«ti Qf CAIA Ni A SERIE TERZA TOMO I! CATANIA STABILDIEiNTO TIPOGRAFICO DI C. CALATOLA NEL 15. OSPIZIO DI BENEFICENZA DI SCIENZE NATURALI DI CATANIA SERIE TERZA— TORIO II CATANIA STABILIMENTO TIPOGRAFICO DI C. CALATOLA nel R. Ospizio di Beneficenza 1868, • CARICHE ACCADEMICHE » 1>ER L’ AMO XLIl DA LUGLIO 1866 A GIUGNO 1867 1 Direttore Prof. Cav. Uff. Carlo Gemmellaro. 21.° Direttore Prof. Andrea Aradas. Segretario Generale — Prof. Carmelo Scialo-Patti. Segretario della Sezione delle Scienze Naturali — D.r Giu- seppe Galvagni. Segretario della Sezione delle Scienze Fisiche — Prof. Cav. Agatino Longo. Cassiere — Prof. Salvatore Nicolosi Tirrizzi. Direttore del Gabinetto — D.r Paolo Berretta. Direttore delle stampe — Prof. Cav. Agatino Longo. MEMBRI DEL COMITATO 1 . Prof. Cav. Giuseppe Zurria. % Prof. Michele Fallica. 3. Prof. Michelangelo Bonaccorsi. 4. D.r Bartolomeo Rapisardi. 5. D.r Mariano Zuccarello Patti. 6. D.r Antonino Somma. I CATALOGO DEI SOGII ELETTI DA GENNARO A DICEMBRE 18G7 2 1 Q o COGNOME E NOME PATRIA GRADO ACCADEMICO NUMERO del Registro DATA dell' elezione I Dei Bacci Cav. Angelo An- tonio Arezzo Onorario 12 Gennaio 18G7 2 Papi Cav. Marco Andrea. . Marsiglia 3 9 3 Scammacca Bruca Giovanni Catania ì) 11 Febbraio 1867 \ Heurech Charles . . . . Parigi » 28 Maggio 1867 3 Moriau Eugéna . . . . » tì » 6 Ghini Francesco . . . . Arcirosso » » 7 De Waudre Victor . . . Anvers Corrispondente 12 Gennaio 1867 8 Zan tedeschi Prof. Cav. Fran- CGSCO • •••*.• Padova » » 9 Secchi P. Angelo .... Roma * )> 10 Cialdi Coni. Alessandro . . Ci vi tavecchia » )) 11 Trincherà Ing. Beniamino . Messina » » 12 Pollano Cav. Mag. Giovanni Torino » 11 Febbraio 1867 13 De Vivenot Cav. Rodolfo . Vienna » 7> U Somzé Leone Bruxelles. » 12 Aprile 1867 15 Fauvre Dot. Enrico . . . Parigi » » % 1G Le Roi Augusto Pierre Ca- mille 9 5) 11 Maggio 1867 17 Colbleau Prof. Giulio . . Bruxelles Onorario 2 Maggio 1867 18 Trudi Cav. Nicola . . . Napoli » 19 Battaglini Prof. Giuseppe . » n •20 De Gasparis Prof. Annibaie 1) S 9 21 Padula Prof. Fortunato. . )) » 1 1 ' \ .. RELAZIONE ACCADEMICA ' * DEI LAVORI SCIENTIFICI SOSTENUTI NELL' ANSO llll I DELL’ACCADEMIA GIOENIA di Scienze IlST attirali LETTA NELL’ADUNANZA GENERALE DI MACGIO 1866 Dal Segretario Generale INbEGlVElRG-AaCHITETTtt Soci© ordinari© di detta àGeadecttia^PrQfessep© di G©§tp«?i©iii e Disegno nei K» Istituto di Agronomia e Agrimensura in Datatila = Seei© di varie Accademie nazionali ed estere» ATTI ACC. VOL. II. » - V Grato e sorprendente spettacolo è quello di vedere assembrato in ogni anno in questa Aula stessa, che accolse i primi fondatori della Gioe- nia, scelto stuolo di egregi Cittadini farci corona, accorrendo ad onorare di loro presenza la fau- sta solennità che ricorda, in ogni anno, il dì so- lenne della fondazione di questa nostra Società, lo che segna ogni qual volta per la stessa una pagi- na novella di operosità e di vita nelle scienze che coltiva. Saggia idea dei dotti fondatori fu quella di istituire la presente annua generale adunanza, ed inculcare al Segretario generale, in tale congiuntu- ra, di riassumere ed esporre in apposita Relazione i lavori tutti trattati e discussi nella Sessione Ac- cademica di già chiusa, lo che, nel mentre che dà ragione della specialità delle applicazioni in es- — Vi- sa sessione durate, segna un’ altra pagina della Storia documentata della Gioenia, e pone altresì il pubblico intelligente in istato di vie meglio apprez- zare F utilità ed importanza delle Società scienti- fiche. Venendo poi, Onorevoli Soci, all’ obbietto della presente Tornata sono ben lieto di potervi manife- stare cerne i vostri lavori presentati nel decorso anno han bene corrisposto allo scopo della nostra istitu- zione, e segnato un altro passo di positivo progres- so. Sì, o Signori, i vostri studi durati nel caduto anno accademico sono di importanza tale da non la cedere per nulla a quei trattati negli anni prece- denti. Lo studio dei fenomeni dell’ Etna formò a pre- ferenza E obbietto dei lavori della Gioenia, come formato lo avea di un’ altra dotta Società catanese, l’Accademia deg li Etnei, che la Gioenia precesse. Ciò viene attestato dai multiplici lavori, la maggior par- te inediti, che religiosamente si conservano nella Biblioteca di questa R. Università, da recente acqui- stati mercè lo zelo e le cure dell’ ottimo Bibliote- cario Can. M. Maugeri, che riuscì a dissepellirli dalf oblio in cui si giaceano (1). (1) I lavori degli Etnei rimasti inediti sono raccolti in un Volume, il quale contiene le seguenti memorie, talune delle qua- li anonime: 1 . Sull’ utilità dello Studio dell’ Antiquaria — Ragionamento. 2. Memoria sopra 1’ analisi chimica delle lave dell’ Etna. 3. Dissertazione sopra le meteore — Recitata dal Principe del Pardo. 4. Memoria sulla causa della (orza espansiva dell’ acqua sciolta in vapore del Dr. Domenico Pctrosino. — VII - La formidabile eruzione dell’ Etna avvenuta nel Febbraro del 1865, come attirava da lontane re- gioni dotti distinti allo studio degli svariati feno- meni che presentava, non poteva non richiamare a preferenza V attenzione nostra. Un nostro dotto e zelantissimo Socio ne ha assunto solo il carico, e di risulta ai positivi studi da lui con impareggiabile energia e zelo durati, in quasi tutte le tornate or- 5. Ragguaglio delle piante che han sede nella periferia e sommità del nostro Etna. 6. Ragionamento sulla varietà specifica degli strati della terra. 7. Discorso sullo spirito del vero patriottismo. 8. Discorso su i Vulcani particolarmente su il nostro Etna. 9. Memoria intorno all’ Elettricità artificiale. 10. De Jucundissimis acquae fonomen. Poetica Disertatio circumscripto tamen temporis spatio compreensa a P. Joseplio Zacco PP. Crucif. 11. Dissertazione sulla vera età del mondo. 12. Riflessioni su i vantaggi della storia. 13. Sopra V educazione fìsica e morale dei fanciulli — Ra gionamento — Cav. Giuseppe Cilestri — edito. li. Memoria sulla vera maniera di augumentare le scienze. 15. Dissertazione Accademica sulla varietà delle Lave 1786. 16. Consimile della stessa dissertazione, forse autografa. 17. Discorso sulla vegetazione della nostra montagna. 18. Discorso sulla maniera di concimare le terre vulcaniche. 19. Sulla virtù e sull’ uso che possono avere in medicina i vegetabili del nostro monte Etna. 20. Poemettu supra lu vinu. 21. Stanzi — Scusa di una parola criduta indicenti ma na- turali. 22. Cicalata — supra la ruta. 23. Cicalata — Supra V acqua annivata. 24-. Dissertazione Canonico-morale sull’ impedimento agli sponsali che dovean contrarsi tra Zio e Nipote, 1773. - Vili — dinarie del decorso anno accademico ne lia svol- ta la interessantissima relazione. Oltre a ciò un lavoro riferibile del pari al medesimo vulcano è stato a voi comunicato, ed una interessante me- moria di geologico ed altra di zoologico argomen- to han trovato pure il loro posto negli atti nostri, e formano ammirevole attestato come gli altri Soci non siano rimasti nel decorso anno inoperosi. E finalmente deve reputarsi anche distinto lavoro quello offerto m omaggio alla Gioenia da un dot- to Socio corrispondente estero. — Or passando a rassegna siffatte lucubrazioni dell’anno XLI acca- demico, mi proverò in accorcio a sommettervi il merito delle medesime. CLASSE l.a SCIENZE NATURALI . L’onorevole nostro l.° Direttore, Professore Cav. Carlo Gemmellaro, in una delle prime tor- nate del decorso anno accademico comunicava a questa adunanza, una dotta memoria contenente talune importanti considerazioni sui fossili dei Ter- reni Paleozoici, die per modestia titolava Lievi Os- servazioni, quantunque nel fatto il dotto Profes- sore venisse a svolgere un grave ed interessante argomento di Geologia filosofica, che verte sullo sviluppo degli èsseri comparsi nei primitivi terreni di sedimento. Stando a quello che ci narra al suo esordire, 1’ ordinamento della ricca Collezione Palenteologi- ca, di recente acquistata da questa R. Università — IX - faceva concepire alla sagace e penetrante mente del Gemmellaro un tale lavoro; ecl ecco in quali termini egli ci ha esposto P argomento delle sue ricerche : « Cominciando questo lavoro ( la classi- ca fìcazione) dal più antico dei terreni di sedimen- « to compresi nel gruppo Paleozoico, noi scorge- « vaino nel Siluriano Inferiore ( Cambriano ) quasi « esclusivi fossili le Trilobiti e qualche Lingula , « mentre nel piano medio e superiore la ìnulti- « plicità dei generi e delle specie appartenenti ad « ordini e famiglie diverse, ci produsse una cer- ee ta sorpresa nel dovere osservare, che in esse ee nessuna gradazione di progressivo perfeziona- ee mento di struttura scorgevasi, quale potea aspet- ee tarsi in quelle epoche remotissime e dietro quan- ee to in oggi si pretende, ed alP incontro quel lu- ce mulinano loro ammassamento ben altro offriva ee alle nostre indagini ; per cui ci trovammo nella ee circostanza di dovervi maturatamente ragionar « sopra, e così contro al, nostro ordinario modo ee di discorrere sempre sopra fatti, ci trovammo ee nella posizione di dover esporre opinioni e mo- ee eli eli vedere ». Da questo esordire ben si comprende come il nostro dotto Professore venga a ragionare sopra il più antico terreno di sedimento, una volta detto di Transazione , e poscia dal celebre geologo Murchi- son dall’ antico nome della provincia dei Siluri chia- mato Siluriano , e dai fossili che contiene, dal cen- nato geologo creduto il più antico dei sedimentari terreni, e che ha diviso in tre piani distinti. Il nostro Socio però, pria di venire allo esame dei fossili spettanti ai tre piani del succennato ter- reno, crede opportuno fare talune osservazioni Sal- mi ACC. VOI. II. II. X - le rocce plutoniche e su i terreni immediati di se- dimento, il più antico dei quali, secondo il sulloda- to Murchison, è il suo Stili nano ; indi passa allo esa- me dello sviluppo degli èsseri organici in esso ter- reno esistenti, nei quali, lungi di notarvisi il gra- duale passaggio dal semplice al composto, tranne di qualche raro fucoide non che di qualche polipajo zoantario, non osserva che èsseri sviluppatissimi, di complete forme, e di complicata organica strut- tura, quali sono i crostacei detti Trilobiti , e questi così diversi l’uno dall’altro, da costituire non una o due specie, ma numerosa famiglia di generi signo- reggianti, e quasi esclusivi nel piano inferiore del terreno Siluriano. Così pai : menti nel piano medio di questo terreno osserva: come cessano di essere pre- dominanti le Trilobiti, le quali fanno appena mini- ma parte di un popolo immenso di svariatissime fa- miglie, destinate a modi diversi di esistenza ed a natura diversa di stazione e di vivenza; Polipi , Echi- nidi Bradiopodi, Acefali > Gasteropodi Ortoceri ec. A tal punto il nostro Socio si fa a discutere, sebbene di volo , sulle diverse teoriche in vari tempi emesse sulla origine e sulle modificazioni o grada- zioni di sviluppo degli èsseri che si sono manifesta- ti in quelle epoche geologiche, che riferisconsi ai periodo Paleozoico e posteriormente ancora. E facen- do all’uopo cadere in taglio una breve rassegna dei generi di fossili, che ad onta dei successivi piani dei terreni si sono mantenuti pel lungo corso del periodo paleozoico, ancorché si fosse pretesa una gradua- le loro estinzione nei diversi strati delle formazioni, e come molti generi si fossero mantenuti più o me- no a lungo nei periodi successivi, e taluni sino al mare attuale, si fa a notare: come dalle osservazio- — IX ni fatte, essendo limitate le parti della terra sin'ora esplorate dai geologi, non può stabilirsi in modo po- sitivo una solida teoria; e che lungi di tenersi per fermo, che gli esseri si fossero gradatamente svilup- pati nei successivi terreni di sedimento, passando dalla semplice a più complicata struttura , si è anzi trovato : l.° Che essi si sono confusamente rinvenuti di varia struttura, e non già conformi alle condizioni particolari dei terreni; 2° Che la comparsa di molti Generi si deve a cause particolari , e non già a generali, che avreb- bero dovuto influire sopra tutti gli altri che vivono nelle stesse condizioni, e che intanto han continua- to a vivere nell’ epoche successive; 3° Che il miglioramento loro, come si sono gra- datamente avvicinati all’ epoca moderna, non può provarsi ancora, essendovi per l’opposto evidenti prove di vera degradazióne; 4° Che la Plastica degli antichi, la generazione spontanea , e le forze della natura , non erano ca- paci di costituire esseri organizzati; 5° Che i Germi non peteano essere che creati; 6° Finalmente, che nel tempo stesso che non può negarsi il singolarissimo ajuto prestato alla Geo- logia dallo studio dei fossile la ristrettissima esten- sione dei terreni finora esplorati nella vastità della superfìcie del Globo, non può tuttavia stabilire per certe le teorie che si pretendono dedurre. E conchiude: che per quanta utilità abbia apportato lo studio dei fossili nelle sue applica- zioni alla geologia, dando efficaci resultam enti, e sufficientemente dimostrata la successione dei ter- reni sedimentar^ però precoci sistematiche dedu- — X — zioni die se ne vorrebbero inferire mancano an- cora di basi certe, e non sarà difficile che doves- sero in appresso modificarsi se non rigettarsi del tutto. In questo dotto e giudizioso lavoro il nostro onorevole Socio 1° Direttore viene a rivelarci in tut- ta la loro chiarezza i sani principi di sua profonda dottrina, e delie vaste sue conoscenze geologiche, e ad avvertirci ad un tempo quanto cauti esser si debba a coordinare i fatti nelle scienze positive, e nello stabilire teoriche, che potrebbero riuscire di grave danno nello assodare i principi di queste scienze medesime (1) Pietro Antonio Coppola dopo lunga assenza riedeva in Sicilia per rivedere gli amici, la fa- miglia, la patria. Catania orgogliosa di vantare i natali di Ge- remia, di Bellini, di Pacini e di tanti altri celebri maestri che hanno illustrato con le loro opere il nome italiano, non lo è meno ancora di annove- rare fra costoro Pietro Antonio Coppola, le cui i- spirazioni musicali han riscosso ovunque il plau- so e resi si sono degni di universale ammirazione. L’Accademia Gioenia volendo onorare il di- stinto maestro riunivasi nel giorno otto luglio in solenne seduta straordinaria per rendere anche (I) Stante i gravi maliche affligeano la cadente età del Ciem- mellaro tale memoria venne letta in Accademia dal 2° Direttore Prof. A. Aradas. Il Gemmellaro però assisteva alla lettura presie- dendo l’Adunanza. — XIII — essa i suoi omaggi di ammirazione e dare so- lenne attestato di riverenza ad un uomo, che con le sue opere nell1 arte della musica ha illustrato questa Città e la patria Italiana Il chiaris. Prof. A. Aradas in tale solenne con- giuntura intrattenne radunanza con fiorito edot- to discorso, contenente talune ricerche tendenti a migliorare la classificazione Zoologica attuale. Terminata la lettura di si dotta memoria leg- geva altresì una nota di occasione in cui dopo di aver fatto notare, che quantunque la Gioenia per i suoi statuti non poteva accogliere nel suo seno che gli uomini fattisi chiari nelle naturali scienze, pure credè suo debito di annoverare an- che coloro clic con opere di belle arti illustrano la patria. Che essendo le scienze e le lettere in intimi rapporti con le arti belle l1 Accademia Gioe- nia avea accordato ad uno dei suoi egregi cittadini Pietro Antonio Coppola, per il quale crasi riunita, uno dei più bei titoli di onorificenza, accogliendolo nel suo seno e nominandolo Socio Onerario. Oltre ciò volendo perpetuare nella storia del- la scienza zoologica un nome chiaro che appar- tiene alla storia delle arti care dedicava al Mae- stro Coppola una nuova specie di conchiglia del genere Cerithium — dicendola Cerithium Coppulae. Nella mia precedente Relazione accennava agli studi durati dal nostro egregio Socio Prof. Cav.e 0. Silvestri sull1 ultima formidabile eruzione del- l'Etna, e come era costretto di trasandarne la ras- segna per non essere allora del tutto tali studii espletati. Oggi però che il nostro Socio ha com- pletati tutti i suoi studi ed a Voi fattane minu- — XIV — ziosa relazione, mi gode sommamente l’ animo di potervi intrattenere di proposito su questo posi- tivo lavoro, quantunque, attesa la sua vastità, mi è giocoforza, ridurre il mio resoconto ad un sem- plice cenno, anziché alla doverosa e dettagliata rassegna. Vnzi tutto mi credo in debito esternare la nostra ammirazione per sifatti studi durati con zelo e costanza tali da rendersi veramente de- gno di particolare considerazione. Si è reso in- fatti veramente ammirevole l’egregio Socio collo sfidare i positivi disastri ed i più gravi pericoli peristudiare da presso i fenomeni tutti di detta eru- zione , nulla curando, nè il diffìcile accesso al sito, nè la rigidità della stagione in cui l’eruzione è ac- caduta, nò infine i positivi disagi sostenuti dalla prolungata ardimentosa dimora di molti giorni in quelle diserte regioni in ricoveri da esso lui improv- visati presso al centro attivo della eruzione mede- sima, fra lo imperversare delle intemperie, la piog- gia continua d’arena, e la proiezione di infocate scorie, e le emanazioni acide spesso soffocanti dei nuovi crateri. È degno quindi l’illustre Socio di tutta la no- stra ammirazione, e di quanti s’ interessano di sif- fatti studi , pel suo singolare ardimento e per non avere mancato per nulla di zelo e costan- za nello eseguire e durare sifatti studi, e di a- vere pienamente adempiuto al mandato da voi ricevuto, offrendovi nel suo lavoro un corredo completo di studi geologico-chimici , che cotan- to progresso vengono ad apportare alla Scien1 za dei Vulcani attivi, ed in particolar modo del — XV — nostro Etna, che è stato e sarà sempre il sabbiet- to dei nostri studi. Accennando ora al lavoro dell1 onorevole Cav. Silvestri, per come ci è stato comunicato, rilevasi com’Egli io abbia diviso in tre sezioni. Descrive nella prima i fenomeni tutti che hanno precedu- ta la grande Eruzione del 1865. Espone nella se- conda i fenomeni tutti presentati dal Vulcano du- rante la terribile conflagrazione, dando stretto conto di ciò che riguarda la parte storica, topografica, geologica, stratigrafica, meccanica e chimica della Eruzione medesima. Nella terza infine espone le osservazioni fatte sopra i fenomeni che hanno im- mediatamente fatto seguito ad essa. Talché in si vasto e pregevole lavoro ci offre una completa c- sposizione dei fenomeni tutti che l’Etna ha pre- sentati dal 1863 al 1866. — In un’Appendice infine dà luogo ad alcune considerazioni generali teoriche. Venendo poi ai particolari del lavoro, l’Autore nello esporre i fenomeni che precessero la Eru- zione , accenna dapprima allo stato del grande cratere, indi dà una minuziosa relazione della pic- cola eruzione in esso avvenuta nel luglio del 1862, accennandone i fenomeni precursori, come le esplo- sioni di fumo, le detonazioni ed i riflessi di luce che la precessero, ed il periodo di calma succes- siva, nulla omettendo di riferire, di tutte le par- ticolarità raccolte , e degli svariati fenomeni che a diversi intervalli presentava il sommo cratere, che costituiscono nel loro complesso il prodromo della terribile conflagrazione che doveva, a breve volgere di tempo, E Etna manifestare. Passando in seguito alla esposizione della ter- ribile eruzione avvenuta nel 1° febbraro del 1865 — XVI — dà primamente una minuziosa e dettagliata sto- ria dello incendio, ed una completa descrizione di quanto si riferisce alla topografìa del teatro del- la eruzione, corredandola di tutte le osservazio- ni geologiche e stratigraficlie , e sul vario modo come i fenomeni eruttivi hanno interessato la re- gione anco circostante al sito della eruzione me- desima; e non lascia di dare un particolarizzato resoconto di tutto ciò che interessa conoscersi, di presentare minuzioso studio della rottura del fian- co del Vulcano, facendo notare come la linea dei nuovi crateri segni un raggio che si departe dal- T asse attuale dell’Etna: descrive quindi segnata- mente la prima voragine eruttiva, ed i centri suc- cessivi di maggiore attività, come ancora la forma- zione dei crateri distinti attorno a questi centri; in- dicando tutte lo fasi che accompagnarono la for- mazione dei coni vulcanici prodotti dai materiali eruttati. Intorno ai novelli crateri fa notare, come a partire dalla base del monte Frumento sino alla estremità opposta inferiore della regione di essi, questi costituiscono un gruppo di cinque sopra una lunghezza di 800 metri circa, e sopra una super- fìcie che presenta tra la massima e la minima altitudine la differenza di metri 41; e come essi si mostrano in un’inclinazione che variafra i 85° e 65° occupando la loro base una superfìcie com- plessiva di riguardevole estensione, di 37 ettari circa, e valutando l’altezza media di metri 60 al cennato gruppo dei novelli crateri, ne calcola il volume del materiale ivi cumulato di 7 milioni di metri cubi circa. Dà inseguito l’esame comple- to dell’apparecchio eruttivo; descrive i particola- ri tutti della sterminata corrente, c del suolo su — XVII cui venne a scorrere, indica le diverse inclina- zioni che questo presentava, narra come la lava Univa sopra pendio fra i 7° e 8°, e la distanza per- corsa di 7 chilometri circa verso levante, con lar- ghezza ognor varia; descrive le diverse diramazio- ni delle correnti, e la rapidità varia del corso , che, come di ragione, si manifestava nel rapporto inverso della distanza dal centro eruttivo, e dà in- line il calcolo approssimativo dello immenso volu- me delle materie eruttate, che fa resultare metri cubi 99 milioni e mezzo, cioè 92 e mezzo per la corrente e 7 pei crateri. Dopo siffatta esposizione di tutto quanto si riferisce ai particolari della eruzione, il nostro so- cio passa a svolgere lo studio della parte mecca- nica di essa. Ed in ciò considera il vapore acquo- so come elemento di forza e di azione più potente pel compimento dei fenomeni eruttivi, e come quel- lo che con ia sua forza elastica agisce quale causa impellente; stando la sua energia in rapporto con la densità della lava e con la profondità da cui deriva. Richiamando il principio di Waltershausen di determinare cioè la provenienza delle lave dalla loro densità, e considerando come in media le lave dell’ Etna presentano una densità media di 2, 911, ne stabilisce la conseguenza probabile, che il calcolo può dedurre, che le lave rigettate dal no- stro vulcano proverrebbero da una profondità di 124 a 125 chilometri, e che il focolare vulcanico si troverebbe in comunicazione con la superficie per mezzo di una gola che condurrebbe a questo abisso, dal quale la lava per essere sollevata e per uscire avvrebbe bisogno di una forza calcola- ta nientemeno di fifiOOO atmosfere, forza che non ATTI ACC. VOL II. SERIE III. 3. 1 - XVI 1 1 - saprebbe rendersi conto del come potrebbe eser- citare F acqua mantenendosi allo stato di vapore. Qui l’autore passa a manifestare le sue vedute ed intrattenersi alquanto su la teoria della manifesta- zione della forza eruttiva, afforzando le sue idee con circostanziata rassegna di tutti i particolari fe- nomeni che il vulcano presentava in tutte le sue fasi e periodi. Accennando l’Autore a questi periodi ne distin- gue ed enumera sino a cinque. Considera per pri- mo quello in cui manifestasi la maggiore copia di lava, in mezzo a turbini di fumo, di vapori di aria infuocata, e si costituiscono dei centri speciali di projezioni paraboliche di materie incandescenti , che vengono a costituire in poco tempo dei monti imbutiformi, che diconsi crateri. Periodo che per la eruzione in parola ebbe la durata da 7 a 10 giorni ; e nel quale sgorgava la maggior quantità di materia che formavaia fiumara di lava con ve- locità di 10m circa al minuto, con prodotto di cir- ca 7200000 di metri cubi per giorno. Secondo periodo quello in cui diminuita la co- pia di lava si continuano con attività le projezio- ni di materie infocate e lo sprigionarsi del fumo, vapore e gas. Terzo periodo quello in cui l’apparecchio erut- tivo trova una più facile uscita alla lava nella par- te immediatamente sottostante al cratere più bas- so , e qui costituisce una più tranquilla scaturiggi- ne di materia, per la quale facilità di uscita torna ad essere un poco più abbondante, e presenta una seconda fase di attività eruttiva, senza costituire nuovi crateri, lo sfogo a gran copia di vapori con - XIX — prelezioni, che pei crateri più alti, cominciano ad essere fredde. Quarto periodo quello in cui dai crateri si sol- levano ad intermittenza, con intervalli di tempo più o meno lunghi, vapori e materie elastiche, con projezioni di scorie fredde e di poca importanza. Quinto periodo, infine, quello in cui le bocche dei crateri rimangono chiuse, e dei quali non si sollevano che i vapori dovuti aifumajoli. L’Autore in seguito, dopo avere considerato la parte meccanica della eruzione passa a sommi- nistrarvi il resultato dei suoi studi sulla parte di- namica della stessa; e quindi ci descrive le cor- renti di lava ed il loro scorrimento, la struttura costante di una corrente, e le morene frontali e la- terali e la loro particolare disposizione, e di quel- la delle correnti sul suolo; dice per queste ultime, della loro velocità variabile, accenna agli effetti fisici e meccanici di una corrente su tutto ciò che incontra ed investe, ed in ciò dire presenta bel- lissime osservazioni sullo investimento di tronchi di alberi, f odore che le lave tramandano nel lo- ro corso, la loro influenza calorifica, ed il fenome- no del miraggio che esse presentano, proprio an- che delle lave nude antiche, prodotto dal riscal- damento delle stesse sotto i cocenti raggi del so- le in està. Ed in questa esposizione della parte dinamica il dotto socio non omette di intrattener- ci sul raffreddamento delle correnti, V aspetto di una corrente raffredata, e la disposizione delle li- nee di fessura che vi si manifestano. Nella seconda parte poi di questa seconda Se- zione, in cui l’ Autore ha diviso il suo lavoro, s'in- trattiene dapprima sullo studio fìsico della lava in- di su quello chimico, infine passa a talune ricer- che chimiche sulla composizione delle lave. Accennando allo studio fìsico, dopo considerati tutti i caratteri della lava che scaturisce, la ebol- lizione che T agita per lo sviluppo dei vapori e dei gas, e lo stato di fusione cristallina della stes- sa, r Autore svolge le idee di Dolomieu circa alla fluidità delle lave , attribuita da questo dotto di- stinto alla fusione dello zolfo; ma ritenendo il fatto provato e sanzionato che la fluidità della lava non devesi ad una vera omogenea fusione dei suoi ele- menti, passa a rassegna la teorica di Poullet Scro- pe e di tutti gli altri vulcanologi, che dopo lui si sono occupati di questo argomento ; ammettendo con essi loro l’acqua come capace sotto l’ influenza di una elevata temperatura e pressione di tenere discoste le particelle laviche e dare al loro si- stema il carattere di mobilità. Però il nostro Socio opina doversi ammettere eziandio il concorso a questo medesimo effetto di tutte le materie volatili contenute nello impasto lavico, e che col raffreddamento della lava si svi- luppano e si riducono allo stato solido in Avaria- te sublimazioni, e fra queste principalmente no- vera il cloruro di sodio, di potassio e di rame, il sale ammoniaco e lo zolfo istesso di Dolomieu. Dice in seguito della plasticità della lava, e della fusione artificiale della stessa, accennando prodursi alla elevata temperatura di poco meno 1500 gradi; parla degli effetti del raffreddamento repentino e lento, e considera come il carattere che assume di cenere, di arena, di lapilli, di bom- be, di scorie non essere ad altro dovuto che alla struttura non omogenea, e cristallina della lava; e - XXI — però assumere, per la fragilità che acquista con il più o meno rapido raffreddamento , la forma più o meno grossolana e costituire i lapilli, le bom- be, le scorie, essendo lo stritolamento dovuto alla facile disagregabilità della lava pel semplice sfrega- mento e rotolamento delle parti più bruscamente so- lidificate. Parla altresì della struttura microscopica della lava nelle varie forme e stato d’aggregazione dei vari minerali che la costituiscono; indi della den- sità in tutte le condizioni, che pone in confronto con quella dei suoi componenti, ed accenna alle proprietà magnetiche della stessa, la deviazione prodotta nell’ ago di declinazione su l meridiano magnetico e la polarità. In altro articolo di questa seconda parte l’illu- stre socio s’ intrattiene diffusamente su i positivi studii chimici durati sui prodotti diversi della eru- zione in parola; e dopo esposti i fenomeni chimi- ci che accompagnarono .!’ uscita della lava, studia le emanazioni gassose e volatili della lava durante la sua incandescenza, il raffreddamento e consoli- damento. A maggiore intelligenza poi di tali studi, e pria di esporre i resultati ottenuti opina conve- niente eli svolgere la storia della scienza su tale interessante argomento, e quindi gii studi durati e le osservazioni raccolte dai sommi Gay-Lussac, Devy, Daubeny, Boussingault, Bunsen, C. Deville, sono passati in rassegna, corredando il tutto dello esame dei fatti e conclusioni cui conducono i re- centi studi di C. Deville sulle eruzioni del 1855 e 1861 del Vesuvio; e dopo di avere ciò sennata- mente svolto, il nostro socio, si versa ad espor- re i resultati da esso lui ottenuti in quest’ ultima- formidabile eruzione dell’ Etna. In tale interessali- - XXII — tissima ricerca il dotto socio, dopo di avere accen- nato ai caratteri generali dei fumajoli, viene a clas- sificarli in quattro distinte categorie, comprenden- do nella prima quelli a sali sodici, nella seconda quelli a sali ammoniacali, nella terza quelli a va- por di acqua senza materie saline, e nella quarta infine i fumajoli idrocarbonici. Mi è doloroso, o Signori, di non potermi con- venientemente estendere su i minuti particolari di questi studi, e mostrarvi come l’indefesso So- cio nulla abbia trascurato di ciò che in questa parte interessa di conoscersi. Però non posso pre- terire di notare, come un tale studio sia ricco di preziose ricerche e di interessanti resultati per la scienza. Infatti, considerando i fumajoli di prima categoria, riassumendo gli studi fatti sopra il fu- mo che emana dalla lava, mentre incandescente fluisce, e sui fumajoli distinti che manifesta, allor- quando subisce il primo raffreddamento, fa osser- vare: come in essi si sviluppano dei gas e dei va- pori di sostanze liquide e solide, che presenta in apposito quadro. Per quelli di 2a categoria , molto più frequenti dei primi, com’ essi hanno per ca- rattere di presentare abbondanti sublimazioni di cloridrato d’ammoniaca, i cui vapori si sviluppa- no costantemente accompagnati di vapore acquo- so, e siccome la presenza del sale ammoniaco è il fatto generale che può servire meglio a carat- terizzarli, così li distingue in due varietà, facili a conoscersi con semplici carte reattive: compren- de nella prima i fumajoli a sale ammoniaco con vapori a reazione acidissima, e nella seconda quelli con vapore a reazione alcalina. Le quali due varietà dopo di avere alla minuta studiate, espone i re- — XXIII sultati, ricavati dall’ analisi dell’ aria che si svilup- pa dagli orifizi dei fumajoli acidi e alcalini, indipen- dentemente dai gas propri della lava, in un qua- dro che rappresenta i caratteri di questi fumajoli, con la distinta dell’epoca dell’osservazione, della temperatura esterna e di quella dei fumajoli, della località e delle sublimazioni dei prodotti minerali nelle gole o spacchi, corredati da osservazioni opportune. Studiando i fumajoli di 3a Categoria, cioè, i fu- majoli acquosi, i quali non presentano altro che so- lo vapore d’ acqua, e si manifestano alla termina- zione dei precedenti, senza traccia veruna d’ in- crostazioni saline proprie, senz’ azione veruna, nè acida, nè alcalina sulle carte reattive, e con una temperatura compresa fra i 50 e 100 gradi, fa notare come 1’ aria calda che ne esce, ha trova- to di essere un’aria atmosferica, un poco disos- sigenata, ma molto più leggermente che per gli altri fumajoli ; offrendone i resultati di analisi. Studiando infine i fumajoli della 4a categoria, propri ed esclusivi dei crateri, distinti pel carat- tere generale che presentano, cioè d’ emettere ab- bondanti vapori d’acqua leggermente acidi, accom- pagnati da acido solfidrico e da una quantità sen- sibile d’acido solforoso, ci dà pure i differenti re- sultati d’analisi; senza omettere di far notare, co- me la comparsa dell’acido carbonico sia quasi la caratteristica del periodo eli calma successivo. Riassumendo infine l’ illustre Socio, i suoi stu- di, presenta le sue divergenze di opinioni circa la classificazione dei fumajoli coi Signori C. Devil- le e F. Fouqué, e dà le sue conclusioni, premet- tendo interessanti considerazioni generali. - XXIV — Dopo la esposizione delle ricerche chimiche su i fumajoli il nostro Socio passa ad intrattener- ci intorno alle sue ricerche chimiche sulla compo- sizione della lava. Dice quindi del modo di com- portarsi della lava al contatto dell’ acqua, e con l1 azione degli acidi sulla stessa, della decompo- sizione della lava e dei principi suoi costituenti. Esibisce un quadro rappresentante la composizio- ne della lava del 1865 di tutte le forme e di tutti i periodi della Eruzione, che paragona con la lava del 1863 e di altre eruzioni anteriori dell’Etna, e di talune di epoca remota, e presenta talune inte- ressanti deduzioni di confronto con le analisi di Durocher e Bunsen su lo strato profondo di materia fusa, clic credesi aver contribuito alla formazione di tutte le roccie eruttive. in seguito si intrattiene sulla costituzione mi- neralogica della lava , distinguendo i minerali dif- ferenti che la formano e la loro composizione spe- ciale. In questo studio il nostro Socio fa notare un fatto nuovo, resultato dalle sue analisi, quale si è la presenza del Vanadio nelle lave dell’Etna, e di cui aveva fin dal 1863 in compagnia del Prof. Bechi di Firenze avuto qualche indizio nella lava della eruzione di quell’anno; opinando di trovarsi questa sostanza nella lava allo stato di acido va- naclicOj cosi pure trovarsi allo stato di acido manico il Titanio. Giudica altresì un fatto costante la presen- za dell’acido fosforico nelle lave, e non trascura di accennare di avervi qualche volta incontrato traccio di rame che deve considerarsi come residuo di quel- lo che si volatilizza dalla lava per mezzo dei fu- majoli allo stato specialmente di cloruro. — XXV Dopo avere fatto conoscere i resultati ottenuti con l’analisi spettrale non lascia di far notare la di- stinzione che risulta nell’ analisi mineralogica fra le lave antiche e moderne dell1 Etna , ed il rap- porto probabile fra le quantità dei minerali delle lave recenti. Nella 3a parte poi di questa 2a sezione il dotto Socio si è occupato di tutto quanto possa riferirsi al gran Cratere, considerato prima, durante e do- po la eruzione, che a lui ha ciato sì vasto campo di osservazione e di studi. Accenna quindi alla supposta eruzione di fango, manifestatasi dal som- mo cratere, poco prima della eruzione; dice delle smisurate colonne di vapore sviluppate, che pone in rapporto con la eruzione laterale , ed il loro aspetto di nembi temporaleschi dopo il termine del parosismo eruttivo, presentando altresì i suoi studi sulle emanazioni gassose e sulle sublimazioni dei fumajoli nel grande cratere, e il resultato delle analisi chimiche fatte sulle medesime ; e termina questa terza ed ultima parte , stabilendo un rap- porto fra i fenomeni vulcanici dell1 Etna, e quelli delle Isole Eolie, Stromboli, e Vesuvio. A compimento poi dei suoi studi il nostro Socio presenta un resultato di interessanti osservazioni meteoriche fatte durante l'eruzione medesima. Ep- però olire le medie barometriche e termometriche mensili, assistito in tali osservazioni dai Soci Aradas figlio e Pul virenti Palombo assistente al Laboratorio di Chimica, facendo notare un fatto estraordinario circa alla temperatura avveratasi il 26 gennaro 1865, cioè quattro giorni prima che scoppiasse l’eruzione, che segnò un’alzamento di 20° circa sulla tempera- tura ordinaria, alzamento veramente eccessivo, e- ATTI ACC. VOI. II. IV — XXVII I — die differenti sulle varie emanazioni gassose, e chiude questa terza parte del lavoro collegando con idee generali il fenomeno comparso alle Salse di Paternò, ponendolo in relazione con lo stato con- temporaneo dell’Etna e dei crateri di eruzione del 1867. Nè qui pure ha termine, o Signori, il lavoro del nostro Socio. Era ben giusto che dietro sì sva- riati e multiplici studi, con tanto zelo ed energia durati, venisse a collegarli non solo ma a cavar- ne un utile costrutto per la Scienza dei Vulcani Attivi. Perciò fattosi un sì ricco tesoro nella men- te si intrattiene, in appendice, con talune considera- zioni generali teoriche, senza però pretesa di veni- re in esame o discutere tutto ciò che si è pensato dai filosofi di tutti i tempi intorno ai fenomeni vul- canici, manifestando solo di esser conforme nei principi col distinto chimico francese il nostro ono- revole Socio F. Fouquè, da quest’ultimo resi di ra- gion pubblica col titolo di Thèorie des Phènomenes Volcaniques. Accennando in tale esame come tutte le ipo- si concepite sulla causa dei Vulcani poggiano su i due principi, l’uno che si fonda su le reazioni chimiche potenti sotterranee che si svilupperebbero al contatto fortuito tra diverse sostanze in modo di produrre calore e forza da fondere ed inalzare le materie laviche, e l’altro che si poggia sul ca- lore centrale della terra considerata allo stato d’in- candescenza al di sotto della sua superfìcie; riget- tando la prima ipotesi , ritiene la seconda in mas- sima, e senza interessarsi nè della profondità alla quale ritiensi la massa incandescente , nè se que- sta si estenda al centro , come molti opinano , o che esista per uno strato frapposto fra il nucleo sup- posto raffreddato , e la corteccia solidificata del globo , giudica come causa produttrice di tutti i fenomeni meccanici, che s’osservano nelle eruzio- ni, la penetrazione delle acque del mare sino al contatto della massa fluida delle rocce fuse; ve- nendo in tal modo a richiamare una teorica da mol- ti secoli concepita e negli ultimi tempi abbandonata. Sono questi, o Signori, in abozzo i positivi stu- di che il nostro Onorevole Socio ha durati per vo- stro espresso mandato , e che ha in molte tornate partecipato alla nostra Adunanza. Se Egli abbia corrisposto ai vostri desideri di vedere studiata in tutto e per tutto E ultima formidabile Eruzione del- E Etna voi lo giudicaste sin da quando ne aveste le prime partecipazioni : però in questa rassegna non posso omettere dal manifestare, come il la- voro del nostro Socio Silvestri sia V unico che, tanto per la fedele e dettagliata esposizione dei fatti, quanto per gli svariati studi ed osservazioni durati su i multiplici fenomeni che l’Etna ha ulti- mamente presentati, possa apprestare al dotto in- dagatore dei fenomeni vulcanici tutto quanto inte- ressa conoscersi di proposito, e però corrisponde- re pienamente a ciò che lo stato attuale della scienza richiede (1). Se a noi è a preferenza dovuto lo studio mi- nuzioso dei fenomeni tutti che possono riguardare vulcani in attività, perchè abitatori dei dintorni del più formidabile vulcano di Europa, è da noi che (1) Una interessante rassegna di questi studi di Geologia chimica del prof. Silvestri si lesjge nel fascicolo del novembre 1868 del Verhandluneen dei* k. k. eeoloifischen Reiclisanstalt. P P P — XXX — i cultori di questa scienza sin dal primo annunzio della Eruzione ne hanno atteso una dettagliata e veridica esposizione. Voi ben comprendeste quan- ta grave responsabilità pesasse su di noi al primo manifestarsi della vulcanica conflagrazione, e con- nponeste ia adì; ci a nel vostro Socio Silve- corai stri, il quale con grande ardimento ce ha assunta e sostenuta solo catta -quanta la responsabilità, e pienamente risposto ai desideri nostri. Mi si per netta quindi che io manifesti solen- nemente al nostro Onorevole Godo una condegna parola di encomio, per avere sì bene risposto al mandato ed ai desideri di questa Accademia , che valga pure ad attestare il nostro plauso e la nostra ammirazione sincera, principalmente per l’indefes- so zelo ed ardimento ancora con cui ha intrapreso e sostenuti sì lunghi e positivi studi. Fra i lavori altresì trattati dalla la Classe mi tocca Onorevoli Soci , di riferire la mia memoria relativa alla Determinazione dell’età probabile della Massa Subaerea dell’ Etna. Curioso ed ardito argo- mento insieme, essendovi stata molta arditezza in me nel pretendere di esprimere in cifra rotonda il numero probabile degli anni corsi dalla com- parsa del formidabile Vulcano che ci sovrasta. A sostenere V assunto propostomi, di provare, cioè, che 1’ Etna s’ appartiene alla presente epoca geologica, al periodo quaternario, dopo premessa una sommaria esposizione topografìco-geologica, e passati in rassegna i vari pensamenti dei più di- stinti geologi relativi alla età geologica ed alla for- mazione montagnosa dell’Etna, e considerata que- st’ultima come prodotto dal semplice cumolo di — XXXI — materiali eruttati, passai al calcolo degli anni corsi dalla comparsa di questa gigantesca montagna, sta- bilendo per l°dato del calcolo numerico il prodot- to dei materiali eruttati nei due ultimi secoli, cioè, dal 1669 al 1865, e ritenendo come misura media di decrescimento della forza eruttiva il ventesimo del prodotto per ciascun secolo, valore desunto dalla profondità alla quale concordemente i fìsici ed i geologici considerano lo strato delle materie fuse nello interno del globo, messa in relazione con P altitudine dell’Etna osai pronunziare che soli 58 secoli sono stati sufficienti per la formazione del corpo montagnoso dell’ Etna, e però di avere con- fermata col calcolo l’età moderna della stessa, co- me è stato sostenuto dai più distinti geologi moderni, principalmente di Elie de Beaumont, che conside- ra 1’ Etna posteriore alla comparsa dell’ uomo sul- la terra. A completazione poi .della tesi volli svolgere la serie calcolata pel tempo decorso ai secoli futu- ri, e pretesi come ad altri 150 secoli l’Etna sarà decrepito sì, ma farà ancora sentire il suo rug- gito, e come per verificarsi la totale estinzione dei suoi incendi, supposta costante la conservazione dell’attuale ordine di cose, abbisognano oltre ai 15000 anni. Signori, con questo mio calcolo io non ho la pretensione di avere dato nel segno. Desso non è che un calcolo di probabilità, che poggia sopra dati taluno dei quali non è ancora che un’ipotesi; ma di quelle ipotesi però che la scienza ammet- te per dare ragione dei più importanti fenome- ni che si riferiscono alla fìsica del globo. Pe- rò mi si permetta dirlo : il cennato calcolo es- — XXXII — sere di una probabilità maggiore che non sa- rebbero altri che i geologi mettono innanzi piut- tosto per assegnare valori e proferire cifre, i qua- li potrebbero ben essere esatte, ma che richiedo- no ancora maggiori osservazioni e studi onde com- pletamente accertarli, come lo richiede altresì quel- lo, che come saggio piuttosto di simili valutazioni, ho ardito sommettervi. CLASSE II.a SCIENZE FISICHE Nel precedente resoconto è stato da ine an- nunziato un lavoro presentato a questa Accademia dal nostro Socio Corrispondente il signor Henri Cenleneer Van-Bouwel d’ Anvers titolato Études sur les qualités nuisibles de Vair que nous respirons dans nos demeures. Il lavoro succennato , tuttoché non fu pre- sentato per venire discusso in Accademia, perchè non a questo scopo dettato, pure per essere alla stessa diretto, viene a formar parte dei lavori della stessa, e quindi non può preterirsi di tener- sene conto nella nostra annua rassegna. Il lavoro del Cenleneer tuttoché per l’argomen- to accenni poco o nulla a novità, è nondimeno della più grave importanza in sé stesso; inquan- tochè mira a quegli studi che direttamente in- teressano il ben essere sociale. La nostra Adunanza, comprendendo la clas- se delle scienze fìsiche, ponderava la importanza di quelle ricerche che mirano da vicino e studia- no L uomo tanto nel suo essere, quanto nei rap- — XXXIII — porti che ha con tutto ciò che lo ricorda; per cui all’ art. 5.° dei suoi Statuti prescrivea: « La Sezio- « ne delle scienze fisiche s’ occuperà delle osser- « vazioni meteorologiche; dei fenomeni dell’ Etna; « dell’ analisi dell’aria nei diversi luoghi dell’ Iso- « la; e di tutto ciò che influisce sulla costituzio- « ne fìsica dell’ uomo » Perlochè il lavoro del no- stro Socio Belga, riferendosi allo studio dell’ aria che respiriamo, risponde pure allo scopo dei no- stri Studi, e quindi a quello della nostra Accade- mia, la quale mira non solo alle estratte e gene- rali fatiche, ma sibbene alle utili applicazioni. Però la vastità del tema che il dotto Autore si è prefìsso, trattato con conveniente estensione in non ristretti ma piuttosto vasti limiti svolto , riesce ben difficile in un semplice e generale re- soconto esporne con il dovuto ordine e dettaglio i multiplici argomenti ivi trattati e discussi; per- ciochè mi è giocoforza di accennare in modo ge- nerale più che sommario allo stesso. Studiando l’ illustre Socio le influenze tutte dell’ aria atmosferica che noi respiriamo nelle no- stre dimore, è precisato di indagare e svolgere tutte le cause che possono contribuire ad influire o turbare la sua naturale composizione: talché nel lavoro del Ceuleneer, oltre alle cause tutte che possono turbare la naturale composizione del- 1’ aria, vi sono studiate a minuto altresì la prove- nienza, la qualità degli inquinamenti che svolgon- si nella città e grandi centri abitati, come nelle particolari abitazioni, nelle agglomerazioni degli uo- mini, riguarda quindi tale lavoro la Igiene pubblica e la igiene privata , nel mentrechè interessa la pa- ATTl ACC. VOL. II. V — XXXIV tologia generale, la medicina pratica e per sino la medicina legale. A bene riuscire allo assunto l’Autore ha di- viso il suo lavoro in due parti. Nella 1 .a dopo una sommaria esposizione delle principali nozioni so- pra la composizione dell’ aria atmosferica, delle funzioni respiratorie, della influenza dell’ ossigene del sangue, passa egli allo esame delle cause che viziano la purezza dell’aria; e quindi dice della fu- nesta influenza dell1 agglomerazione dei fabbricati sulla purezza dell’ aria, principalmente nelle gran- di città. Qui scende a trattare tutto quanto inte- ressa praticarsi per conservare la necessaria pu- rezza, passando in rassegna tutto ciò che la scien- za prescrive: parla quindi della nettezza e della influenza che esercitano nelle vicinanze dei cen- tri abitati, i depositi di immondizie e di sostanze in putrefazione, i cimiteri, ecc; e s’intrattiene sulla perdita delle proporzioni delle parti costi- tuenti 1’ aria atmosferica ove esistono stabilimenti industriali: A questo punto viene a parlare della influenza delateria del fumo che esala dagli stabi- limenti industriali, ed esamina i mezzi pratici che la scienza propone per distruggerla, facendo nota- re la utilità che arrecano alla salubrità gli appa- rati fumivori, che sono altronde una sorgente in- contrastabile di economia. Dice in ultimo dell1 al- terazione dell’aria prodotta dalle emanazioni di- verse, particolarmente dalia fabbricazione dei pro- dotti chimici e dalla putrefazione delle sostanze organiche animali e vegetali. Nella seconda parte poi considera la purezza dell’aria nelle abitazioni , e come questa risulti ognor varia secondo la posizione sociale degli in- — XXXV — dividili. Considera quindi le case abitate dalla clas- se agiata, dalla borghesia e dalla classe indigente. Scende inseguito a considerare le condizioni dell’ aria respirata dagli abitatori delle cave, e dal- le case rurali e campestri e dà un colpo d’occhio sulla situazione igienica delle case abitate dagli operai e dagli indigenti nei comuni rurali. Nello esame delle abitazioni passa a conside- rare dettagliatamente le variazioni dell’ aria delle case abitate secondo la loro situazione , natura del suolo su del quale s’inalzano , e dei materiali tutti impiegati nella costruzione che distintamente esamina; come pure la causa di viziare la purezza dell’aria lo stato recente delle costruzioni, ed in particolar modo le dipinture, potendo talune di es- se esercitare sbianco un’azione delatoria, che c- stende anche nelle carte dipinte che tapezzano le stanze , e come la illuminazione e riscaldamento vengono a modificare la .composizione dell’aria racchiusa negli appartamenti , e possono talvolta essere causa di gravi e pericolosi accidenti. Viene poscia ad intrattenersi sullo esame delle dimensioni delle diverse stanze costituenti gli ap- partamenti, e quali influenze vi producono. Trattando tale argomento si occupa della ne- cessità del rinnovellamento dell’aria, e dello stato conveniente di temperatura; corredando il tutto di tutto di quanto le savie leggi han prescritto presso le culte nazioni, e particolarmente nel Belgio. Sono questi, o Signori, le diverse quistioni che formano il soggetto di questo lungo e dotto lavoro che il nostro Socio ha voluto dirigere a questa no- stra Accademia , svolte tutte con molto disce rni- mento e dottrina e franchezza di principi e con — XXXVI — molta ed opportuna erudizione corredata al!’ uopo di opportuni documenti. Il Ceuleneer ha offerto questo lungo lavoro alla Gioenia unicamente in omaggio di ammirazione ed in attestato di ingenua riconoscenza per l’onore conferitogli di Socio Corrispondente ; e Voi senza giudicare pel suo merito , perchè non discusso in Accademia, rendendo giusto onore alla riputazio- ne scientifica dello illustre Autore che a voi 1’ of- friva, lo reputaste confacente alle nostre investi- gazioni e studi, e per la utilità lo accettaste di buon grado, e statuiste formar parte delle memorie che 1’ Accademia pubblica: Sicché comprendendo noi tale lavoro nella nostra annua rassegna, gli tribu- tiamo oggi un doveroso attestato di gratitudine e di ammirazione insieme. Eccomi, o Signori, al termine del mio resocon- to. Altri lavori sono stati presentati nel corso di quest’ anno accademico da distinti Socii residenti e non residenti, particolarmente alla Classe delle Scienze Fisiche: però per non essere state ancora a Voi comunicati, mi è giocoforza tacerli, e spe- ro varranno per la loro grande importanza ad of- frire molta materia per il venturo resoconto, che per ragione della mia conferma in officio, dovrò anche altra volta sommettervi. Però, chiudendo questa mia qualsiasi relazio- ne, mi si permetta che ad alta voce proferisca, come la Gioenia ha segnato pure in quest’ anno, mercè la laboriosità dei suoi componenti, ed i po- sitivi studii durati, un’ altra pagina gloriosa di sua esistenza, ed ha pienamente corrisposto allo sco- XXX VII — pò cui inira contribuendo efficacemente al progres- so delle Scienze che coltiva. Più che le nostre parole, clic in bocca pro- pria potrebbero bene segnare biasmo in vece di lode, valgono a dimostrarlo le manifestazioni di plauso, e gli attestati d’ ammirazione che ci pro- digano, forse per incoraggiarci a far meglio , le moltiplica Società dotte che han fatto a gara o ri- chiedere di stringersi a noi in scientifico legame. Oh possa il loro esempio di laboriosità e la par- tecipazione dei loro studi essere mezzo perenne di nostro progredimento per la gloria del nome Italiano e di questa nostra cospicua Città! Ho detto. . I IDROGRAFIA E STATISTICA „ ' I MEMORIA. V % COMUNICATA ALL’ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI Nella sedata ordinarla di Dicembre |8#6, dal Socio Corrispondente 'Mmfjwi -Haffacfe Rarefo ATTI ACC. YOL. II. 1 - 4 — La pittura può essa pure dar luogo a simili considera- zioni. Gli antichi Greci non conoscevano il paesaggio che quale accessorio delle grandi scene storiche e mitologiche dei loro quadri. I Romani, che progredirono di un passo, non lo comprendevano ancor tuttavia che come un fondo alle costruzioni rustiche o grandiose che dipingevano; Pli- nio il Giovane, descrivendoci le sue ville, gii affreschi di Pompei, ce lo dimostrano. Durante la rinascenza, il paesag- gista lavorava ancora di convenzione, senza di che non ve- drebbesi il medesimo paesaggio accompagnare le ligure di diversi quadri d’ una stessa scuola. Soli i pittori moderni cercano di cogliere sul fatto la natura, e riescono a destar sentimenti che rimangono muti davanti le più splendide tele del Poussin e del Claudio di Lorrena; Ruysdael e Paolo Pot- ter hanno forse preceduto nel loro secolo i moderni pittori. I viaggiatori antichi e del medio evo non occupavansi di descrivere la natura dei paesi visitati ; l’interesse che rendeva attraenti le loro narrazioni era quasi interamente drammatico, specialmente eccitato dalle descrizioni di mo- stri e di strani costumi. I viaggiatori moderni, de’ quali il tedesco Forster, il compagno di Cook, è il primo tipo, de- scrivono forse in modo troppo particolareggiato, ma riesco- no altresì spesso a trasportare il lettore in mezzo alle sce- ne naturali che colpirono la loro immaginazione. Ad un sentimento cotanto esteso della natura, il nostro secolo unisce la curiosità scientifica invigorita dal rapido progredir delle scienze, servendosi delle quali può ogni gior- no sollevare una nuova parte del velo che già copriva in- tera l’ Iside antica. Quando siamo commossi al vedere una scena naturale, o dalla descrizione che ne leggiamo, su- bito sorge in noi il desiderio di conoscere le cause che la producono, chela rendono diversa da altre scene egualmen- te naturali. Or bene, la forma artistica della natura dipen- de dalla sua forma fisica; dalla geologia, dalla topografia del paese, e certo altresì mollo , se non intieramente, dalla sua idrografìa. Ciò dimostra che anche i nostri sentimenti ar- tistici spingonci a studiar le acque in quei siti che possono svegliarli. Ma accanto all’ arte sta la scienza che domanda le cau- se e le condizioni dei fenomeni della vita, vegetale ed ani- male, de’ quali non havvene alcuno indipendente dalle acque terrestri, e che non presenti nell’ esser conosciuto incalco- labile utilità pratica. L’industria umana aspira altresì a co- noscere ciò che potrebbe utilizzarsi per il benessere gene- rale o individuale nella materia inorganica, e 1’ acqua pre- senta ben vasto campo alla sua attività. La natura delle ac- que, la loro distribuzione naturale o artificiale, possono da sole determinare la maniera d’essere d’un paese, render- lo abitabile e fertile, o sterile e deserto ; dar luogo final- mente a tutti gli stati intermedii fra tali due estremi. Al- cuni esempi renderanno evidente tale asserzione. La terra d’ Egitto era già dichiarata da Erodoto produ- zione del Nilo, che anticamente ne portava il nome; ma che sarebb’ essa diventata se da migliaia d’anni l’ industria uma- na non avesse preso cura di regolare gli straripamenti ed i depositi del fiume? Il deserto colle sue sabbie avrebbe in- vaso le terre coltivabili man mano che emergevano dall’ac- qua; esso avrebbe circoscritto vaste paludi, soggiorno sol- tanto propizio pei cocod ri Ili e per gli ippopotami. Il deser- to vi avanzò o indietreggiò, a seconda del grado di civiltà posseduta dai popoli che l’abitarono. La contrada di Gosen, allora irrigata, era ricca digrossi pascoli quando gii Ebrei vi si moltiplicarono in modo da destar timori nello spirito del gran Sesostri; or è ridotta in arido deserto, che il ca- nale óJ acqua dolce scavato pel bosforo di Suez cangierà bentosto nuovamente in ridenti campagne. Il sistema idrau- lico artificiale dei suoi canali solo creò, solo conserva l’E- gitto. — 6 — La Babilonia degli antichi doveva la sua grande fer- tilità ai numerosi canali fra il Tigri e 1’ Eufrate, citati da Erodoto e da Strabono, i quali resero più diffìcile la famo- sa ritirata dei Diecimila comandata e raccontata da Seno- fonte. Oggigiorno , dopo tanti secoli, i canali sono inter- riti e la nudità del deserto, sta in luogo dei campi, ove il frumento, al dir d’ Erodoto, l’orzo secondo Strabone, ren- devano il trecento per uno. Ivi la desolante aridità del paese proviene dal non essersi mantenuta l’antica irriga- zione. Il Sahara diventa fertile e presenta una ricca oasi ovunque una sorgente zampillante irriga 1’ adusta sua sab- bia; i pozzi trivellati che forano adesso i Francesi al Sud dell7 Algeria, fanno giornalmente diminuir d’ estensione il dominio del deserto. Le pianure così ben coltivate della Lombardia sareb- bero simili alle brughiere che ancor le macchiano in vari siti o ai paduli delle spiagge dell’ Adriatico, se le irriga- zioni non ne avessero creato la fertilità, se gli arginamenti non le avessero difeso dagli straripamenti dei fiumi, e se canali scientificamente tracciati non facilitassero i loro scoli. I due terzi dell’Olanda devono la loro esistenza all’ in- dustria de’ suoi abitanti, che imprigionarono fra argini il mare ed i tronchi inferiori dei fiumi , prosciugando poscia con macchine i bacini così ottenuti. Le Steppe della Russia meridionale, che stendonsi sul Mar Nero e sul Mare d’Azoff, devono il loro aspetto e la loro natura alla mancanza d’acque correnti, ciocché sforzò i proprietari delle numerose greggio che vi pasco- lano a far aprire pozzi sulla strada che devono percorrere. Sarebbero un arido deserto se le nevi, dalle quali riman- gono lungamente coperte in inverno, non penetrassero as- sai profondamente d’ umidità la terra al loro squagliarsi per mantenervi una ricca vegetazione di primavera. Le Steppe del Volga, più generalmente paludose, alimentano erbe gigante- sche, che sfidono spesso la vampa dei calori estivi c danno loro diversa fisionomia. I torrenti dal corso precipitato, i laghi, i ghiacciai, non danno essi ai paesaggi svizzeri un carattere speciale ben noto ai pittori ed ai viaggiatori ? La forma delle spiagge, e 1’ azione del mare colle sab- bie che smuove ed accumula lungo la sponda, sono causa della natura delle coste mediterranee della Francia , bene studiate in questi ultimi anni dall’Ingegnere Regy , come altresì di quelle simili che stcndonsi su gran parte del con- torno della nostra penisola , ove le lagune ed i laghi salsi alternano con dune di sabbia mobile. La Bombe , in Francia, è resa paludosa c malsana dai numerosi stagni artificiali , che vi si stabilirono , come lo dimostra Puvis, al medio evo per soddisfare con la loro pe- sca alle pratiche religiose allora dominanti, e per trarne ricco reddito con 1’ alto prezzp del pesce che n’ era la con- seguenza. La dolce temperatura e 1’ aria umida portate in Euro- pa dalla corrente del Gulf-Stream, le piccole piogge estre- mamente frequenti che ne conseguono, fanno dell’ Irlanda e della Normandia i paesi meglio disposti per le praterie na- turali e per 1’ allevamento del bestiame. La Theiss, in Ungheria il Pripet, in Polonia, fiumi che l’ industria umana poco o nulla ancor si occupò di regola- re, inondano e rendono paludose vaste superfìcie nelle lo- ro valli. Egli è inutile di ricordare quanto le paludi siano per- niciose alla salute delle popolazioni, specialmente nei pae- si situali sotto un caldo* clima; le febbri intermittenti e le altre malattie congeneri che vi si producono sono disgrazia- tamente ad ognun conosciute. La frequenza della febbre — 8 gialla alla Nuova Orleans, è probabile non sia indipendente dai pad u) i in parte salati che trovansi in vicinanza della cit- tà; le nostre Maremme toscane, e le nostre Paludi Pontine hanno triste rinomanza in tutta Europa. I torrenti delle Alpi in Francia ed in Isvizzcra , quelli degli Apcnnini in Italia distruggono le ricche coltivazioni che li fiancheggiano, e nel loro corso scapigliato coprono di sabbia e di ciottoli le pianure ove sboccano. Le piogge burrascose scavano burroni che mettono a nudo i macigni delle montagne e ne rendono il suolo im- proprio alla vegetazione. La salute pubblica dipende altresì in gran parte dalle acque delle quali servonsi le popolazioni. Secondo che so- no abbondanti o deficienti, queste possono più o meno adot- tare le pratiche di nettezza tanto influenti per E igiene. La medicina crede trovare nella cattiva qualità delle acque po- tabili la causa di varie malattie che, come il gozzo ed il cretinismo, trovansi circoscritte e stazionarie in luoghi de- terminati; mentre essa accorda, dai più antichi tempi, gran- de importanza alla bontà delle acque che si bevono. Finalmente, le acque minerali sono potente mezzo di guarire, e nello stesso tempo sorgente di ricchezze per le contrade che le posseggono e sanno metterle in voga. Es- se possono altresì fornire prodotti industriali, come quelli dei Lagoni della Toscana. Le irrigazioni fanno la ricchezza agricola di que’ paesi ove praticansi con intelligenza, e la natura delle acque che vi si adoperano, può grandemente modificare i risultati che se ne ottengono. Senza prolungar più oltre V enumerazione degli effet- ti dell’ acque, ciò clic ne fu detto basta per dimostrare tutta la loro influenza buona o cattiva secondo le circo- stanze. Ciò dimostra all’ evidenza quanto interesse vi sia a studiare in modo completo, uniforme e paragonabile le — 9 acque nei vari paesi, ccl indica lo scopo clic deve raggiun- gere una buona Idrografia, che ha da far conoscere le ac- que in tutti gli accidenti che possono renderle utili o no- cive, sia alla salute pubblica ed agli usi domestici , sia ai- fi agricoltura, sia al commercio, sia infine alfiindustria; chè il commercio per i trasporti, l’industria come forza motri- ce, sanno trar gran partito dalle acque che trovatisi a loro portata. Una buona idrografia deve enumerare e descrivere tutte le acque che possedè un paese, separare le utili dalle nocive , determinare quelle che si utilizzano e quelle che Si lasciano perdere , quelle che nuocono ancora , e quelle delle quali si fecero sparire i cattivi effetti. Il campo dell’idrografia, così concepita, è ben vasto, ma convien notare elfi essa può servirsi di dati risultanti da altre ricerche scientifiche e statistiche , come vedrassi nel seguito. Riesce egualmente evidente che fi Idrografìa non c soltanto parte della statistica , ma elfi essa rappresenta uno studio scientifico speciale pel quale la statistica deve fornire numerosi dati , registrando regolarmente i fatti che devono servire alle descrizioni idrografiche, ed alla ricerca delle leggi che regolano i fenomeni così vari delle acque alla superficie del globo. Evidentemente fi idraulica e la matematica sono ad es- sa egualmente necessarie , come altresì lo sono la fìsica , la chimica e ìe altre scienze naturali , fra le quali certa- mente le più importanti sono la meteorologia e la geologia. II. DESCRIZIONI E STUDI IDROGRAFICI La filosofìa naturale, come dicono gl’inglesi, forma un insieme pei stretti legami che uniscono le diverse scienze delle quali si compone ; una di queste non può tentare di ATTI ACC. VOL. II. 2 I progredire indipendentemente dalle altre senza rischiare d’in- ciampare ad ogni passo. Si vedranno nel seguito le numerose nozioni che l’Idrologia deve attingere nelle altre scienze; ma due fra queste devono precederla nell’esplorazione del paese, se voglionsi ottenere soddisfacenti risultati dalle sue investigazioni; sono esse la topografia e la geologia. In fatti, gli studi idrologici non possono intraprendersi e chiaramente esporsi che appoggiandoli su buone carte to- pografiche e geologiche , le quali fortunatamente esistono per gran parte degli Stati europei, sia intere, sia parziali , mentrechò ciò che ancor manca per completarle sta ora e- . seguendosi quasi dovunque. Si possono citare fra le migliori carte topografiche quelle dello Stato Maggiore francese ed austriaco , quelle bellissime svizzere eseguite sotto la direzione del Generale Dufour, e quelle già pubblicate dai nostri ingegneri italiani nel mentre continuano i loro rilevamenti. Le carte geolo- giche sono generalmente meno complete, magia sene pos- seggono di molto buone per varie determinate regioni. Sup- porremo nel seguito 1’ esistenza di tali carte, giacché il far- le non appartiene all’ Idrologia. Quando studiasi r Idrografia d’uno Stato, convien farlo secondo i suoi bacini separati dalle linee di acqua penden- te, i quali formano distinti sistemi. Devesi però por mente a che i limiti degli Stati seguitano tanto spesso tale linea quanto quella del fondo delle valli, ed altre volte altresì tagliano per traverso le vallate. In questi due ultimi casi l’ idrogra- fia d’un bacino non puossi convenevolmente studiare che dietro accordo preventivo fra i governi clic lo posseggono, ma non sappiamo ciò che potrebbe opporvisi, nulla avendo che fare la scienza colla politica. Ciò sembra esser già sta- to compreso , dacché Humphry Davy viaggiava liberamen- te in Francia nel 1813 , e la fregata austriaca , la Novara , compieva il giro del mondo, nel 1839, rispettata dai vascel- li nemici. La divisione di una contrada in bacini è per ciò ben preferibile a quella in provincie che , fatta dietro conside- razioni politiche o amministrative , separa spesso ciò che dovrebbe riunirsi e riunisce ciò che dovrebbe separarsi i- drologicamente parlando. La descrizione idrologica d’ un bacino per esser buona deve cominciare dal ben definirlo, dalT individualizzarlo , col determinare i suoi limiti , la sua posizione geografica, la sua topografia ( forma, estensione, ed altezze), finalmen- te la sua formazione geologica. La statistica non può for- nire alcuno dei dati scientifici necessari per tale descrizio- ne, ma potrassi in essa attingere di che completarla aggiun- gendovi nozioni sulle diverse coltivazioni ivi praticate, su ciò che rendono, sulla popolazione totale e per chilometro quadrato, esilila sua agglomerazione, sul numero e le raz- ze degli animali domestici che vi si educano, e sugli ani- mali che Tahitano allo stato ..selvatico, sulle piante naturali che vi crescono, e sulle sue condizioni meteorologiche ge- nerali. Tutto ciò presenta più relaziono che non stimasi in sulle prime coll’ idrologia d’ un paese, sebbene, a dir vero, non sia indispensabile alla sua descrizione idrografica. Passiamo adesso allo studio speciale delle acque. A ACQUE CHE SERVONO AGLI USI DOMESTICI ED AGLI OPIFICI Generalmente le acque che servono di bevanda ado- peransi altresì negli altri usi domestici edi pulitezza, tanto nel- l’interno delle abitazioni quanto nelle strade dei siti abitati. Se le cose andassero altrimenti converrebbe indicarlo e stu- diar separatamente le acque secondo T uso che se ne fa. a) Acque potabili. Nel 18621, una notevole discussione sulle qualità dell’ acqua potabile ebbe luogo all’ Accademia di medicina di Parigi, dalla quale puossi semplicemente de- durre che gli scienziati non van d’accordo su tale argomen- to. Senza voler giudicare del valore intrinseco delle varie opinioni emesse in tale occasione , sembra conveniente di tener conto, in una buona idrografìa, di tutte quelle proprie- tà dell’acqua alle quali vi fu attribuita qualche importanza. Evidentemente devesi cominciare dall’ indicar da dove provengono tali acque; se sono pluviali e conservate in ci- sterne, se di sorgente, di pozzi ordinari o trivellati, di cor- si d’acqua (riviere e canali), e dire finalmente se si attin- gono direttamente o sono fornite da acquedotti, che biso- gnerà descrivere ; se esse colano naturalmente, o se ado- peratisi macchine elevatone per portarle là dove devonsi consumare. Si passerà poscia alle loro qualità fisiche e chimiche, s’indicherà la limpidità delle acque, perenne o intermit- tente, dando il numero medio di giorni all’anno in cui so- no torbide. Disgraziatamente la limpidità è in generale sol- tanto apprezzata e non si cerca di fissarne con numeri il grado. Tentasi di ottenerlo lasciando deporre V acqua e mi- surando poscia la quantità di materie solide clic teneva in sospensione. Tale mezzo, che riesce per le acque franca- mente torbide, sembra meno facilmente applicabile a quel- le che sono soltanto opaline, poiché dovrebbesi operare su troppo grandi quantità per avere un deposito apprezzabile , e durante troppo lungo tempo per ridurle ad essere per- fettamente chiare. Si potrebbero in questo caso precipitare, col mezzo dell’ alume, le materie in sospensione. Sembra diasi molta importanza alla temperatura delle acque potabili, sebbene, per rimaner nel vero, si possa no- tare che, non bevendosi generalmente esse al momento in cui sono attinte, ne consegue che il più delle volte esse prendano la temperatura ambiente delle case o dei luoghi ove si conservano. Cionnullameno dovrassi indicarne la tem- peratura, quand’ è costante, ed i gradi pei quali passa, quan- d’ è variabile; paragonandola in quest’ ultimo caso colla tem- peratura dell’ aria al medesimo istante. L’ aerazione delle acque potabili stimasi molto impor- tante per la loro salubrità. Convien dunque misurarla e, per quanto è possibile , determinare le quantità che con- tengono di nitrogeno, d’ossigeno e d' acido carbonico. Non parlasi d’altri gassi, che soltanto trovansi in quantità ap- prezzabili nelle acque minerali o in quelle delle cloache, e che quasi sempre si manifestano all’odorato o col loro sa- pore. L'analisi dei tre primi gassi indicati contenuti nel- l’acqua potabile non è difficile, c può farsi dal primo me- dico o farmacista venuto, tanto più che riducesi a misurar volumi in una boccetta graduata, e non esige, per dare ap- prossimazioni sufficienti, altri reattivi che la calce viva ed il fosforo. È ben vero che, così operando, 1’ azoto ottenuto col calcolo potrà contener tracòie d’ altri gassi, ma ciò non è di grande importanza. Dcvesi ancor notare che la quantità de’ gassi contenuti nelle acque di riviera varia a seconda delle stagioni , e che quindi una sola analisi sarebbe spesso insufficiente. Lo stu- dio dell’aerazione delle acque potabili deve stimarsi di gran- de importanza, quando si consideri che Boussingault ed al- tri scienziati, attribuiscono alla mancanza d’aria nell’ac- qua di certe montagne il gozzo ed altre analoghe malattie. Quanto all’azione utile o nociva di ciascuno dei tre gassi indicati di sopra, si potrà dedurla dall’ esperienza, quando sarà conosciuta la composizione di un gran numero d’ ac- que potabili. I sali in soluzione, e le materie organiche che l’acqua contiene devonsi egualmente studiar con cura. Un’analisi completa delle acque sarebbe certamente il mezzo più esatto per riconoscerne la qualità, ma riuscirebbe talmente lunga, difficile e costosa, che soltanto può sperarsi di averla per le acque delle grandi città. Nel più gran numero de’ casi è quindi giuocoforza con- tentarsi di determinare la proporzione di sali terrosi , spe- cialmente a base di calce e di magnesia , coll’ Idrotimetria proposta dai SS1. Boutron e Boudet. Egli c misurando il loro grado idrotimetrico, che il Sig. Beigrand studiò ulti- mamente le acque del bacino di Parigi, onde paragonarle e disccrncre le migliori. Quando fessevi luogo di supporre che altre materie, come per esempio composti di ferro, o sale da cucina, si trovassero disciolte nell’ acqua si avrebbe da ricercarle coi reattivi che insegna la chimica. Egliò così che la presenza dei cloruri sarebbe indicata dall’azotato di argento. Per le materie organiche che l’acqua può contenere, un'analisi particolareggiata riesce ancor più difficile che per le materie minerali; convien dunque servirsi nel più gran numero de’ casi del metodo proposto dal signor Em. Mé- nier, descritto nei Conti Resi dell’ Accademia delle scienze di Parigi, 11 giugno 1860, nel quale adoperasi un liquore titolato di permanganato di Potassa. Ottengonsi così facil- mente indicazioni sufficienti in pratica. Il sapone nell’ idrotimetria, il permanganato di potassa nel metodo Ménier , non separano i diversi sali, le di- verse materie organiche contenute nelle acque, se ne ot- tiene soltanto la quantità dell’ insieme , ma essendo quasi impossibile d’intraprendere analisi quantitative per tutte le acque potabili d’uno Stato, convien contentarsene, tanto più che le indicazioni così ottenute sembrano sufficienti per giudicare della salubrità delle acque. Non si nega V u- tilità che sarebbevi a ricercare nelle acque potabili la pre- senza dell’iodio, dei fosfati, e d’altri principi i , ma slima- si che debbasi andar paghi d’ indicarla quando sia nota, — 15 — senza farne oggetto di speciali ricerche per tutte le acque, avuto particolarmente riguardo alle difficoltà pratiche che ne risulterebbero. La quantità d'acqua potabile della quale si può dispor- re è egualmente cosa che molto importa conoscere. Si può questa esattamente misurare nelle sorgenti perenni , nei pozzi trivellati, in certi acquedotti e nelle cisterne d’ acqua pluviale, sebbene per le sorgenti e gli acquedotti sia spes- so soggetta a variare colle stagioni. Nei pozzi ordinari riesce difficile il misurarla, avvegnaché sarebbe d’uopo spe- rimentare il tempo richiesto perchè si riempiano di bel nuovo dopo essere stati vuotati. Malgrado ciò , ogni qual volta la cosa sarà possibile , dovrassi indicare la quantità assoluta e media dell’acqua smaltita per minuto secondo quand’essaè corrente, o il suo volume se conservasi in ci- sterne , ed indicare di quanti litri d’ acqua al giorno può disporre ogni abitante. Altre nozioni pratiche sarebbero egualmente molto uti- li, come per esempio, la profondità dei pozzi, la loro distan- za dalle paludi, dalle risaie, dai depositi di Iettarne e d’im- mondizie, ma, siccome non puossi sperare d’ avere la sta- tistica esatta di tutti i pozzi d’ uno Stato, ciò dovrà sempli- cemente indicarsi in modo generale. Puossi altresì deside- rar di conoscere le malattie delle quali generalmente acca- gionasi l’uso delle stesse acque come bevanda. Diciamo ge- neralmente, perchè, quando le acque sono cattive, ogni a- bitante è disposto ad attribuir loro tutte le malattie che lo tormentano, senza riconoscer loro altre cause, egualmente evidenti, come per esempio, i miasmi paludosi. Bisognerà altresì indicar con cura se le acque proven- gono da ghiacciai o da nevi squagliate, e la distanza che le separa dalla loro origine; se esse scolano naturalmente o se attingonsi in laghi o riviere con macchine elevatone ; se, come a Busalla nella Scrivia, si prendono sotto il letto / '16 della fiumara, naturalmente filtrate, per introdurle nei tu- bi del condotto; se lasciano depositi o formano incrostazio- ni nei condotti; se, nelle città, giungono sforzate ai diver- si piani delle case , o se smaltisconsi semplicemente al li- vello del suolo. Finalmente potrebbersi aggiungere due osservazioni , facili a farsi; cioè, se possano facilmente sciogliere il sapone, e se permettano una buona cottura dei legumi. In mancanza d’ altre queste due indicazioni hanno qualche importanza per valutare la salubrità delle acque potabili. Non si dovranno tralasciare le osservazioni che si po- trebbero fare in condizioni speciali, come per esempio, le piante che crescono nè serbatoi, e se, come a Napoli, la acqua delle cisterne contiene infusori visibili ad occhio nudo . b) Acque destinate agli usi domestici. Quando non sono le stesse che le acque potabili, le medesime indicazioni rie- scono necessarie per le acque che servono a fare il bucato, ai bagni, e per bevanda degli animali, sebbene non richieg- gano lo stesso grado d’ esattezza. Quanto a quelle che ado- peratisi soltanto per la pulitezza della città , e per lavar le vetture, solo interessa che non siano corrotte; mai casi sono rari, lo ripetiamo, in cui le stesse acque non servano simultaneamente a tutti questi usi diversi. c) Acque industriali. Si studieranno nella stessa guisa le acque delle quali scrvonsi le diverse industrie , indicando quelle fra queste che utilmente le adoperano e quelle che si lamentano della loro qualità. Fra le industrie che richieggono eccellenti acque si possono indicare le fabbriche di zucche- ro, di birra, e di vermicelli, come pure l’arte dei tintori. Lo studio delle acque d’ un paese riguardo agli usi industriali può riuscire di grande utilità pratica, indicando le fabbri- cazioni che vi possono prosperare rispetto ad esse. Ben comprendesi clic per acque industriali non inten- 17 — diamo qui parlar di quelle che adoperarci come forza mo- trice, delle quali tratteremo nel seguito. B. ACQUE TERMALI E MINERALI Quest’ acque si possono studiare sotto due diversi aspetti: sia riguardo alla tisica, sia riguardo all’ igiene ed all’indu- stria. Ciò che ha rapporto alla fisica fa parte di ciò che di- ciamo nel seguito delle sorgenti naturali in generale, e tra- lasciamo di qui parlarne per evitare inutili ridette. Egli è tutt’affatto necessario di dare un’ analisi chimica completa di queste acque, di determinarne la temperatura e gli effetti immediati che producono sul suolo spandendovisi. Quanto all’igiene, dovrassi indicare il modo di adope- rarle: in bagni, in doccie, o altrimenti secondo gli usi della idroterapia, sia ancora con vaporizzazione fisica o meccanica, sia finalmente ad uso di bevanda. Indicherassi pure il sistema di costruzione dei bagni e degli altri apparecchi destinati ad amministrare le acque minerali; come altresì gli annessi dei bagni, quali sareb- bero ospedali, case di salute, gimnastiche e sudatorii etc. Sarà egualmente utile di far conoscere la posizione to- pografica dello stabilimento di bagni, la sua climatologia nella stagione in cui è frequentato , ed i prodotti naturali del luogo; le strade ed i mezzi di comunicazione, le escur- sioni artistiche e scientifiche che vi si possano fare nei contorni etc. Esistono numerose sorgenti termali e minerali che ancor non sono utilizzate o che lo sono in modo ristrettissimo, e facilmente comprendesi che per queste riesce impossibile di rispondere a tutte le questioni clic andiamo posando’; bisognerà dunque contentarsi di raccogliere tutte quelle no- zioni che si riescirà a procurarsi. ATTI ACC. VOi. II. 3 t 18 Si potrebbero classificare le acque minerali , secondo le principali loro proprietà, come vien fatto da varii autori, ma pensiamo che la loro completa analisi chimica permet- terà sempre di farlo, e eh’ è preferibile il rimaner fuori da ogni spirito di sistema. Indicheremo per altro il seguente classifìcamento che sembraci bene stabilito. 1° Acque solfo- rose, 21° alcaline, 3° acidule, 4° ferruginose, 5° saline, 6° jodate. Dovrebbesi quindi dare colla più gran cura la statistica d’ogni stabilimento balneario. Essa dovrebbe comprendere: Il numero delle persone che vi accorrono alle diverse epoche dell’anno, il loro sesso, la loro età, e quando puossilaloro condizione sociale e la professione; le malattie per guarir le quali ordinarsi le acque, la durata massima e minima della cura, i risultamene temporanei o definitivi che otten- gonsi, finalmente le non riuscite, che saranno certamente le più diffìcili a conoscersi. Bisognerà distinguere i malati che ne usano per la prima volta da quelli che ritornano allo stabilimento più anni successivi. S’ indicherà nello stesso modo l’uso che fassi delle acque al di fuori dello stabili- mento, la forma e la natura dei vasi nei quali spcdisconsi, ed il loro prezzo sul luogo di produzione, le città ove si mandano c la quantità che se ne smercia. Si daranno le stesse indicazioni nel caso in cui le ac- que si concentrerebbero o se ne estrarrebbero i principii minerali per facilitarne il trasporto e la conservazione. Si indicherà se ne vengono estratti principii speciali , come sarebbero lo iodio cd il bromo. Infine si descriveranno le industrie alimentate dalle ac- que minerali, sia coll’estrazione del sale da cucina, sia con quella dello zolfo, del borace etc. Le acque plastiche danno luogo ad una industria poco importante, ma i risultamenti della quale non si dovrebbero trasandare in una statistica ben fatta. Sonvi luoghi ove lo acque calde di sorgente ser- vono a riscaldare in inverno le abitazioni, se ne dovrebbe - 19 dare minuziosa descrizione. Si terrà egualmente conto delle acque termali che servono a riscaldare le acque di neve squagliata, mischiandovisi, ed a renderle così adatte all’ir- rigazione, come praticasi nei Mont-Dore in Àlvernia. C. ACQUE DI CLOACA Le acque che servirono ad usi domestici od a fabbri- cazioni industriali si rendono alla terra, ma il più spesso corrotte dalle materie in esse disciolte o che tengono in so- spensione. Quando la filtrazione di tali acque ha luogo nel suolo, lontano dai pozzi, esse non riescono nocive, trovansi com- pletamente purificate, e si possono senza danno aggiungere alle acque sotterranee. Quando invece esse infiltratisi nei pozzi, nelle cisterne, o cascono nei corsi d’acqua, nei laghi o nel mare, possono cagionare gravi disordini e diventare possente causa d’insalubrità. * Sotto il nome di acque di cloaca comprendiamo tutte quelle rese impure dall’azione dell’ uomo. Son dunque quelle della città, dei villaggi, delle abitazioni, come altresì quelle delle fabbriche che furon viste soventi infettare riviere sino a renderne l’acqua impropria agli usi domestici ed a farne sparirei pesci che le abitavano. L’ istesso effetto è prodotto nel porto interno di Marsiglia dalle acque residue di fab- briche che vi si versone. In questi ultimi anni, le acque di cloaca furono studiate in Inghilterra ed a Parigi; esse dovrebbero essere ovun- que, poiché ben grande è la loro influenza sulla salubrità pubblica. Sembra ciononpertanto , come già fu detto, che quando tali acque irrigano praterie o terre coltivate, ces- sino dall’essere nocive; ed è generalmente ciò che succede nei piccoli villaggi e nelle massarie ben curate, ma spesso ✓ — 80 — altresì vi si lasciano marcire in pozzanghere impestate, in mezzo ai cortili ed alle strade, gettandovi anche talvolta brughi, ginnestre ed altri vegetali che putrefacendosi cam- biansi in ingrasso. Sarebbe dunque utile i! conoscere ciò che divengono tali acque in tutti i luoghi abitati e quale può essere il loro grado d’impurità. In seguito di ciò, indicherassi prima da dove proven- gono le acque di cloaca; si dirà se contengono soltanto le acque che lavono le strade , ovvero anche i prodotti , in tutto od in parte, dei pozzi neri, le dejezioni umane egli scoli delle stalle. S’indicheranno pure le fabbriche che vi gettano le loro acque sporche, e stimasi che in tale cate- goria debbano entrare i marcitoi por il lino e per la ca- nape, ed i lavatoi delle lane, sebben possa sperarsi che, in seguito a recenti scoperte chimiche, si utilizziano le acque di quest’ ultima operazione per estrarne la potassa che con- tengono in abbondanza. Le acque degli ammazzatoj fanno pur esse parte di quelle di cloaca. Quando le cloache ricevono i prodotti dei pozzi neri, bisognerà notare se vi si versono in natura o disinfettati, se si separano le materie liquide dalle solide, e di qual ma- niera praticasi la separazione. Sarà utile altresì di far conoscere la popolazione che servesi delle cloache, la quantità d’acqua che vi si può abi- tualmente versare, la velocità di scolo clic l’acqua vi ac- quista, e se le cloache sono coperte o no. Bisogna poscia indicare ciò che divengono tali acque, se sono assorbite da pozzi trivellati o da baratri, se sono portate quale ingrasso sui terreni, se gettonsi nei corsi di acqua, nei laghi , nel mare; ed in questo caso conviene specificare se vi giungono allo stato naturale; o filtrate o disinfettate e con quali mezzi. La lunghezza, la pendenza e lo stato del canale di scaricamento, avanti che la cloaca raggiunga il serbatoio comune, devonsi pure indicare. - 21 Si daranno, per quanto è possibile, gli effetti prodotti da tali acque, sulla terra fertilizzandola , sulle acque dei recipienti corrompendole più o meno. Sarebbe desiderabile di avere analisi esatte delle acque di cloaca, ma 1’ opera- zione, riesce ancor più diffìcile che per le acque potabili, molti gassi nocivi vi s’ingenerano, e lo stato delle materie organiche che contengono, più o meno putrefatte, sarebbe per lo meno tanto importante a conoscersi quanto la loro quantità. Deve aggiungersi essere dimostrato dalle analisi fatte in Inghilterra che la composizione delle acque di cloa- ca varia colle stagioni ed anche dal giorno alla notte. Tutto ciò rende quasi impossibile di farne delle analisi complete, se non è nelle grandi città ove trovansi in buon numero chimici ed officine; altrove converrà contentarsi della pro- va idrotimetrica e col permanganato di patassa, della stessa fatta che per le acque potabili. Tutt’ al più, in certi casi, sarebbe utile di assicurarsi se esse emettono idrogeno sol- forato ed ammoniaca. In Inghilterra cercossi con cura di determinare il va- lore come ingrasso, delle acque di cloaca, e ne fu minu- ziosamente fatta l’analisi chimica. Aggiungiamo però che ciò malgrado vi si è ancor lungi dall’ andar d’accordo su tale valore, e che gl’industriali e gli agricoltori lo portano generalmente più alto degli scienziati. Accanto a Milano , laVettabbia dà un bel esempio delle acque di cloaca utilizzate per fertilizzare praterie. D. ACQUE SOTTERRANEE Entriamo adesso nel dominio dell’ idrografia propria- mente detta, col dar principio alla descrizione dei feno- meni naturali che l’acqua presenta sul globo. In ciò che precede considerammo Y acqua nelle sue relazioni cogli usi - 22 — domestici degli uomini; ora la consideriamo in essa stessa, ciò che per altro non impedisce che i nostri studi abbiano per ultimo scopo la sua utilizzazione, ed il progresso della fìsica terrestre, rischiarando buon numero di questioni pro- poste dalla scienza. Riesce evidente che, nel modo in cui abbiamo classi- ficati gli studi idrografici, le nozioni iscritte in una lezione saranno spesso dati da registrarsi in un’altra. A prima vi- sta potrebbesi temere una complicazione risultante da tali ripetizioni , ma riflettendo conoscersi che le ricerche non ne sono aumentate, e che sarebbe impossibile di far sezioni tali che i dati necessari all’ una non dovessero più far parte di alcun’ altra. Se dunque le nozioni richieste da una sezione qualunque trovansi già ragistrate in un’ altra, non si avrà che da trascriverle, senza curarsi di ricercarle nuovamente, e tutto sarà fatto. Passiamo adesso alle acque sotterranee. Il loro studio è ancora poco avanzato, malgrado V interesse che presen- tano riguardo alla fisica del nostro pianeta. Non vi è da stupirsene, essendocchè la geologia scientifica è soltanto nata da ieri, nel mentre che il loro studio presenta gravi difficoltà, dovendo per sua natura esser soltanto di osser- vazione, e non permettendo quasi mai l’uso degli speri- menti diretti. Gli scienziati d’ oggigiorno sembrano adottar la teoria, così chiaramente esposta da Àrago nella sua memoria sui pozzi trivellati, secondo 1$ quale tutte le sorgenti e tutta V acqua che circola nelle viscere della terra provengono dalle piogge, danno luogo a fenomeni che possonsi spiegare col- l’idrostatica e coll’idrodinamica, tenendo conto delle diffe- renze di livello. Non sarebbe però diffìcile di citare ancora qualche scienziato che in tali fenomeni fa altresì intervenire la pressione di gassi che si sprigionano a grandi profondità. Senza parlare delle opinioni pubblicate or non son molti \ -23- anni da vari ingegneri degli Stati Uniti di America, si può dire che la teoria sul calore terrestre e sull’ origine dei vulcani, emessa da Ampère, conduce alla seconda spiegazione. Tale era altresì il modo di vedere di Hericart de Thury, poiché trovasi , nelle sue Considerazioni sui pozzi trivellati , la se- guente frase: « Per le acque termali che zampillano alla su- « perfide della terra sgorgando dall’ interno dei terreni pri- « m itivi , esse devono il loro zampillare, allo svolgimento « dei gassi compressi che premono e reagiscono sulla su- « perfide di tali acque come il vapore agisce sull’ acqua « nell’ eolipile ». Uno studio profondo ed esteso delle acque sotterranee può solo risolvere i dubbi a questo riguardo. Sarebbe ben difficile il fissare preventivamente la via uniforme da seguitarsi nello studio dell’idrografia sotterranea, mentre non puossi guari intraprendere direttamente , ma bisogna contentarsi di registrare, man mano che a noi si presentano, i fatti capaci di gettar luce sulle questioni delle quali cercansi le spiegazioni. Ciò si può fare con una pub- blicazione periodica. Noi ci limiteremo quindi a qui indicare i punti principali che chiamono l’attenzione di chi si dà a tale genere di studi. 1°Le accumulazioni sotterranee d’acqua che spesso co- stituiscono veri laghi di grande estensione. Si citano come esempi: il lago di Zirknitz, in Corniola, dal quale preten- desi escono pesci ed anitre cieche e senza penne; ed il Iago sotterraneo di Livière, vicino a Narbona, ricco di pesci e, che comunica coll’aria per cinque baratri profondi. Esistono altresì sottili veli d’ acqua che stendonsi fra due strati di terreno di diversa permeabilità. Sono essi precipua causa degli scivolamenti del suolo sul pendio delle colline, sci- volamenti comuni nelle Alpi e che minacciono quasi tutte le ville della ridente collina di Torino. 2° Le correnti d’acqua o riviere sotterranee. Se ne co- noscono in grotte profonde, senza che sappiasi nè d’ ove -di- vengano nò dove vadano; riviere come la Guadiana in I- spagna, entrono nella terra e non n’escono nuovamente che a grandi distanze; finalmente vere correnti, rapide e sovrap- poste, furono incontrate nel forare pozzi trivellati. 3° Le sorgenti che subiscono l’influenza delle piogge, sia direttamente sia in dipendenza delle riviere. Le prime sono oltremodo numerose; un bell’ esempio delle seconde ci è dato dalla sorgente del Loiret in Francia, che ha le sue piene dipendenti da quelle della Loira, ma presso a poco in ritardo di ventiquattro ore. 4° Le sorgenti lo smaltimento delle quali è compieta- mente indipendente dalle stagioni. 5° Le sorgenti intermittenti. Devesi notare che V inter- mittenza non ne è sempre regolare, c che alcuna volta su- biscono l’ influenza delle stagioni. Una fontana a Como sem- bra avere intermittenze di un’ ora; quella di Puisgras, vi- cino a Chambéry, presenta intermittenze di 5 a 6 ore, se- condo le stagioni. Finalmente la fontana di Boulaigne, vi- cino a Fressinet, nei monti Coyrans, sta qualche volta più di venti anni senza dar acqua; ne dà in seguito durante uno, due, tre ed anche più mesi, ma quando cessa il suo scolo continuo, essa presenta intermittenze assai regolari, scolando per una ora circa, e fermandosi poscia per uguale spazio di tempo. Il fiume Lambro , in Lombardia, ha per origine una sorgente intermittente nella grotta della Mena-e- resta; il periodo della intermittenza è di soli otto minuti. 6° Le sorgenti termali. È da notarsi che la loro tem- peratura può esser variabile, e che non è nemmeno ben provato che alcuna volta non presenti una specie di perio- dicità. 7° Le grotte ed i gocciolamenti delle loro volte e pareti. La profondità alla quale tiensi lo strato d’ acqua che alimenta i pozzi. Finalmente a quale profondità trovasi nelle terre arabili ciocché De Gasparin chiamò il serbatojo inferiore , che provvede d’ umidità il sotto suolo. Si potrebbe aggiunge- re la misura dell’ acqua di cava che contengono quasi tutte le pietre c che abbandonano esposte all’aria. Tali nozioni ser- virebbero probabilmente a rischiarare il problema dell’ infil- trazione delle acque nel suolo, problema che malgrado gli sperimenti diretti di MariotteeDe Lahire, non sembra anco- ra risolto. 8. ° Le sorgenti che possonsi trovare sopra punti cul- minanti. La loro esistenza è ammessa da chi adotta la se- conda teoria , nella quale si fa intervenire 1’ elasticità dei gassi, come forza che fa zampillar le acque, e se ne cita, fra gli altri, un esempio notevole a Sant’ Elcna sulla posi- zione più alta dell’ isola. Chi sostiene la prima teoria ne nega l’esistenza che non saprebbe facilmente spiegare. 9. ° Le sorgenti d’acqua sottomarine , come quella del Golfo della Spezzia, studiata da Spallanzani , e quella che Bouchanon, scoprì nei mari d’india, a 180 chilometri da Chit- tagang, ed a 144 dal punto più vicino della costa. 10. ° Le sorgenti ed i pozzi che subiscono 1’ influenza delle maree. Sono essi numerosi e seguono generalmente i cangiamenti di livello del mare. Qualche volta sembrano subire opposta influenza, come un pozzo di Tréport, in Nor- mandia, del quale Héricort de Thury dice che: « 1’ acqua vi « discende quando, sale la marea e vi si alza quand’ essa « discende ». Arago spiega plausibilmente il fenomeno c le sue anomalie, ma più numerose osservazioni esatte posso- no sole dar carattere di certezza alla sua spiegazione la qual finora dee dirsi un’ ipotesi. 11.0 I pozzi trivellati, l’un a l’ altro vicini, che incontra- no l’acqua ascendente a profondità molto diverse. Le sor- genti vicine che danno acqua di diversa temperatura , ciò che lascia supporne vengono dadiverse profondità. Le sor- genti che alcune volte versano acque torbide possono for- nire indicazioni sul punto di partenza di queste , sia colla ATTI ACC. YOL. I. 't I m - \ natura dei depositi, sia colle parcelle d’ esseri organizzati che contengono. Osservazioni analoghe furono fatte sulle acque dei pozzi trivellati. \%.° Spesso due sorgenti riunisconsi presso terra per ^sgorgarne riunite. Tal fatto può dimostrarsi colle loro tem- perature e colla composizione delle loro acque, specialmen- te quando r una od entrambi sono termali . È così che A- rago spiega 1’ alternativa nello smaltimento provato , dopo il 1707, dalla sorgente termale dei bagni di Sesto ad Àix in Provenza, in corrispondenza collo smaltimento delle vi- cine sorgenti del Barret. 13. ° Succede qualche volta nei pozzi trivellati che l’ ac- qua si perde risalendo se non è imprigionata da una tubatu- ra perfettamente stagna; o che, continuandosi a forar la ter- ra, l’acqua si perde ad un livello inferiore a quello dello strato d’acqua zampillante. 14. ° Le fiumare lasciano sovente perdere la loro acqua nelle spaccature del suolo od in ist rati di sabbia. Quando il fenomeno si presenta su larga scala; come per laibosa, presso Bozoille, e pel Bodano, al ponte dell’ Écluse, il fatto . è generalmente noto, ma misurazioni degli smaltimenti ese- guite con seguito sui diversi tronchi delle riviere, no for- niranno certamente altri esempi non ancora conosciuti. Puossi egualmente così dimostrare resistenza di sorgive nel letto dei fiumi, le quali ne aumentano la portata, senza il soccorso di affluenti laterali. Egli è certo che a Busalia la galleria sotterranea alimcntatrice dell1 acquidoso di Ge- nova dà acqua abbondantemente quand’ anche il torrente Scrivia è a secco; vi si ritrova dunque come una riviera sotterranea, che potrebbesi chiamare d’infiltrazione. 13.° Esistono vaste vallate , concave e senza sbocco apparente, e senza lago nel loro fondo ; le acque piovane delle colline che le circondono vi sono dunque assorbite, sia per infiltrazione ciocche sembra avere specialmente luogo nelle formazioni ool i fiche ; sia da baratri o imbuti dei quali si hanno numerosi esempi nella provincia italiana di Terra d’ Otranto. 16°. Le salse c tutto ciò clic nelle acque sotterranee sembra aver relazione ai fenomeni vulcanici. Oltre il loro modo d’ essere sarà utile studiare le materie bituminose ed i sali che contengono ed i gassi che ne escono. 17.° Finalmente tutti i fenomeni che presentano le acque nelle miniere profonde, ov'è facile di precedere a speri- menti interessanti. Tutte le osservazioni, qui di sopra indicate, perdereb- bero certamente della loro importanza, quando non fossero accompagnate da indicazioni precise sullo formazioni geo- logiche in mezzo alle quali si producono i fenomeni osser- vati. Ma se da un lato queste osservazioni abbisognano della conoscenza geologica del sito, possono esse d’altra parte molto aiutare il geologo nei suoi studi. Perchè siano realmente utili bisognerà accompagnarle dei più minuti par- ticolari chiaramente esposti. E ACQUE CORRENTI ALLA SUPERFICIE DEL SUOLO. Per illuminare la questione, ancora oscura su molti punti, delle acque correnti alla superficie della terra, è, prima di tutto, necessario di richiedere alcune nozioni esatte alla meteorologia ed alla topografia, nozioni che or qui in- dichiamo. La pioggia che casca giornalmente è conosciuta in mo- do probabilmente soddisfacente per la meteorologia, ma essa non lo è a sufficienza per l’Idrologia. Le stazioni ove osservasi adesso sono troppo rare e non trovansi situate in siti convenienti perchè se ne possa dedurre , colla conve- niente esattezza, la quantità d’acqua che casca in un ba- cino, e la durata delle piogge nelle sue diverse parti. I calcoli che si fanno in proposito sono semplicemente ipo- tetici, e ben lungi dal soddisfare chi voglia studiare a fon- do tale problema. Infatti, le quantità di pioggia variano a piccole distanze orizzontali e verticali, e più ancora fra i due versanti d’una montagna o fra punti discosti di una stessa valle. Ciò di- mostra la necessità di moltiplicare i pluviometri; di stabi- lirne un certo numero in ogni valle che presenti qualche importanza, come altresì sulla linea dei gioghi che separa le vallate. Non potrebbcrsi preventivamente fissar regole per sce- gliere i siti ove stabilirli, tanto più eh’ è d’ uopo profittar di que’ luoghi ne’ quali trovasi un osservatore che abbia ca- pacità perchè gli siano affidati. L’ispezione de’ luoghi può sola esser guida in tale scelta ma può dirsi che più si mol- tiplicheranno i pluviometri, meno le medie ottenute per le pioggie si slontaneranno dal vero. Sarebbe certamente util cosa lo stabilirne nei siti più alti possibile, ma ivi presentasi grave difficoltà, quella di misurar l’acqua che vi casca sotto forma di neve. Si può, in vero, raccoglierla nel recipiente del pluviometro, e far- la squagliare al fuoco, ma chi non sa che nelle montagne la neve forma turbini che l’accumulano in certi posti? chi non sa che, alla temperatura di — 10° a — 1$° essa riducesi in polvere ed, aggirata dai venti, trovasi così trasportata da un luogo ad un altro senza che ne caschi nuovamente? Sono queste cause d’errore che non saprebbersi pel mo- mento scartare, almeno in modo generale. La moltiplicazione delle stazioni udometriche non pre- senta grandi difficoltà, e non porterebbe forte spesa, in- fatti, i maestri delle scuole primarie o i parroci dei villag- gi potrebbero venire incaricati delle osservazioni, faci! issi- I è ~ 29 — me da farsi , ed il pluviometro, che si stabilirebbe nella scuola o nel presbitero, costerebbe poco denaro quando s’ i- mitassero quelli usitaii in Isvizzera, e dei quali così parla l’ Ingegnere L. Gouin in una memoria stampata nel Ballet- tino della Società Valdese delle scienze naturali . « I pluviometri da noi usati sono molto semplici; essi «consistono in un cilindro di latta d’un piede di diametro, « nel quale casca la pioggia. «L’acqua cascata misurasi in centimetri cubici con «boccette graduate, e l’osservatore scrive in libricini spc- « ciali tale quantità sia in grammi sia in centimetri cubici. «L’osservatore nota altresì l’ora in cui la pioggia in- « cominciò e quella in cui finì di cadere , da dove dedu- ce cesene la sua durata. «Da tali due elementi si ricava col calcolo l’altezza «d’acqua cascata e l’intensità della pioggia, cioè a quanti « metri cubici per minuto secondo e per chilometro qua- « drato corrisponde la pioggia cascata. « Quest’ultimo risultato, cpmbinato coi dati forniti dalle « curve della portata dei corsi d’ acqua, potrà condurre a « risultamenti importanti per lo studio dell’Idrologia del no- « stro paese. Fino a che, aggiungeremo noi, non siano i pluviome- tri convenevolmente moltiplicati e collocati, ogni paragone fra la pioggia cascata c la portata delle riviere continuerà ad essere semplicemente un’ ipotesi, la quale non rendesi ac- cettabile che modificando a capriccio i numeri dei quali de- ducesi. Una ventola non è difficile da stabilirsi ; e noi vorrem- mo vederla sempre accompagnare i pluviometri, peravere, alfingrosso, la direzione del vento nel momento in cui ca- sca la pioggia. La crediamo sufficiente, mentre l’alto prez- zo degli anemometri perfezionati renderebbe impossibile di moltiplicarli sufficientemente. - 30 Egli è così soltanto clic patrassi avere giusta idea della pioggia che casca in un bacino ed in ciascuna delle suo prin- cipali ramificazioni, come altresì dell’andamento ilei feno- meni acquei clic devonsi studiare. Resteremo ognora, la cosa c certa , nell’ ignoranza per ciò che riguarda la neve clic casca sugli alti picchi c sulle falde poste nella zona delle nevi eterne, ma, rapporto al regime delle fiumare , potremmo spesso , misurandone la portata, studiare la quantità di neve squagliata clic ricevono. Sarebbe finalmente utilissimo clic nei paesi tutti sog- getti a rimaner coperti dalla neve una parte dell’anno, la persona incaricata delle osservazioni udometriche registras- se altresì le date alle quali il suolo riman coperto dalla ne- ve e nuovamente si discopre al suo squagliarsi. Non osiamo proporre osservazioni numerose sull’ eva- porazione, clic pure avrebbero grande interesse nello stu- dio dello smaltimento dei corsi d’-acqua. Esse riuscirebbero troppo complicate, poiché converrebbe studiare l’evapora- zione d’uno specchio d’acqua e quella delle terre bagnate, senza tener poi conto anche di quella prodotta dalle foglie dei vegetali, clic malgrado numerosi sperimenti, non sem- bra potersi ancora ridurre in numeri per una data superfi- cie di suolo. Altra cosa indispensabile da conoscersi per istudiarein modo concludente i corsi d’acqua, si è la livellazione ge- nerale del bacino nel quale scolano; bisognerebbe, per co- sì dire, averne la pianta con curve di livello, poste a con- venienti distanze verticali; c forse più ravvicinate in pia- nura che nelle parti montuose. Di già le carte degli Stati Maggiori, delle quali parlam- mo, danno numerose cote ragguagliate al livello del mare e calcolate trigonometricamente. Esse sono utili come punti di paragone o verificazione, ma non sono sufficiente- — 31 mente numerose, non possono dare esatta idea della confi- gurazione del suolo. A Parigi, in ogni strada, furono collocate sui muri delle case lamine di ghisa clic indicano l’altezza al di sopra del zero della Senna al ponte della Tourrelle; Se simili lamine si potessero avere in numerosi punti ben distribuiti in tutto uno Stato, sarebbero utilissimi per guidare nella derivazio- ne delle acque, e permettere di scegliere la miglior dire- zione da darsi agii stradali, ai canali, alle ferrovie. lì meglio è spesso l’inimico del bene; curve di livello abbastanza ravvicinate per tutta una contrada sarebbero intrapresa costosa c difficile da eseguirsi; vediamo dunque come vi si potrebbe supplire, per ottenere i dati almeno indispensabili ad una buona idrografìa. Bisogna cominciar dal dire clic una livellazione gene- rale è in corso d’esecuzione in Francia sotto la direzione dell’ingegnere Sig. Bourdaloue, e che se ne posseggono già S 4000 chilometri, i quali costarono 700000 franchi, sia 50 franchi al chilometro, ciocché sembra piuttosto caro , ma vi si ottenne un’esattezza delle più notevoli. Calcolasi che per l’intera Francia la spesa salirebbe a 5 milioni presso a poco. Non é qui clic conviene discutere il merito degli stru- menti c dei metodi del Signor Bourdolouc, del Sig. Porro, ed altri ancora; poco importa il metodo purché i risulta- menti sieno di soddisfacente esattezza, ed è perciò che proponiamo, per raggiungere più facilmente lo scopo, l’ uso del livello nelle pianure e nelle colline, e quello del baro- metro nelle montagne, ove grandi pendenze rendono meno necessaria una perfetta esattezza. Due metodi sembrano applicabili alla livellazione ge- nerale d'una contrada (1). (1) Non parliamo di quella complettissima proposta dal Sig. Mag- giore Porro , perchè dipende dalla formazione di piani catastali che I — 32 - Il primo consisterebbe nel livellare profili rettilinei, po- sti a distanze regolate ed uniformi l’uno dell’altro: ad un chilometro, per esempio. Ciò sembra dover dare grande re- golarità al lavoro, ma siamo persuasi clic la natura dei ter- reni da traversare presenterebbe gravi dificoltà e numero- se, che ben di sovente obbligherebbero a deviare dalla primi- tiva linea. Il secondo metodo consìste nel livellare tutte le valli, seguendone il thalwcg, e prendendo specialmente le cote dei punti ove la pendenza cangia sensibilmente, ciocche di rado ha luogo in pianura ma spesso incontrasi in monta- gna per un seguito di terrazzi che alzatisi 1’ uno al dissopra dell’ altro. Comincierebbesi ad aver così una buona rete, ma man- cherebbero ancor le cote dei fianchi delle montagne, delle creste, c delle alte pianure che separono le riviere. Si po- trebber queste in parte ottenere livellando le strade trac- ciate sulle carte, e per ciò che ancor mancherebbe, con un certo numero di profili trasversali della vallata, facen- dovi entrare, con colpi di livello dati a destra ed a manca, tutti quei punti intermediarii che possono servire di confron- to. Gli strumenti moderni, che danno gli angoli unitamente alle cote ed alle distanze, permettono perfettamente di sta- bilire la planimetria dei punti osservati c di riportarli esat- tamente sulla carta. Delle placche, sulle quali si troverebbero iscritte le alti- tudini, potrebbersi così collocare in molti siti, come , per esempio, sulle facciate delle chiese parocchiali, sui sfioratori degli opifìci, e così di seguito. È ben inteso che tutte le cote devono rapportarsi ad un punto di paragone fisso, il non {speriamo veder intraprendere in breve tempo, malgrado la quasi loro necessità dimostrata per ripartire le imposte, e per la sicurezza dei dritti di proprietà. — 33 — quale altro non può essere che il livello del mare in un porto importante. Per quei Stati che stanno intieramente nell’in- terno delle terre, converrà collegarne la livellazione a quella di stati vicini per rapportarla sempre al livello del mare. L’ utilità di tali livellazioni e dei dati idrografici è ovun- que riconosciuta. Egli è così che ultimamente, nell’ Istituto reale degli ingegneri Olandesi, a proposito del canale quasi terminato da Àpeldoorn verso Dicren , per l’alimentazione del quale ora mancasi d’acqua, il Sig. Henket emise il voto: « che bisogna compilare una carta idrografica dell’ Olanda, « in modo che, quando si tratti nell’avvenire di stabilir un « nuovo canale, si possono esattamente conoscere prima le « risorse delle quali si potrà disporre». Crediamo dunque la livellazione generale d’ un paese esser cosa della più grande utilità, e perfino indispensabile per averne una buona idrografìa. Quando al modo di ese- guirla, ogni Stato può sceglierlo a suo piacimento; soltan- to non conviene che , nello scopo di ottenere in montagna una troppo costosa esattezza, si rimanga colle braccia pen- denti piuttosto che contentarsi delle approssimazioni fornite dal barometro. a) Ghiacciai e nevi eterne. Le nevi eterne ed i ghiacciai sono generalmente studiati dai geologi e dai geografi , ma trovansi altresì strettamente legati all’ Idrografia, poiché for- niscono buona parte dell’acqua che circola alla superficie o nelle viscere della terra, ed c perciò che noi li compren- diamo nelle acque correnti. I ghiacciai, poco conosciuti avanti de Saussure (il pa- dre) furono studiati con attenzione dai vari scienziati mo- derni, fra i quali basta citare i nomi di : Charpentier, Agas- siz e Tendali. Malgrado ciò nullamenoi belli studi moderni, tale argomento è lungi dall’ essere esaurito ed ancor molto vi rimane da spigolare. ATTI ACC. VOt. I. 5 - 34 - Le osservazioni che stimasi utile di proporre, riguardo all’ idrografìa, sulle nevi perpetue sono le seguenti : Indicare ogni anno con punti bene scelti la linea alla quale fermansi in estate, per così determinare il loro li- mite. Ciò servirà a riconoscere se tale limite discende, se risale o se oscilla secondo alternative periodiche. Registrare tutte le valanghe che si potranno conoscere, indicare la via da esse seguita, e, per quanto è possibile le loro dimensioni. Dare finalmente il catalogo dei solchi abi- tualmente percorsi dalle valanghe, i quali ben son noti agli abitanti delle montagne, e tracciarli sulle carte topografi- che. Aggiunger poi tutti quo' particolari che su d’esse si potranno raccogliere, come, per esempio, le abitazioni che minacciano, le foreste che le fermano nella loro discesa, i guasti che cagionano, e così di seguito. Quanto ai ghiacciai, bisognerebbe stabilire punti fissi di paragone che permettono di verificare, anno per anno, i mo- vimenti progressivi o retrogradi della loro estremità infe- riore. La pubblicazione di tali osservazioni metterà al caso di giudicare se avanzano continuamente, come taluni sem- brano crederlo, o se il loro movimento non è clic periodico ed in relazione colle temperature dell’inverno e dell’estate di uno stesso anno, o di più anni consecutivi. Sarebbe altresì utile di studiare per tutti i ghiacciai , come Agassiz lo fece per quello dell’Aar, ed altri scienziati per altri, il loro scolo nelle diverse stagioni e nelle loro di- verse parti, ma tale studio non sembraci di natura ad es- sere intrapreso dai Governi, e crediamo che dovrebbero essi limitarsi a pubblicare su tale argomento le osservazioni at- tualmente cognite, c quelle che dotti o viaggiatori potreb- bero fare nel seguito; cercando tuttavia d’ incoraggiare un tal genere di ricerche. Crediamo, al contrario, clic dei segnali di paragone con- venevolmente situati dovrebbero permettere di verificare ogni anno seia superfìcie supcriore dei giacciai s* è alzata od abbassata, se slargossi o si restrinse, e di quanto. Do- vrebbersi finalmente pubblicare tutte le osservazioni che i particolari potrebbero fare sui ghiacciai e sulle loro morene. Àvrebbesi di tal fatta una relazione ufficiale su tutto ciò che riguarda i giacciai e le nevi perpetue estremamente utile agli scienziati che vorrebbero seguitarne lo studio, e tale pubblicazione sembraci di natura ad essere confidata all’ ufficio di statistica. b) Corsi d'acqua naturali. Generalmente, fin’ adesso, s’intraprese lo studio dei corsi d’acqua cominciando dai loro tronchi inferiori; probabilmente in seguito alla loro più grande importanza immediata riguardo all’ agricoltura ed alla navigazione. Noi crediamo che, se vuoisi giungere a risultamene inattaccabili, bisognerà andare in senso in- verso, come lo fece la Commissione incaricata di studiare l’idrografia del Mississipì, e l’ingegnere spaglinolo De Meza nel suo lavoro sulle valli del Guadalquivir e dell’ Ebro. Pas- serebbesi così dal semplice al doni posto c può prevedersi che s’ incontrerebbero spesso risultamenti inattesi. Avuto riguardo all’ utilità pratica , lo studio dei corsi di acqua deve comprendere : La difesa delle sponde e delle terre coltivate che li av- vicinano; i mezzi d’impedirne gli straripamenti c le inonda- zioni che ne conseguono; le paludi alle quali danno origine; la forza meccanica che forniscono o che possono fornire; le irrigazioni che se ne possono ottenere , finalmente la loro navigazione ed il galleggiamento del legname che vi si può praticare. Vi si potrebbero aggiungere le inondazioni che i corsi d’acqua potrebbero fornire qual mezzo di difesa in tempo di guerra. Ogni corso d’acqua dovrà essere descritto dalla sua sor- gente fino alla sua foce, c qui indichiamo i punti che ri- chiamano principale attenzione. I. Soffienti. Già parlammo delle sorgenti nelle sezioni delle acque potabili c delle acque sotterranee , e poco qui ci rimane da aggiungere al già detto. Generalmente chiamasi sorgente d’ un ruscello, d’ una riviera, il punto ov’cssa comincia a scolare, il punto più alto della china della sua valle, ed allora, il più delle vol- te vi si trova ridotta ad un semplice filo d’ acqua, ed an- che completamente a secco quando non piove. Altre volte però la riviera comincia con rispettabile portata; la Sorgue, per esempio, comincia alla celebre fontana di Vaichiusa , che secondo le misure fatte da Guerin, ha nelle sue ma- gre la portata di 444 metri cubici al minuto e di 1330 al- l’epoca delle sue più grandi escrescenze; l’Arvc nasce in una grotta, alta di 33 metri , sotto il ghiacciaio dei boschi nel Monte Bianco, e la sua portata aumenta col calore della stagione. Altri fiumi hanno origine in paludi e convoglio- no molt’ acqua anche sul principiar loro. Succede talvolta che la principale sorgente alimentatrice della riviera trovisi poco lontana dall’ estremità superiore della valle, e si con- sideri allora come la sua origine, sebbene non ne segni realmente il punto estremo. È ciò che l’ingegnere D. Pe- dro Antonio Do Meza fece notare per l’Ebro, al quale si danno generalmente per sorgente i pozzi zampillanti di Fon- tibrc, sebbene la sua valle prolunghisi ancora in a monte fino ai colli ( Ponti come chiamansi nei Pirenei) di Hijar e di Pena-Labra. Quanto alle altre sorgenti che incontransi sparse in un bacino, bisognerà indicarle, quando presentino qualche im- portanza, descriverle, misurarne la portata, se è possibile, e darne le particolarità distintive, come di essere termali, minerali, plastiche etc. rimandando per ulteriori particolari alla sezione ove furono studiati a fondo. Molte volte, facendosi la somma delle portate di tutte le sorgive di un bacino, trovasi una portata totale inferiore - 37 — o superiore a quella della magra del fiume che vi scola. Nel primo caso ciò può esser conseguenza dalle sorgenti di fondo che rimangono inavvedute e delle quali già par- lammo, come altresì degli stillicidi delle rive e delle falde che non possonsi considerare quali vere sorgenti, ma che moltiplicandosi finiscono col fornir acqua abbondante. Delle infiltrazioni ascendenti manifestansi egualmente in pianura in terreni umidi; detti ulliginosi, e la loro acqua può ri- dursi in fili e formar ruscelli. Nel secondo caso ciò pro- viene alquanto dalla svaporazione, ma più certamente dalle infiltrazioni che produconsi negli alvei delle riviere c dalle voragini assorbenti delle quali fu già fatta parola. Tutto ciò dovrà studiarsi in una buona descrizione idro- grafica. 2) Burroni e Torrenti. I burroni sono abbondanti nelle montagne formate di roccic friabili, nelle colline e talvolta in terreni che stimansi di pianura. Le Alpi ed i Vogesi ne offrono numerosi esempii, ed incontransi quasi ad ogni passo nel Monferrato, specialmente nelle colline che circondano Asti. Sovente si manifestano subito dopo un diboschimento mal condotto. Egli è raro che le Chables ossia cammini pei quali si fanno scivolare i pezzi di legno delle foreste per discenderli nella valle, non si cangino rapidamente in burroni. L’acqua non vi scola generalmente che quando piove abbondantemente, ma allora vi produce spaventevoli disastri: Volerli tutti registrare sarebbe impossibd cosa, at- teso il loro numero e la grande differenza che presentano nelle dimensioni; potrebbersi però indicare i più conside- revoli, che bene spesso sono l’unica origine dei torrenti, come altresì 1’ annuo loro progredire, ed i mezzi messi in opera per circoscriverli. Un’istruzione breve ed alla portata di tutte le capacità su ciò che dovrebbesi fare per frenarli al loro incominciare, o per renderli il più possibile inoffensivi lorquando esistono, 38 sarebbe della più grande utilità, e dovrebbesi distribuire a tutti i maestri delle scuole primarie ordinando loro di spie- garla ai loro alunni. Ciò sarebbe meglio che limitarsi a far piagnistei sul diboschimento, al quale non saprebbesi rime- diare. Mongotti trattò di tale argomento nella sua Idrauli- ca fisica e sperimentale e chi scrive queste righe cercò di dare regole pratiche nel suo Trattato dell ’ uso delle acque in agricoltura , ed in un recente lavoro sui: Burroni , Frane e Torrenti. Riesce diffìcile definire i torrenti; Surell, Gras c Rozct lo tentarono ma non definirono che il loro ideale di tor- rente, un torrente tipico, mentrecchè la natura varia con- tinuamente le loro forme. Possonsi nullameno prendere da questi autori alcune delle loro denominazioni, oggi gene- ralmente adoperate, e principalmente quelle di : Bacino di ricevimento, Canale di ricevimento, Canale di scolo, Cono di deiezione, Scarpa di scoscendimento. I torrenti' abbondano in tutte le montagne, ma vi sono più o meno temibili a seconda della forma delle valli, e più ancora a seconda della formazione geologica sulla qua- le stabiliscono il loro corso; sono essi corsi d’acqua di pre- cipitosa velocità prodotta dalle grandi pendenze del letto, spesso asciutti in tempi ordinari ed orribilmente gonfi in tempo di pioggia ; sono terribili nelle Alpi francesi, molto terribili nella Svizzera e negli Apennini, essi sembrano poco pericolosi nei Vogesi. In Isvizzcra, il Consiglio Federale fece ultimamente stu- diare i torrenti esistenti da ingegneri di gran merito, e pub- blicò la loro importante Relazione nel 1865, in un interes- sante volume, ove se ne dà succinta descrizione ed indicarsi i lavori eseguiti e da eseguirsi per guarantirsi dai gravi danni che producono. Per parte nostra crediamo che ogni Stato dovrebbe far eseguire e pubblicare simili studi. Pubblicherebbonsi poscia — 39 - annualmente i nuovi lavori eseguiti ed i resultameli ot- tenuti . Lo studio dei torrenti deve sopratutto occuparsi: delle misure e delle pendenze del loro thalweg; delle dimensioni dei loro alvei e del loro livello riportato a punti fissi per verificarne l’alzarsi od il deprimersi; delle falde che lo fiancheggiano e delle sponde fra le quali corre incassato; degli scoscendimenti che vi s’ incontrano; delle chiuse che vi si trovano, sia naturali sia artificiali , e degli effetti che vi producono , dei ponti e delle loro condizioni rap- porto alla larghezza , alla direzione ed al fondo del tor- rente, tanto sopra che sotto corrente; delle materie che con- vogliono, dandone f origine, le dimensioni ed indicando i punti ove si depongono, come altresì la quantità di limo e di sabbia che contengono le acque nelle piene; delle colti- vazioni ed abitazioni che minacciano; della loro influenza sul regime del recipiente ove metton foce, indicando seper- donsi nella pianura dopo avervi deposti i loro sabbioni, co- me succede per alcuni torrenti che discendono dal Vesuvio e per altri che solcano le brughiere dell’alta pianura lom- barda; dei burroni che vi metton capo dai due lati; degli argini ed altri lavori eseguiti per difendere le sponde , o fermare gli scoscendimenti delle falde laterali, o finalmente per dare alla coltura i greti ove spandevansi ; dei lavori fatti per regolarli e degli effetti ottenuti, del loro regime e della loro portata finalmente, portata così variabile che spes- so trovansi a secco su parte del loro corso, mentre l’acqua vedesi nuovamente su di un’ altra, senza che sappiasi il co- me. Riesce difficilissimo di valutare la loro portata anche approssimativamente, sopratutto nelle piene, a causa della loro irregolarità, e perchè credesi non si possono applicare le forinole idrauliche al fango semiliquido che spesso cola soltanto nei letti decorrenti. Eppur sarebbe da desiderarsi di conoscerne la portata almeno nel sito ove sboccano nel loro recipiente, ed in particolar modo quando questo è una riviera. Lo stato attuale delle cose deve evidentemente essere lo scopo principale di una descrizione idrografica dei tor- renti, ma ciò non toglie clic, come fu fatto in Isvizzera, si pubblichino simultaneamente le proposte per regolarli fat- te dagl’ingegneri incaricati di studiarli. I fatti descritti devono essere sicuri, i lavori da farsi non saranno che preparazioni discutibili, e gli studi delle persone interessate a discuterli, faranno probabilmente conoscere altri fatti importanti passati inavveduti dapprima. Ben di spesso i torrenti, colla poca acqua che conser- vano in magra, mettono in movimento le macine di qual- che cattivo molino, in questo caso la misura della loro por- tata riesce delle più facili, poiché basta di regolare con un tavolone lo stramazzo del molino per misurare l’ acqua smaltita. Molte fiumare che scendono dagli Àpennini, come per esempio, la Scrivia, l’Enza, l’Ombrone, il Scie sono veri torrenti per la più gran parte del loro corso, non potendo tutto al più prender nome di fiume che quando traversano la stretta pianura che le separa dal loro recipiente, e le loro piene continuano là pure ad esser torrenziali. La stessa cosa succede pei primi tronchi di tutti i corsi d’acqua che hanno origine in montagna. Il regime dei torrenti dovrebbesi studiare con cura, (1) (1) « Or nella condotta dei torrenti ad impedire un così rovinoso « effetto di riempimento de’ loro alvei, quanto sarebbe desiderabile, che « in molte parti dell’Italia almeno si facessero esattissime osservazioni « di quale maggior pendenza convenga darsi a’ medesimi, per mante- « nersi scovato l’alveo, avuto riguardo alla qualità, ed alla quantità delle « materie, le quali seco si traggono, e delle piene; e quali sieno quelli « che si alzano il fondo, e quali no, in parità di tutte le circostanze. « Una copiosa raccolta, ed una serie ragionata di queste notizie di fatto, — 41 sarebbe desiderabile d’ avere la lor portata nei loro diversi stati, ma come fu già detto, ciò sembra troppo diffìcile ad ot- tenersi, e quindi non si dovranno cercare che lontane appros- simazioni. Le epoche delle piene possonsi invece esattamente registrare, come altresì le altezze loro. Per ciò fare, potreb- bersi collocare scale idrometriche sulle coscie dei ponti o su qualche parete verticale della sponda, ed incaricare d’osser- var le altezze in tempo di piena qualche abitante di villaggio, c spesso la stessa persona che farebbe le osservazioni udo- metriche, delle quali fu di sopra parlato. I sindaci dei Co- muni potrebbero essere incaricati di provvedervi . Gli stessi funzionari pubblici dovrebbero esser richiesti di dare an- nualmente una relazione sui danni cagionati dai torrenti nel loro Comune. Persone istrutte osservano forse ora i torrenti che li avvicinano, ma i loro lavori rimangono ignorati; sarebbe utile d’ incoraggiarli a mandare le loro osservazioni all’ uf- ficio di Statistica, il quale le discuterebbe c le pubblichereb- be riconoscendole di un tal quale valore. Egli è certo che tutti i burroni, tutti i piccoli ruscelli, non possonsi studiare colla stessa cura; spetta all’ingegnere idrografo di valutare la loro importanza e di studiare a fon- do quelli soltanto clic ne francano la spesa, non dimenti- cando per altro che burroni e torrenti hanno ben maggiore importanza di quella che si attribuisce loro nelle contrade che non soffrono dei loro danni (1). » « ben sicure, e con replicati sperimenti accertate da valenti Professori, « ci darebbe un gran capitale cd appoggio per fissare finalmente una « massima tanto essenziale della pendenza da prescriversi alle nuove « inalveazioni de’ torrenti ed allo stabilimento de’ loro letti a differenza « de’ fiumi ». P. Antonio Lecchi Piano della separazione, inalveazione, e sfogo de’ tre torrenti di Tradate, di Gardaluso e del Bozzente 1762 (1) «Le Colline, dice il Targioni, quelle del Valterrano princi- ATTI ACC, TOl II. 6 Parlerassi in sezioni speciali delle irrigazioni, e della forza meccanica fornite dai torrenti, come altresì dei ca- nali che talvolta se ne derivano. Nella citata Relazione al Consiglio Federale svizzero , sopra i torrenti delle Alpi, il Sig. Ingegnere Culmarr espri- mesi colle seguenti parole : « Noi diamo all’espressione stuelli idrografici la più e- « stesa significazione, ed intendiamo con ciò : lavori tanto « nella direzione topografica quanto nella direzione idro- « tecnica. Crediamo che tali studi dovrebbero comprendere: v « a) Stabilimento di piante, profili longitudinali e tra- « sversali , dei torrenti da correggersi ; progetto e stima « delle correzioni ; « b) Completare la loro descrizione ; « c) Catalogo e statistica delle piene successive , col- « l’evalutazione dei danni arrecati ; « d) Ricerche sui materiali trasportati ; « e) Misura delle portate. Ciò sembra riassumere que’dati sui torrenti che più interessano ad essere conosciuti. Noi termineremo col notare che ovunque si abbiano Agenti forestali realmente istrutti, come in certe parti del- la Germania, si potrebbe confidar loro lo studio dei burroni e dei torrenti, incaricandoli altresì di consigliare i proprie- tari ed i Comuni sui lavori di correzione e di difesa che vi si dovrebbero eseguire. <( palmento sono frastagliate da spaventosi dirupi formali dalle acque « piovane, le quali raccolte in torrenti, vanno poi a terminare nel- « l’Arno. È quello uno dei luoghi ove si osserva più facilmente quali « rasure possono fare le acque , tanto sono profondi, smisurati e tor- « tuosi i dirupi che si presentano ogni dove; essi hanno per lo più « la forma di grandi anfiteatri, colle pareti tagliate a picco, scanalate « differen temen te, e nude ». Sono questi veri bacini di ricevimento. 3. Fiumi e Riviere. Eccoci giunti alla parte più estesa dei corsi d’acqua il di cui studio presenta più grande in- teresse, avuto riguardo ai risultamenti economici che se ne possono sperare; e più grande difficoltà cagionata dalla sua ampiezza, e dai mezzi scientifici ancora imperfetti, bisogna pur dirlo, de’ quali puossi disporre, come altresì dalla mol- tiplicità degli aspetti che presenta. Però lo studio delle ri- viere dev’ essere reso più facile da quello dei burroni e dei torrenti, che, per tal ragione, noi collocammo avanti, enei quale potrà attingere indispensabili nozioni. In questo paragrafo consideriamo le riviere intrinseca- mente, rimettendo ad altri ciocche riguarda le irrigazioni , le paludi e la forza dinamica; ma riesce per altro evi- dente che, nello studio dei fiumi, devonsi aggruppare tutte queste investigazioni, e che soltanto noi le dividiamo per facilitarne 1’ esposizione. Tutto ciò che comprende questa sezione delle acque correnti e ciò clic trovasi nelle tre sezioni successive , fa dunque parte dell’Idrografia dei 'fiumi e, ad evitar ripeti- zioni, noi tralasceremo di parlar nuovamente su ciò che al- trove fu detto. L’Idrografia dei corsi d’acqua fu praticamente studia- ta in questo secolo in Francia, particolarmente riguardo al- le loro piene e straripamenti , ed alle inondazioni che ne conseguono ; posseggonsi su tale argomento lavori notabi- lissimi. Fu altresì studiata altrove e specialmente pel Mis- sissipì, pel Reno, pel Danubio e pel Po. Gravi studi si fe- cero pure in Francia, in America ed altrove riguardo alla navigazione interna, ed in Ispagna sul Guadalquivir esul- l’Ebro, riguardo all’irrigazione ed alla forza motrice. Ma non esitiamo ad asserire che tutti questi studi, tanto note- voli e tanto utili d’altronde, rimangono dovunque ancora incompleti, c lasciano qual cosa da desiderare, perchè non — 44 — si posseggono in numero sufficiente dati d’osservazione sui quali appoggiansi. Certamente che, col loro genio, e diremmo per intuizio- ne, alcuni idrotecnici riuscirono a quasi indovinar molte cose, e ciò dimostra l’utilità dei loro studi, ma altresì il van- taggio che vi sarebbe a facilitarne loro la via registrando re- golarmente buone osservazioni giudiziosamente scelte con questo scopo. Egli è così clic il lavoro, tanto notevole del Lombardini, sul sistema idraulico del Nilo, potò mettere in chiaro particolarità delle parti superiori del fiume appena esplorate, partendo dai dati diesi possedono sulle parti in- feriori del suo corso. Citiamo soltanto tale lavoro perché è il tentativo più ardito, a noi noto, in un tal genere di stu- di speculativi. La Francia fa in questo momento studiarci suoi corsi d’ acqua rispetto alle irrigazioni ed alla forza motrice clic se ne potrebbero ottenere , e se essa pubblicherà un tale lavoro, vi si troveranno senza dubbio in gran numero i da- ti da noi indicati. Sarebbe desiderabile se ne facesse altret- tanto in tutti gli Stati d’Europa. Entriamo in materia. Già dicemmo della livellazione ge- nerale dei thalwegs dei fiumi, ed aggiungeremo essere altre- sì conveniente d’ avere il profilo trasversale delle valli nei punti importanti e le sezioni del letto, almeno per tutti quei siti ove si stabilirono idrometri , rapportandole a segnali fìssi ben determinati. Siccome il fondo dei fiumi va soggetto a variare, riu- scirebbe molto utile che tali sezioni fossero verificate ogni anno, e pei punti più importanti dopo ogni piena conside- revole. 11 profilo in largo della superfìcie dell’acqua, nei di- versi stati d’un fiume, c cosa molto interessante a cono- scersi; giudicasi che si potrà ottenerlo, con un convenien- te numero d’idrometri stabiliti lungo il suo corso; ma per- — 45 - ciò è necessario sieno questi collegati gli uni agli altri da esatta livellazione. Per fiumi importantissimi potrebbesi al- tresì rilevare il profilo in lungo dell’ acqua per punti più prossimi gli uni agli altri e pubblicarlo su d’ una tavola che conterrebbe pure il profilo del fondo. Tale lavoro lungo e costoso , non potrebbe rifarsi soventi , ma servirebbe per rapportarvi le altezze osservate agli idrometri. I dati clic si ricaveranno dalle osservazioni idrome- triche serviranno a tracciare con curve lo stato del fiume in ciascuna delle stazioni, durante tutto fanno, cosa im-r portantissima per determinarne il regime. Essi faranno al- tresì conoscere il momento della piena su diversi punti, il tempo clfcssa mette a propagarsi, la sua durata, la sua ele- vazione, i punti di rigonfiamento, etc. Nozioni analoghe sa- ranno così pure fornite rispetto alla magra ed alle acque medie. La misura della velocità in un certo numero di sezio- ni è altresì necessaria per calcolare le diverse portate d’ un fiume, la portata totale, e la portata unitaria chiamata mo- dulo dal Lombardini, per formare finalmente una scala del- le portate che permette di stabilirle per ogni stato del fiu- me, senza che debbasi misurare ogni volta. Non discutere- mo i diversi metodi per misurar le portate, ma quanto alla velocità, crediamo sarebbe utile misurarle di nuovo ogni qualvolta si riconoscessero variazioni notevoli nel profilo delle sezioni o nel livello del fondo, essendoché in tal caso le velocità delle diverse parti, e la velocità media, subisco- no variazioni. Non è qui che può studiarsi la miglior forma da darsi agli idrometri , ma crediamo che quasi sempre convenga contentarsi di quelli che segnano i centimetri, senza trop- po ricercare un’esattezza superflua. I siti ove conviene collocarli presentano scelta alquan- to difficile ; bisognerà su di ciò consultar le persone che, - 46 per pratica, conoscano il regime del fiume. Aggiungeremo che per un certo numero d' idrometri, si dovrebbero leg- gere le altezze al meno quattro volte al giorno ; e d’ ora in ora durante le grandi piene, ma che se ne potrebbero aver altri che non sarebbero consultati che una sola volta al gior- no, ed altri infine da servirsene soltanto alle epoche di ma- gra e di piena. Si avrebbe così, per numerose stazioni, se- condo la loro importanza, più o meno particolareggiato lo stato del fiume. Potrebbesi nello stesso tempo determinare per ogni piena il suo ventre, punto che varia, corn’ è no- to, secondo la preponderanza ed il momento della piena dei diversi affluenti, e forse pure secondo altre circostan- ze ancor poco studiate. Le altezze d’ acqua osservate ai diversi idrometri do- vrebbero tutte essere pubblicate dall’ Ufficio di statistica unitamente alle osservazioni meteorologiche. Ciò praticasi già per qualche idrometro, e fu la nostra dotta amica Sig.a Caterina Scarpellini che prima diede regolarmente alle stam- pe le osservazioni fatte sul Tevere all’idrometro di Roma. Crediamo sarebbe conveniente di darle tutte rapportate al livello del mare. Nel momento attuale non sono parago- nabili perchè si ha raramente una livellazione che colleglli i zero dei diversi idrometri d’ uno stesso fiume ; il loro ze- ro è d? altronde, in Francia, posto generalmente al punto della più bassa magra conosciuta, ciocché in certe circo- stanze può dar luogo ad altezze negative, quando non vo- gliasi cangiar di posto il zero, ciocché renderebbe meno facile il paragone delle altezze osservate anteriormente o posteriormente a tale cangiamento ; in Italia , si mette di solito al punto di Guardia, cioè all’ altezza alla quale il fiu- me comincia a diventar temibile per gli argini, ecompren- desi quanto ciò sia arbitrario e poco paragonabile. Potreb- besi però scrivere pegli specchi stampati, in testa della co- lonna, le cote della più bassa magra e della più alta pie- — 47 — Da, c del punto di guardia, che non lasciano d' esser mol- to interessanti. Sarebbe finalmente da desiderarsi che , per ogni fiu- me si cominciasse dal pubblicare ciò che se ne sa per le an- teriori osservazioni, e ciò in modo succinto. Tale pubbli- cazione ufficiale dei dati che già si posseggono, indicandone il grado di confidenza che meritano, presenterebbe grande interesse e servirebbe come di prefazione agli studi regolari da intraprendersi nel seguito. Soltanto con questi dati idrometrici paragonati a quel- li clic già indicammo in questa sezione , si potrà formare un’ idea netta del regime dei fiumi in ciò che ha di stabi- le o di variabile. Qui non ripeteremo ciò che già dicemmo dover fissa- re 1’ attenzione nella descrizione dei torrenti e che, meno poche eccezioni può applicarsi ai fiumi ed alle riviere. Ba- sta 1’ aggiungere che più la descrizione sarà completa, più avrà valore. Pei fiumi converrà specialmente descrivere; la natura delle sponde, attaccabili o no; i loro gomiti e lo spostamen- to che presentano; le dimensioni delle corrosioni, gli sca- vamenti egli interrimenti; il genere di difesa, ed i mezzi in uso per consolidare le sponde; la natura del fondo nel- le sue diverse parti , notando se le maree v’ introducono ghiaie nell’ ultimo tronco; la forma e la natura degli argi- namenti; i ghiacci c gli alberi che convogliano; i punti ove si fermano i ciottoli, le ghiaie, le sabbie ed il limo; i vor- tici ed i punti principali d’acqua morta; il punto al quale cessa di farsi sentire la marea; le epoche alle quali il fiu- me è preso dal ghiaccio c questo rompesi pel disgelo ; gli straripamenti d’ ogni anno con le loro cause ; rottura od altezza insufficiente degli argini; indicare le superficie inon- date e quelle coperte di sabbia e di ghiaia, e gli altri gua- sti prodotti, coll’ epoca loro precisa; e così di seguito. Ta- — 48 - li nozioni consegnate in relazione ufficiale sarebbero di gran- de importanza. I corsi d’ acqua devonsi altresì studiare riguardo alla navigazione interna. S’indicheranno i punti ove comincia- no ad essere navigabili per le barche e bastimenti di diver- se portate; i rapidj; le cascate o cataratte che interrompo- no o rendono difficile la navigazione, c tutti gli altri impe- dimenti che possono arrestarla o diminuirne l’ importanza, come sarebbero; alberi e ghiacci convogliati, banchi di sab- bia , roccic , gomiti troppo pronunziati , mancanza d’ ac- qua etc. Quando la navigazione non è continua, s’ indicheranno le epoche dell’ anno nelle quali è praticabile; s’ indicheran- no .egualmente le barche e battelli adoperati. Finalmente si darà la statistica del traffico che esercitasi nei diversi tron- chi del fiume. II galleggiamento del legname deve pure studiarsi, in- dicando i punti da dove parte e dove giunge; se si facon zattere o pezzi isolati , e se rimediasi alla mancanza di acqua nelle magre con ritenute naturali od artificiali ; se ne indicherà finalmente l’importanza. Ciò riguarda altresì i torrenti ove praticasi, spesso imprudentemente, il galleg- giamento con pezzi isolati, specialmente nella Svizzera. Bisognerebbe finalmente attingere acqua nei fiumi nei loro diversi stati, alle diverse stazioni, e lasciarla deporre per conoscere la natura e la proporzione delle materie so- lide che tiene in sospensione. Non convien credere che queste osservazioni possono essere poco numerose, poiché è noto che le torbide variano di quantità e spesso di natu- ra durante una stessa piena dal suo cominciare al suo fi- nire; ed alle diverse altezze d’uno stesso fiume, in una stessa sezione. Per il Po, per esempio, sono più o meno abbondan- ti secondochò la piena proviene dai fiumi-torrenti degli Apennini, dai fiumi torbidi del Piemonte, o dai fiumi chia- — 49 — rificatisi nei laghi della Lombardia. Dovrebbesi egualmen- te dare la temperatura dell’acqua alle diverse stagioni. Lo sbocco dei fiumi, sia in altri corsi d’acqua, sia in laghi o nel mare, merita d’essere studiato colla più gran- de attenzione. Pei suoi effetti in questi due ultimi recipien- ti ne parleremo nel seguito, ma perciò che riguarda il re- gime del fiume è qui il suo posto. Bisognerà descriverne l’estuario oppure il delta; le diverse foci stabili o variabili ed il profilo del fondo, spesso molto variabile, orizzontale ed anche con contropendenza, vicino allo sbocco; indicare gli effetti prodotti quando il recipiente è un altro fiume , sia colle materie di trasporto, sia coll’angolo più o meno acuto formato dagli assi dei due corsi d’acqua. Quando il fenomeno del moscaretto si produce, conviene studiarlo con cura ed indicare la sua azione sulle sponde. Osservisi che qui non ci facciamo a discutere sui mi- gliori metodi scientifici per calcolare le portate etc; ciò ap- partiene all’ idroteenia, e noi colia statistica dobbiamo li- mitarci a fornirle i dati necessari a risolvere i suoi proble- mi. Ciò non toglie per altro che si debbano utilmente pub- blicare i risultamenti degli studi dei dotti su tale argomento, e che in un modo o nell’altro debbonsi misurare le portato dei corsi d’acqua per inserirle in una buona idrografìa. Tutto ciò che precede si riferisce ai fiumi principali , ai loro affluenti, agli affluenti degli affluenti, ed anche ai ru- scelli di pianura, finalmente a tutto ciò che l’ingegnere Bei- grand qualifica come corsi d’ acqua con piene tranquille c relativamente chiare; ma a seconda della loro importanza se ne studieranno più omeno i particolari, soltanto crediamo che, come lo dicemmo , convenga sempre discendere dall’ a monte verso Va valle, per toglier via la cattiva abitudine di inventar dati onde spiegare il regime dei tronchi inferiori quando non si sono studiati i superiori. Con tali osservazioni si giungerà a risolvere l’intermi- ATTI ACC. VOI. II. 7 nabile questione del rialzamento del fondo dei fiumi, que- stione clic fin adesso, malgrado V incontestabile talento degli ingegneri che la trattarono non è ancora che una induzione, eccetto per qualche caso speciale ben determinato; e noi speriamo che riuscirassi egualmente così a confermare le leggi stabilite dal nostro immortale Guglielmini. Notiamo, passando, che l’osservazione delle altezze nelle magre è per il meno importante a rendersi ragione delle variazioni di livel- lo nel letto e della relazióne che esiste nel regime dei fiumi ad epoche diverse, quanto l’ osservazione delle altezze in pie- na, come bene lo dimostrò il Palcocopa. Egli è evidente che i pluviometri devonsi altresì col- locare nelle pianure delle larghe valli, ma quivi già ne e- sistono e riuscirà poi sempre facile di stabilircene de’ nuovi nelle città che vi si trovano numerose. La temperatura delle acque potrebbe prendersi là ove si hanno idrometri, ma quanto alla loro composizione chi- mica la crediamo di minore importanza, a meno che si ado- perino come bevanda, o che vi si sospettino qualità spiccate capaci di modificare i loro effetti nelle irrigazioni. c) Corsi d’acqua artificiali. Riunisconsi qui tutti i ca- nali scavati dagli uomini, sieno essi destinati ad irrigare, a navigare o a fornire la forza motrice agli opilìcii; se ne ec- cettuano i canali di scolo c gli acquedotti semplicemente d’acqua potabile de’ quali è parlato altrove. Egli è però raro' clic un canale non abbia che una sola destinazione; poiché scavandolo vi è interesse a tirarne il più di profitto possibile,' c quindi a servirsene in più maniere. Noi li se- pariamo secondo il loro uso, maintendesi che, quando ser- vono a più usi alla volta, devesi applicar loro ciocche vien detto di ciascuno separatamente. Generalmente i canali devonsi descrivere con cura, ma non danno luogo ad osservazioni giornaliere attesoché il lo- ro regime è regolato in modo stabile. (1) Per essi la pub- blicazione eli una prima descrizione particolareggiata sarà utilissima, e nel seguito non si avrebbero più’che da regi- strare i cangiamenti che potrebbero subire, ed i nuovi canali che si aprissero. Credesi però utile d’indicare annualmente i nuovi ca- nali progettati, descrivendoli in modo succinto, non fosse che 'per servir di guida a chi desiderasse intraprendere ana- loghi studi. Passiamo ora ad enumerare ciocché più importa cono- scere nei diversi generi di canali. 1° Canali di navigazione . Se ne darà la completa de- scrizione c, siccome molte parti di questa possonsi applicare ad altri generi di canali, più non ne parleremo nel seguito. Si dovranno principalmente descrivere: La presa d’acqua, con o senza steccaia, nel fiume od in un lago, e 1’ edilizio che può essere aperto, con parafe, o accompagnato da una conca. Il primo tronco, che può andar soggetto alle piene, ed i mezzi adoperati per regolare la portata degli altri tronchi, sfioratori od altri. I profili lon- gitudinali e trasversali. La posizione del canale scavato o in rialzo, in galleria o a mezza costa, eie opere di appog- gio che l’accompagnano. Le conche o sostegni, il loro nu- mero, la loro forma, il loro genere di costruzione, la loro posizione, se sono isolate o accoppiate, il loro salto , e se trovansi sull’ asse del canale o laterali, come spesso succe- de quando l’ irrigazione accompagna la navigazione. ♦ (1) Ciò riguarda i canali ordinari; i grandi canali dovranno stu- diarsi come i fiumi, e potranno fornire utili nozioni all’ idrografia spe- cialmente in relazione all’ infiltrazione ed alla evaporazione. In alcuni canali d’altronde, come nel Naviglio grande di Milano, i primi tron- chi vanno soggetti a piene come il fiume dal quale sono derivati. In tal caso conviene indicare i mezzi adoperati per guarentirne i tronchi inferiori. Se il canale è a due pendenze, si descriverà con] cura il tronco culminante e la sua alimentazione, sia con rivoli, sia con serbatoi, e l’alimentazione dei tronchi inferiori con prese d’acqua nelle fiumare. Si descriverà altresì lo sboc- co in un fiume, in un lago o nel mare, sia con un soste- gno, sia senza. Le opere d’arte importanti, come porti-canali ed altre allo incrociarsi colle strade e coi corsi d’acqua, gli acque- dotti in muratura etc. I metodi per impedire le infiltrazioni nel letto, o per chiarificare le acque che vi potrebbero lasciar depositi. II mantenimento, sia riguardo ai depositi che si tolgono via o che si fanno portar via da rapidi vuotamenti del ca- nale (Chassez in francese) nel fondo, sia riguardo alle erbe acquatiche. La grandezza e la forma dei battelli che navigano sui canale, la statistica del loro movimento, e del commercio al quale danno luogo. Le strade di alaggio ed i mezzi adoperati per farlo, ser- vendosi di uomini, di animali, oppure di vaporiere rimor- chi atri ci etc. Finalmente il regime; se 1’ acqua è abbondante o scarsa, se perdcsMn infiltrazioni, se il canale partecipa all’ alzarsi e sbassarsi dei fiumi vicini, la quantità d’ acqua spesa nella svaporazione, del riempimento e vuotamente delle conche, e nella portata quando è corrente. Il grande canale di Suez appartiene a questa categoria c conviene descrivere i due porti che lo terminano, e gli argini o moli destinati ad impedirne l’insabbiamento. 2) Canali d’irrigazione . A ciò che venne indicato nel precedente paragrafo riesce indispensabile di aggiungere le portate alle diverse epoche deir anno; la temperatura del- l’acqua e la sua natura chimica, dell’ istessa fatta che per le acque potabili ma con minori particolari. Si descriverà il modo di alimentazione nel quale spesso sono compresi le sorgenti e i fontanili, ed in questo caso indicherassi la zona ove incontransi tali sorgive, spiegando il metodo per iscavarle e riunirle. Esse abbondano in bom- bardi a. Si descriveranno le bocche di erogazione ed i mezzi per misurarne la portata, ciocché in Italia chiamasi il mo- dulo. Le diverse acque che concorrono ad alimentare i ca- nali e gli effetti che dipendano dalle loro diversità. Esem- pio: Ai Monti-Dorè esistono piccoli canali d’ irrigazione, che a primavera sono alimentati da nevi squagliate e da soiv genti termali, ciocché dà all’ acqua temperatura conveniente per l’irrigazione dei prati. Si può aggiungere il numero d’ ettari irrigati dal ca- nale in inverno ed in estate. Tali canali potrebbero altresì servire a portare fertile limo sui terreni versandovi acque torbide. Questo caso as- sai raro dovrebbesi pure indicare quando si presenti. 3) Canali che forniscono la forza motrice. Nella loro descrizione aggiungerassi a ciò che precede; le cascate arti- ficiali per ottener forza e la forza stessa moltiplicando la cadu- ta per la portata, indicando s’ è costante o se varia colle sta- gioni; se il canale va soggetto al gelo, e quanto dura allo- ra l’inazione invernale. Qui noi porremo la statistica degli opifìcii che utilizza- no la forza dell’acqua. Bisognerebbe in questo studio, per ogni edifìzio, indi- care la sua situazione topografica, il sito ove esso prende l’acqua e come é condotta fino al motore; se l’acqua cala in modo continuo o se accumulasi in serbatoio per servir- sene di tempo od altro. Si descriverà il motore adoperato : ruote idrauliche , — 54 macchine e colonna d’ acqua, arieti idraulici, etc. e la mac- china alla quale è trasmesso il movimento. Si misurerà, per quanto sarà possibile, la forza ottenu- ta sull’ albero principale, e si darà quella realmente utiliz- zata dalle macchine. Così, quando trattisi di un molino da grano, s’indicherà il numero di macine e la loro disposi- zione, la quantità di grano macinato , ed il genere di ma- cinatura usato; se trattasi di una filanda, il numero di roc- chetti; e così di seguito. Dopo il catalogo ragionato di tutti gli opifìci attualmen- te esistenti, potrassi annualmente pubblicare quelli che si stabiliranno nuovi , quelli che cesseranno di lavorare , c quelli de’ quali si cambierà il motore e la destinazione. In questa categoria comprendonsi i molini galleggianti con ruote pendenti, posti sui (lumi, le macchine d’esauri- mento collocate nelle miniere quand’ esse son mosse dalla acqua. L’alimentazione delle macchine a vapore sembraci ap- partenere alla Lezione A, articolo C, che tratta delle acque industriali . Gli acquedotti destinati principalmente a fornir acqua patabile, utilizzano spesso le cascate che vi si conservano , come succede in quello di Genova, e servono altresì alle ir- rigazioni, come in quello di Marsiglia. Si dovrebbero col- locare nella sezione alla quale appartengono pel loro scopo principale ed indicarli altrove per gli altri. La forza motrice adoperata, sottratta dalla forza posse- duta, che risulta dalla pendenza e dalla portata dei corsi * d’acqua, darà approssimativamente, quella che rimane non utilizzata. Diciamo approssimativamente, poiché è impossi- bile di tutta adoperarla , ciocché supporrebbe che tutti i corsi d’acqua fossero stabiliti in tronchi di livello con ca- dute dall’ uno all’altro, cosa che li renderebbe pericolossis- simi per le campagne. — 55 - Una buona carta topografica che indichi le strade ed i centri di popolazione relativamente ai corsi d’ acqua po- trà servire a trovar que’ siti che convengono per istabilirvi nuovi opifici, ma non spetta all’ Idrografia il farne ricerca, essa però aiuterà a trovarli colle descrizioni di sopra in- dicate. F. LAGHI Si possono dividere i laghi in due classi: i laghi interni, spesso situati a grandi altezze sul mare; ed i laghi del li- torale che sono salsi il più delle volte. a) Laghi nell' interno delle terre. Lo studio dei laghi sta fra i più importanti, se non fosse per altro, per l’azione moderatrice che esercitano sui fiumi che li traversano. Il Lomhardini scrisse una delle sue migliori memorie su tale argomento. t Se ne dovrebbe determinare la forma e la posizione ; darne la superfìcie , e numerosi scandagli che ne rappre- sentino la topografia del fondo; indicar la natura e gli ac- cidenti di questo stesso fondo. È necessario di bene studiare i fiumi e torrenti che a- limentano il lago , come più ancora quelli che n’ escono ossia i loro emissari, e ciò al loro incile per potere gior- nalmente conoscere l’ acqua che riceve c quella che n’ esce. Bisogna dunque collocare idrometri su tali corsi d'acqua, vicinissimi al lago ed osservarli almeno ogni giorno. Ma ciò non basta, bisogna altresì avere dei limnometri sul lago per conoscerne le altezze del pelo d’ acqua, e ve- rificare gli effetti delle acque ricevute o evacuate. Ciò per- metterà di presumere se trovasi altresì alimentato da sor- genti di fondo, o se perde acqua per ispaccature delle roccie. I limnometri serviranno ad indicare le differenze di li- vello da un punto all’altro del lago, differenze dovute ai venti e forse anche all’ affluenza o all* erogazione delle ac- que. Per ciò conviene che tutti i limnometri sieno rilegati da una livellazione ed abbiano il zero alla stessa altezza, sarebbe preferibile di rapportarli, come pei fiumi, al livel- lo del mare. Sonvi laghi che subiscono una specie di marca che non fu bene studiata ancora, ed altri che, come quello di Gine- vra, presentano subitanei movimenti, chiamati Sèches, non ancora spiegati; le osservazioni limnometrichc ne faranno conoscer le leggi, e quand’csse osservazioni saranno abba- stanza numerose, si potrà conoscere in modo sicuro, se il livello dei laghi tende ad alzarsi, come generalmente si sup- pone, o a deprimersi. Bisognerà finalmente studiare le sponde dei laghi , c le inondazioni che vi si producono; i delta dei fiumi e dei tor- renti che vi metton foce; indicare e descrivere i punti quan- do il lago è navigabile; la forma dell’ emissario e la natu- ra del suolo cui trovasi. Crediamo dover qui collocare gli stagni artificiali creati con un argine in rialzo. Si descriveranno nell’ istesso mo- do ma con meno particolari atteso la minor loro importan- za, se ne darà la superficie; se ne descriverà l’argine e l’ordigno per vuotarli; s’indicherà l’altezza d’acqua alla uscita; si dirà se si utilizzano continuamente per la pesca o se alternativamente coltivansi a secco come nella Dombe in Francia. Si dirà egualmente se la loro estremità supe- riore è paludosa. Secondo Puvis devcsi attribuire ai nume- rosi stagni artificiali la malaria della Sologne e della Bom- be, in Francia. 6) Laghi del littorale. Ricevono pochi corsi d’acqua e sono generalmente alimentati da canali che li riuniscono col mare. — 57 - Vi si ‘applicherà ciò che può convenir loro delle pre- cedenti osservazioni, aggiungendovi l’effetto che vi produ- cono le maree e le burrasche. Si misurerà la salsedine delle loro acque alle diverse epoche dell’ anno. Si descriveranno in ultimo le dune che li separano dal mare ed i passaggi che vi si trovano aperti, come altresì le costruzioni fatte per impedire l’acqua salsa d’ introducisi, per separare le ac- que dolci da quelle del mare in vista della pubblica igie- ne, oppure quelle che hanno per iscopo di conservare un commodo passaggio ai bastimenti quando il lago é naviga- bile. Spesso in Italia tai laghi prendono il nome di Lagune. Termineremo col dire che pei laghi e per le acque cor- renti sarebbe desiderabile si pubblicasse il catalogo dei pesci che alimentano e la statistica delle pesche che vi si fanno, descrivendone i metodi egli ordigni adoperati. Si danno co- me esempio le pesche di Cornacchie, studiate dal Professore Coste di Parigi. G., t IRRIGAZIONI. Le irrigazioni dovrebbersi descrivere con attenzione, s’indicherà la loro superfìcie secondo le diverse coltivazioni: prati, risaie, campi, frutteti etc; si dirà da dove provengo- no le acque adoperate, la loro natura chimica più o meno buona, e la loro temperatura paragonata, per quant’è pos- sibile, con quella dell’ aria ambiente. Si darà il numero d’ inaffìamenti per anno e per ogni coltivazione, l’epoca del principio e quella della fine delle irrigazioni; la notazione usuale; il prezzo dell’acqua alla misura o per ettari di ogni coltivazione; la quantità d’ ac- qua impiegata in ogni inaffiamento. Finalmente si spiegherà la maniera d’irrigare e di pre- parare il terreno a ricever l’acqua; se si adacqua con ri- ATTI ACC. VOL. II. 8 - 58 — voli eli livello, per sommersione o disponendo il suolo aduli; se le risaie sono ad acqua perenne o avventizia , se essa vi è in movimento o stagnante; e così di seguito. Si darà altresì, per quanto si potrà, il prodotto dei ter- reni irrigati, paragonati con quelli della stessa natura ma coltivati a secco. Si descriveranno i colatori indicando se l’acqua ne è utilizzata in nuove irrigazioni. H. PALUDI Noi comprendiamo in questa lezione le vere paludi e tutti i terreni bassi di difficile scolo, i ristagni d’acqua che incontransi accanto al mare ed ai fiumi: le lagune , le valli del basso Po etc. Bisognerà descriverne la forma, la superficie, lo stato, il livello del fondo paragonato a quello del loro recipiente e dei terreni che stanno intorno, la vegetazione, e per quan- to far si può, indicarne le piante dominanti ; le pendenze del fondo c la natura delle acque: dolci, salate, minerali o insieme mischiate. Le osservazioni termometriche potrebbero essere util- mente paragonate coll’epoca alla quale si producono le feb- bri paludose. Si darà la descrizione dei canali di circonvallazione e di scolo esistenti, studiandoli come quelli d’ irrigazione, e specialmente del loro sbocco nel recipiente, e dei lavori di arte che l'accompagnano come sifoni, botti, paratoi a bi- lico ed altre. Se furono già eseguiti bonificamenti, bisognerà indicar- lo, descrivendo i metodi usati: colmate, scolo naturale, ele- vazione delle acque con macchine mosse dal vento o dal vapore, die agiscono su turbini , su viti oliandosi , o su ruote a schiaffa. — 59 - Qui poi conviene eli specificare se il terreno fu con argini guadagnato sul mare o sul fiume, come succede in Ollan- da e nelle Fiandre. Si descriveranno altresì le colmate ot- tenute colle maree : il Warping degli inglesi. Sarebbe da desiderarsi che si potessero senza iperbole conoscere i ri- sultamenti igienici ed economici delle bonificazioni. Riesce assai diffìcile il definire un padule , ma non si andrà sbagliati quando tengasi conto di tutte quelle terre di difficile scolo che sono sempre infette dalla malaria, più o meno perniciosa a secondo del clima. Bisognerà dunque indicare so l’acqua vi ristagna du- rante tutto F anno, o per un certo tempo soltanto, e la du- rata di questo tempo; se l’acqua vi si svapora od infiltra o è assorbita da voragini, come succede in vari punti della provincia di Terra d’ Otranto. Si dirà se V acqua ne è pio- vana, ed allora si descriverà il bacino che versa nel padule; o se è fornita dagli straripamenti del fiume, come nelle pa- ludi che lungheggiano la Theiss; o se finalmente vi penetra per infiltrazioni anche ascendenti»' Sonvi impaludamenti sui fianchi delle colline originati, come fu già detto, dalle acque infiltratesi fra due strati dif- ferentemente permeabili; tali infiltrazioni producono spesso lo scivolamento dello strato superiore. Paragonando la descrizione delle paludi colla statistica della leva, ove trovansi indicate le malattie dei riformati, si potranno probabilmente conoscere il numero e l’ intensità delle malattie paludose prodotte dal ristagno delle acque. Si pubblicherà la statistica dei paduli già benificati e di quelli che si andranno annualmente bonificando. Poniamo in questa sezione la statistica della fognatura. Vi s’ indicheranno i lavori eseguiti, la superficie fognata, e se è possibile la profondità e la distanza dei tubi , come altresì i risultamene ottenuti: — 60 — I. SP1AGGIE DEL MARE Le carte marine c idrografiche delle coste danno tutto ciò che interessa conoscere su di questo argomento, quindi non facciamo clic raccomandarle. Soltanto diremo che sa- rebbe utile di verificarle di tempo ad altro, praticando nuo- vi scandagli sulle spiagge sottili, ove accomulansi sabbie e ghiaie, variando esse d’anno in anno, ed essendo utile di conoscere il modo di formazione degli scanni, che finiscono col produrre nuove lagune , le quali cangiansi poscia in paduli. Lo stesso studio è necessario per gli estuari e i delta dei fiumi onde determinar si possa con esattezza il loro mo- do di essere. Per bene schiarir la quistione bisognerà rile- vare i contorni del delta ogni quattro o cinque anni. Convien atresì studiar con attenzione gli scranni che formansi rim- petto alle foci. Sarebbe finalmente utilissima la misura delle correnti littoralb sieno esse costanti come quelle delle coste del Me- diterraneo, o provengono damaree o da venti. Qui potrebbesi collocare lo studio idrografico dei porti, ma noi pensiamo appartenga alla marineria, e convenga la- sciarglielo; come altresì quello delle roccie sottomarine etc., ma tale studio non deve perciò essere trasandato. Crediamo invece appartenga all’ idrografìa di studiare l’ora e l’altezza delle maree, tanto sulle coste quanto nei fiumi che ne risentano gli effetti. Il modo di studiar le ma- ree è troppo noto per qui spiegarlo, ma vorremmo vederle studiate in più punti che non lo sono attualmente. Finalmente la statistica delle pesche marittime delle co- ste completerebbe le utili nozioni di questa sezione. — 61 Il lento sollevarsi delle coste che osservasi in Scandina- via, lo sbassarsi del suolo che si suppone aver luogo a Raven- na e su vari punti della spiaggia veneta, dovrebbero studiarsi con cura ed in modo seguito, poiché nulla se ne potrà saper di preciso se non che quando si possederanno osservazioni esatte e misure paragonabili prese durante un gran numero di anni. Deve dirsene altrettanto pei cangiamenti alternativi di livello che si suppongono nel suolo di una parte del golfo di Napoli . In tutti i casi ne’ quali si suppone 1’ esistenza di tali movimenti nel suolo, importa di ben fissare dei capi- saldi ben collocati, c di paragonare il loro livello a quello del mare ad epoche preventivamente fissate. 3.° CONCLUSIONE Schizzammo a larghi tratti la via da percorrere e le materie da studiare per compilare una buona idrografia, in- dicammo ciò che deve o può farne parte, ed il numero gran- de di descrizioni, di studi, d’ osservazioni proposte, potreb- be spaventare in sulle prime e far dubitare della possibilità di compiere un simile lavoro. Non pensiamo peraltro sia questa insormontabile diffi- coltà, poiché vediamo ogni giorno la statistica intraprende- re lavori analoghi, fra i quali soltanto citeremo le pubblica- zioni meteorologiche, con tavole c la rappresentazione con curve dei fenomeni osservati. Dobbiamo però confessare che non sappiamo sperare di avere rapidamente e completa una buona idrografia di tutti gli Stati civili. Si comincierà dalle osservazioni e descrizioni più im- portanti, e quindi si passerà alle altre, e così poco a poco si perfezionerà il lavoro. D’altronde, come fu detto, fra le os- servazioni proposte sonvene dalle quali la scienza non po- - 621 - fra profittare che quando se ne possederanno di regolar- mente fatte per buon numero d’anni. Nè ciò può esser causa di trasandarle; ricordiamoci invece che sono esse il complemento necessario delle osservazioni meteorologiche alle quali ora attendesi con ardore , poiché permetteranno di trarne tutto quel partito che se ne può sperare, all’ infuori della previsione del tempo, che nel momento attuale for- ma la parte brillante, ma che non è già 1’ unico scopo del- la meteorologia. Ci rimangono da indicare alcune delle principali que- stioni scientifiche ed economiche che una idrologia, qua- le la proponiamo, potrà aiutare a risolvere. Aumentandosi r attuai numero dei pluviometri e distri- buendoli con discernimento, risol verassi il problema del- ie distribuzioni delle piogge, per il quale fin’ adesso non si hanno che induzioni più o meno plausibili. Si potranno altresì studiare gli effetti del diboschimento e del rimboschi- mento sulla ripartizione delle piogge, ed il raggio dentro del quale esercitasi la loro influenza. Ben inteso che sup- poniamo la Statistica agricola registri, anno per anno, i boschi dissodati, e ripiantati. La questione della bontà delle acque potabili potrà essere rischiarata dal paragone della loro statistica, con quella delle malattie che comincia a studiarsi in vari Stati. Per le cloache, si conoscerà la reale loro importanza, i mali che producono, e i’ uso utile che può farsi delle loro acque. Si giungerà a sapere con sicurezza se le piene dei fiu- mi vanno realmente aumentando di numero e di altezza, se ciò succede in tutti i loro tronchi, o soltanto negli in- feriori che corrono in pianura, come sembra supporlo il Prof. Brighenti. fn tal caso patrassi probabilmente deter- minare, con paragoni ben scelti, r influenza di diverse cau- se che sembrano dovervi contribuire: r abbondanza del- le piogge; la frequenza dei temporali; il dissodamento del- le falde dei monti; 1’ arginamento, il ristringimento, e le va- riazioni nella forma degli alvei; il prolungamento dell’ ul- timo tronco prodotto dal prostendimento del delta, ctc. etc. Si verificherà altresì se, come lo pensa Babinet, le recru- descenze nelle piene sono semplicemente fenomeni perio- dici concordanti coi venti dominanti. Si avranno dati sicuri per regolarsi nei lavori di difesa contro le inondazioni dei fiumi, e le devastazioni dei tor- renti, per fissare l’altezza da darsi agli argini insommergi- bili etc. Si conoscerà praticamente c con esattezza il regime dei corsi d’acqua e dei laghi, e l’idraulica potrà profittare di nozioni che sinora le mancarono. Si conoscerà in clic modo viene utilizzata la forza mo- trice dell’ acqua, e quella che si possiede senza servirsene. Si potrà meglio giudicare del sistema delle acque sot- terranee, ed i cercatori di sorgenti, trivellate od altre, tro- veranno facilmente tutte quelle nozioni che possono guidarli nelle loro ricerche. Si conoscerà l’ importanza delle irrigazioni praticate , ed ì resultamene che danno nella produzione agricola; po- trassi avere idea di quelle che rimangono ancora praticabili. Si possederanno nozioni, spesso sufficienti, per traccia- re il progetto di massima d' un nuovo canale di navigazione o d’ irrigazione, conoscendosi altresì la quantità d’ acqua disponibile per alimentarlo. Si conoscerà a fondo la piaga delle paludi , e si potrà giudicare dei mezzi che si posseggono per farle sparire ; e fino ad un certo punto valutare la spesa del bonificamento. Si conosceranno esattamente le nevi perpetue ed i ghiac- ciai, e ciò potrà mostrarci se avvanziamo verso una nuova epoca glaciale. — 64 — La descrizione delle acque termali e minerali può far meglio conoscere quelle già in uso, ed indicarne delle nuo- ve che la medecina saprà adoprarc con profitto. La conoscenza esatta dello stato dei burroni e dei tor- renti e delle devastazioni clic fanno, permetterà di meglio studiare i mezzi di correggerli e di difendersene. y TAVOLA DELLE MATERIE i. Importanza dell’Idrografia Pag. 3 IL Descrizioni e studi idrografici » 9 A. /■* Acque che servono ad usi domestici ed agli opifìci . » Il a) Acque potabili » 12 b) Acque destinati agli usi domestici . . . . » 16 c) Acque industriali » ivi B. Acque termali e minerali. » 17 G. Acque di cloache » 19 D. Acque sotterranee » 21 ATTI ACC. VOL. It. 9 Acque correnti sul suolo Pag. 27 a) Ghiacciai e nevi perpetue » 33 b) Corsi d’ acqua naturali » 35 1° Sorgenti » 36 2° Burroni e torrenti . .. ...» 37 3° Fiumi » 43 c) Corsi d’ acqua artificiali . . . . . . » 50 ■1° Canali di navigazione .... » 51 2° Canali di irrigazione, . . . . . . » 52 3° Canali che forniscono la forza motrice. . . . » 53 F. Laghi 55 a) Laghi interni ......... ivi b) Laghi del littorale . . . . . . . » 56 G, Irrigazioni . . . . ... . . » 57 IL Paludi. ^ 58 L Sponde del mare ........ 60 III. Conclusione » 61 ERRORI CORREZIONI Pag. 8. lin. 7. scapigliato » 13. » 1. prendano » TC>. » 8. permettano » 18. a 13. ordinarsi » 20. » 3. brughi » 22. )) 7. lezioni » IVI J 10. conoscersi » 25. » 32. supporne » 26, )) 19. Abosa » 29. » 27. dei » 33. » 12. possono » IVI 16. Quando D 34. » 17. permettono )> 36. » 32. studiati » 38. )) 23. terribili » 40. 2 8. preparazioni . . . . » 41. in nota — Vallerrano » 42. » 5. Culmarr » ivi D 16. l’evalulazione . . . . » IVI in nota rasure » 44. » 2. appoggiansi » IVI j 31. largo » 45. X 21. permette » IVI )) 22. alla » 46. » 33. pegli » 49. i 14. inoscarello s ivi » 22. debbonsi » 52. » 7. porti-canali . . . . ponti-canali s IVI j 25. del . . . . nel T) 53. » 10. dipendano . . . . dipendono )) IVI. » 1. macchine e » ivi » 19. lezione .)) 56. » 18. i punti . . . . i porti » IVI » 20. suolo cui . . . . suolo in cui 57. J> 28. notazione . . . . rotazione )) ivi » 29. ettari » 58. » 10. lezione , . . . . sezione 1) ivi )) 32. schiaffa » 60. i 5. raccomandarle . . . . . . .. . rammentarle » ivi » 27. risentano . . . . risentono » ivi » 5. prostendimcnto . . . . . . . . . sii* DELL’AZIONE DELLA. SOPRA DEI CORPI STUDIO DEL 'toav. QÀaf?.ceJco R ET 0 § P Q) N B EPt T E Cctp. £JloDoffo De V* e cadem iche, che le tante fiate fu nostro Segretario Gene- rale, e diè sette volte il resoconto dei nostri annuali la- vori (1211), e che per molti anni e sino all’ ultimo giorno della sua vita ebbesi da noi affidata V alta carica di primo Direttore. Ogni suo cenno, ogni suo consiglio , ogni suo detto trovavano in noi piena approvazione e sollecita ese- cuzione; il suo nome solo ci animava, ci allietava, c’ in- coraggiva, poiché il solo suo nome era una gloria per noi. Ma un grave, lento ed incurabile malore avea mano mano logorato f organismo di lui, ed esaurito quasi del tutto le sue forze fìsiche. Tormentato da crudelissime sof- ferenze, che non gii davan un istante di requie , egli ve- deva ad occhi aperti avvicinarsi f epoca fatale della di- struzione della parte materiale dell’ essere suo. Prima di dare l’ultimo addio a questa valle di miserie , volle salu- tare per 1’ estremo volta il monte di fuoco, come lo chiama- vano i Saraceni ( Gibel Hattamat) (122), che aveva per tutta la sua vita posto in indefessa attività i suoi sensi ed il suo spirito. Egli o Signori, ne aveva il diritto; e f Etna rispose al suo saluto, e V eco della sua voce ripeterà da per tutto quanto egli fece per illustrarlo, e quanto operò per pene- trare più addentro d’ogni altro nei suoi profondi e spaven- tosi misteri. La sua instancabile operosità non venne meno però in onta all’ affralimento ed al lento disfacimento del suo corpo; la potenza del suo spirito lottava colla dissoluzione dei suoi organi ; maraviglioso contrasto, inesplicabile conflitto, che rivela apertamente non esser tutta materia la creatura uma- na ! Ma l’anima del grand’ uomo senza aver nulla perduto - 154 — del suo natio divino splendore, spogliandosi del fragil ca- duco invoglio, che non poteva, dopo settantanove anni, più servirle di stanza terrena, volò in grembo al suo Creatore (123). Carlo Gemmellaro ! I tuoi colleglli della Università c della Gioenia accompagnarono al sepolcro col cuor tram- basciato la tua salma estinta. Sul freddo avello che V ac- colse, e coll’ultimo addio che da lor ti fù dato, eglino giu- rarono di unquamai dimenticarti, di onorare mai sempre la tua memoria e toglierti a modello di laboriosità, di sa- pere e di scientifica condotta. Ed io fò voti , perchè, ad imitazione di quanto con nobile ed utile intendimento, non che con pietà solenne , costumasi nelle altre grandi ed illustri Università ed Ac- cademie , fra questi muri testimoni un tempo dello tue glorie e del nostro affetto per te, ed ora del nostro dolore per 1’ estrema tua dipartita, ti si erga un monumento, che ricordi ai futuri la tua sapienza e le tue virtù. Sul portone del palazzo della R. Università leggevasi la iscrizione seguente ALLA MEMORIA DI CARLO GEMMELLARO CHE LA PATRIA ILLUSTRO’ COLLE OPERE CHE TRA I NATURALISTI DELLA SICILIA IL PRIMATO SI EBBE DALL’UNIVERSALE TENUTO IN ONORANZA L’ACCADEMIA GIOENIA CUI FU GUIDA SOSTEGNO E VANTO RICONOSCENTE RENDE IN QUESTO GIORNO TRIBUTO DI LAGRIME E DI MERITATO ENCOMIO * V NOTE -03- / (1) Trascriviamo qui la deliberazione dell’ Accademia Giocnia dalla quale fummo spinti a scrivere nostro malgrado questo elogio. E di- ciamo nostro malgrado, non per mancanza di stima verso il grande uomo, ma perchè la vastità del suo sapere, c la copia sorprendente dei libri che egli pubblicò sopra materie molto diverse, rendevano supe- riore alle nostre forze l’impresa di tesserne condegno elogio. « Anno 1867 — Mese Maggio, Seduta straordinaria dell' Accademia Gioenia di Scienze naturali in Catania. Presiede il 2.° Direttore prof. Andrea Aradas , il quale , trovato legale il numero dei Soci ordinari!, dichiara aperta la seduta. Il Segretario Generale dà lettura del verbale della seduta straor- dinaria precedente, il quale viene nelle consuete forme approvato. Indi il detto Segretario, richiamando la deliberazione emessa dal- l’Accademia nella tornata straordinaria del 31 gennaro 1867 , nella quale stabilivasi, dovere aver luogo la elezione del novello primo Diret- tore nella seduta straordinaria di maggio, epoca della rinnovazione delle cariche accademiche; — richiamando altresì quant’ altro venne di- sposto in detta seduta, di destinarsi , cioè, una tornata straordinaria per onorare con condegno elogio li memoria dello estinto 1.° Direttore dell’Accademia, l’illustre c benemerito Cav. Carlo Gem.ncllaro, da leg- ATXI ACC. VOL. II. 22 - 158 — gersi dal 2.° Direttore; — fa osservare: come 1’ Accademia, per rende- re un distinto omaggio al 1 ,° Direttore, faceva eccezione all’articolo 17 degli Statuti che la regolano (il quale prescrive, che il nuovo socio eletto fa lo elogio del defunto a cui succede), deliberando dovere in- tessere lo elogio del 1.° Direttore il 2.° Direttore in atto; e fa alla Accademia la seguente mozione. 1 . ° Clic la elezione del novello I.0 Direttore abbia luogo dopo che l’Accademia avrà onorata in una seduta straordinaria, in gene- rale adunanza, la memoria del defunto suo 1 .° Direttore Cav. Carlo Gemmellaro. 2. ° Che il 2.° Direttore dell’Accademia prof. Andrea Aradas si degni accettare l’incarico conferitogli d’ intessere l’elogio del defun- to 1.° Direttore, per la carica che attualmente occupa nell’Accademia. 3. ° Clic tale solenne tornata straordinaria dell’ Accademia abbia luogo nel venturo Novembre, anniversario della morte del compianto 1.° Direttore, ed in quella immediata del Gennaro susseguente la ele- zione del novello 1.° Direttore e del novello socio che dovrà supplirlo. Messa ai voti tale mozione, viene approvata ad unanimità. Il Segretario Generale 11 2.° Direttore trof. Carmelo Scioto Tatti prof. Andrea Aradas (2) Per tutt’ altro vedi Biografia di Carlo Gemmellaro ( Catania 18G7) del ehiaris. sig. Salvatore Brancaleone, conosciuto per le varie sue opere letterarie. (3) Ilistoire des progrés de la Geologie de 1834 a 1845 — tom. 1. pag. II. (4) Figuier — La terre avant le déluge — 5.a edilion — pag. 25. (5) Ossements fossiles (in 4.°) — Discours sur Ics revolutions du glohe — t. 1. pag. 29. (G) Prospetto di scienze ec., per la Sicilia, articolo Mineralogia e Geologia — Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia — Palermo. (7) Non crediamo inutile riferir qui nel modo più breve possibi- le i vari lavori geologici e paleontologici di questi ed altri soci chia- rissimi della Gioenia. L’ egregio P. D. Gregorio Barnaba La Via, uno dei soci fondato- ri della Gioenia, che morendo, lasciò di se vivo desiderio c memoria carissima, dopo aver pubblicato per le stampe la Descrizione geologico- 159 — mineralogica dei contorni di Caltanissetta, si accinse a fare delle os- servazioni geologiche sulla Contea di Sommatino, clic lesse alla Gioenia nella seduta ordinaria del 10 giugno 1824 (Alti dell’ Accademia Gioe- nia, serie 1.a, voi. 1,pag. 35). Di vari minerali in quel terreno esistenti dà soddisfacente relazione , cd una nuova forma secondaria dello zolfo descrive, che chiama unitaria smussala. Il prof, di Giacomo dà la geo- gnostica descrizione dei contorni di Militello (Breve descrizione geo- gnostica dei contorni di Militello (Val di Nato) letta all’Accademia Gioenia nella tornata ordinaria del di 23 agosto 1824 (Atti Gioenii , serie 1 .“, voi. 1, pag 83). In questa scientifica relazione passa in rassegna le varie rocce che quel terreno compongono , ed i resti organici fossili che vi si rinvengono , di spettanza alle varie classi zoologiche. Sito importante è quello, in cui per la prima volta il Philippi scoprì varie conchiglie fossili inviscerate nel tufo basaltico, delle quali io feci in se- guito doviziosa raccolta; sito, dice il Di Giacomo , (1. c. pag. 83) che « v’interessa a prima giunta non poco, rilevandosi dalle antiche e va- « riate lave che nei suoi contorni si rinvengono , che quello arder « dovette replicate volte dei più antichi vulcani della Sicilia , e sog- « giacere egualmente col decorso del tempo a replicate catastrofi ». Della costituzion fisica c mineralogica di Enna, or detta Castro- giovanni e del suo territorio presentò alla Gioenia completa stori- co-scientifica descrizione 1’ eruditissimo Alessi, la quale Pesame com- prende di tuttociò che in quei luoghi ritrovasi d’ interessante per la geologia, palentologia e mineralogia (Lavoro letto nella seduta ordinaria del dì 1 1 Novembre 1 824 — Atti Gioenii, voi. 1 .°, pag. 101.) Come ap- pendice a questo lavoro sta un quadro geo-mineralogico di Enna e suo territorio, che offre una bene ordinata indicazione delle rocce e dei minerali che ivi esistono, non che delle colline, pianure e valli , fiu- mi, laghi e fonti, di vari obbietti staccati e di corpi organici pietre- fatti. In quella memoria offre la descrizione di una nuova conchiglia fossile rinvenuta nel mentovato terreno, che egli riferisce algen. Gua- ina, a cui dà il nome, di Chama ennensis, ma che però si appartie- ne alla famiglia degli Apofisari, e precisamente, al genere Rinchonclla. Una nuova sorgente di petrolio, scoperta in Nicosia nel sito detto S. Agrippina, descrive il La Via, e dopo aver data esatta relazione dei terreni che la sorgente circondano, varie riflessióni espone sulla ✓ - ICO — origine del mentovato minerale, clic, non so con quanta ragione, ri- pone nell’azione dei fuochi sotterranei. (Descrizione di una nuova sorgente di petrolio del padre D. Gregorio Barnaba La* Via — letta al- la Gioenia nella seduta ordinaria dei 23 Novembre 1 830 - Atti, voi. VII.0, pag. 131). Un bel lavoro paleontologico presenta alla Gioenia lo Alessi. Dopo la scoverta clic si era fatta in Palermo della celebre grotta ad ossame di S. Ciro, che fu argomento di ricerche , di osservazioni e di forti dispute, come si accennò, altra venne a scovrirsene in Sira- cusa, nel sito detta Grolla sanla, ricca di ossa di elefanti c di ip- popotami. Lo Àlessi, clic di questi ossami aveva potuto fare ampia raccolta, occupandosi di essi seriamente, non breve memoria ne compilò, e sotto ogni riguardo interessante, che lesse alla Gioenia nella tornala del 21 aprile ed in quella del 1G giugno d 831 (Alti Gioenii, voi. VII.0, pag. 199). Questa memoria è geologica e storica. Dà anzi lutto la storia di tutte le ossa fossili di grandi mammiferi rinvenute sino a quel tempo in vari i luoghi di Sicilia nei tempi andati , riguardate come appartenenti a scheletri di giganti; poi descrive gcolegicamcirte la mentovata grotta, e classifica quelle ossa, che spettano ad elefanti, ippopotami ccc. , e finalmente, chiude il lavoro con alcune dotte ri- flessioni sulla provenienza degli elefantine degl’ ippopotami clic vissero nell’isola nostra, che riunita un tempo all’Africa considera, ciò che oggi da molti come probabile si ritiene. Della Idrologia etnea occupasi il Di Giacomo (Discorso sull’Idro- logia generale dell’Etna, letto alla Gioenia nella pubblica seduta del dì 14 giugno 1832— Atti Gioenii, voi. IX. °, pag. 23), studiando la natura dei luoghi dai quali le acque sgorgano , le varie sorgenti e le acque diverse, cui danno scaturigine ponendo a confronto, ed i terreni de- scrivendo di diversa natura in cui quelle sorgenti rinvengonsi, siano argillosi, vulcanici o calcarei. Lavoro è questo che, considerato in rapporto ai tempi in cui fu scritto, poco o nulla lascia a desiderare, ed al quale una tavola sicguc come appendice, in cui senza stento tu scorgi indicate ordinatamente le acque tutte che all’ Etna si appar- tengono. Rapisardi dottor Bartolomeo dell’ Asfalto di Boccadurso tiene ra- gionamento nella seduta ordinaria della Gioenia del 1G gennaro 1834 (Sull’Asfalto di Bocca-d’ Urso presso Leonforte cenno geologico — Atti 161 Giocni i , voi. X.°, pag. 223), riferendone il rinvenimento, descrivendo la cava in cui ritrovasi , la giacitura ec: , il tutto accompagnando con buone ed utili geologiche osservazioni. Il Maravigna nella sua Orittognosia etnea, c precisamente in una appendice che alla sesta memoria sopra i silicati fa seguito (letta nella tornata pubblica del 23 agosto 1834 della Gioenia ) , si occupa delle argille che alla base del vulcano esistono ; e queste riguarda come spettanti al periodo diluviale o quaternario, c specificatamente al gra- vier conquillier di Brongniart. l’ero il Gemmelloro aveva dichiarato le mentovate argille appartenere al periodo terziario, come è stato già inconfutabil incute provato. Sulle ossa fossili rinvenute in Siracusa, delle quali avea formato argomento d’ importanti osservazioni storiche, geognostiehc e paleonto- logiche lo Alessi, e di cui si era ancora occupato il prof. F. Hoffmann, che il tutto avea osservato sul fatto, una memoria legge alla Gioenia il Maravigna, in cui di quelle ossa medesime e del terreno dal quale furon dissepolte ragionando , e di esse promettendo V analisi chimica (che poi non ebbe luogo), gli strati del suolo, che il citato IIolFmann aveva in cinque distinto, egli a tre riduce. L’epoca del terreno al pe- riodo diluviale riferisce; crede, che non tutto in un tem o sia stato formato, e la provenienza ricerca degli animali a cui quei resti sche- letrici appartennero, ammettendo che, essi stati non si io abitatori della Sicilia, nò dal mare in quest’isola trasportati, ma piuttosto dai fiumi del continente quivi trascinati, quando essa giaceva dall'oceano sepolta, i quali ingrossati ad oltranza esser doveano per le pioggie in grandissima quantità allor cadute. Pompeo Interlandi Principe Bellaprima descrive il terreno di Avola, e lo considera come disette formazioni costituito: e queste formazioni diverse esamina c caratterizza ; poi fermasi a ragionare sulle orizzon- tali stratificazioni del calcareo ibleo , sulla genesi delle grotte stalat- titiche, sulla provenienza dei fossili che in quel terreno contengonsi e su altri non meno interessanti argomenti. (Osservazioni geognostiehc e geologiche sopra i terreni di Avola — Memoria letta alla Gioenia a 17 marzo 1836 — Atti Gioenii, voi. XII.0, pag. 333). Alcune riflessioni critiche pubblica il Maravigna sulla teorica del fuoco centrale emessa dal signor Boubée in una memoria letta alla Gioenia nella seduta del 14 aprile 1836 (Esame di alcune opinioni 162 - del signor N. Boubée contenute nella sua opera titolata— Geologie populaire , et tableau de l’état du Globe a ses dillerens àges — Atti Gioenii, serie l.a, voi. TU.0, pag. 275). Egli credo inesatta e vacillante la base su cui poggiano i calcoli del Gordier sull’ aumento del calore della terra, in ragion diretta della sua profondità, ed incerti quindi i risultati tratti da questi calcoli. Le ricerche dell’Ampere e del D’Au- bisson vengono in conforto delle critiche osservazioni del Maravigna , il quale contraddice, per ciò che si è detto, alla teorica dei solleva- menti. Però, sebbene questa teorica non sia rimasta tale quale fu creata dai suoi primi fondatori , e sia stata assai modificata in progresso di tempo, principalmente in quanto al tempo ed al modo con cui i sol- levamenti hanno avuto luogo; tuttavia le opposizioni fatte dal Maravi- gna alla mentovata teorica eran tutt’ altre di quelle che potevano in qualche modo attaccarla. Una memoria sul terreno della Fossa della creta, un miglio circa a sud-ovest da Catania , del sopracitato Principe Bellaprima (Memoria sopra il terreno terziario della Fossa della Creta e sue adiacenze presso Catania — Letta nella tornata del 22 luglio 1836 della Gioenia — Atti Gioenii, serie 1 .*, voi. XIII.0, pag. 207 ) racchiude delle buone osservazioni geologiche su quel luogo. Esamina attentamente quel ter- reno, ne studia i fossili, e Io dichiara terziario, come le altre forma- zioni argillose che circondano una parte della base dell’ Etna. Dimo- stra, come tutta la parte meridionale di questa base e non pure la orientale e la occidentale offrano la formazione terziaria argillosa di gres, sulle quali le lave son corse , lasciando parte di questa base discoperta. E lo Alessi, che elaborato lavoro aveva fornito, come si disse, sulle ossa fossili rinvenute nella Grotta Santa presso Siracusa, di al- tri resti di grandi mammiferi ritrovati in varii punti dell’ isola nostra e di alcune conch ioli ti tiene discorso nella seduta ordinaria del 24 Novembre 1836 (Memoria sopra alcune ossa fossili recentemente sco- vcrte in Sicilia, per servire di continuazione alla memoria sulle ossa fossili ritrovale in ogni tempo— Atti Gioeni, ser: 1.a, voi. XIII., pag. 31 ) Difese elefantine, denti di cavallo , denti di orso, di cervo ec : sono descritti esattamente in questo lavoro, nel quale sostiene, che i men- tovati animali abitarono un tempo l’isola intera. Madama Giannetta Power, socia della Gioenia, ed alla quale spet- 163 - « ta l’onore di aver risoluto nettamente e riccamente la questione re- lativa al mollusco abitatore dell’ Argonauta Argo, avendo con osserva- zioni dirette dimostrato esser desso il costruttore della conchiglia , de- scrive le conchiglie fossili dei dintorni di Milazzo ed investiga con sa- gacia la natura del terreno in cui quelle conchiglie in buono stato di conservazione rinvengonsi ( Cenno sulle conchiglie fossili dei contorni di Milazzo, letto nella tornata del 21 Dicembre 1837. Atti Gioenii, sor. 1.a, voi. XIV0,, pag. 121). Interlandi Si rugo, Principe Bcllaprima, che più di una volta ab- biamo citato, dei basalti globulari del Morgo, che rinvengonsi laddove una volta siedeva 1’ antica Murgantium sul celebre capo Sifonio , dà esatta esposizione, la composizione investigando di quei basalti glo- bulari ed a scorza vetrosa, che soprastanno ad una corrente lavica, c ne ricerca la origine, non che le cagioni che i basalti prismatici in glo- bulari cambiarono, i quali basalti prismatici di origine plutonica inve- cecchè nettunica sostiene che siano (Memoria sopra i basalti globulari del Murgo, letta nella seduta dei 29 Giugno 1837. (Atti Gioenii, serie 1.a, voi. XIV. °, pag. 41 ). E del pari che i basalti globulari del Murgo, quei prismatici e glo- bulari degli scogli dei Ciclopi, del littorale di Vasarello e della rupe di Aci Castello attirano l’attenzione dello stesso egregio Principe Bellaprima, non che i terreni di Lognina, Aci-Castello ec: Aci-Trezza, che costituiscono un littorale, che egli distingue in due formazioni di- verse, quella, cioè, costituita dai basalti e l’altra dalle lave dell’ Etna. Studiala giacitura dell’ Analcimite nell’ isoletta dei Ciclopi, e conferma con nuove osservazioni quanto sul conto di tutto quel littorale pubbli- cato aveva il chiarissimo Gemmellaro (Sopra il terreno di Lognina, Aci- Trezza e Castello -—memoria 1.a letta nella seduta ordinaria del li Febbraio 1839 — Atti Gioenii, serie 1 .“, voi. XV.0, pag. 255). 11 De Gaetani analizza alcune acque minerali che sorgono in punti diversi della base e delle falde dell’ Etna, cioè, l’acqua minerale solfo- rosa del pozzo di S. Venera (Sopra l’acqua minerale solforosa del pozzo ecc. Memoria letta nella seduta degli 11 Luglio 1853 — Atti Gioenii , ser. 1.a, voi. XVI0, pag. 35), 1’ acqua santa (Analisi fisico-chimica so- pra 1’ acqua santa — Memoria letta li 29 Agosto 1839. — Atti Gioenii — ser. 1.a, voi. XVI0, pag. 89 ) e l’acqua acidola della valle di S. Gia- como (^Memoria letta nella tornata del 20 aprile 1840 -Atti Gioenii ser. — 164 — 1.a, voi. XVI0, pag. 581). X oi prendiam qui nota di questo lavoro, per- chè lo studio delle acque minerali ha intimi rapporti colle condizioni geologiche e geognostiche del suolo da cui emergono. Vari minerali discopre Camillo Buda nel terreno giurassico conti- nuante col secondario, che in più luoghi sottosta al terziario che dal- le alture di Miloseio, Motta Camastra c Calatabiano sulle falde del Tau- ro si stende , i quali minutamente descrive, cioè, il carbonato di fer- ro in filoni, 1’ idrossido di ferro semi metalloide, il solfuro di ferro, il ferro oligisto, a cui bisogna aggiungere dei legni fossili, che riferisce al carbon fossile, all’antracite ed alla lignite (Analisi oriologico-oreotet- tonica sopra alcuni fossili utili rinvenuti nei dintorni di Castiglione — Let- ta nella tornala del 17 aprile 1841 — Atti Gioenii, sor. 1a., voi. XVIII. Q, pag. 207). Due pezzi di difesa fossile, appartenenti alla famiglia dei probosci- de!, rinvenuti nei dintorni di Caltanissetta, formano argomento di una memoria del Barnaba la Via, i quali al mastodonte riferisce, creden- do trovare in essi quei caratteri che non dubbie differenze presentano con le difese elefantine. (Sopra duepezzi di difesa fossile trovati nei dintorni di Caltanissetta. — Osservazioni ec. lette nella seduta del 22 Dicembre 1842 — Atti Gioenii, serie 1 .,a voi. XIV.0, pag. 201). Altro lavoro il Principe Bellaprima presenta alla Gioenia , che la descrizione topografica c geognostica racchiude del poggio di S. Filip- po e suoi contorni in Militello. Egli rende in prima palese la postura orografica di questo poggio, il circostante terreno descrive, c le roc- ce molteplici e varie, che ivi riunite ed aggruppate esistono, bellamen- te classifica. Discutendo in seguito varie teorie geogeniehe, si sforza inda- gare la genesi dei terreni misti, che spesso grande opposizione offrono tra le loro relative condizioni geognostiche (Osservazioni geognostico-gcologi- ehe sul poggio di S. Filippo e suoi dintorni in Militello —Lette nella se- duta del 14 Giugno 1844— Atti Gioenii, ser. 2a., voi. 1°., pag. 35). 11 Tornabene, tanto conosciuto per i suoi Citologici lavori , si fa anco ad illustrare taluni resti di vegetabili fossili, trovati nella forma- zione argillosa dei dintorni di Catania, Fossa della creta, cioè, poggio di Cifali, Licatia. Questi resti fossili vegetali sono : una lignite che ri- conosce provenire da una salicites; varie impronte di foglie clic crede pertenere al Quercus silex, e vari tronchi e ceppi che giudica spettare alla Vitis vinifera. (Breve notizia dei lavori lìtognosliei presentati al 165 settimo Congresso degli scienziati italiani in Napdi - Articolo 2.° — Intorno ad alcuni resti di vegetabili che trovansi nell i formazione del- l’argilla presso Catania — Lavoro letto nella seduta del 26 febbraro 1846— Atti Gioenii — Serie 2.a, voi. 2.°, pag. 380 ). Qui non è senza interesse fermarci alquanto sopra un lavoro del Maravigna clic diede la prima movenza ad alcune scientifiche questio- ni, non prive di vantaggio per la scienza, tra lui c il Gemmellaro , entrambi uomini di alto grido c delle cui opere si pregia la patria nostra. Il Maravigna egregio chimico e mineralogista di valore , non che cultore distinto di altri rami di storia n turale, volle anco, nell’ epo- ca a cui si riferiscono i qui appresso indicati lavori di lui, occuparsi di geologia. Ma la geologia , lo abbiamo detto , non è una scienza a coltivare la quale fruttuosamente basta soltanto potenza d’ ingegno , e non pure vastità di erudizione: e perche si possa appicn conoscere c padroneggiare è mestieri , non solo di una ricca somma di conoscenze teoriche, ma precipuamente di studii pratici lungamente durati, bene applicati e sui vari punti del globo, dovendosi, sotto il punto di vista geologico, studiare la natura nelle sue parti e nel suo tutto , su tutta la superficie della terra, cioè, c nelle singole regioni di essa. Or di questo difettava il Maravigna : e fu perciò, che egli non riuscì nelle sue ricerche geologiche così felicemente, come nelle chimiche , nelle mineralogiche, nelle botaniche e nelle zoologiche. Egli aveva emesso sul principio motore dei vulcani una teoria che era parto della sua incute, a cui come a cosa sua crasi fortemente attaccato, ed alla quale riuscivagli difficile e doloroso il rinunziare : e non fu che negli ultimi tempi della sua vita che egli si convinse (ed io suo amico intimo posso farne fede) non potere qualsiasi teorici rimpiazzare quella del fuoco centrale, che tutti spiega agevolmente i fenomeni nell’evo antico e nel moderno dalla terra presentati. Sostenendo la sua ipotesi, che fu pur quella di altri valentuomini, dell'ossidazione, cioè, dei me- talli , come cagione delle vulcaniche accensioni in una sua memoria che porta per titolo — Alcune idee sull’azione del fuoco nella ^produ- zione di alcuni membri della serie geognostica ( Atti Gioenii — Se- rie 2. a, voi. 'Vili.0, ) si sforza portarla a grado altissimo d’importanza, c IropjG oltre estenderla, applicandola a spiegare la genesi di tutte le rocce pirogeniche, che, ad eccezion delle primitive, c come semplici ATTI ACC. YOL. II. 23 — 166 — prodotti di eruzione riguardate , hanno in epoche differenti le tante volte rimutato la scorza del globo. Gli sforzi grandissimi della sua mente per sostenere , come si è detto, una teoria, che, non potendola dire paradossale, è però da stimarsi, rimpetto a quella del fuoco centrale, insufficiente a render ragione del- la formazione della terra e di tutti i fenomeni geogenici , questi sfor- zi, ripeto, son la misura precisa della forza del suo ingegno e dell’ al- tezza della sua mente, tanto è forte e convincente la sua dialettica. Ma qualsiasi argomento cader deve a fronte del potente linguaggio dei fatti e della natura. Però ligio ai suoi principi i , cerca di abbattere la teo- rica dei sollevamenti , che il celebre Elie de Beaumont pose in vista e con ogni maniera di osservazioni , di fatti e di argomenti si sforzò dimostrare. Di questa teorica, oggi, come si disse, modificata, se ne tro- vano i primi elementi nelle opere degli italiani Spada, Moro, Arduino, Fortis, e principalmente in quella dello Slenone. Il chiarissimo Pilla estrasse da quest’opera talune proposizioni, che mostrano come quel sommo sia andato all’idea dei sollevamenti secondo il concetto dei moderni geologi, ne fece una scelta, e la pubblicò in Firenze nel 1842 (E disser- tatione Nicolai Stenonis — de solido intra salidum naturalità- contento — excerpta, in quibus doetrinas geologicas quoo hodie sunt in honore facile est reperire — Curante Leopoldo Pilla — Florentiae ex typ. Galileiana 1842). Ma il Maravigna in una memoria letta nella seduta del 29 Giugno e 10 Luglio 1847 (Commento a due passi di Stenone sulle cause che han- no sconvolto il paralcllismo all' orizzonte degli strati dei terreni di sedimento — Atti Giocnii— ser. 2a, voi. IV, 0 pag. 1.), facendosi ad inter- petrare alcuni passi del citato Stcnonc, crede scorgervi tutt’ altro di quello che accennar possa alla teorica dei sollevamenti del Beaumont, ed invece ciò che può condurre a tutt’ altra probabilità, e tale che convenga alle sue vedute. Così spesso accade, che interpetrando secondo idee precon- cepite diversamente i detti degli autori antichi , quando in ispecialità non sian molto chiari, tai detti rendano sensi diversi, e qualche fiata ancora opposti e contrarii. Però, è a dire, che le proposizioni dello Stc- none, come il Pilla fece il primo osservare, c come le belle riflessio- ni c dotte del nostro Gemmellaro dimostrarono, meglio assai conven- gano alla teorica dei sollevamenti di quanto a qualsiasi altra. II Ma- ravigna ritenne che il sommo geologo antico colle parole, incendimi haliluum subterraneorum ( incendio dei vapori sotterranei ) intenda \ - 167 — * dire dei vulcani , e colle altre — violenta aeris elisio ( sprigionamento impetuoso di aere) dei tremuoti. Qualunque siano intanto i sensi dei passi dello Stenone, che a noi non se librano in verità molto chiari, c che alla fin fine non potrebbero costituire clic una opinione di più, non un principio dimostrato ed inconcusso, è d’uopo qui riferire , che il Maravigna , invocandoli in appoggio alle sue idee, niega i sol- levamenti prodotti dalla forza di una roccia plutonica , che innalzan- dosi dalle viscere della terra nello stato di mollezza, obblighi il suolo sovrapposto a sollevarsi , rompersi e cadere sui lati con vari gradi di inclinazione ; egli ammette il tutto esser prodotto dalle eruzioni vul- caniche , dagli slocamenti degli strati causati dai tremuoti, ai quali le eruzioni metton cagione , e dalla corrosione della base dei terreni prodotta dalle acque. In questo stesso lavoro varie opinioni esamina , che sulla genesi dei terreni più antichi del globo sono state emesse, e tornando a combattere la teorica dei sollevamenti, ammette con Lecoq 1’ influen- za generatrice delle acque termali nelle formazioni calcaree , e pas- sa in rivista diverse tra le proposizioni del Do Lue , del Daubisson e del Leyll, c dalle sue osservazioni trae varie conclusioni , le quali oggi non sono ammissibili nella scienza, e 'che, molti anni or sono, come tali giudicò il chiarissimo GemmeMaro. Continuando questa nostra esposizione, diremo di trovarsi delle importanti osservazioni gcognostiche in una memoria del professore Gaetano G. Gemmellaro letta nella seduta ordinaria del 22 Settembre 1853, nella quale varie specie mineralogiche descrive raccolte sui vul- cani estinti di Falagonia, dopo averle esattamente analizzate. Ciò che questa memoria olire d’ interessante in riguardo alla parte geologica si c il confronto dei basalti esistenti nel ' mentovato luogo con quelli che si ritrovano in Aci -Trezza , non che l’altro tra i vari basalti di Sici- lia che rinvengonsi nel Val di Noto. (Descrizione di alcune specie mineralogiche dei vulcani estinli di Palagonia — Memoria 1 .a Atti Gioenii , serie 2. a Voi. XI0, pag. 37. Molto pregevóle è il lavoro dello S iuto Patti sulla costituzione geo- ponica delle colline delle Terre Forti , che si esten lono ad occidente di Catania, c non pure « interessante, come dice il professore Tornabcne ( Relazione dei lavori della Gieenia nell’ anno XXXII.0 — Atti Gioeni, serie 2.a voi. XIII.0, pag. 21 ) u alla scienza per la varietà delle stratificazioni e * - 168 « delle giaciture, ma utile ancora alla agricoltura catanese per la varietà « delle speculazioni geopuniche di cui il suolo è suscettibile ». In più parti il lavoro in discorso è diviso; nella prima descrive la contrada delle Terreforti; nella seconda ricerca la costituzione fisica delle colline, le quali mostra appartenere alla formazione terziaria, o al gruppo sopra- cretaceo del sig. De la Deche , che corrisponde a! pliocene del signor Lycll , e dell’ argilla di cui quelle colline son costituite due differenti disposizioni distingue , di ciascuna di esse rilevando la natura , ed i materiali dei quali eomponesi; nella terza sulle condizioni meteoro- logiche della mentovata contrada s' intrattiene; nella quarta dice delle sue principali condizioni agrarie: c nell’ultima, come a corollario delle osservazioni meteorologiche , topografiche e geognostiche che precedo- no, indica le operazioni necessarie perchè si [tossa riuscire nella ricerca delle acque col discavo dei pozzi in quella contrada istessa. ( Rela- zione geognostica delle colline delle Terre forti che si estendono ad occidente di Catania — Letta nella seduta ordinaria del 27 marzo 1836 — Atti Giocnii — serie 2a. voi. XII0, pag. 115). Si sa, che in vari punti della superficie della terra avvengono ora abbassamenti ed or sollevamenti di suolo lenti e graduali incon testa- bili. Il fatto di, un sollevamento graduale avvenuto su tutto il pro- montorio di S. Andrea o su quello di S. Alessio , per un orizzontale scavamento della roccia giurassica all’altezza di circa dodici metri sul livello del mare, fu scoverto da Carlo Gemmellaro fVcd. sul ter- reno giurassico di Taormina — Sullo sciso di Ali). In seguito in una memoria letta nella seduta del 17 Dicembre 1857 , il prof. Gemmel- laro figlio annunzia all’Accademia altro fatto della stessa natura, cioè, il graduale sollevamento della costa di Sicilia dalla foce del Simeto sino all’Onobola, fatto constatato con ogni maniera d’ irrefragabili prove (Osservazioni geognostiche sul sollevamento graduale della co- sta di Sicilia dalla foce del Simeto all’Onobola — Atti Gioenii — Se- rie 2. a — voi. XIV.0, pag. 87 ). Lo stesso prof. Gaetano G. Gemmellaro si fa a descrivere gli organici fossili che rinvengonsi nei terreni di Judica, dopo avere precedentemente studiato la gcognostica costituzione di quei terreni, i quali, ora riguardati come pertinenti al cretaceo da taluni, da altri ancora alla formazione secondaria in genere, dimostra spettare al Turoniano ed al Nummulitico, cinque specie riferendo al primo ed al 109 secondo le altre, tra le quali tutte se ne contano otto dall’ autore come nuove del tutto riportate. (Sopra taluni organici fossili del Tu- roniano e del Nummulitico di Judica —Memoria letta nella seduta or- dinaria del 30 Gennaro 1859 — Atti Gioenii — Serie 2.*, voi. XV.0, pag. 269). La Flora fossile dell’ FJna del chiarissimo prof. Tornabene, da noi nel testo accennata, merita qui par ticolar considerazione. Noi, è d’uo- po dirlo, non temiamo riuscir prolissi in questa nota, sì perchè non può non riuscire utile alla scienza, se non altro in riguardo alla sua parte storica speciale, sì ancora per porre in mostra sempre più chia- ra i lavori dei nostri connazionali della Sicilia. Tornando alla Floro fossile mentovata, quest' opera c il frutto di laboriose ricerche e di lunghi studii dell’ autore, e, se mezzi più acconci ed in maggior co- pia avuto egli si avesse in ogni tempo ad effettuare i suoi proponi- menti , sarebbe apparsa assai prima, e non sarebbe stata da altri in qualche punto prevenuta. Por tutta volta, avea egli annunziato le pri- me sue osservazioni sui fossili vegetali etnei al settimo Congrosso de- gli scienziati italiani, e nell’ ottobre del 1838 aveva pubblicato nel Giornale del Gabinetto letterario dell’ Accademia Gioenia renumerazione di quelli che da lui ‘erano stati fino allora scoverti; ma fu sul finire del 1859 che determi nossi render di pubblico diritto un lavoro com- pleto di botanica fossile dell’Etna, la Flora fossile etnea, che vide la luce nel voi XVI.0, della serie 2a. degli atti Gioenii. L’opera é in tre capi ripartita. Nel primo, dopo aver data un’i- dea dello scopo cui essa mira c della utilità che ne sarebbe prove- nuta , non solo alla storia del vulcano ed alla botanica dell’Italia me- ridionale , ma eziandio alla scienza in generale, si fa a descrivere la topografica condizione dei luoghi etnei in cui i tufi con impressioni di foglie si rinvengono, la loro stazione geognostica e la loro chimica composizione; indi ricerca la ragion geologica che alla formazione dei tufi di Fasano c di Licatia diè luogo : c tutto ciò con esattezza e con buone vedute geognostichc, persuaso l’autore, che i lavori di Botani- ca e di Zoologia fossili riescono tanto più utili alle ricerche geologi- che, quanto meglio gli organici fossili vengono studiati ed esposti in rapporto alla natura dei terreni , in cui sepolti per lunghissimo tem- po rimasero. Una volta schiarita la genesi del terreno, era necessità, he nel - 170 secondo capo si ricercasse la cagione delle stazioni botaniche relati- ve alle piante fossili dell’Etna; c l'autore , nulla omettendo, perchè tale ricerca non tornasse al vano, mostra come varie specie della Flo- ra fossile siano estinte sull’Etna presente, e si trovino a qualche di- stanza dal monte, come alcune sullo stesso monte del tutto manchino, c come altre specie ancora e varietà vivano in diversi punti del- l’Isola. La enumerazione e la descrizione delle specie fossili etnee rac- chiudonsi nel capo ultimo dell’opera. Esse non sono in iscarso nu- mero; sono ben classificate; ne comprendon talune nuove del tutto: e ciò, che forma uno dei principali pregi del lavoro, si è il confronto delle specie fossili con le viventi dell’Etna e di altri luoghi. Nel tempo in cui il prof. Tornabene occupavasi di paleontologia botanica o paleofitologia sicula, il prof. Gaetano Giorgio Gemmellaro ricercava nel cretaceo superiore c nel nummulitico di Pachino le conchi- glie che questi terreni contengono, lavorando cosiffattamente a vantaggio della siciliana paleontologia zoologica , ed una memoria presentava al- 1’ Accademia sopra varie conchiglie fossili del cretaceo superiore e num- mulitico di Pachino (Atti Gioenii — serie 2.®, voi. XVI.°, pag. 209). In questa memoria ventinove specie descrive, delle quali quattordici ap- partengono al cretaceo superiore e quindici al nummulitico. Vi si in- dicano generi e specie da altri non incontrati in Sicilia, ed ancora spe- cie nuove del tutto. Altro lavoro paleontologico perveniva alla Gioenia dal suo socio cor- rispondente prof. Giuseppe Seguenza da Messina, il quale la descrizione contiene dei Rizopodi fossili che rinvengonsi nelle argille dei dintorni di Catania. Il diligentissimo autore , che un nuovo genere di fora- miniferi slicostegii aveva scoverto nelle marne mioceniche di Messina (Messina 1859), e pubblicato i cataloghi dei foraminiferi più comuni degli strati terziari del messinese distretto (Notizie succinte intorno alla co- stituzione geologica delle rocce terziarie del distretto di Messina— Mes- sina 1862), c finolmonte una monografia dei foraminiferi monotalami- ci che racchiude 122 specie da lui raccolte nelle rocce terziarie me- die del distretto di Messina (Descrizione dei foraminiferi monotalamici del distretto di Messina — Messina 1862), trovavasi ben atto a riusci- re in tal genere di ricerche. Molte sono le specie , che egli enumera in quel catalogo, ben descritte ed ordinate, e bene ancora figurate, c — 171 delle quali diciolto son del tutto nuove. Il lavoro del Seguenza è stato nella relazione accademica dei lavori dell’ anno XXXVIII0 della Gioenia dichiarato dal Gemmcllaro (Carlo) « lavoro penosissimo c d il igentissi- « mo che gli merita un ragguardevole posto fra i malacologi c i paleon- « tologi dell’ età nostra » (Atti Gioenii — serie 2.", voi. XIX0, pag. 9). Degno di lode è ancora il lavoro del prof. Salvatore Biondi, da morte immatura con dolore rapito alla scienza ed alla patria, lavoro che contiene la descrizione delle specie spettanti al genere Brocchia rinvenute in Sicilia , e che può riguardarsi come una completa mono- grafia delle medesime. Noi avevamo molto tempo innanzi studialo que- sto interessante tipo generico nella sola specie dal Brocchi descritta col nome di Patella sinuosa, ed al quale il genere fu dal Bronn inti- tolato; e lo nostre ricerche ci avevano condotto a scoprirne altre tre specie ben distinte : cioè la Brocchia Intcrlandi , la B. Longo e la B. elegans. Un’ altra era stata scoverta dallo stesso Bronn (Broc. laevis), ed a tutte queste il Biondi aggiunse le seguenti: Brocchia similis, Brocchia cechini, B. Bel lardi , B. Bcnoitii , B. Stoppani, B. Seguenzac c Br. lae- vis. Queste specie son diligentemente descritte, e riportate ai vari ter- reni cui appartengono; solo ci pare che, fra esse ve ne sian i alcune che si potrebbero riguardare come semplici varietà (Monografi.; del genere Brocchia — Letta nella seduta del dì 8 Gennaio 1863 — Atti Gioenii serie 2.a voi. XIX.0 pag, 171.) Tre memorie di argomento geologico presentava alla Gioenia il preclaro Cav. Agatino Longo; una prima, cioè, sui vulcani estinti del Val di Noto, della qual terreni conto in altra nota, una seconda sul terreno di Gallagirone ( Memorie geologiche lette nella seduta del 10 Novembre 1864), ed un’altra clic contiene un saggio di geologia filo- sofica (Saggio di geologia filosofica letto nella seduta dei 9 Febbrajo 1865). Nella memoria, in cui si occupa del terreno di Caltagirone, e che porta per titolo — Colpo d'occhio geologico su quel terreno, 1’ autore dà una dotta ed interessante relazione delle condizioni geologiche e geognostiehe dello stesso , considerandolo per ogni verso, tanto dal- la parte della città che guarda il nord, come ancora dall’opposta: e ponendo Luna e l’altra sezione a confronto, crede dalle sue osserva- zioni trarre la indubitata conseguenza di esser tra loro alquanto diverse, prodotte da formazioni differenti, e da riportarsi ancora ad epoche diver- se nella cronologia del n stro globo. Descrive le varie rocce, dille quali non iscarsa serie di saggi presenta alla Gioenia, e non pure i fossili or- ganici che vi potè ritrovare, e quelli che ebbe agio di osservare nelle collezioni in Caltagirone esistenti. Dell’ arenaria tien conto , che al mez- zogiorno della città esiste, non che della formazione dell’ argilla blu e del calcario inannoso, non tralasciando esporre i suoi concetti geologici intorno a quei terreni, ed al livello dei mari che attorniano la Sicilia, i quali, egli sostiene, avere avuto altra volta un’elevazione maggiore. In quanto all’altro di lui lavoro che, comesi è detto, porta per titolo — Saggio di geologia filoso fica , titolo clic fa sospettare che le ve- dute geologiche attuali sian prive di logica ed antifilosofiche, noi ri- portiamo qui quanto ne disse il Segretario Generale della Gioenia prof. Carmelo Scinto Patti nella relazione dei lavori di quest’ Accademia du- rante l’anno XXXX.0 di essa. « Questo tema di grave importanza il nostro Socio ha preteso ri- « durre ad un semplice quadro con conclusioni da lui proferite in for- « ma dogmatica ed in forma inquisitiva. Però, pria di esporci i suoi « pensamenti, ama intrattenerci intorno alle teorie geologiche ed ai si- « sterni che sono più in voca sulla origine e sulla struttura del globo:» « Qui l’Autore, non trovando a consona delle sue vedute quanto « da taluni classici è stato dettato, si dà a combattere talune teoriche « c classificazioni di terreni, che nello stato attuale della scienza so- « no le più generalmente ammesse. Infine, avvertendo di non potere «comprendere in una sola memoria, qualunque fosse l’estensione, « tutta quanta la geologia filosofica, si limita a presentarne lo scliiz- « zo sotto forma di aforismi, che estende al numero complessivo di «ottanta. L’Accademia ha declinato in modo solenne da qualsiasi re- « sponsabilità intorno alle asserzioni ed alle opinioni emesse da eia- « scheduno dei suoi componenti in questo recinto. Quindi, accennando « in questo resoconto alle idee messe in campo dal nostro socio negli «accennati suoi lavori, non si sente da noi menomare per nulla il ri- « spetto dovuto a tanti distinti Geologi, coi quali il nostro socio por- « ta discorde opinione. (Atti Gioenii, serie 3.a, voi. 1°, pag. 9). Lavoro di non lieve interesse per la paleontologia siciliana è quello del prof. Gaetano G. Gemmellaro sulle Capri nell'idi dell- Ippuritico dei dintorni di Palermo (Atti Gioenii, serie 2*, voi. XX.0, pag. 87) (Calcario di Palermo — Iloffinan in parte). Il chiaro autore prende le mosse dal discorrere la storia dei generi Caprinella ( circoscritto seccondo Sliarpe 173 — e Woodward), Caprina e Caprotina ; passa in seguito a ricercare i rap- porti che passano tra le conchiglie appartenenti ai mentovati generi , aflìn di rilevare, se queste conchiglie possano riferirsi ad un solo tra essi, contandovi eziandio un altro genere da lui creato (Sphaeruca- prina) con la specie sphaerucaprina di Woodward , c dopo accurato esame scende alla conclusione seguente. « Dal confronto dei loro ca- « ratteri principali risulta evidente che, sebbene queste pietrefatte ne « presentino di comuni, le loro affinità non sono tali da farle considera- « re come specie appartenenti ad unico genere, ma anzi che ne costi- « tuiscono quattro generi ben distinti c circoscritti. » (Atti Gioenii , serie voi. pag. ) Forma quindi una famiglia, la famiglia, cioè, delle Caprinellidee, nella quale riunisce i generi di appresso. 1. Caprinella D' Orbigny — 1847. 2. Caprina C D: Orbigny — 1 823. 3. Caprotina D’ Orbigny - 184 — . 4. Sphaerucaprina — Gcinmellaro: 21865. Ma a ciò egli non si arresta; perciocché fa conoscere , che le Ca- prinell idee non possono andar confuse con le Rudistc , e devono sta- bilire l’anello intermediario per cui queste ultime alla Chamidec con- giungonsi : talché per il genere Caprotina la famiglia delle Caprinelli- dee si pone a contatto colle Rudiste, mentre per il genere Sphmruca- prina si lega alle Chamidec. Viene in seguito alla esatta specificazione di quelle tra le Capri- nellidee siciliane delle quali egli ha potuto conoscere le due valve sopra un buon numero di esemplari. Cosi al genere Sphaerucaprina ri- ferisce la specie Sphaerucaprina di Woodward ; al genere Caprina la. C. communis Geni meli., la C. Doderleini Gemmell. e la C. Aguilioni D’ Orbigny; al genere Caprinella la C. caput-acquei Cemmel., la C. Bay- lei Gemmell., la C. gigantea Gemmell , la C. Sharpei Gemmell. , la C. bicarinata Gemmell., e finalmente al gen. Caprotina la C. Rocmeri Gemmellaro. A tutti questi lavori che trovatisi depositati negli Atti dell- Ac- cademia Gioenia si potrebbero aggiung 're quelli che noi abbiamo pub- blicato, i quali moltissime osservazioni e descrizioni zoologiche riguar- danti gli organici fossili contengono , le quali crediamo non esser del tutto inutili alla geologia, ed alla paleontologia della Sicilia. Ma, non giudicando convenevole fermarci sui nostri proprii lavori quanto sugli ATTI ACC. VOI. II. 24 — 174 altri di cui si è data superiormente esposizione, ci contentiamo di in- dicarli soltanto. 1. Catalogo ragi mato delle conchiglie viventi c fossili di Sicilia ec. Atti Gioenii , serie I.a, voi. XV.0, pag. 187; voi. XV.0, pag. 349; voi. XVI0, pag. 49; voi. XVII0, pag. 53; voi. XVII0, pag. 163; voi. XX.0, pag. 101 ; voi. XX.0 pag. 343. 2. Monografia dei generi Thraeia e Clavagella per servire alla fau- na siciliana,— Atti Gioenii, serie I.a, voi. XIX.0, pag. 109. 3. Cenno di due generi malacologici non riportati finora come si- ciliani — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. II0, pag. 435. 4. Descrizione di una nuova conchiglia fossile di Sicilia — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. II.0, pag. 437. 5. Memoria 2.a zoologica — Descrizione di varie specie nuove di conchiglie viventi e fossili della Sicilia— Atti Gioenii, serie 2.a, voi. III0., pag. 232. 6. Memoria 2 a, zoologica — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. III.0 7. Osservazioni ed aggiunte alla Fauna del Fhilippi —Parte la. — Atti Gioenii, serie 2. a, voi. III.0, pag. 4M — Parte 2.a Atti Gioenii, serie 2a, voi. X.° 8. Descrizione delle conchiglie fossili di Gravitelli presso Messina — Atti Gioenii, serie 2.a,vol IV.0, pag. 57. 9. Monografia degli echinidi viventi e fossili della Sicilia — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. VI.0, pag. 53; voi. VI0, pag. 189; voi. VII.0, pag. 229; voi. Vili0, pag. 149; voi. Vili.3, pag. 371. 10. Appendice 1.a, alla monografia degli echinidi viventi e fossili della Sicilia — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. X°, pag. 215. 11. Monografia del genere Coronula — Atti Gioenii, serie 2a, voi. IX.0, pag. 57. 12. Descrizione di alcune nuove specie di conchiglie siciliane — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. IX.0, pag. 67. 13. Osservazioni di zoologia siciliana distribuite in più memorie — Memoria 1 ,a, che contiene la descrizione di alcune nuove conchiglie fossili di Pachino — Alti Gioenii, serie 2.a, voi. XV.0, pag. 285. 14. Descrizione di lina nuova Brocchia inserita nella monografia del gen. Brocchia del Prof. Salvatore Biondi — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. XIX.0, pag. 210. 15. Osservazioni di zoologia siciliana —Memoria 2.a clic racchiude — 175 - la monografia delle Chemnitzie viventi e fossili della Sicilia — Atti Gioe- nii , 3a serie. 16. Descrizione di alcuni resti fossili di grandi mammiferi rinve- nuti in Sicilia, preceduta da alcune considerazioni sui mammiferi viven- ti e fossili in generale e su quelli della Sicilia in particolare — Parte 1.a, Capitolo I.° — Atti Gioenii , serie 2a ., voi. XX0, pag. 281 — Parte 2.a, capitolo 2.°, voi. XX°, pag. 328. 17. Descrizione di una nuova Ammonite siciliana inserita negli at- ti della Società Cuvieriana di Parigi, anno 1843. 18. Catalogo delle conchiglie fossili di Nizzeti inserito nell’opera di Sir Carlo Lcyll -Le lave del monte Etna formate sopra rapidi pendìi (Transazioni filosofiche di Londra). Però a compiere il quadro che abbiamo tentalo di abbozzare di tutto quanto si è fatto in geologia e p deontologia dai Gioenii, racchiuso in questa lunghissima nota (che, torniamo a dirlo, ci vorrà esser per- donata dal benigno lettore sulla considerazione di poter riuscire utile a chi, forse ignorando, quanto i componenti dell’ Accademia Catanese abbian su quelle materie prodotto sotto la spinta dell’ egregio Carlo Cem- mellaro, ne volesse acquistar qualche contezza), è mestieri toccar degli altri lavori di simil genere che i Gioenii han reso di pubblico diritto, i quali, sebbene dei volumi della mentovata Società non facciali parte, tuttavia son da considerarsi ad essa pertinenti, avvegnaché indirettamente, e tutti di spettanza alla geologia ed alla paleontologia della Sicilia. Que- sti lavori pochi non sono, nè di poca importanza, e solo ci duole non poterne qui fare ampia esposizione. Ci contenteremo però di brevemente accennarli. Pietro Calcara da Palermo, che succedette al Paci ni nello insegna- mento della storia naturale nella R. Università degli studii in quella ma- gnifica c culta Città, al quale deve molto la conchigliologia siciliana, trop- po presto mancato alla scienza ed alla patria, diversi lavori pubblicò, che non inutili, tornarono alla geologia ed alla paleontologia della Sicilia. Egli primo descrisse le conchiglie fossili di Altavilla presso Palermo, tra le quali molte specie rinvenne nuove per l’isola nostra, alcune in- teramente estinte ed altre viventi non più nel mediterraneo , ma in mari di lontanissime regioni. La descrizione di queste conchiglie forma l’argomento di una memoria stampata in Palermo nell’anno 1811, la qua- le porta per titolo: Memoria sopra alcune conchiglie fossili rinvenute neh - 176 la conirada di Altavilla. Alla descrizione delle conchiglie e di altri organi- ci fossili siegue quella topografica dei punti principali in cui quei resti or- ganici furon rinvenuti: e sebbene si faccia a dimostrare non esser tutti di uguale costituzione, tuttavia quella distinzione non ci è sembrata sod- disfacente, e si dee al chiaro Prof. Seguenza averla in questi ultimi tempi posta in luce in una sua memoria, nella quale del Miocene esi- stente in quella contrada ed in altri punti dell’isola attentamente si occupa. Un cenno topografico dei dintorni di Termini lo stesso Calcara re- se di pubblica ragione in Palermo nel 1842, nel quale la geografia la geognosia e la geologia espone di quella località. Questo lavoro è poco o nulla interessante considerato dal lato geologico; potrebbe però riguar- darsi come utile in quanto agli annessi cataloghi di molluschi, insetti, crostacei e piante che in quei luoghi vivono. Interessante però a noi sembra la des • frizione che egli dà dell’ Iso- la d’ Ustica, pubblicata in Palermo nello stesso anno 1842, estratta dal Giornale Letterario N. 229. Quest’isola è studiata geograficamente, geo- gnosticamente e geologicamente. Le rocce, che la costituiscono, sono tutte ben distinte e classificate, e vi sono indicate le specie organiche fossili che contengono. Sieguono a tale esposizione i cataloghi delle pian- te che germogliano e crescono nell’ isola, non che quelli degl’ insetti, dei pesci, dei molluschi e dei crostacei. Altri lavori produsse il Calcara che hanno qualche attinenza colla geologia e la paleontologia della Sicilia, c molte conchiglie fossili de- scrisse, che nei varii terreni di quest’isola nnvengonsi, in varie me- morie zoologiche, delle quali per amor di brevità tralasciamo di occu- parci. Però, è a dire, che di alto interesse per la paleontologia della Si- cilia sono i lavori del Barone Anca, del prof Gaetano G. Gemmellaro e del Seguenza. L’egregio Barone Anca, amantissimo delle cose naturali ed univer- salmente conosciuto, si è fruttuosamente occupato delle caverne ossife- re delle circostanze di Palermo. La grotta di S. Ciro era stata da mol- to tempo innanzi scoverta e studiata in tutti i suoi particolari, e ognu- no sa a quante discussioni, e a quali discordanti giudizi abbia dato luogo quell’ importante scoprimento , deipari clic quello di altre due grotte, dell' Olivella, cioè, e di Billiemi. A queste se ne devono ag- - 177 devono aggiungere altre tre : la prima presso Carini nella montagna lunga, detta grotta Maccagnone, e le altre due presso Siracusa. Sino al 1859 non si uvea alcuna certezza di esistere nelle grotte ossifere della Sicilia dei resti fossili appartenenti a mammiferi carnivori ; quelli che si cren discoperti spettavan tutti a mammiferi erbivori, tuttoché l’Aba- te Scinà e i signori Pentland e Desnoyers avessero rinvenuto qualche dente riferibile a cane od orso. Ma 1’ illustre Falconer , a quell’epoca visitando la Sicilia, per istituire esame comparativo tra le ossa fossili di altre regioni con quelle di quest’ isola, rese evidente 1’ esistenza dei resti fossili appartenenti ai generi Felis, Hyena, Ursus, e fu il primo a rinvenire nelle grotte ossifere della Sicilia delle armi di selce, mo- numenti della industria umana primitiva. Però, tra i naturalisti della Sicilia devesi al Barone Anca l’onore di avere il primo scoverto altre due di quelle grotte, l’una, cioè, al- la estremità settentrionale del Monte Gallo presso Mondello, detta Grot- ta Perdala, e 1’ altra conosciuta sotto il nome di Grotta S. Teodoro , a piè del monte S. Fratello, a metà di cammino da Palermo a Messina. Queste due grotte sono esattamente descritte in una nota in francese pubblicata nel Ballettino della Società Geologica di Francia, 2.a 'serie t. XVII.0, pag. 684, anno 1860. Nella prima di esse scoprì varie ossa c poche armi di selce, molte però, nella seconda, la quale è assai più dell’ altra interessante, perchè fornì all’ illustre scopritore grande copia di ossi spettanti a mammife- ri erbivori e carnivori, e, ciò che più monta, delle mascelle intiere coi loro denti molari e canini di carnivori, che tolsero ogni dubbio sul la esistenza di questi ultimi resti organici. Un’ altra bella memoria, che fa seguito alla mentovata nota, pub- blicò lo stesso Barone Anca nel 1867, che porta per titolo — Paleoet- nologia sicula, nella quale tutte le specie a cui le ossa ritrovate nel- le grotte Ferriata, di Carburaticeli , di Maccagnone e di S. Teodoro si debbon riferire, determina quasi completamente, e tutte le armi di sel- ce rinvenute descrive, le quali sono altresì ben figurate. In questo la- voro rammenta ai naturalisti un’arma di pietra che il Cupani figurò nel suo Pamphiton, r, zelantissimo dell’onore siciliano, crede doversi attribuire a quel celeberrimo uomo, prima del Falconer, la gloria di avere scoverto per la prima volta, un saggio della industria dell’uo- mo primitivo. Ma, è a considerare che l’onore che può accordarsi al Cupani sia quello solamente di aver trovato a caso un oggetto che - 178 — getto che eccitò la sua curiosità, che fissò la sua attenzione, e conob- be non esser tale da mandarsi in oblio, anzi meritevole di esser tra- mandato alla posterità; ma egli non riconobbe in quella pietra una arma lavorata dalle mani dell’ uomo antistorico. Per noi una tal gloria, la gloria cioè del rinvenimento scientifico e non , direni così, materiale, si deve al Falconer, e dopo di lui al Barone Anca , di cui le dotte e laboriose ricerche gli danno incontra- stabile il diri tto al rispetto degli uomini della scienza. Ma qui non si arrestano le perquisizioni e gli studi del sul loda- to naturalista, imperocché in unione al prof. Gaetano Giorgio Gemmellaro, diede nello scorso anno alla luce una interessante c completa monografia degli elefanti fossili siciliani. Ci duole non poterci fermare su questo originale lavoro; diremo solo che esso comprende la descrizione di quattro specie di elefanti, cioè, Elephas antiquus — Falcon. , Elephas armeniacus — Falc., Elephas meridionalis — Nest., ed Elephas afriea- nus — L.; e che nulla manca alle descrizioni, esatte son le diagnosi, di- ligenti i disegni; ed una tavola trovasi annessa alla memoria, che ap- presenta la distribuzione geografica e stratigrafica degli elefanti che vis- sero un tempo nell’ isola nostra. Ma, se al Barone Anca deesi la scoverta di due grotte ossifere in Sicilia, un’altra ancora si dee alle ricerche del prof. Gaetano G. Gem- mellaro. E questa la grotta di Carburaticeli ad ossame e ad e rmi di pietra de’ dintorni della Grazia di Carini, di cui la descrizione vide la luce in Palermo nel 1 866; grotta in cui furono trovate, oltre ai resti fossili di mammiferi, varie armi in selce, come punte di freccia, di lancia, coltelli e grattatoi. In quella descrizione si contengono delle belle osservazioni sulla provenienza dei resti organici che in quella grotta si trovano. Altre memorie paleontologiche del medesimo autore è qui uopo notare, come quella di una sferulide del Turoniano di Sicilia, e prin- cipalmente quella sulle Nerinee della Ciaca dei dintorni di Palermo , estratta dal 4.° volume del Giornale di scienze naturali ed economiche « (Palermo 1865), la quale racchiude la distinzione di molte specie di Nerinee, delle quali la maggior parte nuove, ed infine la monografia del genere Hi cria di Matheron, in cui si riportano sette nuove specie. Veniamo ora ai lavori paleontologici del prof. Giuseppe Seguen- — 179 — za da Messina, da noi anteriormente citato con onore, naturalista di- stinto, operoso, instancabile. Egli ha perlustrato di punto in punto il circondario di Messina, oltre di aver visitato, molti altri luoghi della Sicilia, nonché del continente; hi studiato attentamente la geologia di quel Circondario, ne ha ricercato i fossili organici , li ha ben definiti e bene ordinati, ed ha pubblicato dei lavori paleontologici di molta im- portanza, specialmente sui brachiopodi e i coralloidi fossili di quella regione, di cui possiede ricca e pregevole raccolta, che abbiamo non ha guari avuto il piacere di osservare e di ammirare. In questa nota, non potendo presentare nemmeno un breve sunto di quei lavori, ciò che faremo in appresso in altre nostre pubblicazioni, ei pregiamo al- meno indicarli. 1 . Paleontologia malacologica dei terreni terziari del distretto di Messina — Lavoro estratto dal 1.° volume delle memorie della Società Italiana di scienze naturali — Milano 18G5. In questo primo lavoro in cui la paleontologia malacologica delle rocce terziarie del distretto di Messina è studiata nei suoi rapporti zoologici, paleontologici e strati- grafici, vengono descritti i brachiopodi che in quelle rocce si conten- gono, appartenenti ai generi Terebratula, Terebratulina , Valdheimia, Megerlia, Miiurrisia, Àrgiope, Cranìa. Vàrie ,.tra le specie ( numerate e descritte son prodotte come nuove. 2. Un seguito di questo lavoro comprende resposizione dei pte- ropodi cd cteropodi fossili dei mentovati terreni, e spettanti ai generi Santhina e Carinaria in quanto ai primi, c gli altri ai generi Hyalea, Diacria, Cleodora, Spirialis e Creseis. 3. Disquisizioni paleontologiche intorno ai corallarii fossili delle rocce terziarie del distretto di Messina. Quest’opera, di cui la prima dispensa venne pubblicata in Torino nel 1863 , e la seconda ed ultima nel 1864, è realmente pregevole sotto ogni riguardo, c racchiude un grande numero di specie riportate come nuove , e qualche genere nuovo eziandio. Oltre a questi lavori del Segucnza son da notarsi ancora dello stesso autore, 1 .° le notizie succinte intorno alla costituzione geologica dei terreni terziari del distretto di Messina ; 2.° Sulla formazione mio- cenica di Sicilia, ricerche e considerazioni ; 3.° Sulle importanti rela- zioni paleontologiche di /alane rocce cretacee della Calabria con al- cuni terreni di Sicilia e dell' Africa settentrionale, ir. cni si nota al- - 180 - dir dell’ autore stesso « un fatto rimarchevolissimo c che colpisce a <( prima giunta il geologo osservatore, cioè , quello della esatta corri- * spondenza dei caratteri geognostici dei vari lembi del cretaceo me- « dio, che s’ incontrano nelle diverse contrade dell’Italia meridionale ». 11 doli. Giuseppe de Natale messinese pubblicava nel 1851 un opuscolo intitolato —Ricerche geognosliche sui terreni del distretto di Mes- sina. Questo lavoro racchiude molte imperfezioni in quanto alla deter- minazii ne dei fossili organici di quei terreni, c specialmente in riguardo ai polipai. Il Seguenza ha fatto rilevare gli errori del De Natale; pure bisogna tenere in calcolo , che quest’ ultimo fu uno dei primi tra i naturalisti siciliani, (die dopo Scilla siansi occupati della geologia di quei luoghi; e nel 1851 le condizioni nostre erano ben diverse, e molto in- felici sul conto delle corrispondenze scientifiche e di tutti gli altri mezzi necessari alla buona riuscita degli studi naturali. i'ria di dar fine a questa esposizione , è giusto accennare ad al- cuni altri lavori, che noi stimiamo pregevoli e che la geologia riguar- dano , cioè, l’opuscolo del valente Prof. Giuseppe Mercurio da Giarre sulla salsa di Fondachello; l’altro sulla eruzione fangosa di Paterno del chiarissimo Prof. Orazio Silvestri, comunicato all’ Accademia Gioe- nia, e pubblicato in Catania nel 18GG, lavoro in cui riluce, come in tutti gli altri del sullodato professore la sua nota abilità chimica; il bel rapporto geologico c idrologico sul Monte S. Michele presso Caltagi- roììe, presentato al Consiglio Comunale di questa Città dal dottissimo Giu- liano Alfieri chimico e dall’egregio prof. dott. Vincenzo Inco relatore, ed in cui pare a noi, nulla manchi alla geologica e gcognoslica disa- mina di quel terreno. Finalmente ricorderemo con piacere un opuscolo, breve sì, ma interessante del dotto ed erudito Somma dott. Antonino sulle stratificazioni alluviali del Fasano e della Licatia, giacenti nella prima regione dell’Etna, letto nell’ Accademia degli Zelanti di Aci-Rea- le, nella tornata del 4 settembre 1845, e pubblicato nel Giornale del Gabinetto letterario dell’ Accademia Giocnia — voi. XI.0, bimestre 3°. È molto soddisfacente, dopo la descrizione geognostica delle colline del Fasano e della Licatia, l’ interpetrazione geologica che l’autore dà di quelle singolari stratificazioni, riguardandole come il risultato di un bacino idrografico formatosi in quei luoghi. (8) Queàta memoria mostra incontestabilmente quanto sieno ne- cessari al geologo i viaggi per giudicare rettamente del modo con cui - 181 si è formata la crosta del globo; cd è questo il vero mezzo col quale ripetendo in vari luoghi le osservazioni di fatto, si può acquistare quel- la acuta e penetrante vista scientifica, che può qualche volta dalla so- la esteriore cd apparente conformazione delle montagne , o meglio, da tutto ciò che forma la loro fìsonomia, fare arguire della loro interna costituzione. Ad esempio del celebre prof. Jameson, il Gemmellaro stu- diò la configurazione esterna di alcune tra le montagne della Sicilia, e precisamente quelle di gneis e di micascisto del distretto di Messina, e quelle di calcareo di Taormina, e pose a paragone sotto il riguardo medesimo le nostre montagne con quelle di Ginevra, di Lisbona, di Gi- bilterra, di Àfrica e di altri luoghi. Risultalo principale di questi importanti confronti fu quello di aver fissato le differenze, che queste diverse montagne presentano nel loro esterno, differenze che sono in rapporto colla loro intcriore fattura. Cosi il terreno secondario dell’ isola nostra differisce da quello di transizione, offrendo il primo per carattere l’ inclinazione degli strati: il perchè le montagne che esso formi presentansi acclivi ed inaccessibili da un lato e perpendicolari dall’opposto', il calcareo terziario si dimo- stra colla forma spianata ed orizzontale dei suoi strati ; le colline di gesso son controdistinte dagli angoli salienti e dalle concavità degli orli superiori ; il terreno arenario dalle sue eminenze convesse cd ar- rotondile ; 1’ alluviale dal luogo infimo che occupa nelle valli c dalla estensione ed avvallamento delle sue pianure , ed il vulcanico dalla forma conica elevata e dall’aspetto di tetricità che appresenta. Queste caratteristiche tratte dalla fisonomia delle varie montagne, e clic sono il frutto di lunghe peregrinazioni e di studi profondi , servono di nor- ma inapprezzabile nella ricerca della loro natura ed intima loro co- stituzione. (9) Descrizione geognostica della costa meridionale di Messina. Letta all’Accademia Gioenia nella seduta del 13 marzo 1834 — Atti Giocnii , serie 1 .a, voi. 1 0°, pag. 269. Questa descrizione geognostica , come bene scrisse lo Àlessi « è « tutta quasi originale e propria di lui. » (Relazione per l’anno X.° della Gioenia, serie 1.a, voi. XI0, pag. 18). Nulla dicendo del modo con cui, secondo le parole dello stesso Alessi (1. c.), « delineo 1’ incante- « vole scena, che dalle lussureggianti falde dell’Etna sino al famoso « porto mamertino contemplasi » è però da dichiararsi sommamente ATTI ICC. VOL. II. 20 1 - 182 — scientifico ed esatto l’esame dei vari terreni , che quella costa com- pongono , e quanto è stato da lui detto in riguardo alla natura di quei terreni , alle rocce di cui sono costituiti , alla loro giacitura , all’ epoca di loro formazione ed ai rapporti che conservano fra loro , avendo anco dimostrato, che essi succedonsi e stanno con l'ordine stesso con cui i geologi hanno in generale stabilito. L’importanza di questo lavoro non è venuta mai meno in onta alle modificazioni varie che i geologi hanno apportato alla classificazione dei terreni, perchè lavoro primo, ed avente, come si disse, il carattere della originalità. In questo stesso lavoro, ponendo a paragone il terreno che cir- conda i laghetti del Faro con quello che attornia il porto di Messina, ne deduce, che forse una volta , esistendo un lago dove oggi questo porto esiste , quello sia stato dalla mano dell’ uomo aperto. È questa una congettura, nè possiam dire quanto sia probabile: tuttavia mostra quanto acuto osservatore sia stato il Gei mcllaro. (10) Sul terreno giurassico di Taorn.ina — Atti Gioenti, serie 1 .a, voi. XII. 0 Il nostro autore nella memoria sulla costa meridionale del Valle di Messina , di cui sopra abbiamo dato un cenno , aveva annunziato all’ Accademia. Giocnia, il terreno di Taormina, molto esteso e di gran- de importanza , per lo innanzi oltre ogni dire trascurato e creduto poscia a superficiali osservazioni terreno di transizione , appartenere alla formazione giurassica. Due anni dopo egli portossi nuovamente a visitare quei luoghi , onde viemmeglio constatare i caratteri di quel terreno, e provare incontrastabilmente di non andare in fallo il suo giudizio, poco contando, per suo costume, com’egli dice, sopra le re- lazioni degli altri (Atti Gioenii. serie 1 .a, voi. XIII.0, pag. 7); ciò che infatti avvenne; e dopo aver visitato ed osservato per la seconda volta il terreno di Taormina e quelli eziandio di Gallidoro , Limina , Forza e S. Alessio, confermando cièche detto ne avea precedentemente, istituisce paragone tra il terreno di Taormina e quello d’Inghilterra; ed ecco come si esprime: « Volendo poi riferire le rocce di questo terreno al tipo normale « d’Inghilterra, ho trovato una sola del piano inferiore, o sia calca- « rio grigio ad entrochi , che alla inferiore oolite possa riferirsi. Del « piano medio il calcario rosso a belemniti coll’ alternante marna blù « ed il calcario grigio superiore appartenere al f ovest marble il primo 183 « ed al cornbrash il secondo, ed in seguito poi all’ oxford clay la marna « bianca; al coralray il calcario ad encreniti e coralli; al Kimmeridge « clay l’argilla di pietra oolite, ed al Portland stone finalmente il cal- « cario oolitico biancastro del piano superiore (Atti Gioenii , serie 1.a, « voi. XIII0, pag. 8 ). (11) Sul terreno di Carcaci e di Troina. Memoria letta all’Acca- demia Gioenia nella tornata ordinaria del 10 febbrajo 1838 — Atti Gioe- nii, ser. 1a, voi. XIV.0 pag. 179). Avvegnaché a prima giuntala mentovata memoria sembri limitarsi alla descrizione geologica di un terreno non molto esteso della Sicilia, tuttavia le osservazioni che in essa racchiudonsi, le notizie varie, i con- fronti tra 1’ accennato terreno e gli altri di quest’ isola, e le illazioni importanti che se ne traggono, rendono assai pregevole il lavoro, e tale da riuscire interessante alla geologia di una gran parte della Sicilia, e principalmente per lo studio che ha dovuto farsi sulla formazione cretacea in essa esistente. È veramente indispensabile offrire un breve sunto di questo utilissimo lavoro: ma non potrebbesi al certo averne uno migliore di quello che fu scritto dal chiaris. prof. Di Giacomo nel- la Relazione Accademica per l’anno XIV.0 dell’ Accademia Gioenia; e noi crediamo nostro debito riportarlo qui per intero. « Tra il terreno terziario del vai di Noto, ei dice, e la catena dei « monti Eròi, ossia tra la formazione del calcario Iblèo, e quello del « Giura che si stende sopra le antiche rocce del valle di Messina, un « gruppo di montagne si frappongono, come quelle di ludica, i colli * di Centorbe e Recàlbuto, quelli di Carcaci e Plaga e le terre di Troi- « na. Dalla parte occidentale dell’ Etna e di Carcaci il terreno è co- * perto da innumerevoli correnti di lave vulcaniche eruttate da altret- * tanti conici monticelli, fra i quali il monte Minardo , che sembra essere « lino dei più bassi crateri dell’ Etna. Queste correnti di fuoco vulcanico « confinano in Carcaci colle formazioni ncttuniche, pcrlocchè il maestoso * Simcto che dal lato occidentale del monte discende,, ha dovuto al- « quante volte cedere il loco alle lave, e ritorcendo il suo corso, e cam- « biando il suo letto ha formato delle frane nelle antiche lave, e quindi « osservasi il rinomato Salto del pecorajo, le Volte di calandrino, ed in- « fine la cascata delle intere acque del Siineto formante il Salto di pali - « cello così detto, dell’altezza di palmi cento circa, che non la cede alla t rinomata cascata di Tivoli. Occupa pure una gran le estensione di - 184 - « suolo in quella tenuta la lava prismatica, che addimostra essere la più « antica in quel sito, e sopratutto ponendola a paragone di quella che « forma il Salto del pecorajo, scorsa probabilmente nel \ 823. Un’argilla « plastica, bluastra, duttile e fina al tatto si giace sotto all’ antica lava « prismatica; e nella montagna di Centorbi, per Sud c Sud-Est, ritro- « vasi la gran formazione dell’argilla bili di Sicilia, con gessi e zol- « fi. Da Corcaci a Troina continua il gres, il calcario oolitico, e, sotto « la marna bluastra rossa violetta, l’arenaria, l’ argilla. E qui 1’ auto- « re non avendo potuto rinvenire per nulla delle conchiglie fossili, « onde assegnare, con sicura guida geologica, l’epoca di formazione « ai terreni descritti , agli altri non men dubbi caratteri si appiglia « della reciproca giacitura delle rocce, e con lungo ragionamento geo- « logico, sotto la scorta di Omalius d’Halloy e dei moderni geologi, « giudica come segue. Essendosi conosciuto, ci dice, in Sicilia qual « terreno secondario quello di ludica, di Rammacca, di Torcisi e di « Scalpello, cui è stato assegnato il posto della formazione della cre- « ta anche dal eh. Coslant-Prevost, il quale da monte S. Giuliano di « Trapani, monte lirico, Sferracavallo, Caputo, Mozzojuso , Castro-Nuó- « vo, Caltauturo, Selafani, Golesano, Caltaniss. tta sino a Judica lo fa « continuare; ed essendosi osservato ancora, secondo lo stesso Gem- « mellaro, un tal terreno nel vai di Noto o precisamente in Boschi- « tei Io di Yizzini, sottoposto al calcareo Iblèo, e forse esistente sino « al Capo-Pachino, ne conseguita, che a cominciar da Centorbe ed in- « eludendo tutto il descritto territorio di Troina, quei terreni debbono « riferirsi alle inferiori rocce della formazione della creta, ed alle su- « periori del giurassico. Quindi per la giacitura delle rocce della « Sicilia sembra oramai dimostrato, che lo gneis, il micascisto , Io « scisto argilloso, la grauvana, ed il gres antracifero della provincia di « Messina non formino, che una serie di rocce parallelle a quelle del- « la Calabria; che il terreno giurassico ad essi si appoggia formando « una linea da levante a ponente, cominciando da Taormina sino a « S. Giuliano di Trapani e formando l’alto terreno di Sicilia con man- « dare qualche braccio di continuazione verso Sud; che la formazio- « ne della creta c stata la prima ad appoggiarsi alla roccia giurassica « longitudinalmente da Ovest ad Est; clic a questa formazione sono ve- « nuti sopra finalmente, per mezzogiorno e per levante , il calcario terziario Ibleo, e per mizzr, giorno e parte di ponente la gran for- 185 « inazione dell’ argilla bivi dell’ Isola ». (Atti Gioenii — Sor. 1a, voi. XV.# ). (12) Sul calcareo saccaroide di Favarella in Provincia di Mes- sina. (Giornale il Faro — Messina 1836). Di questa memoria, che non abbiamo avuto sott' occhio, possiamo dire soltanto, che in essa dimostrasi che il calcareo giurassico di Fa- varella venne tramutato in calcareo saccaroide per 1’ azione sur esso spiegata dalle rocce pirogeniche con le quali fu lungamente in contatto. (13) Sul modo di formazione elei rognoni silicei ec. (Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia — fase. XI0, — anno 1832). Si sa come la formazione dei rognoni silicei nel calcareo della creta abbia attirato 1’ attenzione dei naturalisti, e come questi siansi affa- ticati a darne pieno schiarimento II nostro autore col soccorso della chimica tentò indagare la ragione di quel fatto, e ne diede tale una spiegazione, che, per il tempo in cui quello studio venne da lui fatto, poteva dirsi veramente soddisfacente. (li) Descrizione di una carta geologica di Sicilia — (Giornale di Palermo, fascicolo 1 34). Pubblicata nel Giornale di scienze, lettere ed arti per la Sicilia clic vedeva la luce in Palermo, venne dallo autore presentata un anno dopo alla Società geologica di Strasburgo c da questa illustre Società favorevolmente accolta — Vedi Bull.de la So'c. Geol. de Erance — 1834. (15) Cenno geologico sul terreno della piana di Catania, letto all’ Accademia Gioenia nella seduta ordinaria del 19 gennaio 1837 (Atti Gioenii, scr. I.a voi. XIII.0 pag. 117). Dopo la pubblicazione di questo lavoro chiunque avesse voluto delle condizioni geognostiche e geologiche occuparsi della piana di Ca- tania, nulla al certo avrebbe potuto aggiungere a quanto dal Gemmel- laro ne fu detto , avendola egli in modo descritta c caratterizzata da non lasciar dubbio alcuno sulla natura del terreno di cui è costituita e sul modo di sua formazione. Egli fecesi ad esaminarla e studiarla in tutti i punti e per ogni verso, e ci duole non poter seguire l’autore in tutte le ricerche e le osservazioni da lui fatte su quella immensa pianura, che è sorgente inesauribile di ricchezza per la bella Catania; però crediamo pregio dell’opera riferire alcune delle parole che si con- tengono nel mentovato pregevolissimo cenno , e che la caratteristica netta e recisa di quel terreno racchiudono. « Volendo ora, egli dice , ragionare della fisica costituzione di uc- - 186 - « sta pianura ci verrà facilissimo il comprendere , come essa « non possa altrimenti considerarsi che qual terreno all uviale, e che « il sito da essa occupato doveva essere una volta la parte più ad- « denteata del golfo, che oggi appellasi di Catania. « Il geologo situato nel centro di questa piana, se volge lo sguar- « do, osserva come le montagne secondarie di Caronìa e della Placa, ir unite a quelle terziarie di Centorbe vadano intorno al fianco occi- « dentale dell’Etna: che giunte presso Paterno, le discendenti colline « si diriggono a Sud Ovest per riunirsi a quelle di Torcisi, e poscia « a quelle di Ramacea e di Palagonia: e da quel punto in poi, per la « catena Iblèa, direttamente corrono al Capo di Santa Croce, il quale « dalla sua acutezza e dal suo graduale spianamento fu detto una « Volta Xifonio. Il terreno compreso fra quel gran semicerchio non « solo non gli offre segno alcuno di elevata collina , e di resto di « antico terreno, ma piano, a guisa di un mare di terra, ed uniforme « nella natura e nella struttura, costituisce la piana di Catania. « Ciò basterebbe solo all’ occhio esercitato del geologo per rieo- « noscere in questo suolo il vero terreno di alluvione , che avanzandosi « in mare, ne ha gradatamente occupato l’antico sito; ma esiste pure « la irrefragabile prova prestata dalle naturali sezioni , che i fiumi ne « han fatto, scorrendovi a traverso , le quali le moltiplici sovrapposizio- « ni di distinti strati di materiali appalesano » (Atti Gioenii , serie 1 .a , voi. Ili, pag. 128 ). (16) Sulla causa geognostica della fertilità di Sicilia — Memoria letta all’Accademia Gioenia nella tornata ordinaria dei 2 Novembre 1837 (Atti Gioenii, ser. 1:a, voi. XIV0., pag. ). La fertilità dell’isola nostra, per quanto trascurata in gran parte, altrettanto universalmente riconosciuta, e come meravigliosa riguarda- ta , non solo per il modo rigoglioso con cui le piante vi vegetano, ma eziandio per la diversità delle regioni, e dei climi per cui il suo suolo capace si rende a dar vita e sostentamento a moltissime piante, che, sebbene appartenenti a luoghi diversi e distanti fra loro , in esso si veggono ciò nulla ostante riunite; la fertilità di Sicilia, noi dicevamo, ha fatto che quest’ isola sia stata disputata senza posa da vari domina- tori, che non han tralasciato mezzo alcuno, anche dilaniandola, per pos- sederla; dai Sicani, cioè, e dai Siculi, dai Fenicii e dai Greci, dai Gar- \ — 181 — taginesi e dai Romani, dagl’ Imperatori d’Oriente e dai Saraceni, da que- sti c dai Normanni, e via di seguito. Non è quindi da meravigliare, se la tanto celebrata fertilità del suolo siculo abbia attirato mai sempre l’attenzione degli agronomi, degli economisti e dei naturalisti, che di essa han formato argomento, serio oltre ogni dire, di ricerche e di studio. Fra tanti altri il nostro Gemmellaro ancor di ciò oceupossi, ed in un modo assai diverso, ricer- cando, cioè, di tanta feracità di suolo la causa geognostica. Sappiamo noi, è vero, clic la fertilità non solo dalla natura del suolo dipende, ma eziandio dalle condizioni dell’aria, di cui l’influenza non è però cosi facilmente spiegabile, come si potrebbe credere a prima giunta. Chechè ne sia, a noi pare, che di tutto ciò che debbe concor- rere alla vegetazione, la natura del suolo sia di maggior peso, c l’ in- fluenza che esercita la maggiore, c nel suolo noi comprendiamo non solo i minerali che lo costituiscono ma ancora le acque clic vi scorrono. E il lavoro del Gemmellaro , che abbiano per le mani, è perciò di una importanza assai grande; ed egli doveva riuscire a buon fine nella ricerca di cui si è detto, perchè , si può dire , passo a passo avea studiato la geognostica costituzione della Sicilia. Infatti , egli ha mostrato apertamente, come alcuni terreni di essa sian nulla o poco adatti alla vegetazione, come altri la favoriscano, ed altri ancora la rendano oltre ogni dire rigogliosa , distintamente indicandoli; ciò che, secondo a noi pare, potrebbe anco estendersi ad altri luoghi che colla Sicilia stiano in certi rapporti di somiglianza. Il Gemmellaro « osser- « va, dice il Di Giacomo (Relazione accademica per l’anno XIV0. del- « l’Accademia Gioenia — Atti Giocnii, scr. I*, voi. XV0, pag. 12) come « il terreno di periodo primitivo e di transizione, poco o nulla adatto « alla vegetazione, sia scarso in Sicilia, da Messina a Castrorcalc , « sebbene abbondi di miniere; come il secondario, più fertile, molti « boschi vi alimenti; e come il terziario, l’ alluviale, il vulcanico, di- « letto a Cerere ed a Pomona , occupi a preferenza quasi di cinque « sesti la maggior superficie dell’isola, la più fertile del mediterraneo. < Imperocché , tolto il piccolo braccio della catena degli Appennini « della Calabria, che passa a formare il terreno elevato del settentrione i della Sicilia da Messina lungo la costa del mar tirreno sino ai din- « torni di Palermo e di Trapani , terreno primitivo e secondario , il « quale non forma che il sesto dell’Isola, tutto il suo rimanente non - 188 - « presenta che terziarie formazioni interrotte a quando a quando da « qualche creste che si elevano di calcare secondario ». Qui il Di Giacomo rapporta alcune parole del Gemmellaro , che si contengono nella sua memoria, e che non possiamo trasandare. « Così « le vallate del Lilibeo, la ridente Partinico, la piana dei Greci, le cam- « pagne di Contessa e di Caltabellotta , l’antico e fertile suolo Agri- « geniino , il vasto tratto irrigato dall’ Imera meridionale, i campi di « Caltanissetta , di Enna, di Agira , le terre Centuripine e di Nicosia « e la Puglia della Sicilia la vasta piana di Caltagirone e di Catania « sono i terreni che celebre han reso sempre e rinomata la fertilità « dell’isola nostra ». (17) Sulla pretesa separazione della Sicilia dalla Calabria. Effe- meridi scientifiche e letterarie per la. Sicilia N. 78. Molte ragioni l’ autore adduce in questo articolo per provare che lo stretto di Messina sia un naturale avvallamento, anzi che uno spro- fondamento. A dippiù crede, che in tempi molto rimoti il mentovato stretto abbia avuto un’ampiezza di molto maggiore all’attuale. (18 } Sulla costa meridionale del Golfo di Catania — Memoria letta all’Accademia Gioenia nella tornata del 15 Luglio 1845 (Atti Gioenii , serie 2.a voi. 11° pag. 67). Questa memoria, oltre di essere pregevole per le belle osserva- zioni dall’autore fatte sul tratto di terreno ehc dall’ Àgnone si estende sino al Capo s. Croce, è pure molto interessante per la descrizione che in essa si dà di un cratere di sollevameuto nel luogo detto lo Arcile , da lui scoperto, come si è detto , per la prima volta. In tutto quel tratto di terreno , o meglio in quella costa , i vulcani marini , tanto pria che in seguito alla formazione del calcare terziario grossiere, agirono con molta attività. Dall’ Agnone all’ Arcile le rocce piroidi occupano il posto inferiore ; il calcareo trovasi frammisto alle rocce vulcaniche in varii luoghi dell' Agnone e nella costa S. Calogero , e questi materiali sembrano- essere stati tumultuariamente ammassati in quei siti, in cui per la vicinanza dei basalti a scorza vetrosa, pare che il fuoco abbia agito potentemente, in epoca però posteriore, depositando sul calcare i materiali pirogenici. Il cratere dell’ Arcile, di cui i caratteri sono evidenti , ebbe probabilmente a formarsi dopo ehe formaronsi le colline dell' Agnone; il che chiaro emerge dalla di- sposizione che le rocce prismatiche, il peperino ed il calcare preseli- 189 — tano nelle stratificazioni che si offrono dal littorale alla punta delle mandre, trovandosi le prime al posto inferiore, il peperino al medio e gli strati calcarei superiormente. Il dotto autore ha voluto andare più in là , ed ha creduto di poter fissare l’epoca in cui il centro vulcanico dell’Agnone mostrò al maximum la sua violenta azione, che fu secondo lui coeva alla for- mazione del calcare pettinifero : considerando appartenenti ad epoca posteriore i resti organici fossili di elefanti e di orso (probabilmente deirtlrsus spmleus, (di cui un dente abbiamo noi trovato nel luogo stesso) che si rinvengono nel sabbione conglomerato, che nella spiaggia esiste spinto dalla forza del mare fra i crepacci delle rocce calcari, al sabbione mede sin o frammisti. (19) — Sulla vera condizione delle miniere di Sicilia ( Atti Gioe- nii, serie 1 ,a, voi. XVIII pag. ) In questa memoria dimostrasi pienamente, come si è annuncia- to, non esistere ancora filoni metallici in quelle miniere, ma il piom- bo, ii piombo argentifero o la galena, 1’ antimonio ec., vi si ritrova- no in masse staccate e di varia mole. (20) Sulla formazione dello Scisto di All. Memoria Ietta all’ Ac- cademia Gioenia nella seduta del 12 Agosto 1847 (Atti Gioenii , se- rie 2.a voi. IV., pag. ) È questa una delle più elaborate memorie del Geminellaro, in cui trovasi disvelata la vera condizione geognostica dei terreni di Fiume di Nisi e di Alì, e in particolar modo la formazione dello scisto, che ivi si rinviene; e tanto più pregevole è la riguardarsi, in quanto che , attese le variazioni, le complicanze , i contorcimenti e tutte altre particolarità di quella roccia scistosa, rendevasi diffi- cile oltre ogni dire il poterla riferire ad epoca determinata nella se- rie geologica. Imperocché , lo scisto argilloso, sebbene predominante in quel luogo, è però così agglomerato col calcareo blù e rosso, ad una puddinga ed al gesso, che malagevole riesce raffermare se lc una di queste rocce sia alle altre anteriore o posteriore. E sebbe- ne i calcarei suddetti, avvolti in modo dallo scisto da esser gomi- tolati e contenuti entro la roccia scistosa, mostrino a prima giunta di essere stati anteriori allo scisto, dal quale pare essere stati ag- glomerati, tuttavia, non ostante la rassomiglianza di questi calcarei con quelli di Taormina, il chiaro autore ha dimostrato essere di ATTI ACC. VOL. II. 26 — 190 formazione posteriore a quella dello scisto, il quale non poteva per altro essere di data più recente, avuto in considerazione il rappor- to che esso mantiene colle vicine rocce delle montagne del Peloro ; e tutto ciò ha reso evidente col soccorso della paleontologia, che assai meglio di ogni altro mezzo giova a risolvere le quistioni di tal natura. Ecco quanto egli dice in comprova di ciò, « La pre- « senza delle ammoniti e delle helemniti, oltre ai caratteri ed ai rap- « porti di giacitura, ha contribuito non poco a riferire al periodo giu- « rassico i calcari di Tauromina. L’ assenza totale di organici nei «calcarii e nella puddinga. di Alì, è quella che toglie ogni dubbio a « far rimontare quella grande formazione al periodo di transizione « o almeno al più antico dei terreni secondari, vale a dire, fra i si- « stemi detti State e Silurian degl’inglesi moderni» (Relazione acca- demica per 1’ anno XXIV.0 dell’ Accademia Gioenia — Atti Gioenii, se- rie voi. V. pag. 11.). La presenza dei solfuri metallici in quei luoghi egli riguarda co- me la cagione produttrice del gesso che trovasi fra il calcareo delle grotte di Creso; imperocché quei solfori, decomponendosi, dieder luogo al cambiamento dello zolfo in acido solforico, che ridusse in calce solfata la roccia calcarea fogliettata, che perciò stesso perdette la struttura scistoide. Ciò che dice dei solfuri metallici applica ai sol- fati di allumina e di ferro, che mostransi comunissimi in quei luo- ghi, che sotto la forma di efflorescenza giallo- verdastra frequentissi- mamente si mostrano sulla superficie dello scisto, e che, mescolati alle acque, costituiscono la primitiva sorgente delle tanto celebrate acque termo-minerali di Alì. Le varie stratificazioni che i mentovati terreni presentano , esi- gevano una spiegazione, e il Gemmellaro ce la dà senza preven- zione di sistema e nel modo di appresso. « Cercando finalmente la spiegazione di tutte le varietà di stra- « tificazionc, non che delle curiose contrazioni della roccia stessa del- « lo scisto, ho dovuto allontanarmi dal comune ricorso ai sollevamen- « ti; persuaso dai fatti, che non potevano mai da quel fenomeno esser « prodotti. Ilo creduto anzi più ammissibile spiegamento quello dello « stato di mollezza, e quasi di melma dello scisto, sotto l’impero delle « acque agitate dalle correnti che vi trascinavan dentro i materiali « dei già formati terreni; dal che avvenirne doveva un rimescolamento 191 « cd un’impasto di masse solide e melmose; le quali, prendendo po- « scia consistenza , portavano indelebile il carattere del disordine e « del miscuglio di tanti materiali agitati e spinti da potenze diverse « nel tempo che era molle la massa principale che li avvolgeva. • (loc. c. pag. 12). (21) Memoria sulla formazione dell' argilla blu di Sicilia letta all’ Accademia Gioenia nella tornata ordinaria del dì 18 Novembre 1850 (Atti Gioenti, ser. 2a, voi. VII0, pag. 105). Aveva già detto il Gepimellaro della formazione dell' argilla blu di Sicilia nella sua memoria sul terreno di Carcaci e di Troina (Atti Giocnii , ser. 1a. voi. XIV0); ma, essendosi nell’ anno 1850 recato in Pietraperzia in unione del prof. Pietro Calcara, per osservare ciò che nelle vicinanze di quel Comune avea dato motivo a credere allo scoppio di un vulcano in quel luogo, ed avendo dovuto attraversare in varie direzioni le contrade di Piazza, di Nicosia e di Caltagirone, ebbe agio di ripetere le sue antiche osservazioni, farne delle nuove, correggere in qualche punto alcune sue opinioni, e meglio studiare la estesa for- mazione dell’ argilla blù. Ora è a dire, che più rocce trovansi riunite nella mentovata for- mazione, e queste, come membri di essa, sono state riguardate. Questi membri, però, son di natura così diversa, t Ali caratteri di struttura differenti appresentano , e talmente discordante è il lor carattere di giacitura, che l’autore fu spinto a credere, che « lo averli così ristretti « sotto un solo sistema, è stato piuttosto una via di sbrigarsi di tante « difficoltà di spiegamento , che un effetto di meditata osservazione » (1. c. pag. 110). Le attente ricerche e le scrupolose indagini da lui fatte in quel- la escursione, studiando le varie rocce attentamente nella loro strut- tura e nel loro giacimento, raccogliendone i fossili che contengono, ed accuratamente determinandoli, lo posero nella favorevole condizio- ne di potere una volta fermamente stabilire quali membri quella gran- de formazione compongono, la loro disposizione, e l’ordine con cui sonosi succeduti. Così vengono: 1. il gres e l’argilla, che in pochi punti soltanto separati si mostrano; 2. l’argilla in banchi e V ar- gilla scistosa ; 3. il gres calcarifero, specie di mollasse, che, in mez- zo all’arenaria sciolta, ora in massa, ora in dighe si mostra; 4. il calcareo di Pietraperzia, che ha un’estensione non meno significante m - del gres calcarifero, e, siccome coperto dall’argilla ed arenaria, così non apparisce che sulle vette soltanto dei colli; 5. il gesso, roccia meno estesa nei luoghi in cui si trovano le precitate, ma predomi- nante in altri, come Riesi, al di là del fiume Imera e per tutta la contrada del Val di Mazzara; e 6. finalmente la marna solforifera che è la più inferiore delle rocce di tutta la formazione dell’ argilla blu, e che immediatamente appoggiasi sul terreno secondario. In quanto alla giacitura delle indicate rocce ed al modo di loro formazione, ecco quanto egli stesso ne dice ( 1 . c. pag. 132) « D’ on- « de si può dedurre, che negli avvallamenti del terreno secondario, « calcareo ed arenario nella massima parte, si depositò in primo la « marna solforifera, sulla quale il calcareo ed il gesso vennero a « stabilirsi. L’ argilla colle marne, e quindi la mollasse, si veggono «evidentemente sovrapposte a queste rocce; l’ultima che venne a « depositarsi sopra tutta la estensione del terreno terziario si fu la «arenaria sciolta e l’argilla, ed in molti luoghi anche il giurgilena». « Tutta questa formazione è marina; tale la caratterizzano i resti « organici che contiene ; ma non perciò addimostra una permanente « stazione sotto le acque di questa porzione dell’ isola nostra , che « anzi nel tempo del deposito della marna solforifera emesso esser doveva « dall’acqua il terreno secondario, se quella ne occupava gli avvalla- « menti. Nuove catastrofi geologiche abbassarono la sopravvenuta for- « inazione nel mare, ove ebbero poi luogo le ulteriori deposizioni, ed « i sottomarini allindali ammassamenti di materiali gresiformi ed ar- « gillosi. Son tutti marini i resti organici, ma ora abbondanti in ta- « lune rocce, ora scarsissimi in altre, ora mancanti del tutto in alcune « si osservano; ciò che attribuir debbesi alla varia condizione delle ac- « que del mare, nel tempo che intorbidate più o meno trovavansi dai « materiali che dovean depositarsi per formare le rocce diverse. » Di alcuni altri fatti tenta l’autore dar spiegazione, come della presenza del gesso coevo alla formazione calcarea, che s’incontra qua- si da per tutto in quella formazione ; della forma e dell’ apparenza scistosa dell’argilla nell’arenaria di Pietraperzia; della significante quantità di terriccio accumulato nella grotta di Monlegrande, la di cui combustione fè credere allo scoppio di un vulcano. Il modo con cui rende ragione di questi fatti, mostra quanto estese c solide si fossero le conoscenze geologiche di lui. E se la opinione che emette sulla ori- — 193 — ginc dello zolfo è ardita, com’egli stesso la giudica, tuttavia non si può dichiarare priva di qualsiasi appoggio e capricciosamente ipotetica. (22) Sul preteso vulcano di Montegrande presso Pietraperzia, Rap- porto letto all’ Accademia Gioenia nella tornata ordinaria del dì 21 Lu- glio 1850. (Atti Gioenii. scr. 2,avol. VII,0 pag. 141 ). Già dicemmo che il Gemmellaro ed il Calcara furono dal Governo, cui si era fatto conoscere essere avvenuto un principio di eruzione vulcanica nel Montegrande nelle vicinanze di Pietraperzia, incaricati di verificare 1’ accaduto. Ora, dopo aver visitato il mentovato luogo , ed aver conosciuto , che non di vulcanica accensione trattavasi , ina che tutt’ altra causa aveva dato origine a taluni fenomeni, e special- mente allo scappamento di vapori dalla grotta di Montegrande , detta di Testalonga, diedero di tutto rapporto al Governo, che venne nel Giornale officiale di Palermo pubblicato nei giorni 11 e 12 Luglio 1850. Ma, non volendo il Gemmellaro che l’ Accademia Gioenia , verso la quale infinito amore scaldavagli il petto, priva restasse delle sue scientifiche osservazioni, un secondo rapporto lesse alla mentovata So- cietà del fatto accaduto, del quale in esso diede più ampia illustrazione. E questo fatto, che menò tanto rumore; che destato aveva un grande allarme, quale in vero avrebbe potuto suscitarne, se fosse stato vero, un vulcano aperto nel centro della Sicilia; che interessò il Governo , come si è detto, al punto d’ incaricare due valenti professori di portarsi in Pie- traperzia; quel fatto risultò tanto insignificante, quanto lo può essere l’accensione di un terriccio raccolto (chi sà da quanto tempo I ) in una grotta scavata nel fianco quasi inaccessibile di una rupe. Infatti nella grotta così detta di Testalonga, forse rifugio un tempo di banditi esistenti nel Montegrande, trovossi grande quantità di terriccio in parte acceso ed in parte ancor non attaccato dal fuoco, che mandava, bruciandosi, un denso fumo , ed esalava odore ammoniacale. I due professori osservarono anzitutto le proprietà fisiche del materiale in- combusto e del prodotto della combustione, e passarono in seguito ad analizzarli chimicamente. Risultò da quelle osservazioni ed esperimenti che il terricciole, di cui si parla, era una maniera di Guano il quale, sebbene non abbia tutti i caratteri di quello delle Isole Ghinche, Ilo, Iza, Arica, tuttavia ò sempre un Guano. Quell’ accensione poteva al certo, come si disse, esser causata dalla mano dell’ uomo, ma poteva anche aver luogo spontaneamente per varie 194 — cagioni. » Le cause produttrici , dice il Gemmellaro, possono essere «varie; ma la elettricità, e sopratutto la fermentazione, cagionata in « quel materiale dall’acqua stillatavi con maggiore abbondanza dell’ or- « din a ria dalla volta della grotta, possono riguardarsi come le più pro- babili » ( L. c. pag. 1 52J (23) Illustrazione di due Tavole, che facilitano la intelligenza del- le più difficili teorie geologiche — Letta all’ Accademia Gioenia nella seduta ordinaria del dì 12 settembre 1852 (Atti Gioenii serie 2.a voi. IX0 pag. 37 ). Qui trascriveremo quanto di questa utilissima Memoria del Gem- mcllaro da noi si scrisse nella Relazione Accademica per l’ anno XIX dell’Accademia Gioenia (Atti Gioenii, serie 2; 3 voi. X.° pag. 22 e seg. * E ben’ egli (il Gemmellaro) ha dato non dubbie provedi sue este- « se conoscenze nella geologia, di che tante testimonianze abbiamo nel- « le sue opere universalmente lodate, ed in una ultima memoria letta « in quest’anno alla nostra Società ba egli racchiuso la illustrazione « di due tavole in cui si comprende la spiegazione de’ più importan- « ti fenomeni geologici, ed ha dimostrato sempre più il da me detto, « cioè che lo studio de’ vulcani è indispensabile alla geologia, e la gran « parte ne costituisce. » « La giacitura delle varie roccie nettuniche della crosta del globo; « la intrusione di quelle pirogeniche attraverso le prime ; la cessazio- « ne della loro comparsa a date epoche; l’attuale esistenza dei soli vul- « cani trachitici e pirossenici ; l’alterazione delle rocce a contatto di « quelle d’ignea formazione; la inclinazione degli strati; le caverne ed « ogni altro fenomeno geologico, si vede chiaro e lucidamente esposto « in quelle tavole le quali, quanto possano riuscire di soccorso alla « intelligenza nello studio della geologia, si può a prima giunta scor- « gere fuori di ogni dubitanza ». « Nella prima, divide egli la crosta della terra in superiore ed in- « feriore; chiama la prima ipostenica, ossia sedimentaria , c protogenica « la seconda, cioè formata prima; nella ipostenica quindi si racchiudono « tutte le formazioni nettuniche; le plutoniche nella protogenica. Le for- « inazioni nettuniche sono divise coi conosciuti nomi di terreno primiti- « vo, di transizione, secondario, terziario, diluviale e moderno. Le roc- « ce della protogenica sono quelle di origine ignea, come il granito, la « fienite, il serpentino, il porfido, il trapp cc. — 195 — « Queste rocce si vedono introdotte negli strati nettunici, ma qua- « si tutte non oltrepassano il terreno secondario ; il trapp giunge al « terziario, il basalto al diluviale. « A spiegare poi come queste rocce non siano andate oltre, e che « le sole ancora eruttate dai vulcani sono la trachite e la lava, ha egli « disposto in modo le linee di queste due rocce che, la traehite appa- « risce formata a spese delle rocce felspatiche , e la lava a spese di « quelle pirosseniche ; c nel tempo stesso manifesto si rende il cre- « scente spessore della scorza terrestre per la parte che guarda il nu- « eleo infocato del globo. « Questa tavola tutta originale e propria del nostro socio , non « può non riguardarsi come veramente utile alla intelligenza delle più « difficili teorie geologiche. « Basta guardar sulla seconda per persuadersi a colpo d’occhio « come la inclinazione, il dislogamento degli strati nettunici, c quin- « di 1’ alterazione delle loro rocce, e le caverne si debbono alla intru- de sione delle rocce pirogeniche. A far conoscere che questa seconda « carta non è per nulla ipotetica, cita il nostro chiarissimo socio quel- « la delle Alpi del Tirolo che il Sig. Scroope pone di centro al fronte- « spizio della sua opera ( Considerazioni sui vulcani. Londra 1824J. (24) sopra un pezzo di calcareo a conchiglie— Memoria letta al- 1’ Accademia Gioenia nella seduta ordinaria del dì 8 Aprile 1863 (Atti Gioenii ser. 2, voi. XXXIX.0 pag. ) Un pezzo di calcareo, contenente dei moduli di conchiglie, di finis- sima grana, compatto, di uniforme struttura, stratificato , proveniente dal calcareo siracusano, che impiegasi nella decorazione esterna dei no- stri edificii, e che a prima giunta non avrebbe potuto attirare l’atten- zione di chi poco s’intenda delle grandi cose geologiche, fornì al chia- rissimo Gemmcllaro argomento non lieve di studio , e divenne , a dir così, nelle sue mani elemento prezioso di nuove ed importanti indu- zioni. A noi quell’ esemplare non giungeva nuovo ; un simile e di mag- gior volume conservandosi nel nostro proprio gabinetto; e più volte il carattere delle sue stratificazioni, e il modo con cui i moduli eonchi- gliari vi si trovan disposti, avevano eccitato la nostra curiosa atten- zione ; ma, poco familiarizzati con le conoscenze geologiche, non ci era stato possibile renderci ragione delle particolarità che quell’ interessan- te esemplare offriva. Così fu piacevolissima sorpresa per noi c motivo di ammirazione, lorchè il celebre autore di tutto che sembrava ine- splicabile ci diè contezza e dimostrazione. E, volendo dire alcun che delle singolarità che quell’ esemplare presentava, ci preme anzi tutto far conoscere che, in quanto alla struttura, come si è detto, non si poteva alcuna differenza rilevare: solo lateralmente delle linee vi si scorgevano di stratificazione orizzon- tali c parallellc, distanti fra loro due a tre decimetri ; ma, spezzan- dolo, dividevasi in più lastre: ed allora tra le facce opposte di esse si scorgeva esservi interposto uno strato di moduli conchigliari , del quale parte aderente rimaneva all’una e parte all’ altra delle due facce. Questo strato conchigliare componevasi di moduli di conchiglie bivalvi, probabilmente appartenenti, secondo noi, al genere Tapcs, tutti giacen- ti nello strato, orizzontalmente sopra una delle valve , e cementati dallo stesso calcareo. Questi strati conchigliari distavano gli uni dagli altri non più di due a tre centimetri, e fra di essi interponevasi il calcareo, di cui sopra accennammo i caratteri, e che conteneva moltis- sime delle conchiglie di cui si e fatta menzione, ma disordinatamente nella sua massa inviscerate e tumultuariamente disseminate. Ora se gli strati fossero di struttura diversa, e non presentassero quella perfetta uniformità, di cui fu parola, e le conchiglie si mostras- sero tutte ad un modo disposte, cioè disseminate ed irregolarmente fram- miste al calcareo, insomma, senza la precitata alternativa, si potrebbe il tutto attribuire alla tumultuante forza delle correnti ed al trasporto di materiali di deposizioni diversi; ciò che non può affatto supporsi nel caso nostro; nè, considerando altrimenti il fatto, si potrebbe riguardare come effetto di placida deposizione in acque tranquille. « Questa par- « ticolarità, dice il prof. Carmelo Sciuto Patti, (l’alternativa cioè « degli strati conchigliari) non avrebbe ad altri offerto , tutto al più « che la idea di una stratificazione, nella quale era facile comprendere « che la superficie dello strato inferiore era pieno di spoglie di conchi - « glie, quando l’altro veniva a deposi tarvisi sopra. « Ma l’occhio sagace dell’esperto geologo ha saputo discernere ol- « tre, ed indagare in ciò una interessante specialità, e così rivelare al- « la scienza forse ciò che sin allora non era stato considerato. La roc- « eia in esame poco o nulla offriva dei caratteri proprii delle ordina- « rie stratificazioni, stantechè il materiale sciolto fra le due superficie « era così tenue, che riduccvasi ad una sottilissima, polvere calcarea; - 197 « inoltre nel mentre che osservavasi la presenza di tali spoglie di con- « chiglie nelle superficie, era da notarsi l’abbondanza dei medesimi or- « ganici tumultuariamente disseminati nella massa; infine era rimarche- « vele la uniformità di struttura di questi strati. Caratteri questi che « complessivamente considerati allontanano c la idea di una placida de- « posizione in acque tranquille, e quella sotto la tumultuaria forza del- « le correnti, e del trasporto di materiali di altre deposizioni » ( Relazio- ne dei lavori dell’anno XXXIX.0 dell’ Accademia Gioenia — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. XXXX.0, pag. 5 e seg. ). Il Gemmellaro, dopo aver fatto osservare, come la forma tabulare non possa riguardarsi come l’effetto di un rapprendimento di consoli* dazione, quale accade per le marne, e che il sedimento dovette verifi- carsi per la roccia in esame sotto peculiari condizioni, conchiude che, es- so per la sua grana finissima, e per la uniforme struttura siasi effet- tuato ad intermittenze di non lungo intervallo. Questa maniera di stra- tificazione intermittente, messa avanti dal sommo autore, è veramente un concetto pregevolissimo, se pure non è nuovo. Volendo poi ricerca- re quale causa abbia potuto interrompere a misurati intervalli il sedi- mento continuo del materiale calcare, questa crede di trovare nel l’ al- ternativo e regolare movimento delle acque del mare, come quello del- la marèa. E tutto ciò prova quanto spesso si è sperimentato, cioè, che taluni fat- ti che sembrano insignificanti e passano inosservati sotto gli occhi de- gli scienziati volgari, acquistano il massimo carattere d’importanza e diventano sorgente di preziose indagini e di utilissime induzioni per gli uomini allocati sull’alto della piramide scientifica. Quello stesso esemplare, di cui ci siamo occupati, offre, a parer no- stro, altri due fatti che potrebbero somministrare interessante materia di esame, e sui quali potrebbero posarsi i due quesiti di appresso: 1 ,° Perchè le conchiglie cumulate in grande numero in quel cal- careo sono tutte di una specie? 2° Perchè si trovano solamente i moduli delle conchiglie, e que- ste distrutte, del pari che in tutto quasi il calcareo della formazione iblèa, non che in altri ? Se qui ci potessimo fermare distesamente sugl’ i ndicati quesiti, po- tremmo forse dir tanto da giovare alla loro completa soluzione. Però, riserbando ad altro lavoro 1’ occuparcene di proposito, ci permettiamo ^7 ATTI ACC. VOL. II — 198 — solamente dire, che varie cause possono aver distrutto nei terreni se- dimentarli le conchiglie, restando di esse solamente i moduli: cause, o meglio, agenti esistenti nei terreni in cui rimasero avvolte, o in questi penetrati, non potendo il mentovato fenomeno attribuirsi al corso del tempo, perocché è universalmente conosciuto, trovarsi conchiglie ed al- tre spoglie organiche perfettamente conservate in terreni antichissimi, ed in altri, che dir si potrebbero rimpctto a quelli recenti, i soli mo- duli ed impressioni. Tra queste cause prima potrebbe considerarsi probabilmente 1’ azione degli acidi sui gusci calcarei dei molluschi, non che di altri animali. Ed avendo tenuto ragionamento del fatto in quistione col nostro amico e collega Cav. Prof. Orazio Silvestri, abbiamo creduto non inutile riferire qui un artieoi' tto da lui scritto sull’ assunto ed a noi comunicato. « La scomparsa delle conchiglie fossili, che di sovente si verifica » nei terreni sedimentarli, specialmente in quelli che sono più facilmen- * te permeabili dalle acque, come gli arenacei cc., è dovuta all’azione « di quelle acque che tengono disciolto dell’acido carbonico, il quale « rende solubile il carbonato calcare, facendolo passare allo stato di bì- t carbonato ». « Questo fatto che sperimentalmente può verificarsi in breve tempo, « impiegando un’ acqua soprasatura di acido carbonico , in natura « non si compie clic lentamente per mezzo della quantità in generale i piccola di acido carbonico contenuto in soluzione nelle acque, che in- « filtrano nel suolo. » « Il carbonato calcare, che lasciano le conchiglie dopo la loro fos- « silizzazione o scomparsa della materia organica, presenta più facili- « tà ad essere attaccato dall’acido carbonico di quello che non sia per « il carbonato di calce che forma le rocce calcaree. Questo fatto unito « all’ altro , che tutte le rocce anche le più compatte si lasciano più « o meno attraversare dalle acque, rende conto del perchè anche « nelle rocce calcaree conchiglifere, quando delle acque contenenti aci- « do carbonico possano attraversarle, vengan poco a poco a corrodersi « le conchiglie, lasciando un vuoto a rappresentare ora la forma inte- * ra, ora lo spessore del guscio. Bisogna però, che questa azione delle « acque, che per se stessa è lenta, abbia in favore la continuità ed il « tempo; e poiché questi elementi sono tanto più facilmente raggiunti 4 dalle stratificazioni in ordine stratigrafico superiori, cioè le più re- 199 — v centi, clic per lo più sono facilmente permeabili, ne viene la spiega- * zinne del perchè nelle rocce antiche profonde spesso troviamo dei te- « stacci fossili perfettamente conservati, mentre nelle stratificazioni su- fi perficiali, questi sono totalmente o in gran parte scomparsi, e tal vol- » ta solo riconoscibili per i modelli interni che hanno lasciato col riem- « pimento dei loro vacui ». In quanto poi al grandioso numero d’ individui della medesima specie riuniti ed ammassati in un luogo stesso, si può dire, che una tal prodigiosa riunione accade tanto per i molluschi che per al- tri animali viventi, e di essa abbiamo avuto qualche esempio vera- mente sorprendente ai giorni nostri, che mostra come essi vivano or- dinariamente in famiglia, o possano per cagioni straordinarie riunirsi in copia sterminata. Circa ad una ventina di anni addietro nel porto di Augusta avvenne, che il mare sollevato in violenta tempesta riget- tasse sul lido sì esorbitante numero di conchiglie spettanti al Ceri- thium lima di Brugu: da formare cumuli dell’altezza di tre a quat- tro metri, di un’ ampiezza maggiore e della lunghezza di quindici a sedici metri. In quello ammassamento, noi che ci trovammo sulla fac- cia del luogo non potemmo rinvenire che qualche raro esemplare della Rissoa costata Desinar., e della Truncatella truneatula Drap, e tutti gli altri appartenenti, come si è detto, sólamente alla mentovata specie. (25) Questa carta geologica fu presentata dal Geinmellaro all’ Ac- cademia Gioenìa uno o due anni prima della sua morte. Quel che possiamo assicurare è di essere stata giudicata di alta scientifica importanza; ma, non essendo state lette dall’ autore le cor- relative illustrazioni, e tuttora non avendo veduto la luce negli atti Gioenii, non ci è possibile darne completa contezza. (26) Lievi osservazioni sui fossili dei terreni paleozoici. — Me- moria letta all’Accademia Giòènia nella seduta ordinario del 13 Ago- sto 1865 — Atti Gioenii serie 3 a, voi. 1.°, pag. 1. In questa memoria guidato da due grandi prin ipii, cioè, che < nel- « le scienze naturali pochi dati non bastano a stabilire una solida « teoria , i» cd esser dannoso nelle scienze positive coordinare a » piacere i fatti , e sottometterli alle velleità di preconcepite e mal * fondate teorie », l’autore, ordinando la ricca collezione paleonto- logica, che dopo quella geologica, aveva con molto impegno fatto ac- — 200 - quistare alla Università, e dando un occhio ai fossili dei terreni paleo- zoici compresi nella suddetta collezione, comunque ad esso lui in gran parte noti, non potè non rimaner sorpreso del grande numero di spe- cie e di generi dei medesimi nel piano medio e superiore del Siluriano, mentre nell’ inferiore (cambriano) non si rinvengono che quasi sole le trilobiti e qualche lingula; sorpresa che in lui suscitossi , secondo le sue parole, « nel dover osservare che in esse (cioè nelle spoglie or- « ganiche contenute nel piano medio e superiore) nessuna gradm.zio- « ne di progressivo perfezionamento di struttura scorgevasi, qual po- « teva aspettarsi in quell’ epoche remotissime, e dietro a quanto in « oggi si pretende: ed all’incontro quel tumultuario loro ammassa- « mento ben altro offriva alle nostre indagini ; per cui ci trovammo « nella circostanza di dovervi maturamente ragionar sopra ; e così « contro il nostro ordinario modo di discorrer sempre sopra fatti, « ci trovammo nella posizione di dover esporre opinioni e modi di « vedere ». (L. c. pag. 4). Ma opinioni non assurde, nè strani modi di vedere quella memoria presenta: invece sodi e convincenti argomenti, e ragioni inappuntabili, sebbene scritta da un vecchio cadente e infermo, un anno pria della sua morte, e che noi ebbimo l’onore, come per alcune altre, di leggere in Accademia od alla sua presenza colla nostra bocca, non potendo egli da alcuni anni innanzi proferire anco un breve discorso per inveterato malo- re che reso aveagli diffìcile la pronunzia. Ma noi lo abbiamo detto: quel- l’uomo era stato sempre mai fedele seguace dell’ osservazione e dell’e- sperienza; aveva mosso nella carriera scientifica da giusti c severi prin- cipiò, la sua mente era diritta ed assestata; e l’età non aveva indebo- lite le sue facoltà intellettive , e sino a poche ore prima di morire non lasciò di gettare sulla carta vari suoi pensieri e degni di ammi- razione. Tornando all’argomento, è a dire, che dopo avere esposto quanto il celebre geologo Murchison credè stabilire in quanto al ter- reno più antico, o meglio, al più inferiore dei sedimentarii , j ria di venirne all’ esame dei fossili rinvenuti nei tre piani del terreno silu- riano, costituito di quelle rocce che prima vennero assegnate al perio- do di transizione, e da quel sommo naturalista appellato siluriano dalla provincia dei Siluri, fa il Gemmellaro qualche osservazione sulle roc- ce plutoniche; indi, tornando ai fossili degli antichi terreni, mostra quanto sia diffìcile trovare in quella quasi istantanea apparizione di fossili in sterminato numero qualche fatto che appoggi la teorica della trasformazione e che accenni a quel graduale sviluppo delle specie , che da taluni come cosa che non abbisogni di dimostrazione fiostien- si. « Quanta perfezione di struttura, egli dice, (1. c. pag. 9 e seg.) « in un’epoca nella quale non si aspettava di vedere che i più semplici « tipi di organizzazione ! Quante particolarità debbon supporsi aver do- « vuto avvenire in quell’epoca, nella quale, diremo quasi, inopinatamente, « si è verificata una numerosa e moltiforme esistenza di esseri organi- le ci! Ma come? e d’onde son essi provenuti? Possiamo noi sperar « di accozzare un ragionamento che condur possa , se non altro , a « qualche probabilità? o non potremo altro produrre che vani risul- « tamenti di semplici speculazioni ? Sia come si voglia ; è questo un « argomento nel quale non possono emettersi che opinioni, ed è lecito « ad ognuno esporre la sua, senza lasciar di esternar sentitamente il « dovuto rispetto e l’ammirazione per quelle degl’ illustri scienziati. » E qui, della grande quistione degli esseri viventi toccando , dei bei pensieri esprime, che non possiamo dispensarci dal riferire. « Dai primissimi tempi delle antiche e varie filosofie sino al- « l’epoca attuale, questo argomento è stato trattato, benché in manie- « re diverse svolto, modificato, ribattuto, ora ammettendo, ora rifiutando « opinioni viete, e riduccndo sempre la que'stione ad uno dei due prin- « cipii, cioè alle forze della natura, benché poco o nulla conosciute, o « ad una creazione; vale a dire, a particolare aggregamento di mole- « cole sotto lo impero di leggi determinanti, e tendenti ad uno scopo « /’ antica plastica degli Epicurei , o a primitivi germi che non pote- « vano essere che creati. Nel primo caso bisogna ricorrere a forze sco- « nosciute e supposte, con facoltà estesissime di riunire, disporre, de- « terminare, conceder moto ed azioni a molecole dette elementari: nel « secondo si ammette un Ente potentissimo, causa prima di ogni essere. « Nel primo la mente non può fermarsi a riposo trovando da per tutto « contradizione e garbuglio, dai quali tenta invano distrigarsi; nel se- « condo la mente si queta nel riconoscere che quanto offrono i sensi « alla ragione tutto conferma la presenza di un Ente creatore. Se si « domanda ai seguaci del primo, come le supposte forze avessero po- « tuto costituire esseri organizzali, che si sviluppano soli , che crescono, « si fanno da se organi operatori di funzioni necessarie alla vivenza ed « alla riproduzione? risponderanno esser ciò effetto del Complesso di leg- « gi, che si dice Natura : mentre i seguaci del secondo diran risoluti, « che gli esseri sono il risultato di una creazione, operata da causa « onnipossente; ed è chiaro così che ambi conchiudono riferendosi ad « un principio Creatore, che distinguer vogliono coi nomi di Natura « e di Ente potentissimo; con la grandissima differenza però, che con « solidi argomenti si può dimostrare , che quanto si vuol attribuire « di forze e di leggi alla natura , è tutto una stentata pretensione ; « e che mille prove addur si possono della insufficienza di queste « forze e di queste leggi , quando si viene alla stretta analisi della « loro potenza: come p. e. quella di non aver potuto mai riprodur- « re una specie estinta come di 102 generi, e 1077 specie che peri- « rono nel terreno permiano; o prò lume una nuova , che fosse evi- « dentemente nata in posteriore epoca, e non riferibile ad antica prò* « venienza , non ancora scoperta nei pochi luoghi esplorati ; mentre « coll’altro principio si prova che i germi furono creati una volta, « nel tempo che la materia sparsa nell’ universo si addensava a co- « stitui re questo globo terraqueo ; ed in ciò non poco appoggio ap- « presta alla prova il modo di giacitura e di mescolanza dei fossili « nei terreni paleozoici ». « Gli agenti del movimento, il calorico, la luce, lo elettrico, il ma- « gnetico, l’affinità ec. sono stati potentissimi in mille fenomeni naturali « dei quali taluni ne sono evidenti effetti, e di cui la chimica ne appre- « sta convincenti prove. Ma che essi bastassero a costituire un germe, « una cellula, una monade, disposta e preparata a determinato, anzi ad « assegnato ufficio, ciò non potrà mai sostenersi, senza ammettere una « Volontà creatrice ». (1. c., pag. 11, 12 e 13). Sieguono osservazioni molto importanti sui fossili del terreno paleo- zoico; principalmente mostra come moltissime specie e generi siansi conservati per tutto il corso del suddetto terreno, e talune di esse si- no anche al terziario; e dicendo qualche parola sul preteso migliora- mento delle specie dà a divedere che * lungi di aver prove di tal mi- k glioramento ne abbiamo all’incontro di deterioramento manifesto in « varii esseri vertebrati ed invertebrati » (1. c. pag. 19). Infine dalle summenzionate osservazioni trae i corollarii seguenti, che, frutto di lunga esperienza e parto di mente non traviata da falsi sistemi , dovrebbero, a creder nostro, formare alcuni dei veri dogmi della geologica scienza. — 203 — « Lungi , egli dice , di potersi tener per fermo , che gli esseri « si fossero gradatamente sviluppati nei successivi terreni di sedi- « mento , passando dalla semplice a più complicata struttura , si è « trovato : « 1. Che essi si sono confusamente rinvenuti divaria struttura, « e non già conformi alle condizioni particolari dei terreni ; dapoichè « una gran parte stanziano nei susseguenti terreni senza rimarchevole « differenza , benché in condizioni diverse di luoghi , di temperatura « e di vivenza. « 2. Che la scomparsa di molti generi si deve a cause partico- « lari , e non già a generali, che avrebbero dovuto influire sopra tutti « gli altri , che vivevano nelle stesse condizioni , e che intanto han « continuato a vivere nell’ epoche successive. « 3. Che il miglioramento loro, come si sono gradatamente av- « vicinati all’ epoche moderne non può provarsi ancora, essendovi per « l’opposto evidenti pruove di vera degradazione. « 4. Che la plastica degli antichi, la generazione spontanea, c le « forze della natura non eran capaci di costituire esseri organizzati ». « 5. Che i germi non potevano essere che creati; ed è possibile « che lo furono una volta sola nel tempo che V etere o la nebulosa si « addensava per formare il nucleo della terra c la sua torbida atmosfera » . « 6. E finalmente, che nel temilo stesso che non può negarsi il « singolarissimo ajuto prestato alla geologia dallo studio dei fossili , « la ristrettissima estensione dei terreni finora esplorati, nella vastità « della superficie del globo , non può tuttavia stabilire per certe le « teorie che si pretende dedurne. « Nelle scienze naturali pochi dati non bastano a stabilire una so- « lida teoria (1. c. pag. 21 e 22) (27) Sui blocchi erratici del Nord di Europa — Memoria letta al- l’Accademia Gioenia nella seduta ordinaria del dì 17 Luglio 1856 — Atti Gioenii ser. 2.a, voi. XIII.0 pag. 33. Il terreno erratico che dalle montagne della Scandinavia si esten- de sulla Finlandia , nello interno della Russia e per il Nord di Ale- magna e Danimarca , non poteva non attirare 1’ attenzione dei geologi per la sua singolarità, principalmente per essere costituito di masse di rocce di varia grandezza, che sono state chiamate Blocchi erratici , e per la sua costante direzione dal Nord al Sud. Per lo clic oggetto di — 204 — ricerche e di lunghi studii fu per varii fra loro, dei quali ci piace ci- tare a preferenza il Durocehcr che su quel fatto geologico singolare una memoria compilò, che all’ Istituto di Francia fu presentata e ri- ferita dal sommo Elia di Beaumont, il quale non poche osservazioni fe- ce su quel lavoro. Egli è vero che per i mensionati lavori ed altri ancora si è giunto a poter descrivere quei blocchi erratici, la loro mole , la distanza del sito d’ onde furono staccati, e le erosioni non che le solcature che la- sciarono nelle rocce sottoposte col loro passaggio rapido e violento ; ma qual fu la potente cagione clic diè luogo a tanto fenomeno? Qual for- za quello immenso materiale scommosse, sconvolse e lungi lo spinse le centinaja di leghe dal Nord verso il Sud? Il nostro autore si addentra in queste diffìcili ricerche e tenta di dar la soluzione dei mentovati quesiti. E oltre di essersi intrattenu- to sul modo col quale siansi formate le solcature di cui si è detto, egli, ammettendo, che le acque del Nord siansi sollevate sulle montagne della Scandinavia, dando luogo agli accennati fenomeni, crede potersi attri- buire la formazione del terreno erratico del Nord europeo o ad un sol- levamento del vasto continente della Groenlandia, ovvero al passaggio o alla caduta di un’asteroide in vicinanza del polo artico. (28) Brevi considerazioni sulla carta della Crimea^--* Memoria letta all’ Accademia Gioenia nella pubblica tornata del dì 27 dicembre 1855. Atti Gioenii — ser. 2.a, voi. XII , pag. È sulla carta topografica della Crimea pubblicata in Londra e Pa- rigi dai Signori Benoit e Ciceri nel 1855, e sui lavori geognostici su quella penisola fatti da Vemenille, Olivieri, Huot, Dubois deMontpreux, le Play, che il Gemmellaro poggia le sue considerazioni geologiche su quella regione medesima, credendo con tai dati poter dare soddisfa- cente idea della sua formazione e dei suoi rapporti geologici e geo- gnostici col vicino continente, senza il bisogno di recarsi su quei luoghi, cosa ehc egli riguarda come caso unico, sebbene in progresso di tempo abbia scritto su quel lavoro quanto nel testo si è rapportato. Per mostrare quali criteri siasi egli formato sulle condizioni geo- logiche della mentovata regione riferiamo alcune sue parole che ne contengono un brevissimo sunto. « Guardando su di essa ( la carta topografica sopra mensionata ) « Y autore', concepì come la sola parte montagnosa doveva una volta 205 — « essere stata un’isola: e che tutto il resto, non che le steppe della « piccola Tarlarla , dovettero essere fondo di mare. Lo stato attuale « si deve all’ apertura del Bosforo, e di parte dei Dardanelli , e po- « scia a quello dello stretto di Gibilterra » (Titoli del prof. Carlo Gem- « meliaco pag. 12). (29) Un addio al maggior vulcano di Europa pag. 20— Catania 18G6. (30J Sommi capi della storia della Geologia — Memoria letta alla Gioenia nella tornata ordinaria del dì 31 Gennaro 1802 (Atti Gioenii — ser. 2., voi. XV11I.0 pag. 1.) In questo bel lavoro, che mostra la vasta erudizione scientifica dello autore, non solo vi si trovano enumerati i dotti italiani che colle loro ricerche e colle loro elucubrazioni accumularono i materiali che inservi- rono alla creazione della scienza geologica , ma eziandio costoro vi si veggono in bell’ ordine disposti, e secondo alcune delle varie materie ed opinioni che questa scienza comprende, c che oggidì costituiscono i veri c fondamentali pri nei pii di essa. Così Majoli, Arduino e Recupero (1751 ) accennarono alla teorica del fuoco centrale, quando invocavano i vulcani, le acque termali ed altro per ammettere l’ incandescenza del nucleo terrestre; Boccaccio (1300), d’Alessandro (1500), Fraceastoro (1517), Stenone (1 069), Arduino (1759) affermarono la primitiva scorza della terra esser costituita di rocce pi- rogcnichedel tutto mancanti di resti organici; Leonardo da Vinci (1553), Cesalpino (1590), Stenone e Valisneri (1721) giudicarono sedimentarie, ossia prodotte da materiali depositati dalle acque, tutte le altre rocce che alle precedenti si sovrappongono ; Stenone , Valisneri , Arduino e Gemerelli (1794) fecero vedere, che i mentovati depositi avvennero in strati orizzontali secondo i reiterati innalzamenti ed abbassamenti del li- vello del mare. A Fraceastoro e ad Arduino si deve la grande idea geo- logica fondamentale, che le epoche diverse dei terreni sedimentarli sono caratterizzate dai resti organici di varia forma e natura; a Majoli, a Storio- ne, a Lazaro Moro (1740) e a Gemerelli si appartiene l’altra, non meno importante, che le rocce pirogeniche abbiano di tempo in tempo, nello stato di ignea fusione, traversato le sedimentarie, e ne abbian causato il dislocamento ed il sollevamento. Arduino riconobbe , che talune delle rocce sedimentarie sono state alterate dalle piroge niche , come si è detto, traversandole. Questa alterazione è stata detta dolomiz z azione , che all’ autore piacque cambiarla in pirotenzz azione , e che vuol ATTI ACC. VOL. II. 28 \ 206 — significare alterazione per fuoco. Che i germi degli esseri viventi sian- si svolti in epoche differenti, e conseguentemente siano apparsi in terre- ni diversi, fu pensiero del Quirini (1670). Che in fine lo studio dello ossa fossili, nelle caverne rinvenute e negli strati dei terreni, abbia fatto sempre più progredire la geologia, fu mostrato apertamente da Cesal- pino (1506), Ciampini (1688), Ramazzili’! (1696), de Foitis (1761) e da Soffioni (1780). Come si vede, nell’esposto erudito e pregevole lavoro l’autore, ricercando le fonti varie alle quali si possono attingere le diverse no- zioni storiche della geologia, si ferma precipuamente su i dotti italia- ni , ma non lascia però in tale ricerca di rimontare alle epoche più antiche per ricavarne quel poco che si può tagli Egizi i , dai Greci e dai Latini, il suo scopo precipuo quello però essendo di provare « cs- « sere stata l’Italia la madre della scienza geologica, come lo è stala « sempre del sapere » (L. c.) (31) LV Hurchiac. I.c. (32) Novum organimi cc. lib. 1. (33) ff. c. pag. VI.a (34) Idée sur la formation de la croate dii globe - Memoire lù a la Societé Geologiquc de Franco dans la seance du 8- Septembre 1834 a Strasburg par le prof. Charles Gcmmcllaro membro de la Societé — Inserita negli alti Gioco ii (Serie 1.avol. Xl°; pag. 341), dietro delibera- zione presa dall’Accademia Gioenia nella seduta di gennaro 1835. In questa memoria, che merita di essere studiata, l’autore ripete in principio ciò che aveva altra volta detto, cioè, che le più grandi rivoluzioni clic il globo ha subito siano avvenute dopo la formazione del terreno secondario. Egli osserva in seguito, che il terreno primi- tivo, per essere la prima scorza del globo, non presenta nò stratifica- zioni, nè sconvolgimento di suolo, c che in alcuni punti soltanto mo- strasi attraversato dai filoni posteriori delle rocce; che il terreno secon- dario soltmlo sia infranto e sconvolto nei suoi strati , che apprcsen- tansi costantemente inclinati ed obbliqui, tutte le montagne clic esso forma avendo una dolce inclinazione da un lato ed un taglio perpendicolare dall’altro; finalmente che dopo il periodo secondario tutto mostrasi tranquillo , e, ad eccezione dei terreni vulcanici , tutto offre dei depo- siti parziali che non sono stati turbati c sono solamente alterate alla superficie per le azioni meteorologiche. A render ragione di questo fatto, che pone sensibile differenza fra i tre principali terreni, I’ autore procede nel modo di appresso. « Voilà, egli dice, ce que présente, sous un point de vue gene- « ral , la surface de la eroùte du globe. Peut-on en dèduire quelque « argument de probabi I i té sur la cause qui a produit cette difference « de terrains? Je tà herai de vous en prèsenter un qui, sur l’appui «. des faits, ne devrait pas vous paraitre enlierement dénué de fonde- « ment » (I. c. pag. 345 ). Così, ammettendo egli, come vi ha ogni ragion di credere, che la massa del globo siasi trovata in principio nello stato di ignea fusione , e che man mano sia venuta in raffre ldamento , la sua superficie, soli- dificandosi per lo ravvicinamento delle molecole divise dal calore è di luo- go ad una specie di scoria, secondo le sue pirole, di cui la superficie come rilevasi nella fusione dei metalli, dovea risultare aspra ed inegua- le. Per tal modo, senza ricorrere a sollevamento di suolo, puossi age- volmente comprendere la genesi delle più alte montagne del globo. « En cflot, egli dice, il sufiìt d’examiuer Ics terrains montagneux du « globe, cornine la Suisse, une portimi de l’Àppenin , les Pyrènèes etc. « polir voir clairement que le sol primi tif a un eertain caractère « distinctif de rètrèeissement dans l’allure des rnmeaux des chaines des « montagnes et de leurs groupes, dans leg' vallècs latèrales et princi- « pales, caractère que l’on voit se répetér à ehaquc endroit où ce sol « prèdomine, ce qu’il faul attribuer à une seule loi de formation, et « non pas aux irrèguliers et inconstans effets du soulèvement ( I. c. « pag. 634). Formata così la scorza primitiva della terra , incrementata per la caduta di tutte le molecole minerali dall’atmosfera che erano state sublimate, e raffreddata, le acque incominciarono a cadere in copia immensa sur essa, formando, sia coi materiali strappati dalle rocce sulle quali rovesciavansi , e cui quelli che esse stesse contenevano disciolti (materiali sottili e sublimati) , dei sedimenti e dei depositi este- sissimi sulle piu alte montagne e. nelle ime valli, che costituirono i ter- reni secondari. « Mais si ce que nous observons en petit pouvait bien se vèrifier « en grand , en rappellant à la mèmoire qu’aussitòt qu’une scorie se « forme à la surface d’uno masse fondue , elle se dètache graduel- « lcment, de la portion brillante, et qu’un espacc reste entro la scorie 208 - « et la masse; de la mème manière on dui t imaginer qu’entre l’ècoree « endurcie et froide du globe, et sa masse fondile et brillante, il devait « y avoir un espace ou au moins plusieures cavitès » (1. c. pag. 340 e seg. ) Ammessa questa condizione di ceso, ne trae la conseguenza, che le acque colla loro caduta ed in virtù del loro peso dovevano indispensabil- mente rompere la crosta del globo, principalmente in quei punti, in cui avendo essa minor spessore, men forte resistenza avrebbe dovuto opporre al loro impeto. Da ciò 1’ intromissione di una grande quantità di acqua tra la crosta medesima c la materia ignea, il perchè, istantaneamente ridotta in vapore, dovea forzare lo strato consolidato, romperlo e dividerlo in più modi « cependant ( son parole dell’autore) avec uno dilFerence, c’est-à-dire que « là où par le rapprochement des substances minèrales des roches, le « plus solide et plus èpais, cornine dans le sol primitif, la force de « terrain était la vapeur n’ était pas si icti ve que dans Ics vallées où « l’ecorce du globe était moins cpaisse ; en consequence les effets de « l'action de la vapeur devaient ótre plus marques sur les poi n ts où « le terrain secondarne occupait Ics vallées du premier, et seul y rè- « gnait ( 1. c. pag. 347.) Da questi fatti, che non potevano durar poco tempo, l’autore fa derivare la caduta delle acque sul globo al primo apparire delle for- mazioni secondarie; e il tutto continuando, la successiva comparsa del- le terziarie e di quelle dell’ epoca attuale. Da tutte le premesse egli deduce quanto sicgue: » De ce t te manière il me semble que 1’ on pourrait arriver à ox- « pliquer comment il se fait que le terrain secondaire seul soit rolli- li pu et dérangé dans ses strati fìeations, que Fon observe toujours in- ii clinées et obliqués; et pourquoi toutes les montagnes, qui le forment, ii on uno penle douce d’un còte, mais tombent perpendiculairement ii de 1’ antre. De cotte maniere aussi on peut donner une explication il plus dai re du gisement des blocs erratiques, que la vapeur aurait il pu ecarter ga et là dans le moment où avec une grande puissance il elle venait de rompre la st rat i fìcation des roches. Et voi là pourquoi il le terrain primitif, pour ótre la première ècorce du globe ne pre- ii sénte ni stratifications ni dérangement du sol, et que seulement en ii quelques poi u ts il est traverse des filons postcrieurs des roches. » Si cc raisonnement n’ est pas tout-a-fait dèpourvu de faits — 209 « a Tappi, on pourrait sur Ics mèmes principes ehereher la cause des « volcans > (\. c. pag. 347 e scg.J. Noi non possiamo più a lungo fermarci sopra questa memoria del Gemmellaro, la quale, sebbene sia sino ad un certo punto da riguardar- si come un’ insieme di congetture c di ipotesi, pure queste congetture trovano appoggio in ben fondate teoriche sostenute da alcuni fatti che sembrano inappuntabili, e se non altro son dei concetti che rivelano la forza di un ingegno non comune e di una mente elevata che, non contentandosi di racchiudersi tra i confini della sfera analitica della scienza, si slancia sublime nel campo sintetico di essa. (3o) Considerazioni geologiche sullo zolfo , lette all’ Accademia Gioenia nella tornata ordinaria del 19 dicembre 1833 (Atti Gioenii — serie 1.a, voi. X.°, pag. 161). Ecco un altro lavoro del Gemmellaro ricco di cognizioni geologi- che c mineralogiche sulla giacitura dello zolfo e sulla natura di esso. Egli lo mostra nei fumajuoli dei vulcani, nelle vene metalliche , nelle acque termali, considerando come accidentale in tai luoghi la sua pre- senza, ed all’ incontro naturale nell’ argilla blu nei terreni terziari! Però, ciò che più monta si è, che quel lavoro contiene una teoria nuova, ma abbastanza ardita sulla genesi di quel minerale, in se mol- to oscura. Egli lo riguarda come una sostanza di origine organica, e come un prodotto della putrefazione animale, facendolo derivare a preferen- za da quella dei molluschi. Questa teoria, a cui T autore, come suole avvenire, fortemente si affezionò e sostenne sempre e con tutte le sue forze, appena divulgata, fece diversa impressione, ma non leggera, sul- lo spirito dei naturalisti. Alcuni la credettero degna di attenzione e di studio; altri come bisognevole la riguardarono di ulteriori ricerche, e di nuovi schiarimenti; fuvvi ancora chi fece le meraviglie che appiè dell' Et- na si possano concepire idee di tal fatta (Bore); insomma la mentovata teoria diventò argomento di esami e di studio ; suscitò delle controversie, ed interessò varie società scientifiche, cioè la società geologica di Francia in Strasburgo, la riunione dei fisici tedeschi in Germania e T Accademia delle scienze di Harlem in Olanda , come nel testo si è accennato. Il Sig. Glocker ne diè annunzio nel suo Mineralogiske Iahreshafte. Furo- no del parere dell’ autore i Sig.1 Lamery da Lione, Simond da Metz e Van-Breda da Leyden. Il prof. Leonhard tradusse in tedesco il lavoro 210 - del Gcmm eli aro, e lo inserì per intero nel suo Giornale mineralogico di Heidelberg ( N° 1., gennaro I835J. Tutto ciò mostra apertamente, che la teoria di cui si è fatto cen- no, anche pria di attentamente considerarla, non rivelasi mica come un concetto puramente arbitrario, e come una di quelle ipotesi stram- be , assurde e ridicole ancora, delle quali non avvi penuria : nel qual caso siam sicuri, che tutti coloro i quali n’ ebber conoscenza pensato lo avrebbero come il Bovè. E quand’ anche una tal teoria, soggiacen- do alla forza di contrarii c solidi argomenti, e in onta agli sforzi del suo autore, non avesse potuto sostenersi: però da una parte, sarebbe stata una vera ingiustizia il niegare ad esso lui l’onore di aver con- cepito delle idee molto elevate, e non alla geologia elementare, e di- remo ancora volgare , ma alla filosofica c trascendente appartenenti, e dall’ altra non si avrebbe potuto non accordare a quella teoria, alme- no tale un’ apparenza di verità da attirare c fermare 1’ attenzione di alcuni tra i primi scienziati di Europa. In verità, in quanto alla ori- gine dello zolfo in generale, ove si volesse escludere 1’ idea di essere stato come tanti altri minerali originariamente formato , lo che non sappiamo perchè non si abbia ad ammettere , e riguardarlo come di genesi posteriore , si avrebbe un bel fare a trovarne il modo di for- mazione, varie t mrie essendo state messe innanzi all’ uopo, le quali , è giusto il dirlo, non sono più salde e persuadenti della Gemmel- lariana, e ciascheduna può essere come questa oppugnata e contradet- ta, come il Gemmellaro medesimo ha dimostrato nei suoi ragionamen- ti. Perciò stesso la sua non ha avuto miglior sorte, e le sono state dirette delle valide opposizioni. Infatti, per dirne alcun che di volo e riprodurre brevemente le accennate opposizioni, come va, che non si trova zolfo dove innumerabili spoglie di molluschi e di altri ani- mali esistono cumulate in grande numero c per una considerevole cstension di terreno , ed al converso abbonda quel minerale in luo- ghi in cui una conchiglia o spoglia di altro animale, non si rinvie- ne? L’autore erede, è vero, che non dalla distruzione dei molluschi forniti di nicchio calcare, ma da quelli che ne son privi, o nudi, lo zolfo provenga; ma in tal caso farebbe d’uopo ammettere che i molluschi nudi dai conchiferi siansi separati , e riuniti tutti in un punto, ciò che è uua vana supposizione e gratuita, perchè non può provarsi: anzi non si sa comprendere come di molluschi nudi non es- sendo difetta in alcun punto ove mare esiste , potevansi trovare riu- niti e cumulati solo in luoghi di una estensione estremamente limi- tata e ristretta, come quella in cui rinvengonsi le miniere di zolfo. E volendo passar sopra a queste non lievi difficoltà, resterebbe sem- pre ad opporre, che, ove si volesse ritenere possibile questa riunione di molluschi nudi in certi* luoghi, la loro decomposizione non cre- diamo poter produrre sì grande quantità di zolfo, anche ammettendo che esso costituisca la base della massa organata di quelli animali , ciò che non ci sembra cosa provabile. Noi non neghiamo taluni fatti dallo egregio autore riferiti cioè, lo sviluppo del gas idrogeno solf, irato che ha luogo nella putrefazione degli animali , la scoverta dello zolfo puro e cristallizzato nei luoghi dove quel processo putrefatti© ebbe agio a prodursi, ed altro ancora; ma in questi casi la quantità dello zolfo raccolta è stata in tale misura da non potersi mettere in rapporto con quella dello stesso combustibile cumulato nelle nostre miniere. Del resto in generale può dirsi, che una nuova teoria ha bi- sogno di studio, di ripetute osservazioni e del tempo, perche venga ben compresa e bene apprezzata. Vi son tali novità che sul bel principio, sì per la impressione inattesa che fan sullo spirito, che per non esse- re, come si è detto, ben comprese, o perchè han d’uop> di maggiori prove, sembrano inverisimili e strane; ma poco a poco, schiarimenti ag- giungendosi a schiarimenti, argomenti ad argomenti e piove a prove, la prima sorpresa cessando, alla prevenzione succederne. 1 imparzialità del giudizio, il dubbio si va dissipando, ad esso sottcntra la probabili- tà, ed a questa la certezza. Un caso, che potrebbe, però da lungi, ac- cennare a quanto abbiamo detto, accadde in quanto alla teoria del Gemmellaro. L’ egregio D.r Gaetano Nocito da Girgenti scoprì un gran- de numero di Itlioliti nella marna solforifera delle miniere di Castro- nuovo, Combini, Casteltermini ec. A ciò bisogna .aggiungere che innu- merabili in quei luoghi medesimi si son da altri rinvenute le spoglie d’ infusorii; e sappiamo le deduzioni dell’ ili. Heremberg sulla inattesa importanza di questi animali microscopici nella composizione della cro- sta terrestre, e quel che è più nei vulcani; ed il Gemmellaro, dopo aver dato ulteriori dilucidazioni sulla sua teoria in un breve articolo inserito nelle Effemeridi per la Sicilia (N. 46 Febbraro 1837), traen- do vantaggio dalla scoverta del Nocito, e potendo sino ad un certo punto smentire il fatto di non trovarsi spoglie di animali nella mar- na solforifera , rafforza in una terza memoria ( ved. nota 3G ) la sua teoria , sostenendo con nuovo vigore esser lo zolfo una materia iuve- cecchè minerale di origine organica: e confortato dalle parole del Vi- sconte di Archiac scritte in un cenno che dà della mentovata teoria , cioè « come questo zolfo lui più rapporto colle sostanze organiche , « avrà potuto provenire esso stesso dalla decomposizione di animali « acquatici (l. c. t. 2., pag. 808), chiude con le parole di appresso la sua ultima suaccennata memoria. « Signori , io credo di non presentare ipotesi, quando i miei ar- « gementi sono appoggiati ai fatti; alle mie osservazioni prime si ag- « giungono quelle del dott. Nocito, che non ha interesse alcuno per « le mie opinioni; ed esse non fan che vieppiù confermarle. In ultima « analisi io torno a restringere la questione in brevissimi termini , « vale a dire: o si considera lo zolfo come una delle sostanze priini- « tive, della nebulosa che addensandosi formò il nostro pianeta, ed al- « lora non occorre ricercarne la origine nella scomposizione dei solfu- « ri e de’ solfati, perchè essi dovevano contenerlo già bello e formato « ab origine; o si vuole composto di più elementi , in tal caso per « quella legge per cui si sono combinati a formarlo pel regno inorga- « nico, possono per le stesse riunirsi a formarlo pel regno organico ; « i i a se come G le non può ancor estimarsi, e se come sostanza pri- « mitiva , per le condizioni del nostro pianeta non può ammettersi , « allora lo zolfo, come tutti gli altri combustibili, non può altrimenti « considerarsi che come sostanza organica ». ( Atti Gioenii — serie 2. a, Voi. 1 .°; pag. 92 ). (36) Nuovi schiarimenti sulla teoria dello zolfo — Letti all’ Acca- demia Gioenia nella seduta ordinaria del dì 3 Marzo 1854. Questa è la terza memoria sullo zolfo, di cui si è fatto cenno nella nota prece- dente. Disamina sulla influenza dell’ ossigeno nella formazione dei cor- pi celesti — Memoria letta all’ Accademia Gioenia nella seduta ordina- ria del dì 30 Giugno 1841 — (Atti Gioenii, serie 1 .a, voi XVIII.0, pag- )• Questa memoria, che l’autore stesso dichiara meramente ipoteti- ca appoggiata però alle leggi della Chimica ( Titoli del prof. Carlo Gcm- mellaro pag. 9), non dovrebbe perciò stesso fermare la nostra attenzio- ne, se in fatto di geologia trascendente fossero escluse le ipotesi e le congetture, se in essa non si racchiudessero che soli fatti sperimenta- li, principii solidi, indubbie deduzioni, in somma un vero positivismo scientifico; ma questa parte della geologico scienza non è, come si è più di una fiata detto, che un complesso d’ipotesi, di supposizioni e di teo- riche, delle quali pochissime son quelle che ai fatti, alle osservazioni ed agli esperimenti si appoggiano. Una nuova teoria dunque attinente alla geogenia, qualunque essa siasi, non deesi passar sotto silenzio, se , non altro, per non lasciare insoddisfatta la lodevole curiosità di tutti co- loro i quali non ne abbian contezza veruna ; e tanto più in quanto non della sola formazione del nostro pianeta trattasi in quel lavoro , ma non pure per analogia, di quella di tutti gli altri corpi celesti. Fu questo un pensiero immaginoso , ardito troppo dell’ autore ; ma co- me diceva il poeta: a Tur non mancò virtude al gran pensiero ». Ed ecco quali sono i suoi concetti. Il modo col qual* avvenne il passaggio della così detta, luce pri- mitiva allo stato di nebulosità che diè genesi ai mondi , o il con- densamento dell’ etere , forma 1’ argomento delle ricerche del Gemmel- laro e dei suoi con -etti, sublimi sì, ma ipoteti i del lutto. Questo stes- so condensamento è una ipotesi, la quale egli crede , potersi tramutare in realità , ove si giungesse a provare che gli elementi principali del nostro globo poterono esistere allo stato aeriforme, costituendo l’ac- cennata luce primitiva, c determinare quale agente abbia potuto quel- le sostanze eteree sparse nello spazio , condensare e solidificare. In quanto alla prima ricerca è facile in certo modo riuscirvi, perocché va- rie sostanze si conoscono, che nello stato di semplicità , cioè , fuor di ogni combinazione, sono aeriformi, come T ossigeno, l’idrogeno, il car- bonio, l’azoto, il cloro ec ; oltre dei metalli ridotti anche per la forza del calore allo stato aeriforme. Ma quale e di qual natura sia stato 1’ agente, che come sì disse, abbia combinato insieme tutte le mento- vate sostanze, e fatto loro acquistare varia densità , è tale una ricerca che tra le più ardue e malagevoli c da contarsi. Pur tutta volta 1’ au- tore in questa medesima ricerca si addentra, e, facendo rilevare come sia immensa la quantità dell’ossigeno in natura, e quanta parte es- so prenda nella costituzioni delle sostanze composte, che fra lo- ro aggregate compongono il globo, crede nell’ ossigeno stesso ricono- scere 1’ agente di cui sopra si è fatto cenno. E per lui sarebbe stata •i9 ATTI ACC. VOL. II. sufficiente una corrente di ossigeno , diretta dalla elettricità ed attra- versante le sostanze aeriformi nell’ etere diffuse per fare ad esse ac- quistare, con questo elemento combinandosi, forma diversa e diversa na- tura. Così dalla sua combinazione coll’azoto ne provenne l’aria atmosfe- rica, coll' idrogeno l’acqua, col carbonio il gas acido carbonico, col silicio la selce, col sodio la soda, coll’ alluminio l’allumina ec. ec. Così ancora nel Illùdo universale le diverse materie eran più diret- tamente subordinate alle leggi degli agenti principali , e l’affinità po- teva essere rappresentata dall’elettricità, » la quale riunir potea sem- « pre più molecole di corpi che andavano formandosi per la combina- « zione dell’ ossigeno, finché ridotte a considerevoli masse stabilissero « il punto centrale dei nuclei solidi , sul quale tendevano sempre a « ragunarsi altre successive molecole, od incominciare così la formazio- « ne delle nebulose, che doveano ne! progresso costituire le sfere in- « numerabili di cui è sparso 1’ universo ». « Nè qui si ferma l’autore, ma prosieguo a cercarne altre prove m. nella struttura di lle rocce, che formano la crosta della terra; c tro- ll va che molte gliene presentano chiarissime quelle dette primitive, « che riguardar debbonsi come formate per aggregazione, nella strut- ti tura e chimica composizione delle quali, egli; dimostra come 1’ essi- li geno rappresenti il costituente principale, e conchiude finalmente, il che nessuno dei corpi semplici per sola gravità, o attrazione assil- li me la forma solida, e che essi han sempre esistito nello stato gassa- li so; all’ incontro però uniti coll’ossigeno han preso posto fra le sostati- li ze capaci di allettare i nostri sensi , e quindi la influenza dell’ ossi- li gcno nella formazione delle sfere non è una semplice ipotesi » (Bar- naba La Via — Relazione dei lavori dell’ anno XVIII.0 dell’ Accademia Gioenia — Atti Gioenii, ser. 1.a. voi. XIX. °, pag. 3 c segu. ) Noi non possiamo convenire col dotto La Via, che non sia una sem- plice ipotesi quella cui sopra abbiamo accennato. Vero è che (lessa è un’ ipotesi molto ingegnosa, ben condotta c corredata di buone conoscen- ze chimiche, avendo riguardo al tempo in cui fu emessa; ma contuttò- ciò è sempre un’ipotesi e nulla più che un’ ipotesi, come deipari lo c quella, che, movendo dal fatto della cristallizzazione, in cui l’autore crede scorgere taluni fenomeni di cui l’affinità non può render ragio- ne, ammette un principio, o come egli dici’, un lampo di vita nei mine- rali cristallizzati (Di alcuni fenomeni della vita minerale — Breve disa- mina — Letta alla Gioenia nella seduta ordinaria del 15 Aprile 1853 — Atti Gioenii, sei*. 2.a, voi. IX.0, pag. 73). Questa ipotesi del Gem meli aro non è nuova. Si era parlato prima di lui di vita minerale. « Nous ne saurions dune, leggesi nel Nouv. Dictionair d’ hist. nat. (Yenise 1 805 — artic. cristallisation ) mieux fai- « re que de suivre les sages indications de Iluller et de Rome Delisle, « en considerant les cristaux corame des ètres qui formenl le primier « gradin dans 1’ échelle de l’organisation , et qui recoivent de la na- « ture ce qu’ un Labile osservateur appello, avec raison, la vie mi- « nerale » . Egli è certo, che i cristalli differiscono dagli altri minerali od a- morfi ; clic il loro volume è determinato; e che nell’ atto della cristal- lizzazione si osservano dei fatti che accennano a spontaneità di movi- mento, e qualche particolare condizione che manca nella formazione degli altri minerali. Ma ciò può condurre ad escludere nel fatto della cristallizzazione la forza dell’ affinità ellenica come impotente ad attuar- lo, ed essere invece determinato dalla forza della vita, dalla potenza stessa, vale a dire, che presiede alla g-ncsi degli ess ri viventi, al loro sviluppo, e che regola gli atti tutti della loro esistenza, anco am- mettendo, che nti minerali cristallizzati si esplichi così debolmente ed in modo cosiffattamente semplice da Segnare il primo grado della vivenza organata ? Ciò a noi non sembra cosa probabile : anzi ci pa- re una di quelle esagerazioni in cui può cadere lo spirito umano , tentando trovare a tutta forza tra i varii corpi della natura rapporti così intimi da dar luogo alla unificazione completa di tutti gli esse- ri , ridueendoli ad un solo svariatamente ed infinitamente modifica- to in apparenza La natura, è vero, non opera per salti: ma questo apoftegma non deve però escludere qualsiasi distinzione e separazio- ne tra i varii aggruppamenti degli esseri; perciocché tra i minera- li siano amorfi o cristallizzali e i corpi viventi stanno delle diffe- renze innegabili, che segnano una linea di separazione ben evidente e reale al tempo stesso. I minerali cristallizzati non si possono ri- guardare come l’anello che lega i corpi inorganici ai viventi c come una transizione degli uni agli altri. Lasciando da pari* le differenze relative al modo di prodursi, alla durata, alla forma ed anche alla struttura la quale, e ciò solo basterebbe, rivela negli esseri viventi una condizione esclusiva, la coesistenza, cioè, dei solidi, liquidi e gas — 216 - nello stesso organismo, restano quelle, e sono le principali, elio ri- guardano il modo di loro esistenza, o gli atti della vita. Ora è la vi- ta che vuoisi ben definire, perchè tali differenze apertamente si rile- vino. Imperocché, se la vita si fa solamente consistere nel movimen- to spontaneo , la distinzione non può allora sorger chiara e precisa , il movimento spontaneo potendo anche appartenere a molecole inorga- niche, anche apparentemente, se vuoisi, e determinato da agenti poco o nulla conosciuti. Bisogna quindi fissare meglio e con più precisio- ne gli atti fondamentali con cui la vita, questa attuazione o espli- cazione della potenza dinamica, si manifesta, per iscoprire se gli esse- ri inorganici siano di tali atti forniti. Ora questi atti son due, cioè : 1 .° un rimutamento molecolare con- tinuo, senza posa , una vera incessante rinnovazione di principe , che costituisce la nutrizione; 2.° la facoltà :n virtù della quale si riprodu- cono, facoltà che forma la pii nei pai caratteristica dell’essere vivente in- dividualizzato. I due accennati atti , mancando del tutto ai minerali , questi non possono essere dotali di vita, nemmeno per un solo istante, e sono subordinati alle sole forze comuni della materia. Infine è da dire , che se si volesse ammettere 1’ influenza del principio della vita , anche per istanti nella formazione dei minerali cristallizzati , si cadrebbe nell’ errore di riguardare quel principio di forza come derivante ab exlrinseco, mentre esso è intrinseco, inerente ed immedesimato negli organismi viventi, trasmesso c perpetuato mer- cè la propagazione. (38) Elementi di Geologia ad uso della li. Università di Catania — Un voi. di pag. 450 — Catania 1840. Quest’opera, che per varii titoli merita di essere apprezzata, in quanto alle definizioni ed agli esempii di geognostiche condizioni di estere contrade, come Io stesso autore dichiara, è in gran parte una compilazione di quella pregevolissima del sig. Omalius d’Halloy, ed in quanto alla distribuzione dei terreni ed agli organici fossili da cui son caratterizzati non si è allontanato dalle idee e dalle osservazioni del Sig. De la Beche. Si è però anche giov to mollissimo dei sommi la- vori del Brongniart, del!' Aubisson del Ly eli , del Beaumont, del Du- freney, del Leonhard , del Daubeny ec. Il chiaro autore persuaso, clic nelle scienze di osservazione è mollo diffìcile creare un sistema, che, riducendo la scienza a pochi principi! capaci di servir di regola nel- la investigazione e nella interpetrazionc dei fatti e dei fenomeni di cui la scienza si occupa, sia perchè molti elementi mancano, e perchè i fatti eccezionali superano i principii generali stessi, rinunzia, e special- mente per la parte geogenica, all’ idea di esporre sistematicamente la scienza, ed intende avviare 1’ allievo alla conoscenza dei più antichi fatti geologici colla esposizione e la inlerpctrazione dei più recenti , evitando così il pericolo di ingarbugliare la sua mente colla storia di tante ipote- si delle quali poche son quelle che portano un carattere di verità , o che almeno ne abbiano le sembianze. Per tal modo, dopo avere espo- sto in una prima parte i principii della geografia fisica e nella se- conda quelli della geognosia, riferendoli alla struttura della scorza so- lida del globo , alla classificazione delle rocce ad alla divisione dei terreni , si occupa nella terza della geogonia o geologia propriamen- te detta, a cui siegue un breve sunto , nel quale si riassumono bel- lamente ed in poche parole i principii più generali e le teoriche geo- geniche nell' opera esposte. Quali siano questi principii e queste teoriche lo si può agevol- mente comprendere dopo quanto si è detto nel testo. Intorno alla di- stribuzione dei terreni, come si accennò, siegue la classiti .-azione mes- sa avanti dal signor de la Beche in stratificati e non stratificati : ed i primi in superiori o fossiliferi cd in inferiori o non fossiliferi. Nella tavola in cui sta esposta 1’ anzidetta distribuzione , no v -ngono pure indicate delle altre, cioè, quella del Werner, del Conyheare , di Oina- lius d' Halloy e di Brogniart. Però dopo alcuni anni quella distribu- zione venne da lui modificata cd ordinata secondo le nuove conoscen- ze geologiche. Ora, in leggendo l’opera del Gemmellaro, atta moltissimo allo in- segnamento geologico , si rileva indubbiamente lo studio profondo che 1’ autore aveva fatto sulla siciliana geologia , dopo essersi arricchito delle generalità che la scienza comprende nella sua parte teorica , delle regole che essa dà per 1’ applicazione al fatto dei suoi piin- eipii generici, e di tutte le altre particolarità relative a lutti gli al- tri luoghi da lui visitati. Infatti ad ogni passo s’ incontrano nella sua opcia delle applicazioni utili non solo, ma nuove del tutto, dei prin- cipii geognostici alla indagine ed alla definizione dei varii terreni che 1 isola nostra costituiscono , ed a tutti altri fenomeni geologici e vulcanici che essa pres» nta. Non mancano nell’ opera in esame le no- - 218 — vita scientifiche, e nuove tei riche relative ad alcune formazioni che presenta il suolo siciliano, delle quali cvvenc qualcuna di cui lo sco- vamento a lui fuor d’ ogni dubbio si appartiene. E volendo anche di tutto ciò non far caso, avvegnaché sia di un’opera elementare non co- mune pregio, basterebbe a renderla sopramodo interessante il diluci- dare ed il confermare che con essa si fa dei principi i scientifici con esempii , fatti cd anco prove tratte dai luoghi stessi in cui la scien- za s’insegna, senza ricorrere ad estere rimote contrade, alle quali non è sempre lecito il potersi avvicinare. Crediamo non dovere riuscir discaro al lettore il riferire il giu- dizio dell’opera dato dal suo autore eoseenziosamente, nell'occasione in cui egli fu spinto a far valere i suoi titoli e le sue giuste pretese ad una carica, che avrebbe dovuto spettargli di dritto. « Il pregio di quest’opera, egli dice, consiste nell’ ajuto che si dà « ai giovani siciliani, di poter riconoscere nei terreni dell’Isola tutti « i caratteri che dà loro la geologia nella successione delle forma- « zioni , attestate dalla loro giacitura e dagli organici fossili — Nella « parte geologica poi, l’ autore avanza molte teorie nuove sulla na- « tura ed origine dei terreni, e principalmente nelle grauwacke e sui « calcari, e sul terreno carbonifero da altri non mai primariconosciuto « in Sicilia »( Titoli del prof. Carlo Gemmellaro pag. 9). (39 j Cav. prof. Carmelo Maravigna— Storia critica delle eruzioni dall' Etna. Discorso 1°. — Dai tempi immemorabili e favolosi insino all' epoca dei Romani in Sicilia — Letto nelle sedute ordinarie dell’Accademia Gioenia de’ 22 giugno e 24- luglio i 826 — Atti Gioenii , ser. 1.a, voi. 111.0, pag. 17. Discorso 2.° — Dal principio dell' impero romano in Sicilia, sino alla intera caduta del medesimo - Letto nelle sedute ordinarie del di 26 luglio e 18 agosto 1827 — Atti Gioenii, ser. !*., voi. IV.0, pag. 23. Discorso 3.° — Dal sesto sino al duodecimo secolo della nostra era — Letto nella seduta ordinaria dei 28 Agosto 1828 — Atti Gioenii, ser. 1a. voi. V.0. pag 43. Discorso li.0 — Dalla fine del secolo duodecimo sino a metà del se- colo dccimoquinlo — Letto nelle sedute ordinarie del 24 settembre e del 26 novembre 1829 — Atti Gioenii, ser. l.\ voi. VI.0, pag. 85. Discorso 5.° — Dalla metà del secolo decimoquinto a tutto il seco- lo dee inno sesto — Letto nelle sedute ordinarie del dì 29 aprile e d i 27 giugno 1830 -Atti Gioènii, scr. 1.a, voi. VII0., pag. 21. Discorso 6.° -- Dal principio al termine del secolo decimosettimo ~ Letto nelle sedute ordinarie del dì 16 Febbraio e 15 marzo 1832 — Atti Gioeni;, ser 1.“, voi. Vili.0, pag. 99. Discorso 7.° - Dal principio al termine del secolo decimottavo — Letto nella seduta ordinaria de’ 12 luglio 1832 — Atti Gioenii, ser. 1.* voi. IX.0, pag. 121. (40) Trattato dei boschi dell’Etna. Memoria 1 — Letta nelle, sedute ordinarie della Giocnia del 15 luglio e del 1G settembre 1824. — Atti Gioenii, ser. 1 voi. I0., pag. 243 Memoria 2.“-- Letta nelle sedute ordinarie de’ 14 luglio, 11 Ago- sto c 10 dicembre 1825— Atti Gioenii, sor 1 .", voi. 2.°, pag. 19. Memoria 3.a — Letta nella seduta ordinaria dei 13 novembre 1826 — Atti Gioenii, ser. t.a, voi. III.0, pag. 1. (41) Materiali per servire alla compilazione della Orittognosia etnea. Memoria 1 .a — Sulla famiglia degli Antraciti, preceduta da un di- scorso preliminare, nel quale si accenna alle cause che hanno ritar- dato presso di noi gli avanzamenti di questo ramo del sapere — Letta alla Giocnia nella seduta ordinaria del di’ 23 febbrajo 1829 — Atti Gioenii, ser I .a, voi. V.°, pag. 141. Memoria 2.a — Sulla famiglia dei Solforiti— Letta m Ila seduta or- dinaria del 29 aprile 1830— Atti Gioenii, serie 1.d, voi. V;.°, pag. 205. Memoria 3.;‘ — Sulla famiglia dei Sideriti — Letta nella seduta ordina- ria dei 14 luglio 1831— Atti Gioenii, serie 1a, voi. VIII.0, pag. 25. Memoria 4.a — Sulla famiglia dei Cloridi — Letta nella seduta dei 14 luglio 1831— Atti Gioenii, Le., pag. 33. Memoria 5.a — Sulla famiglia degl’ Idrogcnidi — Letta nella seduta dei 14 luglio 1831 — Atti Gioenii, 1. c., pag. 41. Memoria (> a— Sulla famiglia dei. Silicidi, preceduta da un discorso preliminare sulla origine e formazione dei Silicidi ne’ vulcani— Letta nella seduta ordinaria de' 28 fehbraro 1833 — Atti Gioenii, serie Ia, voi. IX.0 pag. 231. Cenno sul solfato di calce che formasi nell’ interno del cratere del- !' Etna , sulla genesi di altri sali che ivi rinvengonsi, e specialmente di una sostanza molto rassomigliarne al caolino, prodotti della decompo - si z ione delle lane, per servire di seguito alle memorie di oritlognosia etnea— Letto nella seduta ordinaria dei 27 dicembre 1 835 — Att: Gioc- nii, serie 1 .a, vo! XII,0 pag. 149. (42) Tavole sinottiche dell' Etna, che comprendono la topografìa del- le eruzioni, la descrizione delle materie eruttate, e d'alquanti fenome- ni di questo vulcano , dietro le recenti fisico-chimiche scoverte. Cata- nia 1811. Antonio Zooco incise, fui. XXIX V. 25 — Queste tavole furo- no ristampate a Parigi con qualche modificazione. Qui cade in acconcio citare altri suoi lavori sull’ Etna, cioè : 1° Relazione sull' eruzione dell’Etna del 4802; 2.° Storia dell'incendio dell’ Etna del mese maggio 1849. ( Catania 1819 ) , nella quale , non solo dà un giornaliero rapporto del corso e dei fenomeni dell’ eruzio- ne, e i prodotti di essa descrive, ma non limitandosi alla sola osser- vazione dei fatti, cerca indagare la causa delle vulcaniche accensioni: esponendo ed analizzando la teoria del Patrio, che non va a suo genio, manifesta le sue idee intorno al principio motore dei vulcani. (431 Memoria sopra la eruzione apparsa nella plaga occidentale dell’ Etna nelle notti del 31 ottobre, l e 3 novembre , dell’anno 1832, per cui fu in pericolo il Comune di Bronte — Letta nella seduta ordi- naria del 23 del susseguente dicembre— Atti Gioenii, ser. 1. voi. IX.0, pag. 207. (44) Sopra un puovo fenomeno sonoro accaduto sul sommo giogo dell’Etna-- Notizia del doti. Giuseppe Antonio Galvagni, letta alla Gioe- nia nella tornata ordinaria del 3 marzo 1836 — Atti Gioenii, serie 1a, voi. XII0, pag. 326. (45) Fauna etnea, ossia materiali per la compilazione della zoo- logia dell' Etna del Galvagni. Memoria 1.°, per servire di proemio alla descrizione degli animali delle tre regioni del monte — Letta alla Gioenia nella tornata ordina- ria dei 28 giugno 1835 — Atti Gioenii, serie 1.a, voi. XII0, pag. 25. Memoria 2.a, — Sulla classe dei mammiferi e sulla famiglia dei Chiropteri e degli Insettivori— Letta nella seduta ordinaria del 14 aprile 1837 — Atti Gioenii, serie 1a, voi. XII0, pag. 277. Memoria 3.a, — Sulla terza famiglia dei dilaniatori , o Carnivori — Celta nella seduta ordinaria dei 14 aprile 1837 — Atti Gioenii, serie 1.a, voi. XIII0, pag. 163. Memoria 4a, — Sull’ ordine dei mammiferi rodenti — Letta in se- duta ordinaria — Atti Gioenii, serie 1a, voi. XIV0, pag. 137. Memoria 5 Sull' ordine dei mammiferi pachidermi — Letta in seduta ordinaria — Atti Gioenii, serie la, voi. XIV°, pag. 241. Memoria 6a, per servire di proemio alla Ornitologia dei contorni dell'Etna— Letta nella seduta ordinaria del 22 aprile 1 838 —Atti Gioe- nii, serie 1a, voi. XIV0, pag. 271. Memoria 7.a — Sui mammiferi ruminanti — Letta nella seduta or- dinaria del 26 settembre 1839 - Atti Gioenii, sor. 1a. voi. XIV,0 pag. 107. Memoria 8a, — Sui Cetacei — Atti Gioenii. serie 1a, voi. XVI0. Memoria 9a, — Sugli uccelli di preda diurni— Letta nella tornata ordinaria dei 24 marzo 1843— Atti Gioenii, serie 1a, voi. XIX0, p. 243, Memoria 10a, — Continuazione degli uccelli di preda diurni e de- scrizione degli uccelli di preda notturni — Letta nella seduta ordinaria del dì 28 settembre 1843 Alti Gioenii, serie 1a, voi XX0, pag. 165. (46) Memoria sulla meteorologìa in generale e sui segni naturali meteorologici dell ’ Etna — Letta alla Gioenia da Rosario Somieri nella seduta ordinaria dii 23 marzo 1827 Atti Gioenii, serie 1 a, voi. III0, pag. 205. (47) Colpo d' occhio sulle produzioni vegetali dell’ Etna , e sulla necessità di un esatto catalogo delle stesse — Letto alla Gioenia dal prof. Ferdinando Cosentini nella seduta ordinaria del 24 Gcnnajo 1828 — Atti Gioenii, sor. 1”, voi. IV0, pag. 125. (48) 1° Memoria cieli’ eruzione dell'Etna avvenuta nell' anno 1809 — Di questo interessante lavoro se ne feeer due edizioni, la prima in Ca- tania, 1’ altra in Messina. 2°. Memoria dell' eruzione dell' Etna avvenuta nell'anno 1811, e Giornale dell' eruzione dell Etna avvenuta il dì 27 maggio 1819. Que- sti due altri lavori videi- la luce in Catania per là stamperia dei Regii Studii. (49) L. c., pag. 534. (50) Osservazioni vulcanologiche sulle fenditure esistenti in Ma scalucia volgarmente chiamate Cavoli - Lette alla Gioenia dal dottor Antonino Somma nella pubblica tornala degli 11 luglio 1839 — Atti Gioenii, ser. 1°, voi. XVI0, pag. 17. (Juì è d'uopo dire una parola dell’altra di lui memoria, citata nel testo, che porta per titolo — Sul luogo e tempo in cui avvenne ATTI ACC. VOL. II. 30 I’ eruzione dell' Fina appellala dei Fratelli Pii, e sulla costoro leggenda: Osservazioni ec., lette all’ Accademia Gioenia nella seduta -ordinaria del dì 4 settembre 1864, ed inserita da questa Società nei suoi atti, serie 2.a, voi. XX.0, pag. 59). Questo lavoro dopo essere stato pubblicato negli Atti suddetti, fu per intero riprodotto (e ciò mostra la sua importanza ) nel Giornale palermitano di antichità c belle arti (Anno 111.0, n.° 27, 9 marzo 1865); ed ecco come la Direzione di quel foglio interessanti' si esprime sul conto della mentovata memoria — « Facciamo posto alla se- n poca estensione andò nel sottoposto terreno a precipitarsi , ove, incontrando probabilmente dell’acqua racchiusa in qualche cister- na o altra conserva, quella ridusse ben presto allo stato di vapore , lo che produsse terribile non mai vista esplosione , la quale diè luo- go alla più desolante ed orribile scena , che offriva un numero con- siderevole di vittime umane. Di questa eruzione, singolare per il fatto che abbiamo indicato , una relazione ne scrisse il Gemmellaro , in cui ogni fenomeno venne maestrevolmente descritto , che fu letta alla Gioenia nella seduta or- * dinaria del 21 dicembre 1843 ed inserita negli Atti accademici, sor. I.8, voi. XX.0, pag. 222. Eruzione del 1852. La notte del 21 Agosto del 1852 appiè del balzo del Trifoglictto l’Etna aprì il suo fianco orientale a tale un’ eruzione, che tra le più grandi e famose si potrebbe ascrivere, ove si ponesse solo attenzione alla quantità prodigiosa di materiale lavico a cui diè uscita e tale da ingombrare la più parte del fondo della Valle del Bove , e questa sorpassando minacciare Za fiera n a etnea , e molti altri villaggi che siedono sulla più fertile plaga del Mongibello. Questa eruzione’ durò più mesi; i suoi fenomeni furon diligen- temente notati in un giornale dal chiaro Dr. Giuseppe Gemmcllaro , ( Sunto del Giornale della eruzione dell ’ Etna del 4852, letto alla Gioc- nia nella seduta ordinaria del 20 maggio 1853, ed inserito nei suoi atti ser. 2.a, voi. IX. ° pag. 113, e su questo giornale il fratello Car- lo ne compilò breve ragguaglio, che fu letto alla Gioenia nella se- duta ordinaria del dì 4 novembre 1852, ed indi inserito negli atti di questa Società — Serie 2.a, voi. IX. °, pag. 1. Eruzione del 1803. Piccola eruzione avvenuta nel sommo cratere etneo. Eruzione del 1 805. Di questa grande e spaventevole eruzione etnea , la maggiore dopo quella del 1669, qualche cenno ne diè il nostro autore, essen- do stato, come si disse, incaricato dall’ Accademia Gioenia il Silve- stri di studiarla e darne esatto ragguaglio alla medesima , come in- fatti avvenne. Le relazioni sopra indicate delle eruzioni etnee date dal Gemmel- laro sono ammirevoli per la esalta descrizione dei loro fenomeni , del loro corso , per le importanti idee e teorie vulcanologiche che vi campeggiano; solo vi si potrebbe desiderare, oltre di una esatta enu- merazione dei loro prodotti , 1’ analisi chimica dei medesimi. Però è da considerare che in questi ultimi tempi soltanto i vulcanologisti si son dati con impegno alla ricerca ed allo studio chimico dei prodot- ti delle eruzioni , ciò che può veramente condurre allo acquisto di qualche conoscenza non effimera sulla causa delle accensioni vulca- niche. (57) Sopra alcuni pezzi di granilo e di lave antiche trovati prcs - so alla cima dell ’ Etna - Osservazioni fisiche del dottor Carlo Gem- mcllaro — Catania 1823. Ecco il primo lavoro del nostro autore in fatto di storia natu- rale ; e sebbene in questo primo saggio non sembri aver dato nel se- gno in quanto ai concetti formati dalla sua mente, perchè poggiati so- pra poco solida base, tuttavia sono ammirevoli in quel lavoro la esat- tezza nelle descrizioni e la forza creatrice della sua mente che comin- ciavano a rivelarsi in lui di buon’ora. Trascriviamo qui intanto ciò che. egli stesso nc dice di quel lavoro nel suo prospetto della storia della mineralogia e della geologia nel seco- lo XIX.0 (Effemeridi per la Sicilia— N.° 57, Giugno 1838, pag. 152}. « Nell’anno stesso Carlo Gcmntcllaro da Catania, allievo di Giro- « lamo Recupero, restituitosi in patria dai suoi lunghi viaggi, rinven- ir ne fra i massi eruttati dal cratere dell’ Etna, nel piano del Lago « alcuni pezzi di granito incrostati di scoria vulcanica, che contene- « vano delio stagno ossidato. Una memoria egli ne pubblicò in Cata- « nia, nella quale presentò una minuta descrizione dei pezzi rinvenuti, « e passò in seguito a trarre da quelle osservazioni delle geologiche « conseguenze sulla profondità del focolare vulcanico. Ma cosa mai « aspettar puossi da ragionamenti fondati su minime circostanze, c so- « pra limitate osservazioni ? Quanto scrisse infatti l’autore sull’antichi- « tà della roccia granitica da lui esaminata, meritava < sser corretto, « se, come egli credeva- allora, il granito riguardar dovevasi come net- « tunica roccia ». (58) Prospetto di una topografia fisica dell Etna e suoi contorni presentato all’ Accademia Gioenia nella seduta del IO giugno 1824 dal doti. Carlo Gemmellaro uno dei membri del comitato a formarlo ( Atti Gioenii, ser. 1 .a voi. 1.°, pag. 19). Questo prospetto, che i socii gioenii prof. Salvatore Seuderi, prof. Antonino di Giacomo, Cav. prof. Ignazio Napoli e il nostro autore con- cepirono, e quest’ultimo completamente redasse, tendente ad illustrare il famoso Etna, e clic doveva a preferenza di ogni altro oggetto atti- rare l’attenzione di naturalisti che abitano le sue falde, servì loro di norma nel ricercare e, studiare tutto ciò che d’ inter< ssante questa mon- tagna ardente presenta in quanto alla natura inorganica ed ella orga- nica. Si è perciò, che la geologia, la mineralogia, la botanica e la zoo-' logia del vulcano, non che i varii rami di queste scienz dovevano formare argomenti particolari e distinti di ricerche, di meditazioni e di studio assiduo. Nè venne meno col tempo il grande proponimento; im- perciocché non fu mai trascurato dai Gioenij quanto in quel prospet- to venne loro segnato. 11 gran lavoro fu ripartito tra i vai i i mem- bri della Società Gioenia; ciascuno attese ad adempiere con zelo il proprio incarico: ma il Gpmmellaro più d’ ogni altro, poiché solo nel- lo studio della geognosia e della geologia del monte. Non puossi fare a meno di ammirare 1’ ordinamento, la sceltezza delle idee, 1’ utilità e l’importanza ib i progetti in quel suo lavoro, e le belle conoscenze scien- tifiche di cui è correlatole sin d’allora ognun si avvide dell'immensa attitudine di quell’ uomo, c potè calcolare il grande vantaggio che dove- va in progresso di tempo la scienza trarre dalle sue osservazioni e dal- le sue elucubrazioni. (59) Memoria sopra le condizioni geologiche del tratto terrestre del- r Etna, letta alla Gioenia nella seduta ordinaria del ili 20 gennaro 1825. (Atti Gioenii — ser. 1 .a, voi. 1 pag. 185). Questo lavoro, frutto di lunghi studii, ricco di nuove cd utili os- servazioni , olire la descrizione dei varii terreni su cui I’ Ulna s’in- nalza, di quelli, cioè, che alla formazione della parte subaerea di questo vulcano preesistettero, e degli altri elle venner dopo. Così egli nel mentovato tratto trova quattro terreni diversi, che enumera secon- do l’ordine di appresso; 1.° quelli della carriera basaltica; 2° il terziario dal quale i basalti furon soverchiati e coperti; 3° il basso alluviale che forma la piana di Catania; e 4° la parte antica e moderna dell’ Etna. Crede egli così dimostrato ad evidenza , che « una carriera ba- « salti ca preesisteva alla formazione ilei terreno terziario ( ora occu- « palo dall’Etna) non solo, ma a quello delle montagne terziarie di « Centirbi, comesi scopre dal letto del fiume Salso, stabilito fra le « colonne basaltiche, le quali vengono da sotto a quelle montagne ». Ancora sostiene, che «. l’Etna innalzata su questa base, presenta due « epoche distintissime , e che la parte orientale, ne è fuor di dubbio « la più antica». (I. e. pag. 213). (CO) Sopra il basalto e gli effetti della sua decomposizione natu- rale. Memoria letta alla Gioenia nella seduta ordinaria degli 11 agosto 1825 (Atti Gioenii, ser. 1.a, voi. II.0, pag. 48. ) Chi volesse aver prove irrefragabili delia imparzialità del nostro autore nel giudicare le cose geologiche, e della sui assoluta indipen- tlenza da ogni idea sistematica , lo troverebbe in tutti i suoi scritti . ma più che negli altri, in qu sto, in cui di un modo che dubbio non lascia, fa su di ciò la più esplicita dichiarazione. Ai tempi in cui egli scrisse la memoria suindicata la parte filoso- fica della geologia era in due partiti divisa e scissa. Due squadre di geologi distinti, ciascuna capitanata da un capo-scuola di merito ec- celso e di potente ingegno, quasi ad armi uguali, lottavano tra loro con immensa gagliardia, con invincibile ostinatezza, anzi con un ac- canimento degno al certo di miglior successo. A capo dell’ un partito stava il celebre Werner, seguito da Walke, da Kirwan, da Mohs , Tondi, Muray, Jameson, Macknight ec. i quali ammettevano il solo interven- to dell’acqua nelle operazioni geologiche: e capo dell’altro era l’illu- stre Hutton, che avea per seguaci i Playfcir, i Hall, i Mackensic, i Mac- culioch, i Knight, ed Humboldt, e Cordier, c Bucklandt e Vonbuch e Breislak ec., e che ritenevano, il tutto essere stato avvenuto per l'a- zione d» 1 fuoco. I primi si dissero Nettunisti, Plulonisti i secondi. Ora nulla sarebbe riuscito più facile, che la fusione di quei due partili , che si combattevano a vicenda senza un vero vantaggio della scienza, se avessero deposto quella assoluta esclusione di principii, fi- glia di una forte preoccupazione della mente,, e, chi sa, se sostenuta od almeno afforzata in qualche parte dallo sfrenato desio di celebri- tà e di primazia. L’acqua e il fuoco sono due potentissimi elementi della natura, ed era naturalissimo il supporre c creder-*, che l’uno c l’altro atti a metter cagione a grandi e terribili fenomeni, siano in- tervenuti nella formazione della terra c nelle varie sue vicende, c del- le rocce talune siano stale prodotte dai fuoco ed altre dall’acqua; e questo fu difatti il risultato di quella lotta così lungamente durata. Or questa lotta non era ancora cessata quando scriveva 1’ autore il lavoro che abbiani per le mani; ma egli coscenzioso osservatore te- nendo sempre fitto in mente il gran detto del gran cancelliere d'Inghilter- ra, non est fingendum nec exeogitandum sed inveniendum quid natura fu- riai aut forai, quelle sistematiche quistioni dichiara apertamente scanzare colle parole di appresso — « In questo stato di cose geologiche, doven- te dovi io far parola, o Signori, di alcune mie osservazioni sul b sal- « to c gli effetti della sua decomposizione naturale , come ardirei di- « chiararmi seguace di un sistema più che di un altro, senza temere « a ragione , che Voi riguardereste le mie osservazioni poco sincere , « o fatte dimeno collo spirito preoccupato di gradita teoria? Altro non « farò io quindi, che ragionarvi di fatti ; c se pur qualche induzione « tenterò io di ricavarne, non potendo perciò a braccio armato soste- « noria, al vostro giudizio senza prevenzione la sommetto ». ( I. c. p. 50). Con questa determinazione dell’ animo suo costante sempre, si fa in questa memoria a definire primamente il basalto, e poi a mostrare i varii b;salti dell' Etna e di altri luoghi della Sicilia, a ricercarne la struttura, a differenziarli, scrutando il modo con cui deeompongonsi, le cause della loro decomposizione , e i prodotti a cui questa stessa decomposizione dà luogo. Nel ricercare che egli fa la composizione del basalto sorge chiara la differenza tra il basalto medesimo e la lava. Il tutto è maneggiato con tanto rigore di osservazione, e con tan- ta maturità di giudizii, da non lasciar a desiderar di meglio; e ciò qua- rantaquattro anni addietro I (61) Sopra i vulcani estinti del vai di Nolo. — Memoria 1/, letta alla Gioenia nella seduta ordinaria d ■’ 26 aprile 1827— (Atti Gioenii, sor. 1 voi. 111.0, pag. 205). Le prime osservazioni sui vulcani estinti del vai di Noto furono dal Gemmcllaro fatte in compagnia dell’ egregio Colite Beffa Negri n i , e co- municite alla Gioenia in una prima memoria all’epoca sopracitata. In questa memoria egli descrive primamente il suolo flegrèo, che occupa gran parte del centro della Sicilia, c che presenta una superficie di circa 420 miglia quadrate, sul quale si eleva il monte Lauro nelle cir- costanze di Buccheri all’ altezza di 3,300 piedi inglesi. Descrivendo questa parte del suolo siciliano, vi distingue due formazioni, in due epo- che diverse avvenute; la prima antichissima, e l’altra piuttosto moder- na, di cui stabilisce approssimativamente l’età. Dei prodotti pirogenici hanno avuto luogo, secondo lui, durante l’ una e l’ altra delle due men- tovate epoche; distingue gli uai dagli altri questi prodotti , ed i luoghi designa che furono teatro d’ incendi i vulcanici che in progresso di tem- po del tutto si estinsero. È sua opinione, che i materiali venuti fuori da quei varii punti di eruzione siano derivati dal basalto, che ivi tro- vavasi, e sul quale il fuoco agì. Per rendere più chiari i risultati delle sue osservazioni , annette alla sua memoria una carta geologica della contrada in discorso, nella quale vengon contrassegnati i varii vulcani che in essa ebber luogo, e dei quali se ne veggon tuttora chiara- mente le tracce. A questa memoria altra ne seguì collo scopo di dare maggiori schia- rimenti a quanto nella prima si era detto e sostenuto, alla quale sta annesso l’elenco delle rocce in quei luoghi dall’autore rinvenute. ( So- pra i vulcani estinti del Val di Noto — Memoria 2.a, letta nella sedu- ta ordinaria del °25 luglio 1833 (Atti Gioenii, ser. 1 .*, voi. X.° pagi- na 61). Quella parte di siculo suolo nel quale un tempo gl’ incen lii vul- canici divamparono, i quali in seguito si estinsero , ispira tale un inte- resse al geologo, da esser riguardata come una ricca sorgente di ricerche e di meditazioni, come generalmente si è pensato; e per questo non do- vea esser trascurata, come non lo fu giammai. In varii tempi infatti è stala visitata da uomini espertissimi nelle geologiche dottrine, e la maggior parte di essi han confermato in quella contrada l’ esistenza degli estinti vulcani. Ma è da dire, che il celebre Hoffnann nella sua carta geolo- gica della Sicilia ha riguardato come soltanto basaltici i terreni nei quali si è ritenuto esistere quegli estinti vulcani; e certo che l’avviso di un tanto geologo è di gran peso. Ma ci è da riflettere, che altri non di minor valor di lui ammisero , come si disse , contraria opinione e che dovendosi ripetere le cento volte le ricerche, ed osservare pas- so per passo una contrada, un terreno, por ^esattamente ed inconfuta- bilmente giudicarlo, è da riporre maggior fiducia nelle opinioni di quei dotti, che, abitando nei luoghi medesimi che formino il subietto del- la disamina, possano nel modo suindicato condursi , e non come gli stranieri, che sogliono, qualunque sia il lor valore , sia per difetto di tempo e di opportunità, o p:r altro motivo, con un guarda e passa , giudicar categoricamente le cose, cd emettere sentenze che credono infallibili. Le osservazioni fatte dal Gemmellaro furono da lui ripetute le tante volte ed in epoche diverse, senza che abbia lasciato di visita- re neanco un punto solo di quella stessa contrada,' e la sua opinione, invece d’indebolirsi, sempre più colle, nuove ricerche si afforzò. Per noi era già divenuta una certezza l’esistenza dei vulcani estinti nel Val di Noto, quando il Cav. prof. Agatino Longo, avendo voluto visitare gli indicati luoghi , limitando però soltanto alla valle di Loddiero le sue indagini , dopo una corsa rapidissima di pochi giorni , annunziò alla Gioenia di avervi trovato basalto e nicnt' altro che basalto , ed essere un pregiudizio , una follia, una contradizione manifesta , spacciare la esistenza dei vulcani estinti del Val di Nolo. (Memoria lotta alla Gì oc- atti acc. voi. Il- 31 230 nia nella seduta ordinaria del 10 novembre 1864 (Atti Giocnii, sci'. 2.a, voi. XX.0, pag. 92). Quale impressione sull’animo dei Gidenii abbia fatto una tale ar- dita ed esplicita dichiarazione, ognun se ’l può immaginare. Ma con tutto il rispetto che si deve ad un uomo di tanta dottrina , quale si è il Longo , e sebbene noi non possiamo in tali materie, che non ci è dato maneggiare, emettere alcuna positiva opinione, tuttavia ci è sem- brato troppo assoluto , arrischiato e troppo ancora corrjvo il suo giu- dizio: e ciò perchè, anzi tutto una opinione scientifica, per quanto sia debole , non è mai da dichiararsi una follia ; perchè , ove fosse anco un’opinione inammissibile quella del Gemmeliaro, non sapremmo mai dichiararla una contradizione manifesta ; perchè è fidar troppo nelle proprie forze, in geologia precipuamente , il voi >r giudicare del tutto dallo esame di una parte sola di esso, e peri hè finalmente un’osser- vazione di volo non ci sembra sufficiente a definire una questione co- sì scabrosa e grave. Del resto forse il Cav. Longo ha ragione; nè spetta, ripetiamo, a noi, dare a lui una mentita, o approvare il suo giudizio, ma a chi veramente sia tanto in tale materia esperto da poter fare da giudice in siffatta quistione, che vuol esser trattata colla massima imparzialità c senza preconcepitc opinioni. Il Gemmeliaro in una sua nota sullo stesso argomento (vulcani estinti del Val di Nolo) letta alla Gioenia nella seduta ordinaria del dì 19 febbraro 1863 (Alti Gioenii, ser. 2a, voi. XX0, pag. 185) dà da vecchio geologo teorico e pratico le vere norme ed indispensabili per ben riuscire nella esposta disamina. (62) Relazione del nuovo vulcano sorto fra la costa meridionale di Sicilia e l’Isola di Pantelleria — Catania 1831. Un fatto straordinario, degno di attirare l’attenzione dei dotti avve- niva al declinare del luglio del 1831 nel mare che bagna la costa me- ridionale di Sicilia, c precisamente tra Sciacca c l’isola di Pantelleria. Era un’ eruzione sottomarina; era un vulcano che sorgeva dalle acque. Spet- tacolo assai raro, imponente, sublime 1 All’annunzio di un tanto av- venimento da più luoghi, ed anco lontani, corrono i curiosi ad assi- stere alla nuova c terribile scena, c i dotti ad osservarne i fenomeni, il corso, i prodotti e quanto può interessare il vul oanologista ed il geologo. L’ Università catanese spedisce il Gemmeliaro a prender conto del nuovo vulcano sottomarino. Egli osservalo in tutta la possibile estensione, lo contempla , Io - 231 - studia profondamente nei suoi priaiordii , nel suo corso, nelle sue varie manifestazioni e nel materiale rigettato; ed al ritorno scrive tale una relazione del fatto e così dettagliala , così distinta e corredata di ottime vedute geologiche c di convincenti spiegazioni, da riguardarsi come pregevolissimo lavoro e forse ad altri superiore che sullo stesso argomento venner pubblicati. A conferma di ciò basterebbe se non al- tro, lo aver predetto la totale scomparsa dell’ isoletta dal vulcano sud- detto formata, che da lui fu chiamata Isola di Ferdinando II.0, dagl’ inglesi Graham ed Hosham, da altri Ferdinanda e dal Costant Prevost Giulia. E la sua predizione del tutto avverossi ; ciò che mostra quanto bene giudicato avesse la natura del materiale dal vulcano rigettato. Altre relazioni, oltre la sum neritovata , videro la luce in quel bre- ve periodo. Nelle Effemeridi per la Sicilia pubblicossi un Irete rag- guaglio nel novello vulcano (tomo 1 Palermo 1832) di ignoto ma dot- to Autore. Il Russo Ferrugia da Trapani diè fuori la storia dell'Iso- la Ferdinanda sorta dalla costa meridionale di Sicilia — Trapani 1831 ; il celebre prof. Offmann da fiale, trovandosi allora in Sicilia per geo- logica escursione, pertossi ad osservare il sottomarino vulcano, e ne diè breve ragguaglio con lettera al Duca di Serradifalco in Palermo. In- fine il Sig. Costant Prevost, Vice-Presidente ideila Società Geologica di Francia, dopo essersi a neh’ esso portato a visitare il vulcano sudetto , tornalo in patria, scrisse il rapporto del suo viaggio all’ Isola Giulia , ed in qm l rapporto confessa « di aver trovato in Catania, celebre per la « sua Università, degli uomini che coltivano le scienze , e nell’ esame « delle loro collezioni tutti i mezzi di ontinuare con frutto il suo viag- « gio , ed alto loda lo zelo ed il sapere del Segretario G menile Gem- « niellare incaricato dall’ Accademia di osservare il nuovo vulcano. (Alcs- » si — Relazione Accademica per l’anno IX.0 della Gioenia (Atti Gioe- nii, ser. 1 .a, voi. X,° pag. 28, nota). È però da avvertire, che il Gemmellaro fu incaricato di osserva- re il nuovo vulcano dalla Università, non dall’Accademia Gioenia. Fu perciò che il suo rapporto venne da lui letto nella gran Sala della detta Università il 28 agosto 1831. L’Accademia però apprezzandone il merito inconfutabile , deliberò unanimamente che facesse parte dei suoi atti. Noi non vogliamo chiudere questa nota senza rapportare le po- che parole che egli scrisse di quel vulcano nella sua relazione accade- mica per l’anno Vili0 «Iella Gioenia (Atti Gioenii, ser. 1 .a, voi. IX. °, pag. 19) le quali danno di esso, in modo oltre ogni dire succinto ma chia- rissimo, una sodisfacente idea. « Quel vulcano, che nei primi giorni di sua comparsa nel mese « di luglio 1831 sino agli 11 agosto, quando io il visitai, dimoslra- « va una straordinaria energia, c parca volersi di giorno in giorno « ingrandire, giunse a formare un cratere di mezzo miglio di eir- « conferenza, ed alto dal livello del mare cento dieci palmi nel suo « punto più elevato. Ma ai 16 agosto le sue esplosioni erano cessate, « ed il fondo del cratere formava un piccol lago termale, le di cui « acque salse e tinte di idrossido di ferro, ed una infinità di piccoli « spiragli, che imitavano altrettanti vulcanctli, presentavano un hen « curioso spettacolo ». « Ma la lava, non essendo arrivata alla superficie del mare, il « fragile e sconferme materiale del cratere venne facilmente corroso « alla base dalle onde, e cadde a poco a poco in mina. Negli ultimi « di novembre scorgevansi isolate porzioni di quel cratere. Il mare « infine lo portò via interamente il dì 16 dicembre; ed oggi non re- « sta che un banco di materiale vulcanico, a 12 braccia sotto il li- « vello del mare, presso la secca del corallo, dove come io predissi « nella mia relazione, passali già sopra le barche a quel punto istesso « ove nello scorso agosto un vulcano atterriva, e riempiva di stupore « coloro che a qualche distanza poteano solamente osservarlo ». Sopra il confine marittimo dell' Etna memoria letta alla Gioenia nella seduta ordinaria dei 24 aprile 1828 — Atti Gioenii, ser. 1 ,a, voi. IV0, pag. 179. In questa interessante memoria egli bellamente e dottamente de- scrive tutta la spiaggia non mcn lunga di miglia cinquanta , che dalla punta di Schisò e daH'Onobola tiene alla foce del Simelo, e che for- ma il littorale marittimo etnèo. E tra i li ttorali della Sicilia alcun non avvene al certo che tanti grandiosi e meravigliosi fatti naturali comprenda, quanto quello di cui è parola. Argomenti di ricerche ine- sauribili e di studio che non avrà mai fine, sono: la grotta delle co- lombe; le sette correnti laviche, le une alle altre sovrapposte ed al- ternate con tei reni di trasporto, clic formano quella maniera di ciglione che si eleva per 400 palmi sul livello del mare , su cui sie- de la bella Città di Aci-Reale, e clic costò una persecuzione al sommo Recupero per aver detto ad un forestiere , che cinque o sei mila anni non potevano bastare a quella singolare formazione; i basalti di trez- za, la rupe basaltica su cui sta ancora il castello di Àci , monumento storico non privo d’interesse, e i tanto celebrati Scogli dei Ciclopi. Interessantissimi sono i vari i punti di quella spiaggia al geologo, non solo, ma non pure al zoologo, al botanico, al mineralogista, all’idro- logo, all’ agronomo ed all’ economista. E tutto è dal Gcmmcllaro esposto con ordine, verità e precisione. Studiando principalmente da geologo quel confine etneo, egli vi scorge tre maniere di terreni, il terziario, cioè 1’ alluviale ed il vulcanico il quale in basaltico divide e vulcanico moderno; e questi varii terreni descrive, facendo vedere come il terziario di quando a quando tra le lave si mostri, e si elevi in colline, ed ora del tutto di lava svestito si appalesi, e come 1* alluviale nei bassifondi si appresenti. A meno di poche, e poco interessanti modificazioni , nes- suno ha potuto meglio riuscire del Gemmcllaro in quella descrizione. (64) Memoria sopra un masso di lava dell’ Etna corroso dalle ac- que marine, letta nella Gioenia nella seduta ordinaria de’ 27 Agosto 1820 (Atti Gioenii, sor. 1 .', voi. VI.0 pag. 72). Ciò che d’interessante in questa memoria rilevasi, non è al cer- to 1’ essersi dimostrato, che le acque del mare logorano c corrodono le lave dell’Etna, ma ohe le lave di una stessa eruzione possono subire in diversi gradi quella solvente azione, c differenti ne siano i risultati. Ciò porta ad ammettere, com’ è in fatto, che la lava da unica sorgente sca- turita non abbia in tutte le sue parti la composizione medesima. Il dotto autore, dopo aver dato la esatta conoscenza di tali fatti, ed averli luci- damente comprovati, giovandosi delle osservazioni fatte dal Conte Bef- fa Negrini nell’ Isola di Pantelleria, spiega quei fatti medesimi in un modo che, anche oggi non è mica rifiutabile, escludendo, cioè, l’azione meccanica, ed il tutto attribuendo alla chimica. (65) Ve vallis de bore in monte Aetna geognostica consiitutione , oratio habita in generali physicorum germanicorum concionc — Slutti- gardiae, 18 Scptembris JS34. Inserita negli Atti Gioenii, ser. 1 ,a, voi. XI,0 pag. 351. Invitato al congresso dei naturalisti tedeschi in Stuttgard , nel 1834, vi si condusse a spese del eatanese Municipio. Ivi accoglienza benevo- la impartita gli venne da varii tra i dotti che quell’ imponente scien- tifico consesso componevano i quali sebbene di persona noi conosces- sero, conscii però del merito di lui, come estraneo non lo avrebbero giammai riguardato. Ma al sentimento di semplice stima nato da col- leganza scientifica, l’altro più potente si aggiunse dell’ammirazio- ne, allorehè leggendo in quel congresso uni dissertazione scritta in la- tino ( non conoscendo egli il tedesco ) sulla geologica e geognostica co- stituzione della valle del Bove sull’Etna, ebbero agio a misurare la profondità della sua dottrina in fatto di geologia e vulcanologia, 1’ al- tezza delle sue vedute filosofiche, e la forza del suo spirito di osser- va/ione. Quella lettura gli procurò estesa riputazione in Germania: ed il Re dell' Uttemberg, Guglielmo I.°, clic aveva preso parte alla generale ammirazione, volle dargli onorifica distinzione, facendolo sedere alla re- gai mensa con altri soli quattro membri del congresso, cioè, i celebri professore Otto, Tiedemann, professore Reikenback e consigliere Stem- herg. Ritornato in Patria lesse in pubblico la relazione del suo viaggio a Stuttgard. Disse di tutto ciò elio d’interessante aveva osservato in quel viaggio, e quel lavoro è pregevole e veramente istruttivo. (Relazione del viaggio a Stuttgard cc. — Catania 1835). La dissertazione, letta nel mentovato congresso, versa, come si è detto, sulla Valle del bove. Si conoscono le opinioni varie c discordanti che sono state emesse sulla formazione di questa parte del Mongibello. Al- cuni hin voluto riguardarla come un grande cratere di sollevamento, oppure come un cratere di eruzione; altri come effetto di erosione pro- dotta dalle acque, ed altri ancora come ingenerata da sprofondamento. Il nostro autore è di quest’ ultima opinione, e validamente la sostie- ne. Noi non vogliati! qui riferire tutti gli argomenti che egli mette avanti in appoggio al suo pensamento, non solo perchè ci dilunghe- remmo di molto , ma principalmente perchè di questo argomento ci occuperemo in altra nota estesamente. (66) Sulle varietà di superficie delle correnti vulcaniche — Memoria letta nella seduta ordinaria del 24 novembre 1842 (Atti Giocnii, ser. 1.», voi. XIX, pag 171). « Le lave, dice l’ immaginoso e pur dotto Ferrara, che a fiumi in- « fuocati distendonsi a varie distanze dalla loro sorgente, presentano « alla loro superficie nel raffredarsi forme molto variate degne di atti- ve rare l'attenzione dei dotti osservatori. Quando vi cade lo sguardo « volgare ve ne ritrova delle bizzarre e quando esso emana da gente - 235 - « della quale 1’ immaginazione c colpita dal timore e dallo spavento, « le forme assumono allora figure tanto più spaventevoli quanto che « vengono creale da una immaginazione straordinariamente colpita. Gli « abitanti di Catania sopra la lava del 1GG9 che assediava la loro città, «. e che ad ogni istante minacciava di sommergerla in un orrendo mare « di fuoco, vi vedevano terribili dragoni a grandi ali e a bocche vomitan- « ti fuoco; cavalli infuocati cavalcati da uomini ardenti; navi torregian- « ti solcanti mari igniti; altrove satiri a brutto ceffo sonanti il loro flau- « to, enormi balene alle quali il movimento della corrente dava 1’ ap- « parenza di nuotare sul vasto fiume infernale » (Relazione dei lavori della Gioenia per l’anno XIX.0 — Atti Gioenii, scr. 1 .a, voi. XX.0 pag. G). Ma bando a questa fantasmagoria figlia di una mente esaltata dal ter- rore, o si lasci tutto al più all’ un no del volgo; il filosofo naturalista osserva la varietà di forme che il torrente lavico apprcsenta dopo il suo raffreddamento, e che acquista anche più tardi per l’ alterazio- ne graduale che va a subire , e da ciascuna di quelle diverse forme trae argomenti di esplorazioni e di meditazioni, poiché quelle forme stesse rivelano fenomeni importanti, fatti intimi e profondi che legan- si a condizioni in parte apprezzabili ed in parte diffìcili a riconoscersi. Ed il naturalista queste condizioni tutte cerca di scrutare c render pa- lesi, queste condizioni delle quali talune debbono derivare dalla ce- lerità delle correnti, dalla superficie che percorrono, dagli ostacoli che v’ incontrano, dalla più o meno densità della loro ignea pasta, dalla loro natura e composizione, dal vario grado d’ azione degli agenti esterni ec. ec. Ecco dunque come circostanze che possono sembrar sulle prime e ai meno esperti di poco o di niun conto, divengono per gli uomini del sa- pere sorgente di studio severo c di preziose indagini. Noi non crediamo che alcuno sia così felicemente riuscito in tale ricerca come il nostro Gemmellaro, almeno così ci spinge a credere 1’ e- same della memoria di cui sopra abbiamo citato il titolo. « Il profes- « sore socio Carlo Gemmellaro, dice il Ferrara (1. c.), da naturalista « ha preso in considerazione un tal fenomeno in tutta la sua totalità, « e con la guida della osservazione e di una ragionata deduzione ha « raccolto nella sua Memoria letta ec. quanto all’assunto appartiene». « Noi ci limitiamo qui a rapportare soltanto il modo con cui egli classi- fica le varietà di superficie delle lave etnee. Tutte le mentovate varietà sono riferibili alle lave recenti e nulla 236 - ancora o poco alterate, e alle antiche guaste, profondamente alterate e sfigurate ancora. Le recenti si presentano in massa o in rottami. Nel- la prima condizione possono offrire le varietà di appresso: 1 ° solida a superfìcie scoriforme, piana e increspata; 2.° senza formare una massa continua, o una vera carriera, di quando a quando cioè spezzata, aven- te la superficie appianata od increspata come la precedente; 3.° con ri- gonfiamenti che sorgono qua e là sul livello della corrente, e che so- migliano a cupole screpolate; e 4° finalmente a volta, formando del- le grotte e delle caverne di varia grandezza. Le correnti in rottami si mostrano ora in lastroni, o in piccole lastre, ed ora in ammasso di sco- rie globulari, di scorie leggiere, o di rapi li i. In quanto poi alle lave in istato di alterazione e di decadimento, esse possono in tal condizione tro- varsi per forza di chimici agenti, o per cause meccaniche. (67) Sul basalto decomposto dell' Isola dei Ciclopi memoria letta al- la Giocnia nella tornata ordinaria del 29 settembre 1845 (Atti Gioe- nii, serie 2.a, voi. 2.°, pag. 309). La piccola isoletta, che dicesi dei Ciclopi, e che per la maggior sua mole (' l’appianamento della sua superficie dai vicini scogli si distin- gue, clic chiamatisi scogli dei Ciclopi o Faraglioni della Trezza, di tre rocce componesi, del basalto, cioè, che ne forma la massa principale, dell’ Analeimite, e di un’ altra di struttura semplice, biancastra, che al- le altre due sovrasta, e che mostrasi similmente sul più grande ed e- levato degli scogli, del quale essa forma il culmine. Questa roccia esa- mina il Gemmellaro, ed attentamente studia nella sua giacitura, nei rapporti che mantiene colle altre, nei suoi caratteri fisici c nella sua chimica composizione ; e mentre il chiarissimo Lyell, questa roccia me- desima riguardato aveva come una creta, che formata prima del basalto, da questo in seguito fu in alto sospinta, e per la sua incandezza solidificata e scontorta, il nostro autore la vuole dall’alterazione e dalla fatiscenza del basalto originata, e Ciclopite la chiama. Egli ha potuto mostrare al Congresso degli scienziati in Napoli i varii gradi di formazione della men- tovata roccia, che corrispondono ai gradi diversi di fatiscenza del ba- salto. La Ciclopite trovasi alterata là dove vi si è introdotta V analcimi- te. Essa intanto presenta talune particolarità, certi fenomeni degni di al- ta considerazione e di difficile spiegazione. E quantunque il Gemmella- ro si sforzi di renderne con varii argomenti ragione, tuttavia « questo « non è, egli dice, che un modo di spiegamento, che le mie corte ve- - 237 « (iute posson dare. L Isola della Trezza è oggetto di sommo rilievo in « geologia; nè io mi sento capace di darne tale illustrazione da non do- « versene altra più luminosa desiderare ». (I. c. pag 318). Questa memoria fu letta dall’autore al 7.° Congresso degli scien- ziati italiani in N ipoli, nella sezione di geologia e mineralogia nel set- tembre del 1845. Del citato congresso egli qual’ uno dei due deputati a rappresentarvi 1’ Accademia Gioenia diè al ritorno sodisfacente rela- zione, che fu da lui letta alla Gioenia nella ordinaria seduta del 20 no- vembre 1845. (Atti Giocnii, serie 2,a voi. Ii°, pag. 201 ). (68) Sui crateri di sollevamento e di eruzione — Memoria letta nel- la tornata ordinaria del 20 luglio 1846. (Atti Gioenii, ser. 2.*, voi. III.0, pag. 109 ì. Egli è certo, che se lo spirito umano nelle sue, ancorché grandi ed utili invenzioni, spogliandosi dell’ ardente desio d’invadere il campo della scienza, laddove potrebbe occuparne solo un piccolo spazio, si te- nesse nella via della pru lenza e della moderazione, senza esagerare al- meno di troppo i risultati dei suoi sforzi: assai più di quanto si può credere, sarebbe agevolato ed allenato il corso delle umane conoscenze. Ma per nostra disavventura quel medio prudenziale è ciò di cui 1’ uo- mo non si contenta, ed invece di stringerglisi, costantemente da se lon- tan lo respinge. Un esempio ne troviamo nella teorica dei sollevamenti. Grande e luminosa teorica, inesausta sorgente di risultati scientifici, ove circoscritta fra giusti limiti, come in principio fu presentata dall’il- lustre Barone de Buch ! Ma i fautori di quella teorica son caduti in grave eccesso, avendone fatto uso smodato ed esorbitante applicazione, di modo che la si volle estendere sino ai vulcani ardenti: i crateri di eru- zione venner confusi con quei di sollevamento ; gli oggetti si videro non quali essi realmente presentansi, e si cercò di smentire la realità. II cratere di Monte nuovo presso Napoli, cratere vero di eruzione, fu riguardato dai principali geologi che formavano parte del 7.° Con- gresso degli scienziati italiani come cratere di sollevamento. Il Gemmel- laro seguace dell’ osservazione più che dei sistemi, non temè alzare la voce in quel Consesso , e manifestò apertamente contrario avviso ; perchè egli, che aveva osservato in varii punti i veri crateri di solleva- mento, e studiato lungamente e indefessamente quelli ili eruzione dell’Et- na, era al caso di rilevarne le differenze e troppo lungi dal confonder- li. Si fu perciò, che la memoria sopracitata redasse, nella quale quelle ATTI ACC. VOL. IV 32 differenze espose, tutte pienamente caratterizzandole in modo, che chiun- que si faccia a leggere con attenzione quella n emoria, non può non re- star persuaso e convinto delle opinioni di lui. A maggior dilucidamene una tavola annesse a quel lavoro, la quale mostra a colpo d’occhio le differenze di cui si è fatta parola. (69) Saggio sulla costituzione fisica dell' Etna , letto alla Gioenia nella seduta ordinaria del 18 marzo 1847. (Atti Gioenii, serie 2. a, voi. III.0, pag. 347). « L’area, racchiusa nella gran curva ellittica di piccole montagne « ed alti colli, la quale cominciando da quelle di Taormina, gira per « le altre di Malvagnn, di Placa, di Centorbe, di Judica, di Ra macca, « di Militello, di Francofcnte, di Lenti ni e finisce appianandosi, al Ca- « po di Santacroce , è occupata per metà dalla piana di Catania e dal « Golfo dello stesso nome, e por l’altra da b sse colline di gres ed « argilla, sopra le quali con una bas ' di 93 miglia giganteggia il « massimo Etna, che unico e solo, sdegnando, al dir di Bembo, la vi- « cinanza di altre montagne, si trattiene ne’ suoi confini e s’ innalza « a due miglia e mezzo nelle linee dell’ atmosfera. « La forma della massa di questo vulcano, benché presa insieme, « si accosta alla figura di un cono, ha tuttavolta tali scavamenti e tali « elevazioni m ila sua superficie, che nel disegnarla da qualsiasi lato, « non darà mai esatta quella figura; c riducesi piuttosto ad un am- « masso di monticelli, di balzi, di piani inclinali , di creste e di rupi, « che sostengono infine un alto dorso di montagna terminata nella « suà vetta da un cono troncato. Dalla parte che guarda 1’ oriente poi « una immensa vallata (Valle del Bove) scema di una sesta parte circa « la massa del gran corpo della montagna c costituisce un irrcgolaris- « simo terreno ». « Vasto numero di crateri di eruzioni, già successe, si eleva a « cono rovescio sui fianchi del vulcano; ma il solo aperto alle perenni « sue esplosioni , è quello che costituisce 1’ apice della montagna , il « sommo vertice dell’ Etna ». (1. c. pag 350 e segg.) Con questo colpo d’occhio bellissimo e da maestro dà l'egregio autore co (trincia mento al sopracilato lavoro, che si può dir nuovo in gran parte e sotto un certo punto di vista , perchè non si era per lo innanzi unqunmai studiato l’Etna convenevolmente dal lato geologico. Questo lavoro medesimo, che servì di base alla vulcanologia < tnea pubblicata in seguito dal Geinmellaro , riunisce quanto egli sull’ argo- mento aveva in sparte monografie sul vulcano menzionato. E le idee diverse che aveva di volo enunciate, e i vari i giudizii pronunciati ap- pena, e i fatti solamente accennati, in esso lavoro trovansi distesamen- te descritti, come le idee ampiamente svolte, e i giudizii assodati e confermati ; e per tal modo tu trovi provata 1’ unicità della gola del gran vulcano ; ben trattata e con buoni risultati la quistione de' solle- vamenti ; svelati i rapporti che esso mantiene coi terreni circostanti , i basaltici e quelli di sedimento, ed ogni ricerca tentata, ogni osser- vazione tenuta in calcolo ed ogni sforzo adoperato per tentar d’inda- dagare in qu ii’ epoca delle formazioni successive dello strato solido della terra siasi acceso il focolare suo primitivo. A chi estraneo non sia alle cose geologiche sembrerebbe per quan- to difficile altrettanta ardita 1’ impresa cui il nostro autore si accinse, e tale da dover dare non altro risultamento che inutili e vani sforzi. Ma egli dà pr-.va del contrario ; non già che ti abbia ogni suo argo- mento provato con quella evidenza di fatto, che costituisce l’assoluta certezza, ciò che in geologia trascendente non può quasi mai aver luogo; ma dei più oscuri fatti ti dà sodisfacente spiegazione* ti sostiene con ragioni potenti aver 1' Etna un condotto centrale unico; argomenti for- tissimi ti adduce, perchè nella formazione dèlia gran valle del Bove, l’idea di un sollevamento ceda all’altra dello sprofondamento; sagge riflessioni espone sul grado d' inclinazione degli strati delle lave, con- siderati in eorrespetlivo al condensamento delle lave medesime , ar- gomento trattato in seguito di proposito e con ogni maniera di osser- vazioni e di studii dalla mente elevatissima del Leyll, di cui in progresso ci occuperemo; e collo sprofondamento di un sesto circa della massa superficiale della montagna li spi ga agevolmente tutti quei rivolgi- menti di terreno che si osservano nell’ Etna antico ; e il modo come ingenerossi sotto il mare, e come crebbe, e come venne fuori dalle acque, e quali furono i rapporti che esso mantenne coi terreni pree- sistenti e con quelli che si formarono dopo; tutto questo ti dà egli a divedere : il quale, se vuoisi anco considerare come un insieme di congetture, non lascia però di contentarti , sodisfacendo la tua giusta e lodevole curiosità. Se ci siamo alquanto dilungali nell’ esame di questa memoria, è perchè essa è una delle più importanti ded nostro autore , e forma il no — punto di partenza, come si è detto, della sua vulcanologia etnea. Di questa, come di alcune altre, ci era mestieri tener conto in questo lavoro, nel quale, per renderlo utile, abbiamo riuniti i principali materiali per una storia esalta della geologia, della paleontologia e della vulcanologia in Sicilia nel secolo XIX.0 (70) Una corsa intorno ali Etna in ottobre 4853 — Letta alla Gioenia nella tornata ordinaria del dì 2 novembre 1853 — ( Atti Gioenii, serie 2.*, pag. 51 ). Percorrere il perimetro dell’Etna, far rilevare ciò che d’impor- tante incontrasi nel contorno della sua larga base, gli scogli cioè dei Ciclopi, e le car attcristicbe che il basalto, di che sono costituiti, di- stinguono dall’altro delle colline di Aei-Trezza, e dalla lava emessa dal vulcano; la differenza tra i due lati del monte, orientale, cioè, ed occidentale; la struttura del primo, che forma l'Etna antico, in cui la vegetazione rigogliosa si mostra, e quella dell’ altro, cioè 1’ Etna moderno , in cui le lave appresentansi ruvide e poco coltivabili , e quindi povere di vegetali, e la formazione terziaria di gres e di argil- la, che, egli crede, aver circondato per quattro quinti la base del vul- cano quando fu sotto le acque; ecco lutto ciò che dall’ autore presen- tasi in modo chiaro e preciso in questo lavoro, adorno d’importanti idee geologiche , riuscito facile a lui per tutto ciò che aveva prece- dentemente pubblicato sulla costituzione fisica del Mongibello. (71) Sulla struttura del cono dei Monti rossi e de' suoi materiali, memoria letta alla Gioenia nella seduta ordinaria del dì 20 dicembre 1854 — (Atti Gioenii serie 2.a, voi. XI.0, pag. 57). Tra le etnee eruzioni, quelle almeno a memoria d’ uomo, la più violenta, terribile e famosa quella è da riguardarsi al certo che avven- ne or sono due secoli a fianco del villaggio di Nicolosi nella parte bassa del fianco meridionale, che coprì secondo i calcoli del Borelli più di 30 miglia geografiche di suolo, un grande nùmero di villaggi e di comuni distrusse e minacciò Catania di totale sterminio, dal qua- le fortunatamente scampò per inatteso ed insperato deviamento del- l’ igneo torrente' di più di un miglio di fronte c di dodici miglia di corso. Sono oramai due secoli trascorsi, torniamo a dirlo, dacché quel formidabile incendio accadde, e tuttora spaventa ed atterrisce la vista di quel vasto cratere, nudo di vegetazione, di color sanguigno, che alto si estolle sopra un terreno in gran parte coverto ancora dalTimmen- — 2141 sa arena da esso rigettata, e che sembra tuttora dover mandare fiam- me e dare uscita ad ignea materia, c che ben fu detto sulle prime Monte della ruina e poscia Monti rossi per la sua bicorne vetta ed il suo colorito. Spaventa ed atterrisce ancora 1’ immensa corrente lavica , che tuttora orrida, nella maggior parte incoltivabile, e perciò nuda di ogni vegetazione ti si mostra; e un sentimento di terrore t’invade l’a- nima, quando tu la vedi sino al presente minacciosa, circuire la Città da ponente e dirigersi al mare ove allora sprofondassi. Ma, lasciando da banda queste sensazioni clic suscitano i prodot- ti di quella eruzione, che fu sempre argomento di ricerche e di me- ditazioni per gli storici e i naturalisti, è da dire, che quanti fenome- ni diversi e stupendi offre la lava eruttata tanti se ne trovano riuniti nel suo singolare cratere, e forse di più importmti, principalmente ove la sua struttura si ricerchi e si studii. E questa struttura richiamò più d’una volta l’attenzione del nostro autore e tanto da formarne il sub- bierò di apposita memoria da noi sopracitata. Quella maniera di tufo che copre la sommità di quel cratere egli riesamina, e trova una notabile differenza tra quello che occupa il la- to di levante c 1’ altro che stassi sul lato opposto; il pi imo mostran- dosi più grossolano e contenente avviluppati molti frammenti di la- va pirossenica, e 1 altro di più fina grana, racchiude una maggior quan- tità di pirossene isolato. Di questa differenza e di altri fatti ancora in- tende l’autore dar spiegazione, questa spiegazione traendo dal modo con cui avviene l’eruzione, dai suoi fenomeni e dalle circostanze che l'ac- compagnano: e tutto questo essendo stato in breve sunto chiaramente esposto dal cav. prof. Francesco Tornabene nella relazione che egli dà dei lavori dell’Accademia Gioenia per l’anno XXXI.0, (Atti Gioenii serie 2.a, pag. 21 ) crediamo utile riferire le sue parole. « Assume egli in fatto, (così il Tornabene) che la fusa massa la- « vica nel focolare vulcanico, non solamente viene spinta in alto in « forma d’ infocata corrente, ma una gran parte di essa, per la violen- « za dello stesso vapore viene stritolata e ridotta cenere, arena, lapil- « li, scorie e.d in bombe, le quali tutte rigettate intorno alla bocca « della eruzione, ed ammassate sempre più di momento in momento, « vanno formando il cono, che risulta di scorie, lapillo, cenere tumul- « tuariamente ammonticchiati : siccome però le ultime a cadere sono « le arene più fine, queste umide di vapore, agglomerano tutto cièche « trovano rigettato dalla eruzione, e formano quel tufo grossolano, che « in forma di rocce si va scoprendo nei macigni del cono aperto quan- « do per l’azione dei venti, o delle acque sono tolte tutte le arene n.inu- « te che coprono i detti macigni ». « Il socio Gemmellaro inoltre riflette, che la lava quanto più è < esposta all’azione del fuoco, tanto più cangia di struttura, e divie- « ne quasi calcinata, allora e’ soggiunge, il pirosseno più refrattario a « quella azione resta isolato, e viene rigettato d’ unita alla lava alte- « rata, e ridotta quasi ad una cenere, che ammassata poi a guisa di « strati successivi ha formato la cresta del bicorne occidentale dei Mon- « ti rossi, ed ivi il pirossene isolato in abbondanza si rinviene, e si « raccoglie nitido, senza alterazione, e nella sua bella forma cristallina ». « Dal trovarsi poi il detto pirossene in quella sola parte, più « che in altro punto del cono, il socio dice, che ciò fu causato dallo « spiro dei venti nell’istante della eruzione, i quali rigettano sempre « da un lato i materiali che formansi nel tempo dell’ eruzione, talché ne « conchiude che il vento di levante dominava quando il materiale del- « la lava alterata veniva fuora dalla gola del cratere ». « D’altre interessanti osservazioni si trova ricca quella memoria di « retta a dilucidare sempre più la teoria dei vulcani ardenti ». (72) Sulla cima dell' Etna considerala sotto il rapporto dell ’ uti- le che appresta al viaggiatore istruito e aldo scienziato, breve nota let- ta alla Gioenia nella tornata del di i luglio 1863. (Atti Gioenii, serie 2.*, voi. XIX.0, pag. 223 ). Condurre il viaggiatore istruito come perniano lungo il difficile sen- tiero che guida alla cima altissima del Mongibello, dopo che egli abbia veduto i più belli ed antichi monumenti della Sicilia, e le sue ricche e magnifiche città sorte sulle rovine delle antiche non mcn potenti e po- polose; fargli osservare il suo grande cratere con le sue voragini che danno shocchi di fumo e colle sue solforose esalazioni, e poi fargli scor- gere di lassù da quella sterminata altezza, in quella tetra solitudine e sublime a un tempo, con la trinacria sotto al piè, fargli scorgere, di- cevamo, i vanii terreni che han formato il suolo siciliano, e il modo con cui si sono succeduti, e come il grande vulcano sorto dal mare siasi elevato sino a quel punto, e tutt’ altro che d’interessante può quel pa- norama geologico e vulcanologico presentare all' attonito sguardo del- 1’ osservatore, egli in quella nota con attraente stile foggiata racchiude. senza che nelle cose da lui dette siavcne una sola non vera o esa- gerata. (73) Il passo citato non è del Dolomiou , ma di Faujas de Sainl- fpnd. — Mineralog. des Yulcans, pag. 465, 406. (74) La vulcanologia dell ’ Etna, che comprende la topografia, la geologia, la storia delle sue eruzioni, non che la descrizione e lo esame dei fenomeni vulcanici. — Letta in più sedute ordinarie dell’ Accademia Gioenia (Atti Gioenii, serie 2.a, voi. XIV. °, pag. 183, e voi. XV.0, pag. 27). Coordinare i fatti da lui in varie epoche osservati in riguardo al- 1’ Etna, i risultati delle sue ricerche geognostiche e geologiche su que- sto Antico e potente vulcano ; riunire insomma in un corpo quanto egli aveva scritto e pubblicato in varie memorie e in tempi diversi sulla sua costituzione fisica, sul modo di sua formazione, sulla natura e diverso carattere dei suoi prodotti ; sulla sua struttura e forma , sulle sue differenti regioni, sui fenomeni che precedono le sue esplo- sioni e con cui esse si accompagnano , c cento altre nozioni; spiegare il tutto con i principi! più solidi e più generalmente abbracciati; ecco ciò che racchiude la sua vulcanologia etnea , che rappresenta la sintesi dei suoi lavori vulcanologici. Considerando quest’opera, senza tener conto di questi interessanti e numerosi lavori, essa si mostra ricca di belle novità, di osservazio- ni preziose, di eccellenti teoriche , e come uno di quei libri originali di cui il valore è inestimabile. Ma ove essa si legga dopo avere studiato il suo lungo, laborioso e scientifico precedente, è forza convenire, che la sorpresa e 1’ ammirazione debbano venir meno, come di cosa che quasi del tutto si conosca. Tuttavia riman sempre il grandissimo pre- gio di un buon coordinamento, di una esatta classificazione, della rifu- sione di varie sue teorie, e della massima moderazione nei suoi con- cetti teorici. È quindi mestieri per noi dire una parola, se non d’altro, dell’ ordine almeno con cui essa è stata condotta e della ripartizione dei suoi argomenti. Prima però di venirne alla suindicata brevissima esposizione, ci è necessità dire di un altro vulcanologico etnèo lavoro, del quale non femmo mensionc nel testo. Questo porta per titolo - Sul prò fondamento del gran cono dell’ Etna avvenuto il 6 settembre dell' anno iS5l alle ore 18 d’Italia. Fu letto alla Gioenia nella seduta ordinaria del 19 novembre 1857. (Atti Gioenii, serie 2.*, voi. XIV.0, pag. 149). m - Il fatto, che forma l’argomento della memoria che abbiam per le inani, cioè, il profondamento del cono del sommo cratere dell’ Etna, è singolare, degno di considerazione, ma non è nuovo. L’ ugual caso av- venne nel 1669 e nel 1 844 . In quanto all’ultimo, avvenuto, come si notò, nel 1857, si può assicurare non essere stato preceduto da alcun fenomeno : e solo una cupa e prolungata detonazione, una esplosione di denso fumo, di cenere e di arena segnarono 1’ istante in cui quel profoodamento ebbe luogo. Il fondo del gran cratere , già profondato , ad unica voragine ridussesi, laddove prima mostrava una sola apertu- ra e varii ammassamenti di scorie e piccoli coni di esplosione. L’autore ricorre al congegnamento interno del vulcano, risultan- te di strati di lave, di caverne, di gallerie irregolari , ai vuoti insom- mi che lasciano le eruzioni dopo il rigettamento di grandi masse per render ragione del mentovato fatto, ciò che in certo modo è compro- vato dallo accadere un tal fatto dopo fortissime eruzioni ; così il pro- fondamento del 1669 conseguitò alla terribile eruzione dei Monti rossi avvenuta in quell’anno medesimo; l’altro del 1 8 i i era stato precedu- to dalla violenta eruzione del 185-3, e 1’ ultimo da quella dell’ anno stesso 1852. Il Gemmellaro quindi attribuisce il fenomeno ai vuoti la- sciati dalle eruzioni, lo che sembra più che probabile. Ma torniamo alla Vulcanologia etnea. L’ opera è divisa in più ca- pitoli, preceduti da una introduzione e seguiti da una conclusione. Nel- l’introduzione espone Io scopo del suo lavoro, quello cioè, come sopra si disse, di riunire quanto aveva in diverse occasioni scritto sull’Etna, e for- mare una completi monografia di quel vulcano;*ed è perciò che egli accen- na a lutti i suoi lavori di vulcanologia, non che a quelli di altri autori in pria siciliani e poi stranieri. Dice, ed avremmo bramato con più rispetto, del Recupero, il quale, sebbene avesse pubblicato soltanto durante la sua vita la descrizione dei fenomeni accaduti sull’ Etna nella eruzione del 1755 ( Eruzione acquea del Mongibello) , e la storia generale di questo vul- cano fusse rimasta manoscritta e pubblicata, come da noi si menzionò, molti anni dopo dal nipote , tuttavia è tale^da meritargli il titolo di Plinio del Mongibello: c noi abbiamo fatto vedere , che col p i di lui non fu al certo, se quell’opera non vide la luce nel tempo in cui fu scritta. Dice del Gioeni e della sua relazione della eruzione etnea del 1787, alla quale avrebbe potuto aggiungere l’altra sulla pioggia di sangue; dello Spallanzani, che nei suoi viaggi nelle due Sicilie e nelle — 245 - Isole Eolie di vari i fenomeni vulcanici diè chiara ed incontrastabile spiegazione; del Ferrara, che facendo tesoro del manoscritto del Recu- pero, il quale non sappiamo come sia caduto nelle sue mani, diè alla luce la descrizione dell' Etna, che è il sunto di quello, a cui aggiun- se alcune delle conoscenze ilei giorno e ciò che potè trarre dalle opere del Dolomieu; di Meraviglia e della sua oritlognosia etnèa; di Seroope, che spiegò varii fenomeni vulcanici; di Daubeny, che studiò la geolo- gia della Sicilia, ma che di volo parlò dell’Etna; di Federico Hoffrnann, che, come dice l’autore, « sino alla sua visita all’Etna era stato se- « guaee della teoria dei sollevamenti, ma giunto in Stromboli ebbe a « ricredersi , e ne fece solenne ritrattazione ». A questo dotto deesi una carta geologica della Sicilia, che superò quella di Daubeny in esat- tezza e precisione. Dice ancora di Abich che analizzò le lave ed al- tri prodotti etnei, di Elia di Bammont, che si diede in cerca di sol- levamenti nella valle del Bave e nella massa dell’ Etna , come aveva tentato il Pilla; e finalmente del Barone Sartorius di Waltershausen, di cui si conoscono generalmente i grandi lavori sull’ Etna. Dopo ciò fa la seguente dichiarazione — « Mi son guardato di entrare in discussio- « ni sopra le idee presentate da altri su questo argomento, ed ho so- « lamente voluto esporre le mie , senza vqjer pretendere che avessi « dato nel segno più che altri mai » (L. c. pag. 195). Noi nuli crediamo dare un sunto circostanziato del lavoro in discorso, sì perchè la sarebbe un’opera molto lunga , e ancor più, perchè la maggior parte delle cose che contiene sono state da noi menzionate nella rassegna che si è fatta di tutte le memorie vulcanologiche dallo autore con precedenza pubblicate. Diremo solo del modo con cui sono distribuite le materie che l’opera compongono. Egli espone anzi tutto la topografia del monte: la sua grandezza, cioè , la sua forma , i suoi confini ; descrive la sua superficie che di- vide in quattro regioni , e di cui fa rilevare i punti più importanti. Studia in seguito la sua costituzione fisica o la sua geognosia , e vi fa le sue geologiche considerazioni; discorre la storia delle eruzioni e dei loro fenomeni; si occupa dei tre nudi: e quelli lutti enumerando che la Sicilia ha subito dai più antichi tempi sino a dì nostri, e po- nendoli in relazione colle * eruzioni varie etnèe , trae la conseguenza « che una positiva differenza si vede chiaramente esistere fra le scosse « di tremunto che accompagnano le eruzioni vulcaniche, e quelle più ge- ATTI ACC. VOt. il. 33 — m « nerali e più violenti, che scompagnate da fenomeni vulcanici, avven- « gono in ogni specie di terreno del globo : che la causa primaria « negli uni e negli altri è forse la stessa; ma che nei vulcani è ac- « compagnata da circostanze e da fenomeni che mancano ne’ tremuoli « soli , nei quali la potente azione del vapore pare che sola basti a « produrne i fenomeni ». (L. c., voi. XV0, pag. 39;. Ci si permetta però, facendo per un momento sosta alla nostra esposizione , dire una parola su quanto l’autore esprime nella supcriore conclusione. Approvando quanto egli dice intorno a differenze tra i trem.uoti che accompagnano le vulcaniche accensioni, e quelli che non mostrano avere relazione alcuna con esse, perchè tali differenze sono inconfu- tabili, non possiamo però convenire su quanto ritiene, ancorché probabil- mente, intorno alle cause che metton cagione agli uni e agli altri, cioè, che sia una sola la causa prima di tali fenomeni; chè anzi, tulio porta a credere che il principio motore delh accensioni vulcaniche non sia quello dei tremuoti, e che l’uno e l’altro non siano semplici e soli. Questo noi crediamo ammettere poscia a quanto con eoseenziosa disa- mina e con severa logica fu provato dal prof. Ferdinando Aradas in un suo lavoro che porta per titolo — Le cause delle eruzioni vulcaniche e dei tremuoti, pubblicato nel Giornale dell' Accademia Gioenia (Anno 1868 — Nuova serie — voi. 1 ). Riassumendo egli per sommi capi il su » lavoro, ecco quanto statuisce riguardo ai tremuoti. « I tremuoti non sono sempre fenomeni vulcanici; » « Non sono prodotti da una sola causa; » « I lenti movimenti del suolo sembrano intimamente legati ai tre- « muoti, ed è probabile che questi si manifestino allorquando le cause « dalle quali quelli sono prodotti acquistano una certa energia;» « Queste cause sono; 1.° la espansione della materia ignea ; 2.° lo « spostamento delle linee isotermiche; la diversa dilatabilità delle roc- « ce che compongono la crosta del globo; « Le frane che han luogo nel sottosuolo c gli schiacciamenti del- « le cavità sotterranee, che vengon d’ un tratto colmate dal materiale « sovraincombente, devono riguardarsi come cause frequenti del tre- « munto; » « Fra queste è fors’ anche da annoverare l’ elettricità; » Ripigliando ora il corso della -nostra esposizione, diremo, che dopo i tremuoti, fanno argomento di esame i prodotti delle eruzioni , ersi il - 247 — fumo, le ceneri, le arene, i lapilli, e, e.; lo boe he di eruzioni laterali, lo sgorgami nto delle lave, le varie forme delle loro superfìcie, la for- mazione dei cristalli nelle lave medesime, l’azione degli agenti meteo- rologici e l’azione de’ vegetabili. Infine tratta dei sollevamenti degli ab- bassamenti di suolo e dei crateri indipendenti. A vero dire, e ripetendo ancora una volta il da noi detto, l’opera è commendabilissima: e prescindendo di altri pregi, basterebbe a ren- derla tale lo avere egli considerato più di ogni altro 1’ Etna dal Iato geologico; e pare abbia lodevolmente risoluto il quesito da lui posato in principio del suo lavoro, se l'Etna, cioè, abbia contribuito alcun che per lo studio che se ne è fatto a stabilire una teoria vulcanologica. (75) Il Sig. Beaumont nelle sue ricerche sulla stru ttura e sulla origi- ne del monte Etna (Compì, rend. voi. 1 pag. 429 , 1 835 — Mcmoire- pour servir a una description geologique de la France, voi. 4.°, 1838) riguarda il mentovato vulcano come un prodotto di sollevamento , e la sua formazione non sarebbe secondo lui diversa di quella delle al- tre montagne, del pari che di altri coni vulcanici, di cui la posizione elevata deve far supporre degl’immensi sforzi degli agenti interni , che ne han determinato l’ innalzamento. Questa opini me abbracciata dal La Beehe, dal de Buch, da Forbes, da Hopkins e dal Barone Valther- shausen, allorché venne emessa, fece grande impressione sulla mente dei naturalisti , e tanto più in quanto i filosofi ed i geologi di ogni tempo dall’epoca greca fin’oggi aveano ritenuto come un fatto non avente bisogno di prove , che la montagna etnea erasi formata ed ac- cresciuta mediante lo accumulamento delle ceneri , delle scorie , dei lapilli e di altre materie da essa rigettate, e che corsero sui suoi fian- chi, essendo stata perciò stesso considerata come il risultato sempli- cissimo, agevole a comprendersi e persuadente, della sovrapposizione graduale di elementi similari, ed in lutto rassomigliati ti a quelli, che si son visti venir fuora in ogni tempo dal vulcano. Nulla ostante che l’opinione del Beaumont sia stata sostenuta da uomini sommi e di alto grido nella geologia, e sembri a prima giunta appoggiarsi su fatti accuratamente osservati c lucidamente dimostrati, pure venne da altri geologi di non minor valore vivamente contrastata fra i quali il Costant Prevost, il Gemmellaro e precipuamente il Leyll, di cui le osservazioni sono di gran p sj c tali da potere abbattere la accennata opinione, a fondamento della quale stanno le conclusioni di 248 - appresso , che si riguardano dai sostenitori di essa come sorgenti da osservazioni rigorosamente fette non solo sull’Etna, ma eziandio sul Vesuvio ed altri vulcani, cioè: 1.°le parti antiche e le moderne che questi vulcani costituiscono differiscono fra di loro; 2.° le lave non possono solidi- ficarsi in istrati continui e pietrosi sopra pendenze sorpassanti cinque o sei gradi. Basata la mentovata teorica sopra questi elementi, ritenuti dai suoi fautori come inconfutabili, nc è sorta la necessità di ammettere disposti in principio orizzontalmente i materiali che formano l’Etna, e che nove decimi degli strati che il nucleo costituiscono di questa monta- gna, ed un buon numero di banchi , che ricoprono questo nucleo di una maniera discordante , siano stati messi nella posizione attuale da forze fisiche: ed il signor Beaumont ha ammesso 1’ idea che, « quando « delle nuove fenditure producansi, movendo dal centro, e traversando « il nucleo dell’Etna, e lorehè la lava dopo essere stata sospinta di « un colpo sino agli orli più elevati del cratere, abbia riempilo quelle « fenditure, potrebbe risultarne un soli, vamento di un intero cono, e « la tumefazione ed il gonfiamento han potuto prodursi a questo modo ». Egli pensa anche che, « il cono possa acquistare per questo meccani- « sino altrettanto di altezza per l’aggiunta di nuovi investimenti ». La prima delle due sopraccennate conclusioni , fissata come regola dal Dufresnoy, cioè, « clic le lave non si trovano consolidate c cristal- « line, se non quando esse skino sparse sopra un suolo da uno a due « gradi tutt' al più di elevazione, e che quando 1’ inclinazione di esso « è supcriore a due gradi, la tessitura compatta comincia a venir me- « no c a. scancellarsi, e le correnti che si presentano con un angolo « di quattro gradi , non sono più clic delle agglomerazioni di fram- « menti incoerenti », ha incontrato nelle ricerche c nelle diligentissime osservazioni ripetutamente fatte dal Lyell in compagnia del prof. Gae- tano Giorgio Gemmellaro, tali contestazioni da potersi riguardare come annullata del tutto. Già il Prevost, nella sua memoria sopra la nuova isola vulcanica uscita dal seno del Mediterraneo nell’ anno \ 831 , aveva avversata l’opinione del de Buch con argomenti tratti dalla struttura del Vesuvio, dell’Etna e di altre montagne. Dopo quanto avea detto e sostenuto il Leyll nei suoi primipii di geologia e nell' successive edizioni di quest’opera contro l’accennata teorica, dell’isola di Madera e di Palma ragionando, è certo avere egli ivi veduto delle lave modi me inclinate con angoli da quindici a venti gradi, le quali, non solo non avevano cambiato di posizione, ina ezian- dio presentavano in gran parte una struttura pietrosa. Fatti simili fu- rono osservati da Hartung nelle Canarie , da Duna negli Stati Uniti , dal prof. Scaccili nel Vesuvio: fatti che aveva parimenti rilevali sul- 1’ Etna il prof. Carlo Gemmcllaro. Ma il Leyll , che avea altra volta visitalo l’Etna, ripeter volle, come si è detto, le sue ricerche su questo vulcano, ed il corso di varie lave accuratamente studiando, trovò, clic gli strati antichi non differiscono in struttura dai moderni, e che le lave consolidate sopra pendìi rapidi di angoli che variano da quindici a quaranta gradi non formano masse confuse di scorie e di materie frammentarie, ma delle parti distinte, cioè, uno strato superiore ed uno inferiore di scorie, ed un altro intermediario, solido e pietroso. Molti altri argomenti quel sommo geologo discute, i quali sembrano senza una giusta osservazione appoggiare l’idea del Beaumont, cioè: « che « le rocce di fusione , del pari che quelle che son composte di « materie frammentarie ,‘ piegatisi in molti luoghi sotto angoli più « grandi, di quelli dove loro sarebbe stato possibile arrestarsi sul pen- te dio di un cono vulcanico; che nella valle del Bove gli strati al- te ternano , e conservano una densità uniforme ed il loro paran- te lisine, e che sopra spazii eminentemente,- vasti delle serie intere et si osservano di strati restati paralelli sopra punti ^ve essi sono et immersi tutti alla volta e prendono una posizione nuova sotto et un'immersione tutta differente ». Io non posso seguire l’illustre geologo in tutte le sue investigazioni; dirò solo, che (gli con prove irrefragabili afferma, « che l’ immersione degli antichi strati di ma- « terie cristalline e frammentarie, che circondano la valle del Bove, « non potrebbe appoggiare la teoria di un asse lineare, nè di un cen- «. tro unico di sollevamento per il monte Etna; che tutto mostra 1’ esi- « stenza anteriore almeno, di due centri permanenti di eruzione, e il « predominio finale di quello che è ancora in attività, e che ha av- < viluppato il più piccolo situato più ad oriente » Una poi delle conclusioni del Leyll, che chiude u;i forte argo- mento contro la teoria del sollevamento etneo, è quella di appresso: « Se tale è la struttura dell’ Etna, e se tali sono le conclusioni « che se ne posson dedurre legittimamente, la teoria dei crateri di « sollevamento dev’ essere abbandonata; perchè, sebbene un cono di « eruzione possa inviluppare e seppellire un altro anche di eruzione, « è però impossibile, che un cono Ji eruzione ne avvolga e ricopra un « altro di sollevamento, in modo da ridurre la massa intera in una « sola montagna conica. » È giusto però dire, che Carlo Gemmellaro io varie sue memorie pubblicate sull’Etna negli anni 1835, 1847, e 1854, non che in pro- gresso di tempo, combattè sempre l’ipotesi dei crateri di sollevamento, richiamando l’attenzione, ciò che più interessa all’ onor di quel valen- tuomo, sopra la rapidità dei pendìi sui quali talune delle Leve moderne sono scorse; ed ha particolarmente insistilo sopra un fatto, indicato pria da suo fratello Mario, che un gran numero , cioè, di dighe s’ irradiano dal centro attuale del Mongibello. Mario Gemmellaro, come attesta il signor Elia de B aumont , fu il primo a riguarderò l’Etna, non come un semplice cono con un as- se unico, ma come formato da due coni, di cui 1’ uno è costituito di rocce antichissime , come quelle che veggonsi nella Valle del Bove, e 1' altro di prodotti moderni. 11 primo è situato un poco più all’Est dell’ altro, e non è del tut- to involto dai prodotti del cono più recente. « Lo stesso sperimentato « osservatore, dice il Leyll, ha osservato pria di ogni altro, che nel- « le eruzioni moderne dell’Etna, lorchè i coni laterali si dispongono « sopra una stessa linea, essi sono diretti, secondo un raggio del cra- « tere attuale, o verso 1’ asse del Mongibello, come se il fendersi del- « la montagna muova da questo grande focolare centrale. » Da tutte le ricerche, le osservazioni e gli studi che si son fatti si- nora sulla Valle del Bove, e da quanto sur essa si è discusso, (su cui dovrebbe appositamente scriversi un dettagliato rapporto come qutdlo ec- cellente che ne diede il Sig. Visconte di Archiac dall’ anno 1834 al 1845) appare chiaramente, che se mercè tanti sforzi si è in parte chiarita la sua formazione, causata da tutt’ altro che da sollevamento, tuttavia essa racchiude ancora dei problemi che non è da giudicar cosa troppo fa- cile il risolvere; c noi crediamo fermamente che molte cagioni, inve- cecchè una soli, abbiano dovuto concorrere alla sua genesi; e ciò è tanto vero, quanto lo stesso Leyll ha dovuto ricorrere alla erosione prodotta dalle acque per Spiegarne in parte l’origine. Osservata atten- tamente quella regione etnea, si vede apertamente che il tutto che essa offre non può al solo sprofondamento attribuirsi; e portiamo opi- nione, che sulle prime un tal fatto sia avvenuto c ne abbia segnato il - 251 - zion^? non 'po^ndo" compreLÓre^ome e'se^n "° C#mpÌ“to to n» spiegato ,a loro aziol su ; : ,b“- dell’Etna. 1 P'Uttostocehe sopra un altro (76) Archiac — 1. c. (v7) La ricerca del principio motore dei vulcani 1^ c travagliato la, mente dei poeti, comesi Jisse, degli storici e Utsiv' JT’ eJ ' mittS,Sti a preferenza, varie favole inveì t iron ■ ,usnt ai ^nomem terribili dello eruzioni dell’Etna Pp , ? «rrsss 1 - inabissi; to dal padre degli D i n(.ii . vk , ‘ 1 L, g,gantc En^'lado testa colossale sotto l' Il le e <,C"a Tl'in“ria. a™““ >“ ''.■-la, dai cni^LEBr;x^rr,.r,- a rest° dd- agitano di quando a quando e sconvolgono qualche tl“ ilTl " “teSe':rr rr s - vita abbiano veduto scappare dalla trem / ° Gesuiti creduti dt santa * diavoM- I» quanto sSrrST h ^ ~ ne possano coniare un grande numero: ma si può d ire T?'™* \ w tra esse, la quale abbia mppif-ifrv 1 L prima celebre Barelli, che da Messina porllr^h fe V°"i' i l ,Be"* deU' nnnare le conseguenze ed I prodotti della mencio ZZil M ?«:%, ur. r rir . r, uovo centrale. Lungamente si credette che le eruzioni Corua 1 eI i la tntroduzione delle acque del mare nelle profonde v . '"'“’T” vu cani: ed in ninni • pi Gioirne viscere dei lo stretto li Mq El,na 51 supposc llle le acque del mare del- 0 cE Messina si profondassero neali abissi in « -n r non essendosi nmm, • ° tlDISS1 tra Scilla e Canddi, *• :rureTdu^ ^ i,i r;i * posti oonsecutittainenf’ in isCe„a per IspieglL H eruzioni vanii ininèrali c solfuri, il petrolio , il carbon fossile, il sai marino, i vapori ed altro. Il celebre Davy, dopo avere scoverto degli alcali , dei radicali me- tallici c delle terre, nel 1811 tentò render ragione di quel grande fenomeno mercè il contatto dell’acqua col potassio. Il Maravigna, ancor giovane, descrivendo l'eruzione d; l 1809, emise una nuova teorica sulla origine dei vulcani, e sebbene col tempo come tant’ altre caduta in dimenticanza, tuttavia mostrerà sempre quanta forza d'ingegno in se racchiudesse quell’uomo, che dee riguardarsi qual’ uno dei più illustri naturalisti della Sicilia. Ammettendo egli l’ esistenza nelle viscere della terra di depositi metallici residui di quelli i di cui ossidi diedero luogo alla formazione delle terre e degli alcali che nella crosta del globo rinvengonsi, ideò che il contatto dei mentovati depositi colle acque, che negli strati profondi della terra in varii modi pene- trano, dando luogo alla loro accensione, mettesse cagione alle eruzioni vulcaniche. Avvegnaché tale ipotesi presentasse un certo che di probabile, fu però acremente avversata dai geologi italiani; eppure poco dappoi co- me nuova venne emessa da tre illustri francesi, il Gay-Lussac (Cours de Chino, voi. 1.°, legon. 26 — Paris 1828), il D’ Auhisson ( Trai té de Geognosie — voi. 1 .°, pag. 86 — Paris 1828) ed il Payen (Chimica in 26 lezioni, pag. 251 —Milano 1826 ). Il Maravigna in altro lavoro, dan- do estension maggiore e più ampio svolgimento alle sue vedute , re- clamò, avendone tutto il diritto, la priorità dei suoi concetti. Ma la teori- ca del fuoco centrale, come si disse, fè cadere nell’oblio , questa c qual- siasi altra, perchè essa sola può veramente render ragione del fatto dei vulcani, che sebbene in menoma parte, pure rappresentano al nostro spirito alcuni dei fenomeni che accompagnarono la formazione della terra. Ma come si può render ragione delle accensioni vulcaniche, dei fenomeni che le accompagnano, non che degli scuotimenti di terra col- la teorica del fuoco centrale? Se lo sguardo degli uomini ('sporti nel- le naturali discipline dovesse soltanto cader su queste carte , io mi sarei al certo astenuto di toccare quest’importante ed altissimo argo- mento; ma molti altri ancora degnerannosi gettarvi sopra un occhio, ed i quali di quella teorica saper vorranno alcun chè. Per questo dun- que noi ci accingiamo ad esporre ciò che nell’ attualità si pensa sul fuoco centrale come cagion di vulcaniche esplosioni e di tremuoti, non 253 - lasciando infine di far qualche osservazione sopra il modo con cui si cerca dar spiegamento di quei grandi e misteriosi fenomeni. E anzitutto si dice, che il fuoco centrale da se solo non può dar movenza alle accensioni vulcaniche, e ha d’ uopo perciò stesso del con- corso d'altro elemento, il quale ritiensi non esser altro che l’acqua. Imperciocché, non è per sovrabbondanza della materia fusa incande- scente clic le vulcaniche eruzioni avvengono, talché essa nel suo ec- cesso, non potendo contenersi tra i limiti dalla scorza solida del glo- bo costituiti, ne scappi via per alcuni punti della sua superficie; per- chè, oltre di non potersi ammettere che la materia suddetta possa au- mentare o diminuire, ci è da osservare, che, ove si pongano a calcolo tutti i materiali che ad un tempo rigettino tutti i vulcani del mondo, la quantità totale di questi materiali riuscirebbe così incalcolabile rim- pctto alla immensa massa di materia ignea che la terra racchiude, che non è a dire; arrogi a ciò , che questa massa fusa non potrebbe in verun modo farsi strada a traverso gli strati della scorza del glo- bo rompendoli, per riescire alla sua superficie, senza il concorso di una forza che la sospinga, la incammini e la rigetti al di fuori: e que- sta potenza, dicesi , è quella del vapore; dal che ne è nata la neces- sità di ammettere , che colla materia fusa incandescente , che occupa 1’ interno della terra, secondo alcuni, e secondo altri lo spazio che in- tercede tra il suo solido strato ed il suo nucleo, che si vuol ritene- re per solido, venga in contatto 1’ acqua, sia quella del mare, o 1’ al- tra che cade dal ciclo; di modo che l’ idea che nella produzione dei vul- cani vi concorra l’acqua, è stata, anche per quelli che non avevano riconosciuta ed ammessa la teorica del fuoco centrale , non solo non mai trascurata, ma non pure predominante. Qui poi si aggiunge, che non vogliansi riguardare le combustio- ni che avvengono nello interno della terra, come quelle che fuori es- sa accadono; imperocché queste è in virtù dell'ossigeno dell’aria at- mosferica che han luogo, laddove le altre son da riguardarsi come il risultato di chimiche e potenti co nbinazioni di differente natura. Am- mettendo poi che il raffreddamento della terra sia d.-l tutto cessato, o almeno ridotto a grado minimo, e non essendovi perdita di calore cen- trale, questo può mantenere le materie nello stato di fusione incessante e continua senza bisogno di nuovo alimento. Quando 1’ acqua, traversando gli strati solidi della terra, incontrasi con la materia ignea incandescente, ATTI ACC. VOL. II. 34 — 254 - deve avvenirne per necessità la formazione di vapori, che rappresentano la potenza che spinge e solleva la mentovata materia, e rompendo gli strati solidi stessi della terra, schiude ad essa un’ uscita dalla superficie della terra medesima. In quanto ai tremuoti taluni soggiungono, non esser mestieri che 1’ acqua venga in contatto colla materia ignea che occupa l’ interno del globo, perchè essi abbian luogo. Imperocché l’ acqua infiltrata tra gli strati che compongono la crosta terrestre, prima che incontri la materia in- candescente, dee ridursi in vapore, ed in tale stato per 1’ azione ossi- dante delle materie ferruginose produrre grandissimi volumi d’ idrogene, mentre d’altra parte le combustioni chimiche varie debbono liberi ri- durre altri gas, i quali tutti, ragion vuole che costituiscano tra la parte solida e la fusa della terra un’atmosfera gassosa considerevolmente tesa. Ora ponendo in considerazione, che la tensione, di cui è cenno, esser debbe ineguale, delle violentissime correnti è necessità che si producano in quell’ atmosfera, che esse debbono operare degli urti considerevoli, e che lo strato solido della terra, dovendo offrire delle profonde caverne, delle sotterranee gallerie e degli spazii enormi, agevolmente rilevasi, quanto sia facile spiegare con queste condizioni 1’ origine delle scosse che agitano violentemente il suolo in varie direzioni e con diversa in- tensità. Lasciando da banda i tremuoti, dei quali in altra nota abbiano fatto cenno, e tornando ai vulcani, è d’ uopo aggiungere a quanto sopra ab- biamo esposto, che in questi ultimi tempi i vulcanologisli impegnati si sono nello studio chimico dei prodotti delle eruzioni vulcaniche, per tro- var modo coi risultati delle loro analisi di spiegare la genesi di questi misteriosi fenomeni. E questi risultali medesimi li han condotti ad am- mettere, che la causa delle accensioni vulcaniche sia lo scontro della ma- teria ignea coll’acqua del mare, escludendo quasi ogni altra causa pro- babile. Tali sono le opinioni dominanti in vulcanologia nei tempi attuali, ed è certo che i ehimico-vulcanologisti sonosi avviati in un sentiero, che è il solo che possa avviarli allo acquisto di qualche importante fatto, capace di diradare almeno in parte la densa tenebra in cui si avvolge il principio motore dei vulcani. Noi, studiando qualche volta su questo argomento, bramosi di saperne alcun che, e potere satisfare la nostra non volgare curiosità, avevamo sulle prime creduto potere attingere - 255 — nelle esposte teorie molto di vero sulla causa delle accensioni vulcani- che; ma sebbene siano soddisfacenti in apparenza, considerate però at- tentamente lasciano Io spirito perplesso e dubbioso. Non ci pareva in- fatti un principio ben provato , quello che ammette il raffreddamento della terra cessato; clic la materia ignea non possa aumentare nè di- minuire assolutamente e relativamente; ci sembrava asserzione sfornita di prove quella che ammette che la materia rigettata in un tempo de- terminato da tutti i vulcani della terra sia un nulla a confronto dcl- l' aumento anche minimo della materia fusa del globo; ci riusciva molto stentato il credere, che soltanto il contatto della materia suddet- ta coll’ acqua del mare può render ragione delta genesi dei vulcani; in somma nelle menzionate opinioni noi trovavamo alcun che di esclusivo e di assoluto che poco o nulla ci persuadeva; ma non essendo argomen- to questo di nostra spettanza, aspettavamo che altri se ne occupasse, quando un lavoro apposito sulle cause delle eruzioni vulcaniche e dei tremuoti venne reso di pubblica ragione nel Giornale dell’ Accademia Gioenia dal prof. Ferdinando Àradas. In questo elaborato lavoro, frutto di profonde meditazioni, 1' autore coll' animo scevro di qualsiasi, preoccupazione si fa a ricercare con sa- na critica quanto di vero o di probabile almeno si trovi nelle teorie do- producono ed a quelle dalle quali gli scuotimenti del suolo derivano. Della opinione del calor centrale in principio occupandosi, questa con varii argomenti sostiene, dei quali il più convincente è quello che vicn fornito dall’ osservazione diretta della temperatura della terra a varie pro- fondità ; c dopo aver rammentato al lettore che la opinione del fuoco interno de! globo poggia sopra basi ben salde , mostra come essa non sia sufficiente a render ragione del gran fatto delle eruzioni e dell’ altro non men terribile del tremuoto, non potendo non supporre inerte la ma- teria fusa che occupa F interno della terra. « Or qual’ è, dice egli, la « forza che la spinge ? Per qual potente azione essa trabocca dai vulcani « e si versa sul suolo su cui, torrente di fu >co, abbatte, incendia, di- << strugge? (1. c. pag. 9. ) ». E così ne viene alla disamina delle varie teorie che sono state po- ste in campo per risolvere quel grande ed importante quesito. Ei ri- chiama al pensiero la sapiente profezia del Gay-Lussac, in gran parte giustificata dai suoi stessi lavori] e da quelli di Breyslak, Abieh^ Dau- 356 — beny, Bossingault, Bnnscn , e più recentemente di Sainlc-Claire-Devil- le, Silvestri , Fouquè ; profezia colla quale il gran fisico promise che dallo studio chimico sui prodotti gassosi delle eruzioni sarebbe origi- nata la vera teoria dei vulcani; quella che nell’ attualità si può riguar- dare come un risultato di quello studio, ammette come causa delle eruzioni il contatto dell’ acqua del mare col fuoco interno della terra. Dice 1’ autore di altre opinioni , e ancor di quella che ammette un’influenza dell’ azione attrattiva del sole sui fenomeni vulcanici , op- pure un’ influenza dello stato meteorologico su questi fenomeni stessi. Ma egli di volo questo stuolo di opinioni espone e discute , delle prin- cipali occupandosi soltanto , perchè « fare ( son sue parole ) la storia « di tutto ciò che i naturalisti han potuto escogitare onde rendersi « conto dei fenomeni vulcanici sarebbe forse utile da un certo punto « di vista, ma non è del nostro intendimento. Noi vogliamo solo far « conoscere qui alcune delle principali ipotesi ideate a quel fine, di « cui non abbiamo creduto doverci occupare nel testo ». ( L. c. p. 14). Un paragrafo egli destina ai tremuoti. In esso tratta delle rela- zioni che passano tra questi fenomeni e quelli delle eruzioni, facendo tesoro delle belle osservazioni del Gemmellaro , e i loro rapporti di causalità attentamente ricerca, del che in altra nota abbiam fatto cen- no. Indi, raccogliendo le sparse fila, ne viene a più positiva disamina , onde emettere il suo avviso intorno a ciascuna delle principali opi- nioni, e concludere sull’argomento principale del suo lavoro. Egli pone in principio che V irradiazione terrestre è la principale causa dei fenomeni vulcanici. Dimostra come per effetto di questa ir- radiazione lo strato solido della terra si restringa, e come la massa fusa aumentando non assolutamente, ma relativamente, debba per necessità portarsi alla superficie. Le varie obbiezioni fatte a questa grande idea, che ha quasi il carattere della realità, egli rintuzza ed abbatte; ed in quanto a quella, clic si potrebbe come la più potente riguardare, cioè, che i vulcani e le materie che esse rigettano non siano sufficienti in un tempo dato a mantenere a dir così, l’equilibrio tra la quantità della materia liquida incandescente e la scorza della terra che la contiene e tende a comprimerla, egli presenta un calcolo molto importante e di cui il risultato ci sembra sodisfacente. Cerca pria di tutto fissare quanto la scorza terrestre possa restringersi in un secolo, e conseguentemente di quanto possa, relativamente sempre, aumentare la massa liquida che essa racchiude, e poi calcolando il materiale che i vulcani posson versare in ugnai tempo sulla superficie terrestre, trova approssimativamente il sor- pren lente paleggiamento delle due singolari cifre, e persuade allo spi- rito di ammettere che la causa primaria dei vulcani, come si accennò, sia la irradiazione terrestre che dà luogo al restringimento del suo solido strato. Ma 1’ irradiazione terrestre se è la primaria cagione delle eruzioni vulcaniche, non è però l’unica. Il principio motore dei vulcani per lui, come in altro nostro lavoro abbiamo enunciato, non è semplice ma complesso: e quindi varie cause accessorie si, ma non meno necessarie, debbon concorrere all’ attuazione di quel grande fenomeno, e che l’au- tore chiama agenti immediati. Or fra questi agenti, senza contrasto, è da noverare primamente la forza elastica del vapore, che è il prodotto dello scontro delle acque del mare colla materia ignea; lo che la mo- derna vulcanologia ha reso certo, almeno per i vulcani prossimi al mare. Ma perchè ciò avvenga è mestieri, secondo l’autore, 1° che l’acqua possa giungere a quella profondità dove trovasi la materia ignea; 2° che la forza elastica del vapore abbia il potere di determinare i fenomeni meccanici di una eruzione; 3° che i prodotti chimici a cui danno luogo le eruzioni nel periodo di loro attività, e principalmente i gassosi, ri- levino un’origine che si accordi colla suaccennata ipotesi. Il modo con cui le acque s’infiltrano egli ricerca; e questa ricerca che potrebbe parer facile, mostra quanto per il converso sia ardua, e come sia difficile il render ragione delle varianze nella sua attività, non conoscendo a quali leggi sia soggetto questo speciale infiltramento; e circa al modo con cui questo si effettua, l’idea che egli se ne è formata chia- ramente esprime e rappresenta con buoni esempli. Dice della forza elastica del vapor d'acqua, c della misura di essa; infine non potendo negare 1’ accordo tra la natura dei prodotti delle eruzioni e quella del- l’ elemento efficiente (acqua del mare), che i moderni ehimico-vulca- nologisti han posto in chiara luce, e che si posson proclamare bene- meriti della scienza geologica, dichiara non potere « ammettere d’ un « tratto che in ogni eruzione si ripetano gli stessi fenomeni identica- « mente e che 1’ acqua del mare sia la sola materia estranea, che con « la sua introduzione negli strati della crosta terrestre, determini i fe- nomeni vulcanici ». E questa opinione egli appoggia avarii fatti, e prin- cipalmente alla grande distanza dal mare di taluni vulcani. - 258 - Noi non vogliamo chiudere questa nota , la quale a solo fine ab- biamo scritta di dar maggior diffusione e popolarità alle idee scientifi- che , senza rapportar le conclusioni che l’ autore ha tratto da tutte le sue mature considerazioni sulle cause delle eruzioni vulcaniche : ed ecco quali esse sono. « La terra ha un calore proprio che cresce colla profondità , e « ad una distanza dal suolo che non passa i 5 miriametri e tale che « qualsiasi solida roccia conosciuta non può non trovarvisi allo stato « di liquido; ». « Nel corso di un secolo una porzione picciolissima di questo ca- « lore ,0/376oo , viene emessa , e ne consiegue una contrazione della « crosta del globo per cui il volume di questa si riduce di 699 chilo- « metri c. circa, e si rende necessario 1’ efflusso di un egual volume « di materia fusa; » « Tale efflusso ha luogo poco a poco per l’azione di agenti locali; » « 1/ acqua del mare che infiltrasi negli strati della scorza terrestre, « trasformata in vapore dal calore sotterraneo , è il principale agente « immediato dei vulcanici fenomeni ; » « Par molto probabile che le acque dei laghi, e quelle che le piog- « gie rovesciano sulla superficie della terra ferma, e che provengono « dalle nevi, filtrando a traverso le rocce porose, esercitino analoga « azione su la massa incandescente; » « Le meteore aquee intervenendo nella produzione dei fenomeni « vulcanici, si verrebbe così a stabilire una relazione tra questi c gli « altri fenomeni meteorici che con quelle hanno attinenza. » « Se il sole e la luna influiscono colla loro forza attrattiva sui fe- « nomeni vulcanici, tale influenza non può, almeno da sola, spiegare « l’uscita delle lave, e si esercita forse indirettamente per l’ intro- « missione dell’ atmosfera; « Infine, sembra probabile che esista più che una relazione fra’ fe- « nomeni del cielo dell’ aria e delia terra , ed c permesso sperare che « venga definita dall' osservazione e sia una nuova c la più bella tosti - « monianza dell’armonia della natura. ( L. c. pag. 43 c seg. ). (78) Di due memorie qui diremo del Gcmsnellaro attinenti alla zoologia del Golfo di Catania. Nella prima un quadro della topografia geologica di esso espone , e nell’ altra la descrizione di alcuni tra gli animali i più semplici che vi hanno stanza. • - 259 - In quanto alla prima che porta per titolo — Della zoologia del Golfo di Catania — Memoria 1 .a, — Topografia zoologica — Letta nel- la seduta ordinaria del 23 luglio 1835 ( Atti Gioenii — Ser. 1 .a, voi. XII.0, pag. 59), non possiamo far di meglio che riprodurre il sunto che ne dà l’autore stesso nella sua relazione dei lavori dell’anno XII.0, del- l’Accademia Gioenia (Atti Gioenii — Ser. 1.a, voi. XIII.0, pag. 20 e segu. ) « Considerati nell’insieme geograficamente la estensione del gol- « fo ed i suoi limiti ho dato conto della triplice natura del littorale « che lo racchiude; vulcanica, cioè dal Capo dei mulini sino a Catania, « sabbionosa da qui sino all’ Agnone, e calcarea da quel punto al Ca- « po di S. Croce. Ragionando in seguito de’ fondi più o meno proprii « alla vivenza degli animali marini, ho immaginato per un istante che « il mare abbassato per mille piedi dall’ attuai suo livello, ci mostras- se se la fisica sottomarina costituzione di questo golfo. Ho potuto così « seguire di passo in passo l’argilloso fondo ripieno di rotolali massi vul- « cannici del litlorale delle pictrazzc dal Capo dei mulini alla Trezza: la « subitanea caduta dello scaglione al di cui orlo stanno gli scogli dei « Ciclopi; gli scogli vulcanici che da qui innanzi sono coperti dal mare; « le scoscese, il piede delle colline, il delta del Simetc, e quello della « Tcria, ed i varii fondi del calcareo misto a pirog( niche rupi di « S. Calogero ed Agnone. Dietro di che ho potuto dire in generale « come gli annelidi, i molluschi gasteropodi , i crostacei e molti generi « di pesci preferiscono il littorale vulcanico, a causa dei fondi algosi « e delle rupi coperte di idrofiti che porgon loro alimento, o per sè « stessi, o alimentando molti esseri che servono agli altri di cibo; « come nella spiaggia di arena abitassero esclusivamente i molluschi (Descript, globi intellect. c. 3.) Ed è perciò che egli dice: (1. c. pag. 13.) «A viemmeglio afforzar l’idea di Bacone, se argomento « a cercar mi facessi, non potrei più saldo rinvenirlo, che nei lavori « dei Gioenii, in questo ventiquattresimo anno dell’ Accademia, i quali, « se in numero pochi, sono però prestantissimi »; cioè: Conienti a due passi di Stenone, — Maravigna; sulla formazione dello scisto di Alì— Gem- mellaro; memoria sulla latitudine geografica di Catania, — Crist. Enrico- Federico Peters; Lichenographia sicula, decas 1 .a — Tornabene; memoria 3.a di malacologia siciliana— descrizione delle conchiglie fossili di Gavi- telli presso Messina e prospetto della storia della zoologia in Sicilia nel secolo XIX del prof. Aradas, e descrizione di un ciclopc., o mostro umano cicloccfalo — Reguleas. Ciò che dee sorprendere si è, che questi interessanti lavori fu- ron fatti nel 1848, epoca di politici sconvolgimenti, i quali quanto pos- sano intiepiedire il fuoco della scienza universalmente si sa. 6. Relazione per l'anno XXV. dell’ Accademia Gioenia, letta nel- 2195 la seduta ordinaria del di 24 Giugno 1849 (Atti Gioenii — serie 2.', voi. VI". —1850 ). Per le cagioni surnmentuvate pochi furono i lavori dei Gioenii nell’anno XXV dell’ Accademia, ma molto interessanti; poiché, come dice il Gemmellaro, «di non lieve momento calcolar debbesi ogni la- « voro che tende all’aumento della scienza, o all’ utile della civile e- « conomia, alla tutela infine della salute degli uomini ». I lavori, di cui è parola, furono quelli di appresso. Continuazione del prospetto della storia della zoologia di Sicilia nel secolo XIX.0 — Memorie due, — Aradas; sopra una varietà della Ippuriles Cortisii, Catullo, — Gemmellaro; Lichenographia sicula,— Toruabene, con- tinuazione; storia fisica di Catania e dei suoi dintorni — Gemmellaro; sulle malattie della Sicilia ne’ loro rapporti colle sue condizioni geo- gnostiehe— Galvagni. 7. a Relazione accademica dell ’ anno XXVI dell' Accademia Giocnia , letta nella tornata del dì 20 maggio 1850. (Atti Gioenii — serie 2.a, voi. VII0. — 1850). Essa racchiude i sunti dei seguenti lavori. Monografia dagli Echinidi viventi e fossili della Sicilia — parte !.8, 2.*, e 3.a, — Aradas; sopra un pezzo di ealcedonia lavorato ed appar- tenente ad antica statua — Gemmellaro; continuazione della Flora dei con- torni di Avola — Bianca; sul frutto dell’ arancio c del melagranato — Gemmellaro; sopra un mostro umano, — Beguleas: tre casi di emorragie sintomatiche d’ipercnrdiotrofia, —Galvagni; schiarimenti alla etiologia del- le malattie paludali, dello stesso Galvagni. 8. a Relazione accademica dell’anno XXVII della Gioenia, letta nel- la seduta ordinaria del dì 20 maggio 1851. (Atti Gioenii — serie 2.a, voi. Vili.0 — 1853). « Vi sono due modi, dice il Buffon (Arithmetique morale ec. ) di « considerare i fenomeni naturali; il primo si è di riguardarli quali a « noi si presentano, senza inoltrarsi sino alle cause; il secondo di csa- « minarli coli’ idea d’ indagarne i principi! e le cagioni ». Ed il Gem- mellaro aggiunge « vai quanto dire esaminare ed indagare; e su queste « idee son modellate le memorie delle quali un succinto epilogo io vengo « ad esporvi ». Monografia del solfato di calce che trovasi nelle miniere di zolfo della Sicilia, unitamente allo zolfo ed alla celestina, con un cenno sul * % — 296 — carbonato calcare clic ivi rinvienesi — Maravigna; monografia delle spe- cie siciliane del genere Pinna di Linneo — Maravigna; (due lavori che furon fatti da quest'uomo illustre durante la cronica e dolorosa infermi- tà che lo condusse al sepolcro; e furono letti all’ Accademia da noi che possedevamo intera la sua amicizia); prospetto della storia della zoolo- gia di Sicilia nel secolo XIX.0, continuazione — Aradas; sopra i! prete- so vulcano di Pietraperzia — Gcmmcllaro; topografia medica di Sicilia continuazione — Galvagni; sopra un cagnolino ed un gallo [mostruosi — Gcmmcllaro figlio; sulla deviazione delle acque da un fiume torbido — Antonio Rossi da Napoli; sulla integrazione delle equazioni a derivate parziali di prim’ ordine considerate nel massimo grado di generalità — Giovanni-Maria Lavagna. 9. a Relazione, o Breve cenno dei lavori scientifici dell’ anno XXXVII 0 dell’ Accademia Gioenia (Atti Gioenii — serie 2.a, voi. XVIII.0 — 1862 ). Questo cenno è anonimo, ma fu scritto dal Gemmellaro. I lavori dell’ accennato anno per varie inattese circostanze furon pochi, e quasi tuttti di medico argomento. Leeone la indicazione. Sulle malattie pullulali con la descrizione di varie interessanti lo- ro forme, memorie due -- Galvagni ; nuove osservazioni e riflessioni di tenotomia per li piedi torti — Reina; indirizzo all’ Accademia del 1 ,° Di- rettore— Gemmellaro; sulla possibilità di elefanti indigeni in Sicilia — Gemmellaro; prospetto d’ ingrandimento del porto di Catania — Seiulo- Patti. 10. '1 Relazione, o Sunto dei lavori scientifici dell’ anno XXXVIII.0 dell' Accademia Gioenia ( Atti Gioenii — sor. S.0, voi. XIX.0 1864). Pari al precedente questo sunto, senza firma, cioè, del Segretario Generale, nè d’altri, appartiene al Gemmellaro. Nell’ introduzione di es- so manifesta come per varii ostacoli sia ridotta fra noi in deplorabile condizione la coltura delle scienze naturali. E ciò, almeno in parte è vero; poiché nessuno incoraggiamento si dà ai cultori di queste scien- ze, i quali per altro son pochissimi, essendo che lo studio di esse, ol- tre che fra noi non apporta guadagno veruno, esige mezzi non molto limitati per acquisto di libri, di oggetti naturali, di strumenti, per viag- gi ed altro, ed una vita intera di penosi lavori e di sagrifizii, non la- sciando a lutto questo di aggiungere altro c non lieve motivo di scorag- giamento, quello, cioè, (li non essere del lutto riconosciuta fra noi l’impor- tanza dello studio della natura, il quale, se oggi non mica riguardasi — 297 - come in altri tempi insignificante, di niuna utilità e di mero capriccio, non è però così generalmente apprezzato come esserlo dovrebbe. Atte- sa questa condizione di cose, chi avrebbe potuto immaginare che 1’ Ac- cademia Gioenia per il lasso di nove lustri, e per lungo tempo priva di mezzi, fosse stata capace essa sola quasi di sostenere l’onore sicilia- no nella cultura delle scienze naturali? Eppure è così; ed il Gemmol- laro ha detto in questo sunto: «sì la Gioenia ha pieno diritto su di ciò « di sumere superò iam mcritis quacsitam ». I lavori di quell’ anno sono: la seconda memoria degli studii cli- nici delle malattie paludati — Galvagni; memoria dei rizopodi delle argil- le pleistoceniche dei dintorni di Catania — Seguenza; sommi capi della storia della geologia sino a tutto il secolo XVIII.0 — Gcmmellaro. (422) L’Etna è stato chiamato con varii nomi. Questa parola pro- cede dal greco, che vuol significare monte che arde, o che vomita fuo- co ; fors’anco, dietro taluni, deriva da corruzione delle voci dialettiche fenicie Altana (fornace), o E luna (fumo denso). I saraceni chiama- vano Giòel Ealtamat ( monte di fuoco.) ; i siciliani, cambiando in Gi- bello la voce saracena Giòel, e tacendo precedere la italiana monte ne formarono la porola Mongiòello, che conservasi come 1’ altra di Etna, sebbene questa sia più generalmente usata/ e prin ipalmenle dagli scienziati. (123) Egli spirava nel giorno 21 ottobre del 1866; furono a lui genitori Gaetano Gemmellaro c Margherita Murabito. APPENDICE ALLE NOTE A motivo della immensa copia degli svariati lavori del nostro elo- giato, ci siamo dimenticati di dire una parola di altri pochi articoli da lui pubblicati non privi d’interesse, dei quali ci affrettiamo dare un brevissimo cenno, perchè non resti, anco nella menoma parte, monco il nostro lavoro. Saggio sopra il clima di Catania abbozzalo dietro un decennio di, osservazioni meteorologiche, letto alla Gioenia nella seduta ordinaria del 24 settembre e del 26 novembre 1829 t^Atti Gioenii — (serie 1 .a, voi. VI.0, pag. 85). Non avvi clima in tutta 1’ Italia che sia più temperato e dolce del nostro; anche quello di Nizza è per tal riguardo ad esso inferiore. Que sto ha sostenuto e reso di pubblica ragione il valente Zantcdeschi in una lettera, non è molto, diretta al prof. Carmelo Scinto-Patti Segreta- rio Generale dell’ Accademia Gioenia colla più calda raccomandazione di dare ad essa la maggiore possibile pubblicità. Or questo giudizio del Zantedeschi poggia interamente su quello che il Gcmmellaro avea molti anni prima dato, poscia a dieci anni di osservazioni meteorologiche, condotte con indicibile pazienza e con non ordinaria scrupolosità, c da lui eseguite nel gabinetto meteorologico, che egli stesso, come si è detto, curò di creare nella R. Università: giudi- zio che trovasi espressalo nella sopraccennata memoria, nella quale di- ce innanzi tutto della posizione, della estensione e del circuito della cit- tà, non che della natura del suolo su cui è fabbricata e dei terreni delle sue circostanze; si occupa in seguito dei venti, delle piogge, e del- le meteore; enumera i giorni belli e sereni, e i nuvolosi e piovosi in ogni mese; c da queste, come da altre moltissime osservazioni ritrae tutti i dati ncccssarii a stabilire la natura del nostro clima, di cui la bontà universalmente conoscesi, e la quale egli pienamente dimostra. Non ci c lecito qui riassumere tulli i risultati che 1’ autore ha cavato dalle sue lunghe c laboriose osservazioni; ma possiamo attestarne la importanza ed utilità. « Un lavoro di questo genere, dice il chiarissi prof. Dome- nico Orsini (a cui si dee l’onore di aver primo in Sicilia saputo appli- care la notomia e fisiologia degli animali all’uomo), non diretto so- « Punente a comprovare la dolcezza del nostro clima, ma soinmamen- « te utile all’ agricoltura ed alla medicina estimo. » (Atti Gioenii — serie ■1 .*, voi. VII 0, pag. 15). Sulla possibilità della esistenza di elefanti indigeni in Sicilia nel periodo quaternario breve disamina, letta alla Gioenia nella seduta ordi- naria del 20 giugno 1861 (Atti Gioenii — serie 2.a, voi. XVII. °, pag. 135). È questa una memoria di paleontologia siciliana, che si rende in- teressante pel modo con cui l’autore tenta di risolvere alcuni impor- tanti quesiti cui più forti argomenti geologici c con giuste e non im- maginarie vedute paleontologiche ; quesiti che riguardano la provenien- za degli elefanti che in numero non scarso stanziarono in Sicilia, e dei quali non infrequentemente si rinvengono gli ossami in vari i luoghi di quest’ Isola. In abbondanza se nc trovano infatti nelle caverne ossife- re; sono poco frequenti negli altri terreni di Sicilia; si è perciò che il Gcmmellaro, dopo avere enumerati alcuni resti elefantini da lui ve- 299 duti o posseduti e trovati nei nostri terroni, dice- « Di altri resti che «esistono in Sicilia trovati nello interno dell’ Isola,, nei terreni e non « già nelle grotte, io nulla posso dire, non avendoli mai veduti; ed è « desiderabile, che i possessori di essi ne pubblichino i rendiconti, per «meglio assicurarci della loro giacitura». (1. c. pag. 442). Fu questa proposizione e questa maniera d’ invito del Gemmellaro che ei spinse a pubblicare le nostre osservazioni intorno a vari resti di graudi mammiferi trovati in Sicilia, della quale opera abbiamo po- tuto render di pubblica ragione il primo e secondo capitolo della pri- ma parte, e della quale la continuazione avrà luogo al più presto, es- sendo stati obbligati di sospenderla per qualche tempo da varie gravi occupazioni. Tornando a dire della memoria del Gemmellaro, è mestieri far co- noscere che egli posa innanzi tutto l’importante quesito : cioè, se i resti elefantini trovati in Sicilia appartengano ad elefanti indigeni di quest’isola o siano provenuti da altre contrade. À risolvere il quesito predetto, passa in rassegna le varie cpoehe di formazione dell’ Isola; fa vedere come il terreno terziario sulle pri- me umido, di vegetazione rigoglioso e quindi ricco in foraggi , fosse acconcio e proprio alla esistenza degli elefanti, che in seguito solidifi- candosi c perdendo la sua umidità, divenisse 'alla loro vivenza disadat- to, d’onde la loro scomparsa; e che i resti fossili elefantini esistenti nei varii terreni dell’Isola sian da riguardarsi pertinenti a l elefanti che nell’ indicato periodo quivi vissero, c gli altri di cui le grotte ossifere son zeppe insiememente a quelli d’ altri mammiferi, furonvi dal mare da altri luoghi trasportati, essendo quelle grotte tutte al mare vicine o poco da esso discoste, e clic appartengono al periodo postpliocenico o quaternario, dal quale non avrebbero potuto ritrarre la necessaria ali- mentazione. Noi non possiamo non ammirare i grandiosi concetti dell’autore, e gli argomenti di lui sono in gran parte persuadenti: un’osservazio- ne sola facciamo a quanto egli sostiene, cioè, che sono piuttosto rari nel pliocene ed ancor più nel miocene i resti di elefanti, non che di ippopotami ed altri grandi mammiferi, e per lo più è nel periodo po- stpli 'cenico che essi rinvengonsi, c non solo nelle caverne ossee, ma non pure nei varii terreni e nello interno dell’Isola. Atteso ciò ci sembra alquanto incerti e malsicura quella distinzione tra i resti eie- — 300 fantini «lei terziario e quelli del quaternario, come spettanti gli uni ad animali stanzienti nell’Isola, e gli altri da luoghi diversi provenuti, e quivi dal mare trasportati e nei luoghi ad esso prossimi spinti, ri- gettati e cumulati. Nel resto ammettiamo quanto egli dice intorno alle condizioni varie proprie, cioè, o improprie alla loro vivenza in or- dine ai vari i periodi geologici, lo che varrebbe similmente per gl’ ip- popotami, i quali stanno più nei fiumi che altrove, e di fiumi non doveva essersi penuria sì nel periodo pliocenico che nel post-plioce- nieo. Da tutte le belle ed interessanti ricerche dell’ autore, tutta la probabilità di esistenza di elefanti in Sicilia: ed è perciò che egli passa a mettere in campo altre quistioni. « Da dove essi vennero ? » « Come scomparvero ? » A quest’ultimo quesito si era già risposto. Era dunque mestiere rintracciarne la provenienza. E su ciò egli dice: « Era forse l’Isola attaccata al continente d’onde facilmente po- « tevano passarvi ? Vi si trasportarono, nuotando, dal punto più vicino, « se ossa era anche isola in quelli antichi tempi? 0 vi si svilupparo- « no, come negli altri punti del globo, sin dal tempo che essi compar- se vero sulla terra?». In quanto ad essere in antichissimi tempi la Sicilia unita al conti- nente, egli ne ammette la possibilità al periodo secondario soltanto; so- praggiunto il terziario ne restò divisa. Ma è ciò un fatto veramente pro- sato? Si sa che egli sostenne l’idea di essere un semplice avvallamento lo stretto di Messina; ma se fosse in vece uno sprofondamento? In tal caso la quistione della provenienza degli elefanti della Sicilia sarebbe im- mediatamente risoluta. Ora è assolutamente provato che non lo sia ? Non appartiene a noi il giudicarlo. Sono dubbii i nostri, che forse si eleva- no nella nostra mente, perchè in fatto di geologia non veggiam cosi chiaro come quelli che hanno il diritto di chiamarsi geologi. Conti- nuando il nostro ragionamento, un’ altro dubbio ci sorgi', ed è per noi gioco-forza il manifestarlo. La Sicilia non poteva essere unita al con- tinente africano? Il fondo del mare che divide quest’isola dalle coste dell’Africa, non dà forse a sospettare, come molti ammettono, 1’ unione un tempo delle due terre? E ciò ammettendo, non avremmo noi tro- vato un’altra provenienza, della quale però il Gcmmellaro non ha fatto - 301 conno ? Ma forse il dotto uomo avea delle buone ragioni per non met- ter fuori questo avviso. In quanto agli altri quesiti, possiamo in poche parole riassumere gli argomenti dell’autore. Non impossibile la loro apparizione in Sici- lia come in altri punti della superficie terrestre, non in virtù di ge- nerazione spontanea o di trasformazione, ( teoriche, diciamo noi, inven- tate a solo fine di appagare la brama smaniosa di voler lutto spie- gare, o che è più vero, per non confessare la propria ignoranza in certe cose, ciò che 1’ umano orgoglio riguarderebbe come abbietta u- miliazioue,) ma in virtù deli’ onnipotente Fiat; non essere difficile che dal continente sian passati a nuoto nell’ Isola. Dopo il sovra esposto possiam dire di avere avuta tutta la ragio- ne di dichiarare interessante la memoria di cui ci siamo occupati. Carta geologica della Sicilia. « Nella nota di N. 25 noi femmo menzione di una nuova carta geo- logica presentata dal Gemmellaro alla Gioenia, della quale non pote- vamo dare completa contezza per non essere stata pubblicata negli atti. Però alcuni schiarimenti avendo egli dat,o su quest’ ultimo suo la- voro al Segretario Generale dell’ Accademia, e questi nella relazione dei lavori della Società per l’anno XLII avendoli resi manifesti, stimiamo pregio dell’opera il riprodurli in questo luogo. * Il compianto prof. Carlo Gemmellaro in una delle prime torna- le te dell’ or cessata sessione presentava a quest’ Accademia una carta « geologica della Sicilia accompagnata da breve ma interessantissima ■< illustrazione. Lavoro questo clic il distintissimo socio avea giada mol- « li anni tenuto pronto, coni’ egli accenna, ma di cui avea sin allora dif- « ferita la presentazione sulla ragione di non aver potuto percorrere « tutti' i terreni della Sicilia, c quindi non rendeasi sicuro della csat- « tozza assoluta del lavoro. Però l’ infaticabile professore, vedendo ogni « giorno allontanarsi tale speranza, e dileguarsi con lo avvicinarsi del - « le gravi molestie, compagne della cadente età, decidevasi finalmente « a presentare l’ indicata carta. Fortunata idea senza la quale sarem ri- «. masti privi ed inconscii di questo interessantissimo lavoro, che, eo- « munque non completo, coni’ egli lo giudica, è Y unico che siasi for- ATTl ACC. XOL. II. 40 — 302 - « nito da Siciliani geologi. E qui mi piace di ripetere le sue medesime « parole che valgono altresì ad accennarne lo scopo. Se mi sono prestato « a presentarla all' Accademia, ad onta che io stesso ne conoscessi la « imperfezione, ciò è stato per mostrare di non essersi da parte nostra « mancato di mettere in uso tutti i mezzi di cui può. fare uso la nò - « stra capacità per dare adequato posto ai terreni di Sicilia, formando « una carta geologica disposta dietro le proprie nostre ricerche c non « arrestandoci ad ammirare solamente e chinar la fronte a quanto « si è fatto da altri illustri scienziati ». « Nella illustrazione di tale carta -lo autore dichiara di essersi « tenuto più alla stratigrafia che alla paleontologia, dopo quel tanto, « come egli scrive, che sotto la scorta della prima gli toccò di os- « servare nei suoi viaggi in Italia, in Ispagna, in Germania, in Fran- « eia, in Inghilterra e sopratutto in Savoja. e nella Svizzera». « In quanto al modo di classifica re i terreni egli siegue V attua - « le sistema sui varii periodi, come più analogo ai rispettivi earat- « tori. In detta illustrazione inoltre si ferma appena su i terreni « pirogenici, dicendo, di non essere dessi di alcun rilievo in Sicilia, « dei metamorfici, accenna quelli che potrebbero avere qualche rela- « zione eoi paleozoici, e passa gradatamente agli altri come vengo- « no designati in successivo dai moderni geologi, notando, per ciaseu- « no periodo, la località ed estensione dei varii terreni, corredando « il tutto di opportune osservazioni, rimettendo il lettore, pel detta- le glio di quanto accenna, alla consultazione delle molliplici memorie « da lui pubblicate riguardanti la geologia di Sicilia, che fan parte « degli Atti della nostra Accademia. E conchiude toccando dello scopo « di avere accompagnato tale memoria illustrativa alla carta , quale « è quello oltre della maggiore delucidazione, perchè possa venire mo « dificata e corretta da ulteriori più attente osservazioni e da più dot- « to esame nello stato attuale della geologia. » (Atti Giocoli se’r. 3.a, voi. XL1II.0. png. VII. csegu.) 4. Sommi capi di una storia della geologia sino a tutto il seco- lo XV 111° Nella nota n.u 30 abbiamo dato un sunto del sopracennato lavo- ro, per la redazione del quale I’ autore giovossi di quanto condensi sull’assunto nella preziosa opera del Brocchi ( Conehiologia F>ss. su- bapp. ), nella storia geologica premessa ai prineipii di Geologia del Lycll — 303 - i e nell’ accademico discorso del Pitta dei principali progressi della geo- logia. Egli ha creduto in seguito, utile, non che necessario, aggiungere a quel lavoro talune note illustrative, che presentò all’ Accademia e de- positò nella Segretaria della stessa acciocché, in caso di ristampa del medesimo ne facciali parte. - OPERE PUBBLICATE DAL PROF. ANDREA ARADAS 1. — Osservazioni critiche sopra una memoria del Cav. Assaiini intorno alla Ollahno- blenorrca — Giornale di scienze, lettere cd arti per la Sicilia — 1S26. 2. — Sopra un caso raro di aneurisma dell’arco dell’aorta — Catania, 1828. 3. — Di una completa soppressione di orina — Memoria stampata nel voi. X° degli atti Giocnii, pag. 109 1/ serie. 4. — Elogio del Cav. Canonico Giuseppe Alessi — Alti Giocnii, voi. XIII., 1.* serie. 3. — Monografia del genere Eulima del Sig. Risso per la Fauna siciliana — Giornale del Gabinetto letterario dell' Accademia Gioenia, T. VI.0, bimestre 3.* 6. — Monografia del genere Orloslclis (Aradas) — Giornale del Gabinetto Giocnio, T. VI0, bimestre 3.° 7. — .Monografia del genere Maravignia (Aradas) — Giornale del Gabinetto Giocnio, 1. VI.0, bimestre 3.° 8. — Descrizione di due nuove specie siciliane del genere Trochus — Giornale del Ga- binetto Giocnio, t. VI.0, bimestre 3.° 9. — Monografia del genere Buccinimi per servire alla Fauna di Sicilia — Atti Giocnii, 1 .* serie, voi XIX.0 10. — Descrizione di due nuove specie di conchiglie spellanti al genere Rissoa — Atti Giocnii, l.a serie, voi. XIX.0 ,■ 11. — Descrizione di una nuova specie del genere Turrilclla — Giornale del Gabinetto Giocnio. 12. — Descrizione di una nuova Ammonite inserita negli Atti della Società Cuvieliana di Parigi — anno 1843. 13. — Catalogo ragionato delle conchiglie viventi e fossili di Sicilia ec. cc. Memoria 1.* Cefalopodi, Pteropodi, c principio dei Gasteropodi — Atti Giocnii, voi. XV. °, 1 .* serie, pag. 187. 14. — Catalogo ragionalo ec. ec. Memoria 2.a seguito dei Gasteropodi — Atti Giocnii 1 .a serie, voi. XV.0, pag. 49. 15. — Catalogo ragionato ec. Memoria 3.a, seguito dei Gasteropodi — Alti Giocnii, se- rie 1.*, voi. XVI.0, pag. 49. 16. — Catalogo ragionato ccc. Memoria 4.a, seguito dei Gasteropodi — Atti Giocnii, 1.* serie, voi. XVII 0 pag. 53. 17. — Catalogo ragionato ec. Memoria 5.a, seguito dei Gasteropodi — Atti Giocnii, 1.* se- rie, voi. XVII ", pag. 1G3. 18. — Catalogo ragionalo ec. Memoria 6. a — Seguilo dei Gasteropodi — Atti Giocnii, se- rie 1.*, voi. XX. ‘ pag. 101. 19. - — Catalogo ragionato cc. Memoria 7.a — Atti Ciocnii, 1.* serie, voi. XX.0, p. 343. 20. — Monografia dei Generi Thracia c Clavagella per servire alla Fauna Siciliana — Aliti Giocnii, serie 1 voi XIX. ", pag. 109. 306 - 21. — Prospello della storia della Zoologia di Sicilia nel secolo XIX." — Opera riparlila negli Alti Gioenii, voi 1°, pag. 359; 2.° pag. 163; 3.' pag. 55 e pag. 269; 6 0 pag. 87; 7.“ pag. 83, della serie 2.* 22. — Cenno di due generi malacologici non riportati finora come siciliani — Adi Gioenii, serie 2.*, voi. 2.°, pag. 435. 23. — Descrizione di una nuova conchiglia fossile di Sicilia — Adi Gioenii, serie 2.» voi. 2.° pag. 437. 21. — Memoria 1.* Zoologica — Descrizione di varie specie nuove di conchiglie viventi e fossili della Sicilia — Adi Gioenii, serie 2.a, voi. 3.°, pag. 232. 25. — Memoria 2.* zoologica — Conlinuazionc della descrizione di varie specie nuove ina- lacologiche della Sicilia — Adi Gioenii, serie 2.a, voi 3.°, pag. 232. 26. — Memoria 3.*, zoologica, che contiene la descrizione di alcuni molluschi nudi della Sicilia — Adi Gioenii, serie 2 a, voi. 4 °, pag. 107. 27. — Osservazioni ed aggiunte alla Fauna dei molluschi della Sicilia del Philippi. Par- ie 1.a — Adi Gioenii, serie 2.a, voi 3.% pag. 411. 28. — Descrizione delle conchiglie fossili di Gravilelli presso Messina — Adi Gioenii, serie 2.*, voi. 4.°, pag. 57. 29. — Sulla collezione malacologica del chiarissimo Domenico Testa da Palermo; or- licelo seguilo dalla descrizione di una nuova conchiglia fossile dei dintorni di Messina — Catania 1842. 30. — Descrizione di una nuova specie del genere Ilelix — Giornale F occhio, anno V.° numero 143 — Palermo 9 settembre 1843. 31. — Monografia degli Echinidi viventi c fossili della Sicilia —Opera lolla originale — Parie 1 ■ — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. 6 pag. 53. 32. — Monografia degli Echinidi ec. Parie 2.a — Alti Gioenii, serie 2.a, voi. 6.°, p. 189. 33. — Monografìa degli Echinidi ec. Parie 3."— Adi Gioenii, serie 2.a,vol. 7 °, p. 229. 34. — Monografia degli Echinidi ec. Parte 4.a — Atti Gioenii, serie 2.*, voi 8.°,p. 149. 35. — Monografia degli Echinidi ec. Conlinuazionc e fine — Adi Gioenii, serie 2. a, voi. 8.°, pag. 371. 36. — Descrizione di una nuova specie vivente del genere Pinna, inserita nella mono- grafia della specie di questo genere del Cav. prof. Carmelo Maraviglia — Adi Gioenii, serie 2.a, voi. 7.°, pag. 179. 37. — Monografia del genere Coronula — Atti Gioenii, serie 2.a, voi. 9.°, pag. 67. 38. — Descrizione di alcune nuove specie di conchiglie siciliane — Adi Gioenii, serie 2.a. voi. 9 °, pag. 67. 39. — Appendice 1.* alla Monografìa degli Echinidi viventi c fossili della Sicilia — Adi Gioenii, serie 2.a, voi. 10.*, pag. 215. 40. — Prospetto di una nuova Fauna dei Molluschi, Cirropodi, Echinodermi ed altri zoo- fili viventi c fossili della Sicilia, con una distribuzione geografica di questi animali ec. — Adi Gioenii, serie 2 a, voi. M.°, pag. 77. il. — Descrizione di una nuova specie del genere Pcctcn, inserita nella memoria del prof. Biondi, che porta per titolo -Descrizione di alcune specie malacologi- che nuove cc. — Adi Gioenii, serie 2.a, voi. 14.“. pag. 113. 307 — 42. — Relazione accademica per l’anno XXVIII.0 dell’ Accademia Gioenia — Atti Gioe- nii, serie 2.*, voi. 9.°, pag. 3. 43.— Relazione accademica per l’anno XXIX.0 dell’ Accademia Gioenia — Alti Gioenii, serie 2.*, voi. IO.0, pag. 7. 44. — Osservazioni ed aggiunte alla Fauna dei molluschi della Sicilia del Philippi. Par- te 2.a — Alti Gioenii, serie 2.a, voi. IO. 45. — Osservazioni di zoologia siciliana distribuite in più memorie— Memoria l.a, che contiene la descrizione di alcune nuove conchiglie fossili di Pachino — Alti Gioenii, serie 2.*, voi. XV.0, pag. 283. 46. — Descrizione di una uuova Brocchia inserita nella monografia del genere Brocchia del prof. Biondi — Atti Gioenii, serie 2.*, voi. 19, pag. 210. 47. — Osservazioni di zoologia siciliana — Memoria 2.*, che racchiude la monografia delle Chcmnilzie della Sicilia — Alti Gioenii serie 3.a 48. — Descrizione di alcuni resti fossili di grandi mammiferi rinvenuti in Sicilia, pre- ceduta da alcune considerazioni sui mammiferi viventi c fossili in generale c su quelli della Sicilia in particolare — Parte 1 .* Capitolo 1° — Alti Gioenii, serie 2.a, voi. XX. , pag. 281. 49. — Descrizione di alcuni resti di grandi mammiferi ec. — Parici.3, Capitolo 2.°, voi. XX.0, pag. 328. 50. — Discorso inaugurale per l’apertura degli studii dell’anno scolastico 1883-64. 51. — Studii di Biotassia, ovvero ricerche tendenti a migliorare l'attuale classificazione zoologica — Atti Gioenii, serie 3.a 52. — Descrizione di una nuova specie del genere Ccnthium, dedicala al celebre Mae- stro Pietro Antonio Coppola nell’ occasione del suo intervento nella seduta straordinaria dell’Accademia Gioenia il dì 25 Giugno 1865. — Atti Gioenii serie 3.a 53. — Discorso del 1.° Direttore dell’ Accademia Gioenia prof. A Arada.s — Atti Gioenii, serie 3.a 54. — Descrizione di una nuova specie del genere Coronula, dedicata alla celebre Uni- versità di Lund in Norvegia all’ occasione di aver 1’ Accademia Gioenia par- tecipato, dietro invito, alla festa centenaria di quella Università, letta nel «li 8 Giugno 1868. — Atti Gioenii, serie 3.* 55. — Il noto c l’ignoto — Discorso inaugurale per l’apertura degli studii nell’anno sco- lastico 1868-69. 56.— Catalogo delle conchiglie fossili di Nizzeti, inserito nell’ opera del celebre Lycll — Le lave del monte Etna formate sopra ripidi pendìi (Transazioni filoso- fiche di Tornirà). Questo catalogo, lodato dal Deshayes, è stalo ristampato in Francia ed in Germania. Varie opere inedite, c principalmente la Malacologia etnea. * • i • • • v \ p INDICE Relazione dei lavori scientifici sostenuti nell'anno XXXXl del - l ' Accademia Gioenia di scienze naturali letta nell ’ adu- nanza generale di maggio 1866 dal Segretario Generale Prof. Carmelo Scinto Patti .... Pag. ì. Idrografia e Statistica , memoria comunicala all ’ Accademia nella seduta ordinaria di dicembre 1866 , dal socio Iflarc. Raffaele Pareto » 1 Dell’ azione della luce solare sopra dei corpi , Studio del Prof. Cav. Francesco Zanledeschi socio dell' Accademia Gioenia comunicalo nella tornata ordinaria del dì S maggio 1867 » CO Sulla temperatura del mare nel golfo di Palermo , nota del socio corrispondente Cav. Rodolfo Vcvenot . » 91 Sul bisogno di determinare il vero e reale perimetro dell ’ FA - na, nota del socio Cav. Agatino Pongo . . « 1 03 Flogio accademico del Prof. Cav. Carlo Gemmellaro letto al - V Accademia Gioenia di Scienze naturali nella seduta straordinaria del dì 2 dicembre 1868 dal Dottor An- drea Aradas . . . • . . . » 115