait consideré comme un corps composé. En elfet, il parali d’ abord très-difficile d’ accepter ce point de départ qu’ aucun autre pbénomène chimique ne vieni soutenir; en second lieu , méme en 1’ admettant , on serait conduit à des suppositions compliquées pour arriver à l’explication des faits; enlìn si, d’après cette hy- pothèse, on peut comprendre, à la rigueur, la formation de l’ozone par l'ac- tion de 1’ électricité du frottement ou d’ induction sur 1’ oxygène , il n’ en est point de méme pour les autres modes de production de ce corps. Pour terminer, je dirai quelques mots de la tbéorie de M. Clausius (i). Pa. tant de l’idée que la molécule d’oxygène ordinaire est composée de deux atomes, il explique la formation de l’ozone par la dissociation de ces atomes; r ozone serait donc formé d’ atomes libres. Nous avons vu , et M. Clausius r avait lui-méme reconnu, que ce dernier point n’ est pas compatible avec les phénomènes découverts par MM. Andrews et Tait. Mais pour mettre 1’ hy- pothèse de M. Clausius en accord avec les faits , il suffit d’ajouter que ces atomes, au moment ou ils soni mis en liberté, se cornbinent immédiatement avec les molécules d’oxygène qui ne soni pas dissociées. Les raisonnements de M. Clausius ne paraissent pas ébranlé par cette addition, et sa tbéorie coincide alors avec celle que nous avons développée (2). (1) Archives des Se. Phys. et Nat. 1858 , t. 2°, p. 150. (2) Ces recherches, comme celles qui avaient fait l’objet de ma précédente publicatiou, ont été effectuées dans le laboratoire de M . Bunsen, auquel je renouvelle ici mes vifs remer- ciements. — 28 — Florae romanae Prodromus exhibens plantas circa Romam , in Cisapenninis Pontificiae dictionis provinciis , et in Piceno sponte venientes. Auctore Petro Sanguinetti (Continuazione) {*). CLASSIS XIX. SYNGENESIA. Oro. I. PoLYGAMIA AEQUALIS. Sect. I. Flores semiflosculosi seu corollulae lingula tae^ Gompositae-Cichoraceae DC. * Receplaculo nudo : pappo nullo. 389. LAPSANA L. Calatili ut plurimum pauciflori paniculato-^corymbosi involucrum tubuloso-campanulatum, squamis erectis uniseriatis costatis, angu- latum, squamulisque minutissimis calyculatum: corollularum lingulae denticu- lataer achenia exilia oblunga nervulosa glabra facile difflua. 390. RHAGADIOLUS Tourn. Calathi pauciflori axillares vel terminales: involucrum tubulosum, squamis 1-seriatis erectis, squamulis brevissimis ca- lyculatum: corollularum lingulae denticulatae: achenia subulata rostrata superius vacua, exteriora stellatim patentia, squamis involucri, arcte imbricata. ** Receptaculo ut plurimum nudo: pappo simplici seu pilo so. 391. PHOENOPUS DC. Calathi pauciflori terminalis vel racemosi flo- sculi 1-seriati : involucrum cylindricum squamis 2-seriato-imbricatis , internis longioribus: corollularum lingulae denticulatae: achenia teretia nervulosa scabra longe rostrata: pappus sessilis mollis setis numerosis sub vitro scabridis. 392. PRENANTHES L. Calathi pauciflori in paniculis nutantibus: flosculi uniseriati: involucrum cylindraceum squamis 2-‘seriatis, externis lanceolatis, in- ternìs linearibus subduplo longioribus : corollularum lingulae denticulatae vel lacinulatae: achenia subtetragona laevia troncata: pappus sessilis setis nume- rosis sub vitro scabridis. (*) V. sessione VII, del 1 giugno 1862. — 29 — 393. CHONDRILLA L. Calatili pauciflori in fasciculis vel corymbis ut plurimum axillaribus : involucrum cylindraceum squamis linearibus 2-seriato- imbricatis, squainulis brevissimis calyculatum: semiflosculi radiantes involucro longiores, lingulis angustis apice denticulatis ; achenia teretia tenuiter solcata longe rostrata, inferne laevia, superne squamulis muricuiata : squamulae su- premae, pappum longe stipitatum, calyculantes: pappi setae albissimae multi- seriatae sub vitro scabridae. 394. LACTUCA L. Calathi pauci-multi-flori in racemis corymbis vel pa- niculis: involucrum cylindricum squamis pluriseriatis, externis brevissimis im- bricatis calyculantibus, internis linearibus: semiflosculi radiantes involucro lon- giores, lingulis apice denticulatis: achenia lanceolata compressa tenuiter silicata breviter rostrata : pappus stipitatus multisetus setis scabridis : receptaculum alveolatum. 395. SONCHUS L. Calathi multiflori ut plurimum corymbosi : involu- crum campanulatum in fructu quandoque ventricosum , squamis inacqualibus multiseriatis, externis brevioribus: corollularum lingulae apice dentatae aut la- cinulatae : achenia oblunga compressa nervulosa aut costulata , nervulis vel costulis saepe transverse rugulosis: pappi sessilis nivei setae mollissimae mul- tiseriatae, raro tenuiter scabridae: receptaculum alveolatum. 396. PlCRlDiUM Desf. Calatili multiflori solitarii terminaìes: involucrum ovatum squamis inacqualibus multiseriatis margine albidis, externis multo bre- vioribus: corollularum lingulae apice dentatae: achenia quadrangula transverse tuberculata aut rugosa : pappi sessilis nivei setae niultiseriatae saepe laeves : receptaculum alveolatum. 397. HIERACICM L. Calathi multiflori solitarii terminaìes vel corymbosi: involucrum ovatum vel cylindraceum, squamis ut plurimum linearibus 2-plu- riseriatim-imbricatis, externis brevioribus: corollularum lingulae apice denticu- latae: achenia pentagona oblonga et saepe clavata striata tenuiter scabrida : pappi sessilis setae numerosae saepius sordide albae sub vitro scabriusculac : receptaculum alveolatum. 398. BARKHACSIA Moenc/i. Calathi multiflori saepius corymbosi: involu- crum campanulatum, squamis linearibus, squamulisque imbricatis calyculatum; corollularum lingulae denticulatae: achenia tereti-cylindrica rostrata solcata sca- brida: pappi stipitati setae numerosae molles niveae sub vitro scabridae : sti- pes in achenii radiis ut plurimum abbreviatus: receptaculum alveolatum, oris alveolorum brevissime squamulosis vel piliferis. ^ 30 — 399. CREPIS L. Calathi multiflori in corymbo vel panicula: involucrum campanulatum squamis linearibus , squamulis minoribus conformibns calycu- latum: corollularum lingulae denticulatae: achenia cylindrica sulcata brevi-ro- strata vel erostria scabrida : pappi sessilis setae numerosae niveae sub vitro scabridae : receptaculum alveolatum, oris alveolorum squamulis vel pilis bre- vissimis ornatis. 400. TOLPIS Lamark., Calathi multiflori axillares terminalesve quando- que corymbosi: involucrum campanulatum squamis linearibus 2-seriatis, squa- mulis laxis inaequalibus subulatis calyculatum : corollularum lingulae denticu- latae : achenia teretia pluricostata : pappi 1-serialis setae scabridae rigidae , setis brevibus squamiformibus interiectis: achenia radii quandoque nuda, aut setulis tantum coronata: ora alveolorum receptaculi denticulata. 401. ARNOSERIS Goetn. Calathi parvi multiflori terminales: involucrum liemispbaericum, squamis lineari-acuminatis, tandem inferius in carinam obtusam, mcrassatis, superius conniventibus, squamulis paucis basi calyculatum: corol- lularum lingulae breves apice denticulatae: achenia obovata basi angustata pen- tagona, inter angulos nervoso-crìspa, marginulo brevissimo coronata, margi- nalia in carinae squamis nidulantia: receptaculum alveolatum. 402. HYOSERiS Juss. Calatlius multiflorus solitarius e pedunculo radi- cali: involucrum cylindricum squamis lineari-acutis uniseriatis, squamulis bre- vissimis calyculatum: corollularum lingulae apice lacinulatae: achenia oblonga subquadrangula , basi angustata angulis muriculata , radialia squamis subin- voluta : pappus in acheniis radialibus brevis vel brevissimus setosus , in di- scoideis longior 2-serialis, externus setaceus internus paleaceus: receptaculum alveolatum. 403. HEDYPNOIS Toiirn. Calathi pauci-multiflori caule ramisque ter- minales: involucrum hemisphaericum 1 -seriale, squamis linearibus convexis ache- nia radii involventibus , squamulis arcte adpressis calyculatum : corollularum lingulae involucro subaequales, apice dentatae vel laciniatae : achenia teretia ineurva sulcata muriculata inter sulcos nervoso-radiantia, coronula lacera ter- minata , discoidea pappo paleaceo , paleis 1-2-seriatis jamdudum longissime acuminatis. *** Receptaculo ut plurimum nudo: pappo piumoso. 404. LEONTODON L. Calathus solitarius multiflorus epedupculo radicali: involucrum suhcampanulatum, squamis lanceolatis 1-3-seriatis, externis bre- — 3ì vioribus reflexis modo patulis vel adpressis: corollulamm lingulao apice den- ticulatae, radiales involucro longiores: achenia teretia, basi angustata, apice mu- ricato-spinulosa rostrata, rostro, in stipite pappi elongato, continuato: pappus tenuis multisetus, setis simplicibus sub vitro scabridis. 405. APARGIA Willd. Calathi solitarii multiflori e pedunculis radicalibus: involucrum cylindricum squamis anguste lanceolatis uniseriatis, squamulis paucis inaequalibus calyculatum : corollularum lingulae denticulatae vel lacinulatae : achenia teretia sulcata scabra superius in rostruin plus minusve breve atte- nuata: pappus multisetus, setis 2-seriatis, serie externa in nonullis abortii bre- viore, in paucis setae omnes acheniorum radiantium abortivae: receptaculum quandoque pilosum. 406. THRINCIA Rolli. Calatili solitarii multiflori e pedunculis radicali- bus: involucrum subcampanulatum, squamis lanceolato-acutis 1-seriatis, squa- mulis irregularibus paucis calyculantibus : corollularum lingulae denticulatae : achenia subteretia sulcata scabra superius in rostro attenuata, rostro in ache- niis discoideis magis elongato: pappus radii brevis coroniformis, corona quan- doque apice lacera, disci plumosus, setis biseriatis basi lanceolatis. 407. ZACINTHA Tourn. Calatili parvi multiflori remote spicati: involu- crum cylindricum, squamis planis linearibus 1-seriatis, squamulis brevibus ca- lyculatum : squamae denuo apice conniventes basique tumentes in verrucas compresso-ovatas , achenia radialia incurva , includentes : corollularum lin- gulae denticulatae: achenia disci oblongo-compressa costulata laevia : pappus simplex , setis plurimis 1-seriatis scabris facillime diffluis : receptaculum al- veolatum. 408. PICRIS Juss. Calathi multiflori solitarii vel corymbosi: involucrum latiuscule campanulatum, squamis lanceolatis 1-serialibus, squamulis brevioribus laxiusculis calyculatum : corollularum lingulae denticulatae : achenia subteretia transverse rugosa apice basique subattenuata erostria vel breviter rostrata : pappus sessilis plumosus setis 2-seriatis: receptaculum alveolatum. 409. HELMINTHIA Jiiss. Calathi multiflori terminales: involucrum sub- urceolatum, squamis 2-seriatis ovato-acuminatis, externis brevioiibus latioribus laxis: corollularum lingulae denticulatae: achenia elliptica compressa transverse ruguìosa rostrata, rostro in stipite pappi plus minus longo continuato: pappus sub-2-serialis cum stipite deciduus: receptaculum alveolatum. 410. SCORZONERA L. Calathi ut plurimum solitari multiflori in apice ramorum vel in pedunculis radicalibus: involucrum majusculum late cylindricum, — 32 — squamis lanceolatis pluriserìatim-imbricatis, externis brevioribus: corollulaium lingulae denticulatae vel lacinulatae involucro longiores: achenia tereti-oblonga striata vel sulcata laevia scabra aut lanata, quandoque basi incrassata et intus cava: pappus sessilis, setis 2-seriatis aliquando hirtis: receptaciilum alveolatum. 411. TRAGOPOGON L. Calathus multiflorus in apice caulis solitarius : involucrum tubuloso-campanulatum , squamis lanceolato-acuminatis 1-seriatis basì coalitis erectis in fructu quandoque reflexis: corollularum lingulae 5-den- tatae: achenia prysmatica sulcata ut plurimum muricata, rostro in pappi sti- pite longe continuato, apicequc dilatato: pappus multisetus plumis numerosis ramosis intricatis, setis quinis longioribus apice liberìs scabridis: receptaculum depressum alveolatum. 412. UROSPERMUM Scop. Calathus solitarius caule terminalis multi- florus: involucrum campanulatum squamis octonis lanceolatis 1-seriatìs basi in tubum coalitis: corollularum lingulae denticulatae basi et ad apicem tubi pì- losae : achenia oblongo-compressa muricata longissime rostrata , rostro birto vacuo ab aclienìo diaphragmate separato: pappus multisetus, setis 1-seriatis: receptaculum alveolatum piloso-fibrilliferum. **** Receptaculo piloso vel paleaceo: pappo ut plurimum setoso. 413. HYPOCHAERIS Vaili. Calathì solitarii cauli terminales pauci-mul- tiflori: involucrum hemisphaericum vel cylindricum squamis inaequalibus pluri- seriatim-imbricatis: corollularum lingulae apice denticulatae: achenia oblunga tereti-subcompressa scabriuscula nervulosa, in rostro plus minusve longo pro- ducta, rostro in radialibus quandoque subnullo: pappus 2-serialis setis externis simplicibus, internis plumosis, brevioribus : paleae receptaculi membranaceae acumina tae carinatae: pappum subaequantes. 414. SERIOLA L. Calathi multiflorì in apice caulis vel ramorum: invo- lucrum campaniforme squamis imbricatis nonnullis brevioribus calyculantibus; corollularum lingulae denticulatae: achenia exilia subteretia muriculata et te- nuiter sulcata, in rostrum, stipitem pappi referens, longe productum: pappus uniserialis setis plumosis, nonnullis basi dilatatis: receptaculi paleae membrana- ceae lanceolato-acuminatae: pappum fere superantes. 415. RORERTIA DC. Calathi multiflori solitarii in apice pedunculorum radicalium: involucrum cylindricum uniseriale, squamis lineari-acutis, quando- que squamulis paucis basi auctum: corollularum lingulae latiusculae apice den- — 33 — . tatae: achenia teretiuscula tenuiter silicata squamuloso-scabrida: pappus ses— silis l-serialis, setis plumosis scabris basi parum dilatatis : receptaculi paleae membranaceae lanceolato-acuminatae, pappum superantes. 416. ANDRYALA L. Calathi multiflori in corymbo vel panicula : invo- lucrum breve campanula tum, squamis aequalibus uncinatis: corollularum lin- gulae apice 5-dentatae : achenia ovato-oblonga 10-siilcata, apice subtruncata: pappus sessilis, setis numerosis 1-seriatis scabris facile diflluis: receptaculum pilosum, quandoque in ambitu paleaceum. 41 7. CICHORIUM L. Calathi majusculi multiflori axillares solitarii, modo fasciculati: involucrum 2-seriatum squamis externis subquinis ovato-acutis de- mum scariosis, internis 8-10 majoribus ovato-oblongis: corollularum lingulae latae apice denticulatae: achenia brevia obovata striata glabra: pappus e squa- mis brevissimis numerosis 2-seriatis: receptaculi alveoli squamelloso-piliferi. 418. SCOLYMUS L. Calathi majusculi multiflori solitarii, vel fasciculati in apice caulis ramorumque : involucrum ovatum squamis biseriatis, internis lanceolatis apice acutis vel acuminatis , externis majoribus laxis dentato-spi- nosis : semillosculorum lingulae et tubi apice dentati subtus sparse pilosi : achenia obovata bine gibha inde subplana, nervo dorsali atrinque vix alato ner- vulisque lateralibus minoribus, aucta: receptaculi tandem conici, paleis arcte inclusa, et ex adverso ala munita: pappus scaber setosus squamulosus facile dilfluus, quandoque nullus. 419. CATAN ANCHE L. Calathi solitarii multiflori majusculi vel mediocres caule ramisque terminales: involucrum ovoideum squamis scariosis imbricatis insigniter nervosis inaequalibus: corollularum lingulae apice denticulatae: ache- nia turbinata pentagono-sulcata villosa: pappi S-paleacei , paleae lanceolatae apice longe setosae setis scabris: receptaculum setosum. Sect. il Flores capita.ti, seu corollulae flosculosae: involucra ventricosa UT PLURIMUM spinosa. Compositae-Cynareae DC. 420. KENTROPHYLLUM Neh. Chalathi grandes solitarii caule ramisque, terminales : flosculi aequales tubulosi limbo 5-fido externi rarissime lingu- lati : involucrum ovoideum squamis multiseriatis , externis foliaceis , succes- sivis basi scariosis apice foliaceis pinnatilobo-spinósis, intimis integris apice ero- sulis spina recta terminatis : staminum filamenta medio barbellata : synan- 5 ri — 34 — therium squamis brevibus obtusis terminatum: achenia brevia crassa obovato- subtetragona , apice irregulariter troncata anguiosa vel laevia in latus foveo- lata, externa nuda interna papposa: pappus paleaceus pluriserialis, paleis lan- ceolatis crebre ciliato-hirtis, externis sucessive brevioribus: receptaculum fibril- losum. 421. CARDUNCELLUS Adams. Calathi grandes terminales modo unici modo plures , flosculis aequalibus tubo longo tenui , limbo 5-partito laciniis linearibus: involucrum ovoideum squamis multiseriatis, externis foliaceis, su- cessivis scariosis, externis mediisque toto margine profonde dentato-spinulc- sis , intimis apice dentato-lacero : filamenta anulo pilorum medio cinta : sy- nantherium apice crenatum ; achenia obovata, tetragona laevia apice irregu- lariter troncata, in latus foveolata; pappus pluriserialis, setis longis inaequa- libus basi fere in anulum coalitis, margine distice denticulato-ciliatis vel plu- mosis: paleae receptaculi breves setaceae. 422. CARLINA L. Calathi multiflori quandoque maximi terminales, vel corymbosi, flosculis aequalibus 5-fìdis : involucrum late campanulatum squa- mis multiseriatis, externis foliaceis dentato-spinosis patentibus, internis scariosis lingulatis coloratis radiantibus, nervo cannali in acumino brevi producto : sy- nantherium squamis 5 lanceolatis acutis coronatum, basi caudato-plumosum : achenia teretia subcompressa villosa: pappus sessilis 1-seriatus plumosus, plu- mis basi in falangibus, anulo brevi deciduo insidentibus, coalitis: paleae re- ceptaculi numerosae multifidae laciniis inaequalibus, longioribus saepe clavatis. 423. ARCTIUM L. Calathi multiflori in racemis vel corymbis, flosculis aequalibus 5-fldis: involucrum globosum squamis coriaceis minusculis aequa- libus pluriseriatim imbricatis longe acuminatis apice uncatis tandem rigescen- tibus : staminum filamenta papillosa : synantherium apice filamentosum basi caudato-subulatum : achenia obverse pyramidata subcompressa tetagrona vel trigona apice troncata tenuiter flexuoso-rugulosa: pappus brevis multisetosus diu persistens, setis 1-seriatis scabris: receptaculi paleae numerosae subulatae rigidae. 424; ONOPORDUM L. Calathi multiflori terminales vel racemosi : flo- sculi aequales, tubo exili, fauce inflata, limbo 5-fido laciniis linearibus: invo- lucrum subglobosum squamis numerosis imbricatis lanceolatis spinaque longa terminatis, internis erectis, mediis patulis, externis reflexis: staminum filamenta fere glabra : synantherium breviter 5-caudatum : achenia oblonga tetragona compressa transverse rugosa: pappus deciduus setis inaequalibus multiseriatis, 9 a — 35 — basi anulo robusto conjunctis sursum scabro-hirtis: receptaculi carnosi alveoli profondi membranacei sinuato-dentati. 425. CYNARA L. Calatili insignes multiflori solitarii terminales: flosculi tubo tenui, fauce subinflata, limbo 5-fido laciniis brevibus inaequalibus : in- volucrum ovoideum basi inflatum, squamis numerosis imbricatis scariosis, spina oblonga robusta terminatis, internis quandoque nudis ; synantherium squamis 5-obtusis coronatum: achenia obovato-subcompressa vix 4-gona: pappus ses- silis deciduus, setis multiseriatis plumosis basi in anulo concretisi rcceptacu- lum carnosum planum dense barbatum. 426. JURINEA. Cass. Calathi multiflori terminales, flosculis aequalibus tubo elongato, limbo 5-fìdo: involucrum subglobosum ovatum aut cylindricum squamis imbricatis aut squarrosis ut plurimum inermibus: staminum filamenta subpilosa: synantherium squamis obtusis coronatum, caudis 2-fidis, basi ap- pendiculatum: achenia obverse pyramidato-tetragona, marginulo membranaceo brevissimo denticolato, centro nectarifero, coronata: nectarium turbinatum de- ciduum: pappus sessilis multisetus, setis simplicibus inaequalibus pauci-phiri- seriatis hirto-setulosis, basi anulo brevi coalitis: paleae receptaculi tenues fì- brillosae. 427. CARDUUS L. Calathi multiflori terminales racemosi quandoque co- rymbosi : flosculi aequales, tubo tenui, fauce oblonga dilatata, limbo 5-fìdo : involucrum globosum ovoideum cylindricum, squamis multiseriatis apice spi- nosis imbricatis vel laxis : synantherium fìlamentis subulatis basi appendicu- latum: achenia oblonga compressa globosa: pappus sessilis deciduus, setis sim- plicibus scabridis multiseriatis basi anulo inter se connexis: receptaculi paleae numerosae fibrillatae. 428. CNICUS L. Caracteres omnes ut in Carduo at pappi setae insignite!* plumosae. 429. SERRATELA DC. Calathi multiflori subcorymbosi , flosculis saepe aequalibus, quandoque polygamis, aliquando, flosculis radii foemineis, dioicis, corollulis jamdudum tubuloso 5-fidis: involucrum oblongum vel campanulatum, squamis numerosis multiseriato-imbricatis, externis brevioribus acutis muticis vel spinosis, internis longioribus coloratis apice scariosis: synantherium squa- mis obtusis coronatum: achenia oblonga compressa laevia: pappus sessilis de- ciduus, setis numerosis simplicibus multiseriatis inaequalibus scabris: recepta- culi paleae setaceae. — 36 — Sect. ih. Flores discoidei, seu corollulae flosculosae: INVOLUCRA CYLINDRiCA AUT CAMPANULATA IMERMIA. * Receptacuìo nudo. 430. ADENOSTYLES Cass. Calathi pauciflori corymbosi, flosculis aequa- libus tubo tenui, limbo campanulato 5-fido: involucrum cylindraceum, squamis oblongis erectis aequalibus uniseriatis: stili longe exerti undique piloso-glan- dulosi: achenia teretiuscula oblonga striata: pappus sessilis, setis pluriseriatis tenuibus scabris. Gompositae-Eupatoriaceae DC. 431. EUPATORIUM L. Calathi pauci multiflori in corymbis paniculis vel racemis, flosculis aequalibus fauce vix dilatata, limbo 5-fido: involucrum cylindricum squamis uni-pluri-seriatim-imbricatis ut plurimurn aequalibus: sy- antherium inclusum : stili fìliformes longe exerti : achenia oblongata angolata vel striata: pappus sessilis 1-serialis, setis simplicibus scabris : receptaculum planum. Ord. nat. ut. in Adenostyle . 432. CHRYSOGOMA L. Calathi parvi vel mediocres corymbosi , floscu- lis aequalibus, limbo 5-fido : involucrum subcampanulatum flosculis brevior, squamis lanceolato-acuminatis pluriseriatim-imbricatis: synantherium inclusum vel exertum : stigmata subclavata : achenia obovato-elongata compressa se- ricea vel hispidula: pappus sessilis, setis simplicibus numerosis uniseriatis sca- bris: receptaculum alveolatum, alveolis quandoque dentatis. Compositae-Aste- ROIDEAE DC. ** Receptaculo paleaceo vel piloso. 433. STAEHELINA DC. Calathi minusculi aequaliflori terminales saepius solitami, flosculis tubo gracili, limbo 5-partito: involucrum cylindricum squa- mis inaequalibus, internis longioribus successive imbricatis saepe coloratis: sy- nantherium longe coronatum basi caudatum : stilus inclusus 2-fidus: achenia oblongo-compressa subangulata rnarginato-coronata: pappus sessilis 1-serialis, Setis simplicibus scabridis basi in fasciculos coalitis : receptaculi paleae prò- funde partitae. Compositae-Cynareae DC. 434. SANTOLINA L. Calathi multiflori solitami in apice ramorum, flo- sculis aequalibus tubo tenui super ovarium producto , limbo campanulato 5- fìdo: involucrum late campanulatum squamis ovato-acutis carinatis pluriseria- tim-imbricaiis: genitalia inclusa: achenia obìonga compresso-tetragona laevia: pappus nullus: receptaculi convexi paleae apice sfacelatae, tridentatae, integrae. Composi! AE Semeciomdeae DC. 435. BIDENS L. Calatili multiflori ramis terminales : flosculi modo ae- quales discoidei 5-fidi , modo inaequales , radiantes lingulati neutri : invo- lucrum breve campanulatum, squamis oblongis 1-seriatis, bracteis foliaceis, calatilo saepe longioribus, ut plurimum cintis: acbenia oblunga compresso-an- cipitia basi angustata, niarginibus retrorsum ciliato-spinulosis, aristis 2-5-ere- ctis retrorsum glocbidiatis, pappum referentibus, terminata: receptaculi paleae oblongae scariosae. Oro. nat. ut in Santolina. 436. DIOTIS Desf. Calatili parvi multiflori corymbosi, flosculìs aequalibus: flosculorum tubus compressus 2-calcaratus, calcaribus utrinque ovario adpressis, linibus 5-fidus: involucrum beniispliaericum squamis oblongis pluriseriatim ini- bricatis: stilus recurvus : achenia angolata inter angulos glandulosa : pappus nullus: receptaculi convexi paleae oblongae obtusae carinatae apice barbatae post maturitatam acheniorum deciduae. Oro. mat. ut in Santolina. Oro. il Polygamia-superflua. Sect. I. Flores flosculosi vel obscure radiati. 437. TANx\CETUM L. Calatili parvi multiflori lieterogami corymbosi quan- doque solitami : flosculi radii pauci breves foeminei lingulati quandoque nulli, disci hermaphroditi tubolosi limbo 5-dentato : involucrum hemisphaericum , squamis oblongis inaequalibus margine scariosis pluriseriatis arcte imbricatis : achenia oblonga angolata, margine brevissimo integro vel dentato coronata : receptaculum alveolatum nudum. Ord. nat. ut in Santolina. 438. ARTEMISIA L. Calathi parvi saepe multiflori heteroganii in spica racemo vel panicula: flosculi radii pauci breves lingulati, foeminei quandoque desciscentes, disci hermaphroditi tubolosi limbo 5-fido: involucrum hemisphae- ricum vel cylindricum, squamis inaequalibus margine scariosis pluriseriatim- imbricatis: synantherium inclusum: stilus exertus longe 2-fldus: achenia obo- vata minuta marginalo vix coronata: receptaculum nudum quandoque pilosum Ord. NAT. UT IN Santolina. 439. XERANTHEMUM Tourn. Calathi pauciflori solitarii terminales he- terogami: flosculi disci hermaphroditi limbo 5-fìdo, radii pauci foeminei tenues — 38 — 2-labiati, labio inferiore longiore 2-3-dentato, superiore brevissime 2-partito: involucrum hemisphaericurn vel cylindrico-campanulatum squamis inaequalibus pluriseriatim imbricatis scariosis, supremis apice maculatis : achenia oblonga compressa vel compresso-triquetra sericea : pappus disci squamulosus persi- stens squamulis lanceolatis acuminato-setaceis, radii nullus vel rudimentalis : receptaculi paleae 3-partitae. Compositae-Cynareae DC. 440. GNAPHALIUM L. Calathi mediocres multiflori heterogami in ra- cemis corymbis vel sertis, raro solitariis: flosculi polygami quandoque dioici, foeminei tenues, masculi majores, omnes tubolosi limbo 5-fido aut 5-dentato: in polygamis flores foeminei radiales pluriseriati : involucrum hemisphaericurn vel cylindricum flosculis acquale , squamis inaequalibus apice scariosis pluri- seriatim imbricatis : synantherium basi setosum : stili exerti 2-fidi : achenia teretia oblonga qnandoque subcompressa scabrida : pappus sessilis deciduus , setis simplicibus 1-seriatis scabriusculis : receptaculum nudum. Compositae- Senecionideae DC. 441. FILAGO L. Calathi multi vel pauciflori heterogami glomerati raro solitari terminales laterales alares: involucrum pyramidatum quandoque pen- tagonum, squamis pluriseriatim-imhricatis, receptaculi paleis intermixtis, ex- ternis dorso lanatis : flosculi externi foeminei tubo filiformi , interni herma- phroditi 5-fidi: achenia scabra oblonga teretia vel subcompressa: pappus ses- silis deciduus , setis simplicibus 1-seriatis scabriusculis , in acheniis externis quandoque nullus: receptaculum filiforme vix apice dilatatum. Oro. nat. ut IN Gn API! ALIO. 442. CONYZA L. Calathi multiflori heterogami in corymbo, raro solitarii: flosculi externi foeminei numerosi, tubo filiformi limbo tridentato, interni her- maphroditi limbo 5-dentato, omnes fertiles, nonullis sterilibus quandoque mixti: involucrum ovatum saepe apice acuminatum , squamis coriaceis inaequalibus numerosis pluriseriatim imbricatis : stigmata exerta : achenia oblonga saepe compressa glabra pilosave: pappus sessilis achenii longitudine , paleis simpli- cibus scabriusculis: receptaculi papillae medio cicatricosae. Compositae-Aste- ROIDEAE DC. Sect. il Flores radiati. Receptaculo nudo aut vix vestito: seminibus papposis. 443. ERIGERON L. Calathi multiflori heterogami in corymho vel pa- — 39 — nicula: flosculi radii foeminei anguste Ungulati, tubulosis filiformibus quandoque inixti, disci hemiaphroditi regulares limbo 5-fido: involucrum cylindricum squa- mis linearibus erectis adpressis 2-3-serialibus: achenia exilia compressa: pappus sessilis setis simpbcibus 1-seriatis scabris: receptaculum alveolatum. Ord. nat. VT IS CoA’YZA. 4i4. JASONIA Cass. Calatili parvi multiflori heterogami in panicula erecta : flosculi radii foeminei ut plurimum lingulati, quandoque brevissimi , modo tubolosi exiles, disci hermaphroditi limbo 5-lido: involucrum subcylin- dricum, squamulis linearibus inaequalibus pluriseriatim imbricatis: synanthe- rium caudato-setosum : achenia parva teretiuscula basi attenuata striata hir- tula: pappus sessilis 2-serialis, serie externa brevissima, squamulis basi sub- connatis, serie interna, setis simplicibus corollulis subaequalibus : receptaculi areolae papillares pentagonae , squamulis quandoque donatae. Ord. nat. ut IN CoNYZA. 445. CUPULARIA Cren, et Godr. Calatili multiflori heterogami magni- tudine varii in racemis elongatis : flosculi radiales foeminei uniseriales lingu- lati , involucro longiores , discoidei hermaphroditi 5-fidi : involucrum cam- paniforme , squamis inaequalibus pluriseriatim-imbricatis : synantherium basi setosum: achenia oblonga tereti-subcompressa liirtula, collo brevissimo angu- sto in patellulam expanso, terminata : pappus sessilis margini patellulae ad- natus, setis simplicibus numerosis uiiiseriatis corollulas aequantibus: recepta- culi alveoli pentagoni, angulis squamellosis. Ord. nat. ut in Conyza. 446. ASTER L. Calathi multiflori heterogami in corymbo vel panicula raro solitari!: flosculi radii foeminei lingulati involucro longiores, disci lierma- phroditi tubolosi limbo 5-fido: involucrum hemisphaericum squamis linearibus pluriseriatim imbricatis erectis vel apice revolutis, quandoque foliaceis: achenia oblonga compressa glabra vel pilosa anulo pilorum quandoque ad basim: pap- pus sessilis persistens , setis pluriserialibus scabris: receptaculum alveolatum, alveolis ore denticulatis. Ord. nat. in Conyza. 447. SOLIDAGO L. Calathi multiflori heterogami in racemis erectis vel cymoso-pendulis : flosculi radii foeminei lingulati involucro longiores , disci hermaphroditi tubolosi limbo 5-fido: involucrum campaniforme squamis linea- ribus pluriseriatim imbricatis: stigmata hirta exercta: achenia teretiuscula pi- losa: pappi sessilis multiseti, setae simplices uniseriales scabrae, flosculis disci aequales: alveolorum receptaculi ora denticulato-membranacea. Ord. nat. ut in Conyza. 448. INULA L. Calathi multiflori heterogami corymbosi racemosi ter— minales: flosculì radii foeminei 1 -seriali involucro ut plurimum longiores, quan- doque steriles , lingulis angustis numerosis apice 2-3-dentatis , radii herraa- phroditi tubolosi, limbo 5-fido: involucrum hemisphaericum squamis plurise- riatim imbricatis erectis quandoque squarrosis: synantherium basi caudatum : aclienia striata teretiuscula aliquando tetragona glabra vel pilosa; pappi sessilis setae simplices scabrae 1-seriatae : receptaculum alveolatum vel papillosum. Ord. NAT. UT IN CoNYZA. 449. TUSSILAGO Tourn. Calathus solitarius multiflorus heterogamus terminalis : flosculi radii foeminei fertiles pluriseriati involucro longiores lin- gulis angustissimis, disci pauci hermaphroditi tubolosi limbo 5-fido, stigmate castrato, steriles: stigmata radii 2-fida: synantherium basi caudatum: achenia perfecta striata teretiuscula: pappi sessilis setae numerosae tenuissimae molles niveae in radio pluriseriales in disco uniseriales abbreviatae: receptaculum al- veolatum. Compositae-Eupatorineae DC. 450. PETASITES Tourn. Calatili multiflori: flosculi radii foeminaei fer- tiles, corollulis tubuloso-filiforrnibus aut lingulatis, disci hermaphroditi stigma- tibus castratis steriles : foeminei et hermaphroditi fertiles , jamdudum nu- mero varii: involucrum campaniforme squamis 2-serialibus adpressis: achenia perfecta cylindracea utrinque attenuata : pappi sessilis multiseli , setae sim- plices tenues niveae scahridae, in acheniis imperfectis pauciores breviores: re- ceptaculum alveolatum. Ord. nat. ut in Tussillagine . 451. SENECIO L. Calathi multiflori corymbosi raro solitarii modo ho- mogami flosculis hermaphroditis tubulosis limbo 5-fido, modo heterogami flo- sculis radii foemineis lingulatis , disci tubulosis hermaphroditis : involucrum subcampanulatum squamis 1-seriatis margine ut plurimum scariosis apice saepe sfacelatis,. squamulis inaequalibus frequenter calyculatum: achenia teretiuscula aut sulcato^angulata: pappi sessilis facile decidui setae tenuissimae numerosae simplices 1-seriales vix scabrae: receptaculum alveolatum. Gompositae-Sene- UONIDEAE DC. 452. CINERARIA L,. Calathi multiflori hetorogami corymbosi: flosculi ra- dii foeminei lingulati lingulis 3-dentatis,, involucro longioribus, disci 5-fidi her- maphroditi: calathi quandoque homogami discoidei, involucrum campaniforme, squamis linearibus margine sca,riosis 1-seriatis: synantherium setoso-caudatum; achenia oblunga plana striata pubescentia vel glabra : pappus sessilis , setis simplicibus scabris flosculis brevior vel subaequalis: receptaculum planum. Ord^ NAT.. UT IN Senecione. 453. MARGARITA Gaud. Calathus solitarius multiflorus heterogamus e pedunculo radicali : floscali radii foeminei lingulis apice 3-dentatis involucro longioribus, disci hermaphroditi tubolosi limbo acute 5-dentato : involucrum subcampanulatum, squamis linearibus adpressis biserialibus : achenia obovata compressa dorso subcarinata pilosa: pappi sessilis setae simplices numerosae i-seriales scabridae: receptaculum conicum. Compositae-Asteroideae DC. 454. DORONICUM L. Calathi grandes multiflori heterogami solitarii ter- minales: flosculi radii foeminei lingulis 2-3-dentatis vel integris involucro lon- gioribus , staminibus abortivis quandoque concomitatis , disci hermaphroditi corollulis tubulosis, limbo 5 -fido : involucrum late campanulatum squamis li- neari-subulatis alternis 2-serialibus: achenia oblunga polygona radii nuda disci papposa: pappi sessilis setae numerosae simplices rigidae scabrae pluriseriales: receptaculum villosum. Compositae-Senecionideae DC. ** Receptaculo nudo: pappo marginato vel nullo. 455. BELLIS L. Calathus multiflorus heterogamus solitarius in pedun- culo radicali : flosculi radii foeminei numerosi 1-2-seriales lingulis 2-3-den- tatis, disci hermaphroditi tubolosi , limbo 4-5-fido: involucrum hemisphaeri- cum squamis foliaceis oblongis aequalibus adpressis 1 -2-serialibus = achenia obovata compressa laevia : receptaculum alveolatum conicum, cono in fructu evoluto. Compositae-Asteroideae DC. 456. CHRA’SANTHEMUM iS/m7/i. Calathi grandes vel mediocres multiflori heterogami caule ramisque terminales : flosculi radii lingulati, lingulis oblon- gis sub-3-dentatis, involucro duplo triploque longioribus, disci tubolosi limbo 5-fido: involucrum bemisphaericum, squamis inaequalibus pluriseriatim-imbri- catis margine scariosis : achenia obtusa 5-10-costata discoidea nuda, radialia brevi vel brevissime marginata: receptaculum alveolatum subconvexum. Com- positae-Senecwnideae DC. 457. XANTOPHTALMUM Schult. Calathi grandes vel mediocres multi- flori heterogami caule ramisque terminales: flosculi radii lingulati, lingulis ob- longis profonde 2-dentatis, disci tubolosi limbo 5-fido: involucrum hemisphae- ricum basi umbilicatum , squamis inaequalibus ovatis concavis margine sca- riosis pluriseriatim-irnbricatis: achenia brevia obtusa, radialia margine 2-alata facie externa 3, interna 4-5-costata , discoidea simpliciter 10-costata, costis jamdudum obtusis: receptaculum alveolatum. Ord. nat. ut in Chrysantuemo. 6 458. PINARDIA Cass. Calalhi grandes solitarii multiflori heterogami ra- mìs cauleque terminales: flosculi radii lingulati, lingulis oblongis profunde 2- dentatis , disci tubulosi limbo 5-fldo : involucrum hemisphaericum basi um- bilicalum, squamis inaequalibus ovatis concavis margine scariosis pluriseriatim- imbricatis: achenia truiicata, radialia turbinato-3-gona sub-lO-costata alata, ala in angulo dorsali latiore, discoidea attenuata tereti-compressa similiter 3-co- stata, costa dorsali tantum alata, alis omnium jamdudum apice truncatis quid- quam irregularibus: receptaculum convexum. Ojìd. nat. ut in Curysanthemo. 459. PYRETHRUM Hall. Calathi ut plurimum mediocres multiflori he- terogami solitari aut corymbosi: flosculi radii lingulati, lingulis oblongis sub- 2-dentatis involucro duplo triploque longioribus, disci tubulosi limbo 5-fìdo = involucrum hemisphaericum squamis inaequalibus lanceolatis vel oblongis mar- gine scariosis pluriseriatim imbricatis: achenia troncata angolata corona mem- branacea terminata: receptaculum planum vel convexum quandoque alveolatum. Oro. NAT. UT IN Curysanthemo. 460. MATRICARIA L. Calathi mediocres multiflori heterogami in corymbo: flosculi radii foeminei lingulis 3-dentatis discl hermaphroditi tubulosi limbo 4-5-dentato : involucrum scutelliforme, squamis adpressis subaequalibus plu- riseriatim imbricatis: achenia parva vix costata nuda rarius corona terminata: receptaculum tandem conicum intus cavum. Ord. nat. ut in Curysanthemo. Receptaculo paleaceo: pappo marginato vel nullo. 461. ANACYCLUS L. Calathi multiflori heterogami caule ramisque ter- minales: flosculi radii foeminei steriles, lingulis oblongis apice sub-3-dentatis longitudine et numero ludibundi: involucrum hemisphaericum squamis lanceo- latis pluriseriatim imbricatis : achenia compressa vix striata late alata , alae in acheniis centralibus successive abbreviatae, et in omnibus in coronam po- sticam dimidiatam irregularem continuatae: receptaculum paleaceum conicum vel convexum. Oro. nat. ut in Curysanthemo. 462. ANTHEMIS Calathi magnitudine varii multiflori heterogami caule ramisque terminales: flosculi radii foeminei lingulis oblongis 2-3-dentatis invo- lucro longiores raro defìcientes, disci hermaphroditi tubulosi limbo 5-fìdo : in- volucrum hemisphaericum aut campaniforme squamis inaequalibus pluriseriatim imbricatis : achenium obconicum multistriatum vel angulatum, corona integra vel dentata quandoque incompleta, vel auricula membranacea interne aucta. — 43 marginatum: recep Iaculi convexì aut conici modo concavi paleae scariosae mu- ticae vel arista rigida terminatae. Ord. nat. ut in Chrysanthemo. 463. ACHILLEA L. Calathi saepius parvi multiflori heterogami in co- rymbo composito: flosculi radii foeniinei raro difformes unica vice majusculi , lingulis 2-3-dentatis vel integris, involucrum parvum, superantibus, disci her- mapbroditi tubulosi limbo 5-fìdo: involucrum ovoideum vel oblongum, squamis ovatis saepe margine scariosis pluriseriatim-imbricatis: achenia parva oblonga compressa striata apice convexa nuda vel breviter marginata: receptaculi plani vel elongati paleae oblongae scariosae hyalinae apice saepe lacerae flosculos subae({uantes. Ord. nat. ut in Chrysanthemo. 464. ASTERISCUS Vaili. Calathi majusculi multiflori heterogami ter- minales axillaresque : flosculi radii foeminei 1-2-seriales , lingulis linearibus apice 2-3-dentatis, flosculi disci hermaphroditi tubulosi limbo S-fido : involu- crum duplex , externum squamis foliaceìs basi cartilagineis patentibus radio longioribus , internum 2-seriale squamis cartilagineis apice breviter foliaceis arcte imbricatis radio brevioribus: synantherium longe caudatum: achenia dil- formia, radialia majora triquetra nunc acheniis disci minoribus similia, mine compressa marginibus alatis , nervo cannali subobliterato , omnia marginulo brevi lacinulato coronata: receptaculi paleae carinatae cartilagineae persistentes. Compositae-Asteroideae oc. Ord. III. Polygamia-Fru strane A. Compositae-Cynareae oc. 465. CENT AERE A L. Calathi saepe grandes pauci-multiflori heterogami ramis ut plurimum terminales : flosculi tubulosi limbo 5-fido , radiales neutri frequenter grandiores radiantes, disci hermaphroditi: involucrum ovoideum aut ventricosum, squamis inaequalibus pluriseriatim imbricatis apice modo nudis, modo lamina varimode scariosa vel spinosa terminatis= achenia oblonga plus minusque compressa: pappus multisetus, setis simplicibus scabris vel plumosis pluriseriatis inaequalibus, quandoque nullus: receptaculi plani paleae setaceae numerosae liberae vel in fasciculos coadunatae. 466. GALACTITES Moencli. Calathi mediocres multiflori heterogami pa- niculati: flosculi tubulosi limbo 5-fido, radiales neutri majores radiantes, disci hermaphroditi = involucrum campaniforme squamis lanceolatis apice spinoso- — 44 — patulis pluriseriatim-imbricatis: achenia oblonga compressa striata: pappi piu- mosi setae deciduàe - basi anulo connexae : receptaculum planum paleaceum , paleis deciduis, pappo brevioribus, multipartitis, laciniis setaceis. Ord. IV. Polygamia-Necessària. 467. CALENDULA L. Calathi multiflori heterogami in apice caulis ra- morumque : flosculi radii pluriseriales foeminei , lingulis linearibus apice 3- dentatis, disci masculi tubulosi limbo 5-fido: involucrum scutelliforme, squamis lanceolatis aequalibus distinctis vix 2-seriatis : achenia heteromorpha externa angusta ut plurimum incurva dorso echinata et saepe rostrata, successiva ob- longa cymbiformia, dorso echinata, in latus inermia integra vel lacero-dentata, interiora minora anulatim incurva transverse rugosa: pappus nullus: receptacu- lum nudum. Compqsitae-Cynareae DC. 468. EYAX Goert. Calathi exigui pauciflori heterogami in capitulum con- gesti, foliis caulinis superiorihus confertis stellatim patentibus, cinti : flosculi tubulosi externi graciles foeminei multiseriales, interni pauci majusculi 4-den tati: involucrum 1-2-seriale squamis ovalibus scariosis sfaccia tis vel acuminato- aristatis: achenia acuminata hinc compressa nuda: receptaculum conicum pa- leis: coriaceis linearibus acuminatis ad flosculos tantum foemineos. Compositae- Asteroideae DC. 469. MICROPUS L. Calathi parvi pauci-multi-flori heterogami in axillis foliorum: flosculi tubulosi externi foeminei fìliformes, interni masculi crassiu- sculi pauci apice 4-3-dentati: involucrum subglobosum squamis concavis erectis vel inflexis echinatis vel inermibus: achenia obovato-compressa glabra squa- mis involucri involuta, et cum ipsis decidua: pappus nullus: receptaculum an- gustum nudum. Ord. nat. ut in Evace. Ord. V. PoLOYGAMi A— Segregata. Compositae—Gynareae. DG. 470. ECHINOPSL. Flosculi homogami hermaphroditi in capitulum sphae- ricum, receptaculo nudo subgloboso inserti maturitate decidui, involucro com- muni destituti : involucrum proprium pentagonum, squamis multiseriatis, se- riebus inferioribus lineari-setaceis, superiorihus lanceolato-linearibus acuminato- L — -45 — pungentibus ad medium margìnis longe ciliatis: corollularum tubus brevis, limbus - j 5-fidus: synantherium elongatum corneum: achenia cylindrica hirsuta: pappus corona brevissima fimbriata, vel setae numerosae densae aequales brevissimae. » [ SYiyGENESIA-PoLYGAMIÀ-AEQUALIS. * LAPSMA. 1662. co.vMUNis L. Sp. PI. p. 1141. Caule paniculato-ramoso inferius piloso: foliis inferioribus lyratis lobo-impari maximo, successivis ovatis, supe- rioribus lanceolatis, omnibus dentatis laxeque pilosis: involucri squamis corol- lulas aequantibus. L. communis Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 267. n. 946. - Ben. i FI. It. t. 8. ti. 579. . In incultis et marginibus agrorum communis. j Ann. Fior. Junio. Flosculi lutei. RAGADIOLLS. 1663. STELLATUS Willd. Sp. t. 3. par. 3. p. 1625. Glaber. Caule de- cumbente ramosissimo, ramis divaricatisi foliis inferioribus oblongis in petio- j lum dentatum sinuatumve decurrentibus, caulinis sessilibus lanceolato-acumi- natis: acheniis externis elongatis stellatim patentissimis glabris, internis bre- vioribus incurvis birtis j R. stellatus. Bei't. FI. II. t. 8. p. 58. exl. syn. Seb. et Maur. , In herbosis et marginibus viarum campestrium Piceni frequens. Ann. Fior. Aprili in Junium. Flosculi flavi. |,j Vulgo. Bagaggiolo, Erba cornetta. , 1664. EDULis Will. Sp. t. 3. pari. 3. p. 1625. Glaber quandoque pi- J losus. Caule erecto dichotome ramoso: foliis radicalibus lyratis lobis subrotundis ^ obtusis impari rotondato maximo, rachide angustissima , superioribus ovato- lanceolatis lanceolatisve acutis subintegris; acheniis crassiusculis, externis già- ' bris stellatim patentibus breviusculis, internis incurvis birtis. j R. edulis Beri. FI. It. t. 8. p. 583. - R. stellatus a (3 Seb. et Maur. Fior. Rom. Prod. p. 268. n. 947. - R. foliis oblongis dentatis Hort. Rom. t. 8. tab. 14. Ad vias campestres, secus sepes etc. communis. | Ann. Fior. Junio. Flosculi lutei. I Vulgo uti precedens. ^ Usus. In acetariis ad instar Cichorii a nonnullis usurpatur. — 46 — PHOENOPUS. 1665. VJMINEUS DC. Prod. Syst. nat. t. 7. p. 176. Glaber. Caule erecto ramoso, ramis elongatis : foliis inferioribus pinnatifìdis laciniis linearibus, ra- chide angusta, superioribus ìndivisis, omnibus in caulem longe decurrentibus: calathis racemosis. Ph. vimineus. Beri. FI. It. t. 8. p. 418. Chondrilla saxatilis viscosa caule xvupt^cxpSp'ji Column. Ecphr. \.p. 238 et C. viscosa Camplocarensis caule xvupLtdofpópo} l. c. p. 240. In aridis et muris Piceni. Arcevia, alla Madonna della iVevc, Macerala etc. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. PRENANTHES. 1666. PURPUREA L. Sp. PI. p. 1121. Glabra. Caule erecto flexuoso, ra- mis paniculatis: foliis sessilibus ovato-oblongis subdenticulatis acutis laxe den- tatis basi exquisite cordato-auriculatis subtus glaucis: calathis in paniculis nu- tantibus. P. purpurea Maur. Cent. 13. p. 38. - Beri. FI. II. t. 8. p. 421. -Son- chus montanus purpureus TSTp^c/iTccX^y Column. Ecphr. l.p. 244. et S. mont. l. c. p. 246. In umbrosis apenninorum Umbriae et Piceni. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurei. CHONDRILLA. 1667. JUNCEA L. Sp. PI. p. 1120. Caule erecto alterne ramoso inferno strigoso, ramis flexilibus junceis : foliis inferioribus runcinatis acutis dentatis in petiolum attenuatis, superioribus linearibus integerrimis distantibus: calatho- rum fasciculis remotis. C. juncq^ Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 168. n. 949. - Bei't. FI. It. t. 8. p. 415. C* prima Dìoscoridis Column. Phijt. ed Neap. p. 9. et Chondrilla l. c. p. 10. In incultis et ad muros frequens. Perenn. Fior. Julio. Flosculi lutei. LACTUCA. 1668. MURALis DC. Prod. Syst. Nat. t. l.p. 139. Glabra. Caule erecto simplici superne paniculato-ramoso: foliis lyrato-pinnatifidis, lobis irregularibus angulato-dentatis impari maximo , rachide angusta inferius alata basique in auricula amplexicaule dilatata , aurìculis adscendendo majoribus , foliis supre- mis lanceolatis indivisis : calathis in paniculis terminalibus. 47 L. muralis Ben. FI. It. t. 8./>. 401. - Prenanthes muralis Seb.et Maur. FI. Rom. Proci, p. 268. n. 948. In umbrosis et muris aridis montium frequens. Ann. Fior, aestate. Flosculi lutei. 1669. viRosA L. Sp. PI. p. 1119. Glabra. Caule erecto superius ramoso, ramis erecto-patulis: foliis obverse oblongis indivisis runcinatisve divaricatis su- perioribus borizontalibus basi sagittatis, omnibus nervo centrali et toto margine insigniter spinulosis: calathis in panicula racemosa patula. L. virosa Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 269. n. 961. - Beri. FI. li. t. 8. p. 406. In marginibus ad sepes non satis frequens. A Grottaperfetla, secus Ro- mam, a Viterbo etc. Bienn. Fior. Aestate. Flosculi sulphurei. Vulgo. Lattuga velenosa. Usus. Succo lactiginoso abundat, odoremque virosum exiccatione effundit. Succus condensatus Opio quodamodo aequivalet et in narcoticis felici exitu a medicis enumeratur. 1670. Scariola L. Sp. PI. p. 1119. Glabra subglauca. Caule erecto su- perius ramoso , inferius setis bispido : foliis rucinato-pinnatifidis basi acute sagittatis, superioribus verticalibus, inferioribus borizontalibus saepe indivisis, omnibus nervo centrali totoque margine spinulosis: calatbis in panicula race- mosa erecta. L. Scariola Sebast. Eii. PI. Ampli. Flavii p.^ì.n. 132. -Seè. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 268. n. 950. - Bert. FI. It. t. 8. p. 407. - Endivia major Lactucina spinosa Barr. le. 135. Ad sepes et in marginibus viarum circa urbem frequens. Bienn. Fior. Aestate. Flosculi pallide citrini. Vulgo. Lattuga salvatica, Scariola. Usus. Praecedenti atfinis , at vis narcotica rnitior ; frequenter tamen a pharmacopolis prò L. virosa usurpatur. 1671. sALiGi\ìA L. Sp. PI. p. 1119. Glabra. Caule gracili erecto superius et quandoque e basi paniculato-ramoso: foliis inferioribus runcinatis integrisve, superioribus linearibus subintegerrimis, caulinis basi hastatis, omnibus carina spinulosis: calathis laxis in racemo terminali composito. L. saligna Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 269. n. 952. - Bert. FI. It t. 8. p. 409. - Endivia minor Lactucina spinosa Barrel. le. 136. In marginibus agrorum frequens. — 48 — Bienn. Fior. Augusto-Septembri. Flosculi sulphurei. 1672. PERENNis L. Sp. PI. p. 1 120. Subglaucescens glabra. Caule erecto apice ramoso-corymboso : foliis horizontalibus pinnatifidis , laciniis numerosis linearibus runcinatisque superne dentatis integrisve , rachide angusta in pe- tiolum breviter alatum producta, caulinis superioribus linearibus integerrimis sessilibus, auriculis rotundatis: calathis majusculis, pedunculis elongatis, laxe corymbosis. L. perennis Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 269 n. 953. - Beri. FI. It. t. 8. p. 412. In montibus Latii, Sabinae, Umbriae et Piceni. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi coerulei. 80NCHUS. 1673. ARVENsis L. Sp. PI. p. 1116. Glauco- virens. Caule erecto sim- plici superius parce ramoso, ramis corymbosis: foliis majusculis elongatis si- nuatis runcinatisve argute denticulatis, lobo superiore elongato, lobis inferio- ribus sucessive minoribus, caulinis basi cordato-rotundatis, radicalibus in pe- tiolum decurrentibus: pedunculis calathi majusculi, squamisque involucri glan- duloso-hispidis. S. arvensis Beri. FI. It. t. 8. p. 387. In arvis Piceni secus Asculum. Perenn. Fior. Augusto-Septemb. Flosculi aurei ^ 1674. MARITI Mus L. Sp. PI. p. 1116. Glaucus glaber. Caule erecto elon- gato subsimplici: foliis lanceolato-elongatis toto margine deorsum denticulatis, inferioribus in petiolum decurrentibus, superioribus sessilibus auriculis rotundatis, supremis paucis abbreviatis: calathis grandibus solitariis quandoque racemosis. S. maritimus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 269. n. 956.- Beri. FI. It. t. S. p. 389. In udis maritimis. Ai Ponticelli d' Ostia. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. 1675. oLERACEUs L. Sp. PI. p. 1116. Glaber. Caule erecto alterne ra- moso : foliis runcinatis , lobo impari maximo subtriangulari , longe petiolatis petiolis alatis, superioribus indivisis sessilibus, omnibus remotiuscule dentatis basique sagittato-auriculatis , auriculis horizontalibus adscendendo majoribus? calathis mediocribus corymboso-racemosis. S. oleraceus Bert. FI. It. t. 8. p. 390. - S. oleraceus a laevis Sebast. En. PI. Ampli. Flaviip. 71. n. 219. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 269. n. 954. - S. laevis Hort. Rom. t. 8. tab. 4. — 49 — In ruderatis hortis vineis communis. Ann. Fior, tota aestate. Flosculi lutei. Vulgo. Grespigno, Crespigno. Usus. Folia radicalia in acetariis gratissima. 1676. ASPER Vili. Daupli. t. 3. p. 158. Glaucus. Caule erecto alterne ramoso: foliis inferioribus petiolatis runcinatis, lobis irregularibus, superioribus indi^’isis sessilibus, omnibus toto margine undulato-crispis crebre irregulariter rigideque denticulato-spinosis, auriculatis, auriculis in superioribus modo de- fìcientibus: calathis mediocribus corymboso-ramosis. S. asper Beri. FI. It. t. S. p. 392. - S. oleraceus asper Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 71. n. 219.- S. oleraceus asper Seb. et Maur. FI. Piom. Prod. p. 269. n. 954. - S. asper Hort. Boni. t. 8. tab. 5. In vineis hortis sylvulis frequens. Ann. Fior, tota aestate. Flosculi lutei. Vulgo. Crespigno spinoso. Usus. In acetariis a vulgo usurpatur. 1677. TENERRiMUs L. Sp. PI. p. 1117. Glabcr subglaucus. Caule erecto simplici vel diffuso e basi ramoso: foliis pinnatifìdis 2-pinnatifidisque, rachide angusta , laciniis gracilibus irregularibus subdentatis , inferioribus in petiolum productis, superioribus sessilibus, ultimis indivisis, omnibus basi auriculato-sa- gittatis: calathis corymboso-racemosis. S. tenerrimus Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 71. n. 220. - Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 269. n. 955. - Bert. FI. It. t. 8. p. 395. Ad muros in ruderatis communis. Perenn. Fior. Vere et aestate. Flosculi sulphurei. Vulgo. Crespigno dei muri. Usus. Pianta refrigerans uti aliae species hujus generis. In acetariis gra- tissima et apud nos ad refrigerandas parvas aves et praesertim Canari usur- patur. PICRIDIUM 1678. vuLGARE Desf. FI. Atl. t. 2. p. 221. Glaber subglaucus. Caule erecto parco ramoso, ramis strictis: foliis sinuato-pinnatifidis vel indivisis, in- ferioribus in petiolum alatum productis , superioribus sessilibus cordato-am- plexicaulibus, omnibus integerrimis dentatisve: pedunculis squamosis; involu- cris denuo basi ventricosis. P. vulgare Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 270. n. 957. - Soncus 7 50 — plcroides Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 71. n. 221. -Beri. FI. It. i. 8. p. 398. In pratis, vineis, marginibus viarum commune. Ann. Fior. Julio. Flosculi lutei. Vulgo. Caccialepre . Usus. Pianta succo lactiginoso replata, et inter refrigerantia ab antiquitus enumerata. Folia radicalia in acetariis desideratissima, quamobrem in hortis nostris frequenter colitur. HIERACIUM. * Pedunculis radicalibus ut plurimum unifloris. 1679. AUREUM Vili. Dauph. t. 3. p. 96. tab. 33. Breviter laxeque pilosum. Radice praemorsa fibris lateralibus simplicibus robustis: foliis obverse lanceo- latis dentatis runcinatisve: pedunculo superne incrassato: squamis involucri lan- ceolato-linearibus pubescentibus hirsutisve. H. aureum. Sawg. Cent, tres p. 1 1 1 . u. 249. - Beri. FI. It. t. 8. p. 449. H. alterum minus IV Column. Ecph. 2. p. 31. tab. 29. In pratis alpinis Umbriae. Vettore. Perenn. Fior. Julio. Flosculi aurantiaci. 1680.. BULBOSUM Willd. Sp. t. 3. par.'^.p. 1562. Glabrum. Radice re- pente, fibris elongatis apice in tuberibus subrotundis incrassatis: foliis obverse lanceolatis in petiolum productis: involucri squamis lanceolato-linearibus, ex- ternis, pedunculoque erecto apice piloso-glandulosis. H. bulbosum Bert. FI. It. t. 8. p. 453. - H. tuberosum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 170. u. 958.- Chondrilla altera Dioscoridis putata Colum. Phytob. p. 14. f. 19. In pratis frequens. Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flosculi lutei. 1681. PiLosELLA L. Sp. PI. p. 1125. Setis exilibus longis laxis pilosum. Radice stolonifera: foliis integris obverse oblongo-lanceolatis in petiolum pro- ductis subtus albo-tomentosis: pedunculo erecto: involucri squamis linearibus pi- loso-glanduliferis, pilis saepe nigrigantibus. H. Pilosella Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 270. n. 959. - Bert. FI. It. t. 8. p. 455. In collibus et pascuis siccis commune. M. Mario, V. Pamfili etc. — 51 — Perenn. FI. Majo ad Julium. Flosculi sulphurei. Vulgo. Pilosella, orecchia di Sorcio. Usus. In materia medica Linnaei Auriculae muris herba inter adstringentia enumera tur, nunc prorsus absoleta. 1682. MACRANTHOM Tcìi. FI. Nof. t. 5. p. 198. tab. 184. f. 3. Albo- tomentosum, setis longis exilibus interpositis. Stolonibus radicalibus brevibus: foliis ob verse oblongo-lanceolatis in petiolum breviusculum productis: pedunculo erecto: calathis majusculis = involucri squamis oblongis obtusis, pedunculisque apice brevius setosis, setis nigrigantibus hirtis. H. macranthum Beri. FI. It. t. 8. p. 457. In pratis alpinis Umbriae. Vettore. Perenn. Fior. Aestate. Flosculi sulphurei. ** Pedunculis radicalibus corymbosis. 1683. DUBiuM L. Sp. PI. p. 1125. Glaucescens. Radice fibrosa , stolo- nibus lateralibus effusis repentibus: foliis sessilibus, radicalibus obverse oblongo- lanceolatis obtusis semiamplexicaulibus inferno ciliatis , peduncularibus paucis linearibus: pedunculo adscendente erectove basi laxe piloso : corymbo depau- perato: calathis parvis: involucri squamis pedicellisque piloso-glandulosis. H. dubium Bert. FI. It. t. 8. p. 462. In apenninis. Umbriae et Piceni. M. Priore etc. Perenn. Fior. Junio ad Augustum. Flosculi citrini. 1684. FLORENTiNUM VS^Uld. Sp. l. 3. par.'B. p. 1565. Glaucescens. Laxe pilosum. Radice fibrosa, stolonibus nullis : foliis lanceolato-elongatis acumina- tis obtusisve in petiolum attenuatis : pedunculo erecto tereti inferno folioso nudove: corymbo ramoso laxo: calathis parvis: involucri squamis lineari-acu- minatis, pedicellisque piloso-glandulosis, modo hirsutis. H. florentinum Bert. FI. It. t. 8. p. 465. - H. cymosum Seb. et Maur. FI. Borri. Prod. p. 271. n. 962. In nemorosis circa Urbem frequens. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculi lutei. 1685. Sabinum Sebast. Borri. PI. Fase. 1. p.8. tab. 1. Hirsutum. Radice fibrosa stolonibus nullis: foliis radicalibus ovato-oblongis in petiolum attenua- tis, peduncularibus sessilibus lineari-lanceolatis: pedunculo erecto elongato in- — . 52 — ! ferne parce folioso: corymbo ramoso conforto: calathis parvis: involucri squamis pedicellisque inter hirsutiem pubescenti-glandulosis. H. Sabinum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 270. n. 960. - Ben. FI. It. t. 8. p. 468. - Pilosella major umbellifera montana et pratensis. Column. Ecphr. 1. p- 248. et P. macrocaulos umbellifera l. c. p. 294. In montibus Sabinae Umbriae et Piceni. Monte Gennaro , Monte Prio- 1686. PRUNELLAEFOLiuM Gouan. III. p. 57. tab. 22. fìg. 3. Glabriuscm lum, humile. Radice fusiformi, fìbris crassiusculis descendentibus: caule terete suberecto tortuoso parce ramoso: foliis lyratis lobis exiguis alternis, impari ma- ximo ovato: calathis grandibus ut plurimum solitariis longe pedunculatis; in- volucri campaniformis squamis lineari-acutis, apiceque pedunculi floccoso-to- m ontosi s. H. prunellaefolium Bert. FI. It. t. 8. p. 479. -H. alpinum incanum sa- xatile Prunellae foliis integris. Bocc. Mus. di Piant. p. 33. t- 24- In pascuis alpestribus. Nel prato superiore al Santuario della Trinità di Valle Pietra. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Corollulae luteae. 1687. Jaquini Vili. Dauph. t. 3. p. 123. Hirsutum. Radice praemorsa trans versa, fìbris lateralibus descendentibus : caule humili divaricato-ramoso : ' foliis inferioribus ovato-oblongis acute laciniatis grosseve dentatis attenuatis, superioribus lanceolatis integris, radicalibus in petiolum attenuatis, coeteris ses- silibus: calathis majusculis solitariis in apice caulis ramorumque. H. Jaquini Bert. FI. It. t. 8. p. 480. In sylvaticis apenninorum Piceni. Monte Birro. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi luteo-aurei. 1688. MVRORUM L. Sp. PI- p’ 1028. Hirto-scabrum. Radice crassa tran- sversa fìbris lateralibus descendentibus : caule erecto quandoque glabro : foliis inferioribus ovato-acuminatis grosse dentatis basique saepe lacinulatis, mediis re etc. Perenn. Fior. Julio. Flosculi lutei. Caule folioso. i — 53 — ovatis laxe dentatis, superioribus subintegris ovato-elongatis: calathis medio- cribus simplicibus vel conjugatis: involucri squamis acuminatis. H. murorum Bert. FI. It. t. 8. p. 481. - Pulmonaria Gallorum rotun- difolia laevior. Barr. le. 342. In alpestribus Umbriae. Vettore. Perenn. Fior. Majo-Junio- Flosculi luteo-aurei. {Continua) 34 — COMUNICAZIONI Il R. P. A. Secchi espose alcune ricerche tanto sul calore solare, quanto sulla misura della radiazione, colla quale trovò egli che, stando il sole al me- ridiano, un termometro nero segna la stessa differenza sopra l’ambiente, sia nell’ estate sia nell’ inverno ; e malgrado la differenza della spessezza atmo- sferica nelle due stagioni. Nell’ estate poi, a pari altezza che nell’ inverno, l’azione è la metà. Ciò viene dal p. Secchi attribuito al vapore d’acqua, che assorbe maggior copia di raggi in estate di quello che in inverno , essendo il vapore in questa stagione più scarso. - 11 prof. Volpicelli comunicò le sue ricerche, colle quali esso ha riconosciuto nei muri laterizi di alcuni fabbricati di Roma, una elettrica corrente, che nel muro della università romana produce, sull’ago astatico di un galvanometro a dodici mila giri, una ben sensibile deviazione. Questa corrente si ottiene, fa- cendo comunicare gli estremi di platino dei reofori del galvanometro, con due punti verticalmente collocati sul muro stesso. Si riservò il prof, medesimo tor- nare su questo argomento che ora egli prosiegue a sperimentare (1). COMMISSIONI Rapporto della commissione pel premio Carpi , formata nella sessione VII , del 1 giugno 1862. L’accademia nella sua tornata Vili, del 6 luglio 1862, propose pel pre- mio Carpi un tema, che fu pubblicato nel 31 luglio 1862 (2), colle seguenti scientifiche condizioni. l.° Riassunto del metodo Euleriano per la ricerca delle radici immagi- narie in un’ equazione qualunque. (1) V. Comptes Rendus de l’académie des Sciences, t. 67, séance 30 novemb.l863,p. 915. (2) V. questi Atti t. XV, sessione Vili del 6 luglio 1862, pag. 457... 462; ed anche il giornale di Roma del 14 agosto 1862, n.° 183, p. 744. — 55 2. ” Sua applicazione all’equazioni superiori al secondo grado. 3. ° Natura dei risultamenti ai quali conduce l’analisi proposta. 4. ° Discussione completa ed accurata dei medesimi. 5. " Leggi generali che ne derivano. 6. ° Conclusione finale sulla natura, e sul valore del metodo Euleriano , nello stato attuale della scienza. 7° Inoltre per dilucidazione si aggiungeva , che il contegno tenuto da Eulero, suggeriva spontanea la idea di far prova del suo metodo nell’equazioni di grado successivamente superiore al secondo, affinchè ne fosse posta in chiaro la indole, e il valore nelle questioni di analisi algebrica. Con questo intendi- mento fu compilato il tema; pel quale, tenuto fermo il principio Euleriano}, ma giovandosi poi nell’ attuazione e completa discussione dei risultamenti , d’ogni ulteriore sviluppo dell’arte analitica , è proposto definire con adeguato giudizio la estensione ed i limiti di quel metodo , nello stato attuale della scienza : da ciò deve risidtare il principal pregio della richiesta memoria. L’unica memoria che all’accademia in tempo legale pervenne, relativamente al tema ora indicato, porta l’epigrafe gPK-i — cose? -+- v/ — 1 semp . La memoria stessa è divisa in cinque parti, le quali comprendono ventisei paragrafi : la prima parte si riferisce al metodo di Eulero: la seconda riguarda l’equazioni trinomio a coefficienti reali : la terza l’equazioni a coefficienti reali in generale : la quarta l’equazioni a coefficienti immaginari : e la quinta espone alcune considerazioni sull’analisi precedente. I commissari esaminarono attentamente le dottrine, assai pregiovoli ed utili, contenute nelle indicate parti, e le riferirono sempre tanto al metodo di Eu- lero, quanto alle condizioni scientifiche del programma; riflettendo che nè in quel metodo, nè in queste condizioni, si è fatta mai parola di approssimazioni numeriche. La commissione dopo questo esame ha riconosciuto, che la memoria di cui si tratta non soddisfa completamente a quanto richiede il pubblicato no- stro programma. Inoltre la memoria stessa lascia pure a desiderare le consi- derazioni, su quanto fu eseguito dagli altri geometri per determinare le radici immaginarie. Fra questi lavori non deve dimenticarsi la celebre memoria, di- venuta ora molto rara, pubblicata dall’illustre Gauss nel 1799 col titolo ; De- monstratio nova theorematis^ omnem functionem algebricam rationalem inte- gram unius variabilis in factores reales primi et secundi gradus resolvi posse. Si aggiunge ancora, che la determinazione delle radici immaginarie dell’equa- zione trinomie, pariformi a quelle considerate dalla memoria che abbiamo ana- lizzata, è pure un lavoro già eseguito dallo stesso Gauss fin dal 1849. Del resto 1’ autore della memoria dal nostro tema richiesta , partendo sempre dalla forma Euleriana delle radici, cioè dalla 2 = r(cos9 H- — 1 seny) , ha saputo trarre un utile ed elegante metodo, per la determinazione appros- simativa delle radici immaginarie dell’equazioni , livellato all’attuali analitiche dottrine. Ciò nella memoria stessa rilevasi dalla sua terza parte, sotto il ti- tolo « Equazioni a coefficienti reali in generale w , ove l’autore, valendosi dei principii del calcolo degl’ indici dell’ illustre Caucby, giunge a separare in ogni caso numerico le radici immaginarie fra loro, e dalle reali, potendosi avvici- nare indefinitamente al valore delle medesime. Per conseguenza i commissari concludono che la indicata memoria, non avendo completamente soddisfatto al tema, proposto nel relativo programma, non può conseguire il premio che ivi è promesso. I medesimi concludono altresì, che nella memoria stessa, oltre ad un pos- sedimento esteso dei metodi per la risoluzione approssimativa dell’ equazioni numeriche, si contengono eziandio pregevoli e non comuni dottrine di analisi algebrica. Per questi motivi la commissione propone di accordare alla memoria che porta la indicata epigrafe, una onorevole testimonianza del suo merito, con una medaglia d’oro del valore di scudi ottanta romani. L’accademia nell’adottare unanimamente queste conclusioni de’ suoi com- missari , aggiunse che , quante volte 1’ autore della memoria stessa , voglia conseguire tale onorevole distinzione, dovrà prima della fine di aprile 1864, far conoscere il suo nome. — 57 — Se dopo questa epoca , 1’ autore non siasi fatto conoscere , 1’ accademia sarà sciolta da qualunque impegno verso il medesimo; quindi la scheda, che accompagna la memoria, sarà tosto bruciata, senza essere aperta. CORRISPONDENZE Fu comunicato il dispaccio dell’ Emo. e Riho. sig. cardinale Altieri pro- tettore deH’accademia, col quale si partecipa che il sig. prof, dott- Carlo Mag- giorani, ha cessato di appartenere all’accademia nostra. La Pt. accademia delle scienze di Lisbona, per mezzo del suo segretario generale sig- professore Latino Caelho, invia un esemplare del tomo 2.°, par- te 2.“, classe 2.“ delle sue memorie. Il sig. presidente comunicò, che la Santità di N- S. crasi degnata far giun- gere in dono all’accademia una copia intera, dell’opera che si pubblica coi tipi della Civiltà cattolica, e che ha per titolo « La sovranità dei Romani ponte- fici, propugnata nella sua integrità dal suffragio dell’orhe cattolico. Il sig. presidente in pari tempo diede parte, che il comitato si portò a a pregare Sua Emza. Riha, il sig. cardinale Altieri, protettore dell’accademia, perchè a nome della medesima porgesse i più vivi ringraziamenti al sovrano pontefice per questo suo prezioso dono. Il bibliotecario della R. accademia delle scienze di Monaco sig. Wiedmann, annunzia l’ invio di parecchie opere della medesima, le quali sono registrate nel bullettino bibliografico posto in fine. Il segretario dell’accademia delle scienze fisiche e matematiche della so- cietà R. di Napoli , sig. prof. A. Scacchi , a nome della medesima ringrazia per gli Atti de’ Nuovi Lincei giunti ad essa. Il sig. prof. Antonio Villa, vice presidente della società italiana di scienze naturali, ringrazia per gli Atti de’ Nuovi Lincei che il medesimo ebbe. 8 — 58 COMITATO SEGRETO La commissione incaricata (1) di compilare il programma per conferire il premio Carpi, propose quanto siegue. PROGRAMMA PEL PREMIO CARPI x\lììnchè sia conferito il premio annuale, fondato per generosa testamen- taria volontà, dal defunto socio ordinario dott. Pietro cav. Carpi, l’accade- mia propone a svolgere il seguente TEMA Sulle linee isotermiche dell’ Italia, de’ suoi mari, ed isole adiacenti. DILUCIDAZIONE 1. ° Raccogliere le principali e più interessanti osservazioni fin qui fatte sulle linee isotenniche dell’ Italia, de’ suoi mari, ed isole adiacenti. 2. " Rettificarle ed accordarle con tale un ordinamento, da cui risulti quanto; si è fatto fin qui, e quanto resti a fare; delineandole sopra una carta. 3. ° Proporre un piano, perchè così fatto studio possa raggiungere il suo compimento. CONDIZIONI » 1. ° Le memorie sul riferito argomento dovranno essere scritte o in ita- liano, 0 in latino, o in francese, escluso qualunque altro idioma. 2. “ Ciascuna memoria porterà un’epigrafe sul frontespizio, che si ripe- terà sull’ esterno di una scheda , entro la quale sarà scritto e suggellato il nome dell’autore, col suo domicilio. 3. " Si aprirà solo quella scheda corrispondente alla memoria premiata. 4. ° Se gli autori delle memorie che avranno conseguito una lode per giu- (1) V. questi Atti, t. XVI, p. 1128. dizio deiraccademia, vorranno il nome loro pubblicato, dovranno farne ricbie- sta, nel termine di mesi quattro , dall’ epoca in cui fu conferito il premio ; trascorso il qual termine, le schede chiuse con suggello saranno bruciate. 5. “ Per decisione dell’accademia, eccetto i trenta membri ordinari di essa, chiunque, o nazionale, o straniero potrà concorrere a questo premio. 6. ° Ogni memoria accompagnata dalla relativa scheda , chiusa con sug- gello, dovrà, franca di porto, giungere all’accademia, prima dell’ultimo di mar- zo 1865; termine di rigore, passato il quale rimarrà chiuso il concorso. 7. ° 11 premio sarà conferito dall’ accademia nel giugno 1865 , e consi- sterà in una medaglia d’oro, del valore di cento scudi romani. 8. ° La memoria premiata si pubblicherà negli Atti dell’accademia, e l’au- tore ne riceverà in dono cinquanta copie. Roma 30 dicembre 1863. PROGRAM ME POUR LE PRIX CARPI L’académie dans le but de confe'rer le prix annuel, fonde par la géné- reuse disposition testamentaire d’un de ses rnembres ordinaires , feu le che- valier docteur Pierre Carpi, propose de de'velopper le thème suivant. T H È M E Sur les lignes isothermiques de l’ Italie, des ses mers, et iles adjacentes. DÉVELOPPEMENT 1 .* Recuillir les principales, et les plus interessantes observations, faites jusqu’ici sur les lignes isothermiques de l’Italie,des ses mers, et des ìles adjacentes. 2. ® Les rettifìer , et les accorder de manière à faire ressortir tout ce qui a été fait jusqu’ ici, et ce qui reste a faire, en les tra^ant sur une carte. 3. * Propose!' un pian afin que cette étude puisse atteindre son but. — 60 CONDITIONS ì.° Les mémoires sur Targument propose devront étre rédigés en italien, ou en latin, ou en frangais : nulle autre laugue est admise. 2. " Chaque mémoire porterà sur son frontispice une épigraphe, qui sera répétée à l’extérieur d’un enveloppe cachetée, dans laquelle se trouveront le nom, et l’adresse de l’auteur. 3. ° On ouvrira seulement 1’ enveloppe correspondante au mémoire qui aura obtenu le prix. 4. “ Si les auteurs , qui auront obtenu une mention honorable, désirent que Tacadémie publie leur nom, il faudra qu’ ils en fassent la demande dans les quatre mois qui suivront le jour où le prix aura été decerne ; ce terme expiré les enveloppes seront brulées sans étre décachetées. 5. “ L’académie a décide que, à l’exception de ses trente membres ordi- naires, cbacun, quelle que soit sa nationalité, pourra concourir pour ce prix. 6. ° Chaque mémoire avec 1’ enveloppe cachetée correspondante , devra étre envoyé franco à l’académie, avant le dernier jour du mois de mars 1865, date de la clóture du concours. 7° Le prix sera décerné par l’académie dans le mois de juin 1865, et con- sisterà en une médaille d’or de la valeur de cent écus romains. 8.° Le mémoire couronné sera publié dans les Atti de 1’ Académie , et l’auteur en recevra cinquante exemplaires. Rome 30 décembre 1863. L’ accademia per mezzo dello squillino segreto approvò il riferito pro- gramma. — 61 L’accademia riunitasi legalmente a un’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ore di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. F. Nardi. — A. Coppi. — B. Tortolini. — D. Diorio. — P. Volpicelli. — ■ G. Ponzi. — . M. Azzarelli. — B. Boncompagni. — S. Cadet. — I. Calandrelli. — = A. Secchi. — C. Sereni. — — P. Sanguinetti. — N. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 22 di febbraio del 1864 P. V. OPERE VENETE IN DONO Memorie dell' Accademia delle Scienze dell' Istituto di Bologna. Serie II."" Tomo II, fase. 3.* e 4." — Tomo III; fase. 1." Piendiconto dell' Accade mia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Anno II, fase. 7-10. Ballettino dell' Associ azione nazionale italiana di mutuo soccorso in Napoli. Disp. 4.“ del 1863. Continuazione degli Atti della R. Accademia economico-agraria dei Geor- GOFiLi DI Firenze. Nuova serie, n. 33. Voi. X, disp. 3.® Alti del R. Istituto Lombardo di Scienze, lettere ed arti. Voi. Ili, fase. XI-XIV. Milano 1863. Memorie dell' I. R. Istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti. Voi. XI. Atti dell' Istituto medesimo. Tomo ottavo. — Serie 3.“ — Dispense 3-7." Ballettino Meteorologieo dell' Osservatorio del Collegio Romano. Voi. II , numeri 10-21. Historia . . . Storia e Memorie della R. Accademia delle Scienze di Lisbona. — Classe delle Scienze morali, politiche, e belle lettere. — Nuova serie. — Tomo li, parte 2." Bulletins . . . Bullettini dell' Accademia R. delle Scienze lettere ed arti DEL Belgio. 31." anno, 2." serie. Tomo XIII-XIV, Memoires . . . Memorie coronate ed altre memorie pubblicate dalV Accademia SUDDETTA. Collezione in 8.° Tomo XIII. Annuaire . . . Annuario delV Accademia suddetta, pel 1863. Bibliothèque . . . Biblioteca del sig. Hassart lasciata in legato alV Accademia suddetta. Bmsselles 1863. Difference . . . Differenza di tempi fra Brusselles e Vienna per Vepoche cri- tiche delle piante e degli animali per Ad. Quetelet. Memoire . . . Memoria sul Calendario Ebraico, preceduta da un capitolo so- pra il Calendario dei Cristiani e sulle sue origini per Benato Martin [D'Angers). — 1863. Naturwissenschaftliche . . . Memorie di scienze naturali compilate da Gu- glielmo Haidinger. Voi. I1-III-IV.° Abhandlungen . . . Memorie delV Imperiale Istituto Geologico di Vienna. Voi. I-II-III.” Jahrbuch . . . Annuario delV I. Istituto suddetto. 1850-52 ; dal 1856 al 1863. General-Register . . . Indice generale alV Annuario suddetto , compilato dal Maresciallo conte di Burgholzhauten . Mittlieilungen . . . Memorie della I. R. Società’ Geografica di Vienna. Anni 1857-1861. Die fossilen . . . I molluschi fossili del Bacino terziario di Vienna pel D.’^ Hornes. Voi. II, fase. 1-4. Uebersicht . . . Sunto dei risultamenti delle ricerche mineralogiche fatte negli anni 1844-1852, per il D.’’ G. A. Kenngott, a Vienna. Berichte . . . Rapporto sopra le comunicazioni degli Amici delle Scienze na- turali di Vienna. Voi. 1-7; compilato dal sig. G. Haidinger. Ansprache . . . Discorsi intorno la compilazione del suddetto rapporto ; del medesimo. Chemische . . . Analisi chimica eseguita dai membri dell’ I. Istituto Geolo- gico di Vienna compilata da Adolfo Se non n e r. Die Sammlungen . . . Guida ai gabinetti di Geologia, del medesimo. Enumerazione sistematica dei minerali delle provincie venete', del medesimo. Katalog . . . Catalogo della Biblioteca dell’ I. B. gabinetto mineralogico di Vienna, compilato dal Custode Paolo Partsch. Reliquiae Kitaibelianae partim nunc primum publicatae, e manuscriptis musei nationalis hungarici. Augusto Kanitz. Sitzungsberichte . . . Conti resi della I. R. Accademia delle Scienze di Vienna. Voi. XLI; fase. I-II. Classe filosofìco-storica. Sitzungsberichte . . . Atti della I. Accademia sodd. — Classe fisico-matema- tica. Voi. XLVI ; fase. III-V ; Voi. XLVII ; fase. I-III. Prima edizione- — Voi. XLVII, fase. I-IV. Seconda edizione. Resister . . . Indice dei Volumi 31 e 40 dei Conti resi dell' I. Accademia SUDDETTA per la Classe filosofìca-storica. IV. Archiv . . . Archivio per i documenti della storia d'Austria. Voi. 28 e 29. Fontes rerum austriacarum. Voi. V.° Scriptores. — Voi. XXII. ° Diplomataria et Acta. Abhandlungen . . . Memorie della R. Accademia delle Scienze di Monaco. Classe matematico-fisica. Voi. IX. fase. 3.“ Sitzungsberichte . . . Conti-resi della R. Accademia sudd. fase. II-IV del 1862; e fase. I, e II del 1863. Rede . . . Discorso per l'Anniversario dell' Accademia sudd., letto nellaseduta dal R.'' Federico Li e big, nel 1863. Denkrede . . . Discorso sopra Giovanni Andrea Wagner , letto come sopra dal £).'■ Filippo di Martius. Verhandlungen . . . Alti dell' Accademia botanica-zoologica di Vienna. Voi. XIII, 1863. Tahrbùcher .... Atti della Società' delle Scienze Naturali di Wiesba- DEN 1861. A Kiralgi Magyar . . . Atti dell' Accademia delle Scienze di Pesten. 1862. Verhandlungen . . . Conti-resi della Società' tran silvani a in Herman nstadt. 1862. Rulletin . . . Bullettino della Società' Imperiale dei Naturalisti di Mosca. Anno 1862. Num. Ili e IV. Comptes . . . Conti resi dell' Accademia delle Scienze dell' Istituto di Francia, in corrente. On thè . . . Sopra i volumi delle superfìcie pedali; pel D.' T. A. IIirst. Annual . . . Rapporto annuale dell' Istituto Smitsoni ano, per l'anno 1861. Annals . . . Annali dell' Osservatorio del Collegio Harvard. Voi. IV. Parte 1. Report . . . Rapporto del Comitato dell' Osservatorio suddetto , fatto dal prof. Rond. Annual . . . Rapporto annuale del Museo di Zoologia comparata , fatta dal Direttore di Boston. 1862. — 64 — Addrcss . . . Indirizzo a S. E. Giovanni A. Andrew y sopra la Legislazione di Jifassachusctls pel 1863. Ucport . . . Rapporto del Colonello I. D. Graham , sulle commissioni topo- grafiche. 2.“ edizione. Chicago 1862. Fascicolo conclusionale dell' Opera di s. Carlo Borromeo^ pubblicata per cura del sacerdote Aristide Sala. Pinerolo 1863. Miniere Umbro-Sabine^ ossia industria sulla lignite applicata come agente il- luminante, calorifico, ed altri usi. Di Tommaso Visibelli, ingegnere gazista. Gite malacologiche e geologiche nella Brianza e nei dintorni di Lecco, e par- ticolarmente alla nuova miniera di piombo argentiero nella Valsassina. Re- lazione di Antonio Villa. Roccie e fossili cretacei della Brianza spediti alle esposizioni di Firenze e Londra. Lettera del medesimo al sacerdote Buzzoni. Osservazioni geognosticlie fatte in una gita sopra alcuni colli del bresciano e del bergamasco, del medesimo. Apparizione periodica della Carruga comune, o Melolonta’, del medesimo. — Uelazione. IMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Peirus De Yillanova Castellacci Arr.hiep. Petrae Yicesgerens. ATTI DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SEI SOCI OSlDXN'AaX E SEX COB.B.XSEOHO'SEJSTX Sulla scoperta delle origini del Nilo fatta da Speke e Grant. Memoria di monsign. F. Nardi. Invitato dalla benevolenza d’alcuni dei nostri colleghi ad esporvi lo stato della famosa scoperta delle sorgenti del Nilo, m’appresto a farlo. Quel fiume singolare pel suo annuo incremento, famoso per il paese che traversa, e che senza di lui non istarebbe, superiore in maestà e bellezza a tutti i fiumi della terra anche assai maggiori, eccitò sempre la più viva cu- riosità d’ indagarne le origini. Se si può credere ai poeti , Cesare niente più desiderava che di veder queste origini Così Lucano nella Farsalia. Un’altro Cesare, assai diverso da Giulio, qual fu Claudio Nerone, ebbe anch’esso la stessa curiosità, e mandò due Centurioni che dalla descrizione lasciataci da Seneca (Nat. Quaest. VI, 8) non devono aver penetrato se non fino agli enormi paduli, che si allargano intorno al 9" di lat. boreale , dove l’ incontro del Nilo Bianco col fiume delle Gazelle (Bahhr-el- Ghazal), e la perfetta pianura rendono il fiume stagnante. Di ritorno raccon- tarono coll’usata grandiloquenza latina : « Nili Paludes immensas, .... qua- » rum exitus nec incolae noverant, nec sperare quisquam potest ». Però certo ì Greci, e Tolomeo raccolsero maggiori e migliori notizie, delle quali ecco il SESSIONE ir BEI 5 GESMEO 1864 PRESIDENZA DEL SIG. PROF. N. CAVALIERI SAN BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI niliil est qitod nascere malim, Qiiam fltivii caiisas per saecula tanta latentes, Ignolumque cajmt 9 — 64 — Atlilrcss . . . Indirizzo a S. E. Giovanni A. Andrew ^ sopra la Legislazione di Massachusctls pel 1863. Kcport . . . Rapporto del Colonello /. D. Graham , sulle commissioni iopo- grofieUe. 2.“ edizione. Chicago 1862. Fascicolo conclusionale delV Opera di s. Carlo Borromeo, pubblicata per cura del sacerdote Aristide Sala. Pinerolo 1863. Miniere Umbro-Sabine, ossia industria sulla lignite applicata come agente il- luminante, calorifico, ed altri usi. Di Tommaso Visibelli, ingegnere gazista. Gite malacologiche e geologiche nella Brianza e nei dintorni di Lecco, e par- ticolarmente alla nuova miniera di piombo argentiforo nella Valsassina. Re- lazione di Antonio Villa. Roccie e fossili cretacei della Brianza spediti alle esposizioni di Firenze e Londra. Lettera del medesimo al sacerdote Buzzoni. Osservazioni geognosticlie fatte in una gita sopra alcuni colli del bresciano e del bergamasco, del medesimo. Apparizione periodica della Carruga comune, o Melolonta; del medesimo. — Helazione. IMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Yillanova Castellacci Arehiep. Petrae Yicesgerens. ATTI DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SEI SOCI OB.SZN’AaX E SEI COB.RlSPOrirSEJ!iITI Sulla scoperta delle origini del Nilo fatta da Speke e Grant. Memoria di monsign. F. Nardi. Invitato dalla benevolenza d’alcuni dei nostri colleglli ad esporvi lo stato della famosa scoperta delle sorgenti del Nilo, m’appresto a farlo. Quel fiume singolare pel suo annuo incremento, famoso per il paese che traversa, e che senza di lui non istarebbe, superiore in maestà e bellezza a tutti i fiumi della terra anche assai maggiori, eccitò sempre la più viva cu- riosità d’ indagarne le origini. Se si può credere ai poeti , Cesare niente più desiderava che di veder queste origini Così Lucano nella Farsalia. Un’altro Cesare, assai diverso da Giulio, qual fu Claudio Nerone, ebbe anch’esso la stessa curiosità, e mandò due Centurioni clic dalla descrizione lasciataci da Seneca (Nat. Quaest. VI, 8) non devono aver penetrato se non fino agli enormi paduli, che si allargano intorno al 9" di lat. boreale , dove l’ incontro del Nilo Bianco col fiume delle Gazelle (Babhr-el- Ghazal), e la perfetta pianura rendono il fiume stagnante. Di ritorno raccon- tarono coll’usata grandiloquenza latina : « Nili Paludes immensas, .... qua- )) rum exitus nec incolae noverant, nec sperare quisquam potest ». Però certo i Greci, e Tolomeo raccolsero maggiori e migliori notizie, delle quali ecco il SESSIONE ir DEI 3 GEfflARO 1864 PRESIDEIVZA DEL SIG. PROF. IV. C.4VALIER1 SAM BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI nihil est quod nascere malim^ Qiiam flnvii causas per saecula tanta latentes, Ignotumque caput 9 66 — sunto. A piè dei famosi Monti della Luna, SsXvjvv?? cpog de’ Greci, Montes o Mons Lumie de’ Latini, Gebel-el-Khamar degli Arabi, posti un po’ vagamente intorno al 12“ di lat. australe, ma in ogni caso oltre l’Equatore, scaturisce gran copia di fiumi e canali, che variamente intrecciandosi fra loro finiscono in due gran laghi o stagni, oa" zou IS^clov Nili Paludes, entrambi sotto 10 stesso paralello eh’ è circa il 6“ di lat. australe. Da quei due grandissimi stagni uscivano due rami del Nilo , che 3| gradi più sotto , cioè intorno al 2" 30' lat. austr., univansi nel solo Nilo. Così Tolomeo, così le carte costrutte su di esso , da una delle quali conservata nella Biblioteca di Propaganda , trassi questo schizzo che vi presento in una scala un po’ aggrandita. Di più non seppero gli antichi; pure già in questo c’ è, come vedremo, non poco di vero. Il medio evo seguì a ripetere le carte di Tolomeo. Gli Arabi pare non penetrassero molto avanti nel Sudan , nè credo , che ivi passassero 1’ Equa- tore africano. Conoscevano però che il Nilo formavasi di due grandi fiumi , ai quali diedero due nomi tratti dal colore delie acque loro , e sono i nomi che portano ancora di Bahhr-el-Azrek, cioè Fiume Azzurro al minore, che viene dall’Abissinia, e di Bahhr-el-Ahiad , cioè Fiume Bianco al maggiore , che fu sempre e giustamente considerato come il vero Nilo. Si tratta appunto delle origini di questo. Gli Arabi non le conobbero , e per quanto so, neppure le investigarono. 1 Turchi non sono molto tormentati dal desio di sapere, e sol- tanto circa 12 secoli dopo essersi impadroniti dell’Egitto, sentirono qualche vaghezza di conoscere le origini del gran fiume. Mehemet-Alì vìeerè, uomo d’al- cuna coltura, mandò alla ricerca di quelle sorgenti. Delle due spedizioni, la se- conda condotta nel 1847 da Abbadie e D’Arnaud rilasci a penetrare sino al 4“ 42' lat. boi’., cioè sino al famoso Gondocoro, villaggio nella terra dei Bari. Colà 11 fiume è impedito da un gran banco di gneis, traverso il quale penosamente e furiosamente si fa strada. La navigazione oltre a quel punto è sommamente ardua, e spesso impossibile. Qui si arrestò quella spedizione , e qui si arre- starono in generale la maggior parte degli esploratori successivi. Primo a pas- sare queste fatali colonne d’ Ercole fu nel 1849—30 monsignor Knoblecher Pro- vicario apostolico dell’Africa Centrale. Peraltro non le superò che di circa 32' sino al villaggio e monte Logwek; più oltre non giunsero che pochissimi, tra i ([uali il nostro intrepido veneziano Miani, che arrivò a circa 3“ 40', e il missionario De Bono che penetrò sino a Faloro a 3" 21'. Però nè il Miani, nè il De Bono erano matematici, e pur troppo le latitudini del De Bono sono dubbiose , c quelle del Miani furono trovate erronee. Quanto alle longitudini quella stessa di Gondocoro è ancora incerta , e Petermann la stima di due due gradi più occidentale di quello che le dà questa medesima carta che vi presento copiata da quella dei due celebri scopritori, de’ quali dirò. Credo inutile occuparmi del viaggio di Brun-Rollet, congerie di nomi e cose senza critica, nè ordine alcuno. Egli spacciò d’esser giunto sino intorno al 2“ lat. bor., ma trovò poca fede in Oriente, e ancor minore in Occidente. Quali erano le ragioni che si opponevano così invincibilmente a montare più in su ? Eccole in poche parole : un clima micidiale con un sole sempre vicino al zenit, e otto mesi di pioggie stemperate; fiere, e rettili, e nugoli d’ insetti che fanno strazio d’ogni carne umana, che non sia il cuojo dei Negri; popoli i più bar- bari della terra divisi in tribù sempre in guerra fra loro , alcuna delle quali ancora non vide un Bianco. D’altra parte se i Bianchi sono male accolti dai Negri, questi non ne hanno tutto il torto, poiché le bestie che si menano al mercato o al macello sono assai meglio trattate che noi siano i Negri sia dai Turchi , sia dagli Arabi , sia dagli Europei compratori di schiavi e d’avorio. Sei anni or sono, nel 1837, rivisse in Europa il pensiero di cercare le origini del Nilo. La spedizione iniziata dal conte di Escayrac a spese d’ Ibrahim Pa- scià viceré d' Egitto avea naturalisti, matematici, e officiali inglesi, francesi, prussiani ed austriaci. Per caso m’ incontrai con essa a Trieste, e le fui com- pagno sino al Cairo. Ivi dovea cominciare , ed ivi miseramente finì , perchè la discordia si era messa tra quei signori di troppo diverse lingue e pensieri. Miani, il nostro bravo Veneziano, tentò in questo frattempo quasi da solo la sua spedizione, ma sprovisto d’aiuti e d’ istromenti , e fors’anche non abba- stanza addentro nella matematiche, e massime nell’ astronomia, diede parti- colari non affatto precisi sui luoghi che visitò, e sbagliò, come dissi, le lati- tudini. Però la sua carta, benché scorretta, è sempre preziosa, nè si scosta gran fatto da quella che ora ci danno i due scopritori, e che io vi presento. Vengo alla scoperta. Burton celebre per i suoi viaggi e le sue sventure sulla Costa de’ Somali, e Speke ufficiale inglese dell’ esercito indiano, volendo sciogliere il problema, concepirono un nuovo e ardito pensiero. Dissero fra se: i nostri predecessori seguirono il Nilo a ritroso, salendo verso le sue origini; noi andremo diritto a queste , e accompagneremo il fiume nella sua discesa. Partiti dalla costa africana orientale del Zanzibar si volsero a Nord-Ovest, tentando d’accostarsi a quella regione, in cui, secondo le conghietture e le relazioni, doveansi tro- vare le sorgenti. Il primo viaggio del 1837 e 38 non fu certamente sterile di belle scoperte, ma neppure pienamente felice. Burton ammalò per via, e S|)cke non riuscì a conoscere che in parte il gran lago, ch’esso disse Victoria, e i nativi chiamano Ukereve , aggiungendovi la voce Nyanza che vale lago. In esso stavano celate le origini del gran fiume, ma la malattia del compa- gno, e i disagi l’ impedirono di compiere la ricerca. Non si scoraggiò, e nel 1800 riprese la via con un’altro compagno, il Capitano Grant anch’esso del- resercito delle Indie. Partirono da Zanzibar il 1.° ottobre 1860. Tutto pa- reva congiurare a lor danni: le tribù in guerra, una siccità che avea desolata tutt’ Africa orientale , malvagità e abbandono degli uomini ai quali erano co- stretti d’affidarsi. Per avere un’ idea degli stenti patiti da quei generosi basti dire che a traversare 6 gradi di longitudine, e 2 di latitudine, impiegarono quasi un’anno. Una lettera di Speke inviata il 30 settembre 1801 da Kaseh a 33° di long, da Parigi, e 5° di latit. austr., fu per oltre un’ anno la sola notizia che si avesse dei viaggiatori, intorno ai quali già correano le più tristi nuove. Quand’ ecco in maggio dell’ anno testé finito , giungere dall’ Egitto a Londra un lieto telegramma: i due viaggiatori col problema già sciolto erano pervenuti a Kartum nella Nubia, e s’avviavano alla patria. Io non potrei dare in questi brevi istanti neppure un sunto di quanto riferirono, ma dirò della via percorsa, e del risultato finale. Da Kaseh nel regno di Ukalaganna a 5° di lat. australe mossero verso 1’ Equatore piegando un poco per Ovest. Traversarono diversi regni, tra i quali quelli di Usinsa posto intorno al 3° di lat. australe, quello di Karagve tra il 2° ed il 1°, d’onde passato un grosso fiume, il Ki- tangule, che mette nel Victoria, entrarono nel regno importante di Uganda, che occupa pressoché tutta la sponda Nord Ovest del gran lago Victoria. Questo ha quasi la forma d’ un triangolo la cui base rivolta all’ Equatore lo passa di circa 20 minuti entrando nell’emisfero boreale. Alla metà di questa base, da un seno che i viaggiatori chiamarono Napoleon Channel, a circa 31“ 20' da Parigi, e 20' di lat. bor., esce un magnifico fiume largo 150 yards (circa 133 metri) aprendosi il varco tra roccie di gneis, donde con una caduta di 12 piedi, che i viaggiatori dissero cateratta di Ripon, balza in una bellissima valle lus- sureggiante della vegetazione tropicale , incominciando così nobilmente quel corso che dee farne il più famoso fiume della terra. Ivi é detto Kari , più basso Tubiri o Ciubiri , poi Kic , indi Fiume Bianco e Nilo. Il lago Victoria ebbe , secondo Speke , per l’addietro maggiore estensione , ma anche qual’ é misura 150 leghe in largo , e circa altrettante in lungo. Piccola invece ne sembra profondità. Le sue sponde sono frastagliate da gole scavate da quei — 69 — diluvii di pioggia che, secondo Speke, cadono in quel paese non meno di 238 giorni r anno , ed eccovi il segreto del grandioso e regolare incremento del tìume. 1 viaggiatori pigliarono il fiume dalle cateratte di Ripon, che n’ò come la sorgente, e lo seguirono nel suo tortuoso corso che prima si volge a Nord poi ad Ovest, ricevendo il tributo di minori fiumi. Due di questi il Luadjere e il iVIuorungo escono dallo stesso lago Victoria ; altro ben più importante r Asua credesi venire da un lago salato, detto Duringo, posto ad Oriente del Victoria e unito ad esso , ma fiume e lago sono ancora alquanto dubbiosi e r Asua nella stessa carta di Speke che vi presento , non è che punteggiato. Già tali cose bastano ad avvertirci come fossero erronee le idee degli europei intorno a questa parte d’ Africa. Sino a mezzo secolo fa credevasi generalmente che il centro del Continente africano forse un’ orribile aridissimo deserto o senza abitatori, o trascorso appena da pochi nomadi. Speke e Grant ne’ gradi intorno all’ Equatore, Livingstone più al Sud trovarono ben falsi questi giu- dizii. La parte d’ Africa percorsa dai nostri esploratori è in generale un’ alti- piano che nel centro ha il gran lago Victoria, il cui livello supera di 3553 piedi quello del mare. All’est del lago sorge una catena d’alti monti fra i quali primeggiano il Kilimandiaro al 3“, e il Kenia al 1“ di lat. australe, probabil- mente vulcanici, almeno a giudicarne dalla natura delle roccie, e dai frequenti terremuoti sensibili oltre 1’ Equatore sino a Gondocoro. Molto ancora rimane a sapersi intorno al sistema e natura di questi monti,- ai quali non ingiusta- mente si diede il nome di monti della Luna, passato da Tolomeo agli Arabi, e da questi a noi per esprimere quella catena al Sud dell’ Equatore che cir- conda le origini del Nilo. Al lato opposto, che è a dire ad Occidente, levansi pure altri monti, tra i quali il M’fumbira che s’innalza a 10,000 piedi. Per- locchè non andremmo errati valutando a 4 mila piedi sul livello del mare l’altezza media di questa parte equatoriale d’ Africa. Il clima adunque non è così fervente come presso la costa, e permette alle acque procedenti sia dalle nevi che cadono talora sulle cime dei monti, sia da quelle lunghe e stempe- rate ploggie, di raccogliersi e durare formando una serie di laghi, le cui su- perficie giova di nuovo a mitigare il clima. In vero oltre il Victoria, che tiene 3 gradi in largo, e circa altrettanto in lungo, e il Baringo unito a lui , ve- diamo al di qua dell’ Equatore il Luta N’zige stendersi per quasi 3 gradi di latitudine, e al di là il Tanganiika dilatarsi per ben 5 gradi dal 3" al 8° di lat. meridionale. Di minor conto sono il Rosisi tra il 1° e 2° lat. austr., e l’Achenyard verso il 3°, da cui esce il Kittangule massimo tra gli influenti nel 70 — Victoria, che ci sianolo. Tanta copia d’acque in un’altipiano equatoriale dovea dare una stupenda vegetazione, e tale è appunto quella descrittaci dei viag- giatori. Così fossero men barbare le tribù , cui questa bella parte d’ Africa toccò in retaggio ! Invero in alcuni dei paesi trascorsi le genti erano meno feroci, ed anzi nel sovrano d’ Uganda trovò Speke con sua sorpresa un’uomo di non mediocre ingegno , il che però non che toglieva mantenesse la sacra usanza venutagli dai suoi maggiori di uccidere un’uomo ogni dì dell’anno per la salute dello Stato. In Uganda Speke e Grani rimasero oltre a 6 mesi ospiti, o piuttosto prigionieri di quel re sospettoso, forse non senza ragione , degli Europei. Ma usciti da Uganda per (iontinuare le loro esplorazioni e accompa- gnare il fiume sin colà dove indubbiamente è Nilo, si trovarono in mezzo a tribù ben peggiori, e a genti della più incomposta barbarie. L’ Equatore che segna le origini del Nilo sembra segnare a un dipresso anche una gran di- visione tra i popoli meridionali e settentrionali dell’Africa, poiché lingue e co- stumi cangiano di repente, e sparisce l’ultimo raggio di civiltà. Gli Unyoro , gli Ukidi, i Madi, e i Bari, tra i quali dovettero viaggiare successivamente i due esploratori per costeggiare il fiume , sono piuttosto simili a fiere , e ne imitano la rapacità, onde qui quasi al termine delle loro gloriose fatiche tro- varono i maggiori perìcoli. Si tentò di togliere loro persino 1’ ultimo crono- metro , col quale Speke avrebbe perduto ogni mezzo di fissare le posizioni. Per aggiunta le tribù dei Madi e dei Rosei erano in guerra tra loro , onde passare dall’una all’altra era esporsi a perdere quasi certamente la vita, e con essa il frutto di tante fatiche. Quindi si risolsero al più doloroso sacrifizio , che lascia ancora sulla loro scoperta una nube leggiera. Dopo aver seguito fe- delmente il fiume dalla sua uscita del lago, ch’è a 20' lat. boreale, sino alle cate- ratte di Karuma a 2“ 2', dove il fiume fa un gran gomito volgendosi all’ Ovest, dovettero abbandonarne le rive, e percorrere la corda dell’arco anziché l’arco stesso. Soltanto dopo un grado e 20 minuti, cioè a 3" 40' lat. bor., tornarono a incontrare il fiume accompagnandolo da poi assiduamente sino a Gondocoro, cioè sin dove l’unanime consenso dei geografi lo dice Nilo. Rigorosamente per es- sei'c sicuri che il fiume uscente dal Victoria, e che lasciarono a Karuma, sia il fiume stesso che incontrarono più sotto, cioè il Nilo, avrebbe convenuto se- guirne tutto il corso, perchè nulla è più vario, incerto e capriccioso dei fiumi, e in quel grado e 20 minuti, nei quali lo perdettero di vista, ben potrebbesi iinaginare uno scambio, che in un paese così ricco di fiumi e di laghi nessuno oserà dire impossibile. Potrebbe darsi p. e. che il Rari, che abbandonarono, fi- — 71 uìsse in un lago, e non avesse a che fare col fiume che poscia inconti’arono, e che va a Gondocoro. Tal’è precisamente Topinione del Miani, che seguita a gridare erronea la scoperta dei due ufiiziali inglesi, e crede le origini del Nilo doversi ricercare più all’ est a un dipresso alle falde dei due monti Kenia e Kilimandjaro. Su di che però osserva Petermann, che se di là venisse il Nilo, i due viaggiatori procedendo come fecero da Sud a Nord ben avrebbero do- vuto incontrarlo per via. Invece il fiume riveduto a 3“ 40' e ch’è il Nilo, ve- niva da Occidente, e presentava tutti i caratteri del fiume lasciato a Karuma, tutti i caratteri che il Nilo conserva sino alla valle dell’ Egitto , tra i quali l’assiduo avvicendare di larghi tratti piani con lunghe cateratte. Che se i viag- giatori per quell’ intervallo lo perdettero di vista, raccolsero però da viaggiatori arabi e turchi , e massime da indigeni , quante più sicure notizie potevansi avere, e su di esse tracciarono questo corso punteggiato, che dimostra il tratto non visto, ma probabile del fiume. Secondo questo disegno il fiume dopo Ka- ruma piegando affatto all’ Ovest tocca 1’ estreme acque del lago Luta N’zige per poi riuscirne a Nord Est, e volgersi quasi diritto a Nord. Osserverò sol- tanto non già per accrescere le dubbiezze, ma per amore del vero, che que- sto scorrere lunghesso l’estreme acque un lago per riuscirne poco dopo , ha pochi o forse nessun riscontro nel globo, dove generalmente i fiumi traversano i laghi, ma non sogliono percorrerne a quel modo la sola estremità. Laonde sebbene aneli’ io volentieri m’unisca al Petermann, e al Murchison t nel credere assai probabile , che il fiume uscente dal Victoria sia veramente il Nilo, non trovo assurdo il dubitarne, e lodo la generosa risoluzione del mio compatriota sig. Miani, viaggiatore intrepido ed instancabile, che non credendo alla scoperta di Speke e Grant, si dispone a sciogliere il problema con una spe- dizione, per la quale l’ imperatore d’Austria gli accordò 6 mila fiorini, 1 2 soldati mantenuti a spese dell’ Impero, e 2 bravi ufiiziali uno di marina, e l’altro del genio. Quest’ultimo è il sig. Boleslawski, che ebbi a conoscere in Egitto dove for- mava parte della infelice spedizione di Escayrac. Boleslawski è intrepido, robu- sto , e peritissimo nelle matematiche , e supplirà a quanto potesse mancare al Miani. La spedizione è sulle mosse , e Petermann crede che essa confer- merà la scoperta dei due ufiiziali inglesi, emenderà le scorrezioni, e toglierà le incertezze. Se il desiderio si compie, la nostra età avrà la gloria di avere sciolto i due assunti paruti impossibili agli stessi Romani : Caput Nili quaerere, e islhmum fodere. Confrontando ora la carta dataci dai viaggiatori, e che dobbiamo consi- derare come Vullimum verhum, con quella di Tolomeo che rappresenta le opi- nioni degli antichi, ci è forza convenire che n’è notevole l’analogia. Essa è tanta che r illustre Murchison vicepresidente della società reale geografica di Londra, nel suo rapporto sulla scoperta di Grant e Speke letto alla società il 30 mag- gio dell’anno decorso, credeva di vederne una conferma. Egli notava cioè, che in una carta antica conservatasi alla nostra Propaganda di Roma disegnata da un missionario, faceasi scaturire il Nilo da tre gran laghi sotto 1’ Equatore. Gli scrissi , che la carta a cui esso alludeva era un mappamondo delineato non da un missionario, ma da Girolamo da Yerrazzano, il quale per gravi ar- gomenti che indicai al Murchison, cinedo fratello di quel celebre Giovanni che scopri il Yacatan, e tanta costa d’America settentrionale. L’autore e la data sono attestati dalla stessa carta, dove in alto si legge : Hieromjmiis da Ver- razzano faciebat, e al sito della Virginia, e della Carolina sta scritto « Ver- )) razzarla, seu Nova Gallia, quale discopri 3 anni fa Giovanni da Terrazzano » fiorentino per ordine e commandamento del Ghristianissimo Re di Francia». I Terrazzano erano fiorentini, famiglia di navigatori come i Vespucci e tanti altri che seguirono il gran Genovese. Giovanni fece le sue scoperte fra il 1525 e 1530 , e la sua lettera a Re Francesco, dove ne dà notizia , porta que- st’ultima data; quindi la Carta de v’ essersi delineata intorno il 1535. Non avendo potuto recarla qui, ve ne presento quella parte che riguarda le origini del Nilo. Voi lo vedete uscire in due rami dai due gran laghi, le Paludes Nili, poste oltre 1’ Equatore a circa G di lat.; i laghi poi ricevono largo tributo da una rete di fiumi che scaturiscono dal piede dei Monti della luna, Mons lu~ nae , come scrive Terrazzano , monti che hanno viaggiato assai sulla carta d’ Africa; Terrazzano li pone intorno all’l 1 di lat. australe. Questa carta adun- que, come scrissi al Murchison, e com’esso ebbe a convenirne in una gentile e modesta risposta, non ha cosa gran fatto rimarchevole, nè accenna a sco- perte o cognizioni posteriori; essa è nulla può che una fedele ripetizione del- l’antica geografia tolemaica, la quale però scorgiamo non esserne così enorme- mente lontana dal vero, quale oggi è saputo. Realmente se noi raccostiamo all’ Equatore i due laghi di Tolomeo, se spostiamo ai fianchi, anziché lasciare a tergo di esso i famosi Monti della Luna, troveremo che la rozza tavola tolemaica conteneva molti elementi di verità. Cosi orasi riso lungamente di Erodoto e Tolomeo perchè avean detto 1’ ac- crescimento del Nilo venire dallo sciogliersi delle nevi, sendochè le nevi sotto 73 — l’Equatore stimavansi impossibili. Diceasi, che Erodoto parlando delle nevi equato- riali credeva di essere per avventura ad Alicarnasso, o tra i monti della Macedonia. Ora che in America e in Africa le nevi sotto l’Equatore sono un fatto certissimo, non si troverà per nulla improbabile che il loro fondersi dalle cime del Kenia, del Kilimandjaro, e del M’fumbira possa contribuire all’ incremento del fiume, il quale nel Sudan comincia precisamente in Febbraio e Marzo , cioè col ri- torno del sole dai segni meridionali verso l’Equatore. Novella prova di quanto occorra andare guardinghi prima di condannare come favole le opinioni degli antichi. 74 -- Florae romanae Prodromus exhibens plantas circa Romam , in Cisapenninis Pontificiae diclionis provinciis , et in Piceno sponte venientes. Auctore Petro Sanguinetti (Continuazione) (^). 1689. sYLVATicUM Willd. Sp. PI. L. 3. p. 1578. Hirsutura pilis scabridis. Radice transversa fibris exilibus : caule erecto subsimplici ut plurimum toto foliato: foliis inferioribus ovatis oblongisque grandidentatis in petiolum longe decurrentibus, mediis sessilibus ovato-acuminatis laxe acuteque dentatis, su- perioribus minoribus laxe brevitei’que dentatis: coryrnbo terminali racemulisque axillaribus numerosis, nubilibus nutantibus : calatliis mediocribus campanifor- mibus: squamis involucri obtusis. H. sylvaticum Bert. FI. It. t. 8. p. 485. - H. murorum Seh. et Maur. FI. Bora. Prod. p. 271. n. 963. In sylvis Latii et Umbriae commune. Presso Albano, la Riccia, il Soratte, il Vettore etc. Perenn. Fior. Majo-Autumno. Flosculi lutei. 1690. TOMENTosuM All. Flor. Ped. t. i.p. 216. Dense lanatum. Radice crassa tignosa descendente: caule adscendente basi folioso parce ramoso: foliis crassis ovatis vel ovato-acuminatis, supremis lanceolatis, inlimis in petiolum brevem decurrentibus , caeteris sessilibus , omnibus integris vel remote den- tatis: floribus corymbosis longe pedunculatis: calathis majusculis: involucri he- rnisphaerici squamis lineari-acuminatis. H. tomeiitosum Bert. FI. It. t. 8. p. 488. In alpestribus australibus Umbriae et Piceni Vettore etc. Perenn. Fior. Majo- Augusto. Flosculi lutei. 1691. viLLosuM L. Sp. PI. p. 1130. Glaucescens, molliter villosum villis saepe elongatis. Radice crassiuscula perpendiculari parce ramosa: caule erecto simplici mono-paucifloro: foliis inferioribus oblongis in petiolum decurrentibus, caulinis inferioribus sessilibus elongatis , superioribus late ovatis caulem am- plexantibus: calathis solitariis majusculis : squamis involucri lanceolato-linea- ribus. H. villosum Bert. FI. It. t. 8. p. 489. In alpestribus Umbriae. Monte Corona. Perenn. Fior. Julio- Augusto, Flosculi luteo-aurei villosi. (*) (*) Y. sessione I, del 6 dicembre 1863. 1692. AMPLExicAULE L. Sp. PI. p. 1129. Pubescens pilisque glanduliferis viscidum. Radice robusta praemorsa, radiculis numerosis : caule erecto pani- culato-ramoso; foliis radicalibus oblongo-lanceolatis in petiolum attenuatis grosse dentatis breviterve lobatis, caulinis sessilibus cordato-amplexicaulibus auriculis rotundatis, inferioribus ovato-elongatis laxe dentatis , supremis ovato-acumi- natis subintegris: floribus corymbosis : calathis majusculis: squamis involucri lanceolato-acuminatis. H. amplexicaule Bert. FI. It. t. 8. p. 497. In rupestribus alpinis Umbriae et Piceni. M. Vettore etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei pilis ornati. Obs. Odore balsameo potius ingrato redolet. 1693. PREXANTHoiDEs Vili. Daupli. t. 3. p. 108. Laxe piloso-glandulo- sum. Radice crassa brevi, fibris lateralibus robustis; caule erecto parco ramoso; foliis remote dentatis integrisve , radicalibus lanceolato-elongatis in petiolum productis, caulinis sessilibus cordato-amplexicaulibus lanceolatis acutis, adscen- dendo minoratis acutiusculis: calathis mediocribus in corymbo terminali com- pacto: squamis involucri linearibus obtusiusculis. H. prenanthoides Beri. FI. It. t. 8. p. 500. In alpestribus Umbriae. Monte de' Fiori, Vcdle Canetra etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei. 1694. SABAUDE M L.Sp. PI. p. 1131. Scabriusculum- Radice brevi crassa: caule erecto superne parco ramoso : foliis crebris remote arguteque serratis acuminatis , inferioribus oblongo-lanceolatis in petiolum breviter constrictis , superioribus sessilibus semiamplexicaulibus abbreviatis : calathis mediocribus corymbosis: involucri squamis linearibus acutis pedicellisque bracteolatis sub- tomentosis. H. sabaudum Bert. FI. 11. t. 8. p. 503. In sylvaticis rnontanis. Da Siibiaco per la via di Vallepielra. Perenn. Fior. Autumno. Corollulae luteo-aureae. Obs. Pianta succo lacteo referta. RARKHAUSIA. 1695. BUitsiFOLiA. DC. Prod. Sijst. nat. t. 7. p. 155. Glabriuscula. Ra- dice perpendiculari elongata, fìbris lateralibus paucis : caule tereti parco ra- moso: foliis radicalibus rosulatis obverse lanceolatis pinnatifìdo-lobatis denta- tisve, lobo supremo majore saepe rotondato, caulinis paucis linearibus inte- — 76 gris : calathis parvis corymbosis solitarisve : involucri s quamis calyculantibus anguste marginatis. B. bursifolia Beri. FI. It. t. 8. p. 509. - Hieracium siculum Bursae pa- storis folio Bocc. Mus. di Piani, p. 147. tab. 106, et 112. In pratis secus Viterbìum. P^renn. Fior. Aprili-Majo. Flosculi sulphurei. 1^96. scARiosA DC. Prod. Syst. nat. t. 7. p. 153. Hirto-scabra. Caule erecto sulcato superius ramoso, ranais erectis elongatis: foliis inferioribus runcinatis acute dentatis , caulinis sessilibus amplexicaulibus basi laciniatis , summis integerrimis: calathis mediocribus in corymbo composito, bracteis na- vicularibus squamisque involucri calyculantibus conca vis. B. scariosa Beri. FI. II. t. 8. p. 522. - Crepis scariosa Sebast. En. PI. Ampli. Flaviip. 39. n. 75. - Seb. et Maur. FI. Boni. Prod. p. 271. n. 964. - Cichorium sylvestre vessicarium pratense Column. Ecphr. 1. p. 238. et C. pratense vessicarium l. c. fig. 237. In pascuis et marginibus communis. Ann. FI. Aprili-Majo. Flosculi lutei. 1697. FOETiDA DC. Prod. Syst. nat. t. 7. p. 158. Hirsuta pilis albi- dis. Caule erecto superne ramoso , ramis paniculatis : foliis radicalibus sub- integris in petiolum decurrentibus, caulinis inferioribus pinnatifìdis runcinatisve acute dentatis, superioribus lanceolatis basi lacinulatis ; pedunculis elongatis : calathis mediocribus solitariis, squamis involucri calyculantibus laxis non mar- ginatis: stipite pappi elongato. B. foetida Beri. FI. It. t. 8. p. 523. - Crepis foetida Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. S9. n. 17 . - Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 271. n. 967. In ageribus et incultis obvia. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. Obs. Folia contrita odorem ingratum Amygdali amarao spargunt. 1698. SETOSA DC. Prod. Syst. nat. t. 7. p. 155. Hispida pilis paten- tibu^ caule erecto sulcato valde ramoso, ramis patulis: foliis radicalibus sub- integris runcinatisve in petiolum productis, caulinis sessilibus basi laciniato- sagittatis inferioribus runcinatis superioribus lanceolatis : calathis numerosis parvis in corymbis compositis: squamis involucri hispidis, calyculantibus mi- noribus patentibus. B. setosa Beri. FI. It. t. 8. p. 525. - Crepis setosa Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 39. n. 77. - Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 271. n. 966. |6 glabra. Foliis profundius lacinatis glabris. In umbrosis et ad vias communis. /3 Nel Foro Romano. Ann. Fior. Aestate. Corollulae luteae. CREPIS. 1799. LACERA Ten. FI. Nap. t. 'ì. p. 74. Glabra vel hispidula. Caule erecto sulcato superne ramoso, ramis paniculato-racemosis: foliis oblongis acutis, inferioribus pinnatifidis in petiolum productis laciniis inaequalibus integris dentatisve, superioribus sessilibus lineari-acuminatis basi saepe laciniatis: ca- lathis majusculis in racemo terminali saepe composito: involucri albo-tomentosi squamis linearibus margine membranaceis, calyculantibus brevissimis adpressis. C. lacera Bert. FI. It. t. 8. p. 529. - C. latialis Sebast. Rom. PI. fase, alt. p. 16. tah. 5. - C. biennis Seh. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 272. In montibus calcareis Latii. Monte Lucretile etc. Bienn. Flosculi lutei. Obs. Pianta valde venenata hominibus et bestiis praesertim suillis. 1700. PULCHRA L. Sp. PI. p. 1134 a /3. Hirsutie brevi scabriuscula. Caule subsimplici erecto sulcato: foliis inferioribus oblongis in petiolum longe pro- ductis, superioribus ovato-lanceolatis basi breviter hastatis; calathis parvis pa- niculato-corymbosis: squamis involucri glabri lineari-acuminatis anguste mar- ginatis, calyculantibus ovatis brevissimis. C. pulchra Seb. et Maur. Fior. Rom. Proci, p. 272. n. 969. - Bert. FI. It. t. 8. p. 531. - Hieracium montanum alterum Xenzopax^poKOivlov Column. Ecphì . 1. p. 248, et H. leptomacrocaulos l. c. p. 249. fig. In ageribus sylvaticis. AlVArco scuro, alla Marcigliana etc. Ann. Fior. Majo-Junio. Flosculi lutei. 1701. LEONTODQNToiDES All. A.iict. p. 13. Glabra. Caule erecto saepe caespitoso superius ramoso: foliis radicalibus ruiicinatis, lobis crebris acute den- tatis integrisve, impari majore delthoideo, caulinis unico paucis ut plurimum integris: pedunculis elongatis bifìdis : calatbis mediocribus, squamis involucri lanceolato-linearibus, calyculantibus brevissimis laxiusculis ovato-lanceolatis, C. leontodontoides Bert. FI. It. t. 8. p. 533. In montanis mare versus. Alle Allumiere della Tolfa. Bienn. Fior. Majo. Flosculi lutei. 1702. NEGLECTA L. Maiit. ì.p. 107. Ut plurimum glabra. Caule- erecto ramoso: ramis paniculatis: foliis radicalibus sinuato-laciniatis in petiolum de- — 78 — currentibus, caulinis sessilibus basi sagittato-Iaciniatis: calathis parvis panicu- lato-corymbosis, nubilibus nutantibus; involucri squamis lanceolato-linearibus angustissime marginatis, calyculantibus brevioribus angustioribus adpressis. C. neglecta Maur. Cent. 13. p. 38. - Beri. FI. It. t. 8. p. 535. - C. stricta Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 39. n. 76. - Seb. et Maur.. FI. Rom. Prod. p. 271 n. 965. In ageribus et ad vias urbis vulgaris. Ann. Fior. Aprili-Junio. Flosculi lutei. 1703. TECTORUM L. Sp. PI. p. 1135. Cinereo- viridis glabriuscula. Caule adscendente vel erecto apice ramoso, ramis paniculatis: foliis radicalibus inae- qualiter pinnatifidis runcinatis vel indivisis jamdudum dentatis in petiolum productis, superioribus sessilibus lanceolatis basi sagittatis inferius dentatis su- perius elongato-acuminatis integerrimis: calathis parvis in panicula corymbosa: involucri albo-puberuli squamis lanceolato-acuminatis, calyculantibus brevibus angustissimis tandum revolutis: pilis nonullis squamarum glanduliferis. C. tectorum Beri. FI. It. t. 8. p. 537. In campis et marginibus rivulorum secus Macerata non infrequens. Ann. Fior. Julio- Augusto. Corollulae aureae. TOLPIS. 1704. UMBELLATA Bert. Bar. Ligur.pl. dee. 1. p. 13. Subhirsuta. Caule erecto e basi parce ramoso, ramis virgatis: foliis paucis lanceolatis dentatis in petiolum productis, superioribus sessilibus linearibus integerrimis: calathis par- vis subumbellatis, pedicellis inaequalibus: involucri squamis calyculantibus su- bulatis flosculis longioribus: pappo 4-seto. T. umbellata Bert. FI. It. t. 8. p. 541. - T. barbata Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 272. n. 970. - Hieracium calyce barbato Column. Eephr. 2. p. 28. fig. p. 27. In pascuis apricis circa Romam non rara. Ann. Fior. Junio. Flosculi sulphurei centro atro-purpurei. 1705. viRGATA Bert. Rar. Ligur.pl. dee. ì. p. 15. Glabra. Caule erecto striato virgato, ramis paucis remotis alternis: foliis alterni s distantibus lanceo- latis dentatis lacinatisve, inferioribus in petiolum productis : calathis subme- diocribus terminalibus: bracteis, squamisque involucri calyculantibus setaceis, flosculis multo brevioribus: pappo 6-7-aristato. T. virgata Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 272. n. 971. - Bert. FI. It. t. 8. p. 544. - Hieracium canescens praealtum aphyllocaulos floribus par- vis Trhimf. Prael. p. 62. tab. 2. et H. incanuni praealtiim aphyllocaulos floribus parvis non descriptuni Sijll. p. 6. In pascuis et viis comniunis. Ann. FI- Junio-Julio. Flosculi pallide flavi. ARNOSERIS. 1706. PUSILLA Goert. de Fruct. t. 2. p. 355. t. 157. Scabra. Caulibus superne parce ramosis; foliis radicalibus caespitosis obovatis: pedunculis fru- ctiferis fìstulosis superius incrassatis. A. pusilla Beri. FI. It. t. 8. p. 575. In depressis suburnbrosis. Alla valle dell' Infetmo. Ann. Fior. Majo-.Iunio. Flosculi lutei. HYOSERIS. 1707. RADIATA L. Sp. PI. p. 1137. Glauca glabra. Scapis teretiusculis, foliis longioribus; foliis runcinatis, lobis acuminatis utrinque angulato-dentatis, terminali majore trifìdo: calatbis majusculis: pappo biseriali, serie externa se- taceo, interna paleaceo. H. radiata Beri. FI. It. t. 8. p. 552. - Taraxacuin saxatile Bocc. Mns. di piant. p. 147. tab. 106. In aridis et ad muros in Piceno. Sidle mura di Macerata. Perenn. Fior. Majo-Julio. Flosculi lutei, radiales subtus viridi-purpura- scentes. 1708. SCABRA L. Sp. PI. p. 1138. Pusilla, glabra, quandoque setosa : scapis fìstulosis superne incrassatis foliis saepe longioribus: foliis runcinatis ly- ratisve lobis acutis angulatis: calatbis parvis: pappo interiore disci lanceolato exteriore setaceo, radii brevissimo. H. scabra Fior. Gior. dei Lett. di Pisa t. 17. p. 129. - Bert. FI. It. t. 8. p. 554. - Hieracium minimum supinum Tragopogoni capitulis Rocc. M«s. di piant. p. 146, et H. Tragoponi foliis l. c. tab. 106. Ad radices montium bumiliorum. A Tivoli, Terracina etc. Ann. Fior. Majo. Flosculi lutei. HEDYPNOIS. 1709. RAGADI ALOiDEs Sibt. et Smìtli. FI. Graec. t. 9. p. 8. tab. 812. Glabra pilosave. Caule diffuso ramoso foliato: foliis oblongis vel oblongo-acu- tis ut plurimum dentatis, inferioribus in petiolum productis, superioribus ses- silibus: pedunculis fructiferis superne in tubam crassissimam ampliatis. — 80 — H. ragadioloides Bert. FI. It. t. 8. p. 556. - Hyoseris hedypnois y FI. Rom. Prod. p. 273. n. 972. In apricis et ageribus viarum circa Urbem. Monte Mario. Ann. Fior. Majo-Junio. Flosculi lutei. 1710. CRETÌCA Sibt. et Smith. FI. Graec. t. 9. p. 9. ta6. 813. Pilis raris brevibus scabra. Caule diffuso folioso ramis suprius ut plurimum denudatis foliis oblongis sessilibus sinuato-dentatis: pedunculis fructiferis superne parum incrassatis. H. eretica Bert. FI. It. t. 8. p. 557. - Hyoseris hedypnois a/3 Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 273. n. 972. - H. hedypnois Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 47. n. 114. - Hedypnois annua Hort. Rom. t. 8. tab. 12. In ageribus et viis suburbanis satis frequens et in maritimis. Ann. Fior. Majo-Junio. Flosculi lutei. LEONTODON. 1711. Taraxacum L. Sp. PI. p. 1112. Glaberrimum. Foliis inaequaliter et acute runcinatis, lobis triangularibus antice dentatis, in petiolis anguste alatis longe decurrentibus: scapis rnono-pluribus 1-floris: calathis majusculis, invo- lucri squamis corniculatis muticisve, externis plerumque retroflexis. L. Taraxacum Bert. FI. It. t. 8. p. 424. - Taraxacum Dens-leonis et Maur. FI. Rom. Prod. p. 273. n. 973. /3 alpinum. Laciniis foliorum minoribus saepe et angustioribus. L. Taraxacum /3 Bert. l. c. p. 425. In pascuis et marginibus viarum etiam in Urbe obvium, /3 in pascuis al- pinis Umbriae. Vettore. Perenn. Fior. Februario ad aestatem. Flosculi lutei. Vulgo. TarassacOf Dente di Cane, Pisciatane, Capo di Frate. Usus. Ab antiquitus in materia medica laudatum et jamdudum uti diure- ticum et amaricans usurpatur praesertim in ictero. Folia in acetariis quoque adhibetur, at nimis amarum. Obs. Varietas recensita L. alpino Ten. respondet; quae varietas dum la- cinias triangulares praesefert, L. alpino Hoppe, dum lacinias angustissimas L. Taraxacoidi Hoppe respondet. 1712. APENNiNVM Ten. Viagg. in Abruz. p. 83. n. 734. Glabrum ni- tidum. Foliis primordialibus lanceolatis in petiolum brevem productis, succes- sivis runcinato-lacinulatis, lobis triangularibus acutis exquisite incurvisi in pe- tiolum latiusculum productis: scapis ut plurimum solitariis: calatho majusculo: squamis involucri saepe corniculatis, externis patulis. L. apenninum Beri. FI. It. t. 8. p. 426. In pratis alpinis Umbriae abbondai. Vettore et Vettoretto. Perenti. Fior. Junio-Septembri. Flosculi lutei. Obs. Herba coda et varimode condita ab indigenis valde expetita.* cruda in acetariis communiter adbibita uti Cichorium. 1713. PALvsTRE Smith. Engl. FI. t. 3. p. 350. Glabrum glaucum. Foliis lanceolatis linearibusque dentatis in petiolum angustum longe productis raro runcinatis: scapo solitario: calatho majusculo: involucri squamis internis linea- ribus, externis ovato-lanceolatis patulis, duplo longioribus. L. palustre Bert. FI. It. t. 8. p. 428. In viis campestribus. In semita quae a Tibure ad Vetriano ducit. Perenn. Fior. Februario-Majo. Flosculi lutei externi subtus livido-pur- purascentes. APARGIA. 1714. HI SPI DA Willd. Sp. PI. t. 3. p. 1552. Pilis furcatis hirto-scabra. Foliis lanceolatis dentatis vel pinnatifìdo-runcinatis in petiolum angustum plus minusque longum productis : scapo ut plurimum solitario foliis longiore su- perius bracteolato: calatilo majusculo: involucri squamis externis patulis- A. hispida Bert. FI. It. t. 8. p. 432. - Leontodon hispidum Seb. et Maiir. FI. Pwm. Proci, p. 274. n. 974. - Hieracium alterum saxatile mon- tanum Column. Ecpìi. t. 1. p. 244, etH. montanum saxatile l. c. p. 243. fig. u major. Foliis pedalibus parcius hirtis, scapo apice fistuloso. /3 saxatilis. Foliis hispidis sinuatis, pilis involucri simplicibus albidis. y glabra. Pilis simplicibus rarissimis. A- hispida /3 glabra Bert. l. c. p. 434. In montanis frequens- Monte Cavi, M. Gennaro etc. a circa Tiburem, /3 in alpinis Umbriae Monte de' Fiori, Monte li Catini, y Monte de' Fiori in Umbria. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. 1715. \iLLARSii Willd. Sp. PI. t. 3. p. 1552. Setis simplicibus hispida. Foliis pinnatifidis laciniis lobisque acutis integris distantibus, terminali majore trifido in petiolum brevem productis: scapo tenui nudo ut plurimum solitario: calatho majusculo: involucri squamis externis adpressis nunc patulis. A. Yillarsii Bert. FI. It. t. 8.p. 436. In apricis montanis. A Corneto, a Biofreddo, et in alpinis Umbriae. M. Bove. li Perenn. Fior. Julio-Septembri. Flosculi luteo-aurei , dorsi medio purpu rascentes. 1716. AUTUMNALis WUld. Sp. PI. t. 3. p. 1530. Glabra, raro laxe pilosa. Foliis lanceolatis runcinatis pinnatifidisve basi in petiolum breve dilatatum pro- ductis laciniis lobisque irregularibus integrisi scapis uno-pluribus ramosis de- clinatis bracteis linearibus laxe vestitisi calathis majusculis: squamis involucri omnibus adpressis. A. autumnalis Bert. FI. It. t. 8. p. 438. - Leontodon autumnale Sang. Cent, tres p. 112. n. 251. In sylvaticis et pascuis montanis Umbriae. Monte Bove. Perenn. Fior. Julio. Flosculi lutei. 1717. TUBEROSA Willd. Sp. PI. t. 3. p. 1349. Pilis bifurcis vel simpli- cibus hirsuta, rarius subglabra. Tuberculis radicalibus fasciculatis fusiformibusi foliis obverse lanceolatis laxe dentatis runcinatisve in petiolum angustum longe productis I scapis unico-pluribus laxe bracteolatis : calatho solitario submaju- sculoi involucri nigrescentis squamis adpressis. A. tuberosa Bert. FI. It. t. 8. p. 442. - Thrincia tuberosa 8e^>. et Maw»’. FI. Rom. Prod. p. 274. n. 976. - Hieracium tuberosum Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 49. n. 123. In pratis communis. Perenn. Fior. Autumno. Flosculi lutei. 1718. cicHORACEA Teli. FI. Nap. t. 2. p. 166. tab. 71. Laxe pilosa , pilis longiusculis albis. Tuberculis radicalibus fasciculatis i foliis obovatis in- ferno retrorsum dentatis in petiolum angustum longe productisi scapis uno-plu- ribus folia longe superantibus superne praesertim bracteatis : calatho subma- jusculo I squamis involucri viridi-nigrescentis adpressis , externis quandoque laxiusculis. A. cichoracea Bert. FI. It. t. 8. p. 443. - Leontodon cichoraceum Sang. Cent, tres p. 111. n. 230. In montibus albanis tusculanis ciminis ad oras sylvarum. Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flosculi lutei. THRINCIA. 1719. HiRTA Rotb. Cat. 1. p. 98. w. 1. Hispidula, pilis simplicibus vel brevissime 2-furcis. Foliis lanceolatis dentatis pinnatifidisve in petiolum an- gustum longe productis I scapis uno-pluribus ebracteatis glabriusculis folia longe superantibusi calatho parvoi involucri squamis jamdudum vix pilosis, externis brevissimis.. — 83 — T. hirta Seb. et Mcuir. FI. Rom. Prod. p. 274. n. 975. - Beri. FI. It. t. 8. p. 445. In pratis praesertim siccis frequens. Perenn. Fior, aestate. Flosculi lutei. ZACÌNTHA. 1720. VERRUCOSA Goert. de Fr. t. 2. p. 858. tah. 157. Glabriuscula. Caulibus dicbotomis •• folìis radicalibus rosulatis obverse lanceolatis remote den- tatis pinnatifidisve: calatilo parvo. Z. verrucosa Seh. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 274. n. 977 . - Beri. FI. It. t. 8. p. 577. - Zacintlia seu Cichorium verrucosum Hort. Pmn. t. 8. tab. 6. In marginibus agrorum circa Urbem, et mare versus. Al Pidocchio, presso Ostia etc. Ann. Fior. Majo-Junio. Flosculi lutei. PICRIS. 1721. HiERAcioiDES L. Sp. PI. p. 1115. Hispida. Caule erecto ramoso, ramis sparsis patulis: foliis lanceolatis, sinuato-dentatìs inferioribus in petiolum productis, superioribus sessilibus amplexicaulibus: calathis corymbosis: acheniis erostribus. P. hieracioides Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 48. n. 115. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 274. n. 978. - Bert. FI. It. t. 8. p. 374. Ad muros in ageribus vulgaris. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculi lutei. HELMINTIA. . 1722. ECHioiDES Willd. sp. PI. t. 3. p. 1607. Hispida. Caule erecto ramoso : foliis superioribus oblongis amplexicaulibus, inferioribus in petiolum productis , omnibus remote dentatis : calathis rnediocribus, involucri squamis externis cordato-ovatis. H. echioides Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 274. n. 979. - Bert. FI. It. t. 8. p. 379. In campis et vineis passim. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. SCORZONERA. 1723. Humus L. Sp. PI. p. 1112. Radice crassa carnosa perpendicu- lari collo fibrinosa: caule simplici paucifolio 1 -fioro: foliis caulinis linearibus di- stantibus, radicalibus ovato-cuspidatis lanceolatis linearibusque: calathis grandi- bus: involucri squamis ovato-lanceolatis marginatis: acheniis laevibus. — 84 S. humilis Beri. FI. It. t. S. p. 359. In ageribus montanis Umbriae. Al Castelluccio di Norcia. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. Vulgo. Scorsa nera, Castra Cane. Usus. In materia medica Linnaei radices et semina Scorzonerae nume- rabantur ad morsos animalium veneficos curandos, nunc prorsus obsoleverunt. 1724. HispANicA L. Sp. PI. p. 1113. Radice crassa perpendicolari collo squamoso: caule erecto superne ramoso, ramis 1-floris : foliis caulinis paucis distantibus lineari-elongatis , inferioribus majoribus oblongo-lanceolatis longe acuminatis: calathis majusculis: involucri squamis internis lanceolatis, externis ovato-acuminatis triplo longioribus: striis acheniorum laxe muricatis. /3 graminifolia. Foliis inferioribus linearibus lanceolatis. S. hispanica /2 Beri. FI. It. t. 8. p. 365. 7 montana. Foliis linearibus. S. graminifolia y Bert. l. c. In pascuis maritimis, et alpinis /3 A Civilaveccia. y Monte Fidino in apen- nino Piceni. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. Vulgo. Scorzonera o Viperina di Spagna. Usus. Apud hispanos praedicatur uti praestantissima in morsu Viperae. Communiter comeditur cocta ad instar radicis Cichoreae. 1725. PURPUREA L. Sp. PI. p. 1113. Radice crassa perpendicolari elon- gata, collo fibrinosa: caule ramoso vel simplici, ramis jamdudum 1-floris: foliis anguste linearibus canaliculatis, caulinis superioribus carinatis: calathis maju- sculis: involucri elongati squamis internis lanceolatis, externis ovato-acuminatis duplo longioribus: acheniis apice tantum scabris. S. purpurea Bert. FI. It. t. 8. p. 367. ^ rosea. Caule subsimplici, foliis radicalibus latiusculis- S. purpurea /3 Bert. l. c. In pratis alpinis Umbriae Al Castelluccio di Norcia, /3 Monte Vettore. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurei. 1726. LACINIATA L. Sp. PI. p. 1114. Radice crassa fusiformi-elongata nuda: caule valde ramoso, ramis patulis 1-floris : foliis sessilibus lineari-elon- gatis, caulinis inferioribus radicalibusque pinnatifido-Iaciniatis, laciniis linearibus: calathis potius majusculis : involucri squamis marginatis internis lineari-lan- ceolatis , externis ovato-acuminatis , quadruplo longioribus : acheniis laevibus striatis basi crassioribus. S. laciniata Bert. FI. It. t. 8. p. 369. - Trapopogon lacininiatis foliis Coliimn. PI. nov. hist. in Phyt. ed. Neap. p. 22. fig. p. 21. - T. Resedae minoris fol. erectum Bai'rel. le. 779. jS intermedia. Foliorum laciniis ovatis lanceolatisve. S. laciniata /3 Bert. l. c. p. 370. - Podospermum laciniatum Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 275. n. 981. - Trapogon Resedae min. fol. supi- num Barrel. le. 800.. - Scorzonera vulgaris Hort. Bom. t. 8. tab. 9. In pratis depressis et pascuis montanis. A Civitavecchia , Boma etc. /3 Ad Ostia, Corneto. Perenn. Fior. Majo. Flosculi lutei. TRAGOPOGON. 1727. PRATENSE L. Sp. PI. p. 1109. Glabrum. Caule fìstuloso subra- moso: foliis linearibus carinatis margine subundulatis, basi dilatata, amplexi- caulibus apice attenuato cirrhiformibus : pedunculis teretibus : calathis maju- sculis: involucri squamis octonis radium subaequantibus: acheniis minute squa- mulosis: pappi stipite apice barbato. T. pratense Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 275. n. 981. - Bert. FI. It. t. 8. p. 344. In pratis prope Urbem, et in montibus. Alla Farnesina, Valle delV In- ferno etc. Rienn. Fior. Majo-Julio. Flosculi lutei. Vulgo. Salsifi, Salsi fino. Barba di Becco. Usus. Barbae Hirci radix olim in stranguria et tussi a medicis propina- batur, nunc obsolevit. Radix cocta grata et in mensis desiderata, quamobrem a nonnullis in hortis colitur. 1728. MAJUS Lamk III. t. 7. tab. 646. f. 1. Glaberrimum. Caule fìstu- loso erecto simplici: foliis anguste lanceolato-linearibus strictis basi amplexi- caulibus : pedunculo superne longe incrassato : calathis grandibus : involucri squamis 12-15 radium aequantibus superantibusve: acheniis dense squamato- muricatis: pappi stipite apice villoso. T. majus Bert. FI. It. t. 8. p. 346. In apricis ad radices montium. A S. Gregorio presso Tivoli. Rienn . FI. Majo. Flosculi pallide flavi. 1729. poRRiFOLWM L. Sp. PI. p. Ilio. Glabrum. Caule ereeto elato fì- stuloso simplici ramosove : foliis rectis lanceolatis longe acuminatis basi di- latata semiamplexicaulibus : pedunculis apice incrassato-conicis : calathis ma- — 86 — jusculis: involucri squamis octonis flosculos longe superantibus: acheniis dense squamato-muricatis: pappi stipite apice subnudo. T. porrifolium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 275. n. 983. - Beri. FI. It. t. 8. p. 347. - T. purpureo-eaeruleum Hort. Rom. t. 8. tab. 10. In pratis frequens. Bienn. Fior. Majo-Junio. Flosculi subviolacei. Obs- Colitur a nonnullis loco T. pratensis et iisdem nominibus vulgaribus indicatur. 1730. cROciFOLiuM L. Sp. PI. p. Ilio. Glabrum. Caule simplici ramo- sove subfìstuloso: foliis strictis elongatis angustissime linearibus basi semiam- plexicaulibus: pedunculis gracilibus apice subincrassatis: calatliis majusculis: in- volucri squamis 5-8 corollulas superantibus c'acbeniis densissime squarnoso- muricatis: pappi stipite apice nudo. T. crocifolium Beri. FI. It. t. 8. p. 350. - T. angustifolium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 275. n. 984. - T. Theophrasti et Dioscoridis Co- lumn. Ecph. t. l. p. 229. et T. crocifol. mont. flore atropurp. p. 230. fig. In montibus caleareis inter saxa. Sul monte Lucretile. Bienn. Fior. Julio. Flosculi violacei. UROSPERMUM. 1731. DALECHAMPii Dcsf.Cat. Hoì't. Paris, ed. 1. p. 90. Tomentosum. Caule terete erecto parce ramoso quandoque multiplo: foliis runcinatis inferio- ribus in petiolum productis, successivis basi sagittatis, superioribus sessilibus subternis simpliciter dentatis: pedunculis apice incrassatis: calatbis majusculis^ squamis involucri inermibus. U. Dalechampii Bert. FI. it. t. S. p. 352. - Arnopogon Dalechampii Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 276 n. 985. - Hieracium purpureum incisis fo- liis mont. Barrel. le. 209. In pascuis et pratis volgare. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculi sulphurei. Vulgo. Lattugaccio. 1732. picRoiDES Desf. Cai. Hort. Paris, ed. 1. p. 90. Laxe bispidum. Caule erecto striato ramoso: foliis runcinatis dentatis, primordialibus quando- que indivisis, radicalibus in petiolum productis, caulinis sessilibus -auriculatis semiamplexicaulibus: pedunculis teretibus: calatbis majusculis: involucri squamis hispido-spinulosis. — 87 — U. picroides Beri. FI. It. t. 8. p. 354. - Arnopogon picroides Seb. et et Malli' FI. Rom. Prod. p. 376. n. 986. /3 ruderale. Foliis indivisls. U. picroides /3 Beri. FI. It. l. c. p. 355. In ageribus pasciiis ruderatis commune , /3 in Amphiteatro Flavio. Ann. Fior. Junio. Flosculi lutei. HYPOCHAERIS. 1733. GLABRA L. Sp. PI. p. 1140. Glabriuscula. Caule erecto solitario quandoque multiplo subnudo apice ramoso: foliis radicalibus rosulatis obverse lanceolatis dentatis sinuatisve: calathis mediocribus; involucri cylindrici squa- mis acuminatis flosculos aequantibus: pappo radiali sessili. H. glabra Fior. Gior. de' Lett. di Pisa t. 17. p. 129. - Bert. FI. It. t. 8. p. 571. - H. Balbisii Matir. Cent. 13. p. 88. - Hieracium alterum le- vius minimum Column. Ecphr. t. 2. p. 28. In collibus sterilibus circa Urbem et in maritimis. Al Piglielo di Bigiù, alla Valle dell' Inferno, a Terracina etc. Ann. Fior. Aprili. Flosculi lutei. 1734. RADICATA L. Sp. PI. p. 1140. Caule junceo erecto simplici ramo- sove, ramis elongatis bracteolatis: foliis radicalibus rosulatis obverse lanceolatis sinuatis runcinatisve liirsntis: calathis campanulatis majusculis: involucri squa- mis lanceolatis, flosculis dimidio subbrevioribus: nervo carinali squamarum ut plnrimum setoso: pappo radiali sessili. H. radicata Seb. et Maiir. FI. Piom. Prod. p. 276. n. 987. - Bert. FI. It. t. 8. p. 573. -H. Dimorpha Sang. Cent, tres p. 112. - Hieracium tertium Hort. Rom. t. 8. tab. 2. In pascuis et ageribus vulgatissima. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculi lutei. SEPJOLA. 1735. AETiiNENsis L. Sp. PI. p. 1139. Caule simplici vel paniculato- ramoso: foliis radicalibus obovatis integris dentatisve laxe denseve hirtis, cau- linis paucis distantibus oblongis vel linearibus intcgerrimis: pedunculis cylin- dricis: involucri squamis hirtis. S. aethnensis Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 70. n. 112. - Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 276. n. 988. - Bert. FI. It. t. 8. p. 560. In sicciorihus comunis. Sul Testaccio, al Colosseo etc. Ann* Fior. Junio-Julio- Flosculi lutei, extus saepe rubro-crocei. — 88 — 1736. cRETENsis L. Sp. PI. p. 1139. Caule subramoso hispidulo superne saepe glabriusculo, ramis bracteolatis : foliis radicalibus runcinato-pinnatifidis laciniis lanceolatis obtusiusculìs subintegris, caulinis paucissimìs linearibus: fo- liorum costa et involucri squamis hispidis, pilis simplicibus albis: pedunculis apice incrassatis. S. cretensis Beri. FI. It. t. 8. p, 362. - Hypochaeris pinnatifida Sang. Cent. tres. p. 112. n. 233. In pratis subalpinis montium Umbriae frequens. M. Bove etc. Perenn. Fior. Julio. Flosculi lutei. ROBERTIA. 1737. TARAXAcoiDES DC. Pvod. Syst. nat. t. 7. p. 97. Foliis radicali- bus lyrato-pinnatifìdis : scapis uno-pluribus laxissime bracteolatis : calatho mediocri. R. taraxacoides Beri- FI. It. t. 8. p. 364. In alpestribus apenninorum Umbriae. Salita del Caslelluccio. Perenn. Fior. Maio- Augusto. Flosculi lutei extus saepe purpurascentes. ANDRYOLA. 1738. iNTEGRiFoLiA L. Sp. PI. p. 1136. Molliter tomentosa pilis nonnullis glanduliferis: caule erecto superne ramoso, ramis ut plurimum adscendentibust foliis inferioribus lanceolatis dentatis sinuatisve in petiolum productis, superio- ribus oblongis sessilibus: calathis parvis in corymbis abbreviatis. A. integrifolia Seb. et. Maur. FI. Borri. Prod. p. 276. n, 989. - Bert. FI. It. t. 8. p. 347. In aridis secus vias frequens. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. CIGHORIUM. 1739. IisTYBVs L. Sp. PI. p. 1142. Caule erecto divaricato-ramoso : foliis radicalibus numerosis runcinatis vel integris dentatis in petiolum brevem productis, caulinis sessilibus cordato-lanceolatis: calathis axillaribus subsessili- bus, unico longe pedunculato. C. Intybus Sebast. En. PI Ampli. Flavii. p. 36. n. 63. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 277. n. 990. - Bert. FI. It. t. 8. p. 388. - C* sylvestre Hort. Rom. t. 8. tab. 13. In pascuis pratis novalibus nil communius. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi coerulei. Vulgo. Cicoria. J 89 Usus. Radice herba floribus seminibus Cicborei in veteri medicina ute- bamur, nunc berbae succo tantum utimur uti amaricans et corroborans. Ra- dix cocta, berba cocta vel cruda in acetariis communiter appetitur. Radi et berba insimul torrefactae et in pulverem redactae ingenti copia, commercio, nunc traduntur sub vulgari nomine Caffè di Cicoria . SCOLYMUS. 1740. MACULATUS L. Sp. PI. p. 1143. Glauco-virens , inferne laxe vil- losus. Caule erecto superius ramoso , ramis corymbosis : foliis radicalibus in petiolum productis, caulinis sessilibus decurrentibus, omnibus sinuatis, crasseque cartilagineo marginatis, valide dentato-spinosis, spina lobi terminalis longiore: calatbis grandibus: involucri squamis externis pectinatis: pappo uullo. S. maculatus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 277. n. 991 - Beri. FI. It. t. 8. p. 392. In agris mare versus. Al Pisciarello, a Ponte Galera etc. Ann. Fior. Julio. Flosculi lutei extus nigro-pilosi. Obs. Antberae coeruleo-nigrae. Folia saepe albo maculata. 1741. HispANicus L. Sp. PI. p. 1143. Albicans villosus. Caule decum- bente erectove inferne interrupte alato, ramis patulis inferioribus longioribus adscendentibus: foliis radicalibus in petiolum productis, caulinis sessilibus decur- rentibus, omnibus sinuatis subtiliterque cartilagineo marginatis, valide dentato- spinosis, spina terminali robustiore: calatbis grandibus solitariis spicatim dispo- sitis: involucri squamis paucis externis dentato-spinosis: pappo 2-4-seto. S. bispanicus Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 69. n. 203. - Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 277. p. 992. - Bert. FI. It. t. 8. p. 594. - S. cbrysantbemum Hort. Rom. t. 8. tab. 13. Ubique in ageribus ruderatis novalibus. Perenn. Fior. Junio- Augusto. Flosculi lutei. Obs. Antberae luteae. Folia maculis reticulatis albis percorsa. Usus. Cortex radicis et folia teneriora varimode cocta magno in pretio sunt apud nos sub byeme, et sub nomine Radice di pastinaca venduntur. CATAN ANCHE. 1742. LUTEA L. Sp. PI. p. 1142. Villosa. Caule ut plurimum simplici: foliis lanceolato-elongatis integris vel aliquando remote denticulatis trinerviis: pedunculis elongatis laxe scarioso-bracteatis: calatbis majusculis: involucri squa- mis externis ovatis, internis lanceolato-acuminatis. C. lutea Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 277. n. 993. - Bert. FI. It. 12 — 90 t. 8. f. 586. - Condrylla cyanoides lutea coronopi fol. non diviso Bar rei. le. 1135. In agro cornetano frequens. Ann. Fior. Majo. Flosculi lutei. KENTROPHYLLUM. 1743. LANATUM DC. Prod. Syst. nat. t. 6. p. 610. Viscidulum, et ara- chnoideo-lanuginosum praecipue superne. Caule erecto ramoso-corymboso: foliis cartilagineis, inferioribus pinnatifidis in petiolum productis, laciniis brevibus pau- cidentatis, superioribus sessilibus amplexicaulibus grosse dentato-spinosis: in- volucri squamis externis foliis conformibus. K. lanatum Bert. FI. It. t. 9. p. 66. - Carthamus lanatus Seb. et Maur. FI. Borri. Prod. p. 277. n. 994. - Atractilys Theophrasti et Dioscoridis succo sanguineo Column. Eephr. t. l. p. 19. et A. traetylis fig. p. 23. In sterilibus et age ribus commune. Ann. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei. Obs. Odor subbalsameus. CARDUNCELLUS. 1744. coERULEus DC. Prod. Syst. nat. t. 6. p- 615. Subfloccosus. Caule erecto adscendentove ut plurimum simplici: foliis lanceolatis reticulato-venosis grosse serrato-spinulosis, caulinis sessilibus, radicalibus longe petiolatis. C. coeruleus Bert. FI. It. t. 9. p. 69. - Carthamus coeruleus « Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 278. n. 995. /3 tingitanus. Foliis inferioribus pinnatifidis laciniis serratis. C. coeruleus /3 Bert. l. c. p. 70. - Cartamus coeruleus /3 Seb. et Maur.l. c. y. pinnatifldus. Foliis inferioribus profundissime pinnatifldis, laciniis linea- ribus acutis dentatis, rachide angustissima. C. coeruleus « Bert. l. c. In sterilibus pascuis circa urbem et in locis maritimis. Alla Crescenza , alla Farnesina etc. « Ostia, Civitavecchia, ^ Sul monte Mario, etc. Perenn. Fior. Junio- Julio. Flosculi coerulei. CARLINA. 1745. ACAULis L. Sp. PI. p. 1160. Glabra. Caule brevi simplici, nul- love: foliis pinnatifldis laciniis inaequalibus inciso-dentatis margine valide spi- nosis, radicalibus rosulatis petiolatis, petiolo inermi, caulinis sessilibus ample- xicaulibus: calatho maximo solitario: involucri squamis internis, ligula lineari albo-argentina, terminatis. =- 91 C. acaulis Beri. FI. It. t. 9. p. 48. - C. acaulis oc et ^ Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 278. n. 996. In montibus Latii, et Umbriae non rara. Monte Lucretile, Monte Calvo presso Subiaco, Col Fiorito etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi albi. Vulgo. Carlina. Carlina bianca. Usus. Carlinae radix a materia medica immerito fere expulsa. Utpote aro- matica jam inter stomatica et antiputrida recensita. Montium incolae anthodium et teneras radices comedunt, more Cynarae vulgaris, cibum vere gratum. Ra- dices saccharo quoque condiuntur. 1746. ACHA.vTiFOLiA All. FI. Pcd. t. 1. p. 156. tab. 51. Tomentoso- floccosa, acaulis. Foliis radicalibus grandibus rosulatis longe petiolatis sinuato- pinnatifidis, laciniis inaequaliter angulato-dentatis valideque spinosis : calatilo magno solitario : involucri squamis externis valide spinosis , spinis 3-partitis squamis internis, lingula scariosa albo-flavescenti nitida, terminatis. C. achantifolia Sang. Cent, tres p. ì\.‘à. n. Vòo. - Bert. FI. It. t. 9.p. 51. In apricis montium elatiorum Latii. Monte Lucr etile. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi pallide sulpburei. 1747. LANATA L. Sp. PI. p. 1160. Tomentoso-floccosa. Caule simplici ramosove, ramis subcorymbosis: foliis cartilagineis lanceolatis sinuato-dentatis, dentibus spinis acicularibus terminatis, superioribus sessilibus, inferioribus in petiolum breviter productis: calatilo grandiusculo : involucri squamis internis purpureo-roseis, externas foliaceas, aequantibus. C. lanata Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 278. n. 997. - Bert. FI. It. t. 9. p. 52. - Achantoides parva apula Column. Ephr. t. 1. p. 29, et Achantoides l. c. p. 27 fig. - Acarna flore purpureo rubente Bocc. Bech. et Obsv. p. 185. - A. Atractylis folio ampio pur. capite prolifera Barr. le- 483. In marginibus agrorum mare versus frequens et ad ripas Tyberis. Acqua acetosa. Ann. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutescentes. 1748. VULGARIS L. Sp. Ph p. 1161. Caule simplici ramosoque: foliis lan- ceolatis inaequaliter laciniato-dentatis, radicalibus in petiolum brevem produ- ctis, caulinis sessilibus, supremis abbreviatis, omnibus supra glabris subtus, laxe tomentosis ; calathis mediocribus solitariis corymbosisve: involucri squa- mis internis lineari-lingulatis pallide stramineis extus purpurantibus, externas foliaceas, superantibus. 92 — C. vulgaris Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 278. n. 998. - Bert. FI. It. t. 9. p. 54. In montibus Tusculanis Albanis Ciminis etc. frequens. Bienn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi purpurei. 1749. coRYMBOSA L. Sp. PI. p. 1160. Caule glabro ramoso-corymboso : foliis cartilagineis floccoso-tomentosis glabrisve lanceolatis remote sinuato-den- tatis, dentibus inaequalibus rigidis spinosis , spinis saepe conjugatis , inferio- ribus breviter petiolatis, superioribus semiamplexicaulibus: calatbis mediocri- bus: involucri squamis internis lingulatis luteo-albis, squamas externas folia- ceas, superantibus. C. Corymbosa Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 279. n. 999. - Bert. FI. It. t. 9. p. 58.- Acarna, sive Acorna altera Column. Ecphr. t- 1. p- 28. et A. Apula umbellata l. c. fig. p. 27. - Atractylis hispanica tenuifolia fl. luteo Barr. le. 594. - Carlina sylvestris incana Cornucopioides Savonensis Bocc. Mus. di piant. p. 169. et C. cornucopioides l. c. tab. 125. In ageribus circa Romam vulgaris. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei. ARCTIUM. 1750. Lappa L. Sp. PI. p. 1143. Caule erecto sulcato alterne ramoso: foliis subundulatis acute denticulatis subtus tomentosis, superioribus ovatis, in- ferioribus subcordatis grandibus longeque pedunculatis: calatbis crassis medio- cribus racemosis arachnoideo-tomentosis cito glabratis: involucri squamis longe acuminatis apice uncinatis senio patentibus. A. Lappa Seb. et Maur. Fl. Rom. Prod. p. 279. n. 1000. - Bert. Fi. It. t. 8. p. 598. - Lappa sive Bardana major flore albo. Hort. Rom. t. 7. tab. 63. Secus fossas in umbrosis commune. Bienn. Fior. Junio- Augusto. Flosculi purpurei raro albi. Vulgo. Lappone, Bardana. Usus. Decoctum radicis, et melius corticis radicis vi diuretica depurativa et purganti gaudet, ideo saepe levaminis est in morbis flogisticis et praeser- tim in nephritide et artrhitide. 1751. Bardana Willd. Sp. PI. t. 3. p. 1632. Caule erecto parce ramoso: foliis cordato-ovatis integerrimis leviterve dentantis subtus dense breviterque tomentosis, inferioribus praeamplis: calatbis majusculis crassis in racemis vel — 93 corymbìs longe pedunculatis: involucri squamis longe subulatis apice uncinatis patentibus arachnoideo-tomentosìs . A. Bardana Beri. FI. It- t. 8. p. 600. - A. tomentosum Seb. et Maiir. FI. Rom. Proci, p. 279. n. 1001. In umbrosis praecedenti minus frequens. Bienn. Fior. Julio. Flosculi purpurei. Obs. Nomen vulgare et usus praecedentis speciei, nam Rizhotomi indi- scriminatim radices utriusque speciei colligunt. ONOPORDUM. 1752. ACAATHiuM L. Sp. PI. p. 1158. Albo-tomentosum. Caule erecto alterne ramoso; foliis ovato-oblongis sinuato-lobatis, lobis inaequalibus acutis spinis lutescentibus terminatis, radicalibus prostratis, caulinis sessilibiis in alis latis decurrentibus: calatbis grandibus solitariis terminalibus: involucri squamis subconcavis, spinis longis acutis patulis squarrosisve terminatis. 0. Acanthium Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 279. n. 1002. - Bert. FI. II. t. 9. p. 42. - Acanthium tomentosum capite et seni. maj. crispantibus cau- lium alis Barrei . le. 502. In Latii et Sabinae montibus Monte Gennaro etc. Bienn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurei. 1753. TAURicuM Willcl. Sp. PI. t. 3. p. 1 687. Intense virens, pubescenti- viscidum quandoque glabrum. Caule elato erecto ramoso ; foliis oblongis si- nuato-lobatis, lobis irregularibus acutis valide spinosis, radicalibus prostratis, caulinis sessilibus in alis latiusculis decurrentibus: calatbis grandibus solitariis terminalibus: involucri squamis lanceolatis viscidis in spinis validis productis, internis erectis, externis patententissimis. 0. tauriciim Bert. FI. It. t. 9. p. 43. - 0 virens Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 280. n. 1004. - Acanthium virens majoribus capitis spinis Bar rei. le. 501. In ruderatis ad vias frequens in Urbe ipsa. Bienn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurei. 1754. iLLYiìicuM L. Sp. PI. p. 1158. Albo-tomentosum. Caule crasso ramoso : foliis angustis oblongo-lanceolatis sinuato-dentatis dentibus acute spinosis , radicalibus oblongis , caulinis praesertim inferioribus abbreviatis in alas angustas continuatas decurrentibus: calatbis grandibus terminalibus soli- tariis: involucri squamis ovato-lanceolatis acuminato-spinosis, internis patulis squarrosisve, caeteris recurvatis. ~ 94 — 0. illyricum Beri. FI. It. t. 9. p. 44.-0. arabicum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 279. n. 1003. - Carduus tomensosus acanthifolio altissimus, lusitanicus Parrei. le. 591. In agro romano vulgatissimum. Bienn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurei. CYNARA. 1755. MORBIDA Ait. Hort. Keiv. ed. 1. t. 3. p. 148. Caule humili to- mentoso superne ramoso-corymboso: foliis grandibus pinnatifìdis, pinnis an- gustis oblongis, radicalibus petiolatis, caulinis sessilibus, omnibus dentibus pe- tioloque in latus spinosis, spinis validis basi laciniarum saepe geminatis: ca- lathis maximis; involucri squamis lata basi lanceolatis mucrone crasso valido terminatis. C. horrida Beri. FI. It. t. 9. p. 46. - C. Cardunculus Seb. et Maur. FI. Borri. Prod. p. 280. n. 1005. In pascuis marginibus agrorum mare versus. Perenn. Fior. Junio- Augusto. Flosculi coerulei. Obs. Species prorsus diversa a C. Carduncido. Vulgo. Carciofoli in qua cultura numquam transit ut aliqui autumarunt. JURINEA. 1756. MOLLI s DC. Prod. Syst. nat. t. 6. p. 676. Caule erecto parce ramoso basi tomentoso apice subnudo: foliis pinnatifìdis, integris quandoque in- termixtis, floccosis subtus cano-tomentósis revolutis crispeque undulatis, radi- calibus petiolatis, caulinis sessilibus, omnium lobis ovatis oblongisque integris: calathis majusculis terminalibus: involucris lanuginosi. J. mollis Beri. FI. It. t. S. p. 608. - Carduus mollis Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 281. n. 1110. In montibus subapenninis. Monte Calvo presso Subiaco. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi purpurei. CARDUUS. 1757. LEucoGRAPHus L. Sp. PI. p. 1149. Arachnoideo-floccosus. Caule erecto non raro superne ramoso, ramis elongatis saepe longissimis unifloris : foliis oblongis sinuato-pinnatifìdis dentato-spinosis, radicalibus in petiolum bre- viter productis , caulinis in alas quandoque incompletas decurrentibus ; cala- this majusculis nutantibus: involucri hemisphaerici squamis internis inermibus. C. leucographus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 280. n. 1006. -Bert. FI. It. t. 8. p. 815. — os- ili ageribus et arvis frequens. Ann. Fior. Majo-Junio. Flosculi purpurei. 1758. NUTANs L. Sp. PI. p. 1150. lucano- villosus quandoque simplici ter pubescens. Caule erecto ramoso, ramis 1-floris: foliis sinuato-pinnatifìdis, la- ciniis subtrilobis ciliato-spinulosis lobis dentibusque spina solida terminatis, ra- dicalibus in petiolurn productis, caulinis in alas decurrentibus: calathis hemi- sphaericis ainplis nutantibus, involucri squamis externis rellexis. C. nutans. Sebast. En. PI Ampli. Flavii. p. 34. n. 50.- Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 280. n. 1007. - Bert. FI. It. t. 8. p. 617. - Onopixus ampio capite purp. angustifolius Barrel. le. 1116. /3 montosus. Caule, excepto apice, glabro, foliis glabris subtus glaucis. C. nutans /3 Bert. l. c. p. 618. - Chameleon Alpinus , soncbi spinoso lucido folio, radice nigra, alato caule. Bocc. Mus. di piant. p. 148. Ad vias et in ruderatis vulgaris nec non in elatis montium, (3 in aridis elatiorum montium. Vettore in Umbria, Sasso Borghese in Piceno. Ann. Fior. Majo-Junio, in editis Julio- Flosculi purpurei. Obs. Pianta admodum polymorpha , tomento , lobis foliorum , acumino spinarum, magnitudine varimode ludens. Pagina superior foliorum saepe albo- maculata. 1759. PEfìsoNATA Willd. Sp. PI. t. 3. p. 1651. Caule erecto superne ramoso leviter fioccoso : foliis tenuiter ciliato-spinosis supra viridibus subtus tomento brevi canescentibus , inferioribus pinnatifidis lobo impari majore la- ciniato-dentato quandoque ovato, superioribus lanceolatis inaequaliter dentatis in alas angustissimas semidecurrentibus: calathis parvis glomeratis : involucri bemisphaerici squamis mollibus apice recurvis. C. personata Bert. Fi. It. t. S. p. 624. In apennino umbro. Monte li Catini. Bienn. Fior. Junio-Julio. Flosculi kermesini. 1760. PYCKocEPHALus L. Sp. PI. p. 1151. Floccoso-tomentosus. Caule erecto praecipue superne ramoso: foliis pinnatifido-sinuatis acute dentatis ciliato- spinulosis, inferioribus in petiolurn brevem productis, superioribus in alas plus minusve latas decurrentibus, omnium laciniis dentibusque spina robusta termi- natis: pedunculis brevibus nudis racemosis raro solitariis: calathis submedio- cribus: involucri cylindrici squamis erectis imbricatis, externis quandoque re- curvis. C. pycnocephalus Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 33. n. 49. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 280. n. 1008. - Bei't. FI. It. t. 8. p. 625. In ageribus et ad sepes vulgaris. Ann Fior. Majo-Junio. Flosculi purpurei. 1761. siMPLiciFOLius Nob. {Sang. FI. Rom. Prod. tab. 2.) Glaber. Caule erecto valde ramoso, ramis elongatis : foliis sessilibus albo-verrucosis ovato- acuminatis, peduncularibus parvis lanceolatis, omnibus in alas angustas inferius continuatas decurrentibus, foliis alisque dentato-denticulatis tenuiter spinosis : calathis submediocribus racemosis: involucri squamis lineari-acuminatis in spina exili subinnocua productis, tandem patulis. In sylvis montium Umbriae. Monti li Catini. Ann. Fior. Augusto. Flosculi purpurei. Obs. Species inter acicularem, et pycnocepbalam media, ab utraque prae- cipue distincta glabritie, caule ramosissimo toto angustissime alato, foliis sim- plicibus verrucosis maculatis, pedunculis elongatis, spinis tenuissimis. 1762. AFFiNis Guss. PI. Rar. p. 334. Caule erecto striato apice fioccoso, ramis corymbosis : foliis subtus tomentosrs oblongo-lanceolatis decurrentibus pinnatifido-lobatis, laciniis lobisque dentatis ciliato-spinosis, spinis terminalibus validis: calatbis grandiusculis in corymbo depauperato, pedicellis incano-tomen- tosis superne aphyllis: involucri ovati squamis exterioribus lineari-subulatis subpatulis, interioribus longioribus lanceolatis inermibus, omnibus fiosculis bre- vioribus. C. alfinis Sang. Cent, tres p. 113. n. 254. - Bert. FI. It. t. 8. p. 632. _ In apricis montium Umbriae. Valle Canetra. Perenn. Fior. Juìio. Flosculi rosei vel purpurei. 1763. cEPHALANTHus Viv. FI. Cors. Diagn. p. 14. Breviter molliterque pilosus. Caule crasso ciato fistoloso superne ramoso: foliis pinnatifidis inferio- ribus in petiolum longe productis , superioribus sessilibus in alas latiusculas decurrentibus, omnium laciniis lobato-grandi-dentatis, dentibus lobisque spina terminatis: calathis parvis nurnerosis in corymbo abbreviato condensato, foliis linearibus pinnatifidis longe valideque spinosis auctis: involucri ovato-cylindrici squamis lanceolatis, externis spinosis, internis inermibus. C. cephalanthus Bert. FI. It. t. 8. p. 628. In maritimis. AlV isola del Giglio reperit et communicavit Joseph Ric- cioli Musaci nostri Mineralogici primus Custos solertissimus. Ann. Fior. Aprili-Majo. Flosculi laete purpurei. — 97 — 1764. MARiAyus L. Sp. PI. p. 1153. Arachnoideo-floccosus nudusve. Caule tereti striato erecto simplici ramosove : foliis amplis albo maculatis dentato- spinulosis, caulinis semiamplexicaulibus oblongis, radicalibiis pinnatifido-sinuatis crispo-iindulatis : calathis maximis solitariis terminalibus : squamis involucri lanceolato-elongatis patentibus canaliculatis ciliato-spinulosis, spina robusta tan- dem recurva terminatis. [Conlinua) — 98 — COMUNICAZIONI Il prof. Dìorio diede a conoscere gli esperimen ti eseguiti da lui sul latte di alcuni animali domestici, e sullo stesso latte umano, per mezzo del lattoscopio del sig. dott. Donnè, e rilevò i vantaggi che risulterebbero dall’adozione anche fra noi di questo istromento, per esplorare i diversi latti usati nella domestica eco- nomia. — 11 prof. Volpicelli tornò sull’argomento della elettrica corrente del muro (1), dichiarando che questa fu in parte riconosciuta prima di lui dal sig. Peltier, il quale pure ne dedusse come il nominato professore (2), che la terra è cari- cata di elettricità negativa (3); egli quindi manifestò la sua grande soddisfa- zione per essersi trovato in accordo, mediante i suoi sperimenti e le sue de- duzioni, con quel distinto elettricista. Lo stato elettro-negativo della terra però si era già dedotto dal sig. De Saussure, coll’uso degli elettrometri (4). Ma il sig. Peltier non assegnò nè la direzione della indicata corrente, nè molte altre circostanze che riferisconsi ad essa. Fra queste faceva il Volpicelli osserva- re, che la elettrica corrente si trova pur anco in un muro isolato, cioè co- strutto sopra una tavola , sostenuta da quattro colonne di vetro verniciato , come fu da esso per la prima volta riconosciuto. Laonde i muri da lui furono assomigliati ad una pila secca, per modo che un muro, specialmente se iso- lato, è da considerare come un elettromotore, però diverso da tutti quelli che fino ad ora si conoscono, e composto di solo due sostanze, cioè malta ed argilla cotta: un così fatto elettromotore sarebbe più antico assai della stessa pila voltaica. Faceva pure osservare il nominato autore, che fra le circostanze relative alla corrente del muro, si debbono includere i mezzi per aumentarne la in- tensità, e per tentare di renderla utile, od alla galvanoplastica, od alla elet- trica telegrafia. Da ultimo il prof. Volpicelli concluse, che al galvanometro associando il con- densatore, convenientemente adoperato, si aveva un sistema sicuro per cono- scere lo stato elettro-tellurico, colle sue variazioni; e che si riservava egli con- (1) V. questi Atti, p. 84. (2) Comptes rendus, t. 57, p. 9Ì6, (5°). (3) Traité d’életricilé et du magnétisrae par M.' Becquerel, t. IV, p. 107, Parisl836.— Méni. couronnés de l’acad. roy. de Bruxelles, t. XVI, an. 1843, p. 54. — La Science, t. 2.“, n.“ 92, an. 1856, p. 735. — Éléra. de phy. terrestre, et de météor. par E. Becquerel, Pa- ris 1847, p. 462. (4) Voyages dans les Alpes, t. 2.“, § 830, p. 254. — 99 — tinuare questi suoi studi sulla corrente del muro , per portare maggior luce nelle conclusioni che debbono derivare dalla medesima, di cui la esistenza non può menomamente in dubbio revocarsi. Il prof. Volpicelli presentò una nota del sig. dott. Gius. prof. Derossi, la quale ha per titolo « Cause che hanno influito nella insalubrità dell’aria di Roma, e nella sopravvenienza di nuove malattie. Indicazioni opportune a ri- mediarvi. Furono presentati all’accademia, per mezzo del sig. presidente, varie pub- blicazioni del corrispondente italiano sig. Elia Lombardini, offerte in dono ad essa dall’autore, e registrate nel bullettino bibliografico di questa tornata. Il sig. principe D. B. Boncompagni presentò in dono all’accademia il fac simile, tanto della fede di nascita di Galileo Galilei, quanto della sua firma, che in originale si trova nel Linceografo degli antichi Lincei, posseduto attual- mente dall’accademia, per generosità del sig. conte di Gastei Barco. Questi fac simile sono in cornice collocati sotto al busto di Galileo, nella sala delle nostre tornate. CORRISPONDENZE Il sig. dott. A. Schròtter segretario generale dell’ imperiale accademia delle scienze di Vienna, ringrazia per gli Atti de’ Nuovi Lincei giunti ad essa. L’accademia riunitasi legalmente a un’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ore di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. P. Volpicelli. — M. Azzarelli. — B. Tortolini. — S. Cadet — V. Diorio. — C. Sereni. — B. Boncompagni. — F. Nardi. — P. Sanguinetti. — A. Secchi. — ■ I. Calandre Ili. — N. Cavalieri S. Bertelo. — M. Massimo. Pubblicato nel 31 di marzo del 1864 P. V. 100 — OPERE TENETE IN DONO Sul regime delle acque del progettato canale marittimo di Suez^ e dei laghi amari interposti. Memoria delV ing. E. Lombardini. Un fase, in 8.° grande Milano 1859. DeWorigine e del progresso della scienza idraulica nel milanese, ed in altre parti d" Italia; del medesimo. Milano un fase, in 8.° gr. 1860. Studi sulVorigine dei terreni quaternari di trasporto, e specialmente di quelli della pianura lombarda; del medesimo. Un fase, in 8.° gr. 1861. Dei progetti intesi a provedere alla deficienza di acque irrigate nel Cremo- nese; del medesimo. Un fase, in 8.“ Milano 1858. Sui progetti intesi ad estendere V irrigazione della pianut^a della valle del Po; considerazioni del medesimo. Un fase, in 8.° Milano 1862. Altre considerazioni sulle irrigazioni della Lombardia , e particolarmente su quelle deW alta pianura milanese; del medesimo. Un fase, in 8.“ gr. Mi- lano 1863. Memorie del R. Istituto lombardo di scienze, lettere, ed arti. Voi. IX ; in della serie II, faseieolo III. Atti della Società* italiana di scienze naturali. Voi. 5.°; fase. 4." Milano 1863. Rendiconto dell* Accade mi a delle scienze fisiche e matematiche di napoli. Anno II; fase. 11.°, novembre 1863. Sul bonificamento delle paludi. Memoria del prof. M. Brighenti. Un fase, in 4.° gr. Bologna 1863. Traité .... Trattato di medicina legale e di giurisprudenza della medicina, per A. D AMBRE. II voi. Gand 1860. Comptes .... Conti Resi dell* Accademia dell^ scienze dell* /. istituto DI FRANCIA in eorrente. Bullettino Meteorologico del Osservatorio del collegio romano, in eorrente. Il principe Boncompagni e la Storia delle scienze matematiche in Italia; del prof. G. CoDAZZA. Un fase, in 8.° Milano. 1864. IMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Villanova Castellacci Arr.hiep. Petrae Yicesgerens. ATTI DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE Iir DEL U FERRAIO 1864 PRES1DEJ\ZA DEL SIG. PROF. ]V. CAVALIERI SAJV BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI DEI SOCI OROXN’AaX E 1>EX CORRISPONOENTI Osservazione sulla materia colorante della Calothrix janthiphora e diagnosi di lina nuova microficea. Di Elisabetta Fiorini Mazzanti. ideila scorsa estate recandomi a diporto per la ubertosa provincia di cam- pagna, l’animo ricreava alle sì svariate e pittoresche vedute de’ monti, e delle pianure che bella vegetazione riveste dove naturale , e dove introdotta dalla mano industre dell’uomo. Qua e là si osservano tuttora saldi resistere alla vo- racità dei secoli gli avanzi stupendi della potenza Pelasgica , e si ammirano sempre con sorpresa le famose mura Ciclopee di Alatri, e quelle di Ferentino. Or mentre un dì a queste io mi conduceva, occupata sempre lunghesso la via delle geniali mie ricerche, non lasciava inosservate le acque del rapido torrente della Maddalena, che col grave odore di gaz idrogeno solforato mi si annunziava prima di giungervi; ed appunto in esse mi venne visto fluttuare sembianza di piante, che raccolte trovai non essere che culmi putrefatti, ov- vero steli ramosi della Chara foetida; e questi ricoperti da uno strato di bel- lissimo verde smeraldo, sul quale altra delicatissima Microficea stende vasi in qua ed in là coi teneri filamenti ramosi di un bianco latteo, della quale rac- colsi copia di esemplari. Quinci continuando il mio andare, deviai alquanto a sinistra per vedere il nascente stabilimento balneario delle acque acidulo-solforose di Ferentino , nelle quali non rinvenni che una Calothrix , microficea che nelle acque sol- furee in genere non ritrovasi ; e quella si fu appunto una varietà della mia 14 102 — Calolhrix janlhiphora, autonama, che io denominerò incolore, perchè non pa- lesa traccia alcuna di materia colorante ; differentemente da quella che colo- rata in bella tinta pavonazza, mi venne fatto di trovare da prima nelle acque Albide presso Tivoli, in seguito in quelle di Stigliano, e da ultimo nelle acque della Caslagnolelta, non lungi da Civitavecchia. Di siffatta varietà, o colorazione quale potrebbe essere la causa produt- trice ? Ecco il problema che tosto mi si affacciò alla mente; problema forse non facile a risolversi; e per il quale pur mi avviso di qualche utilità le se- guenti riflessioni. 11 principio colorante non essendo essenziale a questa microficea, men-‘ tre la sua presenza non ne varia nè modifica menomamente 1’ organazione , convien crederlo avventizio, e quindi una delle sostanze che tenute in solu- zione dalle acque medesime si injetta in favorevole circostanza nella minu- tissima vagina, nella quale soltanto si osserva, e non mai nei filamenti. In- fatti le analisi chimiche delle menzionate acque ci manifestano 1’esistenza del- l’arsenico in quelle di Tivoli , e di Stigliano (e non conosco che sieno state analizzate quelle della Castagnoletta) e la mancanza del medesimo nelle acque acidulo-solforose di Ferentino. E non potrebbe adunque questo metalloide es- sere la causa produttrice di quel coloramento ? Mi si permetta di proporre all’ esame degli scienziati , questo mio , più veramente dubbio , che parere , acciò con appropriata analisi venga o confermato od escluso. Intanto non riu- scirà forse inopportuno il ripetere qui , come già ho in parte enunciato al- trove, che il fenomeno del coloramento nell’Alga si manifesta solamente dopo la morte; e quando disseccata è rimasta per alcun tempo esposta ai cocenti raggi del sole ; talché nelle stesse acque Albule potei raccogliere copia della Calolhrix al principio di giugno al tutto priva di colore, di cui è ricca nel- l’autunno, se non se qualche particella mi venne pur fatto di scorgerne co- lorita sulla sponda; e forse appunto perchè quivi trovavasi più esposta a de- perire, e a disseccarsi. Di questa colorazione non avviene mai che ne appa- risca traccia sulla Calolhrix vivente nelle acque acidulo-solforose di Ferentino, come ne sono stata assicurata da chi rimane colà tutto 1’ anno, e pressoché sulla faccia del luogo. La microficea poi raccolta nel torrente della Maddalena , venne da me immersa nell’acqua, e bentosto si trovò essa colorata in verde carico. Quindi sottoposta all’ osservazione microscopica trovai lo strato verde formato dalla mi:i Sphaerozijga Massalongi entro cui annidavasi qualche rara Diatomea, come — 103 — la Synedra ulna, la Navicida cuspidata ecc. e tra le Desmidìee il Closterium turgidum, e il Closterium lunula. Ma ciò che più attrasse la mia attenzione si furono i finissimi filamenti che lattei apparendo ad occhio nudo, si mani- festavano poi osservati col microscopio quali serie prolungate di minuti ag- glomeramenti fìtti e compatti , costituite da celluline gonimiche intra loro coerenti di color fosco , diramantisi senza regolarità , c pressoché intrecciati. Proseguendo lo studio di tale organismo mi fu agevole il riportarlo al genere sphaerotilus del Rùtzing, senza però poterlo riferire ad alcuna descritta spe- cie; e lo sphaerotilus lacteus di quell’autore, a cui sembra in qualche modo affine , ne differisce sotto altri aspetti. Laonde stimo dare qui appiè la dia- gnosi di detta specie, e nomarla dal luogo. SPHAEROTILUS TORRENTIS MAGDALENAE Fior.-Mazz. Mss. specie floccis fìlamentosis, fasciculato-flexuosis, tenerrimis, lubricis, lacteis; sub mi- croscopio vero ipsis floccis aerugineo-fuscis, e cellulis gonimicis cohaerentibus compositis, irregulariter ramoso-intertextis. % Hab. In aqua acidulo-sulphurata temp. circiter 19" Reaum. rapidi tor- rentis Magdalenae apud Ferentinum supra stratum parasituum Sphaerozygae Massalongi Fior.-Mazz. CALOTHRIX JANTHIPHORA ^ ECOLOR; trichomatibus pulchre-viridi- bus; vagina aeruginosa. Hab. Autonoma in aquis acidulo-sulphuratis balneariis ad Ferentinum. — 104 — Cenni biografici del p. Michele Bertini rettore generale della congregazione dei Chierici RE. della Madre di Dio , scritti da un religioso della mede- sima congregazione, e comunicati dal socio ordinario Salvatore ab. Proja. .VIichele 3ei‘tini non ultimo certamente nel novero di molti uomini illustri, dei quali Lucca andò adorna nella scorsa metà del secolo XIX , nacque in questa città di Michelangelo Bertini e Chiara Caselli ai 18 dicembre dell’an- no 179G. Se le due famiglie onde trasse i natali furono di onesta e civil con- dizione, a quella del padre non mancò la gloria di aver dato anche prima di lui alla patria uomini eccellenti in ingegno e scienza, e noi qui, se 1’ amore di brevità non ce ne sconsigliasse , potremmo nominarne più d’ uno. Ancora fanciullo diede chiari segni dell’ottima riuscita che avrebbe poi fatto, imperocché essendo stato applicato agli studi mostrava ardente desio di sapere e acume grande di mente. In pari tempo corrispondendo con alacrità alla buona educazione che gli veniva data dai genitori si ammirarono in lui tutte quelle virtù, che ad un giovanetto cristiano convengono e belli esempi ne ebbero i suoi coetanei. Pervenuto con lode grande quasi al termine dei filosofici studi, i bisogni della patria gli vennero a dare occasione di quel maggior perfezionamento ne’ medesimi che in Lucca di quei giorni calamitosi non avrebbe potuto di leggieri ottenere. I danni cagionati allo stato dallo straripamento del fiume Serchio il 18 settembre dell’anno 1812, avendo fatto conoscere alla principessa Elisa Baciocchi la neces- sità che v’avea di uomini periti, che potessero moderarlo, era ella venuta nella determinazione di mandare a studio a Parigi il giovane più diligente della fa- coltà fisico-matematica, e che per anni tre fosse stato onorato del primo pre- mio nel corso accademico. Essendo il Bertini stato rinvenuto tale, disponevasi a partire quando le vicende politiche troncarono la benefica determinazione , e le speranze del giovane. Ma non cessando il bisogno, venuto a Lucca in qua- lità di governatore a nome dell’Austria il tenente colonnello Werchin, Michele era al medesimo scopo fatto partire non più per Parigi ma per Bologna con l’obligo di fare alla patria ritorno dopo essersi perfezionato in quella università. In Bologna con attendere indefessamente allo studio e profittare in modo straordinario , gli furono amici più che maestri i celebri professori Ventu- roli , Magistrini , Guglielmini , Casinelli , Carli , Tagliani e Caturegli ; ed il giorno 8 dell’ 1816 fu a pieni voti e con lode creato baccelliere , a’ 13 marzo dell’anno seguente dottore nella facoltà filosofica e nella classe degl’ in- — 105 — gegneri ed architetti, e poscia elevato al grado accademico di laurea con ono- revole menzione (prendiamo queste parole dal diploma) al superior governo, riservata agli allievi dell' università che si distinguono con preferenza, e fon- dano speranza di eccellente riuscita a loro profitto ed a lustro maggiore della università. Intorno a questo tempo, cioè nell’ anno 1818, egli pubblicava il primo suo scritto che fu una memoria col titolo « Della livellazione baro- metrica )) la quale si trova citata con lode dal Masetti nelle sue annotazioni alle opere del Venturoli. Restituitosi in Lucca la duchessa Maria Luisa invidio a Roma per farvi la pratica della sua professione. Ma il Bertini che erasi già al suo ritorno in patria dedicato allo stato ecclesiastico, venuto in Roma chiese di essere am- messo fra’ i Chierici Regolari della Madre di Dio. Accolta con piacere la sua dimanda , ed ottenutosi il beneplacito della duchessa Maria Luisa , ne vestì l’abito il giorno 29 settembre 1818, e il giorno 2 marzo dell’anno seguente, previa pontifìcia dispensa dal compimento del noviziato , fece i solenni voti. Poco stante gli giunse da Lucca la nomina della cattedra di astronomia in quel liceo e venne invitato a darsi alla pratica astronomica , per potere assumere la carica di astronomo calcolatore nell’osservatorio che il duca Carlo Ludovico di Borbone avea fatto erigere nel paese di Morlia, luogo di villeg- giatura sovrana, sotto la direzione del celebre barone Zach (1). Sullo scorcio del 1829 partito per Lucca, cominciò le sue lezioni in quel liceo, nel quale coprì dipoi in tempi diversi con lode grande molte cattedre; e furono di fìsica, astronomia, idraulica, matematica superirore, matematica applicata, meccanica, calcolo sublime, geodesia ed agraria. Quanto all’ impiego di astronomo calcolatore nel reale osservatorio di Morlia , egli lo tenea nel fatto, finché per la morte della duchessa Maria Luisa non venne chiuso; al- lora ne erigeva uno a sue spese nel collegio de’ suoi religiosi, il quale seb- bene piccolo, era però adatto a suo scopo e montatolo con gli stromenti di quello di Morlia , se ne servì poi per diversi lavori , e per esercizio de’ suoi scolari. Non molto dopo il suo arrivo in Lucca essendo vacato un posto in quella reale accademia, vi fu chiamato il Bertini a pieni voti; nè questi ono- revoli accademici andarono ingannati nella scelta , poiché il nuovo soggetto (1) Questo osservatorio ebbe assai nome e nel suo bel principio fu onorato della sco perta di una nuova cometa. V. un discorso di C. Lucchesini. Opere voi. XIII, pag. 35. 106 — era tale da potere arrecare maggior lustro airaccademia e glielo arrecò di fatto in un tempo che molti uomini insigni vi fiorirono , e fra questi un Cesare Lucchesini ed un Lazzaro Papi. Egli fu nell’accademia segretario delle scienze, uffizio che per essere in perpetuo non fu lasciato da lui fino al suo ritorno in Roma. Quando poi rinunziato al generalato di sua congregazione volle ri- tirarsi in patria ne fu nominato vice-presidente (1). Nell’anno 1823 egli dava in luce a Lucca la seconda sua opera che fu II tratlalo teorico pratico de' fiumi. A quest’opera gli vennero fatte alcune obiezioni, ma furono tali che non gli diedero motivo di cambiare opinione ed a tutte rispose. La terza che ha per titolo : Delle lineari e itinerarie misure antiche e moderne, fu da lui publicata nel 1830. In essa con immensa fatica ridusse tutte le misure al sistema metrico ; ed egli stesso nel principio della prefa- zione credè poter parlarne in questa maniera « La tavola delle misure che )> offriamo al publico è per quanto sappiamo un lavoro molto più esteso di » quanti ne sono stati fin qui publicati ; e ci giova sperare che l’esattezza, » colla quale è stato eseguito e valutato, lo faccia riconoscere pur anche pel » più utile e pel più adatto ai molteplici usi del geometra , dell’archeologo , » dello storico, del geografo, dell’architetto, del fisico e di ogni altra persona » che debba indagare il valore o il rapporto delle misure lineari o itinerarie )) usate dai diversi popoli ». Questa tavola fu da lui presentata all’accademia lucchese nel maggio del 1830 e si vede nel tomo VI degli atti della medesima. Il duca Carlo Ludovico, le cui premure per lo stato lucchese son note abbastanza, avea altresì posto ogni affetto al buon andamento di quel reale collegio , il perchè potè salire in onore a preferenza di molti altri d’ Ita- lia. Nel 1830 cercando un’uomo, il quale potesse nell’impiego di rettore adem- piere i suoi desiderii, lo vide nel p. Bertini e gliene fece la proposta. Si op- poneva il suo stato di religioso , facendo mestieri per tale ufficio dimorare fuori del chiostro, ma ottenutane pontificia dispensa, lo accettò, e lo ritenne parecchi anni con soddisfazione di chi fidato glielo avea. Il medesimo duca più volte si giovò del Bertini per suoi privati lavori*, ma l’ incarico maggiore fu quello della triangolazione dello stato che gli diede circa l’anno 1834. Seb- bene ne prevedesse le fatiche grandi, che sarebbero state necessarie per poter condurlo ad effetto, il Bertini accettò il nuovo incarico con piacere , e nel- l’anno 1825 nè presentò un rapporto alla reale accadamia , che si vede nel tomo Vili de’ suoi atti , e contiene la triangolazione. (1) Presidente è di diritto il sovrano. 107 — Se però con queste sue illustri fatiche crasi egli guadagnata stima grande presso l’augusto sovrano, e tutti i suoi concittadini, minore non era il con- cetto , in cui era salito presso i suoi confratelli di religione e bene si vide da essi dimostrato ne’ fatti. Imperocché da poco dopo la sua professione re- ligiosa egli ebbe l’onore di ricoprire or una or l’altra delle più illustri cariche della congregazione sino alla suprema di rettore generale della medesima che es- sendo perpetua, non fu da lui lasciata che per volontaria rinunzia pochi anni prima della sua morte. Da prima fu eletto vicerettore del collegio di Roma; poscia parroco della chiesa di S. Maria Corteiandini in Lucca, uffizio che ri- tenne lino all’ anno 1827, nel qual anno fu eletto vicerettore anche di quel collegio. Tenuto il vicerettorato pel corso di 9 anni consecutivi, cosa straor- dinaria in questa congregazione, ne fu eletto rettore; dalla qual carica dovea passare a quella assai più insigne di rettor generale di tutta la congregazione, ciò che avvenne nell’anno 1839. Per ben adempiere quest’uffizio gli faceva di bisogno trasferire la sua di- mora in Roma; ma attese le faccende, che aveva in Lucca, dalle quali non .‘^i sarebbe potuto disbrigare sì tosto, si trattenne in questa città per ancora pa- recchi anni. Nulladimeno rinunziò al professorato, e gli fu conferito il titolo di j)rofessore emerito; ritenne però 1’ impiego di direttore del reale gabinetto fino all’anno 1845 ; nel quale partito per Roma , quivi fermò decisivamente sua stanza. Nel tempo del suo generalato egli dimostrò grande affetto al bene della congregazione, e non lasciò di far cosa, colla quale credesse poterle giovare. Traendo profitto da quella capacità, che avea nella scienza architettonica, di- resse alcuni lavori spettanti alle fabbriche di varii collegii, e quello di Roma arricchì di nobili scale , ricavate da lui in luogo dove due architetti di pro- fessione non aveano saputo. In Roma si guadagnò la stima dei più insigni scienziati di questa città e non andò guari che fu eletto membro del Collegio fdosofìco, e socio ordi- nario della pontifìcia accademia dei Nuovi Lincei; accademia, come ognun sa, nella quale non sono chiamati a sedere che fiori di uomini. Si volle dargli un’ onorevole incarico nella congregazione del censo, ma egli vi rinunziò di- cendo che amava meglio vedere occupato quel posto da chi avendo maggior bisogno di lui, non ne avesse minore la capacità. Era giunto l’anno 1856 quando avendo rinunziato al generalato di sua congregazione, e conferitogli da padri capitolari fra altri privilegi quello di po- tersi scegliere ad abitare quel collegio della sua congregazione che più gli pia- 108 — cesse, egli recossi a Lucca dove fu con piacere ricevuto, non solo dai reli- giosi suoi confratelli , ma da tutti coloro , i quali per essergli stati discepoli o legati coi vincoli dell’amicizia , quantunque lontano col corpo , lo avevano tenuto sempre presente nella memoria. In patria faceva la sua dimora ora in in città , ora in una' piccola villa della congregazione a poca distanza dalla medesima. Ma le indisposizioni di sua salute che si erano rese abituali si an- davano di giorno in giorno accrescendo, ed avendo di già avuto alcuni tocchi dì apoplesia, di anni 65 il giorno 9 dì agosto dell’anno 1861 fini di vivere. Dai suoi religiosi gli furono fatte le esequie e fu onorato dell’accompagnamento al sepolcro di tutti quei corpi morali , che in vita si erano fatti una gloria di averlo per membro. Fu quest’uomo di statura un po’ sopra il mediocre, largotto anzi che nò, dì aspetto ilare , ma con un so che di grave che t’ incuteva riverenza e ri- spetto, e dalla sua fronte larga e spaziosa, e da’ vividi sguardi facevi presagi della sublimità del suo ingegno. Ebbe buona salute, eccetto che negli ultimi anni dovè soffrir molto per male di nervi; e questo forse faceva sì che non si dimostrasse poi alcuna volta così maneggevole come innanzi avea fatto. Molti preclari scienziati si gloriarono dì averlo ad amico, e lo tennero in grande concetto. Non fu socio di molte accademie , e questo dimostra ehe egli non andava in traccia di un tale onore, ma quelle, a cui appartenne certo gliene fecero assai , tra le quali la reale accademia Lucchese , e la pontifìcia dei Nuovi Lincei, di cui si è fatto menzione ; si aggiunga la reale di Napoli, la Colombaria di Firenze, quella dei Georgofoli di Bologna, e l’altra dei Filomati di Lucca. Quanto a’ suoi scritti a chi sembrassero pochi, deve considerare che essi furono tutti di tal fatta da richiedere molto tempo per ben condurli , e che l’essere quasi continuamente applicato a lavori ed esperienze chimiche non lo lasciava molto a tavolino. Nondimeno alle opere che già nominammo si aggiun- gono le seguenti. La prima ha per titolo « Di un nuovo metodo per assicu- rarsi delle condizioni di equilibrio degli archi e per disegnare le forme e i tagli de’ loro cunei » ; la seconda « Di un nuovo tachimetro per le misure superfìciali ». La precisione e prontezza di questo istrumento, ideato ed ese- guito dal Bertini fece risparmiare allo stato lucchese una somma non minore dì scudi quindicimila. — 109 — Fìorae romanae Prodromiis exhibens plantas circa Romam , in Cisapenninis Pontifìciae dictionis provinciis , et in Piceno spante venienles. Anctore Petro Sangoinetti (Continuazione) (*). C. marianus Sebasl. En. PI. Ampli. Flavii p. 33. n. 48. - Seb. et Maiir. Fi.. Rom. Prod. p. 281. n. 1009. - Rert. FI. It. t. 8. p. 637. In mderatis et ad vias communis. Ann. Fior. Majo. Flosculi purpurei. Vulgo. Cardo asinino, Cardo mariano, Erba del latte. Usus. In materia medica Linnaei herba et semina Cardui Mariae enume- rantur utpote sudorifera , et diuretica ; nunc prosus oblita. Radices hyeme exeunte effodiuntur, earumque cortex venditur sub nome Radiche di Pastinaca una cum radicibus Scolijmi hispanici. CNICLS. 1765. poLYAATHEMus Rcrt. Amoen. It. p. 41. n. 1. Aracbnoideo-subfloc- cosus. Caule elato erecto ramoso , ramis elongatis : foliis oblongo-lanceolatis spinuloso-ciliatis pinnato-lobatis, lobis palmatis spina longa robusta terminatis, radicalibus in petiolum productis , caulinis in alas completas decurrentibus , omnibus subtus dense tomentosis, calatbis minusculis spicato-glomeratis: invo- lucri squamis oblongis ciliatis spina longa terminatis. C. polyanthemus Bert. FI. It. i. 9. p. 5. - C. pungens Sebast. Piom. PI. Fas. 1. p. 9. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 281. n. 1011. Tab. 7. - Carduus pycnocaepbalus palustris. Triumf. Obser. p. 103. Ad fossas circa Urbem vulgaris. Bienn. Fior. Junio Flosculi purpureo-rosei. 1766. sTRicTUs Ten. Cat. PI. Hort. Reg. Neap. ann. 1813. p. 28. Cau- le glabro erecto angolato ut plurimum simplici : foliis cartilagineis lanceo- lato-acuminatis pinnatifido-lobatis subtus valide nervosis, nervis in spinas acutas robustas continuatis, caulinis in alas breves completas, radicalibus in petiolum decurrentibus, omnibus subtus subfloccoso-aracbnoideis: calatbis majusculis soli- tariis axillaribus, supremis approximatis brevissime pcdunculatis: involucri squa- mis ovato-lanceolatis aracbnoideis, spina longa patenti terminatis. C. strictus Sebast. Rom. PL Fase. 2. p. 18. - Seb. et Maur. FI. Rom. (*) V. sessione II, del 3 gennaro 1864. 15 — HO — Prod. p. 282. n. 1013. - Bert. FI. It. t. 9. p. 1. — Cardaus nemorosus ita- licus Barrei . le. 417. - C. pycnocaephalus sylvestris Triumf. Obs. p. 100. In montibus Sabinae et Latii vulgaris. Perenn. Fior. Augusto. Flosculi purpurei. 1767. LANCEOLATus Willd. Sp. PI. l. 3. p. 1666.. Caule elato erecto sub- piloso, ramis numerosis patulis: foliis supra setoso- scabris subtus arachnoideo- tomentosis vel glabriusculis pinnatifìdis toto margine spinuloso-ciliatis, laciniis palmato-lobatis, lobis acutis spina valida terminatisi calathis majusculis cauli ramisque terminalibus, supremis quandoque paniculatis: involucri ut plurimum arachnoidei squamis lanceolato-linearibus apice spinosis^ spinis patentibus. C. lanceolatus Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 37. n. 66. - Seb. el Maiir. FI. Rom. Prod. p. 282. n. 1013. - Bert. FI. It. t. 9. p. 8. In ruderatis ad vias vulgaris. Bienn. Fior. Junio. Flosculi purpurei. 1768. iTALicus Seb. et Maur. FI. Piom. Prod. p. 282. n. 1014. Caule humili erecto ramosissimo ut plurimum arachnoideo-villoso: foliis strictis supra scabris subtus arachnoideo-tomentosis, margine spinuloso-ciliato, pinnatifìdis, pinnis remotis lanceolato-linearibus subtrilobis, lobis acutis spina longa tenui terminatis , caulinis basi cordata breviter decurrentibus : calathis parvis ter- minalibus solitariis involucratis : involucri squamis oblongo-lanceolatis , spina longa robusta erecto-patula basi callosa, terminatis. C. italicus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 282. n. 1013, - Bei't. FI. II. t. 9. p. 10. In Sabinae montibus non infrequens. Monte Lucretile etc. Bienn. Fior. Julio-Augusto Flosculi purpurei. 1769. Acarna L. Sp. PI. p. 1138. ineano-tomentosus. Caule erecto alterne ramoso , ramis superioribus corymbosis : foliis lanceolato-acuminatis breviter remoteque pinnatifìdo-lobatis spinosis , spina media terminali robu- stiore elongata , caulinis in alas latiusculas complete decurrentibus : calathis majusculis solitariis cauli ramisque terminalibus, folio extimo bracteante quid- quam superatisi involucri cylindrici , squamis adpressis lanceolato-linearibus , spina pinnata terminatis. C. Acarna Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 281. n. 1012 - Bert. FI. It. t. 9. p. il. In montibus calcareis Latii. Intorno S. Polo. Ann. Fior. Julio-Augusto. Flosculi dilute purpurei. IH 1770. MONSPESSULAMJS WUld. Sp. PI. t. 3. p. 1 6 66. Caule eìato ut plu- rimum simplici; foliis lanceolatis parvidentatis inaequaliter setoso-ciliatis re- pandis , radicalibus in petiolum , caulinis in alas mediocres quandoque com- pletas decurrentibus : calathis parvis in racemo congesto pedicellis cano-to- mentosis. involucri subglobosi squamis lanceolatis spina brevi terminatis, in- ternis inerniibus. C. monspessulanus Fior, in Gior. dei Letter. di Pisa 1828. t. 17. p. 129. - Bert. FI. It. t. 9. p. 12. In ageribus, et secus canales Pontinos. Perenn. Fior. Majo. Flosculi rosei. 1771. Erisithales L. Sp. PI. p. 1157. Glaber. Caule erecto ramoso, ramis elongatis : foliis grandibus laxis pinnatifidis , laciniis dilatatis approxi- matis nervoso-venosis crebre et inaequaliter spinuloso-ciliolatis laxe obscure- que dentatis, caulinis amplexicaulibus, radicalibus breviter petiolatis: calathis majusculis terminalibus solitariis vel 2-3 approximatis: involucri glutinosi squa- mis lanceolatis squarrosis externis brevioribus. C. Erisithales Bert. FI. It. t. d. p. 19. In sterilibus apenninorum Umbriae et Piceni Vettore etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi ochroleuci quandoque purpurei. 1772. oLERACEus L. Sp. Pl.p. 1156. Glaber. Caule erecto silicato simplici parceve ramoso: foliis pinnatifìdis, pinnis ovato-acuminatis dentato-spinosis toto que margine spinuloso-ciliatis, inferioribus in petiolum productis, mediis sessili- bus basi auriculato-amplexicaulibus ultimis subintegris: calathis grandiusculis solitariis vel fasciculatis terminalibus : involucri squamis lanceolato-linearibus erectis imbricatis spinula innocua terminatis, foliisque suprernis involucratis. C. oleraceus Bert. FI. It. t. 9. p. 24. In apennino Piceni. Infernaccio di S. Leonardo. Perenn. Fior, aestate. Flosculi pallide ochroleuci. 1773. ERioPHORVs WUld. Sp. PI. t. 3. p. 1669. Caule erecto striato tomentoso-floccoso , ramis patulis : foliis pinnatifìdis supra spinuloso-bispidis subtus albo-tomentosis, laciniis angustis saepe divaricato-bipartitis spina valida terminatis: calathis magnis solitariis cauli ramisque terminalibus foliis que su- premis bracteatis: involucri lanati squamis lineari-acuminatis erectis apice spi- nosis, externis tandem recurvis. C. eriopborus Seb. et Maur. FI. Bom Prod. p. 282. n. 1016. - Bert. FI. It. t. 9. p. 25. — 112 — In montibus calcareis. Monte Calvo di Subiaco, Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi purpurei. 1774. FERox L. Mani. 1. p. 109. Caule erecto sulcato alterne ramoso: foliis pinnatifidis supra margineque spinuloso-hispidissimis subtus albo-tomen- ' tosis, pinnis angustissimis, frequenter 2-3-partitis, partibus spina valida ter- minatis : calathis magnis terminalibus folio extimo bracteante superatis : in- volucri aracnoideo-lanati squamis lineari-acuminatis erectis spina longa ter- minatis. C. ferox Beri. FI. It. t. 9. p. 27. In pascuis alpinis sterilibus Umbriae et Piceni. Monte la Ventosa. Bienn. Fior. Junio- Augusto. Flosculi albi vel purpurei. 1775. ARVENSis Smith. Engl. FI. t. 3. p. 389. Subtomentosus. Caule erecto sulcato-ramoso, ramis paniculatis: foliis lanceolatis sinuato-dentatis un- dulatis spinulosis, caulinis sessilibus, radicalibus profundius partitis in petiolum productis: calathis parvis corymbosis: involucri squamis ovato-lanceolatis arcte imbricatis muticis mucronulove terminatis. C. arvensis Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 283. n. 1018. - Beri. FI. It. t. 9. p. 31. - Ceanothus Theophrasti Column. Ecphr. t- 1. p. 45. - Cir- sium arvense Sonchi folio. Hort.^ Bom. t. 7. tab. 77. In vineis arvis ageribus communis. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurei. Vulgo. Stoppione. 1776. sYRiAcus Willd. Sp. t. 3. p. 1683. Glaber. Caule erecto sulcato superne saepe ramoso : foliis oblongis albo-maculatis sinuato-lobatis, caulinis sessilibus amplexicaulibus inaequaliter dentatis, dentibus valide spinosis, infe- rioribus majoribus in petiolum productis lobis latioribus spinis brevioribus : calathis majusculis in racemo denso, folio extimo validissime spinoso superatis: involucri squamis lanceolato-elongatis spina brevi terminatis. C. syriacus Sebast. Rom. PI. Fase. Alter, p. 10. tab. %.-Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 283. n. 1017. - Beri. FI. It. t. 9. p. 35. -C. syriacus /3 floribus albis Maur. Cent. 13. p. 39. In arvis et viis mare versus. A Ponte Galera, a Civitavecchia abbunde. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurei vel albi. Usus. Omnes Carduorum species dum campis et arvis infestae Alkali Potassa abbundant, ita ut, dum sedulo a campis eliminamus, eorum cineres vel aeconomiae utilissimae vel ad fertilitatem agrorum promovendam aptissimae. 113 — SERRATALA. 1777. Th\cTORiA L. Sp. PL p. 1144. Glabra. Caule erecto superne ra- moso: foliis ovato-oblongis loto margine crebe arguteque serrulatis, primis ra- dicalibus integris, caeteris caulinisque adscendendo angustatis pinnatifìdis, pin- nis lanceolatis distinctis : calatbis parvis in corymbis terminalibus: involucri cylindrici squamis ovatis acutis margine pubescentibus. S. tinctoria Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 283. n. 1019. - Bert. FI. It. t. 8. p. 601. - Iacea praealta Centauroides montana Italica Bocc. Miis. di Piant. p. 45. tab. 37. - et J. praealta altera angusto Plantaginis folio l. c. p. 45. tab. 32. - J. nemorensis quae serratola vulgo. Hort. Rom. t. 7. tab. 79. * In montani calcareis Latii. Monte Gennaro. Perenn. Fior. Julio-x\ugusto. Flosculi purpurei. Vulgo. Serratola. Usus. In arte tinctoria valet ad lintea colore luteo inficienda. 1778. NUDicAULis DC. Prod. Sijst. nat. part. 6. n. 669. Glabra glau- cescens. Caule simplici erecto basi parce folioso: foliis ovatis lanceolatisve in- tegris dentatis ciliatis, inferioribus in petiolum longe productis, caeteris sessi- libus : calatho mediocri solitario terminali: invulucri squamis ovatis externis in mucronulum, internis in lingulam scariosam dilatatam terminatis. S. nudicaulis Bert. FI. It. t. 8. p. 606. - Iacea Intybacea cap. rubro spinoso Barrel. le. 1218. - Bocc. Mas. di Piant. p. 60. tab. 48. et Centau- rium alpinum glabro angusto Ristorto folio l. c. p. 65. fig. 55. In alpestribus apenninorum Nursiae. A Capo d‘’acqua. Perenn. FI. lunio-Iulio. Flosculi purpurei. ADENOSTYLES. 1779. ALPINA De Not. Rep. p. 205. Caule erecto simplici ramosove: fo- liis irregulariter dentatis glabris, inferioribus reniformibus in petiolum exauri- culatum productis, mediis triangularibus, supremis sessilibus lanceolatis : ca- lathis 3-5-floris in corymbo fastigiato. A. alpina Bert. FI. It. t. 8. p. 79. - Cacalia alpina Sang. Cent, tres p. 1 13. «. 256. In subalpinis Umbrosis. Radici del Vettore. Perenn. Fior. lunio-Iulio. Flosculi purpurascentes. EUPATORIEM. 1780. cANNABiNUM L. Sp. PI. p. 1173. Pubcsccns. Caule erecto ramoso, ramis ut plurimum oppositìs: foliis petiolatis serratis pinnato 3-5-partitis in- tegrisve: calathis in corymbis fastigiatis densis: acheniis pappo brevioribus. E. cannabinum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 283. n. 1020. - Beri. FI. It. t. 9. p. 84. - Hort. Rom. t. 7. tab. 86. In umidis et secus fossas frequens. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi pallide rosei. Vulgo. Eupatorio. Usus. Uti amaricans, et corroborans in materia medica olim recensitum, nunc, forsan immerito, oblitum. 1781. coRsicuM Greti, et God. FI. de Frati, t. 2. p. 85. Tenuiter pu- berulum. Caule erecto-ramoso, ramis oppositis: foliis petiolatis ovato-lanceo- latis integris vel trisectis: calathis in corymbis abbreviatis làxiusculis: acheniis pappo subaequalibus, quandoque brevioribus. E. corsicum Bert.' FI. It. t. 9. p. 87. Ad fossas in maritimis. Civitavecchia. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi dilute rosei. Obs. Facies E. cannabini at humilior, et omnibus in partibus minor, CHRYSOCOMA. 1782. uNOSYRis L. Sp. PI. p. 1 178. Scabrida. Caule erecto simplici ra- mosove quandoque decumbente: foliis crebris sparsis linearibus strictis: cala- this in corymbo terminali subconferto pedicellis dense foliosis; involucri squa- mis inferioribus patulis superioribus squarrosis. Ch. linosyris Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 283. n. 1021. - Bert. FI. It. t. 9. p. 89. - Crysocome Dioscoridis et Plinii Column. Ephr. t. 1. p. 81. et Ch. l. c. p. 82. In collibus et in maritimis. Sul monte Mario, ad Ostia etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei. 1783. PALusTRis Sav. Pugili di Piant. n. 12. Glaucescens. Caule sim- plici ramosoque ut plurimum erecto : foliis crassiusculis lanceolato-linearibus obtusiusculis patentibus reflex isque : calathis in corymbo terminali laxiusculo pedicellis dense foliosis: involucri squamis apice recurvis. C. palustris Bert. FI. It. t. 9. p. 91. In maritimis. Ostia, lungo i canali Pontini, a Terracina etc. Perenn. Fior. Octobri. Flosculi lutei. STAEHELINA. 1784. DUBiA L. Sp. PI. p. 1176. Tomentoso-floccosa. Caule ramosis- — M5 simo erecto , ramis strìctis : foliis linearibus denticulatis integrisve margine revolutis supra viridibus subtus niveis: tubo corollae limbo longiore. S. dubia hert. FI. It. t. 9. p. 87. - Cbamaecbrysocome praelongis pur- purascentibus Jaceae capitulis. Barrel. le. -406. In rupestribus australibus Nursiae. S. Pellegrino. Suffrut. Fior. Julio in x\utumnum. Flosculi purpurei. SANTOLINA. 1785. Chamaecyparissus L. Sp. PI. p. 1179. Cinereo-tomentosa. Caule erecto ramosissimo, ramis strictis fastigiatis superne nudis: foliis quadrifariam pectinato-pinnulatis, piimulis crassiusculis brevibus obtusis: calathis hemisphae- ricis minusculis : involucri squamis lanceolatis nervo carinatis apice sub- sfacelatis. fi ericoides. Humilior saepe glabrata, pinnulis foliorum tenujoribus. S. Chamaecyparissus fi Beri. FI. II. t. 9. p. 93. - Santolina foliis ro- smarini folio. Hort. Piorn. t. 7. tab. 89. In marginibus viarum campestrium apenninorum. Vieino Terni. Suffrut. Fior. Junio-Julio. Flosculi luteo-aurei. Vulgo. Abrotano femmina. Santolina. Usus. Santolinae herba amara et aromatica in verminatione infantium jam frequenter usurpata, nunc vix in usu. 1785. LEucANTiiA Bert. Amoen. It. p. 43. Glabra. Caule erecto ramoso, l'amis adscendentibus superne nudis: foliis inferioribus quadrifariam, superioribus simpliciter pinnatis, pinnulis subulatis longiusculis patentibus: calathis hemi- spbaericis minusculis : involucri squamis lanceolato-linearibus nervo carinatis externis acutis, internis obtusis vix apice sphacelatis. S. leucantha Bert. FI. It. t. 9. p. 94. In aridis apenninorum Umbriae inter saxa. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi albi. Vulgo. Camomilla, Erba da tagli. Usus. Loco Matricariac Chamomillae a montium incolis usurpatur; vul- nerariae quoque nomen habet. BIDENS. 1787. TRIPARTITA L. Sp. PI. p. 1165. Glabra. Caule striato erecto al- terne ramoso : foliis planis 3-partitis, partibus lanceolatis acutis serratis im- pari majore; bracteis involucrantibus ovato-oblongis calatho multo longioribus: acheniis 2-aristatis. B. tripartita Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 284. n. 1023. - Beri. FI. It. t. 9. p. 75. In inundatis et ad fossas. A S. Pietro Montorio , intorno il lago della Villa Parafili etc. Ann. Fior. Augusto-Septembri. Flosculi flavi. DIOTIS. 1778. CANDIDISSIMA Desf. FI. All. t. 2. p. 261. Cano-tomentosa, to- mento brevi mollissimo. Caule caespitoso, foliis numerosis sessilibus, toto ve- stito: calatbis mediocribus corymbosis : involucri campaniformis squamis ad- pressis. D. candidissima Beri. FI. It. t. 9. p. 97. - Santolina maritima Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 284. n. 1022. * In litore arenoso maris nostri. Ostia, Fiumicino, Civitavecchia etc. Perenn. Fior. Junio. Flosculi lutei. Sy NOE N ESI A-POLYG AMIA-SUPERFLUA. TANACETUM. 1789. vuLGARE L. Sp. PI. p. 1184. Glabrum. Caule erecto angulato sim- plici vel superne ramoso : foliis interrupte pinnatifldis superioribus sessilibus inferioribus in petiolum productis, superiorum laciniis pectinato-serrulatis, in- feriorum pinnatifido-serratis: calatbis in corymbo composito fastigiato: ache- niorum margine lobulato. T. volgare Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 284. n. 1024- - Bert. FI. It. t. 9. p. 104. In montosis ad margines sylvarum. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei. Vulgo. Aniceto, Tanaceto. Usus. In materia medica Linnaei Tanaceti flores semina herba enume- rantur , nunc flores tantum usurpantur , at praesertim a vulgo uti tonicum , antelminticum, febrifugum. Medicamentum sane non aspernendum. ARTEMISIA. 1790. spicATA Jacq. FI. Ausi. t. 5. p. 46. Incano tomentosa. Caule hu- mili caespitoso adscendente vel erecto: foliis inferioribus biternatifìdis, pinnati- fìdisve laciniis trifidis, successivis pinnatifldis trifldisve, supremis indivisis: ca- lathorum glomerulis breviter pedicellatis in racemo spicaeformi: involucri he- mispbaerici squamis oblongis obtusis margine scariosis. 117 — A. spicata Bert. FI. It. t. 9. p. 1 12. - Absinthium pumilum palnialum minus argenteo sericeoque folio Bocc. Mus. di Piani, p. 81 et Absinthium pu- milum palmatum minus argenteo sericeoque folio hisp. et ital. l. c. lab. 71. In aridis apenninorum Umbriae, et Piceni praesertim ad margines via- rum campestrium. Sulfruticul. Fior. Junio-Augusto. Fosculi lutei. 1791. CAMPHORATA Vili. Dauph. l. 3. p. 242. Tomen toso-viscosa. Caule simplici adscendente vel erecto : foliis caulinis inferioribus bipinnatifidis in petiolum productis, superioribus simpliciter pinnatifidis, laciniis jamdudum fì- liformibus , floralibus simplicibus: calathis cernuis in racemo elongato laxo : involucri globosi squamis angustis, internis ellipticis margine scariosis. A. campborata Seb. el Maiir. FI. Rom. Prod. p. 283. n. 1028. - Beri. FI. II. l. 9. p. 115. - Abrotanum mas incanum Column. Ecpli. l. 2. p. 54. In montium sterilibus non rara. Inlorno Tivoli etc. Suffrut. Fior. Julio-Augusto. Flosculi luteoli. Vulgo. Abrolano maschio. 1792. ARBORESCENS L. Sp. PI. p. 1 1 88 . Incano-touientosa. Caule terete erecto alterne multiramoso : foliis inferioribus tripinnatifìdis, sucessivis bipin- natifìdis, ultimis sessilibus subsimplicibus, simplicibusque linearibus : calathis in racemo composito: involucri globosi crassi squamis externis lanceolato-li- nearibus, internis ovatis obtusis margine scariosis. A. arborescens Beri. FI. II. l. 9. p. 121. - A. argentea Seb. el Maur. FI. Boni. Prod. p. 285. n. 1027. In muris antiquis Urbis. Sepolcro di Cecilia Melelta , Colosseo , Tempio di Minerva medica etc. Frutex. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei. Vulgo. Assenzio arboreo. 1793. Absinthium L. Sp. PI. p. 1188. Tomento brevi incana. Caule erecto ex inferno ramoso, ramis alternis: foliis caulinis inferioribus pinnatifi- dis laciniis pinnatifido-subflabellatis lacinulis planis apice subtridentatis, in su- perioribus laciniis minoratis, floralibus sessilibus simplicibus linearibus: calathis secundis in racemo composito pyramidato : involucri globulosi squamis ex- ternis linearibus, internis oblongis apice scariosis. A. Absinthium Seb. el Maur. El. Rom. Prod p. 285 n. 1029. - Beri. FI. II. l. 9. p. 123. In ruderibus pagorum frequens. 10 Perenn. Fior. Julio-Augusto. F^osculi lutei. Vulgo. Assenzio, Assenzio romano. Usus. Herba Absinlliii notissima et inter amaricantia praestantissima, in debilitate stomachi in febbribus intermittentibus et putridis nec non in ver- minatione communiter adhibita Tinctura aquosa et alcooliea, extractum, sy- rupus etc. in usu sunt, at praesertim potio vinosa quae commercio traditur sub nomine Vermuth. 1794. vuLGARis L. Sp. PI. p. 1188. Caule ciato erecto ramoso , ramis alternis subfastigiatis : foliis caulinis pinnatifidis laciniis latis inciso-dentatis , successivis depauperatis, floralibus linearibus ascendendo angustioribus, omni- bus supra glabris viridibus subtus albo-lornentosis : calathis numerosissimis in racemo composito stricto: involucri ovoidei sublanati squamis externis linea- ribus, internis oblongis margine scariosis. A. vulgaris Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 27. n. 23 - Seb. et Mauv. FI. Rom. Prod. p. 284 n. 1023. — Beìt. FI. II. t. 9 p. 120. In cultis ruderatis ageribus vulgaris. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei. Vulgo. Assenzio salvalico. Usus. In olBcinis jam sub nomine Artemisiae all)ae et rubrae cognita uti amaricans, nunc vix in usu. Radix contrita in Moxa, et Carbonibus adhibita, nunc oblita. 1795. coERULESCENs L. Sp. PI. p. 1189. Viridi-coerulescens subtomen- tosa vel glabrata. Caule erecto parce ramoso, ramis suljpatulis: foliis ludibun- dis, inferioribus ut plurimum uni-bi-pinnatifidis laciniis angustis linearibus vel lanceolato-linearibus, sucessivis lanceolatis utrinqne attenuatis quandoque parce pinnatifidis, floralibus jamdudum simplicibus linearibus: calathis parvis in ra- cemo composito pyramidato , racemulis nutantibus erectisve ; involucri cylin- drici canescentis squamis externis carinatis, internis vix apice scariosis. A. coerulescens Beri. FI. It. t. 9. p. 130. - Absinthium latifolium ra- rius Artemisiae folio. Coliimn. Ecpìir. t. 2 p. 75. fig. 76. In maritimis ad saxa et in ruderatis. Civitavecchia. Perenn. Fior. Augusto-Septembri Flosculi lutei. XERANTHEMUM. 1796. iNAPERTUK Willd. Sp. PI. i. 3. p. 1902. Tomento fioccoso inca- num. Caule erecto ramoso, ramis patulis: foliis lanceolato-linearibus supra vi- rescentibus : calathis solitariis terminalibus : involucri campaniformis squamis internis, lingula scariosa colorata terminatis: flosculorum foemineorum pappo rudimentali, hermaphroditorum 5-squamato. X. inapertum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 285. n. 1030. - Beri. FI. It. t. 9. p. 168. - Jacea pusilla oleae folio purpureis congestisq. floribus Barrei . le. 1126. In subapenninis apricis. Nei monti vicino Tivoli. Ann. Fior. Julio-Augusto. Flosculi purpurascentes. 1797. cYLiyDRACEUM Sibili, et Smith. Fior. Graec. Prod. t. 2. p. 172. To- mento fioccoso incanum. Caule erecto paniculato ramoso , ramis numerosis patulis elongatis superius nudis: foliis lanceolatis supra virescentibus: calathis solitariis terminalibus : involucri cylindrici squamis apice scariosis dorso to- mentosis internis lingula brevissima colorata terminatis: pappo florum foemi- neorum rudimentali, bermaphroditorum 9-12 squammato. X. cylindraceum Beri. FI. It. t. 9 p. 170. - Sang. Cent, tres p. 114. n. 257. In montium petrosis secus V Allumiere della Tolfa. Ann. Fior. Junio. Flosculi purpurei. GXAPHALILM. 1798. ciTHiNu.v Lamck FI. Fr. ed. 2. t. 2. p. 62. ineano-tomentosum. Caulibus caespitosis simplicibus erectis: foliis linearibus margine revolutis: ca- lathis yjarvis in corymbo contraete: involucri subrotundi squamis ovatis obtu- sis scariosis, externis brevioribus. G. citrinum Bert. FI. 11. t. 9. p. 134. - G. angustifolium ex parte Seb. et Maur FI. Pwm. Prod. p. 285. n. 1 031 . - Chrysocome seu Stoecas citrina minor. Barrel. le. 410. In aridis ad muros et in maritimis. Roma, Tivoli, Fiumicino etc. Suffrut. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei, squamae aureae. 1999. SroECf/As L. Sp. PI. p. 1193. Adpresse cano-tomentosum. Caule erecto ramis strictis: foliis sparsis angustissime linearibus margine revolutis : calathis parvis in corymbo composito, corymbulis convexo-subrotundis: invo- lucri ovati squamis scariosis ovato-oblongis obtusis externis minoribus. G. Stoechas Bert. FI. II. t. 9. p. 138.-G. angustifolium ex parte el Maur. FI. Rom. Prod. p. 285. n. 1031. - Chrysocome major roris ma- rini folio Barrel. le. 278. In collibus aridis et ad saxa. Ronciglione, monti Tiburtini, Albani etc. — 120 — Suffr. Fior. Junio in Septembrem. Flosculi luteo-citrini, squamae pallide stramineae. Obs. Odor totius plantae ingratus. 1800. LUTEO-ALBUM L. Sf. PI. p. 1196. Albo-lanatum . Caule erecto in- ferne subramoso : foliis integerrimis oblongo-spathulatis, superioribus lanceo- lato-acuminatis: calathis parvis in capitulis subcorymbosis, corymbosisve raro solitariis: involucri subcampaniformis squamis scariosis oblongis externis acutis, internis obtusis, omnibus senio stellato-patentibus. G. luteo-album Bert. FI. It t. 9. p. 142. - Chrysocome cetrina supina latifolia Ttal. Barrel. le. 367. In humidis et ad ripas Tiberis. Ponte molle. Perenn. Fior. Junio ad Septembrem. Flosculi lutescentes, squamae inferne lutescentes superne albo-argentinae. 1801. RECTUM Willd. Sp. PI. t. S. p. 1885. Caule simplici erecto albo- lanato : foliis inferioribus anguste lanceolatis longe in petiolum productis supe- rioribus lanceolato-linearibus, omnibus supra glabris viridibus subtus albo-to- mentosis: calathis parvis in racemo spicaeformi basi saepe composito, racemis praesertim inferioribus folio dovali multo brevioribus : involucri cylindracei squamis oblongis obtusis scariosis externis brevioribus. G. rectum Maur. Cent. 13. p. 39. - Bert. FI. It. t. 9. p. 144. In sylvaticis apenninorum Umbriae et in montibus Latii. Valle Canetra, Bosco de'' Cavalieri etc. S. Polo, Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Julio ad Septembrem. Flosculi pallide flavescentes, squa- mae stramineae apice rubro-fuscae. 1802. SUPINO M L. Syst. nat. ed. 2. t. 2. p. 234. Incano-lanatum pu- sillum. Caulibus caespitosis adscendentibus ut plurimum simplicibus. foliis li- nearibus integerrimis, radicalibus caespitosis, caulinis alternis : calathis pau- cis in capitulis* terminalibus sessilihus vel laxe racematis : involucri cam- paniformis in fructu laxati squamis lanceolato-acutis obtusisve , apice saepe laceris. G. supinum Bert> FI. It. t. 9. p. 148. - G. alpinum nanum seu pusillum Bocc. Sic. p. 40. et p. 41. tab. 20. f. 1 . In herhidis alpinis humidis Piceni. Monte la Ventosa. Perenn. Fior. Julio ad Septembrem. Flosculi lutei, squamae ferrugineae aut fuscae. 1803. uLiGiNosuM L. Sp. PI. p. 1200. Incano-lanatum. Caule decumbente 121 raro erecto valde ramoso, ramis inordinatis: foliis lanceolato-linearibus lana in pagina superiore minorata, inferioribus in petiolum productis, caulinis sessili- bus: calathis parvis in capitulis terminalibus, foliis superioribus involucranti- bus superatis: involucri campaniformis squamis internis lanceolatis acutis, ex- ternis ovatis, omnibus tandem stellato-patentibus. G. uliginosum Bert. FI. It. t. 9. p. 130. In arenosis ad ripas Tiberis in ipsa civitate. Alla renella. Ann. Fior. Septembri. Flosculi lutei, squamae flavido-livìdae vel ferru- gineae. 1804. DioicuiM L. Sp. PI. p. 1199. Albo-lanatum. Caule simplicissimo stolonibus reptantibus: foliis radicalibus spathulatis in petiolum productis, cau- linis lineari-lanceolatis sessilibus lana in pagina superiore quandoque minorata: calathis parvis in corymbo simplici coarctato: involucri campaniformis squamis obtusis interioribus elongatis: floribus dioicis. G. dioicum Sang. Cent. Ires p. 113. n. 260. - Bert. FI. It. t. 9. p. 131. - G. syriacum flore purpureo. Barrel. le. 34. In petrosis montium elatiorum. Monti della Sibilla. Perenn. Fior. Julio. Flosculi masculini lutei , foeminei lutei vel purpu- reo-rosei : squamae maris albae raro roseae, foeminae ut plurimum pulchre roseae. Vulgo. Bambagia salvatica. Usus. Gnaphalii flores in materia medica Linnaei enumerantur; eorum in- fusio in morbis pulmonum jam adhibita, vel uti sudorifera. 1803. Leontopodium Jacq. FI. Ausi. tab. 86. Albo-tomentoso-floccosum. Caule humili adscendente simplicissimo foliis obverse lanceolatis attenuatis subtus tomentosioribus: calathis parvis in capitolo terminali bracteis oblongis crassis circumdato: involucri hemisphaerici squamis lanceolatis acutis apice vix erosis. G. Leontopodium Sang. Cent. Ires p. 113. n. 239. - Bert. FI. It. t. 9. p. 134. -G. Leontopodium erectum Barrel. le. 127. f. 8. et 128. f. 8. In verticibus montium Umbriae. Monti della Sibilla. Perenn. FI. Julio. Flosculi flavi, squamae fuscae. FILAGO. 1806. GERMANICA L. Sp. PI. p. 1311. Cinereo-tomentosa. Caule terete erecto superne dichotomo, ramis adscendentibus : foliis lanceolatis acutis : ca- 122 — lathis parvis in capitulis globosis terminalibus et in dicbotomia ramorurn: in- volucri pentagoni squamis acurainatis nervosis, nervo in aristam producto. F. germanica Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 286. n. 1033. - Beri. FI. II. t. 9. p. ini. In siccioribus et ageribus frequens. Ann. Fior. Majo-Augusto. Flosculi lutei, squamae flavescentes. 1807. ERYOCEPHALA Guss. PI. vav. p. 344. tab. 69. Dense et molliter albo-tomentosa. Caule abbreviato quandoque caespitosulo, ramis divaricatis su- premis erectis: foliis crebris lanceolatis acutis: calathis parvis in capitulis glo- bosis axillaribus terminalibusque lana prorsus involutis: involucri cylindrici squa- mis concavis acuminatis nervosis, nervo in aristam brevem producto. F. germanica /3 Beri. FI. It. t. 9. p. 138. In saxosis ad radices apenninorum. S. Pellegrino presso Norcia. Ann. Fior. Augusto. Corollulae luteae squamae dilute flavidae. 1808. ARVENsis L. Sp. PI. p. 1312. Tomento molli lanato incana. Caule erecto superne ramoso , ramis paniculatis: foliis oblongo-lanceolatis : calathis parvis in capitulis globosis lateralibus terminalibusque: involucri oblongi squa- mis acutis muticis. F. arvensis Maur. Cent. 13. p. 39. - Beri. FI. It. t. 9. p. 160. - Gna- phalium montanum Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 47. n. 111. In arenosis montium , et ad Tiberis ripas , nec non in Amphiteatro Flavio. Ann. Fior. Junio- Augusto. Flosculi lutei, squamae argentino-stramineae. 1809. MINIMA Fries Nov. FI. Suec. ed alt. p. 268. Incana tomento fioc- coso. Caulibus tenuibus inferno simplicibus strictis superne dichotomis: foliis brevibus adpressis lineari-lanceolatis: calathis parvis paucifioris glomerulatis in racemis et in dicbotomia ramorurn: involucri conico-pyramidati squamis ovato- lanceolatis obtusiusculis muticis basi tomentosis apice glabratis tandem stel- latim patentibus. F. minima Beri, FI. It. t. 9. p. 161. - Gnaphalium minimum Sang. Cent, tres p. 114. n. 238. In petrosis montanis Umbriae. Ann. Fior. Julio. Flosculi lutei, squamae pallide stramineae. 1810. HETERANTHA Guss. Syu. t. 2 par. 2. p. 864. Cinerea et lanugi- noso-fioccosa. Caule humili simplici vel basi ramoso, ramis erectis: foliis bre- vibus lanceolato-acuminatis subpatulis: calathis subparvis in glomerulis solitariis — 123 — alternis lacematis, supremis approximatis omnibus subsessilibus foliisque flo- ralibus patentissimis elongatis insidentibus : involucri ovoideo-conici tumentis squamis externis ovatis internis acutis. F. heterantha Beri. FI. It. i. 9. p. 162. In montibus calcareis mare versus. Allumiere della Tolfa. Ann. Fior. Junio. Flosculi luteoli , bracteae externae cinereae internae apice stramineae. 1811. GALLICA L. Sp. PI. p. 1312. Incano-tomentosa. Caule erecto ra- moso, ramis superne dichotomis: foliis linearibus margine revolutis: calathis paucis parvis, folio florali superatis, in glomerulis alaribus terminalibusque racemalis: involucri conico-pyramidati squamis lanuginosis externis ovato-acu- minatis, internis multo longioribus lanceolatis apice glabratis. F. gallica Seb’ et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 186. n. 1032. - Beri. FI. II. t. 9. p. 163. In aridis, collibus, marginibus communis. Ann. Fior. Junio-Junio. Flosculi luteoli, squamae cinereae. COAIZA. 1812. SQUARROSA L. Sp. PI. p. 1205. Scabriuscula. Caule erecto ramoso, ramis superioribus fastigiato-corymbosis : foliis ovato-oblongis subtus tomen- tosis sessilibus , inferioribus in petiolum productis : calathis mediocribus co- rymbosis: involucri cylindracei squamis lanceolatis squarrosis internis longioribus. C. squarrosa Sedasi. En. PI. Ampli. Flavi i p. 38. n. 70. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 286. n. 1035. - Beri. FI. II. i. 9. p. 175. In incultis et ad muros vulgaris. Bienn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei, squamae sub virides apice ni- grescentes. 1813. SORDIDA L. Mani. Alt. p. 466. Cano-tomentosa. Caule erecto su- perius ramoso inferius dense folioso, ramis patulis: foliis linearibus integerrimis margine revolutis : calathis parvis subternis solitarisque caule ramisque termi- nalibus: involucri ovoidei squamis ovatis imbricatis iuaequalibus externis angu- sti oribus. C. sordida Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 38. n. 71. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 286. n. 1036. - Beri. FI. It. t. 9. p. 178. - Chryso- come muralis paucioribus congestis fuscisq. capitellis Barre/. le. 257. et Sthoe- cas citrina spuria longioribus foliis l. c. p. 368. In muris omnibus vulgaris. 124 Suffrutic. Fior. Junio-Augusto. Flosculi lutei , squamae sordide flave- scentes. 1814. RUPESTRis L. Mani. 1. p. 113. Niveo-tomentosa. Caule decum- benti-adscendente dense folioso: foliis lanceolatis linearibusve margine undu- lato-dentatis revolutisque supra sordide viridibus : pedunculis longissimis saepe geminatis monocalathis : involucri campanulati squamis erectis externis ob- longis obtusis, internis linearibus. C. rupestris Bert. FI. It. t. 9.p. 181. - C. geminiflora. Fmr. in Gior.dei Letter. di Pisa t. 17. p. 129. - Chrysocome latifolia minima singolari flore Bar rei. le. 425. In rupestribus frequens apud Terracina. Suffrutic. Fior. Majo-Junio. Flosculi sordide albi squamis ferrugineis. ERIGERON. 1815. cANADENSE L. Sf. PI- p. 1210. Scabrum. Caule erecto subangulato superne ramoso: foliis lineari-lanceolatis acutis, inferioribus dentatis superio- ribus integerrimis : calathis parvis in panicula terminali ramosissima erecta : involucri cylindracei tandem ventricosi squamis linearibus inaequalibus imbri- cato-triseriatis: semiflosculis radialibus involucro sublongioribus. E. canadense Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 43. n. 96. - Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 287. n. 1040. - Bert. FI. It. t. 9. p. 184. - Co- nyza Canadensis annua acris alba Linariae folio Bocc. Sic. p. 85. fìg. p. 86. t. 48. In ruderatis et in cultis communisimum. Ann. Fior, aestate autumno. Flosculi pallide luteoli. Obs. E Canada aliata dicitur; at opinio legibus geographicis adversatur. 1816. LiNiFOLìUM Willd. Sp. PI. t. 3. p. 1 955. Hirsutum. Caule erecto superne ramoso; foliis lanceolatis confertis remote leviter profonde ve dentatis superioribus lineari-acutis integerrimis: calathis parvis in panicula subcor jm- bosa tyrsoidave: involucri cylindrici squamis linearibus acuminatis imbricato- biserialibus: flosculis radii involucrum subaequantibus. E. linifolium - Bert. FI. It. t. 9. p. 186. - Conyza ambigua Seb. et Maur. FI. Rom Prod. p. 287. n. 1037. In ruderatis ad vias et muros volgare. Perenn. Fior. Junio ad Hyemem. Flosculi sordide albi. 1817. ACRE L. Sp. PI. p. 1211. Hirsutissimum. Caule simplici alterne ramoso, quandoque ramosissimo: foliis caulinis sessilibus lanceolato-linearibus, — 123 — radicalibus oblongis ovalibusque in petiolum productis: calatbis subparvis so- litariis longiuscule pedunculatis in racemo laxo: involucri oblongi squamis li- nearibus 2-seriatis vix inaequalibus: flosculis radialibus angustissimis involucro longioribus. E. acre Seb^ et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 287. n. 1041. - Beri. FI. It. t. 9. p. Sì. - Amellus montanus Aequicolonum Colurnn. Ecphr. t. 2. p. 23. tab. 26. fig. 2 In apricis montium frequenter occurrit. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi coerulescentes. 1818. ALPiNUM L. Sp. PI. p. 1211. Hirtum vel hirsutum. Caule erecto simplici basive caespitoso raro parceque ramoso: foliis superioribus lanceolato- linearibus, inferioribus oblongis spathulatisve in petiolum productis omnibus uninerviis : calatbis parvis solitariis vel in corymbo longe pedunculatis : invo- lucri squamis linearibus 2-seriatis, externis acutis multo minoribus : flosculis radii numerosis approximatis involucro multo longioribus. E. alpinum Saug. Cent, tres p. 1 13. «. 261 . - FI. It. t. 9. p. 190. In subalpinis umbrosis. Radici del Vettore. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi purpurascentcs. Obs. Species polymorpha , caulis solitarius vel basi caespitosus simplex vel superne corymboso-ramosus, pauci vel multi-foliosus. JASONIA. 1819. sicuLA DC. Prod. Syst. nat. t. 5. p. 476. Scabrida. Caule terete superne paniculato-ramoso, ramis sparsis: foliis inferioribus lanceolatis denta- tis, superioribus rameisque linearibus integerrimis basi subauriculato-amplexi- caulibus : calatbis caule ramisque terminalibus : involucri squamis linearibus laxis flosculos superantibus. J. sicula Bert. FI. It. t. 9.p. 1 93. - Erigeron siculum Se6. et Ma«r. FI. Rom. Prod. p. 287. n. 1038. - Conyza sicula annua, lutea, foliis atro-viridi- bus, caule rubente. Bocc. Sic. p. 62. tab. 31. fìg. IV. In maritimis ad stagna. Ai Ponticelli d’ Ostia. Ann. Fior. Autumno. Flosculi lutescentes. CUPULARIA. 1820. GRAVEOLENS Cren, et Godr. FI. de Frane, t. 2. p. 180. Glandu- losa, et piloso-viscosa. Caule ramosissimo; foliis inferioribus lanceolatis remote subdentatis superioribus linearibus integerrimis: calatbis parvis in racemo com- 17 — 126 posilo laxo elongato follato: involucri squamis lanceolatis : flosculis radialibus, involucri squamis flosculisque disci, sublongioribus. C. graveolens Bert. FI. It. t. 9. p. 1 9 5 . - Erigeron graveolens Seb. et Maur. FI. Rorn. Prod. p. 287. n. 1039. - Conyza minor vera lob. lutea Barrei . le. 370. figura minor. In pascuis et agris requietis communis. Ann. Fior. Augusto-Septembri. Flosculi lutei. Vulgo. Coda di Volpe, Coda dei Fanelli. Obs. Tota pianta Terebinthi graviter redolet. 1821. VISCOSA Cren, et Godr. FI. de Frane, t. 2. p. 181. Filosa et glan- duloso-viscosa. Caule erecto superne ramoso, basi quandoque caespitoso: foliis lanceolatis laxe serratis: calathis grandiusculis solitariis axillaribus in racemo thyrsoideo composito terminali stricto elongato follato: involucri squamis la- tiuscule linearibus: flosculis radii, involucri squamis flosculisque disci, duplo- longioribus. C. viscosa Bert. FI. It. t. 9. p. 197. - Inula viscosa Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 50. n. 127. - Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 289. n. 1048. - Conyza capitata seu gibbosa Boee. Sie. p. 13. tab, 7. fig. B. - C. minor vera lob. lutesi Barrel. le. 370. fig. major. In sterilissimis in rupestribus et ad muros communis. Ann. Fior. Augusto, Octobri. Flosculi lutei. Vulgo. Coda di Volpe. Obs. Tota pianta odorem gravem foetidum spargit. ASTER. 1822. ALPiNus L. Sp. PI. p. 1226. Scabro-birtus. Caule erecto bumili: foliis integerrimis radicalibus spathulato-linearibus , caulinis lanceolato-lineari- bus: calatho majuscalo solitario : involucri patentis squamis lanceolatis obtu- siusculis subaequalibus. A. alpinus Sang. Cent, tres p. 116. n. 262. - Bert. FI. It. t. 9. p. 252. In pascuis alpinis Umbriae. Vettore. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculi disci lutei, radii cyanei. 1823. Tripolium L. Sp. PI. p. 1226. Glaber subglaucus. Caule erecto ramoso-corymboso : foliis lineari-lanceolatis crassiusculis trinerviis subinteger- rimis: calatbis mediocribus cauli ramisque terminalibus r involucri squamis oblongis obtusis, externis bfevioribus. A. Tripolium Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 288. n, 1042. - Bert. FI. It. t. 9. p. 253. 15J7 — In maritimis udis. Ai Ponticelli di’ Ostia. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi disci lutei radii coeruleo-purpura- scentes. SOLIDAGO. 1824. ViRGAUREA L. Sp. PI. p. 1235. Glabra. Caule erecto subflexuoso: foliis ovatis oblongisve serratis lanceolatisve subintegris : catathis parvis in ra- cemo compacto stricto : involucri squamis inaequalibus lanceolatis : lingulis ra- dialibus involucro duplo longioribus. S. Virgaurea Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 288. n. 1048. - Bert. FI. It. t. 9. p. 162. In montium sylvaticis. M. Gennaro, Albano, Artemisio etc- Perenn. Fior Julio-Septembri. Flosculi lutei. INULA. Pappo nudo Inulae auct. 2825. Helenium. L. Sp. PI. p. 1236. Caule erecto striato, ramis paten- tibus: foliis ovato-oblongis dentatis rugosis subtus tomentosis, superioribus ses- silibus cordato-amplexicaulibus, inferioribus majusculis in petiolum decurrenti.- bus : calathis amplis corymbosis ; involucri hemisphaerici squamis inaequalibus patentibus , externis foliaceis ovatis tomentosis, internis scariosis linearibus : lingulis augustissimis 2-3-dentatis involucro duplo longioribus. I. Helenium. Sang. Cent, tresp. 120. n. 274. - Bert. FI. It. t. 9. p. 267. In pascuis humidis cisca Romam. A Porcareccio. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi aurei. Vulgo. Enula campana. Elenio, Usus. In officinis sub nomine Henulae campanulae species agnoscitur; ra- dice magna aromatica gaudet, jam a medicis plurimi habita uti expectoranti an- thelmintica etc, nunc vix commemoratur. In formula vivi medicati Vermuth dicti, aromatis gratia, ingreditur. 1826. SALicfNA. L. Sp. PI. p. 1238. Glabra. Caule erecto simplici parce ramoso : foliis lanceolatis patenti-recurvis margine scabris flexilibus : cala- this majusculis solitariis corymbosisve : involucri hemisphaerici squamis sca- riosis squarrosisquae inaequalibus : lingulis denticulatis involucrum vix supe- rantibus. I. salicina. Seb. et Maur FI. Rom. Prod. p. 289. n. . Bert. FI. It. t. 9. p. 278. 0 In nemorosìs secus Urbem. Pigneto di Bighi. Perenn. Fior Junio-Julio. Flosculi aurei. 1827. IURTA L. Sp.Pl. p. 1239. Hirsuta scabra. Caule erecto ut pluri- mum simplici: foliis lanceolatis integris parceve denticulatis rigidis subample- xicaulibus, superioribus strictis, inferioribus patulis : calatho grandiusculo so- litario terminali : involucri hemisphaerici patentis squamis foliaceis lanceolatis subaequalibus spinuloso-ciliatis : lingulis angustis 2-3 dentatis involucro duplo longioribus. I. Iurta Bert. FI. It. t. 9. p 280. In rupestribus apenninorum Piceni. Monte Corona. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi luteo-aurei. 1828. SQUARROSA. L.Sp. PI. p. 1240. Scabra. Caule erecto superne ramoso- corymboso : foliis crebris rigidis sessilibus ovatis regulariter serrulatis di- stortis : calathis mediocribus ramis terminalibus : involucri campaniformis squamis lanceolatis inaequalibus imbricatis apice squarrosis : lingulis anguste linearibus 2-3-dentatis, involucro ut plurimum duplo longioribus. I. squarrosa. Bert. FI. It. t. 9. p. 281. In aridis montium. Prope Vallepietra verso il confine napolitano. Perenn. Fior. Julio. Fosculi luteo-aurati. 1829. MONTANA. L. Sp. PI. p. 1241. Villoso-sericea. Caule erecto ut- plurimum simplici : foliis lanceolatis subintegerrimis venosis, caulinis rernotis sessilibus descendendo basi magis constrictis : radicalibus in petiolum produ- ctis: calathis majusculis solitariis terminalibus : involucri hemisphaerici den- sius villosi squamis externis foliaceis lanceolato-linearibus obtusiusculis, inter- nis memhranaceis acuminatis: lingulis profunde 2-3-dentatis inolucro duplo lon- gioribus. I. montana Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 289. n. 1050. - Bert. FI. It. t. 9. p. 285. In sterilibus montium. Monte Gennaro. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. . 1830. cRiTHMoiDEs L. Sp. PI. p. 1240. Glabra. Caule erecto valde ra- moso : foliis carnosis linearibus confertis apice saepe 3-cuspidatis : catathis majusculis solitariis breviter pedunculatis , corymbosis racemosisve : involucri hemisphaerici subpatuli squamis foliaceis inaequalibus anguste linearibus mar- ginatisi lingulis 2-3-dentatis involucro subduplo longioribus. — 129 — I. crithmoides Seb. et Maiir. FI. Rom. Proti p. 289 n. 1049. - Beri. FI. It. t. 9. p. 287. - Aster maritimus folio tereti. Hort. Rom.t. 8. tab. 17. In marìtimis communis. Ostia Civitavecchia etc. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Fosculi lutei. ** Pappo basi coronula aucto - Policariae DC. 1831. ODORA L. Sp. PI. p. 1 23G. Villosa. Caule terete leviter striato sim- plici vel superne ramoso, ramis corymbosis : foliis radicalibus ovatis rosula- tis, eaulinis inferioribus oblongis in petiolum productis, successivis numerosis lanceolatis sessilibus rameisque angustis cordato-auriculatis : calathis majuscu- lis terminalibus : involucri hemisphaerici cito patuli squamis foliaceis linea- ribus acuminato-attenuatis inaequalibus : lingulis apice 3-dentatis involucro duplo longioribus : coronula brevissima integra. I. odora Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 288. n. 1044. -Bert. FI. It. t. 9. p. 270.- Asteris altera species Apula an Baccharis Cohimn Ecphr. 1. p. 251, et Asteris species an Baccharis L e. p. 253. /i(/. - Baccharis minor italico flore Asteris luteo Bar rei le. 1145. In apricis circa Urbem, et mare versus. Villa Pamphili abbunde etc. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei. Obs. Pianta aromatica balsami quodammodo redolens. 1832. Britannica L. Sp. PI. p. 1237. Pubescens. Caule erecto suban- gulato alterne ramoso, ramis subcorymbosis : foliis elongato-lanceolatis inte- gerrimis, superioribus basi auriculato-amplexicaulibus , inferioribus in petiolum productis : calathis mediocribus terminalibus ; involucri campaniformis squa- mis foliaceis inaequalibus lineari-subulatis patenti-recurvis : lingulis 3-denta- tis involucro plus duplo longioribus : coronula integra. I. Britannica Bert. FI. It. t. 9 p. 272. In planitiebus aeque ac in montibus praesertim Piceni et Umbriae. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi luteo-aurei. 1833. DYSENTERicA L. Sp. PI. p. 1237. Villosa foetida. Caule adscendente vel erecto ab imo ramoso, ramis patentibus : foliis oblongo-lanceolatis undu- latis subtus villosioribus, superioribus auriculato-amplexicaulibus, inferioribus in petiolum breviter decurrentibus ; calathis mediocribus solitariis terminali- bus subcorymbosisve : involucri hemisphaerici squamis inaequalibus foliaceis — 130 — margine scariosis : lingulis angustissimis 3-dentatis involucro vix duplo lon- gioribus : coronula integra. I. dysenterica Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 50. n. 128. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 288. n. 1045. - Beri. FI. It. t. 9. p. 274. In humidis ad vias, et ad sepes vulgaris. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei.. Vulgo. Menta salvatila. 1884. Pulì CARI A L. Sp. PI. p. 1238. Pubescens foetida. Caule erecto pyramidato-ramoso : foliis auriculato-amplexìbaulibus subintegerrimus undulatis inferioribus oblongis superioribus lanceolatis : calathis parvis lanatis ramis cau- lique terminalibus : involucri subglobosi squamis foliaceis linearibus setaceis : coronula brevissima multiflda. I. Pulicaria Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 288. n. 1046. - Bert. FI. It. t. 9. p. 276. In humidissimis sabulosis circea Urbeni non infrequens. Ann. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei. TUSSILAGO. ì 8^^. Farfara L. Sp.Pl.p. 1214. Foliis cordato-subrotundis angulato- dentatis ut plurimum histeranthiis subtus albo-tomentosis cito glabratis : pe- duncolo radicali erecto albo-floccoso crebre squamoso, squamis foliaceis. T. Farfara Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 76. n. 242 - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 289 n. 1051. - Bert. FI. It. t. 9 p. 203. T. vulgaris Ilort. Rom. t. 8. tab. 22, In solo argillaceo communis. Perenn. Fior. Majtio-Aprili Flosculi lutei. Vulgo. Farfara, Tussillagine. Csus. Radix, herba, flores Tussillaginis jam in affectìonibus pulmonum ac praesentim m tossi communiter usurpabantur onde nomen ; sed none parum in usu, licet a vulgo non obliti. PETASITES 1836. FRAGRANS Presl. Sic. p. 28. Foliis hysternanthiis synanthiisve cor- dato-ovatis remiformibusve longe petiolatis margine subaequaliter denticula- tis : peduncolo radicali erecto squamoso albo-fioccoso : squamis foliaceis ob- longo-acutìs paucis remotis : pedicellis in thyrso abbreviatis, calatbis medio- cribus : s(juamis involucri acuminatis : flosculis radialibus lingulatis. P. fragrans Bert. FI. It. t. 9. p. 206.- P. minor Hort. Rom. t. 8. tab. 85. — 131 In vineis non rara. Perenn. Fior. Januario-Martio. Flosculi radi! albi vel leviter carnei disci rubei, Vanillae grate redolentes. 1837. ALBUS GOETN De friict. t. 2. p. 405, tab. 166. Foliis hysteranthiis remiformi-rotundatis longe petiolatis margine angulatis inaequaliterque den- tato-denticulatis, subtus tormentosis : pedunculo radicali erecto ascendentove squamoso piloso-flocculoso, squamis lanceolatis remotisculis : pedicellis in thyrso saepe abbreviato simplici compositove : calathis mediocribus : involucri pilosi squamis foliaceis margine membranacei s lanceolato-linearibus : flosculis radia- libus fìliformibus. P. albus Ben. FI. It. t. 9. p. 207. Secus cursus aquarum , et in umbrosis humidis ad margines sylvarum. Boschi del Cavaliere presso Norcia. Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flosculi albi. 1838. vuLGARis Desf. FI atl. t. 2. p. 270. Foliis hysteranthiis saepe et synanthiis cordato-reniformibus nonullis quandoqne maximis margine vix an- gulatis subinaequaliterque denticulatis subtus pubescentibus: pedunculo radicali ciato albo lanuginoso-floccoso squamato squamis lanceolato-acuminatis : pe- dicellis in thyrso pyramidato-elongato : calathis mediocribus : involucri squa- mis foliaceis lineari-oblongis obtusis : flosculis radialibus fìliformibus. P. vulgaris Beri. FI. It. t. 9. p. 209. -Tussillago Petasites Seb. et Maur. FI. Borri. Prod. p. 290. n. 1052. Ad rivos et fossas frequens. Perenn. Fior. Mar tio- Aprili. Flosculi carnei, aut intese rosei. Vulgo Farfaraccio, Tussillagine maggiore. Usus. Petasitidis radix olim uti antiputrida, nune oblita. SENECIO. 1839. vuLGARis L. Sp. PI. p. 1216. Crassiusculus glaber. Caule erecto simplici ramosove : foliis inferioribus obovatis in petiolum productis, superio- ribus amplexicaulibus obtusis sinuato-dentatis : calathis minusculis in corymbo coartato : involucri cylindrici squamis linearibus acutis, squamulis calyculan- tibus 3-seriatis : semiflosculis brevissimis nullisque. S. vulgaris Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 69. n. ‘Ì09. - Seb. et Maur. FI. Bom Prod. p. 290. n. 1053. - Bert. FI. It. t. 9.p. 212. - S. minor vul- garis Ilort. Bom. t. 7. tab. 88. lu vineis ageribus herbosis ubique. Ann. Fior. Januario-Martio. Flosculi lutei. Vulgo. Erba eardellina. Usus. Fructus et herba tenera a Fringilla Cardueli summopere apetita unde nomen vulgare. 1840. sYLVATiGus L. Sp. PI. p. 121 7' Pilosiuculus. Caule erecto stri- ato simplici ramosove : foliis inferioribus integris in petiolum angustum pro- ductis, superioribus sessilibus auriculatis anguste pinnatifido-laciniatis dentatis: calatbis par vis in corymbo composito : involucri cylindrici squamis linearibus margine membranaceis apice spbacelatis, squamulis calyculantibus 1-seriatis: semiflosculis involucro longioribus apice revolutis. S. sylvaticus Sang. Cent, tresp. 119. n. 272. - Beri. FI. It. t. 9. n. 215. In sylvaticis non rarus. Allumiere della Tolfn. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. 1841. LiviDus L. Sp. PI. p. 1216. Rare et sparse piloso-glandulosus mox glabratus. Caule erecto adscendentove ramoso : foliis inferioribus ovatis suc- cessivisque oblongis, superioribus lobatis lacinatisve basi auricolatis , omnibus crenato-dentatis in petiolum adscendendo breviorem productis : calatbis par- vis in corymbo depauperato ; involucri cylindrici squamis linearibus acumina- tis apice spbacelatis, squamulis calyculantibus conformibus laxis: semiflosculis involucro dimidio longiolibus apice cito revolutis. S. lividus Bert. FI. It. t. 9. p. 216. In ageribus bumidis. Presso Viterbo vicino il Bullicame. Ann. Fior. Martio ad Majum. Flosculi lutei. Obs. Pianta Pboeniculum redolens. 1842. cRASsiFOLius Willd. Sp. PI. t. 3. p. 1982. Glaber vel parce pilo- sus. Caule adscendente vel erecto caespitoso ab imo ramoso: foliis subcarnosis dentatis, radicalibus obovatis in petiolum productis, successivis sessilibus ob- longo-spatulatis, supremis pinnatifidis basi auriculato-amplexicaulibus : calatbis parvis corymbosis longe pedunculatis : involucri cylindracei squamis lineari- bus acutis margine membranaceis apice integris, squamulis calyculatibus con- formibus laxiusculis : semiflosculis elongatis tandem revolutis. S. crassifolius Bert. FI. It. t. 9. p. 217. - S. leucantbemifolius Seè. ei Maur. FI. Boni. Prod. p. 290. n. 1054. - lacobaea bumilis, Vernalis sub- rotundo Senecionis folio Bocc. Mus. di Piant. p. 169 et I. bumilis Senecionis folio l. c. tab. 100. 1. maritima minima glabra Senecionis folio Italica Bar- rei. le. 261. -I. supina maritima Triumph. Obs. p. 90. In maritimis nostris communis. Ostia, Fiumicino, Palo etc. Ann. Fior. Aprili-Julio. Flosculi lutei. {Continuerà) 133 — Sili diversi periodi eruttivi determinati nell' Italia centrale, DEL PROF. G. Ponzi. Spesso avviene nella pratica geologica d’ imbattersi ad osservare fenomeni così problematici, i quali non accordandosi colle teorie preconcette , ci met- tono nel più grande imbarazzo , e sovente non arriviamo neppure ad una probabile soluzione. Io son di opinione che ciò abbiasi a ripetere da difetto delle stesse dottrine che ci servon di guida, e che impotenti a renderci tutte le ragioni, in molta parte vagano ancora per le incerte e astruse vie dell’ inco- gnito. In tali casi ripetute e costanti osservazioni sono le sole capaci di dissipare le dubiezze , e metterci nelle mani il filo di Arianna per uscir fuori del labirinto. In molte di queste occasioni mi sono ancor io trovato nelle escurzioni sui nostri Appennini dell’ Italia centrale. Su quelle alte regioni una teoria oggi concepita con apparente soddisfazione, veniva rovesciata nel- r indomani, per dar luogo ad un altra, e quindi ad un altra, fino a che un’os- servazione fortuita 0 inaspettata mi poneva sulla via del vero , o almeno del verosimile. Sifatte angustie mi occorsero nella ricerca delle diverse roccie sedi- mentarie per determinarne la scala, ovvero le complicate loro soluzioni di con- tinuità e spostamenti. Tanti giudizi sono stati emessi dai Geologi sulla formazione dei nostri Appennini. Si credette da principio che l’ Italia comparve sulle acque marine per un’ azione cosmica, avvenuta al declinare di quei tempi nei quali si depositarono le assise cretacee , poi si disse che ciò avvenisse nei ter- ziari miocenici , taluni pensarono che il movimento sia stato tumultuario e subitaneo, altri lo dissero effettuato per gradi, e in tempi successivi. A dire il vero da tali ondeggiamenti della scienza , mi trovava ancor io trascinato ; però all’ idea di un sollevamento terziario, faceva obice il gruppo del nostro monte Gennaro e della Morra posto a levante di Roma, e conosciuti col nome di Monti Lucani. Tale è una massa cospicua, fuori di posto, e distinta da- gli altri appennini per essere tutta di natura giurassica e circoscritta, mentre le principali creste costituenti T Italia o sono cretacee, ovvero eoceniche. Que- sto era un problema che domandava soluzione ; ma non potendo essere su- bito soddisfatto, mi vedeva costretto rimetterlo al tempo, perchè nella conti- nuazione delle ricerche mi si dasse un fortunato incidente. 18 E di fatti in un bel giorno del passato estate 1863, io insieme al Sig. Antonio JVlartinelli di Anagni (1), assisi sulle famose mura ciclopiche che sor- reggono ancora V Acropoli del vetusto Segni nel paese degli Yolsci, a metri 683 sul livello del mare , dove un sorprendente panorama, ci si spalancava d’ innanzi. Quivi potevamo contemplare la sublime scena di tutti quelli appennini già da me percorsi altre volte e conosciuti, ne distinguevamo le loro catene schierate una dietro 1’ altra, coi loro rispettivi cuspidi appena discoperti dalla neve invernale, le caratteristiche loro forme, e la comune direzione, concor- dante a quella dell’ intiera penisola. A tal vista non solamente si risvegliava in me 1’ antica questione , ma eziandio si suscitavano nuovi dubi , scorgendo che la discordanza notata nel Monte Gennaro, si ripeteva in altri gruppi con- ducenti ciascuno propri ed esclusivi caratteri. La catena della Scalambra o del Serrone è tutta eocenica, e corre intramezzo alla littorale tirrena, ove io mi trovava , e la centrale appennina che divide lo stato napoletano , ambedue esclusivamente cretacee. E perchè diceva io, quelle distinzioni ? Se la scala stratigrafica è formata di letti continui nella composizione deila crosta terrestre , perchè alcune di quelle catene sono formate delle più vecchie roccie senza contenere un bric- ciolo delle più giovani , che pur si rinvengono potentissime anche nelle più prossime contrade ? E posto ancora che vi sieno state , perchè non restarne una traccia come avviene in altri casi ? Egli è un fatto, che se un Geologo salga i nostri appennini sempre osserverà che le loro masse, o sono esclusi- vamente giuresi, 0 sono cretacee, ovvero onninamente eoceniche. A qual causa adunque attribuire un tal fenomeno ? Viene esso da lacune o interruzioni della scala stratigrafica, o dalle abrazioni esercitate nel lungo svolgere dei secoli , oppure da differenza di sollevamento ? Ecco le questioni che ora richiamano r attenzione. La Natura sempre coerente a se stessa, mirabilmente armonizzata nelle sue opere, è cosi costante nella successione delle roccie di sedimento, da non presentare lacune o interruzioni, se non per locali e ristrette combinazioni , da considerarsi siccome eccezioni alla regola generale. Nella mia pratica po- chi esempi ho veduto di tali mancanze, e in genere posso dire che i membri della scala non mancano, solamente si presentano spostati e non continui. Av- (1) Questo distinto Ingegnere mi è stato tante volte compagno nel percorrere i nostri Appennini, e molto utile per le sue tecniche cognizioni e pratica del paese. vegnachè se in una contrada incontriamo formazioni giuresi in un’ altra os- serviamo le cretacee, in una terza le terziarie, di modo che tutte riunendole possiamo comporre l’ intiera scala dimostrante la serie non interrotta dei tempi geologici. Ne tampoco potrebbero accusarsi quelle vaste erosioni operate dal tempo, perchè se si consideri la quantità o potenza delle roccie , e specialmente la disposizione delle loro assise determinate dagli spostamenti di giacitura, bi- sognerebbe che le azioni meteoriche avessero distrutte tutte le intere masse montane, per far scomparire taluno degli strati componenti, alla quale azione si oppongono la compattezza e tenacità delle roccie. La qual cosa porta a cre- dere che sulle stratificazioni giuresi del Monte Gennaro non furono mai depo- sitate le roccie cretacee, ne su queste le terziarie. Se facendo astrazione di ciò che si vede, volessimo ricomporre l’ intera scala, bisognerebbe che al monte di Pennecchio, punto culminante del gruppo giurese, alto metri 1368 si sovraponesse la Montagna cretacea della Sempre- visa di metri 1536, e su questa la Scalambra tutta eocenica di metri 1402. L’ altitudine che risulterebbe da questo accavallamento di montagne sarebbe di metri 4306, alla quale aggiungendo le parti che mancano per le vere ere- zioni sotferte, che devono essere state pure considerabili, ne risulterebbe tale elevazione, e tale massa che mancherebbe lo spazio a comprenderla e l’ Ita- lia istessa ne sarebbe sfigurata. Laonde chiaro mi sembra che a quelle ca- tene di monti niente manchi delle loro rispettive formazioni, e che ciascuna venga fornita delle proprie ed esclusive roccie che gli danno il carattere. Rigettate le interruzioni della scala e le abrasioni, non resta che il terzo caso, 0 la differenza dei sollevamenti sofferti da questa parte d’ Italia. A so- stenere questa dottrina si prestano le osservazioni di tanti anni rese fami- gliari ad un naturalista indigeno. Un taglio geologico (fìg. I) portato attra- verso il Monte Gennaro e la valle di Licenza, fino a raggiungere il corso del Turano, fa chiaramente scorgere l’ indipendenza del gruppo giurassico dai monti che lo sieguono. Similmente un’ altra sezione (fig. IL) condotta dalle paludi pontine attraverso le provincie di Marittima e Campagna fino alla principale catena appennina dimostra che quella della Scalambra tutta eocenica, è inter- media fra la littorale e la centrale, ed assolutamente indipendente da queste. Forse a prima vista si potrebbe obiettare, che le discordanze notate po- trebbero derivare da faglie gigantesche e non da sollevamenti avvenuti in tempi diversi. Ma se si consideri che i letti cretacei non vennero mai depo- 136 — sti sulle assise giuresi, ne i terziari sulle cretacee , si avrà per necessaria conseguenza che gli strati più antichi erano già emersi , allorché si forma- rono i più recenti, e perciò ciascuna di quelle parti dimostrare sollevamenti speciali, 0 una serie successiva di emersioni. Se la comparsa di tutti quei monti fosse stata contemporanea e subitanea, ovvero a riprese comuni a tutti, come è stato pensato dai Geologi , certamente non vedressimo quelle diffe- renze, ma bensì una uniformità nelle montane strutture. Perchè ogni brano mostrerebbe la medesima scala stratigrafica, continuata fino al punto corrispon- dente all’ epoca del sollevamento, e tutte le differenze sì sarebbero limitate allo scuoprimento più o meno avansato dei sedimenti più vecchi, serialmente discendenti in ragione dell’ intensità della forza sollevatrice. Assicurati per cosiffatte osservazioni , che diversi sollevamenti si effet- tuarono in tempi distinti, possiamo disporli in serie , fino a ehe il plutoni- smo si cambiò in vulcanismo, che tanto dominò nelle basse contrade d’ Ita- lia, e condusse i tempi trascorsi fino all’ epoca nostra. Ci è concesso adunque stabilire con certezza, che il primo sollevamento che diede l’abbozzo dell’ Ita- lia , sia avvenuto dopo la deposizione delle roccie ammonìtifere , e per esso furono messe allo scoperto quelle del Lias e dell’Oolite costituenti il gruppo del Monte Gennaro i Cornicolani ec. 11 secondo venne effettuato dopo che fu- rono sedimentate le calcarie ippurìtiche e gli schisti a fucoidi, rappresentanti i piani medio e superiore della Creta, per cui si produssero i monti Lepino- pontini della catena littorale , e la più rilevata diga appennina colle sue di- pendenze. 11 terzo ebbe luogo dopo che si erano formate le calcarie nummu- litiche e le arenarie eoceniche e mioceniche, delle quali risulta la catena della Scalambra ricorrente fra quelle. A questo terzo sollevametto sembra doversi riportare eziandio il gruppo (•he forma l’ isola Ceritia o i monti di Allumiere e Tolfa, chiaramente formati delle medesime assise eoceniche e cretacee , rilievate per opera del solleva- mento di tanti mammelloni trachitici. Le osservazioni su questi monti por- tano a credere un quarto sollevamento emersivo , poiché le marne inferiori che formano la base del terreno pliocenico si mostrano avere ancor esse emerse dopo che vennero depositate , per una seconda eruzione di trachiti. Questo sarebbe 1’ ultima delle azioni plutoniche della terra nell’ Italia centrale , giac- ché a prender data da esso i tempi che seguirono portano l’ impronta del vul- canismo , non meno ripetuto per successivi periodi. Per così fatte distinte , i sollevamenti per i quali si compose la parte centrale dell’ Italia possono es- — 137 — sere detti Giurese, Cretaceo, Miocenico, e Pliocenico, comprendenti le epoche del platonismo, ai quali succedette il vulcanismo. Di ciascuno di essi sembra pregio deir opera dare ora un cenno speciale. SOLLEVAMENTO GIURESE Fanno parte degli Appennini certi gruppi di monti dagli altri distinti, non solo per essere circoscritti e posti a varie distanza nella generale direzione della penisola, ma altresì perchè costituite delle roccie del giura che non si rinven- gono negli altri. Tali sono i monti del Cattria, quelli del Subasio , di Narni e Cesi , e nell’ area da me percorsa, quelli del Monte Gennaro e della Morra che sovrastano le campagne romane. Dal generale andamento si può sospettare come tali gruppi montani dovrebbero far parte di una o più catene nascoste, i cui punti culminanti emersero con quelle masse, che oggi rinveniamo senz’or- dine apparente correre sulla linea dell’ Italia, 11 gruppo del Monte Gennaro (Fig. 1) sporge a modo di un’avancorpo sulle pianure romane, e avanti di esso i monti Gornicolani, che a guisa di antemural*^ si parano sotto forma di tre isolette, una all’altra ravvicinate. La figura di questa massa è piuttosto allungata : prima diretta dal S al N poi declinante alquanto verso 0 : si solleva in una quantità di cime fra le quali si di- stinguono cuspidi distinti per elevatezza, il Monte Pennecchio fra questi è il punto culminante segnando metri 1368, posto dietro il Monte Gennaro per dominare insieme al Lucretile la valle Ustica, celebrata dal Poeta Orazio, oasi detta di Licenza da un villaggio che prese il nome corrotto del fiume Digenlia che la percorre. 11 Monte Gennaro visibile da tutti i punti dell’ agro romano, diede il nome all’intera massa montana, e s’innalza metri 1269: la Morra a fianco di s. Polo dei Cavalieri, metri 1058 ; il Monte Flavio metri 982: la montagna di Stazzano metri 601 : il Peschiavatore metri 611 : e il Ca- tillo di Tivoli metri 401, Un vallo condotto tutto all’ intorno circoscrive que- sta massa giurese , entro il quale diversi fiumi ne segnano col loro corso i confini. Una parte di questa fossa è rappresentata da quel tratto del bacino dell’ Amene che da Tivoli raggiunge S. Cosimato oltre Yicovaro, dove sbocca la valle Ustica, per la quale risalisce fin sotto il Pennecchio. Quivi una sella o spartiacque conduce il vallo in opposto piovente , acciò le acque vengano condotte nel Correse presso Nerola, che seguitando a marcare i confini del ter- reno giurese cammina per raggiungere il Tevere. — 138 Tutta la fronte occidentale di questo gruppo è aperta sulle pianure ro- mane interrotte soltanto dai poggi Cornicolani, che come dissi sorgono a modo di tre isolette, e sembrano rappresentare tre brani distaccati dalla massa del monte Gennaro. Il paese di Monticelli è posto sul culmine di uno di essi a me- tri 396 , e sopra di un altro quello di s. Angelo in Capoccia a metri 400 , il terzo è intermedio, alquanto più basso , e viene denominato Poggio Cesi, nome tratto dall’ antico possessore , che fu quella* distinta famiglia Cesi di Acquasparta , da cui uscì il benemerito fondatore della nostra Accademia, o della prima istituzione scientifica che nel 1603 prese il nome della Lince, per r aggregazione degli uomini più illuminati di quel tempo. L’ ordine stratigrafico delle roccie componenti la nostra massa giurese può essere studiato sullo stesso giogo monticellese perchè scavalcandolo dal N. a S. tutte si rincontrano nell’ ordine successivo dì loro giacitura : queste sono Lias medio 1 . Calcarie cristalline bianco candide saccaroidi , compatte e tenaci, con arnioni di focaje ferruginose. 2. Calcarie grigio-giallastre o rossastre, con venature spatiche, compatte, tenaci, a frattura scagliosa e concoide. 3. Calcare bigio-chiara simile alle precedenti senza venature spatiche, a letti intercalati con straterelli di argille. Queste tre diverse roccie rappresentano un solo membro della scala stra- tigrafica, cioè il lias medio diversamente ridotte dal metamorfismo , perchè così viene chiaramente indicato dai fossili contenuti, i quali sono : Ammoniti, A. Heterophyllus A. SiibarmatiiSy A. Normanianus etc. Be- lemniti. Terebratule, T. Diphya. T. punctata, T. amygdaloides etc Rinconelle Bli dolabriformis. Rh. variabilis , Rh. subdecorata etc. Attici, A. lamellosusy A. icrassatus etc Encriniti etc etc. Lias superiore 4. Marne bigie indurite a frattura scagliosa compatte non molto tenaci. 5. Calcarie argillose interposte a grossi letti di argille schistose , rosse , gialle, bigie, o variegate. 6. Arenarie bigio scure giallastre sporcate di macchie nere ferruginose, a straterelli tabulari. Queste roccie sono sovraposte le une alle altre ; ma prese insieme co- stituiscono il lias superiore, come vengono indicate dai loro fossili. 139 — Nautili iV. lineatus. Ammoniti, A. hifrons , A. Serpentinus A. fimbria- tns etc. Trococere, Belemniti, Pettini, Terebratule, Spiriferi, Astarte, Attici , Foladomie, Cidaris, Pesci Heterocerci, denti di pesci placoidi. Crostacei etc etc. Oolite 7. Calcaria grigio verdastra compatta, con venature spatiche, tenace, a frat- tura scagliosa e nodi di focaja. 8. Calcaria cristallina giallastra con venature spatiche, e macchie lineari gialle serpeggianti. 9. Calcaria verdastra granulare compatta a frattura scagliosa. I fossili contenuti in queste roccie sembrano avere l’aspetto giurese seb- bene molti di essi si rinvengano eziandio nelle roccie inferiori del lias. Gli Attici però predominano A. lamellosiis, A. incrassuttiis ed altri di gran vo- lume. Con essi si trovano associati, Belemniti, Terebratule T. Diphya etc etc. 10. Calcaria compatta bianca di latte, a frattura concoide liscia e quasi lucente, con nodi polimorfi di focaje di vari colori, intercalati a qualche letto di breccie policrome (marmo majolica). io non saprei ancora decidere se questa roccia che forma 1’ ultimo mem- bro superiore della scala di Monticelli sia di sedimentazione neocomiana, come è stato notato in altre contrade, ovvero rappresenti 1’ oolite superiore. I fossili che gli spettano non sono stati ancora bastantemente studiati per decidere la questione. Peraltro in questa incertezza , mi sembrano presentare ^una fì- sonomia più giurese che cretacea, e questi sono : Ammoniti, Belemniti, Te- rebratuale. T. Diphya, Encriniti etc etc. Numerose fratture attraversano questo gruppo giurese accompagnate da dislivelli o faglie, tanto orizzontali quanto verticali , indicanti la sua massa essere stata risoluta in brani, e questi potentemente tormentati e mossi ora in un senso ora in un altro. Laonde ne sieguono inclinazioni e direzioni delle assise cosi diverse, da dover argomentare su d’ una grande scala la direzione generale del sollevamento, che è dal NNO a SSE vale a dire concordante al generale andamento di tutta la penisola. SOLLEVAMENTO CRETACEO I monti prodotti da questo sollevamento in generale, non si risolvono in isole 0 brani distaccati o distanti gli uni dagli altri come quelli del prece- dente sollevamento ; ma in serie continuate di masse ingenti, articolate dalle 140 — quali essenzialmente risultano gli Appennivi. Nell’area da me presa ad esame devesi comprendere in questa categoria quella priucipale diga scorrente a di- videre il Regno di Napoli dallo stato pontificio, e quella che tiene dietro al corso delle spiaggie del mare tirreno ; ambedue simili nella direzione , sebbene di- stanti e separate da uno spazio longitudinale intercorrente, di cui in appresso diremo. (Fig. II). La maggior Catena concorre a formare il centro degli Appennini, e per- ciò credetti chiamarla centrale per distinguerla dall’altra, che per la sua posizione convien meglio appellarla littorale. La direzione generale di ambedue tali catene si accorda con quella della penisola ; sebbene il loro procedere sia tortuoso , e questo serpeggiamento dipende dal essere spezzate in brani per dislo- camenti che la sciolsero di continuità. Uno di questi brani è quello che noi rappresentiamo nell’ area assoggettata alle investigazioni geologiche. Esso trae principio dalla valle del Cavaliere percorsa dal Turano , e descrivendo lar- ghe curve si porta fino a Sora, dove si arresta per una interruzione attra- versata dal fiume Liri, che dalla valle Roveta passa a quella del Sacco per caricarsi delle acque di questo fiume. Eccelse cime coronano la catena che a grandi distanze si appalesano più spesso coperte di neve, le principali delle quali sono i monti , Antore Metri 3904,7 : Tarino , Colente , Giglio, Monna, Pedicino. Disposti un dietro l’altro costituiscono una cresta dalla quale . discendono numerosi controforti , che poi si risolvono in catene minori e subordinate. Le radici dell’ interno piovente sono bagnate dalle acque del Liri, il piovente esterno si risolve in tre distinti bacini più o meno perpendicolari all’ asse , entro i quali sono compresi i sistemi idraulici, dell’ Anione, della Cosa e della Masena. Le roccie componenti questo lacerto Appennino sono quelle stesse che in genere concorrono a formare le principali masse montane ; e perciò a me sembra potersi a buona ragione appellare col nome di vere roccie appen- nine. Esse sono : Cretaceo inferiore 1 1 . Una serie potentissima di assise calcari cristalline o semicristalline, bianche, compatte , tenaci , costituenti le più ardite e dirupate scogliere per raddrizzamento degli strati o per contorzioni sofferte nel sollevamento. Sebbene su di queste manchino fin qui studi minuti per conoscere i re- stì organici contenuti ; nulladimeno non dubito comprenderle nel sistema cre- taceo, perchè così ci viene accennato dall’ orizzonte geologico che ci prestano gli strati sopraincombenti. Forse in questi letti trovasi il vero Neocomiano o piano inferiore, che legasi col sistema oolitico che lo precedette. Cretaceo medio 12. Calcarie parimenti bianche compatte molto tenaci cristalline, a frat- tura scagliosa o granulare, componenti intiere montagne. Vi si notano due zone distinte di fossili, ma questi vi sono così tena- cemente impastati che difficilmente si arriva a distaccarli per conoscerne i caratteri specifici. Purtuttavia si, distinguono conchiglie e zoofili , fra le quali molti Ippuriti H. organisans etc Caprotine , Caprine, Caprinule. C. Boissii Radioliti, e letti pieni di grosse Nerinee, ehe attendono ancora un Paleonto- logo che imprenda ad illustrarle. Cretaceo superiore 13. Un altra serie di letti sovraincombono agl’ ippuritici ben diversa e distinta. Quivi le calcarie si assottigliano facendosi argillose a frattura con- coide , di un color bigio palombino formando una potente sovraposizione di strati. Contengono nel loro interno grosse e lunghe Nemertiliti raccolte in ca- pricciose spire, le cui articolazioni molte volte si rinvengono disgiunte e dis- seminate. Uua successione di schisti argillosi, intercalati da quelle stesse calcari che a poco a poco si assottigliano e scompariscono ; ma poi ritornano per frapporsi agli schisti , con assise piuttosto sottili ma ripetute. Queste cal- cari sono senza clivagio , e si fendono colla più grande irregolarità in tutti i sensi anche a leggieri colpi, per cui si risolvono in frammenti scagliosi, e perciò dai Geologi italiani chiamate scaglia. Variano poi di colore perchè pas- sano dal bigio o bigio-giallastro, al rossastro per manganese contenuto, da cui è venuta la scaglia bigia e rossa. Le organiche reliquie riferibili alla loro formazione sono una quantità di Fucoidi, fra le quali ho rinvenuto certi corpi cilindri e lunghi come bastoni, anche di due metri di luoghezza, retti e divisi da minute articolazioni, ed in- sieme ad essi altri corpi, che non saprei a qual classe riportare. Numerosis- 19 — 142 — simi Pesci cicloidi acantopterigii e di grosso volume, sono stati rinvennti nella scaglia non ancora studiati, come pure conchiglie e zoofiti. La direzione del sollevamento di tutte queste roccie appennine si ac- corda con quella dell’intiera catena , cioè da NNO a SSE , oscillando però a destra o a sinistra nella normale direzione, è ciò ingrazia delle grandi frat- ture 0 faglie, per le quali ogni lacerto prese nel sollevamento una direzione propria in ragione della violenza sofferta. Cosichè nell’ esaminare quei monti spesso incontransi discordanze tali d’ inclinazioni, da giudicarne solo dietro un complesso di osservazioni, dalle quali si desume una generale tendenza alla comune direzione. La catena littorale, o la parte di essa che corrisponde al brano degli ap- pennini ora riferito, si distende dai monti prenestrini fino al bacino di Piperno, interrotto per dar passaggio al fiume Amasene, che corre a gettarsi in mare, e dopo di quella soluzione di continuità seguita coi monti di Terracina. Come tutte le altre, questa catena è spezzata, perchè i monti prenestini ne rap- presentano un brano distinto e separato dai lepini mercè nno spazio per il quale s’ entra nella valle del Sacco. Il restante di questa catena è divisa in due masse longitudinali presso che paralelle, quasi che fosse doppia, o una a fianco dell’ altra. La cavità intercorrente forma il bacino di Carpineto che a Settentrione si continua colla valle del Sacco , a mezzogiorno si apre nel bacino pipernese fra Roccagorga e Maenza. Queste due linee scorrono da SE a NO, ma poi declinano verso N, e si arrestano per ricomparire in quella direzione coi Prenestini , che si mettono in linea coll’ isola giurese sulla quale finiscono. La diga esteriore vien divisa in due principali maSse da una trasversa depressione, che mette in comunicazione il bacino di Carpineto coll’ agro pon- tino passando sotto Norma. Da ciò deriva che si risolve in due brani; uno è il gruppo dei monti pontini , l’ altro è quello dei lepini propriamente detto. La linea parallella è continuata per formare i monti della Sgurgola, del Gem- ma, e di Cacume. Le altitudini offerte dalla Catena littorale sono pure notevoli ; e questi sono, come punti culminanti i seguenti monti : la Mentorella metri 1258,8 il lepino , 1377,3 , la Semprevisa , 1535,5 , il Gemma di Supino, Cacume, 1094, 3. Le roccie eoncorrenti a formare la catena littorale sono precisamente identi- che a quelle che abbiamo notate sulla catena centrale , siccome pure è la ge- 143 — nerale direzione del sollevamento, per cui non dubitiamo considerarla con- temporanea, e prodotta dalla stessa azione plutonica. SOLLEVAMENTO MIOCENICO I monti componenti questa catena sono assolutamente distinti , e pre- sentano tali caratteri da rendersi indipendenti da quelli spettanti alle altre ca- tene citate; imperocché non solamente costituiscono una catena isolata e fuori di contatto colle precedenti , ma altresì per la natura stessa delle roccie di cui è formata. Posta sullo spazio che abbiamo veduto ricorrere fra la centrale e la littorale ha soltanto in comune con quelle la direzione evidentemenae deter- minata dalla sua posizione. Appartengono a questa catena la piccola diga montana della Fara, e quelle altre isolate prominenze che gli fanno seguito, per chiudere il boccino di Scan- driglia a fianco della strada che conduce a Rieti. Di qui, un cospicuo brano di tale catena terziaria cammina dietro il gruppo giurese del monte Gennaro e per Canemorto, Vallinfreda e Riofreddo arriva alla Scarpa, dove il suo proce- dere viene attraversato dall’ Anione, che ripiegandosi ad occidente guadagna le roccie gruresi, e costeggiandole esce nelle pianure dell’agro romano. Sulla si- nistra sponda di quel fiume tornano a comparire le roccie terziarie coi poggi di Castel Madama e Saracinesco; salisce il monte Ruffo e sempre continuata concorre a formare la piccola catena di Civitella e Olevano, poi torna a sol- levarsi per formare la più alta cima, quale e quella della Scalambra o mon- tagna del Serrone, dalla quale declina per il Piglio , e il monte di Porciano per arrestarsi a Fumone, dove si arresta e si divide in fimbrie che si perdono nella valle x\latrina. Le colline di Fresinone sono una ricomparsa di questa catena, o un brano distaccato, per il quale si rendono sporgenti i rilievi di Rauco e Monte S. Giovanni, terminando a Colli e Strangolagalli per far passare il Liri nella valle del Sacco. Peraltro questa catena è in genere più bassa, e solo per alcuni cuspidi si ri- leva a raggiungere le altezze delle altre catene. Questi sono i monti : della Fara o monte degli Elei. met. 481. S. Elia, monte Ruffo, Civitella di Sub- biaco, 814, Scalambra, 1403, Fumone, 797, Rauco. Quanto alle roccie che costituiscono questa serie di monti , sono tutte terziarie, e diverse dalle vere appennine, e si succedono in questo modo. 144 Eocene inferiore 15. Potenti letti di calcarie bianche semicristalline a frattura scagliosa, dure e tenaci, simili alle cretacee, colle quali potrebbonsi cambiare se i fos- sili non le manifestassero differenti. Sono questi le Nummuliti, e perciò non si erra se vengano riferite alle assise eoceniche. Eocene superiore 16. Una lunga alternanza di deposizioni di arenarie compatte e argille schitose indurite, che si succedono con potenti letti, per modo da risultarne distese colline rotondate e rivestite di folta vegetazione, a causa della facile decomposizione di quelle roccie dette dai Geologi toscani di macigno. Altri fossili fin qui non conosciamo che legni carbonizzati disseminati nello spessore degli stati, o in piccoli letti alternanti con essi. Sono tronchi di al- beri terziari con le loro stesse corteccie , ramificazioni, soglie e frutti da essi prodotti, i cui generi vivono tuttora fra noi, come sono Querci, Salci ec. Mioecene 17. Nella serie sopraincombente di queste roccie per gradi vedonsi scom- parire le argille, restando le sole arenarie, e sembra che in questa guisa Teo- cene si cambi in miocene o terziario medio, questa però è una induzione tratta dal paralellisrno delle roccie, poiché fin qui non vi sono fossili, sui quali pog- giare un argomento sicuro, meno qualche pezzo dei soliti legni carbonizzati. 11 sollevamento della catena terziaria concorda sempre con quella dire- rezione presentata dalle altre. Che se nel suo cammino vedesi descrivere una grande curva, questa è per passare dietro la massa giurese, per poi prendere il suo posto fra la catena littorale e la centrale appennina. Numerose soluzioni di continuità si rinvengono anche in questa, per cui si risolve in gruppi di monti o brani separati e raddrizzati, ora in un senso ora in un altro a seconda delle spinte eruttive. In qualunque maniera la cresta di questa catena è sempre costituita dalle calcarie nummulitiche, perchè più dure e compatte resisterono meglio alle abrasioni, che non sono le arenarie e ì macigni che gli sovraincombono. A questo sollevamento sembra doversi riferire ancora l’eruzione dell’i- sola dei Ceriti o i monti dalle Allumiere e di Tolfa. Le loro roccie sono as- solutamente analoghe a quelle che abbiamo enumerate nella catena terziaria, ciò è formate in genere di arenarie argille e calcari. Sembra per altro che — 145 — . in questo sollevamento vennero discoperti ancora gli strati superiori della for- mazione cretacea, giacché verso il centro del sollevamento mostransi le cal- carle a nemeritili, e gli schisti a pesci e fucoidi. Nel percorre la strada che da Civitavecchia conduce alla Tolfa si passa, su tutia la scala dai più recenti ma- cigni e argille che formano il lido, alle più vecchie assise, inalzate per pro- durre quelle giogaje. Distinte le diverse catene fa d’uopo soguire le linee di demarcazione per notarvi le discordanze che le caratterizzano. Siccome nell’isola giurassica ve- demmo una circonvallazione che la separa dalle prossime masse montane ; così nelle due catene cretacea e miocenica, due linee depresse scorrono a se- pararle fra loro. Una di queste linee è rappresentata da tutta la valle del Sacco condotta longitudinalmente fra la catena littorale cretacea e quella terziaria. Questo bacino che conduce il fiume Sacco si continua nel napo- litano, dove il Liri riceuto il tributo delle acque di quello, ne seguita 1’ an- damento per continuazione della valle frapposta ai due sollevamenti, e che di- segna r andata di una enorme dislocamento. La discordanza delle roccie in ambedue i lati di questa valle ne presta la dimostrazione ; imperoche i monti nella Sgurgola e Morolo mostrano tutte le testate dei letti cretacei della ca- tena littorale esterna , rilevati a considerabili altezze e sovrastanti alle are- narie terziarie, che spuntano nel fondo della valle per risalire sulle colline di Anagni e Prosinone. Ad una tale prova di giacitura discordante delle assise, aggiungasi il portamento della linea vulcanica, la quale è trascorsa per questa valle, producendo a luogo a luogo i suoi coni crateriferi disposti parimenti in catena, dei qnali in seguito terremo parola. L’altra linea che divide la catena terziaria dall’ Appennino centrale pa- rimenti viene segnata da valli e bacini , entro i quali trascorrono le acque. La valle del Cavaliere che conduce il Turano nel bacino di Rieti : quella parte del tronco dell’ Aniene che si trova tra Arsoli e Subiaco; l’altipiano del r Arcinazzo coll a sua linea di pozzi assorbenti , il vasto bacino d’ Anticoli tutto chiuso e senza scolo esteriore ; il bacino di Alatri o della Cosa , e quello di Casamari attraversato dalla Masena sono un seguito di depressioni, dise- gnanti una linea che divide roccie diverse, ed accenna ad una grande solu- zione di continuità fra le due catene , terziaria e centrale. E qui cade in acconcio ricordare un’osservazione fatta vari anni or sono nel bacino di Terni insieme al Conte Alessandro Spada relativa al terzo solle- vamento dell’ epoca miocenica. Ascendendo alla caduta delle Marmore si vi- 146 ^ dero le roccie del macigno o le calcaric argillose che accompagnano le are- rie eoceniche , occupare il fondo della valle percorsa dalla Nera, tutta com- presa fra i monti giuresi di Narni, Cesi, e Piedimonte, e i cretacei di Miranda, che nell’opposto lato terminano la catena di Sabina. Quella giacitura fu allora per noi inesplicabile, perchè roccie terziarie isolate e comprese fra le più antiche si trovassero a quella profondità. Peraltro nuove indagini portate su tali di- scordanze mi fecero conoscere essere le roccie circostanti rilevate, e un brano trapezzoidale restato incuneato fra quelli sollevamenti. Ora poi aggiungo che le emersioni delle roccie giuresi e cretacee erano già avvenute , quando so- pra quel brano incuneato fra loro si depositarono le materie eoceniche, le quali non essendosi potute sollevare neH’epoca miocenica, sono restate nella loro originaria giacitura. La superficie di quel brano fu inseguito tutta ricoperta dai sedimenti subappennini , ma poi di nuovo in parte denudata delle ere- zioni delle acque diluviali, e resa appariscente in quel luogo dove noi c’imbat- temmo a scorgerla. SOLLEVAMENTO PLIOCENICO Dopo un periodo di tempo, e non molto lungo, da che venne effettuato l’ultimo dei sollevamenti o il miocenico, al principiare del periodo pliocenico troviamo un altra emerzione, che sebbene parziale segna pure un epoca distinta che merita di essere bene notata. Tale è un ulteriore sollevamento dell’isola Ceritia, per il quale vennero messe allo scoperto le marne inferiori subap- pennine , o quelle che formano passaggio fra i sedimenti miocenici e plioce- nici. Oggi le troviamo adagiate sulla china di quei monti al di sopra del loro li- vello d’origine e soverchiare gli stessi depositi plioecenici più giovani , non che alterate nella loro natura per azione metamorfica. Sono in gran parte cangiate in gesso, 0 tinte in rosso per decomposizione delle piriti, che le penetrarono. Il movimento impresso a quelle roccie non è osservabile solamente in quella regione, poiché sembra irraggiasse fino a distanze rimarchevoli. Tutte quelle assise marnose si trovano, dove più dove meno, attraversate da una rete di fratture e di faglie, e seminate di cristalli di selenite. Ove si mostrano allo scoperto entro la stessa Roma al monte Vaticano o al Giannicolo sca- vate dai figulinari, che chiaramente fanno scorgere i movimenti sofferti, i quali però non valsero a farle emergerne dalle acque marine. ROCCIE PLUTONICHE Determinati questi quattro sollevamenti operati dal platonismo prima della comparsa dei nostri Vulcani , sorge naturalmente un quesito di molto — U7 — interesse per la scienza geologica : cioè quali sieno state le roccie di fusione ignea che si mossero in ciascuno di loro. Difficilissimo è rispondere ad una tale dimanda, poiché poco conosciamo di esse, non essendosi fatte giorno che solo in alcuno di quelli sollevamenti; purtuttavia possono essere messi in campo dei sospetti che tenuti d’ occhio dai Geologi potrebbero un dì condurci allo scuoprimento di qualche fatto a questo relativo. E primieramente parlando del primo sollevamento dopo la de- posizione del marmo maiolica, che abbiamo accennato fra le roccic giuresi di Monticelli , niun’ indizio abbiamo di roccie ignee in tutto il grpppo del monte Gennaro , delle materie per cui emerse. Nondimeno un pensiero mi sorgeva nella mente relativo ad un fenomeno osservato in altre contrade, fin ora non spiegato da alcuno. Questo è il rinvenimento fatto dal P. Bellen- ghi delle breccie granitiche, che formano un deposito diluviale sotto il Cat- tria, e quelle della stessa natura fatto notare dal Mamiani presso Pesaro. Noi non conosciamo roccie granitiche in Italia, se non che nel braccio delle Ca- labrie ; ma ne da essi ne dai graniti alpini troviamo ragione sufficiente a spie- gare l’origine delle ghiaje granitiche diluviali. Circoscritti entro separate con- trade , senza che si rinvengano nelle regioni intermedie , danno piuttosto a credere avere una prossima derivazione. Si osserva nei depositi pliocenici 0 pliostocenici che la natura delle loro breccie si riferisce sempre alle roc- cie componenti i monti più prossimi, cadute in detriti e dati in balia delle onde : queste le stratificarono riggettandole sullo stesso littorale contro il quale correvano ad infrangrsi. Così viene dimostrato da una monografia delle ghiaje romane tutte formate dalle calcarle e focaje del monte Gennaro, e lungo il littorale di Civitavecchia, quelle medesime ghiaje tutte risultano delle are- narie, e calarie argillose di cui si compongono i monti ceriti. Laonde le brec- cie del Cattria e di Pesaro dovrebbero egualmente avere avuta un origine non molto lontana, ciò che porterebbe per conseguenza che anche in Italia sareb- bero i graniti. Ma a quale dei sollevamenti attribuirli? Secondo il principio stabilito, certamente a quello dei monti più prossimi, dove un qualche sbocco granitico potrebbe avere avuto luogo, non ancora rinvenuto dalle scarse inda- gini praticatevi. In tale ipotesi i detiàti di quella roccia cadute nelle acque d’allora, sarebbero stati da queste rigettati e sparsi sul suolo che oggi li pre- senta. E difatti il Cattria da me altravolta visitato e tutto costituito delle roccie del Lias e del Giura, alle quali fanno fede i numerosi fossili che con- tengono. Se questo modo di vedere avrà la sorte di essere un giorno verifi- — 148 — calo dalle osservazioni, allora potrà con sicurezza stabilirsi che il sollevamento giurese venne operato dalla eruzione delle materie granitiche. Nelle medesime condizioni ci troviamo con il secondo sollevamento, per per il quale sorgettero gli appennini del centro, e la catena littorale. Nell’ a- rea da me percorsa e nelle altre contrade visitate , non ho mai rinvenute roc- cic ruttive plutoniche a cui attribuire quella vicenda cosmica. E qui ancora non posso tacere un fatto presso a poco della stessa natura di quello riferito di sopra.' Sono vari anni che mi venne mostrato un ciottolo rotolato , rac- colto a piedi di Collalto nella valle del Cavaliere, fra le materie ghiajose tra- sportate dal fiume Turano che la percorre. E perchè in questo cioltolo si scor- iievano dalle parti lucenti, gl’inventori giudicarono contenersi, o dell’oro o qualche altro prezioso metallo. In verità altro non era che un pezzo rotolato di serpentina, continente cristalli splendenti di diallagio metalloide. Bastò questo per indurre il sospetto, che lungo il corso superiore di quel fiume, fra le più alte roccie appennine abbiasi a trovare allo scoperto una qualche massa o filone di tale materia, e tanto più che quei ciottoli non sono infrequenti nell’alveo del Tu- rano. A verificare il sospetto mi mossi, scavalcai la montagna dell’Autore die- tro la quale quel fiume prende origine, tentai di esaminare le roccie; ma la neve ingombrava talmente ancora quelle elevate regioni, che mi impedirono conseguire lo scopo. Il fatto però sempre esiste, e attende di essere investi- gato per la soluzione del problema. In conferma del concepito sospetto aggiungansi eziandio altri fatti, che sebbene non ci dimostrino direttamente quella roccia, nondimeno possono ser- vire d’indicatori della roccia plutonica che sollevò gli Appennini del centro. E primieramente fra questi troviamo la Clorito, minerale magnesiano che sem- bra essere attinente alle eruzioni serpentinose, e in tanta frequenza lo tro- viamo, penetrato o nelle calcarie ippuritiche, o in quelle che gli sottostanno. Aggiungiamo a questa le osservazioni fatte in Toscana sulle roccie ofìolitiche: imperocché nel prospetto generale della Geologia toscana publicato dal Prof. Meneghini trovasi una serpentina antica attinente al terreno cretaceo e per conseguenza contemporanea all’ emerzione delle principali catene appennine. C.osichò siamo nella lusinga che ulteriori osservazioni chiariranno le duhiezze in cui ora siamo, e dimostreranno qual fu la seconda eruzione delle roccie plu- toniche che successe a quella che fece emergere le masse giuresi. La catena terziaria, non meno delle altre lungo 1’ area presa ad esame, non [>resenta alcun’ indizio di roccie ignee ; ciò non ostante trovasi a condi- — 149 zioni alquanto migliori, potendo su di essa fare un analogia che ci da argo- mento di probabilità. Il gruppo dei monti Ceriti risulta delle medesime roc- cie terziarie, che si rinvengono nella catena della Scalambra; ciò che porta coincidenza nell’epoca di emerzione. Se dunque fra quelle scorgesi contempo- raneità, perchè non riconoscervi gli stessi mezzi ? E se nell’ isola ceritia que- sti mezzi sono costituiti dalle trachiti , perchè queste medesime non furono quelle che sollevarono la catena della Scalamhra ? In questo caso tutta la dif- ferenza si ridurrebbe in questo : verbigrazia che nei monti di Tolfa e x411u- miere la trachite arrivò a farsi giorno e traboccare all’ esterno ; nella catena terziaria al contrario tali furono gli ostacoli incontrati , che si arrestò nelle profonde latebre della crosta terrestre a sostenere il peso delle roccie sovrain- combenti. Numerose cupole o mammelloni di trachiti quarzose sono dissemi- nate in tutta r area dell’ antica etruria, oggi accupata dalle provincie del Pa- trimonio, all’ estremità marittima della quale un gruppo più stretto di essi costituisce i monti tolfetani. Quivi si osservano le masse trachitiche ricoperte, 0 rivestite sui fianchi delle assise eoceniche, che vi si adagiano inclinate per sollevamento, metamorfosate e penetrate da un irragiamento di filoni metal- lici che le penetrarono, e da un corteggio di tant’ altri minerali convertiti in solfuri. Tutto ciò non troviamo ovvero nella catena terziaria della Scalamhra ; ma ciò non esclude che quei fenomeni vi si siano ripetuti, potendo essere be- nissimo che esistano trachiti a profondità, a cui il martello del Geòlogo, ne altri, mezzi umani possono giungere. Un tale pensiero servirà di scorta a nuove indagini, e forse potrebbe essere che conducesse a qualche osservazione più decisiva. Peraltro non è così del quarto sollevamento che rilevò le marne inferiori del pliocene ; avvegnacchè chiaro apparisce che quel fenomeno è assoluta- mente dovuto ad una seconda eruzione trachitica, per la quale si produssero 1 filoni di allumite. La prima avea già messe fuori della superficie le masse rnammellonari, allorché ne successe una seconda, spinta ad injettarne le fen- diture prodotte da un rapido raffreddamento. Questa seconda trachite accom- pagnata da emanazioni solfuree, penetrata entro la prima dopo la deposizione delle marne inferiori del pliocene, fece sperimentare al suolo leggiere violenze, ma bastevoli a sconcertare quelle assise, e portarle ad un livello superiore at- torno le radici dei monti ceriti. Di modo che le marne e le sabbie depositate in appresso vedonsi orizzontali ed intatte , formare inferiormente le pianure 20 — ISO — i i circostanti a quei monti. Laonde le roccie eruttive manifestandosi chiaramente 1 in quel quarto sollevamento , non crediamo aggiungere parola alla soluzione del problema proposto. CATENA VULCANICA A compimento delle cosmiche operazioni, per le quali si formò succes- sivamente questa parte dell’ Italia centrale, concorre infine un’altra catena dif- ferente dalle precedenti, sia nella forma, sia per un modo speciale di produ- zione- Questa è la vulcanica che si connette colle altre, per chiudere il qua- dro geologico della contrada di cui trattiamo. La linea che descrive questa catena corre paralella alle plutoniche, e prende posto fra la cretacea littorale e la terziaria eocenica lungo la valle del Sacco. Il rilevamento delle assise precedentemente deposte non si osser- vano in questa catena, perchè i rilievi che la costituiscono, altro non sono che accumulamenti conici di materie eruttive attorno uno spiraglio, che le lanciò fuori. La dilatazione poi di questa bocca sottoforma di cratere fa credere che nelle operazioni vulcaniche alle emissioni delle lave si associò molta quantità di gas producente esplosioni , la qual cosa non si osserva nei preceduti plu- tonismi, nei quali le materie di fusione sotto forma pastosa si sollevarono piti tranquille. La chiusura di una vecchia bocca per raffreddamento delle lave e 1’ aper- tura di nuovi meati attorno di essa, dimostrano azioni periodiche e ripetute, e perciò il vulcanismo devesi considerare come un’ operazione di natura più lunga e più lenta delle azioni plutoniche. Cosichè le contrade vulcaniche si vedono disseminate di crateri apparentemente disordinati, ma che in sostanza sono tutte dipendenti da un loro rispettivo centro. I coni vulcanici così formati risultano di diversa grandezza, e il numero dei loro crateri è in ragione del diverso grado di energia da loro spiegata. Essi non sono contigui, ma posti a distanze indeterminate, e nella medesima direzione, dimostrando una fessura della crosta terrestre effettuata dalle pre- cedute violenze plutoniche, e i punti di minor resistenza ad essere attraver- sati. Ne consiegue da ciò che il vulcanismo accenna ad una degradazione ge- nerale nelle forze della Natura o un esaurimento di esse, per cui il plutonismo si cangiò in vulcanismo. La nostra catena vulcanica prende origine nell’ Etruria fra i mammelloni trachitici che vi abbiamo veduti disseminati, con i tre com seriali che oggi >' . 151 sostengono i bacini dei laghi Vulsinio, Cimino, e Sabatino. Succede a questi il cono che costituisce i monti del Lazio, posto presso a poco a quella mede- sima distanza che intercorre fra essi. Vengono poi le bocche vulcaniche che segnano il confine fra il paese degli Ernici e quello dei Volsci, disj^osto al piede delle colline di Prosinone sulle sponde del Sacco, e da queste si passa al cono di Rocca Monfina, e quindi ai crateri dei campi Flegrei e alla Somma, che continuano la catena vulcanica nell’ ultima estremità dell’ Italia. Tutti questi centri eruttivi non si formarono contemporaneamente , ne un dietro l’altro nell’ ordine successivo che abbiamo enumerato: ma saltua- riamente sulla linea , e alternativamente in tempi diversi. L’ epoca vulcanica è compresa dall’ ultimo dei plutonismi, cioè dalla seconda eruzione delle tra- chiti, fino all’ era nostra o più moderna, nella quale si continua colle eruzioni del Vesuvio e dell’ Etna, benché in via d’ indebolimento o di estinzione. Sem- bra che il primo vulcanismo si era già manifestato nelle contrade inferiori della penisola, quando al declinare del periodo pliocenico comparvero i nostri vulcani del Viterbese sotto le stesse acque marine, che ancora ricuoprivano le nostre basse pianure. Duranti le eruzioni di questi o immediatamente ap- presso, dovrebbero aver fatta la loro comparsa quelli degli Ernici, ancora in attività nel ritiro delle acque, poiché parte dei loro depositi furono sottoma- rini, parte subaerei. Nei tempi quaternari o post-pliocenici eruttarono i vul- cani del Lazio assolutamente atmosferici, e dopo aver vomitate in tre diversi periodi le materie che costituiscono i loro monti si spensero , perchè il vul- canismo abbandonata 1’ Italia centrale , tornasse di nuovo ad invadere le in- feriori contrade, dove tuttora si mantiene attivo. Le materie erutti^’n che compongono quella serie concatenata di monti sebbene identiche e rappresentate da lave, pure differiscono nei minerali che contengono. I vulcani cimini o etruschi produssero pomici e feldspati : i la- ziali offrono ora una preponderanza di pirosseni ora di amfigeni e granati ; agli Ernici mancano del tutto le amfigeni, che tornano a ricomparire a Rocca Monfina in volume e proporzioni enormi. Tali differenze sembra abbiano ad attribuirsi ai loro tempi relativi nei quali il laboratorio interno del globo ve- niva modificando la sue chimiche operazioni. DIREZIONE GENERALE DELLE CATENE Descritte le linee plutoniche e vulcanica che hanno dato 1’ essere all’Ita- lia centrale, e ridotta allo stato che noi vediamo, sorge un altro problema quale — 152 — è quello di conoscere , perchè tutte quelle catene presero la medesima e ge- nerale direzione. Stando sempre alle osservazioni , e messe da parte quelle dottrine che uscite dai gabinetti, o sono poi rivocate in dubio , o non bene chiarite dalla prattica, a me sembra logico credere, che se unica e comune a tutti è la direzione delle catene costituenti Tltalia centrale, unica e comune a tutti deve es- sere altresì la causa che le produsse. Dopo un lungo studio fatto sui grandi dislo- camenti delle masse stratificate che formano i nostri monti, io inclinerei a credere che quella generai direzione sebbene presa in tempi diversi, derivi dalle prime fratture operate dal sollevamento giurese. Avvegnaché io penso che allora per la prima volta, le forze interne provandosi contro la scorsa solida della terra, dovettero concentrarsi e spiegare la più grande intensità per vincerne la resistenza, ed aprire un enorme crepaccia, lunga quanto tutta V Italia, e diretta da NNO a SSE. Le materie eruttive spinte con tanta violenza entro di essa dovettero forzarne le pareti, e nei punti di minor resistenza vincerle, sollevarle, e por- tare al di sopra del livello del mare le loro testate più culminanti. Ben si concepisce che sotto l’ influsso di questa massima violenza, alla prima solu- zione di continuità, dovettero tener dietro altri spezzamenti collaterali , o di consenso nella stessa direzione della prima, le quali sempre più si fecero aperte e permeabili di mano in mano che le masse eruttive le sollevarono spostan- dole dalla loro giacitura orizzontale. Compita la fase plutonica le materie fuse si raffreddarono, e si solidifica- rono risaldando le fessure dei brani dal lato del loro sollevamento, ove erano penetrate , ma negli angoli sinclinali le aperture non ingombre dovettero re- star permeabili. Così erano le cose, quando si depositò 'il terreno cretaceo, le cui materie con stratificazione trasgressiva ricuoprirono le giuresi restate sommerse, dove erano le fratture sinclinali. - Tali sedimenti si sovraponevano gli uni agli altri formando la serie degli strati cretacei , calcari e argillosi , fino a che si determinò un nuovo periodo d’ azione cosmica o un secondo sollevamento. E siccome i punti di minor resistenza sono sempre prescelti , e quelli sui quali si concentrano le forze interne del .Globo per violentare la sua crosta raffreddata, così io opino che i precedenti dislocamemti siansì di nuovo mossi, e spezzati di continuità i sopraincombenti strati cretacei lungo il loro stesso cammino. In questa guisa la direzione risultante dovette essere identica, e le ca- tene dei monti sollevati trovarsi paralelle alle precedenti. Questa teorica mi — 153 — viene suggerita daH’osservare di fatto il portamento della catena littorale, la quale dopo aver camminato da SSE a NNO si mostra spezzata nei monti lepini , e i prenestini che ne formano il seguito, cambiando direzione e de- clinano a N per raggiungere il gruppo giurassico del monte Gennaro, da cui partirono precedentemente le faglie che determinarono il sollevamento della ca- tena littorale. Se applichiamo questo modo di agire anche alla catena ter- ziaria 0 eocenica, avremo gli stessi risultati nella concordanza delle fatture derivate dai precedenti sollevamenti, e perciò il parallelismo. Gli stessi Vulcani non isfuggirono a questa legge, poiché il vulcanismo avendo spiegata una forza meno intenza del plutonismo, e perciò impotente ad aprirsi nuovi meati attraverso la crosta terreste, non solamente ha dovuto cercarsi un passaggio più facile nelle fratture preesistenti, ma eziandio sce- gliere in queste i luoghi più ideonei ad essere oltrepassati. Ed ecco i suoi centri eruttivi posti a distanze, ecco il loro maggiore o minore sviluppo. In verità se consideriamo il posto e l’andamento della catena vulcanica nella con- trada da noi descritta, chiaramente la vedremo scorrere appunto sulla linea segnata dal corso del Sacco, che si raccolse nell’ angolo sinclinale fra la ca- tena littorale e la terziaria, vale a dire sulla frattura più permeabile, lasciata dall’ultimo dei preceduti plutonismi. Guidati pertanto da queste viste scientifiche, raggiungiamo il punto che ci fa distinguere la direzione, da NNO a SSE, essere stata una legge generale, che stabilita in principio ha sempre presieduto alla formazione di tutte le parti costituenti l’intera penisola. CONCLUSIONE Convien ora riassumere le idee e rivolgersi a raccogliere i fatti narrati, disponendoli in serie cronologica per abbozzare come in un quadro una parte della storia fisica dell’ Italia. Ciò facendo , noi vedremo che il lunghissimo tempo che tutti li comprende, dal momento in cui ebbe principio l’Italia fino a noi, non è che un alternanza periodica di tranquillità e di azione, vale a dire che il regolare e continuato processo di sedimentazione venne di quando in quando turbato da potenze sovversive. Noi vedemo altresì che queste operatrici, come massime e piu gagliarde si manifestarono in principio , per gradi scemate e fiacche si mostrarono al giorno d’oggi. Un tal confronto ci rende ragione per- che non potendosi più esercitare contro la crosta terrestre per lunghi tratti. 154 il plutonismo si cangiò in vulcanismo, per aprirsi a luogo a luogo dei meati permanenti e facili ad essere attraversati, tosto che faceva d’ uopo ristabilir r equilibrio fra 1’ interno e 1’ esterno del Globo. Erano già passate le prime età della Terra , e il processo sedimentario era già giunto alle assise dei terreni giurassici. Noi non possiamo dire cosa sia stato di questa contrada duranti quei lunghi secoli , mancandoci i monu- menti naturali sui quali fondare argomento , sembra però che le strati- ficazioni giuresi si facessero tranquille nel seno di un vastissimo oceano. Imperciocché la grande quantità di fossili che ci sono dati a studiare in quelle roccie, accennano a prodigiose generazioni, non turbate da cosmici sovverti- menti. In questo stato d’ordine di natura sopragiunge il primo plutonismo che dovea far esordire il formativo processo dell’Italia, o almeno di questa nostra contrada. Fa d’uopo credere cho le violenze da esso esercitate contro la ero- sila terrestre fossero di tale intensità da frangerla in direzione delle loro azioni e sollevarne i brani fino a farli emergere colle loro sommità, e cosi abboz- zare la penisola con quei gruppi giuresi, che forse sono i punti culminanti di una e più catene, maggiori assai di quello che comparisce all’esterno. Dei sem- plici sospetti ci fanno inclinare a credere che i mezzi di questo plutonismo furono materie granitiche restate celate sotto gli stessi strati sollevati, meno qualche raro filone sbucato fuori, da cui derivarono le breccie granitiche del Cattria, e di Pesaro. Compiuta questa operazione e restituita la calma alla natura si veniva svolgendo l’epoca della Creta, durante la quale numerosi letti di calcaria si adagiavano sopra le sconvolte assise giuresi ricuoprendone le fenditure, e com- prendendo fra di loro le reliquie degli esseri contemporanei. Ma questa libera deposizione dovea avere il suo fine ; avvegnaché quelle stesse forze naturali cal- mate quasi per prender lena, tornarono ad aggredire di nuovo la crostra terre- stre, frangerla con violenze maravigliose, rinnovando le vecchie fatture sulle assise cretacee, e mettere fuori d’ acqua le più grandi dighe costituenti es- senzialmente gli Appennini. Così si produssero le più grandi catene del centro italiano, e così si formò la littorale , facente ad esse 1’ ufficio di antemurale lungo la costa del mar tirreno. Anche in questo sollevamento plutonico man- chiamo delle roccie di fusione; però mi sembra lecito congetturare essere state quelle serpentine, che attraverso i terreni cretacei si fecero giorno in altre regioni d’Italia. Dopo il secondo plutonismo si ritorna al riposo, ed ecco ripristinata la 155 — sedimentazione. Si formano i banchi terziari eocenici e miocenici , bastante- mente caratterizzati da fossili contenuti. Peraltro nello svolgimento di questo periodo tranquillo , la natnra non tace , poiché preparate le cose, le interne forze si dirig'gono di nuovo contro la crosta solidificata della Terra, spingen- dovi altre materie eruttive, che si apron la via attraverso le fenditure sincli- nali e permeabili lasciate dal sollevamento cretaceo. In questa guisa non solo si rileva la catena della Scalambra fra le masse centrali appennine e la diga littorale ; ma eziandio abbiamo luogo a credere che con essa comparisse con- temporaneo il gruppo dei monti Ceriti, per continuare la catena littorale sulle spiaggie etrusche. Se il sollevamento degli stessi strati terziari accennano ad una medesima fase plutonica , a ragione crediamo che queste stesse trachiti rilevate in cupole su tutte le provincie del Patrimonio, siano state la causa per cui si produsse la Scalambra con tutte le altre prominenze che gli for- mano seguito. Non avrei difficoltà riportare a questo medesimo sollevamento, e consi- derarla come una continuazione, la seconda eruzione di trachiti notato sui monti di Tolfa. Ma siccome fra la prima e la seconda chiaramente si scorge tras- corso un periodo di quiete, durante , il quale si formarono le prime marne plioceniche ; così il rilevamento e disordine di queste credo doverlo conside- rare quale un’operazione distinta. Se la poca elevazione della catena della Sca- lamhra indica diminuzione d’intensità nelle forze operatrici , questo quarto movimento che pose fine al platonismo, la dimostra anche minore. Poiché tutto il sollevamento prodotto è limitato attorno il gruppo ceritio per la compene- trazione di una seconda trachite entro le fenditure della prima , già in via di raffreddamento. Da quel punto un irraggimento di fatture corre su grandi distanze, per le quali le marne inferiori plioceniche sono attraversate da fa- glie, e penetrate da vapori sulfurei. Le marne superiori e le sabbie plioceniche che le sormontano, sono di- stese in letti orizzontali ed intatti , e alle radici dei monti Tolfetani si rin- vengono in giacitura discordante, e ad un livello più basso delle più vecchie marne. Da questa disposizione di cose chiaramente si vede, ehe dopo l’ultima eruzione trachitica si venne ripristinando l’ordine tranquillo della sedimenta- zione. Ma le interne potenze non tacevano perciò; avvegnaché rese impotenti a lacerare la crosta terrestre, che sempre più faceva opposizione al loro urto, preparavano nuovo modo di agire per isfogare gl’ interni accumulamenti di materie eruttive. Così si formò il vulcanismo coll’esaurimento del plutonismo. Le bocche vulcaniche si aprirono una dietro 1’ altra sulla linea sinclinale la- sciata dall’ultimo dei sollevamenti, che forma la valle del Sacco. Quivi sce- gliendo i punti di minor resistenza si produssero sopra di essa dei coni erut- tivi, dai quali ne risultò un altra articolata catena , o quella sulla quale il vulcanismo si è venuto ad esercitare fino ai tempi che attualmente corrono, nei quali sebbene in via di estinzione, pure si lascia scorgere e studiare con- periodiche eruzioni nell’estremità inferiore dell’Italia. L’annesso quadro servirà meglio a mettere sott’occhio le relazioni fra le operazioni eruttive, e i tempi registrati nei sedimenti nettuniani. Tanti fenomeni fin qui narrati, quanto vasti e sublimi compariscono nel senso assoluto, altrettanto nel relativo sono così ristretti , da rappresentare appena una piccolissima parte dei fasti del pianeta terrestre, e limitati in uno spazio quasi impercettibile alla sua superfìcie, quale è quella da me preso ad investigare. Io ben conosco che queste poche osservazioni non sono tali da fondare canoni scientifìci, e mi duole che lo stato politico del paese non mi abbia permesso estendere le osservazioni di verifìca ad altre contrade della nostra penisola. Per supplire a tale difetto mi sembra che sarebbe interesse della nostra Scienza che altri Geologi italiani abitatori di alpestri contrade vol- gessero la loro attenzione ad un così importante argomento, e verificassero coi fatti queste mie scarze osservazioni, onde sempre più chiarire l’interressante storia del nostro paese. Quadro di tutti i fenomeni geologici avvenuti in una parte delV Italia centrale^ contribuenti alla formazione di questa penisola , dalla sua prima com- parsa fino ai tempi moderni. PERIODO SECONDARIO ROCCIE SEDIMENTARIE LIAS MEDIO 1 . Calcarie cristalline bianco candide, saccaroidi compatte, tenaci con ar- nioni di focaje ferruginose. 2. Calcarie grigio-giallastre o rossastre con venature spatiche , compatte , tenaci, a frattura scagliosa e con- coide. 3. Calcarie bigio-chiare, simili alle pre- cedenti , senza venature spatiche , intercalate da sottili letti argillosi. FOSSILI Ammoniti A. lieteropliyllusy A. sub- armatus, A. Normanianus ec ec. Re- lenniti, Terebratule. T.dyphia, T.pun- ctata, T. amygdaloides ec ec. Rinconelle Rii. dolabriformisy Rh. variabilis, Rh. subdecorata ec. Spiriferi S. rostratus ec. Attici Ap. lamellosus, Ap. incrassatus ec. Encriniti ec ec. Monti Cornicolani e Tiburtini. LlAS SUPERIORE 4. Marne bigie indurite a frattura sca- gliosa compatte, non molto tenaci. 5. Calcarie argillose fraposte a letti di argille schistose rosse, gialle, bi- gie e variegate. 6. Arenarie bigio-scure giallastre spor- cate di macchie nere ferruginose a straterelli tabulari. Nautili.iV. lineatus. Ammoniti A. Ta- tricus. A. bifrons, A. serpentinus, A. fimbriatus ec ec. Trococere , Belen- niti , Pettini , Terebratule , Spiriferi , Astarti, Attici, Foladomie,Cidariti, Pe- sci heterocerci, Denti di pesci placoidi, Crostacei ec ec. Monti Cornicolani, S. Polo, Civitella di Licenza. OOLITE 7. Calcarie grigio verdastre, compatte, tenaci, con venature spatiche, a frat- tura scagliosa e nodi di focaja. Fossili numerosi, molti dei quali in comune colle precedenti assise nei quali predominano gli Attici, A. lamellosus. 2i 8. Calcarie cristalline giallastre con A. incrassatus ed altri di grandissimo venature spatiche, e macchie lineari volume, Belenniti, Terebratule, T. dy- gialle serpeggianti. phia, ec. ec. 9. Calcarie verdastre granulari com- patte, a frattura scagliosa. ^ Monticelli NEOCOMIANO ? 10. Calcarie compatte bianco-lattea Ammoniti, Belenniti, Terebratule T. frattura concoide liscia e quasi lu— dyphici, Encriniti ec ec. ceute (marmo majolica), con breccie policrome. Monticelli I. Sollevamento plutonico con iscuoprimento delle precedenti assise giu- resi {Granitico ?) Primo abbozzo della penisola italiana colla comparsa del gruppo del Monte Gennaro e dei Cornicolani ec ec. CRETACEO INFERIORE 1 1 . Calcarie cristalline bianche com- patte tenaci. Monti prenestini, Mentorella ec. CRETACEO MEDIO 1 2 . Calcarie simili alle precedenti in Ippuriti H. organisans ec , Capro- letti più potenti. tine , Caprine , Caprinule, C. Boissyi Radioliti, Nerinee, Conchiglie, Zoofiti ec. Monti di Segni, Affile, Arcinazzo, Semprevisa ec. CRETACEO SUPERIORE 13. Calcarie argillose a frattura con- Pesci cicloidi Acantopterigi: Nemer- coide, bigio piombine a strati sottili. tiliti, e numerosissime fucoidi. 14. Schisti argillosi intercalati dalle ca- carle precedenti, che in seguito scom- pariscono alternativamente , a frat- tura scagliosa (scaglia) cangianti in color rossastro per manganese. Monti Simbruini. Tolfa ec. — 159 — IL Sollevamento plutonico con iscuoprimento delle roccie cretacee {Ofio- litico ?) Emerzione delle principali catene appennine, e della littorale tirrena. PERIODO TERZIARIO EOCENE INFERIORE io. Calcarie bianche compatte a tes- Nummuliti: Pettini edaltreconchi- situra grossolana, e frattura scagliosa, glie, ec. semicristalline. Scalambra, Ferentino, Banco ec. EOCENE SUPERIORE 16. Arenarie compatte alternanti con Legni carbonizzati, e impressioni di argille schistose, indurite, bigio-gial- foglie a frutti di Querci Aceri, Salci ec. lastre, risultanti da granellini quar- zosi, impastati da un cemento ar- gilloso. Colline di Anagni e di Prosinone MIOCENE INFRIORE 17. Arenarie simili alle precedenti, con i soliti letti argillosi che per gradi scompariscono, restandole sole are- narie. Cerano, Rocca S. Stefano ec. III. Sollevamento plutonico con iscuoprimento delle assise eoceniehe e mio- ceniche inferiori [Trachitico) . Comparsa della catena terziaria della Scalam- bra a sinistra della valle del Sacco, e delV isola ceritia coi monti di Tolfa. MIOCENE SUPERIORE 1 8. Marne inferiori bigio turchine , Argonata biarmata, Pecten-cristatus, prime assise del terreno orizzontale. Cleodora pijramidata, Cl. Riccioli, Cl. siibulata,Dentaliiim laevigatum,D.Noe, Solemya solida, Pholadomia vaticana, Ostraea corrugata , Cidaris remiger, — 160 — Emyaster vaticani ^Flabellum vaticani^ Trococyatus umbrella ec. Gli strali profondi delle marne figuline del Vaticano, e del Giannicolo. PLIOCENE INFERIORE 19. Marne bigio turchine superiori, Elephas antiquuSy Natica-epigloltinay alternanti con sabbie marnose bigie Buccinum semistriatum Turrìtella te- e giallastre. rehra ec. Ossa di Cetacei ec. ec. Assise superiori delle marne figuline di Rignano del Valicano, e del Giannicolo. IV. Sollevamento plutonico con iscuoprimento delle marne subappennine inferiori attorno i monti della Tolfa, per una seconda eruzione trachitica , e fratture delle marne istesse fino a grandi distanze. PLIOCENE SUPERIORE Conchiglie e zoofiti dei quali parte estinti , parte emigrati , parte viventi nei nostri mari — Buccinum Semistria- tum,Pecten latissimus,Hinnites Cortesi, Mactra triangula, Corbula striata, Car- dium, liians, Pecten opercularis , Pa- nopaea Fugassi, Ostrea foliosa, Balanus tintinnabulum, ce. ec. Monte Mario, Porto d’ Anzio, Formello, Corneto ec. 21. Ghiaje e breccie siliceo calcarie Ossa di grandi Mammiferi riunite in composte di tutte le roccie dei più ischeletrì, poco disperse , e non logo- prossimi appennini. rate. Mastodon Arvernensis , Elephas antiquus, Bos primigenius ec. Acqua traversa sulla via Cassia; pianure sotto Alatri ec. 20. Sabbie gialle siliceo-calcarie risul- tanti dai detriti delle roccie appen- nine, sovente conglutinate in arenarie, sovente sostituite da una calcaria bianca terrosa (Macco). V. Prime eruzioni vulcaniche sotto marine, con formazione per addi- zione di parti dei tre coni vulcanici, Vulsinio, Cimino, e Sabatino, e spandi- menti di lave amfigeniche, pirosseniche e feldspatiche. Legni foglie e piante terrestri. 22. Tufi litoidi, 0 conglomerati risul- tanti da un aggregazione delle ma- terie eruttate dai vulcani cimini , fatta dalle acque marine. Soprasuolo di tutte le campagne Romane e Viterbesi. VI. Eru zioni vulcaniche, prima sotto marine, poi atmosferiche, comparse nella valle ernica sotto Prosinone, e spandimento di lave pirosseniche senza amfigeni e feldspati. 23. Tufi litoidi inferiori, sopracaricati Resti di vegetabili terrestri , tron- di ceneri e lapilli sciolti, senza po- chi di alberi trasportati da correnti ma- rnici e senza amfìgeni. rine, nei tufi inferiori. Valle del Sacco sotto Prosinone. PERIODO QUATERNARIO PLIOSTOCENE E MODERNO 24. Sabbie ferruginose marine miste Conchiglie moderne, e resti di altri detriti vulcanici con ciottoli di animali quasi tutti viventi, o nelle ferro idrato. stesse contrade, ovvero emigrati. Lungo le coste marittime ad un livello dove le acque non giungono più. VII. Eruzioni vulcaniche atmosferiche, per le quali si formarono i monti laziali coi loro crateri, in tre periodi distinti di attività. 1 . Formazione del sistema maggiore o dell' Artemisio - Eruzioni dì lave piros- seniche con pochi amfìgeni. 2. Formazione del sistema minore o del Monte Cavi - Eruzioni di lave am- figeniche con pochi pirosseni. 3. Eruzioni di cenerie lapilli impastati da acque pluviali, o formazione dei peperini attorno il cratere Albano, 25. Ceneri scorie e lapilli incoerenti Ossa di Cervi, tronchi d’alberi e Lave e peperini- impressione dì vegetabili viventi nella contrada. Limitate a tutte le contrade che circondano i monti del Lazio. 162 — 26. Sabbie e breccie plioceniche ri- Ossa di grandi mammiferi rotolate mescolate colle materie dei tufi vul- e disperse , miste a quelle di animali canici, per un secondo trasporto. contemporanei, meglio conservate. Nel fondo delle grandi vallate dei Fiumi diluviali, Tevere, Aniene ec. 27. Travertini lacustri in grossi ban- Impressioni di vegetabili, conchiglie chi compatti. d’ acqua dolce e terrestri, ossa di ani- mali viventi, fra i quali denti umani. Nelle stesse vallate elevati fino al livello delle acque che li formarono, e distesi nella periferia degli antichi laghi - Laguna Tibnrtina sotto Tivoli, e del Tevere presso Fiano e Monte Rotondo- Paludi pontine fra Cisterna e Tor tre ponti, ec. ec. Vili. Emanazioni solforose, dalle quali derivano le zolfatare, le gessaje e le mofete, entro le regioni vulcaniche. 28. Fine sabbie depositate dai mo- Resti di animali e piante tuttora vi- derni mari sulle spiaggie sottili, for- venti, con avansi dell’ industria umana, mate da granellini quarzosi, calcarei, e minerali vulcanici; breccie formate dai detriti degli scogli colpiti dalle onde. Turaoleti e depositi di sabbie incoerenti, costituenti il lido dei mari, in via di formazione. 29. Ciottoli e breccie risultanti dai de- Tronchi di alberi frantumati, ossa di triti moderni delle roccie trascinati animali viventi nella contrada, con re- in basso dai torrenti attuali , misti sti di opere artificiali. a sabbie, terre, e limo. Entro i letti dei torrenti e fiumi moderni. 30. Sedimenti tartarosi depositati dalle Resti di vegetabili, e conchiglie ter- acque moderne. restri e d’ acqua dolce, tuttora viventi. Attorno le fonti, nelle conserve, e nei condotti. — 163 — SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. I. Sezione geologica fra la campagna romana e il fiume Turano, altra- A’erso due distinti sollevamenti : 1 quello del Monte Gennaro , costituito di assise giui’esi : 2.“ quello dei monti di Fiadorno, terziaià eocenici. Fig. II. Sezione fra le paludi pontine e 1’ alto Appennino, nella quale compa- riscono il sollevamento delle roccie cretacee nella catena littorale della Sem- previsa, e delle catene centrali coll’ Autore. Nello spazio intercorrente, vedesi la catena terziaria eocenica rappresentata dai monti di Porciano e Anagni, e fra questa e la catena, littorale la zona vulcanica indicata dal cono cra- terifero di Tichiena. Fig. III. Sezione dei Monti di Tolfa risultanti da mammelloni di tracliite che hanno sollevato le roccie eoceniche, e nell’ opposto lato le marne inferiori suh- appennine sugli altri sedimenti pliocenici. Formule per determinare, mediante il condensatore, la elettricità terrestre, o qualunque altra indeficiente , senza bisogno di uno stato elettrico assoluto. ISota del prof. P. Volpicelli. Rappresentino Pj , Pg i due piattelli del condensatore; Sj , Sg due sorgenti elettriche inesauste, ovvero indeficienti ; , c.^ le cariche acquistate dai piattelli medesimi , comunicando ciascuno separatamente dall’altro, con una sorgente di elettricità inesausta; , 72 cariche dei piattelli stessi, l’uno all’altro sovrapposti, mentre stanno rispettivamente in contatto colle indicate due sorgenti elettriche ine- sauste, 0 indeficienti; m il coefficiente che denominiamo elettrostatico, vale a dire il rapporto co- stante fra la carica inducente di uno dei due piattelli, e l’elettrico indotto da quella nell’altro. Ciò premesso, la elettricità indotta nel piattello Pj dalla carica dell’al- tro Pg , deve in qualità e quantità esprimersi con — my,^ , essendo m < 1 ; perchè sappiamo dover essere sempre la indotta numericamente minore della in- ducente, e di segno contrario. Togliendo questa quantità dalla carica del piat- tello P^ , troveremo la elettricità libera contenuta in questo piattello. Poi- ché dobbiamo ammettere come principio fondamentale, che quando le cariche libere , c.^ provengano da sorgenti elettriche inesauste, come qui le suppo- niamo , deve in ciascuno dei due piattelli accumularsi la medesima quantità di elettrico libero, che vi si accumulerebbe, quando non vi fosse l’altro piattello. . Per tanto avremo Cj = y[ — (— W72) = Vi mVa , ed a cagione della simmetria, se cangeremo le , y^ mutuamente nelle c^ , y^ , sarà <^2 = 72 » Le cariche 7^ , y^ si ottengono facendo comunicare i rispettivi piattelli P^, Pg separatamente con un elettrometro , come a modo di esempio , colla bilancia di torsione. In quanto al coefficiente elettrostatico m, si può questo conoscere senza ricorrere ad uno stato elettrico assoluto, ma invece comunicando ad uno dei piattelli del condensatore una carica sufficientemente grande , affinchè 1’ altro l)iattcllo, posto a contatto del suolo, si possa considerare, senza tema di errore — 165 sensibile, come se comunicasse con un corpo di elettricità neutrale. In fatti la elettro-tellurica tensione, in questo caso, paragonata con quella che appar- tiene alla carica sufficientemente grande, che al piattello fu comunicata, può riguardarsi come nulla. Ma possiamo conoscere il coefficiente elettrostatico w, anche in altro modo: supponiamo in fatti che rappresenti la carica, comunicata al piatello P^, da una sorgente Sj inesausta di elettricità, qual’ è appunto la unione della vol- taica , e della terrestre , fornite da una coppia , rame e zinco saldati fra loro , tenuta in mano pel zinco. Similmente dicasi la carica , comunicata dalla sorgente inesausta elettro-tellurica S.2 , ben inteso che queste cariche , «2) s’intendono date ai rispetivi piattelli, essendo essi l’uno dall’altro separati. Inoltre sieno le cariche acquistate dai medesimi piattelli mentre, stando l’uno sopra l’altro, comunicano rispettivamente colle indicate sorgenti; dalle (1) avremo le Se ora si faccia una seconda sperienza simile alla precedente, ma solo con que- sta diversità , cioè che invece di dare al piattello P^ la carica , gli si dia la carica mediante una terza sorgente Sg di elettricità inesausta; in tal caso chiamando g\ , g'.^ le rispettive cariche dei piattelli, acquistate da essi mentre stando sovrapposti comunicano rispettivamente colle sorgenti Sg , S2 , otterremo dalle stesse (1) le e siccome le cariche g^<> g^y 9\ > si trovano mediante la elettrometria, priva di condensatore; perciò si conoscerà il rapporto elettrostatico m, senza bisogno di veruno stato elettrico assoluto. Per tanto isolando le Vj , nelle (1), avremo le ed introducendo nelle (1) il trovato valore di si avranno finalmente le «1 = 9k -f- » «2 = 9ì ■ fi = j// mg\ , «2 == 9\ -t- Eguagliando fra loro i due trovati valori di , si avrà 22 166 colle quali determineremo, sia nella qualità, sia nella quantità, i valori delle ca- riche c^, C2, quindi anche quello che appartiene alla elettricità terrestre, quante volte una delle due indeficienti elettricità , poste in contatto coi piattelli , Pg , sia la tellurica (a). Se nella (2) pongasi = 0, vale a dire se intendasi che una S.^ delle sor- genti elettriche inesauste , Sg sia nulla, cioè neutrale, si cangeranno le nelle y'^ , y'g ; quindi per corollario dalle (2) si otterranno le seguenti , che sono le comuni, cioè 1 , 1 me, . (i) 7. = ì La costante numerica m 2 » 7'2= “ 1 — nr 1 1 — ’ la quale, come vede ognuno, è funzione cognita del coefficiente elettrostatico del condensatore, viene da noi denominata coefficiente di accumulazione. Qui cade in acconcio dimostrare una importante proprietà del condensa- tore, da me non incontrata in verun luogo; ed è che facendo prima comunicare il piattello P^ con una sorgente inesausta , mentre l’altro Pg comunica con uno stato di elettricità neutrale; se poscia si rovesci la sperienza, ma con un’altra sorgente Sg, pur essa inesausta; si avranno per ognuno dei casi ora contemplati due relazioni, come sappiamo, fra le cariche ricevute dai piattelli nei casi medesi- mi. Sommando insieme le cariche appartenenti nelle due sperienze allo stesso piat-^ tello, nasceranno quelle relazioni, che si sarebbero avute collo stesso condensa- tore, se, tolto di mezzo lo stato neutrale, ciascun suo piattello avesse comunicato ad un tempo colle rispettive sorgenti , Sg- In fatti pel primo caso le (4) espri- mono le relazioni fra le cariche dei piattelli , quando il primo Pj comunica colla sorgente inesausta , che corrisponde alla carica Cj , mentre 1’ altro Pg si trova in comunicazione con uno stato di elettricità neutrale. Pel secondo caso, rovesciando la sperienza del primo, cioè facendo comunicare il secondo piattello Pg colla sorgente inesausta S2, che corrisponde alla carica C2, se chia- meremo con y.2" la carica inducente da esso acquistata, e con y^" quella in- dotta nel piattello P^ comunicante collo stato neutrale, avremo dalle (4) le „ 1 m 1 — m 2 ^‘ì ’ 7i — — 1 m 2^2 (a) Le formule (3) sono quelle da me citate nei Comptes rendus, t. 58, séance du 4 avril 1864, p. 631, ligne 20. — • 167 Sommando le cariche nei due casi contenute in un medesimo piattello, avremo dalle (4) e dalle (3) le i 1 Paragonate queste somme colle formule (2), si trovano le Vi = 7"i 7i" , 72 = 7'2H-7"2» cioè si trova dimostrato quanto enunciammo , vale a dire che le due somme y'i-t- 7i" e delle cariche appartenenti al medesimo piattello nei due casi contemplati, uguagliano rispettivamente le cariche 7^ , 7.3 dei piattelli stessi, quando ciascuno comunichi ad un tempo colla rispettiva delle due sorgenti Sj , S.^. Vedremo in altra prossima comunicazione più generale sul condensatore, che questa proprietà costituisce un principio nella teorica della elettrica in- fluenza. Le (4) sono quelle date in ogni corso di fisica, ed in ogni trattato di elettricità ; le quali , a parlar giustamente , sono applicabili solo quando il piattello condensatore, comunichi con uno stato elettrico veramente neutrale. Ma la terra è sempre quella che , nell’ uso comune del condensatore , si fa comunicare con uno dei suoi piattelli, mentre l’altro comunica colla sorgente di elettricità che si vuole conoscere. Perciò in questo caso le formule (4) a ri- gore non valgono, perchè la terra non è mai nello stato di elettricità neutrale. Se poi si tratti di conoscere una carica di tale tensione , che quella elettro- tellurica possa, rispetto alla prima, considerarsi nulla; in tal caso le formule (4) potranno valere. Dalle medesime abbiamo (6) ^ = — m; 7i quindi se, adoperando quel condensatore, cui questo rapporto elettrostatico ap- partiene, troveremo che il valore di m nella (6) rimane costante, sebbene le cari- che , 7'g abbiano variato; saremo certi che quel punto, col quale fu posto sempre in comunicazione uno dei due piattelli del condensatore stesso, p. e. il Pg , possiede non altra elettricità fuorché la neutrale. Per tanto la verificazione della costanza del rapporto (6) , presenta un mezzo per trovare sperimentai- mente, nelle pile isolate, od anche nei muri dei fabbricati, la sezione loro neu- trale, quante volte in questi esista. Per tanto concludiamo, che le formule (3), ci offrono come determinare la elettricità terrestre in quantità e qualità, senza bisogno di uno stato elet- trico assoluto; e che la formula (6) conduce a riconoscere se in un conduttore si trovi un punto neutrale. Quindi è che non posso convenire col Bullettino meteorologico del Collegio romano (a), là ove si legge « essendo evidente che » la sua soluzione (cioè se la terra sia ovvero — è impossibile, quando si » tratta di tensione assoluta; poiché noi non abbiamo mezzo alcuno da ricono- )) scere lo stato assoluto di un corpo » dissi non posso convenire , 1 per- chè un considerevole numero di autorità competenti, riconobbero essere la terra negativa, e perciò risoluta la indicata questione; 2." perchè le formole (3) e (6) contraddicono a questo semplice asserto di quel Bullettino, che dal medesimo viene riguardato come una verità evidente; 3.“ perchè uno stato assoluto elet- trico (neutrale) , che il citato bullettino crede impossibile a riconoscere , si trova sempre sensibilmente nelle interne pareti di un metallico involucro. (a) Voi. I, anno 1862, pag. 50 e 51. COMUNICAZIONI Il sig. prof. D. Salvatore ab. Proja presentò in dono airaccademia una copia della biografìa del prof. Domenico De Grollis, pubblicata nel giornale Arcadico dal sig. Achille Monti, della quale pubblicazione il sig. prof. Proja fece alquante copie trarre a sua cura e spesa, dedicandole alla vedova dell’ illustre defunto. Il prof. Volpicelli , annunziò la morte dell’ illustre nostro corrispondente italiano sig. barone Gio. Plana, coi termini seguenti. Da un’ antica e nobile famiglia di Guarene, terra del Piemonte, nacque Giovanni Plana in Voghera nell’ 8 di novembre del 1781 , epoca in cui morì Bec- caria; e nella età di anni 1 9 si condusse a Parigi, ove fu ricevuto nella scuola politecnica, fondata con legge del 1 .° settembre 1795 per insinuazione di Gia- como Lamblardie, e Gaspare Monge. Nel 23 di maggio del 1803 fu nominato professore di matematiche alla scuola d’ artiglieria , stabilita in Alessandria ; quindi nel 1 5 di marzo 1811 fu promosso a professore di astronomia nella università di Torino, e nel 5 di marzo 1813, in questa città medesima, la di- rezione nell’osservatorio astronomico si ebbe. Lo studio profondo nelle discipline severe non aveva impedito al Plana gustare le amenità della classica letteratura ; connubio che sempre si avvera negli animi sublimi e generosi , non mai fra coloro che coltivano le scienze come un mezzo, e non come un Fine ; perciò lo stile del Plana ne apparisce quanto accurato, altrettanto elegante. La sua conversazione riesciva gratissima, e pe’ suoi detti arguti, e per le sue riflessioni originali. Dotato di una prodigiosa memoria frequentemente citava brani di classici latini e francesi. Favorito di robusta complessione conservò sino all’ultimo tutte le sue facoltà, salvo l’udito, che gli venne meno assai prima di morire. Con fìlosofìca lealtà e fermezza manifestava francamente la opinione sua in ogni circostanza, era generoso verso i poveri e gl’ infelici, amantissimo della famiglia, ed alieno dai politici onori. Col vivacissimo ingegno, colla pronta dottrina , e coi spiritosi concetti , entrò egli subito nelle grazie del vecchio Re Vittorio Emanuele 1, sovi'ano di animo schietto e facile, oltre che amante dell’astronomia; godè altresì la pro- tezione di Carlo Alberto, da cui molto favore ottenne. 11 Plana ebbe pure 1’ amicizia dei dotti di rinomanza maggiore del- r epoca sua, come il baron di Zach, Lagrange, Legendre, Prony, Hachette, Monge, Dupin, Biot, Carlini, Mossotti, Poisson, Puisant, il barone di Hum- 172 — cero ultimamente grandi sforzi per conseguire un mare così fatto. Il nominato Segretario perpetuo concluse dicendo « la dotta analisi dell’ illustre , deside- » rato, e compianto nostro socio, senza dubbio animerà, di nuovo ardore i » geografi per verificare quanto l’analisi medesima predisse (1) ». Un elenco delle opere del Plana, sino alla sua memoria sulla teorica del magnetismo, pubblicata nel 1854, si legge nel Biographisch-literarisches Hand ivdrterburch zur Geschichte der exacten Wissenschaflen, ecc. di J. E. Pog- geridorff. Però a queste memorie si debbono aggiungere tutte le altre, pub- blicata posteriormente fra quelle della reale accademia delle scienze di To- rino , i titoli delle quali si trovano registrati nel dotto ed elegante discorso intorno alla vita di Gio. Plana, letto dal chiarissimo sig. conte Federigo Sclo- pis, alla classe di scienze fisiche e matematiche dell’accademia suddetta, nella sua tornata del 31 gennaio 1864. Questo discorso ci servì di guida, nel tes- sere il presente rapido cenno biografico del nostro illustre corrispondente ita- liano, di cui la perdita irreparabile, come oggi, così neH’avvenire assai deve rattristarci. Poiché nella scienza d’ Italia, per quella perdita, che avvenne il 20 di gennaio del 1864, uno de’ suoi più risplendenti luminari si spense. Da reli- giosa e filosofica fermezza, come in vita così anche in morte, fu accompagnato il Plana, che cessò di vivere nella età di ottantrè anni, fra le amorevoli assi- stenze prodigategli tanto dalla sua degnissima consorte, signora baronessa Ales- sandra, nipote dell’ illustre Lagrange, ed a lui congiunta in matrimonio nel 1817, quanto dalla sua figlia signora Sofia; le quali dame colle cure loro alleviarono sempre le fatiche scientifiche dell’onorevole defunto, uno di quei pochi, di cui la raccolta delle opere, senza più, costituisce l’elogio maggiore. Il consiglio comunale di Torino, nella seduta del 21 di gennaio 1864, de- cretava per la salma di quell’ insigne geometra un tumulo, nella edicola del camposanto, destinata per gli uomini benemeriti della patria. La notizia della morte del barone Plana si annunziò al senato dal suo presidente, il eh. sig. conte Sclopis, colle più nobili e sentite parole; la salma di queir insigne giunse alla chiesa dell’ Annunziata, con onori quasi regali, ed ivi nel dì 22 si celebrarono Tesequie, per suffragare quell’anima sublime, di memoria non peritura. Il sig, prof. Socrate Cadet, presentò tre opuscoli del sig. prof. Atto Tigri di argomento medico. (1) Comptes Rendus, t. S8, p. 183. 173 — COMITATO SEGRETO Il segretario lesse la lettera direttagli del sig. prof. G. Bellavitis , che dichiarava esser egli l’ autore di quella memoria pel premio Carpi , la quale aveva conseguito una onorevole testimonianza del suo merito daH’accademia. In seguito di ciò fu aperta la relativa scheda, e si trovò in essa il nome del sig. prof. G. Bellavitis ; quindi furono date le opportune disposizioni, onde al medesimo professore fosse inviata la medaglia, che per decreto accademico gli apparteneva. Fu nominata una commissione composta dei signori professori C. Sereni — B. Tortolini — V. Diorio (relatore) affinchè riferisse tanto sul consuntivo del 1863, quanto sul preventivo del 1864, presentati ambedue airaccademia dal comitato linceo. L’accademia riunitasi legalmente a un’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ore di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. G. Ponzi. S. Proja. — S. Cadet. — M. Azzarelli. — P. Volpicelli. — - A. Coppi. — B. Tortolini. — V. Diorio. — B. Boncompagni. — I. Galan- drelli. — F. Nardi. — A. Secchi. — C. Sereni. — M. Massimo. — P. San- guinetti. — N. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 29 di aprile del 1864 P. V. OPERE TENUTE IN DONO Osservazioni scientifico-accademiche del prof. Francesco Zantedesch/. Un fase. in 8." — Padova — Venezia, 1863-1864. La Camera lucida applicata alla fotografia dei prototipi del mondo esteriore^ 23 ossia delle immagini impresse sulla retina delV occhio, del prof, suddetto.' — di foglio Padova, 1863. Bullettino delV Associazione nazionale italiana di mutuo soccorso degli SCIENZIATI, LETTERATI ED ARTISTI. Dispensa VI. Napoli, 1868., Rendiconto delV Accademia delle scienze fisiche e MATEMATicHE.kimo II ; fase. 12." — Annoili, fase. l.“ Delle recenti ricerche intorno alla vera figura della Terra, dedotta dalle prin- cipali misure eseguite nella direzione de' suoi meridiani. Relazione del cav. Giovanni Santini. Venezia 1863. Un fase, in 4." Bullettino Meteorologico dell' Osservatorio del collegio romano, in eorrente. Comptes .... Conti Resi dell' Accademia delle scienze dell' i. istituto DI FRANCIA in eorrente. Discorso agrario del 1863 letto da A. Coppi nell'accademia Tiberina il di il gennaro 1834. Roma; un fase, in 8.“ Della vita del prof. Domenico De Crollis. - Proja , Monti. Roma 1863 ; un fase, in 8.“ Sul torcicollo e sullo strabismo per anomalia muscolare. Relazione anatomica del prof. A. Tigri. Firenze, 1834; un fase, in 8.° Frammenti di patologia generale secondo le leggi naturali", del medesimo. Mi- lano 1839; un fase, in 8.° Del cuore umano , studiato in sito de' suoi piani , e degli assi in relazione alle aperture d'ingresso e di egresso del sangue; del medesimo. Firenze, 1861. Un fase, in 8.° IMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Villanova Castellacci Archiep. Petrae Vicesgerens. ATTI DELL’ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SEX SOCI ORSI»TAB.I E SEI CORRISFONSENTX Intorno al modo di riprodursi di alcuni Organici parassiti morbiferi. Concetti del prof. Socrate Cadet. Seguendo l’ opinione di alcuni naturalisti e di parecchi medici io attribuisco ogni Malattia appiccaticcia a qualche specie di Parassiti, cioè di Organici che si svolgono , crescono e si moltiplicano o sopra o dentro Organici maggiori vegetanti o viventi. E non pare a me irragionevole che a Parassiti partico- lari sieno state attribuite anche le Febbri periodiche specifiche. Donde avvenne che il ritrovamento di Vibrionidi nella materia intestinale degl’ infermi pel Colera indiano, di Monadici nelle materie vomitate dagli am- morbati per la Febbre gialla, e l’avverato ritrovamento dei Batter] nel san- gue degli uomini morti per la Febbre tifoide o nervosa, mi conducessero ad immaginare questa ipotesi. Che i Germi di tali, veramente infimi organici — ■ i quali mi paiono adesso da considerare come ultimi di quelli eh’ ebbi appellato altra volta Microfito- zoidi — appartenenti forse a generi primitivi — come i Germi dei Vibrionidi e dei Monadici della putrefazione che si crede non si riproducano per Isporule nè per Ovicine — siano peravventura le particelle dei loro corpuscoli, tanto minime, da essere sfuggite ad ogni ricerca più solerte. Ed avvenne che il ritrovamento di Vermicelli nel sangue de’ buoi infer- mati dalla Epizoozia delle steppe russe, annunciatoci per cura degli onorevoli colleghi signori professori Giuseppe dottor Ponzi e Vincenzo dottor Diorio {Atti deir Accademia. Anno XVI y sessione VI del 7 maggio 1863 pagina 843) — SESSIONE IV^ DEL 6 MARZO 1864- PRESIDENZA DEL SIG. PROF. N. CAVALIERI SAN BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI 24 — 176 — i quali Vermicelli sembra che sian da tenere come identici a quelli che , ri- correndo la stessa Epizoozia nel 1711, aveano scoperto nel sangue de’ buoi appestati Bernardino Bono da Brescia e 1’ illustre Antonio Vallisnieri — mi conducesse a sospettare, che i Germi pe’ quali si diffonde tale moria, possano essere diversi dalle Ovicine, e troppo più sfuggevoli che queste non sono, però assai più atti ad insinuarsi nelle organazioni dei ruminanti succennati. E che se anche questi Vermicelli si propagassero per Ovicine, come fanno le Fila- rie , il facessero piuttosto per produrre ogni ciclo , o vogliam dire ogni loro famiglia, la quale tendesse, dirò così, a completarsi in ciascuno degl’ individui invasi. Ed avvisai che potessero riprodursi per Gemme o per Particelle mi- nime dei loro corpi, capaci per ciò d’ insinuarsi facilmente in maggiori orga- nazioni, anche talune Endofìtidi, le quali sappiamo che si riproducono per Ispo- rule, ed altri Endozoi, i quali sappiamo che si riproducono per Ovicine. Ma questi concetti relativi alle cause delle Febbri periodiche e dei Morbi diffusivi, che avrei probabilmente svolti più tardi, gli accenno adesso, per aver letto nei Commentar] dell’Accademia delle Scienze di Parigi come l’assai in- dustrioso e modesto M. d’Auvray, affermando di trovarsi pe’ suoi ingegni in grado di rischiarare qualche speeialità intorno l’ ipotesi della Generazione Spon- tanea — con avviso molto commendevole — attribuisce a Germi e non a Spore la moltiplicazione delle Protofìditi, e parimenti, a Germi e non ad Ovi- cine la moltiplicazione dei Monadici {Comptes rendus hebdomadaires ... de VAcadémie des Sciences. T. LVIII, n. 6. 8 février 1864, p. 281). Intorno alla quale ipotesi avvertirò di passaggio che , per quello a me sembra, non riuscirà di poterla considerare con piena ragione come al tutto inammissibile, finché non sia creduto, che le organazioni che non sono pic- colissime, contengano sempre qualche Sporula di pianticelle, qualche Ovicino di animaluzzi, o per lo meno, alcuni dei Germi succennati. E spero e confido che, se le sperienze del commendato benevolo riescano a distruggere ogni vestigio dell’edifizio eterogeniaco, debbano scemarne le op- posizioni sostenute ancora contro la dottrina che attribuisce ad Organici le Febbri periodiche ricordate e le Contagioni, per conseguente anche le Pesti- lenze. Donde procederebbe che divenissero sempre più razionali le indicazioni volte, tanto a preservare da esse quanto a combatterle. — 177 — LETTERE ASTRONOMICHE IL Materiali raccolti nella R. Specola di Modena, e ordinati per servire a lavori e ricerche di Astronomia Siderale. P er ognuno che ami, coltivi e professi una scienza naturale o di fatto, ba- sata perciò sopra osservazioni e sperienze accurate e precise, e coi mezzi o presidii più acconci, somministrati dal civile Reggimento a pubblico dispendio, ne abbia il supremo incarico e la direzione di un apposito Istituto , egli mi sembra essere uno stretto e inviolabil dovere quello di comunicare altrui per r incremento della scienza il frutto meglio elaborato delle proprie investiga- zioni , e di conservarne ben ordinata la parte incompleta o non discussa da tramandarsi, ove sia d’uopo, alle disamine ulteriori e de posteri, che ne hanno il diritto. Di tal modo nulla vien perduto alla scienza di quanto siasi cumu- lato dall’umano ingegno di studi e sforzi a raggiungere o discoprire un vero, ad arricchirne il patrimonio comune delle cognizioni, e giovarne il civile con- sorzio nelle applicazioni e ne’ varii usi della vita. Rivolgendone in particolare il discorso all’Astronomia, o alla più nobile e sublime delle naturali scienze, chi non sa che le diligenti e numerose osservazioni di Ticone , trasmesse a Keplero, gli disvelaron le semplici e vere leggi dei movimenti planetarj, e ne dischiusero a Newton la via del massimo discoprimento nell’unica legge del- l’universale gravitazione; che le sagaci collezioni pratiche del Bradley, sotto- poste da Bessel a disamine anche più rigorose e sagaci, lo condussero a pre- ziosi risultamenti esposti nella classica opera Fundamenta Astronomiae; e che r ingente copia delle originali osservazioni di 50 mila stelle raccolta nell’ Hi- stoire celeste di Lalande ci procurò di recente per le pazientissime cure di Weisse un eccellente Catalogo siderale ? Quali tesori di scienza e di sociale utilità non sarebbero stati sepolti o smarriti, ove gittate si fossero e abban- donate ad un totale obblio le fondamentali ricerche dei Lalande, dei Bradley, dei Ticone ? Mosso io pertanto e guidato da cotali riflessi, e profittando dell’ impostomi riposo dagli uffici pubblici d’ istruzione, volsi tosto e alacremente l’animo a ri- chiamarmi r intera serie , da me solo eseguita , delle osservazioni al Circolo meridiano di Reichenbach di tre piedi in diametro, tirarne io stesso esattamente copia, or presso al termine, da’ miei registri giornalieri, disponendola nell’or- dine e nella forma di stampa che praticai nella compilazione del Tomo I de- gli Atti di questo R. Osservatorio , la continuazione del quale, dal principio del 1834 alla metà del 1859, occuperà un simil volume in folio di circa 440 pagine, e tutto di originali e non ridotte osservazioni, che sorpassano le 13 mila. Quivi sono riuniti gli elementi o i dati necessarii al calcolo delle ridu- zioni, tanto in riguardo agli errori o alle deviazioni meridiane del cannocchiale, come per conoscere il successivo e continuo andamento del pendolo di Moli- neux dal tempo sidereo. Pel corso di 32 anni, dall’erezion della Specola, io mai non ommisi possibilmente di osservar al Cerchio le altezze meridiane del Sole; cosicché nei due Volumi degli Atti si avrà la serie moderna più numerosa dei luoghi e diametri del Sole, che porgerà, co’ più variati e molteplici confronti, le attuali correzioni delle tavole, le determinazioni dei tempi equinoziali e sol- stiziali, l’obbliquità deH’ecclittica, e l’annua sua diminuzione; come di quest’ul- timo elemento io ne trassi alcuni valori a soggetto della mia Nota, inserita nel T. V. p. 81 della Raccolta scientifica del eh. Palomba. Nei detti due Volumi, edito, e inedito, degli Atti contengonsi pure non poche osservazioni di pianeti e di asteroidi per calcolarne opposizioni e congiunzioni ; ma soprattutto vi adunai copia di osservazioni di stelle a prefissomi utile scopo differente; e a toccare di alcuno di questi io ne assegnai al principio del 1828 le declinazioni apparenti e medie delle 36 stelle principali, dette di Maskeline, trovandomene assai d’accordo coi simili risultamenti ottenuti dai celebri Bessel e Plana, non che per la stessa epoca le declinazioni medie o vere di 66 stelle circumpo- lari fra le più cospicue (Effem. di Milano pel 1 830, nell’Appendice pag. 113-116) coi rispettivi moti propri confrontati a quelli che ne trovarono Piazzi e Bessel. Come poi fin dai primordii della novella Specola modenese io mi proposi di occuparmi vi precipuamente allo studio e alle indagini dell’Astronomia stel- lare, che pure è il campo della scienza, quanto immenso e arduo da percorrere in ogni sua parte, meritevole altrettanto di venir coltivato con ogni sagacità e solerzia, così negli anzidetti due Volumi degli Atti io raccolsi e ho presen- tato una mia serie di osservazioni fatte negli anni 1832, 33 e 34 sopra le stelle (in numero di 325) che offrono , secondo le determinazioni e il Cata- logo di Piazzi , un moto proprio non minore di 0",3 in Ascension retta del pari che in declinazione , e osservate ciascuna da me non meno di cinque volte. Un siffatto lavoro da me assunto, forse contemporaneamente, all’ insa- puta e al medesimo scopo degli analoghi, cui felicemente compirono Argelander e Otto Struve, mirava a discuterne e dedurne tanto il moto progressivo del- r intero nostro Sistema planetario verso un punto dello Spazio, quanto e più — 179 — precisamente i veri moti propri di ciascuna di tali stelle. Mancatomi però il tempo di eseguirne le necessarie correzioni e riduzioni , e affinchè il mate- riale delle mie ricerche non resti del tutto inutile o dimenticato, io ne ho già steso e pronto un Indice o Repertorio delle osservazioni di ogni stella , qua e là disseminate nei due grossi Volumi, coll’ indicazione dell’anno e giorno in cui furon fatte; laonde riuscirà non difficil cosa rinvenirvele ed esaminarle ove piaccia. Fra le stelle dell’ indicata serie due ve n’ ha che maggiormente inte- ressa di prender ad esame , e che io perciò seguitai quasi ogni anno ad os- servare, per la grandezza del proprio loro moto, e sono la Cefeo 4.3 di Evelio col m. p. di — 5", 1 in A.R e -f- 0", 53 in declinazione, e la p, Cassiopea col m. p. in AR. di -f- 5", 7 e in declinazione — 0", 65, secondo Piazzi. Da esse per avventura, come per la stessa ragione dalla doppia 61 Cigno tanto considerata da Bessel , potrà gittarsi alcun lume nell’ ardua e promossa qui- stione della variabilità dei moti propri delle stelle, della quale io pure mi oc- cupai da oltre a vent’anni. E frattanto, essendo cosa di semplice meccanismo la copia manuale da’ miei registri , io amava d’ intitolare il detto Repertorio di stelle Memoria seconda di Astronomia campestre. Dal dìvisamento di un Catalogo speciale di stelle io fui condotto a quello di propormene un Catalogo generale, rapportandolo per epoca media al prin- cipio del 1850, e comprendendovi la Rivista di quello di Piazzi che ne inau- gurava coir epoca delle posizioni medie il nostro secolo. Sembravami infatti che allo studio e conoscimento più assicurato dei piccoli moti propri delle stelle, fosse veramente indispensabile rifarne dai fondamenti i Cataloghi da confron- tarsi, quasi ad ogni generazione di Astronomi, almeno di mezzo in mezzo se- colo, tenuto conto dei perfezionamenti successivi, teorici e pratici, della scienza, e avendosene già fra i perfetti gli ultimi due , il palermitano di Piazzi e il Resseliano di Rradley ; perlocchè al terzo divisatomi ne uscirebbe fra le tre semisecolari epoche del confronto la variazione dei singoli moti proprii. E poi- ché r assumermi da solo un’ impresa di tanta difficoltà e ampiezza sarebbe stato, non che temerità, follia per la ragione materiam non aequam viribiis, in buon punto , penetrati dell’utilità dell’opera , mi si offeriron a concertarla e dividerla con me due de’ più esperti e rinomati Astronomi italiani, Nicolò Cacciatore e Carlini, ai quali sarebbesi pur aggiunto 1’ illustre Santini, s’egli non si fosse innanzi impegnato ad altro forte lavoro di stelle per una revi- sione delle Zone di Bessel, sopra di che usciron già in luce alcune di lui gravi e pregevolissime Memorie. Apertasi quindi cogli egregi due primi la nostra cor- i80 — rispondenza, fermavasi tra noi che il Cacciatore, più favorevolmente situato,, assumerehbesi la rinnovazione del Catalogo, cui egli Allievo e degno Succes- sore del Piazzi, ebbe tanta collaborazione, nella parte australe del Cielo vi- sibile, il Carlini limiterebbesi alla parte boreale fino a 45.®, e a me ne toc- cherebbe la regione siderea circumpolare. Per la comparabilità del diviso lavoro e la composizione omogenea del complesso da risultarne, operando con metodi ed elementi uniformi di calcolo , ci accordammo di riesaminare in comune i fondamenti stessi del Catalogo palermitano, e le posizioni di varie stelle ap- partenenti a ciascuna delle tre parti o regioni celesti preaccennate. Con tutto zelo e piena intelligenza erasi posto alFopera il Cacciatore, e me ne iva co- municando le sue prime determinazioni degli equinozj da servire di base alle Ascensioni rette assolute, quando sventuratamente nel 1841 un’immatura morte rapivalo ai buoni studi. Nè al nostro intento giovaron meglio di effetto gli ottimi consigli e i profondi lumi del Carlini che , assorbito da molteplici uffici gravissimi, neppur ebbe tempo d’ iniziar la sua parte del progettato Ca- talogo. Ma quanto a me io non mi lasciai vincere dalle dette fatali combina- zioni ad abbandonare l’ incominciato lavoro della mia parte ossia delle stelle circumpolari , estendendolo anzi a non poche altre stelle , e talune assai co- spicue, in questa e in altre plagile o regioni del Cielo, e non comprese nel Catalogo di Piazzi che, a confessione del Cacciatore, non prese ad osservare fuorché le stelle del Wollaston. Io pubblicava dopo ciò fra le Memorie della Società italiana delle scienze, residente in Modena, le mie determinazioni fon- damentali di quattro consecutivi equinozj rapportati alle Ascensioni rette di Procione e Altair , e le posizioni medie di 220 Stelle principali (T. XXIII , pag. 3, a pag. 181. parte matematica) ridotte al Solstizio estivo del 1840. E proseguendo poscia, quanto mi era concesso, coH’osservazione di altre stelle, io era non lungi a compierne la mia parte del Catalogo generale , allorché i perturbamenti civili sopravvennero a troncarmene ogni via e mezzo di riu- scirne alla meta. Ciononostante , e benché nel lungo frattempo siano uscite alla pubblica luce somiglianti e preziose produzioni dalle Specole di Europa, sicché ne abbiam la più scelta dovizia dei Cataloghi siderali d’ Inghilterra, di Russia e di Germania , io reputo che 1’ incompleta e umile mia descrizione del Cielo circumpolare , ordinatamente racchiusa in due volumi in 4.® di os servazioni originali, non debba condannarsi a totale obblio; il perchè mi sono indotto a trattenerm ene alquanto io stesso nella presente, e forse in altre di queste mie Lettere. — 181 E primieramente a disporre la materia delle mie osservazioni, contenuta e sparsa nei due volumi di registro , a discuterla e trarne vantaggio quando che sia, io ne sto componendo un elenco o indice generale delle stelle osser- vate, insieme all’ indicazione precisa dell’anno mese e giorno di ciascuna os- servazione ; locchè rendesi necessario a trovare e raccogliere per una stella medesima le osservazioni ripetute ad epoche talvolta molto distanti e in con- dizioni atmosferiche differenti, più o men favorevoli, che pur si richiamano. La compilazione, assai lunga e nojosa, di questo Repertorio generale risulterà e richiede quella di simili parziali e successivi, ognun de’ quali (e ne ho già tre compiuti) occupa cinque fogli di manoscritto. Ma quel che più importa , per utile novità da ricavarsene, e di cui dirò in appresso, è la forma e di- sposizione stessa dell’ Indice, e quindi anche del Catalogo finale che io mi pro- posi. Imperocché diviso il complesso del mio lavoro in sei Sezioni di stelle, molto australi, medio australi, equatoriali, medio-boreali, zenitali, e circum- polari, io presi ad ordinare ciascuna Sezione, in riguardo all’ Ascension retta colla seconda metà dell’equatore scritta di fianco e contro la prima per iscor- gerne a vista le stelle prossimamente opposte, e di più la Sezione 6." o delle circumpolari distinta e successivamente divisa nelle declinazioni di grado in grado dal 45." al polo Nord, locchè formerebbe continuazione boreale alle Zone di Bessel, procedenti di due in due gradi. Nè io adottai una siffatta disposi- zione del Catalogo, fin qui non usata, per mera curiosità o per dimostrarne a rigore un’apparente simmetrica distribuzione delle stelle intorno all’asse dei poli 0 della rotazione terrestre, indipendentemente dagli altri due caratteri di splendore o grandezza e di distanza, bastando la semplice avvertenza, sugge- ritami dai celebre Sir J. Herschel , che ammessa e sussistente la detta sim- metrica distribuzione in una data epoca qualunque , dopo il corso di pochi secoli essa totalmente disparirebbe o ne sarìa troppo notevolmente alterata dall’ annua precessione degli equinozii. Fuori però di tale giusto riflesso, egli mi parve che l’ ideata e prefissami disposizion del Catalogo racchiudesse van- taggi che in ispecial modo la raccomandassero, e intorno ai quali ora vengo a spiegarmi. I." Nella dottrina e cognizione importantissima delle rifrazioni astrono- miche a piccole altezze sopra l’orizzonte, si hanno tuttora incertezze non lievi e gravi quistioni da risolvere. Una di queste offerivasi a me praticamente, or sono più di cinque lustri, dalle osservazioni meridiane appunto delle stelle cir- cumpolari, che due a due all’ incirca equidistanti dal polo si trovino pressocchè — 182 — opposte in Ascension retta. Fra le quali, due specialmente di Cassiopea, le ^ e >2, rispettivamente colle 5 ed s dell’ Orsa maggiore hanno le dette condizioni, e opportunissime sono ad osservarsi nel duplice passaggio meridiano di cia- scuna col favore delle più lunghe notti serene presso il solstizio d’ inverno. Al passaggio inferiore o sotto il polo esse non s’ innalzano dall’ orizzonte se non da 12 a 13 gradi, e mentre una vi discende la sera, vi comparisce la sua conjugata 12 ore dopo al mattino. Pertanto dai loro passaggi osservati, superiore e inferiore , mi risultò per la comune piccola altezza sotto il polo una costante, avvegnacche piccola differenza (da 5 a 6") dalla rifrazion mat- tutina alla vespertina, palesandosi questa minore di quella. E poiché alla mia brama ed inchiesta gentilmente aderirono li chiarissimi Astronomi di Padova, Milano e Palermo, osservando essi pure d’accordo e simultaneamente con me le medesime quattro stelle circumpolari, dal confronto e complesso delle nostre osservazioni emerse confermata l’accennata differenza delle due rifrazioni per la piccola comune altezza , ma in ore diverse , e comecché determinate con istrumenti diversi e in luoghi di varia costituzion atmosferica. Di tale costante differenza io credei poter attribuire principalmente la cagione ai vapori oriz- zontali, più bassi e meno rarefatti il mattino che la sera, non ostante che, sospettandone egli pure e porgendone una tavola di valori a variabile condizion igrometrica , il celebre Laplace conchiudesse « il résulte de cette table que l’effet de 1’ humidité de l’air sur la réfraction est très peu sensible; l’excès de la puissance réfractive de la vapeur acqueuse sur celle de l’air étant compensò en grande partie par sa plus petite densité » (Mécanique celeste. Liv. X. T. IV. pag. 275). Prestandosi poi alle stesse ricerche delle grandi rifrazioni , ossia presso aU’orizzonte, altre simili Coppie di stelle circumpolari, io ne traeva par- tito ad esaminare alcun altro dubbio dell’ argomento in genere , qual è per esempio se la formula esprimente la quantità della rifrazione, ossia la curva che ne è rappresentata, sia veramente continua per l’ intero tratto atmosferico percorso dal raggio luminoso, o non piuttosto discontinua per le altezze mi- nori di 10.“ Certamente che a risolvere con piena fiducia questa e somiglianti questioni nell’arduo e delicato soggetto pratico delle rifrazioni, occorre di ri- peterne le osservazioni colla massima cura ed esattezza; ma egli è altresì vero che le stelle circumpolari opposte in Ascension retta ed equidistanti due a due dal polo, ne offrono il mezzo più acconcio e semplice ; laonde ne consiegue vantaggiosa la disposizion del Catalogo da me preferita. 2.“ Una lunga pratica ed esperienza di contemplar le stelle, qual si ri- chiede a formarne, più o meno ampio ma preciso, un Catalogo, somministra empiricamente il criterio a giudicar della grandezza o del grado di relativo splendore di ogni stella osservata; nel che per lo stesso osservatore, nella data stazione e colle avvertite circostanze dell’altezza sopra l’orizzonte, e delle con- dizioni atmosferiche all’atto e intorno al punto dell’osservazione, non può pren- dersi gravissimo abbaglio. In riguardo però alla regione circumpolare del Cielo, aggiungesi al detto criterio il vantaggio di poter comparare l’apparente splen- dore o la grandezza della medesima stella nelle sue altezze, massima e mi- nima, ossia nel duplice suo passaggio meridiano, superiore e inferiore al polo. Quindi maggiormente le stelle al polo equidistanti e prossimamente opposte in A.R. giovano ad emettere un fondato giudizio del relativo grado e carat- tere dello splendore o della grandezza, dipendentemente dallo stato dell’atmo- sfera, e dalle altre variabili cagioni che influiscano a modificarlo. Fra i molti casi ed esempii , che potrei addurre , io scelgo e mi limito a quello di due stelle che osservai al cannocchiale del Circolo meridiano, superiormente e in- feriormente al polo, nelle due sere 15 dicembre 1834 e 6 giugno 1835, no- tate allora ed egualmente di atmosfera in ogni parte limpidissima , e delle quali eran le posizioni vere. 1 Stella; Ascen.R = 3.* 8.'”; dist. poi. =33.“ 4.'; alt. mass.— 79. ”43.'; alt. min. =9. “33.' 2.“ =14. 34. ... =33. 43. . . . =80. 24. . . . =8. 34. Alternandosi fra esse i passaggi sopra e sotto il polo, io stimai la sera del 1 5 dicembre al passaggio superiore la prima di 6-7."*“ grandezza, e al passaggio inferiore la sera del 6 giugno di 10-11"'“, mentre la seconda, stimata la sera del 15 dicembre al passaggio inferiore di 9.“, fu giudicata di 7.“ al passag- gio superiore la sera 6 del giugno successivo. Abbiamo qui dunque due stelle cospicue e circa di eguale splendore nell’altezza massima o meridiana, e nelle condizioni atmosferiche più propizie; ma nell’altezza minima l’ordine di gran- dezza della prima apparisce abbassato di 4, mentre quello della seconda non apparisce abbassato che della metà ossia di 2 gradi. Ora essendo eguali e fa- vorevoli le altre circostanze, prossimamente almeno, l’unica differenza nel con- fronto dall’una all’altra stella consiste nel tempo del passaggio inferiore, os- servato per la prima in dicembre, e in giugno per la seconda; giacché la stessa differenza riguardo al passsaggio superiore , o all’ altezza massima , ben poco può influire nel giudizio della grandezza o dello splendore. Ciò pertanto si- gnifica e dimostra che la serenità e trasparenza dell’atmosfera, benché appaja 25 sensìbilmente di un modo e in ogni lato nettissima, fino al termine coiroriz- zonte, e nelle notti estive ugualmente che nelle jemali, in realtà però essa è molto maggiore in queste che in quelle, come ovvia e naturale ne è la ca- gione della maggior copia, in estate che in inverno per la temperatura, dei vapori diffusi e latenti nell’atmosfera, che apparentemente non ne intorbidano la limpidezza. Ma se ciò sapevasi per altri argomenti e indizj, il novello fatto ne reca insieme alla conferma una dimostrazione. E ripetendo poi variate e in gran numero le osservazioni meridiane delle stelle circumpolari, così para- gonate alle stagioni estreme e medie , potrebbesì per avventura dedurne la legge e il rapporto numerico del grado di limpidezza o trasparenza dell’aria, per una data qualunque altezza, alla quantità de’ vapori disseminati equilibran- tisi e latenti negl’ interstizi! aerei. E già che il vapor accumulato e natante per l’atmosfera disperdasi non rare volte senza che ne resti vestigio, scorgesì in quelle grosse e immobili nubi che comincian a frastagliarsi ne’ lembi, poco a poco si assottigliano, e infine dispajon interamente, lasciando l’occupato luogo del Cielo affatto sereno. Alla stessa guisa dileguansì e non lascian traccia le dense e lunghe volute del vapore, cui gettano e continuamente rinnovellano le locomotive delle ferrovie. 3.° Servono vantaggiosamente inoltre le stelle circumpolari, prossimamente opposte in Ascension retta e in un comune parallelo di declinazione, a rico- noscere e determinare le deviazioni del cannocchial meridiano dei passaggi per correggerne poscia tutte le analoghe osservazioni. Siano infatti x la deviazione azzimutale, y quella d’ inclinazione o di livello dell’asse di rotazione, e z quella di collimazione o di fiducia dell’ asse ottico del canocchiale. Considerata una coppia di tali stelle circumpolari , che presentino cioè la detta condizione di posizion relativa, siano per ordine di successione o di tempo contato all’oro- logio p e p" i passaggi meridiani, osservati sopra e sotto il polo, della prima stella, p' e p'" gli analoghi passaggi, ma in ordine inverso e vai a dire in- feriore e superiore al polo, della seconda, e pongasi per brevità p' — p = E, p'" — p" = E'. Dicansi A e A' le distanze polari in arco e assai prossime fra loro dell’una e dell’altra stella, e posta la piccola differenza A'^ — A = ip , espri- masi questa in parti del raggio 1 dividendola per sen.l." Chiamata L infine la latitudine dell’ osservatore, facilmente si dimostra sussistere fra x, y, e z la relazione generale E -E' 4 — 2?) cot.Aj sen.A {y sen.L — x cos.L)(cos.A — | f sen.A)| ...(A) — 185 — nella quale è scomparsa per eliminazione dall’ equazioni dei singoli passaggi l’equazion siderea, o l’error dell’orologio e la sua proporzionale variazione per le differenze E, E'. Dall’(A) non si saprebbe ottenere con altre simili osser- vazioni il valore di ciascuna delle as, y, z. Ma se una o due di queste siano d’altronde note e determinate, le incognite rimanenti deduconsi tosto dall’(A). E di vero : Siano ad esempio corretti i passaggi osservati dalle deviazioni di azzimut e di livello, onde abbiasi in (A) a? — j/~0. Ne viene, dopo facili riduzioni, la deviazione della linea di fiducia E — “ E^ z = (sen.A H- cos a) .... (a) Per altro caso pongasi in (A) y — z ~ 0, per essere stati corretti i pas- saggi p, p', etc. dalle deviazioni di livello e di collimazione ottica, e se ne ha, fatte le riduzioni, la deviazione azzimutale X == E— E' —2 (tang.A sec.A) .... (è) Per terzo caso abbiasi in (A) as = z = 0 , e ne viene la deviazion di livello E — E' 4sen.L — z (tang.A H- sec.A) . . . . (c) Ma il caso che in pratica maggiormente occorre si è di trovare le deviazioni a? e z, conoscendosi già la y per la immediata sospensione del livello all’asse di rotazione dello strumento. È duopo in tal caso che si osservi il duplice passaggio meridiano, superiore e inferiore, di altre due stelle circumpolari op- poste, e con distanze polari A", a'” poco differenti, sì da riaversene l’equazione E" — E'" = [ysen.h — a?cos.L)(cos.A" — If'sen.A") |...(B) Fatto pertanto in (A) e (B) ^ = 0, corrispondentemente all’eseguita correzion di livello nelli otto passaggi osservati, e posto per brevità (E—E')sen.A (E"— E'")sen-^" - - - - — ■ fv) • - / • 2(2_pcot.A) ’ 2(2 — «p'cot.A") cos.L(cos.A — sen.A) =: n ; cos.L(cos.A" — l^'sen.A") = n' , 186 — si trova m — m mn — mn X n — n % n n {d) Per r uso e applicazione di queste formule , che ignoro se date o ado- perate per altri , io potrei qui recarne esempi numerici diversi ; ma li ri- metto ad altra opportunità per non dilungarmene ora di soverchio. Solo farò avvertire che le osservazioni e determinazioni di questo genere non ponno raccogliersi fuorché nelle notti serene e più lunghe dell’ inverno , at- teso r intervallo di oltre a dodici ore, cui richiede la corrispondenza dei pas- . saggi meridiani delle stelle medesime sopra e sotto il polo. Alquanti gior- ni dopo il Solstizio di decembre e fin a mezzo gennaio, la Polare può essere osservata di tal guisa e doppiamente nel meridiano insieme ad una piccola stella di 9.“, però a ciel sereno ben visibile nel campo illuminato del can- nocchiale, opposta e nel parallelo prossimamente della Polare stessa, e la quale non trovasi nel Catalogo di Piazzi. Occupato io invece a descrivere più spe- cialmente il cielo circumpolare, e percorrendone il parallelo di a Orsa minore, non poteva non abbattermi nell’anzidetta piccola stella opposta, che di fatto e non poche volte mi dilettai di osservare sopra e sotto il polo nel meridiano congiuntamente alla Polare , sembrandomi così che i passaggi meridiani di questa se ne raddoppino, e avvengan quattro volte nello stesso giorno. 4." Nè soltanto per la regione celeste circumpolare, alle nostre latitudini d’ Europa, si ha vantaggio dal disporre un intero Catalogo siderale nel modo che io mi prefìssi, o colle due metà dell’ equatore di ora in ora, e 1’ una di fronte o a lato dell’ altra, a fine di averne sott’ occhio le stelle disgiunte da mezza circonferenza e vicine di parallelo. Imperocché dal trascegliere e im- piegare con osservazioni comparative le singole stelle contrapposte di tal guisa, io stimerei che potessero istituirsi utili ricerche, o più esatte disamine intorno alle costanti della precessione, aberrazione e nutazione, non che sopra i moti proprii, assoluti o relativi, delle stelle, e sopra quello di traslazione del nostro sistema planetario. Bastandomi tuttavia di aver qui solo annunziato un tale argomento di discussione, aggiungerò similmente che forse la stessa disposizion i del Catalogo agevolerebbe una ricerca e determinazione della paralasse di alcune stelle, qualora queste comparativamente alle opposte loro potessero con pre- cisione osservarsi da due Specole situate all’ incirca sotto un parallelo comune, e a 180.“ di longitudine una dall’altra. Se non che per le Specole d’ Europa 187 non saprebbesi trovare altro luogo di siffatta corrispondenza, fuorché nella costa Nord-Ovest deirx\merica Settentrionale, che si collegasse astronomicamente col- r Osservatorio di Pulkova. Io accompagnava da ultimo la formazione del mio Catalogo parziale, colla rappresentazion grafica del campo sidereo del cannocchiale ad ogni mia os- servazione; e vale a dire che, tenuta per qualche istante in centro la stella principale osservata e tolta 1’ illuminazione del campo , a stima d’ occhio io notava nell’oscurità fino alle più minute stelle ivi con quella racchiuse, la ri- spettiva grandezza e posizion loro, e le riportava in apposito disegno. Questi disegni, tutti consegnati nei due Volumi de’ miei originali Registri, e de’ quali pubblicai un saggio di quattro tavole nella Memoria sopra le 220 stelle fon- damentali di Piazzi, equivalgono, ma più estesamente alle Note apposte dopo ciascun ora nel Catalogo palermitano, e serviranno a riconoscere le variazioni che un giorno potessero essere avvenute nel campo di ogni stella centrale. Notavasi ancora da me ogni volta lo stato dell’atmosfera e l’assenza o pre- senza della Luna , circostanze per serenità e oscurità più o meno favorevoli a hen distinguere così alla sfuggita le stelle qua e là sparse nel campo, e il cui numero, se non grandissimo come nella Via lattea, poteva essere bastan- temente avvertito. Cotali disegni riuniti ordinatamente in ampli fogli o quadri, presentano curiosi gruppi e particolarità dilettevoli, in ispecie il quadro unico dove si restringono e insieme rappresentansi all’occhio li primi quattro gradi della distanza polare, e dove tosto e più apparente si manifesta l’opposizione delle stelle in Ascensione retta. Se perciò nel corso e proseguimento di queste lettere io ne ahhia l’occasione e il soggetto, di buon grado mi richiamerò alcuna di siffatte curiose apparenze, che mi sembri degna di fissar l’altrui attenzione. Ora chiuderò la presente con qualche semplice riflessione. Dal dover io di necessità lasciar imperfetti e incompiuti que’ non tenui e non poco impor- tanti lavori che mi assunsi, attesa la totale sofferta privazione di cooperatori, nasce in me il convincimento che al progresso dell’Astronomia dallo stato at- tuale , cui essa è pervenuta mediante gli studi indipendenti e divisi de’ suoi Cultori, si richiederà necessariamente che gli Astronomi d’ or innanzi si con- certin fra loro, e si adoprino ad un piano comune d’ investigazioni con ele- menti e metodi pur comuni o comparabili , sia di osservazione che di cal- colo. Di che adduceva non ha molto irrepugnabili ragioni il Ch. Astronomo prof. I. Calandrelli, nella sua bella e interessante Memoria col titolo appunto « Sulla utilità che può ritrarre la scienza astronomica da un metodo uniforme — 188 — di calcolo e di osservazioni », pubblicata negli Atti de’ Nuovi Lincei (Sessio- ne in del 2 febbrajo, pag. 172, e IV del 9 marzo 1862, pag. 235). E in riguardo particolarmente ai Cataloghi moderni delle stelle, benché ora ne pos- sediamo la più eletta e doviziosa Raccolta, io tuttavia convengo nella dimo- strata sentenza del lodato Astronomo del Campidoglio (Mem. cit. parte II , 9.° pag. 241) , annunziante la necessità e nello stesso tempo V utilità che ne potrebbe derivare alla scienza di formare un solo Catalogo che servisse di base e di fondamento a tutte le ricerche astronomiche. Sotto il qual punto di vista , ove ci fosse riuscita l’opera combinata fra le tre specole di Milano , Palermo e Modena , il nostro Catalogo stellare di posizioni medie,' ridotte al principio del 1850, avrebbe potuto concorrere con quelli, elaborati quasi a un tempo nelle più rinomate Specole d’ Europa, e compierne la parte di gloria italiana, che apriva sola il nostro Secolo coll’ epoca delle posizioni medie si- derali, e col nome celeberrimo di Piazzi. Modena, 1 aprile 1864. G. Bianchi Lettera del sig. ab. conte Francesco Castracane degli Antelminelli, al R. P. Angelo Secchi. P er corrispondere alla bontà con la quale Ella volle interessarsi ai miei de- boli sforzi in una delle tante utili applicazioni dei processi fotografici alle ri- cerche scientifiche, vengo ad esporle quanto sino ad ora mi è stato dato di fare, e questo con tanto maggior piacere in quanto che così Ella potrà essermi largo de’ suoi consigli. Essendomi da molto tempo famigliarizzato alle svariate esperienze su l’azione chimica della luce , che dalla maravigliosa scoperta di Daguerre so- no pervenute a costituire l’ insieme dell’ arte fotografica , da qualche anno desiderai dare una direzione più utile alla geniale occupazione dei miei ozj , con applicare la Fotografia a riprodurre le maraviglie della natura , quali ci vengono svelate dal microscopio. A tale intento acquistai un perfettissimo microscopio costruito dal compianto professore Gio. Battista Amici; però mi avvidi fin dal principio come ad impiegare utilmente il microscopio si richiede piena cognizione su l’ istrumento e su 1’ uso di ciascuna parte , specialmente in ordine al modificare la direzione e la intensità della luce. A sormontare tale ostacolo mi valsero le opere di Dujardin e di Quekett , ma più alcune pratiche lezioni mi giovarono , che nel Decembre passato ebbi la fortuna di avere dallo stesso professore Amici. Fra i diversi modi di osservare Esso volle indicarmi e farmi sperimentare un modo di illuminazione da Lui ritrovato per gli usi del microscopio, nè per anco pubblicato. Questo consiste nel de- comporre un raggio solare a mezzo di un prisma, collocando lo specchio del microscopio o il prisma lenticolare di Amici in alcuno dei colori elementari dello spettro solare. Di tale genere di luce monocromatica io posso fare largo uso agevolmente, avendo nella scorsa estate acquistato un grande eliostato avente uno specchio di trenta per quindici centimetri, nuovamente costruito dal sig. Giulio Dubosfj di Parigi sul sistema e sotto la direzione del sig. Foucault. Così al mio tavolino spostando di poco il microscopio , il campo di questo mi si presenta illuminato di luce colorata omogenea. La quale non potendo ulterior- mente decomporsi fa cessare a mio credere qualunque difetto di acromatismo, che possa esservi nell’objettivo o nell’oculare, come pure quelle frange, che per il fenomeno della interferenza si producono specialmente nel contorno de- gli oggetti. Di fatti nel cimentare la forza dei diversi objettivi , dei quali il mio microscopio è fornito, mentre a luce bianca mi è data vedere le parti- colar! tà strutturali del Pleurosigma angulatum come serie di punti con il quinto e più forte objettivo , e con il quarto puramente in forma di strie ; quando adopero la illuminazione monocromatica i punti si presentano distintissimi non solo con il quinto e con il quarto objettivo e con debolissimo oculare , ma si scorgono con eguale distinzione con il terzo, il quale è di molto mi- nor forza e penetrazione, e che sotto la luce bianca presenta una visione al- quanto annebbiata. Finora non ho potuto con esattezza determinare il diverso grado di penetrazione, che si ottiene dai diversi colori; credo però potere sta- bilire, che i migliori risultati ottici si ottengono dalla luce verde e dalla tur- china. Dissi, i migliori risultati ottici, perchè dei chimici o attinici, che per me presenteranno il maggiore interesse, non ne posso parlare ancora, mentre vado ricercando di potere permanentemente adoperare l’ illuminazione mono- cromatica nell’apparato, che impiego ad ottenere le immagini fotografiche degli oggetti microscopici. E troppo mi tarda il far questo , perchè ho ragione di attenderne il migliore risultato il quale mi determini su la scelta del modo più adatto a dare esecuzione ad un lavoro che mi lusingo poter riuscire di qualche utile allo studio di un ramo della storia naturale. Il lavoro che mi proporrei di fare e del quale ho di già fatto qualche tentativo, è un atlante di Diatomee viventi e fossili , nostrane e straniere , il più completo che mi sarà dato di fare, affidato su l’ajuto che spero ottenere da quelli che, ne fanno argomento di studio, non trascurando per mia parte di farne diligente ricerca (come ho già intrapreso) ad aggrandire una bella piccola collezione che ne ho acquistato dai sigg. Bourgogne di Parigi, Smith e Beck di Londra. Prima però di risolvermi a tale impresa volli vedere se mi sarebbe stato possibile il ri- produrre alcune così minute particelle che si presentano nello scheletro siliceo di questi curiosi organismi, dei quali alcuni ne offrono di così fino dettaglio che non potendo risolversi o svelarsi altro che dai migliori istrumenti, sono scelti dai micrografi a cimentare la forza di penetrazione e la squisitezza dei migliori e più potenti objettivi. E come fra questi il Pleurosigma angulatum è così difficile a distinguersi nelle sue minutissime peculiarità strutturali « le quali , al dire dei signori Griffith e Henfrey nel Micrographical Dictionary , a luce diretta sono invisibili, quantunque piccola o grande possa essere l’aper- tura dell’ objettivo , o quanto siasi perfetto il potere di definire » (se bene questo non si accordi con il fatto del mio quinto objettivo il quale a illumi- nazione diretta e centrale le mostra con tutta la perfezione); così tentai ot- tenere una immagine di quello, e la ottenni con tutta la possibile distinzione — 191 e nettezza da confermare 1’ osservazione del sig. Wenham su la forma esa- gonale delle cellule, che ricoprono l’ intera superfìcie della valva. Questo suc- cesso mi diede baldanza ad intraprendere il lavoro e mi fo un pregio di pre- sentargliene un saggio in alcune poche immagini fotografìche di diverse Dia- tomee, le quali penso possano bastare a provare Tutilità della Fotografìa nelle ricerche micrografìche, mentre credo potere asserire, che la riproduzione fo- tografìca non solo avrà il vantaggio di essere un disegno autentico della forma degli oggetti osservati , ma riprodurrà fedelmente per lo meno quanto si è arrivato a scorgere con l’occhio applicato al microscopio. Questo è quanto sin ora ho potuto fare, e quanto di più mi propongo di fare per l’avvenire se il mio coraggio venga sostenuto dalla benevola coopera- zione sua e di quelli che generosamente vorranno ajutarmi (1). Roma Palazzo Viscardi 31 Maggio 1863. (1) Le fotografie di varie diatomee qui accennate furono presentate all’ Accademia e venne ammirata la precisione straordinaria di queste immagini tanto nelle matrici che nelle positive in carta portate al diametro per alcune di circa 1 decimetro. A. S. <■ 26 192 — Florae romanae Prodromus exìiibens plantas circa Romam , in Gisapenninis Pontificiae dictionis provinciis , et in Piceno sponte venientes. Auctore Petro Sangui netti (Continuazione) (*). 1843. LAciNiATUs Bert. Amoen. It. p. 102. Caule glabro erecto striato simplici ramosove; foliis inferioribus ovatis duplicato-serratis in petiolum pro- ductis, superioribus sessilibus auriculato-amplexicaulibus profonde laciniato-pin- natifldis lacìniis auriculisque dentatis , omnibus sopra viridibus subtus saepe flocculosis: calathis mediocribus corymbosis: involucri campaniformis squamis margine membranaceis apice sphacelatis , squamulis conformibus calyculanti- bus: semiflosculis involucro triplo longioribus tandem revolutis. S. laciniatus Sang. Cent, tresp. 119. Ji. 271. - Bert. FI. It. t. 9. p. 223.- S. mont. ampio aureo flore Parrei, le. 402. In pratis elatioribus apenninis Umbriae Vettore. Bienn. Fior. Julio. Flosculi aurei. 1844. TENuiFOLius Jacq. FI. Aust. t. 3. p. 42. tab. 278. Aracnoideo- pilosus. Caule robusto simplici vel superne ramoso: foliis duriusculis margine subrevolutis, inferioribus ovatis dentatis in petiolum productis, caulinis sessi- libus auriculato-amplexicaulibus pinnatifidis, laciniis angustis linearibus latisve integris deutatisve: calathis mediocribus in corymbo composito: involucri cam- paniformis squamis anguste lanceolatis margine membranaceis, squamulis con- formibus laxiusculis calyculantibus: semiflosculis involucro triplo longioribus. S. tenuifolius Bert. FI. It. t. 9. p. 233. - Jacobaea incana repens herba Parrei. le. 153. In sylvaticis et collinis Piceni. Presso Ascoli. Perenn. Fior. Augusto-Septembri. Flosculi aurei. 1845. Jacobaea L. Sp. PI. p. 1219. Subglaber laxeve floccosus. Caule erecto striato superne dense ramoso: foliis inferioribus obovatis oblongisve in petiolum productis dentatis indivisis basive pinnatifidis , superioribus auricu- lato-amplexicaulibus pinnatifidis bipinnatifidisve laciniis angustis dentatis: ca- lathis mediocribus numerosis in corymbo composito denso: involucri tandem campaniformis squamis oblongis apice acuminatis margine membranaceis, squa- mulis brevissimis conformibus calyculantibus: semiflosculis involucro duplo lon- gioribus. S. Jacobaea Bert. FI. It. ì. 9. p. 235. In pratis alpinis Piceni. Vettore. Perenn. Fior. Junio- Augusto. Flosculi luteo-aurei. (*) V. sessione HI, del 14 febbraio 1864. 193 — 1846. ERRATicus Beri. Bar. II. PI. Dee. 3. p. 62. Glabriusculus. Caule erecto superne ramoso, raniis sparsis divaricatisve: foliis inferioribus cordato- ovatis obtusis dentatis in petiolum productis, successivis sessilibus lyrato-pin- natifidis basi auriculato-amplexicaulibus laciniis dentatis lacinulatisve: calathis parvis paucis in corymbo subsimplici: involucri tandem campanulati ^uamis oblongis margine membranaceis apice acuminatis, squamulis angustis 1-2 ca- lyculantibus: semiflosculis sub-3-dentatis involucro triplo longioribus. S. erraticus Seb. et Maur. FI. Boni. Prod.p. 290. n. 1053. - Beri. FI. II. t. 9. p. 237. - S. aquaticus Fior. Gior. dei teli, di Pisa t. 17. p. 130. In pratis umidis ad sepes, vias campestres communis. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei. 1847. NEMORENsis L. Sp. PI. p. 1221. Glaber. Caule erecto angulato- striato superne ramoso: foliis inferioribus in petiolum productis, superioribus sessilibus, omnibus ovatis lanceolatisve crebre serratis vel serrato-serrulatis : calathis sub mediocribus numerosis multifloris in corymbo composito: involucri subcylindrici squamis lanceolatis apice vix sphacelatis alternis margine mem- branaceis, squamulis filiformibus longis calyculantibus: semiflosculis involucro vix duplo longioribus. S. nemorensis Beri. FI. II. t. 9. p. 242. - S. seracenicus ex parte Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 291. n. 1036. In montium latinorum umbrosis. Monte Cavi, Albano etc. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei. 1848. CACALIASTER Luruck FI. Fr. ed. 2. t. 2. p. 132. Pubescens pilis nonnullis glanduliferis, mox glabratus. Caule erecto angolato insignite!* striato superne ramoso: foliis inferioribus in petiolum productis, superioribus sessili- bus, omnibus oblongo-lanceolatis serratis vel serrato-serrulatis margine subre- volutis: calathis mediocribus paucifloris in corymbo composito denso: involucri subcylindrici squamis lanceolatis apice vix sphacelatis alternis margine membrana- ceis, squamis linearibus fìliformibus involucrantibus: flosculis omnibus tubulosis. S. cacaliaster Bert. FI. It. t. 9. p. 244. - S. seracenicus exparte Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 291. n. 1036. In montibus calcareis elatioribus Latii et Sabinae. Monte Gennaro, Gua- dagnolo etc. Perenn. Fior. Julio-Septembri Flosculi lutei. Obs. Herba faetens et a praecedente, cui summopere aflinis, flosculis omni- bus tubulosis apprime distinguenda. 1849. Doronico M L. Sp. PI. p. 1222. Incano-floccosus, lanatus, glaberve. 194 — Caule simplici vel superne parce ramoso: foliis crassiusculis superioribus saepe de- nudatis, inferioribus obovatis oblongisve in petiolum productis, successivis ses- silibus oblongo-acuminatis sub integris, semiamplexieaulibus, supremis lineari acuminatis distantibus ; calathis mediocribus solitariis vel hi corymbo depau- perato : involucri hemisphaerici squamis lineari-acuminatis margine membra- naceis apice spbacelatis , squamulis laxis angustis inaequalibus calyculanti- bus : semiflosculis numerosis patentibus involucro duplo longioribus. S. Doronicum Sang. Cent, tres p. 120. n. 273 — Bert. FI. It. t. 9. p. 245 - Jacobaea Doronici foliis et flore montana Barrel. le. 229. In pascuis subalpinis Umbriae. Perenn. Fior. Julio. Flosculi aurei. 1850. LANATUS Scop. FI. Carn. ed- 2. t. 2. p. 165. Albo-floccosus. Caule simplici erecto : foliis inferioribus ovatis crenatisve in petiolum pro- ductis, sucessivisque lanceolato-acuminatis dentatis, superioribus lineari-lanceo- latis integris : calatho solitario grandi dense fioccoso : involucri campaniformis squamis linearibus longe acuminatis, squamulis angustis inaequalibus calycu- latis : semiflosculis patentibus involucro duplo longioribus. S. lanalus Bert. FI. It. t. 9. p. 247. /3. Floccosus. Caule humiliori, calatho saepe maximo, flosculis croceis. S. lanatus /3 Bert. l. c. p. 248 - Conyza mont. Bellid fol. croceo flore singul. Ital. Barrei le, 361. In apenninis Umbriae ad saxa Vettore. /3 Monte Corona. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi citrini. 1851. coRDATus Rock in Bot. Zeit. v. 17. p. 612. Caule erecto angu- talo solcato superne ramoso fioccoso glabrove : foliis cordato-ovatis inaequa- liter dentatis in petiolum, quandoque sparse foliolato-pinnulatum basique quid- quam dilatatum, productis, supremis linearibus integris, omnibus subtus ut plu- rimum flocculosis : calathis grandiusculis in corymbo composito : involucri floc- culosi hemisphaerici squamis lanceolato-linearibus acutis margine membranaceis, squamulis subnullis : semiflosculis involucro duplo longioribus. S. cordatus Bert. FI. It. t. 9. p. 249 -Jacobaea mont. integro rotondo fol. Barrel. le. 145 -Bocc Mus. di Piant. p. 61 tab. 49. In paludosis alpinis Umbriae et Piceni Monte Vettore al piano gra nde, al laghetto del Castelluacio di Norcia etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi luteo-aurei. CINERARIA. 1852. LONGiFOLiA Jttcq. FI. Ausi. t. 2. p. 49, tab. 181. Fioccoso- lanata 195 — quandoque fere glabrata. Caule simplici erecto striato : folli s radicallbus ova- tis subcordatis caulinisque inferioribus oblongis dentatis basi in petiolum prò- ductis, caeteris sessilibus, inediis lanceolatis, supremis linearibus integerrimis, in omnibus lana paginae superioris passim minorata : calathis grandiusculis in corymbo-umbellato stricto , pedicellis sepe numerosis vix striatis erectis elongatis jamdudum monocephalis : pappo brevi tandem tubo flosculorum sub- aequali. C. longifolia Bert FI. It. t. 9. p. 291 - C. campestris Seb. et. Maur. FI. Rom. Proci, p. 291. n. 157 - Jacobaea montana polyanta. fi. aureo fol. lon- gis, et integr. Italica Barrel. le. 266, et J. montana Betonicae fol. le. 801- Boee. Mus. Piant. p. 6. lab. 49. In montibus calcareis Latii, et in apenninis Umbriae. Monte Artemisio , Monte Gennaro, Vettore, Monte Bernardo sopra Valle Canelra etc. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi lutei. 1853. MARITI MA L. Sp. PI. p. 1244. Cano-tomentosa tomento in pagina superiore foliorum cinereo- viridi. Caule caespitoso erecto vel adscendente ut plurimum ramoso : foliis crassis 1-2-pinnatifldis rachide saepe tenui in petio- lum producta, laciniis angustis apice irregulariter subtrilobis dentatisve : ca- latbis parvis in corymbo composito fastigiato : pappo flosculos subaequante. C. maritima Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 291. n. ÌO^S - Bert. FI. ]t. t. 9. p. 294. In maritimis obvia Civitavecchia, etc. Suffrut. Fior. Majo in Augustum. Flosculi lutei. MARGARITA. 1854. Bellidiastrum Gemei. FI Helv. t. 5 p. 336. Hirsuta. Foliis obo- vato-spathulatis radicallbus ; pedunculo radicali erecto folla superante. M. Bellidiastrum Bert. FI. It. t. 9. p. 313 - Arnica Bellidiastrum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 291. n. 1059. In jugis elatioribus subapenninis. Sul Monte Calvo presso Subiaeo. Perenn. FI. Junio-Julio. Flosculi disci lutei, radii albi. DORONÌCUM. 1855. P ARDALI ANcuEs L. Sp. PI. p. 1247. Molliter pubesceus. Radice repente tuberifera, stolonibus horizontalibus, collo fibris vestito : caule sim- plici vel superne parce ramoso : foliis exquisite cordatis inferioribus grandibus in petiolo longo productis, successivis parum minoratis sessilibus, petiolo basi in alam dilatato, mediis spatulato-cordatis, supremis ovato-acuminatis : ache- niis radii glabris. 196 — - D. Pardalianches Seb. et Maur. FI. Rom. Prod,p.292. n. i060 - Beri. FI. It. t. 9. p. 306. D. radice scorpi Hort. Rom. t. 8. lab. 23. In montium sylvaticis. Alla Ruffinellaf Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Aprili : Flosculi aurei magni. Vulgo Doronico Usus. Doronici radix in materia medica Linnaei enumeratur, et jam a me- dicis in colica, et vertigine usurpata, nunc obiita. 1856. CoLUMNAE Ten. in Gior. Enc. di Nap. ami. 1816 t. 1. p. 27. Gla- briusculum. Radice longa praemorsa tuberifera collo nuda : caule sirnplici mono- calatho : foliis radicalibus continuatis, cordato-reniformibus obtusis acutisve cre- nato-dentatis, in petiolum longum augustum caulinis sessilibus ovatis vel oblongis irregulariter dentatis lata basi caulem amplexantibus, paucis ex inferioribus in petiolum basi grandi-alatum productis ; acheniis radii pilosis. D. Columnae Sàng. Cent. tres. p. 120 n. 275 - Bert. FI. It. t. 9. p. 309 - D. nigra radice Campoclarense Column. Ecphr. 2. p. 36. In saxosis montanis praesertim umbrosis Latii et Umbriae. Monte Ge n- naro, Vettore etc. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi aurei speciosi. BELLIS. 1857. PERENNis L. Sp. PI. p. 1248. Subhirsuta , acaulis. Foliis obo- vato-spathulatis crenato-subdentatis in petiolum productis radicalibus : pedun- culis radicalibus nudis monocalatliis : calathis mediocribus : involucri hemisphae- rici squamis oblongis obtusis. B. perennis Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 29. n. SS - Seb . et Maur . FI. Rom. Prod. p. 292. n. ÌO&ì-Bert. FI. It. t. 9. p. 316. In pratis pascuis hortis ubique. Perenn. Fior, fere toto anno , et etiam primo vere. Flosculi radii albi disci lutei interdum purpurantes. Vulgo. Margheritine, Primavere, Primo fior e. Ingrassa mariti. Usus. Jam uti resolvens et vulneraria a medicis adhibita nunc obiita. In acetariis optima praesertim sub hyeme. 1858. SYLVESTRis Cijrill. PI. rar. reg. Neap. f. 2. p. 12. tab. 4. Hirsuta , acaulis Foliis oblongis obtusis in petiolum longe productis radica- libus: pedunculis radicalibus nudis elongatis monocalathis : calathis majuscu- lis : involucri hemisphaerici squamis oblongis acutiusculis. — 197 — B. sylvestris Seb. et Mciur. FI. Rom. p. 292. n. 1062 - Beri. Fi. It. t. 9. p. 317. In sylvis viridariis circa Romana Albanum etc communis , et copiose a Testacelo. Perenn. Fior. Autunno. Flosculi disci lutei , radii albi extus purpu- rascentes. Vulgo. Margheritine. Obs. Ab affini Bellide perenni distinquenda partibus omnibus majoribus, et florendi tempore. 1859. jiYBRiDA Ten. Fior. Nap. t. -i. in Sijll. p. 125. Pubescens, cau- lescens. Caulibus ramosis foliatis brevibus adscendentibus : foliis oblongo-spa- tbulatis obovatisve remote dentatis in petiolum productis, supremis sessilibus : pedunculis nudis terminalibus axillaribusque monocalathis : calatbis mediocri- bus : involucri hemispbaerici squamis oblongis obtusis. B. hybrida. Beri. FI. It. t. 9 p. 319.. In vineis, viridariis, ad sepes band infrequens. Peren. Fior. xAprili-Majo. Flosculi radii albi, disci lutei. Obs.. Media inter B. perennem et sijlvestrem , caule ramoso statim di- stinguenda. 1860. ANNUA L. Sp. PI. p. 124-9. Hirtula humilis caulescens. Caule sim- plici ramosove basi folioso : foliis obverse lanceolatis obovatisve obtusis in- tegris dentalisve, rameis angustatis : pedunculis brevibus : caule ramisque ter- minalibus: calatbis parvis solitariis : involucri bemisphaerici squamis oblongis obtusis vel acutiusculis. B. annua. Sebasl. En. PI. Ampli. Flavii p. “ìd. n. - Maiir. Cent. 13. p. ^0-Bert. FI. It, t. 9. p. 320 - B. minima pratensis caule folioso Bocc. Mus. di Piant. p. 46. tab. 35 -B. minima annua. Triumf. observ. p. 80. In pratis et agris requietis abbunde. Ann. Fior. Februario Majo. Flosculi radii albi disci lutei. CHRYSANTHEMIJM. 1861. Leucanthemum L. Sp. PI. p. 1751. Glabrum. Caule erecto sim- plici vel basi ramoso, ramis patulis: foliis inferioribus obovato-spathulatis dentatis in petiolum productis, primordialibus cito diffluis,superioribus sessilibus semiam- plexicaulibus lingulatis serratis incisove-dentatis : calatbis majusculis solita- riis cauli ramisque terminalibus ; involucri squamis margine albo scariosis. Ch. Leucanthemum Seb' et Maur. FI. Piom. Prod. p. 292. n. 1063 “ Bert. FI- It. t. 9. p. 326. 198 — /3 montanum. Foliis radicalibus parvis obovatis, caulinls inferioribus lan- ceolato-spathulatis superioribus, iinearibus mtegris. Ch. Leucanthemum /3 Bert. l. c. In sylvaticis montium et circa Romani species et varietas. Monti Gen- narOy Albano, Mario, Ville suburbane etc. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi majusculi radii albi disci lutei. Vulgo. Occhio di Bove. Usus. Jam in materia medica Bellidis pratensis herba enumerabatur uti diuretica et vulneraria, nunc deleta. 1862. ATRATUM L. Sp. PI. p. 1252. Glabrum. Caule simplici erecto raro parco ramoso: foliis carnosulis inferioribus cuneato-oblòngis in petiolum pro- ductis, superioribus lanceolatis acutis, omnibus argute serratis: calatho grandi solitario terminali: involucri squamis margine nigro-scariosis. Ch. atratum Sang. Cent, tres p. 117. n. 265. - Bert. FI. It. t. 9. p. 329.- Bellis mont. maj. hirsuta caule folioso non ramosa Barrei . le. 437. et Leu- canthemum alpinum latìfolium Angustifolium, Tenuifolium le. 458. fig. I II HI. In aridis apenninorum Umbriae et Piceni. Al Vettore, Pietra Camela etc. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi grandes radii albi disci lutei. Vulgo. Occhio di Bove. 1863. GRAMI NiFQLivM L. Sp. PI. p. 1252. Clabrum. Caule erecto sim- plici superne nudo: foliis inferioribus palmato-pinnatifìdis in petiolum exilem longe productis , caeteris Iinearibus , mediis pinnatis pinnis paucis Iinearibus remotis, superioribus integerrimis: calatho mediocri solitario terminali: invo- lucri squamis margine fusco-scariosis. Ch. graminifolium Bert. FI. It. t. 9. p. 331. In montanis inter saxa. Sul monte della Trinità di Vallepietra. Perenn. Fior. Augusto. Corollulae disci luteae radii albae. XANTOPHTALMUM. 1864. SEGETUM Schultz Veber. die Tanac p. 17. Claucescens. Caule ra- moso , ramis monocalathis apice nudis : foliis grosse serratis laciniatisve su- perioribus sessilibus, inferioribus in petiolum productis, omnibus amplexicau- libus: calathis mediocribus, squamis obtusis late scariosis. X, segetum Bert. FI. It. t. 9. p. 332. - Chrysantemum segetum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 293. n. 1064. In arvis commune. Ann. Fior. Aprili-Junio. Flosculi aurei. — 199 — Vulgo. Piè di Gallo. Usus. In acetariis usurpatur et non ingratum. PINARDIA. 1865. CORONARIA Greti, et Godr. FI. de France. t. 2. p. 147. Glabra , laete virens. Caule erecto alterne ramoso : foliis crebris 1-2-pinnatifidis laci- niis angustis inciso-dentatis superioribus sessilibus, inferiorum rachide in pe- tiolo producta, omnibus basi amplexicaulibus ; calathis grandiusculis solitariis caule ramisque terminalibus; achenis glandulosis. P. coronaria Bert. FI. It. t. 9. n. 334. - Chrysanthemum coronarium Seh. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 293. n. 1066. In maritimis haud infrequens. Terracina Civitavecchia etc. Ann. Fior. Martio. Flosculi aurei radio palliodiore. PYRETHRUM. 1866. Achilleae DC. Prod. Syst. nat. t. 6. p. 57. n. 25. Subvillosum. Caule erecto angolato apice ramoso: foliis bipinnatifidis laciniis parvis ovatis linearibusque acute dentatis, rachide angusta usque ad basini vestita: calathis mediocribus in corymbo terminali laxo: involucri squamis oblongo-lanceolatis carinatis obtusis ferrugineis, superioribus apice latius scarioso-laceris. P. Achilleae Bert. FI. It. t. 9. p. 342. -P. corymbosum Seb. et Maiir. FI. Borri. Prod. p. 293. n. 1067. - Chrysanthemum inodorum tenuifolium magno Rellidis flore Barrei . le. 785. In sylvaticis montanis. M. Gennaro^ Guadagnalo etc. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi radii albi disci lutei. 1867. CORYMBOSUM DC. Prod. Syst. nat. t. 6. p. 57. n. 29. Glabriu- sculum. Caule erecto striato superne ramoso : foliis grandibus binnatifìdis, la- ciniis lanceolatis serratis, pinnula suprema subtrifìda, rachide angusta in foliis inferioribus basi nuda: calathis mediocribus in corymbo terminali stricto: in- volucri squamis lanceolatis fuscis inferioribus acutis superioribus obtusis apice scariosis. P. corymbosum Bert. FI. It. t. 9.p. 344.- Tanacetum inodorum latif. magno Rellidis flore Barrel. le. 786. In sylvaticis montanis Umbriae. Vettore. Perenn. Fior. Junio-Augusto. Flosculi radii albi, disci lutei. 1868. Parthenium Willd. Sp. PI. t. 3. p. 2155. Saturate virens, sub pubescens. Caule erecto superne praecipue ramoso, ramis alternis: foliis planis bipinnatifidis , rachide inferius nuda , pinnulis ovatis superius confluentibus , 27 — 200 — laciniis oblongis dentatis: calathis parvis in corymbis strictis: involucri squa- mis oblongis obtusis apice tenuiter scario so-laceris. P. Parthenium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 293. w. 1068. - Bert. FI. It. t. 9. p. 345. — Matricaria vulgaris Hort. Rom. t. 8. tab. 33. In sylvaticis praesertim montanis commune. Perenn. Fior. Aestate. Flosculi disci lutei, radii albi. Vulgo. Matricaria. Usus. Pianta sapore amaro odore homogeneo sat nota. A vulgo et a villicis praedilecta, communiter colitur etiam domi. In hysterismo in colicis in debi- litate stomachi, in febribus intermictentibus, in verminatione ab antiquitus fe- liciter propinabatur et adhuc propinatur. Cultura flos facile plenus evadit, vel folla crispantur, qua de causa in hortis late colitur. 1869. Myconis DC. Prod. Syst. nat. t. 6. p. 61. Glauco-virens. Caule erecto ramoso subhirsuto : foliis indivisis argute serratis, superioribus sessili- bus lingulatis, inferioribus obovato-spathulatis in petiolum constrictis: involucri squamis ovali-oblongis obtusissimis subaequalibus, margine tenuiter apice late scarioso-laceris. P. Myconis Bert. FI. It. t. 9. p. 347. - Chrysanthemum Myconis Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 40. n. 79. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 293. n. 1065. - Ch. Bellidis folio, seu Bellis lutea Parrei. le. 1244. In incultis et sterilibus commune. Ann. Fior. Majo. Flosculi lutei. Vulgo. Occhio di Bove. MATBICARIA. 1870. Chamomilla L. Sp. PI. p. 1256. Glabra. Caule erecto vel de- combente, ramis paniculatis elongatis: foliis pinnatifìdis bipinnatifidisve pinnis pinnulisque capillaceis: calathis parvis: involucri squamis angustis oblongis ob- tusis apice albo-scariosis. M. Camomilla Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 293. n. 1069. - Bert. FI. It. t. 9. p. 350. In sterilibus secus Tyberim, et ad vias communis. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi radii albi disci lutei. Vulgo. Camomilla. Usus. Flores et folia oleo volatili abundant, ideo grate redolent et tonica suntj quamobrera plurimis in morbis taim externe quam interne infusum ejus praestat. 201 ANACYCLUS. 1871. TOMEMTosvs DC. Pfod. Syst. nat. t. Q. p: 16. n. 4. Laxe villosus, vil- lis albis. Caule decumbente vel erecto. ramis elongatis patulis: foliis bipinna- tifidis pinnis angustis pinnulisque lineari-subulatis, rachide angusta in foliis infe- rioribus basi denudata: calatbis mediocribus : involucri hemispbaerici squamis lanceolatis acutis apice anguste scariosis: paleis receptaculi apice pilosis. A. toinentouss Bei't. FI. It. t. 9. p. 333. In pratis maritimis Piceni. A Grotte a mare., al Porto d^Ascolì etc. Ann. Fior. Aprili-Majo. Flosculi radii albi disci lutei. 1872. RADiATus DC. Prod. Syst. nat. t. 6. p. 16. n. 6. Dense villosus pilis fulvidis. Caule decumbente vel erecto dense ramoso, ramis erecto-patu- tulis: foliis bi-tripinnatifìdis, pinnis angustis pinnulis lineari-subulatis : cala- tbis majusculis: involucri turbinati squamis externis linearibus, internis spa- tbulatis margine late scarioso: receptaculi paleis apice mucronatis. A. radiatus Bert. FI. It. t. 9. p. 354. - Antbemis valentina Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 295. ìi. 1076. In arvis ad vias communis. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi radii flavi disci lutei. ANTHEMIS. 1873. Gota L. Sp. PI. p. 1239. Glabriuscula , saturate virens. Caule adscendente erectove, ramis alternis divaricatis : foliis bipinnatifidis pinnis an- gustis lanceolato-dentatis, dentibus rigide mucronulatis erectis inferiore recurvo : calatbis grandibus: involucri squamis externis nudis internis apice scarioris: acbe- nii anguste alati coronula integra ; receptaculi late obconici paleis obovatis rigide abrupteque aristatis, flosculos superantibus. A. Cota Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 294. n. \070 - Bert. FI. It. t. 9. p. 357. In pascuis praesertim maritimis. Attorno Ostia in abbondanza. Ann. Fior. Majo-Junio. Flosculi disci lutei radii albi. Vulgo. Cota, Brucia occhi. 1874. TRiUMFETTi Rc Tor. 2. p. 82. Canescenti-subvillosa. Caule erecto ramis elongatis strictis : foliis bipinnatifidis pinnis oblongis , pin- nulis integris dentatisve mucronulatis : calatbis mediocribus • involucri squa- mis externis lanceolatis acutis , internis obtusis latius marginatis : acbenii angustissime alati coronula membranacea oblique secta : receptaculi conoidei paleis obovato-cuneatis , cuspide lanceolato-subulato terminatis , flosculos ae- quantibus. i — 202 — A. Triumfetti Seb. et Maur. FL Rom. Prod.p. 294. w. 1071 - Buphta- Imum alpinum flore candido Triiimf. Obs. p. 7 9 - Chamaemelum Tanaceti fol. flor. albo Mont. Ital. Barrrel. le. 466. In sylvaticis umbrosis monti um. Presso Albano ^ dai Cappuccini per an- dare a Palazuola- Ann. Fior. Julio-Augusto. Flosculi disci lutei radii albi. 1875. MixTA L. Sp. PI. p. 1260. Pubescens. Caule decombente erectove e basi alterne ramoso, ramis divaricatis : foliis pinnatifìdis rachide foliacea, pinnis apice 2-3-fidis integrisve ; calathis submediocribus : involucri squamis externis laneeolatis intcrnis obtusis latiuscule albo marginatis : acheniis apteris ecoronatis: receptaculi conici paleis laneeolatis acutis flosculos superantibus. A. mixta Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 295. n. 1075 - Bert.Fl.lt. t. 9. p. 362. In rnarginibus circa Urbem frequens et in maritimis. Ann. FI. Junio-Julio. Flosculi radii albi basi lutescentes disci lutei. Obs. Tota pianta laeviter olens. 1876. MARiTiMA L. Sp. PI. p. 1259. Pubescens glabra. Caule decom- bente vel erecto basi radicante alterne ramoso : foliis carnosis punctatis pin- natifidis rachide foliacea, laciniis apice incisis integrisve : calathis grandibus : involucri squamis lato margine albo-membranaceis externis laneeolatis inter- nis oblongis obtusis ; acheniis teretiusculis breviter coronatis : receptaculi pa- leis oblongo-lanceolatis mucronulatis flosculos subaequantibus. A. maritima Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. ^94:. n. 1072. - Bert. FI. It. t. 9. p. 364. In maritimis et prasertim apud Ostiam ubi copiosa. Peren. Fior, aestate. Flosculi radii albi, disci lutei. Obs. Pyrethrum Partbenium intense redolet. 1877. SECUNDIRAMEA Biv. Ber. Cent. 2. p. 10. w. 10. ta&. 2» Glauescens. Caule diffuso ramoso, ramis secundis : foliis bipinnatifìdis subcarnosis, rachide inferius onda, laciniis abbreviatis muticis trifidis : pedunculis demum fistulosis apice incrassatis : calathis mediocribus : involucri squamis laneeolatis margine membranaceis apice eroso-ferrugineis, externis multo abbreviatis: acheniis ap- teris, coronula brevi: receptaculo conico-cylindrico, paleis ovato laneeolatis mu- cronulatis flosculos vix superantibus. A. secundiramea. Sang. Cent. tres. p. 117. n. 267. - Bert. FI. It. t. 9. p. 365. In apricis maritimis frequens. Ostia, Fiumicino, Civitavecchia etc. Annua. Floret Junio. Floscup disci lutei radii albi. 1878. MUCRONULATA Bcrt. Amoen. Ital. p. 46. Vividi-pubescens. Caulibus caespitosis simplicibus decumbentibus : foliis radicalibus decomposite bipinna- tifidis, caulinis subpinnatifidis, laciniis in omnibus linearibus acuminatis : calatilo grandiusculo terminali : involucri squamis oblongis obtusis, margine scarioso nigro : acheniis anguste alatis brevissime coronulatis : receptaculi convexo-co- nici paleis oblongis obtusis nigro marginatis flosculis subbrevioribus. A. mucronulala Sang. Cent, tres p. 118. n. '2Q8 - Bert. FI. It. t. 9. p. 369 - Pyrethrum alt. min. caesp. radice Anthemidis flore Stab. Barrei le. 522. In regione subalpina montium Umbriae. Monti della Sibilla. Perenn. Fior. Julio. Flosculi disci lutei radii albi. 1879. Barrelieri Ten. FI. Nap. t. 2. p. 245. Sericeo-tomentosa. Cau- libus procumbentibus simplicibus monocalatbis: foliis radicalibus bipinnatifidis, caulinis pectinato-pinnatifidis laciniis brevibus: calatilo grandiusculo longe pedun- culato : involucri squamis oblongis obtusis, lato margine scarioso eroso-fusco , externis brevioribus : aebenii compressi angustissime alati coronula obsoleta : receptaculi convexi paleis oblongis apice sublaceris, flosculis brevioribus. A. Barrellieri Sang. Cent, tres p. 118. n. 269 - Bert. FI. It. ì. 9. p. 372 - Chamaemelum montanum incanum absynthoides Italicum Barrei . le. 457. In jugis saxosis montium Umbriae copiosa etiam ex Michelio. Vettore. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi disci lutei radii albi. 1880. MONTANA L.Sp.Pl. p. 1261. Subsericeo-tomentosa. Caulibus sim- plicibus vel ramosis , ramis monocalatbis elongatis superius subnudis : foliis pinnatifidis, laciniis linearibus, pinnis superioribus subtrifidis ; calathis grandiu- sculis : involucri squamis margine scarioso suberoso nigro, inferioribus lanceo- latis, superioribus oblongis latius marginatis ; aebenii compresso-subtetragoni coronula crenulata: receptaculi convexi paleis oblongis albo-scariosis apice la- ceris, nervoque centrali in mucrone rigido terminatis, flosculos subaequantibus. A montana Bert. FI. It. t. 9. p. 374 - A. tomentosa Sawgf. Cent, tres p. 119. n. 270 - Absiuthium montanum Abrotani foeminae flore Column. PI. nov. Hist. in calce Phytob. ed. Neap. p. 23. f. p. 24 - Bellis incana Chrysanthemi Cretici folio Bocc. Mus. di Piant. p. 136. tab. 98. Ad oras nemorum in Umbriae rnontibus. Vettore. Ann. Fior. Junio- Julio. Flosculi disci lutei, radii albi. Obs. Confricata laevem Absinthi odorem manat. — 204 — 1881. ARVENSis L. Sp. PI. p. 1261. Pubescens pilis albis laxiusculis. Caule decumbente erectove saepe dense ramoso ramis patulis : foliis 2-3-pin- natifidis laeiniis anguste linearibus mucronulatis : calathis mediocribus longe pedunculatis : involucri squamis lanceolatis externis acùtis margine albo-mem- branaceo , internis oblongis margine latiore : acheniis tetragonis marginulo tumidiusculo vix crenulato coronatis : receptaculi conici paleis lanceolatis longe mucronatis flosculos quidquam superantibus. A. arvensis Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 26. n- 16 - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 295. n. 1073 - Bert. FI. It. t. 9. p. 378. In marginibus et pascuis nil communius. Ann. Fior. Aprili ad Julium. Flosculi radii albi dìsci lutei. Vulgo. Camomilla bastarda. 1882. CoTULA L. Sp. PI. p. 1261. Virens parce pilosa. Caule decum- bente erectove valde ramoso, ramis paniculatis : foliis bipinnatifldis , laeiniis linearibus tenuissimis mucronulatis : calatbis submediocribus breviter pedun- culatis : involucri squamis subaequalibus lanceolatis obtusis anguste albo- marginatis : acheniis subturbinatis ecoronatis ; receptaculi ludibundi paleis li- neari-setaceis, fosculis brevioribus. A. Cotula Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 26. n. 17. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 295. n. 1074 - Bert. FI. It. t. 9. p. 381. In pascuis et marginibus communis. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi disci lutei radii albi. Vulgo. Camomilla puzzolente. Usus. In materia medica Linnaei Cotulae foetidae herba et flores enume- rantur, et tunc medici in epilepsia, et in hydrope laudabilitcr utebantur, nunc oblita, et tantum nonnullis in locis prò Camomilla usurpata. Ab ista tamen diversa florum forma, paleis receptaculi, foectore. 1883. FuscATA Brot. FI. Lusit. t. 1 p. 394. Glabra. Caule adscendente erectove e basi ramoso, ramis erectis : foliis bipinnatifìdis pinnis pinnulisque remotis lineari-fìjiformibus muticis, pinnis aliquando simpliciter 3-partitis: ca- lathis submediocribus breviter longeve pedunculatis: involucri squamis oblongis obtusis subaequalibus margine late scariosis : acheniis obovatis ecoronatis : re- ceptaculi paleis oblongis obtusis muticis flosculis brevioribus. A. fuscata. Sang. Cent, tres p. 117. n. 266 - Bert. FI. It. t. 9* p. 383. Ad oras nemorum circa Urbem, et in montanis. Pigneto di Sacchetti^ Al- bano, Bracciano etc. 205 — Ann. Fior. Aprili. Flosculi disci lutei radii albi. 1884. TiNCTORiA L. Sp. PI. p. 1263. Incano-pubescens. Caule erecto ut plurimum ramoso, ramis patulis : foliis bipinnatifìdis pinnis pinnulisque bre- vibus uniformiter pectinatis mucronulatis, rachide dentata : calathis majuscu- lis quam saepissime longe pedunculatis : involucri squamis inaequalibns arcte imbricatis externis lanceolatis acutis, internis fìmbriatis : acheniis compressis brevissime coronatis : receptaculi conico-hemisphaerici paleis lanceolatis longe acuminato-mucronatis flosculos subaequantibus. A. tìnctoria Seb. et Maur. FI. Rom Prod. p. 295. n. 1077 - Ben. FI. II. t. 9. p. 385 - Chrysanthemum Tanaceti fol. fi. aureo Italium Parrei, le. 465. In viis et muris vulgaris. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. Vulgo. Occhio di Bue. Usus. Succus corollularum calorem flavo-citrinum ad miniandum suppeditat. ACHILLEA. 1885. Ageratum L. Sp. PI. pi. 1264. Glabra. Caule solitario vel cae- spitoso, simplici vel superne aliquoties ramoso : foliis oblongis obtusis acute serratis utrique punctatis, serraturis simplicibus vel duplicatis , inferioribus in petiolum decurrentibus : calathis in corymbo coarctato , involucri conico-^ cylindrici squamis ovatis ovalihusque concavis : lingulis 3-5 integris emar- ginatisve. A. Ageratum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 295. n. 1078 - Beri. FI. It t. 9. p. 388. In muris et in sabulosis ad Tyberim frequens. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. Vulgo. Eupatorio giallo. Usus. Agerati herba inter vulneraria in materia medica Linnaei enumerata. 1886. TOMENTOSA L. Sp. PI. p. 1264. Albo denseque tomentosa. Caule erecto ut plurimum simplici : foliis angustis uniformiter bipinnatifìdis laciniis omnibus linearibus confertissimis mucronulatis : calathis in corymbo compo- sito coarctato : inv&lucri ovati squamis obtusis anguste marginatis : lingulis 4-6 obovatis vix lobatis. A. tomentosa Beri. FI. It. t. 9. p. 390. In apenninis Piceni inter saxa. Monte de Fiori. Perenn. Fior. Majo in Augustum. Flosculi lutei. ^ 206 — 1887. TANACETiFOLiA WUld. Sp- f. 3. p. 2207. Villosa. Caule erecto simplici vel superne ramoso : foliis pinnatifidis pinnis distantlbus lanceolatis argute inciso-dentatis mucronulatis, rachide alata dentata vel integra ; calathis in corymbo composito : involucri ovato-oblongi squamis oblongis obtusis, mar- gine scarioso angustissimo : lingulis 3-5 dentatis. A. tanacetifolia Beri. Fi. It. t. 9. p. 400. In pratis montanis Piceni. Ad Arapietra. Perenn. Fior. Junio- Augusto. Flosculi albi odorosei. 1888. Millefolwm L. Sp. Pl.p. 1 267. «. /3. Subpubescens. Caule erecto saepe alterne ramoso : foliis bipinnatifidis pinnis pinnulisque linearibus mu- cronulatis, rachide angusta integerrima in inferìoribus basi denudata ; calathis in corymbo composito : involucri ovato-oblongi squamis inaequalibus oblongis margine angustissimo nigro scarioso : lingulis 4-5 obovatis vix dentatis. A. Millefolium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 296. n. 1079 - Bert. FI. It. t. 9. p. 403 - Tanacetum min. albo Millefol. fior. odor. Barrel. le. 992. (3 ochroleuca. Hirsuta, foliis tenuioribus corollis pallide ochroleucis. A. Millefolium /3 Bert. l. c. p. 404. In argis frequens. (3 in appennino Piceni. Pizzo di Sivo. Perenn. Fior. Julio- Augusto Flosculi albi vel rosei. Vulgo. Millefoglio. Usus. Pianta grate at leviter olens jam inter tonica et vulneraria adscri- pta mune vix commemorata. 1889. LIGUSTICA All. Fior. Ped.t.ì.p. 181. tab. 58. Puberula. Caule erecto ramoso : foliis radicalibus decomposito-pinnatifidis, caulinis bipinnatifì- dis laciniis linearibus argute serratis , rachide alata integerrima : calathis in corymbo composito fastigiato : involucri oblongi squamis acutis ; lingulis 5 acute 3-dentatis. A. ligustica Sang. Cent, tres p. 116. n. - Bert. FI. It. t. 9.p. 405. Juxta sepes communis, in montibus, et circa Urbem. Perenn. Fior. Julio, Augusto. Flosculi albi. 1890. NOBiLis L. Sp. PI. 1268. Pubescens. Caule erecto superne ra- moso : foliis bipinnatifìdis pinnis pinnulisque aequidistantibus linearibus te- nuiter mucronulatis , rachide angustissima quandoque lacinulata : calathis in corymbis compositis caule ramisque terminalibus : involucri ovoideo-turbinati squamis oblongis inaequalibus tenuiter marginatis : lingulis 5 subrotundis 3»dentatis. — 207 — A. nobilis Beri FI. l. 9- 407 - Tanacetum album montanum tenui- folium flore candido. Bocc. Mus. di Piani, p. 33. tab. 25. In apennini Umbri aridis. Vettore. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flosculi albi. Obs. Pianta grate olens etiam in sicco, dispositione pinnularum foliorum elegantissima. 1891. PUNCTATA Ten. FI. Nap. t. 2. p. 253. tab. 83 - Villosa. Caule striato simplici erecto : foliis inferioribus bipinnato - partitis , superioribus pinnatifidis pinnulis trifidis mucronato-dentatis utrinque punctatis, rachide alata integerrima : calathis in corymbo composito subconferto : involucri ovato- oblongi squamis acutis nigro marginatis : lingulis subquinis 3-dentatis. A. punctata Sang. Cent, tres p. 116 n. 262 - Beri. FI. It t. 9. p. 410. In subapenninis apricis Umbriae. Perenn. Fior. Junio in Augustum. Flosculi pallide ochroleuci. ASTERISCUS. 1892. spiNosus Cren, et Godr. FI. de France. t. 2. p. 172. Villosus. Caule erecto : foliis inferioribus obovatis vel obovato-lanceolatis in petiolum productis, superioribus cordato-lanceolatis amplexicaulibus : calathis ramis cau- lique terminalibus : squamis utriusque involucri spinescentibus. A. spinosus Bert. FI. It. t. 9. p. 416 - Eupthalmum spinosum Seb. et Maur. FI. Bonn. Prod. p. 296. n. 1080 - Aster legitimus Clus. alter seu spi- nosus luteus Barrel. le. 551 - Asteriscus annuus Hort. Rom. t. S.tab. 42. In arvis et marginibus communis. Ann. Fior. Junio. Flosculi lutei. Vulgo. Astrino spinoso. 1893. AQUATicus Moench. Meth. p. 592. Villosus: caule erecto 2-3-chotomo: foliis oblongis, inferioribus in petiolum productis : calathis terminalibus ala- ribus sessilibus ; squamis utriusque involucri inermibus. A aquaticus Bert- FI. It. t. 9. p. 418 - Asteriscus legitimus Clus. mol- ilo r luteus Barrel. le. 552. In incultis maritimis Civitaveechia. Ann. Fior. Junio-Julio. Flosculi lutei. OtD. IV. POLYCAMIA NECESSARIA. CENTAUREA. * Jaceae Linn. Squamis involucri nudis. 1894. Crupina L. Sp. PI. p. 1285. Caule erecto subsimplici : foliis ra- 28 208 — dicalibus integris spathulatis in petiolum productis, caulinis sessilibus pinnatifi- dis, laciniis linearibus, omnibus margine denticulato-spinulosis : calatliis me- diocribus in corymbis terminalibus : involucri cylindrici squamis inaequalibus lanceolato-acuminatis tenuiter marginatis : pappi setis divergentibus, externis brevissimis. C. Crupina Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 296. w. 1081 - Beri. FI. It. t. 9. p. 423 - Senecio Carduus Column. Ecphr.t. 2. p. 32 etS. Apulus l. c. fi. 34. In collibus apricis siccis. Monte Mario, Valle delV Inferno, Tivoli etc. Ann. Fior. Majo-Junio. Flosculi purpurescentes. Cyani Linn. Squamis irtvolucri apice plumosis, vel margine superiore membranaceo-ciliatis. 1893. Phrygia L. Sp. PI. p. 1287. Subhirsuto-scabra. Caule erecto su- perius ramoso : foliis indivisis oblongis acuminatis margine integro vel re- mote dentato-mucronato, superioribus sessilibus, inferioribus in petiolum pro- ductis ; calathis majusculis terminalibus solitariis : involucri ovati squamis triangolo acuminatis , apendice nigra pectinatim piumosa, plumis recurvis : pappi setis erectis brevissimis. C. Phrygia Bert. FI. It. t. 9. p. 429. In alpinis herbosis Umbriae. Valle Canetra. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi purpurei externi radiantes. 1896. NiGREscENsVvilld. Sp. PI. t. 3. p. 2288. Breviter pilosa. Caule de- cumbente erectove superne ramoso : foliis inferioribus sinuato-lyratis ovati- sve dentatis in petiolum longe productis superioribus lanceolatis sessilibus : calathis suhmajusculis solitariis terminalibus : involucri ovalis squamis ovatis vel ovato-lanceolatis, appendice nigra margine cibata, ciliis intense badiis lon- gitudine squamae aequalibus duplove longioribus : pappo nullo. C. nigrescens Bert. FI. It. t. 9. p. 432 - C. jacea Seb. et Maur- FI. Bom. Prod. p. 297. n. 1084. /3 nigra. Corollulis omnibus flosculosis. C. nigrescens /3- Bert. l. c. p. 433. Inter segetes praesertim montiurn. Monte Gennaro. /3 in Umbriae mon- tibus. Vettore. Perenn. Fior, aestate. Flosculi purpurascentes. 1897. Cyanus L. Sp. PI. p. 1289. Incano-floccosa Caule erecto valde — 209 — ramoso : foliis superioribiis linearibus , mediis pinnatifidis utrisque sessi- libus, inferioribus lanceolatis in petiolum productis : calathis parvis numero- sis paniculatis : involucri campaniformis squarais ovato-lanceolatis margine membranaceo albo-nigrove ciliato : pappi setis erectis scabris. C. Cyanus Seb. et Maur FI. Rom. Prod. p. 297. n. Ì08^ - Bert. FI. It. t. d. p. 439 - Panax Heracleum Theopbrasti et Dioscoridis Column. Phijt ed Neap. p. 93. fig. 92 - Cyanus segetum flore coeruleo. //ort. Rom. t. 7. tab. 81 . Inter segetes praesertim montium frequens. Ann. Bienn. Fior. Majo-Junio. Flosculi coerulei dilute purpurei ant rosei. Vulgo- Fior d’ Aliso. Usus. Succus corollularum in arte tinctoria valet. Medici Cyani flores jam in ophtalmia hadibuerunt nunc obliti. 1898. MONTANA L. Sp. PI. p. 1289. Flocculosa tomento plus minusque denso. Caule ut plurimum erecto simplici vel parce ramoso : foliis lanceola- tis linearibusque denticulatis sinuatisve, superioribus quidquam decurrentibus, inferioribus in petiolum productis : calathis majusculis solitariis terminalibus: involucri campaniformis squamis ovatis, appendice nigra, margine albo-mem- branaceo, pectinato-ciliata : pappo brevi multiseto. C. montana Seb. et. Maur. FI. Rom. Prod. p. ^97. n. 1086 - Dert. FI. It. t. 9. p. 436 - Cyanus montanus medius caule folioso seu multifolius Barrel. le. 389 et C. mont. angustifol. purp. le. 1323 - C. montanus caule folioso capitolo oblongo. Bocc. Mus. di Piant. p. 20 t. 22 - C. major alpi- nus foliis incisis Triumf. Obs- p. 26 fig. - C. montanus latifolius. Hoii. Rom. i. 7 tab. 82. In Sabinae montibus Monte Gennaro^ Guadagnolo etc. Perenn. Fior. Julio-Augusto Flosculi coerulei. 1899. PANicvLATA L. Sp. PI. p. 1289. Canescens tomento floccoso-ara- chnoideo Caule erecto paniculato-ramoso : foliis inferioribus bipinnatifìdis, su- cessivis pinnatifidis, pinnis jamdudum lanceolatis linearibusque, supremis inte- gris linearibus : calathis mediocribus solitariis teiminalibus ; involucri ovoidei squamis ovatis vel ovato-lanceolatis apice intense nigro-rufis ciliato-mucrona- tis : pappi setis longitudine ludibundis. C. paniculata Bert. FI. It. t. 9. p.àil. /3 maculosa. Appendice nigra squamarum latiore. C. paniculata jS Bert. l. c. In apricis apenninorum Umbriae et Picenispecies et varietas. Monte de Fiori, Pizzo di Sivo, Vettore, Vettoretto etc. — 210 — Bienn. Fior. Majo in Augustum. Flosculi purpureo-rosei , externi quan- doque radiantes. 1900. CINEREA Lamck. Enc. Meth. t. 2. par. 2. p. 632. Cinereo-to- inentosa tomento brevi. Caule erecto superius ramoso ramis corymbosis : fo- liis pinnatifìdis, pinnis oblongo-lanceolatis obtusis, superioribus sessilibus, infe- riorum rachide in petiolo longe producta, supremis paucis indivisis linearibus: calathis medìocribus termi nalibus solitariis : involucri ovoidei squamis ovatis vel ovato-oblongis, appendice triangulari cibata intense badia decurrente, ciliis mucronulatis : pappi albi setis longitudine variis. C. cinerea Bert FI. It. t. 9. p. 448. Ad rupes in maritimis. Civitavecchia. Perenn. Fior. Majo. Flosculi purpureo-rosei. 1901. CINERARIA L. Sp. PI. p. 1290. Dense cano-tomen tosa. Caule ere- cto corymboso-ramoso : foliis bipinnatifidis, inferioribus in petiolum productis, superioribus sessilibus, supremis paucis pinnatifìdis simplicibus, omnium pin- nis lanceolato-linearibus obtusis integris : calathis majusculis numerosis soli- tariis terminalibus : involucri ovoidei crassi squamis late ovatis appendice trian- gulari fusco cibata, ciliis longiuscubs mucronulatis : pappi albi setis achenio longioribus. C. cineraria Maiir.Cent. 13. p.iO - Bert. FI. It. t. 9. p. 448 - Stoebe tenuifol. incana magno capite Italica Barrel. le. 348. In rupìum fessuris et ad margives viarum frequens circa Anxurem. Sulfrut. Fior. Aprib-Junio. Flosculi rosei. 1902. DissECTA Ten. Prod.-in FI. Nap. t. 2. p. 51. Subtomentosa to- mento cano saepe minorato. Caule adscendente vel erecto superne ramoso , ramis apice nudis : foliis primordiabbus lyratis integrisve successivis bipinna- tifìdis, superioribus simpbciter pinnatifìdis , omnium pinnis distantibus bnea- ribus lanceolatisve quandoque dentatis ; calathis mediocribus terminalibus so- btariis : involucri ovoidei crassi squamis late ovatis, appendice nigra majuscula cibata, ciliis ut plurimum albis : pappi setis achenio triplo brevioribus. C. dissecta Bert. FI. It. t. 9. p. 450 - C. dissecta a. /3. Sang. Cent, tres. p. 121 n. 277. In herbidis et petrosis Umbriae et Piceni. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi purpurei. 1903. CERATOPHYLLA Ten. Cat. H.Neap. 1819.p. 72. Incano-flocculosa, quandoque tomento minorato subviridis. Caule humili ececto parce ramoso : — 211 foliìs inferìoribus 2-pìnnatifìdis in petiolum productis, superioribus pinnatifìdis, laciniis omnium linearibus acutis integris : calathis grandibus solitariis brevi- ter pedunculatis, caule ramisque terminalibus : involucri subglobosi squamis late ovatis ciliatis, spina longa subpatente inferne spinulosa, terminatisi pappi setis achcnio multo brevioribus. C. ceratopliylla Beri. FI. It. t. 9. p. 4S3- Jacea montana minima tenui- folia Column. Ecphr. 2, p. 36. f. p. 35. In Umbriae pratis elatis. Matite Cavalli. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flosculi lutei. 1904. RUPESTRis L. Sp. PI. p. 1298. Virescens et basi tantum floccis canescens. Caule erecto angulato-sulcato parce ramoso , ramis elongatis sub- nudis : foliis primordialibus et superioribus rimpliciter pinnatifìdis, interme- diis bi-tripinnatifìdis pinnis linearibus lanceolatisve subintegerrimis nonullis fal- catis : calathis grandibus solitariis terminalibus : involucri crassi subglobosi , squamis late ovatis, appendice triangola fusco-ferruginea brevi breviterque ci- bata, ciliis inermibus vel vix spinulosis : pappi setis tandem fuscis, acheniis subaequalibus. C. rupestris Sangf. Cent.tres. p. 122. n. 279 - Beri. FI. It. t. 9.p. 454. In sylvatis ad rupes. Terni, Civitavecchia etc. Perenn. Fior. Julio-Augusto Flosculi lutei. 1905. ScABiosA L. Sp. PI. p. 1291. Virescens. Caule angolato erecto ramoso: foliis coriaceis, inferioribus bipinnatifìdis , superioribus pinnatifìdis , pinnis in omnibus lanceolatis linearibusque integris serratisve: calathis grandibus medio- crihusque: involucri squamis ovatis lanceolatisve tenuiter marginatis, margine et appendice cibata nigro-badiis , ciliis acuminato-mucronulatis : pappi setis tandem purpurascentihus acheniis suhaequalihus. C. Scabiosa Maiir. Cent. 13. p. 40 - Bert. FI. It. t. 9. p. 458. In montanis nostris inter saxa, et in apennino Umbro. Felettino, Monte de Fiori etc. Perenn. Fior. Junio-Jubo. Fosculi purpurascentes. *** Rhapontica Linn. Appendicibus squamarum involucri scariosis, erosis vel scissis. 1906. AMARA L. Sp. PI. p. 1292. Laxe fioccoso- tomentosa. Caule de- combente crectove, ramis patulis : foliis inferioribus lanceolatis subdentatis tri-» — 212 — . fidisve in petiolum productis, caulinis sessilibus linearibus integris, supremis calathum involucrantibus: involucri ovoidei squamis ovatis appendice subrotuoda coiicava scariosa integra vel erosa : pappo nullo. C. amara et C.jacea Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. "idi . n. 1083 et 1084“ Bert. FI. It. t. 9. p. 461 - Iacea saxatilis, longo , incano , angusto Helichrysi creti folio montana, erecta, flore purpureo. Bocc. Mus. di Piani, p. 31. tah. 17. In arvis collibus communis circa Urbem. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flosculi dilute purpurei, vel albi. Obs. In speciminibus nostris tomentum constanter floccoso-laxum ideo herba tetre virescit. 1907. ALBA L. Sp. PI. p. 1293. Scabra virens. Caule erecto angolato ra- moso, ramis paniculatis : foliis inferioribus pinnatifidis pinnis pinnulisque li- nearibus remotis lanceolatis serratis integrisve : calathis submajusculìs solita- riis terminalibus : involucri subglobosi squamis ovatis, appendice ampia albo- scariosa concava mucroniflata: pappi quandoque nulli setis albis achenis multo brevioribus. C. alba Bert. FI. It. t. 9. p. 464. - C. splendens Seb. et Maiir. FI. Bom. Prod. p. 296. n. 1082. /3 deusta. Appendicibus squamarum involucri macula fosca notatis. C. alba /3 Bert. l. c. p. 465 - C. splendens /3 Seb. et. Maur. l. c. In collibus apricis siccis species et varietas. Monte Mario presso villa Ma- dama, Tivoli, M. Gennaro etc. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculi purpurascentes. 1908. ROMANA L. Sp. PI. p. 1295- Virens, piloso-scabra. Caule decom- bente adscendente erectove superne ramoso: foliis dentatis inferioribus lyratis vel runcinato-lyratis, lobo supremo rotondato maximo, et in petiolum caulem am- plexantc productis, sucessivis lyratis, supremis ultimisque calathum involucran- tibus lanceolatis in caulem complete decurrentibus : calathis submediocribus solitariis terminalibus; involucri ovoidei squamis ovatis vel ovato-oblongis ap- pendice callosa alba, spinis 5-7 palmatis reflexis vel suberectis terminata : pappi setis niveis, externis brevioribus. C. romana Bert. FI. It. t, 9. p. 472 - C. napifolia Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 298. n. 1088. - Stoebe Erucae fol. rubro Cyani flore Italicus Barrel. le. 504. — 213 — In marginibus viarum agreslium ab occidente Urbis et speciatim extra Portanti S. Pancratii. Vicolo di Bravetta. Ann. Fior. Junio-Augusto. Flosculi purpurei radio quandoque deficiente. Obs. Sententiae Cimi Bertoloni accedimus, dum nostra et Barrellieri pianta nomine C. Romanae Linn. donando statuit. 1909. cRisTATA Barll. in Wendl. Beivi t. 2 p. 119. Scabra. Caule ere- cto ramoso, ramis numerosis divaricatis : foliis inferioribus bipinnatifidis, cau- linis pinnatifidis, pinnis pinnulisque integris, supremis simplicibus linearibus , lacinula ut plurimum utrique ad basim : calathis minusculis terminalibus axil- laribusque : involucri ovato-oblongi squamis externis lanceolatis , appendice albo-membranacea decorrente abscure maculata brevi cibata, ciliis vix mucro- nais : pappo nullo. C. cristata Beri. FI. II. t. 9. p. 443. In montanis non procul a mare. Nei Monti della Tolfa. Bienn. Fior. Junio-Augusto. Flosculi purpureo-rosei, externi quandoque radiantes. **** Stoebe Linn. Spinis squamaum involucri palmalis. 1910. soNCHiFOLiA L. Sp. PI. p. 1 294. Vircns piloso-scabrida. Caule ad- sendente erectove ramoso: foliis inferioribus runcinatis in petiolum productis, lobo supremo rotondato, superioribus oblongis obtusis, ultimis involucrantibus attenuatis, omnibus dentato-spinulosis; calatbis submajusculis solitariis termi- nalibus : involucri ovoideo-conici squamis ovatis , appendice calloso-spinosa , spinis tenuibus 5-7 erectis reflexisque, terminali longiore: pappi tenuiter striati setis albis, achenio brevioribus. C. sonchifolia Beri. FI. II. t. 9 p. 470. - Iacea laciniato sonchifolio , sive Iacea latifolia purpurea, capitolo spinoso. Bocc. Redi, et Observ. p. 201. In agro romano, et in montanis proximis. Frascati etc. Perenn. Fior. Aprili-jVIajo. Flosculi externi purpurei interni albidi. 1911. SPHAEROCEPRALA L. Sp. PI. p. 1295. Hirto-scabra virescens. Caule decombente ramoso: foliis runcinatis, lobis dentato-mucronulatis impari sub- deltoideo, inferioribus in petiolum productis, superioribus sessilibus basi auri- culato-amplexìcaulibus : calathis mediocribus solitariis terminalibus : involucri ovoideo-ventricosi squamis ovatis appendice calloso-spinosa, spinis 5-7 paten- tibus reflexisque, impari paolo longiore: pappi setis albis diriiidia achenii lon- gitudine. — 214 — C. sphaerocephala Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. 'p. 1^1 . n. Ì087. - Bert. FI. It. t. 9. p. 473. - Jacea marit. incana cap. purpui*. spinoso major. Bar- rei. le. 1217. In pratis et sylvis maritimis. Ostiay Castel FusanOy Civitavecchia etc. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculi purpurei, radio quandoque deficiente. 1912. soLSTiTiALis L. Sp. PI. p. 1297. Cono-tomentosa. Caule erecto ramoso, ramis paniculatis : foliis inferioribus lyratis lobis lateralibus lanceolatis, impari maximo rotundato, caulinis lanceolatis subintegerrimis in caulem com- plete angusteque decurrentibus omnibus dentatis: calathis parvis terminalibus axil- laribusque foliis extimis auctis; involucri ovoideo-conici squamis ovatis spinis 3-5, centrali longissima: pappi setis achenii longitudine, quandoque deficientibns. C. solstitialis Seb. et Maur. FI. Rom. p. 299. n. 1090. - Bert. FI. It. t. 9. p. 475. - Spina solstitialis mitior apula Column. Eephr. 1. p. 31. In ageribus et viis passim. Ann. Fior. Julio Septembri. Flosculi citrino-lutei. Obs. Herba intense amara. 1913. ASPERA L. Sp. PI. p. 1296. Pubescenti-viridis. Caule erecto an- gulis scabro, ramis teretibus elongatis divaricatisi foliis inferioribus lyratis vel pinnatifìdo-dentatis in petiolum brevem productis, superioribus sessilibus lan- ceolato-linearibus subdentato-mucronatis, supremis subintegris, omnibus mar- gine scabris : calathis parvis solitariis caule ramisque terminalibus : involucri ovoidei tandem basi inflati squamis flavidis ovato-lanceolatis, spinis 3-5 pal- matis squama plus dimidio brevioribus erectis tandem reflexis: pappi setis ache- nio plus duplo brevioribus. C. aspera Bert. FI. It. t. 9. p. 481. In maritimis. Presso Civitavecchiay Corneto etc. Perenn. Fior. Majo, Autumno. Flosculi purpurei. ***** Calcitrapae Lin. Spinis squamarum involucri solitariis compositis. 1914. BENEDicTA L. Sp. PI. p. 1296. Virens , et arachnoideo-pilosa. Caule erecto follato, superne ramoso: foliis sessilibus semiamplexicaulibus si- nuatis pinnato-lobatis , supremis lanceolatis breviter decurrentibus , omnibus venosis margineque dentato-spinulosis : calathis grandibus solitariis caule ra- misque terminalibus, foliis supremis involucrantibus superatisi involucri cam- — 213 — - paniformis squamis lanceolatis externis spina simplici internis composita ter- minatis pappi setis achenio subaequalibus. C. Benedicta Ben. FI. It. t. 9. p. 482. - Carduus sylvestris hirsutus sive Carduus Benedictus. Hort. Roìn- t. 7. tab. 84. In montibus Latii. Vicino Rocca di Papa. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flosculì lutei. Vulgo. Cardo santo. Usus. Cardui Benedicti herba uti sudorifera, tonica etc olim frequentis- sime, nunc raro adhibita: niellilo tamen minus a villicis et a vulgo uti ama- ricans in febbribus intermitentibus saepe saepius usurpata. 1915. Calcitrapa L. Sp. PI. p. 1297. Glabra , pubescens , flocculosa. Caule erecto ramosissimo, ramis divaricatis : foìiis pinnatifidis, inferioribus in petiolum productis, superioribus sessilibus, inferiorum pinnis ovatis subdenti- culatis, superiorum linearibus cìentato-spinulosis : calathis subparvis axillaribus terminalibusque foliis supremis linearibus subintegris apice spinosis acutis: in- volucri ovoidei squamis externis delthoideis internisque oblongis, spina longa robusta inferne canaliculata et composita jamdudum patente tandem revoluta terminatis, squamis intimis apice simpliciter scarioso-laceris: pappo nullo. C. Calcitrapa Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 298. n. 1089. - Beri. FI. It. t. 9. p. 483. - Hyppopliaestum Column. Eephr. ed. Neap. p. 107. Vulgatissima in ruderatis et viis. Ann. Fior. Julio. Flosculi purpurascentes vel albi. Vulgo. Cacatreppala. 1916. PauziiM DC. Prod. Sijst. nat. t. 6. p. 597. Glabra viridis. Caule erecto ramoso, ramis divaricatis: foliis sessilibus inciso-dentatis pinnatifidisve, laciniis linearibus dentato-mucronulatis, supremis indivisis dentatis : calathis parvis solitariis ramis terrninalibus foliis supremis insidentibus: involucri co- nici squamis externis ovatis internisque oblongis , spina longa valida compo- sita , inferne non caniculata jamdudum patente spinulis lateralibus utrinque tribus validiusculis, terminatis: acheniis disci breviter papposis radii nudis. C. Fanzini Bert. FI. It. t. 9. p. 485. Ad vias campestres in maritimis. Presso Corneto, Bienn. Fior. Aestate. Flosculi rosei. 29 — 216 — COMUNICAZIONI Il prof. Ponzi presentò, da parte dell’ autore sig. Giustiniano Nicolucci, due opuscoli, uno illustrativo di una tomba fenicia, rinvenuta intatta in Sar- degna , r altro sopra le popolazioni dell’ Italia nei tempi anteistorici. Fu dal prof, medesimo dichiarato il pregio di queste due memorie , particolarmente della seconda, in cui sono riportate molte osservazioni che si accordano con quelle già fatte dallo stesso professore sul ritrovamento di fossili e di armi, appartenute ad antichissime popolazioni. Il R. P. Angelo Secchi presentò le memorie dell’osservatorio del collegio romano per gli anni 1860 e 63, facendo pure osservare alcune particolarità dei pianeti Saturno e Marte. L’ autore medesimo informò 1’ accademia, sulla sabbia caduta in Roma nella notte del 20 al 21 febbraio 1864, con forte pioggia, e vento di sud; presentò ancora un saggio di queste sabbie , richiamando pel primo 1’ at- tenzione scientifica sulle medesime ; quindi espose quelle congetture che gli facevano credere le sabbie stesse di origine africana ; però senza riguardare tale suo concetto ad evidenza dimostrato. Dopo questa comunicazione il sig. prof. Ponzi osservò, che quelle sab- bie , supposte africane dal p. Secchi dietro le apparenze , potrebbero essere di origine subappennina. Monsignor Nardi asserì, che le sabbie stesse gli sembravano simili a quelle da lui vedute cadere in Egitto; ma si astenne dal giudicarle definitivamente in quanto alla origine loro. I signori professori Cadet e Diorio proposero un esame ulteriore delle considerate sabbie, nel quale il P. Secchi stesso convenne; quindi esso gentil- mente fece parte di quelle ai nominati due professori, onde le potessero ana- lizzare anch’essi. 11 R. P. A. Secchi depositò nelle mani del sig. presidente un pacco sug- 217 gellato , che da questo, seduta stante , fu consegnato al sig. principe D. B. Boncompagni archivista. H t 11 prof. Volpiceli! comunicò il sunto della sua quarta memoria sulla elet- tricità deir atmosfera , nella quale si comprendono le risposte del medesimo ad alcune dotte osservazioni critiche di argomento elettrostatico, che diretta- mente lo riguardano, pubblicate dal p. Secchi nel Ballettino meteorologico del collegio romano, ed altrove. Questa memoria, per essere troppo estesa, non può qui aver luogo; ma sarà essa quanto prima pubblicata con altro mezzo. CORRISPONDENZE Il sig. cav. Domenico Piani, segretario perpetuo dell’accademia delle scienze deir istituto di Bologna, ringrazia da parte dell’accademia stessa, per gli Atti de’ Lincei che ha ricevuto. La B. Società di Londra, per mezzo del suo segretario sig. AV. H. Miller, invia lo stesso ringraziamento. L’accademia riunitasi legalmente a un’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ore di seduta. Soc^ ordinari presenti a questa sessione. G. Ponzi. — P. Volpiceli!. — S. Cadet. — M. Azzarelli. — S. Proja. ■ — M. Massimo. — A. Cialdi. — B. Tortolini. — B. Boncompagni. — I. Ca- landrelli. — P. Sanguinetti. — A. Secchi. — F. Nardi. — C. Sereni. — V. Diorio. — N. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 20 di giugno del 1864 P. V. " — 218 — OPERE VENUTE IN DONO Anuario .... Annuario del R. Osservatorio di Madrid per il 1864. — Anno quinto. — Un fase, in 8." L’ Osservatore Medico. — Giornale siciliano, diretto dal prof. Salvatore Ca- coPARDo. Serie %.% voi. II, fase. V e VI del 1863. Proceedings of Rendiconti della R. Società* di Londra. Voi. XII ; numeri 55, 56. Philosophical . . . Transazioni filosofiche della R. Società* di Londra. Voi. 152: parte I e II. “ Bessel’s . . . Tavole ipsometriche delle tavole besselliane, corrette da Planla- mour. • — Ridotte a misura inglese , e ricalcolate da Alessandro J. El- Lis. — 1863. Rapporto statistico del Manicomio di S. Maria della Pietà di Roma, per gli anni 1861 e 1862; del sig. cav. direttore Benedetto Viale. — 1864. Bullettino Meteorologico dell* Osservatorio del collegio romano, in corrente. Comptes .... Conti Resi dell* Accademia delle scienze dell*i. istituto DI FRANCIA in corrente. REIMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S, P. A. Mag. REIMPRIMATUR Petrus De Villanoya Castellacci Arrhiep. Petrae Vicesgerens. ATTI DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE f DEI 3 APRILE 486i PRESIDEIVZA DEL SIG. PROF. AI. CAVALIERI SAJ\ BERTOLO L’accademia ebbe l’onore di essere presieduta da! suo protettore l’Emo. e Rmo. sig. Car- dinale Altieri. MEMORIE E COMUNICAZIONI X>EZ SOCI OHD1NA&X E SEI COB.B.lSPOIUX>EiaTl Ricerche sulla corrente elettrica, e sue analogie coi fenomeni idraulici. Del P. A. Secchi (*). Ogniqualvolta mancano nozioni precise sulla vera natura di qualche feno- meno fisico , la sola maniera di poter venire a capo per conoscerlo è ragio- narne per analogia coi più simili ad esso , la cui teoria sia ben assicurata. Così nell’ infanzia dell’ ottica la teoria ondulatoria era studiata coll’ appoggio e coll’analogia de’ fenomeni del suono e delle onde dell’acqua. Adesso tocca al- l’elettricità ad esser studiata sotto un analogo rispetto per chiarirne la natura. Tutto indica che la corrente elettrica è veramente un flusso di qualche sostanza che circola ne’ conduttori, e questa teoria proposta fino dai primi lavori di Volta e di Ampère riceve ogni dì l’approvazione pratici di quelli che più vi sono famigliarizzati, come sono i telegrafisti. Alcuni però credono che pos- sano spiegarsi i fenomeni senza un vero corso di fluido e che basti un moto vibratorio. A vedere fino a qual punto sia ammissibile tale nuova teoria credo che non sarà inutile il raccogliere qui alcuni riscontri fra le leggi del moto dell’elettrico e de’ fluidi, che non saranno in tutto privi di qualche novità. I. 11 primo riguarda la legge delle tensioni o forze elettromotrici che regnano in un conduttore posto per un capo in comunicazione colla pila e coll’ altro col terreno. La teoria di Ohm confermata dall’esperienze di Gaugain e de’ co- (*) Comunicata nella sessione VII, del 5 giugno 1864. 30 — 220 ; missarii inglesi pei canapi telegrafici sottomarini , stabilisce che queste forze possono rappresentarsi per le ordinate di una linea retta inclinata AC. Questa legge vale anche pel circuito chiuso contando lo zero relativamente al capo 0 polo — come costa dagli esperimenti di Jenkins: perchè la differenza de’ due casi si riduce a una semplice quantità costante, o direbbesi differenza di li- vello nell’ asse delle ascisse (1). Inoltre dalla teoria delle correnti derivate è noto che fra due sezioni del filo distanti fra di loro esiste una differenza di tensione o forza elettromotrice analoga a quella che esiste tra due elementi della pila. Io pertanto ho cercato se tra i fenomeni idraulici ve ne fosse alcuno ana- logo, e non ho tardato a vederlo nel fatto ben conosciuto che è presentato dai piezometri, ossia tubi verticali disposti sopra un tubo orizzontale in cui scorre l’acqua. Le altezze del liquido in questi tubi, formano appunto sensibilmente le ordinate di una linea retta inclinata all’ asse del tubo di una maggiore o minor quantità secondo la libertà dello sbocco e la velocità d’uscita del fluido. Benché l’esperimento sia notissimo pure ho creduto bene ripeterlo e stu- diarlo espressamente anche per altri riguardi che fra poco esporrò. Ho fatto pertanto fissare su di un travicello ben dritto collocato orizzontalmente un tubo di piombo lungo 4.'" 50 e ad ogni metro circa vi ho fatto collocare un piezometro o tubo di vetro verticale. Questo tubo era connesso con un reci- piente circolare di latta del diametro di 0."*50 e la pressione sopra l’ imbocco del tubo = 0. '”324: il livello durante lo scolo vi si conservava sempre riboc-- cante e perciò costante. La linea di livello nei piezometri fu segnata con ver- nice a pennello su ciascun tubo mentre il condotto di piombo era chiuso al- l’estremità e da essa si contarono poscia le ordinate discendenti della altezza de’ piezometri. Ecco i risultati ottenuti in due sperimenti uno a sbocco libero del diam. di 0.'”017 e l’altro con un cannello addizionale del diam. di 0,013. (1) Pbilos. Trans. 1862. (2) Mondes 1864. 221 Distanza Depressione de’ piezometri a sbocco libero Idem del piezometro dal vaso a sbocco ristretto Diff. Diff. 1. ° -4-0.'"268 2. ° la preced. -t- 0. 982 3. ° id. H-0. 988 4. ° id. -^0. 988 5. “ id. 0. 987 0."079 0. 130-“' 0. 198”-^^ 0. 263”'^^ non si vede 0.'"069 0. 117 0. 163-““ 0. 212 0. 258‘"^^ nel vetro. L’altezza del liquido nel recipiente essendo presa per punto di partenza e la distanza del primo piezometro essendo molto minore delle altre, mentre la differenza di livello è maggiore, apparisce che per questo primo la pressione varia notabilmente dalla legge, ma gli altri tutti stanno sensibilmente in linea retta, del che si avea prova materiale nel fatto che tendendo un filo dal segno del primo e dell’ultimo, questo passava per le sommità del livello di tutti gli al- tri. L’eccezione che forma il primo piezometro, non è di difficile spiegazione attesa la contrazione della vena nel passaggio del liquido dal recipiente al tubo che ivi ha luogo, onde essa equivale a un diaframma che ne restringa la luce. Questa influenza sembra stendersi anche oltre il 1 .° piezometro nello sbocco libero, come lo mostra la prima differenza minore delle seguenti. Apparisce pertanto che ha luogo pei piezometri quella legge che si sta- bilisce per la tensione elettrica. E anche il fenomeno che offre il primo pie- zometro può dirsi aver pure il suo analogo in elettricità , giacché la forza elettromotrice che regna tra le due diverse sezioni del filo ha un coefficiente di proporzione ben diverso da quello che sta tra la pila e il filo stesso, che in pratica si annunzia come dipendente dalla forza elettromotrice e resistenza diversa nella pila e nel filo. Quindi è che al momento che si dà corso al- r elettrico della pila se il conduttore sia assai ampio cessa quasi compieta- mente la sua tensione statica, e non resta che la minima quantità che forma la forza elettromotrice o pressione che spinge ' l’ elettrico. La pila in questi esperimenti può considerarsi come un recipiente alimentato perpetuamente e che resta pieno fino a certa altezza, che è minore però assai di quella che si ha quando è impedito il flusso. E siccome 1’ elettrico si scarica con somma velocità e a mano che si produce, quindi è che riesce enorme la differenza di tensione tra la pila a cir- cuito chiuso e al medesimo aperto. Finché si usano conduttori metallici la loro capacità di scarica è tale che sempre dà esito a tutto o quasi tutto Telettrico che si produce, ma usando semiconduttori, ad onta di una certa quantità che si scarica, si possono avere anche notabili indicazioni statiche durante la cor- rente imperfetta che si ottiene. In una parola la pila è paragonabile a un recipiente di stretto diametro in cui presto cresce l’altezza e la pressione quando s’ intercetta ogni efflusso, ma si deprime rapidissimamente quando si permette il corso al liquido, e mal- grado l’azione chimica generatrice , non conserva che una leggier pressione , cioè quanto è mestieri per vincere le resistenza del canale. IL Era di molta importanza studiare le diminuzioni di pressione che si ma- nifestano nei tubi ove è il liquido scorrente essendo questo un fenomeno che può gettar luce sulle attrazioni che si esercitano fra i conduttori elettrodina- mici. Ho fatto quindi il seguente esperimento. Al tubo di piombo ho aggiunto una canna di vetro di diametro interno eguale al suo congiungendola con un tubo di gomma elastica, onde potesse pren- dere diverse inclinazioni. Stando questo tubo in piano orizzontale e dato il corso all’acqua, i piezometri stavano tutti a certa altezza decrescente come nell’esperimento anteriore. Inclinando alquanto il tubo di sbocco onde alimen- tare la celerità del flusso si diminuiva 1’ altezza de’ piezometri , e finalmente nell’ ultimo diventava — “ , e 1’ aria entrava in copia pel piezometro stesso. Messo in luogo del piezometro un tubo a sifone che pescasse in un bicchiere pieno d’ acqua, questa era aspirata e si sollevava nel braccio immerso. Era dunque manifesta una pressione negativa da questo assorbimento. Questo fenomeno 1’ ho studiato anche in un altro modo. Ho fatto scor- rere l’acqua verticalmente per un tubo di gomma elastica molto flessibile, da una altezza di metri 3,25. 11 tubo elastico faceva seguito a un sifone di piombo di diametro interno eguale al suo cioè 15.""" immerso in una vasca d’acqua. S’ incominciava a far correr l’acqua pel sistema, sia aspirando, sia empiendo d’acqua il sifone medesimo. In queste esperienze ho osservato i seguenti fe- nomeni : 1 Il tubo elastico a corso stabilito nella sua parte superiore a certa di- 223 stanza dal tubo di piombo a cui fa seguito, si stringe assai e si riduce a una vera fettuccia o nastro compresso. 2. ° Alla bocca e vicino ad essa invece conserva la sua sezione circolare. 3. " Il tubo concepisce un movimento vibratorio peristaltico malgrado che l’acqua sia tranquilla nel vaso da cui sorte. 11 primo fatto mostra la diminuzione di pressione prodotta dal fluido cor- rente, per cui la pressione atmosferica esteriore schiaccia il tubo. Questa dimi- nuzione di pressione ha luogo non solo nei tubi flessibili, ma anche negli altri, ed è su questo principio che sono fondati i soffioni idraulici usati in alcune ferriere, e ha luogo anche nei canali aperti come è noto. Perciò i corsi de’ fiumi sono colmi nel loro mezzo ove è il filone di massima velocità, e i corpi gal- leggianti nell’acqua concepiscono un moto rotatorio che dura finché non siansi disposti nel centro del detto filone di massima celerità, e in direzione ad esso parallela. Anzi questo moto rotatorio stesso dovuto alla coppia nata dalla dif- ferente velocità nei vari piani paralleli all’asse del filone è quello che finisce collo spingerli in mezzo, dando così l’esempio di una attrazione accompagnata nel medesimo tempo da una orientazione che richiama alla mente la teoria meccanica di Ampère pei magneti. Il secondo fatto mostra, che esser dovendo la quantità d’acqua corrente identica in tutte le sezioni, essa ha maggior velocità alla cima che al fondo, perchè ivi riesce più stretta la sezione. Questo fenomeno sembra alquanto paradossale e opposto a ciò che ha luogo nelle vene libere discendenti ove la sezione mi - nore è in basso, ove sta la velocità massima. Ma è ben noto quanto sia grande la forza del succhio delle colonne liquide discendenti, già messa in sì bel lume dal Venturi e sì bene utilizzata a giorni nostri dal sig. Caligny nelle sue mac- chine oscillanti e di cui vedremo fra poco altri esempi assai curiosi. 11 terzo è anche più importante per noi, perchè mostra non potere il moto di traslazione esistere scompagnato completamente da quello di vibrazione. Da ciò possiamo immediatamente conoscere che la teoria vibratoria della cor- rente conclusa dalle oscillazioni termiche che 1’ accompagnano , ovvero dalle stratificazioni luminose, non esclude un vero moto di trasporto dell’elettrico perchè i due moti vanno in pratica sempre accompagnati. Ma questa vibrazione acquista un aspetto importante sperimentando nel modo seguente. Se si stringa fra le dita il tubo in modo da diminuirne la sezione, si sente un fremito e una oscillazione così violenta che pare toccare un corpo sonoro: e questa vibrazione è anche più sensibile a pochi centimetri sotto il luogo ove — 224 — la sezione è stata angustiata dalle dita. Questo fatto così palpabile nei tubi fles- sibili, si verifica anche nei tubi rigidi, ma per osservarlo si esige qualche cau- tela. Mettendo l’orecchio a contatto di un tubo di piombo al luogo ove è una sezione ristretta, p. e. una chiave o rubinetto, si sente un fremito che prova esistere anche quivi le vibrazioni e non esser desse dovute all’ elasticità del tubo. Questo è tanto più chiaro in quanto che nella sezione superiore al re- stringimento il tubo può conservarsi pieno e senza apparente oscillazione , mentre nella strozzatura vibra energicamente. Questo fatto ricorda troppo evidentemente l’elevazione di temperatura che si ha nella restrizione de’ conduttori elettrici per dover fermarmi a dimostrarlo. Così si trova anche spiegato come il capo positivo del filo congiuntivo della pila spesso si scaldi più dell’altro, perchè è il caso che ivi allo stringersi la sezione trovasi la maggior velocità d’ imbocco. Per le correnti discontinue la cosa và diversamente, ma in queste vi sono altri elementi da tener conto. Questo moto di vibrazione poi aumenta in proporzione della restrizione della sezione e determina talora un vero suono. Questo fatto ricorda pure che la temperatura nel filo cresce col diminuire la sezione che infine diviene luminoso. 11 fatto però dell’aumentarsi la temperatura allo stringere della se- zione prova evidentemente che quello che si propaga pel filo non è semplice vibrazione , perchè i moti vibratorii non si rinforzano passando per anguste aperture pome lo vediamo nel suono e nella luce, e io ho dimostrato da un pezzo che la legge dell’ elevazione della temperatura prodotta nei fili per la corrente elettrica conduce ad ammettere che la velocità dell’elettrico cresca in ragione inversa della sezione, come nei flussi ordinari (1). E noto che queste leggi del riscaldamento colle correnti continue sono soggette ad eccezioni fra le quali vi è quella testé indicata, che un capo si scalda più che 1’ altro , e che nelle correnti continue è il positivo : è quindi manifesta la spiegazione di questi fenomeni dalla maggior velocità delle mo- lecole che ivi ha luogo. Nè ciò solo accade nei tubi, ma anche in alcuni getti liberi. M. Laroque (1), ha dimostrato che la vena d’acqua che esce dal fondo di un recipiente in cui l’acqua abbia moto giratorio si forma a imbuto cavo e a pareti sottili, e che tal imbuto vuoto d’acqua si prolunga nell’aria fuori (1) V. la mia memoria sulla luce elettrica nel N. Cimento di Matleucci, voi. VI, e rultima opera sull’ Unità delle forze fisiche. C. Ili, §. 3. (2j An. Ch. Phys. Mars 1864. — • 225 della parete dì uscita. Ciò prova che la velocità pure ivi è più grande, per- chè la sezione anulare della vena è minore in superfìcie che la sezione circo- lare che risulta colà ove la vena è piena. Ci sembra fìnalmente che sarebbe molto ragionevole paragonare le luci stratifìcate prodotte dalle correnti elettriche a que’ ventri e strozzamenti che soffre la colonna liquida negli effluvi de’ suddetti esperimenti. III. Col tubo addizionale di cristallo può anche studiarsi il modo con cui si empie il tubo quando l’acqua comincia a fluire , e con cui cessa di scorrere quando è impedito l’afflusso: tale studio si fa colla massima facilità stringendo fra le dita il tubo di gomma elastica che serve di congiunzione ai tubi. Si vede allora che il liquido nell’ incamminarsi dentro il tubo si conforma in curva le cui ordinate sono piccole avanti e vanno rapidamente crescendo, e per un tratto si conserva quasi orizzontale e poi risale, fino a render pieno il tubo. La cosa passa appunto come si dice per l’elettrico, benché nell’acqua non si possa materialmente verificare la curva teorica data da Thomson per cagione della influenza capillare delle pareti del tubo. È noto che felettrico non empie ad un tratto il conduttore ossia la tensione non è portata al suo massimo istantanea- mente, ma gradatamente, il che si verifica bene nei canapi sottomarini per la loro enorme capacità. Questo che dicesi stato iniziale dai telegrafisti, ha dunque il suo riscontro anche nei fenomeni idraulici, e può vedersi ciò anche meglio ne’ ca- nali aperti ove l’acqua forma una fronte. È noto che questa che diremo fronte dell’elettrico, fa un serio ostacolo alle rapide comunicazioni telegrafiche nei canapi sottomarini, onde i pratici sono costretti a non scaricare completamente il filo, ma tenerlo mezzo carico. Perchè il tempo che impiega a formarsi la fronte essendo maggiore di quello richiesto per il segno telegrafico, i segni vengono confusi , e le ondate secondarie del manipolatore si confondono coll’ ondata naturale della fronte della corrente. Ma tenendo il filo mezzo pieno le trasmis- sioni si fanno come le onde in un canale a metà pieno d’acqua, ove i moti ondulatòri non sono influenzati dalla resistenza del fondo nè dall’onda solitaria che costituisce la fronte. IV. Ma la classe de’ fatti più importante a cui può farsi l’applicazione delle teorie idrauliche è quella dell’ induzione elttrodinamica. È ben nota la legge che al chiudersi del circuito si ha una corrente che va in direzione opposta della corrente inducente, e che all’aprirsi se ne ha una in verso diretto. I fe- nomeni di induzione si manifestano tanto nei fili laterali quanto nei condut- tori principali o diretti di questa corrente. Cominciamo dai fenomeni osservati nel conduttore diretto. È all’ induzione che si attribuisce la scossa che si ha quando apresi il circuito di un lungo filo, specialmente se sia avvolto a spirale. Non era mancato chi avesse para- gonato questo effetto, che produce un’estracorrente, al colpo d’ariete che si ha nei tubi quando si intercetta il corso all’ acqua con prestezza , e questa analogia mi pare giustissima. Ma nessuno, che io sappia, ha trovato l’analogia della corrente opposta nella chiusura del circuito elettrico : però un fatto osservato nel suddetto tubo a piezometri la mette perfettamente al pari an- che sotto questo rispetto. Si osserva in fatti che quando si stura rapida- mente il tubo tutti i piezometri al primo istante simultaneamente si abbassano molto al disotto del livello permanente che conservar devono appresso durante il flusso ; talché se questo sia libero in modo che l’ultimo piezometro debba restar assai basso, vi entra l’aria, perchè ivi diviene la pressione negativa. Se poi si limiti l’uscita dell’acqua in modo che durante l’oscillazione la colonna non esca dal piezometro allora si vede che all’aprire tanta è l’ istantanea de- pressione del liquido quanta è 1’ elevazione all’ atto della chiusura pel colpo d’ariete. Talché il primo moto all’aprire è una diminuzione di pressione eguale a quell’aumento che si ha al chiudere. Considerando poi il moto laterale prodotto ne’ tubi comunicanti o nei conduttori flessibili è manifesto che esso accade in senso opposto nei due casi. Tal moto è di brevissima durata e. si quieta presto, e dopo alcune oscilla- zioni si fìssa al livello permanente dovuto al flusso. Questo fatto, che nei liquidi ordinarii non so se sia stato rilevato fìnora, in alcuni casi potrebbe avere delle applicazioni utili quante ne ha il suo pa- rallelo il colpo d’ ariete, e potrebbe spiegare alcuni fenomeni curiosi. Tale è p. es. lo schiacciamento totale istantaneo di una sottil conduttura di piombo avvenuta nello sturare un tubo in una fabbrica in Roma, di cui non si sa- peva dare la ragione. Non può dubitarsi che questa depressione istantanea al cominciare dello sgorgo non sia precisamente il caso della corrente indotta che và nel verso oppo- sto alla corrente al chiudere il circuito e nel verso stesso all’aprire. Dico nel verso slesso perchè chiamando noi corrente quella che si fa dalla parte di mag- 227 — - gior pressione verso quella della minore, siccome nell’ atto della apertura del circuito elettrico (che è l’equivalente alla chiusura del tubo) si ha un rinforzo di corrente che và nello stesso senso della corrente principale, come deve es- sere per la natura del colpo d’ariete in cui la forza viva accumulata accresce la corrente naturale ; così nella chiusura della corrente (equivalente all’aper- tura del tubo) dovendosi avere un effetto contrario si avrà in elettricità una corrente opposta. Perchè poi come ho fatto vedere altrove (1) per lo stabilimento del flusso ne resta modificato tutto il mezzo etereo circostante, questo deve produrre nei fili laterali dei riflussi che daranno luogo a quei fenomeni che l’esperienza ha mostrato accadere nell’ atto dell’ apertura e chiusura del circuito. L’estracor- rente del colpo d’ariete si osserva direttamente nel filo principale per la rea- zione interna che ha luogo, ma è evidente che l’altra di chiusura non si può osservare con pari facilità nel filo stesso, ma solo nei fili laterali che risentono la diminuzione di pressione dell’etere come i nostri piezometri. Per le applicazioni pratiche possiamo anche spingere più avanti le due analogie. 11 colpo d’ariete può sfiancare un tubo lateralmente o almeno pro- durre un rigurgito, quando l’acqua non abbia uscita: ma se abbia come aprire una valvola e fare un lavoro, o diffondersi in uno spazio ampio, essa non pro- durrà nessuno de’ suindicati effetti. Nel filo diretto di un rocchetto di Rhum- korff al chiudersi del circuito deve aver luogo un colpo d’ariete, e se l’estracorrente non possa avvenire, si avrà un rigurgito che impedirà alla apertura seguente di fare quegli effetti energici che farebbe se il conduttore fosse vuoto. L’ impedire tale rigurgito offrendo una vasta capacità da riempire è appunto molto probabil- mente l’eft'etto che fa il condensatore di Fizeau nelle macchine di induzione, ed è noto che al condensatore può anche sostituirsi la resistenza di un filo fino che debba superarsi dall’estra-corrente. Deviata così l’estracorrente lateralmente cessano nel filo i rigurgiti che impediscono 1’ andamento regolare della cor- rente e i fenomeni laterali di induzione si fanno con più regolarità e colla forza intera dovuta alla forza primitiva. Il giuoco delle forze vive unito alla diminuzione di pressione prodotta nello stabilirsi di un corso fluido, si manifesta in un modo assai singolare nel seguente esperimento. Si abbia una vasca piena d’acqua con turacciolo conico al fondo che ne impedisca l’uscita : il turacciolo abbia il suo asse penetrato da un tubo che si prolunghi fino al pari del livello dell’acqua del recipiente (1) Unità delle forze fisiche, capo IN. 3i — 228 — a cui serva ordinariamente di sfioratore. All’atto che tirando vivamente il tubo si permette l’esito all’acqua, un getto liquido si slancia a grande altezza pel tubo sopra il livello del recipiente. — Per studiar meglio questo curioso fe- nomeno indicatomi dal p. Provenzali, che non trovo descritto dagli autori, ho fatto costruire il turacciolo con annettervi un tubo di vetro. All’atto che si stura, l’acqua sale nel tubo sopra il livello del liquido contenuto nella vasca almeno tanto quanta è 1’ altezza del liquido. Questa cosa è tanto più singolare in quanto che vi è effettivamente nel tubo una aspirazione ben forte che a corso d’ acqua stabilito fa scendere il pelo dell’ acqua fino a votare interamente il cannello. La causa del getto di cui parliamo è molto complicata : esso in parte dipende dalla forza viva che acquista l’acqua entrando dalla vasca nel cannello, quando questo essendo voto si stura il fondo, e ciò perchè l’acqua vi corre dentro con impeto e per la sua velocità preconcepita sale ad altezza superiore al livello di quella della vasca: ma ciò non basta a spiegar tutto il salto effettivo, perchè se si faccia l’esperimento di aprire il tubo al di sotto dentro il vaso e fuori dell’ imbocco di scolo, si vede che il salto allora è minore assai che nel caso di quando si stura il foro. Questo fenomeno sembra partecipare dell’al- tro osservato da Caligny che quando un imbuto immerso nell’acqua si solleva vivamente si ha uno schizzo assai alto. Ma comunque spiegare si voglia questo getto così alto, ad onta dell’assorbimento permanente che tende a stabilirsi, esso è un fenomeno che mi suggerisce una analogia colla corrente indotta noi filo laterale che ha direzione opposta all’ inducente. Per completare que- st’analogia volli sperimentare che cosa accadeva all’atto del chiudere il tu- racciolo. Trovai che si ha allora una forte aspirazione, che mediante un sifone adattato al tubo stesso annesso al turacciolo, basta a stabilire un flusso per- manente. Questo secondo fatto è analogo a quello che succede in elettricità al- l’aprire del circuito, benché per necessità dell’uso de’ tubi qui variino non poco alcune circostanze concomitanti. Ma proseguiamo nel nostro parallelo. V. È noto che mediante i colpi di ariete ripetuti si riesce ad elevare l’acqua nei tubi, purché si apra e chiuda a tempo il corso all’acqua. Vale a dire che mediante l’azione dinamica dell’acqua si riesce a dare una pressione alla mede- sima molto maggiore di quella che essa naturalmente avrebbe nel recipiente. Così appunto accade colle correnti indotte, colle quali si hanno tensioni elet- 229 — ■ trostatiche di molto superiori a quelle che sono proprie della pila, e così la corrente convertesi in tensione , il che completa 1’ analogia. Questa pressione si esercita generalmente nel verso della corrente principale, che si assume come verso positivo. Quando il liquido scorre il colpo d’ariete non ha luogo se si in- tercetti la corrente liquida presso l’origine del condotto, onde sembrebbe che do- vesse mancare l’eSetto dell’induzione se si aprisse il circuito vicino al polo — Ma si avverta che in caso analogo nei tubi si ha una forte aspirazione della colonna e la forza del succhio che ne risulta, per ciò che spetta l’influenza la- terale, produce un assorbimento con una pressione negativa, capace d’aspirar l’acqua nei piezometri laterali, e di agire per via di sifone (num. preced.). Quindi, per analogia si avrà un’opposta tensione all’altro capo del filo di in- duzione, onde mentre uno è -t-°, l’altro è — Vi è però una circostanza che potrebbe affacciarsi come una opposizione, ed è che nell’acqua il colpo all’aprire o chiudere è accompagnato da oscilla- zioni che non si vedono nelle correnti elettriche. A ciò si risponde che tali oscillazioni possono esistere anche nell’eletti’ico, ma che se sono brevissime non si potranno scorgere coi volgari galvanometri per- chè essi sono troppo inerti, e solo potranno svelarsi con altri mezzi più pronti. Tale per esempio è la trasmissione pei mezzi rarefatti, attraverso i quali la luce prodotta da queste correnti è sempre stratificata, talché malgrado le diligenze usate dal Gassiot ad aprire o chiudere islanlaneamente il circuito, esso non potè mai avere un solo lampo di luce, ma sempre una stratificazione, appunto come Feddersen dalle scariche delle bocce di Leida. Di più il colpo d’ariete positivo esiste anche nei gas come ho potuto os- servare più volte e ho descritto altrove (1) , e vi esiste anche il negativo, come si rileva benissimo dal fatto che aperta una chiave di un becco, l’altro vicino per un istante diminuisce di vivacità. Ciò non può attribuirsi a lentezza di propagazione della pressione del gas pel tubo, perchè questa si trasmette in esso colla velocità del suono, e tra due becchi vicini la differenza sarebbe per tal causa insensibile ; ma la diminuzione accade appunto per il suddetto effetto che potrebbe dirsi di colpo di ariete negativo. Ora nei gas tali fluttua- zioni non si vedono, o riescono insensibili, e quindi per l’elettrico potranno più facilmente sfuggire l’osservazione. Non sarebbe difficile estendere ad altri fenomeni questi confronti, alcuni (1) V. Unità delle forze fisiche. Gap. III. 230 — de’ quali possono vedersi nella citata opera sull’ Unità delle forze fisiche ^ ma per ora basteranno i presenti, e dal complesso di questi fatti tireremo la seguente conclusione « che la tensione in elettricità deve riguardarsi come il fenomeno analogo alla pressione in idraulica ». VI. I fenomeni di corrente ravvisati una volta sotto il loro vero aspetto con- ducono a riconoscere anche più precisamente l’ indole di quelli che costituiscono la tensione nei casi dell’elettrostatica ordinaria, poiché riflettendo sulla natura dell’elettrico e ai fenomeni di tensione statica ottenuti dalla induzione elettro- dinamica , possiamo concludere che come questi sono dovuti certamente ad una pressione dell’elettrico disquilibrato, così deve dirsi altrettanto delle ten- sioni elettrostatiche in generale che provocate sono per altri mezzi e special- mente per i meccanici. Quindi i fenomeni elettrostatici sarebbero mero squilibrio di pressione nell’etere, proveniente dalle azioni moleculari siano chimiche, siano termiche, 0 puramente meccaniche. Quindi anche si raccoglie che non vi può essere elet- tricità statica riconoscibile senza che sia dotata di tensione, sia essa indotta o inducente: al modo stesso che non può esistere uno squilibrio di fluido qua- lunque senza una pressione corrispondente in un senso o nell’altro. Quindi r antica teoria dell’ induzione statica de’ fìsici italiani che riguar- davano questi fenomeni come analoghi a una pressione acquista probabilità e ci pare molto ragionevole. È per ciò che scrivemmo tempo fà, che essa ci sem- brava molto più vera dell’ altra proposta nei tempi a noi più vicini. Su que- sta espressione, limitatissima ne’ suoi termini, per rispetto ai professori che sostennero le idee contrarie, si è molto sottilizzato, anzi si è concluso che il solo vero che si trovava nelle riferite frasi era che V Autore delle medesime ancora non si era formato una distinta idea delV attuale questione (1). Se noi non fossimo stati chiamati a nome a parlare, e in modo tale che è più che un semplice invito, noi non risponderemmo , ma per non mostrare ta- cendo di far poco conto di chi ci invita, diremo francamente il nostro parere. Se la questione porta che noi ci facciamo una idea distinta di una elet- tricità statica riconoscibile e che sia priva di tensione (non tenda), di questa (1) Alti dell’Acc. de’ N. Lincei, Tom. XVh pag. 1123,eGiorn. Are. Voi. XXXVI, 1863, pag. 228. — 231 non solo confessiamo che non abbiamo idea distinta, ma dichiariamo apertamente *' che ci riesce impossibile formarcene una idea qualunque , non potendo noi concepire disquilibrio di elettrico senza una tensione, come non possiamo con- cepire disquilibrio di un fluido qualunque senza che ne nasca una corrispon- • dente variazione di pressione. In quanto ai due fluidi che sembrano richie- dersi dai fautori della nuova teoria, noi li stimiamo affatto superflui, e crediamo che queste forze astratte e queste elettricità negative, mascherate, dissimulate, 0 nascoste che si vogliano dire, è oramai tempo che spariscano dai trattati, come è sparito il principio frigorifìco e il calorico latente in vero senso , e ogni dì svaniscono altre entità che immaginate nei tempi dell’ infanzia della scienza, non erano che un linguaggio utile a distinguere de’ fenomeni d’ ignota origine con termini particolari. Ma ora che essa è cresciuta, e che pare rico- nosciuta la vera loro causa bisogna affatto eliminar quelle parole, perchè pre- stano imbarazzi alla mente come quelle che nascondono falsi concetti, o almeno fissare chiaramente il senso di quelle voci che ora è ben differente da quello annessovi altre volte. I fenomeni dell’ induzione è più di un secolo che si studiano, e benché \ si siano trovati fatti nuovi, ciò non ostante considerandoli nella loro cerchia 1 esclusiva non è stato dato ancora di chiarire la loro indole teorica meglio che / noi fosse da principio. Noi non ci stimiamo capaci di poter svelare questo se-/ /^•eto, ma ci parve che considerando le cose dal lato dinamico fosse più facile ' formarsi un concetto di questa azione , riducendola al caso delle pressioni. Questa ci parve la via più ragionevole per farli entrare nella pura mecca- nica, a cui oggi si cerca di ridurre tutti gli imponderabili. Ma queste pressioni si esercitano in modo diverso tra i corpi là dove l’etere può scorrer libero, come nei metalli, e là dove esso è sollecitato da forze speciali come nello spazio vuoto e nei coibenti. In questi mezzi e nel vuoto 1’ etere è fornito di certe proprietà particolari di non ancor manifesta indole, che ci vengono rivelate dalle vibrazioni trasversali della luce, e dalle quali con ogni probabilità secondo noi deriva pure la facoltà isolatrice per l’elettrico : sulla natura delle quali pro- prietà possono farsi delle congetture, ma non altro finora. Queste essendo le nostre idee sulla elettricità è manifesto che non po- tremmo entrare a discutere una moltitudiee di minuti sperimenti, che possono spiegarsi tanto nell’antica che nella nuova teoria, con chi forse non conviene in questi principi!, talché, senza perciò riputarli indegni di discussione, cre- diamo meglio occupare il tempo in altre ricerche, secondo l’avviso dato da un celebre fisico, giudice ben competente in queste materie. — 232 — Nota sulle pile a sabbia. Del E. P. A. Secchi. Costretto dalla necessità di registrare le osservazioni meteorologiche per mezzo deir elettricità , ho cercato sempre di ridurre al modo più pratico che fosse possibile il grande strumento che a tal opera è destinato, cioè la pila di Volta. Il pretendere una pila che produca corrente senza consumare un prodotto chimico è cercare il moto perpetuo, quindi non è senzia alterazione di ma- teriali che ciò può aversi. Ma oltre il consumo del materiale utile che dà la corrente, una immensa copia ne và in quelle che diconsi azioni locali, il pre- venire le quali è 1’ opera che veramente deve ancora eseguirsi. Fin dal 1858 trovai una modificazione alla pila di Danieli che scioglieva realmente il problema, perchè impediva completamente tali azioni locali e me ne sono servito per tre anni a registrare le osservazioni. Delle critiche poco benevole ne sono state fatte, ma non per questo la combinazione è meno buona. Non oravi veruna azione locale e il solfato di rame vi era precipi- tato sul rame in equivalente rigoroso esatto della sua decomposizione, e riu- sciva rame compatto e perciò utile. Però la spesa deU’acido solforico, la di- ligenza deH’amalgamazione , e la durata di un elemento, limitata a 30 o 40 giorni di azione energica quasi come al principio e il rapido suo decrescere dopo quest’epoca, mi fece desiderare un miglior mezzo, e non il preteso in- gombro, che per tre o quattro coppie era ben poco. Però io persisto ancora a raccomandare quella specie di pila a chi vuole grande copia di elettrico con pochi elementi, e potrà averla per tanto tempo quanto si disse, pari a di quelle di Bunsen con eguali dimensioni. L’annunzio della pila a sabbia di Minotto mi suggerì varie esperienze , e dopo aver trovato che questa pure ha i suoi pregi, come non manca di in- convenienti, e specialmente di dare poca quantità, cercai di migliorarla. Anche il sig. lacobini, ispettore de’nostri telegrafi^ mi propose un altro miglioramento di costruzione di cotesta pila che quantunque stimato da alcuni insignificante , pure io lo tengo di gran valore. Il sig. lacobini arma la pila così : mette al fondo del bicchiere solfato di rame , poi vi introduce un ci- lindro di lastra di rame verticale senza fondi, anzi cogli orli frastagliati e ri- voltati in fuori, poi mette una carta sul solfato, e sopra questo mette uno strato di sabbia , per uno o due centimetri, poi mette lo zinco anulare or- dinario , e riempie quindi quasi completamente il cilindro di rame di solfato, e il resto del vaso e l’ intervallo tra zinco e rame colla sabbia e si inaffìa tutto a saturazione con acqua semplice. Questa modificazione alla pila di Minotto è piccola è vero, ma utile ad evitare uno de’grandi inconvenienti che può accadere a quella, cioè che la sabbia non iscenda a mano a mano che si scioglie il solfato, il che accade se la sabbia abbia un pochissimo di calcareo. Di più fa che anche dopo consumato il solfato si possa aggiungerne dell’altro senza bisogno di smontare la pila stessa. Però tanto quella di lacobini che di Minotto hanno l’inconveniente che smontando la pila si ha al fondo de’ vasi un misto di sabbia , solfato di rame, rame granulare, e frammenti di ossido di zinco, che ingombrano l’arena talmente che è meglio gettar questa , che occuparsi a lavarla e purgamela. Questo inconveniente può evitarsi chiudendo il fondo del cilindro di rame con vescica, ma la vescica invece di essere attigua all’orlo del rame deve re- stare molto discosta da esso, il che si ottiene formando un largo sacco che si lega presso al fondo del tubo di rame, e che si empie, di solfato, col che si distrugge affatto l’ inconveniente dell’otturarsi il rame. Alla vescica può so- stituirsi semplice tela. Facendo tali esperimenti riflettei che il grande vantaggio che si aveva in queste pile per la costanza ed economia, alcune delle quali durano da un anno, non poteva esser dovuto alla forza dell’arena operante come diaframma, perchè la sabbia per certo meno opportuna a ciò che la porcellana porosa, eppure con questa si ha così grande perdita : ma che la causa principale fosse un’al- tra, cioè l’annientamento del moto intestino del liquido che è impedito dalla sabbia, onde anche le azioni locali sono diminuite. Infatti quando accade un’azione locale coi liquidi liberi, questa genera un movimento nel fluido per cui va al fondo il liquido più pesante , e in suo luogo sottentra un’altra particella e via di seguito, talché una particella scom- posta farà la strada all’altra, finché tutto sia decomposto. Credetti adunque che bastava togliere questa causa di distruzione coll’an- nientare i movimenti interni, e col rendere fisso il liquido. Perciò bastava nel- l’ordinaria pila di Danieli , all’acqua semplice in cui pesca lo zinco sostituire sabbia, che poi si umetta con acqua al solito. Il diaframma poroso allora si empie di solfato di rame in pezzetti al modo solito; e la pila è fatta. Finora da tre mesi che 1 6 di questi elementi stanno in azione, operando a circuito chiuso 1 2 ore il giorno, non han dato segno di precipitazione di rame nel vasetto, nè vi è maggior dispendio di solfato che nelle altre costruzioni a sabbia, e pare che così sia realmente fatto un qualche altro passo verso la soluzione pel problema dell’annientamento delle azioni locali. Potrà poi armarsi la pila anche con altre materie diverse dalla sabbia _ y/z? bagnate con acqua, come indicò il Minotto. Ho fatta una prova collo zolfo pesto finamente, ed è riuscita molto meglio che colla sabbia. Assai minore e stato il logoro dello zinco e la forza costante anche più che colla sabbia. Solo collo zolfo si esige l’avvertenza di impastarlo coll’aequa prima di metterlo dentro il vaso, perchè questa sostanza ha poca capillarità e schiva di bagnarsi , ma inzup- pata che sia una volta serve a meraviglia bene. Lo zolfo può servire ove non è facile trovare sabbie prive di materia calcarea. Solo devo avvertire che mettendo il diaframma poroso e inoltre la sab- bia, la pila non arriva che tardi alla sua forza massima, e impiega tre o quat- tro giorni almeno, secondo la resistenza de’ diaframmi. L’ uso de’ diaframmi in terra unito alla sabbia permette di usare terre cotte molto ordinarie, e io ho armate alcune pile con quelli fatti di terre delle stoviglie ordinarie e han servito bene, salvo che talora questi hanno il difetto di resister troppo. Così pure ho trovato ottimi de’ pezzi di tubo di tela da pom- piere, e anche di semplice tela da vele intonacata con luto di calce e fa- rina. Se anche avesse a succedere in questi diaframmi col tempo un qualche incrostamento, onde si dovesse gettare il diaframma, sarebbe poco danno, es- sendo essi di pochissimo valore e potendosi procacciare ovunque, perchè ogni vasaio li può fare, e la loro permeabilità non è più ostacolo a servirsene, per- chè sarà sempre minore che quella dell’arena sciolta, e la forza qui la fa non il diaframma, ma l’arena o altro corpo che sequestra i movimenti del liquido, il che impedisce indirettamente anche 1’ incrostazione metallica stessa. La commodità che si trova nell’uso de’ diaframmi porosi colla sabbia è somma, perchè può all’occorrenza smontarsi e rimutarsi la pila in pochi minuti, ove dopo molti mesi avesse qualche incrostamento, ma se sia il diaframma di buona qualità, come certi di porcellana, non si incrosterebbero che pochissimo. La prova della poca azione locale di queste pile la tengo nel fatto che avendo tenuto in azione un elemento con lamina di zinco del commercio spessa meno di un millimetro, questa dopo due mesi era ancora in buono stato da poter servire altrettanto tempo, benché la pila operasse continuamente al me- teorografo, nel quale può contarsi che il circuito rimanga chiuso 12 ore del giorno. Una poi che entra in azione solo un minuto ad ogni quarto d’ora, ha servito con quello zinco 6 mesi senza mostrar logoro notabile, e durerà spero un anno. Se si riflette che la lamina di zinco del commercio colle antiche pile di Danieli era fuor di servizio dopo una settimana, si vedrà che non è piccolo il vantaggio ottenuto, e per servizio de’campanelli dispensa da zinco fuso. Sui battimenti acustici. Memoria di R. Facri. Le coincidenze delle vibrazioni di due suoni simultanei, e quasi aH’unisono fra di loro, producono una sensazione di tanti periodici rinforzi di suono, che da gran tempo uditi, facendo suonare le più grandi canne dell’organo, furono dagli organisti chiamati battimenti. Sauveur meditando sopra codesto feno- meno, riconobbe la sua origine nella coincidenza delle vibrazioni, e si servi dello stesso fenomeno per determinare con sufficiente esattezza il numero as- soluto delle vibrazioni de’ suoni , dal che ne trasse la prima idea di un dia- pason unico ed inalterabile; e non può dubitarsi che le sue osservazioni sui battimenti gli abbiano apertala via a molti altri lavori importanti sulla scienza del suono, che furono i primi passi della moderna acustica. Dopo Sauveur il fenomeno dei battimenti è stato pochissimo studiato dai fìsici, e solamente, dopoché nel 1714 Tartini scuoprì che quando due suoni si- multanei erano tanto lontani di tuono da non produrre battimenti , si udiva in vece un terzo suono, la cui origine fu subito riconosciuta alle coincidenze delle vibrazioni, si disse che ogni serie di colpi comunicati periodicamente ed isocronamente all’aria, produce o la sensazione di un suono musicale, o quella dei battimenti , a seconda della maggiore o minore rapidità colla quale que- sti colpi si succedono. Oggi il vocabolo battimenti non serve ad indicare unicamente il ricor- dato fenomeno delle canne da organo , e si suole con esso indistintamente nominare un seguito di suoni o rumori indeterminati, che si odono in molti fenomeni acustici, tanto isolatamente quanto in compagnia di altri suoni con- tinui , e si ritengono generalmente essi battimenti come gli elementi costi- tutivi dei suoni musicali. Quantunque io non ritenga esatta rigorosamente que- st’ultima proposizione, come meglio spiegherò nel seguito di questa memoria, pur tuttavia essendo il fenomeno dei battimenti molto strettamente legato colla generazione dei suoni, merita di essere studiato anche più di quello che siasi fatto fin qui. Si prenda una ruota dentata di Savart, od una sirena di Cagniard Latour, e si faccia girare la prima, o spingasi l’aria nella seconda; cominciando len- tamente, poscia gradatamente con velocità sempre maggiore, si udiranno pri- mieramente dei piccoli colpi intermittenti, i quali si succederanno sempre a 32 — 236 — minori intervalli, finche si trasformeranno in un suono musicale ben definito, il quale come è ben noto diventerà sempre più acuto, se il moto della mac- china continua ad aumentare di velocità. Da tali esperienze, e da altre con- simili si dedusse , che le vibrazioni isocrone dell’aria producono nell’ orecchio la sensazione o di suono o di dibattimenti, secondo che la durata loro, è mi- nore 0 maggiore di un certo limite, che da Savart fu portato ad ^/g di secondo. Se non che lo stesso Savart (1) osservò con delle ruote dentate di diversa grandezza, che dei colpi comunicati all’aria ad intervalli di tempo eguali, in al- cune circostanze producevano suoni musicali, ed in altre solamente dei bat- timenti. Assai facilmente ho potuto verificare ciò in alcune sperienze sulla ri- flessione multipla del suono (2), nelle quali alla serie di impulsi aerei, generata dai diversi denti delle ruote di Savart, ho sostituito la ripetizione di un solo impulso, prodotta col mezzo di due superfici parallele , che successivamente riflettevano il moto aereo , generato dall’ unico impulso. Codesta disposi- zione dell’ esperienza mi ha permesso di variare con una estrema facilità la natura degli impulsi , ed ho sempre trovato che i colpi che soglionsi chia- mare secchi, come quelli prodotti da due ciottoli silicei percossi fra loro, an- che a piccola distanza dalle superfici riflettenti, producono dei rapidi battimenti in luogo di suono, mentre altri colpi, come quelli che si ottengono battendo leggermente le mani 1’ una sull’altra , fanno sentire un suono musicale netto e definito. Savart (3) spiega questo fenomeno ammettendo che nell’ orecchio persistano le impressioni di suono o rumore, a somiglianza di ciò che avviene nell’occhio per riguardo alle senzioni luminose; e che la sensazione dei batti- menti si trasformi in suono, quando per effetto della detta persistenza di sen- sazione, le impressioni dei battimenti vengano a sovrapporsi. Prima di accen- nare la mia opinione su tale argomento , credo opportuno premettere un’os- servazione sulla diversa natura di alcuni battimenti. Fin ora abbiamo considerato i battimenti come una ripetizione di piccoli rumori di cortissima durata, i quali si vanno succedendo ad intervalli eguali di tempo. Evvi però un’altra specie di battimenti che consistono in un rin- forzo periodico di un dato suono. Non è diffìcile nell’ ascoltare da lontano il suono derivante dalla prolungata oscillazione di una campana, che sia stata in (1) Annales de Chiinie et de Physique. T. 47, 1831. (2) Intorno ad alcuni fenomeni che presenta la riflessione multipla del suono. — Nota del doti. Ruggero Fabri. — Atti dei Nuovi Lincei 1860. (3) Annales de Chimie et de Physique. T. 44. 1830. — . 237 — antecedenza percorsa, il discernere dei rinforzi periodici di suono, che imitano molto la sensazione dei battimenti prodotti dalle canne di organo. Questo fe- nomeno è dovuto ad un movimento di rotazione, che spesso assumono nelle campane le linee nodali, pel quale si presentano dal lato dell’uditore succes- sivamente i ventri ed i nodi di vibrazione della campana, producendo una pe- riodica variazione d’ intensità del suono udito. Dei battimenti di questa specie si possono ottenere facilmente, mediante l’ interferenza delle vibrazioni di due corde all’unisono, tese sulla medesima cassa armonica di uno strumento mu- sicale. Scorrendo coll’arco su di una di queste corde, vibra anche l’altra per effetto della comunicazione del moto oscillatorio, operata mediante la cassa ar- monica: però le vibrazioni di questa seconda corda in vece di aumentare l’ in- tensità del suono della prima, la diminuiscono per quelle ragioni che ho in- dicate in una nota sulle interferenze sonore (1). Toccando la seconda corda con un dito, si ode un rinforzo di suono, perchè si impediscono le sue vibra- zioni; e ripetendo questi toccamenti ad intervalli uguali di tempo, si producono dei battimenti che hanno un timbro somigliante a quelli indicati delle cam- pane. È assai probabile che i battimenti risultanti da due suoni simultanei, sieno di questa seconda specie; perchè nei momenti di coincidenza ciascuno dei due suoni rinforza l’altro, o forse meglio perchè in quelli istanti amendue i suoni hanno tutta la loro intensità , mentre negli altri istanti più o meno vengano a distruggersi in parte. Stabilite così due sorta di battimenti, discutiamo la differenza che esiste fra essi, ed il suono musicale. Gli esperimenti riportati provano ad evidenza r inesattezza di ciò che hanno detto alcuni fisici che cioè quando le vibrazioni dell’aria sono molto lente si odono battimenti, e quando sono più rapide pro- ducono la sensazione del suono. Confrontate le impressioni che producono in noi i suoni musicali, con quelle prodotte dai battimenti, e notando la conti- nuità di sensazione dei primi, e la discontinuità dei secondi, mi sembra che molto facile venga in mente di trovare la causa dei primi nei movimenti continui dell’ aria, e quella dei secondi nei movimenti discontinui, senza ri- correre come fece Savart alla persistenza delle sensazioni nell’ orecchio. Se come avviene in tanti sperimenti, le pulsazioni che generano un dato suono, prese isolatamente, non producono che la sensazione di un piccolo rumore, la sovraposizione delle sensazioni di tutti questi piccoli rumori, cagionata dalla (1) Alti de’ Nuovi Lincei 1859. — 238 — persistenza di esse nell’organo dell’udito, non produrrà evidentemente che la sensazione di un rumore unico continuato , e non potrà mai fargli cambiare natura trasformandolo in suono. Io credo che sia molto interessante d’ insi- stere sulla diìYerenza fra i due modi, coi quali noi avvertiamo i movimenti pe- riodici dell’aria , mediante l’organo dell’udito ; cioè fra i suoni musicali ed i battimenti , in quanto che è sopra di essi che continuamente si ragiona in acustica. Generalmente si ritiene che la condizione necessaria alla produzione di un suono musicale, sia 1’ isocronismo delle vibrazioni aeree ; ma siccome abbiamo dei suoni, come i così detti portamenti di voce, nei quali le vibra- zioni cambiano successivamente di durata, bisogna ritenere inesatta la condi- zione enunciata, sostituendovi l’altra della continuità del movimento oscillato- rio. Se poi questa continuità non esiste, si udranno o dei battimenti o del ru- more, secondo che le discontinuità procedono regolarmente ad intervalli eguali di tempo, o confusamente. Ora passeremo a dimostrare come questa ipotesi spiega bene diversi fenomeni acustici. Se una serie di urti dati all’aria, può generare un suono, solo quando essi sieno di tal natura e si succedano con tale rapidità, da determinare un mo- vimento oscillatorio continuo nell’aria; è chiaro che non potrà aversi suono, quando le molecole dell’aria fra ogni urto, per un tempo piccolissimo, ma non infinitesimo, rimangono in quiete. È per questo che in generale gli urti che producono forti spostamenti, come quelli dell’apparecchio a spatole di Savart, produrranno suono, benché si succedano ad intervalli non molto piccoli; e così pure alla diversità degli spostamenti si attribuiscono facilmente gli altri feno- meni, osservati dallo stesso fìsico colle ruote dentate di specie diversa. Non è diffìcile altresì vedere che vi potranno essere degli urti di tal natura , da produrre un movimento continuo oscillatorio, e contemporaneamente dei mo- vimenti discontinui, che per le leggi meccaniche potranno sovrapporsi e coesi- stere con esso, producendo nell’orecchio una sensazione mista di battimenti e di suono, ossia quei suoni che chiamiamo ronzanti, come quelli molto bassi delle corde vibranti, e gli altri prodotti dallo sbattimento delle ali degli in- setti. E molto diffìcile, per non dire impossibile, senza l’ ipotesi enunciata, spie- gare la sensazione di codesti suoni, che sono ritenuti intermedi fra i veri suoni musicali ed i battimenti. Considerando i battimenti di seconda specie, ossia quelli prodotti da un rinforzo periodico di suono, non è diffìcile 1’ immaginare come questi rinforzi, comunicando all’aria periodicamente dei movimenti di maggiore intensità, pos- — 239 — sano determinare un nuovo movimento vibratorio sincrono ad essi. Egli è per questo che neiresperimento di Tortini , coi due suoni simultanei non molto prossimi, ne sorge un terzo, mentre poi se i due suoni sono molto vicini, ri- petendosi le coincidenze ad intervalli molto lunghi, non possono imprimere che movimenti discontinui, e quindi si udranno solamente battimenti. Qui cade in acconcio dimostrare come il principio esposto, spieghi mirabil- mente una curiosissima osservazione del sig. Dove (1), sulla diversità che esi- ste fra i battimenti, ed i suoni prodotti dalle combinazione di altri due suoni. Questo celebre fìsico volendo conoscere, se le sensazioni di due suoni si po- tevano combinare a somiglianza di ciò che si verifica delle due immagini ste- reoscopiche a colori complementari, che presentate ognuna a ciascun occhio producono una sensazione unica bianca, ha avvicinati ciascuno innanzi ad ogni orecchio prima due diapason a tuoni molto vicini, che vibrando insieme pro- ducessero i battimenti, e poscia altri due accordati alla quinta. Nel primo caso egli ha notato che si potevano udire i battimenti, mentre non ha mai ritro- vato nel secondo caso l’ottava bassa, che sarebbe stato il suono risultante, il quale poi si udiva benissimo quando amendue i diapason erano tenuti innanzi allo stesso orecchio. Da queste esperienze il sig. Dove ha concluso, che le im- pressioni di due tuoni molto vicini si possono combinare tanto se vengono per- cepite simultaneamente dal medesimo orecchio, quanto se lo sono separata- mente dai due orecchi, producendo dei battimenti; ma che però nel secondo caso la combinazione non ha più luogo, quando i battimimenti divengano tanto numerosi per costituire un nuovo suono : ossia ha stabilito che i suoni ri- sultanti sono obiettivi, e non subiettivi. Dopo le idee esposte è facilissimo spie- gare questa singolare diversità fra i battimenti ed i suoni risultanti. In fatti è indubitato che noi sentiamo più forte il suono con amendue le orecchie, che quando lo ascolta solo una, il che prova che le impressioni ricevute dai due orecchi vengono ad aumentarsi ; quindi è molto naturale che le coincidenze delle vibrazioni di due suoni, ascoltanti ciascuno da una sola orecchia, possano produrre un rinforzo di sensazione ; ma questi rinforzi non potranno tener luogo dell’ impressione prodotta da un movimento oscillatorio continuo, quale è quello che sorge nell’aria dal miscuglio delle vibrazioni dei due suoni. Alcuni abili sperimentatori hanno fatto vibrare delle canne da organo di tale grandezza, che seguendo le note leggi, dovessero dare un suono fondamen- (1) Pogg. Ann. n.^' 8. — Archives de Sciences physiques et naturelles, Oclobre 1859. 240 — tale di pochissime vibrazioni per secondo. In questo caso essi hanno udito in vece di un suono di straordinaria gravezza, dei battimenti corrispondenti alle vibrazioni generali di tutta la canna. Questi evidentemente sarebbero esem- pi di battimenti prodotti da moti vibratori continui , contro a quanto si è detto precedentemente. Io non ho sperimentato sopra codeste lunghissime canne, ma ho fatto vibrare delle grosse corde, e delle lamine elastiche che fa- cevano 3 0 4 vibrazioni per secondo, ed ho udito qualche volta alcun indi- zio dì battimenti. Quantunque possa nascere giusto dubbio , se i movimenti continui delle canne, delle corde, e delle lamine in tutti i casi comunichino altrettanti movimenti continui all’ aria circostante , si possono indipendente- mente da ciò spiegare i detti fenomeni colle coincidenze delle vibrazioni dei numerosi suoni armonici concomitanti, che in queste circostanze sono singo- larmente sensibili. Se a indica il numero delle vibrazioni del suono principale, ed «, /3 due numeri intieri qualunque, «a, /3a esprimeranno due suoni armonici qualunque, ed il suono di combinazione di questi due armonici , ponendo « > ^ , sarà espresso da oca — (3a = [oc ~ ]S)a . Il numero oc — /3 potrà assumere tutti i valori, cominciando dall’unità, e proseguendo nella serie de’ numeri intieri: si conclude quindi che i suoni di combinazione dei diversi armonici coincidono cogli armonici stessi, o col suono fondamentale nel caso di oc — /3 — 1 . Se a è molto piccolo, le vibrazioni fon- damentali della colonna d’aria saranno tanto lente, che non potranno produrre alcuna sensazione neU’orecchio , ma ad intervalli corrispondenti alle a vibra- zioni, si udranno dei rinforzi di suono di alcuno degli armonici, provenienti dalle coincidenze delle loro vibrazioni, ossia si sentiranno quei battimenti assai noti , che come ho già detto , si devono attribuire ad un rinforzo dei due suoni che li producono. Da ciò che ora si è dimostrato , è facile dedurre la ragione perchè nelle colonne d’ aria, e nelle corde vibranti, si odono i suoni fondamentali, e gli armonici concomitanti di una singolare purezza, senza il miscuglio di altri suoni che potessero sorgere dalle, numerose combinazioni ; quando però si esperimenti sopra un corpo sonoro, i cui suoni superiori non sieno multipli esatti del fondamentale , la cosa cangia totalmente d’ aspetto ; ed in fatti percuotendo una campanella emisferica di bronzo, ed avvicinandola molto all’orecchio, ho sentito distintissimi molti suoni bassi, e diversi sistemi — Uì — di battimenti di varia rapidità, che nasceranno evidentemente dalle combina» zioni dei diversi suoni della campanella. Può sembrare a taluno che i suoni prodotti dalla riflessione multipla di un solo rumore, abbiano origine da un movimento isocrono discontinuo, quale è quello che per effetto delle successive riflessioni viene comunicato alle mo- lecole d’aria poste fra le due superfìci riflettenti, piuttosto che da un movi- mento oscillatorio continuo, come si è detto essere necessario per la produ- zione di un suono musicale. Però esaminando un poco il fenomeno, sarà evi- dente che per effetto delle forze di elasticità, ogni spostamento di una mole- cola di un mezzo, deve dar luogo ad un movimento oscillatorio continuo; ed è facile il vedere che quando questi spostamenti si succedono ad intervalli uguali di tempo, possono in molti casi determinare un movimento oscillatorio continuo isocrono ad essi. Questo precisamente avviene nel fenomeno indicato, essendoché ascoltando attentamente questi suoni, si riconoscono sempre accom- pagnati dai battimenti prodotti delle successive riflessioni , in guisa tale che non può dirsi che i battimenti si trasformino in suono, ma invece che que- sto è una conseguenza di essi. Vi è anche un’altra osservazione, che panni possa convalidare l’ indicato modo d’ interpetrazìone del fenomeno. Esperimen- tando fra due muri paralleli, che producevano bene il suono di riflessione quando era caduta buona copia di neve sul terreno interposto, ho trovato che la so- norità del luoeo era sensibilmente diminuita; ossia nel mentre che si udivano benissimo i battimenti, il suono che li accompagnava riusciva più debole. E dunque evidentemente cbe il piano del terreno quando rifletta bene le onde aeree, rinforza questo suono come avrebbe rinforzato quello di uno strumento musicale, la qual cosa sarebbe diffìcilissima a spiegare, se si volesse che l’ori- gine del suono in discorso forse la ripetizione delle sensazioni, cagionata negli orecchi per effetto delle multiple riflessioni fra i due muri; avvegnaché un’al- tra riflessione sovra una terza superficie non potrà rendere più sensibile il fe- nomeno, ma in vece lo imbroglierà. Non credo in fine totalmente inutile osservare , non essere necessario per la sensazione di un suono musicale, che un movimento vibratorio conti- nuo, eccitato nell’aria ambiente, venga ad introdursi nell’orecchio, basta che il nervo acustico riceva le impressioni di un movimento vibratorio continuo , od anche meglio più generalmente, delle impressioni uguali a quelle che prò- durebbe un movimento continuo dell’ aria. È necessario di non dimenticare questa evidentissima riflessione, quando si vogliano interpetrare esattamente i — 242 — fenonienì dei suoni, comunicati all’orecchio dalle parti solide della testa. Con questo mezzo, in diversi sperimenti, ho udito dei suoni straordinariamente bassi, che mi riusciva impossibile udire, comunicando le vibrazioni all’orecchjo coll’ordinario mezzo dell’aria. Forse è la forma particolare delle concavità in- terne deU’orecchio, che favorisce la produzione di un movimento continuo del- l’aria interna, e quindi anche la sensazione dei suoni. Riassumendo le principali cose esposte in questa memoria, potremo sta- bilire. 1. ® Che vi sono due specie di battimenti, la prima formata da una suc- cessione di piccoli rumori , e la seconda da un rinforzo periodico di uno o più suoni. 2. ° Che i battimenti prodotti dalle coincidenze delle vibrazioni di due suoni, sembrano della seconda specie, ossia formati da un rinforzo reciproco di amendue i suoni simultanei. 3. ° Che tutti questi battimenti possano trasformarsi in suono musicale, allorquando generino nell’aria, od almeno nelle parti dell’orecchio che comu- nicano il suono, un movimento vibratorio continuo. 4. ° Che allorquando i battimenti sono di tal natura, da non potere in- viare un movimento continuo, al nervo acustico, benché sieno isocroni ed an- che rapidissimi, non produrranno mai l’ impressione di un suono musicale de- terminato. 5. " Che i battimenti uditi in vece del suono fondamentale in lunghis- sime colonne d’aria vibranti, non sono dovuti alle vibrazioni generali del ci- lindro d’aria, ma bensì alle coincidenze delle vibrazioni dei numerosi suoni ar- monici, le quali coincidenze corrispondono precisamente alle medesime vibra- zioni principali deH’aerea colonna. — 243 — Cause che hanno influito alla insalubrità delVaria di Roma, ed alla soprav-^ venienza di nuove malattie. Indicazioni opportune a rimediarvi. Nota del prof. Giuseppe De rossi. L!> Autore della natura nell’ infinita sua provvidenza non solo organizzò gli esseri appartenenti a ciascun regno naturale con varietà di struttura oppor= tuna, ma volle stabilire ancora rapporti di intima relazione e reciprocanza fra gli uni e gli altri ; rapporti di organizzazione , per cui un vegetabile di una data specie potesse in altre inserirsi, un animale accoppiarsi con varietà di- verse, generando ibridismo; rapporti di funzionamento, pel quale una funzione di un sesso fosse in rapporto coll’altro, una istintiva industria di uno impie- gata venisse al ben essere di varietà o coesistenti o successive ; la sostanza animale o vegetale fosse nell’ordine universale riservata per la nutrizione scam- bievole fra questi due vasti regni della natura ; sia che le piante introdotte negli organi digerenti degli animali ne fornissero il nutrimento, sia che i corpi animali putrefatti somministrassero al suolo elementi molto opportuni per la nutrizione de’ vegetabili. Ma un esempio più manifesto di questa ammirabile reciprocanza di funzioni è nel respiro, in cui gas esalati, escrementizi, e me- fitici degli animali vennero con sapienza incomprensibile resi vitalizzanti ed omogenei per la respirazione e per la vita delle piante. Gli animali adunque esalano l’acido carbonico , il quale infesterebbe Tatmosfera , quando un pro= porzionato numero di piante non esistesse a consumarlo col suo respiro, anzi a modificarlo opportunamente nel vegetale parenchima, fissanJovi il carbonio, e restituendo a torrenti sotto l’ impero de’ raggi solari il già reso escremen- tizio ossigeno, il quale dall’atmosfera raccolto si spande, per divenire il prin- cipio vitalizzante nel respiro degli animali (1). Dunque le piante formano sotto l' influenza de’ raggi solari la principale sorgente dell’aria respirabile per gli animali e per l’uomo, e ne somministrano in tanto maggior copia, ed assorbono con tanto maggiore attività l’acido car- bonico atmosferico, per quanto è maggiore il loro numero ed estesa la loro dimora. Così non recherà maraviglia l’osservarsi che quelle città, quelle pro- vincie , quei villaggi , che circondati appariscono da rigogliosa vegetazione e specialmente da alberi da bosco , somministrino la sorgente di salubrità per (1) Derossi, Organografia fisica e patologia delle piante, pag. 49. 33 — 244 le circostanti generazioni presenti e future. All’opposto distrutti in cotali città e castella i boschi e la coltura, ovvero non esistendo questi , le popolazioni vengono ad essere sventuratamente oppresse da mali, nè gli individui già ab- battuti e lassi conducono vita longeva. Questa gran verità possiamo facilmente confermare negli stessi nostri dintorni. Quanti paesi disabitati, quanti villaggi derelitti, quante città percorse da influenze morbose che pochi anni addietro non esistevano ! Eppure quei villaggi erano prima ridenti , quelle clamorose città vicine formavano poco tempo fa la delizia degli abitanti , rinvigorivano le loro tempre, assicuravano la più invidiata robustezza della prole nascente, richiamavano per la salubrità del cielo esteri ancora, che vi accorrevano onde risanarsi dalle loro malattie Orsù donde tanto cangiamento ? perchè ora ve- diamo quelli ad inospiti spelonche ridotti , e queste arricchite di sepolcri e cemeteri ? Forse degenerarono in esse le sorgenti delle acque potabili, od un vulcano apertosi nel loro grembo ne sconvolse le condizioni telluriche ed atmo- sferiche ? Forse impetuosi torrenti ne’ gorghi loro le accolsero, o terremuoti violenti ne subissarono gli edificii ? Nulla di ciò. La vera cagione del perenne loro abbandono fu l’insalubrità del cielo. Infatti finché recinte si trovarono da selve ove alberi secolari dalle loro fronde agitate somministravano torrenti di ossigeno, 1’ aria era vitalizzante e pura, le funzioni della vita organica si eseguivano con incredibile attività, quelle della vita animale procedevano con maggior energia , non tanto per 1’ aumentata irrorazione sanguigna de’ centri nervosi, quanto per la maggiore elasticità deH’atmosfera. E qui siamo giunti alla opportunità di accennare altra causa d’ insalubrità atmosferica, qual si è quella della sua gravezza, cagionata da eccessiva copia di vapore acquoso. Per questà gravità e pressione si ottundono i vigorosi slanci dell’ intel- ligenza , ed il cerebro viene alquanto vincolato nell’ esercizio almeno di una intuizione limpida e serena, per questa 1’ universale economia si affievolisce, c rendesi soggetta a flussioni, a flemmasie, a sierosi versamenti, non esclusa la tanto in oggi frequente apoplessia sierosa (1). Ora sappiamo dalla fisica delle (1) Dalle numerose sezioni cadaveriche , praticale da me nel Yen. Arciospedale d S. Spirito nel triennio di medico assistente, ho potuto rilevare che nella nostra città di 100 apoplessie 80 son del genere delle sierose , non trovandosi altro che siero appena sangui- gne ne’ ventricoli cerebrali o alla base del cranio, e moderato ingorgo de’ vasi encefalici. Rara è la rottura de’ vasi dell’encefalo e l’estravaso, ciò che costituisce la vera apoplessia sanguigna e fulminante. Ciò posto non sembrerà ripugnante la seguente proposizione. Ne’ paesi di aria grave per l’eccessiva copia di vapore acquoso si possono turbare le fun- zioni del cutaneo traspiro. Il corpo allora, men perdendo di umore, si rende soggetto a flus- sioni del medesimo in organi ancora interessanti, non escluso il cervello. — 245 — piante con quanta attività le medesime assorbano l’umidità dairatmosfera, fino ad esisterne di quelle in cui maggiore è l’assorbimento aereo che radicolare, Ne somministrano esempi molte della famiglia delle leguminose, la tribù delle piante crasse, e specialmente Vaerides aracnoides. Laonde la scarsezza di piante (esseri molto avidi in assorbire l'umidità atmosferica) renderà grave e pesante questo fluido per l’eccessiva copia di vapore acquoso. Inoltre gli alberi di alto fusto stipati a foresta , e collocati in direzione opportuna, riparano la città dalla malefica azione de’ venti australi e da tante meteore perturbatrici , ed influiscono così alla costante regolarità de’ venti e delle stagioni, temprano il soverchio calore ed il freddo eccessivo, attraggono (per essere buoni conduttori in stato di umidità) i fulmini, rimuovendoli dalle abitazioni, deviano dalle circostanti città gli uragani, le grandini impetuose, ed altri fenomeni atmosferici, in cui vi concorre l’acqua e l’elettrico. Cosi non è infrequente l’osservarsi che città ben difese da boschi non vanno tanto spesso soggette a quelle rapide e tumultuose variazioni di temperatura , le quali si verificano sempre in condizioni opposte , non senza pregiudizio della umana salute. Basterebbero questi grandi vantaggi per ritenere la cultura alternativa e le foreste come la principale sorgente della salubrità dell’ atmosfera , se pur d’altronde non arrecassero all’uomo ed agli animali altre utilità incalcolabili , quali sono : il nutrimento vegetale saluberrimo e variato per quanto diversi sono i prodotti che traggiamo dalle piante, il vestimento, i combustibili, gli utensili lignei di ogni genere, i materiali di costruzione, gli elementi per la fabbricazione del pane, i fermentati liquori, gli olii, i prodotti interessanti per la concia, per la tintoria, e per altre varie arti ; finalmente le medicine per risanarci dai morbi, e favorire la longevità. Volgiamo ora la nostra considerazione sotto un punto di vista, che non poco c’ interesserà per la conferma del proposto argomento. Roma è una città che col succedersi degli anni va sempre più a popolarsi di malattie. A tempi de’ nostri antichi padri latini, quantunque la città avesse un livello più basso del presente, e si conoscessero pochi rimedi, non era al certo vessata da sì grande numero di mali. Gli antichi libri medici appena ci recano indizio di febbri periodiche. L’apoplessia, che già da mezzo secolo imperversa, e si è resa (possiamo dirlo senza tema di errore) il genere di morte in oggi più abituale, allora più rara appariva. 11 croup, l’angina cotennosa, il mughetto, la fami- glia in somma delle malattie difteriche neppur vennero in quei classici libri 246 descritti. E che diremo della tubercolosi polmonale in oggi cosi diffusa, che senza timor di errare si potrebbe quasi asserire invadere almeno in rudimento la quinta parte della attuale popolazione ? Nelle frequenti esplorazioni, che noi medici pratichiamo sul torace degli abitanti di questa città , ci accorgiamo quanti supposti reumi , catarri , e nevralgie non son che sintomi di una al- meno incipiente turbercolosi. Eppure 30 , 100 anni fa non era essa cotanto diffusa. Aggiungete le influenze epidemiche vessanti l’uomo ed il bestiame, le febbri maligne e tifoidee tanto frequenti, la debole costituzione degli odierni bambini, la struma, la rachitide generalmente imperversanti, la eccedente loro mortalità per la tubercolizzazione delle glaudole del mesenterio. Dunque al presente la nostra progenie è infievolita e mal sicura, remota assai è la spe- ranza della longevità. Ma qual fu mai la causa della miglior tempra de’ padri nostri e della li- mitazione delle influenze morbose? Non è diffìcile il rinvenirla. In quei tempi la nostra città era circondata da boschi, i quali rendevano l’aria più salubre e pura. L’ agricoltura non solo era favorita , ma esercitata e nobilitata dagli stessi uomini consolari. Al presente Roma non è difesa dallo insidioso spirare de’ venti australi, non garantita da meteore perturbatrici, le stagioni non con- servano più la loro regolarità, variabile è nel medesimo giorno lo stato ter- mometrico, barometrico, igrometrico, elettrico dell’atmosfera. Or come possono i corpi organizzati soffrire impunemente queste alternative rapide e tumul= tuose ? E poi la eccessiva copia del vapore acquoso , dell’acido carbonico, la relativa scarsezza di ossigeno per la distrutta proporzione fra gli animali e le piante sono altri luttuosi argomenti della insalubrità dell’atmosfera che ci infesta e circonda. Provata ad evidenza questa verità si ricerca se possa apprestarsi, almeno col tempo, rimedio opportuno a tanti mali. Questo necessario e pietoso ufficio non può essere alle popolazioni arrecato che dalla Autorità. Essa sola può sta- bilir leggi nella promozione della cultura alternativa , sulla esiccazione delle paludi, sull’ inceneramento de’ fondi umidi e bassi, e specialmente sulla rìpri- stinazione delle foreste. Tanti terreni scoscesi e declivi, incolti per la difficoltà di lavoro, son sempre atti a far prosperare alberi di alto fusto, i quali con le loro intrecciate radici aumenterebbero la compattezza del suolo, già non più facile ad essere trasportato dalle acque. L’ erezione delle selve dovrebbe poi essere dalla Autorità ordinata specialmente in quelle direzioni più convenienti, p. e. in direzione del sud quando il paese è dominato da venti australi , e — 247 — viceversa. Neppure è indifferente T elezione delle specie di alberi da bosco. Sappiamo dalla x\gronomia che le varie specie del genere qiiercus sono le più opportune a recare i già espressi vantaggi , a cui tengon dietro il faggio , il frassino, Volmo, Vacero, il pioppo, il castagno, il noce, il platano, il tiglio, il carpino, l'ontano, il pino, il larice, V abete ec. (1). I boschi onderebbero di- radati nè mai estinti , la conservazione di quelli , che difendono le città da meteore e da malefìci venti, gelosamente custodita. I proprietarii di vaste esten- sioni di terreno dovrebbero per legge promulgata dalla Autorità essere obbli- gati alla piantagione di tanti alberi da foresta in luogo indicato ed opportuno per quante stadia di terreno possegono. Sarebbe forse questo un aggravio per chi gode tanta vastità di terreno, da somministrare alimento ad un eser- cito ?... Inoltre l’avida brama de’ distruttori de’ boschi dovrebbe esser per sem- pre dalla Magistratura repressa. Una selva destinata al taglio vendica ben- tosto la sua sconfìtta, con cooperare alla insalubrità del cielo che ci circonda, ed allora la pena diviene universale. Ricordiamoci che a caro prezzo paga l’uomo la distruzione del mondiale rapporto posto dalla Provvidenza fra gli animali ed i vegetabili. Noi bene ammaestrati dalla esperienza , dovressimo finalmente convincerci di questa grande verità. x\llora si dileguerebbero qual nebbia al vento le supposizioni puerili che l’attuale frequenza di mali derivi da vini alterati , dall’abuso del tabacco , dalle esalazioni de’ gas combustibili, dalle venenate sorgenti ec. È tempo ornai di spreggiare tali ciancio. Basta il dormire di notte estiva con le fenestre aperte per incorrere con grande fa- cilità nel nostro paese in febbri ancora perniciose, il che non una volta sola abbiamo verificato. Del resto la erezione de’ boschi, la coltura di alberi da foresta e secolari non esige così grande numero di lavori da doverci scoraggiare in siffatto ge- nese di provvedimento. Anzi allignato che abbiano nel destinato suolo, si rende superflua ogni coltura. E quando tali alberi venissero con regolarità ed equi- distanza disposti, perderebbe la selva il suo naturale orrore, e somministre- rebbe un più largo e dovizioso pascolo pel bestiame, o terreno assai fecondo per la cultura di certe piante , che prosperano all’ ombreggiamento. Dunque risorse per la niuna coltivazione che esigge, e per gli utili che ci appresta ; risorse per la maggior salubrità dell’atmosfera ; non perdita di suolo, perchè (1) Derossi. Agronomia. Parte 2.® cap. 7.® art. 3.® a bosco potrebbe destinarsi qualunque o scosceso, o tenace, o sterile terreno; estensione soverchia di un agro incolto intorno alcune città , il quale senza alcun detrimento de’ necessari prodotti potrebbe in parte almeno destinarsi per la ripristinazione di qualche spenta e troppo utile foresta. Tali argomenti dalle relative Magistrature ben ponderati siano per essere Torigine di igienici e troppo necessari provvedimenti. — 249 — Sulla eleltricilà dell' atmosfera, e sulla elettrostatica induzione Ragionamenti del prof. P. Volpicelli . §• 1. La precedente memoria del R. P. A. Secchi Sulla corrente elettrica e sue analogie coi fenomeni idraulici, nella quale, al §. YI, con ingegnosi argomenti, ma per nulla concludenti, si combatte contro me il nuovo modo, col quale so- stengo doversi ravvisare oggi la elettrostatica induzione , mi ricorda un’altra pubblicazione dello stesso illustre autore, pure inserita in questi Atti, ove sono inesattamente criticate le mie prime ricerche di atmosferica elettricità, fatte nell’archiginnasio romano. E per me indispensabile profittare di tale occasione, offertami dal nomi- nato chiarissimo mio collega, per isdehitarmi con esso, rispondendo ad ambe- due le sue critiche ora indicate. Comincerò dal rispondere alla più antica, quella cioè che riguarda la elettricità dell’ atmosfera ; e siccome con questa mia risposta , ho principalmente in animo difendere la priorità della università nostra per cosifatte ricerche in Roma; così credo che quanto dirò sul propo- sito, debba comparire in questi Atti, nei quali comparve pure la critica stessa; e che chiunque, appartenente a quel primario scientifico stabilimento romano, sia professore, sia superiore, debba fare buon viso alle mie parole. CAP. I. Sulla elettricità deWatmosfera, quarta nota (1). §• 2. Nella seconda memoria del eh. P. A. Secchi intitolata : Intorno alla re- lazione che passa fra i fenomeni meteorologici e le variazioni del magnetismo terrestre (2), si trova una nota (3), che dovendola in seguito spesso citare, la indicherò fin da ora con n, in cui trattasi della priorità fra la primaria uni- versità ed il collegio romano, circa le osservazioni regolari, fatte in Roma sul- (1) Per le tre precedenti note, v. questi Atti, t. 14, sessione 6,.*, del 5 maggio 1861, p. 357. (2) V. questi Atti, t. 15, sessione del 5 gennaio 1862, p. 105. (S) Idem, p. 106, e 107, nota (4). 250 — Telettrico dell’atmosfera; e poiché tutta questa nota mi riguarda strettamente, così mi trovo necessitato esaminarla in ogni sua proposizione. §. 3. L’ autore della nota n dice : Un apparato provvisorio fu stabilito per istudiare la elettricità atmosferica durante le perturbazioni (magnetiche) (v. Atti ac. de’ Lincei voi. XIV, pag. 202, nota (2)). Ricorrendo a questa ci- tazione , vi trovo la prima memoria dell’ autore intorno alla corrispondenza che passa fra ì fenomeni meteorologici, e le variazioni d’ intensità del magne- tismo terrestre, presentata nella sessione del 3 febbraio 1861 ; però non vi trovo affatto riportate osservazioni regolari di sorta sulla elettricità dell’atmo- sfera. Inoltre leggendo la nota (2) alla pag. 202 della memoria stessa, tro- vasi che l’apparato per esplorare la elettricità dell’atmosfera, fu costruito nel- l’osservatorio del collegio romano, dopo letta la memoria in proposito; perciò fu costruito dopo il 3 febbraio 1861. Nella università romana questo apparato fu da me fatto erigere molti anni prima, cioè nel 1859, non già provvisorio, ma stabile, e con ogni dili- genza, per qualunque sorta di sperienze sulla elettricità, sia dell’aria, sia della terra. Inoltre l’uso dell’ elettroscopio, e dell’ elettrometro a pile secche, tanto semplice quanto associato al condensatore, fu da me prima di ogn’altro in- trodotto in Roma; e da me applicato per la prima volta nelle ricerche sulla elettricità dell’atmosfera. Dunque in riguardo alla costruzione di un apparato elettro-atmosferico, la università romana è anteriore al collegio romano. In fatti la mia prima memoria sulla elettricità dell’aria, fu pubblicata cogli Atti della sessione del 4 marzo 1860 (1), cioè quasi un anno avanti la pubblicazione della prima me- moria del eh. autore, qui sopra citata. §• Tornando sulla nota n , ivi si legge « Mi limitai nella sessione del 3 marzo 1860 a mostrare V importanza delle osservazioni elettriche coordinate colle magnetiche)). Qui è da osservare che nel 3 marzo 1860, non'vi fu af- fatto sessione accademica; ma bensì nel 3 marzo 1861, e trattandosi di una (1) Atti delfaccademia pontifìcia de’ Nuovi Lincei, t. 13, p. 330, e 331. — 251 quistione di priorità , questo errore cronologico , che noi crediamo assoluta- mente tipografico, meritava di essere corretto. In questa comunicazione del- l’autore (1), compresa in sole sette righe di stampa, non si parla punto di elettricità atmosferica, ma solo di connessione fra le variazioni meteorologi- che, e le magnetiche. Perciò non si comprende come l’autore abbia ricorso a questa sua comunicazione, in prova di aver egli nella medesima' voluto mo- strare la importanza delle osservazioni elettriche (atmosferiche) coordinate colle magnetiche. Se 1’ autore avesse inteso con questa sua comunicazione riferire alle osservazioni elettro-atmosferiche, le avrebbe certo esplicitamente nominate; tanto più che riguarda egli la connessione fra queste e le magnetiche, come un argomento del tutto nuovo. Dunque nella comunicazione sopra citata, nè vi sono tavole di elettricità dell’ aria , nè questa elettricità si nomina punto. §. 5. Inoltre nella nota n si legge .... « un apjìarato a conduttore fisso fu stabilmente eretto agli lì di giugno (1861) nelVosservatorio magnetico, e da quel giorno in poi nelle consuete ore delle altre osservazioni, si fece ogni di anche quella dell'elettrico ». Primieramente osserveremo che nella università romana, un apparato a conduttore fisso non solo, ma eziandio a conduttore mobile, per le osservazioni elettro-atmosferiche, a suggerimento del direttore del museo fisico di quella università, fu eretto fin dal 1859 ; pc/rciò la uni- versità medesima precedette in questo il collegio romano. ' In quanto poi riguarda le osservazioni regolari elettro-atmosferiche, se que- ste nel collegio roitiano cominciarono nell’ 1 1 di giugno 1861, esse nella univer- sità romana ebbero principio fin dal 10 di agosto 1859, come risulta dal re- gistro del museo medesimo, che può verificarsi da chiunque, scritto di carat- tere del sig. dott. Giuseppe Serra, distintissimo allievo della università stessa, ed anche lodato dal p. Secchi (2). Per dare maggiori prove della citata epoca, oltre la testimonianza dell’onorevole giovane Serra, il quale allora gentil- mente mi coadiuvava nelle indicate mie sperienze, potrei pure citare molti altri fededegni, che assisterono più volte a queste mie ricerche sulla elettri- cità dell’aria. Dunque anche le osservazioni regolari di atmosferica elettricità. (1) Atti dell’accad. pont. de’ Nuovi Lincei, t. 14, p. 292. (2) Bullettino meteorologico del collegio romano, t. l.°, anno 1862, p. 21, e p. 29. 34 252 — furono cominciate nella università romana, prima che venissero intraprese nel collegio romano. Ma le quistioni di priorità in fatto di sperienze o di scoperte, non si de- cidono per mezzo dei registri manoscritti, e non pubblicati; bensì mediante le stampe sull’argomento di priorità controversa. Ci sia perciò lecito domandare: le osservazioni elettro-atmosferiche regolari del collegio romano da qual epoca cominciano a comparire stampate ? Noi le vediamo soltanto nel Bullettino me- teorologico , comparire dal primo di gennaio 1862 ; mentre le osservazioni stesse regolari fatte nella università romana eompariscono pubblicate negli Atti dell’accademia pontifìeia de’ Nuovi Lincei dal 25 di giugno 1861 (1). Dun- que anche nello stampare le osservazioni regolari elettro-atmosferiehe, la uni- versità romana va innanzi al collegio romano. Ma di questa priorità sembra essere convinto anche l’autore della nota poiché in essa leggiamo « Se di questi fatti (cioè delle osservazioni elettro- atmosferiche incominciate nell’ 11 di giugno 1861 nel collegio romano) non esiste documento stampato, esistono però prove irrefragabili nei registid ori- ginali che presento alV accademia. Dunque si conviene dall’ autore della nota medesima, ehe la stampa di queste osservazioni sue, non incominciò con quelle dell’ 1 1 di giugno del 1861 ; ma bensì colle posteriori del primo di gennaio del 1862. In quanto poi alle osservazioni manoscritte, ma non stampate, seb- bene queste non valgano a decidere sulla priorità; tuttavia come già vedemmo, con prove non meno irrefragabili, le osservazioni regolari elettro-atmosferiche da me fatte nella università romana, sono anch’esse molto anteriori a quelle del collegio romano. §• 5- Seguitando 1’ analisi della nota n , vi troviamo inoltre quanto siegue « Ma anche senza questi (documenti stampati) a me basta di averne procla- mata la necessità e la utilità, in conseguenza di che altri meglio fornito di mezzi potè attuare forse prima di me, un qualche sistema di regolari osser- vazioni )) . Primieramente qui l’autore della nota n, si mostra implicitamente convinto, che la priorità nelle ricerche regolari di atmosferica elettricità, non appartiene al collegio romano, bensì alla università romana. Secondariamente r autore stesso, posta dall’ un de’ lati la impossibile difesa di questa priorità (1) T. 14, p. 273, e 288...291. — 2S3 — pel collegio medesimo , si contenta solo di avere proclamata la necessità , e la utilità delle elettro-atmosferiche osservazioni. Ma sembrami che in questa proclamazione non siavi merito alcuno; poiché da Franklin in poi tutti hanno riconosciuto e proclamato la necessità e la utilità di queste ricerche. Per at- tribuirsi un merito su ciò, bisognerebbe ignorare quello che hanno scritto sulla influenza della elettricità nella vita animale Kratzerstein (1744) , lallabert a Ginevra (1748), Sauvages a Montpellier, Lower e Wesley (1760), De Haen, Ferguson (1770), Hartmann (1770), Partington (1797), Fothergill, Birch, Ca- vallo (1780), ì^mn (1785), Bòckmann (1787), Barneveld (1787), van Troos- twyck, Kr^ayenhoff (1788) Deimann (1793), Kriinitz (1769), Vivenzio (1784), Bertholon (1786), Spengler (1754), Libes, Foissac, De la Rive (1858). E bi- sognerebbe ignorare altresì quello che hanno scritto sulla influenza della elet- tricità nella vita vegetale, Bertholon, Ingenhouss (1790), Kies e Koestlin (1775), con molti altri, che qui per brevità ometto. Se poi si volesse attribuire un merito per aver proclamata la utilità che sopra indicammo, dovrebbe piuttosto attribuirsi alla università romana, che fu la prima nello stabilire un apparecchio, per fare come fece una completa e re- golare serie di sperienze elettro-atmosferiche, tanto a conduttore fìsso, quanto a conduttore mobile, con fìamme di potere calorifico diverso, e senza queste; e che chiese quanto potè istantemente , la pubblicazione quotidiana di tali , sue ricerche nel giornale di Roma, senza mai poterla ottenere. Se il collegio romano avesse riconosciuta la necessità ed utilità di queste regolari sperienze , le avrebbe dovute istituire e pubblicare molto prima del gennaio 1862 , cioè fìn da quando fu incaricato di tutte le osservazioni meteorologiche, delle quali certo quelle sulla elettricità dell’ aria sono da ri- guardare fra le principali, e forse come l’anello che lega fra loro tutte le altre atmosferiche. Ma così non è stato ; poiché queste osservazioni regolari elet- triche , forse dal collegio romano , nè si sarebbero incominciate a registrare coir 11 di giugno 1861 , nè si sarebbero pubblica-te col 1 di gennaio 1862, se la università romana non avesse dato 1’ esempio in così fatte ricerche ; sia nel costruire fìn dal 1859 gli apparecchi necessari ; sia col pubblicare intorno alle ricerche medesime fìn dal 4 di marzo del 1860 (1); sia coll’ in- sistere fìn dal 3 di luglio 1861 presso la superiorità, onde quelle osservazioni regolari elettro-atmosferiche a conduttore fìsso, ed a conduttore salente, fossero (l)2Alli (leiraccad. poni, de’ Nuovi Lincei, t. 13, p. 330. 234 — pubblicate quotidianamente nel giornale romano; sia da ultimo col pubblicare queste osservazioni fin dal 23 di giugno del 1861 (l). Tutto ciò servì di sprone al collegio romano , perchè una volta riconoscesse il vuoto che si verificava nelle sue d’ altronde interessantissime ricerche meteorologiche , e finalmente incominciasse a pubblicare le sue regolari osservazioni elettro-atmosferiche dal 1 di gennaio del 1862; le quali però essendo fatte a conduttore salente, si deb- bono riguardare inconcludenti per lo scopo cui sono dirette. In terzo luogo T asserire che altri sia meglio del collegio romano for- nito di mezzi per isperimentare , mi sembra per lo meno inesatto ; poiché qual’è in Roma, ed anche in tutta Italia quello scienziato, in ispecie se laico, il quale possa con la maggior economia possibile disporre di collaboratori in- telligenti, coscenziosi, obbedienti, ed assidui, come i dotti e rispettabili padri della compagnia di Gesù ; che possa come questi abitare negli stessi musei scientifici nei quali occorre sperimentare, che abbia tanti soccorsi, e dal go- verno, e dalla compagnia stessa, e dai particolari; che sia come i medesimi padri scevero da ogni cura domestica, da ogni obbligo di società, e da ogni altro pensiero, salvo lo studio e la pietà; e che in fine sia da tutti favorito e mai contrariato specialmente in Roma ? Perciò vediamo che i dotti della bene- merita ed illustre compagnia di Gesù, più d’ogni altro forniti di mezzi, tanti vantaggi arrecar possono alla scienza, e tanta riputazione meritamente acquistare. In quarto luogo, per quello riguarda la seguente frase « un qualche si- stema di regolari osservazioni, ecc. )) mi sembra vedere nella medesima un senti- mento di poca stima, per le ricerche regolari elettro-atmosferiche, fatte nella università romana. Non un qualche sistema di regolari osservazioni fu ivi sta- bilito, ma un sistema completo di queste; un sistema che non fu mai fino ad ora iniziato in verun luogo , specialmente riguardo ai confronti che si fanno fra i risultamenti elettro-atmosferici ottenuti con diversi mezzi, cioè mediante conduttori salenti e discendenti, mediante conduttori fissi, e mediante fiamme salenti e discendenti, oltre che di potere calorifico diverso. Sperimentando a questo modo, tanto sulla elettricità dell’aria, quanto sulla elettricità della terra, fui condotto a riconoscere delle verità nuove nella elettrostatica dell’aria, delle quali una è il periodo elettro-atmosferico diurno qualitativo, colle sue fasi, re- lative tanto ai luoghi bassi, quanto agli elevati rispetto al livello del mare, per non dire delle altre verità già rese di pubblica ragione. (1) Opera citata, p. 270. ..291. 255 — « §. 6. Nella nota n troviamo eziandio scritto « Avverto però che queste (os- servazioni) sarebbero cominciate nelV università ai 25 giugno [ì Sòl) cioè dopo le mie (cioè quelle del collegio romano) stando alla pubblicazione degli Atti (dell’accad. pontif. de’ Nuovi Lincei) nel t. 14, p. 273, benché la nota in cui sono inserite sia messa nella sessione del 3 marzo (1861). Per dichiarare que- sto brano , affinchè si conosca evidentemente non essere affatto vero quello che a primo aspetto in esso apparisce, riflettiamo che qui l’autore confonde l’epoca del 25 di giugno 1861 in cui cominciarono a pubblicarsi le osservazioni regolari della università romana, coll’epoca dell’ 1 1 di giugno 1861, in cui si principiò dal collegio romano a registrare (non a pubblicare) le regolari osser- vazioni elettro-atmosferiche, fatte nel medesimo senza pubblicarle. La stampa di queste cominciò colle osservazioni dal 1 di gennaio 1862, nel tomo l.° del Ballettino meteorologico del collegio stesso, quantunque si trovino ivi riferite nel primo suo foglio, sotto la data del 1 marzo 1862. In fatto poi di priorità, come già dissi, non si può fare il paragone fra le osservazioni contenute nei registri che non furono stampati, e quelle che videro la pubblica luce. Le prime non hanno valore alcuno nel giudizio sulla priorità, ma valgono a ciò soltanto le seconde; quindi è che il paragone deve farsi a parità di circostanze, cioè fra le stampate della università, e le altre pure stampate del collegio romano. Dato poi, ma non concesso, che si volesse giudicare della priorità mediante i registri non pubblicati, bisognerebbe anche in questo caso che il confronto fosse istituito a parità di circostanze; cioè fra registro, e registro. Ma ezian- dio da questo confronto risulta, come già vedemmo, che la università, per la quale il registro comincia col 10 di agosto 1859, va molto innanzi al colle- gio romano, il registro del quale comincia coll’ 11 di giugno 1861, come pure abbiamo precedentemente avvertito. Nulla poi monta che 1’ autore della nota n abbia rilevato « le osserva- zioni fatte nella università essersi pubblicate dal 25 di giugno 1861, sebbene inserite nella sessione del 3 marzo 1861 «, poiché non è di quest’ultima data che si vuol tener conto per istabilire la priorità, ma bensì di quella verissima del 25 di giugno del 1861. Ed in tanto le osservazioni di quest’ultima data si trovano pubblicate cogli Atti della sessione del 3 marzo 1861, in quanto 236 che gli Atti della sessione medesima viddero la pubblica luce col 18 di lu- glio 1861, come rilevasi dal fascicolo relativo alla sessione stessa (1). §. 7. Continua la nota n dicendo « Dopo ciò , fui sorpreso a vedere asserito nel t. , pag. 337 di questi Atti (dell’ accad. potif. de’ Nuovi Lincei) che nelVoservatorio del collegio romano non una spiga crasi colta in questo campo, non crasi cioè preso regolarmente ad esame l’elemento elettro-atmosferico, al- meno per Vepoca in cui alla Sapienza furono incominciate le regolari osser- vazioni. È da osservare che il testo qui fu alterato , e fa d’uopo restituirlo alla sua vera lezione, osservando che nel citato luogo degli Atti, lin. 17, si dice invece « una spiga non crasi colta » lo che vuol dire che tutte le altre furono colte ; quindi non è detto , come a torto riferisce l’autore , non una spiga crasi colta , lo che significherebbe che ninna spiga crasi colta. Inoltre ivi, a maggiore schiarimento, subito soggiungo che questa una spiga era l’ele- mento elettro- atmosferico. Quindi deve piuttosto sorprendere il vedere come siasi potuto alterare il testo nel citato luogo. E per verità ho creduto sem- pre che nel collegio romano siasi colto moltissimo in ogni campo scien- tifico, non escluso quello meteorologico, ma una spiga in questo rimanevasi a cogliere, cioè la elettricità dell’aria. Del resto quando si torni su tutto quello che ora fu dimostrato in fatto di priorità, sia per le osservazioni elettro-atmo- sferiche registrate, sia per quelle stampate relative alla romana università, ve- dremo che r autore della nota n, non doveva rimaner sopreso leggendo nel tomo 14 degli Atti de’ Nuovi Lincei, p. 337, lin. 17 « una spiga non crasi colta, ec.» §• 8. Troviamo sul fine della nota n quanto siegue « Se si volesse stare alla pubblicazione suddetta, la cosa non sarebbe esatta: ma certo è che prima colà (cioè nella università romana) si facevano delle importanti osservazioni elet- tro-atmosferiche comparative ; non appare però che anteriormente alV epoca della fine del febbraio 1861 ciò venisse eseguito di proposito e ad orario fisso, cioè prima che io ne mostrassi la importanza. Si risponde che dalla pubbli- li) Atti deH’accad, pontif. de’ Nuovi Lincei, t. 14, pag. 293:. cazìone già citata del 25 di giugno 1861, la cosa è della maggior esattezza; poiché il collegio romano pubblicò molto dopo le sue regolari osservazioni, cioè col primo di gennaio 1862. Inoltre apparisce dai registri della università, che anche prima del feb- braio 1861, si facevano in essa regolari osservazioni elettro-atmosferiche, le quali cominciarono col 10 di agosto del 1859. In quanto poi riguarda la priorità di avere mostrata la importanza di queste osservazioni, essa compete a Franklin a Volta , a Beccaria, e ad un infinito numero di fisici che precedettero il p. Secchi, come già vedemmo ad esuberanza. Se poi vogliasi riguardare la priorità di avere in Roma professata praticamente la importanza stessa, ninno può dubitare che tale priorità com- pete alla università romana, la quale primieramente nel 1859 costrusse un apparecchio stabile, per valutare in ogni modo la elettricità deH’atmosfera , e nel 10 di agosto del 1859 intraprese a registrare le sue regolari elettro-atmo- sferiche osservazioni. 9. L’ autore termina questa sua nota n col dichiarare, di non aver mai fatta opposizione a chicchessia relativamente alle ricerche sulla elettricità dei- fi atmosfera. Questa opposizione in quanto riguarda il mandare ad effetto le i-icerche in proposito, quand’anche si fosse fatta, o si volesse fare, sarebbe inu- tile ; ma in quanto riguarda il modo di pubblicazione delle ricerche stesse , amiamo meglio passare oltre. In somma concludiamo che le osservazioni regolari elettro-atmosferiche dei registri non pubblicati, cominciano per la università romana col 1 0 di ago- sto 1859, e pel collegio romano coll’ 11 di giugno 1861; mentre quelle pub- blicate cominciano per la università stessa col 25 di giugno 1861, e pel col- legio sud.“ col 1 di gennaio 1862 (1). Da quanto esponemmo risulta che la università in Roma precedette il collegio romano , nel proclamare sia colla costruzione di apparati , sia colla esecuzione di sperienze regolari e comparative, del tutto nuove, la ne- cessità e la utilità delle osservazioni elettro-atmosferiche. La medesima pre- cedenza 0 priorità si deve riconoscere propria della università stessa, non solo riguardo al pubblicare le ricerche regolari di elettricità atmosferica, ma ezian- l'I) Bullettino meteorologico, t. 1.® anno 1862, p. 8. — 258 — dio nel proporre la pubblicazione loro quotidiana nel giornale di Roma, in unione agli altri elementi meteorologici del collegio romano , pubblicati pure quotidianamente nel giornale stesso. Lo scopo avutosi da me nel fare questa utilissima proposta, fu quello di riempiere un vuoto, che nei dati meteorologici si verifica tutt’ora in quel giornale , e che non si sarebbe dovuto mai verificare , fin da quando la me- teorologia venne affidata, non alla università romana, primario stabilimento scientifico in questa capitale, ma bensì al collegio romano. Senza la proposta unione fra i risultamenti elettro-atmosferici, e le altre indicazioni meteorolo- giche, quelli e queste perdono molto della importanza loro. L’ Emo. e Rmo. sig. Cardinale Altieri, convinto di ciò, favorì molto la indicata proposta, che feci nel 3 di luglio del 1861, come direttore del museo fisico della università romana; perciò mai verrà meno in me la gratitudine verso quel dotto e no- bile porporato. Che se mi fosse richiesto, perchè nel giornale di Roma la mia proposta non ancora comparve, risftonderò appartenere questo alla storia , e non alla scienza, la quale forma runico scopo degli attuali miei ragionamenti. §. 10- Le iniziative prese nella università romana, non furono senza frutto, giac-. chè per esse avvenne che il collegio romano riconoscendo la utilità di riu- nire quotidianamente le osservazioni elettro-atmosferiche alle altre meteoro- logiche, riconoscendo altresì che si verificava un vuoto ne’ suoi studi meteo- rologici, per la mancanza di questa riunione; profittò giudiziosamente della in- telligenza e della generosità del principe D. Raldassarre Roncompagni, e con questo mezzo intraprese fin dal 1 di marzo 1862 la pubblicazione di un Rul- lettino meteorologico, nel quale quella riunione quotidiana fra l’elemento elettro- atmosferico e gli altri meteorologici, da me proposta nove mesi prima, eioè, fin dal 3 di luglio 1861, si vide finalmente attuata. Debbo rallegrarmi col sig. principe D. Raldassarre Roncompagni , per avere con efficacia favorito la pubblicazione del Rullettino meteorologico ; ed altresì debbo attestare la mia gratitudine al sig. principe di Piombino suo fratello, per avermi permesso costruire sul casino dell’aurora in villa Ludo- visi, un elettrometro atmosferico a conduttore fisso, il quale colla sua punta Sì trova elevato dal livello del mare di 93'”,358, cioè molto più dei condut- tori elettro-atmosferici del collegio romano, ed in condizioni assai più favore- voli: unicuique suum. — 259 — CAP. II. Sulla elettrostatica induzione. — Nona comunicazione (1). §. n. f Nella precedente memoria del R. P. A. Secchi « Sulla corrente elettrica^ e sue analogie coi fenomeni idraidici » al §. VI, il citato autore discende in arena, per combattere la teorica da me sostenuta, relativamente al fenomeno fondamentale della elettrostatica; quello cioè che viene indicato influenza elet- trica, ed ancora elettrostatica induzione. Ninno si maraviglierà certo se prendo la penna, per mostrare la insufficienza delle obbiezioni, prodotte ivi dall’ illustre mio collega ; giacché dopo dieci anni di continuato studio sopra questo sog- getto, non ho potuto ancora menomamente dubitare di quanto credo intorno ad esso. Nè per la medesima ragione recherà meraviglia, quando in altra cir- costanza, risponderò a quanto in elettrostatica, ed anche in elettrodinamica, il p. Secchi ha pubblicato, nell’opera che ha per titolo « Vunità delle forze fisiche )) di recente data in luce. Primieramente osserviamo in generale, che tutto quello esposto dall’au- tore nel citato paragrafo, non è appoggiato a veruna sperienza, nè si riferi- sce a veruno di quei fatti, che costituiscono essenzialmente la elettrostatica induzione. Questa maniera di analizzare in fìsica, e discutere sulla vera indole di un fenomeno, è del tutto irregolare, del tutto inconcludente, inutile del tutto. Inoltre, generalmente parlando, per discutere in elettrostatica, è pure indispensa- bile adottare un’ ipotesi che soddisfi, e con quella sempre argomentare; altramente si perde tempo c^em verberando. Ma l’autore nominato rigetta qualunque ipo- tesi di quelle conosciute, e dai più moderni fìsici adottate, come la Frankliniana, e la Symmeriana; sostituendone un’altra non ben definita, e non chiaramente formulata. Ognuno vede da queste premesse generali, non essere possibile, che l’autore discuta utilmente sull’ indole del fenomeno, costituente l’oggetto del suo paragrafo stesso. 12. In secondo luogo, venendo ai particolari, Fautore dice « che non vi può (1) Per le precedenti, v. questi Atti, t. 16, an. 1863, p. 484. 35 260 — essere elettricità statica riconoscibile senza che sia dotata di tensione, sia essa indotta o inducente. Noi lo concediamo; e siccome la indotta, mentre dura la induzione, non è dotata di tensione; perciò essa non è riconoscibile durate la induzione stessa, ma lo diviene tosto che questa cessa. Tutto ciò non di- strugge affatto la nuova teorica sul fenomeno in proposito; giacche l’autore ha meramente supposto, ma non ha colla sperienza provato, che la indotta debba comportarsi come la inducente, cioè che debba come questa possedere una pres- sione, 0 tensione. Le ipotesi, perchè valgano, bisogna sieno modellate sui fatti; e quando questi dicono che la indotta non possiede tensione, non è più permesso riguardarla simile ad un fluido premente , salvo che non si voglia essere un cartesiano, accomodando alla ipotesi la natura, e non quella a questa, come deve fare un filosofo vero. §. 13. Continua l’autore dicendo « Quindi Vantica teoria delV induzione statica de' fisici italiani, che riguardavano questi fenomeni come analoghi ad una pres- sione, acquista probabilità e ci pare molto ragionevole. Distinguo: acquista proba- bilità riguardo alla elettricità inducente od omologa, cioè libera, concedo; però in quanto alla elettricità indotta, nego. Poiché le nuove sperienze, ed i nuovi fatti guadagnati alla scienza su questa elettricità, dimostrano che non può riguar- darsi la indotta come un fenomeno analogo ad una idrostatica pressione; per- ciò la riferita conseguenza, per quello appartiene alla indotta, deve pure negarsi, e riguardarsi come falsa. Di qui discende aver io giustamente detto che Vau- tore non si era formato una distinta idea dell' attuale quistione (1). In fatti le sperienze negano che la indotta possegga tensione, e che per- ciò possa paragonarsi ad un liquido premente; l’autore invece, senza ricorrere alle sperienze , ma gratuitamente , per un tratto d’ immaginazione, ammette che la indotta sia paragonabile ad un liquido premente : ciò corrisponde a non essersi formata una idea distinta dell’attuale quistione. §. 14. Leggiamo inoltre nel citato paragrafo « Se noi non fossimo stati chia- mi) Atti dell’Accad. pont. de’ Nuovi Lincei, t. 16, p. 1123 - Giornale Arcadico Voi. 36, an. 1863, p. 228. mali a nome a parlare, e in modo tale che è più che un semplice invito, noi non risponderemmo )>. Non creda l’autore di aver soddisfatto all’invito, pub- blicando quello che leggiamo in questo suo VI paragrafo; giacché i suoi ra- gionamenti sono del tutto ipotetici, mancano affatto di prove sperimentali, non sono eoncludenti, e quello che più monta, non riguardano la quistione in con- creto, perchè non analizzano le fasi del fenomeno che ne forma il soggetto. L’ invito da me fatto al p. Secchi, affinchè profferisse colle stampe il suo valutabilissimo parere , circa la nuova teorica della elettrostatica induzione , non procedette mica da speranza di ricevere un assentimento sulla dottrina da me in proposito sostenuta. Invece questo invito ebbe luogo soltanto, per avere la utile soddisfazione , o di conoscere qualche argomento nuovo , sia speri- mentale, sia razionale, valevole a mostrare la falsità della dottrina stessa; o di far noto al pubblico scientifico, essere insussistenti le obbiezioni del nostro dotto avversario, contro la teorica nuova. Ora che l’autore si è determinato scendere in arena, dovrà fornirci necessariamente l’una o l’altra di queste de- siderate due soddisfazioni. §. 15. Si legge inoltre quanto siegue « Se la quistione porla che noi ci facciamo una idea distinta di una elettricità statica riconoscibile , e che sia priva di tensione (non tenda), di questa non solo confessiamo che non abbiamo idea di- stinta, ma dichiariamo apertamente che ci riesce impossibile formarcene una idea qualunque, non potendo noi concepire disquilibrio di elettrico senza una tensione , come non possiamo concepire disquilibrio di un fluido qualunque senza che ne nasca una corrispondente variazione di pressione » . Qui si vede che l’autore non vuole nè la ipotesi Frankliniana, nè la Symmeriana; ma che vuole assolutamente che i fenomeni elettrici sieno simili a quelli dei liquidi, la quale nuova ipotesi noi chiameremo Secchiana. Però, in ispecie pei feno- meni elettrostatici, non è felicemente adottata questa ipotesi; perchè nei me- desimi regna sempre una polarità evidentissima, o fra i due fluidi uno, — l’altro; o fra la materia priva di elettrico, e questo agente; mentre nella idrostatica non abbiamo fuorché un solo fluido , senza poter vedere polarità di sorta. Esamini l’autore il fenomeno della influenza elettrica, e rispettando i fatti nuovi del fenomeno stesso, li accordi colla idrostatica se gli riesce. Ma quand’ anche 1’ autore fosse in ciò riescito, forse per questo sarebbe falsa la nuova dottrina sull’ influenza elettrica ? No certamente, perchè questa dottrina — 262 — si riferisce aH’ana, od all’altra delle due ipotesi, cioè Frankliniana, o Simme- riana; ed in ognuna di queste la vecchia teorica pel fenomeno stesso è falsa. Inoltre se l’autore giungesse a mettere d’accordo la ipotesi sua, cioè la Sec- chiana, coi fatti che caratterizzano il fenomeno della influenza elettrica, neppure per questo cesserebbero di essere veri quei fra i fatti medesimi, che le nuove sperienze hanno manifestato, e che l’antica dottrina non ha riconosciuto. Quindi sebbene 1’ autore giungesse a produrre 1’ indicato accordo , sempre dovrebbe cadere l’antica dottrina djtìla influenza elettrica, e trionfare la nuova, con ter- mini che dalla ipotesi Secchiana verrebbero somministrati. La elettricità statica non è riconoscibile se sia priva di tensione, cioè se rimanga sotto la influenza; ma non per questo non possiamo avere idea di- stinta di essa , quando si adotti l’una o l’altra delle ipotesi ammesse comu- nemente. L’autore sostiene di non potersene fare idea distinta, perchè vuole a tutto costo, che la indotta sia come un fluido premente: ma ciò sta nella immaginazione sua, ciò non è dimostrato, ciò costituisce fin’ora un sogno, e sarà vero quando abbia ricevuto il suffragio della sperienza. Del resto l’autore nel dire che non può formarsi un idea qualunque di una elettricità priva di tensione, non fu neppure originale; poiché il De la Rive, già disse «... noi » proviamo difficoltà, ci conviene confessarlo, a comprendere uno stato di elet- )) tricità in guisa , che la medesima possa perdere le sue proprietà ordina- )) rie ... (1) ». Però la difficoltà che questi autori confessano d’ incontrare, per comprendere uno stato di elettricità in guisa , che la medesima possa restare attualmente priva di tensione, non già virtualmente^ non è reale, ma solo apparente. A noi riesce molto facile farci quel concetto, perchè possiamo benissimo imma- ginare , come una sostanza può essere decomposta chimicamente in modo , che uno de’ suoi elementi riacquisti 1’ esercizio di quelle sue proprietà , dissimulate prima della decomposizione. Molti sono i casi tanto in fìsi- ca , quanto in chimica , nei quali una sostanza perde attualmente , non già virtualmente, in certe circostanze, o dissimula le sue proprietà, riacqui- standole in certe altre. In fatti : l.° per gli unitari la elettricità combinata colla materia non esercita le sue proprietà , le quali poi mette in esercizio quando per attrito viene separata dalla materia stessa: 2." pei dualisti le due contrarie elettricità non agiscono quando insieme combinate formano il fluido (1) Traité d’éléctricité tbéorique et pratique, 3.® voi., Paris 1858, p. 681. ..686. 263 — elettrico nautrale, ma bensì quando sono l’una dall’altra disgiunte: 3.” l’elet- trico non agisce magneticamente quando sta in equilibrio, bensì quando co- stituisce una corrente: 4.° il calorico non riscalda quando serve a costituire l’aggregazione molecolare dei corpi, bensì quando cessa di servire a ciò : 3.° non tutto il calorico necessario perchè una data massa raggiunga quella tem- peratura che si vuole, conserva il potere di riscaldare: 6.° i sette colori della luce scompariscono quando sono mescolati fra loro , e ricompariscono per la dispersione della luce stessa: 7.“ la luce polarizzata nasconde certe proprietà, che manifestava prima di subire tale modificazione : 8." tanto una base quanto un acido , dissimulano le loro proprietà quando costituiscono un sale neutro, ma le manifestano subito, appena esciti dalla combinazione salina: 9.° tanto r idrogeno quanto l’ossigeno dissimulano le proprietà loro di fluidi ela- stici nella formazione dell’acqua , e le manifestano quando questa si decom- pone: 10.° immergendo lo zinco nell’acqua acidulata con acido solforico, l’ idro- gene dell’acqua riacquista l’esercizio delle sue proprietà, e può assomigliarsi alla elettricità libera nel fenomeno della influenza elettrica; mentre l’ossigeno ri- mane colle sue proprietà dissimulate concorrendo alla formazione del solfato di zinco, e può così assomigliarsi alla elettricità indotta , cioè priva di ten- sione. Se nei casi riferiti non s’ incontra difficoltà in concepire la dissimulazione di alcune proprietà della materia, perchè si deve incontrare nel concepire la dis- simulazione stessa, quando si tratta di elettricità ? Quelli che, come il p. Sec- chi, sono zelanti di nuove correlazioni fra le forze fisiche, dovrebbero in vece far buon viso alla mancanza di tensione per parte della elettricità indotta; perchè realmente questa mancanza, stabilisce una nuova correlazione fra le forze fisiche, mostrando che l’elettrico può subire quelle fasi, che subiscono il calorico, la luce, l’aflìnità chimica, ecc. Ma risponderà taluno: la ipotesi Secchiana, esigendo che la indotta possegga tensione, questa deve assolutamente possederla; ed io ri- sponderò : ma la sperienza , fonte di ogni fisica verità , esigendo che la in- dotta non possegga tensione , la ipotesi ora indicata deve cessare del tutto. Chi mai, fornito di sana logica, potrà esiggere che non sia vero quello che la sperienza insegna, quantunque una gratuita ipotesi lo escluda ? Certo niuno; poiché le ipotesi debbono accomodarsi ai fatti sperimentali, e non questi a quelle. Non avrei mai voluto cedere nell’ immaginare una ipotesi , e poi , vedendo che la medesima non si accorda coi fatti, negar questi, piuttosto che abbandonare quella. Che se la ipotesi Secchiana mette l’autore in imbarazzo, nel concepire quello che colle altre ipotesi, riconosciute buone, facilmente si — 264 comprende; ciò dimostra solo quanto sia nocevole il sistema dell’autore stesso, di creare cioè nuove ipotesi, e di ritenerle, senza più, come verità dimostrate. §. 16. Ma continuiamo la lettura del citato VI pagrafo dell’autore: « In quanto ai due fluidi (egli dice) che sembrano richiedersi dai fautori della nuova teo- rica, noi li crediamo affatto superflui » . Se il p. Secchi avesse bene compreso la quistione sulla influenza elettrica, e sulla nuova teorica per la medesima, certo avrebbe anche compreso , che per questa non si richiedono piuttosto due fluidi, che un sol fluido. Egli è falso adunque che i fautori della nuova teorica richieggano, com’egli dice, la esistenza dei due fluidi elettrici. Chiunque in fatti siasi formata una idea distinta dell’attuale quistione, vedrà bene che in essa trattasi di nuovi fatti, e non di una ipotesi piuttosto che di un’altra; si tratta di riconoscere se un certo stato elettrico, negato sul corpo indotto dalla teorica, sia Frankliniana, sia Symmeriana, sia Secchiana, esiste realmente o no sul corpo stesso, finché sul medesimo dura la induzione. Si tratta in ultima analisi di ammettere o no, che quello stato, il quale fu detto elettricità indotta, e che si può così nominare in qualunque ipotesi, possa dar segni di sua esistenza durante la elettrostatica induzione. Si tratta di riconoscere se per tutto sul- l’ indotto siavi o no, uno stato elettrico della stessa natura, e riconoscibile per le sue reazioni. Si tratta di riconoscere quale sia la vera causa, per la quale un elettrometro, posto in quell’estremo dell’ indotto che più avvicinasi all’ indu- cente , diverga. Si tratta di riconoscere se la linea, detta neutra dall’ antica teorica, sia veramente tale; cioè se sia costituita da uno stato elettrico vera- mente neutrale. Questi, ed alcuni altri, sono i fatti che si debbono sperimen- talmente discutere, prima di giudicare quale delle due teoriche debba prevalere, e molto più prima di concepire una nuova ipotesi per la spiegazione dei fatti stessi ; ma il nostro autore li ha tutti voluti dimenticare ! ! ! Ognuno vede che la discussione di questi fatti , non è legata piuttosto ad una che ai- fi altra delle tre ipotesi Frankliniana , Symmeriana , e Secchiana ; perchè le ipotesi possono cangiare , ma i fatti rimangono sempre : e la quistione sulla prevalenza delle due teoriche l’un a sull’altra, consiste soltanto nel ricojlf- /a ^ere quei fatti, che una teorica nega, e l’altra afferma. La nuova teorica sulla induzione elettrostatica , in quanto ai fatti che costituiscono essenzialmente questo fenomeno, resta egualmente vera, qualunque sia la ipotesi che vogliasi 265 — adottare sulla natura dell’elettrico: ed in fatti ninna delle iiiie/otto memorie su questo argomento elettrostatico, si occupa menomamente della ipotesi che deve adottarsi circa la natura del fluido elettrico. Se poi l’autore voglia che la nuova indicata teorica esigga indispensabilmente la ipotesi Symmeriana, esso e non io dovrà sostenere la responsabilità di questa sua esigenza. In quanto poi all’asserzione gratuita, che i due fluidi sieno da stimare affatto superflui; noi, piuttosto che l’asserzione, ammiriamo il coraggio del p. Secchi, che senza prendere ad esame la facilità grande colla quale si spiegano i fenomeni elettrostatici coi due fluidi , e senza darsi carico di tutto quello che da sommi elettricisti si è pubblicato a sostegno dei fluidi medesimi, esso con un tratto di penna, e quel che più monta, senza darne veruna ragione sperimentale o razionale nel citato suo paragrafo , condanna uno dei fluidi medesimi all’ostracismo, non sostituendo una ipotesi migliore, chiaramente for- mulata. Giacché quella da esso adombrata, assomigliando l’elettrico ad un li- quido, e dovendo colle leggi della idrostatica e della idrodinamica, spiegare tutte quelle che appartengono alla elettricità di attrito, ed alla voltaica, certo non è da soddisfare completamente allo stato attuale della scienza, in ispecie della elettrostatica ; la quale colla sua continua polarità, e colla sua elettricità in- dotta, è inconciliabile colla ipotesi Secchiana. §. 17. Crediamo che queste forze astratte (così l’autore continua), e queste elet- tricità negative, mascherate, dissimulate, o nascoste che si vogliano dire, è oramai tempo che spariscano dai trattati, com'è sparito il principio frigorifero, e il ca- lorico latente in vero senso.... Sparisca pure la denominazione di elettricità nega- tiva, ma lo stato elettrico ad essa corrispondente resterà sempre: sparisca pure la denominazione di elettricità dissimulata, ma lo stato elettrico privo di tensione resterà sempre, perchè la sperienza lo dimostra. I moderni trattati di fìsica di questi ultimi tre anni, neppur sognarono a fare sparire la elettricità negativa, la elettricità dissimulata, il calorico latente. Chi sa quanti dovranno sparire, prima che si aboliscano queste voci nella scienza ! I più moderni trattati di fìsica ora sono quelli del sig. Jamin (1859); dei signori Drion, e Fermet (1861) ; dei signori Boutan, e D’Almeida (1862); del sig. Ganot (1862); del sig. Da- guin, quattro volumi (1862); del sig- Luvini (1862); del sig. Eisenlohr (1863); e del sig. Daguin, un voi. (1863). in tutte queste moderne istituzioni di fìsica. — 266 — ivo da me consultate, si ritengono le denominazioni di calorico latente^ di elet- tricità negativa, ed in molte anche quella di elettricità dissimulata. Riguardo al voler escludere la voce calorico latente , l’autore in questo caso pure non è originale , ma ripete in poche parole quello che in molte disse il p. G. B. Pianciani (1). Però sono passati più di venti anni, e que- sta voce non fu ancora bandita, nè Io sarà certo col tempo. In fatti, quando s’ intenda per calorico latente quello, che costituisce l’aggregazione molecolare senza manifestarsi al termometro, non veggo perchè debba quella voce ban- dirsi dal fìsico linguaggio. Il fluido frigorifìco è sparito, sebbene non fu mai ge- neralmente adottato (2), ma colla sua sparizione non disparve il fatto ad esso cor- rispondente, cioè la sensazione del freddo; bensì disparve la ipotesi colla quale si voleva spiegare questo fatto, come spariranno alcune altre modernissime, che non reggono nè alla sperienza, nè al raziocinio. Similmente, potrà sparire il nome di elettricità dissimulata, ma non sparirà certo il fatto che con questo nome si vuole indicare, quello di uno stato elettrico pci^^iy-e, cioè privo di azione; perchè questo singolare stato risulta dalla sperienza, e la natura lo vuole in talune circostanze. Del resto elimini pure l’autore quelle voci che vuole, ma non ri- solverà mai la quistione in proposito , e non discuterà mai con utilità sulla medesima, senza prendere a considerare i fatti nuovi che la costituiscono es- senzialmente, lasciando dall’un de’ lati, e le ipotosi, e le nomenclature. L’au- tore non sarà certo tanto fortunato, da vedere sparire quelle denominazioni; come neppure vedrà sparire tutte le innumerabili forze e tendenze, di cui si è dotata successivamente la materia; nè vedrà tutto ridursi a puro moto ed inerzia (3); nè introdotto nella scienza il moto immagazzinato (4). Quando si vuole abolire una espressione che rappresenta un fatto , è indispensabile in- trodurne un’altra; poiché diversamente dovrebbero anche abolirsi dalle istituzioni quei capitoli, che trattano la corrispondente materia, lo che condurrebbe ad annullare le istituzioni stesse. La elettricità latente o dissimulata esiste, avendo essa proprietà diverse della elet- tricità libera; perciò non sarà mai ragionevolmente tolta dalle istituzioni. Ma l’autore (1) Eleni, di fisico-chim., terza edizione, voi. 1. Roma 1844, p. 74. (2) Physikalisches Wdrterbuch von Fischer, voi. 3.®, an. 1800, p. 26. (3) V. la lettera intorno alla soluzione di un problema fisico^cosmologico. Roma 1862, p, 36. (4) Idem. p. 32. -- 2G7 — non vuole soltanto abolire la elettricità dissimulata, esso vuole annullare anche la negativa, lo che non ha verun rapporto colla dissimulazione; questa succedendo tanto se la inducente sia positiva, quanto se sia negativa. Dunque l’autore de- cide la quistione fra i Fran^kliniani ed i Symmeriani con una parola. A tale quistione attribuivasi, nel secolo passato, ed al principio del presente, una grande importanza dalla maggior parte dei fisici; ma ora si è convenuto che non sarà mai possibile decidere assolutamente la quistione stessa. In generale però può dirsi che i Symmeriani, cioè quelli che ammettono due fluidi, sono in maggioranza, e che l’autorità di Volta non può decidere contro la forza del ragionamento (1). Il sig. Riess dopo avere dichiarate le due ipotesi sulla na- tura dell’ elettrico, si esprime a questo modo « L’ ipotesi Frankliniana non è » tanto semplice , come apparisce al primo aspetto. Essa ammette soltanto » una elettricità, ma tre diverse azioni, cioè: ripulsione delle particelle elettri- )) che fra loro, attrazione fra queste e le particelle materiali del corpo, e ri- » pulsione delle particelle materiali fra loro. Riflettendo inoltre, che con que- » sta ipotesi non può decidersi, quale dei due stati elettrici corrisponde ad un )) eccesso di materia elettrica . . . . , si rileva che quella ipotesi (la Frankli- » niana) è di minore importanza dell’altra Symmeriana molto più semplice, )) ed oltremodo più commoda, per la spiegazione dei fatti (2) ». Concludiamo adunque che il nostro dotto autore procedette più oltre dei Frankliani, dicendo egli a dirittura, la positiva essere l’eccesso di elettrico, e la negativa non esi- stere affatto. §• 18. Seguita Fautore dicendo « I fenomeni della induzione è più di un secolo che si studiano, e benché si siano trovati fatti nuovi, ciò non ostante consi- derandoli nella loro cerchia esclusiva, non è stato dato ancora di chiarire la loro indole teorica meglio che non fosse da principio. In primo luogo, se non erro, a me pare che i fenomeni della induzione si studiarono seriamente dal- l’epoca in cui Lichtenberg, fra il 1780 ed il 1790 , introdusse nell’ indicato fenomeno la denominazione di elettricità latente (3), sebbene il fatto era co- noscuinto dalla società reale di Londra fin dal 1755 , per opera di Cantori. (1) Gehler phys. Worterbuch, voi. 1, p. 349. (2) Die Lehre von der Reibungs electricitàt. Berlin 1833, voi. 1.® p. 219. (3) Anfangsgriinde der Naturlehre, Gottinga 1794, p. 521. 36 268 In secondo luogo l’autore confessa che nella induzione si trovarono fatti nuovi: ma quando egli ammetta questi fatti nuovi, che sono certo quelli pei quali si conclude dover essere la indotta priva di tensione, accorda senza saperlo la preferenza alla nuova teorica sull’ indicato fenomeno. Non è poi vero che da questi fatti nuovi non siasi dichiarata la indole teorica della influenza elet- trica, meglio che noi fosse da principio. Poiché 1 i nuovi fatti hanno spiegato chiaramente come avvenga , che toccando in qualunque punto il corpo in- dotto, si disperda sempre la omologa dell’ inducente: 2." hanno fatto conoscere la vera elettrica distribuzione sull’ indotto: 3." hanno dichiarata falsa la distribu- zione stessa, data dall’antica teorica; 4." hanno spiegato meglio ì risultamenti for- niti dai diversi piani di prova sull’ indotto, durante la induzione: 5.“ hanno dato la vera idea della così detta linea neutra, contro quello che si credeva dietro l’antica dottrina; senza dire di altri perfezionamenti arrecati dalla nuova teo- rica nel concetto del fenomeno di cui parliamo. Ripetiamolo: queste, colle al- tre simili (§. 16, 19), sono le circostanze sulle quali deve il nostro illustre com- petitore discutere per decidere la quistione. §. 19. Finisce l’autore il paragrafo che analizziamo dicendo « Queste essendo le nostre idee sulla elettricità, è manifesto che non potremmo entrare a discutere una moltitudine di minuti sperimenti, che possono spiegarsi tanto nell'antica che nella nuova teorica, con chi forse non conviene in questi principii, tal- ché, senza perciò riputarli indegni di discussione, crediamo meglio occupare il tempo in altre ricerche, secondo l'avviso dato da un celebre fisico giudice ben competente in queste materie ». Qualunque sieno le idee dell’autore sulla elettricità, certo è che il medesimo non potrà mai ricusare di ammettere in elettrostatica la polarità , cioè due stati opposti fra loro. Non potrà 1’ autore stesso negare che questi due stati opposti , si verificano anche ne’ fenomeni della influenza elettrica; nè potrà negare che uno di questi due stati, secondo la vecchia teorica, si comparta come l’altro; e che secondo la nuova si comporta del tutto diversamente: cioè non possiede l’esercizio delle sue facoltà, vale a dire non tende. In ciò consiste la quistione, la quale non si evita producendo idee quanto si voglia strane sulla elettricità. Su ciò, e sulle altre fasi del fe- nomeno in proposito, fu invitato l’autore a discutere; ma esso evita realmente questa discussione, facendo mostra di volerla incontrare. Non è vero adunque — 269 — che per le idee manifestate dall’autore sulla elettricità, non possa egli entrare a discutere sulla nuova teorica della influenza elettrica; perchè in questa di- scussione, trattandosi di fatti e non d’ ipotesi, nulla ostano queste al discu- tere sulla quistione stessa; laonde il dire coll’autore, che per le idee precon- cette sulla elettricità da esso, non può egli discutere circa il modo di ravvi- sare il fenomeno della induzione, vale quanto afferrare un pretesto, una sdru- cita tavola, per salvarsi da un inevitabile naufragio. Del resto sono persuaso, che le idee manifestate dall’ autore, in questo suo VI, sulla elettricità statica, e specialmente sul fenomeno della influenza elettrica, non persuaderanno i fisici d’ Italia; sebbene possano illudere coloro, che non sanno, o non vogliono approfondire il fenomeno di cui si ^tratta. Sono altresì persuaso che non persuadono neppure l’autore loro, il quale non le ha pub- blicate nei Comptes Rendiis, forse per non accrescere il numero di quelli, che alieni dal sagrificare le convinzioni ottenute dalla sperienza e dal raziocinio, non esisterebbero punto a rigettarle. Furono le stesse idee pubblicate dall’au- tore anche nell’ opera intitolata « V Unità delle forze fisiche « recentemente venuta in luce (Roma 1864-); ma noi quanto prima, con un’analisi assai svi- luppata, le prenderemo singolarmente ad esame. Ha detto 1’ autore che la moltitiidine de’ miei minuti sperimenti, può spiegarsi tanto coll’ antica , quanto colla nuova teorica. Ecco un altro passo in cui r autore non é originale , ma siegue il padre G. B. Pianciani , che fu il primo ad insinuare questa opinione. Del resto è hìlso che la moltitu- dine de’ miei minuti sperimenti, può spiegarsi tanto coll’ antica, quanto colla nuova teorica ; poiché 1’ antica non ammette affatto sull’ indotto , durante la induzione, quello stato elettrico di equilibrio, che ha riconosciuto vero la nuova. Chi vorrà leggere attentamente la moltitudine de’ miei minuti speri- menti, si convincerà di quello che asserisco ; e vedrà pure chiaramente che r illustre p. Secchi, non ancora si è formata una idea ben distinta del feno- meno su cui si quistiona. Quello che avvi di originale nella citata espressione dell’autore, si è che il medesimo in essa contraddice a quanto ha detto di so- pra; ed in fatti egli disse non solo di « non aver idea distinta di una elet- )) tricità statica priva di tensione » ma dichiarò apertamente « che gli riesce im- )) possibile formarsene una idea qualunque »; ora egli senza esitare asserisce che i miei molti e minuti sperimenti « possono spiegarsi tanto nell’antica quanto » nella nuova teorica »; ma questa include l’ idea distinta della elettricità priva di tensione, dunque per l’autore non è più impossibile farsi un idea distinta 270 di questa elettricità, contro quello che aveva egli prima dichiarato. Noi pre- ghiamo l’autore stesso a dirci, come può spiegarsi un fenomeno, mediante la elettricità dissimulata o latente, della quale non si ha idea distinta. Però, a parte lasciando la dimostrata contraddizione , 1’ autore quantunque avverso alla nuova teorica, non si avvede che ha molto favorito, con quest’ultimo as- serto, i sostenitori della medesima. In fatti dichiarando egli che la moUitudine de’ miei minuti minuti sperimenti, si spiega bene con ambedue le teoriche, ha giudicato che almeno la nuova vale quanto l’antica; e questo giudizio deve riguardarsi come vittoria pei sostenitori della dottrina moderna sulla elet- trica influenza; i quali hanno diritto a credere, dover egli da ultimo giungere a vedere, che ad essa esclusivamente appartiene la prevalenza. Intanto invi- vitiamo l’autore a darci le ragioni, per le quali egli crede che l’antica teorica valga quanto la nuova; così almeno avrà occasione di entrare in subjecta ma- teritty da cui si è tanto allontanato. ' Riguardo all’ avere voluto 1’ autore qualificare le mie ricerche sperimen- tali, una moltitudine di minuti sperimenti, non vedo altro scopo fuori quello di volere invilire queste mie decennali fatiche ; però spero che il tempo le giudicherà meglio. Dirò soltanto perora, che i miei sperimenti sono concluden- tissimi, e di facile ripetizione; cioè non sono nè poetiche immaginazioni, nè sperienze le quali per essere ripetute, abbisognano di strumenti, che senza il soccorsp del governo, o di ricche società non possono eseguirsi. Finalmente l’autore dice che <( secondo l’avviso dato da un celebre fisico, » giudice competente in queste materie, crede meglio occupare il tempo in al- )) tre ricerche » . Non è questo un dichiarare apertamente di non voler discu- tere sull’argomento controverso ? Il giudice competente qui citato è il De la Rive; ma questo mio amico, e sommo fisico, per cinque volte pubblicò sull’ar- gomento controverso, ed in tutte queste sue pubblicazioni non altro fece, che lodare la esattezza e la importanza delle mie sperienze , incoraggiandomi a continuarle. Ora perchè l’ illustre competitore mio riporta, di queste cinque pubblicazioni, unicamente quella frase, che seconda la sua niuna voglia di di- scutere, obliando tutte le altre che riconoscono utilissima tale discussione ? Lascio la ricerca di questo perchè al giudizio del competente lettore. Il citare l’unica frase apparentemente contraria di un autore, che ne ha emesse tante altre favorevolissime, non è discutere, ma è un voler escire dalla discussione, senza neppure averla incominciata. Non possiamo a meno per tanto di essere maravigliati assai, nel vedere — 27i il p. Secchi obliare , che il De la Rive nella prima sua communicazione ha detto « le sperienze del Melloni render conto in un modo soddisfacentis- » simo del fenomeno della induzione elettrostatica » nella secon- da , « essere le mie sperienze incontrastabili , ed aver fatto nel suo spirito )) una grande impressione » nella terza « esservi una contraddi- )) zione incredibile nei trattati di fisica, per la maggior parte di quelli autori, )> che ammettono la elettricità dissimulata nel condensatore, negandola nella )) sperienza del cilindro indotto , e le mie sperienze doversi conti- » nuare con maggior impegno , avendo esse aperto un nuovo campo d’ in- » vestigazioni » nella quarta « almeno la nuova teorica potere sod- )) disfare quanto l’antica », nella quinta « tutte le mie sperienze poter essere » interpetrate bene , tanto secondo la teorica generalmente ricevuta, quanto » secondo la nuova di Melloni . . ., ed il soggetto (cioè la nuova teorica) meri- » tare un esame ulteriore; quindi essere da riguardare qual fortuna, che il Melloni » abbia di nuovo richiamata l’attenzione dei dotti su questo argomento Termina il De la Rive la sua quinta comunicazione dicendo « Forse 1’ ana- )) lisi del sig. Volpicelli potrebbe ancora essere più completa, e noi crediamo » che il dotto fisico italiano renderebbe alla scienza un vero servizio se, in- » vece di persistere a sostenere una teorica che ha contro di se argomenti )) tanto forti, esso impiegasse il suo ingegno a schiarire colla sperienza tutti » quei punti ancora oscuri della elcttrastatica induzione.... » Il p- Secchi fer- mandosi alle sole parole invece di persistere a sostenere ec., c saltando a pie’ pari tutto il resto, che non è poco, conclude che il De la Rive abbia consigliato a non occuparsi più del fanomeno dell’elettrostatica induzione. Ma ognun vede, da quanto abbiamo qui riferito, che se non si voglia far credere quell’ illustre fisico in aperta contraddizione con se stesso, dovrà dirsi che, tutto ben pesato, egli assolutamente crede che il fenomeno della elettrostatica induzione ancora sia nella oscurità, e che debba continuarsi a studiare, come le citate ultime pa- role dicono ad evidenza. Non voglio ricercare il perchè dall’ illustre opposi- tore mio siasi voluto concludere in quel modo , piuttosto che in quest’ altro più ragionevole, e più consono ai detti del De la Rive: questa ricerca la farà r imparziale lettore. Concludo per tanto che il R. P. Secchi non ha letto la mia comunica- zione ottava sull’ attuale argomento , pubblicata negli Atti de’ Nuovi Lincei , che se l’avesse letta non avrebbe tanto leggermente, e senza veruna utilità, discusso intorno al medesimo, nel citato suo paragrafo VI ; ma vi sono pur 272 — troppo di quelli che credono avere diritto di esser letti, negandolo agli altri. Con- cludo altresì che l’autore con un falso ragionamento nega essere la indotta priva di tensione. In fatti egli dice così: Adotto il principio che, a guisa di un liquido in equilibrio, sempre la elettricità statica debba tendere; dunque la elettricità sviluppata per influenza deve tendere , ancorché a questa rimanga sottopo- sta. Si ha un bel rispondere cogli sperimenti : la elettricità indotta non tende durante la induzione , che l’autore risponde : non importa , giacché pel principio da me adottato deve tendere; dunque realmente la elettricità indotta possiede tensione. Ognuno giudichi da se qual valore abbia contro il fatto que- sto modo nuovo di argomentare. Tolto il riferito argomento infelicissimo, nuli’ altro si trova direttamente relativo alla discussione che il p. Secchi si propose , ma che ha fino ad ora evitata. Questo modo di filosofare potrà illudere chi si contenta degli arditi concetti di un immaginazione vivace, non temperata da logica severa; o chi appagasi delle decisioni dogmatiche, e gra- tuite; ma non certo chi, trattandosi di scienze naturali, crede soltanto a quello che la ragione dimostra evidentemente vero. P.S. Il R. P. Secchi nei Comptes Rendus, t. 58, p. 1185, mi rimpro- vera, senza citare né il tomo né la pagina, di avere pubblicato in questo pe- riodico « che il suo apparato (elettro-atmosferico) contiene un luncjo filo di (jutta-perca. ...» Debbo qui dichiarare, che non ho mai neppur sognato ad una tale pubblicazione nell’opera citata. — 273 — COMUNICAZIONI li prof. G. Ponzi dichiarò, clic le ricerche da esso intraprese insieme al prof. Diorio, circa la sabbia caduta in Roma nella notte del 21 febbraio 1864, non erano ancora compiute, che però lo sarebbero state quanto prima, ed al- lora l’accademia ne avrebbe avuta comunicazione. 11 prof. Diorio presentò, in conferma di quanto aveva riferito preceden- temente il prof. Ponzi, alcuni disegni degl’ infusori fossilizzati, che furono rin- venuti nella sabbia sopra ^indicata. 11 segretario soddisfece al doloroso ufficio di comunicare all’ Accademia la grave perdita da essa fatta, perla morte avvenuta in Parigi nel giorno 25 marzo del corrente anno 1864 dell’ illustre signor Francesco Woepcke , autore di molti importanti lavori, relativi alla storia delle scienze matematiche, alcuni dei quali si trovar^nseriti negli Atti dell’ accademia nostra. Questa perdita non potrà non recare un vivo dispiacere a quanti si occupano di tali studi. 11 sig. principe D. B. Boncompagni alla precedente comunicazione ag- giunse quanto segue : La peidita che gli studi storici, e quelli specialmente che si riferiscono alla storia delle matematiche, hanno fatto per la immatura morte del sig. Fran- cesco Woepcke, è somman^nte grave, e non potrà mai essere abbastanza deplorata dai cultori di tali studi. Nel sig. Woepcke riunivansi qualità, che difficilmente potranno trovarsi riunite in altra persona; cioè cognizione profonda dell’ arabo e del persiano, cognizione profonda di tutti i rami delle matematiche, assiduità istancabile nel lavoro, acutezza d’ ingegno, ammirabile lucidità d’ idee, e di esposizione. Per mezzo di tali preziose facoltà, egli ha potuto per lo spazio di circa 1 6 anni, dare alla scienza molti importanti lavori. Un catalogo più completo ed esatto che sia possibile di tali pubblicazioni sarà in breve pubblicato per mia cura. Avendo io ricevuto dal sig. Woepcke i più benevoli incoraggiamenti, ed essendosi egli compiaciuto di eseguire per me varie traduzioni , credo mio dovere di esprimere i sentimenti della mia più viva riconoscenza , per tali favori da lui ricevuti, e del più vivo rammarico per la dolorosa perdita che la scienza ha fatto di lui. — 274 Il medesimo sig. principe dispensò un articolo del sig. prof. Filippo Par- latore, intorno due dissertazioni botaniche del fu dott. Miclielangiolo Poggioli, e donò all’accademia il ritratto in cornice di questo medico romano. COMITATO SEGRETO Il prof. Diorio , a nome della commissione, scelta nella tornata III (14 febbraio 1864), lesse il rapporto sul consuntivo del 1863, e sul preventivo pel corrente anno 1864. Le conclusioni dei commissari, espresse nel rapporto medesimo, approvarono completamente la indicata gestione amministrativa del comitato; e l’accademia per mezzo dello squittino segreto, confermò quest’ap- provazione. Il comitato accademico presentò le due seguenti terne, per la elezione di due soci ordinari. Prima terna. Seconda terna. Lomm. Luigi Poletti, Signori ( L. Clemente Jacobini, Cav. Federico prof. Giorgi. Vincenzo Sanguinetti, Signori < Tito prof. Armellini, Ettore dott. Rolli. Dopo discusso il merito scientifico dei candidati, si passò allo squittino segreto con voti bianchi e neri, essendo 17 i votanti, e si ebbe la seguente votazione. Voti B. N. Poletti 14 3, Signori I Jacobini 9 8, Giorgi 5 12. Voti B. N. Sanguinetti 9 8, Signori ^ Armellini 6 11, Rolli 10 7. Quindi, a forma dello statuto, rimasero eletti a soci ordinari i signori Com. Poletti, e dott. Rolli, salvo l’approvazione sovrana. — 275 — Similmente dal comitato stesso, venne proposta, per la nomina di un socio straniero, la terna seguente I Maresciallo Duca di Saldanha Prof. Francesco De Hauer V Barone Sartorius De Waltershausen. Dopo discusso il merito scientifico dei candidati, essendo diecisette i vo- tanti, si passò allo squittino segreto per mezzo di voti bianchi e neri, da cui si ebbe il risultamento che siegue. Voti B. N. ÌDuca di Saldanha 14 3 Prof. De Hauer 5 12 Barone De Waltershausen 7 10 Quindi, a forma dello statuto, rimase scelto il sig. Duca di Saldanha, salvo l’ap- provazione sovrana. L’accademia riunitasi legalmente a un’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ore di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. S. Proja. — G. Ponzi. — - M. Azzarelli. — E. Fiorini. — P. Volpicelli. — S. Cadet. — P. Sanguinetti. — B. Boncompagni. — A. Cialdi. — B. Tor- tolini. — C. Sereni. — V. Diorio. — I. Calandrelli. — A. Secchi. — B. N. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 3 di agosto del 1864 P. V. 37 276 — OPERE TENETE IN DONO Memorie dell' Accademia delle scienze, dell' Istituto di Bologna. — Serie li; Tom. Ili; fase. 2.“ Rendiconto dell' Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Anno III; fase. 2." — Febraro 1864. Considerazioni sul Triangolo rettilineo. Memoria di G. B. Marsano. Geno- va, 1863; un fase, in 8.° Trattato di Clinica applicata specialmente alla medicina ed all'agricoltura di Sebastiano Purgotti , riveduta, ampliata, e corretta. Terza edizione. •— Voi. III. Perugia 1863; un voi. in 8." Rendiconto della classe di scienze matematiche e fisiche del R. Istituto lom- bardo di scienze e lettere. Voi. I; fase. I e II. Gennaro-febraro 1864. Bidlettino dell' Associazione nazionale italiana di mutuo soccorso degli scienziati, letterati ed artisti. Dispensa VII. Napoli, 1864. Ai dilettanti del giuoco del lotto. Guida per rinvenire con una qualche pro- babilità i numeri estraendi dai diversi bussoli di Roma, Napoli, Firenze ec. Opera di G. D. G. R. che si publica in Roma in tanti fogli separati per comodo dei signori dilettanti, al prezzo di bai. sette e mezzo l'uno. Roma, 1864. Rullettino Meteorologico dell' Osservato rio del collegio romano, in eorrente. Kongliga . . . Memoria della R. Accademia e elle scienze di Stockholm. 4.“ Tomo; n.“ 1, 1861 . Ofversigt . . . Atti della Accademia suddetta. 1862. Meteorologiska . . . Osservazioni meteorologiche della R. Accademia suddetta, compilate da Er. Edlund. 1861. Bullettin . . . Rullettino dell' Accade mia I. delle scienze di s. Pietroburgo. Tomo 4.“ — N. 7-9; e Tomo 5.° — N. 1 e 2. Mèmoires . . . Memorie dell' Accade mia suddetta. Tomo IV, n. 10-11. Gomptes .... Conti Resi dell' Accademia delle scienze dell' i. istituto DI FRANCIA, in eorrente. REiMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. REIMPRIMATUR Petrus De Villanova Castellacci Arohiep. Petrae Yicesgerens. ATTI DELL’ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE vr DEL 1 IIAG6I0 1864 PRES1DE]\[ZA DEL COHI. SIG. PROE. N. CAVALIERI SAIV RERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI SEI SOCI OKSINARX E DEI COSaiSPONDENTl Il latte esaminato per mezzo del lattoscopio del doti. Donné. Nota del prof. Biorio. Datamisi l’occasione di esaminare con il Lattoscopio del dott. Donnè il latte di talune specie dei nostri animali domestici; fui sorpreso dalla relativa po- vertà che quel fluido organico, sebbene non viziato da cupidigia di guadagno, mi offeriva. E quindi ripensando alle non poche conseguenze che potrebbero derivarsene ; stimai opportuno di farne , così di volo , un cenno mostrando prima aH’Accademia l’ ingegnoso apparecchio, che permette di calcolare la ric- chezza in crema dei diversi latti esplorati , con una prontezza e precisione prima certo non sperabili. Due cerchi metallici, che l’uno nell’altro s’ impannano a vite, incorniciano un piano di vetro limpidissimo; disposto così che stretta la vite, le superfìci diafane si combacino esattamente insieme. Si apre sul cerchio esterno un forellino, sormontato da un piccolo imbuto, situato in guisa da corrispondere esattamente alla intercapedine che lascereb- bero i vetri, l’uno dall’altro discostandosi con i loro giri. È facile il comprendere che poche goccie di latte versate nell’ imbutino, se trovano per lo scostamento dei vetri spazio sufficiente a riceverle; cacciata l’aria, si frapporranno alle superfìci trasparenti dell’ istromento in modo , da farle comparire opache; e la maggiore o minore opacità indotta nello interno 38 278 del Lattoscopio, starà , a tutt’altre circostanze eguali , in ragion diretta colla ricchezza delle materie grasse, che nel latte esplorato trovansi radunate. Or bene, quando le superfìcie trasparenti si toccano esattamente, T istro- mento essendo chiuso, trovasi che una piccola freccia incisa sul cerchio esterno, corrisponde allo zero del cerchio interno ; che porta la graduazione dall’ uno al cinquanta, onde marcare i segmenti di cerchio percorsi dalla vite nel suo aprirsi. Tutto r istroniento è montato, a modo di monocolo, su di un piccolo ma- nubrio, che ne rende facile il maneggio, la giunta poi di una tavola indicante, tradotta a gradi lattoscopici, la ricchezza relativa dei latti più comunemente adoperati nella domestica economia (aggiuntavi pure quella del latte umano); danno all’esattissimo apparecchio il tipo della novità, aggiunto a quello di una utilità pratica incontrastabile. Dovendo infatti ogni latte il colore e la opacità sua caratteristica ai globetti di materia butirosa, che involuti da una membrana proteica, entrano come parte principalissima nella sua crasi ; se si guardi in una camera al buio la fìamma di una candela, attraverso di uno strato lat- teo, ritenuto fra le lastrine di vetro del lattoscopio; per giungere fìno al punto di perdere l’ imagine netta della fìamma, avanti alla quale si tiene l’apparec- chio, converrà farvi discendere più o meno di latte, a seconda che più o meno esso abbondi dei principii opalizzanti su indicati. Basta però, giunti a quel punto, di riguardare il grado al quale il cerchio girante dell’ istromento si è arrestato; calcolando di più se occorre, ancora i giri interi che ha dovuto fare, prima di arrivare al termine proposto; per avere immediatamente marcata in numeri la proporzione ricercala. Operando in questo modo trovai con mia sorpresa, che fra noi passava per buono un latte di vacca, che marcava solo 37“ gradi nel lattoscopio, e non dava che il di crema al cremometro di Quevenne; mentre secondo il Donne deve tenersi per leggero un latte vaccino, che marchi dai 40“ al 33“ del lattoscopio, e dia solo il al cremometro. Crebbe la mia sorpresa tro- vando che un latte di asina adoperato per uso medico, sebbene non islungato d’acqua, segnava 347“, mentre secondo il sullodato inventore, deve scendere soltanto ai 200“ il debolissimo della specie anzidetta. Al contrario rinvenni nel latte di donna, una volta, la straordinaria densità di men che 1 0“ dell’ istro- mento su descritto. In quel latte osservai di più un altra particolarità non men singolare: in fatti i globetti proprii, esaminati al microscopio, mi si of- fersero delle più svariate dimensioni ; e presso che tutti apparivano involuti — 279 — come di una doppia membrana proteica; Testerna più densa e bluastra, l’ in- terna più chiara e meno spessa ; distinguevasi però abbastanza nettamente dalla materia entro racchiusa. Apparteneva questo latte ad una nutiàce di si- mulata età giovanile, che fatta già madre da qualche tempo, offerse le poppe sue a più di un bambino nato di fresco; e valse il succiamento delle mede- sime a quelli innocenti una ben violenta enterocolite. Senza dilungarmi di più credo aver indicato quanto basta, per eccitare l’attenzione verso un argomento , che approfondito , può dare dei pratici ri- sultamenti assai vantaggiosi. Sarebbe infatti desiderabile che si generalizzasse fra noi l’uso del lattoscopio, insieme con quello di taluni altri congegni pratici annonarii utilissimi. Il latte traduce in se la ricchezza degli organismi che lo danno; riporta le qualità dei pasti ai quali gli animali sono mantenuti; esprime le condizioni di età, e le circostanze del tempo dal quale incominciò a fluire : neH’umana specie le passioni , le fasi muliebri , i farmaci usati dalle nutiàci , i seminìi morbosi finalmente, che o l’eredità trasmise, od il retaggio della falsa civiliz- zazione indusse, non meno che le malattie attuali, potentemente lo modifi- cano. Suggendolo il bambino, non ha da trovarvi il veleno; nutrendosene l’uomo, ha diritto di averlo ricco di materiali propri!, e non alterato della cupidità del guadagno. — 280 COMUNICAZIONI Il prof. Diorìo diede contezza di un nuovo esame, istituito sulle polveri, cadute in Roma nella notte del 20 al 21 febbraio decorso; ed espose come fu confermato dallo studio comparativo delle medesime (dopo che con un acido erano state sceverate di tutte le particelle solubili che contenevano) ch’erano desse del tutto diverse dalle arene sub-appennine, le quali erano state propo- ste ed esibite pel confronto. Infatti l’acido lascia in quest’ultimo più grandi e più irregolari frammenti di quarzo, ed in minor numero; mentre in quelle la silice si presenta in masse più piccole, più abbondanti, ed offerenti qualche apparenza manifesta di organizzazione. Accenna egli di aver progettato nuovamente, per mezzo della camera lucida di Amici, le figure, discoperte con un eccellente micro- scopio di Nachet nella parte più sottile delle polveri cadute, illuminandole per trasparenza da 500 fino a 1300 diametri, e giovandosi del condensatore diretto della luce, per renderle più chiare; e dice di aver rimesso al chmo. sig. prof. Ponzi cinque tavole con tal metodo disegnate. La qualità, la tenuità, e la scar- sezza dei prodotti organici silicei, ritrovati nelle polveri cadute, sembrano al- l’autore confermare l’opinamento della chma. sig. contessa Fiorini, che quelli sieno resti di proto-organismi più vegetabili che animali; ed intanto si avrebbe anche da ciò un nuovo argomento a ritenere le polveri anzidette, di una ori- gine assai più antica di quella, che basta per ispiegare la formazione delle arene sub-appennine, con le quali non hanno che debolissime anologie, almeno per quanto può dedursi da quelle assoggettate allo studio comparativo anzidetto. 11 R. P. Secchi espose alcune sue ricerche sulle correnti elettriche terrestri, e parlò del periodo in esse osservato, che dall’autore trovasi analogo a quello del bi- filare, ed a quello della elettricità atmosferica. Concluse col dire che la teorica delle variazioni magnetiche, come proveniente dalla elettricità diurna dell’atmosfera, già indicata dal De la Rive, acquistava ogni dì più probabilità. Inoltre mo- strò la grande influenza che nell’ igiene deve avere il movimento dell’etere. Riflessi del prof. Volpicelli relativi alla precedente comunicazione del p. A. Secchi. 1." Riguardo all’analogia che si asserisce osservata fra i tre indicati perio- di, cioè quello delle correnti elettriche terrestri, l’altro del bifilare, ed il terzo quello elettro-atmosferico, è facile vedere, anche prescindendo dal modo col — 281 quale quest’ultimo periodo viene assegnato dal detto autore, che quando gli ultimi due si analizzino numericamente, dietro quanto è registrato nel bullettino meteorologico del collegio romano, essi per la maggior parte non si trovano, in quanto all’effetto loro diurno , analoghi l’uno all’altro , contro ciò che fu asserito. Se la pretesa analogia si verificasse, questa si dovrebbe manifestare anche più chiaramente nei periodi annuali, e nei secolari. Ma fino ad ora nulla di preciso fu pubblicato dallo stesso autore, sui periodi magnetici di lunga du- rata; e pare che a lui manchino i dati magnetici necessari, per avere questi periodi con esattezza. Del resto a noi sembra che il modo col quale dal me- desimo si sperimenta la elettricità dell’atmosfera, non sia conveniente a dare questa elettricità ; giacché adopera egli a tal fine il conduttore salente, non già il fisso, usato di preferenza in Inghilterra ed in Germania, e che ritengo essere l’ unico mezzo per ottenere la vera elettricità dell’ atmosfera, in quei luoghi nei quali si vuole sperimentare. 2.“ Riguardo al concludere chela teorica delle variazioni magnetiche, come proveniente dalla elettricità dell’atmosfera, già indicata dal De la Rive, oggi acquisti probabilità maggiore , deve osservarsi che parecchi autori moderni , non ammettono j>rovenire quelle variazioni dalla elettrica corrente atmosferica, colla quale il De la Rive ha spiegato il fenomeno delle aurore boreali. Fra que- sti autori dobbiamo ricordare il sig. Rlavier (1), ed il sig. conte Du Moncel, il quale opina doversi escludere ogni relazione fra le correnti elettriche ter- restri, ed i fenomeni meteorologici, perchè questi sono locali, e non quelle (2). Anche il sig, Quetelet riguarda le variazioni del magnetismo terrestre, come indipendenti dai fenomeni meteorologici , e perciò pure dalla elettricità del- l’atmosfera (3). Dice inoltre il sig. Daguin « Negli uragani più violenti, l’ago calamitato resta in perfetta quiete, e nelle più grandi tempeste agisce appe- na (4) »; conseguenza dedotta dall’ annuario della società magnetica istituita da Gauss. Il sig. Renard che si è occupato della teorica del magnetismo ter- restre, nella seconda parte di questo suo lavoro, considera le variazioni ma- gnetiche dette secolari, annuali, diurne, ed irregolari. Per esso le variazioni secolari sono ad un tempo dovute ai moti di traslazione e di rotazione ter- (1) V. Du Moncel, Traité de lélégrapliie électrique. Paris 1864, p, 298. (2) Idem., p. 299, li. 25. (3) L’Institut, n. 1484, annéel862, p. 190. — Annales de fobservatoire royale de Bru- xelles, t. 13, an. 1861, p. 263. (4) Traité élém. de phy. Paris 1862, t. 3.®, pag. 88, li. 5. restre nel seno dell’ etere ; le variazioni annuali dipendono più specialmente dal moto di traslazione; le variazioni diurne dal moto di rotazione; e le va- riazioni irregolari da cause accidentali, come dai terremoti, dalle vulcaniche eruzioni, ec. Si vede per tanto che anche questo fisico, non fa concorrere la elettricità dell’atmosfera nelle variazioni magnetiche secolari, annuali, e diur- ne (1). 3.“ Per quello poi riguarda il mostrare la grande influenza, che nella igiene deve avere il movimento dell’etere, vale a dire il movimento della elettricità; non è cosa nuova, ma da gran tempo riguardata vera, e da moltissimi studiata con ripetute sperienze. Lo smovimento dell’ elettrico influisce non solo nella vita degli animali , ma pure in quella delle piante ; esso è prodotto sempre da una causa elettrica, sia statica, sia dinamica; ed ognuna di queste può es- sere 0 artificiale, o naturale. Sarà naturale se provenga dall’elettricità dell’atmo- sfera, 0 della terra; ed artificiale se dalle macchine di attrito, o dagli elettromo- tori voltaici. Qualunque sia la provenienza della causa elettrica, essa non manca mai di agire sulla economia della vita dei due regni organici, ora con danno, ed ora con vantaggio di essa. Considerando lo smovimento elettrico in quanto fu prodotto artificialmente a vantaggio della igiene, non è senza utilità ricor- dare che la elettricità della macchina, fu per la prima volta introdotta in me- dicina da Kratzenstein nel 1744 (2); quindi molti altri fisici si occuparono di questo argomento, fra i quali Jallabert a Ginevra nel 1748 , e Sauvages a a Montpellier ; però Hart (3) e Franklin (4) non si mostrarono favorevoli a quest’applicazione. La elettricità di attrito fu applicata per la igiene anche da Lower (5), e Wesley con gran successo; e pure il De Haen (6) si dichiarò fa- vorevole a quest’uso. Similmente dicasi di Ferguson (7), ed Hartmann (8), i quali riferiscono molti casi di buon successo. Più tardi coltivarono questo ramo di medicina principalmente gl’inglesi Partington (9), Fothergill (10), e (1) V.^s Mondes, T. 6.°, année 1864, p. 1S3. (2) Gehler, t. 3.®, p. 390. (3) Philos. Transact. t. 48, parte 2.% p. 786. (4) Idem., t. 80, parte 2,^, p. 481. (5) Electricity rendered useful. London 1760, in 8.® (6) Ratio medendi. Voi. 1.®, p. 234. (7) Introd. lo electricity. London 1770, in 8.®, sec. 8. (8) Die angewandte E. bei Krankheiten des menschlichen KOrpers. Hannover 1770 in 8." (9) Cavallo, vollstàndige Abhandlung der Electricitàt, Bd. 2. Leipzig 1797, p. 37. (10) Philos. Transact. Voi. 69. — 283 — Birch (1), quindi un’opera di molto merito fu intorno ad esso pubblicata da Cavallo (2). Anche i medici tedeschi ed olandesi trattarono la elettricità per gli usi medici , ed in ispecie Kùhri (3) , Bdckmann (4) , Wilh. van Banne- veld (5) , van Troostwyck , Krayenhoff (6) , e Deimann (7). La elettricità di di attrito venne in soccorso della medicina eziandio per le opere di Kriinitz (8), Vivenzio (9), Bertholon (IO), e Spengler (II). Biguardo agli effetti filologici , prodotti da una causa elettrica artificiale 0 naturale, dobbiamo ricordarci dei lavori pubblicati da Cavendish (12), Bobi- son (13), Volta (14), Hernmer (15), Abilgard (16), Veratti (17), Van Marum (18), Achard(19), oltre le sperienze galvaniche ed elettriche, fatte da una società medica privata in Magonza (20). Per quello concerne gli autori moderni, che hanno scritto sugli effetti fi- siologici, prodotti dallo smovimento elettrico negli animali, dobbiamo ricordare (1) Considerations on thè efficacy of electricity in removing feniale obstructions. (2) Essay on thè theory and practice of medicai electricity. London 1780. (3) Geschichte der niedicinischen und physikalischen Electricitiit nnd der neuesten Ver- suche. die in dieser niitzlichen Wissenschaft geniacht wiirden. Leipzig 1825, 2 voi. (4) Ueher Anwendung der Eleclritàt bei Krankheiten. Durlach 1787. [o) Medicinische Electricitàt. Aus dem Hollandischen. Leipzig 1787, in 8.® (6) De l’application de l’électricité à la medicine 1788. (7) den gnten Wirkungen der Electricitiit in verschiedenen Krankheiten. Aus dem Hollandischen. Mit Anmerkungen und Zusàtzcn von Kiihn. Kopenhagen 1793, 2 voi. (8) Verzeichniss der vornehmsten Schriften von der Electricitàt und den eleclrischen Kuren. Leipzig 1769, p. 159, num. 350-472. (9; Teoria e pratica della elettricità medica. Napoli 1784. (10) De l’électricité du corps humain dans l’état de santé et de maladie. Voi. 2, Pa- ris 1786. (11) Briefe, welche einige Erfahrungen der eleclrischen Wirkungen in Krankheiten enthalten. Copenhagen 1754. (12) Esperienze per imitare gli effetti della torpedine. Philos. Transac. 1776, p. 195. (13) Mechanical Philosophy. Voi. 4. (14) Esperienze continuate sopra la elettricità. Gilbert Annalen 14, p. 257. (15) Esperienze elettriche con animali. Coni. Acad. Theod. Palai, voi. 5, p. 158. (16) Tentamina eleclrica in animalihus instituta. Coll. Soc. med. Haoniens, voi. 2, p.l57. (17) De animalihus electrico ictu percussis. Coni. Bon. voi. 7, p. 41. (18) Tilloch Philos. Mag. voi. 8, p. 194-318 — Second continuation, Harlem 1795 — Bisultamenti delle sperienze fatte colla macchina electrica di Teyler, Harlem 1795, voi. 4. (19) Mémoire renfermant le récit de pliisieurs expériences électriques, faites dans dill'erentes vues. Mém. de Berlin 1781, p. 9. (20) Frankfurt 1829. — 284 — Roberts (1), Foisac (2), W. Thomson (3), oltre tutti gli altri autori, che r illustre De la Rive cita nella eccellente opera sulla elettricità (4), ove si trovano interessanti e copiose notizie su questo argomento, e sugli autori che ne hanno profondamente trattato. In quanto agli effetti sopra indicati sul regno vegetabile , ricorderemo in primo luogo T abate Bertholon (5) , oltre ad Ingenhouss (6) , ed oltre a Kies e Koestliii (7). « Egli è probabile , dice il De la Rive , che le piante sieno uno dei veicoli, pei quali si opera la neutralizzazione regolare e costante della elettricità negativa, di cui costantemente si trova caricato il nostro globo, colla positiva che i vapori del mare apportano all’atmosfera. Questa neutra- lizzazione, che avrebbe luogo a traverso le parti umide delle piante , dovrà esercitare sovr’esse un’azione chimica, portando l’ossigeno ed i principii acidi, verso la parte del vegetabile in contatto coll’aria, che servirebbe da elettrodo; mentre l’ idrogene coi principii alcalini, dovrebbero essere trasportati verso la estrema parte delle radici, o piuttosto nel suolo, col quale si trovano esse in contatto ». Abbiamo riferito questo brano, anche perchè in esso è adottato, che siala terra elettrizzata negativamente, come da noi fu sempre sostenuto. La principale causa naturale del movimento elettrico negli esseri orga- nici, consiste nella elettricità atmosferica; e riferendosi agli esseri animati, la smossa elettrica può essere od utile, o dannosa per la igiene loro. Così gli effetti del fulmine possono guarire certe affezioni morbose preesistenti, possono pro- durre ferite , o infermità nuove , possono in fine generare la morte , che qualche volta è soltanto apparente; mentre quando è reale, trovasi accompa- gnata da circostanze, assaissimo diverse da un caso all’altro: pare che il fulmine uccida, esaurendo immediatamente tutta la quantità di forza dinamica, posse- duta dall’economia dell’animale. La elettricità dell’atmosfera, produce il movimento elettrico suU’uomo, an- che senza cagionare in esso i tre sopra indicati effetti; ma invece cagionandogli od un mal essere, od un’agitazione, od un peso difficile ad esprimersi, od una (1) Sur l’analogie de l’électricité avec l’ infiuence nerveuse. Archives de l’éleet. t. l.°, an. 1841, p. 467. (2) De la météorologie. Paris 18S4, t. l.° p. 257. (3) Archives des scien. phy. et nat. de Genève, t. XI, an.l861, p. 231 nouvelle période. (4) Traité d’éleclricité. Paris 1858, t. 3.®, p. 679, et 680. (5) Électrieité des végétaux. Paris 1783, 1 voi. in 8.® (6) Versuche mit Planzen, 3 voi. dal 1778 fino al 1790. (7) De effectibus electricitatis. Tnebingen 1775. — 283 — pigrizia nel muscolare sistema; ed i malati, quando l’atmosfera è molto elet- trica, si aggravano il più delle volte. L’elettrico atmosferico, scorrendo a tra- verso il corpo animato, cioè traversando i nervi ed i muscoli, turba l’equilibrio dello stato normale, attivando, o contrariando certe funzioni dipendenti dal- r influenza nervosa. Per tanto quello che forse potrebbe riguardarsi nuovo, specialmente fra noi, si è il praticare in ogni ospedale regolari osservazioni, tanto elettro-atmo- sferiche a conduttore fìsso, quanto elettro-telluriche, per conoscere meglio quale influenza la smossa dell’elettrico abbia nelle malattie. Read riferisce molte sperienze fatte da esso col suo moltiplicatore (1) , istromento simile al molinello di Nicholson; e crede poter concludere, che la respirazione, la putrefazione, e tutte quelle cause che rendono l’aria viziata, producano in essa la elettricità negativa. Egli esplorò 1’ aria in vari luoghi , particolarmente nelle camere in cui dimoravano lungamente molte persone , come nelle scuole, ma specialmente negli ospedali; e trovò sempre giustificata la precedente sua conclusione. Trovò inoltre lo stesso Read, che la ventila- zione sempre cagionava 1’ apparire della elettricità positiva , e sperimentando in una serra, trovava pure qui la elettricità negativa-, quindi credette che la vegetazione possa influire sulla elettricità dell’aria. L’ influenza elettro-atmosferica si fa sentire anche indirettamente suH’orga- nismo, per mezzo della produzione dell’ozono, che devesi alla elettricità dell’aria, e non alla vegetazione stessa; e che, similmente al cloro, agisce sugli organi del respiro. Altri pensano che l’ozono, cioè l’ossigeno allo stato di ozono, eserciti una favorevole influenza sui miasmi, e perciò sulle malattie che sono epide- miche. Quindi è che potrebbe, almeno per noi , riguardarsi anche nuovo, lo stabilire negli ospedali, oltre alle ricerche regolari di elettricità, pure quelle ozo- nometriche, le quali formano un moderno ramo di meteorologia, non ancora coltivato cogli altri nell’osservatorio del collegio romano, in cui questa scienza viene abbracciata in tutta la estensione. (1) Neues Journal der Physik von Gren. Voi. 2.“ an. 1795, p. 70. ..78. 39 — 286 CORRISPONDENZE L’ Emo. e Rmo. sig. Cardinale Altieri, protettore deiraccademia, col suo pregiato dispaccio del 18 aprile 1864, diretto al nostro sig. com. presidente, fa noto, che la Santità di N. S. si è degnata dare l’approvazione sovrana alle nomine di soci ordinari Lincei, fatte dall’accademia, pei signori professori Com. Luigi Poletti, ed Ettore Rolli. In questo medesimo dispaccio si partecipa , che la Santità Sua , pren- dendo in benigna considerazione il notabile numero di voti , riportati nella segreta ballottazione, dai sig. professori Clemente Jacobini, e Vincenzo San- guinetti, si era determinata ordinare che i medesimi, fin da ora, fossero am- messi nel novero dei soci ordinari Lincei. Il prof. Volpiceli! comunicò i ringraziamenti, giunti all’accademia da parte del signor commendatore Luigi Poletti, del sig. dott. Ettore Rolli, e del sig. prof. Luigi Jacobini, per essere stati eletti gialla medesima suoi soci ordinari. Il sig. prof. Socrate dott. Cadet, da parte del sig. prof. Otto cav. Tigri, fece omaggio all’accademia di un lavoro di questo fisiologo, intitolato « Su la trasformazione del sangue in sostanza grassa ». Il sig. com. Cavalieri S. Bertelo presidente, offerse in dono, da parte dei signori professori Maurizio Brighenti, e Luigi Pacinotti, un opuscolo, che ha per titolo <( Sulle più recenti piene del fiume Arno, e specialmente su quella del 18 e 19 gennaio, intorno a Pisa, nel 1863. L’astronomo sig. Littrow, ringrazia per gli Atti de’ Nuovi Lincei, ricevuti dall’osservatorio astronomico di Vienna. Il reale osservatorio astronomico di Greenwich, mediante il sig. G. B. Airy, ringrazia per lo stesso motivo. La Biblioteca imperiale pubblica di Pietroburgo, chiedendo quei scientifici stabilimenti, che ricevono gli Atti de’ Nuovi Lincei, bio le pubblicazioni, di cui può disporre la biblioteca stessa. suo direttore di essere fra offre in cam- — 287 — Il prof. Volpicelli comunicò una lettera del sig. prof. Giusto Bellavitis , colla quale questo distinto geometra, e nostro corrispondente italiano, ringrazia l’accademia, per avere concesso alla sua memoria pel concorso al premio Carpi, una straordinaria medaglia. L’accademia riunitasi legalmente a un’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ore di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. P. Volpicelli. — P. Sanguinetti. — S. Proja. — E. Rolli. - — L. Jaco- bini. — S. Cadet. — E. Fiorini. — L. Poletti. — V. Diorio. — M. Azza- relli. — A. Cialdi. — B. Tortolini. — F. Nardi. — C. Sereni. — !. Calan- drelli. — A. Secchi. — Com. N. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 80 di settembre del 1864 P. V. ©PEME VEMEfE Sulle più recenti piene del fiume Arnoy e specialmente su quella del 18 e 19 gennaio 1863. Relazione dei professori Maurizio Brighenti e Luigi Pa- ci notti (estratta dal Nuovo Cimento, voi. XYlll, an. 1863). Sulla trasformazione del sangue in sostanza grassa. Nota del Doli. Cav. A. Tigri (letta alia R. Accademia di medicina di Torino nel 1 aprile 1864). IMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Villanova Castellacci Archiep. Petrae Yicesgerens. ATTI DELL ACCADEMIA PONTIFICIA DE NUOVI LINCEI SESSIONE VII" DEL S GIEGNII 1804 PRESIDENZA DEL COM. SIG. PROF. N. CAVALIERI SAN BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI BEI SOCI OK.3DIJ3'AK.I E BEI COB.RISPOMBEMTI Matematica. - Le Taìkliys U Ibn Albannd, traduit poitr la première fois {d'après un Ms. ine'dit de la Bibliothèque Bodléienne coté « Marsh 378 [né CCXL^II da Catalogne d' Uri). Par Aristide Marre , professeur ,officier de V Instruction publique. Traile d’aiialyse des opératioiis du Calcili foi.i62'„ PAR LE DOCTEUR ABOU’l ABBAS AHMED IBN ALBAKNA. (1) QUE DIEU LE COUVRE DE Sa MISÉRICORDE ET LUI DONNE UNE PLACE DANS SON VASTE PARADIS, PAR SA LIBÉRALITÉ QUI S’ÉTEND A TOUT ET PAR SA GRACE! AINSI SOIT IL ! A.U nona de Dieu de'ment et misericordieux ! Prions Dieii pour notre seigneur (oi. i62«, verso. Mohammed et sa famille ! L’auteiir a dit : le but dans la conaposition de ce traite' est d’aiialiser siic- cincteraent les operations dii Calcid, d’en rendre plus faciìernent accessi bles les portes et les veslibules, et d’en etablir solidenaent les fonderacnls et la bàtisse.(2) Il comprend deux parties, la prenaière sur les ope'ralions dii noinbie connu, la seconde sur les règles qui rendeiat possible d’arriver a conuaìtre rinconnue de- mande'e a l’aide des connues, s’il existe entre ellcs la liason que cela exige. Je denaande a Dieu qu’il m’assiste et me dirige vers le ebemia lout droit. Louange a Dieu ! (1) Abou’l Abbas Ahmed ben Mohammed ben Othman Alazàdi, snrnommé Ibn Albanini, originaire de Grénade, enseignait avec éclat les Mathématiques au Maroc, en 1222 de notre ère. Il est qualifìé de Cheykb et de tres-savant Imam par Tun des iiombrenx commentateurs du Talkhys, Alkalacàdi, (Mathématicien arabe- espagnol mori cn 1486), dans l’un des trois Commentaires manuscrits que possedè la bibliothèque imperiale de Paris. Ibn Albannà composa un autre oiivrage , intilulc « Soulévement du rideau », dont on ne connait rien, si ce n’est la mention qu’en fait Ibn Kbaldoùn dans un passage dont le teste et la traduction ontété donnés dans le cabier d’octobre-novenjbre 1854 du Journal Asiatique, par le savant et regrettable M. F. Woepeke. (2) Le lecteur ne doit pas oublier que notre auteur porte le surnom à' Ibn Albannà, c’est-à-dire » de Varchitecte » ou {(fds du magon. » Peut-ètre alors lui pardonnera-t-il ses « verba audacius translata », comme dit Cicéron. Il est difficile, pour ne pas dire impossible, de rendre convenableraent en francais des jeux de mots qui sont d'une tournure ingénieuse et d’un sens vrai dans l’arabe. 40 290 PREMIÈRE PARTIE SUR LE NOMBRE CONNU. Elle se divise en trois sections : la première sur les ope'rations des nombres en- tiers, la seconde sur les operalions des fractions, la troisièrae sur les ope'rations des racines. PREMIÈRE SECTION Sur les entiers. En ce qui concerne le nombre de ses cbapitres, selon notre opinion, il y en a six. CHAPITRE PREMIER DES DIVISIONS DU NOMBRE ET DE SES OBDRES. Le nombre est ce qui est compose avec les unite's. (i) 11 se divise en deux classes, suivant ce qu’il contient, entiers et fractions. L’entier est de deux sor- tes, pair et impair. Le pair est de trois espèces : pair , pair de l’ impair, pair du pair et de Fimpair. (2) L’impair est de deux espèces: impair premier et im- pair de l’impair. (3) Si le nombre s’accroìt vers Finflni, il se place dans trois sièges qu’on nomme encore hahitations , et c’est a cela que reviennent les ordres du nombre. Dans cliacun de ces sièges neuf nombres: le premier siège de un a neuf, il se nomme siège des unite's ; le second de dix a quatre-vingt-dix , il se nomme siège des dixaines ; le troisième de cent a neuf cents , il se nomme siège des centaines. Le nombre a douze noms simples lesquels combine's entre eux donnent tous les noms. Les neuf premiers d’entre eux appartiennent aux unite's, | le dixième aux (1) Numeri ab uno usque ad decem. On sait que la laiigue arabe n’a de noms simples que pour les fractions dont le dénominateur ne contient que les nombres depuis 2 jusqu'à 10, c’est-à-dire pour les fractions articulées, et que toutes les autres qui portent le nom de /raaetcei, doivent s’exprimer à l’aide des arffc«Zeej. (2) Probablement 1? les puissances de 2 ; 2? les doubles de tous nombre impair ; 3? les autres nom- bres pairs. (3) C’est-à-dire 1? les nombres premiers absolus ou nombres impairs qui ne peuvent étre décomposés en facteurs; 2? les nombres impairs formés du produit des nombres impairs, tels que; 9, 15, 21, 25, 27 eie. — 291 — dìxaines, le onzi'eme aux ceiilaines et le clouzième aux mille. Et les mille clans riiabitations cles unite's; a partir de la il faut que tu recommences le tour. Tout nombre se coniiaìt par son nom et par soii exposant. L’exposant est l’indication du siège du nombre. Ainsi Eexposant des unite's est un, l’cxposant des dixaines est deux, l’exposant des centaines est trois , et ainsi de suite. Le nom est l’indication du nombre qui occupe un siège quelconque, le premier, des unite's, le second, des dixaines, ou le troisième, des centaines. Pour connaìtre 1’ exposant d’ un nombre niokarrar, tu multiplies la quan- tite' du teknrdr par trois et tu ajoutes au re'sultat Eexposant special (de la partie significative) de ce nombre la ; c’est ce qui est demande'. Au contraire, si tu as des babitations et que tu veuilles leurs noms, alors partage-lcs en divisions de trois, il t’en reste trois ou moins de trois, ce qui est sorti, c’est la quantite' du tekardr du nombre indiquè par le reste, (i) CHAPITRE DEUXIÈME DE L’aDDITION. C’est la re'union des nombres les uns avec Ics autres de telle sorte que leur e'nonciation se fasse par l’e'nonciation d’un seni. Elle se divise en cinq esjDeces: 1? addition des nombres sans rapport connu ; 2? addition des nombres avec des difì’e'renccs connues ; 3? addition de la suite des nombres, et de leurs carres, et de leurs cubes ; 4? addition de la suite des impairs , et de leurs carre's , et de leurs cubes ; 5? addition de la suite des pairs, et de leurs carre's, et de leurs cubes. Addition des nombres sans rapport connu-. Son but est d’ajouter un nom- bre de plusieurs babitations a un nombre semblable. Il convient que tu places un des deux nombres a additionner en une ligne d’ e'eriture , et que tu places au dessous de lui l’autre nombre, ebaque babitation sous sa correspondante; en- suite tu ajoutes ebaque babitation de l’un des deux nombres à additionner a sa correspondante de Eautre; et s’il ne se trouve pas de correspondante, telle qu’elle est, elle est la re'ponse. Tu assembles les babitations et leurs correspondantes, s’il en existo, et ce qui a e'tè assemble', c’est le nombre demande. Tu commences Eaddition par le premier des sièges, (2) ou par le dernier; le plus souvent on commencc par le premier. L’extréme avantage pour la somme, c’est un siège en plus. (3) L’e'preuve de Eaddition consiste en ce que tu rejet- tes une ligne d’e'criture du re'sultat, il reste Eautre. (1) Un nombre mokarrar, c’est un nombre multiplié p"'r une puissance quelconque de 1000, en d’au- tres termes, c’est un nombre écrit dans une trancile autre que celle des unités, et suivi d’autant de fois trois zéros qu’il y a de tranches après lui; \e tekardr c’est 1000; la quantite du tekardr c’est l’cxposant de 1000, c’est l’indice du nombre de tranches de trois zéros. Ainsi, pour avoir l’exposant de 5.000.000 par exemple, on multiplié par 3 la quantite du tekardr qui est 2, et au produit l’on ajoute 1, qui est l'exposant special du nombre 5. On a ainsi pour l’exposant du nombre mokarrar : 2 X 3 + i ou 7. (2) C’est-à-dire par la droite. (3) C’ est-à-dire un chiffre de plus que les nombres additionnés. L’auteur n’ayant en yuc présentement que des sommes de deux nombres, on pourrait ajouter, que ce siège en plus, lorsqu’ il existo, est toujours occupé par l’unité. f •y f'>I. 163^, t erso. — 292 — Addilion des nomhres avec des différences connues , cornine dans les ca- scs du jcu d’o'cliecs. Il y a resscmblance en ce que dans la première case il y a un, piiis graduellement les nombres double's depuis la première case jusqu’a celle supposèc la dernière. Et voici ; tu ajoutes a l’unite' qui est dans la pre- mière case, I un, et ce sera ce qui est dans la seconde ; — puis tu multiplies cela par lui-méme^ or le montant, c’est ce qui est dans la seconde et la pre'ce'- dente, augmcntc' de un, et c’ est c6 qui est dans le troisième case; — puis tu multiplies cela par le méme encore , or le montant , c’ est ce qui est dans la troisième et les pre'ce'dentes augmentè de un, et c’ est ce qui est dans la qua- trième case; — puis tu multiplies cela par le méme encore, or le montant, c’est ce qui est dans la quatrième et les précédentes, augmentè de un, et c’ est ce qui est dans la cinquième case ; — puis ne cesse pas de multiplier le resultai obtenu par le méme, ou de doubler les cases extraites, jusqu’a ce que tu abou- tisses à celle supposèe la dernière, et alors soustrais le un de la somme. Ce qui reste, c’est ce qui est deraandè. (i) S’ il y a changement de mise , alors multi- plie le reste par le premier (nombre) ; c’est ce qui est demandè, (2) Si les nombres ont entre eiix une autre difìèrence, (3) multiplie le plus pe- tit par la diffèrence du plus grand sur lui, divise par la diffèrence entre le plus petit et le nombre qui le suit , et ajoute le resultai au plus grand ; c’ est la rèponse. (4) Si Ics nombres dilFèrent d’une quantitè connue autre que des multiples (5), multiplie la diffèrence par la quantitè des nombres moins un, au rèsultat ajoute le premier nombre, le total c’est le dernier des nombres; additionne-le avec le premier, et multiplie par la moitiè de la quantitè des nombres; c’est la rèponse. (e) (1) Les cases de 1’ échiquier contiennent les nombres indiqués par les termes de la progression géomé- Irique suivante ^ 1:2:2^: 2^: 2^: 2^: 2®: Pour cette progression particulière dans laquelle « = 1 et y = 2 la formule S = la — a a {q<'- — 1) . — ou — ; — devient q — a q — 1 S = 2" — t ; c’est-à-dire que la somme de n pieraiers termes est égale à la puissance n de 2, dimiuuée de l'unité; or 2'‘ c’ est la valeur du terme qui vient immédiatement aprés la suite considérée; il est donc vrai de dire (jue la somme des nombres contenus dans les 7i premières cases, c’est le contenu de la (n-j-l)>è>Tie case diminué de un; 2? qu’une case de rang quelconque contient tout ce que contiennent ensemble les cases pré- cédentes plus Punite. (2) Cela veut dire que si la mise primitive dans la première case est autre que l’unité alors la formule devient S = a (2'‘ — i), auquel cas le reste (2'‘ — 1) est multiplie en effet par le premier terme, ou mise dif- fércnte de l’unité. (3) C’ est à-dire une diffèrence par quotient autre que 2. (4) En apjielant a le premier terme ou le plus petit nombre, l le plus grand, aq le terme qui suit a, on obtient d’ après Ibn Albannà pour la somme des termes d’une progression géométrique quelconque la for- Iq — a . ■ . , , . . 9— A (5) L auteur suppose qu’il s’agit maintenant non plus d uue progression géométrique, mais d’une pro- grcssion arithmétique quelconque. (6) Ce qui se traduit ainsi en langage algébrique, en appelant r la diffèrence ou raison, n la quantitè des nombres ou nombre des termos, a le jDremier terme ou premier nombre, l le dernier : mule S = ^ -j- l qui peut se réduire évidemnient à la forme 1- Z ou à celle plus usitée S = n n — n n — 1 Z = r [n — 1) a et S = (« -f- Zj I . S — 293 — Addition de la suite des nombres. — C’ est la moitié de celui qui la ter- mine par celui qui la termine et un. (i) Et la sommation des carre's : par la raultiplication des deux tiers de ce- lui qui la termine, augmentés du tiers de un, par la somme de la suite. (2) Et la sommation des cubes : par 1 elevalion au cane de la somme de la suite. (3) Additio.n de la suite des impairs : C’est que tu carres la moitie de celui qui la termine additionne' avec runite'. (4) Et la sommation des carres: par la multiplication du sixième de celui qui la termine par le rectangle des deux nombres consecutifs après lui. (5) (1) Sj = ” (ra -f- 1), en appelant n le nombre des termes de la progression arithmétiqtie, formée par la suite naturelle des nombres. _ 2n 4- 1 „ (2) ^ X Si . Considérons la progression aritbmétique dont les termes forment la suite naturelle des nombres -;-1.2.3.4.5.6 n. On sait que la valeur generale de Sm, c’est-à-dire de la somme des mìèmes puissances de tous les termes , se formule ainsi : „ , — 1 Tti „ ,, m{m — 1) „ Sm = -j — ^ Y(Sm_i — w"' 9 2~S (^'”-2 — 9 — . . . . et qu’en y faisant successivemcnt m = 0 , = 1 , = 2 , leurs Sq , S, , 83 , Sj etc. savoir : 3 , = 4 , on trouve facilement les va- et c _ e n (n + 1) I, _ n -f 1) (2n -f- 1) Sg — « Sj — ^ g Or, on reconnait de prime abord que la formule d’ Ibn Albannà pour S^ est notre formule ci-contre, dans laquelle on a remplacé , il {n -{- 1) par S, • (3) (4) S3 = Sj2 et en effet S3 = n* (n -|- 1)^ ["-^] = <• / ; -L- 1 \ 2 Sj = 1 — I en appelant l le dernier terme de la suite des nombres impairs. (fl -f“ t)n , En effet , si dans la formule ordinaire S = de la somme des termes d’une progression arith- Z 4- 1 métique, on fait a = 1 et « = 5 elle devient S = (1 +Z) Z + 1 X (5) S3 = — (Z -j- 1) (Z -j- 2) Prenons la formule generale qui donne la somme des /n'èn>e^ puissances des termes d’une progression aritli- métique, dont le premier terme est designò par a , la raison par S et le dernier terme par Z : — 294 — Et la sommation des cuhes : par la multiplication de la somme de la suite par son doublé moins un. (i) Addition de la suite des pairs : C’est que tu ajoutes deux a celui qui la termine, et que tu multiplies la moitie' du total par la moitie de celui qui la termine. (2) + (m + 1) 6 2 ^ T7T~^ ^ * — etc (la loi de formation devient évidente). Si daas cette formule nous faisons a = l,d=2,in = 2, elle devient S, = + Z3 — 1 ou en simplifiant S, = 6 \ 4 6P 4- Z3 _ 1 p — 2Z -f 1 4(Z— i) 6 2 6 et en réduisant le tout au dénominateur 6 ^ 6^2 4. /3 _ 1 _ 3^2 _|_ 6Z — 3 — 4Z + 4 S — S, = Sa = ou comme l’exprime Ibn Albannà Z'^ 4“ ^z^ 4“ ^z z -f- 3Z 4 Z(Z+ 1) (Z + 2) S, = -^(Z + 1) (Z + 2) . Il est digne de remarque que cette formule est celle qui donne le nombre de boulcts contenus dans une pile triangulaire dont le coté de base contiendrait Z boulets. (1) Sg = (2S, — 1). Si dans notre formule generale , nous faisons en mème temps a=l,d = 2,/n = 3, elle devient S3 - Z> 4- - 3 (S3 - Z2) _ 4 (S, - Z) - 2 (So - 1) . 8Z3 4. zi — 1 -p SZ^ — 3S2 "p 4Z — 4Sj — Z 1 8Z3 4. 1 _ 4/3 _ 12Z2 — 8Z 4- 16Z2 4- 8Z Z'* + 4Z^ + 4Z* — 1 (Z2 _|_ 2Z)2 — 1 (Z2 4- 2Z 4- 1) (Z^ -}- 2Z — 1) (zpi)2 ^ Z2 4- 2Z — 1 8 8 ^s, ('I+iUiizil) =s. ({1+l+i. c’cst-à-dire que nous retrouvons la formule d’Ibn Albannà. o Z 4- 2 Z S,= — ^ X — * 2 2 .) =s, m 2 — 295 — Et la sommation des carrés : par la multiplication des deux tiers de ce- lai qui la termine et des deux tiers de un, par la somme de la suite; ou bieu par la multiplication du sixième de celili qui la termine par le rectangle des deux nombres qui vieniient après lui. (i) Et la sommation des cubes : par la multiplication de la somme de la suite par son doublé. (2) En effet dans la progression arithmétique formée par la suite des nombres pairs , le l.e>’ terme = 2 et le nombre des termes considérés (n) est toujours égal à la moitié du dernier (Z) ; la formule generale devient donc dans ce cas O l +2 I S = X — 2 2 Behd Eddin , dans son Kholagat al hissdb, énonce ainsi la mème règie: (( Tour sommer les nombres pairs , à 1’ exclusion des impairs , tu multiplies la moitié du dernier nombre pair par le nombre entier qui est plus grand qu'elle de un. Exemple : depuis 2 jusqu’à 10 ; nous multiplions 5 par 6. » Sa formule est donc ^ "b ^ ^ revient à celle d’Ibn Albannà. (1) ou bien cncore s, = 3 ‘ S, = Z (Z -f- 1) (Z -f- 2) Cette seconde formule n* est autre chose que la première dans laquelle on aurait substitué a Sj sa valeur ^ — ; elle est tout-à-fait analogue à celle de la formation des carrés des nombres impairs , et repré- 4 sente comme elle le nombre de boulets contenus dans un pile triangulaire dont le coté de base contiendrait Z boulets. Si dans la formule générale déjà employée de S„ , nous supposons a = 2, d=2etm = 2, nous trouvons S,-Z2-f^-^-^-2 (S,-Z) - ^(So-1). et en remplacant Sj et S„ par leurs valeurs respectives -^—^7-— et - > puis opérant les réductions. S, = A 2 1- + 2P + 21 Z(Z^-f- 3Z-f- 2) Z(Z -{- 1) (Z + 2) 6 6 6 C’est-à-dire la seconde formule d’Ibn Albannà et par conséquent aussi la première. (2) S, = 2S,2. Les valeurs a — 2, S=2,m — portées dans la formule générale Sn donnent en effet im ^ Int’f’l Qin-hl (m + 1) d 2 ' m {m — 1) (m — 2) Z„-I) _ ^ ^ §2 (S«_, 2.3.4 Z'— 2‘ 2 . 3 S" (Sm—o — l">~^) — .... etc. im- 3 (S2 — P) — A (S, — Z) — 2 (S„ 1); et en substituant dans cette égalité pour S^ , S, , So leurs valeurs respectives, on a 296 foi. 164«, recto. CHAPITRE | TROISIÈME DE LA SOUSTRACTIO^. La soustractiori , c’ est la recberche de ce qui reste après qu’ on a rejete' l’un de deux nombres de l’autre. (i) 11 y en a deux espèces : 1’ espèce où tu soustrais le moins du plus une seule fois, et l’espèce où tu soustrais le moins du plus plus d’urie fois, jusqu’à ce que le plus disparaisse, ou qu’il reste de lui une difFerence moindre que le moins, et cette espèce-la se nomme l’epreuve par la soustraction. Première espèce. — 11 convient que tu places le nombre doni on soiis- trait dans une ligne d’ e'criture, et au dessous de lui le nombre à soustraire, corame dans l’addition, tu soustrais cliaque liabitation de sa correspondante; s’il se trouve une correspondante; et s’il ne se trouve pas de correspondante ou s’il y a moins que le nombre a soustraire , soustrais le nombre doni on soustrait du nombre à soustraire, ce qui reste soustrais-le du siège qui vient après, et mets r exce'dant dans la place que lui donne 1’ ordre des habitations. Et si tu veux: tu ajoutes a la correspondante dix constamraent, tu soustrais de la som- me , et tu portes une unite' en plus dans le siège suivant du nombre à sous- traire; puis tu procèdes corame cela, jusqu’a ce que tu aies parcouru d’un bout a l’autre le nombre à soustraire et le nombre dont on soustrait. Tu commen- ces par mettre deliors le premier des sièges ou bien le dernier, le plus souvent on coinmence par le dernier, contrairement a ce qui se fait dans l’addition. Fi- nalement ce que la soustraction abaisse, c’est un siège. L’epreuve de la soustraction consiste en ce que tu ajoutes le reste de la soustraction avec ce qui est sorti du nombre dont on soustrait, ou bien en ce que tu soustrais le reste de la soustraction du nombre dont on soustrait , il reste le nombre à soustraire. Seconde espèce. — H y a trois soustractions. Ce sont celles dont on fait un grand usage dans 1’ e'preuve des opèrations. La première est la soustraction -f- Zi — 4Z (Z -t- 1) (Z -f- 2) -f 16Z2 -j- 8Z ■ 8 4Z3 + Zi -I- 4Z2 _ P (P q- 4Z -f 4) 8 ^ ~ 8 P (Z 4- 2)2 P il + 2)2 = 2 5 8 16 c’est-àdire 2Sj2 valeur donnée par Ibn Albannà. (1) Cette ddfinition de la soustraction {tark en arabe, d’ où le mot francais tare) a été critiquée par divers commentateurs. L’ un d’ eux fait observer qu’ elle se rapporte à la soustraction écrite, et qu’il serait plus exact de dire que (( la soustraction est la recberche de la difFerence entre deux nombres , dont I’ un )) est plus petit et l'autre plus grand. )) La débnition d’Ibn Albannà nous parait tout aussi juste et beau- coup plus générale-, celle donnée par le Commentateur du Talkhys ne saurait en effet convenir à la seconde espèce de soustraction, c'est-à-dire à la soustraction dans lacjuelle on retrancbe d’un nombre donne un autrc nombre plus petit, non pas une seule fois, mais autant de fois consécutives que le sccond nombre est con- tenu dans le premier. — 297 — de neuf, la seconde est la sonstraction de Imit, et la troisième est la soustva- ction de sept. . Sonstraction de neuf: de toutes les voùtes (i) il en veste ime, tu pvends la valeur des sièges, comme s’ils etaient des unites, et tu soustrais neuf a neuf. Sonstraction de hnit: il reste de cliaque dixaine deux, et de chaque cen- taine quatre; les centaines paires et leurs multiples, rejette-les; il reste des cen- taines impaires quatre; tu multiplies les dixaines par deux, tu additionnes cela avec le quatre et avec les unites, puis tu soustrais luiit a huit. (2) Sonstraction de sept: il reste de cbaque dixaine trois, de clianue cenlaine deux, de cliaque mille six, de chaque dixaine de mille quatre, de chaque cen- taine de mille cinq, j et de cliaque mille-mille un; et ensuite a partir de Fa tu refais le tour. Tu le connais par ces lettres lepete'es sous les bahita- tioris (3) , tu multiplies cbaque babitatioii par la valeur numerique de la lettre au dessous d’elle, tu soustrais par sept, et il reste l’excedant au dcssus, puis tu additionnes comme si c’e'taient des unites ce qu’il y a d’excédaiits dans cbaque babitation, et tu soustrais sept a sept. Et si tu veux, multiplie ce qui est dans la dernière babitation par trois , et soustrais sept a sept ; ajoute le reste a ce qui est devant, multiplie par trois et soustrais sept a sept ; ajoute le reste a ce qui est devant, et s’il n’y a pas de nombre dans Thabitation qui est devant, alors multiplie le reste ajoute par trois, et soustrais par sept. Tu fais comme cela jusqu’a ce que tu aies Fini aux unites. (1) C’est encore un terme technique emprunté par Ibn Albannà au vocabulaire spécial de rarchitecte. Il rcgarde les chiffres de tout nombre entier comme rangés sous des voùtes ou arcadcs qu’on' pourrait figu- rer ainsi fd. 164'', verso. et au liou de dire que, pour trouver ce qui reste d’un nombre donné quand on cn soustrait 9 autant de lois que possible, on ne doit plus considérer Ics chiffres de ce nombre en valeur relative ou locale, mais seule- ment et c.xclusivement en valeur absolue, il emploie une facon de parler figurée, plus conforme à son goùt et à son surnom de Jlls de V architecte . Pour lui il est clair que tous les chiffres représenteront des unites, rien que des unites , si toutes Ics voùtes disparaisseiit , pour faire place à une voùte unique sous laquelle seront rangés au mème ti tre et sans distinction tous les sièges ou chiffres du nombre entier. (2) Cela résulte des trois égalités suivantes 10 = 8 -f- 2 ' 100 = 8 X 12 -t- 4 1000 = 8 X 125. (3) Les lettres de l'alphabet arabe peuvent étre cmployées comme chiffres, mais leur valeur numerique est fisée d’après un ordre plus ancien que celili de l’alpbabet actuel, et nomine ahoudjed. On sait que V a- houdjed tout entier forme huit mots fictifs faciles à retenir et employés comme nioyen mnémonique de gra- var dans sa mémoire l’ordre et la valeur numt'rique de.s vingt-huit lettres de Palpliabet. D’après V aboudj ed , les six lettres figurées ci-dessus ont pour valeurs respcctives 1, 3, 2, 6,4 et 5. Dans le texte elles sont réu- nies trois à trois , et forment ainsi deux mots fictifs mal écrits , dont le sens pourrait bien étre : (C fosse )) renfermant le dépót. n 41 — 298 — Et si tu vcux, fais de la dernière habitation des dixaiiies^ ajoute-lui ce qui la precède conimc uuitcs, et soustrais par sept ; puis pose le reste corame des dixaiues et ajoute-lui ce qui le precède corame unite's, et soustrais de la mérae manière. Sur le mode de Vepreuve par ces soustractions : Si c’ est 1’ addition, tu tarcs (i) cliacuiie de ses lignes, tu fais le total des restes , et tu le tares , or ce qui est reste', c’est la reponse. D’autre part, tu tares la somme obtenue dans la question, cela concorderà avec la re'ponse (2). Si c’est la soustraction, tu tares le nombre doni on soustrait et tu gar- des dans ta racmoire le reste, puis tu tares le nombre à soustraire, et tu re- jettes son reste de celui que tu as garde' dans ta me'moire; si celui-ci est moin- dre, ajoute-lui la tare, et rejette de la somme le reste du nombre à soustraire, il en re'sultera la re'ponse. D’ aulre part, tu tares le reste de la question, cela concorderà avec la reponse. — Ou bien tu additionnes le reste du nombre à soustraire avec le reste (du resulta t de la soustraction) , cela concorderà avec !e reste du nombre doni on soustrait. (3) Si c’est la multiplication, tu tares les deux nombres a multipli e r l’un par l’autre, et tu multiplies le reste de l’un d’eux par le reste de 1’ autre ; or ce (jui est reste', c’est la reponse. D’autre part tu tares le produit de la multipli- cation, et cela concorderà avec la re'ponse. (4) Et cela est commun aux entiers et aux fractions, a])iès qii’elles ont èie nivelèes au mérae dènorainateur. Si c’est la division et la de'uomination, tu tares le quotient et le diviseur ou le dènom- mè, tu multiplies le reste de l’un d’eux par le reste de l’autre et tu tares; or ce qui est reste, c’est la reponse. D’autre part tu tares le nombre a diviser ou a dènommer, cela concorderà avec la reponse. (5) Cette opèration est e'galement commune aux entiers et aux fractions, après qu’elles Ont ètè nivelèes au méme denomina leni’. (1) Nous avons ici adopté ce mot, parce qu’il rcprocluit exactement la physioriomie chi vcrbe arabe, et qiie Son empiei remi plus nettes, plus claires et plus bréves les pbrases dans lesquelles il se rencontre. On lit dans le dernicr chapitre de l’bistoire de rastronomie ancienne de Delambre, cpie le savant M. Taylor de Bombay, dit positivement que les Arabes appellent tarazou, c’est-à-dire balance, la preuve par neuf. Behà Eddin, dans le Rbolàcat al hissàb, en appliquant cette preuve aux quatre règles de l’arithmétique, emploie toujours le mot mizcìii (balance) qu’il définit aitisi; « Sache que l’on appello mizdn d’un nombre, ce qui res- » te cjuand on en óte neuf autaut de Ibis que possible. « (2) Behà Eddin formule ainsi qu’il suit la méme règie: (( L’épreuve de Taddition consiste en ceci, que )) l’on additionne les balances des nombres additionnes, puis que Fon prend la balance de la somme, s’il y )) a différence avec la balance du résultat, c’est que l’opération est erronee. )) (3) L’épreuve, dit Behà Eddin, consiste en ceci, que l’on retranebe la balance du nombre à soustraire de la balance du nombre dont on soustrait, si cela est possible; si non. Fon ajoute neuf à ce dernier nom- bre, et Fon soustrait. Si ce reste diffère de la balance du reste, c’est que le calcili est erroné. (4) (C L'épreuve consiste en ceci, que Fon multiplic F une par F autre les balances des deux nombres )) à multiplicr; si la balance de ce produit diffère de celle du résultat obtenu, c’est que le calcul est erro- )) né. » En posant cette règie, Behà Eddin n’ajoute pas cornine Ibn Albannà, qu’elle s’applique aux fractions préalablement réduites au mème dénominateur, aussi bien qu’aux nombres entiers. (5) Behà Eddin, dans l’énoncé qu’il donne do cette règie, suppose avee raison qu’ il peut y avoir un reste, et en conséquence il la formule ainsi: « La preuve consiste en ceci, que Fon multiplie la balance du » quotient par la balance du diviseur, et qu’à cela on ajoute la balance du reste, s’ il en existe un ; si la » balance de cette .somme diffère de la balance du dividendo, c'est que le calcul est erroné. » — '299 CHAPITRE QUATRIÉME DE L.V MULTIPLICATIOX ET DE l’ OFFRANDE DE SON SET. (1) I La multiplication, cela signifie re'pe'lilion ermi de deux nonibres ime (juaii- lite de fois e'gale a ce qu’il y a d’unite's dans | le second. Fdle se divise en trois foi. 165"=, .-ecto. sorles : la première, ìnultiplication par translatioir, la deuxième, multiplication par clemi-translation ; la troisième, multiplication sans translation. La première sorte de multiplication-. cest la multiplication par transla- tion’, c’est celle où l’on Liffe et que l’on iiomme par Vhorizontale . Tu de'poses le multiplicande et le multiplicateur dans deux lignes d’e'criture, le premier siège du multiplicateur sous le dernier siège du raultiplicandcj puis tu multiplies cc- lui-ci par tous les sièges du multiplicateur. Tu comraences d’ e'erire le rèsultat eii passant de la sur la lìgne, prolongemeut de la ligne du multiplicande, puis tu transfères le nombre du multiplicateur a sa place sous riiabitation qui suit la pre'ce'dente ; puis tu multiplies par toutes les babitations a 1’ exemple de la première; toutes les fois que tu as multiplie' par un nombre, tu additionnes le re'sultat avee ce qu’il y a en téle de ce nombre , (fourni) par le rèsultat prè- cèdent, et tu poses le total comme il est necessaire. Cette pratique est comrnune à toutes les questions de la multiplication. — On en connait ime autre espèce, celle dite par la verticale. Elle consiste en ce que tu places le multiplicande et le multiplicateur en deux lignes verticales, le premier siège du multiplicateur ètant a cote du dernier siège du mnltipllcande; et tu procèdes dans cette mul- tiplication-ci comme tu procèdes dans 1’ borizontale en transfèrant et en biflbnt. Deuxième sorte de multiplication: cesi la multiplication par demi-trans- lation. Elle n’est d’aucun secours si ce n’est dans le cas de deux nombres iden- tiques. (2) En voici le tableau: tu de'poses un des deux nombres identiques dans une ligne d’ècriture, et tu mets cntre les sièges des marques a Laide de points, puis tu multiplies la dernière babitation par elle— méme et tu fixes le rèsultat au-dessus d’elle, juiis tu la doubles et tu la transfères dans la place de la mar- ci) Nous avons traduit mot à mot, afin de conserver autant que possible au style de raiitenr tout son sei. Les xirabes disent journellement, en parlant mème de la femme: Imràli beld liayd ha tadm beld melèh, (femme Sans pudeur, comme un mets sans sei), que nous traduisons par : (( femme sans pudeur , mets sans )) saveur, » (2) Cette multiplication n’est autre chose que la formation du carré d’un polynóme {a b c -j-...), appliquée aux nombres entiers; elle peut se formuler par cette simple égalité (a-fi-j-c-j- ) (a-j-è-j-c-p....) = -p 2ab -j- b^ -f- 2a\c -p -p . . . . qu’ Ibn Albannà dispose ainsi ; + 2i| a'-* , ’2ab , b^ , 2ac , 2bc , , etc, 2a 2h ’2c a b . c d La dernière ligne indique l’un quelconque des deux facteurs identiques à multiplier 1’ un par 1’ autre, celle qui est au-dessus est reservée à ce que 1’ auteur appello les doublés et la première est la ligne du rèsultat formé en appliquant la règie. — 300 — (]uc qui est avaut elle , puis tu multiplies ce qui est dans 1’ habitation prece- dente par la quautite transfe'ree et par lui-méme; tu ecris le resultat de toute celle mulliplìcation au-dessus de sa téte, ensuite tu doubles ce siège qui vient d’èlre mulliplie', corame tu as fait premièrement, tu le transfères dans la place de la marque qui est avant lui, puis tu transfères le premier doublé' a son rang, et tu multiplies ce qui est^ dans l’habitation pre'cedant la marque du transfe're' a sa place par tous Ics doubles, puis par lui-méme, corame tu as fait première- inent, et tu ne cesses pas d’ope'rer ainsi en doublant, transfèrant et multipliant jusqu’à ce que tu aics parcouru toute la ligne. foi.165®, 1^(1 troisième sorte de multiplicatioii: c' est la midtiplication sans | trans- lation. Elle comprend plusieurs espèces. Premièrement la multiplication par la tahle , (i) et voici quelle en est la figure : tu traces une surface rectangu- laire, et tu en de'coupcs la longueur et la largeur selon ce qu’il y a d’habita- tions dans les deux nombres a multiplier l’un par l’autre, tu joins par les dia- gonales les cóte's oppose's de cbacun de ses carre's, de l’angle infe'rieur a droite a r angle supe'rieur a gauche; tu poses le multiplicande sur la téte de la sur- face rectangulaire, et chacune de ses habitations en avant d’ une de'coupure; tu poses le multiplicateur a gauche du rectangle ou a sa droite, le long de la de- scente, et chacune de ses habitations e'galement en regard d’une de'coupure; puis (1) Ce procède n’est autre que celui déerit par Bebà Eddin, dans son Kholàcat al hissàb, sous le nom de chabakah (filet de pècbeur ou réseau). Un excmple fera voir clairement les légères diflférences qui existent entre le chabakah. de Bebà Eddin et le djedoul d’Ibn Albannà. Soit à multiplier le nombre 23456 par 789. On aura d’après le Talkbys : 2 3 4 5 6 9 8 Le produit — 18 506 7 84 et d’après le Kbolàcat: 2 3 4 5 6 7 1 / / ^ X 2 / /« 3 / / > X 8 i / /6 2 / /4 3 7 / 2 / 0 X 9 1 / / 8 2 / / ì 3 / /6 4 / / 5 X Le produit = 1 850678 4 Les difterences de disposition consistent 1.” dans l’ordre inverse des cbifFres du multiplicateur; 2.° dans la di- rection des diagonales; 3.° dans la manière de mettre à cbeval sur la diagonale de ebaque carré le cbiffre des dixaines et les cbiffres des unitès. — 301 — tu niultiplies successivement les Jiabitatioiis da multiplicancle par toutes les ha- bitations du raultiplicateur, tu mets le re'sultat pour chaque habitatioii dans le carré qui est a Tintersection, eu posaiit les unités au-dessus de la diagonale et les dixaines au-dessous; puis tu commences l’addi lion par la pierre angidaire à droite et en haut , tu additionnes ce qui est entre les diagouales sans efìlicer, tu places chaque nombre dans son siège, et toutes les dixaines de chaque somme a droite de la diagonale , tu les additionnes avec ce qui est en dedans. Or ce que tu as asserable c’est le re'sultat. Secondement , la inultipUcation por la verticale' tu traces deux lignes ver- ticales, ayant entre elles un certain espace; tu e'cris le long de ces deux lignes les deux nombres a multiplier l’un par l’autre; puis tu multiplies successivement les sieges de l’un d’eux par tous les sièges de 1’ autre^ et tu poses le resultai dans l’espace entre les deux lignes, Fa où l’exige l’ordre des exposants. Troisièmement, la multipllcation par tu poses les deux nom- bres a multiplier l’un par l’autre dans deux lignes d’écriture parallèles, puis tu multiplies chaque habitation de l’un d’eux par chaque habilation de l’autre, et tu mets le resultai Fa où l’exigc l’ordre des exposants. Tu commences la mul- tiplication par la première des habitations ou par la dernière , et cette espèce se nomme la raultiplication par les exposants. Il en est une autre espèce, a condition qu’il y ait e'galite' de sièges dans les deux nombres a multiplier l’un par l’ autre, et que les nombres de chaque siège dans chaque ligne d’e'criture soient cncore ègaux. Tu les arranges dans la mème position que dans la bifFe'e, puis tu poses sous le premier des sièges de la ligne d’ e’eriture supe'rieure un, et sous le second deux , et comme cela en augmentant de un, jusqu’a ce que tu fmisses a la dernière des habitations du multiplicande ; c’est ce qui est au-dessous d’elle dans l’intervallc | entre elle et w. i66,“ recto. la première habitation du multiplicateur. A partir de la seconde habitation du raultiplicateur tu commences a dimmuer unite a unite' jusqu’k ce que tu fmis- ses a la dernière habitation du multiplicateur. Les nombres écrits , en les as- semblant , te donnent une troisième ligne d’ ècriture ; et ce sont les exposants direets des habitations du multiplicande et les exposants en ordre inverse des habitations du multiplicateur. Ensuite tu multiplies le nombre de 1’ habitation du multiplicande par le nombre de Fliabitation du multiplicateur, le re'sultat est multiplié par la ligne, la dernière èdite, et ce qui en re'sulte c’est le produit demandè. Cette espèce de raultiplication se nomme raultiplication par les mul- tiples. (i) (1) Soit propose de multiplier 7777 par 6666. Nous pouvons éerire évidemment. 7777 X 6666 = (7 X Htl) X (6 X UH) = 7 X 6 X 1111 X 1111 = 7 X 6 X 1234321. 7 est ce que notre auteur appelle le nombre de l’habitation du multiplicande, ou plus simplement le chiffre qui figure exclusivement au multiplicande ; 6 est le nombre de l’habitation du multiplicateur -, le troisième — 302 — La multiplicatioii par F exce'clant. — Elle consiste en ceci : tu de'nommes par clix Fexcès sur dix de l’un des deux nombres a multiplier l’un par l’autre, puis de son compagnon tu prends ce rapport, tu 1’ additionnes avec lui, et tu fais de la somme des dixaines; et s’il y a dans le rapport une fraction , tu le prends de dix, et tu le mets a la place des unite's. (i) On en connait une autre espèce, par la de'nomination. Et voici : tu addi- tionnes les deux nombres a multiplier l’un par l’autre, tu de'nommes l’un d’eux par la somme, puis de son compagnon tu prends ce rapport , et tu multiplies par la somme ; tu obtiens le produit demande'. (2) On en connait une autre espèce, encore par la de'nomination: tu de'nommes le plus facile des deux nombres a multiplier F un par F autre par tei nombre de'naire simple que tu veux , tu en prends le rapport ou le quotient , ce qui re'sulte de la de'nomination ou de la division, tu le multiplies par Fautre; le re'- sultat, tu prends pour chacune de ses unite's le nombre de'naire le de'nomme' ou le diviseur 3 ce qui est provenu de cela , c’ est le produit domande'. (3) Et si la division ou la de'nomination de F un des deux nombres ne peut se faire exactement a moins de l’augmenter ou de le diminuer de quelque chose, tu fais cela, puis tu multiplies Faccroissement par le nombre qui n’a pas e'te' augmente'. facteur du secoiid membre de la derniére égalité est ee que Ibn Albannà dénomme la troisième ligne d’écri- ture formée des exposants direets des chiffres du multiplicande et des exposants inverses des chiffres du multiplicateur. Il faut disposer ainsi qu’il suit les deux nombres à multiplier l’un par l’autre, et la troisième ligne d’é- criture intermédiaire: multiplicande 7 7 7 7 12 3 4 3 2 1 multiplicateur 6 6 6 6. Remarquons en passant que ce procédó nous indique le moyen abrégé de trouver le carré de tout nombre dont chaque chiffre est l’unité (11)2 1 (111)2 (1111)2 (11111)2 (111111)2 à la racine: 2 chiffres, 3 chiffres, 4 chiffres 5 chiffres , 6 chiffres Ics carrés seront 121— -j— 12321— —1234321— — 123454321 — — 12345654321— (1) Soient a et b les deux nombres à multiplier 1’ un par 1’ autre, en indiquant les opérations énoncées par l’auteur, on obtient ^ b ceci posé cornine dixaines donne (2) 10 ou (a — 10) 6 -j- 10 ^ ou ab. a b X. b ou bien a -f- b X TI est évident que l’une ou 1’ autre de ces deux expressions , multipliée par la somme (a -j- b), donne pour produit ab, (3) Si nous représentons par a et b les deux nombres à multiplier l’un par l’autre, a le plus facile des deux, Ics opérations indiquées scront Ics suivantes : a ab — 303 — et ce qui en re'sulte, tu le retraiiches clu total obtenu ; si tu ope'rais par voie de diininution, tu rajouterais au total obteuu. (i) 11 y a aussi la multiplicatiou des ueuf, mais c’est a coudition qu’ il y ait égalite' de sièges dans les deux llgues, que Time d’elles soit compose'e des neuf, et que la seconde ait ses nombres egaiix. Yoici la descriptiou de 1’ ope'ration : tu poses les deux iignes paralleles, 1’ une d’ elles sous 1’ autre, tu marques au- dessus d’elles des points eii nombre égal a ce qu’il y a d’ liabitations en elles deux : tu multiplies le nombre de l’Iiabitation de Tiuie des deux par le nombre de l’habitation de la seconde ; tu poses les unites du resultat daiis la première des marques et ses dixaines | au milieu du restant des marques; tu observes ce foi. i66®, qu’ il y a entre le neuf et le nombre du raultiplicateur, tu en emplis les raar- <{ues entre les deux nombres sortis, c’est-'a-dire les unite's et les dixaines; tu em- plis le restant des marques par le nombre donne' a 1’ exclusion du neuf; et ce a quoi tu parviens, c’est la reponse. (2) 11 y a une autre espe'ce de multiplication des neuf; pour elle la condition ne se subdivùse pas, il suQlt que les nombres de 1’ une des deux lignes soient des neuf, les nombres de 1’ autre ligne etant quelconques et disposes en ordre quelconque; l’ope'ration consiste en cela que tu ajoutes ’a la suite des sièges de la seconde ligne des zeros en nombre e'gal a celui des sièges des neuf; puis que tu retranclies du total le nombre autre que celui forme des neuf ; il reste la re’ponse. (3) (1) Soit X raccroissement qu’il est nécessaire de donner à a, a X . ab bx _L X ^ = — — iU« lOm De cette expression ramenée à la forme entière, c’ est-à-dire multiplice par 10'”, il faudra retrancher bx , après quoi l’on aura le produit ab. Si, au licu d’augmenter a de x, on l’avait diminué de x, il faudrait au nombre total définitif ab — bx — — X 10'«, ou [ab — bx), ajouter ior, pour obtenir le produit demandò ab. (2) Soit 99 à multiplier par 33. 3 2 6 7 ■'99 3 3 Entre le chilfre 7 des unités et le chifTre 2 des dixaines du produit 27, tu places sur la marque le chifl're 6, différence entre le 9 du multiplicande et le 3 du multiplicateur ; dans 1’ autre marque tu poses le nombre donne 3 du multiplicateur, et il en résulte le produit 326 7. Soit 999 à multiplier par 333. Le produit sera 332667. 3 3 2 6 6 7 ■999 3 3 3 Aux deux marques, entre le chilfre 7 des unités et le chilfre 2 des dixaines , tu places 6 , différence entre le 9 du multiplicande et le 3 du multiplicateur ; et dans les marques restantes à gauche le nombre donne 3 du multiplicateur. (3) Soit 9999 à multiplier par 123. Ge produit est évidemment égal à 123 X (10000 — 1) ou à 1230000 — 123 ; et cette égalité 9999 X 123 = 1230000 — 123 traduite en langage ordinaire, donne l’énoncé de la règie dont il s’agit. fol. 167=, redo. — 304 — On cn connaìt ime autre espèce jiar FeleVation au carré'; et c’est que tu prencls la moitie' de la somme des deux nombres a multiplier l’un par l’ autre, tu l’e'lèves au carré', et du re'sultat tu soustrais le carré' de la demi-diffe'rence en- tre eux deux; ce qui est reste', c’est le re'sultat de la multiplication. (i) On connait ime autre espèce encore par l’e'le'vation au carré'; et c’est que tu multiplies le carré d’un des deux nombres a multiplier l’un par l’autre par ce qui re'sulte du rapport de l’autre a celili que tu carres; ou bien tu divises le carré' de l’un des deux par le re'sultat de la division de celui que tu carres par l’autre. (2) Une autre espèce: c’est que tu multiplies la difFe'rence entre les deux nom- bres a multiplier l’un par l’autre par le plus grand des deux, et que tu retran- ches le re’sultat du cane du plus grand des deux, ou bien tu multiplies la dif- fe'rcnce par le plus petit des deux, et tu ajoutes le re'sultat au carré du plus petit des deux; ce qui en est provenir, c’est le produit demandé. (3) Et si Tiin et l’autre des deux nombres a multiplier l’un par 1’ autre sont terminés par des zéros, multiplie-les dépouillés des zéros, puis revéts le re'sultat de tous les zéros ; ce qu’il devient alors, c’est le produit demandé. Le nombre final maximum des sièges du re'sultat de la multiplication, est la somme des sièges des deux nombres a multiplier l’un par l’aiitre. (4) La preu- ve de la multiplication, c’est que tu divises le re'sultat par l’im des deux nom- bres à multiplier l’un par l’autre, il en re'sulte le second. Il est nécessaire pour 1’ étudiant de retenir dans sa mémoire la table de r épreuve pratique et sa construction. Et c’. est ainsi : (5) Si tu multiplies un nombre par 1’ unite' ou 1’ unite' par lui , ce nombre reste dans son méme état sans modification — deux par deux, quatre, et par ce qui suit en faisant croì- tre successivement de deux — trois par trois, neuf, et par ce qui suit en fai- sant croìtre successivement de trois — quatre par quatre, seize , et par ce qui suit I en faisant croitre successivement de quatre — cinq par cinq , vingt-cinq , (1) Cn-CrT-- (2) X “ = ; a ou bien Cl a? — = ah . b (3) a? — {a — b) a — ab. -}- (a — b) h = ab. (4) Un coup d’oeil sur le djedoul (table) , fait reconnaltre à priori non seulement que le nombre ma- ximum fles cbiffres il’ un produit de deux nombres entiers est en efFct égal à la somme des nombres de chiffres des deux factcurs , mais encore que le nombre minimum des cbiffres du produit est égal à cette mème somme diminuée d’une unité. (5) De là resulto la table de multiplication suivante; « — 305 — et par ce qui suit en faisant croitre successivement de cinq — six par six, treiite- six, et par ce qui suit, en faisant croitre successivement de six — sept par sept, quarante-neuf, et par ce qui suit, en faisant croitre successivement de sept — liuit par huit, soixante-quatre, et par ce qui suit, en faisant croitre siiccessive- ment de huit — neuf par neuf, quatre-vingt-un, et par dix, quatre-vingt-dix — dix par dix, cent. CHAPITRE CLN'QUIÈME SUR LA DIVISIO^. La division est la decomposition du dividende en parties e'gales, le nombre de ces parties etant le méme que celui des unites du diviseur. On déterminc par la division le rapport d’ un de deux nomhres a 1’ autre. Communement ce qu’on veut surtout dans la division par les nomhres ahsolus, c’est de connaitre ce que le dividende tout entier contient de fois 1’ unite' entière formee par la collection des unite's du diviseur. Il y a deux espèces de division: division d’un plus petit iiomhre par un plus grand, et division d’un plus grand nombre par un plus petit. La division d’un plus petit nombre par un plus grand se distin- gue par le nom special de de'nomination. Dans la division d’un plus grand nom- bre par un plus petit, l’operation ordinaire est celle-ci: tu places le dividende en une ligne d’ecriture et le diviseur au-dessous de lui en ime autre ligne d’e- criture ; si c’est le plus grand nombre qui est sous le plus petit, enfermc-les (entre deux traits) ; tu de'terraines un nombre, tu le poses sous la première des liabitations du diviseur, et tu le multiplies par tous les sièges; le dividende tout entier disparait en ce produit, ou bicn il en reste un exce'dant moindre que le diviseur, alors tu le de'nommes par celui-ci. Si tu veux, tu divises le dividende disjoint en termes , et tu additionnes après cela les rèsultats. Ou bien tu de'composes le diviseur en ses facteurs, et 1 2 1 3 4 2 4 9 6 3 5 16 12 8 4 6 25 20 15 10 5 7 36 30 24 18 12 6 8 49 42 35 28 21 14 7 9 64 56 48 40 32 24 16 8 1 81 1 72 63 54 45 36 27 18 9 42 — 306 — tu cìivises par cux le diviclende. Ou bien tu e'tablis la congruence entre le di- \ ideiide et le diviseur , et tu divises les facteurs congruents du dividendo par los facteurs congruents du diviseur. , 11 y a uno autre espèce de division qui se distingue par le nom de par- tages ju’oportionncls; le mode de l’opera tion est que tu additionnes les parties pro- ])ortionncllcs, tu prends leur somme comme un de'nominateur commun, puis tu multiplies cliacune de ces parties proportionnelles par le dividendo, et tu divises le lesultat par le de'nominateur commun; il en resuite la quantite' demande'e. (i) Kt s’il y avait panni les parties proportionnelles des fractions, multiplie par le ])lus petit nombre qui se divise par leurs denominateurs. Et s’il y avait entre loi. i6r, verso, toiites les parties association^ | resserre— la en prenant au lieu des parties leur con- gruence. La denomination: 1’ opera tion géne'rale , celle qui est. vulgaireraent usite'e consiste en ce que tu decomposes le de'nominateur en ses facteurs , et que tu divises par cux ce que tu veux du denoinme; il en resuite le (nombre) demando'. Sa valeur se connait par son rapport a ces facteurs pris comme diviseur. Il est nécessaire de retenir par coeur le moyen de décoraposer les nombres. Et c’est ainsi: tout nombre qui n’a pas d’unités dans son premier sicge, admet le dixième, et le cinquièine, et le demi, lequel naturellement appartient a tout nombre pair; et si dans son premier siège il y a cinq , alors il admet le cin- (]uième. Si dans son premier siège il y a des unités, si elles sont paires, et si lui-méme se lare par trois et aussi par neuf, alors il admet le neuvième, le si- xième et le tiers; et s’il donne pour reste trois ou six, alors il admet le sixième et le tiers; et s’il ne donne pas ces resles, tare-le Imit a huit, et s’il se tare, il admet le liuitième e le quart; et s’il a donne pour reste qualre, il admet le quart; et s’il n’a pas fourni ce reste, tare-le sept a sept, et s’il se tare, il admet le scptième; et s’il ne se tare pas, alors il n’admet que le demi. Sa moitié est impaire, et la rcclierclie se fait dans les parties sourdes (2). Si le nombre est impair, alors il est tare par deux tares : neuf et sept. S’il se tare par neuf, il admet le neuvième et le tiers ; s’ il donne pour reste trois ou six, il admet le tiers; s’il ne donne pas ces restes, tare-le sept a sept; s’il se tare, il admet le septième, mais s’il ne se tare pas, cbercbes-en les par- tics sourdes en le divisant par elles. Tu ne cesses pas de diviser le nombre dont la décomposition est demande'e par les parties sourdes, jusqu’a ce que tu trou- ves le nombre par lequel il se divise, ou tu finis au nombi’e dont le carré est plus grand que ton nombre propose'; le résultat de la division est égal au di- (1) Soit le nomhre N à partager en trois parts proportionnelles aux nombres a, h, c, on sait que les quantités demandées s'expriraent par a X N t X N c X N a -j- b c a-f- b c a b -\- c (2) On sait que les parties sourdes sont celles qui ne peuvent pas s’énoncer ou s'écrire au moyen des fractions Va > Vj , 'A > A's . Ve » V7 > Vs . Vg > V,o> isolées ou combinées entre elles. — 307 — viseiir, ou il est moindre que lui, et il reste après la clivision un exce'dant, tu connaìs donc alors si c’est ime des pai'ties sourdcs, et de la procède directement sa de'ncmination. Paragraphe sur la manière de trouver les parties soiirdes. Le procede qu ou emploie pour cela se nomme le crihle. (i) Yoici quel il est: tu poses Ics nom- bres impairs consecutifs a partir de trois, puis tu comptes a partir de cliacun de ces nornbres selon ce qu’il y a en eux d’unite's, et partout la tu barres d’un trait le nombre et encore ce qui est compose après ce nombre; puis tu ne cesses pas de faire cela jusqu’à ce que tu finisses au nombi’e dont le carré' est plus grand que le dernier nombre du crible, tu connais alors que ropèralion est ter- mine'e; tout nombre avec ime marque est un nombre compose', | et tout nombre sans marque est un nombre sourd. CHAPITRE SIXIÈME SUR LA P.ÉINTÉGRATIOX ET l’ AB AISSEMENT . La re'integration c’ est la restauration , et l’abaissement c’ est le contraire. Le but dans la reintegra li on et l’abaissement^ c’est de connaìlre ce qui , mul- tiplie' par un nombre quelconque, a donne' un re'sultat connu. Il n’y a de rc'in- te'gration que d’un plus petit nombre a un plus grand , et d’ abaissement que dans le cas inverse. L’ope'ration dans la re'inle'gration consiste en cc que tu di- vises le nombre qui reintegre par celili a rèinte'grer il en re'sulte le nombre do- mande'. L’ope'ration dans l’abaissement consiste en ce que tu de'nommes le nom- bre qui abaisse par celili a abaisser, ce qui en re'sulle c’est la repouse (2). SECOì>DE SECTION Sur les fraclions. La fraction c’ est le rapport qui existe cntre deux nombres quanti il ex- prime ime ou plusieurs parties (de rimile'). Le rapport cntre le nume'rateur et sa de'noniination, tu le nommes ime fraction. Noiis diyisons en six cliapitres Ics ope'rations qui sont relatives aux fraclions. (1) Cesi ]e cvible connu généralement sous le nom de crible d’ Eratosthenes. Le crihle propveinent, dit, crihrum cn latin, s'appclle en arabe gherhdl. (2) Le commentaire d' Alkalcàdi fournit deux exemples cjui suffiront à éclaircir cette règie de la réin- tégration et de rabaissement des nombres entiers. Exemple de réintégration : par quoi faire la réintégration de 8, pour avoir 24 ? x = — Z. Exemple d’abaissement: par quoi faire rabaissement do 3C pouravoir 1.2 ? O Tu dénommes 12 par 36, ainsi tu as ar = ^ = -. D’où il suit que l’opération à elì’ectucr s’appelle réin- tégration quand le facteur inconnu est un nombre entier, tandis quelle prend le nom d'abaissement quand le facteur inconnu est une fraction. On voit que cette règie n’est autre chose au fond que la division défi- nie ainsi cju’il suit: - A -= q X — ■ et 2 7- (3j Les genres différents sont les nombres proprement dits. les chey (x), les mal [x''-), les kul (x’), etc. fol. 171^’ redo. — 318 — La souslraction des genres differents par la mutalioii de l’exprcssion ren- fermant le « moins ». Et la quaiitite legie par le « moins » , si elle est des deux cóte's ou d’un cote' seulement, alors ou il y a une seule espèce, ou deux espèces diffe'renles. L’operation consiste en cela que tu ajoutes aux deux cóte's a la fois la quantite' re'gie par le « moins » de diaque cote', et alors tu opères la soustraction. L’ope'ration est la méme dans les deux membi'es de l’e'quation, s’il y a en eux deux une expression renfermant un x^). 2.° Si les termes ncgatifs ont des homogènes panni les autres tennes, et que l’oii ait à additionner par exemple 9x® -f- — 5x avec 8x -p e.r® — 4 la somme sera (9x® — 4x“) -p (7x® ~p 6x^) -p (8x — 5x) ou 5x® -p 3x -p 13 x’ , 771. eh- k- que le commentateur Alkalcàdì figure ainsi: 13 3 5, les initiales m,ch,k superpo>ées aux nombres remplacant les initiales arabes des mots mdl, chey, kdb. Pour le nombre proprement dit, il n'y a pas d’initiale superposée. ch-m> k. Hx" + Sa; — 3x®) + (3a;^ -p 8a?^ — 2a;) = 7 a:^ + Sa;^ -p 3a; = 3 s 7. (1) Soit à soustraire Sa; — 4 de 10 x^ , posons 10 x^ — (Sa; — - 4). Si 1’ on ajoute 4 aux deux cótés , c’ est-à-dire à lOx^ et a. (Sa; — 4) , il vient lOa;® -p 4 — Sa;. Soit à soustraire (6a;^ — 3 a') de (8a'^ — S) ; X = (8a® — S) — (6a^ — 3a). Si l’on ajoute aux deux cótés 3a et S, il vient X = 8a° + Sa — (6a^ -p S). De mème si l’on avait au lieu d’un polynóme algébrique une égalité tellc que 3a^ — 36 = 32 a — a" il sufiirait d’ajouter à chaque cóté 36 et a’; il en résulterait alors 4a^ = 32 a -p 36 ou plus simplemeiit a^ = 8 a 4- 9. , 'ra * 771 k 777 (2) Soit 8a^‘ - 16 a® -p 64 a^, équation que le commentateur Alkalcàdì exprime aitisi: 64 16| 8 : retranchons l’exposant du mdl, c’est-à-dire 2, il vient 8a^ = 16 a + 64, ou en divisant par le coéfficient de a^ , les deux membres de l’écj[uation a^ = 2 a -p 8 , ou avec la notation r eh ìli arabe 8 2 | 1 , et avec nos initiales 8' 2 | 1. — 319 — Le produit de deux positives Lune par l’autre, et de deux negatives rune par Tautre, est positif; le produit d’une positive par une negative est ne'gatif. CAPITRE CINQUIÈME SUR L.V DIVISION. Si tu divises une de ces espèces par une espèce qui lui soit infe'rieure , soustrais de l’exposant du dividendo Texposant du diviseur; ce qui reste^ c’est l’exposant de l’espèce du resultat de la division. Si tu divises une de ces espèces par sa pareille, le resultat c’est un nombre. Si tu divises une de ces espèces par un nombre, le resultat est de cette espèce-la inérae. S’il y a au dividendo une expression forme'e d’un minorande et d’un minorateur, divise chacun d’eux par le diviseur, et relie | par le « moins )> le resultat du minorateur au resultat du minorande. Ce que tu obtiens, c’^est le resultat de la division. De deux espèces, celle qui est infe'rieure ne peut pas se diviser par la supe'rieure. Et l’on ne di- vise pas non plus par la quantitè qui renferme un « moins ». lei finit le Re'sume' à'Ibii j4lbcnind. Louanges a Dieu l’unique! Que Dieu be'nisse notre Seigneur Mobammed et le consei*ve ! Cette copie be'nie fut acheve'e le mardi bèni, vingt-unième jour du raois de Djemàdy-premier de 1’ annèe 847. Dieu a daignè la mener a bonne fin, et cela par la main du pauvre devant Dieu le très-liaut, Alj Ben Abcl el Kdder, de la race de Hassan , de la sede des Cbafèites, qui rend gràces a Dieu, qui croit, qui prie et compie sur sa misèri- corde infinie (2). — Fin. — (1) Soit 16a:’ — à diviser par Ax, , . 16 x^ 6x^ le quotient sera — • ou Ax^ — ìx . Ax Ax Soit 48ar“ — Ì2x'^ à diviser par 6x~, , . 4 Sa:® i2x^ le quotient sera — — — ou Sa: — 2 . 6a-^ 6a:^ (2) Ainsi le nianuscrit d’Oxford date de 1’ annue 1444 de notre ère , mais nous ne connaissons sur la jiersonne de celui qui l’écrivit rien autre cliose que ce que Ben Ahd el KAder nous apprend lui-méme dans les quelques lignes qui servent de post-scriptum au Talkhys òUlhn Albannà. fol. 171®j verso . 320 — Sopra una pioggia di sabbia caduta presso Roma nella notte del 2 1 al 22 febraro 1864. Nota del prof. G. Poi\zi. Sebbene alquanto in ritardo a cagione di mia assenza dairultima tornata ac- cademica ; era pur mio dovere soddisfare un impegno , e parlarvi in propo- sito del dubio da me suscitato sulla pioggia di sabbie, avvenuta in Roma nella burrascosa notte del 21 al 22 del passato febraro. Allorché il nostro collega R. P. Secchi sapientemente ne descriveva il fenomeno, e ne mostrava le polveri raccolte , il vento d’ostro conduttore di esse le fece giudicare provenienti dal deserto di Sahara, al di là dell’Atlantico e attraverso il mare tirreno. Se non che, il colore la finezza e la somiglianza colle nostre sabbie subappennine fecero sorgere il dubio , se queste vennero realmente dal deserto africano, ovvero siano state le stesse sabbie gialle, plio- ceniche , sollevate da gagliardo vento , e sparse lungo il suo cammino. Che il vento impetuoso possa condurre anche a distanze notevoli sabbie ed altre più gravi materie, è un fatto che tuttodì vediamo ripetere sotto i nostri oc- chi; ma che le sabbie cadute in quella notte siano affricane o italiane, questo è il quesito che domanda spiegazione. A questo effetto vennero da me istituite certe analisi di confronto fra le sabbie piovute, e le subappennine, che a bella posta raccolsi presso la chiesa del Rosario di monte Mario, e passai per uno staccio onde separare la parte più fina come avrebbe fatto il vento. Su di queste vennero pratticate inda- gini microscopiche e chimiche, per riconoscervi i caratteri comparativi, tanto di aggregazione quanto di composizione. 11 prof. Diorio che gentilmente si prestò col suo microscopio, osservò am- bedue le sabbie, applicandovi un ingrandimento di 1300 diametri, e rinvenne che l’una e l’altra si componevano di lucenti granelli di quarzo jalino, visibili anche ad occhio nudo, misti ad altri esilissimi frammenti di roccie calcari, e particelle nere probabilmente dovuto all’ossido di ferro. Però in mezzo a que- sti ingredienti giunse a distinguere dei corpi organici di forme svariate, rife- ribili alle Diatomee, o Infusori a guscio siliceo, colla differenza che le supposte polveri affricane ne mostravano maggior numero e nelle plioceniche appena se ne distinguevano alcune. Questi fossili sono : — 321 — Nelle sabbie piovute. 1. Gomphomena lanceolata 2. Synedra ulna 3. Pyxidula prisca 4. Baccillaria vulgaris 5. Peridinum pyrophorum 6. Pinnularia dactylus 7. Enastrum verrucosum. Nelle sabbie di monte Mario. 1 . Spicula spongiamm 2. Baccillaria vulgaris In tali osservazioni il diligente professore notando la differenza, e che appena una sola specie era comune ad ambedue (la Baccillaria vulgaris), limitandosi alle sole sabbie esaminate, credette trovarvi un carattere differenziale, per il quale le sabbie piovute potersi stimare veramente derivate dal deserto di Sahara, come veniva asserito, trasportata dall’ostro violento di quella burra- scosa notte. Peraltro mentre si facevano le fìsiche indagini si seppe che il dott. Paolo Peretti, diligente chimico, era trattando un analisi di quelle stesse sabbie pio- vute e di altre raccolte nei contorni nostri per conoscerne i componenti. Al- lora volli tener dietro a cosifatti lavori per raggiungerne i risultati, i quali in seguito vennero resi di pubblica ragione nella Corrispondenza Scientifica n. 6-7, 22 aprile del corrente anno. Quivi si legge : 1 .° Che ad occhio disarmato si scorgevano punti più o meno lucenti , però apparivano meglio visibili alla lente; 2.° che la sabbia affondava nel- l’acqua pura ; che produceva effervescenza assaggiata all’acido idroclorico , e ne scioglieva una tenue porzione, e la soluzione acida palesò contenere del- l’allumina, del ferro della calce, della magnesia: 3.“ che la parte insoluta dal- l’acido componevasi nella totalità di particelle piccolissime quarzose eguali fra loro, e talune comparivano un poco colorate; 4.° che esposte al fuoco dentro un sagginolo di vetro emanò dei vapori acquosi , appena sensibili , e di poi 44 — 322 — sì annerì con manifestazione di leggieri fumi , i quali avevano un odore di sostanza organica bruciata, che fusa con la borace sur un filo di platino ri- torto, ed esposta all’azione della fiamma del cannello, si trasformò in un vetro perfettamente limpido colorato in giallo: 6.° comparata scrupolosamente colle nostre sabbie al microscopio, su fondo nero e non trasparente, illuminata dal raggio solare, si condusse col metodo della ragione a giudicarla, essere stata qui trasportata da quei depositi arenari del nostro paese, e non molto lon- tani, senza enunciarle di sua più che lontana provenienza; 1° che essa non ci presentò caratteri fisici di gran rimarco , ne molto differenti dalle nostre sabbie : 8.° da ultimo si disse , che questo fenomeno può sempre riprodursi in quella grande attitudine che impiega la natura di quei venti turbinosi di locale burrasca, e cbe il più delle volte può rimanere eziandio inosservato. Ecco due diverse opinioni portate sulle sabbie cadute: una derivata dal- l’osservazione microscopica dei fossili: l’altra dall’analisi chimica: fatto che di- mostra per se stesso quanto sia difficile un giudizio di questa natura. Quale pertanto sarà la soluzione del problema ? Se consideriamo l’aggregazione degli elementi minerali componenti ambedue le sabbie , sono i medesimi, cioè cal- care e quarzo a cui si aggiungono pezzetti di ferro : ma se guardiamo i resti organici, i soli due fossili osservati nelle sabbie di monte Mario, di cui uno è anche analogo alle sabbie piovute, sono sufficienti a fondare un giudizio di formazione diversa ? Al contrario, le diressimo identiche se la Baccillaria vnl- garis, ad ambedue comune, bastasse a caratterizzarle. Se in fine ci volgiamo all’analisi chimica non solo avremo identità di risultati in quelle sperimentate da noi; ma eziandio con quella fatta a Parigi dal sig. Daubrée sulla polvere piovuta alle Canarie il 7 febraro 1863 veramente giudicata affricana, riportata neH’anno scientifico del sig. Figuier. Quella era composta dì silice e carbonato di calce presso a poco come tutte le sabbie. La somma adunque di tutti questi studi fatti farebbe piuttosto inclinare a credere l’ identità delle sabbie, da cui discenderebbe che le meteoriche siano le stesse nostre subappennine. Ma siccome altri dubii potrebbero ancora sol- levarsi di difficile 0 impossibile soluzione. Così mi sembra miglior partito la- sciar la questione qual’ è per non complicarla inutilmente , e dichiarare che le polveri cadute nel fenomeno del 21 febraro passato, possono essere giunte dal deserto di Sahara; ma non dimostrate con quella esattezza che oggi esigge la scienza. — 323 ^ Di un curioso esperimento. Nota del prof. Vincenzo Dioiuo. Le publiche lezioni di zoologia già parecchie volte mi han dato occasione di osservare che il vaso dorsale degli insetti vivi , ha quella stessa maniera di moti che nel cuore dei vertebrati si riconosce. Ne’ scorsi mesi strappato dal petto di un coniglio che servito avea a qualche esperienza, il cuore e lascia- tolo sulla tavola, continuava a battere non tocco da cosa alcuna, con ritmo regolare , che andava progressivamente allargandosi. Stretto fra le mani nel modo istesso di tempo in tempo si contraeva; e nel suo contrarsi, sollevava con forza sorprendente per la piccola sua mole le dita che lo stringevano. Stimo- lato e tocco nello spazio che fra Tuna contrazione e l’altra intercedeva, subito risenti vasi e cangiava il tempo dei movimenti suoi. Rimarcai che la contra- zione 0 sistole , era accompagnata sensibilmente dallo slargamento ed indu- rimento delle fibre circolari, che limitano il diametro trasversale cardiaco ; e simultaneamente dallo abbreviamento dei diametro longitudinale o verticale. Nel cuore delle rane , divelto dal petto , verificai i fatti stessi ; e tanto nei conigli che nelle rane confermai essere successivi e non simultanei i moti delle orecchiette e quelli dei ventrieoli cardiaci. Mi preso poi bizzaria di ve- dere se qualche cosa di simile avveniva degli insetti. La stagione favorevole mi fece scegliere la pulce, che suggendo ii sangue ed empiendosene lo sto- maco, e fin’anche offrendone talora nella cloaca illuminata per trasparenza con un discreto ingrandimento microscopico; può far conoscere se il vaso dorsale al quale stanno quei visceri addossati, abbia si o no un regolare movimento sistolico. E fui sorpreso dal fatto seguente. Messa la pulce in poche goccio d’acqua, fra due vetrini da orologio che si combacino con le loro faccio, alla maniera di un compressore ; ed esposta così sul porta-oggetti di un micro- scopio, illuminandola per trasparenza; l’ insetto essendo ancor vivo ; i movi- menti del sacco stomacale pieno del sangue succiato , e talora anche quelli della cloaca distesa dall’umore istesso , rivelano una regolare contrazione del vaso dorsale, a ritmo costante. Se si comprime l’ insetto, il ritmo delle con- trazioni aumenta; e si accresce in ragione inversa della compressione il nu- mero delle contrazioni in un tempo dato, fino che non si giungne a dar morte all’ insetto. ~ 324 — Da questi pochi fatti quante grandi deduzioni possa trarne la scienza ; facilmente lo argomenteranno i fisiologi. In quanto a me , mi basta averli indicati ; e l’ultimo fatto relativo al regolare contrarsi , ed allo straordinario accelerarsi del movimento nel vaso dorsale degli insetti, per cause che sem- brerebbero doverlo ritardare e rallentare , sembrami non meno interessante che nuovo. — 323 Determinazione dei coefficienti di forza coercitiva, e loro rapporti collo stato molecolare delle sbarre magnetiche. Prima memoria di Giuseppe dott. Serra^-Carpi. Uno dei più importanti fatti che dimostrano quanto la costituzione mole- colare dei corpi magnetizzati influisca a modificare l’ intensità della forza ma- gnetica, si è senza dubbio il vedere dia la forza coercitiva, ossia quella re- sistenza che una sbarra magnetica oppone alla decomposizione o alla ricompo- sizione del fluido, varia al variare della tempera che si dà alle sbarre sottoposte al magnetismo. Tutti sanno le grandi differenze che passano fra la forza coer- citiva dell’acciaio prima e dopo la tempera, però non è a mia cognizione se siansi stabiliti dei rapporti numerici fra le forze coercitive di tutte le tempere comprese le intermedie. Se si consideri pertanto 1’ acciaio relativamente agli altri metalli si troverà che esso è dotato della facoltà di essere ridotto a di- versi gradi di tempera corrispondenti esattamente a diversi colori , quindi è che nelle arti meccaniche ora occorre l’acciaio rinvenuto al color paglia, ora al color cerasa e via di seguito; la qual proprietà lo rende privilegiato in tutti gli usi meccanici, giacche oltre al godere di somma durezza unita a grande elasticità, queste possono a lui conferirsi per gradi precisi e distinti. Se poi a questa proprietà vi si aggiunga quella di essere eminentemente magnetico, si potrà affermare che se la provvida natura non ci avesse forniti di un corpo dotato di tali prerogative, la società non avrebbe ottenuto l’attuale progresso nelle arti meccaniche e nella navigazione. Vedendo pertanto che mentre la tempera modifica lo stato molecolare del corpo, lo rende nel medesimo tempo atto a rattenere il magnetismo , perciò ho creduto pregio dell’opera di pre- mettere allo studio dei rapporti numerici fra le forze coercitive, qualche in- dagine sull’ influenze che la tempera esercita sullo stato molecolare dei corpi; le quali ricerche se non completeranno sì difficile argomento, pure mi servi- ranno di qualche norma nella determinazione dei coefficienti numerici della forza coercitiva per le varie tempere dell’ acciaio , che è lo scopo principale del presente lavoro. Sono stati da me sottoposti ad esame varii pezzi di acciaio di forma ci- lindrica , ed aventi un decimetro di altezza , ed un centimetro di diametro ; — 326 — ciascuno del peso medio di grammi 57, e ne ho trovato il peso specifico prima e dopo la tempera. Quindi per mezzo di un bagno di piombo e stagno in varie proporzioni fra loro, alcuni ne ho fatti rinvenire al color paglia, altri al co- lor cerasa, altri al colore delle molle di orologio che sono i tre gradi di tem- pere intermedie più decisi e più usitati nelle arti. I risultati ottenuti vengono rappresentati dal seguente quadro, dal quale si scorgerà facilmente che i ci- lindri rinvenuti al color paglia hanno il minor peso specifico, il quale va au- mentando negli altri colori di tempra. QUADRO I. Rappresentante i pesi speeifici dei cilindri di acciaio per le diverse tempere. Non temperato Temperato Rinvenuto al col. paglia Rinvenuto al color arancio c. Rin. al col. delle molle d’ orolog. 3. ” 7,852 4. 7,851 6. 7,849 7. 7,854 8. 7,852 9. 7,848 10. 7,845 1. 7,894 2. 7,898 3. 7,879 4. 7,889 6. 7,886 7. 7,882 8. 7,887 9. 7,882 10. 7,877 6. 7,843 7. 7,842 3. 7,855 10. 7,855 7. 7,875 9. 7,875 medio 7,850 medio 7,843 7,877 7,855 7,875 Dal presente quadro risulta che tutta la tempra aumenta il peso spe- cifico da 7,847 a 7,881 cioè di 0,034 il che, qualora vi fosse omogeneità N.B. Per quanto mi è stato possibile ho potuto assicurarmi dalle apparenze è dalle proprietà esterne, che tanto l’acciaio dei cilindri, quanto quello dei prismi (ambedue di ac- ciaio inglese fuso) erano della medesima quantità. — 327 nella massa totale , corrisponderebbe ad una diminuzione in volume di 0,0043 ^ — . 231 Sembra pertanto una anomalia il vedere come 1’ acciaio non temperato abbia una densità maggiore di quello a tempera color paglia , che avvicina più di tutti in durezza la tempera completa. Però adottando per la tem- pera la seguente ipotesi di Libes , e considerando cbe i detti cilindri sono stati tenuti nel bagno il solo tempo necessario per ottenere la corrispondente tempera, come si pratica comunemente negli usi meccanici , mi sembra cbe i risultati da me ottenuti abbiano una sodisfacente spiegazione. Ed infatti il citato Libes opina cbe il raffreddamento improviso cagioni nelle molecole del- l’acciaio un ravvicinamento maggiore di quello cbe consentirebbe il corpo allo stato naturale , e che quindi trovandosi la forza ripulsiva inerente al corpo , racchiusa in un piccolo spazio , sia causa della elasticità cbe esso per tale operazione acquista (1). Ciò posto, quando l’acciaio rovente si espone ad un raffreddamento istantaneo, le molecole trovansi tutte egualmente investite dal calorico, e quindi può nascere uniformemente il ristringimento fra loro, lad- dove allorquando dalla tempera completa si vuol far rinvenire al color pa- glia , il calorico cbe dall’es terno penetra nell’ interno non ha potuto (almeno nel modo di operare da me accennato) investire egualmente tutte le mole- cole, e quindi nel raffreddamento improviso ha trovato più dilatate le mole- cole vicine alla superfìcie che le interne, e quindi non ne è accaduto equa- bilmente il ristringimento , donde tanta differenza in peso specifico. 11 che sembra confermato dal vedere che nelle tempere successive , nelle quali oc- corre maggior calore che nella suddetta , il peso specifico va gradatamente aumentando. La bilancia da me adoperata in tali determinazioni risentiva il mezzo milligrammo in 57 grammi di peso, ed inoltre l’aver sempre cimentato i ci- lindri delle diverse tempere almeno a coppia, e Taverne ottenuto l’esattezza nel risultati spesso fino al milligrammo, mi rendea sicuro di non aver equivocato nel lungo e non dilettevole esercizio delle pesate e dei calcoli numerici. Però spe- rando di avere una conferma dei risultanienti ottenuti di sopra , posi al ci- mento delle tempere vari prismi di acciaio, ed eccone i risultanienti. (1) Libes, Trattato completo elementare di fisica. Napoli 1816, tom. 2.® pag. 5-4. — • 328 — • QUADRO IL Rappresentante i pesi specifici dei pezzi di acciaio di forma prismatica. Non temperati a tutta tempera Rinvenuti al color paglia e raffreddati istantaneamente Rinvenuti al color paglia e raffreddati lentamente Prisma n.° 1 ." 7,823 » )) 2. 7,820 » » 3. 7,821 » )) 4. 7,823 n.“ l.“ 7,782 » 2. 7,852 » 3. 7,750 » 4. 7,747 n.° 1." 7,819 » 2- 7,786 n.° 3.“ 7,780 )) 4. 7,771 Dal presente quadro facilmente si ricava che la tempera invece di dimi- nuire il volume lo avrebbe aumentato, ed il valore numerico di questo au- 1 mento, espresso nel volume prima della tempera, è circa — — . Come ognuno vede i pesi specifici da me ottenuti per le varie tempere sono totalmente inversi a quelli ottenuti coi cilindri, mentre anche in questa seconda operazione avendola ripetuta due volte, posso esser sicuro di non aver preso abbaglio. Ed infatti mentre il peso specifico nei cilindri aumentava colla tempera completa, nei prismi si trova diminuito, e mentre il far rinvenire al color paglia i cilindri ne rendeva minore il peso specifico, nei prismi lo ha au- mentato. È ancora da avvertirsi che i prismi raffreddati improvvisamente hanno aumentato il peso specifico più che quelli raffreddati lentamente. Da queste esperienze pertanto si può concludere, che in un corpo me- tallico qual’ è l’acciaio che per la tempera subisce una variazione nello stato molecolare, nello sperimentarne il peso specifico, la forma difesso ha influisce immensamente nelle variazioni del medesimo : il che si accorda con tutte le teorie della meccanica molecolare. Inoltre è degno di avvertenza il confronto dei risultati ottenuti nei pezzi cilindrici e prismatici, giacché nei primi la tempera portava una diminuzione di volume, sempre supposta l’omogeneità di massa, espressa da 1 , laddo- . ♦ 1 ve nei pezzi prismatici avvi un’aumento di volume eguale ad — - , cioè nei 118 — 329 — secondi si è ottenuto un accrescimento doppio della contrazione indotta nei ci- lindri. E ciò fa vedere che oltre l’ immensa influenza esercitata dalla forma nelle dette operazioni molecolari, si fa ancora palese come il movimento mo- lecolare è più regolare nella forma più simetrica intorno ad un asse, di quello che nell’altra che non gode di questa proprietà. Ed infatti ben si comprende che la natura non può essere indifferente alla forma del corpo allorquando le molecole di esso hanno da subire una vicenda qualunque. Dal vedere inoltre che nelle due diverse serie di esperienze da me ora esposte, ad onta di tutte le diligenze , non ho potuto nei prismi raggiungere quella conformità dei ri- sultati come nei cilindri, mi sembra di poter concludere che nei corpi di forma sferica principalmente, e poi nei cilindri, e nelle altre figure generate dal cir- colo , in cui le moleeole si trovano disposte nei diversi strati equidistanti o da un centro o da un’ asse , in questi casi si potranno esattamente studiare le variazioni di peso specifieo pei diversi stati del eorpo stesso, però in tutte quelle forme che presentano degli spigoli, ed in eui le moleeole non possono nei diversi strati riuscire tutte simetriche intorno ad un’asse, allora i pesi spe- cifici varieranno al cambiar delle forme , giacché egli è chiaro che il movi- mento molecolare non può riescire uniforme dove sono degli angoli e delle prominenze. Inoltre il vedere la grande influenza che sui risidtati dei pesi specifici esercita la forma sotto la quale Vacciaio viene sperimentato, ci dà il mezzo di poter conciliare i diversi risultati e le varie ipotesi fatte sulla tempera, le quali si possono ridurre a quella di Libes già indicata, e quella recata dal Dumas, dal Chimenti e da altri. Secondo la prima ipotesi il peso specifico deiracciaio dovrebbe aumentare colla tempera , giacché il citato autore ammette che la tempera ravvicini le molecole integranti. Secondo poi le vedute su tal propo- sito del Dumas , la tempera diminuirebbe il peso specifico dell’ acciaro come risulta ancora dalle seguenti esperienze; secondo Hawksbe'e il peso specifico di- minuirebbe dopo la tempera da 7,738 a 7,704 ossia di 0,034. Lewis poi as- segna rispettivamente i numeri 7,919 e 7,831 ove la tempera avrebbe dimi- nuito il peso specifico per 0,088. Le esperienze di Brisson danno i seguenti risultati, cioè prima della tempera 7,816; secondo il quale autore si avrebbe una diminuzione dopo la tempera di 0,017. Però dai risultati da noi esposti nel l.° quadro cioè ponendo al ci- mento delle tempere 1’ acciaio in forma cilindrica, si sono ottenuti dei ri- sultamenti a quelli opposti qui sopra indicati, mentre gli esperimenti fatti coi 43 I — 330 — prismi avrebbero confermato le esperienze dei citati autori. Però tanta di- scordanza d’ ipotesi e di opinioni circa le variazioni dello stato molecolare pro- dotte dalla tempera neU’acciaio, si spiegano benissimo ammettendo l’ influenza grande che esercita la forma sulle variazioni molecolari delVacciaio slesso. Ed infatti non è strano 1’ opinare che i suddetti fisici nello sperimentare il va- riar del peso specifico dell’acciaio, si siano serviti di pezzi prismatici sotto la qual forma esso trovasi comunemente, ed è stata per me una felice circostanza quella di aver fatto ridurre 1’ acciaio in forma cilindrica affinchè poi meglio mi si prestasse nelle ricerche magnetiche. Quindi nell’ accennare i vari pesi specifici di un corpo nei diversi suoi stati molecolari da esso subiti, sia per azioni naturali sia per le operazioni del- l’arte, dovrebbe da tutti farsi menzione della forma che avea il corpo allor- quando ne è stato determinato il peso specifico , altrimenti sarà sorgente di equivoci, se non in tutte, almeno nelle delicate ricerche. L’ importanza però di tale argomento richiederebbe apposite indagini sulle influenze che le varie forme esercitano nel peso specifico delle tempere dell’acciaio. A me però basta di avere indicato questa importante influenza, e di aver esposto la serie rap- presentante i pesi specifici nelle varie tempere dei cilindri che mi servono alla determinazione dei coefficienti della forza coercitiva , a fine di poter trovare i rapporti che mi sono proposto per iscopo principale del mio lavoro; e ciò avrò l’onore di esporre alFaccademia in una seconda comunicazione. 331 Ricerche analìtiche sul bifilare tanto magnetometro^ quanto elettrometro; sulla curva bifilare; e sulla misura del magnetismo terrestre. Memoria del prof. P. VoLPICELLI. Questa memoria é divisa in cinque parti: nella prima sarà considerato il bifilare in astratto; nella seconda sarà posto questo istromento in relazione col magne- tismo terrestre; e nella terza colla elettrostatica; la quarta parte poi consisterà nell’analisi di una formula, che il eh. prof. G. Battaglini ha pubblicata, per la pratica del nuovo elettometro bifilare del eh. sig. prof. L. Palmieri; e la quinta finalmente tratterrà della misura del magnetismo terrestre. Per determinare il momento della coppia, corrispondente a un dato tor- cimento dei due fili del bifilare, premettiamo la seguente generale ricerca, da cui discende per corollario quanto ci proponemmo. Data una qualunque curva continua nello spazio, sulla quale un mobile subisce soltanto l’azione della gravità, senza incontrare veruna resistenza, si cerca quale forza Q orizzontale, questo punto esercita sul piano verticale, in- tersecato ad angolo retto da un altro pure verticale, che passa per la tan- gente in quel punto della curva, ove il mobile si trova. Per qualunque punto {x, y, %) della curva, che riferita supponiamo a tre assi ortogonali, es- sendo quello delle z verticale, si guidi una tangente l’angolo (t, %) formato dalla tangente stessa coll’asse delle z, sarà, com’ è noto per l’analisi geome- trica, espresso dalla Inoltre se dicasi (t, xij) l’angolo compreso fra la tangente medesima, e l’oriz- PARTE PRIMA Bifilare in astratto , e curva bifilare. dz dx — 232 — zontale piano dello a:, |/, sarà {t, z) (t, a;j/)= ~ , e per conseguenza sen(r, xy)= cos(t, %)=■ donde dz dx cos(r,a:i/)= [/'[ 1 — sen^(T,a:ij)] = quindi dz (1) tRng{r,xy) sen{r,xy) cos{z,xy) La forza orizzontale Q sopra indicata, non cangia se il mobile stia sulla tangente, invece di stare sulla curva; laonde un peso P, scenderà per la retta, inclinata coir angolo [x ~ (t, xy) alla orizzontale , con una forza espressa da Psenja. Premesso ciò, si applichi al mobile a [fig. 1) una forza orizzontale Q = ad, talmente intensa, da impedire la discesa del mobile stesso; e rappresenti am il suo peso, decomposto nelle forze aà, an; una diretta secondo la inclinazione AB del piano, l’altra perpendicolare ad essa. Dovrà perciò la risultante ac, delle due forze ad = Q , ab — Psenfz , affinchè il moto non abbia luogo , essere normale alla tangente della curva nel punto a, vale a dire dovrà essere diretta secondo la na. Quindi nel tri- angolo rettangolo abe avremo , , ^ P.sen(t,a:M) ^ , , c6 = da = Q = — ^=P.tang T, xy), cos(t, x) e sostituendo per tang.(r, a:r/) il suo valore, preso dalla (1), avremo — 233 dz dx (2) Q = P- v/[-©'] §• 2. Ora venendo al bifilare, si rifletta che pel torcimento subito dai fili A A', BB' {fig. 2) del medesimo, la leva mn s’ innalzerà da c sino in c', e ciascuno dei punti a, b, pei quali essa é sospesa, descriverà una curva di curvatura doppia A' a , B'b , che chiameremo bifilare, e che sarà la stessa per ognuno dei due punti di sospensione ; però queste due curve s’ incontreranno fra loro. Inoltre la forza che tutta impiegasi a produrre, o ad impedire il moto ro- tatori della leva, dovrà essere diretta orizzontalmente, nel piano verticale , che passa per la tangente alla curva , nei punti a , b. Possiamo quindi evi- dentemente valerci della formula (2), per determinare la coppia, corrispondente ad un certo angolo 9 = A'ca' di torcimento dei fili del bifilare ; avvertendo che la direzione della mn , deve intendersi perpendicolare sempre al piano verticale, che passa per la tangente indicata, ovvero al piano della (fig. 1). Quindi non rimane altro che stabilire l’equazioni della curva, onde poter elimi- nare dalla (2) i rapporti differenziali, che sono in essa compresi. S- 3- Chiamiamo per tanto: I — AA'= BB' la lunghezza dei due fili , supposti uguali, ma per generalità maggiore, non paralleli fra loro; A = AG la metà della distanza fra gli estremi superiori dei fili stessi; ^ = A'c la metà della distanza degli estremi loro inferiori; P il peso della leva mn; 9 = Af0i' l’angolo che forma la nuova direzione a'c b' della leva, colla sua di- rezione A'B' primitiva di equilibrio, corrispondente al caso in cui l’uno e l’altro filo giace in uno stesso piano verticale A A' B' B. Poniamo inoltre il sistema delle coordinate in modo, che 1’ asse delle z coincida col diametro verticale Cc dell’ istromento, e che l’asse delle x con- tenga gli estremi A, B superiori di sospensione dei fili ; cosicché nel mezzo C della BA consista l’origine degli assi, essendo le coordinate positive contate, in quanto alle a: da C verso A, in quanto alle ^ da C in avanti, ed in quanto alle z da C verso c. 334 — Abbiamo già indicato che per un torcimento dei fili, debbono i punti di sospensione A', B' della leva, descrivere una curva, giacente sulla superficie di un cilindro, il quale nel caso nostro avrà per base un circolo di raggio d, e per asse quello delle z. In secondo luogo apparisce chiaro, che uno qualunque dei punti medesimi A', B' resterà sempre, nel suo movimento, sulla superfi- cie di una sfera di raggio l, al centro A ovvero B della quale, appartengono le coordinate X~Z±Z A y ij = 0 , 2 = 0 . Per conseguenza la intersecazione delle indicate due superficie, sarà la curva di curvatura doppia, che noi chiamammo bifilarey descritta da uno qualunque degli estremi A', B' della leva. La superficie dell’ indicato cilindro, come sappiamo dalla elementare ana- litica geometria, sarà espressa colla equazione (3) — , mentre la superficie della sfera di centro A, e di raggio /, verrà data mediante la P = [A — xY if , donde (4) 2 = — (A — ' — y^] . Le (3), (4) rappresentano insieme la curva bifilare A'a; descritta da uno dei punti di sospensione A', passando questo in a, la quale consiste nella interse- cazione sopra indicata. Eliminando la y dalla ultima uguaglianza , otterrema (5) z = — A" — §" -+- 2Ax) . . §. 4. La (3) e la (5) rappresentano separatamente le projezioni della curva bifila- re, sui rispettivi piani coordinati delle x, y, e delle a?, z. Inoltre la (3) rappresenta una parabola, di cui l’asse coincide con quello delle x, e nel tempo stesso una superficie cilindrico-parabolica , parallela all’ asse delle y ; mentre la base di questa superficie consiste nella parabola indicata. Per trovare l’ascissa x v del vertice della parabola stessa, dobbiamo annullare il valore di z nella (3), poiché il vertice medesimo è la intersecazione di questa curva coll’asse delle pertanto avremo 5 — /2 _ ^2 _ 2AX = 0, donde (6) X _ A2 — “ ^ “ V 2A ) Trasportando, per un istante, l’origine delle coordinate nel vertice della para- bola, senza punto cangiare la direzione degli assi coordinati , denoteremo le nuove ascisse col simbolo x' , ed avremo / X x'-+- V == x' — y quindi la (5) si trasformerà nella A' 2A z=j/^(2A^c') . Da questa equazione rileviamo, che il parametro della indicata parabola, si esprime con 2A; esso è dunque indipendente tanto dalla lunghezza l dei fili, quanto da quella § del braccio di leva. Inoltre si vede, come dicemmo, che la direzione dell’asse parabolico, è coincidente colla direzione dell’ asse delle ascisse. Tediamo altresì dalla (G), che il vertice della stessa parabola, può avere un ascissa tanto negativa, quanto positiva, secondo che abbiasi P > A^-t- od < A2 H- §2 Quando abbiasi l = A=^d , dalla (6), per l’ascisssa del vertice, avremo A2 -4- §2 ^ 2a^ — A^ — §2 ^ ~ 2A In questi due casi dunque, il vertice della considerata parabola, si trova sulla superfìcie del cilindro a base circolare di raggio Ora passiamo ad analizzare le intersecazioni sul piano delle x, z, fra le indicate due superfìcie, una cilindrico-circolare di raggio l’altra cilindrico- parabolica. Le intersecazioni medesime presentano i seguenti cinque diversi casi osservabili, e rappresentati rispettivamente dalle [fuj.'Sa), {(ìg.'Sb), (fig.^c), [fig.dd), [fig.'^e). Si avverta inoltre che ciascuna delle prime tre di queste figure, rappresen- ta eziandio la corrispondente curva bifilare, tracciata sulla cilindrica superfìcie. - J36 - , 1 Se l’ascissa v del vertice sia rappresentata da CQ (fig. 3a), starà v fra i limiti — d e ' — 00 , laonde — v dovrà stare fra i limiti S ed oo ; quindi per la (6) dovrà la ^2 _ a2 _ ^2 2À ’ stare pure fra i limiti $ ed co , In questo primo caso, che solo appartiene alla pratica, la projezione della curva bifilare, tanto inferiore abcd, quanto supe- riore a'b'c'd'y sul piano delle 2, x, risulterà di due parti separate mp, m!p\ e la corrispondente bifilare stessa, non avrà punto alcuno immaginario. 2." Se l’ascissa v del vertice sia rappresentata da C'Q' (fìg." 3^} , sarà V ~ C'Q' = — d, quindi per la (6) dovrà essere — A" - S" da cui ricaviamo la condizione 2A l = (a -+- $) • In questo secondo caso, la projezione hQ'h' della curva bifilare mnsqp'n'm', pur essa non avrà punto veruno immaginario. Di più le due parti della curva di projezione, separate nel primo caso, vengano in questo secondo ad unirsi nel punto Q', corrispondente al vertice della parabola, ed in esso i due cilindri, uno parabolico l’altro circolare, si toccano internamente. La curva stessa riguarda il caso in cui la leva del bifilare, dopo avere girato per 180°, si trova coinci- dente coll’asse delle x. 3.° Se pongasi che l’ascissa v del vertice sia rappresentata da C"Q" (fig. 3c), sarà V compreso fra i limiti — ^ e perciò diante la (6) avremo la — A" — ^2 , 2À V fra d, e — d; quindi me- compresa fra d, e — ù. In questo terzo caso, la projezione della curva bifilare sgutu t's'g’t', sarà formata da una parte sola k Q"k', e la sua equazione for- nirà in un certo tratto dell’asse delle x^ valori immaginari per la z, riguardo alla indicata curva bifilare. 4.“ Se l’ascissa v del vertice sia rappresentata da C"'Q"' (fig. Sd), sarà C'"Q"' = V = ^, ovvero — v = — d, dunque dovrà essere ^2 _ A2 _ §2 2A — 337 donde la condizione / = A — 5 ; e perciò in questo quarto caso, tanto la bifilare, quanto le sue projezioni, si riducono ad un solo punto Q'", nel quale avvi contatto esterno fra i due ci- lindri sopra indicati. 5.“ Se finalmente l’ascissa v del vertice sia rappresentata da (fìg. 3e), sarà V compreso fra i limiti § ed oo; quindi > — v compreso fra — 5, e — oo, laonde per la (6) dovremo avere la ^2 _ . §2 compresa fra — d , e — oo ; perciò in questo quinto caso non esiste più curva. Siccome gli ultimi due casi non corrispondono a curve bifilari, così gli escludiamo, e ci limiteremo ai soli tre primi. Avvertiamo inoltre che la esistenza dei precedenti cinque casi, può rilevarsi anche con un semplice ragionamento, sopra il rapporto fra le quantità 1 , 5 , A ; abbiamo però preferito 1’ analisi geometrica, per essere questa più rigorosa, e più feconda. Un teorema delle superficie di second’ordine stabilisce, che la projezione della curva d’ intersecazione fra due di queste superficie , sia generalmente una curva dell’ ordine quarto. Nel caso in proposito abbiamo due super- ficie dell’ordine secondo, cioè due cilindri, uno circolare, l’altro parabolico, e collocati fra loro in guisa, che l’asse del cilindro circolare, formi angolo retto col piano principale del cilindro secondo- Però nel caso medesimo avvi la particolarità, che due delle tre projezioni della bifilare, cioè la (3) e la (5) , sui piani coordinati xij, ed xz, sono linee dell’ordine secondo, e non del quarto. Diversamente avviene riguardo alla projezione della bifilare stessa sul piano delle yz’, poiché questa si ottiene con eliminare la x fra le (3), (4), ed abbiamo 2 |/-[U — A2-^ 2A|/-(d2_ ,/)] , ovvero riducendo sarà (Z2 _ /2 ^2 _j_ §2y2 4^2(52 _ ^ equazione che rappresenta una linea dell’ordine quarto. Sappiamo dal ragionamento esposto, che la curva bifilare viene anche prodotta dalla intersecazione di due cilindri, uno circolare di raggio 5, l’altro parabolico del parametro 2A, collocati per modo, che l’asse del primo sia per- 46 338 ~ pendicolare al piano principale del secondo. Ma dal fatto che i parametri dei nominati due cilindri, cioè le quantità A, à, sono indipendenti fra loro, dobbiamo concludere che due cilindri qualunque, uno circolare l’altro parabolico, i quali s’ intersechino nel modo riferito , debbono produrre una curva bi- filare, una curva cioè che giace sopra una superficie sferica; proposizione che potrebbe in qualche analitica ricerca essere utilizzata. Il raggio / di questa sfera, è dato dalla equazione (6), nella quale v de- nota la distanza fra il vertice della parabola, e l’asse del cilindro, presa ri- spettivamente col segno negativo, o positivo, secondo che il cilindro paraboli- co intersechi o no l’asse del cilindro circolare. Risolvendo per tanto la equa- zione (6), rispetto ad l, si ottiene l ■= (A^ -h — 2 Ar) . §. 5. Essendo (fig. 2) a3=§cos9, avremo dalla (5) la (7) z — — §2 2A^cos?>) Questa ultima equazione contiene soltanto le coordinate z, 9; perciò la me- desima rappresenta una superfìcie, generata da una retta mobile, che sempre passa per la curva, in cui si muove {fig. 2) il punto A' di sospensione della leva, e per l’asse delle z , incontrando questo ad angolo di 90°. Ma la retta stessa non è altra cosa fuorché la leva mn; quindi si vede che la curva bifilare può anche generarsi nello spazio dalla intersecazione di quella superficie con un cilindro, l’asse del quale coincide in quello delle z, mentre il raggio della sua base uguaglia Se vogliasi poi determinare la curva, che nello spazio descrive un qualsiasi punto h della stessa leva , dobbiamo riflettere che si avrà questa cura , in- tersecandosi la superfìcie rappresentata dalla (7), con quella di un cilindro , avente per base un circolo di raggio he = b, di cui l’equazione sarà (8) Vi-= ’ Questa dunque unitamente alla (7), vale a dire alla Y 2 AScosip) , rappresenteranno la curva, descritta nello spazio da qualunque punto h della leva dell’ istromento. Ma essendo — 339 — cos?=--i , 0 l’equazione ultima si ridurrà nella (9) Per tanto le (8), (9) forniscono le projezioni della indicata curva sui rispet- tivi piani coordinati, uno delle l’altro delle §. 6. Per applicare la (2) al moto della leva del bifilare , dobbiamo riflettere primieramente, che il peso P introdotto nella stessa (2), deve corrispondere alla metà del peso della indicata leva; poiché il peso medesimo deve imma- ginarsi decomposto in altri due, fra loro eguali, ed applicati ai punti di so- spensione della leva stessa. Perciò rappresentando con P il peso totale di essa, dovremo nella (2) sostituire ^P in luogo di P. Secondariamente dalle (3), (.^) abbiamo le derivate dy — X dz A dx ’ ~dx 2Aic) ’ perciò la (2) si ridurrà nella ^ _ A2_ò-^-4-2Ax) ’ ma essendo x — 5cos!? , avremo ^ PAsens ^ 2 — A2 a" 2A§cos9) ■ Moltiplicando questa forza per la semidistanza inferiore ò degli estremi dei due fili, otterremo il momento , col quale agisce uno dei due punti di sos- pensione sopra la leva; e raddoppiando questo prodotto, avremo il momento k della intera coppia, relativo alla deviazione angolare 9, col quale tende a tornare la leva nella sua posizione primitiva di equilibrio; cosicché sarà , . ^ PAòsen'f PASsemp j/”(P — A^ — 2A§cos^) 2 ’ essendo z la projezione di l sulla verticale. I seguenti corollari appartengono alla pratica dell’ istromento. 340 — §• 7. Coroll. l.° Supponendo in questa ultima formula l grandissimo, avremo dalla medesima PA^sen?? (Il) k = l Coroll. 2." Se i due fili sieno paralleli fra loro nella iniziale posizione di equilibrio, sarà A = d, e la (10) si ridurrà nella ^ P§^sen?) P§^sen

1, nè <— 1 ; condizioni che rispettivamente si riducono alle z^ nè >. (A — 5)^, nè <; — (A -f- ; disuguaglianze da cui discende che dev’essere fra ì2__(a — S)2 , ed Z2_(ah_§)2 ovvero z fra 1/-[Z2_(a__^)2] , e j/-p_(A2-H.d)2]. Ma la z nel primo caso dev’ essere sempre reale , dunque i suoi limiti do- vranno esserlo eziandio; perciò avremo le r->(A — a)2, ed Z2^(A-t-S)^ E siccome la prima di queste disuguaglianze trovasi compresa nella seconda, la quale coincide con dover essere — perciò affinchè abbia luogo questo primo caso, dovrà ;2 — a2— 2À essere fra § ed oo , come fu già dimostrato (pag. 336, l.“) Avrà poi luogo il secondo caso, quando per alcuni soli valori di z, si ve- rifichi l’una, 0 l’altra delle ^ Z2_ a2-(- 32 cos = >1 , ovvero <— 1 , che rispettivamente riduconsi alle z2 > p_ (A — 5)2 , ovvero < l^— (A h- §)2 ; disuguaglianze da cui si deduce, che dev’essere >• ovvero ed avrà luogo l’ inverso pei reali valori di 2. Ma siccome nell’attuale secondo caso, fra i valori della 2, ve ne debbono essere deg-rimmaginari; perciò uno dei limiti assegnati nel 1° caso, fra i quali ogni valore di 2 è compreso, dovrà essere immaginario, e sarà il secondo; perchè se lo fosse il primo, dovrebbero esserlo ambedue. Per tanto dovremo avere vale a dire, affinchè abbia luogo il secondo caso, dovrà la 2À essere fra — §, e §, come fu dimostrato (pag. 336, 3.°). Nel seguito di questa memoria, sarà considerata principalmente la curva, in cui non avvi punto veruno immaginario; perchè questo caso è quello proprio della pratica, e ad esso corrisponde una lunghezza, per qualunque dei due fili, non minore di ^ -l- (§. 7). Il caso medesimo è rappresentato dalla (fig. 4), e solo esso riguarda sia la teorica, sia la pratica del bifilare, tanto magnetometro, quanto elettrometro. L’altro caso, cioè quello in cui la curva bifilare possiede punti non reali, riguarda l’analisi pura della curva bifilare piana, ed offre dei risul- tamenti di un esercizio geometrico interessante. L’angolo (2,2), compreso fra la tangente t alla curva bifilare piana, e l’asse delle 2, viene in generale dato dalla — (A — > o , ed P — (A §)2 <; 0 ; ovvero e <^, §. 10. tang(.,.)= . Inoltre ponendo per brevità Q2_,_ ^2 — ^2 _ ^2 ^ Q 2A§ = , avremo dalla (19) la 47 346 — (21) quindi (*) dz ^ = S.arc.cos =t=2dz A2 B2 =2§z «V['-(t)] e sostituendo i valori delle A, B, avremo (22) tang(T,z) ; 2-1 ~ J^|_B4_(^2_^_ A2)«] ’ =2§z J/^[4A2d2-_ (22-4- d2_4_ ^2_ I2yj ' La tangente dell’angolo (t , ?) , compreso fra la tangente geometrica t della curva medesima, e l’asse delle è data mediante la , dz 1 1 tang(r,|) = — = — = , a? tang('r,2) dz perciò sarà (.3) ,a„g(.,5) = . Da questa formula si vede che quando abbiasi z — 0 , ed l A -+- ^ , cioè quando la lunghezza l di ognuno dei due fili >sia tanto corta, da non per- mettere alla leva di ruotare per mezza circonferenza, caso in cui si produr- ranno tratti di curva immaginari (fig. 3c), avremo tang(T,|) = co , ossia M)=^. Ciò dimostra che in tal caso la tangente stessa è perpendicolare all’asse delle e che la curva bifilare piana sarà espressa dalla (fig. 5), la quale nasce dalla rotazione del cilindro (fig. 3c) sopra un piano. Se poi sì avesse I = A ■+“ 5 , essendo z qualunque, dalla (23) avremo ' ' ' — 232 — 2« Facendo in questa formula z = o, si avrà il caso in cui la leva girando per (*) V. Traile de calcai différentiel, eie. par J. Berlrand, 1. 1.®, Paris 1864, p. 31. — 347 — mezza circonferenza, giunge a coincidere coll’asse delle I; quindi sarà (23) tang(T,|) = , risultamento assai semplice, che si riferisce alla curva piana bifilare descritta dalla (fig. 6), e prodotta dalla rotazione del cilindro (fig. 3à) sopra un piano. §. 11. I valori, uno massimo, l’altro minimo della z, sono rispettivamente % = V[P- + «)*] . che sarà facile ottenere dai triangoli rettangoli AMA' ed AèN (fig. 7), essendo in essi MA' = Zj , ed Nà = z^. I due trovati valori potranno comprendersi nell’unica seguente formula ove il segno superiore appartiene al massimo, e l’ inferiore al minimo di z. Eliminando con questa formula il z dalla (23), avremo tang.(T,?) = (A §)2_H§2_^A2-./2J2j :^|^[4A2§2_ (/2_A2_ 52 ^ 2Aa /2)2] 2^[A[/'— (Ah=3)2] 0 2§[/*[/^ — (a ^ §)^] Questo risultamento sarà sempre nullo, tranne in due casi particolari, nei quali esso diviene indeterminato. Il primo dei casi medesimi corrisponde al segno superiore, ovvero al vertice inferiore M della curva, essendo 1 = A — 5 : però questo valore di l non ammette curva, e soltanto fornisce nello spazio un punto, e nel piano più punti, fra loro separati da tratti successivamente immaginari. L’altro caso corrisponde al segno inferiore, ovvero al vertice superiore N della curva, essendo Z = A h- ò ; ma la indeterminazione di questo caso fu già ri- soluta colla (25). Dunque, ad eccezione dei due casi qui contemplati, avremo sempre pei valori massimi e minimi di z, indubitatamente (26) tang(r,|) = o ; 348 — cioè la tangente geometrica r nei punti cui corrisponde l’ordina z massima o minima, dovrà essere parallela sempre all’asse delle ascisse Sapendosi ora che i valori particolari ^ ’ ^2 = -= p- (A , annullano ciascuno il valore di tang(T,^) dato dalla (23); e riflettendo inoltre che, se pongasi eguale a zero il secondo membro della stessa (23), abbiamo un’equazione in z del quarto grado; perciò fa d’uopo concludere, non esservi altri valori di z, fuorché i quattro sopra espressi, per annullare quel secondo membro. Dunque soltanto a quei punti relativi a questi quattro valori di z, due massimi, e due minimi, appartengono tangenti parallele all’asse delle Volendo riconoscere graficamente questi quattro valori di z, per ciascuno dei quali la tangente geometrica è all’asse delle ascisse parallela , si rappre- sentino (fig. 8) le due curve bifilari mnpq, ed m'n'p'q' a doppia curvatura, ge- nerate dalle intersecazioni della superficie sferica colla cilindrica, e le altre due «, /3, 7, ed /3'. v', a quelle rispettivamente corrispondenti, ma ridotte in un piano. Le curve medesime bifilari, a doppia curvatura una, piana l’altra, sono simmetriche rispetto 1’ asse delle ascisse o? , che perciò dista egual- mente dai punti omologhi delle due curve stesse, una superiore, l’altra infe- riore al medesimo asse. Quindi, poiché le z positive procedono dall’alto al basso, e le negative in opposto; è facile vedere che nella curva a doppia curvatura, i massimi valori di z corrispondono alle gm, g’p\ ed i minimi alle g'p, gm'; mentre nella corrispondente curva piana , i massimi valori di z coincidono colle doc, e/3', ed i minimi colle e/3, dx'. Inoltre nella curva bifilare ridotta piana, le tangenti geometriche nei quattro punti «, /3, a', /3', sono parallele all’asse delle ascisse |, come già fu dimostrato analiticamente colla (26). In ciascun ramo della bifilare piana, riflettendo all’indicato parallelismo delle tangenti, osservando che ad ogni ascissa corrisponde una sola ordinata, e sa- pendosi che il valore di tang(z,|) non può mai divenire infinito, cioè che la curva non perde mai la continuità per un valore di Z >> A -t- d, dobbiamo con- cludere che nel tratto della curva stessa, compreso fra | = o, e | ossia fra i due valori di z, uno massimo, l’altro minimo, avrà luogo un terzo valore di questa ordinata , pel quale si verificherà nella curva un punto d’ inflessione. E siccome abbiamo veduto dalla (23), che pel caso di Z = A -4- d, il valore di tang(r,^) non si annulla, così non sussiste per questo caso il ragionamento precedente; ma da ciò non possiamo concludere che in tal caso non abbiavi punto d’ inflessione. Essendo infatti per la (24) — 349 — quantità che si annulla pel solo valore 2 = 0, perciò anche nel caso medesimo (fig. 6), avranno luogo dei punti d’ inflessione, che si troveranno nelle inter- secazioni della curva abc d e , ovvero della a' b c' d e', coll’asse delle Tornando al caso di per trovare tanto le coordinate 2, e relative a questo punto d’inflessione, quanto il valore dell’angolo (7,?), formato dall’asse delle I colla tangente al punto stesso, dobbiamo ricordarci, che per così fatto punto singolare, deve annullarsi la seconda derivata della funzione rispetto alla sua variabile indipendente. Inoltre osserviamo che avendo noi già dimostrata la esistenza di questo punto singolare, non avremo più bisogno di occuparci delle derivate superiori per questa ricerca. Adunque derivando la (21) rispetto alla 2 otterremo d| ^ 2^2 d2^ 2§(B'^ -+- 2^— A^) éz (22-+- A^Y] ’ d2-2 “ ^ ■'[B4-,(22_j_A2)2j7 ’ ed annullando questa espressione, avremo 2 = =^1/-(A'— B^) , ovvero dando alle A, B i loro valori, otterremo l’ordinata 2, positiva 0 negativa, corrispondente al punto d’ inflessione, mediante la 2 = =*= A- — . — 4A^^^], che risulta evidentemente reale nel caso in proposito, cioè nel caso di l >A-t-^. Quindi sostituendo il trovato valore di 2 nella (21), avremo l’ascissa ^ di questo punto singolare dalla ^ =ò,arc.cos |/-(A^— B^) A2 B^ In questa formula è sufficiente considerare uno qualunque soltanto dei due segni del radicale; inoltre per la medesima si deve ripetere la stessa ri- flessione che fu sviluppata per la (19), onde riconoscere i valori tutti, di nu- mero infinito, dell’ascissa corrispondenti al valore di 2, che sempre lo stesso appartiene ad ogni punto d’ inflessione. Posto l’ultimo trovato valore di 2 nella (23), avremo tang(T,?)= :y/[^8A2a2_2(a2H-A2— r2)2_2(§2_t_A2_/2)|/-[(a2-KA2^- /2)2__4,A^52]j 2aj^[(32^„ A2_> PJ2_ 4A2^2J 350 — - PARTE SECONDA §• 12. Il bifilare, come già vedemmo, può servire alla misura del momento di una coppia, che giace in un piano orizzontale; ma l’uso primario suo consiste, nei determinare la intensità della forza magnetica orizzontale terrestre, nel qual caso conviene ad esso il nome di bifilare magnetometro. A questo fine si rim- piazza la leva con una sbarra magnetica S'N' (fig. 9); e mediante un oppor- tuno torcimento dato ai fili, si costringe a prendere una posizione perpendi- colare al meridiano magnetico NS. Qui denominiamo con S' il polo della sbarra che si rivolge al sud, e con N' l’altro di essa che si rivolge al nord. Il mo- mento della sbarra diviene in questo caso un massimo, come si vedrà in se- guito; e qualunque sua variazione da così fatto equilibrio, sarà cagionata da una corrispondente nel prodotto delle due magnetiche intensità, una X' ter- restre orizzontale, l’altra to' della sbarra. Si vede chiaro che il momento magnetico della sbarra, è proporzionale tanto ad X', quanto ad to' ; quindi sarà proporzionale anche ad to'X' ; esso perciò verrà espresso da Hto'X', essendo H una costante, che dalla unità di misura del prodotto m'X' dipende; per tanto chiamando in questo caso $>' l’an- golo di torcimento, e supponendo l bastantemente grande, dalla (1 1) avremo Hto'X' =: — — sen?j' . l> Volendo, a maggior semplicità, ridurre il primo membro di questa eguaglianza nel prodotto binario toX delle due sole intensità magnetiche sopra indicate, do- vremo cangiare la unità 1, colla quale fu misurato il prodotto to'X', nell’al- 1 . , . ... tra^. Infatti, poiché i numeri esprimenti la stessa grandezza, sono in ragione inversa delle unità colle quali furono essi rispettivamente numerati , perciò avremo toX : to'X' = 1 : , donde Hto'X' = toX , H e l’equazione precedente si ridurrà nella (27) PA§ — j— senf . toX = Pongasi cognito l’angolo 9' di torcimento, cioè l’angolo formato dalla sbarra S'N' colla retta AB, che congiunge le projezioni degli estremi superiori dei fili, fatte sul piano orizzontale in cui giace la sbarra. Suppongasi altresì che la sbarra sia costretta, mediante un opportuno torcimento dei fili, a fare sempre un an- golo retto col meridiano magnetico; sarà dalla (27) cognito il momento ma- gnetico orizzontale mX della sbarra stessa. Pel solito però l’uso del bifilare succede alquanto differente, cioè si sta- bilisce per una sola volta la posizione perpendicolare fra il meridiano magnetico e la sbarra , e ciò per una certa cognita intensità del magnetismo terrestre orizzontale, che chiameremo fondamentale-, variando poi quella del magnetismo sia terrestre, sia della sbarra, sia di ambedue, questa non può conservare la sua posizione perpendicolare al meridiano. L’estremità sua S' (fig. 9) si avvi- cinerà verso S, quando il magnetismo terrestre cresce, mentre si allontanerà da S nel contrario caso. Dicasi u l’angolo compreso fra la sbarra deviata N"S" (fig. 10), ed il meridiano magnetico NS ; per trovare la espressione del mo- mento, col quale il magnetismo terrestre agisce sulla medesima sbarra deviata, possiamo ammettere, che l’azione scambievole fra i due magnetismi, uno della sbarra, l’altro orizzontale della terra, consista in una forza F = PiP, la quale abbia la intensità espressa dal momento mX, e che agisca sulla sbarra S'N' alla distanza di CR = 1 dal centro C del moto. In fatti poiché il momento ma- gnetico complessivo mX orrizzontale, deve per ipotesi eguagliare il momento della forza F, avremo F . RC(— 1) = wX, donde F — m\ , come fu asserito. Inoltre considerando la posizione deviata S"N" della sbarra, la forza F dovrà in questa continuare a giacere nella medesima sua direzione OQ, parallela ad RP, a cagione della distanza infinita da cui procede la forza stessa. Per tanto il momento della forza F(-.= OQ), rispetto al centro G del moto, sarà espresso da F . CD; quindi essendo CD = semt , ed F = mX , avremo il momento stesso rappresentato dal prodotto ternario m.X.senu . Per tanto, se l’angolo di torcimento dei fili, che in questo caso chiameremo 9, abbia prodotto una deviazione della sbarra, corrispondente all’angolo u, avremo evidentemente per l’equilibrio dalla (11), l’equazione seguente 352 — PASsen® mXsenu = ^ — - e se questa deviazione m della sbarra, tornasse ad essere di 90°, la (28) torne- rebbe nella (27). Pel solito, nel caso della pratica, non si conosce immediatamente l’angolo 9 di torcimento dei fili, bensì l’angolo compreso fra la retta BA, che congiunge le projezioni dei due punti di sospensione superiori, ed il meridiano magnetico NS; avremo dunque 9 — u , e dalla (28) si avrà (29) mX = PA5 sen((^ — u) l senw §• 13. In pratica suole tenersi 1’ angolo

331 COMUNICAZIONI jR. P. A. Secchi — Sul calore solare, e sulla sua radiazione. . » 54 Prof. P. VoLPicELLi — Sulla elettrica corrente del muro. ...» id. Prof. Diorio - Esperimenti sul latte » 98 Prof. VoLPicELLi - Sulla elettrica corrente del muro. .... » 98 Presenta una nota del sig. prof. Gius. dott. Derossd) 99 49 » — 362 — Il sig. presidente presenta varie pubblicazioni del corrispondente italiano sig. E. Lombardi NI . ... » Il sig. principe D. B. Boncompagni dona dei fac-simili relativi a Galileo.)) Il prof. D. Salvatore Proja - Dono della biografia del prof. Domenico De Crolli compilata dal sig. Achille Monti » Il prof. P. Volpicelli - Cenno biografico delVinsigne geometra , il Ba- rone G. Plana « Il prof. S. Cadet - Dono di tre opuscoli del sig. A. Tigri ...» Due opuscoli del sig. Giustiniano Nicolvcci , presentati dal prof. G. Ponzi » Memorie delV osservatorio del collegio romano , presentate dal B. P. A. Secchi ...» Informazione del medesimo sulla sabbia caduta in Roma, ecc . . » Osservazioni del prof. Ponzi sulla sabbia stessa » Osservazioni di monsig. Nardi sul medesimo argomento .... » Osservazioni dei signori professori Cadet e Diorio su quella sabbia » Il R. P. Secchi deposita un pacco suggellato . » Il prof. Volpicelli comunica il sunto di una sua memoria sulla elet- tricità delVatmosfera, in risposta al p. Secchi » E prof. Ponzi - Sulla sabbia caduta in Roma ........ Il prof. Diorio - Sullo stesso argomento » Il segretario fa nota la morte del sig. Woepcke, corrisp. straniero. » Il sig. Principe D. B. Boncompagni, ricorda le pregiabili doti del cor- rispondente stesso » Il MEDESIMO relativamente al defunto dolt. M. Poggioli ....)) Esame delle polveri cadute in Roma nella notte del 21 ai 22 feb- braio 1864, del prof. Diorio. . . . , » Ricerche del R. P. A. Secchi sulle correnti elettriche terrestri. . » Riflessi del prof. P. Volpicelli relativi alla precedente comunicazione » Dichiarazione del medesimo » Il sig. principe D. B. Boncompagni comunicò una proprietà de' numeri)) 99 id. 169 id. 172 216 id. id. id. id. id. id. 217 273 id. id. id. id. 280 id. 280 337 id. COMMISSIONI Rapporto della commissione pel premio Carpi . » 34 — 363 — CORRISPONDENZE Dispaccio delVErho. e Rmo. cardinale Altieri , » 57 La R. Accademia delle scienze di Lisbona . » id. Dono di S. Santità', comunicato dal sig, presidente » id. Ringraziamento relativo a questo dono » id. La R. Accademia delle scienze di Monaco » id. Ringraziamento della R. accademia delle scienze di Napoli. . . » id. Il sig. prof. A. Villa » id. Ringraziamento della I. accademia delle scienze di Vienna ...» 99 Ringraziamento delV accademia delle scienze delVistituto di Bologna » 217 Idem della società reale di Londra » id. Approvazione sovrana delle nomine a soci ordinari lincei pei signori professori, Com. Luigi Poletti, ed Ettore Rolli ...... 286 Nomina sovrana di soci ordinari lincei pei signori profossori Vincenzo Sangui NETTI, e Luigi Jacobini » id. Furono comunicati dal segretario i ringraziamenti dei nominati soci ordinari » id. Il sig. prof. S. dot. Cadet presenta una memoria del sig. prof. Otto cav. Tigri » id. Il sig. Com. Cavalieri S. Bertolo presenta una memoria dei sig. prof. M. Brigiienti, e L. Paci notti » 286 Il sig. G. B. Airy direttore delVosservatorio astronomico di Greenivich ringrazia per gli atti dell’accademia nostra, da esso ricevuti . » id. Il sig Littrow astronomo di Vienna, offre gli stessi ringraziamenti. » id. La I. Biblioteca di Pietrobui'go offrendo in cambio le sue pubblicazioni per quelle de’ Nuovi Lincei » id. Il prof. VoLPicELLi comunica una lettera del sig. prof. G. Bellavitis)) 287 Approvazione del consuntivo pel 1863 » 357 Ringraziamento della R. Accademia delle scienze di Torino. . . » id. Programma della R. Accademia di Amsterdam » id. Ringraziamento del sig. duca di Saldanha » id. COMITATO SEGRETO Approvazione del programma pel premio Carpi, relativo ai 18 65 . » 58 — 364 — Lettera del sig. prof. G. Bellavitis . . . » 173 Commissione pel consuntivo 1863, e preventivo 1864 » id. Elezione del sig. Com. L. Poletti, e del sig. Dott. E. Rolli a soci ordinari, salvo V approvazione sovrana « 273 Elezione del sig. duca di Saldanha a socio corrispondente straniero , salva V approvazione sovrana » 275 Soci ordinari presenti a questa sessione . 61-99-173-217-275-287-358 Opere venute in dono 61-100-173-218-276-287-358 Indice generale delle materie di questo XVII volume » 360 Errori, e correzioni » 364 ERRORI CORREZIONI pag. 172 lin. 9 pubblicata pubblicale » 217 » 3 della sua quarta di un’altra sua » 231 » 20 perciò perciò D - 233 » 9 Kiihn Ktihn » » » 10 Kruayenhorff KrayendorlT » 239 » 8 (salendo] arem aerem » 262 » 8, dalla della » 264 » 4 (salendo) ricorrere riconoscere » 265 » 1 mie otto mie precedenti otto » 266 » 15 positivo passivo » 267 » 4 Franckiiniani Frankliniani » 269 » 11 stratta tratta » 270 » 9 non vittoria una vittoria » » » 13 subiecta subjecta » 273 » 8 l’indicata indicata » » » 13 trovan trovano » » » 19 sommamente sommamente IMPRIMATUR Fr. Hieionymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Villanova Castellacci Archiep. Petrae Vicesgerens. ' C-' ' ( ; LVtSfltHiH F.^R!kteK^JÉl MpPBifl|IHj^^ H&*, ;