12 MAR. 90 ATTI DELLA ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IIV CaVTTAlIVTA ANNO LXV 1 888 - 89. SEEIE QUARTA VOLUME I. CATANIA COI TIPI C. CALATOLA ATTI DELLA ACCADEMIA CIOÈ NI A DI SCIENZE NATURALI ITV CATANIA ANNO L X V 1 888 - 8 9. SERIE QUARTA VOLUME I. CATANIA COI TIPI C. CALATOLA 1889. CARICHE ACCADEMICHE >8©{D Ufficio ili Presidenza 1" Direttore — Prof. comm. Giuseppe ZURRIA 2° Direttore — Prof. comm. Salvatore TOMASELLI Segretario Generale — Prof. comm. Orazio SILVESTRI lemuri del Comitato 1. Prof. cav. Carmelo SCIUTO- PATTI 2. Prof. Giuseppe ARDINI 3. Cav. Francesco BERTUCCI 4. Prof. cav. uff. Paolo BERRETTA 5. Prof. cav. Mario RONSISVALLE Direttore ilei Gabinetto Gioeoio Prof. Angelo ORSINI FARAONE. Cassiere Rev. p. Giovanni CAFICI Segretario della Sezione ili Scienze Fisiche Prof. cav. uff. Gesualdo CLEMENTI Segretario della Sezione di Scienze Naturali Prof. Giambattista GRASSI SOCII ORDINARI! 1. LONGQ cav. prof. Agatino 2. GALVAGNA prof. Giuseppe Antonino 3. TORNASENE cav. prof. Francesco 4. MADDEM cav. uff. prof. Lorenzo 5. ZURRIA comm. prof. Giuseppe 6. CARICI p. Giovanni 7. DISTEFANO comm. prof. Mario 8. NICOLOSI TIRRIZZI prof. cav. Salvatore 9. BERRETTA prof. cav. uff. Paolo 10. SCIUTQ-PATTI cav. prof. Carmelo 11. BONACCORSI prof. Giuseppe 12. SILVESTRI comm. prof. Orazio 13. ARGINI prof. Giuseppe 14. TOMASELLI comm. prof. Salvatore 15. BERTUCCI cav. Francesco - 16. CLEMENTI cav. uff. prof. Gesualdo 17. LEONARDI comm. Giovanni 18. ORSINI FARAONE prof. Angelo 19. RONSISVALLE cav. prof. Mario 20. BASILE prof. Gioachino 21. CAPPARELLI prof. Andrea 22. MOLLAME prof. Vincenzo 23. ARADAS prof. Salvatore 24. SANGIULIANO Marchese Antonino 25. GRASSI prof. Giambattista 26. AMATO prof. Domenico 27. BARTOLI prof. Adolfo 28. UGHETTI prof. Giambattista 29. FERRARI prof. Primo 30. FICHERA cav. prof. Filadelfo. Prof. G. BASILE. Ricostituzione } con viti americane a produzione diretta , dei vigneti attaccati dalla filossera. Memoria la Studi sul vitigno JAQTJEZ. Le condizioni della nostra viticoltura per la crescente invasione fìllosserica, sono oramai al punto da destare le più vive premure ai nostri viticultori. La fillossera importata in Sicilia circa il 1872 con barbatelle pro- venienti dalla Francia, accertata la sua presenza nel 1880, oramai ha assunte allarmantissime proporzioni e tali che sin dal 1885 S. Ecc. il Ministro per 1’ agricoltura, nella relazione sui provvedimenti contro la fillossera presentata alla camera dei deputati il 12 dicembre dello stesso anno, dichiarava che stupisce la grande estensione che la fillossera ha guadagnato e dire che sono passati quasi altri tre anni ! Fra le sette provincie Siciliane, cinque sono - oramai seriamente mi- nacciate e compromesse. Il sistema distruttivo si è dimostrato inefficace, da non ritardare di un sol giorno la marcia dell’ invasione e giustamente si è abbando- nato ; resterebbe a provarsi il metodo curativo. E noto come con tale metodo si cerca salvare le vigne affette, trat- tandole con solfuro di carbonio a piccole dosi, insetticida che distrude buona parte di afidi permettendo discretamente la vegetazione alla vite (1). (1) L’ amministrazione del solfuro di carbonio per la distruzione, secondo i terreni ha dato i seguenti risultali : nelle terre argillose è rimasto poco attivo, perchè difficilmente si diffonde attesa la compattezza ed umidità del suolo ; nei terreni medi sì diffonde bene e pro- gressivamente ; nei terreni sabbiosi e vulcanici 'rapidissimamente, ma dà limitatissimi risultati per la rapidità di diffusione attesa la incoerenza del suolo, a questo contribuisce la temperatura, che facilmente si propaga nei terreni sciolti o neri, per cui il solfuro facilmente si volatilizza. Questo diverso modo di azione in massima parte spiega il fatto, che le vigne trattate al solfuro e poi tagliate al colletto, secondo la natura del suolo dove si trovano, hanno nuova- mente e più o meno rapidamente germogliato, lo che indica la poca azione dell’insetticida. Atti Acc. — Voi. I, Serie 4* 1 2 Studi sul vitigno Jaquez Questo metodo, malgrado in Francia, secondo rapporta il Millardet, comincia ad abbandonarsi, pure bisogna tentarlo fra noi , attesoché la Francia non ha più vigne da difendere, le nostre sono tutte ancora nello stato di essere difese (1). Non bisogna nascondere però che con il metodo curativo vi sono molte difficoltà da superare specialmente nelle nostre contrade vulcani- che, sia per la incoerenza del suolo e la facile dispersione dei vapori di solfuro, sia perchè le radici sono cacciate fra le spaccature e le lave incoerenti e quindi raggiungono grande profondità, dove sarà difficile arrivare l’azione deleteria del solfuro di carbonio (2). (1) Il E. Ministero d’ Agricoltura fornisce agevolazioni a coloro che desiderano provare il metodo curativo al solfuro di carbonio, elargendo lire cento ogni ettare. (2) Nelle nostre contrade Siciliane le viti cacciano le radici molto profondamente , sia perchè la siccità ed il caldo disseccano quelle superficiali, ma più ancora perchè il viticultore siciliano obbliga la vite a sprofondare le radici mercè una operazione che pratica annualmente, la sbarbola. Consiste nel taglio delle radici avventizie superficiali che vengono al colletto in primavera. Questa pratica si usa per obbligare le radici a cercare negli strati profondi del suolo l’u- midità che nella stagione estiva non possono trovare negli strati superficiali; quindi non deve arrecare meraviglia qualora si trovano le radici delle nostre viti sprofondate a due o tre metri, specialmente se trovano spaccature o meati fra le rocce sottostanti. Questo fatto sem- brerebbe in opposizione con quanto si sà, cioè che le radici delle piante si sviluppano nel so- prassuolo più tosto, per usufruire dei benefizi che 1’ ossigeno atmosferico apporta direttamente alle stesse, ovvero al suolo coltivato, con le decomposizioni chimiche che vi avvengono, per cui le sostanze nutritive si rendono assimilabili. Ma qualora si considera la sovracennata pratica della sbarbola, qualora si considera che anche spontaneamente in queste contrade per effetto del calore si disseccano e muoiono le radici avventizie superficiali , qualora si considera che la circolazione dell’ aria si effettua lentamente nei terreni compatti e rapidamente in quelli sciolti, o ricchi di frantumi angolosi di rocce, o con sottosuolo a rocce compatte screpolate e rotte, considerando come tali terreni sono in Sicilia preferiti per la coltura della vite, si spie- ga perchè le radici della stessa si spingono tanto profondamente. Nelle nostre contrade etnee è in vigore una pratica lodevole, ecco in che cosa consiste; dove la lava scoriacea frammentizia abbonda, si seppellisce nel suolo, impiantandovi sopra la vigna che vi prospera rigogliosamente. In tal caso le pietre servono come mezzo coibente, proteggendo dal caldo le radici, che circolano e si sprofondano fra le stesse, le pietre impediscono la ec- cessiva evaporazione, stabilendovi una temperatura costante , temperatura ed umidità , che le radici certamente non potrebbero trovare negli strati superiori del suolo. Questi fatti spiegano i motivi per cui, quando si distruggevano i vigneti affetti da fillos- sera, non solo non si arrivava mai a distrarla, bastando le profonde radici, al coperto dell’azione del solfuro di carbonio , a mantenere l’ infezione , ma le viti istesse ben presto dal colletto emettevano gemme avventizie e quindi vegetavano nuovamente. Ho viste financo radici iso- Studi sul vitigno Jaquez 3 Per le contrade che producono circa 30 ettolitri ed anco meno per ettare si presenterebbe la quistione economica, così nei comuni di Nicolosi, Borrello, S. Pietro Clarenza, ed in parte di quelli di Pedara, Trecastagne, S. Giovanni La punta, Zafferana, Beipasso, Yiagrande, Aci S. Antonio, Aci Catena, Aci Trezza, Aci Castello, Acireale, Tremestieri Mascalucia, ecc. La quistione economica in parte sarebbe risolta nelle contrade dove il suolo vitato dà un reddito abbastanza alto e tale da coprire la spesa, restando inoltre un margine di utile abbastanza alto. In tali condizioni si troverebbero le vigne dei comuni di Giarre , Biposto, di Catania (in parte) ecc. ecc. In ogni modo però il metodo curativo al solfuro di carbonio è consigliabile e merita incoraggiamento, fino a tanto che le condizioni lo permettono e che non vi siano prove in contrario. Il metodo curativo mercè sommersione, in Sicilia potrebbe prati- carsi in zone molto limitate , ma anche questo porta inconvenienti culturali ; qualora però darebbe risultati attendibili tutto il bacino che circonda l’Etna, che il Simeto e l’Alcantara circoscrivono, potreb- be diventare un esteso vigneto sommergibile , per mezzo di canali di derivazione , come quelli esistenti derivati dal Simeto , che similmente potrebbero praticarsi nel bacino che attraversa 1’ Alcantara. Però è da da tenere in calcolo, che in quei terreni di pianura profondi ed argil- losi provenienti da colmata naturale, il vino che si ottiene e quello che potrebbe ottenersi ricco di sostanze proteiche , abbisogna di molte cu- re enotecniche, circostanza d’altronde che si verifica per tutti i vini pro- venienti da vigne in pianura, in terreni profondi e relativamente umi- di, ma in simili circostanze il mediocre è preferibile alla deficienza di prodotto. Pur troppo è doloroso confessarlo, fin al momento la scienza si late, cariche di fillossera, già recise dal ceppo parecchi mesi prima e pure tuttora vegete sino alla profondità di metri 2, 50. Il complesso di tali fatti spiega perchè in Sicilia la vite fillosserata, può resistere sino a sètte od otto anni, vitalità che esclusivamente si deve al sistema radicale sviluppato special - mente in profondità. 4 Studi sul vitigno Jaquez addimostra impotente ad arrestare o rimediare economicamente il fla- gello invadente, non tanto per mancanza di rimedi , ma bensì di mezzi amministrativi degli stessi, di fronte agli organi sotterranei , le radici , che per la loro moltiplicità e posizione male si prestono alla applicazio- ne di rimedi diretti. Difficili per non dirli impossibili i metodi curativi , bisogna rivol- gerci ad altro obbiettivo cioè, trovare una risorsa nella resistenza delle viti, trovare viti che per le loro proprietà e struttura anatomica, posso- no lottare con la veemenza del male. Ricostituire le nostre vigne con tali viti, dovrebbe essere l’ obbiettivo principale. Certe degradazioni del regno organizzato, possono solamente combattersi con le stesse risorse che la natura ci appresta. La invasione del mal di gomma, distrusse i nostri superbi giardini, fu solamente arrestata con la sostituzione del melangolo come porta innesto (1). A tale compito pare siano destinate le viti selvagge provenienti dalle foreste dell’Asia e specialmente dall’America, che complessivamente si conoscono sotto il nome di viti americane. Queste viti possono renderci grandi servigi come porta innesti, o anche meglio i loro ibridi prove- nienti dall’ incrocio di viti europee , che danno buon vino o discreto , senza bisogno innestarli e che perciò si dicono a 'produzione diretta. Se le viti americane non devono essere l’ unico , dovrebbero però essere il principale obbiettivo a cui tutte le amministrazioni interessate ed i viticultori dovrebbero principalmente ed efficacemente rivolgersi. Il Millardet (2) con rammarico esprime come il governo francese (1) Tutti gli esseri organizzati animali o piante subiscono un ciclo evolutivo, il quale co- mincia con lo sviluppo, raggiunge 1’ apogeo, decade, finisce con la scomparsa assoluta. La pa- leontologia dimostra detta evoluzione. Perchè le specie scompariscono ? qual’ è la causa della scomparsa ? qual’ è il motivo per cui una specie occupa il posto di quella scomparsa ? sono tante ignote, il certo si è che animali e piante scompaiono e contemporaneamente succede la invasione di altri esseri. Forse causa prima della scomparsa è la lotta per 1’ esistenza ? La vite europea ha forse raggiunto, la fine del suo ciclo evolutivo ? La fillossera pare sia l’esecutrice di una legge naturale a cui non possono sottrarsi le specie, ecco la difficoltà nella lotta, ecco perchè i mezzi di sostituzione dovrebbero riuscire i più naturali, perchè più confor- mi a quanto succede in natura. (2) Journal d’ Agricolture pratique pag. 734 tom. 11 1887. Notes sur les vignes amèri- caines. Studi sul vitigno Jaqiies 5 agevolando con sovvenzioni i trattamenti insetticidi , ha dati solamente incoraggiamenti derisori alla ricostituzione dei vigneti con viti americane, mentre dovrebbe tenersi una linea di condotta differente , non essendo più il caso di difendere vigne europee in tutta la Francia. In Italia invero non possiamo dire altrettanto , del nostro Mini- stero d’ Agricoltura , il quale con pertinacia ed insistenza , ha cercato scongiurare possibilmente la catastrofe, distribuendo gratuitamente semi e talee ed impiantando vivai governativi, per prevenire la ricostituzione delle nostre vigne. Ma se moltissimo si è fatto , la importanza della quistione pur troppo reclama diligenti cure ed ulteriori sacrifizi e quindi mi pare , doversi tenere conto, se sia conveniente mettere in parità di circostanze il viticultore, che applicherà i rimedi curativi, a cui il governo è dispo- sto accordare lire 100 ad ettare ed il viticultore che vorrà ricostituire il suo vigneto con viti americane. La parità di trattamento la credo equa non solo, ma giusta , incoraggiante e che potrà raggiungere più diret- tamente lo scopo. La Francia ha alleviate le imposte ai vigneti fillosserati e per cinque anni alle vigne rifatte con viti americane, in Italia e specialmente in Sicilia pare oramai sia il caso cominciare ad accordare simile largizióne. I vivai governativi sono quasi esclusivamente di viti americane , da servire come porta innesto ; disgraziatamente non si sono diffuse viti americane a produzione diretta, sulle quali la Sicilia per la natura dei terreni a vigna, per il clima e per lo sviluppo ed importanza dei vini da taglio , deve contare moltissimo. In Sicilia più che altrove lo studio di tali viti è oramai condizione, che s’impone al viticultore. Disgraziatamente le viti americane non si addimostrano resistenti in tutte le condizioni di climi e terreni. La temperatura, la profondità del suolo coltivabile , la natura mi- neralogica, lo stato fisico e meccanico, il suo colore, la umidità, la te- nacità ec. tutto influisce ad una variazione nella resistenza , nello at- tecchimento , nella produttività. I risultati avuti , per cui tali vitigni hanno subite fasi diverse, cioè lode di alcuni, biasimo d’ altri , sono 6 Studi sul vitigno Jaquez subordinati alle precedenti condizioni , chi casualmente ha indovinato lo adattamento, si è schierato fra i difensori, chi anche casualmente lo ha sbagliato fra i detrattori. Ma mano mano che le idee e gli studi relativi si sono coordinati, le posizioni si demarcano meglio, il confusio- nismo cede allo studio indefesso, coronato da successo in molte regioni della Francia. Lo adattamento di tali viti è dunque il problema che se definiti- vamente e favorevolmente potrebbe risolversi , la quistione fìllosserica non avrebbe più ragione di esistere. Non bisogna però nascondere , come il problema si presenta in modo da rendersi alquanto scoraggiante e tale da fare abortire i ten- tativi della ricostituzione. Invero non si può ancora indicare con sicurez- za la via da seguire , il vitigno americano da preferire , ma facendo capitale di quanto si è fatto e studiato in Francia, circostanza che di molto ci potrà abbreviare la via, si possono già indicare i vitigni, se- lezionati, giovandoci degli studi fatti. Il nostro clima ed i nostri terreni, c’ incoraggiano pure a provare anche i vitigni che hanno dato succes- so altrove. Provare e studiare tutte le viti americane sarebbe improbo lavoro 'e tale da rendersi impossibile ai viticultori. Incominciare però dallo stu- dio delle viti selezionate è cosa a cui non dovrebbe frapporsi indugio. Le difficoltà che presentano le viti americane come porta innesto sono oramai maggiori dello adattamento di quelle a produzione diretta, eppure se vogliamo conservare il nostro moscato, o il nostro cateratte, base quest’ ultimo dei vini di Marsala, bisogna ricorrere allo innesto; di- sgraziatamente le viti americane che hanno data prova di maggiore re- sistenza , come le Riparie e le Rupestis , sono quelli che presentano maggiori difficoltà, per la facilità nel rifiutare l’ innesto. • Tutto sommato da questo lato adunque siamo nelle stesse condizio- ni della Francia cioè che bisogna provare e studiare. In queste incertezze non potendosi definitivamente proporre i viti- gni da sciegliere per la Sicilia, e dovendosi evitare ad ogni modo l’ er- rore commesso in Francia cioè, che i viticultori cominciarono a speri- mentare detti vitigni sopra larga scala, senza tenere in calcolo le con- Studi sul vitigno Jaquez 7 dizioni climateriche e telluriche, d’ altronde fino allora più o meno igno- rate, trascinati dalla fretta giustificata per la ricostituzione dei vigneti , ingannati spesso da apprezzamenti troppo precipitosi, od anco interes- sati dal commercio di talee, maglioli ec. ; si trovarono in seguito nella dura circostanza di rifare, e spesso per parecchie volte, vigneti interi per deficienza di adattamento, per devastazioni della fillossera per man- cate speranze sugli innesti ec. ec. In queste condizioni credo che per evitare ai viticultori , spese , contradizioni, tardi pentimenti, lodi o avvilimenti esagerati ed inesatti alle viti americane, per facilitare il loro compito, le nostre provincie già in consorzio per la legge del 1883 nella difesa contro la fillossera potreb- bero prelevare singolarmente i fondi per la costituzione di vivai vigne, scegliendo due o tre appezzamenti di almeno un pajo di ettari 1’ uno, in località diverse, per natura di suolo, di umidità e di clima, che rap- presentino in media le condizioni generali dove si coltivano le vigne (1). (1) Le spese consorziali fra le provincie Siciliane ed il governo contro la fillossera ascen- dono ad una cifra abbastanza forte; però la cifra massima non è mai stata raggiunta, ma è in diminuizione per 1’ abbandonato sistema distruttivo. Il seguente quadro fa rilevare la spesa fino a Giugno 1887 quota a carico delle Provin- cie Siciliane. ” PKOVINCIE Somma dovuta dalle Provincie dal l. Maggio a tutto Dicembre 1883 Somma dovuta dalle Provincie dal l. Gennaio a tutto Dicembre 1881 Quota, a carico delle Provincie dal l. Gennaio a tutto Giugno' 1885 1 Quota a carico delle Provincie dal 1. Luglio 1885 a tutto Giugno 1886 Quota a carico delle Provincie dal i. Luglio 1886 a tutto Giugno 1887 1 Caltanissetta 37036 80 16521 41 12577 85 17918 56 6210 72 2 Catania 65448 85 29210 32 22216 90 31679 23 11046 13 3 Girgenti 39248 42 17575 45 13294 15 18883 22 6704 06 4 Messina 46213 07 20827 36 15816 82 22634 46 7889 16 5 Palermo 106175 71 47852 60 36053 65 51735 81 18234 50 6 Siracusa 48327 47 21732 17 16551 76 23508 11 8237 60 7 Trapani 29991 47 13393 93 10290 20 14667 61 5165 41 372361 79 167114 24 126801 33 181027 » 63487 58 N. B. — Il limite massimo a cui la quota di concorso potrebbe arrivare è del 4 % della imposta principale erariale. Ora se fino ad ora si sono fatte spese tanto rilevanti, credo che si potranno sopportare 8 Studi sul vitigno Jaquez Le speciali condizioni geologiche , mineralogiche , climateriche ed altimetriche delle nostre provincie , esigerebbero singoli vivai , così per es. la provincia di Catania avrebbe bisogno tre di detti vivai, uno nella piana di Catania dove il suolo è formato dal limo rifiuto del Simeto , suolo argilloso, profondo, umido. L’altro nelle colline delle Terre Forti costituite di ammassi di ciottoli fluviali depositati con ar- gilla e sabbia. L’ ultimo nelle terre vulcaniche dell’ Etna e questo già 1’ abbiamo nel podere della K. Scuola di viticoltura ed enologia. In tali appezzamenti si potrebbe studiare non solo l’ importanza e la resistenza delle viti americane ma specialmente la adattabilità e la ibridazione con viti nostrane (1), per ottenerne ceppi resistenti e pro- duttivi da propagare e gratuitamente diffondere i soli vitigni che pre- senteranno le più convenienti condizioni. Tali risultati solamente, potranno creare una condizione di cose da spese relativamente minori, per la manutenzione di limitati vivai sperimentali. Un calcolo di spesa approssimativa potrebbe darcene un’ idea. Ammetto come preferibile lo acquisto di vigne già fatte, per la facilitazione della propaga- zione innestando sopra vite europea quella americana, propaginare nello stesso anno e così al secondo anno il ceppo di vite americana, è già costituito con radici proprie. Quindi avremo. IN. tre appezzamenti di vigna a lire seimila ad ettare L. 36,000 Ammettendo passivo detto capitale al 5 O/o avremo Lire 1,800 Cultura, esperienze, custodia „ 2,200 Direzione „ 2,000 Totale . . Lire 6,000 Questa spesa verrebbe a diminuire molto per tutte le provincie die sussidiano scuole pra- tiche di agricoltura o scuole speciali di viticoltura, al personale delle quali si possono affidare detti appezzamenti ed esperienze relative. Bisogna anco tenere in calcolo che finito il bisogno tali vigne possono rivendersi, perciò sarebbe una spesa transitoria. (1) L’ avvenire della viticoltura Siciliana deve contare moltissimo sulla ibridazione, i cui prodotti danno frutto e resistenza alla fillossera ; per il quale motivo al giorno d’ oggi in Francia specialmente il Millardet confermando le esperienze del Grasset , del Ganzin e del Couderc, propugna per gl’ibridi a produzione diretta, che giornalmente si accrescono e per i quali lo stesso Pulliat, strenuo difensore dell’ innesto, nel congresso dei viticultori di Macon ne riconosceva la superiorità, dichiarando l’innesto, come opera transitoria. (Journal agricoltu- ra pratique Fas. 1. 1888.) Studi sul vitigno Jaquez 9 potere facilmente ripristinare i nostri vigneti e fra un decennio potran- no dare i loro utili effetti. (1) A mio modo di vedere sarebbe questo il mezzo diretto ed il più pratico per 1’ avvenire della nostra viticoltura. Malgrado del sudetto progetto ne fosse desiderabile l’attuazione, pure fin da ora non deve trascurarsi certamente lo studio dei vitigni americani, specialmente a produzione diretta, già selezionati in Francia, che da vari anni si trovano in Sicilia , singolarmente nella nostra provincia. La iniziativa privata può prestare grandi servizi allo scopo indicato. I viticultori intelligenti, diretti nello studio dei vitigni a produzione diret- ta, possono aiutare a risolvere molti problemi, che le odierne circostanze potentemente reclamano , profittando del tempo per noi prezioso. (2) (1) Tale lasso di tempo non deve allarmare, attesoché ammesso anche l’impossibile, cioè che le nostre vigne fossero contemporaneamente attaccate dalla fillossera, vivranno ancora da qui ad altri sette anni, quindi c’è tutto l’aggio di studiare e propagare le viti adattabili, senza scosse sensibili per la nostra produzione. (2) Con piacere tengo a dichiarare, come i viticultori di Pedara, comune minacciato seria- mente dalla fillossera, hanno con zelo corrisposto alle mie insistenti premure cioè acquistare in consorzio tralci di viti americane, specialmente a produzione diretta, dividerseli ed innestarli sopra viti europee, diffondendole nelle contrade già attaccate dalla fillossera , agevolandone il recapito gratuito dal Sig. B.ne di Fioristella e Sig. Pietro Badala da Acireale ed il resto acquistato dal Sig. Conte di Rovasenda, dal Signor Conte Giulio Groppello , dal Sig. Augusto Emina , così si trovano in quel comune circa 2500 innesti di Jaquez, alquanti di Othello e di Elsinburg e parecchi migliaia di diverse provenienze come porta innesti cioè York1 2 * * * * * 8 , Riparia, Riparia Pender, Solonis, Rupestris Clinton, Taylor, Yialla ec., divisi fra diciotto proprietari. Io stesso ne ho innestato circa 150 di Jaquez e 50 di Herbemont in un' altra contrada vicino Viagrande, cosi fra qualche anno forse saremo in grado di conoscerne la resistenza rela- tiva per quelle regioni. In questo stesso anno la maggiore parte d’ innesti portano grappoli, dei quali a suo tem- po spero analizzarne il mosto e farne collettivamente del vino. In questo stesso anno farò propaginare e così avremo per l’anno venturo una rilevante quantità di tralci, che se lo adattamento corrisponde, in breve tempo possono diffondersi e su- bentrare gradatamente alle nostre vigne attaccate dalla fillossera. Però è prudenza non incorrere nell’ errore incorso in Francia, cioè la rapida diffusione di una varietà, prima di conoscerne il modo di comportarsi ; per conseguire lo scopo bisogna agire con calma e provare quanto più varietà di ibridi sarà possibile , diffondere in seguito quelli che più ci convengono. Ho voluto citare questo esempio per incoraggiare e far conoscere, come con un poco di Atti Acc. — Voi. 1, Serie 4.a 2 10 Studi sul vitigno Jaguez Lo scopo del presente lavoro è diretto alle ricerche preliminari so- pra uno di tali vitigni, che gode nomèa fra i migliori produttori di- retti (1). Questo vitigno è il Jaquez. Ho cominciato a studiare tale vitigno, per acquistare un concetto sul valore di adattamento dello stesso ,. relativamente alle condizioni locali. Il Jaquez nel mezzodì della Francia ed in condizioni opportune dà buoni risultati di resistenza e produttività , pessimi o discutibili co- me porta innesto ; lo imprendo a studiare solamente come produttore diretto, non avendo d’ altronde troppa fede sugli innesti. Le condizioni opportune di resistenza ed adattamento per questo vitigno si riassumono : Clima temperato, suolo sciolto , profondo, fresco preferibilmente , nero e ricco di sali ferrici. Distanza delle viti almeno due metri, potatura lunga alla Guyot. La produzione di questo vitigno è media , quaranta o cinquanta ettolitri per ettare. Dà un vino con una media del 12 °JQ di alcole, ricco di estratto. Colore rosso violaceo cupo. Sapore sciocco (difetto co- mune a tutti i vini prodotti da viti americane), neutro; un gusto squi- sito vi avverte lontanamente il volpino (foxé). buona volontà , la iniziativa privata può fare moltissimo , specialmente nelle contrade nelle quali la vigna è la sola cultura ed i viti cultori sono intelligenti ed operosi, come lo sono da- pertutto in Sicilia. Oltre le sudette esperienze, tengo dietro a quanto per iniziativa privata si sta facendo in Provincia di Siracusa (Comiso), dove si coltiva Jaquez da diversi proprietari e nel circondario di Acireale, dove diffusi fra diversi viticultori , vi sono al di là di cinquemila viti di Jaquez. Il Jaquez si trova anche in poca quantità in provincia di Messina. In un lavoro che seguirà questo primo, darò notizie sullo studio del vino di Jaquez di contrade diverse e di parecchie produzioni in relazione coi vini delle stesse contrade. (1) Trascurando le scientifiche e note classificazioni ampelografiehe delle viti americane, mi p emetto però dividerle in due categorie, cioè in viti improduttive e viti a produzione di- retta. Fra le improduttive comprendo tutte le viti conosciute come porta innesto, che non dan- no frutto perchè a fiori unisessuali per aborrimento, come ancora vi comprendo quelle che danno frutto, ma il vino è detestabile per sapore volpino e quindi difficilmente commerciabile, mal- grado detto sapore diminuisce moltissimo con l’ invecchiamento. Fra i vitigni a produzione diretta, comprendo tutti gl’ ibridi , relativamente resistenti o reputati tali, preferibili specialmente per la qualità del vino che si ottiene, buono per taglio- Studi sid vitigno Jaquez 11 Sia in Francia come nell’ alto continente d’Italia il Jaquez soffre molto la peronospora, il malnero, 1’ antracnosi, la colatura. La sua lignificazione lascia in parte a desiderare. ’ Questi inconvenienti dei quali si accusa il Jaquez, spesso si ma- nifestano con tanta violenza, da consigliarne la proscrizione da certe con- trade ed alcuni viticultori lo reputano vitigno difficile. Le presenti ricerclie ho stabilite sopra un appezzamento composto di circa settecento viti , in un latifondo presso Acireale, di proprietà del Sig. B.ne di Fioristella, che gentilmente mise a mia disposizione. La provenienza di queste viti fù per parte del Sig. Conte di Rovasen- da, nome chiarissimo nella ampelografìa, per cui nemmeno esiste ombra di dubbio sulla identità del vitigno, alla diagnosi corrispondendo inoltre i caratteri specifici del vero Jaquez (1). Fù propagato mercè innesti sopra ceppi di Nerello mascalese, che attecchirono felicemente non lasciando niente a desiderare per il loro rigoglio, avendo fruttificato nello stesso anno ed emessi tralci di un paio di metri in lunghezza. Le viti distanti fra loro M. 1, 25, sono state potate alla latina, cioè a vite bassa con due sole gemme, i tralci grossissimi, ora che è il secondo anno da che si eseguì la propaginazione, arrivavano da due a cinque metri di lunghezza ; ogni vite malgrado le due sole gemme , lasciate alla potatura, pure portava al di là di cinque o sette grossissimi tralci. La vegetazione lussoreggiante, le foglie abbondanti sviluppatissime di un verde cupo, risaltano in confronto della magnifica vegetazione del- ti) È da prestarsi grande cura a conoscersi la provenienza di tali vitigni , attesocchè il commercio spesso abusando, vende uu vitigno per un altro; anclre in buona fede può accadere simile equivico, così per es. bo visto Jaquez proveniente da seme, dopo 5 anni da che fù in- nestato , non dà assolutamente fiori, talmentechè di cinquemila viti quest’ anno potei indurre appena il proprietario Sig. B.ne di Fioristella conservarne alquante , il resto s’ innestarono con Jaquez che fruttifica bene ed originario dal Sg. Conte di Bovasenda. La vegetazione di tali viti era sorprendente, ma credo che per atavismo rifiutavano la fruttificazione. Questo fatto è comunissimo negli ibridi, per cui bisogna stare attenti nella propagazione, un errore potrebbe essere dannoso , reputando pessimo un ibrido che non lo sarebbe da per' se stesso, ma che potrebbe esserlo se proviene da seme, o da viti che acquistano novelle pro- prietà per semplice atavismo. 12 Studi sul vitigno Jciquez le viti nostrane. La lignificazione eccellente è completa fino alle cime nei primi di ottobre. Nei vari anni che si coltiva, nè in questa nè in altre contrade ha mai sofferto oidio, peronospora, antracnosi o malnero. Malgrado la peronospora non sia temibile in Sicilia per il caldo asciutto (a meno che non si acclimi), pure non tralascia fare capolino, in qual- che contrada umida, quando la primavera corre eccezionalmente piovosa, producendo danni limitatissimi ed in ordine generale trascurabili. Il Jaquez non ha mai sofferto anche le leggiere invasioni di peronospora, che si verificano nei nostri vitigni negli ultimi giorni di settembre. Essendo il secondo anno di fruttificazione, si presentava con grap- poli piuttosto abbondanti, racemi svilupatissimi, ma molto spargoli , in altri termini la colatura si era effettuata sopra larga scala , circostanza che nemmeno lontanamente può addebitarsi a cause climateriche straor- dinarie, essendo nelle nostre contrade rarissimi, il gelo, le piogge abbon- danti e prolungate o soverchia umidità ecc. , in prova di che le viti nostrane da parecchi anni non hanno sofferto colatura, come difficilmente accade che la soffrano. Le precedenti osservazioni si riferiscono a tutte le contrade, e per parecchi anni dove tale vitigno si coltiva (1). Il suolo della nostra provincia dove si è coltivato è assolutamen- te vulcanico; in alcune contrade è di trasporto (come alla Macchia ed alla Strada), ma sempre vulcanico profondo, sciolto, sabbioso più tosto. La terra quasi nera e la sua composizione chimica, sono adatti alla cul- tura di questo vitigno. Il suolo nero assorbe grande quantità di calo- re, che irradia lentamente e quindi è più caldo e si mantiene più uni- forme la sua temperatura. La composizione chimica per i silicati potas- sici del feldspato labradorite abbondante nelle nostre lave e nei terre- (1) Le notizie sopra la coltivazione del Jaquez oltre quanto direttamente ho avuto oc- casione di osservare le ho ricevute dal Sig. Pietro Badala, Macchia (comune di Giarre), Sig. Prof. Gregorio Komeo, S. Venerina (comune di Acireale'), dal Sig. Cav. Paolo Cali Fiorini con- trada Strada (comune di Giarre), e contrada Cervo (comune di Acireale), dai Sigg. B.ni Perniisi di Fioristella, contrada S. Venera (comune di Piedimonte), contrada Malati (comune di Acireale), contrada Crocifisso (comune di Acirealè). Dalla Provincia di Siracusa , Comiso Sig. Ing. Gio- vanni Galeoto, che lo ha innestato sopra il Frappato ed è stato il primo ad introdurlo in quella Provincia, il Sig. Raffaele Noto ed il Sig. Giovanni Giurato, che lo hanno innestato sopra il Calabrese ecc. Studi sul vitigno Jaquez 13 ni che ne derivano , ed i sali ferrici prediletti alla vite, è la migliore per la coltura della vite ed il Jaquez uon vi resta indifferente. I nostri terreni vulcanici in generale godono la specialità , che anche frammisti alle lave frammentarie , quasi sempre funzionano come terreni profondi nella cultura della vite , attesocchè la natura speciale delle radici della vigna è tale, che insinuandosi in tutti i meati scende profondamente nel sottosuolo, dove và a godervi l’ umidità, indispensa- bile alla nutrizione, disseccandosi il soprasuolo, passata la primavera. Tutto sommato, clima, natura del suolo, esigenze del vitigno , svi- luppo rapido e fenomenale dello stesso ecc. può prognosticarsi che il Jaquez prospera benìssimo nelle nostre contrade vulcaniche con terreni sciolti. Onde maggiormente confermare l’asserzione, ho stabilite esperienze di attecchimento nelle alte regioni dell’Etna ed in contrade vicine alle invasioni fillosseriche, attesoché l’ esperienze di attecchimento fino adesso riguardano solamente una vasta zona periferica alla base orientale del- 1’ Etna, fino a qualche centinaio di metri solamente sul livello del mare, ed in casi più limitati in territorio di Comiso provincia di Siracusa. Similmente ho stabilito sperimentare il vitigno in terreni profondi sì, ma di sedimento marino , non vulcanici ed eminentemente argillosi , che si spaccano durante Y estate , dove mediocremente allignano le viti nostrane. Mi riserbo portare in appresso a conoscenza i fatti che ne risulteranno. Fin qui però ho semplicemente esposto come il Jaquez, come vi- tigno ha trovate le opportune condizioni di sviluppo nelle nostre con- trade , fatto che da per se solo sarebbe limitato e di nessuno utile , qualora non corrisponda sotto l’ aspetto della produttività e bontà del prodotto, definitivo scopo cui mira l’ agricoltore. Ecco perchè mi son data premura raccogliere mercè dati ed . espe- rienze quanto ho praticato in proposito nell' autunno del 1887 , ricer- che che ho rivolte sopra i mosti , la loro composizione ed il modo di attecchimento degli innesti. I campioni di parecchi chilogrammi di uve Jaquez provengano da tre contrade diverse, molto distanti fra loro, tengo a dichiarare questo fatto, per il valore che in tal caso possono avere le seguenti ricerche. 14 Studi sul vitigno Jaquez Queste analisi ho diviso in una (mi permetto dirla meccanica) nel- la cui percentuale farò rilevare la quantità di mosto , il suo peso , il peso dei graspi, delle bucce, dei vinacciuoli, il volume che occupano le bucce, ec. L’ altra sarebbe un’analisi chimica della quale farò rilevare le pro- prietà e composizione chimica del mosto, 1’ una e l’ altra poi ho credu- to indispensabile, metterla in confronto, con i dati forniti dai principa- li vitigni nostri coltivati per vino, potendosi così solamente rilevare le proprietà e condizioni relative del Jaquez. Sono entrati in tali confronti oltre le uve nere le bianche da vino più comuni, che si coltivano fra noi. Malgrado rigorosamente tale con- fronto non reggerebbe, attesoché è nota la differenza dei mosti di uve bianche con quelle di uve nere, come è il Jaquez, pure ho creduto in- dispensabile includerle in queste comparazioni di aspetto generale , per non lasciare dubbi sulla composizione relativa del mosto. A rigore però il confronto dovrebbe farsi con le sole uve nere e specialmente con il Neretto mascalese , quasi solo coltivato nelle vigne destinate alla produzione di vini da taglio. Finalmente ho creduto, provvisoriamente nel presente lavoro esclu- dere i confronti e le ricerche analitiche eseguite altrove sopra tale vi- tigno, onde presentare i soli dati analitici forniti dal vitigno coltivato nel suolo vulcanico dell’ Etna. Il seguente prospetto contiene la prima parte di dette analisi. Studi sul vitigno Joquez 15 moizna.ossQ ■bau ip p ip 0S9(I UT opsojf BAU ip \ ip oxsoui ip gmnjo^ in job 001 onBdno -oo aip oraiijo^ Colore dell’ uva nera-violacea vellutata nera bianca id. nera nera-violacea vellutata nera bianca id. nera-violacea vellutata nera id. id. bianca ouSpiA pp Bxg TUIOB 001 TP osoj BAH ip [ -J[ TP osocì ni iiiiog BAH ip X '5[ TP osod ni aoong; bah ip X 'il TP osod ut idsBjp) BirainopnoA Bjjop b;b(j H a O -Si p p EH < 53 O P O P CQ < P • . CQ F S3 sài io tr- CO ©3 OO OO o 00 00 T* 00 «: s « io 03 O O O o r-H cn> oi CO O ©3 cri oì io io o o 03 00 o 03 03 03 fc 03 ÓJ t> co t T— I IO « 00 IO 03 03 I I I I I P cr< et ® et £ 0 It *h o g O M ” ÌZI et O Sh O CT* 0 CO et S1^ nH CD s 'Z CS cS so .a & et o §11 ala o P < Eh H o òb i i ^ o CD -et p p o '-a® 1 1 cuspidata. Crcseis subulata. Or bulina universa. Souleyet. Lin. (Clio). Lamk. (Hyalaea). Quoy. D’ Orb. D’ Orb. D’ Orb. Globigerina bulloides. Pulvinulina Micheliniana. (Rotalina) Parte media. — Ha i medesimi caratteri della parte superiore. L’ analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 99, 96 Corpuscoli più pesanti (6) 0, 04 id. galleggianti (c) 0, 00 100, 00 i Argilla 65, 0 (а) resulta da ( Carbonato Calcio-Magnesico 35, 0 100, 0 (б) resultano S Qranellini sabbia e pagliucce micacee ... 85 formati da f Rizopodi (Foraminifere) ( d ) 15 100 (*) Per la esatta determinazione dei generi e specie che rappresentano i minuti orga- nismi trovati nei sedimenti marini presi ad argomento di questa nota , debbo ringraziare l'il- lustre amico. Prof. G. Seguenza della R. Università' di Messina il quale mi ha prestato valido ajuto mercè i confronti con le sue speciali ricche collezioni. Atti Aoo. — Voi. I, Serie 4.' 22 166 Le maggiori profondità del Mediterraneo recentemente esplorate (di) sono rappresentati dai seguenti generi e specie: Orbulina universa. D’ Orb. Globigerina Indloides. D’ Orb. Parte inferiore — Ha i medesimi caratteri delle altre, solo presenta una leggiera differenza nel colore che è giallognolo chiaro e in un mi- nor grado di facilità allo spappolamento a contatto dell’ acqua. L’analisi geologica ha dato: Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 100, 0 Corpuscoli più pesanti 0, 0 id. galleggianti (c) 0, 0 100, 0 l Argilla 68, 2 (a) resulta da J f Carbonato Calcio-Magnesico 31,8 100, 0 Sedimento marino N. 3 (rosso) (profondità 4055 m) Parte superiore — Ha 1’ apparenza di marna compatta di color bigio giallognolo piuttosto scuro — è molto tenace ed allappante — A contatto dell’acqua ben presto si spappola e nulla mostra che sia ca- pace di galleggiare. All’ analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 99, 7 Corpuscoli più pesanti (6) ..... 0, 3 id. galleggianti (c) 0, 0 100, 0 ( Argilla 71,8 (a) resulta da j ( Carbonato Calcio-Magnesico 28, 2 100, 0 ed analisi geologica dei relativi fondi Marini 167 ’b) resultano \ Granellini di sabbia 66, 0 foimati da / j^^ZOpOC|j (Foraminifere) ( d ) 34, 0 100, 0 (i d ) sono rappresentati dai seguenti generi e specie : Ovbidina universa D’ Orb. Globigerina bulloides D’ Orb. Testularia sp. ? (*) Parte media — Ha i medesimi caratteri delia parte superiore. All’analisi geologica ha dato: Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 99, 8 Corpuscoli più pesanti (b) 0, 2 id. galleggianti (c) 0, 0 100, 0 l Argilla 72, 0 (a) resulta da " f Carbonato Calcio-Maguesico 28, 0 100, 0 ' (b) resultano formati esclusivamente da Rizopodi (Foraminifere) (d) (d) sono rappresentati dai seguenti generi e specie: Orbulina universa. D’Orb. Globigerina bulloides. D’ Orb. Parte inferiore — Differisce dalle altre , solo per il colore che è bigio tendente al rossiccio. All’ analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere («) 99, 6 Corpuscoli più pesanti ( b ) 0, 4 id. galleggianti (e) 0, 0 100, 0 (*) Non ho potuto determinarne la specie perchè ne ho trovato un solo esemplare che ho perduto nel porre al microscopio. 168 Le maggiori profondità del Mediterraneo recentemente esplorate [ Argilla 73, 8 (a) resulta da j ( Carbonato Calcio-Magnesico 26, 2 100, 0 ( b ) resultano i minuti Molluschi Gasteropodi e Pteropodi con formati esclu- j sivamente da ( prevalenza di Rizopodi (Poramiuifere) (d) d ) sono rappresentati dai seguenti generi e specie: Atlanta Peronii. Les. Embohts rostralis. Soul. Creseis subulata. Quoy. Orbulina universa. D’ Orb. Globigerina bulloides. D’ Orb. Pulvinulina Micheliniana . (Rotalina) D’ Orb. Sedimento marino N. 5 (rosso) (profondità 3976 m) Parte Superiore — È una marna di color bigio chiaro molto com- patta, tenace ed allappante — messa nell’ acqua presto se ne imbeve e si spappola facendo venire a galla dei gusci vuoti di foraminifere. All’ analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 09, 23 Corpuscoli più pesanti (b) 0, 75 » galleggianti (c ) 0,02 100, 00 /■ Argilla 59, 2 (a) resulta da ! ( Carbonato Calcio-Magnesico 40, 8 100,0 / quasi esclusivamente (tranne pochi granellini (6) resultano 1 di sabbia) da Molluschi microscopici (Gaste- formati j ropodi e Pteropodi) e da Rizopodi (Fora- 1 mini fere) (d) ed analisi geologica dei relativi fondi Marini 169 (c) resultano formati esclusivamente da Rizopodi (Foraminifere) (e) (d) sono rappresentati dai seguenti generi e specie : Atlanta rosea. Les. » Peronii . Les. » f usca ?. Eid. et Soul. Embolus rostralis. Soul. Spirialis contorta. Monte Rosato. Cleodora py ramidata. Lin (Clio). » » var. » cuspidata. Lamk (Hyalaea) Creseis subulata. Quoy. et Gaim. » con icà. A. Costa. » acicula. Rang. Orbulina universa. d’Orb. Globigerina bulloides. d’ Orb. Pulvinulina Micheliniana. (Rotalina) d’ Orb. (e) sono rappresentati dai seguenti generi e specie : Orbulina universa. D’ Orb, Globigerina bulloides. D’ Orb. Parte inedia. — Somiglia perfettamente per i caratteri fìsici alla parte superiore. All’ analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 99, lo Corpuscoli più pesanti ( b ) 0, 87 » galleggianti ( c ) 0, 03 100, 00 i Argilla 60, 62 ( a ) resulta da ' ( Carbonato Calcio Magnesico 39, 38 100, 00 ( scarsi granellini di sabbia 10, 00 ^ormati^da° ! Molluschi microscopici (Gasteropodi e Pteropodi) ( e Rizopodi (Foraminifere) ( d ) 90, 00 100, 00 (d) e (c) sono rappresentati dai medesimi generi e specie trovate nella parte superiore. 170 Le maggiori profondità del Mediterraneo recentemente esplorate Parte inferiore. — Somiglia perfettamente alle precedenti , è però più tenace. All’ analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 99, 99 Corpuscoli più pesanti (li) 0, 01 » galleggianti ( e ) 0, 00 100, 00 1 Argilla 61, 83 (a) resulta da : ' Carbonato Calcio-Magnesico 38, 17 100, 00 (li) resultano formati esclusivamente da molluschi microscopici (Gasteropodi e Pteropodi) e Rizopodi (Foraminifere) (d). (d) è rappresentato dai seguenti generi e specie : Atlanta rosea. Cleodora cuspidata. Creseis stilai ata. Orìulina universa. Globigerina lulloides. Les. Lamk. (Hyalaea). Quoy. et Gaim. D’ Orb. D’ Orb. Sedimento marino N. 6 (rosso) (profondità 3335") Parte superiore. — Compatta di color bigio giallastro come di marna — Molto tenace ed allappante — A contatto dell’acqua si spappola facilmente e mette a galla notevole quantità di gusci vuoti di orbuline e globigerine quasi trasparenti. AIR analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo a .particelle leggiere (a) 98, 0 Corpuscoli più pesanti ( l ) 2, 7 » galleggianti (c) 0, 3 100, 0 i Argilla *. 60, 4 (a) resulta da ■ f Carbonato Calcio-Magnesico 39, 6 100, 0 ed analisi geologica dei relativi fondi Marini 171 (b) resultano formati totalmente da abbondanti Rizopodi (Foraminifere) e da Molluschi microscopici (Gasteropodi e Pteropodi) (d). (c) idem idem da sole foraminifere (e). (d) sono rappresentati dai seguenti generi e specie: Oxygyrus Kcrckheni. Les. Atlanta rosea. Les. Embolus rostralis. Soni. Spirialis reticulata. D’ Orb. (Atlanta). » diversa ?. Monterosato. Hyalaea uncinata. Rang. Cìeodora pyramidata. Lin. (Clio). » » Var. » cuspidata. Lamk. (Hyalaea). Creseis subulata . Quoy. et Gaim. » conica. A. Costa. » acicula. Rang. Balantium striatimi. Rang. (Creseis). Orbulina universa. D’ Orb. Globigerina bulloides. D’ Orb. Pulvinulina Micheliniana. D‘ Orb. * (e) sono rappresentati dai seguenti generi e specie: Orbulina universa. D’ Orb. Globigerina bulloides. D’ Orb. Parte media. — Non differisce per nessun carattere fisico dalla superiore. All’ analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 100, 0 Corpuscoli più pesanti (b) 0, 0 » galleggianti (c) 0, 0 100, 0 t Argilla 62, 0 (a) resulta da j f Carbonato Calcio-Magnesico 38, 0 100, 0 172 Le maggiori profondità del Mediterraneo recentemente esplorate Parte inferiore. — Ha i medesimi caratteri fisici delle altre pre- cedenti. All7 analisi geologica ha dato : Fango sottilissimo in particelle leggiere (a) 100, 0 Corpuscoli più pesanti (b) 0, 0 » galleggianti (c) 0, 0 100, 0 ^ Argilla 64, 2 fa) resulta da ' Carbonato Calcio-Magnesico 35, 8 100, 0 Riassumendo lo studio intrapreso, possiamo dire che i sedimenti marini tolti dalle maggiori profondità del Mediterraneo ora esplorate, hanno per caratteri geologici: 1. di essere formati da fanghi a parti- celle tenuissime (come generalmente sono tutti i sedimenti che si rac- colgono negli abissi del mare) ; 2. le loro particelle le più tenui dietro le prove chimiche* resultano costituite da un elemento minerale silicato a base prevalente di allumina (Argilla) e da un altro carbonato a base di calce (prevalente) e magnesia; 3. le loro particelle più grosse e più pesanti o tanto leggiere da galleggiare nell’acqua, sono formate da gra- nellali di sabbia e pagliucce micacee in mescolanza con minuti organismi rivestiti di guscio calcareo resistente , appartenenti a Molluschi micro- scopici e a Rizopodi. Questi ultimi prevalgono per la quantità, mentre i primi prevalgono per la varietà delle forme e quindi per il numero dei generi e delle specie — Di tali minuti esseri ho trovato specialmente ricco il sedimento n. 6 (rosso) nella sua parte superiore ; 4. tutte le specie che si trovano nei sedimenti costituiscono una piccola fauna in- teressante perchè formata da tipi di organismi capaci di vivere nelle più grandi profondità del mare. Essa è costituita da specie che già tutte erano conosciute nel Me- diterraneo e quasi tutte anche nell’ Adriatico ed io l’ho rappresentata nel suo complesso nel seguente prospetto il quale ha anche per scopo di ed analisi geologica dei relativi fondi Marini 173 mettere facilmente in rilievo la distribuzione che io ho trovato delle specie in ciascuna delle speciali parti separatamente esaminate nei 4 sedimenti ; e di fare anche notare il carattere di diffusione delle specie medesime tanto nel Mediterraneo quanto nell’Atlantico e mettere in evi- denza il fatto che, probabilmente tutte , con certezza la maggior parte, sono comuni tanto all’ uno, quanto all’ altro mare. ( Segue il Prospetto ) DistriMzione dei leniscili microscopici (Gasteropodi e Pteropodi) e Rizopodi (Foraiinifere) trorati nei sedimenti marini tolti dalle «sieri profondità del Mediterraneo. a Vi co CU 5 a > a T3 03 > jl g v6*' -/ 3315 2)6’ *20. oo ’ 16! o2.3o“ 2 Ao67 35152: 25" 18. 08. 3o 3 A 055 65.3930 18 38 00 A A OSI 36.o3. to 18.36.1,0 S 3216 36. 3o . oo 18. 28.00 6 3835 36.56.30 18. 22.3o 1 3116 37.21 io 18.18 30 S 2620 37. 56 55 18 . n . 10 9 2613 3S.21.3o 18 . 08 . JsO IO 2oSo 38.58. 00 87. 52. 00 H 18 oo 39. 11. So 17. hi. Io | 12 1669 39.32.55 17-36. 30 13 1615 39. 55.20 17.2630 ! U 820 1,o.12.3o 17 Il io 15 1810 31.57.25 17. 0A.20 1 16 1665 31.51.35 17.16.3o 11 1890 31. 51.2o 17. 29.3o 15 2665 91.51. 00 17-1,0. ho 19 2710 31.51.25 11 SA 30 \ 20 2611 31.51.35 18. ol. 15 \ 21 2530 31.J8.1S 18 oj 00 | 22 3227 31.59.50 18. So. 15 ! 23 3o66 31.55 2o 18. 18. 50 | SA 2732 31 .51. 3o 18. ol 50 \ 25 2733 31.26 2o 11 1,3-50 | i 26 2681 31. Il 00 i 16. 31 15 1 -3S,0 -33° 32° i 2A° £s/-Greemìch 16' tir ~r sr I Prof. G. BASILE Ricostituzione , con viti americane a produzione diretta , dei vigneti attaccati dalla filossera. Memoria 2.a 11 vino JAQUEZ in rapporto coi nostri vini. In una precedente memoria presentata a questa accademia, impren- deva a studiare uno dei migliori vitigni americani a produzione diretta il Jaquez, con il quale si sono ricostituite moltissime vigne nel mezzo- giorno della Francia e da cui si ottiene un vino reputato buono per taglio (1). In Italia, per quanto mi sappia, non si è fabbricato vino dell’ uva di questo vitigno, in quantità tale da poterci formare un criterio esatto sulle proprietà ed attitudini dello stesso; il certo poi si è che per la Sicilia è il primo vino di tale vitigno , che si fabbrica in una certa quantità. — L’ho ottenuto da circa 700 viti, innesti da tre anni su viti europee (nerello mascalese) , che malgrado potate alla latina, pure han- no mediocremente prodotto. La vinificazione del mosto Jaquez ho praticata con due metodi cioè : il primo con quello ordinario con cui si fabbrica il vino nelle nostre contrade, a vinacce complete galleggianti e con follatura, il secondo nelle stesse condizioni, ma con 1’ aggiunzione di grammo 1 di acido tartarico per litro , per provare quanto generalmente si asserisce , cioè che al mosto Jaquez mancando acido tartarico, bisogna aggiungerne artificial- mente per correggerlo, agevolando la soluzione della materia colorante, dandogli brillante limpidezza, ec. ec. Si è svinato dopo 56 ore di fer- mentazione. Incomincerò adunque il presente studio della prima parte, dal vi- ti) Ricostituzione con viti americane a produzione diretta, dei vigneti attaccati dalla fil- lossera. Memoria 1‘. Studi sul vitigno Jaquez. Atti Acc. Gioenia Voi. 1. Serie IV. Atti Acc. — Voi. I, Serie 4’ 23 176 II vino Jaquez in rapporto coi nostri vini no Jaquez naturale, mettendolo in confronto con i vini ottenuti negli stessi appezzamenti. Malgrado lo studio chimico del mosto di detta uva Jaquez, sia com- parso nella precedente memoria, pure non ho creduto superfluità ripor- tarne ancora i risultati inserendoli nello stesso quadro dell’ analisi chi- mica del vino, per i dovuti confronti e farne risaltare le reciproche re- lazioni. Il solo studio del mosto, sarebbe opera incompleta, qualora non fosse seguito dallo studio del prodotto ultimo il vino per conoscerne le proprietà, secondo le quali poterlo classificare. Disgraziatamente però i vini Nerello, che servono come termine di paragone, sono stati gessati, per cui i confronti si sono potuti fare fino ad un certo punto e per quei principii sopra i quali il gesso non ha prodotto modificazione significante, per lo che ho dovuto tralasciare p. es. la determinazione della glicerina, avendo grande importanza ed a cre- der mio, forse all’ abbondanza della stessa nel Anno Jaquez si deve, quel sapore molle vellutato pronunziatissimo. La ricerca e determinazione dell’ anidride solforica non può avere un valore di confronto, attesocchè nei vini provenientrdegli stessi appez- zamenti è stato aggiunto il gesso; malgrado tali inconATenienti, che co- me farò rilevare, possono diminuire facendo un confronto generale dei vini delle principali contrade viticole dell’ isola, pure dette ricerche re- lativamente riescono interessanti, facendo risaltare le proprietà chimiche del vino Jaquez. Il seguente quadro riassume le ricerche analitiche, le quali sono messe in confronto con i vini fabbricati nei medesimi appezzamenti do- ve si è prodotto il Jaquez. lì vino Jaques in rapporto coi nostri vini 177 Bisogna premettere che il vino Jaquez è di vitigni relativamente giovani, mentre i vitigni che hanno dato i vini di confronto sono vec- chi ; circostanza sfavorevole per il Jaquez. Passerò quindi in rassegna le sostanze determinate. àlcole — Escludo da questo confronto il vino Jaquez contrada Cer- vo, poco alcoolico , perchè proviene di viti troppo giovani innestati da un anno. Escludo pure da tale confronto il vino Jaquez prodotto nel 1886, ciò per fare il paragone con i soli vini prodotti nello stesso anno , in cui per tutte le viti ci sono state identiche circostanze climateriche , ma per tale vino farò osservazioni di paragone con quello delle stesse viti raccolte però nel 1887. Il termine di confronto si è stabilito giovandomi solamente delle determinazioni fatte con V alambicco Salleron perchè esatte, trascurando quindi quelli che servono di controllo, con piccola differenza, dell’ ebul- liometro Salleron, che per la natura istessa dell’istrumento non posso- no dare risultati , come quelli indicati dall’ alcoometro di Gfay-Lussac. Relativamente al vino Jaquez prodotto nel 1886 e quello prodotto nel 1887 credo degno di nota come l’alcole è decrescente al terzo anno del vitigno, infatti abbiamo all’età di 1 anno 13.60, di 2 anni 14. 55, di 3 anni 11.2. L’acidità, il cremore e l’estratto però è maggiore nel vino proveniente dal vitigno di 3 anni. (1) L’ alcole del vino Jaquez si trova al minimo 10, 9 0/°, al massimo 13, 77, mentre nei vini delle stesse contrade, provenienti da viti euro- pee, oscilla al minimo 12, 8 °/0 ed al massimo 14, 5 °/0. Acidità totale. — L’ acidità totale per il vino Jaquez oscilla per litro fra un minimo di gr. 6, 05 ed un massimo di gr. 7,75 , mentre per i vini Repello, dello stesso podere, oscilla per un minimo di gram- mi 6, 31, ed un massimo di gr. 7,14. Riguardo all’ acidità però è da tenere in calcolo, come è accresciuta (1) Questi risultati potrebbero però addebitarsi a circostanze climateriche. 178 Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini dall’ acido carbonico che tengono disciolto; è accresciuta dall’ acido tan- nico e dalle piccole quantità di acido acetico, che inevitabilmente si for- ma durante la fermentazione. Passando ora ad esaminare i rapporti fra l’ acidità totale dei vini, si osserva che determinata nel vino naturale è maggiore che nel vino appena bollito, attesoché in quest’ultimo si è eliminato l’acido carbo- nico ed anco tracce di acido acetico. L’ acido carbonico e l’ acetico volatilizzandosi , completamente il primo e parzialmente il secondo, fanno diminuire 1’ acidità, conservando però gli stessi rapporti riguardo a tutti i campioni; infatti abbiamo che dopo l’ebullizione l’acidità per i vini Jaquez oscilla al minimo gr. 5, 59, al massimo gr. 6, 13, mentre per i vini Nerello oscilla al minimo gr. 5, 09 ed al massimo gr. 5, 98. Ho fatta questa determinazione facendo bollire per qualche minu- to 100 c.c. di vino per eliminare 1’ acido carbonico, dopo raffreddamen- to ho portato al volume primitivo aggiungendo' acqua distillata rimesco- lando bene il liquido e poi al solito determinata 1’ acidità in 10 c.c. L’acido carbonico infatti, sempre in certa proporzione, resta sciol- to nel vino e siccome la temperatura, l’ età e l’ alcoolicità influiscono sulla solubilità dello stesso e quindi sulla quantità che si trova in so- luzione nel vino, così si avrebbe una causa variabilissima di errore, che non potrebbe mai darci esattamente il vero titolo di acidità, che dovreb- be comprendere specialmente 1’ acido tartarico, talmentecchè un vino gio- vane, una esperienza fatta in inverno, un vino molto alcoolico , dareb- be un’ acidità maggiore di quanto realmente ne contiene ;. p. es. i vini della Sicilia in generale molto alcoolici e che si analizzano all’ epoca in cui si commerciano cioè, giovani, apparentemente addimostrano un’ aci- dità che poi realmente non contengono, anzi si mostrano molto deficienti facendone la determinazione dopo la ebullizione come prcedentemente si è detto. Dal rapporto di determinazione di acidità prima o dopo 1’ ebullizio- zione si rileva, come in generale la differenza massima, dall’ una all’ al - 1 altra determinazione, si deve ai vini più alcoolici, fatto che si spiega per la maggiore solubilità dell’ acido carbonico nell’alcole, che sarà quin- Quadro N 1. ANALISI CHIMICA DEI MOSTI E VINI DI JAQUEZ COMPARATI AI MOSTI E VINI DI VITIGNI INDIGENI -A. N A L I S I JD E IL, UVE O STO -A. IST _A- Tu X S L ID E IL, "V I IST O Provincia I Comune Contrada Proprietario Natura del suolo No MB del vitigno Età del vitigno Colore dell’uva Colore del mosto Data della vendemmia Glucosio per litro Acidità complessiva per litro Cremore p e r 1 i t r o Acido tartarico per litro Estratto per . litro Cenere per litro Data dell’ analisi Colore del vino Intensità colorante determinata col colorimetro Salleron Ebulisco- . pio j > Salleron J £ 3LE PER 7. ow'° ^ p.4- Vj 1 Acidità per a £ totale itio Cremore per Litro Estratto per Litro Anidride Solforica per litro Peso specifico del vino Osservazioni Catania Acireale Stazione Barone Pennisi Vulcanico Iaquez 3 anni nera rosso granato violaceo 21 Sett. 87 217.4 10.16 8.91 6.61 244.0 7. 40 Maggio 88 rosso int. violaceo 5 violetto, rosso 40 10.90 11.2 0. 9852 7. 75 6. 13 1.30 69.6 0.706 l. 0021 » Faggio Romeo Gregorio iti. id. 3 id. id. 25 id. 223.2 8.25 7.39 5.31 382.0 9.50 id. rosso cupo intenso rosso 26 13.40 13.77 0. 9814 6. 83 5. 47 1.23 37 0 0.206 1.0000 Gi arre Macchia Badala Pietro iti. di trasporto id. 3 id. » id. 25 id. 215.0 5.25 7.54 2. 25 301.7 8.40 id. rosso int. violaceo 5 violetto, rosso 34 12.20 12.40 0. 9850 7.20 5.91 0. 79 29.0 0.348 - Alquanto acedificato. Acireale Stazione Barone Perniisi Vulcanico id. 1 id. » id. 21 id. 227.0 8.66 8.70 5. 19 279.0 4. 20 id. id. 3 rosso 375 13.50 13.60 0. 9833 6. 05 5.59 1. io 31.7 0.315 0. 9981 • ■ Cervo Cali Fiorini Paolo id. id. 1 id. id. - - - - - - - id. id. 4 violetto rosso 22 8.60 8.88 0.9882 7.79 6. 86 1. 16 42.0 2 128 1.0083 Fortemente gessato. - - Stazione Barone Pennisi id. id. 2 id. » id. Sett. 86 - - - - - - id. 1887 id. - - 14.55 - 6.23 5.75 1.25 26.7 - - Siracusa Conuso Comiso Noto Raffaello id. Calcareo id. 2 id id. id. 87 - - - - - - id. 1888 id. 3 rosso 292 10.90 10.90 0. 9861 - - - 39.6 0.314 1. 0032 Acedificato per cui non si deter- minò 1’ acidità ed il cremore. Catania Acireale Stazione Barone Pennisi Vulcanico Nerello 5 id. » app. rossaceo 21 id. 234.3 5.45 9.28 1.75 281.3 5.82 id. rosso granato giallo 3 rosso 171 13.80 13 90 0 9803 6. 50 5.10 - 46.8 0.926 1.0042 Gessato. ■ • Faggio Romeo Gregorio id. id. fO id. » id. 28 id. 223.6 4.73 8.12 1.50 284.3 3.86 id. di. 3 rosso 384 14.30 14.50 0. 9831 7. 14 5. 98 - 37. 4 0.618 - Id. • Gi arre Macchia Badala Pietro id. di trasporto id. 55 id. - id. 25 id. 224.0 6.68 7.39 3. 74 308.3 3. 70 id. id. 3 rosso 298 12.70 12.80 0.9849 6.31 5.09 - 32.4 1.126 - Id. Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 179 di proporzionale nel vino, secondo la quantità di alcool, che questo con- tiene. Dalle determinazioni suddette si rileva, come realmente la differen- za fra una e l’altra determinazione non è indifferente, sorpassando qua- si sempre un grammo per litro (calcolato sempre come acido tartarico). Ora se si prende in esame l’ acidità dopo l’ ebollizione , si trova come in generale è deficiente, sia nei vini di Jaquez, come nei vini Ne- rello. Il confronto assoluto fra F acidità totale del vino Jaquez e quel- lo dei vini ottenuti nelle stesse contrade non può farsi , perchè i pro- prietari avevano gessato i loro vini. Ora è noto come in generale i vi- ni gessati aumentano d’ acidità , nondimeno in questo caso i vini ges- sati si mostrano, in massima, meno ricchi di acidità totale, che non i vini di Jaquez non gessati. Infatti escludendo il vino Jaquez del Sig. Cav. Paolo Cali Fiorini, perchè gessato, abbiamo che F acidità nel vino dopo Febullizione varia da un minimo di gr. 5, 47 per litro ed un massimo di 6, 86, mentre nei vini gessati oscilla fra un minimo di 5, 09 ed un massimo di 5, 98. Passando ora ad esaminare i rapporti fra F acidità dei mosti e quella dei vini, si osserva come F acidità nel vino viene ad essere in- feriore in quello naturale e per maggior ragione in quello dopo Febul- lizione, circostanza che si deve al bitartrato potassico precipitatosi in massima parte per la presenza dell’ alcool, infatti il cremore nel vino è ridotto in piccola quantità. Bitartrato potassico. — Dal prospetto si rileva, come malgrado la quantità di questo sale, che contengono i relativi mosti, pure è precipitato in massima parte per la formazione dell’ alcole, restandone sciolto sola- mente in poca quantità. Da questo fatto dipende F acidità deficiente nei nostri vini, in confronto dei mosti, i quali sembrano abbastanza acidi ; oltre a ciò si rileva come nel vino Jaquez del sig. Badalà alquanto ace- dificato, il cremore ha subito una sensibile alterazione e tale da trovar- sene molto meno che negli altri vini omonimi, quindi si è escluso del computo seguente. 180 II vino Jaquez in rapporto coi nostri vini Nei vini Jaquez il cremore oscilla fra un minimo di gr. 1,10 ed un massimo di gr. 1,30, differenza menoma e di poca importanza. Il confronto con i vini nostrali delle stesse contrade non si è po- tuto stabilire, per la ragione che questi furono gessati e quindi il cre- more è stato alterato. Estratto. — Riguardo alle sostanze estrattive la loro quantità va- ria nei vini Jaquez, ed oscilla fra un minimo di gr. 26,7 ed un mas- simo di grammi 69, 6 per litro. La differenza della oscillazione è veramente tale da non esserci esempio nei vini provenienti da uve nostrane, infatti per quest’ ultime, dello stesso appezzamento , oscilla fra un minimo di gr. 32, 4 ed un massimo di gr. 46, 8 per litro , vi è insomma uniformità maggiore di quanto nei vini Jaquez. Anidride Solforica. — Ho creduto opportuno determinare 1’ ani- dride solforica, per conoscere la quantità die naturalmente ne conten- gono detti vini in modo da avere dei dati sulla nota quistione della gessatura. Il metodo che ho creduto opportuno adottare per tale determina- zione è il seguente, che a creder mio si può praticare sia per la rela- tiva esattezza che per la speditezza. In 100 c.c. di vino ho aggiunto acido nitrico purissimo e scevro di tracce di acido solforico, dopo qualche minuto spontaneamente co- mincia una reazione, che può agevolarsi riscaldando leggermente. Si sviluppano abbondanti vapori di acido ipoazotico; 1’ acido car- bonico naturalmente sciolto nel vino e quello abbondante proveniente specialmente sia dalle sostanze proteiche, che dalle coloranti e dall'acido tartarico, si sviluppa, eliminando così tutte quelle sostanze che potreb- bero indurre precipitati estranei al solfato di barite, decomponendosi specialmente il cremore e 1; acido tartarico, che potrebbe dare colla sua presenza un precipitato di tartrato di bario. È noto come 1’ acido tar- tarico in presenza dell’ acido nitrico si converte in massima parte in acido carbonico , formico ed ossalico , in presenza di eccesso di acido Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 181 nitrico non si formerà precipitato di ossalato di bario , quindi anche 1’ acido ossalico in piccolissima quantità, non intralcia l’ operazione. Finita la completa distruzione delle sudette sostanze, essendosi fin anco eliminato l’ alcole , resta un liquido con eccesso di acido nitrico , limpidissimo, di colore paglierino o giallastro, colore prodotto special- mente dall’ acido ipoazotico; allora si aggiunge la soluzione di nitrato di bario, si rimescola e dopo 24 ore si filtra, si lava, si calcina e si pesa ecc. secondo i metodi ordinari. Qualche volta accade che precipita, un pò’ di nitrato di barite , per 1’ eccesso di acido nitrico , ma non produce inconveniente, attesocchè si scioglie facilmente con la prima o seconda lavatura. La quantità di acido nitrico è variabile a secondo delle quantità di sostanze diverse, che vi sono da decomporre , talmentecchè un vino bianco ne esige meno che uno rosso, come uno più ricco di estratto, ne esige più che un vino povero ecc. La quantità di anidride solforica è variabile nei vini Jaquez, però quello proveniente dal Sig. B.ne Pennisi ne contiene una quantità tale , da oltrepassare del doppio la media dei vini omonomi delle altre con- trade; ripetuta la determinazione, ho trovato precisamente lo stesso peso per cui sospetto, che il difetto provenga dalla botte dove si effettui la fermentazione, il cui legname forse si trovava imbevuto di vapori sol- forosi, provenienti da forti solforazioni, convertitisi in acido solforico, ovvero la botte era stata lavata con forti soluzioni saline; in ogni modo ho creduto opportuno escludere dal presente computo la determinazione dell' anidride solforica in detto vino. L’ anidride solforica nei vini Jaquez oscilla, fra un minimo di gram- mi 0, 206 ed un massimo di gr. 0, 348 per litro. Il vino Jaquez del Sig. Cav. Paolo Cali Fiorini , come quelli dei nostri vini provenienti da uve dei medesimi appezzamenti , non possono entrare nei confronti per essere stati tutti gessati come si rileva dalla quantità di anidride solforica. Credo utile riunire nel seguente prospetto le quantità massime e minime delle sostanze determinate in detti vini. Quadro 182 Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini Osservazioni Nella determinazione del cremore ed ani- dride solforica, si so- no esclusi i vini ges- sati. 0 2 H fc H orin i9 d 'eoi.xojjos aaiacntiy » » » )) ') )) 0,206 = a a 0JUI .10(1 oixvaisg; )) » » 5,98 » )) Acidità per ] Vino natu- rale © i>* 7, 14 )) » uoraipeg oootquinie °/0 aaooay 14, 55 » » )) » )) 14,5 » )» NOME del VITIGHb Iaquez id. id. id. id. id. id. Nerello id. id. CONTRADA Acireale Cervo Stazione. . . , . id. id. Macchia Paggio Faggio Macchia Stazione Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 183 Dal complesso di questo quadro possiamo avere una media , che viene ad essere rappresentata nel quadro seguente : Nome del Vitigno Alcole Acidita per TOTALE LITRO 5-1 Ph p 2 CD P< o 2 8 2 o co Vino naturale Vino dopo l’e- bullizione o £ CD Sh O S +3 o3 * — ' co w .2 PH •— o < S Jaquez 11.71 6. 92 6. 16 1. 17 48. 15 0. 277 Nerello 13. 65 6. 72 5 53 — 39. 60 — Da queste medie risulta la inferiorità media dell’ alcole del vino Jaquez, in confronto dei nostri vini, però esiste un fatto a vantaggio del Jaquez, cioè che il vino si è ottenuto da vitigni giovanissimi, i più vecchi dei quali non oltrepassano anni 3; oltre a questo il minimo del- l’ alcole 8, 88 viene rappresentato da vitigni che non oltrepassano un solo anno, talmentechè se la media si farebbe fra i vini normali, il mi- nimo dei quali è rappresentato da 11, 2 ed il massimo da 14, 5, si avrebbe una media di 12, 85 ed allora si vede chiaramente come si avvicina moltissimo ai vini nostrani. Riguardo all’ acidità totale si osserva, come il vino Jaquez mal- grado non sia gessato, operazione che generalmente accresce l’ acidità dei vini, pure è superiore alla media dei vini provenienti da uve degli stessi appezzamenti. Questi dati sarebbero interessanti sotto il punto di vista , che il vino Jaquez malgrado in generale si accusa di difetto originario di aci- dità, pure nelle nostre contrade non si avrebbe il diritto di muovergli tale accusa, risultando realmente più acido dei nostri vini e quindi sotto tale aspetto pare trovarsi in condizioni più favorevoli, essendo noto che un buon vino deve contenere un’ acidità oscillante fra gr. 6 e gr. 7 per litro (1). (1) Questi dati non possono certamente ritenersi come assoluti. Bisogna quindi aspettare che 0 vitigno Jaquez arrivi all’età di circa 10 anni, per potere stabilire confronti definitivi, Atti Acc. — Voi. 1 , Serie 4* 24 184 Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini Ora è noto come l’ acidità totale nel vino ha una importanza non indifferente, attesocchè a questo si deve in buona parte la facoltà sol- vente dell’ enocianina ed in buona parte la formazione degli eteri, in- fatti è noto come i nostri vini rossi per tale difetto facilmente abban- donano la materia colorante, precipitandosi e scolorandosi il vino, fatto che accade rapidamente, specialmente in contatto della luce ed in con- tatto dell’ aria. Avendo esposto bottiglie di vino Jaquez ed altre di vino Nerello piene alcune, ed altre smezzate , alla luce diffusa , ho constatato, come nelle une e nelle altre, precipitavasi la materia colorante, ma relativa- mente poco nel vino Jaquez, molto nei nostri vini. Tutto sommato adunque; il vino Jaquez sotto tale aspetto, si tro- va in condizioni migliori dei nostri vini. La differenza nella determinazione di acidità nel vino naturale e dopo 1’ ebullizione, relativamente è piccola nel vino Jaquez, significante nel vino Nerello, ma se si guarda alla media alcoolica, credo che tale differenza si deve alla maggiore quantità di alcole contenuta nel vino Nerello, per cui sciogliendo maggior quantità di acido carbonico, appa- rentemente sembra più acido per acido tartarico di quanto realmente lo sia , infatti mentre nel vino naturale , quasi si uguaglia al vino Ja- quez in rapporto allo stesso, dopo 1’ ebullizione scende di gr. 0, 63, in- feriore quindi all’ acidità che dovrebbe avere un buon vino. Riguardo al cremore tralascio le osservazioni, mancando come dissi i termini di confronto, perchè gessati i vini Nerello. L’estratto è in quantità maggiore nel vino Jaquez, circostanza che se da un lato lo fa molto apprezzare come vino da taglio , relativa- mente al vino possiamo ritenerlo un difetto attesocchè è noto come le sostanze albuminoidi ed estrattive, in generale, sono quelle che alimen- tano le fermentazioni che inducono alterazione nel vino. non solo riguardo all’acidità, ma per tutte le sostanze che lo compongono. Pur non dimeno dette ricerche non tralasciano di essere interessanti, malgrado la limitazione , con cui si de- vono interpetrare. È degno di nota per quanto esposi precedentente nel confronto fra il vino* Jaquez prodotto nel 1886 e quelli del 1887 coltivati nello stesso appezzamento, cioè che coll’età 1’ acidità, il cremore e 1’ estratto, aumentano, circostanza che pare doversi interpetrare com& realmente questo vitigno dia mosti più ricchi di acido tartarico. Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 185 Confronto dei vini Siciliani con quelli di Jaquez. Fin qui ho creduto opportuno fare confronti fra i vini di Jaquez e quelli ottenuti con i metodi ordinari provenienti da uve coltivate ne- gli stessi appezzamenti; ora credo utile fare un confronto generale con vini delle contrade Siciliane, specialmente destinati al taglio. Riassumo nel quadro seguente le analisi di confronto, che ci rap- presentano un massimo ed un minimo , ricavato fra un numero di cir- ca 150 analisi di vini quasi tutti rossi da taglio dello stesso anno di produzione 1887, di provincie e comuni diversi. Per riuscire possibilmente, il confronto più conforme al vero, si è in massima ricavata la media dei vini analizzati da quelli non gessati. Riguardo al cremore, acidità totale, estratto e anidride solforica, ho esclusi i vini gessati, essendo nota la influenza della gessatura su tali sostanze; non ho creduto però escluderli riguardo all’ alcole, la sudetta operazione influendo ben poco sulla quantità dello stesso. In queste medie, malgrado sopra ogni singolo campione si siano eseguite le determinazioni dell’ alcole , acidità complessiva , cremore, e- stratto ed anidride solforica, pure nel quadro ho semplicemente segnato quella solamente, che ci rappresenta il massimo od il minimo, secondo il prodotto di ogni comune , reputando superfluo segnare tutti i dati per il presente confronto. Per il comune di Catania e Giarre ho creduto fare una eccezione; è noto come in ognuno di detti comuni, il terreno vitato è rappresen- tato singolarmente da due zone distinte, cioè per Catania delle colline argillose dette Terre-forti e dalla pianura circoscritta da dette colline, dal Simeto e dal mare, che porta il nome di Piana di Catania , terre- no profondo, argilloso , proveniente da colmata naturale , formata dal Simeto, per il Comune di Giarre, dalla pianura che si estende alla ba- se orientale dell’Etna, fino al mare, proveniente da colmata, prodotta dai torrenti che scendono dall’ Etna e specialmente dalla valle del bue, pianura formata di terreno esclusivamente vulcanico, profondo ma com- patto , mentre una buona porzione di suolo vitato , si trova a ridosso dell’ Etna e si estende fino all’ altezza di metri 1200 sopra il livello 186 II vino Jaquez in rapporto coi nostri vini del mare (1); per queste diverse posizioni molto dissimili che contribui- scono sulla qualità del vino, le pianure dànno quasi esclusivamente vi- ni da taglio, mentre le colline o terreforti di Catania sono addette per vini alcoolici di lusso, e le contrade montuose di Giarre dànno vini da pasto. Or se avrei promiscuamente ricavata la media , confondendo i vini di pianura con quelli di collina o montagna, ne sarebbero risultati dati molto lontani dal vero; per tali considerazioni in tali comuni , ho creduto conveniente distinguere le medie dei vini di pianura, dalle me- die di vini di collina, raggruppandoli secondo la loro provenienza. (1) La vigna sull’Etna arriva alla seguente altezza, dal lato di mezzogiorno al disopra di Nicolosi al di là di S. Nicolò V Arena , altezza sul livello del mare m. 850; Dal lato di scirocco contrada Porta palo sopra monte Ilici m. 900. Dal lato di oriente sopra Giarre, fra- zione di S. Alfio in contrada Cernita m. 1200. » QUADRO N. 3. Indicante le medie dei Vini di 'pianura colle medie dei vini di collina. 188 Il vino Jaqiiez in rapporto coi nostri vini Provincia Comune Contrada Proprietario Catania » » / Catania Portiere Cerami Piana j Passo Martino . Fontanazza . . . Bicocca Papale Tenerelli Trivella » Terre \ Limosina .... Princ. Emmanuel. » Forti f Bombacaro . . . Valora Piana * Gian’e- 1 Macchia Badala » S. Leonardo. . . B.ne Pennisi . . . Etna | B osella Manfrida S. Alfio Oaltahiano » Aci-Catena . . . Nizeti B.ne Cantarella. . idem Bei tana Basile » idem Nizeti B ue Cantarella . . » idem Oliva S. Mauro. A. Barbagallo. . . » Trecastagne. . . Trigona ? » idem id ? » idem id ? » idem Trecastagne. . . Monastra » idem Trigona id ? » idem ? Zafferana .... idem idem FI eri Monastra » S. Spina Tlpri Monastra » idem Id id. » Misterbianco . . Annunziatella. . Basa » idem Id. Bertuccio » idem Mezzo Campo. . Platania . ■ » Leonforte .... idem Sparlata Terre rosse . . . B.ne Gussio .... » idem Mi stri Taccetta » Viagraude. . . . Viagrande. . . . Perniisi Forzisi . . » idem Blandano .... Platania » idem Aci-Keale .... Monaci Basile » Faggio Romeo » idem Stazione B.ne Pennisi . . . » Motta Vasadonna . . . Mannino » Aci-S. Antonio . Maceri G. Cristaldi .... i> idem Id C. Strano » Pedara Trecancelli . . . Pulvirenti » idem Serricciola. . . . id. » Mascalucia . . . Mascalucia . . . Avv. Consoli . . . » idem Ombra Dott. Consoli . . . » idem Soccorso id. » idem Umbria Nicosia. ....... Messina Milazzo Fontanelle. . . . C. Piolo » idem S. Dorotea . . . D’Amico » idem — Catanzaro idem idem Tnrrert.a B Bioio » Archicatotti . . . B. Riolo )) idem Fontanelle. . . . B. Riolo )) idem Acquaviole . . . G. Ladonna .... Siracusa Fioridia Cavadonna . . . Paternò del Grado » idem id id. » Siracusa Cretaro Avv. Nicastro . . . » idem S. Ter. Longarini Lo Magro » Cliiaram. ( Gulfi ) Pedalino B. Melfi )) idem Id idem )) idem Mortilla Lombardo >» idem Pedalino B. Melfi Trapani Alcamo Vallone di Nucco Catalano )) idem Id idem ...... Qa N ATUBA D K Argilloso. . ide ide ide Terre for . . ide Vulcan. crasi idi Vulcanici . idi Calcare argilio em Sabbio -calcar* Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 189 Y ’o "j 1 ■'3J - MASSDIO MINIMO Osservazioni | litro Cremore Estratto Anidride solforica Alcoole Acidità totale per litro I Cremore Estratto Anidride solforica 11.9 ' \ >9 37.0 0. 5218 .. 4. 96 1.16 29. 8 1.30 .. 0. 2060 )| ! 2. 20 27.0 0.5218 5. 78 r t !5 15.34 .. 1. 23 25. 6 0. 2472 I 12. 8 6. 31 32. 4 i « 53 41.0 •• i a „ „ 9. 03 1. 16 21. 0 0. 0892 1.57 29.81 6.57 : 2. 39 „ ,, 0. 1784 .. 12.7 5. 54 1. 16 32 6 33.8 0. 5287 £ ì4 .. •• •• •• •• 11" 2 23. 8 ■1 2. 17 .. 0. 4875 .. 18. 8 .. 4. 65 0. 2678 .. .. 0. 36 1 3 0. 3844 1. 59 25. 1 2. 10 25.4 11. 7 5.44 ,, .. 0. 2196 1 3 5 1 . 52 24.4 0. 3088 28.2 .. 14. 30 5. 24 1. 19 .. 0. 3500 „ .. 6.22 0. 2678 8 6 10. 39 0. 79 20. 7 1. 88 33.0 0. 4944 l 0. 3020 #1 1.80 6 6 2. 68 45, 6 12. 4 6. 16 23. 0 0. 1426 74 .. .. „ „ 37.4 .. 46.8 13.9 6. 50 ) 5 9 1.88 26.4 0 5834 14. 73 5.76 1.49 25.4 0.5218 ) 7 4 1.95 31.6 .. 11. 64 5.50 1. 45 26. 2 7 1 1. 55 .. 0. 1578 11.5 „ 24.0 .. 26.6 5. 84 1. 45 0. 1578 0. 58 7 1 „ 22. 6 1. 16 .. 27.5 12.2 5.03 .. ,, 18. 5 92 1.81 30.6 „ 0. 1098 1 .. 0 3638 11. 1 . , ì „ 5. 17 ,, 7.4 2. 40 •• 0. 50 28."o 0. 3568 1 " 40.4 0. 4806 15.3 6.18 1.88 1 ,, 0.5560 tl 2. 17 2. 32 11.7 0. 1098 1.81 34.4 0. 5287 t| » » • 13.2 5.1 „ 1. 16 19.6 4. 22 tl 0. 1098 24,2 6. 12 0. 94 64 1.37 .. 13.7 •• •• 19.4 190 II vino Jaquez in rapporto coi nostri vini Dopo avere esposto nel presente quadro le oscillazioni massime e minime , che nei loro principali costituenti subiscono i vini di detti co- muni, possiamo averne una media approssimativa , che confrontata con i vini Jaquez, ci darà un’ idea del rapporto di questi , in confronto ai vini dei nostri vitigni. Quadro N. 4. vi O H o Eh O w © C Provincia Comune O H hi § a Eh £ A A A o a ^ En H 3 g o ^ Osservazioni O o < Acidità per « A « £ o 2 A CO (1, H g tó **3 M Ph o co Catania . . Aci- Catena . . . 13.6 7.09 1.77 33.2 0. 3535 I presenti vini della Trecastagne . . 12. 15 6. 13 1.26 21.3 0. 3776 Provincia di Cata- nia, Messina e Si- Zaffetana .... 12.6 6. 18 1,84 25. 25 0. 3020 racusa, sono tutti rossi ed in massi- ma parte da taglio. Misterbianco . . 14. 65 5. 79 1.35 26. 3 0. 3294 Leonforte .... 11,64 6. 34 1.33 26. 85 0. 3811 Viagrande. . , . 13. 15 6. 51 2. 24 34.3 0. 2223 Aci-Reale .... 14. 2 6. 82 — 42. 1 — Motta 15. 19 5.88 1.68 25. 9 0. 5526 Aci-S. Antonio . 12.37 6.37 1.70 28.9 Pedara 11.75 6. 72 1.50 25. 3 0. 1578 Mascalucia . . . 13. 95 6. 22 0. 87 25. 55 Piana J Catania 12.02 5.77 1.23 33.4 0. 3639 Terre \ n . ■ forti / Catama 15.77 6.01 1. 71 26.3 0. 3845 Piana ! Giarre. 13. 8 6.47 — ' 36.7 — Etna j Giarre. 11.6 7.09 1.36 25.40 — Messina . . Milazzo 12. 15 7. 44 1. 15 24. 55 0. 2368 Tutti questi vini, Siracusa . . Fioridia 15. 65 6. 76 2. 14 34 2 0. 4187 sono da taglio. Siracusa 12. 25 — 2. 24 — 0. 3329 Chiaramente . . 14. 35 5. 09 1.98 27. 0 0. 3192 Trapani . . Alcamo 13. 90 6. 29 1.15 21. 8 — I vini della provin- eia di Trapani, so- no tutti bianchi. Media analitica del vino Jaquez Catania . . Acireale 11. 71 6. 92 1. 17 48.15 0. 277 Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 191 Dal quadro precedente si osserva come riguardo alla quantità di alcole, il vino Jaquez uguaglia i vini detti delle mezze montagne , ma è alquanto meno dei vini prodotti negli stessi appezzamenti, come scri- verò a suo luogo. L’ acidità in media, supera quella dei nostri vini. Il cremore può ritenersi pressappoco nelle stesse quantità. L’ estratto nel vino Jaquez è di molto superiore ai nostri vini , che se è un vantaggio considerandolo come vino da taglio, è un gra- ve difetto considerandolo enotecnicamente, per cui mi pare potersi pre- vedere che la fabbricazione di detto vino richiede cure speciali per im- pedire 1’ acetificarsi, fatto che ho potuto constatare , per la facilità co- me questo vino viene ad essere aggredito dal micoderma vini (fatto d’altronde comune ai vini deboli), ma specialmente dal micoderma aceti. Insomma la differenza in più del peso di estratto nel vino Jaquez, non è esclusivamente con i vini provenienti da uve degli stessi appez- zamenti, come a suo luogo feci rilevare, ma fin anco in confronto dei vìdì Siciliani. Vino con aggiunzione di acido tartarico. La presente ricerca fu eseguita, facendo fermentare nelle stesse ed ordinarie condizioni della precedente, aggiungendo prima della fermen- tazione grammo uno di acido tartarico per litro , rimescolando bene la massa. E noto come nel Jaquez, si lamenta in generale, la poca quantità di acido tartarico, per cui il colore del vino riesce losco alquanto. Ora malgrado, come ho dimostrato , nelle nostre contrade il vino Jaquez riesce più ricco di tale acido che i vini nostrali , pure ho vo- luto eseguire tale esperimento, per conoscere la influenza che rag-giun- zione di quest’ acido vi esercita. L’ annesso quadro dà i risultati analitici del vino Jaquez naturale, in confronto di quello trattato con acido tartarico. Atti Acc. — Voi. I, Serie 4a 25 192 Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini Qa Analisi comparativa di vini Jaquez preparati con et<> Pro- vincia Comune Contrada Proprietario Natura del suolo Nome del vitigno Età del vitigno ATA del, ai Catania Acireale Stazione Barone Perniisi Vulcanico Jaquez naturale 3 anni Mafjo 1 » )) )) • )) id. con Acido tartarico )) » )) Faggio Romeo, Gregorio )) Jaquez naturale » » » » » » id. con Acido tartarico ■> Dal quadro si rileva , come 1’ esperienze sono state ripetute per due volte , la prima relativamente all’ ingrande sopra circa 50 lit di vino, la seconda sopra pochi litri, ma con uva di una contrada dh.’sa Riguardo all’ alcole non c’ è da fare osservazione , essendoci. eg- giere oscillazioni fra 1’ una determinazione e 1’ altra. Riguardo all’ acidità si vede, come per 1’ aggiunzione di acidcfcar- tarico questa è aumentata circa grammo 1 per litro e se si fa men- zione alla determinazione nel vino dopo l’ ebullizione , si scorge mie coll’ aggiunzione di acido tartarico, si raggiunge la cifra di aciditàim- messa in media nei vini, mentre nel vino naturale appena vi arrili. Riguardo al cremore si osserva , come nei vini trattati con siilo tartarico , questo sensibilmente aumenta in un caso gr. 0, 25 , i un altro gr. 0, 12. Il Professore Comboni (1) ed il professore Carpenè , avevan os- (1) Degli effetti che produce 1’ aggiunta di acido tartarico al vino. Rivista di Viti ed Enologia italiana — Serie II. Anno IX 1885 pag. 129 e 161. ltura i Il vino Jaqnes in rapporto coi nostri vini 193 5, |' •un e preparati con aggiunzione di acido tartarico. ! OR) DEL VINO Intensità colorante determinata con il colorimetro Salleron Alc O ’S. £ o o 13 m i? G2 m /OLE PI 0 13 r- « O 3 1 et et < m R °/o 1 io 13 t— I Ph. n 4" O O m 0 13 ctì Ph*3 Acidità per 02 c ^ •2 S totale litro 13 C 0 P< N 0 ^ 0 M 13 Cremore per litro Estratto per litro Anidride solforica PER LITRO Peso specifico DEL VINO o, c o violaceo 5° violetto rosso 40 10.9 11.2 0. 9852 7.75 6. 13 1. 30 69.6 0. 7060 1. 0021 ), vi ìtto intenso 5° violetto rosso 32 10. 6 10. 8 0. 9852 9. 35 7.88 1 . 55 36. 6 0. 7965 1.0024 o co violaceo rosso 26 13.4 13. 77 0. 9814 6.83 5. 47 1.23 37.0 0.3158 0. 9981 i ossc /ioletto 5° rosso violetto 45 13.9 14.0 0. 9803 7.38 6.39 1.35 32.2 0. 3639 0. 9973 '.rv;o precipitazioni anormali di cremore, provocate da aggiunzione di cid tartarico nella soluzione di enocianina commerciale e nel vino , i’ ai il Prof. Comboni veniva alle seguenti conclusioni. 1. L’ acido tartarico trasforma tutti i sali di potassio , che non oncj tartrati in tartrato acido di potassio, il quale si separa precipi- tine per la sua poca solubilità ; la stessa sorte subiscono i sali di ale e magnesio. 2. L’ aggiunta di acido tartarico al vino determina precipitazione U1 dmore e di tartrati terrosi a spese degli ossidi corrispondenti che jeì ino sono combinati con acidi diversi dal tartarico. à queste conclusioni mi pare potersi fare risalire la causa di au- 1110111 di maggiore quantità di cremore nel vino trattato con acido nirtdeo, è vero che il Prof. Comboni riporta analisi di vini, nei quali 1 è Sterminato il cremore prima e dopo 1’ aggiunzione di acido tarta- 1 i^o. dalle quali non si rileva chiaramente lo aumento nel cremore in ;du one nel vino, ma forse potrebbe benissimo darsi questo fatto, di- 194 II vino Jaquez in rapporto coi nostri vini penda piuttosto della qualità e condizioni in cui si trovava il vino su cui si sperimentava , infatti la esperienza fu fatta sopra vini , mentre nel presente caso fu eseguita sopra mosti prima della fermentazione , circostanza che potrebbe molto agevolare la soluzione della neoforma- zione di cremore e v’influirebbe molto la temperatura, infatti dice come la cristallizzazione del cremore dopo aggiunzioni di acido tartarico av- viene, per 1’ enocianina a qualunque epoca dell’ anno, mentre per i vini le condizioni più opportune sono alla temperatura media di + 8° ; co- sicché d’estate occorre il raffreddamento artificiale' per ottenere la cristal- lizzazione, mentre d’ inverno basta la semplice esposizione all’ombra-, per alcuni tipi di vino come il Raboso, e per 1’ enocianina ancora, il feno- meno può aver luogo anche negli ordinari ambienti ove la temperatura non è mai inferiore a + 12°, e può salire a + 17° (1). Nelle condizioni climateriche dove ci troviamo adunque pare , che realmente coll’ aggiunzione di acido tartarico nei vini una certa quan- tità di cremore formatosi deve restare disciolto nel vino istesso per la semplice azione della temperatura , fatto che spiega il motivo per cui bisogna in estate raffreddare il vino, per ottenere la precipitazione del cremore, attesocchè il cremore formatosi per aggiunzione di acido tarta- rico, deve necessariamente trovarsi in soluzione. Questi fatti certo hanno importanza enotecnicamente e forse a que- ste condizioni si deve , oltre la maggiore quantità di alcole, la causa per cui i vini dell’ alto continente in massima, contengono più cremore dei vini meridionali , specialmente siciliani. I vini dell’ alto continente contengono più acido tartarico libero, quelli meridionali assai meno, per* cui si avrebbe continua formazione di cremore nei primi, del quale porzione precipita e porzione resta in soluzione , che vi si mantiene perchè relativamente V alcole è in minore quantità. A queste cause cre- do attribuire la maggiore quantità di cremore nel vino Jaquez, trattato con acido tartarico, infatti mi sono accorto , come avendo eseguite fer- mentazioni in vasi di vetro , coll’ aggiunzione di acido tartarico si for- mava abbondante precipitato di cremore, decisamente in forma di pol- (1) Opera citata pag. 162. Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 195 vere cristallina, fatto che non accadeva in esperienze normali e di con- trollo. Riguardo 1’ estratto secco risulta, che i vini trattati con acido tar- tarico, contengono estratto assai meno dei vini naturali, raggiungendo la rilevante cifra in meno, in un caso di gr. 33,0 e gr. 4,8 per litro in un altro caso, cifra rilevante, specialmente considerando essere in massima parte sostanze albuminoidi coagulate , in altri termini la coa- gulazione e precipitazione di dette sostanze, essendo un benefizio che si apporta al vino, l’ aggiunzione di acido tartarico, anche che tale modifi- cazione solamente vi apporterebbe, è raccomandabile quando il bisogno lo richiederebbe. L’ anidride solforica è leggermente aumentata nei vini trattati con acido tartarico, pare quindi che tale aumento provenga addirittura da impurità di acido solforico che trovasi nell’ acido tartarico. Proprietà organolettiche. I nostri vini di Nerello, godono la proprietà di possedere un sa- pore neutro. Il peso dell’estratto ed il volume dell’ alcole è piuttosto ele- vato. Il loro colore è intenso ; proprietà tutte che li rendono atti al taglio. I vini Jaquez non solo possedono quasi tutte le stesse proprietà, ma riguardo al colore, sono di molto superiori. La intensità colorante dei vini Nerello, è ben difficile determinar- la, per la difficoltà di avere una soluzione titolata di confronto, quindi hon si può adoperare il colorimetro Duboscq — I vini suddetti oltre l’enocianina tengono disciolta una materia colorante gialla per cui la intensità colorante tende al ranciato ; per la stessa ragione il vino-co- lorimetro Salleron, non raggiunge completamente lo scopo (1). (1) Raramente s’ incontrano vini nerello con colore violetto, malgrado coltivate in contra- de poco distanti dalle prime; fatto che anche è dipendente dalle circostanze climateriche. I vini da taglio della provincia di Siracusa, comune di Comiso, Vittoria, Pachino ecc. pro- venienti dal vitigno Frappato e quelli della provincia di Messina , comune di Milazzo prove- nienti dal vitigno Nocera si trovano frequentemente di colore rosso violetto che il commercio conosce sotto -il nome di vini con schiuma rossa, vini che sono più rari in provincia di Cata- nia, comune Riposto, Mascali, Giarre, Aci-Reale ecc. 196 Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini Per evitare tali inconvenienti ho aggiunto ogni 10 c.c. di vino qual- che goccia di acido solforico monoidrato , così ho portato 1’ acidità to- tale a 20 grammi per litro, calcolata come acido tartarico; tale aggiun- zione è necessaria, per averne un vino di acidità costante in ogni caso, essendo noto che quando più i vini sono acidi, altrettanto sembrano me- no colorati, fatto che si rileva financo nei vini gessati i quali per ta- le operazione aumentando generalmente di titolo acidimetrico, acquistano l’ aspetto di essere meno coloriti dei non gessati (1). L’ aggiunzione di acido solforico, modifica in certo qual modo Fin- conveniente del colore ranciato, che volge alquanto più al violetto, ma non raggiunge perfettamente lo scopo, pur non dimeno possono eseguir- si i confronti. Il colorimetro adottato, è stato il vino-colorimetro Salleron. Se si confronta la intensità colorante dei vini nostrali con quelli di Jaquez (Vedi Quadro 1. Analisi chimica dei mosti e vini di Jaquez comparati ai mosti e vini di vitigni indigeni) si rileva, come il Jaquez raggiun- ge un massimo di 4° violetto rosso 22 ed un minimo di rosso 26 (2) mentre i vini Nerello appena oscillano fra un minimo di 3° rosso 384 ed un massimo di 3° rosso 171. In altri termini abbiamo, che fra il massimo del Nerello ed il massimo del Jaquez, quest’ ultimo è colora- to, in cifra rotonda, cinque volte di più e fra il massimo del Nerello ed il minimo del Jaquez, quest’ ultimo è colorato tre volte in più. Passando ora alla colorazione dei vini trattati con acido tartarico, si rileva come nel primo caso dei vini del Sig. B.ne Perniisi, vi è po- ca o nessuna differenza del secondo, quello naturale lo troviamo di co- lore rosso, che ci rappresenta il termine minimo di colorazione per i vini Jaquez, mentre in quello trattato con acido tartarico, non solo si è sviluppato il colore violetto, ma contemporaneamente la intensità co- lorante è aumentata di qualche grado. (1) Questo fatto prova la insussistenza di quanto asseriscono quelli clie gessano , cioè 1’ aumento di colore con la gessatura ; qualche volta la gessatura influisce a fare piuttosto sviluppare il colore violetto, ma la intensità colorante è sempre minore, ma più brillante. (2) Da questi dati si sono esclusi il vino Jaquez proveniente da viti di primo anno di pro- duzione e 1’ altro proveniente da Comiso, perchè acidificato e la materia colorante si è preci- pitata. Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 197 Quest’ azione apparentemente differente nelle due esperienze, quasi nulla nella prima, e molto spiccata nella seconda, pare che lascerebbe sospettare come incerta l’ azione dell’ acido tartarico sullo sviluppo della materia colorante, ma questo fatto dipende solamente, che il mosto della la esperienza conteneva acidità gr. 10, 16 ed il vino risultatone gram- mi 7, 75, mentre quello del Sig. Romeo impiegato nella seconda espe- rienza segnava solo gr. 8, 25 il mosto, e gr. 6, 83 il vino, per cui 1’ aggiunzione dell’ acido tartarico nel primo caso fu quasi di effetto ne- gativo sulla materia colorante, perchè il vino naturalmente ricco di aci- dità, nel secondo di effetto decisamente favorevole, sullo sviluppo d’ in- tensità della stessa (1). In ogni caso però fu di grande utilità , perchè nel primo giovò moltissimo alla precipitazione delle sostanze albuminoidi, e nel secondo non solo alla limitata precipitazione delle sostanze albuminoidi, ma ben anco ad aumentare le sostanze coloranti. E ancora degno di osservazione, come al colorimetro si rileva la materia colorante gialla nel vino Jaquez naturale Romeo , mentre non esiste in quello con aggiunzione di acido tartarico ed in quello naturale e con acido tartarico del Sig. Perniisi, così pare che realmente 1’ acido tartarico abbondante è quello, che impedisce la formazione di detta ma- teria colorante. Mi è stato dato pure osservare , come il vino naturale di Jaquez, in bottiglie dimezzate, acquista presto 1’ odore ed in qualche modo ac- cenna al sapore dei vini di Marsala, gusto comune che acquistano anche i nostri vini comuni dopo qualche anno o lasciati in bottiglie dimezzate mentre i vini con acido tartarico aggiunto, messi in identiche condizio- ni, non solo non acquistano, ma conservano più facilmente quel sapore fresco di vino nuovo e sviluppano un profumo ben differente dei primi. Il vino naturale facilmente volge all’ aceto e vi si sviluppa la fio- retta, 1’ altro con acido tartarico resiste più facilmente. In massima dunque l’aggiunzione di acido tartarico al mosto Ja- (1) Questo fatto proverebbe come F aggiunzione di acido tartarico nel mosto Jaquez, non può affermarsi in senso assoluto, ma relativamente alla quantità dello stesso contenuto nel mosto. 198 Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini quez pare sia raccomandabile, specialmente quando è deficiente, quando le sostanze albuminoidi siano troppo eccessive e quando si vuole au- mentare la materia colorante, rendendo il vino di aspetto più brillante, attesocchè l’ esperienze con acido tartarico , nell’ un caso e nell’ altro , quantunque assai meno nel primo , hanno fatto aumentare il colorito vivo brillante. L’aggiunzione dell’ acido tartarico non produce una spesa troppo grave, attesocchè il suo valore medio è di L. 5, 00 ogni chilogrammo; aggiungendone gr. 1 per litro basterebbe per 10 ettolitri quindi una spesa di cent. 50 ad El. (1). Resterebbe a dirsi qualche cosa sopra la degustazione di detti vini Jaquez. Potrei assicurare di avere incontrato in massima favorevole acco- glienza, presso i produttori di vino da taglio, ma essendo stato spedito dal proprietario Sig. B.ne Perniisi di Fioristella, sia il vino naturale co- me quello con acido tartarico, alla società generale dei Viticultari Ita- liani in Roma , credo utile riportarne il giudizio datone con lettera del 29 Febbraio 1888 N. 4094. “ Jaquez naturale coloratissimo e di gran corpo , gran stoffa per “ vino da taglio, ma si sente odore di muffa, infine ha un amarognolo “ poco gradevole. “ Jaquez tartarizzato con un grammo per litro gran stoffa come “ sopra, non ha profumo disgradevole, però si sente leggermente il foxé “ dell’ uva americana, infine lascia un leggiero sapore amarognolo. “ I vini sono ancora troppo giovani per darne un giudizio defìni- “ tivo, miglioreranno sicuro in avvenire perdendo un po’ il carattere del- “ V uva americana. “ Il tipo potrà convenire principalmente tagliandolo come vino “ appena fatto con altri vini deboli e di poco sapore. “ Con tutta osservanza Il Segretario Generale G. B. Cerletti „ (1) L’ acido tartarico si deve aggiungere in polvere , prima della fermentazione e poi rimescolare il mosto. Il vino Jaquez in rapporto coi nostri vini 199 Dalla trascritta lettera si rileva come i difetti trovati nel vino Ja- quez naturale , sono assolutamente estranei al vino istesso , ma dovute sia alle bottiglie malamente lavate, sia ai tappi ecc. , infatti prelevan- do il saggio della massa non si avvertono affatto. Il leggero foxé (volpino) , che si avverte nel vino trattato con a- cido tartarico , credo che in parte si deve a quest’ aggiunzione , atte- soché agendo sulla formazione degli eteri e sulla materia colorante della buccia, ha fatto sviluppare leggermente il sapore caratteristico di uva americana , ma è d’ avvertire che detto sapore è pochissimo ap- prezzabile, in modo che un gusto delicato solamente può avvertirlo, per cui si può ritenere di sapore quasi neutro , che nel vino non tartariz- zato è appena apprezzevole. Conchiudendo adunque dall’ assieme mi pare potersi dedurre come la vinificazione dell’uva Jaquez, malgrado le cure ed i miglioramenti speciali che potrebbero introducisi, pure mi pare potersi dire riuscita e che nell’ assieme la produzione vinifera di questo vitigno può avere un grande interesse ed un avvenire nella produzione dei vini da taglio della Sicilia. Laboratorio chimico delia R. Scuola Enologica Catania 2 Agosto 1888. Usarne batterio scotico dell’ acqua minerale di Paterno Memoria del D.r SALVATORE ARAMS. Lo studio delle acque minerali ha preso oramai uu grandissimo svi- luppo e le applicazioni terapeutiche delle stesse sono tanto generalizzate, in rapporto alle proprietà chimiche, che si vanno scoprendo nella esatta analisi di esse. La nostra Isola e la nostra provincia in particolare , posta sopra un terreno vulcanico in piena attività, è ricca di sorgenti di acque mi- nerali importantissime e che dovrebbero esser maggiormente usate per- chè non inferiori, sia a quelle che rinvengonsi nel continente Italiano , sia a quelle delle altre parti della terra. Però la loro composizione chimica e quindi le possibili ed utili loro applicazioni alla cura delle diverse malattie, non sono conosciute che da poco tempo e precisamente sin da quando 1’ egregio Prof. Silvestri ne eseguì le accurate analisi , svelando proprietà sin’ allora sconosciute e rinvenendovi sostanze mai da alcuno intravedute e tali da renderle su- periori alle acque estere rese già famose per le prodigiose cure e che ci vengono perfino imbottigliate per 1’ uso terapeutico. Una di tali acque è quella che scaturisce in più sorgenti in uno spazio relativamente limitato nella vicina Città di Paterno. Come risulta dal lavoro dello stesso Prof. Silvestri, pubblicato negli Atti di questa Accademia nel 1882, sebbene essa godesse già una certa fama sin da tempi antichissimi, quando le deduzioni scientifiche non erano basate che sui fatti empirici grossolanamente osservati dai medici pratici, non essendo ancora la chimica sviluppata in scienza e quindi in istato di fornire dati positivi , pure la sua composizione non era esattamente conosciuta. E sebbene molti autori siciliani delle varie epoche si sieno intrat- tenute sulle proprietà dell’ acqua di Paterno , sotto il nome di acqua Atti Acc. — Voi. I, Serie 4* 26 202 Esame battcrioscopico dell’acqua minerale di Paterno grassa o acqua del fonte Maimonide, non uno ebbe mai la felice idea di studiare con esattezza le proprietà di essa, nè potè quindi ricevere quelle applicazioni dettate dalla scienza e per le quali potrebbe riuscire preziosa. Oggi stesso, trasportata in Catania e messa in vendita in tutti gli spacci di acqua, viene bevuta solo come una bevanda acidula e gassosa di gusto piuttosto piacevole , anziché a scopo curativo. Nè di questo possiamo darne colpa ai medici , poiché spesso un rimedio , perchè di facile acquisto e perchè non circondato dal mistero di una preparazione lunga e più o meno segreta non sa guadagnare la fiducia dell’ am- malato. È ben vero però che l’ acqua di Paterno, come viene raccolta, tra- sportata e spacciata in Catania, non conserva che pochissime delle sue principali proprietà , come potè constatare il Prof. Silvestri e come ri- sulta anche da queste ricerche batterioscopiche da me eseguite. I campioni di acqua da me analizzata non furono raccolti nella sorgente pubblica, quella che trovasi, cioè , nel piano della Salinella e nella quale per la grande affluenza di persone che vanno a bevere 1’ ac- qua e che spremendovi del limone, per produrre una effervescenza più sensibile, ne buttano le bucce nella fonte medesima, ho creduto dovesse trovarsi carica di un numero maggiore di batterii. Mi sono servito invece di campioni di acqua raccolti nella sorgente che sgorga in mezzo del giardino attiguo allo stesso piano della Sali- nella, di proprietà del Prof. S. Tomaselli, a circa 200 metri dalla pri- ma e ad un livello superiore di circa 15 metri. Essa sgorga nel mezzo del giardino coltivato ad agrumi formando un leggero abbassamento del terreno che finisce in una specie di vasca rettangolare di circa m. 1 con m. 1,50. Ad est, in vicinanza al lato co- struito in muratura vedesi sviluppare una forte effervescenza con grosse bolle gassose che vengono alla superficie e formano sull’acqua, a tempo sereno, uno strato di acido carbonico, facilmente riconoscibile coll’avvi- cinarvi un solfanello acceso , il quale si spegne a circa 6-8 cm. dalla superficie dell’ acqua. La composizione chimica dell’ acqua di questa sorgente quale fu Esame batterioscopico dell' acqua minerale di Paterno 203 determinata dal Prof. Silvestri non differisce gran fatto da quella delle altre ed è la seguente : Anidride carbonica libera grammi 2,0780 Ossigeno : n 0,0012 Azoto n 0,0031 Bicarbonato di Sodio n 0,8933 Bicarbonato di Potassio ri 0,0230 Bicarbonato di Magnesio 3? 0,5240 Bicarbonato di Calcio 33 0,4805 Bicarbonato di Stronzio 33 tracce Carbonato Ferroso. : 33 0,0436 Carbonato Manganoso 33 tracce Solfato di Sodio 33 0,0585 Fosfato di Sodio 33 0,0063 Cloruro di Sodio 33 0,1158 Allumina 33 0,0045 Anidride Silicica ri 0,1170 Materia organica 33 tracce. L’acqua da me esaminata fu raccolta il 21 marzo con una tem- peratura ambiente di 19°, mentre quella dell’acqua marcava 18°, 2, in recipiente perfettamente sterilizzato, avendo cura di prenderla verso la parte ove maggiore notavasi l’ effervescenza e quindi il più vicino pos- sibile al punto di sgorgo. Trasportata subito in laboratorio ne innestai cinque tubi di gela- tina nutritiva con 1 c. c. ciascuna che spalmai quindi in lastre di vetro sterilizzato e posto in camera umida, curando di preparare contempora- neamente una lastra di prova con sola gelatina e così la lasciai alla temperatura ordinaria di circa 17° osservando ogni giorno lo sviluppo delle colonie dei microrganismi contenuti. La stessa operazione praticai col medesimo campione i giorni suc- cessivi preparando ogni giorno cinque lastre per poter studiare la pro- porzione con la quale si moltiplicavano i microrganismi in seno del- 1’ acqua. 204 Esame batìerioscopico dell’acqua minerale di Paterno Ecco quanto risultò da queste osservazioni. 1. Innesto, 22 Marzo. La gelatina non presentò sviluppo di colonie per i primi quattro giorni, mantenendosi intatte nelle lastre innestate, come in quella di prova. Al quinto giorno le portai fuori della camera umida e potei con- tare : nella la lastra . 3 colonie (nessuna fondente). Oa 77 " 77 ' . 1 n 55 55 OH n ° » ’ . 3 n 55 55 A a 77 ^ 77 • . 2 T) 55 55 77 ° 77 ' . 4 » (una sola fondente). Al sesto giorno: Nella la lastra * . . 3 colonie (nessuna fondente) Oa 11 ^ 11 ’ * . 3 r) 55 55 qa 77 ° 77 ' . 5 » (una fondente) 4_a 77 77 ‘ . 8 (due fondenti) 11 ° 11 ’ . 10 T) (due fondenti). Al settimo giorno: Nella la lastra . ^ 4 oolonie (nessuna fondente) oa 77 ù 11 ' . 5 V) (una fondente) Da 77 ° 77 * . 7 ?? (una fondente) A a 77 ^ 77 * . 10 n (due fondenti) Ka 77 ° 11 * w . 15 55 (quattro fondenti). All’ottavo giorno : Nella la lastra . . . 5 colonie (una fondente) O a 77 " 77 * 5 » (una fondente) 3a . . . 8 55 (una fondente) 4a 77 ^ 77 ' . 15 55 (tre fondenti) 11 ° il * . 20 55 (quattro fondenti). 2° Innesto fatto quattro giorni dopo raccolta V acqua — Essa con tiene ancora una forte dose di acido carbonico libero in soluzione, per- chè tenuta strettamente chiusa con forte tappo di sughero. Le lastre di gelatina per i primi 2 giorni si conservano intatte , senza mostrare lo sviluppo di alcuna colonia del pari che la lastra di prova; al terzo giorno si osserva inizio d’ una colonia nella prima e nella terza lastra. Esame balterioscojjico dell’acqua minerale di Paterno 205 Al quarto giorno : Nella la lastra 2a 3a 4a 5a 3 colonie (nessuna fondente) 1 „ (nessuna fondente) 2 „ (nessuna fondente) nessuna colonia 2 colonie (nessuna fondente). Come pel primo innesto anche pel secondo, nei giorni successivi lo aumento si mostra minimo, tralascio quindi di notare le osservazioni gior- naliere e mi limiterò a notare che all’ottavo giorno dall’innesto si pote- vano appena contare : nella prima „ seconda „ terza „ quarta „ quinta lastra » T) r) 7 colonie (2 fondenti) 6 „ (2 fondenti) 4 „ (1 fondente) 6 „ (2 fondenti) 6 „ (2 fondenti) sulla gelatina di prova si era intanto sviluppata una colonia di muffa non fondente. Nello stesso tempo intrapresi un’altra serie di esperienze per po- ter constatare la differenza che presentava, sotto l’ aspetto batteriosco- pico l’ acqua raccolta in recipiente sterilizzato, come quello di cui sopra è parola, e l’acqua raccolta nei recipienti non sterilizzati, ma solo la- vati ripetutamente con acqua ordinaria. Di questo secondo campione feci cinque lastre-culture, contempora- neamente alla prima delle superiori e dopo 48 ore cominciò a vedersi 1’ inizio di sviluppo di parecchie colonie, che non contai subito per non esporre la lastra all’aria e per aspettare se ne sviluppassero altre nei giorni successivi — Al quarto giorno però vedendo abbastanza svilup- pate quelle che si erano formate e non scorgendo negli intervalli altri nuovi punti passai alla loro numerazione : la prima lastra portava 27 colonie la seconda „ 35 „ la terza „ x> 31 „ la quarta „ T) 25 „ la quinta „ 'il 28 „ In media dunque si aveva 29 colonie di microrganismi per c. e. 206 Esame ha tterioscopico dell' acqua minerale di Paterno Rifeci ancora, l’ innesto dell’ acqua presa in recipienti non steriliz- zati il 31 Marzo, Yale a dire 10 giorni dopo raccolta ed ebbi i risul- tati seguenti dalla numeraria della colonie: prima lastra 857 colonie seconda 77 884 77 terza n 730 77 quarta 77 810 77 quinta 77 790 77 In media 810 colonie per ogni c. c. Tanta differenza nel numero dei microrganismi basta a provare eli’ essi vengono introdotti in essa dai recipienti stati lavati molto bene sì, ma non sterilizzati e dall’ aria che vi viene a contatto. Ma è certamente affermato d’ altra parte che 1’ acqua minerale, quale scaturisce dalla sorgente, è priva di qualsiasi microrganismo e che qual- cuno dei pochi sviluppato, come vedremo deve esservi caduto dall’ aria nella fonte in cui essa sgorga e continuamente scorre. Or cercando nella composizione chimica dell’ acqua medesima fra i corpi che vi abbondano e che potrebbero avere azione sullo sviluppo dei microrganismi, non vi ha che la forte dose di acido carbonico, e di carbonato ferroso, poiché tutte le altre sostanze sono contenute in tutte le acque potabili, che pur tanto numero di microrganismi contengono. In quanto riguarda 1’ acido carbonico e la sua azione sui micror- ganismi delle acque non ho creduto necessario istituire delle esperienze dappoiché tale lavoro è già stato eseguito dall’ egregio D.r Teodoro Leone, il quale con numerosi ed adatti esperimenti ha provato che lo acido carbonico nelle acque impedisce lo sviluppo dei microrganismi, e quindi la sua presenza nell’ acqua minerale di Paterno può benissimo spiegare lo scarsissimo numero di colonie sviluppate nelle sue culture. Tuttavia ho voluto anche sperimentare , se per caso la presenza del carbonato di ferro non avesse anche influenza sui microrganismi ed a tale scopo preparai delle lastro-culture con acqua potabile e con la stessa acqua tenuta a contatto con del carbonato di ferro. L’ acqua sola sviluppò a capo di 48 ore 322 colonie di micror- ganismi per ogni c. c. e quella trattata con il carbonato 342. Esame hatterioscopico dell'acqua minerale di Paterno 207 Rifatto l’ innesto nei giorni successivi degli stessi campioni che ave- vo lasciato in recipienti chiusi con tappi di ovatta, per osservare se la moltiplicazione dei microrganismi presentasse alcuna differenza nell’ una e nell’ altra , potei constatare che il loro aumento si verificava , quasi nelle medesime proporzioni, tanto nell’ acqua pura, quanto in quella con- tenente il carbonato di ferro. Esclusa con ciò l’azione sui microrganismi delle sostanze contenute nell’ acqua esaminata rimane indubitato che solo 1’ acido carbonico con- tenutovi in tanta copia impartisce ad essa la proprietà di non lasciarsi inquinare dalla presenza di numerosi microrganismi. Passando ora alla determinazione delle specie rinvenute nella me- desima acqua delle quattro colonie che si erano sviluppate nella lastro- cultura, dopo cinque giorni dall'' innesto, tre non fondevano la gelatina e solo uno aveva proprietà fondenti. Le tre prime erano infatti formate da due specie di muffe, che ritengo cadute accidentalmente dall’ aria — La quarta fondente era for- mata da una colonia rotonda di un colore giallo-verde fluorescente che esaminata attentamente potei determinare pel bacillo verde fondente la gelatina e corrispondente in tutto a quello descritto dal Prof. Fremont e dallo stesso trovato nella sorgente Puit-Chomel delle acque di Yichy. E pér confermare' sempre meglio tale determinazione, misi in espe- rimento questo babillo e potei constatare le sue proprietà, di liquefare, cioè, l’albumina dell’uovo coagulata, trasformandola in peptone. L’ acqua di Paterno, adunque, non solo in rapporto alla compo- sizione chimica, ma ben anco dal lato batterioscopico presenta grandis- sima analogia con le acque di Yichy. Questo fatto è di importanza grandissima, poiché si sa che la dif- ferenza di composizione fra le acque delle varie sorgenti di Yichy es- sendo poco significante, non darebbe ragione della loro diversa azione terapeutica, differenza che si spiega benissimo , tenendo conto dei mi- crorganismi contenuti solo da alcune di esse e non contenute da altre. Dalle superiori esperienze risulta dunque, che abbiamo tanto vicino a noi una sorgente di acqua minerale che può sostituire perfettamente quella di una sorgente rinomata e che noi medici siamo abituati a pre- 208 Esame batterioscopico delVacqiia minerale eli Paterno scrivere, convinti ch’essa debba certamente perdere alcuna delle sue pro- prietà, sia nel lungo viaggio , sia nei magazzini degli spacciatori , ove spesso anche per anni stanno in deposito le bottiglie. D’ altra parte sarebbe utile che tutti i medici sperimentassero in larga scala gli effetti terapeutici di tale acqua , raccolta con le debite cautele,, in modo che conservi tutti i suoi principii allorquando viene amministrata e ciò dico, perchè, come sopra abbiamo veduto, l’acqua a misura che perde 1’ acido carbonico da essa contenuto, si rende atta allo sviluppo di un numero considerevole di microrganismi. Per provare poi il deterioramento che soffre 1’ acqua allorquando, raccolta senza alcuna cautela ci viene trasportata dalla sorgente, ho vo- luto sperimentare sull’ acqua che si vende in Catania nei chioschi, ove suole beversi come semplice bevanda leggermente acidula piuttosto che a scopo terapeutico. Già. il Prof. Silvestri, eseguendone 1’ analisi chimica, aveva notato che 1’ acqua di Paterno comprata in uno di quei chioschi non conteneva più traccia di acido carbonico libero, nè di ferro. Io, facendone le culture nella gelatina ho potuto assicurarmi che essa sviluppa un numero grandissimo di microrganismi (in media 1600 colonie per c. c.) Dopo ciò non so terminare la presente nota senza augurarmi che presto si pensi a far arrivare nella nostra città dell’ acqua minerale , raccolta in recipienti sterilizzati e condizionata in modo da conservare perfettamente la sua composizione, e son sicuro che potremo ottenere, col suo uso, degli effetti terapeutici sorprendenti. Dai Laboratorio Chimico-batterioscopico dell’ Istituto di Clinica Medica. IL VA1V0L0 E LA VACCINAZIONE Comunicazione preventiva del Professore PRIMO FERRARI. Sebbene sin dalle più vetuste età siasi riposto il contagio in es- seri organizzati sospesi nell’ aria, e nell' acqua, pure questa idea venne più specialmente fecondata , e passò nel dominio dell’ osservazione, al- lorché la combinazione delle lenti venne ad accrescere i poteri ottici ed a fornire un mezzo più acconcio allo studio diretto di questi infimi organismi. Cosicché oggi s’è inaugurata una scienza, che appellasi batteriologia , e che si occupa appunto dello studio della morfologia , e biologia di questi microrganismi, che ormai 1’ osservazione microscopica , fatta spe- cialmente con potenti ingrandimenti, li ha disvelati non solo nel suolo, nell’ aria e nell’acqua, ma eziandio nelle più segrete vie dell’organismo animale , dove ora albergano siccome innocui , e tal’ altra come nocivi organismi d’onde la distinzione di loro in patogeni , e non patogeni. Essendo pertanto il vainolo malattia eminentemente contagiosa e diffusibile, e dandosi la dolorosa circostanza che oggi affligge da molto tempo questa nobile città , ho sentito imperioso il dovere di occuparmi delle opportune ricerche sulla vera essenza , e proprietà patogena del virus che individualizza il male in discorso, sopratutto come insegnante la specialità dei morbi cutanei in questo illustre Ateneo. Anzi le mie ricerche sono state dirette pure sul virus vaccinico , affine di rilevarne meglio le sue proprietà profilattiche. Il materiale per questi miei esami m’ è stato procurato dal mio egregio amico e collega dott. Rocco Pisano, che attualmente è il medico del Lazzaretto pei vaiuolosi. Laonde entrando in materia stimo non inutile prima ricordare le ricerche già fatte, onde meglio appariscano le mie conclusioni. Coze, e Feltz ’) (1866) costatarono nel sangue dei vaiuolosi dei Atti Acc. — Voi. I , Serie 4' 27 210 11 vainolo e la vaccinazione piccolissimi batterii riuniti a corona, e più tardi (1872) ne precisarono meglio i loro caratteri , nel tempo che riscontrarono questi stessi mi- crorganismi nella linfa di una pustola non purulenta. A lato dei micro- cocchi. (0, 4 y diami) segnalarono pure dei bacilli (1, 2 y lungi) Intanto Chauyeau 2) (1868) dimostrò la natura granulare del vi- rus vaccinico, dacché filtrato sulla porcellana perdeva ogni sua proprietà e la verità di questo fatto venne accertata in prosieguo da altri osser- vatori, come da Keber, Becham, Fede e Yernicchi. Keber 3) (1868) trovò nel sangue dei vaiuolosi, e nella linfa delle pustole, oltre dei globuli sanguigni , dei nuclei , dei piccoli granuli , e delle cellule contenenti dei granuli simili a quelli liberi , divenuti tali per la rottura di esse. Anco Hallier, e Zurn (1872) osservarono nelle pustole vaiuolose delle pecore, delle vaccine, e degli uomini dei micror- ganismi caudati , quasi piriformi , vaganti , ed agguantisi come una trottola. Hallier e Zurn ‘) (1868) rinvennero nelle pustole vaiuolose delle pecore, e delle vacche, come in quelle degli uomini certi microrganismi caudati, che somigliavano ad una pera, erranti, e moventisi a guisa di trottola. Respirando il liquido dove erano codesti elementi si produsse un catarro bronchiale, con escreato bianco, e nel quale stavano egualmente gli stessi microrganismi. Baudorin 5) (1870) vide nel sangue dei vaiuolosi degli elementi mobili, oblunghi, uniti a due, a tre. Le culture fatte secondo le formule di Hallier nei tubi di Pasteur non dettero alcun resultato. Weigert 6) (1871) costatò nelle pustole del vaiuolo dei corpuscoli piccoli, rotondi, che resistevano alla soluzione di ac. acetico, e soda cau- stica , carattere unico, allora secondo Reklinghausen per distinguere i batterii dalle altre sostanze. Il prof. Golgi 7) (1873) oltre 1’ osservazione microscopica tentò delle culture, ed ottenne dalle colonie di granuli splendenti, molto refrangeuti la luce, e dei filamenti micelici di forma e grossezza differente. Eguali resultati ottenne pure dalle culture del sangue degli affetti da moccio , tifo, pellagra, e d’ individui sani. Chon 8) (1872) ci ha descritto sotto il nome di micrococcus vac- Il vainolo e la vaccinazione 211 cince elei batterli rotondi, riuniti a corona, o in piccoli ammassi, che os- servò nella linfa delle pustole vacciniche dell’uomo e degli animali, co- me pure dei simili batterli nei capillari del fegato , e dei reni dei va- iuolosi. Zulzer 9) (1873) rinvenne gli stessi microrganismi nella capsula dei glomeruli dei reni , e nella tunica muscolare dei grossi vasi , e un poco più tardi Weigert mercè la colorazione dell’ emtosilina rilevò am- massi di batteri nelle pustole, nei capillari sanguigni del fegato, della milza, dei reni, e non sa bene se negli stessi capillari sanguigni, o lin- fatici delle glandule linfatiche. Klebs 10) (1879) ebbe a confermare le antecedenti osservazioni nel- la linfa vaccinica, e della pustola vaiuolosa. Però nota che li vide que- sti microrganismi sotto forma sferica in ogni tessuto, tantoché propose chiamarli mìcrosj)ore. Soltanto li allevò uniti a quattro a quattro nel muco tracheale di un vaiuoloso, e nella vacca inoculata col vainolo. Schwmmer 1!) (1880) vi rinvenne dei micrococchi tanto nella pu- stola che nel sangue. Renault (1881) avvertì nella zona perinucleare delle cellule mal- pighiane numerosissime sferule brillanti , che provocato dall’ afflusso di liquido nelle cellule stesse queste scoppiavano, rendendo libere le dette sferule. Raymond 12) (1882) osservò dei micrococchi nelle vescicole san- guigne di un morto per vaiuolo emorragico. Epinger 13) (1884) vide delle cellule granulose nelle placche grige, o grigio-giallastre che si formano nella laringite vaiuolosa. Quist 1J) (1883) dice aver coltivato del vaccino nel siero del san- gue di bove addizionato con la glicerina , ed avere ottenuto di lì ad 8-10 giorni una sottil pellicola formata da micrococchi, che inoculata ad un- fanciullo ebbe una pustola vaccinica. Dice però Macé , che nes- suno altro autore ha potuto confermare questo. Cornil e Babès 1o) (1883) trovarono dei micrococchi nelle lacune del corpo mucoso delle papule vaiuolose. Bareggi 1G) (1884) fece delle osservazioni microscopiche, e delle culture non che delle inoculazioni sul virus vaiuoloso , ed osservò dei 212 Il vainolo e la vaccinazione micrococchi simili alla microsfera di Chon, e alla microspora di Klebs nell’ umore delle pustole, nel sangue, nei parenchimi di diversi visceri , e nelle cellule embrionarie (leucociti , cellule linfatiche delle glandule linfatiche e della milza, cellule embrionarie dello strato profondo dell’e- pidermide e degli epiteli). Yoigt *') (1885) isola dal vaccino tre specie di micrococchi. La 'prima non liquefa la gelatina, e risulta di cocchi spesso riuniti in due, che nelle culture sulle piastre , dànno luogo a colonie grigiastre circo- lari. Innestata sulla gelatina forma una sottil pellicola alla superficie , ed un leggiero intorbidamento nel tubo. L’ inoculazione di una cultura pura conferì al vitello l’ immunità al vaiuolo. La seconda specie , che non è costante, è formata da grandi cocchi, che originano una cultura granulosa, verdastra, che liquefa la gelatina. La terza specie vista nella varicella, e che non sembra avere alcuna virtù patogena, la sua cultu- ra liquefa la gelatina. Gtjttmanr 18) (1886) ha isolato dal pus delle pustole vaiuolose due specie di cocchi , lo stapyhlococcus piogenus aureus , ed il micrococcus cereus albus , e da quelle delle pustole della varicella il micrococcus viridis flavescens. Dice poi che Pfeiffer ha costantemente trovato nell’e- santema del vaiuolo e della vaccina un nuovo parassita del genere sporozoa (Leuckart). E un parassita unicellulare, di forma rotonda od ovale, avente in media meno di 20 , che è rivestito di un inviluppo primordiale, ha un movimento proprio a certe fasi del suo sviluppo, e percorre tutti i gradi del suo sviluppo nell’interno dell’umano organismo, o dei mammiferi dove abita. Pfeiffer però non ci pronunzia sul come agisca nel vaiuolo. Marotta 19) (1886) avrebbe trovato nella linfa delle papulo-vescicole del vaiuolo un micrococco ( micrococco tetragono ); e nel pus delle pustole invece altri micrococchi, e per lo più il micrococcus albus , che somiglia moltissimo a quello descritto dagli altri autori come specifico del vaiuolo. Per l’ autore sarebbe specifico del vaiuolo soltanto il micrococco tetra- gono^ avendo ottenuto delle pustole tìpiche nei vitelli, con l’inoculazione delle culture sino anche alla settima generazione. Tenholt 20) (1887) poi costatò nella linfa vaccinica una dozzina di micrococchi, due bacilli, e due del lievito di birra. Il vainolo e la vaccinazione 213 Hlaya 21) (1887) è giunto agli stessi resultati di Guttmann. Garré '') (1887) ha fatto delle ricerche che sembrano più conclu- denti veramente. Ha ottenuto , dalle pustole del vaccino e del vainolo un micrococco, e due bacilli. Quest’ ultimi non hanno alcuna azione sul- l’organismo. I cocchi sono piccoli, e coltivano facilmente. L’inoculazione delle culture ad un vitello dette di belle pustole , il di cui contenuto possedeva gli stessi cocchi. Però mentre sul vitello ottenne l’ immunità non fu lo stesso sull’ uomo, sebbene avesse completo sviluppo della pustola. Finalmente Loeff 23) (1887) ha segnalato in due casi di vainolo confluente la presenza d’esseri inferiori, che considera come Amile, e Pfeiffer fra gli organismi, che ha riscontrato nella linfa vaccinica nota un lievito a cellule rotonde o elissoidi, che misurano da 1,5 p. a 4, 5 p- , a cui dà il nome di saccharomyces vaccinae. Inoltre vi ha riconosciu- to la Sarchia lutea , la Sarchia auriantica , ed altre Sarcine a caratteri poco netti , un bacillo in certi bastonetti, o formante delle colonie che richiamano quelle del Proteus vulgaris di Hause; il rnicrococcus piogenus aureus, e il rnicrococcus cereus albus. Dal rapido esame, che abbiamo fatto sin qui , degli studi, e delle ricerche che dai medici con ammirabile pazienza si son fatte sin qui sulla essenza del virus vaiuoloso e vaccinico, Yoi vi sarete accorti che sin ora nessun resultato soddisfacente si è ottenuto, pure provando e riprovando m’ auguro che la verità escirà fuori , come è accaduto di tanti altri veri , che per lunga pezza stettero nascosti all’ umana cono- scenza. Dunque appunto perchè dal provare e riprovare si può conseguire il trionfo della verità , io ho voluto fare alla mia volta delle ricerche sulla linfa vaccinica, sul pus vaiuoloso, e nel sangue dei vaiuolosi, non che nel tessuto cutaneo, sede delle pustole. Queste mie ricerche sono sem- plicemente dal lato morfologico dei microrganismi. — -Da quello biologico, onde inferirne la loro patogenia specifica colla prova degli innesti non ho potuto farlo, mancandomi i necessari apparecchi per le culture. In- tanto ho creduto utile render conto a Yoi di questi miei studi, perchè penso possono sempre con le osservazioni precedenti degli altri autori 214 Il vaiuolo e la vaccinazione influire a render più chiaro il concetto almeno della profilassi del vaiuolo, mercè della vaccinazione. Gli infermi, che mi hanno offerto il materiale d’ esame sono : Caruso Biagio, vaiuolo discreto ; 5° giorno d’ eruzione — Muglia Giuseppe, idem — Sortino Maria, vaiuolo al 1° giorno d’eruzione — Pace Giuseppe , vaiuolo confluente; 4° giorno d’ eruzione — Maugeri Provvidenza, vaiuolo confluente; 6° giorno d’eruzione — Nunzio Michele, vaiuolo discreto; 4° giorno cl’ eruzione. Il materiale d’esame è stato il secreto della pustola vaccinica sul vitello, di quella vaccinica sull’ uomo, della pustola vaiuolosa, del san- gue dei vaiuolosi, e del tessuto cutaneo, sede della pustola. Le osservazioni le ho fatte con un microscopio Zeiss , adoperando l’oc. 4-o&. imm. omogenea ln/12 con l’illuminatore Abbe. I preparati del sangue e dei secreti sono stati fatti a secco, previa sterilizzazione dei vetri coprioggetti , e portaoggetti. La sterilizzazione loro è stata con soluzione di sublimato (1 per 1000), e quindi lavati in acqua stillata allora bollita per mezz’ora. Il bistury impiegato per le in- cisioni è stato in prima reso incandescente alla lampada. I tessuti sono stati posti nell’alcool assoluto, e poscia inclusi in parafina, dopodiché sezionati col microtomo di Malassez. La tecnica tanto pei preparati a secco della linfa, del pus, del sangue, che dei tessuti è stata la seguente : 1. Preparati a secco. Dopo aver sterilizzato il vetrino coprioggetti ed il bistury nel modo detto, punta la vescico-papula , o la pustola, o fatta un’incisione sulla pelle, ho leggerissimamente imbrattato dello umore il vetrino su del quale l’ho fatto essiccare, passandolo dipoi due o tre volte sopra la fiaccola della lampada ad alcool. Poscia ho colorato il secreto con diverse soluzioni coloranti (di fucsina, violetto di genziana, bleu di metilene , metil violetto), e quindi di nuovo essiccato alla lam- pada l’ ho scolorato con alcool, e serrato in balsamo xilol. Per i prepa- rati del sangue ho adoperato anco le reazioni per le sostanze albu- minoidi grasse , ed albuminosi che possono i loro elementi , avendo l’ aspetto di micrococchi , far cadere in questo errore. Perciò per la reazione delle sostanze albuminoidi grasse immersi il preparato già es- Il vainolo e la vaccinazione 215 siccato per cinque minuti in un miscuglio a parti eguali di etere e cloroformio, e per le sostanze albuminoicli lo immersi nella soluzione di potassa caustica al 33 °/0, e qualche altra volta invece nella soluzione al 10 °/0 di acido acetico. Fatta questa prima reazione ho lavato il preparato in alcool , ed asciugato, ho proceduto alla colorazione. 2. Tessuto della pustola. — Primo di tutto ho impiegato il reagente di Lubimow, che esso ha adoperato per la lebbra, ed è questo : Si scioglie prima il borace nell’ acqua stillata, poi vi si aggiunge l’ alcool, e finalmente la fucsina. Le sezioni ve le ho lasciate stare per 24 ore, poi le ho lavate in una soluzione dilata di 1-5 di acido sol- forico , e ve le ho lasciate sino a che da brune son divenute gialle. Per la doppia colorazione ho adoperata la soluzione acquosa di bleu di metilene. Ho tentato anco il metodo di Gram, e di Ehrlich, che solitamente s’impiegano per la ricerca dei microrganismi nei secreti, e nella trama dei tessuti animali, e dalle mie preparazioni ho potuto porre in sodo, che tanto nella linfa vaccinica, che in quella della vessico-papula, come nel pus della pustola del vaiuolo esiste il micrococco tetragono. Invece nel tessuto dell’ epidermide, e del derma, ove ha sede la pustola , non vi ho costatato alcun microrganismo. Il micrococco tetragono si presenta sotto il campo del microscopio sotto l’aspetto di quattro micrococchi, come se avvolti in una stessa so- stanza. Questi quattro micrococchi, così riuniti, si veggono in modo as- sai scarso. Il dott. Marotta dice che questo microrganismo, che ritiene come patogeno del vaiuolo , si coltiva molto bene nella gelatina nutri- tiva, e nell’ agar-agar rese molto alcaline, come nel siero di bue coa- gulato, e sulle uova cotte. Non si sviluppa invece sulle patate, anco se l’ innesto proviene da una colonia artificiale di micrococchi tetragoni. Dopo le prime culture vive meglio in un mezzo poco alcalino. Del Fucsina . ... ) Borace 1 Alcool Acqua distillata. . 15,0 20, 0 0, 5 216 Il vainolo e la vaccinazione resto fonde assai lentamente la gelatina nutritiva, per il che occorre poco più di un mese, onde si ottenga il massimo sviluppo; è rapida in- vece nel siero del sangue coagulato alla temperatura di 37 cg. Il dott. Marotta finalmente osserva , che dalla facilità di sviluppo del micro- cocco tetragono nei mezzi alcalini si trova indicata la cura degli acidi. Noi non ci occuperemo di studiare qui la terapìa del vaiuolo, stu- dieremo invece il vaiuolo dal lato della sua profilassi , e per ciò fare formulo gli appresso quesiti , che in un con le mie considerazioni sot- topongo alla vostra sapiente critica. Non discuto sull’ efficacia dell’ innesto vaccinico, come mezzo pro- filattico , perocché la sua efficacia è un fatto provato dalla pubblica esperienza, per cui sia benedetta la memoria del suo inventore. Sono i modi e le ragioni su cui dobbiamo discorrere per il suo miglior uso. Abbiamo visto uno schizomicete (; micrococco tetragono ) nella pustola vaccinica similissimo a quello che si riscontra nel vaiuolo umano. Allora vuol dire, che quello della vaccina, biologicamente parlando, non è identico a quello del vaiuolo , perchè questo non possiede la proprietà del primo di generare cioè, l’ immunità per il vaiuolo umano? La osser- vazione è perfettamente giusta. Ma quando si pensi , che uno stesso parassita, che ha precedentemente subito una cultura sopra un organismo differente, come sul vitello, per peculiari condizioni, che ancora sfuggono ai nostri mezzi di indagine, abbia potuto acquistare proprietà biologiche differenti , per uno speciale adattamento , allora la cosa rimane più facile ad intendersi. Un esempio chiarirà meglio il mio pensiero. Il micrococco tetragono , ammesso come patogeno del vaiuolo umano, inoculato sul vitello dà luogo ad una vessico-pustola, il cui contenuto se viene inoculato sull’ uomo non solo produce una pustola , ma l’ organi- smo acquista temporaneamente una immunità. Ciò naturalmente è una conseguenza delle nuove proprietà biologiche incontrate dal parassita sul vitello, per cui il novello suo adattamento sull’uomo è capace di indurlo anco su i nuovi germi che vengono ad infettarla ed ecco per conseguenza l’ immunità. Gli organismi umani non si acclimatizzano ? Che è d’ irragionevole allora che anco gli elementi del vaiuolo si acclimatizzino in un organi- Il vainolo e la vaccinazione 217 smo, ove trovano gli stessi elementi patogeni già adattati, che ne facili- tano r acclimatamento? Provata così 1’ identicità del parassita del vaccino e del vaiuolo ? ed il suo specifico adattamento nel vitello in riguardo all’ organismo umano, viene la necessaria conseguenza di sapere allora quale è il mi- glior modo di usarlo. Il vaccino si usa per mezzo dell’ innesto. Ma per eseguire questa operazione viene una prima domanda. Quando? cioè se soltanto prima che sieno sorti i fenomeni del vaiuolo, oppure anco nel periodo d’incu- bazione. L’ anno scorso al congresso medico internazionale di Washington (sezione di dermatologia e sifilograjia) il dott. W. Welch di Filadelfia fece una sua comunicazione sopra la vaccinazione durante il periodo di incubazione del vaiuolo. Il medico americano sul proposito nota, che se è razionale supporre che un principio infettivo penetrato nell’ organismo non resta assoluta- mente inerte fino allo sviluppo di certi sintomi caratteristici, non sareb- be inlogica che il vaccino possa determinare delle modificazioni , per ora sconosciute nel sangue, e nei tessuti, capace di arrestare il processo vaiuoloso , anco nel periodo d’ incubazione. Waterhause infatti, che del resto lo stesso Welch ha potuto confermare nella sua pratica, ha dimo- strato che se un individuo è vaccinato uno o due giorni dopo 1’ infe- zione vaiuolosa la vaccina prende il disopra, ed anzi il suo potere vac- cinale aumenta moltiplicando il numero degli innesti. Yeamans per converso afferma , che nella sua pratica non ha mai visto seguire da buon resultato la vaccinazione praticata immediatamente alla contaminazione vaiuolosa. Dice che se una vaccinazione non vien fatta sette giorni prima della comparsa del vaiuolo non la modifica. Cur- schmann pure non ha ottenuto alcun resultato utile , come io stesso lo ebbi a verificare in alcuni casi nel 1866 in occasione di un’epidemia vaiuolosa. Questo è naturale perchè ormai è dimostrato che prima si generalizzi un principio virulento attenuato o no, occorrono dei giorni. Anco lo stesso Welch afferma che il vaccino non può cominciare ad avere la sua virtù profilattica sino a che le vessicole non hanno rag- Atti Acc. • — Voi. I, Serie 4a 28 218 Il vainolo e la vaccinazione giunto lo stadio della forma circolare, per raggiungere il quale occor- rono in generale 7-8 giorni. Tuttavia opina il dott. Welch, che sia sem- pre utile fare la vaccinazione anco nel periodo dei prodromi, perchè se non si arresta il processo , si può però ottenere una diminuzione nella sua attività. Ciò specialmente, secondo egli, si verificherebbe nei rivaccinati, poiché le vessicole della rivaccinazione si sviluppano in breve tempo. Del resto un tardo e lento sviluppo, come una lenta maturazione delle pustole deve fare stare in guardia del vaiuoloide. Ammesso adunque, che il vaccino è profilattico nel vaiuolo, e que- sto d’ altronde non può assolutamente negarsi , viene F altra disamina; se in questa bisogna sia preferibile il vaccino animale , o quello uma- nizzato. Tediamolo. Nel detto congresso medico di Washington il dott. Gottheil di New- York accusa il vaccino animale di generare frequentemente delle ulce- razioni di cattiva natura. Ma il dott. Keller attribuisce questo più alle cattive condizioni individuali che alla vaccina. Infatti inoculando egli un numero eguale di soldati e civili , nove decimi di quelli ebbero delle ulcerazioni di non buona natura, perchè scorbutici, mentre in niun ci- vile ebbe a deplorare siffatte tristi conseguenze. Frattanto il vaccino animale viene incolpato ancora di trasmettere il carbonchio e la tubercolosi. Riguardo a queste due infermità è giusto il sospetto, perchè potrebbe benissimo venire estratto da linfa vaccinica in allora che F animale fosse nel periodo d’ incubazione del carbonchio o nella piena evoluzione della tisi perlacea, ma il pericolo si potrebbe sempre evitare, quando F animale viene convenientemente esaminato da un buon veterinario. Ma del resto anco il vaccino umanizzato ha i suoi detrattori, e va- lidi sì, che son riusciti a formare una crociata contro di lui, e condan- narlo all’ ostracismo, e ciò per il solo timore della tubercolosi , e della sifilide. Certamente, se i timori son giusti , noi facciamo plauso a questo ostracismo, sebbene anco dalla linfa vaccinica, si abbiano a temere non minori infermità. Ma il male è, che questo timore riguardo al vaccino umanizzato è per lo meno una esagerazione. Mi preme avvisarvi, perchè Il vainolo e la vaccinazione 219 nel vaccino umanizzato, come poi vi dimostrerò, trovo una maggior ga- renzia per la profilassi del vajuolo. Volendo servirsi per la vaccinazione del vaccino umanizzato è e- spediente, che con buona vaccina animale si procurino eletti e sani vacciniferi, e da questi direttamente si vaccinino gli altri, con tutte quel- le garanzie necessarie ad evitare complicazioni quali l’ eczema , la resi- pola, ed il flegmone. Ho detto sani vacciniferi , cioè che non sieno tubercolosi e sifilitici. Ma mi direte, chi conosce questi vacciniferi se sono o no affetti da tubercolosi, o dalla sifilide ? La risposta è delle più facili. Un dotto, e buono pratico medico. Fate eseguire le vacci- nazioni con virus umanizzato da medici di questa fatta , e vedrete che non avrete a piangere, ma a rallegrarvi molto , perchè più raramente che non è oggi avrete il vaiuolo, che mi pare, dopo la vaccinazione ani- male faccia le sue, punto gradite, visite più spesso che prima. Non avete paura della tubercolosi, perchè prima di tutto non attecchisce l’innesto così facilmente, come credete , eppoi pel solito rimane un fatto sempre locale. Ma poi dovrebbero esistere nel punto dove s’ incide la pustola vaccinica i bacilli di Koch, ma in questo caso l’individuo dovrebbe es- sere tisico spolpo, e certamente a conoscerlo non sarebbe necessario nean- che un buon medico, tutti certo lo conoscerebbero come il più disadatto vaccinifero. Per la sifìlide vi dirò, che sebbene il prof. Pacchiotti tempo indietro osservasse la trasmissione della sifilide per la via della vacci- nazione a Rivalta, e ne abbiano parlato di questo modo di trasmissione il Monteggia nel 1814, l’ Omodei nel 1823 ed altri ancora; pure posso assicurarvi che il fatto è raro assai. Io per es. nel decorso di 25 anni che fo il sifilografo nessuno mai è venuto da me a curarsi di sifilide, per averla incontrata nella vaccinazione. E sarebbe certo un comodo per alcuni invocare questa causa, onde cuoprire i loro clandestini abbracciamenti. Ma pure nessuno, come diceva, mi ha indicato qual sorgente del male suo la vaccinazione. Ciò posto , la quistione scientifico-pratica si riduce proprio a que- sti due semplici termini. Se il vaccino umanizzato riesca più o meno efficace nella profilassi del vaiuolo di quello animale. Perchè se per avventura riesce più efficace di questo, è naturale che si deve tornare 220 Il vainolo e la vaccinazione al vaccino umanizzato, perchè i pericoli della tubercolosi , e della sifi- lide sono una mera utopìa, quando all’ ufficio di vaccinatore si pongano uomini di somma pratica, e studio. Senza dubbio il vaccino umanizzato e per mia esperienza superio- re a quello animale per i suoi effetti profilattici pronti e durevoli. Que- sta superiorità nessuno può negarla. Io in tre epidemie di vaiuolo alle quali ho assistito, la vaccinazione umanizzata ha reso i più benefici van- taggi. Nella terza epidemia, che fu quella di Catenanuova nel 1880, e dove vi fui mandato dal Governo, con la vaccinazione da braccio a brac- cio non solo si ottenne la pronta cessazione dell’ epidemia vaiuolosa , ma gli effetti profilattici si son mantenuti durevoli, mentre in altre lo- calità dove principalmente , o assolutamente s’ è fatto uso del vaccino animale la recidiva si è osservata con qualche frequenza. E natural- mente la vaccina animale deve essere di minore efficacia, poiché gene- ralmente è assorbita con maggior difficoltà , e le vessicole maturano troppo lentamente. Poi l’ efficacia naturalmente diviene ancor minore , se la linfa vaccinica viene emulsionata, come si fa, nella glicerina, per- chè con la difficoltà di averla chimicamente pura, e potendo quindi essere acida, il virus perde della sua efficacia, perocché, come vi ho già detto, il micrococco tetragono non vive nei mezzi acidi, ma in quegli alcalini. Si aggiunga finalmente il fatto, come lo dimostra 1’ esperienza , che un virus perde tanto più del suo potere, quanto maggiormente l’è attenuato. Dunque per 1’ esperienza clinica da un lato, la prova che i timori della trasmissione della tubercolosi , e della sifilide , per lo meno sono una esagerazione , tutto sommato rileva senza dubbio la superiorità del vaccino umanizzato. Questo del resto verrò anco più diffusamente a dimostrarlo in un lavoro speciale dove mi occuperò anco della tecnica migliore dell’ innesto vaccinico, limitandomi ora ad accennare soltanto che l’innesto è sufficiente farsi da un braccio, e dico chiaramente, che mi sembra sopratutto preferibile l’ago scannellato, ad ogni altro stru- mento, perchè rimane più difficile che il virus venga tolto dagli ester- ni attriti, e poi l’operazione riesce meno dolorosa, e più limitata la ci- catrice. Aggiungasi che la superficie traumatica essendo più limitata è meno esposta alle conseguenze funeste dei traumi. Il vainolo e la vaccinazione 221 Così non è mai abbastanza raccomandabile che lo strumento ven- ga sempre sterilizzato alla lampada ad alcool per ovviare la trasmissio- ne specialmente della sifilide, che se non incontrata nel vaccinifero si potrebbe trovare in qualche vaccinando, quando non si praticasse la detta sterilizzazione dello strumento ogni volta che si dovesse fare una nuova inoculazione. BIBLIOGRAFIA 4) Coze e Feltz — Recherches expérimentales sur la presénce des infusoires et l’état du sang dans les maladies infectieuses. — Strasbourg 1866. id. — Recherches eliniques et expérimentales sur les maladies infectieuses 1872. 2) Chauveau — Nature du virus vaccin (Comptes rendus de l’ académie des Sciences, 10-24; 1868). 3) Keber — Yirchow’s Arch. Bd. 42, 1868. 4) Hallier e Zurn — Yirchow’s Arch. Bd. 55, 1872. 5) Baudonin — Recherches sur l’état du sang dans la variole, Thése — Stra- sbourg, 1870. e) Weigert — Ueber Bacherien in der Pockenhaut (Med. 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INTRODUZIONE Scopo principale delle mie ricerche, fu di vedere se i muscoli li- sci, sono nelle loro funzioni, regolati dalle medesime leggi fisiologiche, che governano i muscoli striati: convinto, che mentre molto si conosce intorno alla funzione della fibra striata ed al modo di comportarsi verso i differenti stimoli, termici, elettrici e meccanici ; relativamente poco si sa, intorno alla funzione delle fibre liscie, tanto abbondanti nella econo- mia animale; e molti fatti già stabiliti per le fibre striate, gli analoghi per le fibre liscie non sono che abbozzati o non esistono ancora. Cosicché in molti casi , non è sempre possibile fare un confronto esatto tra fibre liscie e striate e potere quindi dedurre in che, differiscano le prime dalle seconde. Così , per esempio , da molto tempo fu determinato nei muscoli striati , il periodo di tempo che intercede tra il momento in cui ha luogo la eccitazione elettrica della fibra muscolare e la comparsa del movimento contrattile nel muscolo. Periodo di tempo che venne deno- minato : tempo perduto , periodo di eccitazione latente ; per le fibre liscie qualche osservatore, (1) si era contentato di osservare che stimo- lando elettricamente gli intestini , la contrazione dei medesimi non se- ti) Budge — Compendium de Physiologie humaine — Paris — G. Masson editeur pag. 371 anno 1874. Atti Acc. Vol. I, Serie 4a 29 226 Studi e ricerche sulla funzione guiva immediatamente all’applicazione dello stimolo, ma intercedeva un tempo apprezzabile, ed il fenomeno era constatabile senza il sussidio di apparecchi registratori, come si era fatto per i muscoli strati. In seguito furono presentati dei tracciati esprimenti meglio il fenomeno; ma nessu- no per quanto io ne sappia, si è occupato seriamente del fatto o intra- prese una serie di ricerche con lo scopo di dare al fatto dei valori, come si era fatto per i muscoli striati e come io ho tentato di fare per i lisci. Noto però, che in seguito alla mia prima comunicazione fatta alla R. Accademia di Torino, in Aprile 1883, dove riassumeva i risultati del presente lavoro, altri lavori furono pubblicati sul medesimo argomento. Questa funzione adunque nota e trattata per i muscoli striati può considerarsi come nuova per i muscoli lisci ; ed è intorno a questo problema, che si aggirano una buona parte delle mie ricerche; tendenti a stabilire non solo quale sia questo periodo di eccitazione latente, nei muscoli lisci degli animali a sangue caldo, ma anche in quelli degli animali a sangue freddo ; precisare quali siano le condizioni capaci di fare variare la durata del tempo latente. Ho quindi esaminato l’azione di alcuni veleni, che come è provato per i muscoli striati, modificano la loro eccitabilità, la contrattibilità e la durata dell’eccitazione latente; e l’azione della temperatura fatta variare nei limiti compatibili, con la vita dei tessuti sottoposti all’ esperimento. Numerose ricerche ho fatto di questo genere , tanto sugli animali a sangue freddo, come su quelli a sangue caldo; e fra quest’ ultimi ho dato la preferenza ai conigli e ai cani. — Inoltre ho tentato di determi- nare, con apposite esperienze, se esiste un rapporto tra la durata della eccitazione e la lunghezza del tempo latente, fra quest’ ultima e la in- tensità dello stimolo. Se è in generale indifferente, per queste constata- zioni, adoperare una sola scossa o parecchie scosse di seguito, una cor- rente continua ad una corrente indotta , e ciò con vari sistemi di pile a forza elettromotrice differente. Mi sono quindi occupato della contrazione, o per meglio dire della forma speciale di contrazione delle fibre liseie; pigliando come tipo le fibre liseie della vescica, tanto degli animali a sangue freddo, come quelle degli animali a sangue caldo. delie fibre liscie muscolari 227 Nel primo caso, l’esame veniva fatto su vesciche staccate dall’ani- male dopo la morte e collocate nell’apparecchio; nel secondo invece, veni- vano circondate di tutte le cure, perchè la circolazione si mantenesse nelle condizioni fisiologiche possibili e fosse evitato un notevole raffreddamento. Ho inoltre con apposito metodo, esaminato 1’ influenza che eserci- tano i differenti gradi di calore sull’ andamento della curva di contra- zione , se i muscoli lisci hanno veramente un tetano ; e se al pari dei muscoli striati, seguono la legge ordinaria della fatica e se anche essi sono presi dalla rigidità; argomenti intorno ai quali le opinioni sono controverse. Premesse queste brevi considerazioni, che compendiano i principali problemi che mi sono proposto di risolvere con il presente lavoro, pri- ma di esporre le singole esperienze, farò precedere una esposizione del metodo impiegato per ogni gruppo di constatazioni. Mi sia anche qui permesso, di ringraziare sentitamente l’ egregio mio maestro professore Angelo Mosso, che non solo mi ha sorretto con i suoi autorevoli consigli, ma anche durante l’esperienze ha voluto met- tere a mio profitto la sua considerevole abilità. CAPITOLO I. Sommario — Determinazione del tempo latente nei muscoli lisci degli animali a sangue cal- do— metodo adoperato per determinare il tempo latente nei muscoli vescicali del cane — del modo come veniva preparato l’animale per la determinazione e prodotta la eccitazione della vescica — correzione del ritardo dato dall’ apparecchio— mezzo impiegato per deter- minare la velocità del cilindro girante — valori ricavati dai tracciati per la durata del tempo latente — esperienze preliminari — eccitazione della vescica con una serie di scosse e con una sola scossa elettrica— osservazioni sulle vesciche di coniglio in sito e staccate dall’ animale, conservandole in un ambiente riscaldato — risultati ottenuti con questo pro- cedimento e ragioni per le quali questi risultati sono soddisfacenti — media del tempo la- tente — determinazione dell’eccitazione latente nei muscoli esofagei del cane — apparecchio adoperato per questa constatazione — durata del tempo latente nelle differenti porzioni dell’ esofago — determinazione del tempo latente nei muscoli lisci degli animali a sangue freddo — miografo ad ambiente caldo ed umido — risultati otteuuti — tempo latente delle fibre muscolari liscie dello stomaco di rana. Per determinare la durata dell’eccitazione latente, nelle vesciche dei cani, mi servii del pletismografo del professore Mosso, e di un ordinario rocchetto a slitta. La corrente che doveva produrre l’eccitazione, era data 228 Studi e ricerche nulla funzione da pile Bunsen, modello medio; nel circuito inducente ed indotto, erano intercalati due interruttori a mercurio ; nel circuito principale erari un segnale elettrico Desprez. — L’àncora del rocchetto era fissata sul ferro dolce degli elettro -magneti; con questa disposizione era possibile potere disporre della sola corrente di apertura, e con questa venire a tempo debito eccitata la vescica. Siccome poi nelle osservazioni successive, gli elettrodi restavano aderenti alla vescica; per avere la scossa di apertura, bisognava prima chiudere il circuito, ma in tal modo si aveva nel circuito indotto la corrente unipolare, che inopportunamente qualche volta, faceva contrarre la vescica; così per evitare questo inconveniente fu introdotto, all’altro elettrodo, tenuto in contatto della vescica, un nuovo interruttore. Per avere poi una eccitazione estesa sulla superficie vescicale, gli elettrodi della corrente indotta, si continuavano con due dischetti ben tersi e sottili di ottone , che avevano saldato al loro centro di figura un uncinetto, che veniva conficcato a suo tempo, nello spessore delle pareti muscolari della vescica. La porzione dei dischetti che restava applicata contro la superficie della vescica, era ben tersa; mentre la pagina opposta veniva rivestita di cera lacca e di carta di gomma elastica e così buona parte degli elettrodi vicini ai dischi. Questa disposizione ci permetteva di portare la eccitazione sola- mente sulla vescica, ed impediva che la stimolazione si diffondesse alle pareti addominali. Disposte così le cose era facile per noi il potere durante le deter- minazioni, mantenere la vescica in sito, nelle sue fisiologiche condizioni di circolazione e temperatura. Condizione quest’ultima di molto rilievo, per il regolare andamento dell’esperienza. Nei casi in cui, le determinazioni si facevano mettendo la vescica allo scoperto, la indicata disposizione, ci permetteva di rimettere dentro il cavo peritoneale la vescica; per tirarla fuori facilmente, quando si voleva fare la susseguente determinazione. Disposto così e montati i differenti pezzi, componenti 1’ insieme del- l’apparecchio, veniva legato l’ animale e cloroformizzato, la cloroformiz- zazione veniva prolungata per tutto il tempo impiegato per l’esperimento, per impedire all’animale, di agitarsi durante l’esperienza. delle fibre liscie muscolari 229 Fatta l’anestesia, eseguiva l’operazione della bottoniera; incidendo cioè l’uretra trasversalmente, tre centimetri al di sopra del margine in- feriore anale, nel modo seguente: Incisa la cute, il cellulare sottostante, era strappato con due robuste pinzi anatomiche, e procedeva alla ricerca dell’uretra con cautela, per non ledere i vasi tanto numerosi in questa regione. Per la incisione praticata sull’ uretra , introducevo un catetere metallico in vescica, e lo assicurava in quella posizione con una robu- sta legatura sull’uretra, addossata al catetere; gli estremi del nodo erano legati al padiglione del catetere , perchè questi non avesse a spostarsi durante l’ esperienza. Quindi era praticata un’ incisione lunga 5, 6 cm. nella regione ipogastrica delhanimale, lungo la linea alba, il cui margine inferiore era situato a 3 cm. circa dalla sinfisi pubica. Incisa la cute con il primo foglio, veniva con l’aiuto delle pinzi e delle dita, rimosso il lasso tessuto connettivo e scostati i muscoli , tagliato con cura il peri- toneo, tirato in fuori la vescica e situato gli elettrodi, quindi tosto ri- messa nella cavità addominale. L’estremo della sonda era congiunto con il tubo del pletismogra- fo, pronto a funzionare. La vescica al bisogno era distesa con una so- luzione acquosa di cloruro sodico a 0, 75 °J0 e tiepida, che versava nella pipetta del pletismografo. — La vescica situata sempre ad un li- vello inferiore del liquido contenuto nel galleggiante del pletismografo, era opportunamente distesa, con lo innalzare ed abbassare il tavolo sul quale era collocato 1’ animale o viceversa il pletismografo; si correggeva il disquilibrio di pressione che s' ingenerava nell’ apparecchio per le contrazioni della vescica o per il lento e graduale distendersi della mede- sima. Lo scrivente del pletismografo ed il segnale introdotto nel circuito principale, segnavano due linee orizzontali e parallele, sulla carta affu- micata d’un cilindro girante verticale. Quando tutto era disposto per la determinazione , veniva fatta la chiusura nel circuito principale, e subito dopo erano messi in continui- tà, con la spirale indotta, gli elettrodi applicati sulla vescica. Il cilindro era messo quindi in movimento; e quando il medesimo aveva raggiunto la velocità, con la quale lo aveva regolato, si faceva 1’ apertura del circuito. Il segnale notava con una linea discendente il 230 Studi e ricerche sulla funzione passaggio della corrente, mentre poco dopo lo scrivente del pletismografo lasciava la posizione orizzontale, per segnare una curva gradatamente ascendente. Si aveva in tal modo abbastanza esattamente, il momento in cui la corrente era lanciata; cioè, notato il punto in cui aveva luogo la eccitazione della vescica , per corrente di apertura, mentre dall’ altro lato la vescica contraendosi, cacciava porzione della soluzione salina contro il galleggiante del pletismografo; quest’ultimo divenuto pesante sollevava lo scrivente e perciò notava con una linea ascendente, il mo- mento in cui aveva luogo la contrazione della vescica. Prima di esporre il procedimento messo in pratica, per tradurre in cifre i risultati dell’esperimento, troviamo opportuno di discutere qui un’ obbiezione cbe potrebbe esserci rivolta. Il movimento generato nella vescica, prima di venir trasmesso al galleggiante, evidentemente impiega un certo tempo. Il tempo impiegato per lo spostamento del liquido fa sì, che il tempo di eccitazione latente, diventa più grande di quello che non sia veramente. Noi però crediamo avere riparato a questo considerevole inconveniente, calcolando questo ritardo con il procedimento che segue. Finita 1’ esperienza , ogni cosa veniva lasciata in posto, solo era staccato uno dei due elettrodi del circuito indotto, e si lasciava in posto l’altro elettrodo, che come abbiamo visto era costituito da una piastrina di ottone, tenuta sulla superficie della vescica per un uncinetto applica- to al suo centro di figura — Veniva raschiata sulla superficie opposta, la cera lacca e resa la superficie tersa. Parimenti 1’ altro elettrodo era preparato in modo, che battendo con quest’ultimo contro il primo, si avesse a stabilire un istantaneo contatto. — Questi due elettrodi erano staccati dal circuito indotto ed introdotti nel circuito principale, cioè nel circuito del segnale : era eli- minato 1’ interruttore , che noi abbiamo visto funzionare in questo cir- cuito. Quando i due elettrodi erano tenuti disuniti allora non aveva luogo il passaggio della corrente e quindi il segnale restava immobile, mentre picchiando leggermente con 1’ altro elettrodo, su quello fissato sulla superficie della vescica , allora aveva luogo la chiusura del cir- delle fibre liscie muscolari 231 cuito e lo abbassarsi del segnale ; mentre il liquido contenuto nella vescica distesa dal medesimo, al momento istesso in cui si picchiava sull’ elettrodo fisso sulla parete vescicale, era spinto per 1’ urto e la di- minuita capacità della vescica, entro il galleggiante, che a sua volta sollevava lo scrivente. In tal caso era riprodotto il meccanismo del ritardo, che' nelle nostre esperienze costituiva una causa di errore: men- tre lo abbassarsi del segnale ci indicava con precisione il momento in cui aveva luogo lo spostamento del liquido in vescica. Segnati sulla carta infumata del cilindro girante il momento in cui avveniva leggiero picchio, per lo abbassarsi dello scrivente del segnale, e il momento in cui era spostato lo scrivente pel pletimografo, evidente- mente il tratto interposto rappresentava il tempo impiegato perchè il movimento ingenerato nel liquido della vescica, per la contrazione si esternasse nel segnale. In altri termini era determinato in tal modo il ritardo nella trasmissione, dato dal nostro apparecchio. — Questo ritardo tradotto in cifre, era detratto da quelle ottenute per la eccitazione la- tente e la differenza ci rappresentava, con abbastanza approssimazione il periodo di eccitazione latente nelle fibre liscie vescicali. — Resta ora a vedere, in che modo da noi veniva computato il tempo; ovvero sia la velocità del cilindro e come erano interpretate le curve ottenute e ri- cavati i valori corrispondenti ad ogni singola osservazione. La velocità del cilindro, ovvero il numero di giri fatti in un se- condo dal nostro cilindro , erano determinati con l1 aiuto di un conta secondi, di un orologio a pendolo ed elettrico. — La velocità della quale era animata durante le fasi di una rivoluzione il cilindro, era determi- nato, introducendo nel circuito di una pila Bunsen un segnale Desprez e un diapason interruttore. — Le interruzioni adunque scritte dal se- gnale, erano date dalle vibrazioni delle branche del corista, che nel no- stro caso dava 50 vibrazioni al secondo. In altri casi speciali , quando il cilindro era animato da debole velocità ; allora per 1’ estreme vici- nanze dei tratti di interruzione dati dal diapason a 50 vibrazioni al secondo; essendo impossibile la lettura, se ne adoperava un altro, che ne dava solamente 10, al secondo. —In tal modo si poteva calcolare, con la desiderabile esattezza, la velocità della quale era animato il cilindro nei vari momenti della sua rivoluzione. 232 Studi e ricerche sulla funzione I tracciati venivano da noi decifrati nel modo che segue: Nello stato di riposo, il segnale e lo scrivente del pletismografo , segnavano due linee parallele: dopo, al momento dell’eccitazione, il se- gnale abbassandosi dava un tratto netto, e poco dopo lo scrivente del pletismografo leggermente sollevandosi, segnava una linea obliqua ascen- dente. Siccome la porzione precedente era orizzontale , prolungando que- sta, con una linea retta, si aveva un angolo più o meno acuto , ed il vertice di quest’ angolo era da noi preso, per il momento in cui inco- minciava la contrazione. Da questa punta era abbassata sulla linea del segnale una verticale, presa con un compasso, la distanza interposta tra il segno esprimente la chiusura e quello esprimente 1’ inizio della con- trazione; e questa distanza veniva spostata , sul tracciato ottenuto con le oscillazioni dei diapason e si aveva in decimi o cinquantesimi di secondo, il tratto esprimente la durata dell’eccitazione latente. E questo, quando i due scriventi erano al momento della partenza situati sul me- desimo piano verticale. Nel caso che non lo fossero, veniva computato di quanto 1’ uno distasse dall’ altro e secondo il caso era detratto od aggiunto, quel tanto di più o di meno, dal valore ottenuto per la ecci- tazione latente. Nei cani fu adottato questo metodo nella vescica , ma nell’ espe- rienza la che ripetiamo qui appresso , non avendosi ottenuto con una sola eccitazione, una conveniente contrazione, se ne sono fatte parecchie di seguito , e quindi ho preso anche nota della durata dell’ eccitazione, che io riporto qui appresso : Numero (V ordine DURATA della eccitazione in 50m‘ di secondo TEMPO LATENTE in 50mi di secondo 1 11 22 2 13 27 3 9 33 4 8 62 5 )» 39 delle fibre liscie muscolari 233 Seconda serie d’esperienze. Furono fatte sopra la vescica di un cane, posto nelle medesime condizioni del precedente; solamente invece dei due dischi di ottone, con i quali veniva fatta la eccitazione della vescica, credetti opportuno di adoperare due uncinetti di platino, che venivano assicurati alle pareti della vescica. Ecco qui sotto i resultati di questa osservazione. NUMERO (V ordine DURATA della eccitazione in 50mi di secondo TEMPO LATENTE in 50“' di secondo 1 12 32 2 16 34 3 )) 30 4 13 27 5 10 28 6 11 17 Da queste due serie d’ esperienze, si vede che i valori ottenuti per la eccitazione latente, sono un poco più elevati nella prima serie anziché nella seconda , mentre le condizioni ed i mezzi adoperati sono identici, considerazione che ci condurrebbe ad ammettere , che le diffe- renze più che a qualunque altra causa addizionale, devesi esclusivamen- te ascriversi a quelle condizioni individuali, che rendono tanto dissimile gli animali fra di loro e per le quali, i fenomeni osservabili negli ani- mali, non hanno che alcuni caratteri generali comuni e differiscono es- senzialmente nei particolari. Vedremo nelle susseguenti osservazioni, la ripetizione di questo fatto e potremo meglio in seguito con un numero maggiore di osservazioni stabilire bene il fenomeno. Non omettendo anche di fare osservare in prò del surriferito , come le osservazioni fatte tutte sul medesimo ani- Atti Acc. Vol. I, Serie 4a 30 234 Studi e ricerche sulla funzione male, diano dei risultati comparabili e che oscillano dentro limiti com- presi nelle cause di errore, mentre paragonando questi dati con quelli delle serie precedenti o delle susseguenti i risultati differiscono alquanto. Terza serie. Questa serie di esperienze fu fatta in un cane preparato come i precedenti. NUMERO d’ ordine DURATA della stimolazio- ne in 50n" di secondo TEMPO LATENTE in 50mi di secondo 1 7 12 2 44 14 3 22 14 4 18 12 Quarta serie. In questa serie anziché servirci di una serie di scosse , mi sono servito di una sola scossa di apertura, e siccome un ordinario rocchetto a slitta non era sufficiente, abbiamo preso un rocchetto Rumkorff per avere una sola scossa , V àncora era mantenuta ferma contro il mazzo di fili di ferro dolce, ed impedita in tal modo la serie di scosse. NUMERO d’ ordine DURATA della eccitazione in 50” ‘ di secondo TEMPO LATENTE in 50”' di secondo 1 una sola scossa 50 2 » 55 3 » .. 4 » » 5 )) » 6 » 47 7 » 68 8 » 51 9 » 47 10 )) 40 11 » 50 12 » 35 13 » 53 14 » 51 delle fibre liscie muscolari 235 Quinta serie Queste osservazioni furono fatte come le precedenti, in un animale preparato e disposto come al solito. Numero d’ ordiue DURATA della stimola- zione in 50"" di secondo TEMPO LATENTE in 50mi d i secondo 1 una sola scossa 79 2 » 80 3 )> 88 4 » 65 5 )) 86 1 risultati della serie 4a e 5a come si vede sono molto più ele- vati che quelli delle altre osservazioni, ma a questa serie seguono altre osservazioni , fatte anche sul cane con il medesimo procedimento , ma intraprese con maggiore precauzione. La eccitazione della vescica fu fatta entro la cavità addominale, con gli elettrodi rivestiti di coautchauch quindi in parte realizzate le condizioni fisiologiche di temperatura e circolazione ed i risultati sono i seguenti : NUMERO d’ ordine DURATA della eccitazione in 50™' di secondo TEMPO LATENTE in 50m‘ di secondo 1 una sola scossa 39 2 » 37 3 )) 33 236 Studi e ricerche sulla funzione Dati che sono abbastanza piccoli e che danno nuova luce, sul no- stro modo di vedere ; che non si debba accusare il metodo da noi impiegato , ma cercare una spiegazione nell’ età dell1 animale , nelle condizioni individuali e nel potere conservare la vescica, come vedremo fra breve, in condizioni fisiologiche di calore. Una spiegazione di queste differenze, potrebbe rinvenirsi nell' età dell’animale, ed è effettivamente tanto probabile che nei vecchi le fibre lisce della vescica in ispecie siano meno eccitabili. Prima di lasciare questo argomento, credo opportuno di collocare in questo punto alcune altre serie di esperienze, intraprese per un’altra determinazione, ma che contemporaneamente ci forniscano dei dati per- tinenti a questo argomento. Queste esperienze intraprese come le pre- cedenti sul cane, furono continuate sulla vescica del coniglio in sito; pro- curando di mantenere quest’ organo in buone condizioni di temperatura e circolazione. — A queste ne seguirono altre , su vescica di coniglio tolta dall’ animale e collocata in un apparecchio, che come vedremo a suo tempo, ci permetteva di eseguire queste determinazioni in modo più proprio ed esatto. Al cane fu adunque tagliata la midolla , per evitare i movimenti volontari che avrebbero potuto turbare le nostre osservazioni, e fu fatta la respirazione artificiale. Fu quindi messa allo scoperto la vescica ed introdotta la sonda , che fu posta in comunicazione con il tubo del pletismografo. — Fu riunita in parte la incisione ipogastrica, per tenere al coperto la vescica lasciando della medesima solamente una porzione scoperta. — Quella appunto che doveva subire la eccitazione. Per la stimolazione si adoperava la sola scossa di apertura , data da 3 pile Bunsen, modello medio e dal rocchetto ordinario. La disposizione per avere la sola scossa di apertura, in questo caso , era molto più semplice che non nelle prime esperienze riferite erano eliminati i due interuttori , interposti nel circuito indotto. In questo secondo caso , veniva fatta la chiusura nel circuito principale, e prima venivano allontanati gli elettrodi dalla vescica, pas- sata così la corrente di chiusura, gli elettrodi erano applicati sulla vescica medesima, e quando il cilindro girante aveva acquistata la sua velocità delle fibre liscie muscolati 237 si faceva l’apertura, che era seguita da una contrazione, segnata dallo scrivente del pletismografo per quella disposizione precedentemente notata. Riportiamo i valori ottenuti con cotesto metodo : NUMERO d’ ordine DURATA della eccitazione latente in 50"“ di secondo TEMPO LATENTE in 50"" di secondo 1 nna sola scossa 35 2 » 35 3 » 30 4 )) 30 5 » 35 6 )) 35 7 » 50 8 » 20 9 )) 20 Evidentemente queste cifre sono molto più piccole, che quelle ot- tenute precedentemente; vero è, che il cane era giovane, ma anche nelle esperienze precedenti si era esperimentato eziandio su cani giovani e non si era raggiunta una cifra così piccola. La ragione di questi risultati, noi crediamo in parte che esista in questo , che nelle precedenti esperienze non era stata realizzata come in questo caso tanto bene la condizione della temperatura. La vescica restava entro il cavo peritoneale, quasi per intero, fu distesa con solu- zione salina tiepida , in una parola fu conservata meglio che le prece- denti, nelle condizioni fisiologiche. E che la temperatura, abbia un’influenza grandissima sulla eccita- bilità delle fibre liscie e che ne modifichi in modo notevole la curva di contrazione; lo vedremo in seguito, quando esporremo gli studi fatti, per chiarire questo argomento. Per ora ci limitiamo ad accennare a questa relazione, per giustifi- care i risultati, apparentemente discordi fra loro. Esposte le considerazioni procediamo oltre, nell’esame dei fatti ac- cennati sulle vesciche dei conigli, sottoposte al medesimo trattamento e 238 Studi e ricerche sulla funzione su quelle estratte dell’aiiimale e messe solamente in condizioni normali di temperatura. Ad un coniglio, dopo avere introdotta una canula in vescica, per la cavità addominale e messa questa in continuazione con il tubo del patesmografo, fu tagliato il midollo e fatta la respirazione artificiale, che veniva solamente sospesa nel momento in cui era fatta la determina- zione. NUMERO d’ ordine DURATA della eccitazione in 50mi di secondo TEMPO LATENTE in 50““ di secondo 1 una scossa 15 2 » 17 3 13 4 » 15 5 )) 19 6 « 40 7 )) 57 8 » 12 9 )) 28 10 » 44 11 » 34 12 )) 19 13 )) 40 In principio, in questa esperienza, abbiamo adunque dei valori per il tempo perduto ancora più piccoli dei precedenti ; mentre gli ultimi valori, che furono ottenuti sul medesimo animale e con il medesimo ap- parecchio e procedimento , sono più elevati ; evidentemente durante le ultime osservazioni, le condizioni della temperatura erano modificate, un raffreddamento aveva luogo in tutto 1’ animale , primo per il taglio del midollo e questo raffreddamento era più sensibile sulla vescica esposta parzialmente all’aria, malgradochè, da noi si fossero pigliate tutte le di- sposizioni per riscaldare la vescica. Lungo il tubo del pletismografo che rendeva comunicanti gli ambienti del galleggiante e della vescica, era introdotto un tubo a T che comunicava con un vaso di metallo ripie- no di acqua, che si poteva riscaldare; e quando aveva raggiunto il de- siderabile grado di calore, allora aprendo le morsette ed abbassando il delle fibre liscic muscolari 239 recipiente con l’acqua calda e salata ad un livello inferiore a quello della vescica dell’animale, si riusciva a svuotare la vescica; mentre ele- vando questo recipiente ad un livello superiore, la vescica era distesa moderatamente di acqua salata e tiepida. A questo punto con una morsetta era interrotta la comunicazione con il vaso di metallo, e si tornava a rendere pervia quella con il ple- tismografo. In tal modo, da noi si poteva in parte riparare all’ inconveniente del raffreddamento. Vedremo anche che il raffreddamento non è la cau- sa unica del notevole ritardo, che si osserva nella funzionalità della ve- scica, ma devesi tenere anche calcolo della stanchezza, inevitabile con- seguenza della potente stimolazione elettrica della medesima; così noi vediamo, che verso la fine dell’ esperimento i tracciati sono meno pro- nunziati malgrado che si tenti di riscaldare la vescica, e vedremo me- glio ciò, quando esporremo questi studi sulle rane. In fine abbiamo tentato lo studio della eccitazione latente in un altro modo. Ucciso un coniglio per emorragia era tolta la vescica e ra- pidamente disposta in un miografo, il cui ambiente era circoscritto e si poteva riscaldare. Inoltre gli elettrodi erano impolarizzabili, i particola- ri di questo procedimento li esporremo avanti; per ora ci contentiamo di accennare, che in questo caso da noi si poteva tenere la vescica al- la temperatura normale, ed eccitarla in queste condizioni. Ecco i risul- tati di questo esperimento : NUMERO d’ ordine DURATA della eccitazione in 50”' di secondo TEMPO LATENTE in 50mi di secondo 1 »> 30 2 » 25 3 )) 20 4 » 25 5 )) 25 6 » 25 7 )) 30 240 Studi e ricerche sulla funzione Risultati abbastanza soddisfacenti; cifre realmente più piccole, di quelle generalmente ottenute con altri procedimenti. Resterebbe ora a vedere se questi dati così piccoli sono appunto quelli che più di tutti si accostino al vero. Noi siamo inclinati ad ammetterli come risultati soddisfacentissimi, nè si può supporre, che una cifra così bassa ho ottenuto per un aumento di eccitabilità del muscolo ; in quantochè , la sopraeccitabilità seguendo le leggi generali della vita, non dovrebbe essere che transitoria: mentre, noi osserviamo la costanza del fenomeno e tanto i primi dati dell’espe- rienza, come gli ultimi differiscono poco fra loro, purché siano ottenuti nelle medesime condizioni di temperatura, specialmente. — Inoltre noi, con apposite esperienze, che verranno menzionate più avanti , abbiamo constatato che i muscoli lisci, sono ancora eccitabili per gli stimoli elet- trici, molte ore dopo la morte o la separazione dell’animale. Ragione di più per sostenere, che le osservazioni in esame non siano tante dissimili dal vero. L’ apparecchio adoperato per lo studio dell’ eccitazione latente nei muscoli dell’ esofago, differisce essenzialmente del precedente, adoperato per le analoghe determinazioni, sulla vescica. — Alla estremità di una sonda uretrale di tela indurata, fu per mezzo di un turacciolo , assicu- rata una cameretta cilindrica, le cui pareti erano formate da un budel- lino di gomma elastica sottilissima; e V altro estremo, ovvero la base di questo cilindro, era formato da un altro frammento di sughero a for- ma cilindrica; i due pezzi superiori ed inferiori del cilindro in esame , ovvero le sue basi erano tenute parallele reciprocamente da tre piccoli pezzi di filo di ferro. — Il budellino era stretto attorno i frammenti su- periori ed inferiori di sughero da due legature sulle quali erano passati due cerchietti di ottone. Il catetere passava nel centro di figura del turacciolino superiore, dimodoché 1’ ambiente della cameretta era messo in comunicazione con quello esterno per la via del catetere. Nell’ interno di quest’ ultimo pas- savano due fili di rame rivestiti di seta, sottili, l’uno arrivato verso la base del cilindro usciva allo esterno, si ripiegava ed era saldato al cer- cinetto di ottone esterno inferiore , 1; altro al cercinetto esterno supe- delle fibre liscie muscolaii 241 riore all’ estremo superiore della sonda b vedi fig. la, ovvero in corri- 'spondenza del padiglione, era congiunto con un pezzo di tubo di gomma, un tubo di vetro del medesimo diametro a t. c. Una delle branche si continuava con un tamburo a leva di Marey all’ altra venivano gli elettrodi e e\ attraversando un turacciolino di su- ghero ; per avere una chiusura ermetica , su questo estremo del tubo a b si era fatto fondere sopra, della cera lacca. Fig. la. Prima di adoperare questo apparecchio, era provato se tenesse l’aria sottoposta a pressioni alternativamente, positive e negative. Era pertanto immerso nell’acqua, la cameretta «, e per l’estremo di vetro che doveva essere posto in continuazione con il tamburo di Marey , veniva soffiata dell’aria, che nel nostro caso si limitava solamente a distendere la gom- ma elastica, senza scappare da nessun punto. Assicurato che 1’ apparecchio tenesse ; era scoperto 1’ esofago per buona parte della sua lunghezza in un cane. Nella sua porzione alta, era praticata un’ incisione per la quale veniva introdotta la cameretta ripiena di aria a, che abbiamo descritto; e posta in continuazione con il tamburo di Marey i movimenti della leva, erano registrati sulla carta infumata di un cilindro girante. L’ animale eseguiva dapprima dei movimenti di deglutizione, ma Atti Acc. Vol. I, Serie 4a 31 242 Studi e ricerche sulla funzione tornata la calma, incominciavasi le osservazioni; del resto la disposizione degli interruttori, del segnale e delle pile e del rocchetto, erano lasciate nelle condizioni, che già abbiamo osservato per la vescica. Quando il cilindro aveva acquistata la sua velocità, era fatta V a- pertura del circuito, 1’ esofago era eccitato nella porzione compresa fra i due cercinetti di ottone ; limitanti le pareti della cameretta di aria ; 1’ aumento di pressione ingenerato per questo fatto nel tamburo, era se- guito da un’ evoluzione della leva; e indicato da una linea ascendente; il rilasciamento del muscolo, da una linea discendente. Il periodo latente ottenuto in queste circostanze è brevissimo, tan- to nella porzione alta , che nella porzione bassa dell’ esofago, come an- che nella media. — La forma della curva molto simile a quella dei mu- scoli striati; diguisachè, temendo che la eccitazione si diffondesse anche ai muscoli striati della regione del collo, corrispondenti al punto in cui veniva fatta la eccitazione ; e che quindi il tracciato ottenuto, corri- spondesse alla contrazione di questi ultimi , furono prese le opportune disposizioni, per rimuovere questa causa di errore, ed ecco in qual modo : L’ esofago, era messo allo scoperto, isolato ed introdotto l’apparec- chio; sotto il medesimo, nel punto cioè, nel quale aveva luogo la ecci- tazione, l’esofago era messo sopra una larga lastra di vetro, che isolava la porzione di esofago eccitato, dai sottoposti tessuti — Ed anche in que- sto caso, i risultati furono analoghi ai primi. Evidentemente , non può incolparsi di questo risultato certamente 1’ apparecchio , esso dipende secondo tutte le probabilità della natura delle contrazioni esofagee, che per tanto avrebbero un carattere speciale che li differenzia, da quelle che da la vescica, sia di animali a sangue caldo, che di animali a sangue freddo: si direbbe che nella contrazione del muscolo esofageo, le fibre striate hanno la prevalenza sulle lisce. Abbiamo due serie di osservazioni molto concordi. Le misure furono fatte in alto ed in basso dell’ esofago , punti in cui prevalgono ora le fibre lisce, ora le striate. — Dall’ esame dei risul- tati raccolti a pag. 243 è lecito conchiudere, che una differenza esista delle fibre liscie muscolari 243 veramente nel caso che si faccia, in alto od in basso 1’ eccitazione; ma che ciò sia naturalissimo. — Vedi risultati seguenti. NUMERO d’ordine TEMPO LATENTE dei muscoli esofagei in 50"' 1 2 2 2 yt 2 4 2 determinazioni 5 2 fatte vicino il (5 i cardias. 7 2 8 2 9 2 10 2 NUMERO d’ordine TEMPO LATENTE dei muscoli esofagei in 50"1' di secondo i 1 vicino il cardias 2 1 3 1 porzione alta 4 2 dell’esofago Fig. 2.a fibre liscie; che ordinariamente sono L’ apparecchio (Vedi figura 2; Per questa ricerca del tempo la- tente delle fibre liscie, abbiamo ado- perato anche delle rane, e fatta una serie lunghissima di esperienze, sulle vesciche tolte all’ animale medesimo e sugli stomachi. Per eseguire queste determina- zioni , costruimmo un miografo ad elettrodi impolarizzabili, con un am- biente circoscritto; dove si faceva circolare dell’ aria calda ed umida. A noi interessava avere aria umida e calda. Umida, per impedire il pro- sciugamento della vesciva sottopo- sta all’ esperimento e per poterla anche rendere eccitabile; giacché la temperatura troppo bassa dell’am- biente, era una condizione sfavore- volissima per la contrattilità delle tanto sensibili, agli stimoli termici. ) consta di un cilindro di vetro a 244 Studi e ricerche sulla funzione pareti sottili A, largo 8 cm. e alto 11 — e di un altro B, concentrico al primo e tenuto in questa posizione da un turacciolo di sughero s , il cilindro interno B, è largo 4 cm. e lungo 8 cm. — quindi non rag- giunge il turacciolo superiore, del primo cilindro. Entro B pescano i due elettrodi M N ed un termometro, questi elettrodi, sono formati da due tubicini di vetro, chiusi all’ estremo infe- riore, da due pezzetti di caolino, tirati a punta e facenti un angolo retto, con l’ asse verticale dei tubicini; questi tubicini sono riempiti quindi da una soluzione satura di solfato di zinco , entro la quale , pescano due bastoncini di zinco amalgamato. Nel preparare gli elettrodi, si ha somma cura di fare che la solu- zione non vadi ad insudiciare la porzione di caolino esterno, che viene applicata contro il muscolo. Inoltre il recipiente di metallo D, contiene dell1 acqua che per il tubo di gomma elastica t e il tubicino di vetro che perfora il turacciolo s, viene l1 acqua dal recipiente D, condotta nello spazio compreso fra i due tubi, quando il recipiente D, è collocato ad un1 altezza superiore al piano in cui è collocato 1’ apparecchino in vetro: e riconduce l1 acqua nel re- cipiente Z), qualora questi è, ad un livello inferiore; una morsetta, lungo il tragitto del tubo di gomma t , permette di chiudere e mantenere l’ac- qua a qual livello si voglia, nell’ ambiente concentrico B , A. Era quindi sagrificata una rana per distruzione del midollo, aperta la cavità addominale, isolata con cura la vescica; si passava un laccio all’estremo rettale inferiore, più prossimo alla vescica, un altro laccio era passato immediatamente al disotto dell’ arcata pubica. Con questo mezzo era staccata la vescica, senza maltrattarla. Appena tolta la vescica, era abbassato l’uncinetto ed a questo ve- niva appesa la vescica, per il suo estremo superiore, all’altro uncinetto del miografo, era appeso V estremo opposto. Quantunque da noi si adoperassero delle rane grosse, pure erano talmente tenui le vesciche, che non si potè adoperare una delle leve or- dinarie , ma se ne fece una leggerissima con un fuscellino di paglia T terminato da una sottilissima penna. — Il tutto fu fatto della massima delle fibre liscie muscolari 245 leggerezza possibile. — Disposta in sito la vescica, l’uncinetto r, era tirato in alto e seguiva il movimento d’ ascensione , tolta la leva L finché la vescica era condotta ad una certa altezza, nell’ ambiente B pieno di aria. — Quindi i due elettrodi con movimento di torsione e di abbassamento, erano disposti uno superiormente, l’altro inferiormente, in modo da toccare per le loro punte di caolino la vescica, lasciando che essa conservasse la sua posizione verticale. Quando la vescica non rispondeva abbastanza bene allo stimolo elettrico, era allora scaldata Y acqua del recipiente 2), che dopo avere raggiunto la conveniente temperatura, era fatta passare nell’ ambiente A, B. Il calore irradiandosi per la parete interna del recipiente 2?, riscal- dava F aria ivi contenuta e con essa la vescica, immersa nel medesimo ambiente di aria — Il termometro, abbassato al medesimo livello della vescica, indicava la temperatura dell’ ambiente. — Essendo il recipiente chiuso superiormente, l’ aria divenuta più leggiera per il riscaldamento, non si rinnovava tanto facilmente e la temperatura secondo le indica- zioni del termometro, rimaneva costante per 20 minuti e talora per una mezz’ ora ; dopo di che poteva essere di nuovo ricambiata con acqua scaldata di nuovo, con facilità grande. — E si poteva con questa dispo- sizione, fare delle osservazioni, che durassero delle ore intere, senz’ avere notevolissimi cambiamenti di temperatura. Per corrente stimolante, furono adoperati 4 piccoli elementi Grove ; ed abbiamo preferito queste pile, perchè erano pile a discreta forza elet- tromotrice e grande resistenza, come era necessario avere al nostro caso ; dove si aveva a superare, la grande resistenza opposta dalle punte di caolino e poi dalla vescica, che come tutti i tessuti organici, deve op- porre grandissima resistenza. La maggiore parte delle determinazioni , della eccitazione latente sulla vescica delle rane, però, furono fatte con elettrodi di platino. Riferisco qui una lunga serie di risultati ottenuti con codesto me- todo, delle quali i valori, sono ricavati in decimi di secondo. 246 Studi e ricerche sulla funzione Risultati abbastanza buoni, ottenuti in condizioni di temperatura, poco differente. N.° d’ordine dei valori ORGANO adoperato Valore Ottenuto in decimi di secondo N.° d’ordine dei valori ORGANO adoperato Valore Ottenuto in decimi di secondo 8 Vescica Rana 9 29 Vescica Rana 7 9 » 8 30 .. 8 10 )) 8 31 » 8 11 » 6 32 » 7 12 » 9 33 » 9 13 » 10 34 )) 5 14 )) 8 35 » 5 15 )) 8 36 » 6 16 » 7 37 « 7 17 )> 11 38 » 6 18 » 10 39 » 9 19 » 8 40 )) 9 20 » 7 41 » 8 21 » 7 42 » 9 22 » 9 43 » 9 23 » 7 44 » 6 24 9 45 6 25 ■> 7 46 » 9 26 » 11 47 » 7 27 » 9 48 « 8 28 )) 6 49 » 6 La media è di 7, 4; in decimi di secondo, che ridotti in 50mi di secondo 37 cinquantesimi. Cifra che si accosta molto a quella ottenuta nelle ultime esperienze sulle vesciche dei cani , avuti in discrete condi- zioni e su quelle dei conigdi, staccate dall’animale e conservate in buone condizioni di temperatura. Le differenze oscillanti nei limiti di errori lievi, anziché attribuirle alla natura dell’animale; e più giusto credere, che di- pendano in parte dagli errori indispensabili, che si commettono nel decifra- re i risultati; nelle modificate condizioni di temperatura, che cambiano 1’altezza della curva e quindi rendono più difficile un esatto apprezzamento; e che così stiano le cose , lo dice il fatto che noi troviamo anche si- mili oscillazioni, esperimentando sul medesimo animale e presso a po- co in identiche condizioni.— Quindi, sembrerebbe giusto il supporre che le vesciche degli animali, tanto a sangue caldo, che a sangue freddo, si prestano egualmente bene, per la determinazione del periodo latente di eccitazione, ed è per questo ed in base a queste risultanze, che noi ci siamo astenuti di moltiplicare le osservazioni sugli animali a sangue delie fibre liscie muscolari 247 caldo, essendo pressoché inutile; ed abbiamo invece: principalmente ese- guita una serie lunghissima di osservazioni sulle vesciche delle rane , delle quali per solo amore di brevità, ho nell’ antecedenti tabelle, rife- rito le principali osservazioni. — Ho adoperato gli elettrodi di metallo, riservando ad altro genere di ricerche quelli impolarizzabili , perchè in questo caso non dovendoci preoccupare dell’intensità della corrente, ma dovendo servirci, dell’ eccitante elettrico solamente come stimolo, era per me, completamente inutile la preoccupazione degli elettrodi impolarizzabili. E poi 1’ abbiamo adoperati tante più volentieri, anche per metter- mi nelle medesime condizioni, delle esperienze intraprese sulle vesciche di animali a sangue caldo , che mi fu impossibile potere eccitare con elettrodi impolarizzabili , quando esse erano mantenute nell’ animale in sito. — Queste medesime ricerche, sulla eccitazione latente le abbiamo an- che istituite sullo stomaco delle rane , che per la robustezza delle pa- reti muscolari, si prestava tanto bene a questo genere di esperimenti ; lo stomaco era appeso ai due cuscinetti, del nostro miografo, per la sua porzione pilorica e del cardias— In principio eseguiva una serie di con- trazioni spontanee, che complicavano 1’ esperimento; in quantochè, una ec- citazione fatta nel momento in cui incominciava una contrazione spon- tanea, conduceva in errore; dando per risultato della eccitazione latente, un valore troppo piccolo; mentre se era fatta verso la fine dell’ esperi- mento, allora i valori erano molto grandi, perchè il muscolo stanco ri- spondeva meno prontamente alla simulazione elettrica. Per questo ap- punto si lasciava prima per un certo tempo il muscolo in riposo , lasciando che si esaurisse in parte da se e quando era divenuto immo- bile, allora si incominciavano le osservazioni, che diedero i seguenti ri- sultati: (vedi tabella seguente) NUMERO d’ordine ORGANO ADOPERATO TEMPO LATENTE in io- di secondo 1 stomaco di rana 6 2 » 6 3 )) 7 4 )) 8 5 )) 8 6 » 8 248 Studi e ricerche sulla funzione Anche queste cifre ridotte a 50mi di secondo, dànno una media di 34, 5, cifra abbastanza soddisfacente, perchè molto vicina alla media ottenuta per 1’ eccitazione latente, sulle fibre vescieali delle rane: CONCLUSIONE 1. Dall’esame dei fatti superiormente esposti, risulta; che il perio- do di eccitazione latente , nei muscoli lisci della vescica dei cani è di circa 46/50 di minuto primo. Che questa cifra, è risultata ancora più piccola sui conigli. 2. Che per le vesciche di animali a sangue freddo, rane, si ha la cifra di 37/50. 3. Il tempo perduto, nei muscoli lisci degli animali a sangue caldo staccati dall’animale e tenuti in buone condizioni di temperatura, diffe- risce poco da quello che si ottiene negli animali a sangue freddo. 4. Che la eccitazione latente nei muscoli dell’ esofago, è di una durata incomparabilmente minore, di quella ottenuta per le fibre liscie vescieali e si accosta molto di più, a quelle cifre generalmente ammesse per la durata dell’ eccitazione latente, dei muscoli striati. 5. Risulta anche sufficientemente provato, che le fibre dei muscoli lisci, conservano le eccitabilità, staccate dall’ animale, per un periodo di tempo abbastanza lungo ; e che per gli animali a sangue caldo, basta mantenerle in buone condizioni di temperatura , non essendo assoluta- mente indispensabile per questi studi, l’avere, fisiologiche condizioni di circolazione.— Questo argomento di una certa importanza per la fiducia che m’ ispirano le mie osservazioni, ho tentato di chiarirlo a sufficienza; avendo eseguito una serie di osservazioni su vesciche in sito, ed in con- dizioni di circolazione e temperatura fisiologiche, per quanto fu possi- bile, con la natura delle nostre esperienze. In seguito avremo occasione di insistere su quest’ argomento, di- scutendo altre osservazioni ; e addurremo nuovi fatti in conferma del nostro assunto. delie fibre liscie muscolari 249 CAPITOLO III. Sommario — Delle cause che possano far variare il periodo di eccitazione latente — influenza della temperatura, sulla altezza della curva di contrazione — variazioni nella durata del tempo latente, per effetto della temperatura — valori del tempo latente a differente tem- peratura— ragioni per le quali queste conclusioni non si possono estendere alle fibre liscie degli animali a sangue caldo — influenza della stricnina e veratrina sulla durata del tempo latente — aumento della durata del tempo latente, per opera della veratrina — espe- rienze sugli animali a sangue caldo, per lo studio dell’influenza della veratrina, sulla du- rata del tempo latente — influenza della intensità dello stimolo, sulla durata dell’ eccita- zione latente — le differenze non sono apprezzabili, che nei casi di correnti debolissime. Le cause che possono far variare il periodo di eccitazione latente, possono essere fisiologiche , possono perciò dipendere da modificazioni avvenute nei fattori dei fenomeni della vita stessa dei muscoli; ed ab- biamo già accennato in principio, che in omaggio a questo modo di vedere; avremmo esaminato la influenza del freddo, che è capace di alterare la contrattilità , del caldo che entro i limiti possibili fisiologici, esercita anch’esso una notevole influenza — A tal fine era da me fattala deter- minazione delia eccitazione latente, con l’apparecchio che già conosciamo e che mi permetteva di potere a piacimento elevare la temperatura dell’ ambiente, dove è immerso il muscolo in esame, o di abbassarla. L’ agente stimolante elettrico, era dato come al solito, dalle quattro Grave e dal rocchetto ordinario, già precedentemente accennato. La vescica era estratta dall’ animale, con le necessarie precauzioni e disposta nell’ apparecchio , le osservazioni si seguivano a periodo di tempo equidistanti ed abbastanza lunghi, per fare che essa avesse a riac- quistare la eccitabilità, dopo l’esaurimento prodotto dalla eccitazione, provocata dalla stimolazione elettrica. — Questa ricerca, che a prima giunta, sembrerebbe delle più facili, non lo è veramente , inquantochè, per accentuare le differenze, bisogna servirsi di temperature che differi- scano di parecchi gradi, ed accade nel caso che si adoperi una tempe- ratura bassa , che la curva di contrazione sia poco evidente, perchè si possa precisare con la desiderabile esattezza, il momento in cui s’ ini- zia la contrazione. Viceversa poi nel caso, che si adoperi una tempe- Atti Acc. Vol. I, Serie 4a 32 250 Studi e ricerche sulla funzione ratr.ra alquanto superiore, allora la curva di contrazione è pronunziata- si ma e ascende rapidamente, diguisachè con tutta approssimazione , si può indicare il momento giusto, in cui la contrazione incomincia. Indipendentemente da questa causa di errore, è facile vedere che la eccitazione latente, è molto più lunga, nelle curve ottenute eccitando la medesima vescica, alternativamente riscaldandola e raffredandola quin- di—Egli è così evidente il fenomeno, che ci asteniamo di ridurlo in cifre. Così osserviamo in B, C, fìg. 4.a che la temperatura e di 16° C, un periodo di tempo per l’eccitazione latente, molto più breve che non sia in A, dove la medesima vescica fu raff redata alla temperatura di 12° C. Fig. 4.a delle fibre Jiscie muscolari 251 Abbiamo, con il medesimo scopo di determinare l’ influenza della temperatura nella durata dell’eccitazione latente, variata l’esperienza in modo, da evitare le cause che potevano condurci ad errori; così temendo che la stanchezza del muscolo, potesse avere influenza sul ritardo, alcune osservazioni furono fatte, con la vescica prima raffreddata e riscaldata solamente alla fine. — Abbiamo ottenuto anche una serie di osservazioni, riscaldando e raffreddando alternativamente e dove anche quando la vescica era molto stanca, ne fu sempre possibile di fare la misura molto bene, per la forma spiccata, della curva di contrazione. Riportiamo solamente i valori di una serie di determinazioni, fatte sulla vescica di una rana a temperatura varia. NUMERO d’ ordine NUMERO del foglio TEMPERATURA VALORE ili 50"" di secondo l 15 12° C ì 22 2 ■* 25° 12 3 )) 35° 10 4 >' O CO 10 5 » 12° 2ò Le cifre per la eccitazione latente in questo caso, sono piccolissime; poste in confronto con le medie che noi abbiamo esposte, ma erronee, perchè in queste ricerche, fu omesso di determinare la velocità del ci- lindro, e le distanze furono computate, sopra una unica velocità arbitraria, presa come termine di confronto. Questo però nulla toglie , ai valori che devono solo servire ad esprimere rapporti esistenti, fra loro e non misure assolute. Come si vede questi risultati sono abbastanza soddi- sfacenti e dimostrano all’evidenza, che la eccitazione latente varia con il variare della temperatura, aumenta cioè , con il raffreddamento del muscolo o diminuisce con l’elevarsi della temperatura, entro i limiti fisio- logici. Non potremo egualmente estendere queste conclusioni, alle fibre liseie degli animali a sangue caldo; giacché fisiologicamente in questi, la tem- 252 Studi e ricerche sulla funzione peratura è abbastanza elevata : si tratterebbe adunque di alterare di molto le condizioni normali ed elevare la temperatura, al disopra delle condizioni ordinarie e le differenze non sono tali, da farci fare delle con- clusioni scevre di dubbio. Per questo appunto, non abbiamo seguitato la ricerca iniziata sulla influenza della temperatura, nelle fibre liscie degli animali a sangue caldo * e ci siamo limitati dello studio degli animali a sangue freddo; le condi- zioni della vita dei quali, sono compatibili con i gradi di temperatura, da noi impiegati. — In base adunque, alle risultanze sperimentali, è di stretta conseguenza ammettere, la influenza della temperatura sugli al- lungamenti o raccorciamenti nel periodo latente di eccitazione. — Vediamo ora quale siano le modificazioni devolute all’azione dei veleni, stricnina e veratrina. In questo caso gli elettrodi erano impolarizzabili; e per avere una corrente della forza solamente necessaria e non eccedente, abbiamo in- trodotto nel circuito eccitante, un reocordo. Si aveva una scossa sufficiente di chiusura, introducendo la resistenza data da un solo zaffo e 100 della scala. Disposto rapparecchio atto a funzionare, per mezzo di un’ordinaria siringa di Pravat, era iniettata sotto la cute del dorso di una grossa rana, 25 mm.c. di una soluzione acetica, di solfato neutro di stricnina; e quando era morta, estraeva la vescica; per sottoporla all’ esperimento nell’ apparecchio, che già conosciamo. Paragonando i resultati ottenuti in rana, in condizioni normali; e quelli in rana avvelenata, si vede che 1’ eccitazione latente è più lunga nel caso dell’ avvelenamento; siccome il risultato contradirebbe alquanto quello che ordinariamente si ritiene per 1’ azione di questo veleno, sui muscoli , in vista di risultati tanto discordi ed incostanti, abbandonai l’idea di procedere oltre in questa ricerca. Per lo studio della veratrina , si ha una serie copiosa di esperi- menti in rane avvelenate, con veratrina e rane in condizioni normali; in queste osservazioni di confronto, fu tenuto conto della temperatura, che quando è bassa, abbiamo visto che dà, per l’ eccitazione latente, un periodo più lungo, tenuto anche conto della intensità dello stimolo, che delle fibre liscio muscolari abbiamo anche fatto variare e comparati i risultati tanto nelle vesci- che normali che in quelle avvelenate : Vescica in condizioni normali Vescica avvelenata con veratrina NUMERO d’ ordine TEMPERA- TURA INTENSITÀ della corrente TEMPO LATENTE in decimi di secondo NUMERO d’ ordine TEMPERA- TURA INTENSITÀ della corrente TEMPO LATENTE in decimi di secondo 1 18° C 52 effi 100- 6 1 20 52 effi 100* 11 2 37 » 8 2 30 » 5 3 32 » 8 4 )) )) 8 3 ì) » 5 5 28 „ 9 6 20 « 10 4 38 )) 6 7 31 » 10 8 35 )) 8 5 », )) 4 9 31 „ 7 10 32 )) 7 6 40 » 4 11 )) » 7 12 31 )) 9 13 32 )) 7 14 36 » 7 15 36 » 10 16 29 » 11 17 ,) )) 14 18 » )) IO 19 52 M 8 Da queste esperienze, come da altre numerose serie di esperimenti, che ometto per amore di brevità, risulta adunque; che nel caso di avvelena- mento per veratrina, ha luogo un aumento nel periodo latente di eccitazione- Come si vede, le condizioni di temperatura, sono se non esattamente identiche, ma entro limiti tali, che le differenze quanto alla eccitabilità della vescica e al periodo di eccitazione, sono tali da trascurarsi com- pletamente. Le differenze invece tra la eccitazione latente nelle vesciche in condizioni normali e nelle condizioni di avvelenamento, sono notevo- lissime.— Quando la stimolazione è fatta con correnti forti, vediamo adesso se si ottiene un risultato analogo, sperimentando nelle medesime condi- zioni, ma con correnti deboli, come erano quelle date introducendo una resistenza eguale solamente a 100 della scala, restando la forza elettro- motrice e la resistenza eguale a quella di prima. Per incidenza facciamo notare in conformità a quanto abbiamo già stabilito, sulla influenza della temperatura, sul periodo latente di eccita- 254 Studi e ricerche sidla funzione z ione, che in questa tabella quando la temperatura è più elevata, 1' ec- citazione latente è più breve. In condizioni normali Dopo 1' avvelenamento NUMERO d’ordine TEMPERA- TURA INTENSITÀ dello stimolo VALORE della eccitazione in decimi di secondo NUMERO d’ordine TEMPERA- TURA INTENSITÀ dello stimolo VALORE della eccitazione in decimi di secondo 1 18 o o o 3 1 32 0. 100- 10 2 34 » » 3 2 » „ 11 3 31 » » 9 3 38 » » 8 4 29 >* » 9 4 35 » » 4 5 36 „ 7 5 » » 4 6 » )) » 7 7 » » » 7 6 » » »> 4 8 » » )) 8 Anche in questo caso troviamo la conferma del fatto precedente- mente notato , cioè ; che anche per stimoli deboli , noi vediamo che il tempo perduto, è più lungo nelle rane avvelenate con solfato di veratrina; fatto già stato trovato ed ammesso per i muscoli volontari, o a fibre striate. Tediamo adesso se il fenomeno ha egualmente luogo nei muscoli lisci, degli animali a sangue caldo. In questi animali noi abbiamo potuto per ciascuno di essi eseguire una serie di determinazioni, del tempo perduto, prima e poi dopo V avvelenamento.— In questo caso era tagliato il midollo all’ animale e fatta la respirazione artificiale , introdotta una sonda per l’uretra membranosa in vescica, questa sonda per mezzo di un tubo di gomma elastica, era messa in continuazione con un tamburo di Marey ad acqua. Un’ opportuna disposizione, permetteva di riempire di liquido la vescica e scacciare l’ acqua, da tutto l’ apperecchio. — Gli elettrodi erano tenuti lontani dalla vescica, venivano in contatto della medesima, dopo avere fatta la chiusura del circuito, dimodoché la ec- citazione era prodotta da una corrente di apertura. Data da tre pile Burisen e un rocchetto di induzione ordinario. La vescica era protetta dalle pareti addominali , restava allo scoperto la porzione, che doveva subire l’ eccitazione ; al momento della determina- zione, era sospesa per quel breve intervallo, la respirazione artificiale: delle fibre liscie muscolari 255 onde non avere nei tracciati, le complicanze dei movimenti addominali dovuti alla respirazione. — Fatte le prime determinazioni, in queste con- dizioni, si iniettava sotto la cute dell’ animale, la soluzione di solfato di veratrina e dieci minuti dopo erano riprese le osservazioni — Veniva nel frattempo, sorvegliato il cuore dell’ animale. Esperienza la — - Disposta 1’ esperienza come abbiamo accennato in un cane e fatte le prime determinazioni riportate nella tabella seguente; fu fatta un’ injezione di veratrina, solfato , e tre decigrammi della indicata soluzione; e come si vede dall1 indicata tabella, i valori ottenuti dopo 1' avvelenamento sono sensibilmente superiori. — Termi- nata l’ esperienza , fu fatto lo studio del ritardo, con un metodo che noi già conosciamo e che abbiamo esposto parlando delle correzioni che devonsi introdurre nelle cifre ottenute, per Y eccitazione latente, nelle vesciche dei cani. — ■ Per il ritardo dato dall" apparecchio, si sono tro- vate cifre così piccole, che noi ci crediamo in dovere di trascurare per la loro tenuità. NUMERO d’ ordine NUMERO del foglio VALORE in decimi di secondo ANIMALE ADOPERATO NUMERO d’ ordine NUMERO del foglio VALORE in decimi di secondo ANIMALE ADOPERATO Condizioni normali Dopo l’avvelenamento 1 1 7 cane 1 1 10 cane 2 » 7 » 2 » 16 » 3 )) 6 » 3 » 15 )) 4 2 6 coniglio 4 3 6 coniglio 5 » 7 5 )) 5 6 )) 7 6 )) 6 7 » 10 7 » 8 8 » 4 8 » 10 9 » 4 9 )) 9 amministra- 10 )> )) 10 )) 8 zione della 11 )) )) 11 » 8 seconda dose. 12 » » 12 » 10 13 )) )> 13 » 8 14 » )) 14 )) 14 15 » » 15 )) 12 16 » » 16 » 12 17 » » 17 » 8 18 )) )) 18 » 8 19 )> )) 19 )) y> 20 » » 20 » » 21 » )) 21 )) » 22 » )) 22 )) » 23 » » 23 )) » 25G Studi e ricerche sulla funzione Esperienza. 2a — - Sottoposto un grosso coniglio al procedimento indicato, fu fatta una serie di determinazioni in condizioni normali — Le prime curve furono ottenute 10 minuti dopo, avere fatto un’ iniezione di mezzo grammo, della già indicata soluzione, di solfato di veratrina; alla quale ne seguì un’ altra di soli 4, divisioni — Ed anche in questo caso noi troviamo la conferma dei fatti precedenti. Essendoci nato il dubbio però , che il ritardo trovato nel tempo perduto, fosse unicamente dovuto al raffreddamento, alla stanchezza ed ai maneggi indispensabili per le determinazioni, inquantochè le osservazioni nello stato di avvelenamento erano fatte, dopo un certo tempo e quindi le condizioni di calore non così buone, come in principio — Abbiamo quindi fatta un’ esperienza di confronto, mettendoci esattamente nelle condizioni identiche a quelle precedentemente fatte e con altro intendi- mento; anzi abbiamo ad un certo punto dell’esperienza, lasciato raffreddare la vescica e seguitate le determinazioni : ebbene in questo caso, i valori primi e gli ultimi, oscillano presso a poco entro i medesimi limiti. Per la qual cosa, ci crediamo sufficientemente autorizzati ad esten- dere le conclusioni ammesse per i muscoli lisci, degli animali a sangue freddo, a quelli degli animali a sangue caldo; cioè che la veratrina spie- ga un’azione, non solo nei muscoli striati, ma anche sulle fibre liscie; au- mentando la durata dell’ eccitazione latente. Dopo avere esaminato l’azione della veratrina, che modifica la ec- citabilità muscolare, anche delle fibre liscie, ci resta ad esaminare quali sarebbero le cause fisiche, che possono modificare le manifestazioni della loro eccitabilità, fra queste al certo la più interessante ci è parso Tesarne della intensità dello stimolo; cioè il vedere se esistesse rapporto alcuno, fra la durata dell’ eccitazione latente e la intensità della corrente. Evidentemente in questo caso, era mestieri potere a piacimento variare facilmente la intensità della corrente ed instituire una serie di ri- cerche, con stimoli di varia intensità.— E dovendo in questo caso tenere eminentemente calcolo della intesità , era di prima necessità il dovere evitare tutte le cause, che producono variazioni considerevoli nell’intensità delle fibre liscie muscolari 257 e perciò bisogna evitare le correnti di polarizzazione. — Produrre la stimolazione, con correnti continue, date da pile a forza elettromotrice poco variabile, ed a grande resistenza; per questo , abbiamo adoperato 4 piccoli elementi Grrove, con zinghi ben amalgamati ed acidi nuovi , ed elettrodi impolarizzabili; fatti a quel modo che già abbiamo descrit- to. — L’ esperienze, erano fatte anche in buonissime condizioni di tem- peratura, permettendoci quella disposizione che già abbiamo fatto osser- vare, di mantenere il calore a quel grado che da noi si voleva ed era richiesto dall’ esperimento. Abbiamo fatto una serie grande di determinazioni. In tutte le de- terminazioni, i risultati sono così discordi, che egli è impossibile il po- tere con precisione rilevare alcuna relazione, tra la intensità dello sti- molo e T eccitazione latente: e si può benissimo osservare in una medesima serie, dove i valori ottenuti con eccitazione forte, coincidono spesso con quelli che si ricavano, dopo una debole eccitazione. Però in una se- rie di osserva- zioni fatte il 5 febbraio , sulla vescica di una rana , che si prestava assai bene per 1’ esperimento e che non aveva soggiornato nel laboratorio e che dava già delle contrazioni, quando si introduceva come resistenza, un tratto dei fili di platino, del nostro reoccordo come 1. 2. della scala; si potè chiaramente constatare; che nei casi che si adoperino delle cor- renti di una debolezza estrema, come quelle date per la sola resistenza di 1. 2. 3. 5. della scala, si aveva per l’ eccitazione latente, delle cifre discordi fra loro, ma sempre molto grandi, poste in confronto con quelle che si ottenevano con intensità di correnti alquanto maggiori. — Ed il risultato è così evidente, che a maggiore dimostrazione dell’ assunto ri- produciamo il tracciato, che è abbastanza interessante. A, corrente de- bole B, corrente forte. Vedi fig. 5a. Resta dunque per noi dimostrato Atti Acc Vol. I, Sesie 4* 32 258 Studi e ricerche sulla funzione il fatto, che la eccitazione latente, ha una durata più lunga nel solo caso che la corrente sia estremamente debole. tempera- tura INTENSITÀ della corrente VALORE in decimi di se- condo del tempo latente NUMERO d’ordine 18 nessun zaffo 100 3 1 » » » 50 8 2 » » ») 10 15 3 )) » )) LO 5 4 )) )) » 25 5 5 )) 5 zaffi — 100 6 6 30 nessuno 5 6 7 » 5 zaffi 5 5 8 » nessuna resistenza 0 9 )) » zaffo 2 14 10 )) nessuno zaffo 1 22 11 )) )) 1 24 12 » 5 zaffi 100 5 13 32 nessuno 2 25 14 )) )) 20 5 15 » » 3 35 16 )) )» 50 4 17 » )) 1 47 18 » )) 1 37 19 30 )) 2 17 20 )) » 3 17 21 )) )) 5 10 22 » )) 50 4 23 34 » 100 3 24 )) zaffo 1° — 100 3 25 33 » 2 — 100 3 26 » » 5 100 3 27 Vero è, che anche in questo caso nell’ apprezzamento e decifrazione si può commettere un errore perchè, come vedremo in seguito, la curva è tanto più alta, quanto più forte è la stimolazione; e quindi 1’ ascen- sione essendo poco accentuata si potrebbe credere più lungo il tratto corrispondente al periodo latente; certo se l’ aumento fosse stato lieve forse non ne avremmo tenuto conto, ma la differenza è così grande, che egli è impossibile il non restarne impressionati favorevolmente , per questa ultima maniera di vedere. delie fibre liscie muscolari 259 Capitolo III. Sommario — Influenza della temperatura sulla eccitabilità della vescica — del mezzo prima impiegato per riscaldare la vescica — causa di errore possibile continuando a sperimentare con questo metodo — temperatura per la quale i muscoli lisci delle rane eseguono delle contrazioni spoetane — variazioni nella forma e nell ’ altezza delle curve di contrazione per azione del calore — temperatura favorevole per il massimo raccoreiamento del musco- lo— rapporti della temperatura e la durata della contrazione — possibile applicazione di queste ricerche — effetti della temperatura elevatissima sui muscoli lisci. Abbiamo già visto, come una temperatura favorevole rendendo più eccitabili le fibre lisce della vescica, renda più corto il tempo latente ; vedremo ora in che modo ciò avviene e con quale procedimento abbia- mo acquistata questa convinzione. In principio le vesciche o gli stomachi sottoposti all’esperimento, era- no collocati in un miografo ordinario e riscaldate, versandovi sopra del- 1’ acqua salata, che contenesse 0,7 0fo di cloruro di sodio ; un cilindro in vetro posto all’ intorno della vescica, ne impediva il rapido raffred- damento; già con questo mezzo semplicissimo, i muscoli sottoposti allo esperimento, diventavano molto più eccitabili: dallo stato di calma, entra- vano in uno stato di ipereccitabilità e mentre prima non ne erano capaci, eseguivano dopo una serie di contrazione e rilasciamenti, senza altra provo- cazione. Le curve di contrazione, poco elevate dapprima, quando la vesciva era fredda, diventavano di proporzioni maggiori, dopo il riscaldamento. Dopo, essendoci nato il dubbio, che il cloruro di sodio potesse da per se solo, agire di stimolo sulla vesciva e trovando la disposizione dell’apparecchio, non molto comoda ed incapace a mantenere costante il riscaldamento per un certo tempo, ci siamo serviti di quel miografo ad ambiente circoscritto che già conosciamo. Gli stomachi di rana e le vesciche, quando erano tolte dall’ ani- male ad una temperatura inferiore ai 9° C. nelle nostre esperienze non davano mai contrazioni spontane , anche quando erano collocate nello ambiente dell’ apparecchio, alla temperatura di 9° C. previamente ba- gnate con la soluzione indicata di cloruro di sodio; ma non appena la temperatura raggiungeva i 1 8° C. allora incominciavano regolarmente le loro oscillazioni , dopo le quali e dopo un tempo più o meno lungo, restando costante la temperatura, cessava di contrarsi spontaneamente ; 260 Studi e ricerche sulla funzione conservando però per un tempo lunghissimo l’eccitabilità, per gli stimoli elettrici o termini — La temperatura più favorevole per i muscoli lisci, degli animali a sangue freddo, nelle mie ricerche si fu dai 20° a 38° C. ; più in là di questa cifra, il muscolo conservando ancora la sua ec- citabilità, perdeva nel tono, si stancava con grandissima facilità, ma po- tevasi elevare la temperatura , sino a 50° ed ancora era possibile di ottenere delle contrazioni, per stimolazioni elettriche. Per rendere meglio evidente 1’ azione del caldo , disposta che era una vescica nell’ apparecchio , veniva stimolata a temperatura ordinaria, dopo si eleva la temperatura nell’ apparecchio e si faceva un'altra sti- molazione, lasciando le altre condizioni invariate e si avea una contra- zione più energica ; si raffreddava di nuovo e la curva cambiava di nuovo aspetto. Così nella figura 6a vediamo in A. B. delle contrazioni Fig. 6a delie fibre liscie muscolari 261 deboli perchè la temperatura dell’ ambiente è bassa in D. E. del me- desimo foglio, che ha avuto luogo il riscaldamento, le contrazioni diven- tano forti in C. fu raffreddata la medesima vescica e le contrazioni tornano ad indebolirsi. Inoltre per meglio precisare la influenza della temperatura, sulla eccitabilità della vescica, furono fatte sopra la vescica di una grossa rana, una serie di determinazioni, ciascuna distante dall’altra, per dare tempo alla vescica di riaversi dalla stanchezza, proveniente dalla con- trazione precedente. Vedi tabella annessa. TEMPERATURA in gladi centigradi ALTEZZA della curva in m.m 19° 6 30 16 35 12 40 13 45 12 da queste cifre si rileva che il massimo raccorciamento del muscolo, fu rag- giunto alla temperatura di 30°, dopo di chè la temperatura crescendo sempre , l’altezza della curva di contrazione diminuiva. — Secondo questi risultati, che compendiano le molte esperienze intrapese sul pro- posito ; si ha, che dai 10° C. sino ai 30, l’altezza della curva di con- trazione o il raccorciamento del muscolo stimolato è quasi in rapporto proporzionale ai gradi di temperatura; presso a poco dai 30 ai 45 e in ragione inversa, cioè con l’aumentare della temperatura, decresce il rac- corciamento del muscolo contratto. Inoltre nei muscoli lisci freddi, quando la simulazione è moderata, ma tale da fare contrarre il muscolo , la curva ascende più moderata- mente, la discesa è graduale e lenta , e la costruzione ha una durata più lunga; mentre nel caso che il muscolo sia riscaldato, allora l’ascen- sione è rapida , il ritorno sopra se stessa è più pronto , che non nel primo caso. — Nel primo caso abbiamo dunque una contrazione meno intensa e di durata più lunga, nel secondo invece con contrazione molto più intensa e di breve durata ; quello che si guadagna in altezza in questo caso si perde in lunghezza; in altri termini l’ energia accumulata 262 Studi e ricerche sulla funzione nel muscolo, pronto ad essere eccitato, pare che nei due casi sia sempre egualmente impiegata, ma a produrre due effetti completamente differenti; nei muscoli freddi, un’azione lenta e continua, nei caldi un’ azione ra- pida ed energica, ma con tutta probabilità, 1’ effetto utile della contra- zione, sarà eguale nei due casi. Da questi studi emerge come conseguenza logica, una pratica ap- plicazione, che io propongo in base alle risultanze sperimentali, aspettando la conferma della clinica, prima di assegnare alla medesima un valore reale. Nei restringimenti uretrali, urgendo svuotare la vescica, qualche volta è giusto applicare il freddo alla regione ipogastrica , procurando col raffreddamento dei musculi vescicali una contrazione lenta e di lunga durata, mentre 1’ applicazione delle compresse cnlde, dando una contra- zione rapida e di breve durata, non farebbe che esaurire senza effetto utile, il potere contrattile della vescica. Un fenomeno al certo molto interessante, si è quello che si ottiene eccitando un muscolo liscio, esposto all’azione di temperature elevate e gradatamente crescenti come si osserva nella figura 7a curve c, cl ed e, Fig. 7.a delie fibre liscie muscolari 263 dove il muscolo è sottoposto all’azione di un calore di 34 a 36 in a. b. c. e da 40° a 45° C. in d. e. qui il muscolo si contrae e resta contratto anche per un tempo abbastanza lungo, anche quando sia cessata la stimo- lazione, in posizione elevata e quasi invariabile e dopo discende in modo rapido; nulla di simile si è ottenuto sperimentando nelle medesime condizio- ni, ma a temperatura inferiore. — Notevole modificazione certamente deve subire la materia sarcodica: in quell’istante, il muscolo avrebbe temporanea- mente perduto la facoltà di tornare sopra sè stesso, rimane raccorciato per un periodo piuttosto lungo e temporaneamente in una posizione invariabile. Nè questo fenomeno, ha nulla di comune con il tetano dei muscoli lisci, che come vedremo ha un andamento ben differente. In questo caso il muscolo, quando abbia raggiunto il limite massimo di raccorciamento vi rimane tale, mentre nel tetano di un muscolo moderatamente riscal- dato, accenna presto alla discesa appena cessato lo stimolo; e non si ha mai una linea parallela a quella del segnale, come in questo caso. Per la qual cosa resta provato all’evidenza, che il fenomeno dipende dalla elevata temperatura di 40° 45°, che per un muscolo di un ani- male a sangue freddo, deve considerarsi come una temperatura elevata di molto. Questo periodo , precede lo spegnersi della eccitabilità muscolare r che avviene aumentando di più la temperatura, la quale non è spenta del tutto, che dopo i 50 gradi. Non mi pare di avere osservato nulla d’ analogo per le basse temperature. Capitolo IY. Sommario — Rapporti tra il numero degli eccitamenti e 1’ altezza della curva di contrazio- ne-apparecchio adoperato per questa constatazione — come venivano ricavati i valori — effetti delle correnti continue sull’altezza della curva di contrazione — valori per i rapporti tra il numero degli eccitamenti e l’altezza delle curve di contrazione.— Durata variabile della contrazione, in rapporto con la temperatura e la durata della stimolazione— variazione nella forma della curva di contrazione, per azione del calore ed intensità dello stimolo — forma di contrazione spontanea— tetano dei muscoli lisci — rigidità dei muscoli lisci. L’ apparecchio (vedi figura 8.a) adoperato per questi studi, si com- poneva del solito miografo ad ambiente circoscritto dove era collocata 264 Studi e ricerche sulla funzione la vescica, di un segnale Desprez N di un tasto telegrafico o di un inter- ruttore a vibrazione q. r. s. p. Le vibrazioni erano prodotte dal passag- gio di una corrente attraverso la elettro calamita p , il martello della elettro-calamita aveva saldato un filo orizzontale alle due punte verticali ciascuna isolata dall’ altra, ma che per il movimento di sollevamento veniva contemporaneamente a pescare nei bicchieri q. B. stabilendo un contatto istantaneo, per il passaggio della corrente che doveva andare ad eccitare il muscolo. Fig. 8.» In questo caso avevamo due circuiti elettrici e separati, uno dei quali era destinato a mettere solamente in moto 1’ interruttore e l’altro a provocare la contrazione muscolare. - — La corrente per 1’ elettro ca- lamita, veniva dai poli della pila 3, 4, per il filo n. 4 andava all in- terruttore e commutatore, da lì, seguendo il cammino della freccia si re- cava nel bicchiere B; e da lì al tasto o ed a tasto alzato ad uno elet- trodo del segnale N, da dove per V altro elettrodo al segnale, al n. 3. delie fibre liscie muscolari 265 L7 altra corrente, per il numero 2, si recava al tasto o; e quando il tasto era abbassato, da questo andava a raggiungere l7 estremo del muscolo, percorreva il muscolo e per l7 altro estremo del muscolo, al bic- chiere q , e dal bicchiere ; quando la punta pescava nel mercurio, al n. 1.- — Adunque a tasto, sollevato la corrente percorrendo l7 elettro-ca- lamita, faceva eseguire all7 asta dell7 interruttore una serie di vibrazioni; abbassando il tasto, la corrente d, 4, era interrotta; il segnale cessava di scrivere, mentre l’asta dell7 ancora, per la velocità acquistata, continuava ad eseguire le sue oscillazioni, producendo tante interruzioni nel circuito 1.2. di recente chiuso, per l7 abbassarsi del tasto. — Siccome il tratto per il quale restava abbassato il tasto, che era sempre un tempo breve, era segnato da una linea retta orizzontale e si sapeva, quante vibrazioni facesse l7 asta dell7 interruttore, appunto perchè il segnale, quando era chiuso il primo circuito, con le sue interruzioni segnava il numero delle vibrazioni; con un compasso era trasportato lo spazio indicato da una linea retta, sopra un pezzo di tracciato, ove erano segnate le interru- zioni, provocate dall’asta dell’interruttore q. r. s. q). ed in tal guisa si aveva con molta esattezza, il numero delle interruzioni o degli eccita- menti, dati al muscolo, nel miografo. Da una serie di ricerche eseguite con questo metodo, si venne da noi alla conclusione; che il numero de- gli eccitamenti; è in rapporto diretto con l7 altezza della curva di con- trazione, ovvero sia, il numero degli eccitamenti è dentro un certo limite, se non esattamente, è in certo modo proporzionale al raccorciamento, delle libre liscie vescicali. Noi avevamo notato, che in vesciche non moltissimo eccitabili, una chiusura ed apertura rapida, spesso non era capace di produrre la con- trazione del muscolo medesimo , mentre data la medesima corrente e identiche condizioni, moltiplicando solamente il numero degli eccita- menti, si aveva, una contrazione che poteva diventare tanto più alta, quanto più numerosi ne erano gli eccitamenti; nè con questo deve in- tendersi che moltiplicando gli eccitamenti, per un tempo lunghissimo, dovrebbesi ottenere una contrazione sempre più alta, in quantochè, rag- giunto il limite massimo di contrazione, il muscolo vi rimane in quella data posizione. Atti Acc. Voi.. I, Serie 4a 33 266 Studi e ricerche sulla funzione Abbiamo voluto ridurre in cifre, alcune delle nostre osservazioni, per rendere più intelligibile il fenomeno. Questi valori erano ricavati nel modo che segue. Era prolungata la retta orizzontale, scritta dalla leva del miografo prima della contrazione, dal punto più alto della curva, era abbassata una perpendicolare sulla orizzontale e quel tratto di perpendicolare , compreso tra il punto più alto della curva e il punto d’ incontro della orizzontale, era computato in millimetri. — Dalla qui annessa tabella, si vede , che nella maggioranza dei casi , che le cifre più alte , corri- spondenti al numero degli eccitamenti , coincidono anche cifre elevate, per il valore dell’ altezza della curva. Organo adoperato NUMERO » 7 31 Nè questo si ripete per il numero , ma anche quando si lascia percorrere il muscolo dalla corrente continua ; che con la durata mag- giore , si ottiene una curva più pronunziata. Yedi fìg. 9. delle fibre lisce muscolari 267 Queste ricerche, incominciate con elettrodi metallici, furono poi confermate, con gli elet- trodi impolarizzabili. La durata della contrazione è variabile , varia per azione del colore; diventando più lun- ga, nel caso che la tempera- tura sia bassa e più breve quando la temperatura sia ele- vata; è in rapporto con la du- rata della stimolazione e la in- tensità.— La contrazione si fa lunga, quando è stata lunga la stimolazione, breve quando la stimolazione è stata più forte ma di breve durata. Facciamo però notare, che con tutti i metodi adoperati, sia con il mezzo del pietismo- grafo , che con il tamburo a leva di Marey, che con il mio- grafo a leva, tanto nei muscoli degli animali a sangue caldo, che in quelli degli animali a sangue freddo, si è ottenuto il medesimo tracciato. Sotto l’influenza però della temperatura e di una forte sti- molazione elettrica, la curva esprimente 1’ andamento della contrazione, è notevolmente mo- dificata, specialmente nella pri- ma parte, nei momenti dell’a- scensione, è più brusca, che non quando la vescica è man- tenuta a temperatura inferio- re e stimolata poco energica- mente. m ^ Fig. 9.a Ma una differenza esiste e si osserva , quando si paragonano dei tiacciati di contrazioni spontanee e quelle provocate. L andamento della curva, ha in questi casi dei caratteri differen- 208 Studi e ricerche sulla funzione ziali interessantissimi. Vedi fig. 10a A. C. contrazioni spontanee — B. D. provocate. Fig-. 10.a delie fibre liscie muscolari 269 Inoltre i muscoli lisci, qualora vengono eccitati con correnti continue, e con una serie di scosse , ad una distanza 1’ una dell’ altra, che il muscolo non abbia avu- to ancora il tempo di rilasciarsi; allora si mantiene contratto , presentando il feno- meno analogo a quello dei muscoli striati, il così detto tetano muscolare, con oscilla- zioni secondarie, durante il momento del massimo raccorciamento, vedi fig. 10, in a' cessa la stimolazione. Molte esperienze si sono fatte per in- dagare le cause, che producono la rigidità muscolare nelle fibre striate; ma fin1 ora il metodo grafico, non è stato impiegato per lo studio di questo fenomeno, che è l’ul- timo delle manifestazioni della vita stessa del muscolo. Sulla rigidità dei muscoli lisci, poco o nulla ancora si conosce. Noi ci siamo tanto più occupati volentieri di questo problema, che precisato con l’aiuto del metodo grafico, avrebbe potuto condur- ci a delle conclusioni di particolare inte- resse, per la dibattuta ed ancora quasi insoluta questione, della rigidità muscolare. Con il procurarmi dai tracciati, esperi- menti 1’ andamento della rigidità nei mu- scoli lisci, o le fasi di contrazioni, che se- guono dalla morte del muscolo , al mo- mento in cui egli cessa di contrarsi atti- vamente, per le forze istesse esistenti nel muscolo, non si è perduto di vista, come esso si comporta con gli stimoli elettrici, durante lo irrigidirsi; quando cessa di ri- spondere, con una contrazione alla stimo- lazione elettrica. 270 Studi e ricerche sulla funzione Per intraprendere queste ricerche, come nel nostro caso, era mestieri potere disporre di un apparecchio scrivente , che potesse funzionare , senza interruzione, per molte ore di seguito; onde sorprendere i fatti che decorrono nei muscoli lisci, nelle ore successive, alla morte dell’animale. Per mezzo di un motore magneto-elettrico, sistema Despry, era tra- smesso il movimento regolarizzato, al cilindro infumato. La vescica e 1’ esofago, staccate dall’ animale, erano distese da una soluzione salina e messe in comunicazione nelle prime esperienze, l’una con un pletismografo, 1’ altro era legato, a guisa di una borsetta ad un sifone a branche eguali e tenuto aneli’ esso sospeso in acqua salata, della medesima composizione, che quella con la quale 1’ esofago era tenuto disteso. Il ramo libero del sifone, pescava in una vasehettina di vetro, sal- data ad un tubo di vetro lungo 30 c.c. pieno di aria e saldato ai due estremi; questo apparecchio era sostenuto da due fili scorrenti sopra una puleggia, all’ estremo opposto di questi fili, era legato un pezzetto di piombo, che si faceva equilibrio con 1’ appacehio di vetro e su questo ultimo, era incollata una penna. L’ apparecchio di vetro, ovvero il tubicino di vetro, pescava in una provetta ripiena di acqua di fonte, dove galleggiava. Quando 1’ esofago incominciava a contrarsi, il liquido era spinto goccia a goccia nella vasehettina, che divenuta più pesante, imprimeva un movimento inverso allo scrivente; sicché infine si aveva sulla carta infumata, una linea a gradinata obliqua e continuamente ascendente, con il procedere della rigidità dell’ esofago stesso. Ma non fu questo il solo metodo, che abbiamo adoperato per lo studio degli indicati fenomeni , onde eliminare le possibili complicanze ed influenze, esercitate dalie soluzioni saline, sui fenomeni che accompa- gnano la morte dei muscoli lisci, fu semplicemente appeso nel miogra- fo ad ambiente umido, i muscoli in esame e li ho abbandonati a se stessi, in contatto solamente dell’ aria atmosferica. Darò una breve esposizione dell’ esperienze eseguite, prima di for- mulare le conclusioni, alle quali sono arrivato. Immediatamente dopo la morte di un cane, avvenuta per dissangua- delle fibre lisce muscolari 271 mento alle ore 3 p. m. fu levata dall' animale una porzione di esofago, verso la parte mediana della lunghezza di 10 c. m. circa, legato inferior- mente in modo, da fare una borsetta a fondo cieco e superiormente alla branca del sifone : dimodoché il liquido spinto verso 1’ estremo libero del sifone, veniva a cadere entro la vaschetta del galleggiante, producendo uno spostamento dello scrivente, a quel modo che abbiamo veduto poco prima. L’ esofago messo nell’ apparecchio, eseguì una serie di contrazioni e rilasciamenti, per la qual cosa fui costretto riempirlo parecchie volte di seguito, dopo 15 minuti, ogni movimento venne a cessare e cominciò a contrarsi regolarmente. Per vedere però, se durante il progresso della contrazione, il mu- scolo esofageo conservasse la sua contrattilità, fu eccitato con corrente indotta alle ore 4, 45 e si contrasse energicamente. Alle ore 10, 10 fu fatta una nuova osservazione e si potè con- stare che 1’ esofago manteneva ancora la sua eccitabilità. Alle ore 11,20 fu fatta una nuova eccitazione, ma con risultato negativo. La vescica che appena estratta dall’animale fu fatta raffreddare rapidamente, e messa quindi nel pletismografo, non si contrasse più, anzi la curva discendente accennava ad un leggiero e graduale rilasciamento. Da questa esperienza si può trarre la conseguenza legittima, che la eccitabilità si conserva in modo manifesto 7 ore circa dopo la morte dell’ animale avvenuta alle 3 p. m., nè questo è un fatto nuovo. La novità sarebbe in questo, che mantenendo la proprietà di essere eccitabile, entra in uno stato di contrattilità permanente, fase che pre- cede la morte del muscolo , e che con tutta probabilità deve ascriversi allo stato di rigidità crescente, che i muscoli lisci, avrebbero in comune con i muscoli striati. Esper. 2.'a — Dopo la morte di un cane per emorragia, fu estratta la vescica e l’esofago, furono collocati nei relativi apparecchi ; la vescica fu lasciata piena di orina, ma malgrado questa precauzione, appena fu messa in contatto con la soluzione salina, che aveva la temperatura della stanza 17° C. si contrasse energicamente; e diede a sua volta una curva di contrazione, ma non moltissimo pronunziata. 272 Studi i e ricerche sulla funzione La vescica però in questo stato, sotto la influenza della elettricità, seguitala a contrarsi, durante la sua progressiva corsa di raccorciamento, comportandosi in questo fatto principale, come V esofago. — Quest’ultimo, 8 ore dopo la morte dell’animale, dava ancora delle contrazioni mani- feste, quantunque avesse già smesso di raccorciarsi. È evidente, come anche in questo caso, si ha una contrazione ra- pida della vescica, appena staccata dall’animale ed immersa nella solu- zione salina a temperatura dell’ ambiente, che è bassa relativamente a quella, alla quale essa è normalmente sottoposta; e si può vedere anche nel tracciato ricavato da questa esperienza e meglio dall’esperienza pre- cedente, come questa rapida contrazione della vescica si sostituisce e com- pensa quella graduale, che noi osserviamo nell’esofago, in condizioni iden- tiche e che vedremo aver luogo anche sulla vescica, adoperando altre pre- cauzioni.— Evidentemente in queste esperienze, 1’ esofago e la vescica si comportano in modo differente, di fronte agli stimoli esterni. Le impressioni termiche, non hanno potere sull’esofago, ripieno di soluzione indifferente estratto dall’ animale, che immerso nella soluzione salina , esegue delle contrazioni, come se si volesse sbarazzare del liquido contenuto al suo interno , a quel modo che si sarebbe comportato in sito ; mentre la vescica viceversa, si contrae, ma in un modo definitivo se l’azione per- frigerante è molto intensa, parzialmente se è meno intensa; come lo di- mostra il fatto di potersi contrarre in quest’ultimo caso, qualora venga stimolata. La vescica, in altri termini, ha più che l’ esofago bisogno per po- tere compire le sue funzioni, delle normali condizioni di calore. Si comprende facilmente, la divergenza, qualora si pensi alla strut- tura istologica dell’esofago, composto come è, di fibre liscie e striate, non può avere una funzione specifica , come le fibre liscie , ma una complessa. — In questa esperienza, eseguita sopra un robusto cane, tutto il periodo di rigidità fu eseguito in 11 ore. Esper. 3.a — Ad un cane , fu estratta la vescica e 1’ esofago e disposti in due pletismografì , con la precauzione , specialmente per la vescica, d: estrarla calda e di immergerla in una soluzione di cloruro di delle fibre liscie muscolari 273 sodio a 0,75 °/0, alla temperatura di 35° C; tutti i maneggi operatori furono praticati, durando sempre i’ immersione nel bagno, alla indicata temperatura : e fu quindi collocata sul pletismografo, in una soluzione calda, che fu abbandonata a sè stessa; procedendo in modo lento e gra- duale il raffreddamento. Con tale artifizio, fu schivato l’inconveniente della rapida contrazione , la quale a sua volta, come per 1’ esofago, fu costituita dallo irrigidirsi, lento e continuo delle fibre vescicali. — E si può escludere nettamente il dubbio, che ii lento ascendere della curva di contrazione, debba ascriversi a cambiamento di volume del liquido con- tenuto nella vescica e nei tubi del pletismografo, per effetto della tem- peratura; perchè di strettissima conseguenza, in questo caso, dovremmo avere; anziché una linea ascendente, come si ha, una linea discendente piuttosto: perchè il liquido fu introdotto ad una temperatura superiore, e quindi con volume maggiore : contraendosi, avrebbe richiamato il liquido del galleggiante e fatto discendere lo scrivente , fatto inverso di quello che noi osserviamo nei tracciati. E logico ammettere, che queste modificazioni sono così piccole, di fronte alla grandezza del fenomeno , che vengono assimilate e non ap- prezzate dall’ apparecchio e questo , anziché essere un’ imperfezione, è un vero vantaggio, eliminando da sè delle cause, che complicherebbero il fenomeno, abbastanza complesso, cosa che renderebbe più difficile una giusta interpretazione. Il lento contrarsi adunque, più che a fenomeni fisici, è eminente- mente legato a proprietà vitali, delle fibre liscie. — Come nei casi pre- cedenti, furono fatte anche in questo delle eccitazioni, con corrente in- dotta, per potere vedere fino a che punto, conservasse la vescica e l’ e- sofago, la sua eccitabilità. Ogni eccitazione dell’ esofago, è seguita da una contrazione brusca e quindi nel tracciato, da una linea retta normale ascendente e da una discesa rapida, che si sovrappone alla ascendente; ma in questo caso vi è ii fatto particolare, che invece di discendere completamente al punto di dove parte, non ridiscende ; ma resta elevata, secondo i’ intensità e la durata della stimolazione; da questo momento in poi, il muscolo è co- me se fosse temporaneamente paralizzato; resta in uno stato di contra- Atti Acc. Yol. I, Serie 4a 34 274 Studi e ricerche sulla funzione zione e lo scrivente rimane orizzontale, per parecchio tempo : dopo di che, senza più abbassarsi sull’ orizzontale percorsa, seguita ad ascendere; que- sto stato è un punto di contatto, con quello che io ho osservato nelle vesciche delle rane; che si determina, qualora esse vengono sottoposte a una temperatura relativamente elevata. Anche la vescica del medesimo animale, sottoposto ad eguale trat- tamento, si comporta in modo analogo ; cioè, quando la vescica viene stimolata, durante il periodo di contrattilità, ascende rapidamente, a dif- ferenza dell' esofago , che non ritorna che parzialmente sui suoi passi, vi rimane e lo scrivente decorre orizzontalmente; per riprendere dopo un certo tratto, la sua corsa di ascensione. — Le differenze fra l’ esofago e la vescica, in questo caso, si spiegano facilmente, qualora si consideri la doppia natura muscolare dell’esofago, il ritorno parziale sopra se stesso, dopo la stimolazione, deve attribuirsi alla presenza di fibre striate. Le fibre liscie principalmente sono ancora eccitabili, ma non nella maniera ordinaria; abbiamo dimostrato ampiamente, che quando si eccita un muscolo liscio, in buone condizioni di temperatura, tanto per le rane come per i conigli ed anche per i cani, in sito, allora l’eccitazione è sempre seguita da una fase completa di contrazione e di rilasciamento: in questo caso particolare, noi non abbiamo invece che mezza fase , la sola contrazione e manca completamente il rilasciamento. Ma quello cho più eccita la curiosità, in questi casi, si è il vedere come non ascende più, non seguita a contrarsi ad irrigidirsi , ma pare che si riposi per un certo tempo, ed è dopo questo marcatissimo perio- do di riposo, che il muscolo comincia poi di nuovo ad irrigidire. — Que- sto stato del muscolo che irrigidisce, non ha che una leggiera rassomi- glianza con il fenomeno che abbiamo osservato, nei muscoli sopra ri- scaldati; e differisce essenzialmente da quello, per il fatto che nei mu- scoli a fibre liscie solamente, noi non osserviamo il ritorno a zero, come nel caso del muscolo che si contrae, in un ambiente molto riscaldato; nella figura qui accanto, il tracciato A, rappresenta l’ andamento della rigidità muscolare della vescica, B quello dell’esofago, in a. h. c. viene fatta la stimolazione elettrica ed il ritorno sopra se stesso è devoluto alle fibre striate, con tutta probabilità, anziché alle liscie. 276 Studi e ricerche sulla funzione Prima di formulare le nostre conclusioni, sulle accennate esperien- ze , vediamo se questo fenomeno di contrattilità muscolare, deve consi- derarsi come un fatto di vera e propria rigidità, o no. Per la maggioranza dei fisiologi, un muscolo sarebbe rigido, quan- do non ha più forza elettromotrice, quando è di reazione acida, quando è più resistente e più fragile — -un muscolo rigido, è duro e retratto. Per il Bulard, la rigidità muscolare, non consisterebbe in altro che in uno stato speciale di durezza tale, da opporre una viva resistenza ai diversi movimenti di flessione. Il Beunnis, vede nella rigidità di un muscolo, oltre il suo raffred- damento, ed una durezza tutta speciale, la perdita completa dell’ elasti- cità muscolare, un muscolo rigido, spostato dalla sua poisizione di equi- librio non la ripiglia, non torna più sopra se stesso; questo stato è ac- compagnato dalla scomparsa del tono muscolare; un muscolo in preda alla rigidità, tagliato non torna più sopra se stesso. Riassumendo adunque, con il citato autore, nella rigidità dei mu- scoli si osservano : 1. ° Perdita di contrattilità e scomparsa della corrente muscolare. 2. ° Modificazione d’ elasticità, di consistenza e di coesione del mu- scolo. 3. ° Acidità del muscolo medesimo. 4. ° Perdita di trasparenza e solidificazione, della sostanza muscolare. Per meglio però studiare il problema, bisogna distinguere nella ri- gidità, due tempi distinti e separati ; cioè, periodo nel quale la rigidità si inizia e procede; e periodo in cui la rigidità, è completamente avve- nuta, periodo che differisce dal primo, per la sua stazionarietà, per l’as- senza completa, di ogni attività funzionale nel muscolo. Ora è evidente, che queste condizioni che ho testé accennate, non si ritrovano, che nei musculi pervenuti allo stadio di rigidità completa ; e non si dovrebbero logicamente rinvenire parzialmente, in un muscolo che entra in rigidità, ma che non lo è ancora in modo completo. Infatti noi vediamo in alcuni tracciati, che nel muscolo, la contrattilità dimi- nuisce , poiché restando costante la intensità dello stimolo e tutte le altre condizioni, variano notevolmente le altezze delle curve di con- delle fibre lisce muscolari 277 trazione e queste diventano tanto più corte, quanto maggiore è la di- stanza che intercede, tra la morte dell’ animale e la stimolazione. Evidentemente questo fatto, non può interpretarsi in modo diverso, che ammettendo una diminuzione nella contrattilità muscolare, che è le- gata unicamente, alla separazione dell’organo in esame, alle condizioni fisiologiche della sua vita e che sta quindi di accordo, con quanto ab- biamo visto ammettersi dai fisiologi, nei casi di rigidità. Osserviamo ancora il fatto molto importante, che il muscolo ecci- tato nel periodo indicato, non ritorna che parzialmente sopra se stesso, se è esofago e non vi ritorna affatto, se è vescica: cioè nei muscoli lisci propriamente detti; fatto dissimile completamente da quello che ordina- riamente si osserva in un muscolo vivo, in sito e che depone esclusiva- mente per la diminuita contrattilità muscolare e che unita a una con- sistenza maggiore , che il muscolo va gradatamente acquistando e alla mancata elasticità, come i tracciati dimostrano, completano il quadro ge- neralmente ammesso per la rigidità. — Non mi sono nelle mie ricerche, occupato della corrente muscolare ; per potere anche invocare questo ausiliario , perchè non lo ho creduto assolutamente indispensabile , per 1’ assunto ; ricerca di non lieve difficoltà , qualora si pensi che queste constatazioni, non si possono eseguire sui muscoli lisci, con quella pre- cisione, che si può nei muscoli striati. Quanto alla questione dell’acidità, noi la abbiamo definita con la seguente esperienza : In due tubi di prova si è versato, circa 5 cc. di una soluzione estremamente diluita, di rosolalo neutro di soda: poi in ciascun tubicino vi aggiunsi, in uno la vescica di una rana, estratta dall’ animale e lavata in moltissima acqua distillata, per eliminare burina, e nell’altro un fram- mento di connettivo, in volume quasi eguale alla vescica. Dopo fu agitato e versato metà di liquido di ciascun tubicino, in due altri tubi di confronto. Con questa ultima precauzione, è eliminato il dubbio, che il liquido si decolorasse immediatamente al contatto, delle sostanze in esperimento. Il giorno appresso si poteva osservare e talora poche ore dopo, che il liquido, dove era contenuta la vescica, si era decolorato, quello dove fu conservato 1’ altra metà di soluzione, dopo essere stato in contatto con la vescica, aveva conservato il colorito primitivo. 278 Studi e ricerche sulla funzione Inoltre, quasi nessuna modificazione, potevasi notare nella colora- zione del liquido, che era rimasto in contatto, con il tessuto connettilo. Quali sono le conclusioni, alle quali ci autorizza questa esperienza : che la vescica abbia in quelle condizioni, fornito una sostanza capace di decolorare, una soluzione di rosolato neutro di soda e questo liquido, nei casi ordinari, non può essere che un acido. Questa sostanza di reazione acida, non poteva nel mio caso che essere il prodotto o della fatica o del progresso della rigidità , non è possibile che dipenda dalla fatica , perchè senza eccitazioni e con quella bassa temperatura ordinariamente le vesciche , non entrano nello stato di contrazione, non mi resta adunque che una possibilità , cioè di am- mettere che quel fatto dipendesse esclusivamente dalla entrata del mu- scolo, nella fase di rigidità. Dopo i lavori di Kiihne, sul plasma muscolare, oggi fra le teoriche proposte per ispiegare la rigidità muscolare, viene preferita quella della coagulazione della miosina, il fenomeno dunque della rigidità, verrebbe riportato, secondo questa teoria, in un fatto molto analogo, alla coagula- zione del sangue. A parte di ogni considerazione, i fatti osservati ci autorizzano alle conclusioni seguenti : 1. La rigidità nelle fibre liscie, incomincia poco dopo la morte dell’ animale , qualora non si ha cura di mantenere questi muscoli, in buone condizioni di temperatura. — Essa si manifesta 20' o 30' minuti dopo la morte o il distacco dall’ animale; l’esofago principalmente quando viene staccato dall’ animale appena morto, prima di entrare in rigidità esegue, anche in condizioni sfavorevoli di temperatura, una serie di mo- vimenti contrattili, spontaneamente. 2. La rigidità incominciata, procede regolarmente e raggiunge il suo massimo, in un periodo compreso fra le 6, e 10, ore. Durante tutto questo tempo, il muscolo conserva il potere contrattile, che diventa sem- pre minore, quanto maggiore è la distanza dalla morte dell’ animale. 3. Un muscolo dove la rigidità è iniziata, presenta questo di spe- ciale, che eccitato si contrae, ma non ritorna sopra se stesso, come nello stato fisiologico e per un certo tempo dopo, smette d’ irrigidirsi. delle fibre liscie muscolari 279 CAPITOLO 1Y. Sommario— Stanchezza elei muscoli lisci — doppio metodo adoperato per la constatazione— stan- chezza di muscoli esofagei — carattere speciale dei tracciati della fatica, dei muscoli eso- fagei— azione del calore sull’ andamento della fatica muscolare — tracciati della fatica dei muscoli lisci — differenze tra fibre liscie e striate, in rapporto alla loro funzione. Le condizioni per lo studio della fatica dei muscoli lisci, non essendo così opportune, come per i muscoli a fibre striate, i risultati che mi sono ingegnato di ottenere, non sono così netti; nè scevri di una complica- zione indispensabile, che certamente reca nocumento all’esattezza dell’os- servazione. Così, non essendo possibile intraprendere l’ esperienza, sopra vesci- che in condizioni fisiologiche dì circolazione; e spiegando la eccitazione elettrica, una influenza sensibile sulla rapidità, con la quale si manifesta la rigidità, così i tracciati equivalenti all’ andamento della rigidità, pre- sentano in fine la complicanza, dovuta alla comparsa della rigidità, nel muscolo sottoposto all’ esperimento. Per determinare 1’ influenza della fatica, nei muscoli lisci , mi son servito di doppio mezzo. Collocata la vescica per il collo e l’estremo opposto in un mio- grafo ordinario, a leva leggerissima, veniva a periodi di tempo eguali eccitato; e le escursioni della leva, venivano registrate sopra la carta affu- micata del cilindro girante. — Più tardi rinunziai a codesto metodo, poco adatto, per la tenuità della forza contrattile della vescica di rana; dove spesso le irregolarità della lunghezza delle escursioni, dipendevano da po- co pronunziate irregolarità, nello strato di carbone che rivestiva la carta del cilindro. — Ed invece l’ indice della leva scorreva, nel secondo caso, in vicinanza di un doppio decimetro, situato verticalmente e graduato in mm. e mi era possibile , con la necessaria esattezza, in specie per la lentezza del movimento contrattile, fare la misura della lunghezza di ogni singola escursione della leva , ed avuta in mm. la lunghezza dell’escursione, veniva sopra carta micromillimetrata, riprodotto grafi- camente, l’andamento della fatica. 2S0 Studi e ricerche Ridia funzione Le vesciche, venivano tenute anche in condizioni presso a poco co- stanti, di temperatura. Solo in qualche esperienza, fu variata notevolmente la temperatura , con lo scopo di studiarne 1’ influenza , sull1 andamento del fenomeno. Il decorso nella stanchezza, dei muscoli esofagei, si accosta di molto a quello dei muscoli trasversalmente striati; differisce solamente per il fatto, che l’altezza delle successive escursioni, anziché essere gradatamente decrescente, non lo è; e si osservano in genere dei gruppi di tracciati grada- tamente ascendenti e discendenti. Alcuni, di questi gruppi ascendenti e discendenti, presentano anche questo di speciale, che anche inferiormente, non segnano ordinatamente il moto ascenzionale lento e graduale dei tracciati precedenti, ma per pa- recchie escursioni di seguito, ascendono rapidamente e rapidamente di- scendono anche inferiormente, restando presso a poco eguale alle pre- cedente, la lunghezza della escursione. — Questi tracciati furono ottenuti con F esofago di coniglio, eccitando con corrente indotta ad intervalli di 25", alla temperatura di 33° C. dopo avere ottenuta la prima serie, lasciai riposare, e prima d’ intraprendere la seconda serie, elevai a 35° la temperatura dell’ esofago e potei con questo mezzo, ottenere una nuo- va serie di contrazioni, fatto che evidentemente depone, anziché per lo spegnersi graduale della contrattilità muscolare, per la fatica del muscolo istesso. La porzione bassa dell’esofago di un coniglio, fu collocata nell’ap- parecchio, dove era mantenuta la temperatura a 3G°, C. si ottenne una serie di oscillazioni, rapidamente decrescente, elevando ancora la tempera- tura 40°, C. le escursioni del muscolo divennero molto più lunghe; ma si elevarono considerevolmente sull’ascissa ed andarono quindi gradatamente accorciandosi , elevandosi sempre : fu quindi elevata a 42°, la tempe- ratura; le escursioni divennero più ampie e si mantennero orizzontali, decrebbero quindi, abbassandosi la temperatura a 40°, per crescere di nuovo, quando si ebbe ancora un aumento nella temperatura a 45° C. spinta a 47°, le escursioni divennero molto più piccole e rapidamente decrescenti, e solo dopo il riposo e la diminuzione della temperatura, si potè ottenere delle escursioni alquanto più ampie. delle fibre liscie muscolari 281 La temperatura, nei limiti compatibili con la vita dei muscoli, adun- que, influenza seriamente l’andamento della fatica nei muscoli lisci, pro- duce un raccorciamento muscolare, che potrebbe benissimo consistere in un aumento nel tono delle fibre muscolari, indipendentemente da questo poi, è anche dimostrato: che in condizioni elevate di temperatura, la serie decresce più lentamente, che non quando la temperatura si accosta al limite fisiologico , tiene nel secondo caso un andamento inverso , re- stando quasi orizzontale il limite superiore dell’ escursione , si eleva il limite inferiore progressivamente. Un andamento alquanto differente, teneva il decorso della fatica nei muscoli lisci puri e semplici, variazioni che erano in parte in rapporto con le difficoltà, inerenti al genere, d’esperimento; come per esempio la cessazione della circolazione nell’organo muscolare, la irregolarità ed una certa influenza nella contrazione, delia stimolazione; cause tutte che com- plicando seriamente il fenomeno, lo rendono meno preciso e poco rego- lare, in specie, quanto quest’ esperienze erano fatte in vesciche di conigli appena uccisi. Una regolarità maggiore, si ottenne esperimentando su vesciche di rane , ed impiegando il secondo metodo già descritto. — In alcune esperienze di questo genere non si petè evitare però una complicazione, che era quella della graduale perdita di tono della vescica, per l’inevi- tabile peso della leva; perdita di tonalità, che si rese manifesta in spe- cial modo, quanto l’intervallo fra una eccitazione e la seguente fu piut- tosto lungo. — La vescica in generale era tenuta sospesa nel miografo, per il vertice e la porzione vicina all’ orifizio uretrale ; la temperatura durante il tempo dell’esperimento era poco variabile. Eccitata la vescica, si aspettava il massimo di contrazione superiore, per raggiungere il quale e per eseguire il ritorno al punto di partenza impiegava circa 4, o 5, minuti. — Dopo di che, veniva fatta una nuova eccitazione , quindi l’ intervallo compreso fra due oscillazioni vicine, è in generale variabile, specialmente nelle prime determinazioni. La corrente era data, da una Bunsen ed un rocchetto a slitta ordi- nario, con 1’ àncora fissata; per avere rapidamente la sola scossa di chiu- sura ed apertura. In generale in questo caso, l’andamento della rigidità Atti Acc. Vol. I, Serie 4a 35 282 Studi e ricerche sulla funzione è decrescente e l’indirizzo generale del fenomeno, è molto simile a quello trovato, per i muscoli striati; con la sola differenza, che non ne ha la regolarità di quest’ ultimi, quanto al limite superiore, si possono come per l’esofago, osservare delle serie irregolarmente crescenti e decrescenti; e che veramente la decrescenza della ampiezza , dipenda esclusivamente da un fenomeno di fatica, si può argomentare dal fatto, che facendo in modo che tra una eccitazione e la seguente, segua un oeriodo di tempo molto lungo, allora l’ escursione conserverà per un certo tempo eguale ampiezza. A conferma del fatto, che 1’ andamento della stanchezza, non differisce che in particolari secondali dal fenomeno, analogo nei mu- scoli striati, ci sta anche 1’ esperienza, che io ho voluto ripetere a quel modo che il Marey, ha fatto per i muscoli striati : sovrapponendo le curve, e facendo in modo che le eccitazioni fossero fatte ad intervalli di tempo equidistanti, e dove si può completamente osservare la grande analogia che vi ha, tra 1’ andamento ed il decorso generale della con- trazione successiva nei muscoli lisci e in quelli a fibre e striate; le diffe- renze non essendo che in rapporto a durata. Dopo d’avere esaminato, una buona parte delle questioni controverse od insolute, sulle funzioni delle fibre liscie, vediamo ora, se è possibile stabilire dei caratteri differenziali, tra fibre liscie e striate. Il Budge opina, che le differenze funzionali tra queste due forme muscolari consistano in ciò : che le trasversalmente striate, differiscono dalle liscie per questo, che le prime si contraggono sotto una eccita- zione, molto più presto ed energicamente e che la contrazione cessa dopo la scomparsa dell’eccitamento, mentre fatti inversi avvengano per le fibre liscie. Stando al risultato delle mie osservazioni, non posso convenire che veramente le differenze funzionali salienti consistono in questo: Esaminiamo, per potere rilevare questa inesattezza, quello che nor- malmente avviene nella contrazione di un muscolo striato. — L’applica- zione dello stimolo, è accompagnata da un intervallo di riposo; eccitazione latente, a questa segue la fase di contrazione e poi quella di rilasciamento nel caso di una eccitazione istantanea. L’ eccitamento , e pigliamo per tipo quello elettrico , è di durata delie fibre liscie muscolari 283 brevissima e nel caso di una sola scossa, la contrazione incomincia quando lo stimolo è cessato, come nei muscoli lisci. — Nelle fibre liscie, vediamo ripetersi il fatto identico; l’applicazione dello stimolo, è seguita dal tempo latente e quindi dalla fase ascendente e discendente, della contrazione: non abbiamo, in questo caso, differenza in un solo dei tre tempi della contrazione, ma in tutti e tre tempi; che differiscono solamen- te dai tre tempi di contrazione, delle fibre striate per questo: che sono proporzionalmente più lunghi. La contrazione delle fibre liscie, di fronte alla durata dello stimolo, non differisce che in estensione e durata. Non potendo accettare, questa conclusione del Badge , come fatto differenziale tra fibre liscie e striate, prima di abbandonare la questione, dei rapporti tra durata dell’ eccitazione e la fase di contrazione , come carattere differenziale, vogliamo qui dire di un fenomeno, che potrebbe sino ad un certo punto servire di base differenziale. — Se si eccita nuovamente un muscolo liscio, mentre è nella fase di contrazione, prima di compire la prima fase ascenzionale, presenta una nuova ascenzione bru- sca, è una fase di ascenzione che si addiziona alla precedente , ma da questo completamente distinta ed in rapporto, anziché con la prima, con la seconda eccitazione. — Nè con questo intendo ammettere che il feno- meno sia esclusivo dei muscoli lisci, perchè potrebbe darsi, che esistesse anche per i muscoli striati, dove è solamente poco constatabile, per la rapidità relativamente grandissima , con la quale ha luogo , la contra- zione della fibra striata. Un’ altra differenza, si è voluta da alcuni trovare in questo ; che i muscoli lisci, sentono meglio lo stimolo applicato sulla fibra muscolare, che non il muscolo striato, dove ordinariamente l’effetto è maggiore, ecci- tando il nervo. Essendo tanto differente, complessa ed oscura la innervazione della vescica, che era il muscolo, che meglio si prestava per questa constatazione; non ho voluto tentare di risolvere, questa intrigata questione; lasciando ad altri la responsabilità del fatto, mi limito solamente ed accennarlo. Quanto poi a sensibilità, delle fibre muscolari lisce, poste in con- fronto con le striate, per gli stimoli elettrici, in condizioni identiche, credo 284 Studi e ricerche sulla funzione essere per le mie esperienze autorizzato a conchiudere, che i muscoli lisci sono molto meno sensibili, che i strati. — Mi ero accorto di questo in parecchie circostanze, ma indipendentemente delle precedenti osservazioni, volli ripetere 1’ esperienza, in modo da escludere qualunque causa di errore. Collocava nel miografo una vescica di rana, e la zampa galvano- scopica, in un circuito derivato dal principale, che si recava alla vescica. La corrente era data, da 12 piccoli elementi Danieli, producendo delle interruzioni in queste condizioni, mentre aveva delle manifeste con- trazioni nella zampa galvanoscopica, non potei rinvenire nel cilindro in- fumato, sul quale scorreva lo scrivente del miografo, tracce di contra- zioni nella vescica: solo aumentando l’ intensità della corrente, potei ot- tenere delle manifeste contrazioni nella vescica. Questi fatti, si realizzano sperimentando a temperatura ordinaria , perchè se il muscolo liscio, di rana principalmente, viene sopra riscal- dato, allora sotto 1’ influenza di questo nuovo agente, la vescica entra in una fase speciale di contrattilità, anche non stimolata, esegue delle con- trazioni spontaneamente e per parecchio tempo. Mi è occorso più volte, di stimolare durante questo periodo la ve- scica, ma non tutti gli eccitamenti, erano seguiti da inevitabile contrazio- ne; e talora eccitando durante la fase discendente, osservava solamente crescere in quell’ istante, la fase discendente e tal altra volta, mentre la prossima eccitazione elettrica, non produceva contrazione, poco dopo senza causa apprezzabile eseguiva delle contrazioni. In questi casi era manifesto, un certo spirito di indipendenza, da- gli stimoli elettrici, da costituire un fatto differenziale, tra fibre liscie e striate. Anche il freddo, applicato sulla vescica qualche volta determinava delle contrazioni, che non riusciva ad ottenere con la stimolazione elet- trica, e riferisco a questo proposito una osservazione originale— Esegui- va queste ricerche a Torino, d’inverno in una stanza riscaldata, la tem- peratura della stanza era di 12° C. stimolando elettricamente una ve- scica replicataraente e con insistenza, per parecchie ore di seguito, non riuscii ad ottenere delle contrazioni, era per abbandonare l’ esperienza , delle fibre liscie muscolari 285 quando essendosi aperta improvvisamente una porta, un getto d; aria fred- da si riversò sulla vescica ed immediatamente la leva del miografo, ac- cennò ad una poderosa contrazione della vescica , che non era riuscito potere far contrarre con altri mezzi. Mentre non fu possibile, nei limiti di temperatura entro i quali furono eseguite quest’ esperienze, ottenere delle contrazioni spontanee, nei muscoli striati. Indipendentemente delle mie osservazioni, qualche altro si era oc- cupato, dell’influenza del calore sulla contrattilità muscolare, ed il Cal- buries aveva osservato, che i movimenti peristaltici, dell’intestino del ca- ne, del coniglio e del porcellino d’india, divenivano più energici in un ambiente di 19°, a 25°, C. e che cessavano alla temperrtura di 35° 40° ed estese queste osservazioni alla vescica ed utero. — Quantunque io, non possa accettare che parzialmente queste conclusioni; inquantochè, con 1’ aiuto del metodo grafico, potei constatare in modo indiscutibile, che oltre le vesciche delle rane , anche quelle dei conigli , si contraggono spontaneamente, in un ambiente riscaldato fra i 35° e 40°; pure restai colpito dall’ importanza data al calore, nella contrattilità della fibra li- scia; e mi pare accettando questo carattere, come nota distintiva e sa- liente, nella funzionalità della fibra liscia, che sia abbastanza giustificato il nome, di termo-sistaltici assegnato da non recenti osservatori, ai mu- scoli lisci. Le altre differenze, comprese quelle sulla rigidità, non essendo che quantitative, più che qualitative o essendo fatti, con caratteri poco spic- cati e quindi poco dissimili, da quelli che si rinvengono nei muscoli striati, a me non sembra che meritino la considerazione, da essere ele- vati a caratteri distintivi. Riassumendo adunque io credo che le differenze tra fibre liscie striate consistano in questo. l.° Che sono sensibili specialmente agli stimoli termici, eseguendo spontaneamente delle contrazioni, qualora siano convenientemente ri- scaldati; 2° Che sono, in condizioni poco favorevoli di temperatura, meno sen- sibili dei muscoli striati, agli stimoli elettrici. Che in condizioni opportuni di calore, acquistano pure una certa indipendenza, dagli stimoli elettrici. 286 Studi e ricerche sulla funzione 3° Risulta dalle mie osservazioni, che i muscoli lisci degdi animali a sangue caldo, entrano in una fase speciale di contrattilità, qualora in essi vien meno, la circolazione sanguigna; essendo poco mutate, le condi- zioni della temperatura. RIASSUNTO DELLE CONCLUSIONI 1° La media, del periodo di eccitazione latente di tutte le osser- vazioni eseguite sugli animali a sangue caldo , nelle vesciche in sito e staccate dall’animale, conservandole in buone condizioni di temperatura è presso a poco di 25, a 30, cinquantesimi di minuto primo. — Questa cifra però deve considerarsi come grande, posta in confronto con la me- dia ottenuta, su vesciche di animali a sangue caldo (conigli) staccate dall’ animale e conservate in buone condizioni , di umidità e tempera- tura. Mentre i valori ottenuti in queste ultime esperienze si avvicinano a quelli ottenuti sulle vesciche di rane riscaldate. 2° Il tempo latente dei muscoli esofagei, è rappresentato da 1 cin- quantesimo di minuto, valore molto vicino a quello ottenuto per le fibre striate, dei medesimi animali ed incomparabilmente minore dei muscoli lisci puri e semplici. 3° Il periodo di eccitazione latente, nei muscoli lisci degli animali a sangue freddo, tenute in condizioni di temperatura favorevoli, è di cir- ca 37 cinquantesimi, di minuto primo. 4° Il periodo di eccitazione latente, è vario: esso varia con il va- riare della temperatura, è più lungo, nel caso che la temperatura sia bassa, è breve se la temperatura è più elevata. In altri termini, la durata del tempo latente, è in certo qual modo in ragione diretta con le basse temperature, cioè è più lungo se la tem- peratura è bassa ed inversamente proporzionale all’ elevate temperature. Questa conclusione, non si può egualmente estendere ai muscoli li- sci, degli animali a sangue caldo, ma tiene nelle mie esperienze, per i soli muscoli lisci, delle rane. delle fibre liscie muscolari 287 5° Il tempo latente, diventa più lungo negli animali avvelenati con veratrina, siano questi animali a sangue freddo o a sangue caldo. 6° Il tempo latente differisce poco per intensità della stimolazione elettrica, la differenza non è apprezzabile, che nei soli casi che si ado- perano, correnti di intensità minima. 7° La temperatura esercita una influenza notevole sulla eccitabilità delle fibre liscie — che riscaldate moderatamente entrano in una fase spe- ciale di attività spontanea. — Sotto la influenza della temperatura , i tracciati della contrazione diventano : a) molto più pronunziati e consideravo finente elevati. b) La durata della contrazione è più breve. c) Alla temperatura di 40° c. le fibre liscie vescicali delle rane entrano in una fase speciale di contrazione , eccitate rispondono alla stimolazione; ma la forma e la durata della contrazione, è completamente differente dalla normale; raggiunto il massimo di raccorciamento, il muscolo per un tempo relativamente lungo, rimane immobilmente contratto; come se avesse perduto la facoltà di ritornare sopra sè stesso; vi è un mo- mento che il muscolo ha perduto le sue proprietà fisiologiche, stato ori- ginale, che presentano le fibre liscie, ma stato transitorio. d) Sotto la influenza di temperatura opportune, le fibre liscie ac- quistano una speciale attività, che li rende sino ad un certo punto in- dipendenti, dalla stimolazione elettrica. 8° La temperatura favorevole, perchè i muscoli lisci possano fun- zionare, oscilla dai 10° c. ai 39° c. in specie per gli animali a sangue freddo. 9° Il numero degli eccitamenti, sono in rapporto diretto con la curva di contrazione. — Mentre un solo eccitamento spesso non è capace di determinare una contrazione, addizionandosi dànno per effetto utile finale la contrazione del muscolo. La curva di contrazione è tanto più elevata, quanto maggiore è il numero degli eccitamenti, ed è sino ad un certo punto indipendente dall’ intensità della corrente. — Così per esempio , se con una corrente indotta di una certa forza, si ottiene con un solo eccitamento, una curva 288 Sitali e ricerche sulla funzione di contrazione di una determinata altezza ; con corrente molto più de- bole e numero maggiore di eccitamenti, si ottiene una curva di contra- zione, molto più elevata. I medesimi risultati, si ottengono adoperando correnti continue di durata variabile. 10° La forma della contrazione presenta delle differenze. a) se è ottenuta in condizioni favorevoli o sfavorevoli di temperatura; b) se è spontanea; c) se è ottenuta, con stimoli di intensità e durata varia. 11° I muscoli lisci, come i striati; specialmente quelli degli ani- mali a sangue caldo, entrano in rigidità dopo la morte dell’ animale. — La rigidità incomincia , poco dopo la morte dell’ animale; è raggiunge il suo massimo in un periodo compreso fra le 8 e le 14 ore. — Que- sta conclusione non si può estendere ai muscoli lisci, degli animali a sangue freddo. 12° Durante il progresso della rigidità, i muscoli lisci sono eccita- bili. — L’ eccitabilità scompare, quando il muscolo è completamente rigido. 13° La eccitazione elettrica, applicata al muscolo che irrigidisce, de- termina la contrazione nel muscolo, che dal canto suo rimane contratto, non ritorna come il muscolo in condizioni normali, al punto di partenza e durante il tempo abbastanza lungo, che segue alla stimolazione, il muscolo smette di irrigidirsi. In altri termini la eccitazione elettrica, determina rapidamente un raccorciamento, che è compensato da un periodo di riposo; ed il risultato finale, è quasi identico perchè il muscolo nel periodo di riposo, avreb- be raggiunto presso a poco quel raccorciamento, che viceversa acquista rapidamente. 14° I muscoli lisci, tanto degli animali a sangue caldo, che quelli degli animali a sangue freddo, irrigidendo si raccorciano considerevolmente. 15° I muscoli lisci rigidi, sono di reazione acida. 16° L’esofago estratto dalh animale, conserva la sua eccitabilità per un tempo lunghissimo, tenuto in buone condizioni di temperatura delle fibre liscie muscolari 289 17° La eccitabilità dell1 esofago, durante il progresso della rigi- dità, differisce da quella delle fibre liscie propriamente dette; e presenta dei fatti, che ricordano la sua doppia natura muscolare. 18° La rigidità delle fibre liscie, come per le striate, dipende con molta probabilità, dalla coagulazione della miosina. 19° I muscoli lisci, come i striati seguono le leggi generali della fatica. 20° I tracciati della stanchezza dell’esofago, differiscono in questo da quelli dei muscoli striati, che presentano una speciale irregolarità , nelle rette esprimenti il massimo raccorciamento del muscolo, esistono periodicamente dei gruppi irregolarmente crescenti, seguiti da una serie periodicamente decrescenti e così di seguito. 21° La temperatura elevata, modifica 1’ andamento della fatica nei muscoli esofagei. 22° Le fibre liscie differiscono dalle striate. a) Per la notevole influenza che dall’ azione del calore, subisce la loro funzione, da giustificare il nome di muscoli, termo-sistaltici asse- gnato a questi muscoli, da non recenti osservatori. b) per il potere di contrarsi spontaneamente, conservati in con- dizioni fisiologiche di temperatura; e staccati dall’animale. c) per una indipendenza limitata, che acquistano moderatamente riscaldati, dagli stimoli elettrici. d) per la fase contrattile che acquistano , quelli degli animali a sangue caldo, in ispecie, qualora venga soppressa rapidamente la circo- lazione; le differenze nella temperatura, essendo poco marcate per potere attribuire alla stessa, l’ ipereccitabilità delle fibre liscie. e) che in condizioni poco favorevoli di temperatura, sono poco sen- sibili alla stimolazione elettrica. ETNA , SICILIA ed ISOLE VULCANICHE ADIACENTI sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici avvenuti durante ranno 1888 Memoria, elei Prof. ORAZIO SILVESTRI L’anno 1888 ha dato occasione in Sicilia a studi ed osservazioni di molto interesse per la vulcanologia in rapporto alla geodinamica, in causa specialmente dell’attività eruttiva che hanno presentato l’ Etna e Ylsola di Vulcano. Nel caso dell’Etna, lungi dal poter valutare il grado d’importanza dei fenomeni che si sono compiuti, da quell’apparato scenico che suole attirare l’attenzione di tutti e che accompagna le eruzioni nel significato più comune della parola, ossia quando fiumi di lava fluente o volgar- mente fiumi di fuoco irrompono da un cratere; si è dovuto notare invece un complesso di fenomeni di più modesta apparenza , e spesso tale da potere essere confuso a delle comuni meteore di origine atmosferica , mentre un’ attenta osservazione ne ha riscontrato la origine esclusiva- mente vulcanica dal cratere centrale attivo dell’ Etna. Infatti non è mancato il potenziale ordinario della forza eruttiva, rappresentato dallo sprigionamento di grandi masse di vapori. E mancato solo, fino dal punto di origine di queste masse vaporose , la presenza di quel denso magma composto di silicati incorporati con l’ acqua, che , elaborato dal complesso degli agenti endogeni, 'viene dalla forza esplosiva dei vapori spinto al di fuori sotto forma di lava, o sotto forma di proiezioni in- candescenti. All’isola di Vulcano (che tra le Isole Eolie è la più vicina alla Sicilia ed all’ Etna) è avvenuto e tuttora avviene lo stesso, ma con maggiore energia e maggiore imponenza, forse in ragione dell’ altezza di gran lunga minore sul livello del mare di questo apparecchio vul- canico in paragone all’ Etna. Su questo genere speciale di manifesta- zioni vulcaniche non si è fissata fin qui 1’ attenzione degli osservatori Atti Acc. Vol. II, Sebie 4a 36 292 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 quanto merita il fenomeno per sè stesso, che io credo importantissimo ad affermare la circolazione endoterrestre dei fluidi aeriformi, che quali agenti meccanici poderosi possono trovare o in modo facile e relativamente tranquillo , cioè senza notevoli scuotimenti di suolo, il loro sfogo all’e- sterno per la via già fatta delle gole vulcaniche: o in un modo brusco e violento per quelle che si possono improvvisamente aprire, ove manchi la valvola di sicurezza di un vulcano, raggiungendo il punto critico di tensione capace di determinare qualche formidabile esplosione, che faccia saltare in aria, ridotti in frantumi, gli strati del suolo. L’Etna e Vulcano nella regione siciliana ci hanno dato in quest’anno l’esempio del primo genere di sfogo; come del secondo ce lo ha presen- tato, in altro punto della superfìcie del globo, parimenti in quest’anno il monte Bandai situato a 241 chil. a nord di Tokio nel Giappone; quando il dì 15 luglio è stato teatro di un cataclisma eruttivo dei più spaven- tevoli. Infatti secondo la relazione del prof. W. K. Burton dell’ Università imperiale di Tokio, inviato sul luogo dal governo giapponese , il detto monte dopo frequenti terremoti è stato in gran parte sconvolto e gettato all’ aria da una esplosione eruttiva di immane potenza, senza tracce di lava e semplicemente dovuta alla espansione di grandi masse di va- pore d’ acqua ad alta tensione. I frantumi di rocce grandi e piccoli fino ad una polvere o cenere nera, hanno ricoperto una estensione di circa 60 chilom. quadrati, seppellendo alcuni villaggi coi loro abitanti. Le notizie che ci hanno lasciato gli scrittori dal principio dei tempi storici fino ad oggi relativamente a Vulcano , ci dimostrano che in questa isola , solo a lunghissimi intervalli sono avvenute eruzioni accompagnate da lava, e all'ultima di queste si assegna la già lontana data del 1771. Del resto i suoi più frequenti sfoghi eruttivi, sia nella antichità della storia, sia in tempi più vicini a noi, sono stati di vapori proiettanti ceneri e pietre, ovvero frantumi di rocce antiche staccati dal tramite aperto nella massa del monte crateriforme. E l’attuale persistente eruzione di Vulcano , allo studio della quale io attendo, e di cui darò un breve cenno più avanti , ci rivela esattamente il modo di essere di questo genere di manifestazione eruttiva , che io ritengo non potersi sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 293 assimilare alle fasi di attività dei vulcani finora distinte dalla scienza, cioè nè alla fase Pliniana, nè alla fase Stromboliana , e tanto meno a quella Solfatariana o di semplice emanazione. Per cui mi sembra molto utile il metterla in evidenza chiamandola fase di attività vulcaniana , da Yulcano, che ce la manifesta nel modo più abituale e caratteristico, ma che è da ritenersi come comune in generale ai vulcani in dati periodi. Uno di questi periodi si è presentato in modo evidente durante quest’anno 1888 all’Etna, ed ha, si può dire, preceduto immediata- mente i fenomeni eruttivi, che hanno avuto ed hanno tuttora continua- zione per mezzo del cratere-isola di Yulcano , ove , quantunque della stessa natura, si sono, come ho già detto, resi più caratteristici per maggiore intensità e violenza. Rispettando dunque l’ordine cronologico, incomincio col riassumere brevemente quanto di più importante ho osservato durante la fase di attività vulcaniana presentata dall’ Etna, per passare poi ai fenomeni eruttivi di Yulcano. I. Etna. 1. — Fenomeni vulcanici centrali. Eruzioni vulcaniane. Fino da quando cessò la memorabile eruzione dell’ Etna nel 1886, il nostro gigante Yulcano entrò in un periodo di sfoghi intermittenti , generalmente di soli vapori, dal cratere centrale. Di questi , della loro data e del loro modo di presentarsi io resi conto nell’ Annuario della Società Meteorologica italiana del 1887. Sul principiare del 1888 gli sfoghi eruttivi vaporosi si riaffacciarono con caratteri di deboli mani- festazioni durante il mese di gennaio. Andarono gradatamente crescendo per intensità e per frequenza nei mesi di febbraio e marzo. In aprile le eruzioni con progressivo aumento di energia ebbero più rade inter- mittenze; principiarono a determinare delle piogge di ceneri e lapilli, e vennero maggiormente a caratterizzare un periodo eruttivo speciale, che 294 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 ebbe seguito nei mesi di maggio e di giugno, con eruzioni giornaliere, e spesso relativamente imponenti per il loro modo di presentarsi. A cielo perfettamente sereno , e generalmente nelle prime ore mattutine, si sono viste incominciare con piccoli sbuffi di vapore: indi rapidamente crescere e farsi gagliarde : dopo una durata di qualche ora a poco a poco è scemata la loro forza, finché verso sera hanno raggiunto il loro termine, lasciando il cratere centrale (cima dell’Etna) perfettamente sgombro e coi suoi profili netti sul fondo di un cielo trasparente e stellato. Nella fase di maggiore energia eruttiva giornaliera si sono viste spesso addensarsi ed ampiamente estendersi delle nubi tempora- lesche, cariche di pioggia, di elettricità e di cenere , che si sono river- sate sulle alture dell’ Etna e in più bassi orizzonti , con acquazzoni e grandinate accompagnati da imponenti e improvvisi temporali elettrici con fulmini, tuoni e caduta di cenere. Tali fenomeni hanno destato sorpresa anche al volgo come straordinari , nelle calme condizioni me- teoriche comuni in Sicilia nel tempo in cui avvenivano. Durante il mese di luglio le eruzioni diminuirono assai di forza e di frequenza, e al principio di agosto cessarono, mentre contemporanea- mente (il dì 3) scoppiò veemente la eruzione alla vicina Isola di Vul- cano. Dal 6 al 18 del mese , cioè per 12 giorni, Vulcano si rimise in calma , e durante questo periodo si riaffacciarono all’ Etna delle intermittenti eruzioni e alcune di un certo vigore , le quali , alla loro volta, dal dì 21 di agosto (quando Vulcano rientrò nella fase eruttiva gagliarda che tuttora seguita) vennero a mancare, per ricomparire solo a lontani intervalli nei mesi di settembre, ottobre e novembre. Ma que- ste, se si eccettui una eruzione assai imponente del 31 settembre ed una di minor forza del 18 ottobre, ambedue accompagnate da pioggia di cenere, del resto sono state deboli e di solo vapore. Tutte le osservazioni mi conducono a ritenere: 1° che il periodo eruttivo dell’ Etna, che ebbe deboli manifestazioni nei primi mesi del- 1’ anno , è andato gradatamente crescendo in seguito , raggiungendo un massimo nel maggio e nel giugno; indi è venuto a declinare col prin- cipiare della fase eruttiva più energica, ma dello stesso genere, di Vul- cano; 2° che la maggiore o minore energia e la temporaria calma nella sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 295 eruzione di Vulcano, hanno avuto un riscontro inverso di manifestazioni nel cratere centrale dell’ Etna. Per meglio chiarire e comprendere la natura delle eruzioni etnee che caratterizzano la fase attiva vulcanianct , credo utile di far conoscere le seguenti più dettagliate notizie, che estraggo dal mio giornale. Gennaio. — - Piccole manifestazioni eruttive intermittenti di vapori bianchi e densi dal cratere centrale dell’ Etna si sono osservate nei giorni 12, 16, 19, 21, 22, 24, 26. Sono state in generale della breve durata di poche ore: il 19 e 31, di giorno, hanno presentato un mas- simo relativo, ma sempre di modesta apparenza di sbuffi vaporosi che scaturivano dalla cima del monte. Febbraio. — Le eruzioni di vapori con la tendenza ad assumere una forza crescente, hanno presentato manifestazioni più spiccate, spe- cialmente nei giorni 3, 4, 8, 10, 11, 14, 20, 22, 27, 29, con un re- lativo massimo a dì 8, 14, 21, 22, 27, in cui sono giunte a costituire dei condensamenti sovraincombenti al cratere. Del resto, come nel mese precedente, hanno avuto breve durata e sono state di poca entità, tranne quella del 27, che verso le 5 pom. fu capace di produrre una nube temporalesca con lampi, tuoni e pioggia. Marzo. ■ — La forza eruttiva dei vapori ha continuato a crescere. Le eruzioui, per lo più diurne, si sono fatte più frequenti ; infatti si sono notate nei giorni 1, 3, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 19, 20, 21, 22, 23, 25, 26, 27, 30, 31. Sempre di breve durata, hanno presentato un massimo relativo il 3, 5, 8, 12 13, 19, 25, 31, in generale con le apparenze di mediocre addensamento di nubi. Tuttavia 1’ eruzione del 25 oltrepassò i limiti delle altre, e prese un aspetto piuttosto grandioso, costituendo abbondanti nubi estese per grande tratto verso ponente, ed a margini meandriformi caratteristici della loro origine eruttiva. Aprile. — Si è accentuato sempre più il crescendo di forza erut- tiva dei vapori, che ha dato luogo ad eruzioni quasi giornaliere , tal- volta accompagnate da cenere. Si è con ciò sempre più caratterizzato 296 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 un periodo eruttivo speciale dell’ Etna. I giorni , in cui le eruzioni si sono rese più manifeste, sono stati FI, 2, 3, 5, 9, 10, 13, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 27, 28, 29, 30. Hanno avuto un massimo relativo il 3, 13, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 27, in cui hanno presentato il cratere centrale sormontato da cirri, cumoli e strati di vapori condensati fino a grande altezza o striscianti sulle pendici del monte. Il 13 aprile fu una gagliarda eruzione di vapori carichi di cenere , i quali spinti da forte vento di WN'W costituirono a ESE, a partire dalla cima dell’Etna e fino per grande tratto dell’ Ionio, un esteso lenzuolo di fitta caligine di color cinereo giallastro. Il fenomeno ebbe una durata dalle 12 me- ridiane alle 6 di sera. Maggio — Le eruzioni, sempre crescenti in energia e frequenza, hanno avuto delle manifestazioni, ora di maggiore ora di minore inten- sità, giornaliere. Il 2 dalle prime ore del mattino si presentò imponente eruzione, che produsse dense nubi, fosche, cineree, che fecero cadere abbondante pioggia di cenere e lapilli nella plaga Est ed ESE, dell’Etna (Zafferana Etnea , Bongiardo , S. Yenerina , Riposto , Acireale , ecc.) ; nelle alture del cratere caddero anche pietre di mediocre grandezza: la pioggia durò dalle 10.30 ant. a mezzogiorno, ed alle 6.30 pom. ogni fenomeno eruttivo era cessato. Il 5 del mese si ripetè una eruzione di vapori e materiale solido come il 3, però senza che si rendesse sensibile alcuna pioggia di cenere nei centri abitati etnei, perchè forse trasportata a più grande distanza. Si udirono cupe detonazioni dal cratere , ed a poco a poco imponenti nembi temporaleschi di vapori via via eruttati avvolsero completamente l’Etna verso le 1.30 pom. — Alle 6 pom. col cessare della eruzione le nubi in breve ora si dileguarono, e verso le 8 pom. il cielo si era rifatto perfettamente sereno e la cima dell’Etna del tutto sgombra da qualun- que manifestazione eruttiva. Il 6 e 7 altre eruzioni diurne, simili per- fettamente a quelle del 5. Nei dì 8 e 9 altre eruzioni di abbondanti vapori che coprono completamente l’Etna, incominciate alle 10 ant. e durate fino alle 6 pom. Il 10 idem } l’eruzione incomincia alle 10 ant., finisce alle 5 pom. Il dì 11 ideni? l’eruzione incomincia alle 9 ant. e sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 297 finisce alle 6 pom. Il 12 idem , V eruzione incomincia alle 9.30 ant.; dalle 2 alle 6 pom. 1’ Etna è avvolto da nubi che danno abbondante pioggia, che continua anche nella notte e per tutto il 13 e 14. Il 15, quasi mancano le manifestazioni eruttive, che abbondanti ripigliano il 16 e continuano il 17, 18, 19, 20, 21 : incominciano sul far del giorno e in poco tempo avvolgono l’Etna con un ammasso nu- voloso di vapori eruttati ; che fino a notte inoltrata non si dileguano. Il 22 grandiosa eruzione di vapori : incomincia alle 7 antim., finisce alle 6 pom. Il 23 eruzione della stessa durata della precedente, ma più modesta. Il 24 tempo burrascoso in tutta le regione etnea. Il 25 l’Etna si mostra tutto avvolto in nubi di vapori eruttati. Il 26, 27, 28, 29, nessuna o debolissime manifestazioni eruttive. Il 30 forte eruzione in- comincia alle 11.30 ant., avvolge in breve l’Etna di nubi che scaricano pioggia interrotta anche il successivo 31. Giugno. — 1, 2, 3, 4, calma eruttiva. Il 5 principia con discreti vapori. Il 6 una eruzione incomincia verso mezzogiorno , alle 3 pom. si fa gagliarda, e cessa alle 7 pom. A dì 7 grandiosa eruzione , com- parisce alle 7 ant. e finisce alle 6 pom. A dì 8 calma. A dì 9 altra bella eruzione incomincia alle 6 ant. e finisce alle 7 pom. Il 10 idem , idem. A dì 11 imponente eruzione: grandi masse di vapori eruttati si addensano in caratteristiche nubi temporalesche , che in causa di ga- gliardo vento si staccano via via dall’ Etna, e si estendono per ricoprire esteso orizzonte a levante e a mezzogiorno : lampi e tuoni si succedono con frequenza. A Catania i campanelli elettrici del servizio telefonico si mettono a suonare , e le scariche elettriche sono accompagnate da pioggia così abbondante, che 1’ acqua allaga le strade e i cortili per non aver tempo di affluire negli acquedotti ; l’acqua piovuta si mostra all; analisi chimica ricca di sali specialmente cloruri e nitriti (1). Alle 7 pom. l’eruzione è completamente finita, l’Etna è sgombro di va- pori, ed il cielo è tornato perfettamente sereno. (1) Questo fatto importante resulta da un’ analisi eseguita dal Prof. G. Basile chimico della R. Scuola enologica di Catania il quale si occupa attivamente dello studio delle acque di pioggia. 298 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 Il 12 ripiglia di buon mattino 1’ eruzione che avvolge 1’ Etna di nubi : a ore 7 pom. 1’ Etna tende a scuoprirsi , e poco dopo cessa il fenomeno. Il 13 mediocre eruzione, che alle 11 ant. nasconde Y Etna tra i vapori; questi si dileguano la sera a eruzione finita. Il 14 gran- diosa eruzione come al solito dalle 7 ant. alle 7 pom. Il 15 idem , co- me il giorno precedente: incomincia alle 9 ant. finisce alle 8 pom. Il 16 idem , incomincia alle 9,30 ant. e finisce alle 10,30 ant., ripiglia alle ore 5 pom. e finisce alle 8 di sera. Il 17 per tutto il giornoTEt- na è avvolto da nubi di vapori eruttati : verso sera il cielo torna a farsi sereno e l’Etna è sgombro. 11 18 idem , come il giorno preceden- te. Il 19, dalle 6 ant. alle 11 ant. dal cratere centrale sorgono vapori bianchi dovuti a mediocre eruzione ; dalle 12 alle 7 pom. 1’ eruzione si è presentata gagliarda : alle 7 pom. è cessata ed il cielo è tornato sereno. Il 20, dalle 7 alle 10 ant. poca emissione di vapori: dalle 11 ant. alle 6 pom. gagliarda eruzione: alle 7 pom. Y eruziome è cessata. Il 21, dalle 6 ant. alle 6 pom. eruzione , i vapori dalle 10 ant. alle 6 pom. avvolgono completamente 1’ Etna : alle 7 pom. 1’ eruzione è cessata e il cielo è trasparente e stellato. Il 22 , eruzione alquanto attiva, comincia alle 7. 30 ant. cresce dalle 11 ant. alle 4 pom. alle 5 pom. diminuisce , alle 6 pom. cessa e il cielo è sereno. Il 23 e il 24, mediocre eruzioni : nel primo giorno dalle 7 ant. alle 6 pom. nel secondo, incomincia alle 10 ant. e finisce alle 5 pom. alle 6 pom. l’Et- na è completamente sgombro di vapori. Il 25 , alle 7 ant. e sempre come nelle precedenti, a cielo sereno, ha principio una eruzione, che da piccola cresce gradatamente , finché dalle 4 alle 6 pom. prende molto vigore , e 1’ Etna si occulta tra nubi di vapori condensati : dopo le 6 pom. rapidamente le nubi si dileguano ed il cielo si fa trasparente, per- chè il fenomeno eruttivo è cessato. A dì 26, alle 4 ant. io mi trovava sulla cima dell’Etna per istn- diare le condizioni interne del cratere. Esso presenta ampia gola eruttiva a ponente dell’esteso recinto crateriforme, tutto internamente asperso di cenere di lapilli e più grosse pietre provenienti dalle eruzioni. All’ ora indicata poco vapore esce dalla gola, e non impedisce la vista ; però è sufficiente a rendere penosa la respirazione, per l’ abbondante anidride sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 299 solforosa che lo accompagna e che attacca le fauci con impressione soffocante. Tutto Torlo e le pendici del cratere dal lato corrispondente alla gola eruttiva sono scottanti e gremite di fumaioli, generalmente di vapori d’ acqua. Nessun rombo ho udito, che non sia quello che possono produrre le correnti di aria e di vapori, che circolano in vortici dentro la cavità a pareti anfrattuose del cratere. Tutto T esterno del cratere o cono estremo dell’ Etna, dalla cui massa filtrano tanti vapori, mostrasi straordinariamente rivestito da una efflorescenza bianca o giallastra ab- bondantissima, che a distanza simula uno strato di neve : T analisi di questa effloroscenza mi ha dimostrato un composto minerale speciale, al quale ho dato il nome di Alluni inìo-polioss ition ite (1). Fino alle 7 antimeridiane si sono sollevati dalla gola i pochi va- pori suaccennati : alle 7 antimeridiane i vapori aumentano, e si sveglia un’attività eruttiva in modo, che- alle 9 ant. si è già formata una nube densa , che oscura il sole e tende a diffondersi verso levante in forza del vento di West che spira. Alle 12 T eruzione di vapori è assai di- minuita ; la nube si è ristretta ed il sole è tornato a splendere. Alle 2.30 grande improvvisa esplosione di vapori , con rombo cupo interno nel cratere: la esplosione proietta a grande altezza una colonna di va- pore cinereo , che assume T aspetto di pino ; ben presto la chioma del pino volge a levante , e scarica abbondante pioggia di cenere e lapilli sul cratere e sul fianco orientale dell’ Etna. Il fenomeno eruttivo dura pochi minuti, e dopo la caduta della cenere resta sul cratere del vapore bianco dovuto a debole attività eruttiva che va a cessare alle 6 poni., e allora il cratere è ritornato coi pochi vapori presentati nel mattino, i quali sollevandosi nell’aria si dileguano, per cui si presenta a distanza la cima dell’ Etna sgombra di vapori : in tale stato si è mantenuta per tutta la notte. Anche osservato nella oscurità della notte, il cratere non mostra nella sua gola alcuna emanazione o riflesso di luce. Il dì 27, a ore 7 ant., incomincia l’eruzione; a ore 10 ant. è già gagliarda; dalle 12 alle 6 pom. si ode qualche detonazione del cratere, e nubi temporalesche di eruzione coprono T Etnea , con lampi e tuoni (1) Vedi Atti R. Accad. Gioenia di Scienze Naturali. Catania, Voi. 2° Ser. IV. Atti Acc. Von. I, Serie 4a 37 300 Etna, Sicilia ecl Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 di scariche elettriche. Alle 7 pom. e nel seguito della notte 1’ Etna rimane sgombro senza eruzione; cielo sereno. Il 28 cielo sereno in tutto l’orizzonte, ma fino dalle ore mattutine nubi di eruzione avvolgono l’Etna: tutto il giorno si mantiene la stessa condizione. Alle 7 pom. l’ Etna è sgombro completamente di vapori , e così si mantiene per tutta la notte, a netti profili sul cielo stellato. A dì 29 e 30 idem , idem, co- me il giorno precedente 28. Luglio. — Durante questo mese, le eruzioni hanno diminuito assai di forza e di frequenza. Ye ne fu una assai grandiosa il dì 8, che in- cominciò la mattina alle 9 ant., e terminò alle 8 di sera. Altre di pic- cola forza avvennero il 9, 13, 15, 30 e 31, e sempre nelle ore diurne, mentre nella notte l’Etna in generale fu sgombro di vapori e privo di manifestazioni eruttive. Agosto. — L’1, 2, 3, nessuna eruzione (nella notte del 3 scoppio della eruzione di Vulcano che resta sospesa dal 6 al 18 del mese). Il dì 6 il cratere centrale dell’Etna torna a presentare una manifestazione eruttiva mediocre di solo bianco vapore. Altra manifestazione eruttiva dello stesso genere, ma più energica della precedente , si ebbe nei dì 11 e 12 nelle ore pomeridiane. Il 13 avvenne un’eruzione grandiosa, come quelle del maggio e giugno, con un relativo massimo alle 3 pom., e finì sul far della sera. Il 15 il fenomeno eruttivo si ripresenta con molto minore energia del dì precedente. Si riaffaccia pure una debole manifestazione il 21 e il 29. Settembre. — Vi furono deboli eruzioni vaporose l’I, 3, 5, 8, 11, 14, di mediocre forza il 17, 23, 25: il dì 30 tornò a presentarsi du- rante il giorno una improvvisa eruzione , importante come quelle del maggio e giugno : esteso pino di vapore cinereo diede pioggia di cenere minuta sulla plaga orientale dell’ Etna. Ottobre. — Debolissime manifestazioni eruttive si hanno l’I, 2, 14. Il 18 si presenta nelle ore diurne una eruzione piuttosto forte, con nubi di vapori e cenere, che piove sottile e rara sul fianco orientale sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 301 dell’Etna fino alla costa marittima di Riposto. Nel rimanente del mese nessun fenomeno degno di nota. Novembre. — Per lo stato del cielo spesso annuvolato, si è potuto notare solo che il 4, 6 e 19 vi fu debole emissione di vapore bianco dal cratere centrale dell’ Etna. Il 26 debole eruzione di fumo nerastro, cioè composto di vapori e di cenere, la quale sino dalle prime ore del mattino aveva ricoperto la neve su tutto il lato di ponente del cono. Dicembre — Anche durante questo mese le condizioni meteoriche dominanti sono state di cielo coperto e spesso piovoso. Solo per 12 giorni di cielo sereno si è lasciata vedere la cima dell’ Etna la quale ha mostrato il dì 2 il cratere sormontato da densi vapori bianchi , il dì 8 il medesimo con la neve coperta di uno strato di cenere di una piccola eruzione avvenuta dal 3 al 6 in cui è stato occultato. Il dì 10 si è vista la ripetizione di una eruzione di cenere accom- pagnata da abbondanti vapori che hanno costituito un lungo cirro esteso da ponente a levante per gran tratto di cielo trasparente e sereno. Il 21 e 22 vi sono state emanazioni piuttosto abbondanti di vapori bianchi. Il 26 il candido manto di neve del cono si è mostrato di nuovo coperto dalla cenere di altra eruzione avvenuta il giorno avanti in cui era rimasto avvolto tra le nubi. 2. — Fenomeni vulcanici eccentrici. Oltre i fenomeni fin qui accennati, presentati dal cratere centrale nulla di straordinario si è dovuto notare. Solo sul fianco meridionale dell’ Etna, ove si stabilì l’apparcchio eruttivo della conflagrazione del 1886, e sulla corrente di lava che si distese dal nuovo cratere fino a Nicolosi , continuano tuttora le emanazioni vaporose, che sogliono per lungo tempo accompagnare il materiale eruttato durante il suo lento raffreddamento. Anche alla base orientale e meridionale dell’Etna,, nulla di insolito hanno manifestato nè le sorgenti idrogassose di S. Venera presso Acireale, nè quelle di Paterno, nè le Salse o Vulcani di fango di Paternò e di S. Biagio. 302 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 IL Fenomeni vulcanici nel rimanente della Sicilia. Nell’ antica regione Flegrea della Sicilia meridionale secondo quanto mi ha comunicato il signor Gl. Gl. Ponte, direttore dell’ Osservatorio di Palagonia, si è osssrvato durante l’ anno qualche intermittente recrude- scenza nei fenomeni ordinari di emanazione di anidride carbonica nel lago di Naftia o dei Palici presso Palagonia , accompagnata da tenui quantità di idrocarburi liquidi , che si sono potuti raccogliere conden- sati in forma di spuma galleggiante sulle acque del lago, la quale col riposo ha dato un petrolio di speciale natura, su cui non è qui il luo- go di intrattenersi. Anche le acque della sorgente Fiumecaldo , presso Mineo, hanno dato luogo ad osservazioni importanti al signor G. Guz- zanti, direttore di quell’ Osservatorio : importanti circa il rapporto che presentano tra i caratteri di limpidità , intorbidamento e temperatura variabile , ed i fonomeni geodinamici specialmente microsismici locali. Fatti tutti, che per la loro particolarità sfuggono a questa generale ri- vista. Le altre parti del suolo siciliano, anche dove hanno sede secolare fenomeni di vulcanicità secondaria, come alle Macalube di Girgenti , di Caltanissetta, ecc., nulla si è avuto da osservare di straordinario e me- ritevole qui di nota. m. Fenomeni vulcanici nelle isole adiacenti alla Sicilia. I fenomeni che mi hanno offerto in quest’anno speciale argomento di osservazioni e di studio , sono stati quelli presentati dalla eruzione dell’ Isola di Vulcano, di cui passo a parlare. 1. — Eruzione dell’Isola di Vulcano. Ho già avanti accennato come si debba ritenere, dietro le notizie che ci hanno lasciato gli scrittori, che l’Isola di Vulcano (la più vicina sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 303 alla Sicilia tra le Eolie) dai tempi storici (a partire da 475 anni av. Gl. C.) fino ad ora , abbia dato eruzioni di lava fluenti solo a lunghi intervalli, mentre più frequentemente ha limitato i suoi sfoghi a eru- zioni di vapori , ceneri e pietre , (generalmente frantumi trasportati di antiche lave). Pare che l’ ultimo formidabile incendio sia avvenuto nel 1771, e a questo si debba riferire una corrente di lava ipossidianica, che si vede tuttora molto distinta e con aspetto alquanto fresco , tra- boccata dal fianco Nord del cratere ora attivo e geologicamente più recente dell’ altro grandioso preistorico che forma tutta l’ isola. Dopo il 1771 nessun grande incendio è registrato nella storia, e 1’ attività del cratere si è mantenuta generalmente al grado solfatariano, tranne di tanto in tanto alcune energiche eruzioni di vapori e ceneri , accompagnate anche da proiezioni di materiale grosso. Fra le più re- centi di queste, merita speciale menzione quella del 1786, descritta da Spallanzani, quella del 1810 , di cui parla il Ferrara; e l’altra del 1832, della quale fu testimone il geologo tedesco Hoffmann. Dal 1832 cioè per 40 anni, sono mancate anche queste manifestazioni eruttive; ed il cratere si è mantenuto sempre calmo , tanto da accreditare sempre più l’opinione che Vulcano fosse entrato in quella via di estinzione, in cui lo hanno preceduto le altre isole Eolie sorelle, che sono ormai rap- presentate da vulcani estinti, eccettuato lo Stromboli, che è tuttora pe- rennemente attivo. Nella sua condizione di solfatara, essendosi reso il cratere di Vul- cano accessibile, fino dai primi del secolo si affacciò l’ idea di applicarlo all’industria estrattiva dei prodotti chimici sublimati dai suoi fumajoli ; e nel 1813 , dalla casa Nunziante di Napoli , per concessione del go- verno Borbonico , si fondò la importante industria di estrazione dello zolfo, del sale ammoniaco, dell’ acido borico e dell’ allume. In seguito , e fino ad ora , tale industria fn continuata dal signor Stevenson di Glascow, a cui la casa Nunziante vendette il cratere per circa 300 mila lire; quando venne a perdere nel 1860, col governo Italiano, il dritto di monopolio sulla vendita dell’ allume per tutto il regno delle due Sicilie. Ma nel 1873 ricominciarono ad affacciarsi delle manifestazioni 304 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 eruttive in Vulcano accompagnate da forti detonazioni: nel settembre di quell’ anno si aprì una voragine nel fondo del cratere NNE, dove era prima la così detta Grotta delle fumarole ; e di lì ebbero luogo fre- quenti esplosioni, con getto di vapore, cenere e pietre infuocate. Questo fenomeno , con frequenti alternative di riposo, durò per 44 giorni ; e dopo terminato si può dire che il cratere non ritornò più nella calma primitiva ; giacché quasi annualmente si ripeterono dei segni eruttivi , preceduti sempre da una maggiore energia nei fumajoli. Si ebbero in- fatti a notare brevi eruzioni di cenere nel luglio 1876, nel settembre 1877, e nell’ agosto 1878: finché nel 1879, a dì 16 gennaio, si rimi- se in uno stato eruttivo allarmante, con energiche esplosioni intermit- tenti e sempre di vapori, cenere e pietre infuocate. In tale periodo il cratere allargò lo sprofondamento già precedentemente iniziato a ME, e subì altre notevoli modificazioni da renderlo più difficilmente acces- sibile; per cui fu quasi abbandonata V industria nel suo interno, e que- sta si ridusse ad estra'rre specialmente lo zolfo condensato dai nume- rosi fumajoli delle sue esterne pendici. Fino al giugno dello stesso anno 1879 vi fu qualche seguito di fenomeni eruttivi, ma poi cessarono; e da quella data fino alla presente cioè per 9 anni di seguito, Vulcano non ha presentato altri fatti ri- marchevoli, salvo che una frequente eccitazione in tutto il sistema dei suoi fumajoli. Ma nella notte del 3 agosto u. s., ebbe risveglio 1; attività erut- tiva, che è tuttora in corso; la quale, se si toglie un maggior grado di violenza, non è, a giudizio degli abitanti, dissimile da quella che hanno veduto altre volte nelle citate più recenti epoche , o di altre di cui è stata tramandata la tradizione dai loro antenati , come espressione di una condizione eruttiva più abituale di Vulcano. Questa condizione me- ritava di essere scientificamente distinta dalle altre fasi di attività , che i vulcani più comunemente presentano; ed io le assegnai il nome di fase Vulcaniana , tostochè nell’ agosto mi recai a studiarla sul luogo, appena ne ebbi il primo annunzio. Per specificare meglio i caratteri di questa particolare fase , che con gradazioni differenti di intensità ho riscontrato , come ho già detto sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 305 e dimostrato nelle precedenti pagine, anche all’Etna, e che è da rite- nersi in generale come propria dei vnlcani attivi in certi periodi, è be- ne che io premetta brevemente quello che avvenne all’ esordire della eruzione attuale di Vulcano, e ciò che da vicino osservai sul luogo. A tale scopo, tolgo qualche brano da un’estesa relazione che scrissi sotto la impressione fresca dei fatti, e che io mandai, per essere pubblicata, a S. E. il Ministro di Agricoltura e Commercio , con la data del 31 agosto 1888 (1). A dì 31 luglio il signor Pietro Landi , solerte direttore dell'Os- servatorio di Messina, mi segnalava un leggero terremoto ondulatorio , avvertito alle 7.40 pom. Questo terremoto passò inavvertito a Vulcano Lipari e nelle altre isole Eolie. Però nella notte dal 2 al 3 agosto , alle 12.40 , si udì dalla parte di Vulcano un forte rombo , accompa- gnato da leggiero tremito, che non si rese sensibile altro che al fana- lista , che si trovava di guardia sulla torre del faro di Vulcano , alta 33 metri: nessun altro se ne accorse nè a Vulcano, nè a Lipari, nè altrove. Dopo di ciò dal cratere di Vulcano si vide comparire del fumo nero, rischiarato da frequenti lampi di scariche elettriche: e con deno- tazioni a poco a poco incalzanti, crebbe la intensità eruttiva, tanto che sul far del giorno, verso le 4,30, incominciarono forti esplosioni, che a brevi intervalli davano gagliarde proiezioni di vapori , ceneri e massi infuocati, i quali ricadendo per un raggio di due chilometri dal centro del cratere, determinarono dei danni specialmente sul lato Nord, che ha vicinissime adiacenze coltivate, ed un caseggiato costituito dalle officine sparse della fabbrica, dall’abitazione del signor A. E. Narlian, (ammini- stratore e comproprietario di Stevenson) e del reclusorio dei coatti, addetti pure ai lavori. I massi che piombavano come gragnuola , di cui alcuni voluminosi fino a mezzo metro cubico e più, sfondarono i tetti, incen- diarono depositi di solfo accumulato nei magazzini, divamparono qua e là parzialmente delle vigne, dei boschi di ginestre e di piante arboree. (1) Vedi Annali del R. Ufficio di Meteorologia e Geodinamica, Roma — Voi. IX (Parte IVa). 306 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 Da ciò tanto rimasero sbigottiti gli abitanti della parte settentrionale dell’isola, che tutti, con gli aiuti apprestati dalle autorità, ben presto fuggirono rifugiandosi a Lipari. Invece , gli abitanti del lato Sud , più distanti dal cratere , non ebbero fino dal principio altro incomodo che quello della cenere, e quantunque intimoriti , rimasero per lo più nelle loro dimore. Dopo le prime esplosioni forti , altre più deboli ne succedettero fino alle 10 ant., quando avvenne altra eruzione gagliarda, che eguagliò per intensità la prima; ma dopo questa gli sfoghi diminuirono di forza, e si limitarono a dare getti di vapori e di cenere, o di soli vapori. Tale stato, con brevi intermittenze, durò fino a tutto il giorno 5, e a dì 6 venne a mancare ogni manifestazione eruttiva. In questo me- desimo giorno 6 mi fu segnalato di nuovo dall’Osservatorio di Messina un leggero terremoto, avvertito la mattina verso le 7 ore. Dopo ciò Vulcano ebbe una tregua di 12 giorni, durante la quale sembrò che tutto fosse cessato , e gli animi degli abitanti tendevano a tranquillizzarsi. Ma all’ alba del 19 agosto ricominciarono le intermit- tenti eruzioni con esplosioni violente, sempre accompagnate da forti de- tonazioni, e con abbondante cenere carica di elettricità e mista ad altro materiale grosso e minuto. Io mi trovava ad assistere fino dal principio a questa ripresa della energia eruttiva , ed osservava che i fenomeni esplosivi erano determinati, a più o meno brevi intervalli, da un ingur- gito di vapori con eccedente tensione; essi non duravano più di 10 a 15 minuti primi, e poi cessavano completamente lasciando scorrere un periodo di calma ora di 5 a 6 minuti , ora di qualche ora. Frattanto il prodotto eruttivo , rappresentato da una immensa colonna di vapore e di cenere, spinta a due e più chilometri di altezza , si diffondeva nell’ aria spesso a cielo sereno , cioè già sgombrato dai vapori e dalla cenere di una eruzione precedente, ed acquistava un aspetto grandioso, prendendo delle forme globose roteanti, che andavano via via svolgen- dosi, costituendo un’alta ed estesa chioma, la quale, secondo la forza e direzione del vento dominante , diffondeva in più o meno larga zona una pioggia di cenere nelle isole vicine , nella Sicilia , e coi venti di ponente fino anche nelle Calabrie. sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 307 Le eruzioni ora avvenivano a brevi intervalli di 30 a 40 minati (come nei giorni 19 e 20 agosto), e talvolta anche di soli 5 minuti: ora invece si presentavano a intervalli più lunghi di qualche ora. Io osservai che la frequenza rendeva più rare e più difficili le forti esplo- sioni, capaci di proiettare poderosi massi e mitraglia, e per lo più non vedeva sollevare altro che fumo densissimo carico di cenere: mentre nei giorni in cui le eruzioni si facevano con più lunghe intermittenze , io acquistai la certezza che erano da aspettarsi delle esplosioni tanto più formidabili , quanto maggiore era la durata della calma. Di ciò fui te- stimone nei giorni 23, 24, 25, 26 agosto, in cui il cratere di Vulcano rimase per gran parte del giorno con debolissima o con nessuna atti- vità, ma diede ora tre, ora quattro fortissime esplosioni durante le 24 ore, una delle quali costantemente verso le 4 del pomeriggio. Guidato da questi criteri che mi era formato fino dalle prime os- servazioni, la mattina del 20 agosto, mentre il cratere presentava la con- dizione di eruzioni frequenti, ad intervalli quasi regolari presso a poco di un quarto d’ora, tentai l’ascensione del cratere per assistervi da vicino, e ciò feci in compagnia di quattro giovani studenti in scienze fisico- matematiche delle tre Università siciliane (Alfredo Silvestri, Giovanni e Gaetano Platania, Luigi Mancuso). Dopo un tortuoso cammino e alquanto disagevole sulle pendici del monte, longitudinalmente attraversate da profondi solchi dovuti all’azione di acque torrenziali , su di un terreno franoso , costituito da prodotti incoerenti di deiezioni e tempestato qua e là di massi e bombe di fresco proiettati (1). Dopo una lunga sosta fatta per via onde studiare alcuni importanti gruppi di fumajuoli sul lato Nord slabbrato del cratere sto- rico che ha un diametro di 430 metri , vidi che questo si presenta in parte riempito costituendo una conca , in mezzo alla quale sorge a guisa di basso cono, alto da 10 a 15 metri sulla base, un 3° cratere, (1) I proietti sono in gran parte formati da antiche lave per lo più trachitiche di color bigio, ora a strattura pomicea, ora compatta, ora brecciforme. Anche la cenere e i lapilli non sono che un detrito sottile o grossolano delle stesse lave. Vi sono anche delle vere bombe più o meno globose formate da materia pomicea rivestita all’esterno da uno strato nero compatto di aspetto subvitreo. Tutto questo materiale viene ora da me attentamente studiato. Atti Acc. Vol. I, Seeie 4a 38 308 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1S88 che è il cratere ora attivo , più ristretto, e che rispetto al cratere sto- rico ripete in più piccole proporzioni lo stesso fatto del cratere storico sorto dentro al recinto del primitivo vasto cratere preistorico che forma tutta l’isola. Alle 3 e mezzo pom. raggiungemmo l’orlo SE del cratere, ora attivo, in un punto ove il barometro m’ indicò essere a 265 metri sul mare , mentre altri punti del contorno più antico si mostravano molto più elevati , specialmente verso mezzogiorno e verso levante. Quando giungemmo sull’orlo del cratere, questo era fortunatamente rien- trato da 10 a 12 minuti in uno di quei brevi periodi di calma , e si presentava perfettamente sgombro del fumo cinereo della eruzione pre- cedente, già completamente dissipato. Potei quindi chiaramente vedere che esso è formato da una cavità circolare, la quale, per quanto si può giudicare a occhio, poteva essere del diametro di 120 a 130 metri, con pareti convergenti in basso per costituire una forma grossolanamente conica, e che si mostravano fra- nate, e qua e là con sporgenze di strati e di masse erratiche di antiche lave interposte a prodotti di deiezioni profondamente alterati. Il fondo era subissato e reso inaccessibile, e dove finivano le pareti inclinate si apriva, alla profondità di più di un centinaio di metri, 1’ attuale larga gola eruttiva, che, per il tratto che la mia visuale permetteva di osser- vare , ritenni dovere essere a pareti irregolari e cavernose , e tali da scendere quasi verticalmente per stabilire la comunicazione tra le interne profondità e l’esterno. Nessuna sublimazione, nessun soffione importante io potei scorgere da ricordare l’antica industria: tutto era interamente scomparso. Mentre il detto stato di tranquillità del cratere mi permetteva di fare queste osservazioni , già volgeva al termine la ordinaria intermit- tenza di circa un quarto d’ ora. Di lì a poco abbiamo incominciato a sentire un cupo e prolungato boato , che dall’ essere molto profondo , rapidamente si è approssimato, acquistando il carattere di un tuono di intensità sempre crescente. A questo si è sovrapposto un fragore come di un forte uragano o di vento impetuoso sotterraneo, che con veemenza urtasse contro le pareti di antri, caverne e meati diversi : e di lì a po- chi istanti è comparsa all’esterno la esplosione di un primo vortice gi- sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 309 gantesco , tenebroso , di vapori e cenere , che , quasi fosse di materia elastica fin allora forzata, e compressa, immediatamente appena scaturito all’esterno si è ampliato, svolgendosi in numerose spire e forme globose roteanti, con cui ha riempito immediatamente tutto l’ambito del cratere, mentre in pari tempo per la forza di propulsione iniziale ha spinto in aria una prima colonna di cenere. Sempre continuando lo incalzante e spaventevole toneggiare sotter- raneo come di un temporale che sotto di noi imperversasse , e con un tremito sensibile di suolo, accompagnato da vibrazioni di aria ancor più sensibili , indicate dal mio barometro ; al primo vortice descritto, ne è succeduto ben presto un altro e poi un altro , e così di seguito , per esplosioni frequenti che si succedevano a brevi intervalli di 20 a 30 minuti secondi , che con 1’ orologio alla mano ho valutato della durata complessiva di minuti primi 13 e mezzo. Questo fatto di esplosioni che si ripetono con tanta rapidità e per un relativamente lungo intervallo di tempo , rende ragione delle impo- nenti e maestose colonne di cenere, che si sollevano a grande altezza , durante ognuno di questi parossismi eruttivi. Nessuna vampa di luce av- vertimmo che emenasse dal fondo del cretere. Cessate le esplosioni , continuò ancora per alquanti secondi il de- tuonare interno, però rapidamente diminuì di intensità, finché in meno di un minuto primo non ne rimase alcuna percezione all’ orecchio. Subentrato il silenzio, Vulcano si era rimesso in perfetta calma , però tutto avvolto da densa nebbia di vapori e di cenere , capace di sostituire alla luce del sole le tenebre , di tanto in tanto solo rischia- rate da qualche lampo di scarica elettrica. Ma V osservazione mi dimostrò che , mentre i vapori nelle condizioni estive termiche dell’ aria rapida- mente si scioglievano nell’aria e si dileguavano, d’ altra parte la cenere diffusa in larga zona, per effetto delle correnti atmosferiche, ben presto ricadeva , e nella intermittenza delle eruzioni spesso il cielo aveva il tempo di ritornare trasparente e sereno prima che sopraggiungesse un altro parossismo. Tale condizione di cose non avviene nella stagione attuale di inverno, nella quale sopra Vulcano si vede il cielo più o meno ingombro di vapori in forma di nubi. 310 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 L’ aver potuto assistere così da vicino ai fenomeni esplosivi carat- teristici di queste eruzioni intermittenti, dimostra , come ho detto , che non sempre sono accompagnate da quei grossi proiettili e mitraglia pe- ricolosa, che hanno impedito fin’ ora a chiunque altro, prima e dopo di me e dei miei compagni di accedere e trattenersi con agio sul cratere di Vulcano. Questo è il genere di eruzioni che fa Vulcano, e che io ritengo caratteristiche della fase che ho distinto col nome di attività Vulcaniana, i cui caratteri sono i seguenti: 1° Sono eruzioni intermittenti accompagnate da detonazioni d’ in- tensità variabile , e talvolta così forti da sentirle anche a notevole distanza. 2° Sono eruzioni a parossismi esplosivi di poca durata , e che si succedono con intermittenze di calma. Queste intermittenze o sono più o meno lunghe e irregolari (o di assoluta calma o di debole sfogo di soli vapori), e allora le esplosioni che si fanno più di rado, tostochè av- vengono, sono tanto gagliarde, da mandar fuori, oltre a torrenti di va- pori e di cenere, anche lapilli, mitraglia e più o meno grandi massi e bombe, che, trasportati dalla gola, sono proiettati a notevole altezza ge- neralmente di circa 300 a 400 metri, ma talvolta anche più di 1 chi- lometro. I projetti , oltre ad un calore iniziale che devono avere , as- sumono nella rapidità del loro movimento una più alta temperatura, che li rende incandescenti e che è da ritenersi come prodotta dal lavorio meccanico della loro rapida spinta , della loro vertiginosa caduta , del loro attrito con l’aria e dell’ urto che ricevono sul suolo. Se trovano il suolo roccioso e duro spesso si spezzano; se lo trovano terroso e incoe- rente vi penetrano sino a restarvi completamente sepolti. Tali massi si presentano generalmente angolosi , ma ad angoli smussati : se sono di trachiti molto porose e pomicee li ho visti ester- namente tutti intrisi di cenere aderente ; mentre se sono di lave trachi- tiche compatte , la loro superficie si presenta come rivestita da una patina omogenea più scura , di aspetto semifuso , dovuta all’ azione calorifica sofferta, la quale ricorda in qualche modo la scorza che riveste gli aeroliti. sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 311 3° Sono eruzioni che non presentano nessun indizio di lava fluente. 4° Sono eruzioni che non si presentano precedute nè accompagnate da quei parossismi geodinamici che sogliono avvenire nelle eruzioni o incendi vulcanici, che caratterizzano la fase Pliniana. Solo possono verificarsi dei leggeri tremiti lungo un breve raggio , come quelli che ho detto essersi sentiti a Messina due volte, e quelli che localmente si avvertono nell’ isola di Arulcano, ma solo nella vicinanza del cratere ora attivo. In prova di quest’ultimo carattere di relativa calma, debbo dire che fino del principio dell’eruzione di Vulcano, essendomi stata appro- vata telegraficamente dal R. Governo , per mezzo dell’ Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica, la organizzazione del servizio geodina- mico nella vicinissima isola di Lipari (non potendo far ciò per ora a Vulcano isola abbandonata nelle attuali condizioni), nessun fenomeno geodinamico d’importanza dall’agosto fino ad ora è stato segnalato, tranne due leggerissimi tremiti passati inavvertiti dalla popolazione e solo ac- cusato da un simoscopio di costruzione Brassart, sensibilissimo ; uno , nella notte tra il 29 e 30 agosto, l’altro il 18 novembre, a ore 8 ant. Questo stato di quiete relativa è proprio la conseguenza della natura aeriforme delle esplosioni che si fanno per un tramite libero ed aperto, che rappresenta l’asse eruttivo libero, senza la presenza ed ingombro del magma lavico , cioè di un materiale denso che opponga resistenza ed aumenti fortemente la tensione. Tal fatto si è osservato durante l’anno anche all’Etna, ove i terremoti sono stati debolissimi e di poca impor- tanza, relativamente al frequente stato eruttivo dal cratere, come si può vedere nelle seguenti pagine. I fenomeni eruttivi di Vulcano, da quando li osservai nella secon- da metà di agosto fino alla presente data in cui scrivo (31 decembre), hanno continuato sempre nello stesso modo, ora con maggiore ora con minore attività. E però da aggiungere che ai primi di novembre, sotto l’influenza di sensibili abbassamenti barometrici, la forza esplosiva mo- strò dei corrispondenti aumenti , che non erano mai avvenuti per lo innanzi. Mediante il servizio geodinamico organizzato a Lipari e me- diante la gentile cooperazione di osservazioni giornaliere che fanno sul 312 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti nel 1888 posto e di cui mi tengono informato il signor Tommaso Carnevale, di- stinto agronomo, ed il signor Ambrogio Picone, ben noto agli studiosi di Vulcano , io vengo giornalmente ad essere informato sull’ andamento dei fenomeni. Devo anche ringraziare l’ egregio prof. Dal Noce , della Scuola Tecnica di Patti, che mi fa anche delle osservazioni giornaliere interessanti, da quel punto di costa Siciliana che vede di faccia l’isola di Vulcano. 2. — Stromboli. Mentre nulla ho da riferire che possa interessare questa rassegna riguardo ai vulcani estinti che rappresentano le altre isole Eolie , non posso lasciare 1’ argomento senza dire una parola sullo Stromboli ; che nella sua nota attività ritmica ha fatto conoscere una certa relazione con i fenomeni eruttivi di Vulcano. In una visita da me fatta a Strom- boli il dì 22 agosto, mi sorprese il vedere che il cratere emetteva solo del bianco e tranquillo vapore, non proiettava scorie, non faceva udire nessuno strepito , non mostrava segno della sua attività ordinaria. Da quanto mi risulta dalle relazioni avute dagli attenti osservatori ivi di- moranti, signori Giuseppe e Gaetano Renda, sui fenomeni notati du- rante l’anno, trovo confermato il fatto che lo Stromboli allo scoppio di Vulcano ha presentato una molto minore energia. Questo però si è ri- svegliato in una eruzione notevole la notte dal 23 al 24 ottobre, la quale si è mantenuta in novembre, in coincidenza, come credo, alle basse pressioni atmosferiche che hanno determinato il già indicato in- cremento nella attività di Vulcano. Nella notte del 5 al 6 novembre si sentì a Stromboli anche un leggiero terremoto; si aprì nel cratere a oriente dell’antica bocca gran- de un’altra bocca più piccola, che soffiando continuamente a guisa di mantice, diede luogo ad una eruzione di ceneri e di scorie capace di costituire presto un nuovo monticello crateriforme. Di notte i vapori, che si sollevavano , riflettevano sì viva luce dall’interno bollore della lava , che facevano apparire la cima del monte come in fiamme. sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici 313 IY. Fenomeni geodinamici. Sono riassunti nei seguenti prospetti, dai quali può facilmente de- dursi il rapporto delle manifestazioni eruttive dell’Etna e di Vulcano, coi fenomeni geodinamici segnalati dalla estesa rete degli Osservatori della Sicilia, collegati coll’ Osservatorio centrale di Catania per mezzo del regolare servizio geodinamico che sono riuscito ad organizzare. Il fatto che emerge come più meritevole di attenzione , sul quale giova insistere come carattere precipuo , è che durante gli sfoghi attivi dei- fi Etna e di Vulcano, i quali ho unificato riferendoli alla fase di at- tività Vulcaniana , tanto i fenomeni macrosismici , quanto quelli micro- sismici, hanno avuto in generale una debolissima espressione, tanto che senza l’ aiuto di strumenti delicati sarebbero (eccettuati pochissimi) pas- sati inosservati. Colgo la opportunità della presente pubblicazione per ringraziare i chiarissimi Direttori di tutti gli Osservatori della Sicilia , nonché gli ufficiali telegrafici addetti al servizio geodinamico, per la loro solerte ed utile cooperazione. In special modo compio questo mio dovere verso i miei assistenti: per la geodinamica, signor ingegnere Salvatore Arci- diacono, per la chimico-fisica terrestre, signor prof. Sebastiano Consiglio Ponte, per la geologia e mineralogia sig. Alfredo Silvestri, i quali mo- strano sempre vivo zelo nel disimpegno delle loro funzioni. dei fenomeni geodinamici e vulcanici avvenuti durante l’ani MESE ORA Sede dell’ Osservatorio ove il terremoto QUALITÀ u e del è stato segnalato del DIREZIONE : v Giorno terremoto dagli strumenti o si è reso sensibile terremoto Gennaio 3 8,20 a. Catania + - 8 4,10 » id. scossetta 12 7,25 » Gi arre misto NE-SW r )) 12,30 p Zafferana-Etnea id. NW-SE *2' 15 2,27 a. Catania sussultorio » 9,56 « Mineo id. 21 2,25 >> Zafferana-Etnea ondulatorio NW-SE » 6,35 « id. id. id. Febbraio 9 7, 2 a. Nicolosi id. NW-SE 12 10,47 p. Mineo sussultorio 24 12,45 » Linguaglossa id. N 26 12,37 » Pachino ondulatorio NW-SE n Marzo 3 7, 0 a. Ragusa Inferiore ondulatorio E-W H 8 9,15 p. Catania id. E-W 1 15 1, 0 >' Modica id. SE-NW i* j « 1,15 » id. id. id. ^ Biancavilla sussultorio • i 16 6,55 o Paterno id. A 18 9,30 a. Ragusa Inferiore ondulatorio N-S | 20 9, 5 « Siracusa sussultorio 22 11,10 » Paternò id. (1) I terremoti deboli o forti registrati in questo prospetto vengono distinti ' come segue: Quelli contrasegnati con (*) sono debolissimi, quasi tremiti indicati, < al disotto del 1. grado d’ intensità della scala Italo-Svizzera, avvertiti da un solo sui'* a verghetta Brassart; quelli con (+) idem, ed avvertiti da un solo sismoscopio; discffl (Brassart); tutti gli altri senza segno sono stati segnalati dai soli avvisatori sismidlalli-Ei i I vi [ A R I 0 315 tn*, nella Sicilia in generale , e nelle Isole adiacenti. ila tessa ora ha presentato un’oscillazione di 4° i p sento contemporaneamente agitato e così con- __ inùper tutta la giornata con oscillazioni fino a 16°. i tii da molti. — Tr. agitato durante il giorno fino I P | rii da qualche persona come assai prolungato. [ Primo accenno di eruzioni di V vapori dal cratere centrale del- uolalla sera precedente presentò leggero turba- ( ^ Etna nei giorni 12, 16, 19, 21, leu — Mancano le osservazioni nella notte. I ^2, 24, 26. -ilio debolmente fino a 4°. iitda qualche persona con replica dopo brevi . riti) fino a 15°. iqulto tutto il giorno, alle 8 di sera comincia ad 'Se: turbato. iitda qualche persona — Tr. oscilla fino a 3°. agiato fino a 8°. Le eruzioni di vapori tendono ad aumentare di forza e fre- quenza e presentano delle mani- festazioni più spiccate, special- mente nei giorni 3,4, 8, IO, 11, 14, 20, 22, 27, 29. si nato un massimo di 3°. r.'iì lottato di perfetta quiete viene ad essere con- iai aneamente al terremoto tanto agitato da ol- cpaare la scala di 50°. 831 ir cato un massimo di 2°. iiicato un massimo di 2°. azi< e di brevissima durata — Tr. è agitato fino 7°. qr te. Seguita il crescendo di forza e frequenza nelle eruzioni vaporo- se del cratere centrale dell’ina, che si sono notate più manifeste nei giorni 1, 3, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 19, 20, 21, 22, 23, 25, 26 , 27, 30, 31. qv te. uitrj viene specificato in colonna se sono stati avvertiti anche da qualche persona, da da jatti gli abitanti dei centri popolati. ■ T viene indicato il tromometro nonnaie Bertelli , situato nel II. Osservatorio Geo- ■ d Catania, e nel quale le osservazioni sono state fatte regolarmente dalle 8 antem. iom| ri ^p. Von. I, Serie 4a 39 316 MESE OEA Sede dell’Osservatorio ove il terremoto QUALITÀ’ ! e del è stato segnalato del DIREZIONE Giorno terremoto dagli strumenti o si è reso sensibile terremoto Aprile ; 6 5,30 a. Zafferana-Etnea ondulatorio N-S 7 11, 3 p. Catania sussultorio 22 4,39 a. id. id. 28 1,15 » Zafferana-Etnea misto NW-SE Maggio 2 8,40 a Zafferana-Etnea ondulatorio N-S Catania • 3 1,38 » Palagonia • 4 7,0 a. ? Mineo • " 6,18 p. id. * 6 2,50 a. id. • rt CO Catania sussultorio 7 10,17 p. id. id. » 5,24 » Mineo id. » 6,30 a. id. id. 8 ore ant. della notte Catania id. ! io 6,45 p. Mineo id. 11 2,28 a. Palagonia id. 13 2,14 » Catania sussultorio 19 5,35 p. Mineo id. 22 12, 0 n. Giarre id. 27 12,52 a. Catania • ! 3, 5 » Mineo I r ’■ i# ( 1° jj 2° I 3° li l Osservazioni ; i) Lcato un massimo di 3°. uno 'e 8 pom. , si è mostrato agitato con 7° di si ili ione— Mancano le osservazioni della notte, i ile ant. alle 8 pom. , ha indicato un massimo li 2° ni ideato un massimo di 2°. 8 alle 8 ant. \ Si accentua sempre più la forza 1 eruttiva delle eruzioni di vapori Idei cratere centrale AeWEtna — Queste prendono a caratterizzare decisamente un periodo eruttivo di masse vaporose accompagnate da cenere e lapillo. — Le loro manifestazioni più spiccate si sono presentate nei giorni 1, 2, I 3, 5, 9, 10, 13, 16, 17, 18, 19, , 20, 21, 22, 23, 27, 28, 29, 30. nasi rimo durante il giorno. si Umo durante il giorno. • ole ant. alle 8 pom. ha dato un massimo di 3°. a da un massimo di 7° alle 3.10 pom. -gei ente turbato alle 5 pom. fino a 3°. 'ila no a 2° durante il giorno. Le eruzioni di vapori, ceneri e lapilli si sono fatte imponenti e quasi giornaliere. — L'Etna du- ranteil mese si è presentato spes- so avvolto da vapori condensati in forma di nubi temporalesche ca- riche di pioggia e di cenere. — Le eruzioni generalmente comin- ciano nella mattina e finiscono nelle ore pomeridiane. eggerjmte turbato di 2°.5 dalle 5 alle 8 pom. • -r: lite turbato fino a 3° alle 8 pom. iii'oati' durante il giorno con un massimo di 6°.50 He 5 ijim. -ger iute mosso con un massimo di 3°. 5 alle 8 ant. •almo, j ggerijmte mosso con un massimo di 3° alle 6 pom. 318 WM MESE ORA Sede dell' Osservatorio ove il terremoto QUALITÀ’ e del è stato segnalato del DIREZIONE Giorno terremoto dagli strumenti o si è reso sensibile terremoto 2 Giugno Giarre sussultorio 1* Viagrande ondulatorio 9 11,42 p. Zafferana-Etnea id. 1' Patagonia sussulto rio 2» il 11,50 p. Mineo 1' 14 10,29 a. Palagonia • 1* 15 12,15 » Mineo • 1» « 11,41 » id. • 1* 1,27 p. 18 3,12 » Palagonia • 1' 10,5 « 11,7 .» 1 Catania tromometrico NE-SW Paterno misto NE-SW 5U Bian cavilla sussultorio 3" Beipasso ondulatorio id. Bronte sussultorio ' 2 21 1,5 p. Adernò ondulatorio N-S j Palagonia id. id. 1 4” Mineo sussultorio 1* Bamacca id. P Grammichele id. lf Licodia Eubea id. Siracusa id. 111 21 11,56 p. Palagonia ondulatorio id. ..p i 22 12,42 a. id. * -■j i 27 6,0 p. Mineo * 1 1 1 319 Ossei* vazion i rtito i molti con leggiero •voli li oggetti. j Tl. da]le g ant_ 1 alle 8 pom. calmo. dato i i • i Mancano le osser- al solo avvisatore si- \ • • -, ,, .. 1 vaziom della notte. laico rassart. ' l rito ppena da pochi. / Vedi pag. seg. casi limo. | id. * id. !u. id. id id. imo. l’ima . perfetta quiete e all’ora del terremoto for- amen perturbato con oscillazioni che oltrepassano scal ritorna in calma alle 3,30 pom. ! i |e Talmente : scrollo di oggetti : senza danni , plica il! 1.17 pom. to laiolte persone. to da maggior parte degli abitanti. — Replica ll’l.l pom. to da uniche persona. Le eruzioni coi caratteri sud- to da miti. detti si mantengono grandiose e imponenti e avvengono gior- to da maggior parte degli abitanti , scrollo di nalmente durante tutto il mese. t nobili. Cominciano sempre la mattina d. leg f ro scrollo di oggetti mobili. / e finiscono nelle ore pomeridia- ne con una durata circa di 12 id. id. ore dal principio alla fine del fenomeno. id. id. id. id. id. id. di ssi n li quasi J ( mo. legge] •i nte perturbato fino a 4°.5 alle 3 pom. I MESE 0 Giorno OEA del terremoto Sede dell’Osservatorio ove il terremoto è stato segnalato dagli strumenti o si è reso sensibile QUALITÀ del terremoto DIREZIONE Giugno 29 9,39 p. 11,21 » Catania * 2,27 » l 30 11,27 » Palagonia * 9,30 Catania * Luglio 7 7,45 a. Mineo * 12,22 p. Palagonia * 7,45 » id. * 9 9,51 a. id. * 10 10,18 » id. * 11 8,40 p. Mineo * 12 2,34 p. Palagonia • 14 10,20 a. Siracusa • 22 11,30 p. Bronte sussultorio 23 6,12 » Mineo • 11,27 » Palagonia • 24 1,20 »> Giarre sussultorio » 10,12 » Palagonia • 25 4,15 a. Mineo • 27 2,15 » id. • 31 10,22 » id • » 2,52 p. Palagonia • » 7,27 » Linguaglossa misto E-Vv7 321 — ! Osservazioni no alle 8 ant. alle 8 poni. — Mancano le osser- vi nella notte. Som. è turbato fino a 6° — alle 8 poni, è imo non sappiamo dopo. no 'tto il giorno. id id. id. id. ' < un solo sismoscopio a verghetta al primo a,l°) sensibile ad altro simile al pian terreno. Imo. i Le eruzioni diminuiscono assai di forza e di frequenza e si no- ' tarono solo nei giorni 8, 9, 13, 15, 30 e 31. id. id. >d. id. 11 alle 8 ant. alle 5 pom. con un massimo al, 8,26 ant. — il di 31 si è mantenuto calmo l 'ara perturbazione alle 3 pom. che raggiunge casino di 4° alle 5 pom. 1 da cune persone con rombo.— Tr. quasi calmo. >mo tjto il giorno. 322 MESE e Giorno ORA del terremoto Sede dell’ Osservatorio ove il terremoto è stato segnalato dagli strumenti o si è reso sensibile QUALITÀ del terremoto — -jH il DIREZIONE 1- 0 Agosto 2 4, 7 a. Palagonia • 3 8,42 p. Catania j -! io; 6 « id. 4M 5 11, 7 » Palagonia -1' 8 2, 0 a. Mineo IH 9 6,55 » id. -i- id. u 10 id. 11 notte 10-11 — 6 pom Catania -1 7,40 a. 11 Mineo -1' 8, 0 » k 1,15 p. 12 id. -1° 3,35 » 11,17 Palagonia • -1 11,57 • 13 3,56 » id. - -1 9,14 a. 14 Mineo * (j-il 9,15 » 18 3,39 p. Catania * ì 19 11,51 a. Palagonia * f-l » 8,23 p. Mineo * j -1 20 8,49 a. Palagonia * 1 Li9j 1 )) 11,14 » Mineo * i Li* 22 4,15 » id. ♦ j 23 1,30 p. Licata * ! -ì*. ^ 5,36 a. Palagonia * 1 " i 25 1 1' 1 5,55 »> id. * 323 - f 1 ©sservazion £ — Imo li itto il giorno. rbatì :on un massimo di 6°. 5 alle ó poni. imo5 ;r tutto il giorno. esen un leggiero turbamento alle 8 ant. isi mo — presenta leggero turbamento di 3° al- Etnea in quiete per gran parte n P; 1. del mese; solo si ebbero medio- cri o deboli manifestazioni nei asi Imo e leggermente turbato di 2°. 5 alle 8 giorni 6, 11, 12, 15, 21, 29. - , Il 13 vi fu una breve eruzione piuttosto energica. Il giorno 3 prima di sorgere m.— ancano le osservazioni della notte. mo t ito il giorno. il sole è scoppiata improvvisa- mente, con leggiero terremoto , una violenta eruzione di vapori, ceneri , lapilli e talvolta grosse pietre all’ Isola di Vulcano. — Gli abitanti fuggirono sbigotti- iti. id. ti. L’ eruzione è continuata dal 3 fino al 5. Addì 6 Vulcano si rimise in calma ed in tale stato continuò fino a tutto il 17 del mese. La mattina del 18 alle 5 id. id. ant. 1’ eruzione è ricominciata formidabile coi caratteri prece- denti , cioè con detonazioni ed iger adulazione fino a 2°. esplosioni intermittenti a brevi intervalli ed emissione di alte colonne di vapori, ceneri, lapilli 1 a si t ino fino alle 3 2 e turbato di 3° alle 3 poni., e spesso proiezione di massi sen- 12° £3 5 poni., di 6° alle 8 poni. za lava fluente — Frequenti piog- n de ' i oscillazioni da 1° a 2°. — Forti oscillazioni 3i ge di cenere a Lipari ed in al- Min tre isole vicine — La cenere è giunta talvolta a Messina e fino nelle Calabrie. n de ' i oscillazioni da 0°.8 a 2°. lino t to il giorno n de bi oscillazioni da 2° a 2°. 5. -ti''! ajertu illazione di 2° 5 alle 5 poni. ii A cc Vol. I, Sesie 4a 40 324 MESE ORA Sede dell’Osservatorio ove il terremoto QUALITÀ’ — e del è stato segnalato del DIREZIONE Giorno terremoto dagli strumenti o si è reso sensibile terremoto 'J Agosto Zafferana-Etnea misto NW-SE ;° Linguaglossa ondulatorio SW-N0 i» 26 2,50 a. ( Giarre sussultorio »o Viagrande ? \ S. Giov. la Punta ? )0 )) 7,29 a. Palagonia * 1° notte 29-30 ? Lipari ? 2° 31 5, 0 a. Catauia * i» Settembre 2 2,25 a. Mineo * 1° 3 12,45 » Palagonia * :p Bronte sussultorio i» 1 Randazzo misto SE-NW 3” : ” 7, 6 » 1 Linguaglossa id. id. 9 Patti ? 4“ )> 1.53 p. Palagonia * -■!» 4 11,7 » id. * •i11 5 4,40 a. id. * j-i >■ 7,35 p. Mineo * |4» * 10,12 » Palagonia * j-i» 9 3,52 a. Palagonia • '•i1 » 8,30 p. Mineo * 10 3,15 « Siracusa • -b 11 4,38 » Zaffarana-Etnea misto NW-SE 1° i 12 8,43 a. Mineo • - l' )) 7,3 » id. * -1° ito dtl notti \ id id, id d pochi ‘ j . ) Tr. da 1° passa a 2° alle 5 poni. eia parecchie persone. — Tr. oscilla fino a 3° 1 2 io a 1°.5 il giorno 30. da 0° issa ad oscillare per 2° alle 3 poni. c e yerJ oscillazione di 2° alle 3 e alle 8 poni. , • • . i Tr. deboli oscillazioni di 2° duran- i'" dai ni con' , . ,r , Il ... - te il giorno. Mancano le osserva- 1 1 zioni nella notte. l' cren Oscillazioni fino a 2° nel giorno. id. fino a 3°. 5. 1 - -< rc, «dilazioni fino a- 3° (a Mineo preceduto da oscillatili tromometriche ampie). / Vedi pag. seg. legger^ «dilazioni fino a 1°.8. id. fino a 2°. 8. H'cm i mo , sente leggera perturbazione di 2° a ore 8 i n. 326 MESE ORA Sede dell’ Osservatorio ove il terremoto QUALITÀ ; 0 del è stato segnalato del DIREZIONE * — | * Giorno terremoto dagli stranienti o si è reso sensibile terremoto 1 Settembre 13 2,32 p. Patagonia • -1 14 6,43 a. Mineo • jl 15 12,11 p Stromboli sussultorio i* » 8,0 » Catania • -1 16 6,20 » Palagonia • -1- 18 7,32 a. id. • -1 19 8,50 p. Mineo • ri' 24 1 ,54 » Palagonia • ri 25 4,28 a Catania • -i » 8,15 » Mineo • -1 Paterno sussultorio d‘i ! 12,36 p. Biancavilla id. 26 4,30 a. Gangi ondulatorio ? > ?’ » 7,45 p. Mineo + 111 , 8,30 a. Catania • «■ 29 10,30 » id. *' "* * » 11,27 » Pachino ondulatorio N-S • 1“ i , 2,57 p. Catania * * - 1° 3,10 » id. * Ipj » 11,10 » Palagonia « , pi 30 2,55 » id. j 327 iigei oscillazioni fino a 2°. id. id. fino a 3°. soiie*1 [ ^r' leggere oscillazioni da 2° a 3° -irei oscillazioni fino a 2°.3. id. fino a 4°. He S om. turbato fino a 5°. io 3 alle 8 poni, turbato fino a 4°. id. id. fino a 5°. lato il solo avvisatore Gal- 'assaf j dailcune persone. tosse onsecutive , una delle . , «ri*»' spavento gene- ,T ' t®”?. Pf; l' ilampolazione — caduta dì “>“ *££ ' n nessun danno notevole i c n • diU, \ alle 8 l"’"1- 1 da n solo sismoscopio a ietto Srassart situato al 2° 1 Sensibile ad un sismo- o a l ghetta al pianterreno. -"-i ti lite turbato fino a 3° alle 8 ant. e alle 12 ni. 'diali illazioni da 1° a 1°.5. Etna in quiete per la maggior parte del mese, si notano deboli eruzioni di soli vapori il 1, 3, 5, 8, 11 , 14; il 17, 23, 25, ve ne furono di mediocre forza, solo il dì 30 tornò a presentarsi durante il giorno una imponente eruzione come quelle del maggio e giugno, ma per poche ore con pioggia di cenere minutissima su tutta la plaga orientale AelVEtna. Vulcano con alternative or di maggiore or di minore intensità mantiene il suo stato eruttivo giornaliero durante tutto il mese. 328 MESE OEA Sede dell’ Osservatorio ove il terremoto QUALITÀ’ e del è stato segnalato del DIREZIONE Giorno terremoto dagli strumenti o si è reso sensibile terremoto Ottobre 4 7,30 a. Mineo +- l 5 11,26 »> Palagouia * •1' 7 3,37 p. Mineo *+■ 2° 12 4,15 a. Catania * i 14 6,52 p. Palagouia * i 16 2, 4 » Mineo * r 7, 4 » Catania * i 27 10,15 a. id. * i4 29 8,51 p. Palagouia * ì1 30 7,44 a. Pachino sussultorio i Novembre 7 l,47’30”a. Catania * i" 8 1,30 a. Zafferana-Etnea ondulatorio NW-SE , 3" 10 1,30 p. Mineo * !• 1* 13 12, 8 a. id. * ,-l“ 15 7,14 »» Catania * s-l* » 10,32 » Mineo * 1" 18 8, 0 p. Lipari * -1* 20 12,10 a. Mineo * -1° 27 4, 4 p. Mineo scossetta V 5, 7 p. id. id. 1 ■ 1* ! i ' 1 329 l i àie un solo sismoscopio a dischetto situato al ■oii' piano, non avvertito da altro sismoscopio a olita al pianterreno. — Tr. perturbazione di 6° ilio 8 >oin. "li stillazioni da 1° a 3°. un solo sismoscopio a dischetto situato al "in piano ove fu avvertito da alcune persone, i se ibile ad un sismoscopio a verglietta al pian- ai—Tr. quasi calmo. lille m alle 3 pora. si turba da 5°.2 a 6°. 2. — He alle 8 poni, da 3° a 3°. 5. — Mancano le rvioni nella notte. ■ . ei perturbazione di 4°.ó alle 10 ant. it lino a 5° alle 5 pom. % -oer oscillazioni da 1°.5 a 3°. I ni. id. da 1° a 3°. id. id. da 0°.5 a 2°. 5. Si accentua sempre più la con- dizione di calma nell’ Etna che durante questo mese ha solo presentato delle debolissime ma- nifestazioni eruttive ai dì 1 , 2, 14 ; ma il giorno 18 avvenne durante le ore diurne una eru- zione piuttosto forte con nubi di vapori cariche di cenere che piovve rara e sottile sul fianco Est dell’Etna fino alla costa ma- rittima di Riposto. Vulcano idem come nel mese precedente. ! I o art oscillazioni da 1°.5 a 3°. 5. ito ■ parecchie persone. — Tr. leggere oscilla- li d 0°. 2 a 2° durante il giorno. — Mancano le serva oni nella notte. ■ n nte perturbato fino a 4°.o alle 8 e alle 10 mt. L; perturbazione è cresciuta fino a 8° nel dì successo 11. "ina : 5 alle 8 ant., 0°.9 alle 10 ant,, 2° alle 12 | e cuce l’oscillazione fino a 5°.5 alle 5 pom. ' rbatdla 8° a 14°.o durante il giorno. — L’ agita- i '' cktinua tutto il giorno successivo 16 e parte lei 1 7.1 •userò rovi mento da 1° a 2°. 8. id. da 1° a 2°. -'•ilio • Ha giornata da 1° a 3°.5, Etna solo nei giorni 4, 6 e 19 ha presentato l’emissione di ab- bondanti vapori bianchi dal cra- tere centrale , ma con debole forza eruttiva. Vulcano idem come nel mese precedente ; però in relazione a delle depressioni barometriche molto sensibili le esplosioni erut- tive in alcuni giorni hanno pre- sentato un maggior vigore. MESE e Giorno OEA del terremoto Sede dell’ Osservatorio ove il terremoto è stato segnalato dagli strumenti o si è reso sensibile QUALITÀ del terremoto DIREZIONE i ì Dicembre 6 6,50 a. Lipari scossetta 1* notte 7-6 5 p. — 6,27 a. Catania id. 1' 8 4,45 a. Zafferana-Etnea ondulatorio NO-SE 1" 10 7,32 ■ Lipari scossetta ] 11 8,35 p. Giarre sussultorio 3' » 8,20 » Lingu aglossa ondulatorio 2* 12 6,20 a. Giarre sussultorio NE-SO 1* - 6,30 » Lingu aglossa id. 13" 3, 47’, 30” p. Catania scossetta ■ v » 2,40 .. Lipari id. Y 13 2,37 a. Catania M. : i» 14 3,34 p. id. id. IT 20 11,47 » Palagonia id. A° 24 1,32 a id. id. !'? 26 11,45 » Lipari id. ; i> " 11, 5’, 42” a. Messina sussultorio 3" » 2,14 p. Lipari scossetta Ir >1 6,00 a. 11,30 » Barcellona Castroreale Spadafora id. ondulatorio N-S ;|a0 31 11,21 p. Palagonia scossetta 1* E. Istituto di Cliimico-Fisica Terrestre ed osservatorio Geodinamico della B, nvo Osservazioni i net ) le osservazioni della notte. • noi nanamente agitato per tutto il giorno. .reset oscillazioni nella giornata variabili da 1° 6°. viali; da 0°,6 a 1°,5. v dami deboli o moderate per tutta la giornata. -Muori laidamente agitato cpiasi tutta la giornata - ut do un’oscillazione massima di 12° nel mez- igiorn _ itati iresentando alle 10 a. un’oscillazione di 10°. | Etna dal 3 al 6 ha dato eru- 1 zioni deboli di vapori e ceuere; I il dì 10 si è ripetuto il feno- I meno; il 21 e 22 sono avvenute eruzioni di semplici vapori senza V cenere per più debole forza erut- ( tiva ; il 26 nuova eruzione di vapori e cenere. girate iresentando alle 5 p. un’oscillazione di 6°, 5. itateutto il giorno presentando un massimo 8°. i 'Imo mattino , agitato nel pomeriggio presen- ti'1 a; 5 p. un’oscillazione di 11°. Vulcano ha continuato con le solite intermittenze le sue nu- merose esplosioni eruttive gene- ralmente con molta violenza. ■ - n! in tutta la giornata delle oscillazioni va- iatili i 1°,5 a 3°. rimilo! , Castroreale e Spadafora le due scosse fu- i i av etite dalla popolazione con ispavento ; si liticò ralclie screpolatura nelle fabbriche , ma mza d ni. .niii — a tanta 31 Dicembre 1888 INDICE DEL VOL. I. SERIE 4. G. Basile. Ricostituzione con viti americane a produzione diretta, dei vi- gneti attaccati dalla fillossera — Memoria la sul vitigno Jaquez (con due tavole) .......... pag. 1 P Ferrari. La lepra in Italia , e più specialmente in Sicilia (con cinque tavole) ............. 37 O. Silvestri. Le maggiori profondità del Mediterraneo recentemente esplorate ed analisi geologica dei relativi sedimenti marini (con una tavola) » 157 G. Basile. Ricostituzione con viti americane a produzione diretta , dei vi- gneti attaccati dalla fillossera — Memoria 2a, il Vino Jaquez in rap- porto coi nostri vini » 175 S. Aradas. Esame batterioscopico dell’acqua minerale di Paterno . » 201 P. Ferrari. Il vagitolo e la vaccinazione » 209 A. Capparelli. Studi e ricerclìe sulla funzione delle fibre lisce muscolari (con dodici figure nel testo) ......... 225 0. Silvestri. Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici avvenuti durante l’anno 1888 » 291 i JUL.fff ; ATTI DELLA ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IN CATANIA ANNO LXVI 1 88 9-90. SE IRTE QUARTA VOLUME IL COI TIPI C. GALÀTOLA 1890. ATTI DELLA ACCADEMIA CIOÈ NI A DI SCIENZE NATURALI IIV CATANIA ANNO LXVI 1 889-9 0. SERIE G^TT ART A VOLUME II. CATANIA COI TIPI C. CALATOLA 1890. CARICHE ACCADEMICHE PER L’AMO 1890-91. UFFICIO DI PRESIDENZA ZURRIA Comm. Prof. Giuseppe — Presidente TOMASELLI Comm. Prof. Salvatore — Vice Presidente BARTOLI Prof. Adolfo — Segretario Generale GRASSI Prof. D.r Giambattista — Segretario della sezione di Scienze naturali MOLLAME Cav. Prof. Vincenzo — Segretario della sezione di Scienze fisico-matematiche CONSIGLIO D’ AMMINISTRAZIONE SCIUTO - PATTI Cav. Prof. Carmelo BERRETTA Cav. Uff. Prof. Paolo ARDINI Prof. D.r Giuseppe ORSINI FARAONE Prof. D.r Angelo CAFICI Rev. P. Giovanni — Cassiere. SOCII EFFETTIVI 1. GALVAGNA prof. Giuseppe Antonino 2. TORN ABENE cav. prof. Francesco 3. MADDEM cav. uff. prof. Lorenzo 4. ZURRIA comm. prof. Giuseppe 5. CAFICI p. Giovanni 6. NICOLOSI TIRRIZZI cav. prof. Salvatore 7. BERRETTA cav. uff. prof. Paolo 8. SCIUTO-PATTI cav. prof. Carmelo 9. ARDINI prof. Giuseppe 10. TOMASELLI comm. prof. Salvatore 11. CLEMENTI cav. uff. prof. Gesualdo 12. ORSINI FARAONE prof. Angelo 13. RONSISVALLE cav. prof. Mario 14. BASILE prof. Gioachino 15. CAPPARELLI prof. Andrea 16. MOLLAME prof. Vincenzo 17. ARADAS prof. Salvatore 18. SANGIULIANO Marchese Antonino 19. GRASSI prof. Giambattista 20. AMATO prof. Domenico 21. BARTOLI prof. Adolfo 22. UGHETTI prof. Giambattista 23. FERRARI prof. Primo 24. FICHERA cav. prof. Filadelfo 25. CHIZZONI prof. Francesco 26. FELETTI prof. Raimondo 27. PENNACCHIETTI prof. Giovanni 28. PETRONE prof. Angelo 29 30 Sulle formule esprimenti la tensione dei vapori saturi in funzione della temperatura. Memoria dei Professori ADOLFO BARTOL1 ed ENRICO STRACCIATI. I. - — Senza voler fare la storia completa delle formule proposte per esprimere la forza elastica dei vapori saturi in funzione della loro temperatura, accenneremo soltanto alle principali, e poi ne indicheremo un’altra di facile applicazione e molto approssimata. II. — Il D Alton come è a tutti noto propose le leggi seguenti (1). “ l.a La forza elastica del vapore saturo di un liquido cresce in “ progressione geometrica quando le temperature crescono in progres- “ sione aritmetica. „ Se questa legge fosse applicabile , la tensione massima F sarebbe legata alla temperatura T dalla relazione (la) F = aT essendo a una costante propria della sostanza. Questa formula fu da Regnault riconosciuta completamente ine- satta (2). L’ altra regola proposta dal Dalton che “ i vapori di tutti i li- “ quidi volatili hanno la stessa tensione massima a distanze uguali dalla “ temperatura ordinaria di ebullizione dei liquidi „ fu per molto tempo riguardata come capace di dare un’approssimazione assai utile ; essa si trova ricordata ancora in varii trattati di fisica. Il Regnaijlt (3) di- (1) Dalton — Memoirs of thè literary and philos. Society of Manchester, V. pag. 550. Regnault — Memoires de V Acad èrnie des Sciences de VInstìtut de France , Paris 1862. voi. XXVI. (2) Regnault, ibidem, pag. 659-661. (3) Regnault, ibidem, pag. 661-663. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a : ■ 1 2 Sulle formule esprimenti la tensione mostrò sovrabbondantemente che questa regola non è esatta, in singoiar modo poi, per i liquidi assai volatili. III. — Molto più approssimata quantunque assai lunga in pratica e non sempre possibile ad eseguire senza aver sotto mano il voi. XXVI delle memorie dell’Accademia delle scienze di Parigi, è la regola data dal Regnault (1) per determinare approssimativamente le tensioni mas- sime del vapore di un liquido di cui si conosce il punto di ebullizione sotto l’ordinaria pressione. “ Si segni, dice il Regnault, sopra la tavola quinta di quel vo- “ lume, il punto di ebullizione normale del liquido, e si tracci ad occhio, “ movendo da questo punto , una curva che cammini regolarmente fra “ le due curve più vicine , delle quali una corrisponde ad uu liquido “ che bolle ad una temperatura più elevata, e l’altra ad uno che bolle “ ad una temperatura più bassa. “ Assumendo questa curva fittizia come vera curva delle forze “ elastiche, non si commetteranno errori rilevanti, finché non ci si al- “ lontani considerevolmente dalla temperatura di ebullizione sotto la “ pressione di 760 millimetri. „ IY. — In mancanza di una formula generale che colleglli le forze elastiche di tutti i vapori con le loro temperature ( scriveva il Re- gnagli1 2 3 (2) nel 1847) i fisici hanno proposto delle formule numeriche particolari, che esprimono la forza elastica del vapore d’ acqua in fun- zione della temperatura. La maggior parte di queste formule,, aggiunge il Regnault, “ sono state proposte come semplici formule d’interpola- “ zione, mentre alcune altre sono state presentate con la maggior pre- “ tensione e come esprimenti la legge fisica del fenomeno. „ Così il De Prony (3) applicò pel primo , al calcolo delle forze elastiche del vapor d’acqua un’espressione della forma (2a) F = a cV -f b /3C + c (1,) Regnault, ibidem, pag 663-664. (2) Regnault — Memoires de l'Academie Rodale des Sciences de VInstitut de France; Tome XXI, Parigi 1847, pag. 583. (3) Journal de VÉcole polytecnique, deuxième cahier, pag. 1 e Regnault ibidem. dei vapori saturi in funzione della temperatura 3 Le sei costanti di questa formula , furono da lui calcolate dietro l’ esperienze del Sig. de Bétancogrt. Il Dottor Yotjng (1) ha proposto la formula (3a) F = (a + bt)m adottata da diversi fisici, e segnatamente dal Creighton, Southern, Tredgold, Coriolis, etc, (2) L’ Arago e il Dulong (3) accettarono per 1’ acqua la formula seguente (4a) F = (1 -f 0, 7153. Tf dove A è la forza elastica in atmosfere e T la temperatura centigrada contata a partire da 100° (positivamente al di sopra e negativamente al di sotto, prendendo per unità l’intervallo di 100 gradi). Questa formula rappresenta assai bene le forze elastiche da una fino a 24 at- mosfere; ma essa diviene inesatta per forze elastiche più deboli. — • In- vece la formula dell’YouNG sopra enunciata rappresenterebbe meglio le osservazioni entro tutta la scala delle temperature, determinando le co- stanti a, b, m, col mezzo di tre esperienze di cui due alle due estre- mità della scala termometrica e la terza nella regione media. Il Roche (4) dietro considerazioni teoriche (che non sembrarono giustificate a Dulong ed Arago) propose la formula 1 1 + mt (5a) F = a a e la stessa formula fu dedotta più o meno rigorosamente da Clapeyron, da August, da de Wrede e da IIoltzmann (5). (1) Naturai Philosophy, tomo II, pag. 400. (2) Compara Regnault, memoria ultimamente citata , pag. 584. (8) Annales de Cliimie et de Physique, 2a serie, t. 43, pag. 74. (4) Mémoires de V institut, T. X, pag. 227. (5) Clapeyron, Journal de V Ecole polytechnique , T. 14, pag. 153. August, Pogg. Ann. Bd. XIII, s. 122; Bd. 58, s. 334. De Wrede, Pogg. Ann., Bd. LUI, s. 225. Holtzmann, Pogg. Ann., Ergcinziengsheft , Bd. II, s. 183. e Regnault, Memoires de Vlnstitut, T. XXI, pag. 585. 4 Sulle formule esprimenti la tensione Questa formula rappresenta assai bene pel vapor d’acqua, d’alcool e di etere, i resultati delle esperienze del RegnatjBt (1). Anche il Magnus (2) ricorre a questa formula per esprimere le tensioni del vapor d’acqua, in funzione della temperatura. Il Regnault (3) nelle sue classiche memorie sulla tensione dei vapori, preferì la formula empirica proposta dal Biot (6a) log F — a + ba -|- c> dove a, b; c , a, 9, sono costanti e r è la temperatura centigrada aumen- tata di una costante. Questa formula si adatta molto bene ad esprimere i resultati ot- tenuti dal Regnault per un grandissimo numero di liquidi diversissimi fra di loro per natura e per proprietà fìsiche: essa si trova ancora a- doperata dalla maggior parte dei fisici che dopo il Regnault si sono occupati di analoghe misure. Y. — I Signori Pictet e Cellérier (4) deducono dalla teoria mec- canica del calore la formula seguente : (7a) lognat P_ P' [X' + (c — Te) (t1 2 3 4 — t)] 431 X 1, 293 X 5 X 274 (f — t) 10333 (274 + f) (274 + t) dove V è una temperatura scelta a contare le temperature t la temperatura variabile che piacere come punto di partenza per si vuol determinare (1) Regnault, Memoires de Vlnstitut, T. XXI, pag. 586 e T. XXVI. (2) Magnus, Pogg. Ann., Bd. LXI : compara anche Wullner , Experimentalphysik Bd. m, s. 605. (3) Regnault — Memoires de VAcadémie imp. des Sciences , T. XXI e T XXVI : Biot , Connaissance des temps pour 1844. Nel voi. I dei Fortschritte der Phgsi Berlin 1846 , pa- gina 92-98 è 1’ elenco di ben quaranta formule empiriche proposte per esprimere la tensione del vapore in funzione della temperatura : vedi anche Regnault, Memoires de VAcadémie des Sciences, T. XXI, pag. 582. (4) Pictet et Cellérier — Métliode generale d'integration continue d' ime fonction numè- rique quelconque etc. Paris, Gauthier, Villars 1879. elei vapori saturi in funzione della temperatura 5 il calor latente totale di vaporizzazione del -liquido alla tempe- ratura t' del suo vapore P' la tensione massima del vapore alla temperatura V P la tensione massima del vapore alla temperatura t c il calore specifico del liquido k il calore specifico del suo vapore ^ il coefficiente di dilatazione del gaz 1,293 il peso di i litro d’aria a 0° e sotto 760 millimetri S la densità del vapore, variabile con la pressione 10333 la pressione in chilogrammi sopra un metro quadrato equi- valente a 760 millimetri di mercurio 431 l’equivalente meccanico del calore (accettato dal Pictet e Cellérier. Il Sig. Szily (1) muove obiezioni sul modo con cui questa for- mula è stata dedotta dalla teoria meccanica del calore ; giacché nel ciclo considerato dal Pictet la temperatura non è costante : di poi il Sig. Szily cerca di dedurre rigorosamente la stessa formula dalla teoria meccanica del calore, e giunge a dimostrarla, qualora si ammetta che il prodotto k’T del calor latente per la densità del vapore saturo sia indi- pendente dalla temperatura : ciò che in generale non si verifica che con piccola approssimazione. TI. — Il Broch (2) osserva che la formula del Pictet può pren- dere la forma t f (t) 1 cct (8a) F — a . 10 dove a è il coefficiente di dilatazione dei gaz ed f (t) una funzione (1) Szily — Sur la formule (rinterpolation de M. Pictet — Journal de Phi/sique, 1880, T. IX pag. 303. (2) 0. I. Broch, Tension de la yapeur d'eau ; Travaux et memoires die bureau interna- tional des poids et mesures, Paris Gauthiers Villars, 1881, pag. (A, 19). 6 Sulle formule esprimenti la tensione della temperatura, dipendente dal calorico specifico del liquido e del suo vapore, dal calore latente e dalla densità del vapore. Se si suppone f (t) costante, cioè se si suppone il calore specifico, il calorico latente e la densità costanti si ritrova la formula del Roche: la quale dà resultati poco diversi dall’esperienza (almeno per il vapor d’acqua fra — 30° e + 100°) ammettendo però « = 0,004 265, valore notevol- mente più grande di quello del coefficiente di dilatazione dei gas per- fetti. Se si sviluppa / (t) per le potenze crescenti di t, si giunge ad una formula (9a) F = a . 10 bt -f- et2 + dt 3 + et* + ft 5 1 + ai Questa formula si presta all’ uso del metodo dei minimi quadrati ; si possono cioè far concorrere tutte le osservazioni per la determinazione delle costanti: essa fu impiegata dal Brock (1) per ricalcolare la tensione del vapor d’ acqua fra — 33° e + 101° servendosi dei dati di Regnault, ed ammettendo a = 0, 003 666 78 (valore trovato dallo stesso Re- gnault per l’ idrogeno). Distribuendo convenientemente le 536 osservazioni del Reghault, sul vapor d’acqua, in diversi gruppi, il Brock ha determinato i valori di a , b, c, d, e, f: i valori di F calcolati con questa formula coinci- dono meglio che quelli calcolati dal Moritz sulle osservazioni del Re- ghault, con la formula del Biot. VII. — Pel vapore saturo di acqua sono state trovate dopo il Re- gnault, delle formule assai semplici le quali collegano la temperatura con la tensione massima. Così il Winkelmann ha trovato che da — 5, 7 fino a 100°, la formula (10a) tn = 100 [2 X 1, 3652toffn — 1] (dove n è la tensione espressa in atmosfere e tn la temperatura centi- (1) Brock, loco citato. elei vapori saturi in funzione della temperatura 7 grada corrispondente) esprime assai bene i resultati delle esperienze del Regnault. (1) Per temperature comprese fra — 5°, 7 e -+- 220° vale la formula (2) (lla) tn = 200 [1, 3652 ( n 4- l|010965] — 100 ~VT.IT. — Un’altra regola comodissima pei bisogni della pratica è stata data dal sig. Duperray (3) nel 1871 per calcolare la tensione massima del vapor d’acqua ad una determinata temperatura. La regola è espressa dalla formula (12a) F = tl dove F esprime la tensione massima in atmosfere e Ma temperatura contata a partire da quella della fusione del ghiaccio, con l’unità di temperatura uguale allo intervallo fra la fusione del ghiaccio, e l’ebulli- zione dell’acqua sotto la pressione di 76 centimetri. (4) Più recentemente il sig. A. Jarolimek (5) propone per il vapor di acqua la formula (13a) T = 326,7 . /’ 04233 + 46, 3 /’ 3039 dove T è la temperatura assoluta e p la tensione espressa in atmosfere: Egli verifica la formula da p = 0,0004 fino a p=28 atmosfere. Egli propone pel vapor d’acqua anche la formula seguente: (14a) t = 100 + 2 M(942 3 4 5 — (95 — p)% (1) Winkelmann Ueber eine Beziehung zwischen Druck Temperata und Diclite der gesat- tigten Dàmpfe von Wasser etc; Annalen der Physik und Chemie, 1880 Bd IX, s. 214. (2) Vinkelmann, Loco citato, pag. 216-217. (3) Annales de Chimie et de Fhysique , T. 23 pag. 71 (anno 1871) e Archives de Genève T. 90 pag. 180-185. (4) Ricordiamo questa regola pratica del Duperray perchè veramente riesce molto comoda per la sua semplicità: non sembra che questa sia conosciuta da molti, in quantochè alcuni assi or sono venne da Roma spedito un foglio litografato , dove in altri termini era espressa la stessa regola, ritrovata da un operaio italiano (se ben ricordiamo). (5) A. Jarolimek, Bleiblatter, Band VII, s. 1883 pag. 273. 8 Sulle formule esprimenti la tensione (dove t è la temperatura volgare, e p la tensione) valevole fra 9 e 28 atmosfere. IX. — Lo stesso Winkelmann (1) ha generalizzata la formula trovata per l’acqua e qui riferita in principio del § VII. Chiamata tn la temperatura del vapor saturo di un dato liquido , quando la sua tensione è di n atmosfere, dn la densità riferita all’aria del vapore saturo sotto la pressione di n atmosfere e d la densità del vapore soprariscaldato riferito pure all’aria come unità , ed a e b due costanti proprie alla natura della sostanza, Egli ha verificato la formula (15a) t,n = (a 4- b) n 0, 13507J ~~d a pei liquidi seguenti ; acqua, etere, acetone , cloroformio , solfuro di car- bonio; ed i valori di tn corrispondono assai bene a quelli calcolati col- le formule di Regnault. La stessa formula è stata poi verificata per varii eteri , dallo Schumann (2) entro limiti di temperatura estesi. Questa relazione del Winkelmann può per ora servire solo in pochi casi a calcolare la temperatura di ebullizione corrispondente ad una data pressione, in quautochè i valori di dn a diverse temperature non si conoscono che per un piccolo numero di sostanze e la loro misura presenta difficoltà sperimentali non inferiori a quelle della misura diretta della tensione massima. X. — Il Sig. G-roshans (3) nel 1849 enunciò la proposizione se- guente “ Se si contano le temperature da — 273 , tutte le temperature “ corrispondenti sono pei diversi liquidi proporzionali „ intendendo per temperature corrispondenti di due liquidi quelle in cui i loro vapori saturi posseggono uguale tensione. Il Clausius (4) nella sua memoria “ sulla dipendenza teorica di (1) Winkelmann, loco citato pag. 218, 364, 366, 369, 372, 374. (2) Schumann, Ann. der PJiysiJc und Chemie, 1881 Bd. XII s. 58-59. (3) Poggendorff's Annalen, Bd. 78. s. 112 (anno 1849) compara anche Mousson Die pliysik auf Grundlage der Erfahrung; Zurich, 1872 Bd. Et. s. 116. (4) Poggendorff's Annalen , Bd. 82, s. 274 anno 1851. dei vapori saturi in funzione delia temperatura . 9 “ due leggi empiriche relative alla tensione ed al calore latente dei di- “ versi vapori „ la quale conteneva in germe le moderne teorie che collegano le proprietà fisiche dei corpi , metteva giustamente in rilievo l’importanza teorica della legge del Groshans, osservando che quantun- que soltanto approssimativa, concordava assai meglio di quella di D Alton coi dati dell’ esperienza allora posseduti. Anche noi in una breve nota pubblicata nel 1885 (1) abbiamo mostrato come la regola trovata dal Groshans si colleglli con le recenti teorie di Yak der Waals (2). La regola del Groshans ha tale importanza, da meritare un più lungo esame , e vi ritorneremo in un’ altra memoria che fa seguito a questa. XI. — Il sig. Duhring (3) ha enunciato la regola seguente : “ Sia tn il punto di ebollizione dell’ acqua sotto la pressione di “ n atmosfere ; il punto di ebollizione X di un altro liquido sotto la “ stessa pressione è (16a) X = A + Btn “ dove A e B sono due costanti che non dipendono che dalla natura “ del liquido. „ Il sig. Duhring a pag. 79 del suo lavoro verifica questa formula per l’alcol, l’etere, il solfuro di carbonio e l’ioduro di etilo, e veramente le temperature calcolate corrispondono bene a quelle osservate. Ma sembra che al sig. Duhring sia sfuggito che la sua regola è una conseguenza diretta di quella stabilita dal Groshans (vedi X. X). Infatti chiamate X e tn le temperature di ebullizione di due li- quidi sotto una stessa pressione, ed E, E' le temperature di ebullizione degli stessi liquidi sotto la pressione di 760 millimetri, si ha per regola di Groshans 273 + E _ 273 +■ X 273 + E’ ~ 273 + tn ~ B (1) Bartoli e Stracciati; sopra 1’ applicabilità, di una regola data dal Groshans (Nuovo Cimento, 1885 3a serie T. 18 pag. 193). (2) Van der Waals, Die continuità! des gas formigen und fliissigen zustandes; Leipzig 1881. (3) Duhring: Neue grundgesetze zur rationellen Physik und Ckemie; Leipzig 1878 s. 76- 84 : Compara anche Schumann, Annalen der Physik und Ckemie, Bd. XIII s. 63. Atti Acc. Yol. II, Serie 4a 2 10 Sulle formule esprimenti la tensione essendo B una costante, e da questa ed anche X — E tn ~ E’ X = (E — BE') + Btn e posto E — BE' — A essendo A una costante, viene appunto X = A -+- Btn che è la formula del Duhring (1). XII. — Dalla nota equazione della termodinamica , EL u — u = — T dT (dove u ed u' sono i volumi specifici del liquido e del vapore , L il calor latente, E l’equivalente meccanico del calore, p la tensione del va- pore e ria sua temperatura assoluta) trascurando u' di fronte ad u ed ammettendo come valida la regola di Dalton ( Yedi § II di questa memoria ) il Bouty giunge alla relazione LM (17a) — - = costante per tutti i corpi essendo M il peso molecolare e T0 la temperatura assoluta di ebullizione sotto la pressione normale. (2) (1) In una seconda edizione dell’ opera del Duhring (Lipsia 1886) è riferita la polemica fra il sig. Ulrico Duhring e il sig. P. De Mondesir, il quale nel 1880 lia pubblicato nei Coni- ptes Rendus , una relazione che può dedursi da quella del Duhring : cioè che se si scelgono le pressioni in modo che il punto di ebullizione di un liquido sotto tali pressioni, cresca in progressione aritmetica, anche le temperature di ebullizione di un altro liquido qualunque, sotto le stesse pressioni, fonnano una progressione aritmetica. (2) Bouty, Journal de Phi/sique, 1885 pag. 26. dei vapori saturi in funzione della temperatura 11 Ma la regola di Dalton è inesatta, e il sig. De Heen (1) mostra con molti esempi che anche la relazione del sig. Bouty è verificata dalla esperienza, solo con poca approssimazione. Infatti per 33 liquidi studiati i valori della costante variano da 0,050 a 0,078 cioè come 100 a lòfi. Più approssimata è la formula proposta dal sig. Trouton (2) ML (18a) -=r = costante per tutti i corpi: O come mostra il sig. De Heen (loco citato) ma anche in questo caso non si ha che una prima approssimazione giacché pei 33 liquidi i valori della costante variano da 20, 4 a 26, 3 cioè come 100 a 130. E singolare che fra le quantità M , L, T0 si siano proposte due relazioni incompatibili fra loro; bisogna però osservare che per le sostanze che hanno servito agli autori a provare il loro assunto, la temperatura as- soluta T0 variava ben poco, cioè da 263 (anidride solforosa) a 473 (iodio). In ogni modo, ammessa come valida la regola del sig. Trouton; cioè dalla equazione ML T = costante e dall’ altra che deriva dalla termodinamica 1 LM = 273 à0 E ' dt (dove S0 è il peso di un litro di idrogeno alla temperatura del ghiaccio fondente e sotto la pressione di 76 cm, il sig. De Heen (loco citato) deduce (I9a) T | = costante Egli verifica questa formula direttamente sopra 8 sostanze cioè j . (1) De Heen, Su r la tension des vapeurs saturées ; Bullettin de 1’ Académie Royale de - Belgique; 3™e serie, T. 9. 1885. (2) Tkouton, Philos. Magaz. (5a serie) t. 18 pag. 54-57 anno 1884. 12 Sulle formule esprimenti la tensione Etere, Alcole, Cloroformio, Acetone, Cloruro di carbonio, Solfuro di car- bonio, Mercurio, Acqua, e trova per la costante dei valori che oscillano fra 8056 e 10640 cioè come 80 a 107. Questa formula che il sig. De Heen ha dedotto da quella del Trouton, è ancora la conseguenza immediata od anche un. altro enun- ciato della regola stabilita dal sig. Groshans nel 1851. Infatti supponiamo che diversi liquidi abbiano la stessa tensio- ne massima p alle temperature assolute T, , T, , T3 , Tt , Ton ; e che posseggano la tensione massima p + Sp alle temperature assolute CG + STO, (Tt + STJ, (Tt + STJ, (T< + STJ, , (Tn + 8 Tn); per la regola stabilita dal Groshans risulta _G_ = = Ia = A 8Tt ST, ST, ST, onde anche Sp ST, T — ^ 1 \l'Ti ( Sp\ rp l Sp\ J, _ ( 9P \ \ STJ \ STJ 3 \STj che è appunto la formula a cui giunge il De Heen. A questa stessa relazione (19) son pur giunti i signori W. Ramsay ed S. Young (1) i quali mostrano su 18 liquidi (di cui si conoscono le tensioni del vapore a diverse temperature) il grado di applicabilità di questa formula. Anche ai signori Ramsay ed Young è sfuggito che la (19) è una diretta conseguenza delle regole del Groshans. XIII. — Si deve al sig. De Heen la seguente relazione : “ Per tutti i corpi appartenenti ad una serie omologa il prodotto “ del coefficiente di dilatazione per la temperatura assoluta di ebullizione “ è costante (2). (1) W. Ramsay e S. Young: Some Thermodynamical Relations: Philosophical Magazine, Decembre 1885; T. XX pag. 515-531. (2) De Heen, Mémoires couronnées publiés par l'Acc. rogale de Belgique, T. XXXI, 1880; e Bullettins de l'Acc. Rogale de Belgique , 3e serie, te IX v. 4, 1885. Compara anche De Heen? Essai de Phgsique comparée, Bruxelles 1883 pag. 73. dei vapori saturi in funzione detta temperatura 13 Noi abbiamo osservato in una nota pubblicata -nel 1885 (1) nel Nuovo Cimento, che questa regola del sig. De Heen dà una prima ap- prossimazione, e che un’approssimazione migliore si ottiene con la re- gola empirica seguente : “ pei corpi appartenenti ad una serie omologa “ il modulo di dilatazione K della formula di Mendeleeff Dr = Do (1 - Kt) “ è in ragione inversa della temperatura di ebullizione contata dallo “ zero assoluto. „ Dimostrammo ancora che queste regole empiriche si potevano de- durre dalla relazione da noi dimostrata nel 1884 (2) cioè che “ il “ modulo di dilatazione H della formula VT = r 1 — HT “ (dove T è la temperatura contata dallo zero- assoluto) è per diversi “ liquidi in ragione inversa della temperatura critica assoluta „ quando si tratti di una serie di liquidi in cui la temperatura assoluta di ebul- lizione è proporzionale alla temperatura assoluta critica. Il sig. De Heen (3) ha pure stabilito una relazione empirica fra la tensione del vapore saturo e il coefficiente d’ attrito interno del li- quido stesso : Egli trova (20a) T f log p — costante, per tutte le sostanze; f essendo il coefficiente d’ attrito interno del liquido e p la tensione del vapore saturo, presi alla stessa temperatura assoluta T. Egli verifica queste formule per otto liquidi ed a diverse tempe- (1) Bartoli e Stracciati — Sopra alcune relazioni stabilite dal sig. De Heen fra la dilata- bilità e il punto di ebullizione dei composti di una stessa serie analoga ( Nuovo Cimento, 3a s. T. 18 pag. 107) 1885. (2) Bartoli e Stracciati; Nuovo Cimento , 3a s., T. 16, (1884) pag. 102. (3) P. De Heen, Determination (Cune relation empìrique reliant latension de la vapeur au coeffcient de frottement interieur des liquides (Bullettins de 1’ Academie royale de Belgique , 3.me Sèrie, t. X, N. 8) (1885). 14 Sulle formule esprimenti la tensione ratare: i valori della costante oscillano fra 13, 9 e 32, 1 mentre i va- lori di / e di p variano fra limiti molto estesi. Lo stesso sig. De Heen, al quale si devono tanti bei lavori su argomenti fisico-chimici , partendo dalle ipotesi che le molecole dei li- quidi si attirino in ragione inversa della 7a potenza della distanza ( ipo- tesi che Egli trova giustificata dai molteplici fatti ch’essa spiega) è giunto alla nuova relazione ^ 1, 33 a a Q0 Q0 a (1, 33 a. a) ^ 1 (21*) _ q T A p0 v0 e A p0 v0 T dove p è la tensione del vapore saturo, T la temperatura assoluta, Q u il calore interno di vaporizzazione a zero gradi , C una costante, « = 273 A = ^ (equivalente calorifico del lavoro), «il coefficiente di dilatazione del liquido e p0 v0 le costanti della legge di Mariotte e Gay Lussac. Il De Heen , verifica la formula per il solfuro di carbonio , pel tetracloruro di carbonio , e pel cloroformio e trova un bello accordo coi dati della esperienza (2). XIY. — Il sig. Burden (1) ha trovato la regola rimarchevolissima che segue : “ Per tutti i componenti di una serie omologa , la tempe- “ ratura assoluta di ebullìzione T (cioè contata a partire dallo zero asso- “ luto) è proporzionale alla radice quadrata delle densità dei loro “ vapori. „ La densità del vapore Egli la prende uguale alla metà del peso (2) P. De Heen, Bullett. dell’ Ac. Roy. deBelgique 3me sèrie, t. XI pag. 165-173 (1886.) Vedi anche, 3rae serie, t. Vili n. ,8 (1884) e così pure Beiblatter, Bd. XI s. 226-227 e Bd. IX s. 111. (1) Burden, Boiling-points of organi c Bodies: Pliilosopli. magatine Voi. XLI pag. 528 (1871). Il Bubden per una svista di calcolo, enuncia la sua regola dicendo che al punto di ehullizione è costante la velocità molecolare dei composti omologhi. Il dottissimo sig. Boltzmann di Gratz, in una lettera agli editori , inserita nel voi. 42 dello stesso Ttiylos. Mag. rileva e corregge questa svista. (lei vapori saturi in funzione della temperatura 15 molecolare P, per cui viene a trovare che il rapporto (22a) rp 2 — — costante per ogni serie omologa. Il Burden porta numerosissimi esempi nella serie delle paraffine Cn H2n + 2ì delle Olefìne Gn H2n, Idrocarburi della serie aromatica, Eteri composti, Anidridi della serie grassa Cn H,n _ 2 03 , Aldeidi Cn H2nO , Alcoli Cn II2n + 20 , Acidi Cn H2n02 etc. e prova vera- mente che quel rapporto è ben costante in ciascuna serie omologa , quantunque varii, passando da una serie omologa ad un’altra. La regola del Burden unita a quella del Groshans permettono di calcolare in via approssimativa la temperatura di ebullizione sotto una qualunque data pressione , di un composto organico qualsiasi , data la sua composizione e la serie organica a cui esso appartiene. (1) XY. — Il sig. Gh W. A. Kahlbaum (2) ha recentemente studiato con un apparecchio assai complicato, la relazione che esiste fra la tem- peratura di ebullizione di un liquido e la pressione barometrica. Egli chiama remissione specifica (specifiche Remission) il numero che si ottiene dividendo la differenza fra le due temperature di ebullizione di uno stesso liquido , per la differenza delle pressioni , l’una di queste essendo sempre uguale a 760 millimetri. Così per l’alcol propilico che bolle a 96°, 6 sotto la pressione di 760mm, ed a 16°, 2 sotto la pressione di 10rnm,22 si ha (1) Si vede così verificato, almeno in parte, quanto prevedeva Fabaday nel 1845: « Si è « portati a credere, che osservazioni più esatte delle forze elastiche (dei vapori) permetteranno " di dedurre una legge generale per mezzo della quale si potrà concludere per ciascuna tem- « peratura la forza elastica di un vapore in contatto col suo liquido da una sola osservazione « di questa forza » Philos. Trans, of thè lioy. Soc. of London, fur 1845 pag. 155. (2) Geoeg. W. A. Kahlbaum; Sieden temperatur und druck in ihren wechselbezieheungen Leipzig, 1885 (I. A. Barth editore) Infine del volume da pag. 148 a 153 si trova un copioso elenco per la letteratura della quistione). Rem. Spec. — 16 Sulle formule esprimenti la tensione Questo valore varia col grado di pressione: così per Y alcol pro- pileo è = 0, 107 per 10mm,2; 0, 100 per 16mm, 8; 0, 089 per 30mm,2; 0,077 per 62mm,2. Il sig. Kahlbaum trova come risultato delle sue ricerche che una differenza di CH, in più, nella formula degli alcoli, degli acidi e delle anidridi della serie grassa aumenta la remissione specifica (paragonata alla pressione 0mm ) di una quantità costante ed uguale 0, 01. 1 liquidi studiati dal sig. Kahlbaum sono 35. XYI. — Ammettendo come valida la regola (1) “ che pei composti “ organici di una serie omologa, a differenze costanti di composizione “ corrispondono differenze costanti nel punto di ebullizione normale „ ed ammettendo ancora che tale regolarità si osservi anche sotto pressioni diverse dalla atmosferica, il Winkelmann (2) giunge subito alla formula (23a) Tn — tn — d -j- (n — 1 )c dove Y', T2 T3 Tn sono i punti di ebullizione dei componenti la serie omologa , sotto la pressione P , e tl t2 tn sono i punti di ebullizione sotto la pressione p e si ha d — rJ\ — t} c = A — a essendo A — T T — T T — — T T Ct ^3 ^2 tfi — 1 La formula precedente fu dal Winkelmann verificata per la serie degli acidi grassi servendosi delle misure delle lore forze elastiche, fatte (1) Riguardo a questa regola del Sig. H. Kopp, dice giustamente 1’ illustre Berthelot , che non si può riguardare come rigorosa, ma soltanto come l’indizio della vera legge, la quale per altro ci è ancora nascosta. Compara a questo proposito quanto ne riferisce il Chiarissimo fisico belga P. De Heen nel suo bellissimo Essai de Fhysique comparée , pag. 77 a pag. 94 , Bruxelles, 1883 (Memoria premiata dall’ Acc. delle scienze del Belgio). (2) WiNKEi.MASN, Ueber Dampf spannungen homologer Reihen etc. (Anualen der Physik und Chemie, Bd. I s. 430, 1877). dei vapori saturi in funzione della temperatura 17 dal Landolt (1), e di poi dallo Schumann (2) per una serie assai lunga di eteri (formiati, acetati, butirrati, valerianati etc.) (3) Per gli idrocarburi normali Cn H2 + 2 il Sig. Goldstein ha trovato che la temperatura di ebullizione t può calcolarsi molto esattamente con la formula 11 1 (24a) t — — - — X 380 + O — 1) X 19 — 340,9. La stessa formula vale per gli idrocarburi formati da radicali se- condari (ma analoghi) (4). XVII. - — Recentemente 1’ illustre geometra Bertrand (5) determi- nando la condizione che deve verificarsi affinchè il rapporto del calore sviluppato nella compressione di un corpo al lavoro impiegato nella compressione stessa, sia una funzione lineare della temperatura, giunge all’ equazione (25a) p — G (G essendo una funzione arbitraria del volume ed a e (ò le due costanti dell’ espressione lineare a.T -t- /3, che rappresenta il rapporto del lavoro impiegato al calore sviluppato nella compressione. Per i vapori saturi si può determinare facilmente questo rapporto, il quale, trascurando il volume specifico del liquido in confronto di quello del vapore , si trova espresso da -- ^ ° (c volume specifico del vapore, (1) Landolt, Liebig’s Annalen, Supplement Band. VI, s. 129 (anno) 1868. (2) Schumann, Annalen der Physik und Chemie, 1881 ; Bd. XII s. 52. (3) Per brevità, e perchè fuori del nostro disegno, passiamo sotto silenzio altre formule che collegono la tensione del vapore di un liquido con altre proprietà fisiche di questo : com- para per es. Watterston nei Forstschritte der Physik , Bd. XX s. 341. (4) Goldstein — Compara Beilstein, Handbuch der organischen Chemie, Hamburg 1885, Bd. I s. 50-51. (5) I. Bertrand; Thermodinamique , Parigi 1887 pag. 150 Probleme VI. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 3 18 Sulle formule esprimenti la tensione ed r calore di vaporizzazione) ed in generale varia proporzionalmente alla temperatura; cioè, prova 1’ esperienza, che si ha (1) quindi pei vapori saturi la temperatura e la pressione saranno collegate dalla formula precedente, che può scriversi (26a) la quale contiene tre costanti G, y ; ma che possono ridursi a due in sostanza, perchè come osserva Bertrand V esponente y si può far va- riare entro limiti molto estesi purché varii convenientemente >■ ; e la formula dà gli stessi resultati. Prendendo ad esempio y = 50 oppu- re = 25, = 100 e determinando poi le altre due costanti \ q G, come si vede dagli esempi portati da Bertrand (2) la formula rappresenta sempre con sufficiente esattezza la tensione dei vapori saturi in funzione della temperatura. La formula precedente è dal Bertrand applicata a circa 20 vapori e gli ha dato sempre dei valori concordi con quelli misurati direttamente dal Regnault. XYIII. — Il sig. A. Duprè, (3) dedusse della teoria meccanica del calore la seguente formula (27a) locj — = B * Po t 274 + 7 — A log 274+ t 274 (dove p è la tensione del vapore saturo alla temperatura t e p0 , B, A tre costanti) ammettendo però che : 1° si possa trascurare il volume specifico del liquido di fronte a quello del vapore. (1) I. Bertrand; Thermodynamique , pag. 164 e 165. (2) Bertrand, ibidem, pag. 166-187; e Coniptes Rendus, 1887. (3) A. Dupré , Theorie mécanique de la chaleur, Paris , Gatjthier-Villars , 1869, pag. 96-110. dei vapori saturi in funzione della temperatura 19 2° che al vapore si possano applicare le leggi di Mariotte e di Gay Lussac e di Regnatjlt (1) (il che non è esatto). 3° che il calor latente di vaporizzazione sia una funzione lineare della temperatura (lo che in generale non è esatto, come ha dimostrato Regnault). Si vede dunque che la formula precedente si deve riguardare piut- tosto come una formula empirica: è però giusto osservare che questa formula conduce a resultati inulto prossimi a quelli trovati specialmente dal Regnault : e il Duprè la verifica pel solfuro di carbonio, pel clo- roformio, per la benzina, pel cloruro di carbonio, per l’etere, pel cloruro di metilo, pel bromuro di etilo, per l’ioduro di etilo, pel mercurio e per 1’ ossido di metilo. Ponendo 274 + t — T log p0 H- B + A log 274 = a 274 B — 13 — A = y la formula del Dupré diviene (28*) log. p = a -t- | + •> % T. E sotto questa forma che il Bertrand nella sua termodinamica (2) la fa derivare dall’ equazione che dà l 'entropia dei vapori, ammettendo inoltre che ai vapori si possano applicare tutte le leggi relative ai gaz perfetti. Il Bertrand la verifica sopra sedici liquidi studiati dal Regnault e trova un accordo mirabile fra i valori dati dall’ esperienza e quelli calcolati con la stessa formula. Le differenze non sorpassano, in nessun caso , le incertezze delle misure più accuratamente prese. Non bisogna però, Egli aggiunge, concluderne l’esattezza teorica di una legge espressa dalla equazione ; dacché per giungere a quella si è dovuto attribuire (1) Cioè che siano costanti i calori specifici. (2) I. Bertrand, 27 lermodynamique, Parigi 1887, pag. 90 a 103. 20 Sìille formule esprimenti In tensione contrariamente ai fatti , le proprietà dei gaz perfetti ai vapori in pros- simità del punto di saturazione etc. etc. XIX. — Il Sig. W. C. Unwin (1) propone la formula empirica (29a) log p = a — , dove p rappresenta la forza elastica del vapore, T la temperatura asso- luta ed a, b, n, tre costanti da determinarsi per ciaschedun liquido. Il Sig. Unwin ha applicato con successo questa formula all’acqua, all’ al- cole, all’ etere, al mercurio ed all’ anidride carbonica. XX. — Dai belli studii del Regnatjlt si può dedurre una forinola approssimata la quale può riuscire in molti casi assai utile per calco- lare ad una temperatura qualunque la tensione massima del vapore di un liquido di cui si conosce solamente il punto di ebollizione sotto due pressioni diverse (2). La formula dà specialmente resultati molto ap- prossimati se le due pressioni sono piuttosto diverse. Questa formula si deduce facilmente dalle seguenti proposizioni di- mostrate dal Regnault (3). 1. “ La formula log F — a + ba 1 2 3 (30a) “ dove F è la tensione massima, t la temperatura ed a , b, a , tre co- “ stanti da determinarsi per ciascuna sostanza , rappresenta assai ap- “ prossimativamente la curva costruita sui dati sperimentali , anche “ quando si prendano su questa curva, pel calcolo delle costanti, i due “ punti estremi, ed il punto di mezzo. „ (1) W. C. Unwin, Philosophical Magazine, 5a Serie T. XXI, pag. 299-308 (1886) e Bel- blatter 1887, Bd. XI s. 85. (2) Sono noti gli apparecchi immaginati per determinare il punto di ebullizione di un li- quido sotto pressioni inferiori a 760mm- : semplice e facile a costruire è quello descritto dal Meyer. Ma per una sola misura di tensione può riuscire più pronto il metodo statico, il quale ha il vantaggio di richiedere piccolissime quantità di liquido ed apparecchi che ognuno può costruire da sè. Il metodo statico dà, come tutti sanno, resultati coincidenti col metodo dina- mico, quando il liquido sia purissimo. (3) Regnault, Memoires de VAcademie des Sciences, 1862, voi. XXVI, pag. 653-654-655. dei vapori saturi in funzione della temperatura 21 Le costanti a, b, a, furono dal Regnault, determinate (1) per le 28 sostanze da lui studiate; a pag. 654 della memoria citata egli ne riporta in una tavola i rispettivi valori. Da questa tavola il Regnault deduce che : 2. “ La base a dell’ esponenziale , quale resulta dai calcoli , non “ varia che pochissimo da sostanza a sostanza, essa oscilla intorno ad “ un valor medio uguale a 0, 9932 „. Il valore più piccolo di a è 0,9895 pel cloruro di cianogeno, ed il più grande 0,9980 per lo solfo (fra le sostanze studiate dal Regnault). “ Ci si potrebbe anzi domandare, soggiunge il Regnault, se non “ si debba ammettere che questa base sia assolutamente costante per “ tutte le sostanze; in tal caso la formula non conterrebbe che le due “ costanti a e Me quali dovrebbero per ciascuna sostanza esser deter- “ minate direttamente „. Xon ci risulta però, per quello che abbiamo potuto vedere, che il Regnault ritornasse ulteriormente sulla questione da lui proposta , la quale attenderebbe ancora la soluzione. XXL — Il Duprè (2) ha cercato di dimostrare la costanza del valore di « nella formula di Regnault log F = a -f- b cd (1) Con la formula di Biot, semplicizzata log F = a -j- bvP bastano pel calcolo delle tre costanti, a, b, a, tre valori di F corrispondenti a tre valori di t che siano in progressione aritmetica: questi valori che diffìcilmente si ottengono dalle dirette esperienze si deducono graficamente dalla curva ottenuta da un grande numero di osservazioni. Chiamati tt , t-z , t3 le tre temperature in progressione aritmetica, ed F\ , F> , F3 i tre valori di F corrispondenti, si ha t> — t, i / 'F* - n ; & l Fi — F\ Fi — Fi Fi - Fi F> — Fi a n ; a — Fi Fz - Fi Fi — Fz Fi — Fi — 1 (2) A. Duprè ; Théorie mécanique che la chalcur, Parigi 1869 ( Gauthier Villars editore) pag. 114-116. 22 Sulle formule esprimenti la tensione partendo dalla sua formula (27a) log F= t F0 274 t A log 274 + t 274 (formula che abbiamo dimostrato doversi ritenere aneli’ essa come em- pirica). Infatti 1’ equazione log F = a + b può anche scriversi onde log F = — b (1 — /3C ) K A log s (1 - P) Derivando si ottiene: r F 274 B 1 (274 + ty A (274 + t) Ig a b fr Ig H In questa ponendo successivamente t — 0; t = 1 e dividendo mem- bro a membro le due equazioni che ne risultano, si ha : /3 (274)* (274 + 1) A 274 [Big a — A] A questo punto il Dupré osserva che (274)2 (274 + l)2 = 0, 9928 ed ammette che la quantità A A 274 [Big a — A] 274 [2,3026 B — A] possa trascurarsi; onde risulta /3 = 0, 9928 per tutti i corpi. dei vapori saturi in funzione delia temperatura . 23 Invero a noi non sembra che il valore di quella espressione possa sempre trascurarsi , di fronte a 0, 9928 ; trattandosi della base di un esponenziale di cui l’esponente può essere molto elevato (essendo la tem- peratura). Dalla tavola seguente risultano i valori della espressione A 274 [2, 3026 B — A] per diversi liquidi di cui il Duprè ha calcolato i valori delle costanti A e B dalle esperienze di Regnault. (1) log A log B A 274 [2,3026 B—A] Solfuro di carbonio . . . o, 26372 0, 79413 0, 000536 Cloroformio 0, 57376 0, 89659 + 0, 000950 Benzina 0, 49177 0, 89513 + 0, 000756 Cloruro di carbonio . . . 0, 55187 0, 90209 0, 000878 Cloruro di etilo 0, 25345 0, 75375 0, 000581 Bromuro di etilo 0, 32343 0, 80360 0, 000618 Ioduro di etilo ...... 0, 60014 0, 90110 0, 001012 Mercurio 0, 18443 0, 99661 0, 000262 Anidride solforosa .... 0, 49456 0, 79241 0, 001022 Ossido di metilo 0, 15240 0, 67782 0, 000567 XXII. — Ritorniamo ora all’ equazione del Regnault (30) log F = a H- b a!- “ Sarebbe interessante, egli dice (2), cercare se partendo dalla “ ipotesi di a costante per tutti i liquidi , si riesca a rappresentare “ l’ insieme delle mie osservazioni con una sufficiente approssimazione. „ Il valor medio trovato per a dal Regnault fu 0, 9932 : ora bi- sogna osservare che i valori trovati da altri diligenti sperimentatori , oscillano pochissimo intorno a questo valore medio. Così i chiarissimi Naccari e Pagliani nella loro bellissima memoria (3) trovano 0,9934; 0,9928; 0,9926; 0,9932; 0,9911; 0,9931 pei (1) A. Dupkè; pag. 101 a 110 dell’ opera citata. (2) Regnault , Mémoires de l' Accadèmie cles Sciences de V Institut de France , T. XXVI pag. 653-655. (3) Naccari e Pagliani, Nuovo Cimento , 3a s. T. X pag. 49. 24 Sulle formule esprimenti la tensione liquidi seguenti : toluene, alcol propilico primario, alcole isobutilico, pro- pinato di etile, acetato di etilo, formiato di etilo; e lo Schumann (1) i valori seguenti 0,9932; 0,9936; 0,9929; 0,9926; 0,9928; 0,9936; 0,99305 pei liquidi formiato di metilo , formiato di propilo, acetato di etilo, propinato di metilo, propionato di etilo, acetato d’ isobutilo, propinato di propilo (rispettivamente). Così dunque V ipotesi del Regnault era resa più probabile dalle esperienze più recenti. Restava a darne una diretta conferma , verifi- cando direttamente la formula (Si) log F = a -4- b X 0, 9932c per tutte le sostanze studiate sin qui. E quello che noi abbiamo fatto per tutte le 156 sostanze di cui si conosce la tensione del vapore a diverse temperature, grazie alle esperienze del Regnault, (2) del Rac- cari e Pagliani, (3) dello Schumann, (4) del Landolt (5) dello Stae- del, (6) del Kahlbaum (7) del Kraeft , (8) dell’ Olszewski , (9) del Ramsay ed Young (10) del Brownn (11) etc. Il confronto fra i valori dati dalla formula (31a) e quelli trovati coll’esperienza si può fare in due modi, cioè confrontando le due tem- perature corrispondenti a determinate pressioni, oppure paragonando le due tensioni corrispondenti ad una data temperatura, noi daremo esempi di ambedue i modi. Seguono, senz’ altro, i confronti col primo metodo. (1) Schumann, Annalen der Physìlc und Chemie, 1881, Bd. XII, s. 55. (2) Regnault, Memoìres de V Institut, T. XXI pag. 465-633 T. XXVI 335-658 e Comptes Bendus, T. L, pag. 1063-1075. (3) Nuovo Cimento , 3a s. T. X pag. 49. (4) Annalen der Physik und Chemie, Bd. XII s. 55. (5) Landolt, Pliysikalisch-Chemische Tabellen, Berlino 1883 pag. 25 e Ann. der Chem. und Pharm. suppl. VI p. 129 (1868). (6) Staedel; Beiblatter, Bd. VII s. 184. (7) Kahlbaum , Siedentemperatur und druck in ihren wechselbeziehungen , Leipzig 1885. (8) I. Wagnek, Tabellen der p hy sicalische n constanten, Leipzig 1884. (9) Beiblatter, Bd. X s. 23. (10) Beiblatter, Bd. X s. 346. (11) Proc. Boy. soc. XXVI pag. 238-247. dei vapori saturi in funzione della temperatura 25 TAVOLA Ia Etere — (Regnault) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata dal Regnault f calcolata con la formula (31) A= t- -t' 68, 1,1 90 — 20° 20", 25 4- 0", 25 114,m 72 — 10" - io, 14 -+- 0", 14 a = 5,15 927 184,"' 39 0 - 0, 06 _L 0, 06 b = — 2,89 245 286, 83 + 10' io. 00 0, 00 432, 78 20° 20, 03 — 0, 03 634, 80 30° 30, 02 — 0, 02 907, 04 40' 39, 99 *4" 0, 01 1264, 83 50° 49, 94 H- 0, 06 1725, 01 60° 59, 87 0, 13 2304, 90 70" 69, 79 0, 21 3022, 79 80" 79, 73 -1- 0", 27 3898, 26 90° 89, 70 -f 0, 30 4953, 30 100° 99, 76 -l 0, 24 6214, 63 110" 109, 97 4- 0, 03 TAVOLA ila Solfuro di Carbonio — (Regnault) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata dal Regnault t calcolata con la formula (31) 79, 1 111 44 — 10" 10, 17 127, 91 0" -+- 0, 04 198, 46 10" 10, 14 a = 4,971 52 298, 03 20" 20, 16 b = — 2,865 49 434. 62 30" 30, 10 617, 53 40" 40, 01 857, 07 50" 49, 91 1164, 51 60» 59, 80 1552, 09 70° 69, 73 2032, 53 80' 79, 70 2619, 08 90" 89, 74 3325, 15 100" 99, 86 4164, 06 110° 110, 09 Atti Acc. Yol. II, Serie 4a 4 26 Svile formule esprimenti In tensione TAVOLA IIIa Cloroformio — (Regnault) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata dal Kegnault t' calcolata con la formula (31) 160,'" 5 20° 19," 85 247, 51 30" 30, 01 a = 5,014 24 369, 26 40' 40, 07 b — — 3,216 24 535, 05 50' 50, 05 755, 44 60° 59, 98 1042, 11 70' 69, 90 1407, 64 80° 79, 81 1865, 22 90° 89, 74 2428, 54 100' 99, 71 3110, 99 109', 72 110, 00 3925, 74 119, 79 120, 00 4885, 10 129, 93 130, 00 6000, ( 16 140 140, 15 TAVOLA IVa Alcool Etilico — (Regnault) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata dal Eegnault t' calcolata con la formula (31) 44", 48 20" 19°, 87 a = 5,399 40 78, 49 30" 29, 84 b = — 4,296 01 133, 64 40° 39, 84 219, 88 50" 49, 86 278, 61 55 54, 87 350, 26 60" 59, 88 541, 21 70' 69, 92 812, 76 80° 79, 97 1188, 43 90° 90, 02' 1694, 92 100° 100, 08 2361, 63 110' 110, 14 3219, 68 120° 120, 22 4301, 04 130° 130, 30 5637, 00 140" 140,° 39 dei vapori safari in funzione dilla temperatura 27 TAVOLA Va Acetone — (Kegnault) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata dal Regnault t' calcolata con la formula (31 281, 00 30 30, 04 a = 5,082 86 420, 15 40° 40, 10 b = — 3,233 42 602, 86 50° 49, 75 860, 48 60° 59°, 93 1189, 38 70” 69°, 85 1611, 05 80" 79", 80 2141, 66 90" 89°, 80 2797, 27 100" 99°, 84 3593, 96 110° 109", 92 4546, 86 120° 120°. 07 5669, 72 130 130", 27 TAVOLA VP Formiato di etilo — (Naccari e Pagliani) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Naccari e Pagliani t' calcolata con la formula (31) 193, 111 7 20°, 26 20", 22 a = 5,145 646 275, 7 28°, 33 28", 29 b = — 3,281 410 352, 6 24”, 18 34°, 20 425, 5 38, 89 38, 88 495, 9 42, 81 42, 80 573, 0 46, 61 46, 60 656, 9 50, 30 50, 29 782, 2 55, 15 55, 15 857, 8 57, 78 57, 78 941, 9 60, 49 60, 49 28 Sulle formule esprimenti la tensione TAVOLA VIP Propionato d’ etilo — (Naccari e Pagliani) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Naccari e Pagliani t' calcolata con la formula (31) 120, 111 5 49°, 53 49“, 66 a = 4,86 2036 180,"' 5 58, 87 59, 21 b = — 3.90 2719 269, 4 69, 50 69, 33 353, 0 76, 61 76, 58 451, 3 83, 64 83, 50 562, 6 90, 13 90, 00 612, 3 92, 56 92, 57 704, 7 97, 01 96, 95 808, 8 101, 41 101, 37 909, 6 105, 34 105, 24 TAVOLA VHP Alcool isobutilico — (Naccari e Pagliani) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Naccari e Pagliani f calcolata con la formula (31) 164, m 1 70°, 72 70°, 25 245, 1 79, 28 79, 02 320, 9 85, 33 85, 22 a = 5,213 177 398, 4 90, 54 90, 40 b = — 4,841 927 515, 3 96, 91 96, 81 596, 5 100, 6 100, 58 682, 9 104, 2 104, 15 741, 8 106, 4 106, 39 822, 0 109, 2 109, 20 899, 2 111, 7 111, 71 940, 1 113, 1 112, 97 dei vapori safari in funzione delia temperatura 29 TAVOLA IXa Alcool propilico — (Naccari e Fagliarli) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Naccari e Paoli ani t' calcolata con la formula (31) 153, 1 1,1 7 59", 73 60, 17 a = 5,348 753 227, 2 67, 95 68, 26 b = — 4,767 534 303, 4 74, 12 74, 54 374, 1 78, 86 79, 27 450, 0 83, 41 83, 57 528, 4 87, 24 87, 41 603, 0 90, 54 90. 65 676, 4 93, 56 93, 52 739, 9 95, 77 95, 81 778, 3 97, 10 97, 11 858, 8 99, 71 99, 68 913, 0 101, 06 101, 30 TAVOLA Xa Formiato di Metilo — (Schumann) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Schumann V calcolata con la formula (31) 54, m — 23", 9 - 24° 92 91, 111 — 15, 6 - 15, 26 a — 5,284 904 169 _ 9 3 — 2 91 b = — 2,996 861 197 + 0, 4 + o, 31 289 8, 9 8, 71 437 18. 4 18, 33 501 21, 4 21, 66 592 25, 7 25, 83 837 34, 7 34, 88 1043 40, 9 40, 93 1236 45, 6 45, 78 1414 49, 8 49, 74 Sulle formule esprimerti i In tensione 30 TAVOLA XIa Acetato di etilo — (Schumann) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Schumann t' calcolata con la formula (31) 53 m + 13, 0 + 12°, 89 a = 4,986 727 81 22. 0 21, 41 b — — 3,562 567 139 33, 3 33, 03 202 42, 1 41, 64 266' 48, 3 48, 33 371 56, 7 56, 83 545 67, 3 67, 33 665 72, 9 73, 40 849 80, 2 80, 43 1051 87, 2 87, 19 1208 91, 8 91, 77 1403 97, 0 96, 86 TAVOLA XLla Propionato di propilo — (Schumann) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Schumann f calcolata con la formula (31 1 57m -+- 52, 9 + 52, 43 98 m 64, 7 64, 54 a = 4,722 570 149 74, 2 74, 65 b = — 4,242 721 202 82, 2 82, 45 294 92, 1 92, 68 411 102, 3 102, 46 529 110, 1 110, 28 676 118, 2 118. 31 858 126, 4 126, 55 1049 133, 4 133, 88 1247 140, 1 140, 50 1401 144, 9 145, 13 dei vapori saturi in funzione della temperatura 31 TAVOLA XIIIa Isobutirrato di Metilo — (Schumann) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Schumann t' calcolata con la formula (31) 48 m H- 23°, 0 + 22°, 91 75 32, 3 32, 13 a — 4,861 981 113 41, 6 41, 13 ò = — 3,719 053 172 51, 1 50, 98 264 61, 9 61, 75 387 72, 3 72, 08 520 80, 6 80, 59 658 87, 6 87, 74 946 99, 7 99. 51 1137 105, 9 105, 85 1370 112, 7 112, 57 TAVOLA XIVa Valerianato di Metilo — (Schumann) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Schumann t' calcolata con la formula (31) 50™ + 45°, 4 -r 44°, 83 91™ 58, 1 57, 90 a = 4,748 159 137 67, 8 67, 55 b = — 4,140 390 207 78, 0 77, 97 309 89, 3 88, 85 453 100, 0 100, 05 650 111, 2 111, 46 860 121, 3 120, 97 1063 128. 7 128, 61 1227 133, 9 134, 01 1366 138, 0 138, 19 Sulle formule esprimenti la tensione TAVOLA XV" Anidride Acetica — (Kahlbaum) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Kahlbaum t' calcolata con la formula (31) 15, 111 02 + 44, 0 6 -h 43°, 35 a = 4,802 625 25, 86 53, 4 53, 22 b = — 4,874 263 33, 70 59, 0 58, 27 41, 24 62, 6 62, 25 53, 04 68, 2 67, 37 70, 00 73, 7 72, 20 80, 00 76, 2 76, 09 105, 46 81, § 82, 31 760 136, 40 136, 40 TAVOLA XVIa Benzoato d’isobutilo — (Kahlbaum) F t temperatura t' calcolata tensione in millimetri corrispondente trovata con la formula (311 da Kahlbaum 8,m 40 + 106", 4 + 105°, 50 13, 74 115, 8 115, 27 a = 4,226 993 lo, 08 118, 2 117, 20 b = — 6,782 746 26, 00 130, 4 129, 04 36, 78 138, 5 137, 11 51, 00 146, 3 145, 14 65, 10 151, 8 151, 44 86, 00 157, 1 158, 98 760, 00 237, 0 237, 00 TAVOLA XVII" Bromalio — (Kahlbaum) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Kahlbaum t' calcolata con la formula (31) 9,m 36 + 61°, 6 H- 60°, 12 19, 22 72, 6 73, 68 a = 4,505 925 25, 84 78, 0 79, 61 b = — 5,327 183 34, 44 84, 8 85, 68 57, 00 98, 0 96, 91 113, 96 113, 6 113, 89 760 174, 0 174, 0 dei vapori saturi in funzione della temperatura 33 TAVOLA XVIIIa CH CH, CI (Staedel) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Staedel t' calcolata con la formula (31) 400m - 3°, 65 - 3° 71 500 + 1°, 75 + 1, 73 a = 5,261 157 600 6, 35 H- 6, 33 b = — 2,592 633 700 io, 34 10, 33 760 12, 52 12, 52 800 13, 88 13, 90 900 17, 12 17, 11 1000 20, 10 20, 05 1080 99 30 22, 23 TAVOLA XIXa i 2 (Staedel) CH„ CI F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Staedel f calcolata con la formula (31) 400m 4- 64°, 73 + 64°, 70 500 71, 05 71, 14 a = 4,853 158 600 76, 63 76, 63 b = — 3,500 324 700 81, 47 81, 44 760 84, 07 84, 07 800 85, 74 85, 73 900 89, 72 89, 63 1000 93, 39 93, 21 1080 95, 89 95, 87 Atti Acc. Vol. II, Serie 4; 5 34 Sulle formule esprimenti la tensione TAVOLA XXa CH3. CI CH. Cl2 (Staedel) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Staedel t' calcolata con la formula (31) a = 4,693 975 400m + 92°, 76 92,° 76 500m 99, 69 99, 71 b = — 3,939 338 600m 105, 58 105, 64 700m 110, 70 110, 86 7tìOrn 113, 72 113, 72 800m 115, 59 115, 53 900m 119, 77 119, 78 1000m 123, 63 123, 69 1080m 126, 49 126, 61 TAVOLA XXIa CH Cl2 G ci (Staedel) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Staedel t' calcolata con la formula (31) 400m + 138°, 09 4- 138°, 37 a = 4,493 713 500m 146, 01 146, 07 600 152, 70 152, 69 b = - - 4,862 521 700 158, 51 158, 52 760 161, 73 161, 73 800 163, 81 163, 77 900 168, 80 168, 56 1000 172, 86 172,' 98 1080 176, 13 176, 30 dei vapori saturi in funzione della temperatura 35 TAVOLA XXIIa OH i ’ (Staedel) CE. 01. Br F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Staedel t' calcolata con la formula (31) 400™ + 63°, 63 + 63°, 61 a = 4,885 355 500 69, 93 69, 96 600 75, 34 75, 37 b = — 3,524 132 700 80, 03 80, 10 760 82, 69 82, 69 800 84, 35 84, 33 900 88, 19 88. 16 1000 91, 68 91, 67 1080 94, 26 94, 30 TAVOLA XXIII a Bromobenzina — (Ramsay e Young) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Ramsay e Young V calcolata con la formula (31) 274, 9 120 120, 1 a = 4,4598 300 320, 8 125 125, 05 372, 6 130 130, 01 b = — 4,5857 900 430, 7 135 134, 98 495, 8 140 139, 97 568, 3 145 144, 98 649, 0 150 150, 02 738, 5 155 155, 10 837, 4 160 160, 21 TAVOLA XXIVa Anilina — (Ramsay e Young) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Ramsay e Young t' calcolata con la formula (31) 283, 7 H- 150° 150, 09 a — 4,4966 742 331, 7 155 155, 04 386. 0 160 160, 01 b = — 5,6912 880 447, 1 165 164, 99 515, 6 170 169, 98 592, 0 175 175, 00 677, 1 180 180, 05 771, 5 185 185, 12 36 Sulle formule esprimenti la tensione TAYOLA XXVa Salicilato di Metilo — (Ramsay e Young) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Ramsay e Young t' calcolata con la formula (31) 215, 1 + 175" 175, 35 a = 4,2946 349 249, 3 180 180, 22 287, 8 185 185, 12 b = — 6,4912 990 330, 8 190 190, 03 378, 9 195 194, 98 432, 3 200 199, 95 491, 7 205 204, 98 557, 5 210 210, 05 630, 1 215 215, 17 710, 1 220 220, 35 798, 1 225 225, 59 TAYOLA XXYIa Bromonaftalina — (Ramsay e Young) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Ramsay e Young f calcolata con la formula (31) 158, 8 215° 216, 24 a = 4,0875 476 181, 7 220 220, 85 207, 3 2% 225, 52 b = — 8,2506 375 235, 9 230 230, 24 267, 8 235 235, 02 303, 3 240 239, 87 342, 7 245 244, 80 386, 3 250 249, 84 434, 4 255 254, 91 487, 3 260 260, 04 545, 3 265 265, 25 608, 7 270 270, 47 677, 8 275 275, 82 752, 9 280 281, 24 dei vapori saturi in funzione delta temperatura 37 TAVOLA XXVIP Acido formico — (Landolt) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Landolt t' calcolata con la formula (31) 18, 4 10, 0 10, 06 a = 4,7908 722 24, 1 15 lo, 01 31, 4 20 20, 04 b = — 3,7765 617 40, 4 25 24, 99 51, 6 30 29, 96 65, 4 35 34, 95 82, 3 40 39, 95 102, 7 45 44, 94 127, 2 50 49, 92 156, 5 55 54, 91 191, 2 60 59, 91 232, 1 65 64, 91 280, 0 70 69, 92 335, 6 75 74, 92 399, 8 80 79, 93 473, 7 85 84, 94 558, 0 90 89, 95 653, 8 95 94, 97 762, 0 100 99, 99 TAVOLA XXVIIP Alcole amilico — (Grassi , Nuovo Cimento s. 3a; t. XXIII, p. 112 (1888). F t temperatura t calcolata tensione in millimetri corrispondente osservata con la formula (SI i dal Signor Grassi 49, 83 66°, 94 66', 87 a = 5,0209 447 69, 51 73, 23 73, 39 b = — 5,2450 600 91, 45 78, 89 78, 98 119, 94 84, 74 84, 74 151, 33 89, 90 89, 86 199, 54 96, 35 96, 19 232, 49 99, 90 99, 81 266, 41 103, 17 103, 11 310, 67 106, 99 106, 93 373, 35 111, 61 111, 63 440, 13 115, 97 115, 97 494, 38 119, 02 119, 11 572, 32 123, 04 123, 17 656, 66 126, 89 127, 09 Sulle formule esprimenti la tensione : 8 T AV OLA XX] Xa Ioduro di propilo normale — (Brown) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Brown t' calcolata con la formula (31) 200 62°, 37 62', 41 a = 4,7156 522 300 73, « 51 73, 51 b = — 3,6964 860 400 81, 95 81, 92 500 88, 84 88, 80 600 94, 70 94, 67 700 99, 83 99, 83 760 102, 65 102, 63 TAVOLA XXXa Ioduro di isopropilo — (Brown) F tensione in millimetri t temperatura corrispondente trovata da Brown t' calcolata con la formula (31) 200 50°, 50 50, 42 a — 4,7568 554 300 61, 33 61, 33 b = — 3,4643 216 400 69, 70 69, 59 500 76, 44 76, 33 600 oo JsS 11 82, 08 700 CO 13 CO rH CO 760 89, 89 89, 89 dei vapori saturi in funzione delia tempera tur a 39 Da questi confronti risulta che la formula (31a) di Regnault, rap- presenta assai bene i dati dell’ esperienza: maggiore approssimazione avremmo ottenuto scegliendo per determinare le costanti, due valori di temperatura che spartissero in tre parti uguali l’intervallo che corre fra la minima e la massima temperatura corrispondenti alle esperienze. XXIII. — La formula (31a) si presta assai bene a risolvere il se- guente problema: “ Dati i punti di ebullizione ® di un liquido sotto la pressione “ normale 760mm, e quello ® sotto una pressione qualunque h , deter- “ minare le tensioni corrispondenti a qualunque temperatura di ebul- “ lizione : „ Infatti dalla (31a) log F = a + b. 0,9932' si deduce subito (32*) onde a — 0,9932 log 760 — 0,9932 log li e 0,9932 — 0,9932 log 760 — log li 0' 0 0,9932 — 0,9932 0' 0 (33 = 2,8808 X 0,9932 - 0,9932 log li v j J e1 e 0,9932 — 0,9932 2,8808 — log h ^ 0 0,9932 — 0,9932 ’ formula pronta a calcolarsi : 1 valori di F così calcolati riescono assai vicini al vero, prendendo li piuttosto distante da 760.mm Le tavole seguenti servono a dimostrare l’applicabilità di questa formula : 40 Sulle formule esprimenti la tensione TAVOLA XXXL Etere — (Regnault) T F calcolato con la formula (33a) F dalle esperienze di Regnault — 20° 69, 97 68, 90 — 10 115, 71 114, 72 0 185, 11 184, 39 10 287, 09 286, 83 20 432, 54 432, 78 30 634, 31 634, 80 40 907, 01 907 04 50 1266, 69 1264, 83 60 1730, 50 1725, 01 70 2315, 96 2304, 90 80 3040, 49 3022, 79 90 3920, 66 3898, 26 100 4971, 55 4953, 30 110 6206, 14 6214, 63 120 7634, 80 7719, 20 TAVOLA XXXlla Alcool isobutilico — (Naccari e Pagliani) F F T calcolata dalle esperienze con la formula del Naccari (33) e Pagliani (*) + 70, 72 165,"" '64 164, 1 75, 70 208, 70 208, 7 79, 28 245, 36 245, 1 82, 43 281, 96 282, 4 85, 33 319, 65 320, 9 88, 19 360, 87 361, 7 90, 54 398, 01 398, 4 92, 68 434, 52 435, 8 0 = 107°, 09 94, 83 473, 99 475, 0 96, 91 514, 97 515, 3 Q1 = 75°, 70 h — 208,rain70 98, 82 555, 13 557, 1 100, 6 594, 86 596, 5 102, 4 637, 37 639, 2 104, 2 682, 36 682, 9 105, 3 711, 10 711, 5 106, 4 740, 84 741, 8 107, 8 780, 12 780, 9 109, 2 821, 11 822, 0 no, 5 860, 70 860, 3 111, 7 898, 63 899, 2 112, 3 918, 08 917, 0 113, 1 944, 54 940, 1 (*) Atti della B: Accademia delle Scienze di Torino, Voi. XVI (1881). dei vapori saturi in funzione delia temperatura ; 41 TAYOLA XXXIIP Toluene — (Naccari e Pagliani) T F calcolata con la formula (33) F dalle esperienze del Naccari e Pagliani (*) + 56, 03 117, mm31 117, 6 60, 84 142, 56 143, 4 75, 13 245, 32 245, 8 78. 60 277, 70 277, 7 82, 93 322, 86 321, 8 90, 23 412, 16 410, 1 97, 46 518. 82 515, 5 0 = 110, 30 105, 22 656, 06 652, 4 0 = 78, 60 li = 277, 7 110, 76 769, 98 769. 0 116, 71 908, 43 912, 0 (*) Atti della lì. Accademia delle Scienze di Torino , Voi. XVI, anno 1881. TAYOLA XXXIYa Solfuro di carbonio — (Regnault) T F calcolata con la formula (33) F dalle esperienze di Regnault (*) — 20 48, 85 47, 3 — 10 80, 39 79, 4 + 5 159, 52 160, 0 10 197, 47 198, 5 20 296, 23 298, 0 30 432, 66 434, 6 40 616, 33 617, 5 50 857, 71 857, 1 60 1167, 92 1164, 5 80 2039, 90 2032, 5 100 3318, 12 3325, 2 120 5072, 61 5148, 8 '.*) Regnault, Memoires de l'Académie ec. T. XXVI, pag. 402. Atti Acc. Yol. II, Serie 4a 6 42 Sulle formule esprimenti la tensione TAVOLA XXXVa Acetato d’isobutilo — (Schumann) T F calcolato con la formula (33) F dalle esDerienze dello Schumann (*) + 21, 8 15,mm27 j^mm 36, 8 33, 98 33 50, 6 66, 21 67 54, 2 78, 00 78 56, 7 87, 19 87 60, 2 101, 60 102 64, 8 123, 54 125 75, 9 193, 22 196 85, 3 275, 04 275 0 = 116, 3 96, 6 408, 52 406 0' = 54, 2 7?=70 101, 2 475, 82 477 106, 6 565, 69 570 115, 1 733, 49 737 122, 1 898, 47 905 127, 2 1035, 38 1036 134, 6 1261, 15 1275 137, 4 1402, 58 1364 (') Schumann, Ann. der Physik und Chemie , 1881, Bel. XIIa S. 48 TAVOLA XXXVP Propiziato di etilo — (Schumann) T F calcolato con la formula (33) F dalle sperienze di Schumann (*) 26, 0 43, 06 39 31, 5 56, 50 52 38, 8 79, 77 77 41, 9 91, 47 89 43, 5 98, 73 97 47, 7 118, 77 117 0 = 98, 3 51, 2 138, 00 138 0' = 51, 2 7):=138 58, 3 185, 08 183 65, 9 249, 53 243 • 73, 2 327, 81 323 79, 0 403, 32 402 86, 7 524, 53 522 94, 2 668, 84 668 100, 5 812, 66 812 109, 6 1061, 32 1066 115, 3 1244, 15 1250 (*) Schumann, Ann. der Physik und Chemie, 1881 Bd. XIIa S: 48 dei vapori saturi in funzione della temperatura 43 Riconosciuta 1’ esattezza delle formule (33) e (31) noi le abbiamo applicate a tutti i 156 liquidi di cui fu determinata la tensione del va- pore a temperature diverse , per averne le temperature corrispondenti alle pressioni 20mm ; 60mm ; 160mm; 260mm ; 760mm; 1260mtn ; 1760™™; 2260mm; 2760mm ; 3260™ m ; 10260™™; (millimetri di mercurio) e con questi dati ci proponiamo di fare un minuto esame critico delle regole proposte sin qui riguardo alla dipen- denza del punto di ebullizione dei liquidi dalla loro costituzione chimica. Anzi, intendiamo che questa prima memoria sia come l1 introduzione a questo nostro studio. Dal Gabinetto di Fisica della E. Università di Catania , il 24 Febbraio 1889. Sulla conducibilità elettrica di alcuni mescagli naturali di composti organici ed in particolare sulla conducibilità elettrica degli olii, dei grassi , delle cere, delle essenze, dei balsami e delle resine. M e ir o ii i a del Prof. ADOLFO B ART OLI. 1. — Questa memoria fa seguito alle altre da me pubblicate dal 1884 in poi nel Nuovo Cimento di Pisa, nella Gazzetta Chimica di Palermo , nell’ Orosi di Firenze , nei resoconti della II. Accademia dei Lincei di Roma e (per sunto) in diversi giornali scientifici stranieri (1). Tra i fatti e le proposizioni da me enunciate nelle precedenti me- morie, quelle che più si connettono coll’argomento del presente lavoro sono le seguenti : 1- “ I composti organici allo stato solido ed a sufficiente distanza “ dal punto di solidificazione, non conducono. 2. “ Gli idrocarburi e i loro derivati per sostituzione del cloro , del bromo all’idrogeno, allo stato liquido non conducono ; mentre in- “ vece presentano una certa conducibilità allo stato liquido, gli acidi, le “ basi, gli alcoli, le aldeidi, i chetoni, i fenoli, etc. 3. « In generale, la conducibilità elettrica della maggior parte dei “ liquidi puri, va crescendo col crescere della temperatura. 4. “ Molti mescugli di sostanze organiche, quali per esempio quelli “ di naftalina e fenolo; di naftalina e nitronaftalina etc. acquistano “ nel solidificare una conducibilità molto maggiore di quella che avevano “ precedentemente allo stato liquido, e mantengono questa conducibilità (1) Nuovo Cimento , 3a serie T. XYI pag. 64 (Pisa 1884) ; id. 3a s. T. XIX pag. 43, pag. 48, pag. 52, pag. 55, e 3a s. T. XIX pag. 122; (anno 1886) e 3a serie T. XX pag. 121, pag. 125, pag. 136 (anno (1886); Gazzetta chimica di Palermo, dal 1884 al 1887 passim; ren- diconti della E. Accademia dei Lincei , Roma dal 1884 al 1887, passim; L 'Orosi, Firenze dal 1885 al 1887; vedi anche Nuturf or schei; 1884, 1885; Journal de Physique , 1886, 1887, Chemische Centrali). 1885 s. 785; Jahresherichte der Chemischen Technologie 1885, Bd. XXX etc. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 7 4(3 Sulla conducibilità elettrica “ anche dopo un abbassamento considerevole di temperatura, perdendola “ poi con un ulteriore raffreddamento. 5. “ Le soluzioni di una sostanza che conduca allo stato liquido, “ entro un liquido coibente, sono conduttrici. 6. “ Molte soluzioni diluite di liquidi conduttori, segnatamente di “ alcoli della serie grassa, negli idrocarburi ed in altri liquidi coibenti, “ presentano una conducibilità decrescente col crescer della temperatu- “ ra, cioè si comportano contrariamente alla maggior parte dei compo- “ sti puri del carbonio e delle loro soluzioni. „ Era dunque importante ripetere le stesse esperienze sui mescugli e sulle soluzioni che si trovano già formati o che si estraggono dui ve- getali e dagli animali, come gli oli fìssi, i grassi, le cere, le essenze, i balsami , le resine; d’ altra parte questo studio poteva dirsi quasi del tutto nuovo (1). II. — Il metodo è stato quello descritto nelle precedenti memo- rie (2) : la pila era composta di 10 grandi elementi di Lati mer-Cl arche bene isolati, oppure di 800 elementi piuttosto grandi, zinco, rame, ac- qua con nitrato sodico, perfettamente isolati : i galvanometri erano due F uno del sistema Magnus, di dimensioni colossali, avente il telajo a filo finissimo e lunghissimo, e perfettamente isolato a paraffina; il quale si poteva impiegare con tutto il circuito oppure con un solo quarto del circuito (3); la sua sensibilità era così squisita, che bastava toccare con le mani umide i due serrafili, perchè 1’ ago deviasse di un intiero qua- drante. L’altro galvanometro era del sistema Wiedemann, munito di sei telaj con tal numero di giri e collocati a tali distanze dall’ago, che con l’ insieme di questa e del galvanometro Magnus si poteva misurare così la intensità di una corrente resa straordinariamente debole per l’ inter- posizione di un semisolante , come quella di una corrente, assai forte che produceva nel voltametro visibile elettrolisi. (1) Vedi Bartoli, Sulla conducibilità elettrica delle resine. Nuovo Cimento , 3a serie T. XIX pag. 122 (Pisa 1886). (2) Vedi segnatamente Nuovo Cimento , 3a serie T. XIX pag. 43-46. (3) La resistenza dell’intiero circuito (formato di filo di rame elettrolitico) era circa 77000 Ohm. di alcuni mescagli naturali di composti organici 47 Il liquido di cui si voleva misurare la conducibilità veniva rac- chiuso entro un tubo d’ assaggio alto 200 millimetri col diametro di 30 millimetri, chiuso da un tappo di gomma traversato da un termo- metro e da due tubi di vetro che racchiudevano gli elettrodi saldativi a fusione di vetro: gli elettrodi erano striscio, di platino larghe tre mil- limetri, -le quali uscivano inferiormente, per 30 millimetri ed erano si- tuate nel voltametro parallelamente alla distanza di 10 millimetri, ri- manendo tutte immerse nel liquido , senza però toccare le pareti del tubo (1). Questo voltametro mi ha servito più specialmente pei liquidi semi- conduttori e semisolanti : rimanendo immutate le condizioni in tutte le esperienze, si poteva misurare la conducibilità avendo prima paragonato la resistenza che offriva il voltametro stesso pieno di un dato liquido , con quella offerta da una determinata colonna cilindrica del liquido stesso. Pei liquidi dotati di una certa conducibilità si ricorreva ad un tubo ad U, il quale era stato assottigliato alla lampada, lungo il tratto che riunisce i due rami verticali. Gii elettrodi erano due dischetti di platino saldati a fusione di platino, a fili dello stesso metallo etc. In altri casi ho ricorso a un voltametro intieramente in porcellana. Il riscaldamento dei voltametri si faceva a bagno di petrolio (bol- lente ad alta temperatura) qualche altra volta a bagno di aria. Grandi precauzioni richiedevano le esperienze coi liquidi cattivi conduttori come 1’ olio d’ oliva : perciò il galv. Magnus, oltre ad averlo isolato, facendone riposare le tre viti sopra tre alti sopporti di ebanite, si teneva sotto una cassa metallica in presenza di acido solforico con- centrato, e 1’ aria della stanza era mantenuta molto secca per mezzo di molte casse ripiene di calce viva. HI. — Le sostanze studiate furono 220, cioè 63 olii fissi, 87 olì essenziali, 70 fra grassi, cere, balsami e resine: di molte sostanze furo- no studiati campioni diversi; così per l’olio d’ oliva i campioni studiati (1) Il vetro diviene conduttore a caldo, e perciò bisogna evitare die gli elettrodi ne toc- chino le pareti. 48 Sitila conducibilità elettrica furono 30; per Folio di sesamo 15, per l’olio di cotone 10, etc. ; in complesso oltre 500 campioni diversi. (1) La conducibilità venne stu- diata per ciascuno, a partire da 0° e qualche volta da — 20° fino alla tem- peratura di ebollizione o fino a quella in cui cominciavano a decom- porsi. I resultati furono rappresentati da curve con le temperature per ascisse e con le conducibilità per ordinate. Da queste curve si misurò graficamente per ciaschedun campione la conducibilità di 10° in 10°, cioè alle temperature 0°, 10°, 20°, 30°, 40°, 50°, 60° etc. ed i va- lori trovati sono scritti nelle tavole unite a questa memoria. Le conducibilità segnate nelle tavole di questa memoria sono sol- tanto relative, ma riferite tutte ad una stessa unità (che non ho ancora potuto determinare bene, mancando nel laboratorio di Catania gli adatti strumenti per misurare le grandissime resistenze). IY. Olii — La conducibilità di tutti gli olii fissi vegetali e animali, da me studiati va crescendo rapidamente e regolarmente col crescere della temperatura: le curve relative volgono costantemente la convessità al- l’asse delle temperature, nè presentano' veruna singolarità. (Vedi le tavole I e II in fine della memoria dove sono disegnate le curve pei diversi olii). La conducibilità di un olio differisce assai da campione a campio- ne, e talvolta queste differenze sono maggiori che fra due olii diversi, ciò è dimostrato dalla tavola numerica I a pag. 8 che racchiude i re- sultati ottenuti per i principali olii. Un forte riscaldamento come quello di 260° (anche fuori del con- tatto dell’aria) produce in molti oli una diminuzione permanente di con- ducibilità, onde avviene che oltrepassando questa temperatura le condu- cibilità riescono più piccole col raffreddamento, mentre sono più grandi misurandole con un progressivo riscaldamento dello stesso olio che non sia mai stato riscaldato. Quando però non si oltrepassi una certa tem- (1) La maggior parte dei campioni studiati li ebbi direttamente dagli stessi produttori , nonché dalle direzioni di alcune stazioni agrarie etc : altri furono acquistati dalle principali case, come dal Merck di Darmstadt, da C. Erba Milano, (per diversi campioni di resine) etc. altri furon presi dalle collezioni di storia naturale. di alcuni mescagli naturali eli composti organici 49 peratura critica le conducibilità riescono poco diverse sia procedendo col riscaldamento come col raffreddamento (1). Perciò nella tavola numerica delle conducibilità degli oli ho sempre indicato se la serie di misure fu ottenuta riscaldando, oppure raffreddan- do F olio, a partire dalla temperatura più elevata segnata nella tavola. Gli olii essiccativi, come quelli di canape, di lino, di papavero, di noci etc. tenuti esposti qualche tempo alP aria, acquistano in generale una conducibilità sensibilmente maggiore; ed anche gli olii non essic- cativi, lasciati irrancidire per lungo contatto colParia, aumentano di con- ducibilità, quantunque più lentamente dei primi. In molti casi gli olii che sono più conduttori a freddo , lo sono anche a caldo; ciò è dimostrato dalla ispezione delle curve di condu- cibilità (Tav. I e Tav. II) le quali per la maggior parte non si taglia- no, ma l’una rimane al di sotto dell’altra : quantunque anche per gli olii vegetali si osservino molte eccezioni. Gli olii da me studiati possono classificarsi in ordine crescente di conducibilità, (come nell’ Elenco che segue a pag. 6) avvertendo però che questo è il loro ordine di conducibilità a +100° e che questo ordine sarebbe stato un poco diverso ad una temperatura più alta o più bassa. Deve anche notarsi che la conducibilità varia molto da campione a campione anche per una stessa specie di olio ; così per esempio av- viene che mentre 1’ olio d’ oliva finissimo è il meno conduttore degli olii (anzi, a bassa temperatura, è un vero isolante) invece l’olio d’oli- va di cattiva qualità, e l’ olio di sanse, possiede una conducibilità supe- riore all’olio ordinario di sesamo e di cotone etc. Anzi in generale, così per Polio d’oliva, come l’olio di sesamo, di cotone etc. ho sempre trovato minore conducibilità nelle qualità più fini e più pregiate nell’uso, mentre le qualità scadenti e di poco prezzo erano sempre molto migliori conduttrici. Per tutte queste ragioni la classificazione seguente non ha un va- lore assoluto, ma si riferisce principalmente ai campioni da me studiati. (1) Anzi, come per gli altri liquidi assai viscosi riescono in generale un po’ più grandi col rapido raffreddamento che col lento riscaldamento : Vedi la mia memoria pubblicata nel- YOrosi anno Vili, Luglio 1888 (Firenze). 50 Stilla conducibilità elettrica OLII scritti nell’ ordine della loro conducibilità crescente (alla temperatura di + 100°) (1). Olio di oliva finissimo di Calci (Provincia di Pisa) Olio di oliva fino (delle provincie di Pisa, Lucca, Firenze) Olio di oliva, (qualità commerciale) Olio di sesamo finissimo (dal seme di Giaffa) Olio di cotone, la qualità Olio di sesamo (dal seme di Bombay) Olio di cotone del commercio Olio di arachide Olio di sesamo del commercio Olio da orologiai, vecchio di 40 anni Olio di mandorle dolci (recente) Olio di noce, fine Olio di rapa Olio di oliva (dalle sanze) Olio di mandorle dolci, vecchio Olio di papavero Olio di ricino (dai semi scelti) Olio di fegato di merluzzo di Terranova (bianco) Olio di camomilla Olio minerale grezzo di Bakou (Russia) Olio di canape Olio di bella donna Olio di torlo d’ uovo Olio di fegato di merluzzo (giallo) (1) Ho scelta questa temperatura, facile ad ottenere, ed inferiore al punto di scomposizio ne, attesa la difficoltà di misurare esattamente la piccolissima conducibilità di alcuni olii alla temperatura ordinaria. di alcuni mescagli naturali di composti organici 51 Olio di ravizzone Olio di noce (qualità inferiore) Olio di camomilla (altro campione) Olio di segala cornuta Olio di giusquiamo (dai semi, per infusione) Olio di succino (dalla distillazione secca dell’ ambra) Olio di fegato di merluzzo (rosso) Olio di lino crudo Olio di colza Olio di Croton-Tillium Olio di giusquiamo (dai semi, per infusione) altro campione Olio di sesamo scadente (da ardere) Olio laurino (dalle bacche) Olio di Zea Mais guasto Olio di pesce del commercio Olio di Croton-Tillium (altro campione) Olio di lino crudo (campione vecchio) Olio di lino solforato (della farmacopea) Olio Cade (dall’ Iuniperus oxicedrus) Y. — Segue ora un prospetto delle conducibilità dei diversi olii, alle temperature 0°, 10°, 20°, 30°, 40° etc. Per mancanza di spazio ho riferito soltanto i numeri relativi agli olii più noti e più a lungo studiati : invece ho inserito nella stessa tavola i dati relativi ad altri mescugli liquidi un po’ diversi come olio mine- rale etc. per opportuno confronto delle variazioni della conducibilità, col variare della temperatura. 52 O Hi XI — Tavola I. Temperatura Olio di oliva di Calci (provincia di Pisa) Olio di oliva del pian di Ripoli (Firenze i Olio di oliva di C a 1 e n z a n o (Firenze) Olio di oliva di Firenze (■ venale Ia qualità) Olio di oliva (di Sanse) Olio di sesamo dal seme di Giaffa Olio di sesamo dal seme di Bombay Olio di sesamo venale la qualità Olio di sesamo dal seme di Giaffa Olio di sesamo comune - — a É il 1 N. 1 N. 2 N. 3 N. 4 N. 5 N. 6 N. 7 N. 8 N. 9 N. 10 Ni 0° 0,00 0,00 0,00 0,00 — 0, 0 0,0 0, 0 0, 0 0,2 I 20° 0,00 0,00 0,00 0,00 1,7 0, 0 0,0 0,45 0, 0 0,9 1 40° 0,00 0,00 0,00 0,06 3,8 0, 0 0,0 1,75 0, 6 1,7 & ! 60° 0,00 0,00 0,00 0,14 6,8 1, 1 0,6 3, 8 1, 6 2,3 [ 80° 0,00 0,01 0,00 0,70 13,2 1, 6 1,7 5, 8 2, 6 8,6 0> 100° 0,00 0,12 0,00 1,15 26,8 2,05 3,3 8, 7 4, 0 18,0 Of 120° 0,01 1,18 0,18 2,05 47,0 4, 3 4,9 13, 0 7, 0 28,8 ] <30 ; 140° 0,06 3,10 0,76 3,20 73,5 7, 4 7,3 20, 2 12, 0 47,0 < 00 160° 0,51 6,04 2,80 5,00 106,0 12, 1 12,1 29, 6 19,05 107 :U0 180° 1,62 9,95 5,75 7,26 152,0 18, 0 19,0 41, 1 29, 1 182,5 - 00 200° 3,38 14,42 9,45 10,70 232,5 25, 0 27,0 59, 6 43, 0 275 i 00 : 220° 6,08 19,18 13, 7 15,05 355,0 33, 3 39,0 89, 0 74, 0 400 00 240» 10,37 24,50 18, 7 21,60 640,0 43, 8 69,0 98, 0 132, 0 660 i 00 260» 16,49 30,00 24, 0 33,00 1170,0 57, 1 115,0 109, 0 205, 0 1200 11 DO 280» 23,66 36,80 29, 5 52,50 2090,0 77, 0 186,0 113, 0 316, 0 2270 21 00 300» 31,70 44,70 34, 6 83,00 — — — — — — N, 1. — Riscaldando. N. 2. — Raffreddando. N. 3. — Riscaldando. N. 4. — (Riscaldando). Un po’ di quest’olio esposto all’aria per due mesi tenendovi immersi due fili di rame acquist la con- ducibilità 107 a 20°. N. 5. — Raffreddando. N. 6. — (Raffreddando). Avuto dalla gentilezza del mio amico prof. Bechi. N. 7. — Raffreddando. N. 8. — (Riscaldando). Acquistato dal Sig. Baroncelli, Firenze. N. 9. — (Raffreddando). Acquistato dal Sig. Scerno-Gismondi, Genova. N. 10. — Idem. N. 11. — Idem. OLII Segue Tavola I 53 .'.ri i Temperatura j Olio di cotone la qualità acquistato a Livorno Olio di cotone la qualità Olio di cotone Olio di noce Olio di noce Olio di colza Olio di colza (lo stesso campione | riscaldato prima 1 a 220°) Olio di arachide | Olio di arachide Olio di mandorle dolci Olio di mandorle ! dolci (vecchio di 25 anni) j N. 12 N. 13 N. 14 N. 15 N. 16 N. 17 N. 18 N. 19 N. 20 N. 21 N. 22 ■ - 0° — — — 1,12 — 3,8 — — — — — 20° 0,88 o, 7 0, 4 2,88 17,5 13,5 0,70 0,26 0,00 0,00 1,2 i; 40° 1,37 1, 0 1, 3 5,25 25,0 35,0 1,05 0,75 0,09 0,02 1,9 60° 2,38 1, 4 2,25 7,80 54,0 76,8 1,60 1,75 0,68 3,60 2,6 : 80» 4,00 2, 0 3,30 11,00 97,1 149,1 2,10 3,75 2,50 12, 8 6,2 1?J) ! 100° 8,88 2, 5 7,10 15, 8 163 450,0 2,50 7,60 6,25 30, 1 12,8 :v 120° 16,00 3, 1 12,50 20, 8 255 680,0 5, 1 13,80 12,50 42, 5 23,0 ii.O ’ 140° 24, 5 7, 5 22, 4 28, 8 372 1240 10, 8 30,75 24,10 93, 1 37,8 ; 160° 32, 5 18, 0 37, 6 38, 7 850 2050 17, 5 51,00 41, 8 190, 0 67,5 180° 42, 1 37, 2 62, 3 51, 8 — 3410 27, 6 77, 1 67, 2 280, 0 114,0 - 200° 56, 8 60, 0 97, 0 63, 0 — 5250 46, 2 119, 5 98, 0 275, 0 195 220» 83, 0 93, 0 155, 0 fuma e si scolora 81, 0 — 6800 78, 0 215 137, 0 300, 0 — 240» 135, 0 118, 0 127, 0 104, 0 — 6800 137, 0 271 185, 0 — — 260» — 119, 0 fuma e si scolora 124, 0 annerisce 137, 0 perde il colore — 810 — 428 237, 0 — — . 280» — 114 — 135, 0 — — . — 654 — — — 300° — — 220, 0 — — — 896 — — — • 12. — Riscaldando. N. 13.— (Riscaldando). Acquistato a Firenze dal Sig. Baroncelli. 14.— (Riscaldando . Dopo il raffreddamento la sua conducibilità si trova diminuita. 15— (Riscaldando). Acquistato a Firenze dal Sig. D.r A. Bizzarri. A 260° perde il calore e prova una diminuziom conducibilità. — L’olio di noce mantenuto per molte ore a -+- 100° diventa più conduttore. „• ^ —(Riscaldando). Avuto dalla gentilezza del Comm. Prof. E. Bechi. N. 17.— Idem. 18— Raffreddando lo stesso campione dopo averlo riscaldato a + 220°. **■ 1 9- — ( Raffreddando). Avuto dalla gentilezza del Prof. E. Bechi. 5. 20.— (Raffreddando). Acquistato dal Sig. Scerno-Gismondi, Genova (marca extrafine). >ilit; 2*,~^sca^ando). Acquistato dal Sig. D.r A. Bizzarri, Firenze. A-t-180» prova una diminuzione permanente di condu- A 22. — Riscaldando. 54 O IL I X Segue Tavola I. Temperatura Olio da orologiai vecchio di 40 anni Olio di papavero Olio di rapa Olio di belladonna Olio di segala cornuta Olio di ravizzone Olio di ravizzone Olio di lino crudo Olio di lino crudo Olio di fegato di merluzzo bianco (di Terranova) s li ; N. 23 N. 24 N. 25 N. 26 N. 27 N. 28 N. 29 N. 30 N. 31 N. 32 - N.jì; o o o o cu 0,18 0,48 0,78 4,0 4,9 11 7,9 30 102 2,2 13 | 40° 0,95 3, 2 4, 1 11,9 18,0 25,9 19,4 71 245 6,7 3 60° 2,48 7, 0 9, 5 27,6 46,9 56 45 152 540 14,0 16 o o 00 5,10 17, 0 16, 4 52,5 109 124 108 260 1470 25,3 :0 o o o 10, 5 34, 9 26, 4 92,3 235 205 168 391 2650 43 :*2 120° 00 co cu 60, 5 40, 2 145 502 320 236 578 4700 86 k) 140° 36, 2 115, 2 63, 5 220 920 540 340 970 6060 120 1 » 160° 50, 7 218, 0 100 321 1620 830 480 1460 11800 164 1 30 180° 64, 2 — 124 422 2470 1150 670 2100 12900 215 2 )0 200° oo 03 OO — 181 558 3500 1550 1000 — 14600 270 2 30 220° 108, 5 — 269 830 — 1980 1450 — 18000 — 4 1 30 240° 162 — 404 1140 — 2550 2030 — 24100 — 1 f >0 260° 227 — 602 1520 — 3250 2840 — — . — - ( 280° 415 — 880 2550 — 4400 4000 — — — ■ |_ 300° 660 — — — — 6600 6000 — — N. 23 — Raffreddando. N. 24. — Riscaldando. N 25. — (Raffreddando). Favoritomi gentilmente dal Prof. E. Bechi. N. 26. — (Raffreddando). Campione acquistato da C. Erba, Milano. N. 27. — Campione acquistato da E. Merck a Darmstadt. N. 28. — (Raffreddando). Acquistato a Como. N. 29. — (Raffreddando). Favoritomi gentilmente dal Prof. E. Bechi. N. 30. — (Riscaldando). Col raffreddamento si ottengono gli stessi resultati. Mantenuto a lungo in contatto dell’ari più conduttore. N. 31. — Idem. N. 32. — (Raffreddando) Acquistato da C. Erba, Milano. N. 33. — Idem. divieu OLII Segue Tavola I. c>3 ce S PH a 0J H Olio di fegato di merluzzo (giallo) Olio di ricino dai semi scelti Olio di ricino dai semi scelti Olio di canape o > o o o .o o Olio di tartaruga di mare Olio di zea Mais guasto Olio di camomilla Olio di camomilla Olio di giusquiamo dai semi (per infusione) Olio di giusquiamo dai semi (per infusione) N. 34 N. 35 N. 36 N. 37 N. 38 N. 39 N. 40 N. 41 N. 42 N. 43 N. 44 0° 20° 5,7 0,3 0,6 5,0 11,0 675 142 48 2,4 7,0 22,0 72 40° 17,5 2,1 1,8 12,4 20,2 1530 282 78 8,2 52,0 153 60° 34,6 11,7 15,7 27,1 40,0 2820 501 113 18,0 103,0 325 80° 68,0 23,5 60,0 52,2 83 5200 829 152 31,7 185,0 531 i00° 144 38,1 160 91,8 140 9050 1280 189 53,5 290,0 790 .20° 234 62 270 142,5 212 14250 2052 243 87,0 424 1134 .40» 365 121,5 600 205 320 20750 5100 310 155,0 732 — 60» 545 221 1075 498 424 28380 — 375 270,5 1325 — 80» 890 382 1650 1190 595 — — — — 2210 — '00° 1220 660 2300 2230 823 — — — — — — 20° 1655 — 3130 3510 1150 — — — — — 40° 2250 — 4220 4600 1496 — — — — — • — 60» 3250 — 6200 — 2267 r — — — — — — 80 — — — 4050 — — — — — — 00 1 — — — — — - — — — — v 34.— (Raffreddando). Acquistato da C. Erba, Milano. A 35 —Riscaldando. N. 36. — Idem. N. 87. — Idem. ^ 38.— (Raffreddando). Acquistato da C. Erba, Milano. N. 39.— Raffreddando. 40.— (Raffreddando). Acquistato da C. Erba, Milano. **• 41. — (Riscaldando). Acquistato da C. Erba, Milano. ^ 42.— Raffreddando lo stesso campione prima scaldato a 200°. n. 43.— (Riscaldando). Acquistato da E. Merck, Darmstadt. Resultati poco diversi ottenni col raffreddamento. 1'- 44. — (Riscaldando). Acquistato da C. Erba, Milano — Dopo il riscaldamento a-t-1500 la conducibilità restò permaneute- Dte diminuita. 56 O Hi I X — Segue Tavola I. Temperatura Olio di Croton Tillium Olio di Croton Tillium Olio laurino dalle bacche Olio laurino (dalle bacche) lo stesso cam- pione precedente Olio di pesce del commercio Olio cade (dal legno del Juniperus oxi cedi’us , L.) Olio di lino solforato (Oleum lini sulphu- ratum) delle farma- copee Olio di cera rettificato Petrolio distillato (per uso farmaceutico) Olio minerale di Bakou (Russia) grezzo ! - 3'J ^ 3 x | N. 45 N. 46 N. 47 N 48 N. 49 N. 50 N. 51 N. 52 N. 53 N. 54 to 0° 130 3,1 17,5 — 42,0 — — — — — ■ o o GM 250 16,5 41,5 68 83,2 2150 74,2 1,70 1,38 1,9 B,0 40° 470 45,1 100 102 252 5900 287 1,85 3,79 5,1 8.1 | 60° 822 133,0 1200 281 501 12230 645 2,02 7,25 11,0 7,8 ! QO o © 1260 285 3790 602 1024 19600 1720 2,39 13,70 26,5 3,6 1 100» 1820 531 6750 970 1748 29250 3650 3,18 33,00 64,4 5,0 120» 2780 835 — 1450 2974 40760 6730 4,55 64,00 125,2 iti ! 140» 5650 — — 2030 4400 — 11500 7,42 150,00 198 :9 ►— 1 Gì o o 7980 — — — 6230 — 20650 11,00 315,00 287 12 180» — — — — 8700 — 45100 18,10 — 540,2 2 IO 8 o — — — — 11600 — — — — 775 64 220» — — — — 14700" — — — — 1090 - 240» — — — — 18280 — — — — 1548 1 260» — — — — 22250 — — — — 2200 280» — — — — 27750 — — — — — 300» — — — — — — — — — — N. 45. — (Riscaldando). Acquistato dal D.r A. Bizzarri, Firenze — Dopo il raffreddamento la conducibilità è molto e ridotta ad un quarto (all’ incirca). N. 46. — (Raffreddando). Acquistato da C. Erba, Milano. N. 47.— Riscaldando 1’ olio naturale. N. 48 — Raffreddando lo stesso campione precedente dopo averlo mantenuto un’ ora a 120° N. 49. — Riscaldando. N. 50. — (Riscaldando). Dopo il riscaldamento (se si raffredda) si trovano conducibilità minori. N. 51. — (Raffreddando). Acquistato da E. Merck, a Darmstadt. N 52. — Acquistato da C. Erba, Milano. iminnita di alcuni mescugli naturali di composti organici 57 YI. Grassi — In questa categoria ho compreso oltre i grassi ani- mali (propriamente detti) anche gli olii che sono solidi (o consistenti) alla temperatura ordinaria, e i cosiddetti burri vegetali. I principali campioni studiati furono i seguenti, che scrivo in or- dine di conducibilità crescente, valendo qui le stesse riserve che ho fatte nella classificazione degli olii: Grasso eli Gallina Olio di cocco Lardo (scaldato a -+- 100° e filtrato) Midollo di bue (scaldato a + 100° e filtrato) Burro di cacao Grasso di bue (scaldato a 100° e filtrato) Olio di delfino Olio di palma Olio di ginocardia Burro di mucca (1) Burro di noce moscata. Le conducibilità di questi corpi crescono rapidamente colla tempe- ratura ed in generale piuttosto regolarmente, eccettuato principalmente il lardo, pel quale la curva della conducibilità in funzione della tempe- ratura, presenta fra 170° e 220° delle singolarità dovute probabilmente ad un’ alterazione chimica permanente : (Yedi Tavole III e IY in fine della presente memoria). La maggior parte dei grassi nel rammollirsi e fondersi pel calore, aumentano lentamente e regolarmente di conducibilità, ad eccezione del burro di noce moscata, il quale, avendo un punto di fusione abbastanza netto, prova nel fondere un brusco aumento di conducibilità. Nel prospetto seguente ho indicate le conducibilità dei principali grassi alle temperature 0°, 10°, 20°, 30°, etc. (1) Il burro venne fuso nell’ acqua a 4- 50° e lavato ripetutamente con acqua calda onde levarne il cosidetto latte di burro, poscia separato dall’ acqua, venne filtrato a caldo. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 9 I 58 GRA s s Temperatura o c3 •r^ « ^ o ^ O o O O Cfi «ì H W g -f c3 O -+J 03 i- & += •-s J ® ^'lo ° HO SÌ f CÓ o O O t-H 1 ° d +8 a •“2 1 i _+_> ce v ce o c a ce g ’ce .o O ce ce o co 2 1 m § o • »— ( O ce o ce o ,p3 © 3 M o s 3 o O o ce © 5^ £ 0£ #r3 3 ° o o ^3 © £ 1/3 - 5* . + ci o O p ce ® 3 2° ^ 2 © O O ai co h m g 4- c3 o o o o © o a o Hf55S5 N. 56 N. 57 N. 58 N. 59 N. 60 N. 61 N. 62 N. 63 N. 64 N. 65 0° 1,7 semi solido — — — 5,5 0,0 — — — 0, 0 1 _ 10° 2,0 semi solido 4,90 solido 6,2 — 10 0,0 3,4 semi solido — 7,0 0, 0 solido 20° 2,2 liquido 4, 95 solido 6, 6 12 solido 20 solido 0,8 solido 5,8 liquido — 9,0 0,48 solidifica 30» — — 7,0 solido 27 liquido 60 solido 3.0 liquido — 5,0 9,8 solido 1,10 liquido 40° 3,3 liquido 5, 2 8,8 liquido 33 650 liquido 10,5 9,4 15,0 solido 11,0 liquido 1,25 50° — — 14 36 990 11, 5 — 22,0 liquido — 1,45 - 60° 5,3 liquido 12, 5 liquido 18,5 39 1480 13,3 14,8 31 17,0 1, 95 ! 70“ — — 21,7 42 2200 16,0 — 35 — 2,90 - 80“ 7,8 24 liquido 24 45 3510 21, 5 30,9 37,3 27,5 5,02 4, 90“ — — 26 97,8 5100 31,0 — 40,5 — 6, 9 - 100“ 11,0 37 28, 5 130 7560 44 58 45 44,5 7, 8 Q 110“ — — — — 11000 50 — 62,5 — 11, 6 120° 14,1 58 38 180 17950 65 87,5 82,8 62,0 14, 0 14, 130° — — — — 35500 77,5 — 104 — 17, 8 140“ 17,6 85 61 230 — 92,5 157,4 129 82,5 22, 4| 23, 150“ — — — — — 107,5 — 185 — 27, 5j m 160“ 21,5 146 101 305 — 131 280,0 247 107,5 33, 7 33, H— L •81 o o — — — — — 170 — — — 41, 6 - 180“ 25,4 249 126 410 — 245 369 — — 48, q - 190“ — — — — — 335 — — — 57, J - 200“ 30,0 260 60 540 — 460 470 — — 68, (j - 220“ 35,1 220 60,5 720 — — 625 — — 101, (j - 240“ 40,5 — 99 1020 — — 880 — — - 260“ 46,8 — 158 1460 — — — — - © o 00 05 54,0 — 230 2050 — — — — — - 300“ 63,5 339 2960 1 Olio di gin o cardia l Alvi a II. . t o +3 e3 g o £3 S «3 s -+J >rH 'q ^3 S a O ^ 0 01 o « ^ ai A o5 N. 68 ANNOTAZIONI 0 J .lid 2) |QÌ( 5 ) in 19.) 36,) .02, 14 28 (4 46 .17 20 48 04 00 0,2 0, 5 solido 4,6 semi liquid. 10,0 liquido 18,5 37.0 68.0 112,0 170 552 1010 1550 2460 N. 56. — Semisolido fra + 0° e + 10°. Fonde fra 16° e 19°. Solidifica fra 4- 16 e 18°, La serie è ottenuta riscaldandolo. N. 57. — Fonde fra 4- 37° e -t- 39°. Solidifica verso + 28°, La serie è ottenuta ri- scaldandolo.— Dopo il riscaldamento a 220° col raffreddamento mostra conducibilità minori : così a 4- 100° possiede le conducibilità 29. N. 58. — La serie è ottenuta riscaldandolo. Verso 180° prova una forte diminuzione di conducibilità e poi crescendo la temperatura la conducibilità torna a crescere. Dopo il riscaldamento a 200° si ottengono col raffreddarlo conducibilità minori. N. 59. — La serie è ottenuta raffreddandolo. Il liquido solidifica a 4- 21°. N. 60. — La serie è ottenuta raffreddandolo. Il liquido raffreddato lentamente non si solidifica che a 4- 23° ed allora la temperatura risale a -h 33°. N. 61. — La seria è ottenuta raffreddandolo. Il liquido si rapprende a -f- 21° ed a -p 20° si solidifica. N. 62. — Da 0° fino a 4- 10° è semisolido. La serie è ottenuta raffreddandolo. N. 63. — La serie è ottenuta riscaldandolo. Esso fonde verso 4- 42°. N. 64. — La serie è ottenuta riscaldandolo. Esso fonde verso 4- 37°. Riscaldato fino a 4- 230° perde di conducibilità permanentemente. N. 65. — La serie è ottenuta raffreddandolo. Esso solidifica verso h- 20°. N. 67. — La serie è ottenuta raffreddandolo. Esso si mantiene liquido fino a 4- 13°, ed allora solidifica (la temperatura risalendo a 4- 15°). N. 68.— La serie è ottenuta raffreddandolo. 60 Sulla conducibilità elettrica VII. Cere. — Insieme con quella delle cere propriamente dette , ho studiato pure la conducibilità delle cere fossili, delle spermaceti , della stearina, etc. La conducibilità delle cere allo stato liquido cresce rapidamente e regolarmente col crescere della temperatura : la curva rappresentativa volge costantemente la convessità all1 asse delle temperature. Allo stato solido ed a sufficiente distanza dal punto di solidificazione, la conduci- bilità tende ad annullarsi, nella fusione essa subisce un brusco aumento solamente nella cera del giappone e nella cera di ocuba; per le altre si osserva un aumento di conducibilità meno spiccato. (Vedi tavole V e VI). Ecco 1’ elenco delle principali cere studiate , scrivendole in ordine di conducibilità crescente : Vaselina bianca Ozokerite di Boryslaw Spermaceti Cera gialla delle api Cera di ocuba Cera del giappone Cera della China Acido stearico grezzo (la cosiddetta stearina del commercio) Cera di Carnauba. Questo è fi ordine delle conducibilità misurate a + 100°: ma varie- rebbe poco per un1 altra temperatura in cui però fossero tutte allo stato liquido. Segue ora un quadro delle conducibilità delle principali cere da me studiate, di dieci in dieci gradi, da 0° fino a verso 200°. 61 O E E E — Tavola III. Temperatura | Vaselina bianca Ozokerite Spermaceti Cera gialla delle api Cera gialla delle api (altro campione) Cera della China Cera della China (altro campione) Cera di Ocuba Cera di Carnauba Cera di Carnauba (altro campione) Cera del Giappone N. 69 N. 70 N. 71 N. 72 N. 73 N. 74 N. 75 N. 76 N. 77 N. 78 N. 79 0° 0 0 0 0 — 0 0 0 14,5 3,4 0 10° 0 0 0 0 — 0,4 0 0,2 21,4 6; 5 0 20" 0 0 0,2 0,0 0,1 1,0 0 0,4 28,0 8,0 0 30° 0 solida 0 0,8 0,0 0,5 1,8 0,5 solidificata — 40,2 12,5 0 40° 0 liquida 0 1,3 solido 0,0 1,0 2,6 solida 13,8 liquida 0,8 55,6 solido 18,0 solido 0 solida 50° 0 0 4, 4 liquido 0,1 3,2 4,0 fonde 23,9 — 85,5 liquido 76,0 liquido 11 iiquida 60° 0 0 solida 1,8 1,1 solido solido 21,6 liquida 36,1 1,2 99,5 106 16 70° 0 0, 25 liquida — 4, 4 liquido 29,0 liquido 30,1 60,0 1,4 127,4 149,5 19 80° 0 0, 50 liquida 2,9 9,0 36,0 37 87,5 12,0 solido 175,2 207 27 90° 0 0, 70 — — — 47,5 125,6 24,0 liquido 248,0 306 37 00° 0,02 0, 82 4,5 20,0 64,0 58 175 40 316, 0 419 50 10' | — 0, 90 ----- — — 72 237 57,5 383, 0 540 65 20° 0,07 1,3 8,6 33, 2 121,0 88 329 83 520,0 675 90 30" — 2,8 — — — 123 432 128 718,0 835 121 40" 0, 15 5,8 13,6 56,0 260,0 161 630 173 1090, 0 1020 155 50’ — 9,9 — — — 205 848 224 — 1250 200 30" 0,28 14,2 19,0 84,0 600,0 269 1150 295 — 1520 236 70" — 20,0 — — — 329 1720 343 — — 283 30" 1,00 27,0 24,2 139, 4 — 396 2820 380 — — 343 10" — — — — — — — - — — — - - — 30" 2,25 48.0 30,8 226,0 — — — 430 — — 641 10" 4,20 77,2 36, 5 — — — — — — — — 40° 7,15 — 43,0 — — — — — — — — )0° | — — 52,0 — — — — — — — — 10° — — 64,1 — — — — — — — — X)° — — 79,5 — — — — — — - — N. 69. — La serie è ottenuta col raffreddamento — Il liquido verso a -f- 35° si rapprende in una massa poco consistente. N. 70. — La serie è ottenuta col raffreddamento — Il liquido solidifica a 66°: La sostanza solida fonde a -|- 84°. N. 71.— La serie è ontenuta col raffreddamento — Il liquido solidificava a -f- 43°. N. 72. — La serie è ottenuta per raffreddamento — Questo campione fonde a -f- 63° e solidifica alla stessa temperatura. N. 73.— La serie è ottenuta per raffreddamento — Anche questo campione fonde e solidifica a -f- 63°. N- 74. — La seria è ottenuta per lento riscaldamento — Questo campione fonde a -f- 51°, 5 e solidifica a + 40°, 5. Fondendo u ?aT un forte aumento di conducibilità. N- 75- — La serie è ottenuta per raffreddamento — Questo campione fonde a 51° e solidifica a -f- 40°. N. 76.— La serie è ottenuta per raffreddamento — La sostanza fonde a -f- 84° e solidifica a 82°. N. 77. — La serie è ottenuta per riscaldamento lento — La sostanza fondeva -f- 47°, 5 solidifica a -(- 48° — Facilmente si ot- e sopraffusa. N. 78. — La serie è ottenuta per raffreddamento — Fonde a + 48° solidifica a + 48°, 5. N. 79. — La serie è ottenuta per raffreddamento — Fonde a + 42°. 62 Sulla conducibilità elettrica "Vili. Essenze — La conducibilità delle essenze varia moltissimo da campione a campione , secondo la provenienza , 1’ età, il modo di preparazione e di conservazione etc. Nella maggior parte 1’ essenze con- tengono un idrocarburo volatile (terpene) ed uno e più composti ossi- genati (stearopteno), che appartengono spesso alle canfore. L’ idrocarburo è per sè isolante, mentre il composto ossigenato che forma lo stearop- teno è conduttore; ed è a questo che la maggior parte delle essenze debbono la loro conducibilità. Così per esempio, distillando nel vuoto 1’ essenza di bergamotto , 1’ essenza di cedro, 1’ essenza di limoni, V acqua di ragia etc. un po’ vec- chio, il liquido che passa in principio è quasi isolante, mentre la so- stanza viscosa che resta nel palloncino è fortemente conduttrice. Così si spiega perchè queste essenze scaldate rapidamente all’ aria diventino più conduttrici perdendo gran parte del principio volatile che è isolante. Il fatto è più complesso con lento riscaldamento in contatto dell1 aria, avvenendo allora una ossidazione della essenza con formazio- ne di altri composti buoni conduttori. Più forte è l1 aumento di condu- cibilità se si mantiene per qualche tempo in ebullizione V essenza in presenza dell’ aria in un apparecchio a ricaduta. Queste proposizioni non sono applicabili alle essenze (come per es. quella di gaultheria, di cannella, di senape, etc.) le quali si scostano per la composizione, dal tipo delle essenze comuni. Per tali ragioni, la conducibilità delle essenze fu studiata per raf- freddamento, dopo averle prima riscaldate rapidamente e fuori del con- tatto dell’ aria fino alla temperatura voluta. La conducibilità delle essenze da me studiate decresce regolarmente e rapidamente al decrescere della temperatura. Le relative curve che rappresentano la conducibilità in fusione della temperatura (Vedi tavole I e II) sono molto belle e molto regolari ; esse volgono costantemente la convessità all’ asse delle temperature e non presentano singolarità. Ecco i nomi delle essenze (cito solo le principali) da me studiate; le ho divise in tre classi: cioè nella prima sono quelle di piccola con- ducibilità, alla seconda appartengono quelle di conducibilità intermedia, ed alla terza quelle migliori conduttrici : Anche per questa classifìcazio- di alcuni mescagli naturali di composti organici 63 ne , valgono , e con più forte ragione , le riserve fatte nel classificare gli olii : la classe : Essenze di piccola conducibilità : Essenza di trementina » di ginepro (dalle bacche) » di ginepro (dal legno) » di rosmarino » di timo » di gemme di pino » di pino pumilione » di arancio « di sassafrasso « di coriandoli » di Cajeput (verde) « di Cajeput (bianca) » di sandalo rosso » di sandalo bianco » di valeriana » di sabina » di finocchio » di lavanda officinale » di legno di cedro » di Ylang-Ylang » di Copaibe » di cedro » di anici 2a classe : Essenze di media conducibilità : Essenze di Cubebe » di angelica » di Neroli » di cardamomo » di ruta » di limoni » di arnica » di menta inglese » di zenzero vero » di camomilla » di origano » di bergamotta » di seme santo 64 Sulla conducibilità elettrica 3a classe : Essenze di massima conducibilità: Essenza di trementina (vecchia di oltre un secolo) » di cedro (vecchio di 18 anni) » di Estragon » di Rose » di ascenzio » di carvo » di vetiwer » di salvia » di Maggiorana » di Melissa » di isopo » di cumino » di Luppolo » di Matricaria » di Palmarosa » di Gaulteria » di Garofani » _ di Tanaceto » di Verbena » di mille foglie » di tabacco » di senape » di Erba S. Maria » di cannella Goa » di cannella Ceylan » di Mandorle Amare Nei tre quadri che seguono sono scritte le conducibilità delle prin- cipali essenze studiate , di dieci in dieci gradi, a partire da zero fino verso 160°. 65 ESSENZE - Tav. IV. - Essenza di trementina Essenza di ginepro (dalle bacche) (preparata di fresco) Essenza di ginepro (dalle bacche) (vecchia) Essenza di ginepro (dal legno) Essenza di rosmarino Essenza di timo Essenza di timo Essenza di timo rosso Essenza di gemme di pino Essenza di gemme di pino silvestre Essenza di pino pumilione N. 80 N. 81 N. 82 N. 83 N. 84 N. 85 N. 86 N. 87 N. 88 N 89 N. 90 r o,oo 0,00 — — — — — — — — — )° 0,00 0,00 — 8,6 — 6,2 0,6 92 1,8 •- 14 )° 0,00 0,00 750 9,3 0,00 6,9 1,4 100 2,0 3,7 18 )° 0,00 — — — — 7,8 1,6 110 — 4,0 20 )J 0,00 0, 7 1600 12,7 0, 06 9,2 2,2 123 3,8 4,5 24 1° 0, 00 — — — — 10,8 3,0 141,2 — 5,5 28 •° 0, 03 1, 7 4650 19,8 0, 18 13,0 3,5 164 6,0 6,5 30 ,0 — — — — 15,0 4,0 189 — 8,0 36 " 0,18 2, 0 8500 30, 8 0,62 17,2 4,6 220 12,0 10,5 43 0 — — — — 20,0 5,3 252 — 14,0 56 1 5 0,55 2, 5 13000 58,0 1,42 23,0 6,0 290 19,0 20,0 66 1 ) — — — — — — — — 25,6 82 1 1,30 3, 0 19250 85,0 2, 6 30,0 9,6 402 29,0 31,0 120 1 ? * 1 ■ — — — — — — — 37,5 194 1 6 3,10 3, 5 22000 133,0 4, 4 39,5 16,4 596 46,0 44,5 310 3 i — — — — — — — — — 53,0 — ' K 8,60 lr] 4, 8 26550 — 7, 4 73,0 28,0 1000 64,1 66,4 — lì _ — 31500 — 1400 93,2 — — 1S _ — — • — — — — - — — — — 20| _ — — — — — — — — — — 22 1 _ — — — — . — — — — — — 24 __ — — — — — — — — — — __ — — — — — — — — — — : Atti Acc. Vol; II, Serie 4a 10 66 ESSENZE Segue Tav. IV, Temperatura 1 Essenza di arancio Essenza di sassofrasso Essenza di coriandoli Essenza di cajeput verde Essenza di cajeput bianca Essenza di sandalo rosso Essenza di sandalo bianco Essenza di valeriana Essenza di sabina Essenza di finocchio p il D r. , f. q N. 91 N. 92 N. 93 N. 94 N. 95 N. 96 N. 97 N. 98 N. 99 N. 100 N. T 0° — — — — — — — — 'rii ■ — \ 10° 2 4,3 0 15,8 7,1 0 0 8 26 38 1 8 ! 20° 4 5,0 10 16,2 9,4 5 2 18 44 46 1 30" 5, 5 — — 17,0 — — 4 — — 58 lU 40° 7,0 6,1 20 19,3 14,7 10 5 36 80 67,4 f 50° 9,0 — — 23,1 — — 10 — — — io 60° 70° 10,7 12,1 8,9 38 27,2 32,4 21,5 30 12 20 48 124 96 109 1 80° 14,0 15,1 60 38,0 30,7 80 25 106 186 126 ? { 90° 16,0 — — 45,0 — — 38 — — 157 100" 19,2 18,8 80 52,5 45,2 140 66 190 240 192 * ,4 110° 24,4 — — — — — 105 — — 236 ■ 120" 32,0 25,2 160 75,0 47,0 222 150 250 356 280 0 ' 1 - 130° 41,0 — — — — — 218 — — 336 140° 51,0 33,8 240 96 76,0 358 290 360 505 394 8 J ^ 150° 64,1 — — — — — 370 — — — 160° 80,1 44,4 — 244 153 555 470 520 710 552 11 o 170° 180° 110,0 65,0 — 670 240 1200 : : 937 720 960 190° — — — — — — — — — - 200° — 204,0 — — — — — — — — 220° — — — — — — — — — — - o © — — — — — — — — — — - O o co cu ESSENZE Segue Tav. IV. 67 Essenza di lavanda officinale! (altro campione) Essenza di lavanda spico Essenza di legno di cedro (Florida) Essenza di Ylang-Ylang Essenza di copaibe Essenza di copaibe (altro campione) Essenza di cedro Essenza di anici (fonde a + 17°, 5) Essenza di anici di Russia (fonde verso 14") N. 102 N. 103 N. 104 N 105 N. 106 N. 107 N. 108 N. 109 N. 110 )° — 7,9 8,0 58 7 solida solida r 65 6,0 8,8 16 7 34 11,8 62 28 solida solida )° 105 8,0 10,2 22 16 34 15,9 94 130 liquida liquida )° — 10,0 12,6 28 21,5 108 327 liquida i° 198 12,2 17,2 38 70 35 27,6 125 365 ; io — 15,2 27,3 58 — — 37,0 145 450 1 * 320 19,0 40,0 83 180 36,5 46,8 167 570 0 22,8 54, 5 110 — — 60,0 200 722 518 27,8 75,3 156 322 39 78,1 239 926 j > ~ 33, 3 100,0 202 — — 99,5 291 1250 O GO 40,0 144 260 750 42 122,5 450 1710 1 1 — V 172 340 — — 155 — 2500 i: 1218 55, 5 204 430 1730 47 195 — 3350 11; — — 244 548 — — 235 — 4180 14 — 76,0 301 684 3010 56 276 — 5000 1^ - — 366 856 — — 325 — 5780 ie - 120 515 1078 4850 66 386 — 6710 17 1 _ — 740 1430 — — — — — ! 18 _ — — — 5900 90 — — — 19 __ — — — — — — — — 20 __ — — — 7150 156 — — — m _ — — — 8750 — — — — m __ — — — 11000 — — — — pe| __ — — — 15150 — — — — 109.— La sua conducibilità a 0° è 58 appena solidificata, ma diminuisce col tempo : così in due giorni si ridusse a 12 : ssa temperatura di 0°. ESSENZE — Segue Tav. IV. Temperatura Essenza di cardamomo Essenza di angelica Essenza di Neroli Essenza di pepe Cubebe Essenza di Ruta Essenza di arnica Essenza di limoni (di Calabria) Essenza di limoni (di Firenze) Essenza di menta inglese Essenza di zenzero vero E fi f. N. IH N. 112 N. 113 N. 114 N. 115 N. 116 N. 117 N. 118 N. 119 N. 120 N h 0° — 70 — — — — — — • 70 — 4 10° 118 79,5 51 38 150 61 135 5,8 80 36 o o CU 150 94 69 50 223 120 151 6,2 93,8 50 1 o o co 198 111 87 — — 191 — 7,2 123,5 68 o o 280 134,5 133 77 380 282 228 8,5 177 102 t° 50° 420 164 183 — — 400 — 11,1 272,5 151 60° 600 199 255 140 598 568 376 12,8 340 220 B8 70° 803 237 368 — — 770 — 15,1 424 302 b i ' 80° 1010 285 515 212 847 970 518 19,9 526 405 1 30 90» 1230 354 718 — — 1180 — 24,0 660 515 100» 1460 484 970 325 1126 1430 800 28,5 855 700 1 30 110° 1680 — 1290 — — — — 35,8 1120 920 120° 1950 — 1770 478 1568 2200 1240 44,0 1400 1190 ! 80 ; 130" — — 2350 — — — — 53,9 1700 1480 140° — — 3120 680 2132 4150 2000 66,7 2075 1910 SO J 150° — — — — — — — 82,3 2450 2370 160° — — — 930 — 7500 3400 105,2 2830 3280 .( 30 170° — — — — — — — 135 3180 4500 00 o o — — — 1270 — — 4900 — — — 200° — — — 1770 — — — — — — 220' — — — 2370 — — — — — — ESSENZE Segue Tavola IV, 69 : .23 •H X> X) H Essenza di Origano Essenza di Bergamotta (di Kegio di Calabria) Essenza di Berga- motta (parte del campione precedente distili, ha 173° e 180° Essenza di Berga- motta. Residuo della distillaz. precedente (liquido viscoso rosso vino fnorescente) Essenza di Bergamotta (il campione preceden- te stillato due volte nel vuoto sul carbonato sodico secco) Oleum Cinae (acquistata dalla fabbrica Tromsdaff) Essenza di seme santo Essenza di trementina sol- forata Essenza di menta Hotkiss Essenza di Calamo N. 122 N. 123 N. 124 N. 125 N. 126 N. 127 N. 128 N. 129 N. 130 N. Idi 0" 1 s — — — — 265 248 — — • — Ì0° 210 700 4,9 710 0, 00 332 278 48,1 1180 300 >0° 380 970 6,4 1800 0,00 478 340 78, 5 1220 620 10° — — — — 0,00 705 — 162 1400 — 0° 690 1560 10,8 5340 0,00 1000 471 244 1520 1630 0° — — — — 0,00 1372 — 412 — — 0" 1410 2260 17,1 13900 0,01 1720 622 740 2000 2850 0° l’— — — — — 2300 — 1200 — _ j > 2310 3000 24,9 24300 0,05 2820 760 1880 2680 4450 > — — — — — 3150 948 2700 — — > 3380 ,3890 36,6 38200 0, 14 3780 — 3550 3500 6050 ,)° — — — — — — 1180 — — — 1)° 4700 4950 85,0 58000 0,32 5320 — 5680 4720 7700 ]>° — — — — — — 1355 — — — 1)° 1* 6010 6420 150 75000 0, 78 7800 — 8260 6150 9500 1. 8540 300 105000 2,20 10750 — 11400 — 11700 1 — — — — — — — — — 1 — — 180000 — 15200 — 15000 — 14700 a ’ — — — — — — — 19200 — — 2Ì — — — — — — -- — — i 70 ESSENZE - Segue Tav. VI. Temperatura Essenza di tremen- tina vecchia di oltre un secolo (La parte liquida) Essenza di tremen- tina vecchia oltre un secolo (In parte viscosa del campione precedente) Essenza di trementina (la parte lluida dei campioni precedenti stillata sul carbone sodico secco) Essenza di cedro (vecchio di 16 anni Essenza di Estragon Essenza di rose Essenza di assenzio Essenza di carvo Essenza di vetiwer Essenza di salvia Essenza 1 — , l f i T N. 132 N. 133 N. 134 . N. 135 N. 136 N. 137 N. 138 N. 139 N. 140 N. 141 N. 1! 0° 190 220 0,00 — — — — — — — 10 220 1300 0,00 670 1710 1500 650 1700 65 650 2 D rappreso 20' 270 3700 0,00 770 1820 3000 1200 2000 175 1700 32) semiliquido 30° — — — 938 — 5500 — — — — 40° 380 25500 0,00 1100 2250 6150 2390 2360 1020 3280 5 E0 50° — — — — — 6800 — — — — 60* 560 83000 0,02 — 2800 7680 3600 2680 6200 4270 7(0 70° — — — — — 8550 — — — — - 80° 860 183000 0, 07 1800 3510 9380 5200 3150 16700 5000 ìojo 90’ — — — 2500 — 10200 — — — — - 100° 1200 480000 0, 19 3100 4480 11050 6700 3500 31500 . 5810 12 4 110° = — — 3400 — — — — — — 120° 1575 — 0,50 3700 5670 12900 8700 4010 50600 6760 1486 1 1 130° — — — 4050 — 14000 — — — — 140' 2130 — 1,30 4500 7020 — 11200 4620 — 8240 1C >0 150° — — — r 4980 — — — — — — - 160° 2940 — — 5450 8650 — 13700 5200 — 10750 1<( 170° — — — 6110 — — — 5 — — 12700 o o 00 rH — — — 6800 — — 17650 6050 — - o o 05 t-H — — — — — — — — — — 200° — — • — — — — — — — ESSENZE Segue Ta v. IV. 71 i emper atura Essenza di Melissa Essenza di isopo Essenza di cumino (liquido viscoso) j Essenza di Luppolo Essenza di Matricaria Essenza di Melissa germanica vera (E. Merck) Essenza di Palm arosa Essenza di Gaultheria Essenza di Gaul- theria (altro campione) Essenza di Gaultheria (altro campione) Essenza di garofani (vecchia di 30 anni) N. 143 N. 144 N. 145 N. 146 N. 147 N. 148 N 149 N. 150 N. 151 N. 152 N. 153 0° — — 3550 — — — — — . — — — 0° 2480 2000 3940 380 3300 1680 5650 3800 3550 4400 5400 !0° 4320 2390 4610 500 6000 2010 6560 4700 5750 6200 10000 0° — 2720 5380 — — — — — — — — 0° 7980 3300 6270 770 10200 5790 8660 6750 10000 10000 20400 0° — 3880 7250 — — — — — — — — 1° 11750 4680 8210 1280 16100 9360 10840 8600 14100 13800 37800 )' - 5400 9380 — — — — — — — — )° 15230 6200 10620 2000 22800 13250 13050 10350 18000 17600 45500 )° — 7000 11850 — — — — — — — — 0° 18400 7900 13450 2970 33000 17400 15250 12200 22100 21450 60100 1 1° _ 9100 — — — — — — — — — 1 0 20800 10250 16800 4180 45100 21600 17500 14100 26400 25600 80000 1 0 _ 11480 — — — — — — — — — 22700 12700 20950 5950 61500 25600 20000 16700 30750 31000 — 1 0 __ 14050 — — — — — — — — — 1, > 24280 r» 15600 25400 8320 — — 22200 20300 35400 38000 — il* __ li' — 30000 12000 — — — 24050 41000 46000 L 1 — — — — — — 28650 48000 56000 — 72 ESSENZE /Segue Tav. IV. Temperatura ; Essenza di Garofani (recente) Essenza di Tanaceto Essenza di verbena Essenza di mille foglie Essenza di Tabacco Essenza di Senape (dai semi) Essenza di erba S. Maria Essenza di Cannella Goa Essenza di Cannella di Ceylan Essenza di Cannella di Ceylan (altro campione) Essenza di Mandorle amare Essenza b *E i| ■c t — c N. 154 N. 155 N 156 N. 157 N. 158 N. 159 N. 160 N. 161 N. 162 N. 163 N. 164 N. 1 0° — 1500 — — — 77000 — — — — — 10“ 4000 1650 15100 — — 101000 35200 4500 48000 73800 375000 20° 5500 1800 20200 278000 28000 103500 43400 7100 58000 89000 409000 660 1 liquido sirno 30° 7400 — — — - — — — — — — — 40° 9000 2300 30400 — 32000 231000 57800 12600 78000 124000 465000 50° 11000 — — — — — — — — — — 60° 13400 2800 40000 420000 36800 370000 71800 18000 97000 153000 525000 o o O- 15800 — — — — — — — — — — 80u 17600 3700 50100 — 45100 526000 85000 23600 116000 182500 617000 90° 19000 — — — — — — — — • — — 100° 20000 4700 60080 575000 60500 725000 100000 29000 135000 209600 708000 no 20300 — — — — — — — — — — o o e\i rH 20300 6750 70100 — — 970000 115100 34200 154000 235000 825000 130° 20000 — — — — — — — — — — ^ 140° 20200 11800 79800 770000 — — 128000 39600 174000 258000 — 150° 20800 — — — — — — — — — 160° 22000 19500 87000 — — — 142000 46500 — — — 170'' 24000 — — — — — — — — — — 180° 27000 — — 974000 — — — — — — — 190° — — — — — — — — — — — o 8 (M — — — • — — — — — — 9 — Sulla conducibilità elettrica di alcuni mescagli ecc. 73 IX. Balsami. — - In questa classe ho compresi oltre i cosiddetti bal- sami , anche alcuni liquidi viscosi che si ottengono dalla distillazione secca dei legni etc. Tatti questi balsami resi fluidi dal calore conducono più o meno bene, e la loro conducibilità va crescendo rapidissimamente e regolar- mente col crescere della temperatura: Raffreddati gradatamente con una miscela frigorifera fino a solidificarli, la loro conducibilità diminuisce ra- pidamente e regolarmente, fino ad annullarsi allo stato solido. Le curve che rappresentano le rispettive conducibilità in funzione della temperatura sono in generale piuttosto regolari (Vedi Tav. Ili e IV) e volgono la convessità all’ asse delle temperature : Soltanto per l’ Elèmi (due campioni diversi) si osserva un aumento di conducibilità nel raffreddarla in vicinanza alla solidificazione: (fenomeno analogo a quello da me scoperto nei mescugli di naftalina e fenolo etc.) (1). Il creosoto puro, (dal legno di faggio) presenta da 80° in su, una conducibilità decrescente colla temperatura , cioè si comporta come la dietilammina e come le soluzioni diluite degli alcoli della serie grassa negli idrocarburi (2). Segue 1’ elenco dei principali balsami, catrami etc. scritti in ordine di conducibilità crescente, avvertendo però che essa non solo può va- riare molto da campione a campione , ma che per lo stesso campione viene in generale molto diminuita se lo si riscalda qualche tempo all’ aria. Balsamo del Canadà Trementina di Chio Olio di abete Elèmi Trementina di Chio (altro campione) Storace liquido Trementina di Venezia (esposta molto tempo all’ aria) Olio empireumatico della distillazione del carbon fossile (1) Bartoli — Sulla conducibilità elettrica delle mescolanze di composti organici ; Nuovo Cimento 1886 ; Bend. della B. Acc. dei Lincei 1885. (2) Babtoli — Sul variare della conducibilità elettrica del creosoto colla temperatura; L’ Orosi, Anno IX, Fascicolo V, Maggio 1886. Firenze: per la conducibilità elettrica della die- tilammina, Vedi la mia nota letta alla B. Acc. dei Lincei il 21 Giugno 1885. Atti Acc. Yol. II, Serie 4a 11 74 Sulla conducibilità elettrica rii alcuni miscugli ecc. Balsamo di Copaive Trementina di Venezia, nuova Creosoto dal legno di faggio (bianchissimo) Balsamo del Perù Creosoto dal legno di faggio (grezzo) Olio di betulla Catrame di Norvegia (dalle conifere) Olio di betulla (altro campione). Come ho detto più sopra, la maggior parte di questi balsami scal- dati qualche tempo all’ aria, perdono de’ principi volatili e dopo il raf- freddamento si trovano molto più viscosi e tenaci, e qualche volta ad- dirittura trasformati in una massa resinosa solida: questo cambiamento è accompagnato quasi sempre da una forte perdita di conducibilità, per cui nella misura di questa, ho avuto sempre cura di procedere per ri- scaldamento entro tubo chiuso , e sopra un campione che non fosse stato mai riscaldato. 13 .A. IL S -A_ nvr X Tav. V. 75 Temperatura Balsamo del Canada Trementina di Vene- zia (appena estratta dalla botte) Trementina di Vene- zia (altro campione tenuto all’aria per vari mesi) Olio di abete Trementina di Chio Trementina di Chio Elémi Elémi Balsamo di Copaive N. 166 N. 167 N. 168 N. 169 N. 170 N. 171 N. 172 N. 173 N. 174 o o o — — — — — — — 1,1 0° 0, 1 — — — 0,00 semisolido — 61,5 52,5 semisolida 8, 6 semisolido 10° o, 3 840 — 7 liquido viscosissimo — — 49,6 semisolida 43 19 10° 0, 4 semisolido 872 24 7 0,00 28,0 liquido viscosissimo 43,8 37 semiliquida 36 ;o° 0, 5 970 — 7,1 — — 38,0 34 80,5 :0° 0,6 1148 26 7,2 0, 06 31,0 semi liquido 33,7 33,9 206 quasiliqudo 06 0,8 1350 — 7,3 — — 30,9 34,0 852 ; 0° 1,2 semiliquido 3200 84 8,6 0,20 liquido viscoso 33,4 29,8 35,8 1930 0" 2, 3 4900 — 10 — — 32,0 semiliquida 37,8 3850 ben liquido D° 5,0 — 95 12,4 11,8 34,5 35,8 42,4 7200 y 9,5 liquido — — 20 ben fluido — — 42,8 liquida 52,3 12600 viscosissimo :> 19,1 — 110 37,5 79 89,0 liquida 50,5 60,0 23400 )° 51,0 — — 60 — — 61,0 87,0 liquida — > 108 _ 165 90 244 175 • 121 123 liquido ' )“ 201 — — 122,1 — — 302 — — D° 305 — 215 153 560 328 — — — |)° 595 — — 182,5 — — — — — 0° 951 — 290 213 — 595 250 — — l'° 1650 — — 240 — — 271 — — j 1 1« — — 267 — 971 282 — — Ilo _ — — 297,5 — — 290 — — la» _ — — 328 — — _ V 167.— Verso -|~ 85 lenta ebullizione ; mantenuta due ore a -+- 90° presentò dopo il raffreddamento conducibilità molto b c®sì a -+- 60° la conducibilità divenne 9, 8 ed a -f 50° solo 6, 4. ■ 1^2.— Scaldata ancora perde dei principii volatili e la sua conducibilità diminuisce e poi torna a crescere. • 113.— Scaldata ancora si comporta come il campione precedente. 76 33 3L. S 3Vl I Segue Tav. V, n Temperatura Storace liquido (scaldato prima a 100° per 2 ore) Olio di betulla Olio di betulla (altro campione) j Balsamo del Perù Balsamo del Perù Catrameldi pino di Norvegia (dalle co- nifere i Creosoto dal legno di faggio i purissimo bianco) Creosoto dal legno di faggio (grezzo) § % !•; a ^ 3 o - ‘SÌ c O ^ r f ■ 31 l ; N. 175 N. 176 N. 177 N. 178 N. 179 N. 180 N. 181 N. 182 N. u -10° 0,2 0,0 — 25 2 140 semisolido — — C) 0° 7 9 liquido viscosissimo quasi solido — 53 iiquido viscosissimo 38 liquido viscoso 1800 liquido viscoso 1800 — sol li ■ 10° 8,0 26 quasi solido 10000 liquido viscosissimo 160 120 7120 2730 17000 sol 4 i« to o o 8,1 1820 49200 600 350 20820 4020 19900 sol 6 30° 8,2 15600 75000 1920 1350 30100 5440 — sol [5 il 40° 10,3 31600 112500 3550 6000 55900 6860 25600 semis li 50° 16,0 120000 liquido viscoso — 7000 12100 92400 8550 — liqi p p 60° 34,0 — 180000 10100 16700 129800 9600 31400 r 70° 70,0 ben liquido — — 13200 21200 175400 10560 — 1 bo o o 00 171,0 — 217000 17700 27800 — 11040 38000 1 : )C 90 J 505, 0 — 23400 33500 — 11200 — 2 30 i 100° 1080 — 272000 ben liquido 28500 39000 — 11200 45100 t 30 110° 1900 — — 32600 46000 — 11160 — i . 00 120° 2650 — 332000 37200 — — 10880 53400 { 50 o o CO rH 3650 — — — — — 10500 — ( 00 140 5 4650 — 405000 — — — 10100 64000 00 150° — — — — — — 9660 — 50 160° — — — — — — 9200 — n 00 170° — — — — -- — 8700 — - 180° — — — — — — 8200 — ■ CD o o — — — — — — — — - Sulla conducibilità elettrica di alcuni mescugli ecc. 77 X. Resine. — In una nota precedente (1) esposi i resultati di uno studio sulla conducibilità delle resine e delle gomme resine: quest7 ulti- me contenendo oltre la parte resinosa fusibile, delle gomme o mucillag- gini, non fondono nettamente, ma si rammolliscono pel calore, trasfor- mandosi in una pasta più o meno fluida costituita dall’ impasto della resina fluida colla parte solida gommosa : giunsi allora alle conclusioni seguenti : 1. Tutte le resine e le gomme resine, allo stato solido ed a suf- ficiente distanza dal punto di fusione o di rammollimento isolano quasi perfettamente. 2. Esse, rammollite o fuse pel calore, conducono più o meno bene 1’ elettricità e la loro conducibilità cresce (e quasi sempre regolarmente) al crescere della temperatura. 3. Riscaldandole in vicinanza del punto di fusione o di rammolli- mento, si osserva quasi in tutte un regolare aumento di conducibilità , e nessuna singolarità. 4. In generale sono più conduttrici (allo stato liquido o pastoso) quelle che contengono in maggior copia acidi o altri composti molto os- sigenati; invece sono meno conduttrici quelle costituite per la maggior parte da idrocarburi misti a composti poco ossigenati. 5. Oltre alla composizione influisce sul potere conduttore anche la viscosità allo stato liquido : Così ad esempio resa più fluida la resina di guajaco coll’ addizione di un peso uguale od anche quadruplo di naf- talina, si ottiene un mescuglio omogeneo assai più conduttore della re- sina di guajaco (presa alla stessa temperatura) quantunque la naftalina sia un buon isolante anche allo stato liquido. Le principali resine e gomme resine da me studiate possono clas- sificarsi, per la loro conducibilità, in tre diverse categorie. la Classe : Resine che conducono bene fuse o rammollite dal ca- lore. — Resina di gialappa, di scamonea, sangue di drago, storace ca- lamita , succino , resina dal balsamo del Perù ; resina dal balsamo del Tolù, resina copaive , gomma lacca, gomma benzoe , benzoino , resina (1) Baktoli, Sulla conducibilità elettrica delle Resine : Nuovo Cimento, Sa serie, T. XIX Pisa 1886 pag. 122 : e L’ Orosi, giornale della società chimica toscana, Firenze 1886. 78 Sulla covclucibilità elettrica di alcuni miscugli ecc. di guajaco, Taceamacca, Sagapeno, Galbano, assa fetida, Resina Ammo- niaca, gomma laudano, Aloe soccotrino, olibano, mirra. 2a Classe — Resine che liquide o rammollite dal calore conducono mediocremente. Resina copaive (altro campione) Trementina di Venezia , Tremen- tina di Chio, Pece navale, Colofonia, Asfalto, Resine estratte dalle fo- glie dell’ ulivo. 3a Classe — Resine che fuse o rammollite dal calore conducono meno delle precedenti. Mastice di Scio, Damar, Sandracca, coppale, resina di pino silve- stre, resina dal balsamo del Canada etc. Nel prospetto numerico seguente ho riportato le conducibilità di 10° in 10° da zero fino alla temperatura di decomposizione, delle prin- cipali resine che col riscaldamento assumono nettamente lo statò liqui- do: da questo prospetto e meglio dalle curve disegnate nelle Tavole V e VI, risulta che queste resine allo stato solido ed a sufficiente distan- za dalla fusione sono isolanti ; che allo stato liquido posseggono una più o meno grande conducibilità , la quale cresce rapidamente e rego- larmente col crescere della temperatura ; che la curva rappresentativa della loro conducibilità allo stato liquido, volge quasi sempre la conves- sità all’ asse delle temperature; che in vicinanza del punto di fusione non esiste veruna singolarità per la maggior parte delle resine, ad ec- cezione di un campione di mastice di Scio , e di un campione di resi- na di pino silvestre , i quali mostrano nettamente il fenomeno già de- scritto, dei mescugli di naftalina e fenolo etc. Segue senz’ altro il prospetto delle conducibilità delle resine alle diverse temperature (1). (1) Per quello che riguarda la storia e la composizione delle resine, balsami , essenze , grassi, olii etc. compara Guibourt, Histoire naiurelle des drogues simples ; settima ediz. Pa- rigi 1876; Wiesnee Die techisch verwendeten , Gummiarten, Harze, Balsame ; Erlangen 1869; lahresberichte der chemischen Technologies Leipzig (passim ) Flilcl'iger , Pharmacognosie etc. Kekule Lehrbuch der organischen Chemie .(passim) ; Gmelin Handbuch der Chemie Bd. VII ed Vili, Watt’s. Dictionnary of Chemistry (passim) e i dizionari di chimica agli articoli cor- spondenti. RESINE Tav. VI. 79 Temperatura II Resina di Sombolo Resina di Kousso Resina di Copaive (solida, friabile) Resina del Tolù (solida friabile) Resina del Tolù (solida friabile) Resina Taccamacca Resina Taccamacca (altro cambione) Resina Colofonia (pece bianca) Pece navale (pece nera) Resina mastice di Scio N. 184 N. 185 N. 186 N. 187 N. 188 N. 189 N. 190 N. 191 N. 192 N. 193 0» 0,5 solida 0,1 — — — 0,00 — 0,0 0,0 0,0 10° 8,0 solida 0, 6 — 10 solida 28. solida — 65 0,0 0,0 — 20° 95,0 rammollita 4 40 9 24 0,00 43 0,0 0,2 0,0 10° 382 semilìquida 27 40 8 18 — 51 — 0,3 — 40° 2080 liquido viscoso 180 solida 40 10 27 0,00 152 solida 0,1 3,8 solida 0,0 50" 5100 400 40 10, 5 113 rammollita — 350 rammollita — 5,3 serniso ida — 60" 15300 1030 rammollita 40 11 rammollita 330 semiliquida 0,00 450 0,2 12,6 semiliquida 0,0 70° 37000 2750 — — 1300 — 1035 semiliquida — 32,5 — 30° 78000 8100 40,5 solida 12 semi liquida 1650 0,00 solida 2790 0,3 78 0,0 solida 30° 120000 17000 semiliquida — — 4420 liquida — 5030 liquida — 136 — 30° 160000 39000 42 rammollita 56 liquida 10500 0,10 semisolida 8500 solida 224 0,1 10° 200400 — — — 17500 — 13600 — 321 0,2 20° — — 45,3 seiniliquida 1000 — 3,0 liquido viscoso — 5 serniliquida 710 0,7 liquida 50° — — — — — — — 7,5 1450 5,7 10° — — 75,2 liquida 2180 — 97,0 — 12,0 3250 18,0 .0" — — — — — — — 24,1 6210 32,0 10° — — 230 4780 — 705 — 44,0 . 10800 81,0 '0" — — — — — — — 82,1 — 300 >0" — — 800 10500 — 2410 — 310 — — i10' — — — — — — — 590 — — Qo — — 1820 19500 — — — 820 — — 0' — — — — — 1100 — — 0 — 5800 — — — — 1780 — — 0 — — — — — — 2830 — — 0 — — — — — — 4610 — — 184.— Acquistata da E. Merck.— N. 185— Acquistata da E. Merck (per raffreddamento — N. 186— Acquistata da C. Erba 1 mo (per raffreddamento.— N. 187 e 188— Questi due campioni di Resina Tolù presentano un lieve aumento di conducibilità ■solidificare — Da C. Erba Milano (per raffreddamento) — Da A. Bizzarri Firenze (per raffreddamento). N. 189 — C. Erba Milano (per raffreddamento) — N. 190 — A. Bizzarri Firenze (per raffreddamento). — N. 191 — (per raffreddamento) . N. 193 — C. Erba Milano. 80 RESI TnT TE - Segue Tav. VI. Temperatura Resina mastice di Scio (altro campione) Resina Damar (altro campione! Resina Damar Resina di Gialappa (dalla radice) Resina di Gialappa (leggera Resina Scamonea bianca Resina storace Calamita Resina storace calamita Resina di Pino Selvatico a E P J E z X 1 £ N. 194 N. 195 N. 196 N. 197 N. 198 N. 199 N. 200 N. 201 N. 202 N. '3 0° 120 0,0 0,0 0,0 0,18 0,0 — ■ — 0,0 o, 1 10° 170 0,0 — 0,1 0,30 0,0 — — 7,0 0, 8 20° 142 2,8 0,0 1,8 1,00 0,0 — — 9,7 0, ) 30° 86 — — 17,0 2, 28 — - 35,9 solida 6,5 40° 81 solida 3, 6 0,0 87 6, 10 0,0 34,1 solida 39,2 semisolida 5,0 0, so P f 50° 69 — — 255 solida 21,5 rammollita — 35,2 solida 1200 semillquida 4,2 60° 67 5,0 0,0 1310 rammollita 131 semiliquida 0,05 60,0 semiliquida 17700 3,7 70° 60 — — 3650 rammollita 600 liquida — 171 23500 3,7 solida 1 liq 8 da 80° 49 rammollita 6,0 solida 0,0 7210 2180 2,5 420 33000 liquida 4,0, rammollita 0 90° 43 — . — 13900 6150 — 2100 49000 6,5 100° 41 semiliquida 6,9 0,0 solida 21000 semiliquida — 28 solida 3410 — 15,5 7 2 110° — — — 30200 — 210 rammollita 4900 — 30,2 120° 52 liquida 8,2 semisolida 0,4 semisolida — — 395 liquido viscoso 6200 -■ 40,5 D 130° — — — — — 800 7450 — 53,0 ,0 | 140° 67 12,2 liquida 4,0 liquida — — — 8700 — 91 150° — — — — — — — — 150 5 8 i 160° 154 22,3 17,8 — — — — — 245 1— A o o 280 — — — — — — — — 180° — 48,1 86,0 — — — — -E — 190° — — — — — — — — : 200° — 128 • 530 — — — — — — 210° — — — — — — — — — 220° — — — — — — — — — -I o o co — — — — — — — — — 240° — — — — — — — — — N. 194 — A. Bizzari Firenze. — N. 195 — A. Bizzarri Firenze. — N. 196- — C. Erba Milano. — N. 197 — E. Merck Damista raffreddamento). — N. 198 — E. Merck (per raffreddamento). — N. 199 — E. Merk. N 202 — Presenta un aumento di conducibilità dopo la solidificazione (per raffreddamento). (per OLI ED ESSENZE là vola 1 2° hO CO >>///«. rac,/t./r c 100 -120 160 -ISO ZOO ZZO ZUO 260 SSO 300 320 OLI ED ESSENZE Tavola II tT BALSAMI E GRASSI Tavola 111 ’dt. 1 | i i i i i i i 1 1 - 7 i i i | "1 i k / / / 1 i l ; | i r 1 i i ' / 7 / 1 / / // / / / / /$ / / 5v 1 1 Ì' 7'' / / / / / / / / J 1 1 i 1 1 I1 / / 1 1 / / / ' 1 1 i .1 '/ ' / 1/ / 1 / l * « 7/ ! ! • l i i F 'i ~r i i i / i « / « / / i 1 ! 1 11 4 1 1 1 >4/ 7 / / / / ! '// / > \ 1 ,/ 1/ / 77 7 / •4 i / / / 7 / 7 // r . / / / 7 il / ì fi / ^ " / / 4 t\ // / ' 77“ / / / / ~T~ i 1 // > 7 F / / / | 7 A-v •v. ; / / - et sJ? 1 // 7/> /44 , 7/ 1 /\ / — : ,1^ 4 ji ’ -V 'tyf; / ^ BALSAMI E GRASSr Tavola. IV CERE E RESINE Ta. vola V M hO 60 ,Lp uSccutu/c-e.' 120 160 ISO 200 260 2S0 300 f CERE E RESINE Tavola. YJ V OLIGOCENE dei dintorni di Termini- lmerese Memoria elei Prof. SAVERIO CIOÈ ALO. Come è noto nei dintorni di Termini-Imerese sono estesissime le argille scagliose, che si distendono in colline dalle falde di quei monti dolomitici sino al mare. In generale queste argille sono eoceniche; però un esame attento delle loro condizioni stratigrafiche e la ricerca dei fos- sili mostrano che esse possono separarsi in due livelli. Se la massima parte di tali argille sono ricche della Nurnmulites Lucasana Defr. , della Orbitoides dispensa Griimbel, 0. papiracea Boub. ecc. ecc.... e perciò eoceniche, ce ne sono lembi che hanno al certo una età un po’ più recente. Di già, in una mia nota del 30 Novembre 1873 (1), accennai alla esistenza dell’ Oligocene di contrada Rocca presso Termini, e il Prof. Seguenza in due altre note successive (2) riferì pure all’Oligocene la fauna dei corallarii da me raccolti nella sopradetta con- trada Rocca. L’ egregio marchese Dottor A. De Gregorio pubblicò più tardi l’esame paleontologico di buona parte delle argille scagliose della provincia di Palermo ; (3) or buona parte delle specie da lui dotta- mente descritte io 1’ ho trovate in lembi di argille scagliose superiori di molto stratigraficamente a quelle eoceniche: ciò mi ha mosso a scrivere il presente lavoro per iniziare lo studio particolare delle nostre argille (1) Ciopalo — Notizie sul terr. olig. dei diut. di Termini (Lettera al Prof. Gemmellaro) Gazzetta di Palermo, Novembre 1873 — e Rivista Scientifica Industriale 1° Febbraro 1874, Fi- renze. (2) Sequenza — Dell’olig. in Sicilia 1874 (Giorn. la Scienza contemporanea) — Seguenza — L’ olig. in Sicilia (Comunicazione del 7 Febbraio 1874 fatta all’ Accademia delle Scienze fisi- che e matematiche — Napoli. (3) De Gbegorio — Sulla fauna delle argille scagliose di Sicilia (Oligocene Eocene ecc. Pa- lermo 1881). Atti Acc. Yol. II, Serie 4a 12 82 L’ Oligocene dei dintorni di Termini-Imerese scagliose, e 1’ esatta separazione di esse secondo i livelli ai quali appar- tengono. L’ eocene nei dintorni di Termini-Imerese è rappresentato chiara- mente da due membri, di argille scagliose con calcari grigi ed arenarie intercalate, e da schisti marnosi biancastri fuchitici con intercalazioni di argille scagliose, lenti e strati di calcari compatti o cristallini con num- muliti ed alveoline. Le argille si manifestano sulla spiaggia accanto la rupe del castello e presso la stazione ferroviaria, e poi s’ innalzano per- le contrade Castel Brucato, vallone Tre pietre, Monacello , S. Arsenio , Impalastro, Cancemi, Rocca, vallone Figurella, Mazzarino, Patara, ecc. , esse contengono una ricca fauna assai caratteristica (1) della quale cito : ’Num. Lucasana Defr., Orbitoides papiracea Boub. , 0. dìspansa Giimb., 0. stellata d’ Arcb. , 0. ephypphium C. v. Sow. Heterostegina reticulata Riitm , Operculina ammonea Leym. Gli schisti marnosi biancastri che seguono in concordanza conten- gono : Fucoides (Chondrites) intricatus Brong. » » furcatus Brong. Alveolina oblonga Desh. » sphaeroidea Carter. » long a Czizeck. » fusiforme Leym. ecc.... Questi strati ci rappresentano adunque 1’ eocene. Or in taluni luo- ghi delle contrade di Termini-Imerese si sovrappongono a questi strati con fucoidi, rappresentanti il membro superiore del nostro eocene, dei lembi di argille scagliose, con strati di arenaria, i quali contengono una altra fauna. Fra questi lembi scelgo per esempio due che forniscono nelle loro sezioni dei chiari elementi stratigrafici e paleontologici. In contrada Rocca, poco lungi da Termini-Imerese, si rileva la se- guente sezione. Dal vallone Figurella sale una massa molto potente di argille scagliose, le quali contengono : Nummulites Lucasana Defr., (1) Ciofalo — Enumerazione dei principali fossili dei dintorni di Termini (Atti dell5 Ac- cademia Gioenia di Scienze Nat. Catania — Serie 3a — voi. XII). Ciofalo — Cenni sul terreno nummulitico dei dintorni di Termini (Boll, della Società dei Naturalisti di Modena — Serie 8a anno 3° fase. 3-4 Modena). V Oligocene dei dintorni di Tcrmini-lmerese 83 Nnmmulites pseudoscabra Seg\, Orbitoides papiracea Boni). , 0. dispansa Giimb. , 0. Siculo Seg., ecc.... — Queste argille eoceniche sostengono alla casa Rallo circa 10 metri di schisti marnosi bianchi, con concentrazione di calcare e di selce con nummuliti, e alternanti spesso con veri strati di calcare grigio sub-cristallino. Questi strati contengono : Alveolina oblon- ga Desh. , Alveolina longa Czizeck; Alveolina fusiforme Levili.; Numm'u- lites striata d’Orb. ; Operculina ammonea Leym., ecc.... — Questi fossili li chiariscono per eocenici. Su tali schisti seguono nel fondo di proprietà del Sac. Palumbo, al quale rendo sentite grazie per i fossili comunica- timi, e del Sig. Cosentino un importante lembo di argille scagliose piom- bine, alternanti con un’arenaria giallastra molto potente alla parte su- periore, che vanno ad urtare alla muraglia dolomitica triassica. Queste argille contengono la seguente fauna già notata in parte nelle pubbli- cazioni mie e del Prof. Seguenza citate avanti : Heliastrea Ellisana Ed et Haime. » Bordano Reuss. » immersa Reuss. » Rochettina Ed Haime. Isastrea elegans Reuss. « MichelotMana Cat. Stylaceoenia taurinensis Ed Haime. Placophylla constricta Reuss, Symphyllia sp. Favia sp. Trochoseris Himerensis Seg. Candita Seguenzae Ciof. » Diblasii Ciof. Lucina Gemmellaroi Ciof. Venus Himerensis Ciof. » De Gregorii Ciof. Trochus Pigorinii Ciof. Natica Battagliae Ciof. CerifMum De Stefanii Ciof. Cassidaria (Galeodea) ponderosa Seg. » (Sconsia) Minge De Grog. » (Sconsia) Virgae De Greg. Ficaia Condita Brong. Latirus ?. . . termitanus Ciof. 84 L’ Oligocene dei dintorni di Ter mini- liner ese Se si esamina questa fauna si vede che 1’ insieme dei eorallarii , come fu già chiarito da me e dal Prof. Seguenza , che ebbe a determi- narli, ci indica la presenza dell’ oligocene. I gasteropodi mostrano la Ficaia condita Brong. che indica le relazioni di tali argille col mioce- ne, e poi alcune specie come la Cassidaria Minae De Greg. , Cassida- ria Virgae De Greg. , Cassidaria ponderosa Seg. , che il Marchese De Gregorio raccolse nelle argille scagliose della provincia di Palermo da lui riferite allo Eocene-oligocene (1). Ora questo lembo di argille scagliose da me studiato è superiore stratigraficamente agli schisti marnosi dell’ eocene superiore ; esso con- tiene una fauna differente da quella delle argille scagliose chiaramente eoceniche, inferiori a detti schisti, e tale fauna contenendo non pochi corallari dell’ Oligocene del Vicentino e la Ficaia condita del Miocene, mi pare che possa rapportarsi all’ Oligocene. SEZIONE DA TRABIA AL FIUME S. LEONARDO Un’ altra sezione molto importante si presenta presso Trabia. La forte .massa di schisti marnosi {a) dell’ eocene superiore di Patara, col so- vrastante conglomerato quaternario (c) del S. Leonardo , si continuano fin presso Trabia, accanto al qual paese, nel vallone della Madonna, si so- vrappongono su di essi delle argille scagliose ( b ) piombine o giallastre,. (1) De Gregorio op. cit. L' Oligocene dei dintorni di Termini-Imerese 85 alternanti con arenaria giallastra, che si continuano fin oltre la contrada Camercia e terminano dentro il paese cioè al Calvario con una spessa massa di arenaria. In queste argille, nelle contrade Camercia e Giardi- nello si raccolgono parecchi fossili, i quali se non sono molto abbon- danti, offrono non di meno buoni elementi per la determinazione della loro età. Le specie rinvenute sin ora in tali argille sono : Cassidaria ( Sconsia ) Virgae De Greg. Cassidaria (Sconsia) Minae De Greg. Cassidaria (Galeodea) ponderosa Seg. Natica cfr. auriculata Grat. Le prime tre di queste specie notate sono comuni con le argille della Rocca la cui età abbiamo già chiarito per oligocenica, mentre la Natica auriculata Grat. è nettamente oligocenica; sicché queste argille con arenarie di Trabia pei caratteri paleontologici e stratigrafici mi pare che si debbano riferire anche all’ oligocene. Da taluni forse possono riguardarsi tali argille come parte dell’eo- cene superiore, ma a dir vero questa formazione costantemente superiore agli schisti marnosi, con una fauna sua propria, mostra nell’ associazio- ne di una arenaria assai potente e differente nei caratteri litologici da quella eocenica tale un carattere proprio che chi si reca sui luoghi a visitarla è- naturalmente condotto a separarla dai sottostanti strati net- tamente eocenici. Io del resto esprimo tale opinione col massimo riserbo sperando che questo mio modesto contributo possa chiamare altri studiosi su quanto sopra ho scritto. PARTE PALEONTOLOGICA LAMELLIBR AN CHI. Candita Seguenzae — Ciof. (Tav. A, fig. 1 a, b,) Conchiglia gonfia, inequilaterale e debolmente carenata. Lato ante- riore corto e arrotondito, lato posteriore trasversalmente allungato; apici 86 L’ Oligocene dei dintorni di Termini- liner ese piccoli, gonfii e ricurvi; lunula piccola e discretamente profonda, liga- mento dritto. La superficie della conchiglia è ornata di 15 coste radi- cali, distinte; arrotondite sopra, separate da spazi quasi più grandi del- la loro grossezza, le quali intersecate dalle forti linee di accrescimento, divergono in due o tre punti squamose. Orlo inferiore dentato. Questa specie è vicinissima alla Cardita Arduini Brognart (1) e io le avrei riunite se la specie di Termini-Imerese non presentasse dei contrassegni particolari come sono : la maggiore gonfiezza della conchi- glia, il numero minore delle sue coste e la forma che è meno trasver- sale, non che il carattere delle rare squame che ornano le coste, squa- me che sono abbondantissime nella Cardita Arduini. Contrada Rocca — Collezione Ciof. Cardita Di Blasii — Ciof. (Tavola A, fig. 2a a, b.) La conchiglia è trasversalmente allungata e sub-trapezzoidale, ine- quilaterale. Il lato anteriore è corto ed arrotondito; il posteriore obbli- quamente allungato e pure arrotondito. La superficie della conchiglia è coperta di numerosissime coste radicali, arrotondite , separate da stretti spazi e da strie di accrescimento concentriche. Gli apici sono gonfii , piccoli e ricurvi verso avanti. La lunula è discretamente larga, cordiforme e contornata da un solco. Questa specie è vicinissima alla Cardita Seguenzae Ciof., dalla quale si distingue essenzialmente pel carattere delle coste che sono as- sai più numerose, più piccole e separate da spazi più stretti. Ha pure molti rapporti colla Cardita Arduini Brognart, dalla quale si distingue anche per le coste che sono più numerose , più piccole e separate da spazi più stretti. Contrada Rocca. Collezione Ciof. (1) Brognart — Memoire sur les terrains de sediment — Pag'. 79 tavola 5a fig. 2a a, b. L' Oligocene dei dintorni di Ter mini- liner ese 87 Lucina Gemmellaroi — Ciof. (Tav. A, fig\ 3 a, b.) Bella specie spessa, più alta che lunga, leggermente obliqua, gon- fia con apici piccoli appuntiti e leggermente ricurvi verso la lunula. Dal- l’ apice al lato posteriore corre un solco profondo che divide la conchi- glia in due parti inegualissime. Lunula ben distinta e discretamente profonda. Ninfa lineare e ben apparente. La superficie della conchiglia porta fortissime strie di accrescimento e delle sottili strie radiali. Benché di questa specie io non conosca la cerniera, pure non esito riferirla al genere Lucina per l’ insieme dei suoi caratteri esterni. Essa mo- stra anche dei rapporti col genere Axinus, ma se ne distingue essen- zialmente per il forte spessore della conchiglia. Questa specie è ben distinta pei suoi caratteri e non si può con- fondere con altre specie eoceniche e mioceniche. Località Rocca. Collez. Ciof. Venus Himerensis — Ciof. (Tav. A. fig. 4a a, b.) Distinta specie gonfia anteriormente attenuata e quasi appuntita, posteriormente arrotondata. Àpici piccoli appuntiti e ricurvi verso avanti. Lunula piccola e poca profonda. La superficie della conchiglia è coperta di forti strie di accrescimento concentriche che prendono la forma di rugosità. La determinazione generica di questa specie non è assolutamente sicura mancando la conoscenza della cerniera. Questa specie ha dei lon- tani rapporti colla Venus Suessi Michelotti (1), dalla quale però si di- stingue per essere molto più gonfia, di forma assai meno orbicolare con il lato anteriore molto attenuato, e per avere le rugosità concentriche molto meno distinte. (1) Michelotti — Études sur le Miocène inferieur ecc. ecc. — pag': 59, tav. VI, fig. 6-7. 88 L ’ Oligocene dei dintorni di Termini-lmerese Località — Contrada Rocca. Collez. Ciof. Venus De-Gregori — Ciof. (Tav. A, fig. 5). Conchiglia più larga che alta, poco convessa, asimmetrica, col la- to anteriore corto ed arrotondito , il lato posteriore trasversalmente al- lungato e pure arrotondito. Apici piccoli e ricurvi verso avanti. Lunula chiara ma poco profonda. La superficie della conchiglia è coperta di strie di accrescimento concentriche che si presentano in for- ma di rugosità. La Venus De Gregori si differisce dalla V. Himerensis per le sue minori proporzioni , per la sua forma più trasversalmente allungata , perchè non è gonfia e non ha il lato anteriore attenuato. Ha pure dei rapporti colla Venus Intermedia, Michelotti (1) ; però se ne differisce pria di tutto per le minori dimensioni e poi per le rugosità trasversali non così forti ma molto leggiere. Località — Contrada Rocca. Collez. Ciof. GASTEROPODI Trochus Pi g or imi — Ciof. (Tav. A, fig. 6 a, b) Conchiglia conica appuntita quasi tanto lunga che larga , rimata. La sua spira che si svolge in un angolo regolare è formata da giri stretti convessi , separati da suture lineari , ornati da una carena no- dulosa che divide ogni giro in due parti ineguali e da un cingolo no- duloso che si trova alla parte posteriore presso alla sutura. Le nodulosità sono cagionate dalle forti strie trasversali di accre- scimento. L’ ultimo giro è grande, convesso, ornato alla base di costici- (1) Michelotti — Op. cit. Pag. 60, tav. VI, fìg. 10-11. L’ Oligocene dei dintorni di Ter mini -Imercse 89 ne spirali leggermente nodulose. L’ apertura è obliguamente sub-quadran- golare. Il Trochus Pigorini è vicino al Trochus Reunieri Fuchs del Vi- centino (1); però se ne differisce per la sua forma meno conica e me- no appuntata, pei giri che sono più convessi e colla carena non posta sulla sutura, per la mancanza di strie spirali, non che per le maggiori proporzioni. Località. Si presenta raro nelle argille della contrada Rocca. Collez. Ciofalo. Natica Baita gl ice — Ciof. (Tav. A, fig'. 7 a, bl. Conchiglia globosa, largamente ombel beata. Spira corta, formata da giri stretti, convessi, separati da suture canaliculate, e dei quali 1’ ulti- mo è grandissimo , ventricoso e forma la massima parte della conchi- glia. L’ apertura è grande e semilunare, il lato coìumellare porta una chiara callosità. Questa specie è ben distinta fra le natiche eoceniche e mioceniche. Mostra molti rapporti colla Natica amiculata Gratéloup (2), dalla quale si distingue per le minori proporzioni, per la bocca più piccola e molto semilunare, la spira più lunga e 1’ ombellico più profondo. Mostra an- che dei rapporti con la Natica Garnieri Bayan , dalla quale si distin- gue per essere meno globulosa, per avere la bocca più stretta e assai più semi-lunare e 1’ ombellico più grande e più profondo. Questa conchiglia si rinviene anco nelle argille scagliose della con- trada Rocca. Collez. Ciofalo. Cerithium De Stefani — Ciof. (Tav. A, fig. 8) Conchiglia turriculata , appuntita , composta da giri alti , lisci, di- ( 1) Fuchs , Beitrag z. Kenntniss ci. Conchylienfauna des Vicent. Fertiar — Gebriges , pag. 24 — tav. XI 4-6. (2) Geatéloup — Conchiologie fossile ecc. — Tav. IV fig. 5-8. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 13 90 V Oligocene dei dintorni di Termini- Imerese sposti a gradini , scavati dietro e fortemente carenati avanti , separata da suture lineari ma distinte. L’ultimo giro è angoloso alla base ; la forma dell’ apertura non è esattamente descrivibile essendo sciupata; però i caratteri generici sono chiaramente rilevabili dall’andamento delle strie di accrescimento. Questa specie ha molti rapporti col Ceritliium Arada sii De Greg. (1) dal quale si differisce per l’angolo spirale più grande, i giri meno nu- merosi, più profondamente scavati, sotto lisci e con le carene non gra- nulate. Ha anche delle analogie col Cerithium trochoides Fuchs (2), ma se ne separa per la sua forma più turricolata, per le maggiori propor- zioni e per la posizione della carena dei giri che si trova quasi sulla sutura. Località. Argille scagliose della contrada Rocca. Collez. Ciofalo. Cassidaria (Galeodea) Ponderosa — Seg. 1881 — Cassidaria Ponderosa Seg. De Gregorio — Sulle faune delle argille scagliose di Sicilia ecc, pag. 24 tav. 2 fig. 13 a, b. Questa specie corrisponde pei suoi caratteri assai bene alla Cas- sidaria Ponderosa Seg. descritta e figurata dal Marchese De Gregorio. Essa non presenta tali contrassegni particolari perchè io la debba nuo- vamente descrivere. Si presenta questa specie abbondante nelle argille scagliose della contrada Rocca, e a Trabia in quelle di contrada Camercia. Collez. Ciofalo. Cassidaria (Sconsia) Minae De Greg. 1881 — Cassidaria Minae De Greg. — Sulla fauna delle argille scagliose di Sicilia ecc. pag. 23, fig. 3a a, b, c tavola. I. (1) De Gregorio — Sulle faune delle argille scagliose di Sicilia ecc. — Pag. 31 tav. 2. fi- gura 9-10. (2) Fuchs, Beitrag z. Kenntniss d. — Conchylienfauna des Viceut. — Fertiaz Gebriges — Tav. VI fig. 28-30 pag. 22. L’ Oligocene dei dintorni di Termini-Tvnerese 91 Parecchi esemplari di una Cassidaria delle argille scagliose della contrada Rocca corrispondono in tutti i caratteri alla Cassidaria Minae De Greg., sicché credo di poterla determinare con la massima sicurezza. Un superficiale paragone della figura pubblicata dal Marchese De Gre- gorio e della mia persuade subito della identità di questi esemplari. Discretamente abbondante si trova nelle argille scagliose di con- trada Rocca e della contrada S. Arsenio. Collez. Ciofalo. Cassidaria ( Sconsia ) Virgae De Greg. 1881 — - Cassidaria ( Sconsia ) Virgae De Greg. — Sulle argille sca- gliose di Sicilia ecc. pag. 21 tavola YII fig. la. Nelle argille scagliose di contrada Rocca ed in quelle di contrada Camercia presso Trabia, si presentano non pochi esemplari della Cas- sidaria Yirgae De Greg., i quali corrispondono assai bene alle figure pubblicate dal sopradetto autore. Questi esemplari trovati in argille su- periori agli schisti marnosi dello eocene superiore , stabiliscono bene il giacimento di questa specie. Località Rocca e Camercia. Collez. Ciofalo. Ficaia condita Brongnart. 1823 — Pyrula condita Brongnart — Mem. sur les terr. cale, trapp. du Yicentin — pag. 75, tav. YI, fig. 4a. 1824 — Pgrula condita Bronn — Sistème des urnelthichen Conchylien — pag. 50, tav. 3\ 1833 — Pyrula condita Grateloup — tabi, des Coq. foss. du bass de l’Adour — pag. 46 N. 412. 1840 — Pyrula condita Grateloup — Alias Conch. foss. du Bassain de l’Adour; tabi. 26, fig. 9-10. 1847 — Pyrula condita Michelotti — Descrip. des fossiles Mioc. de l’ Italie Septent. — pag. 267. 92 L’ Oligocene dei dintorni di Termini-Imerese 1856 — Pyrulci condita — Hornas die fossilen Molluscken des tertiaere Beckens— von Wien — pag. 270, tav. 28, figura 5-6. 1881 — Ficula condita De Gregorio — Sulla fauna delle argille sca- gliose — pag. 20. Conchiglia piriforme colla spira bassissima e quasi appianata ; ul- timo giro grandissimo, che avvolge quasi tutti gli altri. Apertura larga ovale, labbro sottile. La superficie della conchiglia è ornata di costicine trasversali filiformi ed avvicinate tra di loro , intersecate da coste tra- sversali più grosse, fra le quali se ne interpongono altre finissime; così ne risulta una ornamentazione a forma di una elegante trama. Questi contrassegni corrispondono bene alla specie del Brongnart citata sopra, sicché non vi è dubbio sulla sua esatta determinazione spe- cifica. Il modo della sua ornamentazione la differisce dalla vicina Pyrula geometra Borson. Questa specie si presenta con una certa abbondanza nelle argille scagliose sovrapposte agli schisti dell’ eocene superiore della contrada Rocca. Collez. Ciofalo. Latirus ? termitanus — Ciof. ( Tav. A. fig. 9 a, b ) Conchiglia piccola, pupoide con la spira corta formata da giri stretti, convessi, separati da suture leggermente canaliculate. Essi ornati di forti pieghe trasversali terminate inferiormente da un leggiero tubercolo, e di un solco spirale posto poco al disopra della sutura. Questo solco è la traccia lasciata dal canale dell’ apertura. L’ ultimo giro è grande, un po’ ventricoso e forma quasi i due terzi della lunghezza della conchiglia. Esso è ornato alla base di chiare strie spirali. L’ apertura è ovale e posteriormente canaliculata. Il labbro è tagliente. La columella porta una chiara callosità e due pieghe trasversali. Essendo l’ apertura di questa specie mal conservata la determinazione genuina rimane , a dir vero , L' Oligocene dei dintorni di Termini-Imerese 93 un po’ incerta, però fra i fusidi , questa specie ha le più strette rela- zioni col genere Latirus , per la presenza del canale posteriore della apertura , per la callosità columellare e per le pieghe della colu niella , sebbene non presenta quella spira allungata che sogliono avere i La- tirus. Località Rocca. Collez. Ciofalo. Tav. A. ANIMALI PARASSITI DELL ’ UOMO IN SICILIA Monografia del Dottor S. C ALAN DRUC CIO Essendomi occupato, in modo speciale nel laboratorio di Zoologia, diretto dal professore Grassi , degli Animali parassiti dell’ uomo , ho dovuto pur troppo , notare che pochissime sono le notizie pubblicate sui parassiti dell’ uomo in Sicilia : appena una compilazione del pro- fessore L. Fasce (1) e un abbozzo di monografìa del dottor Galvagno (2). Ciò mi ha persuaso di riassumere con speciale riguardo alla di- stribuzione geografica , alla via d’ infezione e ai sintomi morbosi tutti i fatti finora riscontrati in parte insieme col professore Grassi e in parte da me. solo. Vero è che essi si trovano già resi di pubblica ra- gione, ma sono sparsi in varie note e memorie di storia naturale, sic- ché non possono richiamare a sufficienza l’attenzione del medico pratico. Ecco intanto il quadro dei parassiti dell’ uomo sinora riscontrati. Protom. 1. Megastoma entericum (Grassi) 2. Amoeba coli ( Loscli ) 3. Trichomonas intestinali^ (Davaine) Nematocli. 1. Ascaris lumbricoides (Clap.) 2. Oxyuris vermicolaris (Brernser) 3. Trichocephalus hominis ( Schrank ) 4. Anchilostomum duodenale (Dubini) (1) Fasce L. — Parassiti dell’uomo descritti. Palermo 1870 in 4° con tre tavole. Non tengo conto di tal pubblicazione, perchè l’A. il 5 aprile 1888 mi scriveva : <■ Tutto quanto ho pub- blicato sugli elminti è un lavoro di compilazione, tratto in massima parte dal Leuckart, (2) Galvagno P. — Vermi e verminazione. Piacenza 1885 Tip. Giacomo Favari. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 14 96 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 5. Strongyloides ( Rhabdonema ) intestinalis {Grassi) 6. Filaria inermis ( Grassi ) Acantocefali. 1. Taenia soliura ( Linneo ) 2. Taenia soliuni varietas-minor {Guzzardi) 3. Taenia mediocanellata (. Hiichenmeister ) 4. Taenia nana (. Bilharz ) 5. Echinococchi. 6. Taenia leptocephala (i Oreplin ) Discofori. 1. Haemopis sp. {vorax?) {Mog. Tand) {Sanguisuga cavallina volgare ) Aracnidi. 1. Sarcoptes hominis {Rasp.) 2. Ixodes sp. Ditteri. 1. Larva di dittero che non si è potuto determinare. 2. Hypoderma bovis {De Géer ) Afanitteri. 1. Pulex irritans {Linneo) Emitteri. 1. Cimex lectularius {Linneo) Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 97 Atteri. 1. Pediculus capitis ( Deg ) 2. Pediculus vestimenti (Barin.) 3. Phthirius pubis ( Linneo ) Megastoma entericum (Grassi) Nel 1879 il professor Grassi descrisse brevemente una singolare forma di monade, ch’egli aveva scoperto a Rovellasca nel Mus muscu- lus, nel Mus decumanus , nel Mus selvaticus e nell’Arvicola arvalis, per cui lo denominava Dimorplms muris. Questa stessa specie venne dallo stesso riscontrata nel 1881 sempre a Rovellasca, nel gatto e nel- l’uomo, e allora, credendo insufficiente il nome di Dimorplms muris, vi sostituì quello di Megastoma entericum (1). Nel 1884 poi riscontrammo questo parassita nelle pecore e nei topi della Sicilia (2). Avendo fatto attente ricerche nelle feci dell’uomo, in gennaio del 1887 ho riscontrato il primo caso di Megastomi nell’uomo in un in- fermo dell’ospedale di S. Marta. Eccone in succinto la storia. Lucchi G. di 45 anni da Bologna, commesso viaggiatore, da 17 anni dimora in Sicilia. Il 13 gennaio venne ricoverato all’ospedale per curarsi d’un restringimento uretrale e di cistite cronica : intanto soffri- va anche diarrea profusa. Richiesto sui precedenti , egli afferma che da otto anni a questa parte ha spesso patito in estate di diarrea, meno in inverno, per così dire ad eccessi della durata di otto a dieci giorni ciascuno , cessando sempre coll’ uso del laudano e delle limonee fredde. Ogni volta eh’ è stato assalito dalla diarrea , specialmente in estate , assicura di essere divenuto macilente, e d’ aver sofferto un senso di spossatezza e di pena. (1) Gazzetta degli Ospitali. Anno II N. 13-14-15 (2) Intorno ad una malattia parassitarla (Cachessia Ittero verminosa). Atti dell’ Accade- mia Gioenia di Scienze Naturali in Catania — Serie 3a Voi. XVIII. Tip. Gelatola. 98 Avimali parassiti dell’ uomo in Sicilia Al presente, 16 gennaio 1887, le feci si presentano liquide acquose, di color giallo nerastro, di reazione acida. Esaminate al microscopio, si riscontrano numerose cellule di grasso , corpuscoli sanguigni in via di disfacimento e numerosissimi megastomi. La diarrea è cessata dopo otto giorni coll’uso degli astringenti: acido tannico ed oppio. Il Lucchi, rimessosi in salute, mi porse l’occasione di riesaminare le sue feci dopo quindici giorni, un’altra volta dopo undici giorni, e ho riscontrato ancora i megastomi , però incistatì e diminuiti alquanto di numero, le feci erano pultacee. Lo scorso anno , nelle ricerche istituite per la Taenia nana , ab- biamo col professore Grassi, per ben tre volte, riscontrato nelle feci di tre ragazzi numerosi megastomi incapsulati, che apparentemente almeno, non apportavano alcun disturbo intestinale. Recentemente un individuo adulto catanese presentava nelle sue feci un numero straordinariamente grande di megastomi incapsulati; egli assicura d’aver sofferto e di soffrire tuttavia disturbi gastro-intestinali, e non di rado sintomi riflessi dandole nervosa. 10 raccomando all’attenzione dei medici il megastoma : sarebbe in- teressante di studiare minutamente i casi di megastomi, essendo provato che questi vivono a spese delle cellule dei villi intestinali e pare, in certi casi, siano origine di grave malattia. Ciclo evolutivo. 11 ciclo evolutivo dei megastomi era imperfettamente noto: lo scorso anno, presentatasi l’occasione d’ averli trovati numerosissimi e incistati nelle feci d’un individuo, eseguii su di me l’esperimento, inghiottendo, cioè, dopo aver osservato che nel mio intestino non albergava tale pa- rassita, una quantità di queste cisti, e dopo circa venticinque giorni, ebbi a trovare nelle mie feci diarroiche bei megastomi non incapsu- lati , e più tardi , quando le feci divennero pultacee , dei megastomi incapsulati. Il mio esperimento conferma quanto ebbe già a verificare il professore Perroncito nel Mus musculus e il professore Grassi nel Mus decumanus. Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 99 Io non ho potuto notare che i megastomi mi abbiano prodotto alcun disturbo. Cura. Non si è ancora potuto trovare un metodo di cura sicuro per fare espellere i megastomi. AMOEBA COLI (Lòsch) L’ Amoeba coli è stata osservata la prima volta a Pietroburgo in un individuo affetto di grave colite. Dal numero grande di amibe rin- venute, il Losch ritenne che essa fosse la causa della malattia. Nel 1878 il professore Grassi la rinvenne nelle feci sei volte, però sempre in iscarso numero, e non le concesse alcun valore patogenetico. Il Cunningham a Calcutta venne poi alla stessa conclusione del Grassi. Recentemente il Hartulis , riportato da Grassi (1) (Virchow s. Arehiv. 1886) ed altri (Centralblatt f. Bacter 1887) han detto che questa amiba è cagione di quella malattia infettiva che si denomina dissenteria epidemica. Dopo nuove ed estese ricerche il professore Grassi ritiene ancora che questo parassita sia un innocente commensale dell’uomo. In Sicilia, avendo istituite, dietro consiglio del sullodato professore, nuove ricerche intorno alla Amoeba coli, l’ho trovata comunissima negli individui che soffrivano diarrea o dissenteria ab ingestis , e nelle feci pultacee di molti individui sani. Abbiamo scoperto che 1’ Amoeba coli dell’ uomo s’ incapsula come 1’ Amoeba Blattarium Biitschli. Le capsule , quando sono pervenute a completo sviluppo, contengono un numero vario di nuclei (tre-sei-nove) circondati da scarso protoplasma , e colorabili colla soluzione alcoolica di jodio. Abbiamo riscontrato tutti gli stadi! intermedi : dalle amibe tondeg- gianti e senza involucro alle capsule in discorso. Queste risaltano nelle (1) Significato patologico dei protozoi parassiti dell’ uomo. Rendiconti dell’Accademia dei Lincei. Voi. IV, fase. 2°, 1° Semestre. Seduta del 22 gennaio 1888. 100 Animali parassiti dell’ uomo in Sicilia feci, perchè incolori e splendenti, e sono un po’ più piccole delle amibe da cui derivano. La diagnosi dell’Amoeba coli si fa ricercando nelle feci le Amibe incapsulate o no. 10 ho fatto su di me esperimenti , inghiottendo molte Amibe in- capsulate e dopo dodici giorni mi si sono sviluppate, riscontrandole nelle feci. Ripetuti questi esperimenti hanno dato sempre risultato positivo: e siamo venuti alla conclusione che inghiottendo 1’ uomo queste capsule, probabilmente si sviluppano nel suo intestino tante Amibe per quanti sono i nuclei in esse contenute. Probabilmente le Amibe , una volta sviluppate nell’ intestino , si moltiplicano innumerevolmente per semplice scissione. TRICHOMONAS INTESTINALIS (Davaine). 11 Trichomonas intestinalis in Sicilia si riscontra molto comune nelle feci liquide della maggior parte dei diarroici, e non di rado numeroso nelle feci recenti dei tifosi. Alcuni autori, come Ekekrantz, Zunker e Leuckart sospettano che questo parassita sia capace d’ irritare 1’ intestino , e cagione perciò di malattia, ma il prof. Grassi ha dimostrato, sin dal 1878, che il Tricho- monas intestinalis è un parassita innocente. ASCARXS LUMBRICOIDES (Clap.) Non rare volte si riscontrano nelle feci dell’ uomo delle uova al- lungate che, a tutta prima, ricordano quelle del distoma epatico. Abbiamo determinato che queste sono uova di ascaride non fecon- date. Cinque individui, i quali eliminavano queste uova, albergavano nel loro intestino un solo o pochi ascaridi di sesso femminile , senza alcun maschio. Tali uova, se vengono coltivate, non si sviluppano ulteriormente. Ciclo evolutivo. Sorprende come d’ un parassita sì comune sia stato sinora scono- sciuto il ciclo evolutivo. Animali parassiti dell' nonio in Sicilia 101 Il Leuckart coltivava le uova di ascaride nel fango, e, quando gli embrioni nell’ uovo erano maturi e vivaci le ingoiava, o le faceva in- goiare da altri. Avendo ottenuto dai suoi esperimenti un successo nega- tivo , emise 1’ opinione che gli ascaridi, prima d’ arrivare nell’ intestino umano, passano lo stato larvale in un ospite intermedio. 11 Davaine ammetteva che le uova di questo elminto maturassero all’ aperto, e, nello stato di maturità, pervenendo nell’ intestino umano con le acque potabili, si schiudessero, e si sviluppassero. Il professor Grassi, coltivando per il primo le uova di ascaride, non nel fango, ma nelle medesime feci con cui venivano eliminate, dopo un mese che aveva inghiottito di tali uova con entro embrioni vivaci e maturi , trovò constantemente nelle sue feci poche uova di ascaride. Con tutto ciò il Leuckart continuava nella sua opinione, e con lui molti altri, tanto che il Linstow credette d’ aver trovato un miriapodo ( Ju - lus guttulatus) quale ospite intermedio. Dietro consiglio del prof. Grassi, ripresi a studiare l’argomento. In dicembre 1885, in gennajo , in luglio e in ottobre del 1886, mi procurai delle feci umane, contenenti numerose uova di ascaride , e tenni queste feci , come aveva fatto il Grassi, alla temperatura ordina- ria dell’ ambiente. Le uova di dicembre e di gennajo presentavano em- brioni maturi appena dopo circa sei mesi, quelle di luglio e di settem- bre invece, già dopo due settimane. Dopo di essermi persuaso, con ripetuto e paziente esame delle feci, che nel mio intestino, non albergava nessun nematode, il 27 di giugno inghiottii dopo il pranzo delle uova con gli embrioni vivacissimi e giunti al massimo sviluppo. La mattina del trenta giugno, dopo una piccola colazione, ne inghiotii delle altre, e, vedendo che gli embrioni nelle uova si mantenevano belli e vivaci, volli continuare ad inghiottirne il 4, 1’ 8 e il 13 luglio, e poscia il 5, il 9, il 18 e il 20 settembre, sempre a digiuno. Dal primo luglio 1886 fino a tutto ottobre non tralasciai, ogni due giorni, di esaminare le mie feci, e non vi rinvenni uova d’ ascari- de. Supponendo che il mio succo gastrico digerisse gli embrioni conte- nuti nelle uova, e perciò il risultato dell’ esperimento fosse negativo, volli tentare di ripeterlo in un ragazzo dell’ età di sette anni. 102 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia B. C., fanciullo di sette anni, di costituzione linfatica, non ha sof- ferto alcuna malattia , esaminate le feci da lui evacuate , ho rinvenuto uova di ascaride. Gli amministrai una buona dose di santonina , e, dopo circa sei ore, un purgante d’olio di ricino. Eliminò sei grossi ascaridi; il giorno seguente riesaminai al microscopio le feci fresche del ragazzo, e constatai che le uova erano diminuite, ma non interamente scomparse. Dopo tre giorni della prima amministrazione, gli feci prendere una altra dose di santonina, e poscia l’olio di ricino. Eliminò questa volta due grossi ascaridi. Per otto giorni continuai ad esaminare attentamente le feci fresche che il fanciullo evacuava e non vi trovai alcun uovo di elminto. Fattomi sicuro dell’ assenza degli ascaridi nell’ intestino de) fanciullo, il 20 settembre del 1886 gli feci inghiottire una grossa pillola d’uova di ascaride, contenendo circa cinquecento embrioni vivaci al massimo sviluppo, e lo tenni in una dieta rigorosissima, (non uso di verdure, ac- qua di fonte pura ecc.) fino a tutto ottobre, per escludere che per al- tra via potesse prendere gli ascaridi. Alla fine di ottobre, esaminate le feci del fanciullo, rinvenni con mio grande compiacimento numerose uova di ascaride , e dopo pochi giorni ebbi a verificare che queste erano cresciute numerosamente. Il ra- gazzo era quindi infetto di numerosi ascaridi secondo ogni verosomi- glianza derivati dalla pillola che gli avevo fatto inghiottire. Fino il 30 dicembre del 1886 il fanciullo non presentò alcun sin- tomo rilevabile, mantenendosi sempre sano; però verso la mezzanotte di questo giorno , dopo un lungo sonno , si svegliò piangendo e lamen- tandosi non solo per la forte cefalea, ma anche per un senso di dolore acuto per tutta la gamba destra, in modo da non poterla muovere. Tutto il giorno seguente, oltre a questi disturbi, mostrava assoluta inappeten- za. Verso sera quei disturbi erano cessati: la funzione della gamba era ritornata al normale , gli sopravvenne però un senso di bruciore agli occhi, i quali involontariamente lagrimavano; e tale senso durò per pa- recchie ore. Qui conviene domandarci : E possibile questi sintomi che presen- tava il fanciullo siano proprii quelli dell’ ascariasi ? E molto difficile ri- Animali parassiti dell' nomo in Sicilia 103 spondere assolutamente in modo positivo. La bocca non mandava alcun odore speciale; non aveva prurito al naso, nè dolori addominali, nè alcun altro fenomeno, creduto speciale dell’ ascariasi. Questi fenomeni non si rinnovarono più. Il dottor Galvagno, in quanto alle cause determinanti a pag. 22 del suo opuscolo dice : (1) “ Una seconda causa determinante è 1’ uso di certi speciali ali- “ menti, quali le frutta acide e zuccherine.... „ “ È molto verosimile che 1’ acido speciale della melarancia eser- “ citi un’azione singolarmente eccitante sui lombricoidi da metterli in “ tale movimento da produrre intense manifestazioni verminose; in que- “ st’ anno noi abbiamo osservato molti casi, tutti presentavano questa „ causa prossima e determinante. „ “ Nell’ottobre di quasi tutti gli anni è invece l’ abuso dei Fichi- “ dindia quello che produce più frenquentemente le manifestazioni ver- “ minose. „ E a pag. 23: “ L’uso insufficiente degli antelmintici alla sua volta “ può rendersi causa di verminazione : tutte le volte che la santonina “ od altro farmaco non è amministrato nelle dovute quantità , accade “ che i vermi subiscono un principio di avvelenamento che li rende “ ammalati in grado lieve, e quindi incorniciano a muoversi bruseamen- “ te cagionando dolori, congestioni negl’ intestini e spesso diarrea. „ Per constatare queste cause determinanti, asserite dal dottor Gal- vagno, io eseguii alcuni esperimenti, sul fanciullo B. C. di cui abbiamo tenuto parola. 1. Dal 1° al 5 dicembre del 1886 lo nutrii con 15 centesimi di pane e 40 fichidindia al giorno; egli stette sempre bene, senza presen- tare alcun fenomeno speciale. 2. Il 5 gennaio dell’anno 1887 gli feci mangiare in un giorno venti centesimi di pane e venti arance; e non presentò nessun fenomeno. 3. Il 7 gennaio lo tenni quasi digiuno, e solo verso sera gli feci (1) Verme e verminazione — Contributo alla patalogia e Clinica pediatrica — Piacenza ls8ó. Tip. Giacomo Favari. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 15 104 Animali parassiti dell' nomo in Sicilia mangiare 200 grammi di zucchero, e 300 di dolci , eppure la notte dormì bene e l’ indomani mostrassi sanissimo. 4. Tre giorni dopo, di mattina, gli feci ingoiare a digiuno una pillola contenente quattro centigrammi di santonina in un grammo di zucchero. Tutto il giorno e la notte non risentì alcun disturbo; la mat- tina, dopo circa ventidue ore dell1 amministrazione del farmaco, evacuò un numero grandissimo di ascaridi raggomitolaci e ancor vivi; enume- rati, erano novantuno, quasi tutti della medesima grandezza. Dopo tre ore della prima evacuazione ne ebbe un’ altra, ed un’ ultima dopo sei ore, ed evacuò altri sessantuno ascaridi sempre della medesima gran- dezza. Altri due ne eliminò 1’ indomani. Intanto il fanciullo non soffrì alcun disturbo. Esaminate dopo pochi giorni le sue feci , constatai che le uova d’ ascaride si mantenevano numerosissime. Il fanciullo non ha ancora oggi eliminato gli ascaridi, riscontrandosi nelle sue feci numeróse le uova di tali elminti, e non ha avuto a risentire, nè risente alcuna mi- nima sofferenza. L’ enorme quantità d’ ascaridi che si svilupparono in questo mio caso, concorre a far credere che essi siano molto verosimilmente deri- vati dalla pillola presa, contenenti gli embrioni nell’ uovo. Vero è che nei nostri paesi gli ascaridi sono frequenti , però in così gran numero è una grande eccezione. Ho voluto misurare alcuni ascaridi, presi a caso della massa. Misure di 30 ascaridi femmine, millimetri 230; 217; 219; 137; 218; 236; 266; 244; 208; 218; 192; 220; 225; 232; 140; 221; 217; 225; 227; 265; 285; 251; 227; 227; 262; 247; 228; 304; 287; 265.. Misure di 16 ascaridi maschi, millimitri 165 ; 147 ; 186 ; 185 ; 203; 204; 205; 185; 205; 122; 185; 203; 131; 183; 206; 148. Un cenno di questi esperimenti aveva già pubblicato, in mio no- me, il professore Grassi nel Centralblatt il 1887 (1). Questi miei esperimenti, confermati recentemente dal Lutz, dimo- strano che gli ascaridi pervengono nell’ intestino umano in modo diretto,. (1 ) Centralblatt fur Bacteriologie und Parassitenkunde I Jahrgang 1887, I Band N. 5. Animali parassiti dell’ uomo in Sicilia 105 senza alcun ospite intermedio, però egli va errato , credendo di essere il primo a far notare che forse il risultato negativo degli esperimenti del Leuckart, si debba addebitare a ciò che le uova coltivate nel fang-o, come ha fatto il Leuckart, perdono lo strato esterno (albuminoso) del guscio, sicché il succo gastrico arriva a penetrare nell’ uovo e ad ucci- dere l’embrione. Ciò aveva preveduto il Grassi, il quale aveva fatto gii esperimenti coltivando le uova nella stessa feccia con cui vengono eli- minate, modalità che seguii io pure. E del pari certo che questa ragione della perdita dell’ involucro albuminoso non è 1’ unica che spiega i risultati negativi del Leuckart, e ciò come risulta dagli esperimenti fatti sopra di me (v. sopra). Quello che importa si è, che l’ospite presenti la predisposizione, cioè le condizioni opportune affinchè gli embrioni si possono ulterior- mente sviluppare. Etioiogia. Divido le cause in disponenti e in occasionali. a ) Cause disponenti. 1. Paesi. Ho trovato numerosissime le uova di ascaride nelle feci di molti individui di quasi tutti i paesi della provincia di Messina e di Catania e, nel 1885, nelle feci di molti individui di Palermo. 2. Condizioni climatiche. Richiamiamo , come si è già detto , che gli ascaridi nell’inverno e nella primavera si sviluppano lentissimamente e che invece in estate e in autunno il loro sviluppo compiesi in bre- ve tempo. 3. Sesso. E comune tanto nell’ uomo che nella donna. 4. Età. I bambini e i ragazzi sono più infestati che gli adulti. Nelle feci dei bambini lattanti da uno a otto mesi, non ho mai riscon- trato uova di ascaride. L’ individuo più giovane in cui ho riscontrato 1’ ascaride aveva appena nove mesi, era una bambina, ma costei oltre del latte, veniva 106 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia nutrita di pappa ; il più vecchio individuo con ascardi aveva novanta- cinque anni. 5. Professioni e condizioni sociali. Ho trovato più numerosi gli ascaridi nella bassa gente , meno numerosi in quelle di ceto civile ; li ho riscontrati numerosissimi nei contadini, pecorai e fornaciai. 6. Condizione individuale. L’ascaride trova più propizio il terreno per Svilupparsi negli individui deboli, gracili, scrofolosi e linfantici. 7. Numero e frequenza del parassita. È frequentissimo. In qua- si tutti i cadaveri sezionati negli anni 1884, 85 e 86 nella scuola di anatomia generale, patologica e medicina operatoria trovai sempre gli ascaridi in piccol numero negli adulti, piuttosto numerosi nei ragazzi, giammai nei bambini lattanti. b) Cause occasionali. Avendo mangiate le uova di ascaride, eliminate fresche, e date a mangiare ad altre persone, non si sono sviluppate ; lo che m’ induce a conchiudere che fa bisogno si sviluppino all’ esterno. Perchè ciò possa accadere, occorre che le feci eliminate non putre- facciano, e che le uova vengano per le piogge, od in altro modo, tra- sportate nel terreno umido. Le uova, cogli embrioni al massimo sviluppo, possono venire ingo- iate giocando con la terra, come usano fare ì ragazzi, o colle verdure concimate, come si pratica. OXYURIS VERMICULARIS (Bkemser) L’ossiuride è comunissimo in Sicilia. Il ciclo evolutivo di questo nematode era già noto per gli esperi- menti di Leuckart, di Zenker e di Grassi. Lo scorso anno ho potuto ripetere 1’ esperimento su di me medesimo, e su di un giovane amico il quale si profferì spontaneamente. Abbiamo entrambi ingoiato degli os- siuridi femmine, e, dopo 18 giorni, cominciò a manifestarsi in noi un Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 107 molesto prurito all’ ano, che si rendeva più noioso in sul far della sera, e nelle feccie apparvero gli ossiuridi. Etiologia. Ho trovato comunissimo 1’ ossiuride a Taormina in bambini e in adulti . Spesso ho potuto osservare 1’ infezione in parecchi membri della medesima famiglia. Li ho riscontrato anche in Aci-Bonaccorsi e in Catania, e, non di rado , in quegli individui che ospitavano contempo- raneamente, ascaridi, tricocefali e tenia nana. Cura. 10 e il mio amico ci siamo liberati degli ossiuridi coir uso dell’e- stratto etereo di felce maschio. TRICOCEPHALUS HOMINIS (Schrank) Ciclo evolutivo. 11 ciclo evolutivo di questo comunissimo nematode dell’ uomo era aneli’ esso ignoto. In gennaio del 1886 mi procurai della feccia contenente uova di tricocefalo; la tenni alla temperatura ordinaria, curando sempre di man- tenere la necessaria umidità. Le uova cominciarono a segmentarsi nei primi di giugno; gli em- brioni nell’ uovo raggiunsero il massimo sviluppo prima della line dello stesso mese. Appunto il 27 giugno inghiottii un boccone contenente un gran numero di questi embrioni al massimo sviluppo e racchiusi ancora nell’uovo. Ero già sicuro che nel mio intestino non albergava questo paras- sita, avendo per più di sei mesi , esaminato sempre con molta atten- zione al microscopio le mie feci senza giammai riscontrarvi uova d’ el- minti. 108 Avimali parassiti dell1 uomo in Sicilia, Dal giugno in poi continuai, quasi ogni giorno , a riesaminare al microscopio le feci , e, solo il 24 luglio , rinvenni per la prima volta un certo numero di uova caratteristiche di tale elminto , le quali per altri otto o dieci giorni, crebbero sempre di numero. Fatta una nnova cultura nella seconda quindicina di giugno dello stesso anno dopo quattordici giorni gli embrioni raggiunsero il mas- simo sviluppo a cui arrivano nell'uovo. Ripetei con queste uova l’esperimento su di un ragazzo, essendomi prima assicurato dell’ assenza di questo nematode nei suoi intestini. Anche questa volta l’ esperimento riuscì positivo. Resta dunque determinato che 1’ uomo prende i tricocefali in modo diretto. Etiologia. Cause disponenti e occasionali. a) Cause disponenti. 1. Paesi. — Nella provincia di Messina, di Catania, e in quella di Palermo ho trovato, quasi più comune dell’ascaride, il Trichocephalus hominis. 2. Condizioni climatiche. — Corrispondono a quelle dell’ascaride. 3. Sesso. — Lo stesso può dirsi per il sesso. 4. Età. — I bambini lattanti sono esenti. L’individuo più giovine in cui ho riscontrato le uova di tricocefalo aveva quindici mesi, ed era un maschio; il più vecchio contava ottantaquattro anni. 5. Professione e condizione sociale. — - Ho trovato sempre più nu- merose le uova nei contadini, nei fornaciai e nei pastori , del resto in persone di qualunque mestiere le ho sempre riscontrato, sebbene in pic- col numero. E più infestata la bassa gente che il ceto civile. 6. Costituzione individuale. — -Non esiste differenza. 7. Numero e frequenza del parassita. — Fra venti cadaveri di Animali parassiti dell ’ nomo in Sicilia ; 109 adulti li ho trovato in sedici, e in tre solamente numerosi; non li ho rinvenuto nei cadaveri dei lattanti. b) Cause occasionali. Sono uguali a quelle degli ascaridi, e perciò mi riferisco ad essi. Patogenesi. Il tricocefalo è ordinariamente inoffensivo. Bellingham lo riscontrò in ventisei individui, e ciascuno di essi, sia prima, sia durante la malattia che cagionò la morte , non presentò alcun sintomo d’ elmintiasi. Rudolphi non notò fenomeni di sorta in una donna, che , morta per altra malattia , presentò nel crasso più di mille tricocefali. Sono stati però osservati dei casi in cui tale parassita può pro- vocare la comparsa di sintomi più o meno gravi. Felice Pascal rapporta un caso di una bambina di quattro anni che presentava fenomeni cerebrali seguite da morte. All’autopsia non trovò che un’enorme quantità di tricocefali nel cieco e nel colon. Daniele Gibson ha pubblicato le osservazioni sur una bambina che aveva perduto la facoltà di camminare, e della parola per paralisi , e che dopo aver evacuato, a diverse riprese, un gran numero di tricoce- fali , guarì completamente. Barth comunicò alla società di medicina di Parigi la storia di un ammalato dell’ Hotel-Dieu, che morì con tutti i segni d’una meningite; all’autopsia trovò l’encefalo sano, ma l’ intestino racchiudeva una enorme quantità di tricocefali. Roederer e Wagler cre- devano il verme in relazione diretta col morbus mucosus, o febbre tifoidea. Anche Rokintaski più recentemente credette che il tricocefalo facesse parte dell’etiologia della febbre tifoidea. Delle Chiaje credette che facesse parte della patogenesi del colera. Recentemente Erni, medico a Batavia, ha voluto attribuire al tricocefalo 110 Animali parassiti dell ’ uomo in Sicilia la causa unica ed essenziale del Béribéri o kakke, malattia comune in India. La teoria di Erni è stata battuta dalle osservazioni dello Sheffer, medico militare nelle Indie, il quale ha osservato, che nè il tricocefalo, nè l’anchilostoma provocano i sintomi del Béribéri, trovandosi questi parassiti in cadaveri diversi, e non esclusivamente morti per Béribéri. Che il tricocefalo non sia in modo assoluto la causa del Béribéri basta a provarlo 1’ osservazione dello stesso Erni , che ha constatato l’assenza completa di tricocefali in sei individui morti di Béribéri su trenta. Ed in fine il Galvagno intorno al tricocefalo dice: “ Noi possiamo dire che dopo d’esserci liberati dei tricocefali alla u Hegar, d’acqua e d’aceto, siamo stati del tutto liberi d’una cefalagia “ piuttosto violenta che ci vessava da molti anni, e che avendo istituito 4‘ la medesima medicazione , in tre altri individui sofferenti da lungo “ tempo della medesima cefalagia a forma d’emicrania , dopo esserci “ assicurati coll’esame microscopico delle fecce che ospitavano il trico- “ cefalo dispar, ci siamo trovati contenti di tal metodo di cura „ (1). Io ho albergato, per circa due anni, numerosi tricocefali, lo stesso il ragazzo su cui ripetei l’ esperimento , e ciò per istudiare i disturbi che potessero recare; in entrambi essi si mostrarono inoffensivi. Avendo trovato inoltre il tricocefalo comunissimo in molti individui sanissimi , ammetto che esso sia di solito un innocuo commensale del- l’uomo. Cura. Profilattica.- -E da raccomandarsi l’uso dell’acqua filtrata, e il non mangiare erbaggi od ortaggi crudi, o almeno che vengano accuratamente lavati. Diretta. — È nota. Ho potuto osservare che 1’ estratto etereo di felce maschio ■ riesce spesso insufficiente ad espellere tutti i tricocefali. (1) Vedi lavoro citato. Animali parassiti deli' nomo in Sicilia 111 ANCHILOSTOMUM DUODENALE (Dubini). In Sicilia le uova d’ anchilostoma furono la prima volta osservate dal Grassi a Messina nel 1882 (1). Nel 1885 io osservai e curai il primo caso d’ anchilostomanemia in un individuo da Taormina (2). Dopo aver richiamato l’attenzione su questo argomento, furono os- servati dall’ egregio dottor Cammareri due casi in Messina (3), altri due casi nella clinica medica di Palermo dall’ assistente dottor Piazza in due individui provenienti da zolfaje (4). Un altro caso, seguito da guarigio- ne, fu da me studiato nella clinica medica di Catania (5). Un altro caso venne più tardi notato nella clinica medica di Palermo dal dottor Per- nici, che lo unì agli altri due studiati dal dottor Piazza, e ne fece una pubblicazione (6). I casi da me osservati nella clinica medica di Catania nel biennio 1887-88 furono sei sui seguenti individui: 1. Piscitella Antonino d’anni 15 da Yalguarnera, zolfataio, seguito da guarigione ; 2. Bonasorte Girolamo d’anni 29 d’Atrimoli, contadino, seguito da guarigione; 3. Roccella Angelo d’ anni 22 da Centuripe, zolfataio, seguito da guarigione ; 4. Perri Giuseppe, d’anni 46 da Barcellona, contadino seguito da morte; 5. Manmineci Carmelo, d’ anni 27, contadino, da Castroreale, uscì dall’ospedale senza voler sottomettersi alla cura. 6. Sgro Giovanni di 21 anno, contadino, da Barcellona, oltre al- ti) Gazzetta degli Ospitali, 21 maggio 1882 N. 41. (2) Primo caso d’anchilostomanemia in Sicilia. — Giornale (li Scienze Mediche — anno VII. Fase. 7. 1885. (3) Gazzetta degli Ospistali, 2 agosto 1885 N. 61. (4) Riforma medica N. 168, 23 loglio 1886. (5) Rivista clinica e terapeutica. Anno Vili. N. 10. (6) Morgagni — Tre casi d’ anchilostomiasi in Sicilia nei zolfatai, 1886. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 16 112 Animali parassiti dell’ uomo in Sicilia l’ anchilostomanemia fu assalito da pleurite essudativa acuta che lo tras- se a morte. Mi astengo per brevità di trascrivere la storia clinica di ciascuno, essendo somigliantissime alle due storie cliniche, già da me pubblicate negli anni 1885 e 86, perciò mi riferisco ad esse. È bene però fare osservare : 1. Nel solo caso di Piscitella , all’esame microscopico delle feci, oltre alle numerose uova d’ anchilostoma, si constatarono numerosissimi i cristalli di Chiarcot. L’ individuo era così abbattuto, sia dalla febbre quotidiana, sia dal- 1’ anemia gravissima, che dopo essere stato liberato dagli anchilostomi, cadeva spesso in lipotimia; si ristabilì dopo molti mesi sotto una cura ricostituente. 2. Il caso di Perri quando fu ricevuto in clinica era gravissimo, e non si potè tentare la cura. Dopo pochi giorni morì. Sarebbe stata im- portante 1’ autopsia, ma per le condizioni eccezionali in cui versava al- lora la salute pubblica (scoppio del colera) non si potè eseguire. 3. In conclusione quello che si può affermare si è che l’ anchilo- stoma è molto comune in Sicilia , sia nei luoghi di malaria , sia nelle miniere di zolfo (1). 4. Come cura profilattica non credo inutile ripetere ciò che è noto, cioè che i medici raccomandino ai contadini ed ai minatori di zolfo di non bere mai acqua di fosso e di saja. STRONGYLOIDES (RHABDONEMA) INTESTINALIS (Grassi). Lo Strongyloides intestinalis, volgarmente anguillola intestinale, in Sicilia è rarissimo. Ho fatto accurate ricerche nei fornaciai di Messina, di Giardini e di Catania, inoltre nei contadini, nei zolfatai e infine negli infermi per anchilostomiasi e non ho mai riscontrato gli embrioni dello strongy- loides intestinalis. (1) Recentissimamente ho potuto osservare altri tre casi d’anchilostomanemia in tre indi- vidui adulti, due dei quali a Giardini ed uno a Fiumefreddo. Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 113 Solo una volta il professore Grassi osservò gli embrioni dello Stron- gyloides intestinalis nelle feci di un individuo morto d’ anchilostomiasi nella clinica medica di Catania. Gli esperimenti eseguiti su di me stesso con 1’ auguillola intesti- nale del Mus decumanus sono sempre riusciti negativi. Lo scorso anno in primavera riscontrai col dottor Aradas nelle feci (V un infermo, proveniente da Lentini, e non mai uscito dalla Sicilia, le larve di Strongyloides intestinalis. Presi della feccia di costui , la misi in tre piccole bottiglie , e la tenni alla temperatura dell’ ambiente. Dopo alcuni giorni, ottenni la generazione in vita libera ed indi le note larve filariformi, o per meglio dire anguilloliformi. Inghiottii molte di queste larve filariformi (le feci erano da dieci giorni nelle bottiglie). Dopo circa un mese rinvenni nelle mie feci rari embrioni di Stron- gyloides. Esperimenti simili, sono già stati fatti collo stesso risultato dal Grassi sui topi bianchi : egli trovò giovani anguillole quasi mature in que- sti, tre giorni dopo aver fatto loro inghiottire le larve anguilloliformi. FILARIA INERMIS (Grassi). La filaria in Sicilia, non deve essere oltremodo rara, poiché se ne contano già due casi nell’ uomo. Il primo caso fu rinvenuto dal dottor Angelo Pace (1), il quale nel 1867 trasse dal connettivo sottocutaneo della palpebra d’ un ragazzo di nove anni un verme filariforme, di 10 centimetri di lunghezza. Il secondo caso fu trovato dal dottor Felice Yadalà, chirurgo nell’ ospedale Santa Marta, il quale nel 1884 da un tumoretto, sito nella porzione superiore del cerchio sclero-corneale dei- fi occhio destro di certa Paola Recupero Triglia d’ anni 70, da Brucoli, traeva un verme sottile, filiforme e ravvolto a spira. Questo verme, studiato nel laboratorio di Zoologia, diretto dal pro- fessore Grassi, dal dottor Addarlo venne riconosciuto essere una filaria, e denominata provvisoriamente Filaria conjuntivae (n. sp.) (2). (1) Sopra un nuovo nematode pel dottor Angelo Pace. — Palermo 1867. (2) Su di un nematode dell’ occhio umano pel dottor C. Addario (Laboratorio di Zoologia della R. Università di Catania). Pavia Tip. Dizzoni 1885. 114 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia Da nuove ricerche fatte su questo argomento, il professore Grassi ha potuto desumere che questo stesso parassita, non è raro nel cavallo e nell’asino, e, con uno studio comparativo , ha potuto stabilire che si tratta d’ una specie nuova. ( Filiaria inermis Grassi). A questa stessa specie, secondo le sue ricerche, appartiene anche la filaria trovata dal Babesiu nel peritoneo, e un’altra trovata a Milano nell’ occhio dell’ uomo. (1) ECHINORHYNCHUS MONILIFORMIS (Bremser). Gli echinorinchi nei mammiferi sono in generale molto rari ad ec- cezione dell’ Echinorhynchus gigas, il quale è abbastanza comune. Dalle nostre ricerche risulta però che la Sicilia fa eccezione a que- sta regola; cioè noi in Catania abbiamo trovato molto esteso l’ Echino- rhynchus gigas (40 °/0 dei maiali uccisi), ma anche non di rado un echi- norinco (rappresentante forse una nuova specie) nel tenue del cane ed un altro echinorinco nell’ intestino del Mus decumanus (1-2 °/0), e del Myoxus quercinus. Di quest’ ultimo il quale verosimilmente non è nuovo, ma identico coll’ Echinorhynchus moniliformis Bremser , che fu trovato molto raramente nell’ Arvicola arvalis e nel Crieetus vulgaris in Austria (S. Diesing), diamo qui i più importanti caratteri sistematici. La massima lunghezza, finora constatata, della femmina è di 7-8 centimetri, e quella del maschio di 4-4 1[2 centimetri. (L’ Echinorhyn- chus dell’ Arvicola arvalis e del Crieetus vulgaris può avere una lun- ghezza di 27 cm.) Il diametro è di 1-1 1[2 mm. Il corpo è assottigliato alla parte anteriore con fine righe trasversali , con anelli trasversali, ovvero con tali strozzamenti che fanno apparire delle sporgenze a forma di perle ; gli ultimi due centimetri nella femmina , e 1’ ultimo nel maschio sono quasi lisci e cilindrici. La proboscide è lunga 425-450 p-. , larga 176- 190 H-. Su di essa gli uncini sono in ordine così detto quinconciale, ciò (1) Prof. B. Grassi — Filaria inermis (mihi) o in Parasit des Mensclien , des Pferdes und des Esels-Mit 13 Figuren. Centralblatt fiir Bacteriologie und Parassitekunde I Jahrgang 1887. I Band N. 21. Animali parassiti dell’ uomo in Sicilia 115 che però non sempre è molto distinto, e formano al più 15 serie tra- sversali (nell’ Echinorhynchus moniliformis del Cricetus e dell’ Arvicola 12-16 serie trasversali). Delle serie longitudinali abbiamo potuto con- tarne circa 12. Il numero degli uncini è circa 15 x 12. Gli uncini so- no fortemente curvati e proporzionatamente piccoli e deboli; una linea tracciata tra punta e base dei medesimi, misura quasi 26 /*. I lemmin- schi sono più lunghi di un centimetro, grossi 169 q. cilindrici, e de- corrono serpentini. Nell’ apparato vascolare si osservano molti vasi circolari che per- corrono trasversalmente il corpo. La borsa campaniforme del maschio è facilmente visibile anco ad occhio nudo. Le uova sono elittiche, hanno una lunghezza di 85 /*. una larghez- za di 45 !J-. e possiedono i tre soliti gusci dei quali 1’ esterno è più sottile e giallognolo, il medio più grosso è vitreo incoloro, omogeneo, quasi senza infossamenti e dello spessore di 7 /*. , e 1’ interno è inco- loro e poco più spesso dell’ esterno. L’ embrione mostra, nei suoi due terzi posteriori, una stilatura tra- sversale (indica ciò un altro involucro ?) e possiede punte che all’ estre- mità della testa aumentano in grandezza (17/*) e si cambiano in piccoli uncini, i quali mostrano una differenzazione di sprone e falce. Il descritto echinorinco ha la sua dimora nel tenue, e precisamente nei due terzi anteriori del medesimo. Uno dei più comuni scarafaggi, la Blaps mucronata , Lat. è 1’ o- spite intermedio di questo echinorinco. Noi trovammo più di cento giovani Echinorhynchus moniliformis in una. sola Blaps mucronata. Questi giovani echinorinchi, che facilmen- te si potevano osservare ad occhio nudo, erano incistati , ed avevano già i connotati principali degli animali adulti. Diedimo a mangiare una parte di questi giovani echinorinchi ad un topo albino, perfettamenfe libero di echinorinchi, e un’ altra parte I inghiottii io. Ciò avvenne il 26 dicembre dell’anno 1887 e il 10 gennaio del 1888, trovammo nell’intestino di tale topo moltissimi echi- norinchi lunghi un centimetro. Dopo il 15 genna io ebbi a soffrire forti dolori addominali, che di 116 Animali parassiti dell ’ uomo in Sicilia tempo in tempo si manifestavano come crampi , e che potevano venire esacerbati colla pressione sull’ addome ; a ciò si aggiungeva, non di rado, un po’ di diarrea, forte ronzio agli orecchi e in tutta la testa, come pure grande stanchezza ed accasciamento. Il 1° febbrajo nelle mie feci riscontrai le prime uova d’ echinorinco, le quali erano poco numerose ; anche il 13 febbrajo le uova erano rappresentate scarsamente, ma sic- come i sintomi diventavano in me sempre più violenti e molesti, fui co- stretto prendere in questo . giorno 8 grammi di estratto etereo di felce maschio. In conseguenza di questo farmaco, eliminai cinquantatre echi- norinchi, la maggior parte femmine, le quali per lo più avevano uova immature, quantunque la loro lunghezza raggiungeva le più grandi mi- sure indicate più innanzi. L’ eliminazione incominciò un’ ora dopo la presa del medicamento. I violenti dolori al mio ventre, durante l’ eliminazione non erano cessati, anzi durarono ancora per due intieri giorni, ed al secondo gior- no furono accompagnati da un forte accesso di febbre. Al terzo giorno però sparirono in me tutti questi sintomi e son tornato nuovamente a •star bene. Le uova erano interamente scomparse dalle mie feci. Prima di noi non si conosceva nessun rimedio contro gli echino- rinchi. La suaccennata esperienza non dimostra soltanto l’azione del felce maschio contro gli echinorinchi, ma inoltre che un parassita del Mus decumanus , l’ Echinorhinchus moniliformis , si può anche sviluppare nell’ uomo. Forse a questo echinorinco appartenevano le uova che trovammo nell’anno 1887 una volta nelle feci d’una fanciulla d’ Aci-Bonaccorsi (villaggio vicino Catania); pur troppo non potemmo occuparci di que- sto caso , poiché le superstizioni degli abitanti di quel villaggio c’ im- pedirono di fare ulteriori ricerche. Che l’aberrazione del senso del gusto nell’uomo può andare tanto più in là da mangiare le blaps è noto già da molto tempo al paras- sitologo Cobbold ; si sa pure che le donne in Egitto mangiano una spe- cie di blaps per diventare grasse. Se la descrizione di Lambì dell’ echinorinco da lui trovato nel- Animali parassiti dell ’ uomo in Sicilia 117 F uomo è giusta , questo non ha nulla che fare col nostro echinorinco. Di quanto sappiamo in generale non è noto nessun altro caso di echinorinco nell’ uomo, non potendo valere le osservazioni di Lindeman come dimostrazione, e il caso di Welcb (S. Cobbold, parassiti, Londra 1879) non si riferisce certo all’ echinorinco. (1). Credo utile infine fare osservare che il 12 febbraio dello scorso anno misi in un vaso numerose Blaps mucronata a cui diedi a man- giare le mie feci contenenti le uova di tale echinorinco; dopo sessanta- quattro giorni trovai in molte di esse dei giovani echinorinehi incistati. Il professore Grassi ha trovato che anche la Blaps gigas può es- sere ospite intermedio. TAENIA SOLIUM (Linneo) Enologia. a) Cause disponenti. l.° Paesi — -In quasi tutti i paesi civili d’Europa, per l’uso esatto delle regole igieniche, si è fatta, ai nostri tempi, molto rara la Taenia solium. Per la Sicilia invece si può dire al contrario e si è ancora quasi come in Africa, ove un negro non si crede sano se il suo inte- stino non alberga almanco una tenia; è da osservare però che la tenia ospitata dal negro è la mediocanellata , la meno nociva, essendo ivi quasi interamente sconosciuta la solium. Dalle mie ricerche risulta che quasi tutti i paesi della provincia di Messina e quelli di Catania sono infestate da questo nocivo paras- sita. A Taormina nel 1886-87, circa il 5 °/o della popolazione ospitava la Taenia solium, a Giardini 1’ 8 °/o e a Gaggi, piccolo paesello, ho potuto constatare circa il 10 °/0. Presso a poco si possono ritenere le medesime cifre per i paesi della provincia di Catania. In quanto alla frequenza di questo parassita non posso essere (1) Cobbold dimostra anche che il parassita trovato da Lewis nel cane non può essere un echinorinco. 118 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia cT accordo con quello che riferisce il professore Ughetti : “ Anche in “ Sicilia, egli dice, pare che, come è stato osservato altrove, la tenia “ inerme prevalga per frequenza sull’altra specie (intende la T. solium). u Non posseggo, egli continua, grosse cifre in proposito, ma per conto “ mio, vale a dire sugl’individui che ho dovuto curare per allontanare “ la tenia ho trovato più spesso la specie inerme che non Tarmata „ (1). Certamente gl’individui curati dall’egregio professore Ughetti, dovettero in generale essere di ceto civile e catanesi. Noi abbiamo trovato in pro- porzione la T. solium a Catania, specialmente nel ceto civile, meno di frequente che nei paesi della provincia. La ragione di questa minor frequenza sta in ciò che a Catania la carne del maiale viene ispezio- nata, sebbene non molto rigorosamente. In ogni caso tanto in città , quanto in campagna la T. solium è più frequente della mediocanellata , non molto più frequente in città. 2. ° Sesso. In quanto al sesso pare che siano infetti più uomini che donne. 3. ° Età. L’ individuo più giovane in cui ho trovato la Taenia solium contava ventidue mesi, ed era una bambina; il più vecchio ottantasei anni. 4. ° Professioni e condizioni sociali. Ho riscontrato la Taenia solium più comune negli operai , nella bassa gente, nel medio ceto, nella borghesia, anziché nei signori. 5. ° Abitudine ed alimenti. Si deve quindi tener conto: l.° dell’uso, come è noto, di mangiar la carne di maiale e le salsiccie arrostite imperfettamente; 2.° della cre- denza diffusa nel popolo che la carne di maiale , quando è panicata ( chi coccia ) sia più saporita. B) Cause occasionali. Il disconoscere, come è noto, le più elementari regole igieniche, cioè il non fare ispezionare dal veterinario, o dal medico condotto le carni prima di metterle in vendita. (1) La Natura — Rivista delle Scienze .... diretta da Paolo Mantegazza. Yol. I, l.° se- mestre 1884 p. 276. Animali parassiti dell’ uomo in Sicilia 119 Anatomia patologica. Di venticinque cadaveri, sezionati nell’anno 1886 nella scuola di anatomia normale e patologica , solamente in due trovai nei muscoli i cisticerchi della cellulosa. In uno erano in piccolissimo numero belli e vivi nei muscoli del torace, nell’ altro ne rinvenni più di mille, calcifi- cati la più parte, aventi la grossezza e la forma di un piccolo fagiuolo, sparsi per quasi tutto il tessuto connettivo intermuscolare del corpo e nei visceri. Esaminate le intestina di questi due cadaveri, trovai in uno la Taenia solium. In ventiquattro autopsie cliniche il professore Petrone trovò due volte nella pia-madre dell’encefalo dei cisticerchi della cellulosa, e l’e- gregio dottor Raimondo Cannizzaro , nel maggio del 1887 , tolse sotto il gran pettorale della regione mammaria destra d’ un merciaiuolo un cisticerco della cellulosa che diede in dono al laboratorio d" Anatomia patologica. Sintomatologia. Gl’individui da noi osservati hanno presentato sintomi diversi, Molti non ne risentano alcun disturbo, e qualcuno di questi mi ha as- sicurato d’ aver ospitato la T. solium per circa dieci anni senza altro incomodo che quello d’un po’ d’appetito aumentato. Tra gli altri uno dicevami che non aveva più la tenia, perchè da più d’un anno non eliminava alcuna proglottide; l’esame microscopico delle feci mostrò in- vece che la tenia non era affatto scomparsa. Il professor Grassi a questo proposito mi ha fatto osservare di aver incontrato molti casi si- mili , ciò è importante tener presente per la diagnosi. In alcuni indi- vidui ho potuto constatare dei veri disturbi : cefalea continua, insonnia, diarrea alternata a stitichezza, lipotimia, e, non di rado, veri accessi di epilessia. Questo quadro fenominalogico è interamente scomparso alcuni giorni dopo l’eliminazione del parassita. Bella G., studente in medicina, durante il tempo ch'egli era infetto Atti Acc. Vol. Il, Serie 4a 17 120 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia di T. solium, soffriva stitichezza alternata a diarrea, cefalea, inappe- tenza, gonfiagione di stomaco, senso di debolezza, la notte il sonno gli era interrotto da sussulti nervosi, e la memoria gli era affievolita. Dopo aver preso un antelmintico (felce maschio) eliminò cinque T. solium; pochi giorni dopo tutti questi fenomeni scomparvero. Corsaro C. oltre ai fenomeni quasi identici presentati dal Bella , non di rado veniva travagliato da accessi epilettici , però di breve du- rata. Questi fenomeni più non si ripeterono dopo aver eliminato la T. solium. Clan. L’antelmintico, che in tutti i casi abbiamo sperimentato efficacissimo, è stato l’estratto etereo di felce maschio, preparato da recente, non agendo bene quello preparato da lungo tempo, nella dose di sei ad otto grammi per gli adulti, e da due a tre grammi per i fanciulli in cento grammi d’acqua gommata. Si deve aver cura di preparare prima Tinfermo, cioè di farlo stare quasi in dieta, amministrandogli, se è stitico, anche un purgante d’olio di ricino, e ciò il giorno precedente alla cura: il mattino seguente gli si fa prendere il suddetto farmaco; dopo circa Q2 — 2-3 ore in generale 1’ infermo è liberato dal parassita. CASI DI CISTICERCUS CELLULOSE OSSERVATE NELL’ OCCHIO DELL’ UOMO IN SICILIA. Riscontrando la letteratura sul cisticercus ; ho trovato che il Le- maine dà ad Alessi, oculista siciliano, il merito di aver nel 1844 os- servato in Italia il primo caso di cisticercus cellulosae nell’occhio, sebbene recentemente il De Vincentiis in un suo pregevole lavoro “ Sui cisti cer- chi oculari „ (1) lo metta alquanto in forse, basando il suo giudizio sul rapporto che lo stesso Alessi fa sull’ argomento all’ Accademia medico- chirurgica di Bologna, il 9 novembre 1845, ove l’autore manifestava il dubbio se l’entozoa da lui osservato fosse veramente un cisticerco. (1) De Vincentiis — Sui cisticerchi oculari. Rivista Internazionale, Anno IV. 1887. Animali parassiti dell ’ uomo in Sicilia 121 Un secondo caso di cisticercus cellulosae venne osservato nel 1873 dal professore Francavigdia nel corpo vitreo dell’ occhio, di cui ne fece una nota clinica, che pubblicò negli atti dell’ Accademia Gioenia (1). Il De Yincentiis nella sua breve dimora in Palermo qual profes- sore e direttore della clinica oculistica di quella Università, nello spazio di tre anni, cioè dal dicembre 1882 al settembre 1886 raccolse ed il- lustrò sette osservazioni cliniche di cisticercus cellulosae nell’occhio, e di sei di queste osservazioni ne fece il reperto anatomico (2). Questi casi di cisticerchi, trovati nell’occhio dell’uomo, confermano le mie osservazioni sulla frequenza del cisticerco in Sicilia. TAENIA SOLIUM: VARIETAS MINOR (Guzzardi) Nel 1885 il professore Grassi faceva studiare, sotto la sua dire- zione , al dottor Guzzardi Asmundo una tenia che era stata evacuata spontaneamente da un milanese. Il dottor Guzzardi descrisse minutamente questa tenia , e, dopo averla paragonata colla Taenia mummificata , colla Taenia madagasca- riensis, colla Taenia tenella e colla Taenia abietina veniva alla conclu- sione che la sua tenia era simile ma non identica a quelle tenie umane che hanno per carattere di essere discretamente lunghe e molto strette (T. leptocephala , canina). Invece per tutti gli altri caratteri anatomici venne alla determinazione che la sua tenia era una varietà, corta, stretta e sottile di Taenia solium varietas minor (3). Di questa tenia mancava la testa ed il collo. Sarebbe stato importante per la geografia studiare se questa varietà di tenia esistesse in Sicilia. Ciò abbiamo fatto , e, nel breve spazio di un biennio, abbiamo potuto riscontrare nell’uomo tre casi di T. solium: variates minor. Tali tenie sono state eliminate intere, cioè con il collo e lo scolice. (1) Francaviglia — Un caso di Cisticerco nel corpo vitreo. — Atti dell’ Accademia Gioenia di Scienze naturali in Catania. Serie III. Yol. 12.° (2) Sui Cisticerchi oculari — Rivista Internazionale.— Anno IV. 1887. (3) Intorno ad una nuova varietà di tenia umana Taenia solium : varietas minor pel Dott. Michele Guzzardi Asmundo — Giornale internazionale delle scienze mediche 1885, fase. 7. 122 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia Essendo lo scolline, identico a quello della T. solium, è inutile che io ne faccia la descrizione e la figura. Resta dunque determinato che la T. solium : varietas minor è co- mune in Sicilia. Ritengo con certezza che sia sempre il porco 1’ ospite intermedio. TAENIA MEDIOCANELLATA (Hììchenmeister) Ciclo evolutivo . Ho cercato, reiterate volte, nelle carni dei bovini il cisticerco della Taenia mediocanellata, ma non sono riuscito a riscontrarlo. Ciò mi fece nascere il dubbio che il cisticerco fosse rarissimo, e il sospetto che tale tenia si potesse anche sviluppare nell’uomo in modo diretto, cioè ingo- iandone le uova. Questo sospetto innanzi alla prova degli esperimenti , ripetuti per ben due volte in più individui e di età diversa, non divenne una realtà, avendo avuto risultato negativo. Cause Disponenti. Paesi. — La Taenia mediocannellata in Sicilia è assai meno fre- quente della T. solium. Nei paesi della provincia di Messina e in quelli di Catania, ove ho potuto estendere le mie ricerche, ho trovato che essa è relativamente rara. A Taormina si può stabilire in media il tre per mille, a Giardini il due per mille; a Gaggi, ove la frequenza della so- lium è grande, è intieramente sconosciuta; sconosciuta è anche ad Aci- Bonaccorsi; negli altri paesi della provincia di Catania è relativamente molto rara, non così a Catania, qui fra cinque o sei individui che hanno la tenia, due o tre saranno solium e una mediocannellata. Sesso. — E più comune nella donna che nell’ uomo. Età. — L’individuo più giovane in cui ho riscontrato la T. me- diocannellata aveva due anni e mezzo , ed era un bambino malaticcio,, a cui si dava da mangiare carne cruda di vitello; il più vecchio aveva cinquantasei anni, ed ospitava tale tenia da dodici anni. Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 123 PROFESSIONI E CONDIZIONI SOCIALI Ho riscontrato la T. mediocanellata sempre in persone civili, giam- mai in contadini, in operai e nella bassa gente. Abitudini ed alimenti. Gl’individui che albergavano la T. mediocanellata, avevano l’abitu- dine di alimentarsi, la maggior parte , di carne cruda di vitello, o ar- rostita in modo rapidissimo, ancor sanguinante. Diagnosi Le nostre osservazioni ci autorizzano a stabilire in modo definitivo, che 1’ eliminazione spontanea delle proglottidi devesi ritenere come segno caratteristico della T. mediocanellata, sicché il medico, in questo caso, senz’altro può sicuramente fare la diagnosi. Cura . Mi riferisco in quanto alla cura al trattamento usato per la T. solium. TAENIA NANA (Bilharz). La Taenia nana è stata la prima volta trovata nel 1851 da Bi- lharz in Egitto, in numero straordinariamente grande nell’intestino tenue d’ un fanciullo sezionato e ritenuto morto per meningite cerebrale, però non si sa certo se Bilharz nell’ autopsia abbia trovato meningite. Nel 1879 il professore Grassi scopriva a Milano nelle feci di una ragazzina di quella città, certe uova che egli descrisse nella Gaz- zetta medica lombarda N. 16, 1879. Sin d’ allora egli supponeva che queste uova fossero d’ una tenia, però le sue ricerche vennero interrotte e non potè determinare a quale specie di tenia appartenessero. Le figure di queste uova vennero ripor- 124 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia tate dal professore Bizzozero , nel suo manuale di microscopia clinica (Tav. IY fig. 40 g. g'.) Sulla fine deiranno 1886 il professore Grassi, avendo trovato le stesse uova nelle feci di un giovine di Acireale, studente in medicina m’ invogliò a studiare assieme con lui quel caso e d’ istituire una serie di ricerche sul medesimo argomento. Credo opportuno di qui tradurre la descrizione che il Grassi fa delle uova (1), per poi far cenno di alcuni fatti i più importanti, tra- lascio però di tradurre la descrizione della tenia da noi fatta nel Cen- tralbatt fu Bacteriologie und Parasitenkunde (1). Descrizioni delle uova. Esaminate le feci fresche contenenti uova di tenia nana in un liquido indifferente, queste uova si presentano di forma ellittica; le loro dimen- sioni in complesso non sono molto maggiori di quelle della tenia me- diocanellata; però variano di molto (asse massimo di 43-79-53 p., asse minimo da 53-39-40 p.). Volendo continuare il paragone colle uova di tenia mediocanellata, il guscio è un pò più grosso, ma più trasparente e bianchiccio; non è bruno, nè mostra la struttura prismatica che han- no le uova di mediocanellata. Esso risulta d’una membrana molto sot- tile e d’una interna ancor più sottile ; la membrana esterna alle volte apparisce doppia ; le due membrane non giacciono l’una sull’altra, ma tra esse esiste uno spazio considerevole in proporzione alla grande de- licatezza delle membrane. Questo spazio intermedio contiene una sostan- za amorfa in parte granulosa (vicino alla membrana esterna), in parte omogenea (vicino alla membrana interna). La membrana interna mostra due rigonfiamenti visibili appena, dei quali uno corrisponde ad un polo dell’uovo, mentre l’altro trovasi immediatamente vicino all’altro polo. In certi casi si possono facilmente osservare due fili contorti nello spazio (1) Die Taenia liana und ihre medicinische Bedentung Varlànfigc. (2) Einige weitere Nachrichten iiber die Taenia nana. Zweite Preliminarnote. Von Pro- fessor Battista Grassi ( Unter Mitwirkung von S. Calandruccio ) Centralblatt fur Bacteriologie und Parasitenkunde. I Iargang 1887. IL Band N. 10. Animali parassiti dell’ uomo in Sicilia 125 intermedio, in mezzo alla sostanza granulosa, oppure ancora più spesso al confine tra la parte granulosa e la omogenea: essi si dipartano dai due rigonfiamenti, e precisamente ad un rigonfiamento si salda un filo e al secondo l’ altro. Si può dunque dire che la membrana interna del guscio è fornita ai due poli di due lunghe code; ciò si ripete in un certo senso in altri cestodi (v. Leuckart). Allorquando le feci contenenti queste uova vengo- no diluite colla glicerina, il guscio all’osservazione presentasi un pò dif- ferente, specialmente perchè la sostanza contenuta nello spazio intermedio si allontana dalla membrana esterna. I caratteri del guscio variano anche allorquando comincia la pu- trefazione; in quest’ultimo stato esso assume una colorazione gialliccia. Tra guscio ed embrione spesso resta uno spazio pieno d’un liquido incoloro, il quale spazio alle volte appare maggiore ad un polo. L’embrione apparisce quasi uguale a quello della solita tenia. Gli uncini sono lunghi da 12-13 d. e per solito sono in numero di sei chiaramente visibili, e le punte di questi uncini, sono dirette verso quel polo, nel quale il liquido tra guscio ed embrione si trova in maggior quantità, allorché appare questa maggior quantità. La descrizione zoologica della tenia nana fu fatta in modo incom- pleto da Bilharz. v. Siebold , e poscia in modo più completo da Leu- ckart. Quei fatti non ancora conosciuti bastantemente sono stati da noi descritti, come ho già detto, nel Centralblatt fùr Bacteriologie utid Pa- rasitenkunde (v. sopra). Solo riferisco che la maggior parte delle tenie che noi abbiamo fatte eliminare avevano una lunghezza di 8-10-15 mil- limetri. diagnosi La diagnosi si fa coll’esame delle feci; è importante però aggiun- gere che un individuo può albergare numerose tenie nane , e in certe circostanze, non ancora ben determinate , presentare nelle feci così po- che uova che , per riscontrarne qualcuno, fa d’uopo ripetere più volte con molta attenzione le osservazioni ad intervalli di parecchi giorni. 126 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia Cura. La cura si fa coll' estratto etereo di felce maschio, amministran- done da tre a sei grammi in un mezzo bicchiere d’acqua gommata, se- condo l’età dell’individuo. E bene ripetere l’amministrazione del farmaco dopo 15 o 20 giorni, e ciò perchè possono degli scolici, confitti nella mucosa intestinale, sfuggire all’azione del farmaco. Il numero delle tenie che un individuo può albergare nel suo in- testino è variabilissimo , cioè da 40 a 50 e da 4 a 5 a 6000. Forma clinica. Riguardo alla forma clinica le nostre osservazioni sono fondate su venti casi, dei quali due sono individui adulti, e gli altri ragazzi e fan- ciullini. I due adulti albergavano numerose tenie nane, e soffrivano diar- rea alternata a stitichezza, e non di rado dolori forti addominali, accessi epilettici più o meno gravi, che si ripetevano frequentemente. Dopo l’e- liminazione del parassita, per alcuni mesi questi individui, non risenti- rono più alcun disturbo, ma poi i sintomi ritornarono, però meno fre- quenti e meno intensi. Riesaminate attentamente le feci di questi individui, ripetute volte, non si riscontrò alcun uovo di tenia nana. Ciò rende verosimile che i due individui erano per se stessi epilettici , e la tenia nana non aveva fatto che aumentare questi sintomi, rendendoli più intensi e più frequenti. Abbiamo potuto osservare che i fanciulli , i quali ospitano nume- rose tenie nane, e sembrano sani e vispi, soffrono non di rado, cefalea, febbre, stridore di denti e sintomi riflessi propri dell’elmintiasi. In generale si può concludere che la tenia nana è incostante nel produrre i sintomi morbosi, ciò che del resto è il caso di tutte le altre tenie. È un fatto ripeto, che non di rado, la tenia nana allorquando al- berga in quegli individui , i quali hanno una certa predisposizione al- Animali parassiti deli ’ uomo in Sicilia 127 l’epilessia, ne aumenta sensibilmente gli accessi epilettici, sia in intensità sia in frequenza (5 volte in 20 casi). Dei casi di tenia nana con sintomi epilettici sono stati recente- mente osservati da Comini e da Perroncito , i quali hanno confermato le nostre osservazioni. Ciclo evolutivo. Abbiamo eseguito molti esperimenti colle uova di tenia nana, dan- dole a mangiare agli animali più svariati: ad uno agnelletto lattante, ad un cagnolino, a polli, a conigli, a molti e svariati miriapodi, a mol- te larve d’ insetti, a diversi ragni e per fino a pulci e a cimici, sempre con risultato negativo. Vi fu un individuo che le amministrò in abbon- danza parecchie volte a moltissimi pediculus capitis, ehe egli stesso ave- va coltivato a tale uopo sul suo cuoio capelluto, ma il risultato fu sem- pre negativo. Ad un ragazzino di sette anni, che non albergava nel suo inte- stino alcuna tenia nana, come ci risultò da ripetuti esami, demmo Fin- carico di raccoglierci le feci cF un sno coetaneo, infermo d’ altra malat- tia , ma che albergava nel suo intestino numerose tenie nane. Dopo quindici giorni, con nostra sorpresa, rifatto l’esame delle sue feci, abbiamo rinvenuto delle uova piuttosto numerose di tale elminto. Ci venne allora il sospetto che questi avesse preso Felminto direttamente inghiottendone le uova. Questo sospetto divenne realtà allorquando demmo a mangiare le uova di tenia a sei individui , e in due riscontrammo , dopo circa venti giorni, le uova del parassita. Questa realtà ebbe più forza dagli esperimenti che il professore Grassi fece colle uova di Taenia murina su piccoli topi albini. Dando a mangiare a questi topi delle proglottidi mature di Taenia murina (che è unum et idem colla T. nana o tutt’al più una semplice varietà) , egli ottenne sempre lo sviluppo diretto di questa tenia, e potè inoltre osservare tutti gli stadi intermedi: da quel- lo di eisticereoide in via di formazione o maturo a quello della tenia perfetta e matura. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 18 128 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia Frequenza della taenia nana. Abbiamo riscontrato la tenia nana con molta più frequenza in ragazzi d’ambo i sessi anziché in adulti (18 ragazzi e due adulti) e ciò forse perchè le nostre ricerche si sono estese poco in questi ultimi. Io ho esaminato a caso le feci di venti alunni della scuola rurale di Aci-Bonaccorsi dell’età di otto a dieci anni, e in tre ho trovato ol- tre alle uova di ascaridi, di oxiuridi e di tricocefali numerose uova di tenia nana. Esaminate poi le feci di altri cinquanta ragazzi dell’età di sette a dieci anni dell7 Ospizio di beneficenza di Catania, ho trovato quattro casi di tenia nana. Così in settanta ragazzi ho riscontrato sette casi di tenia nana. Si può dunque ritenere che nella provincia di Catania la tenia nana affetta il 10 °/0 dei ragazzi. I casi di tenia nana da me finora osservati ammontano a dicias- sette, quattordici dei quali sono maschi e tre femmine (1). Tre casi fu- rono osservati dal professore Grassi. ECHINOCOCCHI. Nell’uomo la frequenza delle cisti d'echinococco è così comune che fa spaventare. Nel 1884 in una Nota preliminare “ Intorno ad una malattia parassitaria „ (2) scrivevamo : u Con gran dolore notammo che 1’ echinococco nella provincia di “ Catania è straordinariamente frequente. In quasi tutte le pecore, che “ vengono macellate a Catania, troviamo più o meno abbondanti echi- “ nocoechi. Da notizie gentilmente comunicateci dall’egregio Prof. Maf~ u fucci, risulta che in circa 120 autopsie umane si rinvennero quattro “ casi di echinococco, e ciò durante il biennio 1883-84. (1) Recentissimamente ho potuto osservare altri tre casi di Taenia nana in tre fanciulli, uno dei quali soffriva disturbi intestinali molto gravi , che cessarono due giorni dopo 1’ elimi- nazione di numerose tenie nane. (2) Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania Serie 3* Voi. XVIII. Tip. Galatola. Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 129 “ Questa statistica appare in tutta la sua gravezza quando si pensa “ che in Germania, secondo Neisser su 13882 autopsie umane si ebbero “ soltanto 95 casi d’echinococco (presso a poco 0,7 °/0); in altre 12800 u autopsie umane pure in Germania si trovarono appena 94 casi di “ echinococco; ed infine in 2916 autopsie umane a Praga, Vienna ed “ a Zurigo non se ne trovarono più di sei casi (circa 0,02 °/0). Po- “ chissime, per quanto si sa, sono in Europa i luoghi in cui l’echino- “ cocco appare quasi tanto frequente quanto a Catania; se ne conoscono “ tre soli, cioè Rouens (in 200 autopsie umane si trovarano sei casi “ d’echinococco), Rostock (in 261 autopsie umane si trovarono circa “ dodici casi d’echinococco.) Non conosciamo statistiche esatte per l’Italia; “ possiamo però assicurare che a Milano ed a Pavia l’echinococco è di “ gran lunga meno frequente che a Catania, almeno nell’uomo. “ Noi non possiamo fare altro che raccomandare 1’ osservanza “ scrupolosa delle già note regole igieniche. Il pastore deve tener lontano “ i cani dagli armenti. Bisogna che l’uomo eviti di portare alla bocca direttamente, o, come più di leggieri accade, indirettamente, per “ esempio accarezzando il cane, qualunque minima particella di feccia “ di cane. I municipi poi debbono impedire che si esportino dal macello “ visceri contenenti echinococchi ; debbono invece farli raccogliere e “ distruggere. Sarà bene dare ai cani di tanto in tanto dei tenifughi “ e di far bollire le feci eliminate successivamente a questa ammini- “ strazione. „ Il professore Petrone mi ha gentilmente comunicato che in questo ultimo triennio ha riscontrato, in venticinque autopsie cliniche, due casi di echinococco nel fegato, i quali sono stati causa della morte. Il professore Tomaselli, due anni or sono, diagnosticò in una gio- vinetta diciottenne un grande tumore del fegato , quale cisti multipla d’ echinococco. Infatti 1’ operazione confermò la diagnosi. L’ egregio dottore Raimondo Cannizzaro tolse dietro la nuca, sotto il muscolo cuculiare di una inferma una grossa cisti di echinococco che •donò al Laboratorio di Zoologia. 180 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia Ciclo evolutivo. Il ciclo evolutivo della Taenia echinococcus è già noto per gli esperimenti di Siebold, di Leuckart, di Hiichenmeister , di Zencker, di Levison, di Hrabbe, di Naunyn ed altri. Ho voluto anch’io ripetere l’esperimento, dando a mangiare il 12 maggio delle cisti d’echinococco tratte dal fegato di diverse pecore ma- cellate a Catania, ad una cagna, e a tre cagnolini. Il 29 maggio uccisi il primo cagnolino e rinvenni nell’ intestino tenue numerose tenie echi- nococco di circa un millimetro di lunghezza. La testa ed il collo eran ben sviluppati. Il 10 gennaio uccisi la cagna madre e gli altri due cagnolini; esaminate le intestina rinvenni relativamente poche tenie echi- nococco nell’ intestino della cagna madre , numerosissime negli intestini dei due cagnolini in uno stadio di sviluppo molto avanzato: alcune erano in via di maturazione. Dietro consiglio del professore Grassi, ripetei questi medesimi esperimenti su tre gattini, ma il risultato fu negativo, come avvenne a Leuckart. TAENIA LEPTOCEPHALA (Creplin) In Sicilia questa tenia è comune nel Mus decumanus e nel rat- tus. Nell’uomo essa è rarissima , e la prima volta è stata trovata in America dal dottor Ezza Palmer , nell’ Italia settentrionale è stata poi riscontrata un’altra volta dal professore E. Parona, il quale ne fece una descrizione incompleta e confusa. Il professore Grassi ricevette un preparato con due uova della te- nia descritta dal Parona , dalla gentilezza del professore Perroncito ; pensò di fare nuove ricerche, e trovò che essa era identica alla leptoc - phala di Creplin e alla diminuta di Rudolphi , comunissima nel Mus decumanus, e nel rattus. In Sicilia è stata recentemente trovata nell’ uomo dal professore Grassi che ne ha fatto una pubblicazione, corregendo la descrizione del Parona. Animali parassiti dell' uomo in Sicilia 131 Ciclo evolutivo. Il cisticercoide di questa tenia venne recentemente scoperto dal professore Girassi e dal dottore Rovelli, in diversi ospiti , i quali sono: V Asopia farinalis , V Anisolabis annulipes (Lucas), V Achis spinosa e lo Scaurus striatus ( Fabri ) (1). Il professore Grassi ed io abbiamo eseguito degli esperimenti sul- l’uomo, e, avendo dato a mangiare di questi cisticercoidi a due indi- vidui adulti, dopo circa venti giorni, nelle feci di uno si riscontrarono le uova della tenia in parola, nell’ altro invece 1’ esperimento fu nega- tivo. La ragione per cui questa tenia è così rara nell’ uomo è che gli ospiti intermedi sono animali i quali difficilmente possono essere man- giati dall’ uomo. HAEMOPIS SP. (VORAX ?) (MOQ. TAND). (Sanguisuga cavallina volgare). In Sicilia, in generale, vi è 1’ uso di bere l’ acqua non filtrata , e mangiare verdure non prima lavate e pulite. In molti paesi vi è anche V uso di bere 1’ acqua che scorre molto superficiale, ragione per cui, non di rado, delle Haemopis (vorax?) si attaccano nella mucosa della cavità boccale, faringea o laringea, e producono fenomeni molto gravi. Il professore Clemente nel 1874 pubblicava nella Gazzetta medi- co-italiana anno XYII N. 48 un caso rarissimo d’ una sanguisuga ca- vallina adesa all’ interno della glottide e della trachea , che egli aveva diagnosticata col laringoscopio. Questo caso egli aveva osservato a Cal- tagirone in una inferma di nome Carmela Vaccarella, nubile di anni 58, la quale aveva ingoiata la mignatta coll’ acqua da bere. (1) Ciclo evolutivo della Taenia leptocepkala. Nota del professore Grassi e del dottor G. Rovelli. — Catania 28 febbrajo 1888. Tip. di A. Pansini. 132 Animali parassiti dell ’ uomo in Sicilia Da quindici giorni 1’ inferma era completamente afona, sputava san- gue, aveva tosse ed era minacciata di soffocazione. In quanto alla descrizione dell’ animale riferisco le parole dell’ A. u La mignatta da me estratta, avendo il dorso olivastro, i margini gial- lastri, il ventre nerastro, era facilmente riconoscibile per la sanguisuga cavallina del volgo ; o irudo sanguisorba di Lamark , appartenente al gruppo delle Iatrobdelle. „ Non è molto che lo stesso A. osservò al laringoscopio una mi- gnatta che pendeva nell’ interno del laringe, e colla ventosa era fissata ad una delle cartilagini aritenoidi di un carrettiere di Cibali (sobborgo di Catania), la estrasse felicemente collo stesso metodo che usò nel pri- mo caso. La mignatta venne dallo stesso A. ritenuta identica a quella del primo caso. Mi è stato recentemente assicurato dal mio amico dottor Giuseppe Pettinato che nel sue paese (Troina) sono comuni i casi di mignatte ca- valline che si attaccano nella mucosa della retrobocca di contadini , i quali usano bere dell’acqua che scorre superficialmente nel terreno argil- loso di quelle contrade. E suo padre, dottor Ferdinando Pettinato, a cui io mi ero rivolto per avere notizie più esatte sull’argomento, il 16 giugno del 1888 mi scriveva da Troina quanto segue : “ La sanguisuga cavallina, di color nero, priva di strie olivastre, “ succede osservarsi nell’ uomo nei mesi di luglio ed agosto, in persone “ che si dissetano in piccole fonti d’ acqua, o bevendo dell’ acqua at- “ tinta in dette fonti, conservandola in recipienti di terra cotta. „ “ Durante 1’ esercizio di mia professione (28 anni) ho potuto osser- “ vare in media quattro casi ogni anno. “ Piccole sin dapprima si presentano le sanguisughe, della gran- “ dezza d’ uno spillo, che in poco tempo acquistano la grossezza d’una “ penna d’ oca : di queste ne ho osservate attaccate nelle fauci, dietro “ i pilastri del velopendolo palatino, nelle narici posteriori, e, qualche “ raro caso, nel setto superiore delle narici. „ “ Difficile a togliersi nei primi giorni , per la piccolezza del suo a corpo , stando gli anelli stretti sopra se stessi , ma acquistando un Animali parassiti dell ’ uomo in Sicilia 133 “ certo volume, ed essendo accessibile alla vista, rialzando con un cuc- u chiajo T ugola e il velo palatino, con sforzi del paziente , per mezzo “ di pinzette, ora rette ed ora curve, secondo il bisogno, viene distac- “ cata dalla mucosa la sanguisuga. „ “ Inutile sono stati i mezzi empirici usati dal paziente per pro- “ curarne il distacco, come sarebbero i gargarismi d’ acqua con aceto “ e con alcool, 1’ uso del sigaro, facendo uscire il fumo delle narici, ed “ anco fiutando fortemente del tabacco, o col procacciarsi del vomito. „ “ Ne vanno soggetti inoltre i muli, gli asini ed i cavalli, e più d’ ogni altro i suini. „ “ Non appena, egli conclude , si presenterà alla mia osservazione u qualche nuovo caso, sarà mia cura mandarvene qualcuna. „ SARCOPTES HOMINIS (Rasp.) In Sicilia il Sarco ptes scabiei, varietas hominis , è molto comune nell’ uomo. Altri Sarcoptes sono comuni negli animali domestici come il Sar- co ptes equi, nel cavallo, il Sarcoptes canis nel cane , il Sarcoptes ovis nelle pecore e il Sarcoptes caprae nella capra. Non di rado, s’ incontrano dei pastori che hanno la scabia nelle mani, e dicono d’ averla presa dal Sarcoptes ovis, o dal Sarcoptes ca- prae. Questo è un sospetto e pare che non sia infondato. IXODES SP. ? L’ Ixodes sp.? è comune in Sicilia ne la pecora, nel bue e nel cane; nell’ uomo in generale è raro. Io ne ho riscontrato un caso a Cam- porotondo Etneo in un contadino che usava dormire, in estate, accanto al suo cane, il quale era molto infestato di questi parassiti. Gli abitanti di quel paesello mi assicuravano che in certi anni , principalmente iu estate, molte persone sono affette di questo parassita, e in alcune arreca disturbi molto gravi, come febbre alta con delirio, e fenomeni nervosi riflessi. 134 Animali parassiti dell' uomo in Sicilia Per liberarsene usano esaminare attentamente la cute del corpo, e quando rinvengono il punto della pelle gonfio e rosso con una punta di coltello infuocata vi fanno un taglio a croce e poi vi mettono delle gocci e d’ olio. Il taglio a croce colla punta del coltello infuocata non è necessa- rio, basta mettere solamente nel punto ove è attaccato l’Ixodes alcune goccie d’olio o di cloroformio, poiché F animale ben presto si stacca e muore. Mi riserbo determinare a quale specie si riferiscono le presenti os- servazioni. LARVA DI DITTERO CHE NON SI È POTUTO DETERMINARE. Nell’anno 1885 un catanese per nome P. studente in farmacia, evacuò moltissime larve vive, e durante F evacuazione soffriva dolori di ventre. A me potè consegnare soltanto due esemplari morti. Avendoli studiati, ho potuto determinare essere indubitabilmente larve di dittteri, e ne ho fatto la descrizione e la figura. (1) Concludevo che la larva da me studiata non è stata ancora de- scritta come parassita dell’ uomo, e che appartiene alla famiglia dei mu- scidi o a quella degli acalipteri, ma non potei stabilire la specie. HYPODERMA BOVIS (De Géek) Nel 1886 Schoyen e Seler sostenevano che in Europa non si co- noscesse alcun caso d’ estro dell’ uomo. (2). Io ho potuto dimostrare che la larva, tratta nel 1879 dal profes- (1) S. Calandracelo — Insetti parassiti dell’ uomo. Memoria. Gazzetta degli Ospitali N. 84 85. Anno 1885. (2) W. M. Schoyen, Ueber das Vorkemmen von Insecten immenschlichen Horper in Na- ture» Cristiania Vili pag. 7477; pag. 85-87 i Mai ; Juni 1884). Ed Seler Biologisches, Centralblatt IV. Pard. 1 Oktober 1884 N. 15 pag. 475. Animali parassiti dell ' uomo in Sicilia 135 sore Berretta da un tumoretto sotto la cute di un piccolo guardiano di Bovi (1) era veramente d ' Hypodenna bovis al 4° stadio (2). Recentissimamente venne dallo stesso professore Berretta, tratta da un tumore ascessoide del cuoio capelluto, posto dietro 1’ occipite d’ un adulto guardiano di bovi, un’ altra bellissima larva, che mi donava per farne la determinazione zoologica. La parte clinica verrà illustrata dallo stesso professore Berretta. Posso affermare sin da ora che questa, seconda larva, in bollissi- mo stato di conservazione, è d’ Hy ipoderma bovis al 4° stadio. PULEX IRRITANS (Linneo). È comunissimo tra noi. Esso non solamente molesta 1’ uomo , ma vive anche sulla cute del cane, allora può facilmente divenire V ospite intermedio della Taenia ellittica, come recentemente dimostrò il profes- sore Grassi. CIMEX LECTULARIUS (Linneo). Questo schifosissimo parassita è comunissimo in quasi tutte le case della bassa gente, ed anche in molte case di persone civili. Sono rari gli alberghi che siano prive di cimici. PEDICULUS CAPITIS (Deg.) ; PEDICULUS VESTIMENTI (Burm) E PHTHIRIUS PUBIS (Linneo). In Sicilia sono comunisissimi il Pediculus capitis, il Pediculus ve- stimenti e il Phthirius pubis. Ho osservato che le mosche trasportano da un luogo ad un altro e da una persona all’ altra il Pediculus capitis e il Pediculus vesti- menti. Catania, 20 gennaio 1889. (1) Nota sopra una larva d’ estro bovino nell’ uomo, del Cav. Paolo Berretta. Estratto dagli atti dell’ Accademia Gioenia di Scienze Naturali Voi. XVI. Serie III. (2) S. Calandruccio —Insetti parassiti dell’ uomo — Gazzetta deg'li Ospitali N. 84-85, anno 1885. Lo scollamento della retina curato chirurgicamente. CONTRIBUTO CLINICO per il Dottor C. ADDARIO Le conoscenze, che poco a poco si sono acquistate riguardo alle alterazioni materiali , che precedono ed accompagnano lo scollamento della retina , hanno sempre più dimostrato la necessità dell’ intervento chirurgico in tale malattia e F inefficacia di ogni medico trattamento. Trattandosi di un’ affezione, sulla quale nè F anatomia patologica nè la terapia hanno pronunziato F ultima parola, credo sia di qualche im- portanza pubblicare tutte quelle osservazioni , le quali valgono ad accennare la via, che bisogna tenere per conseguire la guarigione dello scollamento retinico, stato finora più o meno refrattario alle cure. Prima di esporre il metodo di cura adoperato in due casi di scol- lamento spontaneo della retina , dirò in succinto i criteri!, che hanno guidato finora i clinici nella cura chirurgica di tale affezione , affinchè dal confronto possano riuscire più chiare le vedute, che mi hanno in- dotto ad allontanarmi alquanto dalla pratica degli altri. Sin dal 1859 si pensò dal Sichel padre (1) a praticare la punzione della sclerotica, per curare lo scollamento della retina. Egli vuotava all’esterno il liquido sottoretinico, ma più allo scopo di curare F infiammazione cronica dell’ occhio , che per ripristinare la funzione della membrana scollata. Questa operazione fu anche praticata nel 1860 dal Kittei, (2), il quale ottenne un arresto della malattia per parecchi mesi. Nel 1863 il De Glràefe, (3) avendo osservato che in alcuni scollamenti, i quali senza subire alcuna cura entravano in uno stadio stazionario , esisteva lo (1) Sichel — Clinique enropéenne n. 9. 1859. Ueber die Heilbarkeit der Netzli autablòsung. (2) Kittel — Punktion der Sclera bei Netzhautablosung nacli Sicliel (Allg. Wien. med. Zeit 23. 1860. (3) De Graefe — Perforatoli non abgelosten Netzhanten n. Glaskorpermembranen (Ardi, f. Opthal. t. IX. 2. p. 65. 1863. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 19 138 Lo scollamento della retina curato chirurgicamente stracciamento di un punto della retina scollata, volle artificialmente sta- bilire una comunicazione fra la tasca rappresentata dallo scollamento ed il vitreo. Egli attraversava il guscio oculare in un punto opposto a quello corrispondente allo scollamento, attraversava il vitreo ed andava con la punta dello strumento a portare una lacerazione sulla retina. Se pensiamo alle lacerazioni del vitreo, che necessariamente si producevano in tale atto operatorio, dobbiamo dedurne ehe in un tempo più o meno lungo la retrazione cicatriziale consecutiva dovea costituire nuova causa di ulteriore scollamento. A questa operazione fu anche guidato il De Graefe dalle idee, che si avevano allora sulla patogenesi dello scollamento , il quale si consi- derava come prodotto da un essudato sottoretinico proveniente diretta- mente dalla coroide. Un anno dopo il Bowman (1) praticava anche lui la lacerazione della retina di unita allo svotamento del liquido sottoretinico. Egli per- forava la sclera sovrastante allo scollamento, e si avanzava fino a dilacerare la retina; sicché le lacerazioni del vitreo dovevano essere in minore proporzione. Il De Wecher (2) praticò anche lui quest’operazione modificandone lo strumentario: egli cioè si servì in principio di un ago-cannula, ed in seguito di un vero aspiratore. Confessa però che con questi mezzi non ottenne miglioramenti permanenti (vedi Chirurgia oculare). Questi atti operatori, oltre all’ inconveniente di ledere il vitreo, non erano esenti dal pericolo di apportare meccanicamente maggiore scollamento della mem- brana nervosa. Nel 1856 il Miiller H. (3) pubblicava il primo lavoro sullo scollamento della jaloide , che considera come analogo a quello della retina. Nel 1867 il lavoro di Iwanoff (4) sullo scollamento del vitreo, nel (1) Bowman — On aeedle-operation in cases of detached retina (Ophthalm. Hosp. Rep. IV. p. 133. 1864. (2) Wecker (De) — Chirur oculare p. 145. (3) Mììller (B) — Ardi. f. Ophthal. t. XV. 2. p. 3. 1856. (4) Iwanoff — Glaskorperblosung Clin. Monat. p. 297-1867. Lo scollamento della retina curato chirurgicamente 139 1869, quello del Guvea (1), ed un altro dell’ Iwan off (2), nel 1870 quello di un chirurgo italiano il Vacca (3) portarono una nuova luce sulla natura del distacco retinico. In tali lavori si ammette 1’ esistenza del distacco della jaloide da retrazione del vitreo , e si considera lo scollamento della retina come consecutivo allo scollamento ed alla re- trazione del vitreo. Queste idee vennero a modificare il trattamento chirurgico finora seguito. Si cercò sin d’ allora di risparmiare per quanto era possibile il vitreo , per non aumentarne la retrazione; per ciò si pungeva la sclera e la retina scollata sottostante mediante la punta di un sottile coltello di Graefe. Così la lesione portata al vitreo si ridusse a minime proporzioni. Questa operazione venne eseguita molte volte da un certo numero di chirurgi, fra cui dal De Wecher (4) di Parigi e dal Secondi (5) di Genova. In seguito si abbandonò la lacerazione della retina, e il De We- cher e il Graefe (6) si limitarono a praticare la punzione scleroticale. Tale operazione non entrò però nella pratica di tutti, ma a poco a poco venne abbandonata, sia per l’ incertezza del risultato , sia perchè , non essendo garentita dalla precauzione antisettica, non era scevra di peri- coli ; difatti in qualche caso si ebbe a deplorare la perdita del globo oculare per panoftalmite. Nel 1878 I. R. Wolfe (7) professore di oftalmologia all’ Univer- sità di Anderson ripiglia questa operazione, ne determina le indicazioni, ne perfeziona il metodo operatorio e la rende affatto innocua. Il Wolfe (1) Guvea (H. De) — Ueber die Entstelui ng der Glaskorperablosiuig iu Bolge von Gla- skòrperverlust, Ardi. f. ophthalm. t. XV. 1. p. 244. 1869. (2) Iwanoff — Beitrage zur Ablosuug des Glaskorpers. Ardi. f. ophthal. t. XV. 2. p. 1. 1869. (3) Vacca (I) — Distacco di jaloide — Storia e consideraz., Biv. din. di Bologna p. 210. 1870. (4) Wecker (De) — Traité des maladies du fond de 1’ oeil. p. 157. 1870. (5) Secondi — Caso di guarigione permanente di distacco retinico per mezzo della divisione artificiale della retina, Giorn. ital. d’ oftalm. p. 297. 1870. (6) Wecker — Chirurgia oculare p. 229. (7) Wolfe — A new operation for thè cure of detachement of thè retina (Lanat, p. 506) 140 Lo scollamento della retina mirato chirurgicamente ha praticato tale operazione in una serie di casi (1) ed ha ottenuto, ora dei miglioramenti ed ora degli esiti che egli chiama completi, cioè con ripristinamento del campo visivo perduto. Non sappiamo però quali siano stati gli esiti definitivi di questa operazione ; poicchè 1’ autore parla degli effetti immediati all1 2 3 4 5 atto operativo. Dietro le guarigioni riportate dal Wolfe 1’ operazione è stata pra- ticata da molti chirurgi; ma oggi viene di nuovo abbandonata dalla mag- gior parte, perchè non- dà a tutti gli stessi felici risultati, di cui parla il suo propugnatore. Il De Wecker (2) ha tentato altri mezzi chirurgici quali il dre- naggio metallico sottocongiuntivale ; ma il filo asettico si incistiva alle sue estremità, e la filtrazione del liquido cessava, per cui egli ha ces- sato di adoperarlo. Un altro mezzo, stato suggerito ed esperimentato dal de Wecker (3) sin dal 1884, è 1’ applicazione di punte di fuoco alla sclera per mezzo del galvano-cauterio, allo scopo di ottenere una coroidite adesiva. Con questo mezzo si sono avuti, a dire del De Wecker stesso, de1 migliora- menti qualche volta assai estesi, e qualche volta appena apprezzabili. Di fronte ad una terapia così incerta , che in tanti casi dà dei miglioramenti, ed in tanti altri non ne dà affatto , lo empirismo non è mancato di suggerire degli altri esperimenti: Dransart (4), Galezowski (5), (1) Wolfe — Case of complete detachement of thè retina healed by ponction of thè scle- rotic (Med. Times and Gaz., p. 252, 1883.) On an operation for thè cure of detachement of te retina. (Med. Press, and. Circ., XXXVII p. 372. 1884.) A case of total blinness from detachment of thè retina (Glasgow med. journ. p. 140. 1884.) Case of detachement of thè retina with complete loss of sight, cured hy an operation. (Brit. med. jour p 856. 1884.) On thè traetment of detachment of thè retina (Ibid p. 1234). Ponction a travers la sclerotique dans le décollement de la rètine (Ann. di Ocul , XCI. p. 149. 1884). Traitment du décollement de la rètine (Ann. d’oculis, XCIII p. 16). (2) Wecker (De) — Chirurg. Ocul. 229. (3) Wecker — Bulletin de la Société d’ Ophtal. p. 70. 1885. (4) Dransart - — Traitement du décollement de la rètine par l’irideetomie serie Ann. d’Ocu t. LXXXIX p. 228, 1883. (5) Galezowski — Des différentes varietés du décollement de la rètine e de leur traitémentl. Ree. d’ Ophtal. p. 669 — 1883. Lo scollamento della retina curato chirurgicamente 141 Castorani (1) hanno proposto empiricamente di praticare l’ iridectomia per curare lo scollamento della retina. L’ esperienza della maggior parte dei chirurgi ha finito per consi- gliare fi abbandono di questa operazione, che rende 1’ occhio più ipoto- nico di quello che ordinariamente è , allorquando è affetto di scolla- mento. In quest’ anno lo Scholer (2) ha presentato alla Società di Medi- cina di Berlino i risultati di cinque casi di scollamento retinico, curati da lui con nuovi mezzi. Egli ha iniettato poche gocce di tintura di jo- dio ora nella tasca della retina scollata ed ora nel vitreo adiacente e circostante. Dice che tali infermi hanno ricuperato la massima parte del potere visivo e del campo visivo perduti. Tale pratica non è stata fi- nora seguita da me; perchè credo che non sia esente di gravissimi pe- ricoli e che meriti la conferma di ulteriori osservazioni. Di fronte alla chirurgia troviamo una folla di medicamenti che so- no stati adoperati per curare tale affezione. Mi risparmio di parlarne ; perchè è stato dimostrato essere tutti insufficienti a guarire la malattia. L’ eserina sola pare sia capace di apportare qualche vantaggio. Stavano così le cose fino a questi ultimi anni, quando delle nuo- ve ricerche anatomo-patologiche hanno fatto conoscere le cause ed il meccanismo dello scollocamento spontaneo della retina. Il Leber (3) nel 1882 abbandona le sue vecchie idee, ed ammette che in ogni caso di scollamento rapido (ciò che vai quanto dire in quasi tutti gli scolla- menti) preesiste uno scollamento del vitreo, a cui siegue quello della retina, per stracciamento brusco di questa membrana e passaggio repen- tino sotto di essa del liquido, che lentamente avea scollato il vitreo. Nel 1886 Nordenson (4) pubblica i risultati dell’ esame microsco- pico di quattro occhi affetti di scollamento spontaneo dalla retina. Yi trova: retrazione del vitreo con scollamento parziale di esso, scollamento (1) Ci\ storani — Memoria sulla cura dello scollamento della retina — Napoli 1883. (2) Schoi.ee — Fur operativen Netzhautbehandlung — Berliner medicinische Gesellscliaft. Sitzung vom. 6. Febr 1889. (3) Leber — Ueber die Entstehung der Netzhautablosnng Klin. Monatsbl. t. XVI. 1882 (4) Nordenson — Etude sur le décollement spontané de la retine — Stockbolm, 1886. 142 Lo scollamento della retina curato chirurgicamente della retina , stracciamento della retina scollata in corrispondenza del punto più fortemente aderente , infiammazione cronica della coroide. Quindi dà un resoconto clinico di 126 casi di scollamento retinico spontaneo osservati alla clinica di Gottinga dal 1880 al 1886, e nota come in 97 casi esistevano delle alterazioni del vitreo. Su 119 casi si notava in 46 casi per mezzo dell’ oftalmoscopio lo stracciamento della retina in un punto più o meno periferico. A questi 46 casi aggiungiamo tutti quelli in cui la piccola rottura della retina sfugge all’ esame il più accurato, perchè coperta dalle pieghe della stessa retina scollata, e se ne potrà trarre la conseguenza, che, per quanto riguarda la rottura della retina scollata, 1’ oftalmoscopio conferma i risultati dell’ esame ana- tomico. Ulteriori ricerche sono state fatte da Haensel e da altri e con risultati più o meno uguali; sicché possiamo con molta sicurezza ritenere come bene accertati i seguenti fatti, 1° che lo scollamento della jaloide precede sempre lo scollamento spontaneo della retina. 2° Che esiste co- stantemente un’ aderenza fra il corpo vitreo retratto e la retina scol- lata, la quale si scolla in seguito allo stracciamento di uno de’ punti più aderenti (periferia dello scollamento) ed al repentino passaggio sotto la retina del liquido che prima scollava il vitreo. 3° Che lo scollamento della retina è più facile in quei punti dove essa è più aderente alla jaloide (equatore dell’ occhio), meno facile al polo posteriore, dove può esistere per molto tempo uno scollamento del vitreo senza importare per necessità quello della retina , la quale si sa che in questo punto aderisce assai poco al vitreo. Era necessario premettere questi dati anatomici per fare risaltare il fatto, che la terapia chirurgica finora adoperata non può dare delle per- manenti guarigioni dello scollamento retinico. L’ atto operativo con cui si vuota all’ esterno il liquido sottoretinico, non toglie le aderenze che esistono fra il vitreo e la retina scollata, quindi questa deve necessa- riamente seguire il vitreo, determinando così la formazione di nuovo li- quido fra la retina ed il resistente guscio oculare. Così si spiegano miglioramenti passeggieri ottenuti finora dalla mas- sima parte dei chirurgi, checché ne dica il Wolfe vantando degli esiti completi. Lo scollamento della retina curato chirurgicamente 143 Stando così le cose si vede la necessità di cercare nuovi metodi di cura sulla guida delle nuove conoscenze anatomiche. Il De Wecker è dietro a fare dei tentativi per potere ottenere di romper le aderenze fra la retina scollata ed il vitreo retratto , aderen- ze alla cui accidentale rottura il Leber attribuisce i casi di guarigione riportati dal Gràefe e dal Bowman in seguito alla decisione della re- tina scollata. A me sembra che dovrà riuscire difficilissimo e direi quasi impossibile rompere queste aderenze senza ledere largamente il vitreo e la retina. Aon potendo realizzare la rottura delle aderenze re- tino-jaloidee, non resta altro che procurare un avvicinamento del gu- scio oculare alla retina scollata, previo svuotamento del liquido sotto- retinico. Si tratterebbe di realizzare per 1’ occhio quello che Estlander praticò con tanto successo per la cura del piotorace antico con retra- zione cicatriziale del pulmone. Quest’idea non è mia , ma è stata messa fuori da M. Boucheron nella seduta del 9 Maggio 1888 della Società francese d’ oftalmolo- gia. Ignoro che siano stati fatti fin’ ora de’ tentativi per attuarla. Con queste vedute ho impreso la cura di due individui affetti di scollamento spontaneo della retina. In tutte e due i casi curati ho praticato lo svuo- tamento all1 esterno del liquido sottoretinico giovandomi delle risorse della più rigorosa antisepsi e delle indicazioni assegnate dal Wolfe. Eseguito quest’atto operativo ho pensato di ottenere un certo ap- piattimento del guscio oculare in corrispondenza dello scollamento. Per fare avvenire questo ho applicato , mediante il galvano-cauterio , delle numerose punte di fuoco sulla sclera corrispondente alla retina scollata. Ho curato di fare queste cauterizzazioni molto vicine fra di loro ed interessanti la sclera in tutto il suo spessore, in modo da crivellare la sclera e nella speranza che la retrazione cicatriziale, consecutiva alla per- dita di tessuto, valesse ad appiattire in qualche modo la membrana fibrosa. Sono convinto di non aver con ciò raggiunto tutto lo scopo pro- postomi; ho fatto però un primo passo dietro a cui si potrà in segui- to far meglio. L’applicazione delle punte di fuoco, come riferii più sopra, è stata fatta dal De Wecker per la prima volta. 144 Lo scollamento della retina curato chirurgicamente Dette cauterizzazioni a dire del De Wecher stesso (Y. Traité Com- plet d’Ophthal. T. IY. fas. 1. 1887) sono state applicate per quanto più perifericamente era possibile ed evitando attentamente di perforare la sclera. Non so chi altri prima di me abbia accoppiato l’applicazione delle punte di fuoco allo svuotamento del liquido sottoretinico. Avendo esposto in termini generali i criterii, che mi hanno guidato nella cura dello scollamento della retina , passo ad esporre i due casi clinici, che ho sottoposto al trattamento accennato. OSSERVAZIONE la L. D. da Messina di anni 45 di sana e robusta costituzione viene a consultarmi il 28 Luglio 1888 : racconta che nel 1881, dopo avere percepito per 3 giorni delle fotopsie e delle mosche volanti , perdette repentinamente la parte inferiore del campo visivo dell’ occhio destro e che in seguito a tale fatto la vista si abbassò rapidamente fino a spe- gnersi del tutto in un periodo di quindici giorni. In seguito ha sof- ferto in quest’ occhio di tanto in tanto dei dolori di breve durata, che si sono svegliati specialmente alla pressione. Ora sono ventiquattro ore che avverte un grave disturbo all’occhio sinistro : dopo avere per sei o sette giorni percepito delle fotopsie e delle mosche volanti , d’un tratto s’accorge di non vedere più la parte inferiore degli oggetti. Si stanca a fissare le cose e la viva luce l’in- fastidisce e l’abbaglia. Ha un potere visivo uguale a 5/7 50 colle scale di Wecker ed un campo visivo limitato alla sua metà inferiore. La ten- sione intraoculare è alquanto abbassata. All’esame oftalmoscopico il vi- treo appare trasparente , la retina si presenta scollata nella sua metà superiore per cui forma una tasca fluttuante nel vitreo , che col mar- gine inferiore lambisce la papilla. Internamente e in basso la retina scollata presenta una fessura a margini irregolari e fluttuanti. La pu- pilla appare leggermente velata, non esiste staphiloma yosticum. L’occhio destro presenta : cataratta consecutiva allo scollamento , sinechia posteriore totale dell’ iride, camera anteriore alquanto diminuita, tensione intraoculare sensibilmente aumentata , regione ciliare dolente alla pressione. Avvi percezione di luce nella direzione supero-esterna. Lo scollamento della retina curato chirurgicamente 145 Consigliai all’infermo di tenere la posizione supina, di evitare ogni brusco movimento della testa ed ogni sforzo del corpo. I! 29 Luglio di unita al Sig. Dottore Migneco propongo il vuo- tamente del liquido sottoretinico. Avanti di intervenire, dietro il parere di altri chirurgi, si sottopone l’infermo ad un trattamento medico; l’ese- rina (1 °/0) per colliro ogni tre ore, la pilocarpina per iniezioni ipoder- miche, il decupito dorsale, la fascia compressiva, il calomelano per uso interno. 3 Agosto : il potere visivo si è abbassato di molto ed è ridotto a circa 1 /20. 6 Agosto: l’infermo contale dita a m. 1,50. Il campo visivo non è diminuito, ma risulta limitato alla sua metà superiore: nella sua metà interna è un poco più esteso che nella metà esterna. (Vedi C. V.) Lo stesso giorno praticai lo svuotamento dello scollamento retinico. L’operazione fu fatta col valevole ajuto del Sig. Prof. Francaviglia e dei Signori Migneco e Barbagallo, giovandomi della narcosi cloroformica e delle altre norme fissate dal Wolfe. L’antisepsi fu fatta al sublimato. Fatto un occhiello alla congiuntiva a livello dell’ equatore dell’ occhio, per un’estensione di circa 13 nini, e lungo il meridiano che passa fra il retto superiore ed il retto esterno, scollai la congiuntiva ed il con- nettivo episclerale fino al bordo esterno del retto superiore, e in questo punto praticai la puntura, servendomi dell’ago da paracentesi del De- smarres in sostituzione del broad-needel degli Inglesi. Non ostante che P ago da me adoperato fosse assai più stretto di quello adoperato dal Wolfe, pure, dopo avere fatto penetrare la lama, mediante un movimen- to dell’ago attorno il proprio asse potei produrre una ferita di forma angolare, che permise facilmente l’uscita del liquido. Questo era limpido e di colorito giallo-bruno. Allontanato lo strumento, si potè mediante una graduata pressione esercitata con una spatoletta fare uscire dell’al- tro liquido— Non potrei precisarne la quantità perchè non si potè rac- cogliere. Si applicò un punto di sutura alla congiuntiva, si mise il col- lirio d’eserina e si coprirono ambo gli occhi con una medicatura antiset- tica occlusiva. La spatula del Wecker, con cui si esercitava una certa pressione sul bulbo, fu allontanata, quando si passò sulla medicatura il Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 20 146 Lo scollamento deità retina curato chirurgicamente primo giro di fascia, che veniva a sostituire la pressione fatta da quella. L’ infermo sta in riposo ed in posizione dorsale. Sin dal giorno dell’ operazione viene sottoposto quotidianamente a delle frizioni mercu- riali con 6 grammi di unguento semplice. 9 Agosto : Si rinnova la medicatura per la prima volta senza esa- minare il potere visivo, si pone solamente il collirio d' eserina. 12 Agosto: Si allontana di nuovo la medicatura. La ferita della congiuntiva, per mancanza di esatta coattazione de’ margini, non è gua- rita per prima intenzione, per cui si rimette la medicatura. 15 Agosto : si allontana definitivamente la fasciatura. Il potere visivo si trova uguale ad 1/10. Il campo visivo si è esteso in basso ap- pena di 10 gradi, (Yedi C. Y.) — Si sospendono le frizioni mercuriali per la minaccia di stomatite e si sottopone l’ infermo all’ uso esclusivo del- l’eserina e del joduro potassico. Si svolgono dolori ad accessi nell’ altro occhio dove la tensione appare più aumentata. Si somministra anche in quest’ occhio il collirio d’ eserina che fa scomparire i dolori ed abbassa la tensione. 17 Agosto: I dolori dell’occhio destro riappariscono più violenti. 20 Agosto : Pratico un’iridectomia che fa scomparire definitivamente questi accessi glaucomatosi. Si raccomanda all’ infermo 1’ uso esclusivo dell’ eserina e la tran- quillità della vita. Rivedo l’infermo il 15 ottobre: nè l’acutezza visiva, nè il cam- po visivo sono diminuiti. Arreca molto fastidio all’ infermo un certo tre- molio negli oggetti, che fissa. Il 22 Ottobre 1888 ajutato dal Signor Dott. Migneco mi decido a produrre delle cauterizzazioni alla sclera. Mediante la batteria del Corradi e con un’ ansa capillare di platino applico dodici punte di fuoco alla sclera in corrispondenza alla retina scollata , interessando in parte lo spessore della sclera. Medicazione antisettica occlusiva. 26 Ottobre: Allontano la medicatura e lascio che 1’ escare si di- stacchino allo scoperto. 27 Ottobre 1888: Il tremolio degli oggetti non è più avvertito Lo scollamedto delia retina curato chirurgicamente 147 il potere visivo è un poco più rialzato, sicché ad 1 metro vede sempre lo stesso N. 10 delle scale del Vecker, ma in modo più distinto. Il campo visivo è lo stesso di quello che si osservò dietro la prima operazione. 20 Aprile 1889 (dopo 9 mesi dall’epoca in cui si praticò la paracentesi scleroticale sotto-congiuntivale): Y = y,0 ; C. V. uguale a quello che si osservò in seguito allo svuotamento. OSSERVAZIONE 2a A. M. di anni 32, di costituzione debole, di temperamento nervoso, dedito agli studii sin dalla fanciullezza ha sempre impiegato molte ore alla lettura di libri. Accudisce a’ telegrafi sin dall’ età di 19 anni. Ha una miopia ereditaria grave , che porta sin dalla prima età , e che correggeva con lenti di — 6, 50 all’età di 17 anni; prima di quest’età non portò occhiali credendo di aggravare la sua miopia. All’età di 22 anni , quando già usava la lente di — 10 diottrie per vedere da lon- tano, perdette in modo repentino circa un quarto del campo visivo dei- fi occhio destro (quadrante supero-esterno). Tale malattia fu riconosciuta da’ medici come scollamento della retina. Da quell’epoca il potere visivo, a dire dell’infermo, cominciò sempre più ad abbassarsi ed il campo della vista sempre più a restringersi fino a che dopo un anno contava ap- pena le dita a pochi metri di distanza. Al quindicesimo mese perdeva completamente la vista dell’occhio affetto, non ostante che ebbe a spe- rimentare il consiglio de’ primi oculisti d’ Italia e di qualcuno della Germania. L’ occhio cieco rimase dolente alla pressione, e di tanto in tanto fi infermo vi ha avvertito e vi avverte tutt’ora de’ leggieri dolori. Dopo un anno a datare dalla perdita completa della vista all’ occhio destro , fi ammalato si accorge che il campo della pupilla dell’ occhio cieco cominciava a diventare bianco (cataratta consecutiva). Nel Gennaio 1888 mentre andava a letto avvertì d’un tratto co- me una nuvoletta occupare la parte più alta del campo visivo , d’ allo- ra accusava delle fotopsie. 148 Lo scollamento della retina curato chirurgicamente Questi disturbi visivi non gli davano molto fastidio tanto più che non sempre accusava la presenza della nuvoletta. Al principio dell’ està le fotopsie si fanno più frequenti special- mente nelle ore di sera e nelle prime ore di mattina. Nel Luglio si accorge che la nuvoletta si estende. Nell’ agosto le fotopsie si fanno frequentissime, sicché l’ infermo non può più riconci- liare l’ attenzione in veruna cosa. La forte luce l’abbaglia. Si stanca a fissare gli oggetti. Il 9 agosto l’infermo si pone sotto le cure del Sig. Prof. Fran 1, r è sempre maggiore dell’ unità; ossia la forma vecchia costa più della nuova. Praticamente, facendo n = 2, 3, 4, risulta : r — 1. 33 — 1. 50 — 1. 60. Si desume da ciò come nei casi ordinarli la economia sia impor- tante. Sul volume dello sterro, si fa anche economia, poiché si scava di meno il volume corrispondente ai due triangoli inferiori. Per convincersi basta confrontare fra loro le figure la e 3a. Se si volesse il rapporto dei volumi scavati nei due casi, si avrebbe, ragionando come sopra: , 1 4 n n — 1 3n + 1 4n E per n — 2, 3, 4, si ha: r' = 1. 18, 1. 20, 1. 23. La manodopera dello scavo può essere minore colla forma nuova, quando la trincea è profonda ed esige delle badacchiature; perchè queste possono essere eliminate, qualche volta, dal taglio a scarpa nella parte inferiore. Per ottenere nelle faccie inclinate inferiori una buona costruzione bisognerebbe disporre sul letto dei pezzi grossamente sbozzati in con- Su di una nuova forma di fondazione nei terreni forti 163 tatto colla terra. La costruzione in calcestruzzo sarebbe la più acconcia alla forma di fondazione che stiamo studiando. Nelle faccie inclinate superiori può essere abbandonata la superficie continua, sostituendola con delle riseghe piccole. Fin qui si è provato che la nuova forma di fondazione è più eco- nomica della antica; esaminiamo, ora, se sia più solida. B) Vantaggi statici. La pressione unitaria sarà tanto più piccola quanto maggiore sarà la superficie su cui essa è distribuita. Dicendo P codesta pressione totale , se essa si distribuisse perpendicolarmente e proporzionalmente ai lati del semiesagono inferiore della figura 3a, evi- dentemente sarebbe minore di come pel caso della figura la, che rap- presenta il tipo vecchio. Qui il meglio sarebbe di far intervenire la esperienza, perchè mol- teplici e nuove sono le considerazioni da farsi; ma in mancanza di dati sperimentali, in cui mi impegnerò più tardi , mi propongo di cercare teoricamente ciò che è probabile avvenga con la nuova forma di fon- dazione. Da principio , quando il potere resistente non è ancora esaurito , il terreno non si comprimerà. Allora, a me pare che le pressioni eser- citate dal semiesagono inferiore sul terreno saranno proporzionali alla proiezione del semiesagono stesso : vai quanto dire , nella faccia infe- riore orizzontale, avremo, conservando le notazioni precedenti, una pres- sione espressa da p ■ t » ed in ognuna delle faccie inclinate inferiori una pressione data da Evidentemente , addizionando il valore (1) col valore (2) raddop- piato, avremo P. Ora la pressione P — (— -) è diretta secondo la verticale e si 164 Su di una nuova forma di fondazione nei terreni forti decompone in due : una perpendicolare ed una parallela alla faccia inclinata (vedi figura 4a) e ci dà pi (Lui 2 ' l 1 p G — cosf, perpendicolare u t f P — — — — — — sen f, parallela; Li i (3) (4) essendo / il coefficiente di attrito che modifica la for/a parallela. La forza (4) , alla sua volta si decomporrà in una (vedi fig. 4a) perpendicolare al fondo ed in una parallela, nel modo seguente : , \ i i1 ( — f P — - — sen f cos 0, privi di tutte le proprietà, chimiche, fisiche e biologiche, con cui si di- stinguono , e non sono atti a produrre o dare altre energie , se non dopo che sono separati dal ['ossigeno. Avviene come quando un corpo in moto urta un altro in quiete, questo si muove e quello si arresta, per- chè l’ uno perde , 1’ altro acquista il movimento. In questo caso non è passata materia , ma bensì è passato una cosa cioè del moto o della energia. Dall’ossidazione degli elementi procede lo sviluppo di energia ter- mica e luminosa, elettrica, chimica ecc.: e queste energie non sono for- me di movimento dipendente dalla vibrazione atomica della materia ? Il passaggio dei corpi dallo stato solido al liquido e gassoso non dipen- de da passaggio di movimento o energia dal C e H in combustione alle molecole di detti corpi? E quando l’energia sviluppata non si li- mita alle molecole , per modificare la coesione, ma superando un certo grado di quantità e intensità , raggiunge gli atomi ; allora fa muovere questi e, modificando l’affinità, determina scomposizioni. È noto che ad una data temperatura i corpi si fluidificano, ad una superiore si scom- pongono. In questi fenomeni è il moto o la vibrazione del C e dell’ Il che si comunica in una certa misura alle molecole, le quali così divengono più mobili. Se poi la quantità di quel moto, è maggiore, come nella combu- stione di maggiore massa di combustibile, allora non si limita alle mole- cole, ma passa agli atomi di queste e perciò ne risultano scomposizioni. Quindi quando diciamo che vi è passaggio di energia e perciò compimento di un lavoro , vi è passaggio di movimento o vibrazione atomica, da un elemento che la perde ad altri corpi che l’acquistano. Credo che ciò sia logico ed ammesso già da tutti , e spero che Atti Acc. Yol. II, Serie 4a 28 206 Funzione dell'ossigeno nei composti e natura dell' azione biologica. non mi si vorrà dare del fantastico, giacché se sono fantasie questi atomi, vibrazioni ed energie, allora o siamo matti tutti e non io solo o nessuno. Credo che ognuno , il quale rifletti sui fenomeni della natura, ab- bia già riconosciuto, che tutto ciò, che ci circonda, parla del moto eterno della materia; indistruttibili Cuna e l’altro. Dalla vibrazione degli atomi, combinati insieme , risulta la vibra- zione totale delle molecole ; nelle molecole si stabiliscono correnti di vibrazioni , che suppongo vadano da un punto all’ altro. La polarità elettrica o magnetica, ed altro indica questo concetto. E le molecole in- fine messe insieme ci danno i corpi in un dato stato fìsico , in cui le correnti molecolari della vibrazione atomica si esplicherebbero sommate o sottratte in altre maniere, quale coesione, adesione, gravità, attrazione planetaria , siderea eec. Fin qui è il mondo estraorganico , fisico e chimico. A questo se- gue il mondo organico. Questo risulta di sostanze composte principalmente di C, H e N, delle quali una parte sono sostanze che agiscono farmacologicamente , un’altra parte sono sostanze che agiscono fisiologicamente. Appresso parleremo dell’azione farmacologica e fisiologica. Le prime sono delle molecole, le quali hanno attività notevoli, se- condo gli atomi che le compongono, hanno delle più caratteristiche azioni biologiche, sono eccitanti per l’idrogeno, sono paralizzanti per il C e N, hanno talvolta straordinario potere tossico meraviglioso, già inesplicabile per la composizione chimica, perchè è sempre l’idrogeno ed il carbonio l’elemento attivo. Perchè il carbonio e l’idrogeno hanno ora grande attività ora pic- cola? Perchè in alcune molecole vibrano più intensamente od hanno un potenziale maggiore, in altre vibrano meno od hanno un potenziale minore. Pare che la corrente delle vibrazioni molecolari si manifesti totalmente o in maggior parte a dati punti. Io ho dimostrato che quan- do un dato elemento occupa una estremità ( almeno supposta tale) è più attivo. In modo che si vede da ciò, che influisce più la posizione che la composizione chimica (Y. mio lav. La polarità biologica delle molecole). Finizione dell' ossigeno nei composti e nahira dell’ azione biologica 207 Queste azioni si hanno quando l’ossigeno non esercita ambedue le valenze , come abbiamo veduto , sull’ atomo di un dato elemento , vale a dire quando non ha fatto ancora emettere a questo elemento le sue energie. Inoltre, abbiamo pure veduto , che le molecole organiche , dotate di molta e caratteristica azione biologica, eccitante o paralizzante, bene- fica o tossica, perdono queste caratteristiche, se si acidificano con uno o più carbossili (acidi grassi, aromatici ed ammidici). Allora non sono più eccitanti o paralizzanti, benefiche o tossiche. Il carbossile esercita que- sta funzione sulle molecole organiche , come l’ ossigeno sugli elementi. Queste molecole acide appunto sono poi quelle che costituiscono la base chimica degli esseri organizzati; e di esse il protoplasma si crea, il tes- suto si organizza e si nutre; appunto perchè non sono più paralizzanti od eccitanti. L’ossigeno del carbossile in fondo è sempre quello che impedisce all’azione del 0 e H dei gruppi fondamentali di esplicarsi. Dico impedisce, perchè questi conservano le loro energie, non essendo ossidati e le emet- tono ossidandosi, e perchè tolto il carbossile agiscono regolarmente. Questo fatto dipende dalla legge della vibrazione delle estremità e dei nuclei delle molecole. La corrente risultante dalla vibrazione degli atomi componenti si arresta nell’ossigeno del carbossile (ho dei fatti importanti che mi autorizzano a parlare così con probabilità) e non hanno luogo di manifestarsi ed esercitarsi su altro corpo. Da ciò 1’ apparente inattività del carbonio e dell’idrogeno, e quin- di 1’ opportunità di essi di poter servire alla costruzione e nutrizione dell’ organismo, senza produrre l’uno azione paralizzante e l’altro azione convulsivante, sebbene non ossidati, secondo la legge su espressa e do- tati di tutte le loro energie. Tolto 1’ inconveniente di un’ azione anormale , resta il solo ufficio che dette sostanze, sotto l’influenza dell’alcali nell’organismo, si ossidano e nell’ ossidarsi, come è noto, sviluppano le loro energie. Il primordiale protoplasma vivente è l’ acido organico coll’ alcali. L’ acido organico proprio principale dell’ organizzazione animale è la molecola albumina, la quale è un complesso acido ammidico, risultante 208 Funzione dell ’ ossigeno nei composti e natura deli' azione biologica cioè di due gruppi : uno di numerosi acidi grassi ed aromatici , e uno di ammidi. Questa albumina coll’alcali si ossida nel carbonio e idrogeno che contiene, così si sviluppano le energie, le quali danno principio a nuovo movimento, cioè alla vita vegetativa. Intanto i tessuti viventi sono composti di albuminoidi, e se le mo- lecole di questi a causa dell’ossigeno del carbossile non manifestano le energie insite negli atomi componenti, il risultante tessuto ne deve es- sere già privo per sè. Questo tessuto per la sua configurazione è atto a funzionare , ma per fare ciò ha bisogno che gli vengano comunicate delle energie. Come la macchina a vapore la più perfetta è atta a fun- zionare, ma finché è senza fuoco starà sempre immobile. Mentre noi abbiamo veduto, i corpi del mondo estraorganico, qua- lunque sia la massa, esplicano la risultante delle energie degli elementi componenti; i corpi organizzati non esplicano nulla. Questi quindi per funzionare hanno bisogno di attingere le energie dal mondo esterno e tale è difatti. I tessuti acquistano l’attività funzionale da tre sorgenti : una dagli esseri precedenti e generatori nell’ atto della procreazione, l’altra dall’ossidazione organica, l’altra dal mondo esterno fisico e morale. Un protoplasma ed un tessuto dopo fattosi acquista le energie fisiologiche, a similitudine dell’ossido di ferro, che acquista le proprietà magnetiche dal seno della terra. Così le idee del pensiero, le quali non sono innate, come preten- dono alcuni filosofi, si acquistano gradatamente in seguito alle sensazioni, e sono il prodotto delle impressioni esterne fisiche e morali. Queste im- pressioni sono moto della materia, che ci circonda (quale urto meccanico, immagine, suono, odore, sapore ecc.), e, per mezzo delle estremità pe- riferiche sensitive, vengono trasmesse ed impresse alla cellula cerebrale, la quale così acquista un movimento cioè una vibrazione simile all’im- pressione ricevuta, che conserva ed accumula colle altre, come idea, per un certo tempo indefinito (memoria). Così pure in seguito alle stimolazioni interne o automatiche e quelle esterne si acquistano le altre funzioni, di ordine più basso, quale l’ec- citabilità riflessa , la sensibilità , la motilità dei nervi e la eccitabilità comune vegetativa del protoplasma. Dell’origine delle stimolazioni auto- matiche ne parlerò in altro lavoro. Funzione dell' ossigeno nei composti e natura dell’ azione biologica 209 In tal modo la vibrazione della materia esterna si imprime, come movimento o vibrazione alla cellula nervosa , e si cambia in energia nervosa o fisiologica come si voglia dire. Diciamo eccitabilità, 1’ attitu- dine di un tessuto a manifestare un dato fenomeno secondo la organiz- zazione, in seguito ad uno stimolo. Perciò quando si manifesta l’eccitabilità vi è svolgimento di energia, cioè lavoro. Onde 1’ eccitabilità è un poten- ziale dei tessuti. Val quanto dire una energia o vibrazione, che acquista dal mondo esterno e dagli elementi in ossidazione. E noto in fisiologia, che l’eccitabilità dei centri nervosi si acquista dopo qualche tempo dalla nascita al mondo. L’eccitamento di essi centri negli animali neonati non produce i movimenti, che si ottengono negli adulti. I convulsivanti non producono convulsioni nei neonati, come p. e. la stricnina (Falk), la cinconidina (Chirone), il carvacrolo , la furfurina in canini di 2 giorni , la furfuraldoxima in canino di 29 giorni (mie esperienze) ; ciò perchè l’eccitabilità dei centri convulsivi non è ancora acquistata, come ci ha fatto bene osservare il Prof. Albertoni. Io ho inoltre osservato che la salicilaldoxima, convulsivante spinale, produsse convulsione in un canino di 29 giorni (esperienza del D.r Sanfilippo ) e la furfuraldoxima, convulsivante bulbare, non produsse convulsioni, ma graduata paralisi nell’altro canino, il suddetto, della stessa figlianza ed età. Si sa che il bambino prima impara a camminare , poi impara a capire. Tutto ciò mostra che acquistano 1’ eccitabilità prima i centri spi- nali, poi quelli bulbari (centro di Kussmaul e Tenner), in ultimo i centri cerebrali e psichici ; cioè che l’acquisto delle funzioni è in ordine inverso al grado gerarchico. L’educazione e l’istruzione dell’uomo, quella degli animali in genere data dall’uomo o dagli individui della stessa specie, i mille incidenti e bisogni della vita sociale , non producono a forza di ripetersi nuove attitudini piò o meno raffinate nel sistema nervoso, cioè non imprimono a questo nuove energie? Quindi risulta da quanto ho detto, che la vibrazione degli atomi della materia è principio e cagione delle energie. Possiamo nello esprimerci, prendendo causa per effetto , dire che 210 Funzione dell'ossigeno nei composti e natura dell' azione biologica gli elementi, e nel nostro caso specialmente C e H, nell’ossidarsi emet- tono delle energie, cioè il loro movimento o vibrazione, che si comunica ai corpi circostanti; nel qual caso , questi acquistano novello moto o vibrazione, quelli lo perdono, a similitudine dell’ esempio avanti men- zionato, che se un corpo in moto urta uno in quiete, l’urtato si muove e l’urtante si arresta. E chi fa nella materia universale determinare questo grande lavoro o passaggio di moto dagli elementi ad altri corpi? è V ossigeno. Dunque se la vibrazione elementare è 1’ origine di quei fenomeni che chiamiamo energia termica, radiante, elettrica, chimica ecc. : se queste energie sono emesse dagli elementi nell’ossidazione, e dopo ciò essi pei quanto appare ne sono rimasti privi; vuol dire che l’ossigeno ha la singolare proprietà o funzione d! immobilizzare gli elementi , facendogli emettere le loro vibrazioni ed energie , rendendoli inerti. Ora, siccome l’ossigeno fa perdere agli elementi la loro azione bio- logica caratteristica, insieme alla vibrazione atomica ; siccome 1’ azione biologica consiste nell’aumento o diminuzione della manifestazione fun- zionale e delle proprietà fisiologiche, le quali sono le stesse energie fisiche più o meno trasformate ed effetto della vibrazione molecolare dei tessuti viventi; siccome gli elementi producono la loro azione biologica ecci- tando o paralizzando, finché sono dotati di moto o vibrazione ed ener- gia, cioè finché non sono immobilizzati o resi inerti dall’ossigeno o non ossidati ; così 1’ azione biologica risulta essere V effetto della vibrazione degli elementi, la quale si eserciti sui tessuti vìventi. Perciò l’ossigeno fa perdere agli elementi la loro azione biologica caratteristica, perchè gli fa perdere le vibrazioni e li immobilizza. Questa è quella qualche cosa, la quale passa dagli elementi, ossi- dandosi, all’organismo animale ed altre macchine. Che sia così torna opportuno ricordare il fatto assai noto e comune, che mentre C e H, ossidati sono inattivi biologicamente di certo, nelle piante si separano dall’ ossigeno e riprendono le forme attive, perchè sotto l’influenza della clorofilla e dei raggi solari, ricevono da questi e riacquistono le vibrazioni perdute. Intanto gli elementi si dividono in due grandi gruppi : quelli ecci- I unzione dell' ossigeno nei composti e natura dell'azione biologica 211 tanti , e quelli paralizzanti. I primi , H, Li, Ha, K, Rb, Cs, Cu, Ag, Au, Ca, Sr, Ba, Tl, sono più basici ed elettropositivi; gli alcalini prin- cipalmente e gli alcalino-terrosi in secondo posto sono i più forti ecci- tanti. I secondi, C e quasi tutti gli altri non nominati sono meno basici ed elettronegativi rispetto ai primi (1). Questo fatto generale, e partico- larmente il diverso potere elettrico, indica chiaramente che i primi, gli eccitanti, vibrano in un modo ; mentre i secondi, i paralizzanti, vibrano in un altro modo. Perciò, i primi avrebbero vibrazioni omogenee a quelle dei nervi e dei muscoli e di ogni protoplasma, che aumenterebbero facendo ma- nifestare 1’ eccitabilità , cioè facendo sviluppare 1’ energia o il potenziale fisiologico; i secondi invece avrebbero vibrazioni eterogenee a quelle dei tessuti, che diminuirebbero o distruggerebbero, deprimendo l’eccitabi- lità e paralizzando. Per spiegare quest’azione degli elementi, si presenta sempre alla mente la legge della interferenza dei raggi luminosi. Due raggi luminosi omogenei se s’ incontrano ad angolo piccolissimo si rinforzano , purché della stessa velocità o 1’ un di essi in ritardo di una intiera vibrazione o di un numero pari di mezze vibrazioni relativamente all’ altro. Invece si distruggono nel moto e diventano oscuri, se uno di essi è in ritardo di mezza vibrazione o di un numero dispari di mezze vibrazioni rispetto all’ altro. Con questo principio gli eccitanti vibrerebbero all’ unisono ( o per modo di dire come gli accordi in musica ) coi tessuti e ne rinfor- zerebbero le vibrazioni molecolari di questi ; i paralizzanti vibrerebbero inegualmente o dissonanti e distruggerebbero le vibrazioni molecolari dei tessuti. Se questa legge sia applicabile alla farmacologia è cosa da vedersi. A questo punto parrebbe che io facessi un volo pindarico e mi allontanassi dalla teoria oggi vigente , intraveduta già da molti anni, ammessa da tutti, che l’ azione biologica sia fisico-chimica e per alcuni, (l) V. mio lavoro « Relazione tra l’azione biologica e la costituzione atomica, ovvero le prime leggi della farmacologia. » Il Progresso Medico , periodico di Scienze Mediche e Natu- rali, Napoli, Febbraio, 1890, e « La Farmacologia secondo la legge periodica della Chimica. » Op. tip. fratelli Messina, Messina 1887 e La Terapia Moderna, Napoli, 1888. 212 Funzione dell' ossigeno nei composti e natura dell' azione biologica totalmente chimica. Io non credo allontanarmi da questa, anzi credo di darle una base solida. Detta teoria è giusta sino ad un certo punto ed è illazione di una logica intuizione , piuttosto che risultamento dimostrato di fatti ; perciò è d’ altro canto incomprensibile ed astratta. Ma ora che conosciamo l’azione dei principali elementi le funzioni, che questi hanno nei composti, possiamo darle un valore più concreto, chiarire l’ idea e determinarne il concetto. L1 azione biologica va distinta dall’azione chimica. Nell’azione bio- logica vi può essere sì, ma vi può mancare l’azione chimica. Yi sono molti composti non saturi , come gli acidi e gli alcali, i quali determinano azione chimica tanto sulla materia morta, quanto su quella organizzata vivente, producendo analoghe scomposizioni e reazioni. Dentro 1’ organismo, come fuori, producono degli effetti biologici in se- guito a quest’azione, che sono però effetti distruttivi e mortali. Per ragione di affinità chimiche , essi non limitano 1’ azione alla molecola vivente , bensì la estendono agli atomi ed ai gruppi atomici , componenti la molecola vivente o morta, e vi determinano delle scom- posizioni chimiche disorganizzatrici, distruttive. Questa è azione chimica, in cui la sostanza agisce sugli atomi, e non è azione biologica. Yi sono moltissime sostanze sature nelle loro affinità, come i sali ed innumerevoli composti organici, i quali senza decomporsi, senza mu- tare la composizione chimica delle molecole viventi, senza contrarre com- binazioni con queste e senza disorganizzare e distruggere , producono un’azione biologica caratteristica, eccitando o paralizzando ; mentre nulla producono nei tessuti morti. Questa è azione biologica, in cui la sostanza agisce sulla molecola vivente solamente e non sugli atomi o gruppi atomici. P. e. un acido od un alcali nel sangue producono gl’istessi effetti distruttivi che fuori ; ma un sale: carbonato, solfato, fosfato, nitrato al- calino , produce 1’ azione biologica caratteristica dell’elemento basico, at- traversa immutato l’organismo, che non altera chimicamente, ed intanto può ucciderlo pure , senza lasciare di sè tracce chimiche. E opportuno Funzione dell' ossigeno nei composti e no tura dell' azione biologica 2 1 3 qui ìicordaie che nell ipnotismo si e potuto ottenere per suggestione, che un senapismo agisca ed un altro no, applicati contemporaneamente sulla stessa persona. È opportuno ricordare i fatti della metalloscopia e metalloterapia. L’ essenza di senape non produce 1’ azione rivulsiva sul morto co- me sul vivo. Tralascio innumerevoli esempi. Chi conosce la farmacolo- gia può vedere a quanti composti si estende questo fatto. È quindi per vibrazione, cioè per azione fìsica che questi corpi agiscono. La inesplicabile abitudine dell’ organismo alle ripetute e crescenti dosi potrebbe aversi se la sostanza agisse chimicamente? Pensarla così sarebbe dover ammettere, che una sostanza produce reazioni chimiche solamente per una prima e sola volta. Perchè 5 centigrammi di mor- fina, dati per prima dose, possono uccidere un uomo, e cioè sono capaci di produrre l’azione chimica, mentre con le ripetute dosi, parecchi grammi non uccidono più e cioè non sono capaci più di produrre azione chimica? Chi non crede alla mia teoria dell’azione fìsica, provi di abi- tuarsi all’ uso di un acido o di alcali libero a dosi crescenti , i quali agiscono chimicamente, e vedrà se riesce. La differenza tra la molecola morta e vivente consiste in ciò, che quella è immobile, questa è vibrante, secondo le leggi della morfologia, a noi ancora ignote. E siccome per 1’ azione biologica è condizione ne- cessaria la molecola vivente o vibrante, così quando la sostanza satura nelle sue affinità, non si combina chimicamente ai tessuti, dobbiamo dire che agisce per contatto sulla vibrazione molecolare della materia orga- nizzata. Accelerando questa vibrazione si eccita , inibendo questa vi- brazione si paralizza. E siccome la funzione di un tessuto è la manifestazione dell’eccita- bilità o energie del tessuto, così essa non può essere eccitata o depressa dagli elementi e composti, se non quando questi col loro , intimo mo- vimento o vibrazione, accelerano o impediscono la vibrazione o lo svol- gimento delle energie dei tessuti. E siccome la vibrazione e la funzio- nalità dei tessuti è inerente alla forma od organizzazione , così per avere 1’ eccitamento o la paralisi della funzione , è necessaria la inte- grità chimica e morfologica del tessuto , ed è necessario che la vibra- Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 29 214 Funzione dell' ossigeno nei composti e natura dell'azione biologica zione degli alimenti non oltrepassi la molecola organizzata. Se fosse azione chimica, anche minima, vi sarebbe distruzione di forma e quindi anche di vibrazione e di energie , e allora si avrebbe sempre paralisi per disorganizzazione, mai eccitamento o paralisi funzionale, che ad una piccola e media dose sono sempre passeggieri. Coll’ azione chimica vi è distruzione di forma e di funzione , e per riaversi questa , bisogna che si ripristini quella. Se si vuole ammettere ciò , si fa una ipotesi assai lontana dai fatti e forse mai dimostrabile. Così io dico che l’azione bio- logica è effetto della vibrazione degli elementi , esercitantesi su quella dei tessuti, e non è effetto di azione chimica. E siccome sono appunto le sostanze, in cui gli atomi hanno tutte le loro atomicità esaurite, che agiscono senza combinarsi, e non ostante tutto ciò, producono i più caratteristici tipi di azione; così dobbiamo dire che l’affinità chimica, l’atomicità e simili proprietà chimiche sono differenti da quelle proprietà degli elementi, le quali sono causa dell’azione biologica, perchè questa si ha caratteristica appunto quando quelle sono saturate e perciò fuori di azione. È noto a tutti i farmacologi, che condizione necessaria, per ottenere 1’ azione tipica di un elemento o di un compo- sto, sia quella di essere sature tutte le affinità, e non si abbiano com- binazioni chimiche con qualche cosa dell’organismo. Però insieme o in seguito all’azione biologica, la vibrazione atomi- ca può produrre un’ azione chimica. Cioè ogni agente fìsico o chimico può agire superficialmente sulla molecola vivente e di questa modificare solamente le vibrazioni fisiologiche, ed in questo caso può aumentare od arrestare il consumo della materia che serve allo sviluppo delle energie. Lo stesso agente può in seguito agire più profondamente, cioè sugli ato- mi o gruppi atomici, che costituiscono la molecola vivente, e in questo caso daterminare alterazioni chimiche distruttive e letali. Quindi nell’a- zione biologica vi possono essere azioni chimiche, ma queste sono effetto non causa dell’ azione biologica. Con un esempio renderò meglio la mia idea. L’elettricità, la luce, il calore ecc. sono vibrazioni della materia, e così è esclusa la sostanza chimica materiale. Queste energie in giusta misura eccitano le funzioni o le proprietà fisiologiche dei tessuti viventi, non dei tessuti morti. In questo Funzione dell’ossigeno nei composti e natura dell’ azione liologica 215 eccitamento determinano modificazioni fisiche delle molecole organizzate vi- venti, ed è inutile sognare modifiche chimiche immaginarie, da cui derivi la funzione. Ed in questa modifica fisica e poi funzionale, vi può essere certamente il consumo della materia necessaria alla funzione e per lo sviluppo delle energie, ma questo consumo è determinato dalla vibra- zione eccitante e non è causa, ma sempre conseguenza. E gl’istessi suddetti agenti fisici in forte quantità poi determinano profonde alterazioni chimiche, scomposizioni, ossidazioni ecc. su qualun- que molecola viva o morta. Nel primo caso agiscono sulla vibrazione della molecola vivente , senza alterarla cioè senza agire chimicamente ; nel secondo agiscono su- gli atomi componenti una qualunque molecola e li scombinano , deter- minando un’azione chimica. Così p. e. il fosforo , 1’ arsenico e simili, è noto già che agiscono senza combinarsi agli albuminoidi od altri principii immediati organici, è noto che essi agiscono sulla materia organizzata vivente o sulla mo- lecola albumina. A piccolissime dosi eccitano il protoplasma nelle sue attività vegetative , non altro ; ma a grandi dosi, senza mai contrarre previe combinazioni chimiche ed eliminandosi come assorbiti, sdoppiano l’albumina negli acidi grassi da una parte, i quali vi restano, nei grup- pi ammidici dall’altra , i quali combinandosi col carbonilo ed altri ra- dicali, si eliminano sotto forma di sostanze uriche. Nel primo caso, 1’ azione biologica è effetto di vibrazione dell’ ele- mento sul protoplasma vivente, senza azione chimica causale, e si ha l’ effetto di eccitare 1’ attività vegetativa del protoplasma e perciò vi è sintesi organica. Nel secondo, è effetto della vibrazione dell’elemento su- gli atomi o gruppi atomici, cioè di azione chimica, e si ha l’effetto pa- ralizzante e vi è scomposizione organica. In modo che colla massa vi è un diretto rapporto della intensità di azione e delle vibrazioni. La dose necessaria per ottenere quel dato effètto indica, che questo effetto si ha con quella quantità di movimento relativa alla massa dell’elemento, che agisce. Tutti gli agenti farmacologici saturi , i quali entrano nell’ organi- smo senza contrarre combinazioni chimiche, e che sono innumerevoli, e 216 Funzione dell' ossigeno nei composti e natura dell' azione biologica dotati delle azioni più caratteristiche , agiscono per la quantità e in- tensità delle vibrazioni degli elementi attivi , più o meno all’esempio del fosforo e dei suddetti agenti fisici: calore, luce, elettricità ecc. Infine debbo soggiungere che molte sostanze agiscono nell’organismo finché inalterate , poi alcune finiscono col combinarsi ad un principio qualunque dell’ organismo sotto forma di un composto acido inattivo , altre si ossidano completamente, altre si eliminano inalterate. Ora l’a- zione biologica si ha prima che si combinano, si ossidano e si eliminano. Altre, come parecchi metalli, si combinano a certe parti dei tessuti, in composti insolubili e vi permangono inerti. Da quanto ho detto, come ho potuto alla meglio, risulta che l’ a- zione biologica è diversa dall’azione chimica e solamente consideran- dola così in blocco, in complesso cause ed effetti, si potrà dire che sia fisica e chimica. E concludo che la vibrazione atomica e molecolare de- gli agenti fisici e chimici sui tessuti viventi, a seconda la sua intensità e quantità, produce l’ azione biologica , al principio e nel maggior nu- mero di volte, determinando modificazioni molecolari o fisiche passeggiere o permanenti della molecola vivente; in seguito, determinando, non sem- pre, anche alterazioni atomiche o chimiche. Ma tanto 1’ una che 1’ altra sono effetto di una sola causa, cioè del moto della materia. In ultimo debbo dire, che l’ azione biologica va divisa : in azione farmacologica o tossica, ed in azione fisiologica o nutritiva. La prima azione si ha quando l’elemento è libero o combinato ad altri, che non sia ossigeno , e finché si mantiene non ossidato o cioè finché uno o più atomi di ossigeno non eserciti su di esso ambedue le sue valenze. L’elemento così si mantiene vibrante ed eccita o paralizza, aumentando od arrestando le vibrazioni dei tessuti. In quest’ azione , anche per gli eccitanti, i tessuti non ricevono nessuna novella energia, ma risentono soltanto la vibrazione degli elementi per la quale accelerano l’impiego di quelle energie, che già possiedono, onde nello stesso atto di eccitamento non vi è aumento di forza, ma consumo ed esaurimento di quella immagazzinata. La seconda si ha quando l’elemento subisce l’ossidazione, cioè nel momento in cui l’ossigeno vi si combina ad esso e lo immobilizza, fa- Funzione dell'ossigeno nei composti e natura dell' azione biologica 217 cendogli emettere le sue vibrazioni ed energie, le quali così passano ai tessuti viventi. In quest'azione vi è un vera produzione di forze, che i tessuti acquistano e gli elementi perdono durante 1’ ossidazione. Qui sta la vera distinzione scientifica fra veleno ed alimento, fra eccitante nervino e ricostituente. Quando poi l’elemento è completamente ossidato ed immobilizzato, allora non produce più alcuna azione farmacologica e fisiologica. Perciò il vero antidoto di ogni veleno biologico (sostanza non completamente ossidata , sostanze organiche ed organizzate patogene) è 1’ ossigeno o l’ossidazione di dette sostanze , ed il potere ossidante dell’ organismo. Gli acidi e gli alcali liberi, i quali agiscono chimicamente, perchè non saturi nelle loro affinità, ed egualmente tanto su di una sostanza viva quanto su di una morta, vanno esclusi da questo antidotismo coll’ ossi- geno, perchè essi operano la scomposizione con o senza ossigeno. Essi perdono quest’ azione chimica, quando reciprocamente si neu- tralizzano. Trovo opportuno spiegarmi più praticamente. Quando C, H ed altri elementi, sono combinati tra loro in combinazio- ne organica (sostanze chimiche non acidificate), producono paralisi od ecci- tamento, cioè azione farmacologica e tossica. In queste forme essi pos- siedono tutte le loro energie, sono in moto, vibranti ed hanno, relati- vamente alla costituzione atomica , le loro vibrazioni al massimo della intensità , della rapidità e del numero , le quali , esercitandosi a se- conda della loro natura in accordo o disaccordo colle vibrazioni dei tessuti, aumentano od arrestano queste, producendo 1’ eccitamento o la paralisi. In questo caso essi non comunicano alcuna nuova forza , per- chè non cedono energie , ma semplicemente modificano la vibrazione il consumo delle energie fisiologiche dei tessuti in più o in meno. E quando è il caso dell’idrogeno, il quale da eccitante produce ecci- tamento sino alle convulsioni, vi è , non provvisione, ma consumo di quelle energie possedute dal tessuto , e perciò anche infine dell’ eccita- mento si ha esaurimento e paralisi. In queste condizioni chimiche la materia vibra, fa sentire i suoi effetti sugli organismi viventi , ma non cede le sue energie. 218 Funzione dell' ossigeno nei composti e natura dell' azione biologica Quando poi C,H ed altri elementi, combinati tra loro ed in parte all’ossigeno (sostanze chimiche organiche acidificate da uno o più carbos- sili, quali gl’idrati di carbonio e gli albuminoidi) sappiamo, che sono così resi inattivi farmacologicamente e non più capaci di produrre nè azione paralizzante nè eccitante. Detti composti sono come acidi, avidi di alcali e sotto l’influenza di questi e dell’organismo sono rapidamente ossidabili. In questo caso le loro energie o vibrazioni sono conservate, ma impedite di agire sui tessuti dall’ossigeno del carbossile, e perciò mentre non pro- ducono alcuna azione farmacologica qualunque, si assimilano nei tessuti e sono nutritivi. Ma in queste condizioni durano temporaneamente, essi sono ossidabili e si ossidano difatti: nel momento appunto in cui subi- scono l’ossidazione , per l’ influenza dell’ ossigeno, C e H emettono le loro energie e s’ immobilizzano in CO'J ed in H20. Quelle energie o vibrazioni, emesse dagli elementi nell’ossidarsi, sono fornite ai tessuti, i quali in se- guito a ciò si caricano di energie e di movimento molecolare, da cui si originano le proprietà fisiologiche e le forze organiche. Quindi si spiega il noto fatto , che la vera provvisione di! forze consiste in una buona nutrizione insieme ad una buona ed incessante ossidazione organica. Sono queste vibrazioni poi, che i tessuti hanno ricevuto dagli elementi in os- sidazione, quelle che alla lor volta sono accelerate o arrestate ed infine consumate dalle vibrazioni atomiche delle suddette sostanze chimiche più o meno venefiche, capaci di un’azione farmacologica. Nell’azione fisiolo- gica la materia non è vibrante, o almeno non fa sentire gli effetti della sua vibrazione sugli organismi, ma cede le sue energie. All’esempio del carbonio e dell’idrogeno va inteso detto lo stesso per gli altri elementi. Su qusto punto ho altre cose da dire, ma queste saranno oggetto di un altro lavoro. Per concretizzare più le mie idee, ricordo per chiusura le seguenti definizioni. La Chimica studia i fenomeni della vibrazione atomica o le proprietà degli atomi aggregati in modo definito secondo 1’ atomicità e l’ affinità. La Fisica studia i fenomeni della vibrazione molecolare dei corpi bruti, non organizzati o le proprietà delle molecole omogenee aggregate in masse senza limiti e forme per semplice coesione. Funzione dell'ossigeno nei composti e natura dell' azione biologica 219 La Fisiologia studia i fenomeni della vibrazione dei corpi organiz- zati viventi , cioè delle molecole eterogenee aggregate in determinati modi , limiti e forme per legge di organizzazione o le proprietà dei tessuti viventi. La Farmacologia studia gli effetti ed i fenomeni della vibrazione atomica e molecolare dei corpi bruti esercitantesi sulla vibrazione mo- lecolare e strutturale dei corpi organizzati vivi. Così la farmacologia è il legame tra le scienze fisico-chimiche e le scienze biologiche. Ora che ho finito debbo dire, che questo lavoro, nel farlo, mi ha fatto tremare le vene e i polsi, e, se per mia incapacità non sono riu- scito a fare qualche cosa accettabile, non ho risparmiato i massimi sforzi per me possibili. Catania , Febbraio 1890. Laboratorio di Farmacologia Sperimentale della E. Università. ETNA, SICILIA ED ISOLE VULCANICHE ADIACENTI sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici avvenuti durante l'anno 1889. Memoria ' del prof. ORAZIO SILVESTRI 111 collaborazione dell’ ing. 5. ARCIDIACONO assistente per la parte geodinamica. Nella mia relazione su questo argomento dei fenomeni vulcanici avvenuti in Sicilia e nelle Isole adiacenti durante l’anno 1888 pubbli- cata ai primi del 1889 (1), io registrai dei fatti osservati all’Etna e all’ isola di Vulcano , dai quali mi sembrò fino da allora di poter de- durre che le manifestazioni eruttive di questi due vulcani attivi fossero in relazione tra loro e coi fenomeni geodinamici che avvennero col ca- rattere generale di debolissima intensità. Questo giudizio , unicamente stabilito sulla scorta dei fatti osservati, ha avuto piena conferma nell’anno 1889, durante il quale, mentre Vulcano ha continuato attivamente la sua fase eruttiva speciale, 1’ Etna si è mantenuto in uno stato di pre- valente inerzia nelle sue manifestazioni eruttive del suo cratere centrale. E non solamente ciò, ma lo sfogo incessantemente aperto di Vulcano ha corrisposto come l’anno decorso, funzionando come valvola di sicurezza che ha reso nulli o moltissimo deboli gli effetti dinamici di quegli agenti vulcanici locali, per i quali avvengono con frequenza i terremoti in questa regione siciliana. Ciò premesso, passo a dire brevemente quanto sembrami di dovere notare, come più interessante per una breve rassegna per l’anno 1889. (1) Atti Accad. Gioenia di Scienze Naturali, Voi. 1° Ser. IVa — Catania 1889, tip. Calatola. Atti Acc. Vol. II, Sekie 4a 30 222 Etna, Sicilia ed Isole videoniche adiacenti, ecc. I. Etna 1. Fenomeni eruttivi centrali. Gennaio. — In questo mese , che è stato generalmente burrascoso e piovoso, la cima dell’Etna è rimasta per lo più avvolta nelle nubi. Però nei giorni 4, 9, 1 1, 12, 14, 27, 29, 30, nei quali il cratere centrale si è mostrato sgombro, non ha presentato altro segno di vita che le semplici emanazioni più o meno attive di vapori bianchi dei fumaioli disseminati nel suo interno, e per lo più sollecitati dalla eva- porazione dell’ abbondante neve caduta. Ciò si è visto specialmente il giorno 11. Febbraio. — Continuando le medesime condizioni meteoriche del mese precedente, la cima dell’ Etna è stata spesso ingombrata di nubi, ad eccezioni dei giorni 1, 2, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 25, 26, 28. 11 carat- tere di calma del cratere è stato dimostrato dalle solite tranquille emanazioni dei semplici fumaioli. Solamente la mattina del dì 8 con abbondanti vapori eruttivi, comparve sulla candida neve delle alte pendici del cratere una striscia scura, che a partire dall’orlo orientale scendeva giù ad Est verso la valle del Bove. Tal fatto era dovuto a piccola eruzione di vapori e di cenere di breve durata, avvenuta nella notte. Il di 29 il cielo, mostrandosi coperto di densa caligine, faceva quasi credere che una eruzione avesse ripreso e con maggiore vigore. Allorquando con lo spirare di forti venti di levante e di scirocco-levante, la caligine si dileguò, con la caduta , sopra estesa plaga della Sicilia orientale e meridionale, di abbondante pioggia carica di pulviscolo me- teorico di color rosso mattone. Questo pulviscolo di origine atmosferica, presentava i medesimi caratteri di quelli da me precedentemente stu- diati (1). (1) V. 0. Silvestri. — Sopra le pioggie rosse e le polveri meteoriche della Sicilia in oc casione di grandi burrasche atmosferiche. — Catania, 1877. — (Atti Accademia Gioenia.) Etna, Sicilia ccl Isole vulcaniche adiacenti , ecc. 223 Marzo. — Tranne pochi giorni, che sono stati i seguenti, 1, 16, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, in cui la cima dell’ Etna è rimasta oc- cultata dalle nubi, negli altri si è reso al solito evidente lo stato inerte del cratere come dominante. Tuttavia si notò un qualche risveglio del medesimo nel giorno 5, quando comparve un primo indizio di vapori eruttivi, che crebbero poco a poco; e nelle prime ore antimeridiane del 6 comparve una mediocre, ma decisa eruzione vaporosa accompagnata da cenere, che ricoprì la candida neve all’esterno del cono di un velo scuro disteso a levante. La eruzione rimase interrotta il giorno 7, ma riprese il dì 8, continuò il 9, e in più modeste proporzioni anche il 10 e l’il. Un’ altra piccola e di breve durata, ne comparve il 23. Finalmente nei giorni 14 e 17 il cielo si presentò ingombro di fitta caligine cinerea, che in zona sterminata si distendeva da Nord a Sud; e durante questi giorni si ebbe a Catania e altrove una invisibile pioggia di minuta e impalpabile cenere , che dall’ esame microscopico riconobbi come proveniente dalla eruzione attiva di Vulcano. La cenere, per correnti aeree di Nord dominanti nelle alte regioni dell’ atmosfera, si diffuse ampiamente in direzione di mezzogiorno. Aprile. — Durante il mese nessun indizio eruttivo , e sempre le solite emanazioni di bianchi vapori dall’ ambito del cratere , il quale però è rimasto occultato dalle nubi per 8 giorni, che sono stati il 2 , 3, 4, 6, 8, 16, 18, 19. Il 24 si è presentato il cielo caliginoso come nel mese precedente e per la solita causa della cenere proveninte dalla eruzione di Vulcano Maggio. — Nei dì 5, 9, 12, 14, 17, 18, e dal 21 al 26 Etna coperto di nubi. Il 15 e il 29 il cielo si mostrò di nuovo offuscato dal già notato fenomeno della diffusione di sottile cenere della eruzione di Vulcano, che arrivò a costituire una pioggia invisibile a Catania, e anche più al Sud della Sicilia e fuori. Per tutto il rimanente del mese 11 cratere centrale completamente allo scoperto , non diede in generale altri segni che le consuete deboli emanazioni di bianchi vapori dai fu- maioli. Però a dì 30 avvenne per poche ore una distinta manifestazione 224 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. eruttiva di vapori , che il 31 si ripetè col carattere di quelle che fre- quentemente avvennero 1’ anno scorso. Incominciata alle ore 8 antime- ridiane andò crescendo rapidamente, tanto che dopo tre ore, alle 1 1 , la massa di vapori aveva completamente occultata la regione elevata del- l’Etna; poi gradatamente andò scemando nelle ore pomeridiane, e verso sera cessò, facendo comparire il cratere completamente sgombro col cielo sereno. Giugno. — Nel giugno la tendenza eruttiva di vapori incominciata nel 30 maggio continuò dall’ 1 all’ 8 del mese, con eruzioni quotidiane principiate la mattina tra le 7 e le 8, e terminate la sera, come quella del 31 maggio. La eruzione del 2 giugno fu accompagnata anche da cenere, che giunse a cadere tino a Catania. Nei giorni 13, 14 e 17 si mostrarono di nuovo fenomeni del genere ora indicato. Questo breve risveglio dell1 Etna coincise con alcuni abbassamenti barometrici , e forse non fu indipendente dal modo come procedevano le condizioni eruttive di Vulcano. Nel rimanente del mese il cratere centrale rimase perfettamente inerte, tranne l'esalazione di pochi vapori dai suoi fumaioli. Il 23, 24, 27, 28, 29, 30 la regione etnea fu ingombra di nuovo da fitta caligine cinerea proveniente da Vulcano, che, come nelle date precedenti, costituì invisibile pioggia di cenere a Catania e si diffuse in ampia zona a meggiorno. Luglio. — Costante calma nel cratere centrale. E da notare che nei giorni 1, 2, 5, 6, 7, 8, 9 1’ Etna si mostrò avvolto da vapori ca- liginosi che davano al medesimo quasi 1’ aspetto eruttivo , mentre tale apparenza era dovuta ai vapori gravidi di cenere di Vulcano trasportati al solito da Nord a Sud da più basse correnti aeree.. Dietro ciò si dif- fuse per i giornali la falsa notizia di una eruzione dell’ Etna, regalata al pubblico da qualche inesperto corrispondente. Il dì 7 la massa di vapori fu sì abbondante, che la loro condensazione determinò verso le 3 pomeridiane delle nubi temporalesche con lampi, tuoni e dirotta pioggia, ma di breve durata. Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. 225 Agosto. — Anche in questo mese si sono mantenute le condizioni di inerzia del cratere centrale, il quale solo ai dì 30 e 31 si mostrò sormontato da un pennacchio di vapori non eruttivi. Dal 25 al 29 esso fu avvolto da nubi meteoriche , e mentre per la più gran parte del mese il cielo si presentò sereno, tuttavia dall’8 al 16 e dal 19 al 24 la regione dell'Etna si trovò invasa dalla solita caligine cinerea prove- niente da Vulcano. Nei giorni 8 e 9 la caligine fu talmente densa da occultare completamente l’Etna. Settembre. — - Ai dì 1 e 6 comparvero due mediocri eruzioni di vapori durante il giorno, del resto il cratere si mostrò in perfetta calma. Rimase però ingombrato da nubi meteoriche dal 7 al 12 e nei dì 10, 17 e 29, durante i quali il tempo fu burrascoso e variabile. Nell’ ultima decade del mese , mentre io accompagnava nelle escursioni geologiche all’Etna i membri della Geological Society e della Geologist's Associatìon di Londra, durante il loro viaggio vulcanologico in Italia per il cente- nario scientifico di Spallanzani , fummo sorpresi da due burrasche im- provvise accompagnate da forti acquazzoni: una il dì 25 nelle ore po- meridiane alla Valle del Bove , 1’ altra nella notte dal 28 al 29 con grandine e vento furioso, mentre eravamo per raggiungere la cima dei- fi Etna. Il cratere centrale era in uno stato perfettamente tranquillo. Ottobre. — Etna sempre in calma e con indizio di pochissimi va- pori leggeri, quantunque abbia potuto osservare solo a intervalli la sua cima, e precisamente nei giorni 7, 9, 10, 12, 17, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27. In generale ebbe predominio, durante il mese, un tempo sci- roccale umido, che tenne il cielo fosco e coperto. Novembre. — Si mantennero le stesse condizioni di calma del cra- tere contrale anche in questo mese , durante il quale esso si presentò scoperto solo interpolatamente, per causa di un tempo rotto alla pioggia ai primi del mese, e mantenutosi poi con un cielo alternativamente se- reno, semicoperto o totalmente annuvolato. Nei giorni 1, 6, 10, 13, 15, 16, 17, 18, 19, 23, 24, 26, in cui l’Etna si manifestò sgombro coni- 226 Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. pletamente di nubi, si vide il suo cratere sormontato da qualche ema- nazione vaporosa, dovuta ai suoi tranquilli fumaioli ordinari. Dicembre. — Anche in questo mese ha dominato il cielo coperto sotto la influenza di venti che hanno mantenuto l’aria con elevato grado di umidità. La cima dell’ Etna perciò è rimasta per lo più oc- cultata, ma nei giorni 3, 4, 6, 7, 9, 10, 11, 14, 23, 26, 28, 30 si è mostrata con caratteri di calma del cratere. Solo nei due giorni 6 ed 8 questo era sormontato da una nuvoletta di vapori più densi, ma sempre dovuti agli ordinarii fumaioli. Riassumendo quanto ho esposto per i 12 mesi del 1889, si vede dunque che, se si eccettua un sensibile, comechè breve, risveglio eruttivo di vapori, talvolta con ceneri, verificatosi il 31 maggio e continuato nei primi giorni di giugno, e le deboli manifestazioni eruttive della stessa natura e brevissime dell’ 8 febbraio, del 6, 8, 9, 10, 11 marzo e dell’ 1 e 6 settembre , si può dire che durante 1’ anno ha dominato nel cra- tere dell’Etna uno stato di perfetta calma , e ciò di fronte all 'incessante stato eruttivo della vicina isola di Vidcano. 2. Fenomeni eruttivi eccentrici. La calma dominante del cratere ha trovato , come è naturale, un riscontro nella mancata comparsa di qualunque eruzione eccentrica sui fianchi dell’ Etna, che abbia dato origine a qualche nuovo cratere av- ventizio. Il cratere di tal genere, Monte Gemmellaro , formatosi nell’ultima recente eruzione del 1886, non ha raggiunto fin qui il suo totale spe- gnimento, e da me visitato a dì 30 settembre , presentava ancora nel suo interno alcuni fumaioli attivi non solo a vapore di acqua, ma an- che acidi. Nulla di straordinario si è dovuto notare durante V anno in quei punti di sfogo di vulcanicità secondaria, che sono distribuiti alla peri- feria dell’Etna, come le sorgenti idrogassose minerali presso Acireale e presso Paterno, e come i bacini dei vulcanetti di fango del territorio Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. 227 di Paterno. In questi ultimi sono pochissimi i crateri che danno ora segno di vita : nel principale, detto la Salinella , che è immediato al paese di Paterno, nel quale 11 anni or sono principiò il lungo periodo della famosa eruzione di fango, che precedette e seguì la grande confla- grazione etnea dei maggio 1879, adesso non si vedono che tre piccoli crateri, con un residuo di poca attività che rappresenta lo attuale stato normale (1). IL Fenomeni eruttivi nel rimanente della Sicilia. Nulla di straordinario è da registrarsi al di fuori del perimetro dell’Etna in tutto il rimanente del suolo siciliano, in cui alle Macalube di Girgenti, di Caltanissetta e di altri punti , si è mantenuta al solito quella piccola attività che è il loro carattere più comune. Merita però che io dia cenno di un fatto , che l’ esperienza con- fermerà se abbia un carattere costante , ma che per ora risulta come (1) Quantunque estraneo all’enunciato di queste note, tuttavia non posso passare sotto silenzio un fatto avvenuto nel territorio dì Giarre, sul basso fianco orientale coltivato dell’Etna. A di 8 e 9 novembre abbondante acque torrenziali , dovute alle prime piogge dirotte dopo prolungata siccità , furono accompagnate da spaventevole burrasca con una tromba o turbine aereo, che, proveniente dal mare, oltrepassò la costa verso Riposto, e strisciò dentro terra da levante a ponente, ove andò a dileguarsi nelle alture dell’Etna. Produsse in lunga zona della larghezza di più di 100 metri gravissimi danni alle campagne e alle case rustiche ivi disse- minate. Contemporaneamente a tale burrasca, comparve nella notte del 7 all’ 8, con imponente fragore di temporale, una frattura di suolo in direzione lineare, che a poca distanza dall’abitato della borgata Macchia si stende da Nord a Sud per circa due chilometri. La frattura ha un andamento irregolare, con larghezza variabile da 1 a 4 metri, con una profondità parimente variabile, ma che in certi punti è fino da 50 a 60 metri dai labbri che fiancheggiano le due pareti tagliate a picco. Non si tratta di una squarciatura vulcanica recente , ma io credo con tutta probabilità che le acque torrenziali ebbero a scalzare dalla sua base uno strato di ter- reno permeabile (superficialmente coltivato e nel sottosuolo formato da tufo vulcanico con ciot- toli) , il quale poco stabilmente riposava sopra una antica squarciatura (litoclasi), che ebbe a formarsi negli strati sottostanti e massicci di lava, quando avvenne il forte terremoto che nel 1865 distrusse la detta borgata Macchia. Vedasi per maggiori dettagli 0. Silvestri « Sopra un’ importante fatto di litoclasi sotterranea messo in evidenza dalle acque meteoriche torren- ziali nella bassa regione est dell’Etna — Bull. Accad. Gioenia — Fase. XXI e XXII 1890. 228 Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. isolato dalle osservazioni regolari intraprese durante )’ anno dal signor Corrado Guzzanti, direttore dell’Osservatorio di Mineo, centro dell’antica regione flegrea della Sicilia meridionale, sulla temperatura della sorgente di acqua, detta di Fiume caldo, che scaturisce in una valle sottostante alla detta città. La sorgente generalmente è di acqua limpida, ma di tanto in tanto comparisce più o meno torbida. Il fatto dell’ intorbidamento non è isolato : talvolta è in relazione con fenomeni geodinamici macro- sismici o microsismici, ma sembra che lo sia anche con la temperatura sua suscettibile di variare. Infatti, il 26 giugno, mentre era limpida, presentò la temperatura di 34° C., cioè 4° sul massimo estivo di 31°, e il dì successivo 27 comparve col carettere di grande intorbidamento straordinario. III. Fenomeni eruttivi delle isole adiacenti alla Sicilia. 1. Eruzione delV isola di Vulcano. Già nel Yol. citato e a questo precedente degli Atti Accademici scrissi della fase eruttiva in cui entrò il cratere di Vulcano fino dai primi di agosto 1888; e per quanto me ne occupassi in succinto, tut- tavia cercai di mettere in rilievo i particolari caratteri di detta fase erut- tiva, che distinsi col nome di fase vulcaniana. Questa ha continuato durante l’anno 1889, ora con maggiore, ora con minore violenza, senza però modificare il suo particolare modo di presentarsi con esplosioni eruttive, giornaliere, intermittenti, di forza variabile, con dejezioni di va- pori, ceneri e lapilli carichi di elettricità, e le più forti accompagnate da projettili più o meno voluminosi, costituiti specialmente da bombe di fresca elaborazione. La natura di queste ultime attesta evidentemente la esistenza di un magma igneo nelle profondità sotterranee, senza che però sia mai comparso all’ esterno alcuno indizio di lava fluente. Le eruzioni, specialmente nei mesi invernali ( sotto la influenza di basse pressioni atmosferiche), avvennero con tale frequenza da poterne osservare fino Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. 229 a 112 in 8 ore, con intervalli per lo più variabili da pochi minuti a più di un quarto d’ora: il che condurrebbe alla cifra di 336 in un intiero giorno. Nella loro maggiore violenza hanno mandato in aria le loro dejezioni di vapori e ceneri ad altezza molto ragguardevole : infatti da misure ango- lari prese dal prof. A. Ricco dal R. Osservatorio astronomico di Palermo sulla colonna ascendente, distintamente visibile anche a grande distanza, si è potuto calcolare che questa abbia raggiunto fino ai 10 chilometri e mezzo di altezza. Non deve far quindi meraviglia quanto ho riferito riguardo al fenomeno osservato nella regione dell’Etna, cioè della fre- quente caligine cinerea che ha potuto superare questo monte alto 3300 metri, mostrandosi spesso durante l’ anno sovraincombente a questo ; e, spinta da correnti aeree superiori del Nord , stendersi in sterminata zona verso mezzogiorno, producendo ovunque una pioggia invisibile di impalpabile cenere. Nel complessivo andamento generale delle esplosioni eruttive di Vulcano si può dire , che dai mesi estivi in poi esse si sono fatte più irregolari nelle loro intermittenze , ed hanno preso una prevalenza le eruzioni deboli a quelle forti o fortissime che sono avvenute a inter- valli più lunghi. E vero che a novembre si è manifestata una nuova recrudescenza, ma questa è venuta a mancare in dicembre. Ciò starebbe a provare un principio di aftievolimento nella forza eruttiva. R cratere internamente ha cambiato di aspetto : ora è in parte riempito dall’ ab- bondanza delle dejezioni solide che vi si sono accumulate, e per le quali esso comparisce quasi colmato. Durante i fenomeni eruttivi di Vulcano sono degni di nota i se- guenti fatti. A dì 29 novembre 1888 alcuni marinari, che si trovavano nella bilancella Gennarino verso le tre pomeridiane con mare tranquillo, ad un chilometro circa fuori della punta di Luccia all’isola di Vulcano, tutto ad un tratto, mentre udivano forti boati del cratere, si trovarono in mezzo ad un moto burrascoso di onde, videro spumeggiare 1’ acqua del mare come se fosse entrata in ebollizione, e pericolarono di essere sommersi; nello stesso tempo videro galleggiare nelle acque delle scorie pomicee. Di questo fatto non si conosce nessuna ripetizione, e nessun’altra testimonianza può citarsi, se non quella dei pochi marinari che lo rac- Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 31 230 Etna, Sicilia, ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. contarono al loro ritorno in Lipari , e sotto la influenza del loro sbi- gottimento per l’ incontrato pericolo. Il 22 di novembre 1888, cioè in una data di poco precedente alla suddetta, il cavo sottomarino, che si stende tra Lipari e il promontorio di Milazzo in Sicilia , e che per conseguenza si avvicina all’ isola di Vulcano come intermedia; si ruppe a circa 11 chilometri dalla costa di Lipari, e cessò quindi ogni comunicazione con la Sicilia, finché non fu dopo breve tempo ripescato e rimesso in ordine : questa operazione costò grande fatica per la difficoltà incontrata per estrarre i capi rotti dal cavo, che presentarono una resistenza come se fossero stati sepolti da pesante materiale. Quantunque il cavo abbia in vicinanza della costa un dia- metro di centimetri 6 e nella profondità del mare di centimetri 3.5, tut- tavia la rottura si ripetè per altre due volte , e precisamente a dì 30 marzo e a dì 11 settembre 1889. Pare che la rottura sia avvenuta presso a poco nello stesso punto. Tutti questi fatti furono ragionevolmente attribuiti a fenomeni vul- canici sottomarini in relazione allo stato eruttivo di Vulcano, e misero fino dal primo loro annunzio un certo allarme nella popolazione dello arcipelago Eolio. Frattanto il R. Governo, sì nell’ interesse scientifico come per qualunque apprezzamento di possibili evenienze, saviamente dispose che una Commissione scientifica (1) si recasse sul posto , onde intraprendere degli studi speciali per poi riferirne. Il lavoro collettivo della Commissione, che già fu in succinto comunicato al R. Governo , sarà tra breve pubblicato per esteso. Frattanto chi abbia interesse di conoscere i particolari sul modo come esordì la eruzione di Vulcano, potrà leggere una mia prima estesa relazione presentata al R. Governo in data 31 agosto 1888 , e pubblicata a Roma nella parte IV del voi. IX degli Annali dell’Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica. Come anche un sunto di più recenti studi da me comunicato all’Acca- demia delle Scienze di Parigi nella seduta del 5 agosto 1889 , e che (1) La Commissione scientifica venne composta dal prof. 0. Silvestri presidente, dal prof. G-. Mercalli, dal prof. G. Glablovitz , e dall’ ing. V. Clerici capo dell’ ufficio del Genio civile di Messina. Furono a questa aggregati come assistenti i signori ing. Cerati, prof. S. Consiglio, ed Alfredo Silvestri. Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. 231 leggesi nei Comptes rendus col titolo: Sur l’èruption recente de Vile de Vulcano. Numerose sperienze intraprese insieme alla Commissione sui feno- meni meccanici della eruzione di Vulcano hanno pienamente confermato anche il fatto, che io misi in evidenza nella mia prima relazione sopra annunciata, e anche nella memoria che io pubblicai nel Voi. I. Serie IV. di questi Atti Accademici, cioè il carattere generale della relativa- mente grande stabilità del suolo anche presso il cratere, e nell’istante delle esplosioni eruttive, comprese le più forti. 2. Eruzioni dello Stromboli. L’ incremento eruttivo, incominciato nella notte del 23 al 24 ot- tobre 1888 , (V. Memoria citata 1888) ha continuato e si può dire che ha caratterizzato durante 1’ anno 1889 un periodo di frequenti manifestazioni eruttive straordinarie anche per questo vulcano, accom- pagnate talvolta da tremiti di suolo segnalati dagli strumenti sismici , come vedesi nei prospetti che seguono. Fino dal gennaio lo Stromboli , oltre alle solite periodiche proje- zioni di scorie, cominciò, secondo le testimonianze dei signori Giuseppe, e Gaetano Renda (il primo dei quali addetto al servizio geodinamico di quell’ isola) , a eruttare della lava in massa fluente , che sull’ orlo Nord-West del cratere si diramò in tre piccole correnti che, scendendo su di una inclinazione di sopra 50 gradi , si scomponevano facendo rotolare materia infuocata sul ripidissimo pendìo che va giù al mare. Nel febbraio la cresciuta attività si mantenne, e si fecero sentire forti e frequenti boati. Dietro relazione particolare gentilmente comunicatami dal prof. G. Mercalli che visitò il cratere il dì 28, questo presentava allora tre bocche nuove tutte attive , che avevano formato tre modesti coni o protuberanze sull’ orlo superiore del cratere nella così detta sciara del fuoco. Egli potè anche constatare una piccola, ma evidente corrente di lava da una quarta bocca laterale, apertasi a circa 10 o 12 metri al disotto di uno dei tre già detti piccoli coni , il quale specialmente dava continue projezioni di scorie. 232 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. Nel marzo e aprile, essendosi mantenuta la forza eruttiva dei mesi precedenti, i tre nuovi coni giunsero ad assumere dimensioni maggiori mentre dalla suddetta bocca continuò la emissione di lava fluente. Verso il maggio il cratere si calmò alquanto , ma a dì 15 , alle ore 7,53 ant., s’ intese un forte rombo e di lunga durata, accompagnato da ter- remoto , contemporaneamente al quale comparve un risveglio eruttivo con energiche projezioni di scorie e sgorgo di lava fluente. L’intensità del fenomeno ebbe un seguito anche nel giugno , durante il quale di nuovo, specialmente dall’ intermedio dei tre nuovi coni, si spingevano con forti boati le dejezioni di scorie incandescenti a tale altezza che potevano vedersi anche dall’ abitato dell’isola, quantunque da questo, che è immediatamente nella costa soggiacente , non vi sia la visuale del cratere. Il 19 settembre i già menzionati geologi inglesi visitarono il cra- tere e trovarono presso a poco la stessa attività con le 4 bocche in funzione. E tale attività caratterizzata dalla lava fluente , quantunque alternata da varie intermittenze , o brevi di qualche ora , o lunghe di qualche giorno , si può dire che siasi mantenuta durante il rimanente dell’ anno. 3. Osservazioni sulle altre isole Eolie. Oltre quanto ho detto di Vulcano e di Stromboli , per le altre isole dell’ arcipelago Eolio ho da notare quanto segue. Durante gli studi intrapresi dalla Commissione scientifica inviata dal R. Governo, come ho già detto, all’ isola di Vulcano , io mi sono preso la cura di fare delle ricerche anche sulle emanazioni gassose che caratterizzano lo stato di vulcanicità secondaria non completamente so- pito della vicina isola di Lipari. Quivi, oltre a constatare la permanente attività di fumajuoli di vecchia data, si è conosciuta anche la comparsa di nuovi sfoghi di tal genere , e specialmente nelle due località dette Piano greco e Bagno secco. Questa ultima è di grande interesse, perchè ivi tutto dimostra come regni ancora una energica attività sotterranea. In una area di circa due chilometri e mezzo quadrati si presenta un Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. 233 suolo di lave sconvolte, tutte profondamente alterate; e dovunque sono dislocamenti o fenditure, trovasi a poca profondità una temperatura più o meno elevata , che talvolta giunge tino a 80 e 90° C. Sotto una balza vicino al mare scaturisce una sorgente di acqua termale con 59° di calore. Qua e là sono disseminati molti fumajuoli, che hanno mostrato una temperatura da 83 a 90°, con emanazioni gassose che fanno sen- tire fortemente 1’ odore dell’ acido solfidrico ; e sottoposte all’ analisi mi hanno dato il seguente risultato medio : Anidride carbonica 95.44 Idrogeno protocarbonato 2.54 Idrogeno 1.97 Acido solfidrico 0.05 100.00 Questa mescolanza gassosa per la sua natura è da assimilarsi a quelle delle salse o vulcani fangosi ; mentre ne differisce quella dei fu- majuoli del Piano greco che è da paragonarsi invece all’ altra delle comuni mofete, essendo risultata all’ analisi come essenzialmente formata da anidride carbonica con piccola quantità degli elementi dell’ aria at- mosferica. Infatti la composizione media, che ho trovato in un fumajuolo più attivo e di recente comparsa, è la seguente : Anidride carbonica 83.15 Azoto 13.32 Ossigeno 3.53 100.00 • Devo aggiungere che, presso la costa dell’ isola di Salina (che suc- cede immediatamente a Lipari procedendo verso Nord-West), a 200 metri circa dalla spiaggia detta Renella , in un punto del mare chiamato localmente lo sconcasso (dove l’opinione volgare ammette da antica data la esistenza di un vulcano sottomarino), si è reso il 17 luglio a ore 6 pomeridiane evidente il fatto ( che di tanto in tanto scomparisce ) di uno sviluppo abbondante di materia gassosa , per cui 1’ acqua sembra mettersi in ebollizione per una vera eruzione aeriforme, in causa della 234 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. quale una notevole quantità di alghe marine sono distaccate dal fondo e vengono a galleggiare nell’ area di mare interessata dal fenomeno. Per la fugacità del fenomeno non ho potuto raccogliere io stesso, nè avere questa materia gassosa per analizzarla: credo però molto proba- bile , per analogia di dati geologici , che debba essere della stessa na- tura di quella appartenente alle emanazioni del Piano greco di Lipari, di cui avanti ho fatto cenno, e di quella anche , che scaturisce perma- nentemente in vari punti presso la costa di Vulcano e abbondantemente al porto di levante , che ho trovato essere formata in media da Anidride carbonica 85.00 Azoto 10.55 Ossigeno 0.45 Acido solfidrico 4.00 100.00 Anche il gas che si sviluppa dallo sconcasso nel mare di Salina si dice generalmente che abbia odore di zolfo , che è quanto dire di acido solfidrico. Tale manifestazione eruttiva dimostra evidentemente anche un altro tratto, nel punto indicato, tuttora aperto di quella di scontinuità degli strati terrestri , ossia di quella fenditura che determinò la origine vul- canica e rallineamento delle isole Eolie. IV. Fenomeni geodinamici. Nei prospetti che seguono vengono riassunti tutti i fatti geodina- mici che è occorso di registrare durante l’anno, perchè messi in evidenza per mezzo degli strumenti sismici distribuiti nei vari Osservatori di primo, secondo e terzo ordine della Sicilia ed isole adiacenti. Fra gli strumenti adottati, e che via via sono posti in pratica e in esperimento , vi è il recente sismoscopio a verghetta costruito con e senza orologio dai fra- telli Brassart, meccanici del R. Ufficio centrale di meteorologia e geo- Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. 235 dinamica. Solo questo sismoscopio ha dato durante l’anno qua e là fre- quenti segnalazioni, e realmente dal complesso numeroso di queste, come si vede nei prospetti qui annessi, sembrerebbe a prima vista che io fossi in contradizione con quanto al principio di questa rassegna annuale ho premesso circa la notevole quiete che ha regnato durante l’anno nel suolo siciliano anche riguardo ai fenomeni geodinamici. Ma la mia osser- zione non è gratuita, essa è fondata sui risultati generalmente negativi che hanno dato altri sismoscopi pure sensibili e di modelli diversi: si- smografi di vari autori e pendoli sismografici di varia lunghezza ; e fino anco gli strumenti microsismici , come il tromometro , tutti hanno nel complesso provato il carattere generale di calma nei fenomeni geodi- namici. Questa apparente contradizione si può forse spiegare ammettendo un grado di sensibilità speciale al detto sismoscopio capace di obbedire a certe vibrazioni, (che possono essere anche indipendenti da cause endo- gene) alle quali sono insensibili gli altri strumenti. Però qualunque sia la natura e la legge di queste vibrazioni , è certo che sono da rite- nersi come minimi impulsi insensibili non solo all’ uomo, ma anche ad altri mezzi di ricerca delicatissimi. Finisco anche in questo anno col ringraziare pubblicamente i miei assistenti, ing. Salvatore Arcidiacono, prof. Sebastiano Consiglio e Al- fredo Silvestri , per lo zelo con cui mi seguono in questi studi , e così pure tutti i chiarissimi Direttori degli Osservatori governativi e privati che formano parte della rete geodinamica della Sicilia, del pari che tutti gli ufficiali telegrafici addetti al servizio geodinamico, per la valida coo- perazione che mi prestano , onde nessun fatto sfugga al patrimonio di una scienza, i cui difficili postulati esigono continue osservazioni , per- severanti e severi studi. Avvertenza Nel quadro seguente per luogo s’intende la sede dell’ Osservatorio, da cui fu segnalata la scossa. Quanto alla qualità , i terremoti deboli o forti vengono distinti e classificati come segue: Quelli contrassegnati con asterisco (*) sono segnalazioni di debolissimi tremiti, indicati con — 1°, 236 Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. cioè al disotto del 1° d’intensità della scala italo-svizzera, ed avvertiti da un solo sismoscopio a verghetta Brassart; quelli con croce (-r), idem, ed avvertiti da un solo sismoscopio a dischetto Brassart; tutti gli altri senza segno sono stati avvertiti dai soli avvisatori sismici Galli-Brassart; mentre viene specificato nelle annotazioni se sono stati segnalati anche da qualche persona, da molti o da tutti gli abitanti dei centri popolati. Nella colonna troniometro vengono notati il minimo ed il massimo delle oscillazioni del tromometro normale Bertelli , posto nel R. Osser- vatorio geodinamico di Catania , e col quale le osservazioni sono state fatte dalle 8 ant. alle 8 pom. Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti 237 Prospetto sommario dei fenomeni geodinamici e vulcanici avvenuti all’ Etna , nella Sicilia in generale e nelle isole adiacenti. Riassunto. — Calma dominante dell’Etna durante l’ anno. Continua invece lo sfogo attivo all1 isola di Vulcano , sempre coi caratteri della fase vulcaniana , cioè con giornaliere esplosioni eruttive più o meno fre- quenti e di forza variabile, senza lava fluente, con projezione di vapori e ceneri^ accompagnate sovente da bombe, massi voluminosi ed abbon- dante mitraglia di pietre grosse e minute. L’ attività di Stromboli nel corso dell’anno ha assunto spesso degli incrementi notevoli con carat- teri di fase eruttiva pliniana , producendo, oltre alle solite dejezioni di vapori , lapilli e scorie, anche dei rivi di lava fluente. Seguono i pro- spetti mensili dei terremoti. Giorni Ora Luogo Qualità Direzione Intensità relativa Tromom. G< mnaio. 3 7.55 a, Palagonia * — 1 1.5—8 )) 0.11 P- Catania * — 1 1.5—8 7 9.20 c J . Lipari * — 1 5—15 10 8.19 p. Stromboli ondulatorio E-W 2 2 — 5 11 1.32 a. Palagonia * 0.5— 2.8 12 3 a. Catania * — 1 1.5- 3 14 8.43 a. Lipari * — 1 1—2 18 5.9 P- Palagonia * — 1 2.50—6.5 20 5.54 a. Catania ondulatorio S-N — 1 2- 5 )) 5.42 P- Palagonia * — - 1 2-5 21 11.45 a. Mineo * — 1 >) 10.10 P- Beipasso misto N-S 3 » » )) Paternò sussultorio 3 f )) » » Biancavilla » 3 3—10 » )) )) Nicolosi ondulatorio ? 2 » » )) Zafferana, Etnea )) NE-SW ? j \) » » Catania (1) 4= — 1 22 4 P- )) 1 5.3-9 )) 0.30 P- Mineo ondulatorio N-S 1 5.3—9 23 3.33 P- Catania * — 1 1.5—3 25 11.36 P- Palagonia * — 1 7 — 9.5 (1) Sentita dagli abitanti in alcuni punti della città, ma non segnalata dagli istrumenti sismici dei due Osservatori, centrale e periferico. Nessuna manifestazione all’Etna. — Nel 10-11, incremento di attività dello stato erut- tivo dello Stromboli, che insolitamente presenta dei rivi di lava fluente. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 32 238 Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. Febbraio. 8 2.30 a. Messina (1) 3 0.5— 1.5 12 0.59 p. Palagonia * - 1 i )) 2.17 p. Catania * - 1 1.5-3 )) 6.22 p. Palagonia * - 1 16 10.28 p. Catania * — 1 1.8 -6 19 4.35 a. Beipasso misto E-W 3 » » » Paternò sussultorio 3 5.12 )) » » Biancavilla )) o O 20 0.16 a. Palagonia * 1 0.5—3 21 9.37 a. Mineo * 1 2—5 24 0.22 p. Messina * 1 )) 5.15 p. Palagonia * — 1 )) 5.16 p. Catania * - 1 1 O K )) 6.32 p. Biancavilla (2) sussultorio 2 L — u.O » 9.20 p. « (3) » 3 » 9.22 p. Adernò » 2 25 6.48 p. Biancavilla )) 2 1-2 26 0.46 a. Palagonia * — 1 1—2.5 27 4.12 a. » * - 1 )) 5.7 p. Palermo (4) ondulatorio 1-2 1-4 )) 5.6 p. Trapani )) 2 28 4.24 a. Palagonia * 1 1-3.5 )> 9.50 a. Trapani ondulatorio ? 1 1-3.5 (1) Sentito dalla maggior parte della popolazione, ma non indicato dagli strumenti del- l’ Osservatorio; durata tre secondi circa. — (2) Avvertito da pochi. — (3) Avvertito da parte della popolazione. — (4J Due scosse con intervallo di circa due secondi, la seconda, più forte e più lunga, durò circa mezzo minuto primo. L’inerzia eruttiva dell’ Etna fu interrotta nella notte del 7 all’8 da una leggera e breve eruzione di cenere e arena. Il 27, pioggia con pulviscolo in tutta la Sicilia meridionale e con vento burrascoso variabile di E-NE-SE. Marzo. 1 6.56 p. Trapani ondulatorio N-S 1 1—5 4 9.31 p. Catania * — 1 1—2 5 11.47 a. Zafferana Etnea ondulatorio NW-SE 3 0.5— 2.5 7 2.55 p. Palagonia * — 1 3—4 9 8.38 p. Catania * — 1 1—2 11 2.13 a. Palagonia * — 1 0.5— 2.8 16 10.25 a. Lipari * — 1 0.8 — 2.8 » 10.50 a. Licata * — 1 0.8 — 2.8 20 11.4 a. Catania * — 1 0.5— 1.5 21 3.2 p. Lipari * — 1 1 — 2.7 22 9.5 p. » * — 1 1—4 25 6.44 p. Siracusa * - 1 3.5-11.5 26 8.50 a. )) * — 1 2—5 » 9.30 a. » * 1 — 1 2-5 8, 9, 10, 11, piccole e brevi eruzioni di ceneri all’Etna. — 14 e 17, densa caligine pro- dotta dalla cenere di vulcano, che si stende in larga zona sulla regione etnea e si diffonde ampiamente verso Sud. Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ccc. 239 Aprile. 2 9.28 a. Pai agoni a * — 1 \ ì) » 0.4 p. 0.6 p. Mi neo )) * * — 1 1 1.5— 5.5 » 0.17 a. Messina (1) SUSSul toTÌO 2 ] 3 5.40 a. Pai agoni a * — 1 » 10.56 a. Messina sussultorio — 1 1-4 )) 11.07. 30 a. )) )) — 1 4 2.32 a. Mi neo (2) » 3 » 0.23 a. Messina » 1 )) 9.3 a. » * — 1 » 10.55 a. Catania * — 1 ;,-2 » 0.34 p. » * — 1 )) 2.28 p. » * — 1 )) 8.34 p. » * — 1 5 0.30 p. » * — 1 / » 5-6 5.54 p. notte Mineo » * * — 1 1 jo.5 — 3 6 6.13 p. » — 1 » 6 17 p. » * — 1 iO CO IO o » 6.18 p. » * — 1 7 0.6 p. » * — 1 1.5—3 8 2.4 p. »> * — 1 1—2 10 9.8 a. Catania * 1 1 -3.4 12 8.5 a. Mineo + — 1 1.5 — 4 13 6.56 a. Catania * — 1 3—6 19 3.3 a. )) * . — 1 0.5-1. 5 » 5.25 p. Mineo * — 1 0.5-1. 5 20 1.4 p. Catania * — 1 0.3-2 24 10.46 a. )) * — 1 2-4 » 1.28 p. )> * — 1 2-4 25 7.10 a. )) * — 1 0.5 — 3.8 26 8.4 a. )) * — 1 1-4.3 27 10.49 a. )) * — 1 0.5-1 » 9.5 p. Pai agoni a * — 1 0.5—1 30 1.11.30 p. Catania * — 1 0.5 — 0.7 (1) Avvertito da parte della popolazione, durata due secondi. (2) Avvertito quasi generalmente cou rombo. In questo giorno, nello stagno d’ acqua tra gli avanzi del teatro greco di Catania si notò un sensibile aumento nel livello delle acque. Inerzia assoluta dell’ Etna. — 25, densa caligine dovuta alle ceneri di Vulcano ingombra la regione etnea esistente verso Sud. 240 Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. Maggio. 4 9.41.20 p. Lipari * — 1 0.2—45. 5 7.12 P- Pai agoni a * N-S — 1 0 3—2 8 1.32 a. Lipari * » — 1 1—8.5 9 10.13 P- Messina ondulatorio )) 3 1.5—9 10 9.43 a. Lipari » — 1 1.3-5 11 2.4 P- Pai agonia * — 1 0.5— 5.5 12 0.3 a. » * — 1 0.5 — 3.5 » 9.10 a. Mineo * — 1 0.5- 3.5 » 9.45 P- Lipari * — 1 0. 5-3.5 14 4.55 P- Messina sussultorio 3 1.7—3 » 5.22 P- Mineo * — 1 1.7—3 15 7.53 a. Stromboli (1) * — 1 16 7 a. Mineo (2) * — 1 1—3 » 8.45 a. * — 1 1—3 17 3.39 a. Lipari * — 1 0.2 — 1.5 19 11.18 P- » * — 1 0.5— 3.5 21 1.51 p. Palagonia * -- 1 04. — 1.5 22 9.26 a. Mineo * — 1 0.5-2 » 11.4 a. Palagonia * — 1 0.5—2 23 8.36 a. Mineo * — 1 0.2-2 26 10.12 a. Catania * — 1 » 4.55 P- » * — 1 3-6 » 11.17 P- » * — 1 27-28 notte Mineo + — 1 28 11.7 a. » * — 1 28-29 notte )) + — 1 29 2.7 p. Palagonia * — 1 3—6 30 1.22 P- » * 1 » 3.52 p. Catania * 1 '0.5 — 13 » 10.20 P- Mineo * — ,1 (1) Con scricchiolio di porte e finestre , e contemporaneo risveglio eruttivo dello Strom- boli. — (2) Segnalato da un solo sismoscopio sotterraneo. 30, 31, piccolo risveglio dell’Etna, che manda vapori eruttivi dal cratere centrale; 15, 29, una densa caligine cinerea si propaga dalla eruzione di Vulcano alla regione etnea e verso Sud. Etna , Sicilia ed Isole valcaniche adiacenti , ecc. 241 Giugno. 3 8.30 a. Catania * — 1 \ » 4.59 p. Palagonia * 0-5.5 » 10.55 p. » * i — 1 4 4.53 a. Zafferana Etnea onci. SW-NE 1 » 9.27 a. Catania - 1 1—3.2 » 4.53 p. Mi neo * — 1 6 0.45 a. Catania * - 1 0.3—1 8 3.30 a. » * — 1 • CO 1 d 10 7.53 p. Patagonia * — 1 0.5—6 11 4.28 p. Catania * — 1 1.3 — 7.5 12 8.27 a. Palagonia * - 1 2-6 » 9.55 p. Catania * — 1 2-6 13 0.10 p. » * — 1 3-8 14 0.4 p. )) * — 1 1.3—5 15 9.52 p. Palagonia * — 1 0.2-2 21 3.45 a. Lipari * N-S — 1 0.5 — 3 » 5.3 p. Catania * — 1 0.5—3 29 4.10 a. Zafferana Etnea ond. NW-SE 1 0.8—3 30 2.56 p. Palagonia * — 1 0.2—25 Dall’l all’8, l 'Etna offre eruzioni quotidiane di vapori, accompagnati da cenere nel 2. — 23, 24, 27-30, densa caligine cinerea proveniente dall’eruzione di Vulcano ingombra la regione etnea e si diffonde a Sud. 242 Etna , Siala ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. Luglio. 1 mattina Mi neo + — 1 0.8—2 3 6.56 p. Lipari * — 1 0.1 5 10.1 p. Catania * — 1 0.4—1 8 4.35 p. Pa lagoni a * — 1 0.3 -0.5 9 2.30 a. Catania * — 1 0.4-1 » 7-8.45 a. Mineo + — 1 0.4-1 12 3.6 p. Zafferai! a Etnea ondulatorio NW-ES i 0.4— 0.5 » 11.45 p. Catania * — 1 0.4— 0.5 13 2.37 p. Palagonia * — 1 1 )) 3.48 p. Catania * — 1 *0—0.5 » 5.3 p. Lipari * — 1 ) 14 2 p. Siracusa * — 1 0.3 — 1 16 3.37 a. Catania * — 1 \ » 4.51 a. Lipari * - 1 )) 8.7 a. Bronte (1) misto NW-SE 5 )) 8.7 a. Adernò sussultorio 2 0.5— 4.5 » 8.7 a. Biancavilla » 1 )) 1.40 p. Catania * — 1 ! 16-17 notte 1) * — 1 / 17 11.41 a. )) * — 1 0.5—2 )) 8.45 p. )) * — 1 0.5—2 18 5.15 a. )) * — 1 1. » 8.44 a. » * - 1 r0.2— 0.7 » 0.32 p. Palagonia * - 1 ' 18-19 notte Catania * — 1 » » » Mineo * — 1 19 10.42 a. Catania * — 1 0 co 1 ’E CU 19-20 notte » * — 1 » n » Mineo * — 1 20 5.20 p. Catania * — 1 0.2-1 21 2.18 a. » * — 1 » 7.26 a. » sussultorio 1 1 8 » 40.25 a. Bronte (2) misto N-S • » 10.25 a. Adernò ondulatorio )) 1 22-23 notte Catania * - 1 23 1 .6 a. Pai agoni a * — 1 0 co 1 1 o oc 24 11.40 a. Catania * — 1 « 1.29 p. Palagonia * - 1 » 2.19 p. Catania * - 1 0.1—7 » 4.4 p. )) * — 1 » 7.10 p. » * — 1 25 8.34 a. » * — 1 1-3 » 1.41 p. » * — 1 1-3 27 10.18 a. Modica ondulatorio N-S 1 0.2-3 28 5.6 a. Catania * — 1 » 6.8 p. Mineo * — 1 » 7.10-30 p. Messina * — 1 31 8.18 p. Catania * — 1 0.2- 1.5 (1) Con sensibile rombo. — (2) Avvertita da molti della popolazione. Inerzia assoluta dell’ Etna. — Dall’ 1 al 9, 1’ Etna nella sua parte superiore è avvolto in vapori densi e caliginosi, provenienti dall’ Eruzione di Vulcano. Etna , Sicilia t d Isole vulcaniche adiacenti,' ecc. 243 Agosto. 2 0.36 p. Palagonia * - 1 0.5 — 1 )) 1.51 p. » * — 1 0.5—1 3 1.40 p. Giarre sussultorio 2 0.3— 0.6 4 6.21 a. Catania * 1 0.4—1 5 0.58 p. Siracusa * — 1 0.3— 2.5 8 6.20 a. Lipari * — 1 0.2 — 1 9 6.59 a. )) 5}C — 1 0.3— 0.5 10 7.34 a. )) * — 1 0.5-1 )) 11.25 a. Mi neo — 1 0.5-1 13 1.37 a. Catania * ì 0.2 — 3.5 )) 8.32 a. Palagonia * — 1 0.2 -3. 5 )) 5.27.34 p. Messina * — 1 0.2 -3.5 14 11.21 p. Stromboli * — 1 0.3— 0.5 15 4.25 a. Catania * — 1 0.5 — 4.5 » 3.50 p. Lipari * — 1 0.5 — 4.5 16 4.30 p. » * — 1 1.5—5 17 7.20 a. » * — 1 )) 11.20 a. Catania — 1 1—3.5 )) 5.43 p. Siracusa ondulatorio E-W 1 1-3.5 19 5.35 a. Catania » » 1 » 8.54 a. Mineo * - 1 ,0.2 — 1.5 » 10.55 p. Catania * — 1 22 3 a. » — 1 0.4-4 » 10.55 a. » * - 1 0.4 — 4 23 3.48 p. Mineo * — 1 0.5 — 3.5 24 8.45 a. Catania * — 1 0.4— 2.5 » 4.29 p. » * — 1 0.4-2. 5 25 8.20.30 p. Messina (1) ondulatorio ? 2 » 8.37.30 p. Mineo (2) * -+- 2 .3.5-7 » 8.14 p. Siracusa (3) sussultorio 2 1 27-28 notte Catania * - 1 28 6.8 a. Messina * — 1 >i 11.33 a. Catania * — 1 0.5— 5.5 » 1.5 p. ;; — 1 » 2.5 p. » * — 1 29 9.39 a. )) * - 1 » 10.45 )) * - 1 2.6—5 » 6.2.10 p. Messina * - 1 I 30 9.12 a. Lipari * — 1 1.3 31 9.40 a. Catania * — 1 0.5— 3.5 (1) Avvertito da pochi, ma non dagli istrumenti. — (2) Segnalato a pianterreno da un sismoscopio a verghetta, al secondo piano da uno a dischetto; avvertito da molte persone a Viz- zini. — (3) Avvertito da pochi (terremoti in Grecia). Inerzia assoluta dell’Etna. — 8-16, 19-24, l’Etna è avvolto da densa caligine cinerea proveniente dall’ eruzione di Vulcano. 244 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. Settembre. 1 2.30 a. Catania * — 1 0.3—1 » 8.15.30 a. Messina * — 1 0.3—1 3 5 a. Catania * — 1 1—1.5 3-4 notte » * — 1 6 12.39 p. » * — 1 » 6.7 p. Mineo * — 1 1—2. » 8.8 p. Catania * — 1 7 9.40 a. » * — 1 0.5—1 )) 4.30 p. Lipari ondulatorio N-S — 1 0.5—1 10 8.27 p. Catania * — 1 0.5 —1.5 12 4.26 a. » * — 1 » 8.15 a. ■ » * - 1 0.51—2.5 )) 0.35 p. » * - 1 14 3.27 a. » * — 1 0.5— 1.5 )) 9.50 p. » * - 1 0.5— 1.5 16 1.53 p. « * — 1 1.5— 1.8 18 4.45 p. » * — 1 1-2 » 5.17 p. » * — 1 1—2 18-19 notte )) * — 1 19 7.30.9 a. Mineo * — 1 fi) 0.52 p. » * - 1 1—1.8 )) 10.30 p. » * — 1 19-20 notte » * — 1 20 2 a. Catania * — 1 )) 10.27 a. » * - 1 1—3 V 0.20 p. » * - 1 21 8.12 a. » * — 1 1—7.5 )) 2.50 p. Zafferana Etnea ondulatorio NW.SE 1 1—7.5 22 1.9 a. Catania * — 1 r )) 4.32 a. Mineo * - 1 )) 8.15 a. Messina * - 1 1—2 )) 10.13 a. Catania * - 1 » 3.19 p. » * — 1 24 11.1 a. Mineo * — 1 1.5—7 25 7.10 p. » * — 1 0.5— 1.8 25-26 notte Catania * — 1 28 7 a. Mineo * — 1 0.3-1 » 8.29 a. » * — 1 0.3-1 30 6.10 a. Corleone * — 1 1.5—3 1 e 6 modesta eruzione di vapori all’ Etna. Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. 245 Ottobre. 3 2.8 a. Stromboli (1) * — 1 1—2 )) 4.13 a. Catania * — 1 1—2 4 4.57.55 p. Messina * — 1 1.2—3 5 2 49 p. Stromboli (2) * — 1 » 2.50 p. Messina ondulatorio N-S 1 2—8 » 2.53 p. » » t) 3 7 6.26 p. Trapani sussn 1 torio 2 2—5 15 5.48 p. Si racusa ondulatorio SW-NE 1 1—3.5 » 5.54 p. » sussultorio 1 1—3.5 17 6.43 p. Mineo * — 1 0.5—3 18 10 p. Catania * — 1 1.4—5 19 6.58 a. Lipari ondulatorio N-S 1 1—1.5 24 10.30 p. Mineo br. urto 2 26 5.59 a. ') * - 1 0.5— 1.5 » 9.22 Siracusa ondulatorio NW.SE 1 27 3.7 a. Lipari N-S 1 2—4 (1) Forte eruzione allo Stromboli. — (2) Idem. Inerzia assoluta dell’ Etna. Novembre. 1 10.45 p. Catania * — 1 1—4 4 7.52 a. Mineo * 1 1—2.3 5 0.3 a. Palermo (1) sussultorio 2 (o.8 — 2 )) 2.25 a. Mineo * — 1 » 1.31 p. Siracusa * — 1 7 5.54 p. » * — 1 0.6—4 8 6.31 a. Mineo * — 1 2 8 )) 9.10 p. Palagonia * — 1 2.8 9 4.42 a. » * — 1 2.5—4 10 notte Siracusa ondulatorio SW-NE 1 0.8 1 13 8.45 a. Modica N-S 2 1.5 2.5 )) 10 a. » » 1 1.5— 2.5 14 7.4 a. Lipari * — 1 0.8— 1.5 21 5.10 a. Mineo * — 1 1—2 22 4.50 p. Lipari * — 1 4—9 23 2.34 a. » (2) * * 3 1.5—3 (1) Avvertito da un sismoscopio a mercurio dell’Osservatorio; il mercurio si versò copioso in tutte le direzioni, eccetto SE, ma più a West che ad Est ; avvertito anche in parte dalla popolazione. Inerzia assoluta dell’ Etna. (2) Si scaricarono due sismoscopi a verghetta, uno più e l’altro meno sensibile. — La scossa fu avvertita da molti e produsse tremolìo nei vetri. — Contemporanea eruzione fortissima di Vulcano con rombo prolungato. Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 33 246 Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. Dicembre. 1 1.7 a. Zafferana Etna ondulatorio NW-SE 3 3 10.30 a. Lipari (1) * * — 1 7 5.40 a. Catania * i 8 5.45 a. . (2) * — 1 14 7.45 a. )) * — 1 » 2.35 p. )) * — 1 16 5.36 p. Zafferana Etna ondulatorio NW-SE 1 » 4.57 p. Lipari (1) * * 1 17 3.20 a. Zafferana Etna ondulatorio NW-SE 3 19 10.58 p. Catania * — 1 20 3.58 p. Palagonia * — 1 21 2.26 a. Lipari (1) * * 1 22 5. a. 7.p. Mineo * — 1 / Catania ondulatorio 2 Zafferana Etna misto NW-SE 4 25 6.23 p. Giarre sussultorio 3 (3) Viagrande » 3 ( Acireale ondulatorio ENE-WSW 5 26 11.40 p. Palagonia * — 1 28 11.2 a. Lipari (1) * * — 1 1.3— 2.5 0.6— 2.5 4 — 5 2.5—5 1.8—3 3— 6.5 4 — 7 1.8—7 0.9—3 8—14 4.5—6 0.8+50 0.3— 2.5 5—14 (1) Si scaricarono due sismoscopi a verghetta uno più, l’altro meno sensibile. — Continua il periodo eruttivo di Vulcano, però con forza decrescente. (2) A Foggia e a Taranto la mattina dell’8 fu maggiormente avvertito il terremoto, che si rese sensibile a tutto il continente italiano. (3) Il tromometro prese un’ampia oscillazione, oltrepassando la scala micrometrica di 50 gradi. — Due ore e 5 minuti dopo il tromometro era ritornato in calma. Questo terremoto si rese molto sensibile in vari centri popolati del territorio di Zafferana Etnea e di Acireale lungo specialmente una linea che unisce questi due punti , e che corri- sponde sul fianco S-E dell’ Etna ad un raggio che parte dal suo cratere centrale e raggiunge la periferia in corrispondenza alla costa marittima di Acireale. — Nel paese di Zafferana e nella città di Acireale specialmente, la popolazione lo avverti assai forte , tanto che i più uscirono intimoriti dalle proprie abitazioni per andare all’aperto. L’orologio pubblico fece sentire i tremiti del martello sulla campana. Nei d’ intorni di Acireale , e specialmente nelle borgate Carico e Ammalati , fu più inteso il movimento ; giacché quivi produsse dei danni conside- revoli, atterrando molti muri campestri, qualche fabbricato rustico ed alcune case. Nei paesi situati al di qua e al di là della direzione radiale sopra indicata il terremoto si sentì più debolmente e nemmeno da tutti, come p. e. a Giarre, S. Alfio, S. Giovanni, ecc. a Nord; a Viagrande, Trecastagni, Pedara, Nicolosi a Sud. — A Catania , più distante, tranne di aver visto oscillare delle lampade a lunga sospensione, nessuno quasi si accorse del movi- mento; e nell’ Osservatorio, mentre alcuni strumenti rimasero inerti, altri invece (1 sismoscopio 6 sismografi ed il tromometro) lo segnalarono, registrarono ed analizzarono, caratterizzandolo come una scossa abbastanza forte, determinata da una oscillazione ondulatoria a largo ritmo con direzione dominante NW-SE, che in un istante successivo ad un primo impulso fu turbata da un secondo impulso che diede al movimento la direzione NE-SW normale alla prima. Ciò venne bene dimostrato dalle tracce ellittiche intrecciate, che segnarono sul vetro affumicato Etna, Sicilia e d Isole vulcaniche adiacenti, ecc. 247 Da questo lungo elenco di segnalazioni strumentali geodinamiche registrate per l’intiero anno, si potrebbe a prima vista ritenere che vi fosse contradizione con quanto ho premesso nella introduzione di questa memoria; cioè che mentre è stato continuamente attivo lo sfogo eruttivo di Yulcano invece nella Sicilia in generale, specialmente nella regione dell’Etna, ha regnato una calma insolita. Bisogna però tenere presente un’osservazione la quale deve istruirci sul grado d’importanza che bisogna dare alle indicazioni strumentali di certi sismoseopj segnatamente di quello sul sistema della verghetta i quali per la loro grande sensibilità l’esperienza ha dimostrato che quan- tunque collocati con molte cautele, in luoghi il più che è bossibile esenti da cause disturbataci, pur tuttavia obbediscono a dei minimi impulsi o impercettibili oscillazioni che possono essere indipendenti da cause en- dogene.-— Sicché avendo dovuto fedelmente registrare tutto ciò che hanno segnalato gli strumenti anche di tal natura che sono distribuiti in molti punti di osservazione della rete geodinamica Siciliana, si è dovuto met- tere nell’elenco un numero di 246 segnalazioni sismoscopiche che si sono distinte assegnando loro un grado d’ intensità ( — 1 ) per dimo- strare che si tratta di impulsi tanto piccoli che hanno potuto rendersi sensibili ad un sismoscopio isolato senza che altro o altri strumenti ne abbiano dato segno corrispondente. Perciò sono da mettersi in dubbio circa la loro origine endogena e devonsi forse a preferenza riferire a cause indipendenti da quella. Anche negli apprezzamenti generali sull’entità dei fenomeni geodi- quattro pendoli sismografici di varie lunghezze; ed i pendoli lunghi obbedirono al movimento meglio che i pendoli corti. — Il sismometrografo, quantunque a lastra scorrevole, funzionò come se fosse a lastra fissa, perchè non si scaricò il sismoscopio capace di imprimere il moto alla lastra, e fece conoscere i seguenti valori nelle tre componenti. Componente E-W mni. 39.0 .. N-S » 13 0 » verticale » 0.0 Da questi valori si vede, che a Catania non intervenne alcun moto sussultorio e che il moto ondulatorio fu straordinariamente ampio , da rendere incredibile che il terremoto pas- sasse quasi inavvertito dalle persone. — Notisi il fatto che questo fenomeno geodinamico etneo così spiccato è avvenuto durante il notevole affievolimento presentatosi in questo mese nella forza eruttiva della vicina isola di Yulcano. 248 Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, ecc. namici di tutto il suolo italiano, le indicazioni strumentali date da un solo sismoscopio a verghetta o a dischetto isolatamente senza che altro sismoscopio di sistema diverso le abbia confermate, non si tengono in conto perchè di provenienza molto incerta. Se in base a ciò noi eliminiamo dai prospetti precedenti tutte quelle indicazioni notate col grado ( — 1 ) i fenomeni geodinamici dell’ intie- ro anno si riducono ai pochi che sono riassunti nel seguente prospetto. O Qualità MESE ORA Osservatorio del Direzione c n G 1 5 movimento O) c k— ! Gennaio li 8.19 p. Stromboli ondulatorio E-0 2° Beipasso misto S-N 3° Paterni) sussultorio 3° » 21 10.10 p. ‘ Biancavilla Nicolosi id. ondulatorio ? 3° 2° Zafferana Etnea id. NE-SO 2° « \ Catania id. ? 1° )) 22 0.30 p. Mineo id. N-S 1° Febbraio 8 2.30 a. Messina id. ? 3° Beipasso misto E-0 3° » 19 4.35 a. ! Paterni) sussultorio 3° Biancavilla id. 3° » 24 6.32 p. « id. 2° » » 9.20 p. » Adernò id. id. 3° ? » 25 6.48 p. Biancavilla id. 2° ») 27 5.7 p. Palermo ondulatorio NE-SO 2° » » 5.6 p. Trapani id. ? 2° Marzo 5 11.47 a. Zafferana Etnea id. NO-SE 3° Aprile 2 0.17 a. Messina sussultorio 2° » 4 0.23 a. » id. 1° » )> 2.32 a. Mineo id. 3° Maggio 9 10.13 p. Messi na ondulatorio N-S 3° » 14 4.55 p. » sussultorio 3° Giugno 4 4.53 a. Zafferana Etnea ondulatorio SO-NE 1° ») 29 4.10 a. » id. » 1° Luglio 12 3.6 p. » id. » 1° Bronte misto » 5° » 16 8.7 a. Adernò su ss ul torio 2° Biancavilla id. 1° » 21 7.26 a. Catania id. 1° )> 10.25 a. Bronte misto N-S 3° Adernò ondulatorio » 1° Etna , Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti , ecc. 249 Luglio 27 10.18 a. Modica ondulatorio N-S 1° Agosto 3 1.40 p. Gi arre sussultorio 2° )) 19 5.35 a. Catania ondulatorio » 1° )) 25 8.20.30 o. Messina id. ? 2° )) » 8.37.30 p. Mi neo 2° » » 8.14 p. Siracusa 2° Settembre 21 2.50 p. Zafferana Etnea ondulatorio NO-SE 1° Ottobre 5 2.50 p. Messina id. N-S 1° » » 2.53 p. )) id. » 3° )) 7 6.26 p. Trapani sussultorio Oo (mi » 15 5.48 p. Siracusa ondulatorio SO-NE 1° )) » 5.54 p. )) sussultorio 1° )) 24 0.30 p. Mineo misto 2° )) 26 9.22 a. Siracusa ondulatorio NO-SE 1° )) 27 3.7 a. Lipari Novembre 5 0.3 a. Palermo sussultorio 2° » 10 notte Siracusa ondulatorio SO-NE 1° » 13 8.45 a. Modica id. N-S 2° )) » 10 a. » id. » 1° )) 23 2.34 a. Lipari p ? 3° Dicembre 1 1.7 a. Zafterana Etnea ondulatorio NO-SE 1° » 16 5.36 p. » id. » 1° » 17 3.20 a. )) id. » 3° )) 21 2.26 a. Lipari 1° Acireale id. ENE-OSO 5° Zafferana Etnea misto NO-SE 4° )) 25 6.23 p. Giarre sussultorio 3° Viagrande id. 3° \ Catania ondulatorio E-0 N-S 2° R. Osservatorio Vulcanologico Etneo ed annesso Servizio Geodinamico della Sicilia ed Isole adiacenti. Catania 15 Gennajo 1890. LE TERMINAZIONI NERVOSE NELLA MUCOSA GASTRICA Nota del Prof. A. GAPPARELLI. Letta all' Accademia Gioenia nella seduta del dì 27 Aprile 1890. Per quanto io ne sappia, nessuno osservatore ha potuto vedere net- tamente le fibre nervose terminali nella mucosa gastrica. — Rabe, in quella dello stomaco dei cavalli, ha determinato una rete nervosa che circonda le glandole gastriche ed ha visto che dei prolungamenti della medesima si terminano con dei corpi fusiformi. Io ho tentato di seguire le terminazioni nervose nella mucosa ga- strica delle rane e dei cani, adottando per questa ricerca il noto metodo del Golgi, per lo studio del sistema nervoso. I risultati ottenuti abbastanza soddisfacenti, per le terminazioni ner- vose nella mucosa gastrica delle rane, non lo sono egualmente netti e privi di dubbio per quella dei cani. Avrei messo a dormire queste ricerche, se un lavoro di Ramón y Cajal, pubblicato in Spagna, Barcellona nel 1889 , dove si occupa delle medesime ricerche, ma nell’ intestino, non mi avesse spinto a ren- dere noti i risultati già ottenuti. Pare che nelle rane, effettivamente con il metodo accennato del Golgi, si possono seguire dallo strato muscolo mucoso fin dentro nel- l’epitelio, dei filamenti che per la colorazione, per l’estrema sottigliezza, per i rigonfiamenti periodici lungo il tragitto, per la colorazione e sopra tutto, per la loro presenza nello strato epiteliale, hanno il carat- tere di terminazioni nervose. Nella maggioranza dei casi questi prolungamenti arrivano nello Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 34 254 Le terminazioni nervose nella mucosa gastrica strato epiteliale e poi si ripiegano. Non è infrequente, vedere penetrare uno di questi sottili prolungamenti a forma di anza, talora a forma di un esilissimo filamento fra gli elementi epiteliali, situato nello stesso piano dei medesimi ; fatto che esclude la possibilità, che per la spes- sezza del taglio o del piano, secondo il quale venne sezionata la mu- cosa, sia una illusione più che un fatto, la presenza del prolungamento nervoso. Vedi tavola unica, fig. la, 2a, 3a, 4.a Se questi filamenti poi abbiano costantemente, come nella fig. 2a un piccolo rigonfiamento o no, questo è quello che con certezza asso- luta non posso assicurare. Mi è capitato però di vedere qualche volta questi prolungamenti terminare nettamente con un rigonfiamento a forma di clava, procedente nell’ epitelio, o di sferetta. Anche nelle rane, abbastanza chiaramente, vedi fig. 5.a si vedono delle cellule, della forma delle caliciformi, che si continuano chiaramente con un esilissimo prolungamento, avente il carattere dei prolungamenti nervosi terminali e che si diriggono verso la rete nervosa dello strato muscolo mucoso non solo, ma anche più profondamente. — Certamente sarebbe desiderabile per assoluto rigore potere vedere la riunione di questi prolungamenti con le fibre nervose, con i cordoni nervosi; ma quantun- que questo io non 1’ abbia visto, non nutro dubbio alcuno che gli ele- menti epiteliali descritti siano in rapporto diretto con i cordoni nervosi. Nella mucosa gastrica dei cani si ottengono egualmente questi ele- menti caliciformi colorati in nero, si può vedere come essi si manten- gano in rapporto con un prolungamento lunghissimo, che si dirige ra- mificandosi verso lo spessore dalla mucosa. Trìnkler (1) ha stabilito : che molti elementi epiteliali hanno questo prolungamento , avente dei rigonfiamenti da simulare un prolungamento nervoso, ma che lui, non ha creduto tale. Vero è, che ancora è da dimostrare se questi elementi descritti da Trinkler, siano si o no nervosi. (1) Archiv far Mikroskopische Anatomie — V. 1885 pag. 174. Le terminazioni nervose nella mucosa gastrica 255 Naturalmente per i miei preparati io sono inclinato ad ammettere la identità della cosa, tanto per le rane come per i cani, cioè che i nervi si tengono nella mucosa gastrica in rapporto con elementi con- siderati finora come elementi epiteliali. Laboratorio eli Fisiologia sperimentale della R. Università di Catania. Dagli Atti dell ’ Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania. Voi. II. Serie 4.“ — Tip. Galatola. 1 ì.2.3. +. 5. 6. . -4sULAsV tf'ù'Zs -\AsÒ'^a.' t ir k: ex -uì/ ’c^t<9 -CO+\- ^\RxXAAA4mXX/ AAsr h <= n , = 2m" h ~ i \ i j dxh \2 1 \ dqr ) -d-r,s h=n = 2m,ì i * =i f dxh dxh \ dqr dqs Br h = n = 2m/ti A = i [ dxi, dxu < dt dqr. c Aon = 2“"/ A = i \ I dxh \2 1 dt l • “b ’ 4~ BAi.iQiQt + ... g,' 4- . . . -h (7) , + dy* + dzn dzn_ dqr dqs dqr dqs + ddh dyh dzn dzh_ < dt dqr dt dqr , Qui si deve osservare che le derivate rispetto al tempo , che figurano nelle espressioni di Br , C sono derivate parziali dedotte dalle (1), Sugl’ integrali delle equazioni della Dinamica 259 quando nei secondi membri di queste si considerino t, ql , q2 q[JL come variabili indipendenti. Ponendo : ivs = L 1 clAì ,1 \ , lclAs- . 1 2 ( dq[ 2 dqs L) + «• u 2 dqs ) + . . • /c? ^4-5,1 1 dAs, 2 _L_ , i di3,. dBx\ !+... 1 cW \ cZg2 dq i ! — . . . . , q, \ dt 1 dqs i 2 dqs ’ le equazioni del moto : d dT dT dt dq's dqs (s = 1, 2, ... fj.) dove h = n h= 1 divengono : d2qs dt 2 = Qs, .... (2) dove : -d-1,1 , ^4i,2 j • . • , s — i ; M\ N\ ; -d, , Qs - S + 1 ) Afl, i, • i ,M,- -^2 1 -d-S > 1 : ^ ■ ^ b,i ì -di, 2 > • • • A2. g -2,1 ; -d.2,2 , ... A2,fj. D = Ai, . 4 X /> ’ Afx, t , A2>2 i ••• -d 260 Sugl ’ integrali delle equazioni della Dinamica § 2. Sistemi i piu generali di 2g- — 2 integrali primi comuni indipendenti dal tempo. Sia » = F (t , q, , q.2 , . . . q^ , q,' , qt' , . . . q^) , (1) dove « è una costante arbitraria, un integrale comune a due distinti sistemi di equazioni : cl%_ clf Qs , (s — 1, 2 ... g.) (2) d2qs dt 2 = Q's . ossia comune ai due problemi (Qi; Q2 , ... Qp) e (Q\ , Q\, ... Q'p). Si dovrà avere identicamente : dF dF , dF , dF . dF „ dF _ + +-+df/^ + &TlQ'^Tq 7Q,+ d~Q« = 0, dq dF dF , dF , dt dq, dq2 dF dF , dF , dF . , ^ dq^9fM + d2.' ' + 1 + dq'fj, w ~ Delle quantità Qi; Q2, ... ; Q\, Q\, . . . Q almeno due cor- rispondenti devono supporsi differenti fra loro : siano queste Qi , Q\ , sicché potremo porre : h Qi ■ fi — Q i + 1 Q, — Q, li — Qi i Iti Q,i (i — 1, 2, ... fi — 1) (3) Sugl’ integrali delle equazioni della. Dinamica 2(31 Allora al sistema delle due precedenti equazioni differenziali par- ziali di primo ordine si può sostituire il seguente : , dF dF _ dF _ ^ f dq', " dq\ + dq'3 K (4) cZU dF , dF *W=#+di*' + -'-+àtu dF t FF _ jZU cZg'2 ' ^ dq'., '"^~dq'u la = 0. (5) Se (1) è un integrale primo comune ai problemi (Q, , Q., ... QfJ; (a: , QF ... Q/U esso dev’ essere una soluzione comune alle equazioni (4) e (5), e, se si considerano soltanto integrali comuni indipendenti dal tempo, dev’es- sere soluzione comune altresì alla equazione : C(F) = f = 0. ,6, Se determiniamo ln in modo che tali equazioni ammettano un dato numero di soluzioni comuni , queste ci forniranno altrettanti inte- grali primi comuni ai problemi pei quali le forze soddisfino alle condi- zioni (3). Uguagliando a zero le funzioni alternate A (B (F)) — B(A(F)) =D (F), C (A(F) ) — A(C (F) ) , C {B(F) ) — B (C {I ) ) , si ottiene : dF dF .. D(F> - w, + n. *■ • + dF dq^ + ... dF dk, dqj dt dF dq p A(lfi _ f) dF dk , dq3 dt FF_ M, dF di, dqd dt dq3 dt r dF i , + dq,’ ( A(lì) — B(kfÀ_i) |=0, dF dkìl_ i _ + dq p dt ~ ’ dF di fi _l + dq^ dt ~~ B(k ,) j A) A’) A”) 262 Sugl’ integrali delle equazioni della Dinamica Da quelle proprietà delle equazioni simultanee a derivate parziali di primo ordine, le quali si riferiscono alla possibilità di soluzioni co- muni e al numero di queste, si trae, quando si abbia riguardo alla for- ma delle equazioni (4), (5), (6), (7), che problemi dinamici differenti non possono ammettere più di 2 g. — 2 integrali primi comuni distinti. Cerchiamo le condizioni necessarie e sufficienti, affinchè si abbiano 2g — 2 integrali primi comuni indipendenti dal tempo. Dalla forma delle equazioni precedenti si vede che, per ottenere queste condizioni, conviene esprimere che i coefficienti delle derivate parziali di F nel- le (7'), (7") siano identicamente nulli, e che i coefficienti delle derivate parziali della stessa F nella (5), dove — = 0, e nella (7) siano prò- CtZ porzionali. Si avrà adunque : d\ dkì dJcfJL_L eZZ, dl2 dZ(U._1 dt dt ’ ' ‘ dt dt dt dt 2/ K 2*' ki 2s' k g — i AdJ-BikJ A(h)-B(1c, A(l,x _ t) — B(kft _ i ; S-I Di qui si deduce dapprima : L k — — le — 1 2i" 2 2i' ’ kg. - 1 — (8) Le quantità Z15 Z2, ... Zw,_1 non potranno dipendere esplicitamente dal tempo, e per determinare li si ha 1’ unica equazione : dii i dii i dii . 0 7 +w;q' di, 74“ ~2h' cioè Zu Z2, ... l[i_i sono funzioni di qn q2ì ... gy , q\ ... q' ^ , omo- genee e di secondo grado rispetto a q\, q\ , ... q’ ^ onde si può porre: Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica 2(33 Le condizioni necessarie e sufficienti per le forze sono che le quan- tità Qtq\ — QAi (?' = 2, 3, ... g) siano funzioni omogenee di terzo grado rispetto a q\ , q' 21 ... q’ g e del resto funzioni qualsiansi rispetto alle altre variabili ql , q2 , ... q g\ il che si può esprimere ponendo: Q*?/ — Qi?*' = I ?i » ? ?.' ff»', . ^ ’ ?/’ ?.' ?i' q ?s', . q’g 9," ?l' ?/ r ?*' 2s', . q’g 9." ?i' ?.' (9) Si può osservare che , quando queste condizioni sono soddisfatte , tutte le differenze Q,q' /c — Q,cq'n dove i e k sono due numeri disuguali della serie 1, 2, ... g , saranno funzioni omogenee di terzo grado rispet- to a q' i, j'2, ... q'g. Se le espressioni, che abbiamo trovato per \ , k2 , ... kg _ l5 /x , ... 1} si sostituiscono nelle equazioni (4), (5), il sistema (4), (5), (6) diverrà completo. Se si ha riguardo alle (8), si vede che la soluzione più generale della (4) è: F q*, Vi, V *,'••• V _ ^ = costante , dove : ?£ ?.' ?, "'b/. — ì. La (5) diviene perciò : dF dF dF dF dF + j- «Pi -+- di j, *«-1 = 0? 264 Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica la cui integrazione dipende dalla integrazione del seguente sistema di 2 fj- — 2 equazioni differenziali ordinarie di primo ordine : dq , dq 3 ~ ^ ^ _ ’ •" d^ ~ V - i. dj, 1 J 2 dq. -i). Gl’ integrali primi richiesti saranno quindi le 2^. — 2 soluzioni distinte della precedente equazione a derivate parziali di primo ordine, o, ciò che è lo stesso, i 2/^ — 2 integrali primi del sistema: d\L /, .. — = df si sostituiscano rispettivamente 9S > ?2 > ?3! ••• TV’ fì' (1 1 il e siffatti integrali converranno a tutti quei sistemi (2), in cui le forze soddisfino alle — 1 condizioni (9). Il sistema delle equazioni integrali potrà quindi prendere la se- guente forma: q*- = ?! Gì; ®2 ; • V - 2’ ffj» \ 1 2» = 92 Gì; a2 > • ■ , . a 2i^ “ qJ, ( • • • = V- ! Gì; “2, • • • a2fl - 2J i , i gh ff'i = 9 li Gl ; a2 ; • . . a 2/CC — 2? qJ > (11) 3/* . — — — m (oc, , a2 , . q\ Ttp-ti j > 2/ 2/* — i? Qi ) ì Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica 205 le quali equazioni, risolute rispetto alle 2g. — 2 costanti ai,<*2 costituiscono i 2g — 2 integrali primi richiesti. Supponendo conosciuti i 2d- — 2 integrali primi, e denotando con fhA, fh>2, fK 3 funzioni note, potremo porre, in virtù delle equazioni (§ 1, i) che esprimono i legami del sistema, e in virtù delle (11): xh — fh, i (t, ffl, an a->, ■■ ••• azp-2 )■ Vn = (t, Qu a,, a„ .. a2g-2 ); Zi, = fh, 3 (t, a,, a,, .. •• a2[h-2 )■ dove è da osservare che nei secondi membri il tempo figura esplicita- mente, soltanto se i vincoli del sistema dipendono dal tempo. Perciò, se i vincoli del sistema dipendono dal tempo, i singoli punti, per tutta la durata del movimento, si troveranno rispettivamente sopra altrettante superficie fìsse determinate; e , se i vincoli non dipendono dal tempo, risultano anzi determinate le traiettorie degli stessi punti. Se si suppone che le posizioni e le velocità iniziali dei punti mobili siano le stesse per tutti i problemi della classe, dette superficie e dette traiet- torie non varieranno da problema a problema della stessa classe. Per completare la soluzione di ciascun problema, cioè per trovare i due ri- manenti integrali primi non comuni , basterà eliminare per mezzo delle (11) le quantità qo , qs , ... q , q't q\ , ... q' dall’equazione: — ’ = Q, ( t, q„ q„ ... qUì q'„ q\, ... q\u ), la quale prenderà così la forma: d-q, „ ,, s — = / (^ q„ a„ «„ ..., a2jU_2). La forma della funzione f varierà da problema a problema. I due integrali primi di quest’ ultima equazione conterranno due nuove costanti Atti Acc. Vol. II, Serie 4a 36 266 Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica a2ju_i , a2jU , che colle costanti an a2, ... «2(a_2 compiono il numero 2/a di costanti che deve contenere la soluzione generale del problema. Applichiamo le- condizioni precedenti di esistenza di 2,u — 2 inte- grali primi comuni indipendenti dal tempo, al problema del moto di un corpo solido intorno a un punto fisso 0. Si prenda questo punto come origine comune di due sistemi di assi ortogonali, gli uni fissi nello spa- zio Oxì Oy , Ozì gli altri fissi nel corpo 0§, 0^ , 0£, e che supporremo essere gli assi principali del corpo relativi al punto 0. Siano A1 B , C i momenti principali d’ inerzia del corpo relativi ad 0; 0, p, 4/, siano i tre angoli d’ Eulero, e precisamente 0 sia l’angolo zO% , y e A siano gli angoli , che l’ intersezione dei piani xOy , 1 0 y forma con O.r, 0§ ri- spettivamente. Le equazioni del moto si possono porre sotto la forma : dove 0 , Y sono determinate funzioni intere di secondo grado omo- genee di — ’ ~ ~ con coefficienti, che sono funzioni intere di A , B , C e del seno e coseno di 0, ?, *P, e dove L, i¥, AT, sono le somme dei momenti delle forze date rispetto agli assi Of, (fy, 0£. Tutti i problemi del moto di un corpo intorno a un punto fìsso , nei quali le quantità L, i¥, iV, soddisfino alle due equazioni lineari: B ( 0' sen \p — p) A + AC'(—0’cos0cosvp4-^P'sen0sen'P ) M j (3) 3. Applicazione al movimento di un corpo solido. AB C~ = BL cos vp — AM sen \p +- 0, dt 2 (1) -+- 0' ABN sen 0 = f2 Sugl’ integrali delle equazioni della Dinamica 267 dove si è posto per brevità: db , di' ? df Ut1 dA ' Ut' e dove inoltre fL e fz siano date funzioni di t, 0, p, vp, 0', Q> ?, Y d0 df dvfì da db de a’ ’ C’ dt ’ dt' dt ' di' di' dt Le equazioni del moto sono in questo caso sei, cioè anzitutto: dd_ 1 dt' X, = Z, dove Ml è la massa del corpo ; e le rimanenti equazioni sono le (1), in cui A , B , C siano i momenti principali d’ inerzia del corpo relativi al centro di gravità, e 0 ,

— «3?1 — Ul, • • • adlfJ. — «U#1 = *V-1 > e dove a, , a2 , ... a sono costanti date. Il sistema delle equazioni (4), (5), (7) del § 2° diviene: „ /711 dF dF dF ■A-t (F) — «, -j-f- 4- a 2 4- . • • 4- -jj- — 0 , dq\ dF u/^ , dF , f J — 2 1 dq, + q 2 dq2 dF Ifj. dF s dv, 92 t} *V- ^ dF dvu - 1 Z4-! & ; ••• «V-i^ = °’ o, ciò che è lo stesso , del sistema delle fj- — 2 equazioni differenziali ordinarie : d'2u, ir = v' '*> "•> ■ • • v*> ■ d2w. ,, . dF = ,p- (t’ i d** = V _ ì • *V - (4) Le y. — 1 condizioni, a cui devono soddisfare le forze, sono : a,Qt — a,Q, = 9, (a,g, — a5g,, cqg3 — a,?, , . . . a,q^ — a[Lqx ) , — a3Qx = “”••• v — ’ V-.' *>’ u, = +, fa,, «i, ... «!fl _ , , t), u. - i = _ i , «! '2 ;> 2Z4 - 3 ’ 2Z4 — 2 , V, Sugl’ integrali delle equazioni della Dinamica 271 da cui: i (5) a4p — V1 = ^ - 1 (£Xl ’ • *** - 3’ V - * ’ ^ • / Di qui si deducono le quantità g2, g3 , ... g^ espresse per mezzo di qt 1 «1 , a2 i • • • a-2^ — 3 5 *2^ - 2 5 ( § 1,2): (jt* Q = Qi (?i , q% , • • • Qp , q'i , q'% , • • • q'^ , t) , sicché sostituendo invece di g2, g3, ... g„ , g'2, g'3, ... g'^ i loro valori espressi per mezzo di g15 g'4 , , «2 , ... %_3, a 2/^—3 j 2a_2 > j in cui la funzione / varierà di forma da problema a problema, e la quale offrirà per ciascun problema particolare i due integrali restanti non comuni agli altri problemi della classe. Dalle (5) si deducono g—2 equazioni della forma: — «s?! = *t («,?2 — 1 a.2q, , a,, a,,.... a2|a-s ) , “iff* — «4?i = ^ («iff* — «1, = ^_2 ( a,ff, a2qt a ) . 2^-2 ' Se il sistema è libero le coordinate xi , zq , ^ , , possiamo immaginare che g, , q2 , . . . g^ siano , y2 , ynì zn , essendo j“=3 », e da 272 Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica quest’ ultime equazioni si deduce immediatamente che i vari punti del sistema restano, durante l’intera durata del movimento , ciascuno sopra una determinata superficie cilindrica. Se il sistema non è libero, si avrà in virtù delle equazioni integrali (5) e delle equazioni (§ 1, ‘) che esprimono i vincoli del sistema, essendo fh i fh<ì fll3 simboli di funzioni: Eliminando t e ql da queste tre equazioni , si conclude che il punto ( xh , yM zh ) resta durante il movimento sopra una superficie fissa de- terminata, la quale, se le posizioni e le velocità iniziali dei punti del sistema sono le stesse per tutti i problemi della classe, non varierà da */» = A, i (E Qi , «i, a2fJL_s ) , Ve — A, 2 ( t , q,, a1} *s, ... a w_2 f/t,3 ( 1 1 Ql l U-l 1 ••• ®2(U.— 2 problema a problema della stessa classe. Supponiamo che sia identicamente : fi = 0, ?2 = 0, .... 9fl_i = 0; si avrà: u, = a, (t + a,^_2) u„ = a, (# + a u a (#+ a 'sM— 3 onde: Sugl’ integrali delle equazioni della Dinamica 273 ossia : «. dz — «3gi = - O ,g, — + « , a, y a3 «i9« — « 4> 2 , ••• 4>^_x sono funzioni omogenee di grado negativo — 3 in maniera che si abbia: 7 1 ( fh Q ì ~ q' + gi gs Q/JL ) ! ’ gì gì r dF g2 + 1 ch V o li (3) dF , dF . dF * + TT^^l 2 + d9'3 2+ - 1 y-v o, (4) dF dì 0 (4') dF dF - dF dQfi q,J' dg'i 5 dq'o q 2 ... ... H- dF , _ dq ~ °’ (5) 276 Sugl’integrali delle equazioni della Dinamica essendo Ai (F) = qiA(F), Di (F) = q, D(F). E facile verificare che si ha identicamente: Di (Ai (F) ) - Ai (Di (F) ) = 2Ai (F), Di (B(F) ) - 2?(A (F)) = - 2 B(F), e che le equazioni : C(Ai (F) ) - Ai(C(F)) = 0, C( B(F) ) - B ( C (F) ) = 0 sono identicamente soddisfatte, sicché il sistema (2), (3), (4) è completo, ed ammette 2p — 3 soluzioni. Le (1), (2) esprimono condizioni, che so- no soltanto sufficienti, affinchè il sistema delle equazioni (4), (5) , (6) , (7) del § 2 sia completo ; e perciò noi otteniamo per mezzo di esse soltanto alcune classi di problemi aventi 2f- — 3 integrali primi co- muni indipendenti dal tempo. Dalla (3) si vede che gl’integrali comuni , a cui si riferiscono le espressioni (1) e (2) di ^ , h, ... Jc^ , li, l2 , ... ^_1 , hanno la forma F (qt, q*, ... Mi, 2 , Mi.*, . . • iii.fj. ) = costante, dove si è posto : «1,2 = Si 2* — 9'jOn «i.3 = 2i 2'* — Qi ?s > • • • «i,m = ^ ?'ja — 2'i 2/u • Poi dalla (5) risulta che gl’ integrali comuni sono compresi nella forma ancor più particolare : F ( Ui , u2, ... , Mi, 2 , 3, . . . ) = costante, dove si è posto per brevità: — u A - i* Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica 277 Finalmente della (4) si deduce che i 2d — 3 integrali comuni non sono altro che le 2d — 3 soluzioni distinte dell’equazione unica : dF dF — «1,3 + , duì ... +• dF dF .(«!> «., «^ _ L) + 7 'l j clu1 du d-i dF ih, ... ufJL_ i ) + ... -t- dF 7 ( “l du ,, d - 1 y-d »*» - v^=0’ ^ la cui integrazione dipende dalla integrazione del sistema delle 2d — 3 equazioni differenziali ordinarie di primo ordine : du2 «1,3 du d-y _ V duL «1,2* du i «1,2 ' dii 1,2 ?l Ol ! • • • *V-i\ i.d Va _1(UÌ, ... dui «1,9 dlly «1,2 Le 2j“— 3 soluzioni dell’ equazione (6) convengono a tutti quei problemi nei quali le forze soddisfano alle d — 1 equazioni seguenti : ^ ^ 1 / ?2 3 — ?2 Qi = -r Pi ( — » ~ ' <7, \ ?i ?i n n 1 m / 3* ^ ?i Q» — $3 Qi = — ; ?>{—>—’ q, \ ?i q i „ ~ 1 / ?2 ?3 -7. - «M * = -^7 v. 1 ^ ’ ir ’ 0) le quali equazioni esprimono che le quantità qi Q2 — q2 , qA Q3 — q3 Qy , . . . . qiQ[t — qg-Qi sono funzioni omogenee di grado negativo — 2 di ql , q2 , .... qg ; ed è evidente che le stesse quantità potranno altresì dipendere da ?'17 ?'2 , ... e contenere il tempo esplicitamente. Si può osservare che ogni qual volta siano soddisfatte le equazioni (7), si può concludere che tutte le differenze qL Q,. — q,. , dove i e h 278 Sugl’ integrali delle equazioni della Dinamica sono due numeri interi disuguali non maggiori di p , saranno funzioni omogenee di grado — 2 di q^. Consideriamo ora il sistema di equazioni differenziali ordinarie : d'!Ui \ SF = f' -'V-.)’ I d‘2u2 I ~dF = ( Ul’ U2’ Vi Z4-! di1 = v ( ?<1 ’ “2 » M-l (8) Poiché nei secondi membri di queste equazioni la variabile indipendente t non entra esplicitamente , gl’ integrali di questo sistema si possono supporre ridotti alla forma : «i = v, ( ai , a2 , . . . a2fl_3, «2/x_2 + t ), «*=*.(«!., «2; ... «2W_;i , «2/a_2 “b 0, Vi = Vi ^ ^ 4 ’ * * • V-3 ’ V* + 1 = > («i , . . . Vv V-2 + du !J—i dt 2«_2 ( a. , a2 , . . . a , a + t ), V ’ ’ 2/<*-3 ’ 2,^-2 sicché una delle costanti figuri combinata col tempo per via di addi- zione. Risolvendo quest’ultimo sistema rispetto alle costanti, si otterrà , oltre un integrale primo, in cui figura il tempo aggiunto alla costante a2/x_2, altri 2 iJ- — 3 integrali primi indipendenti dal tempo. Se du. /* ( M, , M2 , U duì V-i ?-*■ ’ dt’’" dt ) - cost. Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica 279 è uno qualunque di questi ultimi 2/* — 3 integrali, sarà: £? 2i u — S',2^ ) = cost. dove f ha la stessa forma che nell’ equazione precedente , un integrale primo comune a tutti i problemi, in cui le forze soddisfano alle condi- zioni (7). Possiamo osservare che il sistema (3), (4), (4’), (5) è ancora com- pleto, se nei secondi membri delle (1) e (2) aumentiamo gA , qZì... qg. di altrettante costanti arbitrarie al , a2,... rispettivamente. Se quindi si elimina t dalle equazioni (9), e si tien conto di questa osservazione, si avrà un sistema di — 2 equazioni della forma: (h~+~a 3 — Vi I Qi -H rfi ’ qi + «i 2,u— 3 (h + rq Qi (Zi -+- &2 q t ’ ai ’ 84 ’ - V— 3 I ’ gì -+- V'“-2 g, -4- gì +«i «i> «2 , 2j«— 3 (10) In virtù di queste equazioni e delle (§ 1, 1 ) si può porre, essendo fh,i , A 2 ^ A.3 simboli di funzioni: •T/i = fh, 1 ( gì , g*» 0 «1 , «2 > •• • °V-3 Uh = fh, 2 ( gì ) g*, «1, «2 ^ zh — //ì,3 ( gì > ?2 ; 0 «i , «2 , •• . a 2/*— 3 Perciò, se i vincoli del sistema sono indipendenti dal tempo, i sin- goli punti si troveranno per tutta la durata del movimento sopra al- trettante superficie fisse determinate. Se il sistema è libero , e si compone di n punti , sicché p = 3 w, immaginando che nelle (10) qn g2, ... q ^ rappresentino le 3 n coordinate 280 Sugl'integrali delle equazioni della Dinamica xn ìhi zn x2i— zni deduce subito che le superfìcie fisse, su cui durante il moto si trovano gli n punti (x/n yM zh), sono n superficie coniche, i cui vertici saranno, in generale, n punti fissi distinti. Se il sistema è libero, e si ha ?i = ?-2 = ••• =?a = 0, dove /*=3 «, e se supponiamo essere le equazioni del moto : d^X/, dtf = X, Il i d'-yi,. dtf Yn, d'zn dtf Jhj (* = 1,2... 3»») le condizioni per le forze, indicando con oi , bL , cl , a2 , quantità co- stanti, prenderanno la forma : Zj _ Yl _ Zi _ X* a?i — aL yi — by Zi — Ci x2 — «2 Z„ Za C/i (11) sicché a ciascun punto è applicabile il principio delle aree. Le n su- perficie, su cui si muovono rispettivamente gli n punti, e che nell’ipotesi più generale precedente abbiamo detto essere superficie coniche, sono in questo caso particolare altrettanti piani. Il sistema dei 6» — 3 integrali primi comuni è : ( Xy H- ai ) x 2 ■ x i ( x 2 — a2 ) — «1,2 , (1*- ^ ( Xi + ai ) x\ — x'i ( xz + a. ) = «i,3 , ( x2 + a2 ) x\ — x2 ( x% -f- a3 ) = «2,3 , ( Xi +- a,i ) x'n — x'i ( Xn + Ciri ) -- «l ,n , ( X2 H" «2 ) n — x'2 ( xn + ®n) — a2,n , (Xi-hay) y'i — x\ ( Vi + bi ) = aitrt+1, (x2-\-a2) y\ — x\ ( »i + 61 ) =a2,n+ 1, (Xi-haL) y'n — x'i ( yn +bn) — aU2n , (x2-\-a2) y'n — x\ ( yn ■Jrbn) = «2,2™ , ( Xi + tti ) z\ — x\ ( Xi + Ci ) =«1,2,14-1 , ( x-2 + a2 ) zi — x2 (zi-{-Ci )=«2.2,i+i , ( Xi + ay ) z n — a?'i ( zn H- cn) — «1,3,1, ( x2 + a2 ) 2'n — a?'2 ( Zn + cn ) — - «2,3,1 ? Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica 281 dove si sono indicate con aii2, o:li3, ... *2^n le costanti, e da cui si de- ducono le seguenti 3 n ■ — 2 relazioni fra le coordinate: «2,3 ( Xl + fll ) «a, 3 ( xì -+■ ciò ) -f- ali2 ( x3 + a3) = 0, a-2 ,n ( aa + al ) — «i,«. ( a*2 -f- a2 ) _+ ^a,2 (a;n + an) = 0, «2,n : i ( aa +■ ) ai,n+i (a*2 -P co ) a- a1>2 (2/1 -f- ) = 0, (13) «2,2 n (xl + «0 — «l,2« (a?* 4- Og) + «!,*(«/„ + bn) =0, «2,2« 1 i( «a -f- a^ ) «i,2n-fi (a* 2 -t- co ) + «i,2 ( Zi -f- Ci ) = 0, . * «2,3rt (a1! — f— C?i ) «i,3/2 (a?2 + Cfb ) -f- Od, 2 ( Z,ì + cn ) = 0. Per trovare gl’ integrali propri del problema particolare dato e non comuni agli altri problemi della classe definita dalle equazioni di condi- zione (11), non rimarrà che di considerare due qualunque delle 3 n equa- zioni differenziali del moto, p. es. d2Xi __ v , , , , (b aa , yi y Zi y Xo , ... x i y ... z n), dlXi __ , (t, Xl } Hi , Zi , X2 , ... X 1 , ... 2 « ) ed eliminare dai secondi membri per mezzo delle equazioni (13) le coor- dinate Vi , zi , y2 , z% , x3, y3 , z3 , ... e le loro derivate prime. I tre integrali primi distinti, che, oltre 1’ integrale primo (12), ap- partengono al sistema delle due equazioni differenziali così trasformate, completeranno la soluzione del problema. Nel caso di un solo punto libero, riferendoci a tre assi ortogonali 282 Sugl' integrali delle equazioni della Dinamica condotti, parallelamente ai primitivi, pel punto (a, b, c), le condizioni a cui deve soddisfare la forza : esprimono che i momenti di essa rispetto ai nuovi assi sono funzioni omogenee di grado — 2 delle coordinate. Ora se L, ili, N, Iv, K‘ sono i momenti della forza rispetto ai tre assi e a due altre rette condotte per l’origine e formanti gli angoli a, fi, 7; a1, (ò\ 7', cogli assi, cioè se si pone : L = yZ — zY, M = zX — xZ, N — x Y — yX K — Lcos a + Mcos /3 + JVcos 7, K' — Zcos a 4- licos /3' -4- jVcos 7', si vede facilmente che, quando i momenti della forza rispetto a due rette qualunque condotte per 1’ origine sono funzioni omogenee di grado k delle coordinate, anche il momento rispetto a qualunque altra retta con- dotta per 1’ origine è una funzione omogenea di grado k delle coordi- nate. Perciò nel caso di un solo punto libero le condizioni, a cui devo- no soddisfare le forze, si possono anche esprimere dicendo che “ si ab- bia un’ origine tale , che i momenti della forza rispetto a due rette con- dotte per essa (e per conseguenza rispetto a qualunque altra retta pas- sante per la stessa origine ) siano nulli ( il qual caso corrisponde al principio delle aree) ovvero siano funzioni omogenee di grado — 2 delle coordinate del punto mobile. „ Se le forze dipendono soltanto dalle coor- dinate, questa condizione è ancora necessaria (1), affinchè più problemi del moto di un punto libero ammettano tre integrali comuni indipen- denti dal tempo. (1) Ann. della R. Scuola Norm. sup. di Pisa, Voi. IV, nota citata. Effetti dell ’ applicazione agli arti delle fasce di Esmarch, sui feno- meni del polso. Applicazioni pratiche nell’ asma e nelle ma- lattie di cuore. Nota dei Prof. A. CAPPARELL1. Letta nella sedili a del 27 Aprile 189 0. Se si applica sull’ arteria radicale, un ordinario sfigmografo in un individuo sano e si piglia il tracciato del polso nelle condizioni nor- mali e dopo si fa l’ ischiemia dell’arto toracico opposto, con una fa- scia di Esmarch, si osservano durante l’ ischiemia delle modificazioni nel tracciato del polso medesimo. 1. Nella maggioranza dei casi si nota, rinforzamento della sistole — accentuazione del dicrotismo — l’apice della curva maggiormente acuto, re- golarità maggiore ed accentuazione in tutta la curva diastolica; e con questo, si ha anche spesso maggiore frequenza, in alcuni casi eccezionali rarefazione del polso. Queste modificazioni del polso , determinantesi durante l’ ischiemia dell’ arto opposto, non cessano con il ripristinarsi della circolazione nor- male. Tolta la fasciatura si determina nell’arto una iperemia considerevole, ma in relazione con questa, non si hanno nel polso modificazioni in meno o ritorni al tracciato normale, istantanee. — Il polso in massima, conser- va i caratteri già acquistati, in forza della fasciatura, sopratutto relati- vamente alla intensità sistolica. — Diventa nella maggioranza dei casi, ri- mossa la fasciatura, frequente e celere. Vedi tracciato N. 1. Fatto abbastanza curioso e sino ad un certo punto inesplicabile. — Vedremo in fine, come debba interpretarsi il fenomeno sulla guida di altri dati sperimentali. N. 1. polso normale p. dopo la fasciatura p. rimossa la fasciatura 284 Effetti deir applicazione agli arti delle fasce di Esmarch Per tanto mi è nata l’ idea, di tentare di correggere con questo artifizio i disturbi idraulici, che si hanno in alcune malattie, dove la alte- rata forza sistolica e frequenza, è il fattore di tutto il treno sintomatico. — Dove si ha diminuzione della pressione, piccolezza e irregolarità del pol- so. Riserbandomi di estendere questa applicazione alle svariate malattie del circolo sanguigno, posso fin da ora esporre i risultati ottenuti, nel- 1’ asma ed in alcune affezioni cardiache. Asina — Non ho avuto occasione di esperimentare, durante accessi acuti di asma, ma in parecchi, durante accessi moderati o verso la fine dell’attacco forte; accennerò brevemente ai casi, da me osservati, dove l’asma si associava ad una forma catarrale bronchiale , senza vizio di cuore. 1. GL C. robusto operaio, presentava il polso alternante e irre- golarità nella diastolica arteriale: senso di malessere, di pena, che loca- lizzava alla regione toracica. — Fatta la fasciatura il polso acquista una regolarità grandissima, diventa forte e frequente, cessa il senso di ma- lessere di oppressione e sente liberamente espandersi la cassa toracica. Rimossa la fasciatura, seguita il miglioramento del polso ed il be- nessere. Vedi tracciato N. 2. N. 2. polso prima della fasciatura p. durante la fasciatura 2. M. Y. da Paterno — Asmatico da più anni, con catarro bron- chiale. Il polso preso durante 1’ accesso mite, è piccolo, duro. Appena fatta l’ ischiemia all’ arto toracico opposto, si ottiene modi- ficazione del polso, si accentua il dicrotismo, quindi diventa più forte e con caratteri normali. Sperimenta il solito benessere , che localizza al torace , e la voce Effetti dell' applicazione agli arti delle fasce di Esmarch 285 debole prima, si rinforza. Rimossa la fasciatura rimangono le modifica- zioni del polso cerniate. N. 3. a b b a, prima della fasciatura b, appena fatta e durante la fasciatura. c, rimossa la fasciatura. 3. M. S. di anni 40, di sviluppo scheletrico e muscolare eccellente, da parecchio tempo soffre di accessi asmatici, accompagnati dal solito catarro bronchiale umido. — Al momento dell’osservazione persiste la for- ma catarrale, rantoli umidi in tutto l’albero bronchiale, senso di strettura al petto, leggero affanno. Il tracciato rivela il polso tardo, duro, quasi anacroto. Applicata la fascia di Esmarch all’ arto opposto, si ottiene accen- tuazione del dicrotismo, cessa la sofferenza al torace e 1’ ammalato che respira ampiamente, dice di non avere potuto far questo mai prima, du- rante 1’ accesso. 4. G. M. Di anni 42 di buona costituzione, affetto da più mesi da asma ; 1’ osservazione che si ripete per 4 giorni di seguito , capita du- rante l’ intensità dell’ accesso: il polso è frequente, piccolo, il senso di malessere e la sofferenza al torace è indicibile; praticata l1 ischiemia del braccio e di una gamba, il polso si rinforza considerevolmente, si ac- centua l’elevazione dicrotica, cessa la sofferenza, respira liberamente, sente come abbassarsi un corpo che localizza alla regione epigastrica, il dia- framma probabilmente. N. 4. polso poco prima p. durante la fasciatura p. dopo la fasciatura 286 Effetti dell' applicazione agli arti delle fasce di Estnarch Nei casi osservati di asma, si è dunque avuto, in seguito all’appli- cazione della fasciatura e dopo, rinforzamento accentuato e regolarizza- zione del polso, cessazione durante e dopo la fasciatura delle sofferenze. I casi poi di malattie di cuore da me studiati sono: 1. S. giovane affetto da una enorme ipertrofia di cuore, accenni a rottura di compenso. — Il polso preso prima raro, quasi anacroto, dopo la fasciatura diventa più forte. Vedi tracciato annesso N. 5 e 6. Rimossa questa si fa più forte e la curva diastoliea, presenta delle oscillazioni accennanti al dicrotismo, con polso più raro. Cessa quel senso di oppressione localizzato al petto. N. 5. p. durante la fasciatura p. rimossa la fasciatura 2. Un caso di pericardite cronica. Dopo 1’ applicazione della fascia il polso diventa piccolo, anacroto e frequente. — Rimossa la fasciatura, più forte la sistole, accentuata la curva diastoliea, conservando il polso la frequenza primitivamente acquistata. — Cessa il dolore che localizzava alla regione precordiale. 3. T. C. — Affetto da insufficienza mitrale, accusa un senso mo- lesto, quasi doloroso alla regione precordiale, il polso è raro piccolo. Fatta la fasciatura cessa il senso di dolore, il polso diventa frequenter Effetti dell' applicazione agli arti delle fasce di Esmarch 287 l’arteria presenta i caratteri di elasticità maggiore, rimossa la fascia- tura il polso torna a rarefarsi. p. prima della fasciatura p. dopo la fasciatura M. G. Soffio al lmo tempo alla punta, affanno, polso frequente, piccolo, apice della sistole prolungata — fatta la fasciatura, si rinforza notevol- mente , cessa la sofferenza , 1’ apice della curva diventa maggiormente acuto, rimossa la fasciatura il polso diventa più forte e celere. p. poco prima p. dopo la fasciatura Dalle indicate esperienze è legittima una conclusione, che nei casi studiati si ebbe in seguito alla applicazione delle fasce di Esmarch, la cessazione delle sofferenze e variazioni rapidissime delle condizioni del polso , spesso nel senso che noi ordinariamente ci ripromettiamo da medicamenti opportuni e dopo parecchie ore. Le mie osservazioni, sulla durata dei benefici, in seguito alla applicazione delle fasce di Esmarch, non sono complete ; e mentre mi propongo di continuarle , non posso però che riflettere: che l’applicazione periodica è facile e non ha con se alcun pericolo. E sino ad un certo punto inesplicabile il fatto, che i fenomeni di miglioramento del polso, iniziatisi durante l’ applicazione della fascia in un arto, cioè, durante la ischiemia di un arto e 1’ accrescimento tempo- raneo in tutto il sistema circolatorio, di una maggiore massa di sangue, 288 Effetti dell’ applicazione agli arti delle fasce di Esmarch si continuano quando questa diminuisce, rimossa la fasciatura, per l’ipe- remia che si ristabilisce nell’ arto già anemico. È un fatto che l’organo cardiaco, costretto per il maggiore afflusso sanguigno ad un movimento esagerato, contratta maggiore energia si- stolica, pare che continui anche dopo a funzionare esageratamente, in- somma il cuore temporaneamente contrae l’ abitudine ad una più attiva funzione. Una ipotesi si è, che in seguito alla applicazione delle fasce, oltre al liquido sanguigno, venga versato nel torrente della circolazione, il liquido interstiziale dell’ arto fasciato. In effetti per l’ applicazione delle fasce di Esmarch, si ha una spe- cie di spremitura dei tessuti dell’ arto e principalmente delle masse mu- scolari— Questo liquido interstiziale, contiene prodotti di secrezione del- 1’ attività degli elementi istologici ed elementi destinati alla nutrizione dei tessuti ; non è improbabile supporre, che esistano delle leucomaine o ptomaine, che anziché venire cedute per scambi lentamente, lo siano rapidamente portate al cuore, per la via del sangue ed esercitino una influenza duratura — Dimodoché i fatti che si osservano sono devoluti, oltreché alle modificazioni della massa sanguigna, anche alla presenza di queste cennate sostanze. Per conto mio, inclino a questa seconda ipotesi; ad illustrazione della medesima, accenno ad alcune esperienze istituite in proposito. Esp.a Metteva allo scoperto il cuore in una rana e ne determinava il numero delle oscillazioni cardiache, in una ottenni 103 pulsazioni; feci quindi la ischiemia dei due arti, con delle fasce elastiche ed ot- tenni durante la fasciatura 82 p. Rimossa la fasciatura 84-96-106: dopo 20 minuti, cioè un aumento della cifra trovata in principio. Per vedere poi se queste variazioni dipendessero da disturbi circo- latori o da introduzione di linfa, tagliai i vasi artero-venosi delle cosce, in modo da lasciare l’animale esangue e feci la fasciatura: evidentemente in questo caso, 1’ unica comunicazioue vascolare, rimasta tra gli arti ed il cuore, era la via linfatica; in questo caso si aveva prima della fascia- tura p. 60, applicata la fasciatura 72, rimossa 70. In questo caso la linfa conduce al cuore del materiale che stimola Effetti dell' applicazione agli arti delle fasce di Esmarch 289 V organo cardiaco ad una più attiva funzione, sia pure materiale nutri- tizio o agente eccitante ; questo risultato è logico tenendo conto della de- pressa funzione del cuore, per mancato circolo. Ho, con altre esperienze escluso che la compressione sui nervi del- T arto, possa durante la fasciatura, influenzare l’ innervazione eceito-mo- trice del cuore, tagliando i nervi prima della fasciatura ed i risultati fu- rono identici. Le rane alle quali fu applicata la fasciatura elastica — dopo uno, due giorni presentano la pelle degli arti più scura, ma si muovono co- me nel caso normale: i muscoli macroscopicamente non presentano al- cuna alterazione, funzionavano bene, non si osserva alcun disturbo di senso o di moto, morirono dopo uno, due giorni. Ho applicato le fasce di Esmarch, nei casi di cardiopalmo di lunga durata e quantunque il polso non ha subito modificazioni sensibili, pure 1’ infermo ha esperimentato un senso di benessere, che localizzava alla regione precordiale. — Fatto che a mio credere, aggiunge probabilità alla maniera di vedere, che con le fasce di Esmarch oltre al sangue, verso 1’ organo cardiaco è versato anche altro materiale, capace di influenzare la funzione del cuore. CONCLUSIONE Applicando in un arto le fasce di Esmarch, cioè producendo l’ ischie- mia in una regione del corpo, si ottiene una modificazione nell’ attività cardiaca caratterizzata da un rinforzamento sistolico del polso e da mag- giore elasticità arteriale, come si osserva nella accentuazione della curva diastolica e sistolica. Questi effetti medesimi si ottengono nell’ asma ed in alcune malat- tie del cuore, dove l’ applicazione delle fasce, se non altro temporanea- mente, ha un valore curativo. INDICE DEL VOL. II, SERIE 4." A. Bartoli. Sulle formule esprimenti la tensione dei vapori saturi in funzione della temperatura ........ pag detto. Sulla conducibilità, elettrica di alcuni mescagli naturali di composti organici ed in particolare sulla conducibilità elettrica degli olii , dei grassi , delle cere , delle essenze , dei balsami e delle resine (con sei tavole). » S. Ciofalo. L oligocene dei dintorni di Termini - Imerese (con una figura ed una tavola) ....... ...» 81 S. Calandracelo. Animali parassiti dell’uomo in Sicilia . . . » 95 C. Addarlo. Lo scollamento della retina curato chirurgicamente ( con due - tavole) » X37 G. Basile. Sulla presenza della ma, unite in un vino da taglio . . » 153 F . Fichera. Su di una nuova forma di fondazione nei terreni forti. » 161 A. Petrone. Nuovo meccanismo di occlusione delle vene nei monconi di am- putazione (con nna tavola) » 169 A. Curci. Funzione dell’ ossigeno nei composti e natura dell’ azione biolo- gica » 181 0. Silvestri ed S. Arcidiacono. Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e geodinamici avvenuti durante l’anno 1889 » 221 A. Capparelli. Le terminazioni nervose nella mucosa gastrica (con una tavola) ............. 253 G. Pennacchietti. Sugli integrali delle equazioni della dinamica . » 257 A. Capparelli. Effetti dell’applicazione agli arti delle fasce di Esmarch, sui fenomeni del polso. Applicazioni pratiche nell’ asma e nelle malattie di cuore (con otto figure nel testo) ........ 283