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DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI

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DELL ACCADEMIA PONTIFICIA DE NUOVI LINCEI

PUBBLICATI

CONFORME ALLA DECISIONE ACCADEMICA

(/<?/ 22 dicembre 1850

E COMPILATI DAL SEGRETARIO

TOMO VI. - ANNO VI.

(1852-1853)

ROMA

1855

TIPOGRAFIA DELLE DELLE ARTI

PIAZZA POLI N. 91.

/

V.

| ELENCO DEI SOCI

dell’ Accademia pontificia di’ nuovi lincei

DAL 3 LUGLIO 1847, EPOCA DEL SUO RISORGIMENTO, FINO AL FEBBRARO DEL 1835

lOCI OSSIUABI

EPOCA DELLA ELEZIONE

3 luqlio 1847 9 gennaro 1853 3 luglio 1847

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13 giugno 1848 3 luglio 1847

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Àlborghetti conte Giuseppe. ( Defunto il 21 no“ vembre 1851).

Astolfi abate ottaviano, professore di matema- tica nel collegio di Propaganda Fide.

Berlini p. michele, rettore generale dei chiérici regolari della Madre di Dio.

BoNCOMPAGNI D. BALDASSARRE dei principi di PIOM- BINO.

Caetani commendatore d. Michelangelo, princip e di Teano, colonnello direttore e comandante del corpo dei vigili pompieri. ( Rinunciò nel 6 dicembre 1848, e passò fra gli accademici ono- rari, nel 12 gennaro 1849).

Calandrelli d. ignazio, professore di ottica e di astronomia nell’università di Roma.

Cappello doti. cav. agostino, consigliere emerito del supremo magistrato romano di sanità.

Carpi dott. cav. Pietro, professore di mineralo- gia, e storia naturale nell’università di Roma.

Cavalieri san bertolo Nicola, professore emerito di architettura statica e idraulica nell’università di Roma.

EPOCA DELLA ELEZIONE

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22 febraro 1852

3 luglio 1847

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30 giugno 1850

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Ciccolini cav. Ludovico^ commendatore dell’ or- dine Gerosolimitano, già professore di astro- nomia nell’ università di Bologna. ( Defunto il 24 aprile 1854).

Chelini p. Domenico delle Scuole Pie, professore di meccanica e idraulica nell’università di Bo- logna.

Ciuffa monsignor leandro , professore onorario di botanica nell’università di Roma.

Concioli dott. onofrio, membro del collegio filo- sofico nell’università di Roma. ( Defunto il 12 febraro 1851).

Coppi abate Antonio.

De matthaeis dott. Giuseppe, già professore di cli- nica medica nell’università di Roma.

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De’ medici spada conte lavinio.

De vico p. Francesco, della compagnia di Gesù, direttore dell’osservatorio astronomico del col- legio romano. ( Defunto il 15 novembre 1848).

Donarelli dott. carlo, professore di fisiologia, e botanica pratica nell’università di Roma. (De- funto il 28 dicembre 1851).

Iterrarini p. Antonio, della compagnia di Gesù, pre-

siden lente del collegio filosofico nell’ univer-

sità di Roma.

Folchi dott. Giacomo, professore di materia me^ dica, e igiene nell’ università di Roma. (De- funto il 12 agosto 1 849).

Maggiorani dott. carlo, professore di medicina po-

litico legale nell’università Roma.

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EPOCA DELLA ELEZIONE

3 luglio 1847

4 febbraro 1849 3 luglio 1847

Massimo d. mario, duca di Riguano.

Mazzani d. tommaso, professore di meccanica, e idraulica nell’università di Roma.

metaxa’ dott. telemaco , professore di zoologia nell’ università di Roma. ( Defunto il 22 gen- naio 1851 ).

Odescalchi principe d. Pietro, de’ duchi del Sirmio /i/wo /f/S

Orioli Francesco, professore di archeologia nel- l’università di Roma. ^ // //

Parchetti p. luigi, de’ Chierici Regolari Soma- schi , membro emerito del collegio filosofico nell’ università di Roma. ( Defunto il 10 lu- glio 1849).

Peretti Pietro , professore di farmacia pratica nell’università di Roma. (Rinunciò nel 25 apri- le 1848).

Pianciani p. Giambattista della compagnia di Gesù, già professore di fisico-chimica nel col-

legio romano.

Pieri giuliano, professore d’introduzione al cal- colo sublime nell’università di Roma.

11 maggio 1848 22 aprile 1849

Poggioli dott. Michelangelo, professore emerito di botanica teorica nell’ università di Roma. (. Defunto il 4 maggio 1850).

Ponzi dott. Giuseppe^ professore di anatomia e fi- siologia comparativa nell’università di Roma.

Proja d. salvatore, nominato a professore futuro di elementi di matematica nell’ università di Roma.

El'OCA DELLA ELEZIONE

8

3 luglio 1847

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22 febbraro 1852 30 giugno 1850

3 luglio 1847 « »

3 dicembre 1854 3 luglio 1847

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30 aprile 1854

Ratti doti. Francesco , professore di chimica e farmacia nell’università di Roma/^'*^ ^

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Sanguinetti dott. Pietro, professore di botanica nell’università di Roma.

Secchi p. angelo, della compagnia di Gesù, di- rettore dell’osservatorio astronomico nel col- legio romano.

Sereni Carlo, professore di geometria descrittiva, e idrometria nell’università di Roma.

Tortolini d. barnaba, professore di calcolo su- blime nell’università di Roma.

Viale dott. cav. benedetto, professore di clinica medica nell’università di Roma.

VoLPicELLi dott. cav. paolo, professore di fisica sperimentale nell’università di Roma.

Sigg. Rev. p. michele bertini.

Rev. P. ANGELO SECCHI.

Prof. NICOLA CAVALIERI SAN BERTOLO. Prof. D. BARNABA TORTOLINI.

EPOCA DELLA ELEZIONE

9

3 luglio 1847

Sig. Prof. PAOLO dott. YOLPICELLI.

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Sig. Principe d. Baldassarre boncompagni. (Nella carica di tesoriere rimpiazzò nel 19 di- cembre 1852 il defunto G.j Alborghetti).

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Sig. Prof. D. IGNAZIO CALANDRELLE

SOCI CORRISPONDENTI ITALIANI

5 ottobre 1848 Alessandrini cav. Antonio , professore di anato- mia comparata nell’università di Rologna.

14 settembre 1848 Amici cav. gio. battista, I. R. astronomo in Firenze.

3 dicembre 1854 Rellavitis giusto, professore di matematiche su- periori nell’università di Padova.

11 maggio 1851 Bellani canonico d. angelo, membro effettivo

2

EPOCA DELLA ELEZIONE

10

5 ottobre 1848 » »

11 maggio 1851 5 ottobre 1848

4 febbraro 1849

5 ottobre 1848 19 dicembre 1852

4 febbraro 1849

5 ottobre 1848

11 maggio 1851 5 ottobre 1848 4 febbraro 1849

dell’I. R. istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti di Milano., (Defunto il 28 agosto 1852).

Belli doti. Giuseppe, professore di fisica nell’I. R. università di Pavia.

Rertoloni cav. Antonio , professore di botanica nell’università di Rologna.

Betti Enrico, professore di matematica nel liceo di Firenze.

Bianchi cav. Giuseppe, direttore dell’I. R. osser- vatorio astronomico di Modena.

Brighenti Maurizio, già professore di geometria descrittiva nella scuola degl’ingegneri di Roma, ispettore emerito di acque strade ec. in Bo- logna.

Carlini cav. Francesco, direttore dell’I. R. osser- vatorio astronomico di Milano.

Flauti cav. Vincenzo, professore di matematiche, segretario perpetuo della R. accademia delle scienze di Napoli.

Giulio cav. carlo ignazio, professore di mecca- nica nella R. università di Torino.

Magistrini cav. Giambattista, professore di ma- tematica sublime nell’ università di Bologna. (. Defunto il 1 novembre 1849).

Mainardi gaspare , professore di calcolo sublime nell’l. R. università di Pavia.

Marianini cav. Stefano, professore di fisica spe- rimentale nella università di Modena.

Matteucci cav. carlo, professore di fìsica nellT. R. università di Pisa.

EPOCA DELLA ELEZIONE

- 11

11 maggio 1851 14 settembre 1848

4 febbraro 1849 11 maggio 1851

5 ottobre 1848

4 febbraro 1849

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14 settembre 1848 4 febbraro 1849

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Medici cav. michele, professore eli ftiiatormar nel- l’universilà di Bologna.

Melloni cav. macedonio, direttore dello stabili- mento fisico meteorologico di Napoli. ( Defunto neW 11 agosto 1854).

Menabrea luigi Federico , membro della R. ac- cademia delle scienze di Torino.

Minich serafino, professore di matematiche su- periori nelPuniversilà di Padova.

Mossotti cav. ottaviano fabrizio, professore di fi- sica matematica, e meccanica celeste nelì’I. R. università di Pisa.

Parlatore Filippo , professore di botanica, e di fisiologia vegetale nel museo di fisica e storia naturale in Firenze.

Piola dott. gabriOj, professore di matematiche a Milano. (Defunto il 10 novembre 1850.)

Piria Raffaele, professore di chimica ncIPtr-fe si tiriti Pisa-.- A* a %n' n o

Plana commendatore Giovanni, direttore del R. osservatorio astronomico di Torino.

Purgotti dott. Sebastiano, professore di chimica nell’università di Perugia.

Santini cav. Giovanni, direttore dell’I. R. osserva- torio astronomico di Padova.

Scacchi arcangelo, professore di mineralogia nella R. università di Napoli.

Sismonda cav. angelo, professore di geologia, e di mineralogia nella R. università di Torino.

EPOCA DELLA ELEZIONE

EPOCA DELLA ELEZIONE

XII

12

4 febbraro 1849

Taddei cav. gioacchino , professore di chimica igenica e medica in Firenze.

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Tardy placido, professore di matematiche.

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Tenore cav. michele, professore di botanica nella R. università di Napoli.

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Zantedeschi cav. abate Francesco, professore di fisica nell’I. R. università di Padova.

SOCI CORRISPONDENTI STRANIERI

17 novembre 1850

Airy g. b., direttore del R. osservatorio astro- nomico di Greenwich.

10 luglio 1853 17 novembre 1850

Agassiz l., professore di storia naturale.

Arago f. , segretario perpetuo dell’ accademia delle scienze dell’imperiale istituto di Francia. (Defunto il 2 ottobre 1853).

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Riot cav. g. b., membro dell’ accademia delle scienze dell’imperiale istituto di Francia.

10 luglio 1853

Bond, astronomo a Cambridge.

17 novembre 1850 Cauchy a., membro dell’accademia delle scienze

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dell’imperiale istituto di Francia.

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Chasles michele, membro dell’accademia delle .scienze dell’imperiale istituto di Francia.

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De la rive a., professore di fisica in Ginevra.

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Dirichlet, professore di matematiche nell’univer- sità di Berlino.

EPOCA DELLA ELEZIONE

13

10 luglio 1853 « »

17 novembre 1850

10 luglio 1853

17 novembre 1850 » »

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10 luglio 1853

De humboldt barone Alessandro, in Berlino.

Du bois reymond e., fisiologo a Berlino.

Duperrey l. i. , membro dell’ accademia delle scienze dell’imperiale istituto di Francia.

Elie de beaumont Giambattista, segretario perpe- tuo deiyjjccademia delle scienze dell’ impe- riale istituto di Francia.

Faraday m., membro della B. società di Londra.

Flourens i. p., segretario perpetuo dell’accademia delle scienze dell’imperiale istituto di Francia.

Forbes g., professore di fisica in Edimburgo.

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Fuss p. il, segretario perpetuo dell’l. R. accade-

mia delle scienze di s. Pietroburgo.

Foucault leone, fìsico ì^LParigio

Forchham^er, segretario della società delle scienze in Copenaghen.

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Frias elias, segretario della R. accademia delle scienze di Upsala.

Grove g. r.^ professore di fisica in Londra.

Gauss c.f., professore di matematiche in Gottinga.

Hansen p. a., direttore dell’osservatorio astrono- ^ mico in Gotha.

Henry, segretario dell’istituto Smitsoniano in Wa- shington.

Johnson, Geologo a Washington.

Iacobi c. g. i., professore di matematiche dell’uni- yersità di Berlino. ( Defunto nél 1850).

Iacobi, professore di chimica in Pietroburgo.

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EPOCA DELLA ELEZIONE

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17 novembre 1850

10 luglio 1853

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4 febbrciro 1849 10 luglio 1853

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Kummer, professore di matematica nell’università di Breslavia.

Kupffer, direttore dell’I. R. osservatorio di Pie- troburgo.

Lamé g. , membro dell’accademia delle scienze dell’imperiale istituto di Francia.

Liebig barone giusto , professore di chimica in Monaco.

Littrow, a Vienna.

Liais e., segretario perpetuo dell’I. società delle scienze naturali di Cherbourg.

Lorente, professore segretario della R. accademia delle scienze di Madrid.

Malaguti m. j., professore di chimica a Rennes.

Malmsten dott. g. i. professore di matematica nell’università di Upsala.

Murchison cav. r.? presidente della società geo- logica a Londra.

Mitscherlich e., professore di chimica in Berlino.

Neumann, dott. professore di matematiche e fìsica nell’università di Kònisberg.

Ostrogradsky, membro dell’I. R. accademia delle scienze di Pietroburgo.

Ohm dott. m., professore di matematiche nell’uni- versità di Berlino.

Poinsot l., membro dell’accademia delle scienze dell’imperiale istituto di Francia.

Pouillet c., membro dell’accademia delle scienze dell’imperiale istituto di Francia.

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EPOCA DELLA ELEZIONE

17 novembre 1850

10 luglio 1853

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10 luglio 1853 17 novembre 1850 3 dicembre 1854

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Quetelet cav. a., segretario perpetuo delle 11. accademia delle scienze, lettere, e belle arti del Belgio in Brusselles.

Remon zarco del valle dott. Antonio, presidente della R. accademia delle scienze in Madrid.

Regnault v., membro dell’accademia delle scienze dell’ imperiale istituto di Francia.

Robert g., professore di matematica nel collegio della Trinità in Dublino.

Steiner i., professore di matematica in Berlino.

Thomson g. , professore di]f«witematteRr nell’uni- versità di Glasgow.

Wehlberg, segretario della R. accademia delle scienze di Stockolm.

Wheatstone, membro della R. società di Lon- dra.

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SOCI ONORARI

12 gennaro 1849 Caetani commendatore d. Michelangelo, principe

di TEANO.

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SOCI AGGIUNTI

EPOCA DELLA ELEZIONE

3 luglio 1847

Astolfi abate ottaviano, professore di matema- tica nel collegio di Propaganda Fide. ( Passato fra i soci ordinari).

Betocchi Alessandro, ingegnere.

Cavalieri san bertolo Giovanni, ingegnere.

Cugnoni ignazio, ingegnere.

DeS JARDINS dott. FELICE MARIA.

Palomba dott. clemente.

Proia d. salvatore, nominato a professore futuro di elementi di matematica nell’ università di Roma. ( Passato fra i soci ordinari).

Vespasiani abate d. salvatore, già supplente alla cattedra di fisico-chimica nel seminario romano.

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MACCHINISTA

25 maggio 1848 » »

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3 luglio 1847 25 maggio 1848 3 luglio 1847

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14 settembre 1848 Sig. luswergh angelo.

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ATTI

DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI

SESSIONE I* DEL 19 DICEMBRE 1852

PRESIDENZA DEL SIO. PRINCIPE D. PIETRO ODESCALCHI

MEMORIE E COMUNICAZIONI

DEI SOCI ORDINARI E DEI CORRISPONDENTI

Fisica Ricerche sul Magnetismo Terrestre. Memoria 2a del prof P. A. Secchi d. C. d. G. direttore dell' osservatorio del Collegio Romano (*).

Ho già comunicato all’Accademia una prima memoria nella quale ho esposto alcuni studi da me fatti intorno al magnetismo terrestre (1) » limitandomi per allora a descrivere il metodo tenuto nel determinare la declinazione , e soggiungendo una breve discussione sulla variazione secolare di questo ele- mento nel nostro paese. Un tale studio naturalmente mi ha condotto anche a indagare la legge delle variazioni giornaliere dell’ago magnetico, e già lino d’allora io annunciava trovarle nei nostri climi assai regolari. Queste prime ricerche m’hanno invogliato di esaminare con qualche diligenza qual fosse lo stato attuale della scienza , onde tirar lume e profitto dai lavori altrui per dirigere i nuovi studi che io mi proponeva di fare. Ma devo confessare che al primo abordo la massa de’ materiali, e la moltitudine delle irregolarità e bizzarie messa a confronto delle poche leggi precise che ne risaltavano, mi atterrì e ne distolsi l’animo per alcun tempo. Infatti era inutile qui consultare i trattati di fisica, perchè anche i più accreditati se ne passano con pochissime parole e se pure vi danno qualche legge , presto vi soggiungono eccezioni che la riducono a niente e concludono dicendo doversi aspettare nuovi studi

(*) Comunicata nella sessione Ia del dicembre 1854. (1) V. Atti Anno V. pag. 599.

3

18

e nuove ricerche. Mi rivolsi adunque alle grandi pubblicazioni delle osserva- zioni fatte nei molti osservatorii magnetici che si sono stabiliti negli ultimi tempi , ma sfortunatamente molte di queste sono mere raccolte di cifre , a dedurre dalle quali un risultato conveniente sarebbesi richiesta fatica superiore a quella che possa fare un uomo solo. Avrei dunque abbandonato ogni spe- ranza di successo se per favore di un distinto amico , e noto scienziato il sig. Pentland, non avessi potuto avere nelle mie mani la completa collezione delle osservazioni magnetiche fatte agli osservatorii coloniali inglesi, e pubbli- cata dal Colonnello Sabine. Questa preziosa raccolta fu quella che non mi fece ripigliare con nuova Iena l’ intramesso studio, ma nel medesimo tempo non fece altro che persuadermi vieppiù della difficoltà dell’ assunto di ridurre le immense anomalie risultanti dalla osservazione a leggi generali, senza il filo delle quali era inutile il tentar nuove ricerche, sicché nuovamente abbandonai l’impresa. Quando nel prossimo passato maggio mi vennero favoriti dal sig. dott. Miiller due suoi articoli, relativi alle variazioni dell’ago magnetico, nelle quali esso metteva in confronto le leggi delle variazioni magnetiche dedotte dalle osservazioni di Arago a Parigi con quello della temperatura, proponendo anche nuovi strumenti per osservarle. La maniera colla quale l’autore metteva a confronto le due specie di variazione, facendole vedere come parallele, es- sendomi paruta alquanto incompleta , specialmente per la scarsezza dei ma- teriali adoperati, ritornai nuovamente ad esaminare le opere indicate di sopra, e dalla loro discussione mi risultarono tali proprietà caratteristiche delle va- riazioni magnetiche che mi sforzavano assolutamente ad attribuirle ad altro principio che alla temperatura , sapendo qual altra ipotesi più semplice imaginare , mi rivolsi a considerare quella che suppone il sole come causa diretta delle medesime, per esser cioè esso stesso un corpo magnetico.

Una tale ipotesi da alcuni comincia, è vero, ad esser favorita, ma si- nora bisogna confessarlo , non pareva sufficientemente appoggiata, e veniva comunemente riguardata , piuttosto come una plausibile congettura, anziché una ipotesi fìsica ragionevole , a quella guisa che la teoria della attrazione planetaria era sospettata da diversi, ma non tenuta nell’ ordine delle ipotesi probabili prima che con essa si spiegassero le particolarità del sistema del mondo. Per dare un fondamento alla teoria magnetica del sole era mestieri far vedere non solamente che i periodi delle variazioni magnetiche erano es- senzialmente differenti da quelli delle variazioni di temperatura , ma inoltre era necessario di determinare a priori ; i periodi magnetici diurni ; i

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periodi annui; le loro modificazioni dipendenti dalle posizioni geografiche dei luoghi, e far vedere come tutti questi sono in perfetissimo accordo colle osserva- zioni. Ma una teoria diretta di queste variazioni era assolutamente superiore alle forze della scienza moderna , colla quale ben pochi passi si sono fatti nell’analisi matematica def magnetismo : dovevamo adunque contentarci di una maniera indiretta. Una tale impresa era ben ardua e superiore certa- mente alle mie forze ; ciò non ostante, io ho tentato di porvi mano, e nel presente lavoro, verrò esponendo con più ordine e precisione quanto ho già detto in alcuni altri articoli pubblicati , dirò così tumultuariamente e senza nessun’ordine di cose perchè scritti nel tempo medesimo che io andava stu- diando la materia, e mi si affacciavano le idee (1). Tuttavia perchè questo la- voro sia completo e dia al lettore una giusta idea dello stato della scienza attuale del magnetismo terrestre, lo dividerò in tre parti: nella prima esporrò brevemente gli studi fatti per arrivare ad una cognizione esatta delle varia- zioni del magnetismo terrestre : nella seconda esporrò con sufficiente parti- colarità le leggi a cui si è arrivato dietro tali indagini: nella terza ricercherò le leggi delle variazioni magnetiche deducendole dalla teoria magnetica del sole, e confrontandole con quelle trovate dalle osservazioni, e con ciò il let- tore sarà in grado di accettare o rigettare la proposta ipotesi.

Non presumo io di dare qui altro che la discussione di una ipotesi, la quale se verrà giudicata riprovevole , anche questo sarà un passo verso la verità , ritraendoci da una strada erronea , cui altri non dovrà più tentare: è così spero che il lavoro non riuscirà inutile , e specialmente la seconda parte potrà essere di servizio a molti a disposizione de’ quali non troverassi tanto facilmente la copiosa serie di opere clic sono raccolte nel nostro osser- vatorio. Inoltre il favore che hanno incontrato i predetti articoli benché molto incompleti , mi fanno sperar che una più esatta esposizione della medesima materia non sarà per dispiacere. Conosco benissimo che 1’ assunto è superiore di molto alle mie forze , ma la benignità degli scienziati saprà ben perdo-

(1) Questi articoli furono inseriti nalla Corrispondenza Scientifica del sig. Scarpellini , dopo una comunicazione fatta all’ Accademia de’ Lincei nella seduta dell’ agosto 1854. Lo stato imper- fetto in cui era ancora il lavoro a quell’ epoca , non mi permisero di communicarlo di presente all'Accademia, e credetti sufficiente darne un cenno verbale col far vedere le tavole delle ligure , che dimostravano la principale scoperta, e comunicare la formola con altre conclusioni. Altre oc- cupazioni non meno distrattive da questo ramo di studio, e di mio più diretto dovere, mi hanno impedito di ordinare più presto il presente lavoro. 20 Dicembre 1854.

20-

nare le imperfezioni un lavoro che non deve considerarsi che un primo abozzo ed imperfetto tentativo della scoperta di una verità che potrebbe pro- fondamente influire su tutta la teoria fisica deH’Universo.

PARTE PRIMA

BREVE ESPOSIZIONE DEI LAVORI INTRAPRESI PER LO STUDIO DELLE VARIAZIONI MAGNETICHE.

Nello studio dei grandi problemi di fìsica terrestre , uno dei quali è il presente, lo zelo e l’attività di un osservatore isolato sono affatto insufficienti, non solo per la moltitudine dei dati che richiedono , ma ancora per le os- servazioni che si devono fare simultaneamente in molti paesi diversi. Per ciò diventano indispensabili le associazioni scientifiche e talora anche si esige una attiva cooperazione dei governi che diano protezione e mezzi per con- durre a fine tali ricerche. La teoria del magnetismo terrestre e quella dei venti e delle correnti dell’Oceano restarono sempre bambine, finché il numero degli osservatori fu ristretto ai pochi professori delle filosofiche facoltà , e fu mestieri che corpi numerosi di osservatori fìssi e di navigatori venissero organizzati , mercè dei quale si svelarono tante ignote verità (1). Merita di esser qui citato con lode a proposito del nostro soggetto il p. Kirker il quale fin dal suo tempo conobbe la necessità di tali unioni e cercò per quanto era in lui di ridurne una all’atto, per conoscere la legge della declinazione ma- gnetica nei varii punti del globo. Scrisse egli perciò a tutti i professori di matematica della sua religione e a moltissimi altri scienziati e navigatori per ottenere da essi la osservazione della declinazione. Il corpo delle osserva- zioni così raccolto è assai rispettabile, ed è ora un prezioso monumento per la variazione secolare di quell’ elemento, di cui ritornerò a parlare in luogo più opportuno.

Per non dire qui altro che delle variazioni diurne ricorderò , che fino dall’anno 1761 le osservazioni di Cassini in Francia e di Gilpin in Inghil- terra, ripetute in Roma dal p. Asclepi nel 1762 aveano fatto vedere che l’ago

(1) Alludasi ai grandiosi lavori del sig. Maury direttore dell’osservatorio di Washington sui venti e le correnti dell’Oceano , di cui vedi Bib. Uni v. ottobre 1853. Tortolini Annali tom. IV , pag. 245. Corrisp. scienti f. e fVash. obs. 1846 publicate nel 1851.

21

ha una variazione diurna assai dichiarata in diversi punti del globo, e que- st’ultimo osservatore avea anche sospettato una variazione annua. Il periodo notato da essi appariva costantemente lo stesso nelle varie ore della gior- nata che essi non dubitarono di crederle dipendente dal sole. Nel 1741 Cel- sius in Svezia e Graham in Londra confrontando una serie di osservazioni corrispondenti concertate fra di loro, scoprirono la simultaneità delle grandi perturbazioni magnetiche' in diversi punti del globo terrestre: verità che ita in dimenticanza fu nuovamente trovata dalle osservazioni pur simultanee fatte a Parigi da Arago con quelle fatte da Kupffer a Kasan nel 1825.

L’ illustre barone Alessandro di Humboldt intraprese nel 1806 , prima da se solo , poi in comune con altri una serie di osservazioni perpetue per certi giorni dell’ anno. Consistevano esse in osservare l’ago di declinazione ad ogni 5 minuti nei giorni de’ solstizii e degli equinozi. Gli apparati dei quali si servivano questi primi osservatori erano diversi; Humboldt usava un collimatore magnetico di Prony ; Arago una bussola di Gambey. Queste di- versità naturalmente doveano indurre delle discordanze nei risultati, ma non fuorono tali da nascondere l’andamento dei fenomeni. Apparve infatti da essi la simultaneità delle perturbazioni e il parallelismo del moto delVago , manife- starsi egualmente a Berlino e a Parigi , e nelle miniere di Freyberg a 66 metri di profondità (1). Fu nel 1832 al 1836 che avendo Gauss rivolte le sue dotte ricerche alla teoria del magnetismo terrestre fornì gli studiosi di nuovi metodi di osservare, e di nuovi strumenti che hanno fissato un era nuova nella scienza, e reso uniforme questo studio. Allora si organizzò una società di osservatori indeffessi che ad epoche determinate si occupavano di notare al medesimo istante preciso di tempo assoluto in vari luoghi del globo l’anda- mento dell’ago. L’osservatorio magnetico di Gottinga divenne tipo di tutti gli altri, e in tutti si usava di fare le osservazioni al tempo medio di Gottinga per uniformità di computo , eseguendo tutto colla precisione delle osserva- zioni astronomiche. Le prime conclusioni dedotte dai nuovi studii furono im- portantissime. In mezzo alle molte irregolarità che presentavano le osserva- zioni particolari , rilevavansi manifeste molte leggi generali. Fu confermata la simultaneità delle perturbazioni in paesi assai lontani ; 1’ influenza delle aurore boreali anche lontane od invisibili nel luogo di osservazione ; quella delle stagioni, e delle varie ore della giornata. Per più particolarità veggasi

(t) Humboldt Cosmos p. I, pag. tSH, nota 66.

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la memoria che il celebre Gauss publicò su questo soggetto nel 1836 come rendiconto dell’operato fino a quell’ora (1).

Per l’imperfezione degli strumenti magnetici erasi limitato fino allora lo studio alle declinazioni , ma presto si conobbe l’importanza di conoscere il valore e le variazioni degli altri elementi magnetici , cioè la inclinazione e la intensità. Il medesimo Gauss assistito da Weber inventò il magnetometro bifilare, e la sua teoria, e si costruirono apparati analoghi a quelli della de- clinazione per misurare le variazioni di intensità magnetica tanto orizzontale che verticale, e della inclinazione dell’ago.

Siccome questi apparati sono poco diffusi fra di noi non sarà inutile il darne qui un breve cenno , senza di che riuscirebbero forse oscure a molti dei lettori le cose che dobbiamo dire appresso.

Per lo studio delle variazioni di declinazione le bussole ordinarie hanno

10 svantaggio di render poco sensibili gli spostamenti dell’ago, e volendone anche ingrandire i movimenti con microscopii, si va incontro a varii incon- venienti e perturbazioni prodotte dalla vicinanza dell’osservatore; quindi fu- rono abbandonate le bussole di Gambey e il collimatore di Prony, e Gauss imaginò di sospendere alla sbarra magnetica uno specchio il quale riflettesse dentro un cannocchiale l’imagine di una scala graduata. Il cannocchiale e la scala possono mettersi distanti dall’ago quanto si vuole, e così si viene fa- cilmente ad ingrandire qualunque piccolo movimento che faccia quest’ultimo, che ad ogni minimo suo deviare si cambia subito nel campo del telescopio la divisione visibile della scala rapporto al filo micrometrico dell’oculare. Se

11 cannocchiale e la scala distano dalla sbarra anche solo pochi piedi si possono facilmente valutare le variazioni di pochi secondi di arco, senza che la vicinanza dell’osservatore possa esercitare perturbazione alcuna. Le sbarre che si usano invece degli aghi, sono buone verghe di acciaio lunghe circa due piedi, e del peso di circa 4 libre, benché ve ne siano in uso di quelle di fino a 25 libre. Esse non sono bilicate sopra un perno , ma sospese ad un mazzo di fili di seta cruda tolti dal bozzolo, ovvero (il che è anche me- glio, per rendersi indipendenti dalle variazioni igrometriche) da un filo me- tallico di resistenza appena sufficiente a portare il peso della sbarra , del

(1) Trovasi essa riprodotta in inglese nella collezione delle memorie scientifiche publicate da Taylor in Londra. Voi. II, p. I, art. II. Ivi pure trovansi raccolte le più importanti publicazioni relative al magnetismo terrestre, ai metodi di osservare, la descrizione di apparati ec. tanto di Gauss che di Weber..

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quale facilmente determinasi il coefficiente di torsione. Questo strumento chiamasi cleclinometro o anche magnetometro. Sotto quest’ ultima denomina- zione però comprende diversi altri accessorii destinati ad ottenere con esso la misura della intensità assoluta della forza magnetica. Allo specchio e alla scala, si è sostituito dal sig. Airy un collimatore, che consiste in un obiet- tivo da cannocchiale attaccato alla sbarra magnetica nel foco principale del quale è una scala graduata in vetro, questa scala guardasi attraverso l’obiet- tivo con un altro cannochiale (1). Questo metodo ha il vantaggio che può determinarsi con molta precisione il valore assoluto della declinazione, per- chè basta alzare il cannocchiale e dirigerlo a qualche stella circumpolare quando passa pel meridiano, e leggere il lembo graduato del teodolite, e fatto ciò senza spostare di foco l’oculare può osservarsi la scala abbassandolo im- mediatamente. Ma per lo studio delle semplici variazioni l’uso dello specchio e più comune e più comodo.

Oltre la declinazione, gli altri due elementi magnetici dei quali si deve determinare la variazione, sono l’intensità e la inclinazione: ma il loro studio diretto essendo molto difficile, vi si è sostituito un metodo indiretto, il quale consiste in determinare le variazioni che subiscono le sue componenti dirette secondo tre assi coordinati presi rapporto all’orizzonte. Infatti il mezzo im- mediato per determinare l’intensità della forza assoluta del magnetismo ter- restre è quello di fare oscillare l’ago di inclinazione e notare la durata delle oscillazioni, giacche appunto quest’ago colla sua direzione segna la linea se- condo la quale si dirige la risultante di tutte le forze magnetiche del globo. Però vi sono in questo metodo diversi inconvenienti. Il primo è che siccome la durata di una oscillazione dipende dalla intensità del magnetismo libero tanto nell’ago che nella terra, un cambiamento nel primo, può venire attri- buito all’ altra , vi è modo di riconoscere in quale dei due sia avvenuto. Un altro inconveniente si è che esigendo tali esperienze un tempo notabile e abilità non ordinaria , sono di non piccolo incomodo agli osservatori , non possono ripetersi che di raro, e non si può nemmeno esser sicuri se il ma- gnetismo dell’ago e della terra siano rimasti costanti durante il tempo della osservazione.

Mossi da queste ragioni dietro la scorta di Gauss i fìsici , per ciò che riguarda lo studio delle sole variazioni diurne , hanno rinunciato alla misura diretta dalla forza totale dell’ ago , come pure a quella delle

(1) V. memoria I, Atti dell’ Accademia de’ Lincei, citata di sopra.

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variazioni delle inclinazioni, ed hanno adottato il seguente metodo di ricer- che. Si concepisce la forza totale magnetica decomposta secondo tre assi coordinati ortogonali , il primo de’ quali sia orizzontale e parallelo al meri- diano magnetico, il secondo pure orizzontale e perpendicolare al medesimo meridiano, il terzo verticale. Per ciascuna di queste direzioni si ha un apparato a parte che la intensità e la variazione di quella componente, dalle quali poi e dalla direzione già nota della risultante facilmente si deduce il valore e la variazione della forza totale e la variazione pure della inclinazione.

L’ apparecchio che serve a misurare la componente magnetica orizzon- tale è conosciuto sotto il nome di magnetometro come abbiamo già accennato di sopra. Il suo uffizio è di dare il valore assoluto di questa forza, ma la de- scrizione del metodo tenuto in questa operazione troppo ci porterebbe fuori del nostro proposito. Qui solo basti dire in somma, che esso consiste in fare oscil- lare la sbarra prima carica di certi pesi, poi senza essi, notando le durate delle oscillazioni: con tal metodo si ottiene l’espressione del momento ma- gnetico dell’ ago moltiplicato per la intensità della forza terrestre , poscia collocata un altra sbarra magnetica a diverse distanze dalla sbarra del ma- gnetometro si osservano le deviazioni prodotte , donde si deduce un al- tra espressione della intensità divisa pel momento magnetico , dalle quali due espressioni si ha facilmente l’intensità magnetica (1). Ma come è chiaro questi sperimenti non possono eseguirsi ad ogni momento , e deve dirsi di essi quello che si è detto dell’ ago inclinato oscillante , onde essi non pos- sono servire a determinare le variazioni di intensità di breve durata. Queste si deducono dall’ apparato detto magnetometro bifilare , che consiste in una sbarra magnetica collocata in un piano perpendicolare al meridiano magne- tico. Per ottenere una tale disposizione si sospende essa a due fili paralleli egualmente tesi i quali quando portano una sbarra non magnetica devono stare nel piano del meridiano magnetico, ma attaccatavi una sbarra magne- tica si torce il pezzo che li porta fino a tanto che la sbarra prenda una direzione perpendicolare al detto meridiano. La forza di torsione esercitata dai fili contrasta così la direttrice magnetica della terra , e 1’ ago resta in certo modo astatico , talché ad ogni minima variazione della componente

(i) Per la teoria e i dettagli di questa operazione veggasi la memoria di Gauss Intensitas vis magneticae ad absolutam mensuram revocata Gottingae. Per la pratica di altro modo di trovare lo stesso valore V. Weber nelle meni citate di Taylor , e anche le istruzioni premesse all’ Animane magri, et météor. di Russia.

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orizzontale cambia di luogo. La delicatezza di questo strumento è tanta che il suo autore attesta avere avuto con esso notabilissima deviazione della cor- rente che circolava in un elica di fd di rame avvolta attorno alla sbarra c che univa i cuscinetti col conduttore di una ordinaria macchina elettrica. Le osservazioni con questo strumento si fanno colla medesima facilità che quelle della declinazione , mediante uno specchio ovvero un collimatore attaccato alla sbarra in cui si guarda una scala graduata. Le sbarre sono delle stesse dimensioni che quelle del declinometro, ma qui fa d’uopo avere una avver- tenza, ed è che variando il momento magnetico dell’ago colla temperatura, è necessario tener conto di questa onde correggere le osservazioni della sua influenza per lo che esistono metodi sicuri ed abbastanza precisi.

Per ottenere la variazione della forza verticale, si fa uso del magneto- metro a bilancia inventato dal dott. Lloyd. Consiste esso in una verga ma- gnetica fatta a guisa di un fusto da bilancia sostenuta orizzontalmente da un asse pure orizzontale a forma di coltello , che posa sopra due piani di agata, appunto come il fusto di una delicata bilancia ordinaria. Esso è di- sposto in un piano perpendicolare al meridiano magnetico e con piccoli pe- setti è equilibrato in modo, che riesca sensibile ad inclinarsi per ogni mi- nimo cambiamento di forza verticale magnetica. Si osservano i suoi moti o con un microscopio attaccato alla cassa dell’apparecchio collimando ad una croce di fili di ragno fissa ad una estremità dell’ago ovvero osservando an- che qui 1’ imagine di una scala riflessa da uno specchietto attaccato alla sbarra.

Ottenute le variazioni della forza verticale se ne deducono quelle della inclinazione colle note formole (1) , le determinazioni così avute però rie- scono alquanto meno sicure delle altre variazioni se la forza magnetica ver- ticale è molto debole, come appunto accade sotto l’equatore. Anche questo strumento è soggetto a variazioni dipendenti dalla temperatura e bisogna de- terminare le correzioni con molta diligenza. In generale però si crede che i suoi risultati sieno di minor fiducia che quelli dei magnetometri orizzontali.

Ripigliamo ora la narrazione storica degli avanzamenti della scienza bre- vemente intramessa per dar luogo alla descrizione dei nuovi strumenti di cui venivasi arricchendo.

Recate così le osservazioni magnetiche al grado di una precisione pari

(1) V. Allan Makerstoun obs. 18-44, pag. 390.

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quasi alle astronomiche , divenivano soggetto più che mai adattato alle ap- plicazioni delle teoriche matematiche , per il che però rendevasi di asso- luta necessità lo studiare i fenomeni con più estensione che non si era fatto fino allora, in cui le indagini erano state ristrette a pochi centri. La vastità del problema è tale da non potersi risolversi con quei soli dati, giacché l’am- piezza anche di tutta l’Europa, non che della piccola parte di essa abbrac- ciata da quelli osservatori, era troppo poca cosa in confronto della superficie intera del globo terrestre.

Per conoscere il soggetto in tutta la sua vastità era mestieri stabi- lire molti di tali centri di osservazione in più punti della terra lontanis- simi tra di loro , e fare in essi una accurata determinazione degli elementi magnetici costami e delle loro variazioni : ma qui le istituzioni scientifiche non bastavano : e si richiedeva che i governi somministrassero protezioni e mezzi per tale istituzione.

Una prima proposta fatta da Humboldt alla Accademia di Pietroburgo nel 1819 e da essa presentata all’Imperatore fu coronata da un felice suc- cesso. Si stabilirono in diversi punti dell’impero Russo varii osservatoci ma- gnetici forniti degli opportuni strumenti, che si estesero fino nella Cina sotto la protezione Russa. Una parte considerabile del nostro emisfero veniva così ad essere sufficientemente esplorata. Ma tali punti se non scarsi di numero, erano ancora troppo concentrati e troppo ristretta la superficie in cui erano disseminati. Perciò il medesimo illustre scienziato secondato dalla associa- zione britannica pel progresso delle scienze, e dalla Società Reale di Londra fece istanza al governo inglese che volesse contribuire a tali importanti ri- cerche, essendo quella forse la sola nazione che per i vantaggi che ne poteva trarre la navigazione , potesse esserne grandemente interessata , e inoltre f unica che potesse nei suoi domimi somministrare i punti indicati come i più importanti ove erigersi le stazioni. L’alacrità, la prontezza e la libera- lità con cui quel governo secondò le proposte dell’ illustre scienziato sono una prova non meno della stima che avevano per lui , che dell’ importanza del problema (1).

A Dublino e a Greenwich vennero immediatamente eretti due osserva- toci magnetici completi, uno sotto la direzione del dottor Lloyd l’altro del- l’astronomo reale sig. Airy. Per le stazioni lontane il governo a sue spese

(1) V. Sabine Osserv. di Toronto, t. I, introd. pag. 10. Humboldt Cosmos loco cit.

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fece costruire quattro ossei vatorii magnetici e meteorologici forniti di tutto punto nei luoghi indicati da Humboldt , e confermati da Herschel , Airy e Sabine come i più importanti per la scienza, ed i più opportuni a rivelare la legge dei fenomeni. Furono essi scelti in modo che vi avesse molta va- rietà di intensità magnetica, e posizioni opposte tanto rapporto ai poli che all’equatore magnetico, e geografico.

Il primo fu stabilito a Toronto nel Canadà l’altro ad Hobarton o Ilobart Town nella terra di Van-Diemen che sta nell’ emisfero sud alla punta più meridionale della Nuova Olanda nell’Australia. Questi due luoghi furono scelti perchè assai vicini ai punti di massima intensità magnetica , e inoltre es- sendo quasi antipodi l’uno all’altro erano eminentemente proprii a mostrare la differenza, che l’opposizione delle stagioni nei due emisferi introduceva nelle variazioni magnetiche.

Il terzo fu eretto al Capo di Buona Speranza come la parte più me- ridionale del continente africano; punto assai importante per le notabili va- riazioni che ivi subiscono gli elementi magnetici. Il quarto finalmente a S. Elena come luogo assai speciale per la navigazione , non meno che per- la scienza essendo collocato fra i tropici poco lontano dall’equatore magne- tico e geografico, e dai punti di minima intensità (1).

Il sistema di osservazione stabilito in questi osservatorii fu nel più alto grado che potesse domandare la scienza , e tale da poter formare un vero monumento alla posterità. Gli strumenti erano tutti delle maggiori dimen- sioni e della massima precisione per tutti gli elementi magnetici : cioè un declinometro a grandi dimensioni,, un magnetometro bifilare per la compo- nente orizzontale , una bussola per la determinazione assoluta della inclina- zione, e l’inclinometro differenziale a bilancia, ed oltre a questi una serie di

(1) Ecco il quadro delle posizioni geografiche e degli elementi magnetici di questi osservatorii, ai quali aggiungo ancora quelli di Makerstoun in Scozia, e Bombay nelle Indie Orientali.

Nome del luogo

Lat. Geogr.

Long.

di Greenw.

Declin. magn. del polo Nord

Inclinazione

Toronto (Canada)

Hobarton (Terra di V. D.) S. Elena (Isola)

Capo di B. Speranza Makerstoun (Scozia) Bombay (Indie Orientali,)

43.° 39/ Nord 42. 52. Sud 15. 56. S.

33. 56. S.

55. 34. N.

18. 33. N.

79/21/ West 147. 27. E.

5 40. W. 18. 29. E.

2. 30. W. 77.° 45. E.

l.° 27. W. 9. 57. E. 22. 46. W. 29. 7. W.

25. 30. W.

-+- 75,° 15/ N.

70. 37. S.

21. 37. S.,

53. 58. S. -f- 71 16. N .

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altri strumenti di ricambio e altri di minor mole e portatili per supplire al maggiori e determinare le costanti del magnetismo di tanto iu tanto senza toccare i grandi magneti, cui l’esperienza avea insegnato doversi spostare il meno possibile.

Gli osservatorii furono tutti costruiti in luoghi aperti e di legname senza chiodi di ferro aventi ciascuno gli opportuni strumenti astronomici per de- terminare il tempo con precisione matematica. Fu unita a questi una serie completissima di strumenti meteorologici consultati ogni volta contempora- neamente ai magnetici, e consistenti nel termometro, psicrometro, anemome- tro, anemoscopio ec. La serie delle osservazioni da farsi era la seguente: fu stabilito che di tanto in tanto si facesse una precisa determinazione degli ele- menti assoluti del magnetismo , e inoltre di quelle quantità che servir do- veano alla riduzione delle osservazioni, come sono la torsione dei fili di so- spensione, il coefficiente di variazione di forza nelle sbarre pel cambiamento di temperatura, l’azimut delle mire ec. Per le osservazioni ordinarie tutti gli osservatorii doveano agire simultaneamente e fare le osservazioni di tutti gli strumenti ad intervalli che prima si fissarono distanti di due ore, poscia si vide necessario restringerli ad ogn’ora precisa di tempo solare medio di Got- tinga. Nelle occasioni di perturbazioni straordinarie tanto magnetiche che atmosferiche, le osservazioni doveano farsi ogni 5 minuti.

Perchè tal serie di osservazioni venisse portata avanti con quella pre- cisione che si dovea, fu organizzato un servizio ad uso militare, nel quale succedendosi alternativamente giorno e notte gli osservatori, le serie non re- stavano mai interrotte. Si scelsero a tal fine gli osservatori tra i più capaci del corpo di artiglieria, preferendo sempre quelli che più gusto e trasporto mostravano per tale occupazione. Oltre un capitano direttore dell’osservato- rio , e completamente istruito in queste materie ; almeno quattro altri uf- fìziali e due soldati formavano il corpo delle persone destinate all’ osserva- torio. La serie di queste osservazioni fu condotta per più anni continui dove più dove meno ma in nessun luogo non meno di 5 anni.

Se si considera la qualità degli strumenti il sistema di distribuzione de- gli osservatorii , e sopratutto il carattere morale della nazione costante ed esatta nel disimpegnare i proprii doveri , e nel portare a fine le risoluzioni prese, non si potrà a meno di non confessare che se vi era legge che po- tesse riconoscersi, questa volta certamente si sarebbe svelata e che tali dati meritano una completa fiducia, su cui basare una seria discussione.

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Ma le moli indigeste di cifre sono sempre di poco profitto alla scienza, e restano ben sovente un ingombro inutile nelle librerie e negli archivi, se non vengono ridotte esaminate c discusse. Questa seconda parte del lavoro, certamente non meno faticosa della prima , e che richiedeva più capacità , fu affidata ancor essa alla cura del col. Sabine , e sotto la sua direzione furono fatti i calcoli delle riduzioni , e i risultati publicati in nove grossi volumi che vennero liberalmente distribuiti ai varii osservatorii , 1’ ultimo de’ quali fu recentemente publicato nel 1853.

Oltre i calcoli numerici, il col. Sabine, ha dato nelle introduzione dei diversi volumi le costruzioni grafiche delle variazioni in ciascun luogo determi- nato e messo molte volte a confronto i risultati dei diversi paesi per dedurne le più importanti conclusioni. Tutto questo è stato eseguito con una sorpren- dente sagacità, e insieme con somma riserva da ipotesi teoriche, cosa assai difficile in questa materia , ma strettamente richiesta ove trattasi di fissare i dati fondamentali di una scienza. Siccome questo lavoro e il più esteso di quelli che finora sono stati publicati in riguardo alle riduzioni, e il più im- portante pei punti del globo che occupa, così esso è stato il nostro prin- cipal punto di potenza per dedurne le leggi. Abbiamo ancora messo a pro- fitto i lavori fatti in molti altri osservatorii magnetici, e sopratutto in quello eretto a proprie spese del bar. sir Th. Mac Dougall Brisbane a Makerstoun in Scozia, e ridotte dal sig. Allan: lavoro prezioso, perchè intrapreso espressa- mente a fine di riconoscere se i corpi celesti e sopratutto la luna avevano influenza sull’ ago. Se tutte le publicazioni magnetiche fossero state fornite di simili riduzioni , avremmo potuto arricchire molto più questo nostro la- voro , e renderlo più utile c più esteso , ma sfortunatamente la loro man- canza o totale o parziale le rende inutili, mancando noi di tempo e di mezzi per condurre a fine tante riduzioni.

Le publicazioni di Russia sono ancor esse importantissime perchè fatte in osservatorii formati nel medesimo sistema inglese, publicati regolarmente dal 1841 in poi sotto la cura del sig. Kupffer direttore dell’osservatorio cen- trale fisico delle miniere di Russia. Essi formano un corpo di molti volu- mi (1) che contengono i risultati degli osservatorii magnetici e meteorolo- gici di Pietroburgo, Caterinburgo, Barnaul, Nertchinsk, Sitka, Pekino ecc. ecc.

Aggiungendo a questi le copiose raccolte di osservazioni fatte nella Cer-

ti) Annuaire magnétique et météoroloqique du covps des inqénieurs des mines. - S. Petrsbourg.

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mania in tanti osservatomi magnetici ivi stabiliti, nelle Indie a Bombay, negli stati uniti dWmerica da Gillis e da Bond, a Bruxelles da Quetelet, nella Svezia e nella Olanda da Hansteen, in Baviera da Lamont, a Parigi da Arago che forma la più lunga serie ohe si conosca, e le molte fatte in diversi tempi ed epoche in Italia a Milano a Parma dal sig. Colla, in Sicilia ec. si vedrà che forse non vi è ramo di scienza fisica dopo P astronomia , nel quale si siano fatte più laboriose e copiose ricerche, e che niun problema fìsico è stato studiato con più impegno e costo di spese di questo.

Una buona parte degli osservatomi magnetici qui indicati, e specialmente quei delle eolonie inglesi sono ora fuori di attività, ma i frutti raccolti re- stano, e sarà difficile per l’avvenire trovar il modo di fare altrettanto, o più di quanto si è fatto finora, o almeno che riesca più utile.. L’impegno per lo studio del magnetismo terrestre pare adesso alquanto diminuito, forse perchè a molti non sono sembrati i frutti proporzionali alla espettazione troppo esal- tata che se ne era concepita. Ma tale opinione quanto sia in errore, appa- rirà dal complesso di questa stessa memoria. Le molte conclusioni affatto nuove che vedremo essersi dedotte, e le molte che se non m’inganno possono ancora sperarsi sono tali da far mutare facilmente tale opinione a chi l’avesse. Tuttavia questa interruzione non è da biasimarsi in tutto, perchè una savia e intelligente economia richiede che prima si tiri dai dati ottenuti tutto ciò che può aversi, onde riconoscere quale direzione debba darsi alle nuove in- dagini, ove siano esauriti i materiali somministrati dalle antiche. Fino a tanto che arrivi tale epoca, pel progresso reale delle scienze bastano pochi centri di osservazione sparsi quà e là, e in questo stesso momento non pochi ne sussistono.

Il più importante di questi è quello di Greenwich. Il suo sistema di osservazione per registro fotografico è il solo che possa fedelmente e piena- mente illuminare nel labirinto delle irregolarità magnetiche. Non sarà fuor di luogo accennare in che consista questo apparecchio che già lavora dal 1 847 in poi, e lo descriverò quale è registrato nel tomo delle osservazioni di Green- wich nel 1847 e quale io lo vidi nel 1849 per favore dei signori Airy e Glaisher. L’osservatorio magnetico è eretto in un giardino attiguo all’ osser- vatorio astronomico , e gli strumenti di cui si notano fetografìcamente gli andamenti sono il declinometro, il magnetometro bifilare,, e l’inclinometro a bilancia: inoltre per le osservazioni meteorologiche il barometro , il termo- metro secco e bagnato del psicrometro sono registrati al modo medesimo.

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Ma per dire qui solamente degli apparati magnetici il principio di registro è questo. Ad ogni sbarra magnetica è attaccato uno specchietto che riceve per una apertura i raggi di un lume a gas passato pel vapor di nafta per ren- dere l’azione fotografica della fiamma più efficace. Lo specchietto riflette que- sti raggi sopra una lente che li concentra in un punto lucido sopra una carta fotografica. Questa carta è avvolta attorno ad un cilindro il quale è mosso da un orologio , e fa, il suo giro in 12 ore. L’ asse di rotazione di questo cilindro è parallelo a quella linea, che colla sua oscillazione tende a tracciare il raggio luminoso riflesso dallo specchio dell’ago magnetico quando questo oscilla. A qualsiasi minimo movimeuto che concepisca 1’ ago , il raggio ri- flesso muta posto sulla carta e vi fa la sua impressione, e componendosi il movimento dell’imagine luminosa colla rotazione del cilindro ne nasce nella carta una curva , le cui ordinate rappresentano le intensità delle varia- zioni , e le ascisse i tempi delle medesime. Se le sbarre magnetiche siano molto perturbate talché le curve riescano molto complicate, la carta si cam- bia dopo 12 ore, altrimenti si fanno tracciare due curve nel medesimo fo- glio. Per avere punti fìssi e una base da cui contare i tempi e le ordinate, vi è un secondo lume , che mandando i raggi direttamente sulla carta per un foro fìsso vi traccia una linea retta che si usa come asse delle ascisse relativo delle curve, e delle piccole interruzioni fatte ad ora determinata nelle curve stesse fotografiche col semplicemente intercettare il raggio luminoso , danno i punti di partenza per contare i tempi senza errore e indipendente- mente dalle irregolarità degli orologi.

I fogli su cui sono tracciate queste curve sono fìssati coi noti processi fotografici, e si conservano diligentemente, e da essi si ricavano con oppor- tune scale di riduzioni i dati numerici che publicansi nei volumi delle osser- vazioni. Una raccolta di fatti così vistosa non può a meno di non riuscire eminentemente profittevole , e perciò la scienza ne aspetta con impazienza una rigorosa discussione. Sfortunatamente a una alta latitudine, le irrego- larità magnetiche sono fortissime e frequentissime, ma il loro effetto si an- nullerà col moltiplicare le osservazioni. Se fosse lecito esporre un desiderio, direi che per ora almeno forse riuscir potrebbe più giovevole alla scienza una ben condotta serie di simili osservazioni in un luogo meno perturbato , dal cui confronto con quelle di Greenwich potrebbesi trarre gran vantaggio.

Dal quadro che ho qui rapidamente abbozzato, sul fatto finora per istu- diàre le variazioni del magnetismo terrestre , apparisce chiaro che osserva-

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zioni non mancano, e quel che è più sono esse state fatte sistematicamente con istraordinaria costanza, dirette coi lumi acquistati da una sperienza anteriore, e con istrumenti senza eccezione: onde concluderemo che se in qualche luogo speciale si avessero dei risultati opposti alle leggi che si deducono da una così ingente massa di osservazioni che arrivano a parecchi milioni, dovreb- bero esse attribuirsi o a vizio di strumenti o a difetto di osservazioni, o fi- nalmente a qualche causa locale, ma vedremo che da tutte le migliori serie di osservazioni condotte finora, si arriva sempre al medesimo risultato.

PARTE SECONDA

PRINCIPALI RISULTATI OTTENUTI DALLO STUDIO DELLE VARIAZIONI

MAGNETICHE.

Le variazioni magnetiche sono di tre specie ; le prime ordinarie e pe- riodiche; le seconde straordinarie e in apparenza irregolari nei loro periodi; le terze sono quelle che si compiono in lungo giro di anni, e ohe chiamansi perciò secolari. Tutti gli elementi magnetici del globo sono soggetti a queste mutazioni cioè la declinazione, l’intensità e l’inclinazione: parleremo per or- dine di queste mutazioni , e cominciando dalla declinazione , cercheremo di ridurre i fatti osservati ad alcune leggi le più semplici e le più generali che sia possibile, e procureremo di far conoscere l’influenza' delle yarie ore della giornata, delle stagioni e della posizione geografica.

Variazioni della declinazione magnetica.

Legge prima. « Le variazioni diurne dell’ago magnetico seguono nel loro corso il tempo locale ».

Dichiarazione. Tal legge è generale e vuol dire che l’ago nei suoi mo- vimenti imita il corso del sole per modo, che siccome i luoghi più orientali hanno il soie al meridiano prima degli occidentali, così in quelli le fasi della variazione diurna accadono prima che in questi. Fu questa una delle prime leggi trovate dalle imperfette osservazioni di quelli che scoprirono pei primi il periodo diurno dell’ ago , i quali subito sospettarono ohe esso seguisse il

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corso del sole e quindi il tempo solare vero del luogo di osservazione. In appresso però, estese maggiormente le ricerche, parve di vedere qualche eccez- zione in cotal legge , essendosi rilevate notabili variazioni contemporanee in siti assai distanti: ma un più esteso studio del soggetto dissipò questi dubbi e fece conoscere queste due cose: Che le variazioni ordinarie avvenivano secondo il tempo locale; Che le straordinarie appariscono bensì contem- poranee in abbastanza ampie porzioni del globo, ma in modo da esser ancor- esse soggette alla legge di tempo locale. Per schiarir bene questo punto im- portante è da riflettere che qui la estensione dei paesi deve intendersi in re- lazione colla natura del soggetto di cui si tratta. La superfìcie anche intera di un continente qual è l’Europa è ben poca cosa in confronto della super- fìcie intera della terra, e molto minor cosa sono le distanze di 6 o 7 cen- tinaia di miglia, frazione ben piccola della circonferenza del globo. A quella guisa che molte vicende meteorologiche possono esser simultanee in simili estensioni, così lo possono essere le pertubazioni magnetiche che da esse po- trebbero in parte dipendere , ma siccome è raro che le vicende meteorolo- giche occupino tutta la superficie della terra ad un tempo , così di raro si avranno perturbazioni simultanee estese a tutto il globo. In fatti esaminando le curve magnetiche tracciate nel medesimo tempo a Gottinga e a Praga in Europa, a Filadelfia e a Boston negli stati Uniti e a Toronto si trovano bensì comunemente concordi quelle dei due continenti tra di loro, ma assai di raro quelle dell’uno con quelle dell’altro, benché le distanze non siano grandissime relativamente al globo intero. Che se si abbia riguardo alle diverse longitu- dini geografiche dei luoghi, si vedrà spesso riprodotta alla stessa ora di tempo locale in America, e anche nèll’altro emisfero una perturbazione osservata in Europa benché non sempre nel medesimo grado d’ intensità. Questo risulta da un ampio confronto di molte osservazioni di perturbazioni straordinarie osservate a Hobarton e a Toronto, e ne vedremo appresso piu sviluppate le diverse importanti particolarità. Il riconoscere questa legge nelle perturbar- zioni straordinarie riusciva più difficile atteso che esse accadono in diverse ore del giorno, e senza troppa regolarità. A stabilir questo fatto ha eminen- temente contribuito l’uso del tempo medio di Gottinga stabilito negli osser- vatorii, ma ora parrebbe più conveniente abbandonare un tal uso, e invece adoperare il tempo solare vero del luogo. L’uso del tempo medio, ha in ge- nerale l’ inconveniente di mascherare alcune fasi delle variazioni, introducendo 1’ equazione del tempo che nei suoi estremi forma una differenza tra il più

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e il meno di oltre una mezza ora di tempo. L’usare poi il tempo di un luogo determniato come Gottinga ha l’inconveniente che la osservazioni degli altri luoghi cadono ad ore frazionarie e così si perdono i fenomeni occorrenti nei punti più critici della giornata. Questo risultato è uno di quelli in cui la di- scussione delle osservazioni passate, illumina sul sistema da adottarsi nell’av- venire, e ne vedremo un altro caso non meno importante appresso.

La dipendenza del tempo locale che abbiamo stabilito non è tale che involga una costante riproduzione delle medesime fasi alle medesime ore re- lative in tutti i luoghi, talché per esempio il massimo di declinazione abbia luogo in tutti i paesi alla stessa ora di tempo locale per un ora o due po- meridiane : ma anzi all’ incontro 1’ ora dei punti principali delle variazioni differisce da un luogo all’altro talora notabilmente, e muta nello stesso luogo colle stagioni. La regola più generale che sembra potersi stabilire in questo punto è che « La fase delle oscillazioni diurne sembrano dipendere più dalla » posizione del sole relativa al meridiano magnetico di un dato luogo , di » quello che rapporto al meridiano geografico » : vale a dire che le fasi di- pendono più dal momento in cui il sole trovasi nell’azimut del meridiano ma- gnetico che non dal suo passaggio pel meridiano astronomico. Questo appa- rirà più chiaro nello sviluppare che faremo le leggi seguenti.

Legge seconda « II polo dell’ago che sta alla minima distanza dal sole » ha una doppia escursione diurna al modo seguente: trovasi ad un massimo » di escursione occidentale 4 o 5 ore prima che il sole passi pel meridiano » del luogo, indi piega a levante con celerità crescente, che è massima quando » il sole passa al meridiano magnetico, e giunge al suo limite di escursione )> orientale una o due ore dopo il detto passaggio. Vergendo il sole al tra- » monto, F ago ritorna indietro, e mentre esso passa al meridiano inferiore )> si ripete la stessa oscillazione del giorno, ma più ristretta. Le ore limiti « di questi cambiamenti variano alquanto colle stagioni, e generalmente an- )) ticipano in estate e ritardano nell’inverno: le escursioni poi a pari circo- » stanze sono in proporzione degli archi solari diurne ai notturni » .

Dichiarazione. La fìg. I farà comprender meglio questa legge. Sia EW l’equatore o il parallelo descritto dal sole: T ed H due luoghi collocati nei due opposti emisferi della terra: tra le ore 7 ed 8 atemeridiane, i due aghi saranno disposti come sulla linea SN; dall’una alle due pomeridiane avranno la posizione notata sulla linea S'N' tra le 9 e le 10 della sera quella della linea S"N" e fìnahpente tra le 2 e le 3 antimeridiane quella della linea S"'N"\

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Il caso qui rappresentato è precisamente quello di Toronto T e di Ho- barton H. Ecco come il Colonnello Sabine descrive T oscillazione diurna di Toronto (1) : « Il polo nord dell’ ago dalle 2 alle 10 pomeridiane commina » verso est: dalle 10 alle li (2) (=2 antimeridiane) ritorna verso ovest: alle » 14 ripiglia il moto verso est fino a 20 ore (8 antem.) momento in cui » esso ha il massimo orientale: dalle 20 il moto è continuo verso est fino » alle due ». E per Hobarton (3). « Il capo nord dell’ago ha due elongazioni » occidentali e due orientali, o punti di regresso in ambedue i periodi del- » l’anno. Da ottobre a febraio (estate di Hobarton) T elongazione principale » è a 2h (pom.) ed il minore a 15.* Da aprile ad agosto (inverno di Ho- » barton) le ore di questi punti di regresso diventano rispettivamente 3* e » 16*; da ottobre a febraio il limite principale occidentale è tra 20* e 21* » ed il minore alle 11* mentre da aprile ad agosto i fenomeni corrispondenti » accadono alle 21* e alle 11.* Nei mesi equinoziali le ore si mutano se- » condo che partecipano delle distanze maggiori o minori dai due gruppi sud- » detti ». Paragonando quindi le curve che rappresentano questi movimenti a quelle di Toronto conclude che essi sono identici, e solo vi è per Toronto un abituale acceleramento sopra Hobarton.

L’ opposizione di questi moti è posta sottocchio dalla nostra figura in modo da potersi tenere facilmente alla memoria. I due luoghi citati sono come tipo di ciò che accade fuori della zona torrida, e tutto trovasi verificato ap- puntino negli altri osservatori! europei. Sotto la zona torrida o vicinissimo a questa, vale generalmente la stessa legge purché si abbia riguardo all’ emi- sfero ove si trova il sole dovendosi quei luoghi considerare come collocati nell’emisfero australe quando il sole trovasi nell’emisfero boreale, e come ap- partenenti all’emisfero boreale quando il sole sta nell’australe. È notabilissimo il cambiamento di direzione dell’oscillazione diurna dell’ago nelle regioni equa- toriali quando il sole passa per l’equatore, e fu ciò osservato da diversi, ma esso risulta in modo sorprendente dalle ossesvazioni fatte a s. Elena. 11 più importante di questo fenomeno consiste in ciò che tal cambiamento avviene non quando il sole passa per lo zenit del luogo, ma quando passa per l’equa- tore. Questa particolarità, (a dirlo qui solo di passaggio) mostra che l’azione

(1) Osserv. di Tor. T. I, pag. XIV.

(2) Tempo medio astronomico contato da mezzodì, e questo modo di contare s’intenda usato ovunque non viene altrimenti specificato.

(3) Hobart. Obs. T. I, pag. XXXV.

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solare si esercita non tanto sull’ ago immediatamente quanto sul globo terre- stre il quale poi reagisce sull’ ago, e questo indica soltanto le modificazioni impresse dal sole sul magnetismo terrestre.

Corollario I.° Segue dai fatti esposti che tutte le variazioni dell’ago sono le stesse nei due emisferi purché si camgi il nome del polo influenzato , e se si fissa per tipo il polo nord e l’emisfero nord, si avranno identiche va- riazioni pel polo sud nell’emisfero sud, e quelle del polo nord saranno nel- l’emisfero australe opposte a quelle che si veggono nel boreale.

Scolio. Si usa comunemente di rappresrntare le variazioni dell'ago con una curva, le ascisse della quale rappresentano le ore del giorno, è le ordi- nate le escursioni. Le curve così tracciate saranno adunque curve di doppio pe- riodo , e le figure 7, 8, 9, 10, 11, che rappresentano le oscillazioni medie orarie de’ varii luoghi indicati nella figura , danno una idea del loro anda- mento, che giova discutere con diligenza.

Una curva detta de’ seni semplici, della equazione

y-k sen ( a -f- x)

ha la forma (fig. 6. a) ed esprime un periodo che chiameremo diurno. Un’al- tra di periodo doppio della precedente, e dell’equazione

ij' = k' sen ( b -+- 2x)

ha la forma ( fig. 6. b ) e ha un periodo che diremo semidiurno. Sovrappo- nendo queste due curve, dalla loro interferanza risulta curva (fig* 6. c) che ha per equazione

y" y j— y' zz k sen (a -+- x) -+- k! sen ( b -4- 2x)

le curve date dal declinometro molto si accostano a quest’ ultima forma al primo aspetto , ma considerandole attentamente vi si scorge una differenza che in questa materia è essenziale. Tal differenza è, che nella curva (c), il massimo dista dal minimo di 8 ore circa pei due ventri maggiori, e solo di 4 pei minori , ora le curve magnetiche danno tra il massimo e il minimo delle maggiori escursioni un intervallo costantemente di 6 ore, ed anche la più irregolare di tutte quella di s. Elena , vi si accosta moltissimo , e po- tremo anche in seguito dar conto almeno in parte delle sue divergenze. Lo stesso intervallo di 6 ore corre pure tra i massimi e minimi secondarii, ben- ché questo sia meno pronunziato per le irregolarità che di notte operano in maggior numero. Volendo adunque classificare le nostre curvo non le potremo

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dire rigorosamente derivate da un periodo diurno e semidiurno come deriva la ( urva ( c ) ma dovremo dire essere queste curve di periodo semidiurno as- soluto come la ( b ) ma che in esse la parte seconda che cade nelle ore not- turne è profondamente diminuita in escursione, da una causa che interrompe la continuità, e che evidentemente è collegata coll’essere allora l’emisfero ter- restre immerso nelle tenebre. Tuttavia per brevità e comodo di linguaggio spesso useremo la frase di periodo diurno e semidiurno nel senso di periodo semplice di 24 ore ovvero doppio e modificato come si è detto.

Corollario II.0 Dipendendo, come si è detto, i punti d’inflessione della curva magnetica dalla posizione del sole rapporto al meridiano magnetico , ne segue per conseguenza che se due luoghi nello stesso emisfero, p. e. il boreale, abbiano opposta declinazione, quello pel cui meridiano magnetico il sole passa prima, anticiperà anche nelle sue fasi della curva. Se poi i luoghi fos- sero in opposti emisferi, dovrà aversi riguardo a tale opposizione, e tener conto ancora di questo rovesciamento per l’antagonismo completo che esiste nei due emisferi rapporto ai fenomeni magnetici. Per schiarire questo con un esempio prendiamo Hobarton e Toronto. Questo ha declinazione occidentale e quello orien- tale (V. nota pag. 27), per questa disposizione dei meridiani il sole trovasi a Toronto nell’azimut del meridiano magnetico prima che passi pel meridiano astronomico; per Hobarton al contrario il sole passa prima al meridiano astro- nomico, e poi al magnetico, e siccome l’angolo dei meridiani magnetici nei due luoghi è di 11° \ circa (facendo astrazione dalla longitudine geografica), il sole trovasi nel meridiano magnetico prima a Toronto che ad Hobarton di circa tre quarti d’ ora di tempo locale: quindi è che tutte le fasi dello variazioni ritardano in Hobarton sopra Toronto appunto di questa quantità prossimamente, la quale però è varia secondo le stagioni. Dietro questo prin- cipio si può spiegare perchè iu luoghi di forti declinazioni occidentali, il mas- simo avvenga a mezzodì e anche prima. Per far comprendere questo più chia- ramente si rifletta che la direzione del meridiano magnetico di un luogo non cambia pel traversare che faccia T equatore (procedendo sempre sulla stessa linea isogonica) e che essendo Hobarton collocato nell’emisfero sud, il polo nord è rivolto al sole , mentre a Toronto è il polo sud che è diretto verso quest’astro.

Osservazione. Per evitare molti equivoci e per intender meglio i moti dell’ago sarebbe forse meglio contare la declinazione dell’ago non come si fa dal nord, ma dal sud; allora il detto qui sopra si concepisce più facilménte;

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Inoltre per evitare gli equivoci dei poli dell’ago con quelli della terra , sa- rebbe meglio nominare polo marcato o contrassegnato come facevano gli an- tichi, e usano ancora gli inglesi quello che è preso per fondamentale dell’ago e che da noi si volge a nord. Ma tali innovazioni qui farebbero confusione, e perciò le eviteremo lasciando a ciascuno la cura di applicarle all’uopo se lo crede necessario per intender meglio.

Corollario 111.0 Un altra conseguenza del dipendere le curve dal meri- diano magnetico, è l’avanzo e il ritardo delle fasi colle stagioni, giacché il sole fra 1’ anno per giungere ad uno stesso azimut dal meridiano astrono- mico deve descrivere un differente angolo orario che è maggiore in inverno e minore in estate , onde ne viene 1’ anticipazione nell’ora dei massimi po- meridiani estivi notata di sopra.

Osservazione. Non possiamo trascurare di notare qui una cosa assai im- portante. L’ago nella sua oscillazione notturna specialmente in inverno ha una escursione talora più ampia della diurna sopratutto verso occidente. Questo ha fatto credere ad alcuni che l’ora del massimo occidentale subisse nel corso dell’ anno notabili cambiamenti : ma il caso è diverso. Sussistono sempre a un dipresso alle stesse ore i massimi proprii dell’escursione semidiurna, ma nella stagione invernale accade talora che il massimo notturno superi il mas- simo diurno. Ora in tal caso è inesatto il dire semplicemente che il massimo avviene la sera ; ma devesi distinguere il massimo assoluto e il relativo : il primo può accadere di notte, e il secondo apparire assai piccolo di giorno, ma (prescindendo dalle perturbazioni), i massimi relativi seguono sempre gli enunciati periodi. Ora le proprietà caratteristiche delle variazioni magnetiche sono precisamente quelle che riguardano i massimi e i minimi relativi , e formano la differenza essenziale tra di esse e le variazioni semplicemente me- teorologiche.

Perturbazioni straordinarie. Queste sono soggette alla seguente legge:

« Le perturbazioni straordinarie seguono il medesimo antagonismo delle » altre variazioni nei due emisferi: le mattutine tendono a diminuire l’escur- » sione ordinaria del periodo locale, le vespertine ad aumentarla. Il loro pe- » riodo pare diurno semplice, e sono più frequenti di notte che di giorno »,

Dichiarazione. Tutto quello che sappiamo di preciso in questa materia, è dovuto al tante volte citato Sabine. Dallo spoglio fatto da esso delle os- servazioni di Hobarton e di Toronto (1) risulta che quantunque esse avven-

ti) V. Filos. Transaz. marzo 1852.

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gano generalmente parlando quasi a tutte le ore del giorno pure prese in massa, mostrano evidente un periodo regolare dipendente dal tempo locale, e si manifestano in direzione opposta negli opposti emisferi , in modo che quelle perturbazioni che fanno deviare l’ago all’est a Toronto lo fanno de- viare all’ovest a Hobarton, e viceversa come richiede il completo antagonismo delle due stazioni. Si è potuto rilevare ciò con facilità dalla coincidenza delle perturbazioni osservate nello stesso giorno o vicino ad esso nei due luoghi, ove si riconosce evidentemente la perturbazione manifestarsi ad Hobarton in tempo diverso secondo la sua differenza di longitudine da Toronto. Pii- sulta da queste indagini che « le perturbazioni orientali (1) a Toronto e occi- dentali ad Hobarton sono minime in numero ed estensione durante il giorno e massime durante la notte. Il massimo di queste si ha ad Hobarton tra le 10A e le 11A, e a T oronto alle 9A. Tal differenza di tempi è stata già no- tata per le variazioni ordinarie. Il loro minimo è ad Hobarton tra le 5 e le

6A pomeridiane e a Toronto tra le 2 e le 3 pomeridiane. Le perturbazioni poi orientali a Hobarton e occidentali a Toronto hanno un opposto periodo. Il loro massimo è a Toronto alle 5A antemeridiane, e a Hobarton alle fi'' an- temeridiane: il minimo a Toronto cade tra le 10 e le 9 pomeridiane, e per

Hobarton alle 10A pur pomeridiane. Prendendo le perturbazioni in massa, e tracciando la curva che rappresenta il loro effetto nella curva media diurna, si rileva la legge enunciata che « le perturbazioni mattutine tendono a di- » minuire la escursione ordinaria del periodo locale, e le vespertine ad au- » mentarla ». Questa legge può anche enunciarsi in termiui più particolari a questo modo: « Il polo che guarda il sole per 1’ effetto medio delle per- turbazioni è piegato verso est dalle antemeridiane alle 5 h pomeridiane le

ore del passaggio per lo zero sono circa le 6 antemeridiane, e le 6 pome- ridiane : nel resto della giornata va all’ ovest. Il massimo di escursione alla mattina ha luogo alle antemeridiane , e il minimo alle 9A della sera. In ambedue i luoghi osservasi un minimo secondario verso mezzodì , ma es- sendo questo poco deciso può assumersi senza sensibile errore che 3’ an- damento della curva ha in generale un periodo semplice diurno. Consegue che le due curve camminano in verso opposto nei due emisferi come si è detto delle curve ordinarie. Queste conseguenze sono conformi a quanto ha

(i) Cioè che tendono a dirigere l’ago più verso oriente dell’ordiuario.

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pure trovato il sig. Allan discutendo le osservazioni di Makerstoun (1). Il detto finora è relativo al periodo diurno generale dell’ago: vediamo ora l’in- tìuenza delle stagioni , cioè , le sue variazioni annue. Per esse si ha la se- guente legge.

Legge terza. « L’escursione diurna dell’ago è la somma di due escur- » sioni separate, la prima delle quali dipende solamente dall’angolo orario, )> la seconda inoltre dalla declinazione del sole. Queste due oscillazioni so- » vrapponendosi variamente producono colle loro interferenze tutti i fieno- » meni delle variazioni diurne ed annue ordinarie ».

Dichiarazione. Nulla vi è in apparenza di più bizzarro che la curva trac- ciata dall’ago magnetico in un giorno isolato: ma vera irregolarità non dan- dosi in natura, è ovvio il presumere, che così appaia soltanto perchè ci sono ignoti i periodi fìssi e le cause accidentali che hanno influenza su di esso. Cominciando quindi dalle variazioni regolari, per dare una idea delle varia- zioni annuali della declinazione senza moltiplicare troppo le paiole , ritrar- remo dall’opera di Sabine le curve tracciate da esso (2) e che rappresentano la posizione dell’ ago nei mesi tropicali dell’anno, quali risultano date dall’ os- servazione a Toronto, s. Elena, Capo di B. Speranza ed Hobarton. Y. fig. 2, 3, 4, 5. In queste la curva continua indica l’escursione dell’ago nei mesi in cui il sole trovasi nel tropico del cancro, e la punteggiata quella in cui esso sta nel tropico del Capricorno. Queste curve abbracciano solo quella parte del periodo che succede durante il giorno come la più rimarchevole, essen- dosi ommessa la notte. Il polo nord dell’ ago devia all’ est quando la curva sta sopra l’asse delle ascisse, e all’ovest quando è sotto; dalla loro semplice ispezione si ricavano le seguenti conclusioni :

1. ° A Toronto l’ago trovasi alle 8 antemeridiane per tutto Tanno all’est della sua posizione media , e la sera verso le due pomeridiane sempre al- l’ovest.

2. ° L’ escursione è maggiore nell’ estate che nell’inverno e la differenza annuale delle due escursioni è rappresentata dalla distanza delle due curve.

3. ° Nei mesi intermedii l’ago sta tra queste due curve limiti.

4. ° Per Hobarton ricaviamo le stesse leggi ma con denominazione con- traria come abbiamo già indicato precedentemente.

(1) Toronto. Obs. T. II, pag. XX.

(2) V, op. cit. risultati pel 1846 pag. 87. Tav. I.

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5. ® Per s. Elena le curve piegano alternativamente al sud e al nord del- l’equatore andando col sole. Però è degno di osservazione che la curva dei mesi di giugno manca del secondo ventre discendente che dovrebbe avere per essere simmetrica con quella di gennaio.

6. ° Al Capo di B. Speranza si hanno fasi di transizione tra quelle di s. Elena e di Hobarton.

Queste curve sono il risultato grafico delle osservazioni, e si tratta ora semplicemente di vedere, se esse possono essere originate da periodi più sem- plici, i quali separati che siano possano dar lume sulla causa fìsica del fe- nomeno. Esse sono tracciate prendendo la media dei mesi in cui il sole sta più vicino ai solstizi, e perciò appaiono più regolari di quelle che si otter- rebbero dai mesi parziali , ma esaminando ciascuno di questi in particolare vi si trovano diverse particolarità che ci confermano sempre più nell’opinione che esse nascono da periodi più semplici i quali sovrapponendosi danno ori- gine a dei più complicati. Chi ha veduto le molteplici curve che si ottengono dalla macchinetta inventata da Wheatstone per rappresentare le interferenze luminose colla sovrapposizione di movimenti molto semplici, non istenterà punto a persuadersi di questa verità.

Ciò premesso veniamo alla dimostrazione della legge enunciata, che non sarà altro che un corollario de’ fatti osservati.

E primieramente da una analisi estesa e comparativa di tutte le osser- vazioni magnetiche si ricava essere il sole la causa principale delle variazioni si diurne che annue, e solo resta a farsi una idea precisa e chiara del modo con cui esso opera. Il col. Sabine nel volume 11° poco sopra citato delle os- servazioni di Toronto pag. XX, riassume brevemente i punti fondamentali delle loro varietà notati di sopra, e fa osservare: l.° l’opposizione dei moti dell’ago nei due osservatorii situati fuori dei tropici: 2-° l’opposta direzione che induce nella declinazione dell’ago il passaggio del sole per l’equinozio, tanto a s. Elena che al Capo, dalle quali fasi è messa fuori di dubbio per questi paesi rinfluenza della declinazione solare.. Esso però non va più innanzi in questa analisi. Ora mi è sembrato che questo germe si potesse assai più sviluppare e divenir fecondo di gravissime conseguenze. Mi pareva strano che il sole agisse così oppostamente col cambiare di declinazione in questi due luoghi e non negli altri , limitandosi in essi solamente a diminuire le oscillazioni. Il fatto poi che i cambiamenti di direzione nell’ago a s. Elena e al Capo accadono pre- cisamente secondo le mutazioni di declinazione solare, e non secondo le di- fi

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stanze zenitali, pareva dare una prova che la causa non era locale, ma uni- versale ed astronomica piuttosto che geografica. Ma il cavar fuori nettamente il vero modo di agire del sole nascosto sotto le molte complicazioni dei moti magnetici, non era cosa facile, e sarebbe stata veramente impossibile senza i bei lavori fatti già dal col. Sabine , molti dei quali sono stati sufficienti al bisogno, e i pochi mancanti si sono facilmenti potuti supplire.

Ecco pertanto come può aversi una idea di questa azione. La posizione dell’ago ad un’istante qualunque del giorno deve dipendere da quella del sole rispetto al meridiano locale e all’ equatore ; ossia deve dipendere dall’ angolo orario e dalla declinazione di quest’ astro. Le curve diurne osservate danno la risultante complessiva di questi due elementi che possono riguardarsi come due cause distinte delle quali eliminandone una resterà solo l’effetto dell’altra.

La posizione del sole rapporto all’equatore, che è causa annuale si eli- mina facilmente dalle curve diurne a questo modo. Suppongasi una serie di osservazioni fatta per un periodo di molti anni consecutivi a tutte le ore del giorno: se prendiamo il medio di tutte le osservazioni in massa, il numero risultante dovrà riguardarsi come una quantità residua (1) indipendente da tutte le variazioni periodiche diurne che annuali, e perciò la chiameremo media assoluta. Fatto ciò si uniscano insieme tutte le osservazioni fatte alla stessa ora del giorno rispettivamente, cioè p. e. a \or 2or 3or. . . e si prenda la media di tutte quelle che appartengono alla stess’ora 1% 2% 3“ . . . I nu- meri così ottenuti rappresenteranno il periodo diurno dell’ago, e saranno in- dipendenti dal periodo annuo della declinazione solare , perchè gli effetti di questa essendo opposti nelle stagioni opposte, si troveranno distrutti. Chia- meremo questo medio, medio orario annuo. Se i medii annuali così ottenuti costruiscami graficamente prendendo le ore per ascisse, e le declinazioni ma- gnetiche per ordinate, si avrà una curva rappresentante l’oseillazione diurna che farebbe 1’ ago se il sole stesse sempre ad una declinazione costante , e confrontando questa con quella che 1’ ago descrive realmente nei varii mesi dell’anno, troveremo che la oraria mensile sta ora sopra ed ora sotto la ora- ria annuale onde concludiamo che può ottenersi la curva reale descritta dal- l’ago in un mese qualunque, aggiungendo o togliendo dall’ordinata della curva diurna una certa quantità. Sia per esempio la curva media annuale per To-

(1) Il bel principio bene stabilito da I. Hcrshel sulle quantità residue e la maniera da trarne vantaggio nelle ricerche fisiche ha qui una luminosa applicazione.

ronto la ABOD tracciata con lineette tra le altre due nella fìg. 2. Quella dei mesi soltiziali estivi è tutta fuori e quella degli invernali è tutta dentro que- sta. Per vedere se la differenza tra la curva annuale e la mensile ha qualche relazione colla posizione del sole nella sua orbita e singolarmente rapporto all’equatore, non si ha da far altro che procedere con un analisi opposta alla sintesi che siamo andati facendo, cioè basterà: Prendere la curva mensile (I) qual sarebbe p. e. Imno e sottrarvi l’ordinata della media annuale ABO . . . Il residuo sarà una curva che rappresenterà 1’ effetto dovuto alla mutazione annua del luogo del sole. La principale di tali mutazioni è certamente la de- clinazione , onde il suo effetto sarà più sensibile di tutti gli altri , tuttavia non lascierà una tal curva di rappresentare tutte le altre cagioni di simile periodo annuale, ma vedremo che l'influenza di queste è molto secondaria.

L’idea di questa analisi si offre facilmente nello studiare le tavole e le figure date dal col. Sabine nelle sue dotte introduzioni ai volumi delle os- servazioni magnetiche, ma il non aver esso separato le varie curve e invece raccoltine tutti gli elementi in una sola figura destinata principalmente a far vedere le escursioni orarie nei varii mesi dell’ anno ha fatto che gli sia sfuggita la bella conseguenza che poteva tirarsi da suoi lavori (2). lo dun- que prendendo a base il fatto da questo scienziato, e compiendolo ove non era condotto a fine, ho tracciato pei quattro osservatorii di Hobarton, Capo di B. Speranza, s. Elena e Toronto le curve predette. Ho fatto lo stesso an- che per Makerstoun, ma nelle figure mi limito a dare quelle dei primi quat- tro osservatorii, perchè più importanti e fondate su di un numero più grande di osservazioni; del resto dirò all’occasione ciò che vi è di rimarchevole per Makerstoun. Le curve tracciate sono le seguenti :

(1) É inutile avvertire che per mensile s’intende quella curva che il sole destcrive in un giorno del mese preso per tipo di tutti gli altri e che risulta dal medio di tutte le osservazioni fatte ad ora identica in tutti i giorni di quel mese. Essa viene a corrispondere al giorno 15rao di ciascun mese.

(2) Dopo pubblicati gli articoli della Corrispondenza Scientifica il dotto autore mi comuni- cava che ancor esso era arrivato allo stesso risultato, e ne ha dato conto all’associazione britannica nel- l’agosto dell’anno attuale; e alcun tempo prima alla Società Reale. Tali lavori mi erano affatto ignoti quando io ciò scriveva ed anche dopo tale notizie ho creduto di non dover mutar nulla in questa parte dello scritto per conservargli tutta la sua originalità, e questo tanto più volentieri quanto che il mio metodo è più ampio del suo> e che inoltre lo stesso illustre scienziato ha voluto procurarne una traduzione in inglese di quelli stessi articoli , per le molte altre cose interressanti , che oltre questa ha creduto trovarvi raccolte. Possa tale generosità avere frequenti imitatori nelle scienze !

1. ° La fondamentale della variazione oraria media annuale.

2. ° Le curve che risultano prendendo le curve orarie medie mensili e sottraendone ora per ora l’ordinata della curva oraria annuale : ciascuna di queste è una curva differenziale destinata a rappresentare in ciascun mese l’effetto della variazione annua del luogo del sole. E inutile avvertire che la sottrazione si è fatta sui numeri originali , senza che non si sarebbe avuta la debita precisione. 11 risultato grafico di queste operazioni è registrato nelle figure 8, 9, 10 e 11 che portano le rispettive intestazioni degli osservatorii a cui appartengono: esse sono distinte in colonne, e la prima in linea oriz- zontale è la curva oraria media annuale, le altre sotto, sono le differenziali mensili.

Uno sguardo anche superficiale a queste curve mette in evidenza pa- recchie conclusioni interessantissime.

(A) l.° Tutte le curve mostrano un aspetto tanto regolare ehe appena poteva sperarsi in questa materia. Esse sono evidentemente della stessa forma delle annuali, e riducibili nel modo spiegato di sopra alla sovrapposizione di un periodo diurno e semidiurno.

2. ° Riguardo alle annuali, esse nei due emisferi opposti sono opposte. Ad Hobarton, al Capo e s. Elena che stanno nell’emisfero sud, sono inflesse in verso opposto a quelle di Toronto e Makerstoun fìg. 7 che sono nell’emisfero nord.

3. ° Esse sono più estese in escursione nei luoghi di latitudine più ele- vata o di forza magnetica maggiore.

(B) Venendo alle curve mensili derivate, si vede che :

1. ° Il loro andamento è della medesima forma delle annuali , e simile funzione dell’angolo orario.

2. ° Esse sono opposte pei mesi di declinazione solare opposta, e pei mesi equinoziali mostrano tal diminuzione di estensione ed incertezza di andamento, che però sempre vi domina in eccesso la parte del mese che partecipa della maggior distanza dell’equinozio. Questo è palpabile nell’equinozio di settem- bre, talché potrebbe sospettarsi che il cambiamento succeda il giorno stesso del passaggio del sole per l’equatore. Nell’equinozio di marzo evvi alquanto più di incertezza, e nei diversi paesi sembra variare alquanto l’epoca del pas- saggio. Un confronto accurato di questa variazione colle posizioni del sole rapporto alla linea magnetica di minima intensità quale è tracciata da Gauss nelle mappe publicate nelle Memorie scientifiche di Taylor mostra che vi è una dipendenza non trascurabile, manifestandosi un avanzo o un ritardo se-

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condo che il sole passa prima o dopo per quella linea rispettivamente ad una data stazione d’osservazione. Ma la posizione stessa di questa linea è troppo poco sicura per potersi concludere nulla di positivo su ciò.

3. ° Visibilmente il modulo costante di queste curve, è dipendente dalia declinazione solare , moltiplicata per la forza magnetica locale. Le intensità medie delle forze magnetiche trovate dal 1841 al 1845 per le stazioni sono prossimamente le seguenti :

Toronto = 13.91 Hobarton = 13.51 Makerstoun = 10.52 C. di B. Sp. = 7.61 S. Elena = 6.00

confrontando questi numeri colie escursioni delle curve si vede che vi sono in una sorprendente proporzione. La latitudine geografica sembra influire poco sulla escursione , Makerstoun avendo minore escursione che Toronto benché questo sia a minor latitudine geografica: all’incontro bene combina con ciò la latitudine magnetica che a Toronto è 75 0 1/4 e a Makerstoun 71° i/4. Ciò conferma quanto abbiamo detto intorno al doversi certe fasi delle curve cercare in rapporto colle linee magnetiche del globo anziché colle geografiche. (V. sopra).

4. ° 11 senso di inflessione delle curve mensili non dipende dalla po- sizione geografica del luogo, dal passaggio del sole per lo zenit del luogo: infatti a s. Elena il corso è lo stesso che negli altri paesi. Anzi quivi è da notarsi come le curve differenziali siano molto più analoghe al tipo generale di queste curve , che non la media annuale , apparendo in esse meglio clic in quella marcato l’intervallo di sei ore tra il massimo e il minimo diurno. Di più è mirabile come dalla interferenza della curva annuale colla mensile così regolarizzata, resti naturalmente annullato nella curva fìg. 3 uno de’ ven- tri, la quale mancanza toglieva la simmetria alle due curve relative ai sol- stizi di giugno e di dicembre , ed avveniva che la curva di giugno correva per una gran parte del giorno in linea retta invece di inflettersi sotto l’asse, come quella di dicembre si piega sopra. Pare evidente che una simile inter- ferenza combinata col dislocamento prodotto nei nodi delle stagioni è do- vuto il triplice massimo che appare nella media annuale di s. Elena-

5. ° Visibilmente i parametri, o le costanti angolari anche in queste curve

dipendono dal passaggio del sole pel meridiano magnetico, come già abbiamo detto delle annuali. Qui solo è da osservare come la forte declinazione oc- cidentale di s. Elena fa che il massimo della curva abbia luogo a mezzodì o pochissimo dopo di esso, mentre ciò non avviene ad Hobarton per la ragione contraria. Questa è un altra prova che oltre le longitudini geografiche bi- sogna tener conto delle differenze de’ meridiani magnetici ossia in altri ter- mini delle longitudini magnetiche, sempre però avendo riguardo all’antagoni- smo magnetico dei due emisferi.

6. ° L’estensione delle escursioni non è in rapporto colle stagioni locali. Cosi la massima escursione mensile tanto ad Hobarton che al Capo è nei mesi di luglio e agosto , che colà sono mesi invernali , e il massimo pure avviene nello stesso tempo a Toronto ove è estate. A s. Elena il sole sta allo zenit in ottobre e febbraio , eppure non sono essi i mesi di massima escursione ma sono luglio giugno e agosto, mesi in cui il sole è appunto più lontano dallo zenit di quell’isola (1).

7. ° Si è tracciata in tutte le figure una linea retta che rappresenta la curva media oraria annuale rettificata e considerata come asse di ascisse, secondo il principio assunto di questa analisi grafica : ivi si vede che la curva differenziale ora è sopra , ora è sotto di questa linea. Generalmente è so- pra quando il sole sta nei segni superiori dell’ecclittica (daH’ariete alla libra) ed è sotto quando il sole sta negli inferiori ( dalla libra all’ ariete ). E so- prattutto in gennaio e in dicembre l’asse delle curve mensili sta alla massima distanza dalle curve annuali. Questo è dipendente dalla declinazione solare, ma potrebbe essere congiunto ancora colla posizione del sole rapporto al perigeo , ed all’ equatore magnetico.

8. ° Per eliminare dalle curve mensili l’effetto della declinazione solare, basta sommare a due a dtie i mesi in cui il sole ha opposta declinazione.

(1) Questa opposizione che osservasi nell’ epoca del massimo messa in confronto con quella della temperatura nei due emisferi, distrugge ogni legame di causa ad effetto che potevazi dedurre dalle osservazioni fatte solo nel nostro emisfero. Ora non potrebbesi rovesciare il problema e do- mandare perchè nelle vicende meteorologiche da noi il minimo di temperatura accada tanto più presso il solstizio di inverno, che non il massimo che accade in proporzione molto più lontano da esso solstizio estivo ? Infatti il minimo annuale è ordinariamente in gennaio, e il massimo in agosto: so che si sogliono allegare diverse ragioni di ciò dai, meteorologisti, ma non si intende hene per- chè il caldo massimo debba avere un ritardo, sulla causa che lo produce maggiore che il freddo. In- altri termini: è un fatto noto che la curva, annuale termica non è simmetrica, e presenta una pen- denza che sale più dolce della parte di primavera, e che più rapidamente decresce nell’ autunno. Potrebbe esservi di ciò causa cosmica ancora sconosciuta analoga a quella che produce in certa porzione dell’anno le massime oscillazioni magnetiche ? Almeno merita di essere ricercata..

Il resultato di tale confronto sarebbe importantissimo perchè farebbe vedere la parte che nella detta curva mensile dipende dall’ angolo orario. Nel far questo confronto può procedersi in due modi, o opponendo i mesi che seguono e precedono ad uguale distanza il medesimo equinozio, come agosto, novem- bre , febbraio e maggio , ovvero prendendo mesi distanti di un mezzo anno come p. e. febraio e agosto. Ma sfortunatamente il sistema di riduzione adot- tato finora che ha per base Tanno civile e non l’astronomico, e il tempo me- dio invece del vero introduce degli spostamenti che rendonsi troppo sensibili in questi confronti delicati. Il più notabile di tali spostamenti è quello del punto in cui la curva taglia l’asse, cioè il valore del parametro o arco co- stante, onde sovrapponendo tali curve senza più i risultati possono essere il- lusorii. Tuttavia avuto riguardo a tali spostamenti ho fatto questi confronti, ed ho veduto che la sovrapposizione di due mesi distanti mezzo anno con- duce ad una curva assai semplice e regolare di periodo semidiurno. Questa conseguenza per essere sicura completamente dovrebbe efeser basata su di una riduzione fondata sul computo astronomico e sul tempo vero. Il risultamento di un periodo semidiurno è del più alto interesse teorico, giacché con tal con- fronto di sei in sei mesi si viene ad eliminare non solo il periodo della declina- zione, ma anche quello che dipende dalla rotazione della terra, e dalla diversità di esposizione nello spazio delle parti della medesima, perchè alla stessa ora dopo sei mesi, il medesimo meridiano locale è diretto in parti opposte dello spazio asso- luto e si compensano la maggior parte delle irregolarità derivate dall’eccentricità dell’orbita terrestre. L’altra specie di combinazione di mesi di declinazione oppo- sta conduce a curve assai regolari specialmente per Hobarton, ma alquanto in- certe per gli altri osservatoci . In generale non può sperarsi un risultato sufficien- temente esatto che da quelle serie che sono state continuate per lunghissimo tempo, e in siti ove non siano molto notabili le perturbazioni. Sfortunatamente le due condizioni non si riuniscono nelle serie che possediamo: perchè quelle fatte in luoghi poco perturbati, come il predetto Hobarton non abbracciano un pe- riodo molto lungo, e quelle degli osservatori! europei che sono più estese di tempo appartenendo a luoghi ove le perturbazioni sono numerosissime , si esige proporzionalmente un maggior numero di anni per eliderne T effetto. Ad ogni modo possiamo concludere come cosa certa che l’ago è soggetto ad una oscillazione diurna e ad un altra semidiurna, e che questa non manca mai come elemento principale della curva composta che descrive, benché le

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varie parti possano essere più o meno pronunziate secondo le latitudini, come appare dal considerare le curve medesime.

9.° Finalmente il confronto fatto di tanti risultati medii, ci ha condotto a sospettare periodi dovuti ad altre cause, ma comparativamente minori. Certe piccole ricorrenze di inflessioni apparentemente fuori del periodo maggiore , comune alle curve del medesimo semestre, e alcune comuni a più luoghi dello stesso emisfero potrebbero far sospettare qualche influsso della rotazione so- lare o del moto della luna.

IO.0 Non deve ommettersi di segnalare tra queste anomalie la singolarità che osservasi sotto l’equatore, ove pare che l’ago abbia tre massimi di oscil- lazione durante il giorno come è stato osservato da diversi. Questo singolare fe- nomeno che si presenta marcato anche a s. Elena nella curva media annuale scomparisce in parte colla considerazione delle curve differenziali che abbiamo dato. Infatti le curve differenziali della fìg. 10 non mostrano tal triplice punto di inflessione tranne presso l’equinozio ove sono molte incerte. Inoltre è da avver- tire che i due massimi secondari mattutino e vespertino, sono sempre minori di quello del mezzo della giornata, e non pare che in realtà siano altro che un avanzo del periodo notturno che si manifesta quando il sole sta presso l’oriz- zonte la sera e la mattina, restando esso quasi sospeso durante la notte per l’in— terposizionè della terra che in quelle regioni interviene con tutte la sua spes- sezza. Tal triplice periodo risulta ancora dalle osservazioni fatte a Bombay e ridotte da Montriou. Ivi l’ago ha una oscillazione principale analoga a quella degli altri paesi col massimo orientale poco prima delle 8, e col minimo tra mezzodì e un ora pomeridiana: oltre queste vi sono due piccole oscillazioni una presso al nascere l’altra presso al tramontare del sole dirette nel mede- simo senso che si vede essere il periodo notturno incominciato poco prima del tramonto del sole e che resta quasi sospeso la notte, per l’interposizione della terra, durante la quale l’ago ha solo una leggerissima oscillazione, per ripigliare il suo corso la mattina poco prima che quest’astro si affacci all’oriz- zonte, per compiere poi sotto la presenza scoperta di questo le solite fasi (1). 11 lodato redattore così conclude. « La presenza del sole sembra produrre le grandi variazioni magnetiche in tempo di giorno ed è altresì manifesto che non è pel solo calore di quell’astro, perchè se questo fosse le curve della tem- peratura sarebbero simili alle magnetiche (il che non è vero). Inoltre la pre-

ti) Bombay obs. 1847 T. 1, pag. 493 tav. I.

senza del sole comincia a sentirsi due ora prima del suo nascere e dura quasi lo stesso tempo appresso il tramonto, sicché l’influenza solare sembra affatto indipendente dalla temperatura del luogo ».

Questa osservazione che il periodo notturno cominciato prima del tra- monto del sole deve interrompersi al suo passare sotto l’orizzonte può spie- gare diverse inflessioni secondarie che incontransi anche nelle curve degli os- sorvatorii collocati fuori dei tropici e sono visibili specialmente verso le 7 e le 8 ore della sera, se pure per ispiegarle non si vuole ricorrere alle per- turbazioni straordinarie tanto in essi dominanti.

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Variazioni degli altri elementi magnetici.

Più brevemente ci sbrigheremo di queste , di quello che non abbiamo fatto della declinazione, primieramente perchè le osservazioni non sono va- ste nè complete come quelle della declinazione stessa, e perchè molte cose facilmente si suppliranno dietro quello che abbiamo detto, potendosi applicar loro la stessa analisi. Ci contenteremo quindi di indicare brevemente le leggi più decise e sicure.

(A) Forza orizzontale.

La componente che qui esaminiamo è quella che si ottiene dal magne- tometro bifilare collocato normalmente al meridiano magnetico. Le sue va- riazioni possono formularsi nella seguente

Legge generale. « Il magnetometro bifilare è soggetto ad una variazione » oraria di doppio periodo diurno e semidiurno : ma il periodo semidiurno » dipende nella sua intensità dalla latitudine geografica, ed è nullo all’equa- » tore: le fasi del periodo dipendono dall’angolo che il sole fa col meridiano » magnetico ».

Dimostreremo questa legge per parti, e partendo dalle stazioni di media latitudine si ha questa semplicissima legge « La curva del magnetometro bi- filare è simile a quella del declinometro ritardata però di tre ore ».

Dimostrazione. Nella fig. 17 e 18 abbiamo messo di fronte la curva 17 che è quella di Hobarton per il declinometro unifilare, e sotto evvi la 18 che ap-

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par tiene al bifilare , estraendo la prima dal Tom. II delle osserv. di Hobar- ton, e la seconda dal Tom. I pag. XXXXIV: in esse si vede che mentre il minimo della declinazione cade tra le 20A e le 21*, e il massimo alle 2 k circa, il minimo del bifilare è verso le 23* e il massimo tra le 4* e le 5*. Veg- gansi anche le figure in cui il citato autore fa il confronto di Hobarton e di Toronto : nel medesimo tomo a pag. XXXIV Tav. I trovansi le curve delle declinazioni , e a pag. LIV Tav. II, fig. ìa e 2a quelle delle forze orizzon- tali del bifilare , e si vedrà la perfetta somiglianza delle curve , ( benché quivi non tracciate sulla medesima scala di ascisse ). In esse evvi mani- festo perfino il ritardo abituale dei moti di Hobarton sopra Toronto, notato già nelle declinazioni.

Vediamo ora le particolarità degli osservatorii equatoriali: in essi la legge è questa ;

« La variazione della componente orizzontale diurna ha un periodo sem- plice ed è una curva de’ coseni contando dal meridiano ».

A s. Elena la curva è già semplice mostra altro vestigio di periodo secondario incipiente se non in ciò che l’asse delle ascisse non è diviso dalla curva in parti eguali, ma la parte superiore diurna è più ristretta della not- turna (V. la fig. 20 estratta dalle osserv. di s. Elena pag. 30 Tav. IV, fig. 3). Svanendo qui quasi completamente il periodo semidiurno non può farsi con- fronto colla declinazione. Il massimo diurno accade tra le 23/! e mezzodì, e il minimo a 9* o 10*, ma in maggio e giugno (mesi invernali) è più tardi cioè alle 11/ La forma della curva mostra un rapido crescere ed un simile rapido discendere.

Più si scosta dall’equatore e più diviene sensibile il periodo semidiurno, che già non è più tanto dissimulato a Bombay. Può quindi prevedersi che al Capo, stazione poco fuori dei tropici esso sarà assai manifesto, benché meno sviluppato che a Hobarton e a Toronto. Ora l’osservazione conferma questa previsione, e la fig. 1 della pag. XL del Tomo di B. Speranza fa vedere que- sto a colpo d’ occhio, onde resta provata la verità della legge enunciata da principio. Solo soggiungiamo che nelle alte latitudini geografiche come è Ma- kerstoun il periodo del bifilare sembra piuttosto anticipato, e non conservare la stessa legge (V. fig. 12) talché pare ritornare al periodo semplice. Questi fatti ci saranno criterio per la teoria che esporremo appresso.

Periodo annuo. La legge per questo periodo è semplicissima.

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« La variazione annua segue una curva perfetta di seni, che accompagna la declinazione del sole ».

Per sant’Elena ciò è manifestissimo dalle osservazioni dirette vedi osserv. di s. Elena nel cit. Tomo (pag. 28, Tav. II, fig. 2).

Per i luoghi fuori dell’equatore si deduce la stessa conseguenza dal fatto, che l’oscillazione diurna massima in estate, si va restringendo nella prima- vera e nell’autunno fino a divenir minima nell’inverno, seguendo le fasi che abbiamo già indicate esser proprie dalle variazioni della declinazione magne- tica, talché potrebbesi applicare al magnetometro bifilare la medesima analisi che si è fatta per 1’ altro elemento. Onde tal lavoro sarebbe qui inutile, potrebbe nemmeno riuscire tanto esatto, essendo meno precise e meno in numero le sue osservazioni.

Per ciò che spetta al valore assoluto di questa componente, non è facile assegnarne la legge. Esso trovasi a Hobarton e a Toronto superiore al medio annuale nell’estate, e successivamente minore nella primavera e nelfautunno, e minimo nelfinverno, onde esso seguirebbe la stessa legge delle altre va- riazioni: ma a Makerstoun e a Monaco di Baviera si sono trovati i massimi ai solstizi e i minimi agli equinozi (1). A s. Elena si ha il massimo di forza orizzontale assoluta nei mesi di marzo, febraio ed aprile e il minimo in ago- sto e settembre. In generale poi (come già si è detto delle declinazioni) il mese di agosto, e dopo esso quello di aprile si distinguono per assai ampie escursioni.

Tali incertezze e diversità possono nascere da varii elementi, primiera- mente dalla influenza della posizioni dei poli del sole rapporto alla terra 2." Dalla influenza delle temeprature locali e delle stagioni tanto sulla crosta terrestre modificandone il magnetismo quanto sulle sbarre. 3.° Dalla varia- zione secolare non ancora ben riconosciuta degli elementi diretti da cui di- pendono i valori delle componenti; onde con tante sorgenti di dubbietà non fa meraviglia che la legge non sia abbastanza chiara. Le sole osservazioni molto prolungate o una sicura teoria del fenomeno potranno dar lume in questa materia, e separare specialmente ciò che è perturbazione straordinaria o locale da ciò che è legge costante.

(1) Makerst. obs. 1846, pag. XXXLI in nota.

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(B) Componente verticale ,

Questa è data dal magnetometro a bilancia collocato perpendicolarmente al meridiano magnetico, e le sue leggi possono assumersi come segue.

Legge generale. « La componente verticale ha movimenti decomponibili » in periodi diurni e semidiurni , dipendenti nella loro escursione dalla po- » sizione del sole, e dalla latitudine geografica: che sono generalmente com- » plementarii della forza orizzontale ».

Dimostrazione. Questa legge spicca in modo maraviglioso a s. Elena, ove la curva è di periodo semplice come quella della forza orizzontale, ma colla differenza che essendo questa una curva di coseni (v. sopra) quella della forza verticale è di seni. Vi si vede però il rudimento di un periodo secondario in una leggiera ondulazione che fa verso le 10% come pure dall’essere l’inter- vallo dell’asse delle ascisse compreso tra la curva maggiore da mezzanotte a mezzodì che da mezzodì a mezzanotte. Il massimo è tra le 5h e le 6 il minimo alle 20%

Al Capo di B. Speranza la forza verticale presenta un andamento tanto somigliante a quello della declinazione da mostrarsi suscettibile della mede- sima analisi, e delle medesime conseguenze che si è detto della componente orizzontale. (V. oss. al Capo pag. XL, tav. Y, fìg. 2).

A Toronto e ad Hobarton anche questa componente mostra il solito an- tagonismo e il doppio periodo sviluppato come nella declinazione, e le ore dei minimi e massimi sono quasi colle stesse fasi della declinazione. Ad Ho- barton si presenta una singolarità in ciò che vi si ha un massimo verso le 7 della sera nel che differisce da Toronto.

Ma il seguire in dettaglio tutte queste singolarità sarebbe cosa alquanto noiosa, e siccome del resto non sono molte di gran conseguenza, rimet- teremo per ciò ai lavori originali. Qui solo avvertiremo che spesso un pe- riodo può apparire semplice ed essere in realtà composto, e mascherarsi (spe- cialmente nelle medie annuali) la loro composizione dalla circostanza che essi hanno principio ad ora variabile colle stagioni.

(C) Inclinazione e forza totale.

Le variazioni di questi elementi si concludono dalle variazioni di forza verticale ed orizzontale conoscendo l’angolo assoluto di inclinazione magne^ tica. Per l’inclinazione si osserva questa legge :

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Legge generale. « Le fasi della inclinazione sono analoghe a quelle della » declinazione ma spostate di tre ore; conservano un completo antagonismo » nei due emisferi , e sono dipendenti dai moti del sole diurno ed annuo )> come si è detto della declinazione; come pure dalle latitudini geografiche ».

Dichiarazione. Se il massimo di declinazione è alle 2h, il massimo di inclinazione sarà alle 23A o in quel torno. Questo può vedersi nella fìg. 12 e come pure nelle fìg. 13 e 14 delle quali daremo quanto prima la spiega- zione e che appartengono ad Hobarton. Per le altre particolarità, basterà ri- cordarsi delle leggi trovate per le componenti da cui deriva, e che i massimi di forza orizzontale coincidono coi minimi di inclinazione.

Il col. Sabine fa osservare la opposizione della variazione dell’ inclina- zione ad Hobarton e a Toronto : essa è la stessa pressoché alle stesse ore del giorno tanto nel periodo primario che nel secondario , colla sola diffe- renza che ad Hobarton è il polo sud (l’inclinato) che bisogna considerare , mentre a Toronto è il polo nord (inclinato).

Per ciò che riguarda la forza totale, essa trovasi a Toronto soggetta a due periodi che sono i seguenti

Massimo principale a 5A Minimo principale a 15A in 16A Massimo secondario a 18A in 20A Minimo secondario a 22h in 23/z

Secondo Sabine, Hobarton mancherebbe di tale periodo secondario, e si avrebbe un periodo semplice col minimo a 20A in 21, e il massimo tra 5A e 6 l’andamento intermedio essendo continuato senza interruzione. Ma a con- siderare bene le curve date da lui pag. LXVIII, tav. Ili, si vede che il pe- riodo semplice non è che apparente risultando in diversi mesi manifestissimo il secondario, del quale esiste in tutti un rudimento benché assai ristretto. Tale diversità deve probabilmente dipendere dal valore degli elementi magne- tici tanto diversi nelle due stazioni.

A s. Elena non si hanno osservazioni abbastanza sicure per determinare questa legge.

Al Capo una copiosa serie fa vedere nelle variazioni di forza totale un periodo qnasi complementario della declinazione. La somiglianza dei due ge-

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neri di curve che per lo più ritardano di circa 3 ore ci dispensa dal farne più profonda analisi.

Il col. Sabine ha cercato se durante 1’ anno i massimi e i minimi di forza totale avessero nessuna connessione colle stagioni. Discutendo le os- servazioni di Hobarton e di Toronto, è arrivato alla conclusione che questa forza è massima nei mesi di dicembre e gennaio nei due emisferi quantun- que essi corrispondono a stagioni opposte. Una tal legge ha troppa relazione colla variazione di distanza del sole alla terra per potere non crederla dipen- dente da essa: dunque avremo che « la forza perturbatrice solare è maggiore « quando è minore la distanza di quest’astro da noi e non secondo la tem- » peratura delle stagioni ».

Sono troppo poche le determinazioni assolute di questa forza per potere concluderne la variazione numerica e verificare se cambi in ragione inversa del quadrato delle distanze o altrimenti ; ma il fatto pare certo e risulterà anche dalle altre osservazioni, purché si abbia riguardo a spogliarle dell’effetto delle perturbazioni secolari e dai periodi delle stagioni.

(D) Periodo composto deir ago.

Le leggi fin qui esposte per riconoscere i movimenti dell’ago derivano in una serie di decomposizione di forze, necessitata dalla maniera con cui si devono fornire i punti di appoggio alle sbarre magnetiche. Riconosciute però le leggi del moto delle componenti, possiamo risalire a dimostrare qual sa- rebbe il moto di un ago sospeso per aa solo punto (e non per un asse) che coincidesse col suo centro di gravità, onde fosse libero ad ubbidire a tutte le variazioni magnetiche simultanee in qualunque direzione esse avvengano.

Per dare una idea di tali movimenti combinati che fa l’ago in una oscil- lazione completa, abbiamo estratta dall’opera di Sabine (1) le figure 13 e 14, la prima delle quali il suddetto periodo dell’ago qual si ha nel mese di dicembre, la seconda nel mese di giugno in Hobarton. Il principio con cui sono tracciate queste figure è il seguente. Il punto in cui si incrociano le due rette che ne sono gli assi , rappresenta la posizione media diurna dell’ ago tanto in declinazione che in inclinazione: presa quindi sull’orizzontale come asse delle ascisse una linea eguale alla variazione di declinazione propria di

(1) Hobarton obs. Tom. IL

una data ora, si è alzata su quel punto una ordinata eguale alla escursione della inclinazione in quell’ora medesima. Così si sono ottenute le figure in- dicate. Nel luogo citato, si danno da Sabine quelle di ciascun mese dell’anno, e sono assai istruttive: le due qui riportate mostrano l’andamento della curva nei due mesi di stagione estrema. Si vede da esse che la oscillazione del- l’ago è sempre di un periodo doppio, diurno l’uno e l’altro notturno, e che l’estensione di ambedue ma specialmente del notturno varia molto colle sta- gioni. Il periodo che corre di giorno è assai ampio nella state e molto si restringe nell’inverno: il periodo che ha luogo di notte è per contrario assai ristretto ed appena accenato in estate, e molto sviluppato in inverno. Vedesi qui manifestamente che il minimo notturno assoluto supera il minimo diurno, e quindi è manifesta la causa dell’errore in cui sono incorsi coloro che hanno sospettato un solo periodo durante le 24 ore nell’inverno.

Due cose poi sono singolarmente da notarsi in queste curve :

1. ° 11 nodo notturno sta sempre diametralmente opposto al punto dei mezzodì onde si vede che le fasi all’ago succedono presso il meridiano in- feriore coll’andamento medesimo con cui accadono presso il superiore.

2. ° Che l’estensione di ciascun ventre tanto il diurno che il notturno, quando passa nella stagione opposta varia in una proporzione costante che è fra 1/7 e l/6. Così per esempio, il nodo della curva diurna di dicembre di- ventando notturno in giugno si restringe circa ad 1/6 : similmente si restringe circa di l/6 ^ nodo diurno di giugno quando in dicembre diventa notturno. Tale costanza di rapporto che osservasi nelle curve di tutti i mesi non è da passarsi senza considerazione, e la sua causa fìsica deve essere nel modo con cui l’influenza del magnetismo solare si distribuisce attraverso il globo ter- restre.

3. " L’aspetto di queste curve è quale deve nascere dalla sovrapposizione di due spirali di diverso modulo e che hanno una un periodo semplice l’altra un periodo doppio. Analoghe figure si osservano nella già citata macchinetta di Wheatstone per le interferenze luminose.

4. ° Tracciando in queste curve la direzione del meridiano magnetico , cioè notando l’ora in cui il sole passa per esso, si vede che la massima ve- locità dell’ ago ha luogo all’ epoca di un tale passaggio, e che il nodo not- turno trovasi o su questa linea o vicinissimo ad essa. Il sig. Allan è arrivato alla stessa conseguenza per Makerstoun.

5. ° Finalmente risulta che i moti dell’ago di inclinazione sono compie-

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mentarii a 3 ore distanza di quelli di declinazione, vale a dire che se l’ar- gomento di quelli di declinazione è il seno del doppio angolo orario , per l’inclinazione sarà il coseno.

L’ esame di questo periodo complesso dell’ ago, compendiando tutto il già detto prima ci dispensa dal fare altri epiloghi delle leggi trovate per le variazioni magnetiche la cui esposizione sarà sembrata forse a taluno, troppo lunga: ma oltreché essa come vedremo, era quasi indispensabile a provare la teoria che passiamo ad esporre, abbiamo voluto darla così per minuto an- che per la ragione che questo è il primo saggio che venga fatto, in cui siasi tentato di ridurre sotto un sol colpo di vista quanto si è scoperto finora. Sono ben persuaso che un tal tentativo appunto perchè il primo e in ma- teria cosi vasta e complicata sarà assai incompleto, ma potrà essere stimolo ad altri a farlo meglio e con miglior cognizione di materia, e spero che an- che così come è non riuscirà inutile ai professori di fìsica che troveranno riempito una lacuna non piccola che trovasi in tutti i corsi. Anche la sem- plice esposizione dello stato delle nostre cognizioni rapporto a qualche pun- to, è ordinariamente cosa di vantaggio alle scienze, giacché per poter progre- dire è necessario sapere quello che si è fatto fino all’attuale momento.

PARTE TERZA

IPOTESI PROPOSTE PER 1SPIEGARE LE VARIAZIONI MAGNETICHE;

TEORIA DEL MAGNETISMO SOLARE.

Bisogna rendere giustizia allo spirito illuminato de’ fìsici moderni i quali intenti allo studio de’ fatti e delle loro leggi poco si curano di fabricare ipo- tesi per ispiegarne la cagione ; quindi è che tutto quello che pel caso at~ tuale è stato proposto , lo fu meglio per modo di congettura che con vero spirito di stabilire teorie. Tal riserva è lodevole, deve preterirsi fuorché quando i fatti parlano apertamente; ma il tentare di legare i fatti con qual- che ipotesi può spesso riuscire assai vantaggioso alla scienza e solo con tale spirito noi parleremo appresso dell’ipotesi magnetica solare, senza pretendere di dargli veruna fìsica realità.

Del resto le spiegazioni proposte finora dei fenomeni in questione , si riducono o alle correnti termoelettriche indotte dal sole nei varii strati ter-

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restri, ovvero alla elettricità sviluppata nelle vicende meteorologiche, delle quali cose il sole essendo la sorgente principale, ne seguiva esser esso così la causa delle variazioni magnetiche, ma solo indirettamente. L’illustre fisico sig. De la Rive (i) ha esposto con molta accuratezza 1’ ipotesi degli effetti che l’elettricità atmosferica può avere sull’ago , la quale teoria non è priva di probabilità per la spiegazione di molte perturbazioni straordinarie.

Ma una sola riflessione sembra escludere le cause meteorologiche dal ruolo delle principali nel periodo diurno dell’ago. Questo è il fatto caratte- ristico che le variazioni magnetiche hanno un periodo doppio, cioè che si rinnova due volte nelle ventiquattro ore della giornata, mentre le meteoro- giche hanno un periodo semplice.

Questa differenza ci pare tutta essenziale, e capace a dimostrarle di al- tra origine. Ma a quella guisa che il periodo semidiurno lunare del flusso e riflusso è prova di una azione speciale del nostro satellite sulle acque del- 1’ oceano , e 1’ avvenire la marea più o meno tardi dopo il passaggio della luna al meridiano, non è una obiezione che valga a negare l’attrazione della luna ; così non potrà negarsi 1’ azione magnetica solare per quella difficoltà ehe s’incontri a spiegare alcuna delle circostanze accidentali de’ suoi periodi, purché resti ferma la natura caratteristica dei medesimi. Infatti noi relati- vamente a questa materia dobbiamo ripetere ciò che diceva a proposito del flusso e riflusso 1’ autore della Meccanica celeste (2). Benché sia impossibile di assoggettare al calcolo tutte le varietà che dipendono dalle circostanze , perchè o queste sono ignote o ancorché si conoscessero renderebbero la so- luzione pratica impossibile, pure in mezzo alle numerose modificazioni dovute alle circostanze, questi movimenti conservano colle forze che li producono dei rapporti proprii a far conoscere la natura di queste forze e a verificare la legge dell’azione del sole. Sicché possiamo fare uso anche noi nella no- stra materia del principio da lui stabilito , che gli effetti saranno periodici come le cause che li producono (3), benché d’altronde i valori assoluti delle costanti che determinano l’estensione e il momento dei periodi possono es-

(1) B. U. Arch. des selene nat. T. XXIV, pag. 337.

(2) Libro XIII, Tom. V, pag. 135. Il bel passo a cui qui alludiamo è degno di esser letto e meditato profondamente da tutti gli studiosi della natura.

(3) L'état d'un système de corps dans le quel le conditions primitives du mouvement ont di- sparu par des resistances que ce mouvement éprouve, est pérlodique camme les forces qui l'animcnt ~ Loc., cit.

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sere assai differenti da quelli che entrano nella legge di moto della causa originale. La duplicità adunque del periodo dell’ ago essendo inesplicabile colle vicende meterologiche, potendo ad esse attribuirsi, resta a cercare un altra cagione.

Inoltre in questo fenomeno deve rendersi ragione della notata influenza della declinazione solare, provata già dalle osservazioni di s. Elena dal col. Sabine, e da noi estesa a tutte le altre regioni del globo. Il rovesciamento quasi istantaneo che si osserva nei moti dell’ago al passare il sole per l’equi- nozio, fa un contrasto assai rimarchevole col fatto noto in meteorologia, che che gli effetti massimi non hanno luogo che molto tempo dopo la causa che li produsse. Possiamo ancora aggiungere che non si può immaginare come colle semplici variazioni meteorologiche possa legarsi il periodo ora doppio ora semplice di certi elementi magnetici secondo la latitudine geografica. Se ben osserviamo 1’ appoggio che ha l’ipotesi meteorologica, esso si riduce al fatto della concomitanza del massimo di declinazione dell’ago col massimo di temperatura diurna ( che è circa a 1‘ dopo mezzodì ). Ora tale argomento quanto sia illusorio si vederà da ciò che esso e per la declinazione stessa in molti paesi fallisce e nelle variazioni degli altri elementi come p. e. l’incli- nazione , esso manca affatto , ed abbiamo veduto esservi una distanza di 3 ore; sicché possiamo concludere che quella ipotesi non sarebbesi nemmeno creata se noi invece di osservare la declinazione con grande facilità come facciamo , avessimo mezzi egualmente facili per lo studio di qualche altro elemento: perchè allora cessata la coincidenza sarebbe cessata la ragione di legare assieme i due fenomeni come causa ad effetto.

Venendo ora all’ipotesi magnetica quella cioè che considera il sole in- fluente sull’ago per la sua propria virtù magnetica, sia perchè quel luminare è realmente magnetico come il nostro pianeta, sia per le correnti elettriche che lo circondano o per qualsivoglia altra sorgente che qui non importa di- scutere (1), è inutile avvertire che non pretendiamo di dare una soluzione diretta e completa del problema che supera le forze nostre e quelle della

(1) Alcuni credono potersi ammettere raggi magnetici solari come si ammettono raggi lumi- nosi: se per raggio intenda la linea geometrica condotta dal sole ad un punto dello spazio non vi sarà difficoltà ad ammetterli , ma se si voglia concepire una emissione di fluido magnetico del sole in linea retta, questa idea dee riputarsi assurda nello stato attuale delle nostre cognizioni. Ma non è impossibile che luce e magnetico dipendano dallo stesso principio in ciò che la medesima oscillazione della materia ponderabile destando oscillazioni trasversali e longitudinali , le prime formino la luce (come si sa) e le seconde i fenomeni magnetici: ma queste sono mere congetture.

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odierna scienza. Infatti per tal soluzione completa sarebbe necessario cono- scere 1° la legge di distribuzione del magnetismo terrestre e in luogo quella che acquista sotto l’influenza del sole, che include la legge colla quale l’azione solare si modifica attraversando il globo terrestre: ora tutte queste cose sono completamente ignote. può da esse prescindersi in una esatta teoria del fenomeno perchè i moti dell’ago sono tali quali esso deve concepire sotto l’ifluenza di due caiamite, l’una delle quali è il sole, e l’altra è il globo terrestre modificato nel suo magnetismo dal sole. Anche una superficiale atten- zione alla natura del soggetto fa vedere che il movimento dell’ago non deve esser soggetto a legge di rigorosa continuità , perchè durante il tempo che l’ago sta in ombra esso non può risentire l’azione solare altro che attraverso la spessezza del globo terrestre, e tale indebolimento sarà dipendente dalla porzione del raggio vettore condotto dal sole all’ago che trovasi immersa nel globo medesimo, e questa quantità come è chiaro non cresce con legge di continuità. Onde è manifesto che il periodo che si ha mentre il sole sta so- pra 1’ orizzonte deve esser profondamente modificato quando esso passa al di sotto.

Nell’ impossibilità adunque di trattare completamente un tale problema noi abbracceremo una via indiretta, la quale consisterà in considerare quali debbono essere le oscillazioni di un ago girante in un circolo parallelo al- l’equatore terrestre, e soggetto all’azione di una calamita lontanissima quale è il sole. Noi veniamo così a considerare l’azione del sole come diretta sul- l’ago, ma è evidente che il ragionamento può applicarsi a tutte le molecole magnetiche che formano il globo terrestre e che l’ago potrà sempre conside- rarsi come una di queste, differente in ciò solo dalle altre, che essendo libero al moto, ci può somministrare un mezzo sensibile da osservare gli effetti di tali cambiamenti. Consegue da ciò che dalla teoria che siamo per esporre non potremo avere con precisione le intensità degli effetti, le costanti angolari che entrano nei periodi perchè necessariamente connesse colla legge di distribuzione del magnetismo e deH’influenza solare sul globo; ma in virtù dell’enunciato principio di Laplace potremo avere la legge dei periodi e que» sta sola quando sia trovata conforme alla osservazione basterà a stabilire la verità dell’assunta ipotesi.

Premesse queste cose passiamo alla dimostrazione.

E noto che teoricamente parlando il magnetismo può considerarsi o come dovuto a due fluidi Australe e Boreale che colla loro distribuzione nei corpi

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producono le attrazioni e le ripulsioni; ovvero come risultante dalla azione di correnti elettriche circolanti normalmente alla linea dei poli della cala- mita. Qualunque sia la maniera di concepire questo agente , le espressioni matematiche delle azioni elementari di un magnete su di una molecola ma- gnetica , risultano identiche. Fra gli altri teoremi dimostrati in questa ma- teria, quello che fa al caso nostro è il seguente dato da Ampere (1) « che » l’azione di una superfìcie coperta di elementi magnetici sopra una molecola » magnetica è identica a quella che un filo conduttore eserciterebbe sulla » medesima molecola se esso fosse sostituito al contorno chiuso che circo- » scrive questa superficie ». Ne segue per conseguenza che all’azione di una calamita sopra un magnete, le cui dimensioni possano considerarsi come ab- bastanza piccole rapporto alla distanza che le separa dal magnete influente, può sostituirsi un filo conduttore la cui lunghezza sia quella del piccolo ma- gnete medesimo. L’azione dunque del sole considerato come calamita, sopra un ago magnetico sarà uguale a quella che esso eserciterebbe sopra una porzione di corrente voltiana collocata al posto dell’ago medesimo nella solita direzione delle correnti ampériane che si concepiscono nelle caiamite. Stante una tale sostituzione, per trovare l’espressione dell’azione del sole sopra l’ago potremo prendere le forinole che danno 1’ azione mutua di una calamita e di un elemento di corrente, e applicarle all’ ago magnetico, considerandolo come un elemento di corrente voltiana , che va girando durante il giorno sul circolo di latitudine geografica parallelo all’ equatore , essendo evidente che il sole eserciterà su questo elemento successivamente nei varii tempi tutte quelle azioni che esso eserciterebbe simultaneamente nello spazio sopra gli infiniti elementi di corrente che componessero un circolo continuo. Così si potranno applicare al nostro caso le formole usate per le correnti cir- colari, senza però fare le integrazioni non trattandosi che di un solo elemento. Tale sostituzione parrà anche più plausibile se si considera che un tal con- cetto viene a ricadere nell’ ipotesi ampériana di considerare il globo terre- stre come cinto da correnti elettriche, sulle quali deve in sostanza conoscersi l’effetto prodotto dal sole in un punto determinato del loro perimetro, nelle varie ore del giorno.

(1) Mem. sur 1’ action mntuelle d’ nn conducteur voltaique et d’ un aimant. 28 oct. 1826 , pag. 21.

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Le foninole di Savary (1) per esprimere l’azione di un elemento di cor- rrente elettrica circolare e di un polo magnetico collocato in un piano per- pendicolare a quello della corrente, e che passa pel centro del circolo, sono le seguenti :

KRnsen^di)

Y

KRucos^dw

Z

KR(R mcosu)d<y

Ove K è una costante che dipende dalla intensità magnetica della forza so- lare come pure da quella dell’ago, e dalla direzione dei poli solari nello spa- zio , dalla quale per ora faremo astrazione perchè durante un giorno può tenersi come costante.

R è il raggio della corrente che nel caso nostro è quello del parallelo descritto dall’ago durante la rotazione della terra :

r La distanza del sole al centro del paralello medesimo : n La lunghezza della perpendicolare abbassata dal polo magnetico solare sul piano della corrente circolare.

m La distanza del piede di questa perpendicolare al centro della cor- rente.

Sia PEP'E' (fìg. 15) un meridiano terrestre, nel cui piano si trovi il sole: ese' il parallelo descritto dall’ago che rappresenta il piano della corrente: si avrà

AB = n , AO = r BO = m

Ora essendo AO immensamente maggiore del raggio terrestre (cioè '23984

R2

volte) potremo trascurare in tutte le formule i termini della forma rap-

R2

porto agli altri della forma , e allora esse diverranno semplicissime.

Infatti chiamando r' la distanza del sole al centro del globo, R' il rag- gio dell’equatore terrestre, L la latitudine geografica, § la declinazione so- lare si ha

(1) Savary Mem. sur l’application du Calcul aux phénom. electrodynamiques. Pag. 23.

_ 62 -

r2 A02= AC?-+- CO2— 2AC. CO cos ACO,

che, sostituiti i valori di AC e CO può scriversi

2R'senLsend R,2sen2L \

r' r'2 '

nella quale l’ultimo termine è sempre trascurabile , e il secondo introdotto nelle formole produrrebbe termini dell’ordine che abbiamo detto potersi tra- scurare. Quindi potremo assumere AO = AC, e l’angolo AOB non differirà da ACB' che dell’angolo OAC che non può superare la parallasse solare.

Sarà ancora

n AO seri AOB = AC sen ACB' BB' = r senò R senL

e il secondo termine introdotto nelle formole darà pur esso termini dell’ or. dine che trascuriamo: quindi avremo semplicemente

n r senò , m =. r cosft

L’angolo w sarà la distanza dell’ago mobile al meridiano fìsso che passa pel sole , cioè 1’ angolo orario del sole rapporto all’ago medesimo , e potremo fare così l indicando con l la lunghezza dell’ago moltiplicata pel suo- momento magnetico.

Avremo quindi le tre componenti esercitate dal sole sull’ ago la prima X diretta secondo la linea est-ovest: la seconda Y diretta nel piano del so- pra indicato meridiano fìsso, e nella intersezione di questo piano coll’eqna- tore: finalmente la terza Z perpendicolare al piano dell’equatore. Ora è ma- nifesto che nulla si cambia al valore di queste forze supponendo l’ago fisso e il sole in moto con moto relativo, perciò potremo riferire le stesse forze a tre assi che passino per l’ago e sieno diretti secondo analoghi punti della sfera celeste rapporto all’osservatore. I valori delle suddette componenti sono quindi

(33

KRZ

g-

rL

sen5 semi

, KRZ

^ = ir

-sen§ cosw

rl

KRZ

z j

- cosò COSSO

11 coefficiente ^ faremo per brevità d’ora innanzi = M.

Se queste forze vogliono decomporsi in altre dirette secondo assi rela- tivi all’orizzonte , essendo OX secondo la linea est-ovest ; OYn secondo la meridiana, Zo verticale avremo

X = X

o

Y = Y senL Z cosL

o

Z = Y cosL -+- Z senL

e sostituendo

X = M senà senw

o

Yo = M cos(L-t-ò) cosw Zo = M sen(L-i-§) cosoj

e la risultante

S = M|/”(sen2^ sen2« -t- cos2<y)=Mj/'(l cos2$ sen2ca)

Per trovare l’equazione di equilibrio dell’ago, si chiami P la risultante di quelle due componenti della forza solare che agiscono nel piano in cui solo l’ago può concepire movimento: talché se l’ago è mobile solo nel piano orizzon- tale tali componenti saranno Xo e Y ; se nel primo verticale saranno la Xo, e la Zo. Sia T la componente della forza magnetica terrestre che ritiene l’ago ad una determinata posizione media, la quale T sia riferita al piano in cui l'ago può concepir movimento : A la variazione prodotta dalla forza solare ; h l’angolo che la forza P fa colla direzione media dell’ ago. L’ equazione di equilibrio sarà :

T senA P sen (Zi A)

donde

tangA

Y senZi

1

sen h

che coi noti metodi

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P P2

A =-7jr sen h -f-|— 2sen2 h -+- . . . .

della quale basterà prendere il primo termine attesa la piccolezza della forza pertubatrice P rapporto alla direttrice della terra T. Inoltre avremo tra le coordinate sferiche le seguenti relazioni

cosa: = cosà sena = cosd senso

cosy = cosà cosa = cosL sen§ -4- senL cos§ cosso

cosz = senà = senL sen§ -t- cosL cos$ cosso

ove x, y, z sono gli angoli compresi tra il raggio solare e i rispettivi assi di egual denominazione : a e à sono l’azimut e l’altezza del sole.

Veniamo ora ad applicare le formole ai varii strumenti magnetici.

Pel declinornetro si ha

P|W + Y„2)

= M|/[sen2òs sen2co-t- cos2(/h-§) cosV]

= |/"[cos2(L-ho) *■ (cos2(L-(-S) sen25) sen2<y]

Questo valore di P può mettersi sotto un altro aspetto: proiettando sul piano orizzontale la risultante S delle forze solari si ha

P = S cosà

Se supponiamo ehe D sia la declinazione dell’ago contata però positivamente (come l’azimut) dal sud per l’occidente, sarà

a = li (— D

che darà il valore di li da sostituirsi per aver A. Ma per non complicare le formole inutilmente, supporremo per ora D= 0, quindi avremo.

T

M

sen h

Scosà

sena

cos2$ sen2<y) cosà sena:

sostituendo nel radicale il valore delle coordinate orizzontali si ha A=.

M ,/M 2 \ I M 2

/ (1 cos^a:) . cosa:= ^ sen^a:

questa espressione mostra che l’ago ha un periodo doppio durante la gior- nata : che l’epoca del massimo e del minimo sarà variabile colla stagione , e che tali estremi avranno luogo fuori del meridiano, e verso 1’ ora in cui il sole arriva a 45° dal punto d’oriente o d’occidente.

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Il doppio periodo è stato abbastanza provato dalie osservazioni, e pure è provato dalle medesime che i massimi succedono fuori del meridiano ma- gnetico , ma le ore assolute sembrano alquanto diverse. Questo però come abbiamo detto non deve fare seria difficoltà potendo nascere dalla maniera con cui si distribuisce I’ azione solare sulla massa del globo e ancora dal magnetismo così detto di rotazione.

La formola ultima differenziata

d& M

dx

= cos2*

il primo membro rappresentando la celerità del moto dell’ago, ci fa vedere che questa è massima al passaggio del sole pel meridiano magnetico essendo allora 2x = 180°, cos2#= 1 : velocità negativa cioè contraria a quella che ha l’ago quando il sole s’affaccia all’orizzonte 6 ore prima.

Al polo questa ultima formola è deficiente, mancando il primo punto donde contare l’arco x : si può però supplire ad essa considerando l’altra espres- sione data pel radicale. Fatto in essa L = 90° si riduce a

P = M sen§

e quindi (essendo ivi h «)

A M ,

A = seno sena

cioè un periodo semplice. Consegue da ciò che il periodo semidiurno deve risultare sempre meno apparente quanto più ci accostiamo al polo. La curva media di Makerstoun e dei paesi più polari conferma questo risultalo; in esse il ventre secondario è molto meno sensibile che nelle più basse latitudini. Consegue ancora che la variazione deve crescere colla declinazione solare benché sia difficile riconoscerlo nelle formole così complicate dalle basse latitudini.

All’equatore ove L— 0 la formola ancora un periodo doppio, E vero che la curva media annuale di s. Elena darebbe apparentemente uu periodo tri- plice cioè di 4A tra il massimo e il minimo: ma ciò è illusorio, giacché questa media nasce da curve inflettentesi in senso opposto nei due semestri, e con ri- tardo notabile di una sull’altra nelle ore delle fasi: all’incontro il periodo di 6 ore si vede bene nelle singole curve mensili, perchè libere da tale sovraposi- zione perturbatrice.

Questi periodi secondo le formole sono naturalmente di eguale escursione la notte e il giorno, non avendo noi preso in considerazione l’interposizione del globo: diremo in fine come possa supplirsi in parte una tale omissione.

Veniamo al magnometro bifilare. Essendo questo diretto nel primo ver-

9

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tioale , sarà à=:cH- 90 , e T sarà la differenza tra la forza di torsione e la direttrice della terra, onde si avrà

. S cosà cosa M

- = Ysenx cosy

che anche qui un periodo doppio e complementario di quello della declina- zione a tre ore di distanza, come abbiamo veduto nelle leggi di questo elemento.

Anche qui vi è un caso in cui il periodo diviene semplice ed è quando L=0 cioè all’equatore: allora cosy = sencl, e perciò ivi il periodo diviene semplice come abbiamo veduto avvenire a s. Elena col massimo al meridiano essendo sena; = sen 90° = 1.

Per L=90° cioè al polo: cosy = cos5 cos<v>, e P abbiamo veduto essere =M senò onde il periodo di A ritorna semplice ma complementario di quello dell’equatore. Questa conclusione è fortemente appoggiata dalle curve di Ma- kerstoun che per la forza orizzontale danno un periodo che assai si accosta al semplice e pare inverso di quello che si ha presso l’equatore.

L’ essere poi all’ equatore il coefficiente di questa variazione ridotto a sen§ la spiegazione del fatto notato colà , che la variazione annuale è espressa da una curva di seni (V. parte seconda di questa memoria).

Pel magnetometro a bilancia la proiezione di S dovrà farsi nel primo verticale e sarà

P = S cos(90° y) = S seny

ed h sarà l’angolo compreso tra la verticale e la proiezione di S. Sia ZOX (fig. 16) il primo verticale, SO il raggio condotto al sole, 20 la sua proiezione, e insieme la direzione di P, sarà SY —y, e 2S la misura dell’angolo di proie- zione. Il triangolo sferico ZSl rettangolo in 2

tang Z2 = tg ZS cos SZ2

ossia

l

tang h ~ cotangà sena

dalla quale si avrà h.

Pel detto strumento poi avremo

A = 7^-sena; sen y sen h

che un periodo doppio generalmente.

Ma riesce più comodo esprimere P in altro modo: si ha

p= i/(X.2 -hZ02)

la quale

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P M/ [sen2(L d) (sen2(L 5) sen2ò) senV]

Nel caso di L=0° questa si riduce ad M sen§, e allora

M

A = send sen h

con semplice periodo diurno il cui minimo sarà al meridiano come si ha a s. Elena.

È poi facile il vedere nelle diversi curve la legge de’ complementi che abbiamo rilevato frequentemente nelle osservazioni e quindi pare che possa desumersi una non mediocre prova a favore della assunta ipotesi.

Però in questa analisi abbiamo trascurato due cose: la prima è la differenza tia il meridiano magnetico e l’astronomico, avendo fatto D=0. Tale omissione può invero compensarsi intendendo riferito al meridiano magnetico quanto si è detto dell’astronomico, ma allora il primo punto d’oriente non coincide più col punto astronomico , e dobbiamo invece dei tre mentovati assi riferire tutto ai tre assi principali analoghi, ma relativi ai momenti magnetici del globo. Ora la distribuzione del magnetismo non essendo in esso uniforme , tali assi saranno corde del globo e non diametri, e quindi non distanti 180° l’uno dall’altro e perciò potranno non impiegare 12 ore a passare sotto il meridiano astronomico. Da ciò ne può nascere certamente della irregolarità nei periodi.

Ma una causa di assai maggiori irregolarità è l’aver noi fatto astrazione dall’impedimento che pone all’azione solare la frapposizione del globo. L’al- terazione prodotta da questa causa e che abbiamo già indicato altrove con- siste principalmente in una grande diminuzione della forza solare durante la notte. Questa è più che altrove sensibile nelle regioni equatoriali ove il pe- riodo resta quasi sospeso, e la ragione pare doversi dedurre dalla maggiore spessezza del globo in quelle latitudini. Il calcolare direttamente il suo effetto è impossibile, ma può paragonarsi all’effetto che si avrebbe se l’ago venisse notabilmente più allontanato dal sole durante il tempo che sta in ombra. Se dunque immaginiamo un piano che passi pel centro del sole e pei punti ove il parallelo terrestre che descrive l’ago è tagliato dal circolo terminatore del- l’ombra e della luce, questo taglierà il globo terrestre in un circolo (prossi- mamente) e la distanza di un punto qualunque di questo circolo dal sole potrà esprimersi (trascurando i termini più elevati) per

= r'2 2— senL cosa)

.2

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quando 1’ ago è in luce il secondo termine è sottrattivo e trascurabile , ma quando è in ombra allora diviene additivo e dovendo la forza solare attra- versare il globo per una corda di detto cerchio, si troverà molto diminuita, e si potrà allora considerare come se quel secondo termine venisse molti- plicato per un coeffieiente X assai grande che non lo rendesse più trascura- bile. Potrà quindi il caso notturno trattarsi come il diurno perchè si metta X R' invece di R(; con ciò però diversi dei termini trascurati nelle formole potranno divenire sensibili e le formole essere difettose per ciò che riguarda l’estensione e le altre costanti dei periodi medesimi.

Concluderemo con riassumere brevemente la natura del periodo magne- tico: esso è essenzialmente semidiurno cioè rinnovasi due volte durante una rotazione terrestre , ma la parte notturna essendo profondamente modificata dall’interposizione del globo, la curva composta assume il doppio aspetto di un periodo diurno e di un semidiurno sovrapposto. Il semidiurno è proprio delle funzioni angolari (tranne i casi eccezzionali per certe latitudini in cui anche le funzioni angolari danno periodo semplice cioè di 24 ore): il periodo diurno ordinario poi è dovuto dappertutto alla interposizione della terra. L’os- servazione delle curve grafiche ci fa vedere in complesso questi due periodi sovrapposti, ma l’analisi tìsica del fenomeno mostra quale sia la causa di cia- scheduna parte. Però anche qui si verifica il principio citato dalla meccanica celeste, perchè il periodo semidiurno ritiene il suo carattere specifico di avere il massimo distante dal minimo di 6 ore e di compiersi in 12. L’azione dunque del sole sull’ago deve dirsi discontinua, e l’artifìzio sopra indicato del coef- ficiente X non è che una rozza approssimazione. Le avessimo da indicare un modo con cui forse un giorno potrebbe trovarsi il valore di X e quindi deter- minarsi in certo modo la conducibilità media magnetica del globo, diremmo che ci parrebbe acconcio il fatto sopra osservato per Hobarton, ove abbiamo veduto che l’escursione di un periodo diurno diventando notturno nella sta- gione opposta si riduceva a circa 1/6 o , il che darebbe X = 60900, que- sto valore renderebbe il prodotto R X eguale a circa due volte e mezzo la distanza della terra al sole.

Ma questo sia detto piuttosto per congettura che per altro. Resta so- lamente ora che indichiamo un metodo con cui sperimentalmente si possa far vedere la doppia oscillazione che fa l’ago in un giorno.

Forse a taluno parrà che sia sufficiente il girare una forte calamita at- torno ad un ago da bussola : ma chi facesse così, presto troverebbe in fallo

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la data teoria, perchè ne avrebbe appunto un periodo semplice. Per dare ra- gione del doppio periodo è necessario tener conto rigorosamente di tutte le inversioni che prova l’ago rapporto al sole per la rotazione del globo terre- stre. Immaginiamo un ago all’equatore col sole allo zenit, per parlare in ter- mini sommamente concreti, il vetro della bussola guarda quest’astro a mez- zodì, ma a mezzanotte è il suo fondo che è rivolto verso di esso : un tale rovesciamento dell’ago rapporto al sole, è manifesto che deve fare lo stesso effetto che si avrebbe qualora l’ago conservando di notte la sua posizione col vetro verso il sole, quest’astro mutasse i poli rapporto alla terra e all’ago. Afferrato bene questo semplice principio è facile verificare artificialmente i periodi giornalieri dell’ago. Presentate a un ago una sbarra calamitata, e fa- tegliela girare attorno movendola sopra e sotto in un circolo il cui piano sia perpendicolare alla direzione dell’ago, in modo però da tenere l’asse della sbarra sempre parallelo a stesso, e avrete nell’ ago quattro inflessioni di deviazione che rappresenteranno il doppio periodo diurno della calamita. Il rovesciamento dei poli che movendo la sbarra, come si è detto, succede rap- porto all’ago, tiene le veci del rovesciamento dell’ago rapporto al sole. Bisogna inoltre avvertire che l’opposizione diametrale dell’ago rapporto al sole non esi- ste che sotto l’equatore : in tutti gli altri luoghi la meridiana magnetica, o asse dell’ago descrive un cono che ha per asse quello della rotazione terre- stre (1), e quindi ne nasce 1 influenza delle latitudini geografiche che abbiamo veduto essere tanto manifesta.

In quanto alla cagione delle perturbazioni straordinarie noi non possiamo assegnare nessuna cagione, non apparendo nemmeno connessione evidente tra gli altri effetti o cosmici o meteorologici. Tuttavia siccome ogni simultanea coincidenza può esser preziosa, noteremo, che col seguir esse il tempo lo- cale,con tanta regolarità quanto s’è già dimostrato manifestano così una di- pendenza strettissima coi moti del sole. Inoltre risulta tanto dalle ricerche di Sabine che di Allan, che « il valor medio di una perturbazione è massimo « nei mesi equinoziali , minore negli invernali e minimo negli estivi , e lo « stesso a un dipresso si osserva per la loro frequenza. »

Oltre questi periodi annuali vi sono nell’ ago delle variazioni di corto periodo le quali non sono ancora bene accertate- I sigg. Allan e Sabine cre-

(1) Se la detta meridiana magnetica non passa per l’asse di rotazione della terra la superficie descritta da essa non sarà un cono, ma un iperboloide : ma tali delicatezze geometriche sono ben lungi dall’essere apprezzabili in questo soggetto.

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dono averne trovati alcuni dipendenti dalla luna : meriterebbe che si cer- casse se alcuno ne ha luogo in relazione colla rotazione solare, o colla po- sizione dei poli di quest’astro rapporto alla terra. Forse non è improbabile che a questa causa sieno dovuti i periodi delle perturbazioni equinoziali , e le maggiori oscillazioni che si vedono in agosto.

Una tale coincidenza colle vicende solari non è più già una mera con- gettura priva di fondamento. Il colonello Sabine ha rilevato negli elementi magnetici di ogni specie una sensibilissima variazione dal 1845 e 1846 in poi : questa si è manifestata primieramente nelle perturbazioni straordinarie il cui numero e valor medio che negli anni 1843, 44, 45 era circa 70, è cre- sciuto fino a circa 130 negli anni seguenti 1846, 47, 48. La declinazione, l’in- clinazione e l’intensità hanno altresì mostrato in quest’ultima epoca una au- mentazione sensibile nelle variazioni diurne, e siccome tal cambiamento ri- sultava avvenuto intutti gli osservatorii non solo coloniali, ma anche in altri, concluse dover esser la causa generale. D’altronde non constando di variazione climaterica, avvenuta che fosse sufficiente a produrre tale effetto, fu costretto a dare il fatto senza poterne assegnare la cagione, allorché esaminando la serie di osservazioni della frequenza delle macchie solari fatte da Schwabe, fu colpito al vedere la coincidenza delle epoche dei massimi di variazioni magnetiche in terra, colla massima frequenza delle macchie nel sole, e non esitò a in- dicare Luna come fenomeno correlativo all’altra.

Ora è noto agli astronomi che il sig. Wolf dalle osservazioni suindi- cate di Schwabe, ed altre ha dedotto pel loro periodo di massima e minima frequenza l’intervallo di 10 in 11 anni : pareva quindi interessante il vedere se tale periodo si potesse rinvenire anche nelle antiche osservazioni magneti- che. A tale confronto mi è venuta opportunissima la pubblicazione delle os- servazioni di Arago che formano la più copiosa e lunga serie che si possegga nei tempi passati. Dal quadro di esse fatto dagli editori delle sue opere (1) si ricava avere avuto l’ago di declinazione una escursione minima nel 1823 e 1824, e prima di quell’epoca era ita sempre decrescendo, ma mancano osservazioni per stabilire il massimo : dal minimo suddetto andò di nuovo crescendo fino ad un massimo avvenuto nel 1829. Queste epoche combinano con quelle del periodo delle macchie solari trovate al massimo nel 1828, e mi- nime nel 1823. Dalle osservazioni di Gottinga si rileva un massimo nelle va-

(1) V. Voi. I. delle opere scientifiche pag. 500 e 501.

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variazioni dell’ago di declinazione dal 1836 al 1837 , e anche questo com- bina col rispettivo massimo di macchie solari osservate da Schwabe (1).

Il col- Sabine non vede dietro ciò impossibilità che alcune variazioni avvenute nella atmosfera solare possano estendersi e farsi manifeste alla terra sotto l’apparenza di influenze magnetiche. Se fosse lecito richiamare talora alla memoria dei dotti qualche opinione antica, ma poi caduta in discredito non esiteremmo qui a rammentare l’ipotesi di Mairan sulla atmosfera solare e sua connessione colle aurore boreali, e quindi possiamo aggiungere noi colle perturbazioni magnetiche. La maggior frequenza delle aurore boreali alle epoche delle maggiori macchie solari fu cosa già notata da Cassini (2) e Mairan avea già fatto risaltare la maggior frequenza delle aurore polari presso gli equinozi: ora che si sa quanto le aurore boreali siano connesse colle variazioni magnetiche, la coesistenza dei fenomeni acquista maggior impor- tanza.

So che si controverte ragionevolmente al sole una atmosfera che superi la metà dell’orbita di mercurio, quindi la teoria di Mairan è riprovata, ma non è mestieri che l’azione magnetica solare si propaghi alla terra per mezzo della sua atmosfera materiale per esservi sensibile. Ad ogni modo un vasto campo di ricerche si apre anche gli osservatori non forniti di squisiti stru- menti, e sarebbe a desiderarsi che per tutti questi fenomeni del magnetismo terrestre, rotazione e macchie solari, e luce zodiacale venissero studiati con mu- tua relazione e molta diligenza. Forse l’osservatorio diKew che si propone tener registri fotografici delle macchie solari riuscirà di grand’utile: ma è vero altresì che cose così grandiose rare volte durano molto, e allora si perde tutto: un regi- stro delle macchie solari tenuto con mediocre diligenza al modo delle altre osservazioni meteorologiche potrebbe riuscire più utile : perchè certamente più durevole: è da sperare che esso venga intrapreso dai tanti amatori della scienza che ora si trovano. E perciò qual paese più opportuno che 1’ Italia col suo bel clima, e maggior frequenza di giorni sereni ?

(1) V. Risultati d elle osserv. magnetiche di Gauss a Gottinga (Taylor’s meni. Voi. II. part. I. art. II. pag. 57. Hemboldt Cosmos T. 3. p. 2. pag. 455 ediz. francese.

(2) V. Mairan sur ['Aurore Boreale mém. de l’Acad. des Sciences 1731 (suite), e specialmente pag. 250, capi 7, 8, 9, sez. !V, e pag. 199 ove sono i numeri relativi alle frequenze delle aurore boreali pei vari mesi deU'antio.

RIASSUNTO

Le cose trattate a lungo in questa memoria possono riassumersi nelle seguenti proposizioni.

L’azione del sole sull’ago magnetico è opposta secondo la sua decli- nazione rapporto all’equatore.

ir l ’azione del sole sugli strumenti magnetici ha un periodo general- mente semidiurno e perciò diverso da quello della temperatura, e delle vicende meteorologiche annue e diurne.

IH" I periodi della componente orizzontale e verticale seguendo la legge delle latitudini geografiche ed avvenendo in ore tutte diverse dalle variazioni di temperatura, mostrano una origine differente da queste. Quindi se la coin- cidenza di tempo delle variazioni di temperatura con quella delle declina- zioni magnetiche ha contribuito a far credere tra queste due una relazione mutua di causa ad effetto, lo studio delle altre componenti facendo svanire tale coincidenza, toglie ogni fondamento e tale ipotesi.

IV° Tutti i fenomeni finora noti delle variazioni diurne magnetiche si possono spiegare supponendo , che il sole agisca sulla terra come una po- tentissima calamita posta a grande distanza (1).

(1) Era già finito eompletamenta questo lavoro quando il R. P. Pianciani già mio professore in questo collegio Romano , mi fece vedere certo suo scritto inedito e composto già fino dai primi tempi delle scoperte ampériane nel quale per spiegare le variazioni magnetiche egli sviluppava l’ipo- tesi che il sole agisca colle sue correnti elettriche immediatamente sulle correnti elettriche della terra, che in altri termini è l’ipotesi dell’azione magnetica diretta del sole. La cognizione imper- fetta che allora si avea delle variazioni magnetiche non permise all’illustre autore di dare un aspetto soddisfacente alla sua teoria discendendo a tutte le partieolarità che abbiamo sviluppalo in questa memoria : ne diede però cenno nelle sue Istituzioni Fisico- Chimiche (la edizione). Ora a me gode l’animo di essermi con lui incontrato nelle medesime idee e di aver potuto compire ciò che per imperfezione della scienza egli non potè fare gran tempo prima, ma che già colla sua perspicacia avea intravveduto.

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Geometria Sull’uso de’ pr incipri meccanici , nella ricerca delle proprietà geome- triche delle curve. Nota del sig. dott. Ruggero Farri : presentata dal prof. P. Volpicelli, nella sessione del 4 marzo 1855.

IN on è nuovo il dedurre dai principii di meccanica, verità estranee alla me- desima, ed in molti libri che trattano di questa scienza, troviamo con van- taggio usato questo metodo : il teorema di Guidino , i lavori di Carnot , e più recentemente quelli del eh. prof. Chelini, ne presentano chiari esempi. Ad onta di ciò, forse non si è tratto ancora dalla meccanica, tutto quello che può essa fornire alle matematiche pure.

Lo scopo principale di questa nota, è di far vedere comesi possono, con facili ed elementari raziocinii, discutere le proprietà di parecchie curve, e come, senza neppure usare delle loro equazioni, giungere ad importanti risultamenti, ed anche del genere di quelli, che non si ottengono senza il concorso dell’ana- lisi superiore.

Le curve che più delle altre si prestano a questo genere di ricerche, sono senza dubbio quelle, che si descrivono con movimento meccanico, come l’elissi, la cicloide, ec.; e di alcune tra queste noi parleremo.

Il principio meccanico che assumiamo è il seguente: allorché un punto , ob- bligato a restare su di una curva, è in equilibrio, la forza ad esso applicata è normale alla curva stessa. In fatti se la forza applicata non fosse normale, si potrebbe decomporre in due, una normale, che non avrebbe alcun effetto, l’altra tangenziale che produrebbe evidentemente moto.

P

In un filo FCF' , fisso alle due estremità FF', scorra un punto C a guisa di anello, al quale sia la forza P applicata. Tutte le posizioni possibili del punto C saranno su di un elissi, che ha per fuochi F,F\ Quindi sopprimendo il fdo FCF', l’equilibrio del punto C' sarà quello di un punto, obbligato a restare su di un elissi; e pel principio assunto, la forza CP dovrà essere normale alla curva. Ma d’altra parte per l’equilibrio del sistema sappiamo, che la direzione CP

10

==• 74

della forza applicata deve dividere l’angolo FCF' per metà: dunque potrà sta- bilirsi , che in un punto qualunque di un elmi , la normale divide per metà Vangoìo formato dai due raggi vettori .

La parabola può essere considerata come una elissi, nella quale i due fuochi sono a distanza infinita , è può benissimo applicarsi ad essa la dimo- strazione fatta per l’elissi; non di meno dimostrasi l’analoga proprietà, diret- tamente ragionando su di essa.

Sia TT' una verga rigida, che possa scorrere su AT', mantenendosi parallela ad AB: rappresenti TCF un filo, fìsso in T ed in F, che passi entro un anello C, il quale scorra lungo TT'; e PC sia una forza applicata in C. Siccome que- sto punto si deve movere in una parabola, per l’equilibrio sarà PC normale a questa curva. Ma considerando T equilibrio del sistema , è chiaro che in C non può esservi alcuna forza tanto nella direzione TT', quanto in quella T'A, altrimenti vi sarebbe moto , sia dell’anello , sia della verga : conviene quindi supporre il punto C in equilibrio come se fosse libero; e perciò siamo nel caso precedente di un filo fìsso in F e T, sul quale può scorrere un anello C, e quindi dovrà PC dividere l’angolo FCT per metà; dunque si dedurrà la nota proposizione, cioè: in una parabola la normale divide per metà Vangolo che forma il raggio vettore con una linea parallela alVasse.

Consideriamo (fìg. seg.) la curva cicloidale AMR, prodotta da un punto M di una curva, che si avvolge su di un’ altra ABC ; sia applicata ad M una forza MP , che per 1’ equilibrio sarà normale alla curva AMR. Suppo- nendo che la curva generatrice debba restare sempre aderente nel punto di contatto ad ABC, potendo poi svolgersi liberamente su di essa, converrà che PM prolungata giunga in B ; per cui si può stabilire la proposizione se- guente: in una curva cicloidale, la normale in un suo punto qualunque , passa

75

pel punto di contatto , fra la generatrice corrispondente al punto che si consi- dera, e la curva sulla quale si svolge.

Sia ACD una cicloide, ed MEH una posizione del suo circolo generatore: sarà MEM' , la direzione della normale alla cicloide nel punto M ; di più, considerando AD per asse delle ascisse, sarà ME la lunghezza della normale. Si prolunghi CB in 0, cosicché abbiasi OB=BC, e supponiamo d scritta una semicicloide OM'A, simile alla precedente.

Prolungando il diametro HE, e descrivendo il circolo EM'K, eguale ad HEM, sarà questo nuovo circolo evidentemente il generatore corrispondente al punto M'. Conducasi KM', che sarà normale a OM'A; siccome l’angolo KM'E è retto, MM' sarà tangente alla cicloide OM'A. Perciò tutte le normali alla ci- cloide AMG sono tangenti all’altra AM'O, e quest’ultima può considerarsi come luogo geometrico delle intersecazione di tutte le normali consecutive della ci- cloide AMC, ossia sarà la sua evoluta. Quindi si stabilisce la nota proposi- zione : V eviluta della cicloide è una cicloide simile ad essa. Di qui si può

76

dedurre la rettificazione della cicloide. In fatti AM' =MM' =2M'E, che nel caso in cui si consideri tutta l’intiera cicloide, si riduce al doppio del diametro del suo circolo generatore.

I brevi cenni ora esposti, bastano a mostrare quanto utile riuscir possa questo metodo analitico meccanico , per considerare le geometriche quistioni; e qui osserveremo che , mentre nei libri di meccanica elementare si debbono tacere importanti teoremi, per mancanza di cognizioni abbastanza elevate in coloro pei quali furono scritti , si potranno all’ opposto con questo metodo raggiungere delle verità matematiche, per dimostrare poi quelle proposizioni meccaniche, le quali altrimente si sarebbero dovute omettere.

77

Algebra Alcune ricerche relative alla teorica dei numeri. Memoria del prof P. VOLPICELLI (*).

ì.

Si sig. Wheatstone ha pubblicato (**) vari teoremi relativi alla teorica dei numeri, che assai facilmente discendono, come corollari, dalle formule ap- partenenti alle progressioni aritmetiche. Queste formule possono dare origine non solo ai sopra indicati, ma pure a molti altri; ed inoltre quelle /#&vr

che appartengono alle progressioni geometriche , possono anch’ esse riescire utili allo stesso fine. Ha per oggetto la presente memoria porre in chiaro, con ogni generalità, la dipendenza fra le formule delle indicate due progres- sioni, ed i moltissimi teoremi che sui numeri da esse derivano, battendo la via che deve seguirsi per Scoprirli, e per averne ad un tempo la generale dimostrazione. Inoltre considerando qualche brano del Liber quadratorum di Leonardo Fibonacci pisano, daremo le formule per assegnare il numero delle soluzioni intere, appartenenti alla x 2 if = c : dedurremo dalle medesime un nuovo teorema sullo spezzamento dei numeri: e indicheremo altre generali verità relative ai medesimi. Sebbe questi fogli già fossero consegnati alle stampe, quando ne giunse l’articolo del chiarissimo sig. Chasles (***) , col quale venivano comunicate all’accademia delle scienze dell’istituto di Fran- cia, le pregievoli osservazioni dei chiarissimi signori Genocchi , Boncompa- gni, e Woepcke, sulle tre indicate opere del Fibonacci (**#*), tuttavia fummo in tempo a menzionare qui sul principio le osservazioni medesime ; cui ri- correrà utilmente, chiunque voglia formarsi chiara idea di quei dotti ed ori- ginali lavori del geometra pisano. Possano ricerche di tal genere, trovar luogo nelle istituzioni elementari di algebra , ove ancora si lascia troppo deside- rare, quanto concerne la teorica dei numeri. Termineremo la presente memo-

(’) Questa memoria è la riunione di due note, la prima delle quali riguarda le applicazioni delle progressioni, tanto aritmetiche quanto geometriche, a dimostrare alcuni teoremi sui numeri, e contiene l’enunciato di una proprietà, che si riferisce alla teorica generale dell’equazioni algebriche determinale: la seconda concerne alcuni brani dell’opera di Leonardo pisano , intitolata Liber qua- dratorum, ed altre simili ricerche. La prima delle note stesse fu comunicata nella sessione accade- mica del 14 gennaro, e la seconda in quella del 6 maggio 1835.

(**) Cosmos 3.° an , 5 ° Voi., 22 fascicolo, pag. 644. Parigi 1834.

(*“) Comptes Rendus, T. XL, p. 775 .... 784.

('***) Si consulti pure l’articolo del prof. Gcnocchi « Intorno a tre scritti inediti di Leonardo pisano, ecc, » Annali di Scienze matematiche e fisiche. Roma, marzo 1855.

78 -

ria, enunciando una proposizione, concernente le proprietà deìl’equazioni deter- minate algebriche, la quale pure strettamente si congiunge alla teorica indicata.

Abbiasi la

II.

s = b, . . . , x) I— cp(ciy bt ... t x H— 1) -4— (p[cif b . . . . , x 1— 2) t— . . . i— <p(ciy b, . . . , x t— n 1) ;

esprimerà evidentemente il secondo membro di questa equazione una cosicché potremo stabilire

Ora facciasi la ipotesi

K)

sarà

dalla quale avremo

5 r= F(<p, n) . s=f{n) , f{n) = F(o, n) , ? = <p(n).

serie;

Potrebbe anche formarsi una qualunque altra delle ipotesi

K) s=fi{a)> s = fjp),..., e si avranno le

F(p, ri) = fL{a) , F(®, n) = f2(b) , . . . ,

per ognuna delle quali , date due quantità che in essa concorrono , si tro- verà la terza.

Finalmente sieno date le due serie

s = 2 ?(«> b, . . . , x) , s' = 2 b\ , x') ;

avremo

s F(<p, n) , s! = Fl((pi , n') ;

quindi facciasi la ipotesi

(«*) ¥(<P’ n) = F4(^ì , n') •.

Se questa equazione sarà soddisfatta per interi valori delle n, n', le serie avranno una somma comune, nel caso contrario esse non l’avranno.

Supposto n = n', se mediante valori determinati delle <p , ^ , ovvero delle a, by ... y a\ b\ ... y contenute nelle medesime, si potesse verificare la (a3)

79

indipendentemente da ri, avremmo allora due serie, che sarebbero in realtà identiche , sebbene di forme diverse ; quindi la nuova serie nata da quelle, .godrebbe le proprietà di ambedue le proposte.

Ora facilmente si comprende che le ipotesi (aj, (a2), (a3), possono es- sere sorgenti di molti nuovi teoremi sui numeri.

III.

In una progressione aritmetica, nella quale p rappresenta il primo ter- mine, d la differenza, n il numero totale dei termini, n' l’indice, u qualun- que di essi, ed s la somma loro, abbiamo

dn .

-pn -4- (n 1).

Supponendo in questa avremo dalla medesima

s = na ,

„_i d(n 1)

p= n 1 1— L

(i)

e si avranno anche le

u = p d(n' 1 ), na (p -t- a) ,

essendo a l’ultimo termine della progressione, cosicché sarà n = < u, quando sia n' = n. Dunque :

l.° la potenza na , eguaglia la somma di n termini di una progressione aritmetica, nella quale d rappresenta la differenza4 ed

d(n 1)

*■' - ^2 ^

il primo termine.

2.° posto a 2, concluderemo che il quadrato di n uguaglia la somma di n termini di una progressione aritmetica , nella quale d rappresenta la differenza, ed

d(ri 1 )

il primo termine, che diverrà 1 quando sia d = 2.

80

3.° in questo ultimo caso, cioè ponendo nelle (1) d = 2, a = 2, avremo

p 1 ,

quindi, faconde successivamente

ii = 2n' 1 :

yi

■avremo

(2)

n' = 1 , 2 , 3 , . . . , n,

n2 = 1 -+• 3 -+- 5 -+- . . . -f- 2 n 1 ;

perciò qualunque quadrato n2, non solo eguaglia la somma dei numeri im- pari consecutivi , a cominciare dalla unità ; ma inoltre i termini di questa somma sono tanti, quante le unità di n ; cosicché 1’ ultimo dei medesimi è 2 n 1. Perciò cognito un quadrato n2, si conoscerà:

l.° che sono n , cioè quante le unità della sua radice, i numeri impari consecutivi, cominciando da t, dai quali esso per via di somma è compo- sto: 2.° che il maggiore di questi è 1: 3.° che la somma degl’ impari consecutivi da 1 sino a 2n -b 1 inclusivamente sarà (n -t- 1 )2.

ESEMPI

1*=1,

22=:1 +3,

32 = 1+3 + 5,

42 = 1 h- 3 +- 5 -+ 7,

52 = l -+- 3 +- 5 +- 7 +- 9,

62 = 1 -+- 3 + 5 —+ 7 -t— 9 t- 1 1 ,

72 = 1 +- 3 -+ 5 -+ 7 -+- 9 -+ 11 +- 13. ec. . . .

Sembra, secondo Leonardo pisano, che il teorema espresso dalla (2) siasi da esso ravvisato; poiché nel suo Liber quadratorum , composto nel 1225 p. 56, a questo modo egli si esprime « Consideravi super originem omnium quadra- torum numerorum, et inveni ipsam egredi ex ordinata imparium ascensione (*).

(*) Il sig. principe D. Baldassare Boncompagni, profondo conoscitore degli antichi autori di scienze, il quale co’ suoi laboriosi e difficili studi, rese molti vantaggi alla storia delle matematiche dei secoli andati, aveva già formulato algebricamente il teorema stesso in una sua nota, inserita nel Giornale Arcadico T. CXXXIII p. 45, Roma 1853. Inoltre ha egli rinvenuto, e reso di pubblica ra- gione pel primo, a gloria dell Italia « tre inediti scritti di Leonardo pisano (Firenze tipografia Ga- lileana 1854) l.° Flos ... 2.° Epistola ad Magistrum Theodorum ... 3.° Liber quadratorum. Di questa pubblicazione utilissima, favoritaci gentilmente dell’illustre Boncompagni, noi ci siamo valsi nel compilare la presente memoria, ed altri lavori sìmili, che saranno pubblicati fra poco.

\

Pertanto sarà

81

IV.

Zi2 = 1 -4- 3 -4- 5 —I— . . . -4- 2/i 1 ,

/2 = 1 (— 3 -4— 5 —I— . . . (— 2 II 1 -4- 2 h -4— I -4- 2 II -4- 3 -4= . . . -4- 2 f i ;

quindi essendo f>-h, otterremo la

(bt) f h2 = 2Zn- 1 2/t -4- 3 -4- ... -4- 2f 1 :

vale a dire la differenza fra due quadrati f2, Zi 2 corrisponde sempre ad una serie

di numeri impari consecutivi, che comincia con 2/t -t- 1, e finisce con 2f 1,

nella quale il numero dei termini viene rappresentato da f h , cioè dalla differenza delle radici dei quadrati medesimi.

ESEMPIO

Supposto

f 15, h = 9 , sarà f h = 6 ;

quindi

152 92 = 19 -4- 21 -4— 23 t— 25 -4— 27 t— 29 .

Inoltre se pongasi

(b2) f2 h2 c,

essendo c un intero qualunque, ma però doppio di un impari, uno, seconda potenza di 2, sempre per f ed li vi saranno interi, da soddisfare alla proposta; e perciò avremo eziandio

(Ò3) C =2/1-4- 1 -4- 2/< -4— 3 t- ... -4-2 f— 1 .

Dunque ogni numero, che non sia doppio di un impari, è sempre una somma d’impari consecutivi. Vedremo appresso quale complemento riceva questo teo- rema: intanto possiamo anche concludere che ogni numero, tranne la unità ed il 4, sarà o doppio di un impari, o differenza di due quadrati.

Un’applicazione della (2), viene indicata da Leonardo pisano a questo modo (*). . . . linde curri volumus II.0S quadratos numeros invenire, quorum additio faciat quadratum numerum , accipiam qualem voluero quadratum inparem , et habebo ipsum prò uno ex duobus diclis quadi'atis , reliquum inveniam ex col- leclione omnium imparium , qui sunt ab imitate usque ad ipsum quadratum im- parem. Ed in fatti sia

(*) Liber quadratorum edizione citata: j>. 56..

11

82

2 n 1 = x 2

il quadrato impari preso arbitrariamente, sarà l’altro quadrato y2 = 1 -+- 3 -4- 5 -+- ... -4-2 n 3; quindi per la (2) avremo

2 y 1 =2 n 3 , donde y 2 = (n l)2 ;

perciò

a;2 -4 - y2 = z2 = 2n 1 -f- (n l)2 = n2 , dunque, formule solutive della

x2 -+- y2 = z2 ,

saranno le

(bA) x = J/-(2n 1) , y = n 1, z = n.

Jtem, prosiegue Leonardo (*), aliler accipiam aliquem quadratura parem, cujus medietas sii par, (**) 36, cujus medietas est 18, et auferam ab eo et ad-

dava eidera 1 , egredientur 17 et 19 , qui sunt impares numeri , et continui , cwm nullus par numerus cadal inter eos, ex horura quoque addictione procrea- tili 36 , qui est quadratus , et ex addictione reliquorum imparium qui sunt ab uno usque in 15, procreatur 64, ex quibus quadratis procreatili 1 100, qui est quadratus, et procreatur ex collectione imparium numerorum qui sunt ab uno usque in 19. Ed in fatti si dica 4 il = x2 il quadrato pari che si prende ad arbitrio, quindi si ponga

!j2 = 1 4- 3 4- 5 4- ... -4-2)1 3.

Per la (2) sarà

2 y l = 2n 3, donde y = n 1, dunque, formule solutive della proposta sono anche le

(b5) # = 2| fn, y = n 1, z=n-4- 1;

perciò il quadrato di z, sarà la somma degl’impari a cominciare da 1 e ter- minare con 2 n -4- 1 , cioè con la metà del quadrato preso ad arbitrio, ag- giuntavi la unità, come appunto asserisce il Fibonacci.

I due brani che abbiamo riferito del Liber qiiadratorum, furono già formu-

(*) Ediz. citata p. 37.

(**) Ogni quadrato pari ha la sua metà pari.

83

lati algebraicamente dal eh. D. Baldassare Boncompagni (*). E qui osserve- che oltre alle soluzioni algebriche (ò4) , ( b5 ) , la proposta ne ammette anche altre, fra le quali, a modo di esempio, la seguente

(b&) x = q+ ^{2pq)> y=pd=]/-(2pq), z=p^-q+ \f{2pq) .

Però l’analisi della proposta per interi, quando sia dato il numero z, non può essere generalmente rappresentata dalle precedenti formule, giacché per l’ana- lisi medesima, fa d’uopo generalmente assegnare l.° seia proposta sia possi- bile ; in quanti modi lo sia ; 3.° quali sieno ; quali proprietà le sue soluzioni abbiano; ed a tutto ciò non valgono le formule stesse, ma bensì altre, che già da noi furono in parte pubblicate.

Y.

Dalla (b2) discende per corollario, che il prodotto

4 mn[m.2 n 2) ,

rappresenterà sempre la somma di più impari consecutivi. E poiché la

f2 - h 2 = 4 mn(m2 n2) ,.

ammette tante intere soluzioni, quanti sono i modi coi quali può il secondo suo membro essere decomposto in due fattori, ciascuno pari; ossia quanti sono i modi coi quali può il prodotto mn(in 2 n2) essere in due fattori decomposto; perciò tanti saranno questi modi, ossia le intere soluzioni della proposta, quante le somme di numeri impari consecutivi, ciascuna eguale prodotto 4 mn(n2 n 2), e ciascuna composta di f h termini diversi. Eseguendo queste decompo- sizioni algebraicamente, abbiamo

mn (m2 n2), mn(m -+- n) (m «), mn(m n) {ni - 4- n), m[m n) n(m n), m[m n) n{m n), m(m2 n2) n, n{m 2 n2) m,

(*) Giornale Arcadico T. CXXX1II p. 46, 47, 48. Roma 1853.

f=

mn + m mnim -4- n ) - mn[m n ) - m[m -f- n) -4 m (m n ) -4 m(m2 n2) n(m2 n2) -

- m nr

- m -4- n, n{m n)T n{m -4 -n)r

m,

h =

però il numero totale degl’ indicati modi , verrà nel seguito generalmente assegnato.

VI.

Se pongasi

f === h (— n )

sarà

f 2 li 2 = n(2h •-+- n) = n[f -+- h) :

dunque la differenza fra i due quadrati, dei numeri che differiscono di n Tuno dall’ altro , eguaglia la somma delle radici dei quadrati stessi , moltiplicata per». Quindi, fatto n=l, sarà

f h2 = 2h -+- 1 == h H- h -+■ 1 = f h :

dunque la differenza fra i due quadrati di numeri consecutivi, eguaglia la somma delle radici dei quadrati medesimi; e Fibonacci si esprime dicendo (*) Similiter imeni unumquemque quadratimi excedere ipsum quadratimi , qui ante eum est in medietate , secundum quantitatem addictionis radicum ipsorum .

Se facciasi n = 2, sarà

f* h2 = 4 (h h- 1) ;

cioè la differenza fra i due quadrati, di cui le radici differiscono di 2, consi- ste nel quadruplo della radice minore, aumentata di 1; e Fibonacci dice (**) Quare unusquisque quadratns excedit secundum quadratimi ante ipsum , secun- dum quantitatem quadrupli radicis quadrati , qui est in medio eorum.

La formula

r-h^(f~h) (f+h),

è stata dal Fibonacci a questo modo espressa (***) : Similiter ostenditur omnem quadralum excedere omnem quadralum minorem sui , secundum molli - plicationis superhabundantie radicum ipsorum in addictione utriusque radicis , Similmente la formula

2ab -+* (a - bf a2 -4- b2 ,

(*) Liber quadratorum edit. cit. p. S9.

(**) Luogo citato.

(’**) Opera citata p 61.

85

viene dal citato matematico di Pisa in questo modo indicata (*) : Ex hoc quidem manifestimi est , qaod quando duo numeri inequales proponuntur , du- plum molliplicalionis unins in alium , curii quadrato numeri in quo major nu- merus superhabundat minorem , equatur quadratis qui fiunt ab ipsis numeris.

Così pure la

(è2 a2)2 -+- (2 ab)2 = (a2 -4- è2)2 ,

viene dallo stesso autore (**) come siegue assegnata: Possunt etiam duo qua- drati inveniri , quorum aggregano erit quadratus numerus , per quoslibet duos numeros dcitos. Verbi grada dentar duo numeri a, et b, prout libuerit , sit la- men b major, et auferatur a quadrato numeri b quadratus numeri a, et resi- duum erit rcidix unius quadratorum inveniendorum, deinde accipiatur duplum ejus quod proventi ex ductu a in b, quod erit etiam radix alterius quadrati . . *

Dalla formula (2) discende la

l2 4- 22 -4- 32 4- 42 -4- . . . . -4- nl ==

= \ .n -4-3 (n 1) -4- 5 (n 2) 4- 7 [n 3) 4- . . . 4- così per esempio, fatto n = 6, sarà

l2 22 4- 32 4- 42 4- 52 4- 62 = 1.6 4- 3.5 -4 5.4 4- 7.3 4- 9.2 4-11.1 .

Il secondo membro della precedente uguaglianza, rappresenta una osser- vabile trasformazione, della somma S'„ dei quadrati de’ numeri naturali: cioè, se i termini che sono in medesima sede nelle due serie, una dei numeri im- pari consecutivi da 1 sino a 2 n 1, l’altra dei numeri naturali da n sino ad 1 , si moltiplichino fra loro, nascerà una terza serie, di cui la somma, uguaglierà quella dei quadrati dei numeri naturali, da 1 sino ad n.

Sappiamo poi dalla teorica delle serie a differenze costanti, essere

n[n 4- l)(2n 4- 1) = 6.S'„ ;

ora questo risultamento è da Leonardo espresso come siegue (***): Si ab imitate numeri quoteumque continui, pares videlicet et impar es , ordinate disponantur, nu- merus solidus, qui ab ultimo, et a seguente, et ab eorum aggregato, equatur sexcuplo summe collectionis omnium quadratorum , qui fiunt ab amnibus nu- meris ....

(*) Opera citata p. 70.

(*') Idem p. 73.

('**) Idem p. 7 a.

86

Indicando con S"n la somma dei quadrati dei numeri impari consecutivi dall’l sino a 2n 1, abbiamo

2.6.S"» = (2n 1) (2n H- 1). 4 n;

lo che dal Fibonacci si esprime a questo modo (*) : Si ab imitate numeri impares ordinate quotcumque disponantur , solidum quod fit a maximo eorum , et a sequente impari, et ab eorum composito, equatur duplo sexcupli omnium qua- draiorum, qui fiunt ab unitale et a dispositis numeris.

Esprimendo con S"'„ la somma dei quadrati dei numeri consecutivi pari, da 2 sino a 2 n, abbiamo

2.6.S"'„ = 2w(2n 2)[2n -4- (2 n -4- 2)] ,

che dallo stesso autore si riferisce così (**): si a binario disponantur pares numeri quotcumque per ordinem, invenielur solidum , quod eril ab ultimo eo- rum, et a sequente, et ab eorum composito, equari duodecuplo omnium qua- dratorum, qui fiunt a dispositis paribus numeris (***).

(*) Opera citata p. 7S.

(*‘) Idem p. 79.

(***) Per ottenere speditamente gli assegnati valori delle S'^ , Snn , Snrn , osserveremo che dalla integrazione delle differenze finite si ha in generale

2X

X

,m+ 1

(m-F- i)Ax 1.2

quindi fatto m = 0, l, % avremo

mAx . m

2xm~ 1

(m 1)

1.2.3

2

Ax ix

Axm ,

2 1

X

Ax

C , 2x

x

e perciò la

{i) . .. . %x2

3Ax

2Ax

1 r2

2 ^

è x -+- C ,

Ax

X*’

in cui pel caso nostro la costante riesce nulla. Facciasi Ax 1, x = n nella (i), aggiungendovi n2 non compreso in essa, ed avremo

6 In2 ----- 6S'„ =■ n(n -+- 1) (2 n -+- 1) ..

Inoltre pongasi Ax 2 nella stessa (i), ed avremo la

. . . 2x3 3x2 -4- X

M = g .

quindi supposto in questa x 2n+ 1 , sarà

87

VII.

Pel teorema di Fermat sulle potenze prime dei numeri, abbiamo hk h k m , hu h' = kn, (* *)

ove m , n , h , h1 sono interi , essendo k un primo. Sottraggasi dall’ una di queste, moltiplicata per h', la seconda moltiplicata per h , e facciasi

rmi' nli Q ,

avremo

hh'(h*~l = kQ .

Si ponga successivamente in questa equazione

k = 2, 3 ,

avremo dalla medesima le

hh'(h—h') hh\h2—h' 2)

2 3

che saranno due interi; perciò anche la

hh'(h2 h'2)

6

sarà un intero; dunque

(ò7) hh'(h2 h'2) = 6P ,

essendo h , li' interi qualunque. Laonde anche se due numeri p , q sieno uno pari l’altro impari, avremo

ih) pvìp2 f) = 6P

Quando p, q sieno ambedue pari, od impari, sarà p -F- q ■= 2/* , p q = 2 h' ;

quindi

pZ qZ = bhh'.

62(2 n -+■ l)2 = 6S"n = 2w(2n 1) (2 n+ 1) .

Finalmente si ponga x 1 n nella (ij), aggiungendovi (2 n)2 non compreso in essa, ed otterremo

62(2n)2 = 6S'"„ = 4 n(n 1) (2 n +1) .

(*) Volpicelli, annotazioni al Caraffa, parte I, p. 89 II.0 Roma 1836.

Inoltre abbiamo

p = h -4- h' , q = h h' ,

donde

pq = h 2 -, h'2 ;

perciò

pq[p 2 q2) = 4 hh'(h2 /t'2) ; e sostituendo questa espressione in (Z>7), sarà

(6g) pq{p 2 g2) = 24P .

Se p, q sieno l’uno e l’altro pari, dovrà pur essere

p = 2/i , q = 2 h' ;

perciò

p</(p2 g2) = I6hh'(h2 à'2) ;

e sostituendo in (ò7), avremo

(ò10) pq{p 2 g2) = 96P .

Dunque dalle (6g), (ò9), (ò10) concluderemo, che il prodotto

pq(p2 g2) ,

sarà per lo meno esattamente divisibile o per 6, o per 24, o per 96, secondo che le p , q sieno l’una pari l’altra impari, od ambedue impari, od ambedue pari.

Leonardo pisano nel suo Liber qmdratorum esprime le (òg), (ò9) a que- sto modo (*): Si duo numeri primi componantur ad se invicem, fecenlque com- positus ex eis numerum parerti, si solidus numerus, qui fit ab ipsis et ab eorum composito, midtiplicetur per numerum in quo major numerus excedit minorem,

egredielur numerus cuius vigesima quarta pars erit integra

Et hoc idem erit si numeri non fuerint primi ad se invicem.

Questo enunciato coincide colla formula (6g), che sopra dimostrammo. Inoltre ivi siegue lo stesso autore dicendo: Et si unus ex numeris ab, bg fuerit par, coniunctus ex eis erit impar , lune ostendetur similiter si solidum , quod fit a duplo uniuscujusque et ab eorum coniucto ag, ducatur in numerum dg, surgere in numerum, cujus edam vigesima quarta pars erit integra, sire numeri sint primi in- ter se, sire non. Questa enunciazione coincide eolia dimostrata divisibilità della formula (6g); e sembra che la formula (b^0) non siasi considerata dal citato, autore.

(*) Opera citata p. SO, ed 82.

Il medesimo continua dicendo ... et factus numerus videlicet , cujus vige- xima quarta pars est integra , congruum appellari. Ora secondo la notazione adottata dal celebre Gauss, potremo stabilire la congruenza

4 pq{p2 q 2) = 0, ( mod . 24) ,

nella quale

4 pq{p2 q2), e 0

sono congrui, relativamente al modulo 24; perciò il significato del vocabolo congruo , introdotto per prima volta in aritmetica da Leonardo pisano , si accorda implicitamente col significato dello stesso vocabolo, adottato da Gauss nelle sue Disquisitiones. Dunque una prima implicita, e particolare idea delle congruenze aritmetiche, pare che pure possa ravvisarsi nel Liber quadratorum, scritto da quel filosofo italiano nel 1225.

i

Vili.

Il numero 4 pq{p2 q2) possiede anche la proprietà, di non poter divenire un quadrato, per qualunque valore intero o fratto delle p , q. Fermat dimo- strò che il numero (p2 q2)pq> non può essere quadrato per interi valori delle p, q, concludendo: hujus theorematis a nobis inventi demontrationem , quam et ipsi tandem , non sine operosa et laboriosa meditatione deleximus. ... (*)■ Se pongasi prr dfmnntrntn che la differenza di due biquadrati, non può essere un quadrato (**), riesce speditissima la dimostrazione del teorema stesso. In fatti pongasi essere possibile la

pq{p 2 q2) «2 ,

innalzando al quadrato avremo

p6q2 2p4</4

p2q6 == a4 ,

ovvero

(pzq -+- pq%)2 = a4 -4- 4 piqi ; dunque dovrà essere ancora

a4 -h 4p4</4 = h 2 ;

1830.

(*) Diophanti Alexantlrini, Tolosae 1670, p, 339. Legendre T. 2.° p. 2.

(**) Euler Élémens d’algèbre. Paris 1807, T. 2.°, p. 179.

Théorie des nombres. Paris

12

90

ed innalzando al quadrato sarà

a8 -+- 8 a4p4<jf4 -i- 16 p8g8 == hA ,

donde

(a4 4p4g4)2 Wr- ( 2apqY ,

equazione che non può verificarsi, essendo il suo primo membro un quadrato, ed il secondo la differenza di due biquadrati; dunque ec. . . . Ma se

pq{p> q2)

non può essere un quadrato per interi valori delle p, q , potrà esserlo per valori frazionari delle quantità medesime; quindi anche

%(p2 q2) »

cioè il numero chiamato congruo da Fibonacci, non potrà essere quadrato, per valori razionali dati alle stesse p, q. Infatti questo italiano geometra sul principiare del secolo XIII.0 proclamò : quod nullus quadratus numerus potest esse congrmm (*), dandone una dimostrazione.

Inoltre il numero

pq[p2 q2) ,

è la somma di una progressione aritmetica, di cui sarà il primo termine a espresso dalla

a=p2 q2 pq -+- 1 ,

la differenza d= 2, il numero n dei termini rappresentato dalla n =pq , ed il termine generale u dalla

M = fl + 2 (n1 1 ) ,

essendo n' l’ indice della progressione. Perciò concludiamo che per p , q ambedue pari, la progressione sarà formata di numeri impari consecutivi : per p, q impari ambedue, od uno pari l’altro impari, la progressione avrà i suoi termini tutti pan consecutivi.

Il numero stesso può esprimere ancora la somma di una progressione aritmetica, nella quale il primo termine

a = p-+-q pq{p q) 1 ,

la differenza d % il numero de’ termini

«

(') Opera citata p. 98.-

ed il termine generale

91

n=pq(p q) ,

u = a-+- 2(n' 1) »

Quindi : per p , q pari, od impari ambedue, i termini della progressione tutti saranno impari consecutivi: per p, q uno pari l’altro impari, la pro- gressione sarà formata da numeri consecutivi tutti pari.

Il numero medesimo eguaglierà eziandio la somma di una progressione aritmetica, che abbia per primo termine

a = p2 -+- q1 -+- 1 ,

per differenza d=2, pel numero dei termini

n q{p q) ,

e per termine generale

u = a -+- 2(n' 1 ) .

Laonde: per p, q ambedue pari od impari, i termini della progressione medesima tutti saranno impari consecutivi: per p , q uno pari l’altro im- pari, essi termini saranno tutti pari consecutivi.

Per tanto, quando p , q sieno ambedue pari, od uno pari l’altro impari, potrà il numero pq(p 2 q2) , rappresentare la somma di una progressione aritmetica di numeri consecutivi, tutti nel primo caso impari, e tutti nel se- condo pari. Quando poi p, q sieno impari ambedue, potrà il numero stesso rappresentare la somma di una simile progressione di numeri consecutivi, tutti o pari, od impari.

IX.

Ora passiamo a determinare il numero delle intere soluzioni della (bLl) x2 y2 = c;

quindi anche il numero delle possibili somme di consecutivi impari, ognuna eguale ad un dato intero c, non doppio di un impari. Si ponga in fatti

c 2^ h* h/ . . . /i*T ,

essendo p, «, /3 , . . . , t esponenti interi, hl . . . , hk fattori primi, ed es- sendo k il numero di questi. Dovrà essere p. >* 1, quando c sia pari, affinchè la (bn) possa verificarsi per interi valori della x , y; dovendo essere p = 0, quando c sia impari. Sappiamo che il numero N dei fattori di c, viene dato dalla

N = ({ZH-1) («-4-1) (/3-Hl) . . . (t-h l);

92

mentre il numero delle decomposizioni di c, ognuna in due fattori, si ottiene dalla prima, o seconda delle due seguenti formule

1) (t3-*-!) (t + 1)

ul 2 »

. ((3h-1) («h-1) (f+1) . . . (r-t-l)-Kl

,l2 ij »

secondo chè degli esponenti /x, a, / 3, . . . , t sia per lo meno uno impari; o sieno tutti pari.

Però a risolvere in interi la (6U), bisogna di queste decomposizioni, ri- tenere solo quelle, che risultano di fattori ambedue pari, nel caso di c pari, ed ambedue impari, nel caso contrario; e dovranno i fattori medesimi essere sempre diversi fra loro. Perciò, secondo i vari casi possibili, che ora con- templeremo, indicando con vL , v2 , »3 , v4 , v5 , il numero di siffatte decompo- sizioni; avremo pel caso di c pari le

G*-l) («-+-1) (/3m-1) . . (r-Hl)

(tl—1) («H-l) (/3 -4- 1) . . .(TH-l)-l 2

La prima di queste formule vale quando uno, per lo meno, degli esponenti ft, a, /3, . . . , z sarà impari; la seconda poi vale quando gli esponenti me- desimi sieno tutti pari. Pel caso poi di c impari, avremo le

/ («4-l)(/3 + l) + . . (t + 1)

i v3 = ^ »

(»,,)

I ,, (* -+■ e (p -<r i) i -I (t ■+■ e ì .

e vaierà la prima di queste formule, se degli esponenti a, /3, . . . , r per Io meno uno sia impari; vaierà poi la seconda, se gli esponenti medesimi sieno tutti pari. Sembra che le (ò12), (bn) non sieno state ancora introdotte nella teorica dei numeri: e per le medesime si giunge a conoscere, in quanti modi uno stesso numero c, può venir espresso da una somma di numeri impari con- secutivi; perciò si giunge con esse a completare l’analisi della (òu).

Volendo assegnare anche il numero y5 delle soluzioni spettanti alla (òu), e procedenti dalle decomposizioni di c in due fattori primi fra loro, è chiaro che questo numero coincide con quello delle decomposizioni di c in due fat-

93

tori primi fra loro; cioè sarà

(*u) vs = 2*-‘;

formula già riportata dal sig. Poinsot (*), e precedentemente da Legendre (**) pel numero delle indicate decomposizioni. Qui dobbiamo avvertire che la (bll), allora soltanto avrà soluzioni intere, procedenti dalle decomposizioni di c in due fattori p, q primi tra loro, quando nella espressione già data del numero c, abbiasi p = 0 ; poiché altramente i due fattori p, q , sebbene primi fra loro , non saranno ambedue impari, e non potranno perciò i corrispondenti valori delle x, y essere interi, dovendosi verificare sempre

p-hq p q

X.

Per dimostrare le (ò12), (ò13), (&u) riflettiamo che, qualunque sia p, se uno al- meno degli esponenti «, r sarà impari, le decomposizioni di c in due fattori,

Q

uno pari l’altro impari, proverranno dalle decomposizioni binarie del numero ,

Z

ognuna delle quali dovrà combinarsi coi fattori 1, e 2'“, permutati nella me-

c

desima. Così, per esempio, la decomposizione generica A xB del numero^-

" 9

combinata coi fattori 1, e 2^ permutati, darà le due decomposizioni

l.A x 2“. B , 2«. A x l.B ,

del numero c, ognuna di due fattori, uno pari l’altro impari. Ma il numero di queste decomposizioni è dato dal prodotto

2(«+l)(/3 + l)...(r+l) _

2 ;

ti

dunque sottraendo questo numero dall’altro nl , precedentemente indicato, avre- mo il numero vl delle decomposizioni di c, ognuna di due fattori pari, di- versi fra loro; e sarà

_ (p 1) (a 1) (/3 -+- 1) . (t h- 1 ) yi— 2

laonde si vede che dovrà essere p 1.

(*) Comptes Randus T. 28, p. 582, an. 1849.

(**) Théorie des nomhres T. I. Paris 1830, p. 8.

94

Se poi tutti gli esponenti « , /3 , . . . , t sieno pari supponiamo in primo luogo (j. essere impari; sarà

(a 1 ) (/3 -4- 1 ) . . . (t -4- 1 ) -4- 1

2

c

il numero delle decomposizioni tutte di , ognuna in due fattori, da doversi

combinare coi fattori 1, e2M permutati, per avere il numero delle decomposizioni di c, composte ognuna di due fattori, uno pari l’altro impari. Però una delle

tra per essa praticarsi la permutazione dei fattori l,e2“, bensì per tutte le altre: dunque sarà in questo caso

il numero delle decomposizioni di c in due fattori, uno pari l’altro impari, da doversi sottrarre dal numero nt , per avere quello cercato delle decompo- sizioni simili di c, ognuna di due fattori pari, e diversi fra loro. Ma da que- sta sottrazione si ottiene di nuovo il valore già trovato di ; dunque la prima delle (à12) vaierà, sempre che almeno uno degli esponenti [x , « , /3 , . . . , r sia impari.

Supponiamo in secondo luogo [x essere pari anch’esso; in tal caso è chiaro che una delle decomposizioni di c in due fattori, conterrà questi eguali fra loro , e perciò essa non dovrà contemplarsi fra quelle , da cui derivano le soluzioni intere della (6U). Dunque il numero totale delle decomposizioni di c, ognuna di due fattori diversi fra loro, sarà in tal caso dato dalla

(a -+- 1) (/5 -4- 1) . . (t -4- 1) -+- 1

2

(fX -4- 1 ) -4- 1 ) (/3 -4- 1 ) . . . (t -4- 1 )

1

2

Inoltre il numero delle decomposizioni binarie di , viene dalla

c

-4- 1) (ft -4- 1) . . . (r -4- l)-4- 1 #

2

3

ed ognuna di queste, combinata coi fattori I, e 2i“ permutati, fornisce due delle indicate decomposizioni di c da escludere. Però fra esse avvene una, composta di due fattori eguali, che non potrà subire la ora indicata permutazione; giacché

95

altramente si ripeterebbe la stessa decomposizione. Perciò, a determinare in questo caso il numero v2 delle decomposizioni di c in due fattori, diversi fra loro, ed ognuno pari, dovrà da n2 1 sottrarsi

[

(i+l) (jS-t-1)...(n-1)

ed avremo la seconda delle (ò12), cioè

1 ) (a 1 ) (/5 1 ) . . . (T -t- ] ) I

2— 2

che vaierà nel caso in cui tutti gli esponenti fx, oc, (3, ..., r sieno pari. Venendo al caso di c impari , sarà [J. = 0 ; perciò :

1°, se uno almeno degli esponenti già menzionati sarà impari, le decom- posizioni di c, ognuna in due fattori, avranno questi fra loro diseguali, e di- videndo per 2 il numero N dei fattori tutti di c, avremo quello vs delle so- luzioni della (òu) espresso dalla prima delle (bl3), cioè

(a-t- 1) (/3 -t- 1) . . . (t -t- 1)

3 2

la quale vaierà nel caso in cui, uno almeno degli esponenti su indicati, sia impari.

Se gli esponenti medesimi sieno tutti pari, fra le binarie decompo- sizioni di c, ve ne sarà una, composta di due fattori eguali; perciò dal nu- mero N dei fattori tutti di c, togliendo l,e poscia dividendo per 2, avremo quello v4 delle soluzioni della (òu), espresso dalla seconda della (blz), cioè dalla

(a+l)(/3 + l)...(T-+-l)-l 2

la quale vaierà nel caso di tutti gli esponenti pari.

Si potrebbe anche chiedere il numero v 5 , di quelle soluzioni intere della (bu), le quali solo derivano dalle decomposizioni di c in due fattori primi fra loro. Per assegnare speditamente il numero sresso, basta riflettere che tali soluzioni si possono incontrare, solo quando c sia impari, e che sono tante quante sarebbero, se niuno de’ suoi fattori primi, fosse ripetuto nella produ- zione dello stesso c. Per tanto nel precedente valore di v3 , ponendo

avremo per corollario la

precedentemente indicata colla (&14).

Però la medesima può dimostrarsi direttamente nel modo che siegue: abbiamo

2* = 1 -h k e dividendo per 2, sarà

. Kk—\)

k(k 1)

2

■(— k h 1 ,

(bl5) 2h~l = l + i

k(k A)

U

essendo

k(k 1) (k— 2) .

U

(& -*- 3) 2

1.2.3 .

(*-i)

se k sia impari; ed

U

k[k 1) (& 2) . . .

(fe -f- 2)

2

2x 1.2.3. ...

&

se k sia pari.

Il secondo membro della (ò15), esprime il numero di tutte le combinazioni

k \ k \

dei k fattori primi di c, fatte 0 a 0, 1 ad 1, 2 a 2, ...» a ,

k k

se k sia impari ; e 2~ a ~2~ se ^ s*a Par^ ma quest0 numero eguaglia evi- dentemente quello v5 dei diversi modi, nei quali si può un prodotto c di k fat- tori primi, decomporre in due fattori primi fra loro, compresa fra questi l’unità; dunque 2*"1 esprime siffatto numero.

Per tanto il numero delle soluzioni intere della (òu), è sempre una fun- zione cognita degli esponenti dei fattori primi di c, eccetto il caso in cui si tratti del numero delle soluzioni, unicamente procedenti dal decomporre c in due fattori primi fra loro; perchè allora il numero medesimo dipende soltanto da k. Ma queste ultime soluzioni, non si possono incontrare altro che quando sia c impari, cioè quando sia p; = 0.

Facciasi per compendio

H = (a + 1) (/3 + 1) . . . (t + 1 ) ,

97

si avranno, pel numero delle intere soluzioni della x 2 ij2 = c, le

ili— 1)H (p. 1)H 1 H li 1

1 2 ^2— 2 3— 2 2

che richiedono [a >■ 1 : la prima delle quali vale, quando per lo meno uno de- gli esponenti p, «, /3, . . . , r, sia impari : la seconda quando essi tutti sieno pari: la terza quando uno almeno degli esponenti a, /3, . . . , r sia impari: e la quarta quando essi tutti sieno pari. Nel caso di a = /3 = . . . = r ~ 0, dovrà essere [a impari nella prima; e pari > 2 nella seconda.

XI.

Inoltre pel numero delle intere soluzioni della

xi 2^/t2=c>

abbiamo già dimostrato altrove! le

H

¥

ò

+ v" = i(I-I

1).

La prima di queste vale quando, p essendo qualunque, uno almeno degli espo- nenti a, ^3, . . . , t sia impari: la seconda vale quando, [J. essendo impari, gli esponenti medesimi sieno tutti pari: la terza quando, p essendo pari o nullo, tutti gli altri esponenti sieno pari.

Ciò posto, egli è chiaro che avremo le

per le quali due concludiamo, che qualunque numero, composto solo di lat- tori primi della forma kn - 1— 1 , sarà tante volte la differenza, quante la somma di due quadrati; lo che rivela una nuova proprietà dei numeri della indicata forma.

2.° Dall’ equazioni medesime discende che , . hl , h2 , . . . , hk essendo numeri primi, della forma 4n-t-l, qualunque sia [a, purché > 1, se uno al- meno degli esponenti a , /3 , . . . , t sia impari , tante saranno le somme , ognuna di due quadrati, ed eguale al numero c, quante le differenze, ognuna

di due quadrati, ed eguale al numero . Altrettanto si verificherà essendo,

con tutti gli altri esponenti, anche p pari.

13

(/} J isC-l ec c <~ cC<) .

7. v. !' jf ? s-

333. L

^ i v l £t L* <

ti C /

»l C ^ HV

' l^y + ^ r / tf -

7? XL IX

98

3.° Supposto p = 2, sarà

vi = v > v2 = v":

per le quali due concludiamo, che il quadruplo di un composto solo di primi, ognuno della forma 4n -t- 1 , eguaglia tante volte la differenza , quante la somma di due quadrati.

Finalmente pel teorema ben cognito di Leonardo pisano : Consideravi super originerà omnium quadralorum numerorum , et inverni ipsam egredi ex or- dinala imparimi ascensione , abbiamo

ìc2 = 1 t— 3 t— 5 —4— . . . -\-2x 1,

ìf = \ i— 3 !— 5 . . . -4- 2y 1, e, supposto x >y , sarà

x 2 y2 = 2y -+- 1 H- 2y -+- 3 -+- . . . -\-2x 1 :

dunque

c = 2 y t— 1 h— 2 y h— 3 t— . . -+■ 2x l .

Concludiamo per tanto che ogni numero c, eccetto il doppio di un impari, è tante volte rappresentato dalla somma di x y numeri impari consecutivi, a cominciare da 2y -+- 1 , e terminare con 2x l , quante sono le intere so- luzioni della x 2 y2 = c , il numero delle quali è dato dalle (&12), (blz): se c sia quadrato, vi sarà di più la decomposizione

c = 1 -t- 3 -f- 5 2 \f c 1.

Da questo teorema discende, che qualunque numero, eccetto il 4 e 1’ unità, dev’essere, o il doppio di un impari, o la differenza di due quadrati.

Termineremo l’analisi della (&u) riflettendo, che le due formule precedenti

(/a 1)H li

vi— 2

possono riunirsi nella unica

(*y

w,

(-1)2 >-l)H 2

la quale, se abbiasi p. = 0, vale a dire c impari, darà

wi = v3 ;

e se abbiasi p pari od impari, vale a dire c pari, darà

99

Mi = vi

La (fi13) adunque valeva, quando per lo meno uno degli esponenti [x, a, sia impari, compreso il caso di p. = 0.

Similmente le altre due precedenti formule

(t1 1)H 1

Va

H— 1

Z~1T y

potranno riunirsi nella

(èie)

co.

(-ir- (M— i)H— i

la quale, se abbiasi p = 0 , darà

w.2 v4 »

e se abbiasi p pari od impari, darà

... , T

La (bl6) per tanto vaierà, quando gli esponenti medesimi sieno tutti pari, com- preso il caso di [x = 0.

XII.

E S E 31 P 1

pei diversi casi

l.° Abbiasi a risolvere in interi la

essendo

sarà

£2 f = 960 = 26.3.5 ;

p = 6 , a 1 , /3 = 1 9 v1 = 10.

Perciò le dieci soluzioni della proposta saranno le seguenti,

X =

= 241,

122,

64, 38, 31

, 53,

34,

32,

46,

83,

y =

= 239, :

118,

56, 22, 1

, 43,

14,

8,

co

77;

ed inoltre

sarà

2?/

-hl =

= 479,

237

, 113, 45,

3,

87,

29,

17,

69,

155,

2x

1 =

= 481,

243

, 127, 75,

61, 105,

67,

63,

91,

165,

X

y =

= %

4

, 8, 16,

30,

io,

20,

24,

12,

6,

e finalmente

«

100

479 + 41,

f 237 t- 239 + 241 -+- 243,

113 -h— 115 f- 117 -4- 119 h- 121 + 123 -4-125+ 127,

\ 45+ 47+ 49 + + 73+ 75,

o 1 3+5+7+ +59+61,

yD 87+ 89+ 91 + + 103 ■+ 105,

1 29+ 31 + 33+ + 65+ 67,

/ 17+ 19+ 21 + +61+63,

f 69+ 71 + 73+ + 89+ 91,

V 155 + 257 + 159 + 161 + 163 + 165.

Perciò il 960, può in dieci diversi modi essere rappresentato da una somma di numeri impari consecutivi.

2.° Abbiasi la

oc* f = 23.32.5 = 360 ,

essendo

p = 3 , « = 2 , /3 = 1 ,

perciò

6 ;

quindi la proposta avrà le seguenti sei soluzioni intere:

x = 91, 47, 33, 21, 19, 23 , y = 89, 43, 27, 9, 1, 13 ;

laonde sarà

2y + 1 = 179, 87, 55, 19, 3, 27, 2x 1 = 181, 93, 65, 41, 37, 45,

X IJ= 2, 4, 6. 12, 18, 10;

e finalmente

f 179 + 181, i 87 + 89 + 91 + 93, orni ) 55 + 57 + 59 + 61 + 63 + 65,

òm~\ 19 -4- 21 + 23 + 25 + . . . . + 39 + 41,

/ 3+ 5+7+9+.... + 35 + 37,

V 27 + 29 31 + + 43 + 45.

Dunque il 360, è in sei diversi modi rappresentato da una somma di numeri impari consecutivi.

101

3.° Abbiasi la

£2 if = 72 = 23.32 ,

sarà

[x = 3 , « = 2, e perciò v1 = 3 ; quindi la proposta avrà le tre seguenti intere risoluzioni £ = 19, 11, 9 ; y = 17, 7, 3,

laonde

2y 1 = 35, 15, 7 2* 1 = 37, 21, 17 ,

x y 2, 4, 6 ,

e finalmente

( 35 -4- 37,

72= 15 -4- 17 h- 19 -h 21,

! 7-4- 9-4-11-4-13-4-15-4-17.

4°. Abbiasi

£2 _ y2 = 22.32.52 = 900,

sarà

[j. = 2 , a = 2 , /3 = 2 , quindi, per la seconda delle (&12), avremo

v2 = 4 .

Si avverta che la decomposizione 2.3.5 x2. 3. 5, non può essere considerata, per- chè composta di due fattori eguali: per tanto le quattro intere soluzioni della proposta, saranno le seguenti :

£ = 226, 78, 34, 50, y = 224, 72, 16, 40,

inoltre sarà

2 y -+- 1 = 449, 145, 33, 81,

2x 1 = 451, 155, 67, 99,

x y = 2, 6, 18, 10,

e finalmente

449 h- 145 -4-

451,

147 -4- 149 -4-

151 -4-

153

-4-

155,

33 -4-

35 -+-

. -4-

65

-4-

67,

81 -+-

83 h- . * .

, . -H

97

-4-

99.

102

5." Abbiasi la

a;2 if = 33.52 == 675 ,

sarà

« = 3 , /3 = 2,

quindi per la prima delle (èi3) avremo

vs = 6 ;

e le sei soluzioni intere della proposta saranno

x = 338, 1 14, 42, 26, 70, 30, y = 337, 111, 33, 1, 65, 15,

sarà eziandio

2y -+- 1 = 675, 223, 67, 3, 131, 31,

2x l= 675, 227, 83, 51, 139, 59, x y 1, 3, 9, 25, 5, 15,

finalmente

! 675,

223 -h 225 -+- 227,

67 -+- 69 -+- 7 1 i- 73 -4- 75 -+- 77 -+- 79 -+- 81 -+- 83,.

3+ 5+ 7+ -4- 49-+- 51,

131 -+ 133 -+- 135 -+ 137-+- 139,

31 -+- 33 -+- 35 +- -+- 57 h- 59.

Inoltre, volendo il numero v5 delle soluzioni della proposta , che nascono dalle decomposizioni del numero 675. in due fattori primi fra loro; dalla (ò14) avremo v5 = 2 : in fatti due soltanto sono in questo esempio le decompo- sizioni così fatte, cioè

675 = 1 x 33.52 = 33 x 52.

6.° Pongasi

sarà

x2 —y2 = 32.52.72 = il 025, « = 2 , /3 =■ 2 ,, 7 = 2;

quindi, per la seconda delle (èl3), avremo

103

e perciò le tredici intere soluzioni della proposta, ognuna procedente da due fattori impari, e diversi fra loro, saranno quali sieguono:

x = 5513, 1839,617, 1105, 375, 145, 233, 111, 137, 791, 273, 119, 175,

z/ = 5512, 1836, 608, 1100, 360, 100, 208, 36, 88,784,252, 56,140;

laonde

2y -+- 1 = 11025, 3673, 1217, 2201, 721, 201, 417, 73, 177, 1569, 505, 113, 281,

2x 1 = 11025, 3677, 1233, 2209, 749, 289, 465, 221, 273, 1581, 555, 237, 349,

x y = l, 3, 9, 5, 15, 45, 25, 75,49, 7, 21, 63, 35; finalmente

t- 3675 -t- 3677, <- 1219 -+- . -

i- 2203 -t- 2205 - f- 723 -t- 725- 4- 203-t- 205- 11025 = n' 417-4- 419-4- 421 - 4- 75-4- 77-

177= 179-4- . .

1569-4- 1571 -4- . . 505 -4- 507-4- 509- 113 -4- 115-4- 117 - 281 -4- 283-+- 285-

1233,

2207

747

287

463

219

271

1579

553

235

347

749,

289,

465,

221,

273,

1581,

555,

237,

349.

Poi, dalla (ò14) si avrà

v4 = 4 ,

cioè quattro saranno le intere soluzioni della proposta, ognuna procedente da due fattori, del numero 11025, primi fra loro; ed in fatti abbiamo senz’altro

11025 = 1 x 32.52.72 = 32 x 52.72 = 52 x 32.72 = 32.52 x 72.

104 XIII.

Tornando alle progressioni, suppongasi h impari, e si faccia

h-+- 1 h(h 1)

9 » si

2

dalla formula generale (§. Ili)

dn

s = pn~^— (n— 1);

avremo

bh d{h—l) 4

Pi= 4

hlh-+- 1)

Dunque il numero triangolare , eguaglia la somma dei termini

Ai

di una progressione aritmetica , nella quale d rappresentando la differenza , rappresenterà

bh d(h l)

il primo termine, ed

^h^d(h \)-^id[n'— 1)

r~ 4

il termine generale della medesima.

Si ponga inoltre

S2 ~

(/z -+- 1 )(/i + 2)

: 2

sara

4(fe 2) 1)

Vi— 4

n -, . . ih -+- 1 ) (h t— 2)

Dunque il numero triangolare ^ , adiacente al primo, egua-

glia la somma dei termini di una progressione aritmetica, in cui d rappre- senta la differenza, e

4(/i -+- 2) d(h 1)

4

esprime il primo termine; mentre la

105

4(ft -4- 2) d{h 1) -+- 4 d(n' 1}

M2_ | >

fornisce il termine generale. Inoltre poiché abbiamo (è^) “4-- s2 '-r~ (h ■+• 1 )“ = 2 u ^ t— 2m2 ,

così diremo che la somma delle due progressioni, di cui rispettivamente wt » «2 sono i termini generali, eguaglia sempre il quadrato di un numero pari. Abbiasi

d = 3,

avremo

h -+- 12 ?i' 9 à-f-12n' 1

6n'

e posto h = 11, sarà n = 6, ed anche

6 n' -+- 1

?(i= ^ U2— 2

laonde, facendo successivamente

n' = 1 , 2 , 3 , 4 , 5 , 6 ,

avremo

2

11

¥

13

2

17

2

19

2

23

2

25

2

29

2

31 37 aa

I + s”66

35

2

41

2

78

e quindi

ovvero

s2 = {h h- !)2 = 66 -+- 78 = 122 ,

122— 1(7 -t- 1 1 -4- 13^17 -+- 19 -+- 23 -+- 25-4-29 -4- 31 -+- 35 -+- 37 -h 41), Similmente fatto

d = 8,

avremo

^^1 = 8 n' h 6 , u^ 8n' h 4 ; laonde per h = 17 , sarà n 9; quindi anche

u, = 8w' 23 ,

8 21 ;

14

106

ponendo successivamente

n' = 1 , 2, 3, . . . , 9 ,

avremo

Sj = 15 7 -4- 1 9 —4- 17 h— 25 -+- 33 h— 41 t— 49 = 153,

s2 = 13 5 h- 3-+-11 -4- 19 -t- 27-4-35-4- 43 -+- 51 = 171; dunque

Sl -t- s2 = (h -+- l)2 = 153 -h 171 = 182 .

ovvero

182 = - 15 13 7 5 -4- 1 -+- 3 h- 9 -4- 11 -+- 17 -4- 19 -4- 25 -t-27 -4-33-4-35 -4-41 -4- 43 -4- 49 i- 51 .

È osservabile la legge colla quale i numeri impari progressivamente con- corrono, per via di somma, nella formazione del quadrato di un qualunque numero pari h -4-1, pei diversi valori di d, mediante la formula (à17). Pongasi

d =4,

avremo

u i = 4n' 3 , u2 = 4 n' 1 , e preso h = 2 m -4- 1, sarà n— m - 4-1; laonde fatto successivamente

n' = 1, 2, 3, . . . , m -4- 1 ,

sarà

1 —4— 5 r— 9 I— 13 -4— .... —4— 4 m —4— 1,

S0 = 3 —4— / -4— 1 1 -4— 1 5 -4— .... -4— 4m —4— 3 j

ma

-4- Ó2 (h -4- l)2 = (2 m -4- 2)2 ,

dunque

(òu) 1 -4- 3 —4— 5 —4— 7 —+— . . . -4- 4m -4- 3 = (2 m -t- 2) 2 ,

equazione identica colla già cognita (2), pel caso del quadrato di un pari; la quale perciò, nel caso medesimo, deve riguardarsi come corollario della della precedente (à17). Preso h = 7, sarà n 4, laonde

n' = 1, 2, 3, 4

darà

107

e perciò

* = 1 + 5 + 9-4 13 = 28, s2 = 3-4-7-411 4-15 = 36;

- S2 = {h -4 l)2 = 28 4- 36 = 82 ,

ovvero

82 = 1 —4 3 —4 5 4— 7 —4 9 —4 1 1 —4 1 3 —4 1 Essendo in secondo luogo h pari, pongasi

h -4 2

{11- 4 1) (h 4-2)

dalla fondamentale

avremo

dn

s = pn -4 (n 1)

P 3

4(/i 4- 1 ) dh

«3 =

i(/i -4 1) dh -4 Ad(n' 1)

Inoltre ponendo

avremo similmente

n ^ > Si

h(h 4- 1)

Pi

4(fe- 4 1) 2)

M.

4(fe -4 1) d(/i 2) -4 4d(n' 1)

quindi, anche pel caso di h pari, avremo la uguaglianza

(619) s3 4- 4- 2m4 = (/i 4- 1 )2 .

Perciò diremo che la somma delle due progressioni , di cui rispettivamente «3 , m4 sono i termini generali eguaglia sempre il quadrato di un impari. Facciasi d = 4-, avremo

u% = 4n' * 3 , m4 = - 1 ;

quindi se abbiasi h = 2m, per m3 sarà n =m- 4 1, e per m4 sarà n = m; laonde

108

=3 1 -4- 5 -4— 9 —4— . . —4— 4ui -4— 1 ,

== 3 -4— / t— 1 I -4— . . . —4— 4m 1 \

donde

(^20) 1 -1 4- 3 -4- t) —1— 7 . . . -4— 4m -4— 1 = (2 171 —4— l)2,

che coincide colla (2), pel caso del quadrato di un impari; la quale perciò, nel caso medesimo, deve riguardarsi come un corollario della (ò19). Concludiamo adunque, che se abbiasi una serie di numeri impari consecutivi , la somma dei medesimi sarà il quadrato di un pari o di un impari, secondo che pari od impari sia il numero dei termini della serie stessa: inoltre che la (2), cioè il teorema di Leonardo pisano (§. Ili), è un corollario delle (ò17), (ò19), insieme prese; lo che manifestamente risulta dalle (ò18), (ò20).

4.° Posto nelle (1)

XIV.

a = 2 , d = 1 ,

avremo

laonde sarà

2 n'— 1

2

n- 4-3

2

ft -4- 5

2

Dunque il quadrato n2 , uguaglia la somma di n termini di una progres-

jj —4— 1

sione aritmetica, di cui ~ è il primo, ed 1 la differenza. Facendo nel- l’ultima equazione successivamente

n = 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,

avremo

12 = 1,

22 = 1 -4- § -4- 2 -4- 32 = 2 h- 3 -4- 4,

42 = 2 -4- § —4— 3 -4- è -4- 4 -4- i -4- 5 -4- 52 = 3 —4— 4 -4- 5 -4- 6 -4— 7,

62 = 3-l- §-4-4-4- f-4-5-4- i-(-6-4-é-+-7-4-è -4-8-4-è 72 = 4 -4- 5 —4— 6 -r- 7 —4— 8 -4— 9 -4- 10,

5.° Se il numero n sia impari, potremo stabilire

109

n 2nl 1 ,

ed avremo dalla precedente la

(2 nl l)2 = nl -4- nt -h 1 nl -+- 2 -+- . . . -4- 3 ny 2 :

cioè il quadrato p} di un impari pi, eguaglia la somma di tanti numeri naturali consecutivi , quante sono le unità della radice p , cominciando però dal nu- mero ^ ^ . Se facciasi nl = 4, avremo

72 = 4-+-5-t-6-H-7-t-8‘-+-9-4-10 .

6.° Posto nelle (1) si avranno le

a = 3 , p = 1 ,

d 2 (n -+- 1) , u = 1 -f- 2(n -+- \)[n' - 1) ; e fatto successivamente

n' = 1, 2, 3, , ih

sarà

nz 1 t— 1 —t— 2 (n -t— 1) 1 -+- 4(n 1) -+- . . . -+- 1 -+- 2(u2 - 1);

ovvero anche

n3 = n -t- 2(1 -+- 2 3 -+- 4 -4- . . . -i - n 1 )[n -+- 1).

Si ponga successivamente

n = 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,

avremo

l3 = 1,

23 1 -t- 7,

33 = 1 -f- 9 -4- 17,

43 = 1 11 21 -+- 31,

53 = 1 -+- 13 -+■ 25 -4- 37 -+- 49,

63 = 1 -+- 15 -+- 29 -+- 43 -+- 57 -4- 71,

73 = 1 17 -4- 33 h- 49 65 -+- 81 -4- 97,

7.° Nelle (1) ponendo si otterranno le

a = 3 , p n ,

no

d 2n , u = n -t— 2 n(ri 1 ) ; e fatto successivamente

sarà

ri = 1 , 2, 3, . . . , n ,

(3) n3 = ?i -+- 3m -+- 5n h- . . . (2 n 1 )n.

Perciò il cubo w3, eguaglia n volte la somma di n termini, a cominciare da 1, ed a continuare senza interruzione sino a 2 n 1; quindi la (3) comprende la (2), cioè il noto teorema di Leonardo pisano. Si ponga

n= 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,

sarà

l3 = 1,

23 = 2 -4- 6,

33 = 3 -+- 9 -h- 15,

43 = 4 12-4- 20 h- 28,

53 = 5 -h 15 h- 25 h- 35 -+- 45,

63 = 6 . -t- 18 h- 30 -4- 42 -4- 54 66,

73 = 7 -+- 21 -4- 35 -4- 49 h- 63 h- 77 -4- 91.

8.° Posto nelle (1)

sara

a = 3 , p— n2 W4-1 ,

d = 2 , u n(n 1) -+- 2w' 1 j

laonde* fatto successivamente

ri = 1, 2, 3, . . . , n ,

avremo

n3 = n(n 1) + 1 + n(n 1} -4- 3 -4- . . . -4- n(n -4- 1 ) 1 .

Ma i numeri

n(n 1) , n(n -+- 1) ,.

sono ambedue pari; perciò concludiamo che qualunque cubo u3, è la somma di tanti numeri consecutivi impari, quante sono le unità di n, incominciando cioè con n(n 1) -4- 1* e terminando senza interruzione con n(n -4-1) 1. Facendo

ii— 1, 2, 3, 4, 5, 6,, 7,,

Ili

si otterrà

13 = 1,

23 = 3 -+- 5,

33 = 7-4- 9-4-11,

43 = 13 _h 15 _+. 17 _4_ 19,

53 == 21 -4- 23 -4- 25 -+- 27 -4- 29,

63 = 31 -4- 33 -4- 35 -+- 37 -4- 39 -4- 41,

73 = 43 -+- 45 + 47 -+- 49 -+- 51 -+- 53 -4- 55.

Inoltre sommando queste colla precedente generale, ed avendo riguardo alla (2), si avrà

1 -4- 3-4-5

, . rw(n ■+■

dunque sarà

t3 -4- 23 -t-33

__ |-»(w-4- l)j

ma evidentemente abbiamo

[n(n -4- 1)"|'

2 J

a

»>2 ,

perciò sarà eziandio l3 -4- 23 -4- 33

tr

(i

w)s

e per questa via, mediante la (2), concluderemo quanto già si conosceva, cioè che la somma dei cubi dei successivi numeri naturali, a partire dalla unità e termi-

fllfl j- j[ \

nare con n, ugualia il quadrato del numero triangolare ' ; od anche il

Zi

quadrato della somma dei numeri naturali da 1 sino ad n inclusivamente.

9.° Pongasi nelle (1)

1

a = 3 , p = n(n -4- 1 ),

sara

d = n ,

Facendo successivamente

u ~ (n-+-2n' J ).

n' = l, 2, 3, . .

112

avremo

nZ=-j -+■ 1) -+- in -+■ 3) -+■ y [n -+- 5) -+- . H- -+~2n 1) ;

perciò se pongasi

n— 1, 2. 3, 4, 5, 6, 7,

nasceranno le

l8=rl,

23 = 3-4-5,

33 = 6-4- 9 h- 12,

43 = 10 -4- 14 h- 18 h- 22,

53 = 15 h- 20 25 -+- 30 35,

63 = 21 h- 27 -4- 33 -+- 39 45 -4- 51,

73 = 28 -4- 35 -4- 42 -+- 49 56 -t- 63 h- 70:

si avrà eziandio

= (1 ■+■ «)|-+-[2 -+- -+■ !)]|-i-[(3 -i- (»+ 2)]i

-t- [n -+- (2n l)]i.

Perciò qualunque cubo n3, nasce addizionando tante somme di progressioni aritmetiche, ognuna di n termini, quante sono le unità contenute in n.

10.° Inoltre, poiché abbiamo :

il

(1 -I- n) = 1 -4- 2 -4- 3 -4- . . . -4- n,

jjà (n ■+■ == 2 ^ ■+■ 4 -4- . . . -4- n -4- 1,

J^3 -4- (il -+-

J^'W -4— (2n l^J-^- - W ”4— fi -4— 1 -4- Il -4— 2 - (— . . . -4— 2 II 1 )

perciò concludiamo: l.° che la disposizione degli n secondi membri di queste eguaglianze , costituisce il quadrato di lato n ; 2°. che la somma dei mede- simi uguaglia il cubo n3; 3.° che la somma dei numeri di ognuna delle due

*]t

2,

113

diagonali eguaglia il quadrato «2; 4.° che qualunque numero sulla diagonale, procedendo dall’angolo inferiore a sinistra, sino al superiore a destra, ugua- glia n; 5.° che se il numero n sia impari, vi saranno due colonne medie nel quadro dei secondi membri, una verticale, l’altra orizzontale; quindi la somma dei numeri sopra ciascuna di queste colonne, uguaglierà sempre il quadrato w2.

Così, per esempio, fatto n = 5, avremo

15 1+ 2 + 3 + 4 + 5,

20 2+-3+-4 + 5+-6,

25 = 3 -+- 4 +- 5 -+- 6 -+ 7,

30 = 4-+-5+-6-+-7-+-8,

35 = 5-+6-+-7-+8-+9.

Ciò si riferisce alla formazione del quadrati magici, sui quali molto spe- cularono Fermat (*), Ozanam (**), ed Eulero (***). Dice Arago nella biogra- fìa di Fermat, che dovendosi riprodurre per le stampe le opere matematiche del tolosano geometra, potrebbe sopprimersi, con alcuni altri articoli, anche quello dei quadrati màgici (Oeuvres de F. Arago notions biographiques, T. Ili0, p. 521. Paris 1855). Però non così la pensarono quelli che riprodussero le opere di Eulero, in cui per nulla fu omessa la dottrina dei quadrati medesimi.

11.0 Facciasi nella (1)

a = 3 , p = (ri 2)2,

sarà

d 8 , n = (n 2)2 +- 8 (ri 1) ;

e ponendo successivamente

ri = 1, 2, 3,

avremo

n ,

n3 = (n 2)2 +- (n 2)2 -+ 8 -+- (n 2)2 -+- 16 H- . . . H- (n 2)2 -+- 8(n 1).

(*) Varia opera mathematica.

(**) Recreactions mathematiques; Paris 1750, T. 1°, p. 80.

(***) Commentationes arithmeticae. T. 2°. Petropoli 1849, p. 302 e 593.

15

114

Pongasi avremo le

23

n = 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,

8,

33 == 1 h- 9 -+- 17,

43 = 4 -4- 12 -h 20 28,

53 = 9 17 t- 25 -+- 33 41,

G3 = 1 6 -t- 24 -h 32 -+- 48 -4- 56,

73 = 25 33 -+- 41 -4- 49 -4- 57 -+- 65 -+- 73.

XV.

Senza fare altri casi particolari per l’esponente a, poniamo nella (1)

p = na~2 ,

avremo

d = 2 na~2 , u na-2(2n' 1 );

e fatto successivamente

otterremo

(4)

n' = 1, 2, 3, . . . , n ,

na = na~2 -+- 3 na~'2 -+- 5 na~2 -4- ... -4- (2/2 l)/2a-2 ;

vale a dire la potenza qualunque na , uguaglia la somma dei multipli impari di na~2 , a cominciare da 1, e terminare senza interruzione con 2/2 1; per- ciò la (4) comprende le (2), (3).

Facendo a 4, avremo

donde per

n4 (1-4-3-4-5-Ì-7-4- .. .-4-2/2 \)n2 , n = 1, 2, 3, 4, 5, 6,

14= 1,

24 = 4-+-12,

34 = 9-4- 27-4- 45,

44 = 1 6 -f- 48 -h 80 -4- 112,

54 = 25h- 75 -4- 125 -t- 175 -4- 225,

64 == 36 -+- 108 -4-180-4- 252 -4- 324 -h 396,

otterremo

115

Ognuno vede, dopo quanto abbiamo esposto, che moltissimi altri teoremi si potranno dimostrare, seguendo il metodo generale ora indicato, e stabilendo altre dipendenze, fra gli elementi delle formule fondamentali delle progres- sioni aritmetiche.

XVI.

Possiamo anche dalle formule che definiscono le progressioni geometri- che, trattate similmente, dedurre altri teoremi sui numeri. Ed in fatti , ri- tenute le precedenti denominazioni , si dica q il quoto per una di tali pro- gressioni; sarà

(5) S=P~ZIJ’ u=Pfl~i’

essendo u w, ultimo termine della progressione, quando abbiasi ri = n. l.° Ciò premesso, pongasi

s = qn 1,

dalle (5) avremo

p—q—l, u = (q \)qnl~2 ;

e posto successivamente

ri = 1 , 2, 3, . . . , »,

sarà

qn 1 = (1 -4- q '-4- q1 -4- . . . -4- qn~l ) (q 1 ) ;

di qui si ottiene immediatamente la cognita divisibilità

- t= 1 -I- q -+- q1 -+- . . . -4- qn~l ,

q 1

dalla quale, fatto q = 2, avremo

2" 1 = -+- 21 -h 22 -4- 23 -+- . . . -4- 2"“‘.

2.° Poniamo nella prima delle (5)

s = na

avremo

quindi la

P

t— i

ì

9 1

na , u =

1

q 1 ,

rì‘qn ~

9" 1

1.

1

qn 1 qn 1 * g" 1

che per altra via ne conduce al risultamento precedente.

116

XVII.

Termineremo questa nota, enunciando la seguente proposizione, che seb- bene riguardi le proprietà dell’equazioni algebriche determinate , pure stret- tamente si congiunge alla teorica dei numeri.

Abbiasi la

(0) A2w"-2 A3W”-3 . . . A „_l(a A„ = 0,

nella quale « sia l’incognita, ed n il suo grado: inoltre, indicando p, q due qualunque interi positivi, dovrà essere

A, g ^ 9)2 (P-I-^)] .

A3 =

n(n 1 ) (n 2)

[ {p -+- qY {pz g3) ] »

A„_4 = n [ (p H- q)n 1 (pn~l -4- qn 4) J ,

A„ = (p-+- q)n (pn -t- qn).

Esprimasi con r la sede occupata da qualunque termine della (</), dal primo in fuori; è chiaro che il termine generale della medesima sarà

i(n 1) . . . (n r-t-1)

[ ( p -+- q)r {pr -+- qr ) ] w""r-

1.2.3 . . . r

Per tanto la equazione stessa potrà compendiosamente ridursi nella v^w(w 1) . . . (n r 1)

1.2.3

[(p ■+■?}-— if + q") ]«"■%

in cui dovrà l’indice r , uno dopo l’altro , ricevere i valori tutti da 2 sino ad n inclusi' vamente.

Ciò premesso è manifesto che la ( g ) , per essere a coefficienti ognuno intero, ed ognuno negativo, tranne il primo, non ha veruna radice fraziona- ria, e possiede una sola radice reale positiva. Ora la rimarchevole proprietà dell’equazione (g), consiste in questo, che 1’ unica sua radice reale positiva, non potrà essere neppure intera , ovvero sarà sempre irrazionale , purché sia n > 2.

Quindi l’equazioni

117

«s _ 6pg<a 3 pq(p -4- q) = 0,

<y4 12pqto2 1 2pq{p -+- </)« 2pq(2p2 -4- 3pg -+- 2q 2) = 0,

eccetera ....

che ,dalla (g) discendono, ponendo successivamente in essa n 3, 4, . . . , avranno irrazionale l’unica loro reale positiva radice; perciò l’equazioni me- desime, qualunque sieno gl’interi positivi p , q, non potranno essere mai sod- disfatte da un intero, e positivo valore dato ad <u.

ESEMPIO.

Pongasi

p= 3 , q = 4 , n 5 ;

sara

A, = 240 , A3 = 2520 , A, = 10320 , A5 == 15540

quindi la (g) si ridurrà nella

X = w5 240w3 2520w2 10320<i> 15540 = 0 .

Dando ad « interi valori, e successivi, a cominciare dallo zero, avremo pel modulo 8, i risultamenti che sieguono :

Valori Residui

di <D

della X

pel mod

0

15540

4

1

28619

3

2

48148

4

3

75417

1

4

111476

4

5

157008

7

6

212244

4

7

276773

5

8

349492

4

9

428451

3

10

510740

4

11

592369

1

12

668148

4

13

731567

7

14

774676

4

15

787965

5

16

760244

4

ec. ec

118

Per tanto i residui così ottenuti, costituiscono il periodo

4, 3, 4, 1, 4, 7, 4, 5 ;

laonde per interi valori dati ad », non potrà essere

X = 0 , (mod. 8),

e quindi neppure pei valori medesimi, si potrà ottenere (*)

X = 0 ;

dunque non verrà soddisfatta questa equazione per valori razionali positivi o negativi dati ad «, come in generale fu asserito per la (</).

APPENDICE

Abbiamo dimostrato (§. XI. pag. 24) un teorema nuovo , relativo alla partizione dei numeri, che si lega strettamente alla x 2 y2 = c ; ora di- mostreremo un’altro nuovo teorema (**) simile al precedente, ma che invece si congiunge alla x2x h- y2l = c. Abbiamo in fatti pel citato teorema di Leo- nardo pisano

x2L = 1 H- 3 -t- 5 -f- . . . 2yl 1 -+- 2yl -+- 1 2xL 1,

y2l 1 ■+■ 3 H- 5 -4- . . . -+- 2 yl 1 ; e, supposto x 1 yLt sarà

x2 ^ -+- y2y 2-t-6 -+- 10 h- ... H- 2(2 y{ - 1) h- 2 yl + 1 + ... -+-2xl 1; quindi

c--=2-!-6H-10-(-...-f- 2(2 yl 1) ~h 2yl -+- 1 -t- ...-+- 2xt 1.

Dunque ogni numero c spezzabile in due quadrati x2l , j/21 , eguaglia sempre la somma di due progressioni aritmetiche, la prima composta di yl termini, a cominciare con 2, e terminare con 4 yl 2; la seconda composta di xl yl termini , a cominciare con 2yi -+- 1 , e terminare con 2xt 1. Tante poi saranno queste decomposizioni di c , quante le note soluzioni intere della x 2l h- y2l = c, date di numero, secondo i tre diversi casi, dalle (§. XI)

v = !H, v' =;|s(H -+- 1) , = 1(H 1).

(*) Gauss, Recherches arithmétiques. Paris, 1807, p. 4. §. 11.

(**) Comunicato nella sessione de’Nuovi Lincei, del 3 giugno 1855.

119

Inoltre, se c sia un quadrato, vi sarà di più la decomposizione c = 1 -+- 3 5 . . . t— 2 c ! .

ESEMPIO.

Pongasi

le soluzioni della

saranno

quindi

x.

e finalmente

1105 =

c =

= 1105 =

17.

13.5

9

X

y\

= 1105 ,

32, 31,

24, 33 ;

Vi = 9

, 12

%! ~

-2

= 34,

46,

90,

14,

%i +

1

= 19,

25,

47,

9,

2xi

-1

== 63,

61,

47,

65,

xi

Ih

= 23,

19,

1,

29;

+ 6 +

. ,

. —4— 34

-+- 19

H- 21

-4— .

+ 6-4-

.

. -+- 46

h- 25

-4- 27

-4- .

-4- 6 -+-

. .

. -4-90

+-47

9

■+- 6 —4-

. -4- 14

+- 9

-+- Il

-4- .

61

59

63

63

61

65

Roma 6 giugno 1855.

120

Cenno biografico del conte Giuseppe Alborghetti , socio ordinario e tesoriere del- V accademia, redatto dal prof. P. Volpicelli.

D,

'ue perdite con dolore sommo 1’ accademia oggi ricorda , 1’ una per la morte del canonico Angelo Bellani nostro italiano corrispondente, apéaduta nel 28 agosto 1852 ; 1’ altra del conte Giuseppe Alborghetti , socio ordi- nario e tesoriere dei lincei, che avvenne la sera del 21 novembre di quello stesso anno. Mi si permetta il dire brevemente di quest’ ultimo nella tor- nata presente, toccando le principali circostanze della vita di lui , che usò familiarmente con molti de’ nostri colleghi , e negli ultimi anni della sua vita in ispecie con me, il quale solevo e per debito di officio, e per le attrat- tive di sua letteraria erudizione con esso intertenermi sovente. In una poi delle prossime nostre adunanze, io terrò discorso del chiaro fìsico Bellani, che colle molte sue produzioni si mostrò indefesso coltivatore delle scienze na- turali.

Fra quella eletta gioventù , fin dal 1793 congregata nel collegio Um- bro-Fuccioli, per gli studi fisico-matematici, da cui tornò a vita 1’ accade- mia nostra , era eziandio Giuseppe Alborghetti (*) , che nel 1797 leggeva in essa congrega, divenuta già particolare accademia, una memoria intito- lata « Sull’uso vantaggioso della fisica contro gli errori che prendono di mira la religione ».

Nato il nostro collega in Boma, nel 3 settembre del 1776, da Giovanni, di nobile stirpe originaria di Bergamo, qui stabilita fin dal 1600, e da Ma- ria Bosa Conca, della famiglia ben cognita dei pittori di tal nome, apprese rettorica sotto il padre Gagliuffi delle scuole pie; quindi nel collegio Nazza- reno compiè l’intero corso di filosofia. Natura fu ad esso benevola e pel fi- sico e pel morale: vivacità somma, ingegno pronto, immaginazione fervida, perspicacia, facondia, energia e sentimento, erano le doti dell’animo suo; le quali facilmente si manifestavano a chiunque per poco in famigliarità con esso veniva. Le scienze naturali ed esatte furono il primario scopo de’ suoi studi, come apparisce da i primi passi di lui dopo appresa la filosofia. Ma scoraggiato per le molte difficoltà che qui s’incontravano, specialmente a quell’epoca, nel coltivare siffatte scienze , tra per la mancanza dei mezzi a progredire nelle medesime , e per la mancanza di lucro nel coltivarle , fe’ in seguito la let-

(*) V. Tomo V, p. 22.

121

teratura , e specialmente la poesia , suo studio prediletto nel quale divenne chiaro per assai produzioni, e pel suo nome, dato a molte copiscue accademie, accattivandosi perciò la stima dei più celebri letterati dell’età sua, come del Biondi, del De Rossi, e di altri.

Il nostro Alborghetti era nato per essere uno di quei molti italiani, che hanno accoppiato la poesia alle scienze , bello e quasi esclusivo onore della nostra penisola. E per verità la poesia didattica fra noi si ebbe felici cultori, comechè il trattare poeticamente soggetti filosofici, richiegga libertà più estesa di quello potevano essi usare; convenendo loro perciò quella perfetta lode, che tornasi bene meritata, a qualunque sa il vantaggio al diletto accoppiare. « 0- mne tulit punclum, qui miscuil utile ànici ». Gioverà in proposito ricordare la bella traduzione di Lucrezio, fatta dal Marchetti, uno degli allievi del ce- lebre fisico Alfonso Borelli, ed uno de’ più ardenti promotori delle galileane dottrine; la filosofìa di Cartesio, esposta da Tommaso Ceva; quella di New- ton da Benedetto Stay ; gli ecclissi del sole e della luna dal P. Boscovich; la morale da Benedetto Rogacci; e diversi altri soggetti scientifici da Niccolò Giannettasio ; i poemi di Gio. Battista Roberti ; quelli di Lorenzo Baroni sulla fìsica e sulla origine delle fontane; la grotta di Platone di Angelo Mazza; l’invito di Dafni a Lesbia di portarsi al gabinetto di storia natura in Pavia, celebre lavoro didattico del matematico Lorenzo Mascheroni; la coltivazione del riso di Gio. Battista Spolverini; e quella dei bachi da seta di Zaccaria Betti, argomento che nel decimo sesto secolo fu esposto in latino dal Yida.

Ognuno sa che l’Alighieri nella sua divina comedia, presenta esempi lumi- nosissimi e sublimissimi di ogni stile, fra’ quali non manca certo il didattico. E qui mi sia permesso fare una osservazione, che non mi occorse mai tro- vare fra gl’ innumerevoli chiosatori di quel sommo ; ed è che fra gli altri brani didattici del poema sacro, ove si tratta, o di tìsica, o di astronomia, o di geografìa, uno avvene in cui quell’insigne banditore di rettitudine, manife- sta il peso dell’atmosfera, e ciò tre secoli circa prima che fosse il medesimo peso proclamato coll’esperienza dal Torricelli. Questo brano è il seguente : Tal, non per fuoco, ma per divina arte,

Bollia laggiuso una pegola spessa,

Che ’nviscava la ripa d’ogni parte.

I’ vedea lei, ma non vedeva in essa Ma che le bolle, che ’l bollor levava,

E gonfiar tutta, e riseder compressa.

Inf. Canto XXI : 16, e 19.

16

Ora se in questa descrizione del bollire della pece, si ponga bene mente all’ultimo verso, ed in ispecie all’ultima parola compressa, il pensiero subito ricorre alla causa di siffatta compressione, quindi ognuno si trova necessitato a riconoscere non essere altra questa causa, fuori del peso dell’atmosfera, il quale perciò fu presentito dall’ Alighieri nel decimo terzo secolo. Ed in fatti se Dante per quella sua estesissima dottrina, colla quale rappresentava esso tutto lo scibile del suo secolo, e pel sommo criterio da lui posseduto, non avesse avuta la convinzione che l’atmosfera pesava, non avrebbe certo detto che la pece dopo essersi gonfiata risiedeva compressa.

Oltre le scienze alla poesia , gl’ italiani accoppiarono eziandio queste alla eloquenza, ed alle bellezze di nostra lingua, lo che pure giova non poco a rendere le prime più accessibili, e più gradite. Senza dire di Galileo, che anche in fatto di lingua viene riconosciuto per autorevole; Antonio Vallisnieri dei fiori della toscana favella ornò la storia naturale; Antonio Cocchi le scienze mediche , Eustachio Manfredi le scienze esatte ; Gio. Battista Vico elevò la lingua volgare ad esprimere concetti nuovi e profondi; altrettanto fece l’ab. Genovesi; Francesco Maria Zannotti trattò di filosofia morale, con uno stile robusto ed elegante ad un tempo: dicasi lo stesso di Caspero Gozzi. Si può annoverare fra gli scrittori di questa classe il conte Algarotti, che procacciò molta eloquenza allo stile didattico, nel quale ancor più si acquistò lode il celebre fisico Spallanzani.

L’ Alborgbetti comecché disposto, e pe’ suoi primi studi, e pel suo in- gegno, a coltivare le scienze, tuttavia per le cagioni sopra indicate, si volse ad altro; ed il duca di Ceri fu primo a richiederlo per segretario e per amico, poscia il principe Spada se lo ebbe nella stessa qualifica, percorrendo con esso tutta Italia.

Nel 1809 Alborghetti ricevè la nomina di consigliere di prefettura; fu eziandio segretario della medesima; quindi andò a Parigi segretario della de- putazione di Roma. Nell’intervallo fra la cessazione del governo francese, e il ritorno del s. Padre ne’ suoi stati, ebbe il nostro collega dalla duchessa di Chablais, sorella del re Carlo Felice, la missione della ricupera de’ suoi averi, e si meritò la decorazione dell’ insigne ordine di s. Maurizio e Lazzaro, che gli fu presentata dall’Emo. Rivarola, da parte di quel sovrano.

Nominato segretario generale della legazione di Ravenna, incarico di qual- che difficoltà, egli lo esercitò con molto buon senso, quindi ottenne da Leo- ne XII di essere chiamato a Roma, come segretario della nuova presidenza

123

della Comarea; e nel 1847 divenne consigliere del nostro comune, ove fu deputato nella sezione della istruzione pubblica.

Se la carriera scientifica sul finire del decimo ottavo secolo, avesse in Roma presentato delle attrattive, noi forse avremmo veduto l’Alborglietti ri- nunciare fin dalla sua gioventù le offerte, di chi chiedevalo a segretario, e di chi alle cariche governative, non che agli affari lo chiamava; e lo avremmo veduto preferire lo studio delle scienze o naturali od esatte, per le quali aveva agli molto trasporto e molta naturai disposizione, alla carriera degl’impieghi. Così avvenne al sig. Lemercier dell’istituto di Francia, quando ricusò la carica di consigliere di stato, che Napoleone I gli offriva. E qui torna in acconcio riportare le parole che diresse in tale occasione a quello scienziato il vin- citore di Marengo « V’intendo signore; voi amate la scienza, e volete inte- » ramente darvi ad essa: nulla ho da opporre a questa risoluzione. Credete )> voi che se non fossi divenuto generale in capo, e l’istromento della sorte » di un gran popolo, io stesso avrei corso gli ofifizi ed i saloni, per dipen- » dere da chicchessia in qualità di ministro o di ambasciatore ? No mai no ! » mi sarei dato allo studio della scienza esatta , ed avrei progredito nel )) camino di Galileo e di Newton. E poiché sono costantemente riescilo nelle )) mie grandi imprese, mi sarei assai reso chiaro nei lavori scientifici: avrei la- » sciato alla posterità le mie belle scoperte: niun’altra gloria potuto avrebbe )> lusingare meglio la mia ambizione ». In queste parole, nelle quali ognuno riconosce più verità che modestia , si vede praticato quel detto di Orazio usuine superbicim Quaesitam meritisi). Però non tutti possono seguire l’esem- pio di Lemercier, o di altri; ed è un bene per la società, quando 1’ uomo di genio non incontra ostacoli per isvilupparlo, ovvero incontrandoli da un lato , dall’ altro la fortuna gli offre come superarli. In una parola il nostro Alborghetti amò ed apprezzò la scienza, ma fu condotto a professare le let- tere: l’Arcadia, la Tiberina, l’Archeologia ed altre molte accademie letterarie d’Italia lo ebbero socio: fu poi nell’ 11 dicembre 1850, dal s. padre, nominato membro del collegio filologico della università romana.

Quando il sommo pontefice Pio IX, nel 1847, fece risorgere l’accademia nostra, rendendola una emanazione del governo, e dando ad essa forme assai più convenienti di quelle che precedentemente si ebbe, fu il conte Giuseppe an- noverato fra i trenta membri ordinari di questa scientifica istituzione, anche in benemerenza della parte, che da giovane aveva egli preso, come dicemmo, al risorgimento privato dell’accademia stessa; e vi esercitò fin dal principio la

124

carica di tesoriere , senza mai tralasciare di assistere alle nostre sessioni , salvo che per motivo di salute.

Non poche sono le produzioni letterarie, tanto in prosa quanto in versi, lasciate, parte inedite, parte stampate dal nostro collega, ed io debbo alla cortesia della signora contessa Erminia sua consorte, il bene di averle tutte conosciute. Fra queste bellissima è la orazione funebre , detta il 29 feb- braio 1845, nella chiesa dell’archiginnasio romano, in occasione delle solenni esequie deH’Eminentissimo Giustiniani, col quale fu l’autore in amicizia intima legato. Risulta da una lettera del Giustiniani del 1805 ad Alborghetti, che ambedue conobbero e frequentarono assai la celebre signora di Stael , nel suo soggiorno in Roma. Come pure da un altra dello stesso Giustiniani del 22 ottobre 1808 da Bassano, apparisce che l’ Alborghetti ebbe amicizia coll’illustre ellenista il conte Guglielmo Humboldt, fratello del celebre Ales- sandro, uno dei Lincei corrispondenti stranieri, che più ne onorano l’accade- mia; e da un altra scritta nel 1806 conosciamo, che l’Alborghetti compose un poemetto eroi-comico, per descrivere il pericolo da esso corso in Porto d’Anzio, quando cadde in mare, pel rovesciamento di una barchetta. Le ora indicate lettere, con molte altre del medesimo Giustiniani, vengono in appen- ndice alla sopra citata orazione, ed interessa molto la lettura delle medesime.

Nel trattare affari si faceva il nostro collega ammirare, per la energia, per la precisione, e pel senno : laborioso, eminentemente cattolico, amoroso padre, affettuoso marito, fu esempio a tutti di virtù; ed il conversare con esso era cosa molto gradita ; perchè divertiva col racconto, istruiva colla erudi- zione , e soddisfaceva colla gentilezza e forbitezza de’ suoi modi urbanissi- mi. Il suo carattere conciliativo, e 1’ avvedutezza che possedeva grande, gli fecero superare di leggieri quella difficoltà, che sogliono incontrarsi nelle ca- riche di governo in tempi non ordinari. Per questi motivi egli fu accetto , ebbe la benevolenza di parecchi Eminentissimi , 1’ amicizia delle persone da bene, e richiesto fu spesso de’ suoi consigli. Amante della frugalità, ed eco- nomico anzi che no, provvide all’avvenire agiato della sua virtuosa e rispet- tabile famiglia, disponendo che la salma di lui fosse condotta nella temba gen- tilizia in s. Maria in Vallicella , ma senza pompa funebre ; perchè , sono le ultime sue parole, non si avesse a spiegar lusso, quando meglio apparisce la caducità di ogni umana cosa , e perchè non si avesse a pascere I’ orgoglio dei vivi, col pretesto di onorare il defunto.

125

COMUNICAZIONI

Il p. Angelo prof. Secchi, presentò un disegno di Saturno del sig. Las* sell di Liverpool, accompagnandolo con alcune sue considerazioni, relative alla curvatura dell’anello ; presentò altresì una copia della sua memoria di roo- metria elettrica, stampata nelle contribuzioni smithsoniane degli Stati Uniti; ed espose i risultamenti finali delle sue osservazioni sopra la distribuzione del calore solare, le quali, in consonanza con quelle simili del marzo teste decorso, tendono a provare, che le regioni equatoriali del sole, sono più calde delle polari.

Il prof. Ponzi mostrò all’accademia la carta geologica della Comarca di Roma, colle sue rispettive sezioni nella proporzione di 1 a 128000, la quale fa seguito a quella di Viterbo, presentata dal medesimo alla nostra accademia nell’anno decorso. L’autore descrisse verbalmente tutte le stratificazioni costi- tuenti le roccie di questa provincia, da quelle dell’ epoca Liassica, fino alle più moderne, assegnando a ciascuna i propri caratteri paleontologici. Trattò in seguito degli effetti del sollevamento, osservati sugli appennini che vi si comprendono, delle roccie ignee, e dei metamorfismi, cui furono soggette. Discese quindi a dire del vulcanismo , tanto di quello sottomarino , mani- festato coi caratteri che sono attorno il lago di Bracciano, quanto di quello atmosferico, rappresentato dal sistema dei monti Laziali. Fece da ultimo co- noscere il parziale sollevamento, da cui nell’ epoca diluviana ebbe origine il capo d’Anzio, e tutte le altre vicende, componenti la storia fisica di questa parte dello stato pontifìcio.

Il sig. duca di Rignano presentò, a nome del sig. Antonio Moretti, ar- chitetto e pittore , un progetto di navigazione aerea , il quale oltre ad una descrizione bene sviluppata , era pure accompagnato da parecchi disegni , che rendevano il progetto medesimo assai chiaro. Il comitato accademico nominò pertanto una commissione composta dei signori: Duca di Rignano (re- latore), Cavalieri S. Bertolo, e Volpicelli; affinchè informasse l’accademia sul- l’indicato progetto aereonauta.

126

COMMISSIONI

Pretesa utile invenzione del sig. Federico Roberti di Forlì , per la macinazione del seme di lino.

RAPPORTO

Commissari Sig.™ Prof.™ C. Sereni, N. Cavalieri San Ber tolo ( relatore )

La fabbricazione dell’olio di seme di lino, di cui sono molti gli usi nelle arti industriali , richiede che il seme , prima di essere sottoposto all’ azione del torchio, venga minutamente triturato. Il sig. Federico Roberti di Forlì, accortosi che la triturazione del seme riesce lenta, dispendiosa, ed imperfetta, con l’uso semplice ed immediato dei molini ordinari a macine verticali, ha pensato , e sperimentato poter giovare all’economia , ed alla perfezione del- l’effetto, facendo prima passare il seme fra due cilindri di ferro fuso oriz- zontali , disposti come si pratica nelle trafile laminatoi , e consegnare poi alle macine ordinarie, per la completa triturazione, il prodotto della premessa ammaccatura del seme.

Sopra tale proposta del sig. Roberti , per la quale ha egli richiesto al ministero del commercio i privilegi dell’ invenzione , altro non è da avver- tire se non che, come non potrebbe mettersene in dubbio l’utilità, così ne resta smentita la novità dai trattatti, e dai lessici tecnologici, i quali concor- demente attestano che il metodo immaginato dal sig. Roberti è non solo conosciuto, ma praticato comunemente nelle megliori fabbriche di olio di lino.

L’accademia adottando le conclusioni del suddetto rapporto, ha ordinò che una copia autentica ne fosse inviata al ministero del commercio, ec.

Sul Pettine raccoglitore del riso, del sig. Luigi Bianco di Bologna.

RAPPORTO

Commissari Sig.™ Prof.™ N. Cavalieri San Brrtolo, Rmo. M. Ber tini relatore )

Una verga di ferro piegata a forma di cerchio, è stabilmente unita ad un rastello o pettine di metallo, di 15 grossi denti riquadrati. Il pettine, che è a superfìcie piane , è normale al piano del cerchio , ed i suoi denti si pre- sentano liberi e salienti lungo una corda di circa 60° del cerchio stesso. Ora se si adatta la bocca di un sacco di tela al ferro ripiegato, per tutta la cir- conferenza, e aderentemente alla costola del pettine, si compie 1’ essenziale di un semplice ordigno, chiamata il pettine raccoglitore del riso ; del quale

127

ordigno dal ministero del commercio è stato inviato all’accademia un esem- plare o modello, a fine d'intendere il voto della medesima, sulla domanda di dichiarazione di proprietà come introduttore del detto pettine, fatta dal si- gnor Luigi Bianco di Bologna.

In primo luogo, sembra certo che il raccoglitore proposto, sia un nuovo ritrovato agricolo relativamente a questi stati; perchè tra tutti gli strumenti di coltivazione in uso, niuno se ne ritrova che assomigli all’ordigno del sig. Bianco, e che ne possa fare le veci nella raccolta del riso. Nel regno Lobardo-Ve- neto però, cotesto strumento era già noto prima del 1843, e segnatamente nel veronese, ove, come si asserisce, è ora comunemente adoperato da que’ campagnuoli. Esiste un opuscolo, stampato in Verona nel 1844, nel quale si descrive il pettine raccoglitore , e s’ insegna il modo più conveniente per usarne. In tale opuscolo comparisce il sig. Bianco non solo come sem- plice introduttore , ma pure come inventore dello strumento di cui parlia- mo , e ne ottenne un sovrano decreto di privilegio. Per le quali cose po- tremo ritenere a buona ragione che il pettine raccoglitore sia un istromento di qualche utilità , sufficientemente attestata , per meritare all’ introduttore il domandato diritto di proprietà, secondo la legge. Ma i vantaggi e 1’ eco- nomia che apporta il detto istromento, usandolo per la raccolta de’ risi, in cambio dell’ ordinaria loro mietitura , appariscono direttamente , solo che si guardi alle differenti operazioni, che si eseguiscono nell’ uno e nell’ altro si- stema.

Col pettine si procede così: il lavoratore raccomanda l’istromento al suo omero destro per mezzo di una fascia a tracolla, che gli giova per tenere il sacco a quell’altezza da terra, che più gli conviene. Tenendo poi il cerchio di ferro orizzontalmente, colla mano sinistra, dinanzi al riso che vuol raccogliere, ne piglia colla destra gli steli sotto alle spighe (una manata per volta, ma senza stringere il pugno) e l’introduce tra i denti del pettine, in guisa che le spighe riescono dentro al sacco. Quindi alza alcun poco con ambe le mani l’ordigno, quasi tentasse di sradicare gli steli del riso afferrato; ma essi resi- stono per la tenacità del terreno, e i grani si distaccano nei rigidi denti del pettine, e cadono nel sacco. Così ogni lavoratore, andando lentamente per le vanezze , con altri lavoratori in fila al suo fianco, riempie il sacco di grani; e dopo averlo scaricato ai destinati luoghi presso 1’ aiuole , torna a nuova recluta. Ora si noti che :

l.° A.1 pettine raccoglitore possono impiegarsi i ragazzi, e le donne, e fare

128

risparmio di mietitori e di uomini, capaci di maggiori fatiche; lo che apporta grande economia di spesa.

2. ° Restando la paglia del riso sul campo, ove può farsi seccare, e poi tagliare a bell’agio, si guadagna di essa gran parte; quella cioè che si tritu- rerebbe nella trebbiatura , e quella che di frequente fermenta, quando siasi dovuta tenere per qualche tempo ammassata umida, per aspettare l’opportu- nità del necessario soleggio.

3. ° Si guadagna ancora nella quantità del ricolto; mentre non poco del riso va perduto nella mietitura sull’aiuolo, e non poco si perde nella paglia di trebbiatura.

4. ° sono i soli proprietari delle risaie, quei che possono trarne van- taggio, mettendo in opera il raccoglitore; che anche i lavoratori del campo, non essendo obbligati a quell’incomodo e continuo incurvamento della per- sona, che la mietitura esige, menano la vita meno affaticata, e si sottraggono a molti dolori, ed a varie malattie.

Crediamo pertanto, che il pettine raccoglitore, possa aversi per un utile istromento agricolo: e che perciò debba accogliersi la domanda del sig. Bianco, per la dichiarazione di proprietà come introduttore.

L’ accademia adottando le conclusioni del suddetto rapporto , volle che una copia se ne inviasse al ministero del commercio, ec.

CORRISPONDENZE

Il chiarissimo sig. dottore Michele Medici, professore di anatomia nella università di Bologna, presenta alcune interressanti sue pubblicazioni, accom- pagnate da una sua lettera, e registrate nel bullettino bibliografico delle opere donate, posto in fine.

Fu comunicata una lettera del sig. prof. Gius. Henry, segretario dell’In- stituto smithsoniano in Washington negli Stati Uniti di America, colla quale venivano accompagnati in dono all’accademia, il volume e della con- tribuzione smithsoniana per le scienze, con altre varie pregievoli produzioni dell’ istituto medesimo. (Si vegga in fine il bullettino bibliografico delle opere venute in dono).

Fu comunicata una lettera dell’accademia Gioenia di Catania, firmata dal sig. prof. Andrea Aradas, colla quale si annunzia l’invio di tutte le pubblicazioni

129

dell’accadamia stessa in dono alla nostra; e si ringrazia per gli atti dei nuovi Lincei dalla Gioenia ricevuti.

L’accademia economieo-agragria dei Georgofili, mediante il suo segreta- rio delle corrispondenze, sig. L. Ridolfi, ringrazia per gli atti dei nuovi Lincei ad essa inviati.

Fu dispensato ai soci ordinari, a nome dei signori Ant. d’Abbadie, D.’ Ad. Berigny , A. Bravais , Ch. S. C. Deville , e F. Heaghens una circolare , dei medesimi , che si riferisce alla fondazione di una società meteorologica in Francia.

Fu letta una lettera del sig. principe Rospigliosi Pallavicini all’accademia diretta, per annunziarle, che S. A. I. R. il gran Duca di Toscana, aveva molto gradite le pubblicazioni, che l’accademia nostra ebbe l’onore inviare a quel- l’illustre sovrano, per mezzo del nominato sig. principe.

Fu comunicata una lettera del sig. conte Andrea Alborghetti, colla quale annunziava egli, la morte del suo genitore Giuseppe, di cui sopra è detto.

L’imperiale accademia delle scienze di Vienna, col mezzo del suo se- gretario ringrazia, per gli atti de’ nuovi Lincei da essa ricevuti.

Fu letto un foglio, che il chiarissimo sig. prof. cav. Michele Tenore, cor- rispondente linceo italiano, passando per questa dominante, lasciò gentilmente scritto in accademia, per felicitare i suoi colleghi.

COMITATO SEGRETO

Il comitato accademico essendosi riunito presso il sig. presidente, nella mattina del 3 dicembre 1852, stabilì le terne seguenti, per ordine alfabetico, da proporre in accademia nell'attuale sessione.

A rimpiazzare il conte Giuseppe Alborghetti come socio ordinario, si propongono i signori :

Ottaviano Astolfì, prof, nel collegio di Propaganda,

17

130

Vincenzo Latini chimico,

Rev. padre Provenzali della C. di G., prof, nel collegio romano,

A rimpiazzare il conte Giuseppe Alborghetti come tesoriere, si propongono i signori:

D. Baldassarre principe Boncompagni,

Nicola Cavalieri S. Bertolo, prof, nell’università,

Antonio Ab. Coppi.

A rimpiazzare il canonico Angelo Bellani corrispondente italiano , si propongono i signori:

Prof. Giusto Bellavitis della università di Padova,

Prof. D.r Bizio, chimico in Venezia,

Prof. cav. Vincenzo Flauti, seg. della R. accad. delle scienze di Napoli.

/ votanti membri ordinari essendo diecinove, si ebbero, per le terne indicate , le seguenti votazioni, fatte per ischede.

Prima terna.

Voti

Ottaviano Astolfi, 3

Vincenzo Latini, 11

Padre Provenzali 5

Seconda terna.

Voti

D. Baldassarre Boncompagni, ... 17

Prof. Cavalieri, 2

Ab. Coppi. . 0

Terza terna.

Voti

Prof. Bellavitis, 2

Prof. Bizio, 2

Prof. Flauti. . 15

131 ~

Quindi a pluralità di voti furono eletti, salva l' approvazione sovrana.

Il sig. principe D. Baldassarre Boncompagni a tesoriere,

Il sig. prof. cav. V. Flauti a membro corrispondente straniero,

11 sig. Vincenzo Latini a membro ordinario.

L’accademia, riunitasi a mezz’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ore di seduta.

Pubblicato il 6 Giugno 1855 P. V.

Sigg.” Pro/' P. Sanguinetti. D.r C. Maggiorarli. Rev. M. Bertini. F. Orioli. P. Volpicelli. A. Secchi. L. Ciuffa. S. Proja. N. Cava- lieri S. Bertolo. G. Ponzi. D.r F. Ratti. A. Coppi. B. Tortolini. B. Boncompagni. I. Calandrelli. D.r C. Carpi. L. Ciccolini. C. Sereni. M. Massimo.

OPERE VENUTE IN DONO ALL’ACCADEMIA

Smithsonian .... Contribuzione Smilhsoniana per le scienze . Voi. 3.° e 4.° in foglio. Wasihngton 1852.

Bibliography .... Bibliografia americana, zoologica , botanica , geologica per Vanno 1851. Un fase, in 8.°

List .... Nota delle opere pubblicate dall'istituto Smilhsoniano a Washington. Un fase, in 8.°

Directions .... Direzione per raccogliere, conservare , e trasportare i saggi d'istoria naturale .* Washington 1852 (gennaio). Un fase, in 4.°

Fifth .... Quinta relazione annuale del direttorio della istituzione Smilhsonia- na. Washington 1851. Un voi. in 8.°

Report .... Relazione Smithsoniana sopra i progressi recali nelle arti chi- miche. Washington 1851. Un fase, in 8.°

Registry . . . Registro dei fenomeni periodici. Un foglio in 4.°

List . . . Nota delle istituzioni estere in corrispondenza coll'Istituto Smithsonia- no. Un foglio in 8.°

Abstract .... Estratto della settimana statistica per gli stati uniti di Ame- rica. Un fog. in 4.°

Le opere di Galileo Galilei. Prima edizione completa, condotta sugli autentici

132

manoscritti palatini, e dedicata a S. A. I. e R. Leopoldo li Granduca di Toscana. Tom. IX, in 4.° Firenze 1852.

Sulle stelle cadenti del sicj. prof. F. Pistoiesi (dell’agosto 1852); mezzo foglio in 8°.

Compimento del problema del sig. Joachimstal sulla teoria generale delle su- perficie. Nota del sig. prof. G. Mainardi; mezzo foglio in 8.°

Delle pietre antiche; trattato di Faustino Corsi romano. 3.“ edizione con ag- giunte ( Dono del ministero del commercio, belle arti, ec.). Roma 1845; un voi. in 8.°

Report .... Relazione dell' Associazione Britannica per V avanzamento delle scienze del 1851. Londra 1852. Un voi. in 8.°

Corso elementare di agricoltura del dott. Giuseppe de Rossi. Volume 2.° in 8.° (Agronomia). Roma, 1852.

Giornale fisico-chimico italiano ec. del prof. cav. F. Zanledeschi; Anno 7.° , puntala 4.“ del 1852.

Character .... Caratteri fisici della forza magnetica. Nota del prof. Michele Faradaij. Londra 1852. Un fase, in 4.°

Researches .... Ricerche sperimentali sulla elettricità; del medesimo. Due fascicoli in 4. Londra, 1852.

De la . . . Della differenza del potere dispersivo delle due elettricità. Nota del prof. Zanledeschi. Un fase, in 4. Parigi, 1852.

Raies .... Strie longitudinali dello spettro. Lettera del sig , Porro al sig. Ra - binet. Un fase, in 4.° Parigi 1852.

Rendiconto della società reale borbonica di Napoli ( Accademia delle scienze). Nuova serie; 2. e 5,° fase., in 4.° Napoli 1852.

Sulla corteccia del Malambo, e sui fiori del Cusso. Analisi chimiche del dott. Benedetto Viale, professore prov. di chimica medica, e di Vincenzo Latini , professore prov. di Farmacia nella università romana. Un fase, in 4.° Ro- ma 1852.

Sulle polarità galvaniche secondarie, e sulla influenza del calore nella propa- gazione della corrente elettrica nei liquidi. Memoria di R. Felici. Un fase, in 4.° Pisa 1850.

Fondation .... Fondazione d'una società meteorologica in Francia. Un fase, in 4.°

Intorno la quantità della pioggia che cade annualmente a Modena. Disquisi- zione del prof. Giuseppe Bianchi. Un fase, in 4.” Modena 1852..

133

Memorie dell accademia delle scienze dell'istituto di Bologna; tom. 3.0 fase. 3.° in 4.° Bologna 1852.

Ricerche anatomiche , e fisiologiche sopra il nervo intercostale ; del prof. Mi- chele Medici. Un fase, in 8.° Bologna 1845.

Cenno storico intorno le accademie scientifiche di Bologna; del medesimo. Un fase, in 8.° Bologna 1847.

Osservazioni anatomiche , e fisiologiche intorno l'apparecchio sonoro della Cica- la; del medesimo. Un fase, in 8-° Bologna, 1846.

Saggio di un analisi di alcune dottrine fondamentali riguardanti la vita ; il quale può servire di appendice al manuale di fisiologia; del medesimo. Un fase, in 8.° Bologna, 1834.

Elogio di Luigi Galvani, del medesimo. Un fase, in 8.° Bologna, 1845.

Del senso e del moto delle piante. Discorso del medesimo. Un fase, in 8.° Bo- logna, 1851.

Cenni fisiologici, patologici , e terapeutici intorno la malattia conosciuta nella città di Comacchio sotto il nome di male del fegato; del medesimo. Bolo- gna, 1835. Un fase, in 8-°

Risposta ad una lettera del dott. Berruti di Torino intorno la generazione degli insetti, e la natura degli zoospermi; del medesimo. Un fase, in 8.° 1843.

Douze . . . Dodici figure relative al dodecagono regolare inscritto a priori nel cerchio, e alla trisezione dell'angolo al centro; del Barone Silverio Ferrari. Torino, 1852.

Annali di scienze matematiche e fisiche del prof. Torlolini, settembre, ottobre , e novembre 1852. Boma 1852.

Comptes .... Conti resi dell' Accademia delle scienze dell'istituto di Francia sino al 29 novembre 1852.

Intorno all'espressione generale dei numeri bernouliani. Nota del sig. avv. An- gelo Genocchi. Un fase, in 8.° Boma, 1852.

Sulla formula sommatoria di Eulero, e sulla teorica de'residui quadratici. Nola del medesimo. Un. fase, in 8.° Boma 1852.

Sulla malattia delle viti dei professori Belli ed Orsini. Un fascicolo in 8.° Asco- li 1853.

Researches .... Ricerche di roometria elettrica del padre Angelo Secchio. Un fascicolo in 4.° grande. Washington, 1852.

Sopra le specie di silicati del monte di Somma e del Vesuvio, le quali in ta- luni casi sono state prodotte per effetto di sublimazioni. Memoria di Arcan- gelo Scacchi. Un fase, in 4.° Napoli, 1852.

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VARIAZIONI MAGNETICHE

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DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI

SESSIONE ir DEL ÓO GENNARO 1853

PRESIDENZA DEL SIO. PRINCIPE D. PIETRO ODESCALCH1

MEMORIE E COMUNICAZIONI

DUI SOCI ORDINARIE DEI CORRISPONDE NT I ->

Florae romanae Prodromus exhibens plaiUas circa Romani, in Cisapenninis Pontifi- ciae dictionis provinciis , et in Picaeno spante venienles. Alidore Petro Sangui- netti, in romana studiorum Universitale Bolanices professore. [Continuazione)1*)

111. ECHIUM L. Calyx 1-sepalus profunde 5-fìdus, partibus fere aequali- bus erectis: corolla irregulariter infundibuliformis , tubo brevissimo, fauce nuda, limbo oblique 5-secto, segmentis inaequalibus: antherae oblongae: sti- gma 2-fìdum: colliculi 4 ovoideo-trigoni acuti, ut plurimum tuberculato-mu- ricati, hinc convexi, inde carinati.

112. LYCOPSiS L. Calyx 1-sepalus 5-partitus, partibus aequalibus, post anthesim elongatis dilatatisi corolla infundibuliformis , tubo incurvo, fauce clausa squamis 5-convexis villosis: limbo 2-fido, laciniis quidquam inaequa- libus: antherae oblongae ; stigma obtusum marginatura 2-fidum: colliculi 4 ovoidei reticulato-rugosi distincti , basi insigniter umbilicati, cura recepta- eulo prominulo connexi.

113. MYOSOTIS L. Calyx 1-sepalus 5-sectus, segmentis aequalibus erectis, in fructu patentibus: corolla hypocrateriformis , tubo, limbum 5-fìdum, la- ciniis obtusis, acquante vel breviore, fauce clausa squamis 5-convexis: anlhe- rae oblongae: stigma capita to-depressum: colliculi 4 ovoideo-trigoni convexi, faciebus internis plani, arcte stylo adnati.

114. BORAGO L. Calyx 5-sepalus profunde 5-partitus, partibus in anthesi prorsus patentibus, in fructu auctis conniventibus: corolla rotata, Iim-

(*) Vedi sessione Y, VI, e VII del 1852.

18

136

bo brevissimo, fauce, squamis subobtusis emarginatis, coronata, limbo stellato patente, aut carppanulato-patulo: antherae sagittatae, fìlamentis basi nectari- feris : nectark obverse ovoidea, hinc cornu subulato obtuso appendiculata : stigma capitatum vel 2-fidum: colliculi 5 turbinati reticulato-rugosi , basi contrada producti, et in receptaculi foveis infixi.

115. ANCHUSA L. Calyx 1-sepalus campanulatus vel tubulosus aequa- liter 5-fìdus vel 5-partitus: corolla infundibuliformis, tubo cylindrico recto, fauce squamis 5 obtusis villosis vel pubescentibus clausa, limbo 5-fido laci- nis obtusis: antherae subsessiles oblongae obtusae: stigma capitatum : col- liculi 4 turbinato-truncati , hinc crasse cristati reticulato-rugosi , basi um- bilicata, in receptaculo cyathiforme producto, infixi.

116. SYMPHYTUM L. Calyx 1-sepalus profuude 5-fidus , partibus ae- qualibus lanceolata : corolla cyathiformis, calycem superans , tubo crasso , conico, fauce clausa squamis 5 subulatis glauduloso-echinatis conniventibus, limbo campanulato apice 5-dentato: antherae sagittatae: stigma simplex: col- liculi 4 globulosi nudi basi reptaculo adfìxi.

117. ASPERUGO L. Calyx 1-sepalus reticulato-venosus multidentatus, dentibus inaeqnalibus acutis , post anthesim ita accretus ut compressus vel 2-valvis appareat: capsula infundibuliformis, calyce non acereto longior tubo brevissimo , fauce squamis 5-conniventibus clausa , limbo obtuse 5-fido: an- therae oblongae: stigma obtusum , colliculi 4 lacrymeformes minute granu- lati liberi, sub apice, stylo columnari e receptaculo nato, adfìxi.

118 CYNOGLOSSUM L. Calyx 1-sepalus 5-partitus, partibns aequali- bus erectis patentibus: corolla infundibuliformis, tubo recto breviusculo, fauce squamis 5 formicatis coronata , limbi laciniis rotundatis : antherae subro- tundae, quandoque erectae: stigma emarginatum : colliculi 4 cartilaginei or- bicnlares depressi vel compressi, saepius undique echinati , stylo columnari prismatico laleraliter adfix.

Plumbagineae DC.

119. PLUMBAGO L. Calyx 1-sepalus tubulosus lappaceus, strigis apice glandulosis: corolla bypocrateriformis vel infundibuliformis, tubo cylindrico, calyce longiore , fauce nuda, limbo 5-secto : staminum filamenta basi dila- tata: stigma 5-fidum: capsula 1-locularis, apice tandem 5-fìda: semen unicum oblongum laeve basi fìxum.

137

PniMULACEAE DC.

120 ANAGALLIS L. Calyx 5-sepalus 5-partitus, partibus accuminatis ca- rinatis: corolla rotata; tubo subnullo, fauce nuda , limbo 5-partito: antherae cordato-oblongae, fìlamentis birsutis glanduliferis: stigma obtusum: capsula globosa 4-locularis circumscissa.

121. LISIMACHIA L. Calix 5-sepalus 5-partitus, partibus linearibus pa- tentibus: corolla scutellata, vel campanulato-patula, tubo subnullo, fauce nuda laciniis 5-fidis: antherae oblongae caudatae, fìlamentis, basi dilatata, cohalitis, quandoque liberis : stigma obtusum: capsula globosa 1-locularis 5-valvis.

122. CYCLAMEN L. Calyx 5-sepalus 5-fìdus laciniis erectis ovato-lan- ceolatis: corolla rotata, tubo late urceolato : fauce nuda prominula , limbo 5' partito, laciniis oblique intortis reflexis, in anthersi erectis: antherae cardato- pyramidatae basi saccatae: stigma simplex: capsula globosa 2-locularis, apice dentibus 5, dehiscens.

123. SOLDANELLA L. Calyx 5-sepalus liber 5-partitus, laciniis pa- tentibus erectis: corolla campanulata, tubo brevissimo, fauce nuda sucessi- ve dilatata, limbo 5-fìdo, laciniis fìmbriatis: antherae cordato-oblongae apice aristatae : stigma crassiusculum : capsula cylindracea sulcata dehiscens sub- 5-valvis, valvis 2-dentatis.

124. PRIMULA L. Calyx 5-sepalus liber cylindricus saepe angulatus 5- dentatus , dentibus plus minus profundis: corolla hypocrateriformis aut in- fundibuliformis , tubo superius dilatato , fauce nuda quandoque glandulosa , limbo plano vel concavo 5-lobo: antherae oblongae: stigma capitatum : ca- psula cylindracea aut globosa evalvis dentibus 5-10 apice dehiscens.

125. HOTTONIA L. Calyx 5-sepalus liber 5-partitns, partibus lineari- bus erectis : corolla hypocrateriformis, tubo crassiusculo, fauce nuda, limbo 5-fìdo: antherae cordato-oblongae, fìlamentis exilibns: stigma globosum: capsula globosa 1-locularis 5-valvis.

126. ANDROSACE L. Flores invofucrati, raro solitarii, involucro poly- phyllo. Calyx 5-sepalus libei* eampanulatus 5-fidus, laciniis erectis patulis : corolla hypocrateriformis , tubo inflato subconica , fauce cohartata glandu- losa, limbo 7-partito, laciniis obtusis saepius emarginatis: antherae oblongae: stigma capitatum: capsula globosa 5-locularis, suturis 5-10 usque ad me- dium pertingentibus, dehiscens.

138

127. SAMOLUS L. Calyx campanulata inferus adhaerens margine 5- partito libero, partibus erectis persistentibus: corolla hypocrateriformis, tubo crasso, limbo 5-fìdo patente, squamis 5-iulexis, laciniis interpositis faucem coronantibus: antherae subrotandae: stigma orbiculare depressum: capsula 4- locularis dentibus 5 apice dehiscens.

Lobeliace\e Juss.

128. LOBELIÀ L. Calyx campanulati^ adnatus, margine 5-partito li- bero, partibus lanceolatis erectis: corolla 2-labiata, labio superiore 2-tìdo sae- pe usque ad basim fisso, labio inferiore 3-fìdo: antherae ut plurimum con- natae: stigma capitatum subtus pilis cintum: capsula 2-3-locularis apice den- tibus 2-3 dehiscens.

Gentianeae Juss.

129. ERYTRAEA R enealm. Calyx 5-sepalus liber profunde 5-fidus la- cinis linearibus erectis: corolla hypocrateriformis , tubo elongato cylindrico tenui, fauce nuda, limbo 5-fido, laciniis ovatis vel lanceolatis, tubo breviori- bus: antherae oblongae, post nutias spiritaliter tortae : stigmata subcapitata tandem divergentia: capsula oblonga compressa 5-locularis 2-valvis, valva- rum marginibus introflexis, dissepimentum mentientibus.

130. V1LLART1A Vent. Calyx 5-sepalus liber 5-partitus, partibus lan- ceolato-linearihus erectis in fructu conniventibus: corolla rotata: tubo latiu- sculo brevi, fauce villosa, limbo 5-fido laciniis fimbriatis: antherae sagittatae: stigma lamellatum, lamellis 2-cristato-crenatis : basis ovarii 5-glandulosa : capsula subovata compressiuscula 4-locularis 2-valvis carnosa tandem coriacea.

ScROPHU LARI N AE ScHULTZ.

131. VERBASCUM L. Calyx 5-sepalus liber 5-partitus, partibus subae- qualibus: corolla rotata 5-partita , tubo brevissimo, fauce nuda, laciniis ro- tundatis, ut plurimum inaequalibus: antherae 1-loculares denuo reniformes , duo aliquando cristatae, filamentis aequalibus, vel inaequalibus, et tunc duo- bus longioribus, quinto breviori, omnibus vel tribus tantum brevioribus bar- batis: stigma compressum clavatum: capsula ovoidea 2-locularis 2-valvis, se- ptis marginalihps 2-partitis, dehiscens.

139

SoLANACEAE DC.

132. HYOSCYAMUS L. Calyx 2-sepaIus liber urceolatus 5-dentatus , tandem auetus, fructum abscondens: corolla infundibuliformis recurva, tubo brevi, limbo irregolari 5-lobo, laciniis rotundatis: antherae cordato-oblongae, fìlamentis subinaequalibus inclinatisi stigma obtusum: capsula ovato-obtusa 2-locularis pyxidata.

133. DATURA L. Calyx 5-sepalus liber tubulosus saepe angulatus 5- dentatus, secus basim circurnscissus, parte infra scissuram tantum persistente, in fructu acereta orbiculata: corolla infundibuliformis ampia, tubo elongato, limbo 5-plicato, plicis in dentibus productis: antherae cordato-oblongae: sti- gma crassum 2-fìdum: capsula globosa vel oblonga echinata vel nuda 4-val- vis, dissepimentis duobus tantum completis, 2-locularis.

134. SOLANUM L. Calyx 5-sepalus liber persistens 5-fidus, corolla ro- tata vel turbinata, tubo brevi, limbo ò— fido 5-plicato aut pentagono: anthe- rae lineares liberae aequales erectae raro connatae vel inaequales et de- clinatae, jamdudum apice poro gemino hjantes , fìlamentis brevibus: stigma obtusum: bacca globosa aut oblonga 2-locularis.

135. PHYSALIS L. Calyx 5-sepalus liber polygonus, apice 5-dentatus campanulatus, in fructu vessicoso-inflatus: corolla turbinato-patula, tubo brevi limbo 3— fido 5-plicato: antherae oblongae longitudinaliter dehiscentes : sti- gma capitatum: bacca globosa 2-locularis in calyce abscondita

136. ATROPA L. Calyx 5-sepalus liber subcampanulatus in fructu stel- lato—patens 5-fìdus, laciniis ovatis acutis : corolla tuboloso-campanulata, tu- bo brevi, limbo 5-fido, laciniis ovato-acutis: antherae 4-lobae deflexae, fìla- mentis basi conniventibus: stigma capitatum: bacca globosa 2-locularis.

137. MANDRAGORA L. Calyx 1-sepalus liber persistens subturbina- tus, profonde 5-fìdus, partibus oblongo-linearibus acutis in fructu parum au- ctis : corolla majuscula campanulata 5-fìda marcescens, calyce longior: an- therae fìlamentis secus basim barbatisi stigma capitatum: bacca globosa 2-lo- cularis.

138. LYC1UM L. Calyx 5-sepalus liber tubulosus 5-dentatus vel irre- gulariter 3-5-sectus persistens : corolla infundibuliformis vel tubulosa , tubo brevi, limbo dilatato, apice 5-fìdo: antherae oblongae, fìlamentis inferius co- rollae adnatis, et in parte libera basi ut plurimum barbatis: stigma capita- tum, sulco transverso notatum: bacca oblonga aut globosa 2-locularis.

140

CoNVOLVU LACEAE VeNT.

139. CALYSTEGIA Brown. Bracteae duo appositae florem foventes ut plurimum majuscolae, calycem occultantes: calyx 5-sepalus liber persistens profundissime 5-partitus : corolla turbinato-campanulata , tubo fauceque nulla longitudinaliter 5-plicata apice 5-angulata aut 5-fida : antberae sa- gittatae: stimma 3-lobum , lobis subcylindricis aut lamellaribus : anulum glandulosum sub ovario: capsula 2-valvis , dissipimento incompleto, ut plu- rimum 5-loeularis, loculis 1-2-spermis.

140. CONVOLVOLUS L. Bracteae duo oppositae a flore remotae. Calyx 5-sepalus liber persistens profundissime 5-partitus: corolla turbinato-cam- panulata, tubo fauceque nulla, longitudinaliter 5-plicata, apice 5-angulata aut 5-fìda: antherae sagittatae: stigmata bina subcylindrica saepe revoluta, anulo glanduloso sub ovario: capsula 2-valvis 2-locularis 4-sperma.

Apocineae Juss.

141. VINCA L. Galyx 5-sepalus 5-partitus, partibus angustis erectis : corolla hypocrateriformis, tubo cylindraceo, fauce protracta pentagona pilosa, limbo plano 5-partito, laciniis obliquis truncatis: antherae oblongae alterna- tim conniventes, fauce inclusae: stigma capitato-depressum barbatum, basi con- trada cylindrica, in anulum membranaceum denuo expausa: gianduia nectari- fera utrinque ad basim ovarii: folliculi duo cohaliti tandem distincti , la- tere interno, dehiscentes.

SeCTIO II. FLORES MONOPETALI SUPERI

142. CAMPANULA L. Calyx turbinato-angulatus adhaerens, limbo li- bero 5-partito, partibus ut plurimum aequalibus , quandoque auriculis de- flexis interpositis: corolla campanulata , raro scutellata , limbo 5-fìdo , an- therae lineares compressae, fìlamentis filiformibus, basi in totidem squamis dilatatis: stigma 2-3-5-fìdum: capsula prismatico-cylindrica 4-5-locularis, fo- raminibus totidem lateralibus, dehiscens.

143. SPECULABIA L’ herit . Calyx prismaticus vel obconico-elonga- tus adhaerens, limbo libero 3-partito, partibus aequalibus : corolla rotata , limbo 5-fìdo: antherae lineares, fìlamentis , longiores : stigma 3-fidum: ca- psula prismatica elongata 3-locularis,. valvis 3 superioribus lateralibus hjan- tibus, dehiscens.

141

144. JABIO.NE L. Floi ■es pedicellati in capitulo terminali, involucro uni- versali polyphyllo, cinti. Calyx subturbinatus adhaerens, limbo libero 5-par- tito persistenti, partibus lineari-subulatis : corolla rotata , tubo brevissimo , limbo 5-partito, laciniis aequalibus lanceolato-linearibus erectis: antherae ob- longae , filamentis subulatis : stigma clavatum: capsula ovoideo-pentagona membranacea incomplete 2-locularis , apice, valvis minimis sejunctis, fora- mine lato aperto, dehiscens.

145. TRACHEL1UM L. Calyx campanulatus adhaerens, limbo libero 4- 5-partito, partibus linearibus erectis : corolla infundibuliformis , tubo elon- gato gracili, fauce nuda sucessivc dilatata, limbo 5-fìdo brevi: antherae ob- longae exertae: stimma capitatum subtrilobum: capsula subrotunda apice 3- gona 3-locularis, foraminibus secus basini hjantibus, dehiscens.

146. PHYTEUMA L. Floi ■es umbellati aut spicati in involucro plerum- que polyphyllo. Calyx subrotundo-angulatus adhaerens , limbo libero 5-par- tito, partibus linearibus: corolla rotata, tubo brevi, fauce nuda, limbo 5-par- tito, laciniis linearibus stellato-patentibus apice diu, et una vice semper cohae- rentibus: antherae cordato-lineares: stigma 2-3-4-fldum : capsula 2-3-locu- laris, foraminibus 2-3 lateraliter hjantibus, dehiscens.

Caprifoliaceae Juss.

147. LONICERA L. Galix adhaerens, limbo libero brevissimo 5-den- tato: corolla tubulosa campanulata, vel infundibuliformis, tubo incurvo, basi ut plurimum gibbo, fauce nuda, limbo 5-fìdo patente, laciniis saepius irre- gularibus, antherae oblongae aut lineares, filamentis declinatis: stimma ca- pitatum : bacca succosa 1-locularis olygospermia, calyce coronata, solitaria, vel geminae in unam basi confluentes.

Sect. Ili Flores pentapetali inferi.

Rhamneae R. Brown

148. BHAMNUS. L. Flores saepe dioici vel polygami. Calyx 1-sepalus liber aut semiliber 4-5-fidus, laciniis patentibus, post anthesim circumscis- sus, parte superiore decidua, inferiore persistente: corolla brevis, petalis 4-5, laciniis calycinis alternis , quandoque abortivis, aut nullis: antherae ovatae: stigmata 2-5: fructus subglobosus 2-3-4-locularis, loculis 1-2-spermis, modo baccatus, modo exuccus, loculis separabilibus.

142

149. ZIZYPHUS Tour. Calyx 5-sepalus tubulosus 5-fidus, tubo post an- thesim circumscisso , parte superiore cum laciniis decidua , basi persistente subadhaerente : corolla brevis petalis 5 , laciniis calycinis alternis: antherae sobrotundae: stigmata 2 simplicia: drupa ovoidea, putamine 2-loculari quan- doque 3-loculari loculis 5-spermis.

Celastrineae R. Brown.

150. EVONYMUS L. Calyx patens liber persistens 1-sepalus 4-5-fì- dus: coralla 4-5-petala: stamina , disci glandulis inserta , antheris 2-lobis subremiformibus, crista dehiscentibns : stimma simplex : capsula 4-5-loba , 4-5-valvis 4-5-locularis, loculis plerumque 1-spermis: semina arillo pulposo involuta. Partes floris quandoque senae.

Ampelideae II. B. et Kunth.

151 V1TIS L. Calyx minimus 5-sepalus 5-dentalus liber: corolla parva cupuleformis , petalis 5, apice depresso, liberis, basi coherentibus, in anthesi, a basi ad apicem sejunctis et revolutis, decidua: antherae obiongae: stimma eapitatum: bacca succosa, loculis obliteratis, 4-locularis 1-4-spermia, semi- nibus nuculatis.

VlOLARlAE ScHULTH Z.

152. VIOLA L. Calyx 1-sepalus, sepalis inaequalibus, basi plus minus elongata, productis, in fructu erectis: corolla irregularis resupinata 5-petala, supremum basi calcaratum, calcar inferius productum : anthèrae obiongae liberae conniventes, invicem, ciliis marginabilibus, inter se quodamodo reten- tae, apice membranaceae, post nuptias margine revolutae, filamentis brevibus, binis extus caudatis, cauda in calcare ingressa: stimma 2-lobum rostellatum: capsula globoso-trigona 1-locularis 3-valvis , valvis elastice revolutis, de- hiscens.

Geraniaceae Rtcn.

153. IMPATIENS L. Calix 2-sepalus, sepalis minimis deciduis: corolla 4-petala irregularis, petalis externis cum internis alternantibus, exterorum in- feriore calcarato, superiore resupinato, interioribus oppositis integris vel 2-fì- dis: antherae subconnatae 2-loculares, quandoque duo superiores 1-loculares:

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stigmata 5 libera vel in unum cohalita: capsula 5-locularis 5-valvis elastice dehisecns.

Sect. IV Flores pentapetali superi.

Grossui.arieae H. B. ET KlJNTH.

154. RIBES L. Flores aliquando dioici. Calyx 1-scpalus, tubo ventri- coso adhaerente, limbo libero 5-secto, segmentis brevibus coronantibus: co- rolla 5-petala, petalis brevibus obtusis, segmentis calycinis alterna: antherae didvmae compressiusculae, margine superiore dehiscentes: stigmata 1-5: aci- nus globosus 1-locularis polyspermus: corona tandem marcescente.

Araliaceae DC.

155. HEDERÀ L. Calyx 5-sepalus, tubo globoso adhaerente, limbo mi- nimo 5-dentato libero: corolla 5-petala, patalis brevibus oblongis cito deci- duis, dentibus calycinis alternis: autherae cordato-ovatae: stigma simplex: aci- nus carnoso- succosus subrotundus, tandem 1-locularis olygospermius.

Sect. V Flores incompleti.

OsYRINEAE SCHULTZ.

156. THESIUM L. Perigonium sepaloideum intus coloratum monophyl- lurn inferius adhaerens, medio tubuloso-campanulatum liberum persislens , apice 3-4-5-fidum : stamina segmentis perigonalibus numero aequalia, an- theris subrotundis: stigma capitatum: bacca coriacea nervosa subrotonda co- ronata: nux ut plurimum monospermia.

Leguminosa e Juss.

157. CERATONIA L. Polygamo-dioica. Floris hermaphroditi peri- gonium sepaloideum minimum 1-phyllum, basi adhaerens, apice 5-fidum, la- ciniis inaequalibus: stamina 5-7, filamentis elongatis: stigma sessile orbicu- latum: legumen lineare crassum indehiscens, ab adhaerentia valvarum inter semina, multiloculare. Flores abortu alterutrius sexus unisessuales distinti, hermaphroditi conformes.

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Parronichiae Rich.

158. ILLECEBRUM L. Perigonium sepaloideum simplex 5-partitum , partibus membranaceis cucullatis, fornica tis vel rectis, arista tis muticisve, dor- so aliquando incrassato fungosis: staminum fìlamenta basi saepe connata, se- tis aut squamis 5 interpositis, tandem defìcientibus: stigmata 1-2 capitata: nux laevis vel striata in striis ruptilis.

Ord. II Digynia.

Sect. I Flores apetali.

159. HERNIARIA L. Perigonium sepaloideum liberum membranacea m 1-phyllum 5-partitum, partibus concavis, in anthesi patentibus: stamina pe- rigonio breviora, filamentis 5 sterilibus alterna : antherae globosae : stigmata acuta, stylis basi subconnatis: utriculus brevis, perigonio connivente, tectus.

Chenopodeae DC.

160. CIIENOPODIUM L. Perigonium sepaloideum liberum 1-phyllum 5- sectum, segmentis subaequalibus subconcavis, margine membranaceis, in an- thesi patentibus: antherae globosae, filamentis subulatis, perigonii segmentis, alterna: stigmata simplicia : utriculus membranaceus tenuis, ut plurimam pe- rigonio connivente, tectus.

161. SALSOLA L. Perigonium sepaloidem liberum 4-phyllum subcam- panulatum 5-sectum, seqmentis post anthesim appendice scariosa (paraphyl- lum) vel squamo-callosa, infra apicem , auctis , quandoque nudis , in fructu conniventibus: stamina perigonii segmentis opposita, antheris 2-locularibus : stigmata recurva 2-3 : styli saepe basi connati : utriculus tenuis, perigonio, immersus: semen nudum.

162. BETA L. Perigonium sepaloideum profunde 5-fidum, basi conna- tum , et adhaerens , partibus subpatentibus, in fructu conniventibus: stamina perigonii segmentis opposita, antherae 2-lobae, lobis subrotundis: stigmata sim- plicia: utriculus immersus, basi tantum perigonio adnatus.

Amaranthaceae R. Brown.

163. AMARANTHUS L. Polygamo-monoieus. Perigonium sepaloideum

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liberimi 5 raro 3-phyllum, foliolis aequalibus erectis, squamis non raro eolo- ratis, modo cinturo: floris masculi, stamina 3-5 jamdudum numero foliolorum perigonii aequalia: foemineus styli 3: utriculus 1-locularis ovatus circumscis- sus 1-spermius 3-rostratus.

Acerineae Schultz.

167. ULMUS L. Perigonium sepaloideum coloratum liberum persistens

4- 8-fìdum: stamina 4-8: antherae 3-loculares 4-sulcae: ovarium 2-corne, sti- gmatibus recurvis: samara compresso-piana, ala suborbiculari, 1-locularis 1 spermia: semen compressum oblongum.

Amenthaceae Juss*

168. CELT1S L. Flores hermaphroditi vel poligamo-monoici. Perigo- nium sepaloideum liberum 5-6-phyllnm foliolis subaequalibus: stamina nume- ro foliolorum perigonii aequalia: ovarium unicum, stigmatibus divaricatis 2- fidis: drupa globosa 1 -spermia, putamine tenui.

Sect. II Flores monopetali.

Asclepi adeae R. Brown .

166. VINCETOXICUM Moench. Calyx liber 5-partitus : corolla rota- ta, tubo calyce longiore, fauce subcampanulata, limbo profunde 5-lobo, corona

5- 10-loba scutelleformis carnosa staminifera, lobis rotundatis vel vix apicu- latis, quondoque appendicibus, inferius positis, adjectis: antherae 2-loculares saccatae, connettivo in membranam apiculatam continuato , dissitae: massae pollinis turgidae receptaculo adfixae pendulae: ovarium geminum vel abortu solitarium, stigmatibus hrevissimae apiculatis: folliculi ventricosi laeves: se- mina cornata.

Genti aneae Vent .

167. GENTIANA L. Calyx liber persistens modo campanulatus vel tur- binatus, modo spathaeformis hinc fissus, limbo 4-5-6-fìdo : corolla rotata , campanulata, vel hypocrateriformis fauce nuda barbata: limbo 4-5-6-fìdo , laciniis minimis alternis quandoque adjectis: stamina 4-5 antheris elongatis , basi sagittatis vel cordatis : stigmata 2 sessilia : capsula 1-locularis apice 2-valvis: semina saepe alata.

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CoNVOLVVLACEAE R. BrO WN.

168. CUSCUTA L. Calyx liber 4-5 seetus: corolla globosa urceolata vel tubolosa, fauce nuda , limbo 4-5-fìdo : stamina 3 varius 4 tubo inserta , et quandoque basi cristula dentata suffulta: stigmata capitata, rarius clavata: ca- psula circumscissa 2-locularis loculis 1-2-spermis.

Sect. Ili Flores 5— petali superi, fructus Cremocarpium Umbelliferae Juss.

A Umbellis simplicibus vel imperfectis.

169. HYDROCOTVLE L. Umbella saepe prolyphera , involucro brevi olygophyllo: calycis tubulosi subcompressi limbus obliteratus : pelala ovata integra, in acumine erecto, producta: staminum fìlamenta, petalis, breviora: styli brevissimi in fructu vix acereti : cremocarpium orbiculare , quandoque sub- didymum, lateribus dorsalibus convexum, ’commissuralibus plano-compressum: mericarpia inseparabilia 5-jugata, jugis suturalibus obsoletis, reliquis, et prae- sertim dorsali, prominulis: valleculae reticulato-venosae: vittae nullae.

170 SANICULA L. Flores polygami. Umbella pauciradiata, radiis inae- qualibus : umbellulae densiflorae : involucro olygophyllo dissecto : involucello multipartito: calycis tubulosi limbus persistens liber 5-pnrtitus : petala obo- vota ereeta, apice, in ligulam infractam erectam, longitudine petali, producta: staminum fìlamenta petalis Iongiora: styli recurvi in fructu elongati, cremocar- pium ovoideum ejugàtum multivittatum , aculeis hamosis echinatis, undique tectum, in mericarpiis sponte non separabile.

171. ASTRANTIA L. Flores saepe polygami. Umbella pauciradiata, ra- diis inaequalibus, quandoque ramosis, et ideo pluries umbellulatis: umbellulae regulares multiflorae: involucrum 2-phyllum, foliolis palmato-partitis: involu- lucella polyphylla, flores ut plurimum, superantia, foliolis coloratis Ianceolatis insigniter nervosis : calycis tubulosi limbus liber 5-partitus , laciniis erectis: petala obeordata, in ligulam longiusculam erectam coilniventem, producta: sta- minum fìlamenta petalis Iongiora: styli recurvi, in fructu elongati: cremocarpium utrieulosum elongatum, lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus sub- compressum: carpophorum indistinctum : mericarpia sero secedentia 5-juga- ta, jugis obtusis, rugis irregularibus seu mavis squamis vessicularibus co- loratis seriatim dispositi, obsita: vittae nullae.

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172. ERYNGIUM L. Umbella sessilis , seu mavis flores capitati vel fa- sciculati bracteati; bracteae paleaceae rigidae vel 2-3 cuspidatae, externaemajo- res, involucrum simulantes, internae minores ad basini cujusque fìoris: calycis tu- bulosi limbus 5-fìdus liber persistens, laciniis erectis: petala conniventia ob- longo-obovata, in laciniam emarginato-infractam, longitudine petali, producta: staminum filamenta erecta, petalorum longitudine: styli elongati in fructo deflexi crernocarpium subteres: carpophorum 2-partitum: mericarpia semiteretia eju- gata strigoso-tuberculata , strigis erectis, commissuram occultantibus : vittae nullae.

173. ECHINOPHORA L. Umbella plana pauciradiata: umbellulae sessiles , flore centrali fertili, periferialibussteriIibus,involuerumolygo-polyphylIum,foliolis lanceolati mucronatis, umbella brevioribus:invoIucella5-phylla,foliolisinaequali- bus mucronatis: calycis limbus persistens 5-partitus, partibus mucronatis vel iner- mibus, externismajoribus: corolla parviradiata,petalis obcordatis, inlacinulam in- flexam apice productis: staminum fìlamenta, petalis longiora: styli elongati, in fru- ctu recurvi: crernocarpium cylindrico-angulatum, intra apicem pedunculi, in tu- ba m inflati, immersum, etovariis abortivis florumsteriliumejusdem formaecircum- datum: mericarpia 5-jugata,jugisdepressisundulatisstriatisque: valleculae 1-vittalae

B. Umbellis compositis seu perfectis * jngis primariis tantum donatis.

179. APIUM L. Umbella plana, et umbellulae mulliflorae, nudae: calycis tubulosi limbus obsoletus: petala integra subrotunda, apice, acumine inflexo, producta: staminum fìlamenta erecta, petalis sublongiora: styli in fructu aucti uncinato-incurvi: crernocarpium didymum, lateribus darsalibus convexum, com- missuralibus compressum: carpophorum vix divisum: mericarpia 5-jugata, jugis aequalibus subobsoletis, externis marginantibus: valleculae internae 1-vittatae externae 2-3-vittatae.

175. TRINIA Hoff ih: Flores monoici, saepius dioici. Umbella nuda ma- scula abbi’eviata, faeminea majuscula erecto-patens: umbellulae multiflorae raro involucellatae, faemineae longe, masculae breviter pedicellatae, monoicae, fiori- bus externisfae mineis, internis masculis, dioicae, masculis contractis, faemineis dilatatis: calycis ovoidei, limbus obsoletus : petala lanceolata , vel ovaio-lan- ceolata, in apicem acuminatum inflexum, producta: staminum fìlamenta petalis longiora: styli uncinato-deflexi: crernocarpium ovoideum, lateribus dorsalibus, subcompressum: carpophorum maturitate 2-partitum, mericarpiis 5-jugatis ar- de adnatum: juga prominentia: valleculae canaliculatae: vittae nullae.

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176. PTYCHOTIS Koch. Umbella subplana , nubilis nutans: umbellulae multiflorae, floribusinternis sterilibus: involucrum nullutn: involucella 3-5-phyl- la, umbellulis breviora: calycis conoidei limbus liber, denticulis 5 acutis, quan- doque obsoletus: petala profonde obcordato-2-fìda in lacinulam inflexam a pli- ca transversali, infra apicem exertam, continuata: stamimutn filamenta, peta- lis subaequalia: styli filiforme? horizontales, apice deflexi: cremocarpium ovoi- deo-elongatum, lateribus dorsalibus convexiusculum, commissuralibus sub com- prcssum: carpophorum filiforme maturiate 2-portibile: mericarpia semicylin- drica laeviter 5-jugata, jugis lateralibus marginantibus: valleculae 1-vittatae.

177. SISON L. Umbella pauciradiata: umbellulae, radiis abbreviati inae- qualibus, centrali brevissimo : involucrum et involucella olygophylla linearia, radiis breviora, quandoque deficentia: calycis ovati, limbus obsoletus : petala parva subrotunda emarginata, in lacinulam inflexam, producta: staminum fdamenta, petalis aequalia: styli brevissimi, stigmatibus abbreviati recurvis : cremocarpium subrotundum , lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus compressiusculum: carpophorum filiforme, maturitate 2-partitum : mericarpia subhemispherica 5-jugata: jugis lateralibus marginantibus minus conspicuis: val- leculae 1-vittatae convexo-prominulae abbreviatae.

178. AMM1 L. Umbella multiradiata ut plurimum plana: umbellulae mul- tiflorae saepe radiantes: involucrum, et involucella polyphylla, foliolis lineari- bus in umbella pinnatifidis, in umbellula simplicibus: calycis tubolosi limbus obsoletus: petala profonde obcordata, in acumine parvo inflexo, producta: sta- minum filamenta petalis aequalia aut longiora : styli elongati recurvi: cremo- carpium ovato-oblongum, lateribus dorsalibus, compressum: mericarpia, carpo- phoro filiformi 2-partito, maturitate pendula, 5-jugata, jugis aequalibus acutis, la- teralibus marginantibus: valleculae 1-vittatae acutae, juga secundaria simulantes.

179. AEGOPODIUM L. Umbella multiradiata: umbellulae multiflorae in umbella terminali fertiles, in lateralibus steriles. Involucrum et involucella nul- la: calycis minimi limbus obsoletus: petala parva obcordata, in ligulam inflexam, apice producta: staminum filamenta, petalis longiora: styli elongati erecti, in fructo magis producti, et prorsus recurvi: cremocarpium ovato-elongatum, Ia- teribus dorsalibus convexum, commisuralibus compressum: carpophorum seta- ceum, maturitate liberum, apice breviter 2-fidum : mericarpia semicylindrica 5-jugata, jugis filiformibus obtusis, lateralibus marginantibus: valleculae pia— nae evittatae.

180. BUNIUM L. Umbella parva: umbellulae multiflorae, floribus quan- doque radiantibus, internis abortivis: involucrum nullum ve! 1-pliyllum, um-

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bella brevius: involucella nulla aut 1-6-phylla: calycis cylindrici limbus ora- nino obsoletus: pelata obcordata, in aeumine brevi inflexo , producta : stami- num fìlamenta, petalis sublongiora: styli orizontaliter divergentes, apice defle- xi: cremocarpium cylindrico-prismaticum, lateribus dorsalibus convexum, su- turalibus compressum : carpopborum liberum maturi tate 2-fidum : mericarpia acute 5-jugata, jugis lateralibus marginantibus: valleeulae latae planae pluri- vittatae: facies commissuralis 4-vittata.

181. PIMPINELLA L. Umbella plana: umbellulae quondoque centro ste- riles: involucrum et involucella nulla: calycis turbinati limbus obsoletus: pe- tala emarginata, in aeumine inflexo, producta: staminum fìlamenta petalis lon- giora: styli elongati divaricati, et apice incurvi pulvinati: cremocarpium sub- rotundum, lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus compressum: car- pophorum filiforme maturitate liberum 2-fldum : mericarpia subhemispheri- ca 5-jugata, jugis filiformibus obtusis , lateralibus marginantibus : valleeulae multivittatae.

182. SIUM L. Umbella plana: umbellulae multiflorae : involucrum uni- versale nullum, olygophyllum, polyphyllum, foliolis integris, vel apice incisisi involucella, umbellulis breviora aut aequalia: calycis subcylindrici limbus liber 5-dentatus, tandem obsoletus: petala subovata , apice in lacinulam inflexam, producta : staminum fìlamenta petalis subaequalia : styli erecto-divergentes elongati pulvinati: cremocarpium ovoideum, lateribus dorsalibus convexum , commissuralibus insiguiter compressum, subdidymum: carpopborum maturi- tate 2-partitum, partibus mericarpiis coheratibus, vel indivisum : mericarpia subhemispherica, 5-jugata, jugis filiformibus obtusis, externis submarginantibus: valleeulae et commissura plurivittatae.

183. BUPLEURUM L. Umbella saepe pauciradiata, umbellis lateralibus simplicibus, quandoque adjectis: umbellulae radiis breviusculis: involucrum oly- gophyllum polyphyllum nullum: involucella olygophylla vel polyphylla, foliolis liberis aut basi connatis: calycis tubulosi abbreviati limbus obsoletus: petala subrotunda parva involuta: staminum fìlamenta petalis subaequalia: styli bre- vissimi divergentes: cremocarpium ovoideum, lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus compressum : carpophorum maturitate liberum 2-partitum : mericarpia semiovoidea 5-jugata, jugis filiformibus subacutis vel obsoletis: val- leculae sepius vittatae laeves vel granulatae.

184. OENANTHE L. Umbella planiuscula, radiis denuo ut plurimum in- crassatis, externis longioribus saepe sterilibus, internis abbreviati vel omni-

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no sessiles, fertilibus: involucrum olygo-polyphyllum vel nulìum: involucella linearia, umbellula breviora: calycis tubulosi limbus liber 5-partitus, in fructu auctus, partibus acutis rigescentibus: petala obcordata emarginata, in lacinu- lam inflexam, producta: staminum filamenta petalis longiora: styli longiusculi, in fructu acereti, divergentes rigidi: cremocarpium subcylindricum , lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus vix compressum: mericarpia , carpo- phoro indiviso, numquam partibilia, 5-jugata: juga, a valleculis 5 imcomple- tis interpositis, quodamodo duplicata: valleculae completae et incompletae con- strictae 1-vittatae.

185. PHELLANDR1UM L. Umbella pauciradiata: umbellulae densiflorae, radiis abbreviatisi involucrum nullnm aut monopbyllum: involucella polyphylla, umbellula breviora, foliolis jamdudum lanceolato-linearibus: calycis cylindrici limbus liber persistens 5-partitus, partibus lanceolato-subulatis, externis lon- gioribus: petala obcordata, in ligulam inflexam producta: staminum filamenta, petalis longiora: styli longiusculi erecto-divergentes, tandem elongati: cremo- carpium cylindricum abbreviatura, lateribus dorsalibus convexum, commissura- libus sulcatum: carpophorum vel numquam vel sero 2-partitum, partibus, me- ricarpiis 5-jugatis, arcte haerentibus: juga late depressa: valleculae angustatae 1-vittatae.

186. FOENICULUM Goet. Umbella plana: umbellulae multiflorae : invo- lucrum et involucella subnulla: calycis tubulosi, apice dilatati, limbus obso- letus: petala parva subrotunda, in lacinulam dilatatam retusam , producta : staminum filamenta petalis subaequalia: styli brevissimi apice recurvoli: cre-^ mocarpium ovoideum, lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus sub- compressis: carpophorum maturitate liberum 2-partitum: mericarpia subhemis- pberica 5-jugata, jugis obtusis lateralibus marginantibus: valleculae 1-vitta- tae: commissura 2-vittata.

187. BRIGNOLIA Bert. Umbella multiradiata: umbellulae multiflarae : involucro et involucellg polyphylla, e foliolis fìliformibus : calycis subcylin- drici limbus liber 5-dentatus, dentibus post anthesim subaccretis: petala ro- lundata, in ligulam involutam retusam, apice producta : staminum filamenta petalis subaequalia: styli brevissimi recurvati: cremocarpium cylmdrico-elon- gatum, lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus vix compressum: meri- carpia, earpophoro indiviso , cohaerentia 5-jugata, jugis obtuse carinatis: val- leculae 1-vittatae, linea mediana prominula, notatae.

188. SESEL1 L. Umbella planiuscula: umbellulae, floribus internis quan- doque abortivis : involucrum subnullum : involucella polyphylla , foliolis ali-

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quando hasi connatis: calycis subcylindrici, lirnbus 5-dentatus, dentibus bre- vibus crassiusculis: petala obcordata, in lacinulatn subintegram inflexam, pro- ducta: staminum filamenta petalis longiora : styli breves recurvi, cremocar- pium oblongo-subteres, lateribus dorsalibus convexum , comrnisuralibus vix compressum: carpophorum filiforme, maturiate liberum 2-partitum: mericar- pia semiteretia 5-jugata, jugis crassiusculis subverrucosis , lateralibus saepe crassioribus marginantibus: vallecule 1-vittatae: commissura 2-vittata.

189. LIBANOTIS Goert. Umbella convexa : umbellulae densiflorac, fiori- bus internis aliquando sterilibus: involucrum universale olygophyllum vel po- lyphyllum , umbella brevius : involucella polyphylla , umbellulis subaequalia aut breviora , foliolis jamdudum lanceolati, margine membranaceis: calycis cylindrici villosi, lirnbus liber 5-dentatus, dentibus minimis acutis patentibus: petala obcordata, lacinula acuminato-inflexa, terminata: staminum filamenta. petalis longiora: styli breves erecti divaricati, in fructu elongati, cremocar- pium oblongum , lateribus dorsalibus convexiusculum, comrnisuralibus com- presso-canaliculatum: carpophorum filiformae maturitate liberum 2-partitum: mericarpia convexa 5-jugata, jugis fìliformibus, lateralibus marginantibus: val- leculae, et commissurae plurivittatae.

190. CiNIDIUM Cuss. Umbella convexa : umbellulae densiflarae , fio— ribus centralibus sterilibus: involucrum, et involucella nulla, vel olygophylla, foliolis linearibus quandoque brevissimis : calycis conoidei lirnbus obso- letus : petala obovata profunde emarginata in lacinulam inflexam pro- ducta : staminum filamenta petalis longiora : styli erecti , in fructu multum elongati descendentes: cremocarpium ovoideum elongatum, lateribus darsali- bus convexo-acutum , commissuralibus compresso-applanatum : carpophorum filiforme, maturitate liberum 2-partitum : mericarpia semicylindrica 5-ju- gata, jugis angusto-alatis , lateralibus marginantibus : valleculae 1-vittatae , commissura 2-vittata.

191. ATHAMANTA L, Umbella eonvexa mul ti radiata : umbellulae densiflorae, floribus paucis centralibus quandoque sterilibus: involucrum et in- volucella ut plurimum polyphylla , foliolis lineari-acuminatis reflexis , in umbellis multo brevioribus , in umbellulis subaequalibus : calycis turbinati ut plurimum villosi, lirnbus liber 5-dentatus, dentibus tandem deciduis: pe- tala obovata, in lacinulam brevem inflexam, producta: staminum filamenta , petalis longiora; styli breves erecti , post anthesim elongati divaricati : cre- mocarpium subrotundum, lateribus dorsalibus acute-convexum. commissura-

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libus compressimi : carpophorum filiforme maturitate liberum 2-partitum : mericarpia subhemyspherica 5-jugata, jugis conspicuis crassis lateralibus mar- ginantibus: valleculae 3-4-vittatae: commissura 8-vittata.

102. HLADNICHIA Kqch. Umbella plana: umbellulae multiflorae, flori- bus eentralibus sterilibus: involucrum et involucella olygophylla, foliolis pa- tentibus, radiis, brevioribus: calycis conoidei, limbus liber 5-dentatus, denti- bus minimis quandoque obsoletis: pelala obcordata saepius obtusa , in ligu- lam apice producta: staminum filamenta petalis subaequalia : styli brevissi- mi, in fructu paranti aucti recurvi: cremocarpium ellipticum glabrum , late- ribus dorsalibus acute convexum, commissuralibus subplanum: carpophorum, filiforme maturitate liberum 2-partitum: mericarpia semicylindrica 5-jugata, jugis acutis prominentibus, lateralibus marginantibus : valleculae 3-vittatae : commissura 4-vittata.

193. MEUM Tourn. Umbella radiis inaequalibus : umbellulae multiflo- rae, floribus externis et centrali fertilibus, reliquis abortivis: involucrum sub- nullum: involucella 3-5-phylla: calycis tubulosi abbreviati, limbus obsoletus: pelala subovata, basi et apice producto, angustata: staminum filamenta peta- lis longiora: styli breves, in fructu elongati divergentes : cremocarpium ob- longum , lateribus dorsalibus acute convexum , commissuralibus compresso- planum : carpophorum maturitate liberum 2-partitum: mericarpia subcylin- drica 5-jugata, jugis prominulo-carinatis, lateralibus marginantibus : vallecu- lae. et commissura, multivittatae.

194. CRITHMUM L. Umbella densiflora, radiis brevibus striatis : um- bellulae multiflorae: involucrum polyphyllum, foliolis lanceolatis, umbella bre- vioribus : involucella conformia : calycis prismatici limbus obsoletus : petala ovata, in ligulam apice inflexam, producta: staminum filamenta petalis lon- giora: stili brevissimi, tandem vix acereti: cremocarpium elliptico-elongatum spongiosum : carpophorum filiforme maturitate liberum 2-partitum, mericar- pia semiteretia 5-jugata, jugis prominulis subalatis, lateralibus insignoribus marginantibus: valleculae canaliculatae evittatae.

195. SELINUM Hoffm. Umbella subconvexa : umbellulae multiflorae , floribus internis quandoque sterilibus: involucrum et involucella polyphylla , foliolis lanceolato-linearibus, umbellis ut plurimum brevioribus : calycis con- oidei limbus liber, dentibus 5 exiguuis, tandem deciduis, obsoletus : petala ovata, in ligulam inflexam, apice producta: staminum filamenta petalis lon- giora : styli breves, in fructu elongati deflexi: cremocarpium ellipticum sub-

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planum lateribus commissuralibus marginantibus: carpophorum filiforme, ma- turitate liberum 2-partitum: mericarpia 5-jugata, jugis 3 centralibus promi- nulis, lateralibus subobliteratis, in alam plus minusque latam, productis: val- leculae 1-vittatae , commissura 2-vittata : vittae omnes completae , quan- doque incospicuae.

196. FERULA. L. Umbella convexa multiradiata : umbellulae multiflo-

rae, in umbella superiori flores omnes fertiles, in lateralibus, vel omnes vel interni tantum fertiles : involucrum et involucella varia : calycis abbreviati limbus liber 5-dentatus, tandem obliteratus : petala ovata in acumen incur- vum producta: staminum filamenta, petalis longiora: styli breves erecti , in fructu basi orizontaliter divergentes, apice assurgentes, tandem decidui: cre- mocarpium ellipticum vel obovatum turgidusculum , lateribus commissurali- bus marginantibus : carpophorum filiforme, maturitate liberum 2-partitum : mericarpia lenticularia 7-jugata , juga fìliformia 5 dorsalia 2 commissuralia , dorsalia lateralia minora obsoleta: valleculae in margine dilatato plano pro- ducto 1 4— vittatae : commissura 2--multi vittata : vittae omnes in-

completae.

197. PALIMBIA DC. Umbella pauciradiata, radiis internis abbreviatisi umbellulae multiflarae, floribus nonullis internis aliquando sterilibus: involu- lucella nulla olygophylla, foliolis fìliformibus, umbellulas aequantibus: caly- cis tubulosi limbus obsoletus: petala ovata integra in acumen breve acutum producta : staminum filamenta , petalis longiora : styli erecti longiusculi in fructu divergentes elongati recurvi : cremocarpium ellipticum, dorso com- pressum, lateribus commissiralibus marginatibus: carpophorum filiforme ma- turitate liberum 2-partitum: mericarpia lenticularia 5-jugata , jugis 3 filifor- mibus obtusiusculis, lateralibus majusculis in marginerò subcrassum produ- ctis: valleculae 1-2-vittatae: commissura 2-4-vittata.

198. PASTINACA L. Umbella plana vel concava : umbellulae mul- riflorae, floribus internis aliquando sterilibus: involucrum et involucella nul- la, vel olygophylla, foliolis lanceolati brevioribus : calycis conoidei limbus obsoletus: petala ovata integra, in lacinulam inflexam , producta: staminum filamenta petalis duplo longiora: styli brevissimi, in fructu divaricato-paten- tissimi : cremocarpium subplanum ellipticum aut ovatum , lateribus com- missuralibus marginantibus: carpophorum filiforme maturitate 2-partitum li- berum : mericarpia 5-jugata, jugis fìliformibus 3 centralibus, 2 lateralibus margine impositis: valleculae 1-2-vittatae: commissura 2-vittata: vittae ut plu- rimum incompletae.

154

199. HERACLEUM L. Umbella multiradiata, radiis inaequalibus elon- gatis: umbellulae multifiorae, floribus internis quandoque sterilibus : involu- crum olygopbyllum deciduum, umbella brevius: involucella polyphylk saepe umbellula breviora, interdum dimidiata: calycis conoidei truncati, limbus li- ber, dentibus 5-exiguuis: petala obcordata emarginata, in Iacinulam inflexarn , produeta, exteriora saepe radiantia : staminum filamenta, petalis minoribus , longiora: styli breves, in fructu triplo elongati , recurvati, tandem decidui: cremocarpium subapplanatum conico-rotundatum , lateribus commissurali- bus marginantibus: carpophorum filiforme maturitate liberum 2-partitum : mericarpia 5-jugata, jugis filiformibus tenuissimis , lateralibus , arcuatimi se- cus marginem, positis: valleculae 1-vit.tatae : vittae omnes clavatae dimidia- tae, commissurales quandove deficientes.

200. TORDYLIUM L. Umbella plana : umbellulae multifiorae , flori- bus radiantibus, omnibus aut externis tantum fertilibus: involucrum , et in- volucella , quandoque umbellulam superantia, olygo--polyphylla, foliolis sim- plicibus linearibus : calycis tubuloso-abbreviati , limbus liber 5-dentatus ; petala interna obcordata , externa radiantia 2-partita, laciniis obovatis, om- nia, in Iacinulam acutam inflexarn , produeta : staminum filamenta , petalis internis . subaequalia : styli brevissimi in fructu acereti eredi vel incurvi , tandem decicui: cremocarpium appianatami subrotundum, lateribus commis- suralibus marginantibus , circa marginem tuberculatum aut hirtum : carpo- pborum filiforme maturile liberum 2-partitum: mericarpia tenuiter 5-jugata, aut tenuissime multijugata, jugis externis margini approximatis : valleculae 1-multi-vittatae: commissura 2-inulti-vittata.

201. SCAND1X L. Umbella pauciradiata, subinde simplex, floribus ra- diantibus : involucrum nullum : involucella 2-5-phylla , foliolis apice ciliatis vel dentatis, umbellula brevioribus: calycis minusculi, limbus obsoletus: pe- tala cuneato-elongata, acumine inflexo saepius terminata: staminum filamenta, petalis internis aequalia : styli crassiusculi breves recti : cremocarpium ob- bongum, in rostrum longissimum, continuatum: carpophorum indivisum, vel aliquando maturitate liberum 2-fidum: mericarpia 5-jugata , jugis obtusis , lateralibus marginantibus: valleculae vittatae.

202. ANTIIRISCUS Hoffm. Umbella oppositifolia , aut terminalis : umbellulae pauci-multi-radiatae, floribus interioribus aliquando sterilibus: in- volucrum nullum aut 1— 3-phyllum : involucella nulla vel 2-5-phylla : calycis parvi cylindrici, limbus obsoletus : petala minuscula obovata margi-

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nata, in lacinulam brevissimam, producta: staminum filamenta, petalis sub- aequalia: styli breves eredi , in fructu vix acereti : cremocarpium ovoideo- oblongum muricatum, lateribus dorsalibns convexum, cotmnissuralibus com- presso -canaliculatum, superius in collum 10-striatum glabrum continuatum: carpophorum filiforme, maturitate liberum 2-fidum: mericarpia subteretia e- jugata: facies commissuralis canaliculata.

203. CHAEROPHYLLUM L. Umbella pauciradiata : umbellulae floribus internis aliquando sterilibus: involucrum nullum : involucella umbellula bre- viora 1-5— pliylla: calycis tubuloso-conoidei limbus obsoletus : petala obcor- data , in acumine brevi inflexo, producta : staminum filamento exilia pe- talis subaequalia: styli breves recti: cremocarpium cylindricum glabrum la- teribus dorsalibus convexum, commissuralibus canaliculatum , apice in col- lum 10-striatum, continuatum: carpopborum filiforme maturitate liberum a- pice 2-fldum: partibus collo adfixis: mericarpia subcylindrica obscurissime 5- jugata, jugis lateralibus magis conspicuis rnarginantibus: valleculae 1-viltatae: commissura profunde sulcata.

204. MYRRH1S Tourn. Umbella plana multiradiata; umbellulae miltiflo- rae, floribus internis sterilibus, radiiis abbreviatisi involucrum 1-5-phyIlum , quandoque nullum: involucella 5-poly-pylla, foliolis lanceolatis ciliatis longitudi- ne variis : calycis cylindrici limbus obsoletus : petala obeordata in acumine breve inflexum producta: staminum filamenta subulata , petalis subaequalia : styli breves, tandem parum elongati, recurvi: cremocarpium cylindricum già- bruni vel setulosum, lateribus dorsalibus convexum , commissuralibus sulca- tum: carpophorum maturitate liberum superius 2-partitum: mericarpia semi- cylindrica 5-jugata, jugis quandoque duplicatisi commissura carinata.

205. PRANGOS DC. Umbella grandis , radiis inaequalibus : umbellulae multiflorae floribus internis sterilibus; involucella olygo-poly-phylla, foliolis li- nearibus reflexis, radiis brevioribus: calycis conico-truncati limbus obsoletus: petala integra ovata inflexa: staminum filamenta, petalis longiora: styli ere- di in fructu elongati divaricati: cremocarpium subteres oblongum glabrum , codice crasso fungoso, lateribus dorsalibus convexum, commissuralibus com- pressiusculum : carpophorum filiforme crassiusculum , maturitate liberum 2- partitum: mericarpia semiteretia 5-jugata, jugis alatis, lateralibus marginan- tibus, alis integris undulatisve: valleculae, et commissura latae evittatae: se- mina multi-vittata.

ì

156

206. CONIUM L. Umbella multiradiata: umbellulae multiflorae: involu- crum reflexum brevissimum polyphyllum: involucella patentia dimidiata tri— phylla, umbellulis brevi ora: calycis minimi abbreviati limbus obsoletus: pe- tala obcordata subemarginata v superius carinata , in acuminulum inflexum , producta: staminum filamenta petali» sublongiora: styli breves erecti tandem recurvati: cremocarpium ovoideum obtusum, lateribus dorsalibus prorsus con - vexis , commissuralibus vix compressis : carpophorum filiforme , maturi tate liberuui 2-fìdum: mericarpia semiorbicularia, basi producta , latere commi- surali excavata 5-jugata, jugis crassiuseulis suberenatis, lateralibus marginan- tibus: valleculae evittatae.

207. SMYRNIUM L. Umbella plana vel convexa : umbellulae mnltiflo- rae, floribus internis aliquando sterilibus, in umbeliis lateralibus subinde om- nibus sterilibus: involucrum et involucella nulla, raro olygophylla ramenta- cea: calycis abbreviati limbus obsoletus : petala integra ovata aut lanceolata subinde opice in lacinulam inflexam continnata: staminum filamenta , peta- lis multo longiora: styli crassiusculi erecti , in fructu recurvati : cremocar- pium didymum turgiduui, lateribus dorsalibus insignite!* convexis , commis- suralibus angustatis , compresso-sulcatis : carpophorum crassiusculum filifor- me, maturitate liberum 2-partitum: mericarpia bine rotundata, inde acumi- nata 5-jugata, jugis dorsalibus prominulis acutis 2 lateralibus subobliteratis: valleculae multivittatae : commissura angusta.

* * Jugis primariis et seeundariis donatae

209. LASFRPITIUM L. Umbella majuscula ut plurimum mnltiradiata: umbellulae densiflorae, floribus internis aliquando sterilibus: involucrum um- bella multo brevius, et involucella umbellulis subaequalia, utraque polyphyl- la , foliolis linearibus acuminatis patentibus vel reflexis: calycis obverse-co- nici, limbus 5-dentatus vel laciniatus liber: petala obcordata , in lacinulam inflexam, apice producta: staminum filamenta petalis subaequalia: styli ere- cti divaricati tandem elongati recurvi : cremocarpium oblongum , lateribus dorsalibus convexo-compressum, commissuralibus inflexo-sulcatum: carpopho- rum filiforme maturitate liberum 2-partitum: mericarpia 9-jugata, jugis 5- primariis in alam angustam rectam, lateralibus marginantibus, 4 seeundariis in alam magis conspicuam undulatam* productis: valleculae sub jugis secun- dariis 1-vittatae: commissura pina 1-vittata.

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210. ELAEOSELINUM Rock. Umbella convexa radiata : umbellulae multiflorae , floribus internis sterilibus : involuerum et involucella nulla , vel olvgo-polyphylla, foliolis lanceolatis angustis, radiis, brevioribus: calycis cy- lindrici limbus minimus liber, lacinulis 5 lanceolato-acuminatis: petala obo- vata emarginata, in lacinulam inflexam, producta : staminum filamenta, pe- talis longiora: styli brevissimi erecti in fructu acereti recurvati: cremocarpium teretiuseulum 4~alatum, lateribus dorsalibus convexo-compressum, commis- suralibus inflexo-sulcatum: corpophorum filiforme, maturitate liberum 2-par- titum: mericarpia 9-jugata, jugis 5 primariis, 4 secundariis : juga primaria filiformia 3 dorsalia 2 lateralia secus marginerò , juga secundaria interiora obtusa vel subalata, exteriora, alas membranaceas cremocarpi, sistentia: vittae sub omnibus jugis: facies commissuralis angusta obscure vittata.

211. DAUCUS L. Umbella multiradiata plana , in fructu ut plurimum contracta: umbellulae multiflorae, radiis brevibus, floribus externis sterilibus, internis fertilibus, centrali saepe abortivo colorato: involuerum polyphyllum decompositum: involucella polyphylla simplicia vel fissa: calycis conoidei ab- breviati, limbus obsoletus: petala obovata irregulariter fissa, exteriora saepe radiantia, in lacinulam inflexam, apicis medio, producta: staminum filamenta petalis longiora : styli breves in fructu elongati divergentes : cremocarpium ovatum, vel ovato-oblongum, lateribus dorsalibns convexiusculum, commis- suralibus, inflexo-sulcatum: carpophorum filiforme maturitate liberum 2-par- titum: mericarpia hinc convexa inde plana 9-jugata , jugis 5 primariis fili- formibus setulosis, lateralibus marginantibus, 4 secundariis prominulis sim- plici serie aculeato-pectinatis.

212. CAUCAL1S L. Umbella pauci-radiata, radiis inaequalibus: umbel- lulae conformes floribus radiantibus externis fertilibus, internis sterilibus: in- volucrum, et involucella simplicia 2-5-phylla, in umbella quandoque deticien- tia: calycis tubulosi , limbus liber persistens 5-partibus , laciniis ovato-Ian- ceolatis: petala externa obeordata, omnia in lacinulam inflexam medio, pro- ductam, continuata: staminum filamenta longitudine ludibunda: styli acumi- nati, in fructu apice vix incurvi: cremocarpium oblongum, lateribus dorsalibus convexiusculum, commissuralibus incurvum.' carpophorum rigidum, maturitate apice tantum, 2-fidum: mericarpia 9-jugata, jugis 5 primariis setulosis, cen- tralibus dorso, lateralibus commissura impositis, 4 secundariis insignoribus alaribus: ala in aculeorum serie simplici partita: vallecularum vittae solitariae sub quovis jugo secondario: commissura 2-vittata:

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213. TORILIS DC. Umbella pauciradiata , radiis brevibus , quandoque sessilis: umbellulae, floribus omnibus ut plurimum fertilibus: involucrum 1- phyllum vel nullum: involucella 5-phylla: calycis conoidei limbus liber 5-par- titus persistens , dentibus triangulo-acuminatis : petala obcordata , exteriora majora parvi-radiantia 2-fida, omnia, in lacinulam inflexam, continuata: sta- minum filamenta petaìis subaequalia : styli breves ereeti , in fructu elongati incurvi: cremocarpium ovoideum, lateribus dorsalibus convexiusculum, com- rnissuralibus inflexum : carpophorum filiforme rigidum, maturitate liberum, apice tantum 2-fidum: mericarpia dorso convexa, commissura sulcata: setae numerosae, quandoque tubercula, e jugis primariis et secundariis ita assur- gentia, ut juga obscura, valleculae et vittae incospicuae evadant.

2! 4. BIFORA Hoffm. Umbella plana: umbellulae ut plurimum grandi- radiantes: involucrum nullum aut 1 -phyllum: involucella olygophylla vel nulla: calycis margo obsoletus : petala obcordata emarginata , exteriora radiantia , omnia 2-fida, in acuminulum inflexum, producta: staminum filamenta, petalis minoribus longiora: styli breves, in fructu parum acereti divaricato-incurvi: cremocarpium globoso-didymum rugosum vel granulatum, lateribus dorsali- bus rotundato-convexum, commissuralibus cohartato-depressum, commissurae pars superior, foraminibus duobus, pertusa: carpophorum tandem 2-partitum, partibus mericarpiis adhaerens: mericarpia subgloboso-inflata , jugis , potius striis 5 obsoletis, duabus lateralibus arcuatis, notata: vittae nullae.

215. COR1ANDRUM L. Umbella plana minuscula: umbellulae multiflorae radiantes , in umbella primaria flores omnes , in secundariis centrales , et periferiales tantum fertiles: involucrum nullum aut 1 -phyllum lineare: invo- lucella dimidiata sub-3-phylla, foliolis in utrisque, radiis, brevioribus: calycis tubulosi limbus liber 5-partitus, partibus ovato-lanceolatis persistentibus: petala obovata emarginata, radiantia 2-partita, omnia in lacinulam acutam inflexam continuata: staminum filamenta, petalis minoribus longiora: styli breves, in- fructu erecto-divergentes: cremocarpium globosum glabrum, lateribus dorsa- libus et commissuralibus convexum, vix partibile: carpophori semibifìdi fila- menta, medio libera, basi et apice mericarpiis 10-jugatis haerentia: juga pri- maria obtnsa, secundaria acuto-prominula: valleculae evittatae : commissura concava 2-vittata velo tecta.

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ORD. III. TR1GYN1A.

Caprifoliaceae Vent.

216. VIBURNUM L. Perigonium duplex, bracteolis involucratum: calyx 1-sepalus adhaerens, limbo libero 5-fìdo: corolla campanulata vel infundibu- liformis, tubo brevissimo, fauce pervia nuda, limbo 5-fìdo, laciniis aequalibus obtusis, quandoqne externis majoribus radiantibus: stamina, laciniis corollinis alterna: stigmata 3 sessilia obtusa: acinus subrotundus aut compressus, laci- niis calycinis, coronatus 1-locularis, 1-spermius.

217. SAMBUCUS L. Perigonium duplex : calyx 1-sepalus adhaerens , limbo libero 5-dentato vel 5-partito, segmentis acutis vel rotundatis: corolla rotata, tubo brevi, fauce nuda, laciniis limbi obtusis: stamina tubo inserta, petalis alterna: stigmata 3 sessilia glabra : acinus subglobosus succosus, la- ciniis caliycinis coronatus 1-locularis 3-spermus.

Su MACH IN E AE DC.

218. RHUS L. Flores quandoque dioici. Perigonium duplex: calyx mi- nimus 1-phyllus liber persistens 5-partitus: corolla 5-petala, petalis minimis ovatis: stamina petalorum longitudine: styli, vel stigmata 3 tantum sessilia: drupa subexucca, putamine osseo, 1-3-sperma.

Rh AMNEAE R. BrOWN .

219 PALIURUS L. Perigonium duplex: calyx 1-sepalus 5-6-fìdus, tubo adhaerente, limbo circumscisso, laciniis patentibus, post anthesim deciduis : petala parva 5-6, laciniis calycinis, alterna: stamina 5-6 : styli 3 breves : drupa fungosa depressa, in alam horizontalem, medio productam, samaram mentiens: putamen osseum 2-3-loculare 2-3-spermum.

Caryophylleae Juss.

220. DRYPIS L. Perigonium duplex : calyx 1-sepalus tubulosus liber 5-dentatus: corolla caryophyllea , petalorum ungue exerta , apice 2-uguic.u-

21

160

lata, lamina 2-fìda: staminum filamenta subulata: styli 3, stigmatibus sim- plicibus: capsula 1-locularis circumscissa 1-spermia.

Paronichiae Rich.

221. CORRIGIOLA L. Perigonium duplex: calyx 1-sepalus liber 5-par- tibus: corolla 5-petala, calycis longitudine, et ipsius partibus alterna, fundo adfìxa: stamina opposita, corolla breviora, filamentis subulatis: stigmata ob- tusa: nux subtrigona, calyce occultata, 1-locularis 1-spermia: semen, e funiculo umbilicali assurgente, pendulum.

T AM ARI SCI NE AE DeSV.

122. TAMAR1X L. Perigonium duplex: calyx 1-sepalus liber 4-5-par- titus persistens: corolla 3-5-petala, calyce longior, petalis oblongis concavi s: stamina 4-5, filamentis liberis, vel 10, filamentis basi cohalitis: styli breves, stigmatibus incrassatis, vel stigmata subrotonda sessilia: capsula pvramidata 3-gona , calycem superans , 3-valvis 1-locularis polysperma : semina, coma pilosa, coronata.

Celastrineae R. Brown.

123. STAPHYLEA L. Perigonium duplex: calyx 1-sepalus liber coloratus 5-partitus, basi, receptaculo urceolato, adhaerente : corolla 5-petala, petalis oblongis, partibus calyeiuis alternis: stamiua, filamentis subulatis, petalorum longitudine : styli 2-3 liberi aut connati : capsula membranacea, quandoque coriacea olygospermia 2-3-locularis, loculis, sutura interna, nunc basi, nunc tota longitndine connatis, dehiscentibus: semina ossea subglobosa.

OrD. IV. TETRAGYNIA.

Droseraceae DC.

224. PARNASSI A L. Perigonium duplex patens: calyx liber 1-sepalus 5-par- titus: corolla 5-petala, calyce longior, petalis ovatis coneavis: squamae 5 nectari- ferae cochlearif'ormes, petalis oppositae, glandulis pedicellatis terminatae: sta- mina nectariis alterna , et ita ipsis approximata et conniventia , ut stigmata

161

obtusa tegant, post deflorationem recessa: capsula membranacea 1-]ocu3aris 4-valvis polysperma : semina arvllata, septo mediano augustissimo, utrinque adfìxa.

Or D. V. PENT AGYNÌA.

Plumbagiaeae Vent.

225. STATICE Wild. Flores spicato-panicuiati , bracteati. Perigonium duplex: calyx 1-sepalus liber persistens, infundibuliformis 5-nervosus , tubo limboque scarioso 5-plieato 5-lobo: corolla, tubo, vel basi tantum cohalita, 1-petala, quandoque petalis omnino liberis, polypetala: filamenta subulata, e basi petalorum orta: styli fìliformes glabri liberi, aut inferius, parvo tractu, cohalita, stigmatibus fìliformibus glandulosis: nucula membranacea 1-spermia 1-locularis, calvce abscondita, transversim ruptilis: sentieri oblongum, e funi- culo umbilicali filiformi, pendulum.

126. x4RMERIA Wild. Flores fasciculato-capitati bracteati , involucro tuboloso basi cinti. Perigonium dnplex : calyx i -sepaies liberus persistens , tubo, limboque scarioso 5-plicato 5-lobo , setis 5 terminato sucessive dila— tatis, infundibuliformi: corolla 5-petala, vel, unguibus approximatis, et basi tantum connatis , 1-petala, limbo jamdudum patente 5-partito : filamenta subulata, e basi eorollae connata, orta: styli fìliformes, basi cohaliti, inferius barbati, stigmatibus fìliformibus glandulosis: fructus et semen ut in Statine.

Linoideae Sciiultz.

127. LINUM. L. Perigonium duplex: calyx 5-sepalus liber persistens: corolla 5-petala, basi unquiculata, andropboro conjuncta: staminum filamenta 10 subulata, 5 tantum antheriphera, androphoro basi cohalita, antheris sagi t- talis : styli fastigiati , stigmatibus capitato-eìongatis : capsula globosa acuta 10-valvis, valvarum marginibus induplicatis, dissepimenta duplicantibus, dehi- scens: semen compressum nitidum in unoquoque loculo.

Pentaedri a Monngynìa.

CER1NTHE.

358. aspera. Wild. Sp. PI. t. 2. p. 2. p. 772. Foliis asperis calloso-

162

punctatis, margine ciliatis : pedicellis calyce brevioribus: segmentis calycinis lanceolati ciliatis: corollae fauce ventricosa, limbo 5-dentato, dentibus bre- vissimis cito revolutis: staminibus longitudine corollae.

C. aspera. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 92. n. 233. - Bert. FI. It. t. 2. p. 319. - C. quorumdam major spinoso folio, flavo flore. Hort. Rom. t. 2. tab. 12.

In agris, cultis, ad sepes communi.

Ann. Fior. Aprili-Majo. Flores lutei, basi saepe purpurascentes.

Vulgo. Erba tortora.

359 minor. L. Sp. PI. p. 196. Foliis glabris saepe maculati, margine nudis: floribus spicato-secundis, pedicellis calyce longioribus: tandem erectis, segmentis calycinis abbreviati, in fructu auetis: corollae limbo 5-fido, seg- mentis acuti conniventibus: staminibus, corolla brevioribus:

/3 Maculata. Corolla punctis quinque exiquis purpureis notata.

C. minor /3 Bert. FI. It. t. 2. p. 321.

In arvis et marginibus sylvarurn secus Macerata.

Bienn. Fior. Junio ad Octobrim. Flores flavi.

360. maculata Link. En. alt. t. 1. p. 170. Foliis glabris albo ma- culati, margine nudis: floribus alternis spicatis, pedicellis calyce longioribus in fructu erectis: segmentis calycinis majoribus ovatis , minoribus oblongis : corollae limbo 5-fido, dentibus ovato-lanceolatis erectis: staminibus longitu- dine corollae.

C. maculata Bert. FI. It. t. 2. p. 322.

Ad horas nemorum in elatis montibus. Monte la Ventosa in Picaeno.

Perenti: Fior. Majo ad aestatern.

Flores flavi, maculis purpureis, notati.

HELIOTROP1UM

361. europaeum L. Sp. PI. p. 128. Caule erecto erbaceo : foliis to- mentosi rugoso-scabris: spicis conjugatis: floribus secundis.

H. europeum. Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 48. n. 116.- Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 90 n. 223. - Bert. FI. It. t. 2. p. 252 - H. majus Dio- scoridis. Hort. Rom. t. 2. lab. 33.

Ad vias, et in arvis commune.

Ann. Fior. Septembri, Octobri. Flores albi inodori.

Vulgo. Eliotropio. Erba da Porri

Usus. Inquisitur a vulgo, nam succus ad porros eliminandos valet.

163

LITHOSPEKMUM

362. officinale L. Sp. PI. p. 189. Pubescens scabrum. Caule ra- mosissimo: foliis lanceolatis acuminatis 1-nervis venosis: racemis terminalibus, floiibus secundis remotis : carollis , calycern vix superantibus : colliculis o- voideis laevissimis.

L- officinale Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 90 n. 224 - Bert. FI. It t. 2. p. 271- Hort. Rom. t. 2. tab. 29.

In pascuis circa urbem minus freguens. et ad Fiumicino

Perenn. Flores Majo. Flores albi.

Vulgo. Miglialsole.

Usus. Semina, in veteri medicina, uti lithontritica laudabanlur.

363. purpureo caeru leu m. L. Sp. PI. p. 190. Pilis hispidulis sca- brum. Caulibus fertilibus erectis, sterilibus procumbentibus: foliis lanceolatis a- cuminatis 1-nerviis: racemis terminalibus brevibus secundifloris, in fructu la- xatis: corollis, calycern multoties superantibus: colliculis obtusis laevissimis.

L. purpureo-coeruleum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 90 n. 226. - Bert. FI. It. t. 2, p. 273 - L. majus flagellis oblongis hispidis, partim erec- tis, partim procumbentibus, floribus majoribus, coeruleis et rubris in eadem pianta. Hort. Rom. t. 2. tab. 28.

In umbrosis, netnorosis vulgare. Villa Pamfdi , Borghese etc.

Perenn. Fior. Aprili Majo. Flores a rubro ad coeruleum.

364. arveuse L. Sp. PI. p. 190. Pilis adpressis scabrum. Caule her- baceo basi repente, ramoso: foliis lanceolatis obtusis 3-nerviis aveniis, supe- rioribus acutiusculis: racemis elongatis paucifloris, floribus remotis: corollis ca- lycem vix superantibus: colliculis ovoideis tuberculato-rugosis.

L. arvense. Seb. et Maur. FI. Piom. Proci, p. 90 n. 225, - Beri FI. It. t. 2. p. 278-Echioides parva, alba, amphibia. Column. Ecphr. p. 189 , et. E. alba p. 185 fig.

In arvis, segete, muris siccis commune.

Perenn. Fior Majo Iunio. Flores lactei.

365. apulum Wild. Sp. PI. t. 2. p. 2. p. 752. Villis palentibus hirtum. Caule solitario vel caespitoso, ramis alternis: foliis lineari-lanceolatis acutis 1-nervis, racemis terminalibus secundis, floribus approximatis: corollis, calyce vix duplo longioribus: colliculis acutis muricatis.

164

L.apulum. Seb. et Manr. Fi Rom. Pred. p. 91. n. 237- Bert. FI. II. t. 2. p. 281. Echioides lutea minima Apula campestris. Column Ecphr. p. 184, et E. lutea syl. minima p. 185. fìg.

In pratis maritimis. Civitavecchia.

Ann. Fior. Majo. Flores lutei.

PULMONARIA

366. offici n ali s L. Sp. PI. p. 194 Foliis radicalibus ovato-cordatis, su- perioribus ovato-oblongis.

P. officinalis. Seb. et Maar. FI. Rom. Prod. p. 91. n, 228. - Bert. FI. II. t. 2. p. 309. P. Italorum ad Buglossum accedens. Hort Rom. t. 2. tab. 26 - P. viridi, subrotundo, non maculato folio. Bocc. Muss. di Piani, p. 135. et P. viridi» non maculata subrotunda tab. 95.

/3 foliis supra maculis argentino-albissimis confluentibus fere ex toto ad- pressis. Bert. I. c. p 310.

In montium sylvis frequens. Albano, Rocca di Papa etc. /3 secus lacum Àlbanensem.

Perren. FI. Aprili. Flores a purpureo ad coeruleum

Vulgo. Polmonaria.

Usus. Uti vulneraria, et emolliens a medicis habetur, quamvis nunc raro usurpata.

ONOSMA

367. montana Sibth. et Smith Fb. Graec Prod . t. 1. p. 121. Tubercu- lato-bispida, seti erecto-patulis, tuberculis echinato-stellatis. Caule strido : foliis linearibus vel lanceolati quandoque revolutis: racemis terminalibus sub- solitariis: floribus nutantibus.

0. montana Bert. FI. It. t. 2. p. 326.-0. echioides Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 91 n. 232. - Symphytum Echii folio angustiore , radice ru- bra, flore luteo. Hort. Rom. t. 2. lab. 32. - Anchusa Echioides lutea Cerni- tile flore montana. Column. Ecpher p. 183. et A. Echioides corinthoides mont. p. 183. fìg.

In sterilibus etiam montani. 8. Polo, Solfatara di Tivoli etc.

Perren. Fior. lunio-Augusto. Flores luteoli.

ECHIUM.

368. italicu m L. Sp. PI. p. 139. Pilis patentibus hispidissimum. Caule subangulalo erecto, adscendente* vel prostrato : foliis radicalibus et caolini

165

lanceolato-linearibus sucéssive rninoribus: racemo composito pyramidato-laxo, racemulis ut plurimum abbreviatis: corollae limbo subregulari, calyce duplo longiore: staminibus longe exertis.

E. italicum. Seb. et Mane. FI. Rom. Prod. p. 91. n. 229 - Reti. FI. It. t. 2. p. 342 -

In pascuis ad vias commune.

Bienn. Fior, lunio, lulio. Flores albi pilosi.

369. plant agi n eu m L. Mani. p. 202. Molliter hirsutum. Caule sub un- gulato decombente, adscendente vel erecto : foliis supra lineatis subtus ve- nosis, radicalihus ovatis petiolatis, caulinis cordalo-lanceolatis, supremis acu- tis: racemis paniculatis in fructu elongatis : corolla , calyce triplo longiore , limbo oblique secto: staminibus erectis, latere productiore corollae, aequalibus.

E. plantagineum Bert. FI. lt. t. 2. p. 344 - E violaceum Sebast. Fu. PI. Ampli. Flavii p. T2. n. 89. - Seb. et Maur FI. Rom. Prod. p. 91. n. 231 - Lycopsis lato plantaginis folio italica. Barr. Ic. 1026/

Ad vias in arvis vulgare.

Bienn. Fior. Aprili-lunio. Flores a rubro ad violaceum

370. vulgare L. Sp. PI. p. 200. Tuberculato-hispidum. Caule erecto , vel adsendente subangulato, superius ramoso: foliis lanceolati integri: race- mis compositi laxis , racemulis sparsi breviter pedunculatis , in fructu e- Jongatis: corolla, calyce duplo longiore, limbo oblique secto: staminibus, co- rollari! longe superantibus.

E. vulgare Sebast. Eri. PI. Amph. Flavii p. 42. n. 89. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 91. n. 230. - Bert. FI. It. t. 2. p. 347.

/3 longiflorum. Corolla, tubo elongato, calyce, triplo longiore.

o Parviflorum- Corolla, tubo abbreviato, calyce longiore.

t Grandiflorum. Corollis majusculis limbo ampliato.

Bienn. Fior. Julio, Augusto. Flores violacei, rosei, albidi.

Vulgo. Lingua di Cane.

Obs. Pianta mirimode ludibunda hirsutie , forma foliolum , et inprimi proportione partium perigonii duplicis, nec non colore corollae, ideoque va- ri età tes statuere, difficillium.

371. CALYciNuiti Viv. FI. II. Fragra, fas. 1. p. 2. t. 4. Pi! is patulis hi- spidum. Caule decombente: foliis obovato-oblongi obtusis, basi attenuatis: racemis terminalibus simplicibus vel conjugatis, lloribus distice secundis, in fructo laxatis subeernuis: calycibus atnpliatis campanulati, segmentis oyato- lanceolatis: corolla subregulari, calyce longiore: staminibus inclusis.

166

E. calycinum. Sanq. Cent. 3. p. 30. n. 61. - Bert. FI. It. t. 2. p. 353.

In viis campestribus. Tor di Quinto , Tor di mezza via, e nel Circo detto di Caracolla.

Ann. Fior. Aprili-Majo. Flores purpureo-violaeei.

LYCOPSIS.

372. variegata L. Sp. PI. p. 198. Strigoso-hispida bullata. Caule ad- scendente : foliis oblongo-lanceolatis repando-dentatis sessilibus , radicalibus spathulatis: calyce 5-partito, in fructu, campaniformi erecto: corolla, calyce duplo longiore, limbo oblique secto: colliculis dense rugoso-reticulatis sub- tuberculatis.

L. variegata. Bert. FI. It. t. 2. p. 338. - L. bullata. Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 93. n. 243. - Buglossum scorpiodes hirsutum fi. coeruleo. Ital. Barr. le 403 - Bocc. Mus. di Piant. p. 163. tab. 130.

MYOSOTIS.

373. palustris Spr. Syst. veget. t. 1 . p. 557. Pilosiuscula. Radice longe repente : foliis oblongo-lanceolatis, superioribus sessilibus, inferioribus bre- viter petiolatis : racemis simplicibus nudis, floribus cernuis, pedunculo bre- vioribus: calycibus 5-dentatis in fructu campanulatis: limbo corollino plano, tubi longitudine: colliculis glabriis.

M. palustris. Bert. FI. It. t. 2. p. 256 - M. versicolor. Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 92. n. 236.

Jn montium umbrosis, sylvaticis communis. Albano , Frascati etc.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores pulehre coerulei, fauce lutea.

374. versicolar Lehm. Asp. p. 93. Hirsuta. Radice fibroso-ramosa: foliis radicalibus spathulatis brevissime petiolatis, caulinis sessilibus : racemo ter- minali simplici, florum pedunculis patentibus, calyce brevioribus: calyce pro- funde 5-lobo, post anthesim clauso, piloso, pilis inferioribus uncinatis : co- rollae versicolori tubo exerto, limbo longiore: colliculis laevibus.

M. versicolor Sanq. Cent. 3. p. 27. n. 54. - Bert. FI. It. t. 2. p. 264.

In collibus aridis ad vias et muros fraequens Romae.

Ann. Fior. Aprili-Iunio Flores parvi caerulei vel luteoli.

377. lappula L. Sp. PI, p. 189. Tuberculato-pubescens. Caule alter- ne ramoso: foliis lanceolati: floribus racemoso-foliaceis : calycibus ereeto- patulis, laciniis in fructu patentibus: corollae tubo calycem aequale: nueibus triquetris echinato-glochidiatis, linea dorsali nuda.

M. Lappula Sanq. Cent. 3. p. 28. n. 55. - Bert. FI. It. t. 2. p. 268. - Cynoglossa minor montana serotina altera Piini. Collima. Ecphr p. 180.

167

In sterilibus apenninis ad pagos satis obvia .

Ann. Fior. Innio-Iulio. Flores coerulei centro ochroleuei.

BORAGO

378. off icinalis L. Sp. PI. p. 197. Hispida. Caule ramoso : foliis o- vatis alternis, caulinis sessilibus: racemis disticis secundifloris: calyce paten- te post anthesim erecto: corolla stellata.

B. officinalis Sebast. En. PI. Ampli. Flavii. p. 30. n. 39. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prodi, p. 94. /3. n. 244. B. floribus coeruleis Hort. Rom. t. 2. tab. 20,

In viis campestribus, cultis, vineis communis.

Ann. Fior. Aprili, Majo. Flores coerulei interdum albi aut carnei.

Vulgo. Farragine.

Usus. Flores mensas et acetaria ornant. Herba a medicis laudata uti emalliens resolvens, et diuretica, sed nunc fere dissueta.

ANCHUSA

379. officinalis L. Sp. PI. p. 191. Hirsuta. Caule erecto vel adscen- dente alterne ramoso: foliis lanceolati integri superioribus, bracteisque basi dilatatis racemis conjugatis : calycibus campanulatis 5-fìdis , corollae tubo limbum subaequante: colliculis acutis.

A. officinalis Rert. FI. It. I. 2. p. 285.

In pratis, et viis montium circa pagos. S. Palo.

Perenn. Fior. Majo ad lulium. Flores purpureo-coerulei.

Vulgo. Lingua di Bue, e Buglossa.

Usus idem ae Boraginis officinalis L. sed rarius usurpata.

380. undulata. L. Sp. PI. p. 191. Hispida. Caule erecto vel adscen- dente ramoso: foliis lanceolati repando- dentati , undulatis : racemis conju- gatis: calycibus tubulosis 5-fìdis: tubo corollae limbum superante: colliculis obtusis.

A. undulata Bert. FI. It. t. 2. p. 287. A. hybrida , et A. angustifolia Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 93. n. 240. et 239- Buglossum augusti- folium, majus, flore caeruleo. Hort. Rom. t. 2. tab. 24. - B. minus augus- tifolium , flore violaceo albo Ital. Barrel. I. 1297. - Anchusa angustis den- ta tis foliis hispanica. Barrel. Ic. 578 - A. augustis dentalis foliis. Bocc. Mus. p . 84. tab. 77.

In agri vineis, secus vias frequens.

Perenn. Fior. Majo-Iunio. Flores coeruleo-violacei.

22

168

381. italica Wild. Sp. PI. t. 1. p. 2. p. 756. Hispida. Caule tereti vel subangulato superne ramoso: foliis ovato-lanceolatis integrisi racemis pa- uiculatis: calycibus tubulosis 5-partitis: corollae limbo, tubum aequante: col- liculis obtusis majusculis.

A. italica. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 92. n. 238 - Bert. FI. II. t. 2. p. 289

Ad vias campestres vulgaris.

Perenn. Fior. Majo lunio. Flores intense coerulei, fauce alba barbata.

382. Barrelieri DO. FI. Fr. t. 3 p. 632. Subhirsuta. Caule erecto sim- plici, foliis oblongo-lanceolatis acuminatis denticulatis: panicula dicotoma, ra- mis terminalibus conjugatis bracteatis: calycis 5— partiti laciniis angustis ob- tusis: corollae limbo, tubum superante: colliculis oblongis obtusis longitudi- naliter reticulato-rugosis.

A. Barrelieri Sang. Cent. 3. p. 28. n. 56 - Beri. FI. It. t. 2. p. 294.- Buglossum sylv. minus fi. azurreo radice perenni It. Barrel. le. 333.

In pascuis et ruderatis Umbriae. Castelluccio .

Perenn. Fior, lunio, lidio. Flores coerulei parvi.

SYMPHYTUM

383. officinale L. Sp. PI. p. 195. Radice ramosa: foliis ovato-oblon- gis decurrentibus.

S. officinale Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 92. n. 234. - Bert. FI. It. t. 2. p. 314.-S. Consolida major, flore albo, vel pallide luteo, quae foe- rnina. Hort.. Bom t. 2. lab. 30.

/3 purpureum. Floribus purpureis

S. officinale (3 flore purpureo Bert. 1. et S. olf. /3 purpureum calyce pa- tente. Seb. et Maur. I. c.

Ad fossas in pratis hurnidis freguens, /3 ad Paludi Pontine.

Perenn. Fior. Maio-Iunio. Flores albibi, in (3 purpurei-

Vulgo. Borragine sabatica. Consolida maggiore.

Usus. Uti resolvens et emolliens hadibetur, praesertim a vulgo in me- dendis ulceribus.

384. tuberosum L. Sp. PI. p. 195. Radice tuberosa: foliis caulinià ses- silibus ovato-oblongis semidecurrentibus, inferioribus petiolatis, petiolo alato.

S. tuberosum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 92. n. 235. Bert. FI. II. I. 2. p. 316. - S. majus tuberosa radice. Hort. Rom. t. 2. tab. 31.

/ 3 bulbosum. Radiis corollae exertis, vel corollam aequantibus.

In fossis umbrosis communis, etiam varietas

169

Perenn. Fior. Aprili Majo. Flores albo-luteoli.

Obs. Usus et nomen vulgrare praecedentis, a qua vulgus minime dis— tinquit.

ASPERUGO

385. procv mrens L. Sp. PI. p. 198. Scaberrima. Floribus axillaribus.

A. procumbens. Sanq. Cent. 3. p. 30. n. 59 - Bert. FI. It. t. 2. p. 333

Borago minor sylvestris Kxpnay.i]ponèg Column. Eephr. p. 181. ficj. 183 - Asperu- go vulgaris. Hort. Rom. t. 2. tab. 25.

Ad margines agrorum in montosis prope Caslelluccio .

Annua. Fior. Iulio. Flores coeruleo-violacei.

CYNOGLOSSUM

386. officinale L. Sp. PI. p. 192. Tomentosum. Caule procumbente: foliis. radicalibus ovato-lanceolatis petiolatis, superioribus oblongo-lanceolatis, basi dilatatis cordatisque amplexicalibus : calycis laciniis subovatis , corollam concolorem, subaequantibus: staminibus inclusis: colliculis depressis undique aculeatis.

C. officinale Sang. Cent. 3. p. 29. n. 57. - Bert. FI. ìt. t. 2. p. 297.

/3 montanum. Foliis scabris supra nudiusculis. Bert. I. c. p. 298.

Cynoglossa med. mont. rub. flore. Column. Eephr. p. 175. fig. C. me- dia altera virente folio rubro flore montana frigidarum regionum. 1. c. p. 176. - C montanum , virenti folio minore flore. Hort. Rom. t. 2. lab. 38.

In montibus ciminis: /3 in Umbria.

Bienn. Fior. Majo-Iunio. Flores sordide rubri.

Vulgo. Cinoglosso, lingua di Cane.

Usus. Adstringentis et subnareoticae famam habuit, et in externis mor- bis uti emolliens adhibita ; sed ob vini obscuram et incertam a materia medica fere ablata, et licet in formula Pillolarum Cynoglossi ingrediatur, po- tius consuetudine, quam virtute adbuc locum tenet.

387. pictum Wild. Sp- PI. t. 1. p. 2. p. 761. Aldibo-pubescens. Fo- liis lanceolatis, superioribus basi cordatis, inferioribus obtusis: racemo cen- trali conjugato : laciniis calycinis ovato-oblongis tandem acutis , corollae re- ticulato-venosae, aequalibus: staminibus inclusis: colliculis depressis undique aculeatis.

G. pictum. Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 93. n. 251 - Bert. FI. It. t. 2. p. 300. - Cynoglossa vulgaris. Column. Eephr. p. 169.

In agris, viis, plateis frequens.

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Bienn. Fior. Aprili, Majo. Flores pallido-coerulei vel purpurascentes, ve- naturis rubris pioti.

Vulgo. Lingua di Cane.

Usus. Pro officinali hadibetur a Pharmacopolis.

387 magelleuse Tea. FI. Nap. t. 4. p. 184. t. 117 -. Incano-Ianugi- nosum. Foliis lineari-lanceolatis, radicalibus longe petiolatis, caulinis subses- silibus, basi latioribus: racemiis compactis bracteatis: lacinis calycinis linea- ribus, corollam aequantibus: colliculis margine inciso-radiatis, centro conca- vo, grabris

E. magellense. Sang. Cent. 3. p. 29. n. 58 - Bert. FI. It. t. 2. p. 304 Cynoglossa media montana incana augustifol. altera flore globosa fri- gidarum regionum Column. Ecphr. p. 173, et C. altera glaboso flore. I. c. p. 174.

In latii montibus Quadagnolo , et in pascuis Umbriae Vettore.

Perenn. Fior. Iunio. Flores carnei.

388. apenninum L. Sp- PI. p. 193. Molliter cinereo-villosum , Foliis , ovato-lanceolatis acutis : racemis terminalibus brevibus compactis : laciniis lanceolato-linearibus, corolla brevioribus : colliculis calathiformibus undique muricatis.

C. apenninum Seb. et Maur. FI. Rorn. Pr. p. 93. n. 242 - Bert. FI. It. t. 2. p 306. - Cynoglossa montana maxima frigid. regionum Column. Ecphr. p. 168, et C. montana maxima. I. c. p. 170

In montanis sylvaticis. Monte Gennaro, Umbria , Piceno.

Perenn. Fior. Iunio-Iulio. Flores coerulei.

PLIMBAGO

389. europaea L. Sp. PI. p. 215. - Ramis patentibus: foliis inferiori- bus ovato-lanceolatis, basi sagittato-amplessicaulibus, omnibus scabris: brac- teis ternis, intermedia majore.

P. europaea Seb. et Maur FI. Bom. prod. p. 94. n 245 - Bert. FI. It. t. 2. p. 431 .-Tripolium Dioscoridis. Column. Ecphr. p. 160 - Plumbago qua- rundam. Hort. Bom. t. 2. tab. 39.

In sepibus omnibus, et ad vias etiam urbis vulgaris.

Perenn. Fior. lulio-Seplembri. Flores purpureo-violacei.

Vulgo. Dentaria

Usus. Ad dolores dentinm levandos efficacissime praedicabatur radix , manibus tantum retencta. Veteres, succo, Ungucntum conficiebant ad ulceras fungosas puliendas validissimum. Qua ratione a materia medica expulsa ?

171

ANAGALLIS.

390. arvei\sis L. Sp. PI. p. 211. Caule decumbente prostratoque: fo- liis sessilibus ovatis: peduuculis, folio, plerumque longioribus: laciniis corol- linis apice subintegris crebre ciliato-glandulosis. Bert. FI. It. t. 2. p. 422.

A. arvensis Sebast. En. PI. Ampli. Flavii. p. 25. n. 11 - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 94. n. 246 -A. phoenieeo flore. Hort. Rom. t. 2, tab. 45.

In arvis, marginibus viarum vulgaris.

Ann. Fior. Majo. Flores rubri.

Vulgo. Mordigallina

391. coemjlea Pióm. et Schalt. Syst. Vey. t. 4. p. 117. Caule ascen- dente: foliis sessilibus ovatis: pedunculis folio subbrevioribus: laciniis corol- linis apice argute, inaequaliterque serrulatis , subundis. Bert. FI. It. t. 2. p. 424.

A. coerulea Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 94. n. 247 - A coeruleo flore. Hort. Rom. t. 2. tab. 46.

In arvis, maginibus frequens.

Ann. Fior. Majo. Flores coerulei, rarius albi.

LISIMACHIA,

392. vulgaris L. Sp. PI. p. 209. Caule ercto tetragono sulcato, supe- rius ramoso: foliis oblongo-lanceolatis oppositis ternisque : racemis composi- tls terminalibus axillaribusque : laciniis calycinis lanceolati acutis , margine ciliato-glandulosis: corolla scutellato-patente, calyce sultriplo longiore, limbi laciniis oblongis obtusis: capsula obtusa, calycis longitudine.

L. vulgaris. Seb. et Maur : Fi Rom. Prod. p. 94. n. 248. - Bert. FI. 11. t. 2. p. 414. - L. lutea major, quae Dioscoridis , foliis quaternis. Hort. Rom. t. 2. tab. 41.

Ad fossas et paludes vulgaris.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores flavi.

393. pu notata L. Sp. PI. p. 210. Nigro- punctata, et pilis glanduliferis cibata. Caule erecto subtetragono ramoso: foliis subsesilibus ovato-lanceolatis verticillato-ternis-quaternisque , floribus axillaribus verticillatis, folio brevio- ribus: peduncolis 1-floris, laciniis calycinis lanceolato-linearibus, corolla scu- tellato-patenti, calyce duplo longiore: capsula obtusa, calyci subaequale.

L. punctata. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 95. n. 248. - Beri. FI. h. t. 2. p. 416.

Ad fossas cum precedente.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores lutei punctis nigris notati.

394. Linum stellatum. L. Sp. PI. p. 21 1 . Canle tenui 2— 3— piolicari sim- plici ramosque glabro: foliis lanceolatis angustis sessilibus 3-nerviis opposilis: pedunculis axilaribus solitariis J floris: ealycibus corolla rotata brevioribus , laciniis lanceolato-acuminatis patentibus: capsula obtusa subpentagona, calyce breviore.

L. Linum stellatum. Maur. Cent. 13. p. 12. - Bert. FI. II. t. 2. p. 417.

In siccis. Villa Melimi.

Ann. Fior. Majo. FI. ochro-levci, minuti.

Vulgo. Lino stellato.

395. Nummularia. L. Sp. PI. p. 211. Caule prostrato radicante, glabro: foliis cordato-subrotundis oppositis breviter petiolatis : pedunculis solitariis axillaribus 1-floris: laciniis calycinis ovatis acutis: corolla scutellato-patenle, calyce duplo longiore, profunde 5-fìda, laciniis ovato-acutis, margine minu- tissime ciliato-glandulosis: capsula globosa, calyce, multo breviore.

L. Nummularia. Maur. Cent. 13. p. 12. - Bert. FI. It. t. 2. p. 419. - L. humifusa folio rotundiore, flore luteo. Hort. Bom. t. 2. t. 44.

In pratis humidis circa fossas. Al piano dalle due Torri passato Ponte Molle.

Perenn. Fior. Junio. Flores lutei.

Vulgo. Erba quattrino, Centimorbia, Nummularia.

Usus. Subadstringens et vulneraria, ideo in veteri medicina ad ulcera in- terna sananda plurimi laudata; nunc rarissime adhibita.

CYCLAMEN.

396. h e deiìaefoliu m . Wild. Sp. PI. t. 1 . p. 2. p. 810. Radice orbicu- lari depressa magna: foliis histeranthiis cordatis oblongisque acuminatis angu- lato-denticulatis: corollae lacyniis ovato-Ianceolatis elongatis, tubo campanu- lato: laciniarum basi bine inde inerassata: stylo longitudine tubi.

C. hederaefolium. Bert. FI. It. t . 2. p. 403. - C. neapolitanum. Seb. et Muur. FI. B.om. Prod. p. 95. n. 252.

In umbrosis sylvaticis circa urbem et in montanis.

Perenn. Fior. Septembri-Octobri, Flores pulchre rosei , fauce, maculis sanguineo-rubellis, notati.

Vulgo. Panporcino, Artanita.

397. vernum. Beichemb. FI. Genn. exc. 2. p. 407. n. 2742. Radice or- bicnlari depressa minuscula : foliis synanthiis, cordato-ovatis subrotundisque

angulatis et denticulatis : corollae laciniis oblongo-lanceolatis obtusis : tubo campanulato abreviato, fauce late hiante: stylo exerto.

C. vernum. Bert. FI. It. t. 2. p. 405. - C. hedraefolium. Seb. et Maur. FI. Borri. Proci, p. 95. n. 251. - C. Aprile florens etc. Hort. Rom. j. 2. tab. 68.

In umbrosis sylvaticis fraequens. Villa Borghese Parafili, Albano etc.

Perenn. Fior. Martio-Aprili. Flores pulchre rosei, fauce, maculis viola- ceo-rubellis, notata.

Vulgo. Panporcino. Artanita.

Usus. Quamvis Cyclaminis radix Lin. Mat. Mecl. ad C. europaeum per- tineat: Rizhotomi, et Farmacopulae radices utriusque enumeratae speciei in- discriminatim colligunt apud nos, ad Unguentum Arthanitae, et alia pharmaca, a pianta petita, preparanda. Omnium enim specierum, hujus generis, radices, vi purgativa drastica, emenagoga anthelmintica gaudent, insuper resolvunt, et scabiem fugant. Pianta injuria a rnatera medica fere exclusa !

SOLDANELLA.

398. alpina. L. Sp. PI. p. 206. Foliis cordato-orbiculatis crassis: scapo paucifloro: corolla turbinata laciniato-fiinbriata: calyce patulo: stylo subexer- cto: antheris in aristam productis.

S. alpina. Sang. Cent. 3. p. 31. - Bert, FI. It. t. 2. p. 397. - Salda- nella alpina rotundifolia. Hort. Rom. t. 1. tab. 13.

In alpinis Umbriae. Monte Vettore.

Perenn. Fior. Junio. Flores purpureo-coerulei.

PRIMULA.

399. acauli s. Paini. et Schult. Spit. Veg. t. 4. p. 135. Glabra. Foliis obovatis oblongis dentatis rugosis: scapis 1-floris: calyce pentagono 5-fìdo, laciniis acuminatis: corollae tubo, calyce sublongiore, limbo plano.

P. acaulis. Seb. et Maur. FI. Paini. Prod. p. 95. n. 250. - Bert. FI. It, l. 2. p. 370. - Alysma sylvarum. Collima. Plujt. ed. Neap. p. 21.

In sylvis montanis. Monte Gennaro.

Perenn. Fior. Februario-Martio. Flores sulpburei.

Vulgo. Primavera.

400. ve ri s. Smith. Erigi. Fior. t. \.p.2~IÌ. Pilosiuscula. Foliis cordato- ovatis obtusis dentatis, petiolo alato: scapo umbellato multifloro: calyce pen- tagono campanulato, dentibus ovato-acutis : corollae tubo, ealyci subaequale, fauce elongata infundibuliformi, limbo concavo.

174

P. veris. Maur. Cent. 13. p. 12. - Beri. FI. II. t. 2. p. 373. Alysma pratorum. Column. Phyt. ed. Neap. p. 21.

In sylvis tusculanis vulgo Ruffinella.

Perenn. Fior. Aprili. Flores citrini.

401. suaveolens. Rom. et Schult. Syst. Veg. t. 4. p. 133. Pubescens. Foliis cordato-ovatis petiolatis subtus niveo-tomentosis: scapis umbellatis mul- tifloris: calyce pentagono campanulato-tubuloso 5 fido, laciniis acutis ovato- lanceolatis : corollae tubo , calyci aequali , fauce dilatata , limboque parvo , concavis.

P. suaveolens. Bert. FI. It. t. 2. p. 375. - Paralitica montana Aequi- colorum rotundifolia Alsinati, varietati adscribenda. Colimi Ecphr. p. 255 et P- rotundifolia montana l. c. p. 256.

In montium subapenninorum sylvis. Monte Vettore etc.

Perenn. Fior. Majo. Flores lutei, maculis satura tioribus ad faucem.

402. Auricula Lehm. Prim. p. 40. Albo-farinosa: foliis obovatis subro- tundisque crenatis vel integrisi scapo umbellato, floribus involucratis, foliolis involucri brevissimis: calycibus teretibus, laciniis obtusis: corollae infundibu- liformis tubo, calyce, duplo triploque longiore, a basi ad faucem sensim dilatato, limbi 3-fidi, laciniis obcordatis.

P. Auricola. Bert. FI. It. t. 2. p. 388.

In montibus apenninis. Vettore.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores lutei..

Vulgo. Orecchia d'Orso ,

HOTTONIA.

403. palust ri s . L. Sp. PI. p. 208. Foliis immersis impari-pinnatis, pinnis linearibus pectinatis: racemo verticillato interrupto: floribus pedicellatis.

H. palustris Fior. Gior. Arch. tom. 18. p. 162. n. 5.- -Bert. FI. It. t. 2. p. 412.

In lacobus, fossis et canalibus. Paludi Panline.

Perenn. Fior. Aprili. Flores rosei fauce lutea.

ANDROSAGK.

404. villosa L. Sp. PI. p. 203. Dense albo-villosa. Stolonibus subre- pentibus: foliis rosulatis oblongo-linearibus basi barbatisi involucro umbellam paucifloram subaequante.

A villosa. Sang. Cent. 3. p. 30. n. 60. - Bert. FI. It. t. 2. p. 359. ~ A. vulgaris latifolia annua. Hort. Rom. t. 2. tab., 1.

In excelsis apenninis Umbriae super saxa.,

175

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albi centro rosei.

SAMOLUS.

405. Valerandi. L. Sp. PI. p. 243. Caule erecto simplici ramosoque : foliis obovato-spathulatis obtusis : racemo multifloro pedicellis medio bra- cteolatis.

S. Valerandi. Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 95. n. 253. - Beri. FI. It. t. 2. p. 551. - Hort. Rom. t. 2. toh. 47.

In uliginosis, sylvaticis opacis frequens. Intorno le fontane della Piazza di S. Pietro, etc.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores albi.

LOBELIA.

406. Laurentia. L. Sp. PI. p. 1321. Caule subramoso folioso : foliis lanceolato-ovatis crenatis : pedunculis solitariis 1-floris longissimis , medio bracteolatis.

L. Laurentia. Sancj. Cent. 3. p. 33. n. 67. - Beri. FI. It. t. 2. p. 533. - Ranunculus aquaticus repens flore coeruleo inaperto. Bocc. Mas. lab. 27. fig . minor.

In arenosis hyeme inundatis prope Ostiam Tyberis , et non procul a Fiumicino.

Ann. Fior. Jnnio. Flores coerulei tubo albido.

ERYTRAEA.

407. Centaurium. Pers. Syn. PI. t. 1. p. 283. Caule stricto: foliis ra— dicalibus rosulatis obovato-spathulatis , caulinis oblongo-lanceolatis: floribus fascicolato -corymbosis, omnibus brevissime pedicellatis: laciniis calycinis in- ferne membrana connexis. Beri. FI. II. t. 2. p. 642.

Chironia Centaurium. Sebasl. En. PI. Ampli. Flavii p. 36. n. 62. - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 89. n. 274. - Centaurium minus. Ilort. Piom. l. \. lab. 99.

j8 grandiflora. Corollis majoribus, limbi diametro, tubum superante. Bert.

I. c. p. 643.

y Pulchella. Corymbo laxifloro: pedicellis solitariis, supremis lateralibus longiusculis. Beri. I. c.

Chironia pulchella. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. I. c. n. 275.

In sylvaticis, pascuis, herbidis communis, et in pratis montanis Umbriae et Latii.

Perenn. Fior. Junio-Julio, Flores rosei.

23

Vulgo Centaurea minore.

Usus. Ob intensam amaritudinem in febribus intermittentibus Iau- datur et freguentissime adhibetur praesertim a vulgo, et ab agricolis, quibus etiam innotescit sub nomine Erba da febbre.

408. mariti ma Ten. FI. Neap. t. 3. p. 140. Caule strido tetragono : foliis 5-nerviis, omnibus oppositis, inferioribus ovatis, superioribus oblongo- lanceolatis: corymbo paucifloro dichotomo, fìoribus solitariis crasse pedicel- latis: corollae laciniis elliptieis: stilo 2-fido. Bert. FI. It. t. 2. p. 646.

Chironia lutea. Seb. et Maur. FI. Rom. p. 100. n. 216, Cen- taurium luteum novum Colamn. Ecphr. p. 78. tab. 11. f. 2. C. minus Iu- te um latifolium non perfoliatum Barrel. Ic. 468.

In maritimis et in collibus sterilibus circa urbem. Ostia, Piglielo Sac- chetti etc.

Ann. Flores. Iunio0 Flores, citrino-lutei.

409. spicata. Pers. Syn. Pi. t. 2. p. 283. Caule ramoso : floribus al- ternis, laxe spicatis. Bert. Fi. It. t. 2. p. 648.

Centaurium minus ramosum Barrel. Ic. 1242- C. minus spicatum Ba- huini sed flore rubro. Trimuff. Observ. p. 66.

In pratis maritimis. Porto d' Ascoli.

Ann. Fior. Septembri. Flores rosei.

VILLARSIA

410. Nympoides Róm. et Schult. Syst. Veg. t. 4. p. 178. Foliis cardato- subrotundis subtus punetato-glandulosis: floribus axillaribus fasciculatis , ra- ro solitariis: capsula calyce duplo longiore.

V. Nymphoides Fior. Gior. Arch. t . 18. p. 162 - Bart. FI. It. t. 2. p. 408. -

In canalibus, et lacubus. Paludi Pontine.

Perenn. Fior. Iunio-Iulio. Flores flavi.

VERBASCUM

411. thapsus L. Sp. PI. p. 252. Albo-tomentosum. Caule alato sim- plici vel superne tantum ramoso: foliis ovato-oblongis crenatis decurrenti- bus: racemo denso composito racemulis brevissimis conformibus fìoribus bre- vissime pedicellatis: fìlamentis inaequalibus, tribus brevioribus undique, coe- leris latere tantum interno, albo-barbatis; antheris minia tis

V. Thapsus Bert. FI. It. j. 2. p. 570.

In viis campestribus ad margines agrorum. Albano, Frascati etc.

Bienn. Fior. Iunio ad Septembrem. Flores lutei suaveolentes.

Vulgo. Verbasco , Tasso barbasco.

Usus. Emolliens et resolvens, simpliciter est; ideo tam in internis, quam in externis morbis adhibitum: veteres uti antiartriticum et adstringens pre- dicarunt.

412. m acri/ Rum Ten. Fior. Neap. t. 3. p. 216. Densissime cano-Ianatum. Folis elliptico-oblongis erenulatis decurrentibus, superioribus cuspidatis: spi- ca valde compacta simplici vel basi ramosa : bracteis ovato-lanceolatis cus- pidatis adpressis, calycem subaequantibus: corollis subinfundibuliformibus ex- tus farinosis: fìlamentis barbatisi antheris difformibus.

V. macrurum Sang. Cent. 3. p. 34. n. 70. - Bert. FI. It. t. 2. p. 573 V. Thapsus. Seb. et Maur. FI. Born. Prod. p. 96. n. 254. - V. mas latifo- lium luteum. Hort. Rom. t. 2. tab. 53.

In incultis circa Romam, et ad vias frequens.

Bienne. Fior- Majo-Iunio. Flores lutei.

Vulgo. Tosso barbasso.

Obs. Insigne statura gigantea , et tomenti asperiusculi crassitie. Spica 2-3-pedalis undique floribus confortis ita tecta, ut neque rachis alata , nec bracteae exerto-patulae apparcant. Corolla pollicem et amplius lata, la- ciniis suborbicularibus, binis superioribus minoribus. Filamenta bina longiora barbata : antberis oblongis, a V. Tliapso et thapsiforme diversum, nec alte- rutrius progenies.

513. thapsiforme Schrad. Moti. Verb. p. 21 - Luteo-tomentosum. Caule subalato foliis utrinque tomentoso-lanatis erenulatis, radicalibus lanceolato- ovatis in petiolum attenuatis, caulinis decurrentibus, summis cuspidatis: flo- rum fasciculis sessilibus in spica subsimplici superius coafertis : bracteis ca- lyce longioribus, per rachim decurrentibus : corolla rotata : antheris inae- qualibus.

V. thapsiforme Sang. Cent. 3. p. 35. n. 71. - Bert. Fl.It.t. 2 p. 573.

In campis circa Urbem, et in montosis vulgare.

Bienne. Fior. Majo Augusto. Flores lutei majusculi.

Vulgo. Tasso falso.

414. DENS/FLORUM. Beri. Am. It. p. 87. Viridi-Iuteo-lanatum. Caule simplici vel superius parce ramoso: foliis ala angusta decurrentibus, oblongo- laneeolatis, grosse crenatis, basi attenuatis late dentatis, inferioribus elonga- tis: florum fasciculis pedicellatis, in spica subsimplici, confertis , inferius di- scretis: antheris difformibus.

178

V. deusiflorum Sane/. Cent. 3- p. 35. n. 72 - Bert. FI. It. t. 2. p. 574.

In colle sylvatico vulgo Galloro prope Ariciarn.

Perenn. Fior. lunio. Flores lutei.

415. phlomoides L. Sp. PI. p. 253. Luteo-tomotosum. Foliis crenatis rugosis lanatis, inferioribus elliplieis in petiolum attenuatis, caulinis oblique subamplexi-caulibus oblongis acutis, summis late ovatis cuspidatis: florurn fa- sciculis sessilibus remotis: rachi subulata: staminnm fìlamentis lanatis, binis Jongioribus extus nudiusculis, antheris inaequalibus.

Y. phlomoides Sang. Cent. 3. p. 35. n. 73 - Bert. FI. It. t. 2. p. 575.

/3 Sanniticum. Caule deorsum nudo foliis oblongatis superne glabriusculis.

In incultis pascuis et viis vulgare. /3 prope Ostiam , et locis vulgo Barcareccio, Macchia de' Malici etc.

Bienne. Fior. Majo lunio. Flores flavi.

416. condeixsatum Pióm. et Schult. Syst. Veg. t. 4. p. 332, - Luteo-to- mentosum. Foliis irnis ovato-oblongis petiolatis , reliquis sessilibus breviter decurrentibus, alis rotundatis: racemo spicaeformi densifloro: corollis calvce quadruplo longioribus, laciniis subrotundis. Bert. FI. It. t. 2. p. 577.

In pascuis, et in cultis. Albano, Caffarella etc-

Bienn. Fior, aestate. Flores lutei.

Obs. A. V. phlomoide parum diverso, et prò varietate tantum praece- dentis forsan habendum, folia tamen breviter deccurrentia, racemus non in- terruptus.

417. niveum Ten. Fl.Nap. t. 2. p. 90. tab. 22. Albo-lanatum. Foliis cre- natis, radiealibus ellipticis in petiolum attenuatis , caulinis ovatis subdecur- rentibus: spica densa basi subinterrupta: rachide nuda: bracteis ovatis cuspi- datis calyce longioribus: fìlamentis albo-barbatis, antheris subaequalibus.

V. niveum. Sang. Cent. 3. p. 36. n. 74 - Bert. FI. It. t. 2. p. 580.

In montium incultis saxosis prope S. Polo.

Bienn. Fior. Iunio-Iulio Flores flavi.

Obs. Spica villis longis gossypinis argenteis undique obsita. Corollae extus farinosae. Tomentum paginae inferioris foliorum candidum fere flocco- sum secendens. Pianta 1-2-pedalis.

418. argy rost achyon Teu. Viag. in Abrnz. p. 52. - Cano-tomentosum. Caule inferius semialato: foliis oblongo-obovatis petiolatis nudiusculis , me- diis semidecurrentibus, summis sessilibus cordatis ; racemo-terminali densi- floro: bracteis cuspidatis : corollis calyce duplo longioribus: antheris renifor- mibus: fìlamentis difformibus albo-barbatis.

179

V. argyrostachyon Sang. Cent. 3 . p. 37. n. IG.-Bert. FI. II. t. 2. p. 581.

In pratis elatiorum monti imi. Monte Luci' etile in Latio.

Bienne. Fior. Iulio. Flores luteo-albi.

419. sinuatum L. Sp. PI. p. 254. Tormentoso-pulverulentum. Caule te- reti paniculato : foliis radicalibus oblongatis undulatis pinnatifido-dentatis et sinnatis, caulinis remidecurrentibus, rameis sessilibus: racemis interruptis, flo- ribus 3-5-7: glomeratis antheris remiformibus miniatis, filamentis aequalibus purpureo-barbatis, barba superius quandoque alba.

V. sinuatum. S ebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 79. n. 254. -- Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 96. n. 256 - Bert. FI. It. t. 2. p. 583.

Ad margines viarum in glareosis vulgare et in ipsa urbe.

Bienne. Fior, aestate. Flores lutei.

420. Blattaria L. Sp. PI. p. 254. Glabrum. Caule erecto simplici vel superius ramoso: foliis lanceolati, radicalibus lobato-dentatis vel pinnatifìdis, caulinis cordati amplexicaulibus acute dentati: racemis laxifloris: floribus soli— tariis longe pedunculatis : staminum filamenti tribus brevioribus undique barbatis, antheris remiformibus, duobus longioribos latere interno, et inferno tantum barbatis , antheris adnatis oblongis : borba antherarum in omnibus purpurea.

Y. Blattaria Seb. et Maur. FI. Piom. Proci, p. 96. n. 257. Bert. FI. It. t 2. p. 586 - Blattaria lutea folio longo laciniato. Ilari. Rom. t. 2. tab. 56.

In arvis marginibus viarum vulgatissima.

Ann. Fior. Iunio lidio. Flores lutei.

421. phoeniceum L. Sp. PI. p. 254. Subpubescens. Caule simplici: fo- liis inferioribus petiolatis ovatis inaequaliter crenati, superioribus lanceola- ti sessilibus remotis: racemo simplicissimo terminali : floribus longe pedun- culatis: staminibus purpureo-barbatis: antheris crocei.

V. phoeniceum Sang. Cent. 3. p , 38. n. 78 - Beri. Fi It. t. 2. p. 587

In pascuis montanis. 8. Gregorio

Bienne. Fior. lunio-Iulio. - Flores atropurpurei.

422. nigrum L. Sp. PI. p. 253. - Nudiusculum. Foliis subpubescentibus duplicato-serrati, inferioribus cordato- ovatis petiolatis, summis sessilibus o- vato-lanceolatis : floribus racemoso-fasciculatis laxis pedunculatis : filamenti purpureo-barbatis, antheris remiformibus, polline miniato.

V. nigruiu. Sang. Cent. 3. p. 37. n. 77. - Beri. FI. It. t. 2. p. 589.- V. foliis viridibus perenne, floribus luteis racematim provenientibus stami- nibus purpurascentibus. Hort. Rom. t. 2. p. 54.

180

In colìinis incultis Albano Monte Gentile.

Bienne. Fior. Ionio. Flores aurei.

423. lychnitis L. Sp. PI. p. 253. Caule augulato farinoso : foliis su- pra denudatis subtus cano-lanatis subcrenatis, caulinis cordato-cuspidatis ses- silibus: racemo composito: florum fasciculis pedunculatis remotiusculis : ca- lyce lanato, laciniis apice nudis , capsula brevioribus: fìlamentis albo-flaves- centi-barbatis: antheris subaequalibus.

V. lychnitis Sang. Cent. 3. p. 36. n. 75, - Bert. Fi It. t. 2. p. 592.

/3 luteum. Floribus luteis parum minoribus.

y michrantum. Foliis sublanceolatis subtus cano-farinosis, floribus luteis duplo fere minoribus.

In montium apricis una cum varietatibus. S. Palo , Monte della Croce, Monte Lucr etile.

Bienne. Fior. Iulio Augusto. Flores albi in varietatibus lutei.

424. LONGiFOLiu.it Rom. et Schutt. Syst. Veg. t. 4. p. 345 - Luteo-tomen- tosum. Foliis subintegris acuminatis, imis oblongo-lanceolatis petiolatis, reli- quis sessilibus ovato-oblongis basi rotundatis , supremis subcordatis : race- mo terminali elongato inferne laxifloro: floribus fasciculatis crasse pedicella- tis: staminibus brevioribus albo-barbatis, longioribus nudis: capsulis subovoi- deis obtusis. Bert. FI. 11. t. 2. p. 595.

In Umbriae, et Picaeni pratis montanis. Monte de^Fiori.

Bienne. Fior. Iulio Augusto. Flores lutei.

425. floccosum Wild. En. t.\.p. 224. Floccoso-tomentosum, tomento un- tuoso detersili. Caule superius ramoso : foliis inferioribus oblongo-obovatis subcrenatis , superioribus cordatis semiamplexicaulibus acuminatis : racemi pyramidati interrupti ramosi, floribus fasciculatis : corolla calyce triplo lon- giore: staminibus inaequalibus: fìlamentis tribus brevioribus tota superfìcie. , duobus longioribus inferne, et latere interno tantum albo-barbatis : antheris miniatis.

Y. floccosum Bert. FI. It. t. 2. p. 597. - V. pulverulentum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 96. n. 255.

In arvis sterilibus , viis circa Bomam , et abbunde circa Marmo Castel Candolfo, Albano etc.

Bienne. Fior, tota aestate. Flores lutei grandiusculi.

HYOSCIAMUS

426. niger L. Sp. PI. p. 257. Piloso-viscidus. Foliis superioribus sessi-

181

libus oblongis acute grandidentatis , radicalibus petiolatis pinnatifìdo-sinua- tis: floribus sessilibus approximatis: calycibus basi ventricosis: corollis venosis.

H. niger Sang. Ceni. 3. p. 38. n. 79 - Beri. FI. li. t. 2. p. 611.

Frequens in ruderatis montium

Ann. Fior. Majo Iunio. Flores pallide flavi, venis luteo-purpurascentibus.

Vulgo. Fava porcina , Dente cavallino , Giusquiamo.

427. albus L. Sp. PI. p. 257. Piloso-viscidus. ^olis cordatis sinuatis acutis, floralibus integerrimis, omnibus pedalatisi floribus distantibus subsessi- libus: caflcibus ventricosis 1 0— striatisi corolla avenia.

H. albus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 96. n. 258 - Bert, FI. It. t. 2. p. 613. H. albus major. Hort. Rom. t. 2. lab. 91.

In ruderatis ad muros frequens.

Ann. Fior. Iunio Augusto - Flores albo-lutei.

Vulgo ut praecedens.

Usus. Utraque species vi narcotica gaudet, e faetore herbae satis appri- me nota , et succus condensatus, sub nomine extracti Ilyosciami nigri, opti- mum sedativum Medicis paebet. Experientia novi succum H. albi, eadem prò» sus virtute //. nigri gaudere, et ideo quod utraque species ad exlractum con- fìciendum aeque valeat, quaeque sit contraria sententia. Semina, Jicet innocua, in formula Pillularum Cynoglossi ingrediuntur: eorum fumus, apud nonullos, remedium odonthalgicum praestantissimum.

DATURA

428. Stramomivm L. Sp. PI. p. 255. Foliis glabris ovatis inaequaliter sinuato-dentatis: capsulis ovatis oblongis undique spinosis, spinis erectis sub» aequalibus.

D. Stramonium. Seb. et Maur. FI. Rom» Prod. p. 96. n. 259 - Bert. FL II. t. 2. p. 606.-Solanum maniacum Dioscaridis. Collimiti PhyL ed. Neap. p. 46. fig. p. 47.

In ruderatis, fìmentis, ad vias prope pagos vulgaris.

Ann. Fior. lulio-Augusto. Flores candidi magni.

Vulgo. Stramonio, Noce puzza, Pianta americana.

Usus. Pianta venenata narcotica deprimens caute usurpanda. In mania, et in nervosis utitur. Foliorum fumus ad vehementes asthmatis accessus se- dandos plurimum valet.

182

SOLANUM

529. Dulcamara L. Sp. PI. p. 264. Glabrum. Gaule fruticoso inermi scandente: foliis cordato-ovatis astatisve, superioribus quandoque laciniatis : floribus corymbosis: corymbis oppositifoliis nutantibus.

S. Dulcamara. Seb. et. Maur. FI. Rom. Prod. p. 97. n. 262 - Bert. FI. It. t. 2. p. 631.

In humentibus ad fossas et sepes freguens.

Perenn. Fior. Majo-Augusto. Flores violacei

Vulgo. Dulcamara. Vite selvatica.

Usus. Stipites in decoctis depurativi quam saepissime adhibentur, ob vim sudoriferam, et aperientem, ad impetigines et rehumatismos pellendos.

430. nigrum L. Sp. PI. p. 633. Pubescens. Caule herbaceo ramoso i- nermi, ramis angulatis: foliis petiolatis ovatis dentatis subundulatis: floribus infrafoliaceis corymbosis: corymbis disticis nutantibus: baccis globosis matu- ritate nigris.

S. nigrum. Seb. et. Maur. FI. Rom. Prod. p. 97. n. 263 - Bert. FI. It. t. 2. p. 633 - Solanum offlcinarum acinis nigrigantibus. Hort. Rom. t. 2. p. 60.

In ruderatis, viis, olitoriis commune.

Ann. Fior. Majo-Iulio. Flores albi.

Vulgo. Erba morella, Salano nero.

Usus. Pianta famae incaertae: a nonullis uti innocua, ab aliis uti noxia, praedicatur. Solanina in succo foliorum inventa , piantana narcoticam et e- meticam esse, probat. Baccae a pullis et ab armento suillo ingestae mortem cierunt, quod etiam evenit in piscibus, unde escam piscatoribus prebent.

431. minatu m Wild. En. t. 2. p. 236. Villosum. Caule herbaceo ramoso, ramis angulatis alatis, alis angustissimis remote denticulatis: foliis ovatis au- riculato-dentatis : floribus infrafoliaceis corymbosis , corymbis nutantibus : baccis globosis maturiate miniatis.

S. miniatum Bei't. FI. It. l. 2. p. 635 -S. villosum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 97. n. 264. S. officinarum acinis puniceis. Hort. Rom. t. 2. tab. 61.

In cultis, viis cum praecedente commune,

Obs. Usus et nomen vulgare praecedentis.

432. sodomeum L. Sp. PI. p. 268. Aculeatum , aculeis rectis basi di- latatisi caule liquoso ramoso: foliis sinuato-pinnatifidis, lobis obtusis: corym- bis paucifloris extrafoliaceis, floribus cernuis: bacca globosa maturite lutea.

183

S. sodomeum. Fior. Append. in Giorn. de Leti, di Pisa ann. 1828. t. 17. p. 115. - Bert. FI. It. t. 2. p. 636. - S. pomiferum frutescens Africanum, spinosum, nigricans Borraginis flore, folis profunde laciniatis. Hort. Rom. t. 2. lab. 57.

In montibus secus viam Appiani apud Anxur, et Romae in vineis sed rarius.

Suffrut. Fior, aestate. FI. violacei.

PH4SAL1S.

433. Alkekengi. L. Sp. PI. p. 261. Caule herbaceo angulato adscen- dente erectove ramoso: foliis ovatis acutis petiolatis: floribus solitariis pedun- eulatis: calyce parvo, infructu plurimum acereto colorato, baccani rotundam occultante. (Continua).

RAPPORTO

Sulla memoria presentata dal sig. Comm. Alessandro Cialdi relativa al moto ondoso del mare ed alle correnti di esso (*).

Commissari Sig.ri Prof.ri Nicola Cavalieri, Paolo Volpicelli , Giuseppe Ponzi, P. Angelo Secchi (relatore).

il sig. Commendator Alessandro Cialdi ben noto non meno pei suoi viaggi che pei suoi scritti sopra diversi punti di idrografia nautica , nostro socio onorario, ha presentato all’ Accademia una interessante memoria sul moto on- doso del mare e sulle correnti di essa desiderando che l’Accademia stessa ne dia il suo giudizio. Avendo studiato questo lavoro esso ci è sembrato in- teressante per molti pregi non ordinari a trovarsi uniti, vale a dire una estesa cognizione degli scrittori che hanno trattato il soggetto su cui scrive , ed una consumata pratica del mare, e studio diretto dei fenomeni di cui parla.

Lo scopo della memoria è di stabilire , se nel moto ondoso del mare siavi soltanto il moto di vibrazione come nei sifoni pieni d’acqua, o al più orbitale come nelle ondicelle generate sui liquidi quieti , ovvero se debbasi ammettere anche moto di trasporto su tutta la superficie. La questione è altamente importante non solo in teorica, ma molto più in pratica giacche esistendo tal moto di trasporto dovrà tenersene conto dai navigatori, e cor-

0 Questo rapporto fu letto ed approvato dall’Accademia, nella sua tornata del 1 luglio 1855.

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reggersi la rotta del bastimento, e ciò non facendosi andrebbesi incontro a gravi errori e pericoli. Essa è inoltre interressante per le costruzioni de1 porti per trovare le vere cause degli interrimenti, ec.

Trattandosi di una materia tanto importante era credibile che molti au- tori l’avrebbero studiata e trattata di proposito, e che con ben diretto studio dovesse esser già stata sciolta la questione. Sfortunatamente però non è così, come apparisce dal quadro che l’À. premette alla sua memoria ove lia raccolto gli studi fatti finora sul suo argomento. Intenti i matematici a comparare le onde del mare alle vibrazioni dell’ acqua ne’ sifoni o ai moti orbitali delle molecole, poco si sono curati di considerarvi le modificazioni importanti che i venti e lo stato del mare vi producono, perchè non possono entrare nelle loro formole. Lo studio sperimentale poi dei fìsici è stato fatto per lo più in canali artificiali o pelaghetti ristretti, e da queste esperienze di gabinetto poco più può concludersi che dalle formole anzidette. I piloti in mare sanno molte cose per pratica , ma sconnesse e non formolate in principio certo : v’è dunque gran varietà d’opinioni su questo soggetto. Chi ammette sempre il moto di trasporto nell’ onda e chi non lo ammette mai, chi lo ammette nello strato inferiore di essa quando trova inciampo, e chi solamente quando 1’ onda è infranta. Il nostro autore dichiara formalmente la sua opinione in questi termini « Ritengo che moto di trasporto esista sempre nelle tempe- ste, qualunque sia la profondità del mare ; e nei tempi moderati solamente ove lo sviluppo inferiore, o laterale, o di fronte del flutto trova inciampo qualunque sia la profondità dell’ acqua e la distanza dal lido. Ritengo che esso si comunichi a tutta la massa che costituisce il flutto ; e che la sua azione sia massima sul fondo del mare e minima alla superficie quando l’acqua è relativamente poco profonda e l’onda non è franta. Ritengo in fine che i suoi effetti siano più o meno apprezzabili in ragione della natura e forma dell’ostacolo incontrato, e della pressione esercitata dalla massa ondeggiante e della velocità di propagazione di essa. Questi effetti debbono inoltre di- venire molto complicati, e produrre tutta quella serie di fenomeni, e poten- tissimi, che vediamo verificarsi nelle coste di mare profondo e nei moli ».

La brevità di un rapporto non ci permette che di toccare di volo le prove che l’À. del suo assunto. Esso dunque fa riflettere primieramente alla differenza che passa fra le onde considerate dai matematici generate in un’ acqua tranquilla, e le onde del mare in quanto alla loro origine: le prime prodotte dalla caduta di un corpo hanno massimamente un moto prevalente

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verticale , le seconde sono prodotte dal moto del vento inclinato ordinaria- mente di 18° all’orizzonte. La velocità superficiale dell’acqua nell’onda è resa manifesta dal frangersi dei piccoli flutti sopra le grandi onde, il che produce il mare così detto a pecorelle. Questo però non vuol dire, come osserva FA., che il moto principale non sia di ondulazione, che se la superficie del mare avesse la velocità che ha la propagazione dell’onda non vi sarebbe arte che potesse resistere alla sua forza, si potrebbe navigare, contro l’onda, ma solo che devesi tener conto dei trasporti che l’adesione specialmente dell’aria coll’acqua produce alla superfìcie del mare. Sono troppo noti i fatti che pro- vano una tale adesione e come possa essa impedirsi coll’olio e come la for- mazione de’ ghiacciuoli e i prati galleggianti la impediscano in modo che secondo 1’ A. per tal ragione possono le masse erbose che formano i prati galleggianti dell’atlantico venire difficilmente disperse, e così conservare un posto fìsso.

Queste ragioni congiunte a quanto ha in pratica osservato FA. colla pro- pria esperienza lo conducono alla conseguenza che in tempo forzato non solo presso al lido, ma anche in alto mare il moto ondulatorio è animato da moto reale di trasporto.

Un tal moto però cessa in alto mare quando è cessato il vento, e contro l’opinione di De Tessan mostra FA. che nei casi di vento mite sino a quello di forza ordinaria, il moto delle onde in alto mare non può esser sensibile, come, fra gli altri esempi, lo prova l’uso de’ marinari di trovarsi bene non facendone conto.

Ma presso il lido la cosa va altrimanti; l’onda sviluppa allora un altro fenomeno la cui analisi è uno dei principali soggetti dell’ attuale memoria : questo è un vero moto di trasporto verso terra che non considerato può condurre a perdersi i bastimenti.

Prima di entrare a dare la ragione del fatto, vediamo quale prova Egli arreca della sua esistenza.

Oltre l’autorità di vari scrittori che hanno preteso con ciò provare l’al- tro eccesso, che cioè tal moto di trasporto esista in alto mare in ogni caso, Egli arreca l’osservazione dei forti dislivelli prodotti nelle masse d’acqua per Fazione dei venti; di più la sua propria esperienza e l’altrui secondo la quale in diversi paraggi diviene affatto impossibile allontanarsi da terra anche bor- deggiando. Questo moto è forte che spesso può essere messo a profitto per entrare in porto anche con vento contrario. Un’ altra prova risulta dalla

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persuasione che hanno i marinari anche più rozzi, tanto delle coste nostre quanto di alcuni punti della Sicilia, che in certi casi la corrente tiri in terra o che la calamita tiri le navi. Finalmente i naufragi e le perdite avvenute in molti navigli nei quali non può rimproverarsi negligenza dei capitani, e ciò non solo nel Mediterraneo ma anche nell’Oceano, mostrano che vi era qualche nemico occulto dal quale sono stati fatalmente traditi e non hanno potuto salvarsi: ora questo non poteva secondo 1’ A. essere che il flutto-corrente. un tal moto ha luogo solo quando 1’ onda è franta ma anche prima che essa si franga ed a notabile distanza dal lido a grande profondità. Sono prova di ciò i fatti notissimi che i corpi gettati in mare e gli arredi da pesca po- sti a grande distanza dal lido trovansi portati alla spiaggia , similmente i trasporti di grossi sassi presso le coste e i moli provano che tal moto a mare grosso si estende a non piccola profondità e vi ha forza considerevole. Il fatto adunque pare fuori d’ ogni dubbio, ma resta a darne plausibile teoria a fine di poterne studiare le leggi. Questa non pare all’A. che esser non possa altro che la influenza del fondo in quanto che allora l’onda, per la resistenza che da esso incontra, diminuisce la sua velocità di propagazione e il moto verticale viensi a trasformare in orizzontale per cui le particelle dell’acqua si trasportano in massa verso il lido. Così l’onda ordinaria si comporta come avviene nella grande onda-marea che in alto mare non produce sensibile trasporto benché si propaghi con velocità di 500 a 600 miglia 1’ ora , ma produce violento e rapido moto di trasporto presso il littorale.

Egli è così condotto ad analizzare l’influenza dei fondi e quindi la que- stione della profondità alla quale si propagano le onde medesime.

Questa dai fatti raccolti dall’A. risulta maggiore di quella che potrebbe pensarsi arrivando spesso a 200 e più metri di profondità. Proporzionale alla profondità è la forza con cui il flutto lavora sott’acqua sapendosi come massi enormi di pietre sono ridotte ben presto a piccole breccie: i molti fatti citati dall’A. ne danno un idea assai adequata.

Da tali effetti si conosce che il flutto-corrente può concorrere colle cor- renti propriamente dette ad interrire i porti: il nostro A. si mette quindi a cer- care tali effetti prendendo in cosiderazione speciale la radente del Mediterraneo. Tende Egli a provare che dai flutti anziché dalle correnti propriamente sono interriti i porti. La forza della corrente nei nostri littorali può ammettersi come minor di 1/3 di miglia l’ora tranne presso qualche promontorio ove è stata dall’A. trovata sino di un miglio. La sua velocità è minima nel fondo

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come appare dalla limpidezza dell’acqua e dal fatto generale di tutte le correnti anche fluviali le cui velocità diminuiscono colla profondità. Come scema la velocità presso al fondo, così scema anche presso le sponde, siccome ben s’ac- corse e mise ingegnosamente a profitto l’A. nella discesa del Nilo contro vento, giacché avendo Egli per aumentare la forza della corrente del fiume stesa una vela sott’acqua raccomandata al bastimento, con tale espediente non solo potè vincere il vento ma anche senza fatica riuscì a sortire dagli scogli della prima cateratta colla massima facilità , e navigare sempre nel miglior canale dei fiume stesso.

Da ciò raccoglie 1’ A. il modo contrario di agire de’ flutti e delle cor- renti; quelli sono relativamente più forti in prossimità della spiaggia, queste invece lo sono di meno: in quelli cresce l’azione di trasporto all’assottigliarsi del fondo, in queste invece diminuisce. Egli osserva come i porti anche esposti alla corrente (p. e. quello di Ancona) ma riparati dal fiotto dominante, non s’interriscono ; ed al contrario presto si colmano quelli che sono esposti a! fiotto (p. d’Anzio). Sicché risulta che i flutti portano le materie anche contro la corrente e che essa ha ben poco effetto sui trasporti di quei tanti mate- riali che vengono a colmare i porti. Sicché la direzione regnante dei flutti deve prendersi in considerazione più di quella delle correnti e ciò con tanto maggior ragione quanto che i venti stessi hanno non poca influenza su quelle stesse correnti.

Ammettendo tal moto di trasporto nei flutti non può esser dubbia la necessità di tenerne conto, e di studiarlo con quelle stesse premure con cui si studiano gli altri fatti in idrografia e nella nautica. Sarebbe quindi ne- cessario il fare perciò uno studio particolare sul moto di trasporto in alto mare in casi di burasca, e presso le coste anche in tempi moderati, onde ri- conoscere quando comincia a manifestarsi quel trasporto, a quale profondità giunga un tal moto , e quali ne siano gli effetti , per cosi poterne formar tavole da correggere la rotta del bastimento.

Gli elementi che possono dar lume in questa materia sono l’analisi dei giornali di navigazione, la tinta delle acque per l’agitazione de’ fondi, la rac- colta de’ casi e delle disgrazie avvenute in certi paraggi più pericolosi. Nulla sarebbe più facile di ciò conseguire aggiungendo anche questo punto agli altri inclusi nell’istruzione publica della eonferenza di Bruxelles e adottata dal Mi- nistero del commercio degli Stati Pontifìci come norma da seguirsi da quei naviganti che aspirano ai premi proposti dal governo medesimo.

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Dopo avere così analizzato il lavoro del sig. Cialdi e veduta la diligenza con cui sono raccolti i fatti , la maniera chiara e lucida e la giusta critica con cui sono esposti e come da essa vien messa a profitto in un materia di tanta importanza non meno una sana teoria che una lunga e studiosa pra- tica, la commissione è di sentimento che 1’ accademia voti i debiti elogi e ringraziamenti all’autore, procurando eziandio che questo suo lavoro sia pu- blicato negli atti della medesima.

Vista poi 1’ importanza del soggetto, la commissione stessa crede non inopportuno di proporre all’accademia di prendere in considerazione il pro- getto del sig. Cialdi cioè di raccomandare con apposito invito lo studio di questa materia alla sudetta conferenza di Bruxelles, e di fare istanza presso il Ministero del Commercio onde lo studio di un tal moto sia promosso fra i nostri marinari.

L’accademia ha approvato le conseguenze di questo rapporto.

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Idraulica e nautica. Cenni sul moto ondoso del mare e sulle correnti di esso. Memoria del comm. Alessandro Cialdi socio onorario della pontificia accademia de' nuovi Lincei', dell' ateneo di Venezia e di quello I. e R. italiano; corri- spondente della R. accademia economico-agraria de' georgofdi e di quella di Pesaro, socio residente e già segretario della Tiberina ec.

Dobbiamo cominciare dall’ esperienza , e per mezzo di questa scoprirne la ragione. Questo è il metodo da osservarsi nella ri- cerca dei fenomeni della natura.

LEONARDO DA VINCI.

INTRODUZIONE

PREMESSA. TEORIE INTORNO AL MOTO ONDOSO DEL MARE ED ALLE CORRENTI DI ESSO: SCUOLA FRANCESE INGLESE SPAGNUOLA GERMANICA ITALIANA. RISULTAMENTO.

Nella parte idrodinamica de’ miei studi relativi al porto di Livorno (1) pro- metteva di tornare sul moto ondoso del mare e sugli effetti da esso prodotti: ebbi in animo di paragonare questi con l’azione delle correnti e di dedurre dai risultati del confronto norme e regole opportune alla conformazione, alla costruzione ed alla conservazione de’ porti. Promessa superiore alle mie forze, ma che , fatta , bisogna mantenerla a costo di rendere vie più manifesta la propria insufficienza. Ed in vero, fra’ molti ostacoli che in me si oppongono alla esecuzione di un lavoro pregevole in questo tema, evvi pur quello dell’at- tuale stato della scienza, il quale da Ferdinando de Luca è nei seguenti brevi termini compreso: La conoscenza delle correnti , delle maree, delle onde, del terribile affastellamento de flutti ; la notizia della resistenza de' materiali, che s' impiegano nelle costrutture idrauliche, sono studi appena abbozzali.

Ciò premesso, entro in materia, cominciando dal delineare un quadro sul concetto che mi sono io formato del modo altrui d’intendere la costitu- zione delle onde, gli effetti di esse, e quelli delle correnti. Nell’estratto delle opere prese ad esame, che rappresenta il componimento del quadro, ho avuto

(1) Risultati di studi idrodinamici , nautici e commerciali sul porto di Livorno , e sui miglioramento ed ingrandimento del medesimo. In tipografia Granducale. Firenze 1853.

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in mira di riportare le opinioni manifestate sugli argomenti medesimi dagli autori distinti che mi precedettero, senza punto emettere in esso la mia opi- nione. In questa guisa credo che il lettore potrà in seguito più facilmente giudicare le mie proposizioni.

Alcuni de’ più illustri scienziati hanno procurato di sottoporre i fenomeni delle onde all’analisi matematica; Newton, Bouguer, Juan, Laplace, Lagrangia, Gauchy, Poisson, Bidone e Plana vi hanno diretto il loro profondo sapere ; ma le teorie loro sono fondate sopra cles suppositions sans les quelles (come dice lo stesso Poisson) le problème deviendrait si compliqué quon n'en pour- rait espérer aneline solution. E Bidone, se ha voluto veder confermata la teorìa di Poisson dalle esperienze , ha dovuto artificialmente sottoporre queste a quella; e per chi volesse farne delle altre avverte di non obbliare alcuna delle condizioni che essa esige, altrimenti troverà dalle sue esperienze risultati dif- ferentissimi da quelli che realmente hanno luogo, quando le prescritte con- dizioni sono adempiute. « La natura , nota Emy , ha però smentito quelle supposizioni »: nulladimeno gli sforzi di questi sommi han servito ad esten- dere il dominio dell’ analisi trascendente, come osserva il Plana, ed a mo- strare la gran difficoltà di sottomettere al calcolo il moto ondoso del mare siccome ogni altro moto de’ fluidi.

Non sono molti anni che tutti i trattatisti del moto delle onde marine ritenevano, eh’ esso fosse sempre ed in ogni luogo interamente apparente : solo Leonardo da Vinci faceva eccezione a questa dottrina assoluta, perchè aveva riconosciuto che l’ impelo , ossia la propagazione del moto ondoso , è molto più veloce che l'acqua. Ma nell’ammettere una velocità nell’acqua anche nel senso della propagazione, cioè un reale trasporto di massa liquida, av- verte però che ciò non sempre esiste, anzi stabilisce, che molte sono le volle che Fonda fugge il luogo della sua creazione , e l'acqua non si muove dal sito. Oggi da un certo numero si ammette moto di trasporto nell’onda ; ma chi lo crede sempre esistente e in tutta la massa che compone 1’ onda , chi lo vuole nello strato superiore soltanto, e chi lo assicura nello strato inferiore e solamente in alcune configurazioni del fondo.

Sul giuoco delle molecole dell’acqua nella formazione e sviluppo delle onde vi è non minore discordanza di pareri. Taluni con de La Goudray e Brémontier ammettono le mouvement vertical. Il primo osserva, che le molecole delle onde

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non fanno che abbassarsi ed elevarsi à peu près verticalemenl; il secondo in modo esplicito assicura , che tutte le molecole , di cui si compone l’ onda , montano e scendono verlicalement , et absolument en masse, sans éprouver an- eline éspèce de dérangement par rapport ci la surface, ni par rapport à la ver- ticale. E questo moto si comunica à de trés-grandes profondeurs. Altri con Emy Io credono orbitaire coll’asse maggiore verticale. Il moto di un sa- tellite attorno al suo pianeta, combinato con quello di questo pianeta attorno al sole, rappresenterebbe abbastanza bene il moto orbitale di ciascuna mo- lecola liquida in una doppia ondulazione; ma Virla non sa concepire il moto di una molecola attorno a de’ centri, i quali non sono fìssi, materiali; ed Emy risponde, che si possono citare altri casi di moto epicicloidale dello stesso genere : per esempio quello del balocco chiamato trottola ( pirouette ) il quale descrive sopra una tavola delle orbite, anche molto diverse fra loro, attorno a de’ centri che non sono fìssi, materiali; e soggiunge che De Coraucez ha pur egli trovato che le oscillazioni delle onde ont lieu aiitour de centres qui ne soni ni fixes ni matériels. Emy e Virla sono poi d’accordo nel credere soltanto apparente il moto ondoso, de facon, dice il primo, que d’est par Veffet de Venire de la succession de leurs oscillalions que les ondes sont formées et paraissent se mouvoir. 11 moto orbitale di Emy fu già scorto, ina non seguito da Newton, il quale lo espresse per circulum; venne descritto in un sistema particolare di onde dal Gerstner, ed è conseguente al mouvement d' oscillalion horizontal riconosciuto da Laplace. Esso mi sembra inoltre ap- poggiato dalle esperienze de’ fratelli Weber, e da quelle, dentro certi limiti, di S. Russell, di Aimé, di A. De Caligny e di Laurent. Emy oltre a ciò ha fondato una teorìa circostanziata sopra il fenomeno eh’ egli chiama flols de forni ( flutti del fondo) il quale prende origine quando la base dell’onda trova risalti ( ressauts ). - Virla per combattere la teorìa delle onde e de’ flutti de! fondo di Emy , e per sostenere quella di Brémontier , ha preso dalle leggi del moto dell’acqua nei sifoni quanto a parer suo presentano d’identico fra essi questi due fenomeni. Egli osserva che la sola considerazione del prin- cipio generale della trasmissione delle pressioni, combinandosi coll’inerzia e viscosità, basta a rendere ragione dell’analogìa del moto delle onde con quello dii au syphonnement. Ammette con ciò la contraddetta supposizione di Newton, e di più la generalizza , e passa a credere che le molecole oscillino nelle onde come nei sifoni, ossia in un modo più o meno analogo. Emy censura la teorìa di Virla , e cita due prove contro di essa : la prima è , che si le

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syphonnement existait , si sentirebbe il suo movimento di va - e - viene oriz- zontale bagnandosi e tuffandosi nel mare ; ma è costante che nulla senlesi di simile. La seconda è, che si scorgerebbe una deviazione rapida nel cam- mino che segue un corpo un poco più grave dell’acqua, allorquando lenta- mente discende in un mare profondo e limpido nel tempo che in esso si formano delle onde , e Brémontier c’ insegna che questa deviazione non ha luogo. Fèvre ha presentato alcune spiegazioni de’ moti che imitano quelli delle onde. Come Leonardo , così egli assomiglia le onde marine a quelle che si formano in un campo di grano per l’azione del vento; e trova la spie- gazione di questo moto nell’elasticità e nella compressibilità dell’acqua, con- siderando I’ acqua come elastica , e per conseguenza compressibile fino ad un certo punto. Bouniceau tende più per questa teorìa che per le altre. Non rifiuta ad Emy la vérité dii mouvemenl orbitane , ma non è convinto del fenomeno des flots de fond. Aimé ha fatto delle esperienze dirette sul moto delle onde nella rada di Algeri ; il suo lavoro ha per iscopo conoscere a qual profondità cotesto moto cessa di essere sensibile , e quale sia la natura di esso al fondo del mare. Egli comincia col dire, che il moto delle molecole dell’ acqua in un mare agitato non è stato ancora délerminé expérimentale- ment par personne. Le sue esperienze gli provano , d une manière évidente , che le molecole d’acqua, in mare agitato, hanno un movimento d' oscillation horizontale ; ma esse non gli mostrano se 1’ oscillazione ha luogo dal fondo fino alla superfìcie , in qual modo la sua amplitudine varia con la pro- fondità. Secondo lui « le conseguenze alle quali giunge Brémontier , sont fausses ». Nella suddetta rada le mouvemenl oscillatone prodotto dai venti di- viene insensibile alla profondità di 40 metri .... Ogni volta che il vento soffia, comunica alle molecole liquide due specie di moto; l’uno, ch’è ondu- latorio, c'est celili des vagues ; l’altro, ch’è di trasporto, c'est celiti des courants , il quale si fa sentire ad una profondità più grande del primo. Questa cor- rente spiega come si muovono i banchi di sabbia, e in qual direzione ils se déplacent. 11 De Caligny , parlando delle esperienze di Aimé , non conviene sulla conclusione di lui, cioè que le mouvemenl élait oscillatone sur le fond. Ce genre d'observalions , ne me parati pas entièrement suffìsant polir établir cette conséquence : e ne dice il perchè. Secondo il citato A. De Caligny, le opi- nioni di Emy e quelle di Brémontier si possono conciliare col mezzo del fe- nomeno già osservato da Bussell, e conosciuto sotto il nome di onda solitaria : la grande onda di equilibrio del fluido. Il De Caligny avverte, in conferma

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di quanto asserisce, che dalle sue esperienze ha dedotto, essere la traslazione delle onde non apparente soltanto, ma puranche reale, quantunque questa per verità, ei soggiunge, è molto meno dell’altra. Questo autore appoggia l’opinione d’un doppio movimento nelle molecole dell’onda, cioè oscillatone et orbitane , già notato, ma poi abbandonato, dallo A ime; e pone il moto orbitale dans les régions supérieares. Se mal non mi appongo , questo doppio moto ei lo deduce quando l'onda, dans un canal factice da esso lui usato per le esperienze, toccava il fondo , ossia quando imprimeva un mouvement de va - et - vieni horizontal dans le salde. Egli si occupa ancora di alcuni fenomeni dell’onda solitaire e dell' onda coltrante oh, in questa, il n y aurail pas de mouvement orbitaire bien sensible : e quel movimento orbitale, che vi si è présenlé, ei lo crede una conseguenza della specie particolare de syphonnement occasionò pal- la réaction du forni da canal. Se ho ben inteso , trova de’ punti di ressem- blance fra queste due specie di onde: la curva di una sembra parfaitement analogue a 1’ altra in una sufficiente profondità di acqua ; si vedono souvent mèlées fra esse ; ma , com’ egli avverte , ciò che avvi di più caratteristico , nell’aspetto generale del sistema, è la specie di rapporto che si presenta fra les orbites percorse dalle molecole nel genere particolare delle onde correnti da lui studiate, et les chemins demi-orbitaires, se così può dirsi, studiati di- rettamente da Russell nell’onda solitaria. Così, se non prendo abbaglio, dalle stesse esperienze sue e dal suo ragionamento si scorge , che in altri punti le dette onde disaccordano: l’onda solitaria è più veloce dell’altra; essa non si può présenter dans le mers très profonder, l’altra ha luogo ovunque; la prima a un mouvement de transport réel , la seconda no, sauf le petit mouvement de translation réelle admis par les marins; quella agisce conlre le fond d'un pa- rement verticale come una specie de coup de bélier, questa non pare; entrambe danno un mouvement de recul au fond du canal più forte che il movimento de progression dans le sens du mouvement de translation apparente di queste onde, mème sur un ressaut ; ma quest’effetto nell’onda solitaria sarebbe sen- siblement doublé di quello prodotto dall’ onda corrente. Sembra che di due specie siano le onde solitarie: in un ressaut brusque, disposto lungi dalle estre- mità del canale e la cui superficie orizzontale elevasi dal fondo circa la mezza altezza della profondità dell’ acqua, una tale onda solitaria spinge en avant i piccoli corpi sparsi sopra la superficie del risalto , sans revenir sur leurs pas , come accade in un’onda solitaria qualunque. Laurent ancora am- mette un mouvement de trasporl nella direzione della propagazione. Riconosce

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che le onde liquide irregolari, così da lui chiamate per distinguerle da quelle dovute alla caduta di un corpo grave, sono prodotte dalle interferenze (in- lerférences) di una infinità di ondulazioni provenienti da centri di scotimenti parziali creati dall’azione del vento alla superfìcie del mare.

In Francia, meno poche eccezioni, la scuola degli ingegneri de’ ponti e strade segue la dottrina di Brémontier e Virla; quella degli ingegneri idro- grafici e 1’ altra del genio militare preferiscono la teorìa di Emy ; e questa stessa teorìa è quella adottata dai geografi e dai geologi della scuola di Huot. Questi asserisce, che la dottrina di Emy retici compie de lous les phénornènes dus à Vacùoli des ondes. D’Archiac analizza soltanto la teorìa delle onde di S. Russell par ce qu elle a élé invoqué par plusieurs géologues à V appai de leurs idées sur le transport des blocs erraliques, et pour V cxplicalion de quel- qaes autres phénornènes.

Anche in Inghilterra scorgo disparità di opinione. Newton, nel trattare del moto delle onde, non si è direttamente occupato della natura del moto, e della linea descritta dalle molecole nella massa ondeggiante: egli ha avuto solo per oggetto invenire velocitateli i undarum. In questa ricerca suppone che 1’ ascensione delle onde, e la discensione alternativa di esse, sono analoghe a quelle dell’ acqua nei rami di un sifone , e che osservano la stessa legge rapporto al tempo: tiene conto del moto verticale, e non di quello orizzon- tale il quale, come osserva Lagrangia, necessariamente vi si deve unire, per- chè l’acqua è supposta libera di muoversi in tutti i sensi. In fine l’analogia che suppone, e che non dimostra, è confutata non solo dal Lagrangia, ma benanche dall’ Juan , dal Laplace e dal Poisson. 11 De la Bèche nel solo caso delle onde senza vento conviene , che si possono applicare ad esse le teorìe di Brémontier, di Emy, ed altri autori, i quali ammettono nelle mo- lecole dell’acqua una successione di moti verticali o ellittici. Ma quando re- gna il vento, e specialmente violento, ei ritiene che i flutti si compongono di ondulazioni o vibrazioni, e d’ impulsione nell’ acqua superficiale spinta in avanti dall’attrito della massa dell’aria, che si muove al di sopra. Egli crede, che le correnti abbiano un’ efficacia di trasporto molto inferiore a quella de’ flutti. Lyell riconosce moto di trasporlo nelle onde, e ad esse azione capace di muovere e spostare grandi banchi : crede non ostante prevalente all’azione de’ flutti l’azione di trasporto delle correnti, e ciò anche presso i lidi. Alla nota corrente littorale del Mediterraneo egli appropria la rapida

distruzione di più luoghi della costa d' Affrica; le potenza di usurpare nel delta del Nilo , e ad essa attribuisce la causa del rapido accrescimento della terra ferma sopra i diversi punti della costa della Siria , ove verun fiume si scarica. S. Russell dice: « Ogni moto ondulatorio è composto di due cose distinte; cioè la figura dell’onda che si avanza, ed un movimento di mole- cole. Il moto di ciascuna particella si sviluppa in una ellisse giacente total- mente nel piano verticale, cosicché dopo il momentaneo disturbo durante il passaggio dell’onda, essa ritorna al suo posto ». Egli, pare a me, che am- metta quattro specie di onde ; cioè quella di traslazione di prim' ordine , la quale sarebbe creata dall’istantaneo sollevamento di una estesa superfìcie so- lida del fondo del mare; questa è quella adottata dai geologi, a cui allude D’ Archiac: l’altra di trasmissione : la terza di traslazione , ed in fine V onda ordinaria. Egli dice inoltre che i corpi mossi nel fondo non sono rotolati in avanti ed in addietro, come lo sarebbero da un’onda ordinaria della superficie, ma eh’ essi hanno moto continuo in avanti durante tutto il passaggio della lunghezza dell’onda. Quest’autore deduce la sua teorìa da molte esperienze; ma G. Rennie parlando di esse così si esprime: « Io non Irò potuto intendere gli esperimenti di S. Russell (I bave noi been able to understand thè experi- menls of Mr. Scott Piussell) ; essi sono così numerosi eh’ è difficile dedurne una conclusione ». Murchison e i suoi collaboratori, Hopkins e W. Whewell sono col Russell per spiegare le idee loro sopra il trasporto de’ massi erra- tici, o trovanti. W. T. Denison esclude sempre moto orizzontale di massa nelle onde intere. Secondo lui « l’onda si muove con una certa velocità, ma l’acqua no (thè wave is moving ivilh a cerlain velocity , bui thè water is noi); le molecole della superfìcie si muovono nel verso in che il vento le spinge (are moving where thè wind is acting upon them) , ma 1’ onda per se stessa è una mera ondulazione : è un puro moto di su e giù delle molecole. Una molecola pochi piedi sotto la superficie dell’acqua conserva la sua posizione ( might keep its position ) per ciò che concerne il moto impartitole dall’onda, sino alla fine. Con vento molto forte (in a gale) l’onda solleva il bastimento, e segue innanzi senza trasportarlo seco : il bastimento ha un piccolo moto di decaduta a sottovento (a drifting lo leeward), ma questo è prodotto dal- l’azione del vento sullo scafo e sull’ alberatura ». Rispetto alla natura della linea descritta dal moto delle molecole dell’acqua nella massa ondulata, crede più probabile degli altri il moto circolare od ellittico. Non conviene nei flutti del fondo di Emy, e dice che con gran giustizia (wilh great justice) è stata

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contraddetta questa teorìa. Asserisce non sapersi sino a qual profondità (we are ignorant lo what deplh) si estenda l’azione delle onde: nulladimeno am- mette in esse una qualche azione meccanica sul fondo : « ma se un masso è posto sul fondo del mare, si avrà la stessa forza in ambi i lati ( thè sanie force on both sides) ; non vi sarà nulla che possa creare corrente » : il masso resterà immobile. Di tutti gli effetti distruttori del moto ondoso , ne accagiona 1’ onda franta. Questa agisce con forza enorme ( enormous power) dovuta al peso della massa dell’acqua moltiplicato per la velocità con cui essa si muove. Poco o nulla fa conto dell’ azione delle correnti maree sul fondo del mare, anche quando alla superficie hanno una velocità di quattro miglia l’ora. J. Washington tende a credere, che le onde in alto mare non hanno verun moto progressivo, producono alcun urto: le sole onde frante, ch’ei chiama di traslazione , hanno moto progressivo e percussivo. 11 movimento ai materiali lungo i lidi è interamente impresso da queste : la corrente di marea, anche nella sua massima forza [even in ils greaiest strength ), non eser- cita influenza sopra di essi. Il citato G. Rennie pone per massima , che ogni cosa viene al dido : egli accenna essere stato paragonato il moto e gli effetti dell’onda a quelli di una corda o catena tenuta nelle estremità da due persone; se una agita la corda, si forma lunghessa una serie di ondulazioni, e queste danno all’altra persona un urto nel braccio che sarà più fortemente sentito quanto è maggiore la causa del moto. Si accorda con Emy sulla for- mazione e sugli effetti de’ flutti del fondo nell’ Oceano , ma per circostanze locali ( locai circumstances) crede che nel Mediterraneo non esistano flutti del fondo. G. B. Airy non ammette moto in avanti di massa nelle onde [there is no omvard molion in thè whole mass)', e per lui, solo quando si frangono, agiscono con percussione a similitudine dell’ariete idraulico, e non per l’or- dinaria pressione idrostatica ( not by thè ordinary hydrostatic pressure). Egli afferma che nelle acque profonde i moti delle molecole sono oscillatori, che 1’ elevarsi e Rabbassarsi della superficie del mare dipende da moti orizzon- tali, che hanno luogo alternativamente in direzioni uguali e contrarie, e che questi spostamenti sono rappresentati da una funzione periodica del seno o coseno di un angolo dipendente dal tempo. Relativamente al punto , ove giunge l’agitazione delle onde sotto il pelo ordinario del mare, così si esprime: « Nelle onde di non molta lunghezza, il moto diminuisce, a misura che que- ste discendono, con un grado di rapidità che nessuno immaginerebbe a prima giunta. Eccone la legge matematica: supponete un’onda di dieci piedi (3m,04)

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di lunghezza da culmine a culmine (e lo stesso può dirsi di qualunque onda, tranne quelle di lunghezza enorme siccome un'onda marea ( exept one of venj great length, like a fidai wave); se si discende dieci piedi sotto la superfìcie, l’agitazione dell’acqua è minore di 1/500 parte di quello sia alla superficie; e se si discende altri dieci piedi, cotesta agitazione trovasi diminuita cinque- cento volte di più , e ciò procede con progressione geometrica ». Ammette che le onde lunghissime ( thè ivaves are very long) producono sensibile agi- tazione nelle ghiaie e nelle arene del fondo , anche alla profondità di 500 piedi (152'”, 39), e passando sopra un banco ove siavi quest’altezza di acqua, si frangono. Trovo che il ripetuto Rennie accenna credere, che la teorìa di Airy appartenga a quelle di gabinetto ( fhe theory of a closet): quindi la cen- sura e preferisce di seguire « le teorìe e le opinioni di uomini pratici, i quali hanno osservato la natura da per se stessi ». Alan Stevenson sostiene, colla più intima convinzione, che le onde non hanno moto puramente verticale od oscillatorio, e che non agiscono per sola pressione statica; ma ritiene per fermò ch’esse o col vento o senza, o grandi o piccole, o intere o fi-ante, o in alto mare o presso il lido, tutle , eccettuata la grande onda marea, hanno moto in avanti , cioè di reale tr asporto ( all waves , except thè great tide - wave , bave an onward motion). Nell’azione delle onde non ammette differenza es- senziale (■ material difference) fra le onde frante o che sono per frangersi , e l’onda intera; e se avvi differenza di forza percussiva in questi dne casi, af- ferma più potente 1’ onda intera , perchè non ha incontrato ostacolo (ivhieh has noi encountered an obstacle), e quindi più di quelle questa agisce a si- militudine dell’ ariete (rara - like power). Inoltre si dichiara persuasissimo , che un bastimento (senza altra causa di moto) è sempre trasportato dalle onde, e solo per deficienza di attrito (for ivant of friclion), non essendo ab- bastanza raltenuto ( sufficiently bound) alla superficie delle onde , non è tra- sportato colla stessa velocità di esse. Esclude che questo moto di trasporlo possa essere T effetto dell’ urto delle onde per lo elevarsi ed abbassarsi del mare, non potendosi persuadere che, se ciascuna molecola dell’acqua si mo- vesse soltanto in un piano verticale , un corpo galleggiante alla superficie possa muoversi in direzione orizzontale» « Se il vento , egli conclude , se il vento agisce, come spesso avviene, obliquamente al piano dell’ acqua, deve, come a me pare , produrre un movimento in avanti nell’ acqua stessa , ap- punto come produce un moto in avanti in un mucchio di fieno ( hayslack ) , in un bastimento , in un pallone : tutto a gradi differenti a seconda della

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resistenza che incontrerà (all in different degrees , according lo ihe resislance lo be encountered) A. J. Robertson, già altra volta occupato della teorìa delle onde, dopo lo scritto di Earnshaw sullo stesso argomento, ha rifuso il suo lavoro e si dichiara obbligato a questo scritto. Egli, prendendo i risultati dedotti da S. Russell nelle sue esperienze come base delle proprie indagini, stabilisce: 1 che il moto orizzontale prodotto dal passaggio di un’ onda è lo stesso in ciascuna molecola di ogni colonna verticale (in every paritele of any vertical column is thè sanie): 2,“ che la velocità di propagazione è uni- forme ( thè velocily of Iransmission is uniform). Con questi principii conclude presentando la formola seguente che esprime il valore delle velocità di propa- gazione dell’onda.

c={k±*)\/ri£rki

in cui c è la velocità di propagazione; h la profondità; 2 k l’altezza dell’onda positiva, e la profondità della negativa, e g la forza acceleratrice di gravità. Quindi è chiaro che in un medesimo alveo la velocità è maggiore per un' onda positiva che per una negativa. Secondo lui le onde positive e negative sono fenomeni della medesima classe (of thè sanie class) e non diversi, come sostengono Russell ed Earnshaw. Considera egli poi il moto orizzontale di ogni molecola prodotto dal passaggio dell’onda, ed è per lui provato che la velocità di ciascuna molecola viene dimostrata dall’equazione

2 k

= c

h±=2k

sem

q(ct x) ,

in cui

_ 1 | /V 9 h =b 2k\

^ c y y2(/i -±z k) ' h ) Al culmine dell’onda si avrà

2 k

—4— p *

e quando 1’ altezza dell’ onda è uguale alla profondità dell’ acqua, la velocità è » o la metà della velocità dell’ acqua stessa. Osserva egli inoltre che al principio ed alla fine del moto la direzione delle molecole è verticale ;

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sotto il culmine dell’ onda è orizzontale (under thè crest of thè wave it is horizontal), e che l’orbita descritta presenta una figura ovale, ma non eviden- temente ellittica.

Della scuola spagnuola ho G. Juan e F. Ciscàr. La teorìa delle onde del primo tende soltanto ad assegnare le velocità e le grandezze di esse per ser- vire di norma nella costruzione de’ bastimenti. In questa ricerca premette che « la potenza, che agisce nelle onde, è la gravità dell’onda stessa. Se una parte della superficie del fluido si solleva per qualsivoglia cagione , dopo eh’ essa ha acquistato la sua massima elevazione, la sua gravità la obbliga a discen- dere , e le fa prendere una disposizione e figura all’ ingiù , eguale a quella che aveva presa all’insù, poiché l’azione e la reazione sono eguali, cioè essa forma sotto la superficie del fluido uno sfondato , la cui figura è assoluta- mente la stessa di quella dell’ elevazione..: la quale figura è una specie di cicloide... » Esprimasi per c la ragione della semicirconferenza al raggio; sia a l’altezza dell’onda dal livello dello sfondato o cavo al suo culmine, e b la

metà dell’ampiezza di essa. Secondo lui \ (a-+-b) 2 c sarà l’espressione di tutto il tempo in cui il culmine si abbassa al livello del cavo, si sollevi alla pri- mitiva altezza, e percorra lo spazio b : questo tempo è eguale a quello, in

cui un pendolo della lunghezza compie una oscillazione. Lo stesso

- lL

tempo \ ( a-+-& ) 2 c, è a un secondo, come la lunghezza o lo spazio b , che

l’onda percorre nel detto tempo, è a T- ; spazio che l’onda percor-

(ch-&) 5 c

reni in un secondo, e che indica per conseguenza la sua vera velocità... La ragione di a a b è varia nelle onde, secondo che vanno aumentando o di- minuendo. Le prime sono le burrascose e crescenti , e quelle che la forza

del vento fa continuamente aumentare; ed in queste la ragione è mag-

giore che nelle seconde, le quali sono distese, lunghe e regolari, e conti- nuano dopo che il vento si è diminuito, o è cessato interamente. In queste ultime onde la quantità b può essere molte volte maggiore di a , perchè conservandosi costante b , si diminuisce continuamente a , sino a diven- tare eguale a zero ». Parlando della teorìa di Newton dice , che « tra-

i

8b 2

scura il valore a : ed in questo caso la velocità dell’ onda è = , e se-

26

200

gue la ragione delle radici quadrate delle sue ampiezze, come afferma quel- 1’ illustre autore ». Egli , per 1’ esperienza che ha degli effetti prodotti dai marosi sopra il corpo di un bastimento, nell’applicare la sua teorìa alla pra- tica della navigazione , cioè ai movimenti di barcollamento e di beccheggio del bastimento, sente la necessità di avvertire, che si devono avere a calcolo le diverse velocità delle onde, e dimostra che « la velocità del colpo di mare può essere tale, che la sua forza sia molto maggiore di quella che può ri- sultare dal suo semplice peso, o dalla semplice pressione, ch’è il solo prin- cipio di azione precedentemente considerato ». Ed a questo proposito accen- nando alle teorìe dei sommi geometri che lo precedettero, come, per citarne i più grandi, i Bernoulli, i Bouguer, gli Euleri, così si esprime « Grande e giusta meraviglia dee fare, che per lungo tempo, e così generalmente siansi ammessi siffatti errori nello spiegare il barcollare ed il beccheggiare de’ ba- stimenti. Non si sono considerati in questi moti gli effetti delle onde , o de’ colpi di mare , e sembra che i calcoli siano stati istituiti per de’ mari incantati, e non per quelli che passano per di sopra alle navi, le inondano, e le fanno perire». De Poterat adotta la dottrina di G. Juan, ma lo Stra- cco osserva che « la teorìa delle onde proposta dall’Juan non è abbastanza fondata, ancorché l’applicazione ch’egli ne fece sia molto ingegnosa e sot- tile ». F. Ciscàr , dopo aver descritto 1’ effetto alternativo de una presion qualquiera nell’acqua racchiusa in due tubi riuniti nella base, soggiunge esto mismo se puede aplicar para la formaeion de las olas. Avverte però che nei tubi l’acqua non può aver altro movimento che quello verticale, mentre en la mar no debe suceder asi. Liberi di stessi los fluidos dilalan sus esfuerzos en todas direcciones. Crede molto facile la creazione delle correnti alla su- perficie del mare : por floxo que sea el viento levanta alguna marejada que sigue la direccion del viento , y comunica su movimento à la restante super- fìcie de las aguas.

E di Germania, che abbia trattato con deliberato proposito de’ moti del mare , non conosco che il Kant. Questi dice : « 11 movimento delle onde è un’ agitazione oscillante dell’ acqua , un innalzarsi ed abbassarsi scambievole di due colonne d’acqua, in cui, se le onde non si rompono e per mezzo di questo si rovesciano, l’acqua non corre più innanzi, talché puossi con qual- che esattezza misurare col solcometro (lok) la celerità di una nave veleg- giale » Egli alle correnti un’azione immensa di erosione e di distruzione;

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quindi attribuisce all’azione di esse la forma e la fisonomìa che hanno le coste , e giunge a credere molto probabile che l'istmo di Panamà finalmente si rom- perà in causa, della corrente generale (l’atlantica equinoziale). Probabilità esclusa dal Tadini attesoché, salvo altre cause distruggiteli, le acque correnti nello scontro d’un ostacolo convertono in pressione la forza viva, e prendono una direzione parallela all’ostacolo. Vengo all'Italia.

Nota il Fossombroni che gl’ italiani, già da gran tempo in possesso di trattare la scienza ed il governo delle acque torbide , ne conservano ancora la superiorità a confronto degli oltramontani; ma questi per le chiare, e spe- cialmente del mare, hanno mostrato spesso un genio trascendente. Siffatta sen- tenza non esclude che in Italia molto prima che altrove siasi trattato ex-pro- fesso anche del moto ondoso del mare. Di fatto Leonardo è stato il primo a stabilire le basi della teorica delle onde dell’acqua: egli ci ha lasciato un libro particolareggiato su questa interessante parte dell’ idrodinamica. Dopo lui in vero non conosco altro autore italiano che abbia scritto un’ opera speciale sul moto in discorso ; nondimeno la maggior parte di quelli che hanno trattato delle acque correnti hanno più o meno toccato il moto on- doso del mare nel senso pratico de’ suoi effetti: Lagrangia e Plana han te- nuto la sola via dell’analisi algebrica. Galileo accenna al moto di trasporto nelle onde. Castelli in modo esplicito dichiara che le onde « sollevano dal profondo del mare moli immense di arene , e le trasportano col loro im- peto )>. Montanari non riconosce moto di trasporto nei flutti; ammette in essi la sola potenza di sollevare le arene ed intorbidare le acque. Crede l’azione loro « sensibile a circa due metri di fondo, e ne restano esenti quelle arene che sono nei fondi di tre o quattro metri ». In questi fondi nelle tempeste più gagliarde ed impetuose può giungere qualche commozione. Per lui il molo ra- dente è l’unico e rilevante veicolo di trasporto. Viviani riconosce che Vonda marina spinge al lido le arene del mare , ed obbliga le correnti , ed anche quelle de' fiumi , a voltare or dall'una parte or dall'altra secondo la direzione del vento che domina. Marsigli colle proprie esperienze ha trovato neces- sario dividere in due lo stato delle onde; uno naturale, l’altro accidentale. Proporzionale alla forza del vento è il primo, l’altro è il prodotto dell’urto delle onde fra esse e del loro simultaneo concorso ed affastellamento. Avendo adottato le osservazioni di R. Boyle , le quali mostravano che il vento il più forte non penetra giammai oltre i due metri sotto il pelo ordinario del

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mare, ha dedotto che il cilindro formato dalla ondulazione non deve elevarsi più di due metri sopra lo stesso orizzonte. xMa l’esperienza gli ha fatto ve- dere una maggiore altezza nelle onde per 1’ effetto della reazione del letto del mare. Parla di correnti alla superficie ed al fondo, e conclude che non sarà mai nulla di solidamente stabilito per esse , senza il concorso di più osservatori ed in diversi luoghi situati. Guglielmini si accorda col Viviani. Trovo rimarchevole , per la questione che tratto , il seguente corollario del Guglielmini : « L’ ingresso de’ fiumi nel mare si fa a mezz’ onda , vale a dire, che la superficie dell’acqua non viene regolata, dalla parte superiore dell’ onda spinta contro lo sbocco (sia ella o di moto ordinario o pure bur- rascoso), nè dal basso dell’ onda medesima ; ma bensì dal punto di mezzo, tra il maggiore alzamento e l’abbassamento dell’acqua ondeggiante; e la ra- gione è fondata sulla velocità del bilanciamento dell’acqua, la quale non per- mette che il pelo del fiume si elevi alla sommità dell’ onda , si abbassi alla di lei maggiore concavità; e perciò viene ad equilibrarsi con questi con- trari conati in un sito di mezzo ». Credo che anche il Poleni professi la dottrina del Viviani in quanto si riferisce ai flutti. Egli inoltre attribuisce al moto radente maggiori effetti di quelli attribuitigli dallo stesso Montana- ri. — Zendrini trova nei flutti potenza di sconvolgere e tirare le sabbie clai cupi fondi del mare, e spingerne al lido immensa quantità. Dimostra ch’essi, quando battono la spiaggia in angolo di 45.° hanno azione massima per zap- pare il lido ed esportare le sabbie. nulla ostante prevalenza di trasporto al moto radente. Manfredi e Frisi sono con lui. Boscovich riconosce nei flutti la potenza di smuovere i detriti del fondo del mare; ammette che i banchi mutano sito secondo la varia forza delle diverse tempeste, che for- mano diverse correnti di acqua marina, le quali crede che prevalgono alVor - dinaria corrente generale (la radente). A questa poco o nulla valore. Egli stabilisce in fine che i detti banchi saranno disposti secondo l’azione di quel vento che ha forza maggiore sopra ogni altro. Borelli dice che « 1’ altezza delle onde del mare non ha forza di spingere le acque verso terra con im- peto continuato, ma solamente a guisa di pendolo con serie interrotta spin- gere e poi ricevere le acque che di mano in mano dalle cime delle onde vanno cadendo ec. ec. » Secondo lui le correnti non ricevono dai flutti « al- tro impedimento se non questo, che il corso loro non potrà continuarsi con la stessa uniforme velocità, per le spinte che di tanto in tanto le onde del mare gli danno ». S. Stratico segue la dottrina di Newton, ma si fa ad

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avvertire , che la discesa ed ascesa delle parti dell' acqua si fa piuttosto per archi circolari. Zanotti confessa di non aver avuto « comodo, oc- casione di attentamente osservare gli effetti maravigliosi che produce il mare nei porti e lungo le spiagge »; quindi non emette giudizio sulla costituzione delle onde. Lagrangia riguarda la supposizione di Newton come assoluta- mente insufficiente a rendere ragione del fenomeno dell’ onda. Egli, per giun- gere a stabilire le sue equazioni , suppone che nella formazione delle onde l'acqua non è scossa ed agitata che a piccolissima profondità. Ed in vero se a è la profondità alla quale 1’ acqua è agitata, ed n la velocità delle onde,

n 2

espressa in metri per secondi, si ha con la forinola di lui a ■; dimo-

i Ol.

dochè per le onde che hanno 2 metri di velocità e 4 di cavo o altezza to-

, . . 4

tale, si avra a

9,81

= 0"% 40. Questa profondità di agitazione è soltanto

la decima parte dell’altezza dell'onda. Per analogìa alle onde sonore ritiene, che la velocità di propagazione delle onde marine diminuisce col diminuire del fondo del mare, e stabilisce che la detta velocità sarà la stessa di quella che un corpo grave acquista cadendo da un’ altezza eguale alla metà della profondità dell’acqua, dove però questa profondità non sia molto grande. Mari si mostra convinto che i flutti abbiano moto di trasporto, e crede che le arene sono a portala di essere prese a collo dalle onde nei venti più di- screti. Per gli effetti del moto radente è con Poleni. Zuliani ancora si di- chiara convinto, che l’acqua del mare in tempo di burrasca viene sollevata e « spinta gagliardamente dalla furia del vento verso la spiaggia ». Quindi assicura , che le sabbie incorporate colle stesse acque del mare burrascoso sono dalle onde trasportate verso i lidi. Egli tende a credere prevalenti gli effetti di trasporto dovuti al moto radente , in confronto a quelli dovuti ai flutti anche del vento dominante. Mengotti ritiene , che le acque torbide delle fiumane sono respinte in dietro dai venti e dai marosi , e questi disper- dono e riproducono le barre. Bidone dalle sue esperienze ha dedotto , che il moto ondoso si trasmette a delle grandi profondità. Egli più d’ogni altro si è occupato di spiegare il modo e di scoprire la causa del successivo fran- gersi delle onde nel lido , e specialmente di rendere ragione del fenomeno conosciuto sotto il nome di mascaret. Avverte che quando il mare è agitato, i frangenti s’innalzano più delle onde per causa dell’urto della corrente ascen- dente sulla spiaggia prodotta da ogni onda, colla corrente discendente del-*

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I’ onda antecedente. De Fazio pel moto di trasporto nei flutti segue la scuola del Castelli: ai fatti da questo registrati ne aggiunge degli altri e con- clude: « Tutti i cennati fatti provano abbastanza che i venti , spingendo le onde, regolano i depositi delle materie che sollevano e trasportano ». Per il punto fin dove si comunica fazione di essi si mostra convinto che non giunga al di di circa 7m,80 ; le sabbie per qualunque tempesta non sono mai sol- levate più sotto di questa profondità di acqua : « f agitazione superficiale , per quanto forte si voglia , diventa debolissima , anche prima di giungere a circa due metri sott’ acqua ». Tadini dice « che le onde sollevano e va- gliano le materie, scernendo le sabbie dalle terre fine, quelle gettando verso terra queste trasportando all’alto». Non conviene nella dottrina del Monta- nari , e al moto radente più azione di trasporto di quella ammessa dal Montanari stesso. Marmocchi, seguendo la dottrina del Kant, conviene sul moto di trasporto nelle onde, ma nel solo caso ch’esse si frangano; e quando ciò avviene in alto mare, la superficie dell Oceano allora corre rapida come un torrente impetuosissimo. Brighenti ammette moto di trasporto nei flutti. Basandosi sulle esperienze , che di persona ha fatto , è indotto a « pensare che la direzione del moto ondoso delle burrasche valga a guidarci con mag- giore sicurezza nell’intendere i fenomeni degli interrimenti, e nelfapplicarvi i rimedi ». Quindi non conviene nella legge del Montanari, in quella mo- dificata del Tadini. A. Cocconcelli si attiene al Zuliani. E. Lombardini dice « Mentre le acque de’ fiumi continuano a portare al largo mare le tor- bide, che depongono in vicinanza della foce, questo, agitato dai venti, eser- cita un’azione contraria in tutta la lunghezza della spiaggia, tendendo a re- spingere le materie medesime verso di essa. Combinati questi movimenti con quello continuo del mare da sinistra a destra , che chiamasi moto ra- dente , distendono tali materie lungo il litorale , anche a notevoli distanze dalle foci dei fiumi. La violenza delle onde del mare si ritiene essere in certa proporzione colla profondità del medesimo, e cresce con essa; ma la loro pro- pagazione sotto la superficie delle acque ha un limite, oltre il quale il fondo del mare non viene smosso per qualunque tempesta». Venturoli non am- mette mai moto di trasporto nei flutti. Egli ritiene che il movimento im- presso dai venti alle acque del mare è tale , che queste si alzano bensì al- ternativamente e si abbassano, ma non si veggono già concepire determina- tamente alcun moto progressivo. Il moto radente, o quello di altra corrente, è il solo veicolo di trasporto: e di ciò si dichiara convinto qualunque sia la

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forza della burrasca e la direzione del vento. G. Afan de Rivera segue la scuola del de Fazio; quindi difende il sistema de’ moli arcuati. Convinto che l’azione del moto ondoso tende ad ostruire le foci, ha cavato profitto dalla potenza di esso, e col suo semplicissimo trovato delle palificale sommerse a traforo facenti l'ufficio di sponde, assicura migliorare gli sbocchi. G. Col- legno dice che « i moti regolari del mare, le correnti cioè e le maree, non bastano a produrre gran cambiamenti nella parte solida del globo... La vera azione distruttiva del mare si è quella dei fiotti che battendo incessantemente le esterne falde dei continenti e delle isole cagionano guasti incomparabil- mente maggiori a quelli dei fiumi... Nei mari profondi l’azione dei fiotti non si fa sentire sul fondo, se non laddove le spiagge sono esposte a venti im- petuosi; ma quell’azione produce in allora effetti più importanti... L’acqua che cuopre banchi di sabbie o di fanghiglie, profondi anche di 25 metri, diviene torbida nelle burrasche , e ciò avviene solo perchè 1’ agitazione del mare si stende sino a quella profondità e ne smuove il fondo... Per quanto si può giudicare nella costruzione dei moli e delle dighe di vari porti, alla profon- dità di sette metri le onde non esercitano più effetto alcuno sui materiali al- quanto voluminosi ». Pilla conclude poter ritenere « che i movimenti del mare operano in due sorte di maniere, cioè modificando le terre, e traspor- tando materie diverse a molta distanza. I movimenti della superfìcie (quelli delle ondulazioni prodotte dall’urto del vento) producono lievi effetti dell’uno e dell’altro genere. Quelli delle maree e delle correnti operano nel modo me- desimo , ma le loro azioni sono molto più energiche». C. Conti così ne parla « Le onde del mare agitato e commosso sono enormi sollevamenti ed avvallamenti di acqua. La distanza da culmine a culmine , nel medesimo istante , la lunghezza dell’ onda. Che poi questo movimento appartenga alla classe degli ondulatorj, si riconosce dai corpi leggieri galleggianti che ri- mangono presso che nel medesimo sito. L’onda che si vede da lungi, e che mano mano si avanza, non è costituita dalla medesima acqua; l’acqua frap- posta successivamente si commuove fino a che si alza e si abbassa quella ch’è sottoposta alla nave, con quel movimento di più orizzontale che corrisponde alla vibrazione di ogni particella combinata con la forza di gravità che in quegli alzamenti e abbassamenti grandissimi diventa possente ». D. Paoli dice: « Accordasi ai venti la facoltà di far gonfiare le acque, ma niegasi loro quella di comunicare ad esse alcun moto progressivo in massa... Ma i venti imprimono non già un solo movimento ondulatorio, non un semplice innal-

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zamento di livello, ma valgono bensì a comunicare alle acque un moto progres- sivo e in massa, moto che si estende anche alle parti meno superficiali ». Niuu dubbio egli lascia , anzi si mostra irrefragabilmenle convinto , che nel moto ondulatorio i venti imprimono alle acque del mare anche moto di traslazione e di massa. Così pure ei ritiene per certo, che i trasporti di sabbia, di ghiaia, di ciottoli siano dovuti , anziché alle correnti del nostro mare , alV azione de’ venti e delle tempeste. Non così esplicito si mostra nell’ assegnare fino a qual profondità si comunica sensibile l’azione de’ marosi, ma non vi è dubbio che nel Mediterraneo ei la creda ben al disotto di 40 metri. Meneghini mi pare che ammetta sempre moto di trasporto nelle onde. Egli parla dif- fusamente di un’ onda di fondo prodotta dalla continuazione di forte vento : questa, secondo lui « è interamente diversa dalle onde consuete che sogliono essere superficiali e confinate all’area vessata dal vento ». Il movimento di detta onda, « ohe interessa tutta la profondità dell’acqua, si propaga con una velocità che sta in ragione inversa della radice quadrata della profondità stessa..: essa è rapidamente trasmessa a traverso all’Oceano a regioni lonta- nissime , anche molto dopo che cessarono venti e flutti... Se si aggiunga l’impulso del vento al movimento suo proprio, la forza dei cavalloni diviene prodigiosa... L’ azione del vento si esercita sulla massa liquida sottostante ; raramente per altro arriva a grandi profondità, non oltrepassando d’ordina- rio i 60 o tutto al più i 90 metri ». C. Acton così si esprime: « Ella è volgar credenza , che l’acqua essa medesima si avanza con la velocità del- 1’ onda ; ma in fatti la forma soltanto si avanza , mentre la massa rimane elevandosi e discendendo nello stesso luogo con la regolarità di un pendolo... Ma quando f onda giunge in un basso fondo o spiaggia, essa diventa real- mente progressiva: poiché allora non potendo affondarsi direttamente in giù, essa si rovescia d’ innanzi rotolando e cercando il suo livello... Egli è cosa dubbia molto , a qual profondità il mare sia agitato dai venti ». S. Di Amico, e D. Gappetta, secondo che riferisce e sembra adottare il De Ritis, dicono « che nei grossi temporali quando il movimento arbitrario delle onde sino al letto del mare propagasi, purché non sia grandemente profondo, ven- gono i sedimenti smossi e assoggettati all’azione delle correnti o delle onde del mare dalla forza de’ venti commosse e sollecitate, e vanno a depositarsi ove la cnlma regna ed il riposo F. De Luca riconosce ruoto di trasporto nei flutti: essi solcano il fondo del mare , ne tirano le sabbie dai capi fondi , e ne zappano le sponde , trasportando quanto han potuto distaccarvi . Si estende ipoltre sopra i tristi effetti delle risacche.

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Ai sopraccitati avrei voluto unire il Paleocapa, il Casoni, il Turazza, il Nobili, il Cavalieri, il Bertolini, il Folchi, il Sereni, il Natali, il Manetti, il Francolini, il Savi, il Ponzi ed altri; ma di essi non ho sottocchio tanto che basti a formarmi un concetto del modo loro d’intendere la costituzione e sii effetti delle onde marine.

Dallo studio delle opere che mi han servito ad abbozzare il precedente quadro, e di altre che ho taciuto per brevità, ho ricavato che il maggior nu- mero de’trattatisti della materia, che abbraccia anche i più sapienti, non ammette mai moto di trasporto nella propagazione dell’onda. Un piccolo numero sostiene che questo moto esiste , e sempre nella superfìcie quando soffia qualunque vento : avvi pure chi lo ammette anche senza vento : alcuni altri vogliono che il moto in discorso si sviluppi soltanto nello strato inferiore dell’onda, quando questa incontra uno o più risalti: altri in fine credono, che il moto stesso abbia effetto nei luoghi di molto poco fondo o molto prossimi al lido, o, per meglio dire, quando l’onda è franta.

Io invece ritengo che moto di trasporto esista sempre nelle tempeste , qualunque sia la profondità del mare; e nei tempi moderati solamente dove lo sviluppo inferiore, o laterale o di fronte del flutto trova inciampo, qua- lunque sia la profondità dell’ acqua e la distanza dal lido. Ritengo eli’ esso si comunichi a tutta la massa che costituisce il flutto, e che la sua azione sia massima sul fondo del mare e minima alla superfìcie, quando l’acqua è relativamente poco profonda e 1’ onda non è infranta. Ritengo in fine che i suoi effetti siano più o meno apprezzabili in ragione della natura e forma dell’ostacolo incontrato, e della pressione esercitata dalla massa ondeggiante e dalla velocità di propagazione di essa. Questi effetti debbono inoltre dive- nire molto complicati, e produrre tutta quella serie di fenomeni, e poten- tissimi , che vediamo verificarsi nelle coste , nei moli e nelle spiagge : come , a cagion di esempio , i fenomeni di riflessione , di accorciamento , di risacca, e di onde titubanti, come le chiama Leonardo (il clapotage de’ fran- cesi) ; quelli di azione diretta e di alto in basso,, quelli prodotti dalle disu- guaglianze de’ massi, nelle quali, siccome in angoli rientranti, l’azione del mare si concentra e può acquistar moltissima violenza , e quelli in fine de’ fran- genti.Dunque io mi trovo in qualche parte d’accordo con tutti, ma col solo Leonardo posso credermi in accordo perfetto.

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Veggo bene quanto sia grave il dissentire in tutto o in parte da uomini di tanto valore, di alta riputazione, e che di questa scienza hanno in vari modi parlato, quali sono i Laplace, Cauchy, Poisson, Brémontier, Emy, Yirla ; i Newton, Lyell, Rennie, Airy, Stevenson; i Juan; i Kant; i Montanari, Zen- drini, Lagrangia, Tadini, Venturoli, Paoli ed altri, anche recentissimi. Ma trattandosi di cosa relativa all’arte mia, mi credo in obbligo di esporre fran- camente il mio pensiero , sostentandolo di quelle ragioni che , dedotte dalla considerazione di alcune cause e dalla osservazione di alcuni effetti, mi con- ducono ad opinare diversamente. Se si troverà del vero nelle mie idee, avrò il piacere di avere arrecato la mia pietra all’ edifìcio della scienza in cosa tanto studiata teoricamente e tanto controversa; se poi mi sarò ingannato, e 1’ inganno somministrerà ad alcuno occasione di corregermi, dalla discus- sione stessa almeno sorgerà una qualche luce a rischiarare l’oscurità in cui la materia trovasi peranco ravvolta.

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ARTICOLO L

MOVIMENTI DELLE MOLECOLE NELLA MASSA CHE COMPONE L’ONDA. ERRONEO PRINCIPIO DA CUI SONO DEDOTTI I FENOMENI DELLE ONDE. DEFINIZIONE DELL’ ONDA IN ALTOMARE. DUE DISTINTI CASI INTORNO ALLA COSTITUZIONE E MOTO DI ESSA: CASO PRIMO PROVE: CASO SECONDO PROVE. L’ONDA PRESSO IL LIDO. REAZIONE DEL FONDO DEL MARE. ALTRO FENOMENO NELLA MASSA ONDEGGIANTE. ORIGINE E FINE DELL’ONDA: SUOI DIVERSI EFFETTI ESEMPI PER CIASCUNO DI ESSI. ALTEZZA, LUNGHEZZA E VELOCITA’ dell’onda: PROFONDITÀ’ CUI SI COMUNICA l’azione DI ESSA FATTI IN PROPOSITO: POTENZA DELL’ONDA ESPERIENZE.

Comincierò dal dire, che nel moto delle molecole nella massa ondeggiante, o sia esso rigorosamente verticale in guisa che un’ asta immersa vertical- mente nel mare e libera di se non abbia altro sforzo a sostenere che la pres- sione prodotta dal contatto e 1’ attrito dell’ acqua quando questa si abbassa e s’inalza; o sia oscillante a similitudine di quello de’ pendoli; o sia di va- e-viene in analogìa all’altro nei rami verticali ed orizzontali de’ sifoni; o sia orbitale come il moto di un satellite attorno al suo pianeta e di questo at- torno al sole ; o in fine sia oscillatorio nelle regioni inferiori ed orbitale in quelle superiori , dovranno , a mio giudizio , tenersi a calcolo due cau- se , la cui influenza non è stata fin qui avvertita , per quanto io sappia. La prima è il giuoco di quel numero infinito di molecole di acqua che , raffreddate a cagione della evaporazione e nelle notti per via di irradia- zione , si precipitano in ragione del loro eccesso di gravità specifica. In fatti atteso la poca conducibilità de’ liquidi , 1’ equilibrio idrostatico non si stabilisce che col prodursi delle correnti discendenti ed ascendenti derivanti dalla dilatazione maggiore che conservasi nelle molecole degli strati inferiori a confronto di quelle raffreddate alla superficie , segnatamente se il cielo è sereno, se l’aria è calma, e, regnando vento, se questo si propaga per aspi- razione", quindi diventando le molecole superiori più dense, si precipitano e vengono surrogate da quelle inferiori meno dense. Vero è che durante l’agi- tazione delle onde mantenendosi le molecole in continua mescolanza fra loro, il raffreddamento dev’essere meno sensibile che a mare calmo; nulladimeno io porto opinione che questo fenomeno non debba trascurarsi, seguendo esso una legge di moto prodotto da causa ben diversa da quella che muove le

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molecole costituenti l’onda. La seconda causa è un fenomeno, il quale deve avere ben più importante influenza nel moto delle molecole nell' onda. Nei luoghi ove esistono correnti, ed in quelli ove esse si generano per l’azione di quel vento istesso che ha formato le onde, si ha un moto di massa nel senso orizzontale, di profondità diverse proporzionate alla causa da cui de- rivano. Ora questo moto deve alterar quello qualunque delle molecole che costituiscono l’onda. Secondo quanto ne dice C. Conti in caso di acqua clic regolarmente trascorre , le onde si propagano come in tranquillo stagno, e cam- minano colla corrente che le porta. « Locchè significa che ogni particella nel mentre soddisfa al moto ondulatorio derivante dallo scuotimento, continua poi la sua uniforme velocità ». Ma le onde, di cui parla il Conti, sono pro- dotte dalla caduta di un sassolino , e non già create da vento prolungato e forte, la cui azione sopra le molecole dell’acqua si deve comunicare nel verso verticale, e molte volte a profondità molto al disotto dello strato dell’acqua che trascorre orizzontalmente. Dunque tutto ciò dovrà entrare nel calcolo ; ma non sentendomi capace di emettere giudizio nella parte teorica di que- stione sì complicata, mi limiterò ad esporre come io intenda il moto ondoso del mare nella parte che alla pratica si riferisce e nei limiti spettanti all’idrau- lica ed alla nautica. Inoltre in questi Cenni ho meno in mente di persuadere che di far pensare: il mio principale scopo è quello d’impegnare a trattare un soggetto importante, troppo trascurato finora nella parte pratica e vera- mente utile. Esso degnamente prenderà posto fra le altre osservazioni di me- teorologìa nautica, che la non mai abbastanza lodata conferenza di Brusselles del 23 agosto 1853 ha divisato di studiare, secondo lo spirito umanitario- scientifico-commerciale del benemerito suo primo promotore Maury (1).

Il maggior numero degli autori, che hanno parlato delle onde, prendono per esempio quelle che si formano circolarmente per effetto della caduta di un corpo in un liquido ; ma il flutto prodotto alla superfìcie del mare dal- li) È noto il nobile scopo di questa conferenza , cui assistettero i rappresentanti di molte marinerìe , come può rilevarsi da una comunicazione di Quetelet inserita nella Cor- rispondenza Scientifica m Roma del 5 gennaro 1854 num. 1. La nostra marinerìa è stata delle prime ad essere posta in caso di convenientemente concorrere a quello scopo con le sue osservazioni fisiche in virtù della Istruzione per compilare il giornale meteorolo- gico indicato all’ art. 7 della notificazione dell' 8 gennaro 1855, emanata da sua eccnza. rema, monsignor G. Milesi ministro del commercio e lavori pubblici, lo sono sicuro che i capitani si adopreranno con zelo e perspicacia per corrispondere alle provvide viste del governo, e fare onore al paese ed a se stessi.

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3'azione de’ venti, i quali la percuotono in un angolo di circa 18° coll’oriz- zonte , è di altra natura. Quell’ azione verticale del corpo caduto , e quella serie di onde circolari sono poco comparabili all’agitazione del mare che ha sempre per causa prima i venti, e le cui ondulazioni si succedono presso a poco in linee rette, paralelle e sovente estese di più leghe senza interruzione, lo denominerei artificiale quell’ azione e quelle onde, e penserei che gli ef- fetti loro possono solo servire a rendere ragione di alcuni fenomeni che mi parrebbero secondari. E quindi reputo che non debhansi confondere e gene- ralizzare coi fenomeni de’ flutti propriamente detti, quelli dedotti dalle sem- plici ondulazioni o crespe circolari , nelle quali le forze molecolari e 1’ ela- sticità esercitano un’influenza molto grande, mentre l’azione esteriore (e quasi sempre continuata) del vento non vi ha parte alcuna. Così non posso nep- pur convenire interamente con coloro, che stimano legge generale del moto delle onde i fenomeni che si osservano quando esse, provenienti dal largo, si propagano a ridosso del vento e in un bacino relativamente profondo , ove, in superficie tranquilla, si sviluppano liberamente. Io credo che in ogni luogo ed in ogni tempo il vento, se percuote le onde, debba influire sopra i fenomeni di esse, e credo che molta influenza debba avere in questi il non libero sviluppo della massa ondeggiante. L’azione del vento e la reazione del fondo del mare dovranno dunque essere principalmente studiate da chi vuole render ragione degli effetti delle onde: ed in questi studi non bisogna fidarsi molto de’ risultati ottenuti da esperienze fatte in piccolo, le quali quasi mai non si trovano confermate dalla natura, specialmente quando si tratta dei liquidi e de’ fluidi. Toutes doivent èlre appliquées en grand, et vérijìées à la mer, avant qae leur solution soil considérée comme complète, ripeteva, in ri- cerche simili, con molta ragione Thibault.

Per alcuni fenomeni convengo con de Caligny che, nello stato attuale delle nostre cognizioni, è molto difficile, pour ne pas dire impossible, di fare delle osservazioni direcles ; ma credo che si giungerà più fàcilmente a sco- prire ovunque la verità col vedere, raccogliere e studiare lunghe serie di fatti sviluppati dalla natura nel libero esercizio delle sue forze, che coll’attenersi ai fenomeni artificiali. Dopo avere per lungo tempo studiato nel gran libro del mare, dopo aver tranquillamente meditato sulle cose in esso vedute, e dopo aver consultate le opere di accreditati osservatori; un’accurata analisi di tutti i fatti che si congiungono ai fenomeni naturali, ed una sapiente sintesi, nella quale i diversi ordini de’ fatti siano aggruppati , devono condurre al vero.

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Per quanto da me potevasi, ho tenuto questa via ; ma ben sento di essere rimasto troppo lungi dalla meta ; e perciò ho apertamente dichiarato a che precipuamente mirassi nello scrivere.

L’onda in istato normale può virtualmente considerarsi come composta di due piani egualmente inclinati. Quindi , se mal non mi appongo , si può ritenere con Brémontier e Virla , che un galleggiante (io preferisco dire un bastimento) nell'ascendere l’uno e nel discendere l’altro di quei piani si trovi per le leggi di gravità ritardato ed accelerato in modo che , se altra causa qualunque non lo spinga, si deve trovare nello stesso punto, senza aver par- tecipato al moto di propagazione dell’onda. Ma dopo ciò mi fo sollecito di avvertire che in pratica non credo indifferente cosa aver l’onda favorevole o contraria alla direzione che il bastimento deve tenere , specialmente quando essa è corta ed alta. La forma curva della carena del medesimo riceve una serie di urti dal moto di ascensione delle onde (ritenuto anche che le mo- lecole non descrivano orbite) le cui componenti orizzontali tendono a spin- gerlo a seconda della propagazione dell’ onda. Ma la potenza risultante dai detti urti è ben lungi dal produrre beffe tto d’imprimere al bastimento quella velocità , colla quale le onde si propagano , ed alla quale l’ arte nostra non potrebbe opporsi , come pur troppo ci accade nei casi di violenta tempesta

0 in quelli di venti anche moderati: in questi però presso le spiagge soltanto. Pei primi casi P esperienza mi fa dire col de la Dèche, « che 1’ acqua alla sommità de’ marosi spinta dall’ azione de’ venti possiede una terribile forza d’impulsione, forza che si propaga verso la parte inferiore del maroso in ra- gione della velocità de’ venti »: conservando però sempre per principale moto quello di vibrazione. De’ secondi casi ne parlerò in seguito: ora mi fermo su

1 primi.

Il Paoli insiste, e se ne ravvisa il bisogno, in dimostrare, che il vento deve come incarnarsi coll’ acqua che prende forma di onda , non solo per 1’ attrito o fregiamento propriamente detto , ma per 1’ adesione ancora: dap- poiché pur troppo, come abbiamo veduto e come accenna anche Minard, vi sono persone elevatissime in scienza, dalle quali si è pensato che non solo in alto mare e in casi di tempesta , ma anche presso il lido i flutti non ab- biano punto moto di traslazione progressiva in massa per effetto del vento. De Rosse! parlando delle correnti dice: Toute impulsion prolongée doit comu-

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niquer un mouvement à Veau de la mer , et déterminer un courant. Come esclu- dere quindi ogni moto di trasporto nelle onde prodotte dall’ impulso di un vento fortissimo e prolungato , ed anche quando la massa ondeggiante non trova più libero sviluppo per difetto di profondità nell’acqua ? Eppure si esclude: ed intanto, la fiducia ispirata da quegli seienzati ha forse compro- messo la sicurezza di molti bastimenti e la conservazione di alcuni porti ! A quanto il Paoli ha detto sull’ influenza del vento , mi si permetta che qui unisca alcuni de’ fatti a me noti.

Non vi ha dubbio, che in tempo di venti furiosi l’acqua alla superfìcie de’ marosi è sensibilmente spinta in avanti. Spesso si vede la superficie delle grandi onde intaccata da gran numero di piccoli flutti , i quali frangendosi fan biancheggiare il mare: fenomeno da noi indicato col nome di pecorelle. Non così spesso, ma disgraziatamente troppo di frequente, si vede pur anche che i marosi stessi si frangono in alto mare per la resistenza della sottoposta acqua in virtù de’ principii medesimi , pei quali si frangono sulla spiaggia e nei cui effetti non avvi che una sola differenza , quella cioè che la resi- stenza essendo solida sulla spiaggia, i flutti si aguzzano, e franti si precipi- tano a molta più distanza di quello ch’essi possano fare in alto mare sopra un corpo liquido, poco resistente ed ondeggiante.

Se col soffiar due venti violenti in direzione opposta si formano due serie di eguali flutti, che una contro l’altra si diriga, e se all’ incontrarsi di esse veruno de’ due venti ha interamente ceduto il posto all’altro, i flutti si ur- tano e s’inalzano con violenza tale da assomigliare a quelli, che Malte-Brun chiama murailles liquides, doni un téméraire naviqateur ne saurait s'approcher impunement. In questo fenomeno deve aver parte 1’ effetto dello incontro di due correnti, le quali sembrano traversarsi, ma in realtà si riflettono, come notò Leonardo. In vece senza vento , tanto fa a muoversi V onda contro al- V altra, quanto muoversi V un'onda per se nelVacqua immobile , come osservò lo stesso Leonardo, e come ha confermato Poncelet con più recenti esperienze.

Ritengo inoltre per certo, che in tempo di fortuna, cessato il vento che ha prodotto i marosi e sottentratone all’istante un altro egualmente violento in direzione opposta, se sempre non cessa subito 1’ ondulazione, cessa però sempre, quasi istantaneamente, alla superficie il trasporto progressivo in massa nella direzione del vento che regnava. Du Guay-Trouin racconta che un gran vento di nord avendolo gettato sulla costa presso San Malo, era per far nau- fragio, quando il vento tutto in un colpo saltò al sud, e che questo cam-

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biamento placò subito la tempesta e 1’ agitazione de’ flutti. Gomment , dice Minard che riporta questo fatto, comment concevoir cet effet, si le veni navait pas ime action divede sur les vagues ? Nel 1837 io era per perdermi sulla costa orientale dell’Àmerica meridionale presso Bahia con vento impetuosis- simo e grosso mare di traversìa ; quando tutto ad un tratto scoppiò una tempesta da terra. Avendo perduto gli alberi di gabbia , reso inservibile il bompresso, e fatte altre avarìe, non si potè spiegare al nuovo vento che la sola vela di trinchetto co’ terzaruoli presi. Ebbene , questa bastò per allon- tanare sollecitamente il bastimento da terra, quantunque i marosi seguitassero dalla parie di fuora, ed il bastimento si trovasse sopraccaricato dalla molta acqua entrata nella stiva. Come ciò poteva aver effetto se, come durava l’on- dulazione verso terra, avesse anche durato il trasporto progressivo in massa nello stesso verso ? Questo dovè esser cessato col cessar del vento, ed anzi incominciato l’altro, superficialmente, nel senso opposto; cioè nella direzione del nuovo furioso vento: il quale altro moto mi era fatto manifesto dal fran- gere de’ piccoli flutti incisi sulla superfìcie della vecchia onda e spinti contro la propagazione di essa. 11 bastimento era di 500 tonnellate; e, secondo gli scandagli del Roussin, la profondità in cui si trovò il bastimento stesso non fu minore di circa 230 metri.

E noto che il vento , come osserva Huot , caccia le acque dell’Oceano indiano nel mar Fiosso , e che quivi , al dir di lui , si trovano , a marea bassa, 8m , 12 più alte del livello del Mediterraneo; dislivello che ridotto anche alle recenti misure di Bourdaloue, resterà sempre sensibile. Si sa che la celebrata correlile liltorale del mare Adriatico viene , secondo che ha re- gistrato il Marieni , « non poco alterata dai venti gagliardi , particolarmente allorché vanno mancando dopo aver soffiato per due o tre giorni, producendo questi in tal caso o una corrente contraria alla generale, ovvero accrescen- done la forza ». Fenomeno che verificasi anche nel Mediterraneo , come si dirà in seguito. È noto che Bayfield ha fatto vedere, che un vento di tem- pesta rompe per qualche tempo la celebre corrente del golfo del Messico ( Gulf-Stream ) e ne mescola le acque con quelle più fredde e più profon- de : e che W. C. Redfield è indotto a concludere che, di buon tempo e di mare tranquillo , la larghezza termometrica di detta corrente può esser molto più grande che nei cattivi tempi , e che essa è molto più stretta nei suoi limiti dopo una gran tempesta. Si sa che il vento è atto a pro- durre una specie di marea lungo le coste e nel fondo de’ golfi : eh’ esso

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ha potenza pur anche di produrre delle sensibili variazioni accidentali nelle vere maree dovute all’ attrazione della luna e del sole , in guisa che quelle delle quadrature possono essere tanto alte, e più alte ancora di quelle delle congiunzioni, come per 1’ Adriatico dedusse Toaldo dal giornale meteorolo- gico tenuto dal Temanza , e come Smeaton osservò per 1’ Oceano. È noto che per effetto del vento si ha dislivello nelle acque de’ laghi, come avvertì il Castelli, e con ripetute osservazioni ha confermato il Lombardini: che per il vento, come riferiscono Franklin e Rennell, le acque di un gran bacino, largo dieci miglia e profondo 90 centimetri , si erano tutte accumulate da una parte, dimodoché in questa vi erano circa 2 metri di profondità, men- tre che nella parte opposta, cioè in quella donde veniva il vento, il bacino era a secco : che per esso nel mare di Azof, quando soffia violento da est, l’acqua ritirasi in tal rimarchevole modo che al popolo di Taganrók è per- messo di effettuare il passaggio a piede asciutto alla costa opposta ( on dry land to thè opposite coast) situata a circa 14 miglia distante ; e cambiando vento, il che accade istantaneamente, le acque ritornano con tal rapidità al loro naturale letto che molte vite si perdono e dei piccoli legni naufragano come racconta E. D. Clarke. È noto che il vento è una delle cause precipue delle vaste correnti costanti da Colombo per tali classificate, e da A. de Hum- boldt qualificate per veri fiumi che solcano i mari e scorrono isolati fra li- quide sponde che pochissimo o nulla partecipano al loro moto, come notano pur anche Maury e A. Secchi: che il vento è la causa unica che produce le* correnti periodiche e quel numero infinito di momentanee generate dai venti forti e prolungati anche nei mari freddi , ove le acque essendo più pesanti tardano più che nei mari caldi ad obbedire all’impulsione. È noto che, quan- tunque il vento non ritardi tanto le acque correnti de’ fiumi quanto voleva il Castelli ed anche Guglielmini (benché in grado molto minore), è però certo , che agisce contro il corso di essi , e gli obbliga a maggiori rialzamenti , come ha dimostrato il Zendrini: che secondo la direzione del vento cambia nel mar Caspio e nel Sund il peso specifico e la salsezza dell’ acqua pel trasporto che imprime alla massa liquida : che il vento forma e trasforma con élon- ncmte rapidità delle onde di 6 a 8 metri di altezza e di 100 a 150 di lun- ghezza, come ha registrato de Tessan: ch’esso ha potenza di porre in moto ondulatorio masse di acqua anche più enormi , colle quali forma marosi di 10 a 12 metri di altezza , di 300 %■ 400 metri di lunghezza e di oltre W

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miglia l’ora di velocità di propagazione (1): che sulla curva de’ marosi stessi incide serie di piccoli flutti di misure diverse e che si muovono in diversi aspetti, come ha osservalo Leonardo : che ne mozza le creste e ne trasporta 1’ acqua in forma di polvere : che cotesti marosi , come sanno i marini , e come Reihell ha notato , sono bien plus élevées et plus dangereuses , quando il vento -soffia da terra che quando esso è dans le mème sens que V onduln- tion. ; e niuno ignora che ha possa di abbattere alberi e scorperchiare edifìci.

ciò è tutto, perchè, quantunque l’esperienza richiesta dal Van-Beek sulla facoltà dell’ olio di sedare le acque del mare agitate dalle burrasche non abbia sortito il pieno effetto che si proponeva, pure per me non vi ha dubbio ch’egli abbia ragione di sostenere, che per quella sorta di membrana, in che gli oli e le sostanze grasse si conformano alla superficie dell’ acqua, i venti cessano di esercitare quell’adesione, quella sorta di affinità naturale, che ha effetto fra l’aria e l’acqua ; e Pouillet, sulle osservazioni dello Sco- resby relative alla formazione dei ghiacci in alto mare , dice : Dès que les prémiers embryons des cristaux deviennent perceptibles , la mer se calme comme si l'on avait repandu de rimile à sa sur face, lo non citerò inoltre Aristotile, Plinio, Plutarco, Donati, Franklin , Lelyveld , Kant, Weber ed altri in ap- poggio, in genere, al Van-Beek, e solo ricorderò, che i pescatori di ogni paese coll’uso dell’olio ottengono la cessazione dell’increspamento prodotto dal vento sulla superfìcie del mare, e possono così vedere nel fondo e pescarvi.

È noto che al sud-ouest delle Azores esiste una zona di erba marina galleggiante ( Sargassum bacciferum) di superfìcie equivalente a quella della Francia, e molto più vasta ancora, secondo il Meneghini. Questo mare erboso , questo prato galleggiante composto di erba secca e fresca , come notò Co- lombo , dopo essere stato da molti naviganti osservato per lo spazio di ol- tre 40 anni, il Beimeli ha trovato che non cambia di posto in latitudine , in longitudine; e de Humboldt, discutendo le osservazioni di Colombo , ha fatto risalire questa rimarchevole circostanza di situazione alla fine del quin- dicesimo secolo. Arago, parlando di questo mer de varec, si fa a richiedere che si spieghi à laide de quel artifice , sur une aussi grande étendue de mer , les eaux échappent si complètemenl à V action des vents et des courants , di modo che più centinaia di anni naient pas suffi à V entière dispersion des plantes

(1) In tutta questa Memoria intendo parlare di miglio nautico, il quale è di 185lm, 85. La velocita di un metro per secondo di tempo corrisponde a un miglio e 94 centesimi per ora.

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qui s'y trouvaient rassemblées à la fin clu \5me siècle lorsque les carcivelles de Colomb les sillonnèrent pour la première fois. A me sembra poter rispondere in modo soddisfacente , e nel tempo stesso venire per analogìa in appoggio all’effetto prodotto dall’olio ed altre sostanze interposte fra l’acqua e l’aria. Lunga esperienza ha provato, che questo immenso radunamento di erba tro- vasi a ridosso della citata corrente gulf-slream e di ogni altra corrente co- stante. Eguale esperienza ha pur anche provato, che nei paraggi o zone di mare di superfìcie eguale, o più o meno estesa di quella del mare erboso, e come questa privi di correnti costanti, col soffiar i venti si creano le cor- renti periodiche o momentanee. Ora perchè, essendo tutte le altre condizioni eguali, non si creano eguali correnti nel prato marino ? È mio subordinato parere, che questo diverso effetto si verifichi perchè il vasto strato o campo di erba frapposto fra la superficie del mare ed il vento non permette a que- sto di esercitare quell’adesione , quell’uniforme e prolungato impulso che si verifica fra esso e 1’ acqua nei mari liberi da quest’ ostacolo ; e così , non creandosi ivi correnti di sorta alcuna , non ha moto alcuno di traslazione l’erba che vi galleggia; ben inteso che siffatta immobilità ha luogo soltanto nella massa compatta del ripetuto prato marino, in quella parte cioè ove il mare è tanto coagulato di erba, secondo l’espressione usata da Colombo , che gl’ inesperti compagni di lui ne furono spaventati, perchè in realtà i basti- menti a stento la traversano. I lembi sono al certo lacerati; quivi delle liste di fucus sono spostate dai venti e dalle correnti, ed oscillano con questi mo- tori, come ho io per otto volte verificato. Ma roscillazione de’ lembi non di- strugge il mio assunto. Anche la maggior salsezza che trovasi nelle acque sotto il detto prato, conseguenza, secondo il citato de Humboldt, della più elevata temperatura che ha 1’ acqua in cotesta vasta superficie a confronto della temperatura del circostante Oceano , è per me un’ altra prova che le molecole di tal massa liquida non hanno moto, quindi della ninna azione del vento sulla medesima. Secondo de Tessan, cette aiujmentation de temperature ne peul quère ètre attribuée qua irne influence du gulf-streo.m. A me invece sem- bra che se questa calda e vegeta corrente vi agisce direttamente, non si po- trebbe verificare la immobilità e speciale postura della massa galleggiante : indirettamente poi non credo che possa avere influenza sensibile in una vasta massa per la poca conducibilità del liquido; e la più bassa temperatura del circostante Oceano ne è anche una prova. Ammessa l’immobilità dell’acqua, mi pare che sia causa sufficiente a spiegare il maggior calore di essa in con- fronto della confinante, la quale è sottoposta a moti diversi.

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A me pare che possa sempre più appoggiare il mio assunto anche un altro fatto di simile natura registrato da P. Monnier. In alcune parti del ca- nale della Manica e del mare del nord, da Brèhat a Dunkerque, si vedono galleggiare a livello del mare de’ fucus della specie chiamati filum. Le stri- sce, ch’essi formano, si dispongono nel senso delle correnti principali della marea con larghezze diverse, e più di una di esse ha fino a 5 o 6 leghe di lunghezza. Esse sono stazionarie in quel punto ove il flusso e riflusso forma une zone de repos... e ripetute esperienze hanno provato che les coups de vent ne les font pas disparaitre des lieux oh elles slalionnent habiluellemenl.

Finirò su questo proposito con una osservazione che traggo dalla So- merville: « Quando l’aria è umida, diminuisce in essa l’attrazione per l’acqua, e per conseguenza la frizione; da ciò proviene che il mare non è tanto ar- ruffato nel tempo piovoso , quanto lo è nel secco ». Io credo adunque che anche questi fatti provino l’azione immediata che il vento esercita sulla massa liquida, giacché l’azione cessa quando la massa liquida viene sottratta all’in- fluenza del vento.

Dopo la conoscenza di tutti questi effetti, come convincersi che il vento nel solo flutto non debba mai produrre sensibile moto di trasporto nelle mo- lecole di cui si compone l’onda, e ciò anche quando la profondità del mare non permette libero sviluppo alla massa di acqua ondeggiante ? Io non posso persuadermene , perchè dai fatti sopra esposti e dalla pratica che ho della navigazione mi si fa manifesto , che nei casi di tempo forzato , non solo presso il lido ma anche in alto mare, il moto ondulatorio è animato anche di moto di reale trasporto. Dunque in questi casi si deve far entrare ne! conto di stima del bastimento l’elemento di trasporto dovuto ai marosi ; il quale sarà più o meno sensibile secondo la forza e durata del vento, e atto a superare in alcuni casi due miglia l’ora. Con questo nuovo studio di tra- sporto forse si giungerà a diminuire il numero di talune correnti che crediamo esistere, perchè sarà determinata la vera causa di alcuni trasporti, i quali, dedotti come d’ordinario dalla differenza del cammino di stima con quello osservato , si ritengono per correnti , mentre in fatto non sono che movi- menti parziali e temporanei dovuti alla forza e durata del vento ora in que- sta ora in quella direzione. Per questa via sarà data una vera spiegazione a epxeW agente oculto, come lo chiama Macarte, a quelle stravaganze di forza e di direzione che verificansi anche nei paraggi di correnti costanti; strava- ganze che sorprendono, inquietano, tal volta compromettono la navigazione,

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ed hanno fatto dire a Vincendon Dumoulin, nel render conto delle rouies des corvettes nel Voyage au póle sud et dans l'océanie, che le lecteur sera peni - etre étonné des différences quii pourra remarquer soit dans la force , soil dans la diréction des courants conclus des routes des corvettes ; mais nous croijons devoir prévenir d avance que lous ces calculs ont été revus avec soin , et que ses anomalies doivent nécessairement se rapporter aux erreurs des estimes faites avec le lock et la boussole. Vengo ora ai secondi casi, di cui sopra.

Che il moto in alto mare non sia sensibilmente progressivo in massa nei casi di vento mite o di forza moderata, luminosi fatti giornalieri me lo fan credere , e me ne sono pienamente convinto di persona nel non breve esercizio dell’arte mia. I soli casi di vento violento fanno eccezione a questa verità. Se il moto di traslazione dell’ onda fosse sempre reale e non appa- rente , il mare avrebbe la indole de’ più sfrenati torrenti ; la sua superfìcie sarebbe un assieme di acque correnti di larghezza , lunghezza , direzione e velocità diverse, quanto sono vaste le zone, le durate, le direzioni e le forze de’ vari flutti che si sviluppano sul mare.

Ed in vero 1’ esperienza ci prova che con vento forte, ma non straor- dinario, la velocità dell’onda è di 4 metri per secondo di tempo, e sappiamo che Vionnois l’ha misurata giungere nelle tempeste a 20 metri per secondo nella baia di s. Giovanni di Luz. Ma, tenendomi al caso di vento ordinario, ho dunque otto miglia nautiche 1’ ora di velocità nel moto dell’ onda. Così essendo, un bastimento (supposto che non vi siano altre cause di moto), per il solo titolo di traslazione progressiva in massa delle molecole dell’onda fi- lerebbe otto nodi f ora. Se così fosse, cioè se il moto apparente dell’ onda fosse sempre reale, il mare non sarebbe utilmente navigabile, e solo nei casi di vento in poppa sarebbe praticabile. Invece si vede tutto giorno che i ba- stimenti velieri con vento fresco e mare contrario , proporzionale alla forza del vento, possono bordeggiando guadagnar sopravvento; il che non si veri- fica, anche col mare calmo, quando una corrente sia contraria ed abbia poco più di un miglio di velocità per ogni ora. De Tessan, trovandosi un giorno con una barca corallina nella parte nord del capo Bougaroni , ove la cor- rente ha 2 miglia l’ora di velocità da ouest ad est, e volendo scandagliare il fondo, aveva solamente fatto imbrogliare la vela senza serrarla; egli notò ch’era emporté rapidement cantre le vent qui élait cependant assez frais. Bé-

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rard racconta, nel corso de’ lavori idrografici sul littorale dell’Algeria da esso lui diretti , avoir tenté plusieurs fois , mais inulilement , di bordeggiare con i venti di ouest presso il suddetto capo per montarlo. Lo stesso Bérard ha re- gistrato inoltre che nel tempo della crociera (dal 1827 al 1830) la divisione navale si teneva nel meridiano di Algeri. Ivi la detta corrente ha una ve- locità media di circa mezzo miglio l’ora. Ebbene, questa posizione era facile a conservarsi con i venti dalla parte di est, perchè se uno o più de’ basti- menti per causa qualunque si trovava sotto vento riprendeva facilmente il suo posto ; invece co’ venti da ouest era necessitato a correre delle lunghe bordate al largo per ritornare al suo punto. Nei viaggi non facciamo mai en- trare nel conto del cammino del bastimento il rilevantissimo moto di pro- pagazione delle onde come moto di trasporto: noi prendiamo nota dell'urto soltanto facente parte dello scaroccio che dalla scia si stima, e (meno casi di burrasca) ci troviamo relativamente bene. ciò può risultare per un tal qual compenso prodotto nei viaggi dalla variabile direzione de’ flutti , per- chè molti esempi potrei citare fuor del caso della possibilità di questo com- penso, specialmente dedotti da ripetuti piccoli viaggi da me fatti con legni a vela, e con piroscafi in acque morte, in quelle agitate dalle onde, e nelle correnti. Di più cogli stessi piroscafi avendo io nel 1842 dall'Oceano sboc- cato nel Mediterraneo a traverso alla Francia, e giunto da Londra a Roma percorrendo mare, fiumi e canali, ora armato di ruote ed ora senza, colla forza motrice di vapore, di vela, di uomini e di cavalli, ho potuto verificare il fenomeno dell’onda solitaria, e raccogliere dati di confronto che mi som- ministrano lumi non dubbi anche per la questione che tratto.

Fra coloro che vogliono sempre esistente il moto progressivo ed in massa nelle molecole che compongono 1’ onda , trovo i nomi di tre chiari autori che più degli altri in modo esplicito ne trattano; quindi meritano speciale considerazione. Questi sono, un ingegnere inglese (A. Stevenson), un geologo italiano (D. Paoli) ed un ingegnere francese (A. de Caligny). I primi due non potendo non riconoscere che i bastimenti in effetto non seguono pari passo il cammino delle onde , si sforzano spiegare questo fatto, 1’ uno con credere che per deficienza di attrito il bastimento non è abbastanza rattenuto alla su- perficie dell onday 1’ altro coll’ asserire che le onde debbono vincere la resi- stenza deir acqua che si para innanzi ad esse. Ma se in realtà 1’ acqua si muove progressivamente in massa, in non so concepire questa deficienza di attrito o questa resistenza dell’acqua, il bastimento, come in ogni altra cor-

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lente, non può non essere trasportato, e per lo meno, colla stessa velocità con cui si muove la massa dell’ acqua. II terzo non pretende che il moto progressivo delle molecole sia eguale a quello di propagazione delle onde : egli lo limita ad un réeì moto di trasporto sensible ; asserisce che i marini en liennenl compie nel calcolo della loro rotta cornine T a remarqué M. de Tessati dans son ouvrage sur le vogage de la Vénus , e crede cotesto moto in- dubitabile perchè sans cela il serait assez difficile d ' expliquer le rnouvemenl apparent. lo non mi fermerò su questa sua credenza, ma sibbene su quella sua asserzione, la quale, così assoluta e non sottoposta ad eccezioni, distrugge quanto io ho detto ed ho creduto di provare con fatti.

Non piccola fu la mia sorpresa quando lessi il citato passo di de Ca- ligny: e come poteva non esser tale ? Nei trattati di nautica non mai in modo esplicito ho letto , dai miei maestri mai mi è stato proposto a regola , tener conto nel cammino del bastimento di fatto moto di trasporto ; mai esso si registrava dai capitani, sotto i quali io ho servito. Con ciò non intendo di escludere che in qualche trattato vi possa essere esposto il moto in discorso, cioè di continuato trasporto. Io al certo non ho letto tutti i trat- tati di nautica; ma quelli che ho avuto ed ho sottocchio sono senza dubbio fra i più accreditati, e sono sicuro che in essi non si trova stabilito quando le onde hanno moto di trasporto, quanto sia questo moto; in una parola, ivi non si danno norme per siffatto moto , mentre, perchè i marini ne te- nessero conto , si dovrebbe trattar di esso come si fa delle correnti , della deriva eccetera. Ecco nella nota la lista de’ trattati cui alludo (1). Di tutti

(1) J. W. Norie : A complete set of nautical tables ec. (1810). J. Greenwood: Rudi- mentary treatise on navigation (1850). M. Pimentel: Arte de navegar (1762). A. G. de Fret- tasi Tratado de navegar (1823). M. V. Do Couto: Astronomia [spherica e nautica (1839). A. Lopes de Costa Àlmeida: 0 pilodo istruido ec. (1839). - J. de Mendoza v Rios: Tratado de navicacion (1787). Coleccion de tablas paravarios usos de la navigacion (1800). Macarte y Diasi Leccions de navigacion ec. (1801). G. Ciscàr: Carso de estudios elementales de marina-. T, IV che contiene il Tratado de pilotage (1834). - Bouguer : Nouveau traté de naviga- tion (1753). Le Gaigneur: Le pilote instruit (1781). Romme: E art de la marine (1787). La Science de l'homme de mer (1800). Bé.zout e de Rossel: Traté de navigation (1814). Lassale: Traité élémentaire d'hydrographie (1817). Dulague (più sotto citato). Guépratte : Problèmes d’ astronomie nautique et de navigation (1822). I. A. Mazure-Duhatnel: Construction et usage de quelques tables particulieres pour abréger les calculs d' Astronomie nautique ec. (1825). Ducono Cours complet d' observations nautiques (1835). - P. Da Medina: Arte del navigare (1609). G. Pagnini: Trattato della sfera ed introduzione della navigation [1 750). Pezenas : Elementi dell'arte nautica (1754). Brunacci : Trattato di navigazione (1819) . G. Tonello: Corso ristretto di navigazione teorico-pratico (1827). G. A. Mikocz: Il corso di navigazione teorico-pratico (1833). Lamberti : Lezioni di navigazione ; traduzione dal Dulague con ag- giunte (1850). V. Gallo: Trattato di navigazione (1851) e Guida dei naviganti al lungo cor- so (1853).

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gli autori in essa citati il solo Mikocz accenna ad un valore di moto prodotto dall’urto del mare : « Alle volte, egli dice, quando la nave corre in poppa con grosso mare, il triangolo (solcometro) viene spinto dall’ onda verso la nave, e perciò essa dimostra di fare meno cammino, quindi si accorda per ogni 10 miglia un miglio in favore della nave ». Ma credo che debba farsi distinzione fra il moto dell’ urto delle onde e quello di trasporto continuato di esse, del quale intendo parlare: quello dell’urto si può, nella maggior parte de’ casi, dedurre dalla scia, ossia è compreso nello scaroccio (deriva) del bastimento. Inoltre, il dieci per cento di valore dato al detto urto non può essere genera- lizzato per tutti i casi di onda in poppa.

Arago , colla solita sua accuratezza e con speciale impegno , rendendo conto all’accademia delle scienze di Parigi de’ lavori scientifici del citato viag- gio intorno al globo su la fregata la Venere , facea pur noti gli studi fotti in cotesto viaggio sul moto ondoso del mare ; ma nulla disse del moto di trasporto, di cui mi occupo. Eppure esso meritava particolare menzione. Così dai tre professori, Bernard, Minard e Frissard che, dopo pubblicato il sud- detto viaggio, si sono succeduti per dettare lezioni nella scuola degl’ingegneri francesi, e che diffusamente han parlato delle onde marine, non si fa parola del costante moto voluto dal de Tessan e dal de Caligny. Che se Minard dans les plus grands venls ammetterebbe nei marosi une rilesse horizontale notable , non richiama o stabilisce un canone , ma solo accenna ad una sua idea in quella condizione di tempo; perchè in massima egli crede che la rilesse des courants n est pas altérée par le mouvement des vagues , il che esclude ogni moto di trasporto ne’ flutti. L’ultimo poi, cioè il Frissard, quantunque poste- riore anche alla pubblicazione del de Caligny, non manca di ripetere che au lar- ge, le mouvement des vagues n'est qu' apparente . le fluide n'est pas déplacé, ed immobile lo crede, senza fare eccezione per una forza qualunque del vento; e se presso il lido ammette moto di trasporta, pare che lo creda solo molto in terra, perchè parlando delle correnti di marea asserisce, che ih soni in- dépendanls des vagues. In fine osserverò che uno de’ più dotti navigatori fran- cesi, Duperrey, tre anni dopo la pubblicazione dell'opera di de Tessan diceva all’accademia delle scienze di Parigi, che il moto di traslazione delle onde in alto mare è simplement apparent.

Questo unanime silenzio. , e contrario avviso , de’ precettori di Francia sull’asserzione di de Tessan e di de Caligny mi consigliavano a non tenerne proposito; ma riflettendo alla fama di questi due nomi, e all’importanza della

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questione , mi sono, creduto in dovere di provvedermi l’opera del primo. In questo solo modo poteva apprendere sopra quali fotti ed argomenti si ba- sava 1’ asserzione di lui. Ecco il risultamento delle mie ricerche. De Tessan tratta sur la formation et la propaga tion des vagues; ma, a parer mio, lascia molto a desiderare ; tanto più ch’egli stesso riconosce essere questa théorie bieii peti avancée et bien digne cependant d'attirer Vattention des géomèlres et des ingénieurs, e de’ marini aggiungerò io. Relativamente alla questione che mi occupa , ecco tutto quello che ne dice. Un petit mouvement de transport horizontal accompagne toujours Fonde ; i marini ne tengono conto nella loro stima , et le portent a 0"',3 ou 0m,4 par seconde , quand la lame est encore sous Vinfluence du vent, et à 0'%1 et 0"\2 quand il ny a plus que de la houle, sans vent. Dunque quanto egli assarisce non ammetterebbe dubbio: è per lui un canone praticato dai marini. Ma se ciò fosse, come spiegare il silenzio, anzi il contrario avviso, di Bernard, Minard, Frissard, Duperrey, a cui aggiungerò solo due altri distinti ufficiali, l’uno della marinerìa inglese, John Washington, e l’al- tro della nostra marinerìa, C. Acton, tutti posteriori al de Tessan ? Lasciando a questo ingegnere la cura della risposta , io dirò intanto che secondo lui esisterebbe sempre sensibile moto di trasporto nelle onde (il che io non posso ammettere); il massimo di questo moto sarebbe di 7 decimi di miglio l’ora ( il che per me è molto al disotto del vero nei casi di fortunali ) ; ed il minimo di 3 decimi sans vent (il che credo troppo elevato non solo senza vento, ma quando anche soffia vento di 4 a 6 metri di velocità per secondo di tempo). i risultamenti dedotti dai punti di stima della fregata la Ve- nere , delle cui observations méléorologiques faites à la mer il de Tessan ci rende conto, m’invitano ad accettar per buoni quei dati di correzione: anzi egli stesso ci avverte della peti de confiance che meritano quei risultamenti. credo, siccome egli mi sembra credere, che col rendere rnoins défectueux et sur tout rnoins arbitrane il solcometro in uso si giungerà ad avere un punto stimato molto preferibile a quello che attualmente abbiamo ; perchè , sup- posta pure l’immobilità del solcometro relativa al bastimento, resterà sempre a conoscersi il cammino di quest’ultimo rapporto ad un punto assolutamente fìsso. Ora, per ottenere questa seconda parte, si rende indispensabile cono- scere ogni movimento del mare; il quale movimento in massa trasporta seco, a nostra insaputa, e solcometro e bastimento; quindi l’ignoranza più o meno grande del giusto valore del trasporto è, e sarà sempre, la precipua causa del più o meno grande errore nel punto di stima..

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Può essere che qualche marino per sua particolar pratica tenga conto di detto moto di massa quantunque non stabilito nella lunga lista delle autorità citate nella nota antecedente e rammentate nel testo. Ma ammesso che al- cuno ne corregga la stima, a me sembra che le norme da seguirsi non possano essere i soli due dati indicati dal de Tessan. Esse devono classificare i gradi diversi della forza del vento, le diverse velocità, altezze e lunghezze delle onde, e le diverse profondità del mare; e devono applicarsi secondo la maggiore o mi- nore immersione del bastimento. In attesa di essere meglio istruito sul sog- getto, io resto convinto che, in alto mare, nei casi di vento mite sino a quello di forza moderata per lo meno, non deve esistere nelle onde moto sensibile di trasporto in massa ; perchè quando anche esso fosse soltanto di qualche decimo di miglio 1’ ora , sarebbe stato notato dagli esperti ed attenti navi- ganti, e tanto più facilmente nei paraggi conosciuti. In questi casi di tempo mite o moderato e di luogo ripetutamente navigato , con sicurezza si può dare dall’occhio marino il vero valore ai diversi elementi di trasporto, ai quali è sottoposto il cammino di un bastimento ben costruito e noto a chi lo dirige.

Dunque, dovendosi da me ritener per fermo quanto asserisco, se si porrà mente ai sopra esposti fatti e a mille altri che si hanno della stessa specie, credo si converrà meco, che coloro i quali vogliono ammettere sempre moto sensibile di trasporto nelle onde cadono in eccesso, come quelli che non l’am- mettono mai Ma mi si potrebbe rispondere, che il citato A. Stevenson ri- porta anco egli de’ fatti osservati personalmente, e dai quali si è pienamente convinto del reale moto di trasporto che l’onda, anche senza vento e in alto mare, imprime al bastimento. Anzi dai fatti stessi ei deduce una prova con- cludente della forza percussiva e del moto progressivo delle onde ( of thè per- missive force and onward movement of thè ivaves), poiché in verun caso am- mette, che il ripetuto trasporto possa essere il prodotto dell’urto delle onde, cioè del mero elevarsi ed abbassarsi del mare. Io ritengo per veri i fatti ri- portati dallo Stevenson, come sono tranquillo che nessuno potrà smentir quelli da me riferiti; ma bisogna avvertire di porli al loro posto. Quindi per Spie- gare l’apparente contraddizione fra gli uni e gii altri fatti, mi farò lecito os- servare che lo Stevenson verificava i suoi fatti di trasporto quando il basti- mento si trovava in profondità di acqua non maggiore di 12 a 18 passi (fathoms) (metri 22 a 33), e perciò in profondità in cui 1’ onda, risentendo reazione dal fondo del mare, sviluppa un nuovo fenomeno; il qual fenomeno spiega quel trasporto senza bisogno di ammetter sempre e in ogni luogo

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resistenza del moto di massa nell’onda nel verso orizzontale. Di questo fe- nomeno passo ora a render ragione.

Esporrò prima di tutto il mio modo di vedere sull'onda presso il li- torale , e quindi parlerò del fenomeno che quivi appunto si deve produrre in essa quando per la poca profondità dell’acqua non può più svilupparsi li- beramente sotto la superficie del mare.

È certo che 1’ onda si sviluppa assai più sotto che sopra la superficie: l’esperienza dimostra che l’agitazione si può trasmettere a grande profondità. Quindi la diminuzione del fondo del mare deve esercitare reazione nel moto delle molecole, qualunque sia la natura della linea che descrivono. Le onde provenienti dal largo si devono trovare raccorciate e riflesse urtando nell’osta- colo che loro frappone il fondo, e perciò l’andamento primitivo di esse deve soffrire perturbazione; ossia deve succedere in esso un notevole spostamento di massa liquida. Non potendo cader dubbio su ciò, mi trovo indotto a con- chiudere che quel moto delle molecole, il quale per lo innanzi era semplicemente orbitale o verticale, debba divenire in fine orizzontale con traslazione con- tinua. Gli effetti di questo cambiamento nel meccanismo dell’ onda sono, a parer mio, non meno luminosi dei fatti che convincono del moto dell’onda? in grandissima parte e quasi sempre, soltanto apparente in alto mare.

All’avvicinarsi al lido, o più precisamente ove 1’ onda non trova libero svolgimento, è mio avviso che non solo debba nascere un altro fenomeno, ma eh’ esso debba ancora estendere la sua influenza in tutta la massa che compone l’onda. Per render ragione di questa mia proposizione, dopo aver premesso in genere le cose discorse, giudico opportuno di presentare le mie idee in aspetto concreto, e così dar conto puranche dell’azione de’ flutti sul trasporto de’ bastimenti presso i lidi, e di quella di zappare e di convogliare i detriti del fondo del mare. In queste ricerche sento il dovere di porre la questione nel suo vero punto, e di essere il più possibilmente chiaro; dap- poiché Arago ha detto che dans le siècle oh nous vivons , poser ime queslion scientifìque avec nettelé , c'est la resoudre a moitiè.

Se a taluno sembrasse cosa indifferente conoscere quando ed ove il moto ondulatorio divenga anche di traslazione, io non sarei del suo avviso, e lo credo anzi importante e per la nautica e per 1’ idraulica; perchè tal cogni-

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zione potrà indicare ai naviganti quando debbano prendere delle precauzioni contro questo fenomeno che cagiona al bastimento uno scaroccio non indi- cato dalla scia , e produce puranclie un acceleramento o ritardo non in- dicato dal solcometro (log). E noto che dalla scia si stima lo scaroccio del bastimento causato dall’impulso del vento e dall’urto delle onde, quando l’una, o tutte due queste forze non agiscono nella stessa direzione del cammino del bastimento. L’esperto marino ottiene soddisfacente risultato da questa stima quando il mare non ha moto di massa, perchè la scia non presenta sensibile presa al vento all’urto delle onde. Ma ove siavi corrente, ossia trasporto di massa, soggiacendo la scia all’intiera azione della corrente come il basti- mento, non può dedursi il vero scaroccio se s'ignora la velocità e direzione di essa. Ciò che è di natura della scia lo è anche del solcometro. È poi im- portante per l’idraulica quella conoscenza perchè mostrerà agl’ingegneri a qual distanza dal lido saranno staccati dal fondo del mare e trasportati dalla sola azione de’ butti i materiali ostruenti.

Ecco dunque come io mi figuro 1’ origine e la fine dell’ onda prodotta ed accompagnata dal vento, ove il fondo del mare venga a diminuirsi e ter- minare in spiaggia della natura e forma di quelle che noi chiamiamo sottili, supponendo nel vento una velocità costante di 7 a 8 metri in un secondo di tempo, e già da qualche ora in attività.

Ho detto che la massa dell’acqua non ha moto sensibile di traslazione orizzontale in alto mare ; ivi 1’ onda potendosi sviluppare liberamente sotto la superficie , il moto può dirsi interamente apparente , ossia di vibrazione soltanto. Propagandosi questo moto verso la spiaggia, l’onda deve incontrare nella parte inferiore il fondo del mare che contro la direzione del proprio moto s’ inalza. Allora quelle molecole dell’ acqua, che fan parte de! mecca- nismo della intera onda e che urtano nel fondo , devono risentire reazione ed anche (nel voltare verso la superfìcie) concepire una velocità maggiore di quella che avrebbero avuto senza l’incontro di quest’ostacolo, mentre le mo- lecole che in quell’ istante trovansi più elevate , non potendo continuare li- beramente il loro cammino nell’ interno della massa liquida , devono urtare nelle sottoposte ed obbligare l’onda ad inalzarsi maggiormente. Quindi l’onda da questo primo scontro della sua base col fondo deve cominciare a perdere l’equilibrio ed inclinarsi, progredendo così con un primo spostamento sensi- bile nella massa dell'acqua tendente alla orizzontalità; spostamento che con

leggiera gradazione deve partecipare la chiamata a qualche distanza anteriore al luogo ove il fenomeno si rende sensibile. La propagazione dell’onda che si è conservata, le onde susseguenti, e la sempre decrescente profondità del- 1’ acqua , devono costantemente dar luogo agli stessi urti contro il fondo ; quindi agli stessi effetti, ma in proporzione sempre più sensibili; dimodoché sempre maggiore e più veloce sarà lo spostamento orizzontale di massa, a misura che i flutti si accostano alla riva. Oltre a ciò, siccome col diminuire la profondità dell’acqua diminuisce ancorala velocità di propagazione dell’onda mentre la velocità del vento resta costante , così ne conseguita che gli ef- fetti dello sfregamento ed adesione dell’aria sul fianco inclinato dell’onda sa- ranno ben maggiori di quando 1’ onda fugge liberamente e conserva la sua forma normale. In questo stato, io stimo che lo spostamento abbia già alla superficie una quarta parte della velocità sviluppata dalla propagazione de’ flutti; spostamento che segue progressione rapida a misura, che la profondità del- l’acqua diminuisce e l’inclinazione delle onde aumenta. Conservandosi pur tut- tavia il moto di propagazione e, per la sempre crescente reazione, elevandosi sempre più il moto ondulatorio al disopra della superficie del mare, si giunge al punto che 1’ onda perde interamente 1’ equilibrio e cade frangendosi ; al quale effetto prende anche parte il ritorno (risacca) dell’onda, che sviluppata sulla spiaggia ne discende ed in un angolo più o meno retto incontra la sus- seguente onda. Questa, come l’antecedente ad essa, si rotola sul piano aseen* dente della spiaggia colla velocità orizzontale che di già possedeva, aumen- tata nella caduta dalla sua più grande altezza, e raggiunge così una velocità finale ben superiore a quella di propagazione. Duperrey riferiva all’accademia delle scienze in Parigi che , secondo i calcoli di Keller , quando 1’ altezza dell’onda è doppia della profondità, il moto di traslazione di essa non è più semplicemente apparente come in alto mare ; mais cetle onde se transporte réellement de tome pièce, trascina tutto ciò che incontra nel suo passaggio, e percuote con potente energìa tutti gli ostacoli frapposti nel suo cammi- no (1). Lo stesso Duperrey registra inoltre di aver avuto occasione, nell’ar- cipelago delle isole di Sandwich , de franchir aree rapidité des espaces con- sidérables en se faisant transporter à terre dans urie embarcation sans autre mo-

li) Secondo il rapporto fatto all’accademia fin dal 1847, l’opera del Keller deve con- tenere preziosi documenti ed utili ragionamenti sulle maree, e pare anche sul moto ondoso dovuto al vento: ma essa non è ancora pubblicata. Io non ho mancato di farne ricerche con- tinuate sino a questo mese di luglio del corrente anno 1855.

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teur que la lame. A me sembra però che in questi casi l’onda sia già franta. Vetch dalle esperienze di Russell ha dedotto, che le onde si rompono sem- pre quando la profondità dell’acqua non è maggiore della loro altezza al di sopra del vuoto antecedente ; ed io penso che in pratica ciò accada il più delle volte in profondità di acqua anche maggiore di detta altezza , per la nuova forma che le onde hanno preso, per la risacca che si oppone al libero scorrere di esse, e per il vento che le incalza con velocità molto più grande della loro propagazione. Carlo Acton ha registrato che nella memoranda for- tuna sofferta dalla squadra inglese sulle coste della Siria, dal 1 al 3 dicem- bre 1840, si videro i marosi frangere alla profondità di 46 passi (metri 84, 18). Ma nelle fortune ordinarie, anche prolungate, le notizie da me possedute in proposito mi fan credere che debba limitarsi a 15 o 20 metri la profondità ove principiano a frangersi le onde del mare nostro, e a metri 10 nelle bur- rasche più frequenti.

Quello strato di molecole, che è come staccato nella parte inferiore del- l’onda nel primo incontro risentito sul fondo del mare, deve nel voltarsi verso la superfìcie prendere un moto di traslazione di massa, che nel primo mo- mento può avere varie direzioni, ma la principale sarà a seconda della pro- pagazione dell’onda per effetto della direzione dell’urto ricevuto dalle mole- cole sovraincombenti tendenti al movimento progressivo verso il lido. L’azione poi di detto urto si può ritenere per potentissima, ed Emy e Virla si tro- vano d’accordo a credere la sola pressione dei flutti anche capace di pro- durre effetti analoghi al piston cl' une pompe foulanle. Questo inciampo deila base dell’onda nel fondo del mare origine adunque ad un nuovo fenomeno che Emy chiama flutti del fondo. Ma il letto del mare, di qualunque natura e forma esso sia, deve ritardare e consumare il moto di questi flutti.

Qui non posso trovarmi d’accordo con Emy, il quale vuole che quello strato di molecole, che ha risentito l’urto e formato i flutti del fondo, abbia sempre velocità non inferiore a quella di propagazione dell’ onda. In questa parte io mi atterrei al parere di P. Monnier. Questi conviene sulla genera- zione de’ flutti del fondo voluti da Emy , ma non ammette che la velocità di essi possa essere eguale a quella di propagazione dell’onda alla superfìcie del mare. Non pertanto si dichiara convinto, ch’essi sono animati da un ra- pido moto di traslazione, lo però, come ho detto di sopra, non solo ammetto moto di trasporto nello strato inferiore defrauda, ma benanche, in questi casi,

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in tutta la massa che la compone; il che si esclude da Emy, da V irla, e dai seguaci loco. Del qual fenomeno fra poco renderò ragione.

La residuale forza progressiva delle molecole , che formano i flutti del fondo, o corrente sotto-marina, viene alimentata ed animata dalla forza d’im- pulsione successiva, che nello stesso posto imprime la susseguente onda: di- modoché ricevendo nuova spinta, aumenta la velocità sua e quella delle altre molecole già verso il lido pur esse dirette, seguendo la corsa sotto l’acqua ondulante: ma la corsa della parte inferiore dell’onda sarà sempre dipendente dagli accidenti del fondo, dalla profondità del mare, e dalla forza d’ impul- sione delle onde. Intanto l’onda progredisce verso la riva, e così progredendo, elevandosi , aguzzandosi , inclinandosi ed accorciandosi quanto più scema il fondo, seguita a percuotere a più brevi intervalli il letto del mare, inciden- dolo con effetto sempre sensibile, dovuto all’aumentata altezza ed alla forma più aguzza presa dall’onda, la cui risultante azione deve produrre solchi ben maggiori di quelli prodotti contro un ostacolo di natura identica , da una corrente di eguale velocità e massa; perchè la corrente non agisce come le onde per percosse, cioè con urti intermittenti e spesso rinnovati, ma a pres- sione continua. Cosicché in forza di questo ripetuto giuoco fra le molecole superiori ed inferiori dell’onda, sempre diretto a seguire la direzione dell’on- dulazione, aiutandosi le une colle altre, conservasi al flutto del fondo, o parte inferiore dell’onda, rilevante velocità fino alla sponda, quantunque le onde estintive del Tadini e la progressiva diminuzione del fondo del mare gli frap- pongono crescente resistenza, aumentata ancora dalla risacca.

Nelfammettere moto di trasporto in tutta la massa che costituisce l’onda, ammetto però nelle molecole, prima ch’essa si franga, una diversa potenza di azione; cioè la parte superiore e quella inferiore dell’onda formano, a parer mio, due specie di correnti, di minima azione la prima, di massima la se- conda, e partecipanti a questi due estremi le molecole intermedie; cosicché deve accader nel flutto l'opposto di quel che verificasi nelle acque correnti de’ fiumi , perchè in queste il ritardo notabile di velocità causato dal letto generatore di onde estintive, non viene ripetutamente compensato, e ad esu- beranza, dagli urti incidenti ed intermittenti del flutto sulle molecole che si trovano nel fondo del mare. Quando il flutto è franto, si traspone l’azione massima del fenomeno ; in questo caso segue la legge de’ torrenti in piena istantanea. Mi si abbia per iscusato se riferisco dei fatti, onde provare l’esi- stenza del suddetto moto di trasporto, ed appoggiare la distinzione fre le due specie di flutti-corrente . ( Continua )

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Fisica terrestre. Sui terremoti avvenuti in Frascati nei mesi di Maggio e Giugno 1855, Note del prof, Giuseppe Ponzi.

I.

bruttava il Vesuvio con impeto nel Febraro dell’anno 1850, e dopo aver sgorgata una grande quantità di sue materie, tornava ad un periodo di tran- quillità ed inerzia ; se non che larghi getti di fumo spesso emanati , e una vasta circolare voragine aperta nell’ultimo Decembre chiaramente indicavano essere quella calma onninamente apparente e precaria. Difatti al principiar del Maggio di quest’anno tornava il vulcano a far manifesta la sua attività con vaste nappe di lava scaturite dai lacerati suoi fianchi , che precipitose venivano a versarsi e spandersi in lunghe e larghe correnti di fuoco sul cir- costante paese. Il periodo di queste maravigliose operazioni declinava col mese, finché restituito l’equilibrio nella Natura, tornò a regnare quella calma serena che rende così ameno e ridente il suolo di Napoli. Ne è a credersi che du- rante quel lasso di tempo sola sia stata l’Italia inferiore a risentire gli effetti di un parossismo tellurico ; lontane contrade ne furono eziandio affette più o meno gagliardamente, in ragione delle circostanze e condizioni dei luoghi. Gli spenti vulcani deH’Overnia nella Francia centrale venivano commossi da violente scosse di terremoto , e le trachitiehe contrade di Brussa nell’ Asia minore venivano messe a soquadro da sovversivi ed energici convellimenti. Probabilmente altri luoghi dovrebbero avere sperimentate tali lontane corri- spondenze ; ma di queste non siamo in grado di dar contezza , sia perchè non vi si fece attenzione , sia perchè non registrati dal giornalismo o dalle effemeridi dei dotti, sia perchè la fama non ebbe forza di spingersi a lungo. Ne è a far meraviglia: ciò avvenne anche presso di noi nei terremoti testé sperimentati dal nostro suolo dei quali niuno fece menzione; laonde intendo prenderne nota onde fatti di tanta importanza non vadano consegnati del tutto alla oblivione.

Egli è certo che l’Italia centrale non restò insensibile alle operazioni che la Natura compieva nella sua inferiore estremità; anzi può dirsi avere avuta parte integrale a quei fenomeni in ragione delle più dirette relazioni , che non hanno i vulcani francesi o quelli dell’Asia minore. Perochè allo spegnersi dei fuochi vesuviani noi abbiamo veduto riscuotersi il sistema vulcanico la- ziale e contemporaneamente le colline di Gubio con ripetute e gagliarde scosse di terremoto.

A

231

Erano le 4 del mattino del giorno 29 maggio allorché il gruppo de monti sporgente sulle pianure del Lazio specialmente il loro occidentale ver- sante, venne a sperimentare quattro successive scosse con tale violenza da sorprendere e sgomentare gli abitanti, sebbene non isoliti a risentire di tempo in tempo i residuali effetti della vulcanicità del loro territorio. Questi terre- moti sembra abbiano avuto il solito loro centro verso Frascati da cui le on- dulazioni raggiarono ai circostanti paesi, essendosi bene intese verso il sud, ad Ariccia Galloro e Genzano, come a settentrione a Monte Porzio e la Co- lonna. Il movimento al dir di coloro che li sperimentarono fu sulle prime succussorio indi si fece ondulatorio nella direzione da nord-nord-ovest a sud- sud-est.

È ben naturale che un’avvenimento inaspettato , in un’ora meno solita alle osservazioni non sia stato notato con quella precisione che si sarebbe adoperata in altro tempo ; laonde non abbiamo potuto conoscere la durata delle oscillazioni, ne lo stato atmosferico.

Dai lavori meterologici però fatti nella specola del Collegio Romano , abbiamo tratte le seguenti osservazioni

/ ^

/\ ve

Giorno

Ore

Barometro

Term. attaccato

Term. esterno

Igrom.

Vento

Stato del cielo

28. Maggio

9. pomerid.

29. 7. U

15. 2 Ream.

13. 3 R.

81.

N.E.

Sparso di nuvole

29. id.

7. antimerid.

27. 10. 9

16. 5 id.

lo. 7 id.

72.

id.

Sereno nebbioso

Ciò peraltro che merita di essere altresì notato secondo le osservazioni di Perrey, è che la Luna era molto avanzata e prossima di due soli giorni al plenilunio: fasi che sembra avere un’azione di attrazione tanto più viva e atta a promuovere e determinare questo genere di fenomeni.

A queste commozioni laziali un’altro fatto si aggiunge da richiamare in modo speciale la nostra attenzione, e questo è che in quel medesimo giorno ed ora, una scossa di terremoto fu bene intesa sui monti di Gubio, contrada distante dal Lazio ben 120 o 130 miglia in linea diretta. Di questo ancora non si hanno circostanziate notizie; mi basta però la certezza di questa com- mozione perchè di tale importanza da far conoscere le relazioni e i legami fra due contrade così separate.

30

232

Dopo tante osservazioni fatte da valenti uomini e costajte nei lunghi viaggi del celebre Humboldt io credo non vi sia più oggi chi non ravvisi la grandissima attinenza che hanno i terremoti coi fenomeni vulcanici, i quali sembrano in fine altro non essere che lo stesso vulcanismo diffuso e ridotto al minimum , cioè al semplice giuoco dei gas senza apparente spandimento di lave o di altra materia di fusione. Egli è un fatto ben noto che terre- moti e vulcanismo compagni fedeli, concomitanti o consecutivi, mai si scom- pagnano sui crateri in eruzione, si avvicendano e si corrispondono anche a molto grandi distanze , come veniva addimostrato nello scorso Maggio coi terremoti della Francia e dell’Asia minore, e meglio coi nostri Latini ed Eu- gubini, suscitati all’estinguersi degl’incendi vesuviani.

Se questa dottrina ha l’impronta della verosimiglianza e se strette atti- nenze in realtà esistono fra questi fenomeni cosmici, è chiaro che una con- cordanza deve eziandio rinvenirsi nelle condizioni dei luoghi prescelti alla loro manifestazione. Si sa oggi dai geologi che le zone vulcaniche o le catene di crateri si dispongono sempre su quelle fratture dell’involucro solidificato della Terra che minori ostacoli oppongono al passaggio delle loro eruzioni , quali sono appunto quelle che ad angolo rientrante o sinclinale scorrono fra due catene di monti i cui strati furono oppositamente rilevati. Nella mia me- moria sulla zona vulcanica italiana, pubblicata nel 1850 nel bollettino geo- logico di Francia, io feci già conoscere che questo stato perfettamente si ve- rifica nella linea craterifera dei Cumini scorrente nell’angolo sinclinale fra le catene appennine e quella littorale dei monti di Allumiere e del Sasso. A questa aggiungo oggi il suo proseguimento, segnato dai molti piccoli coni vulcanici della provincia di Fresinone evidentemente scorrenti e disposti sul lungo dislocamento che divide la grande catena Appennina dai monti Lepini, disegnato dal corso del Sacco e del Liri.

Non altrimenti i terremoti i quali o si manifestano in quelle stesse con- trade ove arsero fuochi vulcanici, ovvero in quelle vallate che offrono tutta l’opportuna disposizione a rendere più facili i passaggi fra T interno della massa planetaria e l’esterna atmosfera. Se si tiri una linea che da Frascati, centro delle ultime commozioni, cammini nella direzione di nord-nord-ovest indicata dalle oscillazioni sofferte dal suolo, ben si vedrà che essa non so- lamente si accorda colla generale direzione delle principali catene appennine, ma eziandio attraversa tutta la lunghezza della valle dell’Umbria tanto sog- getta a terremoti, fino a raggiungere i monti di Gubio, contemporaneamente commossi.

233

Diasi ora uii’oechiata alla costituzione fisica di quella valle, e facilmente si vedrà essere in perfetta e assoluta analogia con quella lunga depressione per la quale passarono le eruzioni vulcaniche dei Gimini. Vale a dire essa risulta di un angolo rientrante formato dal sinclinale ripiegamento degli strati sedimentari da cui risultò il sollevamnnto della principale catena appennina da un lato, e quella dei Martani dall’altro. Sarà facile eziandio di argomen- tare come questa valle venga percorsa nella sua lunghezza da una soluzione di continuità o dislocamento che per la via del Furio rasente i monti di Gubio si avvicina alla Scheggia : frattura di entità non mai tocca d’apparente vul- canismo ne ostruita da passaggi di lave raffreddate come avvenne della faglia per la quale corsero i vulcani cimini. Laonde questo dislocamento dovrebbe of- frire tutte le più favorevoli condizioni ad una più facile comunicazione fra l’interno della Terra e l’esterno, ed altra opposizione non verrebbe ad incon- trare se non i superficiali sedimenti pliocenici o subappennini che in istra- tifìcazioni orizzontali e continue riempiono tutto il fondo della valle.

Per tali geologiche disposizioni, possiamo farci una ragione come nella valle dell’Umbria tanto facili si rendano i terremoti, e quanto gl’infelici abi- tatori di essa abbiano a soffrire da tali tellurici parossismi. E ancor fresca la reminiscenza dei terribili terremoti che negli anni 1825 e 1832 devasta- rono i territori di Fuligno e Bevagna e nell’anno decorso in tempo di ple- nilunio quasi per intero distrussero l’infelice Bastia senza contare le minori scosse che spesse e continue si fanno sentire su tutta l’estenzione del vasto bacino. Nel novero di queste commozioni del suolo devesi eziandio riporsi il terremoto di quest'anno sentito a Gubio, il quale se non fu a rigore entro la valle dell’Umbria, fu certamente sopra un punto del prolungamento della frattura che la rappresenta: frattura che per continuazione di complicate fa- glie, e soluzioni di continuità d'ogni genere, giunge fino nel Lazio, altro punto dove si manifestarono contemporanee le commozioni, e non meno soggetto a siffatti fenomeni.

Avanti di chiuder questa nota io mi credo in dovere far menzione di un altro fatto di questo genere avvenuto vari anni indietro sul nostro suolo, il quale altresì non avvertito , lasciò pure larghe traceie di sua energia per aggiungere un ulteriore prova a dimostrare la connessione fra i fenomeni vulcanici e del terremoto. Queste furono vedute son pochi giorni da me su quei monti di arenarie e schisti eocenici che in serie prolungata separano il corso dell’Aniene da quello della Cona suo tributario, fino alla loro riunione

!

234

a circa due miglia da Subiaco. La nostra Accademia ben si rammenta che nell’anno 1850 io rinveniva sulla sinistra sponda di quel fìumicello un conetto vulcanico, ora spento; ma che un giorno vomitò lava e tutte quelle materie d’origine ignea che sparse si rinvengono nella sua periferia. Circa un tre quarti di miglio da questa collina sulla parte più rilevata del monte che forma il destro versante del piccolo fiume Cona, vedonsi le pendici tutte ingombre di grandi masse di roccie distaccate e precipitate nel più gran disordine, indi- canti sovvertimento e mina, quale appunto si osserva negli effetti dei più ga- gliardi terremoti.

Cercatene notizia agli abitanti di quelle contrade rinvenni, che alcuni Si- gnori di Subiaco degni di fede furono testimoni del fatto , trovandosi allora su quelle alture alla caccia del lepre. Questi riferiscono che circa cinque o sei anni or sono sulle prime ore di un mattino di Autunno si trovavano colà alle poste venatorie : che all’avanzar del giorno un cupo e forte rombo si fece sentire sotto i loro piedi, e tale che li riscosse e mise in orgasmo. Fuggivano i contadini impauriti, e un leggiero vapore basso-basso sembrava trasudasse dal suolo di tutta quella china. Sgomentati, ancor essi cercavano allontanarsi da un luogo divenuto mal fido; quando ecco traballare il suolo sotto i loro piedi per una improvisa e violenta scossa che li arrestò e li smarrì. Girato attorno lo sguardo tanto più s’accrebbe il loro spavento nel vedere quelli stessi brani di roccie distaccati precipitare giù per la discesa con gran fra- gore, trascinando seco alberi, siepi, capanne, e tutt’altro che si trovava fino alle radici dove scorre la Cona. Poco dopo il vapore si vedeva innalzato da terra, e a guisa di una nube giallastra ingombrava la soprastante atmosfera fino a che venne dileguato da un venticello, che apportatore di pace giunse per restituire la calma di Natura.

Le circostanze di quel luogo sono presso a poco identiche alle geologi- che disposizioni di sopra notate nella zona vulcanica dei Cimini e della valle dell’Umbria; giacché una vera faglia della crosta terrestre corre lungo quel tratto delle Cona, e per Affile si conduce verso l’Arcinazzo: altipiano eviden- temente scorrente fra i bordi di una rilevata frattura. Per essa si aprì la via il piccolo vulcano da me descritto della Val di Cona, e per essa i moderni terremoti si manifestano, quali reliquie dell’attività del fuoco che vi arse.

IL

Scritta questa prima nota io mi vidi costretto sospenderne la pubblica-

/ ( * v*

235

zione, perchè nuovi fatti sopragiunsero , e nuovi cosmici avvenimenti erano somministrati dalla Natura in prova di ciò che veniva d’esporre, i quali mi obbligarono ad aggiungere quanto siegue.

Dopo circa il periodo d’un mese passato in uno stato di perfetta tranquil- lità, nel giorno 29 Giugno ricadeva il successivo plenilunio , e ancor questo passava accompagnato da un corteggio di commozioni tetturiche non meno violente di quelle del 31 Maggio, recando costernazione e spavento a quella stessa gente latina precedentemente agitata. Il Sig. Cav. Pietro di Tchihat- chef, nome caro alla scienza per tanti lavori fatti in diverse contrade del Glo- bo, si trovava per avventura allora in Frascati, anche questa volta centro di terremoti. Egli notava siffatti fenomeni e gentilmente mi comunicava le sue osservazioni, che io riferisco, come sicure e degne di fede. Egli pertanto era testimonio nel placido silenzio della notte fra il 28 e 29 Giugno di molte commozioni del suolo, per otto volte ripetute e decrescenti, le quali piutto- sto che ondulazioni potrebbero appellarsi trepidazioni del Suolo, e perciò con difficoltà può asserirsi essere stato nella direzione dal Nord a Sud , oppure presso a poco analoghe a quelle dei precedenti terremoti.

La prima di queste avvenne alle ore 4 e min. 3 del mattino : durò circa un mezzo secondo; e fu la più valida, perchè si fece sentire benissimo perfino sul littorale marino di Gastei Porziano, Prattica e Ardia, luoghi insoliti a queste commozioni. Le altre che successero furono gradatamente minori, cioè la se- conda s’intese alle ore 4 e min. 34 : la terza alle ore 5 e min. 15: la quarta alle ore 5 e min. 36: la quinta alle ore 5 e min. 45; la sesta alle 7 e min. 20; le altre due quasi impercettibili vennero ad estinguersi verso le ore 8 dello stesso giorno. Ne per questo cessarono; avvegnaché circa 3/4 dopo il merigio una violenta scossa succussoria si fece sentire preceduta da rombo, che non solamente sparse il terrore in Frascati, punto centrale, ma altresì si diffuse per un considerevole raggio ai circonvicini paesi fino a Roma, dove le oscil- lazioni ondulatorie si arrestarono col corso traverso del Tevere. Oltre quattro scosse si fecero quindi sperimentare nella notte seguente fra il 29 e il 30, e nel decorso di questo successivo giorno altre trepidazioni sempre decrescenti finalmente finirono colla totale estinzione.

Le osservazioni metereologiche fatte in quei giorni nella Specola del Col- legio Romano sono le seguenti.

236

Giorni

Ore

Barometro

Term. atl. Ream.

Term: est. Ream.

Umid.

Vento

Stato del cielo

27. Giugno

9. pomerid.

28. 2. 7

19. 0

16. 0

66. 8

NE.

Sereno

: 7. antemer.

28. 2. 4

16. 0

15. 4

70. 4

NE.

Ser. nuv. spar.

28. d.°

3. pomerid.

28. 2. 4

20. 0

22. 0

44. 0

SO.

Nuv. spar.

9. pomerid.

28. 1. 9

18. 8

16. 6

75. 0

N.

Ser. nuv. oriz.

7. antemer.

28. 1. 9

17. 0

16. 5

68- 6

ENE.

Ser. nuv. oriz.

29. d.°

3. pomerid.

28. 1. 9

20. 1

20. 0

58. 1

SSO.

Ser. nuv. oriz.

9. pomerid.

28. 1. 9

J 8. 4

15. 0

94. 0

s.

Sereno.

7. antemer.

28. 1. 5

17. 0

17. 1

80. 0

sso.

Sereno.

30. d.°

3. pomerid.

28. 1. 9

20. 2

20. 5

65. 1

so.

Ser. nuv. spar.

9. pomerid.

28. 1. 9

19. 1

16. 0

92. 0

sso.

Ser. nuv. Spar.

Nella manifestazione di queste operazioni telluriche richiama l’attenzione la propagazione delle oscillazioni , in particolar modo quella della massima scossa avvenuta dopo il merigio del giorno 29 , le quali si arrestarono col corso del Tevere. Egli è un fatto costatato che tutti gli abitanti di Roma sulla sinistra sponda di questo fiume in un modo chiaro ed evidente intesero quella scossa di terremoto, mentre da nessuno fu percepita di quelli che di- morano nel Trastevere, in Borgo, a Monte Mario o in qualunque altra parte della sponda destra. Questo fenomeno a me sembra non abbia ad essere in- solito, però, che io sappia mai avvertito, sia perchè non fu avvisato dal caso, sia perchè questa sponda del fiume è meno abitata e nessuno vi prestò at- tenzione. Se si domandasse la causa di questo arresto di moto vibrante o on- doso del suolo, io non saprei altro accusare se non che quel dislocamento che divide il versante del sistema vulcanico Laziale dal Sabatino, e che servì di canale al corso del Tevere nel suo ripiegamento dopo il Soratte per pren- dere la via del mare. Questa faglia o frattura trascorre perpendicolare o ta- glia la direzione delle ondulazioni ; laonde queste incontrando una soluzione di continuità vi sono arrestate. Questo fatto per altro merita di essere in al- tra occasione studiato e meglio chiarito, potendo esso servire di una mani- festa prova, e spargere gran luce sullo stato dei brani in cui viene la campa- gna romana divisa, ricoperti dai sedimenti subappennini che gli formano il so- prasuolo.

N.B. Queste note sui terremoti furono lette dall’Autore nella Vili Sessione Accademica del 1 luglio 1835.

237

Algebre Note sur une expression analogue à la résolvante de Lagrange pour l'équation zp \. Par M. È. È. Kvmmer à Breslau en Silésie (*).

Soit proposée l’expression

(/3, z) = z -)- /3zp -4- /3 V2 -t- /3V3 fiP iP 11 1 zgP (P 0 1 ,

z désigne une racine primitive de l’équation zpa= 1, p un nombre premier

impair, g une racine primitive de la congruence gp ~l(p~l) = 1 , mod. pa , et

une racine quelconque de 1’ équation /3P La racine [3 peut ètre

composée d’une racine quelconque w de l’équation oìp~1 = 1, et d’une pìème puissance de la racine z ; on pourra donc poser : (3 = uzrp , r designant un nombre entier quelconque. Ainsi 1’ expression proposée peut ètre mise sous cette forme

(/3, z) = (*zrp, z) = 1 cohzrp,‘+gh ,

la somme indiquée par le signe 1, s’ étend sur les valeurs de ù = 0, 1,2,..., pa~l (p 1) 1. Le cas a= 1 , dans lequel l’expression proposée donne la résolvante mème de Lagrange, étant exclu de cette di- scussion, posons h -t -pa~2(p 1 )i au lieu de li , et changeons la simple somme en une somme doublé; nous aurons

a- 2

(o>zrp, z) =22 tohzrPf‘+rpa-l(p-l)i+gh+P

pour h = 0, 1, 2, .... , pn_2(p 1) 1, i = 0, 1,2, . . . , p 1. Pour effectuer la sommation par rapport à i , on déterminera le nombre e1 par l’équation

gp~l = 1 e'p ,

d’où, en élevant à la puissance de l’exposant pa~H, et rejetant les multiples de pa, on aura :

(jPa-^P-\)i i e'po-^i , mod. pa, ce qui, substitué dans la doublé somme, donne

(*) Comunicata dai segretario, nella sessione del 3 giugno 1855.

238

(uzrP, z) = 21u/lzrPk+sh+(e'e,‘-r)pa U.

Maintenant on voit, que la somme par rapport à i, est toujours égale à zero, excepté le cas, que e'(jh r = 0, mod, p, dans lequel cette somme devient égale à p. On en conclut d’abord:

Si r est un multiple de p , V expression [(ozrp, z) est égale à zèro ; car alors la condition e'gk = r, mod. p, ne peut ètre satisfaite pour aucune valeur de h puisque, g étant racine primitive pour le module pa , e' n’est pas divi- sible par p.

Soit dono r un nombre premier à p , soit de plus p un nombre satis- faisant à la congruence e'g? = r, mod. p, toutes les valeurs de li, pour les- quelles la somme, prise par rapport à i, n’est pas égale à zèro, mais égale à p, seront comprises dans la formule p -t- (p 1 )k, et de cette doublé somme se réduit à

(vzrP, z) = pcoPZ zrpP+rP(P- i)*V+(p-1,f ,

pour k 0, 1 , 2, . . . , pa~2 1.

Si on fait cu = 1 , on aura comme cas spécial

(z’-p, z) =pl z>-pp+’->Hr-M+gp+(p-u'c .

et, en substituant cette somme dans l’expression générale,

(az’ P, z) = o ùP(zrp, z) ,

ce qui montre , que la racine w n entre dans V expression (wz'/; , z) , que comme simple facteur «p, et qiCelle ny entre nullement si p = 0, mod. p 1, c'esl à dire si r = e1, mod. p.

L’expression trouvée de zrp , z) est eneore susceptible de simplifications ultérieures, qu’on obtient en mettant k-^-pa~^i au lieu de k, ce qui donne, en supposant a !> 3,

a-3

(o)zrp, z) po)P22zrPp+rp(P~i-)/‘+rPa~2<P~l>i+sP+(P~i}k+P {p~v'

pour k = 0, 1, 2, . . . , pa*"3 1, i == 0, 1, 2, . . . , p 1. Ayant déjà posé gp~l = 1 + e'p, on a, en élevant à la puissanee de rexposantp““3?, et rejetant les multiples de pa,

239

a -3

7 P (p-l)i \

I

ep

e'2pa li

mod.

ce qui, substitué dans la somme précédante, donne

(aZrP, z)—prf 22 zrpp+rplp-M+rpa-^p-l)i+Sr+ip-i),!^\

e'pa H

e'2pa

lei la somme par rapport aux valeurs de * = 0, 1, 2, . . . ,p 1 est aussi égale à zero, à l’exception des cas l’on a

(2

r(p 1) -+- gp+(p~l)k (e' ^ ) = 0 mod . p 2 ,

dans lesquels cette somme est égale à p. Soit donc p une valeur de

p -+- (p 1 )k, satisfaisante à la condition

f 2

r(p 1 ) -+- gpl ( e' = 0, mod. p2 ,

toutes les autres valeurs convenables de p -i- (p 1 )k, seront comprises dans la forme p'-*-p(p 1 )h, donc l’expression donnée se réduit à

(co zrp, z) == p2(opIzrpp'+rp2<p~i)h+sP +P<P~l)'‘

pour h 0, 1 , 2, , pa~A 1 .

Si a est plus grand que 5, on changera de nouveau cette simple somme

en une somme doublé, en prenant h -t- pa~5i au lieu de h, les soinmes sont relatives aux valeurs de ù = 0, 1, 2, . . . ,pa~5 1, *' = 0,1,2, . . .,p 1; alors effectuant la sommation par rapport à i, on trouve ra

n 2

(C0Zrp, z) ~p*COPZ zrpp+rpS(p-l)k+gP +p iP- il* ^

pour k = 0, 1, 2, ... , pa~& 1, le nombre p1' est déterminé par la con- guence

r(p - 1 ) - r(e' - ) = 0 , mod. pK

La mème réduction réitérée indéfiniment, donne le resultat plus generai

n—l

f+P (P- U*

(cozrp,z)~ pncoPlzrpP+p

le nombre n est suppose ^ , le nombre p doit satisfaire à la con-

\

31

240

dition

/ e'2p e'Y ( 1 ),l~le'npn~i\ ,

r(p— \) + gp(e'— h ... ) , mod .p\

et la somme s’étend aux valeurs de k = 0, 1, 2, . . . , pa~2n 1.

11 faut maintenant distinguer les deux cas a est pair, ou impair. Soit

dono a un nombre pair, on prendra n = ~ , alors, la somme par rap-

Z

port à k , n’ayant qu’un seul terme, provenant de la valeur k = 0,

a

(azrP,z)=p*coPZrpp+sP , le nombre p est determinò par la congruence

on aura

/ e'2»

-+-<,? (e _ .

e'Y

a a a \ o Io "o ^

-tw mod.?.

Ji )

2

a 1

Soit a un nombre impair, on fera n = - , et on aura

Z

g-3

2

«—1 i 2

(W2rp, z) = p^~aP2zrpp+rp 2 (p-w+sp+p lp~u>c 9

la sommation est relative à/c = 0, 1,2, ...,p 1. Quoique le nombre

a \

p ne doive satisfaire qu’à la condition donnée plus haut, pour n , il

z

l' ~ * i t r 2

convient ici de le borner un peu de plus , de manière qu’il satisfasse à la congruence

r{p— 1) ~^9P (e'

2

g-i °+i g-i

3«2 ( 1 \ 2 2 2 f±i

f-.V1-/ ) , mod .pK

3 a 1 /

2

g-3

Alors si 1’ on développe la puissance gp 2 etqu’on rej ette les multiples de pa, on aura

g-i g+i g-i

( 1 ) 2 e' 2 p 2

“±1 r,P 2 (/>

e'r/-^2 a-=± / , e'3/?2

= J_ 2 k le'- -hlr-

2

241

pour* le modale p“ , multipliant par gp, et faisant usage de la condition posée pour gP , on en déduit

rva~lk2

gP+p 2 ip-w = gP - 1 -+- rp 2 (p ì)k , mod. pa ,

z

ee qui, substitué dans l’expression trouvée de (<^zrp, z), donne

a-l 2

a_| rp k

(c*zrp, z) = p~r Cùp z'-PP+sP2 z~ 2 .

La somme contenue dans cette formule est généralement connue ; pour la représenter sous une forme plus simple, et plus facile à reconnàitre, on n’a

a-l

rP

qu’àposerz 2 =: x , x est une racine imaginaire de l’équation x'p 1 , d’où elle devient

a-l 2

rP_ * 2 P_^_ 1

2 z 2 == 1 -t- xL xi -+- x9 . . . . -+- x(p~l) = ( 1) 4 . | f p.

La substitution de cette valeur au lieu de la somme, donne

p- 1

(azrp, z) =d= (—1) 4 . p 2 coPzrpP+sP .

Ainsi Vex pression proposée (azrp, z), se réduit toujours à la aième puissance , de la racine quarrée du nombre premier p, multipliée par ime certame puissance , de la racine w, ime puissance de la racine z, auxquels , dans Ze cas a est impair, et p un nombre de la forme 4m -4- 3 , il faut encore ajouler le facteur rfc \T 1 .

Observons encore que les résultats trouvés, donnent immédiatement la formule digne de remarque

( uzrp, z) (w-1 z~rp, z"1) = p\

_ 242

Fisica. Descrizione di un barometro a due liquidi ; e formula per correg- gerne le variazioni di temperatura. - Nota del sig. D.r Ruggiero Farri (*).

Ijno dei principali inconvenienti del barometro ad acqua, è la sua lun- ghezza, che produce una grande difficoltà di costruzione e di trasporto. Que- sta è la ragione per la quale il barometro a mercurio è preferito a quello ad acqua; mentre quest’ultimo, essendo molto più sensibile alle variazioni di pressione atmosferica, è certo più vantaggioso. Non sarà quindi senza utilità l’avere un barometro, che presenti tutte le fasi di quello ad acqua, con di- mensioni poco maggiori di quelle degli ordinari barometri a mercurio.

Il principio sul quale poggia la costruzione di questo nuovo barometro, consiste nel controbilanciare la maggior parte della pressione atmosferica, con una colonna costante di mercurio; mentre l’altra parte resta equilibrata da una colonna variabile d’acqua, sulla quale solamente si rendono sensibili le variazioni di pressione.

Il barometro è formato da un tubo chiuso ad una estremità, ed avente nel mezzo un rigonfiamento, o recipiente piuttosto ampio. Questo tubo riem- pito per una metà circa di mercurio, e per l’altra d’acqua, viene capovolto sul suo pozzetto. Il mercurio, stante la sua gravità specifica maggiore, scen- derà nella parte inferiore, occupando anche parte del rigonfiamento, mentre l’acqua riempiendone il resto, salirà anche nel tubo superiore, finché la sua colonna, unita a quella del mercurio, controbilanci perfettamente la pressione atmosferica.

Aumentando questa pressione , il livello del pozzetto si abbasserà , e quello del mercurio nel recipiente si alzerà, facendo insieme salire di molto l’acqua nel tubo superiore. Se si unisca al pozzetto un meccanismo, simile a quello che esiste ne’ barometri di Fortin, per mezzo del quale si possa far alzare od abbassare il livello del mercurio nel pozzetto , è facile il vedere che si potrà sempre, prima dell’osservazione, ridurre l’altezza della colonna di mercurio ad eguagliare una data lunghezza, indicata da una scala mobile annessa; ed allora le variazioni del livello superiore dell’acqua, saranno pre- cisamente eguali a quelle di un barometro ad acqua. Se però le sezioni del pozzetto , e del rigonfiamento , sono assai ampie rispetto quelle del resto

(*) Comunicata nella sessione del 6 maggio 1855.

243

del tubo, anche senza alcun meccanismo, le variazioni saranno molto grandi, e differiranno pochissimo da quelle del barometro ad acqua.

Questo barometro, sebbene preferibile a quelli a mercurio, per la sua sensibilità , ha dei difetti inerenti ai barometri ad acqua. Siccome questo liquido è solido a C., così le osservazioni non si possono fare al di sotto di questa temperatura. Si provvede però facilmente a questo difetto , che non per tutto si verifica, mantenendo l’ambiente ove si è collocato il baro- metro, ad una temperatura maggiore di C., come appunto si pratica in Lon- dra ed in Edimburgo, pei barometri ordinari ad acqua. Inoltre nella parte su- periore, in vece del vuoto perfetto, vi esiste una certa quantità di vapore acqueo, che colla sua elasticità controbilancia un poco di pressione atmosferica. L’acido solforico avendo una grande affinità per l’acqua, impedirebbe questo inconve- niente; ma oltre alla sua gravità specifica maggiore di quella dell’acqua, che ren- derebbe lo strumento meno sensibile, può anche avere un azione sul mercurio. Gli olii fìssi, e non siccativi, potrebbero essere adoperati con vantaggio; ma in generale divengono solidi al di sopra dello zero. D’altronde gli errori pro- dotti dal non essere perfettamente vuota la parte superiore del tubo, possono valutarsi colle tavole, che danno le tensioni del vapore acqueo alle diverse temperature. Ognuno in fine si potrà scegliere il liquido più acconcio, avuto ri- guardo all’uso che vuol fare dello strumento.

Termineremo col riportare le formule, che regolano questo barometro, anche considerando le variazioni di temperatura.

Nel barometro a due liquidi, quando si mantenga la colonna dei mer- curio costante, sarà la pressione atmosferica P, data dalla formula

ove H, h sono le due altezze del mercurio, e dell’acqua: G, g i pesi spe- cifici di questi due liquidi, ad una temperatura £; mentre sono a, /3 i loro coefficienti di dilatazione, 9 la temperatura dell’osservazione, ed A un coeffi- ciente costante.

Nel caso del barometro senza alcun congegno, l’aumento di altezza z, dovuto ad un aumento p di pressione, sarà

1 [i(Q __ *)

luj

A p

c(Gm -+- gn )

essendo

244

11 11

m— t- , n = ,

ab c b

mentre a, b , c sono le sezioni del pozzetto, del recipiente, e del tubo. Se oltre alle notazioni precedenti, siano V, v i volumi del mercurio, e dell’acqua a t°; ponendo

p. = 1 oc (B t) , v = 1 {3 (9 t) ,

la diminuzione z' di altezza, prodotta pel passaggio da a t°, sarà data dalla formula seguente

«j

, (0 t)[bGv[aRoc \oc[x -+- amvft[x) agfi[j.(bh vv)]

abc[xv{Gm h- gn )

Quindi la correzione per la temperatura, si farà togliendo z' dall’altezza osservata. È facile il vedere , che quando si voglia , possono dalla sudetta formula eliminarsi H, h, per mezzo tanto di V, v, quanto dell’ altezza totale osservata, e delle dimensioni dello strumento.

245

Fisica Sull' associazione di più condensatori fra loro , per manifestare le tenui dosi di elettricità. Memoria del prof. P. Volpicelli.

S. I.

I primi ad immaginare non pure, ma e a praticare l’unione di due conden- satori, uno maggiore dell’altro, per accrescere la elettrostatica tensione, a fine di riconoscere la presenza delle tenuissime dosi di elettrico, non osser- vabili direttamente col mezzo di un solo condensatore, furono Cavallo e Volta: ciò dalla descrizione assai circostanziata, che il secondo lasciò di così fatto metodo (1) risulta chiaramente. In seguito parecchi fisici d’Italia fecero men- zione del metodo stesso, nello svolgere la teorica del condensatore, come il Cerbi (2) , ed i chiarissimi professori Pianciani (3), e Belli (4); ma questo con maggiore sviluppo, e con utili avvertenze. Non ha molto il sig. J.-M. Gaugain, assai lodevolmente ravvisò egli pure questa utile pratica, e la co- municò all’ accademia delle scienze dell’ istituto di Francia (5), con una sua nota, che venne in più luoghi riprodotta (6).

Per tanto mi è sembrato utile determinare analiticamente, e con tutta la generalità, con questa memoria, l’effetto dell’ associazione indicata; e sta- bilire la condizione necessaria e sufficiente a raggiungere 1’ aumento della elettrica tensione, coll’associare non solo due, ma più condensatori fra loro. Ed in fatti : 1’ unire insieme solo due di questi congegni , è caso par- ticolare del principio, che presiede all’unione di un maggior numero dei me- desimi: 2° la condizione che lo- scudo del primo condensatore, sia maggiore di quello appartenente al secondo , è necessaria , ma non sufficiente : da ultimo il potere condensante di questo, deve pur esso, com’ è chiaro, con- correre a produrre l’effetto dell’aumento di tensione; le quali cose tutte, avvertite, analizzate fino ad ora, saranno qui appresso dimostrate.

(1) Collezione delle opere del Volta. Firenze 1816. T. 1°, p. Ia, pag. 269.

(2) Corso di Fisica. Pisa 1823. T. Ili, pag. 259.

(3) Istit. fisico-chim. Roma 1834. V. 3°, p. Ia, pag. 66, § 90.

(4) Corso eleni, di Fis. sperim. Milano 1838. Voi. Ili, p. 393, e 394.

(5) Comptes Rendus. 1853, T. XXXVI, 20 juin, p. 1084; et T. XXXVII, 18 juillet, p. 84.

(6) Traité d’électricité par A. De la Rive. Paris 1854. T. 1°, p. 105. lnstitul. n. 1017, 21.* année. Paris 29 Juin 1853, p. 219. Journal des Debals, 1 Juillet 1853.

-V 246

Inoltre, poiché mi è sembrato potersi una generalità ed estensione mag- giore introdurre nelle formule cognite, dalle quali viene rappresentata la teo- rica dal condensatore; perciò, con questo fine, ho cominciato dallo svolgere le medesime, per quindi stabilire quelle, che riguardano l’associazione di più condensatori fra loro, quando vogliasi procurare l’aumento di quelle indica- zioni elettrometriche , le quali , a cagione della tenuità loro , non possono' direttamente osservarsi con uno solo di essi.

La presente memoria pertanto sarà divisa in due parti: la prima com- prenderà le formule da noi generalizzate ed estese; la seconda quelle che si riferiscono all’associazione di più condensatori fra loro.

§ IL

PARTE PRIMA (*).

La tensione di una carica elettrica, è la forza sviluppata da essa per pas- sare dall’equilibrio j^tabile a quello stabile, cioè naturale. Per dimostrare la formula esprimente la tensione medesima, immaginiamo tre corpi A, R, C, nei quali la carica, la superfìcie, e la tensione vengano espresse rispettivamente, pel primo A dalle c, s, t; pel secondo B dalle c', s', t'; e pel terzo C dalle c , s' , 9. Paragonando il primo A col terzo C , poiché le tensioni sotto la stessa carica sono in ragione inversa delle superficie, sarà

t : 9 = s' : s ;

e paragonando il secondo B col terzo C, poiché le tensioni per le medesime superfìcie sono in ragion diretta delle cariche, avremo

9 : t' c : c' .

Dal prodotto di queste due proporzioni si otterrà

e fatto

avremo in fine

c s .

t = —- t' ; c s

cr= 1 , s’ = 1 , t'= 1 ,

(*) Comunicata nella sessione dei 22 settembre 1853.

247

c s

Perciò, supposta uniforme la distribuzione dell’elettrico, sarà l’espressione nu- merica della sua tensione, rappresentata dal rapporto fra la carica e la su- perficie che la contiene: ovvero più semplicemente, dalla carica corrispondente alla unità di superfìcie.

Inoltre, dicasi c la carica, positiva o negativa, di un conduttore A iso- lato, la quale dipenderà dalla superficie di esso, crescendo colla medesima; ed esprima r la sua tensione. Se vicino a questo conduttore se ne stabilisca un secondo B non isolato, sarà

me

la elettricità contraria indotta, e tutta dissimulata in lui, per influsso della carica del primo. Rappresenta m una frazione , che noi chiameremo rap- porto elettrostatico ; la quale sarà dipendente dalla distanza fra i due condut- tori, e dalla natura del coibente, qualunque sia, interposto fra i medesimi ; cioè dalla sua capacità specifica d' induzione : 1’ illustre Faraday chiama di- elettrici quei corpi che la posseggono; fra’ quali pare che lo zolfo ne vada più degli altri fornito (*).

Similmente sarà

m2c

la quantità di elettrico dissimulata in A, per influsso di B; donde

(1 m2) c

esprimerà l’elettrico libero nel conduttore A, essendo r' la sua tensione. Per tanto avremo

t : T' = 1 : 1 m2;

inoltre pel conduttore isolato, essendo fi, fi1 le capacità di esso prima e dopo l’avvicinamento al non isolato B, sarà

fi : fi' 1 m2 : 1 ;

finalmente c, i essendo le cariche dei due conduttori A, B, uno vicino all’altro, si avrà

c : i— 1 : m .

(*) De la Rive, Traité d’électricité. Paris 1854, T. 1°, p. 133.

32

248

Poiché i tre rapporti espressi dalle (2), sono del tutto indipendenti dalla carica c iniziale; potremo concludere, che per un conduttore A comunque ca- rico, il rapporto, sia delle tensioni, sia delle capacità sue, prima e dopo ravvici- namento ad un secondo B non isolato, è costante; poste però eguali tutte le altre circostanze. Inoltre il rapporto fra le cariche, una di A inducente, l’al- tra di B indotto , pur esso è costante pei conduttori medesimi , qualunque sia la carica iniziale del primo, e poste le altre circostanze uguali.

Se x esprima la carica necessaria in un conduttore, affinchè avvicinato ad un altro comunicante col suolo, manifesti la tensione r', corrispondente ad una carica libera 7, otterremo

(3) x[\ m2) = 7 ;

cosicché, date due delle x, m, 7, si troverà la terza.

ESEMPIO

Posto

7 = 20 , m = 0,9,

dalla (3) avremo

x = 105, 26 ;

e dalle (2) si avranno le

r : t' = 1 : 0,19 = 20: 3,8,

/3: f3' = 0,19:1=3,8: 20, x: i = 1: 0,9 = 20:18.

§. in.

Crediamo innanzi tratto essere opportuno riflettere, che cinque princi- palmente sono le diverse quantità di elettrico, da doversi considerare nell’uso di un condensatore: la elettricità iniziale, od anche sorgente di elettricità, quella cioè da sperimentare, che può essere indeficiente o deficiente; la elettricità libera nello scudo collettore, posto sulla sua base non isolata ; la elettricità dissimulata nel medesimo; la carica di esso; e la elettricità indotta nella sua base non isolata.

Se allo scudo, agente da collettore in un condensatore, si comunichi una carica c4 , verrà indotta nella sua base non isolata , una quantità di elettrico il , di nome contrario alla prima. Quindi cangiando cl successiva- mente in c2, c8, . . ., c„, ed in *2, i3, . . . , in, avremo dalla terza (2) le

(4) £l :^L==JL.

il *2 iu m

249

Venendo a considerare uno qualunque di questi rapporti, p. e. il pri—

Q

mo , si faccia in vece comunicare lo scudo col suolo, restando isolata

h

la base. Con ev si rappresenti la quantità di elettrico libero , già contenuta nello scudo, e passata ora nel suolo; avremo nei due dischi un altro equi- librio elettrico, al quale dovrà corrispondere il rapporto

quindi per la terza delle (2) sarà

(6)

Similmente, considerando il rapporto (5), si faccia comunicare col suolo la base, cosicché chiamando e2 la quantità di elettrico libero in essa già contenuto, ed ora passato nel suolo, avremo

(7)

quindi sarà

(8)

Adunque il numero

1

1 m2

esprime quanto la elettricità libera e1 , od e2 deve ripetersi, a formare l’in- tera carica nel respetlivo disco del condensatore. Perciò il numero stesso , funzione cognita del rapporto elettrostatico, potrà essere denominato coeffi- ciente del condensatore, o con altri potere condensante del medesimo. Si vede che questo coefficiente, il quale per ogni condensatore deve accuratamente determinarsi, cresce coll'aumentare di m, cioè col diminuire della distanza fra i due dischi, e c^l crescere della capacità specifica d’induzione del coibente, posto fra i medesimi; cosicché il coefficiente stesso diverrà maggiore di ogni assegnabile grandezza, quando per le due indicate cagioni abbiasi m = 1. Però questo è un limite, cui non si può mai giungere, sia perchè la grossezza del coibente non può meccanicamente diminuire quanto si vole, sia perchè con

250

siffatta diminuzione si va incontro alla scarica spontanea dell1 istromento. Quando fosse m 0, sarebbe cl = ev cioè la carica dello scudo eguale alla elettricità libera del medesimo , e non si avrebbe condensazione di sorta Dalle (6), (8) avremo le

Ognuna delle (9), per mezzo del piano di prova e della bilancia di torsione, può servire a determinare il rapporto m, da cui si forma il coefficiente del condensatore, indispensabile a conoscere nelle ricerche fatte mediante questo istromento. La prima e seconda delle (9) richieggono che i due dischi si separino l’uno dall’altro, e sieno toccati similmente col piano di prova, per determi- nare colla bilancia di torsione il rapporto m : la terza delle medesime, come facilmente si rileva, non richiede affatto la indicata separazione, per determi- nare il rapporto stesso. Prendendo il medio fra i tre valori dati dalle (9) , si avrà una più esatta numerica espressione di m ; quindi anche del coeffi- ciente t - -0 che ne deriva.

1 m2

Per determinare questo numero, si hanno anche altri metodi, che non di- pendono dalla detta bilancia; i quali furono con ogni accuratezza esposti dal chiarissimo prof. Belli (*). Determinando col piano di prova e la bilancia di torsione uno dei due rapporti

c. i,

1 1

r 9

ei e2

avremo subito dall/ (8) il coefficiente del condensatore, quindi anche il rap- porto elettrostatico m per mezzo delle medesime. Però questo metodo seb- bene diretto pure, non può com’è chiaro seguirsi nel caso di maggior interesse, cioè quando l’elettricità libera el, od e2 fosse debolissima: allora si dovrà pro- cedere all’ opposto ; cioè si dovrà determinare il rapporto elettrostatico m colla prima delle (6), e poscia il coefficiente di condensazione.

(*) Corso elem. di Fis. sper. V. Ili, p. 387, e seg. Milano 1838.

251

Avremo altresì dalle (6) la

(10)

me.

1 2 3 1 1

perciò, se con un eccitatore isolato si scarichi l’istromento, mettendo in co- municazione il suo scudo colla sua base isolata, otterremo un residuo p di elettricità, distribuita nelle superfìcie dei dischi, essendo

(11) p=cL ; e per ogni disco ^ -.

x 1 -\-m 2(1 -(- m)

Dalla prima della (8) si ottiene anche il valore della elettricità , dis- simulata nello scudo, cioè la

(12)

m2e,

1 1 1 1 m2

Dunque la elettricità dissimulata £, , sarà maggiore o minore della libera ei , secondo che il rapporto

nr

1 m2

sarà maggiore, o minore della unità. Inoltre si vede che più il rapporto elet- trostatico m sarà prossimo ad 1 , più ^ sarà maggiore di nello scudo collettore, congiunto alla sua base non isolata.

Se fosse

1

m

J/"2

sarebbe ^ = el ;

1

perciò i valori di m compresi fra r- ed 1 verificano le

m2

> 1 , donde

1 rn

mentre quelli compresi fra 0 ed

,2

1

|/"2 < 1 , donde

£i ^ ei »'

verificano la

1 m2

Quindi mediante la prima delle (8), la seconda, o la terza delle (9), e le (10), (1 1), (12), date due delle el , e2 r c1 , s£r ilt t>, m si troveranno le altre cinque.

Supponiamo indeficiente la elettricità da esplorare, si dica c la sua carica, t la sua tensione, ed s la superfìcie su cui trovasi distribuita; chiamando la superficie dello scudo, tl la tensione della elettricità raccolta e resa libera nel medesimo, per rallontanamento di esso dalla sua base; dovrà per la sup- posizione fatta, essere (§. II)

4.

252

ma dalla prima delle (8) abbiamo

dunque

(1 ra2)s,

9

t <tL .

Per tanto il condensatore sarà sempre utilmente impiegato, quando si tratti di riconoscere la esistenza di una elettricità indeficiente, sebbene tenuissima; poiché siffatto congegno procurerà sempre in tal caso un aumento di ten- sione, rispetto quella iniziale non osservabile direttamente. Però se pongasi essere deficiente l’elettrico di cui si vuole riconoscere la esistenza, non sem- pre 1’ istromento medesimo riescirà efficace, per 1’ aumento di tensione ora indicato ; e vedremo in appresso quali condizioni si debbano soddisfare per ottenere la efficacia di cui parliamo. Vedremo pure altre differenze relative all’uso del condensatore per una stessa elettricità iniziale, ma indeficiente in un caso, e deficiente in un altro.

§• iv.

Il condensatore isolato si carichi, tenendo il suo scudo in contatto colla sorgente di elettricità , e la sua base in comunicazione col suolo. Dicasi n il numero di tali comunicazioni, fatte altarnativamente nei due dischi del- 1’ istromento , cominciando a contare dalla primitiva carica del medesimo , in cui la base non è isolata. Esprimiamo colle cr, /3» inferiormente accentate, le dosi di elettrico restate nello scudo e nella base, a cagione delle alternative comunicazioni di questi dischi col suolo. Avremo evidentemente, per la terza delle (2), le seguenti egnaglianze

Pi

Pi

Pi

Pi

A

si

avranno

le

*1

=

y

a.=

= m°Pl

=

mal ,

*2

= m2^

y

= m2/3l

=

m3a1 ,

= miG. 1

y

= miP1

=

mhal ,

*4

= m6a}

y

ft=

= m*Pk

=

m1<rl ,

ov

= m2(v~

P* =

= m2'v~

%

= m2v

\_

m

'i »

(13)

253

nelle quali v deve riguardarsi come un indice, cui si appartengono gl’interi va- lori successivi 1, 2, 3, .... Se il numero n delle comunicazioni alterna- tive dei due dischi col suolo sarà impari , le a , /3 avranno lo stesso indice nel comporre il rapporto elettrostatico relativo alla comunicazione, o contatto ne simo, ed avremo

n+ 1

quindi si avranno le

(15) c r^±l=m'l-lal , Pn+i = mn-ìl 3t = ma<jL .

2 2

mn la. .

1

Dunque per mezzo della (15), (17), dato il numero n dei contatti alternativi

col suolo pei due dischi del condensatore, carico ed isolato, potremo cono-

scere quali sieno le quantità di elettrico rimaste a farsi equilibrio nei dischi medesimi, e quindi anche il corrispondente rapporto elettrostatico.

A risolvere poi 1’ inverso problema , cioè data la quantità di elettrico

che deve restare in uno dei due dischi, conoscere il numero dei contatti al-

ternativi, cui corrisponde il dato residuo di elettrico, si hanno in pronto le stesse (15) , (17) ; le quali se potranno essere soddisfatte per interi valori di n, il problema sarà esattamente solubile; nel caso contrario, dovrà esserlo per approssimazione. A questo fine avremo le

Se in vece il numero n sarà pari, dovrà essere

n -+- 2

(16)

(17)

2

l’indice di <7; sarà poi

n

2"

quello di ^3; perciò avremo le

cr,i+2 mnol , /3 = mn-2iS1 = ~ 2~

254

/

logff'H-i -1- log m log<71 ,

2

logm

%/%+j log» log/3, log/3«_, Ioga,

(18)

logm

per n impari; e le

lOgff'H-2 l0g7t 2

logm

logm

log/3;i -4- 2 logm log^ log/3 a -+- logm log?1

2 2

logm

logwi

per n pari

Si faccia

n 1 , 2, 3, . . .

nelle formule (15), (17), valendosi delle (15) pei valori di n impari, e delle (17) per quei pari , avremo le quantità di elettrico successivamente restate nello scudo e nella base, per le alternative comunicazioni di questi due dischi col suolo, espresse rispettivamente dalle due progressioni geometriche decrescenti

/vy , m2ff1 , m\ , m6(y1 , m8^ m2(v“1)<71 ,

mc71 , m%ay , mhay , m7 <Jy , m9^ m2v_1< 7y ;

essendo il termine generale della prima, ed mnay quello della seconda,

per n impari; mentre dovrà essere l’inverso per n pari.

Le perdite subite successivamente dallo scudo, per le alternative sue co- municazioni col suolo, vengono espresse come siegue

Gl a2== m°(l «X »

ff3 = rn2(l m2)ay , <ft cr4 = m4(l m2)cr1 ,

av_y = m2(v”2,(l » m2)

a

i

255

Per la (14) avremo

Qn-V a «+i = mn~3( 1 m2)<jl ,

IT ~

in cui la n dovrà essere sempre impari , e maggiore di 1 ; mentre per la prima delle (16), sarà

<7 n <7«+2 = mn~2( 1 m2)<3L ,

~ ~r

in cui la n dovrà essere sempre pari. Similmente le perdite della base ver- ranno a questo modo rappresentate

PL /32 = m°( 1 m 2) /34 = m ( 1 m2)a1 ,

/?2 fiz ~~ U22) /51 = m?(l m2)a1 ,

/33 /34 = m4(l m2) /31 = m5(l to2)u1 ,

/3» m2(v~2) (1 m2) /34 = m 2 1,-3 (1 m2)<74 ;

quindi, mediante la (14), sarà

/3«-j = m'1-3 (1 m2) /31 = m'1-2 (1 m2)al ,

2 2

in cui la n dovrà essere sempre impari , e maggiore di 1 ; mediante poi la seconda delle (18), avremo le

/3„_ 2 /3 = m'1”4 (1 m2) /S4 = m"-3 (1 m2)<74 ,

T~ I-

nelle quali n dovrà essere sempre pari, e maggiore di 2.

Ognuno vede adunque, che le perdite di elettricità in ciascuno dei due dischi, per le alternative comunicazioni dei medesimi col suolo, sono esse pure in progressione geometrica decrescente. Laonde teoreticamente non sarà pos- sibile , per mezzo delle alternative comunicazioni stesse , ancorché ripetute quanto si vuole, scaricare perfettamente il condensatore isolato; però sensi- bilmente la sua carica sarà nulla, dopo un limitato numero di esse. Abbiamo eziandio dalle (13) le seguenti differenze

at Z5! = m°( 1 rn)( -4 ,

& —m)cy ,

a2 & = m ~ W K >

/32 <73 m3(l m)<j4 ,

33

256

delle quali ognuna si riferisce all’equilibrio elettrico del condensatore, dopo un dato numero di comunicazioni col suolo, eseguite alternativamente ne’ suoi dischi. Perciò sarà

m)al

la differenza che riguarda l’equilibrio elettrico del condensatore, dopo n co- municazioni col suolo, alternativamente praticate nei dischi dell’istromento. E siccome per la prima delle (8) abbiamo

- -

1 1 m2

così avremo i nominati residui rappresentati , tanto dai secondi membri delle (19), quanto dai termini della

m°el mel m2e l mn~lel

1 |— in 1-4-m’ 1 -\-m’ ' I -+- m

Dunque anche le differenze fra le quantità di elettrico , restato in equilibrio nei due dischi del condensatore, dopo ciascuna delle alternative comunica- zioni dei medesimi col suolo , sieguono una progressione geometrica decre- scente.

S- V.

Dicansi S, B le somme delle perdite rispettivamente dello scudo, e della base, dopo n alternativi contatti di questi dischi col suolo, sarà

s cTj ov , B = /3„ ,

donde

S -+- av , B H- /3V = /3t .

Dunque la somma delle perdite , relative a qualunque de’ due dischi per gli alternanti contatti dei medesimi col suolo, aumentata dell’elettrico restato sul disco medesimo dopo l’ultimo suo contatto, eguaglia l’elettrico raccolto nello stesso disco per la sua carica primitiva. Inoltre poiché abbiamo dalla (13) per v grandissimo

lim (?y = lim = 0 ,

lim /3„ = lim ra2(v-1)/31 = 0 ;

perciò, in questa ipotesi di y = oo , potrà essere

s = , B = 13, .

257

Finalmente per le ultime due delle (13), e per la (14), avremo

!S = (1 m2(v-1))cr1 = (1 mn~l)<3L ,

B = (1 m2(u-1))/31 = (1 ,

essendo n impari, e maggiore di 1. Similmente, per le (16), si otterrà

S = (1 m2{v~lì)<7l = (1 mn)<yl ,

B = (1 m2(v-1))/31 = (1 m"-2)/31 ,

nelle quali n dovrà essere pari ; quindi, poiché cangiando cv iy in oq, ri- spettivamente nella prima delle (8), e nella (10), abbiamo le

e\ n mei

6 \ ' "t o f {J \ i o 9

1 1 1 m

così dalle (21) potremo eliminare le clt Del resto è facile vedere, che date le S, B, m, oq, ovvero date soltanto le S, B, m, ev si conoscerà esat- tamente il corrispondente valore della incognita «, quando le (21) rimangono soddisfatte per qualche intero valore dell’ incognita medesima. Dovendo poi trovare il valore di n per approssimazione, avremo dalle stesse (21) le se- guenti quattro formule :

_ log (gt S) -t- log m log g \

log m

log (/s4 -

B) -4- log m log /3

log m

_ log {a, -

- S) log ay

log m

log- (/S4

B) h- 2 log m log /3t

log m

( Continuerà negli atti della prossima sessione)

n

258

COMUNICAZIONI

Il sig. prof. Ponzi presentò all’accademia in nome del sig. principe D. Bal- dassare Boncompagni otto stampe maestrevolmente incise, rappresentanti la grotta di Collepardo, la Certosa di Trisulti, e il pozzo Santullo, che si rinvengono presso Guarcino, sugli appennini della provincia di Frosinone. Nel medesimo tempo lo stesso professore fece osservare, che quelle sorprendenti località, quan- tunque celebrate dagli artisti e dai poeti non furono mai soggetto degli studi filosofici del geologo, e che fino ad ora sappiamo solo con certezza, essere la grotta di Collepardo emula di quella di Antiparos , ed essere altresì una di quelle ossifere scoperte dal Buckland, e poi ritrovate in diverse contrade del globo, non esclusi gli appennini. Terminava questa comunicazione rilevando che il lavoro fatto eseguire dal sig. principe Boncompagni, rendeva grande servigio alla scienza, col richiamare l’attenzione dei naturalisti a quelle ma- gnificenze della natura. Proponeva in fine il prof. Ponzi, che fosse distinta- mente ringraziato dall’ accademia l’ illustre nostro collega, pel dono prezioso da lui fatto alla medesima.

Il prof. Volpicelli depositò negli atti di questa sessione, il disegno e la descrizione di una macchina, da esso immaginata e fatta eseguire, per ispe- rimentare la legge di Mariette al di sopra , e al di sotto di un atmosfera ; unitamente ad alcune sue ricerche teoretiche sulla medesima legge.

11 R. P. Angelo Secchi presentò :

1. Alcune osservazioni del pianeta Massalia.

2. Una lettera, e un disegno di Saturno del sig. Lassel, con alcune os- servazioni ed esprienze del medesimo p. Secchi , tendenti a provare che la superficie dell’anello di questo pianeta è curva; cosa che in una lettera po- steriore, il sig. Lassel stesso dice avere egli confermato.

Commissari Sig.ri Prof.ri P. Ratti C. Maggiorami (relatore).

Invitati da S. E. il signor principe presidente a prendere in esame l’acqua emostatica del farmacista sig. Pagliari, per giudicare se abbia essa il merito voluto dalla legge, onde fruire de’ suoi benefizi, di che il ministero d’indu- stria , belle arti , agricoltura e commercio richiedeva questa nostra acca- demia , con dispaccio del 27 novembre 1852 , sul principio cercammo di esimercene , essendoci parso che tale indagine uscisse dai limiti prescrittici dallo statuto, ma fattoci considerare che questo esame offriva un lato scien- tifico, e poteva dar luogo a chimico-fisiche osservazioni, accettammo l’inca- rico, e ci sobbarcammo di buon grado all’impresa. La quale dovendo restrin- gersi nel campo della scienza, non ci presentava altra arena che il labora- torio: cercare la soluzione del quesito fra le pagine dei giornali, nelle relazioni dei chirurghi, o intorno i letti dei feriti, sarebbe stato un trattar la materia da medici pratici, ciò che non era conforme alla natura del nostro istituto.

Si cominciò adunque dal verificare se l’acqua cosi detta stagnotica, esi- bitaci dal sig. Pagliari, corrispondesse esattamente ne’ suoi caratteri a quella, che si ottiene, seguendo la formula divulgata in istampa nelle memorie del Sedillot ; e si vide che la seconda da noi preparata in quelle proporzioni e con quelle regole, differiva alquanto dalla prima, e pel colore tendente al gial- lognolo, e per un qualche grado di opacità, e per la precipitazione che vi si opera di una certa quantità del sale aluminoso; mentre 1’ acqua offertaci dal Pagliari non ha colore, è limpida e non precipita alume. Provammo ad eseguire l’operazione a freddo, e il liquido ne riuscì allora più somigliante a quello datone dal Pagliari , ma anche in questo caso precipitavasi un poco di alume, e la limpidezza non era pari a quella dell’ autore. Ne arguimmo che il Pagliari nella composizione del suo emostatico dipartasi un poco dalla formula comunicata al Sedillot, o che vi abbia introdotto in appresso qual- che lieve modificazione. E questa sembra consistere principalmente nella pro- porzione dell’alume, come apparisce dalla evaporazione dei due liquidi; del- l’acqua cioè fornitaci dall’autore, e di quella da noi composta sulla formula registrata dal Sedillot; dacché la quantità dell’alume si mostra minore nelle prima. In questo esercizio poi di composizione dell’acqua Pagliari, potemmo

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SuWacqua stagnotica del sig. Pagliari.

RAPPORTO

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accertarci che 1’ aggiunta dell’ acido benzoico, della resina, dell’olio volatile prestati dal belzoino, non partecipa all’acqua maggior facoltà dissolvente del sale aluminoso; poiché questo precipita egualmente, e dalla decozione di bel- zoino, come dalla sémplice acqua, appena si eccedano i consueti limiti di sa- turazione. Nemmeno potemmo raccogliere alcun dato da cui risultassero nel- l’acqua Pagliari novità di chimiche combinazioni. Il solfato di alumina e po- tassa vi conserva la sua natura e le proprietà sue, come mantengonle l’acido benzoico, la resina, e l’olio volatile.

Prendemmo quindi ad investigare la forza coagulante dell’acqua Pagliari, rispetto, ad altre delle quali si vanta la virtù medesima; e cimentato con queste e con quella il sangue umano, uscito appena dalla vena, a eguali dosi di li- quido stagnante e di sangue, dovemmo convincerci della maggior potenza coagulante dell’ acqua Pagliari in confronto della decozione di matico, del- l’acqua Brocchieri, dell’acqua Tranchesi, e della stessa acqua vulneraria del Landi, la quale godè nel passato secolo di tanta celebrità, da aver meritato una facoltà privativa, con solenne editto dell’insigne cardinale Rezzonico, men- tre era rivestito della dignità di Camerlingo di S. R. C. Non così 1’ acqua di Rabel, che coagula il sangue più prontamente, e più fortemente di ogni altro liquido emostatico, ma che al tempo istesso lo carbonizza; sicché il suo uso sarebbe sempre molto sospetto, se non decisamente nocivo. Non così pure

10 stitico del Ruspini, formato di una soluzione di acido gallico nell’alcool, diluita nell’ acqua di rose , e che nel coagulare il sangue spiega un potere nulla inferiore all’acqua Pagliari, ma che per la presenza di un liquido spi- ritoso patirebbe forse molte eccezioni nella pratica chirurgica.

Ma il dubbio che più importava a chiarirsi nel caso nostro era appunto

11 seguente. La virtù coagulante dell’ acqua Pagliari devesi essa unicamente all’alume che tiene disciolto, o vi contribuisce e l’accresce la parte solubili del belzoino ? Nel primo caso non et sarebbe merito alcuno di novità in detta acqua: il vocabolo di arunz^pia. onde era conosciuto l’allume presso i greci, •mostra bene quanto antica e famigerata sia la notizia della sua forza astrin- gente ; in una forma o nell’altra l’ alume non; ha mai cessato di offrire un valido presidio contro le emorragie. Nel secondo caso l’acqua Pagliari avrebbe qualche titolo ad essere considerata come un vero miglioramento. All’oggetto di sciogliere tal quesito,, cimentammo una data quantità di sangue umano, zampillante allora allor dalla vena, con dosi eguali di decozione di belzoino, di acqua satura di alume, e dell’acqua Pagliari. Col primo liquido non si ebbe

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un vero coagulo , ma piuttosto una particolare disposizione delle particelle del sangue, da farlo rassembrar gelatina. Colla soluzione di alume e coll’acqua Pagliari, si ottennero coagulamenti del sangue egualmente rapidi e perfetti; se non che riveduti i mescugli il giorno dopo, ebbe a notarsi che il coagulo sanguigno, determinato dall’acqua Pagliari, era un poco più tenace e aderiva più stabilmente al cristallo, di quel che non facesse l’altro coagulo, ottenuto colla semplice soluzione di alume. A rendere più diffìcile la coagulazione del sangue si ripetevano le prove, diluendolo in tre volte il suo peso di acqua te- pida, ed anche in questi esperimenti il sangue si strinse con eguale rapidità pel contatto dell’acqua aluminosa e dell’acqua Pagliari. Feltrati i mescugli, i liquidi che avevano colato non contenevano più di albumina null’un caso e nell’altro, se non che la parte solida rimasta sul feltro che aveva conte- nuto il mescuglio Pagliari, ne sembrò fra le dita più tegnente e collosa del- l’ altra. Quanto alla decozione di belzoino, l’ apparenza gelatinosa non fu in questo esperimento così cospicua come col sangue non sottoposto a diluzione. Dobbiamo finalmente notare, che in tutti i nostri esperimenti, il sangue trat- tato coll’acqua Pagliari conservava sempre la vivacità del suo colore, meglio che quando era a contatto con gli altri liquidi sottomessi alla prova.

Ai cimenti chimici e fìsici facemmo succedere i fisiologici. Un grosso e robusto cane, e una cagna egualmente grossa e robusta, furono da noi im- molati al desiderio di raccogliere fatti nitidi e calzanti, per la questione che ne occupava. Numerosi tagli, operati da mano abile e destra in diversi punti del corpo, su grandi e piccoli vasi, offrivano 1’ opportunità di sperimentare l’azione emostatica dell’acqua Pagliari in confronto di altri stitici, e special- mente della decozione di belzoino, e della semplice acqua aluminosa. Senza noverar per minuto tutti e singoli gli esperimenti istituiti su questi animali, riferiremo in compendio che a gettiti sanguigni di vasi maggiori, come p. e. dell’arteria crurale, nessuno di questi liquidi applicati alla ferita per mezzo di spugne, oppose valevole e costante presidio; che nelle ferite di vasi minori, come p. e. delle arterie mammarie e delle tarsee, talvolta l’acqua Pagliari dopo cinque minuti di compressione frenò stabilmente l’emorragia, meglio assai noi facesse la semplice acqua aluminosa; mentre in altri casi consimili quest’ul- tima saldò le ferite quanto la prima, e meglio anche di essa. La decozione di belzoino non manifestò alcuna efficacia emostatica. Vedemmo pure una volta che quell’acqua vulneraria Landina, che non aveva spiegata alcuna virtù coagulante sul sangue umano, estratto appena dalla vena, bastò ad arrestare

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con qualche prontezza un gettito sanguigno, che facevasi da un taglio, prati- cato sull’ultima articolazione di un membro anteriore. Ci occorsero adunque in questi esperimenti fatti positivi e negativi in quasi egual numero, e così la verità ricusò di manifestarcisi con quella nettezza che avremmo desiderata. Non vogliamo peraltro dissimulare ad illustrazione del soggetto, che i poveri animali da noi martoriati, non potevano mostrarsi così tolleranti del dolore, come per avventura farebbe un essere ragionevole , e comunque stretti ed avvinti con funi sopra una tavola , e tenuti in sito da opportuni ministri , fremendo pure e agitandosi, e scuotendo il pannicolo carnoso, opponevano non lieve ostacolo alla regolare e prolungata compressione delle spugne inzuppate nel liquore emostatico. Vero egli è che nel caso nostro le esperienze erano comparative, e che perciò le condizioni perturbatrici esistevano per tutti i li- quidi che cimentavansi, ma chi ne assicura che i tremori e le scosse degli animali fossero di eguale intensità in tutti gli esperimenti; chi può calcolare i diversi momenti della impulsione cardiaca e arteriosa nelle prove diverse; come si elimina esattamente l’influenza delle legature, che può essersi eser- citata più in favore di un liquido che di un altro?

Concludiamo. I balsami e 1’ alume sono in uso da lungo tempo per la cura delle ferite. Non è a nostra saputa che alcuno abbia riunito i due ri- medi nel modo e forme che lo ha fatto il sig. Pagliari. Nei polverosi armadi dei vecchi farmacisti esiste, è vero, qualche ricetta manoscritta, che si avvi- cina a quella del nostro autore, ma le proporzioni degl’ingredienti, e il metodo di composizione sono diversi. Ove colla formula, che fa il soggetto di questo rapporto, si ottenesse il ristagno del sangue in modo più pronto e costante, che non avvenga colla semplice acqua aìuminosa, e con gli altri stitici co- nosciuti, il sig. Pagliari dovrebbe chiamarsi autore di un miglioramento utile nell’ esercizio della chirurgia. Ha egli raggiunto questo scopo ? Noi ci sen- tiamo inclinati a crederlo, ma non osiamo deciderlo. Il sangue coagulato dal- 1’ acqua Pagliari, come fu detto di sopra, è un poco più tenace e aderente al vase, che non quello indotto della semplice acqua aluminosa, ma la diffe- renza non è più distinta e notabile da fondarvi sopra un giudizio, e da generare una piena soddisfazione. Alcune ferite furono saldate dall’ applica- zione dell’ emostatico del Pagliari , ma parecchie altre non lo furono , e la semplice acqua aluminosa fu talora di giovamento, quanto non lo era stata l’acqua di cui ci occupiamo.

La scienza adunque non ci è bastata a risolvere il quesito propostoci, e

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converrà rivolgersi all’arte. E molto probabile che l’aggiunta dell’acido ben- zoico e della resina, acquisti all’acqua aluminosa qualità più benefiche e sa- lutari, ma su questo dovranno giudicare i chirurghi. Essi hanno già parlato favorevolmente , ma noi non possiamo fondarci sulle loro asserzioni , senza uscire dal nostro istituto accademico. Intanto, se a malgrado delle dubbiezze, dalle quali confessiamo di sentirci tuttavia circondati, ci fosse lecito mani- festare il nostro voto, diremmo che il Pagliari colla sua industre applicazione al comporre e migliorare questo emostatico , e colla rivelazione che ne ha fatto al pubblico, si è reso certamente degno di qualche premio.

L’accademia approvò la conclusione del sudetto rapporto, ordinando che una copia autentica se ne inviasse al ministero del commercio, belle arti, ec.

Sulla malattia delle viti ; istruzione popolare , dettata dai professori Serafino Belli, ed Antonio Orsini, per commissione dell' eccellentissima magistratura d' Ascoli.

RAPPORTO

Del Sig. Prof. Pietro Sanguinetti.

Pubblicato negli atti della sessione del 13 aprile 1852.

NOMINE

Furono partecipate le approvazioni sovrane relative, alle seguenti nomine.

Il sig. principe presidente, nell’udienza del 9 gennaro 1853 , riferì alla Santità di N. S., che l’accademia, nella sua tornata del 19 dicembre 1852, aveva eletto a suo tesoriere, il sig. principe D. Baldassare Boncompagni : a suo socio ordinario, il chimico sig. Vincenzo Latini : ed a suo socio corri- spondente italiano, il sig. prof. Vincenzo cav. Flauti; ed implorò l’approva- zione sovrana di tali nomine, a forma degli statuti accademici.

La Santità Sua, nella udienza medesima, si degnò approvare la seguita elezione, tanto del tesoriere, quanto del socio corrispondente italiano; e volle che invece del sig. Vincenzo Latini, fosse nominato socio ordinario il signor prof. Ottaviano Astolfì.

Per tanto , col 12 del 1853 , furono comunicate queste nomine ; ed al sig. prof. Flauti fu inviato il relativo diploma.

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CORRISPONDENZE

Fu comunicata la lettera del socio ordinario sig. prof. Ottaviano Astolfi, colla quale ringraziava egli per la comunicazione fattagli dal nostro presi- dente, della nomina, conferitagli da S1. Santità, di socio ordinario linceo.

Avendo il sig. principe presidente invitato il comune di Roma, perchè vo- lesse compiacersi fare eseguire alcuni adattamenti in un locale dell’accademia, destinato ad alcune spierenze sulla luce, il comune stesso gentilmente, col suo pregiato foglio del 17 gennaio 1853, assicura essersi già date le opportune disposizioni al fine indicato-

L’accademia delle scienze dell’istituto di Francia, ringrazia per gli atti de’ nuovi lincei,- da essa ricevuti per via ministeriale.

L’ accademia reale delle scienze di Amsterdam, ringrazia per lo stesso motivo.

II R. padre guardiano del convento di s. Maria in Aracoeli, ringrazia l’ac- cademia della retribuzione inviatagli, per l’assistenza prestata dai religiosi di quel convento, nell’occasione del funerale, fatto nella nominata chiesa pei lincei defunti.

Il sig. F. Palermo, bibliotecario della palatina in Firenze, ringrazia a nome di S. A. I. e R. il granduca di Toscana, per gli atti de’ nuovi lincei, ricevuti ed accettati dal nominato sovrano. Lo stesso bibliotecario, con altro suo fo- glio, accompagna in dono all’accademia nostra, per ordine della lodata S. A. I. e R., il volume contenente le notizie, lasciate manoscritte dal celebre Gio. Targioni Tozzetti, e pubblicate per munificenza di quell’augusto molarca.

n

Il sig. prof. Gio. Veladini, segretario dell’L R. istituto lombardo, rin- grazia 1’ accademia, a nome dell’ istituto medesimo, per le pubblicazioni dei lincei ricevute da quello stabilimento scientifico.

L’accademia R. delle scienze lettere ed arti di Monaco, ringrazia pel me- desimo titolo.

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COMITATO SEGRETO

Dovendosi nominare a forma degli statuti il nuovo presidente, 1’ acca- demia fu invitata procedere a questa nomina per mezzo di schede. Il risulta- mento di tale squittino fu, che il sig. principe D. Pietro Odescalchi, a mag- gioranza di voti, venne confermato nella carica di presidente.

Da ultimo fu invitata l’accademia a nominare una commissione di tre membri ordinari, a fine di rivedere il consuntivo accademico del testé decorso anno 1852, ed a maggioranza di voti gli eletti a comporre la commissione stessa furono: i signori professori C. Maggiorani, N. Cavalieri S. Bertolo, mon- sig. L. Ciuffa.

L’accademia riunitasi in numero legale a mezz’ora pomeridiana, si sciolse dopo tre ore di seduta.

Pubblicato il 15 Ottobre 1855.

P. V.

Soci ordinali presenti a questa sessione.

P. Odescalchi G. Ponzi M. Bertini L. Ciuffa F. Orioli N. Cavalieri S. B. P. Sanguinetti F. Ratti C. Maggiorani A. Coppi P. Volpicelli B. Tortolini S. Proja 1. Calandrali C. Sereni G. P. Pianciani 0. Astolfi A. Secchi M. Massimo B. Boncompagni.

Opere venale in dono all' accademia.

Sulla malattia delle uve. Memoria del prof. Gio. Batta Amici. Firenze 1852; un fase, in 8.°

Théorie .... Teorica matematica delle oscillazioni del barometro , e ri- cerche della legge della variazione media della temperatura con la latitudine : del prof. Emanuele Liais. Parigi 1851, un fase, in 8.°

Memorie storiche intorno le accademie scientifiche, e letterarie della città di Bologna, scritte dal prof. Michele Medici. Bologna 1852; un fase, in 8.°

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L' Incoraggiamento; giornale di agricoltura, industria, e commercio n.‘ 1,2,3. Ferrara 1853, in foglio.

Sulla tenotomia sottocutanea del tendine d'Achille in alcune fratture della gamba, e sopra una nuova applicazione della resezione matar carpiona. Memoria del prof. Francesco Rizzoli. Bologna 1852, un fase, in 4.°

Memorie dell ' accademia delle scienze dell ' istituto di Bologna. Tom. III. fase. 4.° Bologna, 1852, in 4.°

Memorie deWI. R. istituto lombardo di scienze, lettere, ed arti. Milano 1852, voi. Ili in foglio.

Giornale delVI. R. istituto lombardo di scienze , lettere, ed arti, e biblioteca italiana. Fascicoli XVI, XVII, XVIII. Milano 1852.

Notizie sulla storia delle scienze fisiche in Toscana, cavate da un mano- scritto inedito di Giovanni Targioni-Tozzetti. Firenze 1852, un volume in fo- glio. (Dono pregevolissimo di S. A. I. R. il granduca di Toscana).

Àbhandlungen .... Atti della classe fisica matematica della R. acca- demia delle scienze di Monaco. Monaco 1851, un voi. in 4.°

Bulletin .... Bullettino della R. accademia delle scienze di Monaco nJ 1, 3, 4, del 1851.

Invenzione del telegrafo elettro-magnetico americano del prof. Fendali. Washington

Memorie dell'osservatorio del collegio romano del 1851. Roma 1852; un fase, in 8.°

Comptes .... Conti resi dell' accademia delle scienze dell'I. R. istituto di Francia (in corrente).

Otto grandi stampe , relative alla grotta di Collepardo, alla Certosa di Tri- sulti, ed al pozzo Santullo, con una descrizione. (Dono del sig. principe D. Bal- dassarre Boncompagni).

ERRORI

CORREZIONI

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monarca

A T T I

DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI

ANNO VI

SESSIONE Ilf DEL 5 APRILE 1855

PRESIDENZA DEL SIG. PRINCIPE D. PIETRO ODESCALC9I

MEMORIE E COMUNICAZIONI

DEI SOCI ORS1KAKI £ SEI COREAISPONEE NT 3

Astronomia. Pontificio nuovo osservatorio della romana università .

Notizie storiche del prof. /. Calandrelli (*).

l.° La romana università che già prima del 1825 era ricca di grandi scien- tifici stabilimenti di fisica, chimica, mineralogia, zoologia ec. mancava dell’os- servatorio astronomico. La classe filosofica era limitata allo insegnamento della logica, metafisica ed etica : di algebra e geometria, di fìsica sperimentale e di meccanica razionale : l’astronomia teoretica era trascurata : poche lezioni di questa scienza si davano dal prof. Andrea Conti nella gregoriana università del collegio romano: la prattica astronomia poi si coltivava da quei soli che erano addetti all’osservatorio astronomico di detto collegio.

2.° Il sommo pontefice Leone XII di eh. memoria ne’ primordi del suo pontificato ebbe la grande idea di ordinare gli studi nelle primarie e secon- darie università dello stato pontificio. Colla sua costituzione quod divina sa- pientia, le due primarie università di Roma e di Bologna acquistavano nuovo splendore: si aumentavano le cattedre specialmente nella classe filosofica, si creava un collegio di XII dottori , i quali potevano conferire i gradi acca- demici, si ordinava finalmente che la romana università avesse, come quella di Bologna, l’osservatorio astronomico.

(*) Comunicate nella sessione del 1 luglio 1855.

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3. ° Ai professori Calandrelli e Conti , i quali per l’avvenuta restituzione del collegio romano ai padri della compagnia di Gesù, erano privi di quell’os- servatorio in cui avevano già passata la carriera scientifica della loro vita , volle quel sommo pontefice che affidato fosse 1’ incarico della scelta di un locale, in cui sorger doveva il novello osservatorio. Si voleva anche affidare al Conti la cattedra di ottica e di astronomia nella romana università , ma egli e per la grave sua età e per gl’ incomodi di salute, volle rinunziare a quest’onore.

4. ° Nel giorno 24 decembre del 1827 avvenne la morte del prof. Ca- landrelli e lo privò della gloria di veder sorgere in Roma un novello osser- vatorio sotto la sua direzione. Il prof. Conti poneva ogni cura nella ricerca del locale, e quando, eseguiti già i disegni e il modello, era sul punto di manifestare la sua opinione per la costruzione del nuovo osservatorio, o sulla fabbrica di s. Apollinare in cui erano e sono anche presentemente le scuole del liceo del ven. seminario romano o sul monte Pincio, accadde la morte del pontefice Leone XII.

5. ° Intanto però il prof. Feliciano Scarpellini doveva lasciare l’abitazione che avea nel collegio dell’Umbria. Previo il consenso del sig. principe Altieri allora senatore di Roma, ottenne di potere abitare nel palazzo senatorio sul Campidoglio. Nelle sale della sua dimora collocò la copiosa collezione delle sue macchine di fisica: alla collocazione di quelle poche che egli aveva e che potevano servire agli usi astronomici , il governo a proprie sue spese , fece costruire una piccola camera sulla torre orientale del Campidoglio. Questa camera prese il nome di osservatorio del prof. Scarpellini , essendo le mac- chine di sua proprietà.

6. ° La pianta di questa piccola camera è delineata nella fig. 1 della ta- vola I. Una incomoda scala conduceva sull’ampia terrazza scoperta : prima di entrare in essa , cui dava ingresso una qualunque delle sei porte o finestre

a, b, c bisognava essere esposti alla pioggia, al vento, e ad ogni

intemperie dell’atmosfera. Sul pavimento era tracciata una meridiana, e gli stronfienti di cui era fornita sono i seguenti.

Un quadrante murale di raggio 0.“98 circa, diviso di tre in tre minuti collocato sul muro A munito di cannocchiale a lente semplice. Questo fu co- strutto dal detto professore: credo però che la sua posizione non sia stata mai verificata, non conosco almeno alcuna osservazione fatta con questo stro- mento.

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Un modello in legno di imo stromenlo de' passaggi situato in B. Ecco gli unici stronfienti fìssi. I mobili poi erano :

Un circolo ripetitore del diametro di 0.m33 circa, del cel. Reichenbach, una piccola equatoriale col montante di legno trasferibile da un luogo all’altro. 11 circolo moltiplicatore era ed è eccellente: è anche pregevole il canocchiale della parallatica: l'obiettivo acromatico ha 0.m058 di apertura e la distanza focale 0.m95. Il lodato professore aveva costruito un circolo moltiplicatore e un piccolo quadrante : questi due stromenti non sono ancora terminati e ri- mangono imperfetti.

Diversi antichi e piccoli telescopi di riflessione , due acromatici, due ma- gnifici globi, un pendolo semplice con verga di ferro, un cronometro di Arnauld e il telescopio donato dal sig. principe D. Alessandro Torlonia all’accademia de’ lincei. Questo era custodito nella piccola camera H. Quelli che potevano servire agli usi della scienza erano il circolo moltiplicatore e la parallattica, e se il quadrante murale fosse stato rettificato e fornito di miglior canoc- chiale, se il pendolo o cronometro fossero stati di qualche perfezione e ben regolati, si sarebbero potute fare molte osservazioni, trascurando l’incomodo che era ben grande , di dovere osservare a cielo scoperta sulla terrazza. Il circolo diffatti doveva collocarsi in D dove sorge una piccola colonna di ma- teriale, e la parallattica doveva trasferirsi sulla terrazza e situarla convenien- temente nella direzione del meridiano. La mancanza però di osservazioni mo- stra ad evidenza che la camera suddetta era stata costruita pel mantenimento di questi pochi stromenti, e non mai per renderla un osservatorio astronomico propriamente detto, e non mi appongo al vero col dire che questi stromenti sono stati sempre oziosi.

7.° L’ uso però de’ canocchiali era continuo : una incomoda turba di curiosi frequentava il così detto osservatorio: questi si occupavano nell’osser- vare, di giorno, gli ameni colli tusculani: nella notte, la luna, giove, saturno, quindi mille strane ipotesi sulle macchie lunari, sulle fascie di giove, sugli anelli di saturno. La specola dunque così detta di Scarpellini era un luogo di sollievo e di divertimento. Crebbe la turba de’ curiosi, crebbe il diverti- mento in quell’epoca in cui al lodato professore venne l’idea di far lavorare ad un certo Gatti i riflettori di nero antico, idea che spirò appena nata. Sup- poniamo difatti per un momento che il metodo tenuto dal Gatti per dare alle superficie riflettenti la conveniente curvatura , e il polimento o lustro tanto necessario per la regolare riflessione, sia da preferirsi agli ordinari metodi

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usati da tutti gli ottici , saranno eglino i riflettori di nero antico superiori ai metallici ? saranno questi nuovi riflettori di qualche utilità alla scienza degli astri (1 ) ?

8.° Il prof. Scarpellini in una memoria stampata in Roma nel 1835 il cui titolo è nuovi riflettori lavorali in Roma per uso di grandi telescopi rende conto all’accademia de’ lincei di questa invenzione, e del tanto decantato te- lescopio torloniano. In essa però non si cita alcuna osservazione non dirò astronomica, ma neppure celeste: ecco le sue parole. Terminalo il primo di questi riflettori si volle osservarne un qualche effetto. Troppo vicini erano per esso gli oggetti terrestri e non era a profanarsi su questi. Dopo queste parole chi potrebbe dubitare che il telescopio fosse rivolto al cielo ? E pure la cu- riosità ne spinse a diriggere la grave massa alle solile tusculane colline non più remote di circa 12 miglia e (il magnifico riflettore fu profanato). Nulla io dirò degli osservati effetti, poiché ne decise il pubblico attiratovi dalla curiosità e dalla voce che ne percorse (2). Ma è poi il metodo del Galli il non plus ultra della mano operatrice dell' ottica ? il metodo medesimo potrebbe usarsi

(1) Nell’anno 1840 ebbi l’onore di conoscere in Firenze il cel. prof. Amici : tenni col me- desimo un lungo discorso sopra i nuovi riflettori del Gatti, e ben ricordava che il detto professore conveniva nel mio pensamento, cioè esser inutili agli usi astronomici. In data di Firenze del 19 decembre 1854 così risponde ad una mia domanda « Mi rammenta nella sua un colloquio che molti » anni sono ebbe meco relativo agli specchi di nero antico, e desidera di ricevere da me qualche » linea che giustifichi l’opinione poco favorevole che io aveva di quella invenzione la quale come » ella osserva nata appena spirò. Poche considerazioni mi occorrono per dimostrare 1’ inferiorità » notabile degli specchi di marmo paragonati agli specchi metallici , e 1’ inutilità del loro uso in » astronomia ». Lascio di riportare le scientifiche considerazioni del cel. ottico italiano.

(2) Nella citata memoria dopo di aver detto che il romano telescopio dalla terra al cielo ri- volto seguir potesse il movimento degli astri: dopo di aver pensato che un nuovo spettacolo avrebbero offerto i riflettori di Herschel e le acromatiche di Fraunofer condotte col nuovo metodo del Gatti fino al contatto della matematica precisione, sembrava certamente che il professore nel render conto ad una accademia scientifica di questa nuova invenzione e di questi portenti dell’ottica dovesse fare emergere la superiorità di questi riflettori sugli altri e nella forza amplificativa e nella chiarezza e nella distinzione. Ma nulla di tutto ciò. Sole, Luna, Giove, Saturno che si sarebbero prestati a questo confronto, erano spariti dal cielo; restavano le immobili colline tusculane; a queste si diresse il magnifico portentoso telescopio, si diresse per curiosità e per attirare all’osservatorio una folla di curiosi. Sono di parere che in altre occasioni il telescopio sarà stato rivolto a qualche corpo celeste: il silenzio però tenuto in quella accademica adunanza e nelle altre, mi conduce a credere che l’effetto non avrà corrisposto, giacché se tanto romore si menò alla vista delle colline tusculane, qual romore si sarebbe menalo se la luna almeno si fosse veduta più chiara e più distinta di quella che apparisce osservata con riflettori metallici ? Il Gatti da me conosciuto era un povero uomo, il sig. principe Torlonia ha il merito di aver riparate in qualche modo le miserie del Gatti, altri- menti si potrebbe dire ut quid perditio haec ?

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nella lavorazione delle lenti ? Un profondo silenzio degli ottici meccanici ri- sponde a queste interrogazioni. Niuno, a mia cognizione, ha usato del metodo del Gatti nella costruzione degli specchi o lenti. A niuno poi di tanti eccel- lenti artisti è venuta la bizzarra idea di costruire riflettori di nero antico (1).

9.° 11 lodato professore Scarpellini volle vendere al governo tutte le sue macchine , quindi dopo la sua morte la romana università venne nel pieno possesso di questo luogo. Era io succeduto al Settele nella cattedra di ottica e di astronomia, e a norma della costituzione venne a me affidata la dire- zione di questo così detto osservatorio.

10.0 Lo stato in cui si trovava questo luogo , l’ imperfezione di quasi tutti gli stronfienti ivi esistenti, la mia abitazione ben lontana dal Campidoglio erano gli ostacoli che mi sgomentavano a segno che pensava rinunziare a questa direzione.

11.0 La bella cometa del marzo 1843 mi scosse dalla incertezza, e da questa ebbero principio le mie osservazioni, e in conseguenza le mie premure onde rendere questo luogo utile alla scienza. Otteneva intanto una piccola dote annua, acquistava un pendolo colla verga di Sapin du nord, collocava due co- lonne di marmo nelle estremità della meridiana onde poter osservare col circolo moltiplicatore, procurava alla parallattica un sostegno più solido.

12.° Nuovi ostacoli però, nuove difficoltà si dovevano superare. 11 principe 0/ * sini allora senatore di Roma ottenne nuovamente l’abitazione che era stata accordata al prof. Scarpellini. Una commissione di Emi Porporati decretava che le macchine di fìsica fossero traslocate ne’ gabinetti della università: che quelle di astronomia si conservassero provisoriamente nella detta camera , finché non fosse dal governo assegnato altro locale; e quasi ciò non bastasse, gli amanti delle romane antichità volevano distrutta e demolita la piccola camera, che elevata sopra una torre costruita ne’ bassi tempi, a loro pen- samento, e danneggiava e rendeva meno belli gli antichi avanzi del tabulario. Impotente a vincere queste difficoltà, domandai di essere trasferito in Bolo- gna in cui per tre anni sostenni la cattedra di ottica e di astronomia, e di- ressi quel celebre osservatorio, procurando che immediatamente fosse fornito di un circolo meridiano di cui mancava.

(1) Nella memoria medesima non si parla di lenti costruite dal Gatti col nuovo metodo, pre- ferì egli di cimentarlo negli specchi o nei riflettori, convinto di eguali successi nelle lenti o nei re frattori pag. 17. Il silenzio poi degli ottici può derivare dalla segretezza del metodo ? La piccola descrizione data nella memoria pag. 27, 28, 29 può farlo comprendere a qualunque artista d’ingegno.

272

13. ° Nel 1848 dopo la mia venuta in Roma mi fu tolta ogni spe- ranza di poter tornare in Bologna, come io desiderava. Il Sommo Pontefice Pio IX si era degnato nominarmi socio ordinario ed astronomo dell’accademia de’ nuovi Lincei, mi veniva, a norma dello statuto, accordata una conveniente abitazione contigua all’osservatorio, e tolto ogni ostacolo, mi vidi officiosa- mente tenuto alla direzione di questo scientifico stabilimento nella speranza di poterlo finalmente ampliare e fornire di moderni stromenti. Non tacerò che dopo pochi mesi, attese le politiche turbolenze, l’accademia e la specola doveva cambiar sede, che veniva lusingato con grandi promesse di un nuovo osservatorio che doveva costruirsi in luogo più alto , e più solido. Benché fossi persuaso che nella città de’ sette colli non sarebbero mancati luoghi atti alla elevazione di una specola, nulladimeno era ben contento di questo, il quale, come si vedrà, ampliato, e fornito di stromenti, e per la sua posi- zione e per la sua solidità, poteva rendersi utile alla scienza.

14. ° Cessarono intanto le politiche vicende, e col glorioso ritorno dell’im- mortal Pio IX si ravvivarono le mie speranze. Prostrato umilmente al bacio del sacro piede esponeva alla Santità di N. S. lo stato deplorabile di questo luogo: implorava un circola meridiano: asseriva esser quella torre ben solida per la collocazione di questo stromento : domandava finalmente che la ro- mana università potesse* fra i suoi scientifici stabilimenti, annoverare 1’ os- servatorio astronomico. Le mie preghiere non furono vane: il S. Padre con sovrana munificenza donava all’osservatorio il circolo meridiano; colla collo- cazione di questo prezioso stromento sorgeva il novello osservatorio.

15. ° Dissi (5°) che il governo a proprie spese fece costruire una piccola camera sulla torre orientale del Campidoglio. È questa fondata sul piano dell’an- tico foro romano : l’epoca della sua fondazione monta al pontificato di Ni- colò V, il quale regnò dal 1447 al 1455. Il palazzo senatorio venne fondato nel 1390 da Bonifacio IX sulle rovine dell’antico tabulario del quale restano ancora grandiosi avanzi. In seguito altri pontefici non solamente lo abbel- lirono, ma cercarono di renderlo un luogo di difesa, come può arguirsi dalle quattro torri che servivano di controforti ai; quattro angoli del palazzo me- desimo: le grossezze de’ muri delle torri sopra i fondamenti sono di 4” e piu: il maggiore ornamento di questo palazzo è senza dubbio la torre così detta dell’orologio eretta da Gregorio XIII elevata sul livello del mare di 94” circa..

16. ° Dopo gli scavi fatti nel foro romano ho potuto misurare il lato della base e mi risultò di 11.” 171. Se si ascende dalla parte dell’arco di Settimio

273

Severo verso i] colle capitolino, all’altezza di 7.'" 819 dal piano del foro, può misurarsi il lato della faccia al nord, e la grossezza de’ muri ; il primo ri- sultò di 10” 723, e l’altra di 3.” 351. Il piano dell’ osservatorio è elevato dal livello del mare di 62.” 6323; dal piano del foro di 37.” 981; la gros- sezza de’ muri a questa elevazione risulta di 2.” 457.

17.° Dalle indicate misure siegue che rispetto alla solidità, nulla aveva a temere nella collocazione del circolo meridiano. Il gran circolo di 3 piedi di diametro donato agli astronomi milanesi dalla munificenza di S. M. l’im- peratore Francesco I è collocato sopra una antica torre che presenta sopra solidissimi fondamenti de’ muri grossi più di l.”5; questo di 2 piedi di dia- metro donato dalla munificenza del Sommo Pontefice Pio IX alla romana uni- versità è collocato sopra un’antica torre che ha sulle fondamenta muri grossi 4 metri. La torre poi poggia all’angolo orientale del palazzo senatorio; è fian- cheggiata all’angolo occidentale dagli avanzi di altra torre della stessa mole; è difesa all’ est-sud-ovest dal piano del foro , il quale è circondato da alto muro; è difesa al nord-est dalla salita che porta al piano del monte Capi- tolino; è nelle altre parti difesa dal palazzo senatorio, quindi non è soggetta alle ondulazioni o scuotimenti che sogliono produrre i carri nel loro movi- mento. Che se poi stiamo alle elevazioni sopra il livello del mare del piano degli altri colli calcolate dal prof. Calandrelli (1) troveremo che la nostra elevazione di 62.” 63 supera quella del piano della chiesa di s. Pietro Mon- torio sul Gianicolo che è il colle più alto. Se dunque , come si pretendeva da molti, il novello osservatorio si fosse elevato sopra uno qualunque degli altri colli , difficilmente si sarebbe ottenuta quella elevazione che si ha dal colle Capitolino col vantaggio di una torre costruita ne’ bassi tempi delle date dimensioni e solidità. E pur troppo vero che alcuni gradi più o meno di oriz- zonte libero, e metri più o meno di elevazione non sono di grave momento ai progressi dell’astronomia, ma è egualmente vero che quando alla solidità può accoppiarsi una certa elevazione e un orizzonte più libero, un maggior vantaggio ne ritrae la scienza dalle osservazioni degli astri nelle vicinanze dell’ orizzonte , onde determinare la quantità della rifrazione. Ora tale è la posizione di questo osservatorio, quindi, come dissi (13u) si conferma essere inutile la ricerca di nuovi locali: esser fuor di proposito gravare il pubblico

(1) Opusc. astr. 1803.

274

erario di enormi spese: esser finalmente cosa necessaria sistemarlo, ampliarlo, e renderlo degno di Roma.

18. ° Questi miei voti si compirono colla collocazione del circolo meri- ridiano donato dalla Santità di N. S. e sulla torre Capitolina sorge finalmente un nuovo osservatorio che brevemente vado a descrivere.

DESCRIZIONE DEL NUOVO OSSERVATORIO.

19. ° 11 disegno e l’esecuzione de’ lavori fu affidata al valentissimo conte Virginio Vespignani architetto della romana università: la pianta è delineata nella fig. 2 della tav. 1, e la sezione viene rappresentata nella fig. 3 della tav. II. Dopo i concerti presi col medesimo architetto e sulle dimensioni de’ pilastri che dovevano sostenere il circolo, e sulla loro reciproca distanza a norma delle misure inviate dall’artista, ci accorgemmo che le basi de’ due pilastri potevano ambedue posare sulla grossezza del muro della torre. La distanza è 0.'” 75, le due lunghezze l.m 28, quindi 2/" 03 lo spazio da occu- parsi nella grossezza di 2.w 457. Riflettendo però all’ obliqua direzione del meridiano, al pilastro del collimatore all’ est, ad un certo spazio libero che si richiedeva per girare intorno allo stromento si venne nella determinazione di costruire un solidissimo arco sotto la volta della camera. La volta era ba- stantemente grossa e solida, nulladimeno fu costrutta una sotto volta lunet- tata a foggia di solidissimo arco parallelo alla diagonale della camera impostato ai grossi muri all’est e al nord della torre. In tal modo si venne a fondare con eguale solidità il pilastro, e il collimatore all’ovest. A fine poi di acqui- stare sempre maggior spazio si prese la determinazione di lasciare il solo rettangolo ARCD dell’antica camera in mezzo al quale è tracciata la meri- diana SN, e di descrivere i grandi semicircoli del diametro di 5. 80, per cui si ampliava la camera degli stronfienti fìssi, si conservava al sud la colonna a (11°) già da me posta per collocami circolo moltiplicatore o altro stromento mobile, si acquistava al nord una piccola camera E nella quale si fece prat- icare la finestra F con mensola di marmo per la collocazione dello stesso circolo, o di altro stromento.

20. ° Fin qui le cose camminavano di perfetto accordo col bravo archi- tetto, ma nella collocazione della parallattica fummo di contrario parere. Era mio sentimento di collocare la parallattica sulla colonna G elevata che fosse alla dovuta altezza. Difatti sullo spazio trapeziale del grosso muro della torre

275

era ben facile elevare un muro circolare di sufficiente grossezza atto a so- stenere la cupola mobile. Il piano superiore a volta innestato alla colonna che sorgeva nel mezzo, era appunto quella solidità che si richiede per queste macchine: una apertura poi neirangolo interno X della camera, e una scala a chiocciola poteva condurre 1’ osservatore al piano medesimo. L’ architetto volle elevare un pilastro b sul muro maestro. La base è un rettangolo le cui dimensioni sono 0.m 63 per 0.m465. Sulla base superiore all’altezza'di ‘ò.m 62 poggia un tronco di piramide di marmo alto 0.'" 80, per cui il pilastro sul quale è collocato il montante di ferro fuso che regge la macchina è elevato sul pavimento della camera di 4.m 42. Questo pilastro è soggetto a continue oscillazioni , quindi nel tempo delle osservazioni conviene evitare ogni lieve appoggio, o urto. Il piano superiore isolato dal pilastro è di legno; di legno sono le sei colonne che lo sostengono , di legno il cilindro su cui posa la cupola mobile, di legno la elegante e bene ideata chiocciola che conduce al piano superiore. Condiscesi poi che si conservasse nel suo posto il quadrante murale di cui parlai (6°) nella speranza di renderlo migliore coll’ applicarvi un telescopio acromatico, ed un micrometro più piccolo. Nella certezza poi in cui sono che l’osservatorio acquisterà in breve una parallattica di maggior dimensione, procurerò di collocarla nel luogo da me indicato.

21. ° Lascio qui di parlare di molti piccoli inconvenienti che si hanno nell’ aprire e chiudere le feritoie laterali e superiori del circolo meridiano , quelli che si hanno nel muovere la cupola mobile , inconvenienti che forse potevano evitarsi dal macchinista Luswergh, se fosse stato più docile e avesse inteso il mio parere, e termino col dire che la camera degli stronfienti fìssi colle quattro colonne e i quattro pilastri che vanno a terminare al soffitto reggendone gli architravi, col pavimento di mattoni di diversa figura e co- lore , col gran rettangolo di noce circondato da lastre di bianco marmo in mezzo al quale sorgono isolati i pilastri che sostengono la macchina , colla simmetrica disposizione delle sei colonne che sostengono il piano circolare della parallattica, della bella chiocciola che conduce al detto piano, delle porte e finestre mostra il genio dell’architetto, e la rende di quella giusta eleganza che si richiede in un luogo dedicato alla scienza.

22. ° Questa sola camera però non doveva formare il novello osservatorio. Notai già (6.°) che una incomoda scala conduceva nell’ antica camera , no- tai il disagio di essere esposti alle intemperie dell’ aria sopra 1’ ampia ter- razza scoperta, era dunque necessario rendere più agiata la scala e profittare

36

276

della terrazza medesima per la costruzione di altre camere. La Santità di N. S. si degnava accordarmi la somma di scudi seicento: ecco immediata- mente migliorata la scala, ecco costrutta una camera d’ ingresso, e 1’ altra attigua alla sala degli stromenti fìssi. Rivolgeva le mie preghiere alla Eccma romana magistratura e una camera più grande sorgeva sulla stessa terrazza. Nulla dirò delle decorazioni che abbelliscono queste due camere. Lo stemma del romano Pontetìce regnante sul soffitto dell’una, quello del romano senato sul soffitto dell’altra attestano ai posteri la munificenza del Sommo Pontefice, e la protezione che accorda alle scienze il romano municipio. La citata pianta mostra ad evidenza la disposizione data alle finestre di queste due camere: le finestre medesime rivolte a tutte le parti del cielo, munite di forti mensole di bianco marmo possono servire alle osservazioni. La camera costrutta dal romano municipio è destinata alle osservazioni metereologiche , e mi gode Panimo di poter dire che la romana magistratura ha già decretata una con- veniente somma per l’acquisto de’ principali stromenti.

23.° Da questa breve descrizione, e meglio anche dalle annesse piante si conosce chiaramente che io mal non mi apposi , quando al principio di questa storia dissi Pontificio nuovo osservatorio della romana università. Chiu- derò questi brevi cenni storici e questa brevissima descrizione col rendere pubblica testimonianza di gratitudine e di rispettoso ossequio alla munificenza del Sommo Pontefice Pio IX, che è stato il fondatore di questo nuovo scien- tifico stabilimento che mancava al decoro della romana università, la quale può finalmente gloriarsi di aggiungere P osservatorio astronomico ai suoi ga- binetti : col rendere le dovute grazie agli Emi Porporati che con tanto zelo presiedono alle cose universitarie, alla Eccma romana magistratura che con tanto amore favorisce le scienze.

A perpetuare poi la memoria di si segnalati favori nella sala degli stro- menti fìssi si leggono le seguenti inscrizioni.

Sull’architrave all’est :

P1VS IX P. M. AD ASTRORVM PER LINEASI QVAE A SEPTEMT RI0N1BVS AD MERIDIE» PERTINET TRANSEVNT1VM CVRSVM C0J1PVTANDVM 1NSTRVMENTVM ERTELL1ANVM

D. S. P. D. AN. MDCCCLII1

Sull’architrave all’ovest

V. EMI ROM. VN1V. MODERAI.

AN. MDCCCLIll F. C.

/

277

Nella camera poi costrutta dalla romana magistratura, in due spazi circolari della volta all’est e all’ovest si hanno le seguenti

SIETEREOLOGIC1S

EXPER1MENT1S

S . P . Q . R . MDGCCLI11

COL LOCAZIONE E DESCRIZIONE .MECCANICO-SCIENTIFICA DELLO STROMENTO.

2L.° 1 lavori per la collocazione dello stromento ebbero principio nei marzo del 1852. Il primo fra questi fu la costruzione dell’ arco (19°) sotto la volta della camera. Molto tempo era necessario affinchè potesse, riposando, consolidarsi tanto più che la camera non ha finestre , e prende la luce da un piccolo foro circolare praticato nella faccia orientale della torre. Que- st’ arco, come dissi, imposta ai grossi muri all’ est e al nord, ed è riuscito di tal solidità che sopracaricato del peso de' pilastri non ha mostrato la mi- nima lesione. L’innesto di questo solidissimo arco col grosso muro della torre, colla volta della camera forma quella fermezza, e quella stabilità che richiede la collocazione di questi stronfienti. La preparazione de’ pilastri che dovevano sostenere la macchina era 1’ altro lavoro che richiedeva tempo e pazienza : questi dovevano prepararsi a norma della figura e della dimensione inviata dall'artista: la massima altezza era di 2.m 273, la minima di 2.m 05. Si procurò dunque di avere un sol masso di bianco marino di tal dimensione, che divi- dendolo, risultassero ambedue i pilastri di un sol pezzo. Che se poi si ponga mente alla demolizione quasi intera dell’antica camera, alla costruzione della nuova (19°), non deve recar meraviglia che la collocazione dello stromento accadesse nel marzo del 1853. In quest’epoca però molti lavori restavano a compirsi , altri non erano stati ancora ideati. Intanto ebbi tutto il comodo di tracciare una meridiana nel luogo in cui si doveva collocare il circolo, e di verificarla più e più volte. Nel mese di gennaro del 1853 si fecero gli scavi alla profondità di 0.w60 indicata dall’ artista, si preparò il piano, e su di questo si adagiò orizzontalmente una grossa e larga lastra di marmo, nella quale si riportò la meridiana. Nel mezzo fu fatto un foro circolare corri- spondente a quello praticato già nel muro: questo foro riceve l’asta verticale

278

o bilanciere che serve al rovesciamento della macchina: finalmente dopo al- cuni giorni si posarono i pilastri nella dovuta posizione e reciproca distanza. Si ebbe l’avvertenza di lasciarli liberi capaci di piccolo movimento, e di cal- ciarli dopo la collocazione della macchina.

25. ° L’uso del circolo meridiano, come è noto a tuttti, consiste nel de- terminare simultaneamente 1’ ascensione retta e la declinazione degli astri. Non è però che l’astronomò non possa usarlo per determinare esclusivamente

0 1’ una o T altra. Seguendo dunque le traccie degli altri astronomi dividerò la mia meccanico-scientifica descrizione in due sezioni. Non lascio di notare che la descrizione meccanica sarà brevissima rispetto a quelle parti che que- sto stromento ha comuni cogli altri costrutti dallo stesso Ertel e già am- piamente descritti da valenti astronomi ; sarà la descrizione più estesa in quelle parti nelle quali questa macchina presenta una notabile differenza.

Sezione I.

26. ° Le figure 4 e 5 delle tavole III e IV presentano il disegno geo- metrico e prospettico della macchina. La forma de’ pilastri è del tutto nuova, e da questi m’è d’uopo cominciare, trascurando però quella porzione che si profonda sotto il piano del pavimento. Dal piano di questo fino al punto a ove termina la scarpa o inclinazione, le faccie sono trapezi. Le faccie opposte al sud e al nord hanno i seguenti lati paralleli

inferiore 0."* 65 , superiore 0.m 46.

1 lati paralleli delle faccie opposte all’est e all’ovest, sono

inferiore 0.m 45 , superiore 0.'" 28.

Essendo poi da a in b di 0.m 54 , se immaginiamo un parallelepipedo ret- tangolare, le cui dimensioni sieno

lunghezza (hw 46 , larghezza 0.ra 28 , altezza 0.™ 54

si avrà facilmente l’ idea della figura e dimensione del pilastro. Questo pa- rallelepipedo però si divide in due di ineguale altezza mediante un cavo o gola : il piano della gola dista da a di ac = 0.” 107 , quindi le dimensioni del parallelepipedo più alto sono

lunghezza 0.m 122 * larghezza 0.m 280 ,

altezza 0.m 433

279

e le dimensioni del più basso tagliato a foggia di h saranno

lunghezza 0.w 156 , larghezza 0.™ 280 , altezza 0.'" 250.

Nella faccia interna del parallelepipedo più alto è innestato il porta micro- scopi, sulla faccia superiore dell’ altro sono collocati i cuscinetti, nel taglio s’interna una parte del meccanismo che serve al rovesciamento, nell’altra faccia interna del cavo o gola giace una parte de’ circoli dello stromento, come può vedersi nelle citate figure.

27. ° Date le dimensioni de’ pilastri passo brevemente alla descrizione della macchina considerata come uno stromento de’ passaggi. Il corpo del canocchiale si forma di due tronchi di cono C, C' e del cubo C" : la lun- ghezza focale è di l.'n3215, il diametro dell’obiettivo di 0.m 094. L’obiettivo è incassato nel fondo f di un tubo cilindrico ff', il quale è fermato con tre grosse viti al tronco di cono C'. Il cilindro ff che serve a difendere la lente obiettiva, ha le interne pareti tinte di nero, onde impedire l'incomoda luce riflessa dadi oggetti circonvicini. Al tronco di cono C è fermata una lastra ii egualmente con tre grosse viti : un foro circolare praticato nella lastra riceve il piccolo tubo cui è annesso l’apparato micrometrico e l’oculare o. I buchi in cui entrano le viti che fermano il cilindro ff' e la lastra ii ai tronchi di cono C' e C sono così detti ad asola, quindi allentando alquanto le viti, il cilindro e la lastra possono girare un poco intorno a se stessi, e con somma facilità possono togliersi , e per costruzione possono a vicenda cambiarsi.

28. ° Tre piccole piastre di ottone, due battenti invitati a quella di mezzo e le solite viti di pressione e di trasporto formano, come negli altri, così in questo stromento l’apparato micrometrico. Il micrometro si compone di sette fili verticali , e due fra loro vicinissimi ad angolo retto co’ primi. Avvi un ottavo filo, il quale col mezzo della vite v scorre parallelo ai primi. Girando la vite v gira la così detta rosetta la quale rassomiglia ad un piccolo coper- chio di scatola di forma circolare. La fascia cilindrica è divisa in 60 parti eguali. Sotto questa zona è fissato un piccolo semicircolo di ottone cui è annessa una linguetta che porta lo zero che chiamerò fisso. Per costruzione quando lo zero della rosetta coincide col fisso , il filo mobile coincide col quarto filo, o col filo meridiano del micrometro. La vite v che muove la ro- setta finisce in un piccolissimo collo cilindrico su cui sorge altro cilindro ap- pianato da una parte, il quale termina a vite. Una piccola e finissima conca

280

di ottone che fa 1’ ufficio di molla e un bottone cordonato che poggia sulla detta conca sono internati nel cilindro, e ne resta scoperta la vite: allora una madre vite ferma conca e bottone in modo che al girare della vite, gira la rosetta , e analogo movimento prende il filo mobile del micrometro. Se si rallenta per poco la madre con apposita chiave . la rosetta può avere un movimento indipendente da quello del filo. L’ altra vite v' serve a far scor- rere orizzontalmente fra i due battenti la piastra che porta 1’ oculare o. Al foro circolare della lastra ii è fermato un grosso circolo con due viti , e buchi ad asola. Allentando queste viti, il circolo può girare alquanto intor- no a se stesso. Quando dunque il tubo oculare , cui aderisce la solita asti- cella di acciaro, sia introdotto in quel foro, ed impedito dall’ asticella ad un moto di rotazione , quel movimento che può prendere il circolo è comune anche al tubo. Ora questo moto di rotazione serve per far coincidere i fili orizzontali colla direzione parallela all’ equatore- Quando 1’ astronomo abbia ciò ottenuto con stelle equatoriali , o prossime all’ equatore , deve chiudere fortemente le viti, e resta sicuro pienamente della esatta posizione del mi- crometro.

29.° Il circolo di cui ho parlato può dilatarsi e restringersi col mezzo di una vite w che apre e chiude una morsa. Al tubo oculare, oltre 1’ asti- cella di acciaro , è annessa nella parte opposta una seghetta di ottone. Se per poco si apra la morsa, la vite w' agendo sulla seghetta fa scorrere il tubo oculare , e dall’ allungamento o accorciamento si ottiene il punto di vista. Questo ottenuto, si chiude fortemente la morsa colla vite w. Le viti dunque v, v', w1 sono quelle che dissi di trasporlo. Le viti poi di pressione sono le due laterali al telaro de* fili e quelle che premono verticalmente sul telaro medesimo. Le prime servono alla correzione della linea di fiducia o dell’ errore di collimazione, le altre, corretto 1’ errore, servono ad assicurare il telaro medesimo de’ fili che viene da queste premuto nel punto di mezzo, cioè sopra il filo meridiano. Tre sono gli oculari che portano gl’ ingrandi- menti di 60, 120, 180 circa. Questi possono applicarsi egualmente ad altro tubo oculare che porta il doppio micrometro filare tanto in ascensione retta, quanto in declinazione.

30.° Due tronchi di cono E, Ef e vari cilindri di metallo e di acciaro formano 1’ asse di rivoluzione. Alle due estremità sono annesse due piastre circolari ee' di metallo , alle quali col mezzo di otto viti, sono uniti i due circoli che formano la parte essenziale della macchina. 11 raggio de’ circoli

281

è di ().m 324358 , ciascuno porta due divisioni in argento. In una divisione il grado è diviso in quattro parti: un braccio di ottone annesso ai pilastri porta un nonio di argento per mezzo del quale su questo circolo che dirò d' indicazione si leggono gli archi di minuto in minuto primo. Ciò è suffi- ciente per diriggere il canocchiale all’ altezza dell’ astro che vuole osser- varsi. 11 raggio del circolo su cui cade la divisione del grado in quattro parti è di 0.m 314858: nell’altra divisione il grado è diviso in trenta parti, la divisione cade su di una circonferenza il cui raggio è 0.'"312.

31 . ° Nel cilindro o tamburro m s’ interna un grosso circolo che porta /’ alidada. Due fori opposti r ricevono le due viti, le quali col mezzo di due manubri snodati m fermano all’ asse il detto circolo in modo che viene impedita qualunque rivoluzione. U alidada dopo varie curvature che erano necessarie in questo stromento , scende parallela a piccola distanza dalla faccia interna del pilastro. Non manca 1’ apparato comune ai due pilastri per i piccoli movimenti dell’ asse di rivoluzione ; non mancano le leve , i contropesi , le carrucole per controbilanciare il peso dello stromento , per rendere insensibile 1’ attrito de’ perni, per agevolare il moto di rotazione. In questa prima sezione è inutile una minuta descrizione di queste parti. Dirò solamente che la scanalatura n viene abbracciata da una forca su cui poggia 1’ asse nel rovesciamento della macchina: che è di acciaro il cilindro x che tocca le carrucole; che di acciaro è il cilindro y che poggia su i cuscinetti. Da molte misure sempre identiche risultano i seguenti raggi de’ due cilindri x ed y cioè

r.(x ) = 0.m 046957 r.(y) = 0.'” 031831

32. ® I cuscinetti sono fermati col mezzo di due grosse viti sulle facccie superiori dei parallelepipedi già da me indicati (26°). In quello all’est v'è il solito artifìcio per la correzione dell’ errore azimuttale, e in quello all’ ovest avvi sotto la solita vite per correggere 1’ orizzontalità dell’ asse. Questa si sperimenta col gran livello che si pone a cavallo sopra i due cilindri y di cui abbiamo parlato. L’ asse di rivoluzione è forato; nell’ interno del cubo C" non manca lo specchio; nell’ esterno v' è la vite che ne varia e regola la posizione ; si poteva dunque in questo stromento, come negli altri , ren- dere illuminato il campo colla lanterna collocata a conveniente distanza dalla faccia esterna del pilastro occidentale. L’artefice però ha aggiunto l’apparato

282

per la illuminazione a campo oscuro , e questo consiste nelle due lanterne X, X' e ne’ diversi pezzi che le sostengono.

33. ° Data questa breve descrizione meccanica della macchina conside-

rata come uno stromento di passaggi, passo alla scientifica , cioè alla retti- ficazione. Dissi già che lo stromento fu collocato nel marzo 1853; che però molti lavori restavano a compirsi; che finalmente altri non erano stati im- maginati (24°). A compimento de’ primi trascorse il tempo dal Marzo fino al 28 Giugno : a compimento degli altri dall’ Ottobre 1853 fino al Marzo

1854, e Dio volesse che in quell’ epoca, cioè dopo due anni li avessi veduti

compiti! Molto resta ancora , specialmente a compimento della parallattica. Ciò sembra impossibile, ma si spiega colla indolenza de’ nostri artisti qaibtis cum bene feceris pejores fiunt.

34. ° Nel giorno 5 Marzo del 1853 lo stromento era collocato. 1 tempi

nel Febbraro furono talmente perversi che a stento potei osservare il sole due volte. Dalla prima di queste osservazioni , che si fece quando i circoli non erano collocati, risultava una sensibile differenza fra il passaggio osser- vato e calcolato. Si pensò di dare un piccolo movimento al pilastro orien- tale. Dall’ altra risultava differenza talmente piccola, che il tenue errore po- teva facilmente correggersi colle solite viti. L’ artista procurò intanto che fosse tolto ogni errore di orizzontalità e di collimazione , e calciati i pila- stri , si chiuse ermeticamente Io spazio della camera occupato dallo stro-

mento , e gli artisti poterono lavorare liberamente fino al 28 Giugno. Per maggiore intelligenza di ciò che dirò in seguito debbo notare che l’artista nel collocare i microscopi si avvide che uno era difettoso: che nello ese- guire il rovesciamento si accorse che la macchina non era perfettamente con- trobilanciata. Per supplire al primo difetto portava seco il microscopio e prometteva nuovamente inviarlo: per supplire all’ altro convenne diminuire i pesi superiori P e aumentare gl’inferiori P' promettendo d’inviare i giusti pesi.

35. ° Nel giorno 29 Giugno era finalmente liberato dagli artisti. Col gran livello sperimentai 1’ orizzontalità dell’ asse : 1’ errore era nullo : rovesciai lo stromento : nullo era 1’ errore della collimazione. Mi restava ad esaminare 1’ errore della deviazione azimuttale. Nella sera osservai la £ Boote e la Lupo.

283

14* 38“ 34' 37 14 48 53 30

1853 Giugno 29 ... e Boote pas. osserv.0 . . .

/3 Lupo

10 18 93 = a

s Boote pas. cal. . . 14 38 35 24 / 3 Lupo 14 48 57 10

10 21 86 = A

Sarà dunque A ò = 2/ 93. Essendo poi il fattore M = -1-0.931, risul- tava una deviazione a levante di 2/7249.

Sospesi di dare la correzione, volendo assicurarmi dell’errore co’ passaggi della polare, e nel seguente giorno ottenni

1853 Giugno 30 . . . Polare pas sup. .... 1* 009

pas. inf. 13 4 24 02

11 57 23 93 = 5

e quindi 12* 5 = 2.m 36/ 07 e la deviazione a levante 2/ 700. Nella stessa sera l’errore era confermato dalle osservazioni di £ Boote e /3 Lupo avendosi

Giugno 30 ... £ Boote pas. osserv.0 . . . 14* 38™ 34* 1 1

/3 Lupo 14 48 53 70

10 19 59 = a

Questo errore che dirò di collocazione si sarebbe eliminato, se la perversità de’ tempi non avesse impedite le osservazioni. Date però le debite correzioni, dai passaggi della polare e di /3 Lupo e /3 Boote, ebbi

1853 Luglio 8 . . . Polare pas. sup 1* 5“ 50^ 67

pas. inf. 13 5 49 63

11 59 58 96 = 5

quindi 12* 5 = 1/04 e la deviazione a levante 0/018

37

Luglio 8 . . . jS Lupo pas. oss.

/3 Boote . .

. . 14*48-56 12 . . 14 56 25 02

7 28 90 = 5 7 28 81 = A

3 j>.° Dal primo luglio fino al giorno 17 osservai le seguenti stelle. L’ascensione retta apparente è calcolata pel giorno 9 medio nello intervallo delle osservazioni. Le ascensioni rette osservate sono tali, quali risultano dai tempi del cronometro corretti della variazione sul tempo medio, e ridotti po- scia a tempo siderale.

1853

£ Boote

/ 3 Lupo

/3 Boote

Luglio 3

AB osser.

14* 38M 35' 02

1

14* 48m 55* 78

3

1 4* 56m 26* 00

5

35 07

3

56 48

5

25 78

7

35 38

7

56 80

7

26 28

8

35 70

8

56 12

8

25 02

medio

14 38 35 29

med.

14 48 56 29

11

26 26

AB cale.

14 38 35 24

cale.

14 48 57 10

13

25 90

15

25 41

16

25 24

17

25 42

med.

14 56 25 70

cale.

14 56 25 91

285

1853

a. coron. boreale

a Scorpione

£ Scorpione

Luglio 2

AR osser.

15* 28™ 29* 39

1

16*20-24* 63

2

16* 40- 40* 97

7

29 52

2

25 41

7

41 21

8

29 10

7

25 86

med.

16 40 41 09

10

29 05

8

25 78

cale.

16 40 41 04

medio

15 28 29 26

9

25 68

AR cale.

15 28 29 24

10

25 75

11

26 34

12

25 85

13

25 49

17

25 34

med.

16 20 25 61

cale.

16 20 25 86

37.° Seguivano intanto gli estivi calori. Nel giorno 28 agosto mi volli nuovamente assicurare della posizione dello stromento. L’ errore di orizzon- talità e di Gollimazione era nullo. Dalle osservazioni di £ Scorpione ed £ Er- cole, ottenni

1853 Agosto 28 ... £ Scorp. pass, osser. . . 16* 39- 37* 937

£ Ercole 16 53 38 625

U 0 688 = §

14 0 700 = A

38.° Dopo questa epoca avvenne un sensibile cambiamento di tempe- ratura. Nel giorno 18 settembre si notò una piccola variazione nella linea di fiducia, e nella orizzontalità dell’ asse. Le variazioni erano insensibili, fu corretta la prima, trascurando l’altra. Nel giorno seguente si ebbe

1853 Settembre 19 . . . « Lira pass, osser. . 1 8* 29'" 43* 437

£ Sagilt. ..... 18 51 1 875

21 18 438 = 5 21 18 404 = A

Finalmente nel giorno 22 settembre dalle osservazioni di 7 Cigno ed « Grue, si ebbe

286

1853 Settembre 22 ... y Cigno pas. osser.

« Grue.

. 20M4m 34" 437 . . 21 56 35 437

l 42 1 000 = 5

1 42 1 010 = A

Dista y Cigno dallo Zenit di circa, « Grue di 89.° 30' circa: l’asse ottico descriveva 1’ intero verticale , e la deviazione doveva manifestarsi in tutta l’estensione.

39.° Se ora si consideri che dal marzo 1853 fino a tutto giugno , la macchina ermeticamente chiusa, stette in perfetto riposo : che dal luglio al settembre fu continuamente adoperata nelle osservazioni : che dal marzo al settembre non ostante le variazioni di temperatura , non si ebbe luogo a notare errore sensibile nella orizzontalità dell’ asse e nella linea di fiducia: che, corretto 1’ errore di deviazione che fu commesso nel collocare la mac- china , si è sempre ottenuto un perfetto accordo fra i passaggi osservati e calcolati come viene dimostrato dalle citate osservazioni , e da altre che in seguito saranno riportate , a me sembra che sia provata sufficientemente la fermezza, la stabilità, la solidità della fabbrica, e la invariabilità de’ pilastri che sostengono la macchina. Dopo ciò è forza conchiudere che in questo stromento i tre errori cui vanno soggetti gli stronfienti de’ passaggi debbono dipendere o dalla variazione di temperatura, o da altre cause inerenti allo stromento medesimo. Tolti questi errori co’ metodi che somministra la scienza , e avendo all’ uopo un buon pendolo regolato sul tempo siderale , e tenendo conto del suo andamento e sua variazione diurna , dai tempi del passaggio dell’astro pe' fili del micrometro, dedotto il tempo del passaggio al filo me- ridiano, si avrà immediatamente T ascensione retta dell’ astro che si osser- va. È questo il metodo che ho sempre tenuto quando osservava allo stro- mento de’ passaggi collocato nella specola del collegio romano , questo è il metodo che ho tenuto con questo stromento nelle osservazioni che ho ripor- tate, avendo in mio potere un eccellente cronometro che gentilmente mi ave- va prestato il Signor D> Mario Massimo Duca di Rignano, questo finalmen- te è il metodo che seguirò a tenere. Gli errori di cui parlo sogliono essere piccolissimi, la loro determinazione può essere incerta, le correzioni che si danno ai passaggi sgomentano e molte volte guastano le migliori osservazio- ni. Ecco la prova della mia asserzione. Nel giorno 8 luglio del 1853 colle

287

osservazioni della polare si ebbe la deviazione a levante « = -+- 0.018; colle osservazioni di fi Boote e /3 Lupo si ha a = -+- 0.067 (35°), questa diffe- renza dipende dagli errori inevitabili delle osservazioni, e intanto le corre- zioni che si dovrebbero dare ai passaggi osservati sono incerte ne’ limiti dei valori di a. In una serie di osservazioni è meglio, a mio parere, eliminare questi errori , e assicurarsi della posizione esatta dello stromento di quello che trovarsi obbligati alle moltiplici correzioni de’ passaggi.

40. ° L’ errore di orizzontalità dell’ asse si toglie con metodo mecca- nico, cioè col gran livello. Le semplici forinole che danno le correzioni sono ampiamente dimostrate nell’ astronomia teorico-pratica di Delambre tom. I cap. VI ed è inutile qui riportarle. In questo stromento 1’ astronomo ha il vantaggio di assicurarsi col mezzo de’ due collimatori che 1’ asse conservi 1’ orizzontalità, quando lo stromento sia rovesciato. Gli altri due errori pos- sono egualmente correggersi con metodi meccanici, nell’errore però di devia- zione si deve preferire il metodo astronomico , e di questo abbiamo fatto uso nel determinare l’errore di collocazione (35"). Alla meccanica correzione degli indicati errori, era necessario fissare la mira meridiana.

41. ° La scelta del luogo mi si offri spontaneamente nel piccolo palazzo che sorge alla Trinità de' monti sul Pincio. 11 filo meridiano collima quasi esattamente collo spigolo di una finestra. Ottenuto pertanto il permesso dal proprietario di questa casa, feci preparare il muro sull’ architrave della fine- stra, e su questo muro ben preparato feci tracciare larghe striscie bianche e nere parallele e perpendicolari alla linea dell’ architrave, procurando però che 1’ estrema linea o confine di una striscia nera fosse nella direzione di detto spigolo. Spero di ridurre a miglior forma questa mira , come anche spero in breve di collocare 1’ altra mira al sud. Questa intanto serve mira- bilmente , giacché quando il filo meridiano è quasi a contatto al contine o estremo della fascia nera , la differenza fra i passaggi osservati e calcolati risulta quasi nulla. Dalle molte osservazioni della polare e del 5 dell’ orsa minore risulta la deviazione a levante 0/ 03, quando ciò si verifica. Questa deviazione può considerarsi costante; è ben raro il caso in cui il filo meri- diano si trovi sensibilmente spostato da questa posizione. La distanza della mira dal centro dello stromento si trova di tese 699.20; 1’ estremità appa- rentemente superiore dista dallo zenit di 90." 3.' 29. 0.

42. " Credo necessario riportare qui alcune osservazioni , le quali sono state fatte nelle accennate condizioni, vale a dire quando mi era assicurato

288

esser nullo 1’ errore di orizzontalità e di collimazione, e quando il filo me- ridiano era nella indicata posizione. Le posizioni di due piccole stelle del sagittario, cioè la 6447 e la 6519 sono incomplete nel recente catalogo bri— tanico. Poteva dedurre le loro ascensioni rette da quella del o dell’ orsa mi- nore che passava al meridiano poco tempo prima di queste stelle. Volli però dedurle immediatamente dalle osservazioni. Alle due indicate sono unite le ascensioni rette di altre tre piccolissime stelle che non si trovano notate nel detto catalogo.

1854

AR oss. Anon.

6447 C.B

Luglio 21 24 medio

18A 44'" 38* 000 38 625 18 44 38 312

16

17

19

20 med.

1 8* 47m 8 '442 8 817 8 720 8 932 18 47 8 727

1854

AR oss. Anon.

6519 C.B

Anonima

Luglio 25 ! 26

29

30 medio

18* 47'" 21' 952 22 065 21 680 21 903 18 47 21 900

29

30

Ag. 1 med.

18A 57m 2b805 21 981 18 57 22 498 18 57 22 094

19

20

25

26 med.

18A 58'" 30' 658

29 807

30 890

31 050 18 58 30 601

Gol paragone del à Orsa min. preso il medio si ottenne

18

44

38

783

18

47

9

034

18

47

21

887

18

57

22

349

18

58

30

861

289

43.° Finalmente riporto alcune osservazioni della polare fatte nelle me- desime circostanze. Tutti gli astronomi sanno esser ben diffìcile collimare la polare ai fili del micrometro. Nella notte la forte irradiazione , nel giorno 1’ oscillazione rende per solito inesatte le osservazioni de’ passaggi. Le osser- vazioni però di giorno sono da preferirsi a quelle che si fanno di notte. La polare apparisce come un punto lucido, e quando essa è calma, la collima- zione riesce facile. Tali sono quelle che qui trascrivo , notando i soli pas- saggi al tempo del pendolo.

1855

Polare

Tempo del Pendolo

Giugno 24

Pas.

inf.

1

*6"

1 3

50

25

Pas.

inf.

1

6

13

00

26

Pas.

sup.

1

6

11

75

26

Pas.

inf.

1

6

11

50

28

Pas.

sup.

1

6

9

06

28

Pas.

inf.

1

6

8

99

29

Pas.

inf.

1

6

9

00

30

Pas.

sup.

1

6

8

50

30

Pas.

inf.

1

6

9

00

Dai passaggi osservati di Arturo e dalle ascensioni rette apparenti calcolate si ebbe la variazione del pendolo sul tempo siderale, cioè

1855

u

Pas.

Boote

osserv.

AR app/

cal.

Diff.

Cal-osser.

Giugno 24

14* 9'

1 12*750

14* 9m

4-'

410

8

340

25

9

11 625

9

4

402

7

223

26

9

9 687

9

4

394

5

293

28

9

6 375

9

4

378

1

997

29

9

4 562

9

4

370

0

192

30

9

3 187

9

4

359

-t- 1

172

290

Se dunque ai passaggi osservati della polare si fanno le debite correzioni, tenendo conto della variazione diurna del pendolo , dell’ aberrazione diurna la quale nella nostra latitudine importa sul circolo massimo 0/ 015196 e che ritarda il tempo del passaggio superiore ed accelera quello del passag- gio inferiore si noterà la piccola differenza fra i passaggi osservati e calco- lati , ciò che può vedersi ne’ passaggi del giorno 29 giugno in cui 1’ equa- zione del pendolo era quasi zero, e si ebbe

Pass, osser. . . . lA6m9*0

AR cal 1 6 9 75

Lascio di riportare molte osservazioni del § orsa minore , le quali , benché fatte nella notte, presentano lo stesso accordo fra 1’ osservazione e il cal- colo. Non è poi mio scopo di presentare in questa sezione le posizioni degli astri, ma bensì indicare a qual limite di precisione si può giungere con que- sto stromento, quando 1’ astronomo sia sicuro della sua esatta posizione.

44° Dissi (39°) che i piccoli errori di orizzontalità , di collimazione, e di azimut dovevano in questo stromento dipendere o dalla variazione di tem- peratura , o da cause inerenti allo stromento medesimo. Riguardo a queste ultime 1’ unica ricerca era P esame dei cilindri y che posano su i cuscinetti. Ma dalle molte misure prese, come già notai , trovai sempre la medesima circonferenza in ambedue, e per conseguenza l’egualianza de’ loro raggi. Ri- spetto poi alla variazione di temperatura noterò brevemente qualche cosa. Col gran livello si esperi menta la orizzontalità dell’asse una o due volte in ogni mese , e specialmente quando accade un rapido cambiamento di tem- peratura. Assicurata questa orizzontalità anche co’ collimatori, quando si vuole rovesciare la macchina , si esplora la collimazione e 1’ azimut. Nel caso di osservazioni delicate ogni giorno soglio assicurarmi della collimazione e della deviazione azimuttale. Fu già notato ai numeri 35° e seguenti che dal lu- glio 1853 a tutto il settembre dello stesso anno non ostante la variazione di temperatura avvenuta dopo V agosto , non si trovò sensibile variazione. Dall’ ottobre del 1853 fino al marzo del 1854 1’ osservatorio venne occupato dagli artisti : non ostante però il romor de’ martelli, e lo stridore delle se- ghe nel novembre del 1853 volli cominciare una serie regolare di osserva- zioni per la determinazione della latitudine. Rare volte ebbi occasione dal novembre 1853 fino all’ aprile dei 1854 di correggere i tre errori. Dal mag- gio 1854 fino all’ ottobre dello stesso anno epoca in cui mi decisi di tenere

291

presso di me la chiave della camera nella quale è collocato lo stromento, ebbi luogo a notare alcune anomalie che non poteva spiegare Turbata l’oriz- zontalità dell’ asse, errore sensibile nella linea di fiducia, nell’ azimut, le viti del tubo oculare rallentate ec. ec, per cui diceva scherzando: o la torre , o la casa in cui aveva collocata la mira , ha avuto un movimento (l). Nell’ ot- tobre prima di partire la macchina fu rettificata. Nel novembre non ebbe bisogno di correzione alcuna e da quest’ epoca fino a tutto Giugno del 1855 posso assicurare che il livello, e 1’ azimut non hanno avuto bisogno di corre- zione: l’unico errore che ho dovuto corregere è stata la collimazione. Le viti di pressioni del telaro de’ fili ed anche le quattro viti che lo fermano alla contro piastra sembrano le più sensibili alle variazioni di temperatura. Mi sono avveduto di una sensibile variazione nella linea di fiducia quando per qualche tempo ho dovuto accendere le lanterne per avere la illuminazione de’ fili a campo oscuro. E per dire il vero queste lanterne sono bene inco- mode : tale è poi il calore da esse sviluppato che gli anelli e i tubi di ot- tone che le sostengono , bruciano dopo poco tempo : questo calore si co- munica alle piccole viti del micrometro , e produce le variazioni nel telaro de’ fili. Ho cercato di sostuire lanterne più semplici, ma non mi fido di tenerle accese per 30 minuti. Qui mi sembra opportuno riferire le esperienze da

(1) Dopo di avere per un anno intero sperimentata 1’ eccellenza di questo stromento, le anoma- lie notate dopo 1’ aprile del 1854 dovevano avere lina spiegazione, tanto più che, dopo le correzioni, le vedevo rinnovate. Domandava spesso al mio custode Erasmo Fabbri se avesse condotte persone al- l’osservatorio: egli mi assicurava di non aver condotto persona alcuna. Finalmente giunsi a seuoprire che egli e il macchinista Giacomo Luswergh, abusando della mia eccessiva bontà, si volevano in certo modo impadronire dello stromento, il primo con pubblicarne la descrizione, l’altro con eseguirne il disegno. Lascio agli astronomi giudicare se persone non intelligenti potevano e disegnare e descrivare lo stromento senza un minuto esame delle parti che lo compongono, e dell’ uso cui sono destinate. Ed è appunto in questo esame che debbono essere state mosse le viti del micrometro, de’ cuscinetti, del- l’oculare. A me sembra che questa e non altra sia la spiegazione che possa darsi alle osservate anomalie, e al successivo rinnovamento delle medesime, dopo le correzioni che era obbligato a dare. Mi con- fermo nella mia opinione nel vedere che dall’epoca in cui la chiave della camera è presso di me, tali anomalie non si sono rinnovate, non ostante le esperienze da me tentate a bella posta per vedere se, esponendo la macchina al freddo, al calore, all’ umidità, ad un brusco movimento ec. si manifestassero sensibili variazioni. Di questa invariabilità sono testimoni il professore Ottaviano Àstolfi mio sosti- tuto, i giovani miei scolari che da quell’epoca furono da me invitati a prestarmi la loro assistenza. Delle osservate variazioni è testimonio lo stesso custode che allora mi prestava assistenza alle correzioni , e udiva le mie lagnanze. Nei regolamenti della specola di Milano si vieta anche agli allievi di entrare nella camera del circolo senza il permesso dei direttori. Legge utile e commendovole da inculcarsi agli astro- nomi !! Dopo questo fatto è stato vietato al custode introdursi nella camera dello stromento.

38

292

me tentate dal novembre 1854 fino al luglio 1855 , cioè dalla minima alla massima temperatura.

1. ° Nelle notti fredde e serene dell’inverno si è lasciata aperta la feri- toia dello zenit.

2. ° Nei giorni umidi, nebbiosi ad anche piovosi si sono lasciate aperte le feritoie laterali ora al sud ed ora al nord.

3. ° Nel mese di Giugno verso il solstizio dopo le osservazioni dell’ a cocchiere si lasciava aperta la feritoia dello zenit.

4. ° Nei mesi di giugno e luglio si lasciavano aperte le persiane della fine- stra all’ est, affinchè la luce solare penetrasse dai cristalli nella camera , e dal levar del sole fino verso le dieci battesse sul porta microscopi.

5. ° In alcuni giorni si coprivano i cristalli con tenda di seta verde af- finchè la luce fosse debole, e il calore meno intenso.

6. ° Dopo di avere osservata la mira meridiana , si collocava il canoc- chiale in posizione verticale coll’obiettivo allo zenit, quindi con movimento brusco si obbligava l’ asse ottico a descrivere due circonferenze dal nord al sud e dal sud al nord. Lo stesso si praticava dopo aver collocato il cano- chiale in posizione orizzontale. Dopo questo movimento si guardava nuova- mente la mira meridiana. Nel primo caso 1’ asse ottico aveva descritte due circonferenze e un quarto, nell’altro due circonferenze.

45.° Dopo queste esperienze portate forse oltre i limiti, giacché la ca- mera in cui è collocato il circolo è sempre custodita con molta cautela, e ben difesa da persiane e finestre con tende di seta verde, lo stromento non ha mostrato sensibile variazione, eccezione fatta all’errore di collimazione che si è dovuto correggere tre o quattro volte e specialmente nel mese di de- cembre , marzo , e maggio. Nel mio caso però alcune erano necessarie per ciò che dirò nella seconda sezione, tutte necessarissime per assicurarmi che le anomalie osservate dipendevano dai movimenti dati alle viti micrometri- che da mani inesperte, da persone che sapendo appena adoperare il martello, il volta vite e la lima, e niente istruite nella scienza, stimano che la parte meccanica di uno stromento possa essere disgiunta dalla scientifica, cioè dalla perfetta cognizione dell’uso cui sono destinate le viti micrometriche in que- sto, e in qualunque altro delicato stromento.

293 -

Sezione IL

4-6. 0 L’altro uso del circolo meridiano è la misura della distanza degli astri dallo zenit, o dal polo nord, o dall'eqaatore. Dalla latitudine dell’osser- vatorio combinata colle osservate distanze zenittali meridiane degli astri cor- rette dalla rifrazione, ed anche dalla parallasse (se trattasi de’ pianeti) può ottenersi la loro distanza apparente dal polo nord, o la loro apparente de- clinazione. Dalla posizione apparente delle fisse, dopo breve calcolo, si passa alla media per una data epoca. In questa sezione dunque indicherò , e de- scriverò le parti che si hanno in questo stromento, onde ottenere le distanze zenittali meridiane degli astri, noterò quali mezzi debba porre in opera l’astro- nomo, onde avere la esatta misura degli archi osservati. Le parti che pre- senta lo stromento sono :

Apparato micrometrico per collimare l’astro nel centro dell’obiettivo, o nella direzione dell’asse ottico nello istante in cui passa al meridiano.

Un minuta ed esatta divisione del circolo su cui si leggono gli archi os- servati, e l’apparato micrometrico per valutarne le minime parti.

47. ° Cognita prossimamente la distanza zenittale meridiana di un astro, basta la divisione del circolo indicatore , onde avere 1’ astro nel campo del canocchiale pochi minuti prima del suo passaggio al meridiano. Ciò ottenuto, e strette le viti del circolo alidada, è necessario che l’asse ottico abbia pic- coli movimenti, coi quali possa elevarsi o abbassarsi, affinché l’astro mede- simo nel momento del suo passaggio al meridiano sia posto nella direzione del- l’asse medesimo cioè o nel centro dell’obiettivo, o sopra uno qualunque de’ due fili orizzontali del micrometro. Ne’ micrometri composti di due soli fili uno orizzontale e l’altro verticale, il centro dell’obiettivo corrisponde nel punto d’intersezione de’ due fili medesimi. Nel nostro micrometro sette sono i fili verticali e due gli orizzontali. Il centro dell’ obiettivo corrisponde nel punto medio fra i due orizzontali nella direzione del quarto filo verticale o filo me- ridiano. Ciò posto, passo a descrivere l’ingegnoso apparato micrometrico, onde collimare gli astri nel centro dell’obiettivo, o in uno qualunque de’ due fili orizzontali.

48. ° Nelle faccie interne de’ pilastri sono incassate con due viti due pia- stre di metallo, una delle quali si vede nella figura (a) tav. IH. Due piastre rettangolari r, r" fra le quali scorre a coda di rondine la r\ restano solida- mente fissate con quattro viti alla principale aa'. Alla piastra mobile r sono

294

conficcati due piccoli cilindri di acciaro li , li1, i quali ricevono la coda del circolo alidada. Questa coda si compone di un prisma rettangolare di metallo, cui da un lato è annessa una grossa molla di acciaro , la quale col mezzo di una vite può accostarsi o discostarsi dal detto prisma : quindi è che ri- cevuta la coda fra i nominati cilindri, uno è a contatto del prisma, 1’ altro della molla. Una quarta piastra di metallo r'" più grossa delle tre indicate è annessa col mezzo di una vite alla principale aa'. Questa però si discosta al- quanto dalla r", e viene attraversata da una vite m con lungo manubrio sno- dato. Sulla faccia superiore della piastra r'" poggia la base bd di un triangolo rettangolo bdc di acciaro ben grosso. Questo triangolo s’interna in incavi pra- ticati nelle piastre rettangolari r", r', r. La testa della vite m agisce nel punto medio della base bd, e allora comincia ad agire o per dir meglio, cessa allora ogni sua azione, quando la base bd è a contatto della faccia superiore della piastra r"'. Sia tale la posizione della base bd. Si spinga adesso la vite m contro la base, il triangolo ha un movimento verticale dal basso in alto, con una parte variabile della sua ipotenusa spinge orizzontalmente il rettangolo mobile r' verso una finissima molla di orologio M; in virtù di questa pres- sione l’asse ottico si abbassa , e cresce l’arco contato dallo zenit. A misura però che spingendo la vite m contro la base bd, il triangolo s’inalza, la sua punta, o angolo opposto alla base si vede uscir fuori da un foro c praticato sulla faccia superiore della piastra r. La pressione contro la molla M aumenta, 1’ asse ottico sempre più si abbassa , e aumenta sempre più 1’ arco contato dallo zenit. Questo inalzamento però del triangolo, e per conseguenza la pres- sione contro la molla M ha un limite. Benché infatti l’incavo nella piastra r" sia sufficientemente grande, e tale che permetta l’ingresso della intera base bd, nulladimeno l’incavo medesimo nel suo proseguimento non permette un ulteriore avanzamento della base: la vite m viene forzata, e cessa di agire. Dopo ciò è ben facile intendere , che rallentando la vite m , il triangolo si abbassa , reagisce la molla M contro la piastra mobile r' , prende essa un moto orizzontale contrario, l’asse ottico s’inalza, e diminuisce la distanza con- tata dallo zenit. L’intero giuoco della vite è di circa 28'. Ora è ben difficile che col circolo indicatore non possa aversi l’astro uno o due primi distante dai fili orizzontali. Che se qualche volta avvenga che l’astro comparisca verso il bordo inferiore , o superiore del campo , sarà cosa ben fatta aprire nuo- vamente le viti del circolo alidada, portare l’astro nelle vicinanze de’ fili oriz- zontali, e lasciare un piccolo movimento alla vite micrometrica, la quale deve

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-stare sempre in tal posizione, che spingendo, non Forzi molto, o rallentando, non troppo sia rilasciata. Sul modo di collimare gli astri, dirò che nelle os- servazioni di giorno sono solito collimarli nel mezzo deH’intervallo che separa i due Fili orizzontali: nelle osservazioni di notte pratico lo stesso metodo di collimazione su quegli astri che non presentano un sensibile apparente dia- metro: rispetto agli altri sono collimati col porli tra i due Fili orizzontali, in modo che i fili medesimi sieno tangenti ai lembi de’ loro apparenti diametri. Risulta poi da molte osservazioni che la distanza fra i due Fili orizzontali com- prende un arco di circa 15".

49. u 11 circolo su cui si leggono gli archi è diviso in 10800 parti, cioè di due in due primi (30°): gli archi si leggono col mezzo di quattro micro- scopi, e l’apparato micrometrico è tale che si possono valutare le decime e le centesime di secondo.

50. ° Un circolo di metallo di diametro 0.m 433 e grosso un centimetro fig. 2, tav. Ili forma il porta microscopi. Nella circonferenza larga 0.m 022 sono quattro piastre circolari distanti di 90° una dall'altra con buchi di forma circolare. Su di queste nella parte che resta nell’ interna faccia del pilastro sono annesse altre quattro grosse piastre di metallo , le quali portano alla distanza di 90° quattro grosse viti di pressione. I raggi del porta microscopi s’internano in una piastra circolare concentrica di diametro 0.w 126. Un foro circolare è praticato nel mezzo. Il diametro del foro è 0.m 038; nella piastra dunque circolare concentrica resta una fascia larga 0."' 044. Nel prisma ret- tangolare di marmo già da me indicato (26°) è praticato un foro circolare di maggior diametro di quello della piastra concentrica. In questo foro s’intro- duce una grossa vite di metallo, e ad una delle sue estremità col mezzo di sei viti è innestato il porta microscopi. L’altra estremità che resta fuori della faccia esterna del prisma di marmo, riceve la madre vite di metallo che con apposita chiave si stringe in modo , che il porta microscopi da una parte , e la madre vite dall’altra sieno a stretto contatto del levigato prisma di marmo.

51. ° Un braccio curvo di metallo fig. (b) tav. Ili porta in una delle sue estremità una piastra circolare quasi dello stesso diametro di quelle che sono nella circonferenza del porta microscopi. Nel mezzo di questa piastra sorge un piccolo cilindro, su di esso un tronco di piramide a base quadrata, e nel mezzo della faccia superiore del tronco sorge una vite. Questi tre pezzi sono di acciaro. Nell’altra estremità di questo braccio è annesso un cilindro vuoto di metallo con due labbri esterni a guisa di morsa stretti da due viti. Se nel

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ioro circolare praticato nella piastra del porta microscopi s’introduca il pic- colo cilindro di questo braccio, esso cilindro è a contatto del foro, le quattro faccie della piramide tronca vengono premute dalle viti di pressione , e la piccola vite sorge libera al di fuori, e riceve la madre vite, che stretta con apposita chiave, ferma il braccio al porta microscopi in modo che il cilin- dro vuoto prende una posizione orizzontale. Dentro questo cilindro può scor- rere liberamente il tubo del microscopio, finché non sieno strette le viti della morsa. La figura (c) tav. Ili rappresenta le quattro viti che premono le quat- tro faccie laterali del tronco di piramide.

52. ° I microscopi sono eccellenti. Un circolo di raggio 0.'" 31 1858 è diviso in 10800 parti , quindi ogni parte risulta di 0,m 00018. Ora col mi- croscopio lo spazio fra due consecutive divisioni comparisce di circa 0.'" 0066, stando al giudizio dell’occhio. I solchi medesimi delle divisioni sono talmente ingranditi , che può stimarsi quando la intersezione di due tenuissimi fili a forma di X situati nel foco, coincida nel mezzo del solco, o sul ciglio del medesimo.

53. ° L’apparato micrometrico è comune ai quattro microscopi, cioè quat- tro rosette laterali all’oculare simili a quella già da me descritta (28°). La fascia cilindrica della rosetta è divisa in 60 parti eguali. L’intervallo fra due contigue divisioni risulta di 0.m 0015, parte ben sensibile, onde l’occhio possa valutarne la quarta parte, la metà, i tre quarti . . . Ognuna di queste parti corrisponde ad un secondo di arco ; quindi per costruzione , dopo due giri della rosetta , 1’ intersezione de’ fili passa da una alla contigua divisione. Il movimento deve farsi sempre nel senso della divisione cioè 0”, 10", 20" ... Non manca poi il semplice meccanismo , onde rendere il movimento della rosetta indipendente dal moto de’ fili, e viceversa.

54. ° Descritto brevemente 1’ apparato micrometrico , dirò qualche cosa sulla lettura degli archi. La fig. ( d ) tavola III rappresenta la divisione di un grado. Il punto o posto sulla divisione rappresenta il grado: i due punti oo il mezzo grado. Ad ogni 10' o cinque divisioni corrisponde un solco più lungo. Ciò posto, collimato l’astro nel centro dell’obiettivo nello istante del suo pas- saggio al meridiano, si passa alla lettura dell’arco. Leggasi nel circolo indi- catore il grado 45 , e la intersezione de’ fili coincida esattamente sul solco rnn, l’arco sarà di 45.° 14.' 0." 0. Nella stessa ipotesi sia l’intersezione in pq. L’arco sarà maggiore di 45.° 34.' Per valutare l’esatto valore dell’arco si muova la vite della rosetta nel modo indicato. Se dopo un giro intero l’intersezione

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de’ fili cada esattamente sulla divisione o solco r, l’arco sarà di 45.° 35.' 0." 0. Che se per portare la intersezione da pq in r , la rosetta farà meno o più di un giro, allora nell’arco si avranno i secondi che sono dati dalle divisioni della rosetta medesima, e quindi anche ad occhio le frazioni del secondo.

55. ° Indicato brevemente il modo di leggere gli archi osservati, ritorno ai microscopi. L’asse ottico è la linea che parte dall’occhio, passa per la in- tersezione de’ fili , e termina sulla divisione del circolo. Sistemati i quattro microscopi nel modo indicato, gli assi ottici formano un sistema di quattro rette nello spazio orizzontali e parallele fra loro. Le estremità degli assi segnano sulla divisione quattro punti. Qualunque sia la distanza fra un mi- croscopio o l’altro, allora il porta microscopi sarà concentrico al circolo gra- duato, quando le rette che congiungono a due a due gli opposti punti s’in- tersecano nel centro del circolo graduato, ovvero quando queste rette sieno due diametri del circolo medesimo. Ma ciò non basta. Si richiede che i punti segnati dagli estremi degli assi ottici cadano dentro i limiti della divisone. Diffatti se collocati i microscopi in modo di soddisfare alla prima condizione, la intersezione de’ fili collimasse in i o i' sul lembo del circolo, e non den- tro i limiti della divisione come in mn , pq . . . la lettura degli archi sa- rebbe impossibile. Ora le quattro viti che premono sulle faccie del tronco di piramide servono alla correzione di questi due difetti.

56. ° I quattro microscopi saranno da me indicati con m°, m', m", m'". Il primo corrisponde al nonio del circolo indicatore, ed è il basso al nord; 1’ altro è il basso al sud, e gli altri due sono in alto, al sud uno, al nord l’altro. Quando l’asse ottico è verticale, e l’obiettivo è rivolto allo zenit, si ha m°( 0°), m'(90°), m''(180°), m'"(270°). Ciò posto, debbo notare che i due difetti da me indicati si trovarono ne’ microscopi m°, m", e tali erano, che non si potevano correggere, forzando anche oltre il dovere, le viti di pres- sione : gli altri due m', ni'" erano eccellenti , che anzi misurando la retta che congiunge i centri de’ due obiettivi, risultò di 0.m 623 che è appunto il diametro del circolo graduato. I difetti furono corretti nell’aprile del 1854. Il eh. P. Secchi da me già invitato nel gennaro di detto anno conobbe Tesi» stenza di questi difetti, e volle gentilmente prestarsi a regolarne la corre- zione. Esaminata attentamente la causa, si osservò una piccola eccentricità; si pensò dunque di dare la correzione con opportuno movimento del porta microscopi. Altra correzione proponeva l’artista, come risulta da una sua let- tera a me diretta del 15 decembre 1853: limare, diceva l’artista, una faccia

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del tronco di piramide, e aggiungere qualche cosa alla faccia opposta: nel- l'altra poi del 25 marzo 1854 mi pregava inviargli i bracci de’ due micro- scopi, e si proponeva egli stesso eseguire 1’ indicato lavoro. Sono però ben soddisfatto della data correzione, e presentemente posso leggere gli archi ai quattro microscopi. Alla lettura però doveva precedere un esame della di- visione.

57. ° Un primo esame fu da me instituito sul principio del novembre del 1853. Non aveva allora che due microscopi diametralmente opposti ra', m'" (34°). Se colla vite micrometrica dell’alidada collimava l’intersezione de’ fili del microscopio m' sopra una esatta divisione, col microscopio m'" leggeva lo stesso arco. Viceversa se colla vite micrometrica collimava l’ intersezione de’ fili di ra'" sopra una esatta divisione, leggeva col ra' lo stesso arco. Posi allora il telescopio verticale coll’obiettivo al zenit, e tentai l’esame di in al sud, e di in al nord per un intero quadrante. Mirabile era l’accordo fra i due microscopi. Finalmente più e più volte feci ruotare il circolo, ora misurando distanze zenittali al sud, ora al nord; gli archi letti coi due mi- croscopi erano li medesimi , e rare volte la differenza giungeva al secondo. Questo accordo è stato sempre costante in altri esami parziali tentati fino all’aprile del 1854, epoca in cui, come ho detto (56°), furono corretti i mi- croscopi. In vigore di questa Uniformità nella misura degli archi, volli intra- prendere una serie di osservazioni per determinare la latitudine. Questa uni- formità si osserva anche adesso, e molte volte trascuro la lettura degli altri due, specialmente quando le osservazioni si succedono a piccoli intervalli di tempo.

58. ° Qui però stimo opportuno indicare il metodo che tengo nella let- tura degli archi. Colla vite micrometrica dell’alidada collimo l’astro nel cen- tro dell’obiettivo- nello istante del suo passaggio al meridiano, e leggo l’arco in uno qualunque de’ microscopi, portando, come si è detto (54°), colla vite della rosetta l’intersezione de’ fili sulla contigua divisione. Noto o faccio no- tare l’arco letto, e quindi passo alla lettura degli altri microscopi nel modo seguente. Senza applicare l’occhio all’oculare, faccio scorrere alla rosetta tanti secondi, quanti sono stati notati nella prima lettura. Ciò fatto, applico l’oc- chio all’oculare e osservo se la intersezione de’ fili collima esattamente sulla contigua divisione. Se ciò accade, la prima lettura coincide colle altre. Attesa la chiarezza e l’ingrandimento de’ microscopi,, ogni piccola differenza si rende sensibile anche nella metà del secondo. Siccome però, prima d’intraprendere

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ìe osservazioni, mi assicuro che le quattro letture sieno identiche, ovvero che le quattro intersezioni de’ fili sieno collimate sullo stesso grado, così, attesa J’esatezza della divisione di cui parlerò in seguito, è ben raro il caso in cui la differenza degli archi Ietti in tal modo giunga ai 2". Questa differenza poi molte volte dipende dalla diversa luce con cui si leggono gli archi. Nella notte, se il lume si porta dalla destra alla sinistra , se varia la sua distanza dal lembo del circolo che deve illuminare si ha una differenza nella lettura dello stesso arco. Nel giorno, il circolo resta illuminato dalla luce di una finestra all’est. Dal levar del sole fino verso le 10 la luce solare diretta investe ora il lembo del circolo al sud , ora il lembo al nord. In queste ore la lettura degli archi è variabile ; si rende però uniforme col calare sulla finestra una tenda di seta verde. Cessata la luce solare diretta, nelle ore pomeridiane la lettura è uniforme. Altra differenza nella lettura degli archi si trova, quando per portare la intersezione de’ fili sulla contigua divisione, la rosetta abbia a compiere circa due giri. In questo caso soglio leggere l’arco per difetto e per eccesso, e dopo due letture prendere il medio. Finalmente deve notarsi che non sieno troppo rilasciate le madreviti di cui parlai (28”), giacché in que- sto caso la rosetta potrebbe concepire un movimento indipendente da quello de’ fili. E questo l’errore che più degli altri deve temersi, e che può influire maggiormente sulla misura degli archi.

59.° Ogni cautela però, ogni diligenza dell’ astronomo si rende inutile, quando la divisione del circolo non sia esatta. Era dunque necessario un esame della divisione. Alla retta intelligenza delle esperienze da me tentate debbo premettere alcune denominazioni.

1. ° Chiamo rivoluzione dallo zenit al sud o al nord quando collocato l’asse ottico in posizione verticale coll’obiettivo allo zenit, o al nadir descrive uno o più quadranti, o l’intera circonferenza.

2. ° Chiamo rovesciamento superiore o inferiore quando collocato 1’ asse ottico in posizione orizzontale coll’obiettivo al sud o al nord, descriva diversi quadranti passando l’obiettivo per lo zenit o pel nadir.

3. ° Dico semplicemete collimato il microscopio alle divisioni 0°, 90°, 180°. ... ma deve intendersi che questa collimazione si eseguisce colia vite micrometrica dell’alidada.

4. ° Chiamo finalmente esatti i microscopi m\ m ", m'" quando dopo la collimazione di colla vite micrometrica dell’ alidada su di una divisione, le tre intersezioni degli altri sieno esattamente sulle corrispondenti divisioni

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in modo, che dalla lettura de’ quattro microscopi, risulti lo stesso arco. Ciò premesso, riporto le esperienze quali si trovano ne’ registri dell’osservatorio.

60. ° Anno 1854 settembre 7, ora una pomeridiana. Terni. C. interno 2*2°. Asse ottico verticale: obiettivo al zenit. Collimato m°{ 0°), gli altri esatti.

Settembre 8, ora una pomeridiana. 1 quattro microscopi non presenta- vano variazione.

Settembre 9, ora una pomeridiana. I quattro microscopi esatti.

Settembre 9, ore 4 pomeridiane. Si osservò la distanza zenittale del ci- glio dell’architrave della finestra su cui è collocata la mira meridiana. Arco letto . . . 269.° 55'. 53". 0.

Settembre 9, ore 5 pomeridiane: asse ottico orizzontale: obiettivo al nord. Collimato m°(270°), gli altri tre esatti.

Settembre 10, ore 5 pomeridiane. Niuna variazione ne’ microscopi. Ro- vesciamento superiore- Asse ottico orizzontale : obiettivo al sud. Collimato m°[9Q') si ebbero m', m !" esatti, m"= 90’ 7".

Settembre 11, ore 5 pomeridiane. Niuna variazione si notò ne’ micro- scopi, m" segnava 90u 7" come nel giorno antecedente.

Settembre 16, ore 5 pomeridiane. Asse ottico orizzontale: obiettivo al nord. Collimato m°(270°), gli altri tre esatti.

Settembre 18, ore 5 pomeridiane m°(270° -f- 4". 5) , gli altri tre pre- sentavano la stessa variazione.

61. ° Queste prime esperienze provano la fermezza, la stabilità dell’intero apparato del porta microscopi. Questa fermezza, questa stabilità è poi emi- nentemente provata dai due sensibilissimi livelli che poggiano a cavallo di due levigatissimi cilindri di acciaro nella direzione del diametro orizzontale del porta microscopi. Dal momento in cui furono collocati, cioè dall’aprile del 1854 epoca in cui furono corretti i microscopi con movimento diretto del porta microscopi, non sono stati mai soggetti a variazioni, come anche non ebbero bisogno di correzione prima del movimento del porta microscopi. Con ragione dunque soglio chiamarli livelli perpetui. La variazione di 4". 5 che fu notata costante e nello stesso senso devesi sicuramente attribuire a piccolo cedimento delle viti del circolo alidada. Questo cedimento dopo 48 ore nella posizione dell’asse ottico orizzontale era probabile; nelle esperienze dal 7 al 9 settem- bre l’asse ottico era verticale e non si ebbe alcuna variazione. Noterò final- mente che dal 7 settembre al 18 la variazione di temperatura interna fu di circa del centigrado. In tutto il tempo delle esperienze lo stromento non fu adoperato nelle osservazioni.

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62. ° Anno 1855 marzo 27, ore 9 antimeridiane. Terni. C. interno li.0 Asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato to°(270°) , gli altri tre esatti: movimento celere : rovesciamento superiore. Asse ottico orizzontale : obiettivo al sud. Collimato m°( 90°), to', m" esatti, m" = 90° 7". Movimento celere: rovesciamento inferiore. Asse ottico orizzontale: obiettivo al nord. Col- limato m°(270°) gli altri tre esatti. Movimento celere : rovesciamento supe- riore : asse ottico orizzontale : obiettivo al sud. Collimato m°(90°) , to', to'" esatti, m"= 90° 7".

63. ° In questa esperienza 1’ asse ottico con celere movimento ha de- scritto 6 quadranti : l’errore di 7" si trovò costante nel microscopio m" .

64. 0 Marzo 27, ore 10 antimeridiane. Asse ottico verticale: obiettivo allo zenit: collimato to°(0"), gli altri tre esatti. Rivoluzione celere dal zenit al sud: asse ottico orizzontale: obiettivo al sud. Collimato m°(90f'), to', to'" esatti, m"= 90° 7". Rivoluzione celere: asse ottico verticale : obiettivo al nadir: collimato to°(180°), to', to'' esatti, m,n— 1 8'0°— t— 6". Rivoluzione celere : asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato w°(270°) gli altri tre esatti. Rivoluzione celere: asse ottico verticale: obiettivo allo zenit. Collimato m°( 0°), gli altri tre esatti. Si parte da questa posizione. Rivoluzione celere dallo zenit al nord. Asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato m°(270°) , gli altri tre esatti. Rivoluzione celere : asse ottico verticale : obiettivo al nadir. Collimato to°(180°) to', m" esatti, to'"= 180“-+- 6". Rivoluzione celere: asse ottico orizzontale : obiettivo al sud. Collimato m°(90°) , to' , to'" esatti m"— 90° 7". Rivoluzione celere: Asse ottico verticale: obiettivo allo zenit. Collimato to°(0°), gli altri tre esatti.

65. ° In questa seconda esperienza dello stesso giorno, l’asse ottico con celere movimento ha descritto due circonferenze, 1’ errore di 7" nel mi- croscopio to" si trovò costante nell’ arco o distanza di 90°, e si trovò un errore costante -4- 6" nel microscopio to'" nell’arco di 180° contato dallo zenit.

66. ° Benché sia ben raro il caso in cui nelle osservazioni l’asse ottico abbia a concepire rapidi movimenti, e abbia a descrivere archi maggiori di un quadrante, nulladimeno per alcune osservazioni da me tentate, la quali si succedono a piccoli intervalli di tempo, e l’asse ottico si trova obbligato a descrivere prossimamente mezza circonferenza, era necessario che io facessi queste esperienze onde assicurarmi che in tali rapidi movimenti l’asse ottico non deviava dal piano del meridiano, e non si manifestava errore di eccen- tricità.

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67>0 Nel giorno 29 marzo col gran livello mi assicurai della orizzonta- lità dell’asse, e tolto ogni errore di collimazione e di deviazione azimuttale tentai le seguenti esperienze.

Marzo 29 , ore 4 pomeridiane. Terni. C. interno 13.° 5. Si osservò la mira meridiana. Si misurò la distanza dallo zenit della estremità apparente- mente superiore. Arco letto . . . 269.° 56'. 31". 0. Asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato m°(270°), gli altri tre esatti. Movimento celere: rovesciamento superiore : asse ottico orizzontale: obiettivo al sud. Collimato ra°(90°), m', m'" esatti, m"= 90° 7". Movimento celere: rovesciamento in- feriore : asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato m°(270°) , gli altri tre esatti. Movimento celere: rovesciamento superiore : asse ottico ver- ticale: obiettivo allo zenit. Collimato m°( 0°) gli altri tre esatti. Movimento ce- lere: rivoluzione dallo zenit al sud. Asse ottico orizzontale: obiettivo al sud. Collimato m°(90°), ni', m'", esatti, m"= 90° 7". Movimento celere: rove- sciamento inferiore: asse ottico verticale: obiettivo al nadir. Collimato ra°(180°), m ', m" esatti m'" = 180° -t- 6". Movimento celere : asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato m°(270°) gli altri tre esatti. Si parte da questa posizione. Movimento celere. Asse ottico verticale: obiettivo al nadir. Colli- mato m°(180°), m', m" esatti, m'"= 180°-+- 6". Movimento celere. Asse ottico orizzontale: obiettivo al sud. Collimato ra°(90°), m', m !" esatti, m"= 90° 7". Rovesciamento superiore: movimento celere : asse ottico verticale. Collimato m°( 0°) gli altri tre esatti. Movimento celere : rivoluzione dal zenit al nord. Asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato m°(270°) , gli altri tre esatti. Dopo queste esperienze niuna variazione nel filo meridiano. Distanza zenittale della mira. Arco letto . . . 269.° 56'. 31". 0.

68.° Nel giorno 30 marzo tentai l’esame di 10° in 10°, partendo dallo zenit fino agli 80° al sud e al nord. Le variazioni furono insensibili, e dif- ficilmente giungevano al secondo. Ecco alcuni saggi :

Collimato m°( 20°) al sud.

ni' = 20° 0' 0" 50 m" 19 59 59 50 m'"= 20 0 0 00

Collimato m°(70v)

m' = 69 59 58 75 m" 70 0 1 00 *»"'= 69 59 58 00

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Collimato mo(330o) al nord

m'=s330 0' 0" 75 m" = 329 59 59 25 m"'= 330 0 1 25

Collimato m°(300°)

m’ = 300 0' 1" 0 m" = 300 0 0 75 m"'= 299 59 58 25.

Sieguono le distanze dallo zenit, movendo a capriccio l’asse ottico ora al sud ora al nord. Dopo di aver collimato m°(0°) e gli altri tre ai corrispondenti gradi, movendo l’asse ottico al sud, si ebbero dalla lettura de’ microscopi i seguenti archi :

Arco letto 35° 26' 29" 30

m! 29 50

m" 29 30

m!" 29 75

Movendo al nord si ebbero dalla lettura

Arco letto 275° 5' 42' 25

m' 43 50

m" 42 75

m'" 43 00

Lo stesso dicasi di altri esami tentati in altre circostanze.

69. ° Dopo gli 80° di distanza zenittale al sud e al nord, l’esame fu fatto di grado in grado fino al 90.° Attese le mie osservazioni fatte nelle vicinanze dell’ orizzonte aveva bisogno di questo esame particolare, tanto più che alla distanza di 90° nel microscopio m" si notava l’errore di 7".

70. ° Questo ultimo esame fu fatto ne’ giorni 26 e 27 settembre 1855. Settembre 26, ore 9 ant. Ter. C. interno 19.° 3. Asse ottico verticale:

obiettivo allo zenit. Collimato m°(0 ) gli altri tre esatti. Movimento celere : rivoluzione dallo zenit al sud: asse ottico orizzontale: obiettivo al sud. Col- limato ra°(90°), m', m'" esatti, m"= 90° 7". Movimento celere: rovescia- mento inferiore: asse ottico verticale: obiettivo al nadir. Collimato mo(180°), m', m" esatti, m"'= 180°-+- 6". Movimento celere: asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato m°(270°), gli altri tre esatti. Movimento celere:

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rovesciamento superiore : asse ottico verticale: obiettivo allo zenit. Collimato to”( 0°) , gli altri tre esatti. Rivoluzione celere dal zeuit al nord : asse ottico orizzontale : obiettivo al nord. Collimato m°( 270") gli altri tre esatti. Movi- mento celere: rovesciamento inferiore : asse ottico verticale: obiettivo al nadir. Collimato to°(180°) gli altri to', m" esatti, m"'= 180"-f- 6". Movimento ce- lere : asse ottico orizzontale : obiettivo al sud. Collimato to°(90°) , m! , m !" esatti, m"~ 90° 7".

71. ° Settembre 27, ore 10 antim. Term. C. interno 19.° 5. Asse ottico verticale: obiettivo allo zenit. Collimato to°( 0°), gli altri tre esatti. Rivoluzione celere dallo zenit al sud. Collimato m°(80°), gli altri tre esatti.

Collimato

m°(81°), to', to'" esatti, to"=81° 2" m°[ 82°), to', to'" esatti, m"~ 82° 3" m°( 83 ), to', to'" esatti, to"= 83° 2"

e così fino alla distanza di 87.°

to°( 88°), to', to'" esatti in"— 88° 5" to°( 89°), to', to'" esatti m"= 89° 4" to°(90°), to', to'" esatti m"~ 90° 7",

Si parte da questa posizione. Rovesciamento superiore : movimento celere. Asse ottico verticale: obiettivo allo zenit. Collimato to°(0°), gli altri tre esatti. Si parte da questa posizione. Rivoluzione dal zenit al nord. Movimento ce- lere. Collimato to°(280°), to', to", to'" esatti. Collimando in seguito to°(279 ) fino al 270° di grado in grado, gli altri tre erauo sempre esatti.

Si parte da questa posizione: rovesciamento superiore: movimento celere. Asse ottico verticale: obiettivo allo zenit. Collimato to°(0), gli altri tre esatti. Si parte da questa posizione. Rivoluzione celere dallo zenit al sud. Si collima to°(81°), to', to'" esatti to"=81° 2". Con celere movimento si fa all’asse ottico descrivere 162.° Si collima to°(279') gli altri tre esatti. Si parte da questa po- sizione: l’asse ottico descrive con celere movimento ! 69.° Si collima to°(88°); to', to'" esatti, to"= 88° 5". Si parte da questa posizione: l’asse ottico de- scrive con movimento celere 176°, si collima to°(272°) , gli altri tre sono esatti.

72. ° Dopo tutte queste esperienze ed altre che qui non riporto ho il di- ritto di conchiudere, che la divisione è eccellente e mostra l’abilità dell’ar- tista, la quale era ben nota per altri preziosi stranienti di cui sono fornite

305

tutte le specole di Europa. Il piccolo difetto che si ha nell’ arco dagli 80° ai 90°, il quale come che corrisponde al microscopio m" si valuta dal 272° al 282° del circolo indicatore non è tale che possa togliere il pregio alla in- tera divisione. Il pregio della divisione viene abbastanza dimostrato lu. dalla uniforme misura degli archi letti ai quattro microscopi: 2°. dalla continuata osservazione che dopo due giri interi della rosetta l’intersezione de’ fili passa esattamente da uno all’ altro solco: 3.° finalmente dall’ esame di in e di 10° in 10° per un intero quadrante al sud e al nord, e dalle diverse di- stanze zenittali prese a capriccio: la lettura degli archi diffìcilmente differiva di 2". Tutto ciò è vero nella ipotesi che 1’ astronomo usi delle cautele , e delle diligenze da me notate (54.° 59°).

73. ° Mi resta ora a descrivere il sorprendente meccanismo del rovescia- mento. Nel piano rettangolare che si trova fra le interne faccie de’ pilastri sono collocati due grossi massi di travertino ad una piccola distanza dalle faccie medesime. Su di questi col mezzo di quattro viti è innestata una la- stra di ferro , sul cui piano è tracciato un circolo di raggio 256. Otto raggi di questo circolo vanno a terminare ad una piastra circolare concen- trica la quale ha nel mezzo un foro circolare , e forma il piano del mec- canismo. Esso si compone di una circonferenza di ferro di raggio 0.m33l larga 0.”1 075. Otto raggi della medesima vanno a terminare ad un anello cir- colare largo 0.m 023. Un grosso cilindro di ferro alto 0/" 21 s’interna in que- sto anello e posa sulla piastra circolare del piano indicato. Sulla base su- periore di questo cilindro sorge un altro cilindro di metallo di raggio 0.m 035 alto 0.w 13, che porta le ruote dentate.

74. ° Sulla circonferenza di raggio 0." 331 immaginiamo inscritto un ret-

tangolo di lati ().m 3, 0m Quando la macchina è ferma, i lati opposti 0.m 3 sono uno all’est, l’altro all’ovest. Alle loro estremità sono elevate quattro aste o colonne di ferro fermate ciascuna con due grosse viti sulla fascia circolare. Le colonne sono alte l.m4. Consideriamo le due che sorgono agli estremi dello stesso lato. La loro distanza misurata fra due cigli interni sulla base è 0.m 2; elevandosi, vanno sensibilmente convergendo, e all’altezza di 1 17,

la loro distanza misurata nello stesso modo risulta di 0.m 07. A questa al- tezza leggermente s’incurvano per un tratto di 0.m 06 misurato sulla curva- tura , quindi riunite , presentano una lastra di ferro di forma trapezziale grossa 0.'n 015. I lati paralleli sono 0."1 13, 0.m 10 e al lato superiore 0.“ 10 è annessa ad angolo retto una piastra di ferro rettangolare lunga 0.'"11 ,

306

grossa 0."* 01 . Dopo la curvatura , dietro la lastra trapezziale lunga 0.” 20 e sotto la rettangolare, sono innestati de’ controforti di ferro, per cui questo apparato il quale resta fisso costantemente nell’ interno de’ pilastri , diventa solidissimo.

75. ° Sulle piastre rettangolari di ferro sono incassati due prismi di me- tallo. Su quella che corrisponde al circolo alidada il prisma di metallo è in- cassato in modo che può concepire movimento orizzontale e verticale col mezzo di viti , le cui teste sono sotto la piastra. Nelle estremità de’ prismi sorgono due cuscinetti traversati orizzontalmente da un cilindro di acciaro intorno a cui sono mobili le due leve che da una parte sono caricate dai pesi P, dall’altra s’internano in fori di forma ellittica. Questi fori sono pra- ticati nel mezzo de’ bracci curvi di metallo che portano le carrucole. Al di sotto del foro è annesso un cilindro di acciaro con apposita molla che s’in- terna ne’ buchi di forma circolare praticati nelle altre estremità degli indicati prismi; quindi ad ogni pressione esercitata sulle carrucole, i bracci s’abbas- sano colfinternarsi sempre più questi cilindri ne’ loro fori, e al cessare della pressione si sollevano: i bracci dunque di metallo che portano le carrucole possono concepire un moto verticale alzandosi , o abbassandosi. Finalmente vicino ai cuscinetti da una parte e dall’altra dei medesimi sorgono due prismi di metallo che portano le due forcine le quali abbracciano l’asse dello stromento.

76. ° Descritto in tal modo l’apparato, il quale può anche vedersi deli- neato nella fìg. 4 della tav. Ili parliamo del meccanismo che serve per sol- levarlo o abbassarlo. Con un manubrio si pone in movimento un semplice ingranaggio composto di due ruote dentate, verticale una, orizzontale l’altra: si produce allora un movimento di rotazione nella madre vite cui è inserita la vite di una grossa asta verticale di ferro sulla cui sommità poggia il sistema. Quest’asta si prolunga inferiormente sotto il pavimento e passa nella sotto- posta camera. Alla estremità inferiore è annessa una spranga orizzontale V, V' a forma di calcio di giusta lunghezza. Questa può scorrere liberamente dall’alto al basso o viceversa fra due cavalletti verticali T, T' ed ha agli estremi due altre spranghe t, t' rivolte all’insù cui si connettono a cerniera i capi di due leve di primo genere, che hanno i loro fulcri F, F' ne’ prefati cavalletti, e portano nelle loro estremità i pesi P', tali che valgano ad equilibrare in qualsivoglia po- sizione il peso della macchina e in modo che alla forza impiegata al moto dell’ ingranaggio, resti a superare la resistenza degli attriti dell’ ingranaggio medesimo e della vite.

307

77. ° Ciò posto, la macchina in riposo gravita col suo peso su i cusci- netti e sulle carrucole ed è controbilanciata dai pesi P. Al primo svolgere della vite nell’interno della madre, i perni dell’asse si sollevano dai cuscinetti, il peso allora preme sulle carrucole, si abbassa la piastra delle medesime, si sollevano i pesi P, e si abbassano i P'. A mano a mano che si svolge la vite sollevandosi il sistema, le due forcine abbracciano l’asse e fanno le veci di due cuscinetti. La vite deve svolgersi per un tratto quanto basta , perchè il si- stema venga in modo sollevato che nella sua rivoluzione non abbia ad in- contrare ostacolo veruno sia contro i cuscinetti, sia contro i pilastri. Giunto il sistema alla debita elevazione può prendere con somma facilità un movi- mento di rotazione, il quale si concepisce dall’anello circolare z'z" intorno al gran cilindro che dentro il medesimo s’interna. Dopo una mezza rivoluzione il si- stema è fermato da apposito ritengo, i perni dell’asse si trovano nella dire- zione de’ cuscinetti, e con contrario movimento si abbassa. Nello abbassarsi però i pesi P si abbassano , s’ inalzano i pesi P', si sollevano i bracci che portano le carrucole, e si abbassano le forcine.

78. ° Le piccole cautele che debbono usarsi nel rovesciamento sono:

1. ° Porre l’asse ottico in posizione verticale, e incrociare i due manu- bri snodati delle viti del circolo alidada nella parte interna.

2. ° Abbassare i noni de’ circoli, e toglierli dal contatto de’ loro lembi.

3. ° Accompagnare la coda dell’alidada affinchè possa liberamente entrare fra i due cilindri conficcati nelle|piastre dell’apparato micrometrico.

79. ° Rispetto ai due collimatori, ho già indicato l’uso cui sono desti- nati: essi come che ben noti agli astronomi non hanno bisogno di particolar descrizione.

80. ° È ben diffìcile che da una descrizione anche minuta delle parti di uno stromento, corredate di esatto disegno, possa aversene una idea chiara e distinta. Io credo di avere soddisfatto al mio scopo col descrivere quelle parti in cui questo differisce dagli altri , e giudico di averle descritte forse troppo minutamente.

81. ° Da una lettera del sig. Mauri) direttore dell’ osservatorio di Wa- shington diretta ad Ertel in data del 20 novembre 1845 sembra che I’ idea di uno tale stromento sia stata data all’ artista da questo cel. astronomo. Chiare ed evidenti sono queste espressioni. « I send you with this, drawings » of thè kind of instruments I want. I wish you to consider these drawings » and directions more in thè light of explanations of thè instrument required

40

308

» than as positive instructions for your guidance. For by explaining to you » watt I want, you will know thè best way of satisfyng me. If you can im- » prove upon thè suggestions made, I expect and wish you to do it; if any » of thè suggestions are impracticable or injudicious, or if any of them in- » volve mechanical difficulties, that are insuperable, or will not answer thè » end proposed, as well as thè same end (accuracy of results) may be ac- » complished in some other way, 1 rely on your great experience, your better » knowlegde, and riper judgment in such matters, to make such substitutes » or alterations as will best subserve thè purpose in view ». Dopo queste pa- role le quali mostrano quale fiducia ponesse il citato astronomo nell’ingegno, nella abilità, nella destrezza dell’artista Ertel sieguono i disegni della mac- china, e delle sue principali parti: sono anche brevemente indicati gli usi cui le parti medesime sono destinate. E qui non debbo tacere che nel disegno dell’astronomo di Washington si veggono due porta microscopi, quindi la let- tura degli archi è data da otto microscopi, quindi dopo il rovesciamento la lettura è inversa , mentre in questo da me descritto , la lettura è data da quattro microscopi , e dopo il rovesciamento si leggono gli archi sull’ altro circolo , ma la lettura accade sempre col circolo a levante. Un giovine al- lievo dell’osservatorio di Koenigsberg che volle gentilmente visitare l’osser- vatorio mi diceva che alla perfezione della macchina mancava 1’ altro porta microscopi nel pilastro all’ovest. Che il cel. Ertel sia riuscito nella costru- zione di questa macchina giusta le idee dategli da Maury , che abbia supe- rata ogni difficoltà, e che sia giunto al desiderato scopo di ottenere con questo circolo esatti risultamenti, sarà provato dalle osservazioni, sempre però dentro i limiti di quelli errori che da umano intendimento non possono evitarsi.

309

POSIZIONI MEDIE PEL DEL 1855 DELLE STELLE OSSERVATE.

FORMOLE PER RIDURRE LE POSIZIONI MEDIE IN APPARENTI E VICEVERSA.

82. ° Nello stato presente dell’astronomia, in un’epoca in cui eccellenti mo- derni cataloghi di stelle sono nelle mani degli astronomi, in cui e nelle co- noscenze de’ tempi di Parigi, e nello almanacco nautico di Greenwich e nelle effemeridi di Berlino sono indicate non solamente le posizioni medie pel prin- cipio di ogni anno di quelle stelle che si dicono fondamentali, ma ne sono calcolate le apparenti di 10 in 10 giorni per tutti i mesi dell’anno, pensava che nelle mie ricerche nulla mi mancasse rispetto alla posizione media ed apparente delle stelle che osservava , riportandomi per le fondamentali alle

[ citate effemeridi , e per le altre al recente catalogo pubblicato in Londra nel 1845.

83. ° In questo catalogo sono date le posizioni medie pel l.° del 1850 di 8377 stelle : sono indicate le annue loro precessioni, variazioni secolari, ed annui movimenti propri: sono notate le così dette costanti besselliane pel calcolo delle apparenti loro posizioni. Ed in ciò appunto questo catalogo dif- ferisce da quello di Piazzi pubblicato in Palermo nel 1814, in cui sono date le posizioni medie di 7646 stelle pel l.° del 1800: catalogo però che grandi vantaggi ha arrecato, ed arreca alla scienza degli astri; difatti dal paragone che può istituirsi fra questo e i recenti, riportate le medie posizioni co’ me- todi cogniti ad una stessa epoca , può venirsi in cognizione della quantità de’ propri annui movimenti delle stelle.

84. ° Nello stato presente però dell’astronomia, attesa e la grandezza e la perfezione degli stromenti, perfezione introdotta e nella costruzione e nel- l’uso, perfezione della quale non abbiamo a crearci un immaginario prodigio, si desidera tale esattezza nelle osservazioni, che si soffre mal volentieri un errore di decimi di secondo in tempo , e di due o tre secondi in arco. Se tale esattezza si esigga con ragione, io non saprei dirlo, ma dirò francamente che se da un lato la pratica astronomia ha molto progredito nella perfezione degli stromenti , dall’ altro si sono aumentate le correzioni che si debbono fare alle osservazioni, onde portarle al bramato grado di precisione: la pra- tica astronomia può dunque chiamarsi la scienza delle correzioni nel senso che ogni osservazione ha bisogno di molte correzioni, le quali si aumentano in ragione della complicazior,p rMlp narti dello stromento.

310

85. ° Gli errori hanno origine dallo stato attuale dello stromento , dal calcolo, dall’osservazioni. L’astronomo in una serie di osservazioni, le quali tendano a qualche delicata ricerca, deve con ogni diligenza assicurarsi del- l’esatta posizione del suo stromento: quindi (parlando del circolo meridiano) deve eliminare ogni possibile errore di orizzontalità, di deviazione, di colli- mazione, di principio di numerazione. Non mancano metodi astronomici o mec- canici per togliere questi errori: in caso contrario dovrà correggerne le os- servazioni, e può benissimo accadere che le correzioni medesime, attesa la loro incertezza, sieno più di nocumento, che di vantaggio alle osservazioni. È poi necessario evitare ogni errore di calcolo. Sieno dunque ben fissate le posizioni medie delle stelle per una data epoca. Se queste sieno erronee, e debbano formare la base delle sue ricerche, erronei ne saranno i risultamenti: sieno anche avvertite quelle piccole differenze cui vanno soggette da un’epoca all’altra le così dette costanti : in somma si faccia il calcolo col massimo ri- gore. Ora nelle moltiplici ricerche che ho dovuto fare mi sono accorto che tanto nelle medie, quanto nelle apparenti posizioni delle stelle che si hanno dai citati cataloghi, risultavano differenze di 2", 3", 4". . . in arco. Le mie ricerche però richiedevano esattezza e precisione: stimai dunque miglior par- tito consultare diversi cataloghi: dedurre dal loro confronto la posizione media delle stelle per l’epoca da me fissata cioè pel del 1855. Questa riduzione o confronto portava seco molta fatica, ma questa venne compensata l.°dal notare in molte stelle un perfetto accordo nelle posizioni ; 2.° dall’ottenere con più esatezza la quantità dell’ annuo movimento proprio nello intervallo di 50 e più anni.

86. ° 1 cataloghi da me consultati sono :

Catalogo di Piazzi anteriore di 55 anni all’epoca da me fissata.

Oriani catal. di 30 stelle circumpolari (1) altro di 40 principali stelle (2). In ambedue le declinazioni medie sono date pel del 1811, epoca anteriore di 44 anni alla mia. Riguardo alle circumpolari, dice Oriani, che si possono ritenere per esatte dentro il limite di mezzo secondo.

Carlini catal. di 38 stelle circumpolari : altro di 42 stelle australi (3). Le posizioni medie delle circumpolari sono date pel del 1837: quelle delle

(1) Effem. di Milano 1815.

(2) Effem. di Milano 1817.

(3) Effem. di Milano 1852.

311

australi, le quali risultano dai cataloghi di Richardson e di Johnson , sono pel del 1830.

Catal. di Greenwich. Le posizioni medie sono pel del 1840 e 1845. Catal. di Madras in cui le posizioni medie sono pel del 1835 (1). Questi due ultimi mi sono stati gentilmente prestati dal eh. P. Secchi direttore dell’osservatorio astronomico del collegio romano.

Catal britannico in cui le medie posizioni sono date pel del 1850. 87.° Per aver poi una sicura guida nel calcolo , ho scelto i seguenti valori che si trovano diligentemente discussi ed esaminati nella prefazione al citato catal. britannico.

L’annua precessione in ascensione retta e declinazione pel del 1850 è data dalle formole

p 46". 05910 -+- 20". 05472 sen.A tang.D p' = 20". 05472 cos.A

e per un numero t di anni dopo il 1850 sarà

m = 46". 05910 -+- 1. 0". 000308645 n = 20". 05472 t. 0". 0000970

pel dunque del 1855 avremo

n = 20". 05424 ln = l. 3022062.

Le formole pel calcolo della aberrazione , e nutazione lunare in ascensione retta sono le seguenti

Aberr. in AR (20". 4200 sen.S sen.A-f-1 8". 7322 cos.S cos.A) sec.D Nut. lun. in AR = (15". 872 -t- 6". 888 sen.A tang.D) sen.Q 9". 250 cos.A tang.D cos.Q;

e quelle per l’aberrazione e nutazione lunare in declinazione, sono

Aberr. in D (20". 4200 sen.S cos.A 18". 7322 cos.S sen.A) sen.D - 8". 1289 cos.S cos.D

Nut. lun. in D == zfc 9". 250 sen.A cos.Q q= 6". 888 cos.A sen.Q.

Vale il segno superiore per le declinazioni boreali, e 1’ inferiore per le

(1) Nell’appendice di questo catalogo si ha il confronto di 87 stelle osservate a Madras con quelle che risultano dalle osservazioni di Greenwich. Le posizioni medie però sono pel del 1845. Saranno da me indicate con Madras appetì.

312

declinazioni australi. Col metodo proposto da Zach ho calcolati gli argomenti e i logaritmi costanti. Ho poi ritenute per la nutazione solare in ascensione j retta e in declinazione le seguenti

Nut. sol. in AR = 1". 1 51 sen.2 S 0". 5225 cos.(2 S A) tang.D Nut. Sol. in D = 0”. 5225 sen.(2 S A).

Il secondo termine della prima formola cambia di segno per le decli- nazioni australi. Lp nutazione solare in declinazione si applica secondo i se- gni alla decimazione, la quale se è australe si considererà come negativa.

Intanto può notarsi la variazione delle costanti paragonando le forinole date da Zach (1) con queste. Nulladimeno quell’ astronomo asseriva che le sue tavole calcolate pel 1800 potevano « servir un demie-siècle avant et aprés » cette epoque sans erreur d’une demie-seconde; et si la déelinaison est pe- » tite, elles peuvent allei* au delà d’un siècle. Pour les étoiles près du póle,

» il faut les refaire tous les dix ans, et pour les grands déclinaisons, elles « ne pourront servir tout au plus que pendant trente ans ».

88.° Eliminati con queste cautele gli errori che hanno origine dallo stato attuale dello stromento, e dal calcolo rimarranno sempre gli errori delle os- servazioni. Questi dipendono da cause accidentali, e non potranno mai eli- minarsi , ridursi a calcolo , come si è potuto fare dell’ errore probabile delle osservazioni, il quale si fonda su i dati delle medesime. Questi errori traggono la loro origine dallo stato dell’occhio dell’osservatore, dal modo di collimare gli astri ne’ fili del micrometro , dalla stima delle piccole parti o nella indicazione del tempo o nella lettura degli archi col mezzo de’ noni o de’ microscopi , dalla diversità della luce nella lettura di giorno o di notte , dalla irradiazione, scintillamento, e oscillazione delle stelle, dall’inerzia o sen- sibilità de’ livelli, da un rapido cambiamento di temperatura. Ora come pos- sono calcolarsi tutte queste cause ? Lasciamo dunque questo argomento , e siamo contenti di fissare che dalla moltiplicità delle osservazioni potrà sempre aversi una compensazione, e che allora solamente si può esser sicuri di ot- timi risultamenti, giacché è probabile che gli errori non sieno sempre nello stesso senso. Tutto ciò che ho finora discusso sarà provato in seguito con reali applicazioni. Si legga una bella memoria dell’astronomo Cesaris ripor- tata nell’appendice delle effemeridi di Milano del 1810.

(1) ISouvelles tables d’aberration et de nutation. Marseille 1812.

313

89.° Prima di dare le posizioni medie delle stelle da me osservate per la epoca fissata, cioè pel del 1855, quali ho potuto dedurre dal confronto di diversi cataloghi , stimo necessario dare un breve cenno del calcolo che ho dovuto eseguire. Ho scelto fra le altre le seguenti stelle a della Lira, del Toro, del Cocchiere, del Cane maggiore, del Cigno.

a Lira

del 1855 ... D = 38° 39' 1"700 C. Britt. Var. an. -4- 2 78

mot. pr. -+- 0 28

D 38 39 4 500 Conos. de' tempi D = 38 39 4 720 Alm. naut.

Ecco una differenza di 3" in una delle stelle fondamentali.

D = 38 36 20 80 Piazzi. ... 1800 D = 38 36 52 58 Oriani. . . . 1811

D = 38 38 18 36 Greenw. . . 1840

D = 38 38 33 84 1845

D = 38 38 31 32 Madras app. 1845.

Ora se co’ noti metodi si riportano tutte al del 1855 , e si prenda

l’annuo movimento proprio -+- 0”. 27 quale si ha dal paragone delle recenti

con quelle di Piazzi e di Oriani avremo

del 1855

Declin. med. oc Lira

38° 39' 1 "700 Cai. brit.

4 500 Conos. de tempi

4 720 Alm. naut.

5 080 Piazzi 4 716 Oriani 4 041 Greenw.

4 360

1 840 Madras.

Ho dunque fissato

« Lira ... 1“ del 1855 D = 38° 39' 4" 57 Var. an. e mot. pr. -+-t3 070

314

È bene di notare che l’annua variazione si è calcolata colla forinola

p' = 20". 05424 cos.A

usando l’AR quale si ottiene dal Gat. brit. riportata anche essa al del 1855.

oc Toro

D= 16° 12' 51"700 Cat. brit. 1855

Var. an. -h 7"89 mot. pr. 0 15 D = 16 12 49 800 Con. de' tempi 1855

D = 16 12 49 270 Alm. nant

D = 16 5 42 800 Piazzi 1800

D = 16 7 9 080 Oriani 1811

D = 16 10 53 830 Greemv .... 1840

D = 16 11 31 780 1845

D = 16 11 30 740 Madras app. . 1845.

Il movimento proprio non può essere 0. 15. Dal paragone solito delle mo- derne colle antiche di Piazzi e di Oriani si ha 0". 23. Con questo si ac- cordano le osservazioni, quindi ho fissato

« Toro del 1855 D = 16° 12' 49" 79

Var. an. e mot. pr. -+- 7" 637

oc Cocchiere

D = 45°50' 47" 000 Cat. brit. 1855

Var. an. -t- 4" 71 mot. pr. 0 41 D = 45 50 41 90 Con. de' tempi 1855

D 45 50 41 50 Alm. naut

D = 45 46 37 50 Piazzi 1800

D = 45 47 28 52 Oriani 1811

D = 45 49 23 10 Carlini .... 1837

D 45 49 59 09 Greemv. . . . 1845

D 45 49 59 58 1845

D = 45 49 59 89 Madras appen. 1845.

L’annuo movimento proprio dedotto dal solito confronto è 0". 419. Con

315

questo le posizioni si rendono quasi identiche. In quella del cat. brit. deve essere incorso qualche errore. Si è dunque fissato

« Cocchiere del 1855 D = 45° 50' 41" 92 Var. an. e mot. pr. -t- 4". 263

« Cane maggiore

D = 16° 31' 13" 300 A Cat. br . 1855

Var. an. -+- 3" 36 mot. pr. -t-1 14 D = 16 31 15 600 Con. ile tempi 1855

D = 16 31 15 120 Alm. naut

D=16 27 6 200 Piazzi 1800

D = 16 27 51 580 Orioni 1811

D = 1 6 30 6 980 Greemv. . . . 1840

D= 16 30 27 020 Greemv 1845

D=16 30 30 44 Madras append. 1845.

Se si riportano all’epoca del 1855 col moto proprio annuo -4-1". 14 presen- tano differenze di 3", 4", 5". Le declinazioni di Piazzi e di Orioni sono quasi identiche , esse poi collimano con quelle di Pond : dal loro paragone colle moderne risulta un moto proprio annuo -4-1". 31. Ho dunque fissato

a Cane mag. del 1855 D = 16°31' 16" 03 Var. an. e mot. pr. -t- 4". 685.

90.° Finora abbiamo notata una differenza nelle posizioni ridotte alla stessa epoca: a mio pensamento deve attribuirsi alla quantità dell’annuo mo- vimento proprio. Consideriamo ora una fìssa che non ha questo movimento.

« Cigno

D = 44° 45' 51 "200 Cat. brit. 1855

Var. an. h- 12" 64 mot. pr. 0 00

D = 44 45 50 800 Con de' tempi 1855

D = 44 45 50 920 Alm. naut

D = 44 34 19 800 Piazzi .... 1800

D = 44 36 36 800 Orioni .... 1811

D = 44 42 41 280 Greemv. . . . 1840

D = 44 43 44 540 1845

D = 44 43 44 830 Madras appen. 1845.

41

316

Colia riduzione al 1855 diventano presso che identiche. Dal solito confronto risulterebbe un moto proprio annuo 0". 02. Ho dunque fissato

a Cigno del 1855 D = 44° 45' 50" 99 Var. an. e mo. pr. -+- 12". 654.

91. ° Nel recente catalogo di Greenw. pubblicato nel 1849 si riportano le distanze polari di molte stelle per le due epoche vicinissime fra loro 1840-1845. Accade spesso che, ridotte le posizioni alla stessa epoca, si trova una diffe- renza di 2". 3". Per l’« del Cane magg. si ha (89°)

1840 A =106° 30' 6"98 1845 A = 106 30 27 02

Riducendo la prima all’epoca dell’altra si ottiene

1845 A =106° 30' 30" 405 1845 A = 106 30 27 020

e quindi pel del 1855

A = 106° 31' 17"254 A = 106 31 13 870.

la prima è prossimamente quella che ho fissata dietro il confronto di altri cataloghi; la prima risulta da 234 osservazioni, l’altra da 58, dunque si con- ferma ciò che ho detto (87°) sugli errori inevitabili delle osservazioni.

92. ° Dopo di aver parlato del calcolo che ho dovuto fare per ogni stella, presento il mio piccolo catalogo , il quale sarà continuato a mano a mano che osserverò altre stelle. Deve però notarsi

I. ° Che le ascensioni rette medie sono quelle stesse che si hanno dal catalogo britan. Per le mie ricerche aveva bisogno di fissare le declinazioni medie: le ascensioni rette mi servivano pel calcolo della precessione, aber- razione, e nutazione.

II. ° Che le declinazioni medie della polare e del 5 dell’Orsa minore sono tratte dall’almanacco nautico di Greenwich senza confronto di altri cataloghi.

III. 0 Che le declinazioni medie di molte stelle non risultano, come quelle delle già notate, dal confronto di molti cataloghi, ma di quei pochi in cui si sono trovate.

IV. 0 Che alle annue precessioni in ascensione retta e in declinazione sono stati aggiunti gli annui movimenti propri.

317

CATALOGO DELLE STELLE OSSERVATE PEL 1 GEN. 1855.

Num.

Nome

e

grandezza

1

AR. media

Var. an. e

mot. pr.

Deci, media

Vai*, an. e

mot. pr.

1

a Fenice

2

0*19"* 6" 335

-4- 2" 983

43° 5' 38" 47

19" 606

2

Polare

2

1 6 30 335

18 212

88 32 1 1 37

-4-

19 217

3

y Fenice

3

1 22 4 330

2 634

44 3 41 88

18 632

4

41 Àndr. 5

6

1 32 58 580

3 622

41 53 5 76

H-

18 367

5

7 Andr.

3

1 55 0 850

3 644

41 37 54 37

-+-

17 530

6

% Fenice

5

1 55 53 220

2 402

45 24 41 79

17 800

7

9 i Perseo

5

2 12 16 630

4 114

55 10 43 30

-4-

16 806

8

11 Perseo 6

7

2 32 41 910

4 232

54 29 1 63

-4—

15 795

9

vj Perseo

4

2 40 8 690

4 312

55 17 24 06

-4-

15 354

10

T Perseo

5

2 44 0 125

4 199

52 9 54 92

15 125

11

9 Erid. 3

.4

2 52 45 815

2 269

40 53 17 30

14 620

12

/3 Perseo 2

3

2 58 44 905

3 871

40 23 37 83

14 258

13

a Perseo 2

3

3 13 59 545

4 241

49 20 27 20

H—

13 249

14

^ Perseo 4

5

3 55 47 765

4 431

49 57 8 99

10 284

15

a Toro

1

4 27 36 290

3 436

16 12 49 79

7 637

16

^ Carnei. 4

5

4 50 32 235

5 303

60 13 27 13

”4-

5 965

17

a Auriga

1

5 5 59 060

4 422

45 50 41 92

-f-

4 263

18

& Colomb.

2

5 34 24 095

2 177

34 9 15 58

2 180

19

a Can. mag.

1

6 38 45 700

2 646

16 3! 16 03

4 685

20

W Nave 4

5

7 38 45 645

2 039

40 34 57 39

-4-

8 697

21

£ Argo 2

3

7 58 29 550

2 114

39 35 50 73

“4—

9 952

22

Argo

5

8 5 1 345

1 849

46 55 9 05

10 460

23

y Argo

2

853 700

1 840

46 54 41 30

-4-

10 467

24

q Argo

4

10 8 39 675

2 513

41 24 22 56

-1-

17 904

25

Centauro

6

11 21 36 965

2 873

41 52 36 85

-f-

19 904

26

7 Ors. mag.

2

11 46 10 980

3 202

54 30 1 62

_

20 044

27

v Cent. 3

4

13 40 49 690

3 562

40 57 47 15

-4-

18 223

28

/z Cent. 3

4

13 40 53 960

3 570

41 44 58 45

“4—

18 233

29

>2 Ors. mag. 2

3

13 41 49 060

2 352

50 2 18 27

18 137

30

£ Cent.

3

13 46 31 135

3 693

46 34 20 99

l

18 037

318

CATALOGO DELLE STELLE OSSERVATE PEL l.° GEN. 1855.

Nome

Var. an.

V

ar. an.

Num.

e

AB. media

e

Deci, media

e

grandezza

mot.

pr.

mot.

pr.

31

v2 Cent.

5

13A

52"

42*

145

3*

695

44»

53'

57"

39

-+-

17'

788

32

fi Lupo

3

14

49

3

365

3

891

42

32

46

91

H-

14

961

33

71 Lnpo

5

14

55

16

005

4

039

46

28

50

13

H-

14

610

34

fi Boote

3

14

56

29

230

2

264

40

57

52

88

14

446

35

v2 Boote

5

6

15

26

35

445

2

143

41

23

38

29

12

442

36

Lupo

5

15

31

14

320

4

090

44

10

36

33

-h

12

462

37

£ Scorp.

3

16

40

47

045

3

875

34

1

31

96

-h

7

082

38

fi Drag.

2

3

17

27

9

645

1

353

52

24

37

96

2

853

39

Ercole

6

17

28

31

535

1

905

41

20

57

60

2

745

40

7 Drag.

2

17

53

14

480

1

394

51

30

27

48

0

621

41

§ Ors. min.

3

18

19

7

071

19

325

86

35

58

77

-+-

1

683

42

a Lira

1

18

32

1

590

H- 2

032

38

39

4

57

H—

3

070

43

fi' Sagit.

4

19

12

12

170

4

328

44

43

37

16

-

6

018

44

k Cigno

4

19

13

44

935

1

389

53

6

7

85

H-

6

432

45

fi Cigno

5

19

26

3

030

1

516

51

25

21

52

-1-

7

484

46

1 Sagit.

4

5

19

45

15

875

4

179

42

14

42

63

8

838

47

7 Cigno

3

20

17

1

565

2

153

39

47

40

85

-4-

11

272

48

« Cigno

1

20

36

29

390

2

044

44

45

50

99

H-

12

654

49

k Micros.

5

6

21

17

43

160

3

902

!43

10

21

40

15

164

50

a. Grue

2

21

59

4

210

3

824

47

39

37

55

17

158

51

fi Lucert.

4

5

22

17

51

595

2

343

51

30

15

46

H—

17

945

52

d' Grue

4

22

20

35

180

3

624

44

14

4

34

18

153

53

è Cefeo

4

5

22

23

47

675

2

213

57

40

26

41

-4—

18

298

o4

9 Lucer.

5

6

22

31

25

520

2

456

50

47

51

34

-t-

18

495

55

fi Grue

3

22

33

59

350

3

626

47

38

29

14

18

609

56

p Grue

6

22

35

4

830

3

516

42

10

7

69

18

523

57

« Pes. aus.

1

1

22

49

37

445

3

335

30

23

21

68

18

966

58

Cefeo

5

22

58

2

145

2

251

66

25

41

39

-4-

19

356

59

0 Grue

6

22

58

41

860

3

414

44

18

7

36

19

28 i

60

i Fen.

5

23

27

15

445

3

247

43

25

0

84

19

670

319

CATALOGO DELLE STELLE OSSERVATE PEL 1 GEN. 1855.

Num.

Aberrazion Arg„ Cost.

e in D. Log. Cost.

Nut. lunar Arg. Cost.

e in D. Log. Cost.

JNut. Sol. in D.

0" 5225sen(2S A)

1

153°

16' 13"7

1

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353°

35'

51'

4

0

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1

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0

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1

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9

0

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8

0

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7

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5

1

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54

9

0

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8

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5

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0

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9

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1

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0

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10

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0

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1

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0

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1

1

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à

0

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0

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0

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0

0

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0

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0

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8

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0

0

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0

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18

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1

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1

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146

3

26

7

0

8707197

206 38

320

CATALOGO DP.LLE STELLE OSSERVATE PEL 1 GEN. 1855.

Num.

Aberrazion Arg. Cost.

e

L

in D. og. Cost.

Nut. lunar Arg. Cost.

e in D. Log. Cost.

Nat. Sol. in D.

0" 5225 sen(2S A)

31

357°

46' 5"1

1

1043307

144°

16'

17'

3

0

8738725

2 S— 208'’

ir

32

346

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0

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30

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0

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0

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0

9237446

309

7

49

192

46 46 9

1

0367216

48

59

10

0

0

9016198

319

26

50

186

32 38 9

1

1181450

38

2

50

2

0

8783495

329

46

51

218

16 35 2

1

2641009

212

40

49

5

0

8682994

334

28

52

178

31 43 0

1

1115956

31

53

0

0

0

8669079

335

9

53

214

25 14 9

1

2810862

210

56

10

7

0

8652943

335

57

54

215

53 55 5

1

2575226

208

39

22

8

0

8615644

337

51

55

178

21 16 0

1

1474906

27

52

54

0

0

8603520

338

30

56

186

34 7 5

1

1093223

27

33

1

8

0

8598426

338

46

57

157

9 23 1

1

0287640

23

4

0

9

0

8534769

342

24

58

206

30 44 5

1

2444009

200

24

54

8

0

8501948

344

31

59

170

55 34 7

1

1439054

20

12

17

3

0

8499544

344

40

60

163

39 59 6

1

1427532

10

56

4

1

0

8416020

351

49

321

Note al catalogo

(4) È la 41 di Evelio. La sua declinazione inedia nello agosto del 1856 sarà eguale alla latitudine.

(27) Il moto proprio h- 0". 09 sembra troppo forte. Quello che risulta è -+- 0". 079.

(28) Anche in questa il moto proprio deve essere -4- 0". 091.

(30) Col catalogo di Madras si avrebbe

D == 46° 34' 23" 36.

(32) Dai cataloghi di Piazzi , Madras, Carlini risulta

D 44° 32' 47" 58.

(36) La declinazione media notata risulta dal paragone di tre cataloghi. Dal catalogo di Madras si avrebbe

D = 44 10 37 97.

(39) Questa piccola stella di Ercole si trova solamente nel cat. brit. È notata anche in La-Lande, ma ridotta la posizione media al lu dei 1855, si avrebbe

D = 41° 20' 49" 70.

(43) Dal catalogo di Madras si avrebbe

D = 44° 43' 35" 71.

(53) Dal catalogo di Carlini si avrebbe

D = 57° 40' 20" 46.

(54) Se si prende il moto proprio 0". 08 dal cat. Piazzi si ottiene

D = 50° 47' 54" 32.

Lascio di parlare di altre piccole variazioni, alcune più rilevanti saranno notate nella memoria. Desidero poi che mi sieno communicate quelle che po- tranno fare gli astronomi.

322

PRINCIPIO DI NUMERAZIONE E LATITUDINE GEOGRAFICA DELl’oSSER YATORIO.

Principio di numerazione.

93.° Negli stromenti fìssi destinati a misurare le distanze apparenti degli astri dallo zenit, deve l’astronomo adoperare fa massima diligenza per deter- minare il principio di numerazione. È questa , dice saviamente Kreil (1) , la cosa la più delicata in questi stromenti, determinare cioè quel punto del cir- colo che corrisponde allo zenit o al polo nord. Collimando lo zero de’ noni, o le intersezioni de’ fili de’ microscopi sullo 0°, 90°, 180°, 270° della divi- sione del circolo, l’asse ottico, per costruzione, dovrebbe essere perfettamente verticale, ovvero gli estremi punti dovrebbero essere diretti allo zenit e nadir dell’osservatore. Se ciò si verifica, dopo di aver collimato l’astro ne’ fili oriz- zontali del micrometro , dalla lettura dell’ arco si ottiene la esatta distanza zenittale osservata; in caso contrario la distanza medesima sarà maggiore o minore di quella che si avrebbe nella supposta verticalità dell’ asse ottico. Bisogna allor tener conto di questo errore che dicesi appunto errore di prin- cipio di numerazione, e coreggerne le distanze osservate.

94.o La scienza somministra due metodi che vado brevemente ad esporre Sia per un dato giorno D la declinazione apparente di un astro , l la lati- tudine geografica dell’osservatorio, sarà data Z' distanza meridiana apparente dell’astro dallo zenit nello istante della osservazione, o nello istante del suo passaggio al meridiano. Sia Z la distanza osservata, r la rifrazione; nella sup- posta verticalità deve essere

Z' == Z -+- r i

in caso contrario 1’ errore del principio di numerazione sarà dato (Jalla dif- ferenza „

Z' (Z + r)=±E.

95.° Questo metodo dipende dagli esatti valori di D e /, e benché possa usarsi con qualunque stella di nota declinazione, nulladimeno per evitare qua- lunque errore proveniente da r, sarà cosa ben fatta scegliere quelle che poco distano dallo zenit. Con questo metodo, come si vede, si determina nel cir- colo quel punto che corrisponde allo zenit.

(1) Effem. di Milano del 1837.

323 -

96. ° Per determinare nel circolo il punto che corrisponde al polo nord, si prestano le circumpolari. Il metodo è indipendente da Z, include la D, e si rende da questa indipendente, quando nello stesso giorno possa osservarsi la circumpolare nella culminazione superiore ed inferiore, ciò che si ottiene facilmente colle osservazioni della polare. Sia dunque D la declinazione ap- parente della circumpolare , Z la distanza zenittale meridiana osservata nel passaggio superiore corretta dalla rifrazione , P il polo strumentale , avremo

P = 90° -4- Z D ;

nel passaggio inferiore sia Z' la distanza meridiana zenittale osservata cor- retta anche essa dalla rifrazione e sarà

P = Z' -+- D 90°;

la piccola variazione in D nell’intervallo di 12 ore può trascurarsi, e quindi dalle due osservazioni

n Z-f-Z'

2 '

97. ° Cognito Z, se sia 90° Z = P, l’astronomo è sicuro che l’asse ottico è diretto al polo, in caso contrario l’errore E' sarà dato dalla formolo

90° Z P = =±: E'.

Se nello stesso giorno si ottenesse

Z' (Z -t-r) = 90° l— P

le distanze osservate corrette dello stesso errore E riusciranno esattissime. Ciò difficilmente si verifica, e se sieno esatti i valori di D, Z, ed r, riman- gono gli errori inevitabili delle osservazioni che turbano questa coincidenza.

98. ° Come dalla combinazione di Z e Z (avverto una volta per sempre che la Z rappresenta la distanza zenittale meridiana osservata corretta dalla rifrazione e non l’arco letto nel circolo) si ottiene la D apparente, così dalla combinazione di P e Z può egualmente aversi la D. Sia A la distanza polare contata dal polo nord, sarà

A = P -+- Z per gli astri osservati al sud; nelle stelle australi P Z > 90.° Sarà poi

A = P Z per gli astri osservati al nord , e ne’ passaggi inferiori delle circumpolari A = Z P.

42

324

99.° I poli strumentali sono stati determinati colle osservazioni dell’ a (polare) e del § dell’orsa minore. La polare, quando si poteva, si collimava ai sette fili del micrometro, notando il tempo, e leggendo gli archi. Si ot- tenevano in tal modo sette distanze dallo zenit, delle quali la quarta era la distanza meridiana, le altre si riducevano al meridiano colla formola

R = 0". 9817 t 2 sen.2 D

nella quale t rappresenta l’angolo orario in minuti di tempo, e D la decli- nazione della polare pel giorno della osservazione. La § poi si collimava cin- que o tre volte. 11 medio delle sette distanze , o delle cinque o delle tre corretto dalla rifrazione, dava la distanza Z o Z' indicata di sopra (96°). Al- cune volte le distanze ridotte al meridiano erano pressoché eguali a quella che si aveva nel passaggio o al quarto filo, altre volte differivano in più o meno di 3" o 4". Queste differenze si manifestavano più grandi nelle osser- vazioni di notte. Il medio però poco differiva da quella che si aveva al quarto filo.

Ecco alcune osservazioni fatte

di notte, e di giorno.

1854 Decembre 4.

Polare pas.

sup.

Archi letti filo .

. . 313° 21

' 4"75 Rid. al merid.

22'

5” 069

. . .

37 50

4 333

. . .

22

0 00

6 666

1 o

4- .

7 25

7 250

. . .

22

0 00

6 681

. . .

21

39 75

6 674

Medio 313 22 6 612

1854 Decembre 4.

Polare pas.

sup.

Archi letti filo .

. . 313 21

8 75 Rid. al merid.

22

9 069

. . .

45 75

12 583

. . .

22

4 75

11 416

. . .

11 50

11 500

. . .

4 25

10 931

. . .

21

45 50

12 424

Medio 313 22 11 320

325

1855 Gennaro 29. Polare pas. sup.

Archi letti filo . . . 313° 21' 8" 125 Rid. al merid. 22' 8" 444

40 000 6 499

22 2 500 9 166

8 250 8 250

2 250 8 931

21 40 500 7 424

Medio 313 22 8 119

1855 Aprile 12. Polare pas. sup.

Archi letti filo . . . 313 21 55 25 Rid. al merid. . . 22 083

22 14 75 21 416

22 23 75 23 750

22 15 50 22 181

21 55 50 22 424

Medio 313 22 22 371

1855 Aprile 15. Polare pas. sup.

Archi letti filo ... 313 21 24 000 Rid. al merid. . . 24 319

57 250 24 083

22 17 000 23 666

24 000 24 000

15 250 21 931

21 55 800 22 481

22 300 22 594

Medio 313 22 23 496

1855 Aprile 19. Polare pas. sup.

Archi letti filo ... 313 21 24 250 Rid. al merid. . . 24 569

56 000 22 833

22 17 000 23 666

25 300 25 300

17 750 24 431

21 57 000 23 681

24 250 24 544

Medio 313 22 24 146

326

In queste osservazioni la polare era calma, come risulta dai registri.

100-° Ciò premesso , presento nelle seguenti tavole i poli strumentali , quali risultano dalle osservazioni della polare e del 5 dell’orsa minore. Debbo però notare che molte volte le osservazioni sono state incomplete, e che per- ciò alcuni de’ poli sono stati calcolati col mezzo di due o di una sola os- servazione. Debbo anche notare che non sempre le apparenti declinazioni delle stelle sono state dedotte dal polo strumentale osservato nello stesso giorno : in mancanza di questo ho calcolato il medio de’ poli in un dato periodo, e da questo sono state dedotte le apparenti declinazioni. Debbo finalmente no- tare che in alcuni giorni le declinazioni apparenti sono state dedotte dal polo strumentale ottenuto dal medio delle osservazioni fatte nelle due culmina- zioni superiore e inferiore della polare. Per la chiara intelligenza esprimerò con P il polo corrispondente al giorno della osservazione; con m.P il medio dei poli; con P.m il polo medio dedotto dalle osservazioni de’ due passaggi.

327

POLI STRUMENTALI, osservazioni dell’oc dell’orsa minore (polare).

Giorni

Arco letto

Barom.

Ter.C.

Rifraz.

Dist. zenit, oss.

Deci. ap. cale.

Polo struin.

53 Nov. 11

313° 22' 43 "50

0-758 8

10 9

U 1"343

46° 38' 17"843

88° 31 '55" 106

48° 6' 22" 737

12

310 26 38 62

0 760 0

9 6

1 8 415

49 34 29 795

55 435

25 230

19

313 22 34 75

0 750 6

12 8

1 0 255

46 38 25 505

56 760

27 745

20

310 26 38 97

0 750 9

10 5

1 7 371

49 34 28 401

58 073

25 818

22

313 22 36 70

0 753 3

9 5

1 1 216

46 38 24 516

58 704

25 812

23

310 26 41 21

0 754 0

8 3

1 8 205

49 34 26 995

59 009

26 004

24

313 22 34 50

0 754 2

7 4

1 1 771

46 38 27 271

59 301

27 970

25

310 26 41 25

0 754 2

7 4

1 8 453

49 34 27 203

59 602

26 805

Dee. 2

313 22 33 00

0 754 0

9 2

1 1 341

46 38 28 341

88 32 1 447

26 894

4

33 50

0 756 1

9 6

1 1 421

27 921

2 108

25 813

13

32 00

0 751 3

7 8

1 1 442

29 442

4 172

25 270

154 Feb. 12

31 50

0 750 2

3 6

1 2 331

30 831

5 560

25 271

27

34 25

0 760 6

9 5

1 1 795

27 545

2 503

25 042

28

34 50

0 760 5

10 9

1 1 480

26 970

2 269

24 701

Marzo 4

37 50

0 764 5

11 0

1 1 700

24 200

1 282

22 918

6

38 00

0 763 5

13 2

1 1 200

23 200

0 753

22 447

7

38 00

0 764 1

13 0

1 1 300

23 300

0 493

22 807

8

39 50

0 763 4

13 2

1 1 200

21 700

0 230

21 470

Aprile 12

43 60

0 757 2

18 5

0 59 520

15 920

88 31 49 920

26 000

13

42 70

0 757 7

18 6

0 59 540

16 840

49 610

27 230

14

47 70

0 763 7

15 6

1 0 660

12 960

49 310

23 650

16

48 00

0 755 4

15 1

1 0 500

12 500

48 720

23 780

Magg. 3

312 22 50 97

0 752 9

16 4

0 59 640

8 670

44 060

24 610

15

310 26 21 50

0 749 3

18 2

1 5 350

49 34 43 850

41 340

25 190

19

313 22 52 78

0 750 6

20 9

0 58 490

46 38 5 710

40 560

25 150

23

310 26 20 25

0 755 4

19 3

1 5 630

49 34 45 380

39 860

25 240

30

310 26 19 50

0 756 5

19 0

1 5 800

49 34 46 300

38 720

25 020

Giug. 1

313 22 55 40

0 755 0

20 5

0 58 940

46 38 3 540

38 510

25 030

5

313 22 55 50

0 754 1

20 3

0 58 920

3 420

38 070

25 350

13

310 26 16 25

0 756 3

20 8

1 5 350

49 34 49 200

37 430

26 530

14

17 00

0 756 1

21 9

1 5 080

48 080

37 380

25 460

19

15 00

0 756 0

26 0

1 4 130

49 130

37 180

26 310

24

16 020

0 756 9

24 1

Il 4 640

48 620

37 100

25 720

25

16 100

0 756 7

25 2

1 4 370

48 270

37 110

25 380

Luglio 6

15 050

0 751 7

24 6

1 4 080

49 030

37 540

26 570

10

15 750

0 754 9

26 5

1 3 930

48 180

37 850

26 030

11

18 500

0 754 9

26 8

1 3 875

45 375

38 263

23 638

13

18 500

0 748 7

26 4

1 3 440

44 940

38 460

23 400

Ae;ost. 30

30 000

0 755 2

24 4

1 4 435

34 435

48 700

23 135

31

29 250

0 754 7

24 1

1 4 460

35 210

49 025

24 235

f

I

328

POLI STRUMENTALI. OSSERVAZIONI DELl/a DELL’ORSA MINORE (POLARE).

Giorni

Arco letto

Barom.

Ter.C.

Rifraz.

Dist. zenit.

oss.

Deci. ap. cale.

Polo slrum.

1854 Ott.

4

310° 26' 44"000

0'

*754

8

19

2

V

5'

'609

49° 34' 21'

609

88° 32' 2" 005

48° 6' 23 "61

6

43 250

0

757

0

19

5

1

5

729

22

479

2 742

25 22

Nov.

8

57 250

0

756

2

9

8

1

8

011

10

761

14 499

25 26

9

58 500

0

753

2

9

0

1

7

943

9

443

14 953

24 39

9

313 22 21 333

0

751

6

9

9

1

1

001

46 38 39

668

15 003

24 66

10

313 22 23 375

0

745

5

8

7

1

0

776

37

401

15 950

21 45

12

313 22 20 200

0

749

6

8

0

1

1

271

41

071

16 109

24 96

16

310 26 56 750

0

751

0

10

2

1

7

442

49 34 10

692

17 485

28 17

20

310 26 59 500

0

749

1

7

3

1

8

004

8

504

18 798

27 30

30

313 22 12 099

0

748

8

10

8

l

0

571

46 38 48

472

21 855

26 61

Dee.

3

9 217

0

757

7

10

3

1

1

405

52

188

22 681

29 50:

4

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29

30

30

31

31

2

3

329

POLI STRUMENTALI. OSSERVAZIONI DELLO. DELL’ORSA MINORE (POLARE).

Arco

letto

Barom

t.

Ter.C.

Rifraz.

Dist. zenit.

oss.

Deci. ap.

cale.

Polo strum.

313°

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554

- 330

POLI STRUMENTALI, osservazioni dell’# dell'orsa minore (polare).

-f

Giorni

Arco

letto

Barom.

Tei

•.c.

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Dist. zenit.

oss.

Deci. ap.

cale.

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1855 Giug.

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110

58

513

24

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313

22

34

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0

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1

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24

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6

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26

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0

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5

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1

1

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22

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2.

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0

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25

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59

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391

0

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8

28

5

1

3

221

25

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59

156

24

15

313

22

33

563

0

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1

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6

0

58

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46

38

24

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0

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4

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49

34

26

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59

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17

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0

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26

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26

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26

3

1

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25

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0

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26

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310

26

37

388

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1

26

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3

602

26

214

0

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26

41

20

310

26

37

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1

3

411

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2.6

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26

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12

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1

5

532

49

33

57

282

28

150

25

4

331

POLI STRUMENTALI. OSSERVAZIONI DEL 5 DELL’ORSA MINORE.

ìinrn .

Giorni

x\rco letto

Baro ir

i.

Tei

•.C.

Rifi

az.

Dist. zenit.

oss.

Deci. ap.

cale.

Polo

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154 Gen.

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24

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Feb.

3

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13

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41

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Lugl.

10

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30

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20

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59

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597

21

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17

34

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753

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22

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0

54

690

20

355

59

635

20

720

19

34

442

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754

0

22

8

0

54

578

20

136

86 36 0

224

19

912

213

20

31

968

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23

4

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54

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22

637

0

431

22

206

21 1

21

30

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25

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54

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23

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7

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0

53

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22

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1

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20

960

21

25

29

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25

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54

154

24

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1

652

23

344

26

29

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0

754

0

25

5

0

54

057

25

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2

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22

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29

30

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0

27

2

0

53

591

23

091

2

828

20

273

30

29

750

0

754

4

26

3

0

53

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24

183

3

068

21

115

Agost

. 1

29

158

0

756

7

25

6

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54

232

25

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3

566

21

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3

25

000

0

753

8

27

0

0

53

758

28

758

4

056

24

702

8

30

658

0

754

4

25

7

0

54

047

23

389

5

211

18

178

9

27

450

0

755

2

25

4

0

54

162

26

712

5

423

21

289

I

12

31

868

0

751

1

26

1

0

53

735

21

867

6

061

15

806

13

28

500

0

753

0

24

0

0

54

273

25

773

6

265

19

508

15

29

158

0

755

5

26

2

0

54

031

24

873

6

672

18

201

1

16

29

568

0

755

4

26

6

0

53

948

24

380

6

856

17

524

1

18

27

518

0

754

6

25

9

0

54

024

26

506

7

249

19

257

1

19

28

500

0

754

3

26

7

0

53

850

25

350

7

441

17

909

1

20

30

368

0

754

6

25

0

0

54

196

23

828

7

595

16

235

1

22

21

368

0

754

8

25

3

0

54

166

32

798

7

948

24

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j

24

21

700

0

755

8

23

9

0

54

493

32

793

8

282

24

511

25

22

500

0

753

5

24

2

0

54

271

31

771

8

386

23

395

1

29

22

000

0

756

0

22

8

0

54

471

32

471

8

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23

567

1

30

29

800

0

756

4

23

6

0

54

595

24

795

9

125

15

670

1

31

21

350

0

754

7

24

0

0

54

396

33

046

9

260

23

786

18c Feb.

10

308 30 22

900

0

748

1

10

6

1

11

867

51

30

48

967

86 35 38

910

27

877

1

Il

23

23

618

0

754

6

12

0

1

12

116

48

498

35

511

24

009

43

332

POLI STRUMENTALI, osservazioni del § dell’orsa minore.

Giorni

Arco letto

Baroni.

Ter.G.

Rifraz.

Dist. zenit, oss.

Deci. ap. cale.

Polo strun

1855 Feb. 24

308° 30' 21" 550

0m755 2

12 2

1' 12" 121

51° 30' 50" 571

86° 35' 35" 330

48° 6' 25" 9

25

21 449

0 751 8

12 0

1 11 850

50 401

35 147

25 5

26

25 983

0 745 6

11 9

1 11 283

45 300

34 971

20 2

27

23 275

0 747 4

11 5

1 11 560

48 285

34 805

23 0

Marzo 3

19 750

0 752 3

12 6

1 11 739

51 989

34 193

26 1

5

22 842

0 753 6

11 9

1 12 049

49 207

33 926

23 1

6

22 150

0 751 3

12 3

1 11 723

49 573

33 800

23 3

16

23 505

0 754 1

12 0

1 12 070

48 565

32 863

21 4

20

20 132

0 753 4

13 2

1 11 684

51 552

32 679

24 2

Lugl. 15

315 18 30 000

0 756 7

25 6

0 54 107

44 42 24 107

58 408

25 6

17

30 250

0 750 8

24 0

0 53 932

23 682

59 044

24 6

I

333

101.° La latitudine da me fissata come si vedrà in seguito, è

1= 41 53 34 348 90° 1 = 48 6 25 652.

Dalle dette tavole, stando alle osservazioni della polare, si scorge che i poli strumentali oscillano dentro ristretti limiti. Non è però così rispetto alle os- servazioni del § dell’orsa minore. Ne’ mesi di luglio e di agosto del 1854 i poli strumentali sono variabilissimi. In quell’epoca mi occupava di un genere di osservazioni (di queste renderò conto nell’ultima parte di questa memoria) le quali erano indipendenti da ogni principio di numerazione, e forse la va- riabilità del principio di numerazione faceva al mio scopo. Debbo però con- fessare che tale variabilità che si manifestava nella lettura degli archi mi sgomentava, e dava luogo alle lagnanze di cui ho parlato (44°). Nelle stesse sere prima e dopo le osservazioni del § dell’ orsa minore , osservava altre stelle, e in modo speciale alcune zeniltali. Queste osservazioni sono riportate nelle due seguenti tavole. Nell’ ultima colonna della tavola I sono notate le differenze

Z’-(Z + r) = E, 90° l P = E'.

La tav. II presenta i poli strumentali, e le declinazioni apparenti dedotte dai medesimi. La riduzione scritta nella terza colonna di questa tavola applicata con segno contrario alla media del catalogo, darebbe la declinazione appa- rente della stella calcolata pel giorno della osservazione, applicata col segno indicato all’ apparente declinazione osservata della seconda colonna, sommi- nistra la declinazione media della stella per l’epoca fissata gennaro 1855, quale risulterebbe dalle osservazioni.

v

- 334 TAV. I.

Giorni

No m. delle Stelle

Arco letto

Barom.

Ter.C.

Rifra.

Distanz. ossei-.

1854 Luglio 12

/3 Boote

55' 21 "50

0^751 5

22 7

0"713

55' 22"213

13

0 55 22 40

0 748 7

26 4

0 701

0 55 23 101

14

v2 Boote

0 29 41 50

0 752 1

22 8

6 448

0 29 41 948

15

0 29 51 75

0 754 3

22 8

0 449

0 29 42 199

16

/3 Boote

0 55 22 25

0 753 2

22 4

0 716

0 55 22 966

v2 Boote

0 29 41 50

0 753 2

22 4

0 449

0 29 41 949

17

/3 Boote

0 55 20 50

0 753 4

22 0

0 716

0 55 21 216

1)2 Boote

0 29 41 25

0 451

0 29 41 701

19

/3 Boote

0 55 23 00

0 754 0

22 8

0 715

0 55 23 715

21

a Auriga

356 3 3 00

0 755 6

25 5

3 783

3 57 0 783

29

Ercole

0 32 29 65

0 752 0

27 2

0 488

0 32 30 138

30

•••••

0 32 29 05

0 754 4

26 3

0 491

0 32 29 541

Agost. 3

0 32 25 85

0 753 8

27 0

0 489

0 32 26 339

8

0 32 33 00

0 754 4

25 7

0 492

0 32 33 492

9

0 32 31 00

0 755 5

25 4

0 493

0 32 31 493

12

7 Cigno

2 6 4 50

0 751 1

26 1

1 987

2 6 6 487

a. Cie.no

357 8 1 25

2 720

2 52 1 470

13

Ercole

0 32 32 75

0 753 0

24 0

0 494

0 32 33 244

15

0 32 33 85

0 755 5

26 2

0 492

0 32 34 342

16

0 32 33 00

0 755 4

26 6

0 492

0 32 33 492

7 Cieno

2 6 2 00

1 995

2 6 3 995

a Cigno

357 7 58 50

2 731

2 52 4 231

20

Ercole

0 32 34 00

0 754 6

25 0

0 494

0 32 34 494

7 Cieno

2 6 2 00

2 004

2 6 4 004

« Cieno

357 7 57 50

2 743

2 52 3 243

22

7 Cigno

2 5 55 25

0 754 8

25 3

2 002

2 5 57 252

a Cigno

357 7 50 00

2 741

2 52 12 741

29

357 7 49 50

0 756 0

22 8

2 770

2 52 13 270

30

y Cigno

2 6 1 75

0 756 4

23 6

2 019

2 6 3 76S

a Cigno

357 7 57 00

2 763

2 52 5 763

Valori di T

E

E I

2"804

-t-ra

3 546

2 %

5 326

2 »

5 705

4 A

3 754

3 1

5 578

3 '1

2 075

4 fi

6 238

4 il

4 740

5 1

-4- 1 558

1 I

2 626

5 J

2 504

4 il

0 076

0 »

8 044

7 J

6 203

4 <jl

7 959

9 |

-+- 9 683

9 |

8 555

6 |

9 926

7 1

9 203

8 t

7 567

8 t

-+- 7 972

8

—10 645

9 t

8 626

9 f

+ 9 788

9 f.

2 360

o è

-+- 0 952

o è

-+- 2 330

2 M

—10 852

9 a

H— 10 101

9 a

335 TAV. IL

Poli str

um.

Dee. app.

ded.

Riduz.

Deci. med. pel del 1855

Ol

So

o

00

'768

40

D58

15'

'019

—21

'554

40° 57' 53

"465

23

400

40

58

13

499

—21

908

40 57 51

591

23

450

41

23

54

602

—19

436

41 23 35

166

21

213

41

23

56

588

—19

564

41 23 37

024

21

947

40

58

15

087

—22

251

40 57 52

836

41

23

56

104

—19

687

41 23 36

417

20

720

40

58

18

064

—22

322

40 57 55

742

41

23

57

579

—19

820

41 23 37

759

19

912

40

58

16

373

—22

488

40 57 53

885

23

711

44

50

37

072

H- 5

231

45 50 42

303

20

273

41

21

9

589

9

236

41 21 0

353

21

115

41

21

9

344

9

711

41 20 59

633

24

702

41

21

8

959

—10

458

41 20 58

591

18

178

41

21

8

330

—11

300

41 20 57

030

21

289

41

21

7

218

—11

458

41 20 55

760

15

806

39

47

37

707

i— 4

030

39 47 41

737

44

45

45

664

H— 5

489

44 45 51

153

19

508

41

21

7

248

—12

059

41 20 55

189

18

201

41

21

7

457

—12

332

41 20 55

125

17

524

41

21

8

984

—12

459

41 20 56

525

39

47

38

481

-+- 2

930

39 47 41

411

. ,

44

45

46

707

f- 4

439

44 45 51

146

16

235

41

21

9

271

—12

899

41 20 56

372

, ,

39

47

39

761

-+- 1

872

39 47 41

633

44

45

47

008

-4- 3

521

44 45 50

529

24

850

39

47

37

898

H- 1

394

39 47 39

292

,

44

45

47

891

-+- 2

949

44 45 50

840

23

567

44

45

49

723

-t- 1

042

44 45 50

765

15

670

39

47

40

561

0

581

39 47 39

980

44

45

50

093

-+- 0

778

44 45 50

871

336

102.° Premesse queste due tavole passo a discutere i due metodi. In primo luogo è cosa ben difficile ottenere identità di errore E del principio di numerazione, cioè

E = TI (Z -4- r) = 90° l P.

Quando ciò accade dentro ristretti limiti , come nelle osservazioni de’ gior- ni 12, 16, 21 . . . luglio le declinazioni apparenti, dedotte da 1, e Z + r ; o da P e Z -4- r sono prossimamente eguali dentro gli stessi limiti , avver- tendo però di correggere la Z -4- r dell’ errore E. In secondo luogo può il primo metodo esser dubbio quando nella stessa sera da più osservazioni di zenittali si abbiano diversi valori di Z' (Z -t- r), come per esempio nella sera del 17 luglio in cui, mentre l’errore 90° l P è di circa 5", i valori di TI (Z -4- r) variano di 4”. Una variazione così forte è ben rara, e dipende dagli errori delle osservazioni- Finalmente se i diversi valori di Z' (Z -+- r) variano dentro stretti limiti, se il medio de’ medesimi poco differisce dall’er- rore 90° l P , i due metodi si prestano egualmente alla determinazione delle declinazioni apparenti degli astri. Questo si verifica nelle osservazioni di 7 ed « Cigno de’ giorni 16 e 30 agosto. Supponiamo dunque che le di- stanze osservate di 7 ed « Cigno sieno corrette del medio degli errori E = Z' (Z r), avremo

Agosto 16 7 Cigno Z = 5' 56” 226 Agosto 30 Z = 2 5 53 293

Agosto 16 a Cigno Z = 2 52 12 000

Agosto 30 Z= 2 52 16 239.

Se da queste si passa alle declinazioni apparenti , e quindi alle medie del- l’epoca, avremo

7 Cigno D = 39 47 41 052

. . .\ . . . 39 47 40 474

Medio 39 47 40 763

a Cigno D = 44 45 50 7 87 44 45 51 365

Medio 44 45 51 076.

337

Ora se nella quarta colonna della tav. II si prendano le corrispondenti, e il loro medio, avremo

y Cigno D = 39 47 40 695 « Cigno D = 44 45 51 008.

Finalmente se le une e le altre si paragonano con quelle del catalogo si ot- terranno le seguenti differenze.

Cat osserv. -+- 01' 087

7 Cigno

Cat osserv. -+- 0 155.

Cat osserv. 0 086

« Cigno

Cat osserv. —■ 0 018.

Le differenze nell’una e l’altra ipotesi sono insensibili; i due metodi dunque sono eccellenti, e tanto più soddisfacenti, quanto più si avvicinano alla egua- glianza i valori di Z' (Z h- r); 90° l P. E per questa ragione che mi occupo di un catalogo di stelle zenittali per le nostre latitudini.

103.° Ma lasciamo da parte il primo metodo , e vediamo qual fiducia possa esclusivamente prestarsi all’altro, e con quali cautele debba adoperarsi. Nella quarta colonna si prenda il medio delle declinazioni delle stelle osser- vate ed avremo

/3 Boote. Num. di osserv. 5 D = 40 57 53 509 Cat.

v2 Boote. 4 41 23 36 591 Cat.

Ercole. 9 41 20 57 387 Cat.

7 Cigno. 5 39 47 40 810 Cat.

a. Cigno. 6 44 45 50 884 Cat.

osserv. osserv. osserv. osserv. osserv. -

- 0" 624 •1" 699

- 0" 213 0 040 0 106.

Se ora riflettiamo da un lato al piccolo numero delle osservazioni, dall’altro alla notata variabilità de’ poli strumentali , questo accordo è ammirabile , e prova l’eccellenza dello stromento.

104.° Dissi nel numero precedente con quali cautele debba adoperarsi. Il lodato Kreil nella citata memoria, e il sig. Stambucchi (1) prendono il medio

(1) Effem. di Milano 1852.

338

de’ poli osservati in un dato periodo, e di questo polo che chiamano medio si servono per principio di numerazione per tutte le osservazioni fatte nello stesso periodo. Questo metodo può essere utile, quando la variabilità de’ poli sia dentro stretti limiti , ma nella ipotesi di una grande variabilità sono di parere che possa condurre a qualche errore. Il medio de' poli osservati nel mese di agosto è 48° 6' 20" 347; se con questo si calcolano le sette osser- vazioni della piccola stella di Ercole fatte nello stesso intervallo si trova la declinazione media dell’epoca

Ercole. 3 Agosto D = 41 21 2 956

8

41

20

54

861

9

41

20

56

702

13

41

20

54

350

15

41

20

52

979

16

41

20

53

702

20

41

20

52

260

Medio 41 20 55 401 Cat. osserv. h- 2" 199.

Nel caso di delicate ricerche sarà bene applicare ad ogni osservazione il cor- rispondente polo strumentale , sarà utilissimo , quando si può, determinare simultaneamente l’errore dello zenit E = Z' (Z -+- r) con qualche zenittale di nota posizione. Ho voluto ampiamente discutere i due metodi , essendo ben persuaso dell’importanza di questo argomento.

339

LATITUDINE DELL’OSSERVATORIO

105. ° Nel 1752 il Boscovich con osservazioni fatte ad un settore zenit- tale nella camera superiore del museo kirkeriano del collegio romano fissò la latitudine di Roma di 41° 53' 55" 0. Costruito l’osservatorio nel 1787 sul- l’angolo orientale dello stesso collegio, il fondatore di questa specola prof. Giu- seppe Calandrelli colle osservazioni di 32 stelle zenittali fatte allo stesso set- tore , rettificato in qualche parte la fissò di 41° 53' 54" 20 (1). Se però si ponga mente non già allo stato o perfezione dello stromento, ma alla man- canza in quell’epoca di esatti cataloghi di stelle, di teoriche non bene ancora sviluppate della rifrazione, aberrazione, nutazione .... (2) doveva sempre temersi che quelle latitudini potessero essere erronee di qualche secondo.

106. ° Dissi non già allo stato o perfezione dello stromento , giacché Io stesso Boscovich soleva dire che un buon osservatore può fare eccellenti osser- vazioni con islromento mediocre , solchè procuri anticipatamente conoscerne tutti i difetti per farne quindi le dovute correzioni. Si consulti ora la memoria del prof. Calandrelli, e si potranno notare i miglioramenti fatti allo stromento, onde eliminarne i difetti, si potranno notare le grandi cautele con cui lo ado- perava, onde ottenerne esatti risultamenti: e certamente li ottenne, giacché le medie declinazioni da esso osservate, e ridotte al del 1800 poco dif- feriscono da quelle che erano riportate in due cataloghi uno di Milano, l’altro di Parigi, poco differiscono da quelle, che anzi alcune sono identiche a quelle che si ebbero nel catalogo di Piazzi pubblicato nel 1814. Nulladimeno quando questo professore volle asserire nella Lira una parallasse non già di 9" ma di 3" (3), la differenza si volle attribuire alla imperfezione dello stromento, comechè coi moderni stromenti tali differenze vengano eliminate.

107. ° Ma lasciamo da parte lo stato e la perfezione dello stromento, e vediamo quali correzioni dovevano avere le due latitudini dopo i progressi della scienza. Il baron di Zach fu il primo che volle calcolare le osservazioni di Boscovich fatte in Roma. Nella memoria di questo astronomo inserita nel tomo 44 della bibliot. britan. non si trovano gli elementi de’ quali si era ser- vito per calcolare le dette osservazioni. Il cel. Oriani astronomo di Milano

(1) Opusc. astr. 1803.

(2) L’opera di Bessel fundamcnta astronomie vide la luce nel 1818.

(3) Opusc. astr. 1806.

44

340

ne intraprese un nuovo calcolo. Dal catalogo di Bradely (così egli in una lettera scritta al prof. Calandrelli nel 28 decembre 1811), la cui epoca è più vicina alle osservazioni di Boscovich si ha al principio del 1752 la declina- zione media p orsa mag. 42° 44' 11" 3 e di oc Cigno 44° 24' 18" 8. Applicando a tutte le osservazioni fatte in marzo 1752 la precessione , la nutazione , e l'aber - razione trovai la latitudine di Roma

da p Ors. mag. 41°53'55"7 da oc Cigno. 41 53 55 8.

Lo stesso Oriani essendo in Roma nel 1810 volle direttamente fissare la la- titudine del collegio romano con osservazioni fatte ad un circolo ripetitore di 12 pollici, e come scrive nella citata lettera risultò la latitudine di Roma nel museo Kirker.

41°53'55"85 da 410 osser. della polare

41 53 55 55 da 450 osser. di (3 Ors. min.

41 53 55 67 da 60 osser. di oc Idra

41 53 55 35 da 86 osser. di oc Leone.

Il terzo esame delle osservazioni di Boscovich fu fatto dal prof. Calandrelli (1), e risultò la latitudine di 41° 53' 55" 48; finalmente da un recente calcolo del prof. Ricchebach risulta di 41° 53' 55" 12 (2).

108.° Che se calcolando le osservazioni di Boscovich coi dati della mo- derna astronomia, la latitudine rimaneva quella stessa che egli aveva deter- minata nel 1752; se con osservazioni dirette si trovò la medesima da Oriani , quella ottenuta dal prof. Calandrelli fu soggetta a piccola correzione. Il prof. Ricchebach (3) volle assoggettare a nuovo calcolo le osservazioni delle 32 zenittali e coi dati della moderna astronomia fissò la latitudine di 41° 53' 51" 55. Se da questa si passi a quella del museo kirkeriano si ha 41° 53' 53" 12. Finalmente lo stesso Ricchebach dalle moltiplici sue osservazioni fissò la la- titudine dell’osservatorio di 41° 53" 51" 88 e il P. De-Vico di 41° 53' 52" 00 nella piccola camera in cui fu collocato il circolo meridiano. Se da queste si passa a quella del museo kirkeriano si avrà 41° 53' 53" 33 la quale poco differisce da quella determinata dal P. Secchi con osservazioni fatte al circolo

(1) Opusc. astr. 1813.

(2) Mena, postuma 1846. Esame imparziale della triangolazione di Boscovich.

(3) Opusc. astr. 1818.

341

meridiano , il quale è stato collocato quasi sopra il luogo in cui osservò il Boscovich-

109. ° Che se del collegio romano dal 1752 fino ai nostri giorni si hanno già quattro latitudini corrispondenti ai luoghi delle osservazioni ; di questa camera costruita sulla torre del Campidoglio , che pur vantava il nome di osservatorio astronomico , che conta l’epoca del 1828, niuna traccia si ha di osservazione, dalla quale almeno con metodo indiretto siasi potuto determi- nare questo elemento, il quale da tutti gli astronomi si cerca fissare col mas- simo rigore. Non deve dunque recar meraviglia se io nel calcolo di ecclissi. di occultazioni . . . usava della latitudine della torre dell’ orologio la quale dalla nostra triangolazione risultava di 41° 53' 33" 30. In quelli calcoli un piccolo errore sulla latitudine poco poteva influire , e poi obbligato , come dissi, ad osservare sulla terrazza, era quasi lo stesso che osservassi sulla vi- cina torre dell’ orologio. Ora però che sorge il nuovo osservatorio , era ben necessario che le mie prime osservazioni fossero dirette a fissarne la latitudine.

110. ° È primieramente mi piacque dedurla dalla nostra triangolazione. Collocato lo stromento determinai le coordinate del suo centro rispetto la detta torre, e per conseguenza rispetto al meridiano della specola del colle- gio romano. Nella nostra triangolazione si ha rispetto alla torre dell’orologio

x 294* 90 2/ = -t- 123 82

ma il luogo delle osservazioni è più boreale di 15* 10, e più orientale di 19* 51; dunque le coordinate del centro del circolo rispetto al meridiano del colle- gio romano, saranno

x = 279* 80 y = -+- 143 33.

111.0 La mira meridiana mi somministrò altro confronto favorevele. Essa, come dissi (41°) è situata sulla facciata di un piccolo palazzo alla Trinità de’ monti. Questo nella nostra triangolazione è denominato Palazzo della re- gina Sobieski sul Pincio , il segnale sommità di un piccolo campanile che sorge sul tetto di detto palazzo. Questo segnale apparisce nel campo, e resta ap- parentemente più orientale del filo meridiano. Le coordinate di questo se- gnale rispetto al meridiano del collegio romano sono

x = -+- 419* 40 y = -4- 141 38

342

quindi il centro del circolo sarà più meridionale di questo segnale di 699' 20 e più orientale di V 95.

112.° La commissione de’ pesi e misure stabilita in Roma nel tempo del governo francese fìssa la lunghezza del grado di meridiano alla latitudine di 45° di tese 57008 riferendosi alla tesa che aveva servito alla misura del grado del Perù , come anche dalla stessa commissione si fissò che il metro conteneva 443'* 296 della tesa medesima. Il cel. Oriani (1) pone sotto l’equa- tore il grado di meridiano di tese francesi 56753, e nella latitudine media del grand’ arco misurato in Francia, cioè alla latitudine di 46° 11' 58" si ha 58018' 4; alla latitudine poi di 45°, il grado del meridiano è 57007 7.

1

La piccola differenza di 0' 3 mi ha indotto a prendere lo schiacciamento Q

per calcolare la differenza di latitudine e di longitudine fra il centro del mio circolo, e l’osservatorio del collegio romano, come anche fra lo stesso centro, e gli oggetti nominati.

113.° Dal calcolo ottenni

Latitud. del coll. rom. 41° 53' 51" 88 Differ 17 64

1 del circolo

= 41 53 34 24

Diff. di long. .

. . h- (F 81

Latitud. della torre

. . 41° 53' 33"30

Diff.

. . -4- 0 95

1 = . . .

. . 41 53 34 25

Latitud. del camp.

. . 41 54 18 40

Differ

. . 44 17

l = 41 53 34 23

114.° Dopo questo ammirabile accordo, mi poteva dispensare dalla ri-^ cerca della latitudine. Nulladimeno feci una serie di osservazioni sulle zenit- tali a della Lira, 7 del Cigno, tt del Cigno, 7 di Andromeda. Doveva però

(1) Effem. di Milano 1807.

343 -

fissare il principio di numerazione, e contrario per massima ai metodi mec- canici perchè sempre incerti , perchè richieggono tempo , perchè recano noia e fastidio , perchè finalmente non possono adoperarsi in ogni circostanza , mi at- tenni al seguente.

115.° Nel giorno 10 novembre 1853 si osservò la y del Cigno.

Arco letto 2°6'0''000 Bar. 0m756 3

Rifr. . . 2 096 Ter.C 12 6

Z-+- r = 2 6 2 096

y Cigno D app. 39° 47' 37"994 l— 41 53 34 240

quiudi

2 5 56 246 = Z' Z (Z -+- r) = 5" 750.

Cercai eliminare questo errore, e nel giorno 11 osservai la /3 del Perseo.

Arco letto 30' 9” 0 Bar. 0^758 8

Rifr. 1 512 Ter. 10 9

Z-i-r = 1 30 10 512

j3 Perseo D app. 40°23'23"760 l = 41 53 34 240

1 30 10 480 = Z'

Se prescindiamo da qualche piccolo errore nella latitudine , e supponiamo esatta la D e l’osservazione, l’asse ottico era verticale. Dopo ciò, così ra- gionava: non potrei trovare un punto fìsso, e a questo diriggere l’asse ottico nella supposta verticalità ? Non potrei allora misurare la distanza di questo punto dallo zenit, la quale verificata più e più volte mi possa servire di prin- cipio di numerazione ? Fissata questa idea, nella mattina del 12 novembre osservai la polare nel suo passaggio inferiore.

344

Arco Ietto 310° 26' 38" 625 Bar. 0m760 0

Rifr. 1 8 415 Ter. 9 6

310 25 30 210 Z = 49 34 29 790 D = 88 31 55 435

P = 48 6 25 225

il qual polo strumentale era prossimamente il complemento della latitudine. Il punto fisso che io cercava mi si presentò sul principio nel segnale o som- mità del campanile che sorge, come notai (1110") sulla casa situata sul Pincio. Ma riflettendo esser ben difficile poter collimare esattamente questo segnale, stimai meglio collimare la linea estrema dell* architrave della finestra sulla quale è stata poi collocata la mira meridiana. Ripetuta più e più volte questa collimazione col filo superiore degli orizzontali si ottenne Parco 269°^ 55 '53" 0. Dopo di aver tracciata la mira meridiana si è sempre collimata, e si collima anche presentemente P estremità apparentemente superiore , e si ha P arco 269° 56' 31" 0. La mira meridiana dista dal centro del circolo di 699' 20 , distanza ben piccola, la collimazione si fa con una linea, e riesce più facile e più sicura di quella che si fa colla estremità di un segnale che termina in punta, o colla estremità di una croce, e quando la collimazione si faccia in tempi calmi e tranquilli , evitando le ore in cui gli oggetti terrestri so- gliono fortemente oscillare, credo questo metodo il più sicuro, il più certo, il più comodo di qualunque altro. Le prove le più convincenti della sicu- rezza , certezza , e comodità di questo metodo le darò in seguito. Dirò in- tanto che le mie osservazioni sulle zenittali partono da questo principio di numerazione; scelsi appunto le dette stelle, le quali furono osservate in pieno giorno, o poco dopo il tramonto del sole, onde avere tutto il comodo di as- sicurarmi prima e qualche volta anche dopo le osservazioni, che collimando il filo superiore degli orizzontali colla estrema linea dell’ architrave, o colla estremità superiore della mira meridiana, si avessero dalla lettura de’ quat- tro microscopi gli archi indicati.

116.° Ma il mio principio di numerazione si fondava sopra una latitu- dine determinata con metodi geodetici ? Mi restava dunque a fissarla con me- todi astronomici ed indipendenti. Contando sull’ assistenza che poteva avere

da’ giovaui miei scolari , volli determinarla con osservazioni fatte al circolo ripetitore di Reinchebach. Le ripetizioni erano quattro, le osservazioni si fa- cevano vicinissime al passaggio pel meridiano, le letture degli archi erano date da quattro noni , e il luogo delle osservazioni era più boreale di 4,n 83 del luogo in cui è collocato il circolo.

TAV. I.

POLARE SOTTO IL POLO

Giorni

Arco let.

I

II

III

IV

Arco semplice

Rid.

al

mer.

Barom.

T.G

Rifraz.

1854 Mag. 15

198° 14'

28"

30"

32"

26"

49° 33' 37"25

-+-

0"77

0m749 3

18 2

1 ' 5" 369

26

198 14

40

36

38

42

49 33 39 00

0 74

0 756 3

20 6

1 5 411

30

198 14

40

44

40

44

49 33 42 00

0 77

0 756 5

19 0

1 5 807

Giug. 5

198 14

48

40

46

40

49 33 43 50 jO 74

0 751 6

22 0

1 4 680

Dist. corretta

Aberr.

Nut.

lun.

Nut.S.

Riduz.

Dist. ridotta al del 1855

Comp. latit.

49° 34' 43" 389

13 001

4 588

0 519

12" 164

49° 34' 13" 147

48° 6' 24" 51 7

45 151

15 627

4 486

0 474

11 780

49 34 12 784 48 6 24 154

48 577

16 242

4 479

0 451

11 376

49 34 16 029

48 6 27.399

48 920

17 540

4 447

0 379

11 069

49 34 15 485

48 6 26*855

tta > jt

117.° Dal medio di queste osservazioni si ha 1 = 41° 53' 34" 269. Ve- rificata in tal modo la latitudine intrapresi il calcolo delle mie osservazioni, le quali sono riportate nelle seguenti tavole.

346 TAV. II.

a, LIRA

Giorni

Barom.

Ter.C.

Arco letto

Rifr.

Riduz.

Deci. ap. cale.

Latitudine

1853

Nov,

12

0'”757

8

13

4

14' 21"90

-4-3'

'247

-4- 5'

535

38° 39'

10'

105

41° 53' 35

252

22

0

751

3

12

0

24 25

3

236

3

319

7

889

35

375

23

0

753

6

11

4

24 50

3

253

3

076

7

646

35

399

24

0

753

6

11

1

24 50

3

256

2

826

7

397

35

153

26

0

750

6

8

6

24 00

3

274

2

322

6

892

34

166

Dee.

1

0

752

4

7

7

26 00

3

292

0

974

5

544

34

836

2

0

753

9

9

2

26 00

3

281

0

721

5

291

34

572

3

0

755

0

7

0

26 50

3

313

-4- 0

431

5

001

34

814

27

0

746

1

8

8

34 00

3

251

6

820

38 38

57

750

35

001

1854

Gen.

28

0

760

1

5

2

43 50

3

358

16

776

47

794

34

652 !>

Feb.

4

0

758

0

12

3

46 00

3

261

18

747

45

823

35

084

5

0

758

0

12

4

46 00

3

260

19

000

45

570

34

830

Dee.

21

0

749

5

8

6

31 00

3

269

4

281

39

0

289

34

558 l\

22

0

756

8

9

6

31 00

3

288

4

589

38

59

981

34

269

24

0

747

7

9

0

30 00

3

256

5

211

59

359

32

615

25

0

758

6

7

8

32 50

3

318

5

533

59

037

34

855

30 0

761

3

8

7

33 50

3

319

7

121

57

449

34

268

31 0

757

1

6

6

33 50

3

327

7

433

57

137

33

964

1855

Gen.

1 0 751

8

8

5

34 00

3

279

7

758

56

812

34

091

\

5

0

764

3

7

1

35 25

3

352

9

041

55

529

34

131 -

60

765

0

6

8

36 00

3

359

9

353

55

217

34

676 K

11

0

761

5

M

i

0

38 00

3

341

10

945

53

625

34

966

14

0

754

2

6

7

37 95

3

313

11

884

52

686

33

949

Feb.

16

0

754

4

10

0

47 00

3 273

20

791

43

779

34

052

Marzo

8

0

747

6

9

9

50 25

3

245

23

863

40

707

34

202

14

0

736

8

7

0

50 10

3

233

24

520

40

041

33

374

16

0

752

5

7

2

50 75

3

299

24

656

39

914

33

963

y CIGNO

Giorni

Barom.

Ter.C.

Arco Ietto

Rifraz.

Riduz.

Deci. app. cale.

Latitudine

1853 Nov. 12

5' 55" 50

-+-2" 098

3 133

39° 47' 37"717

41° 53' 35" 31 5

22

54 50

2 091

4 306

36 544

33 135

23

55 00

2 102

4 441

36 409

33 511

24

56 00

2 104

4 595

36 255

34 359

25

0 751 2

8 8

55 00

2 116

4 715

36 135

33 251

26

54 50

2 116

4 899

35 951

32 467

30

0 754 0

13 0

56 50

2 091

5 582

35 268

33 859

Dee. 3

56 75

2 141

6 128

34 722

33 613

27

2 6 3 50

2 101

11 637

29 213

34 814

1854 Dee. 21

2 5 52 75

2 113

0 321

40 529

35 392

25

51 50

2 145

1 324

39 526

33 171

31

0 757 1

6 6

53 25

2 150

2 930

37 920

33 320

1855 Gen. 11

57 50

2 159

6 015

34 835

34 494

Marzo 8

2 6 12 15

2 097

20 386

20 464

34 711

15

0 747 4-

11 8

13 00

2 082

21 540

19 310

34 392

16

13 00

2 132

21 674

19 176

34 464

y ANDROMEDA

1853 Nov. 23

0 15 53 00

-4-0 317

—13 612

41 37 40 758

41 53 34 075

24

53 50

0 318

13 473

40 897

34 715

25

53 00

0 319

13 319

41 051

34 370

26

52 00

0 319

13 164

41 206

33 525

29

0 756 7

9 3

52 75

0 321

12 716

41 654

34 725

Dee. 2

52 00

0 320

12 344

42 026

34 346

4

52 25

0 320

12 082

42 288

34 858

13

0 753 0

7 8

51 00

0 321

11 137

43 233

34 554

348 TAY. II.

« CIGNO

Giorni

Barom.

Ter.C.

Arco letto

Rifraz.

Riduz.

Deci. ap. cale.

Latitudine

1853 Nov. 12

357° 7' 51"50

2"872

3 837

44° 45' 47" 153

41° 53' 35" 821

22

51 50

2 862

4 766

46 224

34 862

23

52 00

2 877

4 880

46 110

35 233

24

52 00

2 881

5 016

45 974

35 093

26

52 00

2 896

5 278

45 7Ì2

34 816

30

52 20

2 862

5 885

45 105

34 443

Dee. 2

52 50

2 902

6 202

44 788

34 386

3

52 50

2 930

6 378

44 612

34 182

4

52 25

2 900

6 537

44 453

33 703

27

55 75

2 876

11 619

39 371

32 245

1854 Feb. 5

8 9 50

2 883

23 281

27 709

34 326

12

0 759 5

9 1

8 12 00

2 925

—25 324

25 666

34 741

Dee. 21

7 45 87

2 890

-+- 1 265

52 255

35 235

25

46 00

2 923

0 292

51 282

34 359

31

47 00

2 943

1 284

49 706

33 763

1855 Gen. 2

0 742 7

8 4

48 00

2 868

1 827

49 163

34 295

3

0 753 2

9 9

48 50

2 892

2 107

48 883

34 491

6

49 00

2 971

2 937

48 053

34 082

11

50 50

2 956

4 366

46 624

34 168

Feb. 25

0 753 3

14 4

8 3 50

2 845

17 222

33 768

34 423

Mar. 3

0 751 I

14 2

4 25

2 840

18 608

32 382

33 792

7

0 750 2

11 8

6 00

2 860

19 283

31 707

34 847

8

7 00

2 870

19 627

31 363

35 493

15

7 75

2 850

20 925

30 065

34 965

16

7 25

2 919

21 084

29 906

34 237

349

118. ° Dal medio di tutte risulta

4 = 41° 53' 34" 391.

Che se ora si voglia far concorrere il medio de’ poli strumentali determinati nei giorni medesimi delle dette osservazioni e il medio degli ultimi che ri- sultano dalle osservazioni della polare ne’ mesi di maggio , giugno , e luglio nelle due culminazioni, nelle quali osservazioni con molta cautela mi assicu- rava del detto principio di numerazione, avremo le latitudini

l = 41°53' 34" 056 1 = 41 53 34 675 e dal medio di tutte si avrà

Z = 41 53 34 348

119. ° Dissi (115°) che avrei date le prove convincenti della sicurezza , cer- tezza e comodità del mio metodo per la determinazione del principio di nu- merazione. Le sole ossservazioni delle zenittali, le osservazioni della polare fatte nelle due culminazioni negli indicati mesi provano evidentemente la cer- tezza e comodità del metodo. Se queste prove non sono sufficienti ecco le altre. Mentre mi occupava delle osservazioni delle dette zenittali, osservava la piccola stella di Andromeda 41 Evelio. La rifrazione era nulla , giacché distava dal mio zenit di 41" circa. Riporto nella seguente tavola III le os- servazioni. Le declinazioni apparenti osservate sono state dedotte da le Z.

TAV. III.

ANDROMEDA 41 EVELIO

Giorni

Arco letto

Dee. app. oss.

Riduz.

Deci. med. pel del 1855

1853 Nov. 23

0°0' 42" 50

41° 52' 51 "848

-+-1 4" 063

41° 53' 5"911

24

42 37

51 978

13 932

5 910

25

42 27

52 078

13 784

5 862

26

42 05

52 298

13 637

5 935

6 059

29

41 50

52 848

13 211

Dee. 2

41 75

52 598

12 871

5 469

4

40 00

53 348

12 639

5 987

13

40 75

53 598

11 763

5 361

350

Da queste osservazioni risulta la declinazione media pel del 1855 41° 53' 5" 812, quindi Cat osserva. 0" 052.

120.° Da una stella che culmina pel mio zenit passo ad una che dista di circa 85°. E' questa l’a della Fenice che fu osservata negli stessi giorni. Veramente le osservazioni contemporanee delle basse erano dirette alla de- terminazione della deviazione azimuttale, cautela necessaria in una lunga serie di osservazioni. Nulladimeno leggeva ai due microscopi l’arco osservato (34°) direi più per curiosità che per tenerne conto, persuaso come era in quell’epoca della incertezza delle rifrazioni. Ma da poiché col calcolo delle rifrazioni colle recenti tavole di Caillet mi sono convinto che gli errori non si devono poi tutti rifondere sulla rifrazione, ho intrapresa una serie di osservazioni di stelle vicinissime all’orizzonte: queste osservazioni saranno riportate in seguito. Ecco pertanto quelle deU’ct Fenice.

TAV. IV.

FENICE

Giorni

Arco letto

Barom.

Ter.C.

Rifraz.

Deci. app. oss.

Riduz.

D. rned. pel del 1855

1853

Nov.23

84° 50' 7"50

0-754 6

8 2

9' 38"89

43° 6' 12 "042

37" 173

43° 5' 34"868

24

84 50 7 00

0 754 1

7 5

9 40 02

12 672

37 347

35 325

Dee. 1

84 50 11 00

0 752 4

7 7

9 38 15

14 802

38 409

36 393

2

84 50 10 75

0 753 9

9 2

9 36 20

12 602

38 508

34 094

4

84 50 13 00

0 754 4

9 6

9 35 72

14 372

38 753

35 619

Se si prende il medio si avrà D=43° 5' 35" 259, e quindi Cat. oss.-bl" 211. In questa tavola le declinazioni apparenti si sono dedotte da l e Z r. Se le vogliamo dedurre dai corrispondenti poli strumentali determinati nelle stesse sere colle osservazioni della polare, riportandosi pel decembre alla latitu- dine in mancanza del polo strumentale, avremo le seguenti.

351

D = 43° 5' 35”221 37 643 36 393 35 336 35 780

Medio 43 5 36 074 Cat. ossei*. ...-+- 0" 40.

121. ° Ho volato riportare queste poche osservazioni dell’a Fenice, le quali furono fatte in un tempo, in cui non pensava affatto di rivolgere l’asse ottico dello stromento nelle vicinanze dell’orizzonte per tema d’ineontrarmi in errori troppo forti per la incertezza della rifrazione. Confesso poi ingenuamente che il calcolo di queste mi stimolò mi forzò a diriggere 1’ asse ottico anche a mezzo grado dall’orizzonte. Intanto però, per non deviare dal mio proposito, mi sembra che le dette osservazioni provino ad evidenza la sicurezza de’ me- todi dati per determinare il principio di numerazione.

122. ° Ma una favorevole combinazione mi persuase sempre più della sicurezza del metodo. La declinazione apparente dell’ a. del Toro si mante- neva la medesima dal 31 marzo fino al giorno 10 maggio circa. Assicuran- domi ogni giorno prima dell’osservazione, la quale accadeva circa le 4 pom., del mio principio di numerazione, doveva per conseguenza leggere ogni giorno lo stesso arco. Riporto nella annessa tavola le osservazioni: anche in queste la declinazione apparente risulta da I e Z + r.

TAV. V.

a TORO

Giorni

Arco letto

Barom.

Ter.C.

Rifraz.

Deci. ap.

cale.

Riduz.

Dee. med.pel del 1855

1855

Api*.

12

25° 40' 14'

'53

0'

"749

6

15

7

27'

'067

16° 12' 52'

'751

2'

'920

16° 12' 49'

'831

13

14

65

0

751

8

16

8

27

038

52

660

2

915

49

745

14

15

00

o

756

8

19

0

27

002

52

346

2

915

49

431

15

14

75

o

757

6

19

6

26

972

52

626

2

914

49

712

16

14

25

0

757

4

20

5

26

878

53

220

2

908

50

312

17

15

00

0

756

7

17

8

27

116

52

232

2

906

49

326

19

15

00

0

755

2

20

3

26

819

52

529

2

912

49

617

21

15

10

0

755

6

20

2

26

843

52

405

2

913

49

492

Mag.

5

14

75

0

751

2

19

0

26

802

52

796

3

076

49

720

352

Dalle osservazioni risulta la media pel del 1855 di 16° 12' 49" 683 e quindi cat. osserv. -+- 0" 107.

123. ° Non aggiungo altre prove, e termino col dire che assicurato colla collimazione del filo orizzontale colla estremità della mira meridiana e letto coi microscopi l’arco 269° 56' 31" 0 posso nelle osservazioni adoperare indif- ferentemente il polo strumentale, e la latitudine, ciò che soglio fare riguardo alle osservazioni che si fanno di giorno, e specialmente rispetto a quelle che accadono poco prima o dopo il tramonto del sole. Se poi le osservazioni ac- cadono a notte lunga, uso de’ due metodi indicati, ponendo in non cale qua- lunque altro metodo meccanico ed incerto. Non è a mia cognizione che questo metodo sia stato usato da altri astronomi: forse le loro specole non si tro- vano in quelle favorevoli circostanze in cui si trova la mia rispetto alla mira meridiana. Ho creduto per lungo tempo tacere su di questo metodo, ma gli ottimi risultamenti ottenuti dal medesimo mi hanno costretto a parlarne in questa memoria, ed è perciò che volentieri lo sottopongo al savio giudizio degli astronomi.

124. ° Nella ipotesi del fissato schiacciamento, presento qui alcuni dati pel calcolo delle osservazioni.

Latitudine geografica del circolo

1 = 41° 53' 34" 348.

Longitudine all’est dal meridiano di Greenwich in tempo

0a 49» 55* 5i.

Lunghezza di nel meridiano 56980* 07 nel parallelo 42555 33.

Complemento della latitudine

90" Z = a = 48° 6> 25" 652.

Angolo della verticale

<P 10' 13" 03.

r = 0 9986789 Ir = 9 9994258

essendo nell’equatore r= 1.

Latitudine geocentrica

l'= 41° 43' 21" 318.

353

125.° Gl’ intervalli equatoriali de’ fili del micrometro sono stati dedotti negli anni 1854-55 da 30 osservazioni dell’a Cane maggiore (Sirio) e da 30 osservazioni di /3 Boote.

Sirio 53* 18

Boote /3 53*

11

35 47

... 35

39

17 68

... 17

67

17 70

... 17

73

35 53

... 35

54

53 17

... 53

20.

60 osservazioni risultano i

seguenti

53" 145 -+- 35 430 ~h 17 675 -+■

17 715

35 535

53 185

126.° Finalmente sieno D, D' le declinazioni di due stelle australe una, boreale l’altra, l la latitudine dell’osservatorio: si calcoli per la prima

m sen. I cos. I tang. D ; per l’altra n sen. I cos. I tang. D'.

Sieno poi A e A' le differenze de’ passaggi calcolati ed osservati, e ponendo A A' == d, sarà la deviazione azimuttale dello stromento data dalla formola

5

a =

m n

e le correzioni che debbono applicarsi ai passaggi osservati saranno

m u per la stella australe n a per la boreale.

Se risulti a positivo , la deviazione è a levante , e sarà a ponente se sia a negativo.

127.° Nelle circumpolari osservate ne’ loro passaggi superiore ed inferiore, sarà d = 12A A'; nel passaggio superiore si considera come boreale, e nello inferiore come australe, e quindi

354

__ 12*— A' in n

essendo no. la correzione che deve farsi al passaggio superiore, ed ma quella che deve farsi al passaggio inferiore. Queste formole sono semplicissime , e il calcolo delle medesime mi sembra più comodo e più rigoroso di quello che suole farsi coll’uso delle tavole costruite per gli accennati valori.

128.° Nell’autunno del 1851 era occupato in Bologna alla rettificazione del circolo meridiano. Nel giorno 10 settembre dalle osservazioni della po- lare ebbi

Pas. sup. 1* 8”'56^ 700 Pas. inf. 13 3 31 513

11 54 34 813 ==A'

12* A'=

325" 188

Dal calcolo poi si ottenne

n = 26 80228 (— ) m = 28 20406 (-4-) m n = 55 00634

325 187

Cf. =

55 00634

= -+-5' 9118

no. 2™ 38* 450 ( ) ma 2 46 737 (-+-).

I passaggi dunque corretti furono

Pas. sup. . 1*6" 18'' 250

Pas. inf. . 13 6 18 250

Pas. cale. . 1 6 14 790

Var. del pend. 3 460.

129.° Determinata la latitudine dell’osservatorio, esaminati i metodi onde ottenere l’errore del principio di numerazione, propostone uno per avere le di- stanze meridiane zenittali degli astri prive per quanto è possibile da questo errore, metodo che può applicarsi a quelle osservazioni che possono farsi o nel pieno giorno, o nelle prime ore della notte, era necessario che mi de- terminassi ad una serie di osservazioni, le quali potessero e dimostrare l’ec- cellenza di questo stromeoto, e recare vantaggio alla scienza.

355

130. ° Molti sono i vantaggi che ritrae la scienza dalle osservazioni fatte ai grandi circoli meridiani.

Una serie di osservazioni su i piccoli asteroidi onde rettificare gli svariali elementi delle loro orbite.

Le migliori osservazioni sono quelle che si fanno nelle loro opposizioni: nelle ore tarde della notte manca a me ogni assistenza , voglio abusare di quella che gratuitamente mi prestano i giovani miei scolari i quali hanno le loro abitazioni distanti un miglio circa dall’osservatorio.

Una serie di osservazioni di piccole stelle tendenti a fissare la loro media posizione per una data epoca.

Si potrebbero scegliere fra queste quelle, le cui posizioni nel cat. britt. sono incomplete : quelle che sono notate nel catalogo La-Lande , quelle fi- nalmente la cui posizione non è ancora fissata. Se queste osservazioni si po- tessero fare nelle ore tarde della notte, potrebbero condurre alla scoperta di qualche pianeta. I piccoli asteroidi sono stati scoperti nelle vicinanze delle loro opposizioni. Questo lavoro di cui feci eenno (42°) è stato da me comin- ciato, e spero proseguirlo. Nello stesso numero riporto le ascensioni rette di tre piccole stelle, notate anonime, la cui posizione non si trova neppure nel catalogo La-Lande. Debbo poi dire che è anche cominciato il catalogo delle zenittali di cui ho parlato (106°). Questi lavori però non possono compirsi in breve tempo : avrei anche bisogno di un pendolo migliore di quello che possiede 1’ osservatorio onde fissare esattamente 1’ ascensione retta , volendo come io bramo, dedurla immediatamente dalle osservazioni.

Una serie di osservazioni de' pianeti inferiori Mercurio e Venere nelle loro elongazioni.

L’ora della scuola nella università, la quale è ben distante dall’ osser- vatorio , mi ha impedito queste osservazioni. Nulladimeno ne’ mesi estivi e ne’ giorni di vacanza mi sono occupato anche di queste.

Una serie di osservazioni onde verificare la rifrazione astronomica a di- verse altezze sull' orizzonte.

131. ° Dissi già (121°) che a questo genere di osservazioni fui spinto e quasi forzato da quelle poche che feci sull’cc della Fenice ne’ mesi di novembre e decembre del 1853. La posizione del mio osservatorio è tale che invila a a questo genere di osservazioni. Dalla parte del sud posso osservare fino all’orizzonte che è quanto dire alla distanza di 90° 30'. Dalla parte del nord alla distanza di 89° e più. Queste osservazioni possono spargere qualche lume

46

356

sulla teorica delle rifrazioni e sono state da me coltivate con piacere da poi- ché venni in cognizione della interressante questione sulle rifrazioni astrono- miche , che si agitava contemporaneamente nella imperiale accademia delle scienze di Parigi, questione che ha dato luogo al chiaris. Biot di sviluppare le sue alte cognizioni su di questo oggetto. Queste dunque intendo di pre- sentare agli astronomi a compimento di questa memoria. Mi sembrò questo il mezzo più sicuro onde testificare la mia gratitudine allo immortale regnante sommo pontefice Pio IX il quale col munifico dono del circolo meridiano ha fondato il nuovo osservatorio della romana università. Gli stronfienti si danno ai direttori de’ pubblici stabilimenti scientifici dalla munificenza de’ principi e dei governi, affinchè sieno adoperati al vantaggio, al progresso delle scienze, e non già per tenerli come oggetti di curiosità , o mobili inutili oziosi ed anche fra la polvere de’ loro gabinetti !

RIFRAZIONI OSSERVATE A PICCOLA ALTEZZA SULL’ORIZZONTE.

132.° Un piccolo saggio di queste fu dato da me in un supplimento al giornale di Roma del giorno 13 gennaro 1855. In questo però mi riserbava discutere ampiamente nella presente memoria le principali cagioni di quelli errori che sogliono attribuirsi alla rifrazione, ed hanno forse origine da altre cause. Non parlo di quelli errori che dipendono dallo stato attuale dello stro- mento, giacché suppongo che l'astronomo debba in ogni osservazione assicu- rarsi della sua esatta posizione: in caso contrario deve conoscerne gli er- rori , e correggerne le osservazioni. Riguardo però agli altri asseriva che nella delicata ricerca delle rifrazioni a piccola altezza suH’orizzonte l’astronomo deve essere sicuro

I. Della media declinazione della stella in una data epoca.

II. Della latitudine geografica del luogo in cui osserva.

III. Della esatta lettura dell’arco contato col mezzo de’ noni o col mezzo de’ microscopi.

IV. Delle piccole correzioni provenienti dall* annua precessione e moto proprio, dalla aberrazione e nutazione lunisolare.

V. Della pressione e temperatura deH’atmosfera nel momento della os- servazione.

VI. Del principio di numerazione. A me sembra che tutte queste sor- genti di errori sieno state ampiamente discusse nel corso di questa memoria,

357

ad eccezione della V, la quale, come sarà notato a suo luogo, può cagio- nare errori di 5", 6" e più secondi. In generale dirò intanto che

se le osservazioni si succedevano ad intervalli notabili di tempo , il baro- metro e il termometro si notava al fine di ciascuna osservazione : che lo stesso metodo si teneva anche quando 1’ intervallo era piccolo , ma poteva temersi un rapido cambiamento di temperatura : che il grado termometrico notato in ciascuna osservazione è sempre il medio de’ due termometri, cioè di quello annesso al barometro, e dell’ altro esposto all’ aria libera al nord: che le rifrazioni sono state calcolate colle tavole di Caillet (1) osservando scrupolosamente ciò che egli dice nella prefazione alle tavole medesime : che finalmente sono state trascurate le correzioni che si debbono calcolare col mezzo delle tavole IV e V. Diffatti se , come egli dice , la tavola V ne s'ètend pas au clelà de Q = 85° , parce que les correction deviennent alors trop incertaines, qual correzione poteva io dare alle distanze di 86°. . . 89° ? Che anzi mi sono avveduto che applicando le notate correzioni alle distanze minori di 85°t guastava le migliori osservazioni. Quante correzioni sono state introdotte dal cel. Carlini nelle sue tavole della rifrazione, alle quali si è do- vuto rinunziare perchè erano più di nocumento che di vantaggio alle osser- vazioni ? Tutto ciò sia detto in generale; le particolari circostanze dell’atmo- sfera saranno notate nelle osservazioni medesime.

133.° Prima però di riportare la lunga serie della mie osservazioni, debbo parlare di altre fatte contemporaneamente e a piccoli intervalli di tempo alle distanze minori di 80° al sud e al nord. Un altro errore di cui finora non non ho parlato è Vinflessione dell asse ottico. Ho detto , e torno a ripetere nuovamente che sono contrario ai metodi meccanici. Non abbiamo noi forse gli astri del cielo che risplendono al sud e al nord ? Se si collimi un astro al sud nel centro dell’obiettivo nello istante del suo passaggio al meridiano, e poco dopo si collimi nello stesso centro un astro al nord, o viceversa non vale lo stesso che collimare le intersezioni de' fili di due collimatori posti uno al sud e l’altro al nord rivolti cogli obiettivi verso l’obiettivo dello stro- mento ? Qual fatica però, quale fastidio, qual perdita di tempo prima di ot- tenere la coincidenza degli assi ottici ? Si veggano le effemeridi di Milano dei 1850. Ora questa fatica diventa nulla trattandosi di stelle: ma se queste sieno osservate all’orizzonte o a piccole altezze sul medesimo l’errore della

(1) Connaissance des temps pour l’an. 1851, Addilion.s pag. 9 et suiv.

358

rifrazione si potrebbe attribuire alla inflessione: ed è perciò che volli tentare questo metodo su due stelle che disiassero dal mio zenit di un arco minore di 80°: ho in segnito esteso il metodo a distanze maggiori di 80°.

134. ° Le mie osservazioni però erano dirette anche ad un altro fine , di scuoprire cioè se, nel rapido passaggio dell’ asse ottico dal sud al nord, o viceversa obbligato a descrivere quasi 180°, si manifestasse errore di de- viazione , o di eccentricità: dubbio che io proponeva al n. 66.° 11 metodo poi ha il vantaggio di essere indipendente dal principio di numerazione: dalle osservazioni può ottenersi 1’ errore nella somma delle due rifrazioni dovute alle osservate distanze , e possono dedursi varie conseguenze. Vado breve- mente ad esporre questo metodo che già indicai nel citato saggio.

135. ° Si osservi in un dato giorno la distanza zenittale meridiana Z di di una stella australe, procurando che la Z cada fra i 70° e gli 80°. Pochi momenti dopo passi al meridiano inferiore una delle circumpolari che abbia prossimamente la medesima distanza Z': l’asse ottico con moto rapido passi dall’una all’altra posizione: è poi indifferente che l’osservazione cominci dalla circumpolare, e quindi si osservi l’australe. Sieno r ed r' le rifrazioni calco- late dovute alle distanze osservate Z e Z'; sieno finalmente A e A' le distanze polari apparenti calcolate pel momento della osservazione. Indipendentemente dal principio di numerazione, deve aversi

A h- 4? = (Z + r) + (Z' h- r').

Sarà poi

(A' 4- A) _(Z'-+-Z) = r'-+-r'.

dalla quale potremo ricavare l’errore dovuto alla somma delle rifrazioni.

136. ° Ora una notabile differenza fra i valori di (Z' H- r') -+- (Z -4- r) e di A' H- A dovrà attribuirsi o agli errori delle osservazioni nelle distanze Z e Z', o agli errori delle rifrazioni r e r', o finalmente agli errori delle po- sizioni A e A'. Se però le distanze Z e Z' sieno minori di 80°, al dire di Biot 1’ errore non può essere nelle rifrazioni calcolate colle formole di Laplace su cui sono costrutte le tavole di Caillet; se le stelle sieno di nota posizione, e rigorosamente calcolate le apparenti A e A/, si esclude l’errore delle po- sizioni, l’errore dunque si dovrà attribuire alle osservazioni propriamente dette o ad una inflessione dell’asse ottico, la quale può alterare le distanze Z e Z'. Sia P il polo strumentale ottenuto nella stessa sera, ed avremo

359 -

P -+- Z -+- r = A Z' -4- r' P = A'

dalle quali si ha

r = A (P -+- Z) r'= A' + P- Z'.

Col mezzo di queste equazioni , prescindendo sempre dagli errori inevitabili delle osservazioni , mi avvidi che P errore fra (Z -+- r) -4- (Z'— t— r') e A -t- A' doveva attribuirsi alle posizioni delle stelle da me scelte, e venni perciò nella determinazione di formare il mio piccolo catalogo. Dirò poi che collo stesso metodo mi sono convinto che l'inflessione, se pure esiste, è insensibile; che l’asse ottico in tali rapidi movimenti non devia dal piano del meridiano.

137. ° Le stelle da me scelte furono la s dello Scorpione, e la /3 del Ca- melopardo. Le osservazioni ebbero principio nel giorno 25 luglio del 1854- e terminarono col giorno 16 agosto. A queste che sono 15 di numero si ag- giungono altre due che si fecero nel luglio del corrente anno 1855. Queste osservazioni si presentano nelle quattro seguenti tavole.

138. ° Nella tav. I si notano le osservazioni e le rifrazioni calcolate. Nella IL si danno i valori delle distanze meridiane zenittali osservate corrette dalla rifrazione, e le distanze polari calcolate pe’ giorni delle osservazioni e quindi i valori di (Z + r) + (Z' -+- r') e di A h- A'. Nella III si notano i valori di A e A' quali risultano dai poli strumentali osservati nella stessa sera; dai valori poi di Z-i-Z' osservate e di A-t-A' calcolati si ottengono gli errori nella somma delle rifrazioni. Nella IV finalmente dai valori delle declinazioni D e D1 osser- vate, colle debite riduzioni si hanno le medie pel del 1855, quali risultano dalle osservazioni medesime.

360 TAV. I.

Giorni

Barom.

Tei

•.C.

£ Scorp

i

fi Carnei.

£ Scorp.

Rifrn?

fi Camelop.

Rlf,

ras. osserv.

ras.

osserv.

Arco letto

Arco

letto

1854 Lug.

25

0m755

1

25

4

16/i39m52J

666

4

49

34

250

75° 51' 40'

'75

3'

33'

'950

282° 11'

3'

70

4'

8"

26

0

754

0

25

5

49

187

30

937

42

00

3

33

562

3

50

4

7

27

0

752

0

27

0

45

937

27

812

42

75

3

31

720

1

25

4

5

28

0

752

0

27

4

42

625

24

583

43

50

3

31

575

0

25

4

5

29

0

752

2

27

2

39

312

21

187

43

25

3

31

720

0

75

4

5

30

0

754

4

26

3

36

187

18

062

42

60

3

33

073

3

00

4

7

31

0

755

8

25

9

34

187

16

000

41

75

3

33

770

4

00

4

7

Agost. 1

0

756

7

25

6

32

812

14

792

40

15

3

34

250

3

25

4

8

3

0

753

8

27

0

46

375

27

937

39

80

3

32

380

10

58

00

4

6

8

0

754

4

25

7

37

750

19

625

45

50

3

33

524

11

8

00

4

7

9

0

755

5

25

4

36

125

18

000

43

75

3

33

978

3

15

4

8

12

0

751

1

26

1

32

562

15

125

50

00

3

32

290

7

50

4

6 :

13

0

753

0

24

0

31

062

13

583

44

50

3

34

414

5

25

4

8

15

0

755

5

26

2

29

000

11

437

45

50

3

33

460

5

15

4

7 ,

1855 Lug.

16

0

755

4

26

6

27

575

10

250

46

50

3

33

130

5

50

4

7 :

17

0

751

5

27

1

16 40 40

250

4

50

22

812

75 51 48

75

3

31

690

6

25

4

5

20

0

750

9

27

2

16 40 46

125

4

50

28

416

75 51 49

25

3

31

440

5

10

4

5

TAV. II.

e Scorp. Z H - r

fi Carnei. Z' -h r'

£ Scorp.

A app. cale.

fi Carnei. A' app. cale.

(Z-t-r)-t-(Z'H-r')

Ah- A'

75° 55' 14" 700

77° 53' 4" 456

124° 1' 36" 376

29° 46' 43"202

153° 48' 19" 156

153» 48' 19"578

15 562

4 202

36 434

43 282

19 764

19 716

14 470

4 3 ! 7

36 494

43 349

18 787

19 843

15 075

5 150

36 533

43 411

20 225

19 944

14 970

4 817

36 585

43 474

19 787

20 069

15 673

4 140

36 635

43 537

19 813

20 172

15 520

3 950

36 683

43 573

19 470

20 256

14 400

5 254

36 722

43 649

19 654

20 371

12 180

8 340

36 811

43 749

20 520

20 560

: 19 024

1 664

37 006

43 910

20 688

20 916

17 728

5 040

37 043

43 972

22 768

21 015

22 290

52 58 730

37 127

44 036

21 020

21 163

18 914

53 3 446

37 150

44 058

22 360

21 208

18 960

2 440

37 200

44 079

21 400

21 279

19 630

1 710

37 222

44 086

21 340

21 308

20 440

52 59 170

45 699

33 888

19 610

19 587

20 690

53 0 040

45 892

34 163

20 730

20 055

361

TAV. 111.

£ Scorp. A dedotto

/3 Carnei. A' dedotto

Z + Z" osserv.

A+A"

calcol.

r-+-r'

osserv.

r-\-r'

caleol.

Diff.

Cai oss.

124° r 38"044

29° 46 41 "112

153° 40' 37" 050

153° 48' 19 "578

7' 42" 528

7' 42" 106

0"422

38 517

41 247

38 500

19 716

7 41 216

7 41 264

-4- 0 048

41 500

19 843

7 38 343

7 37 287

1 056

....

43 250

19 944

7 36 694

7 36 975

-+- 0 281

35 243

44 644

42 500

20 069

7 37 569

7 37 287

0 282

36 788

43 025

39 600

20 172

7 40 572

7 40 213

0 259

....

....

37 750

20 256

7 42 506

7 41 720

0 786

35 908

43 746

36 900

20 371

7 43 471

7 42 790

0 681

36 882

43 638

41 800

20 560

7 38 760

7 38 720

0 040

37 202

43 486

37 500

20 916

7 43 416

7 41 188

2 228

39 017

43 751

40 600

21 015

7 40 415

7 42 168

■+• 1 753

38 096

42 924

42 500

21 163

7 38 663

7 38 520

0 143

38 422

43 938

39 250

21 208

7 41 958

7 43 no

-t- 1 152

37 161

44 239

40 350

21 279

7 40 929

7 41 050

-t- 0 121

37 154

44 186

41 000

21 308

7 40 308

7 40 340

0 032

45 073

34 532

42 500

19 587

7 37 087

7 37 110

-h 0 023

46 973

33 757

44 150

20 055

7 35 905

7 36 580

Hb 0 675

TAY IV.

Giorni

£ Scorpione

/3 Camelopardo

Riduz.

D me. V 1855

Riduz.

Dmed. 1855

1854 Lug. 25

4 "416

34° 1 ' 33 628

-f-10 338

60° 13' 29" 226

26

477

34 043

412

29 165

29

625

30 618

604

25 960

30

675

32 113

667

27 642

Agost. 1

762

31 146

779

27 033

3

851

32 031

879

27 241

8

5 046

32 156

11 040

27 554

9

083

33 934

102

27 351

12

167

32 929

166

28 242

13

190

33 232

188

27 250

15

240

31 921

209

26 970

16

262

31 892

216

27 030

1855 Lug. 17

13 739

31 339

H- 1 018

26 476

20

932

33 041

1 293

27 536

362

139. ° Le due stelle si trovano nelle conoscenze de’ tempi di Parigi. Stando a queste posizioni prendiamo a calcolare una qualunque delle osservazioni. Sia dunque l’osservazione del agosto 1854 la quale corrisponde al giorno medio delle osservazioni. Dalle conoscenze de’ tempi si ha

Agosto £ Scorpione. AR. app. 16A 40m44* 894

A = 124° 1' 38" 820

/2 Carnei 4* 50m26- 999

A'= 29 46 45 520

Le differenze de’ passaggi osservati e calcolati sono quasi le medesime. La somma però A -+- A' = 153° 48' 24" 340 differisce di 4" 686 dalla somma (Z + r) + (Z'-f- /); ottenuto questo errore presi ad esaminare il va- lore di A e A' quale risultava dalle osservazioni.

Il polo strumentale era P 48° 6' 21" 508; sarà dunque

A = P + Z4-r = 124° 1' 35" 908 A'= Z'-t- r'— P = 29 46 43 246.

Questi valori differivano dai calcolati di 2'' e più. Passando ai valori di r ed r' ottenni

r = A-(P + Z)= 3' 34" 655 r'= A' p _ Z' = 4 8 278

le quali rifrazioni osservate sono presso che identiche alle calcolate. Siccome poi questo calcolo ripetuto in altre osservazioni mi conduceva sempre all’er- rore cumulativo di 4", e ai parziali di 2" fra le A e A' osservate e calco- late, così mi decisi a consultare altri cataloghi, col mezzo de’ quali ho po- tuto fissare la declinazione media pel del 1855 notata nel mio catalogo. Quella poi del /3 Camelopardo è stata verificata con osservazioni fatte nel suo passaggio superiore, onde togliere ogni dubbio sulla rifrazione.

140. ° Se dalla tavola IV si prenda il medio delle declinazioni osservate, si ottiene

s Scorp. D media pel del 1855 34° 1 ' 32" 43 1 /3 Carnei 60 13 27 476

Dal paragone poi di queste con quelle fissate nel catalogo, avremo

£ Scorp. Cat. esser. 0" 475 /3 Carnei 0 346

363

errori ben piccoli, attesa la variabilità notata de1 poli strumentali, e il piccolo numero delle osservazioni.

141. ° Dalle tavole IH e IV sono state escluse le osservazioni dei gior- ni 27 , 28 e 31 luglio per la mancanza de’ poli strumentali osservati negli

stessi giorni. Il medio de’ poli strumentali è 48° 6' 22” 419. Se da questo

si deducono le apparenti declinazioni e quindi le medie dell’epoca, le osser- vazioni saranno 17, e dal medio di tutte si avrebbe

£ Scorp. D = 34° V 32” 630 /3 Cam. . . 60 13 27 998

e gli errori saranno

a Scorp. Cat. osser. 0” 670

/2 Cam 0 868.

142. ° Supponiamo ora che le declinazioni apparenti, per esempio, della

3 Scorpione si vogliano dedurre dal corrispondente medio de’ poli osservati ne’ mesi di luglio e di agosto: in questo caso se dalle apparenti si passi alle

medie dell’ epoca si avrebbero 15 medie declinazioni osservate , e quindi il

medio di tutte sarebbe

£ Scorp. D = 34° r 33” 077

e perciò cat. cal. 1” 117. Gli errori sono sempre piccoli, ma maggior precisione si ha nella ipotesi che le apparenti declinazioni si deducano dai rispettivi poli strumentali.

143. ” Le premesse osservazioni della e Scorpione e /3 Camelopardo fu- rono da me tentate per indagare se, con rapido e brusco movimento del- 1’ asse ottico dal sud al nord , o viceversa , si presentasse alcuna deviazione dell’asse medesimo dal piano del meridiano : per scuoprire se si manife- stasse errore alcuno di eccentricità: per poter dedurre qualche cosa sulla inflessione dell’asse ottico. Dalle osservazioni però venni assicurato che la po- sizione dello stromento non era punto turbata e perchè le differenze delle ascensioni rette osservate e calcolate erano ne’ limiti degli errori delle osser- vazioni che dipendono dall’elemento del tempo, e perchè insensibili erano le differenze fra le quantità (Z -e- r) -+- (Z'-+- r) e A + A' le quali e per un errore di eccentricità e per una inflessione dell’asse ottico dovevano variare nei va- lori di Z e Z', quando quelli di r ed r', di A e A' sieno esatti. Dal metodo medesimo venni anche assicurato che insensibile era 1’ errore nella somma delle rifrazioni calcolate ed osservate.

47

364

144.° Ciò posto mi determinai a tentare lo stesso metodo a distanze maggiori di 80°: in tale ipotesi l’asse ottico si trovava qualche volta obbli- gato a descrivere quasi due quadranti, quali appunto avrebbe descritti se in vece di collimare due stelle avessi collimati i micrometri di due collimatori preparati a tal’ uopo con fatica e perdita di tempo. Ma lo scopo principale delle mie osservazioni era la determinazione delle rifrazioni osservate a pic- cola altezza sull’orizzonte. Nelle seguenti tavole presento queste osservazioni collo stesso ordine con cui sono state fatte. Seguendo le tracce del cel. Car- lini (1) ho procurato determinare simultaneamente e quasi alla stessa altezza sull’orizzonte le rifrazioni al sud e al nord. Che se non presento qui sepa- ratamente e per ordine delle distanze le osservazioni delle stelle australi e delle circumpolari è perchè, a Dio piacendo, intendo continuarle nel seguente anno 1856. Le indicazioni poste in testa delle diverse colonne non hanno bi- sogno di schiarimento.

(1) Eff. di Milano 1850.

RIFRAZIONI OSSERVATE

A PICCOLE ALTEZZE SULL’ORIZZONTE

PRIMA SERIE DI OSSERVAZIONI

FATTE AL CIRCOLO MERIDIANO

DAL GIORNO 30 NOVEMBRE 1834 AL GIORNO 1 DECEMBRE 1833-

- 366

Giorni

Nom. delle Stelle

Arco letto

Polo strum.

Deci. app. oss.

Deci. ap. cale.

1854 Nov. 30

i Fenice

85° 9' 0"750

P.480 6' 26"617

43° 15' 27" 367

43“ 25' 19"955j

, ,

7 Ors. mag.

276 31 13 500

54 37 40 117

54 29 55 405

. .

7 Fenice

85 46 23 000

. -

43 52 49 617

44 3 55 496

, ,

^ Ors. mag.

272 12 53 250

50 19 19 867

50 2 13 780

Dee. 3

L Fenice

85 8 47 750

P.48 6 29 507

43 15 17 257

43 25 20 175

, ,

7 Ors. mag.

276 31 16 750

54 37 46 257

54 29 54 700

. .

Fenice

84 49 49 50

42 56 19 007

43 5 54 169

. .

Q Ors. mag.

272 13 6 000

50 19 35 507

50 2 12 771

4

a Fenice

84 49 48 750

P.48 6 32 176

42 56 20 926

43 5 54 280

0 Ors. mag.

272 12 59 250

50 19 31 426

50 2 12 430

o

u Grue

89 8 18 830

P.48 6 25 903

47 14 44 733

47 39 59 342

:-) .

7 Ors. mag.

276 31 23 250

54 37 49 153

54 29 54 263

r!

oc Fenice

84 49 50 375

42 56 16 278

43 5 54 411

.

vj Ors. mag.

272 13 10 250

50 19 36 153

50 2 12 128

13

7 Ors. mag.

276 31 17 750

P.48 6 28 311

54 37 46 161

54 29 52 691

V Ors. mag.

272 12 53 250

50 19 21 561

50 2 9 5171

14

P Grue 7 Ors. mag. « Fenice

83 55 40 250 276 31 22 500

84 49 53 000

P.48 6 24 975

42 2 5 225 54 37 47 475

42 10 28 500 54 29 52 394

43 5 55 316

42 56 17 975

i

7 Fenice

85 46 11 500

43 52 36 475

44 3 57 713

15

p Grue

83 55 36 500

P.48 6 26 769

42 2 2 269

42 10 28 427

oc Fenice

84 49 50 250

42 56 17 019

43 5 55 386

7 Fenice

85 46 12 000

43 52 38 769

44 3 57 844

18

Ors. mag.

272 13 3 750

P.48 6 22 968

50 19 26 718

50 2 8 073

20

vj Ors. mag.

272 12 48 250

P.48 6 26 825

50 19 15 075

50 2 7 519

21

? Fenice

84 49 53 000

P.48 6 28 418

42 56 21 418

43 5 55 750

22

a Fenice

84 49 56 950

P.48 6 23 932

42 56 20 882

43 5 55 790

,

7 Fenice

85 46 11 500

43 52 35 432

44 3 58 841

24

7 Fenice

85 46 17 250

P.48 6 26 482

43 52 43 732

44 3 59 057

» .

vj Ors. mag.

272 12 58 750

50 19 25 232

50 2 6 416

% Fenice

87 3 55 250

45 10 21 732

45 24 57 395

25

1 Fenice 7 Ors. mag. f] Ors. mag.

85 8 41 000 276 31 17 750 272 13 15 000

mP.48 6 26 797

43 15 7 797 54 37 44 547

43 25 20 707 54 29 50 734 50 2 6 154

56 19 41 797

. #

X Fenice

87 3 39 500

46 10 6 297

46 24 57 528

, ,

0 Erid.

82 39 47 750

40 46 14 547

40 5 3 28 307

30

^ Pes. aus.

72 14 12 250

P.48 6 25 200

30 20 37 450

30 23 38 665

7 Ors. mag.

276 31 26 100

54 37 51 300

54 29 50 170

7 Fenice

85 46 4 200

43 52 29 450

44 3 59 805

‘i *

fi Ors. mag.

272 13 22 500

50 19 47 700

50 2 4 924

367

Barom.

Ter.C.

0m745 0

11 9

0 748 9

10 8

0 758 1

11 7

0 757 7

10 4

0 754 4

9 9

0 758 0 0 758 3 0 758 4

11 8 11 3 9 8

0 750 3 0 751 1 0 754 0

9 2 9 0 8 6

0 755 1 0 757 9

8 4 8 7

Ò *745 2 0 743 9 0 749 5 0 751 1 0 756 9 0 750 7

. . . .

7 0 1

8 7 1

8 7

9 6

7 7 1

8 0 1 . ... 1

. ... 1

0 759 0

9 1 1

0 760 5

6 3

0 759 8

7 6

0 761 2

5 8

Rifra. cal.

9' 54" 100 7 42 440 11 7 710

17

10

7

6 020 17

4 010 50 360 9 36 040 17 19 750 9 34 600 17 16 580

7 52 9 37

906 810 910 600 17 940 200 580

7 49

7 16

8 23 7 53 210

9 37 170 1 18 900

Rifra. oss.

9'

7

11

10

H

i

9

17

9

17

25

7

9

8 26 9 39

7 8 9 33 9 32 1 22

1 16 17 18

7 55 7 38 4 53 7 13 3 1 7 58 1 30 7 40

7

17

8

7 9

11

8 9

11 660 17 590 17 470! 9 950 9 320111 17011 830,17

030 14 590 10

090

900

650

52"588 44 712

5 879

6 087 2 918

51 557 35 162

22 736 33 354 18 996

14 609

54 890 38 133 24 025 53 470 12 044

23 275

55 081 37 341 21 238

Cal-oss.

Annotazioni

-4-1 "512 -2 272 -t-1 831 0 067

460

030

330

190

730

420

890

340

7

17

14

7 3

8 11 17

26 158 38 367 19 075 18 645 7 556 34 332

34 908 23 409 15 325 18 816

35 663

12 910 53 813 35 643 51 231

13 760 1 215 1 130

30 455 42 776

+1 1

092

197

-4-0 878

—2

-ni

986

246

Calma

Oscillante

Calma

Oscillante

Calma

—2 416

—2 703 —2 080 0 223 -2 425

3 530 Nebbia al nord -4-4 156 Incerta per la nebbia -4—0 305 Calma -1 871 -0 171 —2 338

0 068

-4-1

-f-1

—3

H-l

533 575 985 Oscillante

034

-0 862

1 —1

958

089

Calma

-4-0 845 -4-0 014

-4-1 367 —2 320 -4-1 647 -f-2 387 -4-2 099 -0 570 -+-0 515 -2 710 Oscillante -4-0 435 Calma -2 436'Oscillante

368

Giorni

Nortt. delle Stelle

Arco letto

Polo strum.

Decl.app. oss.

Deci. app. cale.

1854 Dee.

30

9 Erid.

82°

39'

48" 150

P.48°6'25"200

40°

46'

13 '350

40°

53'

29"157

31

y Ors. mag.

276

31

18 500

mP.48 6 26 797

54

37

45 297

54

29

50 074

1855 Gen.

2

7 Ors. mag.

276

31

11 500

P.48 6 27 271

54

37

38 771

54

29

49 889

* ,

‘4 Ors. mag.

272

12

49 000

mP.48 6 24 803

50

19

16 271

50

2

4 209

3

7 Ors. mag.

276

31

18 150

54

37

42 953

54

29

49 827

# #

a Fenice

84

49

58 100

42

56

22 903

43

5

56 007

4

« Pes. aus.

72

14

12 800

30

20

37 603

30

23

38 504

, .

7 Ors. mag.

276

31

23 250

54

37

48 053

54

29

49 647

# .

a Fenice

84

49

49 125

42

56

13 928

43

5

55 983

'4 Ors. mag.

272

13

10 750

50

19

35 553

50

2

3 801

X Fenice

87

3

40 500

45

10

5 303

45

24

58 585

5

« Pes. aus.

72

14

12 500

30

20

37 303

30

23

38 447

7 Ors. mag.

276

31

23 500

>

54

37

48 303

54

29

49 684

# .

a Fenice

84

49

48 060

43

56

12 863

43

5

55 965

a.

>2 Ors. mag.

272

13

8 250

50

19

33 053

50

2

3 582

6

u Pes. aus.

72

14

12 750

30

20

37 553

30

23

38 422

# .

7 Ors. mag.

276

31

21 000

54

37

45 803

54

29

49 608

# *

« Fenice

84

49

49 000

42

56

13 803

43

5

55 935

9 Erid.

82

39

54 000

40

46

18 803

40

53

30 170

9

a Fenice

84

49

47 000

P.48 6 27 513

42

56

14 513

43

5

55 854

9 Erid.

82

39

47 450

40

46

14 963

40

53

30 609

io

« Fenice

84

49

49 500

P.48 6 23 760

42

56

13 260

43

5

55 810

Feb,

26

x Cigno

275

8

51 690

P.48 6 20 271

53

15

11 961

53

5

44 875

27

x Cigno

275

8

50 300

P.48 6 23 090

53

15

13 390

53

5

44 665

# #

t2 Cigno

273

31

18 200

51

37

41 290

51

24

59 089

a. a

te Nave

82

21

56 800

40

28

19 890

40

35

5 121

# .

7 Argo

88

27

58 250

46

34

21 340

46

54

47 984

Mar.

6

x Cigno

275

8

49 750

P.48 6 23 373

53

15

13 123

53

5

43 344

® a

w Nave

82

21

58 690

40

28

22 063

40

35

6 737

11

x Cigno

275

8

44 250

mP.48 6 25 184

53

15

9 434

53

5

42 560

14

a Colomb.

75

59

14 600

34

5

39 784

34

9

25 971

# #

7 Drag.

273

36

6 500

51

42

31 684

51

30

0 885

16

a Colomb.

75

59

15 870

P.48 6 21 428

34

5

37 298

34

9

25 817

et Colomb.

P.48 6 24 464

34

5

40 334

7 Drag.

273 36

10 000

P.48 6 21 428

51

42

31 418

51

30

0 676

7 Drae.

P.48 6 24 464

51

42

34 464

Aprile

8

£ Argo

81

23 42 500

P.48 6 24 344

39

30

6 844

39 36

2 673

# #

Argo

88 28 56 500

46

35

20 844

46 55 21 964

9

7 Arso

88 28 21 500

mP.48 6 25 769

46

34

47 269

46

54 54 242

12

£ Argo

81

23 39 800

P.48 6 26 160

39

30

5 960

39

36

2 677

369

Barom.

Ter.C.

Rifraz.

cal.

Rifr-

oss.

Cai-

-OSS.

Annotazioni

0

761

2

5

8

7'

14'

'410

7'

15'

'807

r

'397

Calma

0

752

5

7

6

7

54

040

7

55

223

i

183

»

0

742

7

9

1

7

45

360

7

48

882

—3

522

Incerta

per

la nebbia

0

745

0

8

4

17

10

260

17

12

062

ì

802

Calma

annebbiata

0

753

8

10

0

7

50

740

7

53

126

—2

386

Calma

9

34

030

9

33

104

-h0

926

»

0

761

3

8

6

3

1

410

3

0

901

+0

509

»

7

57

690

7

58

406

0

716

»

9

42

670

9

42

055

-4-0

615

»

0

762

0

7

5

17

35

560

17

31

752

-4-3

808

»

!4

51

240

14

53

282

—2

042

»

0

763

5

8

8

3

1

800

3

1

144

-4-0

656

»

.

7

58

710

7

58

619

-4-0

091

»

4

9

43

920

9

43

102

-4-0

8)8

»

17

32

520

17

29

471

-4-3

049

Calma

annebbiata

0

764

5

9

8

3

1

360

3

0

869

4-0

491

Calma

7

57

710

7

56

195

4-1

515

Oscillante

9

42

510

9

42

132

4—0

378

Calma

7

9

810

7

11

367

1

557

))

0

762

4

8

8

9

43

070

9

41

341

4-1

729

Oscillante

0

762

6

7

2

7

12

920

7

15

646

—2

726

Oscillante

0

760

2

8

1

9

42

920

9

42

550

4-0

370

Calma

annebbiata

0

745

6

11

9

9

25

660

9

27

086

1

426

Calma

0

747

4

11

5

9

27

870

9

28

725

0

855

»

12

41

050

12

42

201

1

151

»

6

42

900

6

45

231

—2

331

Calma

annebbiata

20

23

210

20

26

644

—3

434

Incerta

per

la nebbia

0

751

3

12

3

9

29

250

9

29

779

0

529

Calma

6

43

840

6

44

674

0

834

»

0

740

9

9

5

9

27

340

9

26

874

4-0

466

»

0

744

8

10

0

3

45

140

3

46

187

1

047

»

12

30

400

12

30

799

0

399

»

0

754

1

12

0

3

46

270

3

48

519

-2

249

»

45

483

4-0

787

»...

(1)

12

34

040

12

30

742

4-3

298

Calma

12

33

788

4-0

252

a

(2)

0

746

2

16

3

5

53

890

5

55

829

1

939

Oscillante

20

5

580

20

1

120

4-4

460

Cielo nuv. Striscia ser. all’oriz. (3) !

0

747

2

15

1

20

8

980

20

6

973

4-2

007

Oscillante

0

751

4

15

7

5

57

070

5

56

717

4-0

353

Calma

370

Giorni

Nom. delle Stelle

Arco letto

Polo strum.

Deci. app. oss.

Deci. ap. cale.

1855 Apr. 16

q Argo $ Cefeo

83° 10' 45" 500 279 39 1 000

mP.48° 6' 25" 769

41° 17' 11 "269 57 45 26 769

41° 24' 35 "817 57 40 7 423

17

q Argo

83 10 45 500

41 17 11 269

41 24 35 953

p Lucert.

273 35 59 850

51 42 25 619

51 29 56 249

# #

§ Cefeo

279 39 6 250

57 45 32 019

57 40 7 315

, ,

9 Lucert.

272 55 33 000

51 1 58 769

50 47 36 099

# #

Cefeo

288 21 50 250

66 28 16 019

66 25 25 972

20

q Argo § Cefeo

83 10 49 250 279 39 0 700 83 10 48 000

41 17 15 019 57 45 26 469

41 24 36 332 57 40 7 025

; 21

q Argo

41 17 13 769

41 24 36 459

d Cefeo

279 39 0 000

57 45 25 769

57 40 6 938

i Mag. 2

Cent.

83 38 33 500

P.48 6 27 246

il 45 0 746

il 52 53 469

5

q Argo

83 10 53 800

P.48 6 25 880

41 17 19 680

41 24 37 698

d Cefeo

279 38 55 150

57 45 21 030

57 40 6 184

V . .

Centau..

83 38 39 000

41 45 4 880

41 52 54 240

10

Centau.

83 38 41 000

Pm.48 6 25 011

41 45 6 011

41 52 55 484

20

v Cent.

82 44 42 500

P.48 6 21 678

40 41 4 178

40 58 3 234

£ Cent.

88 9 40 250

46 16 1 928

46 34 37 537 45 34 39 907

21

v Cent.

82 44 37 000

Pm.48 6 25 298

40 51 2 298

40 58 3 372

£ Cent.

88 9 30 150

46 15 55 448

46 34 37 700

46 34 40 070

24

v Cent.

82 44 42 000

Pm.48 6 23 670

40 51 5 670

40 58 3 805

25

y Cent.

83 31 12 250

Pm.48 6 24 939

41 37 37 189

41 45 15 330

# #

v2 Cent.

86 35 10 000

44 41 34 939

44 54 14 280

26

y Cent.

83 31 13 800

Pm.48 6 24 085

41 37 37 885

41 45 15 473

z Cent.

88 9 55 750

46 16 19 835

46 34 38 585 46 34 40 955

v2 Cent.

86 35 10 800

44 41 34 885

44 54 14 347

9i Pers.

277 11 14 750

55 17 38 835

55 10 38 228

11 Pers.

276 30 10 000

54 36 34 085

54 28 58 129

vj Pers.

277 17 51 800

55 24 15 885

55 17 21 149

, ,

t Pers.

274 14 15 000

52 20 39 085

52 9 52 439

Mag. 29

y Cent.

83 31 13 800

P.48 6 26 126

41 37 39 926

41 45 15 872

v2 Cent.

86 35 10 250

44 41 36 376

44 54 14 933

9 i Pers.

277 11 12 250

55 17 38 376

55 10 37 938

'

11 Pers.

276 30 10 500

54 36 36 626

54 28 57 938

! # #

>j Perseo

277 17 49 000

55 24 15 126

55 17 20 798

•.

t Perseo

274 14 17 000

52 20 43 126

52 9 52 123

30

y Cent.

83 31 14 600

Pm.48 6 26 315

41 37 40 915

41 45 16 005

371

Baroni.

Ter.C.

Rifraz. cal.

Rifr- oss.

Cal-oss.

Annotazioni

0-757 8

17 8

7'21"830

7' 24" 528

—2" 688

Oscillante

5 20 820

5 19 346

Calma

0 756 9

16 5

7 27 490

7 24 684

-t-2 806

Oscillante

12 31 770

12 29 370

-i-2 400

Calma

5 24 880

5 24 704

-4-0 176

))

14 26 670

14 22 670

-4-4 000

Incerta per la nebbia (a)

2 50 740

2 50 047

0 693

Calma

0 755 6

17 5

7 21 030

7 21 313

—0 283

»

5 20 080

5 19 444

-4-0 636

))

0 755 6

17 6

7 20 860

7 22 690

1 830

)>

5 20 120

5 18 831

+ [ 289

))

0 753 3

14 0

7 53 920

7 52 723

-+-1 197

»

0 753 1

19 6

7 16 250

7 18 018

+ 1 768

»

5 16 770

5 14 846

-f-1 924

))

0 755 1

16 9

7 50 160

7 49 360

h-0 800

Calma. Rapida variaz. di temp.

0 753 0

16 1

7 50 270

7 49 473

-+-0 797

Calma

0 754 3

15 2

7 0 110

6 59 056

t— 1 054

»

18 40 500

18 35 609

-4-4 891

))

18 37 979

h-2 521

w

0 758 0

15 4

7 1 840

7 1 074

+0 766!

Calma

18 47 330

18 42 252

-+-5 078

)>

18 44 622

-t-2 70 à

(5)

0 755 8

18 3

6 56 200

6 58 135

1 93/3

Calma

0 754 2

19 3

7 37 600

7 38 141

0 544

)>

12 43 100

12 40 714

h-2 386

Incerta per la nebbia

0 753 1

19 2

7 37 090

7 37 588

0 598

Calma

18 23 240

18 18 750

h-4 490

»

18 21 120

h-2 120

(6)

12 41 750

12 40 538

-+-1 212

Calma

6 56 900

7 0 617

—3 717

)>

7 35 790

7 35 956

0 166

»

6 51 220

6 54 736

—3 516

)>

10 49 910

10 46 646

-h3 274

Calma. Le ult. tre incer. per la neb-

0 753 8

20 2

7 35 980

7 35 946

-+-Ò 034

Calma

12 40 420

12 38 557

h-1 863

))

6 55 840

7 0 438

—4 598

Calma annebbiata

7 34 570

7 38 688

—4 118

Calma annebbiata

0 754 0

19 8

6 50 880

6 55 328

—4 448

Calma annebbiata

10 49 220

10 51 003

1 803

Calma annebbiata

0 753 9

20 3

7 35 770

7 35 090

h-0 680

Calma

48

372

Giorni

Nom. delle Stelle

Arco

letto

Polo

strum.

Deci. app.

oss.

Deci. ap.

cale.

1855 Mag.

30

vj Pers.

277°

17'

47"

750

Pm.48°

6'

26"

315

55*

24'

14'

065

55°

17'

20'

689

Giug

2

[j. Cent.

83

31

11

250

P.48

6

24

261

41

37

35

551

41

45

16

365

4

v Cent.

82

44

46

000

Pm.48

6

25

357

41

51

11

357

40

58

5

168

v2 Cent.

86

35

13

000

44

41

38

357

44

54

15

759

. .

9* Pers.

277

11

13

900

55

17

39

357

55

10

37

488

. .

11 Pers.

276

30

11

500

54

36

36

857

54

28

57

376

vj Perseo

277

17

48

750

55

24

13

107

55

17

20

196

8

n Perseo

277

17

47

750

P.48

6

21

832

55

24

9

582

55

17

19

861

12

v Cent.

82

44

46

750

Pm.48

6

25

485

40

51

12

235

40

58

5

943

V2 Cent.

86

35

13

250

44

41

38

135

44

54

16

721

>3 Pers.

277

17

43

250

55

24

8

735

55

17

19

587

Lupo

85

53

22

100

43

59

47

585

44

10

52

015

13

v Cent.

82

44

50

500

mP.48

6

25

615

40

51

16

115

48

58

6

010

. .

y2 Cent.

86

35

13

250

44

41

38

865

44

54

16

810

<1 Pers.

277

17

38

750

55

24

4

365

55

17

19

560

.

fi Lupo

84

18

10

500

42

24

36

115

42

33

4

290

25

p Lupo

84

18

7

500

P.48

6

28

063

42

24

35

563

42

33

5

590

. .

n Lupo

88

4

40

500

46

11

8

563

46

29

8

970

. ,

a Pers.

271

33

50

500

49

40

18

563

49

20

25

660

Lupo

85

53

20

000

43

59

48

063

44

10

53

740

X Perseo

272

7

47

750

50

14

15

813

49

57

9

600

26

/3 Lupo

84

18

7

000

Pm.48

6

26

051

42

24

33

051

42

33

5

790

28

vj Perseo

277

17

44

500

Pm.48

6

25

732

55

24

10

232

55

17

18

530

. .

/3 Lupo

84

18

12

500

42

24

38

232

42

33

5

860

.

a Perseo

271

33

38

000

49

40

3

732

49

20

25

520

. ,

X Perseo

272

7

40

500

50

14

6

232

49

57

9

350

29

>7 Perseo

277

17

47

150

P.48

6

24

624

55

24

8

773

55

17

18

500

/3 Lupo

84

18

15

000

42

24

39

624

42

33

5

950

. ,

a Perseo

271

33

38

000

49

40

2

624

49

20

25

490

30

fi Lupo

84

18

14

600

Pm.48

6

25

158

42

24

39

758

42

33

5

990

Lupo

85

53

26

000

43

59

51

158

44

10

54

110

Lng.

5

/3 Lupo

84

18

17

500

P.48

6

24

456

42

24

41

956

42

33

6

410

Seti.

27

a Grue

89

8

26

750

P.48

6

26

102

47

14

52

852

47

39

34

908

Ott.

4

jS' Sagitt.

86

25

7

500

P.48

6

24

185

44

31

31

685

44

43

49

055

44

43

47

605

k Mieros.

84

54

35

800

43

0

59

985

43

10

22

719

# #

a Grue

89

8

47

000

! +

47

15

11

185

47

39

36

167

<*' Grue

85

56

21

750

44

2

45

935

44

13

59

898

13

k Mieros.

84

54

30

750

mP.48

6

25

071

43

0

55

821

43

10

23

883

14

Mieros.

84

54

36

000

43

1

1

071

43

10

24

013

373

Barom.

Ter.C.

Rifraz. cal.

Rifr. oss.

Cal-oss.

Annotazioni

0m754 0

19 0

6' 52" 060

6' 53" 376

1"316

Calma

0 754 6

20 6

7 35 810

7 40 814

—5 004

Incerta per la nebbia

0 754 5

21 3

6 51 090

6 53 811

—2 721

Calma

12 37 950

12 37 402

—i—O 548

)>

0 755 2

19 8

6 57 210

7 1 869

—4 659

»

7 36 070

7 39 481

—3 411

»

6 51 530

6 52 911

1 381

»

0 758 9

22 2

6 50 000

6 49 721

-+-0 279

»

0 758 8

22 0

6 52 350

6 53 708

1 358

»

12 40 370

12 38 586

n— 1 384

))

6 50 330

6 49 148

-+-1 182

))

1 1 3 580

11 4 430

0 950

)> (b)

0 756 5

23 4

6 49 160

6 49 895

0 735

\ i

»

12 34 300

12 37 945

3 645

Incerta per la nebbia

6 47 090

6 44 805

h-2 285

Incerta per la nebbia

8 25 760

8 28 175

—2 415

Incerta per la nebbia

0 755 8

20 1

8 31 290

8 30 027

-f-1 263

Calma

.... -

17 58 590

18 0 407

1 817

))

19 48 420

19 52 903

—4 483

Cielo nuv. al N. Striscia sor. all’oriz.

1 1 5 390

11 5 677

0 987

Calma

17 2 600

17 6 213

—3 613

Cielo nuv. Striscia ser. all’oriz.

0 759 1

20 5

8 32 650

8 32 739

0 089

Calma

0 757 3

22 9

6 48 070

6 51 702

—3 632

Incerta per la nebbia

8 27 080

8 27 528

0 448

Calma

19 40 120

19 38 212

h-1 008

Calma annebbiata

16 54 600

16 56 882

2 282

Calma annebbiata

0 757 1

22 7

6 48 200

6 50 273

—2 073

Calma annebbiata

. . . .

8 27 380

8 26 326

-f-1 054

Calma

19 40 650

19 37 134

—3 516

Calma annebbiata

0 758 7

23 5

8 27 110

8 26 232

-+-0 878

Calma

11 0 080

11 2 952

2 872

))

0 756 7

25 5

8 22 270

8 24 454

—2 184

Calma annebbiata

0 757 9

16 8

24 45 364

24 42 056

-4-3 308

Oscillante per la nebbia

0 755 6

21 0

12 14 320

12 17 370

—3 050

Calma

12 15 920

1 600

(7)

0 755 6

20 0

9 21 830

9 22 734

0 904

V v Calma

24 25 049

24 24 982

-f-0 067

»

11 11 700

11 13 963

—2 263

»

0 753 5

15 8

9 28 700

9 28 062

-f-0 638

»

0 754 2

19 7

9 21 400

9 22 942

1 542

»

I

- 374

Giorni

Nom. delle Stelle

Arco

letto

Polo strum.

Deci. app.

oss.

Deci. ap. cale.

1855 Ott.

14

ex Grue

89°

8'

49"

750

mP.48° 6'

25"

071

47°

15'

14"

821

47°

39'

37'

979

.

d' Grue

85

56

22

800

44

2

47

871

44

14

1

664

.

/ 3 Grue

89

7

41

500

. - . .

47

14

6

571

47

38

26

103

. .

9 Grue

86

0

15

500

44

6

40

571

44

18

1

348

18

£ Sagitt.

84

0

16

000

P.48 6

25

432

42

6

41

432

42

14

51

870

. .

k Micr.

84

54

35

300

43

1

0

732

43

10

24

458

6 Grue

85

56

25

000

44

2

50

432

44

14

2

370

Nov.

8

7 Ors. mag.

276

31

7

500

P.48 6

24

957

54

37

32

457

54

29

39

469

. ,

« Fenice

84

49

31

909

42

55

56

866

43

5

28

510

16

6' Grue

85

56

14

750

P.48 6

25

595

U

2

40

345

44

14

5

772

p Grue

83

55

30

000

42

1

55

595

42

10

9

501

ex Pes. aus.

72

13

54

500

30

20

20

095

30

23

17

174

0 Grue

86

0

7

500

44

6

33

095

44

18

6

451

1 Fenice

85

8

35

750

43

15

1

345

43

24

57

396

; .

7 Ors. mag.

276

30

55

750

54

37

21

345

54

29

37

600

# #

ex Fenice

84

49

37

800

42

56

3

395

43

5

30

027

7 Fenice

85

46

0

500

43

52

26

095

44

3

31

502

. .

Ors. mag.

272

12

42

250

50

19

7

845

50

1

58

263

30

1 9 Grue

86

0

5

250

/.41 53

34

348

44

6

30

902

44

18

7

538

* Fenice

85

8

33

250

43

14

58

902

43

24

58

819

7 Ors. mag.

276

30

56

500

54

37

22

152

54

29

33

820

, ,

a Fenice

84

49

36

250

42

56

1

902

43

5

32

216

•y Fenice

85

45

57

500

43

52

23

152

44

3

34

562

7 Ors. mng.

276

30

57

430

P.48 6

30

764

54

37

28

194

54

29

33

820

« Fenice

84

49

25

000

141 53

34

348

42

55

55

764

43

5

32

216

Dee.

1

® Grue

86

0

6

250

44

6

31

902

44

18

7

603

. .

£ Fenice

85

8

34

000

43

14

59

652

43

24

58

908

. .

7 Ors. mag.

276

30

53

000

54

37

18

652

54

29

33

591

Fenice

84

49

35

100

42

56

0

752

43

5

32

361

j7 Fenice

85

45

58

500

43

52

24

152

44

3

34

642

, .

Ors. mag.

272

12

38

000

50

19

3

652

50

1

52

968

7 Ors. mag.

276

30

50

250

P.48 6

29

050

54

37

19

300

54

29

33

591

'ex. Fenice

84

19

25

000

42

55

54

050

43

5

32

361

TAV. (a)

Nov.

30

7 Ors. mag.

276

30

57

430

P.48 6

31

202

54

37

28

632

54

29

33

820

, ,

ex Fenice

84

49

25

000

42

55

56

202

43

5

32

216

! Dee.

1

■y Ors. mag.

276

30

50

250

P.48 6

29

438

54

37

19

688

54

29

33

591

oc Fenice

84

49

25

000

42

55

54

438

43

i

1

5

32

361

Baioni.

Ter.C.

Rifraz. cal.

Rifr. oss.

Cal-oss.

Annotazioni

0 ^754 2

19 7

24' 23"912

24' 23" 158

-f-0"754

Calma

11 11 170

11 13 793

—2 623

»

0 754 2

19 4

24 18 590

24 19 532

0 942

»

11 20 150

11 20 777

0 627

»

0 757 9

21 4

8 8 450

8 10 438

1 988

»

0 758 0

21 0

9 21 600

9 23 726

—2 126

Dubbia

11 11 400

11 12 938

1 538

Calma

0 756 0

11 0

7 50 330

7 52 988

—2 658

Oscillante

9 33 150

9 31 644

+1 506

Calma

0 757 8

14 8

11 26 220

11 25 425

-+-0 795

»

8 14 540

8 13 906

-+-0 634

«

2 56 190

2 57 079

0 889

»

11 34 680

11 33 356

-4-1 324

»

9 56 600

9 56 051

h-0 549

»

7 45 080

7 43 745

-i-l 335

Oscillante

9 26 560

9 26 630

0 072

Calma

0 758 3

13 9

11 7 630

11 5 407

h-2 223

»

17 7 950

17 9 609

1 659

Oscillante

0 749 7

10 8

1 1 37 450

11 36 636

-+-0 814

Calma (a)

9 58 970

9 59 917

0 947

»

0 749 8

10 3

7 47 920

7 48 332

0 412

Calma fra la nebbia

9 29 950

9 30 314

0 364

Oscillante

0 749 9

9 5

11 11 060

11 11 410

0 350

Calma

0 751 8

10 0

7 49 780

7 54 374

—4 594

(b)

0 752 4

9 1

9 34 180

9 36 452

—2 272

0 748 1

10 5

11 36 730

11 35 701

+1 029

Calma (a')

9 58 500

9 59 256

0 756

»

7 46 620

7 45 061

-+-1 559

Oscillante

0 748 8

9 6

9 30 590

9 31 609

1 019

Oscillante

1 1 9 630

Il 10 490

0 860

Oscillante

17 11 500

17 10 684

-4-0 916

Oscillante

0 751 8

8 9

7 51 730

7 45 709

-4-6 021

(V)

9 33 940

9 38 311

—4 371

TAV. (a)

0 751 8

8 6

7 52 150

7 54 812

—2 662

0 752 4

7 7

9 37 180

9 36 014

-4-1 166

0 751 8

7 0

7 55 100

7 46 097

h-9 003

0 751 8

7 1

9 38 020

9 37 923

-4-0 097

376

145. ° Nelle osservazioni (a) (a1) si vede notata la latitudine in luogo del polo strumentale. Ciò prova quanto io sia sicuro del principio di numerazione. La zenittale 41 Evelio si trovava al mio zenit. L’osservai nel giorno 30 nov. e nel 1 decem. Le declinazioni apparenti calcolate erano 41“ 53' 33” 825 ; 41° 53' 33” 943. Gli archi letti furono 0' 0” 5; 0' 0” 3.

146. ° Le osservazioni (b) ( b ') mi sono state communicate dal eh. P. Secchi colle seguenti annotazioni « La sera del 30 misurai lo spettro al micrometro )> meridiano mentre passava a Fenice e trovai 12” 5 per lunghezza: collimai » però al giallo. La sera del 1 decem. la stella oscillava , e fu puntata al » filo medio , ma al filo discese di 5”, poi salì almeno di altrettanto e » stette così finché passò fuori del campo ». Interrogato da me , come gli archi letti del 7 Ors. mag. presentassero una differenza di 7”, mentre gli ar- chi dell’ oc Fenice erano identici , e quasi identici quelli della polare , come risulta dai poli strumentali , così gentilmente mi rispose: « Ancor io restai » sorpreso dal vedere che mentre una delle stelle orizzontali dava lo stesso » numero, 1’ altra differiva : mi pare che il fenomeno di oc Fenice la quale » stava ora sopra ora sotto al filo per non breve tempo e non solo saltando, » ma mantenendovisi così sospesa, debba togliere ogni difficoltà. Si vede che » le rifrazioni si conservano alterate per del tempo notabile , onde se av- » venga di appuntare la stella in uno di que’ momenti, certo si sbaglia. Ella » forse non è soggetta a tante irregolarità nelle sue osservazioni perchè usa » un piccolo ingrandimento, cioè il minimo di 60, io invece uso circa 200: » F oscillazione di 1” diventa quasi 4” nel mio, e sono soggetto a puntare » non nella posizione per dir così media , ma nella attuale della stella quando » passa al centro del campo. Così anche spiego qualche salto talora osser- » vato nella polare , e specialmente nel prendere 1’ AR di questa stella. Di » più ella vedrà lo spettro della stella di un diametro d’ una quarta parte » di quello che vedo io, a qual punto preciso abbiamo collimato ciascuno ? » Queste riflessioni del eh. astronomo sono eccellenti, e spiegano forse la dif- ferenza degli errori che si trovano fra le sue e le mie osservazioni, special- mente in due sere in cui e la pressione barometrica e la temperatura erano pressoché le stesse nelle due specole. I fenomeni osservati sono circa i me- desimi. Anche io ho una differenza di 3” 5 negli archi del 7, gli errori cam- biano di segno. Nell’# Fenice la differenza negli archi è insensibile, gli errori mantengono lo stesso segno. Dirò poi che le forti oscillazioni e i salti notati dal lodato astronomo sono egualmente notati da me. Di queste oscillazioni e

377

salti parlerò nelle note particolari che faccio alla serie delle mie osserva- zioni (152°). Debbo aggiungere , che a mio parere , in queste osservazioni non debba usarsi un forte ingrandimento. I diametri apparenti degli astri nelle vicinanze dell’orizzonte sono bastantemente ingranditi; quelli delle stelle di 1“ e 2a grandezza occupano lo spazio fra i due fili orizzontali, e qualche volta n’escono fuori i lembi estremi. Quando dunque si procuri che i lembi suddetti sieno tangenti ai due fili, si collima sicuramente il centro. Final- mente a scanso di qualunque equivoco debbo dire che nella riduzione del- 1’ altezza barometrica io ho sempre usato nelle mie osservazioni della tem- ratura media fra i due termometri , e che con questa ho preso il relativo fattore nella tav. II di Caillet. Il P. Secchi ha ridotto l’altezza barometrica alla temperatura del solo termometro esterno; avendomi però indicato quello annesso al barometro, il fattore della tav. Il l’ho preso colla media tempe- ratura. Dopo ciò mi venne il pensiero di calcolare le rifrazioni nella ipotesi che il fattore della tav. II si dovesse prendere colla temperatura del solo ter- mometro esterno. Le osservazioni sono rappresentate come nella tavola (a).

14-7.° L’errore di 9" del giorno 1 decembre è dovuto sicuramente alla osservazione. L’accordo che si trova in quelle dell’a Fenice stando alla sola temperatura indicata dal termometro esterno è anehe da notarsi. Io però sono di parere che forse un somigliante accordo si sarebbe trovato col ridurre 1’ altezza barometrica al grado della media temperatura, come ho praticato nelle mie osservazioni. L’ autore delle tavole dice che la tav. il contiene il log. del fattore £ relativo alla temperatura centigrada t dell’atmosfera. Io ho creduto sempre che si dovesse usare il metodo tenuto dagli astronomi che prendono il medio de’ due termometri per indicare la temperatura dell’atmo- sfera nel momento della osservazione. Nelle osservazioni del venturo anno terrò conto di questo incidente calcolando le rifrazioni nell’una e nell’altra ipotesi. Nelle osservazioni del 7, la sola differenza di 1 6 nella temperatura porta una differenza di 3", alle distanze più grandi le differenze sarebbero state anche di 9" in 10". Qual cautela dunque deve adoperarsi nelle indica- zioni del barometro, e termometro in queste osservazioni ! Intanto a me sem- bra che le belle e savie riflessioni del eh. P. Secchi , le mie, e il fatto ri- portato debbano animare gli astronomi a questo genere di osservazioni.

148.° Benché nel seguente anno 1856 intenda continuare queste osser- vazioni e sulle medesime stelle, e su di altre che non si sono potute osservare,

378

nulladimeno stimo necessarie alcune annotazioni generali e particolari ri- spetto a questa prima serie. Comincio dalle generali. Lo stato dell’ atmo- sfera è stato variabilissimo; è ben difficile che il barometro in Roma salga all’altezza di 28p 5“; e cosa poi stravagante che scenda a 27p 3". In questo anno però si è notata questa variazione. Nel mese di gennaro abbiamo ne’ giorni delle osservazioni 0m742 e 0m764; nel marzo si nota 0m740. La temperatura è stata anche variabile, e qualche volta le variazioni erano rapidissime e quasi instantanee. Nel giorno 5 maggio dalla prima alla terza osservazione la tem- peratura variò di circa 3°. Nel giorno 20 la temperatura era quella stessa del 9 aprile. Ne’ mesi estivi 1’ orizzonte è stato sempre ingombro di folta nebbia. In questi mesi l’aria nella sera è secca, nella mattina è umida. Nel mese di luglio Va della Grue passava al meridiano nel crepuscolo matutiuo. Era questa una favorevole circostanza per indagare se l’elemento igrometrico influisca sulla rifrazione. Vegliai più e più notti: l’orizzonte era, come nella sera, densamente annebbiato. Nel mese di ottobre la temperatura è stata ec- cessivamente alta. Le due osservazioni dell’ a della Grue sono sorprendenti. Nel giorno 5 decembre la rifrazione calcolata fu 25' 12" nell’ottobre 24' 23". Non ostante però la notata variabilità dello stato atmosferico , le differenze fra le rifrazioni calcolate ed osservate sono ben piccole. E qui mi permetto di notare che le stelle da me osservate sono di tutte le grandezze cioè dalla 1* alla 6a: che le osservazioni sono state fatte a tutte le distanze dopo gli 80°, non omraettendo alcune osservate alle distanze minori di 80°.

149.° Dopo questo inaspettato risultamento, che evidentemente si manife- sta nella differenza degli archi letti nelle successive osservazioni delle medesime stelle, la qual differenza si trova quasi sempre eguale alla differenza delle rifra- zioni dovuta alla variazione dello stato atmosferico, mi restava sempre un dub- bio che da me solo non poteva risolvere. Fu già sentimento degli astronomi che ogni osservatorio dovesse avere le proprie tavole di rifrazione pel suo clima, e pel suo stato particolare dell’atmosfera. Ciò però sembra escluso da Biot quando asserisce che jusque vers 80 degrés de distance zénithale , les tables de réfractions théoriquement calculées par Laplace peuvent ètre employeés avec surelé, dans tom les climals, dans toutes les saisons , à toutes les hauteurs (1): è vero però che in altro luogo parla delle irregolarità locali di temperatura , ed è perciò che io desiderava che altri astronomi si occupassero di questa

(1) Conti resi del 13 nov. 1854.

379

medesima ricerca. 11 sig. Respighi già mio scolaro nella università di Bologna ed ora direttore di quel pontificio osservatorio era in Roma nel mese di feb- braro e ne’ primi di marzo dello scadente anno 1855. Era io occupato in queste osservazioni, e lo pregava a volere intraprendere una serie di osser- vazioni, a piccole altezze sull’orizzonte: bramava poi che usasse dello stesso mio metodo di osservazioni e che procurasse che le stelle fossero quelle stesse che io osservava, giacché se non ostante il diverso stato atmosferico, e le diverse altezze osservate si potevano ottenere errori compatibili colle osser- vazioni veniva assicurato che la diversità del clima, di temperatura . . . punto non influiva sulla teorica delle rifrazioni anche alle distanze zenittali maggiori di 80°. Il mio dubbio però si confermò dopo la seguente lettera del 20 apr. 1855 che lo stesso Caillet m’inviava. Vaccord (così egli) que vou ^ signalez //

entre vos propres observations et les tables de réfractions que fai déduites de la théorie de Laplace , dépasse tout ce qiion était en droit d'espérer dans le voi- sinage de Vhorizon. Peut-ètre cet accord cesserait-il d'èlre aussi completa pour des observatoires placés dans des conditions atmosphériques moins heureuses que celai que vous dirigez avec une si rare habileté. M. Biot ainsi que vous le savez , aprés avoir discutè récemnent les théories de Bessel et d'Ivorg, accorde loujours la supériorité à celle de Laplace. Il fait seulmenl ses reserves pour le cas ou les distances observées s'èokrtent trop du zénith , et vos recherches auront l'avan- tage d'étendre celle confif/^ajce beaucoup au de des limiles que les aslrono- /| j r*-

mes leur avaient assignées Jusq à ce jour. Dopo questa lettera era ben con- tento di aver pregato il giovine Respighi a volersi associare alle mie ricer- che. Avendo dimorato per tre anni in Bologna conosceva per fatto proprio la diversità del clima, temperatura . . . bolognese dal clima, temperatura . . . romana. Fino però al novembre ho inutilmente aspettato le osservazioni di Bologna. Dopo quelle della Grue fatte da me nel mese di ottobre mi rivolsi al P. Secchi direttore della specola del collegio romano. Poco poteva sperare dal paragone delle osservazioni: le due specole sono erette nella stessa città: quella del collegio romano è nel centro ; la mia isolata sopra uno de’ sette colli, e può dirsi in campagna. Il P. Secchi nel giorno 8 novembre mi com- municava le seguenti osservazioni. Dopo, questo giorno e la perversità de’ tempi e una leggera infermità gli ha impedito le altre osservazioni. Quelle del 39 novem. e 1 decem. sono nella serie.

49

380

1855

Nome

Barom.

Ter.C.

Arco letto

Annotazioni

Nov. 8

9 Ors. mag. Polare § Ors. mag. a Ors. mag.

0W761 4 0 761 2

0 761 4

12 4 11 9

8 5

274" 24' 41 "91 313 22 28 28 279 49 17 03 284 29 22 06

L’ altezza barom. è ridotta , come richieggono le tavole di Caillet. Il terni. C è il medio dell’esterno e di quello annesso al barom. La 0 aveva uno spettro di circa lO^.Le altre uno spettro più piccolo. Si collimò il color giallo. Le basse erano oscillanti.

Dalla osservazione della polare si ebbe P = 48° 5' 57" 5; quindi

Nome

Deci. ap. oss.

Deci. ap. cal.

Rifr. cal.

Rifr. oss.

Cal.-oss.

0 Ors. mag. § Ors. mag. a Ors. mag.

52° 30' 39" 42 57 55 14 53 62 35 19 56

52° 19' 49" 42 57 49 55 30 62 31 33 70

10' 52" 83 5 23 84 3 43 77

10' 50" 00 5 19 23 3 45 86

-i- 2"83 -+- 4 61 2 09

150. ° Le tre stelle non sono notate nel mio catalogo ; le declinazioni sono tratte dall’almanacco nautico e dalle conoscenze de’ tempi. In ogni caso però gli errori sono ne’ limiti di quelli che si commettono nelle osservazioni specialmente quando le stelle oscillano. Nella stessa sera io osservai la y del- l’Orsa maggiore e l’« della Fenice, la prima era oscillante, l’altra calma: di- versità nella pressione barometrica, diversità nella temperatura: gli errori fra il calcolo e l’osservazione erano sempre compatibili con quelli che non possono evitarsi nelle osservazioni. Mi lusingo che il P. Secchi voglia in seguito con- tinuare le sue osservazioni e farle sulle stesse stelle. Dopo ciò potrei con- chiudere che anche alle distanze maggiori di 80° la teorica di Laplace si ac- corda colle osservazioni. Ma sospendo il mio giudizio e attendo i risultamenti dell’anno 1856. Ciò intanto basti riguardo alle annotazioni generali, e passo alle particolari

151. ° Nella colonna delle annotazioni è indicata l’apparenza dell’astro, e lo stato più o meno limpido del cielo. Non ho creduto di indicare la forza del vento: posso dire però di aver notato quasi sempre che nei venti impetuosi

381

l’astro si mantiene calmo e tranquillo, la qual circostanza è spesso notata ne’ re- gistri. L’oscillazione, a mio sentimento, si deve allo stato nebbioso del cielo, e specialmente a quella tenue nebbia che ne indebolisce lo splendore e non l’oc- culta. Prendo per esempio le osservazioni del giorno 16 novembre. Verso le 6A pomeridiane piccola nebbia al sud, folta nebbia al nord. Non fu possibile os- servare W della Grue. La /5 appena apparsa si occultò. Tutte le altre si os- servarono. Al nord si mantenne la nebbia e la 7 ed >3 dell’ Orsa maggiore fortemente oscillavano, e tale era l’oscillazione che saltavano da uno all’altro de’ fili orizzontali. La polare poi era calma e tranquilla, non presentava al- cuna irradiazione, e potrei asserire che nelle moltiplici osservazioni della po- lare rare volte accade che essa sia calma e senza irradiazione. Lo stesso di- casi della sera del 4 decem: impetuoso spirava il borea, la polare era calma. Siccome però nelle osservazioni delle stelle basse, quando posso avere l’assi- stenza de’ miei giovani soglio prendere i setti appulsi ai fili del micrometro, e l’occhio si stanca e difficilmente è fermo, così ho notato che molte volte l’oscillazione è una illusione ottica che dipende dal movimento dell'occhio, ciò che ho verificato in notti calme e serene.

152.° Due delle notate circostanze meritano qualche attenzione. Nel giorno 8 aprile il cielo era nuvolo: una fascia serena si presentava all’oriz- zonte tanto più chiara quanto più vicina al medesimo. Osservai la £ Argo alla distanza di 81°; quindi alla distanza di 88° attesi la 7. Essa mi sembrò molto piccola. Da un primo calcolo trovava la differenza di 31" fra la rifrazione calcolata ed osservata. Lo stato atmosferico era turbato; notai la circostanza per renderne conto. Nel giorno 9 il cielo era chiarissimo: osservai la 7 Argo, una piccola stella la precedeva, ma appena visibile nello splendore del cre- puscolo: l’arco letto differiva di 35" da quello che aveva letto nel giorno 8. Fatto i! calcolo per approssimazione 1’ errore fra la rifrazione calcolata ed osservata era ben tenue: ciò mi confermava nella idea che l’errore di 31", che non aveva mai incontrato in altre osservazioni, si dovesse al turbamento dell’atmosfera. Nel formare però il catalogo trovava notata la piccola stella, trovava che la differenza di 30" era quella delle due declinazioni, e mi per- suasi che nel giorno 8 aveva osservata la piccola stella di 5a grandezza e non la 7 di 2a. Forse l’oscurità del cielo nuvoloso contribuì alla visibilità di questo astro nel tempo del crepuscolo. Aspettava però un simile turbamento atmosferico onde decidermi. Questo avvenne nella parte settentrionale nel giorno 25 giugno: al sud però il cielo era sereno, al nord nuvolo e una sola

382

fascia serena si presentava all’orizzonte: osservai Va e A del Perseo alle di- stanze di 88° e 87°: le stelle erano oscillanti, ma la differenza fra la rifra- zione osservata e calcolata era ben tenue, non ostante il turbamento atmo- sferico identico a quello dcll’8 aprile.

153. ° Le indicazioni segnate (3) (4) . . . (a) (b) . . . sono i diversi para- goni che si possono fare fra le declinazioni date nel catalogo, e le varianti presentate nelle note al catalogo medesimo. Alcune sono notate esplicitamente, altre si possono calcolare. La (a) , per esempio , indica che se la declina- zione di 9 Lucertola data nel catalogo presenta un errore di 4" ; quella di Piazzi nelle note darebbe un errore di 7". La ( b ) indica che colla declina- zione del catalogo l’errore è 0" 95; colla declinazione di Madras data nelle note l’errore diventa 2" 490. Lo stesso dicasi delle altre.

154. ° Non lascio poi di notare quanta cautela abbia adoperata nel de- durre le declinazioni apparenti osservate dai poli strumentali determinati ne- gli stessi giorni. Nella sola mancanza ho usato del medio de’ poli. Per dare un esempio prendo il polo determinato nel giorno 4 decembre 1854 cioè 48° 6' 32" 797. Il medio de’ poli sarebbe 48° 6' 26" 797. La differenza di 5" 379 avrebbe influito sulle declinazioni apparenti osservate , e per conseguenza sulla differenza delle rifrazioni, quindi l’errore maggiore o mi- nore ed anche di diverso segno. Ma ciò non basta. Se in qualche giorno e colla polare e col ò dell’Orsa minore aveva determinato il polo strumentale, usando dell’ uno e dell’ altro ho dedotte le declinazioni apparenti osservate. Paragonate queste colle calcolate mi hanno date le rifrazioni osservate : mi sono però avveduto che in questi paragoni il polo strumentale determinato colle osservazioni fatte di giorno è da preferirsi a quello che risulta dalle os- servazioni notturne. Si veggano le indicazioni (1) e (2).

155. ° Finalmente a compimento di questa memoria mi resta di esten- dere il mio metodo di osservazioni alle distanze maggiori 80.° Quelle della s Scorpione e /3 Camelopardo sono limitate a distanze minori di 80.° Il cal- colo però è il medesimo: i dati necessari sono compresi nelle tavole, quindi è ben facile calcolare le quantità (Z -+- r) -+- (Z'-t- r') e A -4- A' relative ad una stella australe e ad una circumpolare osservate prossimamente alla me- desima distanza: è anche facile conoscere 1’ errore nella somma delle rifra- zioni calcolate ed osservate: basta diffatti calcolare le quantità Z —4— Z' e Ah-a'. Mi contento dunque di riportare nella seguente tavola i soli passaggi osservati e calcolati e le loro differenze.

i

383

Giorni

Stelle oss.

Pas.

osserv.

Pas.

calcol.

1854 Dee.

5

^ Ors. mag.

W

45"

■52"

562

11*

46m 9*

922

, ,

a Fenice

0

18

48

750

0

19

6

267

, .

Yj Ors. mag.

13

41

30

187

13

41

47

429

1855 Gen.

4

c x Pes. aus.

22

49

32

875

22

49

36

238

••

7 Ors. mag.

11

46

7

900

11

46

11

390

, .

a Fenice

0

19

2

375

0

19

5

718

, .

'0 Ors. mag.

13

41

45

250

13

41

48

630:

Mar.

14

u Colomb.

5

33

58

375

5

34

24

068

. .

7 Drag.

17

52

48

875

17

53

14

197

Apr.

20

q Argo

10

8

19

375

10

8

40

269

3 Cefeo

22

23

25

125

22

23

45

791

Mag.

26

£ Cent.

13

46

29

302

13

46

32

782

, .

a Perseo

2

40

3

500

2

40

6

775

Giug.

28

jS Lupo

14

49

7

162

14

49

5

237

.

u Perseo

3

14

0

875

3

13

58

882

Nov.

8

7 Ors. mag.

11

44

53

125

11

46

12

350

et Fenice

0

17

51

000

0

19

10

034

Diff. de’ pas. osser.

0* 32m56* 1 22 41

0 56 35

0 32 54

1 22 42

188

437

025

475

885

0 18 50 0 15 5 0 53 34

500 750 198 0 24 53 713 0 32 57 875

Diff. de’ pas. calcol.

0A 32-5 6 345 1 22 41 162

0 56 35 152

0 32 54 328

1 22 42 912

0 18 50 129 0 15 5 522 0 53 33 983 0 24 53 645 0 32 57 684

Cal-oss.

0* 157 0 275

0 127 0 147 0 027

0 371

0 228

0 215

0 068

0 191

156. ° Queste osservazioni come si vede, sono limitate in alcuni giorni presi ne’ diversi mesi dell’anno. Riportare tutti i passaggi osservati e calco- lati, sarebbe stata cosa di molla fatica e di poca utilità. Quelle che riporto nelle tavole dimostrano chiaramente che se con questo prezioso stromento si possano ottenere esatti risultamenti nella determinazione delle declinazioni degli astri , con pari esattezza se ne possono ottenere le ascensioni rette. Questo è appunto lo scopo cui tendono le osservazioni che si fanno co’ circoli meridiani l’esatta e precisa posizione degli astri rispetto al piano dell’equa- tore.

157. ° Ecco i miei piccoli lavori che qui presento agli astronomi, piccoli a giudizio di quelli che nella pratica astronomia non veggono che numeri, a giu- dizio degli astronomi lavori laboriosissimi , i quali si sostengono per amore della scienza: in me poi tanto più laboriosi, quantochè sono solo alla dire- zione di questo nuovo scientifico stabilimento. Debbo però confessare che i superiori della romana università dal luglio del correrne anno mossi dalle

i

I

384

mie continue istanze si sono degnati di accordarmi un collaboratore nella persona del prof. Ottaviano Astolfi mio sostituto nella cattedra di ottica e di astronomia nella romana università. A questo io debbo le riduzioni di molte osservazioni della polare e di altre stelle: a lui rendo le dovute grazie: e ne rendo poi infinite altresì ai dottori Vincenzo Maggi , Enrico Simeoni , Claudio Podiani giovani miei scolari di egregia indole e di specchiate virtù, i quali gratuitamente mi hanno prestata e mi prestano la loro assistenza in tutte le ore del giorno e della notte. Quali ore piacevoli nelle notti serene io passo nell’ osservatorio in compagnia di codesti giovani ! È tale 1’ ardore con cui mi assistono , che nelle ore tarde della notte sono costretto a licenziarli , altrimenti resterebbero fino al mattino. Ed alla loro assistenza debbo questi miei lavori. Ciò narrato, mi giova sperare che i superiori della università si faranno ragione che gli osservatori astronomici hanno bisogno di assistenza nel giorno e nella notte e che per conseguenza si degneranno di ordinare que- sto osservatorio , come hanno ordinato quello di Bologna e come sono or- dinati tutti quelli che fioriscono nelle coìte città d’Italia.

158.° Mi gode poi l’animo nel dire che il regnante sommo Pontefice Pio IX si è benignamente degnato concedermi che queste mie tenui fatiche andassero fregiate dell’augusto e glorioso suo nome. Tacciano pur dunque una volta i nemici del trono pontificale ed alla fine si convincano che se in Roma sono protetti e coltivati gli studi delle scienze sacre, sono in egual maniera pro- tetti e coltivati gli studi delle scienze naturali. L’astronomia in Roma è stata sempre avuta in amore, ed in mancanza di edilìzi costruiti ad uso di specole, i fenomeni celesti si osservavano dalle alte loggie delle romane abitazioni (l). L’epoca gloriosa della moderna astronomia si fissa nel 1750. Boscovich nel 1752 faceva le sue osservazioni nel museo Kirkeriano del collegio romano. A que- sto sommo filosofo ed astronomo deve Roma lo studio della pratica astro- nomia ed i lavori scientifici del Boscovich erano ordinati da un sommo pon- tefice. Il prof. Giuseppe Calandrelli giovine di cinque lustri succede al Boscovich nelle scuole del collegio romano: fonda nel 1787 la specola sull’angolo orien- tale dello stesso collegio, e promuove col suo zelo lo studio dell’astronomia in Roma (6). Scarsi erano i mezzi e non proporzionati alla costruzione di quella specola che egli stesso e Boscovich avevano disegnata. A fronte di ciò

(1) Notizie storiche del calendario Gregoriano e dell’ astronomia romana del prof. Giuseppe Calandrelli. (Giornale arcadico dell’anno 1819).

385

sorge la piccola specola: gli stromenti sono il quadrante murale, e il settore zenittale dello stesso Boscovich : non restano però questi oziosi nelle mani del fondatore: la romana astronomia fiorisce. Nuova vita riceve questo pic- colo osservatorio da un altro sommo pontefice, voglio dire dal glorioso Pio VII d’ immortale memoria. La- Lande raccomanda a questo augusto sovrano la romana astronomia e gli astronomi di Roma, e Pio VII ne diventa il pro- tettore: fornisce la specola di moderni stromenti, ed Egli stesso nella sua dimora a Parigi gli acquista del suo proprio peculio. Ma qui non si limitano si arrestano le sovrane munificenze: una somma annua di scudi seicento si decreta per l’onorario degli astronomi e per l'acquisto di nuovi stromenti e la romana astronomia sempre più fiorisce, e le dotte memorie degli astro- nomi fregiate del glorioso nome di Pio VII ne fanno testimonianza. Nel 1825 Leone XII di gloriosa ricordanza restituisce il collegio romano ai padri della compagnia di Gesù: ma nello stesso tempo provvede allo studio dell’ astro- nomia in Roma, ordinando che una cattedra di questa scienza si stabilisca nella romana università: e contemplando e decretando nella celebre sua co- stituzione sopra gli studi la costruzione di un nuovo osservatorio che alla stessa università appartenesse. Intanto però il P. de Vico di chiara memoria e il vivente P. Secchi co’ loro scientifici lavori accrescono il lustro e lo splen- dore del piccolo osservatorio. Che se adesso ha cambiato di posto , se più grande e più maestoso fornito di ottimi moderni stromenti sorge sulla chiesa di s. Ignazio a norma di quanto avevano ideato il Boscovich e il Calandrelli non è forse una chiara dimostrazione che non sono mancate le munifiche liberali largizioni del regnante sommo Pontefice Pio IX, il quale nello stesso tempo donava il prezioso circolo meridiano e fondava l’osservatorio della ro- mana università ? Dal risorgimento dell’astronomia all’epoca presente è tra- scorso un secolo : in questo secolo 1’ astronomia è stata coltivata in Roma sotto gli augusti auspici e sotto la protezione de’ romani pontefici, ai quali la città de’ sette colli deve la maestà, Io splendore, il progresso delle belle arti, e l’avanzamento delle scienze sacre e naturali.

FUNE

(b) N 0 T A

Non mi appongo adunque al vero col dire che contemporanei al risor- gimento della moderna astronomia ebbe i suoi fausti principi la astronomia

386

romana dai lavori di Boscovicli. Il giovine suo successore prof. Giuseppe Ca- landrelli strinse amicizia con questo insigne filosofo , amicizia che conservò fino alla morte del medesimo. Le lettere che io conservo del Boscovich al Calandrellì ne fanno testimonianza. Ora è da aversi per fermo che dall’ami- eizia del Boscovich nascesse nell’animo del giovine professore l’amore per la scienza degli astri. Ed infatti nel privato seminario di Magliano in Sabina in in cui nell’età di 22 anni dettava gli elementi di filosofia non poteva certa- mente svilupparsi nel Calandrelli P amore per una scienza che non poteva coltivare per mancanza de’ mezzi a ciò necessari. Tale poi deve dirsi che fosse l’ardore eccitato nel giovine suo animo dall’amicizia del Boscovich che giunse ad indurre il card, di Zelada a costruire una piccola specola sulla loggia della sua abitazione. Il Boscovich in quel tempo si trovava in Parigi in cui, come egli scrive in data del 16 agosto 1778 al prof. Calandrelli era stato benignamente accolto dal re di Francia e provveduto abbondantemente col solo peso di attendere alla perfezione delle scienze. È dunque in questa let- tera che relativamente alla specola del cardinale di Zelada, così risponde al lodato professore. In ordine a questa, essa servirà per un divertimento di S E. Rma; ma dopo la sua morte sicuramente sarà ridotta ad una camera da farvi qualche merenda, se non finisce in un granavo. Se S. E. volesse fare un be- neficio stabile all astronomia, e provvedere all onore di codesta capitale, do- vrebbe procurar di far fare ima specola in un luogo pubblico come lo sarebbe il collegio romano dove con poca spesa se ne potrebbe fare una eccellente ed io otterrei facilmente qui la licenza di far un viaggio in Italia per darne un disegno tale che per comodo di fare una quantità di eccellenti osservazioni non cederebbe ad alcun altra, per la qual cosa ho delle idee che non si riducono a un qualche quadrante o canocchiale da impiegare in una camera. È una ver- gogna che in Roma non vi sia una specola come va: ma ho poco o niuna spe- ranza di vederla. Dopo questa lettera il prof. Calandrelli stimolava il card, di Zelada alla costruzione dell’osservatorio e lo pregava pel ritorno di Boscovich : questi stesso così scrive al lodato professore in data degli 11 febbraro 1781. La ringrazio de passi fatti presso il sig. cardinale pel mio ritorno. Boscovich ritornò in Roma, abitò nel collegio romano. Egli e il Calandrelli si occupa- rono de’ disegni della specola che doveva sorgere sulla chiesa: il prof. Ca- landrelli diceva di conservare questi disegni (questi debbono essere rimasti nel collegio romano, poiché fra i suoi scritti e le sue carte non li ho ritro- vati): mancarono però i mezzi necessari alla esecuzione del grandioso disegno*.;

387 -

co’ risparmi della cassa de’ professori fu eretto il piccolo osservatorio: altro non poteva fare il prof. Calandrelli onde veder sorgere in Roma la prima specola. La profezia di Boscovicli si è avverata nella prima parte: la specola del card, di Z eluda più non esiste: ma se vivesse, vedrebbe in Roma due osser- vatori eretti sotto gli auspici dell’ immortai Pio IX. Ecco dunque quel be- neficio stabile all' astronomia che Boscovicli implorava, ecco provveduto al decoro di Boma.

50

388

Fisica. SulV associazione di più condensatori fra loro, per manifestare le tenui dosi di elettricità. Memoria del prof. P. Volpicelli. (Continuazione, e fine).

PARTE SECONDA (*).

§. VI.

Quando la tensione tenuissima di una sorgente di elettricità, non possa, me- diante solo un condensatore, accrescersi tanto da divenire sensibile, giova ri- correre ad un sistema di più condensatori, accumulando la elettricità iniziale nel primo, quella raccolta in questo nel socondo, e così di seguito, sino ad accumulare nelFultimo quella raccolta nel penultimo. L’aumento di tensione così procurato, si rende maggiore pur anco, e soddisfacendo a certe condi- zioni , che or ora determineremo , e ripetendo più volte i contatti , ovvero le comunicazioni nel sistema stesso; cioè riportando il primo scudo in con- tatto della primitiva sorgente di elettrico, facendo poscia seguire la successiva comunicazione degli scudi tutti fra loro, uno dopo l’altro , fino all’ultimo; e quindi ripetendo ciò più volte , sino a che la tensione dell’ ultimo scudo sia divenuta sensibilmente uguale a quella del penultimo, disgiunto dalla sua base. La uguaglianza teoretica di queste due tensioni, come vedremo nel caso di solo due condensatori, è un limite, da non potersi raggiungere, comunque cresca il numero delle ripetizioni dei contatti per tutto il sistema, composto di quanti condensatori si vogliano.

Daremo qui la traccia del calcolo da seguire, nella determinazione alge- brica degli effetti elettrostatici sopra espressi; e denoteremo perciò coll’ in- dice superiore il numero dei contatti , e coll’ inferiore la sede o il numero dello scudo, cui si riferisce il contatto medesimo. Supporremo per generalità maggiore, che ad un tempo venga praticata, e l’associazione di più conden- satori fra loro, e la ripetizione dei contatti per tutto il sistema dei mede- simi preso a considerare; dovremo poi distinguere il caso della elettricità ini- ziale deficiente , da quello che appartiene alla indeficiente.

In qualunque caso, poniamo v essere il numero dei condensatori, associati fra loro a comporre il sistema dei medesimi , ed n il numero delle ripeti- zioni dei contatti per tutto il sistema stesso, incominciando sempre dalla sor- gente di elettricità, e terminando, senza interrompimento, coll’ultimo scudo.

(*) Comunicata nella sessione Ia del 2 dicembre 1855. Per la parte prima, vedi sessione IIa del 30 gennaro 1853, p. 245.

389

Rappresenti c la elettricità iniziale; denoti s la superficie su cui trovasi essa distribuita, ovvero la capacità iniziale; esprimano

m2 , ms, . . . , mv_l , rn, ,

i rapporti elettrostatici (§. II) dei condensatori del sistema; ed

> $2 > ^3 » Sv— 1 » «V >

le superfìcie dei rispettivi loro dischi. Quindi fissandoci, per ogni caso, e per gene- ralità maggiore, all’rcesimo dei contatti per tutto il sistema, esprimiamo con

c

<«)

i

9

le cariche del primo, secondo , . . . , vesimo scudo, corrispondenti all’nesimo conlatto; e con

le quantità di elettrico libero, sopra ogni scudo rispettivamente restate, dopo avere il medesimo comunicato al seguente una parte della sua carica, e senza essere ancora tornato sulla sua base non isolata. Poi, siccome il nostro sistema formasi per ipotesi di > condensatori , così oltre il (v l)esimo scudo , non può aver luogo la considerazione dell’ora indicata quantità di elettrico libero; giacché lo scudo vesimo non communica con verun altro. Indicheremo pure con

i

,ci)

( n )

y »

3

le quantità di elettrico dissimulate, e con

le quantità di elettrico libero , ambedue conseguite ad un tempo da cia- scuno scudo , congiunto alla sua base non isolata , per ogni comunicazione dell’uno coll’altro. Del resto chiaro apparisce che, quando i condensatori sieno più di due, fa d’uopo determinare anche la elettricità, e libera, e dissimulata, che resta in ogni scudo, per esempio nel ( k l)esimo, riposto sulla sua base comunicante col suolo, dopo seguito il contatto fra esso ed il suo contiguo, cioè il ftesimo. Di queste, la libera deve colla sua tensione anche influire sulla quantità dell’elettrico, che il disco ( k l)esimo, nel susseguente contatto, riceverà

390

dal disco (k 2)esimo, mentre la dissimulata deve solo concorrere alla forma- zióne della carica del (k l)esimo scudo, per lo stesso contatto. Si vede adunque che 1’ ultimo disco, cioè il vesimo, non può ammettere, la prima, la seconda elettricità delle due che ora indicammo, le quali perciò saranno rap- presentate rispettivamente dalle

/3(u) , /3% j3<"> ,

123 v_i

;(»)

(")

.(")

In)

'i

"-1

Se la elettricità iniziale c sarà deficiente , diminuirà essa per ogni suo contatto col primo scudo; rappresentate adunque con

2<2',

r>-l)

~<n)

le diverse iniziali eletricità, dal primo sino all’wesimo contatto inclusivamente col primo scudo, avremo le

’P = C -

- «1,1)“

1

"é»

Jl

04

-

1

.(3) _ z(2)

- oc,(3)- 1

An) z(tt 1)

«i

y

(1)

(2)

i

(3)

In)

M

oc™' yL'‘

Nell’ultima di queste, che tutte le rappresenta, ponendo n— 1, dovremo eziandio porre z(0) c.

Se la elettricità iniziale sarà indeficiente , dovrà essere costante la sua carica, e la sua tensione in ogni contatto col primo scudo; perciò dovremo avere

,<1)

%(ì) __ z(3)

,(»)

C.

E poiché in ogni contatto della medesima elettricità iniziale col primo scu- do, questo deve sempre acquistare la stessa tensione, cioè quella che ap- partiene alla sorgente inesausta di elettricità iniziale ; così riescirà costante la carica dello scudo medesimo; cioè sarà

ti)

(2)

(3)

(n)

v 'i "l 1 * 1 -

Per maggior chiarezza, classificheremo le quantità di elettrico da con- siderarsi nell’wesimo contatto, propagato in tutto il sistema, dal primo sino al vnesimo scudo, come siegue:

391

xm

9

x™

5

(«)

® >

T(n)

, X ,

1

2

3

x-i

«<“>

9

OC™

>

OC™

, , ,

1

2

3

v-l

V

,.(n)

„,(«)

y

9

y

9

y »

>y >

». »

i

2

3

«-i

(re)

c

9

(re)

C

9

c('!) , .

) c >

c("; ,

1

2

3

v_i

V

[z™

9

/3(',)

9

r1 , . .

, ,

4

2

3

„,(")

,,(»)

„,(«)

7

9

7

9

7 >

» 7v »

ì

3

3

v-i

avvertendo che dovrà essere z,n)

ovvero c, la

elettricità

iniziale dopo l’nesimo

contatto, secondo che sarà

essa

deficiente, o

indeficiente.

Per tanto l’eguaglianze, che si riferiscono alla comunicazione o contatto del (k 1)esimo scudo col Aesimo, cioè alla comunicazione fra loro di due qualunque scudi contigui del sistema, saranno, per l’/tesimo contatto, le se- seguenti :

(22)

X

Jn) -

(n)

*-l

„(»)

X

( n )

*-r < »)

(«)

y? »

«■ -4- r~v = s

h k

Ck

(n)

(" 1) («)

7 -4- oc

k k

in- 1)

7*

7

(«)

e

*-l

.(«)

/S

0,(n)

X

\—m2k_i

,(n)

*-i

/3

OCk

k-i

(«-D

k

in)

fa'*’»

1 rrik‘

-fi-

,(«-!)

Queste relazioni, essendo generalissime, debbono soddisfare a qualunque ricerca sull’argomento in proposito; quindi primieramente, nell’ipotesi che c sia deficiente , per dedurre dalle (22) quelle eguaglianze, relative alla co- municazione della elettricità iniziale z{n~l) col primo scudo , si dovrà nelle

392

stesse (22) porre k = \. Però in tal caso dovremo fare

C -■ » c p - /»(^“1) /y> (ft) ' -

ò * ^0 * 9 U *^0 y6 9

perchè c(n) rappresenta la carica del (k l)esimo scudo, dopo il suo con-

tatto nesimo collo scudo ( k 2)esimo; esprime cioè la carica del ( k l)esi- mo scudo stesso , prima del suo contatto nesimo collo scudo ke simo ; ca-

rica che nel caso nostro si esprime con z('1-i> ; mentre x^} rappresenta

la carica dello stesso ( k l)esimo scudo, dopo il suo contatto nesimo collo scudo ke simo, carica che nel caso nostro si esprime con z{,,). Inoltre per questo medesimo caso avremo eziandio

x0{n) = /30(,i) = z0l) ; e perciò y0(ra> = 0 .

In fatti la elettricità iniziale z(n~l) , dopo il contatto nesimo col primo scudo, riducesi alla z(n); ma questa non subisce poi veruna dissimulazione, mentre

il contrario avviene della carica , la quale, dopo essersi ridotta nella x ,

a motivo della sua comunicazione collo scudo Nesimo , resta libera per la

parte espressa da , e simulata per quella espressa da y(”’ ; e ciò pel

ritorno dello scudo [k l)esimo sulla sua base comunicante col suolo. Dun- que T eguaglianze relative alla comunicazione della elettricità iniziale col primo scudo, per l’nesimo contatto fra loro, saranno le seguenti :

z(n-l) _ z(n) aU) yW,

z(n) : a1f'i) -+- = s : sL ,

n <”>_(_ R (n~l>

</,'”> -+- + «,W H- ~^2 ,

1 171^

Cj{n} y™ -+- y^~l} H- K<'1> -+- (3^-u.

Se la elettricità iniziale fosse indeficiente, sarà facile riconoscere che dalle (22), ponendo in esse A: = 1 , si avranno le

c : a (,l) t- = s : s. ,

Vi

In)

y1('l_1) -4- «/*> -+. /3,(n-u=

In)

(«-D

In)

= y i

(u)

(n-lì .

In)

1 m2

(24)

393

Secondariamente, per quello riguarda la comunicazione della carica del (v l)esimo scudo al vesimo , cioè del penultimo all’ ultimo , dovremo fare h = y nelle precedenti (22), e riflettere che Tultimo scudo non può ammet- tere nè le /3V , le diversamente accentate; poiché non comunica esso a verun altro la sua carica. Perciò sarà

(3V<» = (3™ = . . . = fcn) = 0 ,

7v(1> = y„(2) == . . . = 7 w == 0 ;

quindi avremo, per questo caso, generalmente le

c{n) = z(,i) 4- a1'1’ -4- «<"> ,

V £ V 1 V u V

(25)'

^ 4-

V i V V

y-,{n) -+- yva~l> 4- ... -

a(2) -+- a(1’ = s : s ,

v_l

- y™ -4- l/va) 4- «v(n) 4- «v(re-i) «(n> 4- CK{n~l) 4- . . .

(2) , (1)

a<2) 4-

cv(,l) = y„<">4- yv(n~l)- f- ... 4- yv™ 4- f/,,w 4- 4- 4- ... 4- 4- aw,u,

1 mu

(2) o, U) , («) , yy (H-l)

<2) , ,, (1)

OJ

(n)

V 1

cVl ) H

v-l

1 m

9 »

_ /gW

»-l V~1 V“1

Le (22), (23), (24), e (25), rappresentano generalmente le fasi dell’ elettrico nei diversi scudi dei v> condensatori, pel contatto nesimo, propagato in tutto il sistema dei medesimi.

§• VII.

In terzo luogo: se poniamo come un altro caso particolare delle (22), che non vi sieno ripetizioni di contatti nell’ immaginato sistema di v con- densatori , avremo per questa ipotesi da porre nelle medesime n 1 , ed anco

fik0) = 7*(0) = 0 ;

quindi tralasciando le ultime due , perchè non occorrenti , si avranno dalle stesse (22), per questo caso, generalmente le

394

(26)

II

1

a)

a.

4—1 4 j

*

x<l> : oc(l> =

s

4 j 4

*-i

ykl) -+- «4(1)=T

«4(1)

y »

*

2

c*(1) = yk(l)

ock

Da queste, per mezzo della eliminazione, otterremo

(1— mk2) sk c(l>

«*<l) =

'-1

(27)

y*

a)

(1 m a2) s*_1 -+- S/c

mk 2 sk c(1)

a;

(1 mk2) s c(1)

(D _ *-i *-i

-i (1 m*2) sk_{

sk

sk c

ck"> =

(1)

(1 m*2) s*_1 h- s*

(1 U2*2) -+- Sk

ove l’indice k potrà ricevere qualunque valore numerico intero, maggiore di 1.

Ora dobbiamo permettere che, ponendo n = 1, e quindi z(0) = c, nelle tre prime delle (23), dalle medesime avremo le

(i)

c = z(i) «1(1)-4- yW ,

za) : «lll)==s : s

i »

l/i

(i)

a)

1 m2

perciò, nella ipotesi che la elettricità iniziale c sia deficiente, o da queste, o dalla prima delle (27), dovrà ottenersi

a, _ (1 —m*)sLc

a.

Per tanto, nella quarta delle (27), fatto

k=st, 2, 3, . . . , v ed avuto riguardo alla prima delle (8), sarà

[

/

(28)

(1)

«t c

1—m2 (1— m2) s -+.

(i) __

c

2 ^1

M)

(l^Vi+Sj

CI, _ .

5 (1 —m2) s2+s3’

(i)

S c^1,

V V 1

(1 mv2) sv_l -+- sv

395

Inoltre dalla quarta delle (27) abbiamo

.(!> \

Ck__ ca>

(1 m,,2) - -4- 1

s*

percio

Cw > Ck k-i

fi)

vale a dire la carica dello scudo (k l)esimo, sarà maggiore di quella del ^esi- mo; quindi la carica va diminuendo continuamente dal primo sino all’ultimo scudo, qualunque sieno le quantità

C, , Tìfl/i ,,

come appunto dev’essere.

Se pongasi per brevità

P=[(l— m^) s -t- sj [1 —m22) st --hsj ... . [(1 —mr) s^-4- sv]„ dal, prodotto delle (28) avremo

Sv

( i) _ si Si ' ' s'-i

Ly rv C J

e da questa la

(i)

S1 S2 S3 ' S'-1

c ;

(29) / c*°® ne^ cas0 della carica iniziale c deficiente , avremo la

carica cv(1), e la tensione tva) dell’ultimo scudo, determinate come sopra, dalla carica iniziale, dalle superficie degli scudi, e dai rapporti elettrostatici corrispondenti. Fatto v =1 nella seconda delle (29), sarà

t a) £

1 (1 mt2) s -4- sl

formula utile per l’uso di un solo condensatore.

La espressione generale del rapporto delle tensioni f/1’ , tjlì del primo e dell’ultimo scudo, nella ipotesi medesima, sarà

Uw __ [(1— m42) s H-sJ sLst... sv_l

tL<u P

51

396

Fatto per compendio

Q=

avremo

(30)

1 m22

tj» _ 1

V" TT

perciò, se potrà verificarsi la

Q < 1 , sarà tjl) > \a) ;

cioè la te nsione dell’ ultimo scudo maggiore di quella del primo. Inoltre fatto

1 m22-

e riflettendo che la tensione t della sorgente primitiva di elettricità, viene rappresentata dal rapporto—, avremo

_ _L

t ~ Qt

Dunque la tensione dell’ultimo scudo, allontanato dalla sua base, dopo il con- tatto di esso col penultimo, allora sarà maggiore di quella che appartiene alla elettricità iniziale deficiente; cioè allora sarà

UiY) t , quando si verifichi Qt < 1 .

Dalla seconda delle (29) abbiamo

1

1 9 S*

I— nij

*-1 sk_Y

risultamento cui si giunge anche paragonando fra loro le

r<i> Ji)

r,U-> C, C,

1 <i> Mi *-i

l r y

S/c (1 vnkl) sk_i -+- s* *-i s*_4

nelle quali è ottenuto il valore di t*(l) mediante l’ultima delle (27). Ciò posto, se abbiasi Cuna o l’altra delle

(31)

h

(1)

M)

397

Sfc S/i j ,

si avrà dalla (31), in ognuno di questi due casi, t{l) > tk^ ;

*-i

che se pongasi

m2* = , sarà tka) = lay .

Per tanto fra due qualunque scudi contigui, la tensione liv dell’uno, sarà, nei

*-i

primi due casi dei tre ora contemplati, maggiore di quella tk{l), che appartiene al secondo, indipendentemente dai valori dei loro elettrostatici rapporti mk_v mk : nel terzo caso poi, sarà la tensione del primo scudo, eguale a quella del se- condo, indipendentemente dal rapporto elettrostatico mk_l del primo. Perciò quando la carica si communichi da uno scudo all’altro cotiguo, ma eguale o maggiore di quello, come nei primi due casi ora esposti, diminuirà sempre nel secondo scudo la tensione: quando poi, come nel terzo caso, abbiasi un’ eguaglianza fra il rapporto delle capacità dei due scudi contigui, ed il qua- drato del rapporto elettrostatico del secondo condensatore, allora la tensione a questo comunicata dal primo, rimarrà la stessa.

Per ultimo e quarto caso, abbiasi

(33) 1 mk2 t < ! ,

dalla (31) si avrà

i) ^ f .

1 < tk ,

*-i

ma non potrà verificarsi la (33), senza che pure si verifichi la

(34) < m 2 ; sk_l

dunque sarà necessario, ma non sufficiente, per avere l’aumento di tensione, quando fra due condensatori la carica di uno scudo comunicasi all’altro, che quello sia maggiore di questo, cioè che abbiasi

7^* sk }

398

e dovrà di più verificarsi la (34), nella quale consiste la condizione necessaria e sufficiente per F effetto voluto. Farà d’uopo cioè che alla produzione del- l’effetto medesimo, concorra eziandio il rapporto elettrostatico del condensa- tore minore. Dunque per avere l’aumento di tensione, comunicando la carica da un condensatore all’altro , non basta che quello sia maggiore di questo; ma di più dovrà la maggioranza esser tale, da verificare la (34). Del resto poi si vede, che verificandosi la (34), più s/e_l supererà sk , e più h sarà mag- giore di tk_i ; cosicché il massimo teoretico di tk , si avrà quando

= 0 , cioè s*_L = oc rispetto ad s* .

Laonde si dovranno avere i dischi del primo condensatore per modo più ampi di quelli del secondo, che si verifichi la (34): sarà poi giovevole accrescere di molto questa loro maggiore ampiezza.

Rappresentando con rh , rk_y i raggi dei dischi, le suparfìcie dei quali sono sk , s1-_1 , dalla condizione (34) avremo l’altra più semplice

(35) mk > ,

r*-i

pur essa necessaria e sufficiente, ad ottenere l’indicato aumento di tensione. Così, per esempio, posto

mk = 0,9, dovrà essere 0,9 > ;

r*-L

ora sebbene in questo caso il primo scudo fosse maggiore del secondo, ma in guisa che si avesse

= 0,95 ;

r*-i

pure, poiché non sarebbe con ciò soddisfatta la (35), non potrebbe la ten^ sione del secondo scudo superare quella del primo, quando la carica di que- sto si comunicasse all’altro.

S- vili.

Osserveremo che, mantenendosi deficiente la elettricità da esplorare od iniziale , potrà la (31) riferirsi anche alla pratica ordinaria di un solo con- densatore. Poiché in tal caso C1' , ed s/c_l rispettivamente rappresenteranno

399

la tensione, e la capacità dell’elettrico iniziale deficiente; mentre tk esprimerà la tensione di tutta la carica dello scudo del condensatore, ed sk la capacità dello scudo medesimo, adoperato da solo. Perciò nel caso attuale, se non si verificherà la (33), non potrà essere

tiV <tk .

*-i

Ciò vale a dire che, mediante un solo condensatore, se la elettricità da esplo- rare sia deficiente, certo è che nei primi tre casi dei quattro già contemplati colle (32), (34); cioè in quei casi nei quali l’elettrico iniziale deficiente, abbia secondo le (32) capacità, (1°) o eguale, (2°) o minore, (3°) o non abbastanza maggiore di quella dello scudo adoperato da solo, non potrà il condensatore accrescere la tensione dell’elettrico stesso; e cesserà perciò in questi tre casi la efficacia di tale istromento.

c

Combinando la terza delle (29) colla t , giungiamo alla

s

1

1 ra 2h- s

nella quale sarà tLll) > l, quando abbiasi

1— mt2-+- < I ,

s

condizione coincidente colla (33). Per tanto la (36) fornisce il rapporto delle tensioni, spettanti, alla elettricità iniziale deficiente, ed al primo condensatore, adoperato da solo: inoltre la stessa (36) conferma ciocché ora, sulla pratica di questo caso, abbiamo riflettuto.

Se in ognuno dei contatti successivi, a cominciare dalla sorgente di elet- trico, e terminare coll’ultimo condensatore, poniamo verificata la (33), potremo stabilire le seguenti v equazioni :

Pi

*

h. h

1 ra 2 -4- = 1 s

l_m 2 =

S1

1 m 2 -+- = So

(36)

t (1)

Li

400

essendo le

1 mv2 -+-

Pz

(h

Pi P* V 3 P*

» » » » » 17 2 1?3

vere frazioni; quindi avremo dall’ultima delie (30) la

(37) ^ (P t .

PiP-lP* -Pv

Supposto

9i = ?2 = = = 9v = q ,

Pl=p2=pz= . . . =pv = py

nella (37), si avrà dalla medesima

(38) *»“’ = gj«

Dunque, verificandosi la (33) per ogni coppia di scudi contigui, più cre- scerà il numero v dei medesimi, e più in teorica, l’ultima tensione sarà mag- giore della prima.

Nel caso della (38), se vogliasi determinare il numero v degli scudi, ossia dei condensatori, nei quali debba successivamente comunicarsi ed accumularsi la carica iniziale, per accrescere sino ad una data quantità tva> la tensione pri- mitiva t della sorgente , avremo

log.tv(1) log.* log-p log.g

Le formule precedenti relative alla tensione della elettricità, comunicata da uno scudo all’ altro di più condensatori successivi , debbono riguardarsi come limiti, cui può la pratica più o meno avvicinarsi, però senza mai po- terli raggiungere, tra pel disperdimento dell’elettrico, e per la induzione che l’elettrico restato libero sullo scudo comunicante, deve produrre sulla base non isolata dello scudo, cui viene fatta la comunicazione della elettricità libera di quello. Queste due circostanze, che non abbiamo prese a calcolo, per non com- plicare di troppo le formule ottenute, influiscono a rendere alquanto minore l’accumulazione dell’elettrico, e la tensione del medesimo nei successivi scudi, rispetto quella data dalle formule stabilite. Però è da riflettere che, se la ca-

401

rica del primo scudo sia tenue , se la comunicazione fra i successivi scudi sia la migliore, se la distanza fra questi sia opportuna, se da ultimo l’atmo- sfera sia ben secca, le indicate due circostanze, una relativa alla induzione, l'altra al disperdimento, potranno considerarsi fisicamente nulle, come appunto sono riguardate nelle formule precedenti; le quali perciò, nelle indicate più favo- revoli circostanze, forniranno risultamenti a bastanza esatti. A favorire poi la trasmissione dell’elettrico dalla sorgente nel primo scudo, ed anche da questo negli altri, per tutto il sistema loro, fa d’uopo valersi di un conduttore di se- conda classe opportunamente scelto. Questo mezzo si rende indispensabile fra la sorgente di elettricità ed il primo scudo, quando essa venga costituita da un coibente elettrizzato. Ciò deriva dalla facoltà che hanno i conduttori li- quidi per assorbire la elettricità dai corpi isolanti elettrizzati; facoltà che per la prima volta fu avvertita dal celebre fisico Marianini (1), alla quale si deve por mente a ben condurre sperienze di tal fatta, ed a ben giudicarne le con- seguenze.

ESEMPIO

Supponiamo

k = v = 2 ,

dalla prima della (30), o dalla (31), avremo

9

1 m 1 2 -I-

quindi se facciasi

Ann s2 /0,{)5\2 25

m 0,99 , ^ Jy - °’5102 >

avremo verificata la (33), e sarà

t2a) = 1, 88 ,

cioè la tensione t2,r del secondo scudo, sarà circa il doppio della tensione ti del primo.

§• ix.

Se la elettricità iniziale fosse indeficiente, dalla prima delle (24) si avrà

(1) Memorie della Società Italiana delle scienze, T. XXV, parte seconda, Modena 1853 Nuovo

Cimento, T. I, p. 50.

402

/ (D y

e dalla prima delle (28) otterremo

ti) si c

(1 -m*)s *

Moltiplicando questa equazione con tutte le altre

salvo la prima di esse,

avremo le

(i)

c

Cv

t (1)

(1— mt2)s Q c

(1— m*)s Q

Fatto in questa v= 1, si dedurrà

t (1) .

1 (1 m*)s

formula che si ottiene anche più speditamente dal trovato vaiare di c1 jl;

c

e poiché abbiamo t = , così avremo

t (i)

1

1 m'1

; dunque tla) > t .

Cioè quando la elettricità di origine sia indeficiente, il condensatore, adope- rato da solo , sarà efficace sempre ; vale a dire , la elettricità accumulata nel suo scudo, avrà sempre tensione maggiore di quella, che appartiene alla sorgente inesausta.

Inoltre nella ipotesi medesima si ha

..o) \

u 7TT)

Q

identicamente alla prima delle (30); e si avrà eziandio

tj" 1

t (1 >V)Q

la quale diversifica dall’ ultima delle stesse (30): dunque nell’ attuale ipotesi

allora sarà

tva) > t, quando sia (1 m*) Q «< 1 .

403

Fatto

ì m* = & 9i

(i).

e ritenute le precedenti denominazioni, avremo dall’ultimo valore di tre uguaglianze, del tutto identiche alle (37), (38), e (39), salva la diversità in esse del valore appartenente al fattore . Per tanto, se pongansi due ini- ziali elettricità, la prima deficiente, 1’ altra indeficiente, ambedue colla me- desima tensione t; quindi se a maggior chiarezza si esprima con 6v(i) quella che, per la seconda sorgente di elettrico appartiene allo scudo vesimo, avremo

tv(1) : 9v(l) = :

1

tva)

(1— <)Q donde W*>

1

(1— -m*)s

e perciò tva) < 9jl). Cioè la tensione dello scudo vesimo, nel caso della elet- tricità iniziale deficiente, sarà minore di quella, che appartiene allo scudo me- desimo, per la indeficiente.

Il caso più comune in pratica , quello su cui ci tratterremo , per dare qualche sviluppo alle precedenti formule , consiste nell’ associazione di solo due condensatori fra loro , il primo maggiore del secondo ; cioè nel valersi di un sistema binario, e nel supporre indeficiente la primitiva origine del- l’elettrico, da rendere sensibile, tanto per l’associazione indicata, quanto per la ripetizione dei contatti nel sistema proposto. Adunque, ritenendo le denomi- nazioni adottate, rifletteremo nel caso attuale : che la carica del primo scudo, essere dovrà per ogni contatto sempre la stessa: che l’ultimo, cioè il secondo scudo, non comunica 1’ elettrico accumulato in esso a verun al- tro : che la considerazione delle quantità già rappresentate (§. VI) colle fi , y , portanti apici superiori ed inferiori , non occorre nel caso nostro di solo due condensatori ; perchè la carica del primo scudo, cui si riferiscono esclusivamente nel sistema binario le quantità medesime , torna sempre la stessa in ogni comunicazione di esso colla elettricità iniziale inesausta. Per tanto , dovranno P equazioni relative a questo caso , discendere aneli’ esse dalle (25), col porre nelle medesime

v = 2 , ed altresì c1(1)= c1(2)— c1,3)— . . . = cLln) , e col tralasciare le ultime loro due. Ciò premesso, egli è chiaro che, per un primo contatto, cioè per n = 1 , avremo le

52

404

x.

(i)

X

(1)

(1)

y2(1) »

52 »

(1)

y 2

(i)

ti»

1 m22 * *

a)

"2 Vz ' ^2 *

Da queste, per mezzo della eliminazione otterremo le

(i) (1— m2V2Ci,1)

(1 m22) s

2

V2

(1)

m2 52 C1

1 ' 2 (1)

(40)

(1— m22) s4-+- s2

(i)

S2 Cl

(1)

X

(l)

(1 m22) s1-+- s (1 m22) c/1

(1— m22) s4-+- s2

potendosi le medesime ottenere anche dalle (26), col porre in esse k = 2.

Si consideri c4(U per una elettricità iniziale, o di origine; se questa sarà indeficiente, pongasi

c,a) a , ed avremo cjl) s, 1 2 1— >r.2

I uiy

essendo a la quantità di elettrico libero, che dalla iniziale indeficiente riceve

lo scudo del condensatore, congiunto alla sua base non isolata, e che rice-

verebbe pure quando, allontanato dalla medesima, fosse posto in comunica-

zione colla indeficiente stessa. Ma dalla prima delle (40) abbiamo

a)

(1 m

o r U) 2 / *2

ove c. è deficiente: quindi

«2(1)

dunque

(41)

(1— m22)SlM- s2

1

1 h

(1— U?22)^

a0a) < a .

Ciò vale a dire che delle due elettricità libere a, raccolte in un mede-

405

simo scudo, congiunto alla sua base non isolata, venute ambedue dalla stessa carica iniziale c1(1) , però indeficiente per a, e non per a2(1), dovrà la prima di queste superare la seconda. Ed in fatti, quando la carica elettrica rq'11 sia deficiente, allora mentre comunicasi allo scudo posto sulla sua base non isolata, essa in parte si dissimula, ed in parte si distribuisce libera sullo scudo medesimo , senza però potere riparare a queste due perdite : da ciò deriva la dimostrata diseguaglianza (41).

Nel medesimo caso, quando cioè la elettricità iniziale c1(1) sia deficiente, se dicasi 2 quella parte che di essa lo scudo, rimosso dalla sua base, rice- verebbe, venuto in contatto colla iniziale medesima, sarà

Ma dal paragone di questo valore con quello di «2(1), già determinato nella prima delle (40), abbiamo

da essa comunicato allo scudo, rimosso prima dalla sua base, deve superare quello a2(1), pur esso libero , comunicato similmente allo scudo medesimo , collocato però sulla sua base non isolata. Le (41), (42) facilmente si ravvi- sano, pure senza il soccorso delle relative formule; però queste hanno il van- taggio di fornire i valori assoluti delle corrispondenti quantità di elettrico , e le differenze fra i medesimi: lo stesso può in altri simili casi osservarsi.

Ad un secondo contatto, similmente dalle (25), per n— 2, si avranno le

,a> _ (1— m22) (q -+- s2)

dunque

(42)

Perciò, anche quando la elettricità originaria sia deficiente, l’elettrico libero z

a)

H— <2,

(2)

2

2

dalle quali, valendosi delle (40), si otterranno le

406

(2)

(1— m22) s* Cia) [(1 m22) st-+- s2]

2 »

y 2

(2),

m22 s22 Cl(1)

(43)

[(1— r-m22) s2]

2

(2)

[(

1— m22)

ISl-4-2s2]

S2

r (1)

[(l m

22) S^b- S2]

I2

X

(2)

[(1— m22) sL-+- 2s2] (1— m22) st cl [(1 m22) «j-H s2]2

Pel terzo contatto, facendo n 3, avremo dalle (24) le altre seguenti:

<V3)(= c«') = *,«>-+- «s

C3X

£

(3)

«2,1)Hr- «2(2)-h a2(3)

Ha

(i).

y™-+-y™-

(3)

(1)

(2)

(1)

(3)

S1 S2 »

«22)-+- «a"’

«

(i)

(2).

(3)

l-m22

a,(1)-t- «2(2)-

-2 Vi + !/2 ' “2

donde, mediante le (40), (43), si avranno le

(3)

_ (1— m./) s™ e,

0C2

(1)

Vi

(44)

[(1— m22) st-+- s2]3

YYÌ ^ C ^ ( 1)

(Z) ò2 C1

[(!< m22) «i-t- s2]a

(3)

3*22>2Ci

(1)

X

(3)

[

:(i—o

D

l\2+

[1— m22) V+* S2]3 ' 3(1 5 ^KV*-3^2] (1— W22)

*

i sL c^v

[

)(1— m22

;) sr+~ s2]:

5

Finalmente, ad un quarto contatto, corrisponderanno le

(4)

(1)

X,

(4)

i,

(1)

X

(2)

W.

Ha

(4).

<54,

<3L

+- <x2U) v S'4’ = *4 : *2

Ha

(i).

u-22)^ yi*-

a,

(4)

(1).

-2 &r-+- y™^ */2(3,+- y% 2

dalle quali, mediante le (40), (43), (44), avremo le

(i).

(4)_

«2<2>-f- «2<3>-

(4)

a2(1'-+-a2(2,"+’«2(3,"Ka2

(4)

(1).

«2<2>_t- ag<3>_

1— m22

« (4) - X2

4

407

«<4) . ibi! <K4cifl)

* [(!— m22)si-^52]4

y-2

(4)

m22 s24 cLaì

(45)

[(1— m22) s,-H s2]‘

(4)

(1)

X

(4(

[(l-m22)3 s13-4-4(l-?n22)2s12 s2-t-6(l-m22) s4 s22h-4 ,923]s2 ct'

[(1 m22) Sl-h s2]4

[(l-m22)3.s13— t— 4(1— ma2)2Si2 s2-+4(l-m*)sL s22-t-4.s23](l-m22)s1c

[(1— m22) s4-4- s2]4

a)

Volendo generalizzare le precedenti formule , riferendole al contatto nesimo, pongasi per compendio

n— 1

P*= (1— w22)si ~^n

h = (1— m22) 5t-+- s2 , ed avremo le

«-3

((1— m22)si^ s2+ i m*)si ) S^‘+-

^ (1— ^22) S1 S2n~2-*- nS2n~l-

(n)

_ (1 m22) s* ct

(i)

y.F =

hu

m2 S2 Cl(1>

(46)

(n)

hr

i1

hn

(i)

x

.(*>

p,,(l— m22) st c,

(i)

hn

essendosi già (§. IX) ottenuta per questo caso la

c (i)

1 (1— m*) s

$• X.

Dalle formule (40), (43), (44), 45), o più generalmente dalle (46), prem dendo per ognuna delle a2(re), y2n), c2(rt), x, 1(re), due qualunque valori successivi, cioè corrispondenti ai due contatti (n l)esimo, ed nesirno, si potranno fa-

408

cilmente, dal paragone istituito fra loro, stabilire le seguenti diseguaglianze, che bene si accordano colla pratica; cioè:

2(1) > «2(2) > «2(3) >

i/a " > y™ > y™ >

c2(1) < c2(2) < c2(3) < x.a) < X™ < X,(V <

(47)

(«> 0f2 >

(»)

>yì

< C2M>

< x,(n).

Esprimendo con , la somma della progressione geometrica

(1.) , (2)

<3)_

«2*_1)-+- «a"',

in cui

h (1 m22) «jH- s2

rappresenta il quoto, avremo

(48)

(h'—s*)

s*ci

di

hn s.

Perciò la tensione dell’ elettricità libera dello scudo secondo, restato sempre sulla sua base non isolata, sarà, dopo n contatti col primo (§. II), espressa dalla

la. [hn s2) c^l)

S2 ~~ lin S1

mentre la tensione costante del primo scudo, separato dalla sua base, verrà

c (1>

espressa dal rapporto -L- . Quindi allora cesserà ogni vantaggio, per la ripe- si

tizione dei contatti fra il primo ed il secondo scudo, quando sarà

s2n _ 1

lin

donde s2 = 0 , od anche n = oo ; giacche abbiamo

h'1— s2'1

hF

1

1

*2J

Dunque per quanto si ripetano i contatti, non potrà mai la tensione del se- condo scudo, mantenuto sopra la sua base, uguagliare quella che l’altro co-

409

stantemente manifesta , quando caricato prima colla sorgente di elettricità inesausta, viene dopo separato dalla sua base.

Dalla terza delle (47) abbiamo

(49)

< <

cioè (§. II) le tensioni della elettricità nel secondo scudo , allontanato dalla sua base, vanno crescendo col crescere del numero dei contatti ed indipen- dentemente dalle quantità

m

i » m-2 y si y

Però dobbiamo riflettere che: la tensione t della sorgente di elettrico inesausta, sarà sempre minore della tensione t^l), appartenente all’ elettrico raccolto nel primo scudo, la quale per l’ipotesi attuale, deve ritenersi costante, in ogni comunicazione di esso colla sorgente inesausta: avremo cioè

> t.

Ed infatti, essendo

(i)

t = =(i -o ii- ,

S s.

(1)

(1)

sarà

cioè

t (1)

-m.

vu > t.

-.> i ;

Affinchè la tensione z2(,t) dell’elettrico, raccolto nel secondo scudo, per effetto degli n contatti di questo col primo, sia maggiore dalla tensione t , cioè affinchè abbiasi

L{n) > t ,

dovrà essere

(n)

>

ovvero

(50) p„ st > (1— mt2) hn ;

e nel caso di solo due contatti, avrà da verificarsi la

[(1— m22) s4-4- 2s2] s4> (1— m*) [(1— m22) s4-+- «J*.

410

Sappiamo (1°) dovei1 essere sempre nell’attuale caso

« < ;

perciò, avuto riguardo alle (49), chiaro apparisce che, a parità di circostanze, allora si otterrà il massimo di aumento della tensione t2{,l\ rispetto la primi- tiva t, quando sarà verificata la

V1* < *2(1) >

ovvero la

r a) r

< li .

(1 m22) s2

vale a dire quando sarà

(51) 1— w22-f- < 1 ,

S i

condizione coincidente colla (33) , se in questa facciasi k = 2. Perciò, con* forme a quanto fu detto relativamente alla condizione (33), diremo riguardo alla condizione (51), che soddisfatta la

mc

>Ì1

s.

più supererà s2 , più crescerà la tensione t2n) rispetto la originaria t , e meno contatti dovranno prodursi a rendere questa sensibile.

Nel caso qui analizzato di solo due condensatori, se la elettricità ini- ziale c fosse deficiente, non avrebbero più luogo le

(i)

(2)

(3)

w

''l U1 ‘'l ... ,

e per ogni contatto farebbe d’uopo calcolare, mediante la

2^—1) £ (n) y ( n )

^ 1 o 1 *

precedentemente stabilita (§. VI), il valore della elettricità iniziale pel contatto successivo. Inoltre si dovrebbe pure, pel primo scudo, tener conto delle quan- tità di elettrico, già espresse (§. VI) mediante le /3, -y, accentate di apici su- periori ed inferiori. Laonde i calcoli, colle relative formule, che discender do- vrebbero dalle precedenti generali dottrine, riesciranno di una complicazione maggiore, la quale crescerà crescendo il numero dei condensatori, tanto per la elettricità iniziale indeficiente , quanto per la deficiente; però sempre più in questo secondo caso.

411

COMUNICAZIONI

Il R. P. Angelo Secchi presentò all’accademia, la serie delle osservazioni sulla cometa, scoperta nella costellazione del lepre, il marzo 1853, nell’os- servatorio del collegio romano. Egli fece nel tempo stesso conoscere, gli ul- timi risultamenti, ottenuti da esso nel 29 del testé decorso marzo , relativi alla distribuzione del calorico sul disco solare. Queste comunicazioni furono pubblicate nel fascicolo della IV sessione, 23 maggio 1852, pag. 428, e 441.

Il sig. prof. Carlo dott. Maggiorani, presentò all’accademia i frammenti un uovo gallinaceo , galvanizzato da circa due anni , e poscia disseccato in vase chiuso. Il nostro socio fermò l’attenzione dei presenti sulla moltitudine dei filamenti, che avevano pullulato da quei frantumi, non invisibili ad oc- chio nudo , ma cospicui ad una lente di mediocre ingrandimento. Richia- mando egli alla memoria dei soci le osservazioni sue, lette nel 1852 in ac- cademia, dalle quali pareva risultare, che la elettricità determini nei liquidi organici ed inorganici lo svolgimento di nuovi corpicciuoli, aventi le forme primitive dei tessuti organici: opinò che i filamenti sopra indicati fossero una continuazione o prolungamento di quei tenuissimi, che il microscopio rivela nei fluidi, dopo essere stati sottoposti alla elettrizzazione. Terminava il dotto collega , ravvicinando questa formazione di filamenti alle note cisti pelose , che s’incontrano talora in mezzo ai tessuti animali, e che continuano ad es- sere argomento di dispute, per quello riguarda la origine loro.

Il sig. prof. Pietro Sanguinetti; presentò le cinque prime classi del prodromo della flora romana, per essere pubblicate negli atti dell’ accademia. Questo lavoro cominciò a venire in luce cogli atti della sessione V.“ dell’ 11 luglio 1852, p. 477.

Il prof. Paolo Volpicelli , consegnò in questa tornata una sua memoria di elettrostatica, sui coibenti armati, e sulla pila del Volta, e che verrà pub- blicata in seguito.

53

412

COMMISSIONI

Fu riferito che i sig." comm." prof. N. Cavalieri S. Bertolo, e Rmo. P. Ber- tini (relatore), incaricati per informare l’accademia relativamente alla macchina per la fabbricazione delle tele e cordaggi ad uso marittimo, proposta dai fra- telli Persichetti di Ancona, avevano fatto conoscere al nostro sig. presidente, non essere gli ulteriori schiarimenti dei fratelli medesimi sul congegno in- dicato, valevoli a modificare in verun modo il voto loro, approvato già dal- l’accademia, e spedito al ministero del commercio nel dicembre del 1852.

Questa conferma data dai nominati commissari alla precedente delibe- razione accademica, fu dal sig. presidente della medesima inviata al ministero suddetto, nel 23 aprile 1853.

CORRISPONDENZE

L’ Emo. e Rmo. sig. Cardinal Morichini , col pregiato suo foglio del 6 marzo 1853, accompagna in dono all’accademia una copia dell’opera, da esso pubblicata col titolo « Raccolta degli scritti editi ed inediti del cav. dottor Domenico Morichini » che fu padre del porporato medesimo, ed uno dei luminari dell’ accademia nostra. Gradirono sommamente i Lincei questo pregevole dono, ed ordinarono che ne fossero porte grazie al chiarissimo per- sonaggio , che volle abbellire la biblioteca loro con questa interessantissima pubblicazione.

11 chiarissimo sig. prof. cav. Vincenzo Flauti, con una sua lettera di- retta al sig. presidente, ringrazia F accademia per averlo nominato uno dei trenta italiani corrispondenti della medesima.

COMITATO SEGRETO

NOMINE

Nella sessione accademica del 30 gennaio 1853, il comitato fece cono- scere, che doveva procedersi alla elezione del nuovo presidente, a forma di

413

quanto dispongono gli statuti. Laonde si venne per ischede a questa nomina» ed i votanti essendo venti, si ebbe il seguente risultamento.

NOMI voti

Sig. Principe D. Pietro Odescalchi. . 14

Sig. Duca di Rignano D. Mario Massimo . 2

Sig. Principe D. Baldassare Boncompagni. 2

Sig. Prof. Carlo Maggiorana ... 1

Sig. Prof. Francesco Orioli. ... 1

Quindi come già fu annunziato p- 265 rimase a pluralità di voti con- fermato presidente, il sig. principe D. Pietro Odescalchi. Nell’ attuale tornata si fece noto che questa conferma ebbe nel 3 di febbraro 1853 , la sovrana sanzione.

La commissione incaricata di rivedere il consuntivo accademico del 1852, e riferire sul medesimo, composta dei signori professori, N- Cavalieri S. Bertelo, dott. Carlo Maggiorani, e monsignor Leandro Ciufifa (relatore), lesse il suo rap- porto sul consuntivo stesso. I commissari si dichiararono pienamente soddisfatti dell’amministrazione accademica, e proposero un nuovo modello per la reda- zione dei consuntivi. L’ accademia colla votazione adottò le conseguenze di questo rapporto.

Il comitato accademico presentò il preventivo pel 1853, che fu mediante la votazione approvato in tutto , salvo nella somma pel funerale annuo in suffragio dei lincei defunti: l’accademia per questa funebre ceremonia, stabilì una semplice messa di requie.

Il comitato stesso , a secondare i desideri di alcuni soci , pose nel preventivo la somma di scudi 100 per un premio; l’accademia seguendo il disposto nello statuto, invitò il comitato a proporre un regolamento per con- ferire il premio proposto.

L’accademia riunitasi in numero legale a mezz’ora pomeridiana, si sciolse dopo tre ore di seduta.

Pubblicato il 9 Gennaro 1856.

P. V.

Soci ordinari presenti.

M. Bertini P. Sanguinetti 0. Astolfi. C. Maggiorani S. Proja F. Orioli B. Tortolini A. Coppi L. Ciuffa G. Ponzi N. Cavalieri S. Bertolo C. Sereni P. Volpicelli P. Carpi F. Batti P. Secchi M. Massimo P. Odescalchi G. B. Pianciani B. Bon- compagni I. Calandrella

Opere venute in dono.

Raccolta degli scritti editi ed inediti del cav. dott. Domenico morichini. Due vo- lumi in 8.° Pmma 1852. - (Dono di Sua Ema. Rma. il sig. Cardinale Mori chini).

Guida dei naviganti a lungo corso , di Vincenzo gallo. Trieste 1853. Un voi. in 8.°

Deir erba baccarà degli antichi. Memoria del prof. cav. michele tenore. Na- poli 1852. Un fase, in 4.°

Relazione della malattia della vite , apparsa nei contorni di Napoli, ed altri luo- ghi della provincia, fatta da una commissione appositamente nominata, e presentata alla r. accademia delle scienze. Napoli 1852. Un fase, in 4-°

Della Gurloa , nuovo genere della famiglia delle Meliacee. Memoria di michele tenore. Un fase, in 4.°

Un caso di ermafi'odito vivente neutro-laterale. Memoria del cav. Pietro col- lenza. Napoli 1853. Un fase, in 8.°

Rendiconto della società’ reale borbonica n. 6. - Napoli 1852. Un fase, in 4.°

Primo decennio di osservazioni meteorologiche, fatte nella specola di Bologna, ridotte , esposte , ed applicate da Alessandro palagi. Bologna 1850. Un fase, in 4.°

Memorie dell'accademia delle scienze dell'isTnmo di Bologna. Tom. I. Un vo- lume in 4.°

Sulla cometa di Westphal, e sui nuovi pianeti Lutetia, Calliope e Talia, sco- perti nell'ullimo trimestre dell'anno 1852. Nota del prof. a. colla di Parma.

Varie linee tautocrone in risposta ad alcune osservazioni. Nota del prof, brioschi.

Intorno le sviluppoidi e le sviluppate; ricerche del medesimo.

Sid luogo geometrico della equazione algebrica e del secondo grado r2=2mu-hnu2, Memoria di r. rubini di Napoli.

415

L'Incoraggiamento. Giornale di agricoltura , industria, e commercio. Dal n. 4 al 12. Ferrara 1853.

Programma per la premiazione agraria provinciale d’incoraggiamento che avrà luogo in Cento nel settembre del 1853.

Semina quae hortus botanicus romanae studiorum universilatis eolligebat, anno 1852. petrus sanguinetti bota. prof, et hort. praefectus.

Descrizione di una macchina planetaria secondo il sistema di Copernico. (In- venzione dell’abb. don Luigi Bianchini di Montecassino, provincia di Ma- cerata, e morto in Loreto l’ultimo di ottobre 1851).

La vera medicina del dolt. Vincenzo fusco da Venafrio. Napoli 1853. Un fa- scicolo in 12.°

Comptes Rendus . . . Conti resi delVaccad. delle Scienze di Parigi in corrente.

Annali di scienze mat-, e fis - compilati dal prof- tortolini, in corrente-

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ATTI

DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI

SESSIONE IV DEL 22 MOGIO 1855

PRESIDENZA DEL S2G. PRINCIPE ». PIETRO ODESCALGR1

MEMORIE E COMUNICAZIONI

©EX SOCI OE9IHAEI E ©SI COSEISPONSS HTT I

Florae romanae Prodromus exhibens plantas circa Romani, in Cisapenninis Pontijì- ciae dictionis provinciis , et in Picaeno sponle venienles. Alidore Petro Sangui- netti, in romana studiorum Universitate Bolanices professore. (Continuazione)(*)

Ph. Alkekengi Seb. et Maur. FI. Piom. Prod. p. 97 n. 261 Bert. FI. It. t. 2. p. 627. - Alkekengi officinarnm Hort. Rom. t. 2. tab. 65.

In umbrosis sepibus, scobribus fraequens. Villa Borghese , Villa Madama etc. Perenn. Fior. Junio. Flores albicli- Vulgo. Alchechengi, Alicacabo.

Usus. Herba et Baccae diureticae sunt et subacidae, ideo in arthritide, in hydrope, aliisque bujus generis morbis olino adhibitae, sed nunc fere dissuetae. ATROPA.

Belladonna L. Sp. PI. p. 260. Pubescens. Caule herbaceo ramoso-tri- cotomo: foliis petiolatis ovatis integerrimi geminatis solitarisve: pedunculis 5-floris nutantibus: calycis laciniis, in fructu, stellato-patentibus: bacca glo- bosa depressa, maturiate atrata.

A. Belladonna Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 27. n. 260. - Bert. FI. It. t. 2. p. 624 - Belladonna majoribus foliis et fio ribus Hort. Rom. t. 2. tab. 3.

In montium sylvis. Abbunde in Monte Gennaro.

Perenn. Fior. Junio. Flores obscure purpurei.

Vulgo. Belladonna.

Usus. Pianta omnibus in partibus venenata, at praesertim in foliis a qui- bns Chimici Atropinam duxerunt , in qua vires summopere letales inven- tae fuerunt. Controstimolans , narcotica , sedativa a medicis praedicatur ; in pupillam oculorum peculiariter agit , eam dilatans , et immobilem reddens ; caute et parce hadibenda: in medicina externa minus periculosa.

(*) Vedi sessione V, VI, VII del 1852, e sessione II del 1853.

54

418

MANDRAGORA.

435. vernalis Bert. FI. It. t. 2. p. 618. Acaulis. Foliis late-ovatis in petiolum attenuatis, primis obtusissimis, reliquis acutis : scapis intrafoliaceis 4-floris: corolla campanulata, calyci sublongiore : bacca globosa obtusa, ca- lycem superante, maturitate lutea

In pratis uliginosis Umbriae secus Nursiam.

Perenn. Fior. Martio-Aprili. Flores albo-virentes tandem leviter coerulei.

Vulgo. Mandragora maschia.

436. Officinarum L. Sp. PI. ed. 1. p. 181. Acaulis. Foliis ovatis in pe- tiolum productis, primis obtusis, reliquis acutis: scapis 1-floris intrafoliaceis: corolla campanulata, calyce triplo longiore: bacca oblonga obtusa , longitu- dine calycis, maturitate luteo-rufa.

M. Officinarum Bert. FI. It. t. 1. p. 620 - M. foemina flore coeruleo. Barrel. Ic. 29. - M. foliis asperis, fruetu parvo ovato acuminato , floribus violaceis Hort. Bom. t. 1. tab. 2.

In sylvaticis montium. Monte Lucretile.

Perenn. Fior. Autumno, et quandoque etiam Aprili. Flores pallide violacei.

Vulgo. Mandragora femmina.

Usus. Radix utriusque speciei magna fusiformis , perpendiculariter des- cendens, simplex vel ramosa, ramis etiam fusiformibus et perpendicularibus, corpus hominis quodamodo refert. In M. vernali extus sordide alba , intus prorsus alba: in M. Officinali mole quidquam minor, extus nigrigans, intus alba est , et in veteri medicina quam saepissime usurpabatur. Ad somnum con- ciliandurn , ad dolores fugandos , ad erneto-chatarsim promovendam , ad tu- mores resolvcndos, ad menstruales fluxus reducendos, et ad venenatos anima- lium morsus inedendos praedicabatur. Vis eius venenata, cum fraequentissime multum mali in organismo intulerit, a materia medica citius eliminata. De ra- dicibus harum plantarum ab empiricis et circulatoribus fabulae plurimae et singulares evulgatae sunt, quae, per ora credentium, et muliercularum adhuc cireulant.

LYCIUM.

437. europaeum L. Sp. PI. p. 192. Erectum, valide spinosum. Ramis patulis apice spinescentibus: foliis lanceolato-spathulatis , obtusis : floribus erectis: calycibus 5-dentatis: filamentis imberbibus: bacca subrotunda. Bert.

FI. It. t. 2. p. 639.

L. europeum Fior. Giorn. Arch. t. 12. anno 1823. p. 161 - Spina sancta Colamn. Ecphr. p. 38.

419

In sylvis et sepibus mare versus. Ostia , Terracina etc.

Frutcx. Fior. Majo-Junio. Flores violacei.

438. barbaro m L. Sijst. Veg. p. 190. Ramis angulatis simplicibus de- pendentibus: gemmis subspinescentibus: foliis lanceolatis vix in petiolum at- tenuatis: calyce 3-5-Iobo: staminibus, limbo corollae aequalibus: bacca ovato- globosa Sang. Cent. 3. p. 39. n. 80.

Ad sepes ab occidente Urbis, nec non in Urbe ipsa.

Frutex. Fior. Autumno. Flores violacei.

Obs. Species a China adlata, nunc sponte inter nos provenit. CALYSTEG1A.

439. Soldanella Broivn Prod. p. 483. Radice late repente: caulibus pro- cumbentibus elongatis parce ramosis: foliis reniformibus integerrimis rarius subangulatis: pendunculis axillaribus solitariis 1-floris tetragonis: bracteis late- ovatis oppositis concavis reticulato-venosis: calyce in fructu acereto: capsula majuscula globosa obtusa, calyce breviore.

Convolvolus Soldanella Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 99. n. 2“ I - Bert. FI. It. t. 2. p. 451. - C. nostras rotundifolius Iiorl. Rom. t. 1 . tab. 20.

In maritimis frequens. Ostia Fiumicino etc.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores incarnati.

440. sepium Broivn Prod. p. 483. Radice late repente: caule volubili : foliis sagittatis hastatisque, auriculis truncatis : pedunculis tetragonis axilìa- ribus , folio brevioribus 1-floris: bracteis cordato-ovatis parallelis : capsula globosa obtusa obscure trigona, vel tetragona, calycem aequante.

Convolvolus sepium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 98. n. 265. - Bert. FI. It. t. 2. p. 436.

In sepibus subhumidis communis.

Perenn. Fior. Majo. Flores candidi.

Vulgo- Campanelle.

441. sy lv estri s Rom. et Schult. S. Veg. t. 1. p. 603. Radice late re- pente: caule alte scandente: foliis cordato-ovatis sagittatis, auriculis troncato- angulatis: pedunculis 1-floris : bracteis inflato-ventricosis, lateribus invicem superincumbentibus: capsula calycem superante.

Convolvolus sylvestris Sang. Cent. 3. p. 31 . n. 63. - Bert. FI. It. I. 2. p. 438

j3 bracteis carinatis non ventricosis acutis: foliis et corollae tubo angu- stioribus.

In sepibus passim edam varie tas.

420

Perenti. Fior, aestate. Flores albi.

Vulgo. Campanelle.

CONVOLVOLI^.

442. arvensis L. Sp. PI. p. 218. Radice profunda repente : caule so- litario vel multiplici prostrato volubili simplici vel ramoso subangulato : fo- liis sagittatis, auriculis acutis: pedunculis axillaribus solitariis elongatis 1-3- floris: bracteis minutis linearibus, sub quoque pedicello: capsula ovoidea sub- anguìata, apice acuminata, calyci subaequale.

C. arvensis Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 37. n. 67 Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 98. n. 266. - Bert. FI. II. t . 2. p. 434 - 0. minimus , angusto, auriculato folio Bocc. Mus. p. 44. lab. 33. et C. minimus angusto, brevi, subrotundo folio l. c.

In arvis, plateis passim.

Perenti. Fior. Majo ad aestatem. Flores albi extus purpurascentes.

Vulgo. Carregiala, Villucchio.

443. alt n eoi des L. Sp. PI. p. 222. Pilis patentibus hirsutus. Caule pro- combente tereti-striato flexuoso vel volubili: foliis radicalibus cordato-ova- tis repando-dentatis, caulinis pedatis, segmentis grosse et irregulariter dentatis: pedunculis solitariis axillaribus elongatis, plerumque 3-floris : bracteis elonga- tis lineari-angustatis, infra pedicellos, vel floribus solitariis, remotis: capsula oblongo-acuminnta, longitudine calycis.

C. altheoides Bert. FI. It. t. 2. p. 439. - C. hirsutus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 98. n. 269 - C. non argenteus folio Altheae Bocc. Re- cher- et observ noi. p. 191 - C. peregrinus, foliis Alceae et Bryoniae Ame- ricanae in eadem pianta, floribus suaverubentibus, umbilico candido, et radiis roseis pictis Ilort. Rom. t. 1. lab. 19.

In marginibus agrorum mare versus copiose. A Ponte Galera , intorno Ci- vitavecchia.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores rosei.

444. tenuissimus Sibt. el. Smith. FI. Graec. prod. t. 2. p. 134, Sericeo- argenteus. Caule tenui prostato volubili vel flexuoso , foliis inferioribus cor- dato-oblongis crenato -dentatis sucessivis lobato-dentatis incisisve, superiori- bus pedatis, laciniis linearibus subintegerrimis : pedunculis elongatis divari- cati 1-floris: bracteis lineari-eìongatis a floribus remotis : capsula oblongo- acuminata, calycem vix superante

C. tenuissimus Bert. FI. It. t. 2. p. 421. - C. altheoides Seb. et Maur.

421

FI. Rom. Proci, p. 98. n. 268 - C. betonicae altheaeque foliis argenteus fi. purp. Barrel. Ic. 312 - C. argenteus, folio Altheae Bocc. Recher. et observ.p. 191. In maritimis, pascuis, collibus. Terracina , Ostia Civitavecchia etc.

Perenn. Fior. Majo Junio. Flores rosei.

445. s/culus L. Sp. PI. p. 223. Puberulus. Radice ramosa flexuosa repente: caule tereti procumbente simplici ramosoque: foliis cordato-ovatis acutis al- ternis, inferioribus longe-petiolatis : pedunculis solitariis axillaribus 1-floris folio brevioribus: bracteis lanceolato-linearibus patentibus fiori proximis: ca- psula globosa, calyce vix longiore.

C. siculus Fior. Gior. de'lelt. di Pisci anno 1828. t. 17. p. 6 - Bert. FI. It. t. 2. p. 563 - C. siculus minor, flore parvo, auriculato Bocc. Pt. Sic. p. 89. tab. 48.

In marginibus montami mare proximis. Terracina.

Ann. Fior. Majo- Flores rosei.

446. Cant aurica L. Sp. PI. p. 225. Patcnti-pilosa. Caule tereti , ut plurimum erecto, superius ramoso: foliis radicalibns oblongo-spathulatis, cau- linis acutis obverse lanceolatis, omnibus nervoso-venosis: pedunculis solitariis, folio multo-longioribus: floribus corymbosis quandoque solitariis: bracteis lan- ceolato-linearibns statini sub flore: capsula subglobosa, calyce breviore.

C. Cantabrica Seb. et Maur. FI. Piom. Prod. p. 98. n. 267 - Bert. FI. It. t. 2. p. 448.

In arvis siccioribus, collibus abbunde.

Perenn. Fior. Junio Julio. Flores rosei.

447. MEONANTiius Róm. et Schult. Sysl. Veg. t. 4. p. 289. Villosus. Caule simplici adscendente: foliis lanceolatis, superioribus sessilibus acutis : pedun- culis axillaribus solitariis 1-floris in anthesi cernuis : bracteis minusculis li- neari-acuminatis fiori proximis: capsula oblongo-acuminata, calycem superante.

C. meonanthus Bert. FI. It. t. 2. p. 451 - C. tricolor Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 98. n. 270.

In agris Cornetanis secus le Allumiere.

Ann. Fior. Majo Junio. Flores fundo flavi , medio albi , disco pulchre coerulei.

Usus. Convolvoli et Calystegiae gaudent succo drastico praesertim in radicibus, succo C. Scamoniae admodum affini, in usu medico jam usurpato, et speciatim a radicibus Calystegiae saepium , et Convolvoli Soldanelle educto.

422

VINCA.

448. minor L. Sp. PI. p. 304. Caule caespitoso, surculis sterilibus re- clinatis, floriferis suberectis: foliis oppositis sempervi rentibus ovato-lanceola- tis margine glabris: floribus axillaribus solitariis longe pedunculatis , laeiniis calycinis lanceolatis nudis: corollae segmentis truncatis.

V. minor Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 99. n. 273 - Bert. FI. Il- t. 2. p. 747 - Pervinca vulgaris angustifolio , flore coeruleo. Hort. Rom. t. 2. tab. 95.

In nemoribus ad sepes frequens prope Urbem. V. Borghese , Pamfili M. Mario e te.

Perenn. Fior. Aprili. Flores coerulei.

Vulgo. Vinca pervinca, Fiore di morto.

Usus- Herba oliai a credulo vulgo plurimis in morbis praedicata, nunc fere obsoleta. Uti repellens et adstringens in materia medica. Linnaeus enumerat. Modo in gutturis affectionibus prò gargarismata aliquoties usurpatur. Folia procul dubio adstringentia sunt, nam ad corios parandos valent.

449. maior L. Sp. PI. p. 304. Caule caespitoso, surculis sterilibus re- clinatis, floriferis suberectis: foliis sub-cordato ovatis, margine nervisque ci- liatis: floribus axillaribus solitariis, folio longioribus: laeiniis calycinis lineari- setaceis ciliatis: corollae segmentis truncatis.

V. major Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 99. n. 272. - Bert. Fi It. t. 2. p. 749. - Pervinca vulgaris latifolia flore coeruleo Hort. Rom. t. 2. tab. 94.

In montium elatiorum sylvis. Monte Gennaro.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores coeruleo-violacei.

Vulgo ut praecedens.

450. acuti flora Bert. FI. It. t. 2. p. 751. Caule caespitoso , surculis sterilibus reclinati, floriferis suberectis: foliis ovatis, utrinque angustatis mar- gine glabris: floribus axillaribus solitariis: pedunculis folio brevioribus: laei- niis calycinis anguste linearibus nudis: corollae segmentis oblique ovato-acu- minatis.

Ad sepes et in umbrosis sylvarum prope Urbem.

Perenn. Fior. Martio-Aprili. Flores coerulei.

Vulgo uti praecedentes.

Obs. Species cuna affini V. majori huc usque confusa; fìrmis tamen ca- racteribus certe distinta, ut in peculiarem speeiem cuna clarissimo Bertolo- nio ab omnibus recipienda sit.

423

CAMPANULA.

451. rotun di foli a L. Sp PI. p. 232. Caule angulato simplici quando- que ramoso : foliis radicalibus longe petiolatis subrotundis vel cordato-reni- formibus, caulinis lanceolato-linearibus, superioribus sessilibus linearibus: flo- ribus spicato-racemosis, raro solitariis, lacìniis calycinis lineari-filiformibus ; corolla turbinato-campanulata: capsula, foraminibus tribus, superius debiscente.

C. rotundifolia Bert. FI. It. t. 2. p. 463 - C. alpina minima foliolis Li- nearne ad caulem stipatis Bocc. Mus. di Piani, p. 143 - et C. alpina caule folioso l. c. lab. 103.

In Umbriae alpestribus. Infernaccio di S Leonardo.

Perenn. Fior. lulio Augusto. Flores coeruleo-violacei.

452. n ni fo li a Wild. Sp. PI. t. 1. p. 2. p. 893. Pubescens. Caule sim- pliciusculo incurvo : foliis imis longe petiolatis ovato-cordatis serratis , cau- linis lineari-lanceolatis, summis lineari-attenuatis subintegerrimis: floribus sub solitariis : laciniis calycinis lineari-subulatis , corolla turbinato-campanulata , nunc dimidio brevioribus, nunc subaequalibus: capsula foraminibus tribus su- perius debiscente.

C. linifolia Sang. Cent. 3. p. 32. n. 66 - Bert. FI. It. I. 2. p. 467.

fi glabra

C. Scheuzeri glabra Sang. 1. c. - Bert. b. c. -C. montana minor augusti- folla. Barrel. PI. per Gali. etc. p. 9. n. 87. et le. p. 487.

In sylvaticis montium elatiorum. Sulla Serra S. Antonio, fi in Umbriae montibus a Pietralta.

Perenn. Fior. Julio. Flores coerulei.

453. Iìapunculus L. Sp. PI. p. 252. Caule erecto angulato inferius hir- suto: foliis crenato-undulatis pubescenti-scabris, radicalibus oblongis obtusis petiolatis , caulinis lanceolato-oblongis : floribus racemosis , racemo elongato simplici ramosoque: laciniis calycinis lineari-filiformibus: corolla turbinato-cam- panulata: capsula foraminibus tribus superius debiscente.

C. Rapunculus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 100. n. 277 . - Bert. FI. It. I. 2. p. 470 - C. radice esculenta, flore coeruleo Bori. Rom. t. 1. lab. 74. - Erinus Collima. Phyt. ed- Neop. p. 102.

In arvis, marginibus sylvaticis ubique.

Bienn. FI. Majo Junio. Flores coerulei.

Usus. Ante efflorescentiam, idest vere, radix succo lactiginoso repleta est, et in acetariis adhibetur cruda vel cocta sub nomine Raponzoli.

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454. persicifoli a L. Sp. PI. p. 164. Glabra. Caule erecto, ramis stri- disi foliis sessilibus remote dentatis, radicalibus oblongo-spathulatis, caulinis lanceolato-linearibus elongatis: floribus terminalibus laxe racemosis : laciniìs calycinis lanceolato-linearibus, corolla late turbinato-campanulata, dimidio bre- vioribus: capsula forarninibus tribus apice dehiscente.

C. persicifolia Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 100. n. 279. - Bert. FI. It. t. 2. p. 471. - Rapuntium sive Erinus magno flore. Column. Ecphr. p. 23. fig. p. 24.

In saxosis montanis subapenninis. Monte Gennaro , Monte Calvo presso Subiaco etc-

Perenn. Fior. Junio. Flores coerulei, interdum candidi.

455. lat i foli a L. Sp. PI. p. 233. Subpubescens. Caule terete striato simplicissimo: foliis ovato-acutis in petiolurn attenuatis duplicato-dentalis: ra- cemis terminalibus: laciniis calycinis subserrulato-ciliatis, corolla late cam- paniformi, brevioribus: capsula forarninibus tribus inferne dehisceute.

C. Iatifolia Sang. Cent, tres p. 32. n. 64. - Bert. FI. It. t. 2. p. 480.

In Umbriae montibus. A Valle Canetra presso Castellacelo.

Perenn. Fior. Junio. Flores coeruleo-violacei.

456. bononi ensis L. Sp. PI. p. 304. Villosa. Caule erecto: foliis infe- rioribus cordato-ovatis longe petiolatis, superioribus oblongo-lanceolatis ses- silibus, omnibus crenatis: panicula racemosa terminali: floribus sparsis cernuis: laciniis calycinis lanceolato-linearibus acutis, corolla late infundibuliformi, du- plo brevioribus: capsula forarninibus tribus inferne dehiscente.

C. bononiensis Sang. Cent, tres p. 32. n. 65. - Beri. FI. II. t. 2. p. 483.

In montibus prope Interamnam.

Perenn. Fior. lunio. Flores coerulei.

457. Trachelium L. Sp- PI. p. 235. Piloso-hispida, setis incurvis. Caule erecto-angulato leniter flexuoso. foliis, petiolatis duplicato-serratis, inferioribus cordato-ovatis acuminatis, superioribus oblongo-lanceolatis: racemo composito terminali interrupto, racemulis sub-3-floris: laciniis calycinis lanceolato-acu- minatis, corolla campanulata, duolo brevioribus : capsula forarninibus tribus basi dehiscente.

C. Thrachelium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 100. n. 278. - Bert. FI. It. t. 2. p. 486.

In sylvaticis etiarn montanis ad sepes. Roma, Monte Gennaro , Valle Ca- netra presso Castellacelo.

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Perenn. Fior. Julio, Sep tenitori. Flores coeruleo-violacei.

458. graminifolia L. Sp. PI. p. 234. Molliter villosa. Caule decumbente: foliis sessilibus lineari-acuminatis: floribus capitatis involucratis, involucri fo- liolis ovato-cuspidatis: laciniis calycinis lanceolato-linearibus acuminali , si- nubus auriculatis, corolla campanulata, triplo brevioribus: capsula foramini- bus basi dehiscente.

C. graminifolia Bert. FI. It. t. 2. p. 488. Trachelium Tragopogifolio montanum Column. Phyt. ed Neap. p. 25.

In apricis montium apenninorum- Monte de Fiori.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores coeruleo-violacei.

<559. spicata L. Sp. PI. p. 234. Hirta. Caule simplici erecto, superius quandoque ramoso: foliis undulato-crispis, superioribus lanceolatis, basi di- lalata sessilibus, inferioribus ovato-lanceolatis in petiolum longum contractis: floribus, in spica terminali subinterrupta, bracteis cordatis: laciniis calycinis lanceolato-linearibus acutis, corolla tubuloso-campanulata duplo vel triplo bre- vioribus: capsula abbreviata foraminibus apice dehiscente.

C. spicata Bert. FI. It. t. 2. p. 491.

In sylvaticis montium Umbriae. Falde del Vettore , et prope Asculum. Al- V Acqua Santa.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores coeruìei.

460. glomerata L. Sp. PI. p. 235. Pilis subhirsutis scabra: caule sim- plici subangulato: foliis serrulatis, inferioribus petiolatis oblongo-lanceolatis, caulinis sessilibus oblongo-cordatis semiamplexicaulibus : floribus fasciculatis involucratis, fasciculis terminalibus lateralibusque: bracteis involucri cordato- ovatis acutis, geminis cujusque floris oblongatis: laciniis calyciniis lanceolato- linearibus subinflexis : corolla turbinato-campanulata : capsula , foraminibus tribus, inferne dehiscente.

C. glomerata Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 101. n. 281. - Bert. FI. It. t. 2. p. 495. - Rapunculus sylvaticus coeruleus umbellatus Barre l. Ic. 523. fig. 3. - Trachelium oblongo folio alpinum Bocc. Mas. p. 70. tab. 76. - Rapunculus Scabiosae capitulo coeruleo. Hort. Rom. t. 1. p. 76.

In montosis aridis Monte Gennaro , Monti Sabini, et in Umbriae apennino.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores coeruìei.

461. foliosa Rom. et Scidt. Syst. Veg. t. 5. p. 126. Subpilosa. Caule simplici adscendente subangulato: foliis duplicato-serra tis, radicalibus et in- ferioribus abbreviati ovato-subcordatis longissime petiolato-alatis , supe-

55

426

rioribus ovatis in petiolum alatum adscendendo breviorem productis: ca- pitulo terminali maltifloro, bracteis foliaceis ovato-oblongis involucrantibus, sub breviore: laciniis calycinis lineari-angustissimis, corolla tubuloso-campa- nulata, duplo triploque brevioribus: capsula foraminibus tribus apice dehiscente.

C. foliosa Bert. Fi II t. 2. p. 499.

In pratis alpinis. Castelluccio di Norcia .

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores coerulei.

462. sibirica L. Sp. PI. p. 236. Pilis hirsutis scabra. Caule adscendente quandoque ramoso: foliis crenatis, radicalibus caespitosis petiolatis oblongo- spathulatis, superioribus sessilibus lanceolatis: floribus panicnlatis cernuis: la- ciniis calycinis lanceolato-linearibus acuminatis, corolla campanulata quadruplo etiam brevioribus, auriculis ovato-lanceolatis deflexis: capsula 3-valvis, valvis inferius dehiscentibus.

C. sibirica Bert. FI. It. t. 2. p. 507.

In rupibus prope Asculum.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores violacei.

463. Erinus L. Sp. PI. p. 240- Hispida. Caule dicotome-ramoso: foliis profunde remoteque serratis, inferioribus alternis cuneato-ovatis, superiori- bus opposi tis ovato-oblongis : floribus solitariis axillaribus terminalibusque : laciniis calycinis lanceolato-acuminatis, corollam tubuloso-campanulatam, sub- aequantibus: capsula trivalvi inferne dehiscente.

464- C. Erinus Sebast. Enum. PI. Ampli. Flavii p. 32. n. 45. - Seb. et Maar. FI. Bom. Prod. p. 101- n- 282- - Bert- Fi II. t 2* p 510- - Erini , si ve Rapunculi minimum genus Colamn- Phyt ed Neap. p. 29. et Erinus Co- lumn l c-

Ad muros et in marginibus viarum obvia.

Ann. Fior. Aprili-Junio. Flores pallide coerulei.

465. fragilis Scoiv Prosp in Gior . di Conf. e Brugn. t 7 p. 28- Gla- bra. Radice fusiformi: caule angulato brevi decumbente vel erecto: foliis pe- tiolatis crassiusculis inaequaliter dentatis, inferioribus reniformibus, superio- ribus ovatis: racemo terminali paucifloro : laciniis calycinis lanceolato-linea- ribus , corolla campanulato-scutellata, parum brevioribus : capsula, foramini- bus tribus, inferne dehiscente.

C. fragilis. Bert FI II- L 2- p 513- - C. diffusa Fior, in Gior Ardi. L 18- p 162. - C> rotundifolia Caetana longius radicata Bocc . PI. Sic. p 54. lab 27.

427

In rupibus secus mare. Terracina.

Perenn- Fior. Junio- Flores coeruleo-violacei.

466- garganica Ten . FI- Nap t. 3- p. 203. Molliter pubescens. Caule eaespitoso procumbente: foliis petiolalis inaequaliter dentatis, inferioribus re- niformibus , superioribus subcordato-ovalis: floribus solitariis axillaribus, pe- dunculis fìliformibus: Iaciniis calycinis angustissimi erecto-patulis , corolla scutellato-patenti sub-5-partita, paulo brevi oribus : capsula 5-loculari fora- minibus inferne dehiscente.

C. garganica Bert FI. It . t. 2. p. 515.

In rupe montis Trinità tis di Valle Pietra secus Sacellum.

Perenn- Fior. Junio- Flores venusti pallide-coerulei- SPECULARI A.

467. Speculum Alph . DC Mori- Camp, p 346- Subpubescens. Caule ra- moso, ramis patulis: foliis subcrenatis, inferioribus obovato-spathulatis, supe- rioribus sessilibus oblongis: pedunculis axillaribus sub-3-floris: tubo calycino trigono elongato , superius constricto , Iaciniis linearibns patentibus demum reflexis, longitudine corollae.

Prismatocarpus speculum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 101. n. 284 - Campanula Speculum Bert. FI. It. t. 3. p. 520.

7 pubescens. Alph. DC. Incano-pubescens» caule erecto, capsulis majoribus.

Prismatocarpus hirtus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 101. n. 284- Campanula Speculum fi. Bert. I. c.

In marginibus agrorum et inter segetes etiarn varietas freqnens.

Ann. Fior. Majo-Junio. Flores purpureo-violacei, fouce albo-viridula.

Vulgo. Specchio di Venere .

468. hybrida Alph. DC. Mon. Camp. 349. Pilosiuscula. Caule erecto simpliciusculo; foliis obtusis repando-undulatis inferioribus spathulatis, supe- rioribus sessilibus semiamplexicaulibus ovato-oblongis : pedunculis solitariis axillaribus 1-floris: tubo calycino obluse trigono, superius constricto, Iaciniis lanceolato-acuminatis erecto-patulis, corolla sublongioribus.

Prismatocarpus hybridus. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 101. n. 285- Campanula hybrida Bert. FL It. t. 2. p.. 522.

In segetibus frequens.

"Vulgo. Specchio di Venere.

469. falcata Alph. DC. Mon. Camp. p. 345. Glabra. Caule simplici ra» rius ramoso: foliis crenatis, inferioribus spathulatis , superioribus sessilibus o-

428

vato-oblongis acutis: floribus sessilibus axillaribus solitariis spicatis, inferio- ribus remotis: tubo calycino cylindrico sulcato elongato, laciniis calycinis lan- ceolato-linearibus, corolla multo longioribus, tandem falcatis.

Prismatocarpus falcatus Seb. et Maur. FI. Rom. Prodi, p. 103. n. 286 - Campanula falcata. Bert. FI. It. t. 2. p . 523.

In umbrosis montanis ad saepes. Albano Frascati, etc.

Ann. FI. Majo. Flores coerulei.

TRACHEL1UM.

470. coeruleum L. Sp. PI. p. 243. Caule erecto ramoso : foliis ovatis dnplicato-serratis: corymbo terminali composito : floribus bracteatis.

T. coeruleum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 102. n. 287 - Bert. FI. It. t. 2. p. 550. T. azzureum umbelliferum Hort. Rom. t. 2. tab. 14 - Vale- riana coerulea urticaefolio Barr. Ic. 683.

Ad muros antiquos et humidos, et praesertim ad moenia Urbis.

Bienn. Fior. Junio-Julio. Flores fusco-coerulei.

PHYTHEUMA.

471. hemysph erica L. Sp. PI. p 241. Caule erecto subpollicari glabro: foliis radicalibus caespitosis lanceolato-linearibus integris, in petioluin longum angustatis, caulinis solitariis sessilibus linearibus remotiusculis: involucri folio- lis subcordato-ovatis acuminatis ciliatis, floribus brevioribus: stylo quandoque erecto, apice piloso.

Ph. hemispherica Bert. FI. It. t. 2. p. 532 - Rapunculus montanus gramineus corniculatus Barr. Ic. 523. f. 1. - Rapuntium alterum augustifolium alpinum Colum. Ecphr. p, 23. et R. angustifolium p. 26. fìg.

In alpestribus Picaeni , et Umbriae. Sasso Borghese , et Castelluccio di Norcia.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores saturate coerulei.

472. orbicu lari s L. Sp. PI. p. 262. Caule erecto 2-3— pollicari, pedali glabro: foliis crenatis, radicalibus cordato-ovatis oblongisve in petiolum lon- gum subalatum productis, caulinis lanceolatis sessilibus remotis: capitulo ter- minali subrotundo: involucri foliolis ovatis vel oblonms crenatis, floribus bre- vioribus: stylo jamdudum exerto piloso.

Ph. orbicularis Bert. FI. It. t. 2. p. 535 - Rapunculus corniculatus coe- ruleus minimus Barr. Ic. 525. et R. corniculatus coeruleus montanus major Italicus le. 526 - Rapuntium montanum rarius corniculatum Colum. Ecphr. p. 223. et R. corniculatum montanurn pag. 224. fig.

429

In subalpinis Picaeni. Camerino al Sasso Borghese.

Perenti. Fior. Augusto. Flores saturate coerulei.

JASIONE.

473. montana L. Sp. Pt. p. 137. Scabro-hirsuta. Caule erecto : foliis undulato-crispis subcrenatis , radicalibus spatbulatis obtusis , caulinis sparsis lato-linearibus: capitulis longissime pedunculatis.

J. montana Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 102. n. 288 - Bert. Fl.lt. t. 2. p. 526 - Rapuntium montanum capitatum leptophyllon Colum. Ecphr. p. 227. et R. alterum leptophyllum capitatum p. 226.

Ad oras nemorum commune prope Urbem.

Ann. Fior. Julio-Augusto. Flores coerulei.

Vulgo. Vedovine.

LONICERA.

474. Caprifolium L. Sp. PI. p. 246. Glabra. Caule sarmentoso scan- dente: foliis deciduis obovatis, inferioribus dis tinctis , superioribus connato- perfoliatis, ultimis flores involucrantibus: floribus sessilibus subsenis in verti- cillo unico terminali: baccis distinctis.

L. Caprifolium Sebast. Enum. PI. Amph. Flavii p. 53. n. 139 - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 102. n- 289 - Bert. FI. It. t. 2. p. 556.

In sylvis montium Latii, et Picaeni, nec non in Urbe ipsa uti in Amph.Flàv.

Frut. Fior. Aprili-Majo. Flores suave-olentes, tubo intensae roseo, labio luteo-albo, extus subroseo.

Vulgo. Abbracciabosco , Madreselva.

475. et ause a Spr. Sgst. Veg. t. 1. p. 757. Caule sarmentoso robusto alte scandente: foliis deciduis glaucis, subtus pubescentibus subrotundibus, in- ferioribus petiolatis: floribus pedunculatis subternis in capitulo terminali.

L. etrusca Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 102. n. 290. - Bert. Flit, t. 2. p. 558.

In sylva ticis frequens.

Frut. Fior. Majo-Junio. Flores graviter olentes flavi, tubo rubello.

Vulgo ut praecedens.

476. im piena Wild. Sp. PI. t. 1. p. 2. p. 984. Caule suborgiali ramo- sissimo, ramis implexis: foliis perennantibus, tandem coriaceis glabris, subtus intense glaucis, inferioribus oblongis sessilibus distinctis, reliquis connato-per- foliatis acuminatis, mediis, basi cordata, subellipticis, terminalibus lato-trian- gulis, simul sumptis, cormato-perfoliatis: floribus verticillatis in axillis folio- rum terminalium: baccis distinctis.

430

L. implexa Bert. FI. It. t. 2. p. 559 - L. balearica. Fior, in Giorn. de' Lett. di Pisa. t- 17 p- 11 5*

In sylvaticis non infrequens. Ostici t Fiumicino , Terracina , Monte Mario etc.

Frut. Fior. Majo. Flores albidi, extus rosei.

Vulgo ut praecedens.

Obs. In herbario Mauriano sub uno nomine L- Caprifoliae , tam L. Capri- folium , quam L . implexam inventae sunt: hac fortasse de causa Clarissimus Bertolonius, qui familiariter cum Maurio egit, synonimon L Caprifolium FI. Rom. Prod suae L. implexae fecit-

477- Xylosteum L. Sp. PI. p 248. Pubescens. Caule suborgyali erecto ramoso: foliis oppositis brevi ter petiolatis ovatis acutiuscnlis integerrimis: pe- dunculis soli tariis axillaribus 2-floris: floribus bracteatis ut plurimum secundis: bracteis geminis linearibus patentihus glandulosis, ovarium subaequantibus : baccis basi connatis.

L. Xylosteum Bert. FI. It. t 2- p- 564. - Caprifolium erectum minus Xylostei Dodenaei species Barrel. le. 511-

In sylvis alpinis Umbriae et Picaeni. Valle Canetra, Castclluccio di Nor- cia etc.

Frut- Fior. Majo. Flores albi.

478- alpigenai L. Sp. PI p 248. Caule sub-4-pedali erecto , ramis pa- tentibus: foliis oppositis petiolatis ovato-oblongis acuminatis integerrimis ci- liatis, supra glabris, subtus, et praesertim ad nervos, pubescentibus: peducunlis solitariis axillaribus elongatis 2-floris bracteatis: bracteis ovarium superanti- bus: baccis binis in unam apice tantum distinctaui, connatis.

L- alpigena Bert. FI. It - t. 2. p. 565-

In apenninorum sylvis* Valle Canetra-

Frut. Fior. Junio-Julio. Flores pallide rosei.

RHAMNUS-

479- cath articus L, Sp PI. p. 289. Caule erecto spinescente: foliis el- lipticis ovatisve pubescentibus denticulatis apice acuminatis insigniter ner- vosis, nervis ad marginem couvergentibus: floribus axillaribus fasciculatis po- lygamis: calycis semiliberi limbo 4-fìdo: baccis 4-Iocularibus 4-spermis.

R. catbarticus Seb. et Maur- FI- Rom Prod- p- 103- n. 292- - Bert. FI.. It- t- 2. p. 650.

In montium sylvis frequens-

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Arbusc. Fior. Aprili. Flores albo-virescentes.

Vulgo- Spino merlo , Spincervino.

Usus. E baccis exiccatis et Allumine coctis, ope Potassae, terra elicitur, quae prò maturitate baecarum colore variat. Nam cum baccae hadue imraa- turae, terram luteam, in arte tinctoria sub nomine Giallo santo; ad maturi- tatem vergentes, scilicet cum nigrescant, terram lete viridem Verde vescica dictam ; prorsus maturae terram purpuream , s uppeditant. Baecarum succus catharticus est, ideo in Arthritide, Cachexia aliisque hujus generis morbis pe- rutilis, nunc raro usurpatur. Lignum ad opera-tornata optimum.

380- saxatilis L. Sp. PI. p. 1671. Caule prostrato ramoso, ramis di- varicati spinescentibu: foliis minusculis ovato-cuneatis crebre serrulatis, ser- raturis glandulosis nervoso-venosis, nervis ad marginem evanidis: fasciculis a- xillaribus paucifloris: floribus monoici : calycis semiliberi laciniis lanceolati 4-fldis: baccis 2-3-locularibus 2-3-spermis.

R. saxatilis Bert. FI, It. t 2. p. 654-

In montium apenninorum rupibus secus Camerino.

Frut. Fior. Aprili-Majo. Flores viridi-lu teoli.

491- alpinus L. Sp- PI. p. 280. Caule inermi erecto-tortuoso: foliis sub- cordatis late ovati nervoso-venosis, nervis parai lelis, venis reticulatis: flori- bus fasciculatis axillaribus polygamo-dioicis: calycis liberi 4-fidi, laciniis ova- tis, petala apice 2-fìda, superantibus: baccis 2-3-locularibus, 2-3-spermis.

R. alpinus Sang. Cent, tres p. 23- n- 68. - Bert. FI- II. t- 2. p- 657.

In syl vaticis et dumetis subalpini Umbriae.

Arbusc. Fior. Junio. Flores rubentes.

482. Frangola L- Sp. PI. p. 280. Caule erecto, ramis patnlis: foliis o- vato— ellipticis integris quandoque leviter undulatis, obtusis acuminatisve, ner- voso-venosis, nervis paralleli ad marginem arcuato-confluentibus: floribus a- xillaribus fasciculatis hermafroditis: calycis semiliberi laciniis 4-fìdis ovato- knceolatis: baccis 2-3-locularibus, 2-3-spermis-

R. Frangula Beri . FI. It. t. 2. p- 658.

In sylvatis alpini Picaeni secus Asculum.

Arbusc. Fior. Aprili Majo. Flores albidi.

Vulgo- Frangola

Usus. Corticis infusum vehementer purgat, ideo in Hidrope et Cachexia quandoque valuit; quae vis etiam in baccis inest.

432

483- pumilus L Mani p. 49. Caule prostrato tortuoso , ramis conge- sti: foliis ovato-subrotuudis nervoso-venosi , nervis paralleli ad marginern invicem connexis, crenatis, crenis inaequalibus glandulosis : fioribus axilla ri- bus fasciculatis monoico-diclyniis: calycis 4-fìdi liberi, lacinis ovati vel ovato -acutis tandem deciduis: baccis 2-3-locularibus 2-3-spermis- R. pumilus- Bert. FI. It t. 2- p. 660.

In sylvaticis elatiorum montium Umbria© et Picaeni- Monte de'Fiori etc. Frut. Fior- Majo- Flores luteoli.

484. Alaternus L. Sp. PI p. 281. Caule erecto, ramis patulis : foliis eoriaceis sempervirentibus ovato-lanceolati acutis, nervo centrali tantum con- spicuo, venosi: racemi axillaribns solitariis: floribus dioicis vel polygamis : calycis semiliberi, laciniis 5-fidis ovato-acutis: baccis 3-locularibus 3-spermis.

R. Alaternus Sebast. En. PI. Ampli- Flavii. p. 67* n- 195 - Seb. et Maur. FI Rom. Proci- p. 103. n. 293. - Bert . FI. It. t. 1 . p. 662- In sylvaticis, sepibus, muris vetustis communis- Arbusc* Fior- Februario-Martio. Flores luteo^virides- Vulgo- Alaterno, Linterno , Beano puzzo

ZIZYPHUS.

405. vulgaris Wild- Sp. PI- t- 1. p. 2- p. 1105 - Caule erecto, ramis patentibus flexuosis: foliis ovato-oblongis retusis venosis insigniter 3-nervis, margine crenulatis: aculeis stipularibus gemini, altero recurvo: calycibus pi- losis: drupa oblunga.

Z- vulgaris Maur Cent- 13. p- 13- - Bert. Fi It. t . 2- p- 664- In dumetis ad margines viarum et in saepibus frequens- Frut- Fior. Junio-Julio. Flores flaventes-

Vulgo* Zizolo salvatico. Fructus edulus sub nomine Giuggiole , Genzole Usus- Baccis maturi decoctio fit, quae in tussibus perutilis, ob virtutem emulcentem et expectorantem; item saccaro, et gummi arabico pasta conficitur in officinis de Jujuba dieta.

EVONYMUS.

486. europaeus L- Sp. PI p- 286. Caule ramoso, ramis tetragoni lae- vibus oppositis: foliis ovato-lanceolatis acuminati, irregulariter dentati: pe- dunculis solitariis subeymosis , pedicellis 1-floris: floribus saepius tetrandris 4 -fidi: petalis oblongis, calyce longioribus: capsulis depressi 4-lobis obtusis.

E. europaeus Sebast En * Pi Ampli. Flavii p * 44. n- 99- - Seb. et Maur . FI Boni . Prod p. 103* n 291- - Bert. FI II. t % p- 670*

433

Ad sepes in sylvaticis communis,

Frut. Fior. Aprili. Flores albo-virides.

Vulgo. Fusaggine, Barretta da Prete.

Usus. Lignum ad Fusos conficendos utitur, unde nomen vulgare, ab ipso Carbo elicitur prò arte pyrotecnica; baccae in pulverem redactae ad Pedicu- los necandos valent, et drasticum periculosum praebent.

487. latifolius Wild - Sp. PI t. I. p. 2- p - 1131. Caule ramoso, ra- mis levibus divaricatis: foliìs late ovato-oblongis acuminatis argute serratisi pedunculis solitariis axillaribus elongatis subcymosis erectis , in fructu pen- dulis: floribus tetrandris 4-fidis: petalis ovatis acutis, calyce longioribus: ca- psulis majusculis 4-fìdis, lobis acute carinatis.

E. latifolius Beri- FI. It. t 2. p - 672.

In sylvaticis montium elatiorum. Monte de Fiori in Picaeno.

Frnt. Fior- Majo- Flores purpureo-rubelli.

Vulgo. Fusaggine maggiore

V1TIS.

488. Vinifera L - Sp- PI. p- 293. Foliis palmato-lobatis sinuatis nudis vel subtomentosis.

V. vinifera Seb- et Maur- FI. Bom. Prod - p. 103- n. 294- - Bert. FI It - t- 2. p- 674-

Ad sepes in umbrosis.

Frut. Fior- Aprili- Flores albo-subvirides olentes.

Vulgo- Ciambrusco , Vite selvatica.

Usus. In aeconomicis et medicis pianta sat nota.

VIOLA.

489. hirta L. Sp- PI p. 1324- Hirsuta acaulis- Radice late ramoso- fìbrosa, collo elongato cicatricoso stolonifero, stolonibus arhizis: foliis crenatis, primis obtusis cordato-reniformibus, caeteris cordato-oblongis: stipulis solita- riis lanceolatis submembranaceis: scapis 1-floris erectis, in fructu declinatisi sepalis oblongis obtusis cibatisi capsulis subglobosis-

V- hirta Seb- et Maur- FI- Bom. Prod- p- 103- n. 295- - Bert. FI. It. t. 2- p- 695.

In nemorosis haud infrequens. V- Borghese , Pigneto Sacchetti , Cajfarella etc-

Perenn. Fior. Februario-Martio- Flores albi vel dilute coerulei subodori.

490. odorata L. Sp. PI p. 1324. Acaulis glabra. Radice ramoso-fìbrosa longa, collo stolonifero, stolonibus repentibus radicantibus: foliis cordatis cre-

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natis : stipulis solitariis ovato-lanceolatis acuminatis : scapis 1-floris erectis, apice declinatisi sepalis oblongis obtusis: capsulis ovoideis trigonis pubescen- tibus-

V. odorata Sebast En. PI Amph Flavii p. 81. n. 260. - Seb- et Maur- FI Rom. Prodi p. 104. n. 296 - Bert FI. It. t. 2. p 698.

In nemoribus ad sepes umbrosas ubique.

Perenn. Fior. Februario-Martio- Flores saturate violacei, vel coerulei, raro albidi

Vulgo. Viola mammola.

Usus. Petalorum succo syrupus fìt, in medicina frequentissime hadibitus, uti refrigerans, et leniter diuresim provocans, qui syrupus ob colorem in rea- gentibus chymicis adnumeratur- Flores ob gratum odorem quibusque noti sum- ma cura colliguntur.

501- canina L. Sp. PI p. 1324. Glabra. Radice fìbroso-ramosa: caule adsendente vel erecto, internodiis alternisi foliis cordatis acutis crenatis, cau- linis solitariis alternis, radicalibus numerosis congestis : stipulis ciliato-laci- niatisi floribus solitariis axillaribus pedunculatis, folio longioribusi sepalis lan- ceolatis basi truncatisi capsulis oblongis acutis trigonis, valvis acute carinatis.

V- canina Bert. Fh It t 2. p- 701. - Bert. I- c-

§ Bert. 1. c- Foliis cordato-ovatis-

V. canina Seb. et Maur. FI. Rom. Prodi, p. 104. n. 297.

In sylvis montium. Albano , Rocca di Papa. <5 frequens circa Romam.

Perenn. Fior. Martio-Majo- Flores coerulei inodori.

502. calcarata L. Sp. PI p 1325* Glabra. Radice tenui fibrosa.- caule abreviato: foliis subrotundis vel spathulato-oblongis crenatis.* stipulis inciso- dentatisi floribus axillaribus solitariis longe pedunculatis: sepalis oblongis ob- tusis subaequalibus: calcare obtuso recto vel adscendente, petalis subaequali; capsulis oblongis obtuse trigonis.

V. calcarata Sang. Cent, tres p. 34. n 69 - Bert- FI. It. t. 2. p. 712-

[3 Calcare petalis multo breviore Bert. FI. Il- l c - V. grandiflora Seb. et Maur. FI Rom . Prod- p. 104. n. 300- - V. montana lutea subrotundo cre- nato folio BaiTel le. 691, et V. montana coerulea tricolor folio subrotundo crenato Barrel. le- 692-

In montium elatiorum apricis. Monti Tiburtini, et praesertim Monte Lu- cretile species et varietas.

Perenn- Fior. Majo- Flores lutei magni, in (3 etiam majores.

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503. tricolor L. Sp . PI p 1326. Radice fusiformi : caule ramosissimo angulato adscendente: foliis petiolatis obtusis crenatis, inferioribus ovato-sub- cordatis, superioribus oblongis: stipulis lyrato-pinnatifidis, laciniis linearibus integris , suprema majore crenata : floribus axillaribus solitariis longe pe- dunculatìs: sepalis lanceolatis integris, basi auriculato-truncatis: calcare obtuso petalis multo breviore: capsula sub ovata obscure trigona.

Y. tricolor Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 104. p. 298 - Beri. FI. It. t. 3. p. 712.

In montosis sylvaticis opacis. Monte Albano, Tusculano etc.

Ann. Fior. Aprili-Majo- Flores albo luteoque varii, petalo majore violaceo.

Vulgo. Jacea , Socera e Nora, Erba della Trinità.

Usus. Violae omnes emeto-catharsim facillimae provocante species nostra in morbis cutaneis jam adhibita, cito obsolevit , sed nunc meliori homine reviviscit, cum in crusta lactea feliciter usurpetur.

Obs- Pianta glabra, quandoque omnibus in partibus pilosa vel cibata.

IMPATIENS.

504. Nolitangere L. Sp. PI. p 1329: Geniculis caulinis tumidis : fo- liis ovato-oblongis grosse serratis: pedunculis solitariis axillaribus multiflo- ris: calcare ascendente recurvo: capsulis pendulis Beri. FI It. u 2 p 691.

1. nolitangere Seb. et Maur. FI. Rom. Prod . p. 105. n. 301 - Noli me tangere Balsamita altera Column. Ecphr. p. 149- et Balsamita altera noli me tangere p. 140.- Balsamita luteo polonica. Barr. Ic. 1197-

In umbrosis subapenninis. Presso Subiaco.

Ann. Fior. Julio- Flores lutei.

RIBES.

505- rubrum L . Sp- PI. p. 290- Caule inermi ramis patulis : foliis cor- dati 3-5-lobis, lobis duplicato-serratis subtus pubescentibus: racemis pendulis laxifloris: florum bracteis minutis obtusis, pedicello multo brevio ribus : limbi calycini segmentis rotundatis: petalis obeordatis: laciniis rotundis rubris.

Pi. rubrum Beri. FI. It. t. 2. p. 678.

In sepibus secus Romam extra Portam Cavalleggiera .

Frut. Fior. Majo-Junio- Flores albo-virides.

Vulgo. Ribes rosso-

Usus- Inter refrigerantia a medicis Baccae adscribuntur, ideo succo syru- pus fit- Item saccaro conditae in mensis aliquando utuntur.

506. petreum Wild. Sp. PI- t. 2. p. 2. pag . 1 153. Caule inermi, ramis

436

subpatulis: foliis longe petiolatis cordato-subrotundis 3-lobis , lobis inaequa- libus acutis argute serrato-serratis : racemis longe pedunculatis recurvis multifloris: florum bracteis obtusis acutisve , pedicellis reetis snbaequalibus : limbi segmentis obtusis: petalis obovatis: acinis depressiusculis saturate rubris.

/3 vitifolium. Racemo denso pedicellis abbreviati-

R- petreum /3 Bert. FI It. l. 2. p. 680,

In saepibus sylvarum montium elatiorum Umbriae. Valle Canetra ,

Frut. Fior. Junio- Flores rubro-rosei.

507. Grossularia L Sp. PI- p. 291* Caule erecto aculeato , ramis pa- tulo-reclinatis, aculeis stipularibus subternis: foliis trilobis , lobis obtusis in- ciso-dentatis: pedunculis sub-2-floris pendulis brevibus, medio bracteatis: bra- cteis 2-3 ovatis liberis vel connati: calycis campanulati segmentis oblongis: petalis ovatis parvis: aciniis subglobosis venosis pallide rosei.

R. Grossularia Beri. FI. It l - 2- p. 683.

In sylvis montium ad saepes. Monte Poiino apud Sabinos , et in Nursi- nis. Caslelluccio-

Frut- Fior- Aprili-Majo- Flores- subvirides, quandoque carnei-

Vulgo. Uva spina.

Usus- Ob pulpam acinorum subaromaticam , et dulcem apud nos co li- tur, et in culinis expetitur-

HEDERA-

508- Helix L - Sp. PI. p. 292- Foliis inferioribus palmato-sub-5-lobis , superioribus rhombeo-ovatis integerrimis: umbellis stellato-pubescentibus: pe- talis superne carinatis. Bert. FI. It. t 2. p. 686.

H. Helix Sebast. En. PI. Amph. Flavii p. 47. n. 113. - Seb. et Manr. FI. Bom. Prod. p. 105. n. 302

In arboribus, saepibus, muri veteribus nimis communi.

Frut. Fior. Septembri. Flores Flavo-virides.

509. poetarum Bert. Prael. rei herb. p. 78. Foliis inferioribus palmato- sub-5-lobis, superioribus rhombeo-ovatis integerrimis: umbellis stellato-pube- scentibus: aciniis globosis. Berti FI. It. t. 2. p. 686-

Ad rudera antiqua praesertim ad dexteram viae Appiae.

Frut. Fior, cum praecedenti. Flores, Flavo-virides.

Obs. Utramque speciem indiscriminatim sub nomine Ellera vulgus agno- scit.. Folia in rebus medicis uti vulneraria celebrantur , et ad medendos fun- ticulos, prae aliis foliis coriaceis, apud nos hadibentur. Aves, inter quos spe-

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ciatim Turdi et Merulae , baccas. H. Helicis summopere praediligunt, dum H. poetarum respuunt. Lignum maturimi ad novaculas cultrosque acuendos, maturum ad cyathos, aliaque opera tornata optimum.

Obs. Notae differentiales specierum quamvis, nonullorum sententia, gravioris momenti minime sint, tamen adnotandum, multos per annos vidisse nonulla rudera antiqua eonstanter ornari Haedera baccis flavis, nonulla baccis nigris , et plantae a seminibus natae colorem parentis in fructu servasse.

THÈSIUM.

510. limophyllum L. Sp. PI. p. 301. Caule caespitoso erecto vel pro- strato: foliis 3-nerviis linearibus vel lanceolato-linearibus: floribus spicato-ra- cemosis, racemis simplicibus vel ramosis 3-bractcatis : bractea intermedia, floribus inferioribus, multo longiore: perigonium campanulato-5-fidum: drupa o- voidea nervosa.

Th. linophyllum Bert. FI. It. t. 2. p. 739.

j3 latifolium. Foliis lanceolatis 3-4-7-nerviis.

Th. linophyllum Seb. et Maur. Fior. Rom. Proci, p. 105. n. 303.

In pascuis montium. Monte Priore in Umbria , Monte Romano apud Cen- tuncellas. /3 frequens in montibus tiburtinis.

Perenn. Fior. Junio. Flores extus virides, intus et ad marginem sordide

lutei.

511. divaricati] m Spreng . Syst. Veg. t. 4. Cur. post, p .171. Caule caespi- toso superne ramoso: foliis linearibus angustis obscure 3-nerviis: floribus nu- merosis spieato-racemosis, racemis patulis secundis sub-3-bracteatis , bra- cteis subulatis carinatis , omnibus flore brevioribus : drupa oblonga obscure nervosa.

Th. divaricatum Beri. FI. It. t. 2. p. 742*

In montium pascuis. Monti tiburtini.

Perenn. Fior. Junio. Flores intus albi odori.

CERATONIA.

512. siliqua L. Sp. PI. p. 1515. Inermis. Foliis abrupte-pinnatis 5-6- jugis coriaceis sempervirentibus.

C. siliqua Maur. Cent. 13. p. 49.

Prope Centuncellas in agro quodam vulgo Zampa d' Agnello.

Arbor. Fior. Movembri. Flores sub-virides.

ILLECEBRUM.

513. v ertici llatu m L. Sp. PI. p. 298. Caule prostrato caespitpso-ra-

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moso crebre nodoso: foliis obovatis integerrimis, ex quoque nodo oppositis : florum glomerulis binis axillaribus verticillum simulantibus: bracteis albo-sca- riosis minimis: perigonii pentagoni segmentis fungosis compresso-carinatis gla- bris, apice cucullatis, breviter aristatis.

I. verticillatum Bert. FI. It. t 2. p. 728.

In alpestribus montium, et in muris. Super maenia Maceratae.

Annu. Fior. Junio. Flores albo-nivei.

514. serpi lli folium Pers. Sijìi. PI. t- 1. p. 261- ri. 21. Caule nodoso, ramis numerosis sparsis , nodis creberrimis : foliis ovatis obtusis ex quoque nodo oppositis, et ideo subimbricatis, cibatisi florum capitulis globosis termi- nalibus: bracteis subrotundis, flore longioribus: perigonii segmentis coriaceis oblongis muticis extus hirsutis.

I. serpillifolium Bert. FI. It. t. 2. p. 728.-Polygonum montanum niveum roseum minus compactioribus foliolis hyspanicum Barr. Ic. 688- - P. mon- tanum niveum roseum minus compactioribus foiiis cyrneum Bocc . Mus. eli piani, p. 22. t. 7.

In aridis apenninorum Picaeni. Vettore.

Suffrut. Fior. Julio Flores albo-nitidi.

Pentaedri a-digy ivi a.

HERNIARIA.

515. glabra L. S p. PI. p. 317. Glabra diffusa. Caulibus prostratis, quan- doque assurgentibus: foliis oppositis obovatis breviter petiolatis: stipulis inferio- ribus dilatatis brevissimis, superioribus ovatis: glomerulis axillaribus multifloris.

H. glabra Seb. et Maar. FI. Boni. Prod. p. 105. n. 304 - Bert - FI. It. t. 3. p. 18.

In glareosis sabulosis aridis. Solfatara di Tivoli, Montagna di Viterbo etc.

Ann. Perenn. Suffrut. Fior, tota aestate. Flores herbacei.

Vulgo. Erniaria , Erba lenticchia.

516. hirsuta L. Sp. PI. p. 317. Hirsuta. Caule humifuso : foliis obo- vato-oblongis nudiusculis rigide ciliatis : stipulis inferioribus triangularibus , superioribus oblongis: glomerulis axillaribus paucifloris.

H. hirsuta Sang- Cent . tres p. 40. n 83 - Bert. FI. It- t. 3- p. 20-

/3 cinerea. Hirsutissima, tota cinerea-

k fruticosa. Foliis glabris ciliatis, perigoniis hirOs.

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H. hirsuta Seb. et Maur . FI Rom - Prod. p. 105. n. 305.

In glareosis montium, et circa Urbem- Via Ostiense. /3 salita della Spiag- gia- x S. Polo, et in montibus tiburtinis proximis.

Ann. Perenn. Suffr. Fior, aestate. Flores herbaeei.

Usus. Herniariae species ita dictae ab usu, eo quod ad hernias sanandas, ad laxitatem renum tollendas, et ad calculos etiam frangendos olim celebratae; in materia medica nunc vix enumerantur.

CHENOPODIUM.

317. Bonus Enricus L. Sp. PI. p. 318. Caule decombente: foliis trian- gulari-sagittatis integerrimis : spica erecta terminali , spiculisque axillaribus compositis aphyllis: staminibus pistillisque longe exertis: seminibus scabris.

Ch. Bonus Enricus Seb- et Maur - FI. Rom - Prod. p 106- n- 306 - Bert. FI. lt. t. 3- p- 24.

In montibus ad vias. Monte Gennaro.

Perenn- Fior. Majo-Junio. Flores herbaeei-

Vulgo. Tuttabona-

Usus. Jam in materia medica inter refrigerantia numerabatur, nunc ab agricolis herba comeditur loco Spinaciae oleraceae L. quapropter sub no- mine Spinacio selvatico etiam agnoscitur.

518 urbicum L. Sp. PI- p. 318- Caule erecto : foliis triangularibus ir- regulatir dentatis: floribus simplicibus, vel glomerulis paucifloris in spicis com- positis elongatis congestis strictis aphyllis: seminibus scabris.

Ch. urbicum Maur. Cent. 13- p- 13 - Bert. FI- It - t- 3. p- 26.

In ruderatis ad pagos montium Latii. Quadagnolo.

Ann. Fior. Augusto- Flores herbaeei-

519- botryoi des Smith- Engl- FI. t 2- p- 21- Caule decumbente : foliis roinboideo-triangularibus sinuato-dentatis crassiusculis: florum glomerulis in spicis erectis compositis foliosis: staminibus stigmatibusque subexertis: semi- nibus levibus.

Ch. botryoides Bert. FI- It- t- 3- p. 28 - Ch. rubrum Sang - Cent - 3, p- 41.

In ruderatis maritimis. Ostia, Fiumicino-

Ann. Fior, aestate. Flores herbaeei.

Obs- Anguli caulis, et nervi foliorum saepe rubescunt.

520- murale L. Sp- PI p- 318- Caule erecto ramoso: foliis euneato-ova-

tis acutis nitidis multidentatis: florum glomerulis in spicis terminalibus axil- laribusque ramosis, superius cymosis: seminibus scabris.

440

Ch. murale Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 106. n. 30T - Beri. FI. It. t. 3. p. 29.

Ad vias Urbis, secus muros, et in ruderatis commune.

Ann. Fior. Junio-Augusto- Flores herbacei.

521. album L. Sp. PI. p. 319. Caule erecto ramoso : follis inferioribus rombeo-ovatis grosse dentatis , dentibus inferioribus majoribus: superioribus oblongis subintegerrimis : florum glomerulis in spicis axillaribus terminali- busque basi foliatis: seminibus levibus.

Ch. Album Sebast. En. PI. Ampli. Flavii. p. 35. n. 56 - Bert. FI. It. t. 3. p. 30 - Ch. Album a Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 106. n. 308.

In ruderatis cultis oleraceris commune.

Ann. Fior, aestate. Flores herbacei-

522. opulifolium Rom. et Schult. Syst. Veg. t. 6. p. 258. Caule erecto, ramis patulis: foliis rhomboideo-ovatis irregulariter dentatis mucronulatis sub- tus glaucis: florum glomerulis glaucis, in racemis axillaribus subramosis: sta- minibus stigmatibusque subexertis: seminibus levibus.

Ch. opulifolium Sang. Cent, tres p. 40. n. 84 - Bert. FI. II. t. 3. p. 32 Ch. Album /3 Seb. et Maur. FI. Rom. Prod p. 106. n. 308.

In incultis et ambulacris hortorum commune.

Ann. Fior. Sept. Octob. Flores herbacei.

523. hybridum L. Sp. Pl.p. 319. Caule erecto ramoso: foliis cordatis angulatis apice acuminatis remote grandi-dentatis: floribus simplicibus, vel in glomerulis paucifloris in spicis ramosissimis subeymosis divaricatis aphyllis: seminibus punctulatis.

Ch. hybridum Sebast. En. PI. Ampli. Flavii. p. 35. n. 57 - Sang. Cent, tres p- 41. n. 86 - Bert. FI. It. t. t. 3. p. 34 - Atriplex sylvestris major an- guioso folio Barr. Ic. 540.

In ruderatis. Amfiteatro Flavioy Viterbo etc.

Ann. Fior. Augusto. Flores herbacei.

Obs. Folia ampia Stramonio similia lete viridia.

524. Botrys L. Sp. PI- p. 320- Caule erecto ramoso, ramis sparsis stric- tis : foliis pubescenti-viscidis , pinnatifido-sinuatis , lobis angulato-dentatis : glomerulis multifloris nudis incisis interruptis axillaribus terminalibusve : se- minibus tenuiter granulatis.

Ch. Botrys S eb. et Maur. FI Rom. Prod. p> 106. n. 309 - Bert. Fi It. t. 3. p. 35.

441

Ad ripas Tyberis, et in arenosis frequens.

Ann. Fior. Junio Augusto- Flores herbacei.

Vulgo Pazienza.

525. ambrosiodes L - Sp- PI p- 320- Caule erecto ramoso, ramis spar- sisi foliis lanceolatis remote dentatisi glomerulis axillaribus foliatis in spicis sim- plicibusi seminibus Iaevibus nitidis-

Ch. ambrosoides Seb- et Maur. FI- Rom- Proci, p. 106. n. 319 - Bert. FI. II. t. 3. p. 35.- Botrys boetica Atriplicis sylvestris facie, vulgo Botrys americana Barr. le. 1185.

Ad ripas Tyberis frequens.

Ann. vel Perenn. Fior- aestate. Flores herbacei.

526. oli du m Smith. Engl FI. II. t. 2. p. 14. Albo-pulverulentum. Caule procumbente ramoso! foliis rhombeo-ovatis subintegerrimis: florum glomeru- lis in spicis interruptis aphyllis: seminibus minute granulatis.

Ch- olidum Bert. FI- It. t. 3. p. 39. Ch. Vulvaria Sebast. En. PI. Ampli. Flavii. p- 35. n. 58 - Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 106. n. 311.

Ad vias, aggeres, in olitoriis vulgare.

Ann. Fior. Julio-Septembri. Flores herbacei pulverulenti.

Obs. Tota pianta nauseose foetida praesertim sub horis meridianis.

527. poly spermu m L. Sp. PI. p. 321. Caule diffuso decumbente vel ere- cto: foliis ovatis oblongis integerrimis: cymis aphyllis, in spicis lateralibus terminalibusque interruptis: seminibus tenuissime granulatis.

Ch. polyspermum Fior. Giorn. de'Lett. di Pisa. t. 17. p.ì\5 - Bert. FI. It. t. 3. p- 40.

Ad ripas fluminum,et in pratis depressis. Sponde del Tevere Caffarella etc.

Ann. Fior, aestate. Flores herbacei.

SALSOLA.

528. Rali L. Sp PI- p. 322. Scabro-hirta. Caule herbaceo prostrato , basi ramoso: foliis carnosis mucronato-spinosis, teretibus, floralibus abbrevia- ti basi dilatatisi floribus axillaribus solitariis approximatis: appendicibus se- miorbiculatis diaphano-alatis, foliolis, perigonii fructiferi,ovato-lanceolatis a- cuminatis, brevioribus: seminibus horizontalibus cohleatis nitidis-

S. Kali Seb. et Maur. FI. Rom. Prod p- 108- n. 318 - Bert - FI. It, L 3. p- 52.

In maritimi arenosis. Ostia.

57

442

Ann. Fior* Junio-Julio. Flores spurco-albidi.

Vulgo. Riscolo-

529. Tragus L. Sp. PI. p- 322- Glabra.. Caule herbaceo-patulo decum- bente erectove: foliis carnosis subulatis apice spinosis teretibus, floralibus basi dilatatisi floribus axillaribus solitariis: appendi cibus semiorbiculatis diaphano- alatis, foliolis, perigonii fructiferi, ovato-lanceolatis acutis, longioribus: semi- nibus horizontalibus cochleatis nitidis.

S. Tragus Sang. Cent, tres p. 41. n- 87 - Bert. Fi II. t. 3. p- 53*

In litore marino frequens prope Anxur, Ostiam etc.

Ann. Fior- Julio. Flores virides-

Vulgo. Erba Trago, Roscani.

530- Soda L. Sp. PI. p. 323. Glaberrima. Caule herbaceo erecto ramo- so, ramis adscendentibus: foliis semiter etibus acutiusculis inermibus, basi dila- tatis, floralibus abbreviatis, basi latioribns: floribus axillaribus solitariis gemi- nisque, appendicibus brevissimis semirotundatis crassis, foliolis perigonii fru- ctiferi triangulari-acutis, multo brevioribus: seminibus horizontalibus cochleatis nitentibus.

S- Soda Sang. Cent, tres p. 42. n. 88 - Bert FI- It- t. 3- p- 54.

In maritimis. Ponticelli eVOslia.

Ann. Fior. Sept-Octob- Flores herhacei.

Vulgo. Riscolo.

531. fruticosa L. Sp. Pi p. 324. Glabra. Caule erecto vel adscendente, ramis sparsisi foliis carnosis semiteretibus obtusis, floralibus abbreviatis: flo- ribus trigynis axillaribus solitariis vel 2-3-natis: perigonii fructiferi segmentis ovatis obtusis nudisi seminibus horizontalibus reniformibus turgidis apice sub- cochleatis.

S* fruticosa Bert. Fi It- t. 3> p- 58-

In maritimis minus frequens. Saline eli Ostia.

Frut Fior- aestate Flores herbaeei-

532. mariti ma L. Sp. Pi p. 321. Glabra. Caule erecto ramosissimo pa- tulo: foliis carnosis subulatis, superioribus sucessive brevioribus: florum glo- merulis sessilibus axillaribus in spicam dispositis: perigonii fructiferi foliolis ovatis obtusis dorso callosis: seminibus reniformibns, apice subspiralibus, te- nuissime granulatis.

S. maritima Bert. Fi It. t- 3. p. 59. Chenopodium maritimum Seb . et Maur. Fi Rom. Prod. p. 107. n. n. 312

443

In maritimis. Saline d' Ostia.

Ann- Fior. Julio-Augusto- Floics herbacei.

Usus- Species omnes Alkalim Soda combustione praebent, in operatio- nibus cheminis, et lecnologicis notissima.

BETA.

533- sicla Radice crassa fusiformi: caule erecto: foliis inferioribus sub- cordatis: spicis elongatis interruptis , terminali ramosissima : bracteis linea- ribus, tìores subaequantibus: floribus subternis. Bert. FI. Il- t , 3- p. 43.

Beta vulgaris a. , et /3 FI. Rom. Prod. p- 107. n. 317-

Ad vias, secus sepes, in hortis vulgatissima.

Bienn. Fior. Julio-Augusto- Flores herbacei, perigoniis margine albo- membranaceis.

Vulgo- Bieta. Bieta bianca.

534. mariti ma L. Sp. PI. p. 322. Perennis. Caule decumbente : foliis cuneato-ovatis: spicis elongatis simplicibus inferne interruptis: bracteis lan- ceolati, glomerulo longioribus: floribus sub-geminis. Bert. FI- II. t, 3- p. 45.

B. maritima Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 107. n. 316-

In arenosis ad vias campestres circa Urbem frequens.

Perenn- Fior. Junio. Flores herhacei, perigoniis albo-marginatis.

Vulgo. Bieta marina.

Usus. Betae uti emollientes, et refrigerantes a vulgo retinentur : plan- tae innocuae, fatuae, et in cibum, praesertim pa perum , saepe hadibitae. AMARANTHUS.

535- albus L. Sp. PI p. 1404. Caule erecto ramosissimo ungulato lae- vi: foliis obovatis integerrimi retusis, setula mucronati: fiorimi glomerulis, in axillis foliorum spicatim dispositis: bracteis inaequalibus subulato-spine- scentibns, perigonii foliolis lanceolatis subulato-mucronatis, longioribus: sta- minibus tribus: utriculis rugosis apice denticulatis, perigonium superantibus: seminibus lenticularibus nitidis.

A. albus Scmg. Cent, tres p. 128. n. 292 - Bert. FI. It. t. 10. p. 186. Secus Tyberim circa Romam, et circa Viterbium ad vias.

Annuus. Fior. Julio ad Octobrìm- Flores virides.

536. Blitum L. Sp. PI. p. 1405. Caule diffuso angulato-sulcato, rami» adscendentibus, tandem rubellis: foliis ovati retusis longe petiolatis minute mucronulatis: florum glomerulis bipartiti, in axillis foliorum spicatim dispo- sitis: bracteis triangularibus acuminatis, perigonii foliola lanceolato-linearia

*

444

subaequantibus: utriculis rugosis apice 2-3-dentatis , perigonio duplo longio- ribus: seminibus lenticularibus marginatis nitidis.

A. Blitum Sebast. En. PI Amph. Flavii p. 22. ». 9 - Seb. et Maur. FI. Rom. Prodi- p- 328. ». 1154 - Bert- FI- It. t 10. p. 187.

In viis et ruderatis frequens-

Annuus. Fior. Julio-Octobri. Flores virides.

537. sylvestris Desf. C at. Hort- Par. 44. Caule ramoso erectiusculo profunde sulcato: foliis obverse ovatis acutiusculis longe pedunculatis : fio- rum glomerulis in spiculis axillaribus: bracteis lanceolato-linearibus acumina- tis : perigoni foliolis ovatis acuminatis duplo longioribus: staminibus tribus: utriculis subrugosis apice dentatis, perigonio duplo triploque longioribus: se- minibus lenticularibus marginatis nitidis.

A. sylvestris Sang. Cent, tres p. 1291 n. 293.

In maceriis ad vias circa Romani.

Annuus. Fior, aestate. Fior, virides*

538. adscendens Lois. Not. p. 141. Caule erecto vel adscendente ob-

scure angulato leniter striato, ramis patulis: foliis ovatis obtusis, vel rhom- beo-ovatis obtusis , retusis , insigniter nervosis , mucrone brevi terminatis: florum glomerulis in spicis densis axillaribus terminalibusque, spica terminali maxima ramosa: perigonii foliolis lanceolatis nervosis , nervo medio in a- cumine producto: bracteis, triangulo-acuminatis, duplo longioribus : utriculis ovato-elongatis , perigonii longitudine : seminibus lenticularibus nitidis

marginatis.

A. adscendens Seb. et Maur. FI. Rom. Prodi, p. 328. », 1156 - Bert. FI II l 10. p. 189.

In ruderatis cultis maceriis obvius.

Annuus. Fior. Junio-Augusto - Flores subvirides.

539. yrostratus Bolb. Mise. bot. t. 1 .p. 44, leb. 10. Caule adscendente obscure sulcato ramoso, ramis diffusis prostratisque: foliis rhombeo-ovatis sub- retusis mucronulatis, in petiolum longum anguste productis: florum glomeru- lis axillaribus in spicis terminalibus oblongatis interruptis obtusis bracteis scariosis lineari-acuminatis, nervo carinali viridi: perigonii foliolis sublanceo- latis mucronulatis, bracteis duplo brevioribus: utriculis obverse pyriformibus nervosis: seminibus Ienticulari-convexis, vix marginatis nitidis.

A. prostratus Seb . et Manr. FI. Rom. Prod. p. 328. ». 1155 -Bert. FI. It. t. 10. p. 190.

445

In mderatis, viis Urbis, et atriis domum obvius.

Annuus. Fior. Julio, Augusto. Flores subvirides.

540. retroflexus L. Sp. PI. p. 1407. Albidus pubescenti-scabrus. Caule erecto obtuse angulato, ramis numerosis adscendentibus: foliis longe petiolatis, rhombeo-ovatis venosis retusis mucronulatis : florum glomerulis in spicis densis terminalibus axillaribusque : bracteis membranaceis lanceolato-linea- ribus, tandem rigidis, carinatis: carina in arista longa terminata: perigonii fo- liolis obtusis ut plurimum muticis, quandoque arista tis, duplo longioribus: sta- minibus quinque: utriculis globosis laevibus apice acnminatis, perigonium sub- aequantibus: seminibus lenticularibus marginatis nitidis.

A. retroflexus Sebast. En. PI. Ampli. Flnvii. p. 25- n. 10.-8e6. et Maur. FI. Rom. Prodi, p. 328. n. 1157 - Bert. FI. It. t. 10. p. 191.

In ruderatis, maceriis obvius.

Annuus. Fior. Junio-Augusto: Flores sub-virides.

541. polygonoi des L. Sp. pi. p . 1405. Caule subascendente angulato- striato inferius ramoso, ramis diffusis flexuosis pilosiusculis: foliis basi cuneato- ovatis obtusis emarginatis mucronulatis, in petiolum anguste decurrentibus : floribus monoicis, glomerulis sub rotundis distinctis, in axillis foliorum: bra- cteis nervosis acuminato-spathulatis: perigonii masculi foliolis oblongis, bra- cteis aequalibus , perigonii foeminei 3-partiti, bracteis duplo longioribus: u- triculis subcompressis superius rugosis, inferius laevibus , apice 3-dentatis : seminibus subovatis marginatis nitidis.

In maritimis Picaeni. Porlo dd Ascoli, S. Benedetto etc.

Annuus. Fior. Septembri. Flores subrosei.

Obs. Pianta spithamea, raro pedalis, puberula albicans , angulis caulis, et ramorum rubescentibus, perigoniis sepaloideis:

ULMUS.

542. campestris L. Sp. PI, p. 327. Ramis rugosis diffusis erecto-paten- tibus, ramulis disticis : foliis ovatis duplicato-serratis basi inaequalibns sca- bris, subtus, ad basino venarum, dense pubescentibus : floribus subsessilibus fasciculatis: perigonii Iaciniis ciliatis: foliis obovato-oblongis apice 2-fìdis.

U. campestris Seb. et. Maur. FI. Rom. Prod. p. 319- n. 108 - Bert. FI. It. t. 2. p. 63.

In campestribus, ad vias in sylvaticis.

Arb. Fior. Februario, Martio. Flores spurco-albi subpurpurei.

Vulgo. Olmo.

446

543. sub e rosa Wild. Sp. PI. t. 2. p- 2. p. 1342. Ramis rugoso-subero- sis patentibus, ramulis cìisticis: foliis ovatis duplicato-serratis, basi subaequa- libus, subtus ad venarum hortum fasciculato-pilosis: floribus subsessilibus fasci- culatis :perigonii laciniis glabris: samaris obovatis apice 2-fidis.

U. suberosa Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 108. n. 320. U. campc- stris /3 Beri. FI. It. t. 3. p. 64.

Ad saepes in sylvaticis vulgatissima.

Arb. Fior. Martio. Flores spurco-albidi subpurpurei.

Vulgo uti praecedens.

Usus. Arbores insignes ab antiquo plurimi extimatae, et ad sustinendas vites praedilectae. Ramis exilibus canistrae, caveae flagella conficiuntur, fo- lla Armentis pascendis optima ; cortex adstringens; lignum soliditate prae- stantissimum.

544- maior Smith Engl Fior. t. 2. p. 21 . Ramis junioribus glabris lae- vibus effusis, ramulis conformibus: foliis majusculis ovatis basi insigniter o- blique cordatis duplicato-serratis, ad venarum hortum minute fasciculato-pi- losis: floribus subsessilibus fasciculatis: samaris ovatis subemarginat is glabris.

U. major Bert. FI. II. t. 2. p. 613.

In montibus Umbriae.

Arbor. Fior. Martìo-Aprili. Flores spurco-albidi subpurpurei.

Obs. Folia U. campestris et suberosae, majora , at minora sequentis speciei.

545. montana Smith. Engl. Fior . t. 2. p. 22. Ramis junioribus hirsutis pendulis, ramulis conformibus: foliis grandibus obovatis subcordatis mucro- natis utrinque scabris duplicato-serratis, serraturis incurvis, ad venarum ba- sini brevissime fasciculato-pilosis: floribus pedunculatis effusis: samaris sub- orbicularibus, margine ciliatis.

U. montana Bert. FI. It. t. 3. p. 613. - U. effusa Maur. Cent. 13. p. 14.

In monte Albano copiose, et praesertim circa Castel Gandolfo.

Arbor. Fior. Martio. Flores spurco-albidi subpurpurei.

CELTIS.

546. australis L. Sp. Pi. p. 1478. Ramis virgatis patentibus: fo- liis alternis oblongo-lanceolatis acuminatis argute serra tis, supra scabris, su- btus pubescenti-mollibus, basi inaequalibus: foliis racemosis in axillis folio- rum: drupa matura atrata.

C. australis Seb. et Maur. FI. Rom. Prod . p. 108. n. 321.

447

In sepibus, et ad rupes circa Urbem frequens.

Arbor. Fior. Aprili. Flores albido-virentes.

Vulgo. Bozzarago.

VINCETOXICUM.

547. officinale Moench. Metk p. 317. Erectum. Foliis ovatis oblongis acuminatis basi ciliatis: pedunculis axillaribus umbelliferis: corollis imberbi- bus: corona simplici obtuse 5-loba.

Cynancum vincetoxicum Sang. Cent, tresp. 40. n. 82- Ber t. FI. It.t.3.p.\0.

Secus la caduta delle Marmore prope Interarnnam.

Perenn. Fior. Majo. Flores albo-subvirides.

Usus. Vomitum, et diuresim radix provocat, ideo in febbribus malignis laudata, unde nomea vulgare, et officinale Vmcelossico.

GENTI ANA.

548. lutea L. Sp. PI. p. 329. Caule subcubitali erecto fistuloso : foliis ovalibus oppositis nervosis, in petiolum, adsendendo breviorem, decurrentibus: floribus pedunculatis erectis, fasciculis terminalibus axillaribusque: calycibus spathaceis unilateraliter fìssis: corollis rotatis, fauce nuda, laciniis patentibus lanceolatis: capsulis ovato-acuminatis calycem aequantibus.

G. lutea Seb. et Maur. Fi. Bom. Prod. p. 108. n. 322- Bert. FI. It. t. 3. p. 75 - G. major vulgaris pallido et parvo flore - Barrei le. 63 - G. tnaior lutea Hort. Bom. t. 2. tab. 13.

In elatiorum montium paseuis. Monte Gennaro, M. Calvo presso Subiaco, et Monte fiori in Apennino Umbriae.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores flavi.

Vulgo. Genziana.

549. cruciata L. Sp. pi. p. 334. Caule simplici adscendente: foliis ob- longo-lanceolatis, basi connata, decussatim dispositis: floribus fasciculatis ter- minalibus lateralibusque, lateralibus quandoque simplicibes: calycibus tubulo- sis brevibus, subinde lateraliter fìssis: corollis turbinato-campanulatis, tubo-e- longato, fauce nuda, limbo 4-fido, laciniis lanceolatis: capsulis obtusis clavatis corGÌlae longitudine.

G. cruciata Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 109. n. 323 - Beri. FI. It. t. 3. p. 82. - G. minor cruciata flore coeruleo elatior Barrel. Ic. 65. et G. minor cruciata flore purpureo supina le. 66.

In sylvis elatiorum montium Patii. M. Gennaro, M. Calvo, et in demis- sis Apenninorum. Vettore.

448

Perenn. FI. Julio-Augusto. Flores coerulei.

550. acaulis L. Sp. PI- p. 330. Caule brevi erecto, florem saepius sub- aequante: foliis radicalibus oblongo-spathulatis rosulatis, caulinis ovatis oppo- sitis, omnibus acuminatis: flore solitario: calycis 4-fìdi laciniis acuminatis: co- rollis campanulatis, calyce quadruplo longioribus , fauce nuda , limbi laciniis acuminatis: capsulis oblongis, superius acute productis, corollae longitudine.

G. acaulis Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 109. n. 324. - Bert. FI. It. t. 3. p. 86 - Gentianella helvetica ampio azureo flore Barrel. Ic . 47. et G. minor uxuvlog violaceo , et maximo Convolvoli flore le. 110. fìg. 1.- Gentiana alpina pumila brevi folio, sed flore coeruleo elegantissimo Hort. Rom. t. 1. tab. 14.

In elatioribus subapenninis jugis- Monte Calvo presso Subiaco , M. Lucre- tile etc.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores cyanei.

551. verna L. Sp. PI p. 431. Caule brevi angulato decumbente: foliis radicalibus ovatis, imis majoribus rosulatis: flore solitario: calycis tubo 5-an- gulato, laciniis acuminatis: corollis hypocrateriformibus 10-fidis, laciniis mi- noribus alternantibus erectis: capsulis oblongis superius longissime productis, corollae longitudine.

G. verna Bert. FI. It. t. 3. p. 88 - Gentianella minor verna coerulea stellato flore Clusii Barrel. le. 104. f- 1.

/3 pumila. Foliis linearibus, flore angustiore.

In elatis apenninorum. Monte Vettore.

Perenn. Fior Junio-Julio. Flores coerulei-

552. b avario a L Sp. PI p. 331. Caule decumbente teretiusculo simpliei vel ramoso: foliis ovatis obtusis subaequalibus: caulinis sessilibus, radicalibus ro- sulatis: floribus solitariis terminalibus: calycibus tubulosis 5-angulatis, apice 5-fìdis, laciniis lanceolatis: corollis hypocrateriformibus, tubo elongato, limbi 5-fìdi, laciniis subrotundis obtusis: capsulis linearibus longe acuminatis, tubi corollae, longitudine.

G. bavarica Beri. FI. It. l. 3. p. 91 - Gentianella autumnalis serpillifo- lia Bavarica major Barrel. le. 101. f. 2. et G. autumnalis serpillifolia, flore crenato Bavarica minor le. 101. fig. 2.

In elatis alpium Monte Corno al Morgone.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores coerulei.

553. nivalis L. Sp. PI. p. 332- Caule 2-3-pollicari simpliei vel ramo-

449

so folioso: foliis obtusis caulinis oppositis, oblongo-lanceolatis, radicalibus obo- vatis rosulatis: floribus solitariis, in caule ramoso terminalibus: calycibus tu- bulosis acute 5-carinatis, laciniis strictis , tubo corollae aequalibus : corollis hypoerateriformibus 4-5-fidis laciniis lanceolati: capsulis cylindricis brevi ter acuminatis, corollae longitudine.

G. nivalis Beri. FI. It. t. 3. p. 92.

Genzianella fugax Clusii Barrel. Ic. 103. fig. 3.

In alpinis. Monte , Corno.

Annua. FI. Julio-Au gusto. Flores azurei tubo corollae viridi-luteolo.

554. utriculosa L. Sp. PI. p. 332. Caule saepius ramoso, ramis spar- si erectis: foliis radicalibus rosulatis obovatis, caulinis oppositis distantibus carinatis oblongis, omnibus obtusis crenulatis: floribus solitariis terminalibus: calycis majusculi tubo inflato carinato-alato, laciniis lanceolati erectis : co- rollae hypocrateriformis tubo, longitudine calycis , limbi laciniis lanceolato- acuminatis : capsula cylindrica superius attenuato-acuminata, longitudine calycis.

G. utriculosa Bert. FI. It. t. 3. p. 94 - G. altera coerulea cordata Collima.. Ephr. 2. p. 220. fig. p. 221 - Genzianella coerulea cordata Barrel. le. 122. fig. 2.-

In pratis elatis montium apenninorum. Vettore.

Ann. Fior Majo ad Julium. Flores coerulei, tubo pallidiore.

555. Amarella L. Sp. PI. p. 334. Caule subspithameo ramoso, ramis ut plurimum strictis: foliis radicalibus rosulatis spathulatis cito marcescentibus, caulinis breviter pedunculatis oblongo-lanceolatis, supremis sessilibus , omni- bus margine breviter ciliatis: floribus solitariis axillaribus terminalibusque sub- pedunculatis: calycibus profunde 5-fìdis laciniis lanceolatis , carina nervis et margine spinuloso-ciliatis: corolla hypocrateriformi, tubo superne dilatato, ca- lycis longitudine, fauce barbata, limbi laciniis ovato-lanceolatis obtusis: ca- psulis cylindricis utrinque attenuatis, tubo corollae subaequalibus.

G. Amarella Bert. FI. It. t. 3. p. 96 - Genzianella purpurea minima Co - lamn Eephr. 1. p. 223. fig. 221 - Barrel. Ic. 97. f. 2. - G. fugax aestiva coerulea minor Barrel. Ic- 103. fig. 1.

Ann. Fior. Junio ad Autumnum. Fores purpureo-coerulei-

Vulgo. Amarella.

556. qampestris L. Sp. PI. p 334. Caule spithameo et ultra ramoso , ramis oppositis erectis: foliis spathulatis, caulinis sessilibus oppositis, basi di-

58

450

latata, ovato-lanceotatis: floribus numerosis axillaribus termirtalibusque: caly- cibus 4-partitis, laciniis binis ovato-dilatatis, binis lanceolato-linearibus : co- rollae hypocrateriforaiis tubo latiusculo, fauce cibata, limbi 4-fìdi laciniis o- vatis acutis erectis: capsulis cylindricis, apice attenuato, productis, tubo corol- lae longioribus.

G. campestri Bert. FI. It. t. 3. p 99. - G. Genzianella alpina unicaulis Bellidis folio Bocc. Mus. p. 144. tab. 101.

In elatis montium apenninorum. Monte Priore, Corno etc.

Ann. Fior- Julio-Augusto. Flores coerulei, tubo pallidiore.

557. ciliata L. Sp. PI. p. 334. Caule angulato erecto vel adscendente subpithameo quandoque ramoso: foliis oppositis lanceolato-linearibus, margine minutissime crenulatis: flore solitario terminali: calycis turbinati 4-fìdi laci- niis obovatis apice longe acuminatis: corollae hypocrateriformis, calyce duplo longioris, tubo crasso, fauce nuda, limbo 4-fìdo, laciniis amplis fimbriato-ci- liatis: capsulis oblongis longitudine tubi corollae, apice vix producto.

G. ciliata Bert- FI. It t. 3. p. 100. - Gentianella coerulea fimbriata an- gustifolia autumnalis Column. Eeplir. 1. p. 221- - Barrei le. 97. f. 1.

Ann. Fior. Julio-Septembri. Flores coerulei.

Fsus. Iam in radice, quam in herba omnium Gentianarum vis tonica inest ab amarore plantae indicata, in intermittentibus et cachexiis admodum peru- tilis. Radix G. luteae, utpote magis voluminosa, prae aliis colligitur, et in usu medico usurpature itera herba G. acaulis, Amarellae etc- sub nomine Genzia- nella in ofìiciniis agnoscitur.

CUSCUTA.

558. europaea L. Sp. PI. p. 180. Caule filiformi crassiusculo ramosis- simo: floribus subsessilibus glomeratis: bracteolis ovato-lanceolatis: corolla 5- fìda, laciniis ovatis in anthesi patulis, cristulis hypostamineis nullis.

C. europaea Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 82. n. 213 - Bert. FI. It. t. 3. p. 67.

Parasitica in Leguminosis, Urticis, Cannabi, Carduis etc.

Ann. Fior, aestate. Flores albi.

Vulgo. Erba Pittimo.

559. Epithymum L. Syst. Veget. ed* 13. p. 140 - Caule filiformi tenui ramoso: foliis sessilibus glomeratis: bracteolis lanceolato-linearibus: corolla 4-fìda cristulis hypostamineis squammiformibus.

C. Epithymum Seb et. Maur. FI. Bom. Prod. p. 80. n. 214 - Bert* FI. It. t. 3. p. 69.

451

Parasitica in Labiatis, et Leguminosi alisque, uti Plantaginibus,Silenis etc.

Ann. Fior, aestate. Flores albi.

Vulgo. Pittimo.

HYDROCOTYLE.

560. vulgaris L. Sp. PI. p. 338. Caule repente, nodis radicante : foliis natantibus longe petiolatis: petalis orbiculatis 9-nerviis sub lobatis, lobis mi- nute crenatis: umbellis simplicibus sub-5-floris , pedunculis centralibus saepe racemoso-ramosis: cremocarpio sub-didymo: mericarpiorum jugis centralibus costatis.

Hy. vulgaris Seb. et Maur. Fi Rom. Prod. p. 100. n. 330 - Bert. FI. It. t. 3. p- 115-

In palustribus. Ostia Fiumicino, etc.

Perenn. Fior. Majo. Flores albi.

561. natans Pers. Sgn. PI. t. 1. p. 301. Caule repente, nodis radicante, radiculis numerosi esilibus longis: foliis longissime peduncolati 9-1 1-nerviis, nervi ramoso- venosis, orbiculato-sub-peltatis lobatis, lobis irregularibus cre- natis: umbellis paucifloris pedunculato-capitatis, pedunculis fructiferis recur- vis: cremocarpio subrotundo compresso, mericarpiorum jugo centrali costato- carinato.

Hy. natans Sang. Cent, tres p. 43- n. 91 - Bert. FI It. t. 3. p. 116 Ranunculus aquaticus umbilicato folio Colnmn. Eephr. 1 p. 316.

In aquosis circa lacum Sabatinum-

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores albidi.

SANICELA.

562. europaea L. Sp. PI p. 339- Caule solitario , quandoque multiplici, terete striato subrotundo: foliis radicalibus inaequaliter longe petiolatis pal- mato-lobatis, lobis trifìdis dentatis: umbellulis subsessilibus.

S- europaea Seb . et Maur. Fi. Rom Prod. p. 129. n. 328 - Bert. FI It. t. 3. p. 121 - Sideritis tertia Dioscoridis Column. Phyt. ed. Neap. p.l 1 f. p. 72.- Sanicula officinarum Hort. Rom. t 5. lab 100.

In umbrosis, nemorosis collibus frequens. Monte Mario , Albano , Frascati etc.

Perenn. Fior. Majo-Julio. Flores albi.

Vulgo, Diapensio. Sanicola.

Usus. Olim in medicina valuit, uti adstringens, et resolvens.

ASTRANTIA-

563. major L. Sp. PI p. 339. Caule fìstuloso striato parce folioso: foliis

452

radicalibus palmato-partitis longe petiolatis, laciniis subquinis inciso serratis, obverse ovato-lanceolatis, caulinis conformibus, petiolo succssive abbreviato: ca- lycis laciniis medio nervosis, nervo in arista longa, corollam superante, pro- ducto: cremocarpii squamis superioribus acutis.

A. majos Bert. FI. It . t 3. p. 124 - A- major corona floris candida Horl. Rom. t- 5. tab. 87.

In alpinis Picaeni. Valle Canetra, Monte acuto.

Perenn. Fior. Julio. Flores albi, vel purpurascentes-

564. pauciflora Bert. Amoen. Ital. p. 96. n. 2. Caule spitbameo soli- tario gracili striato: foliis inaequaliter longe petiolatis palmato-partitis , laci- niis sub septenis lanceolato-linearibus inferne integris, superne remote serra- tis, serraturis acutis, caulinis paucis conformibus, petiolo sucessive abbreviato: laciniis calycinis ovatis vix mucronulatis, corollam aequantibus: cremocarpii squamis omnibus obtusis.

A. pauciflora Bert. FI. It . t. 3. p. 128 - Helleborus minimus alpinus , Astrantiae flore- Bocc PI. Sic. p. 10. tab. 5.

In alpestribus apenninorum. Monte Corno , Monte Priore in Picaeno.

Perenn. Fior. Julio-Au gusto. Flores albidi-

ERYNGIUM.

565. pusilli] m L Sp. PI. 337. Glabrum. Caule erecto dicotomo patulo sol- cato subspithameo: foliis radicalibus petiolatis oblongo-lanceolatis, caulinis palmato-laciniatis, lacinia impari majore elongata, omnibus serrato-spinosis : umbellis globosis subsessilibus : involucri foliolis, paleisque apice mucronatis indivisis.

E. pusillum Beri. FI. It. t. 3- p. 105 - E. pusillum polyrhizum Barrel. Ic. 1247.

In pratis et pascuis mare versus. A Maccaresse presso il Casale detto delle Pulci.

Ann. Fior. Majo. Flores albo-virentes.

566. m ariti hium L. Sp. PI p. 337. Albido-glaucum. Caule subpedali crasso striato patulo sub-2-cotomo: foliis coriaceis, radicalibus et inferioribus longe petiolatis subrotundo-lobatis , lobis undulato-plicatis dentato-spinosis , superioribus palmato-lobatis sessilibus, coeterum conformibus: capitulis globo- sis pedunculatis: involucri foliolis palmato-5-partitis: paleis tricuspidatis.

E- maritimum Seb- et Maur. FI Rom. Prod. p. 109. n . 327 - Bert. FI. It. t . 3. p. 108 - Hort. Rom t . 6. tab . 17.

453

Tn maritimis vulgare.

Perenn. Fior. Julio- Flores Sub-cinerei-

Vulgo Iringio. Cardo marino.

Usus. Radix aromatica cardiaca et exilarans est, et a nonullis Sacca ro condita, in secundis mensis valet.

567. campestre L. Sp- PI. p. 337. Glabrum, pallide virens. Caule diva- ricato ramosissimo tricotomo striato: foliis coriaceis dentato-spinosis , radica- libus petiolatis subtrisectis, segmentis pinnatifidis, caulinis sessilibus amplexi- caulibus pinnatifidis: capitulis globosis pedunculatis: involucri hexaphylli pa- tentis, foliolis linearibus apice mucronatis: paleis indivisis.

E. campestre Seb. et Maar. FI. Rom. Prod. p. 109. n. 325. - Beri. FI. It. t. 3. p. Ili - E- vulgare Hort. Rom. t. 6. lab. 16..

In arvis, et in cultis vulgatissimum.

Perenn- Fior- Augusto Flores albidi

Vulgo. Cardo stellato.

Usus- Radix, inter aperientes minores, olim enumerabatur, in calculis re- num, et vesicae urinariae laxitate prescripta fuit.

568. dilatatvm Enc. Bot. ed. de Pad t. 4. p. 702. Glauco-virens. Caule erecto folioso striato parce ramoso: foliis 2-pinnatifìdis, basi vaginantibus, la- ciniis lineari-acuminatis, vaginisque pectinato-spinosis: fioribus capitato-globo- si s longe pedunculatis: involucri foliolis linearibus, capitolum superantibus, pa- leis externis acutis, auctis: corollis calyce sublongioribus: paleis internis inte- gri, externis 3-furcis-

E. dilatatum Beri. FI. It - t. 3. p. 113 - E. amethystinum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 109. n. 326 - E. minimum trifidum hispanicum , et Itali— cum Bocc. Mus p. 81- tab. 71- E. rnontanum amethystinum Hort. Bom. t - 6 tab. 18- --

In montibus Latii Umbriae, et Picaeni.

Perenn. Fior. Septembri, Octobri. Flores albidi quandoque pallide coerulei.

Obs. Color totius plantae amethystinus, sed superne saturatior. ECHINOPHORA.

569. spinosa L. Sp. PI. p. 334- Glaucescens. Caule erecto ramoso : fo- liis sessilibus basi vaginantibus 2-pinnatis, laciniis trigonis canaliculatis apice mu- cronatis, extimamajori: involucris involucellisque simplicibusrectisinfructureflexis.

E. spinosa Seb. et Maur - FI Bom. Prod p. 110. n. 325 - Bert. FI It . t. 3. p. 153.

454

In maritimis cornmune. Ostia Fiumicino etc.

Perenn. Fior. Junio-Augusto. Flores albi.

Vulgo- Pastinaca marina.

AP1UM.

570- graveolens L. Sp PI. p. 379- Glauca. Caule fistuloso striato : fo- liis pinnatis, foliolis cuneatis sub-3-lobis lobis, acutis.

A. graveolens Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 117. n. 368 -Bert. FI. It. t. 3- p. 258 -Eleoselinum Column Ecphr. I- p. 113 - Apium palustre cauliculis procumbentibus ad alas fio rum Hort. Rom. t. 5. tab. 67.

In fossis, et rivis commune

Bienn. Fior, aestate. Flores luteoli.

Vulgo. Apio palustre, Sellerò.

Usus. Late colitur in hortis duna in culinis et acetariis avide expetitur: in medicina quoque valuit , nana calefacientis , aperientis , diopharetici famana habuit; nunc radix inter quinque radices aperientes tantunana odo enu- meratur.

TR1NIA.

571. vulgaris DC. Prod. Syst. nat. t. 4. p. 103- Viridi-glaucescens, nao- noico-dioica. Caule pollicari pedali erecto subangulato ramosissimo: foliis in- ferioribus 2-pinnatis, pinnis 2-3-partitis, superioribus pinnatis. foliolis subin- tegris: cremocarpiorum jugis obtuse carina tis.

I. vulgaris Bert. FI. It. t . 3. p. 336.

In apenninorum rupibus, Vettore.

Perenn. Fior. Julio. Flores albo-virides et etiam purpurascentes. PTYCOTIS.

572. verticillata DC. Prod. Syst. nat. t. 4. p. 108. Glaucescens- Caule terete gracili ramosissimo, ramis alternis, dicotomo: foliis pinnatis, foliolis se- tacei multipartitis crebris verticillum simulantibus : involucellis pentaphyllis setaceis aristatis.

P. verticillata Bert FI. It. t. 3- p. 305 - Seseli ammoides Seb. et Maur. FI. Rom Prod. p. 116- n. 361.

In arvis siccioribus, aggeribus. Testaccio, Tor di Quinto, Tor S. Giovanni etc.

Annua. Fior- Julio. Flores albi.

SISON.

573. Amomum L. Sp. PI. p. 362. Lete virens- Caule terete siriato ramo- sissimo: foliis inferioribus pinnatis,, foliolis ovato-oblongis sublobatis, lobis ser-

455

ratis superioribus pinnatifìdo-laciniatis , laciniis mucronatis : umbellis sub-4- partitis, in fructu erectis.

S- Amomum Seb. et Maur- FI. Rom Proci- p. 114- n. 354 - Beri- FI. II. t. 3. p. 281 - Ammi Sij vel Laveris folio flore albo, semine nigro Barrèi. Ic. 1190 - Thysselinum Plinii Hort- Rom. t. 5. tab- 98.

Ad sepes in umbrosis frequens.

Bienn. Fior. Julio-Septembri. Flores albi.

AMMI.

574. majvs L. Sp. PI. p. 349. Glabrum. Caule erecto striato, ramis pa-

tulis ut plurimum alternis: foliis, margine cartillagineis, inferioribus pinnatifì- dis, laciniis lanceolatis simplicibus vel subtrifìdis argute serratis, superioribus pinnatisectis , laciniis linearibus huc illue dentatis : umbella fructifera sub- contracta. ,

A. majus Sebast. En. PI. Amph. Flavii. p. 24. n. 8. - Seb. et Maur. FI Rom. Proci, p. 113. n. 345 - Bert. FI. It. t. 3. p- 252 - Hort. Rom. t - 5. tab. 65.

In arvis hortis viis commune.

Annuum. Fior- Junio-Julio. Flores albi.

575. glaucifolium L. Sp. PI. p. 348. Glaucum. Caule terete striato, ra- mis patentibus: foliis omnibus 2-pinnatifidis, laciniis linearibus acutis bine inde subserratis: umbella fructifera tandem patula.

In montibus Latii ad vias. M. Gennaro etc.

Annuum vel Bienne. Fior. Julio. Flores albidi.

576. Visnaga Lamk - Enc. me.h ed. de Paci. t. 1. p. 131. Glabra. Caule terete striato crassiusculo ramis alternis subpatentibns corymbosis : foliis 3- pannitifidis, pinnis numerosis lineari-fìliformibus apice mucronulatis : umbella fructifera contrada, radiis rigescentibus.

A- visnaga Seb- et Maur. FI- Rom- Prod. p- 113. n. 346 - Beri- FI. It - t- 3. p. 254 -

In arvis marginibus secus Tyberim abunde. Ponte salava , Ponte fratto Ostia etc.

Annuum vel Bienne. For- Julio-Augusto. Flores albi.

Vulgo, Bisnacja, Stuzzicadenti-

Usus. Badii umbella rum maturi ad stuzzicadenti eonficiendos utimur.

AEGOPODIUM.

577. Podagraria L. Sp. PI. p. 279- Foliis inferioribus 2— 3— natifìdis, su- perioribus 3— natifìdis, laciniis omnibus, ovato-ucuminatis serratis.

456

Ae. Podagraria Seb. et Maur. Fior. Rom. Proci- p. 117. n. 369-Berf. Fi It. t. 3. p. 287.

Ad sepes in umbrosis. Valle dell' inferno , presso Gemano eie.

Pesenn. Fior. Junio- Flores albi.

Vulgo. Podagraria.

Usus. In materia medica olirn enumerabatur, unde nomen vulgare; in ace- taris etiam apud nonullos prestat ob gratum saporem.

BUNIUM.

578. Bulbocastrum L. Sp. PI. p- 349. Radice tuberosa globosa, caule erecto basi flexuoso superius ramoso, ramis erecto-patulis: foliis inferioribus, petiolatis 2-pinnatifidis,- laciniis lato-linearibus cuspidatis, superioribus succes- sive miuus pinnatifidis, et brevius pedunculatis, laciniis prorsus linearibus: in- volucro, involucelliscpie . 5-phyllis.

B. Bulbocastrum Bert.. FI- II: t. 3. p. 220. - Cyminum bulbosum Column. Ecphr. 2 .p. 14. fig. p. 20, - Bulbocastrum majus folio Apii. Rari. Rom. t. 5. lab. 73.

In alpcstribus Picaeni. Monte Vettore.

Perenn. Fior. Junio-Augusto. Flores albi.

Vulgo. Castagna di terra.

Usus. Radices coctae edules.

579. alpinu in Wald. at Kit. PI. rar. Hung. t. 2. p. 199- tab. 182. Radice tuberoso-oblonga: caule fìstuloso decumbente parce ramoso: foliis crassiusculis 2-pinnatifìdis, laciniis brevibus obtusis uniformibus, radicalibus longe petiolatis, superioribus, petiolo vaginante sucessive abbreviato : involucro et involucellis sub-5-phyllis.

B. alpinum Bert. FI. It : t. 3. p. 222.

In rupibus alpestribus elatioribus montis Vettore in Picaeno^

Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flores albi quandoque rosei.

PIMPINELLA.

580. magna L. Mani p. 219. Glabra. Caule terete fìstuloso alterne ra- moso: foliis pinnati-sectis grosse serretis incisive , laciniis inferioribus ovato- oblongis, superioribus lanceolati^, impari triloba: cremocarpio glabro.

P. magna Bert. FI. It. t. 3- p- 262 - Saxifraga major Germanica foliis al- tius incisis Barrel. le. 243 - Tragoselinum majus umbella candida Hort. Rom. t. 5. tab. 77.

In montibus Umbriae et Picaeni aud infrequens , et in montibus Latii. M. Gennaro.

457

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores albi.

Obs. Dotes sequentis speciei, at minus intensae.

581- sani fraga L. Sp PI p. 378. Pubescens. Caule terete farcto, ramis alternis: foliis pinnatisectis , inferioribus , laciniis rotundatis dentatis , extima majore, superioribus anguste pinnatifldis incisis vaginis ramorum subaphyllis: crenocarpio glabro.

P. saxifraga Bert. FI. It. t- 3. p. 263 - Pimpinella saxifraga hireina mi- nor montana foliis alte incisis Barrel. Ic. 738.

In montanis elatis, et etiam mare versus. S. Felice presso Terraeina.

Perenn. Fior- Junio-Septembri. Flores albidi.

Vulgo, et in officinis- Pimpinella.

Usus. Omnes partes hujus plantae, at praesertim radix amara acris urens est, et plurimis in morbis jam praedieata, nunc raro praescribitur.

582. peregrina L. Mant p. 357. Pubescens. Caule 2-3-pedali striato ra- moso: foliis radicalibus pinnatifldis, laciniis subrotundis crenatis, caulinis su- perioribus incisis, laciniis linearibus: cremocarpio flirto.

P. peregrina Seb. et Maur. FI. Bom. Proci, p. 117. n. 367 - Bert. FI. It. t.S.p. 267-Daucus tertius Dioscaridis, secundus Plinio Column. Ecphr. 1- p. 108. fìg. p- 109 - Tragoselìnum annuum, rotundifolium Italicum Barrel. PI. per Galle tc. p. 6. n. 116 - et Saxifraga rotundifolia flore albo annua Italica. Bocc. Mus. di piani, p. 85.

In sterilibus pascuis ad margines vulgaris. Copiosissime secus viam Appiam.

Perenn. Fior. Julio. Flores albi.

583. Tragium Pers. Syn. PI. t. 3- p. 323. Glauco-albida. Caulibus caes- pitosis ramosis, basi perennantibus: foliis pinnatifldis coriaceis , inferioribus laciniis rubrotundis cuneatisque inciso-dentatis, superioribus anguste lanceo- latis: cremocarpio incano-pubescenti.

P. Tragium Bert. FI. It. t. 3. p 269 - Tragium alterum Dioscoridis Column. Phyt. ed. Neap. p. 75. et Tragium Colum. I. c.

In montibus Umbriae et Picaeni etiam demissis- Intorno Macerata, Monte Potino etc.

Perenn. Fior- Julio et iterum Octobri. Flores albi.

Vulgo. Tragio- SIUM.

584. nodiflorum L. Sp. PI. p. 361- Caule procumbente: foliis pinnatifì-

59

458

dis uniformibus, laciniis ovatis subserratis: umbellis subsessilibus oppositifo- liis, involucro universali subnullo.

S. nodiflorum Seb. et Maur , FI. Rom. Prod. p 114. u. 353 - Bert. FI. It. t. 3- p. 275 - Sium sive Apium palustre foliis oblongis Hort. Rom . t. 5. tab. 75.

In fossis, rivulis, fontibus obvius.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores albi.

Vulgo- Carnei.

Usus. Herba grati saporis a vulgo diuretica reputata, et in acetariis apetita,

585. angustifolic ai L Sp. PI. p. 1672. Caule erecto: foliis conformibus pinnatifìdis, laciniis ovato-lanceolatis inaequaliter incisis serratisve : umbellis oppositifoliis pedunculatis: involucro universali polyphyllo.

S. angustifolium Manr. Cent. 13. p. 15 - Bert FI. It. t. 3. p. 276.

In fossis minus frequens. Ai due Ponti di Tor di Quinto.

Perenn. Fior. Junio.Julio. Flores albi.

BUPLEURUM.

586. rotun di foliu m L. Sp. PI. p- 340. Glabrum. Caule erecto fistuloso alterne ramoso: foliis inferioribus ovato-oblongis, superioribus subrotundo-ova- tis perfoliatis: umbellis sub-8-radiatis nudis: foliolis involucelli ovatis, mucro- nulo terminatis, umbellula longioribus: cremocarpiis glabris.

B. rotundifolium Bert. FI. It. t. 3. p. 130*

In messibus secus Rieti , et in Picaeno,

Annuum. Fior. Majo-Junio. Flores lutei.

Vulgo, et in officiniis. Perfoliata .

Usus. Herba et semina subadstringentia a Medicis olim praedicata.

587. prot ractu m DC. Prod. Sysl. Nat . t. 4. p- 120. Intense-glaucum. Caule erecto-fistuloso alterne ramoso, ramis divaricatis: foliis omnibus ovato- elongatis apice acutis, adscendendo brevioribus, perfoliatis: umbellis sub-3-ra- diatis nudis: foliolis involucri lato-ovatis , mucronulo terminatis , umbellula longioribus: cremocarpiis granulato-scabris.

B. protractum Bert. FI. It. t 3. p. 132 - B. rotundifolium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p - 110. n. 331 B. perfoliatum latifolium Hort. Rom t. 5- tab. 78.

Inter segetes praesertim ad montium radices.

Annuum. Fior. Junio. Flores lutei.

459

588. cernuitm Ten. Fior. Nap. t. 2. in add. etc- p 322. v. 3* t, 125. Subglaucum- Caule erecto, ramis alternisi foliis linearibus acutis 5-nerviis : involucellis 3-4-phyllis angusto-lanceolatis inaequalibus , umbella 5-3-radiata brevioribus: involucellis 5-phyllis lineari-lanceolatis acuminatis : cremocarpiis laevibus costatis.

B. cernuum Sang. Cent. tres. p. 43. n. 92 - Bert. FI. It. t. 3. p. 139.

In apricis herbidis montium elatiorum. S- Salvator Maggiore , et in sae- pibus Picaeni. Vettore.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores lutei.

589. junceum L . Sp. PI. p. 323. Laete virens. Caule erecto, ramis pa- niculato-dichotomis: foliis linearibus 7-nerviis: involucro 3-phylIo, foliolis lan- ceolato-linearibus inaequalibus , umbella sub trifìda , breviore : involucellis pentaphyllis, umbellulam 3-5-floram, vix aequantibus: cremocarpiis laevibus costatis.

B. junceum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 110. n. 333. - Bert. FI. It. t. 3. p. 143.

In montium sylvis opacis sepibus etc. Palombaro, alla Paramano etc.

Annuum. Fior. Julio-Augusto. Flores lutei.

590. aristatum DC. Prod . Syst. nat - t. 4. p. 129. Intense virens. Caule erecto, ramis alternis subpatulis: foliis lineari-lanceolatis 3-nerviis : involucris involucellisque pentaphyllis lanceolatis aristatis, flores subsessiles, superantibus: cremocarpiis laevibus acute costatis.

B. aristatum Beri . FI. It. t. 3. p. 146. - B. odontites Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 110. n. 332 - B. tertium minimum Column. Ecphr. 1. p. 85. et Perfoliatum angustifolium montanum l c. 247.

In collinis, montosis siccioribus. Monte Mario, Monte della Croce a Tivoli,, Palombara etc.

Annuum. Fior. Junio-Julio. Flores lutei.

OENANTIiE.

591- fistolosa L. Sp. PI. p. 365.Viridi-glauca. Badice fasciculata, napu- lis oblongis intermistìs: caule erecto fìstuloso, alterne ramoso: foliis radicali- bus 2-pinnatifìdis, sucessivis adscendendo depauparatis, ultiinis simpliciter pin- natifidis, pinnis omnibus linearibus planis: involucellis polyphyllis, cremocar- piis multi-striatis, duplo brevioribus-

OE. fìstulosa Fior. Gior. Arcad. t. 18. p 163- - Bert. FI. It. t. 3.p-233-

In. demissis hyeme inundatis- Paludi pontine

460

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores albi-

592- pi mpi n elloi des L Sp. PI. p. 336- Glabra. Radice fibrosa , napulis parvis ovoideis filipendulis : caule fìstuloso alterne ramoso : foliis inferioribus 2-pinnatifìdis, pinnis cuneatis incisis, superioribus pinnatifidis , lacinis lineari- bus: involucellis polyphyllis, cremocarpiis multistriatis, brevioribus.

OE. pimpinelloides Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 115- n. 355 - Bert. FI It. t. 3. p. 236.

In humentibus pratis, sylvaticis vulgare. Fiumicino , Ostia , Civitavecchia .

Perenn- Fior. Majo-Junio. Flores albi-

593- peucedanifolia Spr. Syst. Vei /• t . 1. p . 889- n. 7. Viridi-glauce- scens- Radice fascicolata, napulis ovoideis: caule fìstuloso parce ramoso : fo- liis inferioribus 2-pinnatifidis, successivis pinnatifidis, ultimis simplicibus in- tegri vel laciniatis, pinnis laciniisque jamdudum linearibus : involucellis po- lyphyllis: cremocarpiis multi-striatis subaequalibus.

OE peucedanifolia Bert FI- It. t . 3. p. 238-

In pratis hyeme inundatis. Ostia, Fiumicino, Civitavecchia,

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores albi.

594. Lachenalii DC. Prod. Syst. nat. t . 4- p. 136. Glauca. Radice fa- scicolata, fìbris incrassatis, inferius napuliferis ; caule farcto superius ramoso, foliis omnibus 2-pinnatifidis, radicalibus, pinnis subrotundis obtusissimis sub-3- lobis, quandoque integris, caulinis lanceolato-linearibus aequalibus: involucellis polyphyllis, cremocarpiis multistriatis, duplo etiam brevioribus.

OE. Lachenalii Bert. FI. It. t. 3- p 239- OE- peucedanifolia Bert. Amoe . It. p 240- n . 30.

In pratis mare versus hyeme inundatis. Ostia, Fiumicino, da Palo a Ci- vitavecchia etc.

Perenn. Fior. Junio. Flores albi majusculi-

595. silai foli a Marsh, ab Bieberst. Sup. p. 132. Glauca. Radice fibrosa, napulis fusiformibus descendentibus: caule farcto parce ramoso: foliis radica- libus 2-pinnatifidis, pinnis 3— partitis, superioribus pinnatifidis, laciniis omnibus conformihus lineari-acuminatis: involucellis polyphyllis, cremocarpiorum lon- gitudine.

OE. Lachenalii Bert. FI It. t. 3. p 241.

In pratis Umbriae- Valle dell' Inferno presso Norcia.

Perenn. Fior. Augusto-Septembri. Flores albi- PHELLANDRIUM.

596. aqu aticum L. Sp. PI. p. 366. Pallide virens: radice fusiformi, fìbris

461

exilibus fasciculato-verticillatis: caule fistoloso sulcato, ramis divaricatisi foliis 3-pinnatifìdis refractis , inferioribus immersis, pinnis tenuissime laciniatis , superioribus emersis cuneato-ovatis incisis edentatis: involucro universali nullo.

Ph. aquaticum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 115- n. 356 - Bert. FI It> t. 3* p. 229. - Phellandrium Ilort. Rom. t. 5. lab. 42.

In humentibus pascuis fossis frequens. Tor Pignattara , Acqua bidlicante Isola Farnese etc.

Bienn. Fior. Majo. Fior. albi.

Vulgo. F elandrio aquatico.

Usus. In veteri medicina ad calculos ciendos laudabatur, nunc remedium deprimens plurimi momenti habitum. Pianta venenata , caute hadibenda; contrita odorem peculiarem praehebet.

597. globulosum L Sp-Pl.p. 363. Glaucescens. Radice fasciculata, napu- lis fusiformibus: caule fìstuloso striato alterne ramoso: foliis radicalibus pin- natifìdis, pinnis cuneato-ovatis 2-3-lobis, inferioribus 2-pinnatifidis, pinnis lan. ceolatis sub-3-fidis, superioribus pinnatifìdis,laciniis linearibus: cremocarpiis glo- boso-pyriformibus fungosis majusculis.

Ph. globulosum Bert. FI- It. t. 3. p. 231 -Sang. Cent, tres p. 45. n. 97. OEnanthe peucedonifolia Maur. Cent. 13. p. 16-

In pratis praesestim huinidis maritimis frequens. Civitavecchia. Ostia Tor di Quinto, et etiam in montanis. Quadagnolo.

Perenne Fior. Majo- Flores albi.

FOENICUEUM.

598. officinale Allion. FI. Ped. t. 2. p. 25. n. 2359. Glauco-virens. Caule caespitoso farcto orgyali ramoso: foliis inferioribus pinnatifido-decompo- sitis, pinnis capillaceis rnultipartitis, superioribus conformbibus elongatis flac- cidis: umbellis ramorum depauperatis: mericarpiis maturitate intense viri— dibus.

F. officinale Bert. FI. It. t. 3- p. 339 - Anelhum Foeniculum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 117. n. 366.

In arvis commune.

Perenne. Fior, aestate. Flores lutei.

Vulgo. Finocchio salvatico, Finocchiella.

Usus. Radix inter quinque aperientes enumeratur prò confìciendo syrupo de quinque radicibus dicto: turiones hyeme colliguntur , et sub nomine Fi- nocchietti in mensis apponuntur: folia cocta vel cruda secretionem lactis au-

462

gere autumatur, semina oleo essentiali donantur, et in carminativi ad flatu- lentiàs vincendas enumeratur.

Obs. Noli confundere nostra species cum Phoeniculo satiro Bert. I. c. p. 340: nam nostra species perennis , sapore calido aliquantulum ingrato , fructibus minusculis; F- sativum annuum, peregrinimi in tota italia, sapore grato , fructibus majusculis; quamobrem in hortis apud nos , et alibi late coli tur , et in mensìs desideratissi munì sub nomine. Finocchio dolce , Fi- nocchio romano

599- piperatum Ten Siflh p 104. n. 2 Gaulum. Caule lerete ramoso sub-orgiali farcto: foliis pinnatifìdo-decompositis, pinnis inferioribus capillaceis brevibus, superioribus subulatis crassis brevissimi rigidis: umbellis pauciradia- diatis: cremocarpiis maturitate atratis,

F- piperatum Bert FI It. t. 3. p. 342 - Anethum piperitum Fior. Gior. de letl di Pisa t . 17. p. 116.

In pratis elatis, et secus vias non infrequens.

Perenn. Fior. Autumno. Flores lutei.

Obs, Sapor fervidus urens totius plantae, multo major, quam in specie praecedente.

BRIGNOLIA.

600- pastinagaefoli a Bert. Amoeii. It. p. 97. n. 3. Glabra. Foliis pin- natifìdis 2-pinnatifìdisve, pinnis subovatis serratis, impari trilobo.

B. pastinacaefolia Sebast, Rom. PI. Fas. alter p 8- lab. 3.- Seb. et Maur. FI Rom. Prad. p. 114. n. 251. - Bert. FI. It. t. 3. p- 299 - Seseli subrotun- do Seiini folio flore luteo Italico Barrel. Ic. 241 - Dancus montanus Apiifolio Bocc . Rech . et Observ . nat. p. 192.

In arvis ab Urbe occidente. Inter septimum et octavum ab Urbe rnillia- rium extra portam portuensem magna manu.

Perenn- Fior. Junio. Flores lutei.

SESELI.

601. g laucum L. Sp. PI. 372- Exquisite glaucum. Caule ramosissimo no- doso-ramis divaricato-dicotomis: foliis 3-pinnatifidis , pinnis trifidis plano-li- nearibus subdivaricatis, vaginis superioribus successive abbreviati, ultimis quan- doque aphyllis: umbellis multiradiatis: involucellis polyphyllis, umbellula bre- vioribus: cremocarpiis ovoideis tandem glabratis.

S- glaucum Sang. Cent, tres p- 45. n. 96 - Bert ; FI. It. t- 3. p 324.

la siccioribus montosis. Sul monte della Croce presso Tivoli.-

463

Perenn. Floi*. Julio- Augusto. Flores albi.

602. montanum L. Sp. PI. p. 372. Glaucuin. Caule caespitoso erecto su- perius parce ramoso: foliis sub-3-pinnatifìdis, pinnis fìliformibus 3-partitis vel simplicibus: vaginis superioribus sub-aphyllis: involucellis umbellulam aequan- tibus: cremoearpiis glabris.

S. montanum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p . 115- n. 359 - Bert. FI. It- t. 3. p. 324.

In montosis calcareis- Presso Subiaco.

Perenn. Fior, aestate. Flores albi-

603. tortuosum L. Sp. PI. p. 373. Intense glaucum. Caule crasso ere- cto vel decumbente ramosissimo, ramis divaricatis tortuosis: foliis carnosis 3- pinnatifìdis , pinnis bnearibus 3-fidis , 3-dentatisque : vaginis superioribus su- cessive abbreviatis, ultimis quandoque aphyllis: cremoearpiis oblongis hirtis.

S. tortuosum Seb. et Maur. FI. Rom. Psod. p. 116. n. 360. - Bert , FI. It. t. 3- p. 326.

In pratis, et sylvis maritimis. Castel Fusano, Civitavecchia. S.Felice presso Terracina etc-

Perenn. Fior. Septembri. Flores albi.

Obs. Flora nostra tam S. glaucum , quam S- tortuosum possidet , ille in montanis, hic in demissis, et synonima speciebus apposita reapse ad ipsas pertinent; item dicatur de stationibus, quae in Prodromo, et in meis Centuriis. nescio quo fato iminutatae fuerunt Hac fortasse de causa non immerito Cla- rissimus Bertolonius suo S. tortuoso , synonimon S. glaucucum Sang. Cent, tres apposuit.

L1BANOTIS.

604. sicula Bert. FI. It. t. 3- p. 317. JVlolliter pubescens. Caule alterne ramoso: foliis 3-pinnatifidis, pinnis ovatis lanceolatisve brevissimis, inferiori- bus petiolatis, superioribus sucessive minoribus, ultimis vaginis aphyllis.

Athamanta sicula Fior. Gior. de'lett. di Pisa t. 17. p. 8. n. 20 - Daucus ereticus semine hirsuto Bocc. Piedi et observ. p. 192.

In rupibus montis Circaei, et super moenia Axuris copiose.

Perenn. Fior. Majo. Flores albi.

Obs. Tota pianta grate aromatica.

CNIDIUM.

605. apioides DC. Prod. Syst. nat. t. 4. p. 152. Glabrum. Caule ramoso angulato: foliis 3-pinnatifìdis, pinnis uniformibus multilìdis, laciniis lanceolatis

•v

464

obtusiusculis mucronatis : involucro subnullo : cremocarpio ovoideo sul- cato.

C. Apioides Bert. FI. It t. 3. p. 351 - Ligusticum apioides Sang. Ceni, tres p. 45. n. 95.

In montium sylvis abbunde. M. Lucretile , Albano , Castellacelo di Norcia.

Perenn. Fior. Julio. Floses albi.

ATHAMANTA.

606. Libanotis L. Sp. PI. p. 351. Puberula albicans. Caute erecto angu- lato-sulcato farcto, superius alterne ramoso : foliis 3-pinnatifidis pinnulis cu- neatis: cremocarpio villoso.

A. Libanotis Bert. FI. It. t. 3. p. 450.

In elatis apenninorum Picaeni. Vettore.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albi-

HLADN1KIA.

607. golacensis Rock. Sijìi. Fior. Gerrn et Helv.t.Q.p. 320. Glabra. Caule ramoso: foliis 2-3-pinnatifìdis, pinnis lanceolatis inciso-serra tis.

HI. golacensis Bert. FI. It. t. 2. p. 469.

In pratis editioribus Umbriae. Monte la Rosa al Sasso Borghese.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albi.

MEUM.

608- athamanticum DC. Pr. Sgst. nat. t. 4. p. 162. Glabrum. Caule fi- stoloso erecto, parce ramoso: foliis 2-pinnatifìdis, pinnulis numerosis , capilla- ceis: umbellis soli tariis terminalibus in fructu erectis: cremocarpiis oblongis.

M. athamanticum Bert. FI. It. t. 3. p . 313 - M. foliis Anethi- Hort. Rom. t. 5- tab. 98.

In pratis montium humidiorum Picaeni. Monte la Rosa.

Perenn. Fior. Majo ad aestatem. Flores albi, vel albo-rubentes.

Vulgo- Meo barbuto.

Usus. Radix in cardiacis olim enumerabatur, et in periodicis, leucorrea aliisque hujus generis morbis in pulverem redata valuit. In celebratissimis ele- ctuariis Theriaca , et Mitridato ingrediebatur , farmaca nondum oblita , et a villicis haduc plurimi extimata.

609. carvifoliun DC. Prod. Syst. nat t. 4. p. 116* Lete virens. Caule caespitoso fistoloso decumbente erectove ramoso , ramis remotis oppositis : foliis 2-pinnatifidis pinnis multi-partitis lineari-acuminatis: umbellis numero- sis in fructu divaricatisi cremocarpiis oblongis-

465

M. carvifolium Bert. Fi lt. t. 3. p 323 - Daucus Mattioli minor tenui- folius Barrel. Ic. 1241.

In rupestribus australibus Picaeni. Monte la Ventosa sopra S Pellegrino.

Perenn- Fior. Julio-Augusto. Flores albo-virides.

Vulgo. Meo odoroso.

CR1THMUM.

609. mariti mum L. Sp. PI. p 334. Viridi-glaucum. Foliis carnosis 2-3- pinnatifidis, pinnis lanceolatis: umbellis solitariis terminalibus.

C- maritimum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod p. 113. n. 340. - Beri. FI. It. t. 3. p. 333. C. seu Foeniculum maritimum majus odore Apii. Hort. Rom . t. 5- tab. 94-

In litore arenoso maris obvium.

Perenn. Fior, aestate. Flores albi.

Vulgo- Finocchio marino.

Usus. Folia ad diuresim valent , i tenti in aceto servata mensis appo- nuntur ad apetitum promovendum-

SELINUM.

610. Oreosf.linum Scop. Fior. Cam. t. 2. p. 201. Lete virens. Caule te- rete simplici stricto: foliis 3-pinnnatifidis, pinnis oppositis refractis , pinnulis cuneatis incisis subtrifìdis : involucris linearibus acutis reflexis : cremocarpiis ellipticis globosis.

60

466

Chimica. Nuove modificazioni al metodo di Gaidtier , per disvelare lo iodo dalle sue combinazioni'. Nota dei professori romani B. Viale , e V. Latini (*).

Se a buon diritto i Chimici salutarono Courtois conquistator dello iodo , ra- gion vuole che onorinsi altamente Colin e Gaultier de Claubry per averne additato nell’amido lo squisito reagente. Lo iodo su cui imbattevasi lo scuo- pritore, trattando la soda di varechs , venne qnindi trovato nelle spugne da Fife e Bonjean mercè del prezioso reattivo , di cui e Kruger (1) ed Angelini , Cantù, Ragazzini, e da ultimo Chatin, Marehand, Niepce, Meyrac hanno buc- cinato dovunque il valore. Quindi è che apparve per essi codesto metalloide sparso ampiamente su l’universo tutto, e nel mare non men che nei fiumi , nelle terrestri non men che nelle piante marine, e finanche dissoluto nell’ac- qua, che vagante per l’aere, sollevata in vapore, o si riversa in forma di piog- gia, o si spruzza in mattutina rugiada.

La Francia non si fermò gran fatto alla importantissima rivelazione del- l'amido, qnando essa venne significata (2). Ma, e Francia , ed Europa intera furono comprese da tutta l’importanza lorchè nel giornale di Gilbert addimo- strava Strohmeyer di Gottinga (3) potersi col predetto reagente disvelare fin la quattrocencinquanta millesima parte di iodo.

Le condizioni, che vagliono a destare il coloramento azzurro o violetto proprie dello ioduro di amido, sono come ognuno conosce il trasformarsi del- l’amido allo stato di colla, e lo scomporsi di un ioduro per un acido minerale.

Per quanto alla prima nulflianno cangiato i Chimici col volger degli anni, quanto alla seconda poi essi furono lunga pezza balenanti, se a qual reagente avesse a darsi il primato: cioè se all’acido cloro-idrico, secondo che suggeriva Strohmeyer, se all’acido nitrico giusta l’avviso del Beaup, se al solforico ed all’acqua clorurata di Balard (4), se alla semplice soluzione di cloro di Las- sarne (5), o se infine giusta la mente del Reinoso all’ossigeno nascente, svolto

(*) Comunicata nella Sessione Vili del luglio 1855.

(1) Nuovo giornale di Chimica e Fisica di Schweigger aprile 1832.

(2) Annal. de Chlm. 28 marzo 1814; T. LXXXX.

(3( Annalcn des Psysick. T. XLV1LI. 1817.

(4) Berceli us, T. 1. p. 289.

(5) Journal de Pharmacie et de Chinie. T. 11. p. 206.

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dal biossido di bario per mezzo dell’acido cloro-idrico (1), oppure all’ acido solforico, ed al nitrato di potassa, siccome afferma Chatin (2).

Ad onta però di tanta suppellettile di metodi concorrono tutti nel dire, che dessi avvegnaché preferibili al cloroformio ed al solfuro di carbonio, pure non vanno scevri da errori, rivelano sempre lo iodo, o tutto lo iodo, che per avventura ritrovisi in una data soluzione.

Ma il Grange con senno migliore, fin dal 1851 (3) propose a discovrire il metalloide l’acido ipo-azotico, ch’ei faceva svolgere versando sull’ azotito di potassa dell’acqua inacidita al cloro-idrico. L’Overbeck (4) nel 1854, confi- dando nella preferenza che aveasi ad attribuire a codesto acido , suggerì di farlo svolgere a lieve calore, mescendo acido nitrico a zuccaro o ad amido in un tubo da saggio, e guidandone poi le corrente nitrosa con un cannello abduttore sulla dissoluzione, mescolata che la fosse a colla di amido di re- cente preparata.

A noi arrise di preferenza codest’ultimo metodo. Esso ne avea palesato

10 iodo, ov’erasi da noi tentato inutilmente con altri spedienti. Ci si mani- festò difatti il metalloide in molte ceneri, in talune acque, in certe soluzio- ni. Era nostro proponimento indagarne i vestigi anche nell’ acqua minerale acetosa, che rampolla nell'agro romano fuori della porta Flaminia. Ciò uni- camente a conferma di quanto era già stato annunciato , sebbene non reso di pubblico diritto, dal dotto nostro collega il prof. Ratti, e dai distinti chi- mici francesi Dusseil e Moncel (5).

Ora dopo aver liberato colla ebollizione quest’acqua dai corbonati di ferro e di calce, ed averla tratta a completa evaporazione , nel far cadere a caso sul fondigliuolo rasciutto alcune gocciole di acido cloroidrico, saltò da esso agli occhi una zona color blu, e poco stante vide cangiarsi nello stesso colore

11 bianco di quasi tutto il sedimento.

Lo spiccarsi del colore azzurro per opera dell’ acido cloro-idrico ivi a caso caduto, ne argomentare con ragione, che tal coloramento avesse a ripetersi dalla presenza dello iodo contenuto in quest’acqua. Lo che attraver-

(1) Loc. cit. T. 15, p. 407.

(2) Loc. cit. T. 17. p. 428.

(8) Dosage de I’ iode par Tackle hypoazotique.

(4) Nouveau proceclè pour se parer l’iode de ses combinaisons.

(5) L’analisi condotta da questi Chimici venne pubblicata nel Giornale Medico dell’armata Francese.

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satosi alla mente in forma di dubbio venne quindi all’evidenza pruovato, non solo per la preventiva eliminazione dei carbonati di ferro operata da noi, ma vieppiù pe ’1 dileguarsi bel bello della tinta di reazione al contatto dell’aria, come pe ’1 disparire istantaneo sotto l’azione della potassa, e pel pronto ri- torno di essa a la mercè dell’acido cloridrico.

Affine di cerziorarci: che il coloramento avvenuto tenesse allo iodo, man- cava un’altra esperienza, di precipitarlo cioè prima allo stato di ioduro di palladio col bicloruro di codesto metallo. Si operò con esso su di un litro di acqua e per siffatto cimento se n’ebbe al fondo un sedimento color scuro , che discioglievasi nell’ammoniaca. Mescolato quindi a un po di silice, umet- tato, disseccato e quindi riscaldato in uu piccol tubo di vetro, decomponen- dosi, lasciava svolgere i vapori violetti dello iodo. Decantato il liquido da quella posatura, venne condotto a secchezza, e versata su di esso una goc- ciola di acido esploratore di niun colore si tinse più mai.

Perchè poi ne costasse securo contenersi nell’acqua acetosa in dissolu- zione una sostanza Fecoloide, fu fatta cadere da un lato della cassula una goc- ciola di tintura di iodo, in guisa che scorrendo giù per le pareti, lambisse il sedimento rasciutto, ed ecco spiccarne il blu di reazione. Codesto doppio fatto ne accorti che l’acqua acetosa racchiudea uno ioduro alcalino o ter- roso, ed una fecola.

Nel considerare la reazione dall’acido cloro-idrico, operata in sul residuo secco, abbiam noi forte ragione di credere, che la non possa essere in altra guisa avvenuta, se non se nel modo seguente.

La base alcalina o terrosa per l’acido cloro-idrico passa allo stato di cloruro. L’idrogeno rimane libero, perchè il sedimento secco non gli porge la opportunità di congiungersi allo iodo per formare un idracido; ne avviene pertanto, che 1’ amido debba stringersi allo iodo e rimanervi per alquanto tempo, ed anche per un’ intiero dì.

Questo fenomeno condusse a pensare, se per caso si avesse, così adope- rando, un mezzo più pronto ed anche più delicato a rivelare lo iodo dalle sue dissoluzioni. E diciam più delicato: perciocché col ridurre a secco ed a freddo tanto la colla di amido, quanto la soluzione da cimentarsi, verrebbe a palesarsi una così tenue quantità di iodo, innanzi la quale tutti gli altri me- todi forse tornerebbero vuoti.

Affine di effettuare coi fatti, ciò che si vagheggiava in pensieri , eccoci a formare un liquore probatorio con acqua distillata, nella quale Io iodo di un ioduro dato stesse al liquido menstruo, come 1: 1000000,

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Da codesto liquore fu tratta una sola gocciola piena, lo che ottiensi ben agevole, solo che la si faccia fluire con garbo giù pel beccuccio di un’ampol- letta di cristallo, e cader quindi in una cassulina prepara t’all’uopo, per acco- glierla. A questa gocciola si aggiunse dell’amido, quanto non eccedesse in peso grani. 0, 0004. Dopo una esatta mistione, si lasciò evaporare la gocciola a bagno maria, ed anche a nuda fiammella di spirito , applicando ogni cura a non carbonizzare l’amido; si abbandonò di poi a raffreddamento , e tentato il residuo coll’estremità spianata di un sottil bastoncello di vetro, bagnato al- l’acido cloro-idrico, non appena fu tocco, che ne apparve d’intorno allo stampo dell’acido impressavi una zona color blu, la quale continuò a rimanervi fìtta per molte e molte ore di un giorno. Ripetuta più volte 1’ esperienza , la fu sempre col medesimo risultamento. Allora divisammo tentare sulla metà di una gocciola. Anche questa infinitesima parte di liquor probatorio ne fornì di assai manifesto indizio di iodo, sebbene la tinta fosse molto più lieve e sfu- mata. Adoperati altri metodi , affine di ottenere le istesse reazioni da una gocciola del nominato liquore, non escluso quello del bicloruro di palladio , tutti li vedemmo insufficienti alla prova.

Se da tali esperienze rimane a sufficienza dimostrato aversi in cotale nostro metodo un più facile, e più squisito modo a rivelare il metalloide di Courtois, per ciò che ne sembra, possono dedursi le seguent’illazioni; che si possa determinare anche più esile quantità, non in guisa però che gareggi per la esattezza della misura di essa col bicloruro di palladio , ciò che sa- rebbe vana presunzione , ma bensì che si possa accennarla come suol dirsi rozzamente, e rilevarne le differenze.

Dal liquore probatorio hannosi cognite le seguenti quantità. 11 peso del liquido in K. 1,000000.

11 peso dello iodo in K. 0,000001.

In guisachè avendo presente alle mente il cerchio azzurro, ottenuto da una gocciola di liquore probatorio, con uno stampo di acido cloro-idrico, fa- cil cosa riesce confrontarlo con altri circoli, prodotti da stampo eguale di acido cloro-idrico in altre dissoluzioni.

Questa nostra sperienza pertanto ci condusse di per se a trovar modo di valutare lo iodo, contenuto in molte acque potabili, e minerali ancora. Imprendemmo di fatti a cercarne la valuta, anzi tutto nell’ acqua acetosa , come quella che ne avea dato incitamento valido a questa specie di ri- cerche.

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Si operò dapprima sul sedimento lasciato per evaporazione di un quarto di litro di quest’acqua, ed ebbersi vivaci reazioni di iodo senza pur aggiun- gervi amido; vivacissime poi con un milligrammo di questa sostanza. Però siccome il coloramento accennava ad una dose di iodo cospicua, così vollesi trattare quantità di acqua sempre più decrescente.

Dopo molti e molti saggi potè raccogliersi, che da tre sole gocciole si ha un cerchio di ioduro di amido , come lo si ottiene da una gocciola sola di liquido probatorio; cosicché la proporzione si tenea come 1: 3., che vale quanto dire: se un milligrammo è contenuuo in un litro di liquor proba- torio, un milligrammo e soluto in tre litri di acqua acetosa. Avvertimmo , che per avere siffatto reazioni non ci fu d’uopo sceverar l’acqua dai car- bonati di ferro , di calce e dalla materia organica. Bastò solo farla evapo- rare così com’ era attinta dalla fonte, con una sola molecola di amido, o poco più.

A riconoscere quanto siffatta valuta recedesse dal vero, si precipitò da un litro di acqua, concentrata per evaporamento, tutto l’ iodo in essa contenuto, per mezzo del bicloruro di palladio. Se ne ebbe una posatura di color fosco, la quale separata dal liquido, detersa con acqua distillata, e condotta a dis- seccamento diede in peso gram. 0,0005.

Ma il proto ioduro di palladio contiene

Iodo 70, 34

Palladio 29, 66

100 00

Dunque nelle gram 0,0005 di questo sale aloide, si conterrebbono di iodo puro granarne 0,0003517. Quantità sarebbe codesta, che verrebbe a cor- rispondere con differenza lievissima ad di milligrammo , quanto appunto fu detto contenersene in un litro di acqua acetosa.

Questo primo saggio ne spronava a ripetere cotale cimento su di altre acque. Dell’acqua Vergine bastarono soli 50 millilitri , ossiano 250 gocciole piene, perchè se ne spiccassero le reazioni non difformi da quelle ottenute da una gocciola sola di liquore probatorio.

Ebbersi nella Barcennese reazioni di eguale intensità ed esteuzione, eva- porandone 300 gocciole.

Infine nelle varie acque di pozzo, che ne fu dato di trattare così, le rea- zioni insorgevano nelle quantità di gocciole 350.

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Minor dose di iodo ci offersero l’acqua acetosa Capranicense, l’acqua Ales- sandrina Felice, e quella così detta delle Api. Cosichè per codesto nostro me- todo verrebbe a dimostrarsi, che la più intensa iodurazione si avrebbe nel- l’acetosa Romana, la minore in quella delle Api, e nell’Alessandrina Felice , come appunto può scorgersi dal quadro seguente.

Liquor probatorio un litro . 1

1, 000000

Acqua acetosa Romana » . 1

3, 000000

» Vergine » 1

250, 000000

» Barcennese » 1

300, 000000

» di Pozzo » . . 1

350, 000000

» Capranicense » . . 1

1250, 000000 1

)) Alessandrina Felice)) )

» Barberina, o delle Api » !

5000, 000000

E qui parrà l’oportunità del dire, come noi di sovente per isvegliare rea- zioni, abbiamo dato nelle medesime difficoltà già da altri Chimici segnalate. I carbonati di ferro passati allo stato di ossido per lunga ebollizione, sprecano o distruggono il color blu, e pruova ne avemmo nell’acqua acetosa caprani- cense, che è ricc’a dovizia di bicarbonati di codesto metallo. I carbonati al- calini e terrosi per lo spumeggiar che fanno al cadervi di un acido, e per lo svilupparsi di calorico, sono ancor essi di non lieve impaccio.

La materia organica, che in forte copia ritrovasi nel seno di talune acque, non solo turba, ma nasconde ed estingue il coloramento violetto dell’amido.

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Quella delle Api, je l’Alessandrina Felice ne contengono molta. Fu d’uopo eva- porarle , carbonizzare il residuo in crogiuolo di platino , riprenderlo al- 1’ alcool , feltrarlo, evaporarlo una seconda volta, discioglierlo nell’ acqua di- stillata con amido, e ridurlo a secchezza per segnalare le reazioni coll’ acido cloro-idrico.

Ma il più valido fra tutti gl’ impedimenti, fu senza meno lo zolfo. Altro mezzo quindi non ci apparve più acconcio, che quello di fissare lo iodo colla potassa, e paragonarne le reazioni con una dissoluzione di quest’alcali istesso nell’acqua distillata, a proporzioni conformi. Di ciò ben avemmo contezza nel condurre l’analisi di alcune acque idrosolforate dell’agro Romano.

%

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Fisica terrestre. Sopra la grotta di Collepardo. Nola del prof. G. Ponzi (*).

Chiunque abbia fatto oggetto di sue peregrinazioni le montane regioni, si sarà facilmente persuaso, che quivi più che altrove la natura fece mirabile mostra delle sue potentissime forze. Quelle vedute che senza fine si aprono allo sguardo dai più alti gioghi: quegli squarci che scindono gigantesche masse: quelle immense scogliere, or pendenti e minacciose a guisa di ruine, or rac- colte in rapide chine , donde in profonde voragini precipitano le distaccate roccie: quei vorticosi torrenti, che cadendo di balza in balza, e si perdono in abissi, che 1’ occhio a stento misura: quei secolari giganti della vegetazione, primo ornamento delle alte e tempestose regioni: quella selvaggia solitudine in fine, che così potentemente invita alla meditazione; mentre sono tutte ca- gioni all’ occhio volgare d’indefinita meraviglia e di sgomento, accendono la fantasia, e fecondano i concetti dell’artista poeta. Ma il filosofo invece, tratto alla grave contemplazione dell’ onnipotenza creatrice , ammira come egual- mente questa si manifesti dal più piccolo infusorio, alla incomprensibile va- stità dell’universo.

Quante di tali sorprendenti scene non ci offre la natura sui nostri Ap- pennini, non meno che sulle Alpi, e sui Pirenei, o sulle stesse Cordigliere, così celebrate dall’ Humboldt, e da tanti altri insigni viaggiatori ? Io vorrei, o illustri colleghi, che la vostra attenzione fosse volta a quella parte del prisco Lazio, che forma l’esterno piovente di una di quelle maggiori catene, che di- vidono per lungo l’Italia intiera. Su queste ardite pendici, dove trae origine il torrente denominato V Acquosa, tributario del Trero nel territorio di Col- lepardo, avreste agio di contemplare, in breve spazio, raccolti non pochi di quei meravigliosi spettacoli, ai quali le precedenti mie parole accennano. Quivi l’ampia caverna, che prende il nome dal paese stesso di Collepardo, emula tanto della notissima grotta di Antiparos, quanto di altre più celebri: qui quel profondo baratro , denominato il Pozzo Santullo» qui in fine sorge 1’ amena Certosa di Trisulti, stanza di pace a’ santi Anacoreti.

Io non istarò ora a descrivere minutamente quelle balze, sollevate in cime di sorprendente elevazione, la foresta popolata di animali, che riveste il fondo di queU’ampio pozzo, come il semplice stillicidio di acque, traenti

(*) Comunicata nella Sessione II, del 30 gennaro 1853.

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sciolto un principio pietroso, sia valso a deporre ed innalzare nel correr dei secoli tanta copia di coni pendenti, di obelischi, e di tant’ altre fantastiche forme, che strette si affollano nella cavità di quella spaziosa caverna. Io vo- glio solo tornarvi al pensiero , che mentre quella sorprendente contrada fu celebrata in tante guise da scrittori, e trattata da artisti di ogni maniera, giammai fu tema a studi del filosofo indagatore dei naturali misteri. Impe- rocché il geologo mal si sarebbe contentato di ciò che appaga l’occhio, ma tosto avrebbe volto il suo pensiero a quei tanti e concatenati problemi, che naturalmente si succedono, onde conoscere da quali sedimenti nettuniani eb- bero origine quelle vaste scogliere, per forza di quali cataclismi tellurici fu- rono così squarciate e sconvolte , in che maniera avvenne tanta catastrofe , in qual’ epoca della terra, ed a quali vicende esse soggiacquero, dalla loro cnmparsa sulle acque marine fino a noi.

Ma oggi non ci è dato render ragione di tutto ciò, perchè le scarse co- gnizioni che possediamo di tali sorprendenti località, si limitano alla grotta di Collepardo , la quale ha somministrato prove bastevoli a riputarla identica alle altre caverne ossifere, di cui Buckland pel primo ci aperse il mistero, quindi illustrate da tanti altri nelle varie regioni montane, e negli Appennini stessi. Precipuo carattere di queste caverne si è il nascondere sotto quel ri- vestimento stalattitico, un sedimento calcare rossastro, entro il quale s’ im- pastano ossa di vertebrati diversi. Io posseggo nella mia collezione vari pezzi di roccia tenace e dura, tratta dalla grotta di Collepardo, nella cui massa vedonsi compresi metacarpi di Didattili, misti ad ossa di Mammiferi della mole di un cervo, o di simili ruminanti. E ciò, lo ripeto, è quanto la Geologia può riferire di quelle meraviglie; io mi sarei mai accinto a parlarvene, prima delle opportune indagini, se un nostro rispettabile collega, con suo genero- sissimo atto, non me ne avesse somministrato argomento; poteva tratte- nermi dal farne qualche parola, da che assunsi l’onorevole incarico di presen- tare a questa nostra insigne accademia, in nome di sua Eccellenza il sig. Prin- cipe D. Baldassare Boncompagni, le otto stampe, maestrevohnante per esso fatte eseguire da valenti artisti, nelle quali vengon dal vero ritratti la Grotta di Collepardo, il Pozzo Santullo, e la Certosa di Trisulti (1). A queste in- cisioni viene eziandio unito un piccolo libro, in cui, sotto forma di lettere scritte dalla chiara memoria dell’abate Domenico Santucci, dirette all’esimio

(1) Vedi Sessione II, del 30 gennaro 1833, pag. 238.

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incisore Luigi Rosini , sono con molta grazia descritte quelle meraviglie di natura.

Io non so se abbia or più a lodarsi la ricercata bontà dell’ esecuzione del lavoro, o il nobile pensiero che mosse il nostro illustre collega. Lo spi- rito, la verità, e l’esattezza tanto ammirati in quest’opere, può dirsi poco siano in confronto dell’utile che ne discende. Una publicazione di tal fatta richiama potentemente l’attenzione dei dotti, rende più frequenti le loro visite in quei luoghi, ne determina le osservazioni di ricerca, agevoja in fine la via ad ar- ricchire il tesoro delle cognizioni che si hanno di questa classica Terra. Que- st’opera adunque dimostra, quanto sia gran ventura, che i doni della fortuna siano nelle mani di chi sa farne così benefico uso.

Concedetemi pertanto, o illustri colleghi, che come io fui mezzo al prin- cipe D. Baldassare Boncompagni per annunziarvi questa memoranda largizione, lo sia egualmente a voi, presso il medesimo, per significargli la nostra uni- versale gratitudine e riconoscenza.

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C0MU1NICAZI0NI

Il prof. Volpicelli comunicò alcune sperienze, istituite da esso, per met- tere in evidenza un principio elettrostatico, riconosciuto dal sig. dott. Palagi di Bologna; ed eziandio ricordò quei fatti, che furono dai signori Nicholson, Herman, Peltier, e Palmieri osservati, relativi al principio medesimo, e che possono riguardarsi come dipendenti da esso. Trovasi ciò pubblicato nella sessione IV, del 23 maggio 1852, pag. 469, T. V.°

Il professore stesso presentò , a nome del corrispondente italiano sig. prof. Francesco Zante deschi, una memoria sulla elettricità dei vegetabili, che trovasi pubblicata nella sessione IV del 23 maggio 1852, pag. 386, T. V.°

I1H. P. Angelo Secchi fece conoscere gli ultimi risultamene, ottenuti da esso nel 29 marzo 1853, sul calore solare; dai quali egli concluse, che la ipotesi di una piu elevata temperatura nell’equatore del sole, trovasi a bastanza confermata. Ciò fu pubblicato nella sessione IV, del 23 maggio 1852, pag. 428, T. V.

Dopo ciò il medesimo socio trattenne l’accademia, con alcune osservazioni sulle macchie solari, e sull’anello di Saturno, pubblicate nel T. V, p. 438; quindi presentò alla medesima una lettera, direttagli dal P. A. Serpieri delle Scuole Pie, contenente le tavole psicrometriche, che danno la umidità relativa, dopo trovata la tensione del vapore, pubblicate nel tomo stesso, pag. 452.

Il sig. Prof. Sanguinetti comunicò una lettera, direttagli dal sig. Barone prof- Francesco Narducci, sulla vera struttura degli organi riproduttori della mucedine devastatrice le uve, e sul primo scopritore dei medesimi, pubblicata nella sessione IV, del 23 maggio 1852, pag. 444, T. V.°

CORRISPONDENZE

Il bibliotecario della R. accademia delle scienze di Monaco, a nome della medesima, offre in dono all’accademia nostra, le produzioni di quello scien- tifico stabilimento, registrate nel bullettino bibliografico posto in fine.

II sig. Quetelet , segretario perpetuo della R. accademia delle scienze

di Brusselles, ringrazia per l’ invio fatto alla medesima degli atti dei nuovi Lincei, pregando che le vengano spediti alcuni fascicoli degli atti medesimi, ad essa non giunti.

Il segretario della R. accademia delle scienze di Amsterdam, ringrazia per gli atti dei nuovi Lincei, pervenuti alla medesima.

Il sig. cav. Gio. Bravo, console di Danimarca, fu noto che l’accademia no- stra potrà valersi dei mezzi del suo R. consolato, per inviare alla società Da- nese delle scienze in Copenhagen le sue produzioni.

Lo stesso viene assicurato dal sig. C. Arfridsson, console di Svezia e Nor- vegia, per l’accademia delle scienze tanto di Stokholm, quanto di Upsala.

La R. accademia delle scienze di Napoli , col mezzo del suo segretario perpetuo, sig. cav- Vincenzo Flauti, ringrazia per la continuazione degli atti dei nuovi Lincei, ad essa giunti.

L’accademia R. Peloritana di Messina, ringrazia per l’oggetto medesimo.

L’ Imperiale accademia de|le scienze di Vienna , spedisce in dono alla nostra, parecchie produzioni, che si trovano registrate appresso nel bullettino bibliografico.

COMITATO SEGRETO

Estratto del discorso pronunciato dal sig . principe D. Pietro Deescalchi, presi- dente, sullo scopo di un premio annuo, stabilito dall'accademia.

Stimo conveniente, o colleghi, darvi esatta contezza, con brevi e franche parole, di quanto si passò nell’ultima tornata del nostro comitato accademico.

Voi nella passata generale riunione, sulla proposta fattavene nel preventivo, approvaste a maggioranza di voti un premio annuo ; ed in pari tempo deste al comitato 1’ incarico , di redigere un opportuno regolamento , perchè la vostra deliberazione fosse adempiuta. - Io non mancai , in osservanza di quanto ordinaste, di radunare presso di me gli onorandi colleghi, che fanno

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parte del comitato ; e come me ne correva l’obbligo, aprii loro dinnanzi per prima cosa il nostro statato, perchè presi ad esame gli articoli che più di- rettamente, e più esplicitamente parlano dei premi accademici, potessero, sulle norme in essi tracciate, fermare le basi a redigere il regolamento commessoci.

Due sono gli articoli , come voi potete bene osservare negli esemplari del nostro statuto, che a bella posta vi ho fatto porre innanzi, nei quali si parla dei premi accademici summenzionati: cioè gli articoli 18, e 19

L’ articolo 18 così dice:

Nei concorsi ai premi , che V accademia stabilirà per argomenti scientifici , non saranno ammessi i membri ordinari.

L’ articolo 19 ingiunge:

Vi saranno premi alla presenza, premi alle memorie lette in accademia, e premi alle invenzioni, tanto scientifiche, quanto industriali.

lo che in antecedenza alla fissata riunione del comitato , aveva letti ed attentamente meditati i due citati articoli, mi permisi far osservare ai miei colleghi, che mentre questi incontrastabilmente ingiungono due separate pre- miazioni, una pei concorsi sopra argomenti scientifici, l’altra per le invenzioni tanto scientifiche quanto industriali , non prefiggono però un tempo deter- minato, a mandare ad effetto l’una, l’altra delle due premiazioni Ester- nata questa mia idea , mi permisi ancora esporre loro francamente il mio pensiero; ed apertamente dissi che quanto trovava io giusto e doveroso, che si adempisse, qualora la circostanza si presentasse, tutto ciò che viene prescritto nell’articolo 19 dello statuto, tanto nel mio particolare convincimento pen- sava, che sarebbe inopportuno, e forse ancora troppo precoce, il mandare ad effetto, fino da ora, l’articolo 18 dello statuto medesimo: e le ragioni per le quali io così penso sono queste.

La nostra accademia, è nel suo nascere; belli, chiari, ed onorandi sono i nomi di quelli che ne fanno parte; ma non potrete non convenir meco, che sono belle, chiare, ed onorande individualità ; le quali non possono costituire e formare per ogni particolare scienza, che essi così lodevolmente coltivano, un corpo, una sezione, da pronunciare un giudizio sopra le memorie, che ci venissero trasmesse intorno uno argomento scientifico, da far tacere le troppo frequenti suscettibilità de’ concorrenti. E così stando le cose nella nostra ac- cademia, chi sarà fra voi tutti che, giunto il tempo di pronunziare un giudizio, vorrà prenderne sopra di se tutta la responsabilità ? Poiché bene spesso in- terverrebbe, che ad un solo di voi si dovesse commettere il giudizio del con-

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corso accademico. ci dobbiamo lasciar andare o colleglli, all’esempio delle altre accademie di scienze , che al di delle Alpi , con fondata ed antica rinomanza mirabilmente fioriscono: poiché voi tutti meglio di me sapete, quali e quanto illustri capacità, in ogni ramo di scienza, in quelle accademie vi si ammirino ; ragione per cui a buon diritto i giudizi pronunciati da quei celebri Istituti , e si lodano, e si ricevono siccome oracoli. Sarebbe forse un troppo presumere se , dopo soli cinque anni da che siamo risorti a novella vita , mercè la magnanimità del glorioso Principe e Pontefice che siede in Vaticano , volessimo a quelle porci del paro , ed emularle. Verrà , verrà tempo, e non sarà questo remoto, in cui accresciutasi la nostra accademia per f aggregazione di uomini reputatissimi in ogni scienza, e sempre più raffer- matasi nella sua fama, e nella sua celebrità, uguaglierà quelle che a questi giorni si godono il primato nella Europa Queste franche e libere parole, non escono già, colleghi, dal mio labbro per preoccupare menomamente la vostra deliberazione; nò, voi questa mattina decreterete ciò che meglio sti- merete più conveniente, e piu opportuno alla gloria dell’accademia nostra; la quale conserverà sempre quella fama, che le hanno lasciata i Cesi, i Galilei, i Della Porta , i Colonna , e tutti gli altri Lincei , che coi loro studi tanto giovarono alla celebrità della nostra Italia.

Queste, o Colleghi, furono ad un dipresso le ragioni che io esposi al Co- mitato accademico, e sulle quali basai il mio opinamento intorno al premio da voi decretato.

A riprendere la narrazione incominciata, vi dirò che tre altri colleghi del comitato vennero nel mio divisamente; e furono di parere che per ora l’accademia non dovesse pensare a stabilire concorsi per argomenti scientifici ; ma che do- vesse soltanto tenersi a premiare le invenzioni tanto scientifiche, quanto in- dustriali — Due però de’ nostri colleghi, furono affatto da noi dissenzienti, dicendo che voi coll’ ultima vostra deliberazione , non avevate chiamato il comitato a prendere in esame gli articoli 18 e 19, dello statuto; ma solo a redigere un regolamento pei concorsi, ai premi di argomenti scientifici; e che in conseguenza, con quella deliberazione, avevate col fatto ammesso ed adot- tato il citato articolo 18; ed il voler fare altrimenti, sarebbe stato un medesimo che travisare del tutto la vostra deliberazione, ed un medesimo che non volere affatto compiere il mandato che voi ci avete imposto La maggioranza in contrario sosteneva che la vostra deliberazione, come sta riportata nel processo verbale, parla solo dell’aver voi ammesso un premio, come vi era stato prò-

480

posto nel preventivo ; e commette al comitato di redigere un regolamento, senza però far parola se il premio era stato da voi decretato pei concorsi di argomenti scientifici, o per invenzioni tanto scientifiche quanto industriali; mentre nell’ adunanza non vennero neppure accennati i due sopra espressi articoli. In conseguenza la maggioranza credeva, di potere a buon diritto pren- dere in esame i due articoli ; e di poter a voi sottoporre le ragioni per le quali stimava che, lasciato in sospeso per ora il disposto dell’art.0 18, si do- vesse il premio riserbare per ciò che s’ingiunge nell’art-0 19.

In questa divergenza di opinioni , quantunque la maggioranza sarebbe stata nel suo pieno diritto di presentarvi un rapporto, a senso del suo opina- mento, pur non ostante a sopire una quistione, che erasi fatta troppo viva, ed animata; essa medesima propose alla minoranza, e questa pienamente vi convenne, che venisse al vostro giudizio rimesso il decidere, da quale dei due lati si stia la ragione. Perciò una segreta e separata votazione sovra i due citati articoli, farà chiaro ed aperto, se voi nella passata adunanza realmente intendeste, che vo- levate stabilire un premio pei concorsi sopra argomenti scientifici , e che il regolamento per voi ordinato doveva a ciò solo provvedere A questo ultimo legale e definitivo esperimento io v’ invito adunque, o colleghi, e state certi fino da ora , che la maggioranza del comitato , cui ho 1’ onore trovarmi a capo, si farà un coscenzioso dovere, di mandare senza ritardo alcuno ad effetto la vostra deliberazione.

Eccovi la nuda e fedele narrazione di quanto si passò nell’ ultima tor- nata del nostro comitato accademico Se io sia stato esatto , veridico , e prudente istorico, potranno apertamente dirlo quegli onorandi colleghi, che veggo qui presenti, e che fanno parte del nostro comitato.

Venutosi per tanto allo squittinio, ed essendo 23 i votanti, si ebbero per 1’ articolo 18 , voti bianchi 6 e neri 17 ; e per 1’ articolo 19 si ebbero voti bianchi 19 e neri 4 ; quindi a maggioranza di voti fu stabilito, che a que- st’ultimo articolo era da riferire l’indicato premio.

L’Accademia esseadosi riunita ia numero legale, si sciolse dopo due ore di seduta.

Pubblicato il 1 marzo 1856 P. V.

481

Soci ordinari presenti.

P. Volpiceli P. Astolfì P. Sanguinetti M. Bertini P. Ode- scalchi A. Coppi * L. Ciuffa N. Cavalieri S. Bertolo F. Orioli C. Maggiorani P. Carpi A. Cappello G. Ponzi C. Sereni F. Ratti I. Calandrili Commend. Ciccolini B. Tortolini Proja - B. Boncompagni P. A. Secchi G. B. Pianciani M. Massimo. -

Opere venute in dono.

Preisaufgaben Temi di premiazione nella I. accademia delle scjenze di

Vienna pel 1851 (due copie in 4.° )

Sitzungsberichte Rapporti delle Sessioni della I. accademia delle scienze

di Vienna; (classe filosofica storica) esercizio 1851, Voi. VII. fase. 1, 3; 4, 5,

Idem Voi. VI. fase. 1, 2, 3, 4, 5.

Idem Esercizio 1852, Voi Vili fase. 1°. e 2°.

Archiv Archivio di notizie di sorgenti istoriche austriache ; eser-

cizio 1850; voi II. fase. 3°, e 4°-

Idem Esercizio 1851. voi I, fase. 1°, 2°, 3°, 4°.

Idem Voi VII. fase. 1°, 2°, 3% 4°.

Notizenblatt Fogli di notizie. Supplimento alV archivio per le no-

tizie di sorgenti istoriche austriache. Esercizio del 1851. NJ dal 2, al 24. con indice.

Idem Esercizio del 1852. i\V dalli, al 10.

Fontes rerum austriacarum. Voi. IV-

Kritische - Prospetto critico della raccolta di parole , compilata da

dawidow dalla lingua Aino , di augusto pfizmaier. Un fase, in 8.°

Archaelogische Raccolta archeologica di giusfppe arnetz. (Atlante)

Alterthumer Le antichità di Hallslatter Salzberg , e suoi contorni

di Federico simony. (Atlante).

Abhandlungen Alti della classe fisico-matematica della R. Accade-

mia delle scienze di monaco. Voi. VI. (An. 1850-51-52).

Bulletin Bullettini della R. Accademia delle scienze di monaco. Dal

N.° 1. al 24.

Bullettins Bollettini della R. Accademia delle scienze, lettere e belle

Tom. XIX, part. I, e II, Bruxelles, 1852-

62

ARTI DEL BELGIO.

482

Annuaire Annuario della R- Accademia suddetta del 1851-52, Bru-

xelles 1852.

Memoires Memorie della R. Accademia suddetta. Tomo XXVI in fo-

glio. Bruxelles 1851-

Memoires ...... Memorie premiate , e memorie dei dotti stranieri , publicate

dall' Accademia R. suddetta. Tom- XXIV 1850-51.

Sur Sul clima del Belgio. Quarta parte . Pressione, ed onde atmosfe-

riche, del prof. a. quetelet. Bruxelles 1851, un fase . in foglio .

Idem . Delle pioggie , delle grandini , e delle nevi , del medesimo.

Bruxelles 1852, id-

Memoires Memorie premiate , e memorie dei dotti stranieri, pu-

blicale dalla R. Accademia delle scienze, lettere, e belle arti del Belgio. Collezione in 8,° Tom. V. prima parte , Bruxelles 1852* un fase, in 8.°

Dell' origine de' progressi degli attuali giardini. Discorso di a. pasazza. Ferrara 1853 un fase- in 12.°

Atti della seconda premiazione agraria provinciale d'incoraggiamento dell' istituto agrario di Ferrara, e della unita esposizione agricolo-industriale, tenuta in Bagnacavallo. Ferrara 1853, un fase, in 8.°

Memoria sulla solidificazione delle sostanze animali, di m. aloìsìo. Catania 1853. un fase, in 8.Q

Sulla nuova cometa, e sulla nuova nebulosa adoppio nucleo, scoperte all'osserva- torio del Collegio Romano, nel 6 marzo 1353. Nota del prof- colla di Parma. Un fase, in 8.°

Ricerche di analisi applicate alla geometria del prof. f. brioschi, di Pavia. Ro- ma 1853.

Sidla compilazione di una cronologia storica dei fenomeni straordinari di me- teorologia e di fisica terrestre. Memoria di f. pistolesi. Roma 1853.

Sul pendolo di Foucault. Lettera del prof, mossotti. Roma 1853.

Sulla quadratura di una certa superficie di ottavo ordine Nota del prof- b. tor- tolini. Roma 1852.

Giornale fisico-chimico-ilaliano del prof, zantedeschi. Anno VII. Puntata 5.° del 1852.

Programma dell' Accademia delle scienze dell’istituto di Bologna, pel concorso al premio Aldini sul galvanismo.

Ricerche di analisi applicate alla geometria di f. padula. Napoli 1853.

Sulle probabilità. Nota di a, bordoni. Milano 1852,

483

Della Zurloa. Nuovo genere nella famiglia delle meliacee, Memoria del prof. tenore. Un fase, in 4.°

Della Macria. Nuovo genere di piante. Memoria del prof sud. Modena 1847.

Memorie lette alla R. Accademia dellf scienze di napoli, del sud. Napoli 1842.

DelV Erba Baccarà degli antichi. Memoria del sud. Napoli 1852.

Memorie delV Accademia delle scienze dell’istituto di Bologna. Tom. IV. fase. l.° Bologna 1863.

Dissertazioni della pontificia accademia romana di archeologia. Tom. XI e XII ( part . l.a e 2.fl) Roma 1852.

Annali di scienze matematiche e fisiche , compilati dal prof. d. barnaba tortolini fase . marzo , e aprile. Roma 1853-

L' incoraci qiamento: Giornale di Aqriqoltura , Industria , e Commercio di Ferrara . dal ».° 13 al 19.

Osservazioni cliniche , analisi chimiche, e riflessioni sull' Idropisie di t. ross. Tra- duzione dall'Inglese di a. de grazia y alvarez. Cadice 1852. Un fase, in 8.

Comptes ..... Conti resi dall' Accademia delle scienze dell’imperiale istituto

di Francia (in corrente).

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ATTI

DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI

n 1 -

SESSIONE Va DEL 10 LUGLIO 1855

PRESIDENZA DEL Slft. PRÌNCIPE D. PIETRO ODESCALCHI

MEMORIE E COMUNICAZIONI

DEI SOCI ORDINARI E DEI CORRISPONDE BIT I

Nautica e idraulica. Cenni sul moto ondoso del mare e sulle correnti di esso. Memoria del comm. Alessandro Cialdi socio onorario della pontificia accade- mia de nuovi Lincei ; delV ateneo di Venezia e di quello I. e R. italiano ; corrispondente della R. accademia economico- agraria de georgofili e di quella di Pesaro, socio residente e già segretario della Tiberina ec. (Continuazione e fine) (*).

P rego il lettore di favorirmi sempre più di sua attenzione, perchè questo fenomeno non solo non è stato ancora da altri spiegato, ma neppur avver- tito — .

21. « La prima cosa, dice J. F. W. Herschel, che una mente filosofica considera quando un nuovo fenomeno si presenta, è la spiegazione o il modo di riferirlo ad un’immediata causa producente. Se questa non si può accertare, la seconda è di generalizzare il fenomeno e d’inchiuderlo, con altri analoghi nella espressione di qualche legge, con la speranza che la sua considerazione, quando la scienza abbia maggiormente progredito, possa condurre alla sco- perta di una causa prossima adeguata ». Io per provare come il moto ap- parente delle onde divenga anche reale presso i lidi , mi permetterò di co- minciare dalla seconda parte della surriferita sentenza delI’Herschel, e quindi, seguendo le norme da lui indicate per la prima , mi adoprerò a viemeglio sostenere la mia proposizione. Potendosi, riguardo a questa, battere ambe- due le vie, quella cioè dell’ analogìa e quella della immediata causa produ-

(*) Vedi Sessione II del 30 gennaro 1S53, pag. 229.

63

486

cente* spero che siffatto ordinamento nel procedere, farà chiaro il lettore in- torno alla giustezza dell’assunto.

Con ragione Whewell ha nominato oncia-marea ( lide-ivave ) quel sorpren- dente fenomeno che faceva cantare a David: Mirabiles elaliones maris, mira- bili in altis Dominus ; e dire a Dante: Cuopre ed iscuopre i liti senza posa ; e benché la causa di questo fenomeno sia ben differente da quella delle onde, di cui mi occupo, pure non vi ha dubbio « che (come nota P. Monnier) il ripetuto fenomeno si propaga nello stesso modo delle onde alla superficie dell’acqua tranquilla)); perchè in sostanza le maree non sono che delle grandi onde, il cui cammino è divenuto regolare e la cui rivoluzione o sviluppo è di circa dodici ore. Ora, qual’è la legge del moto di detta onda-marea ? Se l’Oceano coprisse tutta la terra in modo uniforme, la velocità di propagazione di questa immensa onda sarebbe di circa mille miglia l’ora sotto l’equatore; « ma, soggiungerò con Chanzallon, gli ostacoli frapposti dai giganteschi bracci dell’ Affrica e dell’ America la riducono nell’ Oceano atlantico a 600 miglia 1’ ora )) ove il piombino non tocca fondo : essa diminuisce ancora di molto quanto più diminuisce il fondo del mare , e si può applicare al suo movi- mento di trasmissione 1’ equazione che Lagrangia ha trovato per la velocità di propagazione delle onde, sostituendo nella formula da me riportata le quan- tità analoghe al movimento delle grandi ondulazioni delle maree. Cosi Whe- well ha determinato con il calcolo le profondità corrispondenti alle velocità che risultano dalla distribuzione delle ondulazioni o linee cotidali ( colidal-li - nes) sopra la sua carta; determinazioni che si trovano d’accordo con quelle de’ mari, la cui profondità è conosciuta per mezzo dello scandaglio. In Keith Johnston trovo la seguente tavola, riprodotta anche dal Maury, la quale ci la velocità della ripetuta onda-marea secondo le varie profondità del mare:

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Fondo, fathoms 4000 (metri 7320,00) velocità 500 miglia l’ora

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Eguale fenomeno debbo ammettere nell’ onda prodotta dal vento. John Russell dal risultato de’ suoi esperimenti si è convinto « che la velocità di propagazione dell’onda dipende principalmente dalla profondità del tiuido, va- riando come la radice quadrata di questa misura ». De Caligny conferma que- sta legge, ed abbiamo veduto che Lagrangia aveva già introdotto nella sua teorìa questo elemento di verità. Anche io ho avuto più volte occasione di verificare in grande un tal fenomeno , ed esso mi viene pure dimostrato da quel frangersi delle onde tutto intorno ad un golfo di spiaggia sotti- le, quantunque la direzione della propagazione di esse dovrebbe essere pres- soché parnlella ai lidi laterali , e solamente normale a quello del fondo del golfo. Ma l’onda che viene dall’alto mare ed imbocca direttamente nel golfo, incontrando la prima resistenza nel fondo del mare nei due lati dell’imboc- catura di quello , ne deve quivi soffrire ritardo nel moto di propagazione , perchè nel mezzo del golfo, ove l’acqua è profonda, corre con più velocità, e così è obbligata a piegarsi ed a sottigliarsi gradatamente verso i lidi la- terali e frangersi poi contro di essi. Fatto notato anche da A. Lieussou nei golfi dell’Algeria.

In alto mare quelle velocità di trasmissione dell’ onda-marea non sono sensibili alla pratica della navigazione, come precisamente (fuori di casi ec- cezionali) non lo sono quelle che risultano dalla propagazione dell’onda do- vuta al vento ; anzi bisogna guardarsi bene di non confondere tali velocità con quelle delle correnti. Ma è un fatto, che quel moto di trasmissione del- 1’ onda-marea a distanze più o meno grandi dalle rive secondo la forma e

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giacitura delle località, si trasforma in parte, per difetto di profondità di acqua, anche in moto di reale trasporto di molecole, la cui velocità è generalmente non minore di due miglia l’ora, e giunge a sei ed a dieci, secondo gli osta- coli che incontra lunghesso i lidi: colla differenza però , che mentre per gli ostacoli diminuisce la velocità di propagazione , per essi aumenta quella di trasporto delle molecole. Al fatto dell’ onda-marea divenuta anche marea- corrente è d’aggiungerne un secondo che Savary qualifica per importante no- tato da Leonardo, osservato da Beautemps-Beauprè e confermato dalle ac- curate ricerche di White e di P. Monnier; quello cioè che la suddetta marea- corrente a qualche distanza dalla costa continua tuttavìa nel senso del moto trasmissione due o tre ore dopo l’alta marea, e benanche quando il livello di questa si è già considerevolmente abbassato, ossia quando già è in pieno corso il riflusso.

Ora se quel moto di onda-marea , che in origine è moto di propaga- zione soltanto, per la reazione del fondo del mare si converte poi anche in moto di marea-corrente , ossia di reale trasporto di massa liquida , non so persuadermi come nell’ onda (flutto) che ha tanta analogìa coll’ onda- marea, non possa accadere lo stesso fenomeno; ma che invece si debba sostenere , che sempre ed in ogni luogo essa non sia animata che di moto apparente soltanto, quindi di niun valore per la pratica della navigazione e per gl’inter- rimenti de’ porti; ovvero che abbia sensibile moto reale solo nella parte in- feriore dell’onda, quindi non mai apprezzabile per la navigazione. Vengo all’altra parte della su indicata sentenza dell’Herschel .

Per appoggiare viemeglio l’esistenza de’ flutti-corrente alla superficie del mare cade qui in acconcio riportare i fatti osservati dallo Stevenson , già da me menzionati , e dai quali egli si è convinto del moto progressivo che posseggono , a parer suo , tutte le onde ( all wave) : convinzione per me di- fettosa, perchè non ammette eccezione di luogo, di tempo. Egli dun- que così si esprime: « Io non posso immaginare che le onde del mare non esercitino forza percussiva e moto progressivo quando io osservo il loro po- tere nel sospingere innanzi un bastimento che non ha vento marea per muoverlo, ovvero un bastimento ancorato, effètto che io ho notato in tredici e diciolto passi (24 e 33 metri) di acqua; oppure quando considero l’altezza cui lo spruzzo s’inalza in acqua profonda percotendo un bastimento ancorato. In quanto a questo potere delle onde in acqua profonda, cioè di trasportare in- nanzi i bastimenti nella direzione del loro proprio moto , io posso asserire di aver più particolarmente osservato in profondità di 12 e 13 passi (22 e 24 metri), che una barchetta è trasportata innanzi con sorprendente rapidità dalla sola azione, hen inteso, dell.’onda. Alcune volte in un piccolo bastimento, par-

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ticolarmente nel para agio del Muli di Kintyre in Argyleshire, e di altri luo- ghi ove il mare si eleva molto, io ho provato una sensazione come se il ba- stimento fosse per isfuggire sotto i miei piedi e lasciarmi indietro: in tal cir- costanza il bastimento, sospinto innanzi da un’onda avente rapido moto, ha per- corso un tratto in avanti del tutto diverso dalla spinta che risulta da un mero cambiamento di livello ( altogetlier different fronti thè pitcliincj ivhich resulls fronti a mere chancje of level). Io ho ancora frequentemente osservato, mentre mi trovava sull’ estremità de’ moli situati in acqua profonda , i bastimenti pro- gredire per la sola azione delle onde ». Dalle circostanze però che accompa- gnarono i fatti raccontati dallo Stevenson chiaro apparisce, eh’ essi avevano effetto in luoghi ove l’onda risentiva reazione dal fondo del mare, perchè, al certo, in profondità di acqua non maggiori di 22 a 33 metri non doveva essere più libero lo sviluppo inferiore di essa: quindi questi fatti confermano il mio assunto, e non provano esatta la convinzione di lui. Ai quali fatti fo seguito con altri più rilevanti ancora.

Quando il mare è grosso di fuori , e più specialmente quando esso ed il vento sono da libeccio, perchè perpendicolari alla spiaggia del nostro lit- torale nel Tirreno, i marini nostri dicono che presso il lido la corrente tira in terra : giacché in realtà, e loro malgrado, il bastimento è trasportato alla spiaggia con moto speciale e sensibile. Questo fatto, che io stesso ho più volte verificato anche a più miglia lontano dal lido, non è già dovuto alla corrente propriamente detta , ma sibhene al moto di trasporto della massa di acqua che compone il flutto. E T azione del fenomeno di sopra descritto che im- prime la nuova velocità verso terra, ed il bastimento si trova tanto più sol- lecitamente trasportato, quanto più è vicino alla spiaggia. Nel 1835, reduce io da Rio-Janeiro, giunsi all’atterraggio di Civitavecchia con forte vento da libeccio e grosso mare: comandavo allora La città di Roma di 313 tonnellate. Con quel tempo non credetti prudente prender porto, quantunque vi fossi diretto. Dopo due giorni di cappa fra le venti e le trenta miglia in mare, risolvetti en- trare nel porto: mi avvicinai dunque ad esso; ma quando vi fui prossimo, il volume e la forza de’ marosi contro i moli, mi fecero credere imprudentissima Centrata. Voleva quindi riguadagnar l’alto mare; lo tentai, ma presto mi av- vidi che io era sensibilmente trasportato a terra; bisognò allora risolversi ad entrare. Mentr’era quasi alla bocca , mi abbandonò il vento di libeccio , ed uscì piccola e non continuata brezza da terra : nulladimeno , profittando io del trasporto de’ marosi, entrai felicemente nel porto fra il suono delle cam- pane, ed un affollato popolo accorso sui moli, com’è costume in circostanze d’imminente pericolo per un bastimento. Ora perchè io non potei più allon- tanarmi da terra quando mi pentì di essermi avvicinato di troppo ? Quale

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ne fu l’ostacolo? Eppure le circostanze apparenti erano si può dire, uguali a quelle che mi si erano manifestate in alto mare: di più presso il lido aveva spiegato una superficie di vele maggiore di quella che io teneva quando era a venti miglia lontano da terra , e colla quale superfìcie poteva allora , eredo, anche guadagnar sopravvento. L’ostacolo fu al certo il moto progres- sivo in massa de’ marosi, e questo moto fu quello che mi trasportò nel porto quando, calmato il vento, l’azione delle vele era più contraria che favorevole. Nel 1848 in circostanza simile, il Pericle, piroscafo di 400 tonnellate appar- tenente alla marina di finanza francese, veniva da levante con vento e mare di ponente libeccio. In poca distanza dalla terra, da sopra la punta del Pecoraro fece rotta direttamente per la bocca di levante del porto , ricevendo così i marosi per lo traverso. Quantunque essi non frangessero, sensibile era il tra- sporto verso terra; quindi il piloto del porto con ansietà ripeteva il segnale di allargarsi ; ma il piroscafo dirigendo la prora per entrare per la via più corta nel porto , sempre più si atterrava , e sempre maggiore era il moto di trasporto : e giunto che fu alla metà del circolare molo del Bicchiere si trovò dai marosi trasportato sulla scogliera di detto molo, ove in poch’istanti venne diviso in due parti, e poscia interamente distrutto. Dal popolo accorso, e dai mezzi meccanici subito adoperati, tutti gl’individui vennero salvati.

A togliere ogni dubbio che non la corrente sia la causa del trasporto de’ bastimenti verso terra, ma che invece sia il flutto-corrente, sarà bastevole il rammentare che ad una distanza dal lido, ove le onde si possono svilup- pare liberamente, un fatto moto di trasporto non esiste (tolti sempre i casi di venti fortissimi) : oltre di che è d’ uopo por mente allo stato del livello del mare in queste circostanze. E di fatto noto, che quando il tempo sente di fuori , le acque presso il littorale si empiono: dunque questa accumulazione di acqua nel littorale dovrebbe piuttosto produrre una corrente che da terra all’ alto mare si dirigesse , onde togliere la differenza di livello ; ma invece tal differenza giunta a superare un certo limite, cioè quando, credo io, il peso della massa liquida accumulata vince la forza premente che proviene dal ven- to, allora defluisce come corrente paralella alla costa, più o meno radente e veloce secondo la direzione e potenza de’ flutti, perchè all’impulso di essi è dovuta. Questa spiegazione che in do al fenomeno è il risultamento di molte serie di esperimenti da me praticati in più punti del nostro littorale e spe- cialmente presso Livorno, non che di esperienze dedotte da fatti registrati da altri ; e siccome dovrò in seguito parlar delle correnti littorali, così mi ri- servo allora raccontare alcuni esempi degli effètti prodotti dal fenomeno in discorso in circostanze a queste identiche. Ivi si vedrà che questa massa di acqua in moto è quella stessa che opera i maggiori insabbiamenti lungo i lidi.

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ammetter posso, che del riferito trasporto accagionar si debba per intero l’azione di percussione de’flutti contro la carena e l’opera morta del bastimento: credo che quest’azione possa essere quivi maggiore che in alto mare, perchè i flutti presso la spiaggia sono più corti , più alti , e più in- clinati; ma non credo che essa sia sufficiente a causare la perdita del basti- mento, dappoiché quell’azione si deve trovare controbilanciata da un aumento di superfìcie di vele, del quale in questi critici casi si fa uso, in confronto della quantità di essa spiegata in alto mare. La forza di vele che si adopera per salvare il bastimento, non manca al certo d’imprimergli rilevante velocità e quindi diminuirgli lo scaroccio. J. Lalande ci racconta: « M. Bourdé m'assuroit avoir éprouvé quan bon vaisseau filarli un demi-noeud d'une belle mer d'un très-pelit frais , les voiles a 30° de la quille , avoli 30° de derive , fa’ que filant 8 noeuds , il n avoli plus que de dérive ; cela doit èlre , puisque la résistance lalérale augmente beaucoup plus que la rilesse ». Ebbene, nonostante questo aumento di resistenza laterale, ossia questa diminuzione di scaroccio, il bastimento è sen- sibilmente trasportato in terra. Cosicché l’assieme mi prova che nelle spiagge sottili, anche a più miglia lontano dalla riva, l’onda non ha più moto appa- rente e di percussione soltanto , ma ancora di traslazione progressiva in massa. Quanto sono per dire consoliderà sempre più questa mia conclusione.

Il fenomeno sopradescritto, che di fatto proprio a me consta verificarsi nei nostri littorali del Tirreno e dell’Adriatico, deve aver effetto anche altrove in pari circostanze. I tristi naufragi accaduti nel golfo di Catania, ove, come dice Y. de Ritis, i bastimenti « dalla traversìa colti e sospinti bau fatto con- cepire l’idea nelle menti volgari, che quei miseri legni attratti da irresistibile forza verso la Praja , siccome da calamita il ferro , vanno a rompersi in quella », a me sembra che , senza escludere le altre cause di perdita toccate dal de Ritis, i detti naufragi si debbano principalmente al flutto-corrente. Così credo pure che allo stesso fenomeno si debba quest’ altro fatto. Un convoglio di 70 bastimenti inglesi, partito da Cork il 26 marzo 1807, sotto la scorta della fregata V Apollo, cadde inopinatamente, il 2 aprile, sopra la spiaggia di Por- togallo presso Mondégo, e vi si perdette pressoché interamente, quantunque esso avesse quasi sempre governato orza raso, colle mure alla dritta e con venti da ouest ed anche da nord-ouest. Questo fatto viene attribuito nei por- tolani all’azione della corrente. Ma è da osservare che i portolani stessi , e fra gli altri quello di Lopes da Costa Almeida , dicono: la corrente prolonga a costa da nord ao sud ; e Roussin parlando di questa stessa corrente nota : Celle direction des eaux est prouvée par un si grand nombre de faits , quii est impossibile de la révoquer en doute. La detta corrente è più o meno forte se- condo che il vento la contraria o la favorisce, e la sua velocità media è di

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0, 6 di miglio l’ora. Ora, se poniamo mente al punto donde partì la spedi- zione, alla durata del viaggio, alla posizione del capo Finisterre relativamente a quella di Mondégo, al vento che aveva soffiato e che soffiava , all’ esatto conto del cammino che doveva aver quel convoglio (di più condotto da un legno da guerra, che al certo aveva tenuto scrupolosa stima dell’effetto della corrente, dello scaroccio e delle maree), troveremo che non è ragionevole appropriare alla corrente la perdita di gran numero di bastimenti; seb- bene, non volendosi mai ammettere moto di trasporto nelle onde, non po- trebbesi per conseguenza rinvenire altra causa di quella luttuosa catastrofe, la quale all’ opposto trova con facilità la sua spiegazione nell’ azione del flutto-corrente. Quanti fatti consimili, ed anche più tristi del sovraccennato, sarebbero stati evitati se, in luogo di andare in cerca di cause estranee, si fosse con maggior diligenza studiata ed avvertita la vera !

I marini di San-Malò spiegano alcuni effetti delle onde presso il cur- vilineo molo del porto en disant que la mer glisse sur la grande coirne . . . camme un couranl. Bellinger, che riferisce questa spiegazione, non l’ammette; perchè egli, basandosi sulla teorìa di Villa, crede sempre apparent le mou- vement de translalion des vagues ; quantunque si avveda de Vallération de la sur face des ondes, produite par Vacùoli incessante dii vent.

Anche senza vento l’onda di lunga esistenza, che non abbia libero sviluppo nella parte inferiore, può conservare rilevante moto di trasporto, nel verso di sua propagazione, molto più se a poca distanza soffia ancora il vento regnante che la produsse e conserva. E. Jurien de la Graviére uscendo dal porto Charbrol colla corvetta la Bayonnaise , spinta in avanti da mie petite brise d'ouest , rimurchiata da qualre canots e favorita dalla marèe , giunto dans la passe , la brise gli calmò complétement. In questo stato, la marèe et Vefforl de nos canots, egli ci dice, nous soulenaient à peine contre la houle.

Non potendo nascer dubbio sulla verità degli esposti fatti , non voglio passar sotto silenzio che altri crede dare di essi plausibile spiegazione dif- ferente dalla mia.

Lo straordinario moto di trasporto al quale vanno soggetti i bastimenti da una certa distanza dal lido sino ove danno in secco, è spiegato coll’im- pulso del vento e coll’ urto delle onde contro di essi. Ma quell’ impulso è generalmente minore presso una costa che in alto mare , perchè le coste difendono ; e quell’urto, per la reazione del fondo deve perdere de son acti- vilé ou de sa force come osserva Bremontier ; di modo che, si può stabilire con de la Coudraye, nelle cótes plales, Fonde s'eteint pour ainsi dire peu-à-peu comme la profonderne quindi il ripetuto urto (molto meno notevole di quello dato dall’onda sul fondo del mare ove si decompone il suo movimento) non credo che

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meriti tanto peso, e molto più se si riflette che quella reazione stessa diminuisce la velocità di propagazione delle onde e le rende più corte in guisa che un bastimento può spesso filare sopra due onde senza soffrire notabile beccheg- giamento. Ma detto urto sia pure, come ho già avvertito, per quanto si voglia più attivo presso il lido che in mare profondo , non può bastare ad obbli- gare la perdita di bastimenti ben costrutti, ben forniti e ben diretti. Se non esistesse il flutto-corrente, e se il vento alcune volte non diminuisse di so- verchio la sua forza, questi bastimenti , nei soli casi di straordinario furore nel vento e nel mare, sarebbero costretti a naufragare. Essi guidati dalla in- telligenza dell’ uomo , e forniti di tutto quello che la meccanica ha potuto porre a disposizione dell’esperto marino, si possono considerare come corpi animati. « Un bastimento alla vela, dice J. Ross, è un essere dotato di vita, il quale si uniforma ai desideri del suo padrone , e non un corpo inerte ». 11 padrone che lo dirige, posto dunque alle strette colla morte, e forse anche coll’ onore , tenta al certo ogni mezzo per vincere 1’ avversario. Quindi il fatto, che dentro una certa zona gli sforzi della volontà e dell’arte riescono infruttuosi mentre altrove in pari circostanze riescono trionfanti anche con impiego di mezzi molto inferiori , mi conduce ad ammettere 1’ esistenza di un’ altra arme che il flutto adopera presso i lidi; e tale arme, a parer mio, è il fenomeno da me chiamato flutto-corrente. Se questo fenomeno non parla manifestamente ai sensi come quello dell’onda-marea, si è perchè la secon- da agisce anche quando il mare e 1’ aria sono in perfetta calma , mentre l’altro non può svilupparsi che quando ed aria e mare sono in agitazione. Nell'uno, l’azione unica che si presenta, è quella del moto di massa nel verso orizzontale ; nell’ altro, 1’ apparente , reale e dominante forza è l’impulso del vento e 1’ urto delle onde ; perchè in questo il moto di massa è som- messo , e si confonde coi detti motori. Ma se esso non parla distintamente ai sensi , non può non essere percepito dalla ragione. Quel dir de’ pratici : la corrente tira a terra : la calamita attrae in terra i bastimenti , è il fenomeno in discorso che si manifesta a persone che spesso lo avvicinano, ma che non usano un esatto linguaggio per spiegarlo.

Non ostante che io sia intimamente convinto dell’ esistenza del flutto- corrente pure convengo che una più ricca collezione delle opinioni degli uo- mini di mare di questa o quella località, una più lunga serie di esempi di naufragi verificatisi contro le spiagge con bastimenti ben comandati e bene attrezzati, sarebbero utili documenti per ottenere che universale si rendesse la mia convinzione.

Provata in quanto a me col fenomeno che verificasi nelle onde-maree, col modo di vedere di alcuni marini, e col trasporto de’bastimenti, l’esistenza

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del moto di massa alla superficie del mare nel caso suespresso, passo ai fatti comprovanti 1’esistenza del moto di trasporto nella parte intermedia ed in- feriore dell’onda. Le reti, ed altri ordigni da pesca, tese fra la superfìcie e il fondo del mare vengono dai flutti rotolate e trasportate anche a più miglia verso terra dal punto ove sono state gittate. Bremontier racconta che « le reti di cui si servono i pescatori di Guian, della Teste, e di tutte le Comuni situate lungo le rive del bacino di Arcachon, hanno ciascuna da circa 80 me- tri di lunghezza e 2 di altezza. Ogni rete è caricata nella parte inferiore da una pietra del peso di chil. 2, 50, e di 5 chil. di piombo. Un apparecchio da pesca è composto di 25 a 50 di queste reti aggiuntate 1’ una all’ altra : nel mezzo e ad ogni estremità sono attaccate tre altre pietre del peso as- sieme di 75 chil. Quest’apparecchio è gettato in mare a due o tre leghe, più o meno, distante da terra nella profondità di 16 a 19 metri, e disposto in modo che la parte superiore della rete resti da 12 a 15 metri sott’acqua. Ebbene, i sopraddetti apparecchi, se per il grosso mare non si possono le- vare, dopo la tempesta si trovano ballottati, spostati, rotolati al fondo del mare, e qualche volta ripiegati, lacerati e trasportati a più leghe dal luogo ove si erano immersi. Ciò accade, secondo Virla, per Yeffelto di un altro mo- vimento (nelle molecole che compongono l’onda) qui ne peut plus ètre verticali ed alla cui azione egli asserisce doversi gli effetti prodotti sopra i materiali della diga di Cherbourg , ed una quantità di circostanze citate da Emy .... malgì'é les vitesses de va-et-vient qui se succèdent dans le syphonnement ; e perciò Villa esclude l’esistenza de’flutti del fondo, mentre Emy appropria ad essi tutti cotesti effetti. Emy , per provare 1’ esistenza e gli effetti de’ suoi flutti del fondo, cita molti fatti ; io ne riporterò uno , il quale abbraccia il trasporto di massa inferiore e superiore. La flotta francese nella conquista di Algeri, in caso di tempesta, non potendo spedire le barche a terra per vitto- vagliare l’esercito, gettò in mare alquante ballette di viveri perchè pervenissero alla spiaggia. Sia che queste ballette galleggiassero, sia che fossero al fondo, giunsero alla riva: effetti dovuti, secondo Emy, per le une alla forza del vento ed alla percussione de’flutti (al che io aggiungerò il trasporto di massa alla superfìcie) , e per le altre alla sola azione de’ flutti del fondo (alla quale io unisco quella incidente ed intermittente del flutto).

Un altro fatto, che mi par possa ritenersi per più concludente ancora, citerò in prova dell’esistenza del detto moto di massa dalla superficie al fondo, ma mi si permetta far precedere ad esso un breve schiarimento non inutile al soggetto ed a me doveroso e conveniente. Nel chiudere il quadro degli autori che hanno reso di pubblico diritto le idee loro sul moto ondoso , io diceva che avrei voluto unire in esso il nome di G. Ponzi, ma nulla ancora

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si era da lui pubblicato in proposito. In appresso , questo eh. professore dopo essere stato eletto daH’accademia de’nuovi Lincei fra i giudici, e competen- tissimi, di questo mio lavoro, e dopo aver letto il mio manoscritto, come egli stesso ha la gentilezza di avvertire, trovandosi per avventura a percorrere le nostre coste marittime, tornava a fare nuova attenzione a quelli immensi depo- siti di sabbie incoerenti , condotte e abbandonate dal moderno mare Tirreno , per meglio convincersi, dal loro modo di esistere, qual fu la direzione del mo- vimento sperimentalo : e quindi pubblicava il risultamento de’suoi studi. Sod- disfatto mi sono io sentito nel vedere con ciò esaudita la mia preghiera, ester- nata in questo scritto , diretta ad ispirare ad uomini competenti la ricerca delle cause che mettono in movimento i materiali ostruenti. Non poco con- tento ho inoltre provato nel leggere in quella pubblicazione argomenti e prove che confermano in modo esplicito il mio avviso sul moto ondoso e su quello delle correnti. Tributando in questo incontro al sullodato professorei dovuti ringraziamenti, vengo al fatto di cui sopra.

« Che lontana sia nelle forti burrasche, dice il Ponzi, forigine di questa corrente (cioè quella prodottasi dalla superficie al fondo per la non libera ondulazione de’ marosi) mi sembra dimostrato da tanti fatti, fra i quali uno a me avvenuto molti anni or sono sul littorale di Fiumicino, mentre atten- deva a studiare la formazione della barra del Tevere. Dopo certe burrasche prodotte dal violento soffiare dei venti di mare lungo l’estensione di quelle spiaggie , io rinveniva disposte a seconda della arcuata e embricata figura che prendono le materie lasciate dai flutti, una prodigiosa quantità di con- chiglie pelagiche, Janthina bicolor Lamk., assolutamente sconosciuta nelle no- stre coste e che vivono in alto mare, tutte frantumate e malconcio. Eppure la corrente tiberina col suo contrario movimento avrebbe dovuto opporsi e arrestare , o disperdere la corrente perpendicolare alla spiaggia. Al contra- rio , quelle conchiglie non solo dimostravano una lontana provenienza, ma una forza di trasporto ben notevole da vincere e superare f ostacolo delle acque dolci ».

Questi fatti, e più tutti quelli che narrerò in seguito, non lasciando dubbio alcuno sulla verità de’trasporti che giornalmente accadono, passo a dire come quegli stessi fatti da altri si spieghino riguardo ai materiali giacenti nel fondo del mare , e come invece credo io che spiegare si debbano.

Che il moto di va-e-viene, voluto da Villa e dai seguaci suoi, possa im- primere moto di trasporto in avanti, potente e alcune volte anche sollecito, come infatti si verifica su i materiali posti in movimento , a me non sod- disfa , e tanto meno se applico a cotesto moto f esperienze di de Caligny. Da esse risulterebbe, che le recul au fond è più forte del moto progressivo

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nel verso del moto di traslazione apparente, mème sur un ressaul : cosicché il risultato sarebbe piuttosto uno spostamento contro la direzione del moto di propagazione dell’onda; ma essendo ciò in opposizione col fatto, il quale ci mostra che il mare trasporta nel verso del moto di propagazione, fa duopo cercare altrove la verità. Le Bourguignon-Duperré adotta la spiegazione del moto di trasporto de’ materiali data da Bernard. Questi , che della dottrina di Emy ammette il moto orbitale ma non i flutti del fondo, crede che senza l’ esistenza di una corrente non vi possa essere trasporto , e eh’ essa non è creata dalle onde. Secondo lui le onde sollevano per un instnnt les gr-ains de sable d'une certame grosseur , i quali ricadono polir ètre soulevés de nouveau. Nel tempo che sono sospesi, essi vengono trasportati con una velocità eguale à celle du courant , ma si arrestano dès qu' ils soni retombés. In una parola essi camminano par mouvemenl successif et inlerrompu nei soli paraggi ove è corrente stabilita. Questa spiegazione, come ognun vede, è quella stessa data dal Montanari e dalla lunga lista de’ valentissimi suoi imitatori; ma neppur essa mi persuade , e nella seconda Parte ne dirò il perchè. Bremontier si dichiara convinto come abbiamo veduto, che l’azione delle onde si comunica a considerevole profondità, ma i frammenti sono à laide des courants roulés à de grandes profonde urs, transportés à de grandes distances> et rejelés sur les plages; e questa corrente non sarebbe prodotta dall’onda. Boscovich ammette che dai flutti stessi si crei una corrente sul fondo, e secondo la forza e di- rezione di essa si formino o si distruggano i banchi. De la Bretonnière con esperienze da lui fatte mi somministrerebbe aggiunta di prove alla verità emessa dal Boscovich : egli ha riconosciuto des sous-courans capaci di dare alle acque sufficiente moto sul fondo polir en déranger le niveau et y faire rouler le pierres ; ma de Cessart, da cui tolgo questa notizia , non mi dice se queste correnti sottomarine sono prodotte dalle onde, ovvero è un feno- meno speciale alla rada di Cherbourg. Scott Russell col dire che i corpi mossi nel fondo non sono rotolali in avanti ed in dietro , ma essi hanno molo continuo in avanti durante lutto il passaggio della lunghezza dell'onda , si av- vicina con più chiarezza alle viste del Boscovich ed al mio modo d’ inten- dere questo trasporto. Aimè trovo che ci la stessa spiegazione già dataci dal Boscovich: egli ha reconnu que quand la mer na que vingt mètres de pro- fondeur , si sa surface èst très-agitée> il existe un mouvemenl violenl dans tonte l' épaisseur de la conche liquide , et que , dans ce cas , le sable qui forme le sol éxécute des mouvements de tourbìllonnemenl considérables , en se déplagant dans la direction du courant de masse. 11 Boscovich, a parer mio, s’incam- minò adunque, e per il primo, nella buona via; ma siccome fa duopo avere una potenza non solo capace di trasportare arene e ghiaie , ma ben anche

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di solcare e scompaginare il fondo, trasportare ciottoli ed altri materiali ben più pesanti , e ciò quando anche la corrente regnante o littorale abbia di- rezione in verso opposto al moto di propagazione delle onde; così non credo che la sola corrente sviluppata dai flutti sia atta a produrre tutti cotesti ef- fetti. E forse perciò Emy, avendo veduto la necessità di trovare un agente più efficace, ha immaginato i flutti del fondo: phénomène sous-marin qui (se- condo il suo autore) a causé la mine crun grand nombre de travaux mariti- mes, qui a donné à la mer le moyen de ravager ses bords et de délruire des cités , qui d un autre còlè a augmenlé des parties de continente a cornblé des ports, les a environnés de sable et de vases, et a laissé au melieu des terres , des villes doni le murs étaient jaclis battus par les flots. Questo fenomeno, come ho accennato, si creerebbe quando la parte inferiore dell’acqua agitata dall’on- dulazione incontra un fondo di mare che se relève par ressauts. Tale spiegazione però ha trovato non pochi e non deboli contraddittori: e fra gli altri Duleau si fa a domandare , « come un piano verticale qui arrète la vague augmen - terait-il son action non già in avanti di esso par la realion , ma indietro et très-loin jusque au rivage? » Ed in fatti Leonardo ci ha detto che cotesta reazione farci opposito molo di sotto a quello di sopra. Nulladimeno, il ripetuto fenomeno e la spiegazione data ad esso da Emy, han trovato puranche de’so- stenitori di gran vaglia, ed uno recentissimo, il de Quatrefages , si mostra convinto di doversi attribuire une influence très réelle aux escarpemenls sous marins sur la formation des flots de fond.

Ma questi flutti , che ne soni animés que cl' un mouvement horizontal , come dice lo stesso Emy, sono in sostanza una corrente aneli’ essi. Quindi, quantunque potessero avere quella velocità voluta da lui, che sarebbe eguale a quella di propagazione dell’onda, io sono dell’avviso di Yirla, che un tale corso non basterebbe a render ragione di tutti gli accennati effetti; ma ho già rammentato come il Monnier non ammette che in parte la pretesa ve- locità ; ho toccato le cause che la devono sensibilmente diminuire , ed ora aggiungerò, che fatta corrente , prima che 1’ onda sia franta , non potrà mai avere più della metà della velocità di propagazione dell’onda.

Dopo tutto ciò, sarà facile sentire il bisogno di trovare un altro agente che , unito a detta corrente , possa produrre tutti quegli imponenti effetti , di cui siamo testimoni. E quest’ agente è per me 1’ onda stessa , la quale presso il lido percotendo a brevi intervalli il fondo, lo incide, lo scalza, ed essendo in massa animata da moto di trasporto rinvigorisce in ogni urto la corrente da essa stessa creata, nel modo come nella mia convinzione mi sono industriato di descrivere nel paragrafo 20.

Se poi volessi fare particolareggiato confronto fra l’azione di trasporto

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nella parte superiore del flutto e quella esercitata nella parte inferiore di esso prima che si franga, è noto che non si manca di fatti per provare quanto questa seconda azione sia alla prima superiore in potenza. Quindi basterà qui richiamare l’attenzione sull’ azione necessaria per creare quella velocità im- pressa dal flutto-corrente ai corpi galleggianti alla superficie che vediamo trasportare alla spiaggia, e su quella che lo stesso flutto deve avere sul fondo per vincere l’aderenza ed imprimere moto di trasporto ai materiali pesanti che troviamo trasportati lungo la spiaggia stessa; avvertendo inoltre che que- sti non presentano, come quelli, presa al vento. Senza ammettere una mag- gior potenza nella parte inferiore del flutto a confronto colla superiore , io non saprei rendermi ragione neppur della ordinaria legge de’ depositi lungo i lidi. La mer , osserva E. de Beaumont , a plus de tendance à rejeter les grosses particules que les peliles ; elle repousse dotte d abord les gros galels , puis les pelitSy et enfiti le sable: ed il Tadini già aveva notato questo vaglia- mento. Quindi deve accadere, a parer mio, che i materiali gradatamente meno densi , essendo con più facilità tenuti in sospensione nella sfera più elevata dell’ onda , partecipano del suo più lento moto progressivo e della sua più svariata direzione, e però giungono più tardi alla riva e si spandono in su- perfìcie tanto più estesa quanto sono più minuti o leggeri; quelli più densi e più voluminosi invece, essendo trascinati sul fondo da forza più attiva e retta, perchè prodotta dall’urto delle onde sul fondo del mare e dalla regolare di- rezione della propagazione di esse, vagano meno degli altri e però giungono primi al punto di riposo. Io non credo aver duopo di avvertire il lettore che per dare una breve e generale spiegazione di questa legge , ho dovuto fare astrazione de’ complicati moti secondari , ma pure sensibili , che si svilup- pano dai flutti, specialmente alla superficie del mare, quando urtano le sponde di un lido, anche di costituzione sottile, e quando essi cozzano fra loro.

Passiamo all’altezza, lunghezza ed alla velocità delle onde; alla profon- dità cui si comunica il loro moto, ed alla potenza di esse. La distanza da culmine a culmine di due onde è dai marini e dalla generalità degli scrit- tori chiamata lunghezza dell’ onda; Leonardo e Newton la dicono larghezza e Monnier amplitudine. Io mi attengo all’uso dell’arte mia.

22. Perchè le onde possano raggiungere un’altezza e velocità imponente è necessario che molto vasta sia la superficie del mare , e molto profonda la colonna dell’acqua. Se l’una o l’altra di queste condizioni manca, le onde saranno sempre relativamente di piccola altezza , per quanto durevole e di conveniente forza possa essere il vento. Per questo motivo quelle del Medi- terraneo sono molto meno alte, voluminose e veloci di quelle dell’ Oceano.

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Presso i lidi la progressione regolare delle onde è molto ritardata ed alterata, non solo per Tostacelo che loro frappone il letto del mare, ma puranche per i materiali di cui si caricano. In un mare libero e molto profondo le dimen- sioni e la velocità delle onde sono, generalmente parlando, dipendenti dalla velocità e densità del vento e seguono la sua direzione ; ma quando esso è molto violento, l’altezza ed il volume loro diminuiscono sensibilmente, e noi abbiamo per dettato che gran vento abbassa grandi onde : invece quando il vento è di lunga durata, di non eccessiva forza e di molta estensione in su- perficie , ha grande influenza a favorire di più in più la cavità delle onde , quindi l’altezza ed il volume di esse. In fine, a compimento di queste idee generali sulla formazione e sullo sviluppo delle onde, rammenterò con le parole del Frisi che : « L’ ondeggiamento che la tempesta porta in un dato luogo non è Teffetto dell’azione immediata del vento in quel luogo istesso. È un . risultamento dello sbilancio e degli urti delle altre colonne più lontane : e così Io sconvolgimento di un dato volume di acqua è un risultamento delle azioni esercitate dai venti su tutto il mare. Questa è la ragione per cui i marinari dal moto delle onde si accorgono molte volte delle tempeste vicine anche più giorni prima che il vento arrivi, e si preparano con le vele a ri- ceverlo. E così pure qualche volta sul fine della tempesta, quand’anche sia cessato il vento , continua un ondeggiamento grandissimo per vari giorni , appunto perchè il vento non ha ancora finito di sconvolgere il mare più di lontano , e perchè il moto di un fluido non elastico e denso come T acqua si deve propagar subito da un luogo all’ altro , quantunque la distanza sia grande ». A maggior chiarezza poi di una delle verità accennate dallo stesso Frisi io aggiungerò, che siccome l’azione di una forza nel trasmettersi per- de di sua intensità , così , come nella trasmissione del suono e della luce , la propagazione orizzontale delle onde marine si diminuisce allontanandosi dalla sua origine ; quindi il mare può esser calmo presso la riva, mentre grandi onde possono nello stesso tempo agitarsi a molta distanza da essa.

De Goimpy porta l’altezza massima delle onde a 13m, 15, la lunghezza a 61m, 72 e la velocità a 8m, 12 per secondo di tempo. Egli deduce questi valori dalla velocità del vento, ammettendo un rapporto costante fra questa velocità e quelle misure , il che in pratica non è sempre vero . forse quasi mai. De la Coudraye dice che le onde di otto metri di altezza non sono rare, e che diffìcilmente oltrepassano dieci metri. La lunghezza loro est , per lui, presqae toujours più che quadrupla dell’altezza, e souvent dans urie pro-> portion beaucoup plus grande. Bremontier dalle notizie raccolte dai naviganti e dalla sua teorìa è indotto a credere che i marosi abbiano qualche volta un’altezza maggiore di venti metri; il che io non credo; e la stessa sua teorìa

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gli fa stabilire inoltre que la longueur et la hauteur delle onde sont dans le rapport de 4 a 1; ma, a mio parere, ben fece egli ad avvertire che la con- séquence da trarsi da cotesta legge poteva Sire susceptible de discussione quindi la presentava comme une présomption. Babron stima che in alto e libero mare l’altezza delle onde è, in generale, circa il quarto della velocità del vento : « un vento la cui velocità è di cento piedi per secondo , eleverà le onde a 24 piedi di altezza »: così egli si esprime; ma io credo che di rado si av- veri la sua proposizione.

Più geometri hanno voluto sottomettere al calcolo il rapporto di questi tre valori dell’ ondulazione, mais , temo che debba anche oggi ripetersi con de la Coudraye , mais c' est abuser du desir de parler géometriquement que d'énoncer ces rapports si variables sous des expressions malhémaliqnes. Tuttavia io bramo che questo mio timore venga dimostrato mal fondato, perchè sento, con de Tessan, quanto sarebbe a desiderarsi che uno de’giovani geometri, a cui le più grandi difficoltà del calcolo ne sont qu un jeu , abbracciasse per soggetto delle sue ricerche la théorie des ondes réelles , a ciò farne cono- scere tous les délails de forme , de mouvement et de propagation sous les di- verses influences auxquelles elles se trouvent réellement soumises à la mer.

Dopo la calda polemica che nel 1837 si accese fra Arago e Dumont- d’Urville, la misura dell’altezza, lunghezza e velocità delle onde accupò più seriamente i navigatori. D’Urville aveva detto di aver veduto al sud dell’Af- frica delle onde formant de vraies montagnes , le quali misuravano circa 30 metri di altezza: modo di dire già usato da Cook quando scrisse « le onde erano delle vere montagne, esse erano più alte della nostra alberatura»; ma che bisognava abbandonare, misurandone i veri limiti. Secondo Arago le onde del- l’Oceano non supererebbero l’altezza di 6 a 8 metri. De Humboldt la porta a 11. Marescot e Gourdin ne han misurate di quelle di llm, 50. Gervaize e Desgraz di circa 12m. Dumoulin di 8, 10, 11 ed anche 12m. Henry de Mis- siesy di 13 a 15ra. Back circa 9m nella baja di Hudson. D’Urville in un tempo calme misurò delle onde provenienti da direzioni opposte qui sentre-croisaient; e trovò di 5 metri quelle dell’ est , e di 7 a 8 metri quelle del sud-ouest. Wilkes , il 27 febbraio 1839 , nella latitudine di 61° 21' S. , e longitudine 60° 49' O. di Greenwihc , per misurare 1’ altezza, lunghezza e velocità del- l’onda colse una favorevolissima circostanza, e preferibile, come egli stesso nota, a tutte le altre da lui avute durante l’intero corso ( at any other lime during thè cruise) della sua lunga e vasta circo-navigazione. Egli si servì per l’operazione, di due bastimenti, il Porpoise ed il Sea-Gull , e dopo una serie di osservazioni ottenne la media in altezza di 9m, 73 ( thirty-two feet ) , in lunghezza 115m, 52 ( three hundred and eighly feet ), e 13m, 66 per secondo

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di apparente movimento progressivo ( This gave about Itvenlij-six and a half miles in an hour for their apparent progressive molion). 11 vento aveva grada- tamente ingagliardito , e le onde principali ordinatamente si susseguivano. Vionnois ebbe 13m di velocità di propagazione in un secondo, ed una lun- ghezza di 300m quando la rner est houleuse . Il medesimo in una tempesta trovò la velocità di propagazione di 20 metri , e 400 metri di lunghezza. Gourdin nelle onde di circa 1 1 metri di altezza stimò la lunghezza loro circa 100 metri. Gli ufficiali della fregata inglese rinconstant, secondo Acton, mi- surarono delle onde alte 62 piedi (18m, 89). De Tessan in onde di 2m, 6 a 3m, 3 di altezza, trovò 75m di lunghezza: in altre di 6m, 3 a 6m, 6 di al- tezza, più di 100m di lunghezza: in alcune di 3 metri, 150 di lunghezza: e in altre di 6 a 8 metri di altezza, 100 a 150 metri di lunghezza. Egli misurò con Berard , nel Mediterraneo , 9 metri di velocità di propagazione nelle grandes ondes. Frissard per questo mare 5,n d’altezza nei grands vents , e soggiunge che questa cifra può essere oltrepassata dans les tempètes. W. H. Smyth ha trovato nel golfo di Leone delle onde, la cui elevatezza e volume sono più grandi di quel che potrebbe attendersi dall’azione del vento e dalle molecole acquose (than would be considered to result onlg from thè action of thè ivind on thè aqueous particles ). L’altezza loro in un tempo assai procel- loso non può essere molto meno di trenta piedi (9m, 14). Le onde in gene- rale del Mediterraneo, nei cattivi tempi normali, egli le stima dai 14 ai 18 piedi, (4m, 25 a 5m, 48), e spesso, quando ad esse manca libero spazio da svilupparsi, vengono chiamate chopping ( onde spezzale ).

23. Tocco ora F argomento della profondità d’ acqua cui si comunica 1’ azione delle onde. È certo che la reazione del fondo del mare sull’ onda dipende dalla profondità, alla quale è il mare agitato: e l’agitazione dipende essa stessa dal volume delle onde. L’azione poi sarà decrescente da un certo punto sotto la superficie ordinaria del mare sino all’ultimo limite dell’agita- zione; e questa verità non credo che si opponga al fenomeno di maggior azione di trasporto nelle molecole inferiori dell’ onda in confronto a quella dovuta alla parte superiore, quando 1’ onda, beninteso, trova reazione e forma per- cussione sopra il letto del mare. A mezzo del § 8.vo ho accennato che nelle coste e nei moli a picco, in mare profondo, i fenomeni nati dall’urto delle onde danno diversi risultamenti in artifìcio , perchè dice Leonardo : « Il moto dell’acqua in fra l’acqua muta tanti corsi riflessi per qualunque verso, quanti sono gli obbietti vari in obliquità, che ricevono il moto incidente di tale acqua ».

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Come abbiamo veduto nella Introduzione , per lo passato si è creduto ge- neralmente, che l’oscillazione dell’onda non si trasmettesse che a piccolissima profondità: in allora la teorìa si basava su questo falso principio. Agli autori già citati su tal proposito aggiungerò, che Belidor si mostrava convinto che a 4 o 5 metri al disotto della superficie, la mer n'y est que peu agitée, ménte dans un gros temps , e in otto metri di profondità le più piccole pietre non erano smosse; e che de Cessart e i primi ingegneri della diga di Cherbourg sembrano essere stati della stessa opinione. Virla crede Bremontier le premier che abbia riconosciuto, che l’agitazione delle onde si trasmetta ad una gran profondità: io penso che quanto ci hanno detto su questo proposito Leonardo , Colombo, Castelli, Zendrini, Codeviola, Mari e Spallanzani molto prima di Bre- montier sia sufficiente per dare ad essi questo primato. Ed in Francia prima di lui vi è anche de la Coudraye. 11 Montanari ancora aveva dedotto dalle asserzioni de’ marinari, che a grandi profondità erano sconvolti i detriti del fondo ed inalzati alla superficie, ma egli spiegava questo fenomeno per una esalazione che scaturiva dal fondo e non per commozione prodotta dal vento. Fenomeno che il Russell chiama onda di primo ordine come ho detto. In oggi, dopo la bella teorìa di Poisson ed i fatti che vado ora a riunire, non credo che po- trassi più dubitar dell’azione delle onde a gran profondità.

II de la Bèche nota « che l’acqua è torbida nella maggior parte delle coste per l’azione de’tìutti sulle arene e sulle melme; e quest’azione, capace di portare i detriti sino alla superficie, si comunica a circa 25 inetri di pro- fondità, specialmente allorquando la tempesta dura da più ore ». L’esperienza non lascia dubitare, che il cambiamento del colore del mare ad una distanza più o meno grande dal lido , secondo la profondità dell’ acqua e la natura del fondo, si debba all’azione de’flutti e non delle correnti, quantunque que- ste abbiano rilevante velocità : le quali due cause non vanno mai fra loro confuse. Se in tempi considerati di calma la tinta torbida del mare, che de- termina il limite del movimento delle acque, occupa per esempio un miglio, non deve credersi esagerato che in tempo di tempesta questa zona si allarghi di dieci e più miglia nelle spiagge sottili. Di fatti le dette acque torbide presso i lidi sono a noi segnale di prossima terra, e prendiamo le precau- zioni necessarie , quantunque essa non si veda. Frissard osserva , che se il capitano della Medusa avesse posto mente all’ avviso di questi fenomeni , il funestissimo naufragio di quella fregata non sarebbe accaduto. « L’ osserva- zione del mare profondissimo imbrattato di arena o melma, nota lo Sponzilli, fu fatta da Colombo nel suo terzo viaggio ». Dopo di Lui , eguale osservazione è stata emessa da molti altri che hanno traversato gli Oceani ed i Mediter- ranei. Mercadier ha registrato, essere stato assicurato dal Codeviola che al-

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l’entrata del porlo di Genova, ove il fondo del mare era di 12 metri circa, si formò un banco di sabbia di 4 metri di altezza, e che dall’ azione delle tempeste venne dissipato senza più riprodursi. A. Lieussou racconta che a Bone la houle , in profondità di 10 a 12 metri non solo remile le fond , ma déchausse puranche les ancres. Marieni avverte che il banco fuori di Cortei- lazzo , 20 metri sotto acqua , rende le ondate più corte e più frequenti , e perciò recano gran travaglio ai navigli. Nelle acque fra Minorca e Corsica esiste un banco di sabbia conosciuto da noi sotto il nome di Caccia ( Casse dai francesi), il quale nei punti più elevati si trova a 23 metri sotto la su- perficie del mare. La sua posizione è soggetta a qualche cambiamento : ma in tempo di mare grosso viene riconosciuta dalla diversa forma e colore dei flutti a confronto dell’ agitazione circostante. Da Lemoyne si sono raccolti de’ testimoniali , i quali provano che alcuni bastimenti, e fra questi un va- scello di 120 cannoni, passando sopra il detto banco, han ricevuto a bordo de’colpi di mare molto pregni di sabbia ( chargées de sable). Dall’Aimé ci vieri detto, che dalle esperienze da lui fatte nella rada di Algeri risulta, che in un fondale di 18 metri, dopo che le onde avevano avuto un’altezza di 2 a 3 metri , on a reconnn des Iraces de la plus violente agitation. A 28m, dopo onde di 2 metri d’altezza, Von trouva des effets a peuprès semblables aux pré- cedents. A 40m ed a circa un chilometro dalla costa, dopo onde di 3 metri, risultò quii avait eu un petit mouvement : le sable était en grain d'une tenuilé extrème. Conclude infine che questo limite di 40 metri est probablement de- passé dans les tempèles : ed egli stesso dice altrove , che après un coup de vent .... Vépaisseur de la conche d'eau supériure mise en mouvement può va- rier de dix à quatre-vingts brasses. Spallanzani dimostra che le lave scoriacee nell’isola di Stromboli, a 124 piedi (40m, 28) sott’acqua, sono per gli urti delle onde tempestose sfracellate e ridotte in arena. ciò solo: a cotesta profondità ed anche maggiore , la corrente creata -, a parer mio , sul fondo dai flutti stessi, deve trasportar lungi le materie così triturate, perchè l’incessante sca- rico del vulcano per tanti secoli avrebbe altrimenti formato un banco di sedi- mento; « ma (aggiungerò coll’autorità più recente di W. H. Smyth), ma con- tutto ciò contrario è il caso ( thè contrari j , however , is thè case) » : il fondo del mare non si riempie (1). Lo stesso Spallanzani ha inoltre registrato che nelle isole Eolie, gli abitanti di Stromboli usano per la pesca nasse che ca-

(1) Non debbo però passar sotto silenzio, che il sullodato Smyth aggiunge ancora che i sages of Stromboli spiegano il fatto con ritenere « che un abisso alla base dell’ isola continuamente as- sorbe le emissioni, e riempie il vulcano ( Ihat a gulf at thè base of thè island, continuali]) absorbs thè ejeclions, and replenishes thè volcano ». Questa è l’opinione degli abitanti di Stromboli , ma Spal- lanzani peraltro la confuta con fatti e ragionamenti per me convincentissimi.

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lano al fondo del mare con entro alcuni sassi ; perchè il mare in burrasca non molesti le nasse, gli è forza che sieno sott’acqua per lo meno 140 piedi (45m, 47) , altramente le infrange contro gli scogli subacquei e le disperde. In Minard leggo, che Artha (scoglio nella baia di s. Giovanni di Luz) tro- vasi colla sua sommità a 9 metri al disotto della bassa marea. Questo sco- glio reagisce sulle onde , che vi passano sopra quando esse non hanno più di lra, 50 a 2 metri di altezza: allora i marini del paese dicono Ariha liausse les épaules. Se 1’ agitazione del mare aumenta , le onde si frangono intera- mente sopra di esso , méntre ai lati continua intera 1’ ondulazione ; perchè (secondo aveva già osservato Bremontier) la profondità ai lati dello scoglio è di oltre 6 metri maggiore. Lo stesso Bremontier postosi alla sommità di un’alta duna della Teste, sopra la sponda del mare, in un momento di forte agitazione e a 59 metri sopra il suo livello, distingueva parfaitement tutte le seccagne (hauls fonds) su le quali le onde venivano a frangersi, quantunque questi banchi fossero più di 6 metri al disotto della bassa marea. Coteste specie d’ isole sotto-marine gli si rendevano ben distinte per la bianchezza loro , e per le acque che vi balzavano ( jaillissaienl ) a grande altezza. Lun- ghesso il littorale italiano nei fortunali di più giorni di durata, le onde giunte ' a circa 15 passi di acqua (30 metri) sensibilmente cambiano di forma e di dimensione. De la Roquette osserva che les ilols de corail sono meno nocivi in libero mare che nelle acque perfettamente calme. E n pieine mer leur po - silion est généralernent signalée par les brisants. Il Bravais dalle esperienze da Jui fatte al Nord ha trovato , che 1’ agitazione delle onde si comunica a 30 e 40 metri. Keller asserisce che les animalcules qui conslruissent les rècifs madréporiques non possono stabilirsi a minor profondità di 40 a 50 metri , altrimenti la mer y détruit ou bouleverse leurs travaux par Vimpulsion des lames. Beautemps-Beauprè ammira quelle mer affreuse peni s'elever en une heure de temps sur les plateaux de roche Von tr ouve un grand bressiage : e P. Monnier chiama T attenzione sopra una platea di scogli ( plateaux ) che trovasi nel golfo di Guascogna, nella quale alcune asprezze conosciute sotto i nomi baschi Aroca Tiquia, Illarguita, Pianeta ec: fanno frangere il mare, quantunque esse siano coperte di oltre a 34 metri di acqua nel momento dell’ alla marea. Emy deduce da alcuni fatti, che i flutti del fondo agiscono nell’Oceano con grande potenza anche in 80 braccia di acqua (1 30 metri). Siau colle sue os- servazioni fatte nell’isola di Borbone ci prova, che l’azione delle onde nella baia di s. Paolo a 188 metri sott’ acqua si fa sentire in modo da formare delle zone ondulate sopra un fondo de sable et de gravier basaltiques. Anche a profondità bien supérieure egli ha ottenuto des resultats analogues; ma non ìi cita perchè non gli ha potuti ripetere con la stessa esattezza usata nelle

altre. De la Coudraye asserisce, che la reazione risentita dall’onda sul banco di Terra-nuova è sensibile ai bastimenti che lo avvicinano: questo banco si trova da 100 a 160 metri sotto la superficie del mare cependant , sono parole di lui , les ondes ri y Irouvenl déjà plus le fond nécessaire à lenr entier dé~ ploiement . La stessa asserzione, aggiunge Bremontier , si fa da tutti coloro che esercitano la pèche de la morite sur ce baile. Le onde in quelle profondità non avendo più sufficiente altezza di acqua all’intero sviluppo loro, lo speciale aspetto che per tale causa esse ivi prendono, avverte il navigante della prossimità del banco. Sopra il banco sono meno grosse che al margine od orlo di esso ed in alto mare, e si cita in proposito con verità, quantunque in aria di derisione, che i bastimenti ivi alla pesca domandano a quelli che arrivano, qual tempo fa di fuori , cioè quale è lo stato del mare al di del banco. D’ Urville di fatto proprio racconta che les accores du bone des Aiguilles (presso il capo di Buo- na-speranza) sono siynalées par des paquets de fucacées (Laminaria pyrifera) et par un changement visible dans la couleur et dans le mouvement des eaux. La mer non è plus d'un bleu clair et limpide : elle verdisse à mie cV oeil et semble comme chargée d'un sable ténu; elle ne procède plus par longues lames , mais par un ressac brusque et pront. Monnier conferma il fatto della speciale azione ivi esercitata dai marosi, e nota che i bastimenti sono esposti a dei particolari colpi di mare , en passant par 120 brasses (200 metri) sur les accores del suddetto banco. E. Frappolli porta a questa profondità il limite ultimo dell’agitazione delle onde.

Ma dai fatti sopra citati risulta ampiamente dimostrato , che questo limite deve essere oltrepassato, perchè ivi la massa ondeggiante opera ancora contro il letto del mare un urto capace di rendersi sensibile alla superfìcie, cioè a 200 metri di distanza verticale. Quindi io credo che a questa profondità il maroso deve avere ancora rilevante potenza , e tanto maggiore quanto il fondo, o l’ostacolo incontrato, è di natura più resistente e di forma poco incli- nata; e credo che esso abbia pure attiva azione sul fondo, quando anche non ha bastante forza da render noi avvertiti del suo lavoro con un moto parti- colare alla superficie, o con il coloramento delle acque a noi visibile.

fa duopo soffi vento per verificarsi simili fenomeni. Quando Co- lombo spiegò

Lontane le fortunate antenne,

Che appena seguirà cogli occhi il volo

La fama, ch’ha mille occhi e mille penne,

ci riporta Las Casas, che mentre l’equipaggio mormorava, dicendo, che non essendovi mai marosi in quei tratti d’Oceano, non sarebbonvi giammai nep-

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pur venti per ritornare in Ispagna ; il mare si agitò senza che il vento spi- llasse, e divenne grosso che tutti ne furono sbigottiti ». Bremontier rife- risce che in tempo tanto calmo da non potersi distinguere da qual parte venga il vento, un’ onda di circa 3 metri di altezza si frange sopra il citato scoglio Ariha , anche in alta marea , quantunque la sommità di esso sia in questo caso 13 metri sotto il livello ordinario del mare. Il Frisi nota che :

« In quella memorabil tempesta eh’ ebbe il sig. cavaliere Emo nelle coste del Portogallo, e in cui fece singolarmente brillare tutt’i suoi talenti marit- timi, dopo di essere cessato il vento, era ancora così grande la furia delle onde, che per vari giorni non fu possibile di accostarsi coi piccoli legni alla spiaggia, si ruppero Je gomene di tre àncore della nave, e si corrose in parte la gomena della quarta ». E poi comune il vedere innalzare la schiena alle onde quando passano sopra un fondo sensibilmente ineguale per la reazione che ne risentono* tracciando così l’andamento di esso. «. Siccome, dirò con Leonardo , siccome le calze che vestono le gambe dimostrano di fuori quello che dentro a se nascondono, così la superficiale parte dell’acqua dimostra la qualità del suo fondo ».

Così pure non è in ogni luogo necessario che il mare sia alla su- perficie ondulato per produrre fenomeni di questa specie : e però lo stesso Leonardo , che tutto ha veduto, ci ha detto: « l’impressione de’moti fatti dal- l’acqua in fra acqua sono più permanenti, che l’impressione che essa acqua fa in fra 1’ aria ». Bremontier ha trovato delle pietre di 150 a 1200 libre poussés de plusieurs pieds , la mer ètant calme. E Beautemps-Beauprè rac- conta eh’ egli , mentr’era all’ancora in 4- metri di acqua sopra una testa di scoglio isolato e con tempo calmo, si trovò in pericolo di vita per uno di questi fenomeni inaspettati: La mer , egli dice , hrisa trois fois sur ma peniche , et cela par un temps calme et dans un moment au aucune des roches le plus dangereuses de celte partie ne marquait. Ma generalmente queste onde sottomarine rendono veglianti le seccagne quantunque nascoste sotto il livello del mare , e così fanno per lungo tempo avvertiti i naviganti del danno cui anderebbero incontro: esse ne segnalano pur anche di quelle non pericolose perchè possono passarvi sopra bastimenti di ogni immersione senza tema di toccarvi. Molti esempi abbiamo di questo fenomeno: io ne ricorderò uno soltanto. Guéritaut trovandosi nella latitudine di 34' S. e nella lon- gitudine di 113° 8' E. di Parigi vidde dinanzi il suo bastimento une certain étendue d'eau decolorée comme elle Test ordinairement sur un haud-fond , . . . . Veau élait plus en mouvement dans cette panie que par-tout ailleurs. Egli stimò che sopra cotesto banco non vi potesse esser plus de deux ou trois brasses d' eau : nulladimeno dopo ripetuti scandagli verificò che il minor fondo ivi

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esistente era non moins de quarante-deux à quarante-liuit brasses (70 a 80m). Simile fenomeno, se ho bene inteso, dovrebbe essere 1’ onda di fondo sen- za vento del Meneghini : ma in ogni modo , a parer mio , ristretta però in certi limiti. La detta onda sottomarina, o lame sourde de’ francesi , può ancora sussistere quando alla superficie sia stata creata un’ altra onda anche in direzione opposta , come ha notato Leonardo.

Finalmente vi hanno pure delle ondulazioni sottomarine che, come ci avver- tiva già il Montanari, sono originate dal fondo stesso del mare e non dai venti. Egli, siccome ho rammentato, chiama questo fenomeno esalazione del fondo; ed io lo credo non di rado ripetuto: difatti Daussy ne ha raccolto quattordici esempi in un sol paraggio del Atlantico. Quivi , nella media latitudine di 20' S. e longitudine media di 22° 0. di Parigi, dal 1747 al 1836, 14 ba- stimenti, che per caso e nel momento del fenomeno solcavano quel paraggio, risentirono sensibili effetti di esso. Molti altri esempi si trovano registrati nelle grandi opere di Maury e di Rodriguez , accaduti in ogni dove , e più specialmente nella regione vulcanica , la cui potenza del fenomeno incomoda sempre i bastimenti ed è alcuna volta ad essi fatale ; ma occupandomi io delle ondulazioni prodotte dal vento , non entrano nel quadro delle mie ri- cerche quelle prodotte direttamente dal fondo del mare. Così, come non ho parlato degli oragani e de’mascheretti non parlerò dè’rulli (dall’inglese rollers e rouleaux francese), fenomeno de’più imponenti per le gigantesche onde che sviluppa, perchè anch’essi, per le loro eccezionali condizioni, escono dai limiti dello scopo prefissomi.

Nel chiudere questo titolo mi sia permesso aggiungere alcune considerazio- ni ad esso relative. La prima è che in circostanza di calma di vento e di onde non frante, utile cosa sarebbe osservare, in un fondo marcatamente ineguale, l’azione che si esercita sopra di esso; ripetendo più volte il saggio datocene da Bremontier, e notando in pari tempo ulteriori fenomeni. Queste osserva- zioni potranno essere anche utili, e più facilmente fatte, quando alla super- ficie sia mare calmo. Un osservatore, posto nella più favorevole situazione di visibilità degli scogli , e provveduto del piccolo istrumento suggerito da Arago per meglio e più facilmente vederli, credo che con sufficiente esattezza po- trebbe prendere nota de’ fenomeni che accadono nel fondo. L’ uso dell’ olio diminuirebbe di molto la difficoltà dell’osservazione quando soffia vento. L’ap- parecchio che servì a Edwards per esplorare nel fondo del mare e raccogliere in esso de’ moluschi e de’ zoofiti, potrebbe essere anche utile per le nostre ricerche. Sarà poi possibile aggiungere agli effetti de’ fenomeni così ottenuti quel grado maggiore di potenza , eh’ essi devono possedere quando il vento ed il mare adiscono contemporaneamente e sono in furore. I risultati ottenuti

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per queste vie saranno sempre preferibili a quelli dedotti da esperienze inte- ramente artificiali.

Un altra mia considerazione è, che posto un più diretto ed accurato studio sulla profondità massima cui può giungere l’agitazione de’marosi negli ordinari e straordinari fortunali, sull’azione di trasporto di essi e su le loro direzioni relativamente a quelle de’littorali, si gioverà non solo alla nautica ed all’idraulica, ma pure alla geologia. Gli scandagli lungo i lidi ed intorno alle isole hanno indicato un sedimento quasi orizzontale, che il Targioni no- mina ghirlanda di terreno avventizio e d’Archiac vorrebbe chiamare zone des alterrissements, oltre al quale sarebbe l'abisso de’pescatori del Morsigli o l'al- to mare, più propriamente detto; mentre abisso io chiamerei quelle massime profondità dell’Oceano sinora toccate dal piombino, e dal Maury raccolte in una speciale carta del bacino settentrionale dell’Atlantico ( basin of thè Norlh Atlantic Ocean). La profondità che stabilisce la linea di termine, sufficientemente mar- cata, tra il fondo sedimentoso e quello vergine è di circa 300 metri, e sic- come l’estensione in larghezza di tal ghirlanda si sviluppa in alcuni lidi per più decine di leghe anche in paraggi ove non può giungere veruna corrente torbida, io opino che il moto di trasporto nella massa fluttuante e la pro- fondità massima cui si comunica la sua agitazione somministrano sufficiente spiegazione del fenomeno de’ sedimenti in questione. A me sembra dunque , che il limite ultimo di questi sedimenti possa essere quello dell'agitazione de’ma- rosi quante volte non oltrepassi i 440 metri. Se oltrepassano questa profon- dità in paraggi esenti da corrente costante, duopo è ammettere la causa produt- trice di essi nel solo trasporto di massa dovuto ai flutti alla superficie, perchè quante volte l’ondulatorio movimento giungesse ancora attivo a 420m, quella spe- cie di conchiglie trovate col rastrello da Edovardo Forbes a queste profondità, non sarebbe stata fino al 1842 conosciuta soltanto in istato fossile: quell’agita- zione, o intere o spezzate o in un luogo o nell’ altro, avrebbe mostrato ai zoo- logi la loro attuale esistenza, siccome è accaduto della Pholadomya, che dopo un oragano fu trovata rigettata sopra la spiaggia in Tortola come nota W. J. Broderip. Quindi io concludo da ciò , che , se da una parte la teorìa del Poisson permette spiegare la propagatoti du mouvement ondulatole à tonte profondete, come si esprime il de Tessan, dall’altra i fatti limiterebbero ad esso moto un’ azione notevole a circa 300 metri, e che oltre questo limite , secondo le mie attuali cognizioni, di poco valore attivo per le opere idrauli- che e per l’esercizio della navigazione, può ritenersi il moto stesso.

Esposto fin dove giunga l’azione e l’agitazione de’ marosi , passo a trat- tare della potenza loro.

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24. Quando i massi sono movibili, non è roccia solida, nota il Pilla, che resista all’ attrito de’ flutti marini. Il moto che il mobile riceve è , dice

Leonardo, quando veloce, quando tardo, e quando si volta a destra, e quando

a sinistra, ora in su, ora in giù rivoltandosi, e girando in se medesimo , ora per un verso , ora per un altro obbedendo a lutti i suoi motori , e nelle bat- taglie fatte da tali motori sempre ne va per preda del vincitore. E però

« il mare , notò il Tadini , agitando colle onde i sassi angolari e ruspi

che in esso cascano , gli scantona , li rotola e li pulisce ». Reibell registra che a Cette de’massi di marmo duro, que plusieurs boeufs ont peine à trainer . . . sono bentosto ridotti , par le roidis des flots , en galets de la grosseur da poing. Lamblardie padre ci apprende a qual grado di tenuità 1’ azione delle onde e 1’ attrito de’ciottoli fra essi e contro le rive, riduce la loro primitiva grossezza: e d’ Orbigny nota che « chiunque ha potuto udire il romore che fanno i ciottoli di silice, allorquando sono smossi da una forte onda, si ren- derà conto del sollecito consumo di essi, malgrado della durezza loro ». Que- sti materiali prendono poi parte a formare quei cordoni littorali con un profd qui , come osserva Elia de Beaumont , frappe généralement les yeux par ses formes géomélriques. De Dentrecasteaux ha notato nella baia della Speranza, che l’acqua del mare scaturiva alla sommità delle più alte isole; e Biche trovò de’eristalli di sale marino a più di 50 metri di altezza sopra il livello ordinario dell’acqua fra la cavità degli scogli inoltrati in mare. Sméaton ri- ferisce che al fanale di Edyston il flutto si slancia con immensa massa di acqua per ben 25 metri al disopra del fanale, ossia a 50 metri sopra la su- perfìcie del mare ; ed Emy ha calcolato che questa massa è di 2 a 3 mila metri cubi, e di 2 a 3 milioni di chilogrammi. Lo stesso Emy riporta, es- sere stato descritto il soffio del diavolo nella crepatura di uno degli scogli delle grotte di Kynann come una colonna di acqua che s’inalza a grande al- tezza, facendo sentire sotto terra un romore simile allo scoppio della folgore.

Anche senza vento o con vento contrario, un grosso o discreto mare è capace di produrre simili fenomeni. La Somerville ci fa sapere che a il fanale di Beli-Rock nell’Oceano germanico , quantunque abbia un’altezza di 112 piedi (metri 34, 13), è letteralmente sepolto fra la spuma e gli sbruffi sino alla cima durante grandi onde senza vento ( during greal-sivell zuhen there is no wind) ». Bremonlier ha registrato che con tempo superbo ed un leggero vento da terra, delle onde provenienti da fuori di otto a dieci decimetri al più di cavo, s’innalzavano sul lido del mare a più di dodici o tredici metri sopra il loro livello.

Pilla ha osservato nell’isola di Ponza delle caverne scavate dalla percossa de’flutti, alcune delle quali comunicano fra loro con aperture tortuose, e le

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onde vi si cacciano dentro con ìmpeto e, comprimendo e rincalzando l’aria intromessa, producono un romore che assorda; tantoché in ogni ondata pare vedere un assalto diretto ad abbattere 1* isola. Malte-Brun ci dice: Noi ab- biamo veduto opérer la mer Baltique ; noi abbiamo veduto 1’ isola di Hyeen, celebre dimora di Tycho-Brahe', diminuée par la violence des flots. Lyell ri- ferisce che nelle isole di Shetland per la forza meccanica de’flutti quasi tutti i promontori si terminano in gruppi di scogli aventi forma di colonne , di pinnacoli e di obelischi: Spallanzani, che nello scoglio denominato la Pietra di Stromboli , alto cento metri sopra il livello ordinario del mare, le onde tempestose giungono alla metà dell’altezza di esso, e si anche il caso che ne sormontino 1’ apice: Malte-Brun, che lo scoglio la moglie di Lot è per- cosso con gran furore dai marosi all’altezza di 120 metri: Frissard, che fra la Bochelle e Rochefort un bastimento è stato lanciato in un prato; ed alle sabbie di donne due fregate sono state trasportate al disopra di un banco, che chiudeva F entrata del porto , di maniera che è stato necessario alleg- gerirle per farle uscire: Acton che nella citata tempesta sofferta dalla squadra inglese sulle coste della Siria , il brigantino da guerra la Zebra fu gettato sull’ arena, e vi rimase in alto ed asciutto: Lyell, che all’ entrata occidentale della Manica , il banco di ciottoli conosciuto col nome di Hurst-Castle , il quale ha 70 metri circa di larghezza sopra 4 di altezza , nella tempesta di novembre 1824 venne spostato in massa-, si avanzò di 40 metri nella dire- zione nord-est, e, si noti, detto banco presentava verso ouest un piano in- clinato: T. Stevenson, che sull’isola Barrahead, una delle Hébrides, si è os- servato nella tempesta del 1836 che un blocco di pietra della misura di 504 piedi cubi equivalente al peso di 42 tonnellate (42673 chilogrammi) è stato portato gradatamente a 5 piedi ( lm, 52 ) dalla posizione che occupava ; e avrebbe continuato più oltre , se un pezzo staccato dallo stesso blocco non si fosse interposto fra esso e la roccia , sulla quale il blocco riposava. La Somerville riporta lo stesso fatto. Minard e Frissard registrano, ebe nel porto di Algeri de’ massi di metri 10, 20 cubi, del peso di 22400 chilogrammi, situati sul piano del gian molo a 4 metri sopra il livello del mare, sono stati trasportati dal flutto a 8 metri dalla prima posizione. Un altro masso di 40 metri cubi fabbricato sopra lo scoglio Al-Gifua , ma riposante sopra altri massi di 10 ^netri cubi e non più sotto di metri 2 , 50 dal pelo dei mare, e stato tolto dal posto e voltato sottosopra. Bernard accenna, Minard particolarizza, e Frissard conferma, che nel detto porto di Algeri , dopo la tempesta di gennaio 1841, in una parte del nuovo molo (composto con massi di smalto di 10 metri cubi ognuno) si è riconosciuto un lassement assez con- sidérable ; e che gli ultimi 28 metri du couronnement del molo medesimo

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(formati con massi di eguale volume e materia), nella tempesta del novem- bre 1843, ont presque disparii. Tornata la calma, qualche pezzo soltanto si mostrava fuori di acqua , mentre prima della tempesta le sornmet. etait a 3 mètres au-dessus dii niveau de la mer. Poirei in vero sentenzia, che in Algeri Vexpérience a démontré , che i medesimi massi di 10 metri cubi sont immo- biles , e che nelle opere exécutés da lui in quel porto con questi massi , les vagues ne peuvent opérer aucun déplacemenf, ma dai fatti e dalle autorità qui so- pra citate devo dedurre che costui , facile a commettere sbagli come ho di- mostrato ne’miei studi sul porto di Livorno, qualifichi per risultato di espe- rienza ciò eh’ è sua opinione soltanto. Auniet ha registrato, che in Civita- vecchia de’massi di 18m cubi vennero dall’azione del mare trasportati dall’ante- murale alla bocca di sud-est. In detto antemurale gli scogli, ridotti a eiottoloni del peso di 1000 a 2000 libre, vengono dalle onde presi da un metro a due di profondità di acqua, gittati a 3 o 4 metri sopra il livello ordinario del mare, ed assestati fra i grossi massi quasi che, esse onde, abbiano le mani , come in al- tra circostanza si esprime lo Seamozzi. I marosi scavalcano con volume enorme di acqua l’altezza massima dello stesso antemurale, la quale è 8m, 45 sopra il detto livello del mare. In una libecciata quattro scogli di 3 a 4 metri cubi ognuno, situati sul piano dell’antemurale all’altezza di 5 metri dal pelo del mare e distanti 10 metri dal mare esterno, vennero trasportati per 12 metri e gittati nella parte interna del ripetuto antemurale. Alla cava degli scogli (due miglia circa a levante di Civitavecchia) nel 1851 uno scoglio di metri cubi 42 situato sul caricatore distante circa 10 metri dal mare e metro 1, 50 sopra il livello ordinario di esso, giacente sopra nizze ed incuneato , venne dai flutti privato de’ cunei , delle nizze e rimosso dal suo posto (1). In Li- vorno de’massi di 15 metri cubi fabbricati sullo scoglio che forma la punta Cavalleggieri, nello scopo di difendere dai flutti il nuovo cantiere, sono stati sensibilmente rimossi dal posto dalla prima libecciata del p. p. autunno, ab- benchè la forza del mare fosse inferiore a quella che non di rado vedesi agire in quel lido, e i detti massi si trovassero colla loro base circa un metro al di sopra del pelo ordinario del mare. Il più volte citato Minard ha registrato che nel forte di Boyard un masso di 15 metri cubi a été déplacé à deux mètres environ dans le sud-est. Duleau ha notato che il ridetto scoglio sottomarino Artha è stato decimato nella parte superiore da \Y action des vagues di lm, 50 nel periodo di 43 anni. Di fatto nel 1789 Bremontier lo trovò nella più bassa marea a metri 7, 80, e nel 1832 Io scandaglio dava 9ra, 30 sotto lo stesso

(1) Nel 25 novembre 1854 un altro scoglio eli 44 m. c. incuneato sopra il detto caricatore è stato smontato e l'atto cadere.

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livello. Questo fatto è registrato anche da Monnier. Rodriguez, parlando delle estese seccagne prossime all’isola di Porto-santo, registra che i vecchi na- turali dell’isola ritengono che le rocce, di cui sono costituite, erano con mare agitato più appariscenti e terribili di quello che non lo sono presentemente, e che il culmine di esse formato da rocce basaltiche è stato distrutto e sprofondato ; talché presenta oggi nella sua estensione dai 5 a 50 passi: nel 1802 Bowen trovò di 4 passi e mezzo la minor profondità di acqua. In Acton si legge quanto appresso: « Nel caso del naufragio della fregata inglese Thetis al capo Frio nell’America meridionale, riferisce il capitano Dukenson, che visitando il bastimento naufragato alla base della roccia, si osservò dallo stato del legname e del ferro quali violenti scosse e dislogazioni esso aveva sofferto, e tali, che non si erano mai viste per lo avanti, e non si suppone- vano possibili, senza questa prova oculare » (1). Emy ha veduto, che i flutti più grossi che urtano alla cateratta del sostegno alla Rochelle hanno tutto al più 2 a 3 metri cubi; ebbene questi piccoli flutti avevano la forza di solle- vare all’ altezza di sei decimetri un masso di muramento del peso di oltre 28 mila chilogrammi. De Quatrefages riferisce che all’ isola di Bréhat , alla punta del Paon , un blocco di granito de plusieurs centaines de milliers de kilogrammes , staccato da qualche tempesta , è caduto dall’ alto della riva e riposa come un ponte di un sol pezzo sulle due sponde di un baratro (goufifre). Allorquando un maroso giunge dal largo, i flutti racchiusi di più in più fra queste mura di roccia, accelerano il loro scorrimento , si gonfiano passando sotto il ponte, ed in questo sforzo, dont rieri ne saurait calculer la puissance , ils soulevent V énorme masse. Franto il maroso , il ponte ricade sur ses iné- branlables culées, pour se soulever et retomber de noveau. Smit Hamilton, tro- vandosi nel 1807 in Cara^au in tempo di oragano, ha veduto de’grossi bloc- chi sollevati da una profondità di 10 metri, e lanciati sul banco che unisce Punta-Brava al continente. Lyell nota che a Beli-Rock un’àncora di chilo- grammi 1117, 64 fu lanciata sopra lo scoglio. James Vetch registra, che un bastimento del peso di 200 tonnellate venne trasportato da un’ onda ( borile by a wave) alla sommità della diga di Plymouth. Nei primi giorni dello scorso luglio 1853 io visitava la detta diga di Plymouth , assistito e favorito ol- tremodo dalla non comune gentilezza del sig. Stuart soprintendente generale di quella grande opera idraulica, nella quale, quantunque non completamente terminata, si sono impiegate 3830881 tonnellate di scogli. Fra le altre cose

(1) Acton non dice a qual profondità giaceva la fregata; ma dalla conoscenza particolare che io ha della località , da quanto rilevo dal Pilote du Brésil di Roussin , dalle carte idrografiche di quel littorale e dalla memoria che conservo del fatto accaduto nel 1829 mentre io era in RÌ0f- Janeiro, desumo essere la profondità non minore di 20 metri.

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relative agli effetti de’ flutti, vidi una gran massa di scogli lungo 1’ interno della diga , e venni assicurato che nella notte del 25 al 26 dicembre 1852 circa ottomila tonnellate di scogli furono dai marosi presi dalla parte esterna della diga e scavalcati nella parte interna ; fra’ quali erano di quelli di 10 a 16 tonnellate ognuno. Un perno di ferro di 6 pollici di lato in quadro , conficcato ad arte nel piano superiore della diga, e non più fuori del piano stesso di 7 pollici, venne spezzato dall’urto de’ detti scogli. Questo esempio della diga di Plymouth non è il solo. La storia delle opere idrauliche ce ne somministra a dovizia , e nella diga stessa di Plymouth ed in quella di Cher- bourg, ed in tutti i porti. Quando un simile lanciar di scogli ha luogo contro le coste, fa parte, secondo Plavfair, della possente artiglierìa , colla quale VO- ceano balte in rovina la terra ferma.

De la Dèche osserva, che i frangenti hanno ancora un altro genere di azione comparabile a quella di un cuneo [weilging-power) nei luoghi ove dei grossi massi difficili a smuovere sono misti con pietre più piccole o facili a trasportarsi. Un banco di questa natura acquista qualche volta solidità, perchè sovente i più piccoli pezzi sono cacciati fra i più grossi e ad essi stretti fortemente, ch’è duopo di gran forza ed anche di spezzarli per estrarneli.

In quanto alla risacca, F. de Luca ne ragiona come di nemico molto nocivo: ed in vero il maggior numero de’porti artefatti sono molto difettosi per il poco studio che si è fatto di quest’onda di rimbalzo. Emy riferisce, che la pressione e la reazione de’ flutti contro una costa profonda formano una risacca che si comunica a gran distanza, e sovente si osserva molto sen- sibile a più di 600 metri dalla costa. Dal registro del fanale di Livorno, te- nuto dall’ispettore Parenti, risulta che la risacca prodotta dal molo di quel porto (molo Cosimo) e diretta ai moletti del fanale, situati in distanza media di 450 metri, cagiona effetti sensibilissimi. Fra molti esempi ne citerò due. Del pietrame ed altri massi per le finestre de’magazzini, collocato sullo scalo di detto fanale all’altezza di metro 1,30, e distante dal ciglio di esso scalo 6 metri circa, venne tutto dalla risacca trasportato a 20 metri di distanza. Nove scalini di pietra di Monsulmano, del peso ognuno circa 800 libre , da un angolo della piazzetta vennero dalla risacca trasportati in mare. L’altezza cui, nel ripetuto fanale, giunge il flutto di risacca, è, secondo il prefato ispet- tore, di circa 8 metri sopra il livello ordinario del mare; ed io ho più volte veduto che il flutto riflesso del molo Cosimo ha tal potenza da elevarsi e frangersi sopra la parete interna del moletto di tramontana dell’anzidetto fa- nale, e da contrastare il passo ai flutti del largo, i quali, percosso al di fuori questo moletto, lo scavalcano. F. Sponzilli ci racconta: Su quella parte della costa basaltica tagliata a picco, in vicinanza della Torre del Greco, ho veduto

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il mare, agitato sì, ma senza onde, produrre una resacca che alzar faceva le sbruffature, fallins, per quasi trenta palmi (7m, 80) fino al ciglione del picco battuto da una massa di acqua, che la sua impulsione, se non dalla super- fìcie , certo dal fondo ricevere doveva nel momento dell’ osservazione ». La risacca si crea anche nelle spiagge sottili , come han dimostrato Leonardo e Boscovich, e da essa si devono quegli anlecordoni littorali sommergibili. De Ritis osserva che « la risacca, di che lamentiamo nel porto di Napoli , non da altro si cagiona, se non dal riflusso de’cavalloni che dalla spiaggia (e non rupi a picco) de’Granili e della Marinella vi si spingono ». Dall’osservazione mi sono convinto, che nelle grandi tempeste i marosi zappano piuttosto che formino le rive di arene ; quindi la risacca trasporta seco , discendendo dal piano inclinato della spiaggia , maggior quantità di arene di quella che il frangente possa depositar vene; cosicché, in questi casi, il ritorno del maroso dissipa maggior massa di materiali di quella che il maroso stesso ne ac- cumuli. In vece nelle burrasche ordinarie , e più ancora quando queste e quelle straordinarie sono in decremento, i flutti ammassano.

« Un dato che sarebbe utilissimo a conoscere, dice Malezieux ed io dico necessario , allorquando si progetta un’ opera in mare , è il massimo della pressione che i marosi potranno esercitare nei più grandi fortunali contro ogni metro quadrato. Questa pressione dipende da due elementi; dall’altezza delle onde, da ove risulta la loro pressione statica, e dalla loro velocità d'im- pulsione. Il serait bien difficile, egli conclude, de déterminer les hauleurs des vagues et les vitesses correspondantes, et plus difficile encore d'en déduire par le calcai quel est le maximum d'effet produit ». Egli è poi certo che la sola espe- rienza locale, può risolvere a priori la questione. A tale effetto io qui re- gistrerò i risultamene ottenuti in alcune località. Minard dai massi del molo di Algeri ha dedotto che 1’ azione del flutto è superiore a 3500 chilogrammi per metro quadrato. Fouques-Duparc e Virla in Cherbourg 1’ han trovata di 3900 eh il. Più recenti esperienze fatte da T. Stevenson a Beli-Rock hanno dato una pressione massima di 16932 ehil. per metro qua- drato, e nell’isola di Skerry-Vore si è ottenuto una pressione minima di 3055 ehil., media di 10430 e massima di 30414; il che ha fatto dire a Frissard, ainsi la pression d'une vague peut dépasser trenle lonnes. Ma è da notarsi che T. Washington, parlando delle suriportate esperienze dello Stevenson, dice: « È necessario aver bene in mente, che l’autore parla di percosse prodotte dalle onde di traslazione, cioè dai flutti ehe si sono franti sulla costa, e non dalle onde profonde del largo, le quali probabilmente non hanno verun mo- vimento progressivo, e non producono alcun urto ». Simile essenziale avver- tenza non trovo fatta sulle esperienze francesi; ma, riflettendo al posto che

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occupavano i massi da cui si sono dedotti i risultati , ritengo che anche in queste esperienze le onde erano frante. Minard e Frissard non mancano però di avvertire che le valutazioni dedotte in Algeri ed in Cherbourg ne soni qu' approximatives, e che anzi laissent encore beaucoup à désirer.

Nell’antemurale di Civitavecchia i marosi dopo essersi franti ed avere per- corso lo spazio orizzontale di 17m salendo l’irregolare piano inclinato della sco- gliera, imboccano con grandissimo impeto nella tromba delle cannoniere del pri- mo ordine di batteria del forte Gregoriano, l’asse delle quali è a 6m, 07 dal pelo medio del mare. La bocca interna di esse A (fig. la.) di superficie 0m, 4-225 qua- drati , si chiude da un portello di legno B (fig. 2\) fermato da una sbarra di ferro battuto C avente moto rotatorio per mezzo di un perno fissato nel centro del portello stesso: la quale sbarra va ad incastrarsi in due staffe di ferro (D) di metro 0,04- di larghezza per metro 0,01 di grossezza , e di 0m,12 di lunghezza ; il che tiene a freno 1’ intero sistema di chiusura. In una libbecciata , dietro ripetuti colpi de’ marosi , le staffe si spezzarono , e non solo il portello , ma anche un obice allungato da 6 pollici e relativo affusto , impostato dietro la cannoniera , furono spinti per circa 5 metri e balestrati nel pozzo (E), privo di parapetto, che occupa il centro del detto forte. Dopo un tal fatto i francesi aggiunsero una contro sbarra di ferro tondo F del diametro di 0m, 03 fissata in due occhi di ferro G impiombati nel masso ad una profondità di 0m, 22, passando per il centro del portello. In seguito di forte libbecciata, questo nuovo sistema di chiusura ha subito altri danni , e particolarmente nella cannoniera che guarda F OSO. le staffe del primo sistema si sono aperte, la contro sbarra addizionale H (fig. 3a.) si è curvata per 0m, 06 di freccia , ed uno degli occhi di freno si è distaccato strappando un brano del masso in cui era impiombato.

Prendendo a calcolo le dimensioni delle staffe ed introdotti i valori nelle note formole delle relazioni tra le forze resistenti, assumendo la resi- stenza del ferro pari a 40 chilogrammi a millimetro quadrato, si ottiene che hanno le singole staffe resistito ad uno sforzo di chilogrammi 892, 90 donde si arguisce una pressione a metro quadrato di chilogrammi 4226, 75. Passan- do poi alla freccia d’incurvamento della contro sbarra calcolatone lo sforzo sulla superficie si rinviene di chilogrammi 6858 assumendo pel valore del coefficiente di elasticità il numero 18 000 000 000, lo che sviluppa a metro quadrato una pressione di chilogrammi 16231, 20. In quanto allo spezza- mento del masso (scaglia morta) , troppo ipotetico sarebbe il calcolo mal conoscendosi gli elementi da introdursi nel valutare la resistenza da esso prodotta.

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Di persona ho io visitato il luogo e verificalo 1’ accaduto. I particolari di esso ed il disegno della qui unita tavola , mi sono stati favoriti dal dili- gente sig. Biagio Donati. Questa tavola dimostrativa un’esatta idea della località , riunisce gli elementi per la verifica de’ calcoli , e facilita il conce- pimento della potenza esercitata dalle onde, anche ripetutamente frante, con- tro quell’antemurale , e specialmente quando sono spinte e ristrette nei fori di un muro , o fra i vani dei massi delle scogliere,

Finalmente, secondo il Reibell, il massimo d’intensità de’marosi corrispon- derebbe in Cherbourg all’altezza della mezza marea, ed a Cette a lm, 50 sotto il pelo basso dell’acqua.

Passo senza più all’azione delle correnti.

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PARTE IL

CORRENTI. RISULTAMENE DELLE RICERCHE DA ME FATTE SU DI ESSE. DOTTRINA DEL MONTANARI. IN CHE CONSISTE IL DIFETTO DI ESSA. MAREE. MOTO LITTORALE SUA VELOCITA’ E ZONA. FORZA NECESSARIA PER ISMUOVERE E TRASPORTARE I DETRITI: INEFFICACIA DELLA CORRENTE- MAREA E DELLA RADENTE CONSIDERATE IN SE STESSE PROVE. PREVA- LENZA DE’FLUTTI SUL MOVIMENTO DI TRASPORTO. LE CORRENTI SI DEBBONO AVERE A CALCOLO PERCHÈ. RILEVANTI EFFETTI DI ESSE QUANDO SONO AIUTATE DAI FLUTTI ESEMPI.

25. Conoscere in mare la direzione e la forza delle correnti è soggetto di gran rilievo per la sicurezza della navigazione e per abbreviare la durata de’viaggi. Non basta al marino saper dirigere il bastimento colle osservazioni astronomiche; è necessario ch’ei sappia pur anche difenderlo dai movimenti dell’acqua e approfittar di essi. Abbenchè oggi, assistito dalla vista degli astri possa egli liberamente navigare, domani forse , continuando la rotta o tor- nando nello stesso paraggio senza la conoscenza di quei movimenti , sarà nell’ imbarazzo perchè gli astri , coperti dalle nuvole , più non gli sono di scorta. E questo imbarazzo sarà poi maggiore s'il croit , come osserva Pagel, à des coltrante qne ni lui ni d'aulres marins noni éludiés. Al qual proposito, dirò col Rodriguez, « son da rammentare le parole del de Humboldt, il quale dice , essere di maggior rilievo il ricavare dall’ insieme di molte esperienze una legge che determina il corso e la forza d’ una corrente , che non è la scoperta d’un gruppo d’isole disabitate ». Quindi se importante è lo studio del moto ondoso , non lo è meno quello delle correnti; che anzi questo ha sin oggi, di preferenza all’altro, occupato i marini, gl’ ingegneri, i geografi, i geologi e gli astronomi. Uno di questi ultimi benemeriti , il p. A. Secchi , nel compendiare il colossale lavoro del Maury e generalizzarlo con sufficienti notizie in Italia e fuori, così esordiva:

« I grandi problemi di fìsica terrestre sono di tal natura , che da una privata persona, benché ardentissima di zelo e fornitissima di strumenti, non possono essere risoluti. Essi esigono il concorso di osservazioni simultanee

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fatte in varie parti del globo con istrumenti ad un dipresso simili, e in cir- costanze variate di climi, di continenti e di mari. Si esige inoltre un piano ben regolato di tutti i fatti ed osservazioni particolari; al quale scopo si ri- chiede e vasta capacità in chi dirige il lavoro, e moltitudine di braccia per condurre a fine l’opera materiale. Tutte queste cose si sono riunite nella for- mazione del lavoro ultimamente pubblicato dal sig. Maury direttore dell’os- servatorio dell’ufficio idrografico della marina americana eretto a Washington negli Stati Uniti , intorno al sistema di correnti aeree ed aquee, che circo- lano nell’Oceano Atlantico. È giunto, in questo lavoro, il sig. Maury a clas- sificare, e ridurre entro limiti ben precisi il gran sistema dei venti costanti che regnano su quella superficie; ne ha scoperto dei nuovi periodici, e dietro queste osservazioni ha fissato la direzione generale che aver deve tutto il si- stema dei venti del globo , e lo stesso ad un dipresso ha fatto per le cor- renti marine.

« Gl’immensi materiali necessari a tale opera gli sono stati somministrati dai giornali di viaggio ove si registra il corso di ciascuna nave ( Log books ), e si tiene esatto conto di tutti i fenomeni meteorologici che occorrono du- rante il viaggio , e si nota almeno ogni due ore la posizione del vascello , la temperatura dell’aria e dell’acqua del mare, la direzione e forza del vento, e lo stato dell’ atmosfera. 11 numero di tali registri posti a disposizione del sig. Maury è di molte migliaia, e ciascuna nave si premura d’inviargli il suo, ricevendone in cambio una piccola ricompensa , o le carte marine già fatte e pubblicate a spese del governo. Lo scopo primario di tanto vasta im- presa è quello di servir di guida ai marinari onde possano in ogni stagione scegliere quella via che più presto li conduca al loro termine. Dal confronto della lunghezza dei viaggi fatto dal sig. Maury medesimo tra i vascelli forniti delle sue carte, e quelli che non lo sono, risulta, che i primi sono sempre i più rapidi , e che in totalità la marina americana fa i suoi tragitti in un tempo più breve che tutte le altre nazioni; il che avvantaggia il commercio americano di molti milioni all’anno)). Dopo il Secchi, un più vasto e pra- tico lavoro, nella parte che concerne V interesse marittimo , ci viene dato dal più volte citato Eugenio Rodriguez. Questi nel render conto dell’ atlantica campagna d’istruzione fatta dalla fregata del governo di Napoli V Urania, « le cui accuratissime ed anche nuove osservazioni meteorologiche, come nota il de Luca, hanno meritato il plauso de’dotti di tutte le nazioni », ha pubblicato nel nostro idioma non solo 1’ opera del Maury con aggiunte e schiarimenti per la facile intelligenza del comune de’capitani mercantili, ma quanto altro sulle correnti è noto ovunque sino a questi giorni.

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Se dall’Oceano, a cui si riferiscono i lavori del Maury e del Rodriguez, passo al Mediterraneo , trovo la recentissima opera di W. H. Smyth , nella quale è trattato exprofesso il moto delle correnti di questo mare, avvertendo però egli che la sua ricerca « è stata strettamente racchiusa ai soli effetti prodotti alla superfìcie (is nearly confitteci to thè supernatant effects only) ».

Dopo siffatte pubblicazioni nulla posso io aggiungere sulle correnti ma- rine in quanto è proprio della navigazione; tanto più che i prefati autori so- nosi di essa precipuamente occupati. Ma per l’idraulica io credo che impor- tanti fenomeni restino tuttavia a dilucidarsi. E però per quella influenza, che le correnti possono esercitare nei porti di mare , mi faccio ad esporre ciò che io ne pensi.

26. Dalle ricerche da me fatte per istabilire da quali agenti siano real- mente assaliti ed interriti i porti, ed a chi si debba l’aumento e la diminu- zione de’ lidi , risulta che principalmente dai flutti e non dalle correnti tali fenomeni provengano. Questa dottrina io emisi ne’miei studi sul porto di Li- vorno, e qui intendo di confermarla, abbenchè non ignori eh’ essa contrad- dice ad un canone stabilito da lunga data e fino ad ora in vigore in tutte le opere che trattano della disposizione e conservazione de’porti. 11 Frisi dice : « L’autorità può aver luogo nelle materie di semplice erudizione. La filosofìa non cammina che sulle tracce dei fatti e della ragione ». Quindi, per soste- nere una dottrina che si trova in opposizione a quella del Montanari, ri- spettata e seguita da uomini sommi italiani e stranieri, fra i quali si anno- vera un Venturoli , non mi resta che riunire de’ fatti incontrastabili in ap- poggio di essa. mancherò di riprodurre alcuni de’ principali pensamenti de’sunnominati matematici illustri sull’oggetto in questione , affinchè sempre più apparisca da quali diversi principi noi procediamo, e possa giudicarsi per il magistero de’fatti da qual parte sia la verità.

27. Così per cominciare dirò, che il Montanari stesso si fa ad osservare che « la piccola velocità della corrente (su cui basa la sua dottrina) non potrebbe nemmeno portare i sabbioni, dal loro luogo muoverli, se l’agitazione delle onde, particolarmente in tempo di tempesta e di venti gagliardi, non li scon- volgesse di quando in quando, e non intorbidasse il mare; nel qual tempo necessariamente sono poi dalle acque pian piano spinti avanti da sinistra a destra, conforme la corrente delle acque stesse li va seco portando ». Ed è così, osserva il Minard « quii faut comprendre come la sabbia è trasportata par les plus petits courants, e non già per un effetto della velocità dell’acqua comme dans les rivières »; ma vedremo in seguito, che, da cotesta corrente, solo lievi

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sedimenti di argilla tenera possono provenire. Il Venturoli segue il Montanari; se non che più di questi si mostra convinto della esattezza della dottrina adottata, in modo più esplicito ne tratta, e senza riserva alcuna giunge ad asserire , che i detti materiali sono obbligati ad avanzare a seconda della corrente anche in tempo di burrasca , qualunque sia la direzione del vento.

28. Cosicché il difetto della dottrina del Montanari e de’ seguaci suoi sta neH’attribuire alla sola corrente littorale, quantunque mitissima , il tra- sporto de’materiali ostruenti, ed alle onde l’azione soltanto di smuoverli. Ed in vero, essendo eglino , senza eccezione alcuna, convinti che il movimento ondulatorio impresso dai venti alle acque del mare sia soltanto, e sempre , apparente, devono altresì essere persuasi, che la direzione della corrente non possa mai essere variata dai flutti , qualunque sia la direzione e grossezza loro, e che perciò il trasporto de’materiali deve sempre effettuarsi a seconda della direzione di essa. Guidati dunque da questa convinzione , si trovano concordi a ritenere gl’ interrimenti de’ porti e delle rive , prodotti in gran parte, se non in totalità , dalla corrente che si osserva presso i lidi, e che perciò si nomina corrente, littorale o radente od anche, nel mare nostro, cor- rente del Montanari.

Quale sia la forza de’ flutti, a quanta profondità si comunichi, e quali gli effetti prodotti da essa, credo averlo nella prima Parte dimostrato. È duopo quindi fare altrettanto per le correnti, perchè dal confronto possa conoscersi la prevalenza deH’uno o dell’altro agente e del modo loro di operare.

29. Nell’ Oceano il movimento più regolare e maestoso è quello della marea. Il culmine di questa immensa onda , che cammina colla luna di meridiano in meridiano facendo il giro del globo in un giorno lunare , come più propriamente ho già avuto occasione di accennare, non costituisce in alto mare una vera corrente marina; ma a sedici o venti miglia dal lido essa luogo a movimenti orizzontali nei versi opposti , rendendosi tanto più sensibile quanto più si accosta alla sponda. In certi paraggi ed in certi lidi, conservando l’ondulazione, si manifesta puranche per corrente di sei a dieci miglia Fora formando od alterando , presso terra , le correnti littorali senza però essere nociva ai porti quanto può credersi a prima vista. Gli esempi che sarò per addurre nel corso di questa Parte mi provano che le correnti-maree hanno poco, e generalmente punto, azione su i detriti del fondo del mare, e basta aver visitato i lidi del nord della Francia e quelli dell’ Inghilterra per convincersi che, con mare calmo, la corrente di marea conserva l’acqua in tutta la sua limpidezza. Monnier sembra credere possible

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et mème assez probable que les ondulalions de la marèe donnent lieu à des flots de forni , e questi trasporterebbero qaelques débris sous-marins dans le sens de lear mouvement, quando le dette ondulazioni s' avancenl perpendicu - lairement au rivage, o dans les parages ove le maree onl ime grande hauteur.

Nel caso che la massa liquida per causa qualunque si trova pregna di materiali , questi sono dal riflusso , favorito nella sua azione dal piano inclinato della spiaggia , restituiti al mare quasi nella stessa quantità che il flusso aveva trasportati a terra, anzi secondo il Tadini quanti ne arrivano a piè del lido, o su gli scanni, o nella fossa eccetera, tanti ne debbono partire, e secondo Frissard può stabilirsi che en général le flot occasionile des atterris- sements et V ébe creuse le clienal. In ogni modo però , quando trattasi della difesa di un porto, del miglioramento di una rada o della foce di un fiume nell’ Oceano, deve precedere uno speciale ed accurato studio sulle correnti- maree locali. Ma non entra nel mio quadro, nell’impegno da me assunto analizzare tutte le modificazioni a cui va soggetto il gran fenomeno della marea. Questa sarebbe opera di lunga lena, molto più che nelle vicinanze delle rive non può servir di guida la legge che lo crea e lo regola in alto mare, perchè, dirò coll’ autorità del de Prony, les vérilables lois des phéno- mènes généraux, deviennent des sources de confusion et d'erreur si on veut les lier à cerlains phénomènes de détail; e però P. Daussy ci avverte che il est bien difficile , en fait de marèe , de déduire , des phénomènes observés dans un lieu, ceux qui doivent arriver dans un autre. A me basta accennare quale po- tenza possono avere le correnti-maree per smuovere e trasportare i mate- riali ostruenti, e questo è quello che in seguito vedremo.

Quasi di niun interresse può ritenersi lo studio delle maree nel Medi- terraneo per il soggetto che mi occupa. Non già che nel mare nostro non sianvi maree, come taluni han creduto, mentre non si può porre in dubbio che in alcuni punti del regno delle due Sicilie, dell’Adriatico, in diversi posti dell’ Arcipelago e nei seni della costa di Affrica si notano sensibili cambia- menti di livello ed anche regolari tempi di flusso e riflusso. Ma come , ge- neralmente parlando , si trascura nella pratica della navigazione in questo mare la differenza di altezza dell’acqua prodotta dal flusso e riflusso, così mi pare che in generale possa trascurarsi lo studio di questo fenomeno come causa di notabili interrimenti nei porti.

Non credo essere necessario avvertire che io intendo parlare del valore del fenomeno quando in esso non agiscono potenze estranee , avvegnaché è certo che secondo la durata e la violenza di alcuni venti, secondo alcune ec- cezionali disposizioni nei lidi e secondo lo stato di pressione dell’atmosfera, nell’uno come nell’ altro mare può essere molto alterata la legge del suo

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tranquillo ed innocuo sviluppo dipendente dall’ azione luni-solare. E giacché mi trovo su questo proposito mi sia permessa una digressione nello scopo di torre ogni dubbio sulla realtà di quest’azione nel mare nostro, e di ren- dere giustizia a quelli che per i primi la scoprirono.

Nel gran volume delPAimè, pubblicato nel 1845, leggo una noia la quale per gli antecedenti chiamerò curiosa, perchè sembra che tenda a voler an- cora insinuare ch’egli per il primo ha riconosciuto l'influence de la lune sur les marées de la Mediterranée ; e si prova a portare la data di questa scoperta al 1840, citando una nota di Poirei pubblicata nel 1841: e qui non è tutto. Nel 1844 fec’ egli di ciò formale réclamalion de priorità all’ accademia delle scienze di Parigi, senza pensare affatto ai maestri del moto delle acque; ma quel dottissimo consesso non fece onore alla sua domanda. Oh come si fa a trattare un moto qualunque delle acque senza prima dare un’occhiata all’Ita-r lia ? Qui il sullodato Aimè avrebbe veduto , fra le altre fonti del sapere , quella puranche del moto eh’ ei voleva trattare. Egli avrebbe saputo che: Multa ex hisce phaenomenis etiam apud veleres erant satis ilota , et apud poetas quoque marini aeslus mentio occurrit saepe. Iìunc certe poetarum quoque prin-r ceps Virgilius inter alia vel è physicà , vel è mathesi desumpla tanquam aplis- simum carminis argumenlum commemorai , quo exponalur : Qua vi maria alta tumescant Obiicibus raptis , rursusque in se ipsa residant. Claudianus autem analogiam aestus marini , qui in Oceano contingit , cinti Lunae moti bus ibi adum-. bravit, ubi de Padi ostiis et Adriatici aestu loquens sic habel :

.... Certis ubi legibus advena Nereus AestuaU et pronas puppes nunc omne secundo Nunc redeunte vehit , nudalaque littora fluctu Deserit : Oceani lunaribus aemula damnis (1).

Se rivolto avesse lo sguardo all’Inghilterra avrebbe veduto, in una utilissima raccolta scientifica che colà si pubblica , che in un codice in lingua veneta vernacola della più antica a carte 51 si legge fra i precetti dati ai naviganti quanto appresso. « Le acque di questo porto (Venezia) si queste: quando la Luna in Ponente, e Levante, sono tutte le aeque basse; e quando in Sirocco , e Maistro , son mezze piene ; e quando la Luna in Ostro , le acque son tutte piene; e quando la Luna in Greco, e Garbin, le acque son mezze vode.

« Avvisote , che le acque in Fele (cioè morte , o basse) comenza zorni

(1) Boscovich: Dissertano de maris aestu. Romae MDCCXLV1I. pag. VI.

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quattro della Luna infìn a zorni diese; e a punta; e dai undese in suso sono acque seconde fino a zorni 19 della Luna; e da zorni 19 infm a zorni 25 sono de novo le acque in Fele ; e dai 25 infìno a 4 della Luna sono cre- scenti. Avvisote, che in una Luna sono Fele , e Seconde; e da 7 ai 9 l’acqua no xe move ». Fu di opinione il doge di Venezia Marco Foscarini , che il codice di cui sopra appartenesse a Pietro Loredano valorosissimo ca- pitan generale di mare , che fioriva nell’ anno 1443. Del quale frammento avvi anche la traduzione in latino (1).

Nella stessa Albione avrebbe trovato una erudita e particolareggiata let- tera del Toaldo, De reciproco ciestu maris veneti, dalla quale fra le tante al- tre notizie avrebbe attinto quella , che 1’ influenza della luna sulle maree dell’Adriatico era non solo nota agli scienziati, ma a tutta ancora la plebe marittima dello stesso mare: illad etiam vulgo notum Veneliis singulis diebus bis aquarum fiuxum fieri . . . aeslus enirn maris, ut alibi, ita Venetiis, regitur a motu Lunae. Che bora completi portus, quem statimi établissement du port appellant Galli, id est aestus altissimi in syzigiis praecipue, est 10| post lunae transilum per meridianum, super iorem, aut inferiorem, ita ut poslea descendere incipial. Che dopo reiterate esperienze proprie e del Temanza lo stesso au- tore potò costruire due tavole: una col titolo Aestus medius ratione situs lu- nae; 1’ altra Aestus maris , secundum XII sigila zodiaci , quatenus referlur ad lunam (2).

Rivolgendosi poi nuovamente all’ Italia avrebbe veduto , che G. B. Porta espone i risultamene di una serie di osservazioni sulle maree lunari fatte nella laguna di Venezia (3). Avrebbe veduto nella notissima lettera del Montanari che questo fenomeno nel golfo Adriatico si ripete ogni sei ore lu- nari. Avrebbe veduto che il dott. Chiminello ha provato, tanto per le osser- vazioni di Breste e di Chiozza, quanto per la teorìa, che la marea del ple- nilunio è maggiore di quella del novilunio di circa 1 * 3 4 5 /25 del totale (4). Avreb- be veduto che il disopra citato Toaldo pubblicò un’ opera ove riporta il giornale meteorologico del Temanza e ne estrae i risultamene sulle maree lunari dell’ Adriatico (5). Avrebbe veduto nel Targioni Tozzetti , che monsig. Ugolino Martelli in un suo trattato del flusso e riflusso del mare dice: « A Livorno si vede, diligentemente osservando, il flusso e riflusso per altezza poco meno di un mezzo braccio, di sei ore in sei ore , con le me-

(1) Philosophical transactions of thè Royat society. Londra voi. LXVII, 1777, p. 148 e i49.

(2j Raccolta inglese qui sopra citata da pag. 145 a 161.

(3) De aeris transmutationibus lib. 4, cap. 12, Roma 1614 pag. 148 e 149.

(4) Accad. di Padova tom. II.

(5) Della vera influenza degli astri ec. Padova 1770, pag. 69 e seguenti.

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desime regole che nel mare di Venezia . Avrebbe veduto che il Targioni stesso avvertiva inoltre, che nel fosso de’navicelli è sensibile questo fenomeno fino al Caterattone di s. Pietro in Grado , ed aiuta molto il moto de’ navicelli troppo carichi , che sovente sono forzati ad aspettare V empifondo , o acqua piena della Luna , che così chiamasi il flusso. Avrebbe veduto nel ripetuto Targioni citata puranche l’opera di Giovanni Bianchi sulle maree della spiag- gia di Rimini col titolo : De aestu maris ad littus porlumque Arimini (1). Avrebbe veduto che il Zendrini, parlando di questo fenomeno nel mare Me- diterraneo riconosce i maggiori effetti nei punii più foni della Luna che ar- rivano nella congiunzione del sole (2).

Guardando alla Germania , avrebbe veduto che Antonio Rossi aveva istituito in Porto Venere negli anni 1813-14 e 15 , e dentro il seno della Spezia nei tre anni consecutivi , diligenti osservazioni sul flusso e riflusso del mare ; dalle quali indagini risultò che il flusso e riflusso al Porto Ve- nere fu di 44 centimetri , e nel fondo del seno della Spezia di centime- tri 03, 5 (3).

E volgendosi di nuovo all’Italia, avrebbe veduto che, quasi contempora- neamente al Rossi, lo Scaccia ha fatto eseguire indagini consimili nel mare di Civitavecchia , alla foce del Tevere ed a Terracina; e siccome in Civita- vecchia la differenza massima tra il flusso e riflusso fu trovata di 0, 33, lo Scaccia, non persuaso di questo risultato, fece ripetere le osservazioni un'ora e mezzo dopo il plenilunio , e fu riconosciuta una differenza assai più ardita, mentre V acqua piena della Luna salì fino all’altezza di 0, 42, 8 (4). Avrebbe veduto che il Ferroni asserisce essere indubitato che concorre il Sole insieme alla Luna , e questa per la più parte, ad agitare V Oceano ed i mari Medi- terranei (5), e che A. Catullo qualifica il fenomeno delle maree nell’Adriatico per movimenti regolari e periodici prodotti dalla forza attrattiva della luna e

(1) Relazione di alcuni viaggi fatti in diverse parli della Toscana. Firenze 1768 lem. 2. pag. 493 della 2. edizione.

(2) Relazione che concerne il miglioramento dell' aria e la riforma del porto di Viareggio , pubblicala in Lucca nel 1736, §. 3.

(3) Corrispondenza Astronomica del baron di Zach, tomo IV.

(4) Repetli Dizionario geografico storico della Toscana. Firenze 1839 art. maree. Biagio Do- nati, scrupoloso osservatore de’fenomeni della natura ed ottimo amico, mi scriveva. « Da osservazioni continuate ncgl’anni 1843 e 46 nel porto di Civitavecchia per il flusso delle acque n’ è risultata una media di metro 0, 38, per ciascun giorno dell’anno. Queste osservazioni sono state eseguite all1 2 3 4 5 Idro- metro situato entro il bacino della Darsena, ove le acque sono molto più quiete che nel porto. La massima differenza fra la bassa marea con vento da terra , e 1’ alta con vento da fuori è risultata di 0111, 62. Col vento di scirocco 0in, 38. Lo stabilimeuto del porto di Civitavecchia sembra essere ore 7.51f ».

(5) Atti clolri. R. Accademia della Crusca. Firenze 1819, t. 1, pag. 4.

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del sole (1). Avrebbe veduto che A. Nobili, nella sua elaborata memoria Su le maree del golfo di Napoli aveva dimostrato che « V effetto dell azione lunisolare è sempre sensibile ... e segue con regolarità ; e che la massima piena si è costantemente verificata uno o due giorni dopo le sizigie, cioè preci- samente come avviene nei grandi mari » (2). Di più, siccome l’Aimé nel 1840, invece di dire che aveva fatto la scoperta di cui poi reclamò per quest’epoca la priorità, disse anzi, che dalle esperienze da esso lui fatte in Algeri risul- tava che les marées lunaires sont insensibles , e che le variazioni che si ri- marcano nel livello del mare sono dùes à d'aulres causes qxCaux aclions reunies diL soleil et de la lune (3), così avrebbe veduto che il Nobili nell’ altro non meno pregevole lavoro. Mutamenti del livello del mare per opera della pres- sione atmosferica e di altre cause diverse , confutava le asserzioni di lui , e sicuro de 'risultati delle sue accurate esperienze concludeva dicendo, non pos- siamo non ammettere in generale la marea in tutti i punti del Mediterraneo (4) .

L’Aimé non solo non ha guardato all’Italia, non all’ Inghilterra, non alla Germania , ma neppure alla Francia stessa , e però non ha ivi veduto che Fournier ha detto: «. De tout temps on a remarqué que la Mer suit le mouve- ment de la Lune : . . en la plus part de la Mer Médilerranée . . . bien que le jlux iournel soit insensible , (y beaucoup moindre qiCés autres lieux de VOcéaiv, toutesfois és nouuelles t<fy pleines Lunes, specialement de Mars yfy de Seplem- bre, on tj remarque l'eau plus grosse ify plus agilée (5). Così non ha pur ivi veduto 1’ esperienze di Angos fatte in Tolone e citate da Lalande , e quelle del Nobili registrate nel Rendiconto dell’ accademia delle scienze di Parigi anno 1842, t. 15, pag. 562. Dopo tuttociò l’Aimé aspirarebbe al merito della priorità ! In fatto di priorità mi sembra scorgere in lui un secondo Poirei! .

Torno senza più al mio principale assunto, ed abbandonando le maree, che dall’ arte sono rese molto più benefiche ai porti di quello che di lor natura siano ad essi nocive, passo alle correnti propriamente dette le quali possono avere un’influenza molto più dannosa alla conservazione de’porii.

30. È noto che nel Mediterraneo , come nell’ Oceano vi sono diverse classi di correnti; ma per brevità io mi occuperò solo della radente, perchè costante, generale, dominante nel mare nostro , e perchè è quella a cui si

(1) Trattato sopra la costituzione geognostico-fisica dei terreni alluviali e postdiluviani delle province venete Padova 1838 pag. 286.

(2) Rendiconto delle adunanze de’ lavori dell’ accademia delle scienze. Napoli 1842 , pag. 114 e 99 bis.

(3) Jnnales de Chim. et de Phy s. Parigi 1840, t. 73, pag. 421 e 422..

(4) Rendiconto citato: 1844, t. 3, pag. 96.

(5) Hydrographie ecc. Paris 1643, pag. 439 e 440.

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attribuisce la principale azione nell’insabbiamento de’porti e nell'aumento o di- minuzione de’lidi. Sulla radente, hanno trattato molti, ed il Casoni ne ha compi- lato storia idraulico-nautica che nulla lascia a desiderare. Il Paoli, del quale ora si deplora l’irreparabile perdita, ha trattato di detto moto con non minor dot- trina e corredo di fatti, lo ignorava F ultimo lavoro di lui, quando ne’ miei studi sul porto di Livorno pubblicai le mie convinzioni sulla prevalenza di trasporto risultante dal moto ondoso in confronto di quello delle correnti , e fui molto soddisfatto allorché conobbi, che in una questione di tal natura mi trovava appoggiato da uomo di nome chiarissimo e che con lunga espe- rienza parlava dell’argomento.

31. Al ripetuto moto littorale, che per chi guarda il mare va da sini- stra a destra, si generalmente non più di tre o quattro miglia di velocità ogni 24 ore, e tre miglia di zona in larghezza. Io nella punta livornese l’ho trovato più vivace , cioè di mezzo miglio 1’ ora in tempo di vento e mare calmo, ed alla estremità di alcuni capi avanzati si trova di un miglio ed anche di due per ora. E da notarsi che questa velocità è alla superficie , ed utile cosa sarebbe stata conoscere ancora quale essa sia sul fondo del mare , al- meno alla distanza di due miglia dalla riva; anzi la completa conoscenza di questa velocità sarebbe quella che più al caso nostro servirebbe, perchè dalla forza di essa dipende il trasporto de’ detriti del fondo. Ma la mancanza dei mezzi non mi ha permesso siffatta osservazione, e ninno in Livorno e lungo le nostre coste nel Tirreno, se n’è mai occupato. Il Marieni avverte che nel- 1’ Adriatico la radente secondo 1’ opinione assai comune e probabile , non si estende più di otto metri sotto la superficie del mare , senza però indicarne il valore sottomarino; ma sappiamo da esperienze fatte altrove, che la velocità di una corrente è decrescente dalla superfìcie a basso.

Con ciò non intendo escludere che non vi possano essere delle correnti sottomarine più veloci di quelle della superficie, mosse in direzioni differenti e puranche opposte: l’esperienze fatte nell’ Oceano da J.-C. Walsh sembrano confermare un tal fenomeno già notato dal Marsigli. Ma presso il nostro lit- torale io non conosco che esso sia stato mai osservato, ed anzi io sono persuaso che non esista perchè la quasi continua presenza de’bastimenti di qualunque di- mensione e per qualunque servigio che Io solcano in tutti i versi, avrebbe potuto farlo avvertire come è accaduto altrove e come l’hanno ben notato Heywood e R. Fitz-Roy presso il Rio della Piata. Nei paraggi ove questo fenomeno esi- ste i bastimenti possono avere rilevante vantaggio o disvantaggio, secondo la forza relativa e la direzione delle correnti superiori ed inferiori. Quindi per

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la corrente di cui mi occupo e per la questione che tratto , io credo poter applicare ad essa la legge adottata per i fiumi.

11 Turazza ci dice che « il problema della scala delle velocità fu ed è tuttora uno di quei problemi della pratica idraulica, che maggiormente ten- nero occupati i cultori della medesima ». E dopo avere analizzato le espe- rienze eseguite a tal’ uopo conclude. « Malgrado questi tentativi , i risulta- menti delle osservazioni presentano troppo forti anomalìe e fatti troppo con- traddittori , per poterne cavar fuori una legge generalmente applicabile. La sola conseguenza che si possa dedurre da tutte le osservazioni conosciute si è, che la velocità dell’acqua va minorando a mano a mano che dalla super- fìcie si discende in giù sino al fondo; lentamente dapprima , poi di più in più, finché la diminuzione si fa marcatissima nella vicinanza del fondo, ove la velocità si conserva tuttora maggiore della metà di quella che si riscontra alla superfìcie ». E la forinola da lui calcolata riesce meno lontana dal vero di quella di Prony come nota il Sereni. fatta legge si trova verificata an- che da alcune esperienze, eseguite personalmente dal Casoni col galleggiante composto, nella contro-corrente da lui scoperta vicino a Malamocco. Questa più notabile diminuzione presso il fondo nasce principalmente da quelle re- sistenze prodotte dalle scabrosità del fondo , naturali cimngeni del Tadini. « L’attrito dell’acqua corrente sopra il fondo del suo letto, scrive il de la Dè- che , è considerevolissimo , e veruna corrente o marea può avere la stessa velocità alla superficie del mare ed al suo fondo. Se fosse altrimenti, le cor- renti prodotte dalle maree non sarebbero, lungo la più parte delle coste, che delle masse di acque torbide ; invece si vede in tempi calmi che le acque conservano tutta la loro limpidezza ». Dunque può ritenersi per certo , che la velocità della corrente sopra il fondo del lido toscano e del resto d’Italia è molto minore di mezzo miglio l’ora, e può credersi tutto al più, nei punti ove essa è più vivace, di metro 0,15 per minuto secondo, com’è stata ritro- vata nelle vicinanze del porto di Cette da Le Bourguignon-Dupperè.

32. Sappiamo inoltre che presso le sponde diminuisce la velocità dell’acqua per la stessa legge che la fa diminuire presso il fondo, lo credo superfluo riportare in proposito degli esempi; ma per la sua specialità ne citerò uno. Nel 1840 ebbi dal governo pontificio il comando di tre piccoli bastimenti a vela per ricevere in Egitto alcune colonne di alabastro, che il munificentis- simo viceré Mohammed-AIy aveva donato alla rinascente basilica di s. Paolo in Roma. Giunto nel Nilo, e non essendo le dette colonne pronte per cari- carsi, mi risolvetti di rimontare quel fiume con uno de’nostri bastimenti fino alla prima cateratta. Mio scopo fu quello di occupare il tempo dell’indugio

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a conoscere un tratto di 825 miglia de’più grandi corsi di acqua, e visitare le magnifiche rovine di quello storico e classico paese. Giunto alla prima ca- teratta, voleva scendere al più presto al Cairo; ma un vento forte da nord non solo impediva la discesa, ma ricacciavami indietro. Più volte tentammo di levare l’àncora e d’impiegare tutti i mezzi in uso per ottener l’intento; ma inutil- mente e con molto pericolo del bastimento, in quel tratto di fiume presso Assuan (l’antica Syene) seminato di granito. Allora pensai che ponendo una vela sott’acqua attaccata al bastimento, essa ricevendo l’ impulso della cor- rente lo avrebbe comunicato al naviglio per modo che, spinto da questa au- mentata potenza, vincerebbe quella del vento e discenderebbe il fiume. Così facemmo, e ne risultò quanto desideravamo. Ma ciò che cade in acconcio qui riferire, in appoggio alla proposizione che ora tratto, si fu il vedere il basti- mento non solo discendere con forte vento contrario , ma ben anche allon- tanarsi dagli scogli, dai banchi, dalle sponde sottili, e navigare sempre nel miglior canale con maggior precisione di quella che avrebbe potuto ottenersi se guidato fosse stato dal più intelligente e pratico piloto. Il bastimento do- vendo ubbidire al centro di sforzo della vela sott’acqua, e questo essendo il prodotto dell’azione massima della corrente, veniva obbligato ad allontanarsi dai luoghi di pericolo , ossia di minor acqua , perchè vi era in essi minor corrente. Questo utile risultamento non deve far meraviglia: perchè, dirò con Arago, plus ori étudie de près les phénomènes nalurels, plus ils acquièrent d'im- porlance et de grandeur. Mi pare che questo fatto potrebbe per analogìa ser- vire anche a render ragione , come quelle zattere di ghiaccio (così chiamate da Collegno parlando del trasporto degli erratici) cariche di massi di rocce di ogni dimensione e galleggianti in acque correnti , abbiano potuto evitare le gole, le tortuosità delle valli, e trasportarsi in mezzo a tanti ostacoli in

luoghi molto distanti dal punto di loro partenza.

E quello poi che verificasi nei fiumi deve aver luogo anche in mare ; anzi convengo pienamente col ripetuto de la Bèche , che « in quanto con- cerne la sola velocità dell’acqua, la forza di trasporto sarà minore, tutte le altre cose eguali d’ altronde, lungo i lidi del mare che sopra le ripe di un fiume ». Macarte y Diaz aveva già detto: « In generale si osserva, che le cor- renti, le quali da 5 a 6 leghe o più dalla terra, seguono la direzione de’lidi van perdiendo la fuerza de su impulso quanto mas próximo à la costa ; de suerte que à la inmediacion d'ésla , suele retroceder en sentido contrario ». De Rossel dopo il Macarte ha avvertito che « tutte le parti delle correnti , che hanno luogo in pieno mare, non prendono lo stesso grado di velocità . . .

la rilesse va en diminuant peu à peu, jusque près des bords . . . ». E. C. Phi-

lippe de Kerhallet ha osservato , che la corrente della Guiana , qui est une

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continuation da courant équatorial , ha quattro miglia di velocità in un’ ora dans le Ut da courant , mentre che presso il lido elle diminue graduellement à moins de \ mille à l'heure. In fine ogni barcarolo sa, che tenendosi presso il lido o presso un banco di sabbie allorquando la corrente di marea od altra è contraria , egli fa più cammino che tenendosi al largo. 11 perchè bisogna avere a calcolo quest’altra causa di diminuzione di forza nella corrente lit— torale , quindi di sua minor azione. Invece <c les vents , dirò con Aimé , agissent come produttori di mouvement de transport nella massa liquida, avec d'autant plus d'energie que la mer est moins profonde sur une plus grande sur- face »; e l’onda da dieci a quindici metri di profondità si scioglie da ogni legge, e da questo punto alla riva, franta, travolta ed arruffata corre a guisa di tor- rente in piena istantanea, e peggio ancora , rovescia e trascina seco o, per lo meno, percuote con grande impeto quegli ostacoli che non cedono al suo corso sfrenalo.

Dunque mentre l’azione di trasporto de’ flutti è senza dubbio tanto più attiva quanto è meno profondo il mare, l’azione della corrente ha tanto meno valentìa , quanto più diminuisce il fondo di esso, e si accosta alla spiaggia.

33. Tediamo ora qual’è la forza necessaria ad una corrente per Smuo- vere e trasportare il fango , le sabbie ed i ciottoli. Sebbene la scienza non possieda peranche norme precise su cui valutare la velocità necessaria af- finchè l’acqua possa vincere l’aderenza e trasportare le sabbie , le ghiaie , i ciottoli di maggiori o minori grossezze e di forme diverse , pure da alcune esperienze fatte in Francia, in Inghilterra, e fra noi, si può approssimativa- mente ritenere che la velocità di metro 0,15 in un minuto secondo occorre per trasportare l’argilla tenera; di 0m,305 per la sabbia ordinaria, e di metro 0,375 per i ciottoli del volume di un uovo di gallina. Ma fatti di natura più adatti al caso nostro ci mostrano, che velocità ben maggiori sono necessarie per vincere 1’ aderenza delle suddette materie deposte nel fondo acclive del mare, sollevarle, trasportarle e formare o distruggere considerevoli depositi.

E qui non sarà superfluo rammentare che il Montanari ed i seguaci suoi danno ai flutti l’incarico di vincere quell’aderenza e di sollevare dal fondo i materiali, e lasciano alla corrente l’ufficio del trasporto di essi. Ma se ci fac- ciamo a considerare la velocità della ripetuta corrente del Montanari, e tutte le cause che ne diminuiscono il valore disopra enumerate, io sono convinto che, tolta ai flutti l’azione di trasporto e data ad essi quella sola di smuo- vere e d’innalzare i corpi ostruttivi, la forza residuale della corrente in di- scorso non può seco convagliare , non dirò ciottoli e ghiaie , ma neppure sabbioni, sabbie ed arene, restando ad essa soltanto la belletta o al più l’ar-

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gilla tenera , quai modesti materiali con cui essa può contribuire agl’ inter- rimenti de’lidi e de’porti. Ed è forse per questo che Leonardo ci ha detto, « le fortune di mare gettano a riva una gran quantità di rena, la quale s’in- nalza per tutta essa riva ».

In generale senza le tumultuose agitazioni del mare e senza moto di trasporto nei flutti , ben poco sensibili sarebbero gli effetti di aumento o di diminuzione de’lidi. Eccone ulteriori prove.

34. Premetto anzitutto che dalle altrui e mie ricerche mi sono altamente persuaso , che dal fondo del mare provenga una gran parte de’materiali che ostruiscono i porti e protraggono i lidi. A. d’Orbigny, prendendo il numero sedici per l’assieme de’sedimenti marittimi, così lo divide:

Sédiments fournis par les affluents terrestres 4

» » » V usure des cotès 10

» » » les corpes organisés 2

Total . . 16

Ma più particolareggiate indagini fatte dal Marchal ci mostrano, che Tapport fluviatil est inférieur à 1/45 de Vapport maria dans la formation des polders de la Hollande. Dimodoché , nelle sue conclusioni ei ci dice : si les rivières ne charrìaient jamais aucunes matières , la navigation des parties siipérieures serait toujours bornie; mais la navigation de Vemboucliure ne serait pas sensiblement améliorée. Monnier ha scoperto, e con scrupolose indagini verificato, che la barre de Bayonne se forme de sable fin , mèlé d'une grande quantità de graviers principalemenl quartzeux qu'on ne trouve ni dans Vintérieur ni à Vextérieur de VAdour. Dalle foci del Tevere sino al monte Circeo, cioè per la lunghezza di sessanta miglia, noi abbiamo spiaggia sottile e progressiva. « Allorché, dirò col citato professor Ponzi quanto egli diceva di questo littorale, allorché noi ci accostiamo al mare siamo veramente sorpresi nel vedere immensi tratti di paesi ingombri di un sabbione arido incoerente, su cui a stento si muove il piede, e sul quale la vegetazione si fa rara sempre più finché del tutto scom- parisce. La superfìcie di questa sabbia colpita dal vento può dirsi in un con- tinuo movimento, avvegnaché vedesi increspata in direzione traversa al vento che soffia e le crespe camminare a modo di piccole dune. Quantunque sog- gette a questo rimescolamento di superficie pure vedute in grande, sono esse formate di letti stratificati indicanti bastantemente la loro nettuniana origine. Gli elementi di cui risultano formate queste sabbie , sono per la massima

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parte di natura silicea e calcare ». Per spiegare questo vasto insabbiamento si è da taluno creduto, e fra questi il Linotte, che il Tevere ne era la causa; e, secondo lui, i materiali che ostruiscono il porto in Anzio sono quegli stessi scaricati dal detto fiume ; ma io invece sostengo che T influenza di questo gran corso di acqua si limita a piccola distanza da sinistra della sua foce di Ostia. Ed eccone la ragione. Dalla detta foce al monte Circeo la spiaggia corre per sud-est circa, ad eccezione delle due accidentalità fra Anzio ed Astura, e fra questa al Circeo. Egli è noto che i venti regnanti e dominanti in que- sta spiaggia sono dal sud-est al sud-ouest, e che quest’ultimo ne è la tra- versìa. Coll’azione de’primi i materiali del Tevere sono trasportati alla destra di esso e non alla sinistra, ed in fatti, osservato dal mare o dalla cima della torre di Fiumicino, il colore più denso della vasta zona torbida che si sviluppa lungo il lido, si trova sempre a destra. Coll’azione dell’ultimo, cioè quello di traversìa, i materiali stessi sono rispinti normalmente alla spiaggia, ossia non hanno moto notevole lungh’ essa. All’ azione generale de’ venti di sinistra si unisce anche quella della corrente littorale, la quale debole in tempo calmo è forte col soffiar di quelli e concorre ad operare nel verso di essi. Quindi è che per la potenza de’flutti di sinistra e per quella della corrente regnante, le torbide del Tevere sono obbligate a svilupparsi lungo la destra spiaggia.

Quella parte de’materiali di esso fiume che i venti di ouest e quelli di nord-

ouest, generalmente miti a confronto degli avversari loro ed agenti contro cor- rente, convoglieranno verso la sinistra delle sue foci, niuno potrà credere, io

mi penso, che possa essere la causa di quel lungo e largo insabbiamento, e

moltomeno i flutti di essi venti somministrare i materiali del Tevere al porto di Anzio , a trenta miglia di distanza ed a sopravvento secondo la costitu- zione di questo littorale. Una o due sciroccate bastano a distruggere e spaz- zare il circoscritto lavoro di un anno de’venti opposti. Se da questa argomen- tazione passiamo all’ analisi meccanica de’ materiali convogliati dal Tevere al mare, secondo le ricerche microscopiche inedite del Ponzi, le cui risultanze gen- tilmente mi ha favorito , rileveremo che essi si compongono: « 1°. di esi- lissimi e brillanti granellini di Quarzo jalino : 2°. di particelle calcaree, gli uni e le altre essenziali alle sabbie plioceniche: 3°. di piccolissimi cristallini di Piros- sene nero, pezzetti di Leucite e di Olivina, Peridoto verde, e pagliette luccicanti di Mica , materie tutte formanti parte integrale dei tufi vulcanici romani e viterbesi: 4°. di gusci di Elici, residui di vegetabili, avanzi di opere manufatte, ed altri rimasugli che, caduti nell’acqua, furono dalla corrente tiberina tra- sportati ». Al di del limite da me accennato, la spiaggia è costituita « da materiali più grossi indicanti un attrito fluviale minore e una maggiore forza di traslazione marina. In essi non si rinvengono che poche di quelle quisqui -

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gli <5 così frequenti nelle acque del Tevere, specialmente dopo aver passato pei luoghi abitati; ma invece valve separate e frammentarie di Donaci, Car- dini, Mattre e di altre conchiglie arenicole, miste a gusci di qualche piccolo mollusco abitatore delle nostre coste ». Accampato per oltre un mese presso !a foce di Rosetta, nella citata spedizione in Egitto, ho potuto più volte ve- rificare quanto Jomard racconta sopra l’origine delle sabbie del delta del Nilo. Souvent, egli dice, je reslais ime heure enlière à considérer dans son origine el dans sa marche le phénomène de la formation des sables : je voyais les va- gues se briser et apporter ime petite ligne à peine sensible d'un sable très-fin , ime autre vague revenait chargée camme la préeédenle , et cetle nouvelle ligne de sable repoussail un peu la première : celle-ci mie fois hors d atteinte de l'eau, frappée par un soleil ardent étail bienlót séchée et donnait prise au vent qui aussilót s' en emparait et la charriait dans 1' air. Les parlies de gravier moins légères n arrivaient pas aussi loin, mais soumises au mouvement alter- nali^ s'usaienl de plus en plus , et se transformaient peu à peu en sable.

Nel convenire sulla ipotesi del Marchal e nel ritenere per verissimi i fatti da lui, dal Monnier, dal Ponzi e dal Jomard riferiti, credo dover dichiarare esser vero puranche che l’origine e l’aumento del delta de’nostri fiumi è il prodotto dello scarico de’fiumi stessi. Quando anche il mare non recasse materiali al delta del Tevere, del Po, del Nilo e di altri, esso sarebbe non di molto infe- riore della massa attuale; perchè quei detriti del fondo del mare, che il moto ondulatorio normale alla fronte del delta vi trasporta e deposita formandone punta inoltrata fra le due foci, vengono dallo stesso moto, quando è inclinato, tol- ti e trasportati a destra od a sinistra. La debolezza delle correnti di maree o lit- torali del mare nostro, pochissima parte possono avere nello spandimento a grandi distanze delle materie scaricate dai suddetti fiumi; e ciò spiega senza dubbio, la rapida e vasta estensione de’nostri delta, e quella tarda e limitata de'fiumi studiati dal Marchal e da altri nell’Oceano. D’altra parte è però ugual- mente certo che alcuni tratti de’ lidi mediterranei ed oceanei si protrag- gono senza ricevere materiali dai fiumi, e neppur dalle rive marittime. « Le coste de’reali dominj, leggo in Rivera, hanno lo sviluppo di 1500 miglia e di esse almeno 1100 miglia consistono in dune di considerabile larghezza per le progressive protrazioni delle spiagge. Sono maggiori le protrazioni ne’ tratti adiacenti alle foci de’fiumi e torrenti che trasportano nel mare più copiose alluvioni, dopo le imprudenti dissodazioni de’monti. In alcuni altri tratti ne’quali le correnti littorali non producono corrosioni, appiè delle rupi comunque s'in- nalzino quasi a picco , si veggono formate larghe spiagge in guisa che dal capo dell Armi fino a Taranto , tranne alcuni promontori sporgenti , si può andar

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co' carri lungo la duna ». D’ Orbigny assicura che des sédiments considérables si depositano sopra le coste ou il rìexiste aucun affluent terrestre come quelle del Chili , della Bolivia e del Perù: e considerabili insabbiamenti egli am- mette anche in quelle coste ove il ne pleut jamais, citando quelli che si svi- luppano depuis Coquimbo jusqu à Guayaquil. Ed il Marchal, più specialmente impegnato in questa ricerca, mi conferma che nelle coste stabilite, cioè non soggette per la loro durezza a corrosioni, si hanno rilevanti accumulamenti di materiali. En résumé , egli dice, nous avons d'abord monlré , par Vexemple de la baie du mont Saint-Michel, que dans la Manche la mer agissant seni e , niènte sur des còles à rochers cristallisés, exerce ime puissance d'apport consi- dérable , que nous avons évaluée pour la seule baie du mont Saint-Michel à 600000 mètres cubes par an. Per me non vi ha dubbio alcuno che nel fondo del mare 1’ agitazione de’ flutti faccia una potente triturazione delle materie mobili fra le quali possono essere comprese le conchiglie, e così sommini- strare una parte della sostanza calcare che vi si rinviene ; e i flutti stessi quasi esclusivamente (e non la marea, come crede il citato Marchal) traspor- tino poi i materiali così preparati e formino le rive di lunghi e larghi tratti di littorali. Vengo alle prove, di cui sopra.

35. L’ esperienza ci fa sicuri , che le chiuse di spurgo , o di cacciata (■ éscluse de citasse) usate nei porti a marea hanno poco effetto sopra un fondo maggiore di tre metri, anche quando lo scarico dell’acqua ha due miglia l’ora di velocità alla superficie. Lamblardie, padre, ha osservato che lungo il lido dell’alta Normandia il movimento della marea, paragonato all’effetto del vento sur les vagues , est presque insensible. Egli ha più volte veduto in tempo cal- mo, que le courant de la marèe , ne donnait , le long de la còley aucun mou- vement au galet. Ed è noto che la velocità della corrente-marea in quel lido può ritenersi di due miglia l’ora. Monnier parlando di una corrente littorale di lm, 4 per secondo, non crede che possa vaincre V adhérence des matières déposées au fond de la mer , puis les transporter au rivage et ij former ces dépòts considérables quoti remarque dans certains parages. Reibell si è con- vinto che la locomotion des corps immergés può essere dovuta unicamente aux vagues .... e che le correnti del mare di 2 a 3 metri per secondo di ve- locità possano solo avervi parte, mais sur ime bien moindre échelle , e sola- mente per le materie d’un faible volume. John Washington, parlando del moto de’ materiali lungo il lido di Dover , consistenti in minuta ghiaia ( shingle ) , conferma che sono spinti innanzi dall’azione delle onde soltanto: la corrente di marea anche nella sua massima forza [even in its greates strenglh ) non esercita influenza su di essi. Quindi una corrente di oltre due miglia e mezzo

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]’ ora non basta a smuovere o trasportare i minuti materiali che giacciono presso e lungo quel lido. Il de la Bèche che più d’ogni altro si è occupato di questo argomento sopra i lidi del mare, dopo aver esposti molti fatti che confermono il mio assunto , avverte « essere importante di ben penetrarsi di questi fatti , i quali provano che allorquando le correnti maree passano sopra fondi di sabbia con delle velocità anche di due o tre miglia l’ ora a qualche piede al disopra del fondo, il movimento dell’acqua non rimuove sensibilmente le sabbie. Il fatto , conclude il medesimo , il fatto della non alterazione de’fondi, su cui le maree o le correnti passano con velocità con- siderevole, è ben noto ai marini, e sembrerebbe che noi fossimo lungi d’avere delle idee esatte sopra la velocità che deve avere 1’ acqua a diverse profon- dità per trascinare della melma, della sabbia e de’ciottoli ». Il ripetuto Mon- nier dalle proprie osservazioni ha dedotto che un banc de sable fin , situato al nord della foce dell’Adour et faisant vers le large ime saillie aussi prononcée que la barre , è completamente sparito sotto 1’ urto de’ flutti di ONO.; mon calcul, egli dice, porte à environ 300000 mètres cubes la massa di sabbia in tal modo gettata sopra la riva destra dell’Adour, in dieci o dodici anni ».

Ma veniamo all’Italia. Se la sua corrente littorale avesse azione imme- diata sul fondo de’suoi lidi dovremmo vedere sul fondo delle spiagge sottili 1’ impronta di lei : esso essendo di arena , ed in molti luoghi finissima, do- vrebbe essere lavorato e conformato nel verso della direzione della corren- te ; ma in vece vediamo il detto fondo ondulato nella direzione, in ge- nerale , perpendicolare a quella del vento che ha regnato. Verificasi dunque nel fondo del mare quanto osservasi alla superficie delle dune; in queste le arene ondulate non lasciano dubbio alcuno essere il risultato di un movi- mento percussivo e progressivo impresso in esse dal vento che sopra ogni altro ha regnato, e si dispongono normali ad esso; quindi quello come queste sono l’effetto della stessa causa. Dalle mie osservazioni sulla direzione dello sbocco de’fiumi in mare ho trovato confermato quel che ne riferisce in pro- posito il Castelli. In questo si legge: «Io ho osservato in Toscana, nella spiaggia romana e nel regno di Napoli, che quando un fiume sbocca in mare, sempre nel mare stesso si ritrova nella sboccatura quasi come una mezza luna, ovvero una trincierà di radunala di arena sotto l’acqua assai più alta, che il rimanente della spiaggia, ed è chiamata in Toscana il cavallo, ed in Venezia lo scanto; il quale viene tagliato dalla corrente del fiume, ora dalla banda destra, ora dalla sinistra, ed alle volte nel mezzo, secondo che spirano i venti verso quel sito ». Anche il de Fazio ha veduto che le foci del Vol- turno e quella del Sebeto s’ inclinano a seconda del vento che ha regnato malgrado della corrente littorale . Ed il Brighenti ha molte volte verificato che

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« i canali fatti dalla Marecchia, dalla Foglia e dal Misa sulla costa adriatica fra Cesenatico e Sinigaglia hanno la fossa mutabile secondo la direzione della traversìa, come dicono, o del moto ondoso delle burrasche ».

Un altro fatto, che vale sempre più a mostrare quale possa essere l’a- zione del moto radente nello smuovere o trasportare le arene, è l’effetto pro- dotto in que’guardiani posti a difesa della bocca de’porti e a qualche distanza da essi. Se ci facciamo ad osservare questi ripari lungo il littorale italiano nell’ Adriatico , ove la direzione della corrente è opposta a quella de’ venti regnanti e dominanti, vedremo che i materiali, le arene, sabbie, ghiaie o ciot- toli che siano, si trovano accollati ed ammassati dalla parte destra de’guar- diani, cioè da quella parte da ove si sviluppano le levantare , venti dominanti e regnanti in quel littorale: mentre dalla sinistra, da cui viene la corrente, non si scorge cotanto sensibile accumulamento di essi, per minuti che siano. In vece se volgiamo lo stesso studio a quei ripari artefatti o naturali lungo il nostro littorale, ma nel Tirreno, vedremo che i materiali sono rattenuti dalla sinistra dell’ ostacolo: perchè i venti meridionali , che sono regnanti e dominanti in questo littorale , scendono da manca a destra , unendo così la loro azione a quella della radente. Gli stessi effetti troveremo se ci facciamo a studiare le rade ed i porti. « La costa di Valparaiso (Chili) , racconta A. d’ Orbigny, nous d offert un exemple curieux de /" effet sous-marin des venls . 11 porto è formato dal capo Coromillera, che lo garantisce dai venti e dalle correnti regnanti dalla parte del sud. Quando soffia questo vento, la rada di Valparaiso è tranquilla; il suo fondo, di ragguardevole quantità di acqua , è formato di tenui sedimenti , e le acque sono pure e limpide. Allorquando , verso il mese di marzo, in quasi tutti gli anni, il vento gira all’ ouest o al nord-ouest, il porto non è più difeso; la houle devient plus forte , renine le fond sur le mouillage, 1’ acqua si carica di particelle terrose in movimento , le quali non si depongono che quando il ritorno del vento verso il sud ri- conduce la tranquillità ». Eugenio Robert, completando gli studi di altri os- servatori sulla notabile tendenza che hanno i fiumi dell’alta Normandia di volgere i loro sbocchi verso il NE. , si è convinto che ciò si debba à ime seule cause , cioè, à V action predominante des venls qui soufflent de la parile ONO. du compas , action telle , que les galets qui ont passé du coté 0. de la gelée au coté E ., ne retournent jamais à leur point de départ. Minard ha re- gistrato che nel golfo della Napoule, ove è situato il porto di Cannes, con de’venti da ouest au sud-ouest , le sabbie del lido all’ouest di Cannes si avan- zano verso il porto : questo cammino ha luogo contre le courant littoral de la Médilerranée allant de Vest à l'ouest. Ma torniamo ai nostri lidi. Nell’ A- driatico il porto di Ancona aperto alla corrente littorale, ma difeso dal capo

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di monte Conero e dalla costa che si prolunga presso il molo dai venti re- gnanti e dominanti di quel mare, si è mantenuto anche a traverso i lunghi secoli di barbarie : invece nel Tirreno quello vastissimo di Anzio non co- perto da verun prossimo capo , ed aperto ai venti infesti di questo mare , cioè di sinistra, ebbe breve durata utile, ed è giunto a noi ricolmo di arena. L’altro di Civitavecchia, a ridosso del vicino capo Linaro , riparato in gran parte dai detti venti, si è sempre conservato alla navigazione: e così quello di Livorno difeso interamente dagli stessi venti, dalla buona disposizione data al suo molo, si è mantenuto quale era ai tempi de’ primi Medici suoi fon- datori. Nell’ interno del porto di Civitavecchia e precisamente negli angoli formati dalle banchine sotto la fortezza , ed anche sotto la calata presso la scaletta, si vedono de’raduni di ciottoli del volume medio di un uovo di gal- lina, ed alcuni di misura doppia e quadrupla. Questi ciottoli sono la maggior parte dello stesso materiale degli scogli dell’antemurale; il rimanente di ma- terie diverse. I primi a me sembra certo che provengano dall’ antemurale stesso; i secondi possono provenire dal fraudolento gettito della savorra dei bastimenti ormeggiati nel porto. Ma provengano essi dall’ antemurale o dai bastimenti, non vi ha dubbio che detti ciottoli traversano o l’intero porto o gran parte di esso, ossia un tragitto di 600 o 200 metri circa in un fondo di 2 a 6, e da 6 a zero metro di acque piene. Ora, quale può essere la po- tenza che imprima moto di traslazione a materiali del volume e del peso de’ sopra accennati ? La corrente Litorale no davvero , perchè , quando ne avesse la forza, la sua direzione essendo verso NO. i detti materiali sareb- bero trasportati fuori del porto alla parte destra di esso , invece essi si trovano nell’ interno del porto ed alla parte sinistra : quindi devono essere i flutti. E che i flutti sieno , si fa puranche manifesto dalla posizione che occupano nel porto i detti ciottoli. Essi si trovano rattenuti in maggior co- pia negli angoli che guardano 1’ apertura della bocca di ponente. Nella sco- gliera delFantemurale i piccoli massi per il cozzo fra essi in tempi di grosso mare si riducono a ciottoloni e quindi a ciottoli, avviandosi di mano in mano sulla punta di scogliera che ristringe la detta bocca e termina sul fondo della bocca stessa. I flutti di ouest e di ouest-sud-ouest, che v’imboccano, spin- gono i più piccoli negli angoli suddetti. Gli stessi flutti, scavalcata la lingua di scogliera , si propagano nel porto come onde di poca altezza e di poco sensibile moto di trasporto alla superficie, e solo l’urto loro sul fondo e la corrente da essi ivi creata devono imprimere moto di trasporto ai materiali. Ad aumentare i depositi sopra indicati può anche prender parte la risacca di fondo prodotta da quei flutti che entrati dalla bocca di sud, detta di levante, vanno a percuotere nel braccio del lazzaretto.. I ciottoli che entrano da que-

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sta parte si dividono in due masse: una dalla risacca della scogliera del bic- chiere è trasportata nell’interno dell’antemurale sotto il faro, e vi forma de- posito; l’altra dal flutto diretto è condotta al molo del lazzaretto ove lascia- tone una piccola porzione nell’angolo formato dalla così detta piazza da basso, il di più è rispinta per la risacca di fondo sotto la fortezza e sotto la ca- lata come ho detto in principio. Un testimonio perito e di vista, cav. Bounin, mi ha raccontato che in Algeri uno scoglio di due metri cubi , dopo una tempesta, dall’antico molo venne trovato presso la sanità, cioè a 160 metri di distanza , avendo traversato un fondo di 3 a 8, e da 8 a 1 metro. Dal giornale del fanale di Livorno tenuto dal citato Parenti si desume, « che il 15 gennaro 1843, essendo vento e mare da libeccio, atteso la forte risacca che viene prodotta dal mare riflesso dalla scogliera del molo Cosimo, la barca di servizio del fanale, lunga 21 piede, venne affondata non ostante che avesse una bozza da pruva di 4 passa sopra un cavo da posta che pur doveva ce- dere. La detta barca dopo affondata ruppe gli ormeggi , e poscia si ritrovò malconcia presso la scogliera del molo suddetto ». Questo fatto ci prova che la risacca sottomarina ebbe la forza di rompere gli ormeggi della bar- chetta alla profondità di circa sei metri e di trarportarla per 250 metri in un fondo aclive a fracassarsi presso la scogliera. Dallo stesso giornale si desume ancora un fatto già in parte da me riferito, cioè che « nel mese di novembre la suddetta risacca portò via da un remoto angolo della piazzetta 9 scalini di pietra di Musulmano di libre 800 circa ognuno, residuo della nuova scala interna del fanale, ed inseguito furono trovati in fondo al mare sotterrali dal fango e tutti arrotati ». 11 che ci prova che la potenza del flutto potè rimuo- vere quei massi alla profondità di 4 a 6 metri , arrotarli e coprirli con strati di fango.

Dunque dai raccolti fatti risulta sempre più confermato quanto ho già esposto nella prima parte di questa scrittura, cioè che i flutti trasportano in alcune circostanze alla superfìcie; trasportano da questa sino al fondo quando non hanno più libero sviluppo , e trasportano e rovesciano ed arrotano con rilevante potenza a ragguardevoli profondità ; e che questi trasporti si effet- tuano anche contro la direzione della corrente littorale. Egli è però che gli sbocchi de’ fiumi del nostro littorale nell’ Adriatico, armati o no , formando colla loro perenne correntìa un ostacolo al libero scorrimento del regnante flutto-corrente, favoriscono il deposito de’materiali alla destra parte, cioè nel punto d’ incontro delle due potenze: il qual deposito obbliga poi gli sbocchi stessi a piegare a sinistra perchè quivi trovano minor resistenza. Questa semplice spiegazione del tanto celebrato fenomeno de’ shocchi in mare, io la

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credo naturale, mentre ingegnosa, ma arteficiale, sono convinto che sia quella del Montanari .

Che se questi fatti possono, in apparenza, essere contraddetti da qualche eccezione, l’eccezione stessa è la conferma della dottrina da me abbracciata. « Imperocché, dirò colla autorità del de Luca già citato, imperocché tutto è regolare nell’ andamento delle leggi fìsiche: esiste anomalìa , che quando si guardano taluni fatti senza il corredo di tutte le circostanze dalle quali sono accompagnati ». Per esempio, in Sinigallia l’accumulamento è di qual- che metro maggiore nella sinistra palata ; ma quivi la destra spiaggia è in gran parte a ridosso del promontorio di Ancona; laonde l’azione de’regnanti venti di quel littorale si trova di molto modificata. Il Paoli ha sulla faccia del luogo studiato le cause di questa eccezione, e dopo tali studi, che di per- sona anch’io ho potuto ripetere, bisogna convincersi che l’interrimento nella prossimità di quel porto non viene in verun modo da qualche fiume situato alla destra, ma dai materiali del proprio suo fiume e da quelli tolti dal fondo del mare, e però essi possono essere maggiori dalla sinistra.

E non solo la corrente marina non può da per se sola distruggere o formare rilevanti interrimenti , e vincere il moto di trasporto de’ flutti , ma anche ha forza di tenere sgombrato un luogo, ove altre cause tendono ad interrirlo ; e gli esempi che sono per addurre si troveranno per il mio as- sunto principale , non meno concludenti di quelli di sopra riportati. « So- vente, dice E. de Beaumont, sovente un isolotto si congiunge alla costa con due cordoni littorali: tali sono per esempio le penisole di Giens, di Quibe- ron, ec. » Lo stesso autore altrove nota «che la penisola d’Hyères, non lungi da Tolone , formait originairement ime ile : ma essa è oggi unita alla terra ferma da un terreno piano, orlato da due lunghi cordoni littorali ». Malte- Brun ha pur egli notato che /’ ile de Tgr a été nnie au continent par ime main plus puissanle que celle d' Alexandre. Bernard osserva « che la penisola di Greu presso Tolone era per lo passato un’isola, ed eravi corrente fra essa e la costa ; nulladimeno le sabbie convogliate dal Gapeau si sono tutte de- poste alla destra di questo fiume sotto il ridosso formato da detta isola , e T hanno congiunta al continente ». Quella corrente che io ho osservato nei lido livornese, l’ho pur anche trovata in quello di Anzio. Per eliminare o al- meno diminuire il sempre crescente interrimento nel nuovo porto Innocen- ziano, si pensò trar profitto da detta corrente, la quale in quel capo è ben sensibile. A tal effetto il Venturoli ci racconta che « si aprirono per consi- glio di Boscovich nel molo vecchio di sinistra due bocche, che poi si riuni» rono in un canale largo nove metri. Questo si escavò e si prolungò soste- nuto da palafitte sino all’ acqua del porto vecchio. E perchè si temeva che

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le mareggiate di libeccio l’ostruissero, ne fa munito lo sbocco con traversa da aprirsi e chiudersi all'uopo. Così nel porto nuovo s’ iniziò altra palizzata per mantenere aperto l'ingresso all'acqua del porto nelle due bocche di co- municazione col porto antico. Questi lavori furono eseguiti con alacrità, ma ebbero fin da principio sinistro incontro, perchè il canale nel porto vecchio non fu appena scavato che s' interrì. Ora non si trova più traccia delle bocche , del canale ; salvo alcun avanzo delle palafitte semisepolte nella spiaggia ». Dunque il moto radente, quantunque incanalato e dall' arte con- dotto e difeso, non valse a spurgare il porto, e neppure a mantenere esca- vato il canale che gli venne aperto. Al capo del monte Circeo, punto molto foraneo , tutti i marini sanno che la corrente è ben più veloce che nel re-* sto del nostro Iittorale. Omero chiama queL monte un' isola , e Teofrasto ancora, secondo si legge in Plinio, lo descrive come un’isola, della quale in- .dica benanche il circuito. Ora, quella corrente che passa oggi fuori del monte, doveva, quando era isola, passare fra esso e la terra ferma ; nulladimeno il ripetuto monte è divenuto penisola attaccata al lido con dighe o cordoni di melme e di sabbie. Che anzi la duna occidentale che fa parte di questo at- taccamento semble , al de Prony , avoir été formée la prémière. Supposizione che può passare in certezza, se ci facciamo a riflettere che in questa duna, appoggiata da nord-ouest alla punta di Astura e da sud-est al monte Circeo, il vento dominante nel Tirreno vi scende pressoché normalmente, e se ammet- tiamo, come io sono convinto, che i detriti del fondo del mare possono aver ri- levante parte negl'insabbiamenti anche contro la corrente Iittorale.

Se dopo le riferite ricerche particolari entro in un campo più vasto, cioè in più generali investigazioni, mi vedo confermati i risultamene già ottenuti. I fatti e le argomentazioni raccolti e dettate dal de la Bèehe su questo proposito mi fan conoscere, che i paraggi dell’Inghilterra e del nord della Francia sono posti in circostanze le più favorevoli alla escavazione di valli nel fondo del mare, dal- 1’ azione delle maree e delle correnti, quante volte però questa azione fosse mai capace di produrre tali effetti; giacché la profondità dell’acqua essendo poco considerevole, quel fondo si trova esposto a tutta l’influenza delle cor- renti e delle maree , la cui energìa dev’ essere pur anche aumentata dalla velocità che esse acquistano per gli ostacoli delle coste e de’banchi di sab- bia. Nulladimeno in cotesti paraggi verun sistema si scorge di valli o di colli, corrispondenti a quelli del suolo ove noi abitiamo, ma invece puossi conside- rare quel fondo come un piano perfetto. Quindi mi si manifesta in esso piè l’azione pressoché livellatrice de’moti ondulatori, per le differenti direzioni e varie potenze loro, che quella escavatrice di costante e vegeta corrente.

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Così se dai paraggi anglo-francesi pongo mente alla già citata carta del Maury , la quale mi disvela dalle coste agli abissi l’andamento del letto dell’Oceano, e che abbraccia dell’Atlantico la parte più mossa dalle correnti, cioè dalla latitudine 55® nord a quella 10" sud, e dalla costa occidentale del- l’Africa a quella orientale delle due Americhe, io vedo che le più costanti , regolari e vive correnti del nostro globo non marcano traccia della loro azione nel fondo su cui passano. Perchè , leggo in Leonardo , /’ acqua che corre sopra gran fondo , s' ella non vi entra con colpo non va in fondo , onde quella del fondo fa poco mutazione »; e niuna ne farà, oltre un certo limite. Di- fatto dall’ erudito annuale discorso letto nella riunione della società geogra- fica e statistica americana il 16 febbraio 1854 dallo stesso Maury , e che accompagna quella carta , apprendo che il piombino , fatto scendere in quel vasto bacino alle profondità di 1500 a 2000 passi ( fathoms ) da Berryman e da J. M. Booke, ha portato alla superfìcie del mare una collezione di ec-- cellenti esemplari de’ materiali che coprono quel fondo, la quale dal Bailey con diligenza esaminata, si è trovato contenere soltanto microscopiche con- chiglie, la più parte calcaree , chiamate Foraminiferay il rimanente selicee , Diatomaceae. Niuna particella di arena o ghiaia esisteva fra esse ( Not a par- sele of sand or gravel exisls in them ). «. Dalla qual cosa , conclude il Mau- ry, si deduce che questi fondali non sono affatto molestati dalle correnti, dalle onde ( Hence thè inference , that those deplhs of thè sea ivere not dislurbedy either by ivaves or currents) ». Ma veniamo a profondità molto mi- nori. Quella vasta corrente equatoriale proveniente dalla costa occidentale dell’ Affrica che, giunta nel canale formato dall’ isola di Fernando de Noronha e dalla costa del Brasile, è animata di 2 a 3 miglia l'ora di velocità, e che ivi obbliga i bastimenti che vi cadono a ritornare nell’emisfero boreale per rimontare all’ est e proseguire il loro viaggio al sud , cotale corrente dico , non presenta sul fondo di quel canale norma di sè. Dal capo s. Rocco di- rigendosi essa sulle coste della Guiana, nel mar delle Antille allaccia il ramo passato al nord della suddetta isola e fra quel vasto arcipelago, e per il golfo del Messico sbocca dallo stretto della Florida con una velocità di 5 a 6 miglia l’ora: non pertanto in tutto questo veloce e lungo corso verun punto del fondo indica il suo passaggio. Quei lidi e quei fondi hanno il carattere delle nostre spiagge prive di correnti; in quelli come in queste gli stessi sistemi di cor- doni littorali, gli stessi lavori propri del giuoco delle onde ; ed il golfo mes- sicano presenta un vasto territorio in colmata , e non in corrosione ed in scavamento.

Io ritengo adunque che bene a ragione il Delue accenni , il Tadini di- mostri e A. d'Orbigny confermi con le qui appresso parole, che on a beau-

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coup cxagéré Vimportance des couranls dans les causes géologiques (ed anche, soggiungerò io , riguardo alle opere idrauliche) en leur attribuanl des effets qu'ils n'ont pcis, et qu'ils ne peuvent avoir.

36. Molti altri fatti potrei citare a sostegno del mio assunto: ma i so- prallegati mi sembrano bastanti a dimostrare, che la nostra corrente non ha sufficiente forza per sollevare materie di veruna specie, di trasportare quelle alquanto pesanti dai flutti inalzate, e per conseguenza di formare o distruggere rilevanti interrimenti in qualunque punto del lido livornese e di tutta l’Italia.

Posta la questione nell’epoca nostra ed in tempi normali, cioè non di cata- clismi, e tolte alcune località eccezionali, come quelle degli stretti di Messina, Gibilterra e simili, io sono convinto di quanto G. Collegno asserisce, che « le correnti non hanno alcun potere di erosione : il solo effetto del moto delle correnti e della marea pare essere il distribuire sopra estesissimi spazi le ma- terie trasportate dai fiumi e quelle tolte alle spiagge (e dal fondo del mare, aggiungerò io) dalle onde marine durante le tempeste »: ed anche in tempi di venti discreti, aggiungerò ancora, come ha avvertito il Mari, e come si può desumere da alcuni fatti raccolti dallo Stile e dal più volte citato de Rivera. Le onde , sempre piccole per qualunque forza di vento , che possono solle- varsi nel lago Fucino sono atte, al dire di questo osservatore, « allo stritola- mento della roccia in ciottoli di diversa grandezza in tutta la costa di oltre sei miglia di lunghezza, cioè dalle vicinanze dell’emissario Claudio fin presso (Mucchio ». Ed Ignazio Stile aveva già avvertito chele tempeste di detto lago mettendo tutta la ghiara in agitazione , i canali artificiali in esso praticati ven- gono nelle bocche ricolmali di ghiara. « Per opera del fiotto stesso , nota ancora il Rivera , e non certo per corrente littorale stabile soggiungo io , i ciottoli sono disposti appiè della costa con l’inclinazione corrispondente alla loro grandezza, ed i più piccoli con moto di traslazione sono stati trasportati in quelle parti del perimetro ch’è disgiunto dalle falde de’ monti per un’ am- pia pianura dolcemente inclinata ».

37. Facendo ora per ordinato discorso il confronto fra la forza e gli effetti de’ flutti con la forza e gli effetti delle correnti, non può non convenirsi della gran prevalenza che hanno i flutti sopra qualunque corrente di marea o lit- torale , in ordine al zappare ed al trasportare materiali anche in direzione opposta della corrente regnante, e quindi al formare o disfare interrimenti; e però la direzione regnante non delle correnti, ma dei flutti deve aversi prin- cipalmente IN MIRA, OVE SI VOGLIA PROVVEDERE ALLA CONSERVAZIONE DEPORTI.

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Le lunghe serie di fatti raccolti , accadendo uniformemente nelle me- desime circostanze, sono, a parer mio, solida base per dedurne la suddetta legge degli insabbiamenti. Ma se i sostenitori della oostante immobilità del- l’acqua nella massa che costituisce l’onda intera anche presso il lido, non ver- ranno nel mio avviso contrario ad essi dopo i fatti raccolti nella prima e seconda parte di questa Memoria, ho fiducia però che sieno per convenir meco, che moto di trasporto ed impetuoso esista nelle onde quando esse sono frante. Or bene ; questo basta per rovesciare l’edificio della dottrina del Montanari. Ho detto che 1’ onda si frange a venticinque metri e più di profondità. Legendre nota che a Jstapa, porto di Guatamala, la mer brise par 10 et 12 brasses (17 e 20 metri). Lartigue, dalle sue osservazioni ha dedotto che par nenf ou dix brasses (15 o 17 metri) vis-a-vis des còtes de la Guiana , la mer est loujours grosse de puis ce brassiage jusqu' a terre ; elle brise mème quel- quefois comme sur des fonds de roche , principalement pendant la saison des vents de NE. C. Philippe de Kerhallet avverte che all’isola di Sabbia sur la barre de NE. in un fondo di 18 a 24 mètres le brisanls s'élevent pourvu quii y ait un peu de mer. Alex. Vidal ha registrato che nelle seccagne al NO. di Por- to-santo (Madera), le quali trovansi a 20, 27, e 31 metri sotto la superficie del mare , 1’ onda si frange con violenza nei cattivi tempi. Abbiamo veduto che Monnier ha avvertito che in alcune seccagne del golfo di Guascogna , coperte di 34m di acqua, l’onda si frange. A. Lieussou ha osservato che nell’in- terno de’golfi della Algeria , généralement bordés par de belles plages de sa- ble, . . . la houle , . . . dès qu'elle atteint les profondeurs d'eau de 7 à 8 mètres , elle se change en brisanls ; ma in quello di Philippeville e nella cala di Stora celte houle si trasforma in frangenti dès qu'elle atteint les profondeurs de 12 mètres , . . . à la furie dequels il est impossible à un navir de resister. Così nel littorale italiano tanto nel Tirreno quanto nell’Adriatico non è necessario un fortunale di molta durata perchè i marosi si frangano a nove o dieci passi (15 o 17 metri) in un fondo di scoglio, a sette o otto (Il o 13 metri) in una spiaggia arenosa ed a quattro o cinque (7 o 8 metri) in un letto di fango . Ma affinchè il lettore convenga che di frequente vedesi ripetere questo fenomeno in fondo di arena, limiterò il punto d’infrangimento a dieci metri di acqua soltanto. Presi ad esame, per esempio, gli scandagli del lungo littorale alla sinistra di Ancona , vedremo che la profondità di dieci metri si trova ragguagliatamente ad un miglio dalla sponda; quindi in questa zona i fran- genti disporranno, secondo la direzione del loro moto, non solo de’materiali di quel lido , ma anche de’ detriti di quel fondo. E quale corrente marina può stare al confronto della potenza de’ frangenti? e vi starà forse la mi- tissima nostra radente ? Forse 1’ interrotta azione de’ flutti darà tempo alla

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corrente , negl’ intervalli di calma , perchè riponga nel pristino stato il suo lavoro da quelli scompaginato ? Ma non dice il Montanari stesso che senza l’azione zappatrice de’ flutti la corrente non può produrre lavoro ? e baste- ranno per formare rilevanti interrimenti lungo i lidi , le tenuissime materie, cioè la belletta o l’argilla tenera, che conservano lievemente colorata l’acqua, dopo cessata ogni ondulazione ? Ora, sarà in detta corrente e non nei flutti, che si dovrà basare la dottrina degl’insabbiamenti ? In verità, dopo gli studi del Castelli, del Boscovich , del de Fazio, del Brighenti , del de la Bèche , del Paoli , e dopo quel poco da me aggiuntovi in questa ed in altre scrit- ture, mi pare che un tal soggetto non ammetta maggior disquisizione; laonde resta ferma la soluzione disopra emessa.

38. Ma benché la corrente da per se sola non abbia efficacia di solcare il fondo e corrodere il lido, e, generalmente parlando, non abbia potenza di trasportare materiali alquanto pesanti, essa però deve aversi a calcolo, spe- cialmente per gli effetti che può produrre nei bacini che costituiscono i porti, e ciò per due generali motivi; 1°. perchè, anche debole, ha valeggio di con- vogliare le smosse materie minute e specialmente le alghe; 2°. perchè, quan- tunque la sua azione sia lenta , gli effetti con tuttociò possono essere ap- prezzabili per la quasi continua presenza, e per la quasi costante operazione della causa. Così pure sono da aversi in conto le contro correnti, come ma- gistralmente ci prova il Casoni.

39. Che se poi teniamo dietro agli effetti della ripetuta corrente litto- rale quando il mare è mosso dai venti che tendono nella stessa direzione di essa , li troveremo allora notevolissimi. Abbiamo veduto che i venti hanno in fatto molta influenza su tutte le correnti , e 1’ esperienza mi prova che, come nell’ Adriatico così nel Tirreno , ne hanno eziandio in quella radente. In questa, quando soffiano da terra, ho osservato che ne aumentano la lar- ghezza superficiale a detrimento della velocità, la quale di sua natura mite, diviene mitissima : se soffiano nella direzione della corrente , ne conservano la normale larghezza e ne aumentano la velocità più o meno , secondo la forza e durata del vento: se la direzione di questo è opposta a quella della corrente ed è di due o tre giorni di durata , cessa 1’ azione della regnante corrente, e ne subentra un’altra nella direzione del vento la quale dura quanto la causa che la produce : se i venti scendono dall’ alto mare , obbligano la stessa corrente a stringere sensibilmente la zona ; e ragione mi detta che aumentano l’azione di essa in profondità aumentandone in ogni punto la ve- locità proporzionatamente alla direzione, forza e durata del vento. In questi

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casi la radente può divenire potentissima; ed io posseggo lunga serie di fatti che lo comprovano. Qui basterà riportarne due accaduti in Livorno, i quali vengono in conferma de’rllevanti effetti che può produrre nel lido livornese l’unione della forza de’ flutti e della corrente. Il primo mi è stato favorito dal sig. Luigi Mancini distinto architetto navale in Livorno ed io lo riporto colle stesse sue parole. « Nel mese di gennaio 1831 uno Scuner inglese fu da una forte libecciata gettato a traverso della spiaggia , a ponente di Li- vorno e precisamente fra la torre del Gombo e la foce del Fosso-morto. Cessata la burrasca lo Scuner restò del tutto all’ asciutto a traverso e pa- rafilo alla battigia del mare alla distanza di 3 metri, ed immerso nell’arena lm, 25. I proprietarii del detto Scuner avendone fatto l’abbandono agli assi- curatori , questi lo venderono all’ asta , e mio padre in società con un suo amico lo acquistò. Per ricuperarlo fu mestiere in prima di scaricarlo del poco carbone fossile che aveva per zavorra, estrarlo dalla sua buca e met- terlo in angolo retto colla spiaggia. Dopo di che fu invasato regolarmente e varato. Con facilità si potè trarlo fuori sino al primo cavallo (essendo ben noto che la spiaggia tra bocca d’ Arno e bocca di Secchio è assai secca, e sonovi i cosidetti cavalli da sormontare prima di trovare una profondità di oltre due metri) il quale non aveva su di esso che otto decimetri di acqua. Quindi fu stesa un’ancora con una catena aggiuntata ad una gomena per far- gli sorpassare il cavallo , nel tempo stesso che alcuni uomini procuravano estrar 1’ arena sotto la prora ; ma nel tempo che si eseguiva questa opera- zione, il vento girò nuovamente a libeccio, per cui scendendo un mare piut- tosto grosso gli uomini impiegati a tagliare il cavallo non poterono più la- vorare, e quelli destinati a virare sulla gomena al mulinello, scorgendo che il vento ed il mare andavano aumentando , temendo di perdere la comuni- cazione con la terra , dopo aver messo in forza la gomena non vollero più restare a bordo, e verso sera vennero alla spiaggia. Durante la notte, il vento ed il mare infuriavano maggiormente, e noi ci aspettavamo di vedere il ba- stimento rompersi per le forti battute che cominciava a dare sul fondo , quando, con nostra sorpresa ci sembrò che il bastimento si muovesse a de- stra della spiaggia. Si alzarono allora dei traguardi , ed accertammo che il bastimento andava poco a poco realmente a destra, e nel corso della notte la sola corrente fu capace a fargli montare di fianco e diagonalmente tutti i cavalli girando sempre il bastimento sull’ ancora come a centro, e la ca- tena e gomena come raggio. Nella susseguente mattina il bastimento si man- teneva col fianco nella direzione di circa 45° con la spiaggia, a distanza dalla medesima di circa 80 passi, del tutto discagliato, in circa 3nl, 50 di acqua, e mostrando il fianco al mare ed al vento che lo facevano fortemente rol-

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lare (barcollare), essendoché il vento era ponente libeccio, ed il mare veniva a frangersi precisamente perpendicolare alla spiaggia. può supporsi che l’onda scorrente alla superficie del mare abbia influito sul discaglio del detto bastimento, perchè anzi questa ed il vento dovevano fare una resistenza con- traria al detto discaglio per le circostanze sovraccennate. Solo , io credo , potrà supporsi che la corrente di ritorno delle onde che vengono a frangersi sul lido, si riunisca e prenda la direzione della corrente radente da mezzo- giorno in tramontana , regnante lungo il nostro lido in occasione dei venti forti da scirocco fino a ponente , e che queste due correnti insieme costi- tuiscano la corrente potentissima sovradescritta. Il giorno appresso il basti- mento in discorso venne condotto a Livorno.

« Quanto precede sembrami acconcio a stabilire incontrastabilmente la potenza e la direzione della corrente del mare lungo le nostre coste, allor- quando spirano forti venti da mezzo giorno , libeccio e ponente. Inoltre io osservai in detta circostanza, che i pezzi di legno, rami, radiche di alberi ec. che trasporta al mare il fiume Arno, vengono da quella straccati (traspor- tati e lasciati) sulla spiaggia a tramontana della foce di detto fiume, mentre che dal lato di mezzogiorno non rinvenni quasi nulla, e soltanto le consuete alghe come si trovano in tutto il lido nelle vicinanze di Livorno ». Ossia , aggiungerò io, vi rinvenne, quasi esclusivamente , quelli materiali che pro- vengono direttamente dal fondo del mare.

In proposito dello scagliamento dello Scuner , mi fo lecito notare che in verità 1’ onda ed il vento avrebbero prodotto un effetto contrario quante volte però il bastimento fosse stato libero, cioè senza una gomena stesa che ne avesse stabilito la chiamata verso 1’ alto mare; gomena che venne messa in forza prima che gli uomini abbandonassero il lavoro di ricupera mento. Nella posizione, nella circostanza e nella condizione in cui si trovava il ba- stimento, sette furono, a parer mio, le forze che influirono a toglierlo dal- l’incaglio: 1°. l’azione solcatrice del flutto intorno la chiglia del bastimento: 2°. il moto di alternativo sollevamento del bastimento stesso dal fondo del mare , comunicatogli dall’ ondulazione de’ flutti: 3a. i flutti-corrente : 4°. la corrente littorale: 5°. il flutto di ritorno (risacca): 6°. la tensione della go- mena: 7°. Tacque piene. La direzione di 45° coll’ andamento della spiaggia tenuta dal bastimento dopo scagliato , era la direzione della risultante dalle forze, vento, corrente e flutto-corrente.

Il secondo fatto già da me in parte riferito mi è stato comunicato dal citato sig. Parenti ed è « che sulla lingua di roccia che forma la punta Ca- valleggieri, in una libecciata , e non delle più forti, sei de’ massi di smalto

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di circa sedici metri cubi , fabbricati presso il ciglio della detta punta per difendere, da’ flutti il nuovo cantiere, sono stati rimossi, ed un muro di re- cinto presso i bagni del Cocchi è stato rotto. La corrente portò via tutto il materiale depositato nel cantiere ; la pozzolana tinse di rosso una vasta su- perficie di mare , ed una gran parte del legname fu ricuperato presso Por- tammare , traversandolo sopra la spalletta della strada coll’ impiego di più centinaia di persone per un intero giorno ».

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CONCLUSIONE

F inalmente sull’ano e l’altro moto, cioè ondoso e delle correnti , mi sem- bra potersi conchiudere così:

Nelle grandi tempeste, mentre regna vento furioso, i marosi avere pel- ino to principale quello di ondulazione, e per secondario quello di trasporto e so- lamente nella parte superiore; e questo secondo moto essere molto più nota- bile presso il lido che in alto mare, e comunicarsi soltanto a tutta la massa fluttuante quando lo sviluppo inferiore del maroso trova inciampo, conservan- dosi però anche quello di propagazione sino a che si frange sul lido;

Nei casi in cui il vento non ha velocità maggiore di sette a otto metri per secondo, può ritenersi aver le onde unicamente moto apparente in alto mare; moto senza dubbio reale presso il lido, più o meno in ragione della pro- fondità dell’acqua, della natura e forma del fondo, e della forza e durata del vento, conservandosi qui pure come dominante quello di ondulazione;

Presso il lido il fenomeno di trasporto di massa rendersi notabile nel punto ove la parte inferiore del flutto preme od urta nel fondo , ed il fenomeno sviluppare in qualunque caso maggior azione in detta parte che in quella su» periore, se il mare è relativamente poco profondo e se il flutto non è franto quando è franto agire in verso opposto ;

L’onda senza vento, la vecchia onda [houle), quantunque di vistoso vo- lume, non andar soggetta in alto mare a trasporto di massa, e presso il lido andarvi al certo in grado molto minore (anzi spesso insensibile nella super- fìcie) , in confronto di quando contemporaneamente vi regna il vento. Agire però sempre come ogni altr’onda contro un ostacolo qualunque, ed a profon- dità più o meno grandi secondo il suo maggiore o minore impeto e massa;

La maretta, sia col vento o senza, non aver moto di trasporto apprez- zabile nella superfìcie, se non dove lambisce e si frange alla spiaggia; e nel fondo seguire la legge delle altre onde;-

Dalle diverse circostanze che si verificano in pratica, confermarsi il teo- rema di Leonardo relativo alla costituzione dell’ onda, perchè molle sono le volte che V onda fugge il luogo della sua creazione , e V acqua non si muove dal silo ;

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La potenza delle onde , de’ flutti e de’ marosi può ritenersi, nel mag- gior numero de’casi, proporzionale alla forza e durata del vento nella stessa direzione, alla lontananza da cui vengono le burrasche, le tempeste e le pro- celle, alla profondità dell’acqua, ed alla natura e forma del fondo;

Gli effetti di trasporto di questa potenza dover essere tenuti molto a calcolo dai naviganti in alto mare nei casi di vento violento, e sempre ove lo sviluppo dell’onda trova inciampo;

Non essersi a tutt’oggi introdotte nei trattati di nautica regole fìsse per correggere la rotta del bastimento dai suddetti effetti , come sono ivi sta- bilite quelle per correggere gli effetti delle correnti, dello scaroccio, eccetera;

Risultare dagli esposti fatti il bisogno di fornire ai naviganti questo ele- mento di correzione;

Le quantità numeriche dell'accennato moto di trasporto prodotto dai ma- rosi in alto mare doversi proporzionare ai diversi gradi di forza del vento , alle diverse velocità, altezze e lunghezze de’ marosi , secondo eh’ essi siano interi o franti, alle diverse direzioni di essi in rapporto a quelle tenute dal bastimento, ed al diverso immergere di questo: nelle dette quantità di nor- ma, quando l’onda trova inciampo, doversi aver a calcolo puranco le diverse profondità dell’acqua e le diverse forme e nature de’ lidi, cioè se spiaggia o costa, e se il fondo è di scoglio, di arena o di fango molle. Ove esiste cor- rente regnante esser necessario, per l’uno e l’altro caso, tenere a calcolo la forza e la direzione di essa. Una raccolta di tavole di correzione del trasporto causato dal vento nei marosi, a similitudine di quella di riduzione delle rotte , fa- ciliterebbe al navigante la ricerca del valore di detto trasporto;

Inoltre , rendersi comodo per i marini , e per una certa classe di essi necessario , lo stabilire nelle carte idrografiche una linea che marchi a qual distanza dal lido verranno i bastimenti trasportati dalle onde in iscaroccio straordinario , e rapidamente crescente ; giacché in questi casi d’ imminente pericolo manca ad essi il beneficio di esserne avvertiti dalla scia del basti- mento. Io chiamerei questa linea Zona de' flutti-corrente;

Doversi questa zona estendere dal lido verso l’alto mare in ragione della maggiore o minore profondità dell’acqua, e più o meno, secondo che il lit— torale sia più o meno aperto ed il fondo più o meno resistente. Nell’Oceano la linea cadrà generalmente sopra gli scandagli di 220 metri di acqua; nel Tirreno sopra quelli di 80m, e nell’Adriatico di 50. Ma con raccogliere espe- rienze locali, dedotte dal cambiamento del colore dell’acqua, o dalla reazione di alcuni scogli, o dallo spostamento degli ordigni da pesca calati nel fondo del mare, o da altre osservazioni, potersi avere più giusta norma onde stabilire la posizione della sopraddetta linea;

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Potere i flutti zappare il fondo del mare e triturarvi masse di materiali, da produr con esse sole rilevanti protrazioni di lidi;

Il prodotto di tal potenza, relativamente alla massa de’ detriti che possa lavorare e spingere in avanti, dipendere dalla natura del fondo, dalla profon- dità a cui si estende l’agitazione, e questa, principalmente dalla forza e durata de’venti che hanno creato i flutti, e dall’estensione e profondità del mare;

L’ effetto minimo , medio e massimo della ripetuta potenza , consi- derata quale agente per le erosioni ed i trasporti de’ materiali , esser molto superiore a quello massimo, medio e minimo di qualunque corrente di ma- rea, littorale o radente, le quali tutte non pertanto non vanno mai trascurate. Perciò, o i materiali provengano dai fiumi, o dal fondo del mare, o dalle rive di esso, all’azione dei flutti doversi principalmente la formazione, distru- zione e trasporto delle congerie e de’banchi di ciottoli , di ghiaie , di arene, eccetera;

L’andamento progressivo de’banchi e de’dossi trovarsi proporzionale alla prevalenza di un vento sull’altro, ovvero al vento che produce più ripetuti, ma non più forti frangenti, qualunque sia la direzione della correlile;

Quindi l’azione de’flutti doversi sopra tutto avere alla mente , come il Bri- ghenti ha consigliato, e come il Paoli con più lunga serie di fatti ha dimostrato, ove si voglia provvedere alla conservazione de' porti: e non solo per domare e si- gnoreggiare l’impeto e la violenza delle onde tanto all’esterno quanto all’in- terno de’ porti , ma benanche per allontanare da essi i funesti effetti che vi producono i materiali ostruttivi;

Sorgere da ciò nuova dottrina degl’ insabbiamenti , le cui fondamenta già furono gittate dal Castelli , dal Boscovich e dal de Fazio ; ma tenute coperte dalla opposta dottrina fin qui prevalente del Montanari;

Essere necessario, che l’ingegnere conosca preventivamente, non solo quanto è relativo alle sponde, ma puranco, in una vasta zona, la profondità del mare, la costituzione del fondo di esso ed il punto fin dove si sviluppa nel senso verticale l’agitazione massima delle onde; perchè sappia fino a qual distanza dal mare al lido saranno sconvolti e trasportati i materiali, che invaderanno e ricolmeranno le opere idrauliche;

Dalla sopra riferita e sperimentata potenza de’marosi dedursi, che in tutto il nostro littorale, volendosi costruire moli a pietre perdute (sistema di costru- zione in ben pochi casi conveniente), i massi di smalto o quei di scoglio vivo dovranno essere non minori di sedici metri cubi a partire da quattro metri sotto il pelo basso del mare sino all’altezza del ciglio del molo, onde resistere im- mobili all’urto de’marosi;

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Al disotto di quattro metri dal suddetto pelo, il volume de’massi poter es- ser ridotto a metri dieci fino a sette dal ripetuto livello, e sotto questo limite gradatamente diminuito ancora;

Essendo 1’ azione de’ marosi proporzionale alla superficie percossa, e la resistenza de’massi crescendo come il cubo di essi, nell’Oceano i massi poter essere poco più voluminosi di quelli necessari per resistere all’urto del Me- diterraneo;

Infine, se i moli saranno composti con materiali di minor volume de’so- pra accennati, o i materiali saranno diversamente distribuiti, verranno tanto nell’ Oceano quanto nel nostro mare dai marosi sovvertiti : i massi saranno sollecitamente consumati pel cozzo reciproco , e molti di essi trascinati ad ingombrare le bocche de’porti; quindi continua e grave la spesa per le rico- struzioni, per rinforzare la difesa e per isbarrazzare le bocche (1).

Se poi lo sconvolgimento ed il trasporto de’diversi materiali avvenga per mezzo de’flutti del fondo o flutti-corrente sotto-marina, o per moto incidente ed intermittente dovuto alla intera onda, oppure per questi due agenti riuniti, come a me sembra più razionale , io non ardirei certamente determinarlo senza prima averne sentenza da giudici competenti, quali sono i maestri nella meccanica de’fluidi. Chieggo inoltre da’ medesimi di essere corretto non solo in ciascuno de’miei modi di vedere intorno ai moti del mare, ma puranche in qualunque parte di essi. Nell’ interesse dell’ umanità e della scienza , io spero di trovare chi faccia onore alle mie domande.

Villa Pasolini in Fonte - all' - erta ( presso Firenze) nella primavera del 1854.

(1J Quantunque col porre in opera i massi immotili all’impeto de’marosi si possa ottenere gran miglioramento nel sistema a pietre perdute, pure io sono di avviso che questo sistema debba pro- scriversi. Un più maturo studio sulla costituzione delle onde; sopra i fenomeni da esse sviluppati secondo che siano intere o frante; sopra gli effetti de’medesimi contro le spiaggie, le coste e le opere idrauliche: un più pratico esame sopra i bisogni ed i comodi assoluti ed utili ad un bastimento quando entra con fortunale in un porto , mi pare che debbano condurre a preferire altro siste- ma. Possedendo la discussione idraulico-nautica sostenutasi in Inghilterra dal 1844 al 47 nell’ oc- casione della costruzione di nuovi porti in quel regno e specialmente per quello di Dover, avendo di recente visitato alcuni di quei porti in pieno lavoro , ed avendo raccolto altri documenti dai porti francesi, spagnuoli e più particolarmente dai vasti nostri porti antichi e moderni, io mi trovo assistito da prove che, se sapessi ben adoprare, credo sieno tali da far seriamente pensare anche su quest’oggetto. Esso non è meno importante di quello trattato in questa Memoria, e fra loro si collegano. Quantunque senta la mia pochezza, pure ho in mente di sottoporre al giudizio altrui i risultamenti de’miei studi in proposito, tosto che mi sembrino meglio coordinati; ed intanto dirò essere da essi indotto a credere preferibile sopra ogni altra quella forma e disposizione di opera idraulica che non causa frangimento dell’onda o meno vi si presta.

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CATALOGO

Per ordine alfabetico degli autori e delle opere loro, citali in questa Me- moria. Appresso ad ogni citazione è riportata, fra parentesi, la pagina della Memoria stessa.

A

Acton (G.) : Miscellanee marittime. Napoli 1851, Y. I. p. 107 e 178 (200); 178 e 180 (228); 550 (501); 542 (501).

At'an deRivera (C): Del bonificamento dellagodi Salpi eco. Napoli 1845; 303 (205), 204 (532). Progetto della restaurazione dell' emissario di Claudio ecc. Napoli 183G p. 6 (541).

Aimé: Exploration scientifique de l' Algerie. Recherches de physique sur la Mediterranée . Paris 1845, p. 193, 200, 198 e 201 (192), 195 a 197 (503), 185 (503), IY (529). Per le maree pag. 12 (522 a 525) , e per la Réclamation de priorité si vedano i Comptes rendus de 1’ Acad. des se. 1844 toni. 18 pag. 222, e 438 a 440.

Airy (G. B.): Estratto degli atti inserito nel Report on thè harbour of refuge to he con- tructed in Dover bay. pag. 40 e 41 (190). Questo celebre astronomo ha inoltre pubblicato fin dal 1835 nella Encyclopeadia, metropolitana tomo Y articolo Tides and waves , una estesa Memoria sul moto ondoso del mare. In essa, come rilevo in de Caligny ( Journal de mathématiques pures et appliquées , t. XY, pag. 193) ha dato in inglese un’analisi dell’opera alemanna dei fratelli Weber su le onde. Ad onta delle più accurate ricerche non mi è stato possibile trovare in Toscana, in Roma la suddetta enciclopedia, quindi non ho avuto il vantaggio di studiare la intera Memoria di Airy.

Arago: il lerde varec (Annuaire pour l’an 1839. Notice scientifìques) (210). Rap. fait à T Acad. des scien. sur les travaux scientifiques exécutés pendant le voyage de la fregatela Venus ecc. (Ann. maritimes etc. Paris 1840, t. II. p. 770 (222), 751 (225), 771 (228).

Archiac (D’) : Histoire des progrès de la Geologie de 1834 a 1845. Paris 1847 toni. I. pag. 147 (192), tom. II, pag. 47 (194). Note sur les formations dites pélagiques, et sur la profondeur à la quelle ont du se déposer les couches de sédiment. (Bulletin de la societé géologique de France 1843, pag. 520) (508).

Aristotile: Citato dal Marmocchi, nella geografia e tomo a suo luogo notati p. 300 (210).

Auniet: Note sur les ports de l'Etat romain (Annal. des pont. et chaus. tom. YII, 1834, seni. 1, pag. 151 (511).

B

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Boyle: Dictionnaire des Sciences naturelles , par le prof, du Jardin du Roi tom. 35 ar- tic. Océan (201).

552

Bayfield: Citato dal Redfìeld nell’opera a suo posto notata (214).

Beaumont (Elia de): Lecons de geologie pratique. Paris 1843 toni. I, pag. 222 (498), 224 e 237 (309). Bulletin de la societé géologique de France 1846, pag. 249 (338).

Beautemps-Beaupré: Exposé des travaux relatifs à la reconnaissance hydrographique des cótes occidentales de France. Paris 1829, pag.. 23 (504).

Bèche (de la)* Récherches sur la partie théorique de la geologie, Bruxelles 1839, p. 27 e 26 (194), 27 (219), 28 (502), 25 (527), 26 (534). L art d' observer en geologie. Pa- ris 1838, pag. 34 (86). Manuel géologique . Bruxelles 1837, pag. 65 (513), 87 (534).

Belidor: Architecture hydraulique. Paris 1753. II. partie liv. 3. eh. 10 art. 822 p. 172 (502).

Bellinger : Osservations sur la forme qu il convient de donner aux ouvrages à la mer. (Annal. des pont. et chaus. 1849, I. sem. pag. 336) (492).

Bèrard: Description nautique des cótes de V Algérie. (Annal. marit. Paris 1837 , p. 255 e 250 (219 e 220).

Bernard: Cours de construction des ports. Ecole royale des Ponts et chaussées. Session 1842-43. In litografìa (222), p. 6 Pian. I, fìg. p. (510), pag. 14 (538).

Bidone: Experiences sur le remou et sur la propagation des ondes. (Memorie della reale accademia delle scienze di Torino, toni. 25, 1820, pag. Ili) (190). Experiences sur la propagation du remou. (Memorie dell’accademia citata 1825, t. 30, p. 287 e seg.) (190 e 203).

%

Bonniceau : Étude sur la navigation des rivières à marées ecc. Paris 1845 , pag. 40 a 42 e 94 (192).

Borelli: Relazione sopra lo stagno di Pisa (Rac. degli autori italiani ecc. toni. 3 , pag. 328) (202),

Boscovich: Del porto di Rimini (Rac. cit. t. VII, p. 355, 362 e 379) (202 e 496) 381 (514).

Bouguer: De la manoeuvre des vaisseaux ecc. Paris 1757 (190).

Bourdaloue: citato da Pouillet nell’opera a suo luogo notata t. I, pag. 101 (216), e da F. de Lesseps nella memoria Percement de l'isthme de Suez ecc. Paris 1855 pag. 85 a 87 (216),

Bourguignon-Duperré (Le): Mémoire sur /’ ensablement du port de Cette. (Annal. marit.

' 1839, t. I, pag. 386 (496), 391 (527).

Bravais: dal Frapolli nell’opera fra poco citata pag. 640 (504).

Bremontier: Recherches sur le mouvement des ondes. Paris 1809, § 41 (190 e 191), § 40 (219), § 102(492), § 37 (494), § 109 (496), § 56, 54 e 57 (499 e 500), § 31 a 34 (504), § 34 (504), § 29 (505), § 32 (506), § 39 (506), § 34 (507), § 35 (509), § 31 (511).

Bretonnière (de la) : citato dal de Cessart nell’ opera sotto notata tom. II, pag. 174 e 254 (496),

Brighenti : Sulle comunicazioni per acqua e per terra ecc. (Esercitazioni dell’ accademia agraria di Pesaro genn. 1829, p. 22 (204). Analisi ragionata dell’opera del Tadini;

553

Di varie cose alla idraulica scienza appartenenti (Biblioteca italiana t. LXV, anno 17, Milano 1832, pag. 74 (204, 343 e 349), 73 (334 e 533).

Broderip (W. J.): citato da de la Bèche, Recherches ecc. pag. 183 (508).

C

Caligny (Aliatole de): Expériences ayant pour but de concilier les hypothèses sur le mou- vement intérieur des flots dans les courbes ouvertes et dans des courbes fermées. Comptes rend. ecc. del’acad. de scien. t. 16, 1843, p. 381 (192 e 193). Expériences sur une nomelle espèce d' ondes liquides à doublé mouvement oscillatone et orbi- taire (Journal de mathématiques pures et appliquées ecc. publié par Joseph Liou- ville toni. XIII, Paris 1848, pag. 93 (192), 91, 93, 100, 96, 103, 108, 109; 92, 100 e 101 (192 e 193), 107 (211), 97 (220 e 221), 100 (497), 109 e 110 (495).

Casoni (G.): Sopra una contro-corrente marina ecc. (Inserita nel tomo I, delle Memorie dell!- R. Istituì Ven: di scien. ed arti) Estratto, Venezia 1843, p. 12 (527), 9 (543).

Castelli: Considerazioni intorno alla laguna di Venezia (Rac. degli aut. italiani che trat. del moto delle acque. Bologna 1826, toni. Ili, pag- 186) (201 e 534). Copia della lettera al sig. Galileo Galilei ecc. (Racc. toni. Ili, pag. 162) (215).

Cauchy: Théorie de la propagation des ondes. (Recueil de l’acad. des scien. 1827, t. I,) (190).

Coudraye (de la): Théorie des vents et des ondes. Paris an. X; § 9 (190), § 5 (492), § 13 e 16 (499), § 5 (505).

Cessart (de): Description des travaux hydrauliques. Paris 1808, t. II, p. 193 (502). 330 (496).

Chanzallon : Annuaire des niarées des cótes de France , pour 1’ an. 1839 (Annal. marit. Paris 1838, pag. 1292) (486).

Ciscàr (F): Reflexiones sabre las mdquinas y maniobras del uso de a bordo. Madrid 1791, pag. 321 e 299 (200).

Clarke: Citato dallo Smyth nell’opera a suo luogo notata pag. 281 (215).

Collegno (G-) : Elementi di geologia pratica e teorica. Torino 1847 , pag. 42 e 45 (205 e 528), 42 (541).

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Stevenson (Alan) : Questions transmetted by Lieut-general sir Noward Douglas , With answers to tlie sanie. Unite al Report on thè habour ecc. citato pag. 129 (197) , 111 (197), 127 (197, 244, 488 e 489).

Stevenson (T.): Account of experiments upon thè force of thè ivaves of tlie Atlantic and german Oceans. Inserito nell’Appendix to minutes ecc. di sopra citata , pag. 105 106 e 107 (514).

Stile (I.) : Relazione del lago Fucino e dell' emissario di Claudio. (Annali civili del r. delle due Sicilie fase. CI, 1854, pag. 64 e 59 (541).

Stratico (S): Traduzione dell’ Esame marittimo ecc. di .Tuan, 1819 toni. II, pag. 504 (200). Annotazioni alla traduzione della teoria compita della costruzione e del maneggio dei bastimenti di L. Eulero. Padova 1776, pag. 426 (202 e 203).

T

Tadini: Di varie cose all'idraulica scienza appartenenti. Bergamo 1830, pag. 185(201) , 238 e seg. (204), 89 e seg. (229), 252 (509), 240 (521), 259 (527), 185 (540).

Targioni: Relazioni d' alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana. Firenze 4768, toni. Y, pag. 296 (508).

Temanza: riportato da Toaldo (215).

Tessan (U. de): Parte Physique del Voyage autour du monde sur la fregate la Vénus comandata dal capitano di vascello A. Du Petit-Thouars. Paris tom. V, della parte fisica e X del viaggio; pag. 265 (217), 320 (219): tom. I, della parte fisica (VI del viaggio); pag. 103 e 461 (220): tom. V (fisica) pag. 119,144 el45 (220), 136 (223): tom. I, pag. 101,102 e 103 (220),p.XVII (223): tom. V p.380 (223), 102, 104, 219 e 128 (501), 138 (508). Citato nell’opera di Bérard di già notata, pag. 255 (219).

Thibault (L. A.): Recherches expérimentales sur la resistance de l'air , et particulierement sur la impulsion du vent. Brest 1826, pag. X e XI (211).

Tbevernard (A.): Mémoires relatifs à la marine. Paris an. Vili, tom. I, pag. 6 (220).

Toaldo: Della vera influenza degli astri. Padova 1770, pag. 37 e 81 (215).

Turazza: Trattato d'idrometria. Padova 1845, pag. 222 e 224 (527).

V w

Van-Beck: Mémoire concernant la proprietée des le calmer les flots ecc. (Annal. de chini, et de phys. Paris 1842, tom. IY, pag. 257) (216).

Venturoli: Dell'antico e del presente stato del porto d' Anzio . (Mem. della Soc. ltal. Fisica, tom. XXIII, 1844), pag. 329 e 330 § 23 e 24 (204 e 520), pag. 326 § 16, 17 e 18 (538 e 539}. Parere sulla riabilitazione del porto di Fano (Esercit. Agrarie dell’Ac- cad. di Pesaro, anno XI, seni, I, § 30 e 31 (204 e 520).

562

Vetch (J.): Minutes of evidence taken before Commissioners upon thè subbject of har- bòurs of refuge. Report citato 1845 pag. 33 ( 228). Report on thè harbour of refuge citato, pag. 53 (212).

Yidal: Description des iles de Madóre. Tradotta dall’inglese da de Coriolis (Annales hy- drographiques tom. Il, pag. 314 (542).

Vincendon Dumoulin: Parte Physique del Voyage au pole sud ecc. sous le commandement de M. J. Dumont d’Urville. Paris 1844 tomo I, della tisica pag. 4 (219).

Vionnois: Citato da Reibell nell’opera notata tom. II, pag. 175 (219 e 501).

Virla: Notes sur le mouvement des ondes et sur les travaux hydrauliques maritimes (Ann. de p. et chau. 1835, sem. 2, p. 221 e 217 (191), 243, 249 e 250 (191), 222 (212), 243 (494), 231 (497), 252 (502), 268 (514). Du mouvement des ondes ecc. (Ann. cit. 1838, sem. 1, pag. 85 (191), 79 (228), 83 (494).

Viviani: Relazione intorno a riparare per quanto possibile sia, la città e campagna di Pisa dalla innondazione ecc. (Rac. cit. tom. Ili, pag. 445 446) (201).

Walsh (J.C.): Recherches ecc. Courants sous-marins ecc. (Ann. hydrographiques toni. IV, pag. 336 (526).

Washinton (.1.): Sur la force des vagues (Annales maritimes ecc. Paris 1846 , pag. 636) (196 e .514). Report of thè commissioners upon thè subject of harbour s of refuge. Lon- don 1845, pag. 200 (196 e 533).

Weber : Wellenlehre auf experimente gegrunder oder iiber die Wellen tropfbarer Flus- sigkeiten mit Anwendung auf die Sellali und Lichtwellen. Leipzig , bey Gerhard Fleischer, 1835. Citato da Emyl837 p. (191). Avrei molto desiderato conoscere i particolari di questo lavoro de fratelli Weber, , ma la completa ignoranza della lin- gua non me lo ha permesso. Non è a mia notizia che sia stato per intero tra- dotta questa opera loro.

Whewell: Quart. Journ. geol. soc. of London num. 11, pag. 227 , gennaro 1847, (195). Per le maree; Essay towards a first approximation to a map of cotidal lines (Philosoph. Transations, London 1833, parte prima pag. 147) (486).

White: Citato da Monnier nell’opera Considérations ecc. 1835 già notata pag. 361 (488).

z

Zanotti: Lettera intorno alle paludi pontine. (Rac. cit. tom. VII, pag. 38) (203).

Zendrini: Relazione per la diversione de fiumi Ronco e Montone ecc. (Rac. cit. t. Vili , pag. 403) (202). Relazione che concerne il miglioramento dell' aria e la riforma del porto di Viareggio (Rac. citata tom. X, pag. 33 (202 ). Delle acque correnti (Rac. cit. tom. Vili, pag. 155) (215),

Zuliani: Dissertazione sopra il quesito : quali vantaggi o danni , e in quale stato d'acqua produca nel sistema generale di un fiume la moltiplicità de' suoi sbocchi in mare. (Rac. cit. tom. XII, pag. 76, 65) (203).

563

Astronomia. Opposizione ed elementi dell'orbita parabolica della III cometa del 1855. (*)

Questa cometa telescopica fu scoperta dal sig. Bruhns di Berlino nella notte del 12 novembre. Da me fu osservata nel decembre, ma dopo il giorno 16, atteso il forte splendore della luna cbe si avvicinava alla massima fase, non fu possibile altra osservazione. Fu però nel giorno 16 che poco dopo le sei pomeridiane la luce stessa della luna mi illuminò i fili del micrometro e potei osservarla. Nel giorno antecedente aveva paragonata la cometa alla £ de’ pesci. Nel 16 presi 1’ appulso della cometa al filo orario , e procurai di collimare nel miglior modo possibile nella intersezione de’ fili il centro della piccola nebulosità appena visibile. Dopo 8” circa apparve nel campo una piccola stella apparentemente inferiore, e notati gli appaisi ebbi

AR cometa = AR stella 8.m 56/ 0 D cometa = D stella r— 1 29." 0.

Siccome però era quasi certo di non trovare questa stella nel catalogo, così attesi la ? pesci. Questa però percorreva esattamente il filo equatoriale , e fissai

AR cometa = AR c, pesci 17. m 55/ 0 D cometa = D £ pesci.

2°. Fidando su questa posizione della cometa aspettava di conoscere altre osservazioni le quali, insieme a questa, mi avessero somministrati i dati ne- cessari pel calcolo degli elementi dell’orbita parabolica: che anzi, essendo stata osservata questa cometa nelle vicinanze della opposizione, mi venne il desi- derio di calcolarne lo istante , onde avere la sua longitudine eliocentrica , e e la sua distanza dalla terra nel momento del fenomeno.

3.° Le osservazioni che io desiderava sono nel foglio num. 1000 del gior- nale astronomico che si pubblica in Altona , e sono realmente quali le bra- mava, giacché e in quelle di Liverpool del sig. Harlnup e in quelle di Olmiitz del sig. Schmidt le posizioni sono date nella stessa sera a piccoli intervalli di tempo i quali si succedono presso che in progressione aritmetica. Dal medio dunque de' tempi e delle posizioni risultano osservazioni sulle quali si può contare con sicurezza trattandosi specialmente di quelle comete, come è ap-

(*) Comunicata nella sessione V del 2 marzo 1856.

73

564

punto questa, le quali hanno un rapido movimento per cui la posizione varia sensibilmente da uno istante all’altro. Sono egualmente preziose le osserva- zioni di Padova dei signori Santini e Trattenero, e quelle di Firenze del sig. Do- nati le quali risultano da un giusto numero di confronti.

4.° Le osservazioni scelte da me e pel calcolo degli elementi e per de- terminare il momento della opposizione sono le seguenti. Deve però notarsi che i tempi sono ridotti al meridiano di Parigi : che le longitudini sono con- tate dall’equinozio medio del del 1856 : che alcune posizioni sono state ridotte ad eguali intervalli di tempo , usando dell’ elegante metodo di La- grange : che finalmente le corrispondenti longitudini del sole , e i logaritmi de’ raggi vettori sono stati ricavati dalle conoscenze de’ tempi di Parigi.

Giorni

dell’

anno

Temp- m: a Parigi

Long, della com.

Latit. della com.

Long, del Sole

Log. di R

Luoghi delle osserv

324

Nov. 20. 6806080

143.° 50/ 54. "0

11.0 56.' 48. "4 A

238.° 19.' 51. "9

9.9945065

Olmiiz

337

Dee. 3. 5007465

100. 10. 6. 2

19. 23. 31. 7

251. 18. 57. 3

9.9935722

Olmiiz

338

Dee. 4. 3910930

92. 55. 25. 0

19. 34. 59. 5

252. 13. 45. 3

9.9935195

Olmiiz

339

Dee. 5. 3769790

84. 35. 41. 2

19. 26. 26. 2

253. 13. 17. 0

9.9934628

Padova

340

Dee. 6. 3893950

75. 44. 4. 8

18. 51. 53. 0

254. 15. 0. 3

9.9934062

Leiden

341

Dee. 7. 4018110

67. 1. 45. 6

17. 51. 55. 3

255. 16. 44. 8

9Ì9933510

Ol.Liv. Pad.

342

Dee. 8. 4142270

58. 45. 36. 2

16. 32. 7. 9

256. 18. 30. 5

9.9932974

Pad. Firenz.

344

Dee. 10. 3559890

45. 14, 13. 3

13. 35. 55. 7

258. 17. 0. 3

9.9931988

Liverpool

3S0

Dee. 16. 3208850

21. 18. 41. 2

6. 17. 50. 0

264. 21. 14. 7

9.9929348

Roma

5.° Il calcolo degli elementi parabolici è stato da me me tentato colle osservazioni de’ giorni 4, 10, 16 decembre; 2.° colle osservazioni de’ giorni 20 novembre, 3 e 16 decembre. Nel primo l’intervallo de’ tempi fra la prima e la terza osservazione era di 11/929792, nell’altro era di 25/ 640277. In ambedue i calcoli ho usato del metodo di Legendre , quindi nel primo cal- colo la distanza della terra alla cometa, e la distanza del sole alla cometa per lo istante della media osservazione si aveva dalle equazioni

r2~ 0.9691644 -4* 1.6041 a + a2 1 = 0.51578335 7.373 A 26.566 A2

r

le quali sono soddisfatte col porre

log. A = 9,4937898 log. r*» 0.0974537.

565

Nell’altro calcolo l’equazioni erano

r'2= 0.970833 -t- 1.6284 A -+- A2

- = 0.52591071 7.9137 A -+- 30.949 A'2

r

alle quali si soddisfa col porre

log. A = 9.4604735 log. r = 0.0915272

e i valori di A ed r esprimono le distanze della cometa dalla terra e dai sole per lo istante della media osservazione.

6. ° Coi dati delle prime osservazioni si hanno i seguenti elementi pa- rabolici.

Pass.0 al perielio giorno dell’anno 330.300586 t. m.

li = 85.° 8.' 39. "0 si= 51. 59. 42. 0 i = 10. 22. 29. 3 log. q = 0.0907946 mov. retr.

Dalle altre risulta

Pass.0 al perielio giorno dell’anno 329.6343115

li = 85.° 49.' 50." 9 <ft=51. 56. 46. 3 * = 10. 15. 17. 0 log. q = 0.0893952 mov. retr.

È inutile avvertire che la prima orbita soddisfa esattamente all’osservazione media del giorno 10 decembre, e che l’altra soddisfa esattamente alla osser- vazione media del giorno 3 decembre.

7. ° 11 calcolo della opposizione è stato fatto colle osservazioni de’ giorni 5* 6, 7, 8 decembre. Da un primo calcolo di approssimazione mi avvidi che lo istante della opposizione era tre ore circa dopo il tempo dell’osservazione del giorno 6. Determinai quindi il movimento orario in longitudine fra il giorno 5 e 6 spingendo il calcolo fino alle differenze terze , ciò che poteva fare , e lo trovai di 1326. "9. Nel determinare però il movimento orario in

566

longitudine fra il giorno 6 e 7 non era in mio potere spingere il calcolo fino alle differenze terze perchè mi mancava 1’ osservazione del giorno 9. Fatto però il calcolo colle differenze prime c seconde ebbi 1337. ”1 ciò che doveva essere giacché è nella opposizione che si ha il massimo movimento retro- grado. Ottenuto questo risultamento, e conoscendo che l’opposizione accadeva tre ore dopo l’osservazione del giorno 6, col noto metodo trovai che Io istante della opposizione era

Dee. 6. 538902 t. m. di Parigi.

Per questo istante si ha

Longitud. del sole = 254.° 24.' 7." 3 log. R = 9. 9933979.

Avendosi poi il movimento orario in latitudine di 126." 2 sarà la latitudine della cometa nello istante della opposizione

b = 18.° 44.' 20." 2.

8.° Indicando con X, [3, r la longitudine e latitudine eliocentrica della cometa, e il raggio vettore, e calcolando co’ primi elementi ho trovato

X 74.° 26.' 11. "6 /3 = 3. 59. 52. 2 (— )

Ir = 0. 0943577

r' = r cos 1. 2396514, ed essendo R = 0. 9849130 sarà A' = r' R = 0. 2547384

v1

e calcolando tang /3 = tang b si ha

b 18.° 47.' 14." 9 e log. A = 9. 4298730

ma pel medesimo istante si ha

X = 74.° 24.' 7. "3 b 18. 44. 20. 2

Sarà dunque

Errore in long, cal osser. = -+- 2.' 4." 3 in lat = 2. 54. 7.

567

Calcondlao poi cogli altri elementi si ha

A = 74.° 24.' 39 ."7 /3 = 3. 57. 16. 5 (— )

Ir = 0. 0934708

r'=r eos./3 = l. 2371874

e quindi

A'= 0.2522744 b = 18. 43. 40. 7 (—) log. A 9. 42254986

Errore in long, cal oss. = 0.' 32. "4

in lat. . . . = 0. 39. 5

errori ben piccoli per un primo calcolo nel quale le longitudini e latitudini della cometa non erano state corrette dalla aberrazione e dalla parallasse. Queste correzioni non possono trascurarsi in questa cometa. Diffatti 1’ aber- razione in longitudine, atteso il moto diurno di circa 9°, e non ostante la pic- cola distanza della cometa dalla terra giunge fino ai 52” e 53”. L’ aberra- zione in latitudine non è cosi forte, giacche il moto massimo diurno in la- titudine nelle nostre osservazioni supera appena l.° Lo stesso deve dirsi della parallasse , giacché la parallasse orizzontale nella minima distanza della co- meta dalla terra, cioè nello istante della opposizione giunge ai 33.” 0.

9.° Intanto però da questo primo calcolo gli astronomi calcolatori pos- sono sempre più avvicinarsi agli elementi parabolici definitivi , avendo due distanze della cometa dalla terra e dal sole sufficientemente esatte.

568

COMUNICAZIONI

Il prof. Volpicelli, presentò una memoria sulla determinazione del centro delle forze parallele avuto riguardo al variare della temperatura nei mate- riali sistemi; e sarà pubblicata in seguito.

11 prof. Volpicelli presentò altresì una lettera, direttagli dal R.P. Alessandro prof. Serpieri delle Scuole Pie, contenente alcune osservazioni sopra la gran- dine, caduta in Urbino nel 27 maggio 1853, le quali furono pubblicate cogli , atti della sessione V.a, dell’ li luglio 1852. T. V, pag. 525.

/ Sulla fabbricazione delle candele mediante il grasso animale

proposta dal Sig. Filippo Tonetti.

RAPPORTO

(Commissari Sig.'' Prof/' D.r P. Carpi, e D' F. Ratti relatore).

Avendo il sig. ministro del commercio , lavori pubblici , ec. invitato la nostra accademia , col suo dispaccio del 14 maggio 1853 , a dare il suo parere sopra alcune candele, presentategli dal sig. Filippo Tonetti , ad oggetto d’ ottenerne garantita la proprietà pel metodo di loro prepara- zione, ed essendo stato dal signor principe presidente affidato a noi sot- toscritti l’incarico di esaminarle, abbiamo dapprima letto, e ponderato parte a parte il processo esposto dallo stess o sig. Tonetti, ci siamo in seguito oc- cupati nel verificare, se reali fossero i vantaggi dal medesimo indicati nel farne uso.

Ed in quanto al metodo per ottenerle, consistendo questo nel trattare il sevo semplicemente fuso con 7 millesimi di acetato di piombo, volgarmente detto sale di Saturno , nell’ aggiungervi 15 millesimi d’ incenso polverizzato , con 5 millesimi di essenza di trementina, e nel lasciare finalmente il sevo fuso per circa due ore, tempo necessario, onde si precipiti al fondo una parte dell’ incenso sul grasso insolubile : è stato facile conoscere che coll’aggiunta dell’ incenso, e della trementina erasi il sig. Tonetti prefisso aumentare la com- bustibilità del sevo, nascondendo il cattivo odore, e coll’ aggiunta dell’ace- tato di piombo, solidificare la sua parte liquida, ed indurirla. Questo dissec- camento poi, od indurimento ha esso creduto poterlo ottenere nel sevo, al al modo stesso che si ottiene negli olii seccativi, ed in quello di lino sopra-

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tutto, senza fare attenzione alla differenza di natura di questi corpi. E che tale sia stato il suo punto di partenza, lo ha lasciato chiaramente scorgere coll’aggiungere al detto processo, che alle nominale sostanze possono anche sostituirsi degli ossidi, e sali metallici, così detti astringenti o seccativi, i quali danno sempre al sevo una durezza considerevole.

Premessa questa riflessione, abbiamo noi fuso al fuoco un poco di sevo, e vi abbiamo unito semplicemente dell’acetato di piombo, nella quantità in- dicata dal sig. Tonetti. All’ unirsi di questo sale col grasso, si è suscitata una specie di ebollizione, dovuta allo sprigionamento dell’acqua di cristallizzazione del sale medesimo. Parte quindi di questo sevo divenuto già solido, e parte di quello del sig. Tonetti, l’abbiamo fatte bollire in capsule separate di por- cellana, e nell’acqua distillata per qualche minuto. L’acqua passata per filtro di carta, e saggiata con vari reagenti, non ha mostrato contenere traccia di piom- bo. Rinnovata l’ebollizione con acqua acidulata dall’ acido nitrico, e feltrato il liquido acidulo, ci ha questo dati manifesti indizi della presenza del. detto metallo : ne abbiamo dedotto che l’acetato di piombo resta col grasso unito allo stato basico, od insolubile, e forse in parte combinato ad alcuna delle materie estranee, che fan parte del sevo, o colla sua base a porzione di questo.

Ad altro sevo fuso abbiamo unito, sempre nelle proporzioni dal sig. To- netti indicate, dell’incenso ; ed abbiamo notato che realmente una parte ne resta insoluta, ed è la parte gommosa, e che questa dopo alcun tempo, man- tenendo liquido il grasso, si depone al fondo. Unito finalmente altro sevo li- quido coll’essenza di trementina, ed altra porzione con tutte le nominate so- stanze insieme, e tornati tutti siffatti composti ad esser solidi, prescindendo dall’odor leggermente resinoso, offertosi specialmente da quello trattato coll’es- senza di trementina, non abbiamo potuto riscontrare in alcuno caratteri fisici differenti dal sevo. Sono tutti ontuosi al tatto, tutti macchiano di grasso la carta sulla quale posano , o nella quale sono involti; le candele stesse del sig. Tonetti, ravvolte in carta ben collata, han prodotto questo effetto, l’odore è in tutti di sevo, la consistenza eguale a quella di questa sostanza.

Persuasi dal fatto che il sevo, trattato col metodo del sig. Tonetti, non dif- ferisce sensibilmente dal sevo comune , siamo discesi a verificare se nell’u- sare le sue candele si ottenessero almeno i vantaggi indicati: l.° Cioè che le candele non scolino ardendo. 2.° Che esse non abbiano T odore disgustoso del sevo. 3.° Che siano più dure delle candele ordinarie. 4.° Che durino ad ardere più di queste, e quanto una candela stearica.

570

Messa da banda la durezza, che ci era già cognita , e della quale si è già detto , procuratici una candela , che per grossezza e della materia grassa , e dello stoppino , somigliasse a quella del sig. Tonetti, aven- dole fatte ardere contemporaneamente, abbiamo notato , che essendo 1’ aria tranquilla , se lo stoppino non si ricurvi , e fonda perciò il sevo inegual- mente, nè l’una, l’altra colano : il contrario avvenendo in ambedue con opposte condizioni. Essendo alla fin fine di sevo la candela del sig. Tonetti, essa emana, specialmente dopo spenta, lo stesso ardor disgustoso dell’altra. Ben lungi infine dal durare quanto una candela stearica, consumasi pressoché co- me una candela di sevo. Ed abbiamo detto pressoché, essendo uno, o due esperimenti insufficienti a poter stabilire con certezza assoluta V eguaglianza o disuguaglianza di durata di due candele : alla difficoltà infatti di procurarsi due candele f una di sevo comune, l’altra di sevo preparato col metodo so- pra indicato, egualissime per grossezza, per numero di fili nello stoppino, per qualità di cotone, s’unisce l’altra di tener lontane tutte le condizioni che in- fluiscono, indipendentemente dalle dette cose, e dalla qualità stessa della ma- teria che le forma, a renderne maggiore o minore la durata.

Nel fare queste osservazioni abbiamo notato di più, che la candela del sig. Tonetti arde con fiamma più lunga, ed un poco più brillante di quella di sevo, che non v’è necessità di smoccolarla frequentemente, come quest’ul- tima. A determinare se ciò dipendesse dalle materie combustibili aggiunte al sevo, o dall’acetato di piombo, abbiamo col sevo, già da noi trattato con que- sto sale, formata una candela; ed è risultato che questo modo, un poco di- verso di bruciare del sevo, è dovuto all’acetato di piombo, od alla base di questo sale, facilmente decomponibile presente alla combustione; poiché fatto bol- lire il sevo, sul quale avea agito l’acetato di piombo con acqua acidula per acido nitrico, toltogli perciò il piombo, e modellato nuovamente in candela, torna a bruciare come il sevo ordinario , e forse con fiamma più piccola , torna quindi a farsi più frequente la necessità di smoccolare.

Altra cosa interessante a riferirsi, e che costituisce grave difetto nelle can- dele delle quali parliamo, è che se si spengono quando lo stoppino sporge fuori del grasso per un mezzo pollice, ed in genere quando dopo spenta la candela lo stoppino, che in gran parte è carbonizzato mostri il suo carbone candente all'estremità, la parte carbonizzata viene tutta successivamente con- sumandosi, lentamente bruciando, e tramandando fumo, e puzzo. Ci è acca- duto più volte dover aspettare fin sette od otto minuti, innanzi che la candela

fosse perfettamente spenta. questo difetto è solo, che due altri gli fan se- guito non men gravi: restando il lucignolo perla detta ragione appena spor- gente fuori del grasso, allorché torna ad accendersi la candela, la fiamma è piccolissima, ed è necessario passino più minuti prima che si abbia una fiam- ma sufficiente, e precisamente tanto tempo, che liquefattosi del sevo assai più di quello sia necessario alla combustione, colando, lasci lo stoppino per un certo tratto scoperto; la qual cosa, com’è chiaro, produce una perdita di grasso. Questo fenomeno sembra dovuto all’ossido di piombo, che agendo a modo di sostanza influente, facilita la lenta combustione dei principii componenti il sevo, pri- vato questo infatti coll’acido nitrico di quest’ossido, non lo presenta più.

Prese dopo ciò in considerazione le cose tutte osservate , e riferite ; ri- flettendo che le candele del sig. Tonetti non diversificano sensibilmente da quelle di sevo, che se v’è qualche vantaggio nell’usarle, questo è contrabilan- ciato da altri difetti, ed è piccolo da non poter essere apprezzato da quella parte del popolo , che esclusivamente , almeno presso noi , adopera questo mezzo illuminante, siamo di unanime parere, che non debba accordarsi la ri- chiesta dichiarazione di proprietà.

L’ Accademia adottando le conclusioni del suddetto rapporto , ordinò che una copia autentica ne fosse spedita al ministero del commercio, ec.

Sul metodo proposto dal sig. Macpherson, per applicare la fotografia alla stampa litografica , ed anche alla incisione ad acqua forte.

RAPPORTO

(Commissari Sig.™ Prof/' R. P. Pianciam, P. Volpiceli.!, R. P. Secchi relatore).

Il sig. Macpherson scozzese di nascita, e di professione pittore, residente da molti anni in questa capitale, ha supplicato al sig. ministro de’lavori pub- blici, per ottenere la privativa di certo suo metodo, col quale esso ottiene fotograficamente sulla pietra litografia , e su lastre metalliche , un disegno da cui mediante il processo litografico ordinario, può tirare un numero inde- finito di copie.

Scelti noi sottoscritti ad esaminare il metodo del sig. Macpherson , ci è sembrato soggetto di alta importanza pel progresso delle arti belle, e delle scienze. Infatti un ostacolo assai considerabile alla diffusione dei prodotti del- l’arte fotografica, e quindi dei vantaggi che ne possono trarre le arti, sono specialmente le difficoltà della riproduzione delle copie. Egli è vero che un

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passo gigantesco fu fatto in questo colla invenzione delle matrici di cristallo, invece delle così dette placche metalliche, e delle carte usate prima da Talbot, mediante le quali da una sola matrice negativa si possono trarre in carta molte copie positive, di una fedeltà non punto inferiori all’originale. Ma l’ese- cuzione di queste stesse copie è difficile e lunga , e quindi costoso ne è il prodotto. Perciò tutti i dotti, e gli artisti con essi, si sono rivolti a cercare un mezzo più facile, per moltiplicare queste copie, sia tentando una incisione sui metalli impressionati dalla luce per via chimica o galvanica, sia procurando averne un originale in pietra litografica.il primo a fare ciò fu Niepce, predeces- sore e poi compagno di Daguerre nell’arte fotografica, il quale fece uso del- l’asfalto steso sopra lastre metalliche, e ne ottenne assai buoni risultamenti: ma l’impossibilità di usare l’asfalto a copiare le immagini della camera oscura, per la sua poca sensibilità all’azione della luce, lo fece obliare, e la brillante scoperta di Daguerre, che dava le più fedeli rappresentazioni con una rapidità prodigiosa, specialmente dopo ritrovate le sostanze acceleratrici, fece dimen- ticare i primi tentativi di Niepce. Era mestieri a ri trarli dall’ oblio in che erano sepolti, trovar prima un modo di fissare rapidamente l’immagine ottica su di una sostanza qualunque, e poi da questa riportarla su la piastra cal- cografica, o sulla pietra.

Era dunque mestieri che la fotografia passasse per gli studi che di fatto ha percorso, cioè dal fissare le immagini della camera oscura sull’argento al fissarle sul vetro, e da questo alle piastre metalliche, o alle pietre litografiche. Tale passo è ora fatto, e i signori Lerebours, Barreswil, e Lemercier hanno preso di ciò già una patente d’invenzione in Francia. Il loro metodo consiste in applicare sulla pietra litografica una (1) soluzione di asfalto, e questa im- pressionare colla luce, coprendola con una matrice negativa di cristallo, e poi con un solvente appropriato, levare quella porzione di bitume, che non è re- stato insolubile dopo la esposizione alla luce. Alla pietra così preparata si ap- plicano i soliti processi litografici. 11 sig. Talbot fa lo stesso a un dipresso sui metalli, se non che egli adopera altre sostanze (2) ; però è da notare che lo stesso processo del sig. Lerebours può applicarsi anche ai metalli ; giac- ché tutto consiste in trovare una vernice , che influenzata dalla luce, resti diversamente impressionabile dagli agenti chimici, secondo l’intensilà di azione prodotta da quell’imponderabile.

(1) V. C. R. 16 maggio 1853. Tom. XXXIV pag. 878.

(2) V. C. R. 2 maggio 1853.

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Il metodo pel quale il sig. Macpherson chiede la protezione , non è gran fatto diverso da quello dei sigg. Lerebours e compagni ; ma egli vi ha in- trodotto diverse modificazioni del suo, che lo rendono più spedito.

Le operazioni colle quali esso ottiene le impressioni sono state eseguite sotto gli occhi de’membri della commissione, fino al punto di far comparire la immagine nella pietra litografica , dopo ciò essa va assoggettata alle ordinarie operazioni litografiche, le quali non potendo essere da noi altrimenti sorvegliate, credemmo sufficiente apporre sulla pietra stessa le nostre firme , che essendo riprodotte nelle copie che ce ne sono state trasmesse, mostrano l’identità del soggetto.

L’ispezione di queste prove dimostra, che il sig. Macpherson è riuscito nel suo intento. L’autore ed i commissari conoscono bene l’imperfezione del la- voro sotto il punto artistico, ma la sua ulteriore finezza sarà cosa del tempo, e di ulteriori studi , e sopra tutto molto è da confidare sul miglioramento della parte litografica , essendo egli ora per particolari ragioni obbligato a servirsi di persone inesperte, e di mezzi imperfetti.

Crede adunque la commissione, che il sig. Macpherson abbia soddisfatto, per ciò che risgnarda la litografia (giacché pei metalli essa nulla vide che ne assicuri la riuscita) a quanto esige la legge, per ottenere la protezione del suo processo foto-litografico , se non a titolo completamente di inventore, almeno per arte a quello di introduttore , non essendo a notizia della commissione che quest’ arte siasi ancora prodotta tra noi. Però stimasi necessario che il predetto sig. Macpherson deponga presso il ministero una descrizione del suo metodo, più particolarizzata di quella data finora, che fissi i limiti delle conces- sioni, e ciò affinchè non resti impedita l’industria di altri, che riuscisse a va- riare metodo, e perfezionare i prodotti di questo stesso ramo di industria.

L’Accademia fece sue le conclusioni di questo rapporto, ordinando che co- pia autentica ne fosse inviata al ministero del commercio , belle arti ec.

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Sopra due macchine , che si dicono inventate dal sig. Bartolomeo Gv armami di Bologna , destinate Vuna per la trebbiatura del 7'iso> ec Valtra pel frumentone.

RAPPORTO

(Commissari Sig/' Prof/' 0. Astolfi, F. Orioli relatore ).

Avendo il sig. ministro del commercio, lavori pubblici ec., richiesto la no- stra accademia del suo parere intorno a due macchine, che si dicono inven- tate dal sig. Bartolomeo Guarmani di Bologna, e destinate l’una alla trebiatura del grano, orzo, o riso, l’altra del fromentone; delle quali macchine il Guar- mani chiede la dichiarazione del diritto di proprietà; ed avendo il sig. pre- sidente scelto noi infrascritti a commissari per farne esame e rapporto, così brevemente abbiamo creduto poter soddisfare al nostro incarico.

La invenzione di cui qui si tratta non è che un progetto, del quale l’autore non presenta che i disegni in carta, messi , egli è vero , in proporzione , e corredati di scala, ma scompagnati da ogni descrizione, e da ogni calcolo re- lativamente a’particolari che li riguardano, e, a quanto apparisce , non mai condotti più in che all’eseguimento di modelli in piccolo, i quali non fu- rono inviati.

Fu solamente trasmesso, e sottoposto a’nostri occhi il voto favorevole de’ chiarissimi bolognesi signori Giambattista Bontà, prof. Giovanni Cantù, e An- tonio Trebbi; questo stesso voto assai generico, e non fondato sopra prove di fatto, sopra teorici ragionamenti bastantemente specificati, di poco aiuto può essere ad un più ponderato giudizio.

Egli è perciò che noi crediamo non avere il sig. Guarmani soddisfatto alla condizione imposta dalla legge a chi presenta le sue invenzioni alla compe- tente autorità, col fine di ottenere i privilegi, soliti in questi casi a diman- darsi.

Nel qual proposito pare a noi non inutile il pregare coloro cui ciò spetta, di richiamare alla memoria de’postulanti, che dovendo secondo la legge sot- toporsi al giudizio de’ periti le loro invenzioni , mentre sarebbe d’ uopo da una parte , in esse aver verificaio precedentemente le speranze che sopra vi si fondano , con esperimenti opportuni, e per conseguenza aver già eseguito d’ una conveniente grandezza le macchine , ed averle poste in azione, senza di che è nel maggior numero de’casi soggetta a dubbi l’effica- cia e l’utilità loro, massime quando è tal genere di cose , nelle quali molti

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particolari sfuggono alla previsione scientifica; da un altra parte è almeno assolutamente richiesto, che, quanto a’dati teorici, siano essi netti, e in ogni loro specialità, precedentemente stabiliti e descritti , per servir di norma a chi voglia giudicare il valor vero della invenzione, e per conseguente il reale suo merito, e il termine di maturità al quale è condotta. In difetto di ciò s’impone agl’incaricati dell’esame, la non equa fatica d’eseguir essi per indo- vinamento, o per supplantazione quel che agl’inventori spettava; quando in- vece la disamina non dovrebbe cadere che su quello nudamente, il quale è esposto, massime dove si tratti di macchine non eseguite mai, rispetto alle quali, per condurle alla pratica , e per giudicarle con sufficiente cogni- zione, non è particolare alcuno che non debba essere predeterminato accu- ratamente.

Ad ogni modo, poiché qui la domanda del sig. Gurmani , apparisce uni- camente diretta a chiedere la dichiarazione, come di sopra fu detto, del sem- plice diritto di proprietà, effetto del quale sarà solo, che l’identiche macchine da lui proposte, da nessun altro potranno essere nello stato nostro poste in uso, noi crediamo, che, senza tuttavia giudicare fino a qual segno esse mac- chine siano certamente nuove, e da esso inventate, possa al dimandante ac- cordarsi la richiesta, sottoponendola alla sola condizione , che duri il privi- legio finché altri non provi le macchine non esser nuove, e non trovate da chi se ne arroga oggi l'invenzione; e valga unicamente contro i contrafattori, che non dimostrino i trebbiani da essi usati, non essere sostanzialmente della co- struzione medesima che quelli dal sig. Guarmani proposti.

L’Accademia approvando le conclusioni del suddetto rapporto, ordinò che una copia del medesimo ne fosse inviata al ministero del commercio, belle arti, ec.

Sul metodo del sig. Luigi Tugnoli per la fabbricazione delle candele chiamate ossigenate , e margariche.

RAPPORTO

(Commissari Sig.rj Prof.’’4 F. Ratti, P. Carpi relatore ).

Il sig. ministro del commercio, lavori pubblici ec., ha rimesso a questa accademia Tesarne di un nuovo processo, per la fabbricazione delle candele chia- mate ossigenate , e margariche , che gli fu presentato dal sig. Luigi Tugnoli, per per ottenerne la dichiarazione di proprietà. Incaricati dal sig. principe pre-

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siderite di questo esame, ei facciamo un dovere di presentare all’accademia i risultamene delle nostre osservazioni e sperienze : eseguite nel laboratorio chimico dell’archiginnasio romano.

Queste candele sono di due qualità: le prime sono dette ossigenate , le al- tre margariche.

Chiama il sig. Tugnoli le prime ossigenate non si per qual ragione, non essendo che candele di puro sevo. Egli le ottiene trattando 100 libbre di sevo in brascica o in membrane, con 50 libbre d’acqua piovana, acidulata mediante una libbra di acido solforico. Da tale descrizione facilmente si rileva che que- sto processo , lungi dal!’ essere diretto a fabbricare candele di nuova specie, serve piuttosto ad estrarre il grasso dalle membrane che lo contengono , e siccome è questo un metodo di estrazione del grasso, già conosciuto, non può prendersi in alcuna considerazione riguardo alla fabbricazione di queste can- dele. E che tal metodo per l’estrazione del grasso dalle membrane non sia nuovo, giova riferire a questo proposito quanto dice Dumas nel suo Traité de chimie appliqué aux arts.

La fusione del grasso (dice quest’autore) si fa in due modi, o direttamente, operazione detta des crétons, o per mezzo dell’acido solforico, e dicesi à l'acùle. Quest’ultimo è stato proposto da Darcet. Per l’estrazione del grasso coll’acido, si prendono 1000 Kilogr. di sevo in membrane tagliale a piccoli pezzi , 150 libre di acqua, contenente 5 Kilogr. di acido solforico a 66°, si riscalda il tutto nella caldaia, dopo averne chiuso il coperchio munito di valvola, e si man- tiene la temperatura a 105° o 110° per due ore e mezza. Allora tutte le membrane sono disgregate e disciolte. Si decanta il sevo liquido in una cal- daia, circondata di corpi cattivi conduttori del calorico, onde il sevo non si raffreddi che lentamente; e si uniscono 1 Kil. e mezzo a 2 Kil. d’allume, di- sciolto in 20 libbre di acqua, e si fa riposare per 10 ore. Soggiunge lo stesso chimico Dumas : questo processo un sevo più duro. In inverno se ne ot- tengono da 83 a 85 per 100, mentre col metodo della fusione diretta se ne hanno da 80 a 83. 11 sevo ottenuto senz’acido è prescelto nell’estate dai fab- bricanti di candele; perchè la sua pasta più omogenea non lascia trasudare, come il sevo coll’acido, una sostanza fluida.

Dunque il Tugnoli mentre domanda la privativa per la fabbricazione delle candele , modifica il metodo per ottenere il grasso scevro dalle membrane ; metodo già conosciuto ed incompleto, non adoperando caldaja chiusa, onde vi sia una certa pressione nell’ interno, l’aggiunta dell’ allume, come in- dica Dumas.

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L’altra richiesta del sig. Tugnoli è per le candele margariche: questo nome è dato a capriccio, e induce in errore, facendo credere che le candele siano fatte con margarina, o acido margarico, mentre sono per verità di sevo. Se pur si volesse dare a queste candele un nome scientifico, si potrebbero chia- mare ossicjanale, per la ragione che si dirà in appresso.

Il metodo che propone per ottenerle, consiste nel trattare 100 libbre di sevo, estratto come il precedente, colf acido solforico in una caldaia dispo- sta a bagno maria, con una lib. di acido nitrico (senza dire a qual grado ) mescolato con altrettanto spirito di vino rattifìcato, per 12 a 15 minuti. Le candele acquistando per questo sevo così preparato un color giallognolo, pro- pone lo sbianchimento delle medesime coll'esposizione alla luce, ed all’aria.

Questo modo di preparare il sevo è anch’esso già conosciuto. Berzelius infatti nel suo trattato di chimica dice Ognun sa che il sevo di bue serve a far candele e sapone, e si applica anche a diversi usi economici. Si è ten- tato (egli dice inoltre) con qualche riuscita, prima di usare il sevo nella fab- bricazione delle candele, di trattarlo con un poco di acido nitrico , il quale converte una parte della sua eiaina in acidi grassi , lo indura e lo rende meno grasso.

Péclet nel suo Traile de l'Èclairage , stampato nel 1827, dice ancora: il processo dell’ inglese Heard consiste nel versare nel sevo in fusione una quan- tità di acido nitrico concentrato, che varia secondo la natura del sevo: esso è di un grammo pei grassi di prima qualità, e si eleva fino a 4 per quelli di consistenza molle: il miscuglio è agitato e mantenuto fuso finché ha preso tinta di arancio : si lascia allora raffreddare, e si sottopone all’azione di un torchio molto forte, dopo averlo rinchiuso in una stoffa di lana, o in un sacco fatto con tessuto di vinchi molto resistenti: ne esce un’olio molto fluido, ed il residuo è un sevo giallastro, che ha però consistenza maggiore di quello che non ha sofferto questo processo. S’ imbianca esposto che sia all’ aria , ad alla luce, e candele che sembrano superiori a quelle che provengono dal sevo ordinario.

Ecco dunque il metodo Tugnoli, ma più dettagliato e più completo. Ve- nendo poi ai stuppini, che il Tugnoli propone sieno fatti a treccia per que- ste sue candele, e che siano immersi prima nell’acido borico, ognun sa che sono adoperati nelle candele steariche , ed è perciò cosa non nuova anche questa. Riflettendo finalmente all’aggiunta dell’alcool all’acido nitrico , a noi sembra capricciosa , mentre esso si volatilizza facilmente , e non sappiamo quall’azione possa esercitare.

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Per meglio soddisfare all’incarico ricevuto, e per giudicare con maggior si- curezza sulle qualità delle candele del sig. Tugnoli, abbiamo voluto col suo metodo preparare il sevo, aggiungendovi cioè l’alcool e 1’ acido nitrico , ed abbiamo veduto che al contatto di quest’ ultimo si è suscitata quella stessa reazione, che si manifesta nel preparare la pomata, detta in farmacia pomata ossigenala; perciò abbiamo detto di sopra potersi le candele così fabbricate chiamare ossigenate , piuttosto che margariche. 11 sevo da noi preparato era giallo, ed esposto all’aria, ed alla luce non si è perfettamente scolorato, come pure una tinta gialla conservano le candele campioni, esibite dal sig. Tugnoli.

Fatte ardere due candele simili, una di sevo da noi preparato, ed altra di sevo comune, abbiamo notato.

1. ° Che la fiamma della prima era più piccola della seconda.

2. ° Che lo stoppino a treccia della candela Tugnoli, incurvandosi da un lato, produce da questo lato un più forte sgocciolamento che nelle candele co- muni di sevo, in cui si usano i stoppini semplici : la qual cosa era stata da noi osservata molte altre volte, sperimentando sui grassi; talmente che ne ave- vamo conchiuso che lo stoppino a treccia non è applicabile al sevo, attesa la sua facile fusibilità.

3. ° Che colando molto sevo in un lato nelle candele Tugnoli, non hanno queste la durata di quelle di sevo comune in pari circostanze.

4. ° Che questi difetti si sono osservati anche nelle candele, preparate col metodo Tugnoli a stoppino semplice.

5. ° Finalmente che sebbene le candele collo stoppino a treccia, abbiano il vantaggio sopra quelle di sevo comune, di non aver bisogno di essere smoc- colate, questo vantaggio non è abbastanza compensato dai difetti sopra indi- cati.

Da tutto quello ch’è stato fin qui esposto, si può facilmente conchiudere , che la richiesta avanzata dal sig. Luigi Tognoli non presenta le condizioni, che si esiggono dalla legge per conseguire la dichiarazione di proprietà.

L’accademia fece sue le conclusioni del suddetto rapporto, e ne spedì copia conforme al ministero del commercio ec.

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CORRISPONDENZE

La R. accademia delle scienze di Madrid, col mezzo del suo segretario perpetuo sig. prof. M. Lorente, ringrazia per gli atti de’Nuovi Lincei da essa ricevuti, ed invia parecchie sue pubblicazioni all’accademia nostra, le quali si trovano registrate in fine, fra le opere venute in dono.

L’accademia delle scienze dell’istituto di Bologna, per mezzo del suo se- gretario perpetuo, sig. prof. D. Piani, annunzia la spedizione della serie de’nuovi commentari, e dei rendiconti delle sessioni dal 1829 al 1849, unitamente alla collezione delle opere del celebre Galvani. Aggiunge il chiarissimo segretario, che la spedizione medesima fu decretata, onde i Nuovi Lincei posseggano completamente gli atti dell’ accademia delle scienze di Bologna ; essi perciò decretarono i dovuti ringraziamenti per questo pregievolissimo dono.

sig. I). Michele Chiesa-Bini, avendo chiesto di leggere una sua me- moria scientifica, si farà sapere al medesimo, che si risolverà su tale richiesta, quando l’indicata memoria sarà conosciuta dai membri della censura accademica.

COMITATO SEGRETO

La Santità di N. S., con suo venerato rescritto del 17 dicembre 1851, pubblicato in accademia nella tornata del 28 dello stesso mese, decretò che i soci corrispondenti stranieri fossero di numero portati a cinquanta.

Per mandare ad effetto questa graziosa sovrana disposizione, il comitato accademico, riunitosi nel 6 febbraro 1852, formò ad unanimità un elenco di scienziati, distinti e cogniti per le produzioni loro, affinchè fossero in accade- mia proposti a corrispondenti stranieri. Ed in ciò il comitato ha seguito Io stesso metodo, che 1’ accademia volle adottare, quando si dovette per la prima volta comporre il novero dei trenta corrispondenti italiani.

Trovandosi già nominati quindici fra i corrispondenti stranieri, dovette il comitato stesso formare un elenco di trentacinque illustri scienziati, scelti da tutte le nazioni le più colte. Per tanto i proposti furono come sieguono:

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Signori HANSEN prof. P. A. direttore dell’osservatorio astronomico di Gotha. » KUMMER prof, di matematica nella università di Breslavia.

« NEUMANN dott. prof, di mat. e fìsica nella università di Kònisberg. » OHM dott. M. prof, di matematica nelle università di Berlino.

» STEINER I. prof. idem.

» FUSS. P. H. seg. perpetuo deH’accad. I. delle scienze di Pietroburgo. » MALMSTEN dott. C. I. prof, di mat. nella università di Upsala.

» ROBERT G. prof, di mat. nel collegio della Trinità in Dublino.

» GAUSS prof, di matematica in Gottinga,

» OSTROGRADSKY membro dell’accad. R. delle scienze in Pietroburgo. » THOMSON G. prof, di filosofia naturale nella università di Glasgow.

» POINSOT membro dell’Istituto di Francia.

» GROVE G.R. prof, di fisica in Londra.

» MITSCHERLICH prof, di chimica in Berlino.

» IACOBI prof, di chimica in Pietroburgo,

» FOUCAULT LEONE fìsico in Parigi.

» POU1LLET mera. dell’Istituto di Francia.

» REGNAULT idem.

» DU BOIS REYMOND E. fisiologo a Berlino.

» DE HUMBOLDT barone Alessandro in Berlino.

» BOND astronomo a Cambridge.

» LORENTE prof. seg. della R. accad. delle scienze di Madrid.

» HENRY segretario dell’istituto Smithsoniano in Washington.

« AGASSIZ prof, di storia naturale » MURCHISON geologo a Londra.

)) JOHNSON geologo a Washington.

» LIAIS E. seg. della società delle scienze naturali di Cherbourg.

» LITTROW direttore dell’L e R. osservatorio astronomico di Vienna. « FORCHHAMMER seg. della società danese delle scienze di Copenaghen. » WEHLBERG seg. della R. acc. delle scienze di Stockolm.

» FRIAS ELIAS segretario della R. accademia delle scienze di Upsala. )> LIEB1G I. prof, di chimica a Monaco.

» KUPFFER direttore dell’I. osservatorio di Pietroburgo.

» ELIE DE BEAUMONT dell’L Istituto di Francia » REMON ZARCO DEL VALLE D. ANTONIO, presidente della reale accademia delle scienze di Madrid.

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L’accademia unanimemente nominò a corrispondenti stranieri questi scien- ziati distintissimi.

L’accademia riunitasi in numero legale alle 5 pom., si sciolse dopo due ore di seduta.

Saci ordinari presenti a questa sessione.

0. Astolfì. L. Ciccolini. B. Tortolini. P. Carpi. S. Proja. - I. Calandrella P. Volpiceli. G. Ponzi. L. Ciuffa. P. Sanguinetti. A. Coppi. M. Bertini. G. B. Pianciani. F. Orioli. P. A. Secchi. P. Odescalchi. C. Maggiorana A. Cappello. F. Batti. D. Chelini. C. Sereni.

Pubblicato 1 maggio 1856 P. V.

OPERE VENUTE IN DONO.

Memoires .... Memorie della società delle scienze naturale di Cherbourg. Un fase, in 8,° Cherbourg 1852.

Memorias .... Memorie dell' accademia delle scienze di Madrid. Un voi. in 4.° Tom. I, parte 2.a scienze naturali. Madrid 1851.

Besumen .... Sunto degli alti dell'accademia reale delle scienze di Madrid per l'anno accademico del 1850 51. Un fase, in 8.° Madrid 1851.

Corso elementare di agricoltura del clolt. Giuseppe De Rossi. Voi. 3.° - Zoo- logia, pastorizia, e veterinaria. Boma 1853.

Dell'educazione dei bachi da seta. Memoria del conte avv. Biagio Bianconcini. Un fase, in 8. Bologna 1853.

Trattato elementare di geometria analitica di Raffaele Rubini. Napoli 1852. Un voi, in 8.°

Considerazioni ed esperienze intorno al magnetismo delle rocce, di Macedonio Melloni. Memoria I.a sulla polarità magnetica delle lave , e roccie affini. Un fase, in 4.° Napoli 1853.

Du Chauffage .... Del riscaldamento , e della ventilazione degli edifici pu- blici, del sig. M. Deschamps, con note di H. Gaultier de Claubry. Parigi 1853, Un fase, in 8.°

582

Du Chauffage .... Del riscaldamento , e della ventilazione dei grandi edi- fici , ed in particolare degli ospedali , di H. Gaultier de Claubry. Parigi 1852. Un fase, in 8.°

Sur .... Sopra le sorgenti della luce , e delle cause della non interferenza di Emm. Liais. Un fase, in 8.° Cherburgo 1853.

Distribuzione de' premi del grande concorso Clementi Nò-Pellegrini, celebrala il 22 di giugno 1851, dall' insigne , e pontifìcia accademia romana di s. Luca. Un fase, in 8.°

Idem, del 1844. Un fase, in 8.°

Conferimento di premio della società d'incoraggiamento di scienze, lettere, ed arti di Milano, del 3 marzo 1851.

Programma per l'aggiudicazione del premio nel 1853, dell'accademia reale delle scienze di Madrid.

L' incoraggiamento, giornale di agricoltura, industria, e commercio n.° 17, e n.1 20 al 25. Ferrara 1853.

Esposizione agricolo-industriale , e del bestiame, che avrà luogo in Cento all'oc - castone della 3.a premiazione agraria provinciale d' incoraggiamento nei giorni 11, 12, 13 settembre 1853. Ferrara 1853. Un fase, in 4.° grande.

Uomptes . . , . Conti resi dell'I. accademia delle scienze di Parigi, in corrente.

Annales Annali di chimica e di fisica , Parigi , in corrente. ( Dono

del sig. principe D. Baldassare Boncompagni ).

Annali delle scienze matematiche, e fìsiche del prof. Tortolini, in corrente.

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DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI

SESSIONE Vf DEL 22 SETTEMBRE 1853

PRESIDENZA DEL SIG. PRINCIPE D. PIETRO ODESCALCHI

MEMORIE E COMUNICAZIONI

DEI SOCI ORDINARI E DEI CORRISPONDE NT I

Florae romanae Prodromus exhibens planlas circa Romani, in Cisapenninis Ponti fi- cicie dictionis provinciis, et in Picaeno sponte venienles. Alidore Retro Sangui- netti, in romana studiorum Universitate Botanices professore. Continuazione (*},

S. Oreoselinum Sang. Cent, tres p. 46. n. 99. - Bert. FI. It. t. 3. p. 362. In montium sylvis. Monte Lucretile.

Perenn. Fior. Julio. Flores albi.

611. sulcatum Ten. Viagg. in Abruz. p. 58. n. 257. Caule sulcato angu- lato farcto parce ramoso, ramis alternis : foliis 3-pinnatifìdis, pinnis cunea- tis pinnatifidis, pinnulis incisis : involucris lanceolato-linearibus reflexis: cre- mocarpiis oblongis.

S. sulcatum Bert. FI. II. t. 3. p. 367.

In rupibus montis Vettore. A valle Canelra ,

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores Albi.

FERULA.

612. nodiflora L. Sp. PI. ed. 2. p. 247. Glaucescens. Caule orgyali et ul- tra farcto : foliis pinnatifido-decompositis, pinnis linearibus elongatis : invo- lucris involucellisque nullis : cremocarpis ellipticis acute costatis.

F. nodiflora Bert. FI. It. t. 3. p. 372, - F. communis FI. Rom. Prod. p. 114. n. 349 ex parte. - F. foemina Hort. Rom. t. 6. tab. 5,

(*) Y. sessione V, VI, VII del 1852, e sessione II, IV del 1853.

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/3 Beri. I. c Pinnulis abbreviati lineari-filiformibus.

F. communis Sebast En. PI. Ampli Flavii p. 45. n. 102. - Seb- et Maur. FI. Rom Prodi. I. c ex parte.

In aridis et rupibus non rara. A Tor di Quinto in copia. (3 super raderà antiqua. Colosseo , Terme di Diocleziano , Arco de Vespilloni etc.

Perenn. Fior. Majo. Flores lutei.

Vulgo. Ferola.

613- glauca L. Sp . PI. p. 355- Caule sub-2-orgyali: foliis decomposito- pinnatifidis, supra viridibus nitidis, subtus intense glaucis, pinnis late lineari- bus planis subtrifìdis : involucris involucellisque nullis: cremocarpiis elliptico— oblongis.

F. glauca Bert. FI It. t 3- p 374.

In incultis et aggeribus. Extra Portam Divi Laurentii, et praesertim alla Caffarella.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores lutei.

Vulgo uti praecedens.

Usus. Medulla caulis ab Àurificibus , et Argentario expetitur , ad artis opera expolienda.

614. Ferulago L. Sp. PI. p. 356- Caule sulcato suborgyali, ramis brevibus vertieillatis : foliis pinnatifìdo-decompositis decussatis, pinnis linearibus an- gustissimis : involucris involucellisque polyphyllis, foliolis ovato-lanceolatis : cremocarpiis obovatis.

F. Ferulago Beri. FI. It. t. 3. p. 375* - F. nodiflora Maur . Cent 13. p. 15. - Libanotis tenuifolia altera ferulae folio et semine Italico Barrel. Ic. 385. - L. ferulaefolio et semine Italica Bocc. Mus di Piani p 35.

In montibus Latii, et Picaeni ad margines agrorum. Serra S. Antonio, Macerata, Camerino etc.

Perenn. Fior. Julio. Flores luteoli.

Obs. Odor totius plantae aromaticus.

PAL1MBIA.

615. Chabraei DC. Prod. Syst. nat. p. 176. Albo-glaucescens. Foliis pin- natifidis, pinnis partito-laciniatis, laciniis lineari-lanceolatis acutis.

P. Chabraei Bert. FI. It. t. 3- p 354-

In alpestribus apenninorum. Monte Birro in Picaeno.

Perenn. Fior. Augusto-Septembri. Flores albi extus subpurpurei.

PASTINACA.

616. sativa L. Sp. PI p 376. Caule 4-pedali erecto fistuloso angulato

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silicato, ramis superioribus oppositis: foliis pinnatifidis, pinnis ovato-oblongis, impari triloba, omnibus margine equaliter, et minute dentato-crenatis : um- bellis solitariis terminalibus.

fi latifolia. Foliis duplo triploque majoribus.

P. sativa Seb- et Maitr- FI. Rom Prod p. 116. n. 362- - Bert. FI. It. t. 3- p 437.

In humentibus vineis etc. fi ad ripas Tyberis.

Bienn. Fior. Junio-Octobri. Flores lutei.

Vulgo. Pastinaca.

Usus. Radix esculenta est, unde in hortis colitur. Radix, et semen olim in materia medica enumerabantur uti aphrodisiaca, et nutrientia.

617. Opopo xax L. Sp. PI. p. 376- Caule erecto terete farcto suborgyali inferius strigoso, ramis brevibus variis : foliis radicalibus et inferioribus 2-pin- natifidis, superioribus pinnatifidis , pinnis omnibus ovatis, basi inaequaliter cordatis lobatis dentatis, lobis et dentibus acutis.

P. Opoponax Seb. et Maar . FI. Rom. Prod. p - 116. n. 362. - Bert. FI. It. t 3- p* 439-

In arvis ad vias communis.

Perenn. Fior. Julio- Flores lutei.

Vulgo. Opoponaco.

Usus. In Oriente, et in aliis caldioribus regionibus, a radice Gummi-re- sina exudat, Opoponacum in officinis dieta, quae jam plurimis in morbis tam internis quam externis valuit. Nunc vix commemoratur, nam impartialis ex- perientia docuit potius fantasticae, quam solidae virtutes Opoponaco tributae fuissent.

HERACLEUM.

618. Spondylium L. Sp. PI. p. 358. Hispidum. Caule suborgyali sulcato fistoloso : ramis alternis : foliis pinnatisectis, vel pinnatifidis, segmentis 3-5- lobis ovatis undulatis inciso-dentatis : cremocarpiorum vittis lateralibus dimi- diatis.

H. Spondilium Bert. FI. II. t. 3. p. 426. - Spondylium vulgare foliis acute incisis Barrel. Ic. 56 et Sp. vulgare flore albo le. 371.

In apennino Umbro. Vettore.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albidi.

619. Pa naces L. Sp* PI. p. 358. Caule sub-3 pedali hirto sulcato fi- stoloso, ramis alternis: foliis pinnatisectis, pinnis palmatilobis dentatis, impari

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majore, petiolis et nerviis primariis hirtis : cremocarpiorum villis lateralibus dimidiatis.

H. Panaces Beri. FI. It. t. 3. p. 431.

In pratis elatis Umbriae. Castellaccio di Norcia .

Perenn. Fior. Augusto. Flores albi.

620. Orsini Guss. PI. rav. p. 133. tab. 27. Caule 2-3-pedali subsim- plici muricato superius quandoque glabro : foliis simplicibus palmato-lobatis, lobis obtusis crenatis, nervis venisque hispidis : cremocarpiorum vittis omni- bus dimidiatis.

H. Orsini Beri. FI. II. t. 3 p. 434. - Spondilium album montanum albo flore Barrel. Ic. 55.

In alpestribus Umbriae, et Picaeni. M- de' Fiori, Monte Vettore al Sasso Borgese etc.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albo-virides.

TORDYLIUM.

621 . maximum L. Sp. PI. p. 345. Setis retrorsis hispidum. Caule ere- cto sub-4-pedali alterne-ramoso : foliis pinnatifìdis grosse serratis, pinnis in- feriorum ovatis, superiorum lanceolati, impari multum elongata: involucellis, umbellulis brevioribus : mericarpiis margine crenatis.

T. maximum Sebast . En. PI. Ampli. Flavii p. 72. n. 224. - Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 111. n. 335.- Bert. FI. It . t. 3. p. 442. - Tordylium ma- ximum, Caucalis maximum Spondylii aculeato semine Hort. Bom, t. 6. tab. 2.

In arvis marginibus ad sepes frequens.

Annuum. Fior. Junio-Julio. Flores albi.

622. officinale L. Sp. PI. p. 345. Caule e basi ramoso, villis retrorsis incano, superius denudato : foliis pinnatifìdis, inferiorum pinnis, basi cordata, ovatis lobatis, lobis dentatis, impari cordato-trifido, superiorum linearibus ; involucellis umbellulas superantibus : mericarpiis obscure 5-costatis, margine tubercolato.

T. officinale Bert. FI. It. t. 3. p. 444. - T. minimum apulum Column. Ecphr. t. 1 . p. 122. fìg- p. 124. - T. alpinum minimum Hort. Bom. t. 6. tab. 5.

In campetribus ad vias. Presso Vallerano per andare alla mola di sotto, ed alla salila della Spiaggia per andare a Subiaco.

Annuum. Fior. Aprili-Majo. Flores albi radiantes.

Usus. Semina drastica sunt, et in veteri medicina non raro uturpata.

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623. apulum L. Sp . PI. p. 34-5. Villis brevibus hirsutum. Caule striato alterne ramoso : foliis pinnatifìdis, inferiorum pinnis ovatis crenatis inciso- dentatis, impari cordato-trifìda, superiorum linearibus acuminatis: involucello umbella breviore : mericarpiis multi-striatis, margine exquisite tuberculatis.

T. apulum. Bert. FI. It. t. 3. p. 4-25. - Seb. et. Maur. FI. Rom. Proci, p. 111. n. 334.

In arvis viis, messibus obvia.

Ann. Fior. Aprili-Junio. Flores albi radiantes.

Vulgo. Ogliosci.

SCANDIX.

624. Pecten Veneris L. Sp. PI. p, 368 Foliis 3-pinnatifìdis, pinnulis linearibus 3-fìdis acutis : cremocarpiis glabris rectis striatisi mericarpiis mar- gine hispidis.

S. Pecten Veneris Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 115. n. 357. - Bert. FI. It. t 3. p. 199. - S. semine rostrato vulgaris Hort. Rom. t. 6. tab. 14.

In messibus vulgaris.

Annua. Fior. Junio. Flores albi.

ANTHRISCUS.

625. vulgaris Pers. Syn. PI. t. 1 . p. 320. Caule erecto striato glabro dichotomo; foliis 3-pinnatifidis margine et nervis ciliato-hispidis, pinnis uni- formibus, pinnulis linearibus brevibus acutis: umbellis pauci-radiatis, radiis di- varicatis : cremocarpiis ovoideis uncinato-aculeatis.

A. vulgaris Bert. FI. It. t. 3. p. 194.- Caucalis Scandi xMaur. Cent. 13. p. 14. - Myrrhis aequicolorum nova Column. Ecphr. 1. p. 110. flg. 112.

Ad sepes oras sylvarum in montosis. All'ingresso dei Castagneti di So- riano•

Annuu. Fior. Majo. Flores albi.

626. sicura DC. Prod. Syst. nat. t. 4. p. 196. Caule erecto sulcato gla- bro, ramis alternis : foliis 3-pinnatifìdis, margine et nervis pilosis, pinnis ova- to-lanceolatis uniformibus, pinnulis linearibus incisis : umbellis multiradiatis: cremocarpiis cylindraceis apice sub-incrassatis, remote muricatis.

A. sicula Bert. FI. It. t. 3. p. 196.

In alpestribus Nursinis. Valle Canelra.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores albi.

CHEROPHYLLUM.

627. sativum Smith. Engl. FI. t. 2. p. 48. Glabrum. Caule erecto striato

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valde ramoso , ramis alternis : foliis ternato-pinnatifidis, pinnulis ovato-acu- minatis integris dentatisve : umbellis pauciradiatis, radiis erectis: involucellis olygophyllis, foliolis Ianceolatis.

Ch. sativum Beri FI. II. t. 3. p. 203. - Hort. Borri. I. 5. tab. 88.

In marginibus viarum, et ad sepes umbrosas. A Porta s. Paolo.

Annuum. Fior. Majo-Junio. Flores albi.

Vulgo. Cer folio.

Usus. Pianta aromatica in acetariis appetita, ideo in hortis saepe culta. Herba in veteri medicina inter diuretica enumerabatur, et semina ad augen- dam lactis secretionem propinabantur.

628. sylvestre L. Sp. PI- p. 369. Caule 2-cubitali erecto sulcato valde ramoso infero e hirto, geniculis tumidis : foliis 3-pinnatifìdis glabris , pinnis ovato-lanceolatis acutis, pinnulis inciso-dentatis : umbellis multiradiatis longe pedunculatis : involucellis olygophyllis, foliolis ovatis margine membranaceis.

Ch. sylvetre Maur. Cent 13. p. 16. - Bert. FI. It. t. 3. p. 204.

Ad sepes, locis humidiusculis circa urbem et in montibus frequens.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores Albi.

MYRRHIS.

629. aurea Spr. Syst. Veget. t. 1 . p. 902. Glabra. Caule erecto angula- to-striato alterne ramoso, geniculis tumidis: foliis 3-pinnatifidis, pinnis ova- to-lanceolatis acuminatis, pinnulis inciso-serratis : involucellis ovato-cuspida- tis : eremocarpiis obtuse costatis glabris.

M. aurea Bert. FL It. t . 3. p. 208

In pratis montanis. A valle Canetra in Nursinis, Monte de'Fiori etc.

Perenn. Fior. Jnnio-Julio. Flores albi-

630. ii irsuta Spr . Syst- veget. t. 1. p. 902- Hirsuta. Caule erecto sul- cato-angulato alterne ramoso : foliis 2-pinnatifidis, pinnis late ovatis, pinnulis ovato* obi ongis inciso-dentatis : involucellis Ianceolatis cuspidati reflexis cilia- tis, eremocarpiis cylindrico-elongatis obtuse costatis glabris: stylis longiusculis divaricatis coronantihus.

M. hirsuta Bert . FI. It. t. 3. p. 211. - M- annua semine striato laevi Hort. Borri, t. 5 tab. 89.

In pratis elatis apenninorum. Valle Canetra secus Nursiam.

Perenn. Fior. Augusto. Flores albi.

631. magellensis Beri. FL It. t. 3. p. 213. Caule erecto angulato hir- suto, ramis alternis strictis : foliis 2-pinnatifìdis, pinnis oblongis acutis, pin-

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nulisque ovatis inciso-dentatis : involucellis lanceolatis barbatis : cremoearpiis oblongis obtuse costatis : stylis filiformibus coronantibus breviasculis.

In pratis elatis apenninorum. Valle Canetra secus Nursiam.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albi.

632. temulenta Smilh. Erigi. FI. t. 2. p. 51. Caule erecto subangulato scabro, geniculis tumidis, valde ramoso, ramis dichotomis : foliis 2-3-pinna- tifidis , pinnis omnibus ovatis obtusis inciso-dentatis : involucellis reflexis , foliolis ovatis acutis margine membranaceis : cremoearpiis cylindricis obtuse costatis : stylis coronantibus deflexis.

M. temulenta Beri. FI. II. t. 3. p. 213. - Cherophyllum temulum Seb. et Maur. FI. Borri. Prod. p. 115. n. 358.

Ad sepes in umbroris vulgatissima.

Bienn. Fior. Aprili ad Junium. Flores albi.

Vulgo Aniso salvatico.

PRANGOS.

633. ferulacea DC. Pr. Sijst. mt. t. 4. p. 239. Albo-glauca. Foliis pin- natifìdo-decompositis, pinnis linearibus divaricatis spinuloso-muricatis : cre- mocarpiis ovato-oblongis.

P. ferulacea Bert. FI. It. t. 3. p. 459.

In pratis montanis Nursinis. Monte Vettore al Cavaliere.

Perenn. Fior. Julio. Flores lutei.

CONIUM.

634. maculatum L. Sp. PI. p. 366. Glauco-virens. Caule ramosissimo etiam suborgyali striato ut plurimum maculato : foliis 3-pinnatifìdis, pinnis ovato-lanceolatis, pinnulis laciniato-dentatis, dentibus laciniisque obtusis: in- volucellis umbella brevioribus.

C. maculatum Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 113. n. 347. - Bert. FI. It. t. 3. p. 227. - Cicuta major Hort. Bom. t. 5. tab. 70.

Secus fossas ad sepes humidas nil communius.

Bienn. Fior. Junio-Julio. Flores albi.

Vulgo. Cicuta.

Obs. Pianta foetens, odore murino, omnibus in partibus venenata.

Usus. Cicutae virtutes omnibus notae; uti deostruens in scirris, et scro- fulis extractum saepe propinatur : medicamentum periculosum caute et parce hadibendum.

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SMYRNIUM.

635. Olusatrum L. Sp. PI. p- 376. Caule erecto sulcato ramoso, ramis superioribus oppositis : foliis inferioribus 3-ternatifidis, superioribus ternati- fìdis, pinnulis omnibus late-ovatis inciso-serratis.

S. Olusatrum Sebast. En. PI. Ampli - Flavii p. 7\.n- 228- - Seb. et Manr. FI. Rom.Prod. p. 117. n. 365. - Beri. FI. II. t. 3. p. 289. - S. Dioscordis Macerone vulgo Column. Eephr. p. 15. - Smyrnium Hort Rom. t. 5. p- 91.

Ad vias in ineultis, viridariis etc. frequens.

Bienn. Fior. Martio-Aprili. Flores viridi-luteoli.

Vulgo. Macerone. Selleraccio.

Usus. Pianta aromatica in culinis olim hadibita.

636. perfoli atu si L. Sp. PI p. 376. Caule erecto striato alato : foliis inferioribus 2-3-pinnatifidis , pinnis cuneato-ovatis grosse dentatis , caulinis simplicibus ovatis acutis serratis, basi late-cordata, amplexicaulibus.

S. perfoliatum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 116- n. 364-. - Beri. FI. It. t. 3- p. 290. - An Hipposelinum Column Eephr. p. 21. fig.

In pratis montuosis. Monte Gennaro.

Bienn. Fior. Junio-Julio. Flores lutei.

LASERPITIUM.

637. gallicum L. Sp. PI p. 357. Caule sub-2-pedaIi striato fardo ra- moso, ramis alternis patulis: foliis pinnatifido-supradecompositis, pinnis diva- ricatis, pinnulis crassis nitidis cuneatis 3-5-fìdis mucronati: cremocarpiorum alis aequalibus plani.

L. gallicum Bert. FI. lt. t 3. p. 395.

In elatis apenninorum secus Nursiam. A Pietra Camela.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albi.

638. Siler L. Sp. PI p. 357- Caule 4-pedali terete farcto ramoso: fo- liis 3-pinnatifidis, pinnis radicalibus majoribus, omnibus lanceolatis mucro- natis margine cartilagineis, impari ternata : cremocarpiorum alis angustissimi.

L. Siler Seb- et Maur FI- Rom. Prod-pQXk. n 350— Bert . FL.It. t. 3. p. 397.

In montium petrosis. Monte Gennaro, Valle Canetra presso Norcia etc.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores albi.

Vulgo. Sellerò montano.

Usus. Fructus carminativi diuretici emenagogi fuerunt; sed nunc parum in uso. Herba ab armentis praesertim pecorum avide expeti tur.

639. LATiFOLiuM L. Sp- PL p- 356. Caule terete erecto sub-orgyali al-

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terne ramoso : foliis 3-pinnatifidis, pinnis cordato-ovatis obtusis grosse den- tatis, inferioribus majusculis : eremocarpiorum alis aequalibus.

L. latifolium Bert. FI. It. t. 3. p. 404. - Libanatis Italica alpina, semi- ne crispo Bocc. Mus. di Piani, p. 24. et L. alpina Iatifolia semine crispo lab. 3.

In apennino Umbro in aridis. Monte vettore.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores albi.

Usus. Radix aromatica est, et inter corroborantia, et divertica a medicis recensita.

ELAEOSELINUM.

640. Asclepium Bert. FI. It. t. 3. p. 385. Caule terete glabro nudo : petiolis hispidis: foliis 3-pinnatifidis, pinnis setaceo-multifìdis 2-pinnatifidis, pinnulis brevibus : involucro utroque nullo: umbellis laleralibus brevibus pe- dunculatis : cremocarpiis oblongis, dorso-striatis.

Thapsia Asplenìum Sang. Cent, tres p. 46. - Panax Asplenium dioscor- dis Cohirnn. Ecpkr. t. 1. p. 87, et Asplenium Apulum. p. 86 fig. - P. As- clepias semine folioso Bocc. Rech. et obser. p. 205.

In montibus calcareis. S. Paolo, Monte Lucrelile, et ad radices Gircaei.

Perenne. Fior. Julio. Flores lutei.

DAUCUS.

641, Carota L. Sp PI. p. 348. Caule erecto sub-3-pedali alterne ra- moso : foliis inferioribus 2-pinnatifìdis, pinnis ovatis vel ovato-oblongis, pin- nulis conformibus inciso-dentatis, superioribus 2-pinnatifidis, ultimis pinnati- fìdis vel simplicibus, partibus lanceolato-linearibus mucronati: involucro pin- natifido basi alato-membranaceo , involucellis integris trifidisque jamdudum linearibus: eremocarpiorum aculeis elongatis distinctis basi vix dilatatis, apice uncinatis.

D. Carota Bert. FI. It. t. 3 .p. 156.- D. Carota fi sylvestris Sebast. En. PI. Amph. Ftavii p. 40. n. 83. - Seb. et Maar. FI. Piom. Prod. p. 112. n. 343. - D. vulgaris Hort. Rom. t. 5. tab. 74.

In pascuis et marginibus viarum obvius.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores albi, centrales steriles atro-sanguinei.

Vulgo. Pastinaca , et etiam Carota.

Usus. In materia medica Linnaei Semina Dauci sglvestris enumerantur ad stranguriam sanandam, et calculos urinarios expellendos : nunc oblivione relieta sunt.

Ohs. Pianta aromatica modo hirta moda etiam glabra. Species, quae in

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hortis editar sab nomine Carota , ad aliam stirpem omnino pertinet, quae nullo modo apud nos sponte provenit.

642. setulosus Guss. in DC. Pr. Syst. nat. t. 4. p. 211. Setis hirtum. Caule ereeto pedali ramoso , ramis paucis divaricati : foliis 2-pinnatifìdis , pinnis brevibus multi-partitis, laciniis linearibus, superioribus paucioribus la- tiusculis : involucro pinnatifìdo, involucellis simplicibus, partibus jamdudum lineari-setaceis ciliato-spinulosis : cremocarpiorum aculeis elongatis distinctis apice glochidiato-capitellatis.

D. setulosus. Bert. FI. It. t- 3. p. 158.

In pratis maritimis abbunde. Ostia , Fiumicino etc.

Bieon. Fior. Junio-Julio. Flores albi.

643. parvi florus DC- Pr. Syst. Nat. t. 4. p. 211. Caule ereeto 2-3- pedali tuberculato-scabro, ramis erectis substrictis : foliis inferioribus 2-pin- natifidis apice inciso-dentatis, superioribus pinnatifidis, laciniis linearibus pa- tulis subincurvis : involucro lineari-pinnatifido, involucellis linearibus acumi- nati simplicibus vel 3-partitis: cremocarpiis cylindricis, aculeis brevissimis distinctis apice peltato-glochidiatis.

D. parviflorus Bert. FI. It. t. 3. p. 159. - D. Carota Seb. et Maur. FI. Rom. Proci p. 112. n. 343* - Sylvestris Pastinaca daucoides Apula Column. Ecphr t. 1 . p- 102- fig. 104.

In pratis et pascuis circa Urbem. A Testaccio magna manu.

Bienn. Fior. Junio-Julio. Flores albi, exiceatione lutei.

644. Gyngidium L. Sp. PI. p. 348. Glabro. Caule ereeto sub-3-pedali alterne ramoso ; foliis inferioribus 2-pinnatifìdis, pinnis crassiusculis cuneato- ovatis inciso-dentatis, superioribus pinnatifidis, pinnis paucis linearibus inte- gerrimis sulcatis: involucro lineari pinnatifìdo, involucellis integris vel trifur- cis, margine albo-membranaceo cibato : cremocarpiis ovoideis, aculeis incur- vis, basi distinctis, apice nudis.

v. hispidus. Petialis caulibusque hirto-scabris : foliis Iucidis.

D. Gyngydium x Bert. FI It- t. 3. p. 165. - D. Carota /3 polygamus. Fior * in Giar. Arch. t. 18. p- 168*

In aridis maritimis. Torre S. Lorenzo presso Ostia.

Bienn. Fior. Junio. Flores albi.

Vulgo. Carota marina.

645. Broteri Ten. FI. Neap- Syll. p. 591. Caule ereeto 1-2-pedali su- perne scabro, ramis divaricatis : foliis inferioribus 2-pinnatifìdis, pinnis an-

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gustis pinnatifidis, pinnulis linearibus angustissimis elongatis, omnibus apice aristulatis: involucro lineari-setaceo pinnatifido vel 3-fido,invelucellis ut plu- rimum simplicibus, omnium laciniis lineari-setaceis acutis: cremocarpiis oblon- gis crasse costatis aculeis elongatis basi dilatatis, apice calysptrato-glochidiatis.

D. Broteri Bert. FI. It. t. 3. p. 172. - D. muricatus Seb. et Maur. FI. Borri. Proci, p. 113. n 334.

In arvis circa Urbem frequens. Alla Marcigliana , V. Pam fili y Mante della Pica etc,

Bienn. Fior. Julio-Augusto. Flores albi.

CAUCAL1S.

646. grandiflora. LSpPlp. 346. Glabra. Caule erecta 1-2 pedali infracto- dicotomo : foliis inferioribus 2-3-pinnatifidis, supremis simplicibus elongatis, pinnulis linearibus inciso-dentatis : foliis inferioribus adscendendo minus pin- natifidis, ultimis etiam simplicibus : involucro, involucellisque 5-phyllo, fo- liolis linearibus margine membranaceis : umbellulis externis grandi-radianti- bus : cremocarpiorum aculeis subdivaricatis bamatis.

C. grandiflora Seb. et Maur. FI. Piom. Proci, p 111. a. 366. - Bert. FI. It. t. 3. p. 176- - Echivophara m xvsxxpnos Colum. Ecph. t 4- p. 91. tab. p. 94-

In montium saxosis communis S. Palo, Palombaro, M. Soralle etc.

Ann. Fior. Junio-Julio. Flores albi.

647. DAucoi des L . Mani . alt. p. 351. Caule ungulato spithameo pedali dicotomo-ramoso, ramis divaricatisi foliis 2-3-pinnatifìdis, omnibus conformi- bus pilosiusculis tandem glabratis : pinnis lanceolatis, pinnulisque inciso-den- tatis : involucro rudimentali nulloque , involucellis sub-3-phyllis linearibus, umbellis parvi-radiantibus : cremocarpiorum aculeis patentibus uncinatis.

C. daucoides Seb. et Maur. FI. Boni. Proci, p. 111. n- 337. - Bert. FI- II. I. 3. p. 178. - Echinophora tertia XsnzoipvìAo-j Column. Ephr . 1. p. 96. fig*p. 97.

In agris sepibus, segetibus non infrequens.

Ann. Fior. Majo-Junio. Flores subpurpurescentes vel albi.

648. fumila Vahl. Sgmb. t. 2. p. 47. Incano-pubescens. Caule decom- bente subspithameo ramis diffusisi foliis 2— pinnatifidis, pinnis pinnulisque con- formibus ovatis, laciniis brevibus lineari-acuminatis: involucro, involucellisque 2-5-phyllis, foliolis inaequalibus acuminatis : umbellis vix radiantibus : cre- mocarpiorum aculeis horizontalibus, basi dilatatis, apice giochidia tis.

C. pumila Bert. FI. Il t . 3. p. 182. - C. maritima Seb. et Maur FI. Boni. Prod. p. 112. n. 339-

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In litore marino. Ostia, Fiumicino, Palo etc.

Ann. Fior. Aprili-Majo. Flores subpurpurascentes, raro albi.

649. lat i foli a L. Syst. Nat . p . 330. Scabra. Caule erecto sulcato sub- 3-pedali ramoso, ramis erectis subpatulis : foliis pinnatifidis, pinnis lanceola- tis grosse serratis : involucro 2-5-phyllo , involucellis 5-phyllis , foliolis in omnibus lanceolato-oblongis albo-marginatis : cremocarpiorum aculeis diva- ricatis subulatis retrorsum scabris, apice glochidiatis.

C. latifolia Seb. et Maur. FI. Rom Prod. p. 111. n. 338. - Bert- Flit. U 3- p 1 83. - Echinophora quarta major nlocz v'pklcv Calum . Ecph . 1 . p. 90. fig. p. 39. n. 1.

In sepibus montium. a S. Gregorio , a Paviano etc.

Ann. Fior. Junio. Flores purpurascentes.

TORILIS.

650. Anthriscus Gmel- FI Bad. t. 1 p. 613. Caule asperato erecto sub-3-pedali dicotome ramoso: foliis 2-pinnatifìdis pinnatifidisque, pinnis ob- longis incisis, terminali elongata : umbella 5-multifìda : involucro-involucelli- sque sub-5-phyllis, foliolis subulatis : cremocarpiis undique aculeatis, aculeis erectis, apice incurvis scabris, mericarpiorum latitudine, duplo brevioribus.

T. Anthriscus Sang. Cent, tres p 41. n. 93. - Beri. FI. II. t. 3 p. 186.

Ad sepes, sed non frequens.

Ann. Fior. Julio. Flores albi, vel purpurascentes.

650. h elv etica Gmel Fi Bad. t 1. p. 617- Caule 1-3-pedali Inevi ra- moso-dicolomo, ramis divaricatis: foliis 2-pinnatifidis, pinnis ovato-lanceolatis inciso serratis, terminali elongata, vel uniformi: umbellis paueiradiatis longe pedunculatis: involucro subnullo, involucellis 3-5-phyllis, foliolis lineari-sul- catis: cremocarpiis undique aculeatis aculeis mucrosis patentibus scabris apice glochidiatis: cremocarpiorum latitudine, sublongioribus.

C. Arvensis Seb . et Maur. FI. Rom. Prod. p. 112. n. 341- - C. infesta Bert. FI. Il- t. 3. p. 187.

In arvis ad vias sepes etc. vulgaris.

Ann. Fior. Majo-Junio. Flores albi.

652. h et erophy lla Guss. Prod. FI. Sic . t. 1. p. 326. Caule erecto sub- 3-pedali parce ramoso, ramis erectis: foliis inferioribus 2-pinnatifidis, pinnis aequalibus lanceolatis incisis, caulinis superioribus ternatifìdis, pinnis angusto- linearibus elongatis , sumnis integris : umbellis 2-3-radiatis : involucro sub nullo : involucellis polyphyllis lineari-lanceolatis : cremocarpiis undique acu-

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leatis, aculeis numerosis erectis scabris apice glochidiatis, mericarpiorum la- titudine, duplo longioribus.

T. heterophylla Sang. Cent. tres. p. 44. n. 94. - T. inferta /3 Bert. FI. Il t. S.p. 187. '

In arvis sterilibus mare vesus. Ostia etc.

Ann. Fior. Majo. Flores purpurei.

653. nodosa DC. Proci. Syst. nat. t. 4. p. 219. Caule caespitoso e basi ramoso, raro solitario simplici : foliis inferioribus 2-pinnatifidis, superioribus pinnatifìdis, pinnis omnibus linearibus acutis : umbellis sessilibus globosis op- positifoliis : cremocarpiis ovideo-oblongis, mericarpio externo apice aculeato basi muricato-granulato, interno toto muricato-granulato.

T. nodosa Beri. FI. It. t. 3. p - 89- - Caucalis nodiflora Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p- 112. n. 342.

Ad vias, margines, sepes frequens.

Ann. Fior- Majo. Flores albi.

BIFORA.

654. testiculata DC. Pr. Syst nat. t . 4. p. 249. Caule angulato dodron- tali pedali alterne ramoso : foliis 2-pinnatifìdis , inferiorum pinnis cuneato- ovatis, superiorum, anguste laciniatis acutis : umbellulis 2-3-radiatis : petalis subaequalibus : cremocarpiis rugosis.

B. testiculata Bert. FI. It- t 3 p. 246. - Coriandrum testiculatum. Fior . Giorn. Arch. t. 18. p 164.

In pratis et pascuis maritimis. Presso Ascoli, a Terracina etc.

Ann. Fior. Aprili-Majo. Flores albi.

CORIANDRUM.

655. sativum L. Sp. PI. p. 367. Caule sub-2-pedali striato alterne ra- moso : foliis 2-pinnatifìdis, inferiorum laciniis flabelliformibus sub-3-fìdis, su- periorum linearibus acutis : umbellis 8-9-radiatis : corollis radiantibus : cre- mocarpiis glabris.

C- sativum Bert Fi It. t. 3. p. 250. - C. majus Hort. Rom. t. 5. tab 92.

In herbosis umidis, et ad ripas Tyberis. V- Borghese, Arsenale di Porta Portese etc.

Vulgo. Coriandolo, Pilarlima.

Usus. Coroborantes et stomatici fructus sunt, ideo in variis formulis me- dicis ingrediuntur. Item inter aromata recensentur, et ad bellaria conficienda communiter utuntur.

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PeiXTANDRIA-TRIGYNIA.

VIBURNUM.

656. Tinus L. Sp- PI. p. 383. Foliis perennantibus ovatis integerrimis, subptus, ad venarum hortus, dense glanduloso-pilosis: corollis aequalibus: aei- nis globosis subcompressis.

V. Tinus Sebast. En PI. Ampli- Flavii p. 30. n. 256- - Seb. et Maur. FI. Rom Prod- p. 118- n. 370. - Beri. FI. it. t. 3. p. 481.

In sepibus et ad sylvas commune.

Arbor vel Fruct. Fior, hyeme , et vere. Flores albi.

Vulgo Lauro tino , Lentaggine.

Usus.Foliis semper viridibus, ad elegantissimas sepes, in viridariis extruen- das, valet : lignum tornatoribus optimum, et ad opera topiaria.

657. Lantana L. Sp. PI. p. 384- Foliis deciduis cordato-ovatis insigni- te!* reticulato-venosis serratis subtus stellato-tomentosis : corollis aequalibus : acinis ellipticis compressis.

V. Lantana Bert. FI- Il . t- 3- p. 482-

In sylvis elatiorum montium Umbriae, et Picaeni.

Arbusc. vel Frut. Floret Aprili ad Junium. Flores albi.

Vulgo. Lantana , Viburno.

Usus. In aeconomia lignum praestat uti praecedens.

658. Opulus L. Sp. PI. p. 384. Foliis deciduis 3-lobis, lobis acutis ser- ratis nervoso-venosis glabris : corollis radiantibus: acinis subglobosis.

V. Opulus Fior. Giar. Ardi. t. 18. p. 164. - Bert. FI. II. I. 3. p. 484.

Ad sepes, in locis aquosis, mare versus. Paludi pontine.

Arbus. vel Frut. Fior. Majo. Flores albi.

Usus. In pianta culta flores facile abortiunt, pedunculi elongantur, corollae dilatantur, et tunc elegantissimi, subnomine Palloni di maggio agnoscuntur.

SAMBUCUS.

659. Ebulus L. Sp. PI. p . 385. Caule herbaceo : foliis impari-pinnatis* foliolis ovato-lanceolatis serratis: stipulis foliaceis : cytnis trifìdis : baccis sub- globosis.

S. Ebulus Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 68. n. 202. - Seb. et Maur . FI. Rom. Prod. p. 118. n. 371. - Bert. FI- It t. 3. p. 486-

Ad vias juxta fossas, in demissis vulgatissima.

Perenn. Fior. Junio-Julio,.. Flores albi.

Vulgo. Nibbio ,r Sambuchella..

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Obs. Pianta ingrate redolens.

Usus. Radix, cortex interior, folia, flores, semina in materia medica jam enumerabantur, praesertim ad fugandam hydropem. Nunc parum in usu, sed pianta caute hadibenda, nam omnibus in partibus drastica. Baccae succo san- guineo infìciuntur, quamobrem ab antiquo etiam notae, et ad Rob Sambuci conficendum jamdudum usurpatae ; diaphoreticum praestans. Ateae baccae exsicantur, et avide expetuntur ab Ennologicis, nam colore rubro, vinum fa- cillime inficiunt, et ideo venduntur sub nome Peperella.

660. xigra L. Sp. PI. p- 385. Caule arborescente : foliis impari-pinna- tis, foliolis ovatis acuminatis argute serrulatis: stipulis sublaceris: cymis 5- partitis : baccis glabris.

S. nigra Seb- et Maur. FI. Piom. Prod. p. 118. n. 372.- Beri. FI. II. t. 3. p. 488. ~

In sepibus omnibus frequens.

Frut. vel Arbor. Fior. Majo-Junio. Flores albi odori.

Vulgo Sambuco, Zambugo.

Usus. Pianta drastica uti praecedens. Flores ad diapboresim excitandam vulgariter inserviunt. Baccis Rob minus celebratum conficitur, item Enneo- logicis optimis. Infusum corticis Pediculos et Erucas enceat. Lignum et me- dulla in plures aeconomiae usus usurpatur.

RHUS.

661. Coriaria L. Sp. PI. p- 379. Ramis erecto-patulis sparsis : foliis im- pari-pinnatis, foliolis ovatis grosse serratis supra ludicis subtus villosis: fio ribus densis in tbvrsis ramosis : drupa reniformi.

R. Coriaria Fior. Gior. Arch t. 18. p. 164. - Bert. FI. II. I. 3. p. 476.

In montium sepibus, rupibus, et in demissis circa Urbem. S Felice , Mon- te Circeo, Pozzo Pantaleo fuori porta Portese.

Arbusc. Fior. Majo-Junio. Flores albi.

Vulgo. Sommacco.

Usus, Folia ad Corios parandos inserviunt; qua de causa nonullis in lo- cis late eolitur. Flores et fructus in usu medico, uti adstringentes, jam usur- pati.

662. Coti nu s L. Sp. PI. p. 383- Ramis elongatis confertis: foliis simplicibus subrolundo-ovatis obtusis exquisite venosis supra laete viridibus subtus glau- cis : floribus paniculatis : pedunculis fructiferis plumosis : drupa obcordata.

Pi. Cotinus Bert. FI. Il t. 3. p. 479.

598

In sylvis apenninorum Picaeni communis.

Frut- Fior. Junio- Flores viridi-luteoli.

Vulgo. Colino , Scotano.

Usus. Folia, uti species praecedens, in arte coriaria valent, similiter in arte tinctoria.

PALIURUS.

663- austraus Rom. et Schult. Sysl. Veg. t. 5. p. 342. Ramis alternis patentibus : foliis ovatis 3-nerviis crenulatis : aculeis stipularibus geminis, al- tero recto, altero recurvo : floribus axillaribus in corymbis laxiusculis.

P- australis Bert. FI. It. t 2. p. 667. - P. aculeatus Seb. et Maar. FL Rom. Prod. p. 118. n. 374.

In sterilibus, et sylvis communis.

Arbus. vel Frut- FI. Majo-Junio- Flores luteo-viriduli.

Vulgo. Marruca.

Usus. Pianta ad sepes instruendas utilissima ; lignum soliditate praestan- tissimum, ideo a tornatoribus et topioriis expetitum.

DRYPIS.

664. spinosa L. Sp. PI. p. 390. Caule ramosissimo, ramis brachiatis : foliis oppositis lanceolato-subulatis mucronato-spinosis, floralibus 3-fidis pin- natifidisque : pedundulis 2-3-cotomìs : floribus fasciculatis terminalibus, in di- cotomia pedunculorum, solitariis-

D- spinosa Fior - Gior - de'Lett. di Pisa Ann. 1828- t. 17. p. 116 .-Bert. FI. It. t 3- p. 503-

In montanis prope mare. Terracina.

Perenn. Fior. Majo. Flores albo-rubelli.

CORRIGIOLA.

665. littoralis L. Sp- PI. p. 388. Glabra. Caule procombente valde ra- moso, ramis flliformibus : foliis lanceolati obtusis in petiolum longum pro- ductis: floribus, in corymbis terminalibus breviter pedunculatis, congestis: la- ciniis calyeinis conni ventibus.

C. littoralis Fior. Giorn . de"1 Leti, di Pisa anno 1828. t. 17. p. 116. - Bert. FI- It. t> 3- p. 501. - Anthyllis linifolia flore albo polygonoides Barrel.. Ic. 532.

In sabulosis presertim ad ripas Fluminum. Sponde del Tevere , arene di Ter- racina etc.

Ann- Fior. Julio-Augusto. Flores albi-

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TAMAR1X.

666. gallica L. Sp. PI. p. 386. Glaucescens. Foliis lanceolatis amplexi- caulibus adpressis tandem divarieatis: floribus racemosis, in spicis gracillimis axillaribus : bracteis lanceolatis basi dilatatis, pedicello longioribus: capsulis cylindricis elongatis, calyce quintuplo longioribus.

T. gallica Seb. et Maar FI. Rom Prod. p> 118. n. 375 - Bert. FI. It. t. 3. p 494.

Ad ripas Tyberis copiosa.

Arbusc. vel Frut. Fior. Aprili-Majo. Flores albo-rosei.

Vulgo. Tamarisco , Tamarigio. Myrica antiquorum.

Usus. Folia, et rami juniores avide expetuntur ab ovibus, unde pabulum gratissimum. Cortex radicis lignum et folia in profluviis praedicabantur, me- dicamentum injuria oblivioni traditum, nam procul dubio vis adstringens in pianta inest.

667. africana Desf. FI All. t. 1. p. 26- Glaucescens. Foliis ovato-lan- ceolatis amplexicaulibus apice membranaceis : floribus racemosis , in spicis densis solitariis crassis obtusis: bracteis oblongis, pedicello brevissimo, multo longioribus : capsulis ovatis acuminatis, calyce triplo longioribus.

T. africana Sang. Cent, tres p. 47. il. 100. - Bert. FI. It. t. 3- p. 496.

Ad ripas Tyberis, et in romani agri paludosis communis.

Arbusc. vel Frut. Fior. Aprili-Majo. Flores albo-carnei.

668. Germanica L. Sp. PI. p. 387. Viridi-glabra. Foliis lanceolato-li- nearibus oblongisque: floribus racemosis, basi laxifloris, in spicis simplicibus: bracteis lanceolatis, pedicello quadruplo longioribus: capsulis cylindricis basi ventricosis, calyce duplo longioribus.

T. germanica Bert FI. It. t. 3- p. 497.

Ad ripas fluminum in Picaeno et Umbria.

Frutex. Fior. Aprili-Majo. Flores albi, vel albo-rosei.

STAPHYLEA.

669. pinnata L. Sp PI p. 386. Foliis impari-pinnatis, foliolis oblon- gis serrulatis: stipulis lanceolatis: racemis simplicibus longe pedunculatis: cap- sulis membranaceis ventricosis.

S. pinnata Seb. et Maur. FI. Rom Prod. p. 118. n- 373. - Bert. FI. It. t. 3. p- 491.

In sylvis praesertim subhumidis. In copia ai laghi di Albano , Nemi , e nei luoghi adjacenti-

78

600

Arbor. Fior. Aprili-Majo. Flores albo-luteoli.

Vulgo. Sambuchella-

P ENT AN DRI A-T ET RAGY N l A.

PARNASSIA.

670. palustris L - Sp- PI. p- 391. Foliis cordatis : unquibus petalorum dilatatis brevissimis: nectarii ciliis numerosis, superioribus longioribus. Bert.Fl. It. t- 3- p. 505.

In humentis elatiorum montium. Al Castellacelo di Norcia , a Pietralla etc.

Perenn. Fior. Julio.

Floi es albi, venis hyalinis natati.

Pentandria-pentagyma-

STATICE.

671. Limonivi. L. Sp. PI. p- 394. Glabra. Caule annotino paniculato- ramoso: squamis oblongo-laneeolatis acuminatis, superioribus ad hortum ra- morum successive minoribus : foliis radicalibus ovato-lanceolatis 1-nerviis, apice mucronulatis, basi in petiolum longum productis : spiculis brevibus 1-3-floris, in spicis densis secundis patentibus : bracteis ovatis acutis , flore multo brevioribus.

S. Limonium Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 119. n. 377.- Bert. FI. II. t. 3 p. 514. - Limonium maritimum majus. Hort. Rom. t. 6 t. 38.

In maritimis frequens. Ai ponticelli d'Ostia abbunde.

Perenn. Fior. Junio-Augusto. Flores violacei.

672. oleaefolia Sibth. et Smith. FI. Graee. Prod. t. 1. p. 212. Gla- bra luberculata. Caulibus annotinis erectis distice ramosis : squamis lanceo- lato-acuminatis, basi dilatatis, adscendendo brevioribus: foliis radicalibus ro- sulatis angustis obverse lanceolato-cuneatis obtusis obscure 3-nervis, apice mucronulatis, basi in petiolum attenuatis : floribus ut plurimum solitariis ere- ctis, in spicis laxis distice-secundis: bracteis externis brevibus ovato-acutis , interna oblonga, calycem superante.

S. oleaefolia Bert. FI- It- t. 3. p- 516. - S. reticulata Fior, in Giar. Ar- cad- t. 18. p. 164-

In rupibus Anxuris.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores coeruleo-violacei.

673. g loru l ari ae foli a Bert. FI. II. t. 3. p. 518. Glauca subtuberculata. Caulibus annotinis erectis, ramis disticis subpatulis: squamis basi dilatata

601

triangulo-acutis, margine exquisite membranaceis, superioribus abbreviatis : foliis radicalibus rosulatis, obverse lanceolato-spathulatis, in petiolum angustimi productis sub-3-nervii, ut plurimum acutis mucronulatis : floribus panicula- tis in spicis laxiusculis: bracteis acutis margine submembranaeeis, interna tri- plo longiore.

S. globulariaefolia. Bert - FI. Il t. 3. p 518. -Limonium minus oleae folio. TroXJxXaàcv Barrei le. 790.

In rupibus Anxuris copiosiuscula.

Perenn. Fior. Majo-Julio. Flores coeruleo-violacei.

674- Scopulan i a Bert. FI. It. t. 3- p. 528. Glabra glauca. Caulibus an- notinis erectis parce ramosis, ramis alternis strictis : squamis acutis basi am- plexicaulibus, lato margine, membranaceis, superioribus abbreviatis: foliis ob- verse lanceolato-spathulatis acutis mucronatis 3-nerviis, margine oartilagineis: floribus terminalibus in spicis densis distico secundis : bracteis oblongis acu- tis, interna triplo longiore.

Limonium minus densa caulium foeniculacea veluti coma Triamf. Syll pi. p. 6. - L. minus Bellidis folio, flagellis foeniculaceis Bocc. Mas. di piani, p. 143 et L. flagellis foeniculaceis t. 103.

In litore marino prope Corneto.

Perenn. Fior. Junio. Flores coeruleo-violacei.

675. caspia Wild. En. Hort. Ber. l. 1. p. 336. Granulato-scabra. Caule gracili geniculato-flexuoso, ramis ramulisque divaricato-dicotomis, inferioribus simplicibus sterilibus : squamis brevibus ovati, margine et apice acuto, al- bo-membranaceis : foliis radicalibus rosulatis obverse-lanceolatis obtusis re- tusisve mucronulatis, basi in petiolum attenuatis : floribus solitariis fascicu- latisve, in spicis densifloris brevibus gracilibus disticis: bracteis ovatis obtu- sis, Iato margine membranaceo argentino, interna duplo majore.

S. caspia Bert . FI. It. t. 3. p. 530. - Limonium minus flagellis tortuo- si. Bocc . Mus. di piani p. 143. t. 103.

In rupibus Anxuris circa portam Neapolitanam.

Perenn. Fior. Julio. Flores eoerulei.

ARMERIA.

676. vulgaris Wild. En. Hort. Ber. t. 1. p. 333. Glabra. Foliis radica- libus caespitosis linearibus integerrimi 3-nerviis, nervis laleralibus saepe ob- soleti : scapo simplici, foliis multo-longiore : involucro ore lacero : bracteis externis ovatis, interni late ovatis, margine membranaceis.

602

A. denticulata Seb et Maur. FI. Rom. Proci, p> 119. n. 376. - Statice vulgaris Bert. FI. It. t. 3- p. 508.

/ 3 plantaginea. Pianta minor, foliis linearibus latiusculis.

In montium rupestribus frequens, et etiam secus Romani, speeies et va- rietas.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores subrosei.

677. alpina Wild. En. Fiori. Ber. t 4. p- 333. Glaberrima. Foliis ra- dicalibus caespitosis lineari -lanceolatis obtusis 1-nerviis, raro 3-nerviis : sca- po crassiusculo , foliis , subaequali : capitulis majusculis : involucro lacero- laciniato, bracteis externis membranaceis ovato-rotundatis oblongisque muti- cis, internis truncatis, apice late scariosis.

In Cacumine montis Vettore in Picaeno.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores rosei.

LINUM.

678. vsit atissi mum L. Sp. PI. p. 397- Glabrum. Caule ut plurimum so- litario, superius ramoso-corymboso : foliis sparsis, inferioribus lanceolatis ob- tusis, superioribus lanceolato-linearibus: petalis crenatis : sepalis ovatis acu- minatis 3-nerviis, capsula globosa rostrata, duplo longioribus.

L. usitatissimum Seb. et Maur FI. Rom. Prod. p- 119- n. 378.- Bert. FI II. t. 3. p- 535.

Commune in arvis.

Ann. Fior. Majo-Junio. Flores coerulei.

Vulgo. Lino

Usus. Nomen utilissimi speciei datum, eo quod ad lintea, fila, retia, vela texenda usurpetur, quamobrem ubique, ac praesertim in Europa, late coli- tur. Oleum ex seminibus eductum in pictura, et ad lampades alendas peruti- le , farina superstes in medicina plurimum valet ad Cathaplasmata emollien- tia et vesolventia, multis in morbis, efficaciter expetita.

679. angustifolium Spr. Syst veg. t. 1. p. 962. Glabrum. Caule caespi- toso superne ramoso, ramis paucis alternis : foliis sparsis lineari-lanceolatis acuminatis : petalis emarginati : sepalis elliptico-oblongis mucronati 3-ner- viis, capsula globosa rostrata, aequalibus.

L. angustifolium Sang. Cent tres p 47. n. 101. - Bert. FI. It. t. 3. p. 537-

In herbidis vulgare.

Annuum vel perenne. Fior. Majo-Junio. Flores dilute cyanei.

680. alpinum FI. Seg. p. 28. Glauco-virens. Caulibus caespitosis ad-

603

scendentibus erectis, superne parce ramosis : foliis lanceolato-linearibus pel- lucido-punctatis, inferioribus subreflexis : sepalis oblongis acutis 3-5-nerviis, nervis ad apicem acutum truncatis : petalis obovatis apice crenatis : capsula ovata apice acuta.

Il alpinum Bert. FI. II. t. 3. p. 539.

In pratis elatis montium Umbriae. Norcia.

Perenne et Fruticulosum. Fior. Julio-Augusto. Flores lete coerulei .

681. tenuifolium L Sp. PI p. 398. Glaucum. Caulibus caespitosis ere* ctis inferne ramosis, ramis apice paniculato-corymbosis : foliis angustissimi rigidis, margine spinuloso-scabris, inferioribus congesti: sepali ovatis longe acuminati exquisite 1-nerviis , margine ciliato-glandulosis : petalis obovato- cuneatis mucronulatis : capsula globosa, apice acuminato.

L. tenuifolium Seb. et Maar. FI. Rom Proci, p 119. n- 379. - Bert. FI. It. t.3.p. 543. - L. sylvestre album oxyphyllum. Barrel. le. 796, et L. fru- ticans angustis acutisque foliis le. 1123- - L. oxyphyllum multicaule Bocc- Mus. di piant. p. 169. tab. 125.

In collibus siccis. Tivoli etc.

Perenn. Fior. Junio. Flores albo-violacei.

682. viscosu m L. Sp. PI. p. 398. Piloso-glandulosum. Caule subsolita- rio erecto vel adscendente, superius ramoso-corymboso . foliis sparsis ovato- lanceolatis 3-5-nerviis, superioribus minoribus : petalis ovato-cuneatis obtu- sis : sepalis lanceolati acutis 3-nerviis, externis majoribus, capsula globosa brevirostrata, sub brevioribus.

L. viscosum Seb. el Maar. FI. Borri. Prod. p. 119. n. 380. - Bert. FI. It t. 3. p. 545. - L- sylvestre latifolium vinoso ampio flore Italicum Barrei . le. 1013.

In subapenninis jugis. Da S. Paolo a Monte Gennaro.

Perenn. Fior. Junio. Flores coeruleo-purpurascentes.

683. serrulatum Beri, descr. di una nuov. sp- di Lino Lett. al Cav. Pe- trucci 1828. Lete virens. Caulibus subcaespitosis angulatis simplicibus : foliis lanceolati acutis 3-nerviis, margine cartilagineo subserrulato, utrinque ad ba- sini 2-glandulosis : floribus fasciculato-capitatis : sepalis ovatis acuminati 1- nerviis, margine cartilagineo, serrulato-ciliatis : sepalis majusculis ovatis ob- tusis : capsula globosa, acumine brevi.

L. serrulatum Bert. FI. It. t. 3. p. 549. - L. montanum luteum itali- cum. Barrel. le. 820.

604

In saxosis alpestribus montis Vettore in Umbria.

Suffrut. Fior. Junio-Julio. Flores intense lutei.

684. strictum L. Sp. PI. p. 400. Glaucum- Caule solitario erecto rigi- do simplici, quandoque basi ramoso : foliis crebris inordinatis lanceolato-mu- eronatis scabris, margine ciliato-spinulosis : floribus terminalibus pedicellatis solitariis in corymbis vel racemis : sepalis subulato-mucronatis 3-nerviis , carina et margine spinuloso-ciliatis: petalis oblongis, apice crenulatis: capsula globosa, acumine brevi.

L. strictum Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p - 52. n. 136. - Seb. et Manr. FI. Rom. Prod. p. 120- n. 382-- Bert. FI. It. t. 3 p. 550.

In arvis collibus circa Urbem frequens.

Ann. Fior. Majo-Junio. Flores lutei.

685. mariti mum L. Sp. PI p. 400. Glaberrimum glaucescens. Caule basi, ut plurimum simplici, superne paniculato-ramoso : foliis inferioribus ellipticis, obtusis approximatis, superioribus lanceolatis acutis elongatis laxiusculis, om- nibus 3-nerviis: floribus erectis in racemis strictis laxis: sepalis ovatis acutis, ut plurimum, margine ciliatis : petalis obcordatis obtusis : capsula globosa , acumine brevi.

L. maritimum. Fior . Gior. Arcad . t. 18. p. 164. - Beri. Fl.It. t. 3. p. 353.

In uliginosis maritimis secus Anxur.

Perenn. Fior. Junio-Augusto. Flores lutei.

686. galli cium L Sp. PI. p. 401. Lete virens. Caule glabro erecto ra- moso, ramis superioribus laxe paniculatis: foliis sparsis lanceolato linearibus, 3-nervis dorso, et margine scabris, superioribus remotis acutiusculis: floribus solitariis vel geminatis breviter pedicellatis laxis in ramis paniculatis : sepa- lis ovato-lanceolatis acutis, basi glanduloso-ciliatis : petalis oblongis integris raro emarginatis : capsula globosa depressa, acumine brevi.

L. gallicum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 120. n. 381- - Bert. FI. It. t . 3. p. 554.

In aridis, collibus etc. Monte Mario , Monte della Pica etc.

Annu. Fior. Majo. Flores fulvi.

687. n odi f lo rum L. Sp PI. p 401- Glauco-virens. Caule erecto striato cartilagineo-angulato inferne simplici, superius dicotome ramoso, ramis vir- gatis : foliis obverse ovato-lanceolatis 3-5-nerviis, inferioribus crebris latiuscu- lis, superioribus oppositis linearibus , omnibus basi 2-glandulosis , margine cartilagineis: floribus sessilibus solitariis laxissimis: petalis ovatis acutiusculis: sepalis linearibus acutis, capsula globosa depressa rostrata, duplo longioribus.

605

L. modiflorurn Seb. et Maur. FI. Rom. Prod.p. 120. n. 385- - Bert. FI. II. t 3. p. 556. - L. luteum sylvestre latifolium Column. Ecphr. U 2 .p. 79. et lab. p. 80.

In sterilibus petrosis montium. A Tivoli negli oliveti , e presso s Anto- nio in copia.

Perenn. Fior. Junio. Flores lutei.

688. catharticum L. Sp. PI. p. 401 . Glabrum, lete virens. Caule spitha- meo simplici vel caespitoso, superius dicotomo-ramoso : foliis oppositis ob- longis, inferioribus obtusis ovatis: floribus simplicibus longe pedunculatis, post anthesim erectis rigidis: sepalis lanceolatis ciliato-glandulosis: petalis acutiu- sculis : capsula glabra breviter acuta.

L. catharticum Seb. et Maur . FI. Rom. Prod. p. 120. n. 384. - Bert. FI. It. t. 3. p. 558. - Chamaelinum subrotundofolio Barrel. Ic. 1165. p. 1.

In montium sylvis. Monte Gennaro.

Ann. Fior. Junio-Julio. Flores albi.

Usus. Inter purgantia, in materia medica Linnaei enumeratur, ad repellen- dam nefritidem, et rehumatismata, nunc obsoletum.

CLASSI V ADDENDA.

195 A. ANGELICA L. Umbella magna convexa multiradiata : umbellu- lae multiflorae: floribus internis nonullis sterilibus: involucrum olygophyllum, quandoque nullum : involucella olygophilla, foliolis lanceolato-linearibus acu- minatis : calycis tubulosi abbreviati limbus obsoletus : petala minuscula ob- longa, in acumine recto vel incurvo, producta : staminum filamenta, petalis longiora : styli breves, in fructu duplo elongati recurvi : cremocarpium elli- ptico-elongatum, dorso compressum, margine commissurali sulcatum : carpo- phorum filiforme , tandem liberum 2-partitum : mericarpia 5-jugata, jugis 3 centralibus prominulis, lateralibus subobliteratis, in alam plus minus elatam, productis : valleculae 1-vittatae: commissura 3-vittata : vittae omnes comple- tae, quandoque incospicue.

611 A. silv estri s L. Sp. PL p. 361. Caule sub-4-pedali crasso fistulo so : foliis majusculis 3-pinnatifìdis, pinnis ovato-lanceolatis argute serratis , caulinis conformibus successive minoribus 2-pinnatifidis, superioribus, vaginis subaphyllis.

/3 foliolis ovatis oblongisque.

606

A. sylvestris Seb. et Manr. FI. Rom. Prod. p. 113. n. 352. - A. sylvestris /$ Bert. FI. It . t. 3- p. 412. - A- aquatica radice odoratissima floribus ex albo flavescentibus Hort. Rom. t. 5. lab. 86.

In sylvaticis humidissimis. Presso ponte Lugano , lungo i fossi di Praia - lata etc.

Perenn. Fior. Julio. Flores carnei.

CLASSIS VI. HEXANDR1A.

Oiìdo 1. Monogynia.

Sect. I. Perigonium simplex petaloideum spatha donatum.

Narcisseae Rich.

128. GALANTHUS L. Spatha 1-valvis 1-flora lateraliter fìxa : perigo- nium liliaeeum, ovario adhaerens, limbo 6-partito, laciniis erectis, externis ob- longis alternantibus cum internis brevioribus emarginatis : staminum filamenta brevissima, receptaculo inserta : antherae acuminato-setaceae, apice poro ge- mino dehiscentes : Stylus filiformis : stigma simplex : capsula 3-locularis 3- valvis, dissepimentis valvaribus medianis.

129. NARCISSUS L. Spatha 1-valvis 1-qo -flora lateraliter dehiscens : perigonium liliaeeum, ovario adhaerens, tubo superius elongato, fauce nectari- fera, limbo 6-partito, laciniis erecto-patentibus : nectarium patelliforme, scu- tellatum, campanulatum, limbo crenulato , dentato , lobato : staminum fila- menta , tubo inserta inaequalia, 3-saepius longiora : antherae latere dehiscen- tes : Stylus filiformis 3-gonus : stigma 3-lobum : capsula 3-locularis 3-val- vis , dissepimentis valvaribus medianis.

130. PANCRATIUM L Spata l-oo -vai vis l-oo -flora : perigonium lilia- ceum ovario adhaerens, tubo longe producto, fauce nectarifera, limbo cam- panulato, superius 6-fido, ut plurimum erecto : nectarium turbinato-campanu- latum staminiferum, apice dentatum : lilamenta subulata: antherae 2-loculores mediofìxae : Stylus filiformis : stigma 3-lobum : capsula 3-locularis 3-valvis, dissepimentis valvaribus medianis.

131. STERNRERGIA Wald. et Kitaib. Spatha tubulosa, basi integra, cae- terum lacera 1-valvis 1-flora : perigonium liliaeeum ovario adhaerens , tubo brevi staminifero, fauce nuda, limbo erecto 6-partito, laciniis obverse ovato- lanceolatis : stamina alterne breviora, tubo exerta: antherae 4-loculares me-

607

diofìxae : Stylus staminibus longior : stigma 3-lobum : capsula 3-Iocularis , dissepimentis valvaribus medianis.

Liliaceae Vent.

132. ALLIUM L. Spata 1-2-valvis oc-tiflora: flores in serto, pedunculis basi saepe bulliferis : perigonium liliaceum liberum : stamina saepius inaequa- lia, filamentis subulatis , basi ut plurimum dilatatis : antherae 2-loculores : Stylus deciduus : capsula 3-gona 3-Iocularis 3-valvis, dissepimentis valvari- bus medianis.

Sect. IL Perigonium simplex petaloideum spatha destitutum.

133. LIL1UM L. Perigonium liliaceum liberum turbinato-campanuiatum, laciniis, sulco lineari nectarifero nudo vel barbato, donatisi stamina erecta, lacinis breviora : filamenta subulata : antherae oblongae mediofìxae : Stylus elongatus superne incrassatus : capsula obtusa 3-gona 3-locularis 3-valvis : valvae, fìbris reticulatis, conjunctae, dissepimentis valvaribus medianis.

134. FRITILLARIA L. Perigonium liliaceum liberum campaniforme pa- tens, petalis rectis vel incurvis, basi barba nectarifera donatis : staminum fì- lamenta subulata ; antherae oblongae erectae , singulae stylo approximatae , ipsoque breviora: stigma 3-fìdum : capsula oblonga 3-locularis 3-valvis, dis- sepimentis valvaribus medianis.

135. TULIPA L. Perigonium liliaceum liberum campaniforme subpatens, petalis nudis : stamina aequalia, perigonio breviora: fìlamenta compressa apice subulata : antherae oblongae erectae : Stylus nullus : stigmata 3 eristato-re- curva : capsula elongata 3-gona 3-locularis 3-valvis , valvis margine interno eiliatis , dissepimentis valvaribus medianis.

136. ORNITHOGALUM L. Perigonium liliaceum liberum persistens su- pra medium patens : stamina erecta, petalis adfixa : fìlamenta basi dilatata , apice subulata : antherae oblongae mediofìxae : Stylus subulatus persistens : stigma obtusum : capsula 3-gona vel 6-gona 3-locularis 3--valvis, dissepimen- tis valvaribus medianis.

137. SCILLA L. Perigonium liliaceum liberum campanulatum vel stel- lato—patens deciduum : stamina aequalia, petalis adfixa : fìlamanta basi di- lata, apice subulala : antherae oblongae erectae: Stylus subulatus deciduus :

79

608

stigma 3-lobum : capsula subrotunda 3-locularis 3-valvis, dissepimentis val- varibus medianis.

138. ASPHODELUS L. Perigonium liliaceum liberum patens: stamina erecta vel incurva saepius inequalia; filamenta basi dilatato-fornicata , ova- rio incumbentia , apice subulata : antherae erectae : Stylus subulato-areua- tus : stigma obtusum quandoque 3-fidum : capsula carnosa 3-locularis 3-val- vis, dissepimentibus valvaribus medianis.

139 ANTHER1CUM L. Perigonium liliaceum liberum caducum vel per- sistens, in snthesi patens, in fructu connivens: stamina perigonio inserta ipso- que breviora divergentia : filamenta nuda, apice subulata: antherae oblongae erectae : Stylus persistens 3-gonus : stygma 3-lobum pruinosum: capsula 3- locularis 3-valvis, dissepimentis valvaribus medianis.

140. HYACINTHUS L. Perigonium petaloideum liberum tubulosum, tubo brevi dilatato, limbo 6-fìdo, laciniis patentibus: stamina inclusa, tubo peri- gonii inserta : filamenta subulata : antherae erectae : ovarium poris 3 mel- liferis ad apicem donatum: Stylus fìliformis deciduus: stigma depressum: ca- psula 3-gona 3-locularis 3-valvis, dissepimentis valvaribus medianis.

141. MUSCAR1 Desf. Perigonium petaloideum liberum urceolatum, lim- bo brevi dentato, dentibus recurvis aut patulis : stamina inclusa , tubo pe- ritomi inserta: filamenta brevissima, basi dilatata : antherae erectae oblon- gae : Stylus subulatus, staminibus brevior : stigma simplex 3-gonum : cap- sula 3-gona 3-locularis 3-valvis, dissepimentis valvaribus medianis.

Si MILACEAF. BART.

142. CONVALLARIA L. Perigonium petaloideum liberum tubulosum vel campanulatum, limbo 6-fido : stamina inclusa, tubo inserta : filamenta su- bulata : antherae erectae emarginatae : Stylus erectus : stigma sub-3-fìdum papillosum : bacca rolunda 3-locularis, loculis 2-spermis.

143. ASPARAGUS L. Perigonium petaloideum liberum 6-partitum, la- ciniis erecto-patulis : stamina ad basim laciniarum, perigonio breviora : fi- lamenta subulata : antherae peltatae erectae : Stylus brevis 3-sulcus : stigma 3-lobum : bacca globosa 1- 3-locularis olygosperma. Flores quandoque dioici.

144. SMILAX L. Perigonium petaloideum deciduum 6-partitum, laciniis linearibus stellatim patentibus: stamina inclusa, fundo laciniarum adfixa : fi- lamenta basi dilata: antherae oblongae: Stylus brevis : stigma obtusum : bacca

609

3-Iocularis, loculis 1-2-spermis. Flores dioici corymbosi ex rachidis fiexuris horti.

Aloineae Scultz.

145. AGAVE L. Perigonium petaloideum infundibuliforme, tubo brevi- ovario adhaerente, fauce libera turbinata, limbo 6-fìdo: stamina, e tubo horta, exerta : filamenta subulata : antherae mediofìxae : Stylus 3-gonus : stigma 3-lobum : capsula oblonga sub-3-gona 3-locularis polysperma.

Sect. III. Perigonium glumaceum.

Junceae Scultz.

146. JUNCUS. L. Perigonium glumaceum persistens 6-valve, valvis al- ternis, modo liberis, modo basi conjunctis, 2-bracteatum: stamina 6, raro 3, fundo valvarum inserta : filamenta capillaria: antherae oblongae erectae: Sty- lus deciduus 1 stigma 3-5-fidum, laciniis pubescentibus : capsula 3-locularis 3--valvis polysperma, dissepimentis placentariis medianis. Folia teretia glabra.

147. LUZOLA DC. Perigonium glumaceum persistens 6-valve , valvis alternis, modo liberis, modo basi conjuctis, 2~bracteatum: stamina 6, fundo valvarum inserta : filamenta capillaria : antherae oblongae erectae: Stylus de- ciduus : stigmata 3 piumosa : capsula 3-valvis , dissepimentis placentariis incompletis 1-Iocularis, 3-spermia. Folia plana pilosa.

Sect. IV. Perigonium duplex.

Berrerideae Vent.

148. BERBERIS L. Calyx 6-sepalus caducus, basi 2-bracteatus, sepalis alternis concavis : corolla 6-petala, petalis concavis, ungue 2-glandulosa: sta- mina corolla breviora : filamenta incurva, apice 2-cornia : antherae 2-locu- lares, loculis sejunctis, cornibus fiìamentorum insidentibus, valva dehiscentibus: stigma orbiculatum : bacca oblonga 1-locularis 2-3-sperma.

LoRANT II EAE JUSS.

149. LORANTHUS L. Flores hermaphroditi vel dioici. Calyx turbina- tus adhaerens , margine coronante integro vel obsolete dentato: pelala 6 , apice reftexa, tubo calycis, inserta : stamina aequalia vel alterne breviora , basi sepalorum adnata, filamentis brevibus : antherae didymae obtusae, lo- culis connectivo sejunctis : Stylus deciduus : stigma subcapi tatum: bacca pul- poso-glutinosa 1 -sperma. Numerus petalorum, et staminum quandoque varius.

610

ORDO III. TRIGYNIA.

POLIGONEAE JuSS.

*

150. RUMEX L. Perigonium hexasepalum persistens liberum , sepalis 3 externis erectis patentibus vel reflexis, 3 internis in fructu jamdudum ere- ctis conniventibus, dorso, vel omnibus vel uno tantum, graniferis: stamina, sepalis internis, geminatim opposita : filamenta brevissima : antherae erectae: styli reflexi : stigmata pennicillata : nux 3-gona 1-sperma. Flores herma- phroditi monoici dioici polygami.

Melante aceae Schultz.

151. TRIGLOCHIN L. Perigonium hexasepalum liberum deciduum, se- palis alternis : stamina opposita : filamenta brevissima: antherae rotundae ex- trorsae : styli nulli : stigmata piumosa reflexa : plopocarpium e capsulis 3 elongatis 1-locularibus 1-valvibus 1-spermis : semen 3-gonum.

CoLCHIC ACEAE DC.

152. VERATRLML. Perigonium petaloideum persistens sexpartitum, Ia- ciniis patentibus eglandulosis : stamina receptaculo inserta : antherae peltha- tae extrorsae : styli incurvi : stigma glandulosum : capsula ovato-oblonga 3- gona 3-locuIaris polysperma: loculis connatis, apice liberis 2-valvibus : se- mina alata. Flores polygami.

153. COLCHICUM L. Perigonium liliaceum liberum infundiliforme, tubo longissimo, limbo 6-partito: stamina fauci inserta : filamenta subulata, basi callosa : antherae oblongae vel lineares 4-loculares mediofìxae : styli fìlifor- mes elongati, laciniis perigoni!, breviores: stigmata recurva oblique trunca- ta : capsula ovata 3-locularis polysperma, loculis connatis, superne liberis 1-valvibus, sutura interna dehiscentibus : semina glabra.

Palmae Juss-

154. CHAMAEROPS L. Flores polygamo-dioici spatha duplici coriacea involuti, interiore oblique aperta : Perigonium duplex persistens : calyx 1- phyllus 3-partitus : coralla 3-petala, petalis ovatis acutis, apice inflexis: sta- mina basi connata : antherae didymae, fìlamentis adnatae : styli nulli : sti-* gmata 3 subulata : baccae 3 monospermae : embryo lateralis.

611

ORBO IV. PENTAGYNIA.

Alismaceae B- Brown.

155. ALISMA L. Calyx liberus persistens 3-sepalus patens : corolla 3- petala decidua patentissima: petala, sepalis, alterna : stamina , corolla, bre- viora : filamenta subulata : antherae incumbentes: styli simplices: stigmata obtusa : nuces 1-loculores 1-spermae.

IIexandria Monogynia.

GALANTHUS.

689. nivalis L. Sp. PI. p. 413. Bulbo ovato : foliis radicalibus angu- ste linearibus, scapo solitario, sub-brevioribus: laciniis, perigonii externi, ob_ longo-lanceolatis.

G. nivalis Seb- et Mciur. FI. Rom. Proci, p. 123. n. 386.- Beri. FI. II. t. 4 p. 40.

In nmbrosis montanis, et in sylvis suburbanis. Monti Albani , Tusculani, inzuccherata etc.

Perennis. Fior. Februario-Martio. Fior, candidi, petalis brevioribus pal- lide virentibus.

Vulgo. Buganeve.

NARCISSUS.

690. poeti bus L. Sp. PI. p. 414. Spatba 1 -flora: perigonio hypocrateri- formi, laciniis late ovatis, basi angustatis: nectario patellato, ore crenulato scarioso : foliis anguste linearibus, scapo subaequalibus, obtuse carinatis, mar- gine reflexis.

N. poeticus Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 124. n. 387. - Bert. FI. II. t. 4. p. 11.

In sylvaticis montium communis. Monti Albani , Tusculani etc.

Perenn. Fior. Aprili. Flores nivei, nectario luteo, margine chermesino, odori.

Vulgo. Giracapo.

691. biflorus Curt. Mag. t. 197. Spatha 2-flora : perigonio hypocrateri- formi, laciniis elliptico-ovatis : nectario patellato, ore crenulato-cripso : fo- liis linearibus, scapo subaequalibus acute carinatis, margine inflexis.

N. biflorus Seb. et Maur. FI. Rom. Prodi, p. 124. n. 388. - Bert. FI. It. t. 4. p- 12. - N- albicans medio pallens minor Barrel. Ic- 936, et N. albicans, medio pallens, angustis floribus le. 964.

612

In montium sylvis, precedente minus frequens. Castel Candolfo,Tuscoìo etc.

Perenn. FJor. Aprili-Majo. Flores ochroleuci, nectarii margine albido , odori.

692. Tazzetta L. Sp. PI. p. 416. Spatha oc-flora : perigonio hypo- crateriformi, laciniis ovatis: nectario scutellato, ore* integerrimo subconstricto: foliis linearibus subcontortis obtuse-carinatis, scapo ancipiti, subrevioribus.

N. Tazzetta Seb et Maur FI. Rom - Prod. p 124. n. 390. - Beri. FI. It. t. 4. p. 13. - N. latifoli albic. mediocr. amplior. brevi cab Barrei- le. 918 et N. latifoli albic. mediocr- cab mediocr. praecox le. 919.

In pratis argillosis, praesertim Tyberinis, vulgatissimus.

Perenn- Fior. Martio-Aprili Flores albi, nectario aureo, odori.

Vulgo. Tazzetta-

693. UNicoLOii Ten. FI. Nap . I. 1 . p. 144. lab. 26. Spatha l-oo -flora: perigonio hypocrateriformi, laciniis oblongatis acutis : nectario scutellato, ore subrepando integerrimo : foliis linearibus striatis canaliculatis obtuse carina- tis, scapo sublongioribus.

N. unicolor Beri. FI. II. t. 4. p. 17.

In montibus Umbriae. Vettore.

Perenn. Fior. Januario-Februario. Flores nivei fere inodori.

694. Pseudo-Narcsssus L. Sp. PI. p. 414. Sphata 1-flora : perigonium hypocrateriforme, laciniis ovato-lanceolatis acutis: nectario campanulato, ore patulo lobato-crenato cripso, perigonium, acquante: foliis linearibus insigniter striatis contortis, scapum superantibus.

N. Pseudo-narcissus Seb- et Maur. Fior. Rom. Prod. p. 124. n. 389. - Bert. FI. II. I. 4. p. 17. - N. flavus tubo oblongo Horl. Rom. t. 5. tab. 56.- N. sylv. pallidus tuba aurea major Barrei . Ic. 930.

/ 3 flore pieno.

N. Pseudo Narcissus y Seb et Maur. I. c. - § Bert. I. c. p. 18. - N. pal- lidus, calyce aureo flore pieno maximus Barrel. le. 977 et N. maximus Tra- deschanti, flore pieno calyce luteo, fai. sulphr. le. 978.

In montibus tusculanis non infrequens./3 supra fornicem Templi Pacis.

Perenn. Fior- Martio-Aprili. Flores lutei magni grate olentes.

695. i ncom p arabi li s Wild - Sp- PI- t. 2. p. 35. Spatha 1-flora r perigo- nio hypocrateriforme, laciniis late ovatis acutis : nectario campanulato, ore undulato-crenulato, perigonii laciniis, duplo breviore: foliis linearibus latiti- sculis, scapum aequantibus.

613

N. incomparabili Sang. Cent. 3 p. 47. Bert. FI. It. t. 4. p. 19. N. pseudonarcissus /3 Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 124. n. 389* - N. al- bic. cal. aureo pressiori eroceis oris minor, et major Barrel. Ic. 927. 928 et N. albic. cal. aureo minor et major le 931. 932.

In sylvis tusculanis secus Monte Compatii.

Perenn. Fior. Martio. Flores luteoli odori, nectario saturatiore.

PANCRATIUM.

696. maritimum L. Sp. PI. p- 418. Spatha oc-flora: perigonii tubo elon- galo, limbi laciniis lanceolato-linearibus: nectarii fauce 2-dentata : foliis li- nearibus laxe contortis, scapum superantibus.

P. maritimum Fior. Gior Arch- t. 18. p. 185. - Bert- FI. It- t.\.p. 22.

In litore marino. Terracina , Ostia ete.

Perenn. Fior. Augusto. Flores albi suaveolentes.

Vulgo. Pancrazio marino- STERNBERG1A.

697- lutea Bom. et Scindi. Syst Veg. t. 7. p. 795. Spatha flore lon- giore : tubo perigonii brevissimo crasso, laciniis obverse lanceolati muticis: foliis synanthiis linearibus planis, post anlhesim, scapo multo longioribus.

S. lutea Beri. FI. II. t 4. p. 25. - Amaryllis lutea Seb. et Maur. FI Rom. Prod- p. 125. n. 391. - Narciss- persicus luteus vernus Corvini Barrel. le- 983.

In pratis montani et maritimis S. Polo , Ostia etc.

Perenn. Fior. Septembri. Flores lutei.

ALLIUM.

698. Ampeloprasum L. Sp- PI. p. 423. Bulbo composito : Scapo 2-4- pedali basi folioso : foliis linearibus planis: spatha 2-valvi : floribus in serto globoso : petali ovato-acutis, carina scabri : stamibus 3 subexertis , fila- mentis alterne 3-fìdis : capsula globoso-3-gona, perigonio subreviore.

A. Ampeloprasum Seb. et Maur. FI. Rom . Prod. p. 125- n. 392,- Bert. FI. It t. 4. p. 28. - A. porrum Sebast. En. PI. Ampli- Flavii p 24. il. 6.

In incultis siecis frequens.

Perenn. Fior. Junio. Flores albido-purpurascentes.

Usus. In culinis prò Albo sativo quandoque usurpatur.

699. sph aeroceph alon L. Sp. PI. p. 426. Bulbo sitnplici sobolifero , bulbilli longe pedunculatis : scapo 1 -2— pedali, inferius folioso : foliis fistu- losis semiteretibus : floribus in serto globoso: petalis ovati, carina scabri:

614

staminibus exertis, fìlamentis alterne 3-fìdis: capsula ovato 3-gona, perigo- nio sub-breviori.

A- sphaerocephalon. Fior. Gior. dei lett . di Pisa 1828. p. 117- Bert . - FI. II. t. 4. p. 29.

(3 descendens. Umbellae radiis externis brevioribus reflex is, internis lon- gioribus erectis.

A. spaerocephalon /3 Bert. I. c. p. 30. - A. descendens Fior. I. c.

In siccioribus montium, et planitierum. Monti Tiburtini , Monte Vettore, e Veltoretlo Umbriae. /5 in via Tiburtina secus Lago dei Tartari.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores albo-virentes.

Vulgo. Aglietto Aglio selvatico-

700. v i ne ale L. Sp. PI- p. 428. Bulbo simplici : scapo 2— 3-pedali in- ferius folioso : foliis fistulosis teretibus supra canaliculatis : spatha 1 -vaivi : serto convexo : radiis basi bulbiferi, externis brevioribus : petalis oblongis obtusis : staminibus exertis, fìlamentis alterne 3-fìdis : capsula subrotunda 3-gona, perigonio subaequali.

A. Vineale Sebasl. En. PI. Ampli. Flavii p. 24. n. 7. - Seb. et Maur. FI. Boni- Prod-p. 126- n. 400. - Bert. FI It.t. 4. p. 33.

|S compactum* Umbella lata bulbifera, floribus nullis.

A. vineale /3 Beri- l. c p. 34. - A. vineale floribus penitus desti tutum Seb. et Maur. I. c. p. 127.

In segete minus fiequens, in Amphi teatro Flavio etc.

Perenn. Fior. Junio. Flores purpurascentes.

Obs. Pianta glabra faetens more A. sativi.

701. pallens L. Sp. PI. p. 427. Bulbo simplici : scapo i-3-pedali in- ferne folioso: foliis semiteretibus fistulosis superne sulcatis : spatha 2-valvi lanceolata, longe acuminata : serto globoso effuso : sepalis ovatis obtusis , nervo carinali insigni : stamina subexerta, fìlamentis simplicibus basi conna- tis : capsula turbina to-3-gona, perigonio subaequali.

A. pallens Seb et Maur. FI Bom. Prod. p. 126. n. 395. - Bert . FI. It. t- 4. p. 36- - Getoides sylvestre Colum. Ecphr. 2. p. 6. lab. p. 7.

In agris, hortis, viis campestribus commune.

Perenn. Fior. Julio. Flores spurco-albidi vel purpurascentes.

702. montane m. Sibth. et Smith. FI. Graec- Prod. t. 1. p. 225. Bulbo simplici : scapo palmari pedali inferne folioso : foliis farctis semiteretibus : spatha 2-valvi, valvis inaequalibus, floribus longioribus : serto effuso, radiis

615

esternis tandem nutantibus : petalis ovatis carinatis : staminibus perigonio longioribus, fìlamentis simplicibus : capsula tuibinato-3-gona emarginata, pe- rigonio, aequale.

A. montanum Beri. FI. It. t. 4. p. 39.

In montanis aeque ac in maritimis. Tivoli, Monte Vettore, Civitavecchia . etc.

Pcrenn. Fior. Julio-Augusto. Flore violacei.

703. paniculatum L. Sp. PI p. 428. Bulbo simplici : scapo subpolli- cari inferne folioso : foliis cxilibus farctis semiteretibus: spatba 2-valvi, val- vis inaequalibus, majore flores superante : serto erecto-patulo : petalis ob- longis acutis : staminibus inclusis, fìlamentis simplicibus : capsula turbinato- 3-gona, perigonio, subaequale.

A. paniculatum Seb. et Maur. FI Rom. Prod. p 126- n. 399- - Beri. FI. It. t. 4. p 41.

In montanis ad viarum margines. Monti Tosculani, presso Viterbo, Ter- ni, etc.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores rubro-violacei.

704. Chamae Moly L. Sp. Pi p. 433- Bulbo simplici : scapo brevis- simo subterraneo folioso: foliis planis, piloso— ciliatis, flores longe superanti- bus : spatba 1-valvi abbreviata : serto pancifloro e terra erumpente: petalis lanceolatis acuminatis, nervo carinali viridi : staminibus inclusis, fìlamentis simplicibus : capsula globosa, perigonio, subtriplo breviore.

A. Chamae Moly Seb. et Maur. FI. Piom. Prod. p. 126. n. 397- - Beri FI. II. t. 4. p- 46. - Chamaemoly an Maly Bioscordis Column. Ecphr. 1- p. 325. flg. p. 326. -Saturnia Maratt. PI. Romul. et Satura, p- 18. lab 2. - Hort. Rom. t. 7, tab 5.

In marginibus viarum locis aridis. Sull Aventino, sul Testaccio, e nel Gian— nicolo magna manu.

Perenne. Fior. Januario-Februario. Flores albi.

705. surhirsutum L. Sp.Pl. p. 424. Bulbo simplici: scapo palmari pe- dali, inferne folioso: foliis linearibus planis subciliatis : spatha brevi i-val- vi : serti radiis patulis erectis : petalis oblongo-lanceolatis carinatis : sta- minibus inclusis, fìlamentis simplicibus : capsula turbinato-3-gona, perigonio, triplo breviore.

A. subhirsutum Sebast. En . PI. Ampli. Flavii p. 24. n. 5. - Seb. et Maur. Fior . Rom. Prod p. 125. n 393- - Bert. FI. It. t. 4. p. 47.

80

616

In aridissimis ad muros vulgore. Sul Testaccio etc.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores candidi.

Obs. Album sativum redolet, et sub nomine Aglio peloso , A. sabatico vulgo agnoscitur.

706. suaveolens Wild . Sp. PI. t. 2. p. 65. Bulbo simplici cylindrico: scapo 1-2-pedali inferne parce folioso : foliis anguste linearibus planis ob- tusis: spatha 2-valvi, valvis brevibus acuminatis: serto globoso, radiis abbre- viatis : petalis ovato-lanceolatis carinatis apice inflexis: staminibus, perigonio campanulato, longioribus: filamentis simplicibus post anthesim recurvis : ca- psula subrotunda, perigonio, subreviore.

A. suaveolens Bert- FI. It t. 4. p. 49.

In montanis alpinis. Vettore , Terni etc.

Perenn. Fior. Augusto. Octobri. Flores albidi vel rosei.

707. fallax Ròm et Scindi. Sgst. Veg. t. 7- p- 1072. Rizomate lignoso superius bulbifero: scapo ancipiti basi tantum folioso : foliis linearibus ca- naliculatis subtus subangulatis : spatba brevi 2-3-partita: sei'to fastigiato sub- ermisphaerico: petalis ellyptico-elongatis obtusis : staminibus subexertis, fila- mentis simplicibus erectis: capsula turbinata, perigonio, subreviore.

A. fallax Bert. FI II. t. 4. p. 51. - A. angulosum Sang Cent. 3 p. 48. - A. saxatile, Achari radice, flore purpureo Barrei le- 1022.

In pratis montanis. Vettore.

Perenn. Fior- Julio- Flores rosei.

708. roseum L. Sp. PI. p. 296. Bulbo simplici sobolifero, bulbillis bre- viter pedicellatis : scapo 1 —2— pedali, basi tantum folioso : foliis planis linea- ribus apice involutis : spatha 1-valve brevi tandem lacera : serto fustigato tandem effuso : petalis oblongis obtusis: staminibus inelusis, filamentis sim- plicibus : capsula turbinato-3-gona, perigonio, triplo breviori.

A. roseum Beri. FI. It. t. 4- p. 53. - A- roseum fi umbella capsuli- fera Seb. et Maur. FI. Rom. Prod- p. 125. il. 391.

fi umbella bulbifera Bert. I. c. p. 54- - A. roseum fi Seb. et Maur l.c.

In agris, et ad margines viarum, species et varietas.

Perenn- Fior. Majo. Flores pulchre rosei.

709. triquetrum L Sp. PI p. 431. Bulbo parvo simplicissimo : scapo sub-2-pedali acute triquetro, basi parce folioso : foliis sub-3-quetris acute carinatis : spatha brevi caduca : serti radiis nutantibus secundis : petalis lanceolati acutis : stamina profonde inclusa, filamentis simplicibus : capsula turbinato-rotundata, perigonio, dimidio breviore.

617

A. triquetrum Maur. Ceni. 13. p 17. - Bert. FI. II. 4. p. 57.

In sylvaticis ad sepes. Civitavecchia in dnmetis circa orarli maritimam, Romae V. Borghese in nernore prope lacuna.

Perenn. Fior. Majo. Flores albi.

710. pendulinuu Bóm. et Schult. Sgst . Veget. t. 7. p. 1113. Bulbo sim- plici : scapo acute 3-quetro subpedali , basi breviter folioso : foliis lineari— bus acute carintis : spatba brevi caduea 2-valvi : serto patulo, radiis fructi- feris cernuis: sepalis lanceolatis acutis in anthesi patentibus, staminibus in- clusis, fìlamentis simplicibus : capsula turbinato-3-gona, perigonio, subtriplo brevioribus.

A. pendulinum Bert. FI. It t . 4. p. 58- - A. triquetrum Seb. et Maur . FI Boni. Proci, p. 126. n. 396.

In sylvaticis. Da Albano a Palazzuola in gran copia etc.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores candidi.

711. n eapolIt anu m Spr. Sgst. Veget. t. 2 p. 36. Bulbo simplici sobo- li fero, bulbillis simplicibus vel breviter pedunculatis: scapo 1-2 pedali com- presso-trigono basi folioso: foliis lato-linearibus acuminatis : spatba 1 -valve dilatata abbreviata : serto fastigiato pauciftoro, radiis inaequalibus : petalis ovatis obtusis apice crenatis : staminibus inclusis, fìlamentis simplicibus : ca- psula subrotunda depressa, perigonio, triplo breviore.

A. neapolitanum Bert. FI. /. t. 4. p. 59. - A. album Scbast. En. PI. Ampli. Flavii p. 23. n. 4. - Seb. et Maur. FI. Bom Proci, p- 125. n. 395.- A. montanum foliis Narcissi Hort. Bom t. 6. tcib 97.

Ad sepes vulgare.

Perenn. Fior. Martio-Aprili. Flores candidi, antberis viridibus.

Obs. Tota pianta sativum redolet.

712. nigp.um L. Sp. PI. p. 430. Bulbo simplici : scapo terete firmo 2- pedali, basi folioso : foliis planis lanceolatis crassis strictis : spatba brevi 1- valvi: serto multifloro fastigiato: petalis lineari-Ianceolatis obtusis : stamini- bus sub-inclusis, fìlamentis liberis basi dilatatis : capsula subrotundo-trigona granuloso-glandulosa, perigonii longitudine.

A. nigrutn Sang Cent. 3. p 48. - Bert. FI. It. t. 4. p. 61.

In montibus Umbriae circa Nursiam-

Perenn. Fior. Majo. Flores purpurei.

713- ursinum L. Sp. PI. p. 431. Bulbo simplici elongato : scapo sub- 3-gono, spithameo vel pedali , foliis vaginantibus, basi cinto: foliis ovato-

618

lanceolati nervosi, basi in vaginam productis: spatha 2-valvi decidua, flori- bùs, breviore: serto multifloro, radiis erectis .‘petali lanceatis acutis patentibus: staminibus inclusis, fìlamentis inaequaìibus: capsula depressa 3-loba, perigonio, multo breviore.

LILIUM.

714. candì dum L. Sp. PI. p. 433. Bulbo squamoso, squamis imbricatis: caule erecto multifloro folioso: foliis ovato-lanceolatis, margine undulatis, ra- dicalibus in petiolum longum, basi vaginantem, productis , caulinis petio- lo successive abbreviato , nulloque : perigonio turbinato-campanulato intus glabro, sulco nectarifero obsoleto.

L. candidum Fior . Gior . cle'Lett- di Pisa t. 17. p. 117- - Beri. FI- It. i 4- p. 67-

In maritimi aeque ac in montani. Ostia , Fiumicino , Terracina , Monti Ti- burlini etc.

Perenn. Fior. Majo decedente. Flores candidi odoratissimi.

Obs. In hortis colitur, et sub nomine Giglio di S. Antonio a vulgo agno- scitur.

Usus. Succus mucillaginosus in cathaplasmatis et clysteribus uti emol- liens usurpatur, at raro.

715. rulbiferu m L. Sp. PI. p. 433. Bulbo squamoso parvo, squamis im- bricatis acutis: caule erecto striato, foliis linearibus planis 3-5-nerviis spar- si, undique cinto : perigonio erecto turbinato-campanulato scabro, sulco ne- ctarifero pubescenti-barbato .

L. bulbiferum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 127. n. 401 . - Bert. Fi- li. t. 4. p. 68- - L. purpureo-croceum roajus Hort. Rom. t . 6. lab. 82*

In montium umbrosis frequens. Albano, Monte Lucretile etc.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores crocei, maculi nigris intus natati.

Vulgo- Giglio rosso-

716. Marth agon L. Sp. PI. p. 435. Bulbo squamoso, squamis superim- positis : caule terete maculato : foliis oblongo-lanceolatis multinerviis, inter- mediis verticillatis , reliquis alternis decrescentibus : perigonii laciniis lan- ceolatis revolutis pubescentibus : sulco nectarifero puberulo.

L. Martagon Maur. Cent. 13. p. 18. -J Bert. FI. It. t- 4. p- 72.

In eìatis montium. Serra S. Antonio in Latio, Monte de' Fiori in Picae- no etc.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores albi vel rubelli, maculis atri, adspersi.

619

Vulgo. Martagone-

FRITILLARIA.

717. montana Hopp. in Rock. Sijn. p. 707. Caule ìnferne nudo, sursum folioso ut plurimum 1-floro: foliis linearibus acutis, inferioribus oppositis ter- nisque, floralibus sub-geminatis : floribus campanulatis cernuis tessellatis: pe- talis apice barbulatis, base interna, favea nectarifera subovata, natatis.

F. montana Beri- FI. It. t. 4. p. 74-

In apenino Picaeno. Monte de'Fiori.

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores fusci purpurascentes , viridi-luteolo marginati.

718. Meleagris L. Sp. PI. p 436. Caule basi nudo sursum folioso 1- pauci-floro : foliis lineari-attenuatis acutis glaucescentibus sparsis, floralibus subgeminatis : floribus cylindrico-campanulatis nutantibus tessellatis : peta- lis, apice calloso subincurvo, basi interna, favea nectarifera subrotunda, natatis.

F. Meleagris Sang Cent. 13. p> 48. n. 105. - Bert. FI. It. t. 4. p. 75.

In pratis humidiusculis circa Nursiam.

Perenn. Fior. Majo. Flores livide purpurascentes, colore saturaratiore tessellati.

Vulgo. Meleacride.

TULIPA.

719. praecox Ten FI. Nap. t. 1. p 170. Bulbo lanato: foliis ovato- lanceolatis canaliculatis subundulatis ciliatis, scapo subrevioribus : flore cre- do : petalis basi, macula ampia nigra ovato-oblonga , natatis, exterioribus longioribus ovato-acuminatis planis, interioribus elliptico-ovatis acuminatis.

T. praecox Sang Cent, tres p. 49. n . 106. - Bert. FI. It. t. 4. p. 79.

Sponte huc illue in viridariis Parafili , Medici , ed ad Acqua bullicante.

Perenn Fior. Aprili. Flores rubri saepe extus glaucescentes.

Vulgo. Tulipano.

720. Oculus sons Bórri, et Schult. Syst. Veg. t. 7* p. 377- Bulbo la- nato : foliis oblongis acutis, caule longioribus: flore solitario erecto : petalis oblongis utrinque attenuatis, basi macula nigra angusta, elongata natatis, ex- terioribus acuminatis, interioribus acutis.

T. Oculus solis Bert. FI. It. t. 4. p. 81.

Sponte provenit in viridariis Borghese , Parafili etc.

Perenn. Fior. Aprili. Flores rubro-flavi.

Vulgo. Occhio di sale.

721. Clusiana Róm. et Schult. Syst. Veg. t . 7. p- 380. Bulbo lanato

620

parvo : foliis lanceolato-linearibus, supremi caule brevioribus : flore solita- rio erecto angusto: petalis, macula rornboidea brevi, basi natatis, externis ma- joribus oblongo-lanceolatis acutis, internis obtusis unicoloribus.

T. Clusiana Bert. FI. It. t. 4. p. 82. - Ho rt. Borri- t. 6- tab. 91.

In ambulacris viridarii Parafili abunde.

Perenn. Fior. Aprili. Flores spurco-albi, linea dorsali rubente natati, lae- viter suaveolentes.

Vulgo. Tulipano.

722. sylvestris L. Sp. PI. p. 428. Bulbo glabro : foliis lanceolato-li- nearibus paucis, supremo, caule breviore: flore solitario nutante, tandem ere- cto : petalis acuminatis apice pubescentibus, basi immaculatis , exterioribus lanceolati, interioribus ovato-lanceolatis.

T. sylvestris Bert. FI. It- t. 4. p. 83.

In pratis alpini- Al piano grande del Castellacelo di Norcia.

Perenn. Fior. Majo. Flores intus lutei, extus dorso virides , inodori. ORNITHOGALUM.

723- arvense Sibth. et Smith FI Graec. Prod. t- 1 . p. 230. Bulbo com- posito parvo : foliis radicalibus semiteretibus, scapigeris lanceolato-lineari- bus, utriusque geminis : scapo subangulato : floribus corymbosis : pedunculis dense lanuginosis, inferioribus quandoque bulbiferi, omnibus bracteis linea- ribus auctis : petalis oblongo-lanceolatis obtusis, capsìda 3-gona emarginata, subquadrupo longioribus.

0. arvense Beri. FI. It. t. 4. p. 92. - 0. angustifolium campestre, 1 li- te um minimum bulbiferum Column Ecph. f. 223.

In pratis montanis Picaeni. Macerata , Arcevia etc.

Perenn. Fior. Martio. Flores lutei , dorso virentes.

724. umbellate m L. Sp. PI. p. 441. Bulbo composito : foliis radica— libus linearibus insignite!' caniculatis, margine nudi, centro linea albicante notatis, scapo terete, longioribus : floribus corymbosis laxis patentissimi, pe- duncoli glabri valde inaequalibus, bracteis lanceolato-linearibus, longiori- bus : petalis oblongo-lanceolatis, capsula hexagona, subquadruplo longioribus.

0. umbellatum Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 127. n. 402. - Bert. FI. It. t. 4- p. 95.

In incultis arvis pomariis commune-

Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores albi,, petalis, medio dorso, viridibus-

725. colli num Bom. et Scindi. Syst. Veg. t. 7. p. 531. Bulbo simplici :

62!

foliis radicalibus lineari-fìliformibus canaliculatis ciliatis nudisque, scapo sub- terete, ut plurimum brevioribus, linea albicante obscura, notatis : floribus co- rymbosis erecto-patulis: bracteis lanceolato-linearibus, pedunculos, subaequan- bus : petalis lanceolatis in fruttifìcatione elongatis, capsula hexagona, triplo lonaàoribus.

0- collinum Bert. FI. It. t. 4 p. 97. - 0. tenuifolium Sancj. Cent-tresp- 49. n. 107-

In pascuis montanis Tiburtinis. Monte Lucretile , S. Polo etc.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores albi.

726. nutans L- Sp. PI. p. 441. Bulbo simplici : foliis radicalibus linea- ribus canaliculatis, scapum teretem subpedalem, subaequantibus : floribus maju- sculis racemosis secundis tandem nutantibus: bracteis lanceolatis acuminatis al- bo-membranaceis, pedunculis, longioribus: petalis oblongo-lanceolatis medio viridibus, capsula hexagona, triplo longioribus.

0. nutans Seb. et Maur. FI. Piom. Proci, p. 128. n. 405- - Bert. FI. It. t. 4. p. 99- - Hyacinthus arvorum Ornithogaloides Golumn. Ecphr.ì. p - 304. et H. arvorum Ornitbogali flore /. c. p- 302.

In incultis et pomariis nonullis. A monte Mario , in copia nelle Ville , P ampli , Patrizi etc.

Perenn. Fior. Martio. Flores candidi, petalis medio dorso virentibus.

727. pyrenaicum L. Sp- PI. p. 430. Bulbo simplici: foliis linearibus ca- naliculatis scapo brevioribus, cito marcescentibus : floribus in racemo eJon- gato : bracteis lanceolatis acuminatis margine albo-membranaceis , peduncu- lis patentibus, tandem erectis, brevioribus: petalis oblongo-linearibus, capsula 3-gona, sublongioribus.

0. pyrenaicum Seb. et Maur- FI. Rom- Prod. p. 127. n. 404 --Bert. Fl- it■ t- 4. p- 101.

In arvis ad oras nemorum. A Villa Madama, alla Spalletta della Crescen- za, a Palazzuola etc.

Perenn. Fior. Majo. Flores ochroleuci.

728. narbonense L. Sp. PI. p. 440. Bulbo simplici: foliis linearibus ca- naliculatis perrennantibus , scapo brevioribus : floribus in racemo tyrsoideo longo acuto : bracteis ovatis longe acuminatis, pedunculis floriferis patenti- bus, longioribus, fructiferis erectis, brevioribus: petalis oblongo-lanceolatis , capsula 3-gona, subduplo longioribus.

O. narbonense Seb- et Maur- FI. Rom- Proci, p- 127. n- à-Ok. - Beri. Fl- it. t. 4. p. 102.

622

In arvis, oris nemorum, ad sepes commune. V. Pamfili, Caffarella etc.

Perenn. Fior. Majo. Flores albi.

SCILLA.

729. mariti ma L. Sp - PI. p. 442. Bulbo magno tunicato : foliis oblon- gis acuminatis erecto-patulis proteranthiis: scapo cilindrico : floribus laxis in racemo tyrsoideo elongato : bracteis calcaratis recurvatis, pedunculis, brevio- ribus : petalis oblongo-ellipticis, capsula, aequalibus.

S. maritima Seb et Maur. FI. Rom. Prod - p. 128. n. 4o6. - Bert. FI. Il . t- 4. p. 104*- Ornitogalum marinum Hort-Rom.t. 6. t. 93.

In maritimis. A Fiumicino , Ostia etc.

Perenn- Fior. Augusto-Septembri. Flores albi.

Vulgo et in officinis. Scilla.

Usus. Bulbi exiccati, et in pulverem redacti, diureticum usitatissimum, pluribus in morbis : succus epidermidem vehementer irritat.

730. bipoli a L. Sp- PI p- 443- Bulbo tunicato : foliis lineari-latiuscu- lis canaliculatis subgeminis, scapum teretem erectum, basi longe vaginanti- bus : floribus paucis in racemo laxifìoro: bracteis nullis : sepalis oblongis ob- tusis, capsulam subaequantibus.

S. bifolia Seb, et Maur. FI. Rom- Prod- p 128. n- 407. - Bert. FI. It. t- 4- p. 110,

In montium nemorosis frequens.

Perenn. Fior. Martio-Aprili. Flores intense coerulei.

731. pktula Rom. et Sclmlt. Sijst- Veg. t. 7. p- 576. Bulbo tunicato in— tus solido sobolifero : foliis lato-linearibus striatis utrinque attenuatis synan- thiis: scapo semiterete : floribus paucis in racemo laxifìoro : bracteis lanceo- lato-linearibus geminis inaequalibus, majore pedunculo longiore : petalis ob- longo-lanceolatis apice recurvis, capsula, plusduplo longioribus-

S. patula Bert. FI. It. t- 4. p. 112. - S. campanulata Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 128. n. 408.

In luco quodam a Villa Pamfili.

732. autumnalis L> Sp. PI. p. 443. Bulbo tunicato intus solido : foliis fìliformibus canaliculatis hysteranthiis, scapo laterali, brevioribus: floribus ebra- eteatis in racemo conico tandem laxifìoro : sepalis oblongis obtusis, capsula subdupìo longioribus.

S. autumnalis Seb. et Maur . FI. Rom . Prod. p. 129. n- 409. - Bert. Fl- it- t. 4. p- 114.

623

In sterilioribus collinis montanis et maritimis. Pignelo Sacchetti , Monte Gennaro , Albano, Ostia etc.

Perenn. Fior. Septembri. Flores violacei.

ASPODELUS.

733. luteus L. Sp. PI. p. 443. Radice tuberoso-fasciculata, napulis sub- cjlindricis : caule erecto simplici, foliis subulatis triquetris patentibus, dense vaginato : racemo spicaeformi eylindrieo elongato composito : bracteis gran- dibus ovato-lanceolatis scariosis, nervo carinali viridi : capsula ovoidea obtu- sa, perigonio, triplo breviore.

A. luteus Fior. Gior. cle'Lett. di Pisa t. 17. p. 128 . - Bert. FI. It. t. 4.

p. 1 16.

In Cacumine Montis Circaei.

Perenn. Fior. Majo. Flores lutei.

Vulgo. Asfodelo.

i34. fistulosus L. Sp. PI. p. 444- Radice fìbroso-ramosa : caule erecto alterne ramoso nudo : foliis radicalibus semiteretibus fìstulosis : floribus in apice ramorum laxe spicatis : bracteis ovatis acumina to-setaceis scariosis, nervo carinali viridi : capsula subglobosa, perigonio multo breviore.

A. fistulosus Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 28- n. 25. - Seb. et Maur. FI Rom Prod. p. 129- n- 412. - Bert. FI. It. t. 4. p. 1 19- - A. angustifo- lius floribus ex albo dilute rubentibus Hort. Rom t. 6. tab. 43-

In ruderibus Amphiteatri Flavii.

Perenn. Fior. Februario-Majo. Flores albidi, linea dorsali, rubente.

735. ramosus L. Sp. PI. p. 444. Radice tuberoso-fasciculata, napulis cy- lindricis : foliis radicalibus lato-linearibus acute carinatis : caule simplici su- perne ramosissimo, ramis ramulisque alternis spicato-floriferis: bracteis lanceo- lato-acuminatis, inferioribus, pedunculis, brevioribus: capsulis perigonio triplo brevioribus.

A. ramosus Seb. et Maur . FI. Piom. Prod. p. 129- p. 410- - Bert. FI. It. t. 4 p. 120.

In marginibus, collibus, dumetis vulgatissimus.

Perenn. Fior. Majo. Flores albi, linea petalorum dorsali, fusca.

Vulgo. Porrazzo , Asfodelo, asta regia.

736. alrus Wild. Sp. PI. t. 2. p. 133. Radice tuberculato-fasciculata, napulis cylindricis : foliis radicalibus linearibus acute carinatis : caule simplici nudo, superius parce ramoso, ramis dense spicato-floriferis: baccis lanceolatis

81

624

fuscis, pedunculis fructiferis erectis, brevioribas: petalis ovato-lanceolatis, ca- psula ovoidea, multo-longioribus.

A. albus Seb. et Maur. Fi Rom. Prod. p. 129- n 411. - Bert. FI. It. t 4. p 122.

In montium siccis, dnmetis etc. Copiosamente presso Genzano, laRiccia etc.

Fior. Aprili-Majo. Petala alba, linea dorsali, lutea.

Vulgo. Uti praecedens.

Usus. Animales omnes perter suem , Asphodelum album et ramosum omnino respuunt; quamobrem apud nos utraque species et praesertim ramo- sus late diffusus in pestem agrorum. Ex recentioribus observationibus innotuit in succo tuberculorum, substantia saccarina inesse, quae rite fermentatione su- bjecta, Alcool suppeditat in aeconomiae usus. Quare, pianta ignobilissima, in summopere expetita, hodie conversa-

ANTHERICUM.

737. Lui ago L. Sp. PI. p. 445. Rbizomate brevi praemorso, fìbriscras- sis longis, aucto: foliis radicalibus linearibus canaliculatis: scapo nudo erec- to superius fiorifero : floribus racemosis vel simplicibus : bracteis lanceola- to-linearibus, infei'ioribus elongatis : pistillo declinato.

A. Liliago Bert. FI. II. t. 4. p. 125- - Phalangium Liliago Seb. et Maur. Fi Rom . Prod. p. 129. n. 413-

In montanis apricis. Monte Gennaro alla valle scoperta.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores candidi.

HYACINTHUS

738. romanus L. Mant. alt. p. 224. Foliis linearibus canaliculatis flae- cidis prostrati, scapo longioribus: floribus laxis, in tyrso simplici acuto: bra- cteis erosis deorsum appendiculatis : perigonii campanulati laciniis oblongis tandem revolutis : capsula obtusa 3-gona.

H. romanus Sebast. En. PI. Ampli. Flavii p. 48. n. 120 .- Seb. et Maur. FI. Rom Prod. p. 130. n. 417- - Bert. Fi It. t. 4. p. 159.

In pascuis omnibus, marginibus, hortis copiose.

Perenn. Fior. Martio-Aprili. Flores albi senio sordidi.

MUSCARI.

739. comosum Wild En - t. 1. p. 378. Foliis radicalibus (ato-linearibus basi vaginantibus nudis cilia tisque, scapo erecto, subaequalibus : floribus ra- cemosis densis, tandem laxiusculis declinatis, summis abortivis erectis longe pedunculatis comantibus : bracteolis infra pedunculos: capsula 3-gona, stylo coronata.

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M. comosum Bert. FI. It. t. 4. p. 161. - Hyacintus comosus Sebasl. En. PI. Ampli. Flavii p. 49. n. 121.- Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 130. n. 418. - Mascari arvense latifolium coma caerulea Hort. Rom. t. 6. tab. 49.

In agri cultis commane circa Urbem,

Perenn. Fior. Martio-Aprili. Fiores coeraleo-virescentes, abbonivi laete violacei.

740. botroides Wild. En. t. 1. p. 378. Foliis sublinearibus strictis, sca- pum nudum erectum, sabaeqaantibus: racemo terminali denso, in anthesi la- xato, floribus lateralibus natantibas : perigonii globosi dentibus discoloribus: bracteolis gerninis sub quoque flore : capsula rotundato-3-loba.

M. botryoides Beri. FI. It. t. 4. p. 164. - Hvacinthus botroyides Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 131. n. 415.

In montibus Latii et in maritimis. Monte Compatri, Albano, Ostia eie.

Perenn. Fior. Aprili. Flores coerulei laeviter odori, dentibus perigoni al- bidis.

741. racemosum Wild. En. t. 1. p. 378. Foliis radicalibus anguste li- nearibus prostratis, scapum erectum, superantibus: recemo terminali denso, floribus nutantibus imbricatis : perigoniis ovato-oblongis dentibus discolori- bus : bracteolis ovatis geminis : capsula rotuudato-3-loba.

M. racemosum Bert. FI. It t. 4. p. 165. - Hyacintus racemosus Sebasl. En. PI Ampli. Flavii p. 49- n. 121. - Seb. et Maur . FI. Rom. Prod. p. 131. n. 420. - Muscari arvense juncifolium coeruleum minus Hort. Rom.t.ft. tab. 51.

In herbosis vulgare.

Perenn. Fior. Aprili. Flores intense coerulei odori, dentibus perigonii pri- mo albis deinde subcoeruleis.

742. commutatum Guss. FI. Sic. Prod. t. 1. p. 427. Foliis radicalibus an- guste linearibus canaliculatis prostratis, scapo striato, brevioribus : racemo laxifloro, floribus patentibus : perigonii ovato-oblongi dentibus concoloribus: bracteis geminis minutissimis triangularibus : capsula rotundato-trigona.

M. commutatum Bert. FI. It. t. 4. p. 166-

In pascuis maritimis Maccarese, Terracina, etc.

Perenn. Fior. Septembri-Oetobri. Flores coerulei.

CONVALLARIA.

743. verticillata. L. Sp. PI p. 451 . Caule erecto angolato : foliis cau- linis lanceolati erecto-patulis nervosi verticillati : racemis axillaribus sim- plicibus, quandoque geminatis : perigoniis tubulosis : filamenti glabri.

626

C. verticillata Bert. FI. It. t. 4. p. 140.

Ad margines sylvarum in Umbria. Monte la Ventosa, Valle Canetra etc.

Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores albo-virides.

744. Polygonatum L. Sp. PI. p. 451. Caule incurvo angulato : foliis cau- linis alternis amplexicaubbus ellipticis nervosis glabris: pedunculis axillaribus 1-floris : perigoniis tubulosis : filamenti glabris.

C. Polygonatum Sang. Cent, tres p. 50- n. 108. - Bert. FI. It. t. 4. p. 142- - Polygonatum latifolium flore albo majore odorato Barrel. le. 711.

In collium sylvaticis. Albano , Rocca di Papa etc.

Perenn. Fior. Aprili. Flores albi, ore virescenti odori.

Vulgo. Sigillo di Salomone.

745. multi flora L. Sp. PI. p. 452. Caule terete incurvo : foliis ovatis alternis amplexicaubbus nervosis : racemis axillaribus solitariis multifloris : perigonio tubuloso-medio constricto : filamentis lanuginosi*

C. multiflora Seb. et Maar. FI. Piom. Prod. p. 130. n. 416. - Bert- FI. It. t- 4. p. 143.

In sylvaticis montium communi- Albano, Rocca di Papa etc.

Perenn. Fior. Aprili-Majo- Flores albi, dentibus virescentibus.

ASPaRAGUS.

746. t enu i folius Pióm. et Scimi. Syst - Veg t. 7- p. 320. Glaber. Caule herbaceo erecto superne ramosissimo : foliis numerosis fasciculatis tenuissi- mis flexibilibus : stipulis lanceolatis tandem deflexis : floribus axillaribus ber- maphroditis, quandoque monoicis : pedunculis sub flore articulatis: bacca glo- bosa majuscula, maturila te rubra.

A. tenuifolius Seb- et Manr. FI. Piom. Prod. p. 130. n. 415 .-Bert. FI. It. t- 4. p. 147.

In viridariis et sylvis suburbanis. V. Pamfdi.

Perenn. Fior. Majo-Junio- Flores albo-virentes, lineis prorsus viridibus notatis.

Vulgo. Sparici.

747. officinale L. Sp- PI- p. 448- Laevis glaucescens. Caule herba- ceo tereti erecto paniculato : foliis paucis fìliformibus fasciculatis acutis: sti- pulis basi deorsum mucronatis : floribus axillaribus dioic.is, pedunculo arti- culatis : bacca coccinca.

A. offlcinalis Bert. F, It. t. 4. p. 148.

In sylvis maritimis. Ostia, Fiumicino etc.

627

Perenn. Fior. Majo. Flores viridi-luteoli.

Vulgo. Sparaci , Asparago.

Usus. Turiones varimode cocti in mensis apponuntur; qua de causa A- sparageta confìcimus ad turiones grandiores et teneriores obtinendos- Radix, semina, et liodie praesertim succus, in calculis hydrope aliisque morbis, uti diureticus, in arte medica, summopere celebratur.

748. acuti foliu s L. Sp PI. p. 449. Caule fruticoso angulato ramosis- simo superne ramisque hirto : foliis aciformibus fasciculatis rigidis perennan- tibus : stipulis patulis deorsum mucronatis : floribus axillaribns solitariis fa- sciculatisve saepius dioicis : pedunculis medio articulatis : bacca cinerea ni- grescente.

A. acutifolius Seb. et Maur. FI. Rorn. Proci, p. 130- n. 414. - Bert. Fl- it. t. 4. p. 151. - A. aculeatus Hort. Rom. t. 5. tab. 52.

Ad sepes ubique.

Perenn. Fior. Septembri. Flores * luteoli odori.

Vulgo. Corona delle Streghe.

SM1LAX.

749. aspera L. Sp. PI. p. 1458. Caule flexuoso valide aculeato : foliis cordato-sagittatis lanceolatis, latioribusque triangulis, latitudine longioribus 5- 9-nerviis, margine nervoque medio aculeatis : corymbulis flexuosis racheos insidentibus Bert. FI. It. t. 10. p. 357.

S. aspera Seb. et Maur. FI- Piom. Prod p. 338. n 1191,

In sylvaticis montosis et circa urbem vuJgaris-

Frut. Fior. Septembri. Flores albi.

Vulgo. Straccia braghe , salsa nostrale.

Usus. Succedanea S. Sarsaparillae communiter habetur.

750- mau ritanica Desf. FI- All. t. 2- p. 367. Caule firmo datissimo su- perne foliisque inermibus : foliis amplis cordato-ovatis acutis obtusisve 7-9- nerviis immaculatis : pedunculis ramosis simplicibusque ad flexuras corym- buliferis Bert. FI. It. t. 10. p. 359.

Ad sepes et in sylvis non rara Monte Mario , Villa Borghese , Tivoli ec.

Frut. Fior. Autumno. Flores albi.

Vulgo- Uti praecedens, a qua non distinguitur, licet caracteribus fìrmis a botanicis jure in peculiarem speciem recepta.

AGAVE.

751. americana L. Sp. PI. p. 461. Foliis lanceolatis dorso connexis, apice

628

margineque spinosis: scapo ramoso procerissimo: racemo composito: stami- nibus, corolla longioribus, stylo, brevioribus.

A. americana Maur . Cen. 13- p. 18. - Beri. FI. It. t.\.p. 154. - Ame- ricana pianta Aloes facie maxima arboris instar caulescens Colamn. Ecphr. t.

1. p. 45.

Ex America adlata , hinc inde ad muros in sterilibus nunc luxuriat.

Perenn. Fior. Aestate. Flores spurco-virescentes.

JUlNCUS.

752. acutus L. Sp. PI. p. 463. Calamis teretibus nudis 2-4-pedaIibus, sterilibus mucronato-pungentibus : spatha 2-valvi, valvis acuminato-pungen- tibus, externa majore longiore, saepius florem superante ; panicula composi- ta; pedunculis divarieatis, pedicellis abbreviatisi bracteis lanceolatis acumina- tis : glumis externis ovato-lanceolatis, internis ovatis obtusis, capsula turbi- nata, duplo brevioribus.

J. acutus Seb. et Maur. Fi Rom. Prod. p. 131. n. 421 .-Bert. FI. It. t. 4. p. 173. - J. maritimus Sorghi panicula utriculosa Barrei le. 203- fig. 2-

In arenosis maritimis, commune-

Perenn. Fior- Junio-Julio. Perigonium fusco-viride-

Vulgo. Giunco da Macellajo.

Usus. Pianta ad vincendum utilissima, et ad storeas texendas*

753. maritimus Lam. Enc 3. p. 264. Calamis foliosis sub-3-pedalibus: foliis teretibus mucronatis, calamo subaequalibus: spatha 2-valvi, valvis inae- qualibus longe acnminatis , externa floribus subaequali panicula suprade- composita erecta, pedunculis pedicellisque inaequalibus : bracteis ovato-lan- ceolatis acuminatis : glumis omnibus lanceolatis acutis, capsula oblonga ob- tusa, dimidio brevioribus.

J. maritimus Song- Cent tres p. 50. n. 109. - Bert. FI. It. t. 4. p 174-

In stagnis maritimis, et circa lacuna vulgo de'Tartari, in agro Tiburtino.

Perenn. Fior. Junio-Julio. Perigonium virens, margine albidium.

754. conglomeratus L. Sp. PI. p. 464. Calamo nudo stricto 2-pedali : spatha sub-1 -vaivi longissima : panicula laterali coarctata conglobata supra- decomposita, pedunculis pedicellisque tenuibus : bracteis lanceolatis acutis vel acuminatis : glumis Ianceolato-acuminatis, capsulam turbinatam emarginatam, subaequantibus.

J. conglomeratus Sang. C enU tres p. 51. n. 111. - Bert . FI. II. t. 4 p. 177.

629

In aquosis. Stagni d’Ostia.

Perenn. Fior. Junio. Perigonium spadiceum.

Vulgo- Giuncherella-

755. esfusus L. Sp. PI- p. 464. Calamo nudo strido etiam 3-pedali : spatha 1 -valve plurimum elongata : panicula supradecomposita , pedunculis pedicellisque filiformibus elongatis effusis : bracteis brevibus acutis : glumis lanceolato-linearibus acuminatis, capsulam turbinatam obtusam, superantibus.

J. effusus Seb. et Maur FI. Rom Proci p. 131. n 422. - Beri. FI. It. t. 4. p. 178.

In udis, pascuis, depressis frequens.

Perenn. Fior. Junio Julio. Perigonium sub-fuscum.

Vulgo. Giuncherella.

Usus- Calami tam hujus speciei, quam praecedentis ad vincendum usi- la tissimi.

756. glaucus Wild. Sp. PI t. 2 p. 206. Calamis nudis strictis glaucis pe- dalibus et ultra, sterilibus acuminato-subpungentibus: spatha sub-l-valvi lon- gissima inllexa : panicula dacomposita, pedunculis pedicellisque erecto-patu- lis : bracteis lanceolatis, vel ovato-lanceolatis acutis: glumis anguste-lanceo- latis acuminatis, exterioribus longioribus, capsulam oblongo-3-quetram, sub- aequantibus.

J. glaucus Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 131. n. 423- - Bert. FI It. t. 4. p. 179. -J. acumine reflexo minor, panicula majore Barrei le. 204. f.

I . et J. major panicula minore le. 204. f. 2.

Secus fossas in depressis frequens.

Perenn. Fior. Junio- Julio. Perigonium subfuscum.

Vulgo. Giunco da fiscelle.

Usus. Ad fìscellas confìciendas et ad vincendum utilissimus.

757- depauperatus Teu. Succ. relat. etc p. 62. Calamis terete-striatis nudis viridibus 1-sesquipedalibus, sterilibus acuminato-subpungentibus: spa- tha 2-valvi, valva inferiore longissima, superiore brevissima, basi dilatata , apice acuminata : panicula brevi, pedunculis simplicibus aut cymoso-3-fìdis: floribus 3-andris : glumis lanceolatis acutissimis, capsula 3-quetra , oblique stylo acuminala, duplo brevioribus.

J. depauperatus Sang. Cent - tres p. 51. n. 112- - J. glaucus /3 Beri FI.

II. t. 4. p. 180.

In humentibus circa Urbem. Valle deltlnferno , Macchia Maltei etc.

630

Perenn. Fior. Junio-Julio. Perigonium subfuscum,

Vulgo. Giunco do. i fiscelle.

758. arcticus Wild. Sp. PI. t. 2. p . 206- Calami crassiusculis aphyl- lis palmaribus pedalibus, basi squamis vaginatis : spathae valva exleriore su- bulato-mucronata elongata, interiore minima lanceolato-acuta : florum fasci- culo laterali subsessili : bracteis late-ovatis subacutis : glumis exterioribus lanceolati, interioribus paulo brevioribus obtusis, omnibus, capsula oblongo- 3-gona obtusa subaequalibus.

J. arcticus Bert. FI. II. t. 4. p. 182.

In turfosis alpini Picaeni. Monte la ventosa.

Perenn. Fior. Julio-Augusto. Perigonium fusco-ferrugineum.

759. t ri fi dus L. Sp. PI. p. 465. Calamo gracili palmari vel spitha- meo folioso : foliis canaliculato-setaceis, radicalibus brevibus, supremi 1-2-3 approximatis spathaceis : floribus 1-2-3 terminalibus axillaribusque : bracteis oppositis concavis ovato-acuminatis, floribus plusquam dimidio brevioribus : glumis lanceolati, exterioribus longiusculis, interioribus margine albo-mem- branaeeis, capsula ovata acuminato-3-gona longe rostrata, brevioribus.

J. trifidus Sang. Cent, tres p. 53. n. 116» - Bert FI. It. l. 4. p. 184.

In editissimi apennis. Vettore.

Perenn. Fior. Julio. Perigonium ferrugineo-nitidum.

760. biglumis L Sp. PI p- 467. Calamo erecto simplici 2-4-pollicari, basi folioso : foliis plani, basi dilatata, vaginantibus, supremo spathiforme, flores superante : capitulo solitario 2-floro secundo bracteato : bracteis sub- aequalibus, externa lanceolato-acuminata, florem subsuperante, interna ovato- acuminata , flore breviore : glumis ellyptico-oblongis, margine membranaceis, internis minoribus angustioribus : capsula ovato-3-gona obtusa, stylo apicu- lata, perigonio longiore.

In pratis alpinis inundatis Umbriae. Ca stelluccio di Norcia.

Perenn. Fior. Augusto. Perigonium fuscum.

Obs. Species a Clarissimo Orsini communicata, faciem Scbocni ferru- ginei vere referens, et huc usque in Italiae plantis non recensita.

761. TRiGLu mis L. Sp. PI. p. 467. Calami ut plurimum solitariis pol- licaribus semipedalibus, basi foliosis : foliis lineari-fìliformibus basi vaginao- tibus, calamo bre vioribus : spatha glumacea 3- vai vi , valvis ellipticis , in- terna minore : floribus terminalibus subternis sessilibus : glumis lanceolati, aequalibus, capsula oblunga obtusa, brevioribus.

631

J. triglumis Beri. FI It. t . 4. p. 18G>

In alpinis turfosis frigidis Picaeni. Monte la Ventosa.

Perenn- Fior. Julio. Perigonium stramineo-virens.

762. biceph alus Rom. et Schult. Syst. Veget t l.p. 224. Galamis cae- spitosis teretibus 3-pollicaribus spithameis teretibus foliosis : foliis filiformi- bus radicalibus, superioribus uno alterove, omnibus calamo brevioribus: spa- tha 2-valvi, valvis subaequalibus e foliis abbreviatis : capitulis geminis ses- sili, pedunculatoque: bracteis ovato-lanceolatis acutis membranaceis, perigo- nio brevioribus : gluinis multistriatis, anguste lanceolatis acutis, capsulae cy- lindricae subaequali, incumbentibus.

J. bicephalus Bert. FI. It. I. 4. p. 189.

In paludosis maritimis. Civitavecchia.

Perenn. Fior. Majo. Perigonium costaneo-virens.

[Continua.)

Algebra. Proprietà elei numeri , osservata dal prof. P. Volpicelh. (*)

]\!Iediante i numeri naturali successivi, costruiscasi un rettangolo: se ne ab- biano in ogni fila orizzontale del medesimo h -+* 1 , ed in ogni fila verti- cale Ah- 1: s’incominci da un qualunque numero ?t, quindi senza interruzione vadasi, nella prima fila orizzontale da sinistra a destra, nella seconda da de- stra a sinistra, nella terza da sinistra a destra , e così di seguito sino alla fine. Dopo ciò è chiaro che la prima fila orizzontale sarà:

n , n H— 1 , n h— 2 , , n t— h 2 , il h— h - 1 , n h— h , la seconda sarà

?z i 2/z i F , w— i— 2/t , wh-2/i '1 , . . . , 2h— /ìh— 3 , ttH— /ih— 2 , n—\—h—\~ 1 ,

la terza

n— t— 2/ih~ 2 , ?tH-2/tH-3 , ttH— 2/t— i— 4 , .... , w— i— 3/t , ?ih— 3/t—t— 1 , ttH— 3/t—t— 2 ,

e così appresso per modo, che quando k H- 1 sia pari, cioè k impari, le ul- time due file orizzontali saranno:

n-A-(k \)h-\-k 1 , nH-(/c \)h-\-k , n~\~[k 1)/ìh-Ah-1 . . . , n—\~kh—\—k 2 , n—\—kh—\—k 1 j n,-j—[k—h~l)h—\~k , i i 1 )/t i A 1 , n— I— (A— i— l)/tH-A>— 2 , . . . . ,

. . , n-\-kh \—k |— 1 , n-\-kh-\-k j

(*) Comunicata nella sessione del 18 maggio 1836.

82

632

e quando Zen- 1 sia impari , cioè k pari , le ultime due file orizzontali sa- ranno:

n-+-kh-+-k- 1 , n-+-kh-\-k 2 , n~^-kh—\—k 3 , . . . .

> ) n-+-(k 1 j/i— (— /c , n— t— (J{—~ 1 )/i b -k 1 j n—^—kìi—\—k , i%—\ kìi—t—k—\—\ , uh— kh— I— k— i— 2 , . . . .

^ n-±-(k—\-]'jli—\—k 1 , h— 1— (Zch— 1 )/i— f-/t .

Ora è da osservare che in ogni rettangolo così formato:

1 . ° le somme delle file orizzontali costituiscono una progressione aritmeti- ca, crescente dall’alto al basso, di cui la differenza costante ugualia, il quadrato del numero dei termini, che si contengono in qualunque delle file medesime.

2. ° Le somme delle file verticali costituiscono la serie dei numeri natu- rali senza interruzione, crescenti da sinistra a destra, se in ciascuna delle file stesse il numero dei termini sarà impari : queste somme poi saranno tutte uguali fra loro, se in ciascuna fila verticale, il numero dei termini sarà pari.

Ed in fatti le somme delle file orizzontali, Ze-t-1 essendo pari od im- pari, vengono espresse dalla seguente progressione aritmetica

(2uh-/i)^ 2_) j h-(/h-1)'2 , (2 n-\-h)^ ^ h- 2(/ih-!)2 ,

(2 n-\-h)

/lH-1

(2 n-4-fo)

h H-1

, (2 n-+-h)

fc-+- 1 2

-(/c-l)r(fc-hl)2 ,

2

l)2;

lo che dimostra il l.° asserto.

Inoltre una qualunque delle somme verticali, quando k-r- 1 sia pari, è data dalla espressione seguente

[2n H- h(k h- 1) -+- k ]^— Ì

la quale ottiene distinguendo le due progressioni aritmetiche , da cui ri- sulta ciascuna fila verticale, sommandole separatamente, quindi prendendo la somma di queste due somme in ogni fila ; perciò Tespressione ora stabilita dimostra la seconda parte del 2.° asserto.

Finalmente le somme delle file verticali stesse, quando k- f-1 sia impari, prese nel modo che ora indicammo, costituiscono la seguente progressione aritmetica

[2 n

['2n

k(h

k{h

- 633

I) ]( ■■ -4- [2 n -+- k(h-+- 1) -+- 2h ]- ,

1) -f- 2]

k-+- 2

[2n -+- k(h -+-!)-+- 2 h 2]y ,

[2n -+- (k i— 2)/i— i— 4 2]^^ -+- [2n -+- *(fc -+- 1)-+- 2]| ,

[2n -+- (k +- 2)h -+- &] -+- [2n -+- ft(fr -+- 1) ] j ;

]a quale avendo 1 per differenza costante , dimostra evidentemente la prima parte del 2.° asserto.

Esempio I.°

nel quale abbiamo

n = 3 , h 1 , k = 11.

3

4

5

6

7

8

9

10

=52

18

17

16

15

14

13

12

11

r=116=82-+- 52

19

20

21

22

23

24

25

26

=180=82 -4-116

34

33

32

31

30

29

28

27

=244=82 -1-180

35

36

37

38

39

40

41

42

=308=82-h244

50

49

48

47

46

45

44

43

=372=8* -+-308

51

52

53

54

55

56

57

58

=436=82 -+-372

66

65

64

63

62

61

60

59

=500=82 -4-436

67

68

69

70

71

72

73

74

564=82 -*-500

82

81

80

79

78

77

76

75

=628=82 -+-564

83

84

85

86

87

88

89

90

=692=8* -+-628

98

97

96

95 ,

94

93

92

91

756=82 -+-692

606

606

606

606

606

606

606

606

634 Esempio II.0

nel quale abbiamo

n = 8 , h = 6 , k = 10.

8

9

10

11

12

13

14

=77

21

20

19

18

17

16

15

=126=7 2 -f- 77

22

23

24

25

26

27

28

=175=72 -+-126

35

34

33

32

31

30

29

=224=72 +175

36

37

38

39

40

41

42

=27 3=7 2 -+-224

49

48

47

46

45

44

43

=322=7 2 +273

50

51

52

53

54

55

56

=37 1 =72 -+-322

63

62

61

60

59

58

57

=420=7 2 -+-37 1

64

65

66

67

68

69

70

=46 9 =7 2 -+-420

77

76

75

74

73

72

71

=51 8=7 2 -+-469

78

79

80

81

82

83

84

=567=7 2 -+-518

503

504

505

506

507

508

509

i

È chiaro che le stesse proprietà si debbono verificare, anche quando numeri -dispongansi nell’indicato modo in un quadrato.

Esempio I.°

nel quale abbiamo

n =

11 ,

h =

k = 3.

11

12

13

14

=50

18

17

16

15

=66=50 -h42

19

20

21

22

=82=66-f-42

26

25

24

23

=98=82h-42

74

74

74

74

635 -

Esempio II.0

nel quale abbiamo

n = 5 , h = k = 4.

5

6

7

8

9

=35

14

13

12

11

10

=60=35-i- 52

15

16

17

18

19

=85=60-f- 52

24

23

22

21

20

=110=85+52

25

26

27

28

29

=135=1 1 0-+-52

83

84

85

86

87

Qui cade in acconcio l’osservare, che i numeri naturali dall’ 1 sino al 64, possono in un quadrato disporsi per modo, che, senza l’ordine indicato, si ve- rifichi tuttavia la seconda parte dell’asserto 2.° che appartiene ad esso ; non verificandosi però la parte prima; in fatti abbiamo :

22

11

36

53

20

13

38

51

35

54

21

12

37

52

17

14

10

23

56

33

16

19

50

39

55

34

9

24

49

40

15

18

26

7

48

57

32

1

42

63

47

58

25

8

41

62

31

2

6

27

60

45

4

29

64

43

59

46

5

28

61

44

3

30

260

260

260

260

260

260

260

260

È poi curioso, che questa disposizione dei sessantaquattro primi numeri naturali, rappresenti una delle tante corse, che può fare il cavallo suIFordina- rio scacchiere, passando per tutti gli scacchi del medesimo, senza mai tor-

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nave sopra uno di quelli già percorsi. Mi propongo rifarmi su questo interes- sante argomento, quando avrò compiuto di applicare allo scacchiere in uso, il metodo già da me pubblicato (*), per trovare tutte le possibili corse del cavallo sopra uno scacchiere di qualunque forma, senza bisogno di verun tentativo.

Se i numeri naturali, a cominciare da uno qualunque di essi, dispongansi nelle diverse file orizzontali di un rettangolo, sempre con ordine crescente da sinistra a destra, si avrà la disposizione che segue:

ti , il— f— 1 , il— 1—2, . . . . , n—\—h 1 , ;

yz ! /z i 1 , n—\—h—\— 2 , zz ! /z i 3 , . . , zi— )— 2fo , zz-— ! 2/i—t—l ;

wh-2/m-2, w-+-2/i-+-3, n-t-2/i-t-l, . . . . , n-f-3/i-f-l, n-t-3/i-i-2 ;

n—k—hh—\—k , n—\—kli—\—k— f-1 , . . . . , zz 1 I 1 )7z I A: 1 , ?z ! (A: i 1 ^/z l Ac.

Le proprietà da osservarsi per questa disposizione sono le seguenti :

1. ° Le somme delle file orizzontali costituiscono una progressione aritme- tica, crescente dall’alto al basso, di cui la differenza costante uguaglia il qua- drato del numero dei termini di una qualunque delle file medesime.

2. ° Le somme delle file verticali costituiscono un’ altra progressione aritmetica, crescente da sinistra a destra, di cui la differenza costante ugua- glia il numero dei termini, che si contengono in ognuna delle file stesse.

3. ° Chiaro apparisce che queste proprietà si verificheranno, anche se il rettangolo divenga un quadrato.

Ed in fatti riguardo alle somme delle file orizzontali, queste debbono evi- dentemente dare lo stesso risultamento, che nella disposizione considerata pri- ma. Per quello poi si riferisce alle somme delle file verticali, esse verranno espresse come siegue, andando da sinistra a destra; cioè :

pregressione aritmetica, di cui la differenza costante uguaglia il numero k- 4-1 dei termini, che si contengono in ciascuna delle file verticali; e perciò resta dimostrato il secondo asserto.

(*) Comptcì Rendus, séance du 2 septembre 1850, tome XXXI.

639

ciò in Francia ed in Inghilterra per modelli di congegni a vapore, producenti la rotazione immediatamente; però i limiti necessari di questo articolo non consentono che qui svolgasi la storia dei medesimi: tuttavia brevemente ri- corderemo quelli che in principal modo richiamarono l’attenzione dei dotti in questo ramo di meccanica industriale sino al 1825.

Mentre che Savery applicavasi a perfezionare le sue macchine a vapo- re, propagandole in Inghilterra, un membro dell’accademia delle scienze di Parigi, l’illustre Àmontons, (*) nel 1699 presentò a questa società la descri» zione di una macchina da esso inventata, e chiamata ruota a fuoco.

Nel 1790 si vide la prima macchina rotativa a condensatore, impiegata come motore iniziale per filare il cotone a Manchester. L’inventore di que- sto congegno, sig. Sadler, sembra che siasi nel meccanismo incontrato col- l’illustre Watt, il quale precedentemente aveva prodotto un sistema simile, pel medesimo effetto.

La macchina rotativa di Kempel, descritta da Longsdorf nel 1794, non differisce nel principio meccanico da quella di Héro.

Il sig. Cartwright propose pure una modificazione della macchina rota- toria, che nel 1782 fu descritta da Watt; ed il motore così modificato, può ricevere e trasmettere il moto rotatorio continuo senza, che per la sua re- golarità necessiti un volano.

Due ruote a vapore furono pure immaginate dal sig. Ilornblower; e la seconda di queste, basata sul medesimo principio della prima, era più sem- plice nella sua combinazione. Aveva essa un movimento rotatorio, prodotto nell’interno, dal giuoco di quattro stantuffi a rivoluzione, ruotanti dentro un tamburro esterno.

Una macchina rotativa fu pure inventata da M.' Samuel Clegg, di cui lo stautuffo a rotazione compieva esattamente un giro in un canale, a certa distanza dal centro del moto. Le disposizioni di questo congegno, erano del tntto diverse da quelle di ogni altra macchina di tal genere, costrutta prima; e furono riguardate come le più acconcie a produrre un felice successo nella pratica.

La ruota di William Congrève, somiglia quella inventata da Watt; e se ne può avere un idea dicendo, che agisce come una ruota ad acqua in moto.

(*) Mera. clell’accaJ. delle scienze an. 1099.

83

640

Il vapore affluendo nelle cavità della parte più bassa della sua circonferenza, le innalza in virtù della sua maggiore tensione, producendo un moto conti- nuato attorno ad un asse.

Ad onta però di tutti questi sforzi, più o meno felici, e di molti altri fatti sino ad oggi, la quistione giace ancora nell’infanzia; cioè rimane anco- ra molto, perchè sia risoluta come richiedesi per la pratica utilità; e perciò non sarà fuori luogo far pure conoscere il nuovo sistema rotatorio, che forma il soggetto di questa comunicazione.

Vista la regolarità del concetto, e le risorse ingegnose immaginate dal sig. Giacomo Lusvergh, non dubitai punto presentare il disegno della sua nuova macchina a vapore al ministro del commercio, belle arti ec., il sig. Commendatore Camillo Iacobini; e fu sul finire del 1849, che lo pregai vo- lere accordare i mezzi per costruire la immaginata macchina: questa preghie- ra fu gentilmente secondata. Da se medesimo il signor Lusvergh eseguì la sua invenzione, che nel 6 testé decorso agosto 1853, fece agire alla presenza del nominato signor ministro, del signor Duca di Rignano, e di molti altri, con universale soddisfazione. Credo utile per tanto presentare all’accademia il con- strutto modello, accompagnato da un esatto disegno, ed anche da una breve descrizione, che metta in chiaro gli organi della macchina, ed il modo suo di agire. La macchina del sig. Lusvergh ha per oggetto la rotazione immediata e continua di un asse, od albero, per mezzo della tensione del vapore; cioè senza gli organi necessari alla trasformazione del moto rettilineo, alternati- vo, in moto rotatorio continuo, dei quali hanno bisogno le ordinarie mac- chine a vapore. Questo congegno consiste principalmente in due cilindri con- centrici, che racchiudono fra loro una capacità, nella quale il vapore prodotto dalla cadaja entra ed esce, per operare nella capacità medesima, quei movimenti necessari all’effetto indicato. Sono essenziali di questo meccanismo quattro pa- lette, che mediante opportuni elastici, ora intercettano, ed ora liberano, dalla capacità suddetta, il vapore acquoso- Concorre in principal modo a questo fine uno spazio sinuoso, circoscritto da due curve opportunamente costrutte in metallo, le quali dirigono sempre l’allontanamento, e l’avvicinamento delle in- dicate palette : queste poi sono quelle che formano il braccio di leva, da cui nasce il momento meccanico per la rotazione dell’albero-

La scala impiegata nell’ annessa tavola, per dimostrare le dimensioni delle parti che compongono la macchina, è nel rapporto di 1: 0,08.

Nella fig. 1 si rappresenta la sezione interna del sistema, fatta ortogo-

641

nalmente ali asse dell’albero rotante ; nella fig. 5, una delle due parti laterali esterne della macchina; cosicché questa si compone sovrapponendo la stessa fig. 5, alla fig. 1.

Abbiamo nella fig. 2 la sezione del sistema, fatta lungo l’asse dell’al- bero ruotante; mentre la fig. 6 ne rappresenta l’esterno; cosicché sovrappo- nendolo alla fig. 2, si ricomporrà completamente il sistema stesso.

Nella fig. 3 abbiamo la sezione della valvola a cassetta , per la quale s’introduce il vapore della caldaja : fu eseguita questa sezione ad angolo retto riguardo quella corrispondente nella fig. 1.

Da ultimo, colla fig. 4, in tripla scala, rappresentiamo la sezione, secon- do l’asse dell’albero rotante, fatta in una delle quattro palette già indicate ; inoltre nella figura stessa trovasi espressa una sola delle due parti eguali, che compongono quest’organo meccanico.

Dopo avere indicato brevemente il fine, e le parti della macchina, ve- niamo a dire più in particolare delle medesime; avendo riguardo al moto di esse per l’azione del vapore, ed avvertendo che ogni parte sarà sempre in- dicata colla stessa lettera, qualunque sia la figura nella quale si trovi ripe- tuta.

11 tubo a (fig. 1) comunica colla caldaja, e riceve il vapore dalla mede- sima. Quando si vuole far agire la macchina, si fa ruotare la leva a mano, di secondo genere (fig. 6), intorno al suo fulcro h; cosicché l’indice i percor- rendo un arco di cerchio wm, opportunamente graduato, fa conoscere l’aper- tura accordata all’ ingresso del vapore , per mettere in azione la macchina stessa. Questo fluido elastico entrando nella capacità o camera prq (fig. 1), s’introduce nella valvola a cassetta b, aperta di già dalla rotazione della sud- detta leva c, s’introdoce nel canale ee'e" , invadendo il canale medesimo a destra ed a sinistra, come indicano le frecce; ed escendo pei fori t, t' entra nelle due capacità cilindriche dd\ dd', formate dal cilindro esterno fisso, e dal cilindro interno mobile : questi cilindri sono in c concentrici.

11 vapore esercitando la sua tensione, in ogni senso, imprime moto ro- tatorio alle due palette p', p'\ le quali sole possono per costruzione ricevere il moto stesso, ruotando attorno il centro c. In questa rotazione le teste </', g ", (fig. 1 e 2) delle palette medesime, combaciano esattamente coll’interna su- perficie del cilindro esterno fisso, e così pure colle grossezze o', o" del ci- lindro interno mobile s , s'. Questo perfetto combaciamento si ottiene primie- ramente, perchè le superficie sono levigate il più possibile, secondariamente

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perchè le teste g ', g" delle palette stesse, per mezzo di un elastico, come già fu indicato sul principio, aderiscono alla superficie interna del cilindro fisso, e per mezzo della spinta, prodotta dalla tensione dello stesso vapore, aderi- scono alle grossezze o', o".

Quello che abbiamo detto fin ora per le due palette p', p" (fig. L)y4eve ripetersi per le altre, p"1 pxv. E qui osserviamo che le palette in discorso, mentre agisce la macchina, non incontrano attrito, fuorché nello strisciare delle teste loro sulla interna superfìcie del cilindro k, k'; e che questo attrito di genere misto, è prodotto sempre da solo due delle quattro indicate pa- lette; quindi la resistenza incontrata dalla macchina, per effetto degli attriti, si riduce a ben poco.

A meglio dichiararare la costruzione delle palette medesime, se ne offre un disegno con tripla scala nella fig. 4, in cui: p" rappresenta la sezione della, paletta, fatta lungo l’albero ruotante; uu" l’asta sinistra della paletta stessa; zz' un elastico a spirale , che produce l’adesione della testa di essa paletta colla superfìcie interna del cilindro fisso; xx' la vite per la quale si registra l’elastico medesimo; yy' (fig. 1, 2, 4), la così detta scattola a stoppa, colla quale s’impedisce l’escita del vapore, contenuto nella grande capacità cilin- drica; nn' l’asta che, parallela sempre all’albero ruotante, scorre nella fessura ff (fig. 1, 5) già indicata , e circoscritta da due curve metalliche opportu- namente, e simmetricamente sinuose, per allontanare od avvicinare all’albero medesimo la stessa paletta, mentre la macchina è in azione.

L’attrito prodotto dallo scorrere dell’asta nn' entro la fessura sinuosa, è diminuito mediante un cilindro cavo «a', che ravvolgendosi attorno la estremità dell’asta medesima, lo riduce in parte volvente, ed in parte misto, (fig. 1, 4.)

Mentre il vapore spingendo le palette p', p" (fig. 1) da destra a sinistra, le fa scorrere nello spazio cilindrico /3/3'; il cilindro mobile ss1 ruota neces- sariamente nel senso medesimo, trasportato dalle indicate palette, che spin- gono in o', ed in o". Il cilindro stesso è fuso insieme colla croce y, y', y", y'"; e questa essendo fissata per mezzo delle chiavi all’albero ruotante c, farà concepire il voluto moto rotatorio all’albero medesimo, per l’azione diretta del vapore. In ciò consiste l’oggetto principale della macchina, la quale può servire ad ogni genere di locomozione, come pure ad ogni genere di motore industriale.

Le palette p', p" percorrendo le capacità cilindriche /3, /3', sono dall’asta di esse u, u' (fig. 1 e 4) necessitate ad allontanarsi colle teste loro g\ g"

64-3

dalla interna superficie del cilindro esterno fisso k , k'; e ciò perchè le due loro estremità «, a' (fig. 4) debbono rimanere sempre nello spazio sinuoso ff'. Questo allontanamento procede in guisa, che quando la paletta p', e l’altra p" hanno percorso 45° dai punti g' e g" , nei quali si trovano al principio del moto, e sono per ciò giunte in fi, e fi', allora soltanto l’allontanamento me- desimo è tale, da permettere al vapore di escire, traversando sulla testa delle medesime.

Il vapore s’introduce nel condotto s (fig. 1 e 2) , come viene indicato dalle frecce, per quindi gittarsi nell’aria, quando la macchina fosse , come questa è, ad alta pressione; o nel condensatore, quando la medesima dovesse agire a bassa pressione. Mentre le p' e p" giungono, come si è detto, in fi e fi', le altre due eguali p'" e plv , avendo percorso lo stesso arco, si trovano in p e p'\ quindi esse in questa situazione, aderendo perfettamente colle te- ste loro alla interna capacità del cilindro fìsso, ricevono la spinta del vapo- re, introdotto pei fori t, t'; cosicché prosiegue la rotazione di tutto il sistema.

La figura 3, come già si disse in principio, rappresenta la sezione della valvola a cassetta, ed è ortogonale rispetto quella corrispondente nella fig. 1- Le parti della valvola medesima nella fig. 3, si trovano in quella disposizione che loro appartiene quando la macchina è nello stato di quiete- La fig. 7 rappresenta la medesima sezione, in cui però le parti si trovano disposte , come richiede il moto della macchina, mentre il vapore circola nel senso in- dicato dalle frecce, nel qual senso esso agisce pure nella fig. 1. La sezione stessa è rappresentata pure dalla fig. 8; ma ivi le parti della valvola si tro- vano disposte come loro conviene, quando il vapore circola nel senso con- trario al primo; cioè come viene indicato dalle frecce della figura medesima.

Il prof. D. Ignazio Calandrelli lesse una memoria, sulle formule analiti- che per calcolare le perturbazioni dei piccoli asteroidi, e delle comete; nella quale introdusse parecchie applicazioni. La memoria stessa fu pubblicata ne- gli atti della sessione VI e VII del 1852, T. V, pag. 616, e 695.

prof. Volpicelli consegnò in questa tornata, la prima parte di una sua memoria sull’elettrometro condensatore, la quale trovasi pubblicata negli atti della sessione ll.a del 30 gennaro 1853- T. VI.

11 prof. Volpicelli lesse una sua nota, di cui l’oggetto è la rettificazione

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delle formule per assegnare il numero delle somme, ognuna di due quadrati, nelle quali si può spezzare un dato intero; e trovasi pubblicata negli atti della sessione \ dell’ 11 luglio 1852, pag. 528- T. V.

Il prof. Volpiceli comunicò una memoria, sulla cagione degli antichi ghiacciaj, che inviava all’accademia il chiarissimo sig. conte Paoli di Pesaro. Sembra che cosiffatto lavoro geologico, sia stata l’ultima delle molte produzioni scientifiche di questo dotto italiano, che nella notte del 15 al 16 dello scorso novembre passò a miglior vita, ed accrebbe il numero delle perdite, che la scienza fece in quest’anno. La memoria stessa verrà pubblicata in una delle seguenti sessioni.

COMMISSIONI

Sulla memoria presentata alV accademia dal sig Antonio Moretti , riguardante un progetto di macchina aeronauta con : \ ° nuovo sistema di ala per la locomo- zione aerea : 2." applicazione alla remigazione in acqua di un remo elasti- co : 3.° nuovo propulsatore sotto-marino , con molle, o con vapore : 4.° nuova idea di doppia applicazione del medesimo alle navi-

RAPPORTO

(Commissari Sig.” Prof.” N. Cavalieri San Bertolo, P. Volpicelli,

Duca di Rignano relatore.)

In un soggetto così arduo, e che occupò spesso la mente, e le ricerche degli uomini, eccitandone anche nel più alto grado l’immaginazione, il sig. Moretti, si è distinto col mostrare una estesa conoscenza, di tutto ciò che all’attuale stato dell’arte aeronauta si riferisce, tanto sotto il rapporto sto- rico, quanto riguardo alla parte meccanica della medesima, cui aggiunse le sue particolari ed ingegnose vedute.

La macchina immaginata dal Moretti, consiste in una serie di globi di diverso volume, riempiuti di gas, componenti un sistema invariabile, di forma allungata, atto a rimanere in equilibrio nell’atmosfera, e disposto a muoversi facilmente nella medesima in qualunque senso, mediante un impulso. A que- sto secondo fine viene applicato un mezzo meccanico detto propulsalore , ed immaginato dal Moretti, il quale consiste in un remo elastico, cui esso

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il nome di ala. Il propulsatore esercita la sua azione opportunamente in di- verse parti del sistema , ed è fatto agire per mezzo di un motore , come sarebbe per es. una macchina a vapore , ovvero aria compressa. Nell’ idea di questo propulsatore, tolta dalla projezione, è riposto il più interessante ri- trovato dell’autore, il quale completa poi il suo sistema con minuta descri- zione di tutte le altre sue parti; fra le quali si anuoverano, una palla scor- revole per rincordurre l’equilibrio, una doppia coda, o timone, una galleria, un battello di salvezza, ec., come rilevasi dagli accurati tipi, che accompa- gnano la descrizione sudetta.

Quanto poi all’applicazione del propulsatore dal Moretti, sia ai battelli, sia alle navi, non potrebbe senza sperienza giudicarsi , se l’alternativo mo- vimento di aprirsi, e chiudersi, di esso propulsatore di forma piramidale-ot- tangolare, e dotato di apposite snoduture, possa riescire nella pratica: come ugualmente senza consultare la pratica stessa, non saprebbero i suddetti com- missari giudicare della utilità dell’elica rinchiusa in un cilindro, nel caso pro- posto dal Moretti medesimo.

I commissasi stessi da ultimo, salva qualunque quistione di priorità in- torno al progetto del sig. Moretti, e senza profferire alcun giudizio sulla rie- scila del suo sistema, mancando i necessari sperimenti, stimano meritevole di lode, e d’incoraggiamento il Moretti medesimo, per le sue ricerche intorno l’arte areonautica, che in un avvenire più, o meno remoto, potrà forse ren dere utili servigi alla società, ed alle scienze fisiche segnatamente.

L’accademia ad unanimità di voti approvò queste conclusioni.

Sopra una nuova macchina per la trebbiatura dei cereali , del sig. Giuseppe Guioni.

RAPPORTO

(Commissari Sig.r' Prof-ri Rev. M. Bertini, N. Cavalieri San Bertolo relatore).

L’imperfetto disegno, e la troppo succinta descrizione , esibita dai sig. Giuseppe Guioni di Milano, di una nuova macchina di sua invenzione, per la trebbiatura dei cereali, per la quale asserisce di aver ottenuto un privilegio esclusivo in tutti gli stati di S. M. l’Imperatore d’Austria, sono insufficienti a dimostrare le forme e le disposizioni dei diversi organi componenti il pro- posto apparato meccanico, ed il modo di conseguirne 1’ effetto , con quella chiarezza che si richiederebbe, per poter giudicare, sia della novità della ma-

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china, sia della probabilità dei successi, che ne vengono ripromessi dal po- stulante. La commissione non è pertanto in grado di dare alcun parere sulla macchina, e sulla dimanda del sig- Guioui; il quale se persisterà ad aspirare a quei privilegi, che le leggi pontifìcie promettono agli autori di nuove utili invenzioni, converrà che si disponga a presentare una più accurata descrizione del suo congegno, corredata di regolari disegni, ai quali sarà ancor meglio che aggiunga o sostituisca un completo, e ben formato modello della sua macchina.

L’accademia fece sue le conclusioni del suddetto rapporto , ordinando che copia autentica ne fosse spedita al ministero del commercio ec.

Sopra un ingegnoso meccanismo inventalo dal Sig. Ernesto Broglio

RAPPORTO

(Commissari Sigg." Prof-ri Duca di Rignano, P. Volpicelli,

N. Cavalieri San Bertolo relatore.)

II congegno meccanico, pel quale il sig. Ernesto Broglio domanda la di- chiarazione di proprietà, consiste in una grande ruota, la circonferenza della quale è divisa in ottanta nicchie, capaci ognuna di dar ricetto ad un globo di metallo. Col mantenere cariche costantemente quaranta di tali nicchie, o sia la metà della circonferenza, la ruota si conserverebbe in continuo movi- mento. Un ingranaggio connesso alla ruota, anima una serpentina, la quale produce le oscillazioni di un sottoposto pendolo, ed a questo è unita un in- telaiatura, che oscilla insieme con esso a contatto della ruota principale. Sono collocati a traverso aH’intelaiatura alcuni canaletti, atti a raccogliere i globi metallici, giunti che sieno all’estremità inferiore del diametro verticale , ed incavati a modo da lasciarli scorrere, e passare da uno all’altro, innalzandosi di continuo in virtù del moto oscillatorio impresso al sistema, finché giunti all’estremità superiore del diametro, s’introducono nella suprema nicchia vuo- ta, ed entrano uno per volta a completare il carico della circonferenza della ruota.

Non mai come congegno generatore di moto perpetuo, che sopra sif- fatte chimere il nostro, e tutti i dotti istituti sdegnano di applicare le loro investigazioni; ma bensì come un ingegnoso meccanismo, che potrebbe forse giovare a qualche pratica utile applicazione, la commissione reputa l’inven- zione del sig. Broglio non immeritevole di qualche encomio, e di qualche in- coraggiamento, perchè possa egli essere animato ad applicare la mente e

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l’opera al perfezionamento del suo ritrovato, onde renderne completa la com- posizione, col riunire e rendere connessi e dipendenti l’uno dall’altro i vari organi, che finora non ha sperimentati se non che fra loro disgiunti, ed as- sicurarsi così dell’effetto in genere; per istudiare di poi in qual modo, ed a quali speciali effetti nelle arti industriali potesse esserne tentata utilmente l’applicazione.

Oltre di ciò, nell’incompleto stato, in cui il sig. Broglio ha presentata la sua invenzione, null’altro per ora saprebbe la commissione proppore.

L’accademia approvò le conclusioni del surriferito rapporto, ed ordinò che ne fosse spedita copia autentica al ministero del commercio ec.

Sapra un nuovo fuso per addoppiare e torcere contemporaneamente i fili , inventato dai sigg. Conti e Bompadre di Iesi.

RAPPORTO

(Commissari Sigg." Prof-" C. Sereni, N. Cavalieri San Bertolo relatore ).

I sigg. Pietro Conti, e Giuseppe Bompadre di Iesi, hanno dimandato al ministero del commercio la dichiarazione di proprietà, per un nuovo fuso di loro invenzione, che essi chiamano a quadudplice effetto per filare e torcere , destinato ad ottenere contemporaneamente con un solo movimento il filo ad- doppiato e torto. Hanno essi presentato una descrizione del congegno, cor- redata di tre tavole in disegno, e di un modello, e quantunque tutto questo lasci qualche cosa a desiderare dal lato della chiarezza, tuttavia spiega abba- stanza il concetto del meccanismo, ed il modo di adoperarlo. Prelasciando di specificare i minuti dettagli, basterà lo accennare, che la macchina è com- posta di due intelajature di ferro, una delle quali esterna , 1’ altra interna , aventi un asse comune; la prima invariabilmente a questa connessa, la se- conda posta in bilico su fulcri fìtti nell’ intelajatura esterna ; dalla seconda sono portati i rocchetti, dai quali deve essere dipanato il filo da torcersi , e addoppiarsi. Per mezzo di corde o coreggie perpetue, viene impresso da un motore esterno al sistema, ed agli aspi destinati a raccogliere il filo, un movimento rotatorio, che però non è comunicato all’ intelajatura interna : la quale per essere, come si è detto, posta in bilico, si mantiene costante- mente in posizione orizzontale. I fili che vogliono torcersi od addoppiarsi, pas- sano dentro un gancio fissato sull’asse, poscia per altri due collocati sull’in- telajatura esterna, susseguentemente per un quarto, posto ugualmente sull’as-

84

648

se, e vanno finalmente a rovvolgersi sull’aspo, laonde col movimento rota- torio impresso al sistema, vengono nello stesso tempo addoppiati e torti.

Volendosi filare, addoppiare, e torcere contemporaneamente, ciò può ot- tenersi col moltiplicare le intelajature interne in bilico; e qualora avesse ad impiegarsi il fuso per la lana, potrebbe ancora nello stesso tempo darsi la gomma ai fili, facendoli passare dentro una vaschetta, contenente l’acqua gom- mata, da collocarsi nel fondo dell’intelajatura.

Senza rendersi garanti di tutti i vantaggi, che gli autori di questo mec- canismo pretendono derivarne, non può tuttavia negarsi, che il concetto del medesimo sia sagacemente immaginato, e dotato dell’importantissimo requi- sito della simplicità, grandemente apprezzabile in ogni maniera di congegni; per cui da qualunque, anche medioeramente valente costruttore, possano ve- nire facilmente, e senza eccessivio dispendio fabbricati.

Altronde non si conosce che, non solo nello stato pontificio , ma nep- pure in altri paesi, alcuna macchina somigliante a questa venga adoperata , se ne trova fatta menzione nelle più diffuse, ed acrreditate raccolte tec- nologiche.

Sembra pertanto che l’invenzione dei sigg. Conti e Bompadre, riunisca i richiesti pregi deH’utililà e della novità, e che quindi non sia immerite- vole delle benigne considerazioni del ministero, per l’implorata dichiarazione di proprietà, a favore dei ricorrenti inventori.

L’accademia approvò le conclusioni del suddetto rapporto, ed ordinò che copia autentica ne fosse spedita al ministero del commercio, belle arti ec.

Sul nuovo metodo di decorticare , e brillare il riso, proposto dal sig. D.r Dall'Agata di Ravenna.

RAPPORTO

(Commissari Sig." Prof." N. Cavalieri San Bertolo, Rev. M. Bertini relatore).

Sulla domanda di dichiarazione di proprietà, pel metodo di decorticare e brillare il riso, secondo l’uso cinese, fatta dal sig. dott. Lodovico dall’Agata di Ravenna, i commissari accademici esposero verbalmente, che il metodo stesso, pareva loro, essere di qualche utilità; e non sapersi che finora fosse messo in opera da alcuno negli stati pontifìci.

L’accademia approvando questa conclusione, ordinò che fosse inviata al ministero del commercio, belle arti ec.

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Sulla macchina dei fratèlli Persichetti di Ancona.

RAPPORTO

(Commissari Sig.r‘ Prof.'' N. Cavalieri San Bertolo, Rev. M. Bertini 7'elatore.)

Altra volta (11 luglio 1852), avemmo occasione parlare , come com- missari accademici, sulla domanda per dichiarazione di proprietà, fatta dai sigg. Persichetti di Ancona, per l’introduzione di una macchina, che servir potesse alla lavorazione de’cordaggi, ad uso marittimo. La proposta dei sigg. Persichetti si riteneva in genere come utile e lodevolissima ; ma perchè la macchina da adottarsi non solo non veniva descritta e particolarizzata a for- ma della legge, ma tampoco indicata da’proponenti ; perciò P accademia non potè emettere alcun giudizio relativo alla domanda medesima.

Nella I. sessione del corrente anno accademico, (19 novembre 1832), tornò in esame la domanda Persichetti; e allora si conobbe la macchina da destinarsi alla fabbricazione de’cordeggi, in un disegno corredato della descri- zione d’ ogni sua parte, e con tutti gli indizi di un meccanismo ben inteso, e conveniente allo scopo- Contuttociò neppure in quell’epoca furono trovati sufficienti i dati esibiti all’accademia, onde con piena cognizione dell’oggetto potesse darsene un ragionato parere ; giacché non ostante la chiarezza e precisione con cui veniva rappresentata la costruzione e l’azione dell’ordigno principale, mancava, o non era che insufficientemente indicato il modo di ap- plicazione e di trasmissione della forza, colla quale l’ordigno stesso doveva mantenersi nel doppio movimento di traslazione e di rotazione ad esso ne- cessario. Attualmente però i sigg. Persichetti hanno fatto conoscere ogni desiderabile dettaglio del loro lavorìo : e il tutto è qui posto sotto gli oc- chi dell’accademia in modo, che senza altra relazione può direttamente giu- dicarsene dell’utilità e del merito. Noi dunque crediamo, e proponiamo che la domanda de’sigg. Persichetti sia pienamente approvata e raccomandata.

L’accademia ad unanimità di voti approvò le conclusioni di questo rap- porto, ed ordinò che ne fosse inviata copia autentica al ministero del com- mercio, belle arti ec.

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CORRISPONDENZE

L’accademia I. e R. delle scienze di Vienna, invia la continuazione dei lavori scientifici pubblicati da essa, e registrati nell’elenco delle opere pre- sentate in questa sessione.

L'accademia Palermitana di scienze e lettere, per mezzo del suo segre- tario generale, il R. P. Alessio Narbone, ringrazia per avere ricevuto la con- tinuazione degli atti de’nuovi lincei.

L’accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna , inviando molte sue pregievoli pubblicazioni, che si trovano registrate nell’elenco delle opere pre- sentate in questa sessione, ringrazia per avere ricevuto la continuazione degli atti de’ nuovi Lincei-

L’I. e R. accademia di scienze lettere ed arti di Padova, annunzia per mezzo del suo segretario perpetuo, sig. Stefano Agostini, di avere spedito un esemplare della rivista periodica da essa incominciata nel 1851-52.

La R. accademia Peloritana di scienze, lettere ed arti, col mezzo del suo segretario generale, sig. Anastasio Cocco, ringrazia per avere ricevuto la continuazione degli atti dell’accademia nostra.

La R. accademia delle scienze di Napoli, per mezzo del suo segretario perpetuo, sig- cav. Vincenzo Flauti, ringrazia similmente.

11 sig. Emanuele Liais, segretario perpetuo della società delle scienze na- turali di Cherbourg, ringrazia a nome della medesima, per le pubblicazioni de’ nuovi Lincei ad essa pervenute.

La R. accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, per mezzo del sig. conte Vittore Trevisan, chiede di essere fra i corpi scientifici, che rice- vono gli atti de’nuovi Lincei.

L’accademia riunitasi in numero legale alle 5 pom., si sciolse dopo tre ore di seduta.

651

Soci ordinari presenti a questa sessione.

0. Astolfi P. Volpiceli! A. Cappello Dott. Maggiorarli Dott. F. Ratti C. Sereni N. Cavalieri S. B. I. Calandrili B. Tor- tolini — G. B. Pianciani P. Sanguinetti.

Pubblicato 20 Giugno 1856.

P. Y.

OPERE TENETE IN DONO.

Rendiconto dell'accademia di scienze , lettere , ed arti di Palermo per gli anni 1850-51. Un fase, in T2-° Palermo 1852.

Sunto di una memoria sopra alcuni nuovi generi , e 32 nuove specie di felci di V. Trevi san. Un fase, in 8.° Venezia 1852.

Sul Tetranychus Passerini^ nuova specie di Aracnide, della tribù degli Acarei. Memoria del medesimo. Un fase, in 8.° Padova 1851.

Delle Erisifee, ed in particolare di quella ch'è causa generante l'attuale Epi- fita delle viti. Memoria del medesimo. Un fase, in 8.° Venezia 1852.

Sulla origine delle alterazioni che osservami alla superficie delle parti verdi, nelle vili affette dal bianco dei grappoli ; del medesimo. Un fase, in 8°. Pa- dova 1852.

Sulla provenienza del bianco dei grappoli sopra viti malate di Picchiola ; dei medesimo. Un fase, in 8.° Venezia 1852.

Caratteri di tre nuovi generi di Collimacee; del medesimo Un fase, in 8.°

Tornabenia, et Blasteniospora , nova pasmeliacearum gymnocarparum genera scripsit. Id. 1853.

Piettificazione al rapporto della commissione, nominala dall' I. e R. Istituto Ve- neto di scienze, lettere , ed arti, per lo studio della malattie delle uve; del me- desimo. Un fase, in 8.° Padova 1853.

Poche parole d'aggiunta alla mia rettificazione al rapporto sud.; del medesimo. Un fase, in 8-° Padova 1853.

Caratteri di 12 nuovi generi di licheni proposti dal medesimo. Un fase, in 8.° Padova 1853.

Rivista periodica dei lavon dell'I. R. accademia di scienze , lettere ed arti di Padova. Trimestre l.° 2.° 3.° 4.° del 1851-52; e 1852-53. Quattro fase, in 8.°

652

Ànnales Annali di chimica, e di fisica, Parigi Due fascicoli in 8.°

1853. Dono di S E. Don Baldassarre Boncompagni.

L' incoraggiamento, giornale di agricoltura, industria, commercio, dal n.° 27 al 37. Ferrara 1853, in fol.

Divista delle università e dei collegi. Giornale della società d'istruzione e d'e- ducazione, dal N.° 1 al 37. Anno V. Torino 1853.

La lermocrosi di Melloni dimostrata insufficiente, e l'autore in opposizione con stesso. Ricerche del prof. Francesco Zantedeschi. Padova 1853- Un fol.

Sopra gli integrali a differenze finite, espressi per integrali definiti. Memoria del prof. Don Barnaba Tortoli ni. Un fase, in 8°. Roma 1853.

Annali di scienze matematiche e fisiche, compilati dal medesimo : giugno, lu- glio, e agosto 1853.

Sulla variazione delle costanti arbitrarie nei problemi della dinamica Memoria del prof. F. Brioschi. Un fase. 8.° Roma 1853.

Curiosità, e investigazioni barometriche; articolo del prof Giuseppe Bianchi di Modena. Un fase, in 8.° Roma 1853.

Sulle scoperte degli ultimi tre nuovi pianeti, e sulle tre ultime comete. Note del prof. Antonio Colla. Un fase, in 8.° Roma 1853.

Mémoire .... Memoria sopra l' introduzione, e la florizzazione a Cherburgo di una specie poco conosciuta del lino della Nuova Zelanda ec., di A. Le Jolis. Cherburgo 1848. Un fase, in 8.°

Observations .... Osservazioni su qualche pianta l'ara scoperta a Cherburgo ; del medesimo Un fase, in 8-° 1846-

Quelques .... Alcune riflessioni sopra lo studio della botanica; del medesimo. Un fase, in 8.° 1852.

Notice .... Notizie sopra l'origine della fiera Santa-Chiara di Querqueville; del medesimo. Un fase, in 8.° 1852.

Note .... Nota sopra le locuste di passaggio a Cherburgo; del medesimo. Un in 8-° 1853.

Rendiconto della società reale borbonica di Napoli. N.° 1 e 2. gennajo , feb- brajo, marzo, e aprile 1853- Due fase, in 8.° in fol. 1853.

Rendiconti delle sessioni dell' accademia delle scienze dell'istituto di Bologna dal 1829 al 1849. Dodici fascicoli in 8.°

Novi commentarii academiae scienliarum insliluti Bononiensi . Voi- 10, in fol.

Opere edile ed inedite del prof. Luigi Galvani, raccolte e pubblicale per cura dell'accademia delle scienze dell'istituto di Bologna. Un voi- in fol. 1841-

653

Aggiunta alla collezione delle opere suddette. Un fase, in fol. 1842.

Memorie deU'accademia delle scienze delV istituto di Bologna- Tom- IV. fase. 2.® Bologna 1853.

Sitzungsberichte .... Rapporti delle sessioni della classe di filosofìa e storia della I. accademia delle scienze di Vienna del 1852-53. Fase- 3-° del voi. 8.° e fase. 3.° del voi. 10.°

Idem .... Rapporti delle sessioni della classe di matematica , e scienze na- turali del 1852-53. dal fase. 4.° del voi. S.° al fase 3-° del voi. 10.°

Fontes rerum Austriacarum. Voi. 5-° e 6.° Par. 2. 1852-53.

Codex Wangianus.

Summa de lileris miscilibus Retri de Hallis.

Fondazione del chiostro di s Bernardo.

Archiv .... Archivio per nozione alle sorgenti di cose storiche austriache ; Parte 1. e 2. dei voi- 8.° e 9-°

Notizenblatt .... Foglio di notizie e supplemento dell'archivio suddetto- Eser- cizio 2.° 1852. n.' dall’ 11 al 24, e front.

Feierliche sitzung . . - Solenne seduta della I. R. accademia delle scienze del 29 maggio 1852.

Verzeichniss . . Catalogo delle stampe dell accademia sud. che si trovano alla libreria, a tutto maggio 1852.

Comptes rendus - . Conti resi dell' I. accademia delle scienze di Parigi, in corrente.

Le opere di Galileo Galilei. Prima edizione compilala, condotta sugli auten- tici manoscritti palatini, e didicala a S. A- L e Pi. LEOPOLDO IL Gran- duca di Toscana. Tomo X. Firenze 1853. Un voi- in 8.

Repertorio italiano per la storia naturale, pubblicalo dal prof . Giuseppe Bian- coni di Bologna. Fase. 1 in 8.° 1853.

Articoli astronomici del jjrof. Giuseppe Bianchi. Un fase, in 8.° Roma 18o>3.

655

SU'llICaSl 3^TiXiXj1E<

DEL SESTO VOLUME

( 1852-55 )

Elenco dei soci deiraccademia pontifìcia de' Nuovi Lincei , dal 3 luglio 1847,

epoca del suo risorgimento, fino al febbraio del 1855. . pag. 5

MEMORIE E COMUNICAZIONI

Prof- R P. Angelo Secchi socio ordinario e membro del comitato.

Ricerche sul magnetismo terrestre » 17

Dott. Rugero Farri socio aggiunto. Sull'uso dei principii meccanici

nella ricerca delle proprietà geometriche delle curve ...» 73

Prof. Paolo Volpicelli socio ordinario e segreterio. Alcune ricerche

relative alla teorica dei numeri 77

11 medesimo. Cenno biografico del defunto conte Giuseppe Alborghetti

socio ordinario e tesoriere » 1 20

Prof. Pi. P. Angelo Secchi. Sopra Saturno » 125

Prof. Giuseppe Ponzi, socio ordinario. Carta geologica della Comar-

ca di Roma » ivi

D. Mario Massimo duca di Rignano, comunica un progetto del sig. A. Mo- relli, per la navigazione aerea » ivi

Prof. Pietro Sanguinetti socio ordinario. Florae romanae Pr odromus, exhibens planlas circa Romam, in Cisapenninis Pontifìciae diclionis provinciis, et in Picaeno sponle venientes ... » 135, 417, 583

Comm. Alessandro Cialdi, socio onorario. Cenni sul moto ondoso

del mare, e sulle correnti di esso » 189, 485

Prof. Giuseppe Ponzi. Nola sui terremoti avvenuti in Frascati , nel

mese di maggio e giugno 1855 » 230

M. E. E. Kummer, corrispondente straniero. Note sur une expression

analogue à la résolvante de Lagrange pour Véquation zp = 1- » 237

Dott. R. Fabri. Descrizione di un barometro a due liquidi’, e formida

per correggerne le variazioni di temperatura ....... 242

85

656

Prof. P. Volpicelli. Memoria sull' associazione di più condensatori fra

loro , per manifestare le tenui dosi di elettricità ...» 245, 385

Prof. D. Ign Azi o Calandrelli socio ordinario ed astronomo Notizie

isloriche del pontificio nuovo osservatorio dell' università romana , ed

annesso all'accademia » 267

Prof. B. Viale , socio ordinario, e prof. V. Latini. Nuove modifica- zioni al metodo di Gaultier per disvelare lo iodio dalle sue combina- zioni .............. » 466

Prof G. Ponzi Sopra la grotta di Collepardo » 473

Prof. D. Ignazio Calandrelli Opposizione ed elementi dellorbita pa- rabolica della III cometa del 1855 ( Comunicazione fatta nella ses- sione V.a del 2 marzo 1856) » 563

Prof- P- Volpicelli Proprietà dei numeri. » 631

COMUNICAZIONI

Prof. G. Ponzi. Sulle atto stampe donate dal sig. Principe D. Bal- dassarre Boncompagni, relative alla grotta di Collepardo , alla Cer- tosa di Trisulti, ed al pozzo Santullo » 258

Prof P. Volpicelli. - Sulla legge di Mariotte » ivi

Rev. P. A. Secchi Sui pianeti Massalia, e Saturno » ivi

Il medesimo. Sulla cometa del marzo 1853, e sulla distribuzione del

calorico nel disco solare » 4-11

Prof. Carlo Dott. Maggiorana socio ordinario. Effetti della galvaniz- zazione di un uovo gallinaceo » ivi

Prof. P. Sanguinetti. Le cinque prime classi del prodromo della flora

romana ^ » ivi

Prof. P. Volpicelli. - Memoria sui coibenti armati, e sidla pila di Volta. » ivi

Il medesimo. Alcune sperienze di elettrostatica » 476

Prof. F. Zantedesciii, socio corrispondente italiano Sidla elettricità

dei vegetabili » ivi

Prof. R P. A. Sccciii. Sid calore solare ivi

Il medesimo. Sulle macchie solari, e sulV anello di Saturno . » ivi

R. P- A. Serpieri. Tavole psigrometriche » ivi

Psof. F. Narducci. Sugli organi riproduttori della mucedine devasta- trice delle uve, e sul primo scopritore dei medesimi . ...» ivi

657

Prof- P. Volficelli. Memoria sulla determinazione del centro delle forze parallele , avuto riguardo al variare della temperatura nei ma- teriali sistemi [sarà pubblicata in seguito) « 563

Il medesimo presenta una lettera , direttagli dal R. P. A. Serpieri , so-

pra la grandine caduta in Urbino nel 27 maggio 1853 . . . » 563

11 medesimo. Sopra un modello di macchina a vapore, inventato e co- strutto dal sig. Giacomo Lusvergh » 638

Prof. D. Ignazio Calandrella Formule analitiche per calcolare le per- turbazioni dei piccoli asteroidi e delle comete , ec. .... « 643

Prof. P. Volpi celli Prima parte di una memoria sull' associazione di

più condensatori fra loro ec. . » ivi

Il medesimo- Rettificazione delle formule per assegnare il numero delle somme , ognuna di due quadrali, nelle quali si può spezzare un dato

intero » ivi

Il medesimo Presenta una memoria del conte Paoli di Pesaro sulla

cagione degli antichi ghiaccaj » 644

COMMISSIONI

Pretesa utile invenzione del sig . Federico Roberti di Forlì, per la ma- cinazione del seme di lino » 126

Sul pettine raccoglitore del sig. Luigi Bianco di Bologna .... » ivi

Sulla memoria del sig. comm. A. Cialdi, relativa al molo ondoso del ma- re, ed alle correnti di esso; presentata coll'analogo rapporto nella ses-

sessione del 1 luglio 1855 , » 1 83

Sull'acqua stagnotica del sig. Pagliari » 259

Sulla malattie delle vite ...» 263

Relazione sulla proposta dei signori fratelli Pebsiciietti di Ancona. . » 412

Sulla fabbricazione delle candele mediante il grasso animale , proposta dal

sig. Tonetti » 568

Sul metodo proposto dal sig. Macpiierson per applicare la fotografia alla

stampa litografica , ed anche alla incisione ad acqua forte . » 571

Sopra due macchine che si dicono inventate dal sig. D. Guarmani di Bo- logna; destinate una per la trebbiatura del riso, l'altra pel frumentone 574 Sul metodo del sig. L. Bugnoli per la fabbricazione delle candele chia- mate ossigenate, e margarine 575

658

Sulla memoria presentata all'accademia dal sig. Antonio Moretti relativa

air aereonautica, ec » 64-4

Sopra una macchina per la trebbiatura dei cereali, inventala dal sig. Giu- seppe Guioni . . » 645

Sopra un ingegnoso meccanismo inventantato dal sig. Ernesto Broglio 646 Sopra un nuovo fuso per addoppiare e torcere contemporaneamente i fili,

inventato dai signori Conti e Bompadre di Iesi » 647

Sul nuovo metodo per decorticare e brillare il riso, proposto dal sig. Dr

Dall'Agata di Ravenna .............. 648

Sulla macchina dei fratelli Persiciietti di Ancona ....... 649

NOMINE

Approvazione sovrana per la elezione del tesoriere , e di un corrispondente

italiano. - Nomina sovrana di un socio ordinario » 263

CORRISPONDENZE

Alcune opere del chiarissimo sig. doti Michele Medici ... » 128

Lettera del sig. prof. Giuseppe Henry . » ivi

Lettera dell'accademia Gioenia di Catania ...» ivi

Ringraziamento dell'accademia economica-agraria dei Georgofdi. . . » 129

Circolare per la formazione di una società meteorologica di Francia . » ivi

Lettera del sig. principe Rospigliosi Pallavicini » ivi

Lettera del sig. conte Andrea Alborghetti ...» ivi

Ringraziamento della I. accademia delle scienze di Vienna ...» ivi

Il chiarissimo sig. cav. Michele Tenore ...» ivi

Ringraziamento del sig. prof. Ottaviano Astolfi » 264

Partecipazione di una lettera dell' eccellentissima romana magistratura. » ivi

Ringraziamento dell'accademia delle scienze dell'I. istituto di Francia. » ivi

Ringraziamento della R accademia delle scienze di Amsterdam . . » ivi

Il R. P. Guardiano del convento di s . Maria in Aracoeli ringrazia. . » ivi

Il sig- F. Palermo, bibliotecario della Palatina in Firenze ...» ivi

Il segretario dell'I. R. istituto lombardo ringrazia ....... ivi

Lettera di ringraziamento della R accademia delle scienze di Monaco » ivi

Lettera dell' Emo. e Rmo- sig. Cardinale Morichini . . . » 412

659

Ringraziamento del sig . cav. prof. Vincenzo Flauti , segretario perpetuo

della R. accademia delle scienze di Napoli. ........ ivi

Ringraziamento della R. accademia delle scienze di Monaco . . . » 476

Ringraziamento della R. accademia delle scienze di Brusselles. . . » 477

Ringraziamento della R- accademia delle scienze di Amsterdam . . » ivi

Ringraziamento della R. accademia delle scienze di Napoli. ...» ivi

Ringraziamento della R. accademia Peloritana. » ivi

Lettera del console di Danimarca . » ivi

Lettera del console di Svezia, e Norvergia » ivi

Lettera dell'I. accademia delle scienze di Vienna » ivi

La R. accademia delle scienze di Madrid ringrazia » 579

L'accademia delle scienze dell'istituto di Bologna annunzia la spedizione

di parecchie opere » ivi

Domanda del sig. Michele Chiesa-Bini. . » ivi

L ' I. e Pi. accademia delle scienze di Vienna » 650

L' accademia Palermitana di scienze e lettere » ivi

L'accademia delle scienze dellistituto di Bologna. :.....)> ivi

L'I. e R. accademia delle scienze di Padova » ivi

La R. accademia Peloritana » ivi

La Pi. accademia delle scienze di Napoli » ivi

La società delle scienze naturali di Scherbourg ivi

L' I. e R. accademia delle scienze di Padova. •*.....)> ivi

COMITATO SEGRETO

Proposta delle terne a rimpiazzare il socio ordinario conte Giuseppe Al- borghetti , la carica di tesoriere , ed il corrispondente italiano ca- nonico Angelo Bell ani. . . » 130

Elezioni relative alle terne indicate » 131

Nomina del presidente » 365

Nomina di una commissione pel consuntivo del 1852. iv

Sanzione Sovrana per la conferma del presidente dell'accademia . » 412

Rapporto sul consuntivo accademico del 1852. . . . . . . . » 413

Approvazione del preventivo accademico del 1853 » ivi

Proposta di un premio » ivi

660

Estratto del discorso pronunciato dal sig - principe D. Pietro Odescalchi presidente , sullo scopo di un premio annuo , stabilito dall'accademia-)) 477 Nomina di trenlacinque scienziati a corrispondenti stranieri lincei - » 579

Soci ordinari presenti alle sessioni . . » 131, 365, 414, 481, 581, 651 Opere venute in dono all'accademia . . » 131, 365, 414, 481, 581, 651.

TOM. PAG.

LIN.

ERRORI

CORREZIONI

Y 386

ultima

marzo

maggio

VI 75

ultima

evaluta

evoluta

77

6

problemi

teoremi

85

15

2 n 1

(2n 1)1

97

11

X\ 2=y21=c

tfiH-pi =c

119

20

3-4— 6-4— . . .

2-4-6-h ....

120

4

aecaduta

accaduta

223

10

portent a

portent à

225

30

resouclre a

resoudre à

230

23

purché

perchè

231

8

raggiavono

raggiarono

»

10

sperimentavano

sperimentarono

232

2

costate

avverate

236

28

foglia

faglia

246

15

istabile

instabile

249

29

cel

col

250

16

qanindi

quindi

))

28

dalla (8)

dalle (8)

263

22

sovrane relative

sovrane, relative

264

29

moarca

monarca

284

5

35°

36°

312

2

ritenute

321

9

42° 32' 47", 58

324

17 e 25

Decembre 4

Dicembre 14

341

27

favorevole

343

12

quindi

345

1

giovani

377

5

(151°)

379

22

confiance

402

1

a il1)

477

16

deile

delle

485

12

segretorio

segretario

494

29

il trasporto

al trasporto

505

3

del mare

del mare;

506

35

il suo

al suo

514

34

T. Washington

J. Washinton

551

15

Dover bay

Dover bay. London 1846,

562

2

Report citato 1845

Report of thè commissioners upon thè subject of harbours of refuge. London 1845.

))

30

Wilkes (Char.) : Narrative of thè United States exploring expedition. During thè years 1838 , 1839 , 1840 , 1841 e 1842. Philadelphia 1844 voi. 1, pag. 138 e 139 (500 e 501).

579

13

Li sig. D. Michale

11 sig. D. Michele

IMPRIMATUR

Fr. Tli. M. Larco O. P. S. P. A. M. Sociu» IMPRIMATUR

Fr. A. Ligi Bussi Orci. Min. Conv. Episc. Icon. Vicesgerens.