////: . MAR i*^R5 DI SCIENZE NATURALI i:v SERIE TERZA — T. Aggiungiamo a tutto ciò che il prof. C. Gemmellaro in tal calcolo non tenne conto del sollevamento lento e graduale di questo tratto del littorale del Golfo, che è ne- cessaria conseguenza delle ricerclie sull’altra parte del lit- torale dello stesso Golfo, e che sorge naturalmente ed in- confutabilmente dalle osservazioni che abbiamo premesso. Passando ora a ricercare le variazioni della terza e ultima parte del littorale del Golfo, diremo primamente, che la lava, cosi detta Sciara di Villa scabrosa, che, come si disse, venne eruttata dall’Etna nel 1669, e che s’inoltrò in mare, e vi si estese per circa due miglia, dovette in conseguenza occupare parte, sebben piccola, del mare, il (inalo dovette per uguale estensione ritirarsi, laddove pri- ma giungeva a lambire in parte la base dell’ antico e ri- nomato Castello TTrsino, che oggi vedesi da questa mede- sima parte circondato dalla mentovata lava. La spiaggia DEL GOLFO DI CATANIA della marina di Catania sì è anco avanzata, non solo per il sollevamento lentissimo, di cui fra poco diremo, ma an- cora per r interramento causato dai materiali, che quasi da tutta la Città le acque vi han trasportato e depositato non che, sebbene in piccolissima quantità, quelli che vi conducono i due flumicelli di cui la sorgente è quel fiume Amenano, che formava in vicinanza e ad Ovest di Catania il laghetto detto di Nicita, e che fu seppellito dalla sud- detta lava del 1669. La marina di questa Città si è avanzata per le indi- cate condizioni per molti metri. Infatti i nostri padri as- sicuravano di aver veduto nelle forti tempeste le onde del mare oltrepassare la così detta Porta della marina, giun- gere sino al piano del Duomo, laddove, da moltissimi anni ciò non più sia avvenuto, le acque del mare oggi in caso di tempesta veggonsi solamente pervenire sino al limite della Villetta Pacini, che dista più di sessanta metri della sud- detta Porta della Marina. Però in ciò è da calcolarsi prin- cipalmente l’ostacolo che all’ impeto dei marosi oppone il braccio del molo esistente e l’altro in via di costruzione. Da Catania al Capo dei violini il littorale è scoglioso e formato dalle correnti laviche che sono state eruttate daH’Etna. Esse occuparono gran parte deH’antica spiaggia e conseguentemente del mare, in cui molto s’ inoltrarono. Allo Scalo deirOgnina si osserva una piccola porzione del- l’antica spiaggia, in vicinanza della quale, credesi , essere esistito un tempo le tante volte ricordato Porlo di Ulisse, che i Poeti celebrarono , e che molti amano riguardare come una mera invenzione poetica. Però, ciò che più interessa si è, che in questa parte del' Golfo esistono le prove incontrastabili di un lento e graduale sollevamento, che si è avverato per lunga esten- sione, dal fiume Onobola cioè, o' di Caltabiano sino a più in là del fiume Simeto. 14 SULLE A'ARIAZIONI IN MEDIA DELLE ACQUE Il prof. Carlo Gemmellaro aveva fatto rilevare in alcune sue memorie (Sul Terreno Giurassico di Taormina; sul Giurassico di Sicilia e sullo Scliisto di Ali) il fatto di un evidente sollevamento su tutto il Promontorio di S. Am drea e su quello di S. Alessio; ed a ciò fu condotto dall’a- vere osservato un orizzontale scavamento della roccia giu- rassica air altezza di circa sedici metri sul livello del mare. 11 figlio del citato egregio Autore, il prof. Gaetano Gior- gio Gemmellaro, visitando più volte il littorale da Catania all’Onobola, osservò molti fatti, dei quali i principali sono stati da noi precedentemente indicati; che fecero nascere nella sua mente il sospetto di un graduale e lento solleva- mento di tutta quella costa. Fu sua fortuna, com’egli dice, il portarsi in questi luo- ghi del Caposcuola dei Geologi Inglesi, Sir Carlo Leyll, con cui egli accornpagnossi in una seconda visita da quest’uomo celebre Pitta all’Etna e ai suoi contorni, e al quale fece conoscere le sue idee e le ragioni in appoggio, che egli confermò, incoraggiandolo così, a continuare le sue ricer- che, e in apposita memoria dargliene ragguaglio. E infatti, da me anche spinto, che ebbi in esame le conchiglie da lui rinvenute, questa memoria venne dall’autore letta all’Ac- cademia nostra e pubblicata nel voi. XIV della seconda se- rie dei suoi Atti; tradotta in inglese dal Leyll, e comuni- cata alla Società Geologica di Londra (Ved. Ab^tractls of thè proecedigns of thè Geocjlcal Society of London — N. 11. Sessioni 1857-58). — Ordinary General Meeting Februari 24). Le nostre ripetute osservazioni si accordano comple- tamente con quelle dell’illustre Autore, che oggi occupa un posto ben distinto tra i Geologi d’ Italia , e riguardo allo argomento in esame concludiamo con esso lui , esser pie- namente dimostrato il lento e graduale sollevamento della nostra costa dal Simeto all’ Onobola , e potersi stabilire , come termine medio di essere di 13 metri e 5 decimetri DEL GOLFO DI CATANIA 15 la massima altezza del sollevamento suddetto. Una confer- ma di più me l’ebbi nello scorso anno, avendo scoverto a pochissima distanza della spiaggia di Aci-Trezza un banco di Tufo calcare, che racchiudeva un buon numero di esem- plari del Lithodomus litophagus, Lin. Dopo tutto quello che abbiamo avuto l’onore di espor- re, possiamo asserire che, varie circostanze hanno influito a modiflcare il littorale del Golfo di Catania , e possiamo dire di tutto il compartimento marittimo di questa Città, e a far variare il mare che lo forma. Cosi la lenta e in- termittente emersione delle formazioni calcaree da Augusta all’Agnone; l’avanzamento in mare della spiaggia sabbiosa dall’Agnone a Catania; le varie correnti laviche corse dal r Etna sino al mare , e il lento e graduale sollevamento della spiaggia suddetta sino all’ Onobola hanno ristretto il Compartimento marittimo suaccennato e fatto ivi abbas- sare il livello del mare. I Sulla composizione chimica di diversi strati di una stessa corrente di lava eruttata daU’Mna nel 1669. Ricerche di L. RICCIARDI. Memoria j>resentata nella seduta ordinaria del 13 Agosto 1882. Nelle prime escursioni che feci sul monte Etna, le cor- renti laviche mi produssero in generale una impressione simile a quella che si riceve osservando il mare quando s’increspa collo spirare dei venti. (1) Trovandomi sulle con- gerie etnee dicevo fra me , se il mare prende quelle leg- giere ondulazioni alla superfìcie, il rimanente dello strato deir acqua per tutto lo spessore non subisce alcuna alte- razione, ad eccezione delle correnti sottomarine, dove si sta- biliscono, quindi simile fatto vuol dire che si ripete in una corrente lavica. Fantasticavo spesso su questa idea e solo nel mese di febbraio ultimo scorso finalmente ne fui appagato visi- tando la cava di pietra. Botte deW Acqua nelle vicinanze di Catania. Le pietre si estraggono dalla corrente lavica vomitata dall’Etna nel 1669, nella cava indicata, la lava è dello spes- sore di circa 18 metri, e quel punto è interessante perchè in alcune parti la lava si sovrappose all’ altra di Cifali del 253 dell’epoca Romana, mentre in altri punti investì il ter- reno coltivato. (1) Vedi Carlo Gemmellaro — Sulla varietà di superficie nelle correnti vulcaniche — Accademia Gioenia di Catania, t. XIX, p. 172— Anno 1842. ATTI ACC. VOL. XVII. 3 18 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA Nella parte superficiale della corrente si vede die il magma è tumultuariamente disposto e ricco di scorie; que- sto strato viene indicato in paese col nome di pietra modda. Al disotto dello strato scoriaceo se ne possono distinguere altri due che sono porosi ed i minerali componenti l’ im- pasto sono poco discernibili; questa parte della corrente la dicono tiffi. Dopo gli strati suaccennati che complessivamente pos- sono raggiungere approssimativamente lo spessore di 3 me- tri, si trova uno strato di circa 14 metri spesso, il quale costa di una massa molto compatta detta affucilata dove è diffìcile osservare ad occhio nudo la più piccola delle cel- lule. Dopo questo strato ne succede un altro che per es- sere tutto bucherellato vien detto con cellule ad occhio di pernice ; infine si osserva la parte che venne a contatto con la lava sottoposta o col terreno la quale ha un aspetto quasi simile allo strato che rimase esposto all’ aria. (1) Per le mie ricerche staccai personalmente sei campio- ni della corrente in un punto quasi verticale e che li indi- co colle lettere a pietra modda ì] d affucilata e con cellule ad occhio di pernice f la parte che investì la lava di Citali o il terreno. Si sa che quando le lave escono dai vulcani allo stato di magma acqueo cristallino ad alta temperatura conten- gono una grande quantità di vapori acquei imprigionati, ma (1) In pochi punti la corrente del 1669 combacia con l’altra di Cifali, in generale resta quasi sempre un interstizio o tra le due lave oppure tra la lava ed il terreno, prendendo quest’ ultimo una tinta rossa. DI DIVERSI STRATI DI LAVA 19 siccome la lava perde presto il calore alla sua superfìcie per r irradiazione e perchè pure cattiva conduttrice del calore si raffredda dopo poco tempo. Allora i gas ed i vapori provenienti dagli strati sotto- posti e sprigionandosi producono sulla superfìcie libera una serie di scabrosità che più non possono scomparire perchè la parte superficiale è già quasi solidificata. Oltre a ciò, per V azione degli Agenti atmosferici, il colore grigio oscuro che ha di solito alla superfìcie la lava, dopo poco tempo eh’ è stata vomitata, si trasforma in ros- so mattone oscuro. Altre volte la superfìcie è continua, cioè, è ricoperta d’uno straterello di sostanza fusa, identico a quello da me descritto parlando della lava del Vesuvio del 1881 (1) ed allora non si formano più le scorie. 11 vapore acqueo ed i gassi dell’ atmosfera non arre- stano la loro azione nella parte superficiale di una corrente lavica; nella lava del 1669 si trova che fu più o meno al- terata profondamente fino a circa 3 metri e propriamente fin dove incomincia la parte detta affucilata. L’ alterazione è graduale , e la parte più alterata è quella che rimase in immediato contatto con gli agenti at- mosferici, e diminuisce gradualmente finché si arriva nella « parte detta affucilata. Gli strati detti tiffì si frantumano facilmente e ricor- dano i pezzi di lava che qualche volta si riscaldono e poi si gettano nell’ acqua per raffreddarli rapidamente. Immediatamente sotto i tiffì viene lo strato detto af- fucilata — Questo è compattissimo e non lascia discernere ad occhio nudo la più piccola cellula, è ciò contrariamente a quanto hanno asserito alcuni vulcanologisti i quali così si esprimono. Se nelle lave non esistesse tutta quella gran- (1) Gazzetta Chimica Italiana t. XII, 1882. 20 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA de quantità di vapori acquei, al raffreddarsi dovrebbero rimanere compatte, mentre invece la loro tessitura é po- rosa e scoriacea. (1) La corrente del 1669, nella cava Botte dell’ acqua con- traendosi pel raffreddamento, si screpolò tanto nel senso verticale quanto nell’ orizzontale; in qualche punto dello strato affucilata si osserva una fenditura limitata che ri- corda una grande geode, la quale invece di avere tappez- zate di cristalli la sua superficie essa è rivestita da un pic- colo strato di sostanza scoriacea simile a quello che si rin- viene nella parte che rimase a contatto colla lava di Cifali. Dopo lo strato detto affucilata ne viene un altro di circa 1 metro di spessore, il quale è ricchissimo di cellule e que- ste hanno un leggiero intonaco di carbonato di calce. Come si è potuto formare lo straterello di carbonato di calce? Io spiego questa formazione ne’ modi seguenti, ammettendo cioè che debba esserci stato sviluppo di ani- dride carbonica proveniente da carbonato di calcio od altro, decomponibili alla temperatura delle correnti vulcaniche, oppure proveniente dalla combustione di sostanze orga- niche e vediamo come: 1. Decomponendosi al calore i carbonati formatisi per J’ azione dell’ anidride carbonica dell’ aria a contatto con la parte superficiale della lava di Cifali. 2. Decomponendosi il leggiero strato di marna che le acque portarono sulla corrente di Cifali dai dintorni di Ca- tania che non furono investite dalle lave dell’ Etna. 3. Per la combustione delle sostanze organiche che si trovavano nelle parti che la lava ricoprì. L’ anidride carbonica dunque che si sviluppava per una delle ragioni dianzi dette ed in presenza del vapore (1) L. Gatta — L’ Italia, sua formazione, suoi vulcani e terremoti — pag. 220 — Milano 1882. DI DIVERSI STRATI DI LAVA 21 acqueo penetrarono nella massa sopraincombente , allora l’acqua veniva assorbita (1) mentre l’anidride carbonica de- componendo la roccia che In generale contiene più del 10 per 100 di calce, formò il leggiero intonaco di carbonato di calce. Infine il leggiero strato scoriaceo die si rinviene nella parte che venne a contatto con la lava di Cifali prese lo aspetto simile a quello che si rinviene nelle fenditure della parte che rimane a contatto con 1’ aria atmosferica, è ciò per lo sviluppo del vapore acqueo e dei gas che si svilup- pano dalla lava investita. Caratteri comuni ai sei campioni Tutti e sei campioni agiscono sull’ Ago calamitato e sono cosi colorati. Allo stato naturale a) ferruginoso oscuro b) grigio giallognolo c) grigio ferro d) grigio chiaro e) grigio oscuro /) rosso mattone bruno Polverizzati grigio oscuro rossastra grigio grigio chiaro grigio argill astro grigio scuro rossastro chiaro grigio scuro. Le polveri umettate sulla carta rossa di tornasole la colorano leggermente in bleu — Piccole porzioni esposte al dardo del cannello ferruminatorio, fondono in un vetro ne- rastro omogeneo molto magnetico. f (1) Il Prof. A. Issel nel suo lavoro : Sidìo stato sferoidale dell' acqua sulle lave incandescenti , pubblicato nel Bullettino del Vulcanismo Italiano Roma 1874, mise in evidenza la proprietà che godono le lave di assorbire il vapore acqueo a temperatura non molto elevata. 22 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA Le polveri fuse col sale di fosforo e col Borace danno la perla del Ferro. Gli acidi minerali a caldo depongono parzialmente le polveri con leggiera effervescenza e sviluppo di anidride carbonica riconoscibile solo operando su grande quantità di sostanze— L’ acido cloridrico decomponendo le polveri non si sviluppa acido solfidrico , come costantemente avviene con le lave del Vesuvio. Umettate le polveri con una solu- zione concentrata di idrato potassico ed il tutto esponendo air azione di moderato calore, si sviluppano piccole quantità di ammoniaca. Nello strato d V ammoniaca è appena riconoscibile con le carte esploratone e operando sopra considerevole quan- tità di polvere — L’ analisi qualitativa mise in evidenza ol- tre i corpi determinati quantitativamente, tracce di cloruri, di Cromo , di Nichelio e di Cobalto — Per determinare l’anidride titanica attaccavo la lava fusa col carbonato di calce con l’acido solforico, eliminavo la silice e dalla solu- zione solforica precipitavo con f ammoniaca il ferro, l’allu- mina, il titanio e 1’ acido fosforico — Raccoglievo il preci- pitato , lo ridiscioglievo con acido solforico e mettevo la soluzione in una capsula di platino che facevo prima evapo- rare a secchezza e poscia calcinavo a -r- 350L Riprendevo il residuo con acqua acidulata con acido nitrico che discio- glieva il ferro, f allumina e 1’ acido fosforico, e lasciava il titanio che veniva pesato allo stato di anidride. (1) I principali componenti mineralogici visibili ad occhio nudo sono il pirossene, il labradorite accompagnati da pic- coli cristalli rari di olivina. (1) Annales de Cliimie et de Physique, S. Ili, t. LXI, p. 319. DI DIVERSI STRATI DI LAVA 23 Composizione Centesimale. a b 0 d e f Anidride silicica 49,54 49,52 49,81 49,27 49,18 49,74 » titanica 0,63 0,72 0,66 0,75 0,81 0,68 » solforica 0,06 0,03 0,08 0,05 0,07 0,08 » fosforica 1,19 1,27 1,28 1,21 1,26 1,17 Ossido di Alluminio 16,53 16,49 16,24 16,33 16,01 16,30 » ferrico e manganese 10,71 9,45 7,76 4,79 7,67 9,92 » ferroso 2,41 3,43 4,52 7,78 5,47 2,95 » di Calcio 12,30 12,33 12,39 12,53 12,71 12,37 » » Magnesio 4,70 4,77 4,03 4,52 4,71 4,63 » » Potassio 0,66 0,71 0,63 0,79 0,62 0,58 » » Sodio 1,63 1,52 1,72 1,65 1,57 1,73 Perdita per calcinazione 0,11 0,18 0,19 0,00 0,06 0,09 Totale 100,37 100,62 99,31 99,67 100,14 100,24 Densità a + 22° C - - 2,765 2,766 2,839 2,810. Ispezionando i risultati analitici si deduce che la com- posizione chimica della lava del 1669 presa in diverse pro- fondità della corrente e in un punto verticale, non differi- sce da uno strato all’altro che per la maggiore o minore ciuantità di ferro ossidato al massimo o al minimo. Infatti la quantità di sesquiossido di ferro è maggiore nelle parti della lava che furono a contatto , o penetrate dall’acqua e gassi atmosferici o che si espellevano dalla lava di Cifali o terreno coltivato. La quantità di anidride fosforica nei 6 campioni, cor- risponde in media a gr. 1,23 per 100, però avendone rin- venuto in un campione della stessa lava da me analizzato nel 1881 una quantità corrispondente a gr. 3,47 per cento la óontradizione nella quantità di un composto costante delle lave vulcaniche destò la mia attenzione , tanto più che oggi come allora ho seguito sempre l’ istesso metodo d’ analisi. Ho raccolto altri campioni di lava della stessa 24 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA eruzione in diverse località nei quali ho determinata esclu- sivamente la quantità di anidride fosforica ed eccone i ri- sultati. Lava raccolta verso Misterbianco, Pli^O® 1, 78 V /o » il Fortino 2, 02 )> » » Benedettini 1, 94 » » » Strada Plebiscito 1, 53 » » 35- Monti Rossi » 2, 84 » Ora i 6 strati presentano una composizione centesima- le da farli considerare come se fossero di un composto definito, le diverse quantità di anidride fosforica rinvenu- ta negli altri campioni della stessa lava da me raccolti in altre località, mettono in evidenza il seguente fatto , cioè : che la lava appartenente alla stessa eruzione ma raccol- te in vari punti può differire nei suoi componenti mine- ralogici e per conseguenza nella composizione chimica. Quindi l’anidride fosforica nella lava del 16C9 si rin- viene in una quantità molto variabile, non mai inferiore a gr. 1, 17 per cento, e non a tracce come erroneamente fu da altri asserito. Sulla composizione chimica dei frutti di Banano acerbi e maturi. Ricerche di L. RICGIARBI 3Iemoria 'presentata nella seduta ordinaria del 13 agosto 1882. Le muse quantunque siano piante originarie dei paesi caldi come le Indie Orientali, i paesi intertropicali delFA- merica e del Perù, vivono e fruttificano pure nella Sicilia ed in altre parti dell’ Italia meridionale. In Catania e dintorni che sono compresi nel 37°, 30' 8" di latitudine nordica e dove la temperatura media annuale è di circa 18°, 5. C (I) la musa sapientum vive in piena aria e fruttifica tutti gli anni maturandosi i frutti sulla pianta stessa. Del frutto di Banano se ne sono occupati Baussingault, Humboldt, Buignet. Goudot, Trecul, Corenwinder, Silvestri ed altri. I. B. Boussingault (2) parlando dei frutti acerbi dice che i banani contengono una polpa bianca insipida amila- cea mentre i frutti maturi si mangiano crudi. Lo stesso autore aggiunge che dal frutto maturo si distacca facilmente la buccia della polpa , e questa ha la ^1) Questa cifra 1’ ho ricavata dalle medie dell’ Osservatorio Meteorolo- gico di Catania gentilmente messe a mia disposizione dall’ Egregio Diretto- re Prof. D. Macaiuso. (2) Comptes rendus t. IL 1836 p. 440 Examen chimique de la ba- nane ecc. ATTI ACC. VOL. XVII. 4 26 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA consistenza eli una pera matura , d’ un sapore zuccherino e leggermente acido , e contiene zucchero , gomma , acido malico, acido gallico, una sostanza vegeto-animale coagula- hile col calore, acido pettico e fibre legnose. Il Buignet (1) avendo intraprese delle esperienze sui frutti di banano coltivati nella stufa del giardino delle pian- te di Parigi , potè seguire i cambiamenti che avvenivano nei frutti acerbi e maturi prendendo di mira V acido e le sostanze tanniche. Dalle sue esperienze dedusse che , nei frutti verdi di banano si trova molto amido e molto tan- nino e che i due principi diminuivano progressivamente e simultaneamente tanto da non rinvenirne nei banani matu- ri — Lo zucchero che si formava per la trasformazione deir amido e del tannino era quello di canna, soggiunse poi: esiste dunque una differenza essenziale tra i processi del- r arte e quelli delia natura dal punto di vista delle tra- sformazioni in zucchero sia del tannino che dell’ amido. Esiste ugualmente una differenza molto grande tra le materie zuccherine dei frutti secondo essa si produce sot- to r azione delle forze vegetative o fuori della loro influen- za — Le esperienze di Buignet infine misero in evidenza che lo zucchero continuò a formarsi nei banani dopo di- staccati dalla pianta, con una differenza cioè che invece dello zucchero di canna trovò quello intervertito. (2) Corenwinder (3) avendo analizzato i frutti maturi di banano provenienti dal Brasile, trovò che si componevano delle seguenti sostanze : (1) Annales de chimie e de Pliysique S, III. t. LXI. pag. 290. (2) Dubriinfaut, stabili die Io zucdiero iutervertito non è una specie definita, ma costituisce una mescolanza a equivalenti uguali di zucchero dì uva, detrogiro e di zucchero di frutto levogiro — Comptes rendus t. XXV pag. 308. (3) Comptes rendus, t. LVII, 1863 pag. 781. DEI FRUTTI DI BANANO ACERBI E MATURI 27 Acqua 73, 900 Materie proteiche 4, 820 Zucchero, pettosa ecc. 19, 657 Materie grasse 0, 632 Cellulosa 0, 200 Acido fosforico 0, 062 Cloro, calce, ferro, alcali 0, 729 100, 000 Composizione centesimale delle ceneri. Carbonato di potassa 47, 98 » di Soda 6, 58 Cloruro potassico 25, 18 Fosfato di potassa e soda 5, 66 Solfati tracce Carbone 7, 50 Silice, ossido di ferro, calce e magnesia 7, 10 100, 00 0. Silvestri (1) nel pubblicare i resultati da lui otte- nuti analizzando i frutti di banano (musa sapientum), ma- turati dopo che il grappolo era stato distaccato dalla pian- ta dice : « Ecco i risultati dei più notevoli cambiamenti chimici che l’analisi mi ha dimostrato effettuarsi sui frutti di ba- nano verdi nel passare allo stato di completa maturità. > (1) Atti dell’ Accademia Gioenia di Catania — S. III. T. XLIII 1869 pag. 90. 28 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA Frutti verdi Frutti gialli e maturi Principi gelatinosi azotati 2, 5 Principi tannici astringenti 6, 0 Acqua Zucchero intervertito Cellulosa 87, 0 0, 9 3, 4 83. 0 8, 7 2, 5 4, 5 0, 8 Acido formico tracce » 99, 8 99, 5 Boussingault e Buignet parlano nei loro accurati la- vori estesamente dell’amido che contengono i frutti acerbi di banano, Corenwinder non poteva cercarlo , perchè ese- guì le sue analisi sui frutti maturi — Silvestri nell’ analisi dei frutti acerbi non trova dell’amido o almeno dalle sue analisi risulterebbe trovarsi questa sostanza nei frutti di banano in quantità trascurabili — A me è sembrato quindi fosse interessante il ritornare su questo argomento per ve- dere se veramente i frutti di banano acerbo contenessero 0 no dell’ amido. In questa occasione ho creduto utile fare altre ricerche analitiche sui medesimi frutti e ciò mi è riuscito facile il fare , avendo a mia disposizione i frutti della musa sa- pientum che vegeta nel giardino annesso all’Istituto Tecnico di Catania. Pesati i frutti , distaccavo le bucce dalla polpa e se- paratamente li mettevo in una stufa ad aria calda, riscal- data a + IIO^C. Le bucce e le polpe essiccate le bruciavo e così mi procuravo le ceneri le quali non dilferiscono nei componenti. La cellulosa venne determinata seguendo il metodo di Schulze e col metodo di Schweizer. Metoilo sepito nell’ analisi. DEI FRUTTI DI BANANO ACERBI E MATURI 29 Per determinare le sostanze grasse nella polpa dei frutti di banano adoperai un apparecchio a ricadere ser- vendomi deir etere etilico come solvente. Il saccarosio che si rinviene nei frutti maturati sulla pianta venne invertito prima con poche goccie di acido clo- ridrico a caldo e poscia determinato allo stato di glucosio col liquore di Fehiing. Per la determinazione dello zucchero intervertito che si rinviene nei frutti di banano maturati sul grappolo do- po staccato dalla pianta , stemperai alcune polpe di noto peso neir acqua fredda , poscia filtrai ed aggiunsi alla so- luzione dell’ acetato di piombo precipitandone in seguito alla filtrazione 1’ eccesso con carbonato sodico. Portai il filtrato ad un volume conosciuto, il quale mi servì per la determinazione dello zucchero intervertito col liquore di Feliling titolato in modo che dieci centirn. cubici corrispondevano a grammi 0 , 05 di glucosio. La quantità d’ intervertito che trovai nei frutti maturati nell’aria dopo distaccati dalla pianta, corrisponde a grammi 20,07 per 7o^ però avendo fatto bollire porzione del liquido contenente le sostanze zuccherine con poche gocce di acido cloridrico e ripetuta la determinazione trovai che lo zucchero cor- rispondeva al 24, 81 per 7o- Questo fatto dimostra che nei frutti maturati nell’aria lo zucchero di canna non era completamente passato a in- tervertito, ma contenevano ancora una quantità di zucche- ro di canna che dopo il trattamento coll’ acido corrispon- deva a grammi 4, 74 calcolato come glucosio. Non conoscendo un metodo esatto per determinare le sostanze pettiche ne feci di meno come pure trascurai la determinazione della gomma. Per la ricerca dell’amido mi son servito del noto metodo seguente : si trasforma l’amido in glucosio con 1’ acido fosforico , mettendo il tutto in un tubo che si chiude in seguito alla lampada e che si ri- 30 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA scalda per G o 7 ore, in una soluzione satura di cloruro di sodio a + 107"C. Dalla quantità di glucosio , sottraevo quella piccola quantità di zucchero ottenuta invertendo con r acido cloridrico il saccarosio contenuto nei frutti verdi , come pure la piccola quantità di zucchero riduttore che si formava per 1’ azione dell’acido solforico diluito sulla cel- lulosa — La differenza se esiste , rappresenta la quantità di amido che si cerca. Per calcolare le materie proteiche determinai il nitro- geno col metodo recentemente suggerito da Guyard (1) e moltiplicavo il nitrogeno centesimale per 6, 25. Per determinare il tannino era mia intenzione di se- guire diversi metodi, ma non disponendo di molti frutti dovetti accontentarmi dei risultati che si ottengono seguen- do il metodo di R. Wagner (2) cioè con una soluzione ti- tolata di solfato di cinconina arrossata con piccola quanti- tà di fucsina. Dalle ricerche di Bérard (3) Fremy (4) Couverchel (5) Fremy e Ducaisme (6), Buignet, Cahours (7) Chatin (8) ed altri si sa che i frutti di banano dal loro sviluppo alla completa maturazione subiscono delle alterazioni chi- miche — Infatti , i frutti nel primo periodo si comportano come gli organi verdi delle piante cioè che sotto Tinfluen- za della luce solare decompongono 1’ anidride carbonica contenuta nell’ aria atmosferica, ne trattengono il carbonio ed emettono 1’ ossigeno — In questo periodo la polpa dei frutti di banano acerbi, ha una marcata reazione acida do- vuta secondo Boussingault alla presenza di acido malico e (1) Comptes rencliis; t. XCIV 1882 p. 951. (2) Bulletin de la société chimique, t. VI 1866 p. 461. (3) Accademia di Francia 1821. (4, 5 e 6) Comptes rendus t. 19 1844 pag. 1114 e 784. (7) Comptes rendus t. LVIII 1864 pag. 495 e 653. (8) Comptes rendus t. LVIII, pag. 577. DEI FRUTTI DI BANANO ACERBI E MATURI 31 gallico. L’acido malico si rinviene quasi sempre in tutti i frutti acerbi e nel banano stesso ; la presenza dell’ acido gallico , si può ammettere che si formi per 1’ azione degli acidi sul tannino, fenomeno che secondo Strecker si spie- ga con la seguente equazione chimica : + 411,0 =: 3C,H,0, + Nel secondo periodo i frutti di banano respirano cioè assorbono ossìgeno , il quale ossidando gli acidi malico e gallico, li trasforma in parte in sostanze zuccherine mentre altra quantità di carbonio viene emessa sotto forma di ani- dride carbonica. (1) In questo periodo eh’ è quello della maturità, il frutto è giallostro ed i fenomeni che avvengono si considerano di ossidazione — Il mio maestro, il Prof. A. Cassa, studiando il mosto dell’ uva in diversi periodi della sua maturazio- ne, trovò che 1’ acidità del mosto diminuiva a misura che aumentava la quantità di glucosio (2). I risultati da me ottenuti, determinando lo zucchero nei frutti maturati sul- la pianta ed in quelli maturati nell’ aria dopo distaccati , confermano gli splendidi risultati di Buignet , cioè che i frutti maturati sulla pianta contengono lo zucchero quasi totalmente allo stato di saccarosio , mentre nei frutti di- staccati , lo zucchero era per la massima parte interverti- to. Silvestri, trovò che alla maturità completa dei frutti Io zucchero che si era prodotto era solo zucchero interverti- to. La polpa del frutto, nel periodo in parola, era legger- mente acida, ma il gusto non l’avvertiva mangiando il frut- to il quale è squisito e ricorda la fragola e 1’ ananas. Ec- co i risultati delle analisi : (1) Gazzetta Chimica Italiana — Anno 1875, fascicolo III , p. 127. (2) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, Volume X, anno 1874 — e Comptes rendus t. 41 p. 1094. 32 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA Peso di un frutto acerbo e maturo buccia grammi 10, 25 5, 75 polpa 23, 12 1 5, 06 33, 37 20, 81 Composizione delle bucce dei frutti acerbi e maturi Acqua a + IIO^C. 83, 83 69, 10 Sostanze organiche 14, 25 29, 23 Ceneri 1, 92 1, 67 100, 00 100, 00 Composizione chimica della polpa dei frutti acerbi e maturi Acqua a + 110"C. 70, 92 66, 78 Cellulosa 0, 3G 0, 17 Amido 12, 06 tracce Sostanze tanniche 6, 53 0, 34 Sostanze grasse 0, 21 0, 58 Zucchero intervertito 0, 08 (1) 20, 07 Zucchero di canna 1, 34 4, 50 Sostanze proteiche 3, 04 4, 92 Ceneri 1, 04 0, 95 Altre sostanze per differenza 4, 42 1, 69 100, 00 100, 00 Composizione centesimale del frutto prive di carbone e CO* Anidride silicica 5, 77 » solforica 3, 06 » fosforica 23, 18 Cloruri tracce Ossido di ferro tracce » calcio 6, 13 » magnesio 9, 79 » sodio 6, 79 » potassio 45, 23 99, 95 (1) Sostanze che riducevano direttamente il liquore di Feliling. DEI FRUTTI DI BANANO ACERBI E MATURI 33 Deli risultati analitici delle surriferite tabelle si ricava: 1. Che i frutti di banano acerbi contengono una quan- tità notevole di amido, un ottavo circa del loro peso. 2. Nei frutti maturi non si rinvengono che tracce di amido. 3. Lo zucchero che si forma nei frutti maturati sulla pianta è quasi tutto saccarosio. 4. Lo zucchero rinvenuto nei frutti maturati nell’ aria dopo averli distaccati dalla pianta , è per quattro quinti zucchero intervertito e per un quinto saccarosio. 5. Le sostanze tanniche e gli acidi organici che si tro- vano nei frutti acerbi scompaiono in quelli maturi. E poiché mi trovo a parlare delle trasformazioni che avvengono nei frutti di banano che da acerbi diventano maturi credo sia utile aggiungere qualche altra parola sul passaggio di questi frutti allo stato d’inoltrata matura- zione. Cahours (I) dice che il frutto in inoltrata maturazione assorbe ossigeno ed emette anidride carbonica, quindi ag- giunge : remissione di anidride carbonica è dovuta ad un fenomeno di combustione lenta oppure è il risultato di una fermentazione avvenuta nel succo istesso in un periodo della maturazione ? All’autore quest’ ultima ipotesi sembra più verosimile : L’ istesso autore (2) assicura che i frutti posti in am- biente privo di ossigeno emettevano continuamente anidri- de carbonica senza che il parenchima subisse alterazioni. Chatin (3) opina che là produzione dell’anidride carbonica nei frutti d’inoltrata maturazione è dovuta alla distruzione $ (1) Recherches sur la respiration des fruits — Comptes reudus, t. LVIII p. 495 — 1864. (2) Sur la respiration des fruits — Comptes rendus t. LVIII p. 652. (3) Études sur la respiration des fruits— Comptes rendus t. LVIII p. 577. ATTI ACC. VOL. XVII. 5 34 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA delle materie tannoidi dei fratti e non alla fermentazione, e per avvalorare la sua asserzione a pag. 57S scrisse che nei frutti in parola non rinvenne gii .organismi che secon- do Pasteur presiedono alla fermentazione nè di aver con- statato la presenza dell’ acido succinico e glicerina, che si producono nello stesso tempo, che per lo sdoppiamento dello zucchero si forma alcool e anidride carbonica ; infine che 1’ alcool stesso non fu constatato nei frutti die avevano oltrepassato la maturazione — Caliours rispose che V ipo- tesi di diati n è plausibile flnchò si esperimenta in presen- za dell’ ossigeno e dell’ aria atmosferica. Ma come ammet- tere che il frutto allo stato normale possa ancora dare ori- gine ad anidride carbonica per 1’ alterazione dei principii tannici in presenza del nitrogeno o idrogeno ? L’ ipotesi di Chatin, secondo Cahours, non pare dimo- strata fin oggi e costui persiste ancora a credere che sia piuttosto un fenomeno di fermentazione avvenuto nel paren- chima. Fremy (1) cercando di conciliare le idee di Chatin e Cahours scrisse quanto segue : La troisième période est celle de la decomposition; el- le a pour effet final de détruire complétement le péricar- pe et de mettre la gràine en liberté. A ce moment 1’ air entre dans les cellules ; en agis- sant d’abord sur le sucre , il détermine une fermentation alcool ique caractérisée par un degagement d’ acide carbo- nique et par la formation d’alcool qui, en s’unissant aux acides, donnent naissance à de véritables éthers aux quels les friiits doivent leur arome. L’ananas présente une odeur remarquable d’ éther éthylbutyrique ; le parfum de la poi- re et celai de la pomme sont dù également à des combi- naison étherées qu’il est aisé de reproduire artificielle- (1) Coraptes rendus; t. LVIII p. G5G. DEI FRUTTI DI BANANO ACERBI E MATURI 35 ment. L’air atmosplierique porte ensiiite son action clestruc- tive sur la cellule méme ; il colore en jaune les membra- nes azotées qui s’y trouvent — Ce phénomène, qui n’ est autre que le hlessìssement , ne decompose pas seulement les cellules, mais il oxyde et fait disparaìtre certains prin- cipes immediats qui ont resistè à la maturation : tout le monde sait qu’une néfle qui était d’ abord très-acide est astringente, perd son acide et son tannili, et n’est rèelle- ment comestible que lorsqu’elle est biette. La per lode de dècomposition du pèricarpe commence donc par la fermentation , elle passe par le blessissement, et arrive à la destruction des cellules — On volt que pen- dant toutes ces trasformations, le dégagement d’acide car- bonique produit par un fruit peut ètre dù, soit à un plié- nomène d’oxydation, soit à un phénomène de fermentation. A. Sobrero (l) dopo accurate ricerche provò agli stu- diosi un fatto molto importante, cioè che alcune mele, che in Piemonte dicono cU composta , conservate in un modo speciale oppure nell’ acqua, subiscono la fermentazione. Credo opportuno ricordare che le mele adoperate dal- r autore erano della più bella qualità, sanissime e ottima- mente conservate e che egli le pose in una alberella di vetro e sopra vi versò dell’ acqua distillata , prima fatta bollire e poi raffreddata fuori del contatto dell’ aria — La temperatura dell’ ambiente era e si mantenne a 13T. Le mele furono messe in esperimento sui primi giorni di feb- braio: dopo un mese in circa di soggiorno, furono esami- nate e le trovò interamente convertite nella cosi detta com- posta e della migliore qualità — Presta per tal modo eli- minata r idea che la fermentazione si produce per sporu- le 0 germi di micodermi L’illustre professore con ap- (1) Le stazioni sperimentali agrarie italiane — Anno 1875 — Voi. IV — ■ fascicolo 1. p. 37. 36 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA posite ricerclie dimostrò che la fermentazione avvenuta era alcoolica— Dopo tutto ciò che lio riportato credetti oppor- tuno sperimentare con i frutti di banano — Infatti lasciai due frutti sul grappolo finche la buccia non divenne quasi nerastra, allora le staccai dalle polpe e queste spappolate neH’acqua vennero messe nell’apparecchio di Salleron (quello che comunemente serve per la determinazione dell’alcool nei vini) e ne feci distillare circa i 7a liquido, 60 c.’cf, i quali vennero trattati in diversi modi non tralasciando la nota reazione di Lieben , ma non potetti accertare la presenza dell’ alcool etilico. Quindi ammettendo pienamente i risultati analitici del Prof. Sobrero , conchiudo col Cliatin nell’ ammettere che l’anidride carbonica, che i frutti studiati da questi ed i frut- ti di banano emettono nel terzo periodo, non deriva da fer- mentazione alcoolica. Ma credo pure col Cahours che non possa addebitarsi 1’ emissione dell’ anidride carbonica alla distruzione delle materie tannoidi , secondo asserisce Cha- tin, stantecchè nei frutti maturi le sostanze tanniche sono quasi completamente scomparse. Da quanto ho esposto conchiudo , che i fenomeni che si verificano nei frutti dallo stato acerbo alla inoltrata ma- turazione sono molto complessi, e per espiegare quelle del- la inoltrata maturazione occorrono accurate ricerche isto- logiche nei diversi periodi del frutto; e solo così si potrà conoscere se realmente lo sviluppo di anidride carbonica debba attribuirsi ad alterazioni che avvengono nei tessuti nel terzo periodo. Provvisoriamente si deve ammettere con Liebig che si verifica un vero fenomeno di eremacosia (1). (I) Aniiales de Cliimie et de Physique. S II t. LXXI p. 163 — 1839. Le rocce cristalline dei dintorni di Messina Ricerche chimiche del Br. LEONARDO RICCIARDI Memoria ])rescntata nella seduta ordinaria del 13 Agosto 1882. Essendomi riuscito diffìcile procurarmi per ora altro materiale non posso completare un lavoro principiato fin dallo scorso anno sulle rocce cristalline dei dintorni di Mes- sina. Mi limito provvisoriamente a pubblicare l’analisi com- pleta di tre rocce gentilmente inviatemi dall’ egregio Prof. G. Seguenza, rimandando ad altra occasione un lavoro com- pleto più che mi riesca possibile, essendo mia intenzione abbordare la questione genetica delle suddette. Le tre rocce inviatemi erano indicate: 1. Granito 2. Gneiss 3. Mica Scisto Roccia 1. — Granito. In massa questa roccia non è perfettamente omogenea, in alcuni punti vi predomina la mica nerastra. Per operare sopra una massa piuttosto omogenea, stac- cai diversi pezzi dal campione e li ridussi in fina polvere. Questa esposta all’ azione della temperatura del dardo fer- rominatorio si fondeva in un vetro bianco sporco. Porzione di polvere umettata sulla carta rossa di tor- nasole, la colorava sensibilmente in blu. Densità a + 18’C = 2, 63 ATTI ACC. VOL. XVII. G 38 SULLE ROCCE CRISTALLINE Composizione centesimale SiO^ . • ••••• 74, 09 P4=*0'^ . • ••••• 0, 41 AIW . 15, 13 FeO . • ••*** 2, 33 CaO . 2, 92 MgO . 0, 97 K^O . • ••••• 2, 34 Na^O . 0, 85 Cloro . • ••••• tracce Perdita per calcinazione 0, 70 99, 74 Roccia 2, — Gneiss. Questa roccia è omogenea, in qualche punto è scistosa e nel punto eli contatto degli strati vi è deposta una mag- giore quantità di mica oscura mentre quella che fa parte del magma è argentina. La roccia è di color grigio chiara, polverizzata fina- mente ed espostane piccola porzione all’ azione del calore del dardo ferruminatorio, si fuse in un vetro bianco sporco. La polvere umettata sulla carta rossa di tornasole, dava una marcata reazione alcalina. Densità a + 18"C — 2, 66 Composizione centesimale SiO" . 70, 57 P4'0= 0, 32 Gl tracce AFO^ 17, 96 FeO 1, 25 CaO 5, 17 MgO 1, 51 K*0 2, 03 Na"0 0, 77 Perdita per calcinazione 0, 83 100, 41 DEI DINTORNI DI MESSINA 39 Roccia 3. — Micascisto. Il campione che conservo nel mio laboratorio, consta di due strati soprapposti tenendo in mezzo uno stratarello di circa un centimetro di quarzo. La superfìcie della roccia è a riflesso argentino, dovuto alla grande quantità di mica; in alcuni punti si vedono delle venature di quarzo. La roccia è compatta stratificata; polverizzata, una piccola porzione si fuse in un vetro oscuro attirabile dalla calamita. La polvere umettata sulla carta rossa accusava una marcata reazione alcalina. Densità a + is^C = 2, 88 SiO^ 57, 67 SO^ tracce CI tracce Ph"0‘ 0, 38 ALO^ n, 92 FeO (Mn) 9, 10 CaO 3, 19 MgO 3, 29 K^O 3, 86 Na^O 1, 09 Perdita per calcinazione 3, 19 99, 69 Completando il lavoro curerò dì fare qualche conside- razione sui terreni formatisi per la disgregazione delle roc- ce cristalline in rispetto a quelli dei dintorni dell’ Etna. ' ».' ■ 1 1 1 ( ■ / + b ' J X--- t ili V *’4 01» ,r »' ;-i'-»'. e => f . M . *':■ . ^ ià { . . Ii*9tf t ^ < • »* * I.A I - *‘. ■ ’ i’i' 'i >» {■ i^r. ■ ' ' • ■■ 9 ■ r U ;-Vv. “i* J''*|V> J|' .«• *1 » • > ' M ' ' *è •* I .1I-; '.U ói", ' ■'' •'.-t;.'P, ' ''N^S.'. 1 I ■m ' ’ -\:,- «> Slf =; i 'L Rioerche sul veleno del Triton Cristatus per il B.r A. CAPPARELLl assistente al laboratorio di fisiologia di Torino. (Memoria ietta nella seduta del 3 Dicembre 18S2). INTRODUZIONE Con il presente lavoro mi sono proposto di precisare la striittura istologica dell’ apparecchio ghiandolare cutaneo del Triton cristatus ( Laurenti ) ; segregante un prodotto velenoso speciale. Senza molto fermarmi in minuzie ed in dettagli secondari, ho procurato di rendere evidente tutto quello che potrebbe interessare ed avere dei rapporti di- retti con la facile intelligenza della funzione di questo ap- parecchio, in rapporto agli studj che ho anche intrapreso, sull’ azione fisiologica del segreto elaborato da queste ghiandole. EIo studiato tanto volentieri 1’ azione di questo nuovo veleno, perchè esso dal punto di vista fisiologico e chimico si presenta completamente differente da quello della sala- mandra di terra ; convinto dall’ altro lato , che è con lo studio* dei veleni, che si può portare nuova luce e risolve- re dei punti controversi in fisiologia che il metodo fisiolo- gico della- vivi-sezione non ha ancora risolto, o non è nelle condizioni attuali in grado di risolvere — Mentre d’ altro ATTI ACC. VOL. XVII. 7 42 RICERCHE SUL VELENO canto lo studio delle indicate sostanze, può essere fecondo di applicazioni per la pratica medica. Studiando V azione fisiologica, lio voluto fermare la mia attenzione, sul com- plesso dei sintomi suscitati dal veleno nell’ organismo de- gli animali viventi; scegliendo fra questi, animali di orga- nizzazione differente; mi sono preoccupato dell’azione eser- citata sull’ apparecchio circolatorio e respiratorio ; sorvo- lando sull’azione spiegata su alcune parti del sistema ner- voso; studi irti di difficoltà ed indecisione al giorno d’oggi. Ilo tentato di precisare 1’ azione su alcuni elementi anatomici ed istituito un confronto tra effetti prodotti sugli infusori e gli animali superiori. — Occupandomi dell’ azio- ne sull’ organismo vivente ; ho procurato di mettere in ri- lievo le differenze che sono non solo in rapporto con la dose del veleno propinato, ma anche quelle risultanti dal modo d’ introduzione del veleno nella economia animale ; sia che questo arrivi direttamente per la via del sangue 0 per lo intermezzo dell’ apparecchio digestivo ovvero per la via ipodermica. — Differenze sulle quali ha recentemen- te chiamato 1’ attenzione il Vulpian, e che porgono nuova luce e concretano le nostre idee sui rapporti di azione dei medicamenti e reazione delle differenti parti dell’ organi- smo vivente direttamente influenzate. — Mi sono anche occu- pato dell’ influenza sulle segrezioni — Ho anche studiato il veleno dal lato chimico, determinando le sue proprietà chi- miche e fisiche e cercato di isolare il principio attivo, ser- vendomi dapprima di un metodo adoperato da Zaleski, nel laboratorio di Iloppe-Seyler , per ricerche analoghe, sul- le salamandre terrestri; e che dovetti abbandonare per la poco nettezza dei risultati : non permettendo fra le altre cose l’indicato metodo l’eliminazione assoluta dei prodotti albuminoidi. Migliori risultati ottenni adoperando il meto- do proposto da Stas e modificato da Otto , per la ricerca degli alcaloidi.— In tal modo ottenni in soluzione un estrat- DEL TRITON CRISTATUS 43 to che è dotato dell’ attività fisiologica del segreto ghian- dolare fresco , e che non contiene azoto; convenientemente purificato. Ho quindi diviso il lavoro in tre parti; nella prima del- le quali esporrò brevemente le ricerche istologiche, nella seconda quelle chimiche e nella terza quelle fisiologiche. CENNO BIBLIOGRAFICO La salamandra di acqua dolce, attirava l’attenzione dei naturalisti del secolo passato, per 1’ importante fenomeno della riproduzione completa di alcune parti tagliate all’ a- nimale; come porzione della coda o di qualche orto toraci- co od addominale. Ed intorno a questo argomento fecero delle accurate indagini il Plateretti (1) , lo Spallanzani (2) il Murray ed il Bonnet. La storia del veleno di questo anfibio però è abba- stanza oscura; non è bene accertato se questi osservatori avessero delle nozioni esatte intorno all’azione tossica del veleno elaborato nei follicoli cutanei di questi animali. Mentre più diffusa e più chiara è la storia del veleno del- la salamandra maculata o terrestre; di quest’ essere rite- nuto misterioso ed incombustibile e che diede origine alle più pazze credenze ed ai. più immaginosi racconti nei se- coli passati. — Crollata in parte la credenza della incom- bustibilità della salamandra per opera principalmente del Maupertuis, il Laurenti con le sue osservazioni, richiamava l’ attenzione sulf azione venefica del segreto cutaneo della salamandra di terra : confermata dagli studi di Gratiolet e Clòez sul medesimo argomento. (1) Sulla riproduzione della gamba e della coda delle salamandre acqua- jole (Scelta di opuscoli interessanti) t. XXVdl pag. 18. (2) Prodromo di un’opera da imprimersi sulle riproduzioni animali 1768. 44 RICERCHE SUL VELENO Questi ultimi erano venuti alla conclusione; che il ve- leno procluceva uno stato di esaltazione; delle convulsioni terribili, che si alternavano con un periodo di accascia- mento; inoltre, che il veleno applicato sulla superficie dei tessuti, degli animali vivi sprovvisti di pelle non spiegava mi" azione caustica, irritante. Quanto alla natura chimica, del principio attivo, che loro tentarono di isolare, inclinavano a credere doversi trattare di un alcaloide ; infine che il segreto ghiandolare fresco aveva reazione acida marcatissima. Più tardi nel laboratorio di Hoppe-Seyler il D.r P. Vogt, si occupava del veleno della salamandra, terrestre, ma le ricerche incomplete di quest’ ultimo furono riprese ed ampliate nel 18G6 da M. Zaleski. Quest’ ultimo non solo è pervenuto ad isolare un al- caloide velenoso al quale ne ha assegnato la formala; ma ne ha in modo affatto sommario determinato 1’ azione fi- siologica e conchiuso : che 1’ azione del veleno della sala- mandra terrestre è analoga a quella della stricnina , che spiega la sua azione, principalmente sul sistema nervoso; senza pregiudicare 1’ attività del cuore e senza apportare altre alterazioni nei muscoli. Ho voluto insistere su queste conclusioni, quantunque non abbiano rapporti diretti con i miei studi sul tritoli cristatus, per rilevare fin d’ ora le differenze esistenti tra il veleno tritonico e quello della salamandra maculata; per insistere sul fatto che non vi ha nulla di comune tra que- sti due veleni, e che gli studi fatti per la salamandra ter- restre, sia dal lato chimico come da quello fisiologico non si possano estendere al tritone. Sul veleno del quale finora non si hanno studi in proposito specialmente dal lato chi- mico. Dal lato fisiologico a giudicare da un libro pubblicato DEL TRITON CRISTATTJS 45 nel 1882 (1) pare che il Vulpian si fosse anche eccupato dello studio fisiologico del veleno della salamandra di ac- qua dolce. — Non conosco gli studi fatti dal Vulpian e la loro estensione , che da quello già annunziato non pare grandissima ; e questa notizia io V ho appreso quando il presente lavoro era già stato annunziato all’ accademia di medicina di Torino.- PARTE PRIMA. CAPITOLO I. Costituzione istologica dell’ apparecchio ghiandolare cutaneo del triton crista- tus — impalcatura dell’ acino ghiandolare — condotti escretari della ghian- dola— epitelio che tapezza la parete interna della ghiandola — elementi del tessuto peri ghiandolare. — Elementi istologici del prodotto ghian- dolare estratto dall’ animale vivente — dischi , elementi epiteliari , e nuclei liberi. L’ apparecchio ghiandolare cutaneo è distribuito nello spessore della cute dell’ animale, e ne è solamente sprov- vista la pelle della cresta alla porzione piu esterna e 1’ a- pice della coda; è più sviluppato e numeroso nella porzione della coda più vicina al dorso dell’animale ed ai lati della testa in vicinanza della nuca. Più numeroso poi nella por- zione dorsale anziché nella ventrale. Omdi Tav. annessa). L’ acino ghiandolare, di forma globosa è situato nello spessore dell’ epidermide al disopra dello strato corneo , circondato da tessuto connettivo e da elementi connettivali lisci distribuiti irregolarmente attorno all’acino ghiandolare. L’ intiera ghiandola è costituita da un’ impalcatura di tessuto connettivo compatto, formante una capsula globosa con «diametro parallelo alla colonna vertebrale più lungo che quello verticale alle vertebre. — Ogni acino ghiandola- (1) Vulpian, substances toxiques. 46 RICERCHE SUL VELENO re e provvisto di un breve condotto che immette alla su- perficie libera della pelle. In alcuni punti poi dove le gliiandole sono situate pro- fondamente il dotto escretore è più lungo. Nei posti della pelle dove sono più numerose e rac- colte a gruppi i dotti di escrezione non sono comunicanti fra di loro, ma immettono ciascuno per conto proprio alla superfìcie libera della pelle. Internamente 1’ acino si presenta differentemente costi- tuito, secondoclie è stato spremuto o interamente provvisto del suo contenuto. In quest’ ultimo caso la interna superficie dell’ impal- catura ghiandolare è rivestita da grossi elementi cellulari, di forma sferoidale quando non sono molto sviluppati e poliedrica nel caso che per lo sviluppo eccessivo in spazi limitati reciprocamente si siano compresi. — Questi grandi elementi cellulari contengono nel loro interno, nelle prepa- razioni fresche dei piccolissimi dischetti trasparenti a con- torni oscuri e parecchi nuchi con contenuto oscuro e gra- nuloso. Nelle preparazioni della pelle indurata con i soliti me- todf il pratoplasma degli elementi epiteliari è granuloso per evidente trasformazione dei dischi. La porzione centrale della ghiandola normalmente non contiene elementi morfologici. Nelle glìiandole dalle quali si è estratta la sostanza velenosa si osservano i grandi elementi in parte distrutti; spesso buona parte del protoplasma manca al centro re- stando dei medesimi solamente una porzione corticale e nello spazio della ghiandola dei filamenti dell’aspetto fibri- noso e dei granuli impigliati nei filamenti; prodotto questi ultimi , come vedremo in appresso dal disfacimento dei dischi. Spesso si rinviene tutto il protoplasma degli elementi I u ' ^ V. éà . - - * ■ **SNi ' èm^4hiti0 % ' ' ?■ •^1 DEL TRITON CRISTATUS 47 cellulari distrutto e sulla parete interna della ghiandola in modo simmetrico una serie di nuclei. È facile vedere questa disposizione dei nuclei, anche entro gli elementi epiteliali, specialmente quando questi ul- timi non hanno raggiunto un suffìciente grado di sviluppo. La forma più comune tipica è quella descritta; spesso però si incontrano degli elementi ghiandolari di forma sfe- rica completamente. Le diminuzioni sono variabili , ordinariamente le più sviluppate ghiandole hanno il diametro massimo di 36 ed il minimo di 14 h- Le più piccole raggiungono il dia- metro di 7 0 anche 6. Il condotto ghiandolare è brevissimo tanto corto da essere trascurabile in alcune ghiandole superficiali sé non presentassero il carattere di avere per quel tratto vicino alla superficie libera della pelle 1’ epitelio con gli elementi cellulari appiattiti. Queste ghiandole superficiali dimostrano più che mai come l’intera cavita devesi considerare come una semplice introflessione della epidermide. Nelle giandole situate più profondamente e perciò for- nite di un condotto escretore più lungo si può seguire, per la prima porzione di condotto più esterna l’epitelio super- ficiale cutaneo poco modiflcato e che gradatamente si trasforma nelle dimensioni per adattarsi alla strettezza del condotto ; per acquistare forme più pronunziate quando è pervenuto nell’interno dell’acino dove diventa sempre più sferoidale e grande da appiattito che era, mano mano che si avvicina al cui del sacco ghiandolare. Nel caso che 1’ acino sia situato molto superflcialmente detei^mina sulla cute dell’animale quei punti bitorzoluti che si osservano sulla pelle dell’animale; come si può os- servare benissimo nelle preparazióni istologiche della pelle. Non è possibile rinvenire intorno allo sbocco libero 48 RICERCHE SUL VELENO del condotto ghiandolare delle fibre muscolari o disposi- zione speciale da permettere di credere che nelle condi- zioni ordinarie il condotto sia chiuso o ristretto e Quindi impermeabile all’acqua. Vuotando V acino ghiandolare del contenuto e perciò del suo epitelio, nelle preparazioni non colorate e montate in glicerina, ò facile potere osservare come dall’impalcatura di connettivo compatto che forma il sacchetto ghiandolare, dal fondo si partono dei tramezzi della medesima natura della capsula e che si diriggono verso il centro della ghian- dola, dividendo 1’ ambiente interno in tante logge comuni- canti; però non sono riuscito a seguire questi tramezzi fino all’estremo opposto della ghiandola, ma solamente grada- tamente assottigliandosi fino al centro della cavità ghian- dolare. Nella cute del dorso le ghiandole sono distribuite in unico strato e vicine, impiantate in mezzo a tessuto connet- tivo, al disopra dello strato corneo della cute di questi animali. Le anse vascolari circondano la capsula formando de- gli angoli nelle loro anastomosi che si avvicinano al retto abbastanza numerosi, ma non tali da giustificare sufficien- temente 1’ attività segretoria di questi piccoli apparecchi. Quantunque addossate le anse vascolari allo stroma capsu- lare non penetrano nella capsula ghiandolare; e non mi è riuscito potere seguire nelle preparazioni dei vasi che io otteneva iniettando nell’aorta toracica del bleù di Prussia solubile, nell’interno della ghiandola, alcun vaso: tatto che io credeva probabile perche spremendo da queste ghian- dole del segreto, con dei mezzi meccanici; spesso il liquido lattiginoso è commisto a sangue. In seguito poi mi ac- corsi dell’ insussistenza di questa osservazione dal fatto che tutte le volte che io spremeva le glìiandole con la sola eccitazione elettrica , costantemente otteneva il prodotto DEL TRITON CRISTATUS 49 ghiandolare bianco , privo quindi della materia colorante del sangue , non essendo possìbile ottenere in questo caso dei globuli rossi, perchè come vedremo in seguito vengono distrutti dal segreto. Confermai l’esattezza di questa osservazione con l’e- same diretto delle preparazioni istologiche con i vasi iniet- tati al bleù di Prussia solubile, e con la massa alla gela- tina ed al carminio. Mi capitò una sola volta di vedere assieme al succo spremuto della ghiandola dalla pelle di un grosso trìtone per mezzo della eccitazione elettrica, del sangue; ma in questo caso potei mettere in sodo questo: che altre volte aveva raschiato la cute di questo animale con un coltello, ed è molto probabile che per opera della contrazione della pelle si fosse staccata qualche crosta in punti lesi dal ra- schiamento precedente e non completamente riparate. Ho voluto anche accertarmi del fatto se gli elementi ghiandolari si riproducono nella coda , quando per una causa violenta viene tolta a questi animali. Per questo tagliai la coda a parecchi tritoni ed attesi alla loro riproduzione, mi capitò di vedere in uno di questi animali sottoposto a questo genere di esperienze, anziché riprodursi una sola coda, se ne riprodussero due contem- poraneamente.— Quando avevano raggiunto un certo grado di sviluppo tagliava la coda riprodotta, la immergevo nel liquido di Miiller e poscia ad indurare nell’ alcool. In tal modo potei seguire le fasi della riproduzione degli elementi ghiandolari; nella porzione più vicina all’ estremo tagliato, gli elementi ghiandolari avevano 1’ aspetto sìmile a quelle studiate già, ma verso 1’ apice della coda le ghiandole ru- dinaentali differivano non solo nelle dimensioni , ma per spessore proporzionatamente minore della capsula, per la disposizione differente dell’epitelio il quale occupava tutta la intera cavità della ghiandola. ATTI ACC. VOL. XVII, 8 50 RICERCHE SUL VELENO Dalle ghiandole meglio sviluppate era possibile spre- mere il succo che aveva tutti i caratteri di quello appar- tenenti alle ghiandole vecchie, del medesimo animale. Esaminando una goccia del liquido appena estratto dal- le ghiandole al microscopio ad ingrandimento istologico si osserva : che in tutta la massa del liquido nuotano un’ in- finità di piccolissimi elementi che visti di coltello hanno r aspetto di una linea oscura e di fronte quella di un di- sco a bordi trasparenti; questi dischetti sono tanto nume- rosi, che facendo scorrere la preparazione nel campo del microscopio non si riesce ad osservare alcuno spazio sprov- visto , nei primi momenti dell’ osservazione , sicché sotto codesto punto di vista la massa del liquido è omogenea. Vedremo a tempo debito l’ ulteriore trasformazione di questi piccoli elementi quando tratteremo del fenomeno della coagulazione di questo succo. Oltre a questi elementi discoidi si rinvengono molto meno numerosi dei grandi elementi cellulari, con il proto- plasma ripieno di dischi della forma e diminuzione dei so- pra connati ed aventi nell’ interno due o parecchi nuclei con contenuto oscuro e granuloso. È facile stabilire l’ identità tra questi grandi elementi e quelli che tappezzano lo stroma ghiandolare. A prima giunta non si comprende come questi grandi elementi abbiano potuto traversare, dotati di così gran dia- metro, il relativamente ristretto condotto ghiandolare. Ma per poco si badi all’aspetto pastoso ed elastico, capace di modellarsi secondo 1’ ambiente dentro il quale viene a ca- dere; si comprenderà facilmente come spinto per la con- trazione della ghiandola si modelli allungandosi entro il condotto , e si adatti alla ristrettezza del medesimo e guadagni con il liquido che esce dalle ghiandole la super- ficie libera della pelle, dove tornando sopra se stessi torna ad acquistare la forma primitiva. DEL TRITON CRISTATUS 51 PARTE SECONDA. CAPITOLO I. Proprietà fisiche del prodotto ghiandolare, proprietà chimiche — 1’ eccitazione elettrica della pelle considerata come mezzo per estrarre il prodotto ghiandolare allo stato di purezza — ricerca preliminare del principio at- tivo con il metodo di Stas, adoperato per la ricerca degli alcaloidi — impiego dal medesimo metodo su quantità maggiori di sostanza — j)ro- prietà fisiologiche dell’ estratto acido, e proprietà fisiche e chimiche — questo estratto acido non contiene azoto — di un mezzo particolare, ado- perato per avere una quantità maggiore di prodotto — Impiego del me- todo di Zaleski per la ricerca dell’alcaloide velenoso— Ricerca definitiva del principio attivo con il metodo di Stas e l’intera pelle dei tritoni — L’ estratto acido che è velenoso non contiene alcun alcaloide. Appena uscito dalle ghiandole, il segreto, è un liquido denso, bianco, omogeneo, di forte odore viroso, dell’aspetto fisico del latte; abbastanza mobile in principio. Esposto all’ aria si modifica ; si formano dei fiocchi biancastri in principio, il liquido si presenta in parecchi punti trasparenti ed abbandonato a se stesso acquista gra- datamente la trasparenza ; e diventa consistente come il vetro solubile — evaporato con l’esposizione all’aria diventa trasparente omogeneo duro , fragile ; screpola spontanea- mente, ridotto in frammenti ha una spezzatura come il vetro ordinario. Mescolato ad acqua ed abbandonato a se stesso in brevissimo tempo entra in uno stato completo di putrefa- zione; mescolato ad altri prodotti albuminoidi, non ne im- pedisce la putrefazione; in altri termini non si comporta come di ordinario soglionsi comportare gli alcaloidi spe- cialmente vegetali, che in determinata quantità sfavorisco- no od anche ritardano la corruzione delle sostanze orga- che animali. 52 RICERCHE SUL VELENO Mescolando ad acqua del liquido tritonico e filtrando, il liquido filtrato non è trasparente, ma leggermente opa- lescente.—Il coagulo rimasto sul filtro trattiene delle bolle gassose. Il prodotto ghiandolare fresco è di reazione acida mar- catissima, e giacché qui cade in proposito facciamo rile- vare una contraddizione: T opinione degli osservatori non è concorde sul segreto ghiandolare della salamandra ter- restre: contradizione che fa nascere il sospetto che taluno possa avere più che altro, confuso la salamandra terrestre con il triton cristatus. Glotiolet e Clòez nei loro lavori sulla salamandra ter- restre; pubblicati negli atti dell’ accademia delle scienze a Parigi, assicurano : che la reazione del segreto fresco della salamandra terrestre è acida. D’ altro canto Zaleski assi- cura viceversa che il medesimo prodotto nei medesimi ani- mali è decisamente alcalino. Le conclusioni sono senza dubbio inconciliabili ; dal canto mio posso in modo indiscutibile assicurare che quello del triton cristatus è di reazione acida e che è rimasta tale nelle diverse stagioni dell’ anno, durante il qual tempo ho ripetuto le mie osservazioni, e che si è conservata in- variata, sia che i tritoni siano stati di recente tolti dagli stagni dei dintorni di Torino, sia che abbiano a lungo di- morato nei recipienti del laboratorio. Come anche quando furono trasportati in Sicilia e col- tivati in clima ed acqua di composizione differente. Quando alla controversia sulla salamandra terrestre non posso con le mie esperienze sul tritone decidere la quistione, perchè dovendo giudicare dell’ azione fisiologica e della natura chimica dei veleni, sono così dissimili che una lontana analogia non è possibile ammetterla ed esten- dere perciò le conclusioni dal tritone alla salamandra ter- restre. DEL TRITON CRISTATUS 53 Mescolando il prodotto ghiandolare con acqua ed agi- tando fortemente si forma con facilità una schiuma a bolle grossissime e molto persistenti come quella di buoni sa- poni. li succo fresco si scioglie quasi completamente nell’ac- qua addizionata di poche goccie di acido cloridrico, questo liquido filtrato dà con i seguenti reattivi dei precipitati. 1. Con il fosfo-molibdato sodico — precipitato verdastro. 2. » il ioduro di potassio iodurato — precipitato bruno. 3. » il cloruro di platino — precipitato abbondante. 4. » il ioduro di mercurio e di potassio — precipi- tato bianco grigiastro. 5. » acido picrico — precipitato giallo. 6. > cloruro di oro — abbondante precipitato. 7. » acido fosfo-tunstico — precipitato bianco 8. » acido tannico — precipitato bruno. 9. » cloruro di mercurio — precipitato bianco. 10. > cloruro di palladio — precipitato giallo grigiastro. 11. » il liquido di Marmè—abbondante precipitato. Le reazioni che qui sono accennate servono solo per dimostrare il modo di comportarsi del segreto in soluzio- ne acida ed acquosa; nè sono qui riportate con V intendi- mento di dimostrare resistenza di un alcaloide; inquanto- chè, il liquido contenendo dei prodotti abbuminoidi, non si può escludere, con questo solo procedimento, la possibilità che il precipitato sia esclusivamente dovuto aH’albuminoide. Per la ricerca del principio attivo abbiamo adoperato il metodo proposto da Stas modificato da Otto per la ri- cerca degli alcaloidi. I Era pertanto necessario avere del segreto ghiandola- re abbastanza puro; adoperando il metodo di Zaleski, cioè raschiando la cute, sarei certamente riuscito ad avere del prodotto ghiandolare misto a gran quantità di epitelio e 54 RICERCHE SUL VELENO sangue, essendo i vasi cutanei superficiali facili ad essere lesi: fatto che mi era capitato più volte raschiando la pelle. Considerando però che il tessuto perighiandolare contie- ne da elementi contrattili, ebbi 1’ idea di eccitare con Y elet- tricità questi elementi in modo da provocare la loro con- trazione e così procurare lo svuotamento della ghiandola. Infatti applicando in vicinanza della nuca ai lati della colonna vertebrale gli elettrodi di una corrente indotta, o facendoli scorrere lungo la cute del dorso; riusciva ad ave- re su tutta la pelle, copiosa ed abbondante produzione di segreto giiiandolare, die rcaccoglieva in una capsula in par- te inclinando V animale ed in parte con una lama ottusa che faceva scorrere lungo la cute senza molto strisciare; e qui giova notare che non solo eccitando la pelle in sito si ottiene alla superficie il prodotto ghiandolare, ma anche staccando lembi di pelle ad un tritone vivo e distendendo- la sopra un vetro : qualora si ecciti questa pelle separata si vedrà raggrinzare e coprirsi del prodotto di secrezione delle ghiandole. Fatto che depone per l’esistenza di ele- menti contrattili attorno V apparecchio ghiandolare capaci di provocare 1’ uscita del liquido. Un’abbondante produzione di veleno si ha su tutta la cute qualora si tagli al collo la midolla spinale e si ecciti la sezione periferica del taglio midollare. L’ animale spossato viene rimesso nell’ acqua e dopo alcuni giorni si ria completamente, ed è in grado di for- nire una nuova quantità di prodotto. Con questo metodo otteneva del prodotto ghiandolare abbastanza puro , privo di sangue completamente. Racco- glieva tutto quello che poteva ricavare da 20 tritoni in una capsulina di vetro , e vi aggiungeva una tenuissima quantità di acido tartrico e su questa massa intraprendeva la ricerca del principio attivo. Ottenni alla fine un estratto etereo in soluzione acida DEL TRITON CRISTATUS 55 dotato di proprietà tossiche. Quest’ estratto era una mas- sa densa bruna trasparente, e presentava dei cristalli aghi- formi raccolti a gruppi sferiformi. — Esaminando al micro- scopio era possibile confermare quello che macroscopica- mente aveva osservato, ed inoltre coll’ aiuto dell’ingrandi- mento nella massa omogenea giallastra era possibile rin- venire in gran numero, dei cristalli lamellari di colesterina. L’estratto acido trattato con poco acido cloridrico al- lungato con acqua distillata e flitrato non precipitava con tutti i reattivi che noi abbiamo accennato più sopra, dava solo un tenue precipitato con il fosfo-molibdato sodico. L’ estratto alcalino fu in dose così tenue da non po- tere con il medesimo intraprendere alcuna ricerca. A questa prova preliminare ne segui un’ altra sopra una quantità molto maggiore di prodotto. Estraendo con 1’ eccitazione elettrica il segreto ghian- dolare da circa 300 tritoni; si ottenne 40 grammi di succo abbastanza puro. — Quest’ ultimo fu addizionato della quan- tità voluta di acido tartarico e trattato con alcool distilla- to di 96“ e seguito del resto scrupolosamente il metodo di Stas, modificato da Otto per la ricerca degli alcaloidi. Ottenni tn tal modo due estratti uno acido ed uno alca- lino. — Dei due estratti quello dotato di proprietà venefiche era quello ottenuto in soluzione acida. Questo estratto velenoso, fu riscaldato a bagno-maria per scacciare 1’ etere completamente, senza elevare la tem- peratura al di là dei 60'0. o prolungare molto 1’ operazione. Questo estratto di reazione acida , è di intenso odore viroso offende gli occhi e 1’ olfatto ed avvicinato al naso dà prodotti volatili di reazione acida. Tutta la massa è co- stituita da una porzione solida e cristallina e da una por- zione liquida giallastra , densa. — I cristalli asciugati fra carta bibula sono bianchi. — Trattati con acqua non si sciol- gono completamente e tutto il liquido acquoso diventa bian- 56 RICERCHE SUL VELENO cliiccio e torbido. — Filtrando questo liquido dopo averlo acidificato con acido cloridrico, il filtrato è torbido, non dà precipitati con i reattivi degli alcaloidi anzi connati , dà solo un tenue precipitato con il fosfo molibdato sodico. Quantunque ordinariamente nell’ estratto acido , che arrossava le carte di tornasole sospesenell’ ambiente aereo soprastante, non sogli onsi rinvenire gli alcaloidi ; perchè i sali acidi degli alcaloidi non sono solubili nell’ etere, pure po- tendo il mio caso speciale essere un’ eccezione, dopo avere tentato inutilmente l’azione dei reattivi, ne intrapresi la puri- ficazione. Essendo di reazione acida anche il segreto è quindi possibile che 1’ acido venisse estratto dall’ etere con il me- todo di Stas— Per eliminare il quale neutralizzai porzione dell’ estratto acido, con carbonato di soda purissimo, asciu- gai il sale di soda fra carta bibula per detergerlo della sostanza rimasta incombinata , lavai con etere , e scaldai per scacciare quest’ultimo leggermente in una capsulina a bagno-maria ; trattai con acqua , neutralizzai la soda con acido solforico diluito, concentrai a bagno-maria, ripresi la massa con etere , filtrai evaporai ed il residuo osservato al microscopio conteneva dei cristalli tipici e bellissimi di acido urico. L’estratto etereo rimasto incombinato e ripreso con etere e privato dell’acido spiegava azione tossica sulle rane. Porzione dell’ estratto etereo purificato, fu lentamente seccato, trattato con sodio e quindi sottoposto al procedi- mento per la ricerca dell’azoto. — Ma il risultato fu negativo. L’ estratto alcalino in quantità tenuissima non è do- tato di virtù tossica. * Risulta adunque da queste ricerche che la porzione del prodotto ghiandolare attiva , si rinviene nell’ estratto acido , e che non è un acido capace di essere fissato da una base alcalina come è la soda; e che non è sopra tut- to un’ alcaloide. DEL TRITON CRISTATUS 57 Onde verificare 1’ esattezza di queste osservazioni ri- petei la ricerca nel modo seguente. In una larga provetta Introdussi un disco di metallo', avente saldato al centro un filo di rame rivestito di gom- ma elastica, versai su questo disco 300 tritoni vivi, ed al- l’altro estremo della provetta adattai un’altro disco di me- tallo al quale come al primo era saldato un’ altro filo con- duttore , mettevo i due fili in contatto con gli elettrodi della spirale indotta di un ordinario rocclietto a slitta. — La corrente era data da due pile Bunsen, modello medio, ed in tal modo riuscivo ad eccitare in unica volta la pelle dei tritoni — Veniva grado grado versata dell’acqua, che si raccoglieva in fondo alla provetta trascinando seco il pro- dotto ghiandolare mano mano che si andava producendo. Ottenni in tal modo un’ abbondante soluzione acquosa di veleno — Su questa soluzione intrapresi il trattamento da Zaleski impiegato nelle sue ricerche sulla salamandra ter- restre. Cioè feci bollire questa soluzione acquosa e filtrai , aggiunsi al liquido filtrato tanto acido fosfo-molihdico fin- ché non si produsse più precipitato , filtrai e lavai il pre- cipitato che asciugai fra carta bibula , lo sciolsi quindi in acqua di barite, precipitai l’eccesso di barite facendo pas- sare prolungatamente nella soluzione una corrente di ani- dride carbonica e filtrai di nuovo. Evaporai la soluzione filtrata in una corrente di idro- geno, lavato, ed ottenni un residuo amorfo biancastro, di reazione indifferente di nessuna azione sull’ organismo degli animali viventi. Non studiai su questa massa l’azione dei reagenti degli alcaloidi: V perchè inattiva — 2” perchè in questo caso non è escluso il dubbio, se le reazioni sono positive, che dipendano dalla presenza di prodotti albuminoidi che con questo- metodo sono grossolanamente eliminati, come se ne 9 ATTI ACC. VOL. XVII. 58 RICERCHE SUL VELENO può facilmente accorgere chi per poco abbia pratica di questi studi. I 300 tritoni, due giorni dopo questo trattamento, e che avevano perciò in parte elaborato di nuovo il segreto, fu- rono introdotti in un pallone di vetro e vi si aggiunse dello alcool rettificato di 96”, con la relativa quantità di acido tartarico e si fece digerire per due giorni di seguito a bagno-maria, in modo da non fare sorpassare al liquido la temperatura di 40“C. Si lasciò raffreddare e quindi si filtrò. II liquido filtrato fu evaporato a bagno-maria lentissi- mamente, e così si ottenne un prodotto di colorito bruno rossastro, della consistenza di un estratto, di reazione aci- da, e di odore intenso di trimetilamina. Esaurii questo residuo con etere, e V etere filtrato eva- porai in una capsula di vetro a temperatura di 30‘’C. Ottenni una massa costituita da lunghi cristalli lami- nari e di una sostanza di aspetto oleoso, giallastra densa di reazione acida, di intenso odore viroso. Questa massa purificata che aveva i caratteri comuni con l’estratto acido delle prime operazioni era dotata di azione tossica intensa e come la precedente non conteneva azoto. L’estratto alcalino ottenuto in dose tenuissima era inat- tivo, quantunque possedesse molte delle reazioni comuni agli alcaloidi. Attesa la sua nessuna azione sull’ organismo vivente e con la considerazione che recenti studi hanno stabilito; che nelle carni fresche si rinvengono delle sostanze azotate che vengono considerate come alcaloidi, non attaccai ulte- riore importanza a questo estratto. Per queste ricerche resta adunque confermato. 1.” Che r estratto etereo acido è quello che contiene DEL TRITON CRISTATUS 59 il princìpio attivo del segreto ghiandolare cutaneo del tri- toli cristatus. 2. ® Che questo estratto discretamente purificato non contiene azoto restando in tal modo esclusa resistenza di un alcaloide. 3. ° Che questo estratto contiene un prodotto volatile a temperatura e pressione ordinaria, come il succo fresco, capace di arrossare le carte bleù di tornasole sospese nello ambiente dove questo prodotto volatile circola. PARTE TERZA. CAPITOLO I. Azione fisiologica — metodo e precauzioni prese per raccogliere e propinare il veleno — Azione fisiologica generale sulle rane — sui porcellini d’ india, sui conigli e sui cani e reperti relativi — azione locale del veleno sulla congiuntiva palpebrale, e stringimento pupillare. Per raccogliere, il prodotto velenoso dalla pelle dei tritoni, ordinariamente adoperava V eccitazione elettrica , data da una pila Grenet ed un ordinario rocchetto di in- duzione a slitta, che teneva sempre pronto a funzionare. Il tritone dal quale estraeva il veleno era preso per la testa; asciugava al medesimo la pelle e dopo provocava la secrezione applicando gli elettrodi sulla cute del dorso ai lati della colonna vertebrale; il succo veniva raccolto con un bistore e mescolato ad acqua distillata. La porzio- ne disciolta 0 sospesa nel liquido veniva con T aiuto di un’ordinaria siringa di Pravat iniettata agli animali. Questa operazione eseguiva sempre poco tempo prima perchè il veleno esposto all’ aria, specialmente dì estate, si alterava considerevolmente e modificava le sue proprietà venefiche. Qualche volta adoperava solamente la porzione liquida 60 RICERCHE SUL VELENO die passava attraverso carta da filtro, avendo appreso da replicate esperienze, che la sostanza venefica si scioglieva nell’ acqua. 11 prodotto ghiandolare in sostanza fu adoperato in pochi casi ed eccezionalmente. Il tritone dal quale veniva estratto il veleno, veniva conservato in apposito serbatoio e non era confuso con gli altri, quantunque ulteriori osservazioni mi dimostrarono che è possibile estrarre dopo poco tempo da questi ani- mali, una nuova quantità di veleno senza che per questo le nuove porzioni abbiano perduto nulla relativamente al po- tere velenoso. Esperienza U Si fa ad una rana esculenta, d’inverno , un’ iniezione di due gocce di veleno tritonico allungato con acqua sotto la cute del dorso. Immediatamente 1’ animale inclina il capo ed abbassa le palpebre , si ria e dopo un momento di agitazione rientra nello stato di calma. — Il respiro celere dap- prima, si fa meno frequente e superficiale. Dopo 5 mi- nuti 1’ animale è in preda a torpore, rovesciato sul dorso fa degli sforzi insufficienti per rialzarsi. La pelle si copre di umidità, la pupilla gradatamente si restringe, tiene però il torace sollevato con l’aiuto degli arti toracici, tentando di muoversi vien meno e batte con lo sterno contro il tavolo. — Gli arti posteriori sono paralitici. — In questo stato r animale è immobile ma non è rigido , i muscoli sono completamente rilasciati — rovesciandola sul dorso alla regione sternale si percepisce il movimento cardiaco ma tutt’ altro che normale , i movimenti del cuore si suc- cedono a larghi intervalli. In questo stato stimolando gli arti addominali è pos- DEL TRITON CRISTATTJS 61 sibile avere reazione con degli abbozzi di movimento com- binato ad uno scopo. I cuori linfatici non presentano tracce di attività. — La gola va gradatamente dilatandosi e la colorazione della pelle verdastra, va gradatamente modificandosi , alla fine deir esperienza è di colorito grigio brunastro ; compieta- mente differente di quella che f animale presentava in prim cipio dell’esperienza, quantunque f animale era immerso in un’ambiente sufflcientemente umido. Le parti più estreme e inferiori dell’animale si arros- sarono considerevolmente. Aperto il torace dopo la morte dell’animale il cuore era fermo in sistole con le orecchiette ripiene di sangue coagulato. — Questo sangue allo spettroscopio presentava le due strie di assorbimento della ossiemoglobina. Gli organi splacnici erano iperemici e di una colorazione uniforme rossastra, per evidente diffusione di ematina — I pulmoni erano contratti e contenevano del muco aerato in abbondanza — Floscezza dei muscoli i quali erano di rea- zione alcalina. Nelle successive e numerose esperienze intraprese con r intendimento di studiare 1’ azione generale non osservai di nuovo che questo. Spesso le rane avvelenate prima di cadere in completa paralisi, tentando un salto si rovescia- vano sul dorso e non avendo più la forza di riaversi re- stavano permanentemente in quella posizione. Riassumendo in generale nelle rane, si ebbe quasi co- stantemente paralisi progressivamente crescente , arresto del respiro e dei cuori linfatici, restringimento pupillare , madore della pelle, diminuzione dei movimenti cardiaci, di- stendimento della gola, modificazioni nella colorazione della pelle, arresto del cuore, e nella maggioranza dei casi as- senza di rigidità muscolare. II distendimento della gola non è dovuto ad alterazioni 62 RICERCHE SUL VELENO di contrattilità muscolare, ma devoluto a collezione di gas entro la cavità della bocca ; come si può dimostrare fa- cilmente , comprimendo moderatamente la gola in modo da fare scappare il gas raccolto per le narici. In quest’ ul- timo caso la gola riprende la giacitura ordinaria. Questo gas non .era aspirato dal l’esterno perchè la col- lezione si faceva gradatamente quando i movimenti tora- cici ed addominali erano aboliti; la bocca chiusa ermetica- mente e le narici ostruite per collezione di muco, quindi impermeabile all’ aria ; bastava in questi casi introdurre un ago per le narici e liberarle del mucco raccolto per vedere la bocca vuotarsi completamente. Esclusa la possibilità che il gas possa pervenire dal difuori, non restava ad ammettere che esso siasi prodotto nell’ interno dell’ animale ; ammettere che si sia prodotto nello stomaco non si può, perchè al reperto non si rin- venne mai nello stomaco presenza di gas^ meno bene si comprenderebbe che esso siasi prodotto nella cavità della bocca ; è più logico ammettere che provenga dal pulmone e che ivi si produca gradatamente , perchè continuando il cuore e la pelle a funzionare, forse continua a versarsi l’anidride carbonica nel polmone disteso ed insufficiente e da lì passa nella bocca dove si raccoglie, perchè il muco raccolto ivi determina una chiusura ermetica della bocca. Ed è tanto più probabile questo fatto inquantochè raccogliendo il gas della bocca sotto il mercurio in una provettina e facendovi penetrare una soluzione di potassa, resta quasi tutto assorbito , segno evidente che è per la massima parte costituito da anidride carbonica, conforme- mente al supposto. La reazione dei muscoli era determinata; adoperando una soluzione completamente neutra di acido rosolico , e moltissimo allungata. Una goccia veniva versata in una provettina con ac- DEL TRITON CRISTATUS 63 qua distillata in modo da avere, una soluzione leggermente colorata, veniva versato nella medesima la massa musco- lare, la quale determinava immediatamente una colorazio- ne più bruna. Esperienza 2.“ Ad un porcellino d’ india, giovane, viene iniettato sotto la cute della coscia destra, una soluzione di due gocce di veleno in 5 grammi di acqua. Immediatamente, agitazione, vomiturazioni, emissione di urine e feci, respiro celere, rumoroso , poi sibilante e quindi a scosse, faticoso. L’animale utilizza i muscoli del collo e poggia contro il ventre e tiene alta la testa. Il moto e la coscienza in principio non furono notevol- mente compromessi — Dopo due ore i disturbi respira- tori si pronunziarono, emise di nuovo urine, la morte ebbe luogo per arresto del respiro, dopo tre ore. L’ animale poche ore dopo la morte era preso da ri- gidità cadaverica pronunziatissima. Esperienza 3.‘ Coniglio del x>eso di grammi 980. Viene fatta in una coscia un’iniezione di tre gocce di veleno. Poco dopo l’animale trascina l’arto dove la iniezione fu praticata e se ne serve male. Cinque minuti dopo , il respiro diventa celerissimo , l’anfmale diventa irrequieto, si sdraia sul ventre, ha dei sussulti, movimenti convulsivi delle palpebre e muore per arresto- del respiro. 64 RICERCHE SUL VELENO Aperta dopo la morte dall’ animale la cavità toracica, si rinviene il ventricolo destro e sinistro del cuore in sistole e le orecchiette ripiene di sangue coagulato — Il polmone con tinta uniforme rossastra, per diifusione di ematina, stride al taglio , e dalla superficie tagliata vien fuori del sangue commisto a molto muco aerato, in tutta la super- ficie del parenchima pulmonale si rinvengono delle macchie congestive. Al fegato nulla di apprezzabile, intestini fortemente iperemici e reni con evidente iperemia. Agii emisferi cerebrali leggera iperemia; nuli’ altro di notevole. Esperienza 4.^ Cane volpino del p>eso di chilogrammi 4, 25. Alle ore 9, 45 a. m. gli vien fatto deglutire 8 gocce di veleno mescolato ad acqua comune. Immediatamente dopo vomito di sostanze alimentari e molta schiuma — 5 minuti dopo vomito di materia schiumo- sa , e continue vomiturazioni: ore IO a. m. l’animale non può reggersi all’ impiedi, si sdraia, ed è continuamente tormen- tato dalle vomiturazioni; si apprezzano dei rumori intesti- nali e movimento palese della massa intestinale. — Seguita l’agitazione e V animale sollevandosi ricade istantanea- mente. — È completamente sensibile a tutto quanto si svolge attorno lui. A questo punto, giudicando che buona parte del ma- teriale era stato riversato, viene propinato in acqua, tre gocce di veleno e fatta la legatura dell’ esofago in alto. — Immediatamente cessano le vomiturazioni, il respiro si fa lento c profondo e l’animale resta immobile. La pupilla dilatata è sensibile alla luce , l’ animale vede bene , e le DEL TRITON CRISTATUS 65 palpebre funzionano egualmente bene. Pizzicando un arto l’animale sente il dolore e ne da segno di percezione soc- chiudendo gli occhi, ma non ritira l’arto. 10. 50, a. m. Chiamate diarroiche ed emissione di due tenia canis — Le chiamate sierose si fanno continue — La sensibilità e la funzione visiva sono conservate. — La lingua pende inerte dalla bocca, pizzicandola la ritira par- zialmente. — Solleva di tanto in tanto la testa ; il respiro torna ad essere celere; ed il polso celerissimo. La pupilla è molto dilatata. 10. 55. Eseguisce dei movimenti, ma presto si stanca. Continua la celerità del respiro e la freguenza del polso. Alle 2 p. m. l’animale muore per arresto del respiro. La miosi perdura dopo morte. Il giorno dopo l’ animale è rigido: — aperta la cavità cefalica, si rinvengono le meningi mediocremente arrossate ed una discreta quantità di liquido cefalo-rachidiano — La massa cerebrale uniformemente arrossata per diffusione di ematina dai capillari sanguigni, come si poteva argo- mentare dalla colorazione più rossa della massa cerebrale attorno i vasi più sviluppati. Nel torace il ventricolo destro e sinistro del cuore con- tratti, ma contenenti dei grumi sanguigni; le orecchiette in diastole e ripiene di sangue aggrumito , allo spettroscopio erano evidenti le due strie di assorbimento della ossiemo- globina. I polmoni di tinta uniforme, rossi, solo alla superficie si potevano osservare dei tratti iperemici ; ipostasi nella porzione più bassa dei medesimi, resistenti al taglio. Dalla superficie tagliata veniva fuori abbondante quantità di mu- co spumoso : — immersi nell’ acqua galleggiavano. * Il ventre aperto è vuoto, contiene un 20 grammi di li- quido trasparente^ alquanto colorato in giallo — fluido di rea- zione acida, ed ha le proprietà chimiche del succo gastrico. ATTI ACC. VOL. XVII. 10 66 RICERCHE SUL VELENO La mucosa dello stomaco non è arrossata , non pre- senta soluzioni di continuo. Gli intestini fortemente iperemici. Nella vescica vi è una piccola quantità di urina , la quale è di reazione indifferente, non contiene albumina nè glucosio ; ed al microscopio si possono osservare dei cri- stalli tipici di fosfato ammonico magnesiaco. — D’altro can- to la vescica non presenta tracce di infiammazione cro- nica nè acuta; nè nelle orine si potè constatare la presen- za di leocociti 0 di epitelio vescicale in abbondanza — Pù- chiamo 1’ attenzione su questo fatto che a me sembra im- portante senza tentare per ora di dare una spiegazione. Il fegato è alquanto congesto ed i reni si presentano in condizione identica. Riassumendo abbiamo adunque nel caso di propina- zione del veleno per la via della bocca, fenomeni irritativi intensi gastro-intestinali , senza trovare al reperto anato- mico, air infuori dell’ iperemia almeno per quanto micro- scopicamente si può rilevare, notevoli lesioni anatomiche. — Disturbi respiratori e circolatori ; caratterizzati dalla fre- quenza, inerzia muscolare senza assoluta paralisi, stupore, con conservazione della coscienza e della sensibilità durante V avvelenamento. Assenza di un periodo convulsivo. Questo quadro sintomatologico e i precedenti , non hanno nulla di comune con quello segnalato dagli autori , citati in principio , in conseguenza della propinazione del veleno della salamandra terrestre; che perciò stesso diffe- risce non solo chimicamente, ma anche fisiologicamente dal veleno che si ricava dal triton cristatus. Prima di chiudere il capitolo dell’azione generale, vo- glio qui tenere parola dell’azione del veleno sulla pupilla. Abbiamo visto che propinando il veleno agli animali si ha sempre miosi, che talora persiste anche dopo la mor- te dei medesimi. — Versando una piccola quantità di ve- DEL TRITON CRISTATTJS 67 leiìo appena estratto, sulla cornea di un coniglio o anche di una rana, si ha miosi quasi immediatamente, e che per- dura per moltissimo tempo , e la pupilla in queste condi- zioni è ancora capace di centrarsi; -come si può constatare facendo cadere un raggio di luce direttamente sulla cornea. Nei conigli non si ha immediatamente arrossamento considerevole della congiuntiva , nè subito dopo intorbida- mento degli elementi della cornea; ma invece si ha produ- zione discreta di lagrime. Riferisco qui una delle esperienze intraprese sulle ra- ne e che seguì per parecchi giorni di seguito. Esperienza 5.“ Sulla cornea di una rana esculenta, viene versato una piccola quantità di veleno estratto di fresco da un tritone. Immediatamente rientra V occhio nell’ orbita , e solo dopo 5 minuti lo rimette fuori protetto dalla palpebra in- feriore; la pupilla incomincia a restringersi e dopo un’ ora la miosi è completa. Il giorno dopo la palpebra inferiore è sollevata, tor- bida rigonflata; la cornea non trasparente con sviluppo di anse vascolari : continua la miosi — Raccogliendo il liquido raccolto tra la palpebra inferiore e la cornea si rinvengono dei leocociti , e prodotti dello sfaldamento epiteliare della mucosa palpebrale, e della cornea. Dopo due giorni i fenomeni infiammatori decrescono , la pupilla ancora miotica , ma meno che nel giorno pre- cedente. Al quarto giorno la pupilla è ancora ristretta ma l’in- fìanimazione è di gran lunga diminuita. Al quinto giorno il miglioramento procede, ma la palpebra inferiore si man- tiene ancora sollevata , quantunque non sia nè rigonfiata nè torbida; al nono giorno guarigione completa. 68 RICERCHE SUL VELENO In conclusione il veleno applicato sull’ occhio determi- na, un’infiammazione temporanea che non lascia lesioni ana- tomiche considerevoli; specialmente relativamente alla tra- sparenza della cornea , e una miosi che dura per molto tempo. CAPITOLO II. Azione sui nervi e sui muscoli— metodo adoperato per queste ricerclie— serie di esperienze per dimostrare Fazione sui nervi — stato speciale die in essi determina il veleno — azione sulla midolla spinale — la sensibilità è poco modificata per 1’ azione del veleno. Sulle rane fu principalmente studiata l’azione sui nervi e muscoli, sia perchè questi animali tanto bene si prestano per codesto metodo di ricerche , come anche perchè è tanto facile e comodo il potere moltiplicare le esperienze. — Il metodo adoperato per la ricerca dell’azione sui nervi e sui muscoli, è in generale e con poche modiflcazioni quello classico che il Bernardt ha introdotto in fisiologia ; quan- tunque nei casi in cui V avvelenamento si prolunga , e si sopprime la circolazione in un arto , i fenomeni che sui muscoli 0 nervi si riscontrano, sono combinati a fenomeni puri e semplici di sottratta influenza circolatoria. Esperienza r Sotto la cute del dorso di una grossa rana fu intro- dotta una miscela di 4 gocce di veleno tri tonico ed acqua; dopo avere legati i vasi al 3® inferiore della coscia destra e tagliata circolarmente la pelle; per impedire che la cir- colazione nell’arto si facesse al disotto della legatura anche per la via della pelle. — Fu con cura anche isolato il nervo. Ad avvelenamento progredito, eccitando il nervo del- r arto a vasi legati , con corrente debolissima ; forte con- DEL TRITON CRISTATUS 69 trazione dell’ arto; eccitando il muscolo gastrocnemio con- trazione limitata. Dopo la morte dell’ animale. — Eccitando il nervo del- r arto a vasi legati : — debole contrazione dell’ arto, ecci- tando il muscolo contrazione debole. Air altro arto eccitando il nervo nessuna contrazione, con corrente della intensità eguale alla precedente, ecci- tando il muscolo contrazione debolissima della porzione in- terpolare. In conclusione nell’ arto sottratto all’ influenza del ve- leno per soppressione della circolazione , la eccitabilità si indebolì ma si conservò debole per un tempo più lungo che non nell’ arto preso del veleno , dove appena la sola porzione di muscolo compresa nello spazio interpolare rea- giva leggermente. Tanto nel nervo che nel muscolo il veleno ha spiega- to un’azione, che può essere interpretata come tendenza a diminuzione dell’eccitabilità, che nel nervo non sottratto al- T influenza circolatoria fu molto più pronunziata ; fino ad aversi l’abolizione della sua funzione. Esperienza 2" Una grossa rana è avvelenata alle ore 9 72 con tre gocce di veleno. Alle ore 3 p. in. il cuore pulsa debolmente e lentis- simamente. La corrente eccitante è data da una pila Bunsen ed il rocchetto a slitta ordinario. La spirale indotta è a 29 della scala. eccitando il nervo — contrazione debolissima , * il muscolo > più forte É decapitata una rana e messi allo scoperto nervi e muscoli di un arto quando l’avvelenamento non è pronun- ziato nella rana avvelenata. 70 RICERCHE SUL VELENO Eccitando poi dopo con la medesima intensità di corrente il muscolo — discreta contrazione eccitando il nervo — contrazione fortissima. Anche in questo caso adunque abbiamo che il nervo ha perduto , nella rana avvelenata della sua eccitabilità. INIentre nella rana normale le condizioni di eccitazione pro- ducono effetti, che normalmente si sogliono riscontrare. Esperienza 3“ Si fa con una forbice una larga incisione subacute del dorso di una rana e si introducono due gocce di veleno alle ore 12 m. I fenomeni di avvelenamento procedono len- tamente — alle 6 p. m. è messo allo scoperto con cura il nervo, dopo la morte dell’ animale ed il muscolo dell’arto corrispondente. Eccitando il muscolo — manifesta contrazione » il nervo — nessuna contrazione In questo caso 1’ avvelenamento procedette lentamente quindi è a supporre che l’azione suH’organismo fu più pro- nunziata, le alterazioni dei tessuti più accentuate , perchè il veleno ebbe tempo di raggiungere le più inacessibili parti dell’organismo vivente, ed è per questo che io credo che il nervo attaccato più prolungatamente dal veleno perdet- te completamente la sua eccitabilità. Esperienza 4^ Alle h. 9 a. m. viene fatta ad una rana sotto la cu- te del dorso un’iniezione di 2 gocce di veleno in acqua. Quando la rana era in preda al torpore vuol dire ad avvelenamento progredito, alle Ila. m. viene come al so- lito messo allo scoperto il nervo ed i muscoli della coscia. Eccitando il nervo — forte contrazione dell’ arto. » il muscolo — contrazione meno forte. DEL TRITON CRISTATUS 71 Nel caso adunque in cui 1’ avvelenamento non lia de- terminato la seconda fase, cioè non ha spiegato un’azione più intensa, allora il nervo si conserva ancora eccitabile — In questo caso rinforzando la corrente ed eccitando il nervo era possibile avere il tetano dell’altro arto, mentre nelle precedenti esperienze non si ebbe mai tetano per la ecci- tazione elettrica. Riassumendo adunque abbiamo che il nervo è eccita- bile durante 1’ avvelenamento , e che gli eifetti della ecci- tazione del nervo sono più marcati, che quelli che si ot- tengono eccitando il muscolo. — Viceversa poi dopo la mor- te dell’ animale, nel nervo 1’ eccitabilità si spegne prima; mentre nel muscolo quantunque indebolita, continua per molto tempo. L’ eccitabilità dei grossi tronchi nervosi non è dunque abolita ma notevolmente modiflcata , modificazione consi- stente in una disposizione a spegnersi non appena vengono sottratti all’ influenza delle condizioni fisiologiche della vita. Istituì anche una serie di esperienze del genere delle precedenti, di confronto, per determinare la durata dell’ec- citabilità dei nervi nelle rane in condizioni fisiologiche nel- la stagione durante la quale intraprendevo le esperienze. Per far questo , avvelenai una rana come le precedenti e quando i fenomeni di avvelenamento furono pronunziatis- simi ed il cuore stava per. fermarsi , uccisi una rana per decapitazione e distruzione del midollo e del cuore, scoprii i nervi nelle due rane e feci delle eccitazioni a periodi equi- distanti e con la medesima intensità di stimolo; ed in que- sto caso mi fu possibile rinvenire una differenza notevo- lissima. , L’ eccitabilità nella rana semplicemente uccisa si man- teneva per un tempo incomparabilmente maggiore che nel- la rana avvelenata, dove non solo facilmente si esauriva , ma si spegneva molto tempo prima. 72 RICERCHE SUL VELENO Si è già visto nel corso di queste esperienze die i muscoli conservano più a lungo la loro eccitabilità; prima però di esaminare le modificazioni funzionali dei muscoli volontari per effetto dell’ avvelenamento , esporrò altre esperienze die portano nuova luce sul fatto avanzato, che 1’ eccitabilità nervosa dopo morte si spegne rapidamente ed in vita si modifica nel senso che si esaurisce facilmente. Esperienza 5, A due rane A. B. che avevano dimorato poco nel la- boratorio, furono messi allo scoperto i nervi dei due arti addominali. Nell’ una A fu prima legato e quindi tagliato in modo da restare protetta dal nodo, la superfìcie del moncone pe- riferico del nervo : Nell’ altra B fu lasciato , il nervo , al difuori di un nodo che comprendeva la pelle i tessuti com- presi i vasi dell’arto. Questo nervo fu protetto dal dissecca- mento con un lembo di pelle, quindi le due rane di egual mole furono alle li. 9 Vs avvelenate con quantità eguale di veleno. Alle ore 3, 20 le due rane erano morte. rana A | rana B a nervo tagliato , a vasi legati eccitando il moncone i forte centra- stimolando il nervo ( . i -i periferico ì zione dell’ arto legato ( mec^tabile eccitando il nervo i, debole eccitando il nervo ( . -f i -i dell'altro arto integro \ contrazione 1 dell’ arto integro \ ® In questo caso la stimolazione era elettrica, ma il fatto più interessante è questo ; — stimolando meccanicamente il moncone periferico dell’ arto a nervo reciso dopo la legatura , si avevano delle contrazioni della zampa corri- spondente, osservazione che è più concludente che la sti- molazione elettrica. DEL TRITON CRISTATUS 73 Qui abbiamo che la eccitabilità si spense rapidamente negli animali avvelenati , e questo, tanto nel caso in cui fu soppressa la circolazione di un arto al quale il nervo si distribuiva, quanto in quello in cui fu lasciato il nervo in comunicazione con i centri nervosi; come nel caso simile ai precedenti che si lasciarono fisiologici rapporti di continuità dei nervi e di circolazione. Viceversa poi feccitabilità di un nervo fu conservata quando il medesimo non era più in rapporto di continuità con i centri nervosi prima dell’ avvelenamento. — Queste conclusioni sono poi legittime perchè nei quattro arti i mu- scoli rispondevano alla eccitazione elettrica. Esperienza 6® Come nella precedente esperienza, fu alla rana A ta- gliato il nervo dopo avere protetto come al solito con una legatura 1’ estremo periferico. Alla rana B furono legati i vasi e reciso il femore; al- le ore 2, 40 furono avvelenate: dopo la morte. rana A rana B a nervo taglialo eccitando il nervo \ nessuna deir arto integro i contrazione a vasi legati stimolando il nervo \ nessuna dell’ arto integro j contrazione eccitando il nervo \ forte deir arto operato \ contrazione stimolando il nervo dell’arto a vasi legati nessuna con- trazione Questa esperienza concorda con la precedente, si noti però che nei muscoli l’eccitabilità maggiore era nell’arto a vasi legati. Esperienza T f Come nel caso precedente furono iniettate a due rane dosi eguali di veleno, dopo avere nell’ una tagliato il nervo e nell’altra legati i vasi, e questo alle ore 6 p. m. ATTI ACC. VOL. XVII. 11 74 RICERCHE SUL VELENO Alle ore 11 p. m. giudicando che la dose propinata ai due animali non era sufficiente ne fu propinata una nuova quantità. Alle ore 2 p. m. del giorno successivo erano inecci- tabili e muscoli e nervi, e solamente erano ancora ecci- tabili i muscoli della zampa dove il nervo era stato reci- so e prima legato. Evidentemente in questo caso se non si potè sorpren- dere P eccitabilità nel nervo, si fu solamente perchè l’osser- vazione fu fatta molto tempo dopo la morte dell’ animale, ma si potè luminosamente dimostrare l’eccitabilità dei mu- scoli di quell’arto : questa osservazione a me non sembra sprovvista d’ importanza. Le condizioni circolatorie dei mu- scoli evidentemente erano identiche a quelle dell’altro arto. Il veleno aveva egualmente invaso e muscoli e nervi di tutte e due gli arti, malgrado questo in quelli dove i rapporti nervosi erano invariati si ebbe più presto e com- pletamente la paralisi , che non nei muscoli dove i nervi non erano in rapporti di continuità con i centri nervosi. Senza avere la pretesa di richiamare e ricondurre in campo la quistione se 1’ eccitabilità muscolare dipende o è indipendente da quella nervosa a me pare che oltre il po- tere conchiudere che questa esperienza va di accordo con le precedenti : che sia buona logica ammettere che nel mec- canismo della contrazione muscolare esclusivamente vi abbia moltissima parte l’integrità dell’eccitabilità nervosa. In quest’ultimo caso la maggiore eccitabilità di que- st’ arto non può andare di accordo che con la durata maggiore dell’ eccitabilità delle fibre nervose di distribu- zione periferica, dove la eccitabilità nei casi ordinari è la ultima a spegnersi. Io credo inoltre che queste esperienze legittimano un’ altra conclusione — Tenendo presente che il nervo tagliato si conserva per tanto tempo ineccitabile quantunque le sue diramazioni periferiche vengono in con- DEL TRITON CRISTATUS 75 tatto con il veleno, bisogna non solo ammettere che l’ av- velenamento non ha luogo in queste fibre di distribuzione periferica in modo notevole, ma che piuttosto la influenza venefica si propaghi per lo intermezzo del centro nervoso e proceda dal centro verso la periferia; di guisachè resta a parer mio giustificato quella maniera di vedere che cre- de ad un’influenza velenosa sui centri esclusivamente, sen- za che le condizioni delle diramazioni nervose periferiche abbiano a subirne una notevole modificazione. Messo ad ogni modo in sodo questo fatto; che i nervi per razione del veleno acquistano una particolare suscettibilità che li di- spone al facile esaurimento ed alla cessazione completa della loro funzione, più di quanto certamente non avvenga nelle rane semplicemente uccise; e che questa influenza le viene principalmente per via esclusivamente nervosa; pare inoltre che si propaghi dal centro verso la periferia. Prima di procedere oltre, siccome quest’ ultima con- clusione mette in sull’ avviso sull’ azione probabile del ve- leno sui centri nervosi ; riferisco qui , prima di occuparmi dei muscoli alcune esperienze riguardanti l’azione del vele- no sulla midolla spinale, che alla loro volta giustificano la maniera di diffusione della perdita di eccitabilità dei nervi. Esperienza 8^ Ad una rana viene fatta la sezione della midolla, ver- so la metà circa della colonna vertebrale, e viene versata sotto la cute del dorso una soluzione di veleno in modo da venire in contatto con la superficie recisa della midolla. — Quasi immediatamente gli arti addominali sono presi da convulsione fibrillare. Gli arti toracici in rapporto con il centro cerebrale, molto meno ; quantunque pigliando fra le dita i muscoli degli arti addominali al momento del contatto specialmente 76 RICERCHE SUL VELENO si può apprezzare un movimento fibrillare ma molto meno pronunziato e di durata più corta — 10 minuti dopo i nervi degli arti addominali erano eccitabili e sensibili agli stimoli meccanici ; mentre 1’ animale che più non respi- rava e presentava il restringimento pupillare , era ancora capace di muoversi con i soli arti addominali che appa- rentemente non avevano presentato fenomeni notevolissimi. Abbiamo adunque che la sezione periferica della mi- dolla tagliata è principalmente stimolata in modo da dare fenomeni di movimento che mai si erano osservati negli animali avvelenati nel caso che la midolla nell’animale fos- se integra. Esperienza 9"^ Furono prese due rane A e B; una A fu avvelenata , l’altra B fu lasciata integra per confronto. Quando i fenomeni di avvelenamento furono pronun- ziati, uccisi per decapitazione e distruzione del cuore la rana B, e la lasciai accanto all’altra avvelenata; non appena il cuore cessò di battere in quest’ ultima; fu anche essa decapitata e distrutta la midolla introducendo un ago nello speco vertebrale; ebbene in questo caso non ottenni mai contrazione degli arti, anche pigliando la precauzione come feci nelle esperienze successive, di stringere fra le dita i muscoli della gamba. Viceversa distrudendo la midolla della rana di para- gone costantemente ottenni movimenti convulsivi degli arti. In questo caso adunque non potendosi ammettere come causa dell’abolizione dell’eccitabilità della midolla spinale la durata dell’ avvelenamento , ovvero ammettere che la midolla perdesse la sua eccitabilità per fenomeni cadaverici puri e semplici, perche abbiamo visto che uccidendo quasi contemporaneamente una rana non avvelenata quivi po- DEL TRITON CRISTATUS 77 temmo riscontrare la persistenza della eccitabilità; è giuo- coforza ammettere che questa modificazione funzionale della midolla è in rapporto con l’azione spiegata dal veleno. Malgrado questo, bisogna potere eliminare il dubbio, che la eccitabilità della midolla venisse conservata e che non potesse estrinsecarsi perchè i cordoni nervosi non fossero più capaci di trasmettere l’ impulso motorio ai muscoli ; quindi l’esperienza fu variata in questo modo. Esperienza 10“ Come nel caso precedente furono prese due rane A e B. La prima A fu avvelenata e la secanda B fu uccisa quando i fenomeni di avvelenamento erano pronunziati. Nei due arti della rana A furono messi allo scoperto i nervi ischiatici e stimolati leggermente, quando ravvele- namento ancora non era completo, e la rana B fu decapi- tata; ebbene in questa con la stimolazione meccanica che fu limitata ad un solo nervo, e con quella elettrica debo- lissima si ottenne contrazione dell’ arto corrispondente. — Distrudendo il midollo nessuna contrazione nella rana A e forte contrazione nella rana B. Con questa esperienza io credo avere eliminato il dubbio che r assenza delle manifestazioni eccito-motrici dipendes- sero esclusivamente da difetto di conduzioni, ovvero da al- terazioni dei grossi tronchi nervosi. In conferma di quanto ho asserito nell’ esperienza 8“ riferisco un’esperienza tentata sugli animali superiori. Esperienza IP • Coniglio del peso di grammi 475 Viene messo allo scoperto la midolla spinale alla metà circa della colonna vertebrale e fatta una prima sezione. — 78 RICERCHE SUL VELENO Ad un centimetro più in su di questa sezione viene prati- cato un nuovo taglio della midolla e questo per impedire che il veleno avesse contemporaneamente a stimolare le sezioni centrali e periferiche della midolla tagliata, sia che venisse esclusivamente applicata o sull’ uno o sull’ altra superficie. Fu quindi con un histore applicato del veleno tritonico sulla sezione centrale della midolla, l’ animale non si agitò nè si scompose, nò gli arti toracici furono presi da con- vulsioni. Applicando viceversa il veleno sulla superfìcie perife- rica, si ottenne convulsioni degli arti addominali. Iliassumendo adunque abbiamo dalle connate espe- rienze; che il veleno spiega un’ azione principalmente sugli elementi motori della midolla spinale, abolisce la loro ec- citabilità. — Che arrivando per la via del sangue, abolisce il potere eccito-motorio, senza produrre fenomeni di iperec- citabilità temporanea: mentre applicato localmente sulla superficie cruenta della midolla produce un periodo convul- sivo degli arti sottoposti al taglio temporaneo, seguito da un riposo permanente. La conclusione per i cordoni deputati al movimento è molto più legittima , di quella che non sia per le fibre di senso perchè di risultato negativo, e nasce quindi il dub- bio di cause possibili di errore. Ma in conferma di quanto superiormente ho accennato relativamente alle fibre di senso, riferisco qui alcune esperienze intraprese con il pro- ponimento di chiarire l’azione sulle fibre di moto. Esperienza 12* Fu tagliata ad una rana alla metà circa dello speco ver- tebrale la midolla spinale, lasciando aderente le due sezio- ni per un piccolo tratto di midolla che fu risparmiata. DEL TRITON CRISTATUS 79 Stimolando meccanicamente o meglio con acido acetico le zampe addominali si avevano dei movimenti, gli atti ri- flessi non erano aboliti adunque. Fu quindi con il metodo ipodermico avvelenata, e quan- do r avvelenamento era progredito stimolando meccanica- mente 0 meglio versandovi sulla pelle delle gambe con una bacchettina dell’acido acetico, non si ebbe movimento alcu- no negli arti inferiori al taglio; i riflessi nel treno poste- riore erano aboliti; al contrario poi anteriormente si aveva movimento degli arti e segno di molestia ad ogni stimola- zione locale. L’ animale percepiva l’ azione molesta dell’ a- cido acetico. Cosa era adunque avvenuto in questo caso : Dopo la sezione della midolla, il movimento riflesso era conservato nel treno posteriore, ma quando il veleno incominciò a spie- gare la sua azione; si ebbe come risultato l’ abolizione del- l’atto riflesso. — Abolizione che poteva aver luogo, o per azione sull’ apparato nervoso sensitivo, o sul corrisponden- te apparato motorio; ma il sensitivo , pare essere rimasto integro inquantocbè l’ animale percepisce la stimolazione al treno anteriore. Adunque in questo caso dell' apparato midollare rifles- so, chi veramente è stato principalmente interessato è il motorio, sono le cellule nervose motrici quelle che princi- palmente sembrano interessate, in quantochè abbiamo visto che i cordoni nervosi non sono specialmente nei primi pe- riodi di avvelenamento interessati. In altri termini ho tentato di isolare l’ apparato riflesso per quanto è possibile, e lasciare una via limitata di con- duzione ai centri cerebrali per potere avere indizi della peraezione o non percezione delle stimolazioni sensitive. Si potrebbe in flne supporre che la perdita di eccita- bilità degli elementi motori della midolla dipendesse da esaurimento spontaneo per la praticata sezione ; ma isti- 80 RICERCHE SUL VELENO tuenclo delle esperienze di confronto con rane non avvele- nate, non solo ho veduto persistere l’ eccitabilità per tutto il tempo della durata dell’ esperienza , ma continuare per ore dopo 1’ esperienza. Esperienza 13"" Ad una rana furono legati nelle coscie i grossi tronchi venosi, e fissata sopra una tavoletta di sughero in modo che gli arti pensoloni pescassero in due provettine sino al terzo inferiore della coscia, una contenente acqua di fonte addizionata di cloruro sodico, 1’ altra una soluzione allun- gata di veleno in acqua e sale— e questo alle ore 2, 50. In tal modo avendo legato i vasi venosi era sino ad un certo punto impedito il pronto assorbimento , ma aveva luogo una lenta imbibizione dei tessuti immersi, tanto più che avevo preso la precauzione di bucherellare con un ago la cute dei due arti e rendere più pronta la imbibizione, con lo scopo evidente di vedere se il veleno agendo sulle ter- minazioni sensitive , rendesse 1’ arto anastetico. Alle 5, 35 pizzicando i due arti si aveva segni mani- festi che la sensibilità era conservata negli arti immersi. Alle 6, 30 stimolando i due arti 1’ animale si agitava fortemente, l’agitazione era però maggiore stimolando l’arto semplicemente immerso nell’ acqua. Vennero quindi messi allo scoperto i nervi dei due arti e tagliati. Stimolando meccanicamente il moncone centrale del ner- vo dell’ arto avvelenato segni di molestia , stimolando il moncone periferico nessun movimento dell’ arto. Nulla di anormale invece nel moncone centrale e periferico dell’arto sano. In questo caso vediamo anche che le determinazioni DEL TRITON CRISTATUS 81 nervose poco o punto se ne interessano per un contatto prolungato con la soluzione di veleno. Si comprende però Tinteresse lieve che essi presentano; quando si tratta di un veleno, che come vedremo produce guasti tanto seri in organi e tessuti tanto importanti. Convinto come sono, che è improbabile che un veleno il quale attacca con tanta violenza un apparecchio , non spieghi più 0 meno intensamente azione sugli altri appa- recchi deir economia animale. A me pare che l’azione e- lettiva dei veleni non si debba accettare che dentro con- fini ristretti; non esistono delle vere linee di demarcazione nettissime, ma è in generale quistione di quantità più che d’ immunità e di resistenza che oppongono certi apparec- chi ai veleni. Conforme a queste convinzioni, io credo, che il veleno interessi più gli elementi cellulari motori centrali, che i cor- doni motori, e molto meno i sensitivi, ma che anche l’ap- parato sensitivo perda per il veleno porzione della sua integrità funzionale. Per conferma di quanto ho sopra asserito ho voluto ripetere anche 1’ esperienza a quel modo che praticava il Bernard per ricerche di questo genere. Legai nella cavità addominale in vicinanza del cuore i vasi venosi ed arterio- si, che si distribuivano al treno posteriore ; ed avvelenai rapidamente 1’ animale; eccitandolo riusciva nella maggio- ranza dei casi ad avere fenomeni di movimento nel treno posteriore risparmiato dal veleno. A questi fatti bisogna anche aggiungere che finché le funzioni motorie non sono abolite nell’ animale è sensibi- lissimo ad ogni stimolazione; fa degli atti tendenti ad evi- tare» la molestia molto bene concepiti e combinati ad uno scopo determinato , e che quando 1’ avvelenamento riduce l’animale a non potere fare dei movimenti completi, rove- sciandolo sul dorso egli tenta di rimettersi contro il ventre ATTI ACC. VOL. XVII. 12 82 RICERCHE SUL VELENO e se non vi riesce è per deficienza nel potere dei nervi e dei muscoli. Questi fatti che dimostrano nell’animale buoni rappor- ti di sensibilità e condizioni buone di conduzione e perce- zione sensibile, mi fanno inclinare a credere che l’interes- se prevalente del sistema nervoso, è sull’apparato motorio spinale; mentre quello sull’ apparato sensitivo e volitivo è incomparabilmente minore. Chiudo questo capitolo dell’azione del veleno sui nervi con il riportare alcune osservazioni ed esperienze che si riferiscono all’azione sul cervello. Ho già fatto osservare come gii animali avvelenati per la via ipodermica , specialmente presentano modificazioni nel respiro e nei fatti circolatori, ma non esiste un perio- do convulsivo considerevole, dal torpore dei primi momenti si passa insensìbilmente nella maggioranza dei casi , alla paresi e da qui all’ assenza completa del movimento. La inesistenza delle convulsioni generali , in massima potrebbe far credere che il cervello non venisse irritato anormalmente, ma che il veleno agendo gradatamente sul cervello, ne spegnesse la sua attività , come per la midol- la. — Esaminando però 1’ azione sulla midolla spinale, ab- biamo visto che nelle rane a midollo tagliato quasi comple- tamente è possibile ad avvelenamento progredito avere dei fenomeni di sensibilità: altre considerazioni già accennate, mi inducono a credere, che la coscienza, finché i disturbi circolatori e respiratori non sono pronunziatissimi è con- servata ed è l’ ultima a spegnersi — Credo però che il cervello non sia completamente risparmiato, che il veleno agisce anche sulla sostanza cerebrale ma più debolmente che sul midollo spinale. A sostegno di queste idee riporto le seguenti espe- rienze. DEL TRITON CRISTATUS 83 Esperienza 14“ Ad un coniglio fu introdotta una canula nel moncone periferico della carotide sinistra, per dove fu iniettata una soluzione di veleno in una soluzione di cloruro di sodio al 0, 7 7o- — Immediatamente V animale soccombette per ar- resto del respiro, mentre il cuore seguitò a battere e in mezzo a convulsioni estese a tutto il corpo. — Messo allo scoperto il cuore seguitò a pulsare per molto tempo. Evidentemente in questo caso le convulsioni generali erano in rapporto con la stimolazione del territorio di di- stribuzione cerebrale dell’arteria carotide di sinistra. — È interessante osservare in questo caso come la stimolazione si è diffusa da un lato all’altro del cervello, quantunque la istantaneità dell’ accesso convulsivo non autorizzasse ad ammettere un così rapido passaggio del veleno all’ altro emisfero, irrigato dall’altra carotide. Esperienza 15“ Fu legata ad un coniglio 1’ arteria carotide di destra al collo, dopo avere nella giugulare superflciale di destra introdotta una canula di vetro, per dove, con le solite pre- cauzioni, fu iniettata una soluzione di veleno — Immedia- tamente si ebbe l’ arresto degli atti respiratori, convulsioni generali ; ma cessate le convulsioni generali , i fenomeni convulsivi perdurarono a lungo, nel lato opposto all’arteria legata, a sinistra, dove la circolazione cerebrale era al- quanto insufficiente per la legatura della carotide, e soste- nuta solamente dalle diramazioni della vertebrale. * Esperienza 16“ Fu come il precedente preparato un grosso coniglio , ed iniettata per la carotide di destra, una soluzione di ve- 84 RICERCHE SUL VELENO leno nel cloruro sodico , dopo avere legata la carotide si- nistra — si eblaero delle convulsioni generali e dopo i mo- vimenti convulsivi perdurarono come nel caso precedente a sinistra esclusivamente. Fin qui i fatti, vediamo ora le interpretazioni attendi- bili dei medesimi. Abbiamo nella prima esperienza arresto del respiro e persistenza dell’ attività cardiaca, per l’ iniezione esclusiva nella carotide. — I fenomeni furono così istantanei, die io giudicai l’arresto del respiro essere dipendente da profon- da modificazione del centro respiratorio cerebrale. — Se a questo si aggiunge anche lo stato convulsivo che immedia- tamente tiene dietro all’ invasione brusca del veleno nel cervello, e non si potrà fare a meno di ammettere che il veleno disturbi grandemente la normale funzione del cer- vello producendo eccitazione in primo tempo e paralisi in secondo tempo. — In effetti gli atti respiratori celerissimi e profondi dapprima, cessano completamente poco dopo e così anche le convulsioni, mentre l’attività cardiaca perdu- ra ancora per qualche tempo ; perchè il cuore in questo caso è scampato all’ azione tossica locale del veleno. Che la cessazione delle convulsioni stia in rapporto con uno stato di esaurimento degli elementi cerebrali , io credo che si possa appoggiare con il fatto , che dopo un periodo convulsivo segue del riposo e poi un nuovo attac- co e cosi di seguito; e con il risultato della esperienza 15“ e 1G“ dove le convulsioni generali non possono essere che in rapporto con la stimolazione prodotta dal veleno nell’e- misfero cerebrale. È poi probabile che le convulsioni che perdurano al lato opposto della carotide legata, siano dovute a questo; che mentre l’emisfero corrispondente è relativa- mente anemico, inquantochò il compenso per 1’ arteria del lato opposto non è così pronto ed immediato, il veleno non invaderà, o per lo meno agirà poco su questo emisfero DEL TRITON CRISTATUS 85 e a preferenza 1’ altro è eccitato fortemente ed esaurito per il contatto immediato con il veleno; neH’emisfero ane- mico , meno attaccato V eccitazione perdura più a lungo perché è più tenue 1’ azione paralizzante del veleno e per questo appunto la funzione eccito-motrice dura lungamen- te. — Del resto io propongo e sostengo come probabili queste spiegazioni e non è mio intendimento di assegnar loro un valore assoluto , convinto della difficolta dello ar- gomento e dalla insufficienza deiresperimentazione in que- sto caso. Azione sui muscoli. Nelle rane avvelenate ordinariamente e nella maggio- ranza dei casi i muscoli erano flosci , non entravano in rigidità , conservati in un ambiente umido , solo in pochi casi mi capitò di vedere irrigidite le rane in condizioni che non potei bene precisare. — Privando della pelle i mu- scoli della coscia, ed immergendoli in una provetta conte- nente acqua distillata impercettibilmente colorata con una soluzione di rosolato neutro di soda, poteva sempre osser- vare che la soluzione si colorava in rosso brunastro ; i muscoli avevano conservato adunque la reazione normale durante il riposo, erano di reazione alcalina. Ilo osservato repiicatarnente che 1’ eccitabilità musco- lare si conserva a preferenza deireccitabilltà nervosa negli animali avvelenati ; quanto alla forma della curva di con- trazione muscolare die noi abbiamo ottenuto con il mio- grafo a leva di Marey nelle rane prese dal veleno, differi- sce delle ordinarie curve di contrazione fisiologiche per il tempo maggiore durante il quale ha luogo la fase di con- trazione e rilasciamento; nei muscoli delle rane avvelenate ha un decorso più lungo — è più alta la curva fisiologica che non quella ottenuta dopo l’avvelenamento. Il rilasciamento ha luogo istantaneamente, quindi l’apice 86 RICERCHE SUL VELENO della curva è molto acuto, mentre è ottuso nel caso che il muscolo appartiene ad una rana morta per avvelenamento. Il tempo latente è alquanto più lungo nei muscoli av- velenati. — Riferisco una delle mie esperienze fatte a que- sto proposito. Staccai ad una rana avvelanata un’arto e intrapresi una serie di determinazioni del tempo latente, con il me- todo ordinario, ed ottenni in centesimi di secondo per il tempo latente i seguenti valori: Determinazione V 2. » 2“ 1. » 3=^ 2. » R 2. Avvelenai il medesimo animale e dopo la morte nei muscoli dell’arto rimastogli ottenni, per il tempo latente: Determinazione Y 3. ^ 2‘-^ 3. 3“ 2 V, » 4® 3. « 5" 3. La costanza di questi risultati , ed il fatto che negli arti in condizioni fisiologiche otteneva un tempo latente breve, anche per ore dopo il distacco deH’animale, mi fanno ammettere che nei muscoli avvelenati il tempo latente è più lungo veramente. I tracciati della fatica dei muscoli striati delle rane avvelenate differiscono da quelli normali per il fatto che le curve della stanchezza presentano irregolarità maggiori lungo il loro decorso ; il muscolo avvelenato stimolato a periodi di tempo eguale e con la medesima intensità che un muscolo sano entra in stato di esaurimento molto tempo prima. DEL TRITON CRISTATUS 87 Son venuto a questa conclusione in base alle seguenti esperienze. Fissai su due tavolette due rane A e B , la rana A fu avvelenata e la rana B no. — Nell’ ultimo pe- riodo delTavvelenamento furono messi allo scoperto i nervi dei due arti e stimolati per mezzo di una corrente indotta e di un interruttore a pendolo a periodi di tempo eguali contemporaneamente, con la sola scossa di apertura, di in- tensità eguale nei due casi, perchè frazionava con due cir- cuiti a fili eguali l’unica sorgente elettrica. Con questa disposizione adunque aveva 1’ eccitazione contemporanea su tutte due gli animali, mentre sul cilindro girante venivano contemporaneamente scritte le escursioni delle due leve^ alle quali erano appesi i muscoli gastrocne- mi degli arti addominali delle due rane. I tracciati dimostrano, che 1’ esaurimento ha luogo mol- to tempo prima nella rana avvelenata. Esperienza 2’' Fu messo con la massima cura allo scoperto il nervo ischiatico ad una rana e passato un laccio attorno alla co- scia in modo da comprendere i muscoli la pelle ed i vasi della radice della coscia — Il nervo fu protetto dal disse- camento per mezzo di un lembo di pelle che veniva rove- sciata sul medesimo. Impedita in fai modo la circolazione dell’arto, fu av- velenata rapidamente la rana con dosi forti di veleno , in modo da avere fenomeni pronti di avvelenamento. E quan- do il medesimo fu pronunziato con il metodo identico im- piegato nelfesperienza precedente, furono ottenuti dei trac- ciati che riportiamo. Vedi flg. I. RICERCHE SUL VELENO 58 Alleile in questo caso l’esaurimento sopravvie^ ne prima nel muscolo avvelenato che non nel- l’arto dove con T impe- dito accesso del sangue fu impedita anche la pe- netrazione del veleno. — Quantunque in questo ca- so r esaurimento logica- mente doveva aver luogo nell’ arto privo di circo- lazione; se neH’altro arto il veleno non ispiegasse azione, perchè non privo di circolazione. Nei tracciati ottenuti con i muscoli avvelenati non solo si osserva il facile esaurimento , ma anche una speciale irre- golarità nell’ andamento della fatica , vedi trac- ciato qui accanto fig. 1. Il tracciato della fati- ca muscolare piccolo ap- partiene all’ arto avvele- nato, e quello che lia i caratteri e 1’ andamento di un tracciato normale appartiene all’ arto ri- sparmiato dal veleno. DEL TRITON CRISTàTUS 89 CAPITOLO III. Azione sul cuore e suirapparecchio respiratorio — Il veleno agisce in modo differente sul cuore dei differenti animali — Diminuisce in breve tempo il numero delle rivoluzioni cardiache nelle rane — Il movimento si spegno prima alla punta del cuore nei medesimi animali — Iniettato nella giugulare superficiale dei cani aumenta il numero delle rivolu- zioni cardiache, e fa crescere la pressione sanguigna, determina quindi il tetano del cuore — Propinato il veleno per la via ipodermica, agisce lentamente sul cuore ed iniettato nella carotide produce 1’ arresto del respiro istantaneamente — Per la via ipodermica diminuisce il numero degli atti respiratori e li aumenta in secondo tempo , produce infine l’arresto. Una speciale azione ha il veleno, suU’organo cardiaco; r interesse non è però eguale , se si tratti di animali a sangue caldo o di animali a sangue freddo. — Il veleno inoltre, spiega marcatamente differente azione sulla parte innervata e sulla porzione prevalentemente muscolare o punta del cuore. Esperienza U Grossa rana alla quale fu staccato lo sterno e lasciato il cuore coperto del pericardio, e fissata contro il dorso — Prima deiravvelenamento dava: b. 4. 30 60 » 4. 42 32 » 4. 47 24 » 5. 15 12 » 5. 52 12 > 6, 10 00 In conseguenza adunque di una dose esagerata di ve- leno, abbiamo una rapida diminuzione nel numero delle ATTI ACC. VOL. XVII. 13 90 RICERCHE SUL VELENO pulsazioni cardiache nelle rane; mi limito a riferire su que- sto proposito questa sola esperienza , perchè vedremo la conferma di questi fatti quando daremo la grafica dei moti cardiaci in rane avvelenate. Dopo la morte dell’ animale il cuore presentavasi con il ventricolo contratto non contenente sangue ed anemico , le orecchiette ripiene di sangue enormemente, da assume- re un aspetto bernoccoluto ; verso la faccia sternale del muscolo cardiaco si osservavano dei punti ecchìmotici di varia dimensione. Restava a determinare se questi punti erano dovuti ad iperemie o a veri stravasi sanguigni — A me pare avere defluita la quistione nel seguente modo : sul cuore estratto dagli animali di recente, ed in vicinanza di questi punti dei quali se ne doveva definire la natura, applicava gli elet- trodi della corrente elettrica , e si aveva la scomparsa di questi punti, il muscolo cardiaco in questo stato contrae- vasi ed il sangue accumulato in quel distretto capillare, per effetto della contrazione muscolare veniva meccanicamente distribuito a tronchi di maggiore capacità, ed il punto ec- chimotico diventava di colorito eguale al restante organo cardiaco. — Nel caso di veri stravasi le cose sarebbero de- corse in modo differente , per 1’ accollamento delle pareti capillari lacerate e beanti e per i trombi fibrinosi formatosi nel lume del vase, era impossibile divenuto il ritorno del sangue estravasato dentro i capillari, e dato questo caso, poco probabile, avremo avuto sempre una tinta più bruna nel punto ecchimotico per finfiltro della materia colorante sanguigna disciolta in questi casi nel siero sanguigno che avrebbe imbevuto il connettivo interflbrillare del muscolo cardiaco. In questa circostanza adunque si avevano delle stasi parziali nello spessore del muscolo cardiaco. Simili fatti però non li ho riscontrato costantemente DEL TRITON CRTSTATUS 91 in tutte le rane avvelenate , e mi è parso perfino di no- tare che fossero in legame con lo stato di deperimento delle rane; così nelle rane che avevano soggiornato a lun- go nel laboratorio era più facile riscontrarlo. — Nè tale os- servazione è esclusiva del muscolo cardiaco , inquantochè non raramente fenomeni simili potei constatare nel muscolo gastrocnemio della rana. Per meglio precisare V azione sul cuore riportiamo qui alcuni tracciati di cuore di rane avvelenate ottenute adoperando una delle ordinarie leve cardiografiche prov- viste di un bottone di midollo di sambuco a superficie piccolissima, che veniva adagiata sulla faccia sternale del ventricolo cardiaco. Vedi fig. 2. Esperienza 2^ Ad una grassa rana veniva tagliato il midollo in alto, messo il cuore allo scoperto, e fissato sopra una tavoletta. Furono prima ottenuti dei tracciati in condizioni normali. Per vedere inoltre le modificazioni dipendenti dagli sposta- menti del bottone della leva sul cuore, fu quest’ ultimo ap- plicato una volta molto vicino alla punta, un’ altra verso la base, ed una terza verso il margine sinistro del cuore; in tutte e tre i casi i tracciati presentano delle differenze notevoli; vedi tracciati a b c fig. 2“ ottenuti prima dell’avve- lenamento : ragione per cui in generale a questi tracciati attribuisco un valore in quanto al numero dei battiti cardiaci e annetto poco importanza alle leggiere modalità, che po- trebbero essere in rapporto con i mezzi insufficienti di os- servazione. Alle ore 9. 41 a. m. viene fatta un’ iniezione sotto la cute delle natiche di 4 gocce di veleno mescolato ad acqua semplice. Si può dal tracciato qui annesso rilevare come il nu- mero delle rivoluzioni cardiache diminuisce rapidamente 92 RICERCHE SUL VELENO e presenta delle modificazioni che non sono in rapporto con le cause di errore da addebitarsi all’apparecchio. Inoltre il movimento in questo caso si spegne e prima a smettere di funzionare è la punta da dovere la perdita di movimento si diffonde verso la base gradatamente. Il mo- vimento alla base resiste molto di più, in effetti spostando il bottone della leva dalla punta alla base si possono ot- tenere ancora dei tracciati. Flg. 2. EJgiacchò qui cade a proposito riferiamo quello che abbiamo osservato quanto al modo come procede la per- dita del movimento nel cuore. DEL TRITON CRISTATUS 93 Abbiamo detto che la punta del cuore è la prima a cessare dì funzionare, e questo avviene in molti casi di av- velenamento; dalla punta poi, con il procedere dell’ azione tossica il movimento diminuisce gradatamente verso la base. Dove molte volte non solo è possibile vedere persìstere a lungo il movimento contrattile quando è da un pezzo cessato quello della punta, ma bensì si può osservare dei punti cir- coscritti, delle vere ìsolette fluttuanti attorno a punti inerti specialmente verso la fine dell’ avvelenamento. La porzione non innervata, muscolare del cuore è la prima in molti altri casi a subirne le conseguenze dell’av- velenamento, ho ragione di credere, quantunque non si ha il beneficio della osservazione diretta , che quelle porzion- cine circoscrìtte, quelle isolette, siano la sede dei gangli cardiaci , e che unicamente per 1’ azione poco perturbata dei gangli nervosi vediamo quei punti circoscritti resistere con intensità maggiore all’azione paralizzante del veleno. — Questo fa supporre che veramente la fibra muscolare non diventi immediatamente inattiva per azione immediata dal veleno sulla sostanza contrattile, ma che le manchi esclusi- vamente un quid, qualche cosa, che è stimolo incitamento alla funzione, scintilla alla polvere , che viene abolita dal veleno — inquantochè vediamo che nei posti innervati il mo- vimento muscolare persiste quantunque abbiano anche esse subite 1’ azione del veleno , non essendoci altre ragioni vi- cine possibili ed esistendo dei veleni che agiscono in modo inverso sulla punta del cuore. Può darsi che questo quid , sìa quel mezzo interme- diario che il Vulpian ammette esistere tra la terminazione della fibra nervosa e la fibrilla muscolare; mezzo di lega- me ,di congiunzione, non potendo ammettere un’azione pro- fonda sui gangli nervosi del cuore, inquantochè è in cor- rispondenza della loro sede che il movimento persiste a lungo. 94 RICERCHE SUL VELENO Abbiamo visto quali siano le perturbazioni della fun- zione cardiaca qualora il veleno viene amministrato per la via ipodermica negli animali a sangue freddo, ed il cuore in sito , in rapporti normali con gli organi vicini e con il suo sistema di innervazione cerebrale; ci resta ora a ve- dere qual’ è 1’ azione del veleno sul cuore isolato, staccato dall’ animale, ed esaminare quali sono gli effetti, se il ve- leno senza attraversare altri tessuti arriva direttamente alla superficie interna del cuore, o agisce applicato alla sua superficie esterna. Esperienza 3^ Fu staccato un cuore ad una grossa rana — collocato sopra un vetro dava: 56 54 pulsazioni al minuto Fu quindi immerso in una soluzione allungata di ve- leno in cloruro sodico al 0, 7 7o 22 dopo 4 minuti 00 dopo 8 minuti. Esperienza 4^ Furono presi due cuori A e B a due rane, avendo cura di maltrattarli il meno possibile , ed immersi nella soluzione di cloruro di sodio al 0, 7 % <^^ue recipienti separati; la soluzione dove fu immerso il cuore B era av- velenata. A. B. 48 62 al minuto Fu fatta l’immersione alle ore 10 a. m. 28 28 h. 10. 2' 26 b. 10. 4' nessuna contrazione 20 li. 11. 14 nessuna contrazione. DEL TRITON CRISTATUS 95 Quando il cuore A cessò di battere stimolandolo mec- canicamente reagiva e nella sistole ventricolare la punta pi- gliava parte al movimento , stimolando il cuore B si con- traeva ma non eseguiva il secondo tempo della rivoluzione cardiaca. Questo fatto potei notarlo parecchie volte , sti- molando i cuori di rane avvelenate, o meccanicamente ^ o elettricamente si aveva sempre un movimento contrattile definitivo, si accellerava l’entrata in sistole la rigidità del cuore. Nel caso adunque che il veleno agiva primitivamente e maggiormente sulla porzione esterna, periferica del cuore avevamo, un rallentamento dei battiti e cessazione della funzione completa molto più rapidamente che non quando il veleno al cuore perveniva per l’intermediario dei tessuti e del sangue, ed agiva complessivamente su tutta l’economia deH’animale. Esperienza 5” Viene messo allo scoperto il cuore ad una rana e dà : h. 11. 15 batt. 64 viene quindi avvelenata con 4 stille di veleno in acqua salata per iniezione sottocutanea. ore 11. 17 26 » il. 19 25 » 11. 22 40 . 11. 30 cuore fermo. ,11 cuore si presenta con la punta inerte, i diametri laterali cresciuti, gli antero posteriori no. Il cuore fermo in sistole dopo la morte presenta tre lobi, unò rappresentato dalla punta del cuore, l’altro dalla 96 RICERCHE SUL VELENO porzione destra e sinistra del cuore, il veleno anche in que- sto caso produsse prima T arresto della punta e poi delle altre parti. Esperienza 6" Viene messo allo scoperto il cuore ad una grossa rana e dà al minuto primo alle ore 11. 55 48. Viene quindi collocato sul cuore una goccia di veleno senza acqua, immediatamente sistole energica il cuore en- tra subito in tetano , dopo poco batte lentamente non si riempie di sangue e si ha: ore 11. 58 32 > 12. 5 22 » 12. 8 16 > 12. 10 10 Un’azione ancora più energica ha sul cuore delle rane, qualora il veleno arriva rapidamente entro la cavità car- diaca. Esperienza 7^* Fu staccato il cuore ad una grossa rana e collocato neH’apparecchio di R.oi e fatto circolare del siero di sangue di coniglio, evitando la introduzione deH’arria dentro il ven- tricolo pulsante. — Furono in tal modo ottenuti dei tracciati normali che qui riproduciamo. Vedi flg. 3. — Dopo un certo tempo in a fu fatto arrivare aprendo la morsetta dell’altro recipiente, del siero sanguigno di coniglio avvelenato. — Si ebbe immediatamente una piccola serie di oscillazioni poco sensibili e frequenti, dovute evidentemente quest’ultime alla base del ventricolo , dovendo giudicare dall’ altezza delle contrazioni sull’ascissa dopo la cessazione completa, ed il cuore fermo in sistole permanentemente poco dopo 1’ ac- DEL TRITON CRISTATUS 97 cesso tetanico, convulsione tetanica del cuore. Il ventricolo rimase contratto permanentemente * Tig. 3. Qui giova notare, traendo profitto di tutte le osserva- zioni fatte durante lo studio sulla azione del veleno sul cuore, come quest’organo che muore, quasi costantemente resta fermo in sistole; è adunque un veleno sistolico per il cuore. — Nei varii periodi di avvelenamento abbiamo adunque un aumento nella forza sistolica del cuore rilevabile dall’ au- mento di pressione come potremo meglio costatare negli animali superiori, e un rallentamento nelle rivoluzioni car- diache. Esperienza 8“ Piccolo cane maschio volpino , del peso di chilogr. .5 il giorno antecedente era stata propinata, per altro genere di esperienze 26 centigrammi di morfina. Il 27 erasi rimesso : fu messa allo scoperto la vena giugulare superficiale di destra, adattato il cardiografo, ed ottenuti dei tracciati in condizioni normali; fu quindi nella giugulare iniettato con il solito metodo , due gocce di ve- leno, mescolato con acqua distillata; quasi immediatamente incominciarono i disturbi nella pressione sanguigna: si ebbe ATTI ACC, VOL. XVII. 14 98 RICERCHE SUL VELENO elevazione massima e morte dell’ animale con abbassamento rapidissimo nella pressione. ^ Aperto rapidamente il torace il cuore era fermo, era però appena percettibile un leggiero movimento nelle orec- chiette. Esperienza 9^ Cane maschio, di razza bastarda del jpeso di chilogrammi 7 circa. Venne messa allo scoperto la carotide di sinistra e posta in comunicazione con il manometro del chimografo; e la vena giugulare superficiale di questo identico lato; sul torace fu applicato un pneomografo di Marey; mentre per mezzo di un elettro-calamita munita di stiletto , posta in comunicazione con un pendolo elettrico interruttore, si ave- va segnato il tempo. Sul cilindro del chimografo aveva segnato tre trac- ciati, uno R del respiro, uno P della pressione arteriosa, e un terzo del tempo che in questo caso serve anche di ascissa. Riporto nel cpii annesso tracciato per sommi capi le differente curve ottenute. Nella prima sezione A , abbiamo tracciati normali — In corrispondenza del punto a di questa sezione vengono iniettati 8 c. c. di una soluzione al 0, 7 % di cloruro di sodio in acqua distillata , per potere determinare le mo- dificazioni circolatorie che seguivano Cjuesta pura e sem- plice introduzione. — I disturbi nella pressione che succe- dettero seno poco considerevoli; vedi Sezione A del trac- ciato della pressione sanguigna — Non riporto il rima- nente tracciato perchè non presenta altre modificazioni oltre quelle che si osservano dopo a. — Assicurato in tal modo che le iniezioni intravenose di cloruro sodico, non producevano altro disturbo ; iniettai una miscela di due i DEL TRITON CRISTATUS 99 gocce di veleno in h, nella indicata soluzione di cloruro sodico per la giugulare superficiale. — Immediatamente si ebbe abbassamento considerevole nella pressione sangui- gna— con modificazioni nel respiro. Vedi Sezione B. — La iniezione fu fatta in b. Questo abbassamento fu seguito da un aumento pro- gressivo nella pressione; raggiunse un primo massimo che è segnato nella sezione 0 dell’ indicato tracciato. — ^ Dopo leggiere modificazioni tornò ad aumentare superando la cur- va respiratoria come si vede nella sezione D, b. b. Seguì una diminuzione progressiva accompagnata da un eccesso breve e tetanico del cuore , vedi sezione E — Mentre il respiro era completamente cessato. Dopo un bre- ve intervallo seguitarono gli accessi tetanici, con abbas- samento progressivo della pressione , die divenne rapidis- simo negli ultimi momenti della vita dell’ animale. Poco prima ancora che la pressione diminuisse completamente e che il cuore cessasse del tutto di funzionare durava Io stato tetanico vedi fig. 5. Fig. 5. I Queste modificazioni seguirono in 4 minuti dall’ammi- nistrazione del veleno. Nei casi adunque in cui il veleno arrivi rapidamente entro la cavità cardiaca si hanno modificazioni nella pres- 100 RICERCHE SUL VELENO sione sanguigna e a differenza di quello che abbiamo no- tate nelle rane in casi simili, non l’arresto istantaneo, ma relativamente progressivo ; bisogna però pensare , che in gran parte le differenze stanno anche in rapporto con le dosi ; in questo caso si ebbe dose tenuissima di veleno messa in confronto con la mole dell’animale , ma sempre tossica ; mentre nel caso delle rane, la dose è certamente maggiore ma in generale la resistenza che esse oppongono ai veleni anche maggiore. — In alcuni casi esperimentando in questo senso nei conigli, potei parecchie volte osservare, l’arresto quasi istantaneo del cuore in seguito alla propina- zione di grandi dosi per la via della giugulare. — Malgrado questo credo che l’azione del veleno a dosi sempre mortali, ma in quantità minore , produce dopo un certo tempo so- lamente, l’arresto del cuore, mentre nelle rane l’arresto è quasi istantaneo. Qualora poi il veleno sia amministrato per la via ga- strica 0 anche ipodermicamente allora 1’ azione sul cuore è più complessa meno precisa; si possono notare varie fasi nelle perturbazioni cardiache, i moti del cuore ora so- no accelerati ora ritardati, ma in fine quasi costantemente si ha la morte per tetano del cuore. Esperienza 10*^ Ad un piccolo cane fu introdotto pur 1’ esofago entro la cavità gastrica del veleno in dose tossica, e fu alla re- gione cardiaca applicato un cordiagrafo. Il veleno fu lentamente assorbito e l’ avvelenamento durò parecchie ore, durante il quale il numero delle rivo- luzioni cardiache fu variabile: a Q b sono dei tracciati nor- mali di pulsazioni cardiache complicate con le oscillazioni respiratorie del torace — c ò ottenuto 5 minuti dopo la propinazione del veleno, c dopo 15 minuti primi; i seguenti r>EL TRITON CRISTATUS 101 Qualunque sia adunque la via per la (piale perviene al cuore il veleno, ne perturba più o meno intensamente sono ottenuti negli ultimi periodi dell’ avvelenamento. Fiff. 6. 102 RICERCHE SUL VELENO la sua funzione e si va da semplici modalità numeriche all’arresto completo del movimento cardiaco, al tetano, se- guito da alternativi aumenti e sensiÌDilissime diminuizioni nella pressione sanguigna. Azione del veleno sulla funzione respiratoria. Esperienza IP Coniglio giovane del peso di grammi 1200. Fu collocato neirapparecchio destinato a registrare l’an- damento della respirazione. Si ottennero prima una serie di tracciati normali, e quin- di fu fatta un’iniezione ipodermica, acquosa di 3 gocce di veleno tritonico, e a vari intervalli furono presi i tracciati della respirazione con un apparecchio da me immaginato , vedi atti dell’Accad. Gioenia di Catania, Serie 111, Voi. XV. Quanto al numero degli atti respiratori si ebbero i seguenti risultati: tempo ore 3. 20 18 j » 3. 25 18 ' 5' dopo l’avvelenamento » 3. 35 18 » » » 3. 40 20 » » » 3. 45 20 » » » 3. 50 28 » » » 3. 55 24 - - - 4. 00 26 Esperienza 12*^ Numero degli atti re- spiratori in condi- zioni normali Coniglio del peso di gromimi 1200. Fu tenuto il procedimento identico della osservazione precedente. DEL TRITON CRISTATUS 103 ore 4. 30 28 numero degli atti respiratori in condizione normale. 5' dopo r avvelenamento ore 4. 45 32 ^ 4. 50 30 - 4. 55 36 » 5. 00 34 - 5. 5 36 » 5. 10 34 Non riferisco più oltre il resultato di queste due osservazioni in quantocliè fino alla prossimità della morte dell’ animale, i rapporti numerici delle respirazioni oscilla- rono dentro i limiti. che abbiamo testò riferito; si ebbe in questi casi adunque irregolarità numerica degli atti respi- ratori , ma sempre una cifra superiore al normale meno che negli ultimi momenti della vita. Sui conigli adunque abbiamo un aumento nel numero degli atti respiratori. Fatti completamente analoghi, ebbi campo di osservare nei cani nel caso che il veleno fosse propinato per la via dello stomaco. Esperienza 13“ Ficcolo cane maschio del peso di chilogrammi 4 circa. Il veleno fu propinato alla dose di 8 gocce per la via dello stomaco. ore 11. 7 12 atti respiratori in condizioni fisiologiche. 5' dopo r avvelenamento ore 11. 12 14 » 11. 25 14 » 11. 40 16 12. 10 16 12. 20 • 14 » 12. 30 18 104 RICERCHE SUL VELENO Anche in questo caso in cui il veleno arriva lenta- mente in circolo abbiamo un aumento nel numero delle oscillazioni respiratorie, che come nei conigli oscilla sino alla morte dell’ animale entro i limiti che abbiamo accen- nato. Disturbi più considerevoli hanno luogo nella funzione respiratoria qualora il veleno venga propinato a dosi anche piccole, ma introdotte nell’ organismo per la via dei vasi venosi del collo. Esperienza 14* Grosso coniglio del i)cso di grammi 1570. Sono presi dei tracciati respiratori normali che ripro- duciamo , vedi flg. 7." dopo avere messo allo scoperto la giugulare superficiale di destra , e disposto in modo da potere iniettare nella vena sudetta una soluzione di mezza goccia di veleno a piccole riprese. In primo tempo si ebbe una serie di modiflcazione nel- l’atto respiratorio , V inspirazione breve , il primo tempo espiratorio rimpiazzato da uno stato permanente e lungo di dilatazione del torace; l’animale restava con il torace pieno di aria per un tempo relativamente molto lungo — Questo stato non è permanente, a vari intervalli si ripete e modi- fica; finalmente si accentua e* permane quello stato di au- mento nel numero degli atti respiratori, corrispondente a quello che abbiamo osservato nei casi che il veleno sia propinato per la via ipodermica. I tracciati a b c sono normali, dopo viene praticata la iniezione alle ore 3. 10. Ore 3. 15. 11 respiro erasi modificato e rallentato il numero degli atti respiratori. Alle ore 3. 28 c’ è un aumento nel numero degli atti respiratori seguito da rallentamento. Alle ore 3. 35 aumento nell’ ampiezza e nel numero delle escursioni rcsi»iratorie che [lerdurarono fino alla morte dell’ animale avvenuta alle ore 3. 45. Tig. 7 ore 3. 95 ore 3. 28 ore 3. 15 9 f e ore 3. 10 » c b a ATTI ACC. VOL. XVII. 15 106 RICERCHE SUL VELENO Azione più violenta ed energica esercita però il veleno, nel caso die in grande quantità sia propinato per la via delle vene del collo. — In tal caso io ho avuto costan- temente, l’arresto istantaneo della respirazione.— E costan- temente nelle esperienze di questo genere ho veduto spe- gnersi r attività respiratoria, molto tempo prima di quella del cuore. — Il veleno adunque non solo è capace in quan- tità determinata di modificare 1’ attività respiratoria , au- mentando il numero degli atti respiratori , ma di abolirne la funzione in modo quasi istantaneo e prima che altri or- gani toraci, come il cuore desistessero dal funzionare. È così istantanea e violenta la cessazione, che è asso- lutamente improbabile ammettere, un arresto per altera- zioni indotte dal veleno nel parenchima pulmonale o nella massa muscolare deputata al meccanismo respiratorio; ma è più concludente ammettere un’influenza sui centri nervosi, ai quali fanno capo le diramazioni nervose che si distri- buiscono all’apparecchio motore respiratorio, e specialmente al centro cerebrale, non esclusa l’ influenza simultanea sulla midolla. La sola azione del veleno sui vaghi , non basterebbe per ispiegare 1’ arresto istantaneo della respirazione che segue alla propinazione del veleno per la via delle giugu- lari. — Senza con questo escludere 1’ azione esercitata su questi nervi come è dimostrata dalla seguente esperienza. Esperienza 15" Coniglio del jìcso di grammi 1480. Viene messa allo scoperto la carotide di sinistra, ed introdotta nel moncone periferico una canula; vengono come al solito presi i tracciati normali della respirazione. Ad un certo punto è spinta leggermente nel cervello , per la carotide una soluzione di due gocce di veleno tritonico. DEL TRITON CRISTATUS 107 Immediatamente dopo, escursioni rapidissime del torace, te- tano dei muscoli respiratori, poche escursioni a tipo decre- scente, vedi tracciato b, e morte deir animale per cessazione del respiro, vedi punto d del qui annesso tracciato.— Evi- dentemente in questo caso, l’azione diretta è principalmente sul cervello, prima ancora che potesse agire sull’apparecchio respiratorio; ed anche in questo caso si ebbe arresto della funzione respiratoria , mentre il cuore continuò a battere tumultuosamente. — I tracciati respiratori, in questo caso, non Fig. 8. sono identici, ma si avvicinano nel complesso a quelli che ottenni in altra occasione, tagliando al collo i due vaghi ad un coniglio, vedi c, tracciato qui annesso. Ripeto le simiglian- ze in questo caso non sono che grossolane, inquantochè le condizioni dei due animali sono completamente disparate ; malgrado questo però il tipo respiratorio mette sulla via del confronto , ed autorizza , secondo me , ad ammettere un’ azione sui centri cerebrali analoga a quella dipendente dal taglio dei vaghi alla regione cervicale. Dal momento che si vede che i tracciati nei due casi differiscono grandemente da quelli normali si avvicinano 108 RICERCHE SUL VELENO e nel tipo inspiratorio e nell’ espiratorio e nella significa- zione in massima, e differiscono in particolari di secondario interesse. Indipendentemente da questo fatto ultimo e in base alle cennate esperienze, io credo, che si deve attribuire l’arresto istantaneo del respiro, all’ azione del veleno sui centri respiratori celebrali ; azione esauriente che ha per effetto la cessazione istantanea della funzione respiratoria. CAPITOLO IV. Alterazione del sangue e dei tessuti — Formazione di un coagulo fibrinoso nel sangue estratto, per mezzo del veleno tritonico — Il veleno distrude gli elementi morfologici del sangue ed a preferenza i globuli rossi, ri- sparmia il nucleo nei globuli rossi nucleaìi — Piccole quantità di veleno agiscono su grandi masse di sangue — Il sangue presenta in questi casi allo spettroscopio le due strie di assorbimento della ossiemoglobina— Non perde quest’ ultima la proprietà di ossidarsi e ridursi — I tessuti modificano per azione del veleno la proprietà di respirare — ha azione sulle amebe, e sugli elementi anatomici a ciglia vibratili. Qualunque sia la via per la quale la sostanza tossica perviene nel sangue circolante degli animali viventi, abbia- mo in tutti i casi, profonda alterazione nella crasi sangui- gna. — Ho in un capitolo a parte , inserito alla fine del presente lavoro , dimostrato ; che il veleno anziché impe- dire la formazione del coagulo sanguigno , ne aumenta e determina la pronta formazione, che è più resistente del- r ordinario. — Infatti se in due provette A e B, si raccoglie da un vase sanguigno del sangue , in quantità eguale nei due recipienti; ed uno A si abbandona alla lenta formazione del coagulo , mentre l’altro B si fa prontamente coagulare con l’introdurvi una goccia di veleno tritonico: in questo caso si può osservare , che dopo 24 ore in A il grumo si era staccato dalle pareti del vaso, orasi contratto; men- tre il grumo dell’ altra provetta aderiva completamente al vetro , e capovolgendo le due provettine in A veniva fuori il siero sanguigno , mentre in B restava imbrigliato DEL TRITON CRISTATUS 109 fra le maglie della fibrina. — Il grumo adunque in questo presentava dei caratteri differenti. Indipendentemente da questi fatti, il veleno modifica violentemente la parte morfologica del sangue, distrude e globuli rossi e bianchi; quest’ ultimi però resistono meglio alla distruzione che non i globuli rossi. Esperienza T Mescolando una goccia di veleno tritonico, con del sangue estratto da un coniglio, immediatamente il sangue cambia d’ aspetto fisico, diventa trasparente; ed esaminan- dolo al microscopio, non si osservano più elementi morfo- logici, il campo si presenta trasparente ed uniformemente colorato in rosso. Questi fenòmeni si osservano sul sangue del coniglio e su quello anche dell’ uomo : tanto se il sangue è di re- cente estratto dai vasi, come anche nel caso che sia alte- rato per la permanenza in liquidi eterogenei come le urine. Per assistere al procedimento di disfacimento dei glo- buli sanguigni disponevo in questo modo l’esperienza. Esperienza 2^ Collocava una goccia di siero sanguigno contenente glo- buli rossi, sopra un porta oggetti coperto del suo copri og- getti, ed esaminava ad ingrandimento istologico il sangue; preparava in una capsulina una miscela di veleno tritonico ed acqua. Versava una goccia di veleno vicino un lato del copri oggetti, ed aspirava questo liquido dall’altro lato con carta bibula. — Mano mano che il liquido penetrava , i globuli sanguigni, da raggrinzati che erano si rigonfiavano, i bordi diventavano regolarissimi, acquistavano in trasparenza, e perdevano gradatamente la colorazione e così gradatamente decolorandosi non erano più percettibili , scomparivano no RICERCHE SUL VELENO completamente dal campo del microscopio. — In questa condizione non è però esclusa la possibilità, che anziché trattarsi di un vero disfacimento dello stroma, si tratti di modiflcazioni fisiche; in altri termini che diventino tanto tra- sparenti i globuli rossi da non essere percettibili, senza di- strudersi. — Per l’accertamento ho tentato di colorare, con le ordinarie materie coloranti questi corpuscoli rossi, ed ho fatto agire anche sui medesimi la tintura di iodo, ma non mi è riuscito in questo caso di vedere riapparire colorata qualche cosa, che accennare potesse ad una possibile modi- ficazione del protoplasma, anziché al suo completo sfacelo. Esperienza 3“ In una provetta vengono versati grammi 200 di siero sanguigno, contenente in sospensione dei globuli rossi , in quantità tale, da formare una massa omogenea torbida che non lascia vedere, guardando attraverso, gli oggetti inter- posti.— Viene versata la soluzione acquosa di una goccia di veleno. — Immediatamente la superficie del liquido si chiari- fica, diventa di colorito rosso ciliegia si forma una nubecola,^ rappresentata dalla parte non trasparente che gradatamente si dilegua, mano mano che la mescolanza vadi diventando intima. — La reazione del liquido in questo caso é alcalina. — Il potere distruttivo è grandissimo, la diluzione della sostanza tossica é enorme, e la metamorfosi che si opera nel liquido é rapida. — Fatti che mi farebbero inclinare a credere, anziché a processi cbimici puri e semplici, a resistenza di un vero fermento che ne operi la distruzione — Questa spiegazione é lontana dall’ essere accertata, ma serve sino ad un certo punto per comprendere l’ azione distruttiva e- nergica del veleno. Esaminando questo sangue allo spettro- scopio, si vedono nettamente le due strie di assorbimento della ossiemoglobina. DEL TRITON CRISTATUS 111 1/ azione del veleno è poi limitata al protoplasma dei globuli rossi, e non si può egualmente estendere ai globuli saguigni degli animali a corpuscoli nucleati. Esperienza 4“ Grossa rana; viene fattamene coscie un’iniezione acquosa di tre gocce di veleno — morte dell’ animale dopo ore 1 e 30' Viene estratto il cuore e raccolto il sangue dalle orecchiet- te e sottoposto all’ esame istologico — Si rinvengono dei globuli rossi integri altri trasparenti, ed una grande quan- tità di nuclei liberi. Questa esperienza che riassume numerose osservazioni di questa indole , dice che nel sangue circolante e con- tenuto nei vasi, non è così estesa ed energica come nel ca- so che il sangue sia estratto dai vasi e non più sotto la influenza delle cause flsiologiche vitali. Nè questo ha luogo solo nei batraci, e quando il ve- leno arriva nei vasi per Y intermediario dei tessuti, ma an- che nel caso che sia direttamente iniettato entro i vasi san- guigni. Esaminando il sangue dei conigli uccisi, per propina- zione di veleno per via delle vene del collo, il sangue pre- sentavasi ancora numerosamente provvisto di globuli rossi. Abbiamo visto inoltre che il nucleo dei globuli rossi degli animali a sangue freddo è rispettato dal veleno, men- tre è completamente distrutto il protoplasma. Esperienza 5“ , Raccogliendo del sangue di rana sopra un vetro porta oggetti, dove prima era stato collocato del veleno tritonico ed esaminando rapidamente al microscopio è facile vedere una grandissima quantità di nuclei liberi aggruppati , da 112 RICERCHE SUL VELENO principio non deformati, ma che si allungano si schiaccia- no e pigliano la forma eli fuso e si assimilano al reticolo fibrinoso che gradatamente va formandosi. Esperienza 6” Trattando con solfidrato ammonico, del sangue che ha subito T azione dissolvente del veleno, si ha allo spettro- scopio la stria caratteristica dei riducenti ; procurando di fare Toperazione in un vaso chiuso per impedire che Tos- sigeno deir aria abbia ad agire sulla emoglobina Iridotta. Agitando questo sangue in un ambiente dove è conte- nuta dell’aria, ed osservando dopo il sangue, ripresenta le due strie di assorbimento della ossiemoglobina. Quindi non ha luogo una vera decomposizione della emoglobina dei globuli rossi, ma semplice dissoluzione del- la medesima nel siero del sangue. Il veleno non disfa, non discioglie che lo stroma dei glo- buli rossi, ed in parte al siero sanguigno la proprietà di te- nere disciolta la emoglobina rimasta lil>era, senza alterarla. Questi fatti da per se stessi abbastanza evidenti sono anche appoggiati da quell’ altro fatto, che si può con l’a- nalogo procedimento ottenere dal sangue che ha subito r azione del veleno i caratteristici cristalli di emina. Alterazioni delle proprietà iìsiologiohe dei tessuti. Scoperta per opera principalmente del Matteucci , la funzione fisiologica della respirazione dei tessuti, vari fisio- logi si sono occupati di determinare le cause che ne mo- dificano questa proprietà, ed il Bernard nei suoi classici studi sull’azione del curaro, istituì delle esperienze per de- terminare, se i tessuti avvelenati perdono e modificano questa singolare proprietà, indroducendo un nuovo mezzo di indagine dell’azione dei veleni sulla economia animale. DEL TRITON CRISTATUS 113 Per tanto ho voluto anche io constatare quale sareb- be la modiflcazione nella proprietà respiratoria che i tes- suti subiscono per azione del veleno tritonico. Le analisi gassose furono fatte d'estate, in una stanza del laboratorio di fisiologia di Torino, destinata a quest’uso; e che oltre al modo come è fornita di mezzi, riassume tutte le condizioni favorevoli per le esatte determinazioni. Durante il tempo in cui le ricerche furono eseguite la temperatura in detta stanza variò durante le diverse ore del giorno di appena pochi decimi di grado. P^iferisco qui una delle tre esperienze eseguite, omettendo le altre perchè concordi. Esperienza 7“ Furono prese due rane molto grasse; una delle quali fu avvelenata, e ad avvelenamento pronunziatissimo, fu pri- vata della pelle, tagliuzzati i muscoli delle gambe e delle cosce in pezzetti di eguale superficie per quanto questo era possibile, pesati con esattezza sino alla seconda decimale, ed infilzati in serie continua ad un filo e sospese nell’ am- biente di due palloni separati— uno per i tessuti avvelenati e 1’ altro di eguale capacità per i tessuti normali — Peso delle masse muscolari sottoposte ad esame grammi 14. 25. Fu quindi fatta la determinazione volumetrica della quantità di anidride carbonica e di ossigeno , dopo avere lasciati i tessuti a respirare per 36 ore. Per mezzo della potassa caustica e dell’ acido piragal- lico : i due gas erano contemporaneamente analizzati in due provpttine graduate in egual modo, di identica capacità, e controllata la graduazione prima di intraprendere l’opera- zione, che del resto fu condotta secondo le indicazioni del Fresenius chimica quantitativa pag. 954. ATTI ACC. VOL., XVII. 16 114 RICERCHE SUL VELENO La quantità di aria sottoposta ad analisi era uguale nei due casi e si rinvenne. Anidride carbonica emessa dai tes- suti, avvelenati. C.C. 0. 27. Ossigeno trovato in tutto C.C. 14, 64. Anidride carbonica emessa dai tes- suti normali C.C. 2. 7. Ossigeno trovato. C.C. 13. 88. Da queste cifre approssimative, e non scrupolosamente esatte, inquantochè il genere delle esperienze è in disaccordo ed inconciliabile con Tesattezza dei procedimenti cbimici, si rileva, che i tessuti avvelenati hanno presentato poca atti- vità respiratoria ; emettendo una tenue cifra di anidride carbonica ed assorbendo poco ossigeno; mentre quelli nor- mali hanno assorbito più ossigeno ed emessa una quantità incomparabilmente maggiore di anidride carbonica. Il tessuto muscolare adunque e gli altri tessuti, che nor- malmente sono ai muscoli mescolati, presentano nella loro intima composizione delle differenze notevolissime, perdono le loro proprietà intrinseche per azione del veleno , e di- ventano incapaci di spiegare la loro attività fisiologica, che nei tessuti normali dopo la morte dell’ animale suole per qualche tempo continuare. — Questo fatto anche concorda con quanto abbiamo ammesso relativamente all’azione del veleno sui muscoli durante la vita; cioè, che sebbene non si possa considerare come un veleno muscolare, malgrado questo ha un’ azione sul muscolo , caratterizzata da facile esaurimento della funzione contrattile. Che veramente il veleno poi alteri l’ attività dell’ ele- mento anatomico si rileva dalle seguenti esperienze che hanno stretta rassomiglianza con i risultati testé annunziati. Esperienza 8® Viene raschiato con un bistore panciuto la mucosa della volta del palato ad una rana, ed il prodotto del ra- schiamento sospeso in una goccia di soluzione di cloruro DEL TRITON CRISTATUS 115 sodico al 0, 7 7o in un vetro porta oggetti, coperto dal copri oggetti ed esaminato al microscopio , le cellule epiteliari si vedono dotate alcune di movimento di rotazione per azione vivacissima delle ciglia. — In un altro vetro viene collocata una goccia di cloruro sodico al 0, 7 7o dove fu aggiunto una tenue quantità di veleno tritonico, in questo caso esaminando al microscopio il movimento ciliare è più limitato, meno energico ed in capo a 10' 15 minuti primi, il movimento si spegno, mentre nel caso dove la soluzione non fu avvelenata il movimento persiste per molto tempo ancora. In questo caso abbiamo degli elementi anatomici isola- ti, dove si ammette che il movimento dipenda da correnti osmotiche, ovverosia per attività intrinseca degli elementi stessi ed indipendente da ogni influenza nervosa e noi ve- diamo anche in questo caso abolirsi la funzione, per mo- dificazioni esercitate dal veleno sul protoplasma vivente. Questa esperienza io credo confermi luminosamente e metta fuori dubbio che il veleno eserciti una azione deleteria sui tessuti considerati separatamente, ed indipendentemente del loro insieme e della funzione che essi esercitano coìlet- tivamente, sulla quale il dominio nervoso' è indiscutibile. ■ Esperienza 9-'^ Fu collocato sopra un porta oggetti una goccia di li- quido, contenente amebe e batteri!, alle ore 11 72 fu me- scolato a questo liquido del veleno e continuata l’osserva- zione al microscopio. 1 batteri continuarono a vibrare per conto proprio, mentre il movimento nelle amebe fin dal principio divenne menq attivo, e si poteva osservare in alcune il torpore spin- gersi fino alla cessazione della traslazione , ma continuare il movimento del protoplasma. Mandare dei prolungamenti che poi ritiravano. 116 RICERCHE SUL VELENO interessanti erano poi i movimenti che si osservavano entro il protoplasma, veniva da un punto oscuro centrale lanciato alla periferia un corpicciolo e seguiva Timpallidì- mento del nucleo centrale ; ad un certo punto il protopla- sma diventava meno trasparente , e non era più possibile osservare quello che avveniva all’ interno — Dopo un’ ora questi cambiamenti cessarono, la forma divenne regolaris- sima ed il nucleo centrale si poteva percepire distinta- mente. — Giudicai che 1’ amebe fossero morte. Il veleno tritonico agisce anche in questi organismi elementari, abolendo gradatamente la loro attività fisiolo- gica, spegnendone il loro movimento senza dissolvere il protoplasma, esercitando un’ azione differente di quella che abbiamo osservato sui globuli sanguigni rossi. Spiega in questo caso il veleno, un'azione simile e para- gonabile a quella che esercita sugli elementi anatomici della punta del cuore; inquantochè nelle rane avvelenate vediamo gli elementi muscolari della punta del cuore diventare inat- tivi , non capace di muoversi spontaneamente. Azione più energica spiega sugli elementi cellulari epiteliari a ciglia vibratili. CAPITOLO V. Il fenomeno della coagulazione del veleno tritonico. — Il veleno estratto dall’ animale cambia di aspetto fisico — le modificazioni non hanno luogo contemporaneamente in tutta la massa del liquido. — Queste mo- dificazioni sono in rapporto con la scomparsa di elementi morfologici contenuti nel liquido velenoso appena estratto. — La distruzione di questi elementi coincide con la formazione di un reticolo, che ha l’aspetto del reticolo fibrinoso. — Analogia tra il fenomeno della coagulazione sanguigna, e quella del tritone. — Il liquido velenoso appena estratto determina la coagulazione del sangue. — Il disfacimento dei dischi è probabilmente legato all’azione combinata dell’aria e del siero del prodotto ghiandolare. Per esaminare le modificazioni che il veleno tritonico subisce dopo la sua estrazione dell’animale ed esposizione DEL TRITON CRISTA.TUS 117 aH’aria, io raccolgo da un tritone, al quale è stata asciu- gata con cura la pelle, per mezzo della corrente elettrica , in un tubicino il veleno, che geme dalle ghiandole e che si raccoglie all’ apice della coda; tenendo l’animale per la testa in posizione verticale — 11 veleno perde il primitivo colore bianco e l’aspetto omogeneo; si divide in due strati, uno inferiore più denso e l’altro superiore più trasparente; agi- tando il liquido, è possibile constatare dei fiocchi bianca- stri che aderiscono facilmente alle pareti del tubo. — Se- guitando ad esaminare questo liquido, si osserva che gua- dagna sempre più in trasparenza ed in consistenza; ed in capo ad un’ ora circa si è trasformato in una massa molto densa trasparente di aspetto completamente gelatinoso. Se il liquido primitivo viene raccolto dentro un vetrino da orologio, le accennate modificazioni si possono meglio constatare alla periferia, dove lo strato è meno denso, per- chè il liquido monta sulle pareti del vetro per capillarità; ed è anche in questo punto, che prima si accentua la tra- sparenza della massa ; trasformazione più pronta che con tutta probabilità è in rapporto con la più pronta disidrata- zione della massa del liquido , e con il contatto maggiore dell’aria; non si comprenderebbe altrimenti perchè la por- zione più profonda debba essere 1’ ultima a patire le mo- dificazioni che il liquido estratto dall’animale subisce. Estraendo rapidamente dall’ animale una goccia di li- quido, che viene subito collocato sopra un vetrino porta oggetti e ricoperto dal copri oggetti ed esaminato subito al microscopio, si osservano dei grandi elementi cellulari, che come abbiamo dimostrato altrove, tapezzano la parete dell’ acino ghiandolare, mentre in tutta la massa del liquido nuotano un’infinità di dischetti a bordi regolarissimi a con- torni oscuri trasparentissimi, più piccoli in generale che gli ordinari corpuscoli rossi dei mammiferi, appiattiti ed a facce parallele; dei veri dischetti, non è visibile nucleo alcuno ed 118 RICERCHE SUL VELENO il contenuto è omogeneo , visti di coltello sembrano delle linee oscure. Questi disclietti gradatamente diminuiscono ed in un periodo di tempo compreso tra i 20 e 30 minuti primi, nella maggioranza dei casi tutti scompariscono, non è più possibile rinvenirli; mentre la massa è diventata trasparente e molto rifrangente la luce ; In questi casi non è possibile rinvenire i detriti di questi piccoli elementi ed in vece è facile ve- dere dei fioccbi, che hanno tutta l’ apparenza dei fiocchi di fibrina e che prima della delitescenza di questi piccoli ele- menti non era possibile riscontrare. — Questi flocchi hanno ripeto l’apparenza dì flocchi fibrinosi, ed in comune con la fibrina la proprietà di non rigonfiarsi e sciogliersi nell’ acido acetico glaciale, come fa il muco. I grandi elementi cellulari resistono allo sfacelo, ma il loro contenuto diventa più trasparente; e dentro il proto- plasma di questi grandi elementi cellulari è ancora possi- bile rinvenire dei corpiccioli, che hanno tutta l’apparenza dei dischetti testé descritti nella massa del liquido. Dopo questa osservazione, diventava facile • la spiega- zione delle modificazioni fisiche che subiva il secreto ghian- dolare esposto all’aria; evidentemente la colorazione bianca della massa primitiva dipendeva esclusivamente dall’ inte- grità di questi piccoli e numerosissimi elementi, quantunque trasparenti: a quel modo identico che del vetro sottilmen- te polverato, quantunque non abbia perduto per questa mo- dificazione fisica , la sua trasparenza, si presenta obbietti- vamente come una polvere bianca. Una volta fusi e scom- parsi questi piccoli elementi, la massa si presentava omo- genea e trasparente; come il vetro che si può di nuovo ren- derlo trasparente ed omogeneo fondendolo. Si aveva inoltre nel liquido la formazione di fiocchi di aspetto fibrinosi che coincidevano con la scomparsa dei piccoli dischetti. DEL TRITON CRTSTATUS 119 A questo punto V analogia tra il fenomeno della coa- gulazione sanguigna, e le modificazioni che subisce questo segreto ghiandolare, salta all’occhio. Hajmrn nel 1877 aveva nel sangue estratto dei vertebrati descritti certi elementi che egli credeva destinati a diventare globuli rossi, e che perciò chiamò ematoblasti, i quali subito dopo l’estrazione del san- gue dai vasi si alteravano considerevolmente e parve a lui che in queste condizioni pigliassero parte alla formazione del reticolo librino. Più tardi il prof. Bizzozzero accertò r esistenza di questi elementi nel sangue circolante , ne definì con maggiore precisione la forma, trovò il modo di fissarli e di colorarli e determinò con adatti esperimenti, la vera importanza che essi hanno nel fenomeno della coa- gulazione del sangue, e nella formazione del cosi detto trom- bo bianco. Il Bizzozzero aveva veduto ed accennato, come dopo i suoi studi la patologia del sangue si presentava da quel momento in poi, sotto un aspetto completamente nuovo. Le previsioni del Bizzozzero ebbero non è molto una splendida conferma in una importantissima applicazione fatta da G. Hayem. Egli avendo esaminato il sangue di un emofìllico, ed avendolo trovato povero di piastrine sanguigne, pratica al medesimo un’ iniezione di sangue ricco di piastrine, ed ot- teneva come risultato in quel soggetto, la cessazione della infrenabile renoraggia. Per gli studi del Bizzozzero adunque il fenomeno delfa coagulazione sanguigna negli animali superiori è legato , come nel mio caso, al disfacimento di certi elementi incolori da lui denominate piastrine sanguigne. — Egli inoltre ha trovato che tutte le cause e gli agenti che deformano o fa- voriscono il disfacimento delle piastrine, favoriscano la coa- gulazione sanguigna e viceversa quelle che conservano e ne impediscono il loro sfacelo, la ritardano. 120 RICERCHE SUL VELENO Anche nel mio caso gli agenti che producono la pronta delitescenza dei dischetti, producono le modificazioni pron- tissime nella consistenza e nella trasparenza dei liquido. Ma le sostanze adoperate per fissare le piastrine sanguigne, non agiscono che in modo inverso sui dischetti da me de- scritti, ne determinano immediatamente il loro sfacelo. Così mentre la soluzione di cloruro sodico al 0, 7 7o colorata con ematosilina fissa le piastrine sanguigne e le colora , nel mio caso determina la pronta coagulazione, lo sfacelo dei dischi e la deformazione di quelli che restano imprigionati nelle maglie di fibrina, senza colorarle. — L’IIayem aveva trovato che l’acido osmico fissa i suoi ematoblasti, mentre raggrinza e deforma i dischetti in discorso. Ragione per cui non si può conchiudere sull’identità delle piastrine san- guigne e dei dischetti del veleno del triton cristatus ; il quale d’ altro canto non ha nulla di comune con la com- posizione e la deputazione fisiologica del sangue degli ani- mali; presentandosi perfino di reazione completamente acida, mentre è alcalina quella del sangue degli animali e dei li- quidi che ordinariamente coagulano. Fra le cause che favoriscano il pronto disfacimento e la coagulazione del veleno va notata l’elettricità; e difatti applicando gli elettrodi sulla pelle, questi messi indispensa- bilmente in contatto con il succo, si rivestono quasi imme- diatamente di un grumo trasparente, privo di dischi. L’acqua distillata o semplice produce il pronto disfa- cimento — trattando in una capsulina con dell’acqua il prodotto ghiandolare si forma subito un grumo biancastro e che esaminato al microscopio è costituito da maglie del- l’aspetto fibrinoso, che nello interno contengono dei dischi deformati. — Agitando il liquido con la punta di un’ ago, i grumi aderiscono molto facilmente; esponendo questi grumi all’aria dopo poco tempo diventano completamente incolori. Agiscono sfavorevolmente oltre l’acqua le soluzioni DEL TRITON CRISTATUS 121 diluite degli acidi minerali e quelle deir acido acetico. Le soluzioni alcaline si comportano egualmente. Ho voluto -anche vedere se questi elementi favorissero la coagulazione del sangue , guidato dal concetto che se veramente essi sono quelli che determinano la formazione di un reticolo fibrinoso, probabilmente lo avrebbero provo- cato anche nel sangue circolante — e con questo proponi- mento ho fatto la seguente esperienza. Esperienza P In un giovane coniglio fu messa allo scoperto la caro- tide di sinistra, ed introdotta nel moncone cardiaco una ca- nula di vetro, dopo avere con l’aiuto di una morsetta impe- dito il passaggio del sangue nella canula di vetro. Fu quindi in questa canula fatto colare una goccia di veleno estratto di recente ed aperta quindi la morsetta; il sangue penetrò nella canula e sarebbe certamente venuto airesterno, perchè era stata lasciata aperta all’altro estremo se non si fosse coagulato immediatamente in modo, da reggere alla pres- sione arteriosa. Furono prese quindi due provettine di vetro, ed in fon- do di una di esse fu versato una goccia di liquido con dischi , fu pure nelle due provettine contemporaneamente versato del sangue arterioso in quantità eguale : si formò immediatamente nella provetta contenente il veleno del tri- tone un coagulo nerastro, molto più denso, che non nella provetta di paragone. — La separazione del siero fu più pronta ed abbondante nel primo caso, anziché nel secondo. Per questi fatti io credo potere conchìudere: che il se- greti) ghiandolare cutaneo del triton cristatus, non impe- disce la coagulazione del sangue dei mammiferi, ne deter- mina anzi la pronta coagulazione. Se quest’ azione dipende poi dalla porzione liquida del ATTI ACC. VOLi XVII. 17 122 RICERCHE SUL VELENO prodotto ghiandolare o dagli elementi morfologici che si disfanno, non essendo possibile il potere separare la parte liquida dalla solida con la filtrazione, per la pronta defor- mazione degli elementi morfologici, ho lasciata questa qui- stione insoluta — Dal canto mio traendo profitto degli studi del Bizzozzero, fatte con piastrine sanguigne e liquidi proplastici, sono inclinato a credere che siano gli elementi morfologici, i dischi, quelli che determinano anche nel caso della coagulazione sanguigna la pronta formazione del coa- gulo.— Non essendo però la cosa dimostrabile direttamente rientra nel numero delle opinioni probabili. Vediamo ora se è il caso di esaminare qual’è il mec- canismo per il quale ha luogo il disfacimento dei dischetti incolori ed in quali condizioni il fenomeno si produce. Mi era nato il dubbio che la distruzione dei dischi nel liquido del tritone, dipendesse da azione della parte sie- rosa sugli elementi tolti all’ influenza della vita ed esposti all’aria, più che ad una proprietà intrinseca degli elementi stessi. L’esperienza sarebbe stata decisiva se si poteva sepa- rare il siero dagli elementi morfologici, perchè in codesto modo si sarebbero potuti sottrarre all’influenza della parte liquida. Tentai operarne una separazione rapida, versando il prodotto ghiandolare appena estratto nell’acqua, dove ra- pidamente si coagulava ed imprigionava una buona parte dei dischi; veniva quindi il tutto versato sopra un Altro e la filtrazione era fatta nel vuoto. — Il liquido filtrato quan- tunque allungato, aveva il medesimo potere distruttivo sui globuli rossi. In questa esperienza però non è esclusa la possibilità che nel liquido filtrato esistesse, la parte solu- bile nell’acqua degli elementi ghiandolori discoidi indicati. Inoltre per potere estendere la conclusione, che il siero del prodotto ghiandolare cutaneo avendo azione distruttiva sulle emasie, lo abbia anche sui dischi che esso circonda, DEL TRITON CRISTATUS 123 bisognerebbe ammettere cbe la composizione dello stroma dei dischi e quelli dei globuli rossi sia identica , il che è possibile , ma nelle condizioni attuali inaccettabile, perchè non ancora dimostrato. Malgrado questo io son di avviso, che questo fatto del- l’azione distruttiva dei globuli rossi sia proprietà della por- zione lìquida del secreto e non degli elementi morfologici. Tanto più che altri fatti si prestano in sostegno di questo modo di vedere. Infatti nei grandi elementi ghiandolari, che si rinven- gono nel segreto fresco ed esposto all’aria. I dischetti che essi contengono nel loro protoplasma reagiscono e resistono considerevolmente allo sfacelo, ed è possibile rinvenire que- sti dischi protetti ancora, quando di quelli immersi nel li- quido circostante non ne esìste più alcuno. Esaminando delie sezioni di cute, dove è possibile os- servare la struttura ghiandolare, di un trìtone, la cui pelle non sia stata, prima eccitata; non si osserva nessuno spazio vuoto, ma tutto l’acino ripieno dei grandi elementi, che toc- candosi reciprocamente acquistano forma poliedrica, riem- pendo in codesto modo tutto l’acino ghiandolare; senza la- sciare spazio vuoto , dove ragionevolmente si dovrebbero accumulare gli elementi discoidi. Stando cosi le cose, tanto se il disfacimento ha luogo per virtù propria, della parte morfologica o per azione della parte liquida, non si comprenderebbe sempre come la di- struzione non abbia luogo nell’interno dell’acino ghiando- lare. Se non ammettendo 1’ assenza di un fattore che è r aria , tanto più che i dischi contenuti entro gli elementi ghiandolari reggono esposti all’aria per molto tempo, ed è solo 4opo un certo tempo, che sono anche essi invasi dalla distruzione. Vero è che le condizioni fisiologiche sono mu- tate e nel primo caso sono direttamente sotto l’imperio della vita e nel secondo sotto quello anormale dell’ambien- 124 RICERCHE SUL VELENO te, e che quindi nel primo caso i processi osm alici sono limitati. Inoltre è molto probabile che questi dischetti tutti , sono contenuti entro i grandi elementi ghiandolari, e che per effetto della eccitazione, contraendosi bacino ghiandolare questi grandi elementi si spopolerebbero , lasciando spri- gionare i dischetti che verrebbero riversati all’ esterno as- sieme alla parte liquida del segreto. Poiché è così pronta la distruzione dei dischetti che è assolutamente inverosimile ammettere che anche aU’interno dell’acino, ammessa la mi- scela, non abbia a succederne lo stacelo. Tanto più che sup- ponendo l’acino ghiandolare ripieno di liquido, tale come si ottiene per la eccitazione della cute, ed essendo il condotto pervio, e senza uno speciale mezzo di chiusura, l’acqua dentro la quale l’animale ordinariamente vive, mescolan- dosi con il segreto, determinerebbe la coagulazione. Infatti se si eccita la cute di questi animali mentre sono immersi nell’acqua, il succo uscito coagula immediatamente, e resta aderente alla cute dell’animale. Con la guida dei fatti si può stabilire come probabile, che questi dischi incolori siano formati entro gli elementi ghiandolari , e che al momento della eccitazione vengono per il disfarsi dei grandi elementi messi in libertà. Reste- rebbe ora a vedere se il siero si forma anche al momento dell’ eccitazione. Per chiarire questa quistione, bisognava esaminare le proprietà del siero sanguigno del triton cristatus. Con lo scopo di determinare se mai il siero del sangue di questo animale, avesse le medesime proprietà solventi che il segreto ghiandolare cutaneo. Estratto in effetti il sangue da questi animali, incidendo i seni cardiaci e raccogliendo rapidamente il sangue in un tubo da prova , lasciando riposare una mezz’ ora circa; si ottiene la separazione del siero che mescolato ai globuli DEL TRITON CRISTATUS 125 rossi dei mammiferi li distrugge, ma meno prontamente di quello che non faccia il prodotto ghiandolare. Or Tattività solvente del segreto ghiandolare cutaneo è maggiore di quella del siero: indipendentemente da que- ste osservazioni, è dimostrato dal fatto, che i globuli rossi sanguigni di questi animali sono prontamente attaccati dal segreto ghiandolare cutaneo, mentre circolano impunemen- te nel siero sanguigno. — Per la qual cosa son condotto od ammettere una differenza sensibile fra la porzione li- quida del segreto ghiandolare, e il siero sanguigno, e sono inclinato a credere più che ad un rapido trapelamento, al momento della stimolazione ad una vera elaborazione dei materiali sanguigni entro l’acino ghiandolare. CONCLUSIONI Il veleno tritonico, la cui attività tossica non era stata bene defluita prima del presente lavoro, è uno dei veleni dotato di proprietà tossica molta energica e di azione ori- ginale. Il veleno fornito da questo anfibio, non ha nulla di comune con quello già studiato principalmente dal lato chimico, della salamandra terrestre. Dal quale differisce per reazione , e costituzione chimica del principio attivo ; trattandosi in questo caso di un corpo non azotato, mentre è un alcaloide quello della salamandra terrestre. Riassumo per sommi capi i principali fatti del pre- sente lavoro. 1. Nello spessore della pelle del tritoli cristatus, è di- stribuito un apparecchio ghiandolare, costituito da tanti piccoli acini, non comunicanti fra di loro e provvisti da un condotto escretore che immette alla superficie libera della pelle; e contenenti nelle condizioni ordinarie un liqui- do ricco di elementi morfologici. 126 RICERCHE SUL VELENO Elementi epiteliari, che tapezzano la interna superficie dell’acino ghiandolare, e piccoli elementi discoidi. Questo apparecchio ghiandolare si riproduce con il riprodursi della coda tagliata a questi animali. 2. Questo prodotto ghiandolare si estrae dagli anima- li e si ottiene allo stato di discreta purezza, eccitando con 1’ elettricità la pelle dei medesimi. 3. Estraendo con il metodo di Stas, da questo prodot- to ghiandolare i principi attivi, si ottengono due estratti: uno acido ed uno alcalino, quest’ultimo che ha quasi tutte le reazioni comuni agii alcaloidi non è velenoso. — L’ estrat- to acido non ha le reazioni comuni agii alcaloidi , è vele- noso, non contiene azoto. Il principio attivo adunque non è un alcaloide , e non ha nulla di comune con l’alcaloide che si estrae dalla salamandra terrestre. 4. Il veleno tritonico iniettato sotto la pelle delle rane, dei porcellini d’india, dei conigli, dei cani, agisce violenta- mente da tossico. Uccide gli animali, in un periodo di tempo più o me- no breve, più prontamente gli animali a sangue caldo, che quelli a sangue freddo, produce la morte dei tritoni mede- simi iniettato entro la cavità addominale. L’ azione del ve- leno non è accompagnata da un periodo convulsivo ener- gico ; gii animali muoiono per disturbi considerevoli nella funzione respiratoria e circolatoria. — Agisce egualmente propinato per la via della bocca. Il sangue degli animali avvelenati, presenta le due strie di assorbimento della ossiemoglobina. 5. Il veleno agisce sui nervi di moto prevalentamente disponendoli al facile esaurimento. Attacca poco la funzione dell’ apparato nervoso sensi- tivo.— Iniettato nel cervello determina convulsioni generali, arresto del respiro e modificazioni nel centro circolatorio, per azione sui centri respiratori cerebrali. DEL TRITON CRISTATUS 127 6. Agisce in modo analogo sui muscoli, li dispone cioè al facile esaurimento; i muscoli delle rane avvelenate non entrano ordinariamente in rigidità e conservano la reazio- ne alcalina. 7. Per la via ipodermica , produce diminuzione delle rivoluzioni cardiache, e in nessun periodo di avvelenamento aumento delle medesime. — Agisce più prontamente sulla punta del cuore, anziché sulla base. Spegne 1’ attività car- » diaca lasciando il cuore in sistole : è perciò un veleno si- stolico , determinando nella polpa del cuore dei punti cir- coscritti con evidente iperemia. Applicato alla superficie esterna del cuore, produce te- tano temporaneo del cuore , poi frequenza, ed infine dimi- nuzioni delle rivoluzioni cardiache. Introdotto nella cavità del cuore direttamente determina V arresto del cuore in sistole quasi immediatamente preceduta da breve convul- sione tetanica. Per la via ipodermica nei conigli e nei cani determina prima una diminuzione e quindi un aumento nelle rivolu- zioni cardiache , infine 1’ arresto per contrazione tetanica. Per la via delle vene del collo in quantità tossica, produce Farresto, con tetano che non è così istantaneo come nelle rane, con diminuzione nella pressione sanguigna in princi- pio, e forte aumento dopo , ed infine accesso tetanico ed arresto. 8. Agisce prontamente sulla respirazione delle rane, e su quella degli animali superiori; in quest’ultimi il veleno propinato per la via delle giugulari, a dosi tenuissime, pro- duce prima un rallentamento, con modificazione nella forma degli atti inspiratone ed espiatorio , e quindi un aumento che \a fino all’ arresto completo. — A dosi maggiori pro- duce la cessazione quasi istantanea del respiro. — Fenomeni identici si ottengono iniettando il veleno per le carotidi nel cervello. — Le alterazioni che si ottengono nel tracciato 128 RICERCHE SUL VELENO della respirazione in questo caso , sono analoghe a quelle che danno gli animali non avvelenati, ed ai quali sono stati tagiiati i vaghi alla regione cervicale. 9. Altera il veleno la crasi sanguigna , favorisce anzi determina la formazione del coagulo fibrinoso; distrude principalmente i globuli sanguigni rossi, dissolvendo lo stro- ma. L’emoglobina disciolta nel siero sanguigno non perde la proprietà di ridursi ed ossidarsi. — La colorazione del sangue che 'ha subito l’influenza del veleno è rosso ciliegia. Distrude il protoplasma dei globuli sanguigni nucleati dei batraci e lascia integro il nucleo. — Distrude il veleno anche i globuli rossi , i grandi elementi sanguigni del tri- tone. 10. Altera le proprietà fisiologiche dei tessuti, i mu- scoli staccati dagli animali avvelenati, perdono in parte la facoltà di respiivare. 11. Uccide le amebe e risparmia i batteri, abolisce il movimento della zona ciliata nell’epitelio a ciglia vibratili. 12. Il prodotto ghiandolare, estratto di recente ed e- sposto all’aria subisce delie modificazioni fisiche, diventa denso e trasparente; questi cambiamenti sono accompagnati da disfacimento di piccolissimi elementi, che si rinvengono preformati negli elementi epiteliali dell’acino ghiandolare. 13. Il disfacimento di questi elementi discoidi è dovu- to probabilmente all’azione simultanea, dell’aria e della parte sierosa del prodotto ghiandolare. Disfacendosi danno genesi ad un reticolo che ha le apparenze del reticolo fibrinoso. — Lia luogo per 1’ esposi- zione del veleno all’ aria , un fenomeno analogo a quello che si ammette avvenga nel sangue che coagula. Sulla, trasformazione delle serie in frazioni continue e viceversa. Nota del Prof VINCENZO MOLLAME Presentata nella seduta ordinaria del 3 dicembre 1882. I. 1. Siano s = «0 4- -f- + . . . . t — — |— t) — j— h^x"^ — }— .... due serie, finite o infinite. Indicando con h un numero in- tero qualunque positivo, pongasi ^0; = C/.% 0 “+■ 1 4“ ^4-, 0^® 4~ . • . . , dove le c sono per ora dei coefficienti indeterminati di numero e di valore, soggetti a sodisfare le uguaglianze s _ «0 U^X t “ 6. + t ’ t J o 1 u,x u. Cl.o ' II, ’ u, u, • <^1,0 , C2.0 u^x Uy ’ Uk-2 Uk—\ Clt—2,0 1 C/c-1,0 Uk X . Uk-x ’ (1 ATTI ACC. VOL. XVII. 18 130 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE dalle quali, tosto che siano determinate le c, si ricava per il quoziente — la seguente frazione continua S «0 I ^ T ~ b, a? Cl, 0 <^1,0 I ^ C2,0 C2,0 C3,0 X g/,-2,0 ■ U,e3S C/c-ì,o U,;_x (2 0, dietro facili riduzioni , «0 t a. 1 + <^2,0 b. X 1 + (2' ^ re— 3, 0 1,0 _ U/f X Cit—2,0 In virtù delle (1 deve essere in generale Oi-—I,0 — Cic-2,qUic-i + C/ì;_1j0 W/c_2 j (3 da questa identità, uguagliando i coefficienti delle poten- ze di 0) in ambo i membri risulta C/c-ì,oC/c^i — Oc-2, j-H — C/c_2^oCfc-i, i-i-i , (4 e quindi (4' IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 131 Affinchè poi la (3 possa per /^ = 1 ridursi alla prima delle (1, si porrà u_^=s,UQ~t , e di conseguenza sarà i CLi , Cq, i &{• • (5 La relazione (4' serve a calcolare i coefficienti di una qualuìique, u,., delle u mediante ^ coefficienti delle due u che precedono. Le operazioni necessarie per il calcolo di tali coeffi- cienti, che sono quelli i quali occorrono nella frazione con- tinua (2 0 (2', trovansi disposte nel quadro seguente , sul quale si avrà occasione di ritornare : «0 » «1 , «2 , «3 b, , a, — / ^0 l ào , )*, , Ci.i = a, — 1 ( «0 ' l ^ , )^2 , ^1,2 = «8 — / «0 ^ \ K j f b, ' \ f b„ ' i = b, -1 1 br, \ <^2,0 = b, — 1 Ici.o, C2,i = à. — 1 ]Cl,2 , ^2,2 |Cl.3 <^3,0 = Ci,l — i l <^2,0 J |<^2,1 , (?3,1 = 1 ( Ci,ol l <^2,0 1 1^2,2 , ^3,2 = Cl,3 — 1 o o |Q,3 Da questo quadro, come dalla relazione (4', risulta che i fattori comuni ai termini di un’ orizzontale qualunque , cominciando dalla seconda, non influiscono sui termini del- t r orizzontale consecutiva ; e perciò dei fattori comuni ai termini di un’orizzontale si può non tener conto nel calcolo dell’orizzontale consecutiva. Si ha pure, che i fattori co- 132 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE munì ai termini di ogni orizzontale sono fattori anche di quelli dell’orizzontale che segue dopo due posti. Queste osservazioni interessano per agevolare il calcolo delle c nei singoli casi. Per es. sia la serie binomiale }^m J + I + ecc. e t—\. Eseguendo i calcoli si trova che i termini delle orizzontali 3“, ecc. del quadro precedente hanno , per ordine, i seguenti fattori comuni TYi — 1 m -f- 1 2 {ni — 2) m 2 3 m — 3 ’ '2h ’ 2.3 ’ 1 ■ 3.4/1 ’ 4.5 ’ 2 5.6 /i m + 3 4 m — 4 6.7 ’ ~ 3 ■ 7.8/1 ^ e che i primi termini delle suddette orizzontali sono rispet- tivamente h’^-\ 1, 1, 1 .2./i'«-% 1 .2, 1.2.3./i"^\ 1.2.3, ecc.: quindi si ha, ordinatamente, <^1,0 J <^2,0 , C3,0 <^i,0 , ^5,0 , Ce,0 , ^7,0 , ^8,0 ) ecc. (m+1) , 2) ’ 2/i ’ O ’ 3.4 /i* m(m+l)(m+2) 3.4.5 (m— l)(m— 2)(/«— 3) 4.5.6 /i« y7?(m+l)(m+2)(m+3) , 4 . 5 . 6 . 7 (m— l)(m— 2)(/?i— 3) (m— 4) 5 . 6 . 7 . 8 /i* ecc. IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 133 ed in generale _ ( — 1 (m — 1) (m — 2) (m — k) ~ {k + 1) (A + 2) (2A) h'‘ m(m-\-ì) (m + 2) (m + /’) (/’ + !)(/• + 2) (2r + l) Sicché adoperando le frazioni continue (2 o (3 si ha , per ogni valore di 7n , X 2mfi^ ^ m — 1 3(m — I) ^ m (m+lj 2 ni (m+1) , x (m — l)(m — 2)”^ 5(m — l)(m— 2) x m{m+l'){in+2)h’^-^ 2m(mH-l) (m-l)(m— 2)(m— 3) ovvero (A + x)'^ — 1V‘ , m — 1 h 1 + X _2 ni+ì 3A 1 — X ~T m— ‘ ‘S/l X ~x_ m+2 “57T X m— 3 oh ~2 I + m+3 X Ih 2 1 — ecc. , I Quest’ultima espressione della potenza di un binomio in frazione continua, è quella già data da Lagrange (per h=\) 134 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE e dedotta dallo sviluppo in frazione continua delFintegrale approssimato di una certa equazione differenziale, nella me- moria « Sur VuscKje cles fractmis continue^ dans le Calcul inlégral, 1776. > Il metodo precedente per ridurre in frazione continua il quoziente di due serie, mentre è generale e non diffe- risce in fondo da quello adoperato da Lambert sulle due serie di sen x e cos x per trasformare tcjx in frazione con- tinua , fa però evitare le successive divisioni da eseguirsi sulle due serie seguendo un processo analogo a quello per la determinazione del massimo commi divisore. 2. s 6 t sono due serie finite, per es. i polinomii, s^ e t^, che si ottengono arrestandote ai termini digrado m ed n rispettivamente , sarà, per m>n, grado iizc — grado — m — i — 1 ; e per m ^ n , grado iq,- = grado U2,_i = n — i. Risulta infatti dall’ identità (3 che se e y sono i gradi di ed e se u,. deve essere di grado ja— L Vale a dire che considerando tre qualunque conse- cutive delle p. es. u,„ il grado della terza è inferiore di 1 a quello dei gradi delle altre due che è il maggiore, o a quello comune alle altre due, quando queste hanno lo stesso grado. Quindi per myn essendo il grado di u_^ (=s,n) maggiore di quello di tto (=f), sarà m — 1 il grado di ur- ed essendo anche m — l^n, sarà m — 2 il grado di U2, e così di seguito. Sicché le U-I , w, , K, , 11„ , , «5 , , u, , , ecc. sono ordinatamente di grado m , n , m— 1, m— 2, m—2, m— 3, m— 3, m— 4, m— 4, ecc.; IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 135 ossia die cominciando da ed ogni qual volta l’indice di u si aumenta di 2 , il suo grado diminuisce di / , e perciò grado grado u^^ — m — i — 1. Con analogo ragionamento si perviene alla conchiusione relativa all’ipotesi m^n. La precedente proprietà risulta anche dall’ analisi del numero dei termini contenuti nelle singole orizzontali del quadro {b. 3. Se i i'}olinomu s,^ e L hanno alcun fattore co- g mune , la frazione continua nella ciucile si sinlui^jM ~ avrà, per m>n, 2m quozienti incompleti; e ne avrà 2n+l per m^n. Se poi ciuei polinomii hanno r fattori linea- ri comuni , ciucila frazione continua avrà 2 ( rn — r ) o 2(n — r) + l quozienti incompleti, secondo che 5/a m>n 0 m^n. Dal n.“ 2, nell’ipotesi di m>n, facendo i = m — 1 risulta grado u^,n-2 = grado u.^,n-x — 0 ; vale a dire che W2^-2 = n,0 quozienti incompleti. La seconda parte del teorema superiore si dimostra in conseguenza della prima. Dividendo infatti s,^ e 4 pei* 136 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE il prodotto dei loro r fattori comuni ed indicando con e i rispettivi quozienti, la frazione sì trasformerà t/i— r in una frazione continua che avrà — r) o 2(n — r)-i-l quozienti incompleti, secondo che m y n o m ^ n. Facilmente poi sì vede che questa frazione continua è quella stessa che si otterrebbe oprando sopra e direttamente , invece che sopra s„,_, e effetti se , come nel n.° 1, si pone ^m—r ^n—r u\.r f'n.—r Siccome — sarà, per qualunque valore di x ^0 _ i!n_ — / jq b'o b, \ In ln~r X, e quindi = ^ = Da quest’ ultima uguaglianza poi si ha che e così dì seguito. Sicché le due ^ 1,0 ('I, 0 frazioni continue in cui si sviluppano i quozienti » 4^'’ Oi— r sono identiche. Si può anche dimostrare direttamente che il quozien- te 4f- si svolge in una frazione continua di 2(m — r) o 2 {n — r) -t- 1 quozienti incompleti ogni qualvolta s„^ e t,, hanno r fattori lineari comuni , o, ciò che è lo stesso, ogni qualvolta le equazioni 5;,, = 0 , = 0 hanno r radici comuni. Risulta invero dalla (3 che ogni radice comune alle due W/c = 0, = 0 è anche radice di e perciò anche di w,,_3 = 0 ,...., 4 = 0, s,n = 0\ e che se u,, è iden- IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 137 ticamente nulla, le equazioni — 0, 0 sono equi- valenti. Le loro r radici (r essendo il loro grado comune) dovendo poi verificare le equazioni 5^^ 0 , = 0, queste ultime avranno r radici comuni. Sicché se una delle u è nulla identicamente {ovvero se una delle orizzontali del quadro (b ha mdli tutti i suoi termini) le equazioni s„,=0, hanno tante radici comuni quante ne dinota il grado comune delle due u immediatamente precedenti ( ovvero quante ne dinota il numero comune dei termini delle due orizzontali che precedono quella a termini nulli) ; una qualunque delle quali uguagliata a zero darà V equa- zione che fornisce le radici comuni ad s„, = 0 , t^ = 0. Viceversa poi, se 5^ = 0, 4 = 0 hanno r radici comuni , dovendosi in ogni caso pervenire ad una delle u che è nulla identicamente , questa non può essere se non la u che segue le due di grado r. Intanto per m > n , essendo, ordinatamente , m — i — 1 , m — i — 1 , m — i , m — i i gradi di U2i a>i—i , Wo/_2 ) ed n — i — 1 , n — i , n — j , n — i+l i gradi delle medesime u per m£^n, le due identità C2t— 1,0 — C2ì—2,qU2ì—1 -h C2j_i,o?%-2 , ^ ^^2t,0 ^2t-f-l ^ C2ì—\,qU2ì •+• C2i,o 0-21—1 mostrano che per 7n > n solo una delle u con indice pari p. es. può esser nulla , mentre per m < n ciò può av- ATTI ACC. VOL. XVII. 19 138 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE venire solo per una delle u con indice impari p. es. Or per m > n essendo m — i il grado comune alle , se = 4 = 0 hanno r radici comuni, dovrà essere m — z = r e quindi i = m — r. Perciò ossia ^2(m-r) è identicamente nulla, le (1 finiscono con r)— 2 ^2 fw— rj— 2,0 ^ Uoxrn—r'ì—l C2(«7— /•)—!, 0 e la frazione continua 2) finirà con — • C2(m— r)-2,0 Cz (m— /■)-!, 0 Similmente si vede che per m ^ n la (1 finisce con — . <^2(n-r)— 1,0 Conchiudendo adunque , se r è il numero dei fattori lineari comuni ad 5,^ e 4, sarà in generale per m > n Og 4- 4- 4- . . . . + Òq + b^X + ÒjJ’® + . . . . -J- bnXn _ ^ ^ Cl,0 ^1,0 ■ C2,0 • ’ . • X Cz{m—r)—2, 0 ^2(731— r)-l,0 e per m ^ n <7q H- <^iX + C'iX^ -h .... -h Ct,nX'^^ Òq — j— b ^x — j— b^x^ — .... — j— b )xX^^ + X bp ^ X Cj,o ^1, 0 j Q, 0 X Q(n-r)-l,0 Cz {n—r), 0 (7 (8 IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 139 4. È chiaro che se la frazione continua (2 è finita, il quoziente delle due serie infinite set deve essere una funzione razionale di a). Giacché immaginando eseguite le operazioni necessarie , la frazione continua e finita (2 si ridurrà ad uif espressione della forma dove / e ^ so- no due funzioni razionali di perciò -|- funzione razionale di x. l-fM\ \- g {0^1) sarà una Viceversa se il quoziente delle due serie infinite set è una funzione razionale di ^ per es. ? dove f e g si possono sempre supporre due polinomii interi in £C, la fra- zione continua (2 è sempre finita. Essa è difatti quella medesima che si otterrebbe sviluppando in frazione con- tinua in luogo di ; ciò che si vede facilmente ra- gionando come si è fatto nel n.” 3 a proposito delle due frazioni continue nelle quali si sviluppano i quozienti 9 • / 9 • / Ne segue che : La frazdone continua (2 che esprime it quoziente eli due serie infinite s ^ t allora solo può essere finita , cquando c[uel quoziente è una funzione razionale di x. In particolare quando s ^ t sono due serie ricorrenti. 5. Se m > n , le orizzontali di posto dispari del qua- dro (b finiscono tutte con e se m^n; quelle di posto pari finiscono tutte con b^. Perciò le frazioni continue (7 ed (8, loer r=0, finiscono con a,„ e b„, rispettivamente. Vale a dire che, per m > n, la più alta potenza di oc in ognuna delle u di indice impari ha per coefficiente a„, ; e per 7n^n quella potenza di x ha per coefficiente in ognun’a delle u di indice pari. In effetti, per myn^ Uy ed arrestandosi ai ter- mini di grado m—j—l (n." 2), sarà 140 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE Quindi dalla (4, ponendovi k = 2j+\, i = m — j — 1, si ha che e da questa, per j = 0, 1, 2,..., m — 1, si ricava che intanto ecc. sono precisamente i coefficienti della più alta potenza di x in , u.^ , ecc. Analogamente si prova la conchiusione relativa alla ipotesi di m ^ n. 6. Supponendo che nel quadro {b come nella (2 sia b.^= 03 = ecc. = 0 , oppure <2o = 1 , a^ = a, = ecc. = 0, si ha + a^sc H- + ....-}- am^'^ + ecc. X ^2m-ì, 0 1 ^0 + .... + b/iX'^ + ecc. A. • X (10 IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 141 dove le frazioni continue si arrestano alle parti scritte se avviene altrettanto nei primi membri. Dal n.° 4 segue che Una serie infinita ricorrente , oppure il quoziente di 1 diviso per una serie ricorrente, si trasforma in una frazione continua finita, e che Se la frazione continua in cui si converte una serie infinita, oppure il quoziente di 1 diviso per una serie in- finita , è aneli’ essa infinita , la serie non può avere un limite che sia funzione razionale della variabile secondo la quale è ordinata. La prima delle due precedenti proprietà, mentre può servire di criterio per giudicare se una serie sia o no ri- corrente , dà in pari tempo ridotta in frazione continua , la frazione generatrice della serie. 7. Più generalmente delle serie 5 e ^ si considerino le altre due c = {/“(cTo + «2'^V + ecc.) T = -h b,xij + b,xnf -h eco.) . Tenendo presente la (2, dopo aver mutato x in xy, si ha xy n + ecc. l'2,0 142 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE e per x = iy, risulta + ecc. b^x^' 4- + ecc. _iIo_ ^.a-yS 7 cO K ^,a-/S+2 bp ■ ^ C\, 0 ^1,0 [ ^2,0 X 3 ^2,0 Ca,o 4- ecc. Facendo poi in quest’ ultima come nel quadro (2 y3=:0, h=l, =: ecc. = 0 ^ oppure « = 0, — 1 , a^ = ao = ecc. = o si avranno le due altre a^x c(j^x^'^~ 4- 4- 4- ecc. ctpX ■ 4“ X a+2 X^ (11 ^1,0 C]^o ^2,0 X^ Co.O ^3,0 4- X* C2m—2, 0 e~w— 1,0 ecc bpX^ 4- b^x^ ^ 4- b^x^'^^ 4- ... 4- bnX^'^'’^ 4- ecc. 1 -i3 , ~K ^ ^ X -/3+2 X* (12 Ci,o Ci,o x"^ Cz, 0 e 2,0 ^3,0 4“ x^ Czn—X, 0 ^2/1,0 ecc. nelle quali le frazioni continue si arrestano alle parti scritte se anche nei primi membri avviene altrettanto. IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 143 IL 8. Viceversa data una frazione continua finita o infi- nita si può , dopo averla ridotta alla forma di quelle pre- cedentemente trattate, sviluppare la medesima in una serie la quale, secondo i casi che verranno più appresso consi- derati, riuscirà finita o infinita. È facile vedere innanzi tutto che una frazione continua qualunque per es. + (73-? 63 eoe. (« può mettersi sempre sotto la forma delle (9 0 (10, oppure delle (Ilo (12. Si ha difatti in primo luogo che la frazione continua Co -h A3 C3 ecc. è uguale all’altra -1- + (/3' c,c. c^c. ecc. c^ la quale ha la forma della (2. La (« poi dopo facili ridu- zioni può scriversi anche 144 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE A. «1 aj^ a, a. + a,a^ 4- a,o,a. a,a^a. ecc. quest’ ultima è della forma (/3 e volendola ridurre alla forma (/3' occorrono le quantità c, C 0 ^1^2 ^3 C,L\C^C^C, c,c,c,c,c,c\ > ecc. le quali nel caso attuale sono espresse ordinatamente da a„ j_ A a. b,b. a. b,b^b^ «1«3 C/,«4 b,b^bj},b, ’ ' ecc. «2«4«G ossia da a, «5 ’ ò,6, ’ ^>,636; ’ b,b,b,b, ’ a,a^a^ b,b,b,b,b. ecc. (7- Quindi si ha ciò 4“ a. a„ b, H Ò3 — F ecc. («" a. b,b. a. AA_ JLiits, 6,6363 «1^3 bAA 6,6,636^ 4- bAb.bj a a 6, 6,.. .6. AiiiA Ol^Ct 6,63. ..6, 4- ecc. A IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 145 Quest’ ultima frazione continua è della forma (9. La (10 poi potendosi scrivere anche X X •1,0 C2, 0 • + X C2, 0 ^3,0 + eco. è ricondotta alla forma della (9. Sicché le quantità Ci,o, ecc. della frazione con- tinua (9 0 (11, nel caso deir altra frazione continua (« sono ordinatamente uguali alle (>• Ciò posto dinotando con ? la frazione continua data , e con /OC la frazione ordinaria sua generatrice , poiché si può sempre immaginare sviluppata in una serie fi- nita 0 infinita ordinata secondo le potenze di x , sarà lecito in ogni caso supporre ? generata da una serie tale. Inoltre

0. La seconda delle (5 dà pertanto e — O per i > 0. Quindi dalla (4' per h = 1 , e dalla prima delle (5 si ha che — Cl,i (13 Risolvendo poi la (4' rispetto e cangiando A— 1 in k, z H- 1 in i si ha che Ca*, i (^A"— 1, i (^A'+iA-i) Ck, 0 _ Ca— 1, 0 (14 ATTI ACC. VOL. XVII. 20 146 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE Questa uguaglianza fornisce la seguente Regola per trasformare una frazione continua della forma (9 o (11 in una serie ordinata secondo le potenze di X. Con le quantità c„^^ date immediatamente dalla fra- zione continua si formi la prima verticale dello schema 1 Ci,o <^2,0 , <^3,0 , <^2,1 , C] 0 C<,0 , <^‘3,1 > <^2,2 , <^1,3 ^5, 0 > ^4,1 5 <^3,2 , <^2,3 j nel quale , in virtù della suddetta uguaglianza (14 , un altro termine qualunque c„^^ è uguale alla differenza dei due che lo precedono sulla sua verticale e sulla sua oriz- zontale, moltiplicata per il quoziente fra il termine della prima verticale il quale è sulla diagonale (*) di quello da calcolarsi, diviso per il termine precedente sulla medesima verticale. I termini che formano la diagonale principale dello schema in discorso sono i coefficienti ignoti a della serie che si cerca e della quale il termine a^ indipendente da ^ ò dato immediatamente dalla frazione continua as- segnata. (*) Per diagonali di quello schema s’intendono le linee formate dalle c che hanno uguali i primi indici. La linea formata con le , ecc. è la diagonale principale. IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 141 Come applicazione della regola precedente sia proposto di sviluppare in serie la frazione continua che dà le ra- dici deir equazione quadratica //' — py — q = 0. Slìm y — p + Y' ® quindi si può esprimere con u = p q p + q_ p -+- q p + ecc. una radice dell’ equazione proposta. P^iducendo la prece- dente frazione continua alla forma (9 essa diviene p H- q l f- L _ _o q PII p~^ + ecc. Lo schema (15 si riduce 1 /)-! P~I - p-\ — 2/)-q 2p~^ P~*, - 3/)-L 5p-‘, P~I — 9p-', 1 o - perciò all’altro — 5/)-7 — up-^ , Up-^ ~28p-\ 42p-w, -42p-it; 148 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE in conseguenza '/ = /> + q~ 2q^ 5p* 14^7® 7? ^ 42r/« 4- ecc. Questa serie , che ha per termine generale ( -trim + 2) (m + 3) . gtegg^ IH ! che si otterrebbe dalla forinola -5- che risolve l’eciuazione data, sviluppando la potenza 2 9. Se la frazione continua data è finita, per es. se essa si arresta all’ ultimo quoziente ^ allora nella prima verticale dello schema (15 si dovrà supporre = ecc. = 0. Frattanto le operazioni per il calcolo delle c non vengono necessariamente arrestate. Siccbè le lungo la diagonale principale dello sohema (15, ossia i coefficienti della serie che si cerca, possono risultare di numero finito 0 infinito. Nella prima ipotesi la frazione continua data si trasforma in un polinomio P intero in x, nella seconda ipotesi quella frazione si svolge in una serie ricorrente ge- nerata dal quoziente -q di due polinomi interi in x , i quali si possono sempre supporre privi di fattori comuni. Ammessa la prima delle due ipotesi precedenti sia m il numero dei coefficienti della diagonale principale dello schema (15, sarà perciò m [oppure secondo che la frazione continua data è della forma (9 o (llj il grado di P: in conseguenza (n." 0) k = 2m — 1, cioè k è un numero dispari. IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 149 Se poi si verifica ia seconda ipotesi, ossia che la fra- zione continua si svolga in una serie ricorrente, quando li è dispari dovrà essere il grado di P maggiore di quello di Q ed uguale a — ^ ’ e ciuando h è pari dovrà essere il grado di Q maggiore o uguale a quello di P ed uguale a \ (n.° 3). Sicché si può conchiudere che: Una frazione conlinua finila come la (9 o la (11 mediante la regola del n.'" S si Irasforma in un polinomio P iniero in x se il numero k dei suoi quozienti incom- pleti {non contando quello che costituisce la parte indi- pendente da x) è dispari, e se nello schema (15 le c[uan- tità Cj,^ lungo la diagonale principale si arrestano a quella che e nel posto espresso da — • Questo numero o V al- tro /^ + 1 + a \secondo che la frazione continua ò della f orina (9 o (11] e uguale al grado del polinomio P. Mancando una delle due condizioni precedenti la fra- zione continua con la regola del 8 verrà svolta in una serie infinita ricorrente ordinala secondo le potenze intere di x e che avrà per frazione generatrice il quo- P ziente -q- di due polinomii dei ciucili , se k è dispari , il grado di P e maggiore di ciucilo di Q ed uguale a r e se k è pari il grado di Q e maggiore o uguale a ciucilo di P ed uguale a • Così data la frazione continua 7 = 1 -h 1 o .7? X X 9 H- X 4 3 9 48 X 4 150 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE per la quale h = ^ , la si ponga sotto la forma 1 + .X X 2 2 3 X X + X in 4' > lo schema (15 diviene in questo caso 16 , 4 , 0 , 0 4 , 0,0,0 e perciò -> = 1 2x -i- 3.2?^ + 4c^’® , cioè 7 è di grado — • Se è data invece l’altra frazione continua f = X a'^ {a'b) 'V Wb) a'b' h' + IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 151 per la quale h = 2 e dove (a'b) = a' b — ab\ si avrà / a a' 4- X {a'b) a X ja'b) a"^ jy a'~ lo schema (15 diviene (a'b) a' a (a'b) _ a'* ’ a' 0 a 12 (a'b) b a a 0 0 b'3 a'^ (a'b) — ìY~ ■ — <8 6CC. perciò / verrà svolta nella serie infinita ^ + P fi -- D'altra parte f = : sicché qiiest’ultima frazio- ne è la generatrice della serie precedente; ed è grado di Q == grado di P — • IO. Come si è visto nel numero precedente , se è pari la frazione continua data, mediante la regola del n." 8, si sviluppa in una serie ricorrente die ha per frazione 152 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE generatrice il quoziente -q- di due polinomi dei quali Q ha un grado maggiore o uguale a quello di P. Or ponendo ^ sotto la forma 1 : , ed immaginando sviluppato in serie il quoziente , la frazione continua data sarà tra- sformata nell’ unità divisa per una serie finita o infinita. Sia questa serie oppure b^x^^' + ecc. e vogliasi jirocedere alla ricerca di essa. Questa ricerca risolve anche il problema della ridu- zàone di una frazione conliniia infinila sollo forma del- r unità divisa per una serie infinita. Attualmente dunque è da supporsi che a^ — 1 ed a,— 0 per z>0. Si ha poi dalle (5 per />0, e Posta quindi la frazione continua data sotto la forma (10 0 (12, si costruisca lo schema 1 K <^1,0 , Co, 1 <^2,0 , Cl.l ) Co. 2 <^3,0 , Cg.l , Cl,2 5 Co, 3 (IG <^■1,0 ) Cs.i , C2,2 5 Ci,3 , Co, 4 il quale contiene nella sua prima verticale le quantità ^0, <^1.0, , ^secondo che la frazione continua ha la forma (10 o (12] allorché i termini della diagonale principale di quello schema si arrestano a c Non ve- rificandosi c[uesta condizione , ciuella frazione continua sarà trasformata nelV unità divisa per una serie infinita ricorrente. Se poi la frazione continua assegnata non è finita , essa mediante lo schema (16 si può trasformare nelV unità divisa per una serie infinita che non può avere un limite razionale in x. I coefficienti del polinomio o delle serie in parola sono quelli situati sulla diagonale principale dello sche- ma (16. Così la frazione continua ? = 1 4” X X 4 X o X 4“ .77 X 2 6 per la quale h = A, trasformata mediante lo schema (15 ATTI ACC. VOL. XVII. 21 154 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE dovrà dar luogo ad una serie infinita ricorrente. Di fatti messa la ? sotto la forma (9 lo schema (15 diviene 1 1 2 o _ 9 4 ’ 3 , 0 , e perciò Trasformando invece la ? con lo schema (16 , se essa può esprimersi mediante il quoziente di 1 diviso per un polinomio, questo non può essere che di 2” grado. Lo schema (16 diviene 1 2 9 3 , C 6 , 0 , 0 0 , 0 , 1 , - 4 , - 9 2 ’ 6 , 0 IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 155 ed i termini della sua diagonale principale si arrestano : sicché 1 ^ 2 — 2x ‘ Applicando ancora alla frazione continua infinita V p + p q ecc. che rappresenta una radice delfequazione — px — cj=0, lo schema (16, il quale in questo caso coincide con quello ottenuto nel n.° 8 , si trova che u p 1 q 2q^ 5^* “T ^5' pi 4“ p9 ecc. 11. Posto llr frS (17 dove ?r e sono due funzioni incognite di x , sosti tui- scansi nella (3 in luogo di u,. , i valori dati dalla precedente. Si ottiene così l’ identità (^r-1,0 -h Cr-2,0 ?/•-! <^r-l,0 ?/--2) S + (C;._i,o Cr—2,Q 'tr-l “ C,._i,o 'Pr-s) ^ dalla quale, uguagliando a zero i coefficienti di 5 e di t, si hanno le due relazioni + Gr-i.afr-l — l,o'?r-2 = 0 Cr-i,0^r^ 4“ Cr-S,0p'r~l ^r— 1, 0 'l'/'.-2 — 0 (18 156 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE che servono per ricavare le espressioni di ?r e di 'Pr in funzione di ^ e delle c. Da esse intanto si deduce che e da questa, mutando successivamente r in r — 1, r — 2,..., 2 , 1 > si ricciva che fri'r-l — 9r-lÌ'r = (-ir ?iLÌ=!_^=iio . Or dalla (17, ricordando che u_^ — s , = t, si ha = 1 , 0, = 0 , 4^0 = 1 , sicché si avrà Tugua- glianza (■ 1 9r'\'r-l — fr-l'Pr = ^ ^ ‘ la quale per x= \ dà una nota proprietà delle frazioni continue ordinarie. Dalla (17 si ha ^ ^ perciò , supponen- do = il quoziente — y- esprime la frazione continua generale (2 ; vale a dire che i quozienti — -p- , — ^ , ecc. esprimono le successive ridotte della (5. Dalla prima delle (18 ricavansi le r seguenti equazioni lineari rispetto alle r incognite?/-, ?/-i ?, , Cr—ì,o^?r -+~ (-’r— 2,0 ?/'— 1 — ?/-— 2 =0 Cr— 2,0^9 r-l Cr— 3,0 ?/■— 2 — 2,0 ?/•— 3 — 0 C, — 3,0'^9r~2 H~ Cr-i,0 9r-3 — C,—3,o 9r—i 0 C2,0^?3 + C],o 9i <^2,0?i 0 Ci,0'^92 + ’->O ?1=0 JS9, = 1 IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 157 dalle quali si deduce ■?r (— ^-*1,0 ^2,0 • • • X'' ^ dove ('r—ì,0 0 0 0 0 0 — 2, 0"^ Cr-3,Q — Cr-2,0 0 0 0 0 0 ^r—3, 0^ Cr-4,0 1 1 co o 0 0 0 0 0 0 0 <^1,0 ~ <^2,0 0 0 0 0 0 Ci,oX ^0 Analogamente dalla seconda delle (18 si trae b^Ci,oC2,0 ■ ■ ■ Cr-i,oX'- dove 0 Ci I © 1,0 0 0 0 0 0 0 ^r—2, 0^ 3, 0 ì O 0 0 0 0 0 0 — 3, 0'^ Cr— 4,0 — ^r-3,0 0 0 0 • • • • • • • • 0 0 0 0 0 ^2,0^ Ci,0 — (^2,0 <^1,0 0 0 0 0 0 Ci.oX bo ^0 0 0 0 0 0 0 b^x 158 SULLA TRASFORMAZIONE DELLE SERIE Si lia quindi ±iL — JL. ?r ' D (19 Il determinante I) è di ordine r — 1 , T altro ^ è di ordine t. La (19 dà i^ef r:=2, 3, eco. i valori delle succes- sive ridotte di una frazione continua qualunque , q)Osta sotto la forma (2 e quindi anche il valore di tutta la frazione continua, cjuando questa è finita. Così data la frazione continua e finita a «. + A ci„ (^n—\ + a. per la quale (n.° 8) = a 1 > ^0 = Ca',0 — (7, «3 sostituendo i valori precedenti nei determinanti ed per i quali r=n, e, sopprimendo i fattori comuni si trova 1 «n-l + 1 cr, + IN FRAZIONI CONTINUE E VICEVERSA 159 0 ttn 0 0 0 0 0 0 1 Cln-1 — 1 0 0 0 0 0 0 (In— 2 1 0 0 0 (-ir 0 0 0 0 0 1 a, — 1 1 0 0 0 0 0 a» — 0 0 0 0 0 0 a. CCn-i 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 — 1 0 0 0 0 0 0 co — 1 0 0 0 0 0 co Sulla diffusione del Vanadio nel regno minerale e vegetale Ricerche di L. RICCIARDI ]\[emoria ìeita nella seduta ordinaria del 3 Dicembre 188.2. 11 vanadio fu intraveduto da Del Rio nel 1801 nel piom- bo bruno di Zimapan, e lo indicò come un nuovo metallo, chiamandolo eritroìiium, a causa del colore rosso che pren- devano i suoi sali sotto l’influenza degli acidi. In seguito le ricerche di Sefstròm, Berzelius, Wòhler e Rose fecero conoscere il metallo vanadio allora creduto raro; ma dalle ulteriori ricerche risultò, che esso e molto diffuso. Infatti Schubin constatò la presenza del vanadio in alcuni minerali di ferro e di rame. AVòhler stesso lo trovò in molte altre sostanze mine- rali e nei minerali di Zimapan portati da Humboldt (1). II. Saint Claire-Deville (2) ne determinò la quantità contenuta nella criolite (0,00018) , nel rutile (0,323) , nella cerite di Batuas, nella bauxite delle Calabrie ed in altre rocce. Beou- vallet (3) e Terreil trovarono il vanadio, il primo nelle argille dei dintorni di Parigi (Gentilly), ed il secondo nelle argille refrattarie di Forges-les-Eau. Elie de Beaumont, dopo le comunicazioni fatte all’ Ac- cademia di Francia da Beouvallet, richiamò l’attenzione dei geologi su tale proposito sembrandogli essere di molta importanza la presenza del vanadio, tanto nei minerali di (1) Annaleii der Cliemie inid Pharmacie, t. XLL p. 345. (2) Annales de Chimie et de Pliysicpie, -S. Ili, t. LXI, p. 309. (3) Comptes rendiis, t. XLIX, pag. 301. ATTI ACC. VOL. XVII. 22 SULLA DIFFUSIONE DEL VANADIO 10.2 ferro del mezzogiorno della Francia che nelle argille di Gentilly, le quali appartengono alT epoca terziaria. Roscoe (1) ricavò il vanadio che trovavasi associato con altri metalli in certi sedimenti ramiferi di Alderhy, di ?^Iattram, Saint Andrews e del Cliesliire. In Italia, se non erro, fu il Prof. E. Bechi che intravide la presenza del va- nadio nella lava eruttata dall’ Etna nel 1803. Eugelbach (2) trovò nel basalto di Ainerod una (luan- tità di acido vanadico coridspondente a grammi 0, 012 per cento. Dieulafait (3) con la sua pubblicazione tentò di dimo- strare la dilTusione del vanadio e del titanio nelle rocce primitive, deducendo l’ origine acquosa della bauxite (me- scolanza di idrato di allumina e sesquiossido di ferro ) e delle argille da quelle. Secondo Fautore questa legge ge- nerale spiegherebbe ugualmente la presenza del vanadio nei minerali di ferro ed alluminosi. È vero che Deville constatò il vanadio nella bauxite delle Calabrie, ma ([uesto fatto isolato non può formare una legge , tanto più che dalle mie ricerche sulle rocce cristalline (graniti e gneiss) delle Calabrie e dei dintorni di Messina , risulta che non contengono la più piccola ({uantita di vanadio; (|uindi da ciò io deduco, che la genesi della bauxite, almeno quella delle Calabrie, non debba at- tribuirsi alla disgregazione delle roccie primitive, come fu ideato da Dieulafait. Jorissen (4) trovò il vanadio nella Delvauxite ; Det- tendorf, AMn Lasaulx ed altri rinvennero detto metallo nelle (1) Amialen tler Clieniie mici, riiarni: sup}ilemento t. VC ji. 77; t. VII p. 70; t. Vili. p. 95. (2) Liebig’s Armalen t. 135 f. 1 — 1805. (3) Comptes reiidus t. XCIII, p. 804. (4) Annales de la Societè Gèologicpie de Belgique t. VI p. 41 — 1878-79. NEL REGNO MINERALE E VEGETALE Ardeniiite dì Salm -Cliateau, ed iu altre rocce provenienti da differenti località. Infine recentemente Witz e Osniond .(,2) prepararono al- cuni sali di vanadio dalle loppe di raffinamento delle officine di Creusot. Dopo avere preso cognizione di quanto ho riportato succintamente, mi misi a cercare e determinare la quanti- tà di sesquiossido di vanadio nelle rocce vulcaniche italia- ne, limitando le mie ricerche, per ora, sulle rocce e lave della Sicilia e sulle lave vesuviane, rimandando ad altro tempo di ricercarlo nelle altre rocce delle contrade vulca- niche, che finora non mi è riuscito di procurare. METODO SEGUITO Prendevo da 80 a 100 grammi della sostanza in cui volevo cercare il vanadio e li mettevo in un crogiuolo di ferro, poi scioglievo da 40 a GO grammi di idrato sodico e due grammi circa di nitrato sodico in tanta acqua da preparare una soluzione satura , e questa a poco a poco veniva gettata nel crogiuolo contenente il minerale fina- mente polverizzato, agitando continuamente con una hac- chctta di vetro per ottenere una massa piuttosto omogenea. Allora esponevo il crogiuolo all’ azione di moderato calore per fare evaporare f acqua , riscaldandolo in se- guito fino a perfetta secchezza, e poi lo mettevo iu un tor- no a riverbero animato da carbone di legna per riscaldarlo al calor rosso bruno. Dopo circa tre ore che tenevo il crogiuolo nelle condi- zioni testò indicate, lo toglievo dal fornello e lo facevo raf- freddare. Po notare die tutte le volte che ho operato con lave (2) Comptes reiuliis — t. XCV p. 42 1882. 1G4 SULLA DIFFUSIONE DEL VANADIO vulcanicliG, basalti ecl argille, la massa si rapprendeva in una sostanza porosa di color giallo terra di Siena, la qua- le si distaccava difTicilmente dal crogiuolo, mentre che ope- rando nelle identiche condizioni con rocce cristalline (gra- niti e gneiss) ottenevo un vetro di color verdastro. Staccavo dal crogiuolo la massa con cura, la polveriz- zavo, e poi la trattavo con acqua distillata bollente e get- tavo il tutto sul filtro, lavandola finche il liquido filtrato non accusava più reazione alcalina. — Allora concentravo il liquido e poscia vi facevo gorgogliare dell’acido solfi- drico. — Quando nella soluzione v’era disciolto il vanadio, essa si vedeva colorare in rosso scuro per la formazione del solfovanadato sodico. Se r acido solfidrico non determinava precipitato, ag- giungevo alla soluzione acido cloridrico, il quale produceva dapprima, qualche volta, effervescenza, e poscia si deter- minava un precipitato bruno mescolato spesso con solfo. Quando con l’acido solfidrico si otteneva un precipitato che costava di silice, di allumina, di ferro ecc. lo racco- glievo sul filtro e lo lavavo finché il liquido die passava non era perfettamente incoloro; allora nel filtrato aggiun- gevo acido cloridrico. Se la soluzione conteneva manganese, come ne conte- nevano tutte le sostanze da me cimentate, precipitavo que- sto metallo aggiungendo alla soluzione solfidrica dell’alcool etilico e lasciavo il tutto in riposo per alcune ore e poi filtravo. — Eliminate tutte le sostanze sopra indicate il li- quido leggermente acidificato con acido cloridrico veniva riscaldato a moderato calore, finché non riinaneva chiaro e s'cra sviluppato tutto l’acido solfidrico. — R^accoglievo il solfuro di vanadio sopra un piccolo filtro di carta Ber- zeleus che in seguito, previa essiccazione, bruciato in una atmosfera ossidante per trasformare il solfuro in sesquios- sido di vanadio. NEL REGNO VEGETALE E ANNERALE 105 Per assicurarmi che il sesquiossido pesato in crogiuolo di porcellana, era di vanadio, ne prendevo una porzione e lacevo le reazioni suggerite da Bunsen con la perla di borace, mentre l'altra porzione lasciata nel crogiuolo ve- niva umettata con acido cloridrico ; la massa si colorava allora in rosso e dopo poco a contatto dell’ aria prendeva un color verde. Con il metodo or ora citato determinai la quantità di sesquiossido di vanadio nelle seguenti rocce ; Lava del Vesuvio del 18G8 gr. 0,0063 7o 1871 » 0, 0075 >' » » » » Ceneri » Lava » » » » » deir Etna » » » » » > 1872 1872 1881 1669 1879 » » » » Basalte di Pachino » dell’isola dei Ciclopi >; » 0, 013 > » 0, 0105 » 0, 0081 >> 0,0102 » 0,0034 » 0, 006 » 0, 0084 » Il prof. Bechi (1) oltre di avere rinvenuto il vanadio nei calcarei argillosi, negli schisti galestrini e nelle arena- rie, constato la sua presenza nelle piante cresciute spe- cialmente nei terreni argillosi. Io pure ho cercato il vanadio nelle ceneri di alcune graminacee che crescono sulla lava etnea del 1669 e ve lo rinvenni, ma in quantità non determinabile cimentando circa un chilogramma di ceneri. Da quanto ho esposto risulta che il vanadio e diffuso tanto nelle rocce che nel regno vegetale, e l’averlo rinve- nuto nelle ceneri delle piante non deve far sorpresa dal (1) Nuove ricercìie del Boro e del Vanadio — Atti della R. Accademia dei Lincei — Anno COLXXVI Serie III. Voi. 3. p. 403 — Roma 1878-79. IGG SULLA DIFFUSIONE DEL VANADIO momento che V acido vanadico è isomorfo col fosforico , e cliiest’ ultimo, oltre d’essere diffuso nel regno minerale e vegetale, vi abbonda paragonato al vanadio. Avendo rinvenuto il vanadio nelle lave vesuviane er al- iate in questi ultimi anni, opino che debba rinvenirsi pure nelle lave antiche; questa opinione viene avvalorata dalla costante composizione delle lave vesuviane e dall’avere in- traveduto detto corpo l’ illustre prof. A. Scacchi nelle incro- stazioni della lava del 1631 (1). Mi riservo di cercare in seguito il vanadio nelle sostanze animali. (1) Kenfliconto della Eeale Accademia delle Scienze di Napoli — Anno XIX- 1880 p. 40, 4L Sopra una particolare specie di quarzite seinivetrosa, a struttura pomiceo- granulare contenuta nell’ interno di alcune bombe projettate daW Etna nella recente eruzione eccentrica del 22 Marzo 1882. Nota del Prof. ORAZIO SILVESTRI. Presentata nella seduta ordinaria del 10 Giugno 1883. Fra i materiali conosciuti che l’Etna getta al di fuori nelle sue eruzioni, oltre alle recenti lave sono comuni i blocchi e detriti di antiche lave divelti dagli strati sotto- stanti in corrispondenza al centro di esplosione ; questi formano spesso i nuclei di quei projettili che si chiamano comunemente bombe. — Meno frequentemente tali nuclei sono costituiti da arenarie gialle mioceniche che giacciono stratificate inferiormente all’ imbasamento Etneo: più rare appariscono , sempre come nuclei inviluppati nella nuova lava, delle masse dovute a concentrazioni cristalline feldi- spatiche o augitiche. Nella eruzione scoppiata il 22 Marzo 1883 (*) si è pre- sentato il fatto importante e nuovo di bombe che racchiu- dono dei nuclei formati di masse quarzose con frattura se- mivetrosa e granulare, ora candidissime e di aspetto lat- teo, ora di color bigio tendente al giallastro o al verdognolo chiaro. La forma esterna di queste bombe, che ho potuto tro- vare in mezzo alle recenti deiezioni e sempre rivestite di uno strato più o meno grosso di nuova lava scoriacea nera che ne maschera il contenuto, è generalmente ovoide (*) Vedi. Sulla Eruzione dell’ Etna scoppiata il dì 22 Marzo 1883. Kapporto al K. Governo di 0. Silvestri. — Catania 1883 — l-'^ Edizione a di 23 Marzo — 2“^ edizione con aggiunte a dì 8 Aprile. ATTI ACC. VOL. XVII. 23 168 SOPRA UNA PARTICOLARE SPECIE ' 0 subsferica, di volume e peso variabile da circa 1 cbilog. a 15 cbilog. e generalmente il nucleo che contengono ap- parisce come un frammento arrotondato talvolta angoloso ma sempre tormentato da attrito e dall’ azione di elevata temperatura. Questa materia inclusa nelle bombe mentre apparen- temente ha r aspetto di materia quarzosa, mi ha fatto a lungo dubitare che lo fosse, perchè si presenta con un ca- rattere di frattura ed aspetto semivetroso e struttura ten- dente alla pomicea, cioè minutamente bollosa come se fosse una sostanza non difficilmente fusibile. Nel tempo stesso è granulare perchè in granuli trasparenti essa si risolve col più leggiero attrito, anche delle dita quando si maneggia. Spaccando tali bombe si vede che la massa interna avente questa minuta struttura pomicea è spesso attraversata da più grandi vacui lineari paralleli in cui si vedono degli spazj vescicolari ora sferici ora ovoidi più o meno allungati, li- mitati da sottili pareti vetrose. Una struttura anche più grossolanamente e più evidentemente cellulare si presenta aU’esterno del nucleo e precisamente nella superficie di contatto tra il quarzo e V involucro della nuova lava, ove per la facile combinazione con gli elementi chimici di que- sta (e specialmente del ferro) ha preso l’aspetto di un vetro bolloso del colore verde scuro, come quello del vetro ferrifero delle bottiglie ordinarie — Oltre di ciò la mas- sa quarzosa delle bombe si vede tutta interrotta da li- nee di contrazione che la mostrano divisa e suddivisa in forme prismatiche le quali in generale irradiano dal centro alla periferia, analogamente alla struttura dei basalti, ftaniti e di altre roccie che portando con sè grande calore si sono trovate poi in condizione da subire un brusco raffreddamento. A questo medesimo brusco raffreddamento devesi ri- ferire la struttura microscopica particolare che presenta la materia quarzosa. Con grande difficoltà per la sua fa- DI QUARZITE SEMIVETROSA ECO. 169 Cile disgregazione si può ridurre in lamina molto sottile, però praticando in modo speciale vi sono riuscito ed osser- vandola al microscopio mi ha mostrato di essere tutta forma- ta da un insieme di particelle in quel medesimo stato di ag- gregazione che si presenta nel quarzo e nel vetro allorquando nelle fabbriche di cristalli si riscalda e poi s’immerge rapi- damente nell’ acqua per ridurlo facilmente in polvere {lor- sque on elonne le verro, come dicono i francesi) o altri- menti le particelle sono in quello stato medesimo come si vedono risolvere nel vetro temperato , per es. nelle la- crime bataviche, allorquando rompendone la coda scop- piano e si riducono in polvere. Osservando una lamina sottile alla luce polarizzata, essa manifesta coi colori di polarizzazione vivi, i caratteri ottici del quarzo — In conclusione si può dire che la massa quarzosa in esame mostra di avere raggiunto uno stato di semifusione a cui è succeduto un brusco raffreddamento — La prima condizione è straordinaria nel quarzo naturale, co- me sostanza diffìcilmente fusibile; infatti sappiamo dai nostri esperimenti che esso non entra in fusione se non che ap- plicando la temperatura la più elevata che artificialmente si possa ottenere. Questa considerazione mi ha fatto dubitare, come ho già detto da principio, sulla natura quarzosa della materia in esame, dovendo attrimenti ricorrere all’azione di una enorme temperatura di cui fin’ora non si è avuto idea nei focolari vulcanici e nella massa in fusione cristallina della lava — Però ho dovuto convincermi della natura quarzosa della sostanza dopo il seguente esame sui caratteri chimico -fisici e sulla composizione. 1° Un frammento della sostanza è infusibile alla fiam- ma a lungo sostenuta del cannello: 2° Operando al cannello con la perla ottenuta col car- bonato sodico, la sostanza si scioglie rapidamente con viva 170 SOPRA UNA PARTICOLARE SPECIE effervescenza e comunica alla perla un color giallo sbiadito a caldo, giallo brunastro a freddo; il che accenna alla pre- senza di una minima quantità di ferro. 3° Fatta questa operazione più in grande in un cro- giuolo di platino, ivi bo fuso del carbonato di sodio e poi ho gettato poco a poco circa Vs del peso della sostanza in esame ridotta in granuli (nel modo come si disgrega con la semplice pressione): i granuli si sono rapidamente sciolti producendo viva effervescenza ed hanno all’ ultimo costitui- to un silicato sodico solubile nell’ acqua e capace, con la concentrazione e con razione di un acido, di precipitare la silice gelatinosa la quale dal residuo secco si separa inso- lubile nell’ acqua, sotto forma di una polvere candidissima che raggiunge con poca perdita, il peso della sostanza pri- mitiva. 4° La sostanza granulare immersa nell’ acido fluori- drico, vi si scioglie con sviluppo di calore e lascia solo al fondo del crogiuolo di platino una nubecola leggiera di ma- teria insolubile. Evaporata la soluzione acida con l’azione del calore tutta la sostanza sciolta se ne va coi vapori e non rimane che un piccolissimo residuo che quando è giunto a secco si presenta da prima bianco, poi con 1’ azione pro- lungata del calore si fa nero, indi rossastro. (*) Questo piccolo residuo e solubile nell’acido nitrico e separato da una tenue quantità di solfato di calce (la cui esistenza e quantità ho riconosciuto appartenere solo all’acido fluoridrico impiegato) dà una soluzione che mostra le rea- zioni caratteristiche dei sesquiossidi di ferro e di alluminio. Allo spettroscopio colla fiamma ordinaria la suddetta soluzione nessuna stria particolare presenta, tranne quella comunissima del sodio. (*) Ho osservato elio il color nero devesi a traccia di materia organica appartenente all’ acido fluoridrico impiegato. DI QUARZITE SEMIVETROSA ECC. 171 5° L’analisi quantitativa die lio fatta col metodo del- r acido fluoridrico su due varietà della sostanza in esame lia dato i resultati seguenti ; Quarzite di aspetto opaco latteo , candidissima presa dallo interno di una bomba di 2 chilogr. di peso. a 100° C. al colore rosso prolungato Perdita di peso 0, 13 — 0, 14 7o 0 Silice 94,697 Sesquiossido di ferro e di alluminio . . 5,303 100,000 (Quarzite di aspetto opaco , di colore bigio presa dalV interno di una bomba di due chilogr. di peso. a 100° C. al colore rosso prolungato Perdita di peso 0, 13 — 0, 14 % 0 Silice 87,731 Sesquiossido di ferro e di alluminio . . 12,266 100,000 Queste due varietà sono dunque essenzialmente formate da quarzo e differiscono solo per una quantità variabile di ferro e di allumina. La durezza quantunque diffìcile a sperimentare perchè la sostanza si riduce in granuli minutissimi con l’attrito e con la pressione, tuttavia si riesce a vedere che è eguale a 7, giacché giunge come limite a intaccare il quarzo. Il peso specifico di ambedue le varietà , oscilla tra 2,462, e 2,492 ; in media è di 2,477. Questa cifra è infe- riore al peso specifico conosciuto del quarzo naturale, che è di 2,663 : ed è superiore al peso specifico determinato da Sainte Claire Deviile nel quarzo perfettamente fuso e 172 SOPRA UNA PARTICOLARE SPECIE vetrificato (1) che è di 2,2’20. Quasi corrisponde ad una media dei due. Tale importante carattere fisico conferma anche la natura quarzosa della sostanza e la semifusione subita, in relazione alla quale ha i)resentato il noto fatto della dimi- nuzione nel suo peso specifico, ma non tanto come lo dimi- nuisce il quarzo a fusione completa. Queste bombe a nucleo quarzoso coi caratteri descritti, quantunque si debba ritenere che il principio di fusione che manifestano possa essere relativamente facilitato dalla presenza accidentale del ferro c deirallumina provata con r analisi, tuttavia danno argomento a considerazioni nuove e importanti non solo per l’Etna, ma per la fisica dei Vul- cani in generale (2) giacché ci offrono la prima prova della enorme temperatura che deve regnare neirinterno dei me- desimi e di cui fin ora non si aveva idea. (1) Vedi Gli. Sainte Deville: sur la deiisité de quolques substances. (Qiiartz coryndoii, métaiix etc.) après fusion et refroidissemeiit rapide. (Comptes rend. Tom. 40 1855 pag. 769). I. Roti). — Beitrage zur Peirogr. der Plutonisc. Gesteine — Berlin 1860. (2) Mi è permesso di rendere noto, dietro gentile comunicazione del distinto vulcanologo Dott. W. Reiss di Berlino, che egli nel suo viaggio di esplorazione ai vulcani dell’ America del Sud crede di avere trovato qualche cosa di simile tra i materiali raccolti al Gotopaxi. Sul grado di esattezza di alcune misure di precisione. Osservazioni del prof. D. MACALUSO. Memoria letta nella seduta ordinaria del 10 Giugno 188o. I L L usTR r Acca de m ic i, Egregi Sigmori, Permettetemi che io oggi, invece di un lavoro positivo, venga a presentarvi un piccolo lavoro negativo, un lavoro cioè di demolizione. Se fruttuosa è l’opera di chi coltiva le piante utili, non dispregevole, io credo, sia quella di chi svelle le nocive. È già qualche tempo die molti dilettanti hanno invaso il campo delle scienze sperimentali, ed in parte per mancanza di buoni studii ed intelligenza, in jiarte per il bisogno di far crescere rapidamente il coi-redo delle proprie publica- zioni, mettono di continuo fuori dei lavori diedi sperimen- tali non meriterebbero neanche il nome. Fatti appena intra- veduti nella propria immaginazione e superficialmente con- trollati con l’esperienza, analisi fatte più con la penna che coi reattivi, misure eseguite con strumenti grossolani e senza nessun esame delle possibili influenze delle cause di errore, vengono tuttodì pubblicate, e si fan servire di base a de- duzioni più 0 meno interessanti, lo credo in verità super- fluo l’insistere con voi sul danno che tali lavori producono nel campo della scienza. Però se ciascuno di noi, come ne son sicuro, sia di ciò convinto, concorra per la sua parte con la critica scientifica a combattere tali lavori, ed io, in omaggio a questo concetto, voglio’ oggi intrattenervi un ATTI ACC. VOL. XVII. 24 174 SUL GRADO DI ESATTEZZA poco con una critica delle misure così dette di precisione, 0 misure delle quantità molto piccole, per mostrarvi come spessissimo il grado di esattezza die si crede, o almeno si dice, di avere raggiunto non è die immaginario, e die quin- di immaginarie sono le conclusioni die da esse si ricavano. Senza stare qui a farvi l’esame minuzioso di molte specie di tali misure mi limiterò solo a qualcuna delle principali. Misure di massa. Determinare il peso, ed in conseguenza la massa dei corpi, è uno dei problemi più importanti delle scienze fisico- cliimiclie. La bilancia di precisione e l’ apparecchio al quale si ricorre per la soluzione di un tale problema. Da molta si pretende che una buona bilancia di precisione, caricata di 500, 0 almeno di 200 grammi, possa con sicurezza farci apprezzare il decimo ed anclie il ventesimo di un milli- grammo, e voi avrete letto molti lavori, sopratutto di chi- mica analitica, nei quali i risultati ottenuti poggiano su tale ipotesi. Ebbene è molto facile il mostrarvi come l’esattezza, che si crede in tal modo di raggiungere, non è che pura illusione. Restringiamo infatti il nostro ragionamento alle pre- tese più modeste, cioè supponiamo di avere una bilancia ca- rica di 200 grammi; colla quale si voglia apprezzare il de- cimo del milligrammo, o, che significa lo stesso, determi- re la duemilionesima parte del peso totale. Perchè ciò possa farsi con sicurezza bisogna esser certi che la lun- ghezza di ciascun braccio del giogo non possa variare che di una quantità minore della metà di questa frazione di essa lunghezza totale. Nelle bilancie ordinarie di precisione che oggidì si costruiscono la lunghezza di ciascun braccio non suole essere maggiore di 15‘'"', anzi per lo più oscilla intorno ai to'"™. Per potere dunque con una tale bilancia DI ALCUNE MISURE DI PRECISIONE 175 apprezzare il decimo del milligrammo con ima carica di 200 g®‘‘ bisogna esser sicuri che tale lunghezza non va- rii neanche di un quatromilionesimo di IO""', ossia di un Imm imm ’ 0 anche per esser larghi di 40000 20000 Ebbene nel ftire una pesata di precisione bisogna necessa- riamente sollevare più volte i piattelli laterali dai punti di appoggio, i quali determinano la lunghezza delle braccia, per poi tornare a rimetterveli, ed il richiedere che in tali operazioni non ci siano degli spostamenti, che nel loro in- sieme equivalgano anche ad .3^^ , non ostante tutti i pro- gressi che la meccanica pratica ha fatto nella costruzione delle bilancie, è una pretesa finora impossibile a realizzarsi. Del resto in appoggio ai miei ragionamenti posso por- tare qualche esperienza. Nell’anno passato in alcuni studii da me fatti sulla densità del vapore aqueo , adoperando una buona bilan- cia di precisione del Sartorius, ho potuto osservare che dopo di avere ottenuto l’equilibrio per una carica anche inferiore a facendo agire il manubrio che serve a sol- levare il giogo ed i piattelli, dopo ciascun nuovo abbassa- mento di essi, le indicazioni dell’indice non erano concor- danti, avendosi qualche volta degli spostamenti, la cui rela- tiva differenza di peso arrivava anche ad un milligrammo, e ciò avendo riguardo alle cure più scrupolose, per evitare tutte le altre cause di errore, alle quali in generale si pre- sta poca attenzione. Non ostante il ragionamento che sopra io vi ho fatto, e che anche allora facevo, vedendo che la mia bilancia non si prestava a dar ciò che molti altri cre- dono di ottenere con la più grande facilità, dubitai della bontà di essa. Trovandomi però qualche mese addietro in Roma ho inteso che il medesimo fatto è stato anche osser- vato dal prof. Risati, che è forse il più esatto e scrupoloso misuratore che oggi abbiamo in Italia. Egli ha trovato in 176 SUL GRADO DI ESATTEZZA tre bilancie di precisione differenti, di molto valore perchè di costruzione inappuntabile, studiate da lui con tutte le cure più minuziose, il fatto identico da me precedentemente cita- tovi, e che viene in conferma di quanto io sopra vi diceva. Nè questa è la sola causa di errore, che s’ incontra nelle pesate spinte a tal limite di pretesa precisione. Le variazioni , anche molto piccole, ma non uniformi di temperatura, dilatando differentemente le braccia, e pro- ducendo delle correnti nell' aria dello interno della cassa, che ricopre la l)ilancia, possono esser causa di errori an- (*he superiori ai milligrammi ; eppure son pochi gli speri- mentatori scrupolosi che impiegano le loro bilancie in istanze chiuse, a temperatura quasi costante, coi vetri ri- coperti da sostanze opache , per impedire l’influenza della irradiazione esterna, e che si tengono da esse lontani nel fare le loro determinazioni. I pesi inoltre , quando anco siasi fatta diggià una volta le determinazioni degli errori, che essi sempre hanno, adoperandoli anche con tutte le cure variano col tempo; lo spostamento dell’aria è causa di perdita di peso variabile col volume ; talché puossi conchiudere che solamente con. cure speciali, che pochi soltanto sanno e possono adoperare , si è al caso di poter garentire il milligrammo ; ed il parlare di ventesimi ed anche di de- cimi di milligrammo , sopratutto nelle determinazioni che generalmente si fanno, è una vera illusione, ))er non dire qualche parola anche più severa. Misure di Lunghezza Per le misure precise di lunghezza l’apparecchio fon- damentale è la vite micrometrica. — Infatti i micrometri dei microscopi i, i nonii etc. sono stati costrutti per mezzo di viti micrometriche. Or il grado di esattezza al quale si può in generale arrivare nelle misure di lunghezze supe- DI ALCUNE MISURE DI PRECISIONE 177 riori al decimetro , io credo sia appena il cinquantesimo del millimetro. E una esperienza molto facile e che può fare ciascun di voi, la seguente: Prendete un metro campione, fornitovi da una delle case più accreditate e diviso in millimetri; con un microscopio fornito di micrometro paragonate i diversi millimetri fra di loro , troverete delle differenze fra V uno e l’altro di parecchi centesimi e qualche volta anche di un decimo di millimetro. L' istesso troverete esaminando le divisioni di un nonio o i passi della migliore vite micro- metrica. È una esperienza che ho già fatto da me, e che è conforme a quel die altri scrupolosi sperimentatori han trovato. Per poter dunque nelle vostre misure garentire fino al centesimo del millimetro bisogna die prima abbiate fatto r improbo lavoro di trovare il valore assoluto , con un errore minore di un centesimo, di ciascuno dei millime- tri del vostro metro, ad una temperatura data e costante, e poi esser sicuri che nel paragone tra la lunghezza ignota ed il metro per trovare il valore di quella , voi possiate garentire la coincidenza con sicurezza fino al centesimo del millimetro. Ora per le lunghezze superiori al decimetro ciò non si fa che per mezzo del nonio, il quale, anche nel caso che sia costrutto per dare i cinquantesimi di millimetro, vi la- scia spesso indecisi sulla divisione da riguardare come coincidente. Non era dunque una esagerazione il dirvi che assai difficilmente e solo abili esperimentatori possono in tali determinazioni arrivare al cinquantesimo del millimetro, soprattutto se si tien conto dell’influenza della temperatura, della quale la correzione non può farsi in generale che in modo solo grossolanamente approssimato. Dietro quel che ora si è detto voi riderete certamente di quei- metereologisti , i quali nelle loro osservazioni ba- 178 SUL GRADO DI ESATTEZZA rometrìche garentiscono i centesimi di millimetro con la più grande sicurezza. E ciò fanno fidando sulla bontà della scala e relativo nonio attaccata al loro barometro, scala e nonio che eglino spesso non hanno avuto la cura o la pos- sibilità di verificare , nel modo che io precedentemente vi diceva. Qualche anno addietro un di essi ha publicato alcune sue ricerche sulla altezza del menisco barometrico, dando anche i millesimi di millimetro , e su di questi ha basato certe sue deduzioni. Avendogli io chiesto per lettera come facesse a misurare con tanta precisione, mi rispose che misurava con esattezza fino al centesimo e che ricavava i millesimi didla media di parecchie misure. Signori credete voi serio un tal modo di osservare e sperimentare ? Il prof. Pisati ha intrapreso insieme al prof. Pucci a Roma un lavoro classico sul pendolo , che verrà ora pu- blicato nelle memorie dell’ Accademia dei Lincei. A loro interessava non di misurare con precisione una lunghezza qualunque, ma di diminuire una lunghezza sconosciuta esat- tamente di un metro. Badate che in questo caso puossi raggiungere una esattezza molto più grande che nell’altro caso, come è facile il vedere. Ebbene per ottenere con si- curezza in tali ricerche un’ approssimazione compresa tra il centesimo ed il millesimo del millimetro i due abilis- simi sperimentatori sopradetti bau dovuto superare delle difficoltà grandissime, ricorrere ad un impianto tutto spe- ciale, molto complicato e costoso, e lavorare circa due anni intorno ai loro apparecchi. Misure di temperatura. Nella misura delle temperature fatte con qualche pre- tesa di esattezza si parla spesso di centesimi di grado , quasi sempre di decimi , ed a tal uopo si adoperano sem- plicemente dei termometri a mercurio. Ebbene con essi DI ALCUNE MISURE DI PRECISIONE 179 il grado massimo di precisione, che possiamo difficilmente raggiungere è il ventesimo di grado, e per ottenerlo biso- gna però che siasi tenuto conto dello spostamento continuo dello zero e fatta ima graduazione per paragone con un ter- mometro ad aria. Il termometro ad aria tenuto conto delle cause di errore inevitabili nei modi come fin ora lo si co- struisce, non permette di determinare con sicurezza al di là del ventesimo di grado. Io non nego che puossi in molti casi apprezzare una differenza di' temperatura molto inferiore a questa , come puossi anche in molti casi ap- prezzare un aumento o una diminuzione di peso inferiore di molto al milligrammo, ed una differenza di lunghezza inferiore al centesimo di millimetro , ma è ben differente 0 signori, anzi tutto apprezzare che una differenza esista dal misurarla, come anche nel caso in cui la si misuri è ben differente il trovare il valore di essa dal trovare con lo stesso grado di approssimazione il valore di ciascuna delle due quantità, delle quali la differenza è stata misu- rata, e che sia molto piccola in paragone con quelle. Misure microsìsmiclie. Io potrei ancora continuare con una lunga enumera- zione e critica di altri generi di misure, che tuttodì vengono pubblicate, e nelle quali si afferma raggiunta una precisione molto superiore a quella che noi oggi con tutte le cure pos- siamo effettivamente raggiungere. Per brevità la tralascio, fermandomi solo a dirvi ancora qualche altra parola sopra un. genere speciale di misure, che sembra vogliali pigliare oggidì un grande sviluppo. Sono le così dette misure microsismiche. Due accurati e pazienti osservatori il Bertelli a Fi- renze ed il De Rossi a Roma han dato in Italia un grande impulso a questo genere di ricerche, e dietro di loro molti 180 SUL GRADO DI ESATTEZZA osservatori più o meno capaci di far delle misure di pre- cisione, hall trovato con tali osservazioni che il nostro globo terraqueo è in continua convulsione — Gli strumenti che servono a tale scopo consistono in apparecchi capaci di rivelare i minimi movimenti dei sostegni sui quali ripo- sano. L’ottenere in essi una grandissima sensibilità, sopra- tutto se non si tratta di misurare il movimento, ma solo di constatarlo, è cosa non molto dittìcile. Assai più ditficile è invece il poter dire se un tal movimento piccolissimo sia dovuto a delle cause endogene, come si afferma da dii si occupa di tali ricerche , o a qualche altra causa esogena accidentale, come il passaggio o di un carro carico a pochi metri di distanza, o di un convoglio ferroviario, che si muova lungi solo qualche chilometro. 10 posso qui confortare i miei dubbii con qualclie os- servazione mia 0 di altri sperimentatori. Trovandomi a Roma e lavorando con una bussola di Wiedeniann in una stanza, il cui livello era inferiore a quello della strada limitrofa, spesso, ma non sempre, il passaggio di carri in questa produceva dei tremiti ed anche delle oscillazioni sensibilissime nell’ apparecchio. 11 sig. Abbadie , membro dell’ Accademia di Francia , riferisce quanto segue : « Nell’ isola Campbell la caduta di grandi ondate dalla « parte del sud facevasi sentire a due miglia dalla riva con una deviazione di 1", 1 nella posizione della verti- « cale — Ad Abbadia (presso Ilendaye) io ho constatato « anche il tremito impresso al suolo dalle grosse ondate , « ma ad una distanza di 400 metri solamente» {Conip. ren. Tom. 80 pag. 1029). Due anni addietro il sig. A. Peratoner facendo insieme al sig. B. Piazzoli nel mio laboratorio in una delle stanze esposte a nord alcune esperienze sul peso massimo che una calamita poteva portare in date condizioni, dovettero DI ALCUNE MISURE DI PRECISIONE 181 abbandonare tali ricerche, perchè nello istante in cui pas- sava un carro, anche nella via sottostante al prospetto sud della nostra Università, il ferro dolce, al quale il peso era attaccato, si staccava dalla calamita, essendo questo ancora sensibilmente minore di quello che la calamita stessa potea portare, quando nessun carro passava sotto. Le esperienze eran fatte su di un tavolo di marmo solidamente infisso nel muro. Un fatto precisamente identico è stato trovato dal Sig. S. Scichilone, ora assistente nel laboratorio di chimica dell’ Università di Palermo, quando egli faceva alcuni anni addietro delle ricerche magnetiche nella stessa Università, dove era allora assistente del prof. Pisati. L’ anno passato il sig. M. Cantone allievo interno nel- ristituto fisico della Università di Roma, dovette abban- donare alcune misure di precisione, perchè i convogli fer- roviari!, che passavano a circa un chilometro di distanza, facevano oscillare il di lui apparecchio molto sensibile. L’ Istituto fisico in parola trovasi costrutto entro un giar- dino, lontano dalle strade rumorose, ha mura robustissime, che con fondazioni non molto profonde vanno ad incontrare la nuda roccia. Qualche mese addietro ho letto una memoria di un fisico, del quale mi dispiace molto non ricordare il nome, ed il posto in cui ho letto il suo lavoro. Egli, servendosi di un orizzonte artiflciale a mercurio, ha osservato che erano ancora apprezzabili i tremiti dei carri ordinarii che passavano lontano qualche centinajo di metri, e quelli dei convogli ferroviarii che passavano -anche a più di due chilometri di distanza dal suo osservatorio. Il sig. E. Fileti direttore dell'Istituto, nautico di Paler- mo mi ha detto che appena nella larga strada sottoposta passano dei tramway a cavalli, o dei semplici carri l’oriz- ATTI ACC. VOL. XVII. 25 182 SUL GRADO DI ESATTEZZA zonte a mercurio del piccolo osservatorio astronomico an- nesso all’Istituto oscilla in modo sensibilissimo. Il professore Zona astronomo aggiunto neH’Osservatorio astronomico di Palermo mi ha riferito di avere constatato un’ influenza simile negli apparecchi dell’Osservatorio ogni volta che un treno passa sulla ferrovia che unisce le due stazioni di Palermo. Quando si conoscono questi fatti non si può più pre- stare alcuna attenzione ai risultati di quelle osservazioni microsismiche, che tuttodì leggonsi nelle cronache dei gior- nali politici, e che si sa esser fatte nel centro di popolose citta, con i convogli ferroviarii che passano a due o tre ettometri, ed i carri carichi a cinque o sei metri di distanza. Nè basta il dire che qualcuno ricorre alle cantine, se queste non son molto profonde — Le mura di tali cantine tremano nel modo stesso che le mura dell’ edificio sopra- stante ; difatti le forti ondulazioni , capaci di scuotere la massa di un edificio, si trasmettono a distanza attraverso al sotto suolo. Così pure non è argomento serio il dire , come fa qualcuno, di aver provato la stabilità dell’apparecchio per le scosse accidentali esogene col fare cadere delle grosse pietre in vicinanza dell’apparecchio microsismico, o l’avere osservato che il vento esterno all’edificio non ha su di esso alcuna influenza. In fatti si può dimostrare molto facil- mente che una grande massa , la quale resta immobile, o quasi , sotto 1’ influenza di una pressione continua, anche forte (vento) o di una scossa che duri poco tempo (caduta delle grosse pietre) possa concepire un movimento molto sensibile sotto l’influènza di scuotimenti isocroni e ripetuti.. Le misure microsismiche possono solo avere un valore se, oltre che con. apparecchi sensibilissimi, quali son quelli che generalmente s’impiegano, vengano fatte in posti adatti, come p. e. in cantine isolate e molto profonde, lontane di DI- ALCUNE MISURE DI PRECISIONE 183 alcuni cliilometri dall’ abitato , dalle strade pubbliche , e sopratutto dalle ferrovie. Tali misure, fatte nei posti in cui oggidì generalmente si fanno, producono 1’ impressione stessa che farebbero le osservazioni di un meteorologista che s’ affanni a trovare i centesimi di grado nel determinare la temperatura am- biente , tenendo il suo termometro in cucina , dove si ac- cendono e spengono dei grandi fuochi senza nè garbo nè regola. Durante la pubblicazione di queste brevi osservazioni sono state fatte in difesa degli osservatori i microsismici, posti appunto nelle condizioni di sito sopra criticate, i due seguenti rilievi, per mostrare come tali critiche abbian po- co valore : a) Quando esistono cause di vibrazioni endogene, se- gnalate altrove con terremoti più o meno forti , 1’ istru- mento, il microsismometro, è il primo a darne il segnale, e questo si è visto accadere anche nelle ore notturne e di massima quiete. b) Spesso T apparecchio ( non scrivente ad indicazioni continue si badi ) resta lungamente fermo, anche quando non cessano di agire le cause esterne, alla cui influenza so- no stati attribuiti molti dei movimenti degli apparecchi mi- crosismici. Il primo rilievo in verità è molto strano, e se non lo si fosse parecchie volte con insistenza ripetuto, non merite- rebbe di esser confutato. Chi può mai negare, o anche dubitare, che un appa- recchio mobilissimo si debba muovere quando esistono i terremoti sia di giorno che di notte ? Quello di cui, e con 184 SUL GRADO DI ESATTEZZA ragione io credo, si dubita ò che tale apparecchio si muova solo quando agiscono le cause endogene. E se si muove tanto nell’ uno che nell’ altro caso co- me distinguere i movimenti dovuti a cause interne da quelli dovuti a cause esterne alla superfìcie della terra ? Il secondo rilievo invece è più serio e merita di es- ser discusso. Anzitutto domandiamo come siasi fatto per constatare in apparecchi che non siano scriventi ad indicazioni con- tinue, come pur troppo è la massima parte di questi mi- crosismometri, e che vengono quindi osservati di quando in quando nel giorno per brevissimo tempo, come siasi fatto ripetiamo a constatare la loro perfetta immobilita per lungo tempo. Ammettasi però che ciò siasi effettivamente osservato. Gli apparecchi per i quali ciò si e detto sono dei lunghi pendoli, ai quali il Bertelli ha dato il nome di tromometri. Or è noto che ogni pendolo ha il suo tempo proprio di oscillazione, e quindi non potrà esser messo in moto che da ondulazioni del sostegno (il. muro al quale e attaccato) che siano isocrone o quasi con quelle che esso può con- cepire. Se questo è il caso, movimenti anche piccolissimi possono produrre delle forti ondulazioni del tromometro, che in caso diverso resterà immobile del tutto. Inoltre è cosa anche nota a tutti coloro che si occu- pano un po’ di studii fisici che se esistono simultaneamente parecchie sorgenti o cause di ondulazioni, queste possono benissimo per influenza reciproca avere risultante nulla o piccolissima. Chi conosce le interessanti esperienze che tutto dì si fanno nelle scuole di fìsica trattando la teoria delle vibrazioni, non ha bisogno di altre parole per comprender bene perchè un pendolo attaccato ad un muro, e sottopo- sto a parecchie influenze, die tenderebbero a farlo oscilla- re, possa moltissime volte restare perfettamente immobile o quasi. DI ALCUNE MISURE DI PRECISIONE 185 Sul proposito anzi ci piace di citare le seguenti parole del De Rossi, 1’ organizzatore degli studii microsismici in Italia, e die non sarà certo accusato di voler discreditare tali misure (\"edi Dull. del Vide. ital. Anno X. pag. (U e seg. 1883). « Ciascun 'lìcndolo secondo la sua lunghezza osclììa « in un tempo dato.... Se questi pendoli riceoono qualche « impulsione conforme a questo ritmo essi saranno forle- « mente agitati. Al contrario con delle impulsioni che si « succedono secondo un ritmo differente non si muove- « ranno punto. » Ed in seguito passa a citare parecchi esempii di ter- remoti sensibilissimi, durante i quali, mentre certi pendoli di una data lunghezza si muovevano fortemente, degli al- tri invece, percliò di lunghezza dilTerente e quindi con du- rata dilTerente di vibrazione, son restati perfettamente im- mobili. Ed in seguito aggiunge. « Il secondo fatto, che produce una apparente irre- « golarità nella sensibilità degli apparecchi, proviene dalla « legge delle vibrazioni, secondo la quale si formano in un « corpo vibrante dei nodi e ventri di vibrazione. Questo « fenomeno accade sempre nella massa terrestre che agita « un terremoto, ed ha una grande influenza nei terremoti « molto deboli. In sifnili casi le località poste sopra un « nodo di vibrazione non rivelano la scossa e gli apparecchi « benché sensibili non segnalano i movimenll terrestri; al « contrario se posti dove si formano i ventri di vibrazione « provano ima scossa qualche volta sensibilissima in mezzo « ad aree che non sono stale scosse. Gli studii sismome- « trici han rivelato che questa di(ferenza si verifica an- « che a distanze piccolisskne, e non solamente nel mede- « simo edificio, ma ancora nella medesima camera e nella « medesima parrete. » Se dunque nel caso di forti terremoti gli apparecchi ISO SUL GRADO DI ESATTEZZA sismici , sopra tutto se costituiti da pendoli possono re- stare fermi del tutto (e (juesti son fatti sui quali si)eriamo non si eleverà dubbio alcuno), qual meraviglia se i mede- simi pendoli possono restare anche fermi, quando le cause di movimento non siano endogene ma esogene? Questo però non signidca punto die debbano restar sempre insen- sibili alle cause accidentali non endogene di movimento. La dimostrazione della indipendenza delle osservazio- ni microsisrniclie dalle cause perturbatrici esterne col fat- to che il pendolo tromometrico resti qualche volta immo- bile, non ostante la persistenza delie cause iierturbatrici, prova assai poco adunque per non dir nulla. E qui concbiudiamo col consigliare (speriamo non ci si voglia dar per questo l’accusa di prosuntuosi) a coloro che di ricerclie microsismiclie si occupano, di volere anzi tutto scegliere bene il posto per l’impianto dei loro osservatori geo- dinamici, come essi li chiamano, se aspirano ad ottenere che i risultati del loro paziente lavoro vengano presi in considerazione dagli scienziati sedi. Agii osservatorii pian- tati nel centro delle città popolose , accanto alle strade di molto traffico, o a poca distanza dalle linee ferroviarie, o dentro editìcii, nei (juali per la loro particolare destinazio- ne si lia un continuo viavai di molte persone, accomi)agna- to spesso dallo sbattersi degli usci bisogna assolulamente rinunciare, perchè in caso diverso, (jualunque sia la cura avutasi per garentirsi dalle cause perturbatrici esterne , non ci si riuscirà che assai imperfettamente, ed i risultati delle osservazioni non potranno che essere di poca o nes- suna attendibilità e valore scientifico. Suir ossidazione spontanea del merourio Nota del Prof. B. MACALUSO F esentata nella seduta del dì 10 Giugno 1883. È un fatto generalmente noto die il mercurio in con- tatto dell’ aria subisce un’ alterazione della superficie, do- vuta, secondo alcuni ad un’ossidazione del mercurio stesso, e secondo altri ad un’ossidazione delle piccole traode dei metalli od altre sostanze, che al mercurio si trovano unite. Il Bertbelot ha dimostrato che la pellicola, la quale si forma alla superficie del corpo in discorso in contatto del- 1’ aria, è veramente del protossido di mercurio (1). Avendo io in alcune ricerche maneggiato molte volte in contatto dell’ aria del mercurio puro , mi era sembrato di osservare che la pellicola caratteristica si produca tanto più facilmente , quanto più umida sia 1’ aria in presenza , ed ho perciò voluto esaminare se, e quale influenza avesse l’ umidità in questo fenomeno. Ho introdotto a tal uopo sotto una grande campana A di vetro con bordo smerigliato, e posata sopra un piatto smerigliato, delle capsule con anidride fosforica, ed un cri- stallizzatore di vetro circolare vuoto di circa di dia- metro , nel quale nel giorno seguente si versava del mer- curio distillato poco prima nel vuoto col metodo del Weinhold, ed in modo da formare uno strato di 5'"'" circa di altezza. Sotto una seconda identica campana B ho di- sposto l’esperienza in modo simile, solo che alle capsule (1) Bulletiii de la Société cliirnique de Paris T. XXXV. pag. 487 — 1881. ATTI ACC. VOL. XVII. 26 sri.i/ OSSIDAZIONI': spoxtanka ISS con anidride fosforica ho sostituito o un bicchiere con ac- qua distillata , o un cuscinetto di carta hihnla iinheviito di acqua. Nei idiomi molto umidi ho anche lasciato sotto questa canqnma solo 1’ aria ambiente , senza alcuna sor- gente speciale d’ iimiditA. 11 mercurio dell’ ambiente umido della campana B , esplorato dopo IS ore, durante le quali nulla era stato smosso dal proprio posto, con im tubo dì vetro ben pulito, che si faceva scorrere alla sua snperlleie, vi lasciava so- pra nettamente ima pellicola. Questa si rinnovava sponta- neamente da un giorno all’ altro, anzi bastava lasciar pas- sare quattro o cimpie ore dopo un’ esplorazione per tro- vare lina tale pellicola gih quasi rinnovata. In qualche esame, fatto appena dopo ventiquattro ore che il mercurio era stato messo nell’ ambiente umido, la pellicola da esso abbandonata al tubo esploratore non era molto sensibile. Pare dunque che per formarsi dapprima sia necessario più tempo di quello che abbisogni per rin- novarsi, dopo che una prima volta sia stata asportata. Ilo potuto anche osservare che basta tare scorrere una volta sola nel senso di un diametro, il tubo di vetro, 0 anche una sottile ininta dello stesso corpo, perchè ripas- sandovi immediatamente .dopo il medesimo tubo in una direzione qualunque non resti su di esso che appena una traccia di pellicola, come se questa più non esistesse, cioè come se il primo passaggio del tubo secondo una sola direzione 1’ avesse tatto sparire da tutta la supertlcie. La campana A, dopo che il mercurio era stato versato nel cristallizzatore, non era più smossa dal posto per pa- recchi giorni (in un’esperienza per 10 ed in altre due per 20 giorni) durante i quali mi limitavo ad esaminare attraverso la parete di vetro la supertlcie del metallo, che mostrossi sempre perfettamente omogenea e rilucente. Quando poi, dopo quel dato tempo, facevo scorrere alla su- DEL MERCURIO 189 perficie del mercurio il solito tuÌ3o di vetro ben ripulito, esso subiva appena un piccolo appannamento, restandovi anche aderente qualche gocciolina rotonda di mercurio. Una volta sola nel punto d’ intersezione della superfi- cie del tubo con quella libera di mercurio un sottile anello di questo corpo vi restò attaccato. Da queste esperienze risulterebbe dunque un’ ossida- zione del mercurio, rapida nell’ aria umida, quasi trascu- rabile e forse nulla nell’ aria perfettamente asciutta. Per assicurarmene meglio ho voluto fare però le se- guenti esperienze : Ho costruito una specie di barometro (fig. P) tale che nella camera a di esso la superficie libera del mercurio fosse molto ampia (36 cmq. circa) ; questa co- municava mercè un tubicino con un grande provino da reazione verti- cale ì). Tutta questa parte dell’ap- parecchio era di un sol pezzo di vetro. Il vuoto vi si faceva dal di sopra mercè la pompa a mercurio Tòpler-Bes- sel-Hagen. Scaldando un poco il mercurio della camera a esso distillava lentissimamente dentro il tubo h; se ne raccoglievano 6'"'' circa in 5 o 6 ore. In seguito di ciò si faceva entrare nell’apparec- chio dell’aria secca, o dell’aria umida, o del solo vapore aqueo. Chiudendo poscia alla lam- pada il tubo di comunicazione tra ^ ed a in c, si staccava h da a. I varii provini così prepa- rati eran posti orizzontalmente e lasciati in riposo. Il mercurio, adoperato nel barometro speciale di cui sopra è parola, era stato distillato già una prima volta nei 190 sull’ ossidazione spontanea vuoto; r apparecchio di vetro iavato e disseccato con ogni cura avanti di mettersi ai posto. La rarefazione era spinta prima di cominciare ia di- stiiiazione e si manteneva durante ia stessa a Per avere deli’ aria umida nell’ apparecchio la si face- va entrare, dopo avere attraversato ientamente un tubo con un po’ di carta bibula bagnata con acqua distillata, e quindi un tubo pieno di bambagia, per trattenere la polvere e le goccioline. Per avere dell’aria secca le si facea attaversare lentis- simamente prima dei tubi a cloruro dì calcio, e poi dei tubi orizzontali pieni di pezzetti di vetro ed anidride fosforica. Tra i primi ed ì secondi e tra questi ed il rubinetto di entrata si trovavano dei tubi pieni di bambagia. Per avere poi un ambiente saturo di vapore aqueo e con solo vapore aqueo (trascurando le traccie di aria che la pompa a mercurio non avea potuto portar via), si met- teva in un secondo tubo d (flg. 2.) chiuso ad un estremo e saldato per l’altro a quello di comunicazione tra a e b, una piccola ampollina e , piena completamente di acqua , e chiusa con mastice molto fusibile. Finita la distillazione bastava un leggiero riscaldamento del tubetto d per otte- nere l'uscita e l’evaporazione dell’acqua. Per avere in fine un ambiente con solo vapore aqueo, ma non saturo, si raffreddava con neve il tubo d, dopo che l’ampollina e sì era aperta, per un certo tempo, ed in se- guito lo si distaccava col cannello ferruminatorio. Per ciascun genere di esperienze lio fatto almeno due prove. Ilo trovato: a) Nei tubi pieni di aria umida il mercurio si ossida rapidamente; già dopo 24 ore fa la coda , e nei posti in cui la sua superficie libera incontra le pareti di vetro si hanno delle strisele brune. Nei giorni successivi ciò si ma- DEL MERCURIO 191 iiifesta in modo più sensibile' e col dimenarlo dentro il tu- bo, non solo questo resta tutto imbrattato, ma anche alla superficie lil)era del liquido si lianno come delle chiazze 0 dei punti non splendenti (1). b) Nei tubi pieni di aria secca anche dopo due mesi il mercurio non presenta la benché minima modificazione; non ta punto la coda, non lascia traccia alcuna nei punti del tubo coi (juali è restato in contatto, anclie a lungo. c) L’istesso è avvenuto nei tubi con vapore aqueo non saturo. Pare che anche in modo identico siasi comportato il mercurio nei tubi pieni di vapore saturo , benché più dif- ficile sia rassicurarsene, a causa dell’umidità che sempre si deposita sulle pareti di vetro , e sulla superficie stessa del metallo. Si può adunque da queste esperienze conchiudere che l’aria secca sola od il vapore aqueo solo non ossidano il mercurio; il che facilmente avviene però in presenza di entrambi questi gas. Un fatto simile si conosce già per altri metalli, i quali 0 non si ossidano o difficilmente si ossidano in presenza dell’aria asciutta, ossidandosi invece molto facilmente se esposti all’aria umida. Per essi si ammette che il processo di ossidazione dipenda da un’ azione elettrolitica , dovuta all’eterogeneità dei varii punti della superficie del metallo in presenza dell’umidità. Più difficile sarebbe ammettere (1) Esaminato il residuo attaccato al tubo, dopo averne allontanato il mercurio metallico, ho trovato che era un miscuglio di protossido e di biossi- do, ed il primo in maggior quantità. Si scioglieva infatti completamente a freddo nell’ acido solforico, dal quale la potassa lo precipitava in nero bruno. Il soluto nell’acido solforico trattato con acido cloridrico e cloruro stannoso, dopo di essere stato filtrato, dava un precipitato bianco dapprima, che poi imbruniva. 192 sull’ ossidazione spontanea ciò per un liquido come il mercurio distillato lentamente due volte nel vuoto. É vero che qualcuno crede una tale distillazione non allontani completamente ogni traccia di corpi estranei, ma, oltreché queste traccie, se esistono, sarebbero piccolissime, per il modo stesso come il mercurio è preparato nel tubo di prova, la sua composizione in ogni punto pare che debba essere perfettamente omogenea. Ammettendo però che esista veramente nel mercurio, coperto forse da uno strato sottilissimo di acqua, una causa permanente, che tenda a tenere alcuni dei suoi punti ad un potenziale differente da quello al quale si trovano gli altri, ed a produrre delle correnti elettriche elementari, che circolano attraverso allo strato di acqua , allora sarebbe facile interpetrare l’ esperienze, di cui sopra è parola. Infatti il mercurio nei punti elettronegativi tendereb- be a polarizzarsi con l’idrogeno , e negli elettropositivi ad ossidarsi. Un tale processo però si arresterebbe appena incominciato, rimanendo in uno stato quasi potenziale, se l’ossigeno dell’aria presente non depolarizzasse i punti po- larizzati con idrogeno, riproducendo acqua. E che la polarizzazione totale prodottasi debba in queste condizioni arrestare il processo elettrolitico, appena tende a prodursi, lo ricaviamo dal fatto che il calore di ossidazione del mercurio è inferiore a quello di ossida- zione dell’idrogeno nell’acqua, quindi il mercurio non può ossidarsi a spese dell’ ossigeno dell’ acqua, senza che inter- vengano dei fenomeni secondarii, che rendano libera alme- no una quantità di calore eguale alla differenza c,j — c,„. Ed è perciò che il mercurio non si ossida in modo al- cuno apprezzabile in presenza del solo vapor d’ acqua (esperienze c). La stessa interpretazione potrebbe darsi del fatto ge- neralmente conosciuto che il mercurio, il quale non è pun- DEL MERCURIO 193 to attaccato dal gas cloridrico puro o in soluzione nell’ ac- qua priva perfettamente di aria ; dà facilmente del proto- cloruro in contatto col gas cloridrico o colla sua soluzione nell’ acqua, se in loro presenza si trovi dell’aria. Catania, Maggio 1883. U EtnsL e V eruzione del mese di Marzo i883. Rieerehe e relazione del B: LEONARDO RICCIARDI Memoria letta nella seduta ordinaria del 10 Giugno 1883. Le conflagrazioni del Monte Etna hanno presentato nel nostro secolo un carattere tale di energia e di fre' (juenza da richiamare su questo fatto, la seria attenzione degli scienziati. È noto, che i più eminenti naturalisti del passato se- colo avevano preconizzato un progressivo rallentamento nell’ attività del Mongibello adducendo il fatto che gl’ in- cendi di un vulcano sono tanto più frequenti quanto mi- nore è r altezza raggiunta dal monte e la copia dei mate- riali precedentemente eruttati. Ma l’Etna si è piaciuto di smentire una tale previsione: infatti le eruzioni avvenute nel nostro secolo hanno già raggiunte il numero di 17 coll’ attuale, e fra queste sono rimaste memorabili e per durata e per violenza , quelle del 1805, 1809, 1811, 1812, 1819, 1843, 1852, 1865 e 1879. Se poi ci facciamo a riandare la storia delle principali eruzioni etnee, ci sembrerà notevole il fatto che le più im- portanti fra esse sono proprio avvenute nel mese di Marzo; come appunto confermano le seguenti date riscontrate nella pregevole opera del Recupero : ATTI ACC. VOI.. XVII. 87 190 L’ ETNA E L’ eruzione anno 1536 marzo 23 » 1537 » 11 » 1669 » 11 t fenomeni eruttivi - . \ memorabili per la 14 ( durata. » 1689 » » 1702 » 8 » 1755 )) 9 » 1805 » 11 » 1809 » 27 » 1883 » 22 L’erazione che precedette la presente fu quella che si verificò sulla fine del maggio nel 1879. Dopo queir epoca l’ Etna si mantenne nella fase strom- boliana specialmente lungo la squarciatura praticatasi in quella conflagrazione, la quale misura circa 10 chilometri nel lato Nord-Nord-Est in direzione di Mojo, tra Castiglione e Randazzo, e Sud-Sud-Ovest verso Biancavilla. Finito il periodo di massimo parossismo l’Etna si mantenne come dianzi ho detto, nella fase stromboliana dando spesso segni di maggiore attività come nel mese di dicembre 1881, e quasi tutto gennaio del 1882. Infatti il giorno 23 gennaio l’Etna presentava un aspet- to insolito ; dal suo cratere principale si elevava un den- so pino di vapori e di ceneri e queste ultime trasportate dal vento venivano a cadere fino nella città di Catania. Questo unito agli altri fenomeni indicavano che il grande vulcano era in incipiente parossismo. Raccolsi quanto mi fu possibile della cenere caduta in Catania, e fattone l’analisi mi dette i risultati seguenti: Composizione centesimale Anidride silicea 37, 82 » ti tarli a tracce » fosforica abbondante » solforica 20, 57 Cloro 1, 02 Ossido ferroso e ferrico 14, 05 Ossido di alluminio 9, 97 Ossido di calcio 1], 98 Ossido di magnesio 3, 64 Ossido di potassio e sodio 0, 95 p. dif. 100, 00 DEL MESE DI MARZO 1883 197 Nel mese di febbraio 1’ attività del vulcano sembrava meno accentuata, però in alcuni giorni fu piuttosto sensi- bile, tanto che nel territorio di R^andazzo furono avvertite scosse di terremoto. Durante il mese di ]Marzo 1882 T attività del Mongi- bello fu maggiore, e si ebbero gettiti di cenere e si avver- tirono eziandio scosse di terremoti in diverse regioni del- r Isola. Infine senza ripetere le cose dette pei mesi di dicem- bre, gennaio, febbraio e marzo l’Etna in tutti i mesi suc- cessivi fino al 22 Marzo 1883 fu in continuo parossismo. Però è degno di notare che la sera dell’ 8 Settembre u. s. si osservava da Catania che dal cratere centrale e specialmente dall’ ultima squarciatura si levavano densi fu- mi che riflettevano la luce della lava la quale faceva ca- polino senza traboccare. Il mattino seguente si osservò che un denso pino mae- stosamente si levava dal principale cratere e la sera non furono più visibili le fiamme della notte precedente. L’ attività spiegata dall’ Etna nei primi giorni di Set- tembre, continuò durante il mese, e spesso la sera da Ca- tania si vedevano fiamme che passavano da un’ estremità all’ altra della fenditura determinatasi nel 1879. E dal cra- tere venivano lanciati qualche volta nei paesi circostanti ( più frequentemente in quelli del lato Sud) cenere e lapillo. Nel mese di Ottobre, nelle sere del 4, 12, 22, 24 e 25, si vedevano sulla vetta ignivoma fiamme con tale inter- mittenza che fecero credere ad alcuni in Catania che il Monte si fosse fenduto nella parte settentrionale. L’ Etna durante il mese di novembre e dicembre non presentò alcun fenomeno allarmante. Intanto, quantunque l’ influenza dell’ attrazione lunare nei casi di attività vulcanica venga da molti messa in dubr bio, pure debbo confessare che essendomi occupato da qual- 198 L’ ETNA E L’ eruzione che anno dei fenomeni dell’Etna, mi è riuscito di verifi- care che il più delle volte la maggiore attività del Monte coincideva col Plenilunio o Novilunio. L’attuale eruzione cominciò nel periodo del plenilunio. Nè questa è la prima volta che si fanno simili osservazio- ni, poiché Perry, Mallet, Mercalli , De Ptossi e molti altri ci avvertono che i terremoti spesso si sono manifestati nel periodo delle sigizie. Il Professore L. Palmieri, descrivendo le ultime confla- grazioni vesuviane dal 1855 al 1872, dice che ebbe a rile- vare un aumento di attività eruttiva nel periodo delle si- gizie. G. Mercalli, a proposito dei terremoti dell’ isola d’ Ischia, notò che sopra 13 casi in 17, il giorno del terremoto di- sta meno di tre giorni dal plenilunio o dal novilunio e pa- recchie volte c’ è concidenza o quasi immediata successione. Da altre osservazioni fatte, nelle epoche delle eruzioni avvenute dopo il 1873 a Vulcano e Stromboli, risulta se- condo il Signor F. Picone di Lipari che : nel 1873 il 7 Set- tembre cominciò una forte eruzione a Vulcano, e nel gior- no 8 cadeva il plenilunio. Il 6 gennaio 1879 cominciava al- tra eruzione a Vulcano, e nel giorno 8 cadeva il plenilunio; nel febbraio seguente- il giorno 4 fece eruzione lo Strom- boli ed il plenilunio cadeva il 7; e così nell’ altra eruzione dei giorni 3 e 8 giugno mentre il plenilunio cadeva il 5. Finalmente nello scorso ottobre 1881 si ebbe il pleni- lunio nel giorno 8, e verso il 15 cominciò 1’ eruzione allo Stromboli. Dunque per queste eruzioni eoliche 4 casi sopra 5 il fenomeno cade sempre vicino al plenilunio. I fenomeni eruttivi sono quindi spesso congiunti ai ple- niluni , e taluni dànno molta importanza all’influenza di questi sull’ attività endogena, anzi ne la credono causa precipua. DEL MESE DI MARZO 1883 199 Essendomi recato in Napoli nella metà dello scorso Aprile, trovai che il Vesuvio era in eruzione al lato Sud-Est. La sera vedevansi una diecina di fenditure di colore rosso cupo, mentre dal cratere principale si levava il pino. Dal 19 in poi di sera vedevo ad intermittenza fiamme più 0 meno persistenti sugli orli del cratere princi[)ale, ed elevarsi maestosamente un rutilante pino. Nei successivi giorni 26, 27 e 28 f attività aumentò di molto e le fenditure vedevansi illuminate sopra una mag- giore estensione. Nella notte del 28-29, il fenomeno era attraentissimo, poiché dalle fenditure si elevavano continuamente dei va- pori, i quali formavano una specie di nebbia; e questa il- luminata per riverbero, produceva un effetto sorprendente. Arrogi che il cratere principale ad intervalli di poclii se- condi lanciava in aria fiamme persistenti c sostanze infuo- cate. La sera del 29 fattività era già diminuita e così nei successivi giorni, tanto che la sera del 3 maggio 1883, nel punto dove le altre sere si vedevano le fenditure incande- scenti, non v’era più indizio della lenta eruzione, che ora compie il vecchio vulcano. Nelle sere successive 3 e all’ 8 maggio del cratere prin- cipale si elevava il solido pino che spesso alla base riflet- teva la luce mandata .dalla lava. Col novilunio si videro comparire nuovamente le fen- diture incandescenti e le fiamme che accompagnavano il pino del cratere principale. La sera del 13, ultimo giorno della mia permanenza in quelle contrade, fattività era crescente. Intanto mentre ciò verificavasi nel ^^esuvio, nella zona Etnea non si avvertirono più terremoti dopo i primi gior- ni dello scorso Aprile, mentre col plenilunio, e propriamen- te il giorno 27, si avvertirono sul sito dell’ ultima eruzio- 200 L’ ETNA E L’ eruzione ne, diverse scosse, piuttosto forti, di tremiioti accompa- gnati da boati. Questi fatti uniti ai precedenti mi hanno convinto mag- giormente che v’è qualche relazione tra le fasi lunari e i fenomeni endogeni. È noto per le osservazioni fatte da IIofTman, Humboldt, Stoppani, Perry, Mallet, De Px^ossi, Melzi, Grablovilz, Ber- telli ed altri, che oltre l’ influenza dell’ attrazione lunisola- re sui fenomeni endogeni, la depressione barometrica ab- bia dei rapporti sui fenomeni sismici e microsismici. Quantunque i risultati di Borei di Marges siano contra- ri a quelli ottenuti da altri , i quali ammettono la coinci- denza tra le perturbazioni atmosferiche e quelle endogene, pure il giorno 20 e 21 marzo il cielo era coperto da una specie di velo color plumbeo, l’aria era pesante, ed un’a- fa disponeva i corpi animali all’affanno, e il barometro, mentre il giorno 19 segnava, 757,““8, scese il giorno 20 a 747,“"’8 , il giorno 21 salì a 751 e il 22 fino a 701,“"’! scendendo poi il 23 a 758/'"’5. (1) L’assieme dei fatti che precedettero questa brevissima fase etnea, mi hanno convinto che esista una relazione tra la meteorologia endogena ed esogena, e conchiudo pertan- to Cile non solo i terremoti sono più frequenti nelle sigizie, ma eziandio in tale epoca aumenta l’ attività endogena. (2) Ilo accennato all’ influenza della luna e all’ abbassa- mento della colonna barometrica, ma quale è la forza en- dogena che determina le eruzioni? Metto da banda le teorie (1) Questi dati mi furono favoriti dallo egregio Prof. Dottor ÌUacaliiso Direttore dell’Osservatorio meteorologico nella R. Università di Catania. (2) Nei Compfes rendus, t. NOVI. p. 1426. 3Iai 1883 trovo pubbli- cata una memoria del Sig. F. Daur, intitolata: Infìucnce des haisscs haro- mòfrir^ucs sur les èruptions de gaz et d' eau ati geyser de Montroud (Loire) L’ a. concliiude coll’ ammettere die fabbassamento di pressione ba influenza sulle eruzioni vulcaniche. ijel mese di marzo 1883 201 leggendarie e quelle che erano puramente parti immagi- nativi, per accennare alle più o meno problematiche. Anassirnàndro nel dominio cosmologico precedette Kant e Laplace i quali ammettevano il passaggio del pianeta che noi abitiamo dallo stato fluido al solido in conseguen- za della perdita di calore per l’ irradiamento. Questa teoria fece molti pro.seliti e v’è chi 1’ ammette tuttora. Descartes mentre sosteneva il raffreddamento esteriore del globo, ammetteva resistenza della sostanza fluida al centro. L’ illustre Faye in una conferenza sul .sole tenuta re- centemente a Parigi parlando della terra si esprime così : Notre globe lui-rnérne a été prirnitivement incantescent; mais a cause de .son extrerne petitesse vis-à-vis de ces rnas- ses énorrnes du soleil ou des ètoiles, et sans doute aussi à cause de sa constitution chimique, .son refroidissement su- perficie! a été bien plus rapide. Il s’e.st éteint de borine heu- re; mais il conserve encore, depuis des millions d’années, une incande.scence prononcée dans .ses couches profondes. Il suflìt de descendre dans un puits de mine pour sentir déjà r effet de .sa caleur interne, Cest d’ ailleur.s cette in- cande.scence centrale qui est la cause des vulcans et des principaux phénomènes géologiques. (I) Dopo le due prime teorie suaccennate si ebbe una nume- rosa .schiera di .scienziati, i quali si dettero a determinare lo spe.s.sore della crosta terrestre partendo da differenti dati. Hopkins, IIenne.sey, Hochstetter, Humboldt, Cardier ed altri a.ssegnano alla crosta del nostro pianeta uno spe.sso- re più 0 meno grande. Però si può ammettere, .secondo i calcoli dei mento- (1) Fave — Le saleil — Revae Scientifiqae X. 12, 24 Mars 18S3 — p. 3oo. 202 L’ ETNA E L’ eruzione vati scienziati, che lo spessore oscilli tra le 150 e le 200 miglia geografiche. Poisson non ammette che la parte centrale della ter- ra sia liquida, anzi dice: « il raffreddamento e la consoli- dazione devono aver cominciato dal centro e non già alla periferìa dello sferoide ». Hopkins riflettendo sulla grande profondità in cui tro- verebbesi la sostanza fusa, ammise pure che tra la parte interna e quella esterna dovrebbero trovarsi dei laghi o bacini limitati da materia che sarebbe la sorgente dei fe- nomeni vulcanici. Le determinazioni geotermiche fatte finora, forse per- chè ancora limitate, sono lontane dall’ ammettere la ipotesi del calore centrale e della massa fusa tra il nocciuolo in- terno e la crosta. Secondo Lesile il centro del globo è una caverna sferica ripiena di un fluido imponderabile, ma dotato d’ una forza enorme di dilatazione. Ritter pochi anni addietro sostenne come Lesile, che il centro della terra era occupato da una massa gassosa , poggiandosi sul fatto che l’ interno del pianeta era al di- sotto della temperatura di dissociazione di tutti i compo- sti conosciuti. Ma il dotto analista di opere vulcanologiche e autore i\^\V Italia, sua formazione, suoi vulcani e terremoli, il Sig. Capitano Luigi Gatta, su questo proposito si esprime nel seguente modo ; « Intorno però allo stato compatto o fluido dell’inter- no della terra, è dubbio che si ]>ossa un giorno esprimere un giudizio formale. » Scroope, Bischof, Lyell, Daubree, Stoppani e molti altri ammettono resistenza dei grandi ammassi • di rocce fuse sotto la scorza terrestre e ritengono necessario l’interven- to dell’acqua perchè si determini una eruzione. DEL MESE DI MARZO 1883 203 C. P'uchs in proposito dice : Ora non esiste più alcun dubbio sulla causa delle eruzioni vulcaniche. E la lotta fra i vapori imprigionati nel terreno vulcanico e le masse di lava fluida rovente a contatto. — Se per un accidente qua- lunque la comunicazione delle acque col focolare vulcanico è intercettata, allora in un vulcano attivo può stabilirsi un periodo di quiete perfetta, sebbene continui a svilupparsi il processo vulcanico sotterraneo fino a che, riaperto l’adito alle acque, ricominci la formazione dei vapori e la attività. Anche la provenienza del vapore che ha una parte co- si importante nell’ attività vulcanica non è più sconosciuta. È principalmente il mare che fornisce al suolo vul- canico la quantità di acqua necessaria alla produzione di vapore. ■ Gorini volendo combattere quest’ ultima teoria , che oramai è stata accettata dalla pluralità degii scienziati del- la nostra epoca, partiva dalla ipotesi di Laplace, circa la origine della terra e del sistema planetario^ pensava che i corpi celesti e il globo fossero in origine allo stato di fu- sione e che col tempo lentamente si solidificassero. Anche Gorini ammetteva che sotto la scorza terrestre esistessero vasti ammassi di rocce fuse e incandescenti, ma che senza il concorso dell’ acqua di tanto in tanto si pra- ticassero un meato e venissero vomitate dai vulcani. La forza goriniana, che spingerebbe fuori la materia fusa, sarebbe causata dai gas sciolti nella materia incan- descente. Egli considera il tutto come una soluzione. Questi liquidi costituiscono i plutonii del Gorini, e la forza che li anima è il plutonismo. Or bene, Gorini dice, che lo svolgersi di un fluido ela- stico da sotto ad una crosta solida più o meno spessa, già formata alla superfìcie di un liquido plutonico che si raf- ATTI ACC. VOL. XVII. 28 204 ETNA E L’ eruzione fredda, può aver luogo, secondo le circostanze, lentamente e repentinamente. Nel primo caso, senza che il liquido interno trabocchi, sorgono sulla superficie repressa dei rilievi diramati che vanno gradatamente crescendo in ampiezza e altitudine, e possono paragonarsi a catene di montagne. Nel secondo caso la materia fusa rompe la crosta già solidificata , si espande al di fuori per poi ritirarsi e di nuovo ricomparire formando così successivi spandimenti delle eminenze coniche, e si manifestano in pari tempo i fenomeni vulcanici. La lava, diceva Gorini, é un liquido plutonico. Egli dimostrò la sua teoria sperimentalmente e la cor- roborò citando le osservazioni di Scacchi e Palmieri , che videro formarsi spontaneamente piccoli crateri avventizi indipendenti alla superficie di correnti di lava del Vesuvio in via di solidificazione. Ciò posto è naturale, dice V autore, di concludere che le grandi accumulazioni di materie minerali fuse, esistenti nelle regioni vulcaniche, bastano, senza 1’ intervento di al- cun elemento estraneo , a dare origine ai monti ignivomi terrestri, i quali per necessità dateranno la loro apparen- za dall’ apparire d’ una scorza solida alla superficie della lava liquida. Il 'plutonmno è dunque la forza dei vulcani : quel bi- sogno cioè che certe sostanze liquefatte hanno di sbaraz- zarsi dei gas che contengono nell’ atto di consolidarsi, e il Gorini provava sperimentalmente la verità di questa sua dottrina. Da quanto succintamente ho detto appare chiara la diversità delle teoriche, anzi la contradizione in cui si tro- vano : Gorini spiega i fenomeni vulcanici col fuoco. Stop- pani ed altri con 1’ acqua : Gorini procede per via secca , Stoppai! i per via umida. DEL MESE DI MARZO 1883 205 Thomson crede che la terra sia in tutta 1’ estensione della sua massa una sostanza solida e molto rigida; le la- ve eruttate dai Vulcani si spiegherebbero con le vesci- chette liquide contenute nella massa o per la fusione delle materie solide che avviene ad elevata temperatura e sotto forti pressioni nei punti dove si verifica disquilibrio di pressione. I risultati dei recenti calcoli del matematico G. Dar- win pare che confermino 1’ opinione di William Thomson, cioè che la terra sia solida in tutte le parti della massa. Però ammettendo pure che il nostro pianeta sia for- mato da una massa solida, quello die sa di speculativo consiste nelle vescichette liquide di Thomson le quali mi ricordano i plutoni del Gorini oppure il quid di Gay Lus- sac nelle fermentazioni. Il quid delle fermentazioni, grazie alle ingegnose ricerche di Pasteur, si sa che è un myco- derma, ma il Pasteur delle vescichette e dei plutoni, cause precipue delle eruzioni, a me pare che non siasi ancora rivelato. Col nuovo anno 1883 sembrava che f attività etnea fosse entrata nel periodo di quiete, e mentre nessuno pen- sava ad una eruzione il mattino del 20 Marzo giunsero telegrammi a Catania da; Paternò , Biancavilla , Adernò , Pronte, Ibandazzo, Linguaglossa, Giarre, Acireale ed altri paesi, i quali ci annunziavano le numerose scosse di terre- moti colà avvertite. Intanto i Catanesi già si erano allarmati perché in città verso le ore 6 a. si era avvertita una sensibile scossa sussultoria e ondulatoria nel senso E. 0. Durante il giorno si avvertirono altre scosse ma tutte meno sensibili della prima. La sera dal cratere principale dell’Etna venne eruttata una considerevole quantità di cenere sul lato Sud-Est ed il vento ne trasportò Ano a Messina. Ebbi diversi campioni 206 L’ ETNA E L’ eruzione di questa cenere da differenti località; essa cimentata col calore perdeva grammi 0, 34 per cento; umettata sulla carta bleu di tornasole dava reazione alcalina; a caldo con potassa sviluppava tracce di ammoniaca. I diversi campioni analizzati differivano in modo non rilevante nella composizione centesimale, ed ecco la media deir analisi di quattro campioni: Anidride silicica 48, 51 » solforica 3, 03 » fosforica 0, 66 Cloro tracce Sesquiossido di alluminio 15, 17 » di ferro 10, 17 Ossido ferroso 3, 21 » di manganese 0, 14 » di calcio 9, 50 » di magnesio G, 72 )) di potassio 1, 03 » di sodio o 57 100, 71 Nel giorno 21 mentre in Catania quasi ali’istessa ora del precedente (6,5) si avvertiva una scossa sussultoria ; nei paesi sopraindicati le scosse furono tanto continue che gettarono nella desolazione quelle operose popolazioni e le costrinsero a passare la notte nelle pubbliclie piazze. Le autorità nelle prime ore del 21 si recarono nei cen- tri in cui la popolazione era più esterrefatta , onde infon- dere coraggio e prodigare aiuti. In Fieri, villaggio del comune di Zafferana, già erano state abbattute alcune case, in Zafferana, ove la commozione del suolo era più accentuata , si temeva che la eruzione dovesse avvenire in quella regione e propriamente sulla lava del 1852, poiché dalla superfìcie di questa si vedevano staccare masse considerevoli a misura che avvenivano scosse. Però se Zafferana temeva, quelli eli Nicolosi paventavano la catastrofe da un momento all’altro, poiché nelle ore po- meridiane del 21 le forti scosse si succedevano con pochi DEL MESE DI MARZO 1883 2U7 minuti cl’intervallo, e alcuni dicono die vi fu qualche nio- inento in cui si vide la croce del campanile descrivere un arco di cerchio. Per dare un’idea delle continue scosse che si avvertirono il giorno :21 in Catania, riproduco quelle da me notate dalle 12, 20 pom. fino alle 11, 7 Ore 12, » 12, » 1, » 1, )} )) 2, » 2, » 2, » 3, » 3, )) 4 » 4, » 4, » 4, » 4, » 4, Riposo ore 6, » 7, ;; 7, » 7, » 8, j) 8, » 8, ;; 8, » 9, . 9, » 9, » 9, « 9, « 9, )) 10, » 10, » 11, 30’ a. ra. Scossa oudulatoria molto debole da S. a N. 35’ p. m. debole 15 p. m. sussiiltoria 55 p. m. mista con replica dopo pochi secondi 10 15 20 I 40 i Scosse molto deboli e mi- 30 f ste, cioè sussnltorie e 35 ondulatorie da Nord \ Est a Sud Ovest. 2’ 1 17’ 31 24’ ondulatorie molto debole 37’ ondulatorie debole con la durata di diversi secondi. 29’ ondulatoria debole 28’ 37’ 55’ 5’ 19’ 24’ 37’ 8’ 32’ 38’ 40’ 53’ 57' 14’ 40’ r- ì » )) » molto debole » » » » estrem. debole » » » » )) » )) )) » » » » » » » » debole » estrem. debole » debole » estrem. debole » » » y> » » » debole 11 giorno 22 a Nicolosi verso le ore 1, 15 a. m. si avvertì una scossa fortissima che 'fece crollare tre ca.se. 208 L’ ETNA E L’ eruzione Air 1, 45’ altro tremuoto pure forte ; infine un’ altra scossa accompagnata da boati fu avvertita alle ore 5 e mezzo a. m. E fu a quel che sembra quest’ ultima che determinò la prima esplosione nel fianco meridionale del Monte. Alle ore 9, S a. m. si sentì un’ altra scossa forte dì terremoto che fu avvertita anche in Catania determinan- dosi, secondo asserzioni attendibilissime, una novella bocca eruttiva. Infine in breve lasso di tempo si formarono diversi erateri di differenti altezze. Saputosi della eruzione il Prefetto Comm. Colucci ebbe il gentile pensiero di farmi far parte d’ una commissione che si recava sul luogo del disastro. Giunti a Nicolosi vedemmo che dal lato Nord levavansi dense colonne di fumo accompagnate da forti boati e che la eruzione erasi determinata tra la valle Renatura alla base del monte Concilio, e tra le lave del 153G e 1766. Le nuove bocche eruttive sono situate sulla media re- gione del monte ad uiP altezza di circa 1200 metri in una direzione quasi perpendicolare alla squarciatura del 1879; esse sono disposte in senso trasversale e sono comprese tra il Nord-Nord-Est e Sud-Sud-Ovest sopra una linea lun- ga più d’ un chilometro e mezzo. Il cratere principale, tra quelli formatisi nella presen- te eruzione , è situato nella valle Renatura a destra di Serra Pizzuta, località ove avvenne l’eruzione del 1755 il giorno 9 marzo. Da tale cratere e da tre bocche principali a brevi in- tervalli venivano lanciate masse di scorie e di lave fran- tumate dai gassi ad un’altezza media di 300 metri, le quali masse seguendo le leggi dei gravi , si disponevano attorno alle bocche crateriche. L’ejezione dei detriti era accompagnata da lunghe BEL MESE DI MARZO 1883 209 fiamme di un color rosso ciliegio, e ciò ricordavami r an- tica leggenda secondo la quale il nostro Etna era conside- rato come la fucina di Vulcano. Avvicinatomi alle bocche, di quando in quando udivo come lo scoppio secco contemporaneo di parecchi cannoni^ e talvolta come lo schianto del fulmine. Il vento che spirava da 0. ad E. facilitava T osserva- zione di ciò che veniva lanciato in aria assieme ai vapori e al fumo. Infatti guardando verso Nord, si vedevano i massi lanciati in alto projettarsi sulle bianche nevi che rivestivano allora l’enorme monte Etna. Dei 14 crateri il primo è situato a qualche metro dalla strada Guardiola ; esso in quel giorno raggiungeva l'altezza di circa G metri, e nel suo lato meridionale pre- sentava una squarciatura dalla quale veniva fuori piccola quantità di fumo. Alla base di questo cratere s’era de- terminato un principio di corrente lavica, lunga non più di 6 0 7 metri: imprudentemente col D.r Ughetti, col Cav. Elia e con qualche altro, m’avvicinai a quella specie di lava scoriacea tra le cui fenditure vedevasi la massa an- cora incandescente, e mentre i miei egregi amici facevano bruciare le estremità dei loro bastoni, io gettavo qualche moneta di bronzo e d’argento per calcolare sulla più o meno rapida fusione il grado di temperatura della sostan- za incandescente. Ma fui disturbato in questo esperimento da un improvviso sbuffo di densi vapori e fumo accom- pagnati da sibilo assordante e dal getto di grosse scorie, per cui fummo costretti, nostro malgrado, ad allontanarci precipitosamente. Ptìavutoci dalla prima emozione procurammo di avvi- cinarci nuovamente ai crateri, battendo altra via, e dopo gravi stenti, riuscimmo ad accostarci alla più attiva delle bocche. Quivi osservammo che i materiali eruttati aveva- no costituito un monte nero e fumante di forma conica; 210 1/ ETNA E L’ eruzione ed io in quel primo momento di emozione volendo perpe- tuare ad un tempo la memoria di quel fatto e la mia de- vozione per la gloriosa famiglia cui sono affidati i destini d’Italia, dedicai quel nuovo monte a S. A. R. il Principe di Napoli. (Fig. P). E appena ritornato in città fu mio primo pensiero di far trasmettere il seguente telegramma al IMinistro Bac- celli; « Stamattina ore 5, 30 incominciata eruzione etnea « dal lato sud. Visitato luogo eruzione. Dedicato e deno- « minato Principe di Napoli, principale cratere.» Oltre le bocche eruttive sul circostante suolo, eransi determinate molte fenditure nella direzione di Beipasso ; alcune di queste erano larghe i)iù di un metro e di diffe- renti profondità , da altre veniva fuori fumo e anidride solforosa. Per motivi di salute non essendomi potuto recare nei giorni successivi sul luogo della eruzione, pregai il mio egregio collega professore A. Aloi, che visitò il sito del- r eruzione il giorno 23, di favorirmi una succinta relazio- ne sull’andamento dell’ eruzione. L’egregio professore con squisita cortesia mi comunicò quanto appresso : « Dei 4 crateri die si erano aperti la notte preceden- te due, e propriamente quelli che s’incontravano per i pri- mi, arrivando sul teatro dell’eruzione dalla parte di Nico- losi , si mantennero per tutta la giornata del 23 inattivi emanando semplicemente in continuazione dei gas di colore azzurrognolo, gas che si vedevano emettere, anche dalla fenditura che precedeva i detti crateri. « Degli altri due crateri, l’uno alla base del monte Con- cilio, da tre bocche emetteva ad intervalli brevissimi degli ammassi enormi di vapori accompagnati il piu delle volte da rombi udibili alla distanza di 3 a 4 chilometri e da getto di scorie lapilli e ceneri, e l’ultimo più in alto ad DEL MESE DI MARZO 1883 211 intervalli più lunghi emetteva abbondanti vapori, qualclie volta accompagnati o preceduti da rombi. Mentre la parte inferiore della fenditura formatasi il giorno 21 e 22 Marzo, sopra una linea di 250 o 300 metri era in calma, la parte superiore era attiva. Nel 3“ cratere o monte Principe di Napoli, erasi quin- di concentrata l’attività vulcanica. E difatti dalle 3 bocche che nello stesso si erano aperte, venivano fuori, quasi sen- za interruzione, enormi masse di vapori accompagnate o precedute il più delle volte da scuotimenti del terreno e da forti boati. Da osservazioni che feci con l’orologio alla mano, e per circa tre ore, potei constatare che dalla prima bocca del Monte Principe di Napoli, dalla parte inferiore alla su- periore il pino si mostrava ad intervalli di due a cinque minuti; che ad ogni quattro o cinque emissioni, una era preceduta od accompagnata da rombi; che dalla seconda bocca 0 bocca mediana, remissione del vapore accadeva al medesimo intervallo, anzi le emissioni dalla bocca N. 1 e N. 2 avvenivano contemporaneamente; che dalla terza bocca, infine l’ emissione dei vapori avveniva ad intervalli più brevi da 1 a 3 minuti e che quasi tutte le emissioni erano accompagnate o precedute da rombi. Potei osservare anche che mentre il pino s’innalzava dalle bocche N. 1 e N. 2, la bocca N. 3 taceva, e quando il pino usciva dalla bocca N. 3, le bocche N. 1 e N. 2 re- stavano in silenzio. Dall’ ultimo cratere nella parte più alta ed esterna del teatro dell’eruzione, il vapore veniva fuori ad intervalli di 10 a 15 minuti e rare volte era accompagnato da rombi. Le scorie emesse a tutto il giorno 23 dai quattro cra- teri accennati presentavano cominciando dal basso a salire in alto le seguenti misure; 1. Cratere = lunghezza m. 30 circa, larghezza m. 25 circa, potenza media m. 1 20. ATTI ACC. VOL. XVII 29 212 L’ ETNA E L’ eruzione Altezza del cratere m. 7 circa. = 2. Cratere = lunghez- za m. 70 circa, largliezza m. 30 circa, potenza m. 1, 50, altezza del cratere m. 8, e 9. Dal 2" cratere al 3° correva uno spazio di 170 metri circa dei quali 70 metri spogli af- fatto di scorie ed altro versato nel senso longitudinale da una fenditura, dalla quale venivano fuori dei gas di colo- re azzurrognolo. — 3. Cratere lunghezza delle scorie 220 metri circa , larghezza media 40 m. circa potenza dà 2 a 3 m. La mancanza di tempo m’impediva di calcolare l’altez- za del monte Principe di Napoli e la quantità delle scorie emesse dal 4° cratere. Nell’istesso giorno 23 osservai che l’uscita dei vapori dalle bocche 1, 2, 3 del Monte Principe di Napoli era preceduta od accompagnata da boati tutte le volte che coi vapori venivano emessi scorie lapilli e ce- neri.— La più bella, se si può dir bella, delle esplosioni si verificò dalla bocca N. 1 del citato cratere Principe di Na- poli alle ore 6, 25 pom: Trovavami alla detta ora seduto sopra la collinetta che prospetta il citato cratere. Alle 6, 25 meno qualche secondo intesi un forte scuo- timento del suolo, e indi vidi elevarsi in alto dalla bocca citata, una fiamma brillante accompagnata da denso fumo e da forte rombo, per un’altezza di circa 25 a 30 metri, e poscia venir giù una pioggia di scorie e lapilli incande- scenti che in ultimo diedero al cono vulcanico l’ aspetto di una montagna rossa, che a poco a poco andava oscuran- dosi, fino a divenire nera del tutto. Anche dalla bocca N. 3 verso le 6, 30 si verificò una esplosione consimile, ma me- no intensa e quasi microscopica di fronte a quella del N. 1. Attesi altre 2 ore sul posto, ma nessun’ altra esplosione mi venne fatto di vedere e perciò me ne venni a Catania. Il giorno 26 si recò sul luogo dell’ eruzione il mio assistente Sig. Giuseppe Grassi ; ed al ritorno mi scrisse quanto appresso : DEL MESE DI MARZO 1883 213 « Verso le 10 ant. da lontano vedevansi fami bianchi elevarsi dai centri d’ eruzione. Appena arrivato erano diminuiti tanto da lasciarmi travedere le incrostazioni formatesi sulla periferia di cia- scun cratere. Esse variavano di colore col variare della sostanza depositata sulle scorie. Qua bianche, là gialle; ora rossastre, ora miste, a screziature, a corone. Bello a vedersi per la sua forma è il nuovo monte Principe di Napoli: esso oltre alla sua forma caratteristica, presentava ad Est due bocche dalle quali venivano sola- mente emessi vapori. Da una fenditura dello stesso cratere di tempo in tempo veniva fuori qualche fumo. Essa era in ambo i margini rivestita da sostanze di colori sorprendenti: v’era il rosso vivo, il corallino, il giallo cadmio, il bianco; e tutti a punti , a tratti , a macchie , formanti or corone , or fiori , or figure nuove e curiose. In tutto il resto del giorno non si avvertì che una de- bole scossa, poi sempre calma, sempre gli stessi fenomeni. » Nei paesi del versante S. E. e S. 0. dell’Etna, in quel giorno le scosse furono piuttosto sensibili tanto che a Bian- cavilla si temeva da un momento all’altro uno scoppio. Il giorno 26 tutte le bocche erano passate al periodo di solfatara ed emettevano grandi quantità di gassi , princi- palmente il cratere Principe di Napoli. Le scosse in Biancavilla, dopo il passaggio delle bocche crateriche dal periodo Pliniano al Solfatare , furono più frequenti e sensibili. I fenomeni verificatisi dopo questo giorno possono considerarsi di nessuna entità per gli studiosi della endo- dinamica tellurica. S aprile II giorno 8 aprile visitai nuovamente il sito ove si determinò la eruzione. 214 L’ ETNA E L’ eruzione Le bocche d’ eruzione raggiungono il numero di 14 e sono così disposte; fìg. 2* Nel primo gruppo tre, con forma- zione di due crateri: A sessanta metri da questa formossi il cratere Principe di Napoli, sul quale contansi tre bocche sul Iato Nord , fra cui qualcuna di forma ellittica con V asse maggiore lungo circa 60 metri e 20 metri quello minore : al Sud di questo cratere osservasi una fenditura nella quale vedevansi i riflessi della massa incandescente, raggiungendo la temperatura da fondere Testremità di un Alo di rame del diametro di tre millimetri , mentre il rimanente si ricopri d’ un leggiero straterello d’ossido rameico, il quale si di- staccava facilmente sotto forma di guaine dal rimanente del metallo inossidato. A circa 300 metri da questo, sempre sulla linea S. 0. N. E., trovasi un gruppo di sei piccoli crateri. Infine ancora più in alto un’altra bocca die nel suddetto giorno mostravasi più attiva delle altre. Da quanto mi ven- ne asserito dalle guide del C. A. I. dopo il giorno 23 , il giorno 8 fu il primo in cui l’attività mostravasi aumentata. 11 primo gruppo, con i due crateri e le sostanze ejet- tate molto spugnose , e in qualche punto compatta può ascendere a circa 2500 metri cubici, ed è questo punto, secondo me, che deve essere considerato come il più attivo di questa fase etnea , poiché tanto i crateri che la lava scoriacea che vedesi alla sua base, furono sostanze eruttate nel giorno 22 e 23, e non frammenti di lave antecedenti. Nel primo cratere di questo gruppo nel giorno 26 furono raccolte alcune sublimazioni, e tra le altre sostanze trovai pure il solfo. In un mio lavoro sui materiali del ^fosuvio scrissi a proposito della presenza del zolfo nelle ceneri quanto segue: « Fra i prodotti vulcanici il zolfo é conosciuto da molto « tempo, ma nelle ceneri vulcaniche in frammenti cristalline * non era stato finora segnalato. Del resto la presenza di DEL MESE DI MARZO 1883 215 « questo metalloide nelle ceneri vulcaniche e proprio nel- « r ultimo periodo dell’ eruzione non deve sembrare un fatto « strano, perciocché quando il monte ardente non può vo- * mitare più sostanze ignee , esso passa immediatamente * alla fase di solfatara, quindi sviluppo nel canale eruttivo « di anidride solforosa e acido solfìdrico. « p] siccome queste due sostanze quando vengono a « contatto immediatamente avviene una doppia decompo- * sizione ( fatto stabilito da Piria ) , cioè deposizione di « zolfo e formazione di acqua, ne risulta che il detto zolfo * va ad attaccarsi alle pareti del canale eruttivo; però al « momento dell’esplosione delle ceneri, queste unite al va- « pore acqueo strappano dalle pareti il zolfo deposto e lo trasportano fuori dell’ orifizio vulcanico. « Infatti dopo le eruzioni si Ira quasi sempre emis- « sione di ceneri e ciò secondo me avviene perchè il va- « pore acqueo si svincola dalla massa, quindi trascina con « sè i frammenti che rappresentano le ceneri e le sabbie; « e cj[ueste alla loro volta mescolate col vapore acqueo, che ^ esce con violenza, t)OSSono trasportare con loro le so- < stanze che si trovano incrostate nell’ imbuto vulcanico. « Ora siccome tra le sostanze delle ceneri del giorno « 29 si trovavano frammenti di cristalli di zolfo, conchiudo « che il zolfo proveniva dalla reazione dame accennata (1). Il zolfo trovato mescolato con altre sostanze, due gior- ni dopo la fine dell’ ejezione di sostanze incandescenti, ha confermato quanto io scrissi, e conchiudo che la presenza del zolfo sulle bocche eruttive o nelle ceneri, dopo il pe- riodo di massima attività vulcanica, indica la fine dell’ eru- zione e il passaggio a solfatara. Nella fenditura della bocca del cratere N. I nel gior- (1) Gazzetta cliimioa Italiana t. XII, 1882. 216 L’ ETNA E L’ eruzione no 8 la temperatura raggiungeva + 210'’0, mentre in quella del cratere N. 2 segnava + 260“C. Adattai con cura in ciascuna estremità interna dei coni dei due crateri un imbuto di vetro, il quale era in- nestato con tubo di vetro a pareti resistenti della lunghez- za di circa un metro. Oltre i gassi, si sviluppava considerevole quantità di vapore acqueo, il quale condensandosi immediatamente, perchè la temperatura esterna era bassa, 7°C, gocciolava dalle pareti deir imbuto. Raccolto di quest’ acqua ed analizzatola mi dette le seguenti reazioni : una marcata reazione acida dovuta al- 1’ acido cloridrico-solforico e solforoso. I tubi, chiusi ermeticamente, contenevano vapore ac- quoso condensato e i gassi; portati i tubi nel laboratorio, operai nel seguente modo : aprendo da una estremità il tubo capovolto sul mercurio, verificavasi sempre assorbi- mento, ciò non poteva dipendere dalla differenza in meno di temperatura, perche sulle bocche vulcaniche la tempe- ratura esterna era TC, mentre nel laboratorio la tempe- ratura era + 16"C. L’ assorbimento 1’ attribuisco ai gassi cloridrico e sol- foroso che essendosi sciolti nell’ acqua condensata forma- rono un vuoto. Introducevo poi nel tubo, una soluzione di nitrato di argento per constatare la presenza delhacido solfidrico, e poi un pezzo di potassa per l’anidride carbonica e agitavo. Non trovai mai tracce di anidride carbonica. Avendo escluso pure la presenza dell’idrogeno, in se- guito ad analisi qualitativa, portavo il tubo in una vasca d’acqua per travasare in un tubo graduato i gassi ossigeno e nitrogeno, e poi ne determinavo la composizione volu- metrica adoperando il pirogallato potassico per 1’ assorbi- mento dell’ ossigeno. DEL MESE DI MARZO 1883 217 Gas del cratere N. I e 2 Acido cloridrico; Anidride solforosa; Vapore acqueo; Gassi poco solubili nell’ acqua. Ossigeno e Nitrogeno Temperatura 16° C Colonna barometrica 786““ N. 1. N. 2. ir 1 • 1 i.1- i Ossigeno Volumi letti ( Nitrogeno 13, 51 : 86,49 : 20,39 09, 61 100, 00 100, 00 Volumi corretti a 0° e 760““ ( Ossigeno ^ Nitrogeno 13, 13 : 86,87 : 19, 83 80, 17 100, 00 100, 00 Il gas che sì sviluppava dal cratereN. 1 può considerarsi come aria povera di ossigeno mentre quello del cratere N. 2 si può ritenere come aria normale. Lava scoriaoea La lava e le sostanze gettate dalle bocche di questi due crateri sono molto spugnose, meno in qualche punto che è compatta, di colore nero brillante, fortemente magnetiche : Composizione centesimale Anidride silicica 48, 05 » solforica tracce » fosforica 1, 23 Cloro tracce Sesqiiiossido di alluminio 14, 56 » di ferro 5, 09 Ossido ferroso 9, 54 » di manganese tracce » di calcio 12, 18 » di magnesio 5, 86 » di potassio 1, 93 » di sodio 2, 57 100, 89 Densità a 21° C = 1, 82 218 L’ ETNA E L’ eruzione Cratere Principe di Napoli Questo cratere non ha una bocca centrale , esso è a forma di cupola ed ha diverse bocche indipendenti sul lato Nord, mentre sul lato Sud è fenduto per tutta la sua lun- ghezza, e sugli orli della fenditura nel giorno 8 aprile, ve- devansi sublimazioni variopinte con predominio di color giallo citrino dovuto all’ abbondante quantità di zolfo de- posto. Nel giorno della eruzione, dai crateri di questo monte furono lanciati a breve distanza massi di un diametro di circa un metro, la cui superficie esterna, in qualche punto era stata alterata dal fuoco. Laonde mentre la superficie e la base di questo cratere è cosperso di una maEsa nera spugnosa, guardando nei profondi crateri si vedevano le loro pareti non ingombre da magma recente e quei tagli degli strati antichi erano cosi freschi, come se mai il fuoco ed i vapori gli avessero toccati: mi sembrava di guardare in una cava di lave litoidee anziché nell’ imbuto di un cratere apertosi recentemente. (1) Sugli orli però vedevansi depositati materiali frammen- tari che riducevansi in minuti frantumi calpestandoli. Ciò mi fa supporre che in quel punto si fosse accumu- lata una enorme quantità di gassi, i quali non potendosi aprire altra uscita in quella località, circondata da crateri parassiti, determinò una serie di aperture in quel punto che non gli potè resistere, dalle quali non vennero lanciate in aria nel giorno 22 e 23 marzo, che massi di lava del 1755, e piccola quantità, relativamente, di sostanze recenti profondamente alterate dal fuoco e rese spugnose dai gassi. (1) Un fatto simile fu osservato e descritto dall’ Illustre Prof. Luir^' Palmieri nel 1872. DEL MESE DI MARZO 1883 219 Questo centro nei' giorni di eruzione si mostrò dei più attivi per V enorme quantità di gassi che si sviluppa- vano. Bombe Quarzose. Oltre le masse scoriacee dai crateri del Monte Prin- cipe di Napoli vennero eruttate alcune bombe quarzose che non hanno niente di comune colle bombe vulcaniche che constano dell’istessa materia che forma la lava. (1) Le bombe quarzose possono prendere diversi aspetti, su tre rinvenutene alla base del cratere suindicato, due ave- vano la forma ellittica, e una die ne conservo intatta, mi- sura m. 0, 13 nell’ asse maggiore e m. 0, 10 nel minore. Queste bombe possono essere paragonate per la loro conformazione ad una pera poiché mentre il contenuto è formato di frammenti cristallini di quarzo bianco, l’ invo- lucro esterno è tenuissimo e consta di lava spugnosa di color nero brillante. L’ analisi del quarzo mi dette i seguenti risultati : Composizione centesimale. Anidride silicica 98, 07 Sesquiossido di alluminio 1, 02 Ossido ferroso tracce Ossido di calcio 0, 81 Ossido di magnesio 0, 12 Alcali tracce 100, 02 Densità a 21° C = 2, 471 (1) C. Darwin — Viaggio di un naturalista intorno al mondo, p. 423, Torino 1873. ATTI ACC. VOL. XVII. 30 220 L’ETNA E l’eruzione Esposi all’azione del calore le singole parti costituenti le bombe, ma non subirono perdite. La composizione chimica dell’ involucro può ritenersi identica a quella delle scorie e lave spugnose di questa eruzione come i seguenti risultati dimostrano ; Anidride silicica 48, 62 » solforica tracce » fosforica 1, 31 Cloro tracce Sesqiiiossido di alluminio 14, 17 » di ferro 4, 18 Ossido ferroso 10, 07 » di calcio 12, 02 ;; » magnesio 5, 49 » » potassio 1, 84 » » sodio 2, 76 100, 46 L’essere state ejettate da una bocca ignivoma molte bombe il cui contenuto è di frammenti di quarzo, m’ in- duce a credere che detti frammenti furono staccati da qualche deposito che deve trovarsi in quell’ immenso bara- tro sotto il monte Etna, e la silice trasportata dai gas, quando giunse nella zona in cui trovavasi il magma igne- scente, si rivestì d’un leggiero involucro di lava porosa prendendo la forma di pera per la forza centrifuga. Ammetto che in quelle inaccessibili caverne debba trovarsi del quarzo depositato perchè alcuni campioni ch’io posseggo sono stratificati e tra uno strato e l’altro osser- vasi un tenue straterello di silice semi-vetrificata, la quale fa da cemento. La sua composizione dimostra che è quar- zo inguainato da piccola quantità di sostanze estranee, op- pure, si può ammettere, che l’allumina, il ferro, la calce ecc. derivino dalla presenza di frammenti di Labradorite mescolati col quarzo. DEL MESE DI MARZO 1883 221 Ecco i risultati analitici della sostanza vetrificata in parola : La genesi delle lave vulcaniche è stato argomento che molti hanno preso a trattare ma nessuno fmoggi, secondo me ha pubblicato fatti che appaghino completamente gli scienziati. Io volendo spiegare la formazione delle bombe di quar- zo, come dianzi ho detto, ammetto sotto l’Etna resistenza di caverne ed in esse deposito di quarzo; e la deposizione del quarzo verrebbe fatta dall’acqua d’infiltrazione. É noto che le acque quando non contengono disciolte altre sostanze che facilitano l’azione dissolvente, come l’a- nidride carbonica , 1’ acido cloridrico e solforico che quasi sempre contengono in soluzione nei terreni vulcanici , ca- dendo sul vulcano o sopra altre rocce, si infiltrano e sciol- gono piccole quantità di silice. Avviene poi che quando l’ acqua giunge nelle profonde caverne , deposita la silice , come 1’ acqua d’ infiltrazione delle zone calcaree depone il carbonato di calcio sotto forma di stalettite o stalagmite. Ma in questo caso i depositi consterebbero di silice amorfa e non di quarzo. Recentemente Dieulafait in un elaborato lavoro 8uW origine e la formazione dei minerali metalliferi, ammette che il quarzo possa formarsi, avec de la silice dissout dans 1’ eau à la temperature et à la Anidride silicica Sesquiossido di alluminio Ossido ferroso Ossido di calcio Ossido di magnesio Alcali per differenza 94, 70 3, 17 0, 53 1, 33 0, 21 0, 06 100, 00 Teoria sulla formazione della lava QOQ ETNA E l/ ERUZIONE pression ordinaires, e conchiude: il ii’est plus indispensable de supposer, comme on l’a fait, jusqu’ici, Texistence, neces- saire d’uiie temperature et d’une pression differentes de celles qui existent aujourd’hui (1). Nel mio caso posso ammettere col Dieulafait che la silice invece di depositarsi allo stato amorfo , si depositi allo stato di quarzo, ma se questa ipotesi non soddisfa, io ricorro alle classiche esperienze di Sènarmont, Daubrée Ilautefeuille, Friedel e Sarrasin, i quali facendo agire con- temporaneamente il vapore acqueo ad elevata temperatura e forte pressioni , ottennero risultati interessantissimi per lo studio della genesi delle rocce eruttive. Quindi ammet- tendo pure che il deposito sia amorfo , esso per V azione del vapore acqueo e forti pressioni, può prendere lo stato cristallino. Ora ammettendo col Thomson che la eruzione si de- termina per disquilibrio di pressione, e che questo disqui- librio avvenga sempre nei punti ove sono i vulcani , ivi trovandosi la silice deposta ed altri silicati e il tutto con altre rocce, la miscela per Fazione del calore e della pre- senza del vapore acqueo prende la forma di magma , il quale eruttato forma la lava, oppure le ossidiane se la temperatura era più elevata. In appoggio di quanto ho esposto ricordo che alcune lave etnee contengono quarzo isolato, la presenza di que- sta sostanza fu ancora constatata nelle lave del ^Tilture. Arrogi che spesso in altre lave si rinvengono inclusioni di silice , come nella formazione del Monte Nuovo (Poz- zuoli) si trovò silice mescolata con altre sostanze. Ma il magma lavico è ricco di sostanze cristalline, come si spiega la loro presenza? (1) Dieulafait — L’ origine et la formation cles rainerals métalliferes — Eevue Scientifique. N. 20, p. Gli, Paris Mai 1883. DEL MESE DI MARZO 1883 •J È vero che il magma contiene sostanze cristalline, ma esso però consta per la massima parte di sostanze amorfe. Del resto la presenza dei minerali cristallizzati nelle lave vulcaniche si può spiegare coir aiuto della chi- mica generale. Vi sono alcuni corpi die comportandosi come solventi di altri, godono la proprietà di abbandonarli in seguito allo stato cristallino. L’acqua scioglie molte sostanze amor- fe e coll’evaporazione le abbandona allo stato cristallino. Il boro, il silicio ed il carbonio hanno per solventi , r alluminio , lo zinco ed il ferro , e nelle masse di questi metalli pel raffreddamento , si rinvengono allo stato cri- stallino. Per i cristalli che fanno parte del magma possiamo ammettere due ipotesi: 1. che in quelle profondità vi siano rocce che li contengono belli e formati, ed essi mescolati con la massa amorfa vengono eruttati conservando la for- ma cristallina , se la temperatura non li altera , come il più delle volte avviene; 2. Che i corpi per la loro affinità reciproca date le opportune condizioni e trovandosi a contatto in quella bol- gia, danno origine a composti definitivi. Allora la silice trovandosi ivi mescolata con altre sostanze , può formare composti definiti, e questi pur mescolati con altre sostanze che farebbero da solventi , possono conservare la loro composizione, se la temperatura non li dissocia. I composti definiti poi che si trovano mescolati nel magma possono rapprendersi nel tragitto che questo fa dalle profondità alla bocca eruttiva, oppure cristallizzare col raffreddamento della lava , nella quale restano cimen- tati dalle sostanze amorfe. Molti minerali , che fanno parte delle lave vulcaniche sono stati già ottenuti artificialmente, ed io ho la convin- zione che non passerà molto tempo, che gii scienziati riu- L’ ETNA E L’ eruzione sciranno ad ottenere ciò che misteriosamente prepara la natura nella bolgia vulcanica, e così sarà strappato un al- tro segreto alle fucine degli ignivomi monti. Dalla prima bocca che trovasi sul cratere Principe di Napoli a partire da Ovest venne raccolto il gas. La temperatura esterna era di 7“ C, quella del cratere fondeva un filo di piombo del diametro di due millimetri. L’ analisi qualitativa mise in evidenza V acido solfidri- co e f anidride solforosa (sulle sublimazioni mammellonari degli orli vedovasi depositato molto zolfo) acido cloridrico e vapore acqueo che si condensava. Non trovai idrogeno nè anidride corbonica. Composizione volumetrica dei gas poco solubili nell’ acqua Volumi Ietti Temperatura 16'’ Pressione barometrica 785. j Ossigeno 22, 39 } ^ i Nitrogeno 77, 61 ) \ 21, 78 78, 22 100, 00 100, 00 Dai crateri del suddetto monte venivano gettate conti- nuamente, mescolate ai gassi, degli enormi massi e scorie; raccolsi alcuni campioni di queste, le quali presentano tutti i caratteri della lava e la loro composizione è la seguente: Anidride silicica 48, 21 » solforica tracce » fosforica 0, 63 Cloro tracce Sesquiossido d’ alluminio 15, 17 » di ferro 5, 31 Ossido ferroso 10, 08 » di manganese tracce » » calcio 10, 34 )) » magnesio O 6, 03 » » potassio 1, 87 » » sodio 2, 61 100, 35 DEL MESE DI MARZO 1883 225 Nel terzo centro eruttivo, a 300 metri dall’ ultimo, ve- donsi sei piccoli crateri i quali presentavano gli stessi ca- ratteri di quelli del Principe di Napoli, poiché mentre le bocche si sono aperte sulla lava antica, esse sono circon- date, sopra un diametro piuttosto grande, di magma spu- gnosa. — Le pareti delle bocche eruttive, specialmente r ultimo, verso Est, si vedevano tappezzate di cristalli di solfato di calcio e zolfo e sul fondo si vedeva scorrere sulle rocce il solfo fuso. Da quest’ ultima bocca raccolsi i gassi, i quali erano accompagnati da considerevole quantità di vapore acqueo. La temperatura in fondo al piccolo cratere era dH-210®C quella esterna 8*0. I gassi solubili nell’ acqua erano il cloridrico, il sol- fidrico e solforoso. Ecco la composizione dei gassi poco solubili : Composizione centesimale a 0° e 760'"'", Ossigeno 18, 92 Nitrogeno 81, 08 100, 00 Fumarole dei crateri « Non mi propongo di fare una disamina delle teorie sulle fumarole dei crateri vulcanici e delle lave poiché que- ste nella racente eruzione non poterono essere da me stu- diate; ma dalle ricerche fatte sulle prime trovo che ben poco si é fatto dal punto di vista chimico e fìsico, e le di- screpanze tra i classificatori delle fumarole sono prove lam- panti del mio asserto. Fino a pochi anni addietro il nostro paese era il mi- 220 L’ ETNA E L’ eruzione raggio dell’ ingordigia straniera. Oggi non potendo domi- narci con le armi ci vorrebbero dominare con le loro idee. Io dichiaro di essere cosmopolita, ma prima mi ricor- do di esser nato nel bel paese che appennin parte e il mar circonda e V A Ipe. In Italia c’ è 1’ abitudine di accettare tutte le teorie che ci vengono dall’ estero senza il benefizio dell’ inven- tario. Molti si rendono banditori e sostenitori delle nuove teorie dimenticando persino che le prime idee in proposito spesso furono emesse da Italiani. Per citare qualche esempio ; Lorenzo Moro si occupò prima d’ altri delle cause at- tuali ed oggi tutte le lodi si fanno a Leyll. Malpigli! nel secolo XVII, dopo Anissimàndo ed Em- pedocle, incominciò a studiare le leggi delle trasformazioni, Kant e Goetke carezzarono le idee di Malpigli!; Lamark , Geoffroy Saint-Hilare le accolsero ^ altri pure se ne occu- parono finche r illustre e profondamente dotto Carlo ‘Dar- win non diffuse le sue accurate ricerche. Ebbene oggi che Haeckel si è reso banditore delle teorie Darwiniane, accenna il filosofo greco Anassimandro ma non ha una parola per i nostri Empedocle e Malpigli! mentre costoro come naturalisti potrebbero benissimo rap- presentare 1’ Italia tra gli scienziati poeti e filosofi Inglesi, ’redeschi e Francesi, senza disdoro della nazione. E cos! dicasi delle fumarole vulcaniche, cioè, che mentre Monticelli e Covelli furono i primi ad occuparsi delle fu- marole secche o anidre, e dello sviluppo dell’anidride car- bonica nelle regioni vulcaniche, Deville ed altri, senza men- tovare i nostri concittadini, vi fondono su delle teorie più 0 meno fantastiche. Ed un nostro concittadino rivede o ri- moderna le classificazioni di Deville e pure lui non cita affatto le osservazioni dei nostri predecessori. Io apprezzo l’ingegno a qualunque nazione esso ap- DEL MESE DI MARZO 1883 227 partenga, ma mi piace di non farmi sgabello dei luminari che ci precedettero, come alcuni fanno, per innalzarmi collo inneggiare ai moderni. Le fumarole dei crateri o quelle prossime ad essi, si stabiliscono finito il grande parossismo. Allora i vapori e gassi che si svincolano dalle fenditure e fumarole , e che spesso sono accompagnati da composti volatili a quella tem- peratura, non appena vengono a contatto con corpi freddi si depositano formando alle volte delle incrostazioni. Sopra le sublimazioni che si formano nei diversi periodi di atti- vità calorifica di una fumarola, molto si è detto, poco si è fatto, laonde moltissimo rimane a farsi specialmente dal punto di vista chimico. Alcuni hanno asserito che la patina bianca o bianco- verdognola, che si forma sulle lave o sugli orli delle fuma- role dopo poco uscite dai crateri o formatesi , consta per la massima parte di carbonato e di cloruro di sodio con tracce di solfati di soda e di potassa, e sali di rame. Nel giorno 26 Marzo, sopra fumarola leucolitica fu rac- colto una considerevole quantità di rocce spugnose comple- tamente ricoperte da un tenue straterello di sublimazioni bianche azzurrognole. Le sublimazioni erano completamente solubili nell’acqua distillata a freddo e la soluzione acqui- stava una marcata reazione acida. Dall’analisi qualitativa risultò che la patina bianca azzurrognola constava di: ' rame, ] • ferro, i allumina, \ calce. Solfati di / magnesia, I soda, I potassa, 1 litio, \ ammoniaca, e di tracce di solfiti, cloruri e assenza di solfuri. ATTI ACC. VOL. XVII. 31 228 L’ ETNA E L’ eruzione I suddetti sali rinvenuti nella soluzione acquosa mi mettono in grado di considerare che alcuni di essi furono sublimati, altri si formarono per r alterazione della roccia a contatto dell’ anidride solforosa passante ad acido solfo- rico. (1) Questo fatto mi fa dubitare che l’acido cloridrico sia il primo, come molti sostengono, a comparire nelle ema- nazioni delle fumarole e l’ultimo a scomparire. É vero che poco discosto dal sito dove furono raccolte dette rocce se ne trovarono altre . con sublimazioni gialle ricche di cloruri, come tosto dirò, ma io ho la ferma con- vinzione che sia diffìcile poter asserire con certezza che comparisce prima l’uno anziché l’altra, cioè l’acido clori- drico oppure r anidride solforosa. Altre rocce con sublimazioni bianche raccolte il giorno 8 Aprile , contenevano gli stessi sali trovati deposti sulle rocce del 26 Marzo; però raccolsi e conservo tuttora, un campione di roccia con copiose sublimazioni bianche di forme mammellonari , le quali constano per la massima parte di cloruro e solfato di sodio con tracce di potassio combinato cogli acidi. Feci le più accurate ricerche per constatare la presen- za dei carbonati, ma fino al 26 Maggio, posso assicurare che non si erano formati. Le scorie ricoperte da sublimazioni gialle , raccolte il (1) Luigi Gatta — L’ Italia ecc. a p. 226 e 227 scrive: « A misura che la lava raffreddasi , copresi di uno straterello bianco composto di carbonato e di cloruro di sodio, con delle tracce di solfati di soda e di potassa — 11 carbonato di soda sarebbe un prodotto dovuto all’azione dell’acido carbonico dell’aria sul cloruro di sodio. » Io non ho trovato tracce di carbonati neanche nelle incrostazioni raccol- te il 26 Maggio. Trovo poi assurda l’ ipotesi della formazione del carbonato sodico. DEL MESE DI MARZO 1883 229 26 Marzo , sopra una fenditura in prossimità delle rocce bianche avevano la parte sublimata incompletamente solu- bile nell’ acqua. Nella soluzione acquosa, acidissima, per r acido cloridrico, trovai tracce di solfati e i seguenti me- talli combinati col cloro : rame, ferro , calcio , sodio e po- tassio. Non trovai solfuri , nò tampoco potei constatare la presenza deH’arsenico. La parte insolubile nell’acqua e negli acidi constava di zolfo e frammenti di silicati parzialmente decomposti. Sulla fenditura del cratere Principe di Napoli, il giorno 8 aprile, si vedevano grandi quantità di sublimazioni va- riopinte e tra i colori predominava il giallo ramicato. Staccai alcuni mammelloni e dall’analisi eseguita risulta che essi constano per la massima parte di cloruro d’ am- monio e di ferro, con zolfo e tracce di selenio. Il tutto era inguainato da acido cloridrico. Da quanto lio esposto deve conchiudersi che gii orli delle fumarole, con emanazioni aeriformi, contengono su- blimazioni corrispondenti al grado di temperatura, ma che non si può stabilire nettamente se la sostanza gassosa che altera sensibilmente la roccia sia l’acido cloridrico o l’a- nidride solforosa. Per diversi motivi indipendenti dalla mia volontà nel- l’epoca dell’eruzione e in seguito, non potei studiare i fe- nomeni , e seguire le fasi in tutto il periodo dell’ eruzione come m’ero proposto; ma spero in altra occasione di potermi stabilire sul sito dell’ eruzione per fare un lavoro completo e stabilire con precisione molte cose che si sono dette, e che io credo immaginarie. 1 \ r - I eh HI(X;1AR1JI ^ Ùù' O'i<^cnt/'o ye/l.JUr ERUZIONE DEL MARZO 1883. fi i! Sulla composizione cliimioa dei dasalti di Cattolica e Tremiglia e di una breccia basaltica Ricerche del B: LEONARDO RICCIARDI Memoria leiia nella sednfa ordinaria del 10 Giugno 1883. Non avendo ricevuto i campioni di basalti delle vici- nanze di Cattolica e di Siracusa nell’epoca cbe assieme col D.r S. Speciale ci occupavamo dei basalti della Sicilia, pubblico ora la presente nota sia per completare il lavoro, sia per pubblicare la composizione cbimica delle ossidiane e della breccia basallica che si rinvengono in quelle lo- calità. Il basalto di Cattolica in massa ò di color grigio scu- . ro e lascia discernere ad occhio nudo due dei suoi prin- cipali componenti mineralogici , il pirosseno e il labrado- rite, mentre si vedono cospersi nel magma, alcuni punti giallognoli ; il cbe indica che i minuti cristalli di olivina sono decomposti, e ciò mi risulta perche staccato lo strato alterato del minerale, in alcuni punti rinvenni dei granelli del minerale stesso. Il basalto ridotto in finissima polvere è discretamente attirabile dalla calamita. Piccola porzione di detta polvere messa nell’ occhiello di un filo di platino, ed esposto il tutto all’azione del dardo ferruminatorio , fonde in un vetro oscuro fortemente attirato dalla calamita. La polvere con acido cloridrico dà effervescenza, sen- za sviluppo di acido solfìdrico ; con la potassa a caldo si sviluppa piccola quantità di ammoniaca ; umettata sulla carta rossa di tornasole accusa reazione alcalina. Fusa col borace dà la perla del ferro. ATTI ACC. VOL. XVII. 32 232 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA Oltre le sostanze determinate quantitativamente , l’ a- nalisi qualitativa mise in evidenza la presenza del titanio, nichelio, cobalto, cromo, manganese e litio. Composizione centesimale del basalte di Cattolica. SiO'^ 43 0(3 CQ2 5 03 Ph^O^ 2 60 SQ3 0 03 AW 10 30 Fe^O^ 11 61 FeO 3 12 CaO 13 45 M"0 ........ 6 02 o K2Q 1 28 Na^O 1 83 H‘20 2 20 100 53 Il basalto di Trernigiia (Siracusa) ha caratteri comuni con quello di Cattolica, ma ne differisce nella composizione chimica : Composizione centesimale del basalte di Trernigiia SiQ2 48 17 Ph^O^ 2 35 SQ3 0 07 AW 13 28 Fe'203 10 11 FeO 1 26 CaO 11 04 MgO 10 31 K^O 2 19 Na^O 1 68 100 46 Perdita per calcinazione 3 78 DEI BASALTI DI CATTOLICA ECC. 233 Nelle vicinanze di Tremiglia, oltre il basalto si vengono pure delle ossidiane che indico vetrificala e semi-vetrificata. come segue : SPECIE VETRIFICATA Composizione centesimale SiO’-^ . • • • • • • 44 55 Ph-0^ . • ••••• 2 28 SQ3 . 0 05 AW . 13 02 Fe-0^ con tracce di FeO, Or, e Mn 7 05 CaO 23 06 MgO . • ••••• 5 77 K‘0 . • • • • • • 2 98 Na-0 . • •••«• 1 41 100 17 SPECIE SEMI-VETRIFICATA Composizione centesimale SiO- . 44 81 PldO'^ . 2 16 SQ3 • ••••• 0 03 AP03 . • ••••• 11 64 FeO . • ••••• 10 52 Fe-2C^ (Cr e Mip 1 67 CaO • ••••* 23 08 MgO . • ••••• 2 67 K-0 . • ••••• 2 88 Na'O . • 1 03 100 49 La quantità quasi doppia di ossido di calcio, contenuta nelle due specie di ossidiane, si può spiegare ammettendo die nell’ atto die la roccia basaltica si fondeva per V azione del calore, trovandosi a contatto con il calcareo, die forma 234 SULLA COMPOSIZIONE CHIMICA il terreno di quelle località, avvenne che il carbonato di calcio decomponendosi pel calore, il suo ossido rimase me- scolato col magma basaltico e per conseguenza nelle due ossidiane si rinviene una quantità quasi doppia di ossido di calcio di quella che contiene il basalte di Tremigiia. BRECCIA BASALTICA Col tempo dal dicco basaltico di Tremigiia si dovet- tero staccare dei pezzi di roccia, i quali riducendosi in fran- tumi furono trasportati nel terreno calcareo circostante. Allora l’anidride carbonica sciolta nell’ acqua che cadeva sul terreno, scioglieva del carbonato di calcio, e l’acqua contenente disciolto il bicarbonato di calcio a misura che veniva a contatto con i piccoli pezzi di basalte li cimentava con minuti cristalli di carbonato di calcio, formando una congrezione che nello assieme prende un aspetto simile ad una breccia, che io propongo di chiamarla breccia basal- tica per non confonderla con le breccie calcaree. I frantumi di basalte contenuti nella breccia sono di color giallastro, essi sono perfettamente circondati da uno strato di piccoli cristalli di carbonato di calcio. In sulle prime credetti che la roccia fosse calcarea e che nelle geodi die formavano i cristalli di carbonato di calcio vi fosse dell’argilla-calcarea-ferruginosa, ma dall’analisi ese- guita su tali pezzi ebbi a convincermi che appartenevano al basalte Tremigiia in istato di completa decomposizione. Detti frammenti vennero ridotti in finissima polvere, e questa è di color terra di Siena bruciata, per l’azione del calore subisce una perdita corrispondente a gram. 7, 60 per cento, perdita da considerarsi come acqua, poiché la polvere trattata con acido cloridrico non sviluppava ani- dride carbonica, tampoco acido solfidrico. Piccola quantità di polvere trattata con idrato potas- BEI BASALTI DI CATTOLICA ECC. 235 sico, mercè razione del calore, sviluppava deir ammoniaca. L’analisi die pubblico si riferisce ad un pezzo di ba- salto isolato con cura dai cristalli di carbonato di calcio. Non ho fatto ranalisi complessiva della roccia, perche non avrei potuto stabilire la sua vera composizione cen- tesimale, variando essa a secondo la maggiore o minore quantità di carbonato di calcio che rimaneva aderente al pezzo di basalto. Confrontando la comiiosizione del basalto Tremiglia con quella dei frammenti staccati dalla breccia basaltica, ne devo dedurre che r acqua e r anidride carbonica prima di depositare lo strato cristallino di carbonato di calcio sopra i pezzi di basalto, li spogliarono quasi degli alcali e del- r anidride fosforica combinata e pure in parte della magnesia e di una discreta quantità di silice; mentre nella roccia si aumentava quasi del doppio la quantità di sesquiossido di ferro. Questi fatti confermano le conclusioni già pubblicate negli atti di questa Accademia nella memoria sojira / Ba- mìli (Iella Sicilia. Composizione centesimale Fe'O^ con tracco di Or e Mii 41 26 0 02 tracce 14 68 23 17 0 01 8 45 0 30 0 36 7 60 99 89 » » K 9 SULLA ESPLOSIONE ETNEA BEL 22 MARZO 1888 in relazione ai Fenomeni vuleanici ( Geodinamiei ed Eruttivi) presentati dall’Etna durante il quadriennio compreso dal GemiRio 1880 al Decembre 1888. Osservazioni e Stiidj del Prof. ORAZIO SILVESTRI. Memoria presentata nella seduta straordinaria del 17 Giugno 1883. ( con 1’ aggiunta dei fenomeni successivi a quella data ) PREFAZIONE Mentre attendeva alla pubblicazione di un volume che porta per titolo « I moderni fenomeni vulcanici del- l’Etna » (1) il quale per le difficoltà incontrate nella ese- cuzione di numerose tavole che ne formano corredo, non ha visto fin' ora la luce; e sopraggiunta in quest’anno 1883 la nuova eruzione con un complesso straordinario di fe- nomeni precursori, concomitanti e successivi. Tale avveni- mento, come era naturale, ha interessato tutta la mia attenzione ed è venuto ad aggiungere un nuovo importan- tissimo tema di analisi scientifica, da aggregare a quelli che ho trattati nel mio preannunziato volume di prossima pubblicazione, di cui potrebbe formare parte integrante. Ma sia per non aumentare troppo la mole di questo, sia per non togliere V interesse della attualità allo studio dell’ultima e recentissima eruzione del 22 Marzo, sia an- che per soddisfare il desiderio di illustri cultori della (1) L’Accademia Gioenia di Scienze Naturali a Catania ha destinato a questa pubblicazione un intero voi. dei suoi atti. ATTI ACC. VOL. XVn. 33 238 PREFAZIONE. scienza^ ho creduto miglior partilo di non far subire alcun ritardo al presente lavoro; che quantunque venga sepa- ralo dall’ altro più complesso, onde farne precedere la stampa per le ragioni suddette, tuttavia con la scorta cro- nologica dei fatti compiuti potrà facilmente lo studioso dei fenomeni naturali riguardanti V Etna, ritenerlo come se- guito del volume indicato'. — I moderni fenomeni vulcanici deir Etna — nel modo stesso che questo dovrà ritenersi co- me seguito deW altro, già da me pubblicato nel 1867 (1). Mentre mi accingo a far conoscere tutti i fenomeni che fanno capo alla eruzione del Marzo di questo anno, è mio dovere ringraziare il R. Governo, il Consorzio Univer- sitario Catanese, la Provincia e f Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania, che proteggono questi studj. Catania 31 Dicembre 1883. D.’’ Orazio Silvestri Prof, (li Chimico-Fisica Terrestre, Miaeralogia e Geologia Della R, Università di Catania. (1) 0. Silvestri — I fenomeni vulcanici presentati dall’Etna nel 1863- 64-65-66 considerati in rapporto alla grande eruzione del 1865 — Catania Atti Accad. Gioenia Voi. I, Ser. IH. 1867. PIANO GEHERAIE DEL PRESENTE LAV0I[O EO INDICE DELIE MATE[[IE Prefazione . Pag. 237 CAP. I. — Fenomeni vulcanici presentati dall’Etna durante gli anni 1880-1881-1882 — Gennaio e Febbraio 1883 (con note di riscontro tra i fenomeni Etnei fenomeni vulcanici avvenuti nel suolo Italiano e nella supei*fìcie del Globo in generale) Art. 1. — Cronaca mensile Etnea dei fenomeni vulcanici {geodinamici, motivi-eccentrici ed eruttivUcentralf) dell’anno 1880 Art. 2. — Idem idem 1881 ^ Art. 3. — Idem idem 1882 Art. 4. — Idem idem 1883 (Gennaio e Febbraio) . . „ Riassunto sintetico del fatti sparsi nella Cronaca Etnea di tre anni e due mesi , il quale dà una idea complessiva dei feno- meni più meritevoli di attenzione, come precursori del movimento dell’ Etna avvenuto nel Marzo 1883 . . . . „ CAP, n. — Fenomeni vulcanici presentati dall’ Etna nel Marzo 1883 — (Burrasca Sismica — Esplosione e squarcutura radiale dell’Etna — Eruzione eccentrica immediata — Fenomeni eruttivi centrali concomitanti) Art. 1. — Storia ^ I § 1. — Mici'osismici § 2. — Sismici § 3. — Meccanici di esplosione (con squorciatura radiale dell’Etna) § 1. — Topografia e fìsiografia del nuovo AppareccMo eruttivo sorto ad un’altitudine media di 1110 metri sul fianco meridionale dell’Etna — Centri attivi per la eruzione di masse vaporose — Centri attivi per la eimione di masse laviche — Tre correnti di lava „ § 2. — Fatti fisici riguardanti la eruzione eccentrica — Studio fisico del materiale enittato . . . „ § 3. — Fatti chimici riguardanti la eruzione eccentrica — Micrografia della lava recente — Composizione mi- neralogica e chimica della lava recente e delle altre varietà di materiale solido eruttato — Ferro na- tivo nella lava? — Edotti e prodotti vaporosi e gassosi costituenti i fumajuolì della lava . . „ § 1. — Manifestazioni del grande cratere centrale dal 1. al 22 marzo 1883 immediatamente prima della esplo- sione ed eruzione eccentrica „ § 2. — Idem idem durante i giorni della eruzione eccentrica cioè il 22, 23 e 24 Marzo 1883 . , . „ § 3. — Idem idem dal 24 al 31 Marzo 1883 dopo il tonnine della enizione eccentrica „ Riassunto sintetico dei fenomeni generali più importanti ed in stretta relazione tra loro, manifestatisi nel movimento del- l’Etna avvenuto nel Marzo 1883 e ohe lo hanno caratterizzato come parossismo DINAMICO-ERUTTIVO . . . . „ Art. 2. — Fenomeni geodinamici. Art. 3. — Fenomeni enittivi-eccentrici . Art. 4. Fenomeni enittivi centrali CAP. ni. — Fenomeni vulcanici presentati dall’Etna successivamente al movimento del Marzo 1883 e per tutto il rimanente dello stesso anno (con note di riscontro fra i fenomeni Etnei e i principali fenomeni vulcanici avvenuti nel suolo Italiano e nella supeificie del Globo in generale). . . . „ ( § 1. — Microsismici ( § 2. — Sismici ( § 1. — Eccentrici » ( § 2. — Centrali » Riassunto sintetico dei fenomeni principali che hanno fatto seguito (dal 1“ Aprile al 31 Dicembre) al movimento dell’ Etna incominciato nel Marzo 1883 » Art. 1. — Fenomeni geodinamici. Art. 2. — Fenomeni eruttivi 239 240 258 271 281 285 293 294 306 317 342 353 362 870 388 388 388 389 390 391 403 419 419 420 Considerazioni generali e Conclusione Tavole „ 421 I, n, m, IV, V, VI, vn. 240 SULLA ESPLOSIONE ETNEA na. — III. Fenomeni eruttivi centrali ovvero presentati dal grande cratere centrale, alla sommità dell’Etna. ANNO 1 880. Gennaio. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto (I) è stato avvertito in questo mese nella regione Etnea e nella Sici- lia. Solo nella notte del 29 al 30 a ore 3 ant. dopo il do- minio di 8 giorni di un vento impetuoso di Scirocco-levante, si sentì a Catania e in gran parte della Sicilia meridionale un aeremoto che svegliò la popolazione e produsse un tre- mito nei fabbricati come se fosse una scossa di terra. Fenomeni eruttivi eccentrici. — V eruzione gassidro- fangosa alla Macaluba (volgarmente Salinella) di Paternò alla base S. 0. dell’ Etna , incominciata a dì 3 Dicembre 1878, continua intermittente in vari punti del bacino , ora da crateri più alti, ora da crateri più bassi. Il fango che esce è abbondantissimo e molto fluido per essere mescolato a notevole volume di acqua minerale sa- lata con schiuma quasi nera di bitume e petrolio : tutto questo materiale è spinto al di fuori con veemenza da uno sprigionamento abbondante ( vera eruzione ) di materia gassosa da tutti i crateri attivi. La natura chimica e geologica di tutto il materiale , sia liquido, sia solido; accompagnato dallo sviluppo di quello gassoso, è sempre la stessa ed è quella che ho fatto cono- (1) A questa data non essendo stata impiantata la rete degli Osserva- torj Sismici Etnei che ho potuto finalmente stabilire ai primi dell’anno 1883, debbo avvertire che i terremoti da me registrati durante il triennio 1880- 81-82, sono solo quelli che hanno raggiunto il grado di sensibilità da esse- re avvertiti dalle popolazioni sparse nella bassa zona abitata dell’ Etna, indi- pendentemente dall’uso degli strumenti sismografici. DEL 22 MARZO 1883. 241 scere studiando completamente il fenomeno , durante un anno in cui si ò mantenuto (come si mantiene tutt’ ora) attivo dalla prima sua comparsa. (1) Fenomeni eruttivi centrati — Durante tutto il mese vi è stata abbondante emissione di vapori che di tanto in tan- to hanno presentato un aspetto eruttivo, con projezioni di cenere che si è vista cadere tutta all’ intorno del cono cen- trale.— Ciò e accaduto in proporzioni modeste dal 1. al 15 del mese; in proporzioni maggiori il di 18 e il 23. (2) Febbrajo. Fenomeni fjeodinamici — Il di 28 alle 11 ant. alla Zaf- ferana (il più elevato tra i paesi Etnei, situato sul versante orientale a G04 metri sul mare e sul limite superiore del- la zona coltivata) si udi un cupo rombo sotterraneo e do- po circa d’ora si propagarono alla superficie del suolo delle scosse ondulatorie da Est a Ovest che si ripeterono per tre volte nell’intervallo di pochi minuti — La popola- zione usci dalle abitazioni spaventata e furono chiuse le chiese per timore di disastri ; il timore non era infondato. Infatti Zafferana giace sul prolungamento superiore di una linea che venne tracciata dai maggiori danni avvenuti nel- l’area soggiacente di suolo che comprende i villaggi di Bongiardo, S. Venerina, Dagala, Linera ; durante i famosi terremoti del Giugno 1879 successivi alla grande eruzione — Ma il fenomeno questa volta non produsse danni materiali da principio e non ebbe reifica, per cui gii animi ritornarono poco a poco alla tranquillità — Ho osservato che il terremoto si verificò alla Zafferana con la concomitanza di un note- (1) Vedi 0. Silvestri voi. cit. — I moderni fenomeni Vulcanici deirEtna. (2) È da notarsi, che in questo mese vi è stato energica eruzione al Ve- suvio con corso di abbondante lava a S. 0.' del Monte e il massimo di energia fu notato il giorno 14. 242 SULLA ESPLOSIONE ETNEA vole abbassamento di iiressione atmosferica che incomin- ciata il dì 22 di 5 mill. in meno del giorno precedente, scese il di 28 ad un massimo di diminuzione di mill. 10, 9. Durante il mese qualche altra scossa ondulatoria leg- giera si è fatta sentire qua e là, sempre sul versante orien- tale dell’Etna e specialmente nei giorni 6, 8 e 26. Il dì 26 una fu assai sentita da tutti ad Acireale fra le 2 e le 3 pomeridiane. Fenomeni erultivi eccentrici — L’eruzione gassosa con trasporto di fluido fango salato continua alla Salinella di Paterno e con attività ora maggiore, ora minore. Da alcuni punti precedentemente designati come di mag- giore attività per lo sfogo dei vapori, lungo la squarciatura della eruzione del 26 Maggio 1879; si sono viste in questo mese tornare abbondanti emanazioni vaporose e anche tale fenomeno è stato in chiara e perfetta relazione con gli alternativi abbassamenti notevoli che il barometro ha in- dicato nella pressione atmosferica durante il mese che è stato molto burrascoso e piovoso con contrasto di venti fra cui hanno dominato lo scirocco-levante e il greco-levante. Fenomeni eruttivi centrali. — Durante tutto il mese dal sommo cratere centrale si sono sollevati abbondanti vapo- ri eruttivi gravidi di cenere. Nei dì 8, 9, 10 {in concomi- tanza con un abbassamento di pressione atmosferica di 9 millimetri giorni precedenti) si è. svegliata una nuo- va fase eruttiva nell’ interno del cratere, con frequenti projezioni di masse di lava scoriacea che ricadeva nel- l’interno di esso; mentre erano espulsi aH’esterno dei globi vorticosi di sabbia e di cenere che spandendosi per l’aria costituivano poi una densa pioggia. Verso la sera del giorno 8 un’ abbondante pioggia di cenere si diffuse su tutto il fianco B. N. E. dell’Etna dal- le più alte pendici del cono centrale, alla bassa zona colti- vata e fino alla costa marittima. Questa pioggia di sabbia DEL 22 MARZO 1883. e cenere che continuò il 9 e il 10, produsse una zona nerastra che si vide estendersi longitudinalmente lungo la Serra del Solfizio e ciò produsse un singolare contrasto sul fondo bianco della neve che ricopriva abbondantemente la Montagna. Il di 10 verso sera ad Acireale e adiacenti campagne per 74 d’ora fu abbondantissima la pioggia di cenere e formò sul suolo uno strato di circa 3 centimetri. — Dal 23 al 24 si verificò una nuova eruzione con abbondante cenere dal grande cratere che tutta si riversò nella valle del Bove e riprodusse una zona nerastra sulla neve che già aveva ricoperto la cenere precedentemente caduta l’8, 9, 10 del mese — La cenere piovuta in larga zona e proveniente dalle lave disfatte dello antico cratere subissato nella eru- zione del 26 Maggio 1879, si mostrò aH’analisi chimica ricca di solfo, sali di potassio ed ammonio , di solfato di calcio in minimi cristalli che nella mescolanza salina si mostra- vano facilmente solubili nell’acqua. Perciò ebbi a dichia- rarla come utilissimo concime per le campagne e come pre- zioso preservativo delle viti contro la crittogama. Il fatto dimostrò la verità dell’asserzione, perchè le campagne ne ebbero grande giovamento e i proprietarj accorti ne ac- cumularono quanto più ne poterono per servirsene in più tempi al benefico scopo delle loro terre e vigneti. (1) Marzo. Fenomeni geodinamici. — A dì 1 a ore 10 72 ^-nt. una • leggiera scossa ondulatoria N. E. si avvertì a Catania e fu di brevissima durata. Fenomeni eruttivi eccentrici. — L’ eruzione gassidro- fangosa a Paternò continua assai forte — Si è notato che (1) Il dì 8 del mese si presentò ima seconda fase eruttiva con corso di lava al Vesuvio. 244 SULLA ESPLOSIONE ETNEA verso sera generalmente piglia più forza, mentre durante il giorno presenta degli intervalli piuttosto lunghi di calma. Fenomeni eruttivi centrati. — Anche in questo mese il cratere centrale si è mostrato assai attivo col mandare giornalmente, abbondante vapore accompagnato spesso da sbuffi di cenere — Specialmente nei giorni 5,7, 11,20,22, 28, 30, 31 vi sono state decise eruzioni di cenere che è ri- caduta tutta air intorno del cono il quale si vedeva alter- nativamente, ora bianco per la caduta della neve ( che in questo mese è stata a varj intervalli abbondante) ora nera- stro per la fina sabbia e cenere che lo ricopriva. Il dì 30 e 31 i vapori eruttivi con aspetto di fumo denso per le sabbie e ceneri, furono in un’ abbondanza straordinaria e sempre con la coincidenza di un notevole abbasi^aniento netta pressione barometrica fino di 12 miti, dai giorni precedenti. Ho notato che il cratere centrale nel dare sfogo ai va- pori ha mostrato in questo mese molta attività anche al- r interno della fenditura die si produsse sul suo lato di mezzogiorno e propriamente a S. S. 0. (juando rimase squarciato da un fianco all’altro nella eruzione del 26 Mag- gio 1870. Infatti ha sempre fumato da quel lato e pre- sentando quivi molto calore si riconosceva anche a di- stanza l’effetto di questo con 1’ aspetto di una striscia nera di nude scorie che spiccava su tutte le rimanenti pendici esterne del cono , quando venivano ricoperte da vergini strati di neve e finché questi non erano mascherati dalle pioggie di cenere. Nella notte dal 29 al 30 con vento di scirocco-levante vi fu in tutto il mezzogiorno della Sicilia un generale acquazzone con pulviscolo meteorico di colore rosso mat- tone e ricco di ferro metallico in forma di globuli spesso perfettamente sferici. Sulle pendici elevate dell’Etna tale pulviscolo che accompagnò la neve , comunicò a tutto lo 245 DEL 22 MARZO 1883. strato superficiale di questa il suo colore particolare rosso mattone e tale aspetto durò per molti giorni e fu conside- rato da alcuni, erroneamente, come dovuto ad una specie particolare di cenere. (1) Aprile. Fenomeni geodinamici. — Il dì 17 alle ore 7 e alle 10 e 15' ant. si sentirono movimenti leggieri di suolo ad Acireale. Il 26 a ore 8, 45 pom. si avvertì a Mineo una scossa ondulatoria accompagnata da forte rombo. Questo fatto di poca importanza considerato isolatamente e per gli effetti die si ridussero solo ad incutere qualche timore nella popolazione di quella città e rispettive adiacenze, mi pre- sentò invece molto interesse in relazione col movimento che immediatamente dopo presentò TEtna in questo medesimo mese. Tale movimento come in seguito è detto, rimase li- mitato nella intensità e nella durata, giacché non fu che una breve eruzione di abbondanti vapori e cenere la quale dopo due giorni (27 e 28) raggiunse il suo termine. — Il fe- nomeno eruttivo accompagnato da cupi boati sotterranei fu preceduto di poche ore dal terremoto di Mineo e presentò in compendio il medesimo rapporto che passò tra la for- midabile esplosione Etnea del 26 maggio dell’ anno scorso 1879 e i fenomeni precursori significantissimi che furono i terremoti continui che agitarono il territorio di Mineo (2). Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua intermittente la eruzione gassosa con emissione di fango termale salato alla Salinella di Paternò. In questo mese hanno ripreso vigore in concomitanza di un notevole e iirotungato ab- (1) Vedi 0. Silvestri — Sopra un pulviscolo meteorico etc. (Atti Acc. Lincei S. 3. V. 4. Trans. Roma 1880). (2) Idem, Sulla doppia eruzione e i terremoti dell’Etna nel 1879 — 1®' e 2^ edizione — Catania 1879. ATTI ACC. VOL. XVH. 34 24G SULLA ESPLOSIONE ETNEA bassamento di pressione atmosferica i primitivi crateri più alti di livello, che erano rimasti inattivi dairanno scorso poco dopo il principio del fenomeno. — Ora presentano una certa veemenza e fanno udire, come da principio, un sordo rumore sotterraneo per la materia in movimento: altri cra- teri si sono aperti tutto airintorno: tra cpiesti uno è scop- piato tra le radici di un annoso albero di Carrubo (Cera- tonia siliqua) nella proprietà del Sig. Vigo di Acireale la quale per non essere invasa dal fango distruttore era stata circuita da un nuovo muro. — Continua il timore e V in- quietitudine nei proprietarj delle fertili terre soggiacenti al bacino eruttivo , nel vedere il giornaliero abbondante tra- bocco del fango salato termale. Fenomeni eruttivi centrali.— D'd\ cratere centrale si è presentata in generale durante il mese ima tendenza erut- tiva di vapori e cenere. Nei giorni 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 si sono avute delle decise eruzioni di tal natura , accom- pagnate da un abbassamento barometrico di 5 a 6 centi- metri. — 11 dì 27 tornò a manifestarsi altro abbassamento barometrico di 4 cent, dal giorno immediatamente prece- dente (in cui la pressione atmosferica crasi rialzata) e di nuovo si manifestò il fenomeno eruttivo di vapore e cenere che durò tutto il 28 e parte del 29 dal grande cratere. Anche da Catania si vide a ciel sereno la cima del- r Etna tutta ingombra di dense nubi eruttive, mentre dal banco opposto per es. da Randazzo si scorgevano abbon- danti vortici di vapori sollevarsi e precisamente dalla parte suprema della squarciatura del monte ove ebbero origine i crateri della eruzione dell’anno scorso (26 Maggio 1879). In questi tre giorni fu abbondante la cenere che cadde nei gioghi elevati dell’Etna a tramontana e levante, mentre per la direzione del vento ne rimasero immuni quelli di mezzogiorno e ponente. — li dì 30 aprile T eruzione cessò, solo si vide nella cima tutta sgombra di nubi, un sottile fu- DEL 22 MARZO 1883. 247 maccliio, estollersi con impeto clairinterno del cratere e pre- cisamente sul lato di levante , in corrispondenza al nuovo a)3isso apertosi all’ epoca della esplosione del Maggio 1879 con lo sprofondamento dell’antico cratere. Maggio. Fenomeni geodinamici. — Nella notte del 15 alle ore 2 si avvertì in Acireale una scossa di terremoto ondulatorio debole ed altra ne fu sentita, parimente debole, nella notte consecutiva del 17 a ore 11. Fenomeni erultivi eccentrici. — Il dì 24 mattina nella Salsa di Paterno con abbassamento del barometro che da 760™™ scese a 757™ con temp. est. di 22" C., vi fu una ener- gica eruzione gassidrofangosa dai crateri i più elevati del bacino eruttivo (dietro il così detto altareddo)'. il fango sgor- gando con veemenza allagò grande estensione di terreno. Dal 4 in poi, durante il mese, cessò l’azione nei crateri superiori e si concentrò in altri situati sul limite inferiore del bacino eruttivo. Fenomeni eruttivi centrali. — Dal giorno 2 al giorno 8 si è visto abbondante fumo nero vorticoso sollevarsi dal cratere centrale con pioggia di cenere tutta all’ intorno del cono esterno. Nella notte dal 7 all’ 8, nubi temporalesche dovute a grande emissione di vapori circondarono la cima dell’Etna che sembrò avere un aspetto eruttivo; producendo pioggia e temporale, simile a quello che precedette di poco r eruzione dell’ anno scorso 1879. — Anche questa volta il temporale fu come allora accompagnato da continue cupe rombe che specialmente furono sentite dalla popolazione di Randazzo, la quale temè assai una imminente grande eruzione. A dì 9 la eruzione, limitata a masse vaporose e cenere, cessò. Riprese a dì 12 e continuò per tre giorni fino al 15 e dopo una intermittenza di quattro giorni, nella 24S SULLA ESPLOSIONE ETNEA notte dal 19 al 20 riacquistò vigore per tutto il giorno 24.— In tutti gli altri giorni del mese, dalla cima deir Etna non vi è stata che la emissione di sparso vapore. — Si può dire adunque che il carattere veramente eruttivo di vapori e cenere ha presentato in questo mese quattro fasi di maggiore attività; la prima incominciata il 2 — la seconda e più energica nella notte dal 7 all’ 8 ; la terza il 12.; la quarta il 19. In corrispondenza a queste date il barometro ha mo- stralo sempre un abbassamento di 3 a 4 millimetri di pressione dal giorno precedente. Giugno. Fenomeni geod marnici. — Il dì 13, poco dopo mez- zogiorno, si ebbe alla Zafferà na Etnea una scossa ondula- toria sensibile: un’altra fu avvertita e più forte alle 2 pom. ed una terza alle 4 pom. Nei giorni successivi 14, 15, 16, 17 a varj intervalli si avvertì un frequente e debole tre- mare di suolo. — Il dì 18 due scosse ondulatorie più forti della precedente si ripeterono una alle 9 74 pom.: l’altra alle 10 72 pom. — In conseguenza di ciò gli abitanti spa- ventati abbandonarono le case e fecero delle baracche per dormire all’ aperto. A Bongiardo, S. Venerina, Dagala e altri villaggi com- presi nell’ area funestata dai terremoti posteriori alla eru- zione dell’ anno scorso, si sentirono pure le medesime scosse e quivi più che altrove produssero serio timore nella po- polazione. — Anche ad Acireale le scosse si avvertirono ma molto debolmente. Fenomeni erullivi eccentrici. — Continua intermitten- temente lo sprigionamento gassoso con la emissione del fango termale alla Salinella di Paternò che a varj intervalli anche in questo mese (e specialmente dal 7 al 12 e dal 23 DEL 22 MARZO 1883. 249 alla fine del mese) ha fatto da crateri bassi e nuovi delle eruzioni impetuose, come lo furono alla prima comparsa del fenomeno. — Grande preoccupazione nei proprietarj delle terre adiacenti che si affaticano, per garantire le loro coltivazioni, a fare muri e barriere che vengono atterrate e sorpassate dal fango irruente. La proprietà soggiacente (Cuturi) è divenuta un lago di fango. 5 Mulini non agiscono più essendo le ruote idrauliche tutte immerse nel fango : questo per mezzo dei canali di irrigazione si fa strada fino al Fiume Simelo. Fenomeni eruUlol centrali. — Nei giorni 1, 3, 12, 20, 21, 22, 25, vi furono piccole eruzioni di vapori e cenere limitate all’ ambito del cratere. Nei giorni rimanenti del mese dalla cima si è visto esalare solo degli sparsi vapori da numerosi fumajoli che cingono il contorno del cratere. Luglio. Fenomeni geodinamici. — A dì IG alle ore 8,30 ant. si avvertirono alcune piccole scosse ondulatorie nei Comuni di Giarre, Dagala, Bongiardo, sui basso versante orientale dell’Etna. La mattina del 16 fu anche sentita in Lingua- glossa (versante N. E.) una forte scossa ondulatoria prece- duta da altra più leggiera, avvertita a ore 10, 30 del giorno avanti. Fenomeni eruttici eccentrici. — La fase eruttiva ener- gica alla Salinella di Paterno che riprese il dì 23 e con- tinuò fino alla fine del mese precedente, ebbe seguito con varj intervalli di sosta durante tutto il mese. 11 maggior vigore si notò nei giorni 27, 28, 29. Contemporaneamente sono ricomparse abbondanti ema- nazioni di vapori dalla squarciatura soggiacente al fianco Nord dell’estremo cono, prodottasi nell’esplosione del Mag- gio 1879. 250 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Fcnomcm crulllvi centrali. — Durante il Luglio il cra- tere centrale ha tramandato una notevole quantità di vapori nei giorni 3, 5, 7, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18: ma nei giorni 25, 26, 27, 28, 29, a frequenti intervalli, il fenomeno prese delle proporzioni maggiori con decise eruzioni di cenere die ricadendo non oltrepassò l’area del cratere. (1) (2) (1) Nel notare la persistenza di queste manifestazioni di attività sia eccentrica, sia centrale nell’Etna credei utile di interessarne gli studiosi per cui scrissi in data del 15 Luglio il seguente articolo che leggesi pubblicato nel Bullettino del Vulcanismo italiano Roma voi. 1880 pag. 80 e che io credo utile di riprodurre qui sotto, per il posto che gli spetta in questa esposizione di Cronaca Etnea. Recenti fenomeni vulcanici dell’ Etna. Catania 15 Luglio ISSO. Dopo le notizie da me pubblicate in data del 1. Maggio del corrente anno sulla eruzione di cenere dal cratere centrale dell’ Etna in relazione all’ ultimo terremoto di Mineo, sonosi presentati altri fenomeni pieni d’interesse per la storia del nostro vulcano. Alla data del IG e 17 maggio alcuni leggeri terremoti si fecero senti- re sul fianco orientale dell’ Etna e, specialmente nel comune di Acireale, la notte del 16 a ore 2 ant. e la notte del 17 a ore 11 poni. — Circa un mese dopo, a dì 14 corr., i terremoti principiarono di nuovo e si ripeterono per varj giorni consecutivi il 15, 16, 17, 18 facendosi sentire maggiormente a Zafferana Etnea, a Bongiardo, a S. Vencrina, Dagala e contrade limitrofe nella medesima regione funestata un anno fa, alla stessa epoca, dai terremoti di triste ricordanza. Le scosse furono avvertite con moto ondulatorio e di esse una a mezzo- giorno e 10 minuti, un’altra alle 2 poni, del giorno 17 e due nel giorno 18 (alle 9 q, pon^- e alle 10 ‘/g furono le più forti. Da ciò gli abitanti spaventati si decisero in gran parte ad abbandonare le loro case per stare a dormire all’aperto e non c’è dubbio che lo spavento, non provocato da effetti dannosi sensibili, fu alimentato piuttosto dal pensiero continuo della possibilità di questi. E ciò in vista della coincidenza dello anniversario del terribile terremoto del 17 Giugno dell’ anno passato, succes- sivo alla eruzione, il quale ebbe per centro Bongiardo, distrusse i fabbricati DEL 22 MARZO 1883. 251 Agosto. Fenomeìii geodinamici — A dì 8 alle ore 8 ant. si sono sentiti una dopo r altra tre movimenti ondulatori sul ver- sante orientale dell’Etna e specialmente nei comuni di S. Ye- di tre Comuni e fu preceduto da movimenti ondulatorj di suolo come quelli che ultimamente si sono avvertiti. Frattanto due giorni prima che si ripetessero i terremoti del giugno, nuova fase attivissima comparve nella eruzione di fango a Paternò nelle adia- cenze S. 0. deir Etna. Nuovi crateri si aprirono nel suolo che presero a eruttare con intenso sprigionamento di materia gassosa, un abbondante tor- rente di fango più denso del solito e più caldo (a 60 gradi di temperatura) che fluendo all’estremo del bacino eruttivo, dove trovava muri e ripari, si vedeva accumularsi in grande massa finché colla propria pressione atterrava 0 col proprio volume sorpassava ogni ostacolo , erompendo allargando e ar- recando la distruzione nelle soggiacenti campagne, seppellendo cpalche casa colonica, ingombrando alcuni mulini, facendo sparire le messi e sostituendo uno stato melmoso sterile ai fertili terreni della contrada. Questa attività eruttiva, superiore a quella osservata nelle precedenti fasi del fenomeno, quan- tunque limitata a due soli crateri, ho notato essere accompagnata da sviluppo di abbondante materia gassosa al massimo di tensione, tanto da produrre nel suolo delle oscillazioni capaci di determinare dei dislocamenti, delle lunghe spaccature ed aperture di ogni genere attraverso delle anticlie lave, dalle quali si avvertiva uno sprigionarsi dei gassi anche a secco, con un soffiare continuo che rammentava quel che fa il vapore quando esce dalla valvola di scarico di una caldaja. In coincidenza di queste manifestazioni dei terremoti e della nuova fase di grande attività nella eruzione di fango di Paternò, cioè di questi feno- meni manifestatisi presso la periferia dell’ Etna, il Monte non è rimasto in- differente nella sua parte centrale. Negli stessi giorni delle manifestazioni indicate si videro turbini di va- pori uscire dalla squarciatura eruttiva dell’anno scorso, il che conferma quanto altre volte ho asserito che questa, nell’ intervallo compreso tra i due prin- cipali crateri Umberto-Margherita della eruzione 1879 ed il grande cratere estremo, per la sua altitudine non giunse ad essere riempita dalle lave e ri- mase in comunicazione con l’asse eruttivo centrale. Infatti mentre una eru- 252 SULLA ESPLOSIONE ETNEA neriiia e Dagala. A dì 10 si sono ripetuti e sentiti nei vil- laggi di S. Venerina, Bongiardo e Linera. A di 11 dalla mezzanotte alle ore mattutine si avvertirono tre scosse on- dulatorie che furono molto sensibili, specialmente la seconda, nella contrada Linera nel territorio di Acireale — Ai 22 alle ore 12, 30 pom. una scossa sensibile ondulatoria agitò zione di vapore si faceva da essa, il cratere centrale presentava lo stesso fe- nomeno accompagnato di più da projezioni di cenere che ricadde tutto all’ intorno del cono. Questo stato di attività dopo la sua nuova comparsa si è intermittente- mente mantenuto per varj giorni e continua tuttora con minore intensità: lo avvertiamo da Catania, allorcpiando dalla cima dell’ Etna i)oco prima affatto sgombra , vediamo ad un tratto uscire abbondanti vapori da tutto l’ ambito del cratere e in breve ora questo è ricoperto da nubi formate dalla loro con- densazione , le quali sovrastando l’Etna e campeggiando in un cielo sereno , caratterizzano la loro origine puramente eruttiva. Durante i recenti fenomeni Etnei, notevoli cambiamenti sono avvenuti nel cratere centi'cale tanto che si può dire ora completamente trasformato da quello che era prima. — Mei dì 12 e 13 corr. recatomi a visitarlo trovai che l’antica gola eruttiva (la quale si inabissava prima eccentricamente dal lato di ponente del gi'ande recinto) e la estesa superficie del lato opposto di levante (che per due terzi dell' intero cratere costituiva un'ampia conca facil- mente accessibile ed un grandioso laboratorio naturale utilissimo per gli studi dei prodotti gassosi e di sublimazione del Vulcano); più non si vedono. Il cratere centrale ha subito gli effetti di commozioni violente in conse- guenza delle quali vedesi tutto spaccato in direzioni irradianti dal centro e designate da serie allineate di fumajoli: oltre a ciò tutto il suo fondo e parte delle pareti sono crollate e precipitate al basso e perfino la estrema cima del suo contorno a levante ove si andava a godere (come punto più elevato e dominante) il sorgere del sole, è crollata ribassando l’altezza di circa 12 metri (dedotti da una livellazione barometrica) — ■ Intanto il cir- cuito del cratere si è ampliato per più di mezzo chilometro e il rovinio ge- nerale delle vecchie pareti, col materiale di queste ammassato nella posizione •consentita dall’equilibrio è ricoperto in parte da un grosso strato delle ultime ceneri, ed ha in certo modo ringiovanito il cratere prima logoro e sconnesso da tante azioni parziali. Se ne è così ripristinata la forma caratteristica di grande imbuto al fondo del quale (cioò al centro o apice del cono rovescio) trovasi DEL 22 MARZO 1883. 253 le contrade di Ardiclietto, Linera inferiore e Palombaro sempre nel territorio di Acireale — Quivi pure, a ore 11 del mattino del 23 si sentì nella contrada Guardia una scos- sa leggiera ondulatoria ed il fenomeno ebbe ripetizioni, sem- pre con lieve carattere, a ore 12 ant. dello stesso giorno. Fenomeni eruttivi eccentrici — Continua intermitten- ora la gola eruttiva — Chi si reca attualmente sulla cima deirEtna assiste ai due seguenti periodi alternanti; ora di calma, che permette di osservare be- nissimo tanto all’ interno, quanto all’ esterno del cratere, allorquando da questo non esala che lo sparso vapore degli ordinar] fumajuoli; ora invece di eruzioni improvvise che si fanno dalla gola centrale di vapore denso, acidissimo, soffocante, che ingombra l’orizzonte, impedisce qualunque osservazione e secondo la direzione del vento si rende molesto al respiro anche recandosi a notevole distanza dal cono, — Il nuovo Osservatorio non è sorto in momenti i più propizii , giacché sia per il carico straordinario di neve che ha dovuto sop- portare in questo anno, sia per l’influenza energica dei vapori acidi corrosivi provenienti dal vicino cratere; ha subito delle significanti avarie perdendo tutto r intonaco esterno di muratura, cedendo in qualche parte del tetto al gran peso della neve, mentre tutte le parti metalliche non ancora messe in posto hanno sofferto profonda ossidazione. I miei amici Comm. Felice Giordano (Ispettore Generale del Corpo E. delle Miniere), Comm. Giovanni Capellini (Prof, di Geologia a Bologna) e gli Ingegneri Geologi Signori Conti e Cortese, mi sono stati compagni in questa ascensione. Prof. Orazio Silvestri (2) Fra le più interessanti notizie relative alla geodinamica e vulcani- cità del globo sono da notarsi in questo mese : Dal 14 al 15 Luglio gli spaventosi e disastrosi terremoti di Manilla la più grande isola dell’Arcipelago delle Filippine, nel Pacifico. II 25 a ore 9, 30 pom. e il 26 alle ore 3, 40 ant. si sentirono a Na- poli su tutta la periferia 2 terremoti alle falde del Vesuvio e specialmente a Portici e Torre Ottaviano. Il Vulcano in seguito a ciò diede segni di maggiore attività e fece credere probabile la manifestazione di una grande eruzione. Il 25 si fecero sentire dei leggieri terremoti anche a Ischia. Il 29 a ore 4, 50 ant. una violenta scossa di terremoto ondulatorio della durata di 15 secondi, agitò la città di Smirne e dintorni producendo gravi rovine e danni ai fabbricati e spargendo la desolazione per numerose vittime umane prodotte dalla catastrofe. ATTI ACC. VOL. XVn. 35 254 SULLA ESPLOSIONE ETNEA temente la eruzione gassiclrofangosa alla salinella di Pater- no: il fango continua a invadere le soggiacenti campagne. Fenomeni eruttivi centrali — Durante il mese si è mo- strata continuamente una mediocre emissione di vapori dal cratere centrale con una sola decisa eruzione di cenere nei giorni 16 e 17, sempre però limitata air area del cratere. Settembre. Fenomeni geodinamici. — A dì 15 alle ore 8 e 50' ant. fu sentito un terremoto ondulatorio leggiero ad Acireale — Ai 16 a ore 1, 37' ant. un terremoto, alquanto sensibile, prima con urto sussultorio, poi ondulatorio diretto dal cen- tro alla periferia dell’ Etna sul fianco orientale, agitò una zona ristretta nel territorio di Acireale Ano alla soggiacente costa marittima — Nella città di Acireale fu sentito solo nella parte orientata a levante. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Il fenomeno eruttivo a Paternò ha continuato come nel mese precedente, non solo per mezzo dei crateri sparsi nella parte più bassa della Salsa, ma è da notarsi il fatto speciale dell’ apertura di nuovi crateri sul limite del bacino in prossimità della ricca sorgente acidulo-marziale detta X Acqua Grassa (1) e il terreno di fango che ne esce minaccia d’ invadere an- che una nuova ubertosa proprietà adiacente (Tornaseli i.) Fenomeni eruttivi centrali. — In due volte che visitai in questo mese il cratere centrale trovai a dì 3 settembre niente altro che lo sviluppo di densi vapora acidissimi e (1) V. 0. Silvestri — Sulle acque che circolano e scaturiscono nella regione dell’ Etna — ricerche di chimica geologica — Monografia III. Sorgenti idrogassose minerali acidule di Paternò ovvero Kicerche chimiche sulla coni- posizione dell’ acqua minerale Acidulo-alcalino-magnesiaco-ferruginosa volgar- mente Acqua Grassa di Paternò — Catania 1882 Atti Accad. Gioenia Serie III. voi. XVI. DEL 22 MARZO 1883. 255 soffocanti, dall’ inabissamento dell’antico cratere, ora fondo del nuovo, sul lato di levante: di più una corona di fumajoli acidi molto attivi tutti intorno all’olio del cratere. Ai 19 del mese osservai una minore attività sia nei fumajoli, sia nella voragine del cratere; e tutto si riduceva alla esalazione di leggieri e sparsi vapori che quasi nulla incomodavano la respirazione — Questa condizione di cal- ma si mantenne per tutto il mese, eccettuato il di 14 in cui vi fu per poche ore una decisa eruzione di vapori e cenere che cadde tutto all’intorno del cratere. Ottobre. Fenomeni geodinamici. — A dì 30 alle 11 e 55' ant. nella borgata Mangano nel basso versante orientale si av- vertì una sensibilissima scossa ondulatoria. Fenomeni eruttivi eccentrici. — 1 nuovi crateri apertisi alla Salsa di Paterno in vicinanza della sorgente minerale &q\V Acqua grassa hanno traboccato in questo mese tanto fango da colmare la parte più bassa di tutto il bacino ed hanno obbligato a rialzare i muri di cinta delle terre colti- vate. Grande ingombro arreca la massa di fango in tutti i canali di irrigazione che raccolgono le acque dei versanti vicini e quelle delle abbondanti sorgenti di Paterno. (1) Novembre. Fenomeni geodinamici. — A dì 8 a ore 9, 15 pom. nella contrada Linera inferiore (territorio di Acireale) si (1) Fatto rimarchevole nella vulcanicità del globo in questo mese è che il 22 Ottobre secondo le relazioni del Comandante dell’ Alert (vascello da guerra Americano) per una esplosione vulcanica sottomarina nel mare di Azof comparve una nuova isola poco discosta dall’isola di S. Alessandro, nell’oceauo Pacifico. 256 SULLA ESPLOSIONE ETNEA avvertì una scossa ondulatoria assai sensibile preceduta da urto sussultorio. L’ area principalmente interessata fu quella detta di Felicetto dove appunto nel memorabile ter- remoto del 17 Giugno dell’ anno passato avvennero le mag- giori rovine. La scossa da questo centro si propagò spe- cialmente in direzione da N. 0. a S. E., facendosi sentire anche ad Acireale e su tutta la soggiacente costa marittima, mentre in altre direzioni non fu avvertita anche nei centri abitati prossimi, come p. es. a S. Venerina. Fenomeni eruttivi eccentricA. — La salsa di Paternò e in persistente attività e specialmente dai crateri nuovi apertisi nel settembre. Questi seguitano a traboccare grande abbondanza di fango termale salato che viene fuori direi quasi per mezzo di esplosioni continue delle già studiate materie gassose, condensate da forte pressione e quindi a grande tensione. Fenomeni eruttivi centrali. — In questo mese il cra- tere centrale si è mostrato in uno stato di calma, mante- nendo la condizione del mese precedente, cioè una semplice emissione di sparsi vapori prevalentemente dal lato di le- vante del cratere. A di 13 nelle ore pom. presentò per poco una bella eruzione di vapori carichi di cenere che spinta dal vento si diffuse in direzione di Est-Nord-Est prendendo la forma di un lungo e stupendo cirro che poco a poco si vide dileguare. È utile notare che in concomi- tanza di tale fenomeno eruttivo, isolato, si osservò una brusca osciltazione nella pressione atmosferica e il baro- metro si mostrò 5 miti, iriu basso in paragone al giorno precedente (prima della eruzione di cenere) e al giorno successivo (dopo cessala r eruzione) (1). (1) In comparazione alle condizioni dell’Etna lio registrato in questo mese dietro notizia comunicata dal Prof. Palmieri una nuova fase di accre- sciuta attività nella permanente modesta eruzione del Vesuvio, il quale dai DEL 22 MARZO 1883. 257 Dicembre Fenomeni geodinamici — Nessun terremoto in questo mese è stato avvertito nella regione Etnea. Fenomeni erutlim eccentrici. — Continua, e sempre con intermittenze, la medesima fase eruttiva col grado di atti- vità del mese precedente. Sgomento negli abitanti per la persistenza del fenomeno che fa temere danni sempre maggiori. Fenomeni eruttivi centrati. — Durante il mese, il cratere centrale ha emesso giornalmente in generale pochi vapori. Però nei giorni 3, 17, 21, 23, 24 questi hanno preso delle proporzioni vistose, ma senza essere eruttivi e perciò senza essere accompagnati da cenere: è stata una abbondante e tranquilla esalazione di vapore dovuta alla evaporazione ra- pida di molta neve accumulata nel cratere, per forti nevi- cate avvenute nel mese. primi del mese con la comparsa di una fenditura sul fianco di ponente del cono, manda fuori della nuova lava oltre l’antica diesi versa dal lato Nord-Ovest, Degni di memoria sono pure in questo mese due avvenimenti di vulca- nicità del globo che segnano la data contemporanea del dì 9. Cioè 1° il terri- bile terremoto ondulatorio sussultorio (secondo il Prof. Hocbstetter) avvertito a ore 7,34’ pom. del 9 per la durata di 10 secondi die quasi distrusse la città di Agram o Zagabria in Croazia. Fìi seguito da numerosi altri ter- remoti die per tutto il mese di novembre e fino al 17 di Dicembre man- tenendo per centro Zagabria agitarono con grande allarme delle popolazioni la Croazia la Slavonia e la Dalmazia, accompagnati da rombe sotterranee spaventevoli e con la comparsa di sorgenti termali e di vulcani di fango a Reznich. — 2.° La grande eruzione scoppiata lo stesso giorno 9 neH’impor- tante vulcano Mauna-Loa (isola Hawai) con trabocco di grandi torrenti di lave (riferita da W. L. Green). 258 SULLA ESPLOSIONE ETNEA ANNO 188 1. Gennaio. Fenomeni geodinamici. — Non si è avvertito in questo mese alcun terremoto nella regione Etnea. (1) Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua attiva, sem- pre però con intermittenza la eruzione fangosa a Paterno. I crateri di dove esce con maggiore forza il fango salato termale non sono più quelli che precedentemente erano attivi; questi hanno quasi cessato di agire. Ciò è avvenuto per la pressione esercitata dalla grande quantità di fango già venuto al di fuori che ha poco a poco elevato il livello del suolo ed in un momento di calma nella eruzione , ir- rompendo, li ha sepolti. Se ne sono però formati dei nuovi ove la tensione della massa gassosa eruttiva ha trovato minore ostacolo attraverso a tutte le fenditure del suolo — Nelle ore e nei giorni in cui è avvenuto un notevole ab- bassamento nella pressione atmosferica si è visto del pari un aumento nella eruzione. Come per es. nel giorno 8 con mill. 739, 2 di pressione ; nel giorno 13 con mill. 738, 2, nel 14 con mill. 737,4 — vale a (ììvq con un abbassamento in media di 10 mill. sulla pressione ordinaria dominante sul luogo della Salsa — In corrispondenza alla depressione barometrica si è pure osservato il fatto (specialmente sul mattino) di vedere sopraincombente all’intiero bacino della salsa, uno strato di densi vapori che come nuvole si solle- vavano da tutta la superficie del caldo fango irruente e di (1) È da notarsi invece come rimarchevole nel suolo italiano la burra- sca sismica che si è manifestata dal 25 Gennajo al 14 Fehbrajo , nella re- gione intermedia tra Firenze e Bologna e che ebbe per massima espressione il terremoto assai forte che agitò Bologna alle 5 poni, del 24. — Dal 21 al 24 si ebbe un massimo nella moderata attività del Vesuvio. DEL 22 MARZO 1883. 259 fresca data. Nuovi danni hanno sofferto i circostanti ter- reni coltivati. Fenomeni eruttivi centrali. — Nessun fenomeno deci- samente eruttivo si è notato in questo mese nel cratere centrale. In generale hanno dominato nel cratere degli sparsi bianchi vapori, dovuti alla evaporazione della neve ripetutamente caduta sulla calda superficie della cavernosa cima del Monte che solo per 11 giorni è stata in parte scoperta. Il giorno 19 con un abbassamento netta ]jressione atmosferica di mill. 3, 3 notai molto attivi tutti i fumajoli vaporosi che escono dalle fessure del baratro crateriforme apertosi nel 1879 sul lato di levante del cratere ; dal con- tributo di tutti vedovasi anche a distanza sollevarsi in corrispondenza ai medesimi una colonnetta di fumo di for- ma isolata e caratteristica. Febbrajo. Fenomeni geodinamici. — A dì 10 alle ore 9 pom. fu avvertita ad Acireale e vicinanze una leggiera scossa on- dulatoria. Nella notte dall’ll al 12 alle ore 3 ant. si ripetè una più forte scossa a Santa Venerina che, sempre in senso ondulatorio, si propagò e fu sentita in molti punti del ter- ritorio di Giarre, come per es. alla borgata Macchia , San Matteo, Coda di Volpe, Trepunti e nel paese stesso di Giar- re. Si rese sensibile anche nelle contrade superiori e così pure nella soggiacente pianura di Mascali. Lo scuotimento fu piuttosto gagliardo , ma fortunatamente non produsse vittime, nè danni d’ importanza : arrecò però grande spa- vento e specialmente agli abitanti della borgata Macchia riedificata completamente sulle rovine del disastroso terre- moto del 19 luglio 1865. Questa volta giudicando dai pochi danni arrecati ho potuto arguire che il movimento più forte sia avvenuto 260 SULLA ESPLOSIONE ETNEA nella contrada Coda dì Volpe e nella contrada Macchia. Nel r caso in ispecial modo se ne sono veduti gli effetti nella casa campestre isolata nella proprietà dei signori Fi- chera P^apisardi, ove si sono prodotte spaccature nei muri esterni ed interni e molti oggetti di stoviglie e cristallami contenuti in scanzie appoggiate al muro , sono caduti a terra. Nella borgata Macebia rimase danneggiata la Chiesa nella volta superiore e nelle mura di fianco. A S. Matteo rimasero atterrate alcune piccole case rusticlie fatte con mura a secco e parimente delle mura di cinta, analoga- mente fabbricate. Il 13 a ore 6, 15' ant. si sentì una leggiera scossa on- dulatoria a Catania — Il 27 dalle 9 ant. alla mezzanotte nel territorio di Bongiardo e di Mangano, il suolo si sentì di tanto in tanto a brevi intervalli (di 15 a 20 minuti) agi- tato da ripetute scosse ondulatorie. Si contarono in N. di 12 quelle più forti e capaci di incutere timore. La popolazione di Bongiardo più suscettibile di impres- sione morale, dietro i gravi danni sofferti nel periodo si- smico del Giugno 1879, lasciò le proprie abitazioni il 27 Febbrajo e fino al 2 del mese successivo di Marzo, attese all’aperto il ritorno della calma. É utile notare i seguenti fatti : 1. I terremoti di cui è parola sono avvenuti in luoghi che ci rappresentano nel basso versante orientale dell’Etna le medesime contrade funestate dai fatali terremoti avve- nuti dopo la eruzione del 1865 e quelli più recenti dopo la eruzione del 1879. È da osservarsi di più che in questi luoghi già da circa 15 anni (e più specialmente dopo 1’ arresto precoce dell’ ultima eruzione del 1879) vi è una continua persistenza di fenomeni sismici che non si estendono oltre una determinata e piuttosto ristretta zona. Ciò rivela un carattere eccezionale interno dell’ Etna su questo fianco DEL 22 MARZO 1883. 26 i orientale, il quale prolDabil mente per le ampie cavernosità del monte sottostanti alla Valle del Bove , presenta una condizione zoologica sfavorevole alla sua stabilità, 2. I fenomeni sismici del mese sono avvenuti in due periodi uno dei quali e compreso dal 4 al 14 in cui do- minò un abbassamento notevole fino di In miti, nella pres- sione atmosferica ordinaria : r altro dal 25 al 28 in cui il barometro tornò a scendere fino di 10 mill. Durante il mese si sono anche sentite delle cupe rom- be a Mineo, senza avvertire però scosse decise di suolo. La popolazione giudicò le rombe come analoghe a quelle che accompagnarono i terremoti deirottobre 1878. (1) Fenomeni eruttivi eccentrici. — L’ eruzione alla salsa di Paternò ha preso in questo mese di tanto in tanto dei massimi di attività come se avesse incominciato ora. Ilo visto uscire dai crateri grosse colonne di fango (alte da 5 a 6 metri) insieme ad abbondanti vapori e specialmente ciò è avvenuto nei giorni 9, 10, 11, 12, 13 e sempre in coin- cidenza con abbassamenti di 12 a 14 mill. nella pressione atmosferica. Fenomeni vulcanici centrali. — La condizione che ha dominato in questo mese nel cratere centrale è stata quella di presentare molto attive (come nel mese precedente) le emissioni vaporose dovute ai fumajoli delle larghe fendi- ture che sono specialmente in relazione V col baratro crate- riforme più volte indicato , (apertosi a oriente dell’ antico cratere) 2” con la sflancatura avvenuta nel maggio 1879 che rese permeabili le pareti interne ed esterne del cono a S. S. 0. (1) È utile tener presente die in questo mese ha continuato la burrasca sismica incominciata a Bologna nel gennajo : si sono sentite ripetute scosse ondulatorie e sussultorie specialmente il dì 13 e 14 — Anche a Roma il 17 furono avvertite due scosse leggiere — Il 14 è 15 fortissimi terremoti av- vennero nelle isole Azzorre. ATTI ACC. VOL. XVU. 36 262 SULLA ESPLOSIONE ETNEA A dì 8 con un abbassamenlo nella j)resslone atnio- sfertca tutta la cima dell’ Etna si mostrò sormontata da uno stupendo pennacchio di vapori. Marzo. Fenomeni geodinamici. — Il di 14 a Mineo e territorio (al limite meridionale della Provincia di Catania) si udirono, come nel passato fehbrajo, ripetutamente delle cupe rompe le quali quantunque non fossero accompagnate da scosse sensibili di suolo, pure turbarono la tranquillità degli abi- tanti che ben si ricordavano che il segno delle rombe fu in modo particolare caratteristico dei terremoti avvenuti a Mineo nell’au turino del 1878. (1) Fenomeni enti ilei eccentrici. — La Salsa di Paternò continua la sua fase eruttiva. In questo mese il massimo d’intensità nel fenomeno fu osservato il 4 e il 5. Il fango fu abbondantemente espulso dai crateri con maggiore im- peto del solito : sul mattino un denso strato di vapori in- gombrava tutto il bacino della Salinella. Fenomeni eruttivi centrati. — Il cratere centrale del- l’Etna si è mostrato animato più che nel mese precedente. Specialmente nei giorni 6, 8, 12, 13, 18, 19, 20 ha mostrato (1) Questo solo fatto sismico si è notato presso V Etna nel mese di Marzo reso memorabile per rinfuriare dei terremoti in alcuni punti del globo specialmente nell’Italia e nella Svizzera. Disgraziatamente memorabile per aver colpito anche noi molto da vicino con i disastrosi terremoti avvenuti dal giorno 4 in poi nell’ isola d’ Ischia e che (specialmente quello del dì 4 al tocco e mezzo) distrussero gran parte del paese di Casamicciola e Lacco Ameno, traendo a vittima più di 300 abitanti — La catastrofe fu determinata da una scossa molto localizzata e che non fu avvertita nemmeno dagli stru- menti di Napoli. — Ai primi del mese, forti terremoti alle isole Filippine. An- che alle isole del Capo Verde nella notte dal 7 all’ 8, una terribile scossa produsse effetti disastrosi. DEL 22 MARZO 1883. 203 delle masse vistose di vapori che si sollevavano ora dal baratro crateriforme già descritto, apertosi a levante; ora dalla sfiancatura che interessa il cratere a S. S. 0. Questi caldi vapori che spesso si sono visti ingombrare tutta la cima 0 cono centrale dell’Etna e che attraversano la massa permeabile dei materiali da cui è costituito, hanno impedito la permanenza della neve: per ciò si ò mantenuta eccezio- nalmente in questa stagione la cima dell’Etna quasi sgom- bra di neve. Nella notte dal 27 al 28 e durante il giorno 29 vi fu su larga zona una caduta di pulviscolo meteorico del solito colore rosso mattone accompagnato da vento impetuoso di greco levante — Il fenomeno avvenne senza essere accom- pagnato da meteora idrica e la polvere atmosferica fu an- che in questa occasione presa da molti come una cenere particolare venuta dall’ Etna. (1) Aprile. Fenomeni geodinamici. — Il dì 21 del mese verso le 4 ant. fu avvertita a Mineo una leggiera scossa ondulatoria accompagnata da forte romba — Questo fenomeno sismico ha richiamato a memoria quei tanti che agitarono il ter- ritorio di Mineo nell’ottobre 1878 in precedenza alla prima comparsa della eruzione fangosa di Paternò e della succes- siva grande esplosione Etnea del 26 maggio 1879. Quan- tunque di poca intensità ha però molto signiflcato scienti- fico per avere preceduto di poche ore un nuovo straordi- nario incremento nella eruzione fangosa di Paternò. Ciò offre altro argomento a conferma del concetto teo- fi) 0. Silvestri — Pioggia di polvere meteorica del 26 e 27 marzo 1881 a Catania e in generale nella Sicilia— (V. Corriere di Catania del 29 marzo — e Risorgimento di Malta del 7 Aprile 1881). 264 SULLA ESPLOSIONE ETNEA rico con cui lio stabilito una relazione tra la sede della vul- canicità antica di questa parte dell’isola e l’attuale centro eruttivo dell’Etna (1) (2). Fenomeni erutUvi eccentrici. — La insistente continua- zione del fenomeno eruttivo alla Salsa di Paterno, ha pro- dotto in questo mese degli effetti sempre più allarmanti, avendo notevolmente accresciuto le sue proporzioni con un maggior numero di crateri aperti tra vecchi e nuovi. La quantità di fango irruente ha intercettato il corso di una ragguardevole sorgente di acqua destinata alla irriga- zione delle campagne vicine e come forza motrice di molti molini: le acque avendo dovuto abbandonare il loro letto antico, producono allagamenti fino presso il paese di Pa- terno — Il dì 21 dopo la scossa di terremoto avvertita a Mineo, vi fu una sopraeccitazione nell’attività di tutti i cra- teri che fecero come delle esplosioni energiche per volume straordinario di materia gassosa. I proprietarj interessati si affaticano sempre a mante- nere più che possono, nei limiti del bacino eruttivo, il fango che trabocca da tanti punti e costruiscono argini con massi che staccano dal suolo. Già hanno spianato una collina tutta (1) V. 0. Silvestri voi. cit. — I moderni fenomeni vulcanici delTEtna. (2) La mattina del 4 alle 8, 52’ furono registrate nell’ Osservatorio di Palermo delle leggiere scosse ondulatorie da E.N. E. a 0. S. 0. Il dì 26 se ne avvertirono alle ore 3, 20’ altre a Corleone e Sambuca — La sera del 27 alle 11,55’ poni, un sensibile terremoto ondulatorio agitò anche le provincie di Peggio Calabria e di Messina e giunse il movimento a farsi sentire più debolmente anche a Catania. Ma una convulsione sismica spaventevole ha registrato la storia in que- sto mese avvenuta nel mediterraneo, verso le coste della Turchia Asiatica, cioè la terribile scossa del 3 Aprile alle 2 poni, e quelle successive che produssero la ben nota catastrofe all’Isola di Scio con distruzione completa dei fabbricati nei centri popolati e con grande numero di vittime (7 mila morti e circa 14 mila feriti). DEL 22 MARZO 1883. 265 formata di calcareo pisolitìco interessantissimo sotto l’aspetto geologico, siccome originato in un tempo molto remoto in seno alle sorgenti sempre calcarifere e fangose della Salsa, quando queste a guisa di fontane dovevano presentare una forza ascendente e delle condizioni dinamiche maggiori che all’epoca attuale. La collina che divideva in due parti di- stinte l’ intiero bacino è ora scomparsa; ed il luogo è tutto trasformato in un solo ampio lago di fango fumante. Fenomeni eruttivi centrali. — Si mantiene Tattitudine eruttiva di vapori dal cratere centrale che ha presentato in questo mese una maggiore energia dal 3 al 9 e il dì 26 sempre in concomitanza di una depressione barometrica. Mag^gio. Fenomeni geodinamici. — Il dì 7 a ore 11 di sera fu avvertito a Mineo un forte rombo senza apprezzabile moto di suolo. Il di 8 alle 1 pom. si é sentito altro rombo e alle 3 e 72 stesso giorno si è ripetuto il fe- nomeno e questa volta con tremito molto sensibile. Il dì 9 verso le 4 ant. un fortissimo rombo si udì nuovamente e tale che fu capace di svegliare la popolazione : il fe- nomeno ebbe una ripetizione verso le 2 V2 accompa- gnato da un terremoto ondulatorio — Il dì 12 Maggio (sem- pre a Mineo) i rombi furono frequenti e specialmente uno fu fortissimo alle 10 72 Il dì 15 alle 10 e 30 minuti di sera si fece sentire altro forte rombo che la mattina susseguente alle 4 ant. si ripetè per tre volte, accompagnato da ondulazione sensibile di suolo. Il dì 23 la sera alle 7 pom. e il 24 successivo alle 5 ant. il fenomeno dei rombi assai forti ebbe continuazione senza terremoti sensibili. La popolazione di Mineo temè questa volta assai più di prima che fosse imminente un periodo di terremoti come nell’ autunno 1878. Ma questi 266 SULLA ESPLOSIONE ETNEA nuovi fenomeni sismici che dopo lungo intervallo sono ri- comparsi a Mineo (cioè nella stessa località ove servirono di segni precursori nel primo movimento dell’Etna che con- dusse alla grande esplosione del maggio 1879), rappresen- tarono a mio credere, con molta probabilità il termine del suddetto periodo vulcanico e mi confermano sempre più la relazione che mi si é già resa evidente tra Tantico cen- tro vulcanico più meridionale di questa valle flegrea della Sicilia (già da gran tempo sopito) ed il centro attualmente attivo rappresentato dairEtna. 11 dì 23 del mese il sismometro dell’Istituto nautico di Riposto indicò alcune leggiere scosse ondulatorie da Nord a Sud. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua attiva l’eru- zione fangosa a Paternò. 1 crateri però che nel mese precedente presentarono attività straordinaria, hanno ri- preso uno stato di calma ed altri più bassi si presentano maggiormente attivi. Il dì 31 tutto il bacino della Salinella si ripresentò, co- me nel mese passato, con 1’ aspetto di un esteso pantano di fango. Fenomeni eruttivi centrali. — Abbondanti vapori fu- rono eruttati a dì 8 dal cratere centrale. Maggiormente ab- bondanti e in colonna ascendente si videro il di 9: furono pure copiosi il di 21, 22, 25. Giugno. Fenomeni geodinamici. — A di 10 Giugno a ore 4,45’ ant. si è fatto sentire una breve, ma forte scossa ondula- toria preceduta da rombo, a S. Venerina sul fianco orien- tale dell’Etna percorrendo la stessa direzione dei terremoti del 1879. — A di 20 del mese alle 12 e 15 minuti ant. si avvertì nel territorio di Mineo un rombo seguito da leg- DEL 22 MARZO 1883. 267 giero terremoto. A dì 21 nello stesso territorio, si ripeterono dei rombi uno in seguito all’altro e per tre volte fortemente senza però apprezzabile movimento di suolo. Fenomeni entUivi eccenlrici. — L’eruzione fangosa di Paternò tuttora persiste : l’intiero bacino eruttivo della Sa- lineila si mantiene completamente occupato dal prodotto idroargilloso delle eruzioni precedenti e quelle in corso. Nuovi danni ha arrecato ai proprietarj delle terre vicine. Lo avere intercettato tutti i corsi di acqua che lo at- traversavano sul suo limite occidentale più basso è stato causa di un’allagamento presso il paese a tramontana. Die- tro di ciò gii abitanti sono inquieti, temendo che il ristagno delle acque possa produrre la malaria in Paternò al soprag- giungere della stagione estiva. Questo fatto ha interessato i proprietarj ed il municipio di Paternò, come pure il Prefetto capo della Provincia. Una Commissione tecnica si è recata sul posto e questa per conciliare gl’interessi dell’agricoltura con quelli della salute pubblica, ha proposto la costruzione sotto gli strati di fango di un condotto che possa dare nuovo esito alle acque stagnanti. (1) Fenomeni eruttivi centrali. — Il dì 4 il cratere cen- trale si è mostrato sormontato da uno stupendo pennacchio di vapori che in causa di un leggiero vento di S. S. 0. si vedeva diffuso a N. N. E. con la forma di esteso cirro in ampia plaga del cielo — Nei giorni 18 e 27 si sono pure sollevati abbondanti vapori. — La sera del 25 la Cometa visibile nel nostro orizzonte, guardando da Catania in di- rezione di Nord, a ore 9 comparve con la sua chioma lu- (1) Il dì 24 Giugno con rombi e scuotimenti di suolo, ebbe principio un’altra importante eruzione di fango salato bituminoso alla Salsa di Quer- zola vicino a Reggio d’ Emilia (V. T. Taramelli — Della Salsa di Querzola nella Provincia di Reggio — Rendiconto del R; Istituto Lombardo 1881 Ser. IL Voi. XIV fase. XIV). 2G8 SULLA ESPLOSIONE ETNEA miiìosa , rivolta all’ in sù , proprio in coincidenza all’ orlo superiore del grande cratere e quella luce insolita sulla cima del INIonte fu dal volgo presa come effetto dovuto ad un principio di eruzione. Luglio. Fenomeni geocUnamicL — Nessun terremoto sensibile si è avvertito durante il mese nella regione Etnea. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua l’attività in- termittente nella eruzione di fango a Paterno. I crateri più attivi sono i più bassi sul limite occidentale del bacino della Salinella (1). Fenomeni eruttivi centrali. — Dal cratere centrale in generale si è visto durante il mese la emissione di vapori sparsi, dovuti solo alle tranquille emanazioni dei fumajoli. Solo il 17, 18, 20 si sollevarono vapori abbondanti aci- dissimi e soffocanti die mi resero molto diffìcile l’ascensione alla cima del cratere in quei giorni (2). Agosto. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile si è avvertito in questo mese nella regione Etnea. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Nella eruzione di fango a Paterno una attività si è manifestata maggiore die nel mese precedente. (1) In questo mese ha continuato in una fase di grande attività la eru- zione di fango nella Salsa di Querzola nel Keggiano incominciata nel mese precedente. (2) Interessante era 1’ osservare a questa epoca , dalla cima delTEtna il fatto astronomico deirallineamento o congiunzione che allora si presentò dei 4, tra i principali, pianeti — Marte, Giove, Venere e Mercurio — con tutto lo splendore quale si può vedere attraverso ad un’aria pura e trasparente. DEL 22 MARZO 1883. 269 Fenomeni eruttivi centrali. — Nei giorni 5, 6, 7, 9, 10, 11, 16, 26 dal cratere centrale si sono eruttate abbondanti masse di vapori acidissimi e soffocanti. Settembre. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile si è avvertito nella regione Etnea. (1) Fenomeni eruttivi eccentrici. — Eruzione di fango a Paterno sempre attiva con intermittenza. Si è notata la maggiore attività nelle ore notturne. Fenomeni eruttivi centrali. — Semplice emanazione di vapori sparsi dai fumajoli che fanno corona tutti airintorno del cratere centrale. Ottobre. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile si è avvertito nella regione Etnea. Fenomeni eruttivi eccentrici. — L’ eruzione di fango a Paterno mantiene il suo periodo attivo intermittente; i cra- teri più attivi in questo mese sono stati nella parte più bassa del bacino eruttivo che è inclinato verso levante. Fenomeni eruttivi centrali. — In generale si è notato una semplice emanazione di vapori dai fumajoli del cratere centrale. — Però verso gli ultimi del mese durante pioggie dirotte e abbassamento di temperatura , 1’ Etna si è rico- perto di neve (cosa [straordinaria accadendo ciò general- mente a Novembre inoltrato) ed allora si sono sollevate dal cratere grandi masse di vapori, dovuti alla evapora- zione rapida della neve nell’ interno del medesimo. (2) (1) Il dì 28 del mese a ore 6, 40’ ant. vi fu un terremoto che agitò Firenze, le Romagne, Bologna e tutto l’alto Apennino. (2) Ai 18 Ottobre vi fu una eruzione di vigore straordinario allo Strom- boli con projezioni di cenere, di cristalli isolati di augite e di lave frammen- tarie—A Vulcano, presso Lipari, si udirono delle rombe più forti del solito. ATTI ACC. VOL. XVn. 37 270 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Novembre. Fenomeni geodinamici. — La mattina del 16 due scos- se ondulatorie ( la prima alle 5,30 , la seconda alle 5,35 ) da Owest a Est, furono avvertite in generale nella regione Etnea : però non da tutti a Catania, mentre furono anche generali per la Sicilia ( a Palermo e Messina furono più sentite che a Catania) e per il continente italiano (Calabrie, Napoli, Piemonte). Si propagarono nella Svizzera e presero un carattere di estensione italo-elvetica dall’ estrema Sicilia all’estrema Svizzera. L’intensità maggiore fu notata in due punti, nella bassa Calabria (Catanzaro) e presso i confini d’ Italia nelle Alpi Italo-elvetiche. Fenomeni eruttivi eccentrici. — L’eruzione di fango a Paternò ha mandato fuori durante il mese un materiale molto più abbondante dei mesi precedenti. Settembre e Ot- tobre. Nei giorni 21, 22^ 23 fu di una attività straordinaria. (1) Fenomeni eruttivi centrali. — Abbondanti masse di vapori furono eruttate il dì 10 e mediocri il di 29 e 30. Negli altri giorni del mese nulla più che gli ordinari vapori dei fumajoli attivi del cratere. Dicembre. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile nella regione Etnea. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Nei primi giorni del mese (fino al di 5) l’ eruzione di fango a Paternò ha con- (1) Ai 22 di Novembre nel hulicame di Viterbo appartenente al sistema vulcanico dei Cimini apparve alle 8 di sera e continuò fino alle 8, 45' una copiosa eruzione di acqua bollente accompagnata dallo sprigionamento di ma- teria gassosa a forte tensione. DEL 22 MARZO 1883. 271 tinuato con veemenza straordinaria; poi ha ripreso la sua fase di attività intermittente. Fenomeni eruttim centrali. — Grande massa di vapori si è sollevata dal cratere centrale nei giorni 1, 2, 9, 12, 16, 17, 21, 22, 24, 28, 29, 30, 31 con alternanza di burra- sche e forti nevicate in tutti gli altri giorni. 11 dì 28 ebbe principio un’eruzione di sabbia e cenere con mediocre attività. 11 di 29 fu molto energica e projettò molto materiale in direzione di N. 0. che piovve in abbon- danza verso Bronte e Maletto. — L’ eruzione ben presto ricoprì di uno strato nero tutta la neve sulla cima della Montagna. L’eruzione fino al dì 31 Dicembre fu continua. (È degno di nota che nella notte dal 14 al 15, durante l’imperversa- re d’ una burrasca, si ebbe a Catania, a Modica ed in altre parti della Sicilia meridionale, la caduta di polvere meteo- rica con forte vento di E. S. E. con mare in burrasca e con un abbassamento barometrico rapido di mill. 10, 3). (1). ANNO 1 8 82. Gennaio. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto si è reso sensibile in questo mese nei centri abitati alle falde del- r Etna. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua attiva, ma sempre con intervalli di calma la eruzione idrogassosa alla Salinella di Paterno, con trasporto di fango da numerosi piccoli crateri antichi e alcuni nuovi. (1) Secondo il Prof. L. Palmieri il Vesuvio in questo mese lia preso un carattere di attività maggiore di quanto aveva mostrato nel suo lungo periodo eruttivo permanente. Una lava copiosa 'scorre dal lato orientale del cono prolungandosi oltre la base di esso. 272 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Fenomeni eruttivi centrali. — Durante questo mese il cratere centrale ha dato frequenti projezioni di cenere in continuazione alla eruzione di cenere incominciata il dì 28 Dicembre del passato anno 1881. La eruzione si è mani- festata più attiva nei giorni 2, 3, 9, 10, 11, 12, 16, 17, 18, 19, 20, 23, 24, 25, 26, 27 — La cenere è stata projettata abbondantemente tutto all’ intorno del cratere ed in quan- tità minore si è diffusa anche a distanze più grandi, con- trastandosi il dominio con la neve che è stata ricoperta con varie alternative di uno strato nerastro. Secondo la direzione e forza del vento, la cenere è stata spinta in alcuni giorni fino verso la periferia del monte e più specialmente (per i venti che hanno dominato durante il mese) verso Randazzo, Bronte, Biancavilla, cioè da Set- tentrione a Ponente. 11 dì 23 col vento di Nord giunse an- che qualche leggiero pulviscolo a Catania. La pressione atmosferica si è mantenuta in questi mesi spesso piuttosto alta sulla media annuale, tuttavia ha avuto delle oscillazioni e gli abbassamenti sonosi mostrati in rap- porto con una intensità crescente nel fenomeno eruttivo delle ceneri. Febbrajo. Fenomeni geodinamici. — Il dì 2 si udirono a Catania delle rombe provenienti dall’ Etna. Il dì 3 alle 2 ant. si avvertirono a Randazzo sul fianco Nord dell’Etna due scosse in senso ondulatorio della durata di 5 a 6 minuti secondi — le scosse furono sensibili assai, ma non allarmanti. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua la eruzione fangosa di Paterno, ma 1’ attività in questo mese è andata decrescendo. Fenomeni eruttivi centrali. — Si sono visti spesso sol- levare dal cratere centrale abbondanti vapori e di tanto in DEL 22 MARZO 1883. 273 tanto con aspetto nero, perché gravidi di sabbia e cenere. Nei giorni 8 e 28 accaddero due notevoli eruzioni di cenere cbe si sparse a molta distanza dal cratere — Quella del giorno 8 fu preceduta da una detonazione sotterranea che sembrò un tuono di temporale atmosferico. Ambedue av- vennero in concomitanza dì un abbassamento barometrico che fu sulla massima altezza dei giorni precedenti di mil- limetri 5,5 nel l.“ caso, di rnill. 15,3 nel 2.** Marzo. Fenomeni geodinamici. — Nei giorni 10, 11, 12 si sono sentite frequenti scosse di trernuoti ad Ali superiore (limi- trofo alla base N. E. dell’ Etna) in provincia di Messina. Non vi sono stati danni, quantunque sieno comparse delle spaccature nel suolo. Le scosse sono state limitate ad un brevissimo raggio e infatti si sono avvertite appena a Fiumedinisi e non sono state affatto sensibili alla marina di Ali. Fenorneni eruttwi eccentrici — È continuata come nel mese precedente la eruzione di fango a Paternò con atti- vità decrescente. Fenorneni eruttici centrali. — Grande emissione di va- pori dal cratere centrale con aspetto eruttivo nei giorni 6, 7, 10, 21 e dal 23 al 31; in questo periodo il barometro si tenne depresso da 6 a 18 rnill. sul massimo di elevazione mensile: negli altri giorni, semplici vapori sparsi di fuma- juoli (1). (1) Solo per rispettare la data di un fenomeno osservato in questo mese dedico questa nota per registrare uno stupendo circolo luminoso (alone) com- parso la sera intorno la luna, dopo un vento molto forte dì N. 0. che dominò il giorno avanti e dopo un giorno assai caldo con’ un massimo di 20 gradi di temperatura (5 più del giorno precedente). 274 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Aprile. Fenomeni geodinamici — Nessun terremoto sensibile nel perimetro delbEtna, ma nella notte dal 23 al 24 aprile alle 3 72 i’u sentita una scossa piuttosto forte sui monti li- mitrofi di Castiglione. Fenomeni erultlvi eccentrici. — Ho osservato in questo mese che la eruzione di fango si è ridotta e mantenuta con r attività di 1 solo cratere di metri 4 di diametro, il quale ha mandato fuori abbondante materia gassosa ed un co- pioso torrente di fango assai fiuido ad una temperatura oscillante tra i 50 e i 60 gradi C. Il fango è tutt’ora accom- pagnato da spuma nera galleggiante, formata da materia bituminosa petroleifera. Fenomeni eruttivi centrali. — L’ attività del cratere centrale in questo mese è stata rimarchevole, mentre il ba- rometro ha avuto tendenza a mantenersi basso. Nei giorni 4 e 6 vi fu abbondante emissione di vapori con aspetto erut- tivo; ma dal giorno 12 al giorno 26 si vide una quasi con- tinua eruzione di vapori e di cenere in contrasto a copiose nevicate per cui la cima del monte e le elevate adiacenze del cratere (specialmente in direzione da Nord-Owest a Sud Est) si sono viste ora candide, ora come affumicate; secondo la prevalenza della neve e della cenere (1). Maggio. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile nella regione Etnea. Fenomeni vulcanici eccentrici. — Continua come nel (1) Il Vesuvio ha presentato una debole attività con un piccolo corso di lava al di sotto di una vecchia corrente. DEL 22 MARZO 1883. 275 mese precedente 1’ attività della eruzione di fango alla Sa- linella di Paterno ridotta specialmente ad un cratere. Fenomeni vulcanici centrali. — Dal dì 1 al 14 non si sono osservate sul cratere altro che semplici emanazioni di bianchi e leggieri vapori caratteristici dei fumajuoli che fan- no corona al di lui ambito. Però il dì 15 con un abbassa- mento barometrico di mill. 2, 5 dal giorno precedente, ha ripreso un’ attiva eruzione di vapori e ceneri del grado stromboliano che si è rinforzata la sera del 22 continuando assai attiva per tutto il rimanente del mese. La cenere si è diffusa come polvere sottile in direzione generalmente di S. E. per il vento di N. 0. dominante nelle regioni elevate dell’ atmosfera (1). Giugno. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile nella regione Etnea. Fenomeni vulcanici eccentrici. — In questo meso l’e- ruzione di fango alla Salinella di Paternò ha ripreso vigore. Si sono riaperti altri 3 crateri oltre quello attivo nel mese precedente ed hanno dato abbondante fango termale, ma tanto fluido che quasi può dirsi acqua termale fangosa — Ciò sta a dimostrare una generale diminuzione della forza eruttiva , che è quanto dire della tensione del materiale gassoso nell’ atto di sprigionarsi, per cui vi è minore tra- sporto all’ esterno di materiale solido. Fenomeni vulcanici centrali. — Durante tutto il mese l’Etna (quando più, quando meno) ha continuato a fare eruzione di grado Stromboliano dal cratere centrale con (1) Dal Sig. Ambrogio Picone fu costatata a dì 6 maggio una dimi- nuzione notevole nell’attività eruttiva dello Stromboli — Però sono quivi più frequenti di prima le forti scosse sussultorie. 276 SULLA ESPLOSIONE ETNEA emissione di vapori accompagnati da ceneri, sabbie e tal- volta anche da scorie. I giorni di maggiore attività sono stati il 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 24, 26, 27, 28, 29, 30. II massimo è stato nei giorni 10 e 26 nei quali venne eruttato un fumo denso nerissimo carico di materiale so- lido minuto. Negli altri giorni del mese in cui V eruzione presentò una fase decrescente, notai il minimo di questa a dì 17, in cui il cratere non mandò fuori altro che bianchi e leggieri vapori privi affatto di cenere. Luglio. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile nella regione deir Etna (1). Fenomeni vulcanici eccentrici. — Continua come nel mese precedente la eruzione fangosa alla Salsa di Paternò con attività intermittente: tre sono i crateri specialmente attivi — Si è riaffacciata una debole attività nella parte più elevata del bacino della Salsa e precisamente nei crateri di dove incominciò l’eruzione nel 1878. Fenomeni vulcanici centrali — Si è notata molta atti- vità eruttiva (di grado Stromboliano) di vapori, di ceneri, sabbie e lapilli dal grande cratere per tutto il mese e spe- cialmente nei giorni 3, 12, 14, 15, 16, 17, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26^ 27, 28, 29, 30, 31 — Alcune osservazioni fatte nell’ interno del cratere il dì 29 hanno dimostrato che vi sono esplosioni per ogni 4 o 5 secondi che portano all’ e- (1) Come fenomeno sismico interessante per il suolo italiano sono da no- tarsi 71 scosse di terremoto avvenute dall’ 11 al 22 (specialmente nei giorni 11, 12, 13) a Siena nel centro dell’ Italia continentale. Furono in generale sussultorie e accompagnate da tuoni sotterranei paragonabili a ciò che si ode quando un carro pesante passa sopra di un ponte. Il dì 12 alle 2, 25 ant. furono avvertite due scosse ondulatorie anche al Moncenisio. 277 DEL 22 MARZO 1883. sterno molti vapori acidissimi gravidi di sabÌ3ie e cenere: la sabbia ricade tutta air intorno del cratere e la cenere è portata a più grande distanza secondo la direzione del vento. Ogni esplosione è accompagnata lassù da cupe rombe sot- terranee e sensibile tremito di suolo. Ciò accade per lo sprigionarsi delle materie vaporose ed elastiche dal magma denso della lava pastosa che è in movimento lungo l’asse eruttivo del Monte e che fm’ora non è arrivata al di fuori altro che in forma di spruzzi for- manti le scorie, i lapilli, le sabbie e le ceneri. — Ho notato che nei giorni 17, 27, 29, 30, 31, in cui gli strati inferiori dell’ atmosfera erano perfettamente calmi, mentre i supe- riori erano animati da deboli correnti da ponente a levante; i vapori eruttivi che uscivano dal cratere erano spinti verso levante in direzione gradatamente ascendente e tracciavano, in mezzo all’aria secca ed al cielo perfettamente sereno, co- me uno sterminato cirro che mi risvegliava 1’ idea di una lunghissima coda di cometa. Agosto. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile si è avuto in questo mese nella regione dell’ Etna. Fenomeni vulcanici eccentrici. — Continua 1’ eruzione fangosa di Paternò, ma in generale ha presentato una se- conda fase di decrescimento nell’attività dei crateri i quali ebbero assai più vigore nel mese precedente. Fenomeni vulcanici centrali. — In tutti i giorni del mese, non escluso alcuno, ho notato continua e attiva eru- zione (sempre di grado Stromboliano) di abbondanti vapori con ceneri e sabbie che hanno presentato spesso l’aspetto di sconfinati cirri diffusi nel cielo, ora a levante, ora a po- nente, secondo la direzione del vento dominante all’altezza del cratere; e sempre nelle condizioni sopra accennate di ATTI ACC. voli. XVH, 38 278 SULLA ESPLOSIONE ETNEA aria secca e cielo perfettamente sereno (come ho notato nel mese precedente). Specialmente nei giorni 5, 6, 7, 10, 21, 25, 29 il fenomeno è stato più rimarchevole. Settembre. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile nella regione dell’Etna. Fenomeni vulcanici eccentrici. — Continua l’ eruzione di fango alla Salinella di Paterno, presentando il grado me- diocre di attività del mese precedente. Fenomeni vulcanici centrali. — Il grande cratere cen- trale è stato in continua eruzione Stromboliana di vapori, ceneri e sabbie. — I giorni di maggiore attività sono stati il 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e il 17, 18, 19. Le sere deH’8, 9, 10 comparve della lava incandescente che fece osservare illu- minato il cratere. Ottobre. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile nella regione dell’Etna (1). Fenomeni vulcanici eccentrici. — L’eruzione di fango a Paterno ha ripreso in questo mese più vigore che nel mese precedente e specialmente da un cratere il più ele- vato nel bacino della Salinella (2). (1) Sono stati notevoli in questo uiese i fenomeni sismici avvenuti in Spagna. Dal 13 Ottobre in poi gli abitanti della Provincia di Murcia ebbero a soffrire grande spavento per la successione di 130 terremoti con intensi boati sotterranei. Furono abbandonate le abitazioni per rifugiarsi in baracche nella campagna. (2) Un fenomeno simile per la sua natura all’ eruzione gassidrofangosa di Paternò si è presentato ai primi di ottobre presso Aix-la-Cbapelle ove si annunziò essere comparso un piccolo vulcano. L’apparizione preceduta da forti terremoti fu di parecchie fontane di acqua termale torbida che scaturirono per forza di tensione gassosa dal suolo, ripetendo il fenomeno eruttivo di una Salsa. DEL 22 MARZO 1883. 219 Fenomeni vulcanici centrali. — Anche in questo mese FEtna dal cratere centrale si è mantenuto in continua eru- zione Stromholiana con notevole aumento di attività in pa- ragone dei mesi precedenti, specialmente nei giorni 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 nei quali il cratere di notte ha emesso continue vampe di luce per attive proiezioni di la- va scoriacea incandescente che avvenivano nell’ interno del medesimo, e che costituivano una decisa eruzione attivis- sima limitata nell’ interno del cratere. Nel fondo di questo sonosi formati due coni in corrispondenza a due maggiori bocche eruttive — Cupe rombe accompagnavano ogni esplo- sione e un indizio di cupe rombe si udiva anche a distanza per es. da Catania e altrove. Tutto il materiale frammentario che giunge all’ esterno è compenetrato da abbondanti sostanze saline bianco-gial- lastre, igrometriche ed efflorescenti in cui specialmente ho trovato i cloruri e solfati di sodio, potassio, alluminio, ferro, calcio e magnesio. È stata anche notevole 1’ abbondanza di vapori emessi con aspetto di grande forza eruttiva solle- vandosi a guisa di alta colonna al di sopra della cima del Monte. La colonna, ad un certo punto di minore forza ascen- dente, vedevasi piegare in direzione del vento e diffondersi orizzontalmente col solito aspetto di cirro sterminato (1) (2). (1) Verso gli ultimi di settembre recatomi al Vesuvio per istudiare com- parativamente all’ Etna la fase della sua attività trovai nella visita che feci al cratere nel dì 1 ottobre die il grado di attività era stromboliauo come per l’Etna, colla differenza che ivi (al Vesuvio) in ragione della minore altezza, oltre all’abbondanza di vapori acidi e projezioni di cenere e di scorie, usci- vano dalle fenditure esterne del cono anche dei rivoli di lava che scendeva verso Pompei. (2) In questo mese è avvenuta una importante eruzione vuleaniea al Giappone. Un Vulcano (il Shiranè) che da 70 anni pareva spento si è ri- svegliato con boati spaventevoli e con una eruzione di una straordinaria quan- tità di scorie, lapilli e ceneri che ricoprirono le vicine montagne di Shinshiou. È comparsa all’orizzonte, molto visibile, la Cometa a lunga coda sco- perta dall’astronomo Cruls di Rio Janeiro; ed io l’ho osservata per la prima volta sul monte Epomeo all’ Isola d’ Ischia. 280 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Novembre. Fenomeni geodinamici. — Il giorno 2 alle ore 1, 50' pom. vi fu un leggiero movimento sussultorio ad Acirea- le. — il dì 4 a ore 6, 15 ant. avvenne ivi altro leggiero mo- vimento ondulatorio — La sera del 7 alle ore 8, 30' si av- vertì a Mineo una leggiera scossa in senso ondulatorio. Fenomeni vulcanici eccentrici. — L’eruzione di fango a Paterno si è presentata in questo mese, quando più, quando meno, attiva da due soli crateri i quali hanno emes- so mediocre quantità di fango e questo molto fluido, quasi acqua termominerale torbida e con poca tensione eruttiva. Fenomeni vulcanici centrali. — L’ Etna si è mante- nuto in continue eruzioni stromboliane di vapori, ceneri e sabbie, durante tutto il mese. Lo sfogo eruttivo non ha pe- rò raggiunto il grado di attività da illuminare di notte la cima del monte (come nel mese precedente) perchè sono mancate esplosioni energiche con proiezioni di lava incan- descente nell’ interno del cratere. Il 17 dalle 4, 40’ alle 6 e 12’ pom. vi fu guardando l’Etna da Catania, cioè in direzione di Nord, un effetto lu- minoso frastagliato da nubi che a prima vista si poteva ri- ferire a luce eruttiva dell’ Etna. Ma non fu che la manife- stazione di un’ aurora polare con arco luminoso a Nord. Dicembre. Fenomeni geodinamici. — Nessun terremoto sensibile si é avvertito nella regione Etnea. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Debole attività ho ri- scontrato in questo mese nella Salsa di Paterno. Questa non si può dire ritornata alla sua calma ordi- naria, ma sembra che presto debba raggiungerla. Fenomeni eruttivi centrali. — Grande attività eruttiva si e manifestata durante tutto il mese nel cratere centrale, DEL 22 MARZO 1883. 281 limitata però a eruzioni di lapilli, sabbie e ceneri senza scor- gere projezioni di lava incandescente. Le eruzioni sono state in generale accompagnate da tempo burrascoso, umido, con impetuosi venti di Scirocco-levante e Greco-levante i quali hanno determinato abbondanti pioggie sui bassi versanti dell’Etna e abbondanti nevicate sulle alte pendici e fino alla cima del Monte (1). ANNO 1 883. (2) Gennaio. Fenomeni geodinaìnici. — Il dì 2 a ore 5, 45’ ant. fu avvertita una leggiera scossa ondulatoria a Mineo centro (1) Ai primi del mese al N. 0. del promontorio di Leucade all’ estre- mità meridionale dell’isola Santa Maura, avvenne un’eruzione vulcanica sot- tomarina per la quale sorse una secca o basso fondo. Il Ministero di Marina della Grecia si affrettò a farne eseguire la pianta e studiarne le condizioni per renderle note a tutte le Capitanerie dei Porti del Regno e a tutte le legazioni estere in Atene. (2) Fino dal principio di questo anno 1883 mi è stato possibile di ac- compagnare con mezzi di precisione lo studio dei fenomeni geodinamici della regione Etnea, compresi i microsismici, il cui attento esame è di grandissimo interesse in relazione ai più grandi movimenti ossia ai terremoti sensibili. La occasione della recente eruzione del Marzo ha dimostrato che si possono avere resultati molto importanti per la scienza ed io mi affretto ad esporre nelle seguenti pagine quelli ultimamente ottenuti. I mezzi di precisione che danno d’ora innanzi un carattere più accurato a questo studio dipendono dagli strumenti die dopo molti anni d’ insistenza (dal 1865 in poi) sono riuscito (in parte) finalmente ad ottenere: dipendono dalla organizzazione die bo potuto fare di molti Osservatorj sismici il cui servizio è stato per disposizione del R. Governo affidato sotto la mia direzione agli Ufficj telegrafici che trovansi nei centri di popolazione lungo l’ iutiero perimetro o zona inferiore abitata dell’ Etna. Questi osservatorj costituiscono oggi una serie di punti di esplorazione che ha le sue diramazioni verso il centro dell’Etna, come anche al di fuori del dominio apparente del grande vulcano con un’Osservatorio situato a Mineo, 282 SULLA ESPLOSIONE ETNEA dell’antica vulcanicità della Sicilia meridionale. Gli stru- menti sismici regolarmente situati a Catania (1) non hanno cioè al mezzogiorno della Valle Flegrea, ove in un tempo anteriore alla for- mazione dell’ Etna fu il centro del vulcanismo della Sicilia meridionale ed orientale. Complessivamente gli Osservatorj governativi attuali sono in nu- mero di 10 e questi si trovano distribuiti a Catania, Paternò, Biancavilla, Adernò, Brente, Randazzo, Linguaglossa, Giarre, Beipasso, Mineo — Con questi osservatorj si trovano in corrispondenza altri due (per spontanea e gentile offerta dei rispettivi Direttori) i quali sono, quello di Riposto appartenente all’Istituto Nautico (diretto dall’egregio Prof. Cafiero) e quello di Acireale di fondazione privata del benemerito Barone A. Perniisi di Fioristella. A questi si può aggiungere anche il mio particolare che ho in Catania nella casa di abitazione situata in luogo quieto, in mezzo a dei giardini nella parte campestre che trovasi all’ esfraiwVà settentrionale della città. Questo mio punto di esplorazione per essere basato sopra una collina formata da strati di arenarie e conglomerati del quaternario, la quale sorge isolata sul medesimo terreno che è tutto aU’intorno ricoperto da colate sovraposte di lave appar- tenenti ad antiche eruzioni etnee , è destinato a dare dei risultati che riu- sciranno molto utili in comparazione a quelli dell’ osservatorio geodinamico che ho impiantato nella R. Università, nel centro della città e fondato sopra lave massiccie, cioè in condizioni geologiche differenti. Tutti questi Osservatorj Etnei che chiamerò eccentrici serviranno a me- raviglia per somministrare notizie e dati di paragone che vicendevolmente si completeranno con le osservazioni che si faranno all’ Osservatorio vulcanolo- gico Etneo centrale presso il grande Cratere o cima dell’ Etna. Tale osser- vatorio centrale disgraziatamente non ha potuto fin’ ora attivarsi regolarmente nel locale già pronto , per cause indipendenti dalla mia volontà e rela- tive al ritardo derivato dalla complicata organizzazione dell’ Osservatorio Astronomico Meteorologico o Specola Bellini secondo il progetto del Comm. Prof. Pietro Tacchini. — Gli Osservatorj Etnei, per ciò che si riferisce alla vulcanologia , corrispondono telegraficamente col centro di recapito di tutte le osservazioni che è il Gabinetto di Chimico-fisica Terrestre o Istituto Vulcanologico Etneo della R. Università di Catania. Il servizio sismico è dichiarato servizio di Stato per le comunicazioni telegrafiche. (1) In precedenza all’ impianto dell’ osservatorio geodinamico nella R. Università che richiedeva tutto il mese di Gennajo, ho incominciato ai primi di questo mese delle osservazioni regolari nel mio osservatorio privato di cui ho tenuto parola nella nota precedente in questa medesima pagina. DEL 22 MARZO 1883. 283 dato indizj di scosse sensibili : invece durante tutto il mese gli strumenti microsismici non si sono mostrati in uno stato di calma. Il tromometro normale si è mantenuto sem- pre in un movimento oscillante tra due e sette gradi del proprio micrometro (1) e questo movimento ho notato es- sere in relazione con le eruzioni Stromboliane deir Etna. Facendo le osservazioni al tromometro e tenendo in vista per mezzo di un buon cannocchiale il cratere centrale del- l’Etna io ho costatato che per lo più ogni qualvolta l’oscil- lazione microsismica cresceva il fenomeno eruttivo era già entrato in una fase di calma nelle sue manifestazioni esterne. Talvolta avveniva come una specie di urto microsismico e dopo brevi istanti si scorgeva il cratere centrale sormon- tato da proiezioni di abbondanti vapori che dal loro colore nerastro si mostravano carichi di sabbie e ceneri. Un mi- crofono sismico messo allora in esperimento faceva sentire al l’orecchio un continuo strepito e quando questo era mag- giore, la manifestazione esterna eruttiva il più delle volte si scorgeva minore e ciò in corrispondenza alle indicazioni del tromometro (2). Fenomeni eruttivi eccentrici. — La Salsa di Paternò non presenta più che un residuo debolissimo di attività e pare che voglia presto ritornare nelle sue condizioni ordi- narie di calma. Fenomeni eruttivi centrali. — Durante tutto il mese (1) Il tromometro di cui mi servo è stato costruito secondo le norme stabilite dal distinto fisico Prof. Timoteo Bertelli di Firenze. Io chiamo per semplicità grado troniometrico ciascuna divisione del mi- crometro annesso all’istrumento per la misura delle oscillazioni del pendolo. Nel mio istrumento ho trovato che ogni grado corrisponde a 1/30 di mill. e ad un valore angolare delle oscillazioni del pendolo di 4”, 58366. (2) Vedi 0. Silvestri — Prime sperienze micro-telefoniche nella regione — (Giornale di beneficenza N. unico pubblicato a Catania nel 1883 a favore degl’inondati del Lombardo Veneto). 284 SULLA ESPLOSIONE ETNEA si è mantenuta grande attività eruttiva nel cratere che giornalmente ha manifestato eruzioni di grado stromho- liano ; queste hanno al solito presentato una intensità cre- scente con gli abbassamenti del barometro il quale in que- sto mese ha subito notevoli oscillazioni, con una percor- renza fino di 17 mill. tra un massimo di altezza che fu il r del mese ed un minimo che fu il 15. Nella continuazione giornaliera del fenomeno eruttivo l’aspetto più imponente si ebbe nei giorni 2, 4, 6, 11, 12, 15, 16, 17, 24, 25, 26, in generale corrispondenti alle mag- giori depressioni nella colonna barometrica. Febbrajo. Fenomeni geodinamici. — 11 di 7 a ore 10, 17' ant. il sismografo ad Acireale registrò un leggiero moto sussul- torio. Questo fu sentito anche a Mascalucia (tra Catania e Nicolosi sul basso versante meridionale dell’Etna) e a poca distanza dal paese e dalla strada provinciale che conduce a Nicolosi, nella proprietà Duscio, accadde un avvallamento di suolo dovuto alla frana di alcuni strati di vecchie lave soprastanti a guisa di volta ad una profonda e larga spac- catura del terreno. — Frattanto a Catania gli strumenti microsismici rivelarono una condizione interna del suolo tutt’ altro che tranquilla. Infatti oltre ad una specie di burrasca microsismica osservata il dì 11 dalle 9 ant. alle 5, 30 pom.; quando più quando meno si mostrarono in continuo movimento e come si suol dire in giornaliera inquietudine. Il trornome- tro presentò nel suo pendolo alternativamente dei mas- simi e dei minimi di oscillazioni, compresi tra 6 e 14 gradi della sua scala micrometrica: e le oscillazioni continua- rono a mostrare una relazione chiara con le fasi eruttive del cratere centrale; in generale con una ragione inversa DEL 22 MARZO 1883. 285 tra r intensità del fenomeno microsisinico e quella del feno- meno eruttivo, giudicata dalle sue manifestazioni esterne. (1) Fenomeni eruttivi eccentrici. — L’ eruzione di fango a Paterno ai primi del mese è cessata e la Salsa dopo quat- tro anni e due mesi di attività eruttiva straordinaria, pare finalmente ritornata nel suo stato normale di calma. Fenomeni eruttivi centrali. — La crescente attività di eruzioni stromboliane dal cratere centrale notata nel gen- najo, ha progredito nel febbrajo ed ha avuto un massimo di manifestazioni nei giorni 3, 4, 5 nei quali il cratere cen- trale è tornato a mostrare di notte masse di fuoco con vive proiezioni di scorie incandescenti, insieme a lapilli, sabbie e ceneri le quali ultime hanno in ampia zona irrorato, da tutti i lati, i versanti dell’Etna. Dopo raggiunto un massi- mo nei giorni suddetti, lo stato eruttivo stromboliano del cratere si è mantenuto per tutto il rimanente del mese come sul principio, cioè più o meno attivo , ma senza far vedere di notte, e a distanza, fenomeni luminosi. Riassunto sintetico dei fatti sparsi nella Cronaca Etnea ora esposta e che dà una idea complessiva dei fenomeni più meritevoli di attenzione, ohe hanno preceduto il movimen- to dell’Etna nel Marzo 1883, Arrivato a questo punto della Cronaca Etnea che traen- do principio dal 1. Gennajo 1880 ho condotto fino all’ul- timo di Febbrajo 1883, cioè per tre anni e due mesi di seguito, fino alla vigilia, si può dire, del recente avvenimento (1) Sono da registrarsi durante i primi due mesi di questo anno 1883 ì seguenti fenomeni vulcanici avvenuti nel suolo italiano — Il dì 7 Gennajo a Viterbo alle ore 12 mer. un terremoto sussultorio e alle 10 pom. idem ondulatorio — A Cassino nello stesso giorno a ore 1, 7’ pom. due scosse sussultorie. Il dì 7 Febbrajo si udirono all’isola di Vulcano forti boati e il dì 9 furono eruttate dal cratere del medesimo grandi masse di vapori — Il dì 8 alle ore 1 ant. straordinaria eruzione nello Stromboli -- Nei giorni 10, 27, 28 leggieri terremoti a Roma. Nei mesi di Gennajo e Febbrajo fu- rono avvertite a Cascia frequenti scosse. ATTI ACC. VOL. XVn. 39 286 SULLA ESPLOSIONE ETNEA eruttivo del Marzo; è utile che riassuma brevemente e metta meglio in evidenza i principali fatti compiuti e le loro vi- cendevoli relazioni, per conoscere più chiaramente in seguito a quale complesso di fenomeni precursori, la forza vulca- nica terrestre sia arrivata per la via dell’Etna, dopo lunghi tentativi presentati dal sommo cratere centrale, a scuotere il gigantesco vulcano da cima a fondo e per tutta intiera la sua base : e come dopo un breve periodo di poderosi conati abbia potuto esplodere, squarciando un fianco per trovare eccentricamente (cioè lungi dall’ asse eruttivo) e ad un livello relativamente basso, una via più facile e di mi- nore resistenza allo sfogo necessario. Lasciando da parte tutte quelle considerazioni che ogni studioso può fare da se, sui dati che ho creduto utile di raccogliere e aggregare alla esposta cronaca, circa il grado d’importanza che hanno nello spazio e nel tempo i feno- meni vulcanici Etnei in paragone ai fenomeni d’ indole parimente vulcanica , avvenuti contemporaneamente nel suolo italiano e ora qua ora là nella intiera superficie del Globo : da tutto quello che ho minutamente osservato e riferito per un triennio e due mesi, resultano come più no- tevoli per la storia speciale dell’ Etna i seguenti fatti : I. Che l’Etna rimase in uno stato di eccitazione vulcanica dopo la formidabile esplosione del maggio-giugno 1879. Questa come feci conoscere succintamente subito (1) e più (1) Vedi 0. Silvestri. — Sulla doppia eruzione dell’Etna del 26 Mag- gio 1879, con una carta topografica 1^ edizione del 31 Maggio — Kapporto al R. Governo, Catania C. Galatola. Idem — Sulla doppia eruzione e i terremoti dell’ Etna nel 1879 2*^ edi- zione ampliata del 1° rapporto — Catania 1. Settembre 1879, C. Galatola. Idem — Relazione riprodotta nell’opera del D.r W. S. Waltersliausen und D.'’ A. von Lasaulx — der Aetna — Leipzig 1880 pag. 318 Voi I. 287 DEL 22 MARZO 1883. diffusamente in seguito (1) attraversò la piramide Etnea da un fianco all’altro per dare origine alla straordinaria doppia conflagrazione, la quale mentre esordi con un’ap- parato scenico dei più imponenti per estensione ed intensità di fenomeni (senza altri esempj nella storia conosciuta del- r Etna); all’ undicesimo giorno della sua comparsa, contro ogni aspettativa, venne a mancare. IL La eccitazione vulcanica Etnea di cui sopra è parola ha avuto tre differenti espressioni che sono appunto quelle dei fenomeni che ho classificato come geodinamici — erut- tivi eccentrici — eruttivi centrali. III. I fenomeni eruttivi eccentrici sono stati rappresen- tati dalla notevole persistente eruzione gassidrofangosa alla salsa di Paternò (presso la base S. 0. dell’Etna) che pre- corse la eruzione del 1879 e che quantunque con minore intensità fu anche una manifestazione concomitante a quel parossismo eruttivo. Dopo cessato l’ incendio del 1879, riprese il primitivo vigore e con frequenti alternative di alti e bassi (col ca- rattere di intermittenza , a più o meno brevi intervalli che costantemente presentò a incominciare dal suo princi- pio) si è mantenuta attivissima Ano al gennaio dell’ anno 1883. A gennaio mostrò però un indebolimento e tendenza a finire e finì di fatto nel mese successivo di febbraio , in cui la salsa ritornò nelle sue ordinarie condizioni di calma. (1) Idem Voi. cit. 1 moderni fenomeni mlcanici deìVEtna. 288 SULLA ESPLOSIONE ETNEA E ciò pochi giorni prima della recente eruzione del Marzo. Quantunque il fenomeno dell’ attività eruttiva delle Sal- se si consideri e sia in generale una manifestazione secon- daria di vulcanicità, per le sue condizioni speciali, indipen- dente dalle fasi eruttive dei vulcani di fuoco; tuttavia i fatti osservati mi inducono a ritenere, come ho avuto a dimo- strare (1), che per 1’ Etna esista una relazione tra la Salsa di Paternò e il centro attivo di vulcanicità ; e questa re- lazione mi sembra più che mai accertata e strettamente connessa con le ultime conflagrazioni Etnee, dal riflettere V che mentre l’eruzione fangosa in piena attività fu un fe- nomeno precursore della eruzione del 1879, diminuì durante il breve periodo di questa e dopo cessata ritornò alla pie- na attività. 2." Il fenomeno straordinario della Salsa dopo aver conservato per lungo tempo lo stato di attività, si è mostrato in rapporto anche con la recente eruzione del 1883 ; dietro il fatto che questa è comparsa dopo pochi giorni da che la Salsa di Paternò era ritornata in perfetta calma. 3.° In altra occasione io feci pure notare un nesso tra questi fenomeni allorquando comparve 1’ eruzione di fango a Paternò nel 1865, come fenomeno quasi immedia- tamente successivo al cessare dello sfogo eruttivo che l’Etna ebbe con la grande eruzione di quell' anno. (2) (1) V. 0. Silvestri. Voi. cit. i moderni fenomeni vulcanici dell’Etna. Idem. — Sulle condizioni attuali deìVEtna (Lettera in data del 25 Dicembre 1879 al Prof. Luigi Palmieri , Direttore dell’ Osservatorio Vesu- viano) — Boll, del Ville, ital. An. VII pag. 80-83 ■ — Eoma 1880. (2) V. 0. Silvestri — Le salse e la eruzione fangosa di Paternò in Si- cilia — Catania C. Calatola 1866. Idem — Sur una réceiite ériiption boueuse des Salses de Paternò en Sicile — Compt. reudus d. 1’ Ac. d. Se. Paris 12 Mars 1866. Idem Op. cit. I fenom. vul. present. dall' Etna nel 1863-64-65, etc. (Att. Acc. Gioenia Ser. 3. V. L, Catania 1867. DEL 22 MARZO 1883. 289 IV. La riprova della eccitazione vulcanica in cui rimase 1’ Etna dopo il 1879, noi la troviamo non solo nel seguito della eruzione di fango, ma nella concomitanza continua dei terrem.oti che si sono resi sensibili nella regione Etnea e nella attività eruttiva che con fasi alternative di mag- giore 0 minor forza sì é mantenuta, anzi è andata grada- tamente crescendo in corrispondenza al cratere centrale. E se io penso con la scorta dei fatti esposti aU’andamento di questi due fenomeni, al modo e alle date delle loro mani- festazioni; parmi evidente anche tra questi un nesso che li collega intimamente. Infatti durante il 1880 sono stati piut- tosto freciuenti i terremoti sensibili nella regione Etnea e se si eccettuano i due mesi di Gennaio e Febbraio, in tutti gli altri si ebbero continue prove di dinamismo che specialmente ebbero la loro sede sul basso versante orientale (territorio di Acireale e Giarre) che già da un ventennio è la parte più tormentata e funestata dai terremoti: come lo dimostra- no, oltre le numerose piccole scosse registrate nella mia cronaca, i due disastrosi terremoti del 19 Luglio 1865 e del 17 Giugno 1879, successivi alle eruzioni di quelle due epoche. Or bene coi frequenti terremoti dell’ anno 1880, i fenomeni eruttivi dal cratere centrale si mostrarono in ge- nerale assai moderati e se avvenne qualche incremento nelle fasi eruttive, questo ebbe un riscontro nel rendere in- sensibili gli effetti dinamici del suolo; viceversa la diminu- zione di questi, fece seguire una legge inversa alle manife- stazioni eruttive. Il 1881 rese anche più spiccata questa relazione. Esso caratterizzato pure dalla continuazione dei terremoti, lo fu però maggiormente dai fenomeni eruttivi centrali più in- tensi e frequenti; per cui ebbe i terremoti meno numerosi 290 SULLA ESPLOSIONE ETNEA che nell’ anno precedente. Però questi oltre ad urtare il fianco orientale dell’ Etna , presero un carattere di mag- giore estensione : infatti si avvertirono a Mineo, a Messina, a Corleone e Sanbuca (provincia di Palermo) : uno fu anche generale per la Sicilia , Calabria , Napoli e tutto il conti- nente italiano fino al Piemonte. I mesi di febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, no- vembre, furono i più soggetti ai terremoti; e contempora- neamente le eruzioni di vapori e ceneri dal cratere cen- trale si mostrarono meno attive, relativamente al grado su- periore che presentarono negli altri mesi dell’ anno, cioè gennaio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, dicem- bre, in cui non si avvertirono terremoti sensibili. Nel 1882 l’attività eruttiva centrale andò crescendo fino al grado di continue eruzioni stromboliane con proje- zioni non solo di sabbie e ceneri ; ma anche di scorie e masse incandescenti di lava. Questo notevole incremento ebbe per riscontro la mancanza di terremoti sensibili per 8 mesi dell’anno che furono gennaio, maggio, giugno, lu- glio, agosto, settembre, ottobre, novembre, dicembre. Ne- gli altri 4 mesi, febbraio, marzo, aprile, novembre (quando si notarono delle intermittenze /di minore sfogo dal cratere) si avvertirono dei terremoti , ora al solito nel basso ver- sante orientale, ora fuori dei limiti apparenti dell’Etna (ma sempre nella Valle Demone) come a Mineo in direzione di S. 0 : a Castiglione ed Ali in direzione di N. E. Nei primi due mesi del 1883 (immediatamente prece- denti alla eruzione) col seguito di attive eruzioni strombo- liane, mancarono pure i terremoti sensibili, se si eccettua un leggiero movimento sussultorio avvertito dal sismografo in Acireale il dì 7 Febbrajo : ma gli strumenti delicati già messi in uso a Catania mi rivelarono delle condizioni geo- dinamiche speciali, dei micromoti più o meno vibrati, quasi continui, cioè un leggiero tremore che mi si presentava alla DEL 22 MARZO 1883. 291 mente come se fosse V effetto di una tensione di forza endoterrestre quasi bilanciata da resistenze esterne , ma con tendenza a vincerle iier trovare sfogo al di fuori. V. Questo apparato dinamico-er udivo sulla scorta dei fatti ripetutamente osservati^ registrati e con dettaglio ora e- sposti nella mia cronaca Etnea, mi si è generalmente mo- strato in relazione coi cambiamenti di pressione atmosfe- rica la cui influenza sui fenomeni vulcanici in generale (siano geodinamici od eruttivi) ho messo per conto mio fuori di dubbio. Spesso vedendo abbassare il barometro io ho po- tuto indovinare un crescendo nelle manifestazioni eruttive e viceversa nel veder queste diminuire , ho potuto ritenere (e l’esperienza sovente mi ha dato ragione) che fosse av- venuto un aumento nella pressione atmosferica. (1) VE Questo insieme di condizioni, corroborato dall’esperienza di lunghi anni fatta nello studio dei fenomeni Etnei, rap- (1) Dirò eli più che l’Etna ad nn attento osservatore delle sue manife- stazioni vulcaniche in rapporto alla condizione dell’atmosfera, siano le sem- plici e tranquille emanazioni dei fumajuoli innumerevoli che soli animano il suo cratere centrale in tempo di calma; siano i fenomeni eruttivi dei periodi di parossismo; può comparire, sapendolo interrogare, non solo come delicato barometro, ma anche come un gigantesco strumento di meteorologia generale, il quale 1. con la direzione la maggiore o minore diffusione dei suoi pen- nacchi di fumo, serve come prezioso anemometro indicatore della direzione e forza delle correnti superiori dell’aria (che il più delle volte si mostrano in direzione opposta alle basse correnti). 2. Dal modo come si manifestano le sue emanazioni vaporose che cariche di acido cloridrico, tanto più compari- scono quanto maggiore è la umidità dell’ aria, ci dà dei criterii sullo stato igrometrico di questa. 3. Con lo spostamento del limite inferiore delle sue 292 SULLA ESPLOSIONE ETNEA presentò al mio giudizio la probabilità di j^^^ossimi terre- moti piu forti e dell’ avvicinarsi di una eruzione. Di ciò resi conto pubblicando in date differenti, molti articoli di notizie che fecero il giro dei giornali e misero il pubblico in una certa aspettativa (1). Da questi articoli mi piace per rispetto alla storia delle cose di riportare i seguenti brani. In un articolo che porta per titolo: « Eruzioni Stromboliane dell’ Etna » (2) e che scrissi in data di « Catania 10 settembre 1882 » dopo una espo- sizione dei fatti osservati io manifestai il mio pensiero con la seguente conclusione: « Nello stato attuale delle conoscenze che si hanno « intorno all’esito di questi fenomeni naturali, sui quali « resta tanto da sapere, è arbitrario il predire. Solo però « accennerò al fatto che tolgo dalla storia contemporanea « dell’ Etna (di cui io sono stato testimone) che la celebre « eruzione del 1865 e 1’ altra non meno imponente (quan- « tunque più breve) del 1874; furono precedute per un tem- « po che fu assai lungo per la prima, di minore durata « per la seconda, da un periodo eruttivo del carattere « Stromboliano. » nevi, la scomparsa e ricomparsa alternativa di queste, ci rende conto dello stato generale termico dell’ atmosfera a varie altezze. 4. Con gli addensa- menti delle nubi ora lenti, ora istantanei, ora dalla cima, ora dai fianchi, ora dal fondo della valle del Bove, ora sparsi e proteiformi, ora a contorni determinati etc. etc.; ci rende conto dei cambiamenti atmosferici dovuti al contrasto dei venti e a quelle svariate influenze, il cui studio interessa tanto la meteorologia moderna. (1) Vi furono alcune Direzioni di giornali che dietro le mie notizie av- vertirono il pubblico della prossima eruzione e promisero anche d’ informarlo esattamente all’epoca dell’ avvenimento, mediante lamia cooperazione che desiderarono di avere. (2) V. Bullett. del Vulcanismo Italiano — Koma 1882 — Anno IX pag. 139. DEL 22 MARZO 1883. 293 In seguito in altro artìcolo pubblicato in data del 2 Gennaio 1883 (1) io scrissi : « Fino dalla data del 27 dicembre ora decorso le os- servazioni microsismicbe rivelano una fase di notevole « attività endogena nella regione dell’Etna. Questa condi- « zione è in rapporto con le eruzioni di cenere , sabbia e « scorie che caratterizzano lo stato eruttivo attuale strom- « bollano dell’ Etna. — e difficile la manifestazione di « qualche terremoto sensibile. » I terremoti sensibili incominciarono il di 7 marzo ed il di 20 dello stesso mese (dopo 13 giorni d’intervallo dai primi) ripresero più fortemente in tutta la regione Etnea con frequenza giornaliera, straordinaria, allarmante. Lo scoppio di una eruzione, il cui approssimarsi mi sembrò probabile in data del 10 settembre 1882 , — 6 mesi e 12 giorni dopo (cioè il 22 marzo 1883) era già un fatto compiuto. CAP. IL FENOMENI VULCANICI PRESENTATI DALL’ ETNA NEL MARZO 1883 (Burrasca Sismica — Esplosione e squarcialura radiale deH’Etna — Eruzione eccentrica immediata — Fenomeni eruttivi centrali concomitanti). Col pròdromo di tutte le manifestazioni descritte, si entrava nel Marzo 1883, in cui tanto i fenomeni geodina- mici, quanto quelli eruttivi eccentrici quanto gii eruttivi centralf dovevano presentare una fase di straordinaria in- tensità, assumendo il carattere di parossismo geodinamico- eruttivo. Subordinatamente ai già accennati nuovi mezzi d’im dagine di cui ho potuto disporre, ho cercato di assoggettare, per quanto mi è stato possibile, a studio rigoroso tutti i (1) V. Corriere di Catania del 3 Gennaio 1883 — Articolo Etna. ATTI ACC. voli. xvn. 40 294 SULLA ESPLOSIONE ETNEA fatti parziali per risalire a delle leggi, che a mio giudizio danno all’ argomento un’interesse scientifico speciale e met- tono in evidenza la potente forza di cui dispone 1’ Etna, allorquando si accinge a riversare al di fuori le materie addensate nelle sue viscere, cercando uno sfogo all’esterno. Per procedere con ordine all’analisi dei fenomeni, passo ad esaminarli conservando la mia classiflcazione nelle tre categorie di geodinamici — eruttivi eccentrici — eruttivi centrali, come ho praticato nella cronaca mensile degli anni precedenti. A ciascuna di queste categorie dedico nelle se- guenti pagine un articolo speciale: e affinchè nell’esame dei fatti parziali, questi non compariscano slegati, ma si mostrino evidentemente nelle loro vicendevoli relazioni in cui sono e affinchè il loro insieme riesca più chiaro ed interessante; mi è necessario di far precedere un primo articolo che dia un colpo d’ occhio generale e rappresenti in certo modo la storia dell’ avvenimento. Art. 1. Storia. Se potessi lasciare una lacuna nel presente lavoro vor- rei dispensarmi da questo articolo per non ripetere cose da me stesso scritte sotto la viva impressione dei fatti e rese note in altre precedenti pubblicazioni (1) ; ma per (1) Y. 0. Silvestri — Sulla eruzione delTEtna scoppiata il dì 22 Marzo 1883 — Rapporto al R, Governo pubblicato per cura del Prefetto di Catania — Catania 1"^ ediz. del 23 Marzo 1883 — Calatola. Idem — Sulla eruzione etc. 2* ediz. dell' 8 Aprile con aggiunte ed una carta topografica — Catania C. Galatola. Idem — La breve eruzione dell’Etna del 22 Marzo 1882 — Illustra- zione Italiana 15 Aprile 1883 — Milano Fratelli Treves. DEL 22 MARZO 1883. 295 lo intento sopraindicato di mantenere il nesso dei fenomeni che vengo negli articoli seguenti a considerare isolatamente, mentre sono in stretto vicendevole rapporto, riassumo bre- vemente ciò che meglio si attaglia allo scopo mio. Mi pre- valgo anche di ciò che scrissi in una lettera diretta in data del 17 Aprile 1883, all’ illustre Professore Ed. Suess (1) della Imperiale Università di Vienna e che dal medesimo (1) A soddisfazione del Consorzio Universitario Catanese (che primo de- cretò in Sicilia la fondazione di una Scuola e Gabinetto speciale di Vulca- nologia) e del R. Governo che ne seconda lo scopo coadjuvando a sommini- strarne i mezzi; mi sento in dovere, nell’essere a mestato affidato tale onorifico incarico, di non lasciar sfuggire le occasioni atte a riflettere un ajuto morale (e anche materiale) alla mia non facile impresa. Di fronte alle difficoltà che incontra per via ognuno che si accinge a far cose nuove, è utile che qualche volta si conosca la opinione (sopra uomini e cose) dei giudici di straordinaria speciale competenza , quantunque questi possano essere molto indulgenti e benevoli. Fra le testimonianze lusinghiere di cui mi vedo spesso onorato da dottissimi italiani e stranieri , mi accingo a rendere nota una lettera perve- nutami in data del 10 Aprile 1883 dal sopra nominato Prof. Ed. Suess, il quale per la importanza delle opere pubblicate sulle manifestazioni vulcani- che del Globo (*) è uno dei principali e validi cooperatori dell’attuale pro- gresso della Geologia fisica — Mentre , in nome della Scienza che egli tanto ama e del mio obbiettivo a vantaggio della medesima, domando scusa all’il- lustre Professore della libertà che mi prendo nel rendere di pubblica ragione alcuni brani della sua lettera; debbo anche, sotto l’impero di un dovere che io compio , prescindere con grande sforzo dalla mia persona e far tacere questa volta, mio malgrado, la voce della modestia. Université Imperiale de Vienne le 10 Avril 1883. Mon cher Confrère et Maitre 11 est difficile de vous dire, avec quel profond intérét on suit vos obser- (*) Colgo questa opportunità per ringraziare Tillustte Autore del grande conto che ha fatto, per le sue vedute sintetiche, dei miei studj e riflessioni sull’Etna, nella sua im- portante e recentissima opera — Das Antlitz der Erde — Prag. und Leipzig 1883. 296 SULLA ESPOSTONE ETNEA pubblicata, circolò per i giornali cleirAustria (1) e poi della Germania (2). Tutto rinsieme dei fatti (che ho esposto minutamente nella cronaca Etnea da pag. 4 a pag. 49 e che ho riassunto da pag. 49 a pag. 57 ) ed il complesso delle giornaliere osservazioni sopra le minime oscillazioni del suolo, mi da- vano un fondamento per dover temere qualche prossima vations sur F Etna et cet intérét ne se mentre seiilement cliez nos confrères, mais aussi dans un degré remarquable cliez le grand puWic. Il nous manquent des nouvelles sur les derniers événements et moi méme (je suis occupé avec un essai sur les tremblements de terre et les éruptions qui prend place dans un plus grand travail que je prèpare) je n’ai pas pu aller au de là des vos Communications de 1872 — 1874 — 1879 dans les quelles on ne sait, en effet, s’il faut plus admirer le courage et le dévoue- ment de l’observateur, ou la sagacité des observations, ou la perspicacité et la clarté des rapports. Si vous aurez l’extreme bonté de m’ecrire les resul- tats des vos études sur les derniers événements, ce serait un grand faveur pour moi, pur le grand nombre des vos amis et admirateurs ««••••••*•••••• le prends la liberté de vous introduire mon élève japonais, le D.*' Harada Tojokitsi de Yokohama qui a passé plusieures années en Allemagne et en Autriche, et maintenant je Tadresse à votre école pour étudier la geologie, les produi ts volcaniques, la litterature et tout que vous avez fait pour saisir les pliénomènes de V Etna; avant de retourner à son volcan le Fusiyama et de se mettre en correspondance avec vous. En attendant, mon cber Confrère et Maitre croyez moi. Votre très dévouó ED. SUESS Prof, de Geologie à l’Université Imperiale de Vienne. M. le Prof. Hor. Silvestri t l’ TJniversité R. de Catane. (1) Ved. — Neue Ereie Presse. Wien — 1 Mai 1883 etc. (2) Ved. — Deutsches Tageblatt. Berlin 6 Mai 1883 etc. DEL 22 MARZO 1883. 297 manifestazione imponente. E pur troppo la minaccia ebbe suo compimento in breve termine di tempo e con preparativi e conseguenze tali da tenere per molti giorni in orgasmo una estesa popolazione di sopra 315 mila abitanti, repartiti in 39 Comuni e in G5 centri abitati, quanti rappresentano complessivamente le città, paesi e villaggi disseminati tutti all’ intorno della bassa fertilissima regione dell’Etna. Alle 5 e 39 minuti ant. del 20 Marzo (Martedì della settimana di Pasqua) fu dato il primo allarme con un ter- remoto che svegliò chi dormiva e suscitò viva apprensione in chi era sveglio. D’ allora in poi tutto il suolo compreso nell’ ampio imbasamento dell’ Etna e adiacenze ; dove più dove meno, ora parzialmente ora generalmente, si mise a tremare come per frequenti urti o conati sotterranei do- vuti a materia messa in circolazione dall’ infuriare di un uragano violento nelle profonde viscere della terra (1). Que- sto si vedeva contemporaneamente accompagnato all’esterno da un abbassamento rapido nella pressione atmosferica fino di 13 mill. dal giorno precedente (come si osserva negli uragani o cicloni atmosferici esterni) e da turbini di vapori che dalla cima dell’Etna lungo la via della sua gola aperta determinavano 1’ addensamento di tetri nembi erut- tivi, gravidi di ceneri e di sabbie. Tali materie in forma di pioggia abbondante, ricadendo, per la direzione del vento dominante, sulla metà orientale del Monte, ne ricoprirono ben presto il manto di neve , sicché in breve ora si vide la piramide Etnea per la metà occidentale rimasta bianca e per l’altra opposta divenuta nera. Frattanto nei numerosi osservatori sismici che io avevo precedentemente cercato di stabilire con un servizio regolare (1) Vedi 0. Silvestri — V acgim , il fuoco e i terremoti nella fisica del Globo — Lonigo, 1883 — Arcadia della Carità — Pubblicazione interna- zionale a beneficio degli inondati del Lombardo Veneto. 298 SULLA ESPLOSIONE ETNEA presso gli Ufflcj telegrafici distribaiti nei centri principali abitati dell’Etna; gli avvisatori sismici erano messi in con- tinuo movimento e con uno scampanellare quasi incessante, tenevano avvertiti della persistente condizione dinamica del suolo — Gli assistenti die sorvegliavano i sismografi regi- stratori non avevano tempo di ritrarre i documenti di una scossa avvenuta e di rimettere gli strumenti nelle condi- zioni normali per dare successive indicazioni, che già altro terremoto aggiungeva i suoi effetti a quelli di uno prece- dente. Agli Ufficiali telegrafici era insufficiente spesso qua- lunque premura a trasmettere subito, volta per volta, i te- legrammi al Gabinetto di Chimico-fisica Terrestre in Ca- tania : centro di recapito di tutte le osservazioni. Durante il giorno 20 e la notte del 21, l’intiera popo- lazione Etnicola rimase come in uno stato di ansietà feb- brile, sempre temendo qualche serio avvenimento. I terre- moti caratterizzati in generale da poca forza, ma da molta frequenza, sembrava dal relativo grado d’intensità che do- vessero farsi causa di danni serj per il paese di Nicolosi situato a 698 metri di altitudine ed il più elevato sul fianco meridionale dell’Etna : quivi infatti già molte case e chiese dovevano essere appuntellate per suggerimento degli inge- gnieri del genio civile, perchè minacciavano di rovinare presentando già aperte e sconnesse le loro mura. Quando al tocco e 15 minuti ant. del di 22 marzo (giovedì santo) una forte scossa prima sussultoria e poi ondulatoria, accompagnata da prolungato e cupo tuono sot- terraneo, fece saltare in piedi e spaventò più che mai gli abitanti tutti di quel paese, quantunque già accampati da varj giorni all’ aperto. Di lì a poco una intensa luce ri- schiarando da un basso livello le tenebre della notte verso tramontana, diede il segnale di una esplosione laterale del Monte ed in fatti quell’ apparenza luminosa altro non era che il fuoco vivo che aveva preso a sgorgare dalla terra, DEL 22 MARZO 1883. 299 profondamente squarciata: nel tempo stesso avevano prin- cipio energici fenomeni eruttivi di vapori , ceneri e proje- zioni di lava ardente insieme a detriti e massi di roccie divelti dagli strati sconvolti del suolo. Tutto ciò, come si potè subito giudicare , a pochi chilometri di distanza da Nicolosi. La comparsa di questa eruzione laterale in un punto ormai stabilito e designato come sfogo di quella forza che il generale dinamismo aveva dimostrato ad un grado di massima tensione; mentre fece molto diminuire i fenomeni sismici generali a tutto il perimetro Etneo e tranquillizzò in gran parte i centri popolati; servì invece a ricolmare di terrore gli abitanti di Nicolosi direttamente colpiti. Questi di generazione in generazione conservano indelebile la me- moria della eruzione dell’ 8 Marzo 1669 (di cui appunto da poco era caduto 1’ anniversario) che scoppiata in vici- nanza del loro paese, ove ora si vedono i Monti Rossi (an- ticamente detti Monti della Pruina come crateri principali di quella eruzione) si rese celebre nella storia per la lunga durata, per l’immenso volume di lava vuomitata e per i disastri arrecati, distruggendo campagne ubertose e molti paesi come Nicolosi, Camporotondo, Malpasso, S. Giovanni Gaiermo etc. Ed il ramo principale della corrente di lava scendendo allora dall’alto, e percorrendo ben presto la di- stanza di 15 chilometri, raggiunse e seppellì la parte occi- dentale di Catania, presso la cui spiaggia il fiume di fuoco s’inoltrò nel mare occupandone un lungo tratto, per sosti- tuirvi la irta scogliera di ignea roccia che oggi vediamo. Sotto la influenza di tali tradizionali ricordanze e che sono d’altronde indelebilmente scolpite nell’aspetto generale della natura del luogo che divenne un prodotto immediato di tale avvenimento , si comprende quale viva e funesta impressione abbia potuto immediatamente arrecare la vista del recente fenomeno vulcanico , straordinario , incalzante, 300 SULLA ESPLOSIONE ETNEA die minacciava di ripetere le fasi di quello di 214 anni indietro, e ciò con la sensazione continua del frequente agi- tarsi del suolo e dei muggiti sotterranei che caratterizza- vano il parossismo eruttivo. In meno che si dice prima dello spuntare del giorno incominciò la emigrazione degli abitanti. In mezzo alla generale confusione si utilizzarono tutti i mezzi che si poterono trovare di carri e animali da soma per trasportare arredi, masserizie. Si chiesero ajuti alla città vicina di Catania, alla cui volta famiglie intiere desolate e piangenti si diressero , per fuggire dall’ immi- nente pericolo deH’incendio. Appena che giunse a Catania la notizia dei fatti , fu- rono dal Prefetto (Comm. Colucci) come autorità governa- tiva della Provincia , date immediatamente energiche ed opportune disposizioni per mandare in fretta a Nicolosi alcune compagnie di carabinieri, bersaglieri e soldati di fanteria, onde tutelare l’ordine pubblico e dare ajuto— come lo sa dare l’esercito italiano quando è comandato a tempo — . In breve dal R. Governo centrale giungevano soccorsi per i poveri che rimasti senza lavoro si trovavano privi di ogni mezzo di sussistenza. D’altra parte 1’ Arcivescovo (Mons. Dusmet) come au- torità ecclesiastica della Diocesi di Catania, non meno so- lerte per concorrere al pietoso scopo di sollevare la mise- ria e confortare gii animi oppressi, recatosi subito sul posto infondeva il coraggio ai paesani, dispensando elemosine ed invocando lo ajuto della fede. Dalle chiese rimaste impedite al culto per prevenire qualunque pubblico disastro, furono tolte le effigie dei Santi protettori e (tanto più essendo la settimana di Pasqua) si fecero con tavole di legname delle cappelle e si alzarono altari nelle piazze più aperte, insie- me a baracche, dormitoij e rifugi improvvisati. Il luogo però verso il quale si vedevano dirette nume- rose processioni di fedeli, per scongiurare i pericoli del DEL 22 MARZO 1883. 301 fuoco, era il colle che trovasi a poco più di un chilometro a tramontana del paese, denominato in dialetto ataredclo ossia altarello (per gli avanzi ivi esistenti di un antico piccolo oratorio); su questo punto da cui guardando a tramontana si dominava, come vedetta su valle, il luogo della eruzione, il popolo trasportò frettoloso i simulacri dei santi protet- tori di Nicolosi (S. Antonio Abate e S. Antonio da Padova) rivolgendoli dalla parte del fuoco e ad essi porgeva con- tinue offerte di fiori, denari e oggetti preziosi. La stessa mattina del giovedì 22 IMarzo, il suddetto Prefetto della Provincia, con la sua abituale attività, co- stituita, senza frapporre indugio, una commissione di per- sone tecniche, si recava con questa sul posto per ogni ne- cessario provvedimento e dava a me l’incarico dì riferire sulla condizione che presentava la testé comparsa eruzione, non che sul più probabile esito della medesima. Ed io ebbi a osservare e riferire quanto leggesi nella mia relazione, che il giorno dipoi fu dal medesimo data alle stampe e resa di pubblica ragione. (1) Da 1200 metri di elevazione sul versante meridionale dell’Etna e precisamente a partire dalla base del Monte Concilio (cratere di antica eruzione) e giù scendendo fino ad un livello di 950 metri sul mare; per una valle pianeg- giante che fiancheggiata a destra e a sinistra da altri Monti vulcanici conduce verso Nicolosi, il suolo per circa 3 chilometri e mezzo in direzione principale di NNE a SSO rimase squarciato per impetuosa esplosione e lungo questo adito aperto cominciò in varj punti una eruzione. Nella parte più elevata si formarono tre centri distinti di eru- zione con varie bocche ( complessivamente 13 ) che dopo aver dato nel primo impeto molte projezioni di scorie , (1) Vedi 0. Silvestri, relaz. cit. a pag. 58. ATTI ACC. VOL. XVU. 41 302 SULLA ESPLOSIONE ETNEA si ridussero in breve ora , a semplici sfiatatoj di vapori. Invece la maggior forza eruttiva si concentrò nella parte media della squarciatura fianclieggiante la base orientale del Monte Rinazzi (altro antico cratere estinto). Quivi si costituirono 4 centri eruttivi energici, due a livello superiore vicinissimi tra loro; e due estremi più bassi, reci- procamente più distanti. Dal principio, come nel seguito della eruzione, tutti e quattro eruttavano sabbie, scorie roventi, bombe e frantumi di roccie; e ciò mentre il suolo obbediva tremando agli urti sotterranei e tutto airintorno si sentiva un rotolare di massi appartenenti a morene di antiche cor- renti di lave che spostati dal loro centro di gravità, ob- bedivano al movimento per trovare altra posizione di equi- librio. In pari tempo lo scroscio della lava fluente spinta all’ esterno e le assordanti profonde detonazioni, si associa- vano a rendere più viva la impressione dei fenomeni che si potevano sorprendere con la vista. In corrispondenza ai detti 4 centri più attivi, si forma- rono presto con l’ accumularsi delle projezìoni, 4 rilievi: e di questi, dopo circa 8 ore, i due inferiori estremi e più distanti tra loro, rimasero quasi inattivi mostrando però nella loro cavità interna il fuoco vivo; mentre soffiavano con sibilo come se fossero due fucine ardenti. Tutto Io sfogo eruttivo venne così poco a poco a limitarsi nei due centri un poco più alti e vicini tra loro i cui rilievi dall’essere prima separati e distinti, vennero per mezzo del contributo inces- sante di 6 bocche eruttive o cavità craterigene a riunirsi, formando due piccoli colli: uno dell’ altezza di 27 metri sulla base SSE., l’altro di circa la metà più basso, ma più prolun- gato a mezzogiorno. Ambedue si vedono ora sorgere sulla medesima base e rappresentano i principali crateri di eru- zione i quali ebbero un’attività maggiore degli altri, ma sempre di poca durata. Il giorno 23 (secondo della eruzione) le projezioni ed DEL 22 MARZO 1883. 303 il complesso dei fenomeni eruttivi si mantennero, ma più deboli, in questo unico centro rimasto attivo ed al 3° giorno l’eruzione di lava coi turbini di sabbia cessò, per subentrare anche qui come nel rimanente dell’ apparecchio eruttivo il periodo di emanazioni vaporose che ebbe un assai più lun- go corso. È singolare che dopo un preludio di fenomeni sismici così generali ed allarmanti, il parossismo eruttivo non abbia avuto che la persistenza di tre soli giorni. Durante questi, dai centri eruttivi della parte media della squarciatura vi fu un tentativo di tre correnti di lava, le quali , se il fenomeno avesse durato più a lungo , si sarebbero rag- giunte runa con l’altra e per ragioni topografiche si sa- rebbero dirette verso il paese di Nicolosi. Ma per fortuna il loro materiale scoriaceo , sì distese poco sul terreno e non nutrite più per la rapidamente mancata forza eruttiva, si raffreddarono ben presto e rimasero impietrite dopo un breve corso, dal loro punto di origine. L’esito della eruzione del 22, 23 e 24 Marzo (che io ebbi a dichiarare abortita fino dal secondo giorno), essendo stato contro ogni aspettativa presto raggiunto, si tranquil- lizzarono gii animi per il pericolo superato di danni im- mensi che r incendio, per la sua situazione così bassa e così vicina all’abitato, avrebbe potuto recare alla regione meridionale, la più fertile e la più popolata dell’Etna, qua- lora avesse preso il carattere di una eruzione vigorosa e duratura. Ma tranquillizzati gli animi da una parte; nuova causa ricondusse gii Etnicoli in uno stato d’inquietudine e questa fu determinata dal ritorno dei terremoti di carattere ge- nerale a tutto il perimetro Etneo. In realtà però non fu- rono così frequenti come i precursori, ma viceversa pre- sentarono sovente maggior durata e intensità e per di più (specialmente sul versante S. 0. come a Bianca villa, Pa- 304 SULLA ESPLOSIONE ETNEA terno, Ragalna etc.) furono accompagnati da cupe tartaree rombe che frequentemente spaventarono la popolazione. Il nuovo periodo di concitazione generale all’ imbasa- mento Etneo ebbe dopo la eruzione una durata piuttosto lunga, quasi di tre mesi (dalla fine di Marzo agli ultimi di Giugno) nel qual tempo però andarono poco a poco dira- dando i terremoti generali col ridursi del dinamismo a soli terremoti parziali e piuttosto forti, i quali, come condizione dinamica persistente, continuarono per tutto l’anno 1883 di tanto in tanto a tormentare il paese di Nicolosi e tutte le adiacenze della squarciatura dovuta alla recente esplosione laterale del IMonte. 11 popolo di Nicolosi rimira ognora con occhio tórvo quei Colli o Monticelli crateriformi (^^edi Tav. II e V) che a guisa di cumuli di semispenta bracia, costituita da projettili di lava e di scorie, rammentano i centri principali deU’in- cipiente incendio. Fino dalla prima impressione della ma- laugurata loro comparsa assegnò ad essi , e con ragione , il nome di Monticelli della mala Pasqua come testimonianze evidenti di una settimana santa, resa diabolica dai tanti timori, pericoli ed angoscie sofferti; con la seria minaccia di una invasione di fuoco nel proprio paese, oltre ai danni materiali che questo ebbe a risentire dai continui terremoti, che lo ridussero mezzo sconquas- sato, con le chiese appuntellate e con più di 500 case (in generale di famiglie coloniche ed operaje) rovinate o pros- sime a dare l’ultimo crollo. Molto interesse invece trae il naturalista (1) a visitare (1) La vicinanza della recente eruzione dall’abitato (come da Nicolosi, da Catania, da Acireale etc.) e la facilissima accessibilità alla medesima ha richiamato sui luoghi più che in altre occasioni un numeroso stuolo di visita- DEL 22 MARZO 1883. 305 il teatro della recente eruzione e studiare da vicino tutte le speciali parti che compongono Tapparecclìio eruttivo, le quali per la breve durata del parossismo vulcanico, sono rimaste tutte al nudo e si possono agevolmente contemplare in ogni loro dettaglio. Sieno crateri incipienti nell’ interno dei quali rimane a lungo la lava incandescente; sieno gole profonde esalanti densi e soffocanti vapori; sieno bocche di fuoco che testé funzionavano da fucine ardenti; sieno spiragli di venti caldissimi che turbinosi si sentono soffiare dagli antri sot- terranei; sieno squarciata re del suolo che con le loro irre- golari flessuosità s’ inabissano a profondità inaccessibili: si prova la emozione della sorpresa, nello scoprire quasi un segreto della Natura. Ma la scoperta è pur troppo turbata da un funesto pensiero che in via di domanda si riflette nell’animo e non lo lascia tranquillo. Ohe sia stato tuttociò un preparativo per una violenta futura eruzione in questo basso fianco meridionale dell’Etna rimasto aperto ? — Non interroghiamo la storia moderna dei fenomeni Etnei, per tenerci lontani da qualunque previsione di danni incalcola- bili, di una immensa sciagura! tori italiani e stranieri. Non pochi, comprese anche delle gentili Signore, si recarono espressamente in Sicilia per istiidiare l’ importante fenomeno geolo- gico. A ricordo per me piacevole di coloro che col più vivo interesse dimostra- tomi, desiderarono di conoscere molto da vicino i dettagli e le circostanze speciali dei fatti, io registro in questa nota i seguenti nomi di « Emma Reiss di Giava , Bar. di Rivenheim di Prussia , Maria Poeppig di Lipsia, Olga Lindenberg idem, Maria Crosby di Boston, Angelina Silvestri di Vicenza, Er- minia Silvestri idem, Dott. Chancourtois Prof, di Geologia alla scuola Nazio- nale delle Miniere a Parigi, Dott. Virchow Prof, all’ Università di Berlino, Dott. Alfredo Stelzner Prof, di Geologia e Mineralogia alla scuola delle Miniere di Ereiberg in Sassonia, Dott. Augusto Streng Prof, di Geologia e Mineralogia alla Università di Giessen (Prussia), Dott. A. Plagemann geo- logo del Chili , Dott. Guglielmo Reiss vulcanologo e vice-Presidente della Società Geografica di Berlino, Dott. W. 0. Crosby Prof, al Museo di sto- ria Naturale di Boston , H. W. layne mineralista di Filadelfia , Dott. 306 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Art. 2. Fenomeni geodinamici. § 1- ]\I i c r 0 s i s m i c i . Ho già detto a pag. 282 come e perchè in due situa- zioni differenti della città di Catania ( base meridionale dell’Etna) cioè al centro (Osservatorio geodinamico della R. Università) e -àW estremità Nord della medesima (nella Casa di mia abitazione, vedi Tav. 1% Casa isolata a si- nistra) ho costituito due punti di osservazione e di reci- proca comparazione per le ricerche, di molta delicatezza, sulle minime vibrazioni del suolo. Il tener dietro a queste in varie posizioni in una regione vulcanica è di grande in- teresse, potendosi ricavare dei preziosi criterj sull’anda- Arturo E. Sliipleiy naturalista di Cambridge, Dott. G. C. I. Vosmaer natu- ralista di Londra , Dott. I. T. Cunningham naturalista di Londra, Dott. A. Sclineegans di Berlino , Dott. Edoardo Brockhaus e Dott. Enrico Brockbaus di Lipsia, Prof, Sebastiano Speciale di Catania , Prof. Conti ingegnere geo- logo Direttore della Scuola delle Miniere a Caltanissetta, Dott. Luigi Baldacci ingegnere geologo di Firenze addetto al Comitato geologico italiano a Roma, Dott. Girolamo Mari di Terni Preside e Prof, di Storia Naturale nel R. Istituto Tecnico di Girgenti , Prof. Giuseppe Pulvirenti di Paternò , Dott. Ferdinando Giazzo Prof, di Fisica di Bologna, Baroni fratelli Cafici natura- listi di Vizzini , Prof. Labisi Preside dell’ Istituto Tecnico di Messina coi Professori ed alunni inviati a spese della Camera di Commercio: gli studenti della Scuola di Vulcanologia, Mineralogia e Geologia e molti delle altre facoltà della Università di Catania, Colgo anche questa occasione per ringraziare i miei Colleglli ed il distinto affollato Uditorio della culta Catania che mi onorarono della loro presenza il dì 17 Giugno 1883, quando feci una pubblica esposizione scientifica di questi studj che ora dò alle stampe. DEL 22 MARZO 1883. 307 mento elei fenomeni interni che si compiono a grandi pro- fondità sotterranee. Per raggiungere lo scopo che mi sono prefìsso ho mes- so in esperimento varj strumenti microsismici, microfono- sismici e microtelefonosismici, che costituiscono le moderne applicazioni della fìsica allo studio della endologia terrestre. Riguardo alla qualità, all’ uso ed agli inventori di que- sti istrumenti, può aversi una esatta conoscenza consul- tando la pregiata recente opera del Prof. Michele Stefano De Rossi. (1) Di tutti gli strumenti che ho messo alla prova per rendermi conto dei micromoti del suolo, mi riserbo di oc- cuparmi a suo tempo in una speciale memoria. Fin’ ora quello che mi ha dato resultati meritevoli della maggiore fiducia e in più chiaro rapporto con le fasi di vulcanicità dell’ Etna o con fenomeni geodinamici di carattere più este- so, è il Tromometro normale di cui il prelodato Prof. Ti- moteo Bertelli fìsico di Firenze, suggeriva per il primo Fuso e i successivi perfezionamenti ai quali parteciparono anche altri. Tale strumento semplice e delicato affinchè nella sua applicazione possa dare resultati attendibili e non falsati da tremiti che non siano dovuti a causa endoter- restre , è nozione molto elementare , quanto sia indispen- sabile che possegga il requisito di una opportuna , bene scelta e sicura situazione; esente da qualunque genere di causa disturbatrice esterna. E di tale requisito da ren- dere gli strumenti scrupolosamente sicuri, io mi sono ac- certato con irrefragabili prove prima di applicare i mede- simi all’ uso di regolari e giornaliere osservazioni. (2) (1) V. Meteorologia endogena Tom. I. e IL Milano Dumolard 1879-1882. (2) Molta cura io ho posto nel collocare due di questi strumenti a Ca- tania nei due sopraindicati differenti punti. La mia propria esperienza mi ha suggerito di preferire locali a piano terreno a qualunque piano elevato e di 308 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Per render conto esatto in questo paragrafo dei re- sultati ottenuti dalle osservazioni fatte nel mese di Marzo, cioè delle vibrazioni del suolo osservate immediatamente dare sostegno al pendolo dello strumento su di un muro interno e ben solido per costruzione e per fondamenta. La situazione sicura dello strumento mi è riuscita più facile nella casa di mia abitazione all’estremo Nord della Città in luogo campestre e tranquillo (Vedi Tav. I Casa isolata a sinistra). — La situazione nel piano terreno delTUniversità in luogo centrale e circondato da vie frequentate, mi ba obbligato per eliminare le cause possibili di erronee indicazioni, alla costruzione nella parte interna del casamento di un pilastro speciale che si eleva sopra un solido muro espressamente fabbricato a larga base : questo si approfonda in una cantina indi nel suolo attraversando com- pletamente un sopra strato, formato da terreno di trasporto e da detrito di riempimento, finche trova a circa otto metri di profondità (quasi a livello del mare) salda radice in un sotto strato di lava massiccia. Molte sperienze di prova mi hanno pienamente assicurato che qualunque sia la causa esterna di una vibrazione , questa sia dal vuoto della cantina , sia da quel grosso strato di terreno di trasporto e di riempimento incapace di trasmettere alcun moto, viene completamente ad elidersi e non si comunica al fondamento del pilastro che sorge indipendente e quindi nulla risente il pendolo che dal pi- lastro è sostenuto. Mentre se per urti più o meno sensibili, dovuti a causa interna endoterrestre il suolo va soggetto a delle oscillazioni, a queste par- tecipa il pilastro profondamente basato e il pendolo del tromometro imme- diatamente ne risente e si fa inquieto. A tale convinzione io sono giunto dietro il possesso dei molti fatti che vengo ad esporre nel corso di questo lavoro, ove rendo note le osservazioni e misure di movimento fatte durante l’intiero anno 1883. Però non posso a- stenermi dall’ indicare fino da ora i seguenti resultati principali .• 1. Quando il pendolo del tromometro centrale (cioè dell’Osservatorio geodinamico della Università) è eompletamente immòbile^ si mantiene tale (come si è mantenuto per periodi di giorni e settimane) malgrado ogni genere di movimento ordinario o straordinario (per es. in occasione di affollamenti per feste popolari etc.) nelle vicine vie frequentate da transito di carrozze, di carri più o meno pesanti, compresi i treni ferroviarj che a poco più di un centinajo di metri di distanza percorrono o in partenza o in arrivo varie volte al giorno un viadotto attraverso alla città dalla parte del mare. Oltre a ciò nessun disturbo arreca alla quiete assoluta del tromometro la frequenza in- DEL 22 MARZO 1883. 309 prima, durante e subito dopo la esplosione ed eruzione del di 22 io ho rappresentato in forma di diagramma (vedi Tav. VI.) tutte le misure microsismiclie che si sono regi- terna delle persone che accedono alle scuole, alla biblioteca, ai gabinetti che sono nei piani superiori del casanaento Universitario. 2. Quando il pendolo del tromometro si muove, ciò accade per urti istantanei più o meno intensi che sono o isolati e danno luogo a oscillazio- ni ampie di breve durata; ovvero si ripetono a brevi intervalli e allora man- tengono il pendolo in oscillazione continua per vario tempo. Tali urti secon- do il grado di loro intensità possono essere delle semplici perturbazioni o se sono forti, in generale si presentano in relazione o con un terremoto locale 0 con un terremoto in qualche punto dell’Etna, ovvero con fenomeni sismici di carattere più esteso e riferentisi alla Sicilia e al Continente Italiano. 3. Il tromometro centrale della Università è sempre in generale d’ ac- cordo con quello situato all’estremo Nord della città in luogo campestre e quietissimo. Solo ho notato delle eccezioni nel marzo 1883 dopo il concen- trarsi dei fenomeni geodinamici intorno al punto X Tav. I. della recente eru- zione il quale punto situato sopra Nicolosi è , come si vede quasi in linea retta e relativamente più vicino al secondo strumento (estremo) e più lontano dal primo (centrale). Con tale differenza di situazione è avvenuto che mentre il centrale non subiva perturbazioni importanti, l’altro invece presentava tal- volta delle più 0 meno ampie oscillazioni; ripetendosi nei micromoti lo stesso fatto chiaramente osservato nei macromoti, cioè per alcuni terremoti leggieri che mentre si sentivano e i pendoli li indicavano nella parte settentrionale della città , invece nella parte centrale e meridionale non erano in verun modo avvertiti. 4. Devo solo avvertire che nella speri enza di un anno e verso la fine di questo una sola causa estranea di perturbazione mi è accaduto di osser- vare tanto nel tromometro centrale , quanto in quello estremo , essendo am- bedue gli strumenti perfettamente chiusi e riparati dalle correnti d’aria. In generale , ogni qualvolta i tromometri hanno presentato delle perturbazioni capaci di attirare 1’ attenzione dell’ osservatore pratico , si è visto registrata qualche scossa dagli strumenti locali o sono pervenuti dei telegrammi e an- nunzi indicanti terremoti avvenuti altrove. Frattanto il 29 e il 30 Novembre si è presentato il fatto di oscillazioni continue delFampiezza fino di 23 gradi, manifestate contemporaneamente e mantenute egualmente per due giorni di seguito dai due detti strumenti, senza avere nessuno indizio nè di terremoti ATTI ACC. VOL. XVII. 42 310 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Strato neirosservatorio geodinamico della R. Università (1) e che danno 1’ ampiezza relativa delle oscillazioni del pen- dolo del tromometro nei micromoti. E per mettere meglio in evidenza la importanza di queste misure che ho grafl- camente riprodotto nella tavola VI, io ho avuto la cura di indicare nella medesima, con segni speciali (croci , asteri- schi e linee di colore rosso) in modo distinto, tutti i mas- vulcanici dell’Etna, nè di terremoti non vulcanici di qualche regione più o meno lontana. La spiegazione del fatto credo di averla trovata nella coincidenza di una di quelle forti perturbazioni atmosferiche per le quali i venti furiosi di Greco-levante, Levante e Scirocco-levante giungono da lontana libera prove- nienza a imperversare sulla Sicilia orientale, le di cui coste vengono ad es- sere contemporaneamente battute dalle onde impetuose di un largo mare in tempesta. In tali occasioni si è sotto la influenza di aeremoti che talvolta sono sì forti da far sentire gli effetti dei terremoti (Vedi pag. 240) — I tro- mometri è certo che hanno dimostrato una fase di perturbazione sincrona col fenomeno indicato, perchè essa ha incominciato e terminato con questo — Il medesimo fatto, dopo la prima occasione , si è ripetuto con pochi giorni d’intervallo l’8 e il 9 Dicembre in una coincidenza perfettamente simile. Bisogna dunque tenere in debito conto che a Catania come in altri luoghi della costa orientale siciliana le forti burrasche marittime che sono prodotte dall’infuriare dei venti di Greco-levante, Levante e Scirocco-levante, possono determinare delle oscillazioni nel suolo capaci di mettere in agitazione i tro- mometri il cui movimento sotto questa influenza può essere indipendente da causa endogena. Fortunatamente però tali burrasche avvengono di rado nella breve durata deiriuverno e nessuu’altro vento (non così gagliardo) mi ha mo- strato fin’ ora di essere causa di movimento nei ti-omometri. Mi riserbo di fare qualche sperienza applicando dei tromometri in un pozzo profondo per vedere se e a quale livello sotterraneo possa essere nullo l’effetto della detta causa di perturbazione esterna. (1) Dichiaro con piacere che il mio ajuto Sig. D.r Prof. Sebastiano Spe- ciale ha prestato un’ assistenza molto assidua a tutte queste osservazioni e quando un maggior bisogno lo esigeva ( durante il periodo della eruzione ) hanno pure a queste utilmente cooperato il mio allievo Sig. D.r Prof. Giu- seppe Pulvirenti e i signori Giuseppe Grassi Cristaldi e Salvatore De Gregorio La Rosa, giovani praticanti aggregati al Gabinetto da me diretto. DEL 22 MARZO 1883. 311 simi di oscillazioni che sono stati in coincidenza coi nume- rosi terremoti più o meno avvertiti e in ogni caso sensibili agli ordinar] sismografi. Dal prospetto che io presento nella tavola VI completato da quanto dettagliatamente riferisco in questo medesimo § 1 (Art. 2) come nel successivo § 2. (ove tratto dei terremoti della regione Etnea avvenuti in occasione del recente periodo eruttivo), panni che re- sulti per la prima volta un’ insieme di fatti intimamente legati, i quali costituiscono una pagina interessantissima non solo per la storia dell’ Etna, ma per la fisica del Globo in generale; come capaci di dare una idea chiara delle varie fasi di una imponente burrasca sismica in connessione fe- nomenica con un parossismo vulcanico. Analizzando e comparando i resultati delle osserva- zioni, sono stato condotto a stabilire i seguenti fatti prin- cipali che bene potranno essere compresi tenendo sott’ oc- chio la detta Tav. VI. 1. Il pendolo del tromometro ha presentato durante la burrasca sismica del mese di Marzo quattro specie di mo- vimenti cioè (a) movimento di oscillazione in un piano — (b) movimento di oscillazione descrivendo una ellisse — (fìg. 2.) — (c) movimento di oscillazione circolare (flg. 1.) — (d) movimento composto variabile con oscillazioni interrotte, cambiando da un’ istante all’ altro di direzione, da resul- tarne graficamente delle figure formate da linee intrecciate (flg. 3. e 4.) Come si può sperimentalmente dimostrare il primo ge- nere di movimento (a) è comunicato al pendolo da minime ondulazioni orizzontali del suolo in una direzione determinata ed è caratteristico perciò dei micromoti onclulatorj in una sola direzione', il secondo (b) risulta da minime ondulazioni orizzontali come sopra, le quali dopo avere incominciato in una direzione determinata, risentono di- un nuovo urto dello stesso genere, ma che tende a comunicare alle oscillazioni 312 SULLA ESPLOSIONE ETNEA del pendolo un’altra direzione obliqua rispetto alla prima; perciò ne risulta una oscillazione ellittica', il terzo (c) è il risultato finale di due urti vibratori uno successivo aH’altro e che comunicano al pendolo una oscillazione circolare do- vuta a due direzioni normali fra di loro: il quarto (d) nasce da urti molteplici ondulatorj e sussultorj per cui le oscilla- zioni cambiano istante per istante di direzione e dopo che il pendolo per qualche momento è stato, direi quasi, tor- mentato da varj impulsi senza potere prendere una resul- tante determinata , finalmente assume una oscillazione si- cura e questa è o la ellittica o la circolare. 2. Quando il pendolo del tromometro si è messo in una fase di oscillazione in un piano per urto isotato , la oscillazione presto finisce. Ma quando si mette in una fase di oscillazione per urti che si succedono rapidamente al- lora r oscillazione si fa duratura e se il pendolo oscilla in un piano, questo ci indica che gli urti sono micro-ondula- zioni del suolo nella stessa direzione del movimento del pendolo. Se poi la oscillazione descrive una ellisse allora la direzione (che viene data dalla macrodiagonale della ellisse) ci dimostra la resultanza di micromati in direzioni obli- que: mentre se la oscillazione è circolare e manca una direzione determinata, ciò è il risultato di urti in direzioni perpendicolari tra loro. 3. La direzione della oscillazione del pendolo del tro- mometro è andata soggetta nel mese di Marzo, in gene- rale, a grande variabilità di direzione; come si può vedere nella Tav. VI. Ciò dimostra che ripetendosi gli urti do- vuti ai conati eruttivi dell’ Etna, sono stati variabili dando origine a dei moti vibratorj in tutti i sensi , con delle resultanti che hanno potuto presentare delle differenze da un momento all’ altro. 4. Le oscillazioni del tromometro normale dal dì 1 a tutto il 19 Marzo, hanno presentato una ampiezza compresa DEL 22 MARZO 1883. 313 tra gradi 0,8 a 13 (vedi nota a pag. 283). La quasi nulla oscillazione di gradi 0,8 si ebbe il dì 6 e la più grande di gradi 13 il dì 16. — Come avvenne nel tromometro estremo deve essere avvenuta una forte perturbazione al tromo- metro centrale (che non fu costatata in mancanza di os- servazioni notturne (1) e perciò non comparisce nella ta- vola VI) all’ora 1, 1’ ant. del dì 8 Marzo quando avvenne un terremoto non da per tutto avvertito, ma però con ca- rattere generale a tutta la Sicilia (vedi art. 2. § 2.). A Catania non raggiunse il grado di intensità da essere sensibile nè agli avvisatori sismici, nè agli strumenti sismograflci; mentre invece a Palermo, Acireale e altrove riuscì sensibilissimo. 5. A dì 20 Marzo, sul fare del giorno, incominciarono le vibrazioni che misero in una grande inquietudine il tro- mometro e dopo un forte terremoto, che alle 5, 52’ scosse in tutta la sua estensione l’imbasamento Etneo, si ebbe l’e- sordio della burrasca sismica. In questo giorno il tromo- metro si mantenne sempre agitato , ora con oscillazioni rettilinee, ora ellittiche, ora circolari, ora a moto composto per variabilità istantanea di risultanze diverse. Due minimi di oscillazioni presentò, di gradi 6, uno alle ore 8,35’ ant. e l’altro alle ore 9, 30’ pom. Nel rimanente del giorno ebbe ampie oscillazioni con le quali frequentemente oltrepassò i 50 gradi della scala micrometrica. Allorquando il pendolo del tromometro oltrepassava i 50 gradi, spesso dopo pochi istanti avveniva un terremoto più 0 meno avvertito a Catania, ora sensibile solo agli stru- menti sismici di modello più delicato e parzialmente a chi si trovava in quiete, ora agli strumenti suddetti e contem- (1) In questo primo anno di esperimento mi è stato impossibile per mancanza di personale, di organizzare delle regolari osservazioni notturne nel- l’Osservatorio centrale della Università; ove nemmeno ho potuto finora appli- care per difetto dei mezzi necessarj, qualche strumento microsismico registratore. 314 SULLA ESPLOSIONE ETNEA poraneamente ai sismografi più complicati e pesanti ; in tal caso era generalmente avvertito dalla popolazione anche in movimento, come terremoto più o meno forte. Si può dire che in questo giorno la continua straordinaria inquie- tudine del tromometro coi suoi caratteri speciali di variabile movimento, rivelò una quasi incessante e lenta vibrazione del suolo, ora ondulatorio, ora sussultoria; i cui massimi o punti culminanti furono per Catania 14 terremoti principali ben costatati. 6. Il giorno 21 Marzo l’ andamento delle vibrazioni del suolo fu anche più burrascoso del giorno precedente. Il tromometro si tenne in generale in ampia oscillazione e come al solito o rettilinea o ellittica, o circolare, o a moto composto variabilissimo, oltrepassando frequentemente i 50 gradi e segnalando spesso in coincidenza a ciò dei terremoti più 0 meno sensibili , che furono per Catania in numero di 18. Tranne una breve calma che si osservò alle ore 10, 51 ant. (in cui vi fu un minimo di oscillazione di gradi due) del resto il contegno del tromometro fè conoscere una condizione dinamica del suolo più aggravante del giorno precedente. 7. Nella notte del 21 al 22 il parossismo geodinamico acquistò un carattere d’intensità superlativa, straordinaria, ma fortunatamente circoscritta con tale grado e localizzata, in una situazione lungi dall’abitato nel versante meridionale dell’Etna lungo il piede orientale del Monte Concilio e del Monte Santo Leo sopra Nicolosi, (Vedi Tav. II e Tav. V): ove alle ore 1, 15’ ant. del 22, con scosse e rombi spaventevoli avvenne la esplosione e la squarciatura radiale dell’Etna e contemporaneamente ebbe principio la eruzione. Con questo sfogo apertosi i moti del suolo cessarono di essere conati generali su tutta la massa del Monte e divennero direi quasi convulsioni locali eruttive. Allora come per incanto in tutto il perimetro Etneo si ritornò ad una relativa calma. A Ca- DEL 22 MARZO 1883. 315 tania il tromometro non ebbe più il carattere predominante di grande ampiezza nelle oscillazioni, come nei due giorni precedenti; anzi nel massimo di sfogo della eruzione scop- piata nella notte, entrò (e specialmente nelle ore pomeridia- ne dello stesso giorno dalle 5 in poi) in una calma dirò Inaspettata (con oscillazioni minime di mezzo grado Ano a 2 gradi). Nel tromometro dell’osservatorio geodinamico deirUniversitù, la calma fu alternata solo da perturbazioni in generale relativamente leggiere, comprese tra gradi 7 e 18 72 : mentre il tromometro situato all’ estremo Nord della città si mantenne. un poco più agitato; oltre ad un’am- piezza maggiore fino a 4 o 5 gradi come dominante, fu sog- getto a continue perturbazioni da 15 a 24 gradi — Però tanto per r uno quanto per 1’ altro istrumento, solo due periodi vi furono nel giorno nei quali le oscillazioni oltrepassarono la intiera scala del micrometro e questi furono dalle 8,57’ alle 9.15’ ant. e dalle 2,55’ alle 4 pom. E sempre in questo caso si avvertirono terremoti sensibili che furono due per Catania e segnarono il massimo delle vibrazioni del suolo di questo giorno, in mezzo al carattere generale di calma a tutto il perimetro Etneo. Ma il suolo tremava convulso per fremiti eruttivi intorno al centro di esplosione a 5 chilometri sopra Nicolosi e a 17 chilometri in linea retta da Catania. 7. 11 giorno 23 con eruzione in pieno corso il tromo- metro a Catania mostrò ancora di più l’ attitudine tran- quilla del giorno precedente, cioè mostrò solo delle piccole oscillazioni comprese tra 1 e 5 gradi, senza perturbazioni maggiori, nè terremoti sensibili; fatto molto signiflcante che dimostra come con una eruzione aperta sono meno da temersi i terremoti più o meno lontani dal centro erut- tivo: e realmente se ne ebbero pochissimi deboli e parziali qua e là nella regione Etnea , senza carattere generale. Invece in tutte le adiacenze della eruzione continuarono gagliardi i fremiti e impulsi eruttivi. 316 SULLA ESPLOSIONE ETNEA 8. Nelle prime ore del giorno 24, l’eruzione era tanto affievolita che si poteva dire sul finire ( come più tardi realmente finì). Frattanto alle 11, 51’ ant.il tromometro ri- tornò inquieto con una perturbazione con cui riprese l’am- piezza delle oscillazioni oltre i 50 gradi e ciò segnalò un terremoto a Catania che di bel nuovo si mostrò con ca- rattere esteso a tutto il perimetro Etneo (altro fatto di grande significato e che conferma il precedente). 9. Cessata la eruzione eccentrica, il dì 25 del mese, tornò una straordinaria attività nel cratere centrale di cui il massimo si vide alle 9 Yg con una imponente eruzione di cenere che spinse un grande volume di denso fumo nero con masse globulari ad un’altezza due volte e più quella del Monte, al di sopra del cratere centrale. E il tromometro durante il giorno ebbe un carattere predominante di tran- quillità, con una oscillazione di gradi 1,5 e che nelle de- boli perturbazioni non superò un massimo di 6 gradi. Solo nelle ore pomeridiane alle 6, 44’, sentì la influenza di urti che produssero una oscillazione oltre i 50 gradi, coincidente a debole terremoto a Catania : vi furono anche quà e là altri terremoti come è detto nel seguente § 2 , ma questi furono deboli, parziali e senza carattere generale al peri- metro Etneo. 10. 11 giorno 26 con le bocche eruttive ridotte a sem- plici emanazioni di vapori e senza presentarsi nemmeno l’attività nel cratere centrale, come nel giorno avanti , ri- presero due fasi di massima agitazione nel tromometro , alternata da oscillazioni mediocri : i massimi (oltre i 50 gradi) segnalarono a Catania due terremoti ; uno alle 8 ant. e l’ altro alle 5, 35’ pom. e questo ultimo fu quasi generale al perimetro Etneo. 11. Nei giorni 27 e successivi fino al 31 Marzo, mentre lo sfogo eruttivo era limitato ad emanazioni di vapori dalle nuove bocche e dal cratere centrale, si ebbero alternative DEL 22 MARZO 1883. 317 di alti e bassi nei micromoti tra gradi 0,7 e 21 e questa condizione si mantenne senza raggiungere la intensità da segnalare dei terremoti a Catania; le perturbazioni del tro- mometro si trovarono però in rapporto con scosse sentite specialmente a Nicolosi, Giarre, Puposto, Paterno, Bianca- villa e Adernò e la frequenza dei terremoti designò i Co- muni di Biancavilla , S. Maria di Licodia e Adernò (alla base S. 0. dell’Etna) come situati sopra un centro sismico di maggiore attività. 9 /W. Fenomeni Sismici. Nelle precedenti pagine del § 1. io mi sono più spe- cialmente fissato a richiamare l’attenzione sul modo come si sono presentati e succeduti nella regione dell’Etna, con varia intensità, i fenomeni microsismici durante il mese di Marzo. Ma poiché 1’ esperienza ha dimostrato quello che io ho cercato di rappresentare graficamente nella Tav. VI, cioè che i loro massimi sono stati frequentemente in corrispon- denza con fenomeni macrosismici; così ho dovuto per que- sto intimo legame, occuparmi di già sotto il punto di vista generale anche dei terremoti sensibili che sono avvenuti immediatamente prima, dopo, e contemporaneamente alla brevissima durata della eruzione. A far conoscere le par- ticolarità di questi movimenti più forti, ho riserbato il presente § 2. che da quanto precede è facile comprendere come non sia che una continuazione dell’argomento trat- tato nel § l,per la sola ragione che tra i micromoti ed i macromoti del suolo, non vi è altra distinzione che un dif- ferente grado d’intensità; per cui mentre i primi non si rivelano che per mezzo di strumenti delicatissimi, gli altri ATTI ACC. VOL. XVU. 43 318 SULLA ESPLOSIONE ETNEA sono messi in evidenza da strumenti di minore sensibilità ' e spesso sono anche direttamente costatati dalla testimo- nianza viva deir uomo. Le oscillazioni del suolo avvenute nel mese di Marzo con intensità variabile nei varj punti di tutta la superfìcie dell’Etna, hanno costituito un fatto importante (meritevole di seria attenzione) giacché considerate complessivamente hanno mostrato con varie alternative, gradi minimi (insensi- bili) e gradi di massima violenza (da sconvolgere gii strati del suolo) con tutti i passaggi intermedj; caratterizzando una vera burrasca sismica o come vogliasi dire un paros- sismo geodinamico — Per fare acquistare una idea com- pleta e istruttiva di questo imponente fenomeno, debbo ag- giungere a ciò che ho esposto al § 1. i resultati ai quali mi ha condotto lo studio comparativo dei numerosi terre- moti avvenuti, ora generali ora parziali; e perchè i resul- tati medesimi non compariscano troppo in astratto, ho cre- duto ottimo partito di accompagnarli nelle seguenti pagine coi prospetti di tutti i dati e notizie che ho raccolto dai varj osservatori sismici della rete Etnea o da testimonianze at- tinte nei varj centri di popolazione, ove tutt’ ora mancano mezzi di osservazione con 1’ aiuto di strumenti. I prospetti indicano il giorno, l’ora e i minuti che stabiliscono il carat- tere dei movimenti in ordine al tempo: come in ordine allo spazio sono registrate le località Etnee ove più si sentirono le scosse delle quali vengono specificate la qualità, la dire- zione, la intensità (1) non che gli effetti materiali e morali (1) Nel giudicare il grado d’intensità dei terremoti ho applicato la Beala d' intensità che da recente fu proposta e adottata d’ accordo tra l’ Italia e la Svizzera. — La Commissione sismica italiana presieduta dal Prof. Luigi Palmieri Direttore dell’Osservatorio Vesuviano ed alla quale io ho l’onore di appartenere come Vicepresidente, propose due anni fa sopra uno schema fatto dal Prof. M. S. De Possi segretario, le norme per classificare i terremoti se- DEL 22 MARZO 1883. 319 prodotti nei varj centri abitati. Sono aggiunte anche le os- servazioni sulla concomitanza dei fenomeni eruttivi centrali ed eccentrici dell’ Etna. Insieme a tutti questi dati, per completare i prospetti, dovrebbe essere registrata anche la durata di ciascun terremoto; ma questa non comparisce sia per mancanza di strumenti appositi, sia perchè realmente in mezzo ad un condo il loro grado d’intensità. Poco dopo (mentre la proposta italiana non era per anco divulgata) fu fatta altra proposta dal Prof. Forel per incarico della Commissione sismica Svizzera. Le due scale non presentando sostanziali differenze si prestarono con lievi modificazioni a unificarsi e ne resultò una scala d’ intensità la. quale venne adottata come convenzione internazionale. Questa scala è costituita da 10 termini ed è rappresentata progressivamente dairi al 10 come gradazioni di progressiva intensità dei terremoti dai mi- nimi ai massimi — La scala è già nota ai sismologi, ma non ò di comune conoscenza fin’ ora , perciò stimo utile il riprodurla qui appresso , a corredo del presente lavoro. 1. Scossa microsismica, notata da un solo sismografo o da sismografi dello stesso modello; ma che non mette in movimento sismografi di differenti sistemi: è costatata da osservatori esercitati. 2. Scossa registrata da sismografi di differenti sistemi ed avvertita da un piccolo numero di persone in riposo. 3. Scossa avvertita da molte persone in riposo: forte in modo da po- terne apprezzare la durata e la direzione. 4. Scossa avvertita dall’ uomo in azione — Scrollo degli oggetti mo- bili, delle pareti, delle finestre; scricchiolio del pavimento. 5. Scossa avvertita generalmente da tutta una popolazione : scrollo degli oggetti, mobilia, letti; suono di qualche campanello. 6. Risveglio di tutti dal sonno; suono di tutti i campanelli, oscillazione delle lampade sospese; agitazione apparente degli alberi ed arbusti. Qualche persona spaventata esce dalle abitazioni. 7. Gli oggetti mobili sono rovesciati; il calcinaccio si stacca, suonano le campane delle chiese; spavento generale senza danno agli edilìzi. 8. Caduta di camini, spaccature nelle mura delle case. 9. Distruzione parziale o totale di qualche edifizio. 10. Grandi disastri, rovine scoscendimento di 'strati terrestri; fenditure nella scorza terrestre. 320 SULLA ESPLOSIONE ETNEA tremare frequente di suolo è difficile precisare (anche con un’orologio alla mano il quale segni i secondi) quando co- minci e quando finisca una oscillazione più forte. Ho potuto solo indicare (come più sotto è detto) tra quali limiti di tempo si è mantenuta la durata dei terre- moti, considerati nel loro insieme con un criterio generale. Gli strumenti che hanno servito a costatare i terremo- ti e a somministrare gli elementi loro caratteristici, sono di due specie: o semplici avvisatori sismici per le scosse più leggiere (che ora sono, ora non sono avvertite direttamente) 0 grandi sismografi per quelle più forti (in generale av- vertite da tutti). (1) Da un attento esame di tutte le testimonianze mie pro- prie e di tutte le indicazioni che lio riunito nei prospetti che seguono; mi resultano come fatti di maggiore rilievo: 1 . Il dì 20 Marzo all’ esordire mattutino del parossi- smo geodinamico (dopo un terremoto isolato, leggiero, ma generale a tutta la Sicilia, avvenuto il dì 8 Marzo, cioè con la precedenza di 12 giorni) la gigantesca massa dell’Etna su tutta intiera la sua ampia base, comincia ad assumere un frequente e lento tremito ed a scuotersi a brevi intervalli con moti più vibrati, caratterizzando dei terremoti perime- trali vulcanici. 2. I terremoti perimetrali vulcanici dell’Etna si pre- sentano, nell’ ascendente e discendente del fenomeno, come ondulatorj, sussultorj e misti (ondulatorj e sussultorj nello stesso tempo) (2). Queste tre qualità nella bassa zona col- (1) Gli Avvisatori sismici distribuiti nei varj Osservatori Etnei sono stati costruiti sul principio dal Prof. Ignazio Galli, dai Sigg. Fratelli Brassart, meccanici del R. Ufficio centrale di meteorologia italiana a Roma. I sismografi sono sul modello introdotto da altro distinto sismologo italiano il Professore Filippo Cecclii di Firenze. (2) Tanto nei terremoti ondulatorj , come nei sussultorj-ondulatorj , ho dovuto ritenere di sovente che le oscillazioni del suolo, come se avessero ori- DEL 22 MARZO 1883. 321 tivata periferica dell’Etna stanno in un rapporto di quantità espresso dai numeri 2 : 1,5 : 1; con prevalenza quindi degli ondulatorj , mentre a poco più di Va altezza del Monte (sul versante meridionale presso al limite inferiore della zona boschiva e in una area ellittica il cui grande diametro di 5 a 6 chilometri è compreso in una direzione NNE-SSO) sono prevalentemente sussultorj. 3. Al secondo giorno dall’ esordire del parossismo geo- dinamico i moti più vibrati nel frequente lento tremore si succedono a intervalli più brevi del giorno precedente e mentre nella bassa zona periferica dell’Etna è la sola mag- giore frequenza di terremoti che caratterizza una maggiore attività sismica; nel fianco meridionale dell’Etna, nell’ area ellittica precedentemente indicata (ad un terzo di altezza del Monte e col maggior diametro diretto NNE-SSO) i terremoti prevalentamente sussultorj non solo si fanno più frequenti, ma assumono una intensità maggiore ed accennano local- mente ad una crescente tensione della forza endoterrestre. 4. Al principio del 3*^ giorno sul fianco meridionale nell’ area ellittica sopra indicata, dopo un massimo di dina- gine da urti molteplici e da varie provenienze, si sono o contemporaneamente 0 a brevissimi istanti d’intervallo le ime sulle altre propagate o nella stessa direzione o in direzioni differenti; ora sommandosi, ora interferendo, ora pren- dendo delle resultanti variabili ; mentre i pendoli dei sismoscopi non assu- mevano altro movimento che quello circolare od ellittico. I grandi sismografi sul sistema Cecchi, hanno registrato il movimento di alcune tra queste scosse (di quelle più forti) come vorticoso : ma si capisce il significato che si deve dare a questa espressione, come movimento composto che è capace di fare gi- rare il bilanciere del sismografo intorno a se stesso; come girano di fatto per forza centrifuga le pietre e tutte quelle ornamentazioni degli edifizi che hanno nei moti orizzontali, il loro centro di gravità lungi da un punto di rotazione. Il Prof. G. vom Rath della Università di Bonn, in una sua lettera particolare del 2 Aprile 1883, mi assicura di avere osservato chiaramente questo fatto nelle sue indagini sugli effetti dei' recenti terremoti di Chios e altrove. 32-2 SULLA ESPLOSIONE ETNEA mismo con commozioni violente di suolo e rombe spaventose, avviene la esplosione con squarciatura radiale e sconvolgi- mento di strati : immediatamente ha principio la eruzione. 5. Apertosi lo sfogo col principio del parossismo erut- tivo, le commozioni forti del suolo continuano si, finché dura la eruzione, nelle adiacenze della squarciatura eruttiva; ma cessa il molo generale a lulla la massa clell’Elna, eccet- tuate poche oscillazioni che giungono a farsi sentire par- zialmente in qualche punto del suo perimetro. 6. L’attività iniziale del parossismo eruttivo si man- tiene per poco tempo ; indebolisce rapidamente di forza e il dì 24 Marzo (in tre giorni dal suo apparire) P eruzione rimane abortita — Ciò avvenuto riprincqnmio più frequenti i lerremoli parziali e tornano a presentarsi di tanto in tanto delle commozioni generali a tutta la massa dell’Etna, dal centro alla periferia. (1) 7. Nel suddetto periodo immediatamente successivo allo sfogo eruttivo i terremoti si presentano con maggiore forza e accompagnati da rombe che incutono timore nella bassa zona popolata alla base S. E. dell’Etna, che comprende i Comuni di Paterno, di S. Maria di Licodia e di Biancavilla. 8. Giudicando i terremoti ondulatori (soli o associati ai sussultorj) circa le direzioni in cui si sono propagati, si osserva che queste sono molto variabili ed abbracciano tutti i quadranti — Però un attento esame comparativo dimo- stra che nei due giorni di massimo parossismo geodinamico in precedenza alla esplosione, le varie direzioni furono nel seguente rapporto: Direzione da NE a SO o viceversa. ... ... 3 » da N a S » 2, 6 » da NO a SE » 1, 4 » da 0 a E » 1 (1) Vedi su di ciò quanto è detto anclie nel § 1 Gap. Ili sui terremoti dal 1. Aprile al 31 Dicembre 1883. DEL 22 MARZO 1883. 323 Immediatamente dopo la eruzione si ebbe invece : Direzione da NE a SO o viceversa 1,1 )) da N a S » 1,7 » da NO a SE » 1,7 » da E a 0 » 1 Da ciò si può inferire che nella variabilità della pro- pagazione dei moti ondulatorj, soli o in compagnia dei sus- sultorj, fu prevalente, nei preparativi della esplosione, la direzione da NE a SO o viceversa e la esplosione avvenne appunto lungo una linea orientata in quel medesimo senso : mentre dopo la esplosione dominarono nei moti ondulatorj le direzioni da N a S o da NO a SE e viceversa. 9. 11 grado d’intensità dei terremoti nei centri abitati tutto intorno alla periferia dell’Etna, è stato fortunatamente alquanto debole : in ragione inversa della loro frequenza. Secondo la scala d’intensità che ho adottato, non hanno oltrepassato la intensità di 5. Pochissimi anzi sono quelli che hanno raggiunto questo grado; in generale sono appena arrivati al grado 1, alcuni al grado 2 e al 3, pochi al 4 (come può vedersi dai prospetti.) Anche presso la cima dell’Etna non hanno presentato nessuna intensità grave e ne fa testimonianza il nuovo fab- bricato dell’Osservatorio che non solo è rimasto in piedi, ma non ha sofferto avarie, tranne la caduta di qualche calcinaccio o più estesa porzione di intonaco. Solo a Nicolosi e adiacenze sul versante meridionale, a 5 chilometri o poco più di distanza dal centro di esplo- sione e di eruzione, i terremoti (generalmente sussultorj) hanno raggiunto un grado d’intensità fino a 8 e 9 ed hanno perciò sconquassato tutta la parte più debole del paese; mentre a breve distanza da questo, in direzione ascen- dente verso Nord sul limite inferiore della zona boschiva da 950 a 1200 metri di elevazione, 'hanno raggiunto il massimo grado d’intensità 10, squarciando e sconvolgendo 324 SULLA ESPLOSIONE ETNEA gli strati del suolo ed atterrando una piccola casa colonica (casa Guardiola) solo fabbricato esistente in quelle adia- cenze. 10. Circa la durata generale dei terremoti si può ri- tenere che abbia oscillato nei limiti compresi tra i 4 e gli 8 minuti secondi. 11. Gli abitanti Etnicoli quantunque nati e cresciuti sotto la influenza di tali fenomeni, tuttavia in questa occa- sione nel vedere più specialmente colpita dal complesso delle manifestazioni vulcaniche la bassa zona prossima ai centri abitati, sono rimasti spesso sopraffatti da sinistre impressioni. (1) (1) Devo alla gentilezza e cura dei Sigg. Cav. Pappalardo , Sindaco di Nicolosi, e Kev.mo Sac. Mario Tomaselli ivi Preposto, molte notizie speciali riguardanti i terremoti di quel Comune , ove mancano fin’ ora strumenti di osservazione ed è da desiderare che il E. Governo li provveda; giacché, dietro il recente avvenimento, Nicolosi rappresenta un punto dell’ Etna che merita la più grande attenzione. PROSPETTO dei prinGipali Terremoti segnalati dagli strumenti negli Osservatorj della rete sismica Etnea e, generalmente o parzialmente, avvertiti nella regione deW Etna durante il parossismo geodinamico che ha preceduto, accompagnato e seguito la Esplosione eccentrica ed Eruzione del 22 Marzo 1888. ATTI ACO. VOL. XVII. 44 326 Gioeno Ora DEL TERREMOTO OsSERVATOEJ OVE I TERREMOTI FURONO SEGNALATI (1) Qualità’ DEL MOVIMENTO Direzione Iitta SEg. VEDijj ! 7 Marzo 1, 1’ aut. Sicilia in generale (2) .sussultorio-ondulatorio E-0 20 „ 3, 5’ „ Acireale ondulatorio SSO-NNE Acireale sussultorio - - n 4,20 „ Biposto ondulatorio NNE-SSO n 4,2S’ „ Biposto sussultorio — 1 n 4,32’ „ Biposto idem — 1 Catania * . . . . sussultorio-ondulatorio E-0 Acireale idem X 1 Giarre idem NE-SO Biposto . . . , . idem 33 33 « OjO_i „ Linguaglossa . . . idem N-S Bandazzo .... idem 33 33 Bronte idem 33 33 Adernò idem 33 33 Paternò idem 33 33 7J 7,35’ „ Acireale ondulatorio 0-E Catania idem E-0 Acireale idem t 1 ft £1’ Biposto sussultorio-ondulatorio NE-SO n O, O Giarre idem 1 33 33 1 Linguaglossa . , . ondulatorio N-S ; Paternò sussultorio 33 33 3) 8,33’ „ Acireale ondulatorio 33 33 33 9,35’ „ Acireale idem t Catania idem E-0 Acireale idem X-S Giarre sussultorio — Q £IQ’ Biposto sussultorio-ondulatorio NE-SO 33 W,oy „ Linguaglossa . . . ondulatorio N-S Adernò sussultorio — Biancavilla .... idem — Paternò idem — Catania ondulatorio ENE-OSO Acireale idem t 1 O 00’ j Giarre ondulatorio-sussultorio NO-SE 33 33 Linguaglossa . . . ondulatorio I 33 33 Biancavilla .... sussultorio ! — Adernò idem — Catania sussultorio-ondulatorio NE-SO f i 1 A X/i ’ j Acireale ondulatorio t 33 1 33 1 1 Biposto sus.sultorio — 1 Tateniò ! idem 1 1 Acireale ondulatorio t 33 11, 8’ poni. Bipo.sto sussultorio — Paternò idem — (fella regione Etnea ’legli Osservatorj Fenomeni eruttivi dell’Etna 1 terremoti centrali Osservazioni cialmente sentire ed eccentrici, più rimarchevoli .ientale dell’Etna Il cratere centrale dell’Etna è av- volto da nubi. 327 !10 Marzo) ì ore (Iella notte si ;.:iero e continuo tre- ^icolosi — Alle 3,30’ irreraoto ondulato- ateusità= 6; svegliò -Alle 5,52’ ant. se- tto sussultorio (Vin- ile 8,3’ ed alle 9,39’ lica dei moti bru- lal basso all’alto— nente ai primi ter- osi (che furono ge- 1 perimetro etneo) ! delle deboli scosse _ elevati dell’Etna idionale a Beipasso, i igni, Viagrande etc. ( a (li 20 Marzo ) Sul fare del giorno atmosfera cali- ginosa — Eruzione di cenere dal cratere centrale o sommità del- l’Etna — I nembi eruttivi ingom- brano la cima _ e spinti da forte vento_ di libeccio aspergono di ce- nere il fianco N. E. nella quale di- rezione giunge una pioggia legge- rissima fino a Messina. NB. I terremoti che compari- scono in questo prospetto li ho chiamati principali, perchè rappresentano i punti culmi- nanti del frequente movi- mento di suolo che caratteriz- zò il parossismo geodinami- co — innumerevoli furono i inicromoti che si poterono notare dove gli osservatorj possedevano strumenti deli- cati, come a Catania, Aci- reale e Biposto. (1) Per le ragioni dette a pag. 46 non comparisce tra gli Osservatorj l’osservatorio vulcanologico centrale pres- so la cima dell’ Etna. Xem- meno comparisce l’osservato- rio di Beipasso perchè è stato aggiunto verso la fine del- V anno. * Per Catania i soli tci’remoti contrassegnati con asterisco sono_ stati i più forti e sen- sibili contemporaneamente a sismogi'afi di difièrenti mo- delli. (2) Il terremoto fu leggiero , ma evidentemente sussulto- rio per la valle demone e tutta la Sicilia orientale e si propagò ondulatorio nella Si- cilia occidentale, ove l’osser- vatorio di Palermo ne con- statò la direzione da E. 0. t Nell’ Ossei-vatorio Penuisi ad Acii’eale per i terremoti contrassegnati con croce gli avvisatori sismici non hanno dato una indicazione sicura circa la direzione, giacché ®s.sen do essi costruiti sul principio di pendoli diritti 0 rovesciati, nell’obbedire ad impulsi istantaneamente va- riabili hanno presentato del- le oscillazioni cù-colari. Fino, dalla mattina del 20 la ripetizione a brevi intervalli dei teiTemoti generali co- minciò a incutere timore agli abitanti dell’ Etna. 328 Giorno Ora DEL TERREMOTO 0S!5ERVAT0EJ OVE I TERREMOTI FURONO SEGNALATI Qualità’ DEL MOVIMENTO Direzione Paterno sussultorio-ondulatorio NE-SO 20 Marzo 12,14’ poni. Acireale ondulatorio t Pateruò sussultorio — » 12,41’ „ Acireale ondulatorio t Acireale idem t Giarre sussultorio — 1 „ 1,28’ „ Linguagiossa . . . ondulatorio N-S Paternò sussultorio — Biancavilla .... idem ■ Catania ondulatorio SE-NO Acireale idem t 1,56’ „ Biancavilla .... sussultorio — Aclernò idem ■ Paternò idem — » 2,12’ „ Acireale ondulatorio t Catania idem ESE-ONO Paternò sussultorio — Biancavilla .... ondulatorio SE-NO Aclernò sussultorio — ' » 2,46’ „ Brente sussultorio-ondulatorio SE-NO Linguagiossa . . . ondulatorio r » Biposto idem lì » Acireale idem t Acireale idem SSO-NNE )? 3, 4’ „ Biposto idem N-S Giarre sussultorio Catania ondulatorio ESE-ONO Acireale idem t 5? 3, 7’ „ Biposto idem N-S Giarre sussultorio — Linguagiossa . . . ondulatorio N-S Acireale idem t )1 3,13 „ Giarre sussultorio — Acireale ondulatorio t - 3,17’ „ Biposto sussultorio-ondulatorio NE-SO Giarre idem » Catania * . . . . sussulto rio-vorticoso — Acireale ondulatorio t . 3,43’ „ Biposto sussultorio-ondulatorio NE-SO Linguagiossa . . . ondulatorio N-S Paternò sussultorio Acireale ondulatorio t ^ » 3,54’ „ Biposto sussultorio-ondulatorio NE-SO Linguagiossa . . . ondulatorio ìì » HEU VEDI, 329 ;lla regione Etnea uiegli Osservatorj • terremoti tcialinente sentire Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici piti rimarclievoli OSSEEVAZIONI H terremoto delle ore 12,14’ come piu forte dei precedenti a Paterno, produsse grande spavento. mini ten-emoti, spe- ultorii, durante il danni delle case '■debolmente si sen- paesi di Linera , W enerina , Dagala , Zafferana etc. sul ■ile dell’Etna. Anzi j paese qualche casa 'Cggiata e qualche V risorio di proprietà, ‘9 al 20 e durante ■-20 è sensibilmente • essione di una qua- intinua del suolo in zona perimetrale aa — Un tremore fre- 'Tertito nei paesi di ancavilla , Calata- ' di Monti limitrofi Iford-Est separa il 1 la dalle formazioni Provincia di Mes- Nel terremoto dell’1,56’ a Ca- tania i pendoli presero una oscillazione circolare. Durante il giorno 20 l’Etna conti- nua ad essere avvolta in densa caligine — Il cratere centrale man- da in aria turbini di fumo gi’avido di cenere che col vento di libeccio piegato a ponente è spinta sul fianco orientale, ove è piovuta leg- gerissima dalle 8 a mezzodi a Gioi- re e Riposto. Alle 7 ant. ad Acireale si è vista una grande colonna di fumo spinta dal vento, strisciare fino al basso della valle del Bove, ove poco a poco si è dileguata. La scossa delle 3,43’ pom. fu forte a Pateniò come quella precedente delle 12,14’ e la popolazione rimase maggior- mente atterrita — A Catania il sismografo la registrò co- me sussultoria e vorticosa — Tutti i pendoli presero delle oscillazioni circolari. 330 ^ Ora OSSERVATORJ Qualità’ Giorno DEL OVE I TERREMOTI DEL Direzione TERREMOTO FURONO SEGNALATI MOVIMENTO Acireale . . ondulatorio t 20 Marzo 4, 1’ pom. Kiposto . . Giarre . . sussultorio-ondulatorio sussultorio NE-SO Liiig'uaglossa ondulatorio NE-SO Acireale . . idem X i » 4,11’ Biposto . . sussultorio-ondulatorio NE-SO Giarre . . idem 3Ì ì^ )) 4,57’ )J Acireale . . ondulatorio t » 5,15’ )? Catania . . idem NE-SO 6,24’ Acireale . . idem SSE-NNO >5 )? Paternò . . sussultorio — Catania . . ondulatorio S-N Acireale . . idem t J) 6,53’ n Giarre . . sussultorio — Biancavilla . idem — Paternò . . idem — Catania * . sussultorio-vorticoso — 7, 7’ Acireale . . ondulatorio t » Paternò . . sussultorio Biancavilla . ondulatorio S-N_ Acireale . . idem t Biposto . . 3 • sussultorio-ondulatorio NE-SO n 8,37’ » Giarre . . sussultorio — Lingnag'lossa ondulatorio N-S Atlernò . . sussultorio _ Catania * . vorticoso Acireale . . ondulatorio Biposto . . sussultorio-ondulatorio N-S 9,45’ Linguaglossa sussultorio — )) » Bandazzo . idem — Brente . . idem — Adernò . . idem — Biancavilla . sussultorio-ondulatorio N-S Catania . . idem NNE-SSO Acireale . . ondulatorio t H 9,53’ » Linguaglossa sussultorio Brente . . ondulatorio E-0 Adernò . . sussultorio — » 10,34’ » Linguaglossa idem — n 10,50’ » Catania . . ondulatorio NE-SO 11 34’ Acireale . . idem t » 3? Giarre . . sussultorio — 21 Marzo 12, 25’ ant. Acireale . . Giarre . . • ondulatorio sussultorio t 331 tbUa regione Etnea Fenomeni eruttivi dell’Etua i.legli Osservatorj 1 terremoti centrali Osservazioni cialmente sentire ed eccentrici, più rimarchevoli i Nel teiTemoto delle 6,53’ a Catania i pendoli presero una oscillazione ellittica. eo dal 20 al 21 fre- teiTemoti, agitano t Ili il paese di Ni- e ttto la influenza di li ' cade una pioggia € a il € II 0 iilli eruttati dal cra- ciina dell’ Etna — >spaventata sta allo i, qualche disastro, parte settentrionale l:a mezzanotte (tra ; vile 2 e mezzo, si t eggierissime scosse. Durante la notte dal 20 al 21 con- tinua eruzione di cenere dal cra- tere centrale ed il vento turbinoso mutato a maestro e tramontana la spinge in direzione di Sud Est e Sud e giunge ad Acireale, Nicolosi Beipasso e qualche leggiero pulvi- scolo piove anche a Catania. Il teiTemoto delle 7,7’ pom. fu a Catania registrato dal sismografo come sussultorio e vorticoso — quello delle 9,45’ poni, solo come vorti- coso. In ambedue i casi i pendoli presero una oscilla- zione circolare. Il teiTemoto delle 9, 45’ fu molto sensibile a Biancavilla e Brente e spaventò assai gli abitanti. Nelten'emoto delle 10,50’ pom. a Catania, i pendoli presero un’ oscillazione circolai-e. Giorno 21 Marzo ?? )? 5? J) » J5 J? J? « J? Ora DEL TERREMOTO OSSERVATORJ Qualità’ OVE I TERREMOTI DEL Direzione FURONO SEGNALATI MOVIMENTO l'EfiI ]ii Acireale . aiit. ' Biaiicavilla Biposto . 1, 50’ aiit. ; Biposto . 2 54’ 3,14’ „ 4, 5’ „ 6, 4’ „ 8,21’ „ 9, 7’ „ 11, 7’ „ 11,12’ „ 12, 27’ pom. 1,15’ „ 2, 7’ „ 2,38’ „ 2,53’ „ 3,46’ „ Acireale . Giarre . Acireale . Baiulazzo Catania . Acireale . Biposto . Acleriiò . Biancavilla Paternò . Acireale . Biposto . Giarre . Biancavilla Catania . Acireale . Adernò . Biancavilla Paternò . Catania . Catania * Acireale . Adernò . Biancavilla Mineo Catania . Acireale . Giarre . Bronte . Adernò . Acireale . Giarre . Catania . Catania . Acireale . Giarre . Adernò . Paternò . ondulatorio sussultorio-ondnlatorio sussnltorio ondulatorio idem sussnltorio ondulatorio sussultorio ondulatorio idem sussultorio idem ondulatorio idem idem idem idem sussultorio-ondulatorio ondulatorio idem sussultorio idem idem ondulatorio sussultorio ondulatorio sussultorio ondulatorio idem idem idem idem idem idem idem sussultorio ondulatorio ondulatorio idem sussultorio idem idem t N-S N-S t t SO-NE SO-BE E-0 t N-S J) » 0-E N-S NNE-SSO ESE-ONO t SO-NE '? E-0 t NE-SO JJ » » i) t ESE-ONO » » t 333 1 Leila regione Etnea I degli Osservatorj i terremoti iicialinente sentire Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici più rimarchevoli Osservazioni no 21 continua a Ni- :ito di suolo ed il 0 della notte prece- .'giarella di cenere, le 6,4’ fu avvertito ;paese di Misterhian- eridionale dell’Etna. IDagala, Bongiardo, Aliano , Piedimonte , liu tutti i paesi nel dell’Etna nel corso vertirono frequenti moti con caduta di •ampestre. Antonio nel teni- x.e i teiTemoti sono : i da incutere timo- ii ed obbligarli ad loro case. La mattina del 21 l’eruzione di ce- nere continua attiva dal cratere centrale sotto l’influenza dominan- te di forte vento boreale. Da Giar- re, cioè dal basso flanco orientale, si è visto tutto il versante meri- dionale dell’Etna avvolto in densa caligine, spinta da tramontana a mezzogiorno. L’aspetto dell’ Etna visto da mezzogiorno (p. es. da Ca- tania) in mezzo a nubi di vapori e di tetra caligine di cenere , dà l’ idea caratteristica del grande vulcano allo stato di gestazione eruttiva. Durante questo giorno la cenere cade abbondantemente su tutta la metà orientale dell’Etna e ricopre di uno strato nero il manto di ne- ve che fa poi contrasto con quello della metà opposta occidentale, in cui la neve rimane candida o leg- germente velata. Nei teiTemoti delle 6,4’ ant. e delle 8,21’ ant. a Catania i pendoli presero un’oscilla- zione circolare. Dietro le frequenti scosse a Giarre, Biancavilla, Paternò molti abitanti lasciano le loro case — a Pateniò la po- polazione è preoccupata dal fatto che i terremoti hanno rotto i condotti delle acque e temono allagamento. La Salsa di Paternò non pre- j senta alcun fenomeno straor- ! dinario e si mantiene nella calma conseguita poco prima dello scoppio della einzione. A Catania nei terremoti delle 2,53’ — 3,46’ e 6,19’ pom. del 21 i pendoli presero una oscillazione circolare. xvn. 45 334 Giorno 1 Ora 1 DEL 1 1 j TERKEMOTO OSSERVATORJ OVE I TERREMOTI FURONO SEGNALATI Qualità’ DEL MOVIMENTO 21 Marzo 3, 53’ iioin. Catania ondulatorio Catania * . . . . snssultorio 4,26’ „ Acireale ondulatorio n Adernò sussultorio Pateruò idem Catania ondulatorio Acireale idem » 4,44’ „ Adernò sussultorio Paternò idem Catania ondulatorio Acireale idem 5,17’ „ Adernò snssultorio Biancavilla .... idem Paternò idem Catania ondulatorio >9 5,52’ „ Acireale idem Brente snssultorio Catania ondulatorio fi Q’ Acireale idem >9 6, à „ Biancavilla .... sussultorio Paternò idem Catania ondulatorio Acireale idem 99 6, 15’ „ Adernò sussultorio Biancavilla . , . . idem Paternò oudulatorio-sussultorio Catania * . . . . sussultorio 99 6,19’ „ Acireale ondulatorio Adernò sussultorio 99 7, 5’ , Catania ondulatorio Catania idem 7,20’ „ Acireale idem 99 Paternò sussultorio Biancavilla .... idem Catania * . . . . sussultorio n OA9 Acireale ondulatorio 99 y, oO „ Gian’e idem Paternò sussultorio 99 11, Catania * . . . . ondulatorio 22 Marzo 0,45’ ant. Catania * . . . . sussultorio 1,15’ „ Catajiia * . . . . idem 99 Acireale . ... ondulatorio 99 2,14’ „ Giarre sussultorio Biposto ondulatorio Dieezione NE-SO t ESE-OXO j. i S-NT NNE-SSO ENE-OSO ENE-OSO t ESE-ONO t NE-SO t SSO-NNE SSO-NNE t NNE-SSO NE-SO N-S NNO-SSE N-S 335 i .ella regioue Etnea degli OsseiTatorj i . terremoti ■■ecialmente sentire Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici, più rimarchevoli Osservazioni Ikssa zona perimetrale iena, continua durante condizione dinamica 1 e nel giorno prece- lsi può olire piuttosto ; .ativamente alla fre- lùerremoti sensibili e . Nicolosi. Quivi nelle ; ipre continnando il ) so di prima) il tre- 5 ■' si fece più vibrato uno scricchifdio nei , ti e mnra dei fabbri- ( Beipasso, Borello, ;i icemestieri, Trecasta- S;ntti all’ intonio di .rono contemporanea- 3 li'iqne in minore pro- 1 i jcrescimento nel tre- I le prime ore della i.xl 22. )’ del 22 scossa sns- j ,a Nicolosi con grado iì i — succede un tre- 3 ile ore precedenti — n altra scossa snssnl- l( prolungata come a lUal basso all’alto, in , l’intervallo di 3 a ; iu’urto all’altro. La £ .apagnata da rombo ) 1 le una scarica sot- lerosa artiglieria — cl popolo rovinano ì e case, anche soli- ineggiate nel paese oflrragginnse il grado t- o| 1 i 3( ) —Mentre a 5 ehi- ixnza a Nord di Ni- violenta raggiunse 0= 10 con sconvol- 010 e sqnarciatnra trati costituenti il Etna, nel piano dei ca casa campestre ' hi Rena zzi o Guar- i; si fendono le pa- ;erna piena d’acqua perde nel suolo, ilosi vagante per le 11 spavento e tanto dto noirudire forti terranee , coucomi- icio della lava che Nelle ore pom. del 21 con cambia- mento continuo delle coiTenti ele- vate aeree, si è vista la colonna di vapori e cenere enittati con forza dal cratere centrale obbedire con attitudini varie alla forza e alle direzioni mutabili del vento ; in- gombrando prevalentemente ora un fianco, ora l’altro ed estendendosi più 0 meno all’ orizzonte. Durante la notte dal 21 al 22 si mantenne la' eruzione di cenere con la condizione del vento tiu’biiioso variabile. All’ 1,15’ aut. del 22 scoppio della eruzione eccentiica nel piano dei Renazzi sopra Nicolosi. Nelle ore pomeridiane del 21 oltre a Nicolosi i terremoti presentano un carattere di maggior forza a Pateniò e BiancavRla e gli abitanti temono sempre più qualche disastro — nelle campagne avriene la rovina di poclii muri e rimane daimeggiata qualche piccola casa. La Salsa presso Pateniò si mantiene allo stato di calma e nulla presenta di straordi- nario. Giorno 22 Marzo 23 Marzo 24 Marzo 26 Marzo Ora DEL TERREMOTO OSSERVATORJ OVE I TERREMOTI FURONO SEGNALATI Qualità’ DEL movimento Direzione 7,24’ aiit. 8,57’ „ 11,40’ „ 11,45’ „ 12,27’ pom. 2,55’ „ /,35’ „ 10,53’ „ 3, 15’ aiit. 3,22’ „ 5,38’ „ 2 pom. 6,13’ „ 7,30’ „ 2, 1’ aiit. 11,51’ „ 3, 46’ pom. 12, 7’ ant. 4,15’ „ 2 pom. 4, 5’ „ Acireale . Eiposto . • Catania . Acireale . Biancavilla Randazzo Patei'Rò . Biancavilla Catania . Paternò . Pronte . Paterno . Acireale . Paternò . Pronte . Riposto . Giarre . Ling’uagloss Giarre . Paternò . Biancavilla Pronte . Acireale . Paternò . Catania . Acireale . Paternò . Biancavilla Adernò . , Pronte . Randazzo Giarre . Acireale . , Acireale . Acireale . Giarre . Giarre • • • « ondulatorio idem idem idem sussnltorio idem idem idem ondulatorio sussnltorio idem idem ondulatorio idem sussultorio sussultorio-ondulatorio sussultorio ondulatorio sussultorio idem sussultorio-ondulatorio ondulatorio ondulatorio sussultorio ondulatorio idem sussultorio-ondulatorio idem sussultorio idem idem idem ondulatorio sussultorio idem idem idem KNO-SSE N-S SE-NO i NE-SO T N-S N-S_ N-S NO-SE N-S X i N-S JL NE-SO NO-SE t 337 1 ella regione Etnea degli Osservatorj 1 terremoti cecialinente sentire — ■.gare dal snolo a poca ipaese, con emissione 1 so fumo; come suo- I lo scoppiare di una 1 abitanti dei paesi Ì'iicolosi (Borello, Sel- cia, Pedara) sono pa- atti da grave timore. ìse in linea di N. E. durante la notte dal ijhremoti si sono sen- I ì special modo quello potato far crollare boli. )|^i>ppiata la eruzione del suolo generale one Etnea e i feno- uasi si concentrano ciatura eruttiva ove orzioni di moti con- alcuni dei quali di non permettono di II paese di Nicolosi IO al centro eruttivo mlli la influenza di ne dinamica e nei 24 del mese (du- ne) altre malferme i] > ' itrica poco a poco 0 re giorni è rimasta resta più di essa fo ’ i vapori con qual- io li sabbia dalle boc- 0 it. del 25 a Nico- icominciano a farsi t 'emoti — Anche alla Eli sono state awer- 1 erose. Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici, più rimarchevoli •OSSEKVAZIONI La mattina del 22 dopo la condi- | zione precedente del vento turbi- | noso variabile, l’Etna presenta da j Catania un aspetto singolare ca- j ratteristico — Un nembo di vapori | e ceneri sollevandosi a vortici dalla I cima si protende a ponente ed una nuvola di forma speciale (come di un’ala) — Vedi Tav. I — si pre- senta isolata nel cielo a levante e questa formata da vapori e cenere si mantiene permanente per alcune ore, finché nel pomeriggio poco a poco si dilegaia. Frattanto nel bas- so versante meridionale, in direzio- ne di Nicolosi, vedesi sollevare ima massa di fumo denso e nero che indica il punto della scoppiata e- ruzione. Nelle prime ore del giorno 22 1’ e- ruzione eccentrica è attivissima con detonazioni assordanti e proie- zioni di lava e massi infuocati che presto fonnano dei rilievi crate- riformi lungo la squarciatura del suolo. Durante i giorni 22, 23 e 24 l’eru- zione di cenere dal cratere centra- le, quantunque diminuita, si man- tiene attiva ed accompagna la fa- se in corso del parossismo eruttivo eccentrico che in questi tre giorni fluisce. La comparsa della enizione di fuoco produce grande terrore a Nicolosi, Pedara, Beipas- so— Da Nicolosi più diret- tamente minacciato una par- te della popolazione emigra. A Catania i terremoti dell’ ore 0,45’ ant. ed 1,15 ant. del 22 furono molto più sensibili nella parte Nord della città. Da Acireale alla base S.E. e da Pateraò alla base S.O. dell’Etna, vedesi nel profilo una colonna di fumo con vampe di luce sollevarsi in un punto poco superiore e poco distante da Nicolosi. Nel teiTemoto delle 2,55’ a Catania i pendoli prendono una oscillazione circolare. Ora OSSERVATORJ Qualità’ Giorno DEL OVE I TERREMOTI DEL Direzione TERREMOTO EDRONO SEGNALATI MOVIMENTO 25 Marzo 6, 44’ poni. Catania . . Acireale . . Giarre . . ondulatorio idem sussnltorio E-0 t J? 8,42’ 33 Brente . . ondulatorio-sussnltorio N-S n 9,20’ 33 Biposto . . sussultorio-ondulatorio N-S )} 9,56’ 33 Brente . . sussnltorio — 26 Marzo 2 ^2’ -j, ant. Biposto . . Brente . . 3 • sussultorio-ondulatorio sussultorio N-S W 3,58’ 33 Biposto . . ondulatorio-sussnltorio N-S » 5, 8’ 33 Catania . . ondulatorio NE-SO y> 8,20’ 33 Biancavilla . sussultorio — « 8, 54’ 33 Acireale . . Brente . . Adernò . . Biancavilla . Paternò . . ondulatorio sussultorio ondulatorio-sussnltorio idem sussultorio t NO-SE 33 33 j )) 9,35’ 33 Catania * . Acireale . . Biposto . . Biancavilla . Brente . . sussultorio-ondulatorio idem idem ondulatorio sussultorio N-S t N-S NO-SE )5 4,11’ pom. Acireale . . Giarre . . Bandazzo . Brente . . Adernò . . Biancavilla . ondulatorio sussultorio idem ondulatorio-sussnltorio idem ondulatorio NNE-SSO E-0 S-N NO-SE » 9, 3’ 33 Acireale . . idem NNO-SSE y> 9,35’ 33 Catania . . Acireale . . Giarre . . Ling-naglossa ondulatorio-sussnltorio idem idem ondulatorio NE-SO t NE-SO NO-SE n 11,37’ 33 Bandazzo . Brente . . sussultorio idem — 3? 12,45’ 33 Giarre . . Paternò . . sussultorio-ondulatorio sussultorio NE-SO 27 Marzo 0, 6’ ant. Biposto . . sussultorio-ondulatorio NO-SE 33 0,45’ 33 Biposto . . idem 33 33 33 1,18’ 33 Biancavilla . ondulatorio E-0 33 1,31’ 33 Acireale . . • • ■ idem t 339 ella regione Etnea idegli Osservatorj teiTcìnoti ciahnente sentire -sensibile il tremito inorale alla regione t:)in specialmente in ■esa tra Biancavilla onente , Nicolosi a [t /Zafferana a levante g|wci Etnee a tramon- J centro corrisponde 2l cessato fenomeno idei 26 forte terre- io e Nicolosi, ove e il snolo trema con- terremoti delle ore 9,35’ ant. e delle lino forti a Bianca- gnati da cnpe rom- #iemente si adirono 41 rvalli tra l’ima e - Sensibile tremito no — Gli abitanti ono dalle case. Il itellare alcune case t( ] oericolanti — Anche €j§uco minaccia rovina to trasportando le i baracca improv- q a Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici più rimarchevoli Il di 25, dopo cessata la eruzione eccentrica, si riafacciano fenomeni eruttivi di cenere, sabbia e lapilli con cresciuta intensità dal cratere centrale — A ore 9,30’ la cima del- l’ Etna presenta l’aspetto imponen- te di nna eruzione fonnidabile che spinge a grande altezza nna densa colonna di fumo nero, la quale poi si ripiega a levante e va a river- sarsi nella valle del Bove. A di 26 la cima dell’Etna è di nuovo tutta avvolta da vapori e- rnttivi e caligine di cenere. Osservazioni Il recente apparecchio enittivo so- pra Nicolosi mentre non dà più alcuna proiezione di lava, è però tutto fumante per essere passato alla fase Solfatariana o di sempli- ce emanazione di vapori. Il di 26 a Catania nel teiTe- moto delle 5,8’ i pendoli presero nna oscillazione cir- colare. li 340 Giorno Ora DEL TERREMOTO OSSERVATORJ OVE I TERREMOTI furono segnalati Qualità’ DEL MOVIMENTO Direzione KlU; Vitti 27 Marzo 7,15’ ant. Biancavilla .... ondulatorio 0-E J5 8, »? Biancavilla .... idem ?» ?» ) J5 11,30’ ?? Brente sussujtorio — I » 2,41’ pom. Acireale idem — 1 Acireale ...... idem _ I J) 4,54’ ?? Aderiiò idem — V Biancavilla .... idem — Acireale . ... ondulatorio t » 6,30’ ?» Giarre idem 0-E Biancaìòlla .... idem E-0 < ?» 9,25’ ?» Acireale idem t 28 Marzo 5, 15’ ant. Riposto sussultorio-ondulatorio E-0 10 49’ Paterno sussultorio ; ?? ?» Acireale ondulatorio NE-SO ?» 3, 30’ pom. Brente sussultorio — Riposto ondulatorio NO-SE 29 Marzo 3,30’ ant. Giarre idem Paternò sussultorio ?> 1,57’ pom. Acireale idem — ?» 6, 7’ ?» Acireale ondulatorio t ?» 6,24’ ?» Brente sussultorio — 30 Marzo 10,47’ ant. Acireale ondulatorio SSO-NNE n 4, 6’ pom. Acireale idem t 1 ?» 5,50’ ?» Acireale idem t 1 ?? 7,30’ ?» Riposto sussultorio — i ?) 9,20’ ?» Riposto idem — 1 31 Marzo o co pom. Acireale ondulatorio I J- < 1 Tir ^ nota — Durante il mese di Marzo nel Continente Italiano non si sono notate che hrt'’ Monte Cassino il 10 e due a Doma (il 21 e 23) — Nei primi giorm del mese, fm-oiio anche 341 Jtella regione Etnea degli Osservatorj i terremoti Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali l icialmente sentke 227 continui sensibili >Nicolosi e presso i j ] passati alla fase di iiazione gassosa. ed eccentrici più rimarchevoli Nel dì 27, 28, 29 la cima dell’ Etna si mantiene avvolta da vapori erut- tivi e densa caligine di cenere. OsSEBVAZIONI A Biancavilla i fiequenti ter- remoti e rombi sotterranei tengono in contimia agita- zione gli abitanti che te- mono di ritornare nelle loro case e vivono in disagio al- r aperto. 'vontinua la fase sud- Ilice emanazione gas- u I crateri e presso que- di tanto in tanto i.ioti che si avvertono li ee a Nicolosi. Tutto l’apparecchio eruttivo della cessata eruzione eccentrica si man- tiene in piena fase Solfatariana. 'jutinua la fase sud- I crateri — Alle 4, 15’ 30 forte terremoto i lunga durata di A dì 30 è cessata l’eruzione di ce- nere dal cratere centrale: 1’ Etna si presenta sgombro di nubi, è solo sormontata la cima da leggieri va- pori che escono dai fumajoli che fanno corona su l’ orlo del cratere. Tale condizione di calma si man- tiene fino alle ore pomeridiane del di 31 nelle quali ripiglia forza la eruzione di cenere. iiaf 0» 1 a Spìnea di Mestre (una il dì 2, una il 3 e due il 10) — Due a Lipari il 6 — Una atorj, ma sempre leggieri, a Cascia. a o4. xvn. 46 I 342 SULLA ESPLOSIONE ETNEA 3. Fenomeni Meccanici di Esplosione con sqiiarciatura radiale di un fianco dell’ Etna. II Prof. Ed. Suess ha ultimamente prima di me dimo- strato (1) come i fenomeni Etnei del 22 Marzo 1883 hanno dato una significante conferma al mio concetto teorico espo- sto nel 1879 in una lettera da me diretta al collega Prof. Luigi Palmieri di Napoli (2). In essa dopo avere richiamato l’attenzione deir illustre osservatore del Vesuvio sui recenti’ fenomeni da me contemporaneamente studiati sull’Etna, a Mineo e Paterno nella valle flegrea, io veniva alla seguente conclusione « il complesso di tutti i fenomeni vulcanici re- « centemente presentati dall’Etna e adiacenze sul suolo Si- « ciliano conduce alla deduzione sintetica che mi fa am- « mettere una grande frattura la quale da NNE a SSO « attraversa le profondità della Sicilia orientale e ne riu- « nisce r antica alla moderna vulcanicità. « Ritengo che l’accennata frattura rappresenti la sede « degli attuali fenomeni Etnei. . . » L’ Etna diede una prova di ciò con quell’ esteso tratto attraverso la sua massa, lungo il quale (dopo il preparativo del 1874) (3) venne nel 1879 (4) in una direzione NNE-SSO, bipartita in modo da poter dare con le eruzioni gemelle (1) Op. cit. Das Antlitz der Erbe pag. 232. (2) Vedi 0. Silvestri — Sulle condizioni attuali delV Etna — Lettera al Prof. Luigi Palmieri Direttore dell’ Osservatorio Vesuviano ( Bull, del ville, ital. di M. S. De Rossi. Roma Anno VII pag. 9.) (3) Vedi 0. Silvestri. Sulla Eruzione laterale dell’ Etna scoppiata il 29 Agosto 1874 — (Bull. d. R. Com. Geol. d’ Italia — Roma Anno V. p. 244. (4) Idem — Relazione cit. Sulla doppia eruz. e terr. dell’ Etna nel 1879. DEL 22 MARZO 1883. 343 scoppiate il 26 maggio su due versanti opposti, ampio sfo- go alla forza terrestre. Evidentemente anche la esplosione Etnea del 22 marzo 1883 ha seguito nel basso fianco meridionale T andamento di una frattura che col dislocamento degli strati fino alla superficie esterna, ha manifestato la stessa orientazione. Una sola differente modalità si riscontra comparativa- mente nelle due epoche. Nel 1879 la manifestazione esterna della concepita frattura fu per esteso tratto di 10 chil. (1) attraverso la massa centrale del Monte, con prolungamento molto prevalente sul fianco settentrionale. Invece f ultimo avvenimento del 1883 si presenta al giudizio come una ma- nifestazione al di fuori (più discosta dal centro dell’ Etna) di quella medesima ammessa soluzione di continuità degli strati profondi del suolo, per mezzo della quale il sottostan- te focolare vulcanico, oltre a mettersi in comunicazione più diretta con V esterno lungo f asse eruttivo del Monte trovò anche una facile via per giungervi, attraverso .i fian- chi del medesimo, in ragione della loro indebolita resistenza geotettonica. La squarciatura del Marzo 1883 ha avuto una ester- nazione limitata al solo tratto di 3 chilometri sul fianco me- ridionale e in situazione relativamente bassa (da 1200 a 950 metri di altezza). Però quantunque più breve questo tratto di squarciatura, tuttavia non è di minore importanza dell’ altra per tutto l’ apparato di fenomeni sismici che l’hanno predisposta ed effettuata con formidabile esplosione. Vista la orientazione corrispondente alla presupposta generale frattura degli strati profondi, indaghiamo ora quali condizioni hanno potuto determinare il momento cri- tico per favorire in quel punto la manifestazione della forza capace di effetti meccanici sì poderosi. Già ho detto a (1) Vedi 0. Silvestri — Op. cit. I mod. fenom. vulc. dell’ Etna. 344 SULLA ESPLOSIONE ETNEA pag. 290 come dietro un lungo seguito di osservazioni con’ dotte dal 1880 fino ai primi mesi dell’ anno 1883 e dietro lo studio dei micromoti dell’ Etna, io mi era figurata la e- sistenza di « una tensione di forza endoterrestre quasi bilan- « data da resistenze esterne, ma con tendenza a vincerle « per trovare sfogo al di fuori » — La medesima condizione di cose perdurava nel Marzo 1883 quando il dì 20 di que- sto mese con un rapido abbassamento della pressione atmo- sferica (che al mio barometro che tengo sempre sott’ occhio, fu di 13 mill. dal giorno avanti) incominciò il parossismo geodinamico di cui ho reso conto nelle precedenti pagine. L’ abbassamento barometrico fu causa efficiente del fenomeno? — lo credo che ciò possa affermarsi in modo as- soluto; giacche dietro i fatti da me ripetutamente costa- tati e che mi hanno reso chiara una relazione tra i terre- moti, come anche tra i fenomeni eruttivi e le vicende della pressione atmosferica (relazione sulla quale ho insistito nelle premesse pagine di cronaca Etnea (V. da pag. 240 a 293)' io sono d’avviso di dover dare molta importanza alla in- fluenza che può spiegare , sopra una forza in tensione bi- lanciata da resistenze esterne, il fatto di una rapida dimi- nuzione nella pressione atmosferica. Per meglio renderci conto di questa influenza conside- riamo per un momento la pressione dell’aria che gravita sulla superficie dell’ imbasamento Etneo la quale è valutata approssimativamente per 14 miriametri quadrati. Con un calcolo fondato sul peso di chilog. 10330 che esercita una colonna d’aria sopra ogni metro quadrato di superficie (mentre fa equilibrio all’altezza barometrica di 7G cent, di mercurio), si trova che una superficie considerata a livel- lo del mare e tanto estesa per quanto ò ampia la base dell’ Pltna, sostiene una pressione rappresentata da Tonnel- late 144G2000000; la quale per ogni millimetro di mercurio di cui si abbassi la colonna barometrica, scema di Tonnel- DEL 22 MARZO 1883. 345 late 19028947. Nel caso nostro riferendoci a 13 mill. baro- metrici di differenza in meno, si trova una diminuzione equi- valente a Tonnellate 247376311. Questa diminuzione di pressione dell’ aria die cosi va- lutata è già tanto significante a livello del mare ^ non è nemmeno tutta quella che bisogna tenere presente e che deve tanto maggiormente sbilanciare le resistenze esterne quando si consideri in rapporto a quei bassi livelli che at- traverso alle soluzioni di continuità degli strati di un Monte Vulcanico stabiliscono una relazione più prossima tra la superficie e le ime profondità ove dobbiamo ammettere la sede della forza vulcanica del globo: cioè verosimilmente la esistenza di ampj nappj di lava allo stato fluido e ad una temperatura elevatissima al di sotto di strati solidi che quan- tunque interrotti o cavernosi, pure confinano in spazj ristretti condensate masse di fluidi elastici ( specialmente vapore acqueo) capaci di raggiungere la più alta tensione e con questa il punto critico di provocare bruscamente e ripetutamente degli urti da vincere anche le resistenze esterne col farsi esplosivi, determinando violenti fenomeni vulcanici ( sismi- ci ed eruttivi). Non ci deve quindi meravigliare se una straordinaria diminuzione di pressione atmosferica alla su- perficie, possa determinare la comparsa di fenomeni do- vuti alla manifestazione della forza sotterranea e se abbia potuto determinare il dì 20 Marzo lo esordire dei terremoti. I terremoti appena principiati acquistarono con incal- zante frequenza, per due giorni di seguito, il carattere di parossismo geodinamico, finché a ore 1, 15 antim. del di 22 Marzo, ad un livello che scende da 1200 a 950 metri di altezza sul fianco meridionale, gli strati del suolo rimasero squarciati e dislocati per potente esplosione. Ma come si spiega che sul fianco meridionale e non in altri dell’Etna è avvenuta la esplosione ? Ma perchè sul fianco meridionale la esplosione è av- 346 SULLA ESPLOSIONE ETNEA venuta a circa Vs di elevazione del Monte dalla sua base e non ad un livello più alto o più basso? Come mai l’Etna invece che esplodere sul suo fianco meridionale^ non ha sfogato la soggiacente forza con una eruzione dal suo asse eruttivo, per mezzo del quale le pro- fondità sotterranee sono in continua e più diretta comuni- cazione col suo cratere centrale ? Alla prima di queste domande si può rispondere con le stesse ragioni precedentemente accennate e che stanno a prova della ammessa preesistente profonda frattura che io considero attualmente come la sede dei fenomeni Etnei. E se è avvenuta la esplosione sul fianco di mezzogiorno piuttosto che sul fiancò settentrionale, è possibile che ciò sia stato determinato dal fatto che questo ultimo fianco dopo la eruzione di ancora fresca data del 1879 che iniettò tanta lava attraverso gli strati disgiunti del suolo, venne a consolidarsi talmente, da presentare una resistenza agli urti, maggiore di quella opposta dal fianco meridionale. Il che prima era precisamente il contrario, giacche 1’ esperien- za di lunghi anni di mancate eruzioni sul fianco meridio- nale, lo avevano caratterizzato come il fianco relativamente più difficile a frangersi. Circa la seconda domanda si affaccia alla mente una congettura che può con molta verosimiglianza, rendere conto del perchè nel Marzo 1883 è avvenuta la esplosione nella situazione che ne è stata passiva e non più in alto o più in basso. Tale congettura è tutta fondata sulle condizioni topografiche e geologiche del fianco meridionale dell’ Etna. Questo infatti dal Piano del Lago presso la base del Cono centrale è sormontato dalla Montagnola che a guisa di gran- de sprone o contrafforte avanzato si protende in basso con larga base fin dove incomincia un gruppo di fitti Monti cra- teriformi. Questi si connettono con altri simili i quali a destra e sinistra fiancheggiano la valle longitudinale, che è stata il DEL 22 MARZO 1883. 347 teatro della recente esplosione. Questo agglomeramento di Monti stabilisce senza dubbio un carattere di grande soli- dità alla parte elevata del fianco meridionale, mentre se la parte più bassa e soggiacente alla detta valle non si è a preferenza aperta, può dipendere dall’avere esercitato una maggiore resistenza sia per molti altri monti che vi si tro- vano disseminati, sia per la numerosa sovrapposizione di più 0 meno antiche lave nelle quali il dolce pendìo del suolo potè consentire una maggiore potenza di strati ( come ne dà esempio, tra le lave storiche, quella del 1669 ). Finalmente le ragioni che possono soddisfare alla terza domanda si debbono trarre dalle leggi della idrodinamica, applicando le quali è facile dimostrare che una colonna di fluida lava che si sollevi lungo 1’ asse eruttivo dell’ Etna per raggiungere all’ altezza di 3300 metri 1’ estremo cra- tere centrale spiega ( con un peso specifico quasi tre volte quello dell’ acqua ) una pressione idraulica d’ immane po- tenza che il calcolo conduce a ritenere maggiore a 1000 atmosfere. Ed il fatto dimostra che questa pressione supera di grande lunga il grado di resistenza delle pareti laterali, perchè il grande cratere centrale o cima deir Etna si vede riserbato a sole eruzioni di cenere o tutto al più a eru- zioni stromboliane di scorie , mentre il grosso della lava che caratterizza le formidabili eruzioni, prima che giunga a quella altezza, si apre con la sua pressione laterale un adito attraverso ai fianchi. Il fatto adunque della recente esplosione avvenuta in un’area di suolo (v. Tav. II e V) conformata a valle, e come ho sopra detto, fiancheggiata da Monti crateriformi, devesi attribuire ad una minore resistenza che quella situazione topografica presentò agli urti sotterranei ed ivi si deter- minò la esplosione con una squarciatura del Monte la quale si estese per tre chilometri : e specialmente nel tratto medio di questa, gli strati massicci del suolo ( formati da colate 348 SULLA ESPLOSIONE ETNEA sovrapposte di antiche lave preistoriche e storiche ) rima- sero sconvolti e rovesciati. Esaminando 1’ andamento della squarciatura , questa in tutta la parte superiore e intermedia, più interessante come centro della esplosione , presenta una direzione da Sud 30” Ovest a Nord 30” Est; e sul traguardo di essa a settentrione, 1’ occhio va a coincidere sul vertice della Montagnola e non sulla cima dell’Etna. Perciò la direzione di questo indicato tratto è un poco spostata rispetto ad un raggio che si parta dal centro dell’ Etna e discenda verso Sud. Ciò deve pure attribuirsi alle speciali e già accennate condizioni topografiche locali, cioè all’ allineamento da SO a NE di quei Monti crateriformi che fiancheggiano la valle e che hanno contribuito con la loro massa a determinare verso la loro base una maggiore facilità alla rottura del suolo. Se però si considera la squarciatura in tutta la sua parte inferiore, essa non manca di presentare il carattere radiale. Infatti nel suo prolungamento a mezzogiorno pre- senta due diramazioni principali che si estendono fino ad un livello di 950 metri uno verso il Monte Nocilla, (a Nord dei Monti Fiossi sopra Nicolosi) e quasi lo raggiunge te- nendosi un poco più a levante ; 1’ altra attraverso la regione Santo Leo tenendosi a ponente di detto Monte e molto più discosta dell’ altro ramo. Ora se in detta biforcazione si prende una linea retta intermedia e si prolunga a Nord , questa non solo và ad incontrare il centro della esplosione, ma va anche a coincidere col grande cratere centrale. Oltre le due indicate diramazioni molte sono le linee secondarie di frattura che obliquamente e parallelamente ai labbri della sc[uarciatura principale si estendono, costi- tuendo un sistema complicato di rotture che ha molto di simile all’elTetto meccanico che può produrre un’urto secco il quale agisca potentemente dal basso all’alto, su di una volta DEL 22 MARZO 1883. 349 I chiusa e formata da un grosso strato di materia compatta e fragile (1). In seguito a due giorni continui di parossismo geodi- namico che ebbe per centro degli urti 1’ area di suolo de- scritta, r esplosione avvenne come è detto a pag. 335 dopo ripetuti colpi accompagnati da forti detonazioni che a Ni- colosi furono paragonate a spari di una formidabile arti- glieria sotterranea. Quantunque sia opinione generale che molte spaccature di suolo si facciano anche durante il corso di una eruzio- ne, dopo che è scoppiata ; io invece sono di avviso contra- rio e ritengo che anche in questa occasione tutte le frat- ture (principali e secondarie della squarciatura) siano av- venute contemporaneamente, al momento della esplosione. In verità io non saprei come pensare diversamente; giacché una sfiancatura prodotta da eccesso di tensione della forza sotterranea rappresenta un sistema esteso di fenditure che divengono sfiatatoi attivissimi di gassi e vapori , oltre a dar sede ai centri di grande energia eruttiva più diret- tamente in comunicazione con le profondità sotterranee ; (1) Mi è possibile fare questo paragone dietro il seguente fatto avvenu- tomi in una esperienza eudiometrica. Mentre mi accingeva ad analizzare una sostanza gassosa, aveva situato sopra un bagno di mercurio un eudiometro di cristallo a forti pareti della grossezza di circa 2 centimetri. In questo , a titolo di prova, introdussi un certo volume di un vecchio miscuglio detonante che avevo presente in una boccia. Ma il miscuglio (che certamente proveniva dalla elettrosi dell’acqua) appena che sentì 1’ azione della scintilla elettrica, per la sua totale ricombinazione, completamente * scomparve ; e per il vuoto formatosi, il mercurio entrò con tale impeto nell’eudiometro che questo dallo urto secco ricevuto mi rimase longitudinalmente spaccato tra le mani e con le pareti tutte lineate da un insieme complicato di fratture secondarie in rela- zione ad una principale. Fu per me argomento di studio il sistema di fratture di questo strumento, che io conservo nel mio gabinetto, perchè mi rappre- senta con molta analogia il modo di fendersi degli strati massicci di lave costituenti le volte, soggette agli urti poderosi delle esplosioni Etnee. ATTI ACC. voli. XVn. 47 350 SULLA ESPLOSIONE ETNEA perciò mi sembra erroneo il giudicare che la resistenza del suolo sia così da poco, che questo debba frangersi ad ogni impulso di una forza che non può più avere la stessa ten- sione iniziale, per il semplice fatto che già si è aperto un ampio sfogo ah’ esterno (1). Per convincerci di ciò ricor- riamo all’ esempio di una caldaia a vapore, la quale dopo avere fatto esplosione, ha assicurato la resistenza delle pa- reti in quelle parti ove possono essere rimaste intatte. Ilo detto che le fratture del suolo dovute ad una esplo- sione servono a determinare lo sfogo della forza sotterra- nea ed invero con la scorta di questo carattere che assu- mono io mi sono reso conto dopo la esplosione del 22 Mar- (1) Mi duole di non aver trovato in un momento di preoccupazione , parole pronte per rendere, persuasi di questa mia convinzione due gentili Si- gnori (di cui ignoro il nome, ma che seppi essere di Acireale) che nell’in- contrarmi per via, mentre il dì 22 Marzo io mi era incamminato da Nicolosi per andare ad osservare la incominciata eruzione, scesero dai loro cavalli e dichiararono di volermi seguire ad ogni costo. Quando fummo vicini al teatro eruttivo si trovò il suolo in un fremito continuo in corrispondenza agli in- cessanti urti che proiettavano a grandi altezze la fluida lava e i frantumi delle slocate roccie: di tanto in tanto si facevano sentire delle scosse più forti ed una di queste (ondulatoria) fu di tale violenza e, direi quasi, così rabbiosa che traballammo a destra e a sinistra col suolo, finche perso l’equi- librio (non troppo stabile per essere sopra dei mucchi di accatastate pietre) si cadde a terra. In vista del caso io dissi ai compagni sorpresi da viva im- pressione (( si facciano coraggio, non abbiano paura. » Ma uno di questi, giu- stamente, mi replicò e in modo risentito « scusi! come può Lei assicurarci che il terreno non si apra sotto di noi, come si vede qui vicino tutto cre- pato? » In quella situazione ed intento a sorprendere con la vista i fenomeni che alTintorno attiravano la mia attenzione, mi fu difficile trovar parole e ad- durre ragioni per rispondere, anche perchè quadunque ragione faceva troppo con- trasto con gli effetti che in quel momento la natura di ognuno provava. — Se a quei due Signori, che persi poi di vista, verrà sott’occhio questa pagina, desi- dero che vi trovino le mie scuse per non avere saputo assicurarli con una mia convinzione; nel tempo stesso porgo loro i miei ringraziamenti , per avermi onorato della loro compagnia. DEL 22 MARZO 1883. 351 zo 1883 del relativo loro grado di importanza che non sem- pre si può desumere dalle rispettive dimensioni. Ho potu- to infatti distinguere la squarciatura principale che con una larghezza di 20 a 23 metri che presenta nella sua parte media (ove si costituirono i centri della maggiore energia eruttiva), prosegue ai due estremi con una larghezza va- riabile da metri 5, 3, 2, tifino a pochi centimetri; ma da per tutto esalante caldi vapori che dimostrano la sua co- municazione con profondi recessi, quantunque per la sinuo- sità di frattura degli strati, simuli talvolta dei semplici cre- pacci superficiali. Tra le spaccature secondarie che in ge- nerale non superano i 10 o 20 centimetri di larghezza, ve ne sono si di quelle che formatesi per consenso di altre, sono solo superficiali ; ma queste si distinguono per non presentare nessuna emanazione gassosa caratteristica. Sulla squarciatura principale è molto interessante studia- re i fatti avvenuti nel centro di esplosione. Ivi si costi- tuirono 6 più 0 meno grandi cavernosità, tutte V una ap- presso all’altra.; di quella specie a cui io ho già altre volte ^ applicato il nome di cavernosità craterigene (1) perchè rap- presentano il principio dei futuri nuovi crateri o di quei centri di energia eruttiva, ove si determina il massimo sfogo della forza in continuazione alla esplosione iniziale. (2) Nel colmo del parossismo geodinamico le cavernosità craterigene si produssero contemporaneamente alla squarciatura gene- rale, con un meccanismo simile allo scoppio di gigantesche mine; in modo che gli strati superiori del suolo, in punti de- fi) Vedi 0. Silvestri relaz. cit. sulla eruz. del 1879 seconda ediz. (2) Le Cavernosità craterigene sono perfettamente paragonabili a quelle grandi cavità circolari che la forza esplosiva delle masse gassose interne ha prodotto in altri tempi in alcune regioni vulcaniche e le quali furono chia- mate crateri di esplosione. Presentano anche questi gli strati del suolo net- tamente tagliati e spesso si prestano a costituire dei bacini lacustri, come vediamo nei Campi flegrei presso Napoli, nelPAlvernia, nell’ Eifel e altrove. 352 SULLA ESPLOSIONE ETNEA terminati lungo la linea di squarciatura, rimasero sconvolti e frantumati; e frantumi e macigni saltarono per aria. Rimasero così degli scavi o antri profondi a largo dia- metro interno e a larga apertura superiore, con pareti ir- regolari anfrattuose che mostrano al nudo Ano a 15 o 20 me- tri di profondità, le stratificazioni formate da lave di varie epoche (storiche e preistoriche) e dalle quali è stato divelto tutto il materiale projettato. Delle 6 cavernosità craterigene originarie, due (vedi Tav. V) rimasero allo stato primitivo, mentre 4 diedero origine a 4 distinti crateri. Le due rima- ste allo stato primitivo risvegliano l’idea di antiche cave di pietra da taglio, ove con lunga opera dell’ uomo si sia estratto del materiale utile alle costruzioni. Queste due cavità sono immediatamente contigue l’una all’ altra e non sono separate che da un breve setto il quale anzi è nella sua parte superiore mezzo franato e lascia travedere che ambedue non sono che allargamenti della medesima non interrotta squarciatura. I loro labbri non circoscrivono un’ area perfettamente circolare , ma (specialmente nella cavernosità situata più verso Nord) l’area è un poco allungata nel senso della squarciatura. Le loro pareti sono come ho detto molto anfrattuose e ir- regolari, in certi punti si allargano, in altri si restringono. Supponendole come condizione compensatrice verticali e cilindriche , con un diametro medio valutato tanto per runa, quanto per l’ altra di metri 20 con 15 di profondità (a livello del suolo primitivo) si deduce da questi dati che complessivamente rappresentano una cubatura di 9420 m.c. Per le altre quattro , che con le successive deiezioni si sono in parte riempite costituendo dei crateri imbuti- formi regolari, non si hanno sott’occhio le dimensioni pri- mitive: ma con una certa approssimazione possiamo giu- dicarle dall’ampiezza dell’orlo superiore dei crateri. E poi- ché di questi, due (intermedi) si aprono quasi come le due DEL 22 MARZO 1883. 353 cavernosità descritte e due (estremi) sono molto più pic- coli ^ si può verosimilmente ritenere che tutte e 4 riunite, le cavernosità originarie, rappresentino una volta e li2 la cubatura delle altre due. Dimodoché complessivamente dalla esplosione iniziale’ e generale, ajutata poi dalle esplo- sioni parziali eruttive posteriori, si giudicano saltati alharia 23550 metri cubici di antiche lave, in blocchi e detriti; e tutto questo materiale scaricandosi al di fuori, venne a formare degli ammassi di pietrame che ricoperti poi dalle projezioni della nuova lava (bombe, scorie, lapilli) diedero origine alle due colline che ora stanno a testimoniare il centro dei fenomeni esplosivi ed eruttivi. Art. 3. Fenomeni erutlim eccentrici § 1. Topografìa e Fisiografia del nuovo Apparecchio eruttivo sul fianco meridio- nale dell’Etna. Centri attivi per la eruzione di masse gassose. Centri attivi per la eruzione di masse laviche. Tre correnti di lava (v. Tav. Il, III, V, VII. ) Nel descrivere i fenomeni meccanici della recente esplosione ho già indicato V andamento della squarciatura radiale. Questa ha attraversato longitudinalmente una zona di suolo che partendo dalla base di una collina situata poco al di sotto del Monte Grosso a Nord, si distende ai piedi dei Monti che lo fiancheggiano a ponente i quali sono, pro- cedendo da tramontana a mezzoggiorno; il M. Concilieddo, il M. Concino, la Timida dei Renazzi^ il M. Renazzi, il M. Santo Leo e dopo breve distanza il M. Nocilla. Mentre a levante è fiancheggiata dal M. Guardiola e dal il/. Ser- 354 SULLA ESPLOSIONE ETNEA ra Pizzuta. Tutta questa zona che, come ho già detto è conformata a valle, è nel primo tratto superiore superfi- cialmente occupata dalla corrente di lava del 1766 e nella inferiore dalla corrente molto estesa di lava del 1537. Pre- senta un carattere generale di lieve inclinazione che in me- dia è di 5 gradi e fa contrasto con le ripide balze che conducono alla soprastante Montagnola. Nella sua parte media porta il nome di Piano dei Renazzi o Renatura e quivi segna il limite superiore della regione coltivata e la inferiore della boschiva. La parte superiore e media di questa zona, cioè parten- do dal piè del M. Concilieddo e giù giù per tutta la esten- sione del Piano dei Renazzi, presenta il maggiore interesse per aver dato sulla squarciatura rimpianto Apparecchio eruttivo che ha funzionato nella recente eruzione. L’ Apparecchio eruttivo è piuttosto complicato, ma la sua complicanza è molto istruttiva perchè ci dà una idea chiara del meccanismo di una eruzione che è stata de- stinata ad abortire al suo principio. Consiste nelle seguenti parti che io distinguo in 8 centri eruttivi che si possono facilmente comprendere tenendo specialmente sott’ occhio la Tav. V. ove, per lo scopo geologico , ne ho rappresen- tato la planimetria ed il rilievo. r Centro di eruzione. — Consiste in una bocca che si apri sulla squarciatura ad un livello di 1200 rn. sul mare e projettò nel primo impeto, tutto all’ intorno, delle nere scorie con le quali si costituì a piè di una collina un pic- colo cono 0 cratere del diametro di 5 metri e che non su- pera i due metri di altezza dalla propria base inclinata (v. Tav. III. fig. 2). La eruzione che fece di scorie nel mo- mento della esplosione, segnalò la sua formazione ed il pic- colo cratere fu destinato ad una lunga eruzione di abbon- danti vapori. 2° Centro di eruzione. — È a metri 1175 di livello sul DEL 22 MARZO 1883. 355 mare e dista dal primo 700 metri. È formato da un grup- po di 4 bocche, una in seguito all’altra le quali analogamente a quella del V centro, projettarono nera lava scoriacea al primo affacciarsi della eruzione. Le scorie sulla squarciatura eressero un sistema di 4 coni quasi saldati fra loro, sopra una base ellittica e allineati nella direzione della squarcia- tura. I due estremi più alti (4 a 5 metri) sono del diame- tro di due a tre metri; e due intermedj più bassi (tre metri) hanno un diametro da L“,50 a 2’”,50. Servirono anche questi a lungo, come spiragli di vapori e di venti sotterra- nei, caldi, impetuosi. 3° Centro di eruzione — É un gruppo più complicato del precedente, dal quale è discosto 190 m. e resulta da 8 bocche situate ad un livello di 1155 m. Anche in questo punto della squarciatura, nel primo impulso eruttivo, venne fuori della lava scoriacea nera la quale incandescente e pa- stosa costituì una specie di cresta aita 3 a 4 metri dalla ba- se*. in 8 punti conici più o meno sporgenti del suo profilo corrispondono le aperture circolari di 8 gole allineate le quali pure, come le precedenti, funzionarono a lungo per lo sfogo eruttivo di masse vaporose e l’azione fu così attiva che anche un mese dopo il termine dell’ eruzione, si senti- vano presso le loro aperture delle rombe e sibili partico- lari di correnti gassose in movimento ascendente. Le loro pareti interne di scorie risentirono di un’a- zione chimica profonda per emanazioni acide, e passarono rapidamente a rivestirsi di uno strato di pozzolana, dovuta alla trasformazione superficiale delle scorie. 4° Centro di eruzione. — È il centro principale di eruzione che corrisponde al centro principale di esplosione. Dista 260 metri dal precedente ed è situato ad un livello di Ilio m. È rappresentato dai 4 distinti crateri imbuti- formi e dalle due cavernosità craterigene che ho descritto nell’ Art. precedente e valutato nella misura dei loro vuoti 356 SULLA ESPLOSIONE ETNEA interni che presentano prodotti dalla esplosione. Hanno per sede la doppia collina della cui origine mi sono già oc- cupato. La prima collina a Nord-Est è la più elevata per- chè quivi è stata 1’ azione dei crateri più grandi e più at- tivi. Questi mostrano aperto il loro imbuto non precisa- mente sopra una linea assile che passi per il vertice della collina, ma sono orientati verso il fianco di O.N.O. coi loro orli inclinati sopra un pendio di 30 gradi in media, per cui a distanza si vedono solo su questo fianco e compari- scono dal basso, come le due cavità orbitali di un gigan- tesco teschio. Hanno dato (in causa del vento dominante durante la eruzione) il maggior contribuito di materiale projettato sul fianco opposto di E. S. E. il quale per questa ragione pre- senta una base più estesa e quindi una più dolce inclina- zione (da 18 a 20 gradi). Per questa rcigione si è trovato spostato dalla linea assile dei crateri il vertice della collina, che vista da levante e mezzogiorno sorge con un profilo regolare e rotondo per un’ altezza media di 22 metri dalla propria base la quale è inclinata a Sud e maggiormente a Sud-Est, ove scende in un avvallamento. In tutta la sua parte culminante è attraversata da una fenditura principale (sede di fumajoli a temperatura eleva- tissima come vedremo) prodotta dal franamento e rasset- tamento del materiale accatastato. La fenditura è parallela alfasse dei crateri ed è in corrispondenza della soggiacente squarciatura del suolo. Questa prima collina, domina la seconda che le fa seguito come uno sprone prolungato a Sud-Sud-Ovest, che presenta i suoi fianchi con una inclinazione media di 15 gradi ed elevasi una diecina di metri dalla base, per avere avuto minor contributo di proiezioni dalle due cavernosità craterigene e dal piccolo cratere estremo a Sud-Sud-Ovest, dei quali è stata la sede. DEL 22 MARZO 1883. 357 In questo centro conformato a doppia collina, tutti i crateri e cavernosità craterigene rivelano quale comune principio essi ebbero, non solo con la loro orientazione alli- neata, ma con certe slabbrature che presentano sui loro margini in relazione ad una linea di generale infossamento sui flancbi che chiaramente designa l’ andamento della squarciatura generale su cui riposano. Tutto all’ intorno si vedono disseminati massi voluminosi, bombe e mitra- glia, provenienti dalla esplosione del suolo: mentre le suc- cessive proiezioni eruttive della nuova lava, in forma di lapilli abbondanti scoriacei e leggieri , si sono diffuse sul fianco di E. S. E. in ampia zona fino verso il Monte Guar- diola alla cui base sorge una collinetta che ne rimase pure ricoperta, insieme ai ruderi di una casa colonica ri- masta distrutta dai terremoti. Tale 4" centro e principale di tutto l’ apparecchio eruttivo, a livello inferiore dei centri precedenti, ha servito principalmente allo sfogo eruttivo della lava che quivi è scaturita per costituire una corrente stentata (1) ma rela- tivamente la più estesa, che occupa una lunghezza di me- tri 280 ed una larghezza media di metri 100. La lava nella sua prima spinta ha acquistato la tendenza a dirigersi verso ponente, ma poi nel distendersi in questo senso ha trovato una maggiore inclinazione del suolo a mezzogiorno e a tale prevalente condizione, ha obbedito piegando da questa parte, allargandosi e inoltrandosi per quanto le è (1) die questa corrente sia stata stentata nel distendersi sul suolo, lo dimostra il fatto di essere formata da strati di lava molto porosa e nel loro insieme sconvolti; quasi che fosse nutrita da materia non sgorgata in massa, ma accumulata in forma di projezioni (v. Tav. III. Fig. 1) capaci col loro rapido succedersi di spingersi avanti per costituire la corrente. Questa perciò presto dovè raffreddarsi e specialmente nel suo punto estremo. La riprova evidente ce ne dà quivi un albero di ciliegio che è stato investito dalla lava e si è mantenuto fresco e vegeto come tuttora si vede. ATTI ACC. VOL. XYH. 48 358 SULLA ESPLOSIONE ETNEA stato consentito dalla topografia locale e dalla brevissima durata della eruzione (tre giorni). In questa percorrenza la lava ha ricoperto una parte della squarciatura del suolo che ritroviamo libera e fumante alla estremità dove la lava finisce e ci guida verso le altre parti dell’apparecchio eruttivo. 5.“ e Centro di eruzione — Oltrepassata l’estremità della prima corrente di lava seguendo sempre la squar- ciatura del suolo, incontransi prima alla distanza di una cinquantina di metri e più in là, dopo altri 10 metri, due bocche tutte circondate da projezioni di nera lava scoria- cea che hanno presentato le medesime fasi delle bocche del V, 2% e 3° centro di eruzione. Cioè hanno dato proje- zioni di scorie all’ esordire del parossismo eruttivo e poi si sono limitate a dare sfogo attivo ai vapori interni, acqui- stando il carattere di permanenti emanazioni di aria calda a guisa di stufe. Intorno a loro si vedono pure dei rilievi conici di po- ca importanza di 1 metro e mezzo a 2 metri di diametro e che per essere rinchiusi tra le pareti della squarciatura non si vedono che sul posto o dall’ alto. Una di queste bocche (quella del 5° centro) attira l’ attenzione per la sua conformazione particolare di una volta globosa di lava che chiude un orlo circolare di scorie e risveglia l’ idea di una bomba o vessica gonfia, quasi disposta a scoppiare. B se non è scoppiata devesi al fatto che la tensione gassosa ha potuto determinarsi lo sfogo da una gola laterale lì presso apertasi , per cui quella volta convessa è rimasta impietrita. 7.° Centro di eruzione. — Succede al 6“ dopo un breve tratto di 10 metri nel quale la squarciatura attraversa lon^ gitudinalmente delle creste moreniche della grande corrente di lava ivi ampiamente distesa del 1537. Questo 7° centro porta il carattere delle bocche di fuoco che io ho altre DEL 22 MARZO 1883. 359 volte descritto e fatto conoscere (1) destinate al più copioso e più facile sgorgo della lava dal suolo. Intorno a questa bocca vi è una parete di scorie che esternamente presenta una forma pseudoconica aperta da un lato che è il lato S. 0. ed internamente presenta due fianchi un poco divergenti che a guisa di due morene laterali racchiudono la lava che è uscita dalia bocca per distendersi sul terreno e formare una seconda breve corrente. Uno dei flanchi di scorie ve- desi attraversato da una fenditura che è in corrispondenza alla squarciatura sottostante. Il pseudocono aperto ha un’ al- tezza di m. 5,50 dalla base con una inclinazione di gradi 27 e sorge ad un livello di metri 1040 ed è un poco inferiore ai due vicini centri 5“ e 6“. La corrente di lava che quivi è scaturita, prima si è diretta a 0. S. 0. , poi per le irregolarità del suolo si è ri- stretta, ha piegato a Sud facendo un gomito ed allargan- dosi di nuovo. Dopo una percorrenza di 130 m. sul suo asse, con una larghezza media di 35 è andata a battere contro 1’ 8° ed ultimo centro eruttivo e lì si è arrestata. 8.^ Centro di eruzione. — È una bocca di fuoco sul tipo identico della precedente (da cui dista un centinaio di metri) e dalla quale non differisce che per essere più piccola. Il suo contorno di scorie è orientato col suo fianco aperto pure a S. 0. e raggiunge un’altezza di m. 4, 40; trovasi ad un livello di metri 1028 con una inclinazione esterna di gradi 33 mentre le pareti interne sono ripide come nell’altra. Da questa bocca è scaturita una piccolissima corrente di lava che con una larghezza media di 17 metri ha per- corso un brevissimo tratto di metri 60 a Sud passando sopra la squarciatura del suolo che rimane in questo pun- to ricoperta, per ricomparire subito dopo e continuare il suo cammino a S. 0. fino a quel limite che ho precedente- mente indicato. (1) V. 0. Silvestri' relaz. cit. sulla eruzione 1879 2.*^ ediz. 360 SULLA ESPLOSIONE ETNEA L’ altezza delle 3 correnti di lava dal suolo varia se- condo le condizioni della superficie e i punti più vicini o più lontani dalla sorgente. Una media di molte misure pre- se mi ha dato 1“,75. Tutto quanto precede circa gli otto centri descritti che costituiscono V apparecchio eruttivo, ci conduce facilmente a riconoscere in questo, due sistemi complessi di aperture che oltre ad essere collegati tra loro dalla squarciatura generatrice del suolo , corrispondono perfettamente nelle funzioni come nel meccanismo eruttivo. Sono cioè due siste- mi, uno superiore e l’altro inferioro, egualmente composti da un gruppo di crateri, ovvero da un gruppo di bocche di fuoco (destinato alla eruzione della lava) e da gole o gruppi di gole a livello più alto (destinate allé eruzioni dei gassi e vapori). Per completare la storia dell’ apparecchio eruttivo, mi rimane a far conoscere il resultato finale della sua forma- zione e delle sue funzioni, cioè la superficie di suolo occm pata ed il volume rappresentato da tutto il materiale erut- tato, sia in projezìoni frammentarie, sia in corsi di lava. I calcoli fondati sulle misure via via accennate, mi han- no condotto alle seguenti valutazioni approssimative che danno una idea del materiale solido che hanno portato dal- T interno all’ esterno la esplosione e la eruzione. Doppia collina crateri forme originata Superficie dalla esplosione iniziale del snolo e ocmpc^^ dal materiale eruttato dai crateri di cui è stata sede Ettari 0, 8662 Prima e seconda bocca di fuoco ... » 0, 0486 Bocche isolate o gruppi di bocche o gole funzionanti di sfiatatoj (comples- sivamente) » 0, 0630 Prima corrente di lava (superiore) . . » 2, 2375 Seconda » » » f media ) . . » 0, 4937 Terza » » » (inferiore) . . » 0, 1675 Volume della massa metri cub. 150000 » » 7500 » » 10000 » 39156 » » 8639 )) » 2583 Totale .... Ettari 3,8765 metri cub. 217878 DEL 22 MARZO 1883. 361 Del voi. totale soli m. c. 50378 rappresentano la lava delle 3 correnti e i rimanenti m. c. 167500 rappresentano il ma- teriale projettato per costituire tutti i rilievi intorno alle bocche e ai crateri. Da cpiesta ultima cifra detraendo i m. c. 23550 già valutati per la cubatura del materiale che saltò in aria dagli strati del suolo (producendo le caver- nosità nel centro della esplosione) restano m. c. 143950 ap- partenenti alle projezioni eruttive (bombe scorie lapilli) della nuova lava che ricaddero e si accumularono intorno ai centri di eruzione. Impossibile è calcolare il volume delle materie gasso- se e vaporose che sono state eruttate dalla squarciatura eccentrica e specialmente dalle bocche designate a questo scopo. Solo si può dire che la quantità fu grandissima in poco tempo; tanto che io dovei chiamare la recente eruzione come una eruzione prevalentemente di materie vaporose (1). Non già perchè realmente queste sieno state più abbondanti di quanto suole essere nelle ordinarie eruzioni, ma perchè avendo esse potuto trovare un immediato sfogo da estesa fenditura rimasta aperta, fecero rapidamente diminuire quel- la tensione necessaria a spingere al di fuori la lava dai centri di dove avea incominciato a scaturire; per cui questa venne ben presto a mancare, mentre si mantenne più a lungo la eruzione dei vapori. Sotto tale riguardo la eruzione del Marzo 1883 si può dire che lia ripetuto perfettamente la storia della brevissima eruzione eccentrica dell’Agosto 1874. Le cifre del materiale solido eruttato dimostrano ad evidenza che la recente eruzione di fronte alle formidabili eruzioni Etnee, e di lunga durata; è stata una eruzione in miniatura: e tanto più comparisce tale quando si rifletta all’imponente parossismo geodinamico che l’ha immediata- (1) V. 0. Silvestri relaz. cit. sulla eruz. 1883 pag. 10. 362 SULLA ESPLOSIONE ETNEA mente preceduta. Tuttavia l’apparato vulcanico ora descritto, con la sua squarciatura, coi suoi crateri o bocche di fuoco e gote distribuite su questa o per lo sgorgo delle correnti di lava o per le eruzioni di correnti gassose; tutto rimasto in piccole proporzioni e al nudo, conservando nelle sue parti speciali le condizioni della primitiva sua origine: è quanto di più elegante ed istruttivo può essere nato mai dalla na- tura selvaggia ed impetuosa di un grande vulcano. Come tale io ho procurato di riprodurlo in tutto il suo insieme con un modello in rilievo o geoplastica, nella proporzione ® questo può vedersi nel mio gabinetto vulcanologi- co che ho fondato nella R. Università di Catania. Fatti fisici riguardanti la eruzione eccentrica. — Studio fisico del materiale eruttato. Ognuno sa quale complesso di fenomeni fisici attraenti e imponenti accompagni un parossismo eruttivo nella mas- sima attività per le manifestazioni della energia potenziale della forza interna che si rivela all’esterno con apparenze luminose, calorifiche, elettriche e magnetiche. Questo ar- gomento è stato tante volte trattato dagli autori e anche da me per le moderne eruzioni dell’ Etna che sarebbe su- perfluo il tornarvi sopra : specialmente nella sua parte generale che è la parte scenica delle eruzioni, della quale con predilezione e libera fantasia si occuparono anche gii antichi. Solo mi propongo di far notare alcuni fatti meri- tevoli di attenzione che mi è avvenuto di osservare. Uno di questi è che nella recente eruzione, qualunque manifestazione imponente ha avuto una brevissima durata (di appena 3 giorni) durante la quale sono mancati quei fenomeni concomitanti caratteristici, di lampi e tuoni , do- DEL 22 MARZO 1883. 363 vuti alla produzione e ricombinazìone di stati elettrici con- trarj nelle nubi eruttive. Non parlo delle folgori che pos- sono mancare anche nelle eruzioni più formidabili. Ciò si collega col fatto della mancanza di cenere in questa recente eruzione e conferma l’idea già emessa dal Prof. Palmieri della grande influenza che ha per tali manifestazioni una abbondante emissione di ceneri che nella loro caduta ma- nifestano elettricità negativa in basso e crescono la posi- tiva dei vapori soprastanti. Nella eruzione eccentrica del marzo, le' esplusioni eruttive a grandi altezze sono state specialmente di scorie e lapilli con poca sabbia ed è man- cata la cenere: al contrario di quello che avvenne nell’e- ruzione penultima del 1879 in cui la abbondante quantità di cenere (che superò di gran lunga quella della lava) diè luogo a manifestazioni elettriche straordinarie. Un altro fatto che interessa la fisica della eruzione è quello di cui già mi sono occupato in due note consecu- tive presentate alla Reale Accademia dei Lincei di Roma ed in altra resa di pubblica ragione dall’Accademia Gioenia di Catania (1). È il fatto riguardante le bombe a nucleo quarzoso semifuso e pomiceo granulare sulla cui struttura problematica, ho bisogno di ritornare potendo completare le idee in proposito coi resultati di osservazioni ulterior- mente fatte da me e da altri. Dopo avere evidentemente provato con gli argomenti della chimica la natura quarzosa di questi nuclei, io in- terpetrai la struttura particolare bóllosa in cui sì pre- senta il quarzo (quasi formante una pomice leggiera fria- bile che si risolve in granuli tra le dita) ammettendo uno stato di semifusione e rapido raffreddamento da esso subiti (1) Vedi 0. Silvestri. — Sopra ima particolare specie di quarzite semive- trosa a struttura pomiceo-granulare, contenuta nell’ interno di alcune bombe projettate dall’Etna nella eruzione eccentrica del 22 Marzo 1883.— Att. Acc. Gioenia Ser. 3. voi. XVII. 364 SULLA ESPLOSIONE ETNEA e ne inferii una importante testimonianza per attestare la molto elevata temperatura die deve regnare nei focolari vulcanici. Nella Tav. IV. fig. 2 è riprodotta una fotografìa otte- nuta da una lamina sottile di un frammento di nucleo (preparazione ottenuta con molta difficoltà per la friabilità del minerale): tutte le strìe e macchie nere rappresentano le bollosità che rigonfiano la massa incolore, trasparente, del quarzo che lascia travedere un insieme di granulosità ora rotondeggianti, ora angolose, in cui si risolve. Il fatto messo in rilievo dalie mie note, ha destato vivo interesse tra illustri cultori della scienza e tra questi citerò principalmente Daubreé e Fouqué in Francia: W. Px^eiss: A.von Lasaulx in Germania: Sella, Scacchi, Meneghini, Cossa, Bombicci, D’Achiardi tra noi. Mi dispiace che non di tutti conosco Ano da ora V autorevole e definitivo parere. Daubrée dell’ Istituto di Francia per il primo mi scrisse in data del 31 Luglio 1883 nei seguenti termini. « L’état « du quartz que vous avez étudié d’une maniere si com- « plete est très remarqualile. Gomme effets analogues mais « moins intenses, on peut citer l’état du granit dans cer- « tains de nos forts vitrifiés, ou il a été rammollì et bour- « souflé artlficiellement et ce là par des massi! considera- « bles. Ce serait à ne pas y croir, si fon n’en avait les « preuves sous lès yeux. On ne sait par quels procédés « nos ancètres arrivaient à des resultats calorifiques qui « ne saurait réaliser aujourdhui ...... Questo paragone specialmente lo stabilisce con ciò che l’A. ha trovato nello studio di un granito a struttura minutissima o leptinite del forte vetrificato di Craig Phadrick in Scozia in cui come dice a pag. 4 di una sua memoria (1) « le feldspati! (1) V. Daubrée. — Exaineii minéralogique et chimique des materiaux proveoants de qiielque Forts vitrifiés de la Fraiice, de l’Haute-Alsace et de r Ecosse — 2 Mem. Paris — Revue Archeolog. 1881. DEL 22 MARZO 1883. 365 « a généralement perda son état cristallin ; le mica est « completement disparu et c’ est à sa fasion que sont due « partiellement les boursouflures ; ainsi que une matière « vitreuse noire inégalement répandue dans la masse. L’é- « tat bulleux est tei, que les vides représentent au moins « la moitié du volume total; il rappelle celai de beaucoup de varieté de ponce. « L’ examen microscopique sur des plaques minces « a montré les caractères suivants: presque toute la masse « qui est très active sur la lumière polarisée consiste en « quartz et se compose de grains qui ont conservò leur « contours anguleux. Ces grains sont agglutinés par une « matière vitreuse abondante paraissant avoir été formée « au dépens du feldspati! qui a disparu etc Poco più tardi Fouqué del Collegio di Francia mi scri- veva « Votre quartz eruptif de V Etna m’ a beaucoup in- « teressé. Je ne connaissais rien de pareil. Le quartz que « j’ai trouvé dans les laves de Santorin était en petits « fragments de la grosseur d’une noix; blanc laiteux, très « coherent et. n’ ayant aucune apparence granuleuse. On « n’y distinguait aucun soufflure, ni aucune bulle. La de- « mostration que vous donnez de la nature cliimique du « quartz des bombes de V Etna est irrefutable. Vous avez « eu bien réellement affaire à du quartz et vous fournissez « ainsi la preuve évidente- de la haute temperature qui « peut regner dans un vulcan. » Frattanto essendo riuscito ad ottenere una discreta preparazione microscopica in lamina sottile (quella ripro- dotta nella Tav. IV. fig. 2.) di questo quarzo così granuloso e friabile, mi convinsi sempre più di ciò che dico a pagina 3 della mia Nota pubblicata. « Osservando una lamina sottile alla luce polarizzata essa manifesta coi colori di po- larizzazione vivi , i caratteri ottici del quarzo » che cioè le proprietà ottiche si sono mantenute nel quarzo comple- ATTI ACC. VOL. XVH. 49 366 SULLA ESPLOSIONE ETNEA tamente senza accennare in nessuna parte a quella inattività rispetto alla luce , caratteristica delle sostanze passate a fusione vitrea. Questo fatto contradittorio ed il paragone stabilito da Daubreé tra il mio quarzo e quello delle masse granitiche fuse artificialmente in cui aveva però osservato i granuli di quarzo inalterato , erano di peso assai grande per non* rendermi più sicuro del mio giudizio. Perciò impegnai Fouqué a fare eseguire altre sezioni nel suo laboratorio per esaminarle attentamente ; ed egli dopo esser riuscito ad ottenere due buone preparazioni mi manifestò il seguente avviso: « Dans votre quartz enclave « les grains de quartz sont réellement intacts. Gomme « vous verrez dans deux preparations (pour pouvoir les « faire il a fallu coller les grains de quartz avec de la « gomme copal) la proportion de matière vitreuse est très « faible ; et semble que ce soit la matière vitreuse de la « lave qui se soit inflltrée entre les grains de quartz. Sur « les bords de l’enclave on le volt encore chargée des mi- « crolithes de la lave. « Le seul minerai developpeé au contact de la lave et « du quartz, est un minerai en prismes très allongés flns « comme de très fìnes aiguilles, à couleurs vives de pola- « risation, extinction très oblique. Je crois , sans pouvoir « fassurer que c’est du pyroxene. Ce minerai est d’ailleurs « assez rare. « En somme le quartz de l’enclave a conservò ses pro- « priétés optiques et ne me parait pas modifié dans sa « forme. La matière ponceuse interpose provient de la la- « ve et est bien interessant le fait de l’ infiltration de la « matière amorphe de la lave entre les grains de quartz^ « come le fait l’eau au sein d’ un grès poreux. » D’ altra parte A. von Lasaulx da Bonn mi ha scritto sul proposito il suo parere in questi termini : DEL 22 MARZO 1883. 367 « Io penso che il tuo minerale semifuso trovato nelle « bombe dell’ Etna (e che è vero quarzo) non abbia pro- « priamente raggiunto una fusione per mezzo della tempe- « ratura elevatissima che sarebbe necessaria; ma piuttosto « che il passaggio liquido del quarzo sia determinato da « una specie di soluzione del medesimo nel magma fluido • « della lava. Nell’atto della soluzione è avvenuto certamen- « te un rigonflamento nella massa e tanto maggiore dove « la materia quarzosa primitiva ha potuto fendersi per « effetto del calore. Tuttociò ha potuto dunque fare ac- « quistare al quarzo l’aspetto semifuso e pomiceo, per un « fenomeno fisico di soluzione nel magma, senza bisogno « che questo abbia presentato un calore capace di deter- « minare la fusione ignea del quarzo. Ho trovato nell’ Au- « vergne dei pezzi di granito che presentano bene i ca- « ratteri del tuo quarzo semifuso. Meneghini e d’ Achiardi fissarono il loro pensiero, so- pra una maggior facilità con cui abbia potuto fondersi il quarzo a contatto di una pasta pirossenica, e in certo mo- do diedero maggiore importanza a quel fatto al quale io stesso chimicamente accennai (pag. 6 della mia Nota citata) che cioè « il principio di fusione dei nuclei quarzosi possa essere relativamente facilitato dalla presenza accidentale del ferro e dell’allumina. Riassumendo si può dire che tutti i giudizj accennati sono d’ accordo a non ritenere il rigonfiamento del quarzo come dovuto ad una vera fusione ignea, come si fa arti- ficialmente sul solo quarzo esposto ad una temperatura elevatissima: ed o ammettendo nel quarzo la semplice infil- trazione a contatto della pasta vetrosa della lava, o ammet- tendo un fenomeno di soluzione del quarzo nel magma la- vico, 0 ammettendo una fusione del. medesimo molto faci- litata dal contatto di un bagno di lava basico ; tutti con- ducono alla medesima idea che il cambiamento nelle appa- 368 SULLA ESPLOSIONE ETNEA rerize esterne subito dal quarzo, sia dovuto al contatto di questo col magma lavico. Conciliano dunque la condizione di struttura pomicea e di apparente fusione del quarzo con la permanenza del suo potere attivo sulla luce: conciliano in presenza del magma fluido della lava il passaggio dei quarzo ad uno stato di mobilità nelle sue particelle, tale da potere rigonfiare e trasformarsi in pomice senza bisogno di ammettere una vera fusione. Mentre io nella mia Nota ho ammesso una semifusione ignea facilitata dalle proporzioni (quantunque piccole) trovate con V analisi, di ferro, di allu- minio e di sodio: e in quanto al potere attivo permanente del quarzo sulla luce e al disgregarsi facilmente in granuli angolosi, io l’aveva spiegato per mezzo di un fenomeno sem- plicissimo di tempera, per cui un vetro qualunque, isotropo rispetto alle vibrazioni luminose , si fa anisotropo quando venga fortemente riscaldato e poi raffreddato e se il raf- freddamento è molto brusco (come lo deve essere per le bombe vulcaniche le quali da un bagno di lava sono dalle esplosioni lanciate in aria a grandi altezze) la sostanza vetrosa perde la compattezza e si sconnette facilmente in particelle angolose , ciascuna delle quali è attiva alla’ luce polarizzata. Questa mia interpretazione quantunque plausibile, cede però alla conclusione diversa dei precitati giudizj , corro- borata : 1. Dalla presenza dei microliti lavici a contatto dei gra- nuli di quarzo, come vedesi nelle preparazioni di Fouqué. 2. Dalla presenza in mezzo al quarzo di una sostanza vetrosa in tenue proporzione, la quale analizzata partendo da una quantità sufficiente di quarzo, mi ha mostrato non solo gli ossidi di ferro, di alluminio e di sodio, (già preceden- temente costatati) ma tutti gli elementi chimici della lava. 3. Dalla forma esterna angolosa e talvolta anche con aiiparenza laminata a interstizj pomiceo-vetrosi , che mi DEL 22 MARZO 1883. 369 hanno mostrato i nuclei quarzosi di altre bombe che ho trovato in seguito a quando scrissi la mia prima nota. Convengo che ciò dà un grande peso all’ idea dell’ in- filtramento del magma lavico attraverso ad 'una quarzite porosa; sempre però ritenendo che 1’ attitudine acquistata dal quarzo di potere in questo contatto rigonfiare ed acqui- stare l’aspetto di pomice, possa accadere anche con piccole quantità di materia vetrosa della lava; giacché nel quarzo di aspetto latteo, il più poroso e rigonfiato, ho trovato che questa non supera il 5, 3 per cento. Termino questo § 2 col registrare alcuni caratteri fi- sici esterni ed il peso specifico appartenente al materiale solido emesso dalla eruzione eccentrica, il quale si può di- stinguere in 11 diiTerenti varietà. Fra queste però com- prendo anche la cenere eruttata contemporaneamente dal cratere centrale alla sommità dell’Etna. 1. Lava nera porosa die forma le tre nuove coiTenti . . . 2. Lapilli e scorie nere (alcune con supei’ficie di aspetto me- tallico grigio e talvolta con iridescenza) che formano le projezioni generali delle bocche di fuoco e delle bocche che hanno funzionato da sfiatatoj di vapori 3. Lapilli e scorie di colore rossiccio bnino che formano il recente materiale projettato, su larga zona all’ intorno del centro più attivo di eruzione, dal grappo di crateri principali • . . . 4. Sabbia di colore rossiccio brano con particelle giallastre che trovasi sparsa intorno ad alcune bocche erattive di vapori • 5. Pozzolana di color bigio rossastro in cui si è trasfonnata la sabbia n. 4 nell’ interno delle gole eruttive di vapori ove forma uno strato aderente alle pareti 6. Quarzite bianca e bigia a struttura pomiceo granulare formante i nuclei di bombe per essere avvolti dalla nuova lava 7. Cenere di color bigio eruttata dal cratere centrale del- r Etna durante la eruzione eccentrica Peso specifico alla )enip. di 0° Esp. I 2,922 t y) II 2,936 i I 2,847 1 j) n 2,855 ' » I 2,879 , n 2,888 ^ « I 2,729 t >5 n 2,729 i J? I *2,850 / J) n 2,836 i J5 I 2,462 / ?) n 2,492 ^ n I 2,757 ) n n 2,794 ^ media 2,929 2,851 « 2,883 2,729 n 2,843 » 2,477 n 2,775 370 SULLA ESPLOSIONE ETNEA 8. Lava nera del 1766 molto simile di aspetto alla precedente Staccata dagli strati del suolo e projetta- ta dalla esplosione in forma di blocchi e mitraglia. Tal- volta fonua anche i nuclei di bombe rivestite dalla nuo- va lava . . . . Esp. I 2,9141 ) „ n 2,9182 \ media 2,916 9. Lava del 1537 a impasto nero porfi- ricamento disseminato di cristalli bianchi di feldispato idem r I 2,795 i „ 2,803 >7 II 2,812 i 10. Lava preistorica di color bigio chiaro. idem 77 I 2,827 / „ 2,837 77 II 2,847. t 11. Lava preistorica di colore bigio scuro. idem 77 I 2,937 1 „ 2,947 7? II 2,957 ^ 3. Fatti chimici rigaardanti la eruzione eccentrica — Micrografia della lava — Composizione mineralogica e chimica della lava e delle altre varietà di materiale solido eruttato — Ferro nativo nella lava ? — Edotti e pro- dotti vaporosi e gassosi costituenti i fumajoli della lava. Prendo in considerazione in questo paragrafo, prima di tutto i materiali eruttati e di recente origine, compresi nei numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 del § precedente e tralascio Io studio chimico dei nuclei quarzosi n. 6 delle bombe, già fatto nella mia precitata pubblicazione (1), non che quello delle lave antiche e preistoriche dei numeri 8,9, 10, li staccate dal suolo e parimente eruttate, il quale è destinato a far parte di esteso lavoro comparativo che è in via di ese- cuzione nel mio laboratorio , sopra una ricca collezione di materiali Etnei antichi e moderni. N. 1. — * È la lava che ha formato le tre descritte cor- renti. Essa ha V aspetto bigio molto scuro quasi nero, come tutte le lave di fresca data dell’ Etna. È al solito molto (1) V. nota cìt. a pag. 363. DEL 22 MARZO 1883. 371 magnetica e non ha raggiunto una massima compattezza come allorquando e riversata al di fuori abbondante e si accumula in grande massa; ha conservato invece una strut- tura molto porosa come tormentata da gassi e vapori che mentre l’ hanno spinta al di fuori, sono rimasti in essa compenetrati. Segata in larga superficie e ridotta in lamina abbastanza sottile da rendere trasparenti i più grandi cri- stalli dei minerali che la formano , presenta la struttura macroscopica che mostra la Tav. IV fig. 1 in cui è ripro- dotta una lamina di lava, sottoposta ad un leggiero ingran- dimento di circa G diametri. Vi si vedono dominanti dei grossi cristalli di feldispato triclino Labradorite incoloro e trasparente , ora a individui, isolati e semplici , ora com- posti; ora a contorni rettilinei decisamente prismatici; ora a contorni irregolari e talvolta parzialmente rotondati. I più grandi che giungono ad avere un diametro di circa 7 mill. mostrano delle zone di accrescimento con inclusioni generalmente di materia vetrosa, di colore giallo bruno ; ovvero di bolle gassose. Insieme ai cristalli di labradorite si scorgono anche cristalli prismatici monoclini di Aurjìte di color verde bottiglia, dei quali i più grandi con un mag- gior diametro di 6 mill. manifestano parimente chiaro il loro progressivo accrescimento, con strie che ne limitano il contorno e che si alternano di colore più chiaro e più scuro per fenomeni di maggiore o minore ossidazione dei ferro che è nella loro composizione: talvolta nelle strie di accrescimento intervengono anche delle inclusioni di ma- gnetite 0 di sostanze gassose. I più grandi cristalli rap- presentano sovente delle gemmazioni e non di rado mo- strano i fenomeni di dicroismo e anche policroismo. Più rare compariscono qua e là nelfimpasto della lava delle macchiette di color verde oliva chiaro dì cui le più grandi hanno un diametro Ano di 2 mill; ora a contorno roton- deggiante, ora angoloso; ma ad angoli smussati, e queste 372 SULLA ESPLOSIONE ETNEA sono le sezioni di granuli o cristalli arrotondati di Olivina. Talvolta la olivina si presenta in torma di concentrazioni che hanno presso a poco il volume di un cece. Questi tre minerali coi loro cristalli grandi e piccoli si presentano porflrica mente disseminati in un impasto nero e opaco sul quale compariscono nettamente con quel carat- tere di movimento (o struttura di fluitazione del Vogelsang) che dimostra la corrente dei minuti cristalli che hanno se- guito il corso della lava fluida nel suo movimento, durante e dopo la loro prima consolidazione e successivo accresci- mento. R.idotta una sezione di lava, su più ristretta superficie, al massimo grado di sottigliezza da raggiungere la mag- giore possibile trasparenza, ed osservata al microscopio con forte ingrandimento , allora quell’impasto che compariva come nero e opaco nella struttura macroscopica, si risolve in una struttura microscopica rappresentata da un am- masso di microliti dei precedenti minerali, intrecciati tra loro e associati a grande abbondanza di granuli cristallini neri e opachi di Magnetite di splendore metallico grigio e con forme spesso pseudottaedriche e anche con cristalli distintamente ettaedrici: talvolta anche con forme perfet- tamente sferiche. Tutto questo insieme di granuli opachi di Magnetite degli altri minerali indicati, è come cementato da un vetro sottilissimo giallastro, omogeneo, isotropo, in mezzo al quale talvolta capita di scorgervi (non senza dif- ficoltà) qualche gruppetto di sottilissimi aghi che si riferi- scono a prismi esagonali molto allungati di Apatite. Dopo ciò- ho cercato di separare distintamente dalla lava 1883 tutti- i componenti mineralogici di cui ho^ fatto parola ed ho applicato un metodo che mi è risultato da lungo tirocinio nel ricercare i mezzi più utili nel mio caso e passando in rivista tutti i processi conosciuti di separa- DEL 22 MARZO 1883. 373 zione dei minerali dalle roccie e che suggerisce la moderna petrologia per opera di Schaffgotsh, Sonnstadt, Churcli , Thoulet, Fouqué, Breon, Goldsclimidt, Klein, Doelter. Questo metodo che oltre a servirmi come analisi qua^ litativa ho adattato con paziente pratica per darmi buoni resultati anche per ranalisi quantitativa delle lave, io l’ho introdotto nel mio laboratorio^ dove lo tengo in esperimento finché sarò sicuro di poterlo presentare come di applica- zione generale per le lave e i basalti — Frattanto me ne sono servito per separare con molta cura i quattro princi- pali componenti mineralogici (labradorite, augite, olivina e magnetite) della recente lava per verificarne i caratteri fisici e la loro composizione. Si hanno già per questi mi- nerali delle lave Etnee le analisi di Abich, Sartorius, B.am- melsberg; ma per quanto mi resulta, queste analisi furono eseguite sopra individui cristallini o frammenti di cristalli raccolti da lave antiche, profondamente decomposte per al- terazione spontanea dovuta all’ influenza degli agenti atmo- sferici (per es. cristalli raccolti tra le scorie decomposte del cratere dei Monti Rossi, tra i detriti delle antiche lave scomposte della Valle del Bove , della soggiacente pianura di Museali etc.) Ho creduto quindi utile di ripetere per la prima volta le analisi sopra i medesimi minerali sepa- rati artiflcialmente dalla recente lava del 1883, cioè da una lava compatta di freschissima data. Prima però di accin- germi a ciò ho voluto verificare al microscopio se erano completamente separati l’uno dall’altro e dal vetro inter- microlitico; di più se avevano ciascuno le attitudini chimiche loro caratteristiche. Ho visto : 1. Che il feldispato labradorite dopo la sua separazione è rappresentato da particelle omogenee bianche compieta- mente ed incompletamente trasparenti-, con la proprietà di lasciarsi diffìcilmente attaccare dagli acidi cloridrico e azo- dico (di media concentrazione) a freddo e a caldo : anche ATTI ACC. VOL. XVn. 50 374 SULLA ESPLOSIONE ETNEA con una digestione prolungata per due giorni in un tubo chiuso e sottoposto al riscaldamento di 200 gradi. 2. Che l’augite è formato da particelle tutte traspa- renti di color verde bottiglia, le quali nello stesso esperi- mento di digestione in un tubo chiuso a contatto degli acidi cloridrico o azotico di media concentrazione, mostrano una resistenza anche maggiore del minerale precedente ad es- sere attaccati. 3. L’ olivina è in particelle vitree di color giallo verdo- gnolo pallido, tutte perfettamente trasparenti e le quali te- nute per pochi minati a contatto dell’acido cloridrico o azotico bollente restano attaccate facilmente e gelatinizzano. 4. La Magnetite che direttamente ad occhio nudo sem- bra una polvere nera sciolta, è al microscopio formata da frammenti angolosi opachi di colore metallico grigio. Vi occorre una cura speciale per separare da questi delle particelle tenacemente attaccate dei minerali precedenti. I frammenti di magnetite si disciolgono facilmente nell’a- cido cloridrico il quale assume un’intenso color giallo per il ferro da cui è prevalentemente formata. La dissoluzio- ne è più facile se come suggerisce Fouquè si aggiunge all’acido cloridrico una piccola quantità di ioduro di po- tassio. In ogni modo però ve n’ è una parte che resiste di più all’ azione dell’ acido cloridrico e questa secondo lo stesso Fouquè sarebbe la magnetite maggiormente tita- nifera (1). Dopo essermi assicurato della perfetta separazione dei minerali l’uno dall’altro, ne ho determinato il peso speci- fico a 0°t., indi la composizione chimica ed ho avuto i re- sultati che seguono : (1) Fouquè — Mineralog. microgr. cles Roclies erupt. frane, (pag. 418) Paris 1879. DEL 22 MARZO 1883. 375 (A) Labradorite p. sp. 2,714 Augite p. sp. 3,356 Olivina p. sp. 3,340 Magnetite p. sp. 6,094 Anidride silicica . . . 53,897 47,492 41,350 Allumina 26,090 6,138 0,652 Sesquiossido di ferro 2,598 2,907 31,770 Protossido di ferro . . * 9,641 10,487 57,928 id. di manganese _ 0,160 0,180 id. di nichelio . • ••)«. 0,104 Calce 11,232 19,942 Magnesia 0,718 14,075 47,482 Soda 3,890 Potassa 1,262 Anidride titanica . . . 10,100 t 99,847 100,375 99,971 99,902 Questi resultati si avvicinano molto a quelli delle ana- lisi fatte da Sartorius (1) sugli stessi minerali tolti dall’Etna: però l’autore ha trovato costantemente dell’acqua nella loro composizione (da 0^576 a 0,949 per 7o labrado- rite; da 0,285 a 0,515 per 7o nell’ augite; di 0,890 per 7o nella olivina) mentre a me resulta mancante questa acqua di composizione ed il fatto è spiegabile per essere stati (come ho già detto) i minerali, studiati da Sartorius, tolti da lave decomposte. Di più l’ ossido di nichelio che Sarto- rius trovò nella olivina, io lo ritrovo nella magnetite e que- sto può dipendere che spesso nei grossi cristalli di olivina specialmente quelli che si raccolgono tra i detriti delle lave si presentano frammisti a magnetite, in mezzo alla quale mi sono capitati anche dei cristallini prismatici esagonali che io ho potuto riferire a pirrotina nichelifera. Ma lo scopo di queste mie analisi non è solo di pre- sentare per la prima volta la composizione dei minerali (1) Sartorius Walt. Vide, gest Gòttingen 1853 pag. 23, 24. Sartorius W. uud Lasaulx der Aetna Leipzig 1880, voi. II pag. 487. 376 SULLA ESPLOSIONE ETNEA della lava separati da un impasto eruttato di recente; vi è anche quello di mettere in relazione le analisi speciali dei componenti mineralogici con la composizione comples- siva della lava e completarne la storia chimica, giacche ora non è più permesso nello studio di una roccia resultante dall’ aggregato di varj minerali cristallizzati, di limitarsi a stabilire la sola sua composizione chimica complessiva. Questa risorsa chimica che sola basta per cliiarire la na- tura delle roccie semplici, ha dato ormai il suo interessante contributo alla scienza anche per quasi tutte le roccie com- poste , riguardo alle quali è i)erò insudiciente a rendere conto della loro natura e formazione speciale. Tale considerazione ha condotto infatti alcuni autori come Sartorius (1) dno dal 1853 e più recentemente nel 1876 Haugton (2) a tentare di ricavare un maggior partito dall’analisi cliimica complessiva, fondandovi dei metodi inge- gnosi di calcolo per risalire nelle roccie silicate dalle quantità delle basi e dall’acido silicico alla conoscenza importante della possibile relativa quantità delle combinazioni speciali relative ai componenti mineralogici della roccia. Io ho voluto invece tenere un processo inverso e quasi del tutto speri- mentale: mi sono accinto cioè con molto studio a separare integralmente i componenti mineralogici dalla lava partendo da un peso conosciuto di questa ; ne ho valutato la quan- tità rispettiva e da tale conoscenza aggiunta a quella della composizione chimica di ciascun minerale ho dedotto col calcolo la composizione complessiva della lava. Il risultato però del calcolo, mi ha servito solo come utile paragone con quello che mi sono procurato dall’analisi diretta della roccia. (1) op. cit. Ville, gest. (2) JRep. Oli thè Oliera. Min and Mici’, cher. of thè lavas of Vesuv. frora 1631 to 1868 (The trans, of. thè R. Irish Acad. Voi. XXVI, Duhlin 1876. DEL 22 MARZO 1883. 377 La composizione quantitativa mineralogica della lava determinata su tre campioni presi in differenti punti delle correnti e riportata ad una media centesimale resulta co- stituita dall’ aggregato di : (B) 1. Labradorite CO, 00 2. Augi te 18,00 3. Olivina 6.30 4. Magnetite (titanifera e nichelifera) . . . 12,77 5. Apatite 0,41 6. Cloruro, carbonato e solfato di Sodio (parte solubile nell’acqua) 0,11 7. Vetro intermicrolitico ... ... 3,41 100,00 I primi quattro minerali sono stati pesati direttamente, la sola apatite l’ho dedotta col calcolo nella sua quantità e l’ho calcolata come fosfato tricalcico dalla quantità di anidride fosforica trovata nella composizione della lava: la parte solubile nell’acqua l’ho determinata pure diretta- mente: il vetro è stato valutato per semplice differenza. Con questi elementi (A) e (B) ho calcolato la compo- sizione complessiva della lava ed ho proceduto indi a de- terminare direttamente questa con l’analisi. Nell’ analizzare la lava ho ripetuto sopra varj campioni la determinazione dei principali componenti chimici, facendo anche ripetere alcune determinazioni dal mio assistente Prof. S. Speciale. Mi sono convinto di una variabilità di composizione che è in relazione alla variabile proporzione dei macrocristalli (più 0 meno sviluppati dei varj minerali) disseminati porfì- ricamente nell’aggregato microcristallino. La variabilità di composizione l’ ho trovata compresa nei seguenti limiti su 100 parti di roccia. 378 SULLA ESPLOSIONE ETNEA limite minimo limite massimo Anidride silicica. da 46,253 a 47,974 Allumina . . » 12,080 » 19,822 Sesquiossido di ferro , . » 3,220 )) 7,651 Protossido di ferro . » 6,570 » 12,500 Calce .... 10,440 )) 10,082 Magnesia . . » 3,130 S) 6,822 Soda .... . ;; 4,221 » 4,600 Potassa . )) 0,892 » 1,825 Prendendo una media tra questi limiti e completando r analisi per gli altri componenti chimici secondari della lava ho ottenuto i seguenti resultati: (C) Composizione complessiva della lava 1883. Media calcolata dalla composizione quantita- tiva mineralogica Media ottenuta dalla analisi chimica diretta Anidride silicica ...... 47,113 Allumina . . . 16,794 . . . 15,951 Sesquiossido di ferro . . . 5,982 . . . 5,435 Protossido di ferro . . . 9,407 . . . 9,536 id. di manganese .... . . . 0,128 . . . 0,119 id. di nichelio . . . 0,104 . . . (1) Calce Magnesia 4,926 Soda 4,405 Potassa . . . 0,757 . . . 1,358 Anidride titanica . . . 1,289 . . . 1,256 id. fosforica . . . 0,190 . . . 0,190 Cloruro, carbonato e solfato di sodio Cloro, anidi’ide \ (parte solubile nell’ acqua con solforica e car- j bonica e per- / ^ -i r o dita al calore ' reazione leggiermente alcalina) . . . . 0,111 . . . Vetro intermicrolitico (silicato delle basi precedenti) . . . ... . . . . 3,410 . . . bianco fino al- \ la fusione vi- ’ trea della lava ' 99,692 100,708 (1) Per semplicìzzare l’ analisi non ho determinato il protossido di ni- chelio nella lava avendolo determinato direttamente nella magnetite. DEL 22 MARZO 188.3. 379 Passando in discussione questi resultati troviamo : 1. Che la media composizione chimica della lava 1883 ottenuta dall’ analisi diretta, si accorda presso a poco con quella calcolata dalla sua media composizione mineralogica; ne differisce solo per una proporzione maggiore di silice di soda e di potassa; questa proporzione resulta maggiore anche nei limiti minimi delle determinazioni speciali. Ciò induce a credere che il feldispato della recente lava non sia solamente labradorite , ma che vi sia mescolato iso- morficamente dell’ Oligoclasio o spodumeno sodico (che può contenere fino il 64, 30 per 7o silice, il 12, 04 di soda il 3, 91 di potassa) ovvero che sia avvenuto il fatto rite- nuto possibile della interlaminazione cristallina di questi due differenti feldispati. (1) 2. Che la lava 1883 contenendo in media solo 47,113 per 7o eli silice è da considerarsi come roccia molto basica: ed è per ciò che è ricca di magnetite e di olivina. 3. Che secondo la composizione mineralogica, la recente lava come tutte le lave Etnee è una dolerite prevalente- mente labradorito-augitica. (2) (1) È noto che secondo Tschermak non esistono che tre specie di fel- dispati; l’ortose, l’albite e l’anortite. Gli altri feldispati triclini, labradorite, oligoclasio , andesite non sono che miscugli isomorfi di albite e anortite. Tschermak riunisce perciò il labradorite, Toligoclasio e Tandesite. A questa legge dei miscugli preannunziata da Sartorius , Delesse , Huns e dimostrata poi da Tschermak e più tardi da Streng , Rammelsberg e vom Rath ; se- condo le moderne ricerche di Fouqué e Levy dovrebbe sostituirsi il fatto da essi scoperto della interlaminazione cristallina dei differenti feldispati iso- morfi, per cui i feldispati sodico-calcici tornano ad avere la loro importanza come due specie ben distinte — Labradorite e Oligodasio. (2) Ultimamente il D. Foerstner di Strasburg in una sua recente me- moria « Das gestein der Insel Ferdinandea (1811) etc. (Min. und Petr. Mit- tbeil. von G. Tschermak. Wien 1883 pag. 388 — ha trovato molta analogia tra le lave moderne dell’Etna, la lava della eruzione 1811 nel mare di Sciacca che formò l’Isola Ferdinandea ed altre due lave dell’isola dì Pan- telleria: a ciascuna di queste applica il nome dì Plagioklasbasalt. 380 SULLA ESPLOSIONE ETNEA 4. Come resultati della analisi sono bene costatati questi due fatti, cioè {a) che la lava non soffre perdita di peso fino alla temperatura del calore rosso ; mentre se passa al bianco essa si fonde in un vetro e perde il 0,158 per 7o materia volatile, {b) Questa materia volatile è in relazione a piccole quantità di cloruro, carbonato e solfato di sodio, i quali sali nella struttura microscopica della la- va non appariscono in verun modo, mentre si mettono fa- cilmente in evidenza per mezzo della loro solubilità nella acqua. 5. Facendo bollire dell’acqua in una cassala di pla- tino a contatto di lava polverizzata ; ben presto il liquido assume una debole reazione alcalina che presenta sempre più. marcata con la evaporazione. Quando la evaporazione è spinta tanto da ridurre l’acqua a piccolo volume, allora questo comparisce leggiermente torbido per minimi strac- cetti 0 pellicole di silice prima sciolta e poi resa insolubi- le. Riprendendo con acqua il residuo della evaporazione a secco, si ha una piccola parte insolubile formata da silice con reazione sensibile del ferro: la parte solubile contiene il cloruro, il carbonato e il solfato di sodio nella quantità già indicata nell’ analisi (tabella 0.) Prima di lasciare 1’ argomento della recente lava devo far menzione, quantunque con la massima riserva, di un fatto che mi è avvenuto di osservare e che quando si possa togliere ogni dubbio sul medesimo sarebbe della più grande importanza. In varj frammenti di lava raccolti quà e là (e rotti na- turalmente) sulle tre correnti di lava della recente eru- zione ; ho avuto occasione di separare la magnetite per studiarne i caratteri fisici e chimici. Per questa operazione io ho avuto cura di triturare la lava in un mortajo di por- cellana da principio, indi di agata per polverizzarla fuori DEL 22 MARZO 1883. 381 del contatto di qualunque utensile di ferro : giacché è da molti anni che vado cercando il ferro nativo nella lava e fin’ ora la ricerca ha avuto un resultato negativo. Ma fra i recenti campioni di lava uno me ne è capitato da cui ho estratto circa mezzo grammo di magnetite, la' quale mi ha sorpreso nel mostrarsi con V azione dell’acido solforico di- luito, capace di sviluppare delle bollicine di gasse idro- geno : osservata al microscopio ho visto che in mezzo ai granuli cristallini di aspetto metallico che la formano, al- cuni ve ne sono che a contatto di una soluzione di solfato di rame manifestano 1’ attitudine di rivestirsi rapidamente di uno strato di rame metallico. Ho fatto di questa ma- gnetite con granuli di tal genere foderati di rame, alcune preparazioni microscopiche le quali conservo e in cui ho potuto scorgere nei detti granuli alcune faccie piane che .quasi conducono a travedere delle forme cristalline ettae- driche. Tutti questi caratteri non potrebbero spiegarsi senza ammettere il ferro nativo in mezzo alla magnetite della lava. Dietro la importanza che avrebbe la scoperta, mi sono dato a ricercare il ferro metallico in altri frammenti di lava , ma non mi è accaduto più di metterlo in evidenza. E questo è ciò che circonda di dubbio il fatto trovato e mi obbliga ad onore del vero ad annunziarlo con tutta la riserva: finché non avvenga che sia pienamente confer- mata da me o da altri la presenza del ferro nativo ori- ginario nella lava, é prudenza il sospettare che il resultato della mia osservazione possa dipendere da causa accidentale. È vero che in appoggio al medesimo si potrebbe ci- tare un frammento di ferro metallico che si conserva co- me grande rarità nelle collezioni della Facultè cles Scien- ces à Clermont Ferrane! (Auvergne) e che si dice trovato nelle vicine lave di Gravenoire da Mpssier pére (1) — Ma (1) Lecoq — Époques geologiques de l’ Auvergne IV pag. 435. A von Lasaulx — Roclies vulcanìques de TAuvergne — 1875 pag. 55. ATTI ACO. VOL. XVII. 51 SULLA ESPLOSIONE ETNEA 382 anche questo è un fatto isolato che mi pare debba essere circondato per sè stesso da qualche dubbio. Un maggior punto di appoggio si potrebbe piuttosto trovare nell’ unica roccia conosciuta che evidentemente con- tiene nella sua composizione mineralogica dei granuli di ferro metallico nativo, e questa è la roccia di apparenza basaltica trovata in massi erratici a Ovifalk nell’ isola di Disko in Groenlandia dal Prof. Nordenskiòld nel 1870 (1). Anche la natura basaltica , unifica tale roccia per la sua origine alle lave e se il ferro da me trovato nella lava et- nea del 1883, potrà acquistare il carattere di certezza ori- ginaria nella roccia, verrebbe del pari a chiarirsi la storia della roccia ferrifera di Ovifalk , circa la quale si è eser- citato tanto il pensiero di illustri scienziati. Infatti per contenere il ferro nativo vi è chi la considera quale roccia intermedia tra le Meteoriti e le roccie terrestri (2): chi la- considera come una roccia basaltoide che si allontana dalle doleriti e basalti terrestri e la fa appartenere alle pietre meteoriche (3); quantunque nulla vi sia in contrario per ammettere che nell’ interno del nostro pianeta, vi sia la presenza del ferro metallico. N. 2. — Questo materiale ha la composizione della lava già studiata, solo ne differisce per essere in forma più sco- riacea e suddivisa in frammenti, cioè in grosse scorie o in minuti lapilli. Spesso le scorie presentano una superfìcie di aspetto metallico di color grigio di acciajo; fatto che io at- tribuisco a condensamento superficiale di magnetite la quale (1) Redogorelse fòr en expeclition till Gronlancl ar 1870. Fouqué — Minerai, microg. des roclies enip. frane. Paris 1879 pag. 434. (2) Indd — Vulcanoes. London 1881 pag. 319. (3) Daubrèe examen des roclies avec fer natif dècouvertes en 1870 p. M. Nordenslddld aii Groenland — Compt. rend. Ac. d. Se. t. LXXIV et LXXV 1872. DEL 22 MARZO 1883. 383 nelle scorie più esposte all’ azione di vapori si è rivestita di un velo a colori variegati e iridescente come suole pre- sentare spesso la lirnonite. Queste scorie iridescenti le ho raccolte più specialmente presso il 5° centro di eruzione (vedi pag. 358). N. 3. — È lava in forma di scorie e di lapilli che è stata projettata specialmente dal principale centro di eru- zione, cioè dai crateri della doppia collina insieme a turbini di vapori acidi. Ha subito delle azioni ossidanti profonde per cui ha preso un colore di terra d’ ombra per la sopra ossidazione e idratazione del ferro, specialmente quello della magnetite più direttamente ossidabile. L’analisi chimica mi ha mostrato che il protossido di ferro, che nella magnetite della lava ordinaria esiste quasi nella proporzione del 58 per 7o 5 trovasi ridotto appena al 25 per 7o- Tutto il ri- manente è convertito in sesquiossido idrato. Infatti questa lava scoriacea e frammentaria esposta alla temperatura della sua fusione perde il 0,642 per 7o acqua e altra materia volatile. N. 4. — È una sabbia di colore rossiccio bruno con particelle giallastre. Osservata al microscopio si vede co- stituita da frammenti grossolani angolosi di minerali della lava, parte incolori e trasparenti, parte rossi, parte neri ed opachi. È un detrito di lava con principio di limonitizzazio- ne della magnetite, quantunque ne contenga ancora molta attraibile dalla calamita. Rappresenta le proiezioni sabbiose di lava sparse intorno ad alcune bocche eruttive di vapori acidi (specialmente dei centri 5 e 6 (v. pag. 358) ) dall’azio- ne continua dei quali e per il maggior contatto con questi, per essere molto divisa, ha risentito un’ azione di ossida- zione e di idratazione più profonda del materiale prece- dente n. 3. Il colore giallo bruno è dovuto infatti alla li- monitizzazione incompleta della magnetite la quale mostra all’ analisi di non contenere più del 18 per 7o Ti protossido 384 SULLA ESPLOSIONE ETNEA di ferro. Una piccola parte del ferro è anche convertito in cloruro ferroso-ferrico e le particelle gialle provengono da lava decomposta per V azione dei vapori acidi — Questa sabbia scaldata esala vapori di acido cloridrico ed alla fusione perde il 2,692 per 7o acqua e altra materia volatile. Se si lava con acqua bollente a esaurimento di materie solubili , dà un liquido giallo acidissimo che con- centrato esala vapori di acido cloridrico e si intorbida per un deposito insolubile ocraceo e poi lascia un residuo di colore verde oliva scuro, molto igrometrico. Questo residuo è nella quantità di 1,182 per 7o lava, rappresenta la quantità di materia solubile di questa ed e formato da clo- ruro ferroso-ferrico e solfato di calce (abbondanti), da sol- fati di sodio, di alluminio e da cloruro di sodio, in quan- tità minore. N. 5. — È una specie di polvere agglutinata di colore bigio più 0 meno rossastro con 1’ aspetto di pozzolana e fho raccolta dall’ interno delle gole del 3“ centro di erm zione. Al microscopio si vede formata da frammenti minuti di feldispato, angolosi e trasparenti; e da particelle rosse del pari trasparenti e da altre opache. Gli elementi mine- ralogici in generale hanno subito una decomposizione : è quasi scomparsa la magnetite attraibile dalla calamita, per essere rimasta limonitizzata. Presta però di questa ancora il 5 per 7o protossido di ferro. Mostra di aver subito r azione di elevato calore per cui -il cloruro ferroso-ferrico prodotto dall’ azione dei vapori acidi (come nel caso della sabbia n. 4) è rimasto decomposto ed ha lasciato del ses- quiossido di ferro rosso, che ha aggiunto alla pozzolana questo colore. Se si riscalda dà infatti poche esalazioni di acido clori- drico, mentre con la fusione perde assai di peso e mostra contenere l’8,369 per 7o fra acqua c altra materia volatile. Lavandola con acqua alla ebullizione dà un liquido con rea- DEL 22 MARZO 1883. 385 zione acida, che concentrato non s’intorbida e lascia un re- siduo bianco nella quantità di 1, 099 per sapore stit- tico^ pochissimo solubile in piccolo volume di acqua, solu- bilissimo nell’ acido cloridrico e formato in grande preva- lenza da solfato di calce mescolato a poco solfato di sodio, di alluminio e di ferro. N. 7. — È la cenere di colore rossastro bruno, eruttata dal cratere centrale durante la eruzione eccentrica. È co- stituita da particelle finissime impalpabili e da particelle più grossolane ruvide al tatto. Al microscopio si mostra for- mata da frammenti minimi e grossolani senza colore e tra- sparenti di feldispato e da - altri scuri o verdastri di augite e di olivina, insieme a tanti altri neri e opachi di magne- tite, attraibile dalla calamita : vi sono pure delle particelle rosse e trasparenti. Si può considerare come un minutis- simo detrito che ha subito un principio di decomposizione come la sabbia n. 4 a cui somiglia perfettamente per la costituzione fisica (eccettuata la maggiore sottigliezza rag- giunta dalla cenere) e anche per le proprietà chimiche, giacché anche questa col calore esala vapori acidi ; perde a temperatura elevata il 2,85 per % fra acqua e altre ma- terie volatili e lavata con acqua dà un liquido acidissimo che evaporato depone dell’ ocra di ferro e lascia un resi- duo verde scuro nella quantità di 1, 055 per 7o formato al solito da percloruro di ferro , cloruro di sodio , solfato di calcio, di sodio e di alluminio. In questa cenere ho osser- vato al microscopio la frequente presenza di una forma organica che ho trovato comune nelle polveri meteoriche della Sicilia ed è quella formata da cellule a pareti esilis- sime in forma di menisco, che io ho altra volta figurato e descritto col nome di Protococcus meniscus (1). (1) V. 0. Silvestri — Le piogge rosse e le polveri meteoriche della Si- cilia ili occasione di grandi hurrasclie atmosferiche — Catania 1876 (Atti Accad. Gioeiiia Serie 3. Voi. XII). 386 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Per completare questo paragrafo, mi rimane a trattare r argomento che si riferisce ai fenomeni secondar] che ha presentato la lava della eruzione’ 1883 nel suo raffreddarsi; cioè agli edotti e prodotti dei fumajoli. L’ eruzione del Marzo 1883 quantunque di breve durata e con scarso ma- teriale lavico venuto airesterno, ha ciò non ostante presen- tato tutte le specie di fumajoli già conosciuti per l’Etna e con tutte le emanazioni gassose vaporose e sublimazioni, caratteristiche delle 4 categorie. Siccome nello studio di quanto concerne le condizioni fisiche e chimiche di queste (cioè la temperatura dei fumajoli, la composizione delle in- crostazioni delle loro gole , dei prodotti in sublimazione cristallina, delle emanazioni gassose etc.) nulla di nuovo ho trovato nel recente studio, così rimando il lettore ai miei studj precedenti e specialmente al mio voi. citato (1) in cui da pag. 127 a pag. 184 ho diffusamente e con dettaglio trattato tutto ciò. Solo aggiungerò riguardo alla recente eruzione che : 1. I fumajoli della prima categoria a cloruro sodico si sono presentati solo sui principali crateri della doppia collina e specialmente in una fessura con varie diramazioni, formatasi nella loro parte culminante e dovuta al rassetta- mento del materiale frammentario eruttato e accumulato in corrispondenza alla grande squarciatura sottostante del suolo sulla quale ebbero impianto i crateri. In corrispondenza alla suddetta fessura si mantenne a. lungo la temperatura del colore rosso vivo, capace di fondere dei fili sottili di argento immersi a poca profondità e quindi di circa 1000 gradi. È con questa persistenza di temperatura che quivi si determinò tutto un insieme di fumajoli attivissimi con le solite sublimazioni di cloruro sodico, reso più o meno (1) I fen. ville. dell’Etna preseiit, dal 1863-66 — Atti Acc. Gioenia Voi. I serie IH, Catania 1867. DEL 22 MARZO 1883. 387 giallo 0 verde dall’ ossicloruro di rame (Atacamite) anidro 0 idrato a seconda delle influenze esterne : spesso appa- rentemente cpiasi affumicato per essere associato a minuti cristalli di sottossido di rame (Tenorite) di sublimazione contemporanea. 2. I fumajoli di seconda categoria a sale ammoniaco, cloruro di ferro e solfo nella loro varietà A (acidi) sono stati più comuni presso le bocche eruttive delle masse va- porose e gassose e specialmente tutto aH’intorno del 3° cen- tro di eruzione, come anche lungo la squarciatura del suolo interposta tra i varj centri. Hanno presentato abbondanza di cloruro ferrico e di sublimazioni aciculari di solfo in forme che ad occhio nudo sembrano dei prismi (lunghi Ano a 72 centimetro) mentre osservati al microscopio sono delle ele- ganti associazioni dendritiche di minuti rombottaedri che spesso presentano i loro spigoli non più vivi, ma arroton- dati dall’ alito di una temperatura che emana dagli stessi fumajoli, molto vicina a quella della fusione del solfo. Gli stessi fumajoli nella varietà B {alcalini) sono stati invece scarsissimi e di breve durata e solo ne ho potuto riscon- trare pochi nel mezzo della principale, fra le tre correnti di lava. 3. I fumajoli di terza categoria a vapore d’acqua sono stati diffusissimi lungo la fenditura del suolo, anzi tutta quella parte dell’ apparecchio eruttivo, rappresentata da sflatatoj di vapori e aria calda, ha preso dopo la cessa- zione della maggiore attività eruttiva, generalmente il ca- rattere di questi fumajoli. 4. I fumajoli di cjuarta categoria leggermente acidi con emanazioni di vapore d’acqua associato ad anidride solforosa , acido solfidrico (e quindi con condensazione di solfo) ed anidride carbonica sono stati assai attivi nelle fenditure al piede dei crateri e delle bocche di fuoco ed in altri punti lungo la squarciatura del suolo. 388 SULLA ESPLOSIONE ETNEA 5. Finalmente devo dire che anche nelle emanazioni gassose che hanno accompagnato i fumajoli di tutte le spe- cie, nulla di nuovo mi è avvenuto di osservare, che non sia stato precedentemente studiato. Art. 4. Fenomeni eruttivi centrali. Per seguire T ordine tracciato nel piano generale del mio lavoro trovano posto qui, i tre seguenti paragrafi. § 1- Manifestazioni del grande cratere centrale alla estremità dell’ Etna dal dì 1 al 22 Marzo 1883 (immediatamente prima della eruzione eccentrica). S ^ Manifestazioni del grande cratere centrale nei giorni 22, 23, 24 Marzo (durante la eruzione eccentrica). § 3. Manifestazioni del grande cratere centrale dal 24 al 31 Marzo (dopo compiuta la eruzione eccentrica) Lo svolgimento delle osservazioni relative a questi tre paragrafi ha avuto già luogo a complemento dei fenomeni registrati nei prospetti sismico-eruttivi da pag. 325 a pag. 342. Devo solo aggiungere che il grande cratere centrale dal T’al 22 Marzo, si presentò spesso avvolto da nubi dovute a eruzioni di masse vaporose mescolate a cenere la cui pioggia quando fu abbondante si contrastò alternativa- mente con la caduta della neve, la superficie della regione più elevata del Monte. I resultati dello studio chimico-fi- sico di questa cenere delle eruzioni centrali, li ho parimente DEL 22 MARZO 1883. 389 esposti a pag. 369 e 385 sicché per amore di brevità ri- guardo air argomento già trattato, dei tre paragrafi, ri- mando il lettore alla pagine indicate. Riassunto sintetico dei fenomeni generali più importanti ed in stretta relazione tra loro, manifestatisi nel movimento dell’Etna avvenuto nel Marzo 1833. 1 fenomeni che sono venuto dettagliatamente ad ana- lizzare da pag. 293 a pag. 389 e che hanno caratterizzato il movimento dell’Etna come parossismo geoclinamico-erut- tivo si possono sommariamente e nella loro generalità , riassumere col seguente ordine di fatti : 1. Eccitazione vulcanica dimostrata dal 1° al 20 Marzo con eruzioni di vapori e di cenere dal grande cratere cen- trale e segni di dinamismo rivelati dagli strumenti microsi- smici e sismici in rapporto con i fenomeni eruttivi centrali. 2. A dì 22 Marzo notevole abbassamento barometrico e sul fare del giorno incomincia il parossismo geodinamico che mette in oscillazione tutta la regione Etnea. Durante questa gli strumenti microsismici in continua agitazione dimostrano nel suolo Etneo una condizione dinamica per- manente e le forti perturbazioni hanno riscontro in terre- moti generali o parziali net perimetro dell’ Etna. 3. Dopo un successivo grado superlativo di dinamismo presentato in area ristretta sul fianco meridionale Etneo , quivi nella notte dal 21 al 22 a ore 1, 15' ant. avviene la esplosione eccentrica con squarciatura radiale ed effetti meccanici poderosi. 4. Contemporaneamente alla esplosione eccentrica che produce la squarciatura radiale, comincia in varj punti di questa una attiva eruzione di lava, di frantumi di suolo e di masse vaporose. 5. Si costituisce un apparecchio eruttivo complicato ATTI ACC. VOL. XVD. 52 390 SULLA ESPLOSIONE ETNEA resultante da 8 centri dei quali i principali con le loro pro- lungate projezioni danno origine ad una doppia collina cra- teri forme e a due rilievi caratteristici di due bocche di fuoco, mandando al di fuori delle masse di lava che secondo i tre differenti punti di origine si estende .all’ esterno in tre di- stinte correnti. 6. Il 22, 23 e parte del 24 Marzo , durante lo sfogo eruttivo laterale, il dinamismo è energico intorno al teatro di eruzione; ma nel rimanente della regione Etnea il suolo si rimette in calma. 7. Dal 24 al 25 abortisce la eruzione eccentrica ed im- mediatamente riprincipia il dinamismo nella regione Etnea con lungo seguito di terremoti o di carattere generale o con designazione di centri sismici speciali; e ciò in rapporto con le fasi eruttive del cratere centrale , con lo sfogo dei vapori dai nuovi crateri eccentrici , e in generale con le vicende della pressione atmosferica. CAP. III. FENOMENI VULCANICI PRESENTATI DALL’ETNA SUCCESSIVAMENTE AL MOVIMENTO DEL MARZO 1883 E PER TUTTO IL RIMANENTE DELLO STESSO ANNO. Con lo studio delle manifestazioni di attività vulcanica che l’Etna ha presentato successivamente al parossismo geodinamico eruttivo del Marzo, mi propongo di completare r argomento che ho preso a svolgere, mantenendo nel pas- sare in rivista i fenomeni, la medesima triplice distinzione in (geodinamici, eruttivi eccentrici ed eruttivi centrali) adot- tata per tutti quelli già esaminati come anteriori e concomi- tanti alla esplosione ed eruzione. Perciò distinguo questo ca- pitolo in tre articoli , a ciascuno dei (inali riferisco una delle tre suddette categorie. DEL 22 MARZO 1883. 391 Art. 1. « Fenomeni geodin amici 1 ]\I i c r 0 s i s m i c i Mentre nel Gap. II Art. 2. mi sono servito del mezzo grafico rappresentato dalla Tav. VI per esporre e stabilire il valore dei micromoti e le relazioni tra queste e i ma- cromoti 0 terremoti sensibili; nel presente Gap. ed Art. pas- so alla esposizione dei detti fenomeni, nell’ ordine in cui si sono succeduti, per mezzo dei seguenti prospetti in cui ho dato molta importanza a stabilire un raffronto tra i dati microsismici somministrati dal Tromometro normale dello Osservatorio centrale geodinamico di Gatania e le vicende della pressione atmosferica (1); come tra la coincidenza delle perturbazioni microsismiche più notevoli e di qualche ter- remoto 0 qualche fenomeno eruttivo o meteorico. (seguono i prospetti) (1) Le cifre barometriche sono desunte dall’Osservatorio meteorologico della R. Università di Catania (diretto dal Prof. D. Macaiuso) le quali hanno un carattere officiale essendo già state pubblicate dal bullettino giornaliero dell’ Ufficio centrale di Meteorologia Italiana a Roma. k f K- 1/ è 9 t . !• *• P 4 ! j •# ' A ‘ 4P t'-'fc." i« » V >■■ ^jlW« >4 ' ,. ri..M • . . .* v:tin 4 ♦ ?r. % » * • PROSPETTI delle osservazioni mioro sismiche fatte per mezzo del Tromometro Normale (vedi pag. 283) da Aprile a tutto Dicembre 1883. Illese eli i%|Bi*ile. o GRADI della oscillazione dominante MASSIMI di perturbazioni microsismiclie più notevoli <1? u .2^ co ^ s 1 COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, eruttivi e atmosferici 3 minima massima a 1 1 1, 5 (miU.) 767,2 2 1,3 4 761,6 3 1 5 45 (ore 11, 36 ant.) 766,0 Terremoto in tutta la metà orientale dell’Etna (ad 4 1,5 8 765,8 Acireale, Giarre, Riposto, Linguaglossa, Randazzo). 5 0, 5 8 oltre 50 (ore 9,58’ a.) 766,5 Terremoto generale a tutta la regione Etnea (a 6 0,5 3,5 765,0 Catania, Acireale, Giarre, Riposto, Linguaglossa, Randazzo, Bronte, Adernò, Biancavilla, Paternò). 7 0,3 3 764,4 8 3 6,5 16 (ore 6,52’) 761,4 Abbassamento barometrico di mill. 5 dal giorno 5. 9 3 7 762,3 10 1,2 7 758,1 Terremoto a Giarre , Acireale , Riposto — abbassa- 11 0,8 2 757,2 mento barometrico di mUl. 4,5 dal di 9. 12 0,6 3 755,1 13 0 1,5 f 754,2 L’abbassamento barometrico continua. 14 0 1 754,7 15 1 1,5 761,8 16 0 0,5 764,4 17 0 0,6 767,3 18 0,6 2 766,0 19 4 8 12,8 (ore 2,47’ pom.) 760,5 Abbassamento barometrico di mill. 5,5. 20 2 4 758,2 L’abbassamento barometrico continua fino a mill. 21 1,5 4,5 754,3 11,7 dal dì 18. 22 1 3 758,0 23 1 1 1,2 759,1 24 1 2,5 762,0 25 1,5 6 10 (ore 3, 15’ pom.) 757,7 Tremito e rombe. a Nicolosì. Abbass. barom. 4,3. 26 1,2 3 763,2 27 0,5 1 760,6 28 1 4,8 754,3 Abbassamento barometrico progressivo fino a mill. 29 30 1 1 3 3 752,3 757,2 • 10,9 dal dì 26 — Forti scosse a Nicolosi. Molti vapori escono dai nuovi crateri della eruzione eccentrica. lleì^c cBi ieiagg;io. 395 Giorno GR. della ose doraii minima ^D1 illazione laute massima MASSIMI di perturbazioni microsismiche più notevoli Pressione atmosferica COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, enittivi e atmosferici 1 0,8 3 (miti.) 760,9] 2 1 2 761,7 3 1 8 17 (ore 4, 10’ poni.) 758,6 4 2,3 6 753,7 j Abbassamento barometrico dal 2 al 6 fino a mill. 5 1 6 752,2 i 9,5. Dal 2 al 3 terremoto assai sensibile nel ter- ritorio di Nicolosi — il di 5 debole scossa a Ri- 6 2 5, 5 754,7 posto. 7 1 2,5 762,0 8 1,3 4,5 761,8 9 2 6 761,6 TeiTemoto ad Acireale, Adeniò, Biancavilla, Pateniò. 10 0,5 2 764,7 11 1,5 9 13 (ore 4,10’ pom.) 765,0 Teiremoto ad Acireale e Linguaglossa. 12 2 9 765,8 13 0, 5 3 765,1 14 0,6 3 762,2 15 0,4 1 763,0 16 0 0, 5 764,5 ' Eruzione di cenere e vapori dal cratere centrale sulla cima dell’Etna. 17 0 0,2 764,4 18 1,3 7 761,2 Abbassamento barometrico di mill. 3,2 dal di 17. 19 0,2 1,5 760,1 20 0 1, 5 757,6 21 0,4 3 756,4 . Abbassamento barometrico di miU.3,7 dal giorno 19. 22 1 7 766,7 23 0, 3 0,8 768,2 24 0 0,6 767,6 25 26 1 4, 5 766,3 Abbassamento barometvien di ìitill- 1 3 fial di *^4 0 0,2 . . . • 763,7 Terremoto ad Acireale, Riposto, Linguaglossa. 27 0,5 1 763,8 28 0 1,4 766,5 29 0, 5 2 767,6 30 0,8 1 765,0 31 1, 5 6 ( Abbassamento barometrico di 3,6 mill, dal fiorilo 29. 764,0.) 396 ilesc eli Giorno GRi della ose domii minima VDI illazione laute massima MASSIMI di perturbazioni microsismiche più notevoli Pressione atmosferica 1 — 1 0 1 (inlll.) 762,7 2 0 0,5 763,1 3 0,3 1 9 . . 762,8 4 0 2 762,8 5 0, 5 1 761,0 6 2,5 5 757,3 7 0, 5 1,5 757,1 8 0 1 762,4 9 0 0,5 763,2 10 0 0 763,3 11 0 1 761,2 12 0 0,6 9 ( ore 7 ant. ) 762,2 13 0 0,6 764,8 14 1 3 761,1 \ 15 0,2 2,5 761,9 1 16 2 4,5 761,6 f 17 0 1,3 762,8 l 18 0 1,3 761,6 1 19 1 9 11,5 (ore 1,35 pom.) 760,1 / 20 0,5 1,8 766,0 1 21 0 1 767,4 22 0,8 5 760,2 \ 23 0, 5 3,5 760,8 \ 24 0,3 1,6 763,9 25 0,2 0,8 765,0 26 0 0,9 764,2 27 0,5 1 763,0 28 0,6 2 9 ... 762,3 29 0,8 1,9 762,6 30 0 0 763,2 0 COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, eruttivi e atmosferici Nella notte (ore 12,36’) terremoto ad Aci Reale , Adernò, Biaucavilla, Paterno, Mineo — leggiero al)- Lassamento barometrico. Abbassamento barometrico di mill. 3,7 dal di 5. Abbassamento barometrico di mill. 2,1 dal di 10. AUe 7,34’ pom. teiTemoto ad Acireale, Giarre, Brom te, Adernò, Biaucavilla, Paterno. Abbassamento barometrico progressivo fino a mill. ' 3,7 dal dì 13 al 19. Abbondante eruzione di vapori del cratere centrale alla cima dell’Etna Forti tremiti di suolo a Nicolosi durante il giorno 19. Scosse ripetute a Nicolosi. Abbassamento barometrico di mill. 7,2 dal dì 21. Nella nòtte (ore 12,37’ ant.) terremoto ad Acireale, Adernò, Biaucavilla, Patcruò— leggiero abbassa- mento barometrico di mill. 1,9 dal di 27. ^ ?? — Per mancanza di osservazioni a notte avan- zata, non sappiamo se in relazione ai terremoti avvennero perturbazioni notevoli al tromometro. Giorno IQlesc cSb 397 GRADI (Iella oscillazione domiuante minima massima MASSIMI di perturbazioni microsismiche più notevoli o S ! c/i Oi O ci (mill.) 1 0 0 763,7 2 0 0 765,5 3 0 0 764,1 4 0 0 764,0 5 0 0 762,9 6 0,5 1 761,6 7 1 2 762,0 8 1 2,5 762,9 9 0 5 763,7 10 0 r 5 763,6 11 0 1 763,0 1 12 0 0,6 762,8 13 0 0,2 763,0 14 0 0, 6 760,7 lo 0 9 10 (ore 5, 37’ pom.) ’ ! 759,7 t 16 0, 5 9 12 (ore 4, 44’ pom.) 765,5 ' 1 17 1 2,5 764,0 18 0,5 2 763,6 i i 19 0,2 1 761,8 ’ 20 0,2 0,8 763,1 1 21 0,5 3 762,4 ^ 22 0,6 2 760,6 23 2 8 760,8 . 24 2 9 11,5 (ore 2,30’ pom.) 762,1 ) 25 0,2 4 oltre 50 (ore 10,56’ a.) 763,2 ' urto istantaneo : 26 0 0, 5 762,9 27 0,2 1 762,2 28 0, 5 1 * 761,7 29 0 0,9 760,1 30 1 2,3 760,3 31 0,5 1,2 761,1 COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, eruttivi e atmosferici Abbondante sfogo di vapori dal cratere centrale sulla cima dell’ Etna. Cratere centrale calmo. Leggiero terremoto a Randazzo (abbassamento ba- rometrico di min. 1). Idem idem a Mineo. Abbassamento barometrico di mill. 3, 2 dal giorno 16. Abbassamento barometrico di mill. 0,7. Idem idem di mill. 1,8. Frequenti tremiti di suolo a Nicolosi. A ore 11,18’ ant. terremoto nelle Calabrie (Catan- zaro, Tiriolo e più forte nelle alture di Marzico). * La sera del 28 alle 9,2.5’ in tre riprese, fatale ten’emoto all’ Isola d’ Iscliia che produsse la ro- vina di Casamicciola , Lacco- Ameno e Forio con 2313 morti e 762 feriti. Nessuna perturbazione speciale dimostrarono gli strumenti a Catania. atti acc. vol. svn. 53 Giorno 398 licite eli GRADI della oscillazione dominante minima massima MASSIMI di perturbazioni microsismiche più notevoli (V O o'S M 'co CC Q Q-> d COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, eruttivi e atmosferici 1 1,2 5, 5 (■filili.) 762,0 Terremoto a Paterno. 2 0,3 2 762,5 Alle 7,30’ ant. bella eruzione di cenere dal cratere 3 0,5 2 761,8 centrale. Terremoto a Raudazzo. 4 0, 5 1,5 760,3 5 0,6 1 759,7 Abbondanti vapori dal cratere centrale. 6 1 2,5 760,4 7 0, 5 2 760,8 8 0,2 0,8 762,7 Idem idem. 9 0, 5 2 763,6 10 0 1 762,3 Idem idem. 11 0,2 1 762,8 Eruzioni di vapori e cenere dal cratere centrale. 12 1 2 763,8 Terremoto a Biancavilla. 13 0,2 1 764,3 14 0; 5 1,5 764,1 Abbondanti vapori dal cratere centrale. 15 1 1,8 763,9 idem idem 16 0, 3 0,8 761,4 idem idem 17 0,8 1,5 758,8 Vento impetuoso di S. 0. 18 0,5 2 758,9 Abbassamento barometrico di mill. 2,5. 19 1 2 759,0 20 1 1,6 761,7 21 0,2 1,2 762,9 22 0,4 1 762,2 23 0 1 762,2 Abbondanti vapori dal cratere centrale. 24 0 0, 5 762,8 idem idem 25 0 0 762,6 idem idem 26 0 1,2 764,0 idem idem 27 0,5 0,8 765,0 idem idem 28 0, 5 1 765,3 idem idem 29 0, 5 1 765,1 Idem idem 30 0,8 3 761,4 Abbassamento barometrico di mill. 3,7. 31 0,8 2,5 763,7 ©lese ili ^etteiiihre. 399 G ionio GRADI (Iella oscillazione dominante minima | massima MASSIMI di pertu rbazioni microsismiclie inù notevoli Pressione !| atmo.sferica ■ COINCIDENZA di altri fenomeni .sismici, eruttivi e atmosferici 1 I j 1 3 (mill.) 761,5 2 0, 5 1, 5 760,5 Abbondante emzione di vapori dal cratere centrale. 3 0, 5 0,8 761,6 4 0 0, 5 762,9 5 0 1 11 (ore 3 poni.) 761,1 Erto istantaneo e la perturbazione dura per 7 ore — 6 0,5 2 758,3 Terremoto a Firenze, Roma, Perugia. Abbassamento barometrico di mill. 4,6 dal di 5. 7 1 . 2,8 756,5 Eruzione di abliondanti vapori e cenere dal cratere centrale. 8 0,8 1,2 759,6 9 0,4 1,3 761,7 10 0,2 _ 1,0 763,4 11 0 0,8 763,9 12 0,5 1,2 764,0 13 0,2 3 763,0 Abbondanti vapori dal cratere centrale. 14 0,2 10 24 (ore 2, 53’ pom.) 761,4 Abbassamento barometrico di mill. 1,6. — Forte ven- 15 1 6 762,5 to di SE — illare burrascoso — pertiu’bazione mag- giore 0 minore, continua. 16 1 2,2 765,4 17 1 10 12 (ore 4,52’ pom.) 766,6 Terremoti a Perugia. 18 1,2 4 762,5 19 0,6 1,3 761,7 Abbassamento barometrico di mill. 4,9 — Nuvole di 20 0 1,2 762,0 vapori coprono la cima dell’Etna. 21 0 1 764,8 22 0,2 0,5 762,7 Vento fortissimo dì ponente. 23 0 1 762,2 24 1 2,5 762,5 25 0,8 1,8 763,8 26 0,5 2,8 760,8 Abbassamento barometrico di mill. 3. — Nuvole di 27 1,5 4 763,7 ^ vapori coprono la cima dell’Etna. Terremoti a S. Maria dì Licodia, Paterno, Bian- 28 1 4 762,2 cavilla, Adernò. 29 0,2 2 757,8 Abbassamento barometrico di mill. 4,9 — Nuvole dì 30 0, 5 1 757,3 ' vapori coprono la cima dell’ Etna. 400 Illese ili <^Uo9ìi*c. Giorno GRi< della ose domii minima IDI illazione laute massima MASSIMI di perturbazioni microsismiche più notevoli j 1 Pressione atnio.sferica COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, eruttivi e atmosferici 1 1 i 6 (nilll.) 757,1 ! 2 1 5 29 (12,35’ poni.) 761,5 Alle 12,37’ terremoto ad Acireale, Paternò, Bianca- 3 0,5 3 763,7 villa ed Adernù. 4 0,4 3 762,6 5 1 4 757,8 6 0 4 760,7 Tremiti a Nicolosi. 7 0 0,8 766,1 8 2 14,3 (ore 12,48’ poni.) 770,7 Terremoto a Penigia. 9 1,5 2,5 770,1 10 0,2 1,3 765,7 11 0,5 1,5 762,9 12 0,5 5 757,2 13 0, 5 2 759,3 14 0 2 762,6 15 0,5 1, 5 43 (ore 2,57’ poni.) 763,1 Terremoto a Perugia. 16 0,5 2 767,5 17 0 0,5 769,0 18 0,3 0, 5 767,9 Abbondanti vapori dal cratere centrale. 19 0,3 1,5 767,3 20 0 0, 5 767,2 21 0 1 1 Abliassamento barometrico di mill. 2,7 eruzione di 22 0 1, 5 764,5 abbondanti vapori dal cratere centrale. 23 0,9 2,9 764,0 24 0,5 1,8 763,9 25 1 1,8 763,0 26 1,8 2,5 764,0 27 1 2 763,6 28 1;2 4 765,7 Terremoto (a Piagaina) nel territorio di Nicolosi. 29 1,8 4 765,1 30 1,5 6 766,8 Terremoto a Verona.. 31 2 4 767,8 Terremoto leggiero a Poma. 1 Ila OS (lom uima 0,5 0, 5 1 2 0, 5 0,3 0 1 0,5 0, 5 0,5 0 0, 5 0,7 0,7 0,6 0,8 2 0,3 0,8 0,8 0, 5 0,2 0 0,5 0,3 0,2 1 2 3, 5 ACC. ®3csc c13 I^oveaiilifc. 401 MASSIMI ci 05 o • ^ *Sh di perturbazioni .2^ •A , , , 03 ^ inicrosismiche più notevoli 16 (ore 12, 27 poni.) 15 (ore 12, 7 poni.) 23 (ore 11, 7 ant.) (min.) 768.7 J 768.6 ) 767.6 766.5 760.3 756.4 763.0 765.6 763.6 763.6 762.4 763.4 762.1 762.2 763.4 ! 763.8 I I I 764,3 I 763,0 ' i 764.7 I 766.9 , 1 766.2 ' i 770.3 ' I 769,2 I 765.5 I 763.0 j 765.7 ' 765.0 ^ 764.8 I 765.1 j 767.5 ' COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, ernttiiù e atmosferici Abbondanti vapori dal cratere centrale. Ten’emoto a Nicolosi, Pesano, Zafferana — (abbass. barom. di mill. 3,9) — abbondanti vapori dal cratere centrale. Leggiero terremoto a Roma e Verona. Perturbazione continua maggiore o minore compresa fra gi’adi 2 a 15 — fortissimo vento di levante — mare impetuoso batte la costa orientale della Sicilia. Eruzione di cenere dal cratere centrale — abbass. baroni, di mill. 2,5. Perturbazione continua maggiore o minore com- presa nel primo giorno fra gradi 2-15; nel se- condo fra 2-23— forte vento di greco-levante — j mare impetuoso batte la costa orientale della Sicilia. 54 licite eli Dicciiilirc. 1 Giorno i GRADI della oscillazione dominante minima | massima MASSIMI di perturbazioni microsismiclie più notevoli Pressione atmosferica COINCIDENZA di altri fenomeni sismici, einttivi e atmosfei’i 1 1,3 5 (■Itili.) 765,5 2 0,8 2 760,4 3 2 5 761,9 • 4 1 2 760,3 5 1,5 3, 5 751,5 6 0, 5 2 762,8 7 0,8 3 761,5 • 8 1, 5 • • • • • 14 (ore 12 m.) 762,0 Perturbazione continua crescente e decrescenti 9 5 21 (ore 4 pom.) 766,0 gi-adi 1,5 a 21; forte vento di scirocco-levaU- 1 mare burrascoso batte la costa orientale 11 10 1 2 765,2 Sicilia. 11 1 3 762,9 12 2 4 759,2 13 3 6 752,7 • 14 3 7 763,2 ’ 15 0;3 2 764,7 16 0 1 764,4 17 0, 5 1,5 760,4 18 0 2 • 764,6 19 1 3 761,6 20 1 3 762,7 Terremoto a Biancavilla, Paterno, Lingmaglsa 21 0, 5 2,5 766,7 Acireale. 1 i 22 0,8 3 768,7 ti 23 0,4 2 771,3 •! 24 0,2 0, 6 770,2 25' 3 17 (ore 9,10’ ant.) 766,7 Perturbazione continua crescente c decrescentr 26 2 8 762,5 gradi 3 e 17 — vento forte di gi’eco-levante-|»ii re burrascoso batte la costa orientale del^^i 27 3,5 7 759,9 cilill. 1 28 29 1 0,5 3 4,6 763,8 763,3 Dal 24 al 29 eruzione di cenere dal craterden trale con diminuzione nella pressione atmos'i^ di )iiill. 10,3. I 30 0,2 1, 5 766,8 1 31 0,2 3 769,5 DEL 22 MARZO 1883. 403 § 2. Fenomeni Sismici A pag. 317 e successive, nel trattare dei fenomeni si- smici concomitanti al parossismo geodinamico-eruttivo ho già avvertito come mi sia proposto di rendere chiara la esposizione dei fatti riguardanti i terremoti e di mostrare a colpo d’ occhio la relazione tra questi ed altri fenomeni vulcanici, col riunire in prospetti tutti i dati delle osserva- zioni che ho creduto più meritevoli di attenzione. Ora anche per i terremoti successivi al mese di Mar- zo, rimando il lettore alle premesse delle citate pagine e vengo senza altro ad esporre nei seguenti prospetti tutte le notizie riguardanti i terremoti avvenuti dal 1 Aprile al 31 Dicembre 1883. Seguono i prospetti « r i ♦ H u » * % I L J r . PROSPETTI dei principali Terremoti segnalati dagli strumenti negli Osservatori della rete sismica Etnea e, generalmente o parzialmente, avvertiti nella regione dell’Etna, in seguito al parossismo geodinamico - eruttivo dall’ Aprile a tutto Dicembre 1883. 406 Giorno Ora DEL TERREMOTO 1 OsSERVATORJ OVE I TERREMOTI j FURONO SEGNALATI j Qualità’ DEL MOVIMENTO Direzione 1 Aprile 7,20’ ant. ì i Acireale ondulatorio SSO-NNE >? 8,26’ „ Acireale idem 1 » « CO Acireale . ... idem 77 77 » 2, 15’ poni. Gì arre sussiiltorio — J) 6,41’ „ Acireale ondulatorio 1 SSO-NXE 2 Aprile 8, 2’ „ Acireale idem i 77 77 1 Paterno sussultorio ! 3 Aprile 4, 5’ ant. Biancavilla .... ondulatorio SO-XE Acireale idem EXE-OSO Catania ondulatorio ESE-OXO Acireale sussultorio-ondulatorio EXE-OSO Giarre idem XE-SO » 11, «jU ailt* Eiposto ondulatorio x-s Lingfiiaglossa . . . idem XE-SO Eandazzo .... sussultorio — Acireale ondulatorio EXE-OSO » 11, Oo „ Giarre sussultorio — >5 7,40’ pom._ Giarre sussultorio — 4 Aprile 4, 12’ ant. Acireale ondulatorio EXE-OSO t 7, 40’ poni. Acireale idem 77 77 5 Aprile 1,35’ ant. Acireale idem XXE-SSO J5 2 37’ .4,01 „ Acireale idem 77 7? » Q IO’ Acireale idem y,iu „ Biancavilla .... idem XO-SÉ Catania * . . . . sussultorio _ Acireale sussul. ondili, vorticoso XXO-SSE Giarre sussultorio-ondulatorio 0-E Eiposto idem XE-SO 0 58’ Lingnaglossa . . . idem XO-SE Ì7, OO „ Eandazzo .... idem XE-SO Brente ondulatorio X-S Adernò sussultorio — Biancavilla .... idem — Pateniò idem — Acireale ondulatorio XXE-SSO tf 8,15’ poni. Adernò sussultorio — Biancavilla .... idem — n 12,22’ poni. Acireale ondulatorio EXE-SSO KELi ir. VEDI I .} 0 r , L. Altri punti (Iella regione Etnea oltre (quelli degli Osservatorj ove i terremoti . si fecero specialmente sentire r 407 Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici, più rimarchevoli Osservazioni 3i odono frequenti rombi a Nicolosi con tremito frequente del suolo cigolio (V imposte ed un sordo stre- pito sotteiTaneo come di materia in moto. 1 scossa del dì 5 alle 9,58’ fu più orte a Nicolosi ove raggiunse co- llie spinta sussultoria una inteii- sitaj=7. Dopo Nicolosi- fu assai entità e di lunga durata ad Aci- re.^e e Giaive : fu però generale “tutto 0 perimetro Etneo. Io mi aerava in cammino sull’ Etna in- eine al Prof. Yircliow di Berlino In! per visitare i stri^ ** nuova eruzione. I no- nudi al momento della scossa ^„„f^’ii’uno istantaneamente ap- suolo le gambe da- ti e rimanendo immobili per 2 snffi uon la testa bassa e soffiando dalle narici. Solo dei leggieri vapori si sollevano nei primi giorni di aprile dalla ci- ma dell’Etna o cratere centrale. La scossa dell’ 11,36’ a 'Ca- tania fu solo segnalata da ampie oscillazioni fino di 45“ al tromometro — produsse, per la sua maggiore inten- sità, spavento a Giarre, Ri- posto e Linguaglossa. Emissione di abbondanti vapori dei nuovi crateri e dalle fenditure del .suolo adiacenti. * Registrata anche dal gran- de Sismografo. Il terremoto generale alla re- gione Etnea avvenuto il dì 5 alle ore 9,58’ ant. ha fatto ritornare 1’ apprensione alle popolazioni etnicole special- mente della 'parte meridio- nale. 408 Ora 1 OSSERVATORJ Qualità’ Intensità Giorno 1 DEL OVE I TERREMOTI DEL Direzione RELATm 1 1 TERREMOTO FURONO SEGNALATI MOVIMENTO VEDI PAG. J 3 Aprile 5, 2’ poni. Aclernò 1 siissultorio — 1 Paternò sussiiltorio — 4 Biancavilla .... ' idem — 4 n 5,57’ poin. Aderuò , idem . 1 Pronte . . , . • idem 1 6,37’ „ Giarre sussiiltorio — 2 w 12,21’ „ Acireale ondulatorio ENE-OSO 1 7 Aprile 6, 15’ ant. } Adi’eale ondulatorio r » 1 ì) 11,10’ „ Giarre sussultorio — 1 • fri .i rre, sussultorio — ? n 1,37’ poni. Acireale ondulatorio B'NO-SSE 1 « 3,25’ „ Acireale sussultorio — 1 1 )5 6,19’ „ Acireale ondulatorio NNO-SSE 1 6,54’ „ Adernò sussultorio — 1 » Biancavilla .... idem — 1 » 10 Aprile 10,13’ ant. Giarre sussultorio — 1 Acireale onduB.torio ENO-SSE 1 » 4,55’ poni. Giarre Biposto sussultorio idem — 4 3 9,45’ „ Biancavilla .... sussultorio — 1 » Paternò idem 4 )? 11,40’ „ Paternò idem — 4 12 Aprile 5,25’ ant. Acireale ondulatorio i NNO-SSE 1 » 8,49’ „ « Acii’eale oiidiilatorio-sussultorio I NNE-SSO 1 13 Aprile 1,48’ „ 1 Biancavilla .... : sussultorio 1 1 » 6,53’ „ Acireale 1 ondulatorio NNE-SSO 1 1 >? 7,31’ „ 1 Acireale j idem » n 1 » 9,18’ „ Acireale idem , 1 j „ „ 1 14 „ 8, 34’ „ Acireale sussultorio i 1 16 „ 10,18’ „ Giarre ondulatorio NO-SE 1 18 „ 2,50’ poni Acireale oiidulatorio-sussultorio NNE-SSO 1 4— » 8,2’ ant. Acireale ondulatorio r >5 1 1 24 „ 11,50’ „ Biancavilla . . . • .sussultorio — 1 1 409 punti della regione Etnea quelli degli Osservatorj ove i terremoti ■ero specialmente sentire Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici più rimarchevoli OsSEKVAZIOKI il tremito del suolo a Ni- 3 insieme si odono delle interne. Nei di 10, 11, 12, 13 eruzione di grandi masse di vapori e cenere dal cratere centrale (con pressione atmosferica diminuita nel primo giorno di mill. 4,2 e progressiva- mente diminuisce fino a niill. 8,1 dal giorno 9 al 13. I teiTemoti del 10 incutono timore specialmente nei pae- si di Paternò e Giarre. XYU. 55 410 Ora OSSERVATORJ Qualità’ Giorno del OVE I TERREMOTI DEL Direzione TERREMOTO FURONO SEGNALATI MOVIMENTO v: 24 Aprile | 6, 12’ pom. Acireale . . » 6,50’ „ Biancavilla . 26 Aprile ! 7,30’ „ Biaucavilla . 27 „ 8,25’ „ Acireale . . 28 „ 2,42’ ant. Acireale . . Paterno . . « 8,41’ „ Acireale . . 4, 5’ pom. Acireale . . 3) 4,45’ „ Biancavilla . 30 Aprile (1) 2 Maggio 3 « 6, 15’ pom. Acireale . . Biposto . . 8 « 6, 10’ ant. BiaucavUla . Adernò . . 9 „ 1,45’ „• Biancavilla . 33 5,15’ „ Catania (*). Acireale . . Adernò . . Biancavilla . Pateniò . . 33 5,50’ „ Adernò . . Biancavilla . 33 8,25’ „ Biancavilla . 33 10 Biancavilla . 33 2,47’ „ Eandazzo . 10 Maggio 11,17’ „ Biancavilla . 33 3,30’ poni. Biancavilla . 33 9,50’ „ Biancavilla . 11 Maggio 5,20’ ant. Catania * . Acireale . 33 6,25’ „ Paternò . . oudulatorio ondulatorio sussultorio ondulatorio ondulatorio-sussultorio sussultorio sussultorio ondulatorio-sussultorio sussultorio NNE-SSO SE-NO NNE-SSO NNE-SSO ONO-SSE ondulatorio idem ondulatorio idem sussultorio NNO-SSE E-0 NO-SE ■N-S ondulatorio sussultorio oudulatorio sussultorio sussnltorio-ondulatorio idem sussultorio sussultorio sussultorio sussultorio ondulatorio sussultorio ondulatorio sussultorio NNE-SSO N-S S-N NO-SE NO-SE NNE-SSO (1) Ai primi di maggio è da registrarsi nella vulcanicità del globo il principio di una erlB“ ^ 'ta— à.-8;, 411 )Uiiti (Iella regioue Etnea quelli degli Osservatori ove i teiTcmoti ;ero specialmente sentire Fenomeni eruttivi dell’Etna centrali ed eccentrici, più rimarchevoli a il tremito del siiolo a Ni- -gi odono romhe interne. 28 forte scossa a Nicolosi IO’ pom. Se ne ripetono più ? sussultorie alle 11,30’ pom. ,4,'V poni. , alle 12,35 ant. 2,25’ ant. del giorno 28. ultima fu assai forte con ;à = 6 e crollarono alcune case — la popolazione spa- i è vagante per le strade — M giorno 28 alle 4,30’ pom. Itra scossa ondulatoria leg- 3 . Nicolosi, ma forte al paese \ li Torre di Grifo, ove sof- alcune case. ti terremoti a Nicolosi du- a notte. 0’ ant. e alle 11,34’ pom. erreraoti snssultorii presso ! e specialmente in contrada d’Angela, sopra Ragalna. Abbondanti vapori escono dalle fen- diture del suolo e dai nuovi cra- teri. Il 29 e 30 la cima deH’Etna è av- volta da nubi di vapori che escono in grande massa dal cratere cen- trale con projezioni di cenere (pres- sione atmosferica diminuita di mill. 10,9 dal di 26 al 29) abbondanti vapori escono anche dai crateri della nuova eruzione. rombe sotteiTanee a Bian- Maria di Licodia (tra Pa- Biaiicavilla) trema il suolo 3U0 rombe. Continua la emissione di abbondanti vapori dai nuovi crateri e dalle fenditure del suolo. I 3 ' del dì 11 scossa sussul- ; . Zatferana, preceduta scosse nella notte, ac- late da rombi. OSSEEVAZIONI Si ode (gualche cupo rombo e più specialmente a Nicolo.si e a Motta S. Anastasia. (*) Leggiera perturbazione mi- crosismica, durante il giorno fino a 6“ del tromometro. Gli abitanti di Adernò, Bian- ca villa , Paternò sono allar- mati per la persistenza dei terremoti. * A Catania perturbazione mi- crosismica, che raggiunge un massimo a ore 4,10 pom. di 13“ al tromometro. ** (presso Giava) che fu come l’esordio della terribile catastrofe avvenuta nell’Agosto. 412 Ora OSSERVATORJ Qualità’ Giorno DEL OVE I TERREMOTI DEL Direzione TERREMOTO FURONO SEGNALATI MOVIMENTO 11 Maggio 10,32’ ant. Acireale . . • • ondulatorio NNE-SSO 91 4,43’ poni. Acireale . . Linguaglossa ondulatorio sussultorio 59 99 22 >9 7,24’ ant. Acireale . . Giarre . . ondulatorio ondulatorio-sussultorio NNO-SSE SO-NE 25 J9 12,18’ „ Acireale . . ondulatorio NNO-SSE J) 9,27’ „ Acireale . . Eiposto . . Linguaglossa ondulatorio ondulatorio-sussultorio ondulatorio 99 99 E-0 NO-SE 9,37’ „ Acireale . . ondulatorio NNO-SSE >? 10,54’ , Acireale . . ondulatorio 9! 99 28 J9 6, 10’ poni. Acireale . . ondulatorio-sussultorio 59 99 3 Giugno 12,36’ ant. Acireale . . Aclernò . . Biancavilla . Paterno . . lilineo. . . *, ondulatorio sussultorio sussultorio-ondulatorio idem sussultorio NNO-ESE N-S E-0 JJ 1, 2’ ant. Ranclazzo . sussultorio — 4 JJ 12,46’ „ BiancaviUa . sussultorio — 5 59 2,43’ „ Biancavilla . sussultorio — 12 59 7, 34’ poni. Acireale . . Giarre . . Brente . . Adernò . . Biancavilla . Paterno . . ondulatorio sussultorio idem ondulatorio ondulatorio-sussultorio sussultorio NNE-SSO E-0 95 99 17 59 9,45’ ant. 24 59 8,47’ „ Eiposto . . Acireale . . sussultorio-ondulatorio ondulatorio E-0 NNE-SSO 59 10,30’ „ 29 55 11,42’ „ Acu'cale . . Biancavilla . • ondulatorio-sussultorio sussultorio ENE-OSO 59 12,37’ „ Acireale . . Adernò . . Biancavilla . Paternò . . • • • ondulatorio sussultorio idem idem NE-SO 59 3, 2’ poni. Acireale . . • • • ondulatorio ENE-OSO t V] 413 -9^ nmti (Iella regione Etnea Fenomeni eruttivi dell’Etna quelli degii OsseiTatorj ove i terremoti centrali Osservazioni ;ei'0 specialmente sentire ed eccentrici, più rimarchevoli Nei giorni 15 , 16 , 17 eruzione di cenere dal cratere centrale. Il 25 si ripete una eruzione di ce- nere dal cratere centrale con ab- bondanti vapori. ■ i delle 12,36’ ant. fu as- e a Nicolosi e ne segui . all’l aut. non meno forte. Pochi vapori escono solo dalle fen- diture del suolo adiacenti ai nuovi crateri. • i di Giugno furono a'V'v'cr- gieri terremoti anche a di Calabria. " La scossa del 12 a ore 7,34’ incute nuovo timore agli a- bitanti di Biaiicavilla. ®ultoiia a Nicolosi piut- te che incute timore — si • scosse per varj giorni. Il 18 abbondante eruzione di va- pori dal cratere centrale (con pres- sione atmosferica diminuita di min. 3,3 dal di 13). * isa ondulatoria forte a Ni- 1 • ! ^30’ aut. scossa ondula- : Itosto forte a Nicolosi — alle 2 ant. 1 Nei di 27 e 28 Giugno eruzione di | abbondanti vapori con cenere dal ; cratere centrale (pressione atmo- ; sferica diminuita di mill. 1,9 dal di 26). 1 i 1 414 Ora OSSERVATORJ Qualità’ Giokno DEL OVE I TERREMOTI DEL Direzione TERREMOTO FURONO SEGNALATI MOVIMENTO VI 1(1) 12 Luglio 3,30’ pom. 14 „ 7, 8’ „ Kandazzo .... sussultorio — n 12,30’ , Ackeale oudulat orio-sussultorio NNE-SSO 15 „ 3,39’ ant. Catania * . . . . Eandazzo .... sussultorio — 1 i 16 „ 7,12’ ant. Catania (*). . . . Mineo idem — 31 „ 6 27’ Linguaglossa . ... ondulatorio NO-SE 1 (2) 1 Agosto 4,55’ pom. Paterno sussultorio — 3 „ 9,37’ „ Kandazzo .... idem — 1 12 „ 5, 35’ „ Biaucavilla .... idem — 1 ì 16 „ 9,22’ ant. Pateinò Acireale idem ondulatorio ENE-OSO . r 23 „ 10,43’ „ Giarre ! (3) 24 Settem. 8 pom. 1 „ 8, 1’ „ Acireale ondulatorio NE-SO 27 12,30’ „ 1 28 9,35’ „ Paterno sussultorio Acireale sussultorio-ondulatorio NE-SO Paternò sussultorio — J5 9,58’ „ Biancavilla .... idem — [ Adernò idem Catania (*). . . . ondulatorio SO-NE Acireale ondulatorio (4) 2 Ottobre 12,37’ „ Paternò sussultorio — Biancavilla .... sussultorio-ondulatorio O-E Adernò idem 0-E 1 (1) La sera del 28 Luglio alle 9, 25’ in tre riprese avvenne il fatale teiTemoto all’isola d (2) Ai primi di Agosto l’isola Ometepc nel lago di Nicaragua venne distrutta da una eruw'' Sira con qualche rovina di case. — Il 27 Agosto a ore 7 ant. terribile catastrofe a Gia^|^" L’isola di Krakatau situata in mezzo allo stretto tra Giava e Sumatra scomparve. Fonui(|iil!„ Guntur ed altri più piccoli tutti eiitrarono in fase di parossismo. — Tre Città rimasero distila* ^ meni produsse forti ondulazioni nel mare e nell’aria: il cammino delle onde atmosferiche ' in 36 ore. Sembra che le onde atmosferiche abbiano portato e diffuso a grandi altezzeiiii’' (3) La sera del 9 Settembre altro terremoto parziale nell’Isola d’ Ischia. — Il 5 viene scopj" *■ Pons per cui venne chiamata Cometa Brooks-Pons. — Solo verso il 20 Dicembre si rcs('P'' (4) A dì 6 Ottobre alle 3,30’ poni, ad Alaska ( S. Francisco ) eruzione vulcanica dal Mon! del fenomeno vulcanico avvenne un forte maremoto. — A di 8 di Ottobre (nella notte) foi! Dardanelli) — molte rovine di case con 1000 morti e 20 mila persone restano senza tetto; 415 •1^ — , punti (Iella regione Etnea guelli degli Osservatori ove i teiTCìnoti ;ero specialmente sentire ito sussultorio molto sensibi- icolosi. 5 leraiti durante tutto il mese \ ;lio si avvertono di tanto : 0 a Nicolosi. ■tte del 3 agosto, fre(iuente a Nicolosi. a del 16 fu avvertita più e a Nicolosi. I . scossa sussnltoria a Nico- • 3i ripete all’ 1,30 ant. del I successivo. ' ria (li Licodia (tra Paterno i cavilla ) moto sussnltorio ' con rombi e nel di 28 ioni, alle 10 poni, si awer- • i scosse di cui la più forte 3 poni, accompagnata da ' ibi— Gli abitanti (li Licodia I avida temono qualche di- Fenomeni enittivi dell’ Etna centrali Osservazioni ed eccentrici più rimarchevoli Dal 2 a 3 Luglio nubi di vapori sul cratere centrale che parimente emette abbondanti vapori il 13, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31. Il 2 Agosto dalle 7 alle 8 ant. bella eruzione di cenere dal cratere cen- trale— il di 5 escono abbondanti vapori (con abbassameirto barome- trico di mill. 1,3.) * A Catania sola perturbazione microsismica che raggiunse 10° del tromometro alle 5, 57’ pom. Il di 11 dalle 6 alle 6,30’ ant. bella enizione di cenere di poca durata dal cratere centrale che il 14, 15, (*) A Catania sole perturba- zioni microsismiche che rag- giunsero 12° al tromometro alle 4, 44 pom. 16, 23, 24, 25, 26 , 27 , 29 , 30 , emette grandi masse di vapori. A dì 2 e 6 Settembre abbondanti vapori sormontano la cima del- l’Etna— il dì 7 eruzione di cenere con pressione atmosferica diminuita di 4, 6 min. dal dì 5. — Il 13, 25, 26, abbondanti vapori — Il 29 e 30 eruzione di vapori e cenere (con pressione* atmosferica diminuita di min. 4, 9 dal di 28.) Durante il mese di Luglio nell’Osservatorio Pennisi in Acireale .si sono notati leg- gierissimi tremiti nei giorni 7, 8, 9, 13, 15, 23, 24, 25, 28, 31. Queste leggiere oscniazioni sono di consenso ai frequenti tremiti che si avvertono a Nicolosi presso i nuovi cra- teri. Ad Acireale nel mese di A- gosto furono costatate leg- gierissime oscillazioni nei giorm 7, 11, 16, 24. (*) A Catania si è osservato solo una perturbazione no- tevole al tromometro con un massimo di 29° a ore 12,37 pom. se minori, con la rovina di Casamicciola, Lacco- Ameno — Porio e con 2313 morti e 762 feriti, esiliò r apertura di un largo cratere. — Nella notte dal 3 al 4 Agosto, forti terremoti in Atene e rtca dell’ isola di Ki’akatau accompagnata da strepito inaudito e da continuo traballare di suolo. — Watoe ed in altri centri vulcanici: il Mahameru (il più gi’ande dei vulcani di Giava) il Gouuuug- S) Aiijer. Si calcolano a più di 40 mila le vittime umane tra gl’ indigeni. — L’ energia dei feiio- 'fo con una velocità di 10 mila chilometri aU’ ora e fu calcolato die Licessero il giro del globo tate. ' ^ ili New-York ima cometa che .si riconobbe essere quella stessa scoperta il 20 Luglio 1812 da echio nudo . h una nuova isola nel passaggio tra l’ isola di Ghenianboura ed il Continente. — In conseguenza (Algeri). — A di 15, 16 e 23 Ottobre, forti teiTemoti neU’Asia Minore (a Chios, Smirne, Syra nei 1 Giorno Ora DEL terremoto 7 Ottobre 28 „ 9, 30’ poni. (1) 13 Novem. 6 (2) 20 Diceni. 1,21’ aiit. OSSERVATORJ OVE I TERREMOTI FURONO SEGNALATI Qualità’ DEL MOVIMENTO Direzione ve: p; Catania * . Paterno . . Biancavilla . Linguaglossa Acireale . . sussultorio-ondulatorìo idem ondulatorio idem 0-E 0-E NE-SO NE-SO (1) A di 97 Novembre sono ricominciati dei ^terremoti intermittenti che si è ripetuto per molto tempo di seguito ogni mattina e ogni sera della luce ani ot ale e tramonto del medesimo. Il fenomeno straordinario ha molte spiega^ o-randi altezze dalle onde atmosferiche le quali come e detto a nota (.) pa,. 414 . enoe» iiu (2) A di 4 Dicembre nuovi forti terremoti a Smirne. 417 punti della regione Etnea quelli degli Osservatorj ove i teiTemoti ero specialmente sentire nssultoria molto sensibile a I— essendo festa gli abitanti trovavano in chiesa a udire ;a escono spaventati, ■nssultoria a Kagabia nel io di Nicolosi. irte d’intensità=3 ondnla- IBUSsiiltoria a Nicolosi, Pe- ttfferana — Ebbe ripetizione ■0’ poni. — Al Pesano e Zaf- àu'ono maggiormente sen- 4ussero qualche lesione in case e molto timore agli |j i deU’1,20’ aiit. fu sentita I! ite a Nicolo.si e a S. Maria •i lia, molti abitanti uscirono ^ se. Fenomeni emttivi dell’Etna centrali ecl eccentrici più rimarchevoli Nei dì 13, 18, 21, 22 Ottobre ab- bondanti vapori escono dal cratere centrale — Anche la squarciatura del suolo della recente eruzione eccentrica manda abbondanti va- pori. Il 24, 25, 26, 27, 28, 29 Dicembre eruzione di cenere dal cratere cen- trale (con diminuzione di pressio- ne atmosferica di mill. 11,6 dal dì 23 al 27). OsSEKVAZIONI Il 5 Ottobre ad Acireale a ore 2, 13’ aiit. si avvertì da- gli strumenti una lieve o- scillazione. * A Catania leggiera pertur- bazione di 2" del tromometro. Gli stnnnenti di Acireale in questo mese avvertirono tre- miti nei dì 13, 14 e 20. Nei di 1, 2, 6 Novembre abbondanti vapori escono dal cratere centrale — Il 24 e 25 eruzione di cenere (con pressione atmosferica diminuita di 7,3 mill. dal dì 22.) Durante il Novembre nei gior- ni 4, 5, 8, 13, 14, 19, 20,21, 26, 27, 28, 30 gli strumenti di Acireale avvertirono leg- gieri tremiti. di 2 Dicembre comparsa marcata a levante e a ponente della Sicilia dello splendido fenomeno di colore rosso con gradazioni al giallo, tanto in precedenza alla levata del sole, quanto dopo il gli astronomi, è che il fatto sia dovuto a sottile pulviscolo di ceneri vulcaniche trasportate a ■tiirossismo vulcanico di Giava. ^ ACC. VOL. XVII. 56 418 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Dall’esame comparativo di tutti i dati raccolti ed ora esposti nei precedenti prospetti relativi ai fenomeni micro- sismici e sismici , successivi al parossismo vulcanico del Marzo 1883, sono condotto a mettere in rilievo i seguenti importanti fatti che offrono una nuova conferma alle osser- vazioni che ho via via svolto nel corso del mio lavoro. 1. Le vicende della pressione atmosferica si manife- stano in relazione generale coi fenomeni geodinamici (mi- crosismici e sismici) e con le condizioni di attività o cal- ma del cratere centrale o di altri crateri o fenditure che presentino eccentricamente qualche fase di sfogo. In- fatti un abbassamento della pressione atmosferica deter- mina in generale degli sfoghi eruttivi di vapori e di ceneri. 2. È accertata pure una diretta relazione tra te condizioni di calma o attività del cratere centrale e i fenomeni geodinamici {microsismici e sismici). Quando uno sfogo attivo di vapori e ceneri non si manifesta dal cra- tere centrale nell’ atto di un abbassamento di pressione at- mosferica, allora la eccitazione vulcanica è messa in chiaro da qualche perturbazione microsismica o da terremoti lo- cali. Di più con la calma del cratere centrale possono a- yersi delle perturbazioni anche senza abbassamento di pres- sione atmosferica. 3. Il tromometro ed altri strumenti microsismici a Catania manifestano in generale delle perturbazioni se av- vengono terremoti che agitino qualche punto anche lon- tano delta estesa superficie Etnea. Talvolta ìjerò manca questa coincidenza e in tal caso è dimostrata una spiedate localizzazione di centri sismici 0 può ammettersi una differente direzione delle onde si- smiche. 4. Viceversa notasi che le perturbazioni degli strumenti situati a Catania non sempre sono dovute a causa di vul- canicità locate ; ma si mostrano in rapporto con terremo- DEL 22 MARZO 1883. 419 ti più 0 meno estesi, più o meno lontani, del Continente. 5. Gli strumenti di Catania (come è accaduto in oc- casione del fatale terremoto di Casamicciola nell’ Isola d’ I- scliia) possono anche non presentare alcuna perturbazione per terremoti lontani, qualora questi avvengano in area ristretta e siano dovuti a causa di vulcanicità localizzata. 6. Alcune perturbazioni micro sismiche {con caratteri particolari di persistenza e durata) si mostrano a Catania in rapporto di concomitanza con le burrasche del vicino mare. Questo fatto si nota allorquando il mare tempestoso infuria da lontano e batte con impeto la costa orientale della Sicilia sotto l’influenza di gagliardi venti di Greco-Le- vante, Levante, Scirocco-Levante. Se cessa la influenza dei forti venti la perturbazione continua con atmosfera tranquilla, finché il mare non è rimesso in calma. Art. 2. § 1. Feuomenì eruttivi eccentrici § 2. Fenomeni eruttivi centrali Tutte le osservazioni relative a questi due paragrafl, per metterle in più diretto rapporto con i fenomeni geodinamici, ho dovuto già esporle mese per mese nelle colonne dei pro- spetti sismico-eruttivi che ho presentato da pag. 394 a pa- gina 417. Solo mi è necessario aggiungere che se nei detti prospetti tra i fenomeni eruttivi eccentrici, non ho detto nulla della eruzione di fango nella Salsa di Paterno, che per lungo tempo mi ha occupato nella esposizione della cronaca di fenomeni Etnei precedenti alla eruzione del Marzo 1883; ciò è perchè (come hò reso noto a pag. 287 e 288) al principio del movimento dell’Etna, avvenuto in quel mese, l’ eruzione. fangosa cessò e la Salsa riprese la sua 420 SULLA ESPLOSIONE ETNEA condizione ordinaria di calma nella quale rimase fino da allora, senza che abbia mostrato in seguito alcun risveglio. Riassunto sintetico dei fenomeni principali che hanno fat- to seguito (durante 8 mesi) al movimento dell’ Etna avvenuto nel marzo 1883. Da pag. 391 a pag. 417 io ho esposto tutto il com- plesso delle osservazioni che rappresentano i fenomeni com- piutisi nella regione deir Etna dal 10 aprile al 31 dicembre 1883 e che hanno attirato la mia attenzione come succes- sivi al parossismo geodinamico eruttivo del marzo. Questi si possono sinteticamente riassumere nel modo seguente : 1. Il dinamismo generale o parziale nella regione Etnea riprincipiato nel marzo, immediatamente dopo che venne a mancare (a dì 25) la eruzione eccentrica (vedi pag. 390), ha continuato a manifestarsi per tutto il rimanente del- V anno. Però i terremoti di carattere generale al perimetro Etneo, dopo 1’ aprile si fecero assai rari e di minore esten- sione. 2. I fenomeni dinamici di carattere parziale si man- tennero con insistenza a Nicolosi e in tutte le adiacenze del centro eruttivo della nuova recente conflagrazione, ove con tremiti frequenti e rombe interne si ebbe chiara la idea di un movimento profondo, di lava, che non trovò più le condizioni per fare eruzione all’ esterno. 3. Oltre questa condizione dinamica speciale, mantenu- tasi a Nicolosi e in modo energico per tutto l’aprile, fino da questo mese si è accentuato il dinamismo nelle contrade di Giarre e Linguaglossa (e ])er consenso ad Acireale e llan- dazzo) sul fianco NE; e nelle contrade di Paternò, S. Ma- ria di Licodia, Biancavilla e Adernò sul fianco SO, e an- che ivi con cupe rombe, capaci di incutere timore. Ciò ad- DEL 22 MARZO 1883. 421 dita alla formazione di centri sismici speciali in due ver- santi opposti deir Etna e lungo una direzione SO-NE. Fatto importantissimo che sta a riprova di quella frattura che io ho ammesso come esistente a grandi profondità nella Sici- lia orientale che rappresenta la sede dei moderni fenomeni Etnei (vedi pag. 342). 4. 1 fenomeni eruttivi eccentrici dei nuovi recenti crateri e squarciatura annessa di suolo, si limitarono dopo la con- flagrazione del Marzo alla emissione di vapori che furono abbondanti in Aprile, Maggio e Giugno : rapidamente di- minuirono dopo, riducendosi a poco sfogo. 5. 11 cratere centrale invece ha mostrato dall’ Aprile a tutto Dicembre numerose fasi eruttive, solo però rap- presentate da masse vaporose con ceneri. Queste eruzioni centrali furono meno frequenti nei mesi di Aprile, Maggio e Giugno, durante i quali si notò preva- lente nei fenomeni vulcanici il carattere geodinamico. In- vece nei mesi di Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre, No- vembre e Dicembre, durante i quali i fenomeni sismici di- radarono; le eruzioni vaporose e di cenere del cratere cen- trale furono spiccatamente notevoli per frequenza ed inten- . sita. E ciò conferma sotto un punto di vista generale quel rapporto che ho speciflcato (a pag. 418) esistente tra il geo- dinamismo Etneo e le fasi di attività e di calma del cra- tere centrale. CoiisiJerazioni lenerall e Coiiclnsloiie Giunto al termine dell’ analisi scientiflca che ho avuto cura d’intraprendere secondo il piano generale che mi sono tracciato; mettendo in vicendevole relazione tutti i fe- nomeni che r Etna ha presentato durante un quadriennio, e dei quali la espressione culminante è stata la esplosione 422 SULLA ESPLOSIONE ETNEA ed eruzione deir ora scorso anno 1883 : sulla scorta dei fatti dettagliatamente esposti ( dei quali ho messo in rilievo quelli di maggiore interesse nei riassunti sintetici che ho ' fatto seguire a ciascun capitolo) : mi è necessario di chiu- dere queste pagine con alcune considerazioni generali. I fatti suddetti desunti da osservazioni che ho cercato di consegnare fedelmente in questa memoria, considerati nella loro specialità, non si presentano generalmente come nuovi, anzi i piu sono già conosciuti nella storia dei feno- meni vulcanici in generale. Tuttavia anche i già conosciuti considerati nel loro insieme e tenuto conto del modo come si sono succeduti o avvicendati nella medesima sede del maggiore dei nostri vulcani, e in relazione ad altre manife- stazioni endogene vicine o lontane ; offrono un carattere di nuova importanza mettendo in evidenza per la prima volta delle relazioni chiare, tra cause ed effetti, tra feno- meni naturali apparentemente disgiunti e danno la riprova di alcune vedute che potevano fin qui considerarsi, in man- canza di fatti sicuri, come delle semplici speculazioni teo- riche. Io credo che i nuovi mezzi d’ indagine applicati allo studio dei fenomeni Etnei con lo stabilire la rete degli Os- servatorj di cui ho tenuto parola a pag. 281 e 282 abbia dato con ciò che ho raccolto ed ordinatamente esposto in questa memoria (che serve come prima relazione) largo compenso all’ ajuto accordato dal R. Governo per un primo loro impianto e possa dare coraggio a me di proseguire nello scopo propostomi, come al R. Governo di completare questa utile istituzione : corredandola di tutti quei mezzi suggeriti dalla scienza moderna a vantaggio della Vulca- nologia e Geologia endogena che con grande privilegio si possono studiare in Italia, specialmente presso i suoi vul- cani ardenti, tra i quali l’Etna è uno dei principali della ’l'erra. DEL 22 MARZO 1883. 423 Mi piace sopra tutto di insistere sullo stretto rapporto, di cui ho potuto con piena evidenza accertarmi, — tra le vi- cende della pressione atmosferica ed i fenomeni vulcanici— tra i fenomeni sismici ed i fenomeni eruttivi—. Io non sò più comprendere un osservatorio sismico che non sia munito di barometro, come non so più com- prendere lo studio dei fenomeni vulcanici eruttivi, senza che sia accompagnato da quello dei fenomeni geodinamici (o viceversa) siano micromoti, siano macromoti o terremo- ti sensibili — L’ Etna, che dopo incessanti manifestazioni continuate per più di tre anni, alternativamente eruttive o dinamiche, ora centrali ora eccentriche, ora maggiori ora minori, ma sempre tali da rivelare una condizione dì atti- vità interna , persistente — al presentarsi di un notevole abbassamento di pressione atmosferica si scuote su tutta la sua ampia base e adiacenze per urti profondi, poderosi, continui; con moti che propagansi all’ esterno ora più da un lato , ora più dall’ altro , che si fanno per due giorni sempre più incalzanti, finche dopo prolungato dinamismo generale, allarmante, giungono a squarciare con esplosione ad un terzo di altezza e con fenditura radiale, il fianco meridionale del gigantesco Monte — L’ eruzione eccentrica che immediatamente incomincia da varj centri con sfoghi di lave e materie elastiche, rese esplosive dalla tensio- ne— Il dinamismo del suolo che si mantiene solo parzial- mente nell’ area dei centri aperti di attivo sfogo, mentre si ristabilisce la calma in tutto il rimanente della super- ficie del Monte — il cessare improvviso dei fenomeni eruttivi e la ricomparsa di un secondo periodo di dinamismo ge- nerale, esteso a tutto il perimetro Etneo— le vicende della pressione atmosferica che accompagnano con relazione co- stante queste differenti fasi del parossismo Etneo ritengo che sieno dei fatti capitali ben costatati che entrano ora. con precisione di dati nel dominio scientifico e provano ad 424 SULLA ESPLOSIONE ETNEA evidenza i rapporti tra manifestazioni fenomeniche sui quali già illustri pensatori si sono più volte aggirati, ora ammet- tendoli a priori , ora negandoli , ora contradicendosi , ora aspettando dei fatti bene studiati a conferma delle loro vedute teoriche. Humboldt nel Cosmos a Nota 84 discutendo qual re- lazione possa esservi tra i fenomeni vulcanici e i meteo- rologici, dice « che si avrebbe torto di attribuire ad essi un significato qualunque ». Mentre più sotto nella stessa Nota soggiunge che però non bisogna rigettare certe idee fondandosi sulla nostra ignoranza circa i rapporti tra i fenomeni dell’aria e i fenomeni sotterranei. » Poulett Scrope a pag. 296 del suo libro: Les Volcans. (1) è incerto (nelle sue idee sui vulcani) se per spiegare i fe- nomeni eruttivi si debba ricorrere all’ aumento di tempe- ratura 0 a diminuzione di pressione ; infatti così si esprime « la théorie la plus raisonnable est que un’éruption volca- nique est ainsi amenée par la méme cause première que le tremblement de terre , savoir V expansion de quelque ma- tière, profondement situèe, expansion due a V augmentation de la tempèrature ou à reduction de pression. » Nel corso di geologia di A. Stoppani (2) a pag. 441 leggesi. « Ammetto per principio che se si riuscisse a provare esservi ( non dirò sempre , ma quanto basta per provare un fatto ) una corrispondenza tra le scosse dei terremoti e gli abbassamenti del barometro, sarebbe del pari dimo- strato che la causa dei terremoti è un fluido elastico » e 1’ Autore si sforza a trovare un appoggio alle sue idee sopra (come egli dice ) gli scarsi fatti conosciuti e desunti da osservazioni sui fenomeni vulcanici di ordine secondario, (1) Edit. fi'an9. Paris 1864. (2) Voi. I Dinamica Terrestre, Milano 1871. DEL 22 MARZO 1883. 425 come p. es. sui vapori di Stromboli, sulle emanazioni dei sof- fioni, sulle sorgenti idrotermali dei Geyser, delle Salse etc. A. Heim di Zurico^ membro della società sismica Elve- tica, nel suo recente scritto sui terremoti (1) dice « die la causa dei terremoti non potrà resultare che da una com- pleta statistica dei fenomeni sismici onde vederne le rela- zioni con la posizione della terra, con la pressione baro- metrica e con gli altri fenomeni. E ne desume die i punti essenziali per le indagini sismiche sono le analisi dei sin- goli terremoti per rintracciare i focolari sismici e la storia più esatta e completa possibile di questo fenomeno, sul quale resta ancora un vasto campo aperto all’ osservazione ed alla teoria ». Intanto fino dal 1865 epoca in cui scoppiò sull’Etna la memorabile conflagrazione, die fu una delle più grandiose del secolo, io feci notare la importanza che poteva avere il tener dietro alle osservazioni meteorologiche durante lo andamento dei fenomeni vulcanici e mi avvenne di fare delle osservazioni contemporanee di qualche interesse sulle vicende della pressione atmosferica. Costatai fino d’ allora le depressioni atmosferiche in coincidenza della grande eru- zione e a pag. 209 del mio libro citato (2) leggesi « du- « rante i primi due mesi cioè durante la maggiore inten- « sità del parossismo eruttivo la pressione si è mantenuta « in media più bassa che in seguito ; e se in qualche giorno « la colonna barometrica si è mostrata più alta, la emis- « sione delle ingenti quantità di vapori dalle gole sotter- « ranee pare che siasi fatta a periodi più lontani etc. » (1) Les tremblements de terre et lèur étude scientifique — trad. par M. Forel de Morges. — 1880. (2) Fenom. vulc. preseut. dall’Etna dal 1863 al 1866 etc. ATTI ACC. VOL. XVH. 57 426 SULLA ESPLOSIONE ETNEA Ma queste osservazioni di fatti che mi sembrarono fino da allora tanto importanti e alle quali in seguito ho tenuto sempre dietro, non è a mia cognizione che abbiano destato in altri tutto quell’ interesse che a parer mio meritavano ed anche in occasione della testé cessata ultima eruzione del Marzo io vi richiamai l’attenzione, facendo notare a pag. 6 della mia relazione al R. Governo pubblicato a Catania il 23 Marzo la coincidenza del rapido abbassamento barometrico (di 13 mill.) col primo comparire dei terremoti e conati eruttivi che determinarono la successiva esplosione. Mi era necessario il rammentare tutto ciò, non già per diminuire il merito altrui , ma perchè le mie osser- vazioni occupino il posto che loro spetta; dopo avere vi- sto che recentemente il Sig. Fr. Laur in data del 6 Ago- sto 1883 (1) ha domandato una data di priorità alla Accademia di Francia nell’ atto di presentare una sua me- moria intitolata « Sur les baisses barométriques et les èruptions » la quale memoria si può dire stabilita sui dati ' che io credo di avere per il primo messo in evidenza. E anche concedendo all’Autore il merito di avervi fondato una teoria, non posso astenermi dal fare osservare che questa non è che la generalizzazione del modo come si sono presentati e succeduti i fenomeni che ho descritto recen- temente per l’Etna (2). Nello svolgimento di questi miei recenti studj, mi pare anche di offrire, sempre con la pura scorta dei fatti, la conferma di alcune idee che sono state da lungo tempo felicemente concepite e vagheggiate dai più distinti vulca- nologi, circa i rapporti tra i terremoti e le eruzioni e an- che di mettere in evidenza nuovi fatti utili per lo studio dei fenomeni sismici. (1) V. Cornpt. rend. — de l’Acad. d. Sciences — Paris 6 Aoùt 1883 pag. 469. (2) V. relaz. cit. sulla Eruz. dell’Etna del 22 Marzo 1883. DEL 2.2 MARZO 1883. 427 Per esempio: 1. La frequenza dei terremoti che io ho potuto regi- strare come avvenuti nella regione dell’Etna, durante il periodo che ho preso a considerare, conferma la opinione di Mallet (1) « che l’energia sismica è più grande e più frequente in vicinanza delle linee di attività vulcanica. » 2. Il modo con cui mi si è palesata 1’ alternativa tra i terremoti e gli sfoghi eruttivi centrali od eccentrici del- l’Etna, serve di prova a ciò che pensava Dolomieu (2) a ciò che hanno pensato Mallet (3) Scrope (4) Darwin (5) a ciò che sostiene attualmente anche Dauhrèe (6); che cioè questi fenomeni non debbano ritenersi tra di loro come causa ed effetto, ma ambedue come manifestazioni diffe- renti di una medesima causa. Mallet considera di più un terremoto che avvenga in una regione vulcanica « come un tentativo fallito per uno sfogo vulcanico » e Daubrée (7) dice lo stesso con altre parole « les tremblements de terre sont des eruptions etouffées » A ciò aggiungo che le eruzioni non etouffées, ma che sono scoppiate e che già hanno avuto il loro sfogo , finiscono sempre con una ultima espressione di parossismo vulcanico, rappresentata dai terremoti, tanto più prolungati ed estesi quanto minore fu la durata ed entità delle eruzioni me- desime L’ idea quindi dominante che i vulcani agiscano come (1) Rapporti sui terreni. all’Associaz. Britan. per il progr. delle scien- ze 1850. (2) Iles Pon9es — Lipari etc. (3) Op. cit. Eapp. sui terr. (4) Op. cit. les Volcans. (5) Iles vulcaniqiies pag. 129. (G) Causes probables des tremblements de terre - Compt. rend. de l’Ac. des Se. t. XCVII pag. 772, 1883. (7) Mem. cit. 428 SULLA ESPLOSIONE ETNEA valvule di sicurezza, regge sotto il punto di vista del dina- mismo generale terrestre; mentre però )3isogna restringere il concetto della sicurezza che possono arrecare localmente i vulcani, ai soli periodi della loro piena attività : in qua- lunque altra condizione sono invece un pericolo permanente per r energia sismica che si dimostra frequente e più fa- cile a propagarsi all’ esterno nelle regioni vulcaniche, ove a mio credere questa devesi anche ammettere ad una pro- fondità relativamente minore che altrove. 3. I limiti relativamente ristretti di profondità delle azioni sismiche, ovvero della potenza motrice dei fluidi e- lastici con cui si possono spiegare gli effetti dei terremoti vulcanici, nel caso dell’Etna, li ho dedotti (e credo che lo stesso sia per qualunque vulcano) per mezzo della propa- gazione localizzata delle onde sismiche, tenuta presente la velocità della loro propagazione che per l’Italia sarebbe di circa 833 m. per 1" (secondo Serpieri) di 13G8 m. per 1" (dietro i dati del terremoto di Viège del 25 Luglio 1855 , che da Torino a Ginevra si propagò in 126". 4. Dietro la accennata velocità di propagazione, dietro il rapido succedersi degli urti e dietro i fatti indubitati di interferenza delle onde, i quali ho potuto mettere in ri- lievo (1) deduco che per l’Etna e in generale per la sede speciale di un vulcano, le ondulazioni del suolo non hanno un medesimo punto di origine, coincidente con l’asse erut- tivo, ma provengono da urti variabili 1° per posizione (ora prossima ora lontana dal centro) 2° per intensità, 3° per direzione; il che designa una moìtqdlicilà di centri sismici che possono agire anche contemporaneamente. 5. Lo studio che ho fatto sia delle semplici perturba- zioni microsisraiche, sia dei terremoti sensìbili nella regione dell’Etna in paragone a simili fenomeni geodinamici avve- (1) V. la mia relaz. cit. sulla eniz. 1833 pag. C. DEL 22 MARZO 1883. 429 nuli nel suolo italiano e altrove conferma la distinzione tra i terremoti vulcanici ad area ristretta e die hanno interessato la sola sede del vulcano , da quelli che hanno partecipato ad un movimento più ampio capace di commuo- vere estese regioni anche non vulcaniche. E ciò secondo le idee di Stoppani, Heim, De Rossi. 6. Lo studio medesimo fatto delle perturbazioni mi- crosismiche in relazione ai fenomeni meteorici, mi ha fatto conoscere nella stazione di Catania (e credo in qualunque stazione vicina al mare) come lo spirare dei venti forti e gagliardi che mandano da lontano un mare tempestoso a battere con impeto la vicina costa, si abbia costantemente un tremito di suolo indipendente dall’ azione vulcanica lo- cale e da qualunque causa endogena. Queste ed altre deduzioni si possono ricavare dalla moltiplicità di fatti da me recentemente osservati in que- sto campo di studio in cui mi trovo: ma a riguardo dei fenomeni vulcanici d’indole meccanica, mi interessa ancora di aggiungere come io abbia posto molta cura nello studiare e descrivere nel presente lavoro tutto il recente apparecchio eruttivo eccentrico: giacché l’ Etna (caratterizzato dal deter- minare sui propri fìanchi le più formidabili eruzioni), mi ha insegnato che quando avviene una violenta esplosione su qualche punto di questo e si determina una estesa fenditura radiale che dia ampio sfogo alle masse vaporose ed elastiche; la intensità e durata dello sfogo eruttivo che successiva- mente appare è sempre sproporzionata allo sforzo dinamico esplosivo, per ciò che sì riferisce alla eruzione del materiale lavico : la eruzione quindi abortisce quasi sul suo princL pio e la nuova lava non resta o resta solo parzialmente injettata per riempire i vuoti lineari o cavernosi interni lasciati attraverso agli strati sconnessi dalla esplosione. Tale condizione di interruzione e sconvolgimento delle volte solide senza posteriore e sufficiente nuovo consolidamento, 430 SULLA ESPLOSIONE ETNEA lascia quindi un pericolo permanente nel facilitare l’ adito ad un successivo sfogo eruttivo, il quale può anche compa- rire come improvviso e senza lungo apparato di fenomeni dinamici. Per ciò che si riferisce ai fenomeni fisici e chimici della testò avvenuta eruzione, la mia presente analisi scien- tifica, mette pure in chiaro dei fatti importanti e nuovi co- me per es. quello della pro)3abile esistenza del ferro nativo nella lava etc. quello delle bombe di quarzite che dopo es- sersi trovate immerse nel bagno di lava del focolare vul- canico, sono comparse tutte imbevute della parte special- mente vitrea del magma fluido ; determinandosi con ciò una singolare struttura pomicea nella massa quarzosa. È degno di attenzione anche tutto ciò che riferisco sulla parte chimica della eruzione^ sulla composizione della lava ed altri prodotti di dejezione, dedotta sia dalle analisi chimiche speciali dei componenti mineralogici, sia dalle due analisi mineralogica e chimica, eseguite contemporaneamente sopra materiali di recente data. Concluclenclo mi piace di far conoscere ciò che 20 an- ni or sono ci ha lasciato scritto il rinomato vulcanologo G. Poulett Scrope nella introduzione della sua già citata opera: les Volcans « Ce qu’il faut chercher au sujet des forqes terrestres est la lumière qui peut rejaillir par un’ examen plus approfondi, qu’il n’a été jusqu’à present, des phénomènes de l’action volcanique qui est une source plus abondante et plus digne de foi, pour les connaissances exactes sur le vrai caractère de la dynan\ique souter- raine. » Anche nei tempi attuali John W. Judd altro illustre cultore della vulcanologia nel suo recente libro, che ho del pari già menzionato, = Volcanoes 1881= a pag. 332 nel DEL 22 MARZO 1883. 431 passare in rivista tutte le moderne conquiste fatte in que- sto ramo di sapere, manifesta il seguente avviso « The en- quiry concerning thè nature and causes of volcanic action is far from heing a completed one. It is true that rnany hypoteses upon thè suhject bave heen framed, but in too many instances these bave not been based on accurate observations and careful generai isations ... A complete and consistent theory of volcanic action stili remains to be discovered. » Io dò tutta la importanza a questi postulati della scien- za e convinto come sono di quanto sia necessario nello stato attuale della medesima di esercitare pazientemente la osservazione, la esperienza ed il ragionamento per andare in cerca di nuovi fatti, discuterli e stabilirne i vicendevoli rapporti; non cesso di applicarvi tutta la mia attenzione. In tale fermo proposito mi reputerò fortunato se sarò riu- scito a dare qualche nuova delucidazione con tutto quanto ho esposto nel mio presente lavoro , il quale quantunque resulti da investigazioni condotte presso la sede speciale di un vulcano (e perciò riguardi maggiormente questo) pure rappresenta a mio credere un complesso di fatti così na- turalmente ordinati e così intimamente tra loro connessi, da costituire una interessante pagina di Fisica Terrestre, capace di ricevere una applicazione generale alla storia della Vulcanicità del Globo. Pine. MAR 1886 A-spoUo eruttivo dell fJtiia visto da Catania f Villa Bellini] lamatlina del 22 Marz.o 1883,- 9 ore dopo scoppiala la oruz,r''ne eccentrica nel punto x, alla distanza di 6 chilometri a Nord di Nicolcsi e all’ altitudine media di 1100 metri sul livelle del mare 0) cT- C O _-j — J 0) P V— • Q) O O o V-* Cd co o Cd o O c T* o Q- o 03 P- U) e (0 0 o P C c- b CD £ fti 0 co U C *c s 'O C O $ o 0 XJ e C- p CD o o — > c -co cd co o Q-'§^ , oc o 0 _ o c 73 co o U) © «-J co x: ♦— . X o N 0 u j co CO © u co © 0 (0 co s 0 X3 •XJ O rie: co c. o *00 0) • C (D 0'} c o a: r 'O c ? (D O. CÌ C i- n O ^ O N ,-n Z) ìi x: or O rr^ co 1' X c Prcf. Orazio Silvestri _Studj sulla eruzione Etnea de! Marzo 1883. i ^•v E l.J nuovi Cì'ateri nel eentro principale eruttivo del 22 Marzo 1883. Aspetto della lava seoriacea che lianno ricettato. Foroérafia di S.Speaaie A,A.-hr.. Ki,é. 2. U eslreraa boccapiùe'evala dell' apparecchio eruttivo del 22 Marzo 1883, situata presso li Morve drn -i'.: a 1200 rn di altitudine su! Mare. Prof. Orazio Silvestrl_Studj sulla eruzione Etnea del Marzo 1883. Tav.K Fotografia a luce elettncadi S. Speciale A Ashar et Co.Berlin. Eig.l. Struttura mscTOScopica della lava reeente [ del 22 Marzo 1883 5 Fig 2 Struttura microscopica del nucleo quarzoso di tma bomba hdemi Tuv. V C'nz/ere s it-ia 0. Silvestre dal vero ■ /'/tnorarn fi fflf/f/h/ tft ro.HHO r/r-/ r, anco m e,: ,/,on a ! c de II' F! ! fi f! , com jn-eso dal ihnile inferiore della zona bosM^^ al fi lea/ro eriflliuo del Ili Marzo hSS.'i net pifmo da ìimaf.zlpre.i.io la base dei Monh Concilio e/hnar.zc -^Mala presa / il stiperiorc rlc/la zona deserta, fino all ' es/remo Cratere centrale. •sa il t/Maaqio miisnl Monte Serra Pixxifla cflMOisul rnareeaChiIotn.2ei aNord diNicolosL-. i.^rntrorii rrtiZiOti^ ' ’ Ì0rm 2 'centro dt eruzione (sgruppi di i bocchi ) J.' centro di eruzione (gruppo di S bocche i del r?ffG S. centro di eruziorie- ( 2? bocca di fuoco j (Sud 50 Owesl) ìifent agnolo- I v^ruunl^r lA E RT171E vO ^TETTETTTTCT; rJ'r.Lii Al i>uun^L iiiu Liiiu 1 x“i v cr Forn\atosi nella Conflagrazione Etnea del 22 Marzo 1855 (Osservazioni e Studi del Prof. Orazio Silvestri^ /W/n mare if P Per comodo della, tavola, le distanze ABC sono ridotte ad ~ della, proporzione adottata-^ Scala di 250 metri nel rapporto di 1; 2500 (1 mill= 2*1^50 ) 7.' centro di eruzione ('/"'.“bocca, dt fuoco) 5! centro Ui \ 6‘ceniro di- eruxione fro , k f I ì 9 4 'il I 5 j l.e Lot/(‘ t/KÙcano If h'ruuom ptìi rermft htmt n>ssti utdtca la rnn torte del ld7g. \wa hu'rhtnn trultni la r/'uztorte del /doU f/te^frAV^\ À9nikif0v/t Juy/>4 TAOHMISA lìfvtntur't Inufi ^ reot^^reci nROVrn iSCAlX M^/yt^xA' KV nuttlly MJievoltì J9/»W àitafRui ■ ■ ìn^f 4r! Ititf JCPtHm ifii MAiUttAm- 'Ritenne* infitti /ree 'S'xTKrpti V- ètgieOiHt Arl.ìt reat "^PEKAJfO iaVA 'fri /J lo Kiojtof' : Hosito HDiti— [ìd/cf mf(t l d.tJik * ^MétU^ùe /'^ VM*eSioL Trein yicr ^rotta (trttr Pmt^m^r £n^f% rSf' w-*;^ CArà lAi^óE ho-tsei aoMAcaw ,9fR^UC \ Ai-tamti MAHiet ^ •i ■'#' « V i n-)\\mi:.m i'.M > < r' -dÈÈ^-Xmm » J .1.;» « < , 1 il I -• .i®-* • » #«p « f‘ •« *i‘ ? f 4' ■- a > .-j 1 Signori I. È vetustissima costumanza, pur sancita dai nostri sta- tuti, di tessere T elogio dei preclari estinti, richiamandone a larghi tratti i pregi precipui, a contrassegno di meritato onore ed a stimolo di ben operare in ispecie pei giovani. Ed è per tanto, che la Gioenia riunita oggi estraor- dinariamente vi invita a rendere meco un tributo di la- grime alla memoria del benemerito Michelangelo Bonac- corsi, zelante ed operoso socio, dotto professore, medico insigne, cittadino integerrimo ed impasto ammirabile di beneflcenza e di carità. Si, 0 signori, vi sono degli uomini che vivrebbero eter- namente se alle immutabili leggi di natura potesse far forza il voto universale dell’umanità; fra questi è d’anno- verarsi il distinto nostro socio Bonaccorsi, i cui pregi della mente pari a quelli del cuore lo resero assai bene- merito alla scienza, caro alla società, prezioso alla famiglia. Mi manca l’efficacia del detto per ben ricordare a Voi, con quanta dottrina e laconica chiarezza istruisse dalla cattedra la gioventù, alla quale fu sempre maestro affet- ATTI ACC. VOL. XVII. 1 II ELOGIO ACCADEMICO tuoso — quanto interesse sposasse pel progresso della no- stra Accademia — con quanto zelo e attitudine sostenesse le cariche che dalla stessa gli vennero affidate. E chi, numerar potrebbe gli infelici, che da lui ven- nero tolti alla inesorabile falce della morte ? Son fatti questi a Voi pur troppo noti. Voi che inti- mamente lo conosceste e ne apprezzaste le sue rare virtù. Egli si prestò sempre con tenerezza alla cura ed ai bisogni deir infermo povero, il quale fu per lui tanto più prezioso, quanto più abbietto agli occhi del secolo profano. Qual vivo interesse non sposò. Egli, per la conservazione dei giorni dello ammalato ? Quanti mezzi non adoperò per. abbreviare le doglie del di lui corpo e le angustie dello spirito ? Passeggiando per le strade mai si negò di visitare il tugurio del miserabile, al quale con T aiuto della sua nobile arte somministrò sempre anche quello della sua carità. Il Bonaccorsi fu ispirato da nobili sentimenti, e rispet- tabile a tutti per dottrina mai volle parere da più, che ei non fosse; sicché modestissimo non fece pompa del suo sapere e del suo operare. Sdegnò le astrazioni inconsuete e r ipocrita gravità; per cui ripeteva con il celebre Loucke le parole del Rochefaucult, e^^sere ciò un mistero del corpo per celare i difetti dello spirito. Io testimone in larga parte della sua vita , discepolo , ammiratore devoto, amico prediletto, ho creduto di soddi- sfare ad un sentimento di dovere, ad un impulso del cuore, ad un tributo di gratitudine col richiamare oggi a Voi , ed alla memoria dei futuri le virtù die fregiarono la vita dell’egregio trapassato. Che se mi farà difetto mente e dottrina ad illustrare degnamente la vita di Lui , ho fede di aver tracciata la via ad altri di me più fortunato, che vorrà seguirmi nel- l’opera intrapresa. DI MICHELANGELO BONACCORSI III IL Il 18 Ottobre deiranno 1809 nella amena ed ubertosa città, di Giarre, dagli agiati ed onesti coniugi Pietro Bo- naccorsi ed Anna Musmeci, ebbe i natali il nostro Miche- langelo. Il padre fin dalla più tenera età scorse nel figlio ingegno vivace e penetrante, ma temperato da una indole docile e mansueta , che inclinò il giovinetto allo studio e lo tenne alieno dai sollazzi e dalle distrazioni, cui facil- mente trascina per originale organico istinto il fuoco della prima età. Michelangelo nella sua fanciullezza per ciò, fu distinto fra la scolaresca per svelto e virtuoso e crebbe tra Tam- mirazione dei suoi coetanei , tra gli applausi e le lodi dei maggiori e la speranza e TafTetto dei genitori. Con l’avan- zare degli anni vieppiù dimostrò la forza del suo ingegno congiunto ai nobili pregi del cuore, quali la candidezza dei- fi animo e la facile tendenza ad ogni virtù. Vinse con inde- fesso studio e paziente operosità l’ostacolo dei diversi stadi d’istruzione dati in quel tempo, di guisa che potè di buon’ora dare opera agli studi più graditi delle umane let- tere e divenire familiare coi classici. Però, pervenuto al punto di attendere allo studio delle scienze per scegliere una carriera onde rendersi utile a se stesso, alla società ed alla famiglia, egli mite, informato a sentimenti di squisita morale ed a massime di virtuosa abitudine predilesse lo studio delle scienze teologiche e morali , per ascendere forse un giorno al sacerdozio ed esercitare le sue virtù in quel ministero. Ed in vero, appena varcato il terzo lustro dietro splen- dido esame venne promosso dall’ Arcivescovo di Messina ai primi ordini sacri. Ma il genio ha delle oscillazioni pria d’appuntarsi al. suo polo; ed il Bonaccorsi mutato pensiero IV ELOGIO ACCADEMICO e volendo invece rendersi utile all’ umanità con alleviare e fugare i morbi fisici che l’affliggono, abbandonò la prima vocazione per dedicarsi al ministero dell’arte salutare, onde divenire un giorno il vero sacerdote dell’ umanità. III. Ed eccolo in questa vetusta scuola, madre un tempo dei sapienti di Sicilia, in mezzo alla coetanea scolaresca, non a sedere sul banco come automa o a sciupare le forze giovanili 0 a corrompersi nella lubrica via del vizio; ma a vegliare sui libri per raggiungere la nobile meta prefissa- si. Seguì con attività intelligente i corsi ordinari, frequen- tando con zelo le cattedre della facoltà medica in quell’e- poca rappresentata da una eletta scbiera di uomini , che se furono dottissimi nelle scienze da loro singolarmente professate sulla cattedra , non furono al certo meno sa- pienti in altri rami dell’ umano scibile e nelle lettere. Basta cennare Sebastiano Bianchi, Agatino Bongo , decoro- so avanzo di questa Gioenia , Antonino De Giacomo, Car- melo Maraviglia, Giuseppe Rizzo, Ferdinando Cosentini, Francesco Fulci, Michele Fallica e Domenico Orsini (1). Il Bonaccorsi avido di sapere fece tesoro delle dot- trine di sì illustri maestri ed il 4 Giugno dell’ anno 1S29 venne insignito dalla laurea dottorale in Filosofìa e Me- dicina. Dotato da naturale logica, perfezionata dalla scienza e dell’ arte non si smarrì punto nel vasto campo della me- dicina, in quel tempo combattuta e tempestata dalle idee e dai sistemi. (1) Il D.r Orsini fu professore di Fisiologia Umana, Fisiologia Compa- rata e di Kicerche patologiche alla Scuola completa di medicina erettasi nello Spedale di S. Marco nel 1821, della quale fu egli uno dei fondatori. DI MICHELANGELO BON ACCORSI V In quel tempo, e segnatamente quando lo spirito pre* potente di Brawon avea spogliato la medicina del più prezioso retaggio del Gran Vecchio di Cao, quali le no- zioni più positive della fisiologia della semiotica e della materia medica per sostituirvi con audace coraggio il suo sistema deireccitabilità, era surto il famoso campione, il genio riformatore dell’ anatomia e creatore della fisiologia, r immortale Bichat. Questi, illuminato dai profondi studi di Bordeau e confortato dalla pratica clinica del Desaul di cui fu degno allievo, ebbe la felice idea di scegliere i mezzi più opportuni, che dovevano servire di base ad un nuovo edifizio della Patologia, ed alla riforma della Materia medica. Egli mercè lo studio deirintima composizione di struttura dei tessuti, degli organi e delle loro alterazioni vitali e di struttura, congiunto al logico apprezzamento suH’azione degli agenti terapeutici, creato avea una nosologia positiva e scevra di vane ipotesi. Ma non appena fu schiusa questa nuova via , la fatale morte del grand’ uomo la occluse. Sicché non erano ancora fredde le sue ceneri sorse di su- bito l’assordante rumore del Brausseis e dei suoi seguaci, che ridussero al niente i preziosi tesori di quell’Essere stra- ordinario. Quell’ardito ed eloquente Professore della Val de Grace profittando dei pochissimi errori che per mala ventura ne carpì, elevò il suo sistema della diatesi sferica ( in cui la cjastro enterite formò il perno della patologia Brusseniana ) ed in un baleno affascinò un interminabile stuolo di medici. I quali con entusiasmo degno di miglior fortuna si fecero strumenti di una medicina, alla quale al dir di un dotto medico italiano , i suoi avversari più co- scenziosi attribuirono un numero di vittime, maggiore a quante ne caddero nell’epopea militare del r Napoleone. Sicché impegnandosi un fatai dualismo i medici sì di- battevano in oziose e sterili polemiche , che poscia si tra- mutarono in clamorosa e gigantesca lotta tra i seguaci di VI ELOGIO ACCADEMICO Brausseis e quelli di Brawon. Questa lotta appassionata riuscì ad impressionare gii spiriti dei nostri medici classi- ci , i quali perciò guardarono il sistema di Brawon col prisma di Brausseis , ed al favore di questa strana lente mirandola ne elevarono quello della diatesi di stimolo so- stenuta dal Rosoni, e sotto T influenza della teoria dell’ ir- ritazione ne nacque quello della flogosi sostenuto dal Tom- masini. Frammezzo a queste clamorose declamazioni , fa- tale crociata che portò colpi mortali alla medica tradizione, e spinse sinanco la critica di un profano dell’arte, Molière a scherzare colla sua irritabile geniis dei figli di Escula- pio, si conservò sempre vivo ed integro in qualche eletto ingegno , quali Canavari, Scarpa , Schinà ed altri il culto della scuola d’ Ippocrate. Il giovane Bonaccorsi tra tanto affastellarsi di sistemi e di nuove dottrine , forte nell’ idea che attinse e meditò nelle classiche e sapienti opere del Baglivi , del Borserio , del Frank e dell’ Haffuland ritenne per fermo con questi che l’arte e la scienza stiano nell’osservazione. Talché egli non fissò lo sguardo in nessuno dei sistemi e delle dot- trine , che in quel tempo intorbidarono abbastanza il vasto orizzonte della medicina ; convinto che i sistemi si- mili a meteore appaiono per scomparire dopo pochi istanti, mentre al contrario 1’ osservazione è la stella polare che mai fallisce nel servire di guida al viandante. Con queste idee egli non fu seguace di alcun sistema e mai ravvisò nell’ organismo vivente come autocrate la chimica , la fisica e la meccanica ; le quali sebbene tutte han dritto di domicilio e di cittadinanza nella gran federa- zione funzionale e negli atti esecutori e preparatori, pure esse non hanno accesso entro gli ascosi penetrali dei su- premi rettori della vivenza. Egli perciò ben conobbe essere la scienza biologica una vasta sintesi in cui ogni particola- rismo non è che un attentato alla disciplina, e porge per- DI MICHELANGELO BONACCORSI VII ciò stesso le armi ad ogni impudente empirismo, da cui oggi 10 studio dei processi morbosi ne ha strappato le pastoje. IV. Avutosi a maestro il valente clinico Ferdinando Co- sentini, Bonaccorsi s’ iniziò nell’ aspro e difficile cammino della pratica medica, della quale trovò vasto campo in que- sto Spedale. E sebbene in verde età, il nostro socio con indefessa ed intelligente solerzia si diede allo studio dei morbi al letto degli infermi; ne notò attentamente le cliniche manifestazioni e le diverse modalità, interpetrò con scien- tifiche ragioni i singoli fenomeni morbosi ed osservò con diligente minuziosità l’azione fisiologica degli agenti tera- peutici, e le varie modiflcazioni , che questi subiscono at- traverso i diversi organismi. Amantissimo del progresso della scienza capì che la fisica e la chimica avendo mano mano penetrato negli stu- dii clinici dovessero un giorno squarciare completamente 11 velo dell’ ontologismo astratto delle forme morbose , e dimostrarle invece nella loro realità ; fece tesoro di tutto quanto, in quel tempo venne da queste in ajuto alla medi- cina clinica e segnatamente della preziosa invenzione del Leannec, che al dir del Littrè ha formato oggi il più bello ornamento della medicina contemporanea. Sicché in breve , il giovane Bonaccorsi con tale indi- rizzo fiancheggiato da studi severi, e da una pratica ocu- lata si creò la meritata fama di esperto nell’arte di curare, per cui acquistossi numerosa clientela. Clientela la quale crebbe sempre di giorno in giorno, perchè ravvisò in lui , non solo il medico esperto ed intelligente, il degno allievo del Cosentini; ma sì pure l’uomo d’incorrotta morale, il dolce consolatore degli infermi, pei quali addimostrò viva premura nel curarli, e disinteresse nel proprio tornaconto. viri ELOGIO ACCADEMICO Dotato Michelangelo di semplici e dolci modi, accoppiò ad essi il decoro e la dignità, abborrl sempre il servilismo e r impostura, vili mezzi di cui l’ignoranza e la furberia si fanno spesso utili strumenti presso il volgo ignorante per accaparrare ed acquistare clienti, a detrimento della scienza, della società e degli abili ed onesti esercenti. La sua mente perspicace fu avida di sapere , e non limitossi alla conoscenza dei singoli morbi ed alle loro di- verse cliniche modalità; ma volle profondamente conoscerli sotto tutte le generali vedute. Egli meditando con profondo studio sulle opere del Dubòis , del Billing, del Muller, del Reil e dello Chomel seppe meglio impadronirsi delle antiche e delle moderne conoscenze della patologia generale di quell’ epoca ; il cui studio non limitò mai a speculazioni meramente dedotte dalla sterile lettura o dimostrate dalla muta figura ; ma lo rafforzò con le esperimentazioni e con le sezioni cada- veriche. V. Il suo ingegno non si rivolse però a questo solo stu- dio ed a quello della medicina clinica. Corredato egli ab- bastanza di non scarse conoscenze nella fisica , nella chi- mica e nella botanica si diede a quello della medicina le- gale. Questa disciplina tanto necessaria al medico eserci- zio, quanto indispensabile all’ umana società, perchè recla- mata potentemente dal violato diritto sociale , un tempo era tenuta in poco conto dal foro civile e criminale perchè essa era manchevole di sane dottrine. Però dietro l’impulso avutosi in Sicilia (1) per opera di Fortunato Fedele , che le sparse conoscenze ne ridusse a coordinate dottrine . la medicina legale progredì sommamente pari alle scienze giu- (1) Ved. Marc. Trattato di medicina forense. DI MICHELANGELO BONACCORSI IX rìdiclie. E queste Ispirandosi da un canto ai dettami della fllosofia, come lo attestano le opere del Beccarla, Bentham, Filangeri , Romagnosi , Pv^ossi , Merlin, e dall’altro ajutate dalla medicina legale presero sviluppo importante e porta- rono un vasto contingente, perchè le leggi venissero model- late secondo i bisogni sociali ed i dettami deirumana ragione. Sicché, compreso il Bonaccorsi dell’ alta importanza del- le discipline medico-legali, s’istruì in esse vegliando le notti sui libri di Fedele, Zacchia, Maon, P'edère, Orfìla, Douvergiè, non chè su quello deir immortale Tortosa ; in essi studiò con sani e logici criteri le più importanti quistioni e le più minute conoscenze e ne divenne conoscitore profondo. E valga il vero. Investigatore diligente dei fenomeni morbosi, non altrimenti Ei fu osservatore esatto delle virtù tossiche di talune sostanze si del regno minerale, come di quello vegetale. Onde nella tornata del 27 Giugno dell’ an- no 1833 , Egli chiamò 1’ attenzione di questa Gioenia con un suo lavoro, (che alla Tossicologia si appartiene) sopra alcune particolari osservazioni che si riferiscono ad un caso di avvelenamento prodotto dall’oppio e seguito da morte. (1) In questo scritto il Bonaccorsi non sa rivolgere parole più acconcie di quelle del PJolano , che gli servirono di epigrafe , e che riflettono 1’ utilità dello studio dell’ ana- tomia nella conoscenza e nella cura dei morbi. Indi si fa a dire dell’ utilità della anatomia patologi- ca , e come questa quale sfavillante fiaccola ha rischiara- to le dense tenebre dei fenomeni morbosi e tutto ciò che si è passato nell’ organica compage affetta, dimostrandone le lesioni ed il modo come si comportano le sostanze ad- dentrate nel nostro organismo. Son questi gli studi che hanno reso oramai gloriosa 1’ epoca della medicina. Poscia espone esattamente l’ istoria dei fenomeni mor- (1) Ved. Atti della Gioenia ser. 1. Voi. 10. ATTI ACC. VOL. XVII. 2 X ELOrxIO ACCA.DEMICO bosi ed i resultati necroscopici del caso in esame , e tra questi , quelli die attiravano la sua particolare attenzione e che formavano oggetto delle sue osservazioni. Egli notò tra i primi , la dissoluzione istantanea del sangue per acuta discrasia avvenuta, veemenza dei battiti delle arterie e del cuore, profuso sudore e color livido di tutta la superficie del corpo, delirio e convulsioni. Tra i secondi , rossezza pronunziatissima della mem- brana interna delle arterie e dell’ endecordio, coaguli san- guigni nel cuore sinistro, nell’aorta e nelle principali dira- mazioni di esse , illimitata injezione dei vasi sanguigni di tutti gli organi e di tutte le membrane, che gli si presen- tarono di color rosso livido. Notò altresì con maggiore sorpresa, galleggiante nel fluido sanguigno e sparso nelle diverse parti dell’ organismo, una quantità di olio di oliva (Olea Europea Linnei), liquido che al paziente gli fu ammi- nistrato durante il periodo dell’ avvelenamento e che non potè deglutire. Questo strano fatto, daH’autore viene spie- gato, che essendo il liquido anzidetto rimasto nella cavità della bocca, venne da questa merce la respirazione intro- dotto nelle vie respiratorie sino alle cellule pulmonali , e da queste ultime per le arterie pulmonali venne traspor- tato in tutte le parti del corpo. Pertanto dai summentovati fatti biologici e necroscopici conchiude, dietro adequate scientifiche riflessioni, col dedur- ne le seguenti conseguenze ; 1. Che r azione dell’ oppio su i nostri tessuti è sem- pre irritante , e che non crede fuori proposito agire esso sul sistema vasale. 2. Che nei casi simili al precedente enarrato , in cui vi ha difflcoltà alla deglutizione , se si vogliono introdurre dei medicamenti tali quali essi sono, onde spiegare mag- giore la loro energia, vale meglio immetterli per la via del retto , anziché per quelle dell’ apparecchio digestivo , ove DI MICHELANGELO BONACCORSI XI per razione dei succhi gastrici i medicinali vengono snatu- rati. Crede egli invece opportuno introdurre per quesCulti- ma via, mercè le sonde elastiche esofagee, le sostanze ali- mentari, che per la elaborazione che subiscono si rendono assimilabili, ciò che non avviene per la via del retto inte- stino, la quale non imprimendo alcuna modificazione, non rende perciò le sostanze adatte alla assimilazione. 3. In fine , che negli ultimi periodi di esistenza (quan- do come spesso suole avvenire per annientamento della vita non può operarsi la deglutizione, e la respirazione che è f ultima ad estinguersi ancora si esegue) è miglior par- tito in tale stato quello di astenersi dal somministrare be- vande medicamentose, correndosi facilmente il rischio di abbreviare con la soffocazione le ultime ore ed i momenti degli infermi. Il Prof. Bonaccorsi inoltre diede sempre brillanti ed irrefragabili pruove del suo sapere e del suo operare come perito fiscale, comechè nei suoi giudizi e nelle sue relazioni fece sempre ammirare ai magistrati, che lo adibirono, la dottrina, la giustizia, la coscienza e la religiosità. E se riuscì eccellente come perito medico nel foro ci- vile e criminale, non mai fuorviando nei suoi giudizi in quistione di gravissimo momento, non altrimenti ei si mo- strò sebbene in giovane età, quando nel Novembre del 1844 per incarico della Deputazione del tempo, venne chiamato ad occupare provvisoriamente la cattedra della medicina legale. In tale occasione, il Bonaccorsi si mostrò veramente degno dell’onore di tale incarico. Dettò un corso di lezioni, nelle quali alla sintesi ragionata seppe unire una tempe- rata erudizione, additando i progressi della scienza collo esporre l’istoria di ogni singolo caso, le diverse dottrine, e le teorie elevate nel campo della scienza , e le relative utili riforme del dritto civile e penale sul proposito ap- XII ELOGIO ACCADEMICO portate. Sicché si attirò il rispetto e V ammirazione della studiosa gioventù, e riscosse le più lusinghiere lodi dalla Deputazione anzidetta. VI. Ma altre più splendide pruove diede il Bonaccorsi del- la sua valenzia in tale materia; e ciò fu allorquando il Go- verno conoscendo l’alta importanza dell’ insegnamento del- la medicina legale, volle difflnitivamente istallarne la catte- dra, e con R. Decreto del 17 Gennaro 1845 ne ordinò il concorso. Egli allora si vide schiusa la gloriosa via del suo avvenire e con la ferma fiducia pari alla coscienza del pro- prio valore scese coraggiosamente alla dura ed ardua pruo- va del concorso, per contendere la vittoria a non men va- lorosi suoi emuli. Scrisse estemporaneamente nello spazio di dodici ore la tesi estratta a sorte, quale si fu della conibuslione umana spontanea. La quale quantunque rifletta un argomento non molto fecondo di dottrina e di fatti, perchè la scienza ne possiede un scarsissimo contingente e quindi limitata ne è la relativa letteratura medica , pure in questa scritta Egli si mostrò padrone di tutto quanto è stato detto sullo assunto, circa il momento eziologico e la patogenesi di tale rara forma morbosa, dai sommi medici legisti More, Kopp, Legat, Vie d’ Azir , Lais , non che dal celebre Guglielmo Dupuytren. li candidato divide la tesi in cinque parti rispondenti ai cinque quesiti proposti dalla Commissione esaminatrice. Egli fa precedere anzitutto talune brevi filosofiche rifles- sioni sul sorprendente fenomeno della vita, e come questa causa ignota metta in qualche modo l’organismo umano fuori l’ influenza delle comuni leggi della fisica e della chi- mica , dimostrando come nelle parti costituenti il nostro DI MICHELANGELO BON ACCORSI XIII organismo esistano degli elementi che soli o combinati se possono infiammarsi, quali l’ossigeno, l’idrogeno, l’azoto, il carbonico, il fosforo, lo zolfo ec. pure essi non bruciano an- che quando il nostro organismo sia a contatto con un corpo nello stato d’ ignizione ; ciò perchè il principio vitale non li fa cadere nelle leggi generali della materia, mentre per converso se le leggi della vita trovansi alterate in allora prevalgono quelle della materia. Dietro tali filosofici concetti stabilisce il principio che la combustione umana spontanea è incompatibile con lo stato di sanità dell’individuo, e che perciò bisogna ricer- carla nei disturbi organici e nello stato patologico dell’in- dividuo istesso. Indi passa allo svolgimento dei temi. Nella 1. parte egli si occupa a dimostrare come tale raro fenomeno morboso non è possibile ad effettuarsi da se solo , e perciò stesso spontaneamente ; ma che diviene possibile allorquando vi ha il concorso, quale 1’ avvicina- mento di un corpo in ignizione. A provare indi contraria- mente all’ opinione che riflette la teoria della spontaneità della combustione umana sulle ipotesi della proprietà del fluido nerveo (di cui fan cenno i fisiologi sperimentatori ed a preferenza il Magendie , i quali ne trovarono identica la somiglianza col fluido elettrico), e quindi quello come questo può suscitare la combustione dei corpi , egli fa bene os- servare con criteri di fatto la poca somiglianza dei due fluidi anzidetti. In primo luogo Ei dimostra, che se è possibile ridare l’innervazione ad un organo che l’avea perduta per la sof- ferta recisione di un nervo restituendo a questo l’interrotta comunicazione delle parti recise mercè il fluido elettrico , non è possibile però, che lo stessò fluido elettrico produca la funzione ad un organo, allorquando questo è compieta- mente staccato dalla macchina vivente. Osserva pure non XIV ELOGIO ACCADEMICO essere sufìicienlì le pruove che riflettono le contrazioni muscolari constatate la prima volta dal Galvani sugli arti delle rane, ed anche sui cadaveri dell’ uomo e degli ani- mali, per stabilire che un organo tolto all’influenza della vi- ta può sotto r influenza del fluido elettrico riprodurre la sua funzione, la quale dipende esclusivamente dall’innerva- zione. Che in tal caso il fluido elettrico non è altro , che un energico stimolante capace a sviluppare il resto del principio ^dtale rimasto ancora nell’organo, ma che appena spento questo esile avanzo di vitalità nessuna funzione svi- luppasi anche sotto le più poderose scariche elettriche. Dietro di che, dimostra in secondo luogo chiaramente essere una congettura sfornita di probabili ragioni, e smentita dai fatti di tutto il giorno , quella di volere am- mettere che, il fluido nerveo ovvero l’innervazione concen- trandosi in un punto della nostra economia possa con un movimento qualunque fare l’effetto della scintilla elettrica, e servire per ciò di appicco alla combustione umana spon- tanea; stantechè nelle acute malattie di questo sistema, dette dal Pierry ipernervie , se vi ha maggiore concen- trazione deir attività nervosa , pure in tali circostanze la combustione spontanea non avviene. Dietro tale logico ra- gionamento ne descrive i caratteri speciali ed i fenomeni che r accompagnano ; fra questi mette in rilievo i più particolari caratteristici osservabili più facilmente nei casi di combustione parziale. Ne annovera le circostanze favorevoli nelle quali l’in- dividuo deve trovarsi perchè tale strano fenomeno morboso avvenga; quale l’ infiltramento dell’alcool nel connettivo, lo sviluppo del tessuto adiposo, lo svolgimento dei gas in- fiammabili nell’interno del nostro organismo, come 1’ acido cloridrico nella pirosi , ed il gas idrogeno per carbonato nell’indigestione , non che lo stato idioelettrico per iper- nervia. DI MICHELANGELO BONACCORSI XV Conchiucle suirassunto, che non potendosi ben fissare nello stato presente della scienza la vera causa per risol- vere tanto problema, tutte le enumerate circostanze con r indispensabile concorso di un corpo in ignizione costitui- scono la soddisfacente soluzione capace ad acquetare chi cerca il positivo , anzicchè le ipotesi ingegnose. In tale ragionare il candidato si mostrò partitante del- l’idea del Legat del Leir e del Dupuytren, idea oggi quasi comunemente ritenuta nella scienza, stantechè il punto più conosciuto ed il meno contrastato dell’ istoria della combustione spontanea, sia quello che riconosce il concorso di un corpo in ignizione. Nella 2“ parte — Espone i caratteri differenziali della combustione umana spontanea che la distinguono dalle al- tre ordinarie combustioni. Nella 3“ — Dice delle cause e se- gnatamente di quelle occasionali e predisponenti. Nella — Espone i precetti che la Polizia medica ha disposto per prevenirla — Nella 5^^ parte infine dice del modo di formo- lare i rapporti giudiziari. In questa tesi svolta estemporaneamente e nello spa- zio di poche ore, con animo esitante, tra il timore dell’in- successo e la speranza della riuscita si rileva l’ingegno e la dottrina del candidato sia per 1’ ordine delle idee , che per la semplicità e la chiarezza; non mostra studiato arti- fizio 0 sfoggio di accessorie dottrine, che spesso affogano il soggetto di una produzione , ma invece maturità di idee, la logica dei ragionamenti e quella erudizione limitata esclu- sivamente allo scopo. Ma se in tale pruova il Bonaccorsi non si ebbe la pal- ma, quella gli servì però a contestare la sua valenzia nella materia sui diversi rami di sapere e lo rese poscia de- gno di miglior ricompensa. E qui- è bene ripetere il detto dell’ Illustre Frank cioè: che il riuscire vittorioso in un concorso non è sempre V indizio di superiorità. XYI ELOGIO ACCADEMICO VII. Per altro tale insuccesso non scoragsrìò il giovane Bo- naccorsi. Fregiato di titoli incontrastabili che attestavano il suo valore nella scienza e nella pratica, contrassegnata da quei colpi d’occhio d’aquila per la diagnosi, e pelle pronte ed ardite risorse in terapeutica, pregi non comuni, che di- stinguono i più degni discepoli del sapiente di Cao , volle vieppiù approfondirsi nello studio della Nosologia generale. La quale fondata sopra principi a priori, trae quindi an- eli’essa come ogni altra scienza la sua origine dall’os- servazione e dalla esperienza; ne segui con perseveranza il crescente progresso apportato dalle opere del Bouchut, dal Piorry, e dai lavori usciti dal fervido ingegno del Wirchow fondatore della nuova patologia cellulare, la quale basata sugli studi e sulle osservazioni istologiche mutò l’aspetto delle due Nosologie. Il nostro amico traendo profitto dalle loro opere seppe conciliare sempre gli odierni progressi colla esperienza clinica tradizionale. Le più affascinanti dottrine non fecero mai velo alla sua mente ; ma studiate e meditate furono accettate con temperanza quelle, che più al vero della natura si collega- no, sol perchè spesso le verità della scienza non si tradu- cono fedelmente in regola dell’arte. Padrone del novello concetto patologico elevatosi sulle basì della dottrina cellu- lare, egli capì benissimo, che ogni tessuto vivo ha una spe- ciale economia funzionale esclusivamente sua individuale, la quale in complesso forma parte integrale dell’ organi- smo , e che sebbene presenta diversità di struttura e va- rietà di ufficio e di estensione, pure essa si un izza sotto il concetto della soggezione dei grandi fattori dell’organismo, quali il sistema sanguigno ed il nervoso. DI MICHELANGELO BONACCORSI XVII Tante ordinate conoscenze nelle mediche discipline non rimasero sepolte nella mente del Bonaccorsi; ma viviflcate con la forza della parola vennero comunicate alla scolare- sca di questa R. Università , quando nel 1846 il massimo dei decani della facoltà medica, il sapiente medico Antonino De Giacomo, Professore di Patologia Generale e Terapeu- tica lo chiamò a supplirlo in questo insegnamento ; supplen- za che si ebbe di seguito nei futuri anni sino al 1852. Dire durante tal periodo di tempo come il Bonaccorsi istruisse la gioventù studiosa nell’ insegnamento della materia da lui professata, non è lieve compito ; mi basta riferire in breve i sensi di una lettera ufficiale indirizzatagli dall’ Illustre Carlo Gemmellaro, in quel torno Rettore della Regia Uni- versità. Questi rileva con quanta assiduità e zelo di- simpegnò il Bonaccorsi l’ insegnamento affidatogli , e con quanta attenzione ed altrettanto profitto furono ascoltate dai giovani le sue lezioni, ed in ultimo il prelodato Rettore dice ; « come non potevasi altrimenti sperare da un dotto professore che tanto si distingue nella medicina. » Giunto il Prof. Bonaccorsi a sì alto grado di reputazione scientifica, il Governo dietro meritato lodevole rapporto del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione , con decreto del 12 Dicembre 1853, lo chiamò diffinitivamente a quella cat- tedra. In allora Egli seguì con maggiore entusiasmo tale scientiflco apostolato, raccogliendo tutto quanto di tale disci- plina trovavasi sparso negli annali scientifici e nelle recenti pubblicazioni di quel tempo; e giovandosi di tutte le teorie, le modificò sempre secondo i proprii principii, accettando con temperanza le novelle idee del AVagnei^, del Picot ed altri, nonché quelle del riformatore Prussiano; così propalò dalla cattedra ciò che in quell’epoca segnò il vero e reale progresso delle due patologie. Chiamato a preludere per l’ anno scolastico 1853 e 54, Egli caldissimo propugnatore della istruzione pubblica, qua- ATTI ACC. VOL. XVII. 3 XVIII ELOGIO ACCADEMICO le sempre fu, perchè in essa giustamente ravvisò il germe della civiltà, la fonte della moralità, la base delle civili i- stituzioni, il palladio della libertà, e che un popolo è per tanto grande per quanto istruito, si fece in tale occasione a leggere un discorso inaugurale sulla utilità delle scuole universitarie. In tale discorso, il Bonaccorsi con la guida dei più il- lustri storici quali Tiraboschi, Muratori, Coxe, Schael, Da- vid-IIume e Gibbon espone con esattezza cronologica 1’ o- rigine, il graduato progresso, le epoche diverse di questi centri d’istruzione, e le varie fortune subite da essi nelle differenti regioni di Europa; onde le università ora riful- sero di splendida luce in mezzo alla civiltà dei tempi, ora furono calpestate dalla barbarie, quando le guerre sangui- nose e sterminatrici suscitate dalla cupidigia di conquiste e di dominio, o di popolare sommosse agitavano e scote- vano le nazioni. Amantissimo della comune patria osservò con specia- lità come l’Italia nostra, terra feconda di sommi geni e di elevati ingegni nelle scienze, nelle lettere e nelle arti, ebbe sin dai più remoti tempi maestri ed istitutori , che man- tennero e conservarono sempre vivissimo il culto delle scienze delle lettere e delle arti. Dimostra che se nel XII secolo la Francia creò la prima Università in Parigi , anche l’ Italia vide contempo- raneamente sorgere la sua prima Università in Bologna — come i Pontefici ed i Governi fondassero molti altri di questi centri d’ istruzione in Catania , Modena , Reggio , Verona, Treviso, Perugia, Napoli, Salerno. In seguito Lu- dovico di Savoja Signore di Torino fondò alla fine del XIII secolo nella predetta città una università che gareggiò con le più rinomate di (luell’epoca. Dice come nella nostra Ita- lia per la moltiplicità delle scuole universitarie fiorissero più che altrove le scienze e le lettere, e si contò per ciò, DI MICHELANGELO BONACCORSI XIX maggiore il numero dei sapienti di quanto in altri punti dell’Europa. Dimostrò addippiù che nella penisola italiana avvenne la prima istituzione delle Accademie e delle Bi- blioteche dei nostri tempi , le prime per opera di Cosimo dei Medici e le seconde mercè l’opera del Pontefice Nicolò V. Dimostra i benefici effetti della sapienza emanata dalle università e per ciò stesso dei progressi della civiltà, sor- gente di benessere e di prosperità delle nazioni , dovute esclusivamente alla Pubblica Istruzione. Esorta per tanto, i giovani addiscenti di quell’anno in quest’xUeneo a volere eglino imitare i grand’uomini nelle scienze e nelle lettere, acciò un giorno anch’essi vegliando su i loro libri divenis- sero maestri ai futuri. A tanta dottrina accoppiò Egli la dignità e la genti- lezza dei modi, la sua parola fu dolce ed amorevole, qua- lità tutte che lo resero caro e riverito ai suoi discepoli , ed ai colleglli. Preside della facoltà medica seppe atti- rarsi maggiore 1’ ammirazione e 1’ affetto dei suoi colleglli (e tra questi alcuni un tempo a lui maestri) per la severità e rettitudine dei suoi giudizi, per la facile e pronta inter- petrazione delle relative leggi e regolamenti, e per i modi temperati ed equi con cui conciliò le quistioni , che sor- gevano. Se zelantissimo ed infaticabile fu nella cattedra istruendo con amore la gioventù, la quale trovò in lui più che l’ abilissimo e dotto maestro, 1’ amico ed il protettore; non altrimenti Ei zelante ed assiduo mostrossi per la no- stra Gioenia, nella quale ravvisò, con sacro orgoglio, 1’ alto merito, ed il nome illustre, che essa seppe crearsi per le stupende opere pubblicate nei suoi volumi , per le quali è stata apprezzata dai dotti e dalle consorelle dei due mondi; ed ha formato pertanto il lustro ed il decoro della nostra Catania. Il Bonaccorsi conservò sempre vivo l’affetto per questa Accademia, e lo dimostrò col disimpegnare lungamente e XX ELOGIO ACCADEMICO con scrupolosa esattezza le cariche, che dalla stessa gli fu- rono affidate. Notissimo nella repubblica delle scienze non poche ac- cademie e scientifici istituti ebbero a caro il suo nome , e tra i loro soci lo annoverarono (1). Egli formò parte della Società Italiana di scienze na- turali nella quarta riunione allora tenutasi in Catania nel Settembre del 1868. E mi giova qui ricordare come in una delle sedute, nella quale venne letto dalfEgregio Dr. Ales- sandro Tassani di Como un suo lavoro riguardante la specialità di talune cause tra le tante conosciute sulla produzione del gozzo endemico in alcune regioni della Lombardia, il Bonaccorsi svolse con ammirevole estempo- raneità tutto quanto è stato detto sulla etiologia di questa morbosa endemia nei lavori del Gmelin, Federò, Cleulland, Ferraris , Sousser , Baussingault , Robin e dalla Commis- sione Medica Piemontese; fece osservare come dai sudetti lavori si rileva non essere facile nello stato attuale della scienza il potere stabilire la assoluta specialità ad alcune tra le tante enumerate cause, quale il clima, la costituzio- ne geologica del suolo, la composizione chimica deir acqua, il difetto della luce solare, e gli istantanei cambiamenti della temperatura a cui talune regioni sono sottoposte, non che r alimentazione , ma che bisogna ritenere il concorso di tutte le predette cagioni alla produzione del gozzo. (1) L’ Accademia Soiiksliergione dei curiosi di Francfort sul Reno, V A- retina del Petrarca di Arezzo, quello dei fisiocritici di Siena , 1’ Accademia Medico-chirurgica di Bologna, quella di Scienze Naturali des Vosges Èpinal, la Fisico-Medica statistica di Milano. 1/ Istituto Oftalmologico di Smirne (Assia) lo nominò suo Presidente onorario e socio ordinario il Filotecnico nazionale Italiano ed il Gabinetto Scientifico e Letterario di Giarre. DI MICHELANGELO BONACCORSI XXI VII. Dire della splendida carriera medica dell’ egregio estin- to, a me pare superfluo, essendo a Voi Signori, pur troppo noti i meriti , ed il valore nell’ arte di curare. Sì , è pur troppo vero. Egli da medico filosofo non si legò mai alle dottrine astratte. Per lui il letto dell’ infermo fu sempre il libro più eloquente e verace della natura, e per cui di buo- n’ ora si avvide , che fa duopo spesso sacrificare le teorie della scienza al culto della pratica. Fedele al più verace detto meclicus curai morbos natura sanai il suo spirito non fu mai disposto a credere alla esclusiva prevalenza dell’ arte, più che al potere della natura ; come taluni spi- riti , che 0 per umana boria o per cieca credulità sono inclinati a credere alla prevalenza dell’arte, più che alla su- premazia della natura nella guarigione dei morbi. Egli non si adagiò negli ozi beati della tradizione in talune cose che riflettono V arte di curare , ma studiò sempre la tradizione e le cose. Valente clinico quale Egli fu non si servì del processo speculativo nello studio dei fenomeni morbosi reali e pre- senti, ma riconobbe invece come vero ed unico mezzo il positivo ; sicché antevide che il positivismo deve essere come di fatto è, mi si passi la frase, il più felice idealismo della vita clinica. Se, tanta ricca suppellettile di conoscenze congiunte alle preclare virtù lo resero benemerito alla scienza ed alla umanità, non altrimenti valsero a fare acquistare al Bonac- corsi i più distinti e delicati uffici, tra i quali, quello di Pro- tomedico di questa città, di medico titolare presso questa Deputazione marittima di sanità pubblica, di Presidente della Commissione vaccinica provinciale, e di tanti altri di cui il XXII ELOGIO ACCADEMICO Governo volle degnamente onorarlo; e che egli scrupolosa- mente e con dignità seppe sostenere. In tali elevati uffici Ei mai inorgoglì, fu sempre affa- bile e grave, giusto e dignitoso , stimò quell’ umiltà che non è bassezza, e non chinò la fronte innanzi al vano pre- stigio di un’ orgoglio sprezzante , o ad una ingiusta au- torevole pretensione. Fu tenuto in grande estimazione dai più dotti medici e professori dell’ isola e fu onorato dalla amicizia dei più cospicui dello illustre Palermo , i quali conoscendolo personalmente ne apprezzarono i non comuni pregi. Il Bonaccorsi fu dotto e filosofo medico. Or se la filo- sofìa penetrò e sorresse i suoi studi medici e la sua com- mendevole pratica, essa non fu però per l’umanità quella filosofìa che al dir del Rousseau, messa in trono è dubbio se praticherebbe quella umanità sì dolce che vanta con la penna. Signori, se la sua vita presentò sempre atti di filantropia alla giornata, altri più insigni ne mostrò in lut- tuose circostanze e come medico e come cittadino. E valga il vero . Vi ricorda il dì del flagello , quando questa classica terra vide per la seconda volta infierire l’indico morbo sarcofago, che scappato dalla foce del Gange mietè a migliaia le vite dei nostri conterranei. Egli animato dal sacro fuoco della carità e della scienza, disprezzando gli stenti, superando gli ostacoli, pieno di soavità e di coraggio accorse nella grande sventura fra i miseri a curarli con paterno affetto , a consolare, a tergere loro le lagrime , a raffrenare 1’ affanno, a mitigare le pene delle corrucciate e desolate vedove , degli addolorati genitori e a dar pane e conforto ai miseri e grami orfanelli. Occorre che ricordi ancora a titolo di lode, com’Egli ebbe a caro 1’ amicizia , la quale per lui non fu parola a- stratta, vigliaccamente ostentata, ma fu una nobile passio* ne, un sentimento molto elevato, che manifestò sempre con DI MICHELANGELO BON ACCORSI XXIII atti cordiali , con saggi consigli e con sagri fizi materiali. Che dire poi della sua vita domestica? Egli più che fra- tello fu affettuosissimo e prodigo padre ai fratelli ed alla sua unica diletta sorella; i quali serbando oggi un culto pe- renne alla cara memoria delfestinto loro benemerito fratello evocano a calde lagrime le peregrine virtù della sua vita. Non altrimenti Ei fu per la patria; amò con tenerezza la sua diletta Giarre, e con entusiastico orgoglio stimò la prediletta Catania, sua patria di adozione , per la quale Fanimo suo pigliò sempre viva parte nei fasti e nelle sven- ture di essa. Egli fu religiosissimo per sentimento e per intima con- vinzione riconobbe coi più grandi sapienti fisici e natura- listi, Galileo, Newton, Volta, Linneo, un atto creativo, ed una mente moderatrice dell’universo. Da scienziato fllosofo tale rivelossi nelle dotte conversazioni che riflettevano a pre- ferenza le scienze antropologiche, alle quali fu familiaris- simo. Combattè sempre energicamente con sani criteri, con prìncipii e considerazioni di un ordine assai elevato il Dar- vinismo e la conseguente Pitacogenesi. Le dimostrò quali puri ipotesi fondate del tutto sopra i principi! generali del panteismo, del naturalismo germanico e del materialismo; le quali rasentando il nullismo gettano a loro volta lo scon- forto nell’ animo ed inaridiscono il cuore , conservando un culto ad un Dio Materia. Il quale rende nomi vani e vuoti di senso il bene ed il male , — il giusto e l’onèsto , — la virtù e la famiglia, e la coscienza che proclama la respon- sabilità dell’individuo (1). E come disse un dotto lombardo (1) Chi ci ha creati, dice egregiamente il Prof. Mantegazza ha scritto le leggi della morale nel fondo del nostro cuore, sicché a questo riguardo lo studio si riduce tutto quanto a sapere ciò che Dio ha scritto nella nostra coscien- za Quella coscienza in cui noi stiamo guardando noi stessi è dunque im riflesso di Dio, e quelle verità che noi vi stiamo leggendo sono una sua ri- velazione. V. Il bene ed il male di Paolo Mantegazza —Milano 1871 pag.9, pag. 3. XXIV ELOGIO ACCADEMICO nostro contemporaneo « esso distrugge la continuità , Fat- tività, la libertà umana, — isterelisce estetica, ingegno, uma- nità, peggiora non migliora gli uomini,— distrugge autorità di tradizioni, dignità d’uomo e futuro di nazione, — non spin- ge la mente, non la volontà, non il sentimento, non il loro differente succedersi, — e col denegare la storia finisce be- stemmiando il principio del bene, che pure esiste, per so- stituirvi quello del male. » Ora Egli non è più!.... Crudo e lento morbo, che per parecchi anni rese la sua vita un sagrifizio , il giorno 7 Novembre 1881 lo tolse alla scienza, alla umanità ed alla famiglia. Sì, è spento, spento per sempre; ma però la me- moria di lui vivrà sempre nell’ animo di coloro , che ne appresero il sapere e la dottrina; nel cuore di quelli, che ricevettero i suoi dolci conforti o che furono tolti a sicura morte dalla valenzia della sua arte. Vivrà nell’animo e nel cuore di Noi Gioeni che lo ebbimo amico e collega e ne apprezzammo in vita le sue virtù. Vivrà perenne nella famiglia , la quale se amaramente ne deplora la perdita , solo a conforto però le rimane la ricca eredità di onori e di affetti, che il nobile estinto lasciò. r INDICE Ricerche sulle variazioni in media delle Acque del Grolfo di Ca- tania rispetto ai littorali che lo formano — Andrea Aradas Pag. 1 Sulla composizione chimica di diversi strati di una stessa cor- rente di lava eruttata dall’ Etna nel 16G9 — L. Ricciardi „ 17 Sulla composizione chimica dei frutti di Banano acerbi e ma- turi — L. Ricciardi « 25 Le roccie cristalline dei dintorni di Messina — L. Ricciardi. „ 37 Ricerche sul veleno del Triton cristatus — A. Capparelli „ 41 Sulla trasformazione delle serie in frazioni continue e vice- versa— Vincenzo Mollame 129 Sulla diffusione del Vanadio nel regno minerale e vegetale — L. Ricciardi „ 161 Sopra una particolare specie di quarzite semivetrosa a struttura pomiceo-granulare contenuta nell’ interno di alcune bombe projettate dall’ Etna — 0. Silvestri . . . 167 Sul grado di esattezza di alcune misure di precisione — D. Ma- 1 CALUSO Sull’ ossidazione s-pontanea del mercurio — D. Macaluso. L’ Etna e 1’ eruzione del mese di Marzo 1883 — L. Ric- ciardi Pag. 195 Sulla composizione chimica dei basalti di Cattolica e Tremiglia e di una breccia basaltica — L. Ricciardi . . „ 231 Sulla esplosione Etnea del 22 Marzo 1883, in relazione ai fe- nomeni vulcanici (Geodinamici ed Eruttivi) presentati dal- r Etna durante il quadriennio compreso dal Gennaio 1880 al Decembre 1883 — 0. Silvestri . . . . „ 237 Elogio accademico del prof. Michelangelo Bonaccorsi — Pao- Elogio Accademico LO Berretta . I ■ ! MAR 1885