13 k tt hi i LAMIERA MINORI A VALI "i dii ASTARMiapatte Sti fi Ars cho. ep ppi I bardi bande nica “ - - = (1, Library TIRATO i Bu QU i | NI ve D\ Ù Ù TT 166) N To | Ì Ù ATTI DELLA R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI FORINO ACADENrp * ur 10 897 } PUBBLICATI Or screRo® ; DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI VOLUME TRENTADUESIMO 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1896 l Tad ) | tonino Vincrmo Beda, Tips di Si al: è de' RR, Principi. | ELENCO DEGLI ACCADEMICI RESIDENTI, NAZIONALI NON RESIDENTI STRANIERI E CORRISPONDENTI aL 15 NoveMBRE MpcccxCvI. PRESIDENTE CARLE (Giuseppe), Dottore aggregato e Preside della Facoltà di Leggi, Professore di Filosofia del Diritto nella R. Università di Torino, Membro del Consiglio Superiore della Istruzione Pubblica, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, *, Comm. es. Vice-PRESIDENTE Cossa (Alfonso), Dottore in Medicina, Direttore della Regia Scuola d’Applicazione degli Ingegneri in Torino, Professore di Chimica docimastica nella medesima Scuola, e di Chimica mi- nerale presso il R. Museo Industriale Italiano, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Uno dei XL della Società Ita- liana delle Scienze, Corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, e della R. Accademia delle Scienze di Napoli, Socio Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Berlino, Socio ordinario non residente dell'Istituto d’Imcoraggiamento alle Scienze naturali di Napoli, Presidente della Reale Accademia di Agricoltura di Torino, e Socio dell’Accademia Gioenia di Catania, Socio ono- rario dell’Accademia Olimpica di Vicenza, Socio effettivo della Società Imperiale Mineralogica di Pietroburgo, Comm. #, &®, e dell'O. d’Is. Catt. di Sp. "MD * x l'ESORIERE Camerano (Lorenzo), Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali, Professore di Anatomia comparata e di Zoologia e Direttore dei Musei relativi nella R. Università di Torino, Socio della R. Accademia di Agricol- tura di Torino, Membro della Società Zoologica di Francia, Membro corrispondente della Società Zoologica di Londra. CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Direttore D'Ovipro (Enrico), Dottore in Matematica, Professore or- dinario di Algebra e Geometria analitica, incaricato di Analisi superiore, e Preside della Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali nella R. Università di Torino; Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Napoli, del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, Socio dell’Accademia Pontaniana, delle Società matematiche di Parigi e Praga, ecc. ; Uffiz. *, Comm. e». Segretario Naccari (Andrea), Dottore in Matematica, Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di Torino, Socio Corri- spondente del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, e della R. Accademia dei Lincei, Uffiz. *, =». ACCADEMICI RESIDENTI SaLvapori (Conte Tommaso), Dottore in Medicina e Chi- rurgia, Vice-Direttore del Museo Zoologico della R. Università di Torino, Professore di Storia naturale nel R. Liceo Cavour di Torino, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, della Società Italiana di Scienze Naturali, dell’Accademia Gioenia di Catania, Membro Corrispondente della Società Zoologica di Londra, dell’Accademia delle Scienze di Nuova York, della So- cietà dei Naturalisti in Modena, della Società Reale delle Scienze di Liegi, e della Reale Società delle Scienze Naturali delle Indie Neerlandesi, e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Membro effettivo della Società Imperiale dei Naturalisti di Mosca, Socio Straniero della British Ormithological Union, Socio Straniero onorario del Nuttall Ornithological Club, Socio Straniero dell'American Ornithologists Union, e Membro onorario della Società Ornitologica di Vienna, Membro ordinario della So- cietà Ornitologica tedesca, Uffiz. e, Cav. dell'O. di S. Giacomo del merito scientifico, letterario ed artistico (Portogallo). Cossa (Alfonso), predetto. BerrutI (Giacinto), Direttore del R. Museo Industriale Ita- liano e dell’Officina governativa delle Carte-Valori, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, Vice-Presidente del Con- siglio Superiore delle Miniere, Gr. Uffiz. &; Comm. #, dell'O. di Francesco Giuseppe d'Austria, della L. d'O. di Francia, e della Repubblica di S. Marino. D'Ovipro (Enrico), predetto. Bizzozero (Giulio), Senatore del Regno, Professore e Diret- tore del Laboratorio di Patologia generale nella R. Università di Torino, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei e delle RR. Accademie di Medicina e di Agricoltura di Torino, Socio Straniero dell’ Academia Caesarea Leopoldino-Carolina Germanica Naturae Curiosorum, Socio Corrispondente del R. Istituto Lom- bardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, VI Lettere ed Arti, dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Membro del Consiglio Superiore di Sanità, ecc., Uffiz. & e Gr. Uffiz, en. FerraRrIS (Galileo), Senatore del Regno, Ingegnere, Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Università di Torino; Professore di Fisica tecnica e Direttore del Laboratorio di Elettrotecnica nel R. Museo Indu- striale Italiano, Prof. di Fisica nella R. Scuola di Guerra, Membro del Comitato Internazionale dei pesi e delle misure e della Com- missione Superiore metrica; Socio Nazionale della R. Acca- demia dei Lincei, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Corrispondente del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Socio onorario della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino; Socio Straniero dell'Academia Caesarea Leopoldino-Caro- lina Germanica Naturae Curiosorum, Membro onorario della So- cietà di Fisica di Francoforte sul Meno, dell’Associazione degli Ingegneri elettricisti dell’ Istituto Montefiore di Liegi, della Society of Arts di Londra, ece.; Uff. &; Comm. e®, dell'O. di Frane. Gius. d'Austria e dell'O, reale della Corona di Prussia. Naccari (Andrea), predetto. Mosso (Angelo), Dottore in Medicina e Chirurgia, Profes- sore di Fisiologia nella R. Università di Torino, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia di Medicina di Torino, Socio onorario della R. Accademia medica di Roma, dell’Accademia Gioenia di Scienze naturali di Catania, della R. Accademia medica di Genova, Socio dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Socio Corrispondente del R. Isti- tuto Lombardo di Scienze e Lettere, e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dell’Academia Caesarea Leopoldino-Caro- lina Germanica Naturae Curiosorum, della Società Reale di Scienze mediche e naturali di Bruxelles, della Società fisico-medica di Erlangen, ecc. ecc., *, Comm. es. Spezia (Giorgio), Ingegnere, Professore di Mineralogia e Direttore del Museo mineralogico della Regia Università di Torino, «em. VII GiseLLI (Giuseppe), Dottore in Medicina e Chirurgia, Pro- fessore di Botanica e Direttore dell'Orto botanico della R. Uni- versità di Torino, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, (‘orrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, *, e». Giacomini (Carlo), Dottore aggregato in Medicina e Chi- rurgia, Professore di Anatomia umana, descrittiva, topografica ed Istologia, Corrispondente dell’Accademia delle Scienze del- l'Istituto di Bologna, Socio della R. Accademia di Medicina di Torino e Direttore dell'Istituto Anatomico della Regia Univer- sità di Torino, *, e. Camerano (Lorenzo), predetto. SeerE (Corrado), Dottore in Matematica, Professore di Geo- metria superiore e di Fisica matematica nella R. Università di Torino, Corrispondente della R. Accademia dei Lincei e del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, en. Prano (Giuseppe), Dottore in Matematica, Professore di Cal- colo infinitesimale nella R. Università di Torino, Socio della “ So- ciedad Cientifica , del Messico, Socio del Circolo Matematico di Palermo. VoLreRRA (Vito), Dottore in Fisica, Profess. di Meccanica razionale nella R. Università di Torino, es. Japanza (Nicodemo), Dottore in Matematica, Professore di Geodesia teoretica nella R. Università di Torino e di Geo- metria pratica nella R. Scuola d’Applicazione per gl’Ingegneri, Socio dell’Accademia Pontaniana di Napoli, es. Foà (Pio), Dottore in Medicina e Chirurgia, Professore di Anatomia Patologica nella R. Università di Torino, Socio Na- zionale della R. Accademia dei Lincei, em. GuarescHI (Icilio), Dottore in Scienze Naturali, Professore e Direttore dell'Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicolo- gica nella R. Università di Torino, Socio della R. Accademia di Medicina di Torino, Socio della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena, Membro della Società Chimica di Berlino, ecc. @n. VII Gui (Camillo), Ingegnere, Professore di Statica grafica e scienza delle costruzioni nella R. Scuola di Applicazione per gl'Ingegneri in Torino, em. Freri (Michele), Dottore in Chimica, Professore di chimica generale nella R. Università di Torino, Direttore della Scuola di Farmacia, em. AUCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI BrioscHI (Francesco), Senatore del Regno, Direttore del R. Istituto tecnico superiore di Milano, Presidente della R. Ac- cademia dei Lincei, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Membro del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. della Reale Accademia delle Scienze di Napoli, dell'Istituto di Bologna, ecc., Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Geometria), e delle Reali Accademie delle Scienze di Berlino, di Gottinga, di Pietroburgo, del Belgio, di Praga, di Erlangen, ecc., Dottore «4 honorem delle Università di Heidelberg e di Dublino, Membro delle Società Matematiche di Parigi e di Londra e delle Filosofiche di Cambridge e di Manchester, Gr. Cord. &, della Legion d'Onore; e®, &, Comm. dell'O. di Cr. di Port. CannIzzaRO (Stanislao), Senatore del Regno, Professore di Chimica generale nella R. Università di Roma, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio Nazionale della R. Acca- demia dei Lincei, Socio Corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Berlino, di Vienna e di Pietroburgo, Socio Straniero della R. Accademia delle Scienze di Baviera e della Società Reale di Londra, Comm. #&, Gr. Uffiz. e»; ©. ScRiaPARELLI (Giovanni), Direttore del R. Osservatorio astronomico di Milano, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, della R. Accademia dei Lincei, dell’Accademia Reale di Napoli e dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Socio Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Astronomia), delle Accademie di Monaco, di Vienna, IX di Berlino, di Pietroburgo, di Stockolma, di Upsala, di Cracovia, della Società de’ Naturalisti di Mosca e della Società astrono- mica di Londra, Gr. Cord. e=; Comm. *; ©. Sracer (Francesco), Senatore del Regno, Colonnello d'Arti- glieria nella Riserva, Professore onorario della R. Università di Torino, Professore ordinario di Meccanica razionale ed Incaricato della Meccanica superiore nella R. Università di Napoli; Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, e dell’Accademia Pontaniana: Corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, e dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna; Uff. *. Comm. «®, Cav. del Merito Militare di Spagna. Cremona (Luigi), Senatore del Regno, Professore di Mate- matica superiore nella R. Università di Roma, Direttore della Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri, Membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, Presidente della Società Italiana delle Scienze (detta dei XL), Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio del R. Istituto Lombardo, del k. Istituto d'Incoraggiamento di Napoli, dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, delle Società Reali di Londra, di Edimburgo, di Gottinga, di Praga, di Liegi e di Copenaghen, delle Società matematiche di Londra, di Praga e di Parigi, delle Reali Accademie di Napoli, di Amsterdam e di Monaco, Membro onorario dell’Insigne Accademia romana di Belle Arti detta di San Luca, della Società Fisico-medica di Erlangen, della Società Filosofica di Cambridge e dell’Associazione britannica pel pro- gresso delle Scienze, Membro Straniero della Società delle Scienze di Harlem, Socio Corrispondente delle Reali Accademie di Berlino e di Lisbona, e dell’Accademia Pontaniana in Napoli, Dottore (LL. D.) dell’Università di Edimburgo, Dottore (D. Sc.) dell’Uni- versità di Dublino, Professore emerito nell’ Università di Bologna, Gr. Uffiz. #, Gr. Cord. en, Cav. e Cons. ©. BeLrRAMI (Eugenio), Professore di Fisica matematica nella R. Università di Roma, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio effettivo del R. Istituto Lombardo e della R. Accademia X delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Socio estero della R. Ac- cademia di Gottinga, Socio Corrispondente della R. Accademia di Berlino, della Società Reale di Napoli, dell'Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Meccanica), della Società Matematica di Londra, Comm. #; es, è. FercoLA (Emanuele), Professore di Astronomia nella R. Uni- versità di Napoli, Socio ordinario residente della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, Membro della Società italiana dei XL; Socio della R. Accademia dei Lincei, Socio residente dell’Accademia Pontaniana, Socio onorario del R. Istituto d’incoraggiamento alle Scienze naturali, Socio Cor- rispondente del R. Istituto Veneto, Comm. &, e. FeLici (Riccardo), Professore Emerito della R. Università di Pisa, Socio ordinario della Società italiana delle Scienze detta dei XL e della R. Accademia dei Lincei, Socio Corrispondente della Società Fisico-medica di Wiirzburg, del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere in Milano, della R. Accademia Lucchese di scienze, lettere ed arti, della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna; *, Gr. Uff. e, ©. ACCADEMICI STRANIERI Hermrre (Carlo), Professore nella Facoltà di Scienze, Parigi. WererstRAss (Carlo), Professore nell'Università di Berlino. THoxson (Guglielmo), Professore nell'Università di Glasgow. GeceNBAUR (Carlo), Professore nell'Università di Heidelberg. Vircnow (Rodolfo), Professore nell’ Università di Berlino. KoeLLiger (Alberto von), Professore nell’ Università di Wiirzburg. SyLvester (Giacomo Giuseppe), Professore nell’ Università di Oxford. BerrrAanD (Giuseppe Luigi), Professore nel Collegio di Francia, membro dell'Istituto di Parigi. XI CORRISPONDENTI SEZIONE DI MATEMATICHE PURE Tarpy (Placido), Professore emerito della R. Università di Genova . Cantor (Maurizio), Prof. nell'Università di ScHwarz (Ermanno A.), Professore nella Università di . KLern (Felice), Professore nell'Università di Dini (Ulisse), Professore di Analisi superiore nella R. Università di . Bertini (Eugenio), Professore nella Regia Università di DarBoux (G. Gastone), dell’Istit. di Francia Pormcare (G. Enrico), dell’Istit. di Francia NoerHER (Massimiliano), Professore nell’ Uni- versità di BrancHi (Luigi), Professore nella R. Uni- versità di Lie (Sophus), Professore nella R. Univer- sità di Firenze Heidelberg Gottinga Gottinga Pisa Pisu Parigi Parigi Erlangen Pisa Lipsia XII Jorpan (Camillo), Professore nel Collegio di Francia, Membro dell'Istituto di MirtAa6-LerFLER (Gustavo), Professore a SEZIONE Parigi Stoccolma DI MATEMATICHE APPLICATE, ASTRONOMIA E SCIENZA DELL'INGEGNERE CIVILE E MILITARE Taconini (Pietro), Direttore dell'Osserva- torio del Collegio Romano. FaseLLa (Felice), Direttore della Scuola na- vale Superiore di. Hopkinson (Giovanni), della Società Reale di Zeuner (Gustavo), Prof. nel Politecnico di Ewine (Giovanni Alfredo), Professore nel- l’Università di . Lorenzoni (Giuseppe), Prof. nella R. Uni- versità di CeLoRrIA (Giovanni), Astronomo all’Osser- vatorio di HeLmert (F. Roberto), Professore nell’Uni- versità di Berlino Roma Genova Londra Dresda Cambridge Padova Milano Berlino SEZIONE XI DI FISICA GENERALE E SPERIMENTALE BLAsERNA (Pietro), Professore di Fisica spe- rimentale nella R. Università di . KoxLrauscH (Federico), Presidente dell’Isti- tuto Fisico-Tecnico in Cornu (Maria Alfredo), dell’Istit. di Francia ViLLari (Emilio), Professore nella R. Uni- versità di Rorri (Antonio), Professore nell'Istituto di Studi superiori pratici e di perfezionamento in WiIepbEMANN (Gustavo), Professore nell’Uni- versità di Rini (Augusto), Professore di Fisica spe- rimentale nella R. Università di . LippmannN (Gabriele), dell'Istituto di Francia RayLeI6H (Lord Giovanni Guglielmo), Pro- fessore nella “ oyal Istitution , di THoxson (Giuseppe Giovanni), Professore nell'Università di . BoLrzmann (Luigi), Professore nell’Univer- sità di Roma Charlottenburg Parigi Napoli Firenze Lipsia Bologna Parigi Londra Cambridge Vienna XIV SEZIONE DI CHIMICA GENERALE ED APPLICATA PLantaMoUR (Filippo), Prof. di Chimica Wixx (Enrico), Professore di Chimica Bunsen (Roberto Guglielmo), Professore di Chimica . BerrneLOT (Marcellino), dell’Istit. di Francia PareRNÒ (Emanuele), Professore di Chimica nella R. Università di KérneR (Guglielmo), Professore di Chimica organica nella R.Scuola super. d’Agricoltura in FriepeL (Carlo), dell'Istituto di Francia FreseNIus (Carlo Remigio), Professore a Baryer (Adolfo von), Professore nell’ Uni- versità di WixLiamson (Alessandro Guglielmo), della R. Società di . Tromsen (Giulio), Prof. nell'Università di. Liesen (Adolfo), Professore nell'Università di MenpeLEJEFF (Demetrio), Professore nel- l’Imp. Università di . Horr (.J. H. van't), Prof. nell'Università di Ginevra (Griessen Heidelberg Parigi Palermo Milano Parigi Wiesbaden Monaco (Baviera) Londra Copenaghen Vienna Pietroburgo Amsterdam rr” SEZIONE DI MINERALOGIA, GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA Striver (Giovanni), Professore di Minera- logia nella R. Università di . RosensuscH (Enrico), Prof. nell'Università di NorpeNnskx10LD (Adolfo Enrico), della R. Ac- cademia delle Scienze di ZigxgeL (Ferdinando), Professore a Des Crorzraux (Alfredo Luigi Oliviero Le- GRAND), dell'Istituto di Francia CaPELLINI (Giovanni), Professore nella Regia Università di TscHERMAK (Gustavo), Prof. nell'Università di ArzrunI (Andrea), Professore nell'Istituto tecnico sup. (fechnische Hochschule) . KLein (Carlo), Professore nell'Università di Gergie (Arcibaldo), Direttore del Museo di Geologia pratica Fovuqué (Ferdinando Andrea), Professore nel Collegio e membro dell’Istituto di Francia SEZIONE Roma Heidelberg Stoccolma Lipsia Parigi Bologna Vienna Aquisgrana Berlino Londra Parigi DI BOTANICA E FISIOLOGIA VEGETALE Trévisan DE Sannr-Lfox (Conte Vittore), Corrispondente del R. Istituto Lombardo Milano XV XVI GENNARI (Patrizio), Professore di Botanica nella R. Università di Carver (Teodoro), Professore di Botanica nell'Istituto di Studi superiori pratici e di per- fezionamento in ArpissoNe (Francesco), Professore di Bota- nica nella R. Scuola superiore d'Agricoltura in Saccarpo (Andrea), Professore di Botanica nella R. Università di Hooker (Giuseppe DaLrox), Direttore del Giardino Reale di Kew . SacgHs (Giulio von), Prof. nell'Università di DeLpino (Federico), Professore nella R. Uni- versità di Prrorra (Romualdo), Professore nella Regia Università di SrRrAsBURGER (Edoardo), Professore nell'Uni- versità di MamtIROLO (Oreste), Professore nella R. Uni- versità di SEZIONE DI ZOOLOGIA, ANATOMIA E FISIOLOGIA De SeLys LonecHamps (Edmondo) Pareri (Rodolfo Armando) Cagliari Firenze Milano Padova Londra Wiirzburg Napoli Roma Bonn Bologna COMPARATA Liegi Santiago (Chi) GoLer (Camillo), Professore nella R. Univer- sità di HarcKeL (Ernesto), Prof. nell'Università di ScLater (Filippo LurLev), Segretario della Società Zoologica di . Farro (Vittore), Dottore . KovaLewski (Alessandro), Professore nel- l'Università di . Locarp (Arnould), dell’ Accademia delle Scienze di CÒauveav (G. B. Augusto), Membro dell’Isti- tuto di Francia, Professore alla Scuola di Medi- cina di Foster (Michele), Profess. nell'Università di HENDENHAIN (Rodolfo), Professore nell’ Uni- versità di WaLpEyER (Guglielmo), Professore nell’Uni- versità di GueNnTHER (Alberto) FLower (Guglielmo Enrico), Direttore del Museo di Storia naturale Epwarps (Alfonso e: Membro dell’Isti- tuto di Francia Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. Pavia Jena Londra Ginevra Odessa Lione Parigi Cambridge Breslavia Berlino Londra Londra Parigi XVII XVII CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Direttore CLarertA (Barone Gaudenzio), Dottore in Leggi, Socio e Segretario della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Presidente della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Membro della Commissione conserva- trice dei monumenti di antichità e belle arti della Provincia ece.. Comm. *, Gr. Uffiz. e. Segretario Ferrero (Ermanno), Dottore in Giurisprudenza, Dottore aggregato alla Facoltà di Lettere e Filosofia e Professore di Archeologia nella R. Università di Torino, Professore di Storia militare nell'Accademia Militare, R. Ispettore per gli scavi e le scoperte di antichità nel Circondario di Torino, Consigliere della Giunta Superiore per la Storia e l’Archeologia, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le antiche Provincie e la Lombardia, Membro e Segretario della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Socio Corrispondente della R. Deputazione di Storia patria per le Pro- vincie di Romagna, dell’Imp. Instituto Archeologico Germanico è della Società Nazionale degli Antiquarii di Francia, fregiato della Medaglia del merito civile di 1% cl. della Repubblica di S. Marino, «=. XIX ACCADEMICI RESIDENTI Peyrox (Bernardino), Professore di Lettere, Bibliotecario Onorario della Biblioteca Nazionale di Torino, Socio Corrispon- dente del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Gr. Uffiz. *, Uffiz. ©». VALLAURI ("l'ommaso), Senatore del Regno, Dottore aggregato alla Facoltà di Lettere e Filosofia e Professore di Letteratura latina nella Regia Università di Torino, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Accademico d'onore della Romana Accademia delle Belle Arti di San Luca, Socio Corrispondente della R. Accademia della Crusca, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dell’Accademia Romana di Archeologia, del Circolo Filologico di Torino, della Società Emulatrice per le Scienze e le Arti in Italia (Napoli), della R. Accademia Palermitana di Scienze, Lettere ed Arti, della Società storica di Dallas Texas (America del Nord), Presidente onorario dell’Accademia Dante Allighieri di Catania, Gr. Cord. * e Comm. «5, Cav. dell'Ordine di S. Gregorio Magno. CLarEeTTA (Barone Gaudenzio), predetto. Rossi (Francesco), Dottore in Filosofia, Professore d'Egitto- logia nella R. Università di Torino, Vice-Direttore del R. Museo di Antichità a riposo, Socio Corrispondente della R. Accademia dei Lincei e della Società per gli Studi biblici in Roma, e. Mayxo (Barone D. Antonio), Membro e Segretario della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Membro del Con- siglio degli Archivi, Commissario di S. M. presso la Consulta araldica, Dottore honoris causa della R. Università di Tiibingen, Comm. *, Gr. Uffiz. «>, Cav. d’on. e devoz. del S. 0. M. di Malta. BoLLati DI SArnt-Prerre (Barone Federigo Emanuele), Dot- tore in Leggi, Soprintendente agli Archivi Piemontesi e Di- xXx rettore dell'Archivio di Stato in Torino, Membro del Consiglio d'Amministrazione presso il R. Economato generale delle antiche Provincie, Corrispondente della Consulta araldica, Vice-Presidente della Commissione araldica per il Piemonte, Membro della R. De- putazione sopra gli studi di storia patria per le Antiche Pro- vincie e la Lombardia e della Società Accademica d'Aosta, Socio corrispondente della Società Ligure di Storia patria, del R. Isti- tuto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, della Società Colombaria Fiorentina, della R. Deputazione di Storia patria per le Pro- vincie della Romagna, della nuova Società per la Storia di Sicilia e della Società di Storia e di Archeologia di Ginevra, Membro onorario della Società di Storia della Svizzera Romanza, dell’Ae- cademia del Chablais, e della Società Savoina di Storia e di Archeologia ecc., Uffiz. #, Comm. em. ScHiaPArRELLI (Luigi), Dottore aggregato alle Facoltà di Lettere e Filosofia, Professore di Storia antica nella R. Univer- sità di Torino, Comm. #*, e e». Pezzi (Domenico), Dottore aggregato alla Facoltà di Let- tere e Filosofia, Professore di Storia comparata delle lingue classiche e neo-latine nella R. Università di Torino, es. Ferrero (Ermanno), predetto. CARLE (Giuseppe), predetto. Navi (Cesare), Dottore aggregato alla Facoltà di Giurispru- denza, Professore di Storia del Diritto nella R. Università di Torino, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria, Uff. *, e. Coenerti De Martis (Salvatore), Professore di Economia politica nella R. Università di Torino, Socio Corrispondente della R. Accademia dei Lincei e della R. Accademia dei Geor- gofili, », Comm. e. XXI Grar (Arturo), Professore di Letteratura italiana nella R. Università di Torino, Membro della Società romana di Storia patria, Uffiz. * e ©. BoseLLi (Paolo), Dottore aggregato alla Facoltà di Giuris- prudenza della R. Università di Genova, già Professore nella R. Università di Roma, Professore Onorario della R. Università di Bologna, Vice-Presidente della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Socio Corri- spondente dell’Accademia dei Georgofili, Presidente della Società di Storia patria di Savona, Socio onorario della Società Ligure di Storia Patria, Socio della R. Accademia di Agricoltura, Depu- tato al Parlamento nazionale, Presidente del Consiglio provin- ciale di Torino, Gr. Uffiz. &, Gr. Cord. e, Gr. Cord. dell'Aquila Rossa di Prussia, dell'Ordine di Alberto di Sassonia, dell’Ord. di Bertoldo I di Zihringen (Baden), e dell'Ordine del Sole Le- vante del Giappone, Gr. Uffiz. 0. di Leopoldo del Belgio, Uffiz. della Cor. di Pr., della L. d’'O. di Francia, e C. O. della Con- cezione del Portogallo. CripoLLa (Conte Carlo), Dottore in Filosofia, Professore di Storia moderna nella R. Università di Torino, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Socio effettivo della R. Deputazione Veneta di Storia patria, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio Corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Monaco (Baviera), e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Uffiz. ©. Brusa (Emilio), Dottore in Leggi, Professore di Diritto e Procedura Penale nella R. Università di Torino, Consigliere superiore della Pubblica Istruzione, Socio Corrispondente del- l'Accademia di Legislazione di Tolosa (Francia), Presidente dell’ Istituto di Diritto internazionale, Socio Onorario della Società dei Giuristi Svizzeri e Corrispondente della R. Acca- demia di Giurisprudenza e Legislazione di Madrid, di quella di Barcellona, della Società Generale delle Prigioni di Francia, di quella di Spagna, della R. Accademia Peloritana, della R. Acca- demia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, del R. Istituto XXII Lombardo di Scienze e Lettere e di altre, Comm. e e del- l'Ordine di San Stanislao di Russia, Officier d’ Académie della Repubblica francese, *. Perrero (Domenico), Dottore in Leggi, Membro della R. Deputazione sovra gli Studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia. ALLievo (Giuseppe), Dottore in Filosofia, Professore di Pe dagogia e Antropologia nella R. Università di Torino, Socio Onorario della R. Accademia delle Scienze di Palermo, della Accademia di S. Anselmo di Aosta, dell'Accademia dafnica di Acireale e dell’Accademia cattolica panormitana, Comm. ®, +. ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI CarurTI DI CanroGno (Barone Domenico), Senatore del Regno, Presidente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le Antiche Provincie e Lombardia, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Membro dell'Istituto Storico Ita- liano, Socio Straniero della R. Accademia delle Scienze Neerlan- dese, e della Savoia, Socio Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Monaco in Baviera, ecc. ece., Gr. Uffiz. ® e ©, Cav. e Cons. &, Gr. Cord. dell'O. del Leone Neerlandese e dell'O. d’Is. la Catt. di Spagna, ecc. Revmonp (Gian Giacomo), giù Professore di Economia po- litica nella Regia Università di Torino, *. Canonico (Tancredi), Senatore del Regno, Professore, Pre- sidente di Sezione della Corte di Cassazione di Roma, Socio Cor- rispondente della R. Accademia dei Lincei, Socio della R. Accad. delle Scienze del Belgio, di quella di Palermo, della Società Generale delle Carceri di Parigi, Consigliere del Contenzioso Diplomatico, Comm. #, e Gr. Croce es, Cav. &, Comm. dell'Ord. di Carlo II di Spagna, Gr. Uffiz. dell'Ord. di Sant'Olaf di Nor- vegia, Gr. Cord. dell'O. di S. Stanislao di Russia. XXIII Tosti (D. Luigi), Abate Benedettino Cassinese, Vice Ar- chivista degli Archivi Vaticani, della Accademia Reale di Na- poli, Membro onorario del Consiglio per gli Archivi del Regno. Berti (S. E. Domenico), Ministro di Stato, Primo Segretario di S. M. pel Gran Magistero dell'Ordine Mauriziano, Cancelliere dell'Ordine della Corona d’ Italia, Senatore del Regno, Professore emerito delle RR. Università di Torino, di Bologna, e di Roma, Socio Nazionale della Regia Accademia dei Lincei, Socio Cor- rispondente della R. Accademia della Crusca e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Membro delle RR. Depu- tazioni di Storia patria del Piemonte e dell’ Emilia, Gr. Cord. *, e e; Cav. e Cons. &, Gr. Cord. della Leg. d’O. di Francia, dell'Ordine di Leopoldo del Belgio, dell'Ordine di San Ma- rino, ecc. ecc. Vicari (Pasquale), Senatore del Regno, Professore di Storia moderna e Presidente della Sezione di Filosofia e Lettere nel- l'Istituto di Studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia di Napoli, della R. Accademia dei Georgofili, Vice- presidente della R. Deputazione di Storia Patria per la Toscana, l'Umbria e le Marche, Socio di quella per le provincie di Romagna, Socio Straordinario della R. Accademia di Baviera, Socio Straniero dell’Accademia di Scienze di Gottinga, della R. Accademia Ungherese, Dott. On. in Legge della Università di Edimburgo, di Halle, Dott. On. in Filosofia dell’Università di Budapest, Professore emerito della R. Università di Pisa, Gr. Uffiz. * e «=, Cav. , Cav. del Merito di Prussia, ecc., ecc. ComparerTI (Domenico), Senatore del Regno, Professore emerito dell'Università di Pisa e dell'Istituto di Studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio corrispondente del R. Istituto Lombardo, del R. Istituto Veneto, della R. Accademia delle Scienze di Napoli e dell’Accademia della Crusca, Membro della Società Reale pei testi di lingua, Socio corrispondente dell’Isti- tuto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere) e della R. Accademia delle Scienze di Monaco, di Vienna, di Co- penhagen, Uff. *, Comm. e», Cav. £. XXIV ACCADEMICI STRANIERI Mommsen (Teodoro), Professore nella Regia Università di Berlino. MiiLLer (Massimiliano), Professore nell'Università di Oxford. Meyer (Paolo), Professore nel Collegio di Francia, Diret- tore dell’Ecoles des Chartes a Parigi. Paris (Gastone), Professore nel Collegio di Francia, Parigi, BonrLIneK (Ottone), Professore nell'Università di Lipsia. ToLer (Adolfo), Professore nell'Università di Berlino. ArnetH (Alfredo von), Direttore dell'Archivio imperiale di Vienna. Maspero (Gastone), Profess. nel Collegio di Francia, Parigi. XXV CORRISPONDENTI SEZIONE DI SCIENZE FILOSOFICHE RenDu (Rugenio) . . . . .. . . .... Brécowt BownarELLI(Francesco), Professorenella Regia STIA ORSI O LR e te ATOVA PinLocne (Augusto), Professore nella Uni- unita, Re e n a Litta Tocco (Felice), Professore nel R. Istituto di Studi Superiori pratici e di perfezionamento di irenze Cantoni (Carlo), Professore nella R. Uni- MOESIGRS GIRI A NE I e dava CarappeLLi (Alessandro), Professore nella MERI EvorEitÀ) dis, 200: © GE Ie 0 Napoli SEZIONE DI SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI LampertIco (Fedele), Senatore del Regno . Vicenza SERAFINI (Filippo), Senatore del Regno, Pro- fessore nella R. Università di. . . . . . . Pisa Serpa PimenteL (Antonio di), Consigliere ERESTA LORA nen a to isbina XXVI Ropricuez pe BerLanGa (Manuel) ScHuprer(Franceseo), Professore nella Regia Università di GaBBa (Carlo Francesco), Professore nella R. Università di . Buowamicr (Francesco), Professore nella R. Università di . Dareste (Rodolfo), dell'Istituto di Francia SEZIONE DI SCIENZE STORICHE ApRIANI (P. Giambattista), della R. Depu- tazione sovra gli studi di Storia Patria . PerRens (Francesco), dell'Istituto di Francia HauLLEVILLE (Prospero de) . Warcon (Alessandro), Segretario perpetuo dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iseri- zioni e Belle Lettere) WirLems (Pietro), Professore nell’Univer- sità di BrrcH (Walter de Gray), del Museo Bri- TRDIICO ALMA Li e 6 piera Capasso (Bartolomeo), Sovrintendente degli Archivi Napoletani Malaga Roma Pisa Pisa Parigi Cherasco Parigi Bruxelles Parigi Lovanio Londra Napoli WarrenBaca (Guglielmo), Professore nel- l’Università di . CaevaLIeRr (Canonico Ulisse) | De Simoni (Cornelio), Direttore del R. Ar- . chivio di Stato in Ducgesne (Luigi), Direttore della Scuola Francese in Bryce (Giacomo) PareTrTA (Federico), Professore nella R. Uni- versità di SEZIONE DI ARCHEOLOGIA Parma di CeswoLa (Conte Luigi), Direttore del Museo Metropolitano di Arti a LarTESs (Elia), Membro del R. Istituto Lom- bardo di Scienze e Lettere Poet (Vittorio), Bibliotecario e Archivista civico a . PLevre (Guglielmo), Conservatore del Museo Egizio a. Parma DI CesnoLA (Cav. Alessandro), Membro della Società degli Antiquarii di . Mowar (Roberto), Membro della Società degli Antiquari di Francia XXVII Berlino Romans Genova Roma Londra Siena New- York Milano Savona Leida Londra Parigi XXVIII NaparLLac (Marchese I. F. Alberto de) . Parigi Brizio (Eduardo), Professore nell’Univer- SITANGI AR AN IL RE A AD OSO BarnaBeI (Felice), Direttore del Museo Nazionale=Romano;;-.- . .... >. va!) VR Soma Gammr (Giuseppe)... eat IN Roma SEZIONE DI GEOGRAFIA ED ETNOGRAFIA Kiepert (Enrico), Professore nell’ Univer- sita idiot ca e ee erano Picorini (Luigi), Professore nella R. Uni- VETBILÀ (GIA t (I ona DaLLa Vepova (Giuseppe), Professore nella Ro Univeratà dio it) A de) Ronia MarinELLI (Giovanni), Professore nel R. Isti- tuto di Studi superiori pratici e di perfeziona- MOLO SINRAMOME O PL Rn Lene SEZIONE DI LINGUISTICA E FILOLOGIA ORIENTALE KrenL(Ludolfo), Professorenell’Universitàdi Dresda SourinpRo Monun Tagore . . . . . . Calcutta AscoLi (Graziadio), Senatore del Regno, Pro- fessore nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano Weser (Alberto), Professore nell’Univer- sità di KerBAKER(Michele), Professore nella R. Uni- versità di Marre (Aristide) Opperr (Giulio), Prof. nel Collegio di Francia Gurpr (Ignazio), Professore nella R. Uni- versità di Awxwetinau (Emilio), Professore nella “ Ecole des Hautes Etudes , di Foersrer (Wendelin), Professore nell’ Uni- versità di SEZIONE XXIX Berlino Napoli Vaucresson (Francia) Parigi Roma Parigi Bonn DI FILOLOGIA, STORIA LETTERARIA E BIBLIOGRAFIA Bréar (Michele), Professore nel Collegio di Francia . D'Ancona (Alessandro), Professore nella R. Università di . Nigra (S. E. Conte Costantino), Ambascia- tore d’Italia a . PART o Raywa (Pio), Professore nell'Istituto di Studi superiori pratici e di perfezionamento in Der Lungo (Isidoro), Socio residente della R. Accademia della Crusca Parigi Pisa Vienna Firenze Firenze XXX MUTAZIONI nel Corpo Accademico dal 17 Novembre 1895 al 30 Novembre 18906. ELEZIONI SOCI GuarescHI (Icilio), Professore di Chimica farmaceutica nella R. Università di Torino, eletto Socio Nazionale residente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali nell'adunanza del 12 gennaio 1896, ed approvato con R. Decreto. FergoLA (Emanuele), Professore nella R. Università di Na- poli, eletto Socio Nazionale non residente, id. id. FeLicir (Riccardo), Professore nella R. Università di Pisa, eletto Socio Nazionale non residente, id. id. SyLvester (Giacomo Giuseppe), Professore all'Università di Oxford, eletto Socio Straniero, id. id. BerTRAND (Giuseppe Luigi), Professore al Collegio di Francia e Membro dell'Istituto, eletto Socio Straniero, id. id. Jorpan (Camillo), Professore al Collegio di Francia e Membro dell’ Istituto, nominato Socio Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Matematiche pure) nell'adunanza del 12 gennaio 1896. tai — XXXI Ù Mrrrac-LerrLeR (Gustavo), Professore a Stoccolma, eletto d Socio Corrispondente id. id. (Sezione di Matematiche pure), id. id. Ò } CeLoRIA (Giovanni), 1° Astronomo nel R. Osservatorio di Milano, id. id. (Sezione di Matematiche applicate, astronomia : e scienza dell’ingenere civile e militare), id. id. HeLmert (F. Roberto), Professore nell'Università di Ber- _ lino, id. id. TrHowson (Giuseppe Giovanni), Professore nell'Università di Cambridge, id. id. (Sezione di Fisica generale e sperimentale), id. id. BoLrzwanN (Luigi), Professore nella Università di Vienna, id. id. ‘ Bryce (Giacomo) di Londra, eletto Socio Corrispondente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di Scienze storiche) nell'adunanza del 15 Marzo 1896. ParertA (Federico), Professore nella R. Università di Siena, id. id. PinLocne (Augusto), Professore nell’ Università di Lilla, id. id. (Sezione di Scienze filosofiche), id. id. Gammi (Giuseppe), Avvocato in Roma, id. id. (Sezione di Scienze storiche), id. id. Tocco (Felice), Professore di Storia della Filosofia nel R. Istituto di Studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze, id. id. (Sezione di Scienze filosofiche), id. id. Canroni (Carlo), Professore di Filosofia teoretica nella R. Università di Pavia, id. id. CriappeLti (Alessandro), Professore di Storia della Filosofia nella R. Università di Napoli, id. id. XXXII Guipi (Camillo), Professore nella R. Scuola di Applicazione per gl'Ingegneri in Torino, eletto Socio Nazionale residente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali nell'adunanza del 31 Maggio ed approvato con KR. Decreto dell’11 Giugno 1896. FiLeri (Michele), Professore nella R. Università di Torino, eletto Socio Nazionale residente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali nell'adunanza del 31 Maggio ed appro- vato con R. Decreto dell’11 Giugno 1896. MORTI 29 Novembre 1895. De Leva (Giuseppe), Socio Corrispondente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di scienze storiche). 15 Gennaio 1896. Negroni (Carlo), Socio Corrispondente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di filologia, storia orien- tale e bibliografia). 29 Gennaio 1896. FioreLLi (Giuseppe), Socio Corrispondente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di Archeologia). 10 Febbraio 1896. Riccr (Marchese Matteo), Socio nazionale non residente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. 18 Febbraio 1896. Neeri (Barone Cristoforo), Socio Corrispondente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di (leografia e Etnografia). XXXII 10 Maggio 1896. Cossa (nobile Luigi), Socio Corrispondente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di Scienze giuri- diche e sociali). 25 Maggio 1896. MenaBRrEA, Marchese di Val Dora (S. E. Luigi Federigo), Socio Nazionale non residente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. 29 Maggio 1896. Daurée (Gabriele Augusto), Socio Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Mineralogia, Geologia e Paleontologia). 10 Luglio 1896. Boxsean (Giuseppe), Socio Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Chimica ge- nerale ed applicata). 11 Luglio 1896. Currivs (Ernesto), Socio straniero della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. 13 Luglio 1896. KekguLé (Augusto), Socio Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Chimica generale ed applicata). 18 Luglio 1896. BarroLIi (Adolfo), Socio Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Fisica ge- nerale e sperimentale). Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 3 CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 15 Novembre 1896. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: D’Ovipro, Direttore della Classe, Bizzozero, GrseLLI, GracominI, CAMERANO, SEGRE, PrANO, Vot- TERRA, JADANZA, Foà, GuarEscHI, Guipi, FiLeti e Naccari Se- gretario. Il Segretario legge l’atto verbale dell'adunanza del 21 Giu- gno 1896 che viene approvato. Il Presidente aprendo questa prima seduta dell’anno ac- cademico, dà il benvenuto ai colleghi e dice che, se fosse stato presente il collega FERRARIS, si sarebbe rallegrato con lui a nome di tutta la Classe per il meritato attestato d’onore avuto dal Re con la nomina a Senatore del Regno. Il Presidente dà poi notizia del telegramma di felicitazione inviato a S. M. il Re dalla Presidenza dell’Accademia nella oc- casione delle nozze del Principe di Napoli e del telegramma di ringraziamento inviato dal Ministro della Real Casa. Il Presidente partecipa che fra pochi giorni verrà solenniz- zato nell'Università di Roma il settantesimo natalizio del pro- fessore Stanislao CanxIZzzARO Socio Nazionale non residente del- | l'Accademia. Il Presidente chiede facoltà d’inviare, in quella circostanza, un telegramma di felicitazione a nome della Classe. Questa approva all'unanimità. Il Segretario comunica pure un manoscritto del signor Ra- PHAEL Gayo y PaLomo intitolato: “ Méthode pour la détermina- tion des coordonnées géographiques etc. ,. La Classe incarica il Socio JApANZA dell'esame del mano- scritto, sul quale l'Autore chiede un giudizio dell’Accademia. Il Segretario presenta alla Classe le pubblicazioni inviate durante le vacanze dai Soci: Giovanni ScniaparELLI, Emilio ViLLari, Augusto Rioni, Ernesto HarckeL, Alberto KoELLIKER, Marcellino BertHELOT, Enrico RosenBuscH, Rodolfo A. ParLIPPI. Il Socio D'Ovipro presenta l’opera del signor Ing. Camillo Boero intitolata: “ Gli architetti Carlo ed Amedev Castellamonte e lo sviluppo edilizio di Torino nel secolo XVII , e ne rileva i pregi. Parla pure con lode dell’opera del Prof. Gino Loria in- titolata: “ Il passato ed il presente delle principali teorie geome- triche ,, la cui seconda edizione fu inviata in dono all'Accademia dall'autore durante le vacanze. Vengono accolte per gli Atti le seguenti note: 1° “ Anomalie di sviluppo dell'embrione umano ,; nota del Socio GIACOMINI. 2° “ Le tangenti multiple della Cayleyana di una quadrica piana generale ,; nota del Prof. Eugenio Bertini Socio Corri- spondente, presentata dal Socio Segre. 3° “ Le classi finite , ; nota del Prof. Cesare BuraLi-FoRrtI presentata dal Socio Peano. 4° “ Sul moto di un dielettrico in un campo magnetico , ; nota del Dott. Adolfo CamperTI presentata dal Socio NaccarI. Viene affidata all'esame di una Commissione la Memoria dell'Ing. Luigi LomBarpi intitolata: “ Ricerche sopra sostanze diamagnetiche e debolmente magnetiche ,; presentata dal Socio Naccari a nome del Socio FERRARIS. C. ZENONI — RICERCHE SUL LAVORO MUSCOLARE ECC. 3 LETTURE Ricerche sperimentali sul lavoro muscolare nell'aria compressa; Nota del Dott. COSTANZO ZENONI (*). Secondo lo stato delle nostre conoscenze sulla serie dei cam- biamenti chimici che avvengono nel muscolo attivo (Eccles (1), Noél Paton (2)), noi dobbiamo attribuire la fatica muscolare e l'impotenza al lavoro continuato dopo un certo tempo, all’accu- mularsi di prodotti parzialmente ossidati nel muscolo (acido urico e creatinina dalle sostanze azotate; CO. e acido sarcolattico dagli idrocarburi). Inoltre, come ammette Richet (3), il muscolo che non riceve più sangue è capace di ricuperare la sua attività fissando lO atmosferico. Ne risulta che la fatica può essere riparata per il solo soccorso dell’O senza l’intervento delle materie azotate o carboidrate. È dunque presumibile che, me- diante un’ossidazione più attiva del sistema muscolare, come ad esempio in un’ aria più compressa del normale (Vivenot (4), Lange (5), Panum, Sandhal, Lhmorsky (6), Foley (7), Forlanini (8), (*) Questa nota venne presentata nell’Adunanza del 21 Giugno 1896. (1) EccLes, The Advantages of Oxidation, © The Lancet ,, nov. 1895. (2) Noir Paron, Muscular Energy: The Present State of our Knowledge in regard to its source, “ Edinburgh Medical Journal ,, 1895, p. 1081. (3) Ricner, De la fatigue musculaire, “ Soc. de Biologie ,, 12 févr. 1896. (4) Vivenor, Zur Kenntniss d. physiol. Wirk. u. d. therap. Anwendung a. verdicht. Luft, © Virch. Arch. ,, 1860. (5) Lance, Ueber comprim. Luft, ihre physiol. Wirk. u. ihre therap. Bedeutung. (6) Laxorsgy, “ Centralb. f. Med. Wiss. ,, 1884, p. 483. (7) FoLey, Du travail dans l'air comprimé, Paris, 1863, Baillière. (8) ForLanINI, Brevissimi cenni sull’aeroterapia e sullo stabilimento me- dico-pneumatico di Milano, È Gazzetta medica italiana-lombarda ,, n. 47-49, 1875. — Dell’azione meccatvica del bagno d’aria compressa, Id., n. 13, 1877. — Sull’aeroterapia, 5° Congresso medico internaz., 25-28 ottobre 1892. 4 COSTANZO ZENONI ed altri), debba aumentare il potere di contrattilità della fibra muscolare e la resistenza all’affaticamento. È noto infatti che gli operai delle cave di carbon fossile e delle pilazioni dei ponti possono eseguire lavori faticosi sotto tre e più atmosfere di pressione (fino a 10 secondo Baur). In queste condizioni gli operai sentono meno la fatica che all'aria libera, e le contrazioni dei muscoli sono più energiche (Foley). Inoltre le dinamometrie fatte da Lange e alcune osservazioni di Forlanini mediante i manubri, dimostrano che aumenta la forza muscolare nell'aria compressa. Riguardo ancora al rap- porto tra le variazioni barometriche, ed il lavoro muscolare, Pel- letan e Foissac, osservano in base a una credenza popolare, che quando sale il barometro gli uomini sono più energici ed esperti nei loro movimenti; Vivenot, nell'’aumento barometrico constata aumentato il vigore muscolare; Warren Lombard (1) infine arriva alla conclusione che la pressione atmosferica aumentata accresce l'energia muscolare. Io ho voluto studiare la questione del lavoro muscolare dell’uomo nell’ aria compressa, servendomi dell’ ergografo di Mosso (2) e dell’eccitamento elettrico, allo scopo di misurare l’affaticamento e l’eccitabilità di determinati muscoli. Le mie ricerche sono state eseguite alla pressione di + 1 atmosfera, che è la massima raggiungibile nel bagno pneu- matico, di cui dispone la clinica medica propedeutica di Torino. Il bagno pneumatico è costituito da una cameretta a pareti metalliche robustissime, nella quale viene spinta l’aria dall'esterno mediante una pompa ad acqua animata da un motore a gas. Nell’interno della camera pneumatica, trovano posto due persone e un tavolino di adatta costruzione con gli apparecchi necessari. Per esigenze di spazio la posizione del soggetto che lavora al- l'’ergografo è quella in piedi invece di quella ordinariamente se- duta. Per evitare però errori dipendenti dalla posizione, sono state sempre eseguite nel bagno anche le esperienze di con- fronto alla pressione esterna. (1) Warren P. Lomsarp, Some of the influences wich affect the power of voluntary muscolar contractions, * Journal of Physiology sv XIII, 1-2, 1892. (2) Mosso, Les lois de la fatigue étudiées dans les muscles de l'homme. “ Arch. it. de biologie ,, t. XIII, fase, I, p. 123. RICERCHE SUL LAVORO MUSCOLARE NELL'ARIA COMPRESSA 5 L'affaticamento nell’ aria compressa venne studiato ese- guendo singoli tracciati ergografici dopo una dimora più o meno prolungata nel bagno; come pure registrando delle serie di er- gogrammi successivi allo scopo di seguire il manifestarsi della fatica quando si eseguiva ripetutamente uno stesso lavoro. Inoltre con l’eccitamento elettrico ho ottenuto contrazioni iso- late, sulle quali ho calcolato i periodi di eccitazione latente, di energia crescente e decrescente. A queste determinazioni ho associato anche le misurazioni dinamometriche. Lavoro all’ergografo. Incitamento della volontà. Mano destra. Kgr. 3, Ritmo 2". — Per il lavoro volontario, io stesso fui il soggetto del maggior numero degli esperimenti. L’ergogramma del mio dito medio di destra in ripetute prove nel bagno alla pressione esterna ha conservato stabile la sua caratteristica figura, datagli da una serie di contrazioni molto ampie, di cui l'altezza decresce dapprima insensibilmente e alle quali succede una rapida discesa per il sopravvenire dell’esaurimento. La mia forza muscolare, in conferma alle osservazioni di Patrizi (1), si è sempre mostrata superiore nel pomeriggio a quella del mat- tino; e perciò ho stabilito di eseguire tutti gli esperimenti sempre al mattino. La media del numero delle contrazioni del mio ergogramma alla pressione ordinaria è di 52; quella del lavoro meccanico 5,392 chilogrammetri. Sotto la pressione di + 1 atmosfera i valori corrispondenti sono relativamente 48 e 5,088; risulta cioè una piccola diminuzione del lavoro meccanico, ma non tale da ritenersi caratteristica e costante. La figura invece del mio ergogramma nell'aria compressa sì modifica ed è rappresentata da una serie di contrazioni molto ampie, che si mantengono ad un livello quasi eguale, alle quali tengono dietro altre via via decrescenti, così che il tracciato volge rapidamente alla fine. Inoltre si osserva talvolta il pro- filo di un’ S italica, come nelle forme descritte da Mosso (2), Novi (3). Questi caratteri associati ad una maggiore ampiezza (1) ParriIzi, Oscillazioni quotidiane del lavoro muscolare in relazione alla temperatura del corpo, “ Giorn. Ace. med. di Torino ,, 1892, n, 1. (2) Mosso, Loc. cit. (3) Novi, Sulla curva della fatica muscolare, 11° Congresso medico in- ternaz. ,, Roma, 1894. COSTANZO ZENONI Bagno pneumatico Pressione esterna C. Z., Incitamento volontario. M. D. Kgr Bagno pneumatico. — Pressione + 1 Atmosfera. C. Z., Incitamento volontario. M. D. Kgr. 3, Ritmo 2' RICERCHE SUL LAVORO MUSCOLARE NELL'ARIA COMPRESSA 7 delle contrazioni iniziali, si osservano specialmente negli ergo- grammi tracciati dopo una certa durata del bagno. A questo riguardo va notato che le sensazioni all'apparato acustico che accompagnano il salire della pressione d’aria sono diverse se- condo i soggetti, e cessano generalmente dopo la prima mezzora di bagno. La pressione sulla miringe riesce sopratutto molesta alle persone affette da faringite o nuove affatto al cambiamento di pressione. Queste sensazioni in alcuni casi hanno mostrato di influire come un momento adinamico sul lavoro all’ergografo. Così dal primo tracciato del Dott. Arullani eseguito alla pres- sione di 1 atmosfera risulta una notevole diminuzione del lavoro meccanico in confronto del normale (Chilogrammetri 3,084 invece di 4,575 per 50 contrazioni), pur rimanendo pressochè invariati il numero delle contrazioni e l'ampiezza massima. Anche la forma della curva si presenta nei due casi diversa. Mentre, cioè, alla pressione esterna l'ampiezza delle contrazioni si ab- bassa gradatamente e regolarmente, in modo da aversi il profilo di una retta; sotto pressione invece, dopo poche contrazioni ampie, comincia subito un rapido abbassamento e il profilo so- miglia ad una curva con la concavità verso l’alto. Oltre che sull'uomo sano, ho fatto altre ricerche intorno al lavoro muscolare di alcuni diabetici nel bagno d’aria com- pressa. Essendo infatti la glicosuria una malattia del rallenta- mento della nutrizione, sono da aspettarsi grandi vantaggi dal- l’attivarsi dei processi di ossidazione (Ebstein (1), Eccles (2), Forlanini (3), Ascoli e Zeri (4)). Dalle mie osservazioni però sono risultate soltanto alcune differenze di poco conto nel la- voro meccanico, mentre non si è verificata, anche prolungando molto la durata del bagno, nessuna variazione nell’energia delle contrazioni. Risultati più interessanti sul modo di comportarsi dell’af- faticamento nell'aria compressa, ho potuto ottenere col metodo (1) Essrein, Le régime des diabétiques, Paris, 1893. (2) EccLes, Loc. cit. (3) Forcanini, Sull’aeroterapia, 5° Congresso med. internaz., 25-28 ot- tobre 1892. (4) Ascorir e Zerr, Inalazioni di O nel diabete, “ Policlinico ,, 15 lu- glio 1895. 8 COSTANZO ZENONI degli ergogrammi a serie. A intervalli di 5’ veniva tracciato successivamente un ergogramma, mantenendo invariati il peso di carico, il ritmo, la positura all’ ergografo, e curando ogni volta che l'anello di cuoio fosse fissato al dito (1) e che l’esten- sione della corda col peso fosse completa. È assai importante che a cominciare dal primo ergogramma si eseguisca sempre il lavoro all'ergografo con tutto lo sforzo massimo, perchè altrimenti restano modificati gli ergogrammi successivi della serie. Senza riferire in esteso tutte le esperienze fatte, riporterò soltanto i valori medi che risultano dalle misurazioni fatte per ciascuna serie di ergogrammi, costantemente sopra un numero eguale di tracciati. Zenoni, Esperienze ergografiche nel bagno pneumatico. Valori medi degli Ergogrammi a serie. Dito medio di destra. Peso Kgr. 3. Ritmo 2". | PRESSIONE ESTERNA PRESSIONE -+ 1 ATMOSFERA | Li Cirene 1 PI Cd: Ni nea Vla 75975 on | E 53% NE | E MES EPREI a pe 3 El 5 2È fo5) f (fol essi E3£ Lavoro meccanico) g ® £ È |ERÈ Lavoro meccanico <® £ | E Li gres [iah idundazo PP VESPA PAGA utiafebi Zoe troh dei | |. Chilogrammetri Cm. | Chilogrammetri Cm. ! 46 | 5,130 | 5,9 .| I... 42 4,950 5,9 ! | 36 | 3,435 | 5;9 IL 36 3,861 5,6 25] 2419 ‘|04,9.| VI.| 30 | 2,993 5,7.| | | | I 20 | 1,716 5.1 |vn)'21 | 2,197 5,8 17 1,563 \_b X. |; | 1,933 | 6 15) 1,470 [0:47 XILLp 14] 1,691 6,3 VOCI 1,488 | 4,5 |[XV.| 14 | 1,659 6,4 (1) Con l’eseguire parecchîì ergogrammi successivi l'anello riesce a spostarsi sul dito, e ogni spostamento può influire sul lavoro scritto. Quando il dito è un po’ sudato l'anello scivola nel momento e nel senso in cui agisce la leva. RICERCHE SUL LAVORO MUSCOLARE NELL'ARIA COMPRESSA 9 Il lavoro complessivo da me eseguito in una serie di 15 ergogrammi nel bagno a + 1 atmosfera (chilogrammetri 19,218) è stato superiore a quello ottenuto nel bagno alla pressione esterna (Chilogrammetri 17,214). L'aumento medio corrisponde a circa 2 chilogrammetri; il numero delle contrazioni è solo leggermente diminuito. Più spiccate sono le differenze della ampiezza massima dei miogrammi. Mentre alla pressione or- dinaria l’ altezza delle contrazioni iniziali va abbassandosi di pari passo col diminuire del lavoro meccanico, sotto pressione invece si mantiene elevata, e a partire dai primi va aumen- tando negli ergogrammi successivi della serie. Così al XV° er- gogramma la differenza in più nell’ altezza delle contrazioni è in media 1,9 cm.; ma generalmente dopo questo limite si ab- bassa, così che ad es. nel XXIII° (Esperienza del 17/vn) l’al- tezza massima si è ridotta a 4,8 cm. Questo modo particolare di presentarsi dell’affaticamento muscolare nell'aria compressa si può osservare anche nella figura dei tracciati a serie. I tracciati a + 1 atmosfera si distinguono tanto per l’al- tezza dei miogrammi che per la forma della curva. Si nota cioè che col crescere della prima, il profilo della curva va diven- tando sempre più ripido, avvicinandosi quasi ad una verticale, e contemporaneamente il numero delle contrazioni si fa minore. Ne risulta un tipo di ergogramma rappresentato da poche con- trazioni molto energiche, quasi isometriche, le quali d’un tratto diventano assai piccole e si sospendono. Questo modo improvviso di cessare del tracciato ergografico si rende avvertito a chi la- vora all’ergografo per un’impossibilità improvvisa a continuare il lavoro. Negli ergogrammi invece della serie corrispondente alla pressione esterna, l'altezza dei miogrammi è minore, la linea di discesa più graduale, l’arrestarsi delle contrazioni meno rapido. Dai dati ottenuti con le misurazioni dinamometriche, risulta pure un leggero aumento della forza muscolare alla pressione di + 1 atm. Difatti la media della dinamometria alla mia mano destra è stata di 50 alla pressione ordinaria, mentre sotto pres- sione ha raggiunto 54-55. Le stesse esperienze ripetute sopra un altro soggetto (C. P., d'anni 32) hanno condotto a risultati concordi a quelli sopra di me ottenuti. Ogni serie consta di 14 ergogrammi (Mano destra, Kgr. 3, Ritmo 2"), di cui ciascuno è stato eseguito fino til Il ii) ni \ | | ll | ini I regni gori n= ETA. = 1 : il == di I dl Mi il N) i iù RICERCHE SUL LAVORO MUSCOLARE NELL'ARIA COMPRESSA ll a stanchezza, senza però che si riuscisse a ottenere l’ esauri- mento completo. Il lavoro meccanico complessivo della serie, ui Ergogrammi a Serie. Bagno pneumatico. Pressione esterna. C. P., Incitamento volontario. M. D., Kgr. 3, Ritmo 2". RI LIS Ergogrammi a Serie. Bagno pneumatico. Pressione 4 1 Atmosfera. ) C. P., Incitamento volontario. M. D., Kgr. 3, Ritmo 2". dedotto in base a un numero costante di 40 contrazioni per ciascun ergogramma, è risultato pressochè lo stesso tanto nel- 12 COSTANZO ZENONI l'aria compressa che nell'aria libera. Nel 1° caso corrisponde a 26,595 chilogrammetri; nel 2° 26,121; differenza in più nel- l'aria compressa 0,474 chilogramm. L'ampiezza però delle con- trazioni iniziali si è mantenuta più alta sotto la pressione di + 1 atm.; tanto che ad es. al XIII° tracciato i dati relativi al numero delle contrazioni, al lavoro meccanico e all’am- piezza massima delle contrazioni sono per la pressione ordinaria rispettivamente 53; 3,288; 4,7; mentre per quella di 4 1 atm. sono 43; 3,402; 5,3. Le stesse differenze corrispondono ai caratteri offerti dai rispettivi tracciati, in cui è notevole la mag- giore altezza dei miogrammi sotto pressione e la linea di di- scesa più ripida della curva. Inoltre negli ergogrammi più avan- zati della serie si osserva che l'altezza dei miogrammi si mantiene per un tratto quasi eguale, poi va gradatamente abbassandosi. Anche in questo caso dunque la differenza prin- cipale nel lavoro sotto pressione è data dalla maggiore ampiezza delle contrazioni, anzichè da una vera modificazione del lavoro meccanico. Da alcune osservazioni fatte sopra soggetti diabetici col metodo degli ergogrammi a serie è risultato che la resistenza al lavoro ripetuto all’ ergografo è in questi ammalati molto scarsa e che, oltre a non venir eseguiti gli ergogrammi ripe- tuti con tutto lo sforzo necessario, insorgono facilmente con- tratture e dolori abbastanza vivi lungo l'arto, che obbligano a interrompere le esperienze. In altre mie ricerche (1) mi sono già occupato più ampiamente intorno all’affaticamento musco- lare dei diabetici. Incitamento artificiale. Irritazione del nervo mediano destro. Ritmo 2", peso Kgr. 1. — Le osservazioni che ho potuto fare sul lavoro involontario alla pressione di 4 1 atmosfera si ri- ducono a pochi tracciati sopra un solo soggetto (0. H., d'anni 32), i quali però non presentano notevoli differenze da quelli corri- spondenti alla pressione esterna. Ho praticato invece numerose ricerche sulla contrazione muscolare involontaria nell'aria com- pressa, sopra parecchi soggetti e dopo un tempo vario di du- (1) Zenoni, Ricerche cliniche sull’affaticamento muscolare dei diabetici, “ Il Policlinico ,, vol. III-m, 1896. de RICERCHE SUL LAVORO MUSCOLARE NELL'ARIA COMPRESSA 13 rata del bagno. L'esperienza è così disposta: la corrente data da 6 pile Léelanché giunge al braccio destro attraverso due elettrodi situati vicini nel solco bicipitale interno. Sul ventre del muscolo flessore delle dita è adagiato un tamburo Marey comunicante con un altro tamburo scrivente. La durata e il ritmo dell’eccitamento sono impartiti da un metronomo regolato a 1”. Un segnale elettrico Deprez e un diapason a 50 vibra- zioni per 1' interposti nel circuito servono per le misurazioni della curva di ispessimento del muscolo, calcolata soltanto per le scosse di apertura del circuito. I risultati delle mie ripetute osservazioni permettono di ritenere che per un aumento di pres- sione pari a 1 atmosfera non viene modificata l’eccitabilità nor- male dei muscoli dell’uomo ("iv di 1”, Helmholtz). Anche dopo aver lasciato agire l’aria compressa per lungo tempo (1-2 ore), le modificazioni nell’eccitabilità muscolare non sono nè spiccate nè costanti, tali cioè da poterle riferire a una influenza diretta dell'aumentata pressione sul fenomeno della contrazione muscolare. Inoltre più volte nel corso delle esperienze ho potuto ac- certarmi che talune modificazioni della scossa muscolare che apparivano nell'aria compressa, non dipendevano da altro che da accidentali cause disturbanti. Alcune delle variazioni osser- vate entrano nei limiti di errore di tutte le ricerche elettro- muscolari fatte sull'uomo (D’Arman (1), Buschau (2)), altre se ne aggiungono dovute alla facilità con cui l'apparecchio mio- grafico ad aria, risente tutte le modificazioni di pressione che avvengono nell'atmosfera del bagno. La pressione nell'interno dei tubi dell'apparecchio può venire regolata mediante una valvola innestata nel tubo trasmettitore; nondimeno la penna presenta facili spostamenti secondo il variare della pressione nel bagno, abbassandosi cioè quando la pressione si alza, e innalzandosi invece quando essa diminuisce. In causa di questi cambiamenti mi è occorso di osservare uno spiccato aumento dell’ eccitabi- lità apparente del muscolo appena raggiunta la pressione di + 1 atmosfera, mentre lo stesso aumento scompariva con eguale (1) D'Arman, La conducibilità elettrica del corpo umano, Venezia, 1894. (2) Buscnau, Der gegenwirtige Standpunkt der Elektrotherapie. © Therap. Monatshefte ,, 1895, Januar-Màrz. 14 COSTANZO ZENONI prontezza quando si ristabiliva la pressione esterna nell'interno del bagno. All’infuori però di queste cause di errore nelle mie esperienze alla pressione di +1 atm. ho ottenuto per l'ecci- tabilità muscolare dei risultati molto vicini ai valori medi nor- mali: periodo di eccitazione latente 0",013—0",017; durata dell'energia crescente e decrescente 0',150. Anche per gli am- malati di diabete grave, nei quali l’eccitabilità propria del muscolo è generalmente alterata, i dati relativi alla eccitabilità muscolare non hanno presentato significanti modificazioni sotto l’azione dell’aria compressa (V. tracciati). Possiamo quindi concludere che ad 1 atmosfera di sovra- pressione l’eccitabilità muscolare rimane pressochè invariata (1). Riassumendo quanto abbiamo osservato circa l’affaticamento nell’aria compressa, il fatto più notevole è dato dall'aumento dell’ampiezza delle contrazioni nel lavoro volontario. Contem- poraneamente però non si può dire aumentata la resistenza, perchè il manifestarsi della fatica non viene ritardato, anzi com- pare non di rado più presto che all'aria esterna. Si hanno cioè ergogrammi con una maggiore ampiezza delle contrazioni ini- ziali, ma con un numero generalmente diminuito di contrazioni. L'esaurimento quindi viene raggiunto prima nell’aria compressa ; gli aumenti della forza vanno interpretati come una capacità maggiore a contrarre fortemente i muscoli, anzichè come una cresciuta resistenza di questi al lavoro prolungato; gli aumenti che si possono verificare nel lavoro meccanico sono riferibili alla cresciuta energia delle contrazioni iniziali. In quale conto si deve tenere questa apparente esaltazione dell'energia musco- lare nell'aria compressa? Tra i momenti che sembrano poter intervenire, all'infuori di influenze psichiche suggestive, vanno considerati: l'ossidazione cresciuta dei tessuti, l’azione mecca- nica della pressione, e la temperatura della camera pneumatica. Recenti studì di Loevy (2), nel laboratorio di Zuntz, in- (1) Per l’aria rarefatta sarebbe già provato dalle ricerche di W. RosextnAL (Hat Verminderung des Luftaruckes einen Einfluss auf die Muskeln und das Nervensystem des Frosches? * Arch. f. Anat. u. Physiologie ,, 1896) sulla rana, che le fibre muscolari e le cellule ganglionari sono nella loro fun- zione affatto indipendenti dalla pressione. (2) Loevr, Untersuchungen ‘iber die Respiration und Circulation bei Aenderung des Druckes und des Sauerstoffgehaltes der Luft, Berlin, 1895 e +“ Pfliiger's Archiv ,, Bd. LVIII, p. 409. RICERCHE SUL LAVORO MUSCOLARE NELL'ARIA COMPRESSA 15 torno all’azione dell’aria sull'organismo umano, hanno posto in 3agno pneumatico. Pressione esterna. Scossa muscolare. f - = < VI D) C. H. Diabete. Tempo di eccitazione latente 0,024. Bagno pneumatico. Pressione + 1 Atmosfera. Scossa muscolare. C. H. Diabete. Tempo di eccitazione latente 0,022. chiaro che la compressione dell’aria fino a 1400 mm. di Hs.. e Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 4 16 COSTANZO ZENONI l'aumento del suo contenuto in 0, non possono cambiare l’eli- minazione di CO, e l'introduzione di 0. Non sembra quindi che le modificazioni nel lavoro muscolare osservate a + 1 atmo- sfera di pressione, possono dipendere da una più completa os- sidazione del muscolo che lavora o da una aumentata eccita- bilità cerebrale. Contro un'influenza ossidante sul muscolo stanno ancora questi fatti: 1° l’eccitabilità muscolare per gli stimoli elettrici non è cresciuta; 2° con l’eccitamento volontario il lavoro mec- canico non risulta notevolmente cresciuto; 5° i muscoli lavo- rano di più, ma in minor tempo; non è modificata quindi la resistenza alla fatica; 4° Infine è noto che l’O non è indispen- sabile perchè i muscoli si contraggano, potendosi avere anche nel vuoto delle contrazioni muscolari (Mosso). Un'azione meccanica dell'aria compressa sulle terminazioni sensitive di tatto neuro-muscolari e una consecutiva diminuzione delle sensazioni periferiche che accompagnano la contrazione muscolare (1), non si può escludere, quando si consideri che noi giudichiamo dello sforzo muscolare per un complesso di sensa- zioni non solo centrali, ma anche periferiche (2). Difatti, come Foley (3) osserva, il tatto nell'aria compressa è meno sicuro; così pure nelle esperienze ergografiche alla pressione di + 1 at- mosfera durante il lavoro è meno avvertita la resistenza del peso dell’ergografo ai movimenti di trazione. Riguardo ancora alla possibilità di un'influenza meccanica dell’aria compressa, che favorirebbe i movimenti delle articolazioni che lavorano, si può solo ricordare la teoria dei fratelli Weber sui rapporti delle superficie articolari fra loro. Nelle mie esperienze merita d'essere considerata inoltre la temperatura nell'interno della camera pneumatica. Già è stato da altri notato che la compressione rende l’aria più calda, più igrometrica (Foley) e che essa aumenta la temperatura del corpo. Nel bagno d’aria, di cui mi sono servito, già durante il tempo impiegato a raggiungere la pressione di + 1 atmosfera (1) BLoce et Oxaxorr, Séméiologie et diagnostie des maladies nerveuses, Paris, 1892. (2) Wacrer, © The Journal of Physiology ,, vol. XIII, 1892. (3) Forey, Loc. cit. —_——r_r—e_ wr r—r 11 gp FM‘ . — Sezione dell'emisfero che non conteneva le formazioni embrio- narie: A, grandezza naturale — 8, con leggero ingrandimento. Si vede meglio il modo con cui sono distribuite le villosità. — Nel punto X è dove lo strato sinciziale del Chorion era costituito da elementi a forma epiteliare e con limiti distinti. Fig. 3°. — Sezione del 2° emisfero del sacco del Chorion, corrispondente alla 18° sez. Im una piega del Chorion si vede sorgere dal mesoderma una formazione che può essere ben seguìta nelle sezioni successive, e che ci rappresenta il rudimento embrionario. Fig. 4°. — Questa figura corrisponde alla sezione 78*. La cavità del Chorion si è ingrandita, ed il rudimento embrionario £ si è reso indipendente, circondato dal Magma. — Sul lato sinistro della figura che rappresen- terebbe il lato ventrale del rudimento embrionario, sorgono due pro- lungamenti vescicoliformi Pe @ che per la loro costituzione ricordano la vescicola ombellicale. Fig. 5*. — Tratto di Chorion dove lo strato esterno si dimostra costituito da elementi a forma epiteliare con limiti distinti. — Y, Sezione di piccola villosità dove il sincizio è normale. Fig. 6°. — Sacco dell’ovo dell’osser. 28* (N. LXXXIII) aperto in grandezza naturale. — In 0 si vede il rudimento embrionario. Fig. 7*. — Porzione d’Amnios A e rudimento embrionario 0 ad un mag- giore ingrandimento. Fig. 8*. — Amnios A ed Embrione 0 (sezione 142); in Y si vede una lacuna dell'Amnios. Fig. 9* (Sezione 184%). — Cordone ombellicale (C) che sta per continuarsi con l’Amnios A. — In V lacune dell’Amnios entro le quali stanno cel- lule rotonde. Fig. 10. — Amniose vescicola ombellicale (sez. 248°); in Vi sezione del ca nale vitellino. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 5 32 E. BERTINI Le tangenti multiple della Cayleyana di una quartica piana generale. Estratto di una lettera del Prof. E. BERTINI al Prof. C. Seore. Studiando l’apolarità rispetto ad una quartica piana mi sono imbattuto in una proposizione che qui ti comunico. Considero i sistemi di tre punti, o terne, apolari ad una quartica piana Q, e giacenti su una stessa retta. Ricordo che in generale una terna si dice apolare rispetto a Q se con qua- lunque punto del piano forma una curva (di 4* classe) coniu- gata a (, ovvero se la retta polare mista dei tre punti è in- determinata, o anche se la conica polare mista di due punti ha un punto doppio nel terzo. Sopra una retta generica del piano esiste sempre una cosifatta terna data dai tre punti di intersezione della retta colla curva G, di Caporali (*), cioè colla curva di 3° ordine luogo del 3° punto di una terna apolare a Q, di cui gli altri due punti sono sopra la retta. Esistono rette contenenti più di una e quindi infinite terne apolari? Sia r una delle 21 rette che insieme a coniche costi- tuiscono prime polari degeneri di Q (i cui poli sono punti doppi della Steineriana) e sia P il polo della cubica formata di r e di una conica Y. Un punto P' di r ha per polare, rispetto alla cubica, una conica composta di r e di un'altra retta segante r in un punto P". La terna PP'P" è apolare a Q: onde P è punto comune ad co' terne apolari, di cui gli altri due punti P', P'” sono sopra r e sono manifestamente punti corrispondenti di una involuzione. La conica polare mista di P', P'" dà origine ad un’altra involuzione di rette intorno a P, i cui raggi doppi sono polari di due coppie di punti di r; A, A'; B, B' apparte- nenti al covariante S (luogo delle coppie di punti le cui coniche polari miste sono rette doppie). Ne segue che r è tan- (*) Memorie di Geometria, Napoli, 1888, pag. 344-45. LE TANGENTI MULTIPLE DELLA CAYLEYANA, ECC. 39 gente doppia per l'inviluppo delle rette congiungenti punti cor- rispondenti di S (*). Ne segue anche, indicando con A", B"” le intersezioni di r colle rette (doppie) polari miste di A, A'; B, B', che sono AA'A”, BB'B" due terne apolari sopra r: cosicchè su questa retta esistono 00° terne apolari costituenti una involuzione di 3° or- dine (e di 1® specie). Non possono infatti le dette terne essere 00° (cioè la detta involuzione essere di 2* specie), perchè ogni punto X di » staccherebbe una involuzione di 1? specie (XY Y') e formerebbero le coniche polari miste della coppia variabile (YY') un fascio involutorio di coniche con punto doppio in X. Due coppie (Y Y°) apparterrebbero quindi al cova- riante S e, variando X, si troverebbe che r appartiene a questo covariante, mentre, per una quartica Q generale, S è irriducibile. I quattro punti doppi della sunnominata involuzione di 3° ordine sopra r sono chiaramente della Hessiana di Q (la quale Hessiana sega inoltre » nei punti che questa ha comune con Y), e quindi i quattro punti che con quelli formano rispet- tivamente terne dell’involuzione appartengono alla Steineriana. La retta » è adunque tangente quadrupla della Cayleyana. Oltre le 21 rette r, questa curva non possiede altre tangenti mul- tiple, perchè sono 126 le tangenti doppie della Cayleyana di una quartica Q generale (**). Donde si trae un’altra conseguenza: e cioè che di rette sulle quali esista più che una terna apolare, non vi sono che le dette 21 rette, giacchè un’altra retta che avesse quella pro- prietà, per lo stesso ragionamento fatto, dovrebbe essere tan- gente quadrupla della Cayleyana. Si è adunque dimostrato, per una quartica piana generale, che, mentre sopra una retta generica esiste una sola terna apo- lare, vi sono 21 rette (e queste sole) su ciascuna delle quali si trova invece una involuzione (di 1% specie) di terne apolari. Tali rette sono quelle che fanno parte di cubiche polari e sono tangenti quadruple della Cayleyana (che non ha altre tangenti multiple). (*) Crani, Sopra la corrispondenza polare fra coniche inviluppo e coniche luogo stabilite da una quartica piana (° Rend. della R. Accad. dei Lincei ,, 1895, n° 10). (**) Cfr., ad es., Cresson-Lixpemany, Vorlesungen, Bd. I, pag. 368. 94 C. BURALI-FORTI Le classi finite; Nota di CESARE BURALI-FORTI in Torino. Per mezzo del concetto di classe (insieme, gruppo, colle- zione, ...), e di corrispondenza ('), e dando del termine classe finita la definizione del sig. Dedekind (*) ($ 2), noi dimostriamo il principio d’induzione ($ 3) ed otteniamo quindi il concetto di numero intero ($ 4), indipendentemente da] concetto di grandezza e di misura (*), e dal concetto di ordine (*). Per renderci esatto conto della questione della quale ci occupiamo in questa memoria e della sua importanza (*), ci basterà esaminare il recente lavoro del sig. G. Cantor (°), che, (') Indicheremo tra poco quello che ammettiamo noto per tali concetti. (2) “ Was sind und was sollen die Zahlen? , (u è classe finita quando è impossibile determinare una classe v contenuta in « e diversa da u, tale che i suoi elementi possano porsi in corrispondenza univoca e reciproca con gli elementi di u. — w è classe infinita quando non è finita). (°) R. Berrazzi, Teoria delle grandezze (Pisa, Spoerri). — Sul concetto di numero, “ Periodico di matematica per l'insegnamento secondario ,, anno II. — Per le osservazioni relative all'introduzione del concetto di numero di- pendentemente da quello di grandezza e di misura sì consulti: G. Praxo, Sul concetto di Numero, * Rivista di matematica ,, vol. I, Nota II, pag. 257. — Per l'introduzione del concetto di misura dato quello di grandezza, si veda: C. Burari-Forti, Teoria delle Grandezze, Parte IV, del Formulario pubblicato dalla “ Rivista di Matematica ,. (*) R. Berrazzi, Gruppi finiti e infiniti di enti, È Accademia ,, Torino, 1896. Faremo tra poco alcune osservazioni a questa nota. (5) Scientifica, ma non didattica, poichè il metodo di cui il sig. Dedekind fa uso per introdurre il numero intero, resta ancora il più semplice e il più naturale. In ogni modo il lavoro che noi presentiamo, se non è di immediata (e crediamo nemmeno futura) applicazione nell’insegnamento medio, riteniamo possa contribuire alla semplificazione dei metodi didattici, mostrando l'identità di certi concetti ordinariamente ritenuti come distinti (numero — classe finita — principio d’induzione). (9) Beitriùge zur Begriindung der transfiniten Mengenlehre, “ Math. Ann. , B. 47; traduz. ital. nella “ Rivista di Matematica ,, a. 1895. alzi vo insite LE CLASSI FINITE 35 oltre contenere i resultati esposti nei precedenti lavori (') dello stesso autore sui numeri cardinali, è l’opera più completa e perfetta in tale ordine d'idee. Se u è una classe il sig. Cantor chiama K numero cardinale degli « ,, e in segni v, un ente astratto funzione di « e che w ha a comune con tutte le classi v equivalenti ad ; cioè tali che tra i v e gli v sì possa stabilire una corrispondenza univoca e reciproca (1. e. — $ 1). Esprime che la classe « è equivalente alla classe v scrivendo « <» v. In conseguenza alla relazione v= ® (il numero cardinale degli u è eguale (identico) al numero car- dinale dei v, o, le classi «, v hanno egual potenza), il sig. C. dà il medesimo significato della relazione uv. Definisce in seguito la somma, il prodotto, ... di due numeri cardinali ($ 1, 3, 4) per mezzo di relazioni e operazioni logiche tra classi e tra cor- rispondenze. Segue da ciò che ogni proprietà dei numeri cardinali si deve potere trasformare in una proprietà delle classi e delle cor- rispondenze. Il sig. Cantor ammette noti i concetti espressi dai termini classe e corrispondenza. A noi, per continuare l’analisi che ab- biamo cominciata, è necessario esaminare questi concetti. Attualmente del termine classe non si conosce la definizione (nominale), vale a dire non si sa dare un complesso di termini aventi significato esattamente definito, e legati dalle relazioni logiche semplici e, 0, si deduce, ... cui possa attribuirsi lo stesso significato del termine classe. Lo stesso dicasi per il termine corrispondenza. Se u, v sono classi, immaginiamo data una legge mediante la quale fissato ad arbitrio un elemento x di « risulti determinato, e in un sol modo, un elemento di v; indicando questo con fx e lasciando invariato il segno f col variare di x in w, conveniamo che f rappresenti la legge o la corrispondenza tra gli u e i v. Tutto ciò non definisce certo il termine corrispondenza, perchè parecchi dei termini, e delle relazioni fra essi, di cui ci siamo serviti, non sono definiti. — In altri termini dicendo che f è una cor- (1) Si consulti la “ Lista bibliografia ,, del sig. Vivanti, unita alla parte VI del Formulario. 36 C. BURALI-FORTI rispondenza tra gli u e iv e che essendo x un elemento di v, fx è l'elemento di v che gli corrisponde e che è determinato dalla legge 7, non definiamo il termine corrispondenza, ma esprimiamo alcune delle idee e delle forme di scrittura che ordinariamente si annettono a questo termine. L'introduzione degli enti classe e corrispondenza in mate- matica, non possiamo attualmente farla altro che per mezzo di postulati 0 proposizioni primitive. In altri termini, dobbiamo con- siderare le idee di clusse e di corrispondenza come primitive (o irriduttibili), e assegnare ad esse un sistema di proprietà (postulati) dalle quali logicamente si possano dedurre tutte le proprietà che agli elementi classe e corrispondenza siamo soliti attribuire. Attualmente non è noto il sistema di postulati di cui ab- biamo fatta parola ('). Per fissare le idee noi ammettiamo note le proprietà di questi enti che sono contenuti nei $$ 4, 5 della Parte I del ForwoLaRrIO pubblicato dalla Rrvisra pi MATEMATICA. Enunceremo in seguito esplicitamente uno dei postulati, che secondo quello che crediamo, dovrà formar parte del sistema di proposizioni irriduttibili, atte a definire i concetti espressi dai termini classe, corrispondenza. Ritorniamo ora al lavoro del sig. Cantor. Nel $ 5 l'A. si occupa dei Numeri cardinali finiti (0 numeri interi nell’ usuale significato). Considerando un unico oggetto £, come un insieme E,, pone 1=;: poi, unendo ad E, un oggetto e, forma l’in- (!) Un sistema di postulati per le classi si trova nella nota del sig. Vailati, Le proprietà fondamentali delle operazioni..., © Rivista di Mat. ,, vol. I, ma esso non è completato. E del resto non è indicato come possa stabilirsi il legame tra il concetto di classe e di proposizione, legame che è necessario stabilire quando sì vogliano dimostrare le proprietà che sono conseguenze dei postulati. Non possiamo fermarci su di un argomento che oggi non è ancora sufficientemente analizzato, e che, anche senza risolverlo, ci porterebbe troppo in lungo. [Era già scritto questo articolo quando ab- biamo ricevuto le bozze del nuovo Formulario per la parte che rignarda la teoria delle classi delle proposizioni e delle corrispondenze. In questa parte il sig. Peano risolve la questione che dicevano finora insoluta. Non vi sì trova la nostra prop, 17 del $ 2 che abbiamo assunta come primitiva, non essendo essa necessaria per le proposizioni che compariscono attual- mente nel nuovo Formulario]. I LE CLASSI FINITE 37 sieme E, e pone 2—= E,, e così di seguito. Alla formazione delle classi E, E, ... corrisponde la formazione dei numeri cardi- nali 1, 2,... e la legge di formazione di questi ultimi il sig. Cantor completa (') ammettendo (nella dimostrazione della prop. E), il principio di induzione completa; ammettendo cioè che: * Se v è una classe di numeri interi, 1 è un elemento di w e il successivo di ogni v è pure un elemento di «, allora ogni, numero intero è un elemento di v ,. Nel $ 6 le prop. 0, D, sono le prop. assunte dal sig. Dedekind per definire i termini classe finita, classe indefinita. L'A. non ha però dato il signifi- cato del termine, p. es. classe finita, e si può quindi ritenere che: o classe finita significhi classe il cui numero cardinale è uno degli elementi 1, 2, ...: o il termine classe finita esprima un concetto primitivo (irriduttibile) di cui il principio d’indu- zione è uno dei postulati che lo individua insieme ai concetti di classe e di corrispondenza (©). In ogni modo nel lavoro del sig. Cantor non apparisce ben chiaro come il concetto di numero cardinale (finito o no) possa ridursi, a partire dal $ 5, ai soli concetti di classe e di corri- spondenza, come agevolmente si fa nei primi quattro $$. — La questione ha bisogno di una ulteriore analisi nei principîì fon- damentali, analisi che noi abbiamo intrapresa al solo scopo di contribuire, per quanto le forze ce lo permettono, al grandioso edificio dei numeri trasfiniti. Esponiamo ora brevemente quali questioni abbiamo poste e risolute in questa memoria. Nel $ 1 diamo alcune prop. sulle corrispondenze non ancora contenute nel Formulario. Di più introduciamo alcuni segni (-, <, Un, seq), che servono a rendere più semplici gli enun- ciati e le dimostrazioni contenute nei $$ 2, 3, 4. Nel $ 2, dopo avere assunte come definizioni dei termini (') Si consulti la nota I: Sul concetto di numero, del sig. G. Peano, a proposito dell’indipendenza dei postulati (del Dedekind) che individuano il numero (pag. 98). (?) Che non convenga considerare il termine classe finita come primi- tivo, risulta dal fatto che, esso può definirsi dipendentemente dai concetti di classe e di corrispondenza, o di classe e di numero e che così definito gode delle proprietà che nel linguaggio comune ad esso si attribuiscono. 38 C. BURALI-FORTI classe finita e infinita quelle del sig. Dedekind, esponiamo un complesso di proposizioni (:}-16) conseguenze di tali definizioni e delle prop. del Formulario relative alle classi e alle corrispon- denze. Fra queste, notevole e feconda di molte conseguenze, è la prop. 5 che dice, essere infinita ogni classe che contiene una classe infinita (0, è finita ogni classe contenuta in una classe finita). È pure notevole la prop. 16, sebbene di essa non ab- biamo fatte applicazioni. “ Se esiste una classe infinita e la classe v è tale che comunque si fissi la classe finita w esiste una parte di u equivalente ad x, allora v è classe infinita ,. Se col sig. Dedekind (1. e.) dimostriamo la prop. * esistono classi infinite ,, allora la prima parte dell'ipotesi della prop. citata può esser soppressa. Non siamo però riusciti a dare della prop. “ esistono classi infinite , una dimostraziose che ci sod- disfi intieramente e quindi la poniamo in modo esplicito nel- l'ipotesi tutte le volte che ci è necessario. Arrivati a questo punto non abbiamo saputo procedere oltre senza introdurre esplicitamente una prop. primitiva, che esprimiamo nel modo seguente: “ Se u è una classe i cui ele- menti sono classi non nulle, e v è la minima classe che con- tiene ogni elemento di v, allora la classe vu è equivalente o a o a una parte di v ,. Ciò nel linguaggio comune si può anche esprimere dicendo che “ una classe di classi contiene almeno tanti elementi, quanti sono quelli che formano i suoi elementi ,; qui il tanti quanti, è espressione precisata nella precedente di- zione dal concetto di classe e di corrispondenza univoca e re- ciproca. Da questa prop. noi deduciamo (prop. 19) che * ogni classe di classi formata con gli elementi di una classe finita è classe finita ,, il che non sapremmo dimostrare valendoci sola- mente delle proprietà delle classi e delle corrispondenze conte- nute nel Formulario. Nel $ 3 otteniamo il principio d'’induzione. Ecco in sostanza come procediamo. Sia v una classe finita i cui elementi sono p. es. a, 6, c, d, e. Diciamo che v è una classe normale formata con gli u (prop. 1), quando i suoi elementi sono p. es. le classi seguenti: (a), (a, 8), (a, 8, c), (a, 5, c, d), (a, 8, c, d, e). La prop. primitiva prima ammessa, ci permette di dimo- strare che v è classe finita (prop. 9), che u è un elemento di v dedi LE CLASSI FINITE 39 (prop. 11) e che “ se w è una classe formata con elementi di », a appartiene a w, e il seguente di ogni elemento di w diverso da v, è pure un w, allora ogni v è un v, cioè la classe w è identica alla classe v (prop. 12) ,. — Ciò, in altri termini esprime che “ si forma una classe finita, unendo ad un suo ele- mento a un altro d, poi un altro c,..... e così di seguito, avendo tale operazione una fine ,. Qui i termini così di seguito, l'operazione ha fine sono precisati dai termini esattamente defi- niti contenuti nella prop. 12. Risulta di qui che la def. del signor Dedekind conduce effettivamente ad uno degli ordinari significati che si attribuiscono al termine classe finita (!). Dimostriamo in seguito (prop. 13) che può effettivamente costruirsi almeno una classe normale con gli elementi di una classe finita, e da ciò deduciamo il principio generale di indu- zione (prop. 14) che può essere enunciato così: “ Se una pro- prietà è vera per tutte le classi contenenti un solo elemento ($ 1, prop. 13), ed essendo vera per una classe finita (diversa dalla classe totale) si può dimostrare che è vera per la classe che da essa si ottiene unendoci un elemento, allora ogni classe finita gode di quella proprietà ,. Nel $ 4, essendo « una classe finita e contenente effetti- vamente degli elementi (non nulla), chiamiamo “ numero degli u , un ente astratto funzione di « e che « ha a comune con tutte le classi v equivalenti (secondo Cantor) ad «. Chiamiamo poi numero (intero e non nullo) la classe i cui elementi sono i numeri degli elementi di tutte le classi finite e non nulle. — Definito l’1 e la somma di due numeri, come fa il sig. Cantor (4) Il sig. Berrazzi, nella nota citata: Gruppi finiti....., dice “ .....resta il dubbio che veramente i suoi (del Dedekind) gruppi finiti si possano tutti ridurre a quel tipo di gruppo ordinato, nel quale in sostanza ordinaria- mente (ed anche nel grossolano uso comune) si suol vedere il gruppo finito ,. — Noi riteniamo invece che la definizione del sig. Dedekind con- duca effettivamente al comune significato di classe finita, poichè le nostre proposizioni dei $$ 3, 4 esprimono appunto le proprietà che nel linguaggio comune si sogliono attribuire alla classe finita. Che poi non sia necessario ricorrere — come fa il sig. Bettazzi — oltre che ai concetti di classe e di corrispondenza anche a quello di ordine, risulta dal non aver noi fatto uso di tale concetto pur giungendo al risultato finale. 40 C. BURALI-FORTI per i numeri cardinali, risalta subito che se u, è la classe che si ottiene da u unendoci un elemento e diverso da ogni w, allora il numero degli u, vale il numero degli u più uno; il che prova che l’espressione “ numero degli v , ha l’ordinario significato. Se esiste almeno una classe infinita, allora la classe nu- mero è infinita, e essendo a un numero, 4 +1 è sempre un numero. Valendosi dei risultati ottenuti nel $ 3 si dimostra che per l'ente astratto numero sussistono le proprietà assunte dal signor Dedekind come primitive per individuare il concetto di numero ('), e sussistono quindi per il numero, quale lo abbiamo definito, tutte le ordinarie proprietà (*). Con ciò diamo fine al $ 4 e al nostro lavoro. E potremmo anche dar fine alla prefazione se non credes- simo utile far notare esplicitamente come possa farsi la trat- tazione inversa alla nostra. Tale utilità ci sembra determinata dal fatto che mentre didatticamente è assai semplice partire dal concetto astratto di numero intero e da questo giungere al concetto di classe finita, pure tale metodo è poco noto fra gli insegnanti (*) e anzi si presenta una spiccata tendenza (*) al procedimento inverso, per quanto esso fino ad oggi sia stato privo di un rigoroso fondamento scientifico. Al concetto di numero (intero, positivo e non nullo) sono intimamente legati i concetti espressi dai termini wn0 (0 unità), (1) Sul concetto di numero, Loc. cit. (2) G. Peano, Arithmetices principia..... Torino, Bocca, 1889. (*) “ Le esatte determinazioni di concetti ed i rigorosi metodi di dimo- strazione, svolti dalla moderna matematica, vengono generalmente ritenuti per astrusi ed eccessivamente astratti nella cerchia degli insegnanti secon- darii;.... — Per oppormi a tale opinione fu per me vero piacere l’esporre nella scorsa estate dinanzi ad un gran numero di uditori, in un corso di lezioni di due ore settimanali, quanto la scienza moderna è in grado di dire sulla possibilità delle costruzioni della geometria elementare , (F. Krers, Conferenze sopra alcune questioni di geometria elementare, traduzione dal tedesco di F. Giudice). Perchè in Italia un qualche autorevole e valente scienziato non fa altrettanto ? (*) Per es. i citati lavori del sig. Bettazzi e varii trattati ispirati a tali metodi. LE CLASSI FINITE 41 successivo (a -+ 1) (‘). Questi, insieme al termine numero, sono individuati dai postulati seguenti (*): (a) L'unità è un numero. (6) Il successivo d’ogni numero è un numero. (c) Numeri eguali hanno eguali i successivi e viceversa. (4) L’uno non è il successivo d’un numero. (e) Se una proprietà è vera per il numero 1, ed ammessa vera per un numero, sì può dimostrar vera per il suo succes- sivo, allora quella proprietà è vera per ogni numero. (Principio d’induzione completa). Da questi postulati si deducono tutte le ordinarie proprietà dei numeri. Essendo « una classe si scriva numu, al posto di “ nu- mero degli vu ,, e si ponga: numu=0, quando la classe « non contiene elementi; e si ponga numu=a, ove 4 è un numero, quando il numero degli x da cui si toglie un elemento è @ — 1. Per induzione (*) risulta il significato generale di numu=-a (5). Si dica che « è classe finita (e non nulla) quando esiste un numero a tale che numu=d, cioè quando gli elementi di « sî possono contare. Si dimostrerà, assai facilmente, che: se «, %, sono classi finite, allora numu= num, quando v è equiva- lente a v: « è una classe finita quando non esiste una sua parte propria equivalente ad w. Si ritorna così alla def. da noi data della relazione numu= num» e alla def. di classe finita del sig. Dedekind. Basti per ora questa esposizione sommaria, sulla quale speriamo tornare con altri lavori. In altre note, valendoci dei risultati ottenuti in questa memoria, ci occuperemo delle classi infinite e avremo da esporre alcune osservazioni che crediamo di qualche interesse. Nell’esposizione facciamo uso delle notazioni di logica adot- tate dal Formulario. Citiamo questo e “ L’introduction au For- mulaire , con le abbreviazioni Form., Int. Form. (*) Per la riduzione ai soli termini numero, uno, successivo, sì veda C. Bvrari-Formi, Logica matematica (Manuali Hoepli, pp. 130-139). (®) I lavori citati dei sigg. Dedekind e Peano. (#) Logica matematica, Loc. cit., pp. 126-128. (*) Sul concetto di Numero, Loc. cit. 42 C. BURALI-FORTI Sela u, v,weK.p.. 1.(*) fe(efu)rep.aeu.dev.n:9e(efu)rep.ga=b.-=,A 2.()uov.=.(efurep-=A Def 3.()u 75) ASSE PA RE RCS (1) | Mi ie di e pa du dt 2 insieme alla dX aY dl (1,0) dx li dy na CER i quando non vi è elettricità libera. La funzione yw è indetermi- nata; è solo sottoposta alla condizione di essere continua e ad un sol valore. Ora il Thomson trova opportuno, in seguito ad alcune considerazioni sulla forma della funzione w, di scinderla in due parti e di scrivere y=@+ (Fu+ Go + Hw) ciò che egli giustifica e non contraddice del resto alle condi- zioni poste per la funzione w. Le equazioni della forza elettro- motrice vengono scritte allora sotto la forma ep = Da (a) dt ecc. a io + Ho) — &L isa (Fu+ Go + Hw) A Il Thomson applica queste equazioni al caso in cui w, v, w siano le componenti della velocità di una sfera isolante che ruota in un campo magnetico come quello prodotto da un so- lenoide, avendo l’ asse di rotazione coincidente con l’ asse del 54 ADOLFO CAMPETTI campo: sarà qui opportuno di considerare anche il caso in cui la sfera ruoti attorno ad un asse normale a quello del campo; e specialmente il caso di un cilindro rotante: vedremo in questo caso come i risultati analitici possano dare una spiegazione del fenomeno osservato dal sig. Duane. 3. Consideriamo prima il caso, di una sfera ruotante in un campo magnetico e sia l’asse delle x l’asse di rotazione della sfera. Supponiamo che la sfera si muova con velocità uniforme angolare w; vedremo poi come facilmente si possa passare al caso delle oscillazioni: il campo magnetico sia pro- dotto per es. da un grosso solenoide cilindrico avente per asse l'asse delle 2: allora delle tre quantità «,d,c sarà c soltanto differente da zero e costante, mentre per le relazioni note: A = n — dy dz dovrà essere fa Un ve LI pas ani == 5 E Hd Per le ipotesi fatte sarà anche nella sfera rotante (che è un corpo rigido) u=0 v=—Wz w=UWy allora tenendo conto della (1,4) si vede subito che entro il corpo ruotante @ deve soddisfare alla equazione A°p@=0, giacchè le equazioni (1) si riducono in questo caso a nl (1) ai eu — dx do oe — (8) = n _ __ do Z=_-<3 cwr = e, noto @, si hanno subito da queste equazioni le componenti X, Y, Z della forza elettromotrice in ogni punto. SUL MOTO DI UN DIELETTRICO IN UN CAMPO MAGNETICO 55 Vediamo ora che cosa avverrà all’esterno della sfera ruo- tante. Siccome la deduzione delle equazioni (1) suppone che la velocità varii con continuità, noi dobbiamo supporre che all’e- sberno della sfera ,v, ww non diventino subito nulle; potremo allora ammettere (e sarà l'ipotesi più naturale) che la velocità si annulli sopra una sfera concentrica alla prima e in modo che tra le due sfere il moto del mezzo avvenga come quello di un fluido vischioso. Potremo dunque porre (2) = (Nu By) v= — (AL1+Be) DAI) essendo A e B due costanti da determinare e r=/e+y + 2°. Se « è il raggio della sfera rotante e ammettiamo che d sia il raggio della sfera su cui cessa il moto, sarà w 353 3 isti a A = Sostituiamo i valori (2) di «, v, w nelle (a) troveremo nta IAT IO PT ao Xe 2 cAz ( 5? n) 2 cA2x de 73 dx ) mn 1% d 1 _ d@ (Mm e g cher asia rà A 0a pe a=-5che(& ear ggiai ce Allora è facile vedere che anche in questo spazio, in forza della (1, a), la funzione @ soddisfa all’equazione A°p=0. All'esterno poi della sfera =, poichè abbiamo supposto che sia cessato ogni movimento e quindi u=v=w=0, ri- sulterà do "oa I stesa af0a () (| Yerdle 3 d® 56 ADOLFO CAMPETTI e quindi la funzione @ deve anche all’esterno della sfera "= soddisfare all’equazione A°p=0. In conclusione dunque la funzione @ soddisfa in tutto lo spazio alla equazione a derivate parziali A*p=0: sappiamo di più che deve essere finita e continua in tutto lo spazio; per determinarla ci varremo dunque della discontinuità delle sue de- rivate normali alle superficie di separazione r=a, r= 5. Queste discontinuità si potranno conoscere subito ponendo la condi- zione che la polarizzazione elettrica secondo la normale alla superficie sferica sia continua. Ora, se X, Y,Z sono le compo- nenti della forza elettromotrice e K è la costante dielettrica del mezzo che si considera, le componenti della polarizzazione elet- trica sono date da IV, Me Basterà dunque moltiplicare rispettivamente le (8), (1), (ò) per (se K,, Kx, Ks sono respettivamente la costante dielettrica della sfera rotante, del mezzo tra le due sfere e del mezzo oltre la sfera esterna) e cambiare di segno e avremo così le componenti della polarizzazione elettrica nelle tre porzioni di spazio con- siderate. Moltiplicando queste componenti per “i 1a = respett. e sommando, avremo allora la polarizzazione elettrica secondo il raggio r. Chiamando P, questa componente normale della polarizza- zione elettrica sarà nella sfera rotante e al di fuori della sfera pe=sti RI do p_—ti do — 4n dr Ùì 4n dr __ Ki ( do 3 25 | hic — se r | SUL MOTO DI UN DIELETTRICO IN UN CAMPO MAGNETICO 57 ovvero, se poniamo: z: 9 K Vi= Di fpus e caarà VP, tf SP cavi e le funzioni Vir® e xo soddisfano all’equazione A°= 0. Alla superficie di separazione »=@ avremo dunque: (3) Ko (2) _= (cs) e alla superficie r = è (4) K. (SL) =K(d_cA tz) r=b Per soddisfare a queste condizioni prenderemo dunque: 2 3 @=SVir+T, po=NV:i5 — OV:+L, = 3 +R 73 indicando con @; il valore di @ nella sfera ruotante, con gp; quello nel mezzo tra le due sfere, con @; quello nello spazio esterno alle due sfere; S, T, L, N, 0, P, R_ sono costanti. Le condizioni di continuità di @ dànno: LT\I_R.Na0=ss4r No 0 mentre le (3) e (4) dànno : e. Sa (cA__2N 3.0 2ESa=hij9 RI Di queste equazioni le quattro ultime determinano le co- stanti S, N, 0, P: esse possono essere semplificate se ci limi- 58 ADOLFO CAMPETTI tiamo a considerare un caso particolare. Ammettiamo intanto che la sfera rotante sia immersa nell'aria: allora sarà con molta approssimazione K,= 1; di più supponiamo per esempio che al posto della sfera di raggio "= si trovi una sfera condut- trice; in tal caso le equazioni che determinano le costanti si riducono subito a: N— O#Sa' NW 00—=0 © 2Kat fd iN 1 3:0 dalle quali si ricava: se eee o cui alal ail IO ST ap 2Kfa'-d) — B_ad 2a'+-3044-2Kf#—a') Se poi 3 fosse molto prossimo ad « si avrebbe approssi- mativamente (considerando la differenza %-a come piccola di fronte ad a) (6) s=* Di guisa che il valore di g entro alla sfera rotante sarà dato (all'infuori di una costante additiva che a noi non interessa poichè nelle formule. compariscono solo le derivate dalla fun- zione ®) da: __ cwb' b° — a' Valar EP FP) |? ovvero da = 2a cwr V, secondo che applichiamo la (5) o la (6); e le componenti della forza elettromotrice entro alla sfera rotante saranno date dalle equazioni (f). Se l’asse di rotazione della sfera coincide coll’asse del campo (che è il caso considerato dal Thomson) converrà prendere (ve- dasi la memoria citata) per l’interno della sfera: SUL MOTO DI UN DIELETTRICO IN UN CAMPO MAGNETICO 59 = Sr2Q.+ T ove Q= — 1 A. 3 = (funzione sferica) e S ha lo stesso valore del precedente, se facciamo le me- desime ipotesi; e per ogni punto della sfera rotante sarà Segue intanto di qui, che (ammettendo giuste le equazioni fondamentali sotto la forma data da, Thomson), se una sfera ruota in un campo magnetico, tanto nel caso che l’asse di ro- tazione sia parallelo quanto nel caso che sia normale alle linee di forza del campo, ogni punto della sfera rotante diverrà sede di una, forza elettromotrice, causa, di una polarizzazione nel dielet- trico: le formule precedenti ci permettono di calcolare le com- ponenti di questa polarizzazione. Teniamo presente questo resul- tato e passiamo al caso del cilindro. 4. L'asse di rotazione del cilindro coincida coll’asse delle 2 e coll’asse del solenoide generante il campo magnetico: sia al solito u=—wy, v=wxz, w=0; G=Fer F=' dey, Ei=0 e supponiamo il cilindro abbastanza lungo. rispetto al raggio della sua sezione retta per poter astrarre dall’effetto delle se- zioni terminali; allora è facile vedere che entro il cilindro rotante Tre G ag =— Xaat dr Lem dy Z= da e però @ soddisfarà all’equazione A*@= 0; tra il cilindro ro- tante (raggio della sezione = a) e un cilindro immaginato fisso collo stesso asse del primo (r=d), con le stesse ipotesi fatte per il caso della sfera, porremo 60 ADOLFO CAMPETTI A u=—y} 45 +B) o=r} 4 +BI w=0 con r=Vx+y, ed allora in questo spazio ET AR fr SS (7) Si 73 da’ a rr — dy' da a wa b? wa ae PST", dmn = 3 e però anche in questo spazio la @ soddisfarà all’ equazione A*@=0, come evidentemente vi soddisfa all’esterno. Proce- dendo allora allo stesso modo di quello seguìto per la sfera, tenendo conto cioò del dovere essere finita e continua Ja fun- zione @ in tutto lo spazio e delle discontinuità delle sue deri- vate alle superficie "= a, r= si vede subito che dovremo porre (gli indici hanno lo stesso significato di prima): mil pg, = L+ Mlogr di ove T, L, M, R sono costanti: e sì trova subito M=cA; quindi {all'infuori di una costante additiva) nello spazio compreso tra i due cilindri sarà @- = c A logr; ma se sostituiamo questo va- lore nelle (7) si vede che anche in questo spazio X=Y=Z=0, Dunque per la rotazione del cilindro coll’ asse coincidente con quello del campo non si ha alcuna polarizzazione, nè nel corpo ruotante nè nel mezzo esterno. 5. Consideriamo ora il caso in cui la rotazione avvenga attorno ad un asse normale alle linee di forza. Sia l’asse delle x l’asse del cilindro e l’asse di rotazione, e 2 l’asse del campo di guisa che 1 ind lol F=—- 0y G= ee H=0 '=0 v—= — Wz w= Wy. SUL MOTO DI UN DIELETTRICO IN UN CAMPO MAGNETICO 61 Allora entro il corpo ruotante le equazioni generali divengono do MN ni i do e ia ui e però A°p=0. Nello spazio tra il cilindro rotante (raggio "= a) e il ci- lindro (r=%) su cui supporremo cessare il moto del mezzo supporremo al solito A A u=0 v=—254+B) w=yf 4 +B) con 2 lag 2 Wa sul ali gua) Hi e di A aca ca b° — af Sostituendo questi valori di ,v,w nelle (a) avremo nello spazio tra i due cilindri EVASI i SN do x= 2 che | r° 3) — dx ein SI Magia) da (8) Va cAzat; i VARI f-rrdipoi so) Ela Del pile 4=3 cho (4-5) ALA a e però è facile verificare che anche in questo spazio si ha A*@=0, come pure accade evidentemente per r > d. Di guisa che anche qui la @ soddisfa all’equazione A°*p =0 in tutto lo spazio: essa perciò potrà essere determinata come nei casi precedenti per mezzo delle discontinuità delle sue de- rivate secondo la normale alle superficie "= ed r= 5. Potremo dunque porre: q=S.Vir+T g=NVî — 0VWZ+L p=R+t1 1 62 ADOLFO CAMPETTI Vi= _ con r°=y° + 2* e S, T, N, 0, L, R sono costanti. Le T,L, R sono costanti additive, il cui valore non figura più nelle equazioni che contengono solo le derivate di @: per la determinazione delle altre costanti S, N, 0, P_otterremo (po- nendo al solito Je condizioni di continuità per @ e per la po- larizzazione elettrica alle superficie "= a, r= 5) le equazioni Sa=N— 0 Pa= Na — 08° SK =K cA a+? N (0) x — 1 => di ) ci 2 a” 2 abi a a Supponendo, come precedentemente, K,=K,=1 queste dànno per S il valore: ; cA(a — bf T Za FE) e però entro il cilindro rotante sarà (all'infuori di una costante additiva): e cAl(a — Bb ee Wala DI 7 = PI St ed allora le (8) ci dànno le componenti della forza elettromo- trice entro il cilindro. In particolare se 4-4 è piccolo rispetto ad a avremo approssimativamente LT USE) i In questo caso se il cilindro dielettrico rotante sarà circon- dato da un cilindro coassiale metallico di raggio r > è non avremo aleun cambiamento nel fenomeno. SUL MOTO DI UN DIELETTRICO IN UN CAMPO MAGNETICO 63 Da ciò che precede risulta dunque che, se un cilindro ruota in un campo magnetico in guisa che il suo asse coincidente coll’asse di rotazione sia parallelo alle linee di forza del campo, non si sviluppa nel cilindro alcuna forza elettromotrice, mentre se l’asse è normale alle linee di forza ogni punto del corpo è sede di una forza elettromotrice di cui sappiamo calcolare le componenti. 6. Ora sappiamo che, se X, Y, Z sono le componenti della forza elettromotrice di induzione che si esercita in’ seno a un dielettrico di costante dielettrica K;, lo spostamento elet- trico (Maxwell) è dato da SI K f=pX gs=E2Y a=h7z e l'energia del sistema è allora LI9IRTON Sa W=g (+ Y°+254d1 essendo t il volume occupato dal corpo. In tutti i casi dunque considerati da noi l'energia elettrica che viene a possedere il corpo per il fatto della rotazione sarà proporzionale al qua- drato dell'intensità del campo e della velocità angolare di ro- tazione. Ma, per avere un'idea dell'ordine di grandezza di questa energia W, consideriamo, per esempio, il caso di una sfera coll’asse di rotazione parallelo alle linee di forza e nelle con- dizioni del numero 3°. Allora X, Y, Z saranno in tutta la sfera le derivate della funzione pi '= S7°0; ove S dato da una o l’altra delle espressioni (5) o (6), e 3 2 Ti TRNC Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. r I 64 ADOLFO CAMPETTI Risulterà quindi introducendo le coordinate polari r, 9, nella sfera We Lo ia (S°r° + 35%? cos*0) dt = 8 far (49 (740.1 +37*c0s'0)*sen0 =K,8°. È. Ora S è in ogni caso uguale al prodotto di cw per una costante che chiameremo R; sul suo valore preciso non possiamo dir niente, poichè non conosciamo il valore di è: ad ogni modo R sarà una certa frazione dipendente da 4 e da K, e potremo scrivere W=R?.K.c'w° LI Ora l’energia cinetica di una sfera rotante di massa m e densità è è data da MU gd gp RI 2-5 = 9 ‘+ ma = 7. mu'a'. dè si vede dunque come le quantità W ed U per c sufficiente- mente grande possano essere dello stesso ordine. Se ora, anzichè di rotazione del corpo con velocità ango- lare costante, si tratta di oscillazioni, i valori di ,v,w ete. delle nostre equazioni verrebbero moltiplicati per un fattore di periodicità dipendente dal tempo e le formule risulterebbero più complicate: ma, considerando il corpo oscillante a partire dalla posizione di elongazione massima, durante il moto rotatorio suc- cessivo che costituisce una oscillazione semplice, noi possiamo ora dire che esso corpo dovrà polarizzarsi in tutto il suo vo- lume e l’energia elettrica così generata nel corpo (per non par- lare di quella generata nel mezzo ambiente) non potrà essere dovuta che a una diminuzione dell'energia meccanica del sistema oscillante. Quando poi, per compiere una oscillazione completa la rotazione avverrà in senso inverso, anche i fenomeni di po- larizzazione elettrica nel corpo saranno invertiti e dell'energia elettrica prima fornita ne sarà restituita una parte più o meno grande a seconda della natura del dielettrico, potendo per es. | 4 pe SUL MOTO DI UN DIELETTRICO IN UN CAMPO MAGNETICO 65 una parte trasformarsi in calore; è quindi evidente che le oscil- lazioni dovranno subire uno smorzamento. Per quanto la teoria non ci permetta, per mancanza di dati sufficienti, di assegnare i valori numerici di questo smor- zamento per ogni sistema oscillante, pure essa prova (in pieno accordo colle esperienze del sig. Duane) che quest’ azione di smorzamento parte da tutta la massa del corpo e che è pro- porzionale al quadrato dell’intensità del campo; di più è spie- gata la diversità di comportamento per il caso del cilindro a seconda della posizione del suo asse rispetto alle linee di forza del campo; mi è sembrato perciò che fosse di qualche interesse il fare conoscere questi risultati. L’ Accademico Segretario ANDREA NACCARI. —- VSS n__ CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGIOHE Adunanza del 22 Novembre 1896. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: CLarertA, Direttore della Classe, Peyron, Rossi, BoLLati pi SarnT-Prerre, Pezzi, NANI, GRAF, BoseLLI, CrroLLa, Brusa, PERRERO, ALLiEvo e FERRERO Segretario. Il Presidente comunica alla Classe il telegramma di feli- citazione inviato per le nozze di S. A. R. il Principe ereditario e la risposta, d'ordine di S. M. il Re, fatta da S. E. il Ministro della Real Casa. Egli poi annuncia alla Classe la morte del Socio Straniero Ernesto CurtIus, intorno al quale il Socio Segretario pronuncia alcune parole commemorative, che sono pubblicate negli Atti. Il Socio Segretario, fra le pubblicazioni pervenute in dono alla Classe, durante le ferie accademiche, segnala le seguenti offerte da Socii: “ Histoire des relations de la France avec Venise du XIII sidele à l'avènement de Charles VIII ,, opera postuma di P. M. PerreT (Paris, 1896, 2 vol.), pubblicata dal Socio Stra- niero Paolo Meyer; “ École pratique des Hautes Etudes: section des sciences historiques et philologiques. Annuaire 1897 ,, conte- 67 nente un lavoro del Socio Straniero Gastone Maspero: “ Com- ment Alerandre devint Dieu en Egypte ,; * Rappresentazioni popolari in Piemonte. Il giudizio universale in Canavese , ‘pub- blicato e commentato dal Socio Corrispondente S. E. il conte Costantino Niera in unione col Prof. Delfino Orsr (Torino, 1896); “ Atti dell'Accademia Ligustica di Belle Arti, 1894-1895-1896 , (Genova, 1896), contenenti un discorso pronunciato dal Socio Corrispondente Vittorio PoGGI nell’inaugurazione del busto del Prof. Santo Varni; “ Il Museo civico del palazzo Bianco , dello stesso; “ De l’introduction de termes chinois dans le vocabulaire des Malais , del Socio Corrispondente Aristide MaARRE (Leida, 1896); “ Les archives de Dropmore , del Socio Corrispondente Marchese pi Naparrrac (Paris, 1896). Presenta inoltre un opu- scolo contenente la relazione delle “ Onoranze a Galileo Galilei nel terzo centenario della sua prelezione nell'Università di Pa- dova , (Padova, 1896), inviato dal Rettore di quella Università. A nome dell'autore, Dott. Giacomo PoLLInI, offre un volume intitolato: “ Notizie storiche, statuti antichi, documenti e antichità romane di Malesco, comune nella valle Vigezzo nell’Ossola , (To- rino, 1896), ed a nome pure dell'autore, Prof. Giulio Camus, le seguenti pubblicazioni: “ Notices et extraits des manuscrits fran- gais de Modène antérieurs au XV° siècle , (Modène, 1891); “ Les noms des plantes du livre d'heures d’ Anne de Bretagne , (Paris, 1874); “ Un manuscrit namurois du XV? sidele , (Montpellier, 1895); “ Les songes au moyen @ge d' après un manuscrit du XV° siècle , (Liège, 1895); “ Historique des premiers herbiers , (Génes, 1895); “ Un herbier composé en 1838 pour Victor Emma- nuel et le Duc de Génes , (Genova, 1896); “ Notice d’une tra- duction francaise de Végèce faite en 1380 , (Paris, 1896). Il Presidente, a nome dell'autore Prof. Lando LAnpuCEI, presenta le pubblicazioni: “ Saverio Scolari ,, Commemorazione (Palermo, 1896) e “ Indissolubilità del matrimonio confarreato , (Bologna, 1896). Il Socio Rossi presenta un libro offerto dall’autore, il Pro- 68 fessore (G. B. GsRINI: “ Gli scrittori pedagogici italiani del secolo decimoquinto , (Torino, 1896) e pronunzia intorno ad esso le se- guenti parole: “ Il libro del quale oggi ho l’onore di fare a nome del suo autore Prof. G. B. GeRINI omaggio alla nostra Accademia, porta il titolo: “ Gli scrittori pedagogici italiani del secolo deci- moquinto , (Un volume di pp. vm-316). “ Fu scritto che gli Italiani mancano affatto di una tradi- zione pedagogica, e che chi vi crede è un illuso. “ Ora sebbene il nostro autore non dichiari esplicitamente di voler contraddire a quest’erronea opinione, tuttavia si può sostenere che il suo lavoro intende sostanzialmente a respin- gerla, mostrando esso per lo appunto la continuità della tradi- zione pedagogica italiana. Il Gerini infatti conferma che le idee educative di Cicerone, di Seneca, e specialmente di Quintiliano, da lui esaminate in una precedente monografia (1), (della quale fece anche a suo tempo l'omaggio alla nostra Accademia) hanno ispirato gli scrittori pedagogici del secolo decimoquinto. “ Benchè non si dia autore, che abbia in qualche modo contemplato il tema dell'educazione, di cvi non ci porga il no- stro autore qualche cenno, tuttavia, per tacere dei minori, quelli di cui si occupa in modo speciale sono: Pier Paolo Vergerio il Seniore, Vittorino da Feltre, Maffeo Vegio, Enea Silvio Picco- lomini, Leon Battista Alberti, Matteo Palmieri, Francesco Fi- lelfo, Guarino Veronese, Leonardo Bruni, ecc. “ Di questi e degli altri il Gerini narra la vita ed accenna le opere, attingendo le notizie dai più autorevoli scrittori sin- croni, pur tenendo conto degli studi più recenti. “ Tratteggiata quindi la vita, e fatta menzione delle opere di ciascuno scrittore, egli si fa ad esporne le idee educative, accompagnandole con poche riflessioni, perchè il pensiero dello scrittore, tolto ad esaminare, apparisca nella sua schiettezza. “ Certo questo libro non mancherà di difetti, ma conside- rando che niuno in Italia, e forse anche all’estero, ha discorso (1) Le dottrine pedagogiche di M. T. Cicerone, di L. Anneo Seneca, M. Fabio Quintiliano e Plinio il Giovane, precedute da uno studio sull'educazione presso i Romani, Un vol. in-8° di pp. vn-198. 69 siffatto argomento in tutta la sua ampiezza, sebbene si abbia qualche pregevole monografia su taluno dei molti scrittori stu- diati dall'autore, io penso che gli si debba una parola di lode e di incoraggiamento, parola, che gli rivolse testò la “ Rivista italiana di Filosofia , (anno XI, vol. 2°, Luglio-Agosto 1896) invitandolo ad affrettare la pubblicazione della seconda parte concernente gli scrittori pedagogici del secolo XVI, parte che il Gerini nella prefazione del suo lavoro dichiara di tenere già in pronto ,. Il Socio CrpoLra legge una nota su “ P. M. Perret ed i suoi studi storici franco-veneziani ,. Il Socio Segretario FERRERO legge un suo scritto “ Sul cor- redo dei sepolereti di Ornavasso ,. Il Socio Nani legge una nota del Socio Corrispondente Prof. Federico PamertA: “ Vacella giureconsulto mantovano del secolo XII ,. Queste note sono pubblicate negli Atti. 70 ERMANNO FERRERO LETTURE ERNESTO CURTIUS Parole commemorative del Socio ERMANNO FERRERO. Uno dei grandi rinnovatori degli studii sul mondo classico è scomparso, Ernesto Curtius, nostro Socio corrispondente dal 20 di marzo 1881, poi accademico straniero dal 28 di aprile 1895. La Grecia fu l’amore costante di tutta la lunga sua vita (1); la Grecia, ch'egli amò con cuore di artista, studiò con pazienza di erudito, con intelletto di critico; la Grecia da lui visitata, per la prima volta, a ventitré anni nel 1837, preparato a com- prenderla dai forti insegnamenti di tre sommi maestri, ch'ebbe a Bonna, a Gottinga, a Berlino, Federico Gottlieb Welcker, Carlo Otofredo Miiller, Augusto Boeckh. Alla Grecia egli rivolse tutte le sue forze di ricercatore e di scrittore: la topografia, la storia, l’arte della Grecia furono il soggetto di molti e dotti lavori, su cui torreggia un'opera famosa, la Storia greca. Essa, non ostante i difetti, che la critica vi ha potuto scrutare, è una rappresentazione colorita e vivace, se non compiuta in ogni parte, delle vicende del popolo ellenico e della multiforme attività del suo genio nel periodo più bello e più puro della sua vita; è opera, la cui lettura dà il diletto, che un grande storico, il Ranke, diceva aversi diritto di chiedere al libro di storia, quello cioè, ch'è procurato dal- l’opera d’arte. La Storia greca porta in fronte la dedicazione a quel principe Federico Guglielmo di Prussia, che, pur troppo, solo per fuggevole istante fu Federico III sul trono. All’educazione del principe giovanetto era stato scelto il Curtius nel 1844, in grazia (1) Nacque a Lubecca il 2 di settembre 1814; morì a Berlino l'11 di luglio 1896. PAROLE COMMEMORATIVE SU E. CURTIUS 71 ad una conferenza sull’acropoli di Atene, ammirata dalla madre di quello, la principessa Augusta. Discepolo e maestro, entrambi anime nobili, menti elette, fatte per intendersi, si stimarono, si amarono, si onorarono sempre a vicenda: il discepolo divenuto l'erede della corona del nuovo impero di Germania, si adoprò pure perchè si effettuasse la grande impresa proposta e caldeg- giata dal maestro, gli scavi di Olimpia. Questi scavi, che diedero così splendidi risultamenti, che fecero tornare alla luce le rovine degli edifizii, che adornavano quel luogo di tanta importanza per il mondo greco e da cui si ricuperarono insigni opere d’arte, di cui una sola, l’Erme di Prassitele, basterebbe a celebrarli ed a farli benedire per tutti i secoli; questi scavi furono una gloria del Curtius, ma saranno pure sempre una grande gloria del suo paese, dove l'ammirazione per la scienza ed il rispetto per gli scienziati non sono soltanto vane parole, dove governo e parla- mento fornirono largamente i mezzi per aggiungere ai recenti trionfi delle armi questo trionfo più duraturo della scienza e dell’arte. Ernesto Curtius insegnò a Gottinga, poi a Berlino, fu segretario dell’Accademia delle scienze, direttore del Museo di antichità di questa capitale: il suo entusiasmo per la Grecia egli seppe trasfondere in allievi, che fecero e fanno onore alla sua scuola. P. M. Perret e i suoi studî sulla storia franco-veneziana nell’evo medio. Nota del Socio CARLO CIPOLLA. Invitato gentilmente dalla nostra Presidenza, mi reco ad onore di presentare alla Classe due grossi volumi, ricchi di soda e ben rara erudizione, che costituiscono il prodotto mi- gliore di un simpatico giovane francese, rapito nell’ aprile della vita alla sua patria e agli studi comuni. L'autore dei due volumi in discorso è P. M. Perret (1), le cui dissertazioni, sempre (1) Histoire des relations de la France avec Venise du XIII° siècle à l’avènement de Charles VILI, précédée d'une notice sur l'auteur pur M. Paun Meyer de l’Institut. Paris, Walter, 1896, 2 voll. di pp. xxx1-596 e 469. 72 CARLO CIPOLLA ricche di novità, si leggevano in questi ultimi anni con molta frequenza sulle riviste storiche francesi. Quest'opera adunque ‘esce in pubblico postuma, e la presenta agli amatori delle di- scipline storiche un insigne cultore degli studi eruditi, Paolo Meyer, il quale si giovò, in qualche parte, della collaborazione di un giovane valente, Alfredo Spont. In testa all'opera il Meyer premise un cenno biografico sul Perret. Sono poche pagine, sgorgate dal cuore, nelle quali vediamo esposta la sua vita semplice e schietta, tutta dedicata agli studi. Essa va dal 21 giugno 1861 al 24 aprile 1893, nel qual giorno — tristissimo giorno — il povero Perret, consunto dalla tuber- colosi, spirò in braccio alla desolata sua madre. Il Perret continuò a lavorare sino ai suoi ultimi momenti, trascurando la propria salute. Anzi quanto peggio il male incalzava, tanto più egli applicavasi assiduamente allo studio, volendo guadagnare col- l'intensità del lavoro il tempo, che gli sfuggiva inesorabilmente. Allievo della École des chartes, il Perret coi suoi scritti eruditi accrebbe di non poco le molte benemerenze, che quella nobile istituzione ha verso la scienza. Il discorso del Meyer contiene alcuni particolari che vera- mente destano una viva emozione nel lettore. Non si può restare indifferenti dinanzi ad un giovane, nel quale la gagliardia dello spirito apparisce in così vivo contrasto colla debolezza del corpo (1). Chi ha seguìto le dissertazioni che il Perret, specialmente verso il 1890 e il 1891, andava pubblicando in parecchie riviste, e sopratutto nella Bibliothèque de l’école des chartes, conosce gli intendimenti e molti fra i principali risultati degli studî di quel giovane valoroso. Egli si era proposto di mettere in chiaro le relazioni passate fra Luigi XI e la repubblica di Venezia; a tale scopo viaggiò parecchie volte in Italia, e visitò gli archivi e le biblioteche di Torino, di Genova, di Milano, di Firenze, di Bologna, di Modena e di Mantova; ma sopratutto fermossi a (1) Buona parte di questo schizzo biografico, il Meyer l'aveva pubbli- cato nel 1893 nella Biblioth. de l’école des chartes, LIV, 535 sgg., col titolo P.-M. Perret. Allora il Meyer fece tirare alcune copie a parte di quel suo breve, ma ottimo articolo, al quale, negli estratti, premise il ritratto del Perret. Una di queste copie a parte mi fu gentilmente mostrata dal barone E. Bollati di St.-Pièrre. atei n P. M. PERRET E I SUOI STUDI SULLA STORIA FRANCO-VENEZIANA 73 Venezia. A Parigi egli era assiduo frequentatore della Biblio- thèque nationale e dei tesori preziosi, che quella biblioteca pos- siede, rispetto alla storia italiana, egli era conoscitore sicuro. Gli articoli inserti nelle riviste erano la naturale e imme- diata preparazione al grande lavoro d'insieme, che potè condurre sino al 1480, lasciando per morte tronco il lavoro, a breve distanza dalla meta. Nel centro dei suoi lavori, in mezzo ai suoi libri, egli venne meno. Dal letto di morte consegnò il mano- seritto al Meyer, suo maestro ed amico, affinchè ne curasse la stampa. Come il Meyer adempiesse al delicato incarico lo si è in parte già detto. Ora soggiungo che lo Spont credette bene di chiudere l’opera riproducendo l'articolo che il Perret stampò l’anno 1890 nel vol. LI della Bibliothèque de lécole des chartes, nel quale si narra di qual maniera Carlo VIII riuscisse nel 1484 a rinnovare la lega, che un dì aveva legato Luigi XI alla Francia. Sembrava al Meyer e allo Spont cosa opportuna prolungare la narrazione sino a raggiungere un avvenimento importante nella storia franco-veneziana, mentre se il discorso fosse rimasto tronco al 1480, l’opera avrebbe mancato di una giusta conclusione. Anzi collo scopo di congiungere la fine del manoscritto, che si arresta al 1480, col citato articolo, lo Spont aggiunse poche pagine, alcune delle quali sono tolte da altri seritti del Perret medesimo. Essendo morto il Perret nel 1893, la sua opera non si av- vantaggia delle più recenti ricerche storiche. Nè al Meyer e allo Spont parve opportuno ritoccare menomamente il lavoro del valoroso loro amico, neppure con un cenno qualsiasi, di natura anche meramente bibliografica. Non io certo moverò loro per tal cagione alcun rimprovero, anzi ne darò loro lode. Le prime relazioni tra la Francia e Venezia furono vincoli di commercio. La politica o non vi entrava per nulla, o vi te- neva una posizione secondaria. Al tempo di S. Luigi IX, la crociata progettata da questo re introdusse nelle relazioni fra i due paesi un elemento diverso dal commercio. Ma fu cosa passeggera. Le vere relazioni politiche tra Venezia e la Francia hanno principio al tempo della spedizione di Luigi d'Angiò per la riconquista del Napolitano: esse assunsero poi un carattere ben definito al principiare del sec. XV, quando il Boucicaut divenne governatore di Genova in nome della Francia, e inau- gurò in Italia una pericolosa politica d’ avventure. Venezia, 74 CARLO CIPOLLA sempre guardinga, si scosse al pericolo, e tentò di evitarlo. Giocò d'astuzia diplomatica più volentieri che non si opponesse agli ostacoli colla resistenza aperta. Il Perret (1) osserva che la politica di Venezia in faccia al Boucicaut spiega anche la po- litica posteriore della Serenissima. Venezia si dimostrò cor- diale e amichevole verso i Francesi finchè essi restavano fuori d'Italia: in caso diverso, essa fu loro sempre ostile, sistema- ticamente ostile. Quando Sigismondo imperatore mosse guerra a Venezia per il possesso di Zara, la Francia, retta da re Carlo VII, si offerse mediatrice fra i contendenti. Allorchè Renato d'Angiò campeg- giava nel Napoletano, Venezia mantenne verso di lui una condotta riservatissima. Negli ultimi tempi di Filippo Maria Visconti e durante i pochi anni che restò in piedi la repubblica Ambro- siana, Venezia non disdegnò l'amicizia della Francia, guidata anche dall’intento di tagliare così la via a Francesco Sforza, che mirava alla conquista di Milano. Lo Sforza, fatto duca di Milano, caldeggiò l'amicizia di Carlo VII, e Venezia stette cogli altri Stati italiani. Alla seconda occupazione di Genova da parte dei Francesi, parve indifferente Venezia; la quale non intervenne neppure alla guerra di Giovanni d'Angiò nel Napoletano. Come Luigi XI nel 1461 salì sul trono di Francia, i Veneziani ricercarono la sua amicizia, senza che tuttavia avessero in animo di seguirne la politica. Due anni più tardi, nel 1463, spaventata dai progressi continui dei Turchi, la Signoria chiese al re di Francia, che favorisse la crociata proposta e predicata da Pio II. Ma indarno. Poco dopo, nel 1466, Luigi XI mandò un'ambasciata a Venezia, ma essa fu accolta freddamente. Intanto si levò alta la potenza di Carlo il Temerario, duca di Borgogna, e Venezia per un mo- mento temette che egli volesse, ai suoi danni, unirsi al monarca francese. In seguito avvenne il contrario, e arse la guerra tra Luigi XI e il Temerario. Il Temerario destava in questo momento molta simpatia negli Stati della vallata Padana. Venezia, per- suasa che era necessario metter fine alla crescente influenza francese in Italia, cereò aiuto in quegli Stati italiani, che non erano ancora ligi alla fortuna francese. Dapprima procedeva con qualche esitazione, anzi, come le era solito, proprio coi piedi di (1) Vol. I, pag. 113. LETI P. M. PERRET E I SUOI STUDI SULLA STORIA FRANCO-VENEZIANA 75 piombo; ma poco appresso, spaventata dai Turchi, che avevano conquistato Negroponte, si decise ad una politica aperta e chiara, e il 18 giugno 1472 strinse alleanza con Carlo il Temerario. Di qui in poi la politica degli Stati italiani si arruffa, e Luigi XI con mediocre riuscita si studia di trar profitto della confusione delle cose nostre, per impedire l'unione degli Stati italiani fra loro e imporre a tutti la sua volontà. Egli aveva compreso che la violenza non gli giovava, ed erasi appigliato alla sagacia politica, volendo esercitare sull'Italia una vera influenza morale, nel mentre rinunciava al pensiero di conquista. L'attenzione delle Signorie d’Italia, e specialmente di quelle tra esse che trovavansi nel settentrione della penisola, era da lungo tempo attratta verso le imprese arditissime del duca di Borgogna. La Savoia e il Milanese furono i due Stati che più direttamente parteciparono alle guerre oltremontane, e sentirono meglio l’azione della rivalità tra Luigi XI e Carlo il Temerario. Venezia, approfittando della sua posizione geografica, aveva sa- puto destreggiarsi meravigliosamente di mezzo a tante difficoltà. Sicchè, dopo che le battaglie di Granson e di Morat (1476) affran- sero le forze del Temerario, al duca di Borgogna venne meno l'amicizia dei nostri. E perciò, quando questo finalmente morì sotto le mura di Nancy, il 5 gennaio 1477, la Signoria non si trovava chiusa ogni strada per accordarsi col re di Francia, ritornato potente. A Tours, il 9 gennaio 1478 venne segnata l'alleanza tra la Francia e Venezia. Questo trattato riuscì favorevole alla monarchia francese, ma non forse in quella misura che il Perret lascia supporre. Per vero, i maneggi continuati con meravigliosa costanza da Luigi XI, non condussero a modificare sostanzialmente la con- dotta politica dei nostri Stati, i quali spesso strinsero o rup- pero alleanze e nodi politici, quasi indipendentemente dai consigli francesi. Ciò vale sopratutto per la repubblica Veneziana. Nep- pure l'accordo del 24 agosto 1480 tra Milano, Firenze e Napoli, indusse Venezia ad uscire dal suo riserbo. Essa respinse le profferte di Luigi XI, e solo più tardi, nel 1484, dopo lunghe trattative, aderì a rinnovare con Carlo VIII l'antica alleanza. Il Perret serisse con lucidità rara, e con erudizione non meno rara, una pagina gravissima della storia italiana, pene- trando bene addentro nei consigli e negli intenti della Sere- 76 CARLO CIPOLLA nissima. 'Venezia guardava da lungi i pericoli, e studiavasi di allontanarli da sè, prima che si facessero gravi. A poco a poco avvezzata alla politica dello schermirsi continuo, finì per con- centrarsi in se stessa. E i fatti narrati dal Perret spiegano per- fettamente l'attitudine assunta dalla Signoria al momento della discesa di Carlo VIII, nel 1494; anzi essi spiegano anche come e perchè, incalzando gli avvenimenti, Venezia, partecipasse poi con animo risoluto alla “ lega italiana , del 1496, e mandasse il suo esercito a combattere nella gloriosa, ma non fortunata battaglia del Taro. Il Perret conosceva assai bene l'Archivio di Stato di Venezia, e usufruiva con larghezza dei documenti esistenti a Parigi. L'opera (p. 311 sgg.) si chiude con 45 documenti (1401-1481) tolti da Milano e da Parigi, ma sopratutto da Venezia. Questi sono i documenti dall'autore riguardati come più importanti, ma senza numero sono quelli citati quasi ad ogni pagina dei due volumi. Nella pubblicazione dei documenti veneziani, il Perret tralasciò una indicazione, che sarebbe stata forse necessaria, di certo utilissima. Non è facile, neppure ponendo attenta riflessione al numero dei voti favorevoli e contrari raccolti da una pars (proposta) discussa nei Consigli di Venezia, sapere se sia stata o meno approvata. Il calcolo dei voti è così inviluppato, da lasciare sempre qualche posto all’incertezza. Ma per nostra buona ventura i cancellieri veneziani usavano contrassegnare con una croce la deliberazione presa e scrivere Capta sulla proposta ap- provata. Or bene, di questa croce e della formula Capta il Perret, per quanto pare, non fece giusta stima. Importanza non piccola ha l’aneddoto, che qui leggiamo a p. 237 sgg. del II volume. Trattasi di una serie di estratti da un Trattato sul governo veneziano, compilato in antico fran- cese, che si conserva in parecchi manoscritti di Francia. Il più antico tra questi manoscritti, è della fine del XV secolo e tro- vasi a Chantilly, nella biblioteca del duca D’Aumale. Questo Traicté du gouvernement de Venise parla sopratutto dei magi- strati e delle corporazioni di Venezia, e quindi sostanzialmente appartiene ad una nota classe di manuali, tra i quali un posto pre- cipuo tiene l'opuscolo di Marino Sanudo, pubblicato in occasione nuziale, non pochi anni fa, dal compianto prof. Rinaldo Fulin. Il Meyer, che aggiunse le sue cure a quelle del Perret 200 P. M. PERRET E I SUOI STUDI SULLA STORIA FRANCO-VENEZIANA 77 | I nella pubblicazione di questo aneddoto, fece ad esso precedere la riproduzione fotografica di una miniatura, che adorna il mano- scritto di Chantilly. Essa rappresenta una parte della piazza, insieme colla piazzetta di S. Marco, lasciando esposta di pro- spetto la basilica di S. Marco, la “ porta della paglia ,, il palazzo ducale, il campanile. Questa tavola viene opportuna a meglio chiarire la topografia del centro di Venezia, che presenta tuttora molti punti oscuri e questionabili. Se l'argomento principale dell’opera del Perret riguarda le relazioni tra Venezia e la Francia, ciò non esclude che larga parte della storia italiana ritragga luce dall’amplissimo mate- riale archivistico che quel giovane erudito cavò dall’obblio. Anzi può con verità asserirsi che la storia d'Italia dal 1440 al 1480 incirca ne riesca largamente illustrata. Molto ne possono rica- vare gli studiosi della politica dei papi, di Filippo Maria Visconti, della repubblica Ambrosiana, degli Sforza, di Firenze, di Man- tova. Anche gli storici piemontesi se ne possono avvantaggiare. Nè voglio dimenticare che la storia curiosa dei corsari Colombo, i quali al servizio della Francia più volte molestarono le navi veneziane, trova qui nuove e buone notizie (1), ma di data più antica che non siano quelle che servirono ad Alberto Salvagnini per iscrivere la sua bella memoria Cristoforo Colombo e i corsari Colombo suoi contemporanei (2). Un libro che reca tanto vantaggio alla scienza vuol essere accolto con benevolenza dalla nostra Accademia, la quale non sarà avara di rimpianto verso uno studioso, che morì vittima del proprio lavoro indefesso, quando gli si schiudeva dinnanzi, colle più liete promesse, il fiore della gioventù. (1) Vol. I, pp. 524-5, 530, 532-3; vol. II, pp. 18-9, 47, 84. (2) Raccolta di documenti e studi pubblicati dalla R. Commissione Colom- biana, parte II, vol. III, pp. 127 sgg., Roma, 1894. — Si riferisce ad epoca posteriore a quella studiata nei due volumi in discorso l’articolo inserto dal Perret, nel vol. LI (anno 1891) della Bibliot. de l’école des chartes, col titolo: La mission de Péron de Baschi à Venise d'après des documents vé- nitiens 1493. Questa breve monografia, sulla quale richiamò la mia atten- zione il ch. barone Bollati di St.-Pierre, sì compone quasi unicamente dei testi di quattro deliberazioni Veneziane del 1493. Anche in questo caso il Perret non ci dice se tali documenti nei registri originali portino 0 meno croce, 0 la formula Capta. 78 ERMANNO FERRERO Sul corredo dei sepolereti di Ornavasso; Osservazioni del Socio ERMANNO FERRERO. L'opera, in cui Enrico Bianchetti descrisse ed illustrò i sepolereti da lui scavati ad Ornavasso (1), lietamente accolta dagli archeologi (2), fu pure testè presa ad esame dal profes- sore Castelfranco (3), il quale espose altresì aleune osservazioni sul corredo di quei sepolcreti da lui attribuiti ai Galli per analogia con tombe di tal popolo. Questa analogia non era neppure sfuggita al Bianchetti, che più volte confrontò le pro- prie scoperte con quelle della necropoli atestina (IV periodo), della Brianza, del Bolognese, ecc. (v. pag. 18, 24, 37, ecc.). Acquista valore il confronto ripetuto da chi ebbe il merito di aprire la via a ricercare i resti della civiltà gallica nell'Italia superiore (4). Le tombe di Ornavasso, per l'abbondanza e la varietà della suppellettile e, come ben avverte il prof. Castelfranco, per la possibilità di stabilirne la cronologia, offrono utile materia di studio e di paragone. Spero quindi non sia tenuto del tutto inutile ch'io noti alcune divergenze dalle conclusioni, a cui giunge il ch. professore nell'esame del corredo, ed unisca, dacchè mi si presenta occasione, qualche altra deduzione, non prima (1) I sepolcreti di Ornavasso scoperti e descritti (Atti della Società di archeologia e belle arti per la provincia di Torino, vol. VI, 1895). (2) La lodarono, fra altri, i ch. Naue nei Prahistorische Blatter, VII, 1895, p. 91 e seg., e Schumacher nel Korrespondenzblatt der Westdeutschen Zeitschrift fiv Geschichte und Kunst, XIV, 1895, col. 165 e segg. (3) Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 3* serie, vol. XIV, 1896, p. 64-75. (4) Il Bianchetti, prudentemente, a mio avviso, non sentenziò senz'altro che fossero Galli i sepolti di Ornavasso, perchè nel corredo delle loro tombe si scorge influenza di civiltà gallica, che può essere penetrata nel paese dei Leponzii, a cui l’Ossola appartenne, anche senza che vi pene- trasse una vera e propria immigrazione di Galli. I I ” SUL CORREDO DEI SEPOLCRETI DI ORNAVASSO 79 però di avergli reso grazie per la lode data all'opera postuma del compianto mio amico. Dopo aver rilevato che le spade non furono spezzate mai nell'atto dell’inamazione, e che non esiste alcun dubbio nell’as- segnare a guerrieri le tombe con spade e con cuspidi di lancia, il prof. Castelfranco parte appunto da questo fatto per esami- nare il resto del corredo e giungere a conoscere quali fossero gli ornamenti particolari degli uomini e quali delle donne. Notata la comunanza ai due sessi (1) delle fibule da lui chiamate « due vermiglioni e dal Bianchetti, con altri, « lunga molla spirale, il prof. Castelfranco afferma che: “ i braccialetti “ di metallo a cerchio semplice, quelli a viticci, le lame ritenute “ rasoi e le forbici a molla si trovano per lo più nelle tombe con armi, e ne viene la conseguenza che, ove si rinvengono, “ se non sono tombe di guerrieri sono però sempre tombe di “ maschi ,. Verissima l'osservazione per i pochi rasoi, per le forbici più comuni e per i braccialetti, assai rari, di semplice cerchio di argento: da dirsi altrettanto per i braccialetti a viticci se si potesse sapere che fu un maschio il fanciullo, a cui appartenne il più piccolo dei tre scoperti (diam. int. 0,043; tomba 2 del sepolereto di San Bernardo), dei quali gli altri due sì rinvennero in sepolture di guerrieri (S. Bern. tomba 1; Per- sona t. 97). «I braccialetti a fiorami, quelli a corda e nodi, quelli di un semplice filo di argento, le armille serpentiformi di più giri, le “ fibuline ad arpa, tutto ciò che in fatto di gingilli è formato “ di vetro o di pasta vitrea, anelli, braccialetti, perline, ciondoli, “ non si rinvengono se non in tombe che non contengono armi, e sono perciò con ogni probabilità ornamenti muliebri ,. L'af- fermazione in corsivo, vera in generale, è troppo assoluta, poichè un braccialetto di argento a spire è stato dato da una tomba con spada (S. Bern. t. 17) e due fibule di argento ad arpa da un’altra tomba pure provvista di spada (S. Bern. t. 6). (I K (1) “ ...salvo forse qualche differenza nelle dimensioni ,, differenza, che non mi sembra poter trovare, dacchè parecchie delle più grosse di tali fibnle provengono da tombe, che credo di donne, per la presenza della fusaiola, come osserverò appresso (per es. dalle tombe 91, 92, 149 del se- polereto in Persona). Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 8 80 ERMANNO FERRERO “ Anche gli anelli digitali di più giri di filo sono assai più “ frequenti nelle tombe ove non vi sono armi. Giova qui notare * che il Bianchetti chiama talora anelli e talora braccialetti “ certe armille di filo troppo strette per essere infilate nel “ braccio, o troppo larghe (e talora troppo strette) per essere “ infilate nel dito; si può ritenere perciò che si tratti di vere «* armille crinali, ornamenti muliebri; gioverebbe cercare nelle * accurate annotazioni del Bianchetti, quelle non pubblicate, se “ tali armille si rinvenissero talvolta presso il capo del se- # polto ,. Il Bianchetti distingue nettamente (pag. 35 e 39) le armille a spirali del diametro interno da 42 a 80 millimetri dagli anelli digitali a spire del diametro interno da 9 a 22 mil- limetri. Dei nove esemplari interi delle prime (il decimo è rotto, ed è quello già accennato dato dalla tomba di guerriero, S. Bern. 17) sei hanno un diametro superiore ai 60 millimetri, sufficiente per essere infilati in braccia muliebri. Il Bianchetti poi nelle note, prese nell'atto della scoperta, e che gli servirono per comporre il suo volume, non poteva indicare la posizione precisa di ciascun oggetto sul cadavere dal momento che il cadavere era affatto consumato (cf. pag. 12): si dovette appagare di descrivere gli oggetti nell'ordine, con cui si estrassero “ a cominciare dalla testata presso cui presu- «“ mibilmente posava il capo del cadavere , (pag. 89, nota 1). Ogni volta che si trovò un qualche avanzo di ossa, non mancò di segnarlo non solo nelle sue note, ma altresì nel libro stam- pato, poichè egli, attentissimo esploratore e scrupoloso deserit- tore, non volle privare i suoi lettori della benchè menoma no- tizia, che a loro potesse giovare. Ciò posto, di queste sei armille di più di 60 millimetri di diametro una sì trovò coi primi oggetti scavati disordinatamente prima dell'intervento del Bian- chetti (p. 94), delle cinque rimanenti una era sola (S. Bern, t. 127-128), quattro con altri braccialetti di foggià diversa, e di queste tre li precedevano (S. Bern. t. 3, 15, 69), una li seguiva (S. Bern. t. 8). Per le altre tre dei diametri assai piccoli di 48, 46, 42 millimetri, rinvenute nei sepoleri 14, 4, 10 di San Bernardo, la piccolezza pure degli altri ornamenti della per- sona, ond’erano accompagnate, sopra tutto le due prime, fa cre- dere abbiano servito a persone assai giovani. Non vedo quindi motivo per ammettere che in luogo di veri braccialetti esse SUL CORREDO DEI SEPOLCRETI DI ORNAVASSO 81 siano state anelli crinali. Così pure escluderei la stessa ipotesi per gli anelli a spirali, che il Bianchetti con proprietà, a mio giudizio, chiama sempre digitali. Di cinquantacinque, che furono trovati, sedici erano presso ed anche in mezzo ad altri anelli digitali a sigillo o a viera o di semplice cerchietto (S. Bern. t. 4, 8, 10, 15, 17, 25, 56, 114, 127-128, 136, 137, 161; Pers. t. 35, 94, 102, 110), sette erano l’unico ornamento del defunto (S. Bern. t. 72, 93, 106, 108, 112, 135, 154), otto con una fibula sola (S. Bern. t. 5, 28, 43, 95, 96, 132, 138; Pers. t. 108), due nella stessa tomba pure con una sola fibula (S. Bern. t. 33) e due altri con due fibule (S. Bern. t. 82); in tre tombe il cada- vere era stato deposto con due fibule ed uno di questi anelli (S. Bern. t. 74, 87; Pers. t. 5). I rimanenti erano con più altri oggetti di ornamento per- sonale; per essi, salvo forse per uno (S. Bern, t. 62), nulla pure si oppone a credere che si siano trovati in dito ai cada- veri. Ed ove pure non fossero stati nella tomba al loro posto, non si avrebbe argomento per non crederli anelli digitali, dap- poichè si osservò che gli ornamenti personali, quand’erano più, si ponevano anche altrove, presso il capo, sul ventre, ai piedi, soventissimo sopra un’assicella di legno, un pezzo di corteccia di albero o di cuoio (Bianchetti, pag. 9). Sei soli di questi anelli hanno diametro interno inferiore ai 15 millimetri (S. Bern. t. 8, 16, 34; Pers. t. 35, 102, 110); ma questi, rinvenuti con altri oggetti parimente piccoli od in tombe di minore grandezza, hanno dovuto, con tutta probabilità, appartenere ad individui non adulti. Tali anelli non erano portati soltanto dalle donne; nove si scoprirono in tombe con armi (S. Bern. t. 7, 11, 17, 44, 137, 154, 161, 162, 164), e questi hanno anche diametro maggiore, da 18 a 22 millimetri. “ Nelle tombe che, per le osservazioni di cui sopra, si ri- “ tengono spettare a maschi, si rinvengono generalmente due “ assi i quali, secondo nota il Bianchetti, o sono “ corrosi , 0 “ consumati , o “ illeggibili , o “ irriconoscibili ,. A me pare di vedere la conferma del fatto già varie volte osservato, ed anche da me parlando delle tombe del Soldo, di Mezzano, ecc. che cioè quelli antichi Galli usassero collocare nelle tombe assi unciali contusi espressamente e guastati col martello. K 82 ERMANNO FERRERO “ Vediamo ora, dagli scavi di Ornavasso, che tali monete guaste “ spettano a tombe di uomini. Rito notevole ,. La consuma- zione delle monete di bronzo è dovuta alla natura del terreno, che ha corroso profondamente i metalli e distrutto gli scheletri (cf. Bianchetti, pag. 12). Ebbi nelle mani queste monete di bronzo coperte di ossido, per nettarle, e si riuscì a determinarne un certo numero: posso assicurare che nè il Bianchetti nè io ci avvedemmo che fossero state guastate altrimenti che da azione naturale (1). “ Per contrario, nelle tombe da attribuirsi a donne, invece “ degli assi contusi, si rinvengono quasi sempre due vittoriati “ romani, per lo più senza simbolo. Delle otto monete galliche, “ imitazione delle massaliote, se ne rinvennero cinque in tomba “ di donna; una in tomba probabilmente di donna; le due di « potin in tomba di dubbia attribuzione. Si capisce che nelle “ tombe di femmine si sarà usato dapprima collocare monetine “ galliche, o d’argento o simili all’argento; più tardi, quando “ mancarono le monete galliche, i vittoriati avranno fatto le “ veci delle prime ,. Non mi sembra così netta la distinzione fra le monete sepolte con gli uomini e quelle con le donne. Assi e vittoriati sì trovarono insieme in tombe di guerrieri (S. Bern. t. 31, 161) ed in altre (S. Bern. t. 3, 4, 10, 28, 34, 37, 56, 62, 69, 82, 87, 88, 114, 136, 138, 155), delle quali le più sembrano muliebri: un asse ed un quinario di diverso tipo in un sepolero di guerriero (Pers. t. 59); altri assi e quinarii pure insieme (S. Bern. t. 24, Pers. t. 33); vittoriati con denarii, senza assi, in tombe di uomini armati (S. Bern. t. 7, 11). I denarii, di cui tace il prof. Castelfranco, oltre che in queste due, si rinvennero pure un’altra volta con soli vittoriati (S. Bern. t. 8); più spesso con vittoriati e con assi nella maggior parte delle tombe già ricordate (S. Bern. t. 3, 4, 10, 14, 81, 34, 69, 82, 136, 161), con soli assi in sepoleri con armi (S. Bern. t. 1, 17, 105, 154) o senza (S. Bern. t. 127-128, 130, 165), con un asse e con una moneta gallica di argento (Pers. t. 57) ed anche soli (Pers. t. 58). Nè assolutamente esatto è il dire che si rin- (1) Nella tomba 102 di Persona sì trovarono due mezzani bronzi irrico- noscibili tagliati per metà: di ciò si hanno altri esempii indipendenti da riti funebri. SUL CORREDO DEI SEPOLCRETI DI ORNAVASSO 83 vengono generalmente due assi. Ciò è vero per ventidue tombe (S° Bern.:t.04;\10}18; 14,18; 130, 81, 95,46, 56) 62)/82;/185) 88, 105, 120, 127-128, 130, 138, 141, 145; Pers. t. 33); ma in ben trenta altre si trovò un solo asse (S. Bern. t. 1, 3, 24, 28, 29, 34, 37, 50, 67, 69, 76, 79, 87, 96, 102, 104, 106, 114, 118, 126,136, 147, 151, 155, 158,159) 162; Pers. t. 85, 5/7, 59), in sette se ne scoprirono tre (S. Bern. t. 83, 117, 137, 140, 149, 154, 164), in una quattro (S. Bern. t. 17) ed in due cinque (S. Bern. t. 161, 165). Nemmeno si può dire che i vittoriati fossero quasi sempre due. Quattordici sepolture ne diedero due (S°Bérn.\t&23,. 506, 701011, 116}+28; 33; 37; 82,287 1045161) ed anche in queste, salvo in quattro (2, 5, 16, 33), non erano soli, ma accompagnati da assi (28, 37, 87, 114), e per lo più da denarii; in una erano tre (S. Bern. t. 56), in due quattro (S. Bern. t. 3, 8); nove tombe non avevano che un solo vitto- riato (S. Bern. t. 4, 34, 62, 77, 88, 188, 155, 157; Pers. t. 11); una un mezzo vittoriato (Pers. t. 3); cinque un quinario per ciascuna (S. Bern. t. 24; Pers. t. 2, 33, 59, 134). Anche le mo- nete imperiali (mai di argento, poche di gran bronzo) si trova- rono nel sepolereto di Persona in numero, che varia da una a sel per sepoltura. Quanto alle monete galliche, due di potin erano insieme in una tomba (S. Bern. t. 49); delle altre sei (non otto), imitazioni delle emidramme di Massalia, tre stavano pure in una sola tomba (S. Bern. t. 15), tre in tre tombe (S. Bern. t. 84; Pers. t. 35, 37), di cui la seconda conteneva un asse illeggibile, la terza parimente un asse corroso e due denarii degli anni 88 e 84 circa av. C.; prova che tali monete indigene dell’alta Italia non mancavano ancora quando già nelle valli alpine erano in corso le romane di argento. La maggiore o minore ricchezza della tomba determinava ordinariamente il numero e la qualità delle monete collocatevi. Nè queste esistevano in tutte o quasi tutte le sepolture; poichè di 165 di San Bernardo 75 ne sono prive; nelle 165 di Per- sona mancano in 84, non contando nel numero 13 tombe del primo e 10 del secondo sepolereto, che apparvero frugate da tempo antico. Il prof. Castelfranco in ultimo osserva che certe tombe “ fra le più ricche e le più grandi potrebbero aver contenuto 84 ERMANNO FERRERO “i resti di due persone , il che non pare probabile e per la forma delle tombe e per la collocazione degli oggetti. Solo le tombe 25 e 26 del sepolereto di San Bernardo erano “ appaiate “ e divise fra loro da un solo tramezzo di pietre, che formava “ una parete comune alle due. Soltanto nel n. 25 si trovarono “ oggetti: la tomba n. 26 ne era affatto priva ,. Così il Bian- chetti (pag. 115, nota 1), che descrive pure le tombe 127 e 128 del medesimo sepolereto “ appaiate e separate soltanto da “un tramezzo. Dalla parte dei piedi erano riunite da un loculo “ o nicchia, comune ad ambedue..... La maggior parte degli “ oggetti stavano riposti entro la nicchia , (pag. 165, nota 1). Una nicchia uguale si trovò pure in fondo alla ricca sepoltura n. 6, “ per riporvi oggetti che non avrebbero potuto tutti ca- « pire nella tomba semplice , (pag. 95, nota 1). Il prof. Castel- franco si duole che tali oggetti collocati nei loculi non siano stati specificatamente indicati: devono essere però soltanto vasi enunciati in fine della descrizione delle tombe sia nelle note (che esistono sempre presso la famiglia del Bianchetti) sia nel libro pubblicato. Aggiungo alcune altre osservazioni sul corredo di queste tombe: 1° Delle fibule, sia a lunga molla spirale sia di altra forma e di varia grandezza, si portava più spesso una sola, tanto dagli uomini quanto dalle donne, come è attestato da ben 93 sepolcri (S. Bern. t. 1, 4, 5, 10, 20, 23, 28, 33, 37, 40, 43, 44, 45, 46, 51, 58, 56, 57, 58, 59, 61, 64, 68, 71, 77, 78, 86, 91, 95, 96, 102, 105, 114, 115, 117, 118, 120, 126, 130, 132, 133, 134, 137, 138, 139, 141, 147, 149, 159, 164; Pers. t. 2, 3; 4,8; 10; 11; 14, 18, 19, 21, 23, 24, 27, 28, 95; 36;139, 44; 50, 51, 54, 56, 58, 59, 63, 67, 69, 70, 83, 84, 85, 87, 90, 104, 106, 107, 108, 116, 117, 129, 144, 147, 158): in 32, essi pure maschili e femminili, una fibula a lunga molla spirale è accom- pagnata da altra fibula minore di foggia diversa (S. Bern. 3, 7}:8, 17, 18, 29; 80; 81; 35, 99; 49; 50, 69; 74, 82, 109;. 161; Pers. t. 1, 5, 29, 53, 65, 81, 91, 92, 98, 112, 114, 122, 123, 139, 149), quella sulla spalla sinistra, questa sulla destra, come si apprese chiaramente da un sepolcro, in cui si trovò ancora il teschio (Pers. t. 1; tav. XI). In sette la fibula con molla a spire è insieme con uno di quegli anelli di argento curvati, che AO PE tattenietitrentnnitii RR i I SUL CORREDO DEI SEPOLCRETI DI ORNAVASSO 85 il Bianchetti chiama omerali, supponendo abbiano servito a te- nere indumenti presso le spalle (pag. 33 e seg.) (S. Bern. t. 2, 11, S4, 162; Pers. t. 15, 95, 100 (tomba violata in parte)). In una sepoltura, oltre a questi due ornamenti, trovavasi ancora una fibula minore (S. Bern. t. 24). In vece della fibula più grossa a spirale si ebbe in altre tombe una fibula più piccola con l’anello omerale (S. Bern. t. 34, 136; Pers. t. 88, 102, 134), ovvero due fibule minori (S. Bern. t. 14, 16, 25, 32, 54, 87, 88; Pers. t. 89, 110, 118, 120, 125, 146), in due casi insieme pure con l'anello omerale (Pers. t. 96, 97). Una tomba di guer- riero (S. Bern. t. 6) conteneva una fibula di bronzo a lunga molla spirale e due di argento ad arpa; tre tombe avevano ciascuna due fibule della prima specie con altra diversa (Pers. t. 53, 94, 132): dalla prima di queste si estrasse ancora un anello omerale. Muliebri soltanto erano le sepolture che fornirono una fibula a lunga molla con quattro piccole (Pers. t. 57, 111) o con cinque (S. Bern. t. 15); maschili e muliebri le 59 di S. Bernardo e le 75 di Persona, che non avevano tale ornamento. 2° Gli anelli omeralì ora menzionati erano pure comuni ai due sessi, come fanno fede quelli trovati in tombe con armi (S-.-Bern. t. 11, 17, 162, 164; Pers. t. 15, 88, 95, 96, 100, 112, 134), con uno specchio (Pers. t. 121), con una fusaiola (S. Bern. t. 136). Corpi di donne devono pure essere stati racchiusi in altre, che diedero anelli sì fatti, di cui due furono raccolti eziandio in sepolcri di fanciulli (S. Bern. t. 2; Pers. t. 102). 3° Anche gli anelli-sigilli (con gemme o con paste vitree incise) erano portati tanto dagli uomini, quanto dalle donne; è certamente puro caso che quelli degli armati siano sempre di ferro (S. Bern. t. 1, 17, 137, 161; Pers. t. 29, 100, 134) e che il solo d’oro e quelli d’argento appartengano a sepoleri, che sembrano per lo più di donne; mentre i primi hanno pure altri anelli argentei di diversa foggia come a spirali, di cui già si è fatta parola. 4° I braccialetti, non tanto comuni a San Bernardo, ra- rissimi a Persona, si trovano sempre soli nelle poche tombe di guerrieri, che ne erano provvedute (S. Bern. t. 1, 17, 81, 137, 140, 161; Pers. t. 95, 97); in altre, di cui parecchie di appa- renza muliebre, sono pure soli (S. Bern. t. 2 (fanciullo), 4, 18 (però manomessa in parte anticamente), 77, 127-128, 155, 159; 86 ERMANNO FERRERO Pers. t. 35, 58). Sono, con molta probabilità, sepolture di donne quelle, che ne fornirono due (S. Bern. t. 14, 69), tre (S. Bern. t. 3, 8, 10), quattro (S. Bern. t. 15). 5° Solo nel sepolereto di Persona si trovarono avanzi di calzature con chiodetti di ferro; prova che in quello, più antico, di San Bernardo i defunti si deponevano scalzi o con calzatura - leggera, di cui ogni traccia andò perduta. Nel sepolereto di Persona la calzatura ferrata è propria di sette individui con armi (t. 2, 15, 54, 82, 88, 112, 134); ma non è esclusiva degli armati, non essendo apparsa in dieci od undici altre tombe con spade e con lancie (t. 29, 52, 58, 68, 69, 83, 95, 97, 100 (ma- nomessa in parte), 115, 138) ed, all'opposto, trovandosi in quat- tordici dove queste mancano (t. 1, 61, 64, 74, 89, 116, 117, 124, 158, 141, 144, 155, 158, 159). Niuna di queste ultime può con sicurezza esser creduta femminile; ond’è probabile che si conti- nuasse a seppellire le donne coi piedi nudi o leggermente calzati. 6° L'armamento degli uomini del sepolereto di San Ber- nardo è costituito dalla sola spada del tipo La Téne con fodero di ferro o di bronzo (t. 1, 7, 11, 30, 32, 46, 50, 52, 53, 67, 105, 117, 126, 145, 153 (tomba manomessa), 162, 164), talvolta accompagnata da un coltellaccio collocato sul ventre del sepolto (t. 6, 17, 35), o da un pugnale (t. 137) o da una scure, posta sovr’'essa e di aspetto più guerresco che fabbrile (t. 161). Una sola spada, più breve ed acuminata, di tipo ayvicinantesi al romano e con fodero di legno (t. 31), fu data da questo sepol- creto, ove raramente s'incontrò la lancia (t. 44, 140, 154), una volta così corta da crederla piuttosto un giavellotto (t. 81). Si rinvennero pure, oltre all’accennata, che stava con la spada, tre altre scuri con larga lama dal taglio lunato, forse piuttosto armi che utensili (t. 24, 109, 120). Al contrario nel sepolereto di Persona le spade, giammai del tipo La Tène, sempre di quello somigliante al romano e con fodero di legno, apparvero solamente in cinque tombe; quattro non avevano altre armi (t. B, 59 (delle più antiche del sepol- creto), 97,100, quest'ultima in frammenti); una diede pure una lancia (t. 95, non anteriore al 14 di C.). Predomina in questo sepolereto la lancia quasi sempre sola (t. 15, 29, 50, 52, 54, 68, 82, 88, 96, 107, 115, 133, 134). Una tomba ne aveva due (t. 2); in un’altra la lancia era insieme con un pugnale (t. 112); in SUL CORREDO DEI SEPOLCRETI DI ORNAVASSO 87 una terza con una scure uguale alla menzionata di San Ber- nardo (t. 69). Le monete delle tombe anzidette sono di Augusto, qualcuna anche di Tiberio e di Claudio. Di armi difensive niuna fu scoperta salvo uno scudo, se, come pare, è un umbone il ferro trovato in una sepoltura di Persona, in parte manomessa (t. 100). Tanto qui poi quanto a San Bernardo le armi erano non solo in tombe ricche, ma anche in altre modestamente allestite ed in alcune molto povere. 7° Le scuri diverse dalle precedenti e con apparenza di strumento fabbrile si osservarono una volta a San Bernardo | (t. 117) e tre a Persona (t. 59, 95, 96) insieme con spade o con lancie. In una tomba del primo sepolcreto (t. 109) una scure sì fatta era insieme con altra dal taglio lunato. Le rimanenti si ricuperarono per lo più in tombe non ricche ed anche povere: una piccolissima, a mo’ di giocattolo, era stata interrata col corpo di un fanciullo (S. Bern. t. 118). 8° Le falci a San Bernardo non si trovano mai con armi (t. 5, 12 (tomba violata), 73, 78, 84, 87, 90, 102, 103, 111, 119, 163 (tomba violata)); in Persona tre volte solo in tombe contenenti pure una lancia (t. 82, 112, 133); otto in altre senza armi (t. 61, 72, 79, 86, 99, 106, 137, 155). Nell’uno e nell’altro sepolereto sono sempre in tombe di mediocre, povero o pove- rissimo corredo, delle quali parecchie paiono appartenenti a donne (S. Bern. t. 5, 90; Pers. t. 99). 9° All’opposto, i coltelli si trovano più sovente e senza distinzione di ricchezza di tombe. Li abbiamo in tombe di guer- rieri (S. Bern. t. 6, 11, 17, 31, 35, 46, 81, 164; Pers. t. B, 29, 50, 59, 97, 133) e di donne (p. es. S. Bern., t. 82, 87, 308; Pers., t. 44, 121): più grossi ordinariamente quelli, che stavano co’ primi. In tre sepolture, come già fu osservato, dovevano essere sul ventre del cadavere fornito pure di spada (S. Bern. t. 6, 17, 35), e quindi veri coltellacci da guerra: nelle altre sempre ai piedi, mai più d’uno per tomba, salvo in due, che ne avevano un paio per ciascuna (S. Bern. t. 11, 108). 10° Le fusaiole di pietra, di terra cotta, in due casi di piombo, si rinvennero in sepoleri, che si possono benissimo tenere per femminili, sia per l'assenza di ogni cosa propria di quelli maschili, sia per l'aspetto degli ornamenti personali, allorchè anche questi si sono rinvenuti. Non restano perciò contraddetti 88 E. FERRERO — SUL CORREDO DEI SEPOLCRETI DI ORNAVASSO il loro nome e la loro destinazione. In niuna tomba se ne trovò più d'una (1): erano nelle povere ed in quelle parcamente prov- vedute; qualche volta in tombe piuttosto ricche: mai nelle più do- viziose. Dei pochi specchi metallici niuno era insieme con fusaiole. Con una di queste era uno di quei bastoncini di vetro striati, comuni nelle sepolture dell’alta Italia del principio dell'impero (P. t. 44), omai giudicati come spettanti alle donne di quel tempo. Possiamo quindi raffigurarci com’ erano vestiti, adornati, armati gli abitanti di quella regione negli ultimi secoli avanti e nel primo dopo l’éra volgare. 7 Gli uomini portano un saio fermato per lo più da una sola fibula di bronzo o di ferro sulla spalla sinistra: questa fibula è spesso grossa e con lunga molla spirale; talora un’altra fibula più piccola è sulla spalla destra; talora essi hanno un anello omerale di argento. Raramente hanno nel braccio un'armilla di argento o di bronzo, più spesso le loro mani sono ornate di anelli di varia foggia, di argento, di bronzo o di ferro. Parecchi, nel tempo più antico, portano al fianco lunga spada dal manico di legno entro fodero metallico, a cui più tardi è sostituita altra più corta ed acuminata con guaina di legno. Qualcuno dei guerrieri più antichi, la maggior parte dei più recenti ha per arma principale una lancia, che supera di qualche poco i due metri, con lunga cuspide e calzuolo di ferro. Fra gli uomini di questo tempo meno antico un certo numero ha calzature con chiodetti di ferro. Le donne hanno sul loro abito ordinariamente una, od anche due fibule, di argento o di men nobile metallo; usano anch'esse l’anello omerale; un po’ più frequentemente che gli uomini portano uno o più braccialetti; com'essi hanno in dito uno o più anelli. Si adornano ancora con collane, con pendaglietti, con altri oggetti, mai con orecchini, forse mai con aghi crinali(2): sono senza cal- zari o li hanno leggeri; qualcuna già usa di mirarsi nello specchio. (1) Nella tomba 127-128 se ne rinvennero due: ma si tratta di doppia sepoltura con loculo in basso. (2) Quello scoperto in tomba non determinata, prima degli scavi del Bianchetti (pag. 132 y n. 41), potrebbe anch'essere una spatola per unguenti. FEDERICO PATETTA — VACELLA GIURECONSULTO, ECC. 89 Vacella, giureconsulto mantovano del secolo XII. Nota del Socio Corrispondente FEDERICO PATETTA. Nell’importante studio, che il dott. F. Liebermann ha de- dicato recentemente alla biografia del celebre giureconsulto Vacario (1), è ripetuto un antico e grave errore, che un caso for- tunato mi permette di rettificare, e credo in modo definitivo. Il Liebermann attribuisce a Vacario un’operetta sul diritto longobardo, che si trova nel ms. Chigiano E, VII, 218, f. 65"-66" col titolo Incipiunt contraria a domino vace. facta legis lon- gobardorum (2), ed in un ms. della raccolta di Haenel colla sot- toscrizione Expliciunt contraria legum longob. secundum vac. mantuanum (3). Da questa sottoscrizione egli è poi condotto naturalmente ad affermare, che Vacario fosse mantovano di nascita, o almeno d’origine (4). L'attribuzione dei Contraria a Vacario non è nuova: ma non è però stata ammessa da tutti senza esitazione. A Vacario pensava già il Blume (5), il quale conosceva il solo ms. Chigiano, e registrò i Contraria a pag. 177 della sua Bibliotheca manuscriptorum italica. (1) Magister Vacarius in “ The english histor. Review ,, XI, 1896, p. 305-314: Vacarius Mantuanus, ibid., p. 514. Aggiunse un piecolo contri- buto Jessop, Master Vacarius, ibid., p. 747-748. (2) La descrizione più particolareggiata del ms. Chigiano è quella data da Rossello nel primo fascicolo (unico comparso) delle “ Dissensiones domi- “ norum sive controversiae veterum iuris romani interpretum..... ,, Lan- ciano, 1890. A pag. 55, a proposito dei Contraria, il Rossello scrive, che è dubbio chi possa esserne l’autore. (3) Il ms. Haeneliano è descritto da Frrrine, Iuristische Schriften, 1876, p. 26-27. (4) Lreserxann, Loc. cit., p. 514: “ Vacarius was born at (or at least came from) Mantua... ,. (5) MergeL, Die Geschichte des Langobardenrechts, 1850, p. 62, n. 57 (trad. di Borrati in Memorie e docum. inediti spettanti alla storia del dir. ital. nel M. E., 1857, p. 46, n. 66). 90 FEDERICO PATETTA Invece Merkel, avendo trovato un passo dei Contraria segnato Vaccel. fra le glosse alla Lombarda del ms. Cassinese 468, ri- conobbe che l’autore dell'operetta in questione doveva essere un Vaccella o Vaccellus, giureconsulto ignoto, che però avrebbe potuto, a parer suo, identificarsi con Vacario, quando si ammet- tesse che la forma Vuccella sia un semplice diminutivo di Va- carius (1). Poco dopo l’Anschiitz, nella prefazione all'edizione dello Pseudo-Ariprando e Pseudo-Alberto (2), osservava, che i Con- traria sono passati in forma di glosse in parecchi mss. della Lombarda e nominatamente nel ms. Marciano e nel Parmense, già Cremonese, nel qual ms. invece di vacc. si troverebbe anche una volta la sigla vaca. Questo fatto, aggiunge l'Anschiitz, ver- rebbe a confermare l’antica ipotesi del Blume, ma i Contraria nella loro forma attuale non possono invece essere attribuiti a Vacario, il quale già prima del 1149 era partito per l’Inghil- terra. Solo si potrebbe credere, che egli, prima della sua par- tenza, avesse scritto glosse alla Lombarda. La ragione, per cui l’Anschiitz riteneva che i Contraria non possano essere stati scritti prima del 1149, è evidente- mente questa, che essi, a suo avviso, contengono estratti del commento dello Pseudo-Alberto, compilato, sempre a parer suo (3), nella seconda metà del secolo duodecimo. La questione era rimasta a questo punto, quando nel 1876 Fitting pubblicò i suoi Juristische Schriften des friiheren Mittel- alters, nei quali ebbe occasione di descrivere il ms. Haeneliano ignoto ai precedenti scrittori. Il Fitting alla sua volta, non co- noscendo la letteratura anteriore sull'argomento ed ignorando quindi l’esistenza della sigla vaccell., non esitò a ravvisare Va- cario nel vac. mantuanus, ed insiste ora in tale opinione, facendo (1) Merket, Op. cit., p. 39 e p. 62, n. 57 (trad. loc. cit.). (2) Die Lombarda-Commentare des Ariprand und Albertus, 1855, p. xx1v. (3) Op. cit., p.xx1. Axscnirz, p. xv, parla di una particolare redazione del commento di Alberto, welche dem Werke Vacella's zu Grunde liegt, ed è conosciuta solo in parte, cioè per le aggiunte al ms. Vaticano Reg. 1060. Questo ms. in principio del sec. XIV era posseduto da un Gualt. Alberti chierico Milanese, almeno se, come credo, invece di clerici Mt. va letto nella descrizione dell'Anschiitz, clerici M7. Ve "SAI VACELLA GIURECONSULTO MANTOVANO DEL SEC. XII 91 sua l'ipotesi del Merkel, che Vaccell. possa essere un diminu- tivo di Vacario (1). Senonchè la identità di Vaccella e Vacario, già di per sè molto improbabile, è esclusa dal fatto che l’esistenza di un Vacella, giudice mantovano della fine del secolo duodecimo, ci è attestata dal documento del 1189, che pubblico qui appresso. Questo Vacella iudex Mantuanus è, secondo ogni probabi- lità, l’autore dei Contraria e non può in nessun modo confon- - dersi con Vacario, il quale, forse da più di quaranta anni, aveva abbandonato l’Italia per l'Inghilterra. Nel 1189 Vacella doveva essere relativamente giovane, poichè è nominato, nel documento, penultimo fra i giudici Man- tovani. Ciò sembra escludere la possibilità, che in esso si abbia a riconoscere il Mantuanus, aspramente combattuto, coi suoi se- guaci, da Ugo (2) e poi da Roffredo (3). Ugo, infatti, morì prima del 1171. È noto del resto, che Merkel (4) volle identificare il Man- tuanus in questione con Aliprando, autore della Summula de feudis pubblicata dall’ Anschiitz (5), opinione questa che Ficker (6) dichiarava con ragione dubbiosa, riconoscendo d’altra parte pro- (1) LiesermanN, Loc. cit., p. 514: © Fitting also inelines to consider . “ Vaccell. as a diminutive from Vacarius ,. (2) Summula de pugna, pubblicata ora dal Parmrerr nella Bibl. iurid. Medii Aevi, t.I. Cfr. MerkeL in Saviowy, Storia del dir. rom. nel Medio Evo, trad. Borat, III, 412 e segg. (3) Summa de pugna, pubblicata da me nella citata Bibl. iurid. Medii Aevi, t. II. Rotfredo nel titolo III ripete una frase caratteristica dello scritto di Ugo ° Sileat ergo cum suis sequacibus Mantuanus... ,. Questi seguaci, in una aggiunta del ms. Parigino 4614, sono chiamati essi pure Mantuani (cfr. Bibliot. cit., II, p. 80, n. 24). In altra aggiunta dello stesso ms. si leg- gono le parole ex se. man., che congetturai si possano interpretare ex sen- tentia mantuanorum (ibid., p. 82, n. 2). (4) In Saviony, Loc. cit. (5) Die Lombarda-Commentare cit., p. 194 e segg. (6) Forschungen zur Reichs- und Rechtsgesch. Italiens, aggiunta al $ 492 (t. III, p. 463). Ficker osserva che Muntuanus può essere anche nome di persona, dandone alcuni esempi. Aggiungo che in un documento del 1102, a mio avviso apocrifo, ma coi nomi dei presenti tolti da documenti auten- tici (cfr. in seguito p. 9, n. 3), è ricordato un Ubaldus domini Mantuani. r MMnencenticonm aid 92 FEDERICO PATETTA babile, che Mantova sia stata nella prima metà del secolo duo- decimo uno dei centri della giurisprudenza longobardistica. Vacella, per quanto finora è noto, è l'ultimo rappresentante di questa scuola Mantovana. Del valore dei Contraria non posso giudicare, non avendo mai avuto occasione di esaminarli. Fitting (1) li qualifica “ eine hòchst interessante Sammlung von Antinomieen und Streitfragen des longobardischen Rechtes nach der Tiitelfolge der Lombarda ,. Merkel ed Anschiitz attribuiscono a Vacella anche gli ar- gumenta Lombarde, che si trovano nel ms. Chigiano in seguito ai Contraria e ad un breve trattatello sul duello giudiziario. Forse tale attribuzione sarà giustificata dal contesto degli ar- gumenta, poichè il ms. Chigiano ci dà questa breve operetta senza nome d'autore, almeno nel titolo e nelia sottoscrizione. È poi probabile, che i mss. della Lombarda contengano glosse di Vacella, anche indipendentemente da quelle, che sono raccolte nei Contraria (2). Infine Vacella è pure citato in glosse stampate insieme coll’apparato di Carlo di Tocco, ma che, secondo Merkel (3), non ne fanno parte. Ed ora, a proposito del documento del 1189 relativo a Va- cella, non saranno discari agli studiosi alcuni cenni sulla fonte, dalla quale ne ebbi conoscenza, cioè sul /egistrum ossia Cartu- lario del Monastero di S. Benedetto di Polirone, rimasto, eredo, ignoto, almeno agli eruditi moderni. Questo Cartulario, che, fino a pochi anni or sono, faceva parte della biblioteca dei conti Beffa-Negrini di Mantova, fu acquistato da me nell’anno 1895. È un codice membranaceo di mm. 380 per 265, e constava in origine di undici fascicoli di dieci fogli ciascuno, ossia com- plessivamente di 210 fogli. In seguito nell'ultimo fascicolo ven- (1) Zuristische Schriften, Loc. cit. (2) Besra, Irnerio, I, 1896, p. 107 ricorda il ms. Marciano della Lom- barda (Z, L, CCX), * contenente l'apparato di Ariprando, Ariperto e Vac- “ cella ,. Ho poi ragione di credere, per notizie avute dal prof. Gaudenzi, che la sigla Vaccell., e forse anche il nome intiero, si trovi, oltrecchè nel ms. Cassinese, anche nel Marciano. (3) Im Saviaxy, Op. cit., II, 328. VACELLA GIURECONSULTO MANTOVANO DEL SEC. XII 93 nero recisi i fogli terz'ultimo e penultimo rimasti in bianco, come il foglio seguente e gran parte del precedente. La rilegatura, in cuoio con impressioni e con fermagli in ottone, risale al secolo scorso o al principio del nostro. In alto del dorso è tracciata in inchiostro nero la lettera A. Il codice fu scritto a 55 linee per pagina, con grande re- golarità e nettezza, nella seconda metà e probabilmente nel settimo decennio del secolo decimoquinto, ed è di una sola mano, salvo per un documento del 1508 aggiunto in fine. Le linee ed i margini sono tracciati con materia colorante. Il primo foglio del ms. è rimasto in bianco: i sei succes- sivi, scritti in inchiostro rosso, contengono l’indice dei docu- menti preceduto da questo titolo: È “ Im nomine domini dei nostri glorioseque uirginis marie “ matris eius sanctissimique benedicti patris nostri, sancti mi- “ chaelis archangeli ac sancti petri apostoli, in quorum honore “ fundatum est et dotatum monasterium sancti benedicti per “ theudaldum marchionem auum Nobilissime comitisse matildis, “ que etiam multa elargita est monasterio predicto vna cum * bonifatio comite genitore suo pro ut in isto registro continetur. “ Infrascripta est tabula omnium priuillegiorum tam sum- “ morum pontificam quam aliorum imperatorum seu regum con- “ cessorum monasterio sancti benedicti, ex originalibus autenticis transumptorum de uerbo ad uerbum, pro ut inferius continetur, “ videlicet...... x L'ottavo e nono foglio rimasero in bianco, e così pure il decimo, salvo nelle ultime sette linee, che ci dànno il titolo del Cartulario: “ Hec sunt exempla et seu (!) transumpta quamplurimorum “ priuilegiorum, bullarum papalium et imperialium, testamen- “ torum, Instrumentorum, donationum, renuntiationum, quietatio- —“ num, cessionum, concessionum, confirmationum, sententiarum, “ testium examinatorum, litterarum et aliarum multarum seriptu- “ rarum lurium venerabilis Monasterij sancti Benedicti de pado- lirone diocesis mantue, ab eorum et earum publicis et aucten- ticis originalibus uiuis et non canzellatis neque in aliquibus eorum et earum partibus suspectis exemplata et transumpta. Quorum et quarum tenor est talis, ut infra sequitur ,. 94 FEDERICO PATETTA Col foglio successivo incomincia il testo dei documenti, preceduti sempre da una rubrica in inchiostro rosso. Con esso incominciano pure due diverse numerazioni dei fogli. La prima, in lettere romane ed inchiostro rosso, proviene dallo stesso amanuense del codice: è per fogli e si arresta al f. CLXXXXVI. La seconda, in cifre arabiche ed inchiostro nero di mano del sec. XVII-XVIII, è per pagine e spesso danneg- giata per essere stato il codice smarginato dal rilegatore. L'au- tore di questa seconda numerazione incorse in errore, saltando dopo il 290 il numero 291 e continuando invece con 292, 293 ece. Perciò la prima pagina dell'ultimo foglio porta il numero 400, anzichè 399. -I documenti non sono disposti nel ms. in ordine rigorosa- mente cronologico, e si possono inoltre distinguere in esso quasi due parti. La prima incomincia al f. 1 coi pochi documenti del secolo X ed XI e finisce a f. 126 con documenti del 1462; la seconda incomincia con documenti del principio del secolo XII e finisce con documenti del 1464. Seguono ancora due documenti del secolo XII, poi un documento della fine del 1464 registrato all'ufficio del comune di Mantova solo nel 1465, anno nel quale probabilmente fu compiuto il nostro Cartulario. I documenti trascritti sono più di 250. Il trascrittore che era, a quanto pare, persona abile e molto diligente, ci dà anche il facsimile dei monogrammi, delle bolle e dei segni di tabel- lionato. Inutile dire che il Cartulario deve essere stato compilato nel Monastero di S. Benedetto e per uso del Monastero stesso, dove rimase certo fino ad epoca relativamente recente. Infatti in principio di quasi tutti i documenti è segnato a margine, da mano del sec. XVII o XVIII, il loro luogo di collocazione nel- l'archivio, per es. nella forma seguente: “ Originale habetur Arm. B: Caps. 1: Fasc. 1: Num. 3 ,. Più tardi, evidentemente in conseguenza di un nuovo ordinamento dell'archivio, si inco- minciò a raschiare le antiche indicazioni per sostituirne delle nuove; ma questo lavoro fu subito interrotto, estendendosi (salvo eccezioni) solo ai primi quindici documenti. Notevole è che a cinque di essi si sia dovuto in tale occasione porre l'avvertenza Originale deperditum, mentre gli originali dovevano esistere non molto tempo prima, vedendosi ancora sotto la nuova scrittura le antiche note di collocazione, o almeno traccia di esse. d 3 VACELLA GIURECONSULTO MANTOVANO DEL SEC. XII 95 Pensavo dapprima che il ms. avesse servito al Bacchini | perla sua “ Istoria del Monastero di S. Benedetto di Polirone ,, | stampata, come è noto, a Modena nel 1696. Ciò perchè nei do- cumenti stampati in appendice dal Bacchini aveva notato alcuni evidenti errori di trascrizione comuni col manoscritto (1). Ora però trovo che il Bacchini a pag. 143 mostra eviden- temente di non conoscere il testo di una donazione fatta al Monastero nel 1104 da Ugo vescovo di Mantova, ricordandola | solo per la testimonianza del Donesmondi (2), benchè sia tra- scritta nel Cartulario al n° CLXXI, f. 127-128. Inoltre al n° COXLVIIII (f. 193-94) è trascritto un altro documento di donazione, che sarebbe stata fatta dallo stesso Ugo nel 1102, ma che ritengo una falsificazione (3) fatta colla scorta della do- (1) Così, per limitarmi ad un solo documento, il cui originale, secondo l'annotazione a margine del Cartulario, sarebbe stato perduto, nella dona- zione della Contessa Matilde trascritta al n° VII e stampata dal Bacchini a pag. 46 della raccolta di documenti, noto questi errori comuni al ms. ed all'edizione. Nella data (millesimo centesimo Indictione decima Kal. Iunîi) l'anno non concorda coll’indizione. Poco dopo si legge: Ego quis Mathilda comitissa dono ecc., invece di Ego quidem ecc. Infine troviamo anche la seguente sottoscrizione di testimoni, che sembra poco corretta: © Signum manibus..... Opizonis atque Regnerio Camerario namque Ricardi Capellano rogati testes ,. Innumerevoli sono poi, in questo e negli altri documenti, gli errori dell'edizione, che si potrebbero correggere coll’aiuto del ms. e spesso anche di congettura. (2) “ .....il Donesmondi ci assicura di certa Pergamena, con cui del 1104 “ (Ugo vescovo di Mantova) donò, trovandosi in Piatina Terra del Cremonese, “ le decime dell'Isola di S. Benedetto al medesimo Monastero... ,. Cfr. anche pag. 144. (3) Anche a non voler tener conto della stranezza ed irregolarità di forma e della mancanza delle sottoscrizioni dei testimoni e del notaio, la pretesa donazione del 1102 appare apocrifa, perchè molto più ampia di quella del 1104 ed evidentemente compilata allo scopo di estendere ad altri possedimenti, anche acquistati in seguito dal monastero, la esenzione dalle decime, che il documento autentico concedeva solo per l’isola di S. Benedetto. Del resto nel documento apocrifo è ricordata una donazione precedente di Ubaldo vescovo di Mantova, morto appunto nel 1102 e sepolto nel monastero, e sì nominano, come presenti all’atto, la contessa Matilde, il cardinale Bernardo vicario di Pasquale II in Lombardia, Bonsignore ve- scovo di Reggio, Arnaldo canonico Mantovano, Olderico giudice e Anselmo (causidico), notizie e nomi tolti dal documento autentico, aggiungendo altri nomi non inventati ma presi, almeno in gran parte, da altri docu- menti dell’epoca. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 9 I ì | | I 96 FEDERICO PATETTA nazione del 1104. Ad ogni modo il Bacchini non ebbe conoscenza neppure di questo secondo documento, cosicchè ammettendo che abbia avuto fra mano il nostro Cartulario, si dovrebbe ritenere che si sia limitato ad esaminare e trascrivere i primi documenti, senza avvedersi, che altri della stessa epoca da lui studiata si trovano in seguito dopo i più recenti. Come e quando il Cartulario di Polirone sia passato in pro- prietà di privati non saprei congetturare. È noto che i mss. di Polirone si conservano in gran parte nella biblioteca di Man- tova (1), e che alcuni passarono nella biblioteca del seminario di Padova (2). L'Archivio, secondo le notizie date da Bethmann, si sarebbe trovato nel 1854 presso l'abate Marchi in Modena. Non so se tale notizia sia attendibile, o debba intendersi solo di parte dell'Archivio. Certo quanto resta dell'Archivio di Polirone si conserva ora nell'Archivio di Stato di Milano, dove potrebbe facilmente trovarsi anche l'originale del documento relativo a Vacella, che nel Cartulario porta il n° LXI (f. 42*-43*) con a mar- gine l'indicazione Arm. II: Caps. LL: n° 31. Questo documento è la sentenza, che un dominus Agnellus giudice mantovano pronunciò, prudentum virorum habito conscilio, nella sua qualità di arbitro fra il Monastero e Sigifredo ve- scovo di Mantova, del quale si hanno notizie dal 1187 al 1190. Alla sentenza, pronunciata nel palazzo del comune di Mantova, si trovavano presenti: “ Iordanus de Pisa, Malvicius, Henricus, “ Bonus, Vacella et Bartholomeus iudices Mantuani, Albertus “ advocatus ,, ed altri testimoni. Un lunghissimo documento, dello stesso anno 1189, segnato nel Cartulario col n° LX (f. 37-42*), ci ha conservato le depo- sizioni, che i testimoni presentati dal Monastero fecero in pre- senza di Agnello. Questi è inoltre ricordato molte volte nei documenti del Cartulario. Compare, qualificato Agnellus Mantue causidicus, in due documenti del 1178 (ni LVII e LVIII) arbitro, insieme a (1) BLuxe, Iter italicum, I, 1824, p. 194-195; Berumanx in * Archiv der Gesell. fir àltere d. Geschichtkunde ,, XII, p. 627. (2) Fra essi il noto manoscritto del Liber Papiensis, che è probabil- mente quello designato in un inventario del 1425 * liber unus de statutis langobardorum , (Cartulario di Polirone, n° cxxxn, f. 87°). VACELLA GIURECONSULTO MANTOVANO DEL SEC. XII 97 Iacopo arcidiacono della chiesa di Reggio, in una lite del Mo- nastero con Manzone arciprete di S. Lorenzo di Pegognaga. Nel 1187 Agnellus iudex, ricordato primo e col titolo di dominus, assiste coi giudici Enrico, Ventura e Adamo da Crema ad una sentenza pronunciata, una cum sociis suis, da Malvicius iudex et consul iusticie. Mantuanorum in favore del Monastero contra universitatem ronchirolandi (doc. n° LVII). Infine nel 1199 Agnello, sempre qualificato dominus e index, compare in tre documenti, come testimonio, come procuratore, e come vassallo del vescovo di Mantova (ni LXII, LXII e CLXX). Fra i personaggi presenti alla sentenza, Giordano da Pisa probabilmente non è un giudice, benchè il luogo in cui è no- minato possa farne nascere il dubbio ; Malvicius ed Enrico com- paiono anche nel citato documento del 1187; Bono (1) è ricor- dato fra i vassalli del vescovo*di Mantova in uno dei citati documenti del 1199 (n° CLXX); di Vacella, Bartolomeo ed _A/- bertus advocatus non trovo nel Cartulario altro ricordo (2). Ecco, finalmente, il testo del documento. (1) Il testo del documento “ presentia et parabola... Boni (ms. Bono) “ domini Boni iudicis ,, lascia veramente in dubbio se si tratti del nostro Bono o di un suo figlio d’egual nome. Nello stesso documento è ricordato fra ì vassalli del vescovo anche un dominus Bonaventura iudex. (2) Bartolomeo è ricordato invece con Bonaventura, Malvicio e Agnello {detto una volta per errore di stampa Angelo) nel documento del 1193‘ pubblicato dal Verci, Storia degli Ecelini, III, 1779, p. 115 e segg., n° LX. Spogliando il Cartulario ho notato ancora, fra altri, un Petrus Regine ecelesiae magister scolarum, il quale sottoscrisse una donazione fatta il 15 giugno 1132 da Gualtiero arcivescovo di Ravenna, iurta ecclesiam episcopii sancte Marie infra Reginam civitatem (n° xxxvu, f. 21-22*), e un Guido Papiensis iuris pro- fessor, che nel palazzo vescovile di Ferrara assistè con Donusdeus iudex, con Magister Nigrellus, Magister Albertus gramaticus, Magister Robertus Bom- . belletus ed altri alla pubblicazione di una sentenza pronunciata nel luglio 1205 dal vescovo Uguccione (il celebre canonista) e dal preposto Manardino. Non saprei se Guido Papiense possa essere il Guido ricordato una volta nelle Dissensiones Dominorum del ms. Chigiano E, VII, 218, $ 141 (cfr. la nota di Haenel a p. 233-234 della sua edizione delle Dissensiones). Tanto meno oserei identificarlo col Guido causidieus di un documento del 1169 in Muratori, Antichità estensi, I, 336. Il documento ferrarese del 1205 è tras- eritto nel Cartulario due volte, dall’ originale cioè e da una copia auten- tica, ai n' Lxxxn e LxxxnI, f. 53%-54”, 98 FEDERICO PATETTA Instrumentum sententie late contra episcopum mantuanum de insula, quam ipse possidebat prope gubernulum. In nomine domini nostri yhesu christi. Die sabati qui fuit nonus intrante decembre . de litibas que nertebantur inter domnum albertum abbatem monasterij saneti benedicti pro ipso monasterio ex vna parte et dominum Sil(gifredum) mantuane ecelesie episcopum ex altera , qua- rum dominus agnellus iudex, arbiter electus a predietis partibus et co- gnitor, talem sententiam in scriptis protulit sic dicens . In nomine do- mini, Ego agnellus arbiter ellectus a domino S. mantue episcopo et a domino alberto abbate monasterij saneti benedicti de pado larione ad cognoscendas et terminandas quasdam lites que uertuntur inter eos . que lites tales sunt . Petit dominus abbas domino episcopo polesinum et piscariam et totum quod habet dominus episcopus in insula sancti benedicti, et ut domus in polesino circa denuntiationem (1) facte di- ruantur, et ne homines domini episcopi et eorum animalia predietam insulam usus alicuius gratia ingrediantur . Item ne aliquas exactiones uel seruitia ab hominibus monasterij in insula reueris (2) constitutis exigat uel exigi faciat, et quod ablatum est restituat nel restituì faciat, et de damno dato ab hominibus illius in supradictis locis et ab ani- malibus eius et suoram hominum . E contrario dominus episcopus petit a domino abbate iusticiam de fossato sancti siri, quod clausum est et debet esse apertum a pado usque ad paludem, et de damno quod sibi contingit pro clausura fossati. Item petit iusticiam de nemore inciso et pascuo arato, vnde usus incidendi buseandi pasculandi impeditus est, secundum quod designari faciet ex utraque parte fossati anguilarij (3), (1) Anche nelle deposizioni dei testimoni è ricordata questa denunzia fatta “ per iactum lapilli ex parte domini imperatoris et apostolici et po- “ testatis mantue et monasterij sancti benedicti, ne aliquid nowui ibi supra “ hedificarent , (f. 41%: cfr. 40°). Il iactus lapilli nella operis novi nunciatio è uso romano, ricordato non solo in Dig. 39, 1, 5, $ 10, come erroneamente ritiene Grim, Rechtsalterthiimer, p. 181, ma anche in Dig. 8, 5, 6, $1: 43, 24,1, $6 e 20, $1. Sull'uso di questa formalità nel Medio Evo, cfr. Grnos, loc. cit; Dv Caxoe, alla v. nuntiatio; Zorkaver, I costituto del comune di Siena dell'anno 1262, Milano, 1897, p.1x, n. 3. (2) Revere, noto paese del Mantovano. Per questo e gli altri paesi, di cui è parola nel documento, si può vedere la carta topografica dello stato di Mantova all'epoca repubblicana, in calce dell'opera di Carro D'Arco, Dell’economia politica del municipio di Mantora, ecc. Mantova, 1842. (8) Nelle deposizioni dei testimoni si legge fossato anguilanio. ie) VACELLA GIURECONSULTO MANTOVANO DEL SEC. XII 9 et de domibus supra hedificatis et sepibus que impediunt eum in pa- sculando, in via publica in eundo, et in ageribus similiter . Item petit omnes remotas (1) et polesina, que quondam in aluo padi erant, et specialiter polesinum constantini (2), ubicunque sint in insula sancti benedicti secundum quod designabit . Item petit iusticiam de terris om- nibus quas habet ecclesia saneti benedicti in capite uel in menbris (3) in insula reueris, et de damnis datis in supradictis rebus propter su- pradictas causas. visis et cognitis rationibus, attestationibus, cartis, pri- uilegiis predietarum litium ab utraque parte prolatis et diligenter in- spectis, et prudentum uiroram habito conscilio; de polesino et piscaria et de omni eo quod habet episcopus in insula saneti benedicti, Absoluo dominum episcopum a petitione domini abbatis; de domibus hedificatis în polesino circa denuntiationem, totum quod hedificatum est post de- nuntiationem (et hoc cognito per sacramentum denuntiantis) condemno dominum episcopum ad destruetionem; et ne homines domini episcopi, videlicet gubernuli (4), ingrediantur in insulam saneti benedicti gratia (1) Così il ms. in questo luogo, ma in seguito, forse per errore, si legge “ a peticione remontarum et polesinorum..... ,. Che cosa precisamente s'intenda per remota, non saprei, non facendo al caso nostro quanto si legge in Du Cance-HenscHEL, @d À. ». (2) Detto nelle deposizioni dei testimoni anche glara constantini. Cfr. Du Cance-HenscHer alle v. glara e polesinus (1). (3) L'espressione habdere in capite uel in membris, che ricorre anche in fine del documento, serve forse a distinguere i feudi dai subfeudi. Quali fossero le pretese del vescovo, si desume dalle interrogazioni fatte ai testimoni, per es. “ si scit homines habitantes supra tenutas sancti bene- “ dicti in insula reueris fecisse uel debere facere albergarias uel alias con- “ dictiones domino episcopo ,. Il glossario di Du Cance-Henscget (II, 165) alla v. caput ha “ in capite tenere: abs Rege feudum tenere, nullo medio , e dà un esempio del 1379. Alla v. membrum si legge invece “ tenir par “ membre dicitur cum feudum inter plures dividitur ,; ma la carta di Filippo il Bello, citata in appoggio di questa interpretazione, non è vera- mente molto chiara. (4) Governolo. Le deposizioni dei testimoni erano state recisamente con- trarie alle pretese degli uomini di Governolo. Interessante è, fra gli altri, il seguente passo, nel quale un testimonio narra dei pignoramenti fatti e dell'uccisione di una vacca (efr. Brunner, Deutsche Rechtsgeschichte, II, 1892, p. 531 e segg.): “ Pelesela iuratus dixit a uigintiquinque annis infra ipse “ testis expullit per sex uices animalia hominum gubernuli, que uenerant “ ultra in insula sancti benedieti causa pasculandi, et semel cum aliis homi- “ nibus interfecit uacam vnam et comedit ex ea; et sepe abstulit bestiariis “ mantelos, et etiam de bobus usque ad monasterium duxit... ,. Non meno è 100 FEDERICO PATETTA alicuins usus, dico homines gubernuli non habere aliquod ius ingre- diendi predictam insulam gratia alicuins usus et condempno dominum episcopum ne homines dieti gubernuli dietam insulam gratia alicuius usus ingrediantur . Item de eo quod dicit dominus abbas ne episcopus uel homines similiter predictam insulam gratia alicuius usus ingre- diantur, Dico homines nubilarij (1) non habere aliquod ius ingrediendi predictam insulam causa piscandi uel pasculandi et condemno dominum episcopum ne homines de nubilario predietam insulam ingrediantur gratia piscandi nel pasculandi; de iure buscandi dico homines de nu- bilario ad suum solummodo usum utantur siccis lignis in silua, que est in insula saneti benedicti per medium nubilare, ita quod solitum stirpaticum (2) persoluant. Similiter dico dominum episcopum habere ius utendi in dicta insula siccis lignis ad comburendum in castro nubilarij sufficienter et ad megetes (3) faciendas et ad domos fabricandas in pre- dieto castro secundum tenorem cartule bernardi cardinalis (4), et ut porchos suos donicales (5) tempore glandium possit mittere causa pa- scendi in predietam siluam . et condemno dominum episcopum ne ipse uel homines nubilarij gratia alterius usus ingrediantur predietam insu- lam; et a petitione predicti usus, Absoluo dominum episcopum a peti- energicamente si procedeva nel caso di violazione dei diritti di pesca, se- questrando e distruggendo non solo le reti, ma anche le barche (...incidere de nauibus ...abstulit ei nauem et retia et pisces ...et abstulit ei bertauellos et instrumenta sua, que posuerat, et incalciavit eum, et incidit nauem suam... ecc.). (1) Nuvolato? (2) Da questo passo si vede chiaramente, che lo stirpaticum è un di- ritto, che si paga al proprietario della selva. Non è quindi esatto quanto si trova in Du Canee-Henscuet, ad A. v. (3) Veges = botte. Cfr. Du Cance-HeyscaeL, ad %. v. (4) Il cardinale Bernardo legato pontificio, spesso ricordato nei doca- menti del Cartulario, e nominatamente negli atti della contessa Matilde. (5) Cioè dominicales, i porci del vescovo. A proposito dei quali, la de- posizione di uno dei testimoni ci fa assistere ad una scenetta caratteristica. “ Item (Johannes de Sancto Siro) dicit quod quadam uwice porci domini epi- “ scopi G(arsendonii) uenerant in insulam sancti benedicti per medium nu- “ bilare et intranerant in quodam campo fabe ecclesie sancti siri et ipse “ testis uidit eos, et quando nidit eos in faba accepit duos canes et fecit “ eos expellere de campo, et usque ultra padum expullerunt: et episcopus G. < aderat per medium castri nubilarij et dixit: * quis expellit porchos?' et “ homines, qui erant ibi, dixerunt: ‘ Johannes de saneto siro ’, et dominus “ episcopus dixit sibi testi: ‘ o Johannes, quare facitis michi hane vuerram? * “ et Johannes dixit: ‘ quia pascebant fabam meam ’, et dominus episcopus “ dixit: ‘ male uenient porcharij hodie ad manus meas'..... si ceo E rat VACELLA GIURECONSULTO MANTOVANO DEL SEC. XII 101 tione domini abbatis . Item quod dicit dominus abbas ne dominus epi- scopus aliquas exaetiones uel seruitia exigat ab hominibus monasteri] in insula reueris constitutis uel exigi faciat, et quod ablatum est re- stituat uel restitui faciat, et de damno dato ab hominibus illius in su- pradictis locis et ab animalibus eius et suoram hominum, Absoluo do- minum episcopum ab hiis petitionibus . De fossato sancti siri, quod dicit dominus episcopus debere esse apertum a pado usque ad paludem et habere ius nauigandi et eundi per predictum fossatum ad paludes suas causa piscandi, condemno dominum abbatem ut licentiam prestet domino episcopo cauandi et aperiendi dictum fossatum, Ita quod ipse et homines eius possint nauigare per dictum fossatum ad paludes suas, nulla instrumenta piscationis in predicto fossato a domino episcopo uel suis hominibus ponendo. A petitione damni pro clausura fossati, quod dicebat dominus episcopus habere, absoluo dominum abbatem (1). De ne- more inciso (2) et pascuo arato (3) et de domibus et sepibus supra hedificatis et de ageribus absoluo dominum abbatem a petitione domini episcopi. À peticione remontarum et polesinorum, que quondam in aluo padi erant, et specialiter polesini constantini, ubicumque sint in insula sancti benedicti, et a peticione terrarum quas habet ecclesia sancti be- nedicti in capite uel in membris in insula reueris, et de damnis datis in supradictis locis propter supradictas causas, absoluo dominum abba- tem a petitione domini episcopi. Data fuit hec in palatio comunis mantue in M.° C.° LXXX® vinj?. Indictione septima (4) . Ibi fuere iordanus de pisa. Maluicius . Henricus . Bonus . Vacella . et Bartholomeus iudices mantuani . Piscator blandini . (1) Infatti i testimoni concordi avevano deposto, che il fossato si era riempito molti anni prima in conseguenza delle piene del Po. (2) Un bosco di quercie, del quale nessun testimonio più si ricordava. (3) £ testimoni deposero, che la quantità di terra coltivata era antica- mente maggiore che non all’epoca della deposizione, benchè “ si ronchata “ terra reuertebatur ad nemus propter plenas ,, gli uomini del monastero cessante plena cercassero di nuovo di ridurla a campo. (4) Essendo il documento del dicembre 1189, è evidente che l’indizione è la Romana, non la Costantinopolitana. Così è pure negli altri documenti di S. Benedetto, per es. al n° LVIII ed LXXX del Cartulario “ millesimo © centesimo septuagesimo octavo Indictione vndecima... Die iouis, qui fuit “ secundus dies Intrante mense nouembris ,: “ die mercurij . v . exeunte “ decembre... ... m°c°Lxxxx®v)" Indictione xmg* ,. In quest’ultimo caso l’indi- cazione del giorno del mese non concorda però con quella del giorno della settimana. 102 FEDERICO PATETTA — VACELLA GIURECONSULTO, ECC. Albertus aduocatus . Zenellus henrici anzuli . albertinus de pazone . ; Richerius de gubernulo . et grimoldus . et alij multi. 4 (S. 7.) Ego persona sacri palacij notarius huic sententie interfui et aliud instrumentum inde composui; set illo ammisso, ut a priore | maiore (1), videlicet domno.iohanne, dicti monasteri) coram domino maluicio Tudice et consule comunis mantue dictum fuit, hoc instra- mentum iussu dicti domini M, consulis denuo scripsi. (1) Un documento del 1196 (Cartulario n° Lxxx, f. 53°) ricorda, in or- dine gerarchico, l'abate del monastero, il prior maior, due priores clau- strales, un secrestanus, un sindicus e poi i monaci, Cfr. Do Cance-HexscHEL, alle v. prior maior e prior claustralis. L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 103 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 21 Giugno al 15 Novembre 1896. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** sì comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono, ** Abhandlungen der k. Preussischen geologischen Landesanstalt. N. F., Heft 21. Berlin, 1896; 8°. * Abhandlangen der k. Akademie der Wissenschaften zu Berlin, 1895; 49. * Abhandlungen herausg. von der Senckenbergischen Naturforschenden Gesellschaft. Bd. XXII; Heft (Anhang). Frankfurt a. M., 1896; 4°. * Abhandlungen der mathem.-physischen Classe der k. Sàchsischen Gesell- schaft der Wissenschaften. Bd. XXIII, n' IT-III. Leipzig, 1896; 8°. * Abhandlungen der mathem.-physischen Classe der k. bayerischen Aka- demie der Wissenschaften. Bd. XIX, 1 Abth. Miinchen, 1896; 4°. * Abhandlungen der Naturhistorischen Gesellschaft zu Nirnberg. X Bd., IV Heft. 1896; 8°. * Abhandlungen der k. k. Geologischen Reichsanstalt. Bd. XVIII, Heft 1. Wien, 1895. Anales de la Oficina Meteorolégica Argentina por suo Director G. G. Davis, vol. X, Buenos Aires, 1896; 4°. * Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega VI, t. XLI; I-IIl, t. XLII. Buenos Aires, 1896; 8°. Anales del Museo Nacional de Montevideo, V, 1896; 4°. * Anales de la Universidad (Republica Oriental del Uruguay). Tomo VII, Entr. 6%; VIII, Entr. 1*. Montevideo, 1896; 8°. * Annales de la Société Entomologique de Belgique. T. 22°, 36°, 39°. Bruxelles, 1879-1895; 8°. * Annales de la Société géologique de Belgique. T. XXIII, 1° livraison. Liège, 1895-96; 8°. * Annales de la Société d’Agriculture, Sciences et Industrie de Lyon. 7ème série, t. II-III, 1894. Lyon, 1895-96; 8°, * Annales de la Société Linnéenne de Lyon. Nouvelle sér., t. 41°, 42°. Lyon, 1894-95; 8°. 104 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Annales de la Faculté des sciences de Marseille. T. V, fasc. 4%; T. VI fasc. 1-3; T. VII. Marseille, 1896; 4°. * Annales des Mines, 9° série, t. IX, livr. 4-5. Paris, 1896. * Annali del Museo Civico di Genova. Serie 2*, vol. XIV-XVI, 1894-1896; 8°. Annali delle Università Toscane. T. XX. Pisa, 1896; 4°. * Amnali dell'Ufficio centrale meteorologico e geodinamico italiano. Serie 2*, v. XIII, p. II, 1891. Roma, 1896; f°. * Annual Report of the Board of Regents of the Smithsonian Institution. seat for the year ending june 30, 1893; Report of the U. S. National Museum. Washington, 1895; 8°. * Archives du Musée Teyler, série II, vol. V, fasc. 1. Haarlem, 1896; 8°. * Archives Néerlandaises des sciences exactes et naturelles publiées par la Société hollandaise des sciences è Harlem, tome XXX, livr. 2. Harlem, 1896; 8°. * Archives (Nouvelles) du Muséum d’histoire naturelle. III° sér., t. 7°, fase. 2. Paris, 1895; 4°. * Atti dell'Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. An. LXXIII, 1896; ser. 4%, vol. IX. Catania, 1896; 4°. * Atti della R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze, 4* serie, vol. XXIX, disp. 2*, 1896; 8°, * Atti della Società Italiana di Scienze naturali. Vol. XXXVI, fasc. 2°. Milano, 1896; 8°. * Atti della Società dei naturalisti di Modena; serie III, vol. XIV, fase. I-II. Modena, 1895; 8°. * Atti dell'Accademia Pontaniana. Vol. VII, p. II, fase. 1-8; VIII, Appen- dice; XIII, p. II, XIV-XVIII. Annuario pel 1892. Napoli, 1858-1888, 1892. * Atti della R. Accademia medico-chirurgica di Napoli. Anno L; N. $., n.1,2. Napoli, 1896; 8°. * Atti e Rendiconti dell’Accad. Medico-chir. di Perugia; vol. VIII, f. 3, 1896. * Atti dell'Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Anno XLIX, sess. V-VII. Roma, 1896; 4°. * Atti della R. Accad. dei Fisiocritici in Siena. Serie IV, vol. VIII, fase. 2-3. Siena, 1896; 8°. * Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LIV, disp. 7-9. Venezia, 1895-96; 8°, Australian Museum. Report of Trustees for the year 1895. Sydney, 1896; 4°. Beobachtungen des Tiflisser physikalischen Observatoriums im Jahre 1894. Tiflis, 1896; 49, Beobachtungen der Temperatur des Erdbodens im Tiflisser physikalischen Observatorium im Jahre 1890. Tiflis, 1895; 8°, * Bericht uber die Senckenbergische naturforschende Gesellschaft in Frankfurt am Mein, 1896; 8°. * Berichte iber die Verhandlungen der k. Sachsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig. Mathem. Phys. Classe, 1896, II. III. Leipzig; 8°. * Bihang till Kongl. Svenska- Vetenskaps- Akademiens Handlingar. Bd. 21. Afdelning I-IV. Stockholm, 1896; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 105 Boletin de la Comision Geolégica de México. N. 3. Mexico, 1896; 4°. Boletin del Observatorio Astronémico Nacional de Tacubaya. Tom. I, n, 25. Mexico, 1896; 4°. Boletin mensual del Observatorio Meteorolégico central de Mexico; marzo- junio, 1896. Mexico, 1896; 4°. * Bollettino del R. Comitato Geologico d'Italia. Anno 1896, n. 2. Roma; 8°. * Bollettino del Club Alpino italiano per l’anno 1895-96. Vol. XXIX, n. 62. Torino, 1896; 8°. * Bollettino mensuale della Società meteorologica italiana. Serie 2°, vol. XVI, n. 7-9. Torino, 1896. * British-Museum Natural History): Catalogue of Birds, vol. XXIV; Catalogue of Snaches, vol. III; Cata- logue of Corals, vol.II; Catalogue of Jurassic Bryozoa. London, 1396; 3 vol. 8°, e 1 4°. * Bulletin de la Société d’études scientifiques d’Angers. XXIV® année, 1894. Angers, 1895; 8°. * Bulletin de la Société Belge de Geologie, de Paléontologie et d'Hydro- logie. Tom. VIII. Bruxelles, 1894-95; 8°. Bulletin de la Société belge de Microscopie. XXII° an., 1895-96, n° 10. Bruxelles, 1896. * Balletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. Vol. XXIX, n. 3-6. Cambridge, 1896; 8°. * Bulletin de la Société Physico-Mathématique; 2" série, tome V, n. 8-4. Kasan. 1896; 8°. Bulletin of the Agricultural Experiment Station of Nebraska. Vol. VIII, Art. III, IV. Lincoln Nebraska, 1896; 8° (dall’Univ. di Nebraska). * Bulletin de la Société impériale des Naturalistes de Moscou. Ann. 1895, n. 4. Moscou, 1896; 8°. * Bulletin de la Société des Sciences naturelles de l’Quest de la France. T. V, 4° trimestre 1895 et 1" 1896. Nantes; 8°. * Bulletin du Muséum d’histoire naturelle. Année 1896, n. 2-5. Paris, 1896; 8°. * Bulletin de la Société géologique de France. 3° série, t. XXIII, n. 8 (1895); XXIV®, n. 1-3. Paris, 1895; 8°. * Bulletin de la Société zoologique de France pour l'année 1895. T. XX, n. 1-9. Paris, 1895; 8°. * Bulletin on the United States National Museum, n.48. Washington, 1895; 8° (dalla Smithsonian Institution). * Bullettino delle Scienze mediche pubblicato per cura della Società medico- chirurgica, ecc. Serie VII, vol. VIII, fase. 6-10. Bologna, 1896; 8°. * Bulletins du Comité géologique de St-Pétersbourg, 1896; t. XIV, n. 6-9; XV, n. 1-2. St-Pétersbourg, 1896; 8°. * Città di Torino.Ufficio d’igiene. Relazione per l’anno 1894. Torino, 1896; 4°. * Congrès scientifique è l’occasion de l’Exposition nationale de 1895. Angers, 1895; 8° (dalla Société d'Études scientifiques d' Angers). * Catalogo della Biblioteca del Club Alpino Italiano, Sede Centrale e se- zione di Torino. Torino, 1896; 8°. 106 PU):BLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Comptes-Rendus des séances de la Commission permanente de l'Association géodésique internationale. Berlin, 1896; 4° (dono della Commissione). * Comptes-Rendas des séances de l'Académie des Sciences de Cracovie, mai- juillet, 1896; 8°. * Denkschriften der medicinisch-naturwissenschaftlichen Gesellschaft zu Jena. Bd. V; Liefg. II-IIl; VIII, Liefg. II. 1896; 4°. ** Erliuterungen zur geologischen Specialkarte von Prussen und Thirin- gischen Staaten. LXI Lief. n. 44-46, 52, 58: LXVIII; n. 4-6, 10-12: LXXIII: n. 22, 23, 28, 29: LXXIV; n. 49-51, 55-57. Berlin, 1895-96. Testo e Atl'. * Forhandlinger i Videnskabs-selskabet i Christiania Aar 1894. Christiania, 1895; 8°. ** Fortschritte der Physik im Jahre 1890, Bd. XLVI; I, III Abt. Braun- schweig, 1896; 8°. * Giornale della R. Accademia di medicina. A. LIX, n. 5-9. Torino, 1896; 8°. * Index (General) to vol. XXX to LII of the Monthly Notices of the R. Astronomical Society 1869-1892. London, 1896; 8°. * Index (General) to the first twenty volumes of the Journal (Zoology) and the zoological portion of the proceedings November 1838 to 1890 of the Linnean Society. London, 1896; 8°. ** Index général et systématique des matières contenues dans les vingt premiers volumes du Journal de Conchyliologie. Paris, 1878; 8°. * Jahrbuch iiber die Fortschritte der Mathematik. Bd. XXV, Heft 2. Berlin, 1896; 8°. * Jahrbuch der k. k. geologischen Reichsanstalt zu Wien. Jahrg. 1895. XLV Bd., 2 u. 4; XLVI, 1 Heft. Wien, 1896; 8°. * Jahres-Berichte der Naturwissenschaftlichen Vereins zu Elberfeld, VIII Heft. Elberfeld, 1896; 8°, * Jahreshefte des Vereins fiir vaterlindische Naturkunde in Wiirttemberg. 52 Jahrgang. Stuttgart, 1896; 8°. * Jenaische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft herausg. von der medizinisch- naturw. Gesellschaft zu Jena. N. F. Bd. XXIII, Heft 2-3. Jena, 1896; 8°. * Journal of the Asiatie Society of Bengal. Vol. LXIV, Title page and Index. Vol. LXV, part II, Natural Science, n. 1-2. Calcutta, 1896; 8°. * Journal of Linnean Society. Botany, vol. XXX, n. 211; XXXI, n. 212-217. Zoology, vol. XXV, n. 161-162. London, 1895-96; 8°. * Journal of the R. Microscopical Society, 1896, part 3-5. London; 8°. * Journal de l'École Polytechnique: II° série, premier cahier. Paris, 1895; 4°. * Kongliga-Svenska Vetenskaps-Akademiens. Handlingar Ny Féljd. Bd. 27. Stockholm, 1895-96; 4°. * List of Linnean Society of London, 1895-96. London, 1896; 8°. * List of the Members of the Royal Irish Academy, 1896. London; 8°. * Memorias y Revista de la Sociedad Cientifica “ Antonio Alzate ,. T. IX (1895-96), N. 7 y 10. Mexico, 1896; 8°. * Mémoires de la Société entomologique de Belgique. III-V. Bruxelles, 1895-96; 8 vol. 8°. r—_—e__———————T—_v @—6__ € _@€€—€—i - "———————— —m6m6m6—mumòm01m—° 7 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 107 * Mémoires de l’Académie des Sciences et des Lettres de Danemark. 6° série, Section des sciences, t. VIII, n. 2. Copenhague, 1896; 4°. * Mémoires de la Société zoologique de France pour l'année 1895. Tome VII. Paris, 1895; 8°. * Mémoires du Comité géologique de Russie. T. XIII, n. 2. St-Pétersbourg, 1896; 4°. * Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali. Vol. XVII, fase. 6; XVIII, fasc. I e II. Milano, 1896; 4°. * Memorie di matematica e di fisica della Società italiana delle Scienze. Serie 3, t. X. Roma, 1896; 4°. Memorie della Società degli Spettroscopisti italiani. Vol. XXV, disp. 6*-98. Roma, 1896; 4°. * Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LVI, n. 9. London, 1896; 8°. ** Morphologische Arbeiten. Herausg. von D" G. Schwalbe. 6 Bd., 2 u.3 Heft. Jena, 1896; 8°. * Nachrichten von der Kénigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòttingen. Mathematisch-physik. Klasse, 1896, n. 2. Gòttingen, 1896; 8°. * Nieuw Archief voor Wiskunde. Thweede Recks. Deel III Amsterdam, 1896; 8° (dalla Società matematica). North American Fauna. N°11-12. Washington, 1896; 8° (4a! U. S. Department of Agriculture). * Notizie sui terremoti avvenuti in Italia durante l’anno 1895. Roma, 1896, pp. 217-230; 8° \dal R. Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica). * Notulen van de Algemeene en Bestuurs vergaderingen van het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen. Deel XXXIII, Afl. 3-4. Batavia, 1896; 8°. * Observations made at the magnetical and meteorological Observatory at Batavia. Vol. XVII, 1894. Batavia, 1895; f°. * QObservations publiées par l’Institut météorologique central de la Société des Sciences de Finlande, vol. 14°, 1" livr. Observ. météorologiques faites à Helsingfors en 1895. Helsingfors, 1896; 4°. * Observations météorologiques publiées par l’Institut météorologique central de la Société des Sciences de Finlande, 1891. Tome supplémentaire. Kuopio, 1896. Peabody Institute, of the city of Baltimore. Twenty-Ninth Annual Report. June 1, 1896. Baltimore, 1896; 8°. * Proceedings of the Cambridge philosophical Society; vol. IX, p. 3%, 1895. * Proceedings of the Royal Society of Edinburgh. Vol. XX, sess. 1893-95; 80, * Proceedings of the Royal Irish Academy. Third series, vol. III, n. 5. Dublin, 1896; 8°. * Proceedings of the Royal Society. Vol. LIX, n. 357-358; LX, 359-362. London, 1896; 8°. * Proceedings of the Zoological Society of London for the year 1896. Part I, II. London; 8°. 108 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Proceedings of the Linnean Society of London. From November 1894 to June 1895. London, 1896; 8°, * Proceedings of the American Philosophical Society held at Philadelphia. Vol. XXXIV, n. 149. Philadelphia, 1895; 8°. * Proceedings of the United States National Museum. Vol. XVII, 1894. Washington, 1895; 8° (dalla Smithsonian Institution). * Processi Verbali delle adunanze della R. Accademia dei Fisiocritici in Siena. Anno accad. 205; n. 3, 4, 1896; 8°. * Quarterly Journal of Geological Society. Vol. LII, Part 3,4. London, 1896; 8°. * Records of the Geological Survey of India. Vol. XXIX, part 2-3. Calcutta, 1896; 8°. * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXIX, fasc. 13-16. Milano, 1896; 8°. * Rendicouti del Circolo matematico di Palermo. Tom. X, fasc. IV. 1896; 8°. * Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Serie 35, vol. II, fase. 5-7. Napoli, 1896; 8°. * Rapport annuel de la Commission de Géologie du Canadà. Vol. VI, 1892-93. Ottawa, 1896; 8°. Report of the Sixth Meeting of the Australasian Association for the Advan- cement of Science, held at Brisbane, Queensland, January, 1895; 8°. Report on the Geodetio Survey of South Africa Cape Town, 1896; f° (dalla Direzione dell'Osservatorio di Cape of Good Hope). Report for the Year 1895-96, presented by the Board of Managers of the Observatory of Yale Univers. to the President and Fellows. New-Hawen; 8°. Résultats des Campagnes scientifiques accomplies sur son yacht par Al. bert I, Prince de Monaco; fase. X. Monaco, 1895; 4° (dono di S. A. Me il Principe Alberto I di Monaco). * Results of Astronomical and Meteorological Observations made at the Radcliffe Observatory, Oxford, in the years 1888-89, vol. XLVI. Oxford, 1896; 8°. * Rozprawy Akademii Umiejetnosci wydziat Matematyezno-Przyrodniczy. Ser. II, t. VII-IX. Krakowie, 1895; 8°. * Schriften der Physikalisch-Oekonomischen Gesellschaft zu K&nigsberg in Pr., XXXVI Jahrg., 1895. Kénigsberg, 1895; 4° * Scientifie Proceedings of the R. Dublin Society. Vol. VIII, N. S., p. 3-4. Dublin, 1895-96; 8°. Scientific Transactions of the Roy. Dublin Society. Vol. V, Series II, n° 5-12; VI, n° 1. Dublin, 1896; 4°. Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Classe der k. b. Aka- demie der Wissenschaften zu Miinchen, 1896, Heft I, II. Miinchen, 1896; 8°. * Sitzungsberichte der k. Preuss. Akademie der Wissenschaften zu Berlin, I, 9 Januar; XXXIX, 30 Juli, 1896; 8°. * Skrifter udgivne af Videnskabsselskabet i Christiania. 1894. I Mathe- matisk-naturvidenskabelig Klasse. Kristiania, 1894; 8°. * Société R. des Sciences naturelles des Indes Néerlandaises è Batavia: T. LV du Natuurkundig Tijdschrift. Bockwerken etc. 1895. Catalogue supplémentaire 1883/1893. 3 vol.; 8°. * PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 109 Spelunca. Bulletin de la Soeiété de Spéléologie. 17° année, n. 6-7. Paris, 1896; 8°. * Stazioni sperimentali agrarie italiane. Vol. XXIX, fasc. 6-9. Modena, 1896; 8°. Studie from the Yale Psychological Laboratory; vol. III, 1895 (dalla Yale University). New Haven; 8°. * Thiitigkeit der Physikalisch-Technischen Reichsanstalt in der Zeit vom 1 April 1895 bis 1 Februar 1896. Berlin, 1896; 4° (dall'Istituto Fisico- Tecnico in Charlottenburg). * Tijdschrift voor Indische Taal-, Land- en Volkenkunde, uitgegeven door het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen ete.; Deel XXXIX, Aflev. 2. Batavia, 1896. * Transactions of the Royal Society of South Australia. Vol. XVI, Part 2* e XX, Part 1*. Adelaide, 1896; 8°. * Transactions of the Cambridge Philosophical Society. Vol. XVI, parte 1°. Cambridge, 1896. * Transactions of the R. Irish Acad. Vol. XXX, part XVIIL-XX. Dublin, 1896; 4°. * Transactions of the Royal Society of Edinburgh. Vol. XXVII, part III, IV; vol. XXVII, part. I, III, 1893-94; 1894-95; 4°. * Transactions of the Linnean Society of London. Botany, vol. IV, p. 3, 4; vol. V, p. 2-4. — Zoology, vol. VI, p. 4, 5. London, 1896; 4°. * Transactions of the Manchester Geological Society. Vol. XXIV, n. 98, 1895-96; 8°. Transactions of the astronomical Observatory of Yale University. Vol. I, p. v. New Haven, 1896; 4°. * Transactions of the Canadian Institute. Vol. IV, p. 2. Toronto, 1895; 8°. United States Coast and Geodetic Survey. Bulletin N. 35. Washington, 1896; 8°. ** Verhandlungen der physikalischen Gesellschaft zu Berlin. XV Jahrg., n. 1. 1896; 8°. * Verhandlongen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Sitzung. N. 6-12, 1896. Wien, 1896; 8°. * Verhandlungen physikalisch-medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg, 1895, N. F., XXX Bd., n. 1-5; 8°. * Wissenschaftliche Meersuntersuchungen herausg. von der Kommission zur wissenschaftlichen Untersuchung der deutschen Meere in Kiel und der Biologischen Anstalt auf Helgoland. N. F. I Bd. Heft 2. Kiel u. Leipzig, 1896; 4°. ** Xenia Orchidacea. Beitrige zur Kenntnis der Orchideen von H. G. Reichenbach Filete... Bd. III, Heft 9. Leipzig, 1896; 4°. * 3Rypuaaxs pyccraro pusmro-xnMugecgaro O6mecrsa mpu Ixmeparoperome C. Nerep6ypreroxs YamepenterB; t. XXVIII, n. 4-6. 1896. Bieraues onsirHoii puamrm x a1ementapuoi maremarmen. N. 233-240. Oxecca, 1896; 8°. das y-Aminopyridin und das Y-Methylpyridylketon. Gadderbaum, 1895; 8°. Bial (F.). Ueber a-Hydroxylaminisobuttersiiure und Bromimidokohlensàure- aether. Uster-Zurich, 1895; 8°. Bider (M.). Fchinococcus multilocularis des Gehirns; nebst Notiz iiber das Vorkommen von Echinococeus in Basel. Berlin, 1895; 8°, Bienz (A.). Dermatemys Mavii Gray eine osteologische Studie mit Beitrigen zur Kenntniss vom Baue der Schildkriten. Genève, 1895; 8°, Blaskopf (C.). Zur Kenntnis des 8-Phenylhydroxylamins. Wien, 1896; 8° Bothof (H.). Zur Kenntniss der Amido Pheny]sulfide. Mainz, 1895; 8°. Bourry (H.). Sur la Butylation du Paraxylène. Sur quelques Cétones aro- matiques mixtes. Mulhouse, 1896; 8°. Brauer (M.). Beitrige zur Kenntnis des 0-p-Dichlor-m-nitro-0-Toluidins und seiner Derivate. Basel, 1896; 8°. Breitenstein (A.). Beitrige zur Kenntnis der Wirkung kiibler Bilder, auf den Kreislauf Gesunder und Fieberkranker. Leipzig, 1896; 8°. Dedichen (J.). Ueber einige Derivate des Diphenyls und m-Ditolyls. Basel, 1896; 8°. Dill (E. O.). Die Gattung Chlamydomonas und ihre nîichsten Verwandten. Berlin, 1895; 8°. Ecklin (T.). Ueber das Verhalten der Gallenblase bei danerndem Verschluss des Ductus choledochus. Basel, 1896; 8°. Geering (E.). Ueber den Finfluss subconjunctivaler Sublimat-Injectionen auf das Verhalten des vordern Kammerwinkels. Basel, 1896; 8°. Goldberg (M.). Beitrag zur Frage von der aseptischen und antiseptischen Waundbehandlung. Basel, 1896; 8°. Griinsaft (F.).. Ueber Condensation des m-Nitrobenzaldehyds mit Auto- phenon und mit a-Methylpyridylketon. Odessa, 1895; 8°. Gurwitsch (L.). Zur Kenntniss der Indazolbildung. Freiburg i. B., 1895; 8°. Helbach (G.). Ueber Nitranilinsulfosàure. Basel, 1896; 8°. Hepburn (G. G.). Zur Kenntnis des Di-Methyl-para-Toluidins. Ueber die Kondensation von Phenanthrenchinon mit Phenylhbydrazin. Basel, 1894; 8°. Hess (W.). Beitrag zur Kenntnis der tertiîiren Agrioniden: Fine neue Lestes-Art aus dem plattigen Steinmergel von Brunstatt bei Mùlhausen CI ?] 110 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Dall’ Università di Basilea : Aubert (A.). Ueber einige phenylierte Amidine der Essigsiiurereihe. Basel, 1895; 8°. Biirri (E.). Experimentelle Keratitis parenchymatosa hervorgerufen durch Einwirkung auf das Endothel der Hornhant. Basel, 1895; 8°, Baur (0.). Beitrige zur Kenntnis einiger Derivate der symmestrischen Dinitrodiphenylamine. Bonn, 1895; 8°. Bener (R. C.). Ueber Complicationen bei Masern. Chur, 1895; 8°. Bertelsmann (H. W.). Ueber einige Derivate der Isonicotinsiiure sowie iiber i. P. Miilhausen, 1895; 4°. 0 ci; ente PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 111 Jess (P.). Beitrige zur vergleichenden Anatomie der Haut der Haussiàuge- tiere. Leipzig, 1896; 8°. Kiippeli (A.). Ueber den Krebs des Gebtirmutterkòrpers und Impfrecidive. Luzern, 1896; 8°. Katz (F.).. Ueber einige Meta-Derivate der Naphtalinreihe. Karlsruhe, 1896; 8°. Klebs (A.). Ueber idematòse Veriînderungen des vorderen Hornhaut-Epithels. Jena, 1895; 8°. Krafft (F.). Ueber die Bildung von Diphenylderivaten aus Diazokòrpern. Basel, 1896; 8°. Lichtenstein(S.). Ueber einige isomere Naphtalinderivate. Karlsruhe, 1896; 8°. Linge (A. R. Van). Ueber die Einwirkung von Kaliumhypobromit in Alka- lischer Lisung auf Amide. Groningen, 1896; 8°. Loewinsky (I.). Zur Geschichte der Orthonitrobenzylchlorids. Berlin, 1895; 8°. Lubowski (J. H.). Beitrag zur Kenntnis des 8-Dinaphtylharnstoffclorides und des Piperidylharnstoffchlorides und iber die Finwirkung von Phosgen auf Acetanilid und a-Acetnaphtalid. Basel, 1895; 8°. Luebeck (C.). Beitrag zur Behandlung complicierter Schideldachfrakturen. Tibingen, 1896; 8°. Marcekwald (E... Ueber die Molybdate des Kobalts, Nickels, Mangans, Fisens, Aluminiums und Chroms. Berlin, 1895; 8°. Markees (E.). Beitrag zur operativen Behandlung gebrochener Knochen. Tiibingen, 1896; 8°. Mauderli (J.). Ueber Sarcombildung im Kindesalter. Basel, 1895; 8°. Maurach (H.). Ueber die Abhingigkeit des durch Hysteresis bedingten Effectverlustes im Eisen von der Stàrke der Magnetisirung. Zurich, 1896; 8°. Messing (S.). Beitrag zur Kenntnis der Oxyazofarbstofte. Basel, 1895; 8°. Meyer (A... Neue Nematoden unter den Parasiten ceylonesischer Siugetiere und eine Oxyuris, eine neue Schmarotzerspecies in Julus (Ceylon). Barmen, 1896; 8°. Michel (A... Zur Kenntnis der Girber’schen Serumalbumin-Krystalle. Wiirzburg, 1896; 8°. Morell (A.). Anatomisch-histologische Studien an Vogeltànien. Berlin, 1895; 8°. Miiller (H.). Beitrag zur Bodenkunde im Chiemgau unter spezieller Berick- sichtigung der Umgegend von Bernau. Miinchen, 1896; 8°. Neubert (A). Beitrige zur Kenntnis der Benzylidenverbindungen. Dresden, 1896; 8°. Nienhaus (E.). Zur Frage der Prostatektomie. Tiibingen, 1895; 8°. Ochs (K. F.). Ueber Oxydations- und Reduktionsketten, nebst einem Beitrag zur Sauerstoffkatalyse der schwefligen Saure. Gottingen, 1895; 8°. Peinemann (K.). Beitrige zur pharmakognostichen und chemischen Kenntnis der Cubeben und der als Verfilschung derselben beobachteten Pipe- raceenfriichte; 8°. Philippi (H.). Ueber Vaginofixation der Gebirmutter. Basel, 1896; 8°. Pollak (F.). Ueber die Condensation der drei Nitrobenzaldehyde mit Acetyl- aceton. Budapest, 1895; 8°. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 10 112 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Preiswerk (G.). Beitrige zur Kenntniss der Schmelzstructur bei Siuge- thieren mit besonderer Beriicksichtigung der Ungulaten. Basel, 1895; 8°. Rosdalsky (G.). Ueber Abk5mmlinge des Piperazins. Dresden, 1895; 8°. Schiifer (J.).. Ueber einige alkylirte Azokòrper. Barmen, 1895; 8°. Schiess (W.). Ueber umbilicale Gallenblasenfisteln und ihre Behandlung. Wien, 1895; 8°. Schlosser (H.). Ueber einige seltenere Vorkommnisse nach akuter Arsen- vergiftung. Basel, 1896; 8°. Schmoll (E.). Experimentelle Beitrige zur Therapie des Diabetes. Basel, 1896; 8°. Schneider (J. G.). Nematodenembryonen in der Haut des Hundes. Ludwigs- hafen a. Rbh., 1895; 8°. Schneider (F.).. Zum Studium der 8 Halogenketone. — Untersuchungen îiber Derivate des R Chlor w benzylacetophenons. Strassburg, 1895; 8°. Schostakowitseh (W.). Ueber die Bedingungen der Conidienbildung bei Russthaupilzen. Miinchen, 1895; 8°. Schreiber (F.). Beschreibung von Gefrierdurchschnitten durch den Rumpt einer Wochnerin des 5. Tages. Basel, 1895; 8°. Seucker (A.). Ueber Derivate der Benzylaethyanilinsulfosiure. Rudesheim a. Rh., 1895; 8°. Siman (L.).. Ueber Anhydroformaldehydphenylydhrazin, Anhydroformal- dehyd-a-Naphtylamin, Propyliden-a-Naphtylamin und einige Derivate derselben. Miinchen, 1896; 8°. Simson (L.). Ueber Diphenylaminderivate und Azine. Basel, 1895; 8°. Steinberg (H.). Condensation von Cyanessigester und Pyrazolonderivaten mit Orthoameisenester und Ameisenester. Dresden, 1896; 8°. Stingelin (Th.). Die Cladoceren der Umgebung von Basel. Genf, 1895; 8°. Thiele (H.). Die Atomgewichtsbestimmung des Kobalts. Basel, 1895; 8°. Tobler (A.). Der Jura im Siidosten der oberrheinischen Tiefebene. Basel, 8°. Toepper (P.). Untersuchungen iiber das Nierenbecken der Siugethiere mit Hilfe der Corrosions-Anatomie. Berlin, 1896; 8°. UhImann (K.). Beitrige zur Kenntnis der Chinonimidfarbstoffe. Dresden, 1895; 8°. Wagner (F. H.). Die im Kindesalter am hiufigsten vorkommenden Sprech- gebrechen. Basel, 1896; 8°. Wegelin (F.). Sur quelques nouvelles triazines dérivées de la chrysoîdine et de l’orthoamidoazotoluène. Moulhonse, 1896; 8°. Wehrle (R.). Die Behandlung der Hypopyonkeratitis an der basler Ophthal- mologischen Klinik. Basel, 1896; 8°. Weissberg (J.).. Ueber einige 1,4-Naphtalinderivate. Karlsruhe, 1895; 8°. Wille (H.). Ueber secundire Veriinderungen im Riickenmarke nach Ober- armexarticulationen. Berlin, 1895; 8°. Wirths (W.). Ueber Derivate des P. Amidophenols. Cassel, 1896; 8°. Zinberg (S.). Ueber einige 1,7-Naphtalinderivate. Posen, 1896; 8°, PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 113 * Dall’ Università di California: Adresses at the inauguration of W. T. Reid; Horace Davis a, Martin Kellogg, as President of the University of California, 1881, 1888, 1893. Berkeley, 1881-1893; 8°. Adresses delivered before the California Teacher's Association at Riverside December 28-31, 1891, by Profs. in the University of California. Berkeley, 1892; 8°. Agricultural experiment Station. Bulletin No 105-109. Berkeley, 1894-95; 8°. Biennal Report of the President of the University on behalf of the Board of Regents, to his excell. the Governor of the State. Sacramento, 1895; 8°. Balletin of the Department of Geology. Vol. I, No 1-7, 10, 11. Berkeley. 1893-1895; 8°. Directory of the Grape Growers, Wine Makers and Distillers of California etc... Sacramento, 1891; 8°. Outlines of the Addresses at the fifty-second regular Meeting. August 30, 1895; 8°. Register of the University of California 1894-95. Berkeley, 1895; 8°. Report (First) of the Board of State Horticultural Commissioners of Cali- fornia. Sacramento, 1882; 8°. Report (Annual) of the Board of State Viticultural Commissioners; 1882-3 and 1883-4; 1888; 1889-90; 1891-92; 1893-94. San-Francisco, 1881; Sacramento, 1882-1894. 7 vol.; 8°. Rivers (J. J.). Contributions to the larval History of pacifie Coast Coleoptera. Sacramento, 1886; 8°. — The Oaks of Berkeley and some of heir insect Inhabitants. Sacramento, 1887; 8°. — The species of Amblychila. San-Francisco, 1893; 8°. University of California Studies. Vol. I, No. 1. Berkeley, 1893; 8°. Wetmore (Ch. A.). Treatise on Wine Production and Special Report on Wine Examinations, the Tariff and Internal Revenue Taxes and Chemical Ana- lyses. Sacramento, 1894; 8°. * Dal Politecnico di Karlsruhe: Bertelsmann (H. W.). Ueber einige Derivate der Isonicotinsiure sowie liber das y-Aminopyridin und das y-Mithylpyridylketon. Gadderbaum, 1895; 8°. Burmeister (R.). Wirtschaftliche Aufgaben des Ingenieurs. Karlsruhe, 1895; 8°. Haber (F.). Experimental-Untersuchungen iber Zersetzung und Verbrennung von Kohlenwasserstoffen. Minchen, 1896; 8°. Hansrath (H.). Die Waldwegbauten des Forstbezirks St. Blasien. Langen- salza, 1895, 8°. Mac Garvey (F.) Ueber den Stickstofigehalt des Bitumens in seiner Beziehung zur Frage der Bildung des Erdéls, ..... Heidelberg, 1896; 8°. Pollak (F.). Ueber die Condensation der drei Nitrobenzaldehyde mit Acetil- aceton. Budapest, 1895; 8°. 114 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Programm der Grossherzoglich Badischen Technischen Hochschule zu Karlsruhe fiir das Studienjahr 1896/97. Karlsruhe, 1896; 8°. Samoylowiez (H.). Studien iiber pyrogene Zersetzung des Hexans. Minchen, 1896; 8°. Schmidt (C.). Ueber einen Brandschiefer aus dem Luganer Kohlenbecken. Barr, 1895; 8°. Schreiber(W.). Ueber einige Nitroderivate des Naphtalins. Karlsruhe, 1895; 8°, Wild (W.). Ueber Oxime aus a-Halogenisierten Aldehyden, Ketonen und Siiuren sowie iiber Oximessigsiiuren. Wurzburg, 1895; 8°. Zinberg (S.). Ueber den Einfluss der Carbonylgruppe bei der Bromirung Methylhaltiger aromatischer Kentone. Karlsruhe, 1895; 8°. * Dal’ Università di Erlangen: Aichel] (0.). Zur Kenntnis des histologischen Baues der Retina embryonaler Teleostier. Erlangen, 1896; 8°. Amsberg (A. von). Ueber alkoholische Nephritis. Diessen, 1895; 8°. Apitzsch (H.). Beitrag zur Kenntnis der Nitrosobasen. Erlangen, 1895; 8°. Auer (M.). Ein Beitrag zur Kenntnis der Cervixmyome. Erlangen, 1896; 8°. Aust (P.). Beitrige zur Kenntnis der metamorphen Kalke des Fichtelge- birges. Erlangen, 1896; 8°. Baer (G.). Ueber die primàren Lokalisationen der Inhalationstuberkulose. Erlangen, 1896; 8°. Baumstark (A.). Ueber die nach Frakturen zuriickgebliebenen Kontrak- turen. Karlsruhe, 1895; 8°. Birk (R.). Ueber Ortho-Amidobenzyl-o-Anisidin o-Diamidodibenzylamin. Erlangen, 1896; 8°. Bofinger (F.). Zur Kenntnis des p. Diamidodibenzy]sulfids. Erlangen, 1895; 8°. Boluminski (0.). Beitrige zur Tuberkulose der oberen Luftwege. Berlin, 1895; 8°. Bolza (C.). Beitrag zur Kenntnis der Umlagerung Stereo-isomerer Oxime. Erlangen, 1896; 8°. Bormann (E.). Beitrige zur Pharmacognosie der Cerbera Ovata. Miinchen, 1895; 8°. Bothe (E.). Die Amputationen und Fxartikulationen der FErlangen chirur- gischen Klinik fiir die Jahre 1884 bis «Mitte 1892. Wurzburg, 1892; 8°. Béitticher (W.). Beitrìge zur vergleichenden Anatomie der Gentianaceen. Erlangen, 1895; 8°. Briiutigam (G.). Ein Fall von multiplen Missbildungen an einer unteren Extremitàt. Erlangen, 1895; 8°. Brickerhoff (E.). Improvisierte Laparotomieen, ihre Indikationen und Pro- gnose. Erlangen, 1896; 8°. Brocekmann (R.). Ueber die Tuberkulose des Peritoneums und der weiblichen Genitalien. Erlangen, 1895; 8°. Brodmeier (A,). Ueber die Beziehung des Proteus vulgaris Hsr. zur Amo- niakalischen Harnstofizersetzung. Hamburg, 1896; 8°. eo PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 115 Busch (C.). Beitrige zur Kenntnis von Gymnema silvestre und der Wirkung der Gymnemasîiure nebst einem Vergleich der Anatomie von Gymnema silvestre mit Gymnema hirsutum und anderen Gymnemaceen. 1895; 8°. Buttermilech (M.). Ueber den Radialistypus der spinalen progressiven Muskeltrophie. Berlin, 1895; 8°. Christ (C. L.). Studien iber die Durchlissigkeit der bekannteren Mem- branen. Erlangen, 1896; 8°. Commerell (0.). Beitrag zur Kenntnis des Thiocumazons und iber seine Um- wandlung in Thiochinazoline sowie iiber Synthesen von Cumothiazonde- rivaten. Erlangen, 1896; 8°. Dòrr (A.). Beitrag zur chemischen Kenntnis der Basalte des Fichtelgebirges. Erlangen, 1895; 8°. Ebner (0.). Ueber wiederholte Laparotomien an ein und derselben Person. Erlangen, 1896; 8°. Elsner (0.). 1. Ueberfihrung von Gelatine und Eiweiss in unlésliche Mo- dification. — 2. Konservierende Wirkung des Formaldehyds. Erlangen, 1895; 8°. Engelhardt (F.). Vergleichende Untersuchungen iber Proteus vulgaris, Bacterium Zopfii und Bacyllus mycoides. Erlangen, 1895; 8°. Faber (A.). Ueber Subdiaphragmatische Abscesse. Erlangen, 1896; 8°. Fleischauer (E.). Chirurgisches Nathmaterial zu Ligaturen und verlornen Nîhten mit besonderer Beriicksichtigung der Seide. Erlangen, 1896; 8°. Fritz (F.), Ueber die Einwirkung von o-Nitrobenzylchlorid auf asymme- trische Hydrazine und iber einige Derivate des Phenyldihydrochina- zolins. Erlangen, 1895; 8°. Fuchs (A.). Zur Kenntnis des Phenolphtaleins. Erlangen, 1896; 8°. Fiirnrohr (W.). Erfolge der Exstirpation tuberkulòser Lymphdriisen. Erlangen, 1896; 8°. Geissler (G.). Ueber neue Saurierfunde aus dem Muschelkalk von Bayreuth. Berlin, 1895; 8°. Gengler (J.). Der Finfluss der Ventilation auf den Kohlensàuregehalt der Luft geschlossener Riume. Erlangen, 1896; 8°. Glatzel (F.). Fin Beitrag zur Bestimmung des Alkalscenz des Blutes. Erlangen, 1896; 8°. Goldberg (L.). Ueber das Harnsediment normaler und vaccinierter Kinder. Berlin, 1895; 8°. Grandweg (A.). Ueber einen Fall von traumatischer Aorteninsufficienz. Erlangen, 1895; 8°. Hahn (A.). Studien iber die verschiedene Flichtigkeit einiger stellungs- isomerer Benzolderivate. Erlangen, 1896; 8°. Hintzschel (G.). Beitrige zur Pharmacognosie der Morrenia brachyste- phana Gr. (Tasi.). Dresden, 1895; 8°. Hauck (F.). Ueber extraperitonale Stielbehandlung bei Hysteromyomektomie. Erlangen, 1895; 8°. Heilborn (K.). Ueber den schnellenden Finger. Berlin, 1895; 8°. Heiss (A.). Ueber Vulvitis pruriginosa. Starnberg, 1895; 8°. | "a 116 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Heller (L.). Ueber zwei Fille von medicinaler Mutterkornvergiftung und den gegenwdrtigen Standpunkt betreffs Anwendung von Mutterkorn- priparaten in der Geburtshiilfe, Erlangen, 1896; 8°. d Herfeldt (H.G.). Beitrige zur Kenntnis des Kyanbenzylins. Andernach, 1895; 8°. Hichstetter (F.). Einwirkung der Bewegung auf die Temperatur des fieber- freien Lungentuberkulosen. Miinchen, 1895; 8°. Hock (V.). Ueber syphilitische Trachealstenose. Wurzburg, 1895; 8°. Jacobi (F.). Zur Casuistik der Ichtyosis palmaris et plantaris cornea fami- liaris. Erlangen, 1896; 8°. Jiinicke (H.). Einwirkung von Amidosulfonsiure auf aromatische Basen. Berlin, 1896; 8°. Janotta (W.). Ueber amniotische Binder und Fiden. Leobschitz, 1894; 8°. Jung (W.). Ueber die Oxime des Anisils. Erlangen, 1896; 8°. Kahlenberg(H.).Ueber die Entwicklung des Stachelapparates, der Geschlechts- organe und des Darmkanales bei der Honigbiene. Miinchen, 1895; 8°. Kirchner (H.). Epileptisches Irresein. Wiirzburg, 1896; 8°. Klose (B.). Ueber das spàtere Schicksal der wegen ‘luberkulose Ampu- tierten. Erlangen, 1896; 8°. Kohler (K.). Ueber Halogenderivate einiger Amidine. Frlangen, 1895; 8°. Koppen (A.) Ueber die Finwirkung von Stiurechloriden auf Ketoxime. Erlangen, 1896; 8°. Kotte (R.). Zur Kenntnis der physiologischen und therapeutischen Wirkung der Schilddrisenpriparate. Erlangen, 1896; 8°. Kromschrider (G.). Synthetische Versuche in der Chinazolinreihe und Beitrige zur Kenntnis des p-Oxy-m-dibrom-benzaldehyds. Erlangen, 1896; 8°, Lauk (F.). Heilungsresultate der Unterschenkelfrakturen. Erlangen, 1895; 8°. Lohmann (J.). Drei Fall von Sarkom des Oberschenkels. Erlangen, 1895; 8°. Maisel (W.). Kritische Studien iiber den Nachweis der Cyanverbindungen in forensen Fiillen. Miinchen, 1895; 4°. Marggraff (G.). Vergleichende Anatomie der Carex-Arten mit ihbren Bastarden. Leipzig, 1896; 8°. Melzer (H.). Ueber die Constitution des Diazophenylhydroxylaminchlorides und die Synthese des p-Aminobenzylsulfids. Erlangen, 1896; 8°. Merkel (P.). Die Basalte des Grossen und Kleinen Teuchelberg und des Langholz. Erlangen, 1895; 8°. Meyer (G.). Ueber den Gehalt der Kartoffeln an Solanin und iiber die Bildung desselben wiihrend der Keimung. Leipzig, 1895; 8°. Michaélis (P.). Beitrige zur vergleichenden Anatomie der Gattungen Echi- nocactus, Mamillaria und Anhalonium, ..... Halle a. S., 1896; 8°, Mittermaier (K.). Beitrag zur Kenntnis der Mikrofauna der Oberen Kreide- i schichten von Transkaukasien. Erlangen, 1896; 8°. Moritz (T.). Die neueren Phosphoritvorkommen in Oberlahnkreis. Erlangen, I 1895; 8°. Miiller (R.). Beitrige zur Untersuchung des Honigs. Erlangen, 1896; 8°. Munker (H.). Zur Kenntnis der Biazolone. Erlangen, 1895; 8°. | ij PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 117 Neudeck (F. von). Beitriige zur Kenntnis der Saccharomyceten. Stuttgart, 1895; 8°. Noeuen (F. van). Die Anatomie der Umbelliferenachse in ihrer Beziehung zum System. Frlangen, 1895; 8°. Parschau (E.). Ueber Hydrops essentialis. Ròssel Ostpr., 1895; 8°. Peschges (W.). Beitrag zur Kenntnis der Amidine. Erlangen, 1896; 8°. Pflaumer (E.). Ueber Wirkungen und Schicksale des bromwasserstofisauren Glutinpeptons im tierischen und menschlichen Organismus. Erlangen, 1896; 8°. Piorkowski (M.). Ueber das Differenzirungsvermiògen von Bacterium coli commune und Bacillus Typhi abdom. auf Harn-Nihrsubstraten. Berlin, 1896; 8°. Redlich (W.). Ueber den Gefàssbindelverlauf bei den Plumbaginaceen. Berlin, 1896; 8°. Reichold (H.). Ueber Digitalium verum. Wurzburg, 1895; 8°. Rieder (J.). Ueber Syringomyelie mit bulbiren Symptomen. Speyer, 1895; 8°. Roepke (Otto). Ueber Morbiditàt und Mortalitàt in der Erlanger Entbhindungs- anstalt in den Jahren 1890 bis 1894. Greifswald, 1895; 8°. Sabirowsky (C.). Ein Fall von Pachymeningitis interna haemorrhagica. Erlangen, 1895; 8°. Siinger (R.). Beitrag zur Statistik iiber Aneurysmen an der Gehirnbasis. Schwab. Hall., 1895; 8°. Schaefer (A.). Ein Fall von Parotissarkom. Erlangen, 1896; 8°. Schaeffer (Ed.). Ueber p-Nitrosoamlin. Ulm, 1895; 8°. Scharff (H.). Ueber den aetiologischen Zusammenhang von Traumen mit der Entstehung. Wurzburg, 1895; 8°. Schattenmaun (F.). Beitrag zur Kenntnis der Wurst- und Fleischvergi- ftungen. Miinchen, 1895; 8°. Schlesinger (K.). Beitràge zur vergleichenden Anatomie des Blattes der Marentaceae und Zingiberaceae. Breslau, 1895; 8°. Schmidt (Dr. G. C.). Beitrige zur Kenntniss der Fluorescenz. Leipzig, 1896; 8°. Schònermark (F.). Zur Charakteristik des 8-Benzylhydroxylamins. Erlangen, 1895; 8°. Schòottler (A.). Zur Kenntnis der Carbanilido-N-Aldoxime. Erlangen, 1896; 8°. Schroeder (A.).. Ueber die Arbeitsleistung der Kaumuskeln. Greifswald, 1896; 8°. Schulten (C.). Beitrige zur Kenntnis fester Lòsungen. Erlangen, 1896; 8°. Sertz (H.). Verhalten von Formalin gegen Fiweisskérper, Gelatine und Peptone..... Ansbach, 1895; 8°. Simon (Dr. H. Th.). Ueber ein neues photographisches Photometrierverfahren und seine Anwendung auf die Photometrie des ultravioletten Spektral- gebietes. Leipzig, 1896; 8°. Sonntag (A.)/ Ueber die Infolge von Aether- und Chloroformnarkosen nach Laparotomien entstehenden Pneumonien. Erlangen, 1896; 8°. Spohn (G.). Chemisch-geologische Studien in der Umgegend von Forchheim. Stuttgart, 1896; 8°. 118 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Spuler (A.). Ueber Ban und Entstehung des elastischen Knorpels. Erlangen, 1895; 8°, Spuler (Dr. A.). Beitriige zur Histologie und Histiogenese der Binde- und Stiitzsubstanz. Wiesbaden, 1896; 8°. Stramer (W.). Zur Kenntnis der Biazolone. Firth, 1895; 8°, Straub (A.). Beitriige zur Kenntnis der Producte der alkoholischen Girung der Bierwiirze mit besonderer Bericksichtigung der Bildung von Bern- steinsiure. Miinchen, 1895; 8°. Svoboda (H.). Ueber das Verhalten des basisch essigsauren Bleioxyds zu Zuckerlisungen. Berlin, 1896; 8°. Thomae (K.). Ueber m-p-Diamidotriphenylmethan. Erlangen, 1896; 8°. Vogel (S.). Zur Casuistik der Aneurysmen an den Arterien der Gehirnbasis. Neustadt, 1895; 8°. A Waltz (L.). Ueber die Ursachen der Knochennekrose. Ludwigshafen a. R., 1896; 8°. Wartenberg (W.). Beitrige zur Pharmakognosie von Psidium Araga Raddi. Breslau, 1895; 8°. Weigt (M.). Pharmakognostische Studie iiber Rabelaisiarinde und philippi- nisches Pfeilgift. Berlin, 1895; 8°. Weil (J.). Ueber zwei Fille von hysterisch traumatischen Tremor. Erlangen, 1896; 8°. Weiss (H.). Ueber die Bedeutung der Werdinnung des Urins bei der Untersuchung auf Fiweiss, Zucker und Gallenfarbstoff. Niirnberg; 8°. Werner (0.). Beitrige zur Kenntnis der neueren Droguen Cortex Como- cladiae integrifoliae, Cortex Oroxyli indici und Fuchresta Horsfieldii Benn. Erlangen, 1896; 8°. Wiedeburg (P.). Entwicklung des Carcinoms auf einem alten Geschwiire. Strassburg, 1895; 8°. Wolfrum (L.). Ueber Quantitative Bestimmungen, welche auf Messung von Wasserstoffagas beruhen. Augsburg, 1896; 8°. Zelnter (F.). Ein Fall von angeborener allgemeiner Enge der Aorta mit einem Defekt in der Ventrikelscheidewand. Erlangen, 1896; 8°. Ziegele (E.). Ueber Thiobiazoldisulfhydrat, Methil- und a-Naphtyldithiobi- azolonsulfhydrat. Erlangen, 1896; 8°. Ziegler (H.). Ueber den Verlauf der Gefassbiindel im Stengel der Ranun- culaceen. Erlangen, 1895; 8°. Zschirnt (A.). Ueber Larinyxkrisen bei Tabes dorsalis. Erlangen, 1895; 8°. * Dal’ Università di Giessen: Arnheim (A.). Zur Casuistik der Zwerchfellshernien. Giessen, 1896; 8°. Avédissian (Oh. Agop.). Das Verhalten der Kulturpflanzen einem Feuchtig- keits-Minimum und- Maximum gegentiber. Giessen, 1895; 8°. Beckmann (F.). Ein Beitrag zur den Dynamit- und Pulververletzungen des Auges. Giessen, 1895; 8°. Benni (S.). Ueber die Entstehung des Humus. Giessen, 1896; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 119 Bose (Dr. H.). Das Behring'sche Diphtherie-Heilserum und die Erfolge, welche mit demselben in der chirurgischen Klinik in (Giessen Giessen, 1895; 4°, Braun (K.). Ueber die Abschnirung der Ovarien. Giessen, 1896; 8°. Breuer (H.). Zur Lehre von der parenchymatisen Keratitis. Giessen, 1895; 8°, Dalquen (L.). Fin Fall von Narbenkeloid der Cornea. Giessen, 1896; 8°. Deibert (J.).. Ein Beitrag zur Symphyseotomie-Frage. Worms, 1896; 8°. Driessen (D. P. F.. Ueber der Tierseuchen besonders iiber die Rinderpest in Niederlîndisch Ostindien. Venlo, 1895; 8°. Eckhardt (F.). Beitrag zur Kenntnis der Reduktion homologer Anthra- chinone. Giessen, 1896; 8°. Gaffky (Dr. G.). Die experimentelle Hygiene im Dienste der 3ffentlichen Gesundheitspflege. Giessen, 1895; 4°. Ippen (J. A.). Petrographische Untersuchungen an krystallinen Schiefern der Mittelsteiermark. Graz, 1896; 8°. Jost (J.). Zur Casuistik der angeborenen Febler des linken Herzens. Giessen, 1896; 8°. Knoblanch (E.). Oekologische Anatomie der Holzpflanzen der sudafrikani- schen immergriinen Buschregion. Tibingen, 1896; 8°. Koch (R.). Zur Casuistik der traubigen Sarcome der Cervix uteri. Giessen, 1896; 8°. Kratz (K.). Ueber Derivate des M-Nitro-0-Amidobenzamids und M-Nitro- O-Amidobenzhydrazids. Leipzig, 1896; 8°. Lettermann (W.). Versuche ùber Erzeugung von Wasserstoff aus Dure und Wasser. Darmstadt, 1895; 8°. Loos (W.). Analytische Behandlung einiger Grundprobleme der projektiven Geometrie. Giessen, 1896; 8°. Monreal (J.J.). Ueber die Fidchenkeratitis. Giessen, 1895; 8°, Schmitz (C.). Ueber die Darstellung von Pinakonen durch Reduktion aro- matischer Ketone. Giessen, 1896; 8°. Schmitz (J.). Ueber Blutungen in der Nachgeburtsperiode. Giessen, 1896; 8°. Seiderer (F.). Casuistiche Beitrige zur Kenntnis der praecornealen Sarkome. Freising, 1895; 8°. Stempel (H.). Die physiologische und pathologische Athmungskruve. Giessen, 1895; 4°. Winter (A.). Ergebnisse der in der Giessener Frauenklinik von 1888 bis 1896 ausgefilhrten Ovario- und Parovariotomieen. Darmstadt, 1896; 8°. * Dall’ Università di Upsala : Damm (I.). Bidrag till liran om kongruenser med primtalsmodyl. Upsala, 1896; 8°. Floderus (0. M.). Ueber die Bildung der Follikelbillen bei den Ascidien. Upsala (Leipzig), 1896; 8°. Fries (Th. M.). Bidrag till en lefnadsteckning éfver Carl von Linné. III-IV. Upsala, 1895-1896; 8°. 120 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Johansson (J. L.). Bidrag till kinnedomen om Sveriges ichthyobdellider. Upsala, 1896; 8°. Josephson (L. O. S.). Studier &fver elastiska rotationskroppars deformation. Upsala, 1896; 8°. Langlet (N. A.). Undersòkningar inom azthinserien. Upsala, 1896; 8°. Nyman (E. 0. A.). Om byggnaden och utvecklingen af Oedipodium Grif- fithianum (Dicks.) Schwegr. Upsala, 1896; 8°. Sjòstedt (B. Y.). Zur Ornithologie Kameruns nebst einigen Angaben iiber die Skugetiere des Landes. Stockholm, 1896; 4°. Stròmman (P. H.). Leptocephalids in the University zoological museum at Upsala. Upsala, 1896; 8°. Sundin (E. R.). Om svensk konungs ràtt att upplòsa riksdag. Upsala, 1896; 8°. Svedelius (G. E.). Om jirnets kritiska lingd- och temperaturfòrindringar. Upsala, 1896; 4°. Wiman (C. J. J. E.). Ueber die Graptoliten. Upsala, 1895; 8°. ** Cayley(A.). The collected mathematical papers. Vol. X. Cambridge, 1896; 4°. Corinaldi (C.). La questione dei grani carbonati. Studi e relazioni. Torino, 1896; 8° (dall'A.). * Crainiceanu (G.). Igiena Téranului Romîn. Bucuresci, 1895; 8° (dall’Acca- demia Rumena). Favaro (A.). Per la edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei sotto gli auspici di S. M. il Re d'Italia, Indice cronologico del carteggio Galileiano. Firenze, 1896; 4° (dall’A.). Friedlaender (Dr. B.) u. (I.) Absolute oder relative Bewegung? Berlin, 1896; 8° (dagli AA.). Galilei (G.). Opere. Ediz. Nazionale sotto gli auspicii di S. M. il Re d'Italia. Vol. VI. Firenze, 1896; 4° (dono del Ministero dell'Istruzione Pubblica). Gallizia (P.). Resistenza delle lastre piane e curve. Roma, 1896; 8° (dall’A.). Gambera (P.). Del calorico specifico assoluto e delle leggi di Dulong e Petit e di Woestyn. Salerno, 1896; 8° (Id.). Haeckel (E.). Systematische Philogenie der Wirbellosen Thiere (Inverte- brata). Zweiter Theil des Entwurfs einer systematischen Philogenie. Berlin, 1896; 8° (Zd.). — Die Amphorideen und Cystoideen. Beitrige zur Morphologie und Phy- logenie der Echinodermen. Leipzig, 1896; 4° (7a.). Heinrihs (A.), Biese (E.). Météorologie et Magnétisme terrestre. Helsingfora; 8° (dagli AA.). ** Helmholtz (H. von). Vortrige und Reden. 4° Auflage. Braunschweig, 1896, 2 vol. 8°. Kammermann (A.). Résnmé météorologique de l'année 1895 pour Genève et le Grand Saint-Bernard. Genève, 1896; 8° (dall’A.). Keller (F.). Frammenti concernenti la Geofisica dei pressi di Roma, N. 4. Roma, 1896; 8° (Zd.). [ I | PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 121 ** Koelliker (A.). Handbuch der Gewebelehre des Menschen. 6° Auflage. Leipzig, 1896; 8°. — Ueber den Fornix longus sive superior des Menschen. Zurich, 1896; 8° (dall’A.). Kuhn (M.). Unmittelbare und sinngemtisse Aufstellung der “ Energie , als mechanischen Hauptbegriffes. Wien, 1896; 8° (Z@.). Laplace (de). Euvres complètes, t. onzième; 4° (dal Governo francese). Loria (Gino). Il passato ed il presente delle principali teorie geometriche. Seconda edizione. Torino, 1896; 8° (dall’A.). Lussana (S.). Una esperienza da scuola sulla Diatermaneità. Pisa, 1896; 8° (Id.). Lussana (S.) e Cinelli (M.). Sopra un metodo per la misura della velocità di propagazione dei raggi Ròntgen. Siena, 1896; 8° (7@.). — Sulla propagazione dei raggi Ròntgen. Siena, 1896; 8° (Zd.). * Manolesca (N.). Igiena Tèranului. Bucuresci, 1895; 8° (4077 Accad. Rumena). Moschen (L.). Una centuria di crani umbri moderni. Roma, 1896; 8° (dall’A.). Omboni (G.). Di un criterio facile proposto dal prof. J. Agostini per i pro- nostici del tempo. Padova, 1896; 8° (Id.). Philippi (R. A.). Plantas nuevas Chilenas. Santiago de Chile, 1896; 8° (Id.). ** Poggendorff’s (I. C.) Biographisch-Literarisches Handwéòrterbuch zur Geschichte der Exacten Wissenschaften... III Bd. Lief. 2, 3. Leipzig, 1896. Pomba (C.). Sur la construction des globes. London, 1896; 8° (dall’A.). Raspail (X.). Observations complémentaires sur la ponte et les mceurs du Hanneton. Paris, 1896; 8° (@.). x — Réponse au Questionnaire d’histoire naturelle systématique de la Société scientifique “ Antonio Alzate ,, s. i.; 8" (74). ** Reichenbach (L.) et (H. G.). Icones Florae germanicae et helveticae simul terrarum adjacentium ergo Mediae Europae. Tom. 23. Decos IL-IV. Lipsiae, 1896; 4°. Riccò (A.). Righe spettrali atmosferiche osservate sull’Etna, a Nicolosi, in Catania. Roma, 1896; 4° (dall'A.). Righi (A.). Sul trasporto dell’elettricità secondo le linee di forza prodotto dai raggi Rointgen. Roma, 1896; 8° (I4.). Rosenbusch (H.). Mikroskopische Physiographie der Mineralien und Gesteine. Bd. Il. Stuttgart, 1896; 8° (I4.). Saint-Lager. Les nouvelles Flores de France. Étude bibliographique. Paris, 1894; 8° (Id). — Les Gentianella du groupe Grandiflora. Lyon; 8° (Zd.). — La vigue du Mont Ida et le Vaccinium. Paris, 1896; 8° (Zd.). Salvioni (E.).. Un metodo per confrontare gli schermi fluorescenti ai raggi X. Perugia, 1896; 8° (Zd.). Saya (G.). Nuova proiezione polare per planisferi celesti, e sue applicazioni. Roma, 1896; 8° (I4.). Schiaparelli (G. V.). Sulle anomalie della gravità. Milano, 1896; 8° (Z4.). — Rubra Canicula. Considerazioni sulla mutazione di colore che si dice avvenuta in Sirio. Rovereto, 1896 (Z4.). 122 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA ** Stoll (C.). Représentation exnactement colorée d'après nature des spectres ou phasmes, des mantes, des sauterelles, des grillons, des criqguets et des blattes. Amsterdam, 1818; 4°. , Tannert (A. C.). Der Sonnenstoff als Zukunftslicht und Kraftquelle. Neisse, 1896; 8° (dall'A.). Trabucco (G.). Sulla posizione ed età delle argille galestrine e scagliose del Hysch etce..... Firenze, 1896; 4° (/d.). Venturi (A.). Orbita definitiva della cometa 1890. IV (zona). Palermo; 4°. Villari (E.). Sui raggi catodici e sui raggi Rintgen. Bologna, 1896; 4°(dall'A.). — Del modo col quale i raggi X scaricano i corpi elettrizzati, e della maniera con la quale i tubi opachi ne scemano l'efficacia. Napoli, 1896; 8° (/d.). — Della scarica provocata dai raggi X dai conduttori circondati da coibenti solidi, liquidi o gassosi. Napoli, 1896; 8° (Z4.). — Del ripiegarsi dei raggi X dietro i corpi opachi. Roma, 1896; 8° (/d.). — Sul modo col quale i raggi X facilitano la scarica dei corpi elettriz- zati. Roma, 1896; 8° (J4.). — Dell’azione dei tubi opachi sui raggi X. Roma, 1896; 8° (Z4.). ** Vinci (Leonardo da). Il Codice Atlantico; fase. IX e X. Milano, 1896; f°. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Dal 28 Giugno al 22 Novembre 1896. * Abhandlungen der historischen Classe der k. bayerischen Akademie der Wissenschaften. Bd. XXI, 2 Abth. Miinchen, 1896; 4°. * Acete si Documente relative la istoria renascerei Romaniei. Bucuresci, 1888-96. 7 vol.; 8°. ** Allgemeine Deutsche Biographie. Bd. XLI, Lfg. 202-205. Leipzig, 1896; 8°. * Analele Academiei Romane. Seria II, Tomulu XV-XVII. Memoriile Seetiuneì istorice, XV-XVII. Partea administrativà si desbaterile. Tomulu XVII; 1894-95. Bucurescì, 1895; 4°. Annales de l'Université de Lyon. Renel (Ch.). L'Évolution d'un Mythe. Agvins et Dioscures. Paris, 1896; 8°. * Annales du Musée Guimet. T. XXVII 1° partie. Paris, 1894; 4°. — Revue de l’Histoire des Religions, t. XXII, n. 2 et 3. Paris, 1895; 8°. * Annales de la Société d'Archéologie de Bruxelles. T. X, liv. 1° Bruxelles, 1896; 8°. * Annali dell'Università di Perugia. Pubblicazioni periodiche della Facoltà di Giurisprudenza. N. S. Vol. VI, fasc. 1° e 3°. Perugia, 1896; 8°. * Annuaire de la Société d'Archéologie de Bruxelles, 1896, tome septième. Bruxelles, 1896; 8°. Annuaire statistique de la ville de Buenos-Ayres. 5° année, 1895; 8°. Pe a PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 123 Annual report delivered to the Asiatic Society of Bengal. Calcutta, ò th., February, 1896; 8°. Anuario demografico de la Repriblica Oriental del Uruguay, Aîîo VI-1895. Montevideo, 1896; 8°. * Archivio storico Lombardo. Indici. Anni I-XX (1874-1893). Milano, 1896; 8°. * Arsskrift, Upsala Universiteta, 1895; 8°. Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche; vol. 1V, p. 2%. Notizie degli Scavi. Aprile-set- tembre 1896. Roma, 1896; 4°. * Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconto dell’Adunanza solenne del 7 giugno 1896; 4°. * Atti della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti della Società R. di Napoli. Vol. XVII, 1893-96; 4°. * Atti dell'Accademia Olimpica di Vicenza. Vol. XXVIL-XXIX, 1893-95; 8°. * Beriehte iber die Verhandlungen der k. Siichsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig (Philolog.-hist. Classe), 1896, I. Leipzig; 8°. * Bibliotheca Indica: A Collection of Oriental Works published by the Asiatic Society of Bengal. New series, 872-876, 878,879. Calcutta, 1896; 8°. ** Bibliotheca Philologica Classica, 23 Jahrgang, 1896, 2,3. Quartal. Berlin, 1896; 8°. * Boletin de la Real Academia de la Historia; t. XXIX, cuad. 1-4. Madrid, 1896; 8°. \ Bollettino della Società Umbra di Storia Patria. Vol. II, fasc. IT-III. Perugia, 1896; 8° (dalla Società). * Bulletin de l’Académie Royale des sciences et des lettres de Danemark. Copenhague, 1896, n. 4. Copenhague, 1896; 8°. * Bulletin de la Société d'Études des Hautes-Alpes. II° série, n. 16-18, 1895-96 et Table des matières contenues dans les dix premières années. Gap, 1895-96; 8°. * Bulletin et Mémoires de la Société Nationale des Antiquaires de France. VI® série, t. III. Mémoires 1893. Paris; 8°. * Bulletin de la Société Nation. des Antiquaires de France, 1894. Paris; 8°. * Bulletin de la Société de Géographie. 7° série, 4° trimestre 1895; 1°-2° trim. 1896. Paris, 1896; 8°. * Bulletin d’Histoire ecclésiastique et d'Archéologie religieuse des Diocèses de Valence, Gap, Grenoble et Viviers. XV° année, 1895. Romans; 8°. Bulletin de l’Institut International de Statistique. Tom. VIII; IX, deuxième et dernière livr. Rome, 1896; 8°. Bulletin de la Société pour la conservation des monuments historiques d’Alsace. II sér., t. XVIII, livr. 1. Strassburg, 1896; 8°. * Bullettino dell'Istituto di Diritto Romano. Anno IX, fasc. I-II. Roma, 1896; 8°. Catalogo cronologico, alfabetico-critico sistematico e per soggetti delle edizioni Hoepli 1872-1896 con introduzione di Gaetano Negri. Milano, 1896; 8° (dall’edit. sig. Hoepli). * Catalogus der Numismatische Verzameling van het Bataviaasch Genoot- schap van Kunsten en Wetenschappen. Batavia, 1894; 8°. * 124 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Fireliisningar och &fningar vid Kongl. Universitetet i Upsala hbst- terminen 1895-1896, Upsala, 1895-96; 8°. * Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XVII, fase. II. Genova, 1896; 8°. Informe presentado al seîor Secretario de Estado en el despacho de Fomento. San José, 1896; 8° (dal Museo Nazionale di Costa Rica). * Institut de France: Annuaire pour 1896. 8°. Mémoires de l'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, t. XXXIV, 2° partie; XXXV, 2° partie. Notices et Extraits des manuscrits de la Bibliothèque nationale et d'autres par l'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, t. XXXV®, 1° partie. Paris, 1895-96; 4°. Inventaire sommaire des Archives Départementales antérieure à 1790: Var — Affaires civiles; sér. A-B. T. 1". Draguignan, 1895. Aube, Orne, Rhòne et Seine-Inférieure; Archives eccelésiastiques. Sér. G, H, A et G; t. 2°, 2°, 1", 6°. Paris, Alengon, Lyon et Rouen, 1894-96. Meurthe-et-Moselle: t. 7°, série E. Supplément, t. 17. Arrondissement de Bricy Nancy, 1896, 6 vol.; 4° (dal Governo della Rep. Francese). * Journal of the Asiatie Society of Bengal. Vol. LXIV. Part I, History Literature, n. 4. LXV, n. 1, 2. Calcutta, 1896; 8°. Istruzione secondaria classica e tecnica e Convitti maschili e femminili. Anno scolastico 1893-94. Roma, 1896; 8° (dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). * Jugoslavenske Akademie Znanosti i Umjetnosti Ljeltopis. Godinu, 1895 (Deseti svezak). Djela. — Knjiga, XVII. Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium. Vol. XXVIII. Rad.-Knjiga CXXV. Filol.-histor. ete. XLIV. Zagrebu, 1896. * Mémoires de l’Académie des sciences morales et politiques de l'Institut de France. T. XIX. Paris, 1896; 4°. * Mémoires de l'Académie des sciences, belles-lettres et arts de Lyon. Sciences et Lettres, 3àme série, t. III. Lyon, 1895; 8°. Mémoires publiés par les Membres de la Mission Archéologique frangaise au Caire. T. XVIII, 1° livr. et Atlas; XIX, 2° fase. Paris, 1895; 4° (dal Ministero dell'Istruzione Pubblica e di Belle Arti di Francia). * Mémoires et Documents publiés par l'Académie Chablaisienne. T. IX. Thonon, 1895; 8°. * Memorie del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Classe di lettere e scienze storiche e morali. Vol. XX, XI della ser. III, fase. IL-III. Milano, 1896; 4°. * Mitteilungen des Vereins fiir Erdkunde zu Leipzig, 1895. Leipzig, 1896; 8°. ** Monumenta Germaniae historica. Auctorum antiquissimorum, t. XIII pars III. Chronica minora saec. IV, V, VI, VIII edidit Theod. Mommsen. Legum Sectio IV. Constitutiones et Acta publica imperatorum et regum. T. II. Berolini, 1896; 4°. Movimento commerciale del Regno d'Italia nell'anno 1895. Roma, 1896; 4° (dal Ministero delle Finanze, Direzione generale delle Gabelle). PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 125 Movimento della navigazione 1895. Roma, 1896; 4° (dal Ministero delle Finanze, Direzione generale delle Gabelle). * Nachrichten von der K. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòùttingen. Philologisch-historische Klasse, 1895, Heft 1; 1896, Heft 2. Gòttingen; 8°. ** Nuovo Bullettino di Archeologia cristiana, Anno I, 1895. Roma; 8°. Primera Exposicion Centroamericana de Guatemala. Documentos relativos a la participacion de Costa Rica en dicho certamen. N. 1. San José, 1896; 8° (dal Governo di Guatemala). * Proceedings of the Asiatic Society of Bengal. N. IX, X, November and December 1895. I-V, January-May 1896. Calcutta, 1896; 8°. * Publications de l’École des Lettres d'Alger. E. Jacottet: Études sur les langues du Haut-Zambèze, 1° partie: Grammaires Soubiya et Louyi. Paris, 1895; 8°. * Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia. 1896, dalla pp. 709-2816; 8°. * Rendiconto delle Tornate e dei Lavori dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti della Società Reale di Napoli. N. S., Anno X, aprile a giugno 1896. Napoli; 8°. * Rozprawy Akademii Umiejetnosci wydziat Filozofiezny. Ser. II, t. IX. Krakowie, 1895; 8°. * Sitzungsberiehte der philosophisch-philologischen und der historischen Classe der k. b. Akademie der Wissens. zu Miinchen. 1896, Heft II; 8°. * Skrifter udgivne af Videnskabsselskabet i Christiania 1894. II. Historisk- filosofisk Klasse. Kristiania, 1895; 8°. Statistica della Stampa periodica nell’anno 1895. Roma, 1896; 8°. * Statistica della Istruzione elementare per l’anno scolastico 1893-94. Roma, 1895; 8° (dalla Direzione Generale della Statistica). Statistica dell'Emigrazione italiana avvenuta nell'anno 1893. Roma, 1895; 8° (dal Ministero di Agr., Ind. e Comm., Direzione Gen. della Statistica). Statistica delle Biblioteche. Parte II. Roma, 1896; 8° (Ministero di Agri- coltura, Industria e Commercio). Statistica degli Scioperi avvenuti nell’Industria e nell’Agricoltura durante l’anno 1894; 8° (dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1894. Roma 1896; 8° (dal Ministero delle Finanze). Statistica giudiziaria penale per l’anno 1894. Roma, 1896; 8° (dal Mini stero di Agricoltura, Industria e Commercio). * Studi e Documenti di storia e diritto. Anno XVIII, fase. 3°. Roma, 1896; 4° (dall’ Accademia di Conferenze storico-giuridiche). * Table alphabétique des publications de l’Académie Celtique et de la Société des Antiquaires de France (1807 à 1889). Paris, 1894; 8°. * Temi di premio proclamati dal R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Venezia, 1896; 8°. Verhandelingen uitgegeven door Teyler's Tweede Genootschap. N. R. V Deel. 2° Stuk. Haarlem, 1896; 8°. * Vocabolario degli Accademici della Crusca. 5* impressione. Vol. VIII, fase. 3°. Firenze, 1896; 4°. 126 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Wissenschaftliche Veròffentlichungen des Vereins fiir FErdkunde zu Leipzig. III Bd., Erstes Heft. Leipzig, 1896; 8°. * Dall Università di Basilea : Baser (H.). Das Bistum Basel und die Franz&sische Revolution 1789-1793. Basel, 1896; 8°, Cornelius (C.). Jacopo Della Quercia. Halle a. S., 1896; 8°. Die Universitàt Basel in den fiinfzig Jahren seit ihrer Reorganisation im Jahre 1835. Basel, 1885; 4°. Die Universitit Basel in ibrer Entwicklung in den Jahren 1885-1895. Basel, 1896; 4°. Daemmler (F.). Zur Composition des Platonischen Psychologie. Basel, 1895; 4°. Gerber (U.). Beitriìige zur Kritik und Reform des Arbeiterversicherungs- wesens in Deutschland. Halle s. S., 1895; 8°. Personal-Verzeichnis der Universitàt Basel fiir das Wintersemester 1895/96, Sommersemester 1896. Basel, 1895-96; 8°. Swoboda (J.). Die Entwicklung der Petroleum-Industrie in Volkwirtschaft- licher Beleuchtung. Tiibingen, 1895; 8°. Verzeichnis der Vorlesungen an der Universitàt Basel im Sommer-Semester 1896. Basel, 1895-96; 4°. * Dall’ Università di Erlangen : Adelmann (K.). Ueber die bei Successivgriindung von Aktiengesellschaften hervorgehenden Rechtsverhiltnisse. Miinchen, 1893; 8. Alher (H.). Wie ist der Forderung auf Grund eines Indossaments juristisch zu erkliren? Hamburg, 1895; 8°. Alzinger (L.). Studia in Aetnam collata. Lipsiae, 1896; 8°. Arnold (E.). Ueber den Tròdelvertrag und insbesondere sein Verbliltnis zur Verkauskommission. Oberhausen, 1896; 8°. Bamberger (F.). Fin Vergleich zwischen Kommanditgesellschaft ‘und stiller Gesellschaft. Miinchen, 1896; 8°. S Barkhausen (A.). Voraussetzungen und Wirkungen des Abandon bei der Seeversicherung. Bremen, 1895; 8°. Baum (P.). Der accessorische Charakter des Pfandrechts im ròmischen Recht und nach modernen deutschen Hypothekenordnungen. Bonn, 1895; 8°. Bellerstein (L.). Die Riickgabe der verkauften Sache in Fiillen der Actio redhibitoria. M. Gladbach, 1896; 8°. Bettmann (H.). Die Mahnung. Bonn, 1896; 8°. Bezold (Dr. F.). Festrede zur Feier der vor 21 Jahren erfolgten Grindung des Deutschen Reiches im Auftrage des Akad. Senates der K. Univer- sitàt Erlangen am 17 Januar 1896. Erlangen, 4°. Bintz(W.). Die Teilnahme bei fahrliissig begangenen Handlungen. Hamburg, 1895; 8°. Blecken (F.). Das Alimentationsrecht der an der Ehescheidung unschul- digen Frau. Miinchen, 1895; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 127 Block (W.). Das Hannoversche Hòferecht. Erlangen, 1896; 8°. Brinck (C.). Das furtum usus. Bonn, 1895; 8°. Broecker (J.). Die Ungiiltigkeit der lex commissoria beim Pfandrechte. Hamburg, 1896; 8°. Battenberg (F.). Hat ein unter den Parteien bestehendes Vertragsverhiiltnis einen Finfluss auf die actio legis Aquiliae? Magdeburg, 1896; 8°. C@errens (M.). Evietionspflicht bei der dos. Kòln, 1895; 8°. Coppel (A... Das Pfandrecht und Retentionsrecht des Trachtfihrers. Wurzburg, 1896; 8°. Dreykluft (E.). Der $ 289 St. G.-B.'s und sein Verhiiltnis zu anderen Straf- bestimmungen. Hannover, 1896; 8°. Ehrenpreis (M.). Die Entwickelung der Emanationslehre in der Kabbala des XIII. Jahrhunderts. Frankfurt a/M., 1896; 8°. Eich (F.). Gewohnheitsrecht und Gewohnheitsrechtstheorien. Geldern, 1896; 8°, Einwag (G.). Unterhaltung und Nutzung des sog. Biirgersteiges nach preussi- schem Landrecht. Amberg, 1896; 8°. Eiswaldt (0.). Riicktritt und Zuriickweisung. Berlin; 8°. Elbert (J.). Streitfragen aus dem bayerischen Volksschulrechte. Frankfurt ajM., 1896; 8°. Englaender (S.). Ueber die Rechtseigenart des Connossements. Pleschen, 1896; 8°. Fischer (J.). Die Pflichten der Aktionire mit besonderer Beriicksichtigung, der Frage, ..... Pfarrkirchen, 1895; 8°. Fluhme (W.). Die Theorieen der Passio-Succession. Dortmund, 1896; 8°. Framhein (E.). Cessibilitàt der Konventionalstrafe. Erlangen, 1895; 8°. Gertz (E.). Die Haftung des Reders aus fremdem Verschulden. Essen, 1895; 8°. Gewallig (W.). Die gesetzlichen Bestrebungen des deutschen Reiches zur Bekampfung des unlautern Wettbewerbs. Miinchen, 1895; 8°. Geyer (C.). Die Nòrdlinger evangelischen Kirchenordnungen des XVI. Jahr- hunderts. Nérdlingen, 1896; 8°. Gillischewski (H.). De Aetolorum praetoribus intra annos 221 et 168 a. Chr. n. munere functis. Berolini, 1896; 8°. Goldschmidt (A.). Die rechtliche Natur des Bodmerei-Vertrages. Hamburg, 1895; 8°. Gottschalk (P.). Beitrige zur Lehre vom Vorvertrag. Minden, 1895; 8°. Grieuke (G.). Die Kraft der Rechtsgewohnheit ein îlteres entgegenstehendes Gesetz aufzuheben. Halle a. S., 1896; 8°. Gumpert (E.). Der Verlust des juristichen Besitzes an den Detentor. Berlin, 1896; 8°. Halben (H.). Ueber den Schadenersatz aus nichtigen Vertrigen. Hamburg, 1895; 8°. Hallensleben (P. W.). Das vitium furti und seine purgatio im ròmischen Recht. Aachen, 1895; 8°. Hiihn (H.). Die herrschende und die Iheringsche Theorie des Besitzes. Braunschweig, 1896; 8°. Hartmann (C.). Die Bedeutung der contumacia des Beklagten fir die Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 11 128 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 4ustindigkeit des Gerichts im hinblick auf die Prorogatio Fori. Freiburg im Breisgau, 1895; 8°. Heinsius (A.). Der Eintritt des dies cedens Vermichtnisse, denen ein dies hinzugefiigt ist. Berlin, 1895; 8°, Hellwig (Dr. K.). Ueber die Grenzen der Vertragsmoglichkeit. Erlangen, 1895; 49. Hemmer (C.). Die rechtliche Stellung des Gastwirts zum Publicum. Weil- heim, 1895; 8°, Heydrich (W.). Bemerkungen zu Artikel 83 der deutschen Mechselordnung. Bayreuth, 1895; 8°. Hoche (H.). Die Servitutenconfusion. Freienwalde a. 0O., 1895; 8°, Hofinger (F.). Euripides und seine Sentenzen. Schweinfurt, 1896; 8°, Holfelder (C.). Ueber die rechtliche Natur des Einkindschaftsvertrages. Regensburg, 1895; 8°. Horst (K. A. Freiherr v. d.). Pfindung von Fruchten. Liibbecke 1896; 8°, Hiimpel (E.). Nicetas, Bischof von Remesiana. Bonn, 1895; 8°. Isay (H.). Der Concursus duarum causarum lucrativum. Strassburg, 1895; 8°, Jacoby (S.). Die Rechtsnatur des Illationsvertrages bei der Aktiengesell- schaft. Leipzig, 1896; 8°. Jaenicke (E.). Die Rechte des Staates in Bezug auf die Verwaltang und Verwendung des Kirchenvermògens im Kénigreich Bayern diesseit des Rheins. Erlangen, 1896; 8°. Jiòrissen (A.). Das Oralfideitommiss unter der Herrschaft der Reichzivil- prozessordnung. Aachen, 1896; 8°. Kappes (C.).. Die Widerspruchsklage nach $ 686 C.-P.-0. mit besonderer Beriicksichtigung der Rechtswohlthat des Inventars. Aachen; 8°. Kellerhoff (A.). Das pactum de mutuo dando. Warburg, 1896; 8°. Kiesselbach (G. A.). Die rechtliche Natur der Ponstanweisung. Erlangen, 1896; 8°. Kiberle (J.. De Elohistae Pentateuchici prioris, qui vocatur, Ethica. Erlangen, 1896; 8°. Kiihles (C.). Fragen der Causalitàt. Minchen, 1895; 8°. Kiirsehner (G.). Ueber das ius accrescendi bei der Intestat- und testamen- tarischen Erbfolge. Freienwalde a. O., 1896; 8°. Lange (G.). Das Vergehen des Hausfriensbruches. Neu-Ruppin; 8°. Leeb (J.). Rechtliche Studie iber den Fisenbahn-Personentransport-Vertrag nach der Verkehrsordnung fiir die Eisenbahnen Deutschlands vom 15. November 1892. Miinchen, 1895; 8°. Lewit (J.). Darstellung der theoretischen und priiktischen Pidagogik im Jidischen Altertume nach talmudischen Quellen..... Berlin, 1895; 8°. Luckhans (A.). Die unbestellte Waare. Miilheim a. d. Ruhr, 1896; 8°. Malkmus (F.). Klaginderung und Parteirolle. Erlangen, 1896; 8°. Mann (R.). Die eigentiimlichen Endigungsgriinde des Mandats bezw. der Vollmacht. Erlangen, 1896; 8°, Metz(R.). Haftung fir Eviktion bei Schenkung und Vermiichtnis. Bonn, 1895; 8°. Michel (A.). Der Umfang des Erfordernisses ministerieller Gegenzeichnung nach bayerischem Recht. Miinchen, 1896; 8°. =-rTrT _—_ —_——_ _——_ ui PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 129 Miihlenpfordt (E.). Die Widerruflichkeit correspectiver Testamente. Ham- burg, 1896; 8°. Miiller (F.). Das badische Enteignungsrecht. Wiirzburg, 1896; 8°. Miiller (R.). Die rechtlichen Wandlungen der “ advocatia ecclesiae , des ròmischen Kaiser deutscher Nation. Kaiserslautern, 1895; 8°. Mutzenbecher (K. v.). Beitrige zur Lehre von der culpa in concreto inner- halb obligatorischer Rechtsverhiiltnisse. Berlin, 1896; 8°. Nagel (H.). Das Verhàltnis des Gerichtsvollziehers zur Partei. Hamburg, 1895; 8°. Neresheimer (A.). Das kausminnische Zuriickbehaltungsrecht. Miinchen, 1895; 8°. Nenburger (L.). Das fortgesetzte Verbrechen nach der Rechtsprechung des deutschen Reichsgerichtes. Erlangen, 1896; 8°. Oppenheimer (A.). Der privatrechtliche Schutz der Fischereiberechtigten in Uffentlichen Fliissen gegen Verunreinigung des Fisechwassers durch die Abw?sser der chemischen Fabriken nach gemeinem Rechte. Wiirzburg, 1896; 8°. Pauls (A.). Die theilweise Genehmigung bei negotiorum gestio. Diisseldorf, 1895; 4°. Peltzer (F.). Begriff und Stellung des Verschwenders nach gemeinem Recht unter Beriicksichtigung des Altpreussischen und Franzésischen Rechts. Bonn, 1896; 8°. Pferdmenges (H.). Die rechtliche Natur der Klage des Schiftsglàubigers. Hamburg, 1895; 8°. Pflug (K.). Das Prinzip der Publicitàt in Deutschland. Nirnberg, 1895; 8°. Philippi (0.). Ueber Vertragschluss durch Telephon. Breslau, 1896; 8°. Priester (0.). Compensatio culpae. Wiirzburg, 1896; 8°. Remy (J.). Der Begriff des jus singulare und seine praktische Verwend- barkeit. Wesel, 1895; 8°. Reinhardt (F.). Beitrige zur Lehre von der Kommanditgeselleschaft. Berlin, 1896; 8°. Reinhardt (K.). Die rechtliche Stellung des' Nebenintervenienten nach der deutschen Civilprocessordnung. Strassburg, 1895; 8°. Rensburg (E. H.). Die Anwendungsfàille der actio ad exhibendum. Bonn, 1896; 8°. Rheinheimer (J.). Zur Interpretation des $ 244 der Reichsstrafprozess- ordnung. Kaiserslautern, 1895; 8°. Rosenfeld (E.). Die rechtliche Natur des durch die Finkindschaft fir die unierten Kinder begriindeten Erbrechts. Erlangen, 1895; 8°. Rothe (F.). Die Schliisselgewalt der Ehefrau. Berlin, 1896; 8°. Rothkireh-Trach (C.).. Welche Grundsitze entscheiden den Widerstreit. mehrerer Connossemente? Leipzig, 1895; 8°. Schack (W. von). Unter welchen Voraussetzungen haftet nach gemeinem Rechte der Mandant fiir Schaden, welcher dem Mandatar bei Aus- fiihrang seines Mandats erwichst? Berlin, 1895; 8°. Schiifer (F.). Lotzes Lehre vom Absoluten. Erlangen, 1895; 8°. 130 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Schneider (R.). Die conditio ob causam datorum bei Vertrigen. Bonn, 1895; 8°, Schmitt (L.). Beitrige zur Frage der autorrechtlichen Beurteilung und Behandlung der Uebersetzungen. Miinchen, 1896; 8°, Schmitz (W.). Ueber den Vorvertrag bei den Konsensualkontrakten. Kòln, 1895; 8°. Schneider (R.). È Von welchem Moment datiert die Kredithypothek des gemeinen Rechts? , Essen, 1895; 8°. Schreiber (A.). Das Selbsteintrittsrecht des Kommissionirs in Kommissions- geschiift. Wiesbaden, 1896; 8°. Schwickerath (J.). Der Beschlusseid des $ 426 C.-P.-0. bei Einverstindnis der Parteien iiber die Frheblichkeit und die Norm des Fides: Die Fortdauer seiner Wirksamkeit in der Berufungsinstanz und sei Verhiltnis zur Beweislast. Dusseldorf, 1896; 8°. Seubelt (G.F. L.). Die Erwerbs- und Wirtschafts-Genossenschaft- insbesondere die Rechte der einzelnen Genossenschafter- verglichen mit der Aktien- Gesellschaft. Gerolzhofen, 1896; 8°. Sieveking (A.). Der Finder und die gefundene Sache unter besonderer Beriicksichtigung der hauptsichlichen materiell-rechtlichen Streitfragen. Erlangen, 1896; 8°. Sieveking (I.). Das Fiillhorn bei den Ròimern. Miinchen, 1895; 8°. Siller (A.). Der accessorische Charakter des Pfandrechts nach r5mischem Recht und den modernen deutschen Hapothekenordnungen. Warburg, 1895; 8°. Spitta (T.). Die geschichtliche Entwicklung des foenus nauticum. Erlangen, 1896; 8°. Springorum (W.). Die iber die heimliche Okkupation fremden Sachbesitzes und ihre Folgen nach gemeinem Rechte geltenden Grundsiitze. Bonn, 1895; 8°, Starker (H.). Inwierfern umfaszt die actio redhibitoria auch Ersatz von Schaden? Dusseldorf, 1895; 8°. Steininger (H.). Die rechtliche Stellung des Volksschuf-Lehrers nach bayeri- schem Staatsrecht. Miinchen, 1896; 8°. Stiegler (H.). Zur Lehre vom durchstrichenen Accepte. Erlangen, 1896; 8°. Strube (A.). Inwierfern stehen die Finreden des Hauptschuldners dem Biirgen zu? Erlangen, 1895; 8°. Thywissen (T.).. Ueber die Wirkung der Verjihbrung bei Obligationen. Bonn, 1896; 8°. Tuchmann (P.). Die Mitglieder und Organe der Gesellschaften mit be- schrinkter Haftung. Niirnberg, 1896; 8°. Uebersicht des Personal-Standes bei der K. Bayerischen Friedrich-Alexan- ders-Universitàt Erlangen nebst dem Verzeichnisse der Studierunden im Winter-Semester 1895-96; Sommer-Semester 1896; 8°. Varnhagen (H.). Praemissa sunt Prolegomena ad poéma italicum Francisci Mantuani de Lautreco Marescallo et de bello in Italia superiori a. d. 1522 gesto. Erlangen, 1895; 4°. Verzeichniss der Vorlesungen, welche an der K. Bayerischen Friedrich- PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 131 Alexanders-Universitàt Erlangen im Winter-Semester 1895/96; Sommer- Semester 1896; 8°. Viefhaus (H.). Das Selbstkontrahiren des Stellvertreters nach gemeinem Recht. Erlangen, 1895; 8°. VYolmer (M.). Ueber den Unterscheid des Kaufminnischen Retentionsrechtes von dem des gemeinen Rechtes. Berlin, 1895; 8°. Yonachten (B.). Die Verjihrung im Strafrecht. Aachen, 1895; 8°. Vowincekel (E.). Das Verhàltnis des einheitlichen Wesen der Religion histo- rischen Mannigfaltigkeit der Religionen bei Schleiermacher und Hegel. Erlangen, 1896; 8°. Werner (K.). Jeder Herr ist Kaiser in seinem Lande. Miinchen, 1896; 8°. Witthoff (G.). Hat das rechtskràftige Urteil in einer Privatrechtsstreitsache einen absoluten Charakter, so dass es weder durch Verzicht des Obsie- genden noch durch Vergleich der Parteien ganz oder teilweise ab- geindert oder aufgehoben werden kann? Bonn, 1896; 8°. Wolf (H.). Die Strafrechtliche Haftbarkeit der Aerzte. Rheydt, 1895; 8°. Wossen (L.). Die Contrebande des Krieges. Aachen, 1896; 8°. Zais (W.). Ueber den Verzicht beim Niessbrauch. Bonn, 1895; 8. Zoder (I.). Ueber den Figentums- Erwerb and Geld durch ununterscheid- bare Vermischung und Verausgabung. Erlangen, 1896; 8°. * Dall’ Università di Giessen: Abelesz (A.). Die syrische Uebersetzung der Klagelieder und ihr Verhàltniss zu Targum und LXX. Privigye, 1895; 8°. Bader (C.). Beitrìge zur Geschichte des Kélner Verbundbriefes von 1396. Darmstadt, 1896; 8°. Betz (H.). Das Forum delicti commissi und der Ort der That im Sinne des Strafgesetzbuches. Mainz, 1896; 8°. Blum (R.). Statistische Untersuchungen iiber die Entwicklung und Aus- breitung des Giro-Verkehrs der deutschen Reichsbank. Miinchen, 1896; 8°. Bopp (Dr. A.). Die Adminicula der Jura in re aliena nach ròmischem Recht. Mainz, 1896; 8°. Diehl (W.). Das Pronomen personale Suffirum 2. und 3. pers. plur. des Hebràischen in der alttestamentlichen Ueberlieferung. Giessen, 1895; 8°. Dieterich (Dr. J... Die Polenkriege Konrads II. und der Friede von Mer- seburg. Giessen, 1895; 8°. Fromm (E.). Frankfurts Textigelwerbe im Mittelalter. Frankfurt a. M., 1895; 8°. Gall (A. Freiherrn). Die Finheitlichkeit des Buches Daniel. Giessen, 1895; 8°. Gaszner (E... Das Erbrecht der Ehegatten in den beiden rechtsrheinschen Provinzen des Groszherzogtums Hessen. Mainz, 1896; 8°. Kellermann (B.). Der Midrasch zum I. Buche Samuelis und seine Spuren bei Kirchenvàtern und in der orientalischen Sage. Frankfurt a.M., 1896; 8°. Liebermann (A.). Das Pronomen und das Adverbium des babylonisch-tal- mudischen Dialektes. Berlin, 1895; 8°. Personal-Bestand der Grossherzoglich Hessischen Ludwigs-Universitàt zu Giessen. Sommerhalbjahr 1896; Winterhalbjahr 1895-96; 8°. 132 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Schenek (C. A.). Die Rentabilitit des deutschen Fichenschilwalds. Darm- stadt, 1896; 8°. Vorlesungsverzeichniss der Grossherzoglich Hessischen Ludwigs-Universitàt zu Giessen. Winterhalbjahr 1895-96; Sommerhalbjahr 1896; 8°. Wege (B.). Der Prozess Calas im Briefwechsel Voltaires. Berlin, 1896; 8°. Wittekind (H.). Sermo Sophocleus quatenus cum scriptoribus Jonicis con- gruat differat ab Atticis. Budingae, 1895; 8°. * Dall’ Università di Upsala : Aberstén (S.). Gittin i den Babyloniska Talmud per. 1. Oefversittning med foòrklarande anmiirkningar. Gùteborg, 1896; 8°. Arosenius (E. H. N.). Om siittet fir grundlagsiindring under tiden 1809—1866. Stockholm, 1895; 8°. Bjòrkman (F.). Smélandslagens ljudliira. Upsala (Stockholm), 1896; 8°. Bjòrling (C. G. E.). Den svenska rittens exstinktiva laga fàng till 16s6ren pà grund af god tro. Upsala (Lund), 1896; 8°. Eklund (J. A.). Trons firh&llande till miimniskans éfriga lifsyttringar. Boràg, 1896; 8°. Haller (E. M.). Svenska kyrkans mission i Lappmarken under Frihetstiden. Stockholm, 1896; 8°. Hamnstròm (K. A. M.). Om realisationsfràgan vid riksdagen i Norrkòping îr 1800. Hernésand, 1896; 8°. Hyléu (J. E.). De Tantalo. Upsala, 1896; 8°. Lange (P. A.). Ueber die Sprache der Gottschedin in ihren Briefen. I Upsala, 1896; 8° (Schluss wird nachgeliefert werden). Levin (H. O.). Religionstv&ng och religionsfrihet i Sverige 1686—1782. Bidrag till den svenska religionslagstiftningens historia. Stockholm, 1896; 8°. Lindstròm (P.E.). Die Palatale der lateinischen Lehnwéòrter im Althoch- deutschen. Stockholm, 1895; 8°. Loftman (K. A.). Oefverstittning och kommentar till profeten Hoseas bok. Linkiping, 1896; 8°. Nordenstam (G. H. E.). Studia syntactica. II. De structura verborum cum preepositionibus compositorum que exstant apud M. Anneeum Lucanum. Giteborg, 1896; 4°. Nordlander (K. G. A.). Die Inschrift des Kònigs Mesa von Moab. Leipzig, 1896; 8°. Oestròm (0. A.). Det nytestamentliga logosbegreppets furutsiittningar och hufvuddrag. Falun, 1896; 8°. Palmgren (J. F.). An essay on the use in present english prose of when, after, since, as introducing temporal clauses. Stockholm, 1896; 8°. Philp (H. W.). Le subjonetif et les grammairiens frangais du XVI siècle. Stockholm, 1895; 8°. Pira (K.). Svensk-danska fòrhandlingar 1593—1600. Stockholm, 1895; 8°. Staaff (E. S.). Le suffixe -arius dans les langues romanes. Upsala, 1896; 8°. I PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 133 Tiickholm (R.V.). Études sur la phonétique de l’ancien dialecte sous-selvan. Upsala, 1895; 8°. Wiklund (K. B.). Entwurf einer Urlappischen Lautlehre. I. Finleitung, Quantitiitsgesetze, Accent, Geschichte der hauptbetonten Vokale. Hel- singfors, 1896; 8°. Alfaro (A.). Antigiiedades de Costa Rica. 1* Entrega. San José, 1896; 8° (dall’A.). ** Baraudon (A.). La Maison de Savoie et la Triple Alliance (1713-1722). Paris, 1896; 8°. Bechmann (A. v.). Der churbayerische Kanzler Alois Freiherr von Kreitt- mayr. Minchen, 1896 (4207 Accademia Bavarese delle Scienze). Bonanni (G.).. Domenico Pugliesi. Cenni biografici. Chieti, 1896; 8° (da0/A.). Boyle (D.). Archeological Report 1894-95. Toronto, 1896; 8° (Z4.). Clark (J. M.). The functions of a Gerat University. Toronto, 1895; 8° (Z4.). Giri (G.). Il suicidio di T. Lucrezio. La questione dell'emendatore ed edi- tore della Natura. Palermo, 1896; 8° (Zd.). — Ancora del suicidio di Lucrezio. Palermo, 1896; 8° (Zd.). Gotta (C.). La scienza e il socialismo. Torino, 1896; 8° (Id.). Landucci (L.). Storia del diritto romano dalle origini fino alla morte di Giustiniano. 2* ediz., vol. I, parte Il: Storia del diritto pubblico. Padova, 1896; 8° (Za.). > Laviosa (G.). La filosofia scientifica del diritto in Inghilterra. Studio sto- rico-critico. Torino, 1897 (I4.). Maddio (G.). Notizie storiche del Comune di Gassino. Torino, 1896; 8° (Zd.). Marzi (D.). Notizie storiche di Monsummano e Montevettolini. Firenze, 1894; 8° (Id.). — Una questione libraria fra i Giunti ed Aldo Manuzio il vecchio. Milano, 1896; 8° (Zd.). Pelizzari (V.). Il delitto e la scienza moderna. Treviso, 1896; 8° (/@.). ** Perey (L.). Une princesse romaine au XVII° siècle: Marie Mancini Colonna, d’après des documents inédits. Paris, 1896; 8°. ** Poggendorff’s biographisch-literarisches Handwéòrterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften. Ill Bd. Lief. I. Leipzig, 1896; 8°. ** Sanuto (M.). I Diarii, t. XLVI, fasc. 199-202. Venezia, 1896; 4°. Sapienza (G.). Cicerone Retore. Parte I: Le teorie retoriche nel De Oratore. Studio critico. Catania, 1896 (dall’A.). Sgulmero (P.). La Casa di Torello Saraina. Verona, 1896; 8° (Id.). Strickland (J.). Documents and Maps on the Boundary question between Venezuela and British Guyana from the Capuchin Archives in Rome. Rome, 1896; 4° (Zd.). Volante (A.). Il più grande avvenimento del secolo. Torino, 1896; 8° (Zd.). - Torino — Vincenzo Bona. Tipografo di S. M. e Reali Principi. Sl ia Pa Pa : Ere i è ter; Aia ddt TTI OLII . Ù " nave! jp tai lu ni ite ad ono et A inte N i, i "i pui, tua 0 snte’ wi Le imvési Lo » pr i lan : MERI) GETTO RS a LI rare i dat 1, ian! td1 ba i AI OX ‘ >» LI Ùu ri pil i bi Und a. modbae ‘bl 4 GA Prat til Ù da nu ptt (98 t CE Al NT i fi t ibra NPA U UIUTT , ì è a hei Î t fl l'uva i / i i 1 vas w ‘ i) Ghoge ta [PLL ‘ il sete N À { mis iò si Ra dA SE VOTCI LI PI . A } ih 4 Li } arglt Hi U ri «int " l 4 PE TT1004] ta me A it ira 37 Ri RI rai i gi fot (ALY A VIS. IMI, (A ML) Ì e WUNTU, quttagi) FLO | ” (OUETE » a {0 104231 all ATA t t É i ITA Li co kr i amelia Aetlligi Mar (asd qua PER AT A RTLA. : bg dtt LA TORA \j vi Le ira] 7 : ata” «VARI Da : n nici "ai 108 fo pied wir ua giitio ta)]4 fipsrenat a Vf . [RR AROTeTt o dol TINA LMR O n Mg e o pa vi i: PRE fam podi UR) ni alibi tata: durato hf sruannti E DIREI MER ata Rot Kr Hey và su) MIR NUO LA Mi ul L "i ad li (0 CAL 1 | si ul nf tr "an abit LAY tok SEI II Uni 1 pu lui Di negri ha ey? DA D 4 : Of Sciences CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 29 Novembre 1896. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: Cossa, Vice-Presidente dell’Accademia, D'Ovipio, Direttore della Classe, Berruti, Mosso, Spezia, GIa- COMINI, CAMERANO, SEGRE, VOLTERRA, JADANZA, GUARESCHI, GUIDI, Frueti e NaccarI Segretario. Il Segretario dà lettura del processo verbale della Seduta precedente che viene approvato. Il Presidente dà notizia della morte avvenuta durante le vacanze dei Soci Corrispondenti Augusto KekuLé ed Adolfo | Barrou, ed incarica respettivamente i Soci FrLerir e NACCARI di scriverne un cenno necrologico che verrà inserito negli Atti. Fra le pubblicazioni inviate in dono il Segretario segnala la traduzione tedesca fatta dal signor Kunz Krause dell’opera del Socio GuarescHI, “ Introduzione allo studio degli alcaloidi ,, le memorie dei Soci ScHmaPARELLI e RiGnI e tre volumi delle pubblicazioni dell'Istituto geodetico prussiano inviate dal Socio HELMERT. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 12 “nm 4 136 Vengono accolte per gli Atti le due note seguenti: 1° “ Sul calcolo delle travi a parete piena ,, nota del Socio GUI. 20 “ Sulle perturbazioni prodotte dai piccoli pianeti ,, nota del signor Gustavo Ravené presentata dal Socio VoLrERRA. Il Socio CameRANO presenta una memoria del D." Ermanno Gienio-Tos intitolata: “ La struttura e l'evoluzione dei corpuscoli rossi del sangue dei vertebrati , che è la continuazione d'altro lavoro pubblicato nei volumi delle Memorie. Il Presidente ne . affida l'esame ad una Commissione. Il Socio Naccari legge a nome del Socio FERRARIS la rela- zione sulla memoria dell'Ing. Luigi LomsarpI intitolata: “ Ri- cerche sopra sostanze diamagnetiche e debolmente magnetiche ,. Essendo favorevole la relazione, la memoria viene accolta nei volumi accademici. La relazione si stamperà negli Atti. CAMILLO GUIDI — SUL CALCOLO DELLE TRAVI A PARETE PIENA 137 LETTURE Sul calcolo delle travi a parete piena; Nota del Socio CAMILLO GUIDI. È noto che nelle applicazioni della teoria dell’elasticità e resistenza dei materiali allo studio delle travi staticamente indeterminate, rettilinee o curvilinee (travi continue, archi ecc.), quando si procede alla ricerca delle quantità staticamente in- cognite, si trascurano generalmente, nelle travi piene, le defor- mazioni elastiche prodotte dalla sollecitazione al taglio rispetto a quelle prodotte dallo sforzo normale e dal momento flettente, e, nelle travi reticolari, le deformazioni delle aste di parete rispetto a quelle delle aste di contorno; è noto altresì che la stessa semplificazione viene generalmente ammessa per le travi ad arco, quando si procede al calcolo delle deformazioni per le prove di collaudo di un’opera eseguita. È anche noto che per le travi piene ad arco impiegate nella costruzione dei ponti e delle tettoie, per ogni punto dell’asse geometrico dell'arco, il raggio di curvatura è notevolmente grande rispetto all'altezza della sezione trasversale dell'arco stesso, talchè si può, con ap- prossimazione sufficiente, considerare come elementi di trave rettilinea gli elementi As in cui l’arco viene scomposto, quando trattisi d’integrare approssimativamente le equazioni di ela- sticità. Ammesse le semplificazioni ora ricordate, vogliamo colla presente Nota porre in rilievo che il calcolo delle quantità sta- ticamente indeterminate per una trave piena rettilinea o ad arco, come pure il calcolo delle deformazioni per le prove di collaudo di una trave piena ad arco, possono ricondursi com- pletamente ai calcoli analoghi relativi a travi reticolari. STESO 138 CAMILLO GUIDI Sia As (fig. 1) un elemento di trave piena ad asse retti- lineo od anche curvilineo piano, purchè di piccola curvatura, per modo che l'elemento suddetto possa riguardarsi come ret- tilineo. Siano N ed M rispettivamente lo sforzo normale ed il momento flettente prodotti nella sezione trasversale S media del- l'elemento considerato dalle forze esterne applicate alla porzione di trave che rimane..da una parte della sezione suddetta, per es. a sinistra nel caso della figura; dello sforzo di taglio non occorre qui tener conto per le condizioni sopra poste. La dilatazione longitudinale eAs elastica e termica subìta dal- pa l'elemento di trave, e la rotazione A6 della sezione $, rispetto alla S, sono notoriamente espresse dalle: (1) eAs= — Noe + atAs, | Lol MAè (2) h0= 7: nelle quali: E= modulo di elasticità normale del materiale di cui è formata la trave, a = coefficiente di dilatazione termica (id. id.), t = numero di gradi di cui varia la temperatura, F=area della sezione trasversale $, I = momento d’inerzia della sezione S rispetto all'asse di flessione. Ciò posto, siano vv, v v: (Fig. 2) gli assi geometrici di due aste di contorno di una travatura reticolare ideale (di cui SUL CALCOLO DELLE TRAVI A PARETE PIENA 139 non importa qui considerare le aste di parete) aventi ciascuna F È 7» dello stesso materiale della trave data; le rette ws, vv giacciano nel piano di sollecitazione, siano pa- rallele all'asse geometrico dell'elemento di trave, e ne distino per sezione della quantità p —y1. Si ponga il polo dell’asta v,, nel punto medio »v dell’ asta vv, come se le aste di parete fossero uv, vu, ed il polo dell’ asta vv nel punto medio v dell'asta u,%s, come se le aste di parete fossero vu, vv; per tal modo gli sforzi nelle aste Us, ©,vs prodotti dalle stesse sollecitazioni N ed M del dato elemento di trave sono rispettivamente: Fix N N M N M TAR TU Fia e le deformazioni del pannello w,% 73%; sono appunto quelle dell'elemento di trave. Infatti per lo sforzo normale N e per la variazione di temperatura i punti u, e v; si spostano rispetto ai punti v, e v,, nella direzione dell'asse geometrico dell’ele- mento, della quantità zi DD) As E3 NAs + atAs=— EF + atAs= As, e per effetto del momento M la congiungente wv, ruota rispetto alla vv, intorno al suo punto di mezzo, dell'angolo As MAs p E+- EI = 1A)E dal che si deduce che per la ricerca delle quantità staticamente 140 CAMILLO GUIDI indeterminate, come pure per il calcolo delle deformazioni, quando trattisi di una trave ad arco (nel qual caso si può pre- scindere dalle deformazioni prodotte dal taglio), la trave piena può essere sostituita dalle aste di contorno della travatura ideale suddetta. Esempio 1°. — La linea d'influenza della spinta orizzontale di un arco reticolare con cerniere d'imposta situate sull'asse x (Fig. 3), quando si prescinda dalle deformazioni delle aste di parete, è rappresentata, come è noto (1), da una poligonale avente i vertici sulle verticali dei montanti che trasmet- tono il carico all'arco, ed inscritta nel diagramma del momento flettente di una trave orizzontale semplice- ‘ mente appoggiata ai suoi estremi, si- , Sii i tuati sulle verticali delle cerniere, sol- Fig. 3. lecitata dai pesi elastici w,= a co , qualora si prenda per base di riduzione dei momenti la som- 5 Ta F . REIIC matoria vat Fr ; nelle quali espressioni: Sn = lunghezza dell’asta di contorno che ha per polo il nodo m, r,, = distanza di m da sn, ordinata verticale del nodo m contata dall'asse x, 5" I area della sezione trasversale dell'asta s,, F, = area arbitraria. Orbene, se l'arco invece di essere reticolare è pieno, lo si divida in elementi As (Fig. 4) di uguale lunghezza, si segni per ciascuno di essi la sezione media e su di essa i punti v e », ai quali si applicheranno i pesi elastici (1) Cfr. H. F. B. MiLer-Brestav, Die graphische Statik der Baukonstruk- tionen, Band II. Leipzig, 1892. — C. Guipi, Lezioni sulla scienza delle co- struzioni, Parte IV. Torino, 1894. SUL CALCOLO DELLE TRAVI A PARETE PIENA 141 Asyu Fo Asyo Fo È Sale p 0» A re im IRO ira ossia Ho 2 2 e si disegni il diagramma del momento flettente per la trave orizzontale ua detta, prendendo per base di riduzione la La sommatoria ) = F, estesa a tutte le coppie di punti « e v; o, più semplicemente, si prendano per pesi elastici i termini y 2 de, a e per base di riduzione la sommatoria - , dove e I da 15 I ____ momento d'inerzia della sezione corrente dell’arco uri Hi [=] FoP%o —— momento d'inerzia di una determinata sezione dell'arco ? o, meglio ancora, si determini prima il baricentro = dei punti u e v affetti dai coefficienti L, Le (il che si riduce a dividere il segmento uv in parti inversamente proporzionali alle ordi- nate y, ed y,), si applichi a tale baricentro il peso elastico n" Yu Yo 2 (dove yi= = ordinata del baricentro o della sezione ) e si prenda come base di riduzione dei momenti la somma- 142 CAMILLO GUIDI toria Y° y:. Talchè le operazioni grafiche, dopo aver deter- minati i baricentri 2 e calcolate le forze 4, si riducono y a) a collegare le forze —, disposte parallelamente al- l'asse x con un poligono funicolare di distanza polare arbi- traria A, parallela all'asse 7, in modo da ottenere sul detto asse, nel segmento compreso fra i lati estremi, la lunghezza Z tale che ya Y:= My; b) a collegare le stesse forze 2. disposte verticalmente, con un secondo poligono funicolare di distanza polare orizzon- tale Z. Le ordinate n della poligonale inscritta in questo se- condo poligono funicolare, ed avente i vertici sulle verticali dei montanti che trasmettono il carico all'arco, lette sulla verticale del carico concentrato mobile P, e contate dalla corda (con- giungente i punti d’intersezione dei lati estremi del secondo poligono funicolare colle verticali delle cerniere) risulteranno proporzionali alla spinta orizzontale H prodotta dal detto carico, e precisamente si avrà: e, se si rappresenta con \ un carico unitario (P = 1), la poli- gonale suddetta sarà senz'altro la linea d'influenza della H. Se l’arco è simmetrico si potranno evidentemente limitare le co- struzioni grafiche ad una metà di esso; in tal caso, in luogo z 2 ’ resterà rappresentata da 2) invece che da \. Questo metodo semplicissimo di costruire la linea d'influenza della H, che qui abbiamo dedotto da quello relativo alle travi reticolari, venne già da noi ricavato per altra via, trattando direttamente l'arco a parete piena (1). del segmento Z si otterrà un segmento e l’unità di carico (1) C. Guror, Lezioni ece., 1. c. SUL CALCOLO DELLE TRAVI A PARETE PIENA 143 Esempio 2°. — Sia Ra la reazione d'imposta sinistra (Fig. 5) di un arco reticolare sollecitato al vertice da un carico concen- trato unitario; se ai diversi nodi della metà sinistra della tra- vatura si applicano i pesi elastici verticali Asm H Ym Fo Wi — === i Nera Tm EF Tm Fm Asmtl dai: H Ym+1 Fo ri sa RE IE UT Si O) ed altrettanto si fa per la metà destra, e si collegano queste forze con un poligono funicolare di distanza polare unitaria, le ordinate di tale poligono contate dalla corda che passa per gli estremi rappresentano, come è noto, gli abbassamenti dei varii nodi per la data condizione di carico, qualora venga trascurata la deformazione delle aste di parete. Similmente, se per un arco a parete piena e per la stessa condizione di carico si applicano alle coppie di punti u e v sedi Wu. | mi Mt “ Fig. 5. Fig. 6. delle sezioni medie dei varii elementi As (Fig. 6) i pesi elastici verticali: pina H Yu Fo — al BAs Yu er SRO de e TARDI, par HAS % ? 2EL S' 144 GUSTAVO RAVENÉ le medie aritmetiche delle ordinate del corrispondente poligono funicolare situate sulle verticali dei punti u e v, ossia le ordi- nate sulle verticali dei baricentri o delle sezioni medie dei varii elementi daranno gli abbassamenti dei baricentri suddetti. Allo stesso risultato si giunge più semplicemente applicando ai bari- centri 2 dei punti vu e »v affetti dai coefficienti a a i pesi elastici verticali +4 — ordinata verticale del baricentro o della (dove y= sezione media dell'elemento As, contata dalla Ra ) e connet- tendoli con un poligono funicolare di distanza polare È ha , 0d una frazione soltanto di questo valore onde ottenere gli abbas- samenti in iscala maggiore di quella delle ascisse. Se l’arco è simmetrico, si può naturalmente limitare la co- struzione grafica soltanto ad una metà di esso. Il poligono funicolare così costruito rappresenta il poligono di deformazione dell'asse geometrico dell'arco per la data con- dizione di carico, od anche, per il teorema di Maxwell, la linea d'influenza dell’abbassamento del vertice dell'arco. Sulle perturbazioni prodotte dai piccoli pianeti; Nota di GUSTAVO RAVENE. $ 1. Considerazioni generali. — Uno dei problemi della Meccanica Celeste il quale col tempo esigerà una considerevole attenzione è quello delle ineguaglianze nei movimenti dei grandi pianeti dovute alla forza perturbatrice dei pianeti minori. L’im- portanza di questo effetto non è generalmente riconosciuta al SULLE PERTURBAZIONI PRODOTTE DAI PICCOLI PIANETI 145 giorno d’oggi, di fatti l'opinione prevalente è che l’azione dei piccoli pianeti possa essere completamente trascurata, poichè fino ad ora le misure fotometriche paiono indicare che i loro diametri, quindi anche la loro massa totale e le perturbazioni resultanti, sieno delle quantità troppo piccole per potersi pren- dere in considerazione. Dietro le ultime ricerche questa opinione non può più essere mantenuta. Prima di tutto noi abbiamo l'evidenza prodotta dalle misure micrometriche fatte da Barnard (1) al grande equatoriale dell’osservatorio di Lick, secondo le quali il solo pianeta Ce- rere D ha un diametro uguale, se non maggiore, di quello che finora si supponeva essere il diametro di tutti i piccoli pianeti concentrati in un corpo solo. Ecco i risultati di quelle misure micrometriche : Diametro di Cerere @® 485 miglia inglesi = 780 km ” Pallade ® 304, N ISUNE 5 Giunone @ 118, ae 190M05 > Vesta © 243 , TON — 3 9160 In secondo luogo noi abbiamo i risultati delle ricerche fatte dal Prof. Newcomb (2), dai quali appare evidente che nel movi- mento del perielio del pianeta Marte esista una variazione seco- lare non spiegata dalla teoria. Tenendo conto dell’attrazione di tutti i pianeti maggiori, non basta quest’attrazione a rappre- sentare i luoghi osservati di Marte, e quindi rimangono soltanto due ipotesi, o che la legge di gravitazione universale non basta a spiegare tutti i fenomeni presentati dal movimento planetario, o che esistono delle influenze perturbanti non considerate nella teoria e nel calcolo. Quest'ultimo modo di considerazione è il più naturale e meno ripugnante dei due, perchè finora, i fatti sono troppo in favore dell’esattezza della legge di gravitazione formulata da Newton. (1) © Monthly Notices , (LVI, n. 2, 1895). (2) Newcoms S., The Elements of the four inner Planets ana the funda- mental constants of Astronomy. Washington, 1895. 146 GUSTAVO RAVENÉ A prima vista è naturale e giustificato di attribuire questa perturbazione non spiegata nel perielio di Marte all'azione per- turbante dei piccoli pianeti. I calcoli relativi a quest’ipotesi furono fatti da me ed indipendentemente dal prof. Harzer, Di- rettore dell’Osservatorio di Gotha. Il prof. Harzer nella sua estesa memoria “ Die siicularen “ Veriinderungen der Bahnen der grossen Planeten , (Lipsia 1896) deduce la massa di un pianeta “ fittizio , posto fra le orbite di Marte e di Giove, supponendo che questo corpo muova in un'orbita circolare nel piano dell'eclittica. Egli arriva al risul- tato che la massa di questo pianeta ipotetico sia circa una volta e mezzo più grande della massa di Marte, e considera questo valore come molto probabile, nonostante che sia enormemente più grande di qualsiasi valore finora dedotto. Parecchi anni prima che uscisse la citata memoria di Harzer mi occupai di simili ricerche sulle variazioni secolari degli elementi dei pianeti maggiori, e non soddisfatto di una prima approssimazione del calcolo delle perturbazioni prodotte dai piccoli pianeti, ho fatto uno studio approfondito della distri- buzione di essi, e nella teoria di queste perturbazioni ho spinto il calcolo numerico fino agli ordini superiori di approssima- zione, prendendo come metodo di calcolo quello più esatto finora proposto. $ 2. L’evidenza statistica del sistema dei pianeti mi- nori. — L’evidenza statistica mostra che i minori pianeti sono distribuiti in un certo numero di zone concentriche, la più gran parte però occupando soltanto due di queste zone. Indubitata- mente i piccoli pianeti scoperti finora sono soltanto una parte dei corpi esistenti tra le orbite di Marte e di (Giove, ma è estremamente probabile, e dalle considerazioni teoriche quasi certo, che i rimanenti saranno distribuiti conforme alla mede- sima legge della distribuzione per zone (1). L’'evidenza statistica dà un risultato certo in quanto alla regolarità della distribuzione delle distanze, ma nessuna rego- (1) Vedasi su questo argomento: Tisseranp, Traité de Mécanique céleste. Tome IV, chapitre XXV, p. 417 ete. — Kirkwoon, The Asteroids. SULLE PERTURBAZIONI PRODOTTE DAI PICCOLI PIANETI 147 larità si trova nella distribuzione di due elementi orbitali molto importanti; la longitudine del nodo ascendente e l'inclinazione sul piano dell'eclittica. Qui le inclinazioni variano da pochi mi- nuti a 35°, e per quanto riguarda i nodi, è quasi impossibile di trovare un valore medio. Impiegando un metodo simile a quello adoperato da Sved- strup (1), io ho dedotto un sistema di elementi per l’orbita media dei piccoli pianeti, ma i resultati non si possono dire conclusivi, anzi io ho l'opinione che questo problema sarà risolto in un modo affatto diverso per ogni zona dei minori pianeti; di questo metodo e dei risultati spero presto di dare un'esposizione in una estesa memoria. La grande varietà nella distribuzione delle inclinazioni rende difficile l’arrivare a dei risultati medii, ma in questo caso noi abbiamo almeno un criterio col quale possiamo formarci un giu- dizio. Si può mostrare colla teoria, e questo fu fatto da Le- verrier (2), che nella zona occupata dai piccoli pianeti le attra- zioni dei pianeti maggiori, in modo cospicuo Giove, producono considerevoli variazioni secolari nelle inclinazioni : e mentre nel caso dei pianeti principali le variazioni delle inclinazioni sono confinate entro limiti vicini, nel caso dei pianeti minori l’ineli- nazione massima può eccedere anche la più grande finora cono- sciuta cioè 35°. Dietro queste considerazioni io venni alla conclusione che l'inclinazione media possa essere compresa tra 6°—8°, i valori più grandi essendo casi eccezionali. La variazione secolare può produrre un massimo di 15° circa, e un minimo di 0°. Im ogni caso però, l’orbita media dei piccoli pianeti non è, nè può essere nel piano dell'eclittica, e qualunque supposi- zione di questo genere introdotta nel calcolo delle perturbazioni è erronea. Le medesime considerazioni possono applicarsi alle eccentri- cità delle orbite dei piccoli pianeti. Il valore più probabile per un'eccentricità media è 0,15. Quando noi studiamo statisticamente la distribuzione dei (1) SvenstruP, Les petites planòtes entre Mars et Jupiter, © Astrono- mische Nachrichten ,, Band 115, N. 2740-41. (2) © Annales de l’Observatoire de Paris , (Mém.), T.II, Add. III. 148 GUSTAVO RAVENÉ perielii, noi incontriamo subito una singolare regolarità, poichè essi per lo più sono entro i limiti del quarto e del primo qua- drante. Questo è un fatto molto importante nella teoria delle perturbazioni secolari del perielio e dell’eccentricità, le quali dipendono in prima linea dalle masse, dalle distanze, e poi prin- cipalmente dalle differenze tra il perielio del corpo perturbato ed i perielii dei corpi perturbanti. Ecco i risultati di questo studio statistico degli elementi dei piccoli pianeti contenuti nel Berliner Astronomisches. Jahr- buch 1597. Longitudine del Perielio . . . . 48° 6' Longitudine del nodo ascendente . 150° 0° Inclinazione sull'eclittica . . . . 6° 0' HICCEMPRICI DAME, 00 (I VR URSCIAI OTO Logaritmo della distanza media. . 0.431500. $ 3. Derivazione della massa complessiva dei piccoli pianeti. — Supponendo l’intera massa dei piccoli pianeti distri- buita in un anello ellittico avente gli elementi sopra dati, si può calcolare le perturbazioni secolari che essi esercitano su gli elementi degli altri pianeti per mezzo del metodo di Gauss, il quale metodo è il più rigoroso finora inventato pei calcoli nume- rici della Meccanica celeste. La teoria di questo metodo è data da Gauss nella sua Memoria: Determinatio attractionis quam in punctum quodvis positionis datae erxerceret planeta si ejus massa per totam orbitam ratione temporis quo singulae partes describuntur uniformiter esset dispertita (1). L'esposizione pratica si trova nella Memoria di Hill: On Gauss’'s Method of computing secular per- turbations (2). Corrispondentemente ai dati numerici fondamentali, io trovai per tutti i piccoli pianeti una massa di circa '/n3 di quella della Terra, o, espressa nel modo usuale, di circa ‘/5;,120,0%00 della massa del Sole. (1) Gauss, Werke, Band III, s. 331. (2) Astronomical Papers of the American Ephemeris, Vol. I. SULLE PERTURBAZIONI PRODOTTE DAI PICCOLI PIANETI 149 Questo valore è considerevolmente in eccesso su quello che risulterebbe dalle misure fotometriche, ma esso sembra essere in armonia coll’osservazione; per riassumerlo, essendo 500 i piccoli pianeti finora scoperti; il medio diametro di un pianeta minore si trova essere circa 200 km, un valore che corrispon- derebbe all'ultima determinazione del diametro di Giunone @. In questa determinazione noi supponiamo la densità del pianeta eguale a quella della Terra. È molto probabile tuttavia che la gran maggioranza dei piccoli pianeti sieno molto più piccoli di Giunone (1). $ 4. Considerazioni analitiche sulle perturbazioni se- colari. — Siano: w la longitudine del perielio di Marte e l’eccentricità dell’orbita 6 a il semi-asse maggiore % n movimento medio annuo È u la longitudine del perielio di un corpo perturbatore e' l’eccentricità dell'orbita È baliti $ a' il semi-asse maggiore n 3 È m' la massa del corpo perturbatore. La variazione del perielio è data dalla formola fondamentale: Vi da do = m'na- - de nella quale 2 è la funzione perturbatrice. Noi abbiamo per ®, ritenendo soltanto termini di primo e secondo ordine (2) (1) Che si sia vicini ormai ad esaurire il numero dei piccoli pianeti conosciuti, è provato dal fatto che sulle fotografie di Wolf a Heidelberg e di Charlois a Nizza, i pianeti già noti figurano in numero assai maggiore che quelli di nuova scoperta. (2) © Annales de l’Observatoire de Paris , (Mém.), T. II, chap. IX. 150 GUSTAVO RAVENÉ pa A 18 ‘a 1 d'AO) = A) +4 (+ 09) (a 2A LI RO) +4 (AM-a 230 Lu SA )eg'cosla'—u) In questa espressione, gli A sono i coefficienti nella serie a sa +a'? — 2aa' cos(a, at -— YA (i)cosi(a, 4’), e dalle note relazioni fra questi coefficienti ed i coefficienti b(i) di Laplace, si ha ' dà e) o d°A a DO pi, ‘d?b(0) a' (a OT e ia | (1) dA(1) 1 d?A(1) o CHI 1 db(1) a' (ACI) a 330 Lat A ba I aa Per calcolare i 5(0) e 3(1) si può far uso delle serie date dal Leverrier, cioè pt0=1+ (7) + (Fitto gg 2i—-1) 3.5...(2i4-1) at! AU ala e ae gii ie ia ep a TI I Introducendo queste serie nelle espressioni (I), si trova aQ=4A(0) 3 85 8.5... (+1) 5.7.(2i+9) a +iotft+i. pot. D.4..Qi ig a8t... (+ e) 1 8.5 87.1 8.5.(2i+1) 7915) i se Faat(+43e + ar set t | costo —u) SULLE PERTURBAZIONI PRODOTTE DAI PICCOLI PIANETI 151 Differenziando in riguardo ad e, ed introducendo nella equa- . — . x a zione per dw, si avrà, notando che a= PR ai 1) 3 3 35 2 3.5...(Qi-4+1) DL sef2it3) ql du=m ni[($0(1+3j0+.. CR TRRTIT: G+9° RI] Este BAT dI 85. SE VARA +++ 2.4. Zi Rai roy Ac) costa —u) Questa espressione dipende soltanto dalla differenza di w' e w, e dall’eccentricità e dalla relazione fra le distanze medie. > È 1 Quando il valore di a = ce valore, le serie sopra date non sono convenienti per il calcolo numerico, e conviene far uso dei coefficienti 2 determinati dalle 2 tavole degli integrali ellittici o ritornando a formole ben cono- o sia molto vicino a questo Nora. — Volendo spingere il calcolo ai termini superiori, conviene esprimere i coefficienti d(1) per mezzo degli integrali ellittici e di far uso della serie ipergeometrica di Gauss. Noi abbiamo (1+a?—2acost) “= 5(0)+%(1)cos Y+3(2)cos2Y +..... Moltiplicando per dY, ed integrando fra 0 e 2, sì trova ar 27 b È ")- 1 cosi Yad Yy sl così Yad Y \'2/ T]+a—2ac0s)? J{1+-atco8Y+(1—a2fsen!y]8 0 o Per i=0, n="1, l’espressione diventa il medio aritmetico-geometrico at nera Pe — u(1+a,1—a) Le altre espressioni sono poi date da 5 (0, 5) pi! dove pi è determi- nato dalla serie ipergeometrica. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 13 O Cee e % i f 152 GUSTAVO RAVENÉ sciute, dalle relazioni date da Laplace (1) introducendo i coef- ficienti 2) e 55, + + Dalla Mécanique Céleste (Liv. II, chap. VI, $ 55, 58), noi abbiamo Bmna?p") (i ai, 3am'n [a + ap!) t 3 abl;] [0.1] 7a 2(1 — a}? dw = (0.1) — [0.1] < cos(u' — ). Ponendo ‘0 = ml 2(1) cata mar B(0) = 2(0)5(0) (1) = 2(1) 5(1) Dd(m') = B(1)n Y(m)= B(0) n si ha do = mn D(m') — Y(m)£ cos (w' — mE ; Il coefficiente (1) è identico col coefficiente a? bi, il coef- ficiente 5 però è dato dalla relazione 5(0) = $(1+a8)20;+4 22%) }a. (1) LapLace, Euvres, I, p. 296, 319 sc. 388. SULLE PERTURBAZIONI PRODOTTE DAI PICCOLI PIANETI 153 Per determinarli abbiamo le serie, notate in logaritmi 1 0.625 — [9.1938200]a® — [8.3876400]a! | — [7.9317080]o® — [7.6026493]a* b(0) = — a‘ | — [7.3430119]o!® — [7.1278964]a! — [6.9439800]a' — [6.7832222]a! 1 — [9.0969100]a® — [8.1938200]a' — [7.6886700]a° — [7.3296480]a® | b(1) = — af — [7.0498073]a® — [6.8201332]a!° | — [6.6252212]a'! — [6.4558633]a!° $ 4. Parte numerica. — Procediamo ora nel calcolo nu- merico e per questo proposito assegneremo differenti valori alla differenza (w' — w), assumendo e' = 0.15. Il valore di dy essendo conosciuto dietro le investigazioni di Newcomb, noi possiamo determinare il valore di wm'. Come costanti numerici fondamentali noi adoperiamo i se- guenti elementi: Marte (Epoca 1850.0) Pianeta ipotetico i = RR e = 0.093261 CLONI loga = 0.182893 loga' = 0.431500 n= 689050”.80 do = + 5.55 in un secolo Prima facciamo la supposizione che e' svanisca, cioè che il 154 GUSTAVO RAVENÉ piccolo pianeta sia situato in un'orbita circolare, in questo caso noi troviamo il valore della massa collettiva essere m' = 1 + 3,448,000 un poco più piccolo della massa di Marte, la quale è: m'.= 1 + 3,090,000. Nella tavola seguente sono dati tutti i valori di m' cor- rispondenti al valore e = 0.15, e a un dato valore di (w' — &, da 0° a 180°. Pi r IR 1] w 0° 333° 17 1 + negativo 10 343 18 j 20 358 18 ; 30 3 18 1- 212,130 40 13 18 1+ (585,770 50 23 18 1 + 1,046,400 60 33 18 1 + 1,580,100 70 43 18 1 -- 2,170,400 80 53 18 1 2,799,600 90 63 18 1 + 3,448,500 100 73 18 1 - 4,097,500 | 110 83 18 1 + 4,726,700 120 93 18 1 + 5,317,000 | 130 103 18 1 + 5,850,700 140 113 18 1 + 6,311,400 150 123 18 1 + 6,685,000 160 133 18 1 + 6,960,300 | 170 143 18 1 7,129,000 | 180 153 18 1 + 7,185,600 L'ispezione della tavola data mostra evidentemente che la SULLE PERTURBAZIONI PRODOTTE DAI PICCOLI PIANETI 155 longitudine del perielio dell'orbita media del pianeta minore deve trovarsi nel 1° o 2° quadrante, e così si trova essere in armonia col valore medio ricavato dall’evidenza statistica, la quale assegna per w' il valore 48° 6'; ma ancora più chiaramente ci dimostra che il valore di m’ non può essere ben determinato senza un accurato valore di w'. È vero che i perielii dei piccoli pianeti sono situati quasi tutti entro limiti del tutto vicini, per cui è permesso dire che (u' — w) cade entro i limiti + 30° e + 130°, ma entro questi limiti la massa degli asteroidi può assumere tutti i valori da 1 - 212,000 (cioè a dire, una volta e mezza la massa della Terra!) e 1- 5,850,070, circa due terzi la massa di Marte. Se noi spin- giamo l’approssimazione oltre il primo ordine della eccentricità, il valore di m’ diventa di più in più ben definito ed anche più piccolo, ma la quantità del lavoro sarebbe in questo caso intie- ramente fuori della proporzione della certezza del risultato. Dato un valore di w' e di e' noi possiamo calcolare rigo- rosamente col metodo di Gauss il valore di m'’, ciò che ho fatto nel mio lavoro pubblicato nelle “ Memorie degli Spettrosco- pisti , (1), e vedendo che dai risultati sopra dati si può con- cludere che il metodo superiormente dato — in principio identico con quello adoperato da Harzer — non possa dare dei risultati certi, mi credo giustificato in assumere che la massa totale dei piccoli pianeti sia molto minore del valore dato dal prof. Harzer, e che il valore '/,; della massa terrestre, da me calcolato, si possa ritenere più attendibile, oltre trovarsi in armonia colle osservazioni. (1) Vol. XXV, n. 2. 156 Relazione sulla Memoria del Dott. Ing. Lurer Lomrarpi, avente per titolo: Ricerche sulle sostanze diamagnetiche o debolmente magnetiche. Le ricerche, che formano l'oggetto della Memoria presen- tata dall’Ing. LowBarpI, hanno essenzialmente lo scopo di com- pletare quelle di molti altri sperimentatori, estendendosi ad un numero notevole di corpi diamagnetici solidi, per cui la misura assoluta della costante diamagnetica non era ancora stata ese- guita, e mettendo in chiaro per questi, e per alcune soluzioni magnetiche di sali puri di ferro, l’invariabilità del coefficiente di magnetizzazione fra limiti larghi di forza magnetizzante, e l'assenza di fenomeni analoghi a quelli d’isteresi magnetica. L’Autore premette un cenno sommario dei metodi principali finora adoperati ed escogitati per misure diamagnetiche; e, scar- tati quelli ove intervengono azioni a distanza dei corpi polariz- zati, o variazioni di induzione magnetica, per la esiguità delle grandezze da misurare, egli dà la preferenza ai metodi fondati sull'azione di campi non uniformi. L'azione di campi uniformi non è inaccessibile alle misure coi mezzi ordinari di osserva- zione; ma può essere completamente mascherata da azioni do- vute ad inomogeneità di campo, difficilmente evitabili. Dei metodi ove misuransi le forze che i corpi diamagnetici o debol- mente magnetici subiscono in campo non uniforme, sono rea- lizzabili colla massima approssimazione quelli dove la distribu- zione della forza magnetica può essere esattamente calcolata, generandosi mediante spirali di forma determinata; quindi il Lombardi preferisce i metodi di Boltzmann a quelli di Rowland e Stefan, dove la forma del campo è definita mediante una fun- zione, i cui coefficienti richiedono la determinazione sperimen- 157 tale. E siecome l’azione di due spirali eguali e opposte sopra un cilindro diamagnetico, sospeso col centro nel punto di mezzo della linea dei loro assi, è troppo esigua per permettere la misura assoluta della costante diamagnetica con spirali di di- mensioni ordinarie; e la misura dei momenti che una spirale esercita sopra un cilindro diamagnetico, sospeso col centro sul- l’asse di essa in un punto esterno, può essere complicata da momenti dovuti a cause secondarie, così egli adotta solamente i due altri metodi proposti da Boltzmann. Dalla misura della forza esercitata da una spirale su un cilindro diamagnetico o debolmente magnetico, sospeso coassialmente col suo centro nel piano frontale di essa, egli deduce i valori assoluti dei coeffi- cienti di magnetizzazione; i momenti che subiscono cilindri ana- loghi, sospesi al centro di spirali di lunghezza limitata, gli servono alla misura relativa tra limiti molto ampii di varia- zione della forza (alcune decine e alcune migliaia di unità), e pei liquidi di costante notevole gli servono anche a verificare l'indipendenza della magnetizzazione dai valori precedenti della forza. Pei corpi di costante più esigua egli modifica il metodo mediante l’impiego di elettromagneti, per conseguire una con- veniente sensibilità, senza introdurre nel campo le parti estranee della sospensione; rileva però con cura la variazione ciclica della forza quando varia la eccitazione, e mostra che quella e questa non sono in genere proporzionali, e che la trascuranza di tal misura già condusse ad una falsa interpretazione di fe- nomeni attribuiti ad isteresi diamagnetica. Nelle sue ricerche l'Autore contraddice a misure recenti, che misero in dubbio V’in- variabilità del coefficiente di magnetizzazione per forze molto esigue, assoggettando sostanze diamagnetiche e debolmente ma- gnetiche all’azione del campo generato da due spirali contigue opposte, l'intensità del quale è nulla al punto medio, ed agli estremi dello spazio, in cui i cilindri da esaminare si muovono, non supera alcune unità. Parimenti egli esclude che il compor- tamento di queste sostanze varii sensibilmente sotto l’azione di forze rapidamente alternanti, confrontando i momenti esercitati da un sistema di spirali percorso da corrente continua e da corrente alternata di frequenza ordinaria. Egli aggiunge final- mente una breve nota sui momenti subìti da elissoidi forte- mente magnetici in un campo uniforme, la cui misura speri- 158 mentale conferma le deduzioni dalla teoria della polarizzazione magnetica, e serve di complemento allo studio dei fenomeni di polarizzazione in un campo elettrostatico uniforme. Questo rapido sunto del ponderoso lavoro del Lombardi basta a far vedere quanta copia di utili risultati esso contenga. I vostri commissari ritengono che il lavoro sia veramente im- portante e propongono che esso venga letto davanti alla Classe. G. FERRARIS, Relatore. A. NACCARI. L’ Accademico Segretario ANDREA NACCARI. I A CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 6 Dicembre 1896. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: CLarertA, Direttore della Classe, Peyron, Rossi, BoLLAatI Di SArnT-PrerRE, Pezzi, NANI, CIPOLLA, Brusa, PerRERO, AcLiEvo e FERRERO Segretario. Il Presidente presenta il volume: “ Il Montenegro da rela- zioni dei provveditori veneti (1687-1735) ,, stampato per ordine di S. M. il Re in occasione delle nozze di S. A. R. il Principe di Napoli con S. A. la Principessa Elena di Montenegro. La Classe accoglie con gratitudine il dono dell’Augusto Sovrano. Offre poi, a nome dell’ autore, il Prof. Giacomo LaAviosa dell'Università di Parma, la parte I. dell’opera: “ La filosofia scientifica del diritto in Inghilterra , (Torino, 1897). Il Socio Segretario presenta un opuscolo, mandato in dono dall'autrice, la signora Romea Brozzi: “ Linati e le sue opere. Memorie autobiografiche del Conte e Senatore Filippo Linati e com- pendiosa rassegna de’ suoi scritti , (Parma, 1896). Il Direttore della Classe CLaRrETTA offre a nome dell’au- 160 tore, Dott. Eugenio Casanova, un opuscolo: * Trattative del comune di San Gimignano con Clemente IV dopo Benevento , (Castelfiorentino, 1896). Il Socio CreoLLa legge una nota del Dott. P. D. Giuseppe. Borrito: “ AWigesi a Genova nel secolo XIII , ed un'altra nota del Dott. Arturo Seere: “ Una questione tra Carlo III, duca di Savoia, e don Ferrante Gonzaga, luogotenente imperiale in Italia nel 1550 ,. Queste note sono pubblicate negli Atti accademici. cara ra a a ava a a a ana nana onca] GIUSEPPE BOFFITO — ALBIGESI A GENOVA NEL SEC. XIII 161 LETTURE Albigesi a Genova nel secolo XIII; Nota del Dott. P. D. GIUSEPPE BOFFITO. Il Semeria (1) a più riprese afferma che le sètte eretiche non fecero mai seguaci a Genova. Appena un'eccezione egli fa per un certo maestro Luchino sospetto 0 convinto di società coi Pata- reni. Ma anche così, la sua asserzione ha tutta l’aria di non esser vera, chi ha un po’ di pratica dei moti ereticali dei tempi andati, segnatamente del secolo XIII: che sia poi apertamente falsa, rilevo da due nuovi documenti che mi son venuti alle mani e da un fatto a cui pure accenna il medesimo Semeria. Il documento più antico risale al 12 ottobre del 1221, al- l’anno che abbraccia quasi tutta la terza legazione del cardinal Ugolino d’Ostia, illustrata ormai dal compianto Guido Levi, come meglio non si potrebbe, con la pubblicazione del registro stesso legatizio (2). Ma nell'opera del Levi manca il documento cui alludo e che proviene dall’archivio di S. Lorenzo (P. A. f° 121, P. B. f° 38). Di lì lo trascrisse nelle sue Miscellanee mss. (t. V, p. 431 e segg.), non ultima ricchezza della biblioteca civica di Genova, quel valentissimo orientalista genovese del secolo scorso che fu Bernardo Poch (3). A me che attendevo a uno studio sull’eresia in Piemonte, fu comunicato dalla cortesia somma del (1) Storia ecclesiastica di Genova e della Liguria, Torino, 1838, pp. 29 sgg. Altri storici genovesi son qui d’accordo col Semeria (M. Rosi, La Riforma religiosa in Liguria, in È Atti della Società ligure di Storia patria ,, XXIV, 5DD segg. (2) Registro dei cardinali Ugolino d’Ostia e Ottaviano degli Ubaldini, Roma, Senato, 1890. Costituisce uno dei volumi editi fra le “ Fonti per la storia d’Italia ,, che va pubblicando l’Istituto Storico italiano. (3) Qualche notizia di lui dà il Lasouperie in Biografia Universale vol. XLV, p. 23, Venezia, Missiaglia, 1828. 162 GIUSEPPE BOFFITO comm. Cornelio Desimoni, a cui m'è caro, mentre m’esalto in me stesso a considerarlo come una gloria di Gavi, mio paese natale, esprimer pure pubblicamente tutta la mia riconoscenza, Il 28 settembre del 1221 il pontificio e imperial legato Ugolino che già avea percorse la Toscana e l'Emilia ed aveva toccata la Lombardia, si trovava a Piacenza in compagnia, tra gli altri, di Pietro Busetto, vescovo di Tortona fin dall'anno antecedente (1). Di là probabilmente fu questi destinato dal cardinale, qual suo ambasciatore, alla città di (enova, oltrechè a quelle di Albenga e di Savona. Non sappiamo a che appro- dasse l’opera di Pietro in queste ultime città; ma di ciò che avvenne a (Genova ci dà minuto conto il nostro documento. Forse non furon soltanto i troppi affari (2) che indussero il cardi- nale ad affidare a un altro una parte della sua missione, ma anche la speranza che i genovesi, trovati da lui così docili due anni avanti nella prima sua legazione in Lombardia (1216-1219) (3), non avrebbero opposto alcuna resistenza a un suo delegato. In questo però la sua solita perspicacia doveva andar fallita. La missione vescovile non poteva certo che esser conforme nello scopo alla legazione cardinalizia: doveva cioè bandire la crociata, componendo anzi tutto ogni discordia; tutelare i pri- vilegi della Chiesa ed estirpare l'eresia, a norma delle decisioni del Concilio Lateranense IV, confermate da Federico II. Que- st'imperatore che sempre, anche quando era già sceso ad aperta lotta con la Chiesa, si mostrò spietato cogli eretici (4), aveva intimato con sua costituzione del 1220 la pena della confisca ai Catari, ai Patareni, ai Leonisti e ad ogni altra sorta d’ere- (1) G. Levi, Op. cit., p. 96. (2) “ Quampluribus negotiis praepediti, egli dice nella sua lettera. (3) Ocerivs Panis, Annales in M. G. H. Script., XVIII, 138. © In mense “ Madii (1217) venit in civitate Janue Hostiensis et Vellitrensis episcopus, “ cardinalis legatus domini pape Honorii qui de pace inter nos et Pisanos “ monuit; et habito consilio iuravit potestas stare mandatis ipsius car- “ dinalis ,. (4) I. Haver, L’'hérésie et le bras séculier au moyen dige, in * Bibl. de l'Ée. des Ch. ,, XLI, 590 e in @uores, II, 174. Egli, riferendosi alla mono- grafia di G. Ficker (* Mitth. des Instit. fiir &sterr. Geschichtsforsch. ,, I [1880], p. 177 segg.), mostra come la pena del fuoco non sia stata commi- nata legalmente agli eretici prima delle costituzioni, 1224-9, di Federico II. | | e ALBIGESI A GENOVA NEL SECOLO XIII 163 tici (1), come già prima avea fatto il Concilio Lateranense del 1215 (2). Venuto Pietro a Genova, lo vediam subito adoperarsi per dar compimento alla sua missione: raccolto clero e popolo nella maggior chiesa, presenti l'Arcivescovo e il Podestà, ingiunge so- lennemente che s’inseriscano negli Statuti della repubblica le costituzioni imperiali e conciliari in favore della libertà della Chiesa e sull’espulsione degli eretici, sotto pena di scomunica, ch'egli di già intanto scaglia contro tutti gli eretici e i loro fautori. Fiera fu davvero la risposta del podestà alla domanda fattagli dal vescovo legato ‘di mostrargli il libro degli statuti. Ma Pietro non ne fu sgomento, e al declinare dello stesso giorno nel palazzo arcivescovile, ufficialmente dichiarava aboliti quei capi dei Capitolari ch'egli avea saputo contrari alla libertà della Chiesa, e che combinano quasi interamente con quelli che al- trove volle pure abrogati il cardinal Ugolino (3). Nessuna dif- ficoltà pare invece che incontrasse l'inserzione delle deliberazioni conciliari e delle costituzioni imperiali contro gli eretici. Nel 1253 il sunnominato Luchino 0, a meglio dire, Luca, ne ebbe a sentire gli effetti, quando, secondo che narra l’annalista ano- nimo di Genova, “ per fratres Predicatores de heresi condemp- natus de civitate aufugit et bona ipsius iuxta formam constitu- tionum confiscata fuerunt et destructa , (4). L'atto ufficiale della legazione di Pietro, quale il Poch tra- scrisse, è il seguente (5): In Christi nomine. Anno Dominicae Nativitatis 1221, Indictione nona, die veneris 15 (6) intrante octubrio, in maiori Ecclesia Ianuensi, presentibus Clero et Populo eiusdem civitatis. Petrus miseratione divina Terdonensis episcopus, destinatus a Ve- (1) M. G. H., Leges, II, 244. (2) Mansi, Ampl. Conc. Coll., XXII, col. 954 e segg. (3) Levi, Op. cit., p. x. (4) Annales Januenses in M. G. H., Loc. cit., p. 231. (5) Non tolgo che le abbreviazioni, che il Poch invece ha creduto di conservare, e aggiungo soltanto qualche segno d’interpunzione. (6) Forse è sbaglio del copista, per 12: più avanti si parla di an “ die “ duodecimo exeunte ,. 164 GIUSEPPE BOFFITO nerabili Patre Domino Hugone Divina Providentia Hostiensi et Velle- trensi Episcopo Apostolicae et lurmepiary Sedis Legato ad eandem civi- tatem Ianue pro iis intimandis et exequendis que dieto domino Legato fuerant ex officio Legationis iniuneta super facto terre sancte et super statutis sancti Coneilii et novis constitutionibus I(mperialibus) publi- candis et servandis que sunt constitute in favorem libertatis Ecclesie nec non super hereticis expellendis, secundum quod apparet per litteras Domini Legati infrascripti quarum tenor talis est: Hugo Divina miseratione Hostiensis et Velletrensis episcopus Aposto- licae Sedis Legatus dilectis in Christo fratribus Ianuensi archiepiscopo et Albiganensi et Saonensi episcopo et ‘electam salutem et in Domino karitatem. Quam pluribus negotiis prepediti vos et civitates vestras visitare. perso- naliter impedimur, Venerabilem Fratrem nostrum Terdonensem episcopum ad vos transmittimus vice nostra pro iis intimandis et exequendis que nobis fuerunt ex officio legationis iniuneta. Quocirca fraternitati vestre mandamus quatinus ea que vobis et populis vestris proposuerit tam super facto Terre Sanete quam super hereticis expellendis nec non super statutis Sancti Concilii et constitutionibus IurepiaXiBovg circa libertatem Ececlesie institutis debeatis recipere et servare ipsumque recipiatis tan- quam nuncium karum fratrem nostrum presente domino Archiepiseopo (1) et eiusdem civitatis Potestate viva voce praecepit dictis archiepiscopo et potestati et clero et populo tune presenti quod ipsi prefatas constitutiones deberent recipere in suis Ca- pitularibus et servare de cetero, et, si quid contrarium esset Ecelesie libertati insertum in capitularibus istis, precepit quod illud deberet abradi et tolli ex toto et de cetero non recipi neque aliquid aliud simile contra prefatam Ecelesie libertatem, et si ita non adimplerent ibidem candelis accensis et pulsatis campanis excommunicavit omnes contra- dietores et eos universos qui hoc adimpleri vetarent nisi hec omnia essent adimpleta usque ad duos menses, subiiciendo eidem sententie omnes hereticos et receptatores ipsorum; et ibidem easdem constitutiones pub- blicavit et legit prefatus episcopus Terdonensis. Interfuerunt testes: Magister Otto Terdonensis Canonicus, Dominus Ru- baldus Carrarius. Obertinus de Buxeto et multi alii (1) Era arcivescovo, dal 23 sett. 1203, Ottone (T. BeLcrano, Registro della Curia Arcivescovile di Genova, im È Atti della Società Ligure di Storia patria ,, XVIII, 14 e segg.). ALBIGESI A GENOVA NEL SECOLO XIII 165 Supraseripto anno et mense, duodecimo die exeunte, in palacio Domini Archiepiscopi Ianuensis, Dominus Petrus Dei gratia Terdonensis epi- scopus, delegatus ad Ianuam et ad alias quasdam maritimas civitates pro libertate Ecclesie et aliis quibusdam capitulis a Domino Hugone Dei gratia Hostiensi et Velletrensi episcopo Apostolice sedis Legato, sicut continetur in rescripto eiusdem Legati superius notato, dictus epi- scopus Terdonensis ita dixit diffinivit et pronunciavit quia ego in per- sona propria interpellavi Dominum Lorengum de Martinengo (1) Pote- statem Ianuae ut exiberet mihi secum inspecturo capitularia eiusdem civitatis probaturo vel improbaturo si qua essent ibi capitula libertati Ecelesie contraria; et ipse respondit quod nulla erant ibi contraria li- bertati Ecelesie et quod non pertinebat ad Dominum Papam vel eius Nuncios ipsa inspicere probare vel improbare, et ideo exibere nolebat : ideirco ego Petrus Terdonensis episcopus cognoscens infrascripta Capi- tula libertati Ecclesie fore contraria et in Capitularibus civitatis inserta, ideo pronuncio Capitula infrascripta non valere et precipio de Capitu- laribus civitatis esse tollenda nec ultra illa vel alia libertati Ecelesie contraria inserenda nec lanuae nec in eius districtu quoquo modo utenda nec aliquam vim habitura. Primum est de lamentatione Clericorum non recipienda nisi prius dederit pignus vel debitorem quod sententiam que feretur ratam habebit, et incipit capitulum: Si quis celericus ete.; se- cundum est de clericis non recipiendis in testimonium pro Ecelesiis suis, quod sie incipit: Si quis minister etc.; tertium est de possessionibus in Ecelesias vel clericos transmutatis compellendis ad expensas et col- lectas comunis, quod sie incipit: Ego de toto posse etc. i Excommunicando Potestates, Consules, Consiliarios, Emendatores qui contra predicta fecerint vel facere procuraverint vel usi fuerint eis; pre- cipientes prelatis ecclesiarum et ministris ut dictam sententiam et Ca- pitula sepius in ecelesiis suis et maxime in solempnibus diebus recitent tam viris quam mulieribus, et quod denuncient quod qui contra fecerit sit excommunicatus Interfuerunt testes: Magister Oto Terdonensis canonicus, Preshiter Gul- lielmi et Presbiter Facius de ordine Predicatorum. — Ego Lantelmus de Casellis Not. Sacri Palatii interfui et iussu infraseripti Episcopi Ter- donensis seripsi. (1) È abbreviazione per Loterengo.— Di questo podestà B. Scrisa, anna- lista genovese, fa questo elogio (in M. G. H., Loc. cit., p. 146): “ nobilis et “ strenuus Brixiensis civis qui cum multa legalitate vigeret Januensem ci- © vitatem rexit et laudabiliter gubernavit ,. 166 GIUSEPPE BOFFITO L'altro documento porta la data del 10 gennaio 1278. L'ho ricavato dal ms. parigino XXV della collezione Doat (1), il quale a sua volta è copia, come il titolo avvisa, d'un volume pergame- naceo molto più antico, fatta eseguire nel 1669 da quel Giovanni di Doat, che riunì in sè sotto Luigi XIV l'ufficio di consigliere reale a quello di presidente della camera dei conti di Navarra e fu deputato dal suo sovrano alla ricerca dei titoli della co- rona sulla Linguadoca e sulla Provenza (2). Nella prima metà del secolo XIII non pochi trovatori ave- van lasciato, com'è ben noto, la Francia per l'Italia. Non era solo la erociata contro gli Albigesi che li spaventasse o il tri- bunale dell’Inquisizione che si può dir definitivamente costituito nel 1229 per opera del concilio di Tolosa (3). Gli è che si tro- vavano a disagio in Francia, dove lo spirito cavalleresco dei signori del mezzodì veniva mancando in un col sistema feu- dale (4), e lor faceva in cambio dolce invito al cuore l’Italia, dove intanto si trapiantava la poesia cavalleresca per avervi la vita d'un giorno solo, ma splendido di sole. Coi trovatori, e prima e dopo di loro, ci vennero altresì gli eretici, se pure qualche eretico non fu anche tra di essi (5); e si sparsero per la bassa Italia, nelle Puglie, donde li snidò poi Manfredi, e per l'Alta Italia, a Cuneo (6), a Sirmione (7), a Milano, riboccante (1) Ringrazio vivamente i preposti alla Biblioteca di Parigi che mi permisero di tener qui a Torino, presso la biblioteca Nazionale, questo volume. (2) C. Scampr, Hist. des Cath. ou Albigeois, I, 382. Paris, 1849. (8) Herené, Le Card. Ximenes frang. et la situation de V'Égl, en Esp. è la fin du XV et au commence. du XVI siècle, avec une dissertation sur Vin- quisition, trad. de Samre-For, Paris, 1856. La dissertazione tradotta in ita- liano, fu stampata a parte dal Boniardi-Pogliani di Milano, 1858, p. 15. (4) Drez, Die Poesie der Troubadours, p.63-4. Cfr. Pavr Merer, Les derniers Troubadours de la Provence, in “ Bibl. de l'Éc. des chartes ,, s. VI, t. V, p. 245. (5) Cfr. in “ Giornale Storico della Lett. It. ,, 1896, fasc. 4°, un mio ar- ticoletto, a compilar il quale mi fu largo di consiglio e di libri il valoroso prof. Renier, di cui a tutti sono ormai noti i molti meriti verso la nostra storia letteraria. (6) Cfr. * Bollettino Stor.-Bibliograf. Subalpino ,, diretto da F. Gabotto, 1896, n. VI. (7) C. Crrorca, Nuove notizie sugli eretici veronesi, in È Rendiconti della R. Accademia dei Lincei ,, vol. V, fasc. 8e 9, p. 340. — Da lui è pur descritto il volume citato della collezione Doat. ALBIGESI A GENOVA NEL SECOLO XIII 167 allora d’eretici (1), ed altrove. Furono tanti, che se n’impen- sierirono gl’inquisitori della Francia e Carlo d'Angiò ordinava nel '69 a tutti i suoi dipendenti che s’'adoperassero a farli ri- tornar nella loro terra natale (2). Uno degli eretici “ credenti ,, ch'era fuggito di Francia ed avea dimorato a lungo, forse in qualità di mercante, nella Lom- bardia, fu un certo Pietro Beuville d’Avignone. Tornato poi che fu in patria verso il °78, e preso e condotto a Tolosa, veniva sottoposto a un lungo interrogatorio da parte degli inquisitori. Sappiamo così, tra l’altro, che a Genova, in un palazzo preso in affitto alle Vigne, e fuori di Genova, a San Quirico, abitavano nel ‘74 alcuni eretici albigesi, e che in quelle vicinanze si tro- vava perfino il vescovo degli eretici di Tolosa, Bernardo Oliba, venutovi, come pare, da Sirmione, dove lo incontriamo l’anno prima (3). Anno quo supra (1278) quarto idus Ianuarii Petrus de Beuvila de Avinione qui stetit diu fugitivus in Lombardia ..... apud Avinionem captus, adduetus Tholosae, testis iuratus et requisitus ..... dixit quod apud Papiam in domo ipsius testis steterunt per tres menses vel circa Pontius Boerii et Guillelmus Rafardi de Rocaforti (4) heretici et erat xegrotus dictus Pontius egritudine qua decessit ..... dixit etiam quod dietus Pontius Boerii steterat in Pisa cum Joanne del Azeraul haretico socio suo qui decessit ibi, post cuius obitum idem Pontius venit ad Tanuam ubi stetit cam Petro Fazenda de Agennesio (5) qui fuerat heere- ticus in quodam palacio extra in vineis quod cumduxerant per annum pro quindecim libris Ianuensibus. Item dixit quod ipse testis vidit in dieto palacio predictum ola Boeri hereticum et cum eo predictum Petrum Fazenda qui ostendit sibi locum et ibi ipse testis adoravit (6) dictum haereticum; dixit etiam (1) C. Scmmupr, Op. cit., I, 62. (2) H. Ca. Lea, A history of the Inquisition of the middle ages, II, 584, New York, 1887. (3) Creorra, Loc. cit. (4) Delle molte città francesi che han questo nome, non saprei quale scegliere: forse si tratta di Rochefort-sur-mer nel dipartimento della Cha- rente Inferiore. (5) La città di Agen sulla Garonna e nella Guienna. (6) Era un segno di rispetto che i credenti dovevan prestare ai ministri della setta all'avvicinarsi e al partirsi da loro. Consisteva nel piegar tre Atti della R. Aocademia — Vol. XXXII. 14 168 GIUSEPPE BOFFITO quod Arnaldus Copa qui fuit de Tholosa et solet morari apud Ianuam et erat de humiliatis (1) duxit ipsum testem ad predictum palacium et ad dietum hereticum et adoravit eum mnna cum ipso teste et sunt quatuor anni vel circa. Item dixit quod vidit apud sanctum Ciricum in Tanua preedictum Pon- tium Boerii, et cum eo Petrum Pelliceriù de Placentia qui moratur Tanus in carreria (2) Pelliciariae ubi dictus Pontius Boerii heretiens man- davit dicto Petro Pellicerii quod quinquaginta libras ianuenses quas idem P. Pellicerii debebat praedicto hweretico solveret ipsi testi recepturo nomine suo, quod et fecit, sed ibi non adoravit dictum h:eretienm nec vidit adorare, et sunt quatuor anni vel circa. Item dixit quod ante festum omnium sanetorum proxime transacto per octo dies vel circa ipse testis recedens de Papia venit Raulatine ad partes istas; sed fuit apud Cuneum per quinque septimanas infirmus et debilis; et ibi non vidit aliquem hereticum, sed vidit morantes Iohannem Radulphi qui fuit de Vauro, . Item audivit dici quod B. Oliba ione te T iolone 2 quidam iuvenis socius eius factus de noyo diachonus, quia episcopus non debet esse sine diachono, et Raimundus de Baucio et Guillelmus Audoyni socius eius de terra Sancti Felicis et Petrus Maurelli qui fugit de carcere Inquisitoram et posuit de novo ad abstinentiam hwretico- rum (3) morantur apud Ianuam Item dixit se andivisse dicì a dieto Guillelmo Grossi quod dicti heretici miserant nuntium suum ad Cuneum pro Petro Regis textore quod ve- niret ad Ianuam cum uxore sua conducturus ibi domum ut possent morari cum eo. Item dixit quod de Cuneo venit et continuavit (4) ..... volte il ginocchio a terra dicendo “ benedicite ,; al che il ministro rispon- deva “ Diaus vos benesiga ,. Cfr. Lea, Op. cit., I, 95-96 e 450. (1) Gli Umiliati avrebbero quindi dato qualche contingente anche agli Albigesi, i quali soltanto eran chiamati dagli Inquisitori asciuttamente haeretici (Lea, Op. cit., II, 579), oltrechè, come già sostennero il Preger (cit., ma combattuto, dal Tocco, L'eresia nel medio evo, p. 183, Firenze, Sansoni, 1884) e il MiiLer (Die Waldenser, ecc. in * Revue histor. ,, 1887), ai Valdesi. (2) Strada carreggiabile. Cfr. Mione, Lericon ad scr. med. et inf. latinit., col. 411, Parigi, 1858. (3) Allude forse al consolamentum, cerimonia catara per mezzo della quale il “ credente, diventava “ perfetto , e gli si aggiungeva perciò l'obbligo dell'astinenza (Cfr. F. Tocco, Op. cit., 93). (4) Nel ms., al posto di questa lacuna, vi ha solo: “ dictas suas ,. —_—————————————————m———— ALBIGESI A GENOVA NEL SECOLO XIII 169 prout potuit usque ad Avinionem in Provincia ubi vendidit quasdam merces quas portabat (1) Item dixit quod ipse testis vidit apud ito in Nota Gira Pillioeni de Placentia Raymundum de Bautio et Guillelmum Audoyni (2) heere- ticos et vidit ibi cum eis Iacobum de Martesana et Ric. de Ribaura de Lasen, Rogerium Argenti iuvenent (3) Obertus Constanti et Ambrosium Consar omnes de Mediolano et dictum P. Pellicerii et ibi ipse et omnes predieti adoraverunt dietos haereticos et sunt sex anni vel circa (4) Il fatto, a cui sopra accennavo, onde si potrebbe anche desumere che a Genova gli eretici non erano in piccol numero nè poco potenti, consiste tutto negli ostacoli che incontrò la costituzione papale Ad extirpanda contro l'eresia, quando nel 1256 l’inquisitore Anselmo si presentò davanti agli ufficiali della Repubblica, ingiungendo loro di trascriverla negli statuti (5). Per indurveli non bastò la scomunica e l’interdetto inquisitoriale; e solo a stento si piegarono più tardi all’obbedienza. Questo almeno ci dicono gli Annali Genovesi (6), e il medesimo ci vengon pure (1) Coll. Doat, XXV, f° 310 segg. (2) Ms. ha Andorni. (3) Così il ms.: forse per “ iuvenes ,. (4) Doar, XXV, f° 329. (5) H. Ca. Lea, Op. cit., I, 339. — User, Tavola delli Inquisitori, all'a. 1256, Novara, Sesalli, 1586. — Il Semeria (Op. cit., p. 81) inventa di sana pianta una compilazione delle costituzioni del Santo Uffizio fatta per opera del P. Anselmo. In quest’errore non cade il Serra (Storia dell'antica Liguria e di Genova, IV, 115, Capolago, 1835) che pure il Semeria seguiva copiandolo quasi alla lettera. (6) Annales Jan., Loc. cit., p. 235-236: © In ipso anno (1256) frater An- selmus ordinis fratrum Predicatorum a sede apostolica in Italia deputatus ad hereticos sequendos, in potestatem consiliarios excommunicationis, in civitatem et suburbia auctoritate qua fungebatur interdicti sententiam promulgavit, eo quod ad ipsius mandata constitutiones edite contra here- ticos in statutarios comunis Janue prout volebat non ponebantur; fueruntque missi ambaxatores ..... ad sedem apostolicam .....ibique obti- nuerunt..... quod sententia lata per ipsum fratrem usque ad festum pasche suspenderetur sub hac condicione, ut si infra illud tempus constitutiones in capitulis Janue ponerentur viribus sententia carere deberet; et si non ponerentur deberet suas vires habere; et positis infra dictum tempus constitutionibus in libro capitulorum Janue sententia ex preceptu papali viribus caruit et effectu ,. “ KR (I n . 170 ARTURO SEGRE a dire di per sè quelle riformagioni posteriori, nelle quali è ri- masta qualche traccia dei provvedimenti, già in pieno vigore, contro gli eretici (1). Una questione tra Carlo III, duca di Savoia, e don Ferrante Gonzaga, luogotenente imperiale in Italia, nel 1550; Nota del Dott. ARTURO SEGRE. Nel 1550, proprio quando le condizioni politiche e finan- ziarie del duca Carlo III erano disperate, causa la pace di Crespy, del settembre 1544, che assicurava ai Francesi buona parte del Piemonte, la mala disposizione di don Ferrante Gonzaga, luo- gotenente imperiale in Italia, verso la casa di Savoia, mancò poco non desse l’ultimo crollo al ducato colpendolo nei suoi (1) Una riformagione del 10 febbr. 1408 (Statuta et decreta comunis Januae, Bologna, Caligola, 1498, parte I, capo 100, c. 85 v. e segg. oppure Statuta Januae ms. della Reale, segnato col n° 610, Capitula extraordinaria, f° XXV v) ha: “© Ne quispiam laicus ab alio laico possit vocari ad forum “ ecclesiasticum nisi in quinque casibus..... in causa matrimoniali....., in causa “ seu crimine heresis, ete. ete.,. — Il capo 89, Delli statuti criminali di Genova (Genova, Bartoli, 1590, pag. 109) comincia: * Si giudicano degni di gran “ castigo li heretici li quali ricercano di dividere la inconsutile tunica d'Iddio, “ et si sforzano d'introdurre divisione nella Chiesa cattolica, ecc., ecc..... Negli Statuti anteriori che ci rimangono, esaminati da me, parte direttamente nell'Archivio di Genova e nella Reale di Torino, e parte sull'opera del Rosst (Gli Statuti della Liguria, in “ Atti della Soc. lig. di st. patria ,, XIV, pp. 66 sgg.), non trovai altra parola che riguardasse l'eresia; ma essi non risalgono molto in su nel tempo. Nel Liber Jurium Reip. Gen. (1I, 414, in M. H. P.) appare per la prima e l’ultima volta, il nome d'un inquisitore genovese tra le varie firme d'un atto del 2 giugno 1300. Più tardi, cioè, se ben m'appongo, nel sec. XVI, fiorì a Genova la milizia di S. Pietro mar- tire, ossia dei crocesignati (cfr. Lea, Op. cit., II, 217), come ricavo da un Erxeric (Directorium Inquisitorum) ms. UNA QUESTIONE TRA CARLO II, DUCA DI SAVOIA, ECC. 171 interessi economici. Dopo tante perdite territoriali restava a Carlo II un’entrata di molta importanza: la gabella del sale di Nizza. Questa gabella, che i duchi di Savoia solevano dare in appalto e si fondava sul loro diritto di impedire nel Piemonte l'ingresso del sale che non veniva da Nizza, rendeva in tempi floridi 7400 seudi annui (1). Ora i Genovesi vedevano di mal occhio questo privilegio, e adocchiavano l'occasione propizia per attirare a sè quel ricco cespite d’entrata. Avevano già tentato la cosa vivente il marchese del Vasto, predecessore del Gon- zaga nella luogotenenza, ma il colpo non era riuscito (2). Parve che il momento opportuno si presentasse al principio del 1550, quando buona parte del Piemonte ubbidiva alla Francia, ed il resto dipendeva da don Ferrante, amico molto equivoco agli interessi di Carlo II, causa le differenze sempre vive tra i Gonzaga e la casa Sabauda pel Monferrato. I Francesi spalleg- giavano in questo tentativo i Genovesi, desiderosi di ridurre agli estremi il duca di Savoia per assoggettare più facilmente il resto delle sue terre. Ed è precisamente questo appoggio manifesto dei Francesi che accresce la colpa di don Ferrante, il quale avrebbe dovuto, come rappresentante di Carlo V, av- versarli per sostenere con ogni mezzo il duca di Savoia, tanto sventurato già per la sua alleanza e per la sua fedeltà verso l’imperatore (3). Il 7 gennaio 1550 la Signoria genovese scriveva a don Ferrante, chiedendogli formalmente “ che non sij impedito questo negotio e trafico [del sale] in alchun loco e specialmente in la città di Aste e giurisdition sua, talchè la condutta habbi il suo (1) Archivio di Stato di Torino. Lettere particolari. Ottaviano Cacherano d’Osasco ad Emanuele Filiberto. Vercelli 16 settembre 1553. Dice che la gabella di Nizza era la principale entrata dello stato, e che colla sua ro- vina “ v. Alt. veneria a perdere il più bello redito che l’habbi ciò è se. 7400 ,. (2) Archivio di Stato di Milano. Potenze estere. Torino e Savoia dal 1538 al 1560. Carlo III a D. Ferrante. Vercelli 23 febbraio 1550 “ Et... al tempo della buona memoria dil s" Marchese dil Vasto (quando ebbe principio questa prattica) fu data repulsa a colloro che la manegiavano ... , (3) Il Rrcormi, Storia della mon. piemontese, I, 277, dice senz’altro che D. Ferrante permise l'ingresso del sale genovese in Piemonte. La cosa è esatta; solo, come vedremo, non potè fortunatamente effettuarsi. 172 ARTURO SEGRE solito e debito corso in Piemonte et altri lochi con la consueta libertà , (1). Contemporaneamente il luogotenente del re di Francia in Italia, Giovanni Caracciolo, principe di Melfi, faceva l'identica domanda a don Ferrante, chiedendo anzi che il sale genovese si potesse condurre a Torino e nelle terre piemontesi sotto il suo governo. Don Ferrante senza alcuna considerazione, nè rispetto al duca, concesse quanto gli veniva domandato. Carlo III, non appena seppe il fatto, mandò a Milano Tommaso Valperga, commissario, e Ottaviano Cacherano d'Osasco, colla- terale del Senato, personaggi di molta riputazione, perchè pro- testassero e facessero intendere la ragione al Gonzaga. Don Ferrante mostrò di arrendersi alle osservazioni dei due inviati, e diede ordine di scrivere a Genova che l'autorizzazione data si doveva considerare nulla (2). Ma i Genovesi non se ne stettero paghi. Mentre da un lato volgevano gli occhi a Francia, ed ottenevano che Enrico Il scrivesse a D. Ferrante per domandare il passo al sale genovese nelle sue terre di Piemonte, d'altro canto mandavano a Milano attorno al luogotenente cesareo un Giuliano Salvago, genovese di molta attività. D. Ferrante tenne ogni cosa nascosta, ma il duca di Savoia, informato per altra via, fece dal colonnello Battista Delf'Isola, avvertire di tutto il principe di Piemonte, allora nel seguito di (1) V. Appendice, Documento 1°. (2) Archivio di stato di Torino. Milano. Lettere ministri, mazzo I Battista dell’ Isola al principe di Piemonte. Vercelli 22 gennaio 1550. Leo IMl®° et Ex®° Sig Duca nostro m'ha ordinato ch'io scriva a v. Fx alcune pratiche, quali fanno Francesi et Genoesi a danno del patrimonio di sua Ex* et a la royna de la gabella de Nizza. V. Excia li giorni passati almanco per duplicate lettere fu advisata da ]’Illm° s°" Duca et da me, come francesi et genoesi accordati insieme procurorno apresso lo Illm° s" D. Ferrante che li concedesse il passo per l’Astesana et altri Dominii di v. Pxti* di poter condur il sal genoese a Turino et altre terre, quali occupano francesi. Il che senza altra consideratione il s" Don Ferrante li concesse. La qual cosa intesa da l'Ill"° s" Duca, li mandò li s"” Thomaso Valperga e Collatral d'Ozasco con farli cognoscere le sue raggione, et che nol poteva nè doveva far. Le quali cose intese dal preffatto s* Don Ferrante concluse che non li daria passo alcuno, et ordinò di scriver a Genoesi che non si valesseno de le litere et passo che li haveva concesso, perchè non lì sarebe permesso che potessino condur sal in Piemonte ,. UNA QUESTIONE TRA CARLO INI, DUCA DI SAVOIA, ECC. 173 Carlo V in Germania, perchè sentisse qual era la mente del- l’imperatore nella presente questione, e vedesse con ogni mezzo di risparmiare tanta sciagura allo stato sabaudo (1). Il 23 gennaio arrivò al duca una lettera di don Ferrante, dove, a quanto pare, il Gonzaga faceva capire di trovar giuste le pretese dei Genovesi, o almeno mostrava di ritenere necessario un esame delle ragioni ducali. Carlo III, vedendo il luogote- nente cesareo accostarsi apertamente ai (Genovesi, inviò per mezzo del Dell’Isola al principe di Piemonte copia di quella lettera, mentre nel tempo stesso il Valperga e l’Osasco s’affret- tavano dinuovo per Milano (2). (1) id. lett. cit. “ Hor par che alchuni Temerarij] Genoesi non forsi senza consiglio de alchuni habiano mandato in Franza et capitulato col Re per ‘conto di esso salle, et hano fatto ch’el detto Re ha scritto al s°* Don Fer- rante ch’el voglia concedere il passo da condur il sal Genoese in Piemonte. Lì quali Genoesi hano mandato ms. Giuliano Salvago a Milano dal s Don Ferrante per solicitar di haver detto passo, per'ho il s° Don Ferrante non ne ha dato adviso alcuno qua a sua Fx, Il che fa dubitare di qualche inteligencia et che il s" Don Ferrante haverà mandato le lettere dil Re a la Mtè Ces®® per ottenere di là ordine di darli esso passo. La qual cosa saria la total royna e destrutione de la Gabella de Nizza, qual per l’adve- nire non varria un soldo et veneriano v. Exit a perdere la più bella pezza et la più bella Intratta che habiano nel suo patrimonio, a grandissimo danno de tuttj li statti Di v. Exie tanto di Nizza quanto del Piemonte. — Pertanto, Ill"° s°, è più che necessario che v. Fxa proveda a simile inconveniente et che subito quella ne parli largamente con soa Mtà et ancora a M° D’Aras, aciò so. Mtè con lettere scriva al s°° Don Ferrante che a partito alcuno non voglia concedere il detto passo, et far che horamai si meta perpetuo silentio a detta pratica et dar da Intendere al detto s" Don Ferrante che non si deve levar il patrimonio a v. Ex°® per darlo a li hereditarij Nemici di so. Mtà et farli serivere di sorte che per l’advenire il s° Don Ferrante non li daga audientia alcuna, dando subito adviso a l’IMr° s° Duca di quanto sarà seguito, aciò si sappia quello si haverà da fare ,. (2) id. lett. cit. Poscritta “ Siamo allj 28 Genaro, et lo Ill"° s* Don Ferrante ha seritto una lettera al I}®° s° Duca nostro del tenor della qui alligata copia, per la qual cosa sua Ex* manda li s" Coletral d'Ozascho et Thomaso Valperga dal s” Don Ferrante, non già ch'el vogli metter le sue cose in disputa de giusticia, perchè sono tropo chiare, nè mancho vuole sua Ex. ch’el s©° Don Ferrante li sia giudice, et se Francesi et Genoesi pretendeno cosa alchuna, che mandano qua, che S. Ex. li farà far giusticia, ma manda per chiarir il s°*" Don Ferrante della giusticia sua, et per far 174 ARTURO SEGRE Cola ebbero da don Ferrante promessa che alla cosa non verrebbe dato seguito, e che in ogni caso egli nulla avrebbe operato senza avvertirne prima il Duca. Ma i Francesi ed i Genovesi non tranquillaronsi; volendo spuntarla profusero oro per corrompere varì ministri imperiali, ed inoltre il principe di Melfi mandò nei primi del febbraio un suo segretario a Milano, mentre quel Giuliano Salvago genovese, che dal mese prece- dente era colà, univa alle insistenze del francese le sue. Don lerrante, inchinevole com'era a soddisfarli, spedì a Vercelli l'avvocato Filippo Caccia allo scopo di persuadere il Duca che era impossibile respingere la domanda del luogotenente francese, sia perchè un principe non può impedire che passino le mercanzie altrui per strade pubbliche, da un paese ad un altro, sia per la consuetudine che favoriva la domanda, sia per la tregua che al- lora s'aveva con Francia. Il presidente del Senato, Niccolò Balbo, uomo di molto senno e dottrina, confutò le ragioni addotte dal Caccia, dimostrando luminosamente i diritti del Duca. Sicchè il Caccia dovette tornarsene senza replica. In quei giorni Don Fer- rante era trattenuto a Mantova per affari di famiglia; quindi mandò ordine al Caccia di fare la relazione dell'ambasciata al Senato (1). Il Senato milanese, corpo sempre autorevole e com- ch’el non daga audientia a simil cose, et che li metta perpetuo silentio, atteso che sua Ex* non può nè vuol consentir che Francesi nè genoesi con- ducano sal alehuno in Piemonte. V. Ex. non manchi di parlarne a S. M** et far che subito se li proveda ,. (1) id. id. Battista dell'Isola al principe di Piemonte. Milano 3 marzo 1550. 1 Francesi ed i Genovesi “ ... con grandissime promesse di danaro hanno quasi contaminato il mondo, et la maggior parte delli ministri de sua Mtà condescendeno in favor di francesi, et Genoesi a danno de v. Ex*. La qual ha da saper ch’el principe De Melfi, governator per francesi in Pie- monte ha mandato qua un suo secretario dal s° Don Ferrante con richie- derli che li dia il passo per il paese di v. Ex. per condur il sal genoese a Turino, con dir che per vigor de la tregua non se li puote obviar. De più è qua un Giuliano Salvaigo-Genoese, il qual di compagnia del detto secretario et anchora separatamente con danari et promesse ha praticato tanto che qua si consente alla loro voluntà, et il s" Don Ferrante ha man- dato il s°° Filipo Caccia fiscal a Vercelli dal Ill®° s°" Duca nostro, con pro- poner tre argumenti per le quali diceva non si puoter negar il detto passo a francesi et genoesi di condur il sal in Piemonte. Il primo he che perla raggion comune un principe non può vedar che non si passi per le strade UNA QUESTIONE TRA CARLO III, DUCA DI SAVOIA, ECC. 175 posto d'uomini degni, agì con molta equanimità e criterio. Si rifiutò di giudicare la questione (1), e dichiarò al gran cancel- liere dello stato, Francesco Taverna, il quale per ordine del Gonzaga cercava di smuoverlo dal proposito, “ che per esser detta cosa de grandissima importanza, li pareva che il s" don publiche et si conduca da un paese a l’altro le mercantie et cose neces- sarie, e per l’altro alegano la Costuma, et il Tercio la capitulatione della Trega. Alli quali tre ponti fu benissimo risposto per il s°" presidente Balbo et altri del senato del Ill»° s° Duca nostro, et gli risolseno li detti tre ponti tutti in favor di sua Ex. Di modo chel detto s° fiscal Cacia non li sepe replicar; il qual Cacia se ne ritornò qua a Milano et trovò chel s° Don Ferrante hera andato a Mantova per la morte del s° Duca di Mantoa, il qual s°° Don Ferrante ha scritto qua al detto Cacia chel facia la rela- zione nel senato di Milano di quello ha fatto in Vercelj per il transito dil detto sale. Il che ha fatto, et hoggi il senato ne argumentava. Pur non credo che debia dar nè dir il loro parer, como il s'" Don Ferrante voria. Di quello resolverano ne darò aviso a v. Ex., alla quale conviene subito et caldamente parlarne con s. Mtè et far che Incontinente la scriva al s" Don Ferrante, ch'el non si intrometta in questo negocio. Per che altramente io vedo che le promesse di Genoesi sono onnipotente qua, et si va a camino di dar detto transito et passo di condur il sal genoese in Piemonte libe- ramente. La qual cosa seguendo v. Ex. perdarà la più bella Intrata chel habia nel suo patrimonio; et Dio sape, se la si perde una volta, se mai più si recuperarà, nè la gabella di Nizza varà a v. Hx. cosa alchuna, sì chel bisogna che v. Ex. li facia far subito provisione. Nè posso creder che s. M'à debia voler per l'interesse et utile de alchuni particulari levar a sua et v. Ex. quello poco patrimonio et emolumento che li resta anchora per vivere, come dirà a v. Ex. il s* dottor Barca, il qual sua Ex. ha espedito et il manda per questo effeto da v/ Ill svi, al qual mi remetto ,. (1) id. id. Battista dell’ Isola al duca Carlo III. Milano 6 marzo 1550 . et habiando il s°" Don Ferrante ordinato al s°" Gio. Filipo Caccia chel retferise quà in senato il reporto li havia fatto da v. Ex. et ordinato al p'° Senato dovessi sopra di questo diril parer suo, habiando il s°" Caccia fato in senato la relatione, fu comessa la cosa a doi senatori, quali reffer- seno, et il senato non ha voluto dar parer alcuno, nè io li ho perso tempo, di modo che la cosa resta Intercetta, nè per questo mancano francesi et ge- noesi di travagliar più che maj, et sperano di ottener il passo da condur il dètto sal. Nè per questo v. Ex. ha da temer cosa alcuna, anzi stia ferma, et non li daga una bona parola nè audiencia, per che con questi mezi v. Ill et Ex®® s* ne haverà la indubitata vitoria ,. Come ben si scorge da questa e da altre lettere precedenti, il Dell’ Isola s'era recato a Milano per sorvegliare direttamente le mosse del Gonzaga. 176 ARTULO SEGRE Ferrante la rimettesse a la M'* Ces®®, (1). Inoltre il Duca, non appena Filippo Caccia partì da Vercelli mandò a don Ferrante un sommario delle ragioni dette al Caccia, insistendo perchè non si parlasse più di simili cose (2). Il segretario del principe di Melfi allora corse a Mantova dal Gonzaga, e questi invece d'attenersi strettamente al parere del Senato, fece dal gran cancelliere consegnare al francese una patente, in cui accordava il passo richiesto per tre mesi, riser- bandosi però nel frattempo di avvertirne l’imperatore. Il segre- tario, contento, ripartì prontamente (3). (1) id. B. dell'Isola al principe di Piemonte. Vercelli 12 marzo 1550. Il senato non solo non “ volse dar parer alchuno, anzi disseno al Gran canzelero Taverna, qual solicitava per il s" don Ferrante, che per esser detta cosa de grandissima importanza, li pareva che il s" don Ferrante la rimettesse a la Mtà Ces ,. (2) lett. cit. di Carlo III al Gonzaga. Vercelli 23 febbraio 1550 * Et mi assicuro che l’Ecc. V. a questa volta ci metterà perpetuo silentio, et non consentirà ad alcuna cosa che in questo caso mi sia dannevole, come anche per modo alcuno non ci voglio consentire. Ft perchè al tempo della buona memoria dil s" Marchese dil Vasto (quando hebbe principio questa prattica) fu data repulsa a colloro che la manegiavano, molto pur mi pro- metto che lo farà v. Ece* per havergli continuamente piaciuto tener et me et le cose mie in protettione , (3) lett. cit. del Dell’ Isola del 12 marzo. “... et essendo in Milano uno secretario del s" Principe de Melphi qual per parte de francesi solici- tava di havere il passo per condur il sal Genoese a Turino, Inteso la ris- solutione del senato, subito cavalcò a Mantova dal s" Don Ferrante. Dal quale ha ottenuto patente per tre mesi di poter condur il detto sal a Tu- rino, come più amplamente potrà v. Ex''* veder per la copia de le patente, quale lo Ill" s" Duca gli manda nel qui allegato pacheto, dove haverà ancora tutte le altre scritture, per le quali v. Ex°ia potrà veder come se sia proceduto nel detto negocio ,. Arch. di stato di Milano. Potenze estere. Torino e Savoia (1538-1560). D. Ferrante Gonzaga al principe di Melfi. Mantova 7 marzo 1550. “ Al Principe de Melphi. — Ritornando da v. S. il secr° suo, la inten- darà da esso la provisione fatta sopra il transito dil sale ricercato, nel che anchora che se gli siano ritrovati molti fondamenti (?) a raggione et in contrario, di le quali ne darò notitia a Sua Ces* Mtà, nondimeno tra tinto non ho voluto mancar de sopperir..... per le patente sopra ciò espedite ..... come più particolarmente gli potrà referir a bocca el detto suo secr® ,. id. id. Il segretario Rozono a D. Ferrante. Milano 8 marzo 1550 “A soa Ecce. — Questa matina si sono expedite le patenti opportune UNA QUESTIONE TRA CARLO II, DUCA DI SAVOIA, ECC. 177 Battista Dell'Isola, dando da Vercelli notizia di questa ca- lamità al principe di Piemonte, lo scongiurava di farvi prov- vedere dall'imperatore al più presto, perchè i tre mesi sarebbero bastati ai Genovesi per trasportare in Torino ed altrove tanto sale quanto bisognasse per due anni. E questo avrebbe recato tanto discredito alla gabella di Nizza, che per l'avvenire non si sarebbe trovato alcun appaltatore. Egli riteneva per cosa sicura che i Francesi in queste loro mosse miravano a porre “ il contado di Nizza a mal termine et in desperatione , col- l'intenzione di “ farlo ammottinar et ridurlo a lor mano ,, es- sendo insolita l’alleanza loro coi Genovesi, i quali da tanto tempo stavano uniti invece coll’imperatore. Accresceva poi il sospetto del Dell’Isola la considerazione che i Francesi non ave- vano punto bisogno di sale in Piemonte essendone forniti in copia dai gabellieri ducali. “ Io non so pensar , conchiudeva il fedele colonnello, “ come il s" don Ferrante non habbia fatto miglior consideratione in questo negocio, nel quale sua M* il s° Duca nostro et il s' don Ferrante perdono la reputacione et declinano de auttorità, parendo per le patente del s" don Fer- rante che li habbia concesso detto transito di sale per paura et timor che li movessero la guerra, Del che già Franceisi se ne rideno, et tutti li nostri ne restano stupeffatti sapendossi certamente che Franceisi creppano de timor che la M* (® gli voglia muover guerra, et se dice apertamente che il s" don Ferrante non cerca nè fa altro che instar et permover sua M' a far la guerra a Franceisi ,. Certo non essendo don Ferrante spinto da timore di guerra la sua condotta riusciva strana (1). Egli però comprese subito di avere agito troppo arbitra- riamente, e cercò di diminuire l'impressione che l’opera sua per il transito dil sale dal Genoese in Piamonte conforme al ordine et mente di v. Ecc®*, et il secr° dil s°" Principe de Melphi si n'è subito partito ben satisfato , id. id. Istruzione di D. Ferrante al segretario Rozono. Mantova 5 marzo 1550. v. Appendice, Documento 2°. (1) lett. cit. di B. Dell’ Isola del 12 marzo. D. Ferrante mostrava bensì timore di rappresaglie da parte dei Francesi, quando avesse respinto la loro domanda, come vedremo, ma era una finzione ed uno stratagemma per coprire la sua responsabilità. 178 ARTURO SEGRE aveva prodotto sul Duca. Perciò incaricò il suo segretario Gi- rolamo Rozono di recarsi a Vercelli per esporre a Carlo II le ragioni che l'avevano spinto ad accordare quel passo, lascian- dogli facoltà di promettere al medesimo, se non si appagava, un compenso in danaro per il danno che potrebbe averne, seb- bene aggiungesse che il Duca non poteva ricevere danno, per essere la gabella di Nizza già affittata per tre anni; quasi che la sua patente non facesse perdere al Duca il credito, e non rendesse poi difficilissimo riaffittare la detta gabella (1). L'8 marzo il Rozono partì per Vercelli (2). Appena giunto colà, si recò presso il commissario Valperga, che l’accolse freddamente, e l'avvertì che il Duca già conosceva tutto, e n'era molto sde- gnato. Dopo una lunga anticamera il Rozono fu introdotto alla presenza del Duca, il quale era fiancheggiato dal suo consiglio, e gli presentò le credenziali. Come furono lette, Carlo III, in tono incollerito ed a voce alta, gli ingiunse recisamente di tor- nare subito dal Gonzaga, per fargli intendere che egli molto si doleva del torto ricevuto. Don Ferrante infatti aveva a suo giudizio agito non solo contro ogni ragione e disposizione es- pressa nei capitoli della pace con Francia, ma contro alle stesse promesse fatte al Valperga ed all’Osasco, quando ripetutamente erano andati a Milano: suo dovere era di revocare senza reti- cenza nè considerazione alcuna la patente; quanto a sè, aggiun- geva il Duca, egli non avrebbe mai tollerato simile spogliazione dei suoi diritti; già aveva proibito sotto pena di morte ai suoi sudditi di coadiuvare al transito di sale genovese. Doveva an- cora riferire il Rozono al Gonzaga, che il timore di disordini espresso da Don Ferrante, nel caso che egli, il Duca, rifiutasse la patente, avrebbe invece avuto ragion d'essere colla conces- sione della medesima. In conclusione Carlo II, dichiarava che avrebbe fatto alla patente ogni opposizione. Cercò il Rozono di calmarlo, esponendogli tutte le magre ragioni del suo signore, (1) Istruzione al Rozono. v. Appendice, Documento 2°. v. anche lettera del Gonzaga a Carlo III. Mantova 7 marzo 1550. Appendice, Documento 3°. (2) lett. cit. del Rozono a D. Ferrante. Milano 8 marzo 1550 * ... et io in quest'hora parimente mi parto per Vercelli ad exequir con l’ Ill»® s°* Duca la commissione che tengo da quella [V.E.]. Del successo del quale gli ne darò poi noticia al ritorno mio , | : UNA QUESTIONE TRA CARLO III, DUCA DI SAVOIA, ECC. 179 ed accennando anche ai compensi che il Gonzaga si diceva di- sposto a sborsare, ma il Duca non si lasciò piegare, ed il Ro- zono partì, lasciando la corte di Vercelli in preda alla più viva agitazione. Giunto a Milano il 10 marzo, fece la relazione scritta della sua poco felice missione (1). Del resto gli stessi Spagnuoli disapprovavano l’opera del Gonzaga, ed il maestro di campo Sanmichele, che trovavasi a Vercelli durante la presenza del Rozono, mostrò egli pure molto dispiacere, ed andò subito a Mantova per indurre il Gonzaga a non permettere quel transito e rivocare la patente (2). In Fiandra intanto il principe di Piemonte e l’ambasciator savoino, Gio. Tommaso Langosco di Stroppiana, s'adoperavano attivamente perchè Carlo V mandasse al Gonzaga la sua disap- provazione. Il conte di Stroppiana si trovava a Bruxelles, quando giunsero le lettere del Dell’Isola. Allora egli tenne d’occhio le pratiche di Don Ferrante e potè accorgersi degli sforzi che Don Ferrante appunto faceva per ottenere l'approvazione imperiale (83). Ebbe la soddisfazione ai 10 di maggio, di annunziare che Carlo V aveva biasimato l’opera del suo luogotenente, e fin dal 3 aprile aveva mandato per mezzo del segretario Vargas ordine di rom- (1) v. Appendice, Documento 4°. (2) lett. cit. del Dell’ Isola- del 12 marzo © Et il st m*° di campo San Michele si ritrovò qua quando il secr° Jeronimo Rossonei mandato dal s" Don Ferrante fece intendere a l’Ill®° s" Duca che l’havia concesso il Transito del sal a Franceisi et genoesi. Il qual considerato li scandali ne possano avenire, gli ne despiacque et subito si partì per Mantoa in posta per far ch'Il s" Don Ferrante non admeta detto Transito et patente, et che li proveda. Iddio voglia ch’el facia bono riporto. Del successo adviserò v. Excia,. (3) Archivio di stato di Torino. Vienna, Lettere ministri mazzo II. Lettere di Gio. Tommaso Langosco di Stroppiana al duca di Savoia ed al principe di Piemonte (1546-53). Stroppiana al duca. Bruxelles 10 maggio 1550, ... Più li [all'’ambase. imperiale in Francia Simon Renard] feci asa- pere come il s° Don Ferrante havia mandato qua un corriero a posta per raguagliare sua m'è qualmente francesi e genovesi havevano trovato un novo camino per condure il sale fuora delli stati di V. E. et il s" principe alla volta d'Albenga, Sacarrello, Monferrato et del Mondevì, et che essendo statto interpellato dal s" principe di Melphi per virtù dille capitulatione, tregua e di pace era sphorzato a concederli detto transito e fargliene pa- tente de posserlo usare ,. 180 ARTURO SEGRE pere le trattative fatte e rivocare la patente (1). Il Gonzaga s'affrettò ad ubbidire. Cercò lo Stroppiana, secondo l'ordine avuto dal Duca, di aver copia della lettera imperiale, e dopo qualche difficoltà l'ottenne (2). Eccola: (1) lett. cit. dello Stroppiana. © Adesso questa sarà per advisar v. Ecc che sua mè, a qual insieme con li ministri s'he fatto intendere venirebbe il medesimo pregiudicio e danno a sua gabella de Nizza passando il sal fuora dil dominio di loro ecc? che sopra dil medemo stato. Et in ciò re- statta ben capace s'he risolta non voler che il predetto s" Don Ferrante permetti detto transito et per tenere ella un pocco di gotta have imposto al segret. Vargas de scriverglielo, qual già l’ha fatto. Subbito che ho inteso questa provisione sono andato dal predetto Vargas per haverne la copia, qual m'ha detto che heri subito che sua Mtè gli ne dette l'ordine, scrisse et expedì dal prefato s" don Ferrante, et che di sue lettere non tene copia. Ma che sopra la fede sua da cavalliero et homo da bene mi posso asicurare che li ha scritto di buona tinta, dicendo che non permetta passare alchun sale in pregiudicio di V. E. tanto per il suo dominio che fuori, et che re- vochi ogni concessione fatta a francesi mantenendola in suo antiquo pos- sessorio, facendoli di più intendere che debba rispondere al principe di Melphi, come ha mandato giustificare le bone raggione di V. E. apresso dil Re per via dil suo Imbassatore. Se havesse possuto havere la copia de ditta lettera me troveria d'assai più contento che non sono. Ma con tutto questo la voglio ben asicurare che il segretario Vargas he tanto homo da bene, che non me diria una cosa per un'altra ,. (2) id. Stroppiana al Duca. Bruxelles 25 maggio 1550. “ Hora la pre- sente sarà per dirli sì come ho riceputo una di V. E. delli 27 dil passato alli 16 di questo, et non he bisognato che monsegnor il principe habbia parlato a sua m'è per la revocatione dilla seconda patente conceduta dal s' Don Ferrante alli adversarij. Imperò che mentre che il predetto s" prin- cipe induggiava un o dua para de giorni che sua m'è si trovasse meglio della gotta per parlarliene sono arrivate lettere, che esso s" Don Ferrante ha revocato ambe le patente, et di questo Mons" de Arras medemo m'ha asicurato monsig*il principe et me per avanti, et così ha fatto il segretario Vargas; quai m'hano ditto d’avantaggio che il s" Don Ferrante haveva conceduto patente in favore di V,E., et che non mancheria da mo avanti di assisterli et mantenerla nel suo possesso conforme all'ordine di sua m'è, sì che non resta far altro fuorchè aspettare la risposta di Franza qual anderà più alla longa che non sì pensava per rispetto che il Re he ito a visitar Bollogna [Boulogne-sur-Mer], et l'imbassatore non haverà così preso audientia. Cercha a quel che V. E. dice che la trova ben estraneo ch'io non li mandasse la copia di la littera che sua ma4è serisse il venerdì santo al st Don Ferrante per falta di qual esso s° non haveva voluto far cosa alcuna per lei, rispondo che di questo non ne tengo colpa. Imperochè io i n UNA QUESTIONE TRA CARLO II, DUCA DI SAVOIA, ECC. 181 “ Despues desta firmada nos ha tornado a hablar el prin- cipe de Piamonte sobre lo dela gabella, deziendo como tiene aviso m:is fresco del preservicio que recibe en sur derechos, supplicandonos le mandassemos proveer de breve remedio (y por que teniendo sus cosas y del duque su padre en la estima- cion y cuenta que es razon, holgaremos que assi lo conozcan), os encargamos mucho que cuesta que tanto les Importa pro- veays de manera y con tal effecto que no se le haga perser- vicio en lo que pretenden, antes todo el favor que de nos te- neys entendido merescen por tantos respectos (1). (Esto se seriirò al s" fer® en carta de negocios a tres de abril 1550) ,. Così furono troncate le mosse dei Francesi e dei Genovesi contro la gabella di Nizza, almeno per l’anno 1550. Ma non si può negare, che il Gonzaga in questa grave questione non abbia agito in modo poco corretto ed apertamente ostile al Duca di Savoia, mentre la sua carica gli imponeva un contegno ben diverso. In altre occasioni, quando egli mostrò scarso zelo e nessuna cura delle cose piemontesi, si potrà scusare in parte per la mancanza di mezzi, che purtroppo era estrema anche nello stato di Milano, ma in questa bisogna assolutamente riconoscere un’avversione manifesta agli interessi del povero Carlo III (2). gli la dimandai et gli ne fece instantia di haverla im presentia del Barcha et dil conterolor Michiau et di mons" di Boschet, che si trovoreno presenti alhora, et da poi quando gli l'ho più volte ricerchata, ma l’una volta era occupato in scrivere, l’altra in qualche altro negotio, sempre dicendomi che io mi fidassi sopra la fede sua, che haveva scritto come mi disse. Alfin pur l’hebbi et la mando a V. E. a fin che la cognosca, che il s" Vargas he persona di verità et grande et affettionato servitore suo, che l’ha ben monstrato in questa pratticha. , segue la lettera di Carlo V in un foglietto. {1) Questa è senza dubbio solo una poscritta (* Despues desta firmada ... n) ad una lettera imperiale a D. Ferrante, di cui lo Stroppiana non ebbe copia, perchè probabilmente non riguardava l’affare della gabella. (2) Il residente veneto a Milano, mal informato, nulla conosce dopo la seconda andata del Valperga e dell’Osasco in quella città, e dà solo queste scarse notizie sui fatti narrati. — Arch. di stato di Venezia. Milano. Dispacci n. 1 (1547-1560) (registro senza il nome del residente) Milano 27 marzo 1550 “ Li giornj passati alcunj mercatanti Genovesi fecero disegno de fornir de sali li lochi del Piemonte, de Francesi, che seria loro stato di molta utilità, e n’hebbero pratica con il P° di Melphi, e perchè bisognava haverne il transito per il paese del Duca di Savoia, operorono, ch'el s" D. F. [Don 182 ARTURO SEGRE APPENDICE Documento 1°. (Archivio di stato di Genova, Litterarum 64,1840, N. Francisci Nigri Pasqua Cancelarius). Genova 7 gennaio 1550 Allo I° et Ex° s°" il s°° Don Fernando Gonzaga, Governator del stato di Milano e logotenente general di sua Mtè in Italia. TmotretuBzmo Sax, È stata sempre consuetudine osservata che la condutta del sale che escie de qui per il stato di Millano et Piemonte non habbia impedimento in loco alcuno e sempre i condutieri d’esso son passati per tuto libera- mente senza impasio. E dubitandosi hora per quel che ne venuto à noticia che si possi alterar quest'ordine e tanto antiqua libertà, mas- sime in la città di Aste, cosa che porterebbe grosso preindicio e dano al ufficio del sale che è di somma importantia alla Repu® nostra, non habbiam potuto non ricorrere da v. Ece'* e pregarla con quanta potemo instanza che vogli provedere che non sij impedito questo negotio e tra- fico in alehunloco e specialmente in la detta città di Aste e giurisdition sua, talehè la condutta habbi il suo solito e debito corso in Piemonte et altri lochi con la consueta libertà, e per tale effetto ordinar a soi Ferrante] ne scrivesse ad esso Duca, sì come fece, pensand'invero sua Px!* per l’'information che n'haveva havuta, che ciò non fusse di suo interesse, e li scrisse similmente il P° di Melphi, et volea sustener in certo modo, che ciò non si dovea negare di ragione, essendo lecito di condur vittuarie da un paese a l’altro in tempo di pace. Il Duca p'° il qual affitta una tal gabella a Nizza, et è forse la maggior entrata che s'habbia, e la qual è da credere che patiria s'el concedesse questo transito e questa comodità, non ha voluto a modo alcuno assentire, et & disposto e mostrato non esser a ciò tenuto, senza però lassarsi intendere della Gabella, ma con altra ragione et con la consuetudine propria di questo stato, dal quale non si conduce apertamente vittuarie alli lochi de Francesi, e ch'el sale non è compreso, come cosa necessaria, tra esse vittuarie, et ha mandato soi gentil'homenj a sua ex**, la quale havendo loro uditj è restata satisfata, et n'ha resposto cortesemente ad esso Duca (!) ,. UNA QUESTIONE TRA CARLO INI, DUCA DI SAVOIA, ECC. 183 capitani soldati e ministri che non lassino dare impachio in alehun loco à condutori di esso sale, sì come è antiquissima usanza et ogni honestà e giusticia porta, dil che oltra che serà cosa degna di v. Eccti* con- forme a giusticia et al mutuo commercio, noi accumuleremo questa obli- gatione e gratia con molte altre che li tenemo, alla quale con tuto il cuore sempre si offerimo e raccomanderemo, da Genova ad vu di. Genaro del MDC. Di v. Eceti* Duca ete. Documento 2°. (Archivio di stato di Milano, Potenze estere, Torino e Savoia 1538-60). Mantova 5 marzo 1550 Instruetione al Seer® Rozono, Havendo inteso per le lettere del s°" Gran Canz?° [Francesco Ta- verna] de mr dil presente, qual sij stato l’aparer dil senato circa il negotio dil transito dil sale ricercato per Francesi, se siamo risoluti, conforme a quello di consultarlo eon sua M* prima che si venghi ad altra deliberatione, ma per che dal altro canto si ha d’haver in consi- deratione ogni disordine che in ciò potesse seguir in deservitio di soa Mt, negando a Francesi il detto transito, m'è parso permetterglilo per tre mesi, senza consentir alla dimanda loro et senza preiuditio de le raggioni di soa Ces* Mt et l'IT se: Duca di Savoya. Fra quel tempo si haverà la mente et ordine di soa M'è circa detto negotio; et però per puoter così effectuar vi transferirete voi a Millano, et fatto saper quanto di sopra al p'° s° Gran Canz”, gli direte in nome nostro che facia formar la patente opportuna in conformità dil sopra scritto. A qual effetto se vi dà uno foglio bianco, in quale si haverà da extender detta patente, advertendosi di accomodarla in manera che habbia da esser più satisfatoria sarà possibile al p*° s** Duca, mentre però anche non habba da dar a’ Francesi occasione di alberatione. Et fatta la detta expeditione vi transferirete dal p'‘° s" Duca et sotto le credentiali nostre gli exponerete il temperamento tolto nel negotio predetto, tratanto che Soa M* se risolverà et comandarà quanto si haverà da far pregando soa Ecc* ad acettar per bene la resolutione predetta, causata solo per non dar occasione a Francesi di ullo disordine, sapendo che non potria esser oltra il deservitio di soa Mt* se non in particolar danno, et mala satisfatione di soa Ece®. Parimente doppo fatta la sopradetta expeditione si haverà di darne noticia al Principe de Melphi in nome nostro, mediante il foglio bianco, che a questo fine se vi dà. Im Mantova alli v di Martio MDL. Fernando Gonzaga. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 15 E Alieni ai 184 ARTURO SEGRE Quando Il s°" Duea non si aquietasse alle raggioni sopradette gli subiungerete che noi di nostra borsa resarciremo il danno che per questo puoco tempo puotesse patire, qual però intendemo non puoter esser suo, per esser locata la gabella per tre anni avenir senza altro suo obligo. Documento 3°, (loc. cit.). Mantova 7 marzo 1550 AI s°" Duca di Savoya Anchora che sij desiderosiss° d’ogni comodo et satisfatione di v. Ecc* et non altrimente che la potria esser lei istessa, nondimeno essendomi parso la cosa dil transito dil sale ricercato per Francesi di tanta importantia, mi sono risoluto per non dargli occasione di ullo disordine qual’essi dimostrano desiderare, di pigliarvi il temperamento che v. Ece* intendarà dal secret Rozono exibitor presente, al qual gli piacerà prestar fede, como a me istesso, et persuadersi che il tutto si facia a buon fine, et a particolar beneficio di v. Ece* alla qual ece.... Docvmento 4°. (loc. cit.). Milano 10 marzo 1550 Relazione del seg”° Girolamo Rozono a D. Ferrante Gonzaga A Soa Ece®. — Havendo io al arivar mio a Vercelli fatto capo al comiss° Valperga, l’ho ritrovato di molta mala voglia, facendomi inten- dere chel s°" Duca già sapeva la commissione che io portava, et la expeditione de la patente fatta per v. Ece* a Francesi o sij a Genovesi dil transito dil sale, et che di ciò ne restava con tanta mala satisfatione, che non sì potria dir di più. Così dappoi essendo andato per exequir col p'° s°" Duca l'ordine teneva da v. Ecc* et doppo aspettato un gran pezo di esser admesso, fui introdutto nella Camera, dove l’era con molti de suoi principali, et havendogli presentato le credentiali di v. Ece* et fatesili leger, me disse in molta colera et in voce tale che era inteso da tutti li presenti, quali credo fossero dimandati lì a questo effetto, che non accadeva intendesse ulla cosa gli havesse da dir circa questo negotio per esserni già informato, ma che dovesse retornarmene, et far intender a v. Ecc* che molto si doleva dil torto gli faceva in volergli levar quella puoca sostantia et patrimonio gli restava, et questo non solo contra ogni raggione et dispositione expressa de li capitoli de la tregua et pace, ma de leistesse et proprie parolle per lei dette al Val- perga, et suo Collaterale, quali essendosi doluti diverse volte da lei de questa richiesta si faceva dil transito dil sale, et ditoli che esso era per farne querella apresso soa Mt, y. Ece* gli rispose che non accadeva farne altra opera, per che la reputava non esser bisogno, ma che quando UNA QUESTIONE TRA CARLO II, DUCA DI SAVOIA, ECC. 185 pur occoresse et cognosesse si havesse da far in ciò ulla provisione gli ne advertiria anticipatamente. Et che ora senza alcuna cognitione ne consideratione la debba haver fatto expedir la patente per il detto tran- sito et volerlo levar dal suo antiquissimo possesso, gli pare tanto strano, che la non è per tollerarlo, et che havendo già di ciò havuto noticia, a datto ordine per publici editti, che alcuno non ardisca far detto tran- sito sotto pena de la vita, et comandato a’ suoi feudatarij et subditi sotto grave pene che gli lo habbino da prohibir et che se v. Ecc® si è mossa, come lo dice, a conceder a Francesi il transito predetto per le- vargli l'occasione de disordine quale certo non sarìa seguito più hora di quello è parso per il passato non obstante diverse volte si sia ten- tato questa medema pratica, magiormente deve pensar hora di revocarlo per non lassar che segua il disordine che indubitatamente sarà per seguir tra li subditi suoi et quelli vorrano faril detto transito et così ne prega v. Ece* se potendo farli questa compiuta ..... et danno, como per ob- viare alli inconvenienti che de qui seguirano, concludendomi in summa che in modo alcuno non è pertolerar che si facia detto transito, come sciò che parimente ne deve scriver per la qui alligata a v. Ecc®. Io anchora che me dicesse non voler intender ulla cosa che gli havesse da dire, non ho però lassato di exponerli accomodatamente quanto è stato ordine et mente di v. Ece* et particolarmente de la exhibitione dil resarcirli il danno ne puotesse patir nel termine limitato. Et sopra tutto sforzatami di levarli di mente che quanto ha fatto v. Ecc®* sij ad altro fine principalmente che il puro servitio di sua m'è per il carico la tiene, et poi del beneficio suo. Et tutto replicatolo etiamdio a quelli suoi agenti con haverli datto copia della patente expedita acciò vedino come ben è giustificata, de quali parimente ..... , ma nulla è valso, chè prometto a v. Ece*® che se in ciò gli andasse la perdita del proprio figliolo et di tutto il resto dil stato che tiene, non credo ne havesse egli et tutti soi potuto dimostrare maggior cordoglio et dispiacere, et farsi magior consulto di quello si è fatto, nel qual intendo essersi de- ‘liberato mandar alla Corte a farvi querella apresso soa M!*. Dil tutto mi è parso dover mio subito dar particolar raguaglio a v. Ecc* come facio. In bona gratia della qual humell. me rac®, pregando N. $. dio gli doni ciò che desidera. L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. 186 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 15 al 29 Novembre 1896. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. * American Chemical Journal. Vol. XVII, n. 8-10; XVIII, n. 1-6. Baltimore, 1895-96; 8° (dall'Università John Hopkins di Baltimora). * American Journal of Mathem. Vol. XVII, n. 4; XVIII, n. 1-2. Baltimore, 1895-96; 4° (Id.). * Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega IV, t. XLII. Buenos Aires, 1896; 8°. Annuario publicado pelo Observatorio do Rio de Janeiro para o anno de 1896. Rio de Janeiro, 1895; 8°. Bestimmang der Polhihe und der Intensitàt der Schwerkraft auf awei und zwanzig Stationen von der Ostsee bei Kolberg bis zur Schneekoppe. Berlin, 1896; 8° (dono dell’I. Istituto Geodetico di Prussia). * Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. Vol. XXX, n. 1. Cambridge, Mass., 1896; 8°, Bulletin of the United States Geological Survey, n. 123-126, 128-129, 131-134. Washington, 1895-96; 8° (dal Department of U.S. Geological . Survey). * Denkschriften der k. Akademie der Wissenschaften. Mathem.-natur- wissenschaftliche Classe. Bd. 62. Wien, 1895; 4°. Europiische (Die) Lingengradmessung in 52 Grad Breite von Greenwich bis Warschau. I Heft. Helmert (F. R.), Hauptdreiecke und Grundlinienan- schlisse von England bis Polen. II Heft. Bòrsch (A.) und Kriger (L.), Geodìàtische Linien, Parallelbogen und Lothabweichungen zwischen Feaghmain und Warschau. Berlin, 1896; 4° (dall'Imp. Istituto Geodetico di Prussia). Jahresbericht des Direktors des k. Geoditischen Instituts fiir die Zeit von April 1895 bis April 1896. Potsdam, 1896; 8°. * John Hopkins Hospital Reports. Vol. V. Baltimore, 1895; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 187 * Journal of the Academy of Natural sciences of Philadelphia. Second series, vol. X, p. 8. Philadelphia, 1896; 4°. * Journal and Proceedings of the R. Society of New South Wales. Vol. XXIX, 1895. Sydney, 1896; 8°. * Memoirs, New York Academy of Sciences. P. 1*, 1896; 4°. * Memoirs of the California Academy of Sciences. Vol. II, n. 5. San Fran- cisco, 1896; 4°. * Memoirs of the National Academy of Sciences. Vol. VII. Washington, 1895; 4°. * Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LVI, n. 10. London, 1896; 8°. * Nieuwe Opgaven. (Deel VII, n. 96-125); 8°. * Observyations météorologiques Suédoises publiées par l’Acad. R. des Sciences de Suède. Vol. 33 (1891). Stockholm, 1895; 4°. * Proceedings of the Boston Society of Natural history. Vol. XXVII, pag. 1-74. Boston, 1896; 8°. * Proceedings of the Academy of Natural Science of Philadelphia. Part I, 1896; 8°. * Proceedings of the California Academy of Sciences. 29 Ser., vol. V, part 2. San Francisco, 1896; 8°. Publications of the Washburn Observatory of the University of Wisconsin. Vol. IX. Madison, Wis., 1896; 4°. * Register for 1895-96. The Johns Hopkins University of Baltimore. 1896; 8°. * Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. Tom. X, fasc. V. Pa- lermo, 1896; 8°. Répertoire bibliographique des sciences mathématiques. 2°, 8° et 4° série, Fiches 101-400 (a schede). Paris, 1895-96 (Dono dell’ed. Gauthier- Villàrs). ** Repertorium zum Neuen Jahrbuch fiir Mineralogie, Geologie und Paleon- tologie fiir die Jahrgînge 1890-94 und die Beilage-Biinde VII-VII. Stuttgart, 1896; 8°. * Report (Thirteenth Annual) of the Bureau of Ethnology to the Secretary of the Smithsonian Institution 1891-°92. Washington, 1896; 4°. Report (Fifteenth Annual), 1893-'94 (Complete); Report (Sixteenth Annual) 1894-95 Parts 2, 3, 4. Washington, 1895; 4 vol. in-4° (dal Department of the United States Geological Survey). * Sitzungsberichte der K. Akademie der Wissenschaften. Mathem.-natur- wissenschaftliche Classe. Jahrgang 1895. CIV Bd., I Abth. 1-10; Il a. Abth. 1-10; II b. Abth. 1-10; INIT Abth. 1-10. Wien, 1895; 8°. * Stazioni sperimentali agrarie italiane. Vol. XXIX, fasc. 10°. Modena, 1896; 8°. * Transactions of the Manchester Geological Society. Vol. XXIV, p. x; 1896. * Transactions of the Wagner Free Institute of Science of Philadelphia. Vol. IV, 1896; 8°. * Verhandelingen der k. Akademie van Wetenschappen. I Sectie, Deel III, n. 5-9; V, n.1, 2; II Sectie, Deel IV, n. 7-9; V, n.1-3. Amsterdam, 1895-96; 8°. * Verslagen van der Zittingen der Wis- en Natuurkundige Afdeeling der k. Akad. van Wetenschappen van 25 Mei 1895 tot 18 April 1896. Amsterdam, 1896; 8°. 188 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Wiskundige Opgaven met de Oplossingen, door de leden van het Wiskundig Genootschap, ter sepreuke voerende: VII Deel. 2 Stuk. Amsterdam, 1896; 8°. Boggio (C.). Gli architetti Carlo ed Amedeo di Castellamonte e lo sviluppo edilizio di Torino nel secolo XVII. Torino, 1896; 8° (dall'A.). Giacomini (C.). IV. Die Probleme, welche sich aus dem Studium der Entwickelungsanomalien des menschlichen Embryos ergeben. Wies- baden, 1896; 8° (74). Gallizia (P.). Il teorema del minimo lavoro applicato alla resistenza delle piastre di corazzatura e delle armi da fuoco. Roma, 1896; 8° (Id.). Guareschi (I.). Finfiihrung in das Studium der Alkaloide mit besonderer Beriicksichtigung der vegetabilischen Alkaloide und der Ptomaine. I Hiilfte. Berlin, 1896; 4° (1Q.). Helmholtz (H. von). Handbuch der physiologischen Optik. Lfg. 13-17. Hamburg und Leipzig, 1896 (dall'editore). Righi (A.). Sulla propagazione dell'elettricità nei gas attraversati dai raggi di Réntgen. Bologna, 1896; 4° (dall'A.). Schiaparelli (G. V.). Osservazioni astronomiche e fisiche sull'asse di rota- zione e sulla topografia del pianeta Marte..... Roma, 1896; 4° (/@.). Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Dal 22 Novembre al 6 Dicembre 1896. * American Journal of Philology. Vol. XVI, n. 2-4. Baltimore, 1895; 8° (dal- l’Università John Hopkins di Baltimora). * Archiv fiir òsterreichische Geschichte. Herausg. von der zur Pflege vater- lindischer Geschichte aufgestellten Commission der k. Akad. der Wis- senschaften, v. 82; 83, 1 Hilfte. Wien, 1895-96; 8°. Atti dell’Accademia ligustica di Belle Arti. MDCCCXCIV-MDCCCXCOVI. Genova, 1896; 8° (dal sig. V. Poggi Socio Corrispondente). Atti della conferenza bibliografica italiana. Firenze, settembre 1896. Milano, 1896; 8° (dall’Associazione tipografica di Milano). * Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Sc. mor., stor. e filol., ser. V, vol. IV. Notizie degli Scavi: ottobre 1896; 4°. * Boletin de la R. Acad. de la historia. T. XXIX, cuad. V. Madrid, 1896; 8°. École pratique des hautes études. Annuaire 1897. Paris, 1896; 8° (dal Socio Straniero Maspero). si PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 189 * Foutes rerum aostriacarum, (Esterreichische Geschichts-Quellen. Herausg. von der Commission der k. Akad. der Wissenschaften in Wien. XLVII Bd., zweite Hilfte. Wien, 1896; 8°. * Jaarboek van de k. Akad. van Wetenschappen gevestigd te Amsterdam over het jaar 1895. Amsterdam, 1896; 8°. * Johns Hopkins University Studies in Historical and Political Science. Fourteenth Series, I-XII. Baltimore, 1896; 8°. Onoranze centenarie a Galileo Galilei. Dicembre 1892. Padova, 1896; 4° (dalla R. Università). * Sitzungsberichte der k. Akademie der Wissenschaften. Philosophisch- Historische Classe. CXXXII, CXXXIII Bd., Jahr. 1895. Wien, 1895; 8°. Transactions of the American Philological Association, 1895. Vol. XXVI. Boston, Mass.; 8°. * Transactions ofthe American Philosophical Society held at Philadelphia. Vol. XVIII, N. S., Part III, 1896; 4°. Uebersicht der Akademische Behòrden Professoren Privatdocenten, Lehrer, Beamten etc. an der k. k. Leopold-Franzens-Universitàt zu Innsbruck fùr das Studienjahr 1896/97; 8°. * Verhandelingen der k. Akademie van wetenschappen. Afdeeling Letter- kunde. I Beel, n. 5, 6. Amsterdam, 1896; 8°. Basile (M.). Saggi di letteratura e politica. Messina, 1893; 8° (4a//'A.). Camus (J.).. Notices et extraits des manuscrits frangais de Modène an- térieurs au XV°® siècle. Modène, 1891; 8° (I4.). — Les noms des plantes du Livre d’heures d'Anne de Bretagne. Paris, 1894; 8° (Id.). — Historique des premiers herbiers. Gènes, 1895; 8° (Zd.). — Un manuscrit Namurois du XV° siècle. Montpellier, 1895; 8° (Zd.). — Les songes au moyen àge d'après un manuscrit du XV® siècle. Liège, 1895; 8° (Id). . — Notice d'une traduction frangaise du Végèce faite en 1380. Paris, 1896; 8° (Id.). — Un herbier composé en 1838 pour Victor Emmanuel et le Duc de Génes. Géènes, 1896; 8° (I2.). Ellèno Siculo. Se potessi rinascere! Libro di esperienza della vita. Palermo, 1896; 8° (dal prof. Michele Basile). Gerini (G. B.). Gli scrittori pedagogici italiani del secolo decimoquinto. Torino, 1896; 8° (dall’A.). Landucci (L.). Saverio Scolari. Commemorazione. Palermo, 1896; 8° (Id.). — Indissolubilità del matrimonio conferreato. Bologna, 1896; 8° (Id.). Laviosa (G.). La filosofia scientifica del diritto in Inghilterra. Studio sto- rico-critico. Torino, 1897; 16° (Id.). Manginelli (D.). Le origini del pensiero nazionale nella Casa di Savoia. Conferenza. Napoli, 1896; 8° (Z2.). Marre (A.). De l’introduction de termes chinois dans le vocabulaire des Malais. Leide, 1896; 4° (Id.). 190 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Morando (G.). Il problema del libero arbitrio. Milano, 1895; 8° (dall'4.). Nadaillac (Marq.i* de). Les archives de Dropmore. Paris, 1896; 8° (/d.). — Discours prononcé è l'assemblée générale de la Société de l’histoire de France le 5 mai 1896. Nogent-le-Retrou, 1896; 8° (/d.). Nigra (C.) e Orsi (D.). Il Giudizio Universale in Canavese. Torino, 1896; 8° (dal conte C. Nigra Socio Corrispondente). Pascoli (J.). Cena in Caudiano Nervae. Amstelodami, 1896; 8° (dall’Accad. delle Scienze). Perret (P. M.). Histoire des relations de la France avec Venise du XIII° sitcle à l'avènement de Charles, précédée d'une notice sur l’auteur par M. Paul Meyer. Paris, 1896; 2 vol. 8° (dal Socio Straniero P. Meyer). Poggi (V.). Il Museo civico del palazzo Bianco. Genova, 1896; 8° (dall’4.). Pollini (G.). Notizie storiche, statuti antichi, documenti e antichità romane di Malesco comune della valle Vigezzo nell'Ossola. Torino, 1896; 8° (dall’A.). Ratto (L.). Sociologia e filosofia del diritto. Roma, 1894; 8° (4.). Raulich (I.). Storia di Carlo Emanuele I Duca di Savoia con documenti degli Archivi italiani e stranieri, 1° vol. Milano, 1896; 8° (Zd.). Sala (F.). Psicologia esposta con metodo critico-storico coll'aggiunta di un trattatello sull’evoluzionismo. Como, 1895; 16° (Ja.). — La logica antica e moderna esposta con metodo storico-critico. Parma, 1892; 12° (Zd.). ** Sanuto (M.). I Diarii. T. XLVII, fasc. 203. Venezia, 1896; 4°. Zuccante (G.). La dottrina della coscienza morale nello Spencer. Lonigo, 1895; 8° (dall’A.). — Morale ed empirismo. Prolusione. Torino, 1894; 8° (14.). — L'aspetto biologico della condotta secondo lo Spencer. Roma, 1896; 8° (Za.). — La storia della filosofia e i rapporti suoi colla storia della coltura e della civiltà. Prolusione. Roma, 1896; 8° (Id.). — Saggi filosofici. Torino, 1892; 8° (74.). Torino — Vincenzo Boxa, Tipografo di S. M. e Reali Principi. CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E N°/ Adunanza del 13 Dicembre 1896. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA \ Sono presenti i Socii: Cossa, Vice Presidente dell’Acca- demia, D’Ovipro, Direttore della Classe, SALvapoRrI, Bizzozero, FerRrARIS, Mosso, GracomInI, CAMERANO, SEGRE, PEANO, JADANZA, Foà, GuarescHI, Gurpi, FiLeri e NaccarI Segretario. Viene letto ed approvato l’atto verbale della seduta pre- cedente. Il Presidente dà notizia della morte del Socio corrispon- dente Giuseppe Bonysean, avvenuta fin dal luglio scorso, ma partecipata in questi giorni soltanto all'Accademia. Fra le pubblicazioni inviate in dono, il Segretario segnala due opuscoli del Socio corrispondente Emilio ViLLaRI. Il Socio CAmeRANO, anche a nome del Socio SALVADORI, legge la relazione intorno alla memoria del Dr. Ermanno GreLio-Tos, intitolata: “ La struttura e l'evoluzione dei corpuscoli rossi del sangue nei vertebrati ,, la quale era stata loro affidata per esame. La relazione è favorevole alla lettura, e compiuta questa, la memoria viene accolta nei volumi accademici. La relazione si stamperà negli Atti. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 16 Vengono accolte per gli Atti le note seguenti: 1° “ Su alcuni nuovi composti cuproammonici ,, nota del Socio GUARESCHI. 2° “ Trasformazione dei chetoni in a-dichetoni ,, nota del Socio FrLeti e del Dott. Giacomo Ponzio. 3° “ Sopra un teorema del Cantor ,, nota del Prof. Cesare BuraLi-FortI, presentata dal Socio PeANO. ICILIO GUARESCHI — SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI, ECC. 198 = ce —————— _——_————_ = n LETTURE Sopra alcuni nuovi composti cupro-ammonici ; Nota del Socio Prof. ICILIO GUARESCHI. Nella mia Memoria: Sintesì di composti piridinici dagli eteri chetonici coll’etere cianacetico in presenza dell’ammoniaca e delle amine, ho fatto un breve cenno di alcuni composti cuproammo- nici che si ottengono dai derivati cianidropiridinici col solfato, o coll’acetato di rame ammoniacali. In questa nota descriverò cinque di questi bellissimi composti che io ho ottenuto ed esporrò alcune mie considerazioni riguardo i composti cuproammonici in generale. È importante notare la facilità colla quale i composti cian- idropiridinici da me ultimamente preparati dagli eteri f cheto- nici, dànno composti cuproammonici. Con questo lavoro spero di portare qualche buon contributo sperimentale allo studio dei derivati ammoniacali del rame ; tanto più che sono pochissimi i composti cuproammonici, sino ad ora ben studiati, derivanti da corpi organici azotati. Cianmetilglutaconimide cuprammonica (C'H°N°0°)Cu . 4NH°.2H°0. — Questo bellissimo composto si ottiene quando nella soluzione concentrata del sale ammonico della cianmetil- glutaconimide : È» c di N La Pet H*N.0C (010) bs 194 ICILIO GUARESCHI sì aggiunge una soluzione di solfato di rame ammoniacale, con- tenente un eccesso di ammoniaca; dopo poco tempo si depo- sitano dei bellissimi cristalli prismatici di colore azzurro-violetto, che si ricristallizzano sciogliendoli a caldo nella soluzione acquosa di ammoniaca al 10 p. 100 di NH°. Si può ottenere anche sciogliendo a caldo il sale di rame (C'H°N*0*)*Cu nell'ammoniaca acquosa al 10 p. 100 e lasciando cristallizzare. Questo composto è molto stabile, lasciato molto tempo sul cloruro di calcio e anche molti giorni nel vuoto a 15-20 mm, non perde di peso. Ad esempio, gr. 0.5959 di sostanza asciutta all'aria, lasciati vari giorni nel vuoto a 20 mm. sull’acido sol- forico, non perdettero che 0.0009. Il prodotto ottenuto in varie preparazioni, diede all'analisi i risultati seguenti: I. Gr. 0.4862 di sale secco all'aria, scaldati a 135°-140° perdettero 0.0783 e fornirono 0.0836 di Cu0 ossia Cu=0.0668 (1). II. Gr. 0.3562 scaldati a 135°-138° perdettero 0.0536 e fornirono 0.0614 di Cu0 cioè Cu = 0.0490. III. Gr. 0.3688 di sale asciutto all'aria, scaldati a 1359-1400 perdettero 0.0597 e fornirono, raccogliendo l'’ammoniaca svilup- patasi nell’acido cloridrico, 0.3625 di cloroplatinato di ammonio, cioè 0.02779 di NH°. IV. Gr. 0.4017 di sale secco fra carta e all'aria forni- rono per distillazione con Mg0 0.0591 di ammoniaca. V. Gr. 0.3090 di sale asciutto bene fra carta scaldati a 140°-145° perdettero 0.0491 di acqua ed ammoniaca, e fornirono 0.0532 di Cu0 ossia Cu= 0,04246. VI. Gr. 0.4759 di sostanza, distillati con Mg0 e vapor d'acqua diedero 0.9088 di cloroplatinato di ammonio e platino 0.4000 cioè 0.0696 di ammoniaca. VII. Gr. 0.6742 di sale secco fra carta, scaldati a 140° perdettero 0.1100 di cui 0.05168 di ammoniaca. (1) In queste ricerche ho adottato per il rame il peso atomico Cu= 63.8 ammesso da tutti sino ad ora come il valore più probabile. Però la media generale trovata da Richards in ricerche fatte con gran cura dal 1887 al 1891 sarebbe Cu= 63.60 (“ Zeits. f. anorg. Chem. ,, 1891, T. I, pag. 209). Nel caso mio per pesi molecolari molto elevati questa differenza nel peso ato- mico del rame non porterebbe differenze molto sensibili nei risultati analitici. SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 195 VIN. Gr. 1.4313 di sale secco all'aria, scaldati prima a 100° poi a 145° perdettero 0.2157. IX. Gr. 0.3060 di sale in bei cristalli grossi polverizzati, diedero 0.5914 di cloroplatinato di ammonio, dopo distillazione col Mg0 in corrente di vapore. X. Questo sale se si scalda a lungo a 100° e poi a 120°-125° perde egualmente (2 NH® 4-2 H*0) ed invero: gr. 0.8809 di sale in grossi cristalli, e ridotti in polvere, furono lasciati 24 ore sul cloruro di caleio e non perdettero di peso; dopo 16 ore a 100° perdettero 0.0745 cioè 8,2 “; dopo 9 ore a 120°-125° perdet- tero ancora 6.8" cioè in totale 15.0 che corrisponde appunto alla eliminazione di (2 NH* + 2 H°0). XI. Gr. 0.5163 di sale, scaldati a 125° dopo circa 1 ‘/; ora, fornirono 0.0421 di H°0 e 0.0374 di ammoniaca. Sdi XII. Gr. 0.1577 di sale secco all'aria (lo stesso campione precedente) fornirono 34.5 cm° di azoto a 159,5 e 729 mm. XII. Gr. 0.7121 di sale secco all’aria, dopo 5 a 6 ore a 125° perdettero 0.1116 di H'O e NH?°, Da cui la composizione centesimale seguente: I is co mohTve Tiwibevnsgvinievim 6 mpetl x CUSTOMIZE, TDI gn AR ATENA O PANE = — ertura. 2 ZE (@NH?-+ 2H°0)= 16.1 15.04 1618 — 158 — 16.27 15 SNE = 90 DLAR 104) DIS 4T70 914 ep elaila 0 Liggn . _ pae noce, oe Ntotale= — _ =. «= L= Pa FSE = Per la formula (C'H°N°0*)Cu.4NH?.2H?°0 si calcola: Cudi—03560 IERI (2NH*°+4 2H°0) = 15.04 ASNIETSRNI—MN VICI: CREO 72 Ntotale = 24.07 XI XII 196 ICILIO GUARESCHI La differenza in più che si osserva in alcune determinazioni della perdita totale a 140° non ha gran valore, perchè ho poi riconosciuto che la perdita quasi costante di peso è a 125° circa. Questo sale cristallizza in bei prismi azzurro-violetti che a freddo si sciolgono pochissimo nell'acqua e a caldo si scompon- gono sviluppando ammoniaca e dando un precipitato giallo-bruno insolubile; per ebollizione con acqua sviluppa 2 mol. di ammo- niaca e nel residuo si ha dell’ossido di rame ed il sale ammonico dell’acido. Questo sale cristallizza bene dalla soluzione acquosa di am- moniaca, nella quale è poco solubile a freddo: 1 p. di sale in circa 300 p. di ammoniaca al 10° e a temperatura di 15°. Già verso 100°questi cristalli sviluppano acqua ed ammoniaca, ma molto lentamente; a 125° circa si eliminano 2 NH*+ 2H"0 e rimane un sale di color verde-oliva scuro che non si scioglie nell'acqua fredda, ma diventa più verdastro, e fatto bollire con acqua si decompone sviluppando ammoniaca. Se si scalda questo composto direttamente a 140°-145° perde 2H°O e un poco più di 2NH°, mentre se si ha l'avvertenza di scaldare gradata- mente prima a 100° poi a 125° si elimina quasi esattamente 2NH°+- 2H°0). Dalle analisi precedenti si deduce che la composizione del composto residuo, di color verdastro, deve essere: (C'H°N°0*)?Cu . 2NH? Infatti le analisi I, II e V darebbero pel sale secco a 1250-1400; I II V calcolato (0164) 16.1 16.3 16.01 Inoltre le analisi dirette sul sale secco a 125° e 145° diedero: Gr. 0.3771 di sale stato disseccato a 145° (nell'analisi VII precedente) fornirono 0.0775 di CuO pari a 0.0618 di Cu. Gr. 0.2999 di sale secco a 125°, distillati con magnesia fornirono 0.2890di cloroplatinato di ammonio cioè NH°—0.02215. Da cui: I Il calcolato Cus 16:88 — 16.01 2NH* = = 740 8.3 n e SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 197 La differenza in meno nell’ammoniaca si spiega col fatto che questo sale insolubile nell'acqua difficilmente è intaccato dalla magnesia e bisogna far bollire a lungo per scacciare tutta l’am- moniaca. Il composto (0°H°N°0*)Cu . 4NH®.2H°O che è tanto stabile sul cloruro di calcio, e nel vuoto sull’acido solforico, si altera stando all'aria, specialmente se molto umida, e diventa a poco a poco di color verde, perdendo dell’ammoniaca. Secondo le ricerche di Mendeleeff (1) l'’ammoniaca può te- nere le funzioni dell’acqua di cristallizzazione ; il composto CuS0'.5 NH? già ottenuto da H. Rose, non dà ammoniaca stando sull’acido solforico; all'aria umida invece perde a poco a poco dell’ammoniaca che è sostituita da H*O molecola per molecola e fornisce i due composti CuS0*. 4 NH®. H?0 (già noto) e CuSO*. 2NH®.3H°0. Col mio composto precedentemente descritto ho fatto una sola esperienza lasciando un dato peso del composto per lungo tempo in un ambiente umido, ma i risultati che ho ottenuto non concorderebbero con la regola annunciata da Mendeleeff. Dopo molti mesi in un ambiente saturo di umidità il mio composto diventò completamente verde, perdette 2NH® ed il residuo conteneva (C'H?N°0*)Cu . 2 NH?.H*0 (0 forse 2H?0). Ma ho fatto una esperienza sola e non voglio da questa trarre nessuna conclusione. Forse ripeterò questa esperienza e ne farò altre con com- posti simili. Il Metilcianmetilglutaconimide cuproammonica ((8H*N°0°)Cu + 4NH° + 4H°0. — Nella mia Memoria sovra citata ho fatto osservare che il sale sodico od ammonico della metilcianmetil- glutaconimide, col solfato di rame ammoniacale dànno lenta- mente un sale cuproammonico in bei cristalli. Per la prepa- razione di questo composto si opera esattamente come ho detto più sopra pel derivato della cianmetilglutaconimide. Anche questo sale si ricristallizza bene a caldo dall’ammoniaca acquosa. (1) © Berichte d. deut. Chem. Gesell. ,, 1870, III, pag. 422. 198 ICILIO GUARESCHI Questo composto scaldato a 100°-10)5° in bagno d'olio svi- luppa delle goccioline d'acqua e dell'ammoniaca, e si colora in rosso-scuro 0 rosso-violaceo. Il composto ottenuto in varie preparazioni diede all'analisi i risultati seguenti: I. Gr. 0.4024 di sale secco all'aria, scaldati a 100° per- dono acqua e poca NH® e si colorarono in bruno; dopo 3 ore a 100°-103° perdettero 0.0619 e dopo 6 '/, a 125° prima e a 145° poi, perdettero in totale ancora 0.0226 e continuando a scaldare ancora 4 !/, ore a 180° non perdettero più che 0.0091; per cal- cinazione si ottennero 0.0601 di Cu0 pari a 0.0479 di Cu. II. Gr. 0.2458 di sale secco all'aria, distillati in corrente di vapore con Mg0 fornirono 0.4121 di cloroplatinato di am- monio cioè 0.03157 di NH°. III. Gr. 0.4046 di sale secco all'aria, furono scaldati con acqua in corrente di vapore (senza aggiunta di magnesia); il sale perde il suo color azzurro, diventa scuro, dà un precipitato brano ed il liquido acquoso residuo è affatto incoloro. Dal di- stillato si ottennero 0.3866 di cloroplatinato di ammonio pari a 0.0296 di NH°. Continuando però a far bollire si sviluppa ancora un poco di ammoniaca, forse per l’azione lenta dell’ossido rameico precipitato sul sale ammonico che si è formata. IV. Gr. 0.4326 di sale secco all’aria scaldati in bagno d'olio per 2 ore a 125°-130° perdettero 0).0908 e raccolta l’am- moniaca fornì 0.3753 di cloroplatinato di ammonio, pari ad NH°= 0.0287. V. Gr. 0.4784 di sale secco all'aria, stato ricristallizzato dall'’ammoniaca, fornirono a 100°-105° gr. 0.0645 di H*0. VI. Gr. 0.6432 di composto asciutto all'aria posti nel vuoto a 20 mm. sull’acido solforico per circa 2 giorni, cam- biarono di colore, diventarono di color grigio-ferro e perdettero 0.0725 cioè 11.27 %, che corrisponde a circa 3H*0 (si calcola 10.2 %): scaldando a 105°-110° perdettero ancora di peso, ma lentamente 0.0402 e dopo 3-4 ore ancora 125°-130° perdettero 0.0135, cioè nel vuoto e a 125°-130° perdettero in totale 015318. SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 199 Da cui la composizione centesimale seguente: I TRE VIVA VEL Cu = 11.92 — — — — — Perdita nel vuoto e a 125°-130° = 20.90 — — 20.98 — 20.46 NH° totale = — 12.88 — — — — 2NH° = — — 78° 6.65 — —_ HO = —| — — — 1348 — Numeri che abbastanza bene concordano colla formola: (CFH°N°0°)?Cu . 4NH?. 4H°0 per la quale si calcola: Guem—lcl695 (@NH*+ 4H°0) = 20.03 ANI Se —e19 184 SINHS: 7634; ASFIS OMM 60) Questo composto lasciato nel vuoto (20 mm.) sull’acido sol- forico perde quasi tutta l’acqua e solo pochissima ammoniaca. Gia dall'esperienza precedente (VI analisi) risulta che dopo 2 giorni perde circa 3H°O. L'esperienza seguente fu fatta in mi- gliori condizioni: Gr. 0.5244 di composto secco all'aria fu lasciato sull’acido solforico nel vuoto a 20 mm.;dopo tre giorni aveva perduto 0.0673 e dopo ancora 4 giorni 0.0021 solamente; in totale 0.0694. Nel residuo, che era di color grigio-ferro, dosai l’ammoniaca e 0.2592 di sostanza fornirono 0.4578 di cloroplatinato di ammonio cioè 0.0351 di NH°. Da cui: trovato Perdita nel vuoto (4H°0) 113.25. %o Ammoniaca nel residuo Reds 200 ICILIO GUARESCHI Per la eliminazione di 4H*0 dal composto ((C*H?N*0*fCu. 4NH°®.4H*0 si calcola: perdita 13.6 “/ e per 4NH* nel residuo anidro si calcola: 14.8. La quantità minore, ottenuta nella percentuale dell'acqua e dell’ammoniaca dimostra che anche dopo 7 giorni nel vuoto non tutta l’acqua è eliminata e che insieme alle prime tre molecole di acqua si elimina anche un poco di ammoniaca. Il composto (C*H"N°0%fCu.2NH® che disseccato nel vuoto ha colore grigio-ferro, quando si bagna con acqua riprende il colore azzurro sviluppando ammoniaca e poi scaldando si de- compone; invece quello ottenuto scaldando direttamente la metilcianmetilglutaconimide cuprammonica a 125°-130° ha colore caffè scuro e trattato con acqua non si colora in azzurro, e vi rimane insolubile. II. Etilcianmetilglutaconimide cuproammonica (0°H°N*0*)Cu. 4 NH®.— Una soluzione del sale sodico C°H°NaN®0* in ammoniaca fu mescolata con una soluzione ammoniacale di acetato di rame e dopo 24 ore si notò un bel precipitato azzurro che raccolto e lavato con ammoniaca fu ricristallizzato dall'ammoniaca al 10 %, bollente; per raffreddamento l’ottenni in bei cristalli az- zurri, riuniti, somiglianti a quelli del solfato di rame. Adoperando invece del sale sodico, il sale ammonico, che è poco solubile a freddo, si ottiene una miscela di sale ammonico inalterato col composto cuproammonico. Questo composto è in bei cristalli, azzurri; è insolubile all'acqua fredda, coll’acqua calda si decompone sviluppando am- moniaca, dando dell’ossido di rame e dal filtrato per evapora- zione si ottiene il sale ammonico (0°H*NH*)N?0%, Sealdato anche a 150° non sviluppa vapore d’acqua. All’analisi diede i risultati seguenti: I. Gr. 0.2257 di sale secco all'aria, scaldati a 100° per 2 ore perdettero 0.0017, dopo 6 ore a 120°-125° solamente 0.0032 e dopo 2 * ore a 150° in totale 0.0072 cioè 3.15 %; dopo SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 201 10 ore a 180° perdette ancora 0.0171 cioè in totale 0.0243; poi non perdette più di peso. Il residuo calcinato fornì 0.0362 di Cu0 pari a 0.02889 di Cu. II. Gr. 0.3845 di sale secco all’aria, distillati con idrato di magnesio e vapor d'acqua fornirono 0.6940 di cloroplatinato di ammonio, pari a 0.0533 di NH?. III. Gr. 0.4977 di composto asciutto all’aria, scaldati a 100° perdettero solamente 0,0014; dopo quasi 3 ore a 125° so- lamente 0.0009 e dopo 2 ore a 150° ancora solamente 0.0017; dopo 6-7 ore a 178°-180° perdettero ancora 0.0383 ma il re- siduo è alquanto colorato in roseo negli orli e temo si sia in parte alterato. Dopo calcinazione del residuo ottenni 0.0810 di Cu0 pari a 0.0646 di Cu. IV. Gr. 0.2840 del composto secco all’aria furono tenuti vari giorni col cloruro di calcio e non perdettero di peso, così pure nel vuoto a 20 mm.; distillato con idrato di magnesio fornì 0.5460 di cloroplatinato di ammonio, cioè 0.0414 di NH?. Da cui la composizione. centesimale seguente: I II II IV Cui, (12:50) N07 2:97 NH = — 13.83 — 14.55 Numeri che concordano bene colla formola: (C°H°N°0*)*Cu . 4 NH? per la quale si calcola: Case 413105 NH? = 14.05 Ho ripetuto varie volte la preparazione di questo composto e ricristallizzato dall’ammoniaca l’ottenni sempre anidro. Questo composto cuproammonico, è, come si è visto, molto stabile al- l’aria, sul cloruro di calcio, nel vuoto e sull’acido solforico; è stabile molto anche riguardo l’azione del calore. Scaldato a 150° non si altera, o pochissimo, scaldato a lungo a 180° perde 8.4 (analisi III) e sino 10.7 ° (analisi 1) del proprio peso, il che corrisponde a circa 3 NH* ma non perde tutta l’ammoniaca senza scomporsi. ro (=) to ICILIO GUARESCHI DV Propilcianmetilglutaconimide cuproammonica. — Se si scioglie a caldo della propilcianmetilglutaconimide, od il suo sale ammonico, in un eccesso di ammoniaca, poi s'aggiunge del- l'acetato di rame ammoniacale si ottiene per raffreddamento dei cristalli che raccolti e lavati sono quasi incolori, appena rosei, non contengono rame, o solo delle traccie, e si dimostrano co- stituiti dal sale ammonico impiegato. Le acque azzurre non dànno composto cuproammonico. Se invece si scioglie in poca acqua il sale sodico della propilcianmetilglutaconimide e poi s'aggiunge dell’acetato di rame ammoniacale e poca ammoniaca e si lascia a sè, si depo- sitano dei cristali azzurri, che non ho analizzato, mescolati con cristalli del sale ammonico inalterato. Non sono ancora riuscito ad ottenere il composto cupro- ammonico. \É Benzilcianmetilglutaconimide cuproammonica (C4H!N°0*)Cu .4NH?.2H°0. — Per l’azione dell’ammoniaca sull’etere benzilacetacetico si forma l’amide fchetonica CH°. CO .CH.CO .NH? | CH°. C°H° ossia la denzilacetacetamide in bei cristalli fusibili a 149°-150° e da questa coll’ammoniaca ed etere cianacetico si forma la denzil- cianmetilglutaconimide: SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 203 Questi composti descriverò in una prossima Nota insieme ad altri composti simili. Dalla benzilcianmetilglutaconimide pre- parai il derivato cuproammonico nel modo seguente. Sciolto il sale ammonico C“H"(NH')N*0* della benzilcianmetilglutaconi- mide nella minore quantità possibile di ammoniaca al 10 °/ ag- giungo una soluzione ammoniacale di acetato di rame. Dopo pochi istanti si deposita una massa di piccoli aghi azzurri che lavati con acqua ammoniacale, li faccio cristallizzare dall’am- moniaca al 10 °/ bollente. Questo composto scaldato in bagno d'olio a 100°-105° sviluppa ammoniaca e dell’acqua che si con- densa in goccioline. All’analisi diede i risultati seguenti: I. Gr. 0.1220 di composto secco all'aria, fornirono 0.0132 di NH. II. Gr. 0.2584 di composto secco all'aria, scaldati a 100°-110° perdettero 0.0289 ed il residuo calcinato fornì 0.0324 di Cu0 pari a 0.0258 di Cu. II. Gr. 0.7850 di sale secco all’aria, lasciati sul cloruro di calcio non perdono di peso; ().4482 del sale così disseccato, scaldati a 100°, dopo 4-5 ore perdettero 0.0497 cioè 11.08 °/, e a 160° perdettero ancora appena 0.0038; per calcinazione for- nirono 0.0554 di Cu0 pari a 0.0442 di Cu. IV. Gr. 0.3307 di sale secco sul cloruro di calcio, for- nirono per distillazione con Mg0, 0.4554 di cloroplatinato di ammonio, pari a 0,0349 di NH°. V. Gr. 0.4151 di composto secco sul cloruro di calcio fornirono 0.0511 di Cu0O, pari a 0.04078 di Cu. Da cui la composizione centesimale seguente : I II II IV V Cu = —- 9.98 9.86 — 9.82 NH? totale = 10.77. — CERO) _ Perdita a 105°-110° = — 11.06 11.08 — — Numeri che conducono alla formola : (C4H'N°0*)Cu . 4 NH?. 2H°0 204 ICILIO GUARESCHI per la quale si calcola: e 9.81 4NH? =. 10:53 2NH3.2H°0 = 10.84 Questo composto cuproammonico cristallizza in aghi di un bel colore azzurro tendente al violaceo. È quasi insolubile nel- l'acqua fredda e poco anche nell'ammoniaca a freddo, però si scioglie bene nell’ammoniaca a caldo dando un liquido azzurro. A 15° se ne scioglie 1 p. in circa 225 p. di ammoniaca al 10°. Scaldato con acqua si decompone sviluppando ammoniaca e dando un residuo nero insolubile. A 100°-105° comincia a scom- porsi sviluppando acqua ed ammoniaca. Il residuo del riscalda- mento a 105°-110° ha la composizione (C‘*H"N*0%*Cu.2NH?; anche nel vuoto sull’acido solforico e a temperatura ordinaria il composto (C*H'N?0*)Cu.4NH®.2H°0 perde, benchè lenta- mente, tutta l’acqua e metà dell’'ammoniaca ed assume colore fior di pesco che poi si fa più intenso e diventa rosso-violaceo. Cioè si comporta come quando lo si scalda a 105°-110°. Ed invero: I. Gr. 0.5700 di composto secco all'aria fu messo nel vuoto a 20 mm., sull’acido solforico, e a poco a poco cambiò di colore; dopo alcuni giorni era di color rosso-violaceo. Dopo 12 giorni perdette 0.0618 cioè 10.84 °/, ma la maggior parte della perdita di peso ebbe luogo nei primi sette giorni. II. Gr. 0.4481 del sale così disseccato, distillati con idrato di magnesio fornirono 0.3517 di cloroplatinato di ammonio cioè pari a 0).02696 di ammoniaca. Da cui: calcolato per I II NI (2NH®+- 2H?0) Perdita nel vuoto = 10.84 — = 10.84 calcolato per (C'*H'!N?0*)?Cu .2NH? NH? nel residuo = — 6.01 — 5.91 Cu (analisi II precedente) = — — 11.10 11.03 SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 205 WIE Cianfenilglutaconimide cuproammonica. — Quando si scioglie a caldo la cianfenilglutaconimide pura, od il suo sale ammonico, nella minore quantità possibile di ammoniaca al 10 °/ poi si aggiunge un lieve eccesso di soluzione ammoniacale di acetato di rame, ottiensi quasi subito un bel precipitato ceri- stallino di color azzurro d'oltremare costituito da (C'*H°N°0*). Cu. 4NH°, che lavai bene con acqua ammoniacale. Questo sale cu- proammonico è pochissimo solubile nell’acqua e nell’ammoniaca. Ad esempio, da 0.5 gr. di cianfenilglutaconimide ottenni 0.62 di composto cuproammonico, cioè quasi la quantità teorica: Questo composto è anidro ed è, come si vedrà, molto sta- bile. Perde l'’ammoniaca solamente a temperatura molto elevata. I. Gr. 0.2315 di sostanza, lasciati all’aria e poi scaldati a 100° per 2 ore e per 3 ore a 130° e 150° non perdettero di peso e appena diedero lievi segni di alterazione; per calcina- zione fornirono 0.0338 di CuO pari a 0.02667 di Cu. II. Gr. 0.2561 di sale secco all’aria, distillati in corrente di vapore con Mg0 fornirono 0.3737 di cloroplatinato di am- monio, cioè 0.02864 di NH?. III. Gr. 0.2696 di sale secco all’aria, dopo 24 ore sul clo- ruro di calcio non perdettero di peso e nemmeno dopo 2 ore a 100°-105° e 2 !/, ore a 145°-150°; solo a 175°-180° cominciarono a perdere di peso e dopo circa 6 ore perdettero 0.0173; per calcinazione lasciarono 0.0385 di CuO pari a Cu=0.03073. IV. Gr. 0.1953 di composto secco all’aria, distillati con Mg0 e vapor d’acqua, fornirono 0.3134 di cloroplatinato di am- monio, pari a 0.0240 di NH®. V. Gr. 0.3083 di composto secco all’aria, dopo 3 ore a 100°-105° perdettero 0.0011, dopo 1 ora a 125°-127° solamente 0.0005 e dopo 2 ore a 150°-160° appena 0.0003 ancora. Dopo 6 ore a 185° perdettero ancora 0.0313; cioè in totale 0.0332. Il residuo scaldato 5 ore a 210° perdette ancora 0.0165, ma con segni evidenti di scomposizione. Calcinato questo residuo, ottenni 0.0435 di CuO, pari a 0.0347 di Cu. 206 ICILIO GUARESCHI VI. Gr. 0,1805 di sostanza, per ebollizione con Mg0 for- nirono 0.2755 di cloroplatinato di ammonio, pari a 0.0212di N°. Da cui la composizione centesimale seguente : I JI III IV V VI Co.= 11.52. —. 11,99, — CL LLSÙ = 2NH° totale = — 112 — 12.28 — 11.75 NH°.a 1759-1800. — —_ 6A) — — _ Perdita totale a 185° = — _ _ —in 10.70 che corrisponderebbe alla formola: - (C'*H°N*0%)"Cu . 4NH°? per la quale si calcola: Coe =on1l44 SINHELZ=LNIB25 AIN N AT BINDI i=n ‘92 La deficienza di ammoniaca nell’ analisi (II) dipende dal fatto che bisogna far bollire a lungo coll’ossido di magnesio per scacciare tutta l’ammoniaca essendo il composto insolubile nel- l’acqua. Questo composto come si vede è molto stabile, a 175°-180° perde circa 2 NH° e dà un residuo (C*H°N*0*)°Cu.2NH* solo dopo molte ore di riscaldamento sopra 180° perde poco più di 3NH'’; continuando a scaldare a 180° pare che si alteri, come si altera in modo manifesto a 210°. Riassumendo, i cinque nuovi composti cuproammonici da me ottenuti e descritti hanno la composizione seguente: 1) (C°HEN°0%)°Cu . 4NH°.2H°0. 2) (C*HN?0%fCu . 4NH®, 4H°0, 3) (CCHON°OfCu . 4NH". 4) (OSHSN®O)Cu. 4 NH, 2H?0, 5) (C'HTN?0*fCu . 4NH?. SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 207 Contengono tutti 4NH® e sono quasi insolubili nell’acqua; dlue sono anidri e tre contengono acqua di cristallizzazione; re- lativamente all’azione del calore e dell’aria i primi sono molto più stabili dei secondi; mentre i primi non perdono ammoniaca che verso 180°, i secondi già a 100° perdono acqua ed ammo- niaca. Anzi i composti 1), 2), 4) perdono tutta l’acqua e metà dell'’ammoniaca a 125°. Il composto 1) però è il più stabile dei tre che contengono acqua perchè non perde acqua nè ammo- niaca stando sul eloruro di calcio o nel vuoto sull’acido solfo- rico, mentre invece i due composti 2) e 4) perdono l’acqua e metà dell'ammoniaca stando nel vuoto sull’acido solforico. È dunque notevole l'influenza della presenza dell’acqua sulla eliminazione dell’ammoniaca. I miei due composti anidri sono stabilissimi. Che l’acqua abbia grande influenza sulla stabilità di composti cuproammonici era già noto per altre osservazioni; il cloruro anidro Cu01*.6 NH" che si ottiene per l’azione del- l'ammoniaca gasosa sul cloruro di rame anidro scaldato a 150° dà Cu0.4NH°, mentre il cloruro CuCl®. 4NH?®. H°0O di Kane a questa temperatura è già decomposto. Il solfato CuSO'.5 NH? di H. Rose non perde ammoniaca stando sull’acido solforico. Non sarà privo di interesse l’osservare che i miei due com- posti anidri si formano per via umida, e che anche per ricri- stallizzazione dall’ammoniaca al 10 ‘/, si hanno sempre anidri. Si conoscono pochi altri casi in cui per via umida si.forma un composto cuproammonico anidro; ricordo, ad esempio il ditio- nato CuS°0°.4NH° di Heeren. Anche il bromato Cu(Br0*)f. 4 NH° di Rammelsberg, il fosfato Cu'PO4*.4NH? di U. Schiff, ed il carbonato CuC0*.2NH® sono anidri, ma furono preparati pre- cipitandoli con alcol. Ora vedrò se dei composti cuproammonici si potranno ot- tenere da sostanze simili alle mie quali ad esempio l’acido ci- trazinico. Composti cuproammonici di sostanze azotate acide, o funzionanti da acido, sono piuttosto pochi. Dall’asparagina, ad esempio, e dall’acido asparatico non sono ancora riuscito ad ot- tenere composti cuproammonici. Sulla facilità di formare com- posti cuproammoniacali si deve far sentire l'influenza del gruppo cianico che trovasi nei miei composti; ed invero quasi tutti i cianuri dànno composti coll'ammoniaca. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 17 208 ICILIO GUARESCHI Nel maggior numero dei casi si osserva che i composti cuproammonici meglio conosciuti contengono un numero pari di molecole di ammoniaca e il composto primo che si forma contiene 4NH!. Farebbero eccezione i due composti CuS0'.NH® e CuS0'.5NH?, ma il primo è ottenuto per l’azione del calore a 205° sul sale CuS0'.2NH*, ed il secondo si forma per l’azione dell’ammoniaca gasosa sul solfato di rame anidro. Viene qualche dubbio sul- l'esistenza di questi composti quando si pensa che sino a pochi anni fa si ammettevano ancora i due bromuri cuproammonici di Rammelsberg (1) CuBr®.3NH' e CuBr®.5NH?, mentre il Ri- chards (2) ha poi dimostrato che il bromuro di rame ammonia- cale CuBr*.5 NH® contiene invece CuBr®.6NH® e a 165° for- nisce il composto CuBr®.2NH® che non si scompone se non sopra 200°. Anche l’acetobromuro di rame ammoniacale e gli acetati di rame ammoniacali recentemente studiati da Richards (3) e da Foerster (4) contengono un numero pari di molecole di ammo- niaca; così dicasi dei perjoduri di Joergensen (5) 4 NH®, Cul®.I* e 4NH?. Cul®. I° e del molibdato cuproammonico di Joergensen (6) CuMo0'*.4NH? che è anidro e lasciato a sè all'aria perde am- moniaca e si trasforma in CuMo0*.2 NH. Th. W. Richards e H. G. Shaw (7) e Richards con A. H. Whitrigde (8) hanno ottenuto una serie di sali cuproammonici doppi (acetobromuro, formicloruro, ecc.): due di questi sali con- tengono un numero dispari di ammoniaca e sono i due che con- tengono acqua di cristallizzazione. Si noti però che gli Autori stessi mettono in dubbio il rapporto da essi trovato 3:1 tra l'ammoniaca ed il rame. (1) “ Pogg. Ann. ,, 55, pag. 246 e in Gweuis-Kravr, ° Hand. anorg. Chem. ,, III, pag. 665. (2) “ Berichte ,, T. 23, pag. 3790. (3) “ Berichte ,, T. 25, pag. 1493. (4) “ Id. ,, T. 25, pag. 3416. (5) “ Zeits. f. Chem. ,, 1871, VIII, pag. 403, e “ Bull. Soc. Chim. ,, (2), XVI, p. 78 dal “ Journ. f. prakt. Chem. ,, 1870. (6) # Chem. Zeit. ,, 1896, p. 225 dal “ Tidsskrift Physik og Chemin ,, 1596, I, p. 1887. (7) “ Amer. Chem. Journ. ,, 1893, T. XV, pag. 642. (8) Ivi, 1895, T. XVII, pag. 145. SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI CUPROAMMONICI 209 Anche i solfati basici di rame ammoniacali ottenuti da Pickering (1) contengono un numero pari di molecole di am- moniaca. Per tutti questi composti, come per tre di quelli da me de- scritti, si osserva che una parte dell’ammoniaca, la metà se contengono 4NH® e un terzo o due terzi se contengono 6NH°, si elimina ad una temperatura relativamente bassa e l’altra metà, due terzi o un terzo solamente, a temperatura più elevata. Dai miei due composti anidri con 4 NH? non si elimina ammo- niaca se non verso 180°, e parzialmente. Ma qui è da avvertire che sulla composizione di alcuni com- posti cuproammonici più generalmente conosciuti e sulla tempe- ratura cui essi perdono l’acqua e l’ammoniaca si hanno dati in parte erronei come pare dimostrato da esperienze fatte nel mio laboratorio. Molti composti cuproammonici descritti come aventi una composizione assai complessa debbono forse essere di nuovo esaminati. Tali sarebbero, a mio avviso, alcuni fosfati, arseniati, cromati ecc. cuproammonici, come ad esempio i seguenti: 20NH8:2Cu0 . 3 P°0*. 21. H°0 8 NH*.8Cu0 . 3 P°O°. 8H°0 6NH*.6Cu0 .2As°0?. 4H°0 10NH?. 3 Cu0 . 2Cr0*. 2H°0, ecc. Questa osservazione potrebbe valere anche per altri com- posti metallammonici quali ad esempio i due seguenti ammo- niocianuri (2): 2 Hg(ON)?. 4 Ni(CN)°?. 5 NH?. 2 H°0 5 Hg(CN)?. 18Ni(CN)?. 8NH?. 15 H°0 I derivati cuprammonici meglio conosciuti sono quelli che per 1 atomo di Cu contengono 2 NH?°, 4NH? e 6 NH?, (1) © Journ. of Chem. Soc. ,, T. 43, pag. 336. (2) “ Chem. Zeit. ,, 1876, pag. 633. 210 ICILIO GUARESCHI — SOPRA ALCUNI NUOVI COMPOSTI, ECC. Si sono fatte molte ipotesi sulla costituzione dei composti cuproammonici, comuni si può dire colle ipotesi emesse pei com- posti ammonio-metallici in generale. Le due più importanti ipo- tesi sono: l'ipotesi di Graham sviluppata e modificata da Hof- mann, U. Schiff e Weltzien, e l'ipotesi di Blomstrand e di Oleve che fu adottata da quasi tutti i chimici ed è sostenuta ancora specialmente da Joergensen. Che i composti metallamonici pos- sano contenere il residuo elettronegativo in parte attaccato al metallo ed in parte all’azoto fu ammesso prima da Kolbe e da Grimm. Recentemente Werner (1), studiando i composti cobalto e platino-ammonici, e ritenendo non conformi ai fatti le prece- denti ipotesi, ne ha emessa un’altra che ha suo fondamento sulla stereochimica e sul cosidetto numero di coordinazione. L'influenza della sostituzione delle molecole di ammoniaca con un egual numero di molecole di acqua in un medesimo composto metallammonico, sulla conducibilità elettrica ed altre proprietà, fu studiata da Bredig, Jorgensen e da Werner. Tutti i composti meglio conosciuti cuproammonici conten- gono, come ho già detto, 2, 4, 6 molecole di NH® e la teoria di Graham forse può servir bene ancora a spiegare la maggior parte, o tutte, le proprietà di questi composti; ma si spiegano anche ammettendo che tutte le molecole di ammoniaca siano attaccate al rame, vale a dire, ammettendo che in tutti questi miei composti ed altri simili vi sia il nucleo fondamentale Cu(NH?)' ossia: . NH? NH? HÎN NH? Cu x3 lo) | ‘SGu K | NH \xH | | HNZ \NH? | essendo X = (C'H°N°0° ece. Quando si scalda direttamente uno di questi composti perde 2NH? e rimane un residuo bruno che contiene Cu(NH*). X°. Per l’azione dell’acqua bollente si elimina 2 NH° e si precipita (1) * Zeits. f. anorg. Chem. ,, III, pag. 267; VIII, pag. 163 e nella “ Stereochimica , di Hanrzscn, un'aggiunta: Zsomérie stéréochimique des com- posés inorganiques. MICHELE FILETI — GIACOMO PONZIO — TRASFORMAZIONE, ECC. 211 Cu0, mentre rimane in soluzione il sale di ammonio X . NH'; ad esempio: (C°H?N°0?)Cu . 4 NH?-+H°0=20°H°(NH')N°0®+2NH"+Cu0 I derivati cuproammonici con 6NH®, sono pochissimi. I composti cuproammonici sono, relativamente ad altre serie di corpi metallammonici, meno stabili, ed anche meno studiati, e per ora non intendo entrare in discussione quale delle ipotesi sulla costituzione chimica di questi composti sia da preferirsi. Joergensen (1) in una recente memoria: Zur Konstitution der Kobalt-Chrom-und Rhodiumbasen, combatte, e non senza buoni argomenti, le idee di Werner. Trasformazione dei chetoni in a-dichetoni. II. Caproni Grassi R.CH,.CO.CH,.R' Nota del Socio MICHELE FILETI e Dottor GIACOMO PONZIO. In una precedente Memoria pubblicata nella “ Gazzetta Chi- mica (2), ci siamo occupati dell’azione dell’acido nitrico sopra i chetoni della formola CH; .CO .CH,.R ed abbiamo dimostrato che essi si trasformano sempre in a-dichetoni e che l'ossidazione si porta sul gruppo metilenico legato al carbonile e mai sul me- tilico. Nella presente Memoria rendiamo conto delle esperienze fatte con chetoni alifatici contenenti due radicali alcoolici identici o diversi tra loro, ma non il gruppo metile legato al carbonile. Infatti, nel caso di chetoni misti era interessante di constatare se il gruppo metilenico che si ossida è quello appartenente al radicale alcoolico più ricco in carbonio od a quello meno ricco. Le condizioni nelle quali l'ossidazione si fece sono quelle (1) “ Zeits. f. anorg. Chem. , XIII, pp. 172-190. (2) Vol. XXV, 1, 233. 312 MICHELE FILETI — GIACOMO PONZIO stesse indicate nella Memoria avanti citata. I chetoni adoperati e gli a-dichetoni ottenuti sono i seguenti: CH;.CH,.C0.CH..CH; CH,.C0.C0.CH..CHy ( ! La (EI So CI ia) (( ) .CH.. CH.. CH, CHs. CH..CO A CO. CI I..CH..CHz CH,CH .CO.CH(CH,), CH,.C0.CO.CH(CH,), { CHs.CO.C0.CH,.CH,. CH, i CH,.CH,.C0.C0.CH,.CH, CH,.CH,.CO.CH,.CH(CH,). CH,.CO.CO.CH,.CH(CH,). _ { Hg . CHe. (BO) .CH». CH; . JHy Il palmitone non reagì con acido nitrico. Nei primi tre casi si poteva prevedere la formazione di un solo a-dichetone, ed un solo ne abbiamo difatti ottenuto. Dall'etil- propilchetone si possono prevedere due a-dichetoni, e si formano ambedue in quantità presso a poco eguali. Finalmente dall'etil- isobutilchetone possono derivare due a-dichetoni, ma ne abbiamo avuto uno solo, oltre ad una piccolissima quantità (1 p. °/, circa) di una diossima che, come sarà detto nella parte sperimentale, non fu potuta caratterizzare. Però da questi due ultimi casi, gli unici in cui sì potevano formare due a-dichetoni isomeri, noi non siamo autorizzati a generalizzare, a stabilire cioè se in tutti i chetoni misti contenenti l’aggruppamento CH,. CO . CH., l’ossi- dazione si porterà sopra amendue i gruppi metilenici o sopra uno solo, tanto più che dall’etilpropilchetone si ebbero due dichetoni e dall’etilisobutilchetone se ne ebbe uno. Ci propo- niamo di risolvere questa questione studiando altri chetoni. In quanto ai dinitroidrocarburi (1) che si producono nella azione dell’acido nitrico sui chetoni grassi, siamo già ora in grado di poter affermare che si forma sempre il dinitrocomposto derivante dal radicale alcoolico al quale appartiene il gruppo me- tilene che si trasforma in carbonile. Così, dall'etilisopropil- e dal- l'etilisobutilchetone, che dànno rispettivamente acetilisobutirile e acetilisovalerile, si forma dinitroetano, mentre che dall’etilpro- (1) Ripetiamo anche qui ciò che abbiamo detto nella Memoria prece- dente, che adoperiamo provvisoriamente questo nome, ma non crediamo probabile che tali corpi contengano due gruppi NO, TRASFORMAZIONE DEI CHETONI IN @-DICHETONI 213 pilchetone, che dà un miscuglio di acetilbutirile e dipropio- nile, si ottengono dinitroetano e dinitropropano. Il dietil- e il dipropilchetone, essendo simmetrici, non possono dare rispetti- vamente che un solo a-dichetone (acetilpropionile o propionil- butirile) e quindi un solo dinitroidrocarburo (dinitroetano o di- nitropropano). Nella precedente Memoria, nella quale avevamo esaminato esclusivamente chetoni della formola CH, . CO .CH;.R, avevamo detto che si forma sempre il dinitroderivato del radicale alcoo- lico più ricco in carbonio (1); tale enunciato vale soltanto pei chetoni che contengono il metile legato al carbonile, poichè la ossidazione si porta sul gruppo CH; il quale, in essi, appartiene al radicale alcoolico più elevato, ma, come abbiamo visto, non è applicabile agli altri chetoni. Quindi si deve considerare come generale soltanto la regola su enunciata, perchè comprende tutti i chetoni grassi, qualunque siano i radicali alcoolici in essi contenuti. Tra i prodotti dell’azione dell’acido nitrico sull’etilisopropil- ed etilisobutilehetone, abbiamo ottenuto, in discreta quantità, nuovi corpi che non siamo riusciti ad isolare operando con gli altri chetoni. Essi hanno la formola CH; . C(N:0,)..CO . CH(CH;), e CH; .C(N:0,). CO . CH, . CH(CH;):, sì possono quindi conside- rare come acildinitroetani, e son solidi, insolubili nell’acqua, di odore canforato e cristallizzano con grande facilità. Furono ot- tenuti pure da uno di noi per l’azione del tetrossido d’azoto sugli isonitrosochetoni in soluzione eterea, come prossimamente sarà riferito a questa Accademia. Tali corpi son specialmente caratterizzati dalla tendenza ad assorbire una molecola di acqua per decomporsi in dinitroidro- carburo ed acido grasso: CHI "CIN:0,) COVE "CRC RO 2: = CH. CH(N,0,) + COOH . CH; . CH(CH;); e la decomposizione avviene così facilmente in certi casi, come (1) Anche Crancer (* Comptes Rendus ,, 1882, 94, 402) era arrivato alla stessa conclusione. 214 MICHELE FILETI — GIACOMO PONZIO nel propionildinitroetano CH,.C(N,0,).C0.CH.. CH; (1), che la sostanza, conservata in boccettina chiusa con tappo smeri- gliato, si liquefà in pochi giorni, decomponendosi per l’azione dell'umidità atmosferica in dinitroetano e acido propionico; se nella boccettina si mette un tubetto contenente anidride fosfo- rica, in modo a mantenere sempre secco l’ambiente, la decom- posizione non ha più luogo. L'isobutiril- e l'isovalerildinitroetano da noi preparati, agi- scono meno facilmente coll’acqua, ma a lungo andare l'umidità atmosferica decompone anch'essi nel modo già indicato. Messi in sospensione nell'acqua, alla temperatura ordinaria restano per qualche tempo inalterati, e quindi si possono lavare, dis- seccandoli però prontamente nel vuoto in presenza di acido sol- forico; a caldo la decomposizione avviene subito. Con maggior facilità agiscono l'alcool acquoso, i carbonati e specialmente gli idrati alcalini e l’ammoniaca, mentre che i bicarbonati e gli acidi diluiti agiscono solo dopo qualche tempo. Verso gli acidi non contenenti acqua le sostanze di cui è parola si mostrano molto resistenti: si possono difatti sciogliere negli acidi solfo- rico e acetico concentrati e riprecipitarli con acqua inalterata. Resistono anche, in soluzione eterea, all’acido cloridrico secco. Onde avere qualche altro indizio sulla costituzione di questi nuovi composti, li abbiamo assoggettati all’azione di aleuni reat- tivi, operando in special modo sull’isovalerildinitroetano, perchè lo avemmo in maggiore quantità. Con zinco e acido acetico glaciale alla temperatura ordi- naria non si altera. Scaldandolo con anilina, nella speranza che questa agisse sul carbonile preesistente nel chetone o sopra un eventuale gruppo —0.NO, come sui nitrosati, non si ebbero prodotti definiti. Con acido cianidrico anidro non reagì. Scaldato con tricloruro o con pentacloruro di fosforo verso 150°, rimase inalterato, ma quest’ultimo lo carbonizzò completamente a 170°. Questi saggi ed altri ancora che non riferiamo perchè, come i precedenti, ci diedero risultati negativi, non forniscono nessuna (1) Questo fu esclusivamente ottenuto per l’azione del tetrossido d'azoto sull’isonitrosodietilchetone. Non lo abbiamo riscontrato fra i prodotti di ossidazione del dietilehetone con acido nitrico, e ciò si spiega avuto riguardo alla facilità colla quale si decompone coll’acqua. TRASFORMAZIONE DEI CHETONI IN Q-DICHETONI 215 idea sulla costituzione delle sostanze in parola. Decomponendosi esse così nettamente per idrolisi in dinitroidrocarburo e acido grasso, tentammo di prepararle sinteticamente dai cloruri dei radicali acidi e dai sali potassici dei dinitroidrocarburi; infatti, se è vero che in questi ultimi il potassio è legato direttamente al carbonio, doveva presumibilmente avvenire la reazione espressa dalla seguente equazione: CH;.C(N.0,)K +C1.COCH; = KCI + CHy. C(N;0,). CO. CH, Noi ottenemmo però, mescolati con dinitroidrocarburi, liquidi che non riuscimmo a purificare, che si decompongono con grande facilità coll’acqua o cogli alcali in dinitroidrocarburo ed acido grasso, e che probabilmente son da considerare come veri eteri, nei quali il legame fra i due radicali è fatto per mezzo dell’os- sigeno; nulla dunque possiamo dire di certo su questo argo- mento, sul quale ci proponiamo di ritornare, ma sembrerebbe da queste esperienze preliminari, che i sali dei dinitroidrocar- buri provenissero da una forma ossidrilica, precisamente come alcuni chimici hanno supposto pei mononitrocomposti. Riassumendo, l’unica cosa che ci pare fuor di dubbio in- torno alla struttura di questi nuovi corpi, è che il gruppo CO sia legato direttamente al carbonio del radicale contenente il com- plesso N:0,. Infatti essi si formano da corpi in cui questo legame già esiste, e cioè dai chetoni per l’azione dell'acido nitrico e dagli isonitrosochetoni per l’azione del tetrossido d’azoto. Se poi i due atomi d'azoto siano legati tra di loro, o direttamente al carbonio, o ad esso per mezzo dell'ossigeno, non possiamo as- severare, poichè tutte le nostre esperienze fatte in proposito, o hanno lasciato la sostanza indecomposta, o l’hanno trasfor- mata in acido grasso ed in dinitroidrocarburo. Il tetrossido d’azoto agisce sulle chetossime in vari modi. Nella pinacolinossima sostituisce il gruppo NOH con quello N.0: (1). Nelle chetossime alifatiche l’isonitrosogruppo è sosti- tuito con N.0} costituendo i pseudonitroli (2) in cui non è an- (1) Scnort, “ Berichte ,, 1895, 28, 1361. (2) Scnorr, “ Berichte ,, 1888, 21, 509. 216 MICHELE FILETI — GIACOMO PONZIO cora ben certo quale dei tre aggruppamenti seguenti si trovi: /NO 2() NNO, ONO — Q_ | | C=N.ONO, C= N‘ | | Finalmente sulla benzofenon- e acetofenonossima (1) il tetrossido d'azoto agisce introducendo, al posto del gruppo NOH, il com- plesso Ns0,, e formando dinitroidrocarburi secondari, nei quali alcuni chimici ammettono uno di questi gruppi: N00; ln CcANO, C=NSONO, Ì Gli isonitrosochetoni alifatici si comportano verso il tetros- sido d'azoto come la benzofenonossima, poichè al posto di NOH viene N;0,, e tra le varie ipotesi che si possono fare, si può anche supporre che la trasformazione dell’isonitrosochetone pro- ceda in uno dei modi seguenti: pai A ZN0 dh «/N0 R_0=N0H li R cdb,. A questo noi facciamo alcune osservazioni. Gli elementi che danno le proprietà della successione crescente dei numeri car- dinali e della loro connessione, sono le relazioni 4 = d, @ < ., a > b e le operazioni somma, prodotto, potenza, che dànno i.nu- meri cardinali a + 8, « X 8, a'. Tutti questi elementi sono anche dal signor (). definiti facendo uso dei soli termini classe corri- (!) “ Atti Acc. Scienze ,. Torino, 1896. (®) Beitrige zur Begriindung der transfiniten Mengenlehre (£ Math. Ann. ,, B 47), $ 2. Traduzione italiana di questa memoria nella “ Rivista di ma- tematica ,, vol. V. 230 CESARE BURALI-FORTI spondenza ('). In conseguenza la prop. A esprime proprietà delle classi e delle corrispondenze, e la sua dimostrazione — se può esser facilitata da un conveniente sistema di prop. sui numeri cardinali — deve sempre potersi dare facendo uso delle sole proposizioni primitive che individuano i concetti non definiti di classe e di corrispondenza (°). Nè la teoria dei tipi d'ordine (*) (') Ecco la traduzione simbolica delle prop. enunciate dal sig. Cantor nei $$ 3, 4. Essendo u una classe scriviamo Ne‘ “ numero cardinale degliu, al posto del segno « (usato dal sig. C.) per non fare confusione col segno di inversione adottato nelle notazioni di logica matematica uvwu,veK 1A.9: l. unv=A.09.N'u-Nv=N(uvor) Def Il segno (u, v) del Cantor corrisponde così al segno uvv quando un = A, e le prop. (2), (3) del $ 3 si riducono a proprietà della somma logica delle classi (uv) =(r,mMelreu.yevd Def (Neu) X (Ne 0) = Ne‘ (4, è) Def unu.vov.I.(uneo(wv,v) (u, v) > (0, ) (u, (1,10) > {(w, v), 10) SER LES (u, vuw) 2 (u, v) v(u, w) Il segno (, v) della nostra prop. 2 corrisponde al segno (w . v) del signor Cantor (1. c. $ 3) e indica tutte le coppie che si possono formare con un w e un v; le nostre prop. 3, 4, 5, 6, 7, corrispondono rispettivamente alle prop. (6), (5), e alle tre ultime del $ 3 che esprimono le leggi, commutativa, associativa e distributiva del prodotto. 8. (Ne s)Na = No (ufo) Def 9. unu .vov.9).ufrou' fr 10. (ufo, uf) uf(vvwì) 11. (uf, vf w) (uf 12. (ufo)fw e uf(1,w0) Il noto segno ufwv corrisponde a ciò che il sig. C. chiama coprimento (Belelung) di v con w e che indica col segno v | u ($ 4). Le nostre prop. 8-10 corrispondono rispettivamente alle prop. (4), (3), (5), (6), (7) del $ 4; queste tre ultime esprimono che se a, 5, c sono numeri cardinali allora ar.a= at, a°.b=(ab), (a) = ar. (®) Si veda la prefazione alla nostra nota “ Le classi finite , 1. c. (3) G. Cantor, l. c., $ 7. SOPRA UN TEOREMA DEL SIG. G. CANTOR 281 crediamo possa introdurre alcun nuovo elemento per dimostrare la A, poichè il tipo d'ordine è funzione astratta della classe or- dinata, e questa, — insieme alla corrispondenza ordinata, che permette di definire l'ente astratto tipo d’ordine, — si può de- finire mediante i soli termini classe e corrispondenza ('). Esaminiamo ora a quali conseguenze conduce la riduzione della prop. A a prop. esprimenti proprietà delle classi e delle corrispondenze. Noi dimostriamo ($ 1), dando ai termini il significato loro attribuito dal signor C., che la prop. A equivale al prodotto logico delle due prop. seguenti: I. “ Se , v sono classi allora; o « è equivalente ad una parte di v, o v è equivalente ad una parte di « ,. II. “ Se «, v sono classi, v è equivalente ad una parte di v, e v è equivalente ad una parte di v, allora « è equiva- lente a v (*) ,. (1) C. Burari-Fonni, Sulle classi ordinate e î numeri transfiniti (* Circolo matematico di Palermo ,, 1894). (3) Con i simboli adottati nella nostra memoria “ Le classi finite ,, le prop. I, II assumono la forma seguente: TL uveR.Diubd,, equivale al prodotto logico delle due prop. seguenti: Lu veKmi/.Q:Uufv e che v‘fo=, e quindi si ha che v bibmikpt $ l'o-cadpr, Lie so ia i veri Da flo tubo Prati dn God cilrsst 1 he regr®=% ba copia Cooiadbozg gibaltsa copia ica in CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 27 Dicembre 1896. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSS& VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: D’Ovipio, Direttore della Classe, BerRrutI, Giacomini, CAMERANO, SEGRE, VOLTERRA, JADANZA, GuarescHI, Gui, Firerr e Naccari Segretario. Viene letto ed approvato l'atto verbale dell'adunanza pre- cedente. Il Socio Camerano, a nome del Socio Spezia, legge la commemorazione del Socio corrispondente Gabriele Augusto DauBRÉE. Sarà inserita negli Atti. Vengono accolte per l'inserzione negli Atti le seguenti note: 1° “ Intorno ad alcuni derivati dell'etere propionilpropio- nico ,, nota del Dr. Luigi SABBATANI, presentata dal Socio GUARESCHI. 2° “ Sulla presenza del nuovo minerale Lawsonite come elemento costituente in alcune roccie italiane ,, nota dell'Ing. Secondo FrancHI, presentata dal Socio CAMmEeRANO. 3° “ Azione del tetrossido d’azoto sugli isonitrosochetoni ,, nota del Dr. Giacomo Ponzio, presentata dal Socio FrLetI. Vengono affidate all’ esame di speciali Commissioni le memorie seguenti: 1° “ Studi sulle rocce italiane impiegate come materiale da costruzione (Arenaria di Casella) ,, memoria dell'Ing. Alessandro DruertI, presentata dal Socio Gui. 2° “ Sulla deformazione della sfera elastica ,, memoria del Dr. Emilio ALmansI, presentata dal Socio VOLTERRA. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 20 246 GIORGIO SPEZIA LETTURE GABRIELE AUGUSTO DAUBRÉE Commemorazione del Socio GIORGIO SPEZIA. GaBrIELE Augusto DAUBRÉE, socio della nostra Accademia sino dal 1881, nacque a Metz il 25 Giugno 1814 e morì a Pa- rigi il 30 Maggio 1896. Il Daubrée fu allievo della Scuola delle miniere di Parigi e nel 1838 nominato ingegnere del distretto del Basso-Reno fu contemporaneamente professore di mineralogia e geologia alla Accademia di Strassburg; quindi nel 1861 passò quale profes- sore di geologia al Museo di scienze naturali di Parigi e suc- cessivamente alla Scuola delle miniere, della quale fu dal 1872 in poi anche direttore. Daubrée, inviato a studiare i giacimenti metalliferi dell'In- ghilterra, della Norvegia e della Svezia, diede prove fin da gio- vane di una grande acutezza di osservazione. Nel suo primo lavoro, pubblicato nel 1841, Mémoire sur les gisements, la constitution et l'origine des amas de minerai d'étain, dopo un confronto fra i minerali paragenetici dei giacimenti è le roccie relative, deduce con assennato ragionamento la sua opinione sul modo di formazione dei minerali di stagno ; in pari tempo dallo scritto appare, come l’autore dovesse essere attratto allo studio sperimentale, per avvalorare vieppiù quelle sue ipo- tesi, che già erano rese molto probabili da una profonda osser- vazione dei fatti e da una sagace induzione. Anzi è da credere che fin da quel primo lavoro mineralogico, il Daubrée ritenesse indispensabile, per il progresso dello studio genetico dei mine- COMMEMORAZIONE DI GABRIELE AUGUSTO DAUBRÉE 247 rali nella crosta terrestre, di allargare e trasformare in grande strada il piccolo sentiero che, nel vasto campo geologico, era stato tracciato da James Hall e percorso poi da Berthier, Mit- scherlich, Ebelmen, Senarmont e tanti altri. Infatti il Daubrée dimostrò che tale era il suo intento colle prime ricerche sperimentali, pubblicate nel 1849, sulla sintesi della cassiterite, della brookite e del rutilo, le quali servirono di conferma alle induzioni di fatti naturali osservati. Volgendo poi la sua erudita attività allo scopo prefisso, egli potè, con una serie numerosissima di esperienze, aprire quella grande via, utilissima per coltivare gli studi geologici, alla quale il Daubrée diede il nome conveniente, perchè più com- prensivo, di geologia sperimentale. Per altro nelle scienze l'istituzione di un nuovo ramo di studio incontra ostacoli; ed il Daubrée ebbe a lottare contro quei geologi, i quali, troppo esclusivisti per la pura osservazione dei fatti, male accoglievano le ricerche sperimentali eseguite per porgere aiuto alle ipotesi numerose e diverse, perchè dipendenti soltanto dal diverso modo d’interpretare i fatti osservati. Ma il Daubrée ha reso evidente che l'esperimento, quando anche lasci la soluzione di un problema geologico fra le ipotesi, ha il vantaggio di stabilire l’ipotesi più probabile; ciò che è sempre un progresso scientifico. D'altronde l'esperimento non diminuisce l’importanza della osservazione dei fatti: anzi il Daubrée dichiarò: “ che la geo- logia sperimentale deve essere coltivata da colui stesso, il quale ha osservato sul terreno e che ha studiato tutte le circostanze del problema a risolversi, che si è, per così dire, inspirato sulle cause possibili del fenomeno ,. Che tale concetto sia sempre stato seguito dal Daubrée nella sua vita scientifica lo dimostrano le tre opere classiche : Etudes synthétiques de géologie expérimentale, Les eaux souterraines aux époques anciennes, Les eaux souterraines à l’époque actuelle; nelle quali sono raccolte quasi tutte le osservazioni geologiche e le ricerche ed esperienze da lui fatte, e nelle quali il Daubrée trattò una serie assai variata di questioni geologiche, seguendo quei metodi che egli presumeva potessero meglio spiegare i fatti naturali. La sintesi, p. es., dei minerali di stagno per mezzo di rea- OUT SC] VEE TOO 248 GIORGIO SPEZIA — COMMEMORAZIONE DI G. A. DAUBREE zioni di cloruri volatili e per analogia dei fluoruri, gli fu sug- gerita dai minerali fluoriferi paragenetici della cassiterite. Le ricerche, sull'azione genetica e metamorfosante delle acque mineralizzate, ebbero correlazione colle interessanti osser- vazioni fatte sui minerali formatisi nelle condotte, dell’epoca romana, delle acque minerali di Plombières e di Bourbonne-les- Bains. Anche tutte le altre esperienze, che si riferiscono sia al vulcanismo, come quella che dimostra l’inifiltrazione per capil- larità dell'acqua nelle roccie, sia alla geologia dinamica, come la deformazione delle roccie e dei fossili, le litoclasi, l’azione erodente delle acque ecc., furono pure inspirate da attenta con- siderazione dei fenomeni naturali. Alla mente poi così perspicace del Daubrée non poteva sfuggire l’importanza dello studio dei detriti extratellurici, per conoscere la materia minerale dell’interno della terra. Ed i la- vori, sia analitici, che sperimentali, sulla natura chimica, sulla struttura e sulle forme esterne delle meteoriti, eseguiti dal Daubrée, diminuirono di molto le lacune esistenti nella cono- scenza dei fenomeni inerenti a tali detriti siderali; il cui studio, per opera dell’illustre scienziato, entrò come necessario aiuto per completare le cognizioni sulla composizione minerale non soltanto della terra, ma anche degli altri corpi celesti. Pei numerosi e diversi argomenti geologici magistralmente trattati dal Daubrée, tutte le discipline geologiche ne piangono la gravissima perdita; ed il dolore sarà comune eziandio alle scienze chimiche e fisiche, il valore delle quali, per la soluzione dei problemi geologici, emerse in alto grado collo sviluppo dato dal Daubrée alla geologia sperimentale. LUIGI SABBATANI — DI ALCUNI DERIVATI, ECC. 249 Di alcuni derivati dell'etere propionilpropionico ; Nota del Dottor LUIGI SABBATANI Libero docente di Farmacologia. L’azoto è certo per la biologia di importanza grandissima sotto tutte le forme di combinazione in cui può entrare. Per la fisiologia e la farmacologia poi l'azoto amidico ha una im- portanza specialissima: è perciò mia intenzione studiare dal punto di vista farmacologico una serie numerosa di composti, che si originano per azione dell’ammoniaca sugli eteri chetonici. Cogli eteri Bchetonici, ad esempio, si possono avere i cinque tipi seguenti di derivati amidici: DACRECCAC00R | | amino-etere NH? R II) R.CO.CH.CONH? | amide chetonica R I) ARA G__CECORNIE | | amino-amide NH°R IV) R.C0.C—C0 | NH imide chetonica CH?. CO V) R.C=C— €60 o, dI )NH amino-imide NH? CH?, CO R= radicale idrocarburato grasso od aromatico. Coll’ etere propionilpropionico e con molti altri ancora si ottengono dei derivati analoghi a questi, e sarà certo interes- 250 LUIGI SABBATANI sante per la farmacologia vedere come vari l’azione fisiologica col variare della posizione e del numero dei gruppi amidici in questi chetoni. Mentre sto raccogliendo e studiando chimicamente il ma- teriale, che dovrà servirmi per le ricerche fisiologiche, credo opportuno far conoscere alcuni derivati dell'etere propionil-Bpro- pionico. Debbo questo lavoro al consiglio ed agli insegnamenti del prof. Guareschi, cui porgo qui vive grazie. I corpi che ho preparati appartengono alla serie già assai numerosa di derivati piridinici ottenuti per condensazione del- l'etere cianacetico o della cianacetamide cogli eteri chetonici o colle amine chetoniche in presenza di ammoniaca o delle amine primarie (1). Le sostanze, ottenute in tal guisa, possono essere conside- rate come derivate della piridina o della glutaconimide, come ad esempio: L'etilcianmetilglutaconimide CH I (0; % ZA, C*H°. HC î . CN HOC C0 A N L, Azione dell'ammoniaca sull’etere propionilpropionico e cianacetico. Alla prima sostanza da me preparata si può assegnare la formula di costituzione: CH?. CH? | Cc 5%, iaia SRI HO.C C0 N N (1) Iciro GuarescHI, Sintesi di composti piridinici dagli eteri chetonici coll’etere cianacetico in presenza dell'ammoniaca e delle amine. Memoria I, “ Memorie della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, Serie II, t. XLVI. DI ALCUNI DERIVATI DELL'ETERE PROPIONILPROPIONICO 251 e ciò per l’analogia del modo di formazione e per l'analogia del comportamento ai reattivi fra questa e le sostanze ricordate sopra. È quindi una acheto-Bcian-Yetil-B'metil-a'ossi-aR'diidropiri- dina, se sì considera come derivante dalla piridina, od una metil- cianetilglutaconimide, se si considera derivante dalla glutaconimide. Essa è isomera colla etilcianmetilglutaconimide ricordata sopra, e differisce da essa solo per la posizione invertita dei radicali metilico ed etilico: CH? C®H® | | C e A N Ai N C*HS. HC _ C.CN CH°. HCO _C.CN e Lo TARBPASI HO.C CO HO.C CO NA NA N N etilcianmetilglutaconimide metilcianetilglutaconimide È poi l’omologo superiore immediato della metilcianmetilglu- taconimide. CH? | CH* CH? | Cc (0, 7 N Z/N CH°.HC C.CN CH*. HC C.CN [ac uoel lege] HO.C CO HO.C C0 NZ NY N N metilcianmetilglutaconimide metilcianetilglutaconimide L'azione dell'ammoniaca acquosa concentrata sull’etere pro- pionilpropionico è stata studiata da Israel (1); da un tale trat- tamento egli ha ottenuto due prodotti: a) Una sostanza insolubile nell'acqua, liquida, oleosa, di colore verdognolo, di odore di menta e della densità 0,9774 a 15°. Si origina con eliminazione d’una molecola d’acqua dalla (1) Aporr Israer, Ueber den Propio-propionsiuretithylither, “ Annalen der Chem. ,, Bd. 231, S. 197. 252 LUIGI SABBATANI unione dell'etere e dell’ammoniaca in rapporti equimolecolari; ha la formula C*H'"NO* ed è una aminoetere. b) Una sostanza solubile nell'acqua, cristallizzabile, molto igroscopica, fusibile a 75°. Questa proviene dall'unione di una molecola d’etere propionilpropionico con una d'ammoniaca, e con eliminazione di una molecola d'alcool: ha la formula C°H"NO*, è la propionilpropionamide. Questa amide chetonica rappresenta uno stadio intermedio nella reazione che avviene fra l'etere propionilpropionico e l’e- tere cianacetico in presenza di ammoniaca per la formazione della metil-cian-etilglutaconimide. Infatti ho potuto ottenere questa sostanza sia mescolando in rapporti equimolecolari gli eteri propionilpropionico e cian- acetico con quattro vol. d’ ammoniaca della densità 0,925, sia facendo reagire dapprima l’ammoniaca sull’ etere propionilpro- pionico, decantando e filtrando il liquido ammoniacale, che tiene sciolta la propionilpropionamide, ed aggiungendo a questo del- l’etere cianacetico. Con quest'ultimo processo si riesce ad otte- nere un prodotto più facilmente puro. Ho preparato io stesso l'etere propionilpropionico dall’etere propionico fornito da Kahlbaum, assicurandomi prima della purezza sua con una rettificazione (b. a 99° C.). Per questa preparazione ho seguìto il metodo indicato da *Israel (1): a gr. 150 di etere propionico si aggiungono gr. 16,9 di sodio metallico, diviso in fini pezzetti, subito incomincia a freddo uno sviluppo di gas, che aumenta poi scaldando. Si pone la miscela a b. m. con apparecchio a ricadere e si mantiene a 100° C. per 4 ore circa. A poco a poco tutto il sodio si scioglie, il liquido assume una colorazione giallo-ranciata, e si formano dei grumi di materia giallo-rossastra; il liquido stesso si fa assai denso e spesso, e per raffreddamento si rapprende in forma di poltiglia molle. Dopo raffreddamento si aggiunge acido ace- tico diluito fino a che il liquido assume reazione acida, e mentre si va aggiungendo l’acido, i grumi si sciolgono, il li- quido si schiarisce e si separa un olio giallo, che viene rac- colto, lavato con acqua distillata, seccato con cloruro di calcio (1) “ Ann. ,, 281, 197. — Vedasi anche Orrexnen ed. Hellon, * Ber. ,, 10, 699. DI ALCUNI DERIVATI DELL'ETERE PROPIONILPROPIONICO 258 ed in ultimo rettificato. Si ottengono così circa gr. 28 di etere propionilpropionico, limpido, appena colorato in giallo paglie- rino debole, di odore aromatico piccante, che bolle a 198° Gr. 20 del prodotto ottenuto vengono mescolati con 4 vol. di ammoniaca a 0, 925 e si agita la miscela mercè una tur- bina per tre giorni. Dopo ciò si è sciolta una metà circa del- l'etere, si decanta e si filtra il liquido ammoniacale, poi vi si aggiunge un volume di etere cianacetico, corrispondente alla quantità di etere propionilpropionico che si è sciolta. L’etere cianacetico si scioglie completamente, in pochi mi- nuti e si lascia quindi riposare il liquido per alcuni giorni in vaso ben chiuso. A poco a poco il liquido ingiallisce e già dopo 12 ore co- mincia a presentare un deposito bianco, che va aumentando nei giorni successivi fino a convertire tutto il liquido in una densa poltiglia. Si raccoglie alla pompa la sostanza solida for- matasi, si lava con acqua, si asciuga fra carta e si purifica fa- cendola cristallizzare dall'acqua bollente. Ad una parte di questa sostanza, sciolta in acqua bollente, si aggiunge acido cloridrico diluito, si ha così un precipitato cristallino, bianco, che si raccoglie su filtro, si lava e si puri- fica facendolo ricristallizzare dall'acqua bollente. Questo è veramente la metilcianetilglutaconimide. Essa sì altera facilmente all'aria ed alla luce, specialmente quando è umida, cristallizza in bei cristalli, a volte anche molto volumi- nosi; ma difficilmente si ottengono perfettamente incolori, per solito hanno una leggera tinta rosea. È poco solubile nell’acqua, a 19° C. 100 p. d’acqua sciolgono circa gr. 0,262 di sostanza, ed una parte di questa si scioglie in circa 381 p. d’acqua; è però discretamente più solubile nell'acqua bollente. La sua soluzione arrossa fortemente la carta al tornasole, dà effervescenza coi carbonati, col cloruro ferrico dà precipitato azzurro cupo, col- l’acqua di bromo non dà alcuna reazione, precipita in rosso col solfato di rame, in bianco col nitrato d’argento. Col nitrito potassico non si colora, ingiallisce per un forte eccesso di reattivo e coll’ebollizione. La mancanza di reazioni coll’acqua di bromo e col nitrito potassico coordina coll’osser- vazione generale (1), che cioè quei composti della serie, che. (1) I. GuarescHI, l. c. 254 LUIGI SABBATANI contengono il gruppo R'.HC | HO.C non dànno queste reazioni, le quali si hanno solo col gruppo H?C | HO.C NI La metilcianetilglutaconimide cristallizza senz’ acqua di cri- stallizzazione, a 250°, comincia ad imbrunire, a 261°-262° fonde scomponendosi. I. Gr. 0,1132 di sostanza secca a 100° diedero gr. 0,2533 di CO? e gr. 0,0602 di H?O. II. Gr. 0,1326 di sostanza diedero 18,1 ce. di N a 18°,5 e 734,5 mm. Da questi dati si ricava I II C = 60,93 2a H = 5,90 dI? ici 15,40 Queste cifre conducono alla formula C*H'N*0*, per la quale si calcola C = 60,6 Lo bali bt, Neat Per quanto poi si è detto fin qui appare giustificata la formula di costituzione lot / N CH*.HC.. C.CN I HO.C CO N/ DI ALCUNI DERIVATI DELL'ETERE PROPIONILPROPIONICO 255 Sale ammonico C°H°(NH*)N°0®. Si ottiene come prodotto di- retto della reazione fra etere cianacetico e propionilpropionico in presenza di ammoniaca. Cristallizza bene dall’acqua bollente, è anidro ed è più solubile dell’acido, precipita in rosso col sol- fato di rame, in bianco col nitrato d’argento. Dosata in esso l’ammoniaca si ebbe che gr. 0,2500 di sale diedero gr. 0,2832 di cloroplatinato d’ammonio. Da cui: trovato calcolato per C°H°(NH*)N20? NH? vi 8,68 8,71 Sale di sodio, NaC,HgN,0:. Si ottiene facilmente dall’acido con carbonato sodico: si sospende l’acido puro cristallizzato in poca acqua e si aggiunge a goccie una soluzione di carbonato sodico, scaldando leggermente, fino a che non si ha più efferve- scenza ed il liquido assume reazione neutra. Si filtra caldo e si lascia riposare: pel raffreddamento si deposita il sale sodico in piccole masse sferiche, bianche, costituite da bei cristalli prismatici, corti. Si può fare cristallizzare dall’ acqua bollente senza che si alteri; è discretamente solubile anche a freddo. È questo un sale anidro, che non si altera a caldo e solo im- brunisce alquanto verso 200°. Dosamento del sodio allo stato di Na°SO0'. Gr. 0,5230 di sale secco a 130° hanno dato gr. 0,1856 di solfato: da cui trovato calcolato per NaC4HgNs0, Na % 11,9 Ie Sale d’argento, AgC,H3N,0,. È una polvere bianca, insolu- bile nell'acqua, che facilmente imbrunisce e si colora in ros- sastro quando è umida. Si ottiene dal sale ammonico per ag- giunta di nitrato d’argento. Gr. 0,2533 di sale secco a 130° diedero gr. 0,0951 di Ag. da cui trovato calcolato per AgCgHgN30s Ag 9A 37,5 37,89 256 LUIGI SABBATANI Sale di bario Ba(C,HsN:0s):+H"0. Ho analizzato il sale di bario ottenuto in due modi; dal sale ammonico col cloruro di bario e dall'acido con carbonato di bario. Noto che questo sale è molto più solubile dell'acido e ben poco meno del sale d'am- monio, e che per farlo cristallizzare conviene lasciar concen- trare le acque o lungamente a freddo o rapidamente a bagno- maria, e che per queste operazioni facilmente imbrunisce, si colora in rossiccio, poi in violaceo. Dai risultati analitici si è costretti ad ammettere che questo sale contenga una molecola d’acqua di cristallizzazione, che trattiene fortemente anche a temperature molto elevate. Questo sale a 100° non subisce perdita di peso apprezzabile, a 110° comincia a sfiorire e perde circa 1°1,9-1,8 % del proprio peso, a 200° comincia ad imbrunire: ora considerando che per una molecola d’acqua la perdita dovrebbe essere del 3,5 %, e per '/s mol. 1,8 °/, si può ammettere che il sale baritico cristal- lizzi con una molecola d’acqua, di cui '/» mol. sì elimina scal- dandolo oltre 110°, ed il resto solo scomponendosi. I dati ana- litici concordi, l'analogia cogli altri sali descritti fin qui, le considerazioni che veniamo esponendo rendono probabile l’ipo- tesi che questo sale contenga una molecola d'acqua. I. Gr. 0,1924 di sale secco a 100° diedero gr. 0,0740 di BaC0*; i II. Gr. 0,2119 di sale secco a 130° diedero gr. 0,0821 di BaC0*; II. Gr. 0,2384 di sale secco a 110° diedero gr. 0,0929 di BaC0*, IV, Gr. 0,5746 di sale secco a 100° diedero gr. 0,2235 di BaC0°. Da tutti questi dati si ricava: trovato calcolato per I I II Ly, Ba(CsHgN30s)"-+H®0 Ba “/ 26,7 26,9 27,09 27,02 26,9 Calcolato per una mezza molecola d’acqua, Ba(C,HyN:0p)? — + HO si avrebbe 27,37. DI ALCUNI DERIVATI DELL'ETERE PROPIONILPROPIONICO 257 Sale di rame. Si ottiene dalla soluzione calda del sale am- monico col solfato di rame in lieve eccesso. È insolubile nell'acqua, precipita in piccoli cristalli disposti a sfera, di color rosso rugginoso. Circa l’acqua di cristallizzazione che questo sale contiene, si rimane ancora più incerti che per il sale di bario. Tanto più che, essendo insolubile, non si è potuto purificare. Pare che si formi con due molecole d’acqua di cristallizzazione, delle quali una sola ne perderebbe a 180° C. Gr. 0,2200 di sale di rame, scaldato a 180° C. fino a peso costante, lasciarono alla calcinazione gr. 0,0402 di CuO: da cui: Cu trovato 14,6 Cu % calcolato per Cu(CsHgN,0.)° + 2H°0 113,9 Cu % calcolato per Cu(CoHgN:0,)° + H°0 14,4 Cu “calcolato per Cu(C3HyN;0,)° 15,1 Da esso non si è potuto ottenere un sale cupro-ammonico. E Azione della metilamina sugli eteri propionilpropionico e cianacetico. Dopo avere studiata l’azione dell’ammoniaca su questi eteri. si è creduto utile cercare anche quale sia il comportamento della metilamina. Come questa agisca isolatamente sull’etere propionil-B-pro- pionico, ch'io mi sappia, non è stato studiato; e quantunque non abbia ancora esaminati direttamente i prodotti che si for- mano nella reazione fra l’etere propionilpropionico e la metila- mina, credo si possa ammettere che agisca nello stesso senso dell'’ammoniaca e formi due composti. 258 LUIGI SABBATANI Un metilaminoetere : CH°.CH°.C=C.C0.0.C*H" {festa CH?. NH CH? ed una propionilpropionmetilamide : CH*. CH*. CO . CH. CO. NH . CH? CH° Infatti, aggiungendo a gr. 10 di etere propionilpropionico 4 volumi di soluzione acquosa al 20% di metilamina, ed agi- tando per 12 ore alla turbina, si ha che solo una metà dell’e- tere si scioglie, e resta una sostanza giallastra, di aspetto oleoso, densa, di odore aromatico, che anche per un contatto più pro- lungato non si scioglie nella metilamina. Questo residuo sa- rebbe il metilaminoetere, mentre nella soluzione acquosa sarebbe passata la metilamide. Decantata la soluzione di metilamina, ed aggiuntovi etere cianacetico in quantità corrispondente a quella dell'etere propionilpropionico scioltosi, prontamente si scioglie esso pure, il liquido assume una colorazione giallognola e dopo alcuni giorni, svaporato nel vuoto e sull’acido solforico, lascia un residuo cristallino, giallo ranciato, solubilissimo nell’ acqua e nell’alcool, insolubile nell’etere. Questo residuo è la metilcian- etilglutaconmetilimide, combinata alla metilamina. Si purifica bene precipitandola parecchie volte con etere dalla soluzione alcoo- lica concentrata. Si presenta in piccolissimi cristalli leggeri, bianchi nivei, anidri. Seccati a 100° C. diedero all'analisi i se- guenti risultati: I. Gr. 0.1544 di sostanza diedero gr. 0,3320 di anidride carbonica e gr. 0,1072 di acqua. II. Gr. 0,1205 di sostanza diedero gr. 0,2602 di anidride carbonica e gr. 0,0826 di acqua. IN. Gr. 0,1038 di sostanza diedero 18 em? di azoto a 25° e 740 mm. Da ciò si ricava DI ALCUNI DERIVATI DELL'ETERE PROPIONILPROPIONICO 259 trovato calcolato per —T —— rr___—_ I II 1001 C'°H!*N°0®., NH?. CH* CAsl 58,6 58,8 — 59,1 Hats 24 7,6 — 7,6 NES — _ 19,9 18,8 Dosata poi la metilamina in questo sale, si ebbero da gr. 0,1518 di sostanza gr. 0,1588 di cloroplatinato di metila- mina: da cui trovato calcolato per C!°0H!*N20*. NH?. CH° CGEISSINIESSCAÀ 1357 13,9 Da una soluzione di questo sale di metilamina per aggiunta di acido cloridrico diluito si ottenne l’acido libero (metilcian- etilglutaconmetilimide): si presenta in bei cristalli, abbastanza grossi, prismatici, difficilmente incolori; siccome l'acido è poco solubile, onde farlo ricristallizzare, conviene scaldare le solu- zioni all’ ebollizione ed anche un po’ a lungo; così si colorano sempre alquanto. Dosato l'azoto nell’acido libero seccato a 100° C., si ebbero da gr. 0,1280 di sostanza 16,7 em' di azoto a 12° e 732 mm., da cui trovato calcolato per C'°H!?N?0? N% 15,0 14,5 A questa sostanza possiamo assegnare la formula di co- stituzione seguente: C*H° 260 SECONDO FRANCHI È quindi una metil/cianetilglutaconmetilimide (N-metil-acheto-8 cian-retil-B'metil-a'ossi-A*-*diidropiridina) ed è l'omologo supe- riore immediato della metilcianmetilglutaconmetilimide. Come tutti i corpi di questa serie, ha funzione acida, ar- rossa fortemente la carta di tornasole, fa effervescenza coi car- bonati, forma sali ben definiti, neutri; è acido monobasico, poco solubile nell'acqua, che fonde a 198° C. scomponendosi. Col percloruro di ferro si ‘colora in verde bluastro e dà contemporaneamente un abbondante precipitato bianco. Col- l’acqua di bromo dà un precipitato bianco che a caldo si scioglie ela soluzione, per ebollizione un po’ prolungata, non si colora. Col nitrito di potassio ingiallisce soltanto a caldo. Coi sali di rame non precipita, col nitrato d’argento dà un precipitato bianco, insolubile, o quasi, nell'acqua. Colla metilamina forma un sale ben cristallizzato, solubilissimo nell'acqua e nell’aleool, insolubile nell'etere. Sulla presenza del nuovo minerale Lawsonite come elemento costituente in alcune roccie italiane; Nota dell'Imgegnere SECONDO FRANCHI. Nell'inverno 1893-94, studiando alcune roccie diabasiche metamorfosate raccolte nella precedente campagna geologica nelle valli Grana e Valloriate, in provincia di Cuneo, rinvenni un minerale microscopico automorfo, nettamente cristallizzato in sottili lamelle a base rombica, che allora non mi fu possibile identificare con nessuno dei minerali esistenti. Nell'inverno seguente trovai lo stesso minerale entro a roccie analoghe di altre valli raccolte da me e da miei colleghi, sicchè nel breve studio pubblicato nel 2° fascicolo del bollet- tino del R. Comitato geologico pel 1895 “ sopra alcune meta- morfosi di eufotidi e diabasi nelle Alpi Occidentali ,, riuscii a dare \ SULLA PRESENZA DEL NUOVO MINERALE LAWSONITE, ECC. 261 approssimativamente alcuni dei caratteri del minerale incognito, per quanto lo permetteva la picciolezza degli elementi, che nep- pure avevo potuto isolare (pag. 190). In quello studio avevo detto che il minerale sembrava tenere il posto degli epidoti, e nella tabella riassuntiva dividevo le anfiboliti ad anfiboli sodici (anfiboliti sodiche) in due gruppi: anfiboliti sodiche epidotiche, ed anfiboliti sodiche, che avrebbero dovuto pigliar nome dal mi- nerale incognito (pag. 204). Finalmente nell'inverno 1895-96 rinvenni lo stesso minerale in alcune roccie diabasiche metamorfosate di Pegli, nella Riviera ligure, e dell’isola del Giglio; ed ho con esso identificato un minerale osservato al microscopio dall’Ing. Stella nelle venucole calcitiche di una roccia a gastaldite, da lui raccolta nell'alta Val Chianale. Da questo campione mi fu possibile averne una piccola quantità, in cristalletti isolati grossi appena '/, di mm., coi quali ho potuto determinare i caratteri principali, che resi noti in un breve studio pubblicato nel 2° fascicolo del bollet- tino della Società geologica italiana pel 1896 (1). Nel luglio del corrente anno dovendo fare alcune escursioni pel rilevamento geologico in Val Varaita, in compagnia del- l'Ing. Stella, si decise di far ricerca di quel minerale, laddove il mio collega aveva raccolto il campione che mi aveva fornito i primi cristalli isolati, cioè nel Vallone della Niera, nell'alta Val Chianale, presso il confine franco-italiano. Causa il tempo pessimo e la nebbia fittissima non abbiamo potuto dedicare più di mezz'ora a tale ricerca. Fummo però abbastanza fortunati da trovare il minerale visibile ad occhio nudo, in elementi da 1 a 2 millimetri, in certe liste cloritico-attinolitiche in mezzo ad una roccia essenzialmente costituita da un anfibolo azzurro, ed aitresì in piccole vene chiare, quasi esclusivamente costituite dal mi- nerale in parola, con poca clorite. Insomma ne avevamo tanto da trarne con certezza il materiale per alcune analisi chimiche complete, e per fare una più precisa determinazione dei caratteri cristallografici ed ottici. Però, quando, terminata la campagna geologica, mostrai al (1) S. FrancaI, Prasiniti ed anfiboliti sodiche provenienti dalla metamorfosi di roccie diabasiche ecc. (£ Boll. della Soc. Geol. italiana ,, 1896, 2°). Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 21 “9 262 SECONDO FRANCHI Prof. Spezia alcuni dei campioni raccolti, egli, che stava ap- punto esaminando degli esemplari, da poco ricevuti, del nuovo mi- nerale scoperto in California, la Zasonite (1), sospettò che il minerale indeterminato da me studiato potesse essere quello stesso. Infatti oltre all’identico sistema cristallografico, forma, proprietà fisiche ed ottiche, quantunque da me determinate solo approssimativamente, erano tanto prossime a quelle corrispon- denti della lawsonite da rendere molto verosimile quella suppo- sizione (2). Perfino il giacimento era fino ad un certo punto lo stesso, avendolo i signori Ransome e Palache rinvenuta, oltre che in altre roccie cristalline, entro a scisti metamorfici ricchi in gastaldite. L'analisi chimica sola poteva togliere ogni dubbio, ed ac- certarci sulla identità dei due minerali. (1) F. H. Ransome und Ca. Paracue in Berkeley, Col. — Veber Lawsonit, ein neues gesteinsbildendes Mineral aus Californien (* Zeit. fir Kristallo- graphie und Mineralogie von P. Groth ,, B. XXV, 1895, p. 530). (2) Trascrivo i caratteri da me dati in quel lavoro: * Ortorombico; “mm= 67° circa. Faccie osservate m e p sempre esistenti, e 9, frequen- “ tissima e talvolta anche ben sviluppata. I prismetti sono sempre cortis- “ simi, anzi tubulari secondo p. Geminazioni polisintetiche frequentissime “secondo la faccia m; clinaggio 1 facile; densità da 3 a 3,1; incoloro “ limpidissimo. Attaccabile dall'acido cloridrico a caldo solo dopo calcina- “ zione. Piano degli assi ottici parallelo a gi con ng bisettrice ottusa nor- “ male a p. Angolo assiale molto grande. Indice nm superiore a quello dei “ pirosseni e ng — np da 0,020 a 0,022 ,. Per una svista ng fu detto biset- trice ottusa, invece esso coincide colla bisettrice acuta, come appunto ac- cade nella lawsonite. I signori Ransome e Palache furono più fortunati di me incontrando il minerale in cristalli grossi dei centimetri, e poterono studiarne tutte le proprietà. Essi misurarono l'angolo mm di 67°.16°, e rinvennero le faccie d che loro permisero di determinare il terzo parametro (a:b:c=0,6652:1: 0,7385). La posizione degli assi ottici è quella detta pel minerale da me studiato, l'angolo degli assi 2Va = 849,6 e la birifrangenza 0,019 e 0,0207 secondo due misure fatte con metodi diversi. Però se si calcola l'angolo degli assì ottici partendo dai valori degli indici ng = 1,6840, nm= 1,6690 e np =1,6650, indicati dagli autori, esso risulta di molti gradi inferiore a quello da essi tratto dalle misure dirette. Vi deve perciò essere qualche errore nella determinazione degli indici. Nel minerale da me studiato ho potuto appunto constatare che il rapporto wm — #5 : #9 — "m è di gran lunga superiore a quello di 4:15 da quelli risultante. SULLA PRESENZA DEL NUOVO MINERALE LAWSONITE, ECC. 263 Ora, da una analisi preliminare eseguita dall’Ing. Mattirolo nel laboratorio del R. Uffizio geologico a Roma, sopra una pic- colissima quantità del minerale di Val Varaita, i componenti ri- sultarono essere appunto quelli della lawsonite, ed in propor- zioni tanto prossime a quelle delle due analisi che ne sono date, che la identità del minerale finora incognito, da me studiato, con quello da poco scoperto in California si può affermare senza al- cuna riserva (1). In attesa dell'analisi chimica completa che verrà eseguita sopra un materiale scelto e più abbondante, e che pubblicherò in un coi caratteri che mi sarà dato di meglio determinare, con elementi più maneggevoli di quelli che servirono alle prime de- terminazioni, ho voluto dare questa breve notizia, la quale, per la frequenza del nuovo minerale, anche come costituente, in alcune roccie italiane, non mi sembra priva di interesse per i petrografi. Poichè il lavoro dei due studiosi americani mi ha rispar- miato la scelta del nome, mi resterà la soddisfazione di segna- lare pel primo il minerale entro a roccie dell’antico continente, e di indicarne la genesi. Riassumo ora brevemente i giacimenti italiani già noti del nuovo minerale. Esso venne trovato: 1° In rari elementi in seno ai plagioclasi porfirici, e molto diffuso nella massa microlitica, essenzialmente costituita da andesina, di alcune porfiriti diabasiche in via di trasformazione, in Val Maira. 2° In elementi abbondantissimi nei felspati porfirici di alcune porfiriti diabasiche dell’isola del Giglio, trasformate in roccie, costituite essenzialmente da anfiboli azzurri. (1) Ecco i risultati delle due analisi dei signori Ransome (I) e Palache (II): Si'0: Al303 Fe303 CaO Mg0 Na,0 H,0 Totali I. 38,10. 28,88. 0,85 18,26 0,23 0,65. 11;42 98,39 _— — II. ‘37,32 35,14 17,883. — _ 11,21 101,50 dai quali hanno dedotta la formola H, Ca Als Sia Oxo. Nell’analisi dal Mattirolo eseguita su grammi 0,1495 del minerale di V. Varaita le cifre della silice, dell'allumina, comprese le traccie di ferro e quelle dell’acqua, cadono fra quelle rispettive delle due analisi precedenti. 264 SECONDO FRANCHI — SULLA PRESENZA, ECC. 3° Sparso nella massa di roccie massiccie o scistose, co- stituite essenzialmente da anfiboli azzurri, con resti dell'augite e del felspato primitivi, provenienti indubbiamente dalla meta- morfosi di roccie diabasiche (Valli Chisone, Maira, Grana, Val- loriate, pressi di Pegli e isola del Giglio). 4° Abbondante nelle zonature cloritiche, cloritico-ottino- litiche e calcitifere, di certe anfiboliti sodiche zonate, che dirò anfiboliti sodiche lawsonitiche, provenienti probabilmente dalla metamorfosi di roccie diabasiche (Valli Chianale, Maira, Grana e Valloriate). In tutti questi giacimenti il minerale è adunque essenzial- mente un prodotto della pseudomorfosi dei plagioclasi, alla stessa guisa che in altri casi da essi si generano, ad esempio, l’albite secondaria e la zoisite. Questo è un dato nuovo ed importante sulla genesi del minerale, che non è lasciato intravedere dai giacimenti americani. Al fatto poi la composizione chimica della lawsonite è molto analoga a quella della zoisite, che è più ricca in calce e meno ricca in acqua. Non deve poi sfuggire il fatto che la for- mola teorica H,CaAl,Si.0,, data dai signori Ransome e Palache pel nuovo minerale californiano, si ottiene aggiungendo due molecole d’acqua alla formola teorica dell’anortite CaAl,Si;0y; il che dimostra che quello può formarsi in seno ai plagioclasi basici, per la sola separazione e idratazione della molecola anor- titica, lasciando libera la molecola dell’albite (1). Il fenomeno è quindi assai più semplice che nel caso della pseudomorfosi in zoisite, due molecole della quale si formano coll’aggiunta di una molecola d’acqua e di una di calce a tre molecole di anortite. Tutte le roccie sopraindicate appartengono alla zona delle (1) Se si pon mente alla frequenza dell’albite secondaria, come elemento di trasformazione dei plagioclasi, in roccie analoghe a quelle che conten- gono la lawsonite, sembrerebbe possibile, in date condizioni, una paramor- fosi completa dei plagioclasi in lawsonite ed in albite, colla semplice ag- giunta di acqua. Infatti nelle porfiriti a lawsonite di Val Maira e del Giglio sopra indicate, vi sono parti in cui l’albite secondaria abbonda, e che include qua e là elementi di lawsonite, che è perciò di formazione contemporanea. Invece altri felspati porfirici delle roccie del Giglio, con- tenenti lawsonite, sono nel resto della massa simili ai felspati cosidetti saussuritizzati. GIACOMO PONZIO — AZIONE DEL TETROSSIDO D'AZOTO, ECC. 265 pietre verdi del Gastaldi, e si trovano in lenti più o meno po- tenti fra micascisti, filladi, calcescisti e calcari cristallini. La grande estensione di quella zona nelle Alpi Occidentali francesi e italiane ed in Liguria, e il numero grande di masse roc- ciose che vi sono incluse, analoghe a quelle nelle quali si trovò la lawsonite, lasciano sperare che se ne conosceranno fra non molto numerosi altri giacimenti. Azione del tetrossido d'azoto sugli isonitrosochetoni; Nota del Dott. GIACOMO PONZIO. L'azione del tetrossido d’azoto sulle ossime fu studiato in varìi lavori da Scholl (1) e ultimamente da Born (2): secondo questi chimici l’isonitrosogruppo è sostituito nella pinacolinossima col gruppo Ns0., nelle chetossime alifatiche col gruppo N,0:, e nella benzofenon- e acetofenonossima col complesso N;0,. Io ho fatto agire il tetrossido d'azoto negli isonitrosoche- toni alifatici R.CO.C(NOH).R' ed ho trovato che la reazione è in certo qual modo analoga all’ossidazione dei chetoni con acido nitrico (3); invero risultano anche qui dichetoni, acildini- troidrocarburi, e quantità variabili di acidi grassi e di dinitro- idrocarburi provenienti dalla decomposizione delle sostanze pre- cedenti. La formazione degli acildinitroidrocarburi si può esprimere coll’equazione seguente : 2R.CO.C(NOH).R'+2N,0,=2R.CO.C(N;0,).R'+N,0+ H,0 ma non ho constatato se il gas che si sviluppa sia realmente protossido d’azoto. La proprietà più notevole di questi corpi, sulla costituzione dei quali, assieme al prof. Fileti, ho fatto al- (1) “ Berichte ,, 1888, 27, 509; 1890, 23, 349; 1895, 28, 1361. (2) Id. 1896, 29, 90. (3) Fireri e Ponzio, “ Gazz. Chim. ,, 1895, 25, I, 233 e questi “ Atti della R. Accademia ,, vol. XXXII. 266 GIACOMO PONZIO cune considerazioni nella Memoria avanti citata sulla trasfor- mazione dei chetoni in a-dichetoni e pubblicata in questi Atti, è quella di decomporsi per idrolisi in acido grasso e dinitroidro- carburo: CH; . C(N:0,) . CO. CH. . CH(CH;): + H.0= = CHy. CH(N;0,) + COOH . CH, . CH(CH;).. Quindi il passaggio da un isonitrosochetone all'acildinitroidro- carburo e la decomposizione di questo coll’acqua in dinitroidro- carburo ed acido grasso, si può indicare col seguente schema: R— C(NOH) R— C(N.0,) (R— 0H(N,0,) | it cagionarior se R'— CO R'— CO I R'— coon Gli acildinitroidrocarburi ottenuti dagli isonitrosoderivati del dietil-, etilisopropil- ed etilisobutilchetone sono sostanze so- lide che potei facilmente purificare, e mentre i due ultimi erano pure stati ottenuti per azione dell'acido nitrico sui corrispon- denti chetoni, il propionildinitroetano, meno stabile in presenza di acqua, non potè riscontrarsi tra i prodotti dell’azione del- l'acido nitrico sul dietilchetone. L'acetildinitroetano pare che sia liquido, l’acetildinitroesano non lo potei isolare. L’isonitrosoacetone, che avrebbe dovuto dare acetildinitro- metano e metilgliossal, si comporta col tetrossido d'azoto in tutt'altro modo, poichè non si osserva sviluppo gassoso e, come prodotto della reazione, si ha una sostanza bianca, vischiosa, che lasciata a sè anche sull’acqua, sì infiamma spontaneamente dopo breve tempo. Il modo più conveniente di operare è il seguente: sì scioglie l'isonitrosochetone in etere anidro, si raffredda in miscuglio di ghiaccio e sale e si aggiunge la quantità equimolecolare di te- trossido d’azoto pure sciolto in etere: si ha dapprima una co- lorazione rosso bruna che tosto passa al verde intenso e dal liquido cominciano a svolgersi bollicine gassose incolore, proba- bilmente di protossido d'azoto. Cessato lo svolgimento del gas si lascia il tutto in riposo per qualche ora, e quando il colore è passato al giallo, si lava la soluzione con acqua, si secca su solfato sodico anidro e si distilla l'etere: resta un olio giallo che contiene l’acildinitroidrocarburo, il dichetone, il dinitroidro- carburo e acidi grassi. AZIONE DEL TETROSSIDO D'AZOTO SUGLI ISONITROSOCHETONI 267 Isonitrosodietilchetone. Si lava il prodotto della reazione con soluzione di bicarbonato sodico fino a che questa si colori in giallo, e dalle acque di la- vatura, che contengono disciolto acetilpropionile e dinitroetan- sodio, si ha per trattamento con cloridrato di idrossilamina, la diossima dell’acetilpropionile che cristallizza dall'alcool acquoso in laminette splendenti, fusibili a 170°-71°. Gr.0,1818 di sostanza fornirono cc.34,5 di azoto(Hoy= 740,58, t= 20°), ossia gr. 0,038773. Cioè su cento parti: trovato calcolato per C;HyNs0s Azoto 2:32 21,53 Il propionildinitroetano CHz . C(N0,). CO. CH, . CH3z rimasto indisciolto e solidificato per raffreddamento in ghiaccio, si asciuga rapidamente fra carta e si cristallizza dagli eteri di petrolio, bollenti fra 50° e 80°, dove è poco solubile. Gr. 0,1959 di sostanza fornirono gr. 0,2462 di anidride car- bonica e gr. 0,0875 di acqua (1). Cioè su cento parti: trovato calcolato per C:HyN30; Carbonio 34,27 34,09 Idrogeno 4,84 4,54 Si fonde a 43°-44°, è in lamine splendenti di forte odore canforato, ed è molto volatile alla temperatura ordinaria, in- fatti una piccola quantità deposta sopra una lastra di vetro scompare dopo breve tempo. Lasciato nel vuoto in presenza di idrato potassico in pezzi, questo assorbe a poco a poco e de- compone, colorandosi in giallo (dinitroetanpotassio), i vapori della sostanza, la quale finisce per scomparire completamente. Reagisce coll’acqua formando acido propionico e dinitro- etano; anzi la decomposizione avviene con tale facilità che la sostanza non si può conservare entro una boccetta chiusa con (1) Non se ne potè fare una determinazione di azoto, perchè la cor- rente di anidride carbonica trasporta la sostanza, molto volatile. 268 GIACOMO PONZIO tappo smerigliato se non mettendo nella boccetta stessa un tu- betto con anidride fosforica. Fra i prodotti che si ottengono per idrolisi fu isolato, nel solito modo, il dinitroetano allo stato di sale potassico, il quale diede all'analisi i seguenti risultati : Gr. 0,1747 di sostanza fornirono gr. 0,0956 di solfato po- tassico. Cioè su cento parti: trovato calcolato per CaH3KN0; Potassio 24,52 24,68 Si decompone pure facilmente coll’alcool ordinario e colle soluzioni degli idrati e carbonati alcalini, più difficilmente col bicarbonato sodico a freddo, mentre si scioglie inalterata negli acidi solforico ed acetico esenti di acqua. Sciolta in etere anidro non si decompone con acido cloridrico gassoso, e, in soluzione cloroformica, non reagisce col bromo. Isonitrosoetilisopropilchetone. L’isonitrosoetilisopropilchetone non era finora stato preparato. Io l’ottenni con buon rendimento (40 p. °/,) col metodo generale di Claisen e Manasse (1), ma direttamente allo stato solido, pre- cipitando con acido cloridrico la soluzione alcalina dell’isonitro- sochetone dopo averla lavata con etere onde liberarla dall'alcool amilico. Compresso fra carta e cristallizzato due volte dall'acqua, dove è poco solubile a caldo e quasi insolubile a freddo, lo ebbi in splendidi aghi fusibili a 93°-94°, Gr. 0,2477 di sostanza fornirono cc. 23 di azoto (HA, = 741,82, t= 16°), ossia gr. 0,026337. Cioè su cento parti: trovato calcolato per CsHyjN0a Azoto . 10,63 10,85 (1) “ Berichte ,, 1889, 22, 526. AZIONE DEL TETROSSIDO D'AZOTO SUGLI ISONITROSOCHETONI 269 È solubile anche a freddo in etere, alcool, benzina, cloro- formio ed acetone; quasi insolubile negli eteri di petrolio. È estremamente volatile col vapor d’acqua. In quanto alla sua formola ritengo che sia la seguente : CH; . C(NOH).C0.CH(CH,), perchè il gruppo NOH non può fissarsi che sull’unico gruppo CH, del chetone. L'acetilisobutirildiossima CHz.C(NOH).C(NOH).CH(CH;), non era finora stata preparata: ottenuta dall’isonitrosochetone col metodo di Auwers e cristallizzata dalla benzina dove è poco so- lubile a caldo e quasi nulla a freddo, si ha in lunghi aghi splen- denti fusibili a 155°-56°, sublimandosi parzialmente (1). Gr. 0,1274 di sostanza fornirono ec. 21,5 d'azoto (Ho= 730,06, t= 15°), ossia gr. 0,024333. Cioè su cento parti: trovato calcolato per CsHjaN30a Azoto 19,09 18,94 È abbastanza solubile a caldo e poco a freddo nell’acqua, solubile a freddo nell’alcool e nell’etere, insolubile anche a caldo negli eteri di petrolio e nel cloroformio. Il tetrossido d'azoto agisce nell’isonitrosoetilisopropilchetone nel solito modo: l’olio giallo ottenuto per svaporamento del- l’etere lasciato a sè in un ambiente freddo separa l’isobutirildi- nitroetano CH; . C(N:0;) . CO . CH(CH;). in larghe lamine splen- denti, che cristallizzate dal solfuro di carbonio si fondono a 58°. I. Gr. 0,1622 di sostanza fornirono gr. 0,2264 di ani- . dride carbonica e gr. 0,0826 di acqua. II. Gr. 0,1718 di sostanza fornirono cc. 21,7 di azoto (H,= 744,14, t= 14°), ossia gr. 0,025089. Cioè su cento parti: trovato calcolato per I I CoHyoNa0; Carbonio 38,06 —_ 37,89 Idrogeno 5,65 _ 5,26 Azoto —_ 14,65 14,73 (1) La diossima dell’acetilisobutirile e quella del diacetile sono le sole diossime di a-dichetoni che non si fondono verso 170°. 270 GIACOMO PONZIO Questa sostanza è identica con quella ottenuta per azione dell'acido nitrico sull'etilisopropilchetone. Trattando l'olio giallo, decantato dalla parte solida, prima con cloridrato di idrossilamina e carbonato sodico (con che si forma in special modo monossima) e poi con altro cloridrato di idrossilamina in presenza di un eccesso di idrato sodico ed estraendo con etere, si ottiene la diossima dell’acetilisobutirile che fu riconosciuta al suo punto di fusione 155°-56°. Dalla so- luzione alcalina gialla si può, nel solito modo, ricavare il dini- troetanpotassio. Isonitrosoetilisobutilchetone. L'isonitrosoetilisobutilchetone (non ancora conosciuto) l'ottenni dall’etilisobutilehetone per azione del nitrito d'amile, non però così facilmente come l’isonitrosoetilisopropilchetone, perchè l'acido cloridrico diluito non lo precipita allo stato solido e bisogna estrarlo dalla soluzione acida con etere e seccarlo nel vuoto su acido solforico. Il prodotto, purificato per compressione fra carta, rappresenta il 40°/, del chetone adoperato, e cristallizza dal- l'alcool acquoso in aghi appiattiti, splendenti, fusibili a 649-659. Gr. 0,1614 di sostanza fornirono ce. 14,1 d’'azoto(Ho= 745,80, t= 17°), ossia gr. 0,016165. Cioè su cento parti: trovato calcolato per CHi3NO, Azoto 10,01 9,77 È solubile anche a freddo in tutti i solventi organici, poco È a caldo nell'acqua. La diossima che ho ottenuto da questo isonitrosochetone si fonde a 171°-72°. Dall’azione dell'acido nitroso sull’etilisobutilehetone CH; . CH,.CO.CH,.CH(CH,;), si può prevedere la formazione di due isonitrosochetoni isomeri : CH; . C(NOH). CO. CH. . CH(CH3), CHs . CH, . CO .C(NOH). CH(CHs). AZIONE DEL TETROSSIDO D'AZOTO SUGLI ISONITROSOCHETONI 271 e la diossima corrispondente al primo si fonde precisamente a 171°-72°. Ma poichè quasi tutte le diossime di a-dichetoni finora conosciute hanno press'a poco lo stesso punto di fusione, così per stabilire quale delle due formole sopra indicata spetta al mio isonitrosocomposto lo trasformai nell’osazone e trovai che questo si fonde a 115°-16° ed è identico con quello dell’acetil- . isovalerile, e quindi all’'isonitrosochetone da me ottenuto spetta la formola: CH; . C(NOH). CO . CH, . CH(CH;).. Qui occorre notare che facendo agire per parecchi giorni un eccesso di fenilidrazina sull’isonitrosoetilisobutilchetone in soluzione alcoolica si forma soltanto l’idrazossima; per conse- guenza, onde preparare l’osazone, dovetti decomporre quest’ul- tima con acido cloridrico per ottenere l’idrazone, che trattai poi | con fenilidrazina. B,a-acetilisovalerilidrazossima. Si ottiene scaldando per al- cune ore una soluzione alcoolica di isonitrosoetilisobutilchetone colla quantità teorica di fenilidrazina. Separata per aggiunta d'acqua e cristallizzata poi dall'alcool, dove è assai solubile a caldo e poco a freddo, si ha in prismetti quasi incolori, fusibili a 127°-28°. Gr. 0,1194 di sostanza fornirono ce. 18,7 d’azoto(H,= 741,82, t=16°), ossia gr. 0,021413. Cioè su cento parti: trovato calcolato per C3HygN30 Azoto 17,95 18.02 È insolubile nell'acqua e negli eteri di petrolio, solubile nell’etere, acetone e benzina. Dà la reazione di Pechmann, e contrariamente a quanto riteneva tale chimico per le idrazos- sime dei dichetoni a più di sei atomi di carbonio (1), è stabi- lissima. La sua formola di struttura è evidentemente CH,. C(NOH) . C(N:HC;H;). CH; . CH(CH3).. B-acetilisovalerilidrazone. Secondo Pechmann (2) basta scal- (1) “ Berichte ,, 1888, 21, 2994. (2) Id., 1889. 22, 2121. 272 GIACOMO PONZIO dare la soluzione alcoolica di una idrazossima con acido clori- drico fumante per spostare da questa il gruppo NOH ed avere l’idrazone corrispondente. Nel caso della f,a-acetilisovalerilidra- zossima la reazione è più complessa, poichè mentre una parte della sostanza si trasforma in idrazone, l’altra dà isonitroso- chetone. Feci ricadere per un'ora 50 ce. di soluzione alcoolica di idrazossima con 5 ce. di acido cloridrico fumante e dopo raffred- damento raccolsi le laminette splendenti separatesi, che rico- nobbi per cloridrato di fenilidrazina. Dal filtrato svaporai l’al- cool, aggiunsi acqua e distillando in corrente di vapore passò l'isonitrosoetilisobutilchetone fusibile a 63°-64°. Non volatile ri- mase l’idrazone come una massa bruna, che cristallizzata dal- l’aleool acquoso e trattata con carbone animale si ebbe in aghi di color giallo paglierino, fusibili a 94°. Gr. 0,2270 di sostanza fornirono ce. 25,5 d'azoto (H,=733,17, t = 17°), ossia gr. 0,028734. Cioè su cento parti: trovato calcolato per C3H,gN30 Azoto 12,65 12,84 L’acetilisovalerilidrazone così ottenuto ha indubbiamente la formola CH; . CO . C(N.HC;H;). CH,.CH(CH,). ed è solubile anche a freddo in tutti i solventi organici, insolubile nell'acqua. Trattato con fenilidrazina fornisce l’osazone dell’acetiliso- valerile, fusibile a 115°-16°. Il tetrossido d'azoto agisce sull’isonitrosoetilisobutilchetone nel modo già detto; il prodotto della reazione lasciato in luogo freddo separa dopo qualche tempo grosse lamine di isovaleril- dinitroetano CH, . C(N:0,).CO.CH..CH(CH3): (identico con quello ottenuto per azione dell'acido nitrico sull’etilisobutilchetone), che cristallizzato dagli eteri di petrolio si fonde a 65°-66°. I. Gr. 0,1075 di sostanza fornirono gr. 0,1631 di anidride carbonica e gr. 0,0604 di acqua. II. Gr. 0,2062 di sostanza fornirono cc. 24,7 di azoto (H)= 739,05, t= 14°), ossia gr. 0,028404. AZIONE DEL TETROSSIDO D'AZOTO SUGLI ISONITROSOCHETONI 273 Cioè su cento parti: trovato calcolato per Il I C7H,aNa0; Carbonio 41,35 — 41,17 Idrogeno 6,24 _ 5,98 Azoto e 13,77 13,72 Agitato con soluzione normale di idrato potassico (2 mol.) si scioglie dopo poco tempo dando un liquido giallo che con- tiene i sali potassici del dinitroetano e dell’acido isovalerianico, il quale ultimo fu separato come sale d’argento. Gr. 0,1122 di sostanza fornirono gr. 0,0578 di argento. Cioè su cento parti: trovato calcolato per C:H3Ag0a Argento 51,51 51,67 L'olio dal quale si separò per decantazione l’acetilisovale- rildinitroetano si trattò con cloridrato di idrossilamina e car- bonato sodico e poi, per completare la reazione, con altro clo- ridrato di idrossilamina in presenza di un eccesso di idrato sodico. Estraendo con etere si ebbe la diossima dell’acetilisova- lerile che cristallizzata dalla benzina si fuse a 171°-72°. Gr. 0,1943 di sostanza fornirono ce. 30 d’azoto (H, = 744,14, t= 14°), ossia gr. 0,0836485. Cioè su cento parti: trovato calcolato per C3Hy,N20, Azoto 17,85 11/0178 Le acque alcaline gialle forniscono, nel modo più volte in- dicato, il dinitroetano che si caratterizzò allo stato di sale po- tassico. 274 GIACOMO PONZIO — AZIONE DEL TETROSSIDO D'AZOTO, ECC. Isonitrosometiletilchetone. Il prodotto della reazione si lava con soluzione satura di bicarbonato sodico fino a che questo non si colori più in giallo. Nel liquido passa il diacetile, solubile nell'acqua, ed il dinitro- etano, e questi prodotti furono difatti riconosciuti. Insolubile resta un olio più pesante dell'acqua, quasi incoloro, che a lungo andare finisce con sciogliersi nel bicarbonato sodico colorandolo in giallo e decomponendosi in acido acetico e dinitroetano. Esso è probabilmente l’acetildinitroetano CH, .C(N:0,) .CO . CH, e fra i suoi prodotti di decomposizione fu isolato il dinitroetano allo stato di sale potassico. Gr. 0,1810 di sostanza fornirono gr. 0,0987 di solfato po- tassico. Cioè su cento parti: trovato calcolato per C:H3KN30, Potassio 24,44 24,68 L’ Accademico Segretario AnpREA NAccARI. CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 8 Gennaio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: CLarertA, Direttore della Classe, Peyrron, Rossi, Manno, BoLLatI DI SArnT-Prerre, Pezzi, NANI, Cocnerti pe Martis, Grar, BoseLri, Brusa, PERRERO, ALLIEVO e Ferrero Segretario. Il Socio Segretario, a nome dell’autore, offre un opuscolo del cav. Giovanni Srorza, Direttore dell'Archivio di Stato di Massa: Carlo II di Borbone e la suprema reggenza di Parma (Firenze, 1896), ed a nome pure dell’autore, professore dott. Ettore De Toxr, due volumi: Repertorium geographico-polyglottum in usum “ Sylloges algarum omnium , (Padova, 1894); Vocabolario di pronuncia dei principali nomi geografici moderni (Venezia, 1895). Presenta poi un lavoro manoscritto intitolato: Francesco Sansovino e le sue opere storiche, di cui l’autore, il cav. Giovanni Srorza, desidera l’inserzione nelle Memorie accademiche. Ad esaminare questo lavoro ed a riferire in una prossima adunanza, il Presidente delega i Socii CLaRETTA, FERRERO e CIPOLLA. Il Socio Giuseppe ALLipvo legge una sua nota: Di alcune forme speciali della vita psichica, che è pubblicata negli Atti. IO ROERO 276 GIUSEPPE ALLIEVO LETTURE Di alcune forme speciali della vita psichica; Nota del Socio GIUSEPPE ALLIEVO. Nel mondo psicologico l’anima umana e le sue potenze sono due termini fra loro indissolubilmente congiunti, come nel mondo della natura un corpo è inseparabile dalle sue proprietà e dalle forze, che governano i suoi movimenti. E veramente spogliate l’anima delle sue potenze, ed essa non opera, non vive più, è ridotta ad una morta astrazione. Separate le potenze dall'anima, ed esse rimarranno senza forza vitale, che le muova ad operare, senza centro di unità, che le componga ad armonia, senza so- stanza, a cui appartengano: sono potenze di nessuno, e quindi entità chimeriche, vane apparenze. La vita dell'anima sta tutta quanta nell’esercitare le sue potenze e quindi stringersi in rapporto sempre più intimo ed operoso con se stessa e cogli esseri dell'universo. Percepire ed osservare il mondo esterno, aver coscienza di noi e riflettere sul nostro mondo interiore, sentire la natura, l'umanità, Dio, ricordar il passato, raffigurarci l'avvenire, sollevarci colla ra- gione al mondo soprasensibile ed agli eterni ideali, giudicare e ragionare, astrarre ed immaginare, volere e desiderare, amare ed odiare; tale è il vivere proprio dell'anima. Che se la vita dell'anima si rivela nell'operare delle fa- coltà, di cui è naturalmente fornita, ognun vede che tra quella e questo esiste tale intima corrispondenza, che dal vario modo, con cui si attua il lavorio delle potenze, anche la vita psichica assume forme diverse, le quali porgono argomento di impor- tanti e sempre nuove considerazioni al psicologo non meno che al pedagogista. Infatti poniamo ad esempio, che il sentimento religioso trasmodi a segno da soffocare e sospendere l’azione di tutte le altre potenze umane, allora la vita dell'anima assume —_—_ nn I Mo MITO) 1 7 Vo 3 1 4 (1) Il Kiikenthal (2) dà per gli embrioni di Balaenoptera mu- sculus i numeri seguenti: Embrione di 38 cent. di lungh. I, dito5 11,8 IV,8_ V,4 spiaggia di Langrune (“ Archiv. zool. expér. ,, 2* serie, vol. IMPis, 1885), le misure seguenti: I dito (2° dito secondo Yves Delage) m. 0,57 IR RETE TAN I È n) m. 0.88 agiata - a ) m. 0,99 V ”» (5° » ” n ” ) m. 0,44. La lunghezza della mano è di m. 0,90. Nel nostro esemplare, la lun- ghezza totale della mano, come sopra è stato detto, è di m. 0,88. (1) Yves Delage per l’individuo sopra citato dà i numeri seguenti: I dito — falangi N. 3 6 I ” “== ”» ” IV ” agi ” » 6 Mi DI r- ” È) 4 In questo caso non è stato tenuto conto evidentemente del pezzo ter- minale che rappresenta il rudimento di altre falangi. (2) Ueber die Hand der Cetaceen, “ Anat. Anzeig. ,, 1890, pag. 51. — La numerazione delle dita è data secondo le idee seguìte dal Kiikenthal in pubblicazioni posteriori e da me nel presente lavoro. 316 LORENZO CAMERANO Confrontando il numero delle falangi embrionali con quello dell’ animale adulto appare che la riduzione nel numero delle falangi ha avuto luogo particolarmente nelle dita Il e IV sulle quali è più attiva l'azione dell’ incurvarsi della pinna come si può vedere dalla figura 1 unita a questo lavoro. Si può dire che la falange terminale cessa dallo svilupparsi per mancanza di spazio dovuta al modificarsi del margine e dell’ apice della pinna per un migliore adottamento funzionale come organo di direzione dei movimenti nell'acqua (1). Nella pinna dell'individuo di Savona ho trovato i rudi- menti del terzo dito simili a quelli trovati per la prima volta dal Kiikenthal in embrioni di Balaenoptera musculus (2). Il rudimento del terzo dito si trova nel nostro esemplare verso l'estremità della pinna e precisamente fra il II e il IV dito. Esso si estende dal principio della 4* falange del IV dito fino alla fine della 5° falange. Il rudimento è costituito da un pezzo allungato, in parte ossificato e in parte cartilagineo della lunghezza di m. 0,12 circa. La sua maggior larghezza è di m. 0,018 circa. La porzione ossificata ha la forma di una piccola falange della lunghezza di m. 0,04, della larghezza massima di m. 0,018 e dello spessore massimo di m. 0,008. Nella sua parte superiore vi è una formazione cartilaginea che digrada bruscamente e si fonde per dir così col tessuto connettivo circostante. Nella sua parte inferiore vi è un lungo prolungamento cartilagineo che gradatamente va assottigliandosi e si fonde all'estremità esso pure col tessuto connettivo eirco- stante. Questo prolungamento cartilagineo presentasi come re- (1) Van Benepen et Gervais (op. cit.) danno alle dita della Balaenoptera musculus il numero di falangi seguente, che io trascrivo considerando le dita nel modo sopradetto. Dito I (2° secondo Van Beneden et Gervais), falangi N. 8 s 11 (3° n si - ; ” . ” IV (4° ” » » ), » » 5 SALDI x i )jro » 3 Anche in questo caso non venne evidentemente tenuto conto delle pic- cole falangi terminali. (2) Cetologische Notiz, * Anat. Anzeig. ,, V, 1890, pag. 709. — Vergl. Anat, Entwik. Unters. an Walthieren, vol. II, Jena, 1893. RICERCHE INTORNO ALLA STRUTTURA DELLA MANO, ECC. 317 siduo di due probabili falangi in guisa che tutto il rudimento del terzo dito è a mio avviso costituito da 4 falangi (a-d-e-d fig. 3). È questa la prima volta, per quanto io so, che vien rico- nosciutà in modo sicuro la presenza del rudimento del terzo dito in un individuo adulto di Balaenoptera poichè dice il Ki- kenthal stesso (1893 op. cit.): “ Erwihnen méchte ich noch, “ dass an dem Skelet einer erwachsenen Balaenoptera musculus “ im Museum zu Kopenhagen sich ebenfalls der rudimentàre “ Finger zwischen dem zweiten und dritten Finger eingenla- «“ gert vorfindet, doch mòchte ich dazu bemerken, dass der vor- “ dere Theil des Extremitàtenskeletes nach dem Original in “ Holz nachgebildet worden war ,. Nel rudimento da me descritto riesce evidente, come ri- sulta pure dai rudimenti osservati nelle pinne di individui em- brionali dal Kiikenthal, che la riduzione del 3° dito ha avuto luogo procedendo dalla parte prossimale alla distale; la qual cosa ha rapporto colle modificazioni avvenute nella mano nel suo trasformarsi in pinna nuotatrice come sopra è già stato detto. È probabile che il rudimento del terzo dito, quando si pro- ceda ad una dissezione accurata delle pinne delle Balenottere adulte, venga ad incontrarsi più frequentemente di quello che non si creda. La mano delle Balenottere viene così ad essere. facilmente riconducibile al tipo pentadattilo caratteristico dei mammiferi terragnoli. Probabilmente il gruppo di Cetacei al quale appartengono appunto le Balenottere ebbe origine da mammiferi terragnoli viventi in località acquitrinose, i quali gradatamente passarono alla vita acquatica schietta. La via seguìta, per ciò che riguarda le modificazioni av- venute nelle estremità, si può profilare in questo modo: 1° Periodo di viluppo delle estremità in organi di nuoto, allargamento ed allungamento della regione carpo-falangea e tarso-falangea; probabile sviluppo numerico delle falangi. La coda subisce pure delle modificazioni ed è probabile che da principio la sua funzione fosse più di organo dirigente che di organo propulsore. 2° Periodo di sviluppo della coda in pinna caudale atta a funzionare da organo propulsore potente. n 7 si / 318 LORENZO CAMERANO 3° Periodo. Le estremità perdono gradatamente impor- tanza come organi propulsori e conservauo la funzione di or- gani direttori dei movimenti. 4° Periodo di riduzione progressiva delle estremità po- steriori divenute inutili per lo sviluppo grande della pinna caudale. Rimangono del cingolo posteriore e delle estremità posteriori, nelle forme attuali, solo una parte delle ossa pel- viche le quali hanno forse assunto altre funzioni in rapporto coll’apparato copulatore (1). 5° Periodo; modificazione successiva delle pinne anteriori in lamine rigide falcate, funzionanti da organi direttori dei mo- vimenti acquatici, con immobilizzazione delle articolazioni fa- langee e metacarpee, colla riduzione nel numero delle falangi distali e colla riduzione nel numero delle dita da 5 a 4. Il dito scomparso è il terzo, il quale corrisponde al dito medio della estremità pentadattile tipica dei mammiferi. Questo dito si pre- senta ancora attualmente allo stato rudimentale nella sua parte distale talvolta negli individui embrionali e negli adulti (2). (1) Cfr. a proposito della descrizione e posizione delle ossa pelviche nella Balaenoptera musculus il lavoro di Yves Delage: Mistoire du Balae- noptera musculus échoué sur la plage de Langrune, “ Archiv. Zool. expér. ,, 2° ser., III, 1885. È possibile che rispetto alle ossa pelviche rudimentali di questi Cetacei si osservi una differenza sessuale notevole, e che esse siano più sviluppate proporzionatamente nei maschi che non nelle femmine; la qual cosa potrebbe essere in rapporto col funzionare dell'organo copula- tore maschile. Metto qui a confronto le dimensioni delle ossa pelviche del- l'esemplare maschio studiato dall'Yves Delage con quelle del nostro esem- plare femmina di Savona, facendo osservare che le dimensioni generali dei due individui sono presso a che le stesse. è (di Langrune) 2 (di Savona) Lunghezza secondo la curvatura . . . m. 0,50 HIS, SLAE mi 0,/898 si della corda dell'arco . . . , 0,48 moaborme 4. *1,- 0,84 e della saetta dell'arco. . . , 0,04 » dé citate s008 Osserverò ancora come la forma delle ossa stésse sia un po' diversa nei due esemplari, come risulta dalle figure unite a questo lavoro (Fig. 5 e 6). (2) Relativamente alle varie teorie state escogitate per spiegare l'iper- falangia dei Cetacei, la loro derivazione filogenetica, i loro rapporti cogli altri gruppi di Mammiferi e cogli Ictiosauri ecc., si consultino oltre ai la- vori sopra citati anche i seguenti: KiirexrnaL, Verg. Anat. Entwickel. Unters. an Walthieren, I, Jena, 1889 — H. Lesovce, Recherches sur la Morphologie va er CI: — PO - Ca LU ST C_ La É Pa «INVITO: PP Ricerche intorno alla struttura della mano Li i. Atti RAccad. delle Sc. di Torino — fo2 XXAZZ elviche nella AALAENOPTERA MUSCULUS. Fig. 6 no dis Lit. Salussolia-Tarino = RICERCHE INTORNO ALLA STRUTTURA DELLA MANO, Ecc. 319 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1. — Mano di Balaenoptera musculus 2 (individuo di Savona). La figura venne ridotta colla camera oscura da un ricalco a grandezza naturale fatto sulla mano fresca — I, II, IV, V. metatarsei — 1-2-3- 4-5. dita — d. 3. terzo dito rudimentale — a. intaccatura del margine inferiore. Fig. 2. — Mano di un embrione (lungo cent. 119.5) di Baluenoptera musculus (da Kikenthal) — «. intaccatura del margine inferiore — d. terzo dito rudimentale. Fig. 3. — Rudimento del terzo dito nell’individuo adulto 9 di Savona in grandezza naturale: a, parte prossimale, d, parte distale — a-b-c-d. fa- langi — >. falange ossificata — Le parti cartilaginee a, d si conti- nuano col connettivo circostante. Fig. 4. — Cartilagine terminale del II dito, la quale si continua col con- nettivo circostante in prossimità della pelle. Fig. 5. — Una delle ossa pelviche dell'individuo adulto 9 di Savona. Fig. 6. — Una delle ossa pelviche dell’individuo adulto è di Langrune (da Yves Delage). du Carpe chez les Mammifères, © Archiv. de Biol. ,, V, 1884 — J. A. RyprR, On the genesis of the extra terminal phalanges in the Cetacea, È The Ame- rican Natural, ,, 1885 — H. Lesouco, Ueder das Fingerskelett der Pinnipedier und die Cetaceen, “ Anat. Anz. ,, 1888, pag. 530 — Id., Recherches sur la Morphologie de la main chez les Pinnipèdes, “ Studies from the Museum of Zoology in University college ,, Dundée, vol. I, 1888 — We8er, Studien liber Siugethiere, I, © Beitr. zur Anat. u. Phylog. der Cetaceen ,, Jena, 1886 — In, Anatomisches iîber Cetaceen, © Morph. Jahrb. ,, 1888 — P. ALBRECHT, Ueber die cetoide Natur der Promammalia. È Anat. Anz. ,, 1886 — WeBER, Ueber die cetoide Natur der Promammalia, ibidem, 1887 — V. Pa@urer, Remarques à propos de l'évolution des Cétacés, © Archiv. Zool. expér. ,, s. 3%, vol. III, p. 289 (1895) — H. Lesovuco, Ueder Hyperfalangie bei den Siugetieren, “ Verhandl. der Anatom. Gesells. auf d. zehnten Versam. ,, Jena, 1896, pag. 174 e seg. 320 DIEGO FELLINI | | Il Problema di Pothenot (*):; Nota del Dott. DIEGO FELLINI. PBOBLEMA. Nel piano di tre punti dati trovarne un quarto, dal quale le distanze del primo dal secondo e del secondo dal terzo sono ve- dute sotto angoli dati. RISOLUZIONE. I. — Siano A, 0, B (vedi figura) i tre punti dati mediante gli elementi: AO=%5; /B0= di A 0B =D intendendo che @ stia sempre ad indicare l'angolo convesso com- preso fra le direzioni OA ed 0 B, e sia quindi maggiore di zero e minore di m. Siano inoltre a e B gli angoli pure mag- giori di zero e minori di m, sotto i quali si vedono rispettiva- mente « e 3 dal punto da determinarsi. Se immaginiamo descritti sopra OA ed 0 B due archi di circonferenza capaci il primo dell'angolo a, il secondo dell’an- golo 8, e che diremo brevemente arco a ed arco 8, le due cir- conferenze, alle quali gli archi appartengono, avendo un punto comune 0, si taglieranno in generale in un secondo punto; e questo, purchè si trovi sugli archi a e f risolve il problema. Siccome però due sono gli archi a e due gli archi 8, che si possono descrivere rispettivamente sopra OA ed 0B, così il problema può ammettere in generale quattro distinte soluzioni. (*) Ci è sembrato opportuno fare di questo importante problema una trattazione completa col sussidio della geometria analitica, poichè l'ordi- naria risoluzione trigonometrica non contempla il problema in tutta la sua generalità. Abbiamo poi, per seguire la consuetudine, conservato al problema di Snellius il nome che gli deriva dal suo secondo risolutore. IL PROBLEMA DI POTHENOT 321 In ciò che segue indicheremo con C. il centro dell'arco a descritto sopra OA dalla parte di OB, Ca il centro dell’arco 8 descritto sopra 0B dalla parte di OA, C', il centro dell’arco a descritto sopra OA dalla parte opposta di 0 B, C'8 il centro dell'arco f descritto sopra 0B dalla parte opposta di OA, P, il punto comune alle circonferenze di centro ©, e C3, P. il punto comune alle circonferenze di centro 0’, e Ca, P; il punto comune alle circonferenze di centro Cl’, e 0";, P, il punto comune alle circonferenze di centro ©, e 0'3. Preso il punto 0 per origine delle coordinate, e le dire- zioni OA, OB rispettivamente per assi delle x e delle y, indi- chiamo con m ed n rispettivamente la x e la y del centro C,, m, ed n, rispettivamente la x e la y del centro Cs. Ciò posto, si avrebbero le coordinate del punto P,, risol- vendo simultaneamente le equazioni delle circonferenze 02, (a. 322 DIEGO FELLINI Senonchè si possono ottenere più brevemente, osservando che le coordinate del punto P, sono rispettivamente doppie di quelle del punto Q, in cui la retta dei centri C.C3 incontra ad an- golo retto la corda comune OP,. La retta C.Cs ha per equazione: n_-n)ar -(m_-m)y+tmn-mn=0 ossia : SEA its Serra ah m—_- my Pr m—_ Mm ui— % l'equazione di una retta qualunque passante per l'origine, ha la forma: = ed affinchè sia perpendicolare alla (€, Cg, deve essere: h= — (M_m)+(n_m)coso (n-n)+(m—-m)cosp * Onde le coordinate, che chiameremo x", y', del punto Q, sono date dal sistema: {APEDATIS IS r mny,T_ Mn a dt m_ my m_ my (nm) +(n-m)cosp__, (nn) + (m — my) cos to: Si ha così: g° = (mm— min) (1 — n) + (my — m) cosp! — (mm) (n n) 2(m— mm) (n — n) cosp i (mu nun)}(m_-m)+(n-m)cospi . IT mm (nn +2(m—-m)(1—m) 089’ e quindi per il punto P,: pi pil 2(mny — mi n)} (4 — n) + (my — m) cospÌ \ — (mm +(1—m)?+2(m—m)(n— n) cosp | __ 2(mm— mn) (m—-m)+(n—m) cospi IT momPF nm +2(m — my) —m) 0089” IL PROBLEMA DI POTHENOT 323 Dovremo però esprimere x ed y in funzione degli elementi dati a, 5, @,a,8; ed a tale oggetto determineremo anzitutto le relazioni esistenti fra questi elementi e le coordinate m, n, n, #1. Conducendo dal centro C, il raggio €, 0, la perpendicolare C.H all'asse delle x e la parallela ©,K all’ asse delle y, dai triangoli rettangoli C4-OH, C,0K si ricava: acota acosa n= — => ci 2sen® 2sena sen@ a acota cospo __ acos(@P+a) , 002 2senasenp 2senasenp * analogamente, conducendo dal centro Cs il raggio 030, la per- pendicolare CH, all’asse delle y e la parallela Ca K, all’ asse delle x, dai triangoli rettangoli C30H,, C80K, si ricava: ani bICOLIRAI bcosf 17. 2seng 2senf sen@ ’ = b___ bcotRcosp __ beos(p + R) 8 TO 2senf senp 2senf seng © Le relazioni trovate si mantengono le stesse, qualunque sia la posizione dei centri ©, Ca rispetto agli assi; quindi intro- ducendole nelle formule che danno i valori della x e della y, si avranno espressioni generali. Ed ora, incominciando la sosti- tuzione nel fattore comune ai numeratori della x e della y, si ha: abcos(p+ a)cos(p + B) abcosa cos mni— mn = 5 _ 3 4sena senf sen°@ 4sena senf sen°@ “Shi ab cosa cosf — cos(p + a) cos(p+ f) cpi 4senasenf sen p sen® ab =— + }sen 9 cos(a +) + cos psen(a + B){ 4sena senf senp absen(pta4+8). 9 4senasenf senp | 324 DIEGO FELLINI continuando la sostituzione nei fattori differenti dei numeratori, si ha: bcos(p-+B) _—acosa (mn) t+-(m—m)cosp=— 2senf senp —2senasenp | De E 0080, -, 1 0.080 20) 1009 2senf senp 2sena senp _—bsenasenf seno + asenf senpsen(p+a) 2senasenf seng — b _ asenlpta) "2 2 sena È ed analogamente: tit, LI di bsen (p to B) (mm) +(n —n)cosp = 9 2 senB Dovremmo fare da ultimo la stessa sostituzione nel deno- minatore comune; però, ad evitare laboriose trasformazioni, 0s- serviamo che il denominatore non è altro che il quadrato del segmento ©, Cs. Ora dal triangolo C2 0 Ca si ha: CC = 0° 4 C50° 2 0401030 cosc, 008; d'altra parte dai triangoli rettangoli C:OH, 080H, sì ha: b e a .-e ———_—r_———@6 00= sea 2senB ’ 2sena ’ ed è inoltre: C.0C0:=C0H + C30H,— HOM=(5—a) + (7-8) =n_-(@+a+8); quindi: CIC} sione punti cosjm —(p+a + 8)! 4sen*a gr 4sen?f SETTE __ a*sen?B+5*sen'a-+-2absenasenf cos(o+-a+8) TR 4sen?a sen? i IL PROBLEMA DI POTHENOT 325 Le coordinate del punto P, sono dunque: pae a absen(p+a+8)} asen(p-+-a) — bsena{senB | var }a asen?B+ d*sen?a-+-2adsenasenf cos(p-4+-a-+-B)}seng P, die, co absen(p+a-} -B)) bsen(@ +) —asenf {sena "STR } aîsen?B-+-d*sen'a-+-2absenasenfcos(p+a +8) {senp © Dalle coordinate del punto P, si ottengono quelle del punto P., ponendo a — a in luogo di a; si ottengono quelle del punto P;, ponendo r—a in luogo di a, e t— B in luogo di B; si ottengono quelle del punto P,, ponendo n — 8 in luogo di B. Si ha così: sforzi ___absen(9 —a+9)! i asen(p— a) + bsena at senf \ D . ja ?sen?B+ b°sen?a — 2absena senBcos(p— a+) { seng Pò LLARLI absen(@—a-+8)} &sen(p+B)— asenf isena y5E } a’sen"B-+ b*sen?a —2absenasenf cos(p—a-+f) { sen tiategal absen(p—a— B) diro tore ten Et, } a?sen?8-+#sen'a+-2absenasenf cos(p—@— B)| senp. Pi pi ti absen(p—a— 8)}bsen(p—B)+«sen8 isena y i a?sen?B-+ b*sen'a-+-2absenasenfcos(p—a—B)}senp Î IL absen(p+a— B)} asen(p-+-a)—bsena| senf \ i } a°sen?8-+2?sen?a — 2ab senasen cos(p-+-a— B) { senp P, Î ai absen(@--a—-R) 8)} bsen(p— 8) )+asenB{sena Ar }a asen?B + b?senta— 2absenasenBcos(9+a—B) { sen@ x II. — Passando a discutere i risultati ottenuti, incomincie- remo dal prendere in esame le coordinate del punto P,. Tenuto presente che: t>a> 0) > 90) 0, osserviamo che il denominatore comune si annulla solo quando si abbia: . Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. Do 326 DIEGO FELLINI VR Sine (1) | aseng=dsena; (2) ma, verificandosi la (1) si annullano pure i due numeratori, quindi x ed y assumono la forma 2) ed il problema è indeter- 0 minato. Infatti per la (1) esiste fra le coordinate dei centri la relazione ti ed i centri sono allineati coll’ origine delle 1 coordinate; per la (2) i raggi C20, C30 sono uguali e dello stesso segno, onde le due circonferenze coincidono. I numeratori si annullano entrambi per l’annullarsi del loro fattore comune, vale a dire quando si abbia, come si disse: p+a+B=m, oppure p+4a+B=2m. (3) Supposto che non si verifichi la (2), tanto per la (1) che per la (3) si ha x =y=0, ed il problema è impossibile; in- fatti tanto per la (1) che per la (3) si ha 3 = & , 2 le due cir- 1 conferenze, avendo un punto comune sulla retta dei centri ed i raggi disuguali, sono tangenti. Inoltre i numeratori si annullano etrambi per l’annullarsi dei loro fattori differenti, quando cioè si abbia: | asen(p + a) — bsena—=0 © 4 | bsen(p + B)— asenB=0 Dalle (4) si ricava: sen(p + a)sen(p + R)= sena seng; sviluppando e riducendo: sen @ cos(a + 8) + cosp sen(a + f)=0, ossia: sen(p+a+)=0, nl IL PROBLEMA DI POTHENOT 32 vale a dire, nel nostro caso: Qqta+f=tT oppure P+a4+B=27m. Ed il sistema (4) si scinde nei due sistemi: \ asen(@ + a) — bsena=0 \ asen(p + a) — bsena=0 lo+a+p=n lo+a+8=2", ossia: \ aseng=bdsena \ asen8 = — bsena lo+a4s=" lo+4+a+8=2tn; ma il secondo sistema non può essere soddisfatto; e quando sia soddisfatto il primo, il problema è indeterminato. Uno solo dei numeratori si annulla, quando si verifichi una sola delle (4); in tale ipotesi il problema è impossibile, poichè il punto P, cade sopra uno degli assi (e precisamente in A od in B). È il caso in cui una sola delle circonferenze passa per i tre punti dati. L'arco a da noi considerato è posto, rispetto all’asse delle x, dalla parte delle y positive, e l’arco 8 è situato, rispetto al- l’asse delle y, dalla parte delle x positive; quindi, affinchè il punto P, si trovi sugli archi a e 8, dovrà avere le coordinate positive. È dunque condizione, per la possibilità del problema, che si abbia: sen(p+a+p)> 0 sen(p+ a+ p)<0 DI lei oppure ‘asen(p-—-a) —bdsena<0 bsen(g+B)—aseng>0 ‘bsen(p+8)—asenB<0 Soddisfatta questa condizione, rimangono esclusi i casi esa- minati di indeterminazione e di impossibilità, quindi la condi- zione precedente è l’unica perchè il problema sia determinato e possibile rispetto al punto P.. 328 DIEGO FELLINI — IL PROBLEMA DI POTHENOT Analogamente, rispetto ai punti P., P., P, dovrà essere: sen(p—a+)>0 senl(p—a+ f)<0 (P.)(asen(p—a)+dsena>() oppure \asen(p —a)+bsena<0 bsen(pg +8) —aseng>0 bsen(p+) — asen8<0 senlgp —a—f)>0 sen(lp—a—f)<0 (P,)(asen(p—a)+bsena>0 oppure RE ATR bsen(p—8)+asen8>0 bsen(p—8)+asen8<0 sen(p+a—8>0 senlp+aT—R)<0 (P.)/asen(p+a)—bsena>0 oppure eesalin 08) desi bsen(p—8)+asen8>0 bsen(® —8)+asen8<0. Il problema ammetterà una, due, tre, quattro soluzioni, quando gli elementi dati soddisfino una, due, tre o tutte quattro le precedenti condizioni. II. — I risultati ottenuti furono ricavati nell'ipotesi di t>@>Q, e non valgono quindi nel caso particolare di gp=0 o @=n, nel caso cioè in cui OA ed OB siano sulla stessa retta (nella stessa direzione o in direzione opposta). Quando ciò si verifichi, il problema ammette manifestamente o nessuna o due soluzioni date da due punti simmetrici rispetto alla retta AB. È quindi sufficiente determinare uno di essi; e per tale determinazione, stante la semplicità del problema, anzichè svi- luppare una risoluzione analoga alla precedente (prendendo per assi fondamentali la retta A B e la perpendicolare alla A B nel punto 0), giova meglio ricorrere al metodo trigonometrico. No- teremo solo, poichè ciò può facilmente rilevarsi anche dalla semplice risoluzione grafica, che, se OA ed OB hanno la stessa direzione, è condizione per la possibilità del problema di avere ad un tempo a>befa; quando invece OA ed OB hanno direzione opposta deve essere a+ p< n. Relazione sulla Memoria del Dott. Emo ALmansi, intitolata: “ Sulla deformazione della sfera elastica ,. Il problema che l'A. ha preso a studiare, fu oggetto di numerose ricerche che risalgono al Lamé, e a cui si applica- rono Borchardt, Cerruti, Somigliana, Lauricella ed altri. La soluzione del Dott. Almansi si riattacca piuttosto a quella del Borchardt che alle altre. Essa infatti è indipendente dal metodo generale d'integrazione delle equazioni dell’elasticità dovuto al Betti, al quale sono collegati i lavori di Cerruti, Somigliana e Lauricella; è pure indipendente dal procedimento d'integrazione per serie di Lamé; ma al pari della soluzione di Borchardt è dovuta alla espressione dell’integrale generale delle equazioni dell’elasticità, mediante funzioni armoniche. Però la soluzione del Dott. Almansi è più semplice e più diretta di quella del Borchardt, e tale superiorità dipende da che VA. si valse di espressioni degli integrali delle equazioni dell’elasticità, mediante funzioni armoniche, diverse da quelle da cui è partito il Borchardt, e tali nuove espressioni appaiono le più opportune onde risolvere i problemi dell’equilibrio della sfera elastica. L’A. si è fondato sopra il lemma già noto che l’integrale generale dell'equazione A°A° —0 (a= È L sa ° da) può esprimersi colla formula (x° + + 2° — R°)p+ w in cui R è costante e @ e w sono funzioni armoniche arbitrarie; in seguito a questo lemma egli ha dimostrato il teorema che se «, v, w sono funzioni tali che A?u i, av= SÈ, Noi AK=0, sihau=(2° +y+# —R) O Lr o=(2+y9+ + è — R?) +, w=(#+y+2— RE + v, in cui ®, ), u, v sono funzioni armoniche e fra @ e K passa la rela- zione 5 o+r e = + K, aeVle+$+?). 330 Questo teorema serve all’A. come base del suo procedi- mento d'integrazione, che in maniera rapida e chiara lo con- duce a risolvere il problema dell'equilibrio della sfera elastica, tanto nel caso in cui siano noti al contorno gli spostamenti, quanto in quello più difficile in cui siano note le tensioni. La vostra Commissione, riconoscendo che il lavoro del Dott. Almansi merita di esser reso noto ai cultori della mec- canica e della fisica matematica, ne propone la lettura e la inserzione nelle Memorie accademiche, mentre si augura di veder trattare dallo stesso A., con metodo analogo, il caso di un corpo elastico limitato da un piano indefinito e quello della sfera elastica soggetta, oltre che ad azioni meccaniche, anche ad azioni termiche, nonchè altre questioni ben note, re- lative sempre alla sfera elastica. Corrapo SEGRE. Vito VoLTERRA, Relatore. L’ Accademico Segretario ANDREA NACCARI. 391 CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 17 Gennaio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: CLarETTA, Direttore della Classe, Peyron, Rossr, BoLLari Dpr SAmnT-PreRRE, Prezzi, NANI, BRUSA, Perrero, ArLievo e FeRRERO Segretario. Il Socio Nani a nome dell’autore, professore Lodovico ZpeKAUER dell'Università di Macerata, offre un volume intitolato: “«“ Il costituto del comune di Siena dell’anno 1252 , (Milano, 1897), e brevemente ragguaglia intorno ad esso. Il Socio Giuseppe ALLIEvo, a nome pure dell’autore, pro- fessore Carlo Carzi, offre un volume: Popolo inglese e cattoli- cismo (Correggio, 1896), e legge intorno ad esso una Nota, che è pubblicata negli Affi dell’Accademia. Il Presidente avverte che il Socio CipoLLa non può accet- tare la nomina a membro della Commissione per l’esame del lavoro manoscritto del cav. Giovanni Srorza: Francesco Sanso- vino e le sue opere storiche, presentato nell’antecedente adunanza, e delega a prenderne il posto il Socio NANI. Il Socio BoLLatI DI SAINT-PrERRE presenta un lavoro mano- scritto di Monsignor Giuseppe Augusto Duc, vescovo d'Aosta, intitolato: Livre des cens de l’évéché d'Aoste (1305), di cui V’au- tore desidera l’inserzione nei volumi delle Memorie. A riferire intorno ad esso in una prossima adunanza il Presidente delega il Socio presentante ed i Socii NANI e PeERRERO. 332 GIUSEPPE ALLIEVO LETTURE Intorno al libro del professore D. Carlo Calzi : “ Popolo inglese e cattolicismo ,. Nota del Socio GIUSEPPE ALLIEVO. Il prof. Calzi già ha mostrato il suo versatile e vivace in- gegno in una notevole serie di pubblicazioni, che rivelano in lui un valoroso cultore di studi filosofici e sociali. Dodici anni or sono egli faceva di pubblica ragione un lavoro di critica pedagogica inscritto: L'educazione inglese di Erberto Spencer è la pedagogia italiana, dove con fine umorismo ed argutissima critica pone in chiaro, che di scienza pedagogica l'Italia nostra se ne intende tanto, che punto non le occorre di pigliarne l'im- beccata dall'Inghilterra contemporanea. Il recente ampio volume, che l’autore offre ora all’Acca- demia, è meritevole di favorevole accoglienza, parendo a me una bella pagina di psicologia civile e religiosa del popolo in- glese del secol nostro, scritta con gran sentimento di verità e con lodevole intendimento. Il pensiero dell'autore procede libero e sciolto da ogni disegno prestabilito, da ogni ordine sistema- tico e compassato. Sono sei capitoli, che si succedono nel corso progressivo del volume, ma ciascuno sta da sè, ed intorno a sè, come centro di unità, raccoglie una moltiplicità di svariati e notevoli argomenti, che si presentano spontanei al pensiero e vi pigliano ciascuno il posto che gli conviene. Però la libertà de’ singoli capitoli non toglie che siano tutti quanti informati da un medesimo spirito e cospiranti ad un medesimo intento. La sostanza del libro si aggira intorno la lotta, che si agita da omai quattro secoli, tra il principio religioso cattolico ed i più celebri promotori e rappresentanti del pensiero reli- gioso protestante in Inghilterra. Nel discorrere il suo tema, pr lin” e É INTORNO AL LIBRO DEL»sPROF. D. CARLO CALZI, ECC. 335 l’autore tocca tutti que’ punti, che si connettono col vasto e complicato argomento; questioni filosofiche e teologiche, avve- nimenti politici ed agitazioni sociali, cenni storici, encicliche pontificie e dibattimenti della pubblica stampa, mostrando eru- dizione copiosa, eletta, conveniente all'uopo, e convincimenti profondamente cattolici. L'indole nativa del popolo inglese raffrontata col Cristia- nesimo cattolico, apparisce siccome il concetto dominatore di tutto il lavoro dell'autore. Egli avverte, che in quel popolo risplende l’amore dell’ Autorità, l’amore delle Libertà inglesi, l’amore della 7radizione, triplice dote, che rivela il suo senti- mento di cattolicità (1). Notevole fra gli altri è il Capitolo quarto, dove discor- rendo degli studi, che sorsero dal seno della religione cattolica, scrive: “ Il Cristianesimo fino dalle sue origini diede luogo a studi di due classi; dei quali la prima chiamerei oggettiva, e soggettiva la seconda. Infatti colla prima si cercò la natura del Cristianesimo, confrontandolo coi principii dell’umana ragione, e ne uscì una nuova filosofia, la quale può non andar a grado a qualcuno, come al Labanca, ma non ha nulla da invidiare nè a Platone, nè ad Aristotele: si studiò nella storia, e le origini sue riuscirono giustificate dalle testimonianze fornite di tutti i requisiti critici, la capacità e la moralità..... si studiò nelle sue relazioni colle Religioni, e ne uscì trionfante. Chiamo poi sog- gettiva quella classe di studi, che prese a cercare l'efficacia del Cristianesimo sul soggetto umano, e però sul pensiero, sull’im- maginazione e sull’affetto; e, per queste tre facoltà, sui loro prodotti, le scienze, le arti, la vita , (pag. 30). Guidato da questo concetto del Cristianesimo l’autore abbozza una Carta topogra- fica di un'anima cattolica, la cui libertà egli vede simboleggiata nella dantesca Matelda, Una donna soletta, che si gia Cantando ed iscegliendo fior da fiore, Ond’era pinta tutta la sua via (2). (1) Io credo di interpretare il pensiero dell'autore aggiungendo, che il Cattolicismo talmente risponde alle essenziali esigenze della natura umana, da poter essere accolto da qualunque tempra di popolo. (2) Divina Commedia, Purgat., canto 28, versi 40-42. 334 GIUSEPPE ALLIEVO — INTORNO AL LIBRO, ECC. Valoroso ed entusiasta discepolo di Antonio Rosmini, l'au- tore chiude il volume ricordando i pensieri e le disposizioni d'animo di quel sommo e santo filosofo rispetto all'Unione delle Chiese, ed accennando una festa cattolica dovuta ai Rosminiani, nella quale il Major di Newport, protestante, manifestava la sua speranza, che un giorno o l'altro ogni differenza fra Catto- lici e Protestanti sarebbe per sempre scomparsa, speranza calda- mente nutrita e schiettamente espressa da quell'anima bella e profondamente religiosa di Ernesto Naville. L’Accademico Segretario Ermanno FERRERO. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 27 Dicembre 1896 al 10 Gennaio 1897. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco sì ricevono in dono. * Acta mathematica. Zeitschrift herausg. von G. Mittag-Leffler, 20, 1, 2. Stockholm, 1896; 4°. * American Journal of Science. Editors James D. and Edward S. Dana. New-Haven, 1896; 8°. * Auales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega V, t. XLII. Buenos Aires, 1896; 8°. ** Annalen der Physik und Chemie. Leipzig, 1896. ** Annales de Chimie et de Physique. Paris, 1895. ** Annals of Mathematies. Charlottesville, 1896. * Annals and Magazine of Natural History. London, 1896. * Annals of the New York Academy of Science late Lyceum of Natural history. Vol. VIII (Index); IX, n. 1-8. New York, 1896; 8°. Anuario del Observatorio astronémico nacional de Tacubayà para el aîo de 1897. Mexico, 1896; 8°. ** Archiv fir Entwickelungsmechanik der Organismen. Leipzig, 1896; 8°. ** Archives des Sciences physiques et naturelles, etc. Genève, 1896. ** Archives italiennes de Biologie... sous la direction de A. Mosso. Turin, 1896. ** Archivio per le Scienze mediche, diretto da G. Brzzozero. Torino, 1896. * Atti della Società toscana di Scienze naturali residente in Pisa. Processi verbali, vol. X, 1896. Atti della Società Piemontese d’Igiene; Anno II, fase. V-VII. Torino, 1896; 8°. ** Beiblitter zu den Annalen der Physik und Chemie. Leipzig, 1896. Boletin mensual del Observatorio Meteorolégico Central de Mexico; julio- septiembre, 1896. Mexico, 1896; 4°. * Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. Vol. XXVIII, n. 2; XXX, n. 2. Cambridge, 1896; 8°. 336 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA ** Bulletins de la Société anatomique de Paris, etc. Paris, 1896. * Bullettino delle Scienze mediche pubblicato per cura della Società medico- chirurgica ecc. Serie VII, vol. VII, fase. 11-12. Bologna, 1896; 8°. * Cimento (Il nuovo). Pisa, 1896. * Comptes-rendus des séances de l’Académie des Sciences dé Cracovie, rovembre, 1896; 8°. * Comptes-rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des Sciences. Paris, 1896. * Elettricista (L’). Rivista mensile di elettrotecnica. Roma, 1896. * Festschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Zurich 1746-1896. Zurich, 1896; 2 vol. in-8°. * Gazzetta chimica italiana. Roma, 1896. Gazzetta delle Campagne, ece. Direttore Enrico Barsero. Torino, 1896. Geologic Atlas of the United States. Fol. 7, 13-25. Washington, 1894-96; 14 fasc. in fol. (dal Department U. S. Geological Survey). * Giornale del Genio civile. Roma, 1896. * Jornal des sciencias Mathematicas e Astronomicas. Publicado pelo Dr. F. Gomes Teixeira. Coimbra, 1896; 8°. ** Journal fiir die reine u. angewandte Mathematik. Berlin, 1896. * Journal of Comparative Neurology; Vol. V. Cincinnati, Granville, Ohio, 1896; 8°. ** Journal de Mathématiques pures et appliquées. Paris, 1896. ** Journal de Conchyliologie, comprenant l’'étude des mollusques vivants et fossiles. Paris, 1896; 8°. * Monatshefte fiir Mathematik und Physik. Wien, 1896. Morphologisches Jahrbuch. Herausg. v. C. GecewnAvr. Leipzig, 1896. ** Nature, a Weekly illustrated Journal of Science. London, 1896; 8°. ** Neues Jahrbuch fiirr Mineralogie, Geologie und Palaeontologie, etc. Stuttgart, 1896. * Neujahrsblatt herausgegeben von der Naturforschenden Gesellschaft aut das Jahr 1880-1888, 1890, 1892-1896. Zurich, 15 fase. in-4°. Onoranze al professore Stanislao Cannizzaro (xi luglio MDCCCXCVI). Ren- diconto generale. Roma, 1896; 8° (dal Prof. Senatore S. Cannizzaro). ** Philosophische Studien. Leipzig, 1896. * Physical Review; a journal of experimental and theoretical physics..... Published for Cornell University. New York, 1896; 8°. ** Poggendorff’s biographisch-literarisches Handwòrterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften. Ill Bd. Lief. 5-6. Leipzig, 1896; 8°. Proceedings and Transactions of the Nova Scotian Institute of Science. Session of 1894-95, 2° series, vol. II, part L. Halifax N. S., 1896; 8°. * Proceedings of the Royal Society. Vol. LX, 364. London, 1896; 8°. Proceedings of the Royal Physical Society. Session 1895-96. Edinburgh; 8°. * Proceedings of the American Philosophical Society held at Philadelphia. Vol. XXXV, n. 150. Philadelphia, 1896; 8°. * Proceedings of the Rochester Academy of Science. Broch. 1, vol. III Rochester, N. Y., 1896; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 987 Proceedings of the American Association for the advancement of Science. Vol. 44. Salem, 1896; 8°. * Quarterly Joarnal of pure and applied Mathematics. London, 1896. * Records of the Geological Survey of India. Vol. XXIX, part 4. Calcutta, 1896; 8°. * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXIX, fasc. 18, 19. Milano, 1896; 8°. * Rendiconti della R. Accademia dei Lincei — Classe di Scienze fisiche, ecc. Roma, 1896. * Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Serie 3, vol. II, fase. 11. Napoli, 1896; 8°. Report of the Superintendent of the U.S. Coast and Geodetie Survey for the fiscal year ending. June 1894. Washington, 1895; 8°. * Revue sémestrielle des publications mathématiques. Amsterdam, 1896. ** Revue générale des sciences pures et appliquées. Paris, 1896. * Rivista di Artiglieria e Genio. Roma, 1896; 8°. Rivista di Topografia e Catasto pubblicata per cura di N.Jadanza. Torino, 1896 (dono del socio Jadanza). * Settimana (La) medica dello Sperimentale, organo dell’Accademia medico- fisica fiorentina. Firenze, 1896; 8°. * Sperimentale (Lo). Archivio di Biologia. Firenze, 1896; 8°. * Transactions of the Royal Scottish Society of Arts. Vol. XIV, p. 2*. Edinburgh, 1896; 8°. * Vierteljahrsschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Zurich. 1-36 Bd., 39, 40 Bd. Zurich, 1856-1895; 38 vol. 8°. * Zeitschrift fiir mathematischen und naturwissenschaftl. Unterricht; herausg. v. J. C. Horrwanx. Leipzig, 1896. * Zoologischer Anzeiger, herausg. von Prof. J. Vrcror Carus in Leipzig, 1896; 8°. | Anthoinoz (A.). Le solscope et le gnomographe. Études cosmographiques. Thonon-les-Bains, 1896; 8° (dall’A.). Cannizzaro (S.). Scritti intorno alla teoria molecolare ed atomica ed alla notazione chimica. Pubblicati nel 70° anniversario della sua nascita (13 luglio 1896). Palermo, 1896; 8° (Zd.). ** Cayley (A.). The collected Mathematical papers. Vol. XI. Cambridge, 1896; 4°. De Agostini (G.). Il lago d'Orta. Torino, 1897; 4° (I4.), Honoré (Ch.). Loi du rayonnement solaire. Montevideo, 1896 (dono del Governo della Repubblica dell’ Uruguay). Macchiati (L.). Ancora sui microbi della flaccidezza dei bachi da seta. Firenze, 1896; 8° (dall’A.). Mascari (A.). Sulla frequenza e distribuzione in latitudine delle macchie solari, osservate all'Osservatorio di Catania nel 1895; 4° (Z4.). —. Protuberanze solari osservate nel R. Osservatorio di Catania nel 1895. Roma, 1896; 4° (Id.). 388 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Riccò (A.). Stato presente dei fenomeni endogeni nelle Folie. Modena, 1896; 8° (dall’A.). Riccò (A.)e Saya (G.). Saggio di Meteorologia dell'Etna. Roma, 1896; 4° (Id.). Sars (G. 0.). An account of the Crustacea of Norway with short Descriptions and Figures of all the Species. Vol. II. Isopoda. Part I-II. Apsendidae, Tanaidae. Bergen, 1896; 8° (dal Museo di Bergen). Volante (A.). Una salve all’ing. Andrée. Torino, 1896; f° (Zall’A.). Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Dal 3 al 17 Gennaio 1897. Annali di Statistica. — Statistica industriale. Fasc. LXI. Roma, 1896; 8° (dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). Annali di Statistica. Atti della Commissione per la statistica giudiziaria civile e penale. 2* Sessione dell'anno 1895. Roma, 1896; 8° (J@.). * Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Sc. mor., stor. e filol., ser. V, vol. IV. Notizie degli Scavi: novembre 1896; 4°. * Bibliotheca Indica: A Collection of Oriental Works published by the Asiatie Society of Bengal. New series, n. 880-885, 877; 8° e 4°, The index of the Maasir-ul-Umara, vol. II, fasc. X, XI. Calcutta, 1896; 8° e 49. * Bollettino delle Pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa; 1896, n. 252-264 e Indice alfabetico delle opere pubblicate nel 1895; 8° (Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze). Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale. Anno XII. da aprile a settembre e suppl. al fasc. di aprile-giugno. Roma, 1896; 8° (Ministero delle Finanze). Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. Anno XIV, n. 5-6. Roma, 1896; 8° (Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). * Comptes-rendus de l’Athénée Louisianais. 5®* sér. Tom. 3°, livr. 4me_6me, Nouvelle-Orléans, 1896; 8°. * Comptes-rendus des séances de la Société de Géographie; n. 13-16. Paris, 1896; 8°. ** Monumenta Germaniae historica. Auctorum antiquissimorum, t. XI, pars I-II, Chronica minora saec. IV, V, VI, VII edidit Theod. Mommsen. Vol. II, fasc. 1, II; Scriptorum rerum Merovingicarum, t. III; Poetarum latinorum Medii /Evi, t. III partis alterius, fase. II. Berolini, 1893, 1896; 4°. * Mémoires et Documents publiés par la Société Savoisienne d’Histoire et d'Archéologie, t. XXXV. Chambéry, 1896; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 389 Rosario (Il) e la Nuova Pompei. Anno XII, quad. VI-XII. Valle di Pompei, 1896; 8°. Sanskrit Critical Journal of the Oriental Nobility Institute, Woking; England, n. 5-12. 1896; 8°. Valle di Pompei; Anno VI. n. 4-12. 1896; f°. Buratti (C.). La religione e la morale scientifica. Milano, 1894; 8° (dall’A.). De Toni (J. B.). Repertorium geographico-polyglottum in usum “ Sylloges algarum omnium ,. Patavii, 1894; 8° (Z@.). — Vocabolario di pronuncia dei principali nomi geografici moderni. Ve- nezia, 1895; 8° (I2.). Pugnetti (M.). Notizie storiche sulla tipografia di Carmagnola. Carmagnola, 1893; 8° (Zd.). Sforza (G.). Carlo II di Borbone e la suprema reggenza di Parma. Roma, 1896; 8° (Z4.). Taramelli (A.). Armi neolitiche del Piemonte. Parma, 1896; 8° (Z4.). Zuccante (G.). Condotta buona e condotta cattiva secondo lo Spencer. Roma, 1896; 8° (Zd.). Torino — Vincenzo Boxa, Tipografo di S. M. e Reali Principi. CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPH PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: Cossa, Vice Presidente dell’Acca- demia, D’Ovipio, Direttore della Classe, BerRUTI, Bizzozero, FerRrARIS, Mosso, Spezia, GracomINI, CAmeRANO, SEGRE, PEANO, Vonrerra, JADANZA, Foà, Gurpi, FiLeti e NaAccarI Segretario. Viene letto ed approvato l atto verbale della seduta pre- cedente. Ml Presidente per incarico avuto dal Prof. CANNIZZARO rin- grazia la Classe della parte presa alle onoranze fattegli. Il Socio VoLtERRA presenta alla Classe un opuscolo del Dott. VarLati contenente la prolusione alle conferenze che egli tiene in quest'anno nella nostra Università intorno alla Storia della meccanica. Il Socio VoLteRRA segnala alla Classe questo corso fatto con idee moderne ed intenti elevati, che costituisce un esempio lodevole di esposizione storico-critica di un ramo delle matematiche. Il Socio Segre presenta alla Classe una sua memoria stam- pata, che porta per titolo: “ Sulla scomposizione dei punti sin- golari delle superficie algebriche ,. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 26 342 Il Segretario comunica alla Classe le lettere di ringrazia- mento inviate dai professori Mascart, Proarp, Fiorini e FAveRO eletti Soci corrispondenti. Vengono accolte per l'inserzione negli Atti le seguenti note presentate dal Socio PeANO: 1° “ Sugli enti primitivi della Geometria protettiva astratta ,, nota del Prof. Mario PrERI; 20.4 Sulla definizione dei gruppi finiti ,, nota del pro- fessor Rodolfo Berrazzi. Raccoltasi in seduta privata la Classe elegge a Soci cor- rispondenti nella sezione di Chimica i professori Guglielmo Filippo Ramsay dell’Università di Londra ed Emilio FrscHeR dell’Università di Berlino, e nella sezione di Mineralogia i professori Carlo Federico RammeLsBERe dell’Università di Berlino e Alberto ScHraur dell’Università di Vienna. MARIO PIERI — SUGLI ENTI PRIMITIVI DELLA GEOMETRIA, ECC. 348 LETTURE Sugli enti primitivi della Geometria Projettiva astratta; Nota di MARIO PIERI. 1. In un articolo pubblicato assai di recente (*), e che mi converrà di suppor conosciuto al lettore, sono esposte e dichia- rate alcune proposizioni primitive o postulati fondamentali, circa i concetti primitivi o indecomposti di punto projettivo, congiun- gente due punti proj'. e segmento projettivo; dalle quali è possibile svolgere, per via strettamente deduttiva, il complesso delle ra- gioni e dei fatti costituenti la moderna Geometria di Posizione. Nella presente Nota, avanzando di un tratto ragguardevole nel- l’analisi di que’ principî, voglio mostrare altresì la possibilità di fondare tutta quanta la pura Geom?. di Posiz®. (e quindi anche le geometrie metriche astratte che ne derivano) sopra due soli enti primitivi, che sono il punto proy. e la congiungente due punti proj'. Dico cioè che per mezzo di queste due categorie, non definite altrimenti che per via di postulati, si può definire formalmente o con sola imposizione di nomi il segmento proj°.; e per conseguenza anche la relazione del separarsi fra punti d'una retta, e le nozioni di ordine naturale, di concordanza 0 dis- cordanza nel verso, ecc., che tutte sono esprimibili dal segmento proj°., e si sono avute fin qui per primitive rispetto a que’ due concetti elementari (**). Questa novità porta con sè naturalmente qualche mutazione circa i postulati del segmento; che ora concorrono a formare un sol tutto insieme con gli altri, assumendo anch'essi il carattere (*) Intendo la mia Nota sopra “ un sistema di postulati per la Geom?. Proj*. astratta degli iperspazî , (nella “ Rivista di Matematica ,, t. VI. pag. 9-16) — che si citerà col segno ms. (**) Per giustificare alcuni giudizî dovrò spesso, come qui, richiamarmi ad altro lavoro “ Sui principî che reggono la Geom®. di posizione ,, stampato negli “ Atti dell’Accad. delle Scienze di Torino ,, vol. XXX e XXXI. Vedi in particolare i $$ 7, 8,9 e 10. — Sarà citato appresso col segno mi. 344 MARIO PIERI di predicati nelle due categorie projettive anzidette: di guisa che si potranno ad es. sopprimere le propos'. primitive già contras- segnate (*) coi numeri XII, XIII, XIV e XX, le quali enunciano fatti dimostrabili in forza della nuova defininizion di segmento. 2. Nulla si aggiunge o si toglie in appresso al contenuto dei $$ 1, 2, 3, 4 del succitato articolo, poi che le nostre rifles- sioni volgono intorno alla materia del successivo $ 5 (**). Os- serverò solamente che al postul°. IX (ivi, $ 2) cioè: (*) In ma. (**) Che può vedersi distesa nei $$ 7, ... 10 del citato lavoro agli Atti di Torino. — A proposito del quale non posso qui ritenermi dal chiarir prive di fondamento due osservazioni, lette a pagg. 3 e 6 della Nota * Sulla introduzione alla Geom°. Projettiva , del Prof. F. Amopro, stampata nel vol. XXXIV del © Giornale di Matematica ,. In una di esse è detto ch'io abbia (in my) “ presentato come postulato , la proposizione: un S, e un S» di un S3 che non si appartengono hanno sempre un Sy a comune. — Vera- mente in nessun luogo di quel mio lavoro comparisce l'ente S:, visuale d'un piano projettivo da un punto esterno; come può subito riscontrare ognuno che voglia. Ma l’Ax., citando a prova di quanto asserisce un mio Postul°., dove si afferma che un piano proj”. (Ss) ed una retta proj*. (83) hanno sempre almeno un punto (So) a comune, ritiene senz’alcun dubbio, che questo e la proposiz®. suddetta siano la stessa cosa. Tanto varrebbe il porre la propos®.: “ due rette nello stesso piano hanno un punto a comune , come identica all'altra: “ due rette hanno un punto a comune ,. — Nè più felice è l’altra osservazione in cui, per l'opposto, non è avvertita l'eguaglianza di due affermazioni, che realmente non differiscon tra loro. Delle due propos': 1) “ Due Sp indipendenti A e B individuano una (ed una sola) classe di infiniti Sy, di cui fan parte que’ due , — 2) “ Se C, D sono due S, dell’S, AB, sarà CD= AB, la 1) è dall’Ax. prodotta qual postulato e l'altra come teorema: ora contro all'opinione (espressa in my, pag. 8) che Egli abbia assegnata la 2) come primitiva, risponde di averla anzi dimostrata mediante la 1). Ed è vero, ma solo in grazia al principio, che “ dalla pro- posizione A si deduce la proposizione A ,: principio, il quale consente in fatti di riprodurre come teorema una proposizione già stabilita per innanzi come assioma; non però ne seguita, che una tal proposizione cambi na- tura, o cessi d'essere assioma. — Che poi nella 1) sia affermata esplici- tamente la 2) sarà manifesto a chiunque consideri un poco addentro il senso della proposiz®. stessa, la quale in somma consiste nelle due affer- mazioni seguenti: a) “ Dati due S, indipendenti A e B, esiste una classe d'infiniti So contenente que’ due; 5) questa classe AB è determinata dai punti stessi ed unica ,. Or che cosa può mai significare la proposizione b), se non vuol dire, che “ la classe 4B non deve mutare, quando al posto di A, B s'introduca un’altra coppia di punti €, D, presi a piacere tra gli infiniti che compongono AB ,? | SUGLI ENTI PRIMITIVI DELLA GEOMETRIA PROIETTIVA ASTRATTA 345 a,be[0].a -—=B.ceab-1a:9.ab9ac si potrebbero sostituire le due proposizi.: (DO a,be[0]).a-=d.ceabB-14:9.acgab (X)” 1 a R :9.deac le quali bastano insieme a riprodurlo, dove a ciò non par suf- ficiente luna o l’altra da sè. 3. Premessi adunque i postul'. I, II, ... XI, introdurremo subito la nozione di “# Armonico , mediante la definizione or- dinaria, che si può scrivere: PI. a,be[0].a-=d.ceab>-1a-15:9.Arm,;c=abdbn n re}u,ve[0]-ad.u>=v.(c,u,0)eC1.([au o do], [avo du], ae Cl: -—=uAl Def. dove il simbolo [au dv] sta invece di “ punto comune alle rette «vu e dv , e l’altro “ eCZ, vuol dire “ sono allineati ,. Il segno Arm,;c potrà leggersi “ armonico di c risp°. ad 4,5 ,. Da questa definizione e dalle altre premesse si deduce tosto (*): P2. HpPl.o:Arm,;ceK(ab-1a-15) — 1A. . Arm,;c —Arm,, c Teor. P3. HpP1.deArm,,c:0a. ce Arm, d Teor. Che poi la figura Arm,;c consti di un unico punto, ossia che: P4. HpP1.o.numArm,,e=1 Teor. si dimostra al modo ordinario per via di triangoli omologici (**). Ad indicar questo punto come individuo di ab useremo di pre- (*) Ved. my, $ 11. (**) Ved. p. e. StAuDT, G. d. L., n. 93. 346 MARIO PIERI ferenza il segno “ Arma,d,e ,, che può anche leggersi * ar- monico ad a,6,c 0 dopo a,5,c ,. Porremo in somma: Phi HpP1.o.Arma,b,c=iArm,;c(*). Def. Dopo ciò si può altresì dimostrare, che P6. HpPl.u,ve[0]-adb.u>-=wv.(c,u0eCL:94-([au n dol, [avo bu], Arma, db, c) e CI; Teor. onde la permutabilità delle coppie armoniche, cioè: leto HpP1.d= Arma,b,c:9.0 = Arme, d,a Teor. In ordine al caso, che il punto c coincida con 4 o con è, giova introdurre la seguente: P8. a,be[0].a-=bd:09:Arma,b,a=a.Arma,5,b=b Def. E per molti rispetti sembra anche opportuno stabilire fin d'ora, che sia questo il solo caso, in cui l’armonico d'un punto è il punto stesso: la qual cosa non par che si possa desumere da ciò che precede. Onde si accetterà senz'altro il postulato: (XII) a,de[0).a-=d.ceab-1a-1b:9.Arma,b,c>-=c Pp. 4. Pongasi: P9, re[1].a,b,cer.a-=b.b-=c.c-=a:9.(abc)= re)yer>1ta>1c.y'=Arma,c,y.x= Army,y',b: :2=,A{ Def. Essendo cioè 4,b,c tre punti diversi d’una retta pr®. r, col sim- bolo (28) denotiamo “ l’insieme di tutti que’ punti x, ognuno dei quali è armonico di è rispetto a due punti y, y', armonici risp°. ad @ e c, ma non coincidenti in a 0 c ,. A questa classe (*) Il segno = vuol dire “ è uguale per definizione ,. SUGLI ENTI PRIMITIVI DELLA GEOMETRIA PROIETTIVA ASTRATTA 347 di punti daremo il nome di “ segmento proj°. «de ,. Si può tosto provare che: P10. HpP9.9.a,c-e(ade) Teor. Invero da yer — 14 > rc segue, in forza di (XII) che y' = Arma,c, y è in ogni caso diverso da y; e però (P2, 4, 5, 7): c= Army,y,a. Ora, se a fosse un punto della figura (« dc), col porre a in luogo di x nella definizione suddetta ne verrebbe a = Arm y,y,b, quindi (P3,8) 6= Army,y,@: risultato assurdo: rispetto ad y (P4), poi che l’armonico di « risp°. ad y,y' è in ogni caso il punto c diverso da è. Dalla P9 sì ha pure immediatamente: Bilbo HpP9.9.(abc)= (cda); Teor. sicchè vengono ad esser tolti di mezzo i postulati XII, XIII e XIV del precede. articolo. È pur facile a vedere che “ il punto 2 appartiene al seg- mento (abc) ,, vale a dire che: P12. HpP9.09.del(abde) Teor. Invero la P9 è soddisfatta, grazie a P8, da ax=5, y=% e y = Arma,c,b.— Per esprimere che un punto d appartiene al segmento (abc), ma è diverso da 8, si può dire che “i punti 6 e 4 non sono separati dai punti « e ec ,. E se il punto d pur giacendo nella retta », non appartiene al segmento (adc), nè coincide con a 0 con c, si potrà dire che “ i punti dè e d son separati dai punti a e c ,. Si dimostra, che queste relazioni fra i punti a e c da una parte, e i punti 6 e d dall’altra, non sono tur- bate dallo scambiare fra loro i punti « e c, o i punti è e d, 0 le coppie a, c e d, d. Intanto dalla P11 si ha già facoltà di scambiare lun l’altro i punti « e c. E poi dalle P3, 8, 9, 10, XII si trae facilmente: 35 re[l].a,b,cer.a-=b.b-=c.c-=a.de(abc): 1:91. belade) Teor. 348 MARIO PIERI Pl4. re[l].a,b,cer.a-=b.b-=c.c-=a.der-xa-1c: :Da:d-e(abe). = .b-e(adc). Teor. Oltrechè, in virtù di P7: P15. re[1].a,b,cer.a-=db.b-=c.c-=a.der-1a-1b: :Da:delabe).=.celbad); Teor. ece., ecc. La proposiz®.: “ due coppie di punti distinti sopra una retta ammettono o no una terza coppia armonica ad en- trambe, secondo che non si separano o sì separan fra loro , non è più che una pura modificazione della nostra definizione di segmento. 5. Riprodurremo qui come stanno i due postul'. XV e XVII del preced. articolo; e cioè: (XII) re[1].a,b,cer.a-=b.b-=c.c-=a.der-(abc)— -—14:94.de(bca), Pp. (XIV) re[1].a,b,cer.a-=db.b-=c.c-=a.de(bca)n o(cab):da.d-e(abc); Pp. i quali si potrebber congiungere nell'unica propos®.: P16. re[1l).a,b,cerra-=b.b-—=c.c>-=a:09:der-(abo)> -ia-1t0.=3.de(bca) n (cab), Teor. che esprime qualmente “ quattro punti dati sopra una retta, tutti diversi fra loro, si posson sempre distribuire, benchè ad un sol modo, in due coppie che sì separino ,. — Dalla definiz*. di Arm,,c (n. 3) segue altresì che “ coppie armoniche si mutano in coppie armoniche, per effetto di qual- sivoglia projezione centrale ,. E però anche la figura “ seg- mento proj°. , apparisce ipso facto dotata della stessa proprietà invariantiva: onde resta senza più eliminato anche l’ultimo dei postuli. ammessi nel preced*. articolo. conii SUGLI ENTI PRIMITIVI DELLA GEOMETRIA PROIETTIVA ASTRATTA 349 La nota proposizione: P17. Hp P16.9.Arma,B,c — e(acb) vig Lie, Teor. cioè “ l’armonico di c risp°. ad a, (diversi fra loro e da c) è separato da c per mezzo di « e è , può adesso dimostrarsi in modo. al tutto rigoroso senza scostarsi dai più comuni trat- tati (*); e p. c. anche il postul°. XVI si converte in teorema (**). 6. Al postul°. XVIII del preced°. articolo si può qui sosti- tuire un principio di minor peso, che è: (XV) re[1].a,b,cer.a-=b.b-=c.c-=a.de(abe): da. . (ade) p (abc); Pp. però che, grazie a P13, di qui si deduce tosto l’eguaglianza (adc) = (abc). — Infine, a tutti i precedenti conviene aggiun- gere il postul°. della continuità del segmento (***), cioè: (XVI) rel]. a,d,cer.a-=d.b-=c.c<=a:hkeK[0]. hk>-=A.hvk=(abc).ceh.yek:9xy:ye(aca):: Ora i 2e(ade) . ue(ade). ze (acu) :Qu. vel. velabe). .ve(acz):09,-vekin= =: Pp. (*) Ved. p. e. Reve, © Die G. d. L.,, 1° Abth. (2° Aufl.), $..32. (#*) Intorno a questo teorema che afferma in sostanza la possibilità di due coppie non sofferenti una terza coppia armonica ad entrambe, è da dire, ch'esso potrebbe — con una leggera modificazione della nostra defi- nizione di segmento — adottarsi qui per assioma al posto di (XII); tenendo poi circa alla suddetta P17 il modo adoperato in my $ 11, e non alterando sostanzialmente il resto. Ma, nella presente scarsità di criterì intorno alla semplicità relativa di due proposizioni, si può preferirgli il (XII). — Si avverta altresì che il postul. (XII) e tutti quelli che gli succedono, potreb- bero, in forza del carattere projettivo dell'ente Arm, ridursi a proposizi. esistenziali, affermanti cioè l'esistenza di almeno un gruppo di tre punti col- legati da certa relazione armonica; e queste proposizì. si scriverebbero im- ponendo a ciascuna delle (XII), (XIII), ... il predicato ©“ — =ra,e A ,. (#*) In mg XVII. 350 MARIO PIERI Che i sedici postuli. suddetti (anzi diciassette, se si tien conto dello spezzamento suggerito al n. 2) siano sufficienti a formare tutta quanta la pura Geom®. Proj®., si risolve da ciò, che per mezzo di essi è possibile giungere, senz’altri sussidi, al teorema fondam®. della projettività, o teorema di Sraupr (*); il quale, siccome par bastantemente provato dal medesimo Staupr (**) e da altri, permette alla sua volta di rappresentare mediante coordinate projettive i punti d'ogni spazio, 0 forma fondamentale, di data specie o dimensione — e però di ridurre ogni quistione projettiva, che possa offrirsi entro una forma sif- fatta, ad una quistione puramente algebrica (***). (*) Ved. my, $$ 13, 14, (**) Ved. “ Beitrige zur G.d. L. ,, $$ 19, 20, 21, 29. (***) Se sia possibile una determinazione numerica dei punti d'uno spazio generale, o ambiente projettivo assoluto (ved. ma, $$ 1,4) è un’altra quistione. Si possono addurre bensì degli esempî analitici, o interpretazioni analitiche, degli enti primitivi, per modo che siano soddisfatti senza ecce- zione i postul. I, ... XVI. Uno assai semplice è quello fornito dalla totalità delle funzioni f ad un sol valore reale, finito e non sempre nullo, della va- riabile intera positiva n; o, in altri termini, dalla moltitudine di serie: fl, f2, f3, ... f(n—1), fn, f(n+1),... in infinito; ove si definiscano eguali fra loro due funzioni f, che differiscon soltanto per un fattore costante (risp. ad n) — o due serie come sopra, quando i loro termini omologhi sono proporzionali. Questa classe di funzioni è un'imagine della classe [0]: î numeri f1, f2,... si posson chiamare coordi- nate successive del punto f. Due punti @(n) e w(n) saranno distinti fra loro (— 1), se le funzioni @ e yw sono linearmente indipendenti; cioè se: a,beg:a-=0.v.b-=0:a@(n + by(n)=n0.". = A, dove il segno 9g denota il numero reale. Due tali funzioni determinano una classe di infinite altre funzioni f, combinazioni lineari di @ e y, classe che può chiamarsi congiungente de' punti @ e y, ed è significata in: re}a,beg:a-=0.v.b-=0:r=n0@(n)+bw(n).".=—=aa0 AL Un punto x(n) giacerà fuori di detta congiungente, se le funzioni ®, w, x siano linearmente indipendenti; cioè se a,bceg:a-=0.u.b>-=0.v.c-=0:09(n) + by(n) +cx(n)=n0 ..=ab,e A; ed allora la visuale della medesima dal punto x, vale a dire il piano dei tre punti @, w, X, verrà ad esser la classe di funzioni: SUGLI ENTI PRIMITIVI DELLA GEOMETRIA PROIETTIVA ASTRATTA 351 Pertanto ogni ragione o fatto pertinente al dominio della Geom®. Proj*. non potrà essere in ultima analisi che una com- binazione logica delle proposi. primit®. I, ... XVI ed una affer- mazione più o meno complessa circa gli enti primitivi punto proj°. e congiungente due punti proji. Per essersi schivata l’in- troduzione di un terzo ente non definito — come l’angoloide semplice (*) (Sraupt), o la distanza di due punti (De PAoLIS), 0 l'ordine naturale nei punti d’una retta (Fano, ENRIQUES), ecc. — può dirsi sciolta la Geom?. di posiz. da ogni vincolo verso l’“ Analysis situs ,; così che la distinzione fra proprietà di con- figurazione (o circa il mutuo appartenersi di punti, rette, piani,...) e proprietà di connessione (o circa il separarsi degli elementi fra loro) non risponde più ad alcuna diversità reale ed intrinseca. re)a,b,ceq:a-=0.v.b>-=0.0.c-=0:2=n109(n) + + bw(n) + cx). = Al. Ecc., ecc. — Qui l'XI° postul°. si risolve nel fatto che “ date "+1 fun- zioni f linearmente indipendenti, ne esiste sempre un’altra linearmente in- dipendente da quelle ,. E si proverebbe altresì che, dati due punti di- stinti p e y ed un punto X=a@P-+b'y diverso da entrambi, al segmento (Pxw) (n. 4) sono da ascrivere tutti e soli quei punti della retta ap + by, pei quali il rapporto = prende valori (finiti e diversi da zero) positivi, o È È E b' SL. È rispettiv®. negativi, secondo che —; è positivo o negativo. (*) Che non è veramente un concetto projettivo. 352 RODOLFO BETTAZZI Sulla definizione del gruppo finito; Nota di RODOLFO BETTAZZI. 1. In una Nota da me pubblicata su questi Atti (1) ho dato un criterio per la distinzione dei gruppi di enti in finiti ed in- finiti appoggiandola al concetto di ordine, come quello che mi pare si riscontri nella pratica in ogni gruppo che si voglia ri- tenere finito. Già il Dedekind si era occupato della distinzione dei gruppi finiti dagli infiniti; ma un'obiezione che si può fare ad una sua dimostrazione (2) lasciava il dubbio se nei suoi gruppi finiti si potesse riconoscere quella ordinabilità, che io ritengo essere condizione necessaria ai gruppi di quel nome. Ricorrendo ad un teorema dato dal prof. Burali-Forti in una sua Nota recentemente pubblicata in questi Atti (3), si può to- gliere quel dubbio, mostrando esatta l’asserzione del Dedekind, e concludendo alla coincidenza della definizione di gruppo finito data dal Dedekind con quella data da me. 2. Il prof. Burali-Forti definisce gruppo finito, come il De- dekind, quello in cui è impossibile che una parte propria sia di ugual potenza all'intero gruppo (vedi sua Nota $ 2, Prop. 1, 2). Indi per ogni gruppo finito G passa a considerare un gruppo F, che egli dice gruppo (classe) normale formato cogli enti di G, definendolo così: 1° i suoi elementi G, sono gruppi di enti di G. — 2° se un elemento di è di potenza minore od uguale ad un altro di T, il primo è parte del secondo (in particolare due elementi equivalenti sono identici, o, sotto altra forma, tutti gli elementi distinti di T hanno disuguale potenza). — 3° vi è in T un elemento che consta di uno solo degli enti di G (lo dirò in seguito elemento unitario di FM). — 4° per ogni elemento (1) Berrazzi, Gruppi finiti ed infiniti di enti, “ Atti ,, anno 1895-96. (2) Vedi mia nota citata, $ 10. (3) Burari-Forti, Le classi finite, © Atti ,, anno 1896-97. SULLA DEFINIZIONE DEL GRUPPO FINITO 353 G, di [, che sia distinto dal gruppo completo G, esiste in T un altro elemento G,.., seguente a G,, cioè che contiene tutti gli enti G, e di più un altro ente di G distinto da essi (dirò in seguito G, precedente a G,.), Del gruppo l egli, fra le altre proprietà, dimostra queste :° 1° T è finito (Prop. 9). 2° Ogni elemento di , eccetto l’unitario, ha il prece- dente (Prop. 10). 3° Di T fa parte il gruppo completo G (Prop. 11). 4° Im F si verifica il principio d’induzione (Prop. 12). 5° Da ogni gruppo finito (secondo Dedekind) si può de- durre un gruppo normale formato coi suoi enti (Prop. 13). 3. È facile ora vedere che un gruppo finito (secondo De- dekind) può rendersi semplicemente ordinato e limitato, nel senso dato a queste parole nella mia Nota “ Sulla catena di un ente in un gruppo , (1) (e quindi è finito secondo la definizione della mia Nota citata in principio). Infatti dal gruppo finito G si deduca un gruppo normale T formato coi suoi enti, che esiste secondo la citata Prop. 13 del prof. Burali-Forti: e si consideri il gruppo G costituito dagli enti di G, ciascuno dei quali è o l’elemento unitario di , o l'ente che si ottiene da ciascun elemento di T sopprimendovi gli enti dell'elemento precedente. Dimostro innanzi tutto che questo gruppo G coincide con G. I. Ogni ente di G comparisce in G,. Invero, se a è un ente di G che comparisce in tutti gli elementi di , esso costi- tuisce l'elemento unitario di T, ed è perciò in G. Se a non comparisce in tutti, dovrà mancare nell'elemento unitario, ma non potrà mancare nel seguente di ogni elemento in cui manchi, altrimenti per il principio d’induzione valido in F mancherebbe in tutti, il che è impossibile non potendo mancare per lo meno in G che è elemento di FT. Allora, se G, è un elemento di (1) Vedi questi * Atti ,, anno 1895-96. — Cfr. anche i miei Fondamenti per una teoria generale dei gruppi, nel © Periodico di Matematica per l’inse- gnamento secondario ,, anno 1896. 354 RODOLFO BETTAZZI T in cui manca a senza mancare nel seguente, sarà a l'ente che si ottiene da G,, sopprimendovi @,, e comparirà quindi in Gy. II. Ogni ente di @ comparisce una sola volta in Gb. Perchè se comparisse più di una volta, si avrebbe, p. es., una “volta da G,. sopprimendovi G,, un’altra da G,, sopprimendovi G,, dove G, è distinto da G,, e quindi ($ 1) di potenza disuguale. Se p. es. è G, di potenza minore a G,, sarà G,, di potenza minore od equale a G,, e quindi ($ 2) parte di G,, talchè G, conterrà a contenuto già in G,., e non potrà essere a l'ente che si ot- tiene da G,, sopprimendovi G,. e. d. d. In tale gruppo Go = @ si prenda come ente 0 (immedia- tamente seguente) di un ente a, proveniente dal sopprimere G, in G,+, quello proveniente dal sopprimere nel seguente di G,+ il seguente G,, di G,, e come ente originario quello costi- tuente l'elemento unitario di FT. Sarà allora G chiaramente bene ordinato; e sarà anche limitato, essendo suo ente finale quello ottenuto sopprimendo in G (elemento di F) il suo precedente. Sarà inoltre catena del suo ente originario, cioè (1) varrà in esso il principio d’induzione, il quale vale in T. Queste proprietà sono appunto quelle richieste, e dimostrano il teorema. Con tale teorema si riconosce nei gruppi finiti del Dedekind quella ordinabilità a cui alludevo in principio, ed è tolto quel dubbio di cui facevo parola ($ 1). 4. Ai gruppi infiniti del Dedekind (gruppi di ugual potenza con una loro parte propria) avevo nella mia Nota “ Gruppi finiti ed infiniti di enti , dato il nome di gruppi sviluppabili, dimo- strando che: a) i gruppi finiti secondo la mia definizione (gruppi che possono rendersi semplicemente ordinati e limitati) sono tali anche secondo quella del Dedekind (Teorema, $ 4 della mia Nota); b) i gruppi infiniti nel senso del Dedekind (sviluppabili) sono tali anche nel senso usato da me ($ 10 Cor. 2°, ivi); delle quali proposizioni, equivalenti fra loro, restavano dubbie le inverse. Ma il teorema del $ 3 mostrando che ogni gruppo (1) Vedi mia Nota cit.: Sulla catena di un ente in un gruppo, $ 12, Cor. 2°. SULLA DEFINIZIONE DEL GRUPPO FINITO 355 finito del Dedekind può rendersi semplicemente ordinato e limi- tato, e che quindi è finito anche nel senso mio, prova vera l’in- versa di a) e quindi anche quella di 3); e prova in conseguenza che, anche nel senso mio, sono equivalenti le parole “ svilup- pabili , ed “ infiniti , (mentre fin qui ciò restava dubbio) e che la mia definizione di gruppo finito equivale a quella del Dedekind. Questa coincidenza fra le due proprietà più salienti di un gruppo nel quale si voglia vedere la qualità di finito le mostra adatte entrambe a servire da definizione: e si può dare la pre- ferenza all'una od all'altra, secondo i punti di vista da cui si considerano. Il prof. Burali-Forti, nella sua Nota citata, obietta alla mia definizione che non c'è la necessità di ricorrere al concetto di ordine, perchè egli ha potuto di tal concetto non fare uso, il che, senza dubbio, scientificamente costituisce un metodo mi- gliore; ma didatticamente è forse più conveniente il ricorrervi, gettando essa assai luce sulla natura del gruppo finito. Resta inoltre il fatto che col Dedekind occorre prima de- finire il gruppo infinito, e poî quello finito come gruppo non in- finito, oppure dar subito l’idea di gruppo finito come quello in cui è impossibile trovare una parte propria di ugual potenza al- l’intero gruppo, presentandolo quindi con una proprietà nega- tiva; mentre invece nella mia definizione si dà prima l’idea di gruppo finito, anpoggiata a proprietà positive, e questo, almeno nell’insegnamento, parmi offra un notevole vantaggio. L’ Accademico Segretario AnpREA, NACCARI. 356 CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 31 Gennaio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: CLarertAa, Direttore della Classe, PeyrRron, BoLLati DI SarnT-PrerrE, Pezzi, CrpoLa, Brusa, PER- rero e Ferrero Segretario. Il Socio CLarertA, Direttore della Classe, offre il 1° fasci- colo del vol. VII degli “ Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino ,. Ml Socio Segretario offre un opuscolo del Direttore della Classe: “ Ennemond de aServient ambassadeur de France (1648- 1676), anecdotes inconnus , (Grenoble, 1896). La Classe procede alla nomina di due Socii stranieri, e rie- scono eletti, salvo la sovrana approvazione, i signori Alessandro Enrico WaxLon, segretario perpetuo dell’Accademia delle Iscri- zioni e belle lettere dell'Istituto di Francia, e Carlo BrUGMANN, professore nell'Università di Lipsia. 357 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 10 al 24 Gennaio 1897. Glasse di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. Anales del Museo Nacional de Montevideo, VII, 1896; 4°. * Anales del Museo nacional de Chile. Entr. 13*. Santiago de Chile, 1896; 4°. ** Annales de Chimie et de Physique. 5"© série (1874 à 1883), t. IXXX. Table des noms d’auteurs et table analytique des matières. Paris, 1885; 8°. * Annual Report of the Curator of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College,... for 1895-96. Cambridge, 1896; 8°. * Annuario della Società Reale di Napoli. 1897; 8°. * Atti della R. Accademia medico-chirurgica di Napoli. Anno L, N. s., n. III. Napoli, 1896; 8°. Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LV, disp. 1%. Venezia, 1896-97; 8°. Bollettino mensuale della Società meteorologica italiana. Serie 2%, v. XVI, n. 10-12. Torino, 1896. Bulletin de la Société Philomatique de Paris. 8° série, t. VIII, n. 1. 1895. 1896; 8°. * Comptes-rendus sommaires des Séances de la Société Philomatique de Paris, 21 Juin 1896, 9 Janvier 1897. N. 17-19, 1-6; 8°. Den Norske Nordhavs-Expedition 1876-1878. XIII. Zoologi. Tunicata. Chri- stiania, 1896; 4° (dal Meteorologiske Institut). ** Fortschritte der Physik im Jahre 1895, Bd. LI; 2 Abt. Braunschweig, 1896; 8°. * Giornale della R. Accademia di medicina. A. LIX, n. 12. Torino, 1896; 89. Giornale Scientifico di Palermo. A. III, 1896; n. 1-5, 7-12. Palermo; 4°. * Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali. XVIII, fasc. III. Milano, 1896; 4°. * Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LVII, n. 2. London, 1896; 8°. ** Poggendorff’s biographisch-literarisches Handwérterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften. III Bd., Lief. 7. Leipzig, 1896; 8°. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 27 * 358 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Pubblicazioni dell'Istituto Geografico Militare. I. Misura della base del Ticino (o di Somma). II. Misura della base di Ozieri (Sardegna); Superficie del Regno d'Italia, I e Il appendice; Mi- sura della base di Piombino; Latitudine del R. Osservatorio astrono- mico di Catania. Firenze, 1895-1896. 5 fasc. in-4” (dono dell'Istituto). * Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. Tom. X, fasc. VI. Pa- lermo, 1896; 8°. * Rivista mensile del Club alpino italiano. Vol. XV, n. 6-12. Torino, 1896; 8°. * Sitzungsberichte der physikalisch-medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg, n. 1-5, 1896; S°. * Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Sitzung. N. 18-15, 1896. Wien, 1896; 8°. * Verhandlungen physikalisch-medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg, 1896, N. F., XXX Bd., n. 6-8; 8°. Carbonelli (G.). Di una causa rara di distocia per brevità relativa del cor- done ombellicale. Milano, 1890; 8° (dall’A.). — Contributo allo studio della genesi del bacino cifotico. Torino, 1890; 8° (Id). — Infezione congenita di un feto con madre sana. Torino, 1891; 8°(/d.). — Alcune considerazioni sulla pelvi muliebre rivestita delle parti molli allo stato normale ecc. Torino, 1892 (7d.). — Una operazione di Sinfisiotomia come complemento della basiotripsia in un bacino osteo-malacico. Torino, 1893 (I7.). — Dl perineo sotto il rapporto ostetrico-ginecologico. Torino, 1898 (14.). — Del bacino imbutiforme. Torino, 1894 (Id.). — Alcune considerazioni sul parto nella presentazione della fronte. Torino, 1894; 8° (Zd.). — Forbice embriotoma. Torino, 1896; 8 (Id). — Modificazioni al basiotribo di Auvard. Torino, 1896; 8° (Zd.). Della castrazione della nevrosi della donna. Torino, 1896; 8° (I@.). Fatio (V.). Les Corégones en Suisse. Genève, 1896; 8° (74.). — Gibier sédentaire en Suisse. 2 tab.; 8° (Id.). — Poissons autochtones Suisses. 3 tab. (7d.). Jacoli (F.). Intorno ad un almanacco pubblicato nell'anno 1549 dal celebre matematico Bolognese Lodovi Ferrari. Venezia, 1896; S° (/4.). Lièvre(D.).Une éraption voleanique au Japon. Higashi Kirishima, 15 mars 1896. Havre, 1896; 8° (Z2.). Ravené (G.). Metodi pratici dell'astronomia teorica. Torino, 1897; $° (Zà.). Vinci (Leonardo da). Il Codice Atlantico; fase. XI. Milano, 1897; f°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 359 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Dal 17 al 31 Gennaio 1897. Annuario della R. Accademia dei Lincei, 1897. Roma; 16°. Atti dell'Accademia Pontaniana. Vol. XXVI. Napoli, 1896; 8°. Boletin de la R. Acad. de la historia. T. XXX, cuad. I. Madrid, 1897; 89, Bulletin de la Société de Géographie. 7° série, 3° trimestre 1896. Paris, 1896; 8°. Bulletin d’histoire ecclésiastique et d’archéologie religieuse..... 16° année, 1896. Romans; 8°. Calendario del Santuario di Pompei per l’anno 1897. Valle di Pompei; 16°. * Comptes-rendus des séances de la Société de Géographie; n. 17-19. Paris, 1896; 8°. * Pubblicazioni dell’ “È Université catholique de Louvain ,. Annuaire: 1897; 12°. Thèses de la Faculté de Théologie: 689-701; 8°. Programme des cours de l'année académique 1896-97; 8°. Physsenzidés (N.). L'arbitrage international et l’établissement d'un empire grec. Bruxelles, 1897; 8°. * Studi e Documenti di storia e diritto. Anno XVII, fasc. 4°. Roma, 1896; 4° (dall'Accademia di Conferenze storico-giuridiche). Lui, det Calzi (C.). Popolo inglese e cattolicismo. Correggio, 1896; 4° (dall’A.). Sturlese (P.). Savoia, hurrà...! Discorso. Chiavari, 1896; 8° (Zd.). Vaccarone (L.). Giuseppe Corrà commemorato presso la Sezione di Torino del Club alpino italiano. Torino, 1897; 8° (/d.). Vallega (C. E.). Suicidio di un prete. Milano, 1897; 8° (Id.). Zdekauer (L.). Il Constituto del comune di Siena dell’anno 1262, pubbli- cato sotto gli auspici della Facoltà giuridica di Siena. Milano, 1897; 4° (Id.). -_. Torino — Vincenzo Boxa, Tipografo di S. M. e Reali Principi. | e i i | RIRBISTADION a TA LTT ho nea A ° ata ialuatoliA”a In apta}a ifmoli, ang di ID gangli)» vi ' 00) | 4 n 01 G . Tesi otaman0® 16 fa Vila ‘ r t mea Mi Tumbit iett Jana dell’ aleraluntà. dI. nile tram tà LA LIA PTT IITTI PRIELTO ateineÈ ela ian ALA Bi TY È SB TUR Mt 0 RAV TA le Le Aa ade tato MRI pih rise gupyire 13% frivi pendii iiic4tvoai uil abeli 0h RIVA TTT e siti I Surargiler o tgintohafie lv ta ausidegisblizs nate, Dieta I parita (90 “* MP tatti A SIA RPCRI it nt lei (Parata fà MATIATIOI "n viel VALTITA ia i E rie a cnr grito ‘ } coorti: Petto ga PN memogituT al TTI TIAGTTRA STI sereno pt) M CTLO inotuastrdda È ' 1 /CO0AP 104 È 2 rie pira Patrizio ate rbt poasnittan fat] rango rr a TEN topa hafi fitti POCITI STA) MESSI ui role. Dili 59 euz'dl: Preczroni eretta 1 ese” Limena e’ "rr deli n°, 1IMY" li fe MSTLTRATI vali 007) ar * £ MEZ MOI de TAR e MINER dirt 1) sara pr E n bet si Ia fe pen RE 0 a rh aj! 7”, = a k < \ n fl ri LAO, boot) ariani zo areligni gisrretk (KU 4140) é LT BT vl) pedate atta pih eda, (IL ager x anttini Duificvranteeti Pra bAr i MATTA ULIGAZONICI ammo a pense nà 14 MAMTTTOT.LT LL D pi dit Vota Por lati oninta dettate e } fi AMI LI A EM tn e Din 4280) agata x pilddea ve dL, cqueentilal quit idnAvg, datratriteno). be Lot BUCA) N, : RR, ih EUR TA ETTI pil una? intlali jrigero ila cure ola —- » (PPT a sd Drago! drm dille ue (i, RI x Lhc Mi Motri ) e” | Masdtd Li) Baicdi podjrt fa RA do ® - IST DG Pibnia(Deotae ie «ia 1 Mad, SEE. Ò ua? E° i om Li SA Dad tai x n î DO | de sa fa $ ipo ; i Agg ieri 1 i w- DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 7 Febbraio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: D’Ovipro, Direttore della Classe, BerrutI, Bizzozero, SPEZIA, GiacomINI, CAMERANO, SEGRE, VoL- TERRA, JADANZA, GuarEscHI, GuIpI, FiLeti e NaccarI Segretario. Viene letto ed approvato l’atto verbale dell'adunanza pre- cedente. Il Presidente comunica che le notizie recentemente avute della salute del Socio FERRARIS sono pur troppo assai gravi. A nome di tutta la classe fa caldi voti perchè l'illustre collega possa superare il pericolo. ll Segretario comunica la lettera di ringraziamento inviata dal Prof. W. Ramsay per la sua nomina a corrispondente. Il Socio CameRANO presenta una nota del Dott. Ermanno GieLio-Tos intitolata: “ L’ematopoesi nella lampreda ,. Verrà inserita negli Atti. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 28 Ag ded i | DI ERMANNO GIGLIO TOS *— ar = — === ti LETTURE L'ematopoesi nella lampreda; Nota del Dott. ERMANNO GIGLIO-TOS. Nella larva (Ammocoetes branchialis). Come e dove si compie la produzione degli elementi cellu- lari del sangue in questo vertebrato che non ha nè midollo osseo, nè vera milza, organi ematopoetici degli altri vertebrati durante la vita ultraembrionale ? A tale quesito assai importante e degno di speciale consi- derazione credo opportuno rispondere con i risultamenti otte- nuti da apposite mie ricerche: risultamenti che stimo tanto più interessanti perchè nuovi affatto, non essendo finora-stato pub- blicato alcun lavoro su questo argomento ('). Questo mio scritto (') Per andare alla ricerca dell'organo ematopoetico in questo animale io procedetti nel seguente modo, d'altronde molto semplice. Feci delle sezioni trasversali in toto del corpo di una lampreda, scegliendo perciò un individuo di piccole dimensioni, e procedendo dalla estremità anteriore fin presso all'apertura anale. Osservai quindi le numerosissime sezioni ottenute e naturalmente portai prima di tutto la mia attenzione sul fegato, sperando di trovarvi qualche indizio di ematopoesi. Ma subito mi convinsi che non vi era in esso neppur l'ombra di simile funzione. Fui invece colpito dalla struttura speciale della valvola spirale ed a questa rivolsi allora le mie ricerche. E per ottenere delle sezioni di essa così sottili (5 4) quali sì con- vengono per queste minute osservazioni, isolai, in un altro individuo in buone condizioni di salute e ben vivace, tutto il canal digerente, che, esportato, fissai in una soluzione satura di sublimato con cloruro di sodio. Attaccai le sezioni col metodo dell’acqua distillata, e quindi le colorai (secondo il metodo di Foi leggermente modificato) prima con una miscela di ematos- silina acida di ErLicn e di safranina di FLemnxs, quindi, dopo lavatura all'acqua ed all'alcool a 70° per pochi minuti, con una soluzione diluita di eosina. 'Tolsi poi l'eccesso di questa con alcool a 70° e chiusi col solito modo nel balsamo del Canadà. Usai come fissatore il sublimato e non un altro liquido perchè è il solo, secondo le mie precedenti osservazioni, altrove esposte (2), che coaguli L'EMATOPOESI NELLA LAMPREDA 363 servirà poi anche di opportuno compimento ad una mia pre- cedente memoria “ Sulle cellule del sangue della lampreda , (2) che ebbe l'onore di essere accolta nel volume delle Memorie di questa R. Accademia. L'organo ematopoetico della lampreda allo stato larvale (Ammocoetes branchialis) è la cosidetta valvola spirale ('). Questa valvola spirale è una cresta di tessuto connettivo che, insinuandosi in una doccia formata dal piegarsi delle pa- reti intestinali, decorre lungo l’intestino medio (*) fino a breve distanza dall'apertura anale. L'arteria coeliaca, che vi penetra in essa fin dal suo inizio, la percorre pressochè interamente seguendo il suo asse longitudinale e diminuendo gradatamente di calibro finchè verso il suo termine scompare, essendo risolta in un gran numero di capillari. Alcune arteriole secondarie si diramano dall'arteria celiaca lungo il suo decorso e si allogano nello stesso connettivo della valvola spirale. Così che facendo dell'intestino della lampreda delle sezioni trasversali si scorge: repentinamente nei corpuscoli rossi l’emoglobina in una massa omogenea senza dar luogo alla formazione di granuli che avrebbero potuto condurmi ad erronee interpretazioni. La colorazione coll’eosina è poi indispensabile per riconoscere dal colore più o meno roseo, le varie cellule che si presen- tano all'osservazione. Non mi fu possibile in questi animali, e per la loro delicatezza, e per la loro struttura, di praticare dei salassi e provocare delle emorragie che mì facilitassero le osservazioni. Ma ciò, più che un inconveniente è forse un vantaggio, perchè si è così più certi di avere sott'occhio degli elementi in condizioni normali e neppure lontanamente patologiche. (!) Per quanto riguarda la produzione dei leucociti, già il Brzzozero (4), sebbene solo incidentalmente, ha però esplicitamente dichiarato che essa si compie in questa stessa valvola spirale: © Tutte quelle altre trabeccole, ‘egli dice, che si diramano nel resto della valvola spirale e specialmente quelle che stanno nella metà basale di questa sono infiltrate di leucociti. Fra questi ultimi se ne trovano costantemente alcuni presentanti le varie forme della mitosi. Il che ci permette di concludere, che questo tes- suto interlacunare della valvola spirale, è un focolaio di pro- duzione di leucociti, (p. 5). Quanto a quella degli eritrociti egli non dice parola. (®) Per quanto riguarda le denominazioni delle varie parti mi atterrò a quelle usate dallo Scuxemer (5). rue 364 ERMANNO GIGLIO-TOS il lume intestinale a ferro di cavallo, limitato dall'epitelio in- testinale a lunghe cellule cilindriche colle sue varie tonache già ben descritte dallo Scuxemer (5) e dal Bizzozero (1) e che per brevità qui non ridescrivo: e lo spazio compreso tra le due branche del ferro di cavallo occupato dal tessuto connettivo che forma il corpo fondamentale della valvola spirale, la quale di tal guisa costituisce per volume la parte principale e preva- lente del cordone intestinale. Su questa conviene perciò fermare l’attenzione, trascurando l'intestino e le sue tonache che non hanno per noi alcuna im- portanza. Ho detto che il corpo fondamentale, ossia lo stroma della valvola, è dato da tessuto connettivo. È bensì vero che nelle sezioni che contengono l’arteria celiaca centrale il connettivo che ne forma la avventizia è così intimamente fuso con quello della valvola che questo pare solo dipendente e proveniente da speciale sviluppo del primo. Ma se si esaminano quelle sezioni fatte presso il termine dell’ intestino dove non vi è più nella valvola alcuna arteria, è facile convincersi che il connettivo valvolare fa corpo da sè e gode di una perfetta indipendenza da qualsiasi altro tessuto, così che la valvola rappresenta un or- gano assai bene distinto ed autonomo (fig. 1). Il tessuto connettivo della valvola spirale è formato da un intreccio irregolare e assai fitto di fibrille delicatissime, fra mezzo alle quali, qua e là sparse piuttosto raramente, si tro- vano certe cellule che si riconoscono per il loro nucleo di forma diversa, ma sempre allungata. La massa fibrillare è la sostanza fondamentale; le cellule a nucleo più o meno oblungo sono le cellule del connettivo. Per iscorgere bene questa struttura conviene esaminare le sezioni ottenute verso il termine della valvola spirale dove il connettivo di questa è quasi puro e non inquinato da molti altri elementi che si scorgono numerosi invece nel resto della valvola e che ci riguardano in modo speciale. Nella sostanza fondamentale poi, in tutto il suo decorso, numerose ed ampie ed irregolari lacune sono scavate per le quali circola il sangue. Esse si distinguono facilmente dalle pic- cole arteriole che vi si trovano frammiste perchè mancano di una vera parete propria: tutt'al più alcune delle cellule con- L’EMATOPOESI NELLA LAMPREDA 365 nettivali a nucleo oblungo trovandosi sul margine di queste la- cune possono nelle sezioni trasversali simulare vagamente un endotelio. Naturalmente queste lacune o caverne, come le chiama il Bizzozero, restan separate l'una dall'altra da tratti del connet- tivo della valvola; il quale forma così delle trabecole o briglie che, irregolari nella forma e nelle dimensioni, ed anche inero- ciantisi fra loro, si estendono dalla parte centrale, dove si con- fondono coll’avventizia dell'arteria celiaca, fino alla periferia della valvola spirale ('). Or bene nel connettivo intorno all’arteria, ma più special- mente in quello delle trabecole, stanno allogate, oltre a parecchi altri elementi istologici di natura diversa (*), delle cellule spe- ciali numerosissime che costituiscono col loro insieme una sorta di parenchima che io dirò parenchima della valvola spirale o sem- plicemente parenchima valvolare. Questo fa d’uopo considerare in modo speciale. Le cellule che formano questo parenchima valvolare non sono tutte della stessa natura, o per lo meno, è possibile distin- guerle in tre categorie, per mezzo di qualche carattere che in- dicherò a mano a mano. Esse sono le seguenti: (4) Il metodo di HermenWarn (4) all’allume di ferro e di ammonio ed all’ematossilina mi ha dato in questo caso risultati inaspettati. Procedendo con quel metodo e decolorando poi le sezioni fino a che i nuclei non ab- biano più che un colore grigio, si ottiene che il connettivo solo della val- vola e le pareti delle arterie rimangano colorate in bruno-nerastro, e si distinguono perciò nettamente in mezzo agli altri elementi di natura di- versa che non conservano che una tinta grigiastra. Così si possono scor- gere benissimo anche le più minute fibrille di connettivo che si insinuano tra le cellule del parenchima che ora descriverò. (3) Gli altri elementi della valvola spirale che per noi non hanno im- portanza sono: le cellule endoteliali dell'arteria celiaca o delle arteriole che ne derivano: le fibre muscolari diverse, appartenenti alla tunica media delle arterie oppure alle tonache dell’intestino (queste fibre colla colora- zione all’ematossilina, safranina ed eosina nel modo suddetto appaiono di- stinte per il loro color roseo): le cellule connettivali che, come ho già detto, si riconoscono al loro nucleo allungato e gracile: alcune cellule nervose riconoscibili per la forma del loro corpo e del nucleo: infine i vari ele- menti del sangue circolante che si incontrano nelle lacune e nelle arterie negli stadi diversi già descritti (2) altrove. 366 ERMANNO GIGLIO-TOS 1° /e cellule madri del parenchima da cui derivano; 2° le cellule generatrici degli elementi del sanque, od emo- citogene; 30 gli eritroblasti cd i leucoblasti derivati da queste ultime. Le cellule madri. — Le cellule madri che sono le più importanti, perchè da esse derivano le altre, si riconoscono facilmente fra tutte per un carattere saliente e distintissimo: la presenza costante nel loro nucleo di almeno uno o due, talora anche tre, nucleoli (figg. 3, 4, 5, 7, 8, a e a'). Nei preparati confezionati nel modo suddetto a triplice colorazione tali nu- cleoli si distinguono colla massima facilità dalle granulazioni cromatiniche del nucleo perchè, a cagione della nota predile- zione che la paranucleina o pirenina, sostanza nucleolare, pre- senta per l’eosina, essi appaiono colorati in rosso, mentre la ematossilina tinge in azzurro tutte le parti cromatiche. Nei preparati freschi, in una soluzione al 0,50 % di eloruro di sodio, i nucleoli di queste cellule si scorgono molto bene per la loro rifrangenza diversa da quella del nucleo. Pare che quasi sempre ogni nucleolo sia involto in un sottile strato di cromatina, giacchè tutt'intorno alla massa rossa che ne forma il corpo si distingue, soventissimo assai bene, uno straterello tinto in az- zurro dall’ematossilina, e che perciò si presenta come il resto della vera cromatina del nucleo. Talora questi nucleoli paiono isolati affatto, perchè non si scorgono filamenti cromatinici che li mettano in diretta relazione coi granuli di cromatina: ma sovente quelli sono discretamente visibili (fig. 7). Gli altri caratteri del nucleo sono però meno evidenti. Tut- tavia si può dire che in generale i nuclei di queste cellule sono più grandi e più distintamente vescicolosi degli altri. È bensì vero che le loro dimensioni variano dai 5 agli 8 u., ma queste ultime sono senza dubbio le più frequenti e solo raramente avviene di trovarne che abbiano quel minimo diametro ora in- dicato. La membrana è sempre assai distinta e contro di essa non sono rari i granuli di cromatina. I quali poi non sono molto voluminosi: anzi ho osservato che nei più di questi nuclei e specialmente in quelli maggiori la cromatina è distribuita in granuli minutissimi legati fra loro da tenuissimi filamenti assai numerosi e sinuosi, ma qualche volta così sottili che si scor- st E n L'EMATOPOESI NELLA LAMPREDA 367 gono difficilmente (fig. 7). Quanto alla forma, prevale nei nuclei delle cellule madri quella ellissoidea; qualche volta essa è anche sferica o quasi sferica o intermedia tra la sferica e l’ellissoi- dale: ma in ogni caso il contorno è sempre abbastanza rego- lare. Talora presenta bensì qualche dolce incurvatura o leggera insenatura, ma non ci mostra mai quelle brusche e profonde intaccature che si notano in altri nuclei. Il protoplasma delle cellule madri si tinge leggermente in azzurro coll’ematossilina e perciò lo si vede formare intorno al nucleo un alone più o meno distinto, di contorno assai irrego- lare, e, a quanto pare, molto dipendente dalle pressioni a cui la cellula è sottoposta per la vicinanza delle altre. Certo non si può dire che esso sia abbondante, avuto riguardo alle di- mensioni del nucleo, e questo ha senza dubbio, per massa, la prevalenza su quello. La struttura di questo protoplasma è af- fatto omogenea, e non presenta alla sua periferia alcun con- torno più distinto che possa parere una membrana. Io ritengo pertanto che questa non esista (fig. 7). Quanto alle regioni della valvola spirale in cui le cellule madri sono più o meno abbondanti, ecco quanto ho potuto no- tare. In una stessa sezione esse sono scarse e talora mancano affatto nella regione periferica della valvola, e sono invece più abbondanti intorno all’arteria centrale e più ancora nelle tra- becole. Ma in sezioni condotte attraverso alla valvola in regioni diverse del suo decorso non ho potuto scorgervi differenze degne di menzione. Solo si può facilmente osservare che il loro nu- mero va aumentando dal principio della valvola fin nel mezzo, dove raggiunge il suo massimo e di qui insensibilmente dimi- nuisce verso l’estremo posteriore di essa, di guisa che nelle ultime sezioni invano si cerca ancora nel connettivo valvolare una sola di quelle cellule così abbondanti nelle altre, e perciò, come dissi, in esse il corpo della valvola si scorge nella sua massima semplicità, cioè solamente costituito dal connettivo, che ne forma lo stroma ('). (') Sebbene la struttura della valvola sia fondamentalmente la stessa in quasi tutto il suo decorso, tuttavia per queste osservazioni è bene sce- gliere le sezioni fatte verso il suo fine o meglio ancora verso il suo prin- cipio. E ciò perchè nel tratto intermedio di essa sono bensì più numerose le cellule del parenchima, ma d’altra parte anche i lencociti che la infil- 368 ERMANNO GIGLIO-TOS Sebbene non molto frequenti, tuttavia mi avvenne di incon- trare alcuni di questi nuclei nelle varie fasi della cariocinesi, così che la divisione di queste cellule si fa per via indiretta. Naturalmente durante il suo svolgimento i nucleoli seompaiono, come anche la membrana nucleolare, ed il protoplasma intorno al nucleo diventa più trasparente. Quanto al fenomeno in sè, esso si svolge colle solite fasi ormai note. Vere anse eroma- tiche non ho mai osservato, ma solo granuli di cromatina (ero- mosomi) di dimensioni tuttavia ragguardevoli. Il fuso nucleare è generalmente ben distinto ed i suoi filamenti ai due poli della cellula sono convergenti distintamente verso due punti, i cen- trosomi, che non sono però riuscito a colorare nettamente, nè tanto meno a metterli in evidenza nella cellula in riposo (fig. 2, e fig. 8, a’). Dall’insieme dei caratteri finora menzionati e da quegli altri che si scorgono all'osservazione microscopica, ma che difficil- mente si possono descrivere, io mi persuasi che queste cellule madri sono cellule ben nutrite e specialmente poi i loro nuclei mi apparvero in ottime condizioni di prosperità come tendereb- bero a dimostrarlo il loro volume, l'abbondanza della cromatina e la costante presenza di nucleoli. Le cellule emocitogene. — Le cellule generatrici degli elementi del sangue od emocitogene, come mi pare opportuno di chiamarle, sono somiglianti a quelle ora descritte, ma se ne distinguono per la mancanza di nucleoli. E questo è il principale carattere distintivo. Non è tuttavia impossibile riconoscere in loro qualche altra qualità. Così per esempio il nucleo è in generale più piccolo, di solito sferico o sferoidale ed i granuli di cromatina, nelle cellule madri piccoli, numerosi e legati da filamenti cromatinici trano sono così abbondanti che ne rendono più difficile la distinzione dei rari elementi e talora ancora possono condurre in errore nella loro inter- pretazione. Io mi son servito preferibilmente delle sezioni fatte al principio della valvola a livello dell'estremo posteriore del fegato o poco più indietro di questo, perchè quivi appunto il corpo della valvola è più lasso, gli ele- menti del parenchima sono meno abbondanti e l'osservazione riesce più facile. L'EMATOPUESI NELLA LAMPREDA 369 molto sottili e talora appena visibili, sono invece in questo discretamente grandi, e press'a poco uguali fra loro, circolari o quasi, ed uniti da filamenti di cromatina in ogni caso ben distinti. Il protoplasma non presenta notevoli differenze. Io ritengo che queste cellule provengano dalle cellule madri per una loro speciale evoluzione: evoluzione che continuata se- condo due vie diverse conduce alla formazione dei due elementi del sangue, gli elementi bianchi (i leucoblasti) e gli elementi rossi (gli eritroblasti). E ritengo che sia così, anzitutto perchè non vi è che un passaggio graduato, insensibile dalle cellule madri del parenchima a queste cellule emocitogene, così che si trovano elementi in cui il nucleo non è ancora affatto privo di nucleolo, che è però di molto ridotto, ma già possiede i granuli di cromatina disposti come nelle cellule emocitogene ora de- seritte, mentre in altri il nucleo è affatto privo di nucleolo, ma per le sue dimensioni sì avvicina ancora a quello delle cellule madri (fig. 4 e 8, bd). In secondo luogo è da notarsi che il numero delle cellule emocitogene è in stretta relazione con quello delle cellule madri. Di fatto nelle sezioni verso il principio od il fine della valvola, dove queste ultime sono più scarse, sono anche assai rare le prime, mentre che nelle sezioni condotte attraverso la regione mediana della valvola molto più numerose sono e le une e le altre. Infine anche la loro posizione rispettiva è da tenersi in conto, giacchè, se queste cellule fossero fra di loro affatto indipen- denti, dovrebbero trovarsi nel connettivo della valvola in luoghi diversi, e non fra di loro in istretta relazione. Ora avviene in- vece precisamente che le cellule emocitogene si trovino sempre là dove stanno pure le cellule madri ed in generale sono così disposte nel connettivo che queste occupano quasi sempre la parte più interna, e quelle la parte più periferica. Il che si scorge bene all’intorno dell’arteria principale o delle arterie secondarie e nelle regioni d’incrocio di tre o più trabecole, dove la maggior quantità di connettivo permette ad un maggior nu- mero di elementi di trovarsi riuniti (fig. 4). Per queste ragioni adunque io credo che le cellule emoci- togene provengano direttamente dalle cellule madri. 370 ERMANNO GIGLIO-TOS I leucoblasti. — Lo stato delle cellule emocitogene, quale ora fu descritto, non è che temporaneo e fugace, perchè ben presto continuando la loro trasformazione producono, le une gli eritroblasti, le altre i leucoblasti. Diremo prima di queste ultime. In che consistano le modificazioni che hanno per effetto finale di produrre un leucoblasto è difficile a dirsi. Jo non ho potuto scorgere altro che questo. Quelle cellule emocitogene che dovranno dare origine a leucoblasti rimpiccioliseono a poco a poco il loro nucleo, e la cromatina, prima ben distinta in gra- nuli e filamenti, dentro ad un succo nucleare poco o quasi niente colorabile, in certo modo si addensa sempre più, i granuli si avvicinano, i fili cromatinici diventano sempre meno visibili ed il succo nucleare, divenuto più denso, si fa più colorabile, quasi come se la cromatina vi si fosse sciolta. Di guisa che, dopo di ciò, il nucleo si riduce a minime dimensioni, dai 2,5 ai 3,5 p.; appare omogeneo, e colorato così uniformemente in azzurro dall’ema- tossilina, che non è quasi più possibile distinguere alcun gra- nulo di cromatina; anzi pare ridotto esso stesso ad una massa sola cromatinica. Intanto il protoplasma non pare che si muti considerevol- mente. Il leucoblasto è così formato, ma è ancora sempre chiuso nel connettivo della valvola. Che un elemento simile sia un leuco- blasto è impossibile negarlo per la somiglianza perfetta che presenta coi leucoblasti in circolazione che ho altrove descritti (2) e che si vedono numerosi nelle lacune della valvola: che derivi da una speciale cellula emocitogena è facile arguirlo per la pre- senza di altre cellule che rappresentano le fasi intermedie di questa evoluzione: che sia sempre incluso nel connettivo valvo- lare lo si scorge chiaramente dalle fibrille che lo circondano. La divisione di questi leucoblasti si fa per mitosi. Io ne ho osservato parecchie nelle loro varie fasi, e talune ho anche figurato. Non in tutte le sezioni si possono incontrare leuco- blasti in cariocinesi; a me è avvenuto di non trovarne alcuno in più sezioni, mentre in altre ne incontrava anche quattro 0 cinque in una medesima sezione di 5 u. di spessore. Nemmeno in questi, come già notai per i nuclei delle cellule madri, non si ha mai nella divisione indiretta la formazione di vere anse cromatiche, ma solo di granuli. Del resto il fenomeno si svolge L'EMATOPOESI NELLA LAMPREDA ‘ 371 qui così identico a quello descritto per le cellule madri che per brevità non ne ripeterò la descrizione. Dirò anzi che la somi- glianza delle figure cariocinetiche di questi due elementi è tale che non ho trovato altri caratteri per distinguerli che le loro dimensioni. Uno sguardo alle figure, servirà meglio che qual- siasi descrizione (fig. 3, 4, 9, c e e’). Quanto alla loro posizione, è così notevole la concordanza con quella degli altri elementi descritti che si può ritenere come una buona prova per la loro derivazione da questi ultimi. Di fatto anche i leucoblasti, nel connettivo valvolare, sono più scarsi in principio della valvola, più numerosi nel suo tratto mediano, e van divenendo sempre più rari verso il suo fine finchè mancano affatto. Ed in una medesima sezione sono po- chissimi quelli che stanno verso la periferia della valvola, più abbondanti invece intorno alle arterie o nelle trabecole o più ancora nell’inerocio di queste. Insomma là si vedono più nume- rosi dove sono anche più numerose le cellule madri e le cel- lule emocitogene. E come ho detto che queste ultime hanno negli aggruppamenti di questi elementi diversi una posizione più periferica delle cellule madri, così anche i leucoblasti stanno più all’esterno delle cellule emocitogene: così che l'interno di questi gruppi è occupato dalle cellule madri, intorno alle quali stanno le cellule emocitogene e intorno a queste i leucoblasti, e promiscuamente anche gli eritroblasti (fig. 4). Di questa guisa i leucoblasti si trovano quasi sempre sul margine delle lacune, ma ancora rinchiusi nel connettivo, che li separa da quelle o sotto forma di uno straterello delicatissimo, o molte volte semplicemente di una membrana tenuissima, si- mulante la parete di un capillare. E notai pure che delle nu- merose mitosi osservate di leucoblasti, non una sola incontrai che avvenisse indubbiamente negli spazi lacunari e perciò nella circolazione sanguigna: tutte invece mi apparvero, e talora con una grande evidenza e chiarezza, rinchiuse nel connettivo val- volare. Se ora mettiamo in relazione questi fatti con quell’ altro, facile a constatarsi, che in queste lacune valvolari dove circola il sangue i leucoblasti in circolazione sono sempre più numerosi che altrove e disposti alla periferia della lacuna e talora anche addossati alla sua parete, formata come dissi dal connettivo 372 ERMANNO GIGLIO-TOS stesso della valvola, mi pare che si possano collegare fra di loro nel seguente modo i vari fenomeni: le cellule madri si trasformano in cellule emecitogene, e talune di queste in leuco- blasti, subendo quelle modificazioni che conducono ai caratteri differenziali descritti: mentre la trasformazione avviene le cel- lule si portano a poco a poco al margine delle lacune, dove, per il rompersi delle fibrille del connettivo che le rinchiude, si fanno libere e così i leucoblasti cadono nelle lacune ed entrano in cir- colazione (fig. 9, c''). Che cosa avvenga di essi dopo di ciò io ho già descritto altrove (2). Gli eritroblasti. — (Gli eritroblasti del parenchima val- volare si lasciano facilmente riconoscere per la presenza di granuli nel loro corpo cellulare, granuli che nelle sezioni colorate col metodo a triplice colorazione sopra descritto, appaiono tinti di un bel roseo per opera dell’eosina. A questo carattere evidente se ne può aggiungere un altro, non così spiccato, ma in certi casi, assai distinto: la presenza di una membrana ('). Il nucleo degli eritroblasti è generalmente sferico, talora (') Nelle sezioni colorate a tre colori nel modo suddetto è facile ca- dere in errore nel distinguere le cellule del parenchima valvolare e giova pertanto usare la massima attenzione. L’eosina colora in roseo non solo i granuli degli eritroblasti, ma anche i granuli neutrofili dei leucociti a nucleo polimorfo, di cui è fittamente infiltrato il corpo della valvola in buona parte del suo decorso, e colora specialmente poi quelle rare cellule eosì- nofile che si possono trovare qua e là. Ecco come sì distinguono questi vari elementi: il nucleo degli eritro- blasti, sebbene in certi casi leggermente irregolare, non è mai però così polimorfo o ripiegato a bisaccia od a forma di occhiali, come quello dei leucociti e delle cellule eosinofile: i granuli degli eritroblasti sono più grandi, più distinti, di un roseo più schietto e più chiaro, e immersi in un protoplasma più trasparente e incoloro: i granuli dei leucociti a nucleo polimorfo sono più piccoli, più fitti, di color roseo leggermente iacintino ed immersi in protoplasma leggermente colorato in azzurro dall'ematossi- lina: quelli poi eosinofili delle cellule eosinofile si riconoscono più facil- mente perchè assai più grandi di tutti e, per quella maggior predilezione per l'eosina, tinti in rosso più vivo e brillante. Tale distinzione si può fare assai facilmente quando si sia acquistata una certa pratica con prolungate e frequenti osservazioni e quando si abbia la precauzione di osservare se- zioni in cui i leucociti neutrofili sieno meno abbondanti: quali sono quelle condotte nel primo tratto anteriore della valvola. L'EMATOPOESI NELLA LAMPREDA 978 ellissoideo, talora anche alquanto irregolare per qualche inse- natura nel suo contorno; nel qual caso non è improbabile che ciò sia dovuto alle pressioni che esso sopporta nel connettivo valvolare per causa delle altre cellule adiacenti. Esso è sempre più piccolo di quello delle cellule madri, e anche alquanto mi- nore di quello delle cellule emocitogene. La sua cromatina è abbondante e divisa in granuli, e questi sono fra loro congiunti per mezzo di filamenti cromatinici ben visibili. L'aspetto che assume il nucleo di un eritroblasto è ben diverso da quello di un leucoblasto che abbia raggiunto l’ultimo suo stadio di svi- luppo: giacchè non avviene che esso si rimpicciolisca tanto, nè la sua cromatina si addensa al punto da ridurre il nucleo quasi simile ad una massa unica di cromatina. Ma, se si paragonano i nuclei di eritroblasti e di leucoblasti la cui evoluzione non sia ancora compiuta, è certo che si nota in essi una somiglianza notevole. Il protoplasma degli eritroblasti è trasparente ed omogeneo, se si fa astrazione dei granuli racchiusi. Esso appare anche più abbondante, perchè il suo contorno irregolare circonda sempre il nucleo ad una certa distanza. A giudicare appunto da questo contorno che si presenta sempre netto, arguisco che essi pos- seggano una membrana, per quanto tenuissima (fig. 3, 4, 5, 6, 10, d e d'). Quanto ai granuli essi non sono altro che i granuli emo- globigeni che ho dimostrato caratteristici di tutti gli eritroblasti granulosi (3), e che nella lampreda persistono anche nell’eritro- cito dell'animale adulto (2). Essi sono molto numerosi nell’eri- troblasto che ha raggiunto l’ultima fase di sviluppo nel con- nettivo valvolare. Non mi avvenne mai di trovare nel connettivo valvolare un solo eritroblasto che giù contenesse emoglobina. Come i leucoblasti, anche gli eritroblasti che hanno com- piuto il loro sviluppo si riproducono per mitosi. Io ho trovato nelle mie sezioni alcune di queste mitosi che in parte ho anche figurato. Sostanzialmente avviene come quella delle cellule madri e dei leucoblasti, cioè non vi hanno vere anse cromatiche, ma solo granuli e vi si distingue sempre bene il fuso nucleare. Si riconoscono poi facilmente dalle altre mitosi per la presenza dei granuli emoglobigeni, i quali, durante le fasi della cariocinesi, 374 ERMANNO GIGLIO-TOS si accumulano di preferenza intorno al nucleo, e lo mascherano perciò alquanto. Il che non impedisce tuttavia di scorgerne di- stintamente le particolarità principali. Anche la grandezza di queste figure mitotiche contribuisce a distinguerle: meno grandi di quelle delle cellule madri sono però sempre maggiori di quelle dei leucoblasti (fig. 5, 6, 10). Posso fare per gli eritroblasti quella medesima affermazione già fatta per i leucoblasti: tutte le loro mitosi le ho sempre osser- vate compiersi nel connettivo valvolare, mai in circolazione, e perciò sempre in eritroblasti privi di emoglobina. Che questi elementi ora descritti sieno eritroblasti, cioè cor- puscoli rossi giovani, lo si può vedere chiaramente confrontan- doli con quegli altri ancora giovani, ma già contenenti un po’ di emoglobina che si trovano in circolazione o nei vasi o. più frequenti assai, nelle lacune valvolari. Essi si assomigliano per- fettamente e nel nucleo e nel resto della cellula. In tutti e due i granuli emoglobigeni appaiono distintamente, come anche si scorgono sempre negli eritrociti adulti, racchiusi nell’emoglobina coagulata che li circonda. Anche gli eritroblasti derivano da talune cellule emocito- gene, le quali compiono un'evoluzione diversa da quelle che pro- ducono i leucoblasti. Che sia così ci è dimostrato dalla presenza di forme intermedie, cioè di cellule somigliantissime alle emo- citogene, in cui però incominciano a comparire i granuli emo- globigeni. Mentre i leucoblasti, come dissi, sì producono più nume- rosi nel tratto mediano della valvola spirale, pare invece che gli eritroblasti si formino qui più scarsi, e non si svolgano poi affatto nell'ultimo tratto. Essi per contro sono più numerosi nella regione anteriore, in quel primo tratto cioè, che dall'inizio della valvola decorre fin poco oltre l'apice posteriore del fegato. Del resto in una medesima sezione anche questi elementi hanno una situazione prevalentemente periferica nel connettivo, cioè, negli aggruppamenti di cellule del parenchima stanno in- sieme ai leucoblasti più verso l'esterno, e come quelle dei leu- coblasti anche le mitosi degli eritroblasti ho incontrato costan- temente in questa posizione (fig. 4). Rilegando insieme i fatti osservati si può anche per questi arguire: che gli eritroblasti derivano da talune cellule emocito- L'EMATOPOESI NELLA LAMPREDA 975 gene che seguono una speciale evoluzione: e, mentre questa si compie, si avvicinano al margine delle lacune: dove poi lace- randosi il connettivo, si fanno liberi e passano nella circolazione. Quali sono le cellule emocitogene che si trasformeranno in leucoblasti e quali quelle altre che daranno gli eritroblasti? To ho cercato invano un carattere per riconoscerle. Passato l’eritroblasto nella circolazione, e immerso nel plasma del sangue incomincia la formazione dell’ emoglobina e continua la sua vita nel modo altrove descritto (2). Conclusioni. — La valvola spirale è un vero organo ema- topoetico, produttore degli elementi rossi e degli elementi bianchi del sangue; le cellule madri hanno una funzione importantissima come quelle che sono i veri elementi fondamentali ematopoetici del parenchima valvolare; le cellule emocitogene derivano da queste e rappresen- tano una fase di passaggio agli eritroblasti ed ai leucoblasti; gli eritroblasti ed i leucoblasti hanno in questo verte- brato nella loro evoluzione, un punto comune di partenza, seb- bene alquanto remoto; la mitosi è il modo di divisione di tutti questi elementi finchè sono rinchiusi nello stroma della valvola; gli eritroblasti non contengono emoglobina ne’ primi stadi della loro vita e finchè sono rinchiusi nello stroma della val- vola spirale: quella incomincia a prodursi appena sono immersi nel plasma del sangue. INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE. 1. Bizzozero G., Sulle ghiandole tubulari del tubo gastro-enterico e sui rap- porti del loro epitelio coll’epitelio di rivestimento della mucosa. Nota V, in: “ Atti R. Ace. Se. Torino ,, vol. XXVII, 1892. 2. Giario-Tos E., Sulle cellule del sangue della lampreda, in © Memorie R. Ace. Sc. Torino ,, Serie II, T. XLVI, 1896, pp. 219-252. 3. -— La struttura e l'evoluzione dei corpuscoli rossi del sangue nei verte- brati, in: È Memorie R. Acc. Sc. Torino ,, Serie II, T. XLVII, 1896. 4. Herpexnaix M., Neue Untersuchungen iiber die Centralkebrper und ihre Be- ziehungen zum Kern- und Zellenprotoplasma, in: * Arch. f. mikrosk. Anat. ,, Bd. 43, 1894. 5. Scunemer A., Beitrige zur vergleichenden Anatomie und Entwickelungs- geschichte der Wirbelthiere. Berlin, 1879. di 376 ERMANNO GIGLIO-T0S — L’EMATOPOESI NELLA LAMPREDA ! SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Tutti i disegni furono eseguiti alla camera lucida di Abbe, e sono / ingranditi, tolto il 1°, 2000 volte. Obbiett. apochr. Zeiss 1.5", apert. 1.30, ocul. 4: tubo del microscopio 165 mm. Fig. 1. Sezione trasversa della valvola spirale verso il suo termine, dove è solo costituita dal connettivo e mancano le cellule del parenchima e l'arteria centrale. Vi si vedono le lacune con qualche corpuscolo rosso (0) e alcuni leucoblasti (c) e nel connettivo (grigio) ì nuclei oblunghi delle cellule connettive (4): alla periferia l’epitelio intesti- nale (a) e alcune fibre muscolari (e) (debole ingrand.). Fig. 2. Grande cellula madre del parenchima in mitosi: tutt'intorno le fibrille del connettivo. Fig. 3. Un tratto di una trabecola valvolare con un eritroblasto (4), una cellula emocitogena (5), due leucoblasti (c) in riposo ed uno (e) in mitosi. Fig. 4. Un tratto di valvola spirale nell’inerocio di 4 trabecole. Nello stroma (grigio) stanno allogate: più all'interno alcune cellule madri (a) con nucleoli distinti, poi qualche cellula emocitogena (5) e più all’esterno alcuni leucoblasti (c) fra cui uno (e) in mitosi, e tre eri- troblasti (4) con i granuli emoglobigeni caratteristici (rosei). I nuclei allungati (e) sono delle cellule connettive. Nelle lacune stanno un _ leucoblasto, un eritroblasto, ed un eritrocito. Fig. 5. Tratto di valvola spirale intorno all’arteria celiaca centrale. Im A g il lume dell'arteria, nî nuclei dell’intima, m media, av avventizia: a cellule madri: ce leucoblasto, 4 eritroblasto in riposo, d' eritroblasto in mitosi. - Fig. 6. Un eritroblasto in mitosi. = Fig. 7. Quattro cellule madri. C Fig. 8. Tratto di trabecola valvolare: a cellula madre, «' cellula madre in l mitosi, 5 cellule emocitogene. Fig. 9. Tratto di trabecola valvolare: e nucleo del connettivo, c leucoblasto nel connettivo, c' un altro in mitosi, e un altro appena uscito dal connettivo: n eritrocito. Fig. 10. Tratto di trabecola con due eritroblasti uno in riposo l’altro in .B mitosi. L’ Accademico Segretario i ANDREA NACCcARI. a ——_—_—_— cc —— vi) RI €227 il e Teen È emi: Ul RI I = n BLIO-10-L'ematopoesi nella Lampreda. CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 14 Febbraio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: CLareTTA, Direttore della Classe, Peyron, Rossi, BoLLatI DI SAINT-PreRRE, Pezzi, CrpoLLa, BRUSA, Perrero, e FerRERO Segretario. Il Presidente ricorda la grave perdita testè fatta dall’ Acca- demia con la morte del professore Galileo FERRARIS, Socio nazionale, appartenente alla Classe delle scienze fisiche, mate- matiche e naturali. Accenna alle benemerenze del Socio estinto verso la scienza e l'Accademia. Il Socio Segretario, a nome dell'autore, il Socio corrispon- dente professore Aristide Marre, offre il tomo I dell’opera: Le Sadjarah Malayou traduit du malais en francais (Vau- cresson, 1896). Offre quindi, a nome dell’autore, il sig. Stefano MrcHon della Società Nazionale degli Antiquari di Francia, un opuscolo: Nouveaur milliaires d’ Arabie découverts par le P. Germer-Durand (1896). Rileva l’importanza di uno di questi milliarii, che porta il nome dell’imperatore Pertinace e di suo figlio. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 29 SPINTE 378 Il Direttore della Classe CLaRETTA, condeputato coi Socii Ferrero e NANI ad esaminare il lavoro manoscritto presentato dal Cav. Giovanni Srorza per l'inserzione nelle Memorie ed in- titolato: Francesco Sansovino e le sue opere storiche, legge una relazione conchiudente per l'ammessione alla lettura. La Classe approva tale conclusione, ed udita la lettura del lavoro, ne approva la stampa. LETTURE Relazione sul lavoro del Cav. Giovanni Srorza: Francesco Sansovino e le sue opere storiche. Di Francesco Sansovino (nato a Roma nel 1553 di padre fiorentino di nome Jacopo Tatti, valente scultore ed architetto, da Andrea Centucci da Monte Sansovino suo maestro, deno- minatosi Sansovino), divenuto storico e letterato di qualche merito a’ suoi dì, ed anche della veneta tipografia qualche poco benemerito, il cavaliere Giovanni Sforza ci dà particolareggiate notizie nello scritto presentato alla Classe. Egli, dopo averci esposti i motivi per cui suo padre, la- sciata Roma, recossi a stabilirsi in Venezia, ed informatici di parecchie avventure che questo riguardano, s’intertiene degli anni giovanili di Francesco, che ci dànno un'impronta de’ tempi in cui i costumi, com'è noto, non erano guari corretti in ogni ordine di persone. Basti ad esempio notare che il padre del nostro Sansovino nelle sue disposizioni testamentarie, dovendo nominare più volte il figliolo e la figlia, usava quest’ ingenua dichiarazione sid 0 mon sia mio, figliuolo: sia 0 non sia mia figliuola ! E coerentemente a simile tenor di. vita il Francesco, giovinetto, già aveva composto il libro de miei amori, che non temeva di mandar a leggere ad Alfonso Zanabuoni vescovo di Saluzzo, forse un emulo di Matteo Bandello. In questo suo studio Jo Sforza ci fa conoscere molti aneddoti del Sansovino, che desume o da lettere, o da brani dei suoi 380 scritti, o da parziali sue note autobiografiche. Ma egli s'intrat- tiene particolarmente delle opere sue storiche e letterarie; e c'informa del giudizio datone altresì da autori coevi e posteriori. Il lavoro è ricco di annotazioni, le quali mirano ad illu- strare ed a dare svolgimento a certi fatti descritti nel testo, od a tratti speciali della vita e delle opere dei personaggi in esso accennate; e fanno prova della copiosa erudizione del- l'autore, sia in quanto s'attiene alla storia di quei tempi, come alla bibliografia. E sì che in codest'esame egli non vien punto fuori colle vesti inzaccherate di pedanteria, nè le sue osservazioni peccano per troppo arida e minuta erudizione che venga ad affaticare i leggitori. No, egli sa disegnarci, sa rilevare i pregi e i difetti di quelle opere, non superiori all’età, talora ridondanti di lacune importanti, tal’altra prive dell'’acume critico necessario. In una parola sia lecito dire che ei sa dalla creta cavar figure, e colla scelta fatta con certa larghezza dei periodi più attraenti, sì di- mostra in possesso di quella critica, che è propria degli anni ma- turi, e che ai fatti sa applicare l'osservazione storica ed estetica. Queste doti si possono ritenere quale compenso della man- canza, che taluno potrebbe notare, di documenti originali rife- rentisi al Sansovino, se pur ve ne esistano, poichè è probabile che il valente biografo, ove esistessero, avrebbe saputo rintrac- ciarli. Tant'è che dove ei potè imbattersi in qualche documento, non ebbe ad omettere di farcelo conoscere. Infatti egli inse- risce nel suo scritto parte di una corrispondenza seguìta tra il Sansovino e Alberico Cibo-Malaspina principe di Massa e Carrara del 1573 e del 1578, colmando una lacuna dello stesso San- sovino. Quindi devesi ritenere che il suo protagonista è convenien- temente rappresentato nella sua qualità di tipografo di quella città, che fra i tanti benemeriti di quell’arte ricorda pure con- temporanei i nostri Gioliti de Ferrari da Trino e nella qualità di storico, e di letterato, che portò anche qualche contributo agli studii danteschi, e come colui insomma che compare primo a dettar precetti intorno al modo di scrivere le lettere. Detto dei giudizii parchi lasciatici dagli storici sul Sanso- vino, al quale mancava sinora una speciale biografia, l'Autore conchiude col rilevare l’utilità che può venire alla nostra let- 381 teratura, sapendosi oggidì dalle notizie erronee sparse nelle sue opere sceverare le buone, che non sono poche. E senza dubbio, qual contributo alla storia letteraria del secolo XVI, il lavoro del cavaliere Sforza deve meritare encomio, nella stessa guisa che la sua pubblicazione può col- mare una lacuna. Il perchè i sottoscritti credono che esso possa essere degno di venir ammesso alla lettura. G. CLarETTA, Relatore. C. NANI. E. FERRERO. L’Accademico Segretario Ermanno FERRERO. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 24 Gennaio al 7 Febbraio 1897. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. * Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega VI, t. XLII. Buenos Aires, 1896; 8°. * Annales des Mines. 9° série, t. IX, liv. 7me_gme, X, Qme.1]1me, Paris, 1896. * Annuario per l’anno scolastico 1896-97 della R. Scuola d’'Applicazione per gli Ingegneri in Torino; 8°. Atti dell'Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Anno L, sess. 1*. Roma, 1897; 4°. * Atti e Rendiconti dell’Acc. Medico-chir. di Perugia; vol. VIII, f. 4°. 1896. * Bollettino delle sedute dell'Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. Maggio-dicembre 1896; fase. XLIV-XLV; 8°. * Bollettino dei Musei di Zoologia e Anatomia comparata della R. Università di Genova. N. 49-53. Genova, 1896; 8°. Bollettino quindicinale della Società degli Agricoltori italiani. Anno I, n. 13-22, 24. Roma, 1896; 8°. * Bollettino medico-statistico dell'Ufficio d'igiene della città di Torino. Anno XXV, n. 1-18 e Rendiconto dei mesi di giugno a dicembre 1896. * Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. Vol. XXVIII, n.3; XXX, 8. Cambridge, 1896; 8°. Catalogue of the Michigan Mining School, 1894-1896. Houghton, Michigan, 1896; 8° (dalla Direzione della Scuola). Exposition internationale de Bruxelles en 1897. Section des Sciences (Section 5 bis). Règlement. Bruxelles, 1896; 8°. * Journal of the R. Microscopical Society, 1896, part 6. London, 1896; 8°. * Observations faites à l'Observatoire météorologique de l'Université Impé- riale de Mouscou. Avril-décembre 1895, janvier-mai 1896; 8°. Prace matematyezno-Fizyezne. T. I-VIL Warszawa, 1888-1896; 7 vol. 8° (dalla Società di scienze matematiche e fisiche). * PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 388 * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XXIX, fase. XX. Milano, 1897; 8°. * Transactions of the Manchester Geological Society. Vol. XXV, n. r-11; 1897; 8°. Verhandlungen des deutschen wissenschaftlichen Vereins zu Santiago de Ohîle. Bd. III. Valparaiso, 1896; 8°. Cabreira (A.). Sur la Géométrie des courbes transcendantes. Lisbonne, 1896; 8° (dall'A.). Emmens (S. H.). The Argentaurum papers. Some Remarks concerning Gra- vitation. Segre (C.). Sulla scomposizione dei punti singolari delle superficie alge- briche. Milano, 1896; 8° (J4.). Stossich (M.). Elminti trovati in un Orthagoriscus Mola. Trieste, 1896; 8° (1d.). — Ricerche elmintologiche. Trieste, 1896; 8° (Zd.). — Il genere Ascaris Linné. Trieste, 1896; 8° (Id.). Vailati (G.). Sull’importanza delle ricerche relative alla Storia delle scienze. Torino, 1897; 8° (Id.). Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologicne. Dal 31 Gennaio al 14 Febbraio 1897. * Abhandlungen der philologisch-historischen Classe der k. Sàchsischen Gesellschaft der Wissenschaft. Bd. XVI, n. 5. Leipzig, 1897; 8°. * Anales de la Universidad (Republica Oriental del Uruguay). VIII, Entr. 2°. Montevideo, 1896; 8°. Annuario della R. Università degli studi di Torino per l’anno accademico 1896-97. Torino, 1897; 8°. * Annuario estadistico de la- Republica Oriental del Uruguay, Aîîo 1895. Montevideo, 1896; 8°. * Atti e Rendiconti dell’Accademia di scienze, lettere e arti dei Zelanti di Acireale. Nuova serie, vol. VII. Acireale, 1896; 8°. Atti della Società Ligure di Storia patria. Vol. XX, fase. II; XXVIII, fasc. I. Genova, 1896; 8°. * Atti e Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova. Anno CCXCVII, 1895-96, N. S., vol. XII. Padova, 1896; 8°. Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino. Vol. VII, fasc. I. Torino, 1897; 8°. 384 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Bilanci comunali. Tariffe daziarie dei comuni chiusi, situazioni patrimo- niali dei comuni e debiti comunali e provinciali per l'anno 1895. Roma, 1896; S° (dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). * Bulletin de la Société d'Études des Hautes-Alpes. II° série, n. 20. Gap, 1896; 8°. * Consiglio Comunale di Torino; 1896, N° XIX-XXXVII; 1897, N° I-V. ** Monumenta Germaniae historica. Scriptoram tomi XXX. Pars I. Han- noverae, 1896; f°. : * Notalen van de Algemeene en Bestuurs-Vergaderingen van het Batayiaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen. Deel XXXIV, Af. 1, 2. Batavia, 1896; 8°. Preisschriften gekrònt und herausgegeben von der Fiirstlich Jablonowski"- schen Gesellschaft zu Leipzig. Nr. XX, XXI der historisch-national&- konomischen Section. Leipzig, 1896; 8°. * Tijdschrift voor Indische Taal-, Land- en Volkenkunde, uitgegeven door het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen, etc.; Deel XXXIX, Aflev. 3. Batavia, 1896; 8°. * Verhandelingen van het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Weten- schappen. Deel XLIX, 1°, 2°; L, Stuck 1°. Batavia, 1896; 8°. Barzellotti (G.). Ippolito Taine. Roma, 1895; 8° (Dall'A.). Claretta (G.). Ennemond de Servient ambassadeur de France è Turin (1648-1676), aneedotes inconnues. Grenoble, 1896 (/4.). Franchetti (A.). La mente d'Ippolito Taine secondo un critico italiano. Roma, 1896; 8° (Dono del prof. G. Barzellotti). Héron de Villefosse (A.). La tiare du roi Saitapharnés. Paris, 1896; 8° (Dall’A.). Milesi (G. B.). La negazione del libero arbitrio ed il criterio del giusto nella ricerca della legge sociale. Milano, 1894; 8° (/4.). — L'evoluzione studiata nel sistema delle sue cause. Torino, 1896; 8° (Ja.). Rossi (G.). Girolamo Fracastoro in relazione all’Aristotelismo e alle scienze nel Rinascimento. Pisa, 1893; 8° (74.). — Niccolò di Cusa e la direzione monistica della filosofia nel Rinascimento. Pisa, 1894; 8° (Jd.). Torino — Vincenzo Boxa, Tipografo di S. M. e Reali Principi. DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 21 Febbraio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti î Socii: Cossa, Vice Presidente dell’Acca- demia, D’Ovmio, Direttore della Classe, SAarvapnori, Mosso, SPEZIA, GIACOMINI, CAMERANO, SEGRE, VOLTERRA, GUARESCHI, GUIDI, Frreri e Naccari Segretario. Il Presidente Giuseppe CarLE partecipa la morte del Socio Senatore Galileo FeRRARIS colle seguenti parole: Egregi colleghi, fin dall'ultima seduta della Classe, un triste presentimento incombeva sull’animo di tutti. Era nota la grave malattia, che aveva colpito pressochè repentinamente il nostro amatissimo Collega GALILEO FERRARIS; si sapeva che Egli, già travagliato dal male, aveva tentato ancora di fare la sua lezione al Museo Industriale il primo del corrente febbraio, ma non era più stato in condizione di compierla. D’allora in poi le sue con- dizioni si erano sempre più aggravate, e i consulti dei medici lasciavano ben poche speranze alla desolata famiglia che lo cir- condava e agli amici e colleghi che aspettavano ansiosi le sue notizie. Il triste presentimento si è pur troppo avverato; il nostro Collega mancò ai vivi il giorno stesso di domenica, 7 corrente, alle ore 17,15. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 30 386 Pr La perdita che ha fatto in Lui la patria e la scienza non può essere commisurata che all’'universale rimpianto, che sì sollevò all'annunziò “della sua morte. Non ancora cinquantenne, Egli era pervenuto ad una cele- brità che non era più circoscritta ai confini del nostro paese, ed era entrato in quel periodo della vita, in cui il suo merito e ralore scientifico erano universalmente riconosciuti, le sue sco- perte dal campo tecnico cominciavano a passare alle applica- zioni pratiche, e i suoi consigli potevano riescire sempre più utili al Governo, ai Municipi, alle Società e ai privati. Ben è vero che Egli in questi ultimi tempi si lagnava tal- volta cogli intimi di una strana e quasi inesplicabile stanchezza, e che anche lo spirito di Lui appariva melanconico e triste e correva pressochè involontariamente alla memoria dei suoi cari, che erano morti; ma certo nessuno avrebbe mai potuto credere che mentre duravano ancora le manifestazioni del plauso, con cui era stata accolta la sua nomina a Senatore del Regno, già dovesse avviarsi quel funebre corteo, composto di allievi, di col- leghi e di amici, di concittadini, dei rappresentanti del suo Paese nativo, del Municipio, della Provincia, del Governo e dei Poteri dello Stato, degli Istituti scientifici nazionali ed esteri, che do- veva mestamente accompagnarlo al Camposanto di questa Città, nel sito che essa riserva agli uomini benemeriti ed illustri, e dove già riposano le spoglie di altri colleghi nostri, fra cui ricorderò il Gorresio, il Fabretti, il Lessona. L'Accademia prese parte viva al comune dolore, annunziò la perdita da essa fatta alle Società scientifiche nazionali ed estere e ne ricevette un numero grandissimo di condoglianze. Galileo Ferraris era ascritto alla nostra Accademia dal 5 di- cembre 1880. Egli pubblicò nei nostri Atti i primi saggi di quelle indagini e scoperte, che dovevano rendere celebre il suo nome. Noi tutti abbiamo avuto occasione di apprezzare non solo il suo alto valore scientifico, ma la bontà del suo animo, la semplicità dei suoi modi, e quella sua incomparabile modestia, che lo faceva talora apparire pressochè timido e peritoso. Noi tutti ricordiamo ancora la splendida ed affettuosa commemora- zione, che egli ha fatto di un altro socio, pure immaturamente perduto, il prof. Giuseppe Basso. È trascorso poco più di un anno da quel giorno, ed io debbo 387 ora pregare un altro collega perchè voglia compiere lo stesso ufficio per Galileo Ferraris, e mi dirigo al Socio prof. Naccari, che per l’indole dei proprii studii e per l’affettuosa amicizia coll’illustre Collega perduto potrà degnamente commemorare la vita e le opere di Lui. Il Presidente annunzia ancora la morte del prof. Luigi ScHia- PARELLI Socio residente della Classe di scienze morali, storiche e filologiche, avvenuta in Torino il 19 del corrente mese e quella del Prof. Patrizio GenNARI Socio corrispondente della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, avvenuta in Cagliari il 1° febbraio 1897. Il Segretario legge quindi l’atto verbale dell'adunanza pre- cedente che è approvato; dà lettura dei ringraziamenti inviati dalla famiglia Ferraris per la parte presa dall'Accademia al suo cordoglio e delle numerose condoglianze ricevute dall'Accademia, e comunica le lettere di ringraziamento dei Socii FiscHER, Rammerspere e Scaraur per la loro nomina a Socii corri- spondenti. Vengono accolte per l'inserzione negli Atti le seguenti note: 1° “ Sulla costituzione delle combinazioni di platosemi- ammina ,, nota del Socio Cossa; 2° « Sul “ Peripatus quitensis , Schmarda ,, nota del Socio CAMERANO; 3° “ Nuove ricerche sulla sintesi dei composti piridinici e la reazione di Hantzsch ,, nota del Socio GUARESCHI; 4° « Azione dell’ammoniaca e dell’etere cianacetico sull’etere etilidenacetacetico e sull’aldeide etilica ,, nota del Dott. Enrico QueNpA, presentata dal Socio GUARESCHI; 5° “ Azione dell'etere cianacetico e dell'ammoniaca sui che- toni grassi ,, nota del Dott. Adalberto Pasquari, presentata dal Socio GUARESCHI; 6° “ Azione dell'etere cianacetico sopra il metiletilchetone in presenza di ammoniaca ,, nota del Dott. Ernesto GRANDE, presentata dal Socio GUARESCHI. Il Socio Spezia presenta una memoria del Dott. Giuseppe Prouri, intitolata: “ Sull’origine della magnesite di Casellette ,. Sarà esaminata da apposita Commissione. 388 ALFONSO COSSA LETTURE Sulla costituzione delle combinazioni di platosemiammina; Nota del Socio ALFONSO COSSA. Nel giugno dell’anno 1890 presentai alla R. Accademia delle Scienze di Torino un esteso lavoro sopra un nuovo iso- mero del sale verde del Magnus (1), diretto a dimostrare che la combinazione che si ottiene per l’azione prolungata del ni- trato ammonico, in soluzione concentrata ed alla temperatura dell’ebollizione, sul sale verde del Magnus (cloroplatinito di pla- tosodiammina) non è identica nè al cloruro di platosammina nè a quello di platososemidiammina, come fino allora si credeva. — Dalle mie ricerche risultò che il nuovo isomero è costituito da una combinazione di una molecola di cloruro di platosodiam- mina (cloruro della prima base di Reiset) con due molecole di un cloruro di una nuova base del platino contenente una sola molecola di ammoniaca, e per la quale proposi il nome di pla- tososemiammina ed analogamente: quello di platinosemiammina per la corrispondente combinazione platinica (2). Attenendomi alla ipotesi emessa da Blomstrand e seguìta da Clève e Jorgensen per spiegare la struttura delle combinazioni ammonicoplatiniche, nel primo mio lavoro poc'anzi citato ed in quelli successiva- mente pubblicati, ho rappresentato la composizione del nuovo isomero del sale verde del platino ed i cloruri doppii di plato- sosemiammina e di potassio colle -formole seguenti: 2 Pt (NH;) CI,, Pi(NH,), Clx Pt (NH,;) CI,, K CI C1, (NH,) Cl, K CI. (1) “ Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, serie II, vol. XLI, pag. 1-23, 1890. — In estratto: “ Berichte d. deutse. chem. Gesell- schaft ,, Berlin, Jahrg. XXIII (1890), s. 2503. (2) Comunemente si chiama platosammina la base che contiene due molecole di ammoniaca. SULLA COSTITUZIONE DELLE COMBINAZIONI DI PLATOSEMIAMMINA 389 L'esistenza di combinazioni basiche del platino contenenti una sola molecola di ammoniaca, e che costituiscono il secondo termine che mancava nella serie progressiva: PtC1,; PtCI:(NH;); PtCI, (NHy);; PtCI, (NHa);; PtCIs (NHb); fu da me confermata per analogia colla preparazione dei com- posti omologhi contenenti una sola molecola di piridina o di etilammina, e che ho descritto in una memoria inserita negli Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino (1). Con questa nota mi propongo di dimostrare che la teoria di Blomstrand da me seguìta corrisponde meglio di quelle recen- temente immaginate al complesso delle proprietà della nuova serie di combinazioni del platino da me trovate, e che il radi- cale di queste nuove combinazioni ha realmente una funzione basica e non acida, come da qualcuno fu asserito. L’egregio prof. Werner partendo da un concetto nuovo, che egli chiama del numero di coordinazione, e che ricorda lontana- mente quello dell'antica teoria dei tipi, ammette che l’unione di due atomi non deve essere causata e limitata dalla saturazione reciproca delle così dette unità di valenze; ma ritiene invece che ad un dato atomo possa essere unito direttamente un dato nu- mero (numero di coordinazione) di atomi o di gruppi di atomi maggiore di quello che sarebbe indicato dal grado della valenza del primo. — Per quanto si riferisce alle combinazioni ammo- niacali del platino bi- e tetravalente i numeri di coordinazione sarebbero rispettivamente: quattro e sei; cioè in queste combi- nazioni si ammetterebbe l’esistenza di radicali formati da un atomo di platino intorno al quale sono simmetricamente disposti rispettivamente quattro o sei atomi o gruppi di atomi. — Di conformità a questa teoria, le combinazioni monoplatiniche am- moniacali possono essere raggruppate in due serie, di cui cia- scuna contiene quattro tipi di combinazioni aventi una struttura (1) Sopra una nuova serie di combinazioni basiche del platino, “ Atti della Reale Accad. delle Scienze di Torino ,, T. XXVII, pag. 973, 1892. — “ Gazzetta chim. italiana ,, T. XXII, parte II, pag. 620. — “ Zeitschrift. fiir anorg. Chemie ,, Bd. II, pag. 182. 390 ALFONSO COSSA quale è indicata nel seguente schema, che comprende le for- mole dei cloruri (1). Serie platinosa. 1. 2. 3 4. o Pt(NH;);]Cl; [Pt(NH.):]; [Pt(NH,)]K. Cl Cl Cl Serie platinica. [PARE Mara Talia Vaie na 1g ‘ Uli Le accurate determinazioni eseguite da Werner e Miolati dimostrarono che la conducibilità elettrica molecolare delle so- luzioni acquose va diminuendo a partire dai corpi del primo tipo, per ridursi quasi a zero in quelli del terzo tipo ed aumentare di nuovo in quelli dell’ultimo. Il Werner, basandosi specialmente su questi risultati, asserisce che la funzione chimica dei radi- cali è basica nelle combinazioni dei primi due tipi; neutra in quelle del terzo tipo ed acida nell'ultimo. Pertanto, secondo questa teoria, le combinazioni del quarto tipo, che sono appunto quelle da me trovate, non dovrebbero essere considerate come sali doppii risultanti dall’unione di un cloruro metallico col clo- ruro d’una nuova base. La combinazione che io e quelli che hanno accettato le mie idee esprimiamo colla formola: /NH;z "i Cl , 7 Pi CI KCI, non si comporta, chimicamente, asserisce il Werner, come è indi- (1) Werner, Beitrag zur Konstitution anorganischen Verbindungen , “ Zeitschr. f. anorg. Chemie ,, 3°" Band (1893), s. 266. — Una seconda me- moria sullo stesso argomento fu pubblicata da Werner colla collaborazione del Dott. Miolati nella “ Zeitschr. fiir phys. Chemie , (vol. 12°, p. 35) e ri- prodotta nella “ Gazzetta chimica italiana ,, T. XXIII, parte II, pag. 140 e XXIV, parte II, pag. 408. — Werner, ZIsomérie stéréochimique de composés inorganiques. Nota aggiunta all’ediz. francese del Compendio di stereochimica di Hantzsch. Parigi, 1896. SULLA COSTITUZIONE DELLE COMBINAZIONI DI PLATOSEMIAMMINA 391 cato da questo modo di notazione, ma la sua conducibilità mo- lecolare prova al contrario che essa contiene un radicale com- plesso IRE che funziona come iono negativo, essendo il 213 potassio il iono positivo. Il composto in questione dovrebbe essere un sale di natura speciale di cui il radicale acido è il gruppo sn e il radicale basico il potassio. 3 La nuova teoria del professore Werner è senza dubbio molto ingegnosa, elegante e direi quasi seducente; ma non posso adottarla per spiegare la costituzione dei composti di platoso e platinosemiammina, perchè le proprietà loro non ammettono la funzione acida del radicale, da cui si vorrebbero far deri- vare. — Non dubito punto dell’esattezza dei risultati delle de- terminazioni di dissociazione elettrolica eseguite da Werner e Miolati; anzi avrei desiderato che queste determinazioni non fossero limitate ai due soli derivati potassici, ma estese a tutti i corpi del quarto tipo che ho preparato e descritto. Mi sembra però che trattandosi di definire quale sia la funzione di un ra- dicale di tutta una serie di combinazioni, convenga prendere in considerazione il complesso dei caratteri fisici, e chimici, e non basti il fondarsi esclusivamente sul solo fatto della maggiore o minore resistenza opposta alla dissociazione elettrolitica. Secondo la teoria del Werner nel cloruro di platososemi- ammina e di potassio tuttì e tre gli atomi di cloro sarebbero direttamente collegati col platino, ed essendo simmetricamente disposti in un piano ad eguale distanza dall’atomo di platino, secondo lo schema: NH; I CI—Pt—01 Cl dovrebbero avere un comportamento chimico eguale. Ma ciò è contradetto dall'esperienza; infatti quando ad una soluzione di cloruro di platososemiammina e di potassio si aggiunge alla fem- peratura ordinaria in eccesso una soluzione di nitrato argentico, 392 ALFONSO COSSA si separano allo stato di cloruro insolubile solamente i due terzi del cloro; il che prova che un atomo di cloro si trova in una condizione diversa dagli altri due, e giustifica il modo d'’espri- mere la composizione del sale in questione colla formola: POLO ape 1 LIS La precipitazione parziale del cloro alla temperatura ordi- naria si verifica non solo in questo sale, ma bensì in tutte le combinazioni clorurate della platinosemiammina ed in quelle in cui all'ammoniaca sono sostituite la piridina e l’etilammina. Ora se per le combinazioni del secondo tipo si ammette l’esi- stenza d'un atomo di cloro fuori del radicale, basandosi appunto sulla precipitazione parziale del cloro, questo criterio dovrebbe es- sere con eguale valore applicato alle combinazioni del quarto tipo. La questione della funzione chimica del radicale dei com- posti di platososemiammina sarebbe facilmente risolta, qualora si potesse riuscire ad ottenerne isolato il cloruro PtNH, Cl.; ma se tutti i tentativi diretti a questo scopo finora fallirono, potei però ottenere il solfocianato della nuova base. — Quando ad una soluzione concentrata del cloruro doppio di platososemiammina e di potassio si aggiunge, anche alla temperatura ordinaria, una soluzione concentrata contenente una quantità molecolarmente doppia di solfocianato potassico, si separa a poco a poco dal liquido una materia di colore giallo bruno che va sempre aumen- tando fino a reazione completa. — Questa sostanza non contiene più nessuna traccia nè di cloro nè di potassio, ed analizzata pre- senta la composizione corrispondente al solfocianato di platoso- semiammina Pt(NH;) (Cy S). Ora la formazione di questo sale sarebbe impossibile ammettendo l’esistenza nel sale da me im- piegato, di un radicale acido avente la composizione Pt(NHs) Cl, Non sono propenso per ora ad accettare la teoria di Werner anche per considerazioni che si riferiscono a proprietà di com- binazioni appartenenti ad altri tipi delle combinazioni ammo- niacali del platino. I composti del terzo tipo contenenti i ra- dicali, che si possono esprimere colle formule generali: (I È or SULLA COSTITUZIONE DELLE COMBINAZIONI DI PLATOSEMIAMMINA 398 avrebbero, secondo le idee del Werner, una funzione affatto neutra, e non si potrebbero nemmeno ritenere per veri sali. Pertanto per venire ad un caso concreto, se ciò fosse vero, o non si potrebbe ammettere l’esistenza d'un corpo in cui i due A rap- presentassero due ossidrili, oppure se questa combinazione esi- stesse non dovrebbe avere una reazione basica. — Orbene è noto che fino dall'anno 1870 (1) Odling comunicò alla Società Chimica di Londra che trattando il solfato di platosammina con idrato di bario, potè ottenere un corpo cristallizzato, solubile nell’acqua ed avente la composizione Pt(NH,). (OH), che presenta tutte le proprietà caratteristiche d'una base energica, cioè: ha una reazione alcalina; satura gli acidi, assorbe l’anidride carbonica dall'aria, ed elimina l’ammoniaca da’ suoi sali. Oltre al Werner altri due chimici sonsi recentemente oc- cupati dei composti della nuova base del platino. L’egregio professore Klason (2) non ammette nè la teoria del Blomstrand e nemmeno completamente quella del Werner. Si accorda però con quest’ultimo chimico nel ritenere che le combinazioni della platososemiammina (3) contengono un radicale acido. Senza addurre, almeno finora, nessuna prova sperimen- tale, Klason asserisce che i miei composti derivano da un acido speciale che egli mi fa l'onore di chiamare acido del Cossa, ed al quale attribuisce la formola HPtCl, NH; CI ed il nome acido cloroplatosodicloramminico (Wasserstoffplatodichloroaminehlorur). — Come possa esistere un acido contenente integra la molecola dell’ammoniaca, io non so comprendere; ma a mia scusa mi piace di ripetere che quando il neologismo vien eretto a sistema, anche l'ignoranza diviene una necessità. Lo stesso autore asse- risce che ne’ miei composti l’ammoniaca può occupare nella mole- cola due posizioni differenti, e quindi sono possibili due isomeri. Ma siccome non aggiunge nessun'altra dichiarazione, riservan- dola alla parte sperimentale del suo lavoro, la quale, per quanto (1) “© Berichte d. deutsch. chem. Gesellschaft ,, vol. III (1870), p. 685. (2) Ibid., vol. XXVIII (1895), p. 1482. (3) Per evitare troppo facili incertezze nella nomenclatura dei derivati basici del platino, proporrei di chiamare platosemiammine le basi conte- nenti una molecola di ammoniaca; distinguendo coi nomi di platososemi- ammina e di platinosemiammina, quelle che contengono rispettivamente il platino bi- e tetravalente. 394 ALFONSO COSSA — SULLA COSTITUZIONE, ECC. io sappia, non fu ancora pubblicata, così io devo differire ogni mia considerazione in proposito, tanto più che non so se sì vuole alludere ad una isomeria geometrica o chimica (1). N. Kurnakow nella seconda delle sue pregevoli memorie sulle basi metalliche complesse (2), non nega il carattere basico del radicale delle combinazioni di platosemiammina e associa unicamente per la forma di combinazione, il cloruro di platoso- semiammina e di potassio alle combinazioni complesse di Mylius e Birnbaum, nelle quali alla molecola d'ammoniaca sono rispetti- vamente sostituiti l'ossido di carbonio e l’etilene. L'autore, che prende in considerazione appena le combi- nazioni di platosemiammina unite ad una molecola di cloruro di potassio, asserisce che queste combinazioni derivano dal clo- roplatinito potassico, nel quale agli elementi d'una molecola di cloruro di potassio è sostituita una molecola d'ammoniaca. A tale proposito mi preme di far osservare che questo è sola- mente uno dei modi con cui si possono ottenere le combina- zioni di platosemiammina, le quali possono prodursi indipenden- temente dal cloroplatinito potassico, come a cagion d'esempio: per sottrazione d’ammoniaca dai gruppi di combinazioni che contengono quattro, tre, e due molecole d’ammoniaca, come ho diffusamente dimostrato nella mia prima Memoria sul nuovo isomero del sale verde del Magnus. Pongo termine a questa mia nota dichiarando che se mi attengo ancora alla teoria di Blomstrand, non disconosco che anche essa non spiega chiaramente la costituzione dei derivati ammoniacali del platino; ma questa teoria almeno non è in oppo- sizione colla maggior parte dei fatti più accertati, che caratte- rizzano questa importante e numerosa serie di composti, che merita certamente di essere illustrata con nuove e svariate ricerche sperimentali, per poter riuscire a trovare una spiega- zione ancor più soddisfacente della loro struttura. (1) Pochi giorni dopo la presentazione di questa mia nota all’Acca- demia, l'egregio professore Klason mi fece cortesemente sapere che non è ancora riuscito ad ottenere una combinazione isomera della platososemi- ammina. (2) Ueber die zusammengesetzen Metallbasen, Zweite Abhandlung, * Journ. f. prakt. Chem. ,, N. F., 52 (1895), s. 177. LORENZO CAMERANO — SUL PERIPATUS QUITENSIS Schmarda 395 Sul Peripatus quitensis Schmarda; Nota del Socio LORENZO CAMERANO. Ludwig K. Schmarda nel suo trattato di zoologia (1) dà la figura di una specie di Peripatus proveniente da Quito. Egli la designa colla denominazione di Peripatus quitensis: ma non ne dà la descrizione. Questa specie introdotta dallo Schmarda nei cataloghi scien- tifici in un modo così poco raccomandabile, passò, come era da prevedersi inosservata per molti anni. Si fu il prof. Jeffrey Bell che richiamò l’attenzione dei naturalisti su di essa senza però poter fornire maggiori ragguagli (2). Lo stesso Adam Sedgwick nella sua monografia del genere Peripatus (3) colloca ancora il P. quitensis fra le specie inquirendae ; nè il Pocok (4) posteriormente, nè altri, che io mi sappia, ha avuto occasione di studiare la specie dello Schmarda o altre provenienti dalle alte regioni dell'Ecuador. Recentemente un nostro concittadino il dott. Enrico Festa il quale da oltre un anno esplora a scopo scientifico le regioni (1) Wien, 1871, I, pag. 371, fig. 269. — Nella 2* ediz., II, pag. 76. (2) A Forgotten Species of Peripatus, ° Report of the Fifty-seventh Meeting of the British Association of Adv. Science. ,, 1887, pag. 769. — Egli dice: “ In no account of the species of Peripatus does any writer make a “ reference to a species described by Professor Schmarda in his ‘ Zoologie ’ “ under the name of P. quitensis; in the second edition of this handbook, “ which is now lying before me, the species is figured on p. 76 of vol. II. It is stated to come ‘vom aequatorialen Hochland Sidamericas’ and with a total length of 26 mm. it has thirty-six pairs of appendages. It is much to be desired that attention should be called to this species, so that travellers in or near the neighbourhood of Quito may make a “ careful search for it ,. (3) A Monograph on the Species and Distribution of the Genus Peripatus, “ Quarterly Journal of Microscopical Science ,, vol. XXVIII, 1888, pag. 488. (4) Arthropod Fauna of the West Indies, “ Journal of Linn. Soc. ,, vol. XXIV, Zool., 1894, pag. 518. “ “ - 396 LORENZO CAMERANO elevate dell'Ecuador ha inviato in dono, fra le altre ricche raccolte zoologiche, al Museo zoologico di Torino sei esemplari di Peripatus. Questi assai rari ed interessanti animali vennero raccolti due nei contorni di Quenca e quattro a Sigsig regione elevata a sud-est di Cuenca a circa 2550 metri sul livello del mare (novembre, 1895). Gli esemplari di Sigsig hanno i carat- teri seguenti: a — È lung. m. 0,034, largh. mass. m. 0,005, zampe n° 32 paia bi LO: : sitaa0;007, ati a RO c_-2 a» 0040, ” si"), gr00;00%; illop” Bale d—- LT a 0050, ; » » 0,007, po 4 In tutti questi esemplari le parti superiori del corpo sono di color bruno cioecolatto scuro: le parti inferiori sono bruno Peripatus quitensis Schmarda — A, mandibola interna; B, mandibola esterna (molto ingrandite). chiare: le antenne sono intieramente nerastre: dietro le antenne sul capo vi è una fascia trasversale bianco giallognola (esem- plari conservati in alcool) assai spiccata e coi margini ben de- limitati. Questi esemplari corrispondono molto bene alla figura data dallo Schmarda del P. quitensis. Il numero delle paia di estre- SUL PERIPATUS QUITENSIS Schmarda 397 mità è pure da ritenersi corrispondente alla specie menzionata poichè nella figura dello Schmarda le paia di estremità sono 36 e le variazioni nel numero di queste parti nei nostri esemplari stanno fra i limiti che pare si osservino nelle specie ameri- cane di Peripatus. Negli esemplari di Sigsig la mandibola esterna e la man- dibola interna hanno la forma ed il numero di denti che mo- strano le figure qui unite. Gli esemplari di Cuenca hanno i caratteri seguenti: — 2 lungh. m. 0,045 largh. mass. m. 0,005 zampe n° 85 paia ss e ,.] n 0,050 » » » 0,008 ” ” 35 » - 2 La colorazione delle parti superiori ed inferiori del corpo, delle antenne e delle zampe è come negli esemplari di Sigsig: manca invece la fascia bianco giallognola trasversale al capo. Le mandibole sono pure come negli esemplari di Sigsig. Le papille della pelle non sono gran fatto diverse nelle due serie di esemplari. Io credo perciò che gli esemplari di Cuenca non possano separarsi specificamente da quelli di Sigsig: tuttavia data la mancanza della fascia trasversale chiara del capo negli esem- plari di Cuenca e la presenza di questo carattere in quelli di Sigsig io credo utile di distinguere i primi con un nome di sot- tospecie fino a che si sia potuto esaminare un maggior numero di esemplari. Aggiungerò che l'esemplare 5 di Cuenca conteneva due em- brioni già notevolmente sviluppati e colle parti superiori del corpo già inscurite; ma senza accenno alcuno alla fascia tras- versale chiara del capo embrione a lungh. m. 0,027, largh. m. 0,002, zampe n° 33 paia e ‘BI 05 0025; sora 0:0023 pdil31i88!0,) Nell’esemplare 6 di Cuenca trovai pure un embrione ben sviluppato, ma colla colorazione del dorso appena accennata; sul dorso si nota una linea mediana nerastra longitudinale ben evidente sopratutto verso il capo embrione 1 lungh. m. 0,020, largh. m, 0,0015, zampe n°31 paia _ mM 398 LORENZO CAMERANO — SUL PERIPATUS QUITENSIS Schmarda Gli embrioni che si trovano negli esemplari di Sigsig sono a sviluppo meno inoltrato e non presentano sufficientemente sviluppata la colorazione. La diagnosi del P. quitensis si può formulare nel modo seguente: Superiormente di color bruno cioccolatto scuro; inferiormente bruno chiaro; zampe del colore del dorso esternamente, ed inter- namente del colore delle parti ventrali: antenne intieramente ne- rastre; zampe in numero di paia variabile da 31 a 36: mandibola esterna con quattro denti, il 1° più lungo degli altri, il 2° ed il 3° più piccoli e subeguali, il 4° molto più piccolo; mandibola interna con tre denti grandi il 1°, il più grande, il 2° lungo un terzo circa del primo e il 3° lungo la metà circa del 2°, viene in seguito una sorta di diastema dopo il quale stanno 4 o 5 denti più piccoli. Le femmine sono più grandi dei maschi ed hanno un numero mag- giore di paia di zampe. A. FORMA TIPICA. Dietro le antenne sul capo vi è una fascia trasversale bianco giallognola spiccatissima. Habitat: Quito (Schmarda), Sigsig (Festa). B. sub spec. FESTAE. Manca la fascia trasversale bianco giallognola sul capo. Ha- bitat: Cuenca (Festa). Il Peripatus quitensis che a primo aspetto pare simile al P. torquatus Kennel di Trinidad è ben distinto da questa specie pel numero delle paia di zampe che nel P. forquatus è da 41 a 42. Si distingue pure dal P. trinidadensis Sedgwick di Tri- nidad e di Dominica che ha da 28 a 31 paia di estremità. Dal P. juliformis Guilding (in Pocock, op. cit.) sinonimo di P. Edwardsii Sedgwick si distingue per la forma e pel numero dei denti delle due mandibole come si osserva dalle figure date dallo Sedgwick stesso (op. cit., tav. XL, fig. 25-26). Per ciò che riguarda il P. jamaicensi Grabham e Cockerell ed altre specie dubbiose che vari autori hanno indicate di parecchie località dell'America centrale, delle Antille e dell'America meridionale sono neces- sarie nuove e più ampie ricerche. ICILIO GUARESCHI — NUOVE RICERCHE SULLA SINTESI, ECC. 399 Nuove ricerche sulla sintesi di composti piridinici e la reazione di Hanteschz Nota del Socio ICILIO GUARESCHI. Nell'ultima Memoria pubblicata nel 1895 (1) io ho fatto os- servare che lo studio del principale composto da me ottenuto allora, cioè la gy cianmetilglutaconimide: CH H?C mi fece credere essere questo composto identico a quello che si forma dall’etere acetilcianacetico CH"COCH( GO OCH (2) per decomposizione con ammoniaca. Il sig. Held, al quale mi feci pre- mura di inviare copia della mia Memoria, in una brevissima nota presentata alla Società Chimica di Parigi, sezione di Nancy (3), ammette anch'egli probabile che il suo composto sia identico al mio; egli ottenne un derivato jodurato C'H*IN°0°, che corrisponde anche nelle proprietà al mio derivato bromurato C'H°BrN°0?, Si è quindi con questi miei studi resa necessaria una revi- sione completa di tutti i prodotti che si sono ottenuti, prima delle mie ricerche, per l’azione dell’ammoniaca sugli eteri ace- tilcianacetici e simili. (1) Sintesi di composti piridinici ecc. in “ Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, 1895, Serie IT, T. XLVI. (2) “ Annales de Chim. et de Phys. , (6), T. XVIII, pag. 493. (3) “ Bulletin de la Soc. Chim. ,, 1896, T. XV, pag. 343. 400 ICILIO GUARESCHI Nella stessa Memoria del 1895 io ho annunziato che nel mio laboratorio si stava studiando l’azione dell'etere cianacetico e dell'ammoniaca sull’etere etilidenacetacetico, su altri eteri che- tonici e su diversi chetoni quali il metiletilchetone, il metilpro- pilchetone, il metilbutilchetone ed il metilessilchetone. Da questi composti, in condizioni varie, che saranno de- scritte nelle note seguenti, si ottennero delle sostanze molto interessanti, che contengono anch'esse il gruppo CH* come nei Il C AO, miei derivati tetraidropiridinici e della metilglutaconimide; fra i corpi ottenuti vi è C*H*N‘O° che è il sale di ammonio C#H4(NH*)N*0* di un corpo a funzione acida C*H*N°0° il quale si ha in bei cristalli fusibili a 244°, solubili nell'acqua, che non si colora col nitrito potassico nè coll’acqua di bromo e che forma una serie di sali ben ceristallizzati. Questo composto deve essere riguar- dato come ff, dicianmetilglutaconimide: CH° I PARIS CN.HC C.CN | HO.C._C0 NI N Un composto simile o 88, dicianfenilylutaconimide : pare si formi per l’azione dell’aldeide benzoica e dell'ammoniaca sull’etere cianacetico. La sintesi di questi composti dicianici è possibile partendo dagli eteri acetilcianacetico e benzoilcianace- NUOVE RICERCHE SULLA SINTESI DI COMPOSTI PIRIDINICI, ECC. 401 tico C*H°CO. CH Cove coll'etere cianacetico e l’ammoniaca ed a questo scopo sono in corso delle esperienze. Così pure dal mio derivato bromurato C'H°BrN°0® col cia- nuro di potassio. Nella reazione tra l'etere cianacetico, l’ammoniaca e l'etere etilidenacetacetico oltre alla BB, dicianmetilglutaconimide si forma anche dell'etere diidrocollidindicarbonico di Hantzsch e una so- stanza cristallizzata bianca fusibile 210°-212°. La formazione di questi tre composti dall’etere etilide- nacetacetico non era facile a spiegarsi. Ma quando si rico- nobbe che il composto C*H°N°0* era identico a quello che si ottiene dai chetoni R. COCH?, trattati pure coll’etere cianacetico e l'’ammoniaca, dubitai che l’etere etilidenacetacetico si fosse scomposto per l’azione dell’ammoniaca in etere acetacetico e aldeide e quindi si trovassero in presenza 4 corpi: ammoniaca, aldeide, etere acetacetico ed etere cianacetico; dall’etere aceta- cetico deriverebbe l’etere diidrocollidindicarbonico di Hantzsch e dall’etere cianacetico doveva essersi prodotta da 88, dician- metilglutaconimide per una reazione simile a quella di Hantzsch e che io rappresento nel modo seguente: CH? CRE CHO 0 CN.-H°C. .CH?.CN FAN | ' =20°H".0H+H°0-+H?+CN.HC C.CN (1) C°H°0.C0. COOC?H? | | HO.C CO NH? NA L’idrogeno che dovrebbe svilupparsi, servirebbe come nella reazione di Michael (1) e nella reazione di Doebner e Miller, alla formazione di prodotti secondari. Ma non è ancora escluso che proprio non si sviluppi allo stato di gas. Allora invitai il dott. Quenda a studiare subito l’azione dell’aldeide e dell’ammoniaca sull’etere cianacetico ed infatti la mia previsione si avverò, e ottenne il composto C*H°N°0° in tutto identico a quello che si forma dall’etere etilidenacetacetico e dai chetoni R. COCH?. (1) “£ Berichte ,, 1885, T. XVIII, pag. 2020. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 31 402 ICILIO GUARESCHI Dimostrato che la reazione di Hantzsch può avvenire con 2 molecole d'etere cianacetico, era presumibile che avvenisse anche con una molecola di etere acetacetico ed una di etere cianace- tico. Lo studio del composto fusibile a 210°-212°, che si forma dall’etere etilidenacetacetico coll'ammoniaca e l'etere cianace- tico e di un composto analogo fusibile a 222°-223° che si ot- tiene dall’aldeide benzoica con ammoniaca, etere cianacetico ed etere acetacetico, farà vedere se questa ammissione è giusta. La reazione potrebbe avvenire nel modo seguente: om Mm) cp? CHO c yy a C*H0COH?C CH?ON C*H'OCOHC ©.0N | | = C*H°.0H-{- 2H°0 + H° + | | CH*. CO COOC*H" cH*.C 00 N/ NH? N Lo studio dell’azione dell'etere cianacetico sugli eteri acetil e benzoilacetacetici in presenza di ammoniaca, potrà schiarire in quale senso avvenga la reazione precedente. Come si vede, la reazione di Hantzsch riceve da queste ri- cerche una nuova e grande generalizzazione. Secondo quanto ho esposto sopra, questa reazione sintetica che avviene tra una molecola di ammoniaca, una mol. di aldeide e 2 mol. di etere chetonico (Hantzsch) oppure 2 mol. di aldeide, una mol. di am- moniaca e una mol. di etere chetonico (Michael) può avvenire anche con 2 mol. di etere ciancetico (reazione I) oppure forse anche con una mol. di etere cianacetico ed una mol. di etere chetonico (reazione Il). A questo importante risultato si è giunti per vie diverse. Ora ho fatto studiare l’azione dell’ammoniaca ed etere cian- acetico su varie aldeidi (propilica, isobutilica, benzilica, ecc.) ed i risultati che si ottengono sono molto buoni. L'etere cianacetico: CH*. CN | COOC*H° Le NUOVE RICERCHE SULLA SINTESI DI COMPOSTI PIRIDINICI, ECC. 403 e così pure, naturalmente, anche la sua amide CN .CH°, CONH?, contiene due atomi di idrogeno metilenici che sono molto facil- mente sostituibili ed inoltre per la presenza del gruppo cianico il gruppo carbossietilico è facilmente trasformabile in amide; si ha quindi una mol. che reagisce facilmente coll’ossigeno chetonico ed aldeidico e nel tempo stesso si collega col gruppo NH. Secondo questo concetto io ho da molti anni utilizzato questo etere come mezzo di condensazione, per introdurre in un composto almeno due atomi di carbonio e un atomo di azoto e formare una ca- tena chiusa. Sono stato il primo a riconoscere nell’etere cian- acetico un mezzo per ottenere un gran numero di derivati piri- dinici e chinolinici; prima del 1893 non si pensava che a so- stituire in H°C l'idrogeno con radicali alcolici o radicali acidi /CN dn \C00C°H° Haller ecc., oppure con radicali bivalenti come ad esempio l’e- ti 5. E ciò per \C00C°H?' P analogia coll’etere malonico, col malonitrile CH° ch ecc., com- come ad esempio l'etere acetilcianacetico CH*CO . CH tere benzilidencianacetico C*H°CH = C posti nei quali i due atomi di idrogeno metilenico sono più o meno facilmente sostituibili. Io invece ho dimostrato che la diacetonamina : H?C | (CH9)°C pe NH? già a temperatura ordinaria può condensarsi coll’etere cianace- tico e dare il bellissimo composto: CH? | C N Le î . CN (CH?)C CO NA NH 404 ICILIO GUARESCHI Ora poi colla nuova estensione che prende la reazione di Hantzsch l’importanza di questo etere è assai aumentata. Secondo le mie ricerche l'etere cianacetico si comporta, in molte reazioni, analogamente all’etere acetacetico: CH? (ON) CH?(COCH?) | CO .0C°H CO .0C*H" Il gruppo acetilico tiene la funzione del gruppo cianico. Io ho dimostrato che l’etere cianacetico colle ortoamidoaldeidi e con gli ortoamidochetoni, produce dei derivati chinoliniei in modo affatto simile come l'etere acetacetico nella reazione di Friedlinder. Solamente che nel mio caso non vi ha bisogno di un agente di condensazione, quale l’idrato sodico nella reazione di Friedlinder. Il gruppo H°C tra ON e COOC*H* è forse più attivo che non nell’etere acetacetico. Con queste ed altre ricerche intendo appunto di estendere questo parallelismo fra i due eteri. Ho iniziato a questo scopo delle esperienze per vedere di sostituire l'etere cianacetico all’etere acetacetico nella reazione di Michael; la reazione tra l'’ammonialdeide, l’aldeide e l'etere ciana- cetico, che è molto viva, pare che avvenga nel modo seguente: CH° CH? | CHO C ZI CH° CH? CN HG C.CN Î “= LI 1. + c'H.08+H0+E". (II) CHO C00C*H" HC Co Na NH? N Si vedranno nelle note seguenti dei fatti assai interessanti i quali dimostrano che in determinate condizioni la molecola dei chetoni R.COCH? per l’azione dell'etere cianacetico e dell'am- moniaca gasosa, viene rotta per modo che si stacca — C.CH! e questo gruppo funziona come aldeide nella reazione coll’etere cianacetico e fornisce di fatti, per tutti i chetoni sino ad ora NUOVE RICERCHE SULLA SINTESI DI COMPOSTI PIRIDINICI, ECC. 405 studiati, lo stesso composto: B8, diciammetilglutaconimide; Valtra parte della molecola R si eliminerebbe, sotto forma di idro- carburo ed invero è da notare il fatto interessante che un pro- dotto intermedio (di cui non si è ancora con sicurezza potuto determinare la composizione) ottenuto col metiletilehetone, l'etere cianacetico e l’ammoniaca gasosa e secca, pel solo contatto col- l’acqua sviluppa un gas incoloro, poco solubile nell’acqua, che brucia con fiamma luminosa ma pallida e azzurrastra alla base e che probabilmente è il gas etano od idruro di etile C'H° (1). Una sostanza simile si è ottenuta dal metilpropilchetone trattandolo con etere cianacetico ed ammoniaca gasosa; il prodotto bianco che si forma, cristallizzato dall’alcol assoluto e poi messo in presenza di acqua, a poco a poco si scioglie poi sviluppa delle bolle di un gas combustibile, che brucia con fiamma luminosa, solubile nell’alcol, e che molto probabilmente è il propano C*H*. Sono questi, credo, i primi casi di sostanze organiche, che non siano composti organo-metallici, le quali pel solo contatto dell’acqua sviluppano un idrocarburo. In questa reazione i che- toni R.COCH? terrebbero la stessa funzione delle aldeidi nella reazione Hantzsch-Michael colla differenza che invece di formarsi un biidroderivato o di svilupparsi idrogeno si svilupperebbe un idrocarburo. Questa forma nuova della reazione di Hantzsch è interessantissima e si può rappresentare nel modo seguente: CH° CH? | | R.CO c CN.CH® CH?.CN = CNHC .CN #6] — RIPON SR H-LCAS OH R'0 CH'0.CO COOCH5 —HOC Da NH° (IV) In questo caso dei chetoni R. COCH? la reazione è però complicata più che non l’indichi la equazione finale (IV), perchè si formano dei prodotti intermedi i quali o coll’acqua sola, nel (1) La combustione di questo idrocarburo fatta da me e dal Dr. Grande nell’eudiometro di Bunsen, nel tempo della correzione delle bozze di questa nota, ha dimostrato che veramente è l’etano C*H°. 406 ICILIO GUARESCHI — NUOVE RICERCHE SULLA SINTESI, ECC. qual caso danno idrocarburo, o coll'ammoniaca si decompongono producendo sempre la Bf, diciammetilglutaconimide. Di questi prodotti intermedi, che debbono essere molto im- portanti, continuano ora lo studio i dott. Grande e Pasquali. Ora naturalmente si studierà il modo di comportarsi dei che- toni grassi ed aromatici sugli eteri chetonici in presenza di ammoniaca gasosa nella speranza che la reazione avvenga in questo altro modo: CH? CH? I | R.CO € ? b AS O*H°.0.C0.CH* CH*.C00C*H" C*H"OCOC ©.C000°R" lina A = psp + R.H-+3H"0 CH°CO COCH? CH°C € .CH' N‘ NH? N Ho quasi terminato lo studio dell'azione dell'etere cianace- tico e dell'ammoniaca e amine sugli eteri propilacetacetico, ben- zilacetacetico, benzoilacetico, monoacetosuccinico ed altri eteri chetonici. Da quanto ho esposto più sopra e dalle ricerche eseguite da Quenda, Pasquali e Grande se ne può trarre essenzialmente la importante conclusione seguente: La reazione finale tra l’ammoniaca, l'etere cianacetico e le aldeidi od i chetoni avviene secondo la equazione generale: CH» CH» cd | [ (V) R.CO C /N CN.CH? CH?CN CNHC È. CN | — | | +R.H+ 2C°H°.0H+H?0 C?H°0 . CO C0.0C*H° HO0.6G exbibenvi:» pit? fi. mf eroe pert dipotra im reomesf;piimdi habef.f ca vomita opors. + Lege urfuruneemamfefti «DUID derirbatvum qui acuofprao umpenta' refidar. ille greepfar fn» dir mumafi Qualita domott pasti cadi pronsutnibonas mproram: Tnresaciipere me. E anremacuoms159; faft. pr b uevtg, But fepw-nédene Fiepw. (6ga )fivetuo. vi € Phiaifgd bohé Pfrptins. A gum tefimmi afnopalfusì. = vruruuls a palo nate apnea fpatora ec ceiforidi + Que abmodi us fàpui aucrstitame 16 cidariir oftadit fui uolimut. Lon retrrom.ecbone fini pfon um ifemus qua acno. nonfslum ppuenmieziones-fi; remammafimo eos ppioipratiààna WA fiueat. Cai daino fe pra fame Fanea fo DIMMI DeDTT INTE pignonita « «ue bona fe cam pascnfis moon Era dani * fifpui rebsrpis 1fact'eod'indiao declaraf. Mel riobfenzina ports ur fi ali. qngroà folidos fard pet. ]namam per + qanovium fm eMIMMETIO pont jracone avente al perg nolumaré fuî dedare. — fimumotm defidie-}à>fimfra i gronda ffiver . Sazemacime poffivere è fimt ec cum fpromeumE qu firochbemt an iii 5 deg gip fici fepruifiar.mbs fenbadi nom dorfi cene. quamoxahs acuocuma pu ambubir. — Mpenzeringué i ndmeveat uh Oiuîm n more ef uani apbarplegé Suàî. me ui noîi pali-oporer-Nec occulte fe fabi A ramfi dolo Det fiere: mne mmutt © ecnbmofiioetie. -ecqmommas ico ff» Sora gip i nuce vomane FadmmÉ: — tipurcific deb immo 'abrpo Disas.l'abal mamazur.Dolusenmppitffione babari — Ochibequme ret fetambabeeco pri sega nic srbrome.fed?afa® — SELRE Suit uli pfmtari fre Acca mereffito JE ns qunmre mterogImis Ve. fer ‘publico a pphenmberne matie fut. bano pai reapidiédimumiepo icbuer-fe — tiauntapmgftri af tipuiatapen o uumalieni fuum e untfrenear: Vani compera amofinte Jneamquifacateni quianmobti ira fépra aDfirmla pducidafi.ma — rano Smqdi doanots qAbaccoy fol O ARASIE DI ca i ita Paci RSA miro urdlb, artneuticcediz. \Efiorifita - osquot> inpmo rim fs mm dae porimabmonifobole bre aiuti farpmne. -)5dedoni gno. niredue. somantoniumngitiae giri ocpartoncfpafifimumibge. 4 Tefemarnip fsafnupuafimbi ame Lai dotfoniumalicg: pata: Senta aporewrod. .afafruei.béparmiabym parto.O neormavifuant.n.fi ps fryano. r.pano. té wa. +7 puma. mim sreby Lbfobfncti. @ te fici. tan c.nendieaiaboi poseioe ft. Sienisofuprefabi pb} Bawtpmime tr fine ceri. fine neunmf parta bereditani ape. .Coen- néaniecto. uelbideromméffponfat- Su _arameali ec afasapar. È, perpoî. ethueis. P. fallameltore: Ga balo mubere: È. al E: de ut fe x E {aci reuffiary- fié di bono carrummo hap p fim’ seadregnit cglor= capefcendi. Semale *; bapnzaro và ofermio. | due ri gire.f oe a arrlipere. sì abundaîir iufina un. piujo - Fa-fifirc- fan Sta paro. Srqecererir s ocfma necesfizaf i asbolici pg acaprar fim 2 neri. riaîo paci carbolici cufodrar: fi pag 9 carbolici” unitari pofiziiaccoprr. go ente ipa carholica unmaze scceprur” fiftaz 8 hac ma maiguit- né ci i carbolci depuram? ; Srà fuît acorpali merve hbar? ci fe carbolice è cogganoî £ piena corpali redcidio uni ua corde dfterteraf” noli ipham?g. fec.f7 fecurifime 208 Laudum? ga cArdir pinze cord: fiso ari unitari fuabar fis apo {aci fior fido < % notuwodacuza mupre-fd- Téual ‘e va one pl ife renddat bo a pat que ffpf si miigo tin hiv regrii omni acapuiî ai niigò 16 fi fecerit rop— prioni cirnalui nanmart ermidauine denuog accepat reperendit E ccip qualit PfdE fui & duri cap qubnanze mia di Feat fi af fun. tig fanzeg fi pe intlliaunt’. rdfcordiofe” reranc'iie fipei ciigli. ficade pui è ligpinre + fi innato falla: opimonii uarrerare atfensi. bee $piniam gifola amdolica pman? x ipornone dartdi. mimirii Hire mauoref ni uoluet” papts ur Cus carrcaf offufa ci cordhb, p fm fem qui dalia E careaf gr rit gucatbolica cdione puan- fAmS.ccta pa defo pera morcar nol. baprinii e? botsfor || accipe Sr (atui bearudiniexiei nemni ut : | pape ut'renere- Naxflumina defonte padifi | 7 foraf large manauine.ne mm ime foporarma | ul'egypmw. quo uta flumina puenet. &felcua” | vare que fpabifo cGmemorat” Sumo & bap_ } ditta. Caotinrir Rari Milano PROGRAMMA PER L’ XI PREMIO BRESSA La Reale Accademia delle Scienze di Torino, uniformandosi alle disposizioni testamentarie del Dottore Cesare ALESsANDRO Bressa, ed al Programma relativo pubblicatosi in data 7 Di- cembre 1876, annunzia che col 31 Dicembre 1896 si chiuse il Concorso per le scoperte e le opere scientifiche fatte nel qua- driennio 1893-96, al quale concorso erano solamente chiamati Scienziati ed Inventori Italiani. Contemporaneamente essa Accademia ricorda che, a comin- ciare dal 1° Gennaio 1895, è aperto il Concorso per l’undecimo premio Bressa. a cui a mente del Testatore saranno ammessi Scienziati ed Inventori di tutte le nazioni. Questo Concorso ha per iscopo di premiare quello Scien- ziato, di qualunque nazione egli sia, che durante il quadriennio 1895-98, “ a giudizio dell’Accademia delle Scienze di Torino, “ avrà fatto la più insigne ed utile scoperta, o prodotto l’opera “ più celebre in fatto di scienze fisiche e sperimentali, storia « naturale, matematiche pure ed applicate, chimica, fisiologia e « patologia, non escluse la geologia, la storia, la geografia e la “ statistica ,. Questo Concorso verrà chiuso col 31 dicembre 1898. La somma destinata al premio, dedotta la tassa di ricchezza mobile, sarà di lire 9600 (novemila seicento). Chi intenda presentarsi al Concorso dovrà dichiararlo, entro il termine sopra indicato, con lettera diretta al Presidente del- l'Accademia, e inviare l’opera con la quale concorre. L’opera . dovrà essere stampata; non si terrà alcun conto dei manoscritti. 464 Le opere presentate dai Concorrenti, che non venissero premiati, non saranno restituite. Nessuno dei Soci nazionali, residenti o non residenti, del- l'Accademia Torinese potrà conseguire il premio. L'Accademia dà il premio allo Scienziato che essa ne giudica più degno, ancorchè non si sia presentato al Concorso. Torino, 1° Gennaio 1897. Il Presidente dell’ Accademia G. CARLE, Il segretario della Giunta E. p'OvIpIo. 465 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal ? al 21 Febbraio 1897. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco sì ricevono in dono. * American Journal of Science. Editor Edward S. Dana. Fourth Ser., vol. III, n. 14. February 1897. New-Haven; 8°. * Archives Néerlandaises des sciences exactes et naturelles publiées par la Société hollandaise des sciences è Harlem; tome XXX, livr. 4. Harlem, 1896; 8°. * Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LV, disp. 29. Venezia, 1896-97; 8°. * Bergens Museums Aarbog for 1896 Afhandlinger og Aarsberetning udgivne af Bergens Museum. Bergen, 1897; 8°. Bollettino dei Musei di Zoologia e Anatomia comparata della R. Università di Torino, n.i 229-267. Torino, 1896; 8°. * Bulletin de la Société belge de Microscopie. XXII° an., 1896-97, n° 1, 2, 3. Bruxelles, 1896. * Comptes-Rendus des séances de l’Académie des Sciences de Cracovie, décembre 1896; 8°. * Geological Literature added to the Geological Society's Library during the year ended December 31st. 1896. London, 1897; 8°. ** Memoirs of Geological Survey of India. Ser. XIII, vol. Il; Ser. XV, vol. II, Par. 2. Calcutta, 1895; 4°. Memoirs of the Geological Survey of India. Vol. XXVII, Part I. Calcutta, . 1895; 8°. * Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LVII, n. 3. London, 1896; 8°. 466 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Preisschriften gekrint und herausgegeben von der Fiirstlich Jablonows- ki'schen Gesellschaft zu Leipzig. N. X1II der math. naturw. Section. Leipzig, 1896; 8°. * Proceedings of the Royal Irish Academy. Third series, vol. IV, n. 1. Dublin, 1896; 8°. * Proceedings of the Royal Society. Vol. LX, 365. London, 1896; 8°. * Quarterly Journal of Geological Society. Vol. LIII, Part 1. Index to volumes I-L. Part I. London, 1896; 8°. * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXX, fase. 1, 2. Milano, 1897; 8°. * Rendiconto dell'Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Serie 3*, vol. II, fasc. 12. Napoli, 1896; 8°. Résultats des Campagnes scientifiques accomplies sur son yacht par Al- bert I, Prince Souverain de Monaco; fase. XI. Monaco, 1896; 4° (dono di S. A. M."e il Principe Alberto I di Monaco). * Stazioni sperimentali agrarie italiane. Vol. XXIX, fasc. 12°. Modena, 1896; 8°. ‘ ** Verhandlungen der physikalischen Gesellschaft zu Berlin. XV Jahrg., n. 7. 1896; 8°. ** Verhandlungen der k. k. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. Jahr. 1893-1896. Wien, 1894-1896; 4 vol. 8°. * Wissenschaftliche Meersuntersuchungen herausg. von der Kommission zur wissenschaftlichen Untersuchungen der deutschen Meere in Kiel und der biologischen Anstalt auf Helgoland. N. F. Zweiter Band. Heft 1, Abt. 1. Kiel und Leipzig, 1896; 4°. * Mypnaxt pyccxaro puanro-xnmnyecrgaro O6meersa npu Mmneparoperome C. Ierep6yprerows YampepenterB; t. XXVIII, n. 9. 1896. Alfaro (A.). Mamiferos de Costa Rica. San José, Costa Rica, 1897; 8° (dalla Direzione del Museo Nazionale). Gambera (P.). Della velocità atomica dei gas perfetti. Salerno, 1896; 8° (dall'A.). Macchiati (L.). I tegumenti seminali della Vicia narbonensis L. non con- tengono i grani d'amido incapsulati del dott. Buscalioni. Modena, 1897; 8° (Zd.). Nodon (A.). La photographie du Spectre infra-rouge et étude des rayons Reentgen. Paris, 1897; 8° (74.). PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 467 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Dal 14 al 28 Febbraio 1897. * Abhandlangen der philologisch-historischen Classe d. k. Sachsischen Gesellschaft der Wissenschaft. Bd. XVIII, n. 1. Leipzig, 1897; 8°. * Annuario della R. Scuola superiore d’Agricoltura in Portici. Vol. VII, 1897, fasc. 1. Discorsi inaugurali; 8°. * Atti della R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze, 4* serie, vol. XIX, disp. 3-4, 1896; 8°. * Boletin de la Real Academia de la Historia; t. XXX, cuad. II. Madrid, 1897; 8°. * Jugoslavenska Akademija Znanosti i Umjetnosti. Rad, Knjiga CXXVII, CXXIX; Rjecnik hrvatskoga ili srpskoga jezika..... Svezak 16. (Jezitac- Kamenpobili) Starine..... Knjiga XXVIII. Zagrebu, 1896; 8°. * Legisromanae Visigothorum Fragmenta, 1 vol.; t° (dall'Accademia di Storia di Madrid). * Rozprawy Akademii Umiejetnosci wydziat Historyezno-Filozofiezny. S. II, t. VII. Krakowie, 1895; 8°. Bianco di S. Secondo (F.). L'Accademia torinese dei Fulminati e il suo presidente nel 1670. Roma, 1897; 8° (dall’A.). Fazy (H.). La guerre du pays de Gex et l’occupation genévoise (1589-1601). Genève, 1897; 8° (dall'Istituto Nazionale di Ginevra). Marre (A.). Le Sadjarah Malayou (L’'arbre généalogique Malais). T. 1°°. Vaucresson, 1897; 8° (dall’A.). Michou (È.). Nouveaux milliaires d’Arabie découverts par le P. Germer- Durand. Paris, 1896; 8° (/d.). Puccini (R.). La scienza e l’ateismo. Lettere. Siena, 1890; 8° (dall’A.). — La scienza e il libero arbitrio, con appendice sul recente libro “ Il pes- simismo e l’evoluzione , di G. Trezza. Siena, 1890; 8° (Zd.). — Il soprannaturale e la scienza in ordine al progresso. Torino, 1894; 2 vol. 8° (Id.). — Introduzione alla sociologia. Siena, 1894; 8° (Zd.). — Breve studio sui “ Promessi Sposi , di A. Manzoni. Siena, 1896; 8° (Z4.). — Il romanzo psicologico e la sua importanza educativa. Siena, 1896; 8° (Zd.). Sanquirico (C.). Istruzione superiore agraria. Discorso inaugurale e Rela- zione per l’anno 1895-96. Torino, 1897; 8° (/d.). Zibrt (C.). O Srovnivacim studiu Lidového Podini na vysvétlenou a na obranu. Praze, 1897; 8° (/d.). € ie ne Torino — Vixcenzo Boxa, Tipografo di S. M. e Reali Principi. ti ‘AMS pus ‘ ni IREZI, scri Patori An MII ent ie Igolali3 «o sdanoielinoMonshano2: (0 papi ba i , n : ; Le slingna: ref‘. } o pi patal (1) 09f%i apri n î i ) A é È, v peo i nani 15] pae‘; DEL. s S TY Acndemy_of Solero Reo'd. June 1 --O0t- CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 7 Marzo 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF, ALFONSO COSSA VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: D’'Ovipro, Direttore della Classe, BerrutI, Bizzozero, SPEZIA, GrAcOMINI, CAMERANO, SEGRE, VoL- TERRA, JADANZA, GuarEscHI, Gurpi, FiLeti e NaccarI Segretario. Viene letto ed approvato il verbale della precedente seduta. Il Segretario comunica la lettera di ringraziamento inviata dal Prof. Felice KLein per la sua nomina a Socio straniero. Comunica pure una circolare d’ invito al Congresso geologico che si terrà quest'anno a Pietroburgo. Il Socio SeerE per incarico della famiglia del compianto collega Galileo FERRARIS presenta per la pubblicazione nelle Memorie un manoscritto trovato fra le carte di questo. Egli aggiunge in proposito le seguenti notizie: Il manoscritto fu re- datto dal FerrARIS, che ne lesse alcune pagine a qualche amico e ne parlò ad altri, in questi ultimi anni e probabilmente nel 1895. È quasi tutto pronto per la stampa. Solo poche pagine hanno bisogno di compimento e il Socio SEGRE si riserva di darlo giovandosi delle indicazioni esplicite che vi si trovano e dei cenni che son fatti a matita nel margine. Questo lavoro doveva costituire come un primo capitolo d’ indole puramente Aiti della R. Accademia — Vol. XXXII. 35 25 97 470 ‘geometrica d'un trattato completo di elettrotecnica, che l'autore vagheggiava di scrivere. Però le teorie che vi sono svolte con una semplicità ed una lucidità veramente singolari, si applicano anche ad altre parti della Fisica, come l'idrodinamica, ecc. Non essendo nel manoscritto indicato alcun titolo, il Socio SEGRE ha creduto opportuno di scegliere il seguente: “ Teoria geome- trica dei campi vettoriali, come introduzione allo studio dell'elet- tricità, del magnetismo, ecc. ,. Il Presidente pone ai voti l'accoglimento della memoria, che viene approvato all'unanimità. Il Socio VoLtERRA presenta una memoria del Prof. TeponE intitolata: “ Sulle vibrazioni dei corpi solidi omogenei ed isotropi .. Ne viene affidato l'esame ai Socii VoLtERRA e SEGRE. Il Socio D'Ovipio per incarico del Socio PeANo presenta una nota del Dott. Angelo RamorIno, intitolata: “ Sopra alcune proprietà delle curve nello spazio in relazione con la loro curva- tura e torsione ,. Sarà inserita negli Atti. Il Socio Spezia, anche a nome del Socio Cossa, legge la relazione sopra la memoria del Dott. Giuseppe ProLmi intitolata; “ Sull’origine della magnesite di Casellette ,, proponendone la let- tura. Compiuta questa, la Classe accoglie la memoria nei volumi accademici. ANGELO RAMORINO — SOPRA ALCUNE PROPRIETÀ, ECC. 471 LETTURE Sopra alcune proprietà delle curve nello spazio in relazione con la loro curvatura e torsione; Nota del Dott. ANGELO RAMORINO. 1. — Il Sig. DarBovx, nella 4* parte delle sue Lecons sur la Théorie générale des surfaces et les applications géométriques du Calcul infinitésimal (1), occupandosi delle curve gobbe e della loro curvatura e torsione, si propone di determinare il volume V del tetraedro che ha per vertici quattro punti M,M,M;M, della curva, infinitamente prossimi a un punto M della medesima. Per questo, assume le coordinate cartesiane ortogonali xyz del punto mobile M come funzioni d’una stessa variabile nume- rica f; e, indicato con #+- À;, xy; 2: il valore della variabile e i corrispondenti valori delle coordinate #y2 relativamente al punto M, (i= 1, 2, 3, 4), sostituisce nella formola XY | Lo Ya îa 6N == | Vs Us %s | Za Ya Za ppm nm al posto delle x,y; i loro sviluppi secondo le potenze delle /, mediante la formola di Taylor, trascurando in questi sviluppi le potenze delle h, superiori alla terza. Così giunge al risultato (1) Paris, 1896: Notes de l’Auteur. — Nota 4%, pag. 423 e seg. 472 ANGELO RAMORINO | x y ; 1 | V=_— 72 (ha — Mm) (fa — ho)(h4 ha) (ha — (ha — ha) (haha) a y" | y!" overe' ya” d''a sono le derivate 1°, 2*, 34 di 7y2 rispetto a t. Evidentemente il Sig. Darboux coll’asserire che il volume MM. M;M, ha l’espressione trovata quando si trascurino quelle certe quantità, vuole intendere — nè saprei dare altra inter- pretazione al suo concetto — che è x y' 2' . _M Mi Mi M, — Du 1 ULI " " (9) im Tende et LE o!" i Ana ld dd ove il limite si prenda col far tendere le %; a zero. Ora: questo — come risulterà dalle cose che verrò espo- nendo — è vero; ma la dimostrazione su citata non è sufficiente a farne risaltare la verità, in quanto che in essa l’autore non tien conto di quantità, che non è permesso di trascurare. In vero, per potere, anzi tutto, parlare di limite d'una funzione di più variabili che, come la quantità trascurata dal Darboux, sia il rapporto di due funzioni annullantisi contemporaneamente per i valori considerati delle variabili, non vedremmo altra via praticabile che quella di ricorrere al Teorema, che dà l’esistenza del limite per un siffatto rapporto quando il denominatore sia una forma definita delle variabili e il numeratore una funzione di grado superiore a quello del denominatore. E questo non è il caso, non essendo il denominatore, — cioè il prodotto (f4—X1)... (Ah: —l), che indicheremo con TT (A, Rs X3 7,4) — una forma definita. Ma c'è di più. Nel caso attuale, data appunto la forma speciale del denominatore nella quantità trascurata dal Darboux, si può dimostrare che questa quantità, col tendere a zero delle &,, non ha per limite lo zero. Facciamo in fatti R,z= 3,4 A, ls=Mh4+ hi, a=Mh+ hi, essendo rst numeri interi positivi arbitrarì, grandi a piacimento. SOPRA ALCUNE PROPRIETÀ DELLE CURVE NELLO SPAZIO, ECC. 473 Allora il TT(4, %: 4; 4) diviene (dh — hi) (fia — Mm) = (MM MA MM — MM) e, quindi, è infinitesimo con %, d'ordine superiore ad r-+-s+-#, ossia d'un ordine n tanto grande quanto vogliamo. Ora: perchè il rapporto trascurato avesse per limite lo zero, dovrebbe il numeratore essere una funzione infinitesima con A, d’ordine su- periore ad », ossia, sviluppato secondo le potenze crescenti di #,, dovrebbe cominciare con un termine di grado superiore ad » e però tanto alto quanto ci piace. Il che in questo caso non accade, avendo il Darboux trascurato le potenze di /, superiori ad una data e, precisamente, superiori alla terza. La relazione (a) è, in vece, suscettibile di dimostrazioni completamente rigorose. Già fin dal 1887 il Prof. PraNO, nelle sue Applicazioni geometriche del calcolo infinitesimale, era giunto a questa relazione, senza nulla trascurare, mediante le funzioni interpolari. Io qui mi propongo di darne un’altra dimostrazione, evi- tando l’uso di queste funzioni, e ricorrendo in vece alle forme geometriche. 2. — A tale uopo, stimo opportuno di premettere alcune considerazioni, alcune proprietà, le quali è bene siano chiarite, precisate, nettamente distinte fra loro. DermnIzioNnI. — @) Dati dei numeri k, 3 ..... in numero finito od infinito, diciamo che il numero x è medio tra essi, se k è non maggiore del limite superiore e non minore del limite in- feriore dei numeri dati. 8) Dati dei volumi VV... in numero finito od infinito, diciamo che il volume V è medio tra essi, se, detto U il volume unità, il numero La è medio tra i numeri U, d ne: Y) Diciamo, in fine, che una forma geometrica qua- lunque @ di 1°, 2° o 8° grado è media tra le forme, in numero finito o infinito, p, P:..... dello stesso grado di @, per intendere che, per qualunque scelta della superficie o linea o punto P, il volume @P è medio tra i volumi QUE: QIPiore 474 ANGELO RAMORINO Mediante queste definizioni, alcuni Teoremi sulle funzioni reali di variabile reale si possono, con opportune modificazioni, estendere alle funzioni complesse di variabile reale. Così, ad esempio, il Teorema della media: “ Se f(t) è una funzione reale della variabile reale t, definita nell'intervallo tt, e avente deri- vata in tutto questo intervallo, si ha f(ta) — f(t,) ad p' (u) tit essendo u un valore di t compreso fra t, et, , vale ancora per le funzioni complesse di variabile reale, purchè si enunci nel modo seguente: Trorema I. — “ Se f(t) è una forma geometrica di grado qualunque, definita nell'intervallo tit, e avente derivata in tutto questo intervallo, sarà ta £ 4) medio tra i valori di f (t) nel- FARI l'intervallo medesimo ,. Infatti, se moltiplichiamo la forma f(t) di 1°, 2° o 3° grado rispettivamente per una superficie, linea o punto qualunque P, abbiamo il volume fP, funzione numerica della variabile #, alla quale possiamo applicare il Teorema della media testè f(to) — fl t 3 ? È : ; Fal. P è medio tra i valori co | fit) —f(t) ti h ricordato. Così troviamo che è medio di f'P nell’intervallo considerato, e però, i tra i valori di /' nell'intervallo medesimo. Così pure il Teorema di RoLLe: “ Se una funzione reale f(t), definita nell'intervallo t;ts e avente derivata determinata e finita in tutto questo intervallo, si annulla agli estremi di esso, la sua prima derivata si annullerà per un valore di t compreso fra t, et. ,, e la sua Generalizzazione: “ Se la funzione reale f(t), avente le successive derivate f'f''... fl, si annulla per n+- 1 valori distinti della variabile, la sua derivata n° si annulla per un va- lore di t medio tra quelli considerati ,, si estendono immediata- mente, con modificazioni analoghe a quelle del Teorema prece- dente, alle funzioni complesse di variabile reale, e dànno: Teorema IL. — “ Se una forma geometrica di grado qua- lunque f(t) funzione della variabile numerica t, definita nell’inter- SOPRA ALCUNE PROPRIETÀ DELLE CURVE NELLO SPAZIO, ECC. 475 vallo tit, e avente derivata in tutto questo intervallo, si annulla agli estremi t,ts di esso, cero è medio fra i valori di f' nell’in- tervallo medesimo ,. La dimostrazione si deduce immediatamente dal Teorema I. Trorema III (generalizzazione del precedente). — “ Se una forma geometrica di grado qualunque f(t), funzione della varia- bile numerica t, avente le successive derivate ff"... f, si annulla pern41 valori ttg ... ty della variabile, un valore medio tra i valori di fl (t) per t compreso tra tits... ty è lo zero ,. La dimostrazione si riduce tosto, come s'è fatto per il Teorema I, a quella del Teorema corrispondente sulle funzioni numeriche, moltiplicando la forma considerata di 1°, 2° o 3° grado f(t) rispettivamente per una superficie, linea o punto qualunque P. In fatti, allora il volume fP, ch'è una funzione numerica della variabile numerica #, avente le successive deri- vate f'P,f"P....f!P, e che si annulla per gli +1 valori t.t>...t,+: della variabile, è suscettibile dell’ applicazione del Teorema sopra ricordato, generalizzazione di quello di Rolle; avremo, cioè, che il volume flP si annullerà per un valore di # compreso fra tt... t,;1 ossia zero sarà medio tra i valori di fP per # compreso fra t, #3... t,;, e, però, che zero è medio tra i valori di f‘(#) per # compreso fra t; ts... ty. Da questa proposizione segue immediatamente il Trorema IV. — “ Se una forma geometrica di grado qua- lunque f(t), funzione della variabile numerica t avente le successive derivate f'f'' ...f®, si annulla per n valori tt: ...t, della varia- bile, sì ha la relazione fO= 0-4). @-WK, essendo K una forma geometrica dello stesso grado della f(t) e media fra i valori di ft) per t compreso fra ttits...tn n ._ In fatti, indichiamo con K una forma geometrica dello stesso grado della f(#) e tale che per un altro valore £ di t, diverso da tt:...t,, sì abbia ft) — + to —t) (eta). (e MM E=0. (1) 476 ANGELO RAMORINO Se consideriamo la forma oM=f-A —-t)0-b)..(t-W)K, abbiamo che, per le ipotesi fatte, essa è una funzione della variabile numerica # avente le successive derivate 9' ©"... p'" è tale che Ph) =0 (i) =0... P(i)=0; e, però, per il Teorema precedente, zero dovrà essere medio tra i valori di 9! (t) per t compreso fra t,t, ...t,. Ora è o"=f"—K: sarà quindi lo zero medio tra i valori di fl(t#) — K, ossia K sarà una forma dello stesso grado della f() e media tra i va- lori di f‘”°(t), per t compreso fra #,t,...t,. La (1) perciò pos- siamo scriverla f=I Mk) ME, avendo K il detto significato; e, se al posto di £, leggiamo un valore qualunque #, abbiamo finalmente la formola, che vole- vamo dimostrare, fa=-0-h)0-4)(—n)K, nella quale X sta a rappresentare una forma geometrica dello stesso grado di f(#) e media tra i valori di f‘"(#) per # com- preso fra tt... tn. Ed altre molte proposizioni delle funzioni reali di variabile reale si estendono con eguale facilità alle funzioni complesse di variabile reale, alle forme geometriche funzioni di variabile numerica, purchè s’introducano in esse modificazioni analoghe a quelle delle proposizioni precedenti. Al mio scopo però queste bastano. SOPRA ALCUNE PROPRIETÀ DELLE CURVE NELLO SPAZIO, ECC. 477 3. — Consideriamo una curva nello spazio descritta da un punto M funzione della variabile numerica #, avente derivate prima, seconda, terza, M'M" M'", che in un punto del nostro ragionamento vedremo esserci necessario di supporre continue. Se M, Ms M; M, sono quattro punti della curva corrispondenti ai valori t, ftt, di #, applicando ad M, M, funzione complessa della variabile numerica # che si annulla per t=#, ed ha per derivata M, M', il Teorema I, abbiamo MM. = (& — #) MM (1) ove M' è media tra i valori che M' assume nell’intervallo tt». Passando al triangolo M, M, M, altra forma geometrica funzione della variabile numerica #, che ha per 2? derivata M,M,M” e si annulla per t=# e #=#, possiamo ad essa applicare il Teorema IV, ed abbiamo MMM=(i- th) MMM", essendo M'" media tra i valori di M'" per # compreso fra tf, t., e, quindi: 1 E M, M.M, = (&; =" t) (83 == to) M, My M" ’ (2) essendo qui M'” media tra i valori di M' per t compreso fra tto t3. Finalmente, se consideriamo il tetraedro M, M, M; M, forma geometrica di 3° grado funzione della variabile numerica #, che ha per 8? derivata M, M, M; M'" e si annulla per t=t,, t=# e t=t;, possiamo anche ad essa applicare il Teorema IV (o, trattandosi ora, in sostanza, d’una funzione numerica della variabile numerica #, l'analogo Teorema sulle funzioni reali di variabile reale), ed otteniamo M, MM M—-| ((—t)(t)(—t)MMM,M", essendo M'" media tra i valori di M'' per t compreso fra 478 ANGELO RAMORINO tt.t1t, (0, se si vuole, un valore di M'" corrispondente a un va- lore di # medio fra tt, tt), e quindi: M, M;} Mm M= i (h—t)(—t)(h—t)M MMM”; (8) e qui M'" è media tra i valori di M'" per t compreso fra t.t,t3t, (0 anche, se si vuole, è un valore di M' corrispondente a un valore di t medio fra t,t,tt,). Sostituendo ora ad M, M; nella (2) il valore dato dalla (1), si ha: MMM= Mb) M)M MM; e, ponendo quest’espressione al posto di M, M, M; nella (3): M MMM (MEANA AMA) MMM ME" ove M'M"M'"’ hanno i significati detti. Se dividiamo per il TT(t, tt t,) e passiamo al limite col far tendere t, #» tt, allo stesso valore f, sicchè — se, come avevo preannunziato, supponiamo continue la prima, seconda, terza derivata del punto M — i valori M'M"M"" dell’ultima relazione tendono rispettivamente ai valori M'M"M'" corrispondenti al valore # cioè al punto M, otteniamo M, MM; M, SUE (ut) 1 ' ' = MM M'"M'"". Indicando ora con xyz le coordinate cartesiane del punto M rispetto ad un'origine O e a tre vettori di riferimento I.J K (che, per seguire l’uso comune, benchè ciò non sia qui neces- sario, sì possono supporre eguali in lunghezza all'unità di mi- sura), si ha M =0+csl1 +4+yJ +“K Mi. = ZI +y'J +e M" = 2"I +-y"J + 2"K | pe c''I+y'"JT+ 2"K SOPRA ALCUNE PROPRIETÀ DELLE CURVE NELLO SPAZIO, ECC. 479 e quindi, eseguendo il prodotto esterno o alternato di GRASSMANN che, com'è noto, coincide con Logi A yuola () x! y" e" OUR li) '' y'' 3! 1) 0!” y!!! III sì ottiene x! y' 2" MMM Mr ee ge MOTI Ora: i due membri di questa relazione sono omogenei. Se passiamo dai tetraedri ai numeri che ne misurano i volumi, assumendo al solito come unità di volume il cubo avente per spigolo l’unità di misura, e dando al volume OIJK il segno più o meno a seconda che il tetraedro stesso O0IJK è destrorso o sinistrorso, abbiamo che in valore e segno sarà OLJE=- sen(I, J, K) e quindi | x y' a! | lim PST = La e" y' 2" | sen(I,J,K) (4) Podi (44 PALI | che è precisamente la formola alla quale volevamo giungere. Essa si ridurrebbe immediatamente alla forma (a) del n° 1, ponendo t;#=t+ 4, (i= 1, 2, 3, 4), e supponendo i vettori IJK di riferimento, oltre che eguali in lunghezza all’unità di misura, anche ortogonali fra loro a due a due e tali da farsi la con- venzione opposta alla sopra detta riguardo al segno del vo- lume .0IJK. Il risultato, a cui siamo giunti, ci permette di dire che, 480 ANGELO RAMORINO se M'M'"M'"' è diverso da zero, tale è pure il volume del te- traedro M,M,M,M,, supposti i punti M,M,M,M, sufficientemente prossimi al punto M (ossia i valori t,t=&t della variabile # sufficientemente prossimi al valore # di essa); sicchè “ in queste ipotesi, si può sempre determinare nelle vicinanze del punto M_un arco della curva tale, che da un piano qualunque non sia incon- trato in più di tre punti ,. 4. — Una proprietà importante che scaturisce tosto dalle cose dette è la seguente. Riprendiamo la relazione dimostrata nel n° precedente a M MM; M, 9, DRVEZZNVIZZI Lim (a—t)... (at) — 12 SE (0) nella quale supporremo che i valori t, t#-t3t, di # siano disposti in ordine di grandezza, crescente o decrescente poco importa, trattandosi di una curva nello spazio (mentre, com'è noto, ciò non sarebbe più indifferente per una curva piana). Consideriamo tre vettori TN B di lunghezza l’unità di misura, diretti rispettivamente secondo la tangente, la normale principale e la binormale alla curva in M, e tali, per quanto riguarda il loro verso, che si abbia a M "pn: A ‘ DI MI N= od 1 (2) e che il trivettore TNB sia, per esempio, positivo ossia il tetraedro MTNB sinistrorso. Allora, se si denota con p; il raggio di torsione della curva in M, dovendo essere, per una delle formole di FRENET, la torsione de viene ad avere un segno determinato, mentre, 1 come si sa, la curvatura d'una curva storta è una grandezza assoluta, priva affatto di segno. ds Le relazioni (1) e (2), ricordando che è modM'=<;, © SOPRA ALCUNE PROPRIETÀ DELLE CURVE NELLO SPAZIO, ECc. 481 mod T' = (E )+, ove p indica il raggio di curvatura della curva in M, si possono scrivere Derivando la prima di queste rispetto a # e tenendo pre- sente la seconda, si ha ri (Jeep (e)P di Lo cr e tenendo in questa presente, oltre alla sopra ricordata for- mola di Frenet (2'), anche quella che dà N' de ds \ 1 ale si ha ri d' (| ds \8 1 ds i d?s 1 wr] art) ds \° gp ds \B1. 1 i (GE) n-(-G) rarità (18155) Moltiplichiamo ora fra loro (1’) (1')(1'”); otterremo: MMM (dl 1 png; \\dé | p Pi e, sostituendo nella (a), avremo finalmente la relazione lim è MMM; M PIC [io dsy Che! div \ : (t, — LC) (ot) sil 12 | 9 » Pi MTNB; 482 ANGELO RAMORINO dalla quale, stando alle ipotesi fatte, possiamo trarre che: * Se i valori t,t,t,t, di t, disposti in ordine di grandezza, sono suf- ficientemente prossimi a t, il tetraedro M, M, MM, sarà destrorso o sinistrorso a seconda che positiva o negativa è la torsione della CUTTVA . 5. — Terminerò queste considerazioni, deducendo dalle proprietà esposte una formola atta a dare la minima distanza tra due tangenti infinitamente vicine d'una curva nello spazio: relazione che, sotto forma leggermente diversa, anche il Darboux determina nel lavoro citato trascurando degli infinitesimi di second’ordine. Osserviamo, a questo proposito, che la relazione (4) dimo- strata nel n° 3 — se per semplicità supponiamo a due a due ortogonali i tre vettori IJK e indichiamo, per brevità, con A il determinante che in essa relazione figura — si può scrivere 1 MM MM uk! 1 4 del se BR bg i — — A. 6 tt (Gt) ttt) tt 72 lim Se qui facciamo tendere t, e f ad uno stesso valore #t (cui corrisponda il punto M della curva) e ##, ad uno stesso valore # (cui corrisponda il punto N). e passiamo al limite tenendo pre- sente il Teorema I del n° 2, abbiamo M.MM.N _ 1 lim = ossia, denotando con ò la minima distanza tra le tangenti alla eurva in M ed N e ricordando che è M'.M,M;.N'=modM'. mod N”. dsen(M', N°), abbiamo ancora lin - modM'.modN'.dsen(M,N) __ 1 A. (Ud 12 Ora introduciamo l'ipotesi che le due tangenti considerate siano infinitamente vicine, vale a dire facciamo tendere #' a # SOPRA ALCUNE PROPRIETA DELLE CURVE NELLO SPAZIO, ECC. 483 e, quindi, il punto N al punto M. Allora, poichè la relazione precedente si può scrivere ò sen(M', N°) Rn, lim mod M". modN'.-_;. — «IG = dd gia t—_-t {2 ove con s e s' abbiamo indicato rispettivamente gli archi della curva compresi fra un suo punto fisso e i punti M ed N, avremo, per #' tendente a t: iper dalto bile sup. fuA rag (—- 0% p.° dé — 12(modM’) od anche: hai 4 (FTSE iam O NT ANSUR 12 p (7) Quindi, denotando con w il modulo del bivettore M'M". che per le (1°) e (1’) del n° precedente è dato da wwrni (d)ra, si ha finalmente a ti LINATE) 1 ds 3 w=mod(MM)=(&), e, però: li Sale i e n CT che è il risultato, cui m’ero prefisso di giungere e nel quale, volendo, si possono far comparire — ricordando le convenienti espressioni trovate di A e w — la curvatura e la torsione della curva. Con ragionamenti analoghi, partendo di nuovo dalla for- mola (4) del n° 3 — nella quale si faccia tendere t, #: #3 ad uno stesso valore # (cui corrisponda il punto M) e al posto di t, e M, si legga rispettivamente # e N — si determina la distanza del punto N dal piano osculatore alla curva in M; ecc. Relazione sulla Memoria del Dott. (ruserre Provm, Sull’origine della magnesite di Casellette (Val di Susa). Il dott. ProLri col suo scritto volle essenzialmente dimo- strare quale sia stato il modo di formazione del giacimento di magnesite situato a Casellette e che viene coltivato per l’in- dustria. L'autore descrive anzitutto come la magnesite sia dissemi- nata in numerose o piccole litoclasi, le quali s’intrecciano fra loro in una roccia in via di decomposizione, e per meglio in- dicare tale giacitura della magnesite l’autore unisce una foto- grafia del cantiere di escavazione. Alla predetta descrizione fa seguito uno studio petrografico delle roccie le quali si presentano in relazione col giacimento e che sono la lherzolite, il serpentino ed alcune varietà di eu- fotidi; queste ultime roccie costituirebbero grandi dicchi nella lherzolite. La presenza della magnesite poi sarebbe esclusa dal- l’eufotide e costante invece in un materiale molto friabile co- stituito da residui di una lherzolite passante al serpentino e da serpentino. L'autore quindi prende in esame speciale la magnesite ed altri minerali e composti chimici associati ad essa e che deb- bono ritenersi paragenetici colla magnesite stessa. Fra questi sono d'interesse, per lo scopo dello scritto, l'’opale ed un com- posto organico associato a silice, sesquiossido di ferro ed al- lumina. Dopo avere così descritto la natura delle roccie, la dispo- sizione in esse della magnesite ed i minerali paragenetici, l’au- tore accetta e conferma in massima l'opinione già espressa da altri che la magnesite sia un prodotto di decomposizione. Ma le ipotesi già conosciute sono varie per i diversi gia- cimenti a cui si riferiscono, sia a riguardo della roccia che può 485 fornire la magnesite sia a riguardo delle cause del processo di decomposizione. Pel giacimento di Casellette il dott. Piolti con speciali con- siderazioni, avvalorate anche da esperienze e da analisi, arriva alle due conclusioni: 1° che la magnesite di Casellette è dovuta all’alterazione della lbherzolite per azione concomitante delle acque contenenti acido carbonico e delle sostanze umiche contenute nel terreno sovrastante la roccia; 2° che la formazione del serpentino e la segregazione dell’opale e dei carbonati di magnesio e di ferro sono sincrone. Tali conclusioni sono bene appoggiate dal complesso del lavoro eseguito con quella diligenza e copia di osservazioni che erano necessarie pel non facile argomento di geologia chimica trattato dall'autore. Perciò i sottoscritti propongono che la memoria presentata dal dott. Piolti sia inserta nei volumi dell’Accademia. Giorgio Spezia, Relatore A. Cossa. L’ Accademico Segretario ANDREA NACCARI. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 36 486 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 14 Marzo 1897. PRESIDENZA DEL SO0IO PROF, GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: CLarerra, Direttore della Classe, Peyron, Rossi, BoLLati pi Saint-Pierre, NANI, COGNETTI DE Marrns, CiporLa, Brusa, ALLievo e FeRrRERO Segretario. Fra le pubblicazioni pervenute in dono alla Classe il Socio Segretario segnala il volume del Socio Corrispondente Cornelio Desrmoni, “ Sulle marche d'Italia e sulle loro diramazioni in mar- chesati ,, 2* ediz. accresciuta di altri studii ecc. (Genova, 1897). Presenta inoltre l'* Annuario della R. Università di Pisa per l’anno accademico 1896-1897 ,, inviato dal Rettore di quella Università. Il Socio CipoLra legge un suo lavoro: la storia della ‘ saltaria’ in un villaggio del Veronese (1524-1578) ,, ed un altro del sacerdote Antonio SpaGnoLo: “ Intorno all'ori- gine dei testi di diritto canonico contenuti in un codice della Capi- tolare di Verona ,. Il Socio Brusa legge una sua nota sulla sentenza pronun- ciata dalla Commissione delle prede circa la cattura della nave Doelwyk nel Mar Rosso nell'agosto 1896. Questi lavori sono pubblicati negli Atti. & Alcuni studi per CARLO CIPOLLA — ALCUNI STUDI PER LA STORIA, ECC. 487 LETTURE « Alcuni studi per la storia della © saltaria , in un villaggio del Veronese (1524-1578); Nota del Socio CARLO CIPOLLA. Nella storia dell'economia pubblica delle età passate una pa- gina è riserbata anche ai “ valdemanni ,, ai “ saltarii ,, ai “ eamperi , (1), poichè è bello ed utile il ricercare come per l’ad- dietro praticamente si definivano le relazioni fra il diritto pub- blico e il diritto privato in ordine ad una quistione di gravis- sima importanza, quale è quella della difesa degli interessi agrari. Di quando in quando si vanno facendo pubblicazioni che, in un modo o nell'altro, recano luce sopra di tale argomento, ma non conosco alcun lavoro di carattere complessivo che chia- risca il difficile, ma interessante argomento. Anche negli ultimi mesi sì sono viste venire innanzi nuove parziali contribuzioni alla storia della saltaria. Per la storia della valle di Vigezzo e pre- cisamente per quella della incantevole borgata di Malesco, il ch. dott. Giacomo Pollini (2) pubblicò documenti di molto rilievo, e tra essi uno statuto del 1450, nel quale si parla del “ cam- parius ,, e dell'obbligo che gli incombeva di denunciare gli atten- tati alla proprietà privata. Dei “ camperi , che esercitavano “ lo offitio de la camperia , discorrono gli statuti di Laino, comune della Valle Intelvi, sopra Como. Sono statuti campestri, rima- “ (1) Pochissimo sul saltario e la saltaria dice Rezasco, Dizionario del linguaggio italiano storico ed. amministrativo, Firenze, 1881, pp. 1005-6. Cfr. sotto camparia, a pp. 136-7. (2) Notizie storiche, statuti antichi, dvcumenti e antichità romane di Malesco, comune della Valle Vigezzo nell’Ossola, Torino, 1896, p. 271. Veggasi anche a p. 302, dove sommariamente si espongono gli officii di questi cam- pari. A. p. 200 si accenna ad una riforma introdotta l'anno 1648 nella isti- tuzione dei campari. 488 CARLO CIPOLLA nipolati nel 1458 al tempo di Francesco Sforza duca di Milano, e vennero or ora posti in luce da Pietro Conti (1). Volli anch'io portare il mio piccolo contributo alla storia della “ saltaria ,, trascrivendo o riassumendo alcuni documenti della prima metà del Cinquecento, che parlano di tale argo- mento, e che trovai nell'archivio comunale di Tregnago, grosso villaggio della montagna Veronese. Non intendo, a gran tratto, di tesser qui la storia della “ saltaria , a Tregnago, chè sarebbe cosa nè facile, nè breve; ma soltanto mi limito a dare alcune poche notizie, destinate piuttosto a indicare le quistioni, che a scioglierle. Nell’alta Italia oggidì non si segue dappertutto un identico sistema per la tutela della proprietà rustica. Nel Veronese, se si eccettuano i guardaboschi di istituzione governativa, non ci sono, almeno per quanto mi è noto, nè saltari, nè campari, nominati dai Comuni (2). Chi vuol difendere i prodotti dei proprì campi, ci pensa per conto suo. Invece a Malesco, villaggio di cui dicemmo testè, i campari sono anche attualmente nominati dal Comune (8). Adiacenti alle montagne veronesi sono quelle del Trentino. Mi riferiva testè il prof. conte L. Cesarini-Sforza qualche notizia sopra gli usi di quella regione. A Levico, terra del Trentino, oltre alle guardie forestali, si hanno le guardie campestri no- minate dalla “ rappresentanza , comunale, e con stipendio fisso. Alla Madonna di mezzo agosto si nominano cinque altre guardie dette saltari, che sono pagate, sia con denaro, sia con uva, dai proprietari delle campagne; e queste guardie hanno appunto cura dell'uva. In antico, anche nel Trentino queste guardie campestri o saltari avevano effettivamente l'obbligo di risarcire i proprie- tari del danno che essi subissero per la loro negligenza, e il conte Cesarini-Sforza mi citò a questo proposito l’esplicita testi- monianza dello statuto di Terlago del 1424 (cfr. la Nota aggiunta). Ma nel fatto ben si sa che, oggidì almeno, chi ha avuto, ha avuto. (1) Memorie storiche della Vall'Intelvi, Como, 1896, p. 84 e 230. (2) Nei miei Statuti rurali Veronesi (I, pp. 82, 158, 160, 168; Venezia, 1890) m'incontrai più volte nei saltari. Un documento del 107 ricorda quelli di Cavalpone. Lo statuto di Cerea del 1304 distingue i saltari della palude, dai saltari delle campagne, ed accenna ad alcuni fra i loro obblighi. (3) Me ne assicurava verbalmente il dott. G. Pollini, autore della storia di Malesco. ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA « SALTARIA », ECC. 489 Mi piace di riferire qui ciò che avviene in Sardegna, se- condo che appresi dal mio carissimo amico dottor Giuseppe Cal- ligaris, del r. liceo Parini di Milano, che fu per alcuni anni pro- fessore a Sassari, e dai parenti della sua signora, che appartiene alla famiglia Gutierras, una fra le migliori di quella città. Il confronto colla Sardegna non è di semplice lusso, poichè ve- dremo che i saltari di Tregnago corrispondono, in parecchi punti essenziali, coi “ barracelli , (1) dell’isola. Gli uni e gli altri difen- dono le campagne e ne guarantiscono i prodotti al proprietario, sono nominati dal Comune, e hanno in parte almeno la cura della sicurezza pubblica. Non sempre, ma per alcuni anni, siccome tosto vedremo, il Comune di Tregnago in luogo di nominare senz'altro i saltari, pose invece allo incanto la saltaria, e la cedette al migliore offerente, restando questo nel diritto e nel dovere di scegliersi i suoi compagni. Un costume alquanto somigliante è seguìto in Sardegna, per rispetto alla elezione del capitano dei barracelli, in quanto che, senza che il Comune rinunzi al suo diritto di nomina, la scelta dei barracelli vien fatta secondo le proposte di essi. Se c'è una somiglianza così stretta tra quanto avviene in Sardegna, e quanto accadeva }Jassù, in un villaggio delle prealpi Venete, bisogna ben dire che l'istituzione della saltaria fosse largamente diffusa, e si determinasse per ragioni di estesa ef- ficacia. In Sardegna il barracellato è istituzione comune e profon- damente radicata, che Vittorio Emanuele II regolò colla legge 22 maggio 1853 (2). La compagnia barracellare si istituisce an- nualmente in ogni Comune, ed è nominata dal Consiglio comu- nale, scegliendone i membri fra coloro che dichiararono di aspi- (1) “ Barracello , significa “ bargello ,. Nel dialetto veronese la parola scomparve, o piuttosto rimase soltanto come nome proprio, che si usa dare ai buoi, assumendo la forma barisello. (2) La legge è riferita per intero, e accompagnata da molte note, nel- l’opera di F. M. Ferra, IMlustrazioni delle leggi sui monti di soccorso e sulle compagnie barracellari della Sardegna. 2* ed., Cagliari, 1895. Devo la cono- scenza di questo libro alla cortesia del Calligaris e della famiglia Gutierras. — Brevissimo cenno dei barracelli sardi può vedersi presso Rezasco, Dizionario, ecc., p. 95. 490 CARLO CIPOLLA rare a farne parte. Se la nomina è fatta dal Consiglio, la superiore autorità governativa esercita qualche influenza sulla composizione della Compagnia, sia perchè questa nella sua sfera d'azione tocca anche gli interessi pubblici, sia anche semplicemente per dare maggiore e più sicura garanzia ai privati. Usa il Consiglio di affidare ad una persona di sua fiducia l'ufficio di presentare la lista delle persone da lui stimate oneste e capaci, ed è la lista dei nomi, fra i quali poscia avviene la scelta. La persona a ciò designata dal Comune è di solito colui che sarà poscia il capitano della Compagnia. Formata la Uom- pagnia dei barracelli, questi hanno il diritto di portar armi, ed hanno l'obbligo di vegliare per un intero anno (a far tempo dal primo novembre) sulla sicurezza sì del bestiame, che dei prodotti dei campi. I barracelli non hanno alcuno stipendio del Comune, ma ciascun proprietario assicurando i suoi redditi alla Com- pagnia, paga alcune tasse, maggiori o minori, a seconda della specie e della quantità dei beni assicurati. I barracelli assumono l'obbligo della rifusione dei danni, e perciò sorvegliano colla maggiore diligenza alla sicurezza della proprietà. Infatti quanto minore è il numero e l'entità dei furti campestri, tanto maggiore è il loro guadagno. I barracelli hanno il dovere di denunciare i reati campestri, di cui possono avere notizia. Il guadagno della Compagnia non è molto largo; anzi spesso avviene che essa non si trovi in grado di soddisfare agli im- pegni assunti, così che il Comune debba venirle in aiuto. La istituzione del barracellato è antica in Sardegna; anzi nel preambolo alla legge del 1853 se ne fa risalire l'origine al XIMI secolo, allorchè l'isola si rese indipendente dalla repub- blica di Genova. Nel reame di Napoli, sotto il governo borbonico, la pub- blica sicurezza era spesso affidata a compagnie di gendarmi, che risarcivano i danni che per loro negligenza avessero avuto le proprietà private. Ecco adunque ripresentarsi anche qui al- meno uno dei concetti informativi del barracellato sardo. Le notizie che qui seguiranno sono desunte da alcuni vo- lumi, cartacei, contenenti le Terminazioni (secondo che sì usava dire) del Consiglio di Tregnago. Questi volumi conservansi nel vecchio archivio del Comune. Le più antiche notizie sopra i ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA « SALTARIA », ECC. 491 saltari di Tregnago che abbia finora trovate (1) si riferiscono al- l'aprile del 1524 e all'aprile del 1525. Nell’uno e nell'altro caso si deliberò la scelta dei “ saltari a la guarda de l’ua , (2). Ma pur troppo le pagine nelle quali si parla di queste elezioni sono cotanto danneggiate dall'umidità, da non riuscire agevole la loro lettura. Senza dubbio sarebbe a desiderare che tale danno non ci fosse stato, poichè le relative deliberazioni contengono un sunto degli obblighi ai quali i saltari andavano incontro. Non può dirsi tuttavia che le macchie d’acqua ci abbiano causato un danno veramente notevole, giacchè dal più al meno questi più antichi statuti dei saltari -— se mi sì vuol passare l’espressione un po’ troppo solenne di “ statuti , — si ripetono uguali, o almeno simili tra loro, in ciascun anno. Per gli anni 1526-8 nulla trovasi. Ma ecco che sotto la data del 30 dicembre 1529 (3) ci si mettono sott’occhio le costu- manze che reggevano non più i saltari dell'uva, ma i saltari del Comune o delle biade. “ Adi 30 xbre 1530, “ Capituli fati per mi Zuanantonio de Martin not. de Comun de Tregnago de mandato de consegi (4) de dito Comun, con- vochà su la caxa de l’antedito Comun, a qualoncha persona volle essere saltaro de dito Comun, de l’ano 1530, con pati infrascripti, che se devolgarà chi de soto, al tuto per tuto sia conservà per queli tal saltari. “ primo Sia obligadi a costedir et guardar la canpagna, over corte del Comun predito si de monte quanto de piano, eceto i broli (5) zenti da muro integralmente. Item [sia] obigadi (sic) da dover dare bona et indonia segurtà a chadaun in spicilità (1) Volume segnato: N. La prima deliberazione trovasi al f. 3 verso. (2) Cioè: dell'uva. (3) Vol. N, senza numerazione di pagine. (4) Cioè: de' consiglieri. (5) Anche oggidì nel dialetto veronese chiamasi broto un tratto di ter- reno, di solito vitato, arborato e spesso in parte anche coltivato ‘ad orto, purchè sia cinto da muro 402 CARLO CIPOLLA et in solidom con quel tal saltaro (1), azo ch'el Comun sia conservà da ogni dano et interesse che podesse avenir per cazon de diti saltari e non altramente. Item habia a pagar “ minalli (2) 24 formento, conduto a Verona a sue proprie spexe, zoè minalli 12 a miser Sebastian de i Grigoli e minalli 12 a miser Zuan Sagramoxo de Verona et al tuto si conserva el Comun da ogni teresso (3) podesse avenir da i diti e dezia (?) de ogni altra cosa podesse uenir, zoè de (?) cuxì fosse acusado “ deto Comun et altro. Item habia de sue mercede fage una “ de campo et uno quartarolo (4) de liome (5), da queli fano estimo con dito Comun; e [da] quali non fano estimo habia “ fage (6) 2 al canpo (7) et quartaroli dui de liome, come è fato per li ani prossimi pasati, non altramente. Item si “algun saltaro recuxesse de non la voler falla, non la possa dar ad altri, abia renonzialla al Comun et non possa domandar pagamento al Comun per quel tempo averà costedì over guardà ,. “ “ La elezione ebbe luogo immediatamente nel Consiglio, col sistema della ballottazione, siccome nel caso dei saltari del- l'uva. Eletti i quattro saltari, si registrarono i loro nomi subito dopo lo statuto ora qui riferito, insieme ai nomi di coloro, che diedero “ segurtà , per essi, quelli cioè che si offersero loro mallevadori. Il significato del documento è sufficientemente chiaro almeno nelle sue linee generali. I quattro saltari dovevano custodire e guardare le biade (frumento e legumi) dei campi costituenti il comune. Al comune di Tregnago erano annessi altri Comuni vicini, di popolazione minore, che nel loro complesso si com- prendevano sotto il nome di pertinenze. Il comune di Tregnago (1) Vale a dire: ogni saltaro deve avere la persona che presti la mal- leveria per lui in particolare. (2) L'antico * minale , è la terza parte di un sacco veronese. Importerà circa 30 chilogrammi di frumento. (3) Cioè: interesse. (4) La quarta parte del minale. (5) Ziome vale: legume. (6) Covoni. (7) Il campo veronese corrisponde a circa il terzo di un ettaro. ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA « SALTARIA », Ecc. 493 colle sue pertinenze, costituiva una unità amministrativa detta “ Vicariato ,, che corrisponde in qualche modo al “ distretto , o al“ mandamento , di oggidì. Il Consiglio comunale di Tre- gnago nominava soltanto i saltari che dovevano attendere alla sicurezza del comune stesso; agli altri comuni potevano e do- vevano pensare i rispettivi consigli. Questi saltari aveano in custodia tutti i campi coltivati a biada, senza eccezione, compresi anche quelli appartenenti a forestieri, cioè a persone che non pagavano gli aggravi del Co- mune, e che risiedevano fuori di esso. Per ogni campo essi riscuotevano dal proprietario una certa quantità di frumento e di legume; chi non era del sito, pagava il doppio del comunista, e il motivo n'è chiaro. Il Comune imponeva un aggravio ai sal- tari, che avevano modo di mettere insieme tanti redditi, e del- l'’aggravio sì serviva per pagare certi suoi debiti, verso persone di Verona. Diversi dai saltari dal Comune, erano quelli dell'uva, dei quali facemmo testè breve ricordo. Quelli si sceglievano sul cadere dell’anno, questi invece eleggevansi nella primavera 0 nell'estate, e ad essi era affidata in primo luogo la custodia dell'uva, e quindi anche la guardia delle altre frutta. Dell’olivo non si parla. Nè certo questo silenzio vuolsi attribuire alla man- canza di quell’albero, che anzi esso doveva allora essere coltivato più largamente che oggi non sia. Ma l’ulivo difficilmente si ruba. I ladri d’olivo hanno da lavorar molto e da guadagnar poco. Nella state del 1530 si procedette dal Consiglio comunale alla elezione dei saltari dell'uva, come apparisce dal seguente documento (1); “ Adi 7 zugno 1530 “ Capituli fati per el Consegio del Comun de Tregnago a « qualoncha persona vol essere saltaro de le sorte, zoè de l’ano “ 1530. “ prima Sia obigadi a dover guardar la canpagna, tute le “ frute che sono in canpagna, zoè uva e rave, noxe, pomi e piri “ e figi et ogni altra frute, segondo solito. Item [sia] obigadi (1) Tolto dal citato vol. N. 494 CARLO CIPOLLA “a dover dare bona et indonia suficienta segurtà. che piazo al “ Comun, et debi sta|re] fora ogni dì dal precipio (sic) sera fati, in fine non seavarà le rave, Et nesun che sarà saltaro non la possa dare ad altri; non la volendo far lui, la renunzia al Comun et non possa domandar pagamento algun al Comune per quel tenpo averà costedì, non altra mente. Item habia una sechia de mexura de uva da ogni oto ordini de vigna (1) de longeza del canpo. Item s’itenda a dar segurtà a cadaun in spezialità. Item scode..... segondo el solito, zoè de 4 ordini ..... sechi uva. e * [a Addì 25 luglio il Consiglio ballottò i quattro saltari. Qui non si obbligano i saltari a nessun pagamento in van- taggio Comune. Quasi tutti gli anni, questi regolamenti mutavano, in alcune delle loro speciali prescrizioni, pur rimanendo sostanzialmente li stessi, fino a che, aggiungendosi ritocchi a ritocchi, anche la loro sostanza ne rimaneva intaccata. Addì 26 dicembre 1530 (2), il notaio del Comune “ Zuan- antonio del Martin ,, il quale avea compilato gli statuti del- l'anno precedente, stese nuovi “ Capituli ,. Il più grave muta- mento consiste nella introduzione del seguente paragrafo: “Item el Comun non pretende de voler fare restor algun “ de nebia, suto, eceto per la tempesta, che Dio non volia, s'el “ sera el dano de più de minalli 10 formento abia dano diti “ saltari, in quel caxo sia obigado el Comun a far restor, e “ questo è per pato espresso non altramente ,. Ciò significa, che il Comune non voleva, tranne che nel solo caso della gran- dine, rinunciare ai suoi diritti verso i saltari, anche se questi avessero perduto suì loro redditi, per causa di siccità (* suto .), o di qualche malattia, che avesse diminuito i prodotti. La ma- lattia del frumento, con frase adoperata anche al presente, qui è chiamata nebbia. Con questo nome si vuol significare di solito la malattia prodotta da qualche crittogama. Ai capitoli, segue il cenno sulla elezione, la quale ebbe luogo subito, e fu fatta, per ballotte, dal Consiglio, radunato (1) Anche oggidì dicesi: ordini de vigne, nel senso di: filari di viti. (2) Vol. H, f.95r. ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA « SALTARIA », ECC. 405 “ in la deceplina ,, cioè nel locale della confraternita dei disci- plinati. Assai somiglianti ai capitoli deliberati sul cadere del 1530, furono quelli accettati il 24 dicembre 1531, dal Consiglio rac- colto “ in la deceplina ,. Anche questi ultimi si dicono “ fati , dal notaio del comune “ Zuanantonio di Martin , (1). La elezione seguì poi il 28 dicembre. Il 25 luglio 15322), il Consiglio, radunato sotto la loggia del Comune, alla presenza del Vicario, nominò i quattro “ saltari de la sorte ,. Questa espressione sembra significare: frutta in sorte, cioè: frutta di ogni sorta. Stabilì che questi saltari # abia “a guardar uva, rave, noxe, pomi, e mandoli, castagne et tute “le frute su la canpagna et sia obligadi e conservar el Comun “ da ogni dano podesse avenir, per cuxì fosse dada al Comun “ di dani ,. Al presente, il prodotto delle rape, delle noci e dei mandorli, è ridotto in Tregnago a così scarsa quantità, che ve- ramente non ci sarebbe il motivo di nominare i saltari a pro- teggerlo. Le rape si coltivano più al nord di Tregnago, sulla alta montagna, dove riescono più dolci e soddisfano meglio i gusti degli acquirenti. Fino ad ora le ricerche sui mutamenti subiti nei vari Inoghi dalla coltura dei terreni sono scarsissime. Eppure essi sarebbero a farsi, sia in servizio degli studi eco- nomici, sia per i legami che la coltura dei terreni ha colle condizioni meteorologiche e climatiche. Qualche luce sulla maniera con cui avvenivano tali elezioni possiamo avere dalla votazione 31 dicembre 1533 (3), colla quale il Consiglio nominò i soliti quattro saltari del Comune. Dice il documento che “ fo abalotati omini 26, i quali era scriti in po- “ liza ,. Dunque si formava una scheda (“ poliza ,), e si vota- vano uno ad uno i nomi scritti sulla medesima. Come si formasse quella scheda qui non è detto; e neanche da quanto arrivai a conoscere per gli anni successivi, non potei rendermi di ciò conto sicuro. Pare che si presentassero le persone aspiranti a tale carica, e che si registrasse chi lo chiedeva. Pensiamo alla costituzione dei baracellari in Sardegna. (1) E si leggono nel volume H, f. 99 ». (2) Vol. H, f. 103 r. (3) Vol. H, f. 110 r. 496 CARLO CIPOLLA Il 28 die. 1534 (1) il Consiglio elesse i quattro saltari del Comune per l’anno 1535, ed anche in tale occasione si parlò della “ poliza ,; anzi “ Zuanantonio not. , la presentò egli stesso al Comune; sopra ad essa stavano scritti venti nomi. Può forse dar qualche luce una deliberazione del Consiglio presa il 25 marzo 1575 (2), quando si sostituì un “ saltaro da la biava ,, che era morto. Vi si legge: “ ... et vista la poliza “ de homeni, |i] quali se havevano fatto sceriver a tal officio, “ fo balotadi tuti... ,. Davasi il caso che qualche saltaro rifiutava l'ufficio. Ab- biamo veduto che colui il quale rinunciava alla carica, dopo di averla esercitata per qualche tempo, non poteva pretendere dal Comune alcun pagamento, per i servizi prestati. Ma dall'atto con cui il 6 agosto 1536 (8) si elessero i saltari delle sorte, sembra doversi argomentare che qualcuno rifiutava di accettare, fin dal primo momento, l’officio, cui era chiamato. Vi si leggono infatti queste parole: “ Item per che fu otenuto in dito Consego et # alcuni di vixenanza (4), che de cetero li diti saltari de l’ua et “ eziam li altri de Comun per l’avenir, quando serà leti (5) per “ saltari si recuxarà over refudarà de non falla (6), diti saltari, “ che non possa più intrare in balote da essere saltari, habia “ vachar 5 anni che à venir ,. Vale a dire che colui il quale non accetta l’officio, per cinque anni non possa più venire ad esso chiamato. E si noti, che simili prescrizioni rinnovaronsi poscia più volte. Pare che i guadagni fatti dai saltari delle biade aumen- tassero, giacchè quando si elessero quelli che dovevano prestar servizio nel 1535, e ciò fu il 26 dicembre 1534 (7), si aumentò il loro aggravio, portandolo a 40 minati. L'elezione ebbe poi luogo al 28 di quel mese. E si elevò ancora l'imposta il 22 di- (1) Vol. H, f. 113». (2) Vol. I, f. 22 v. (8) Vol. H; f. 119. (4) Cioè fu vinto nel Consiglio, al quale presero parte, oltre ai consi- glieri, anche alcuni “ vicini ,, 0 comunisti, come ora diremmo. (5) Cioè: eletti. (6) Cioè: farla (la missione di saltaro). (7) Vol. H, f. 113». ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA « SALTARIA », ECC. 497 cembre 1536 (1), portandola a 48 minati. Nel resto, i patti rimasero presso a poco invariati, salvochè si volle mostrare una certa indulgenza verso gli abitanti della montagna alta, rispetto al frumento che dovevano dare ai saltari: “ ..... sarvo reserva, «“ se queli de la montagna recusaxe de non voler pagar solum “una faza de campo, come fano queli del Comun, per quele pece “ de terra che serà su la nostra corte ,. Pare adunque che, a rigor di diritto, quelli della montagna fossero obbligati a dare due covoni. come facevano i forestieri, e non un solo covone, conforme all'obbligo dei comunisti. Addì 22 luglio 1588 (2) eleggendosi, secondo il consueto i saltari della sorte, ne venne fissato lo stipendio a 12 lire. Una radicale modificazione agli usi invalsi venne introdotta sul cadere del 1539 (3), quando si deliberò di mettere la sal- taria delle biade all’incanto. Colui che la otteneva, doveva sce- gliersi tre compagni, così che i saltari rimanevano sempre al numero ordinario, cioè quattro. Riproduco il documento: “ Saltari del Comun de Tregnago del anno 1540 facti a “ l'oncanto, come qui de soto se vede. “ Esendo congregado li onni del Consego del Comun de “ Tregnago sul locho de la abitazion del sp. miser Cesaro da “ Pratii, dignissimo vicario de dito locho, però unidi inseme “ con lizentia del nobe omo miser Antonio q. miser leronimo “ Dimante, delegà dal suprascripto miser lo vicario, li quali “ onni volendo fare la utilità del suo Comun, così del povero, “ come del richo, ano deliberato di volere metere la saltaria “ del dito Comun a lo incanto, anchora che per el tempo pa- “ sado siano sta facto dieti saltari a balote, per che niuno “ del Comun non si posa dolere ano deliberato de (4) fare ia- “ mare la vesinanza per vedere la sua opinione, anchora che “lori avese la libertà di podere fare diti saltari. a dì ultimo “ dezembrio 1539 fu congregado la dita vesinanza nel locho solito (1) Vol. H, f. 1217 (2) Vol. H, 127, (3) Vol. R, f.1» (4) Ms.: de di. 498 CARLO CIPOLLA # del comun de Tregnago, con lizentia del nobe omo miser An- “ tonio q. miser Ieronimo Dimante, a la quale vesinanza per * Ji omini del Consego del dito Comun de l’ano 1539 l subito, “ si come per lori era sta deliberato avendo consulutà el hene- “ fizio universale de metere a lo incanto la saltaria del suo * Comun, però semper con reservativa dil vollere de la mazoro “ parte de li onni del Comun de Tregnago, et per volere diti “omni del Consego fare cognoscere a li sui onni, amno facto “ congregare la soprascripta vesinanza, la qualle avendo inteso “ Ja deliberation facea per suo benefizio universale, tuti de uno “ animo, concordi e ad allta (sic) voze, rispose che lori siano “ contenti, che la fuse mesa a. lo incanto e per che semper a “ far tal ofizi[o ne] sommo varie opinione, le qualle sono semper “ mai causa di metere discordia, overo risa (1), vollendo talle “ cosa obviare, ano deliberato di fare iamare le avose (2), et così “ fu iamade per Lonardo q. Zuan Martin del..... de l’ano 1539, “le quale avose fu numero 59 dil volere di Consego et avose “ numero 19 in contrario, dove che fu obtenudo che dita sal- “ taria andase, a lo incanto con li pati e capitoli infrascripti. “ primo @Quelori che vorano fare tall saltaria siano obligadi “a trovari li conpagni, tanto che siano al numero de 4 in tutto, ecetuando li saltari de l’ano proximo pasado, che non posano “ levare dita saltaria, nè etiania esere conpagni. Item che * diti saltari siano obligati a custodire la canpagna de dito “ Comun, così del monte, come del piano, eceto broli, orti centi “ de mura, e del tuto siano obligati a conservare el Comun de “ ogni damno et intereso, che podese venire. Item siano “ obglligati (sic) a dare e pagare tuta quella quantità de fir- “ mento (sic), che per el dito saltaro serano levà lo pllubicho (sic) “ incanto al Comun, overo darlo e portarlo a sue proprie spese. « dove al masaro del dito Comun piazerà, si come sono sta “ obligati per il tenpo pasado, si come consta ne libro O a carte “ 121..(3). Item che siano ubligati a dare e pagare dito for- mento de fito, laudado per dui omni da ben. Item che siano obligati a dare bona e sufiziente segurtà del tuto, che piaza » ® (1) Cioè rissa: (2) Le voci, i voti. (3) È il volume H, che citammo in addietro proprio al f. 121r. ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA <« SALTARIA », ECC. 499 « al Comun. Item che diti salltarii (sic) abiano d’avere per sue merzede faze una de ogni sorte biava del canpo et simil- mente uno quarterolo de ligume per cadauno canpo da tuti quelli, che fano estimo con el Comun de Tregnago et de li folesteri habiano fage due dil campo et quartaroli dui ligumi e non ultra. Item el sia ..... la soprascripta saltaria libera, videlicet a questo modo: se caso fuse, che Dio non el vollia, che el tenpeste, el Comun non volle essere ubligato a darge “ restoro aleuno, eceto s'el danno fusse de minali 10 de li sui de li saltari; in quelo caso el Comun sono obligado a farli restoro de tuto et similiter s'el fuse persone alcune, cio|è|] folesteri, che non fazesce estimo con el Comun de Tregnago, li qualli volesse fare litte con li saltari, el Comun non volle essere ubligato a niente. Et cossi in quella medema ora fu messo a lo incanto dita saltaria, con li pacti e capituli ut sopra ,. La vicinanza, che accettò la trasformazione della saltaria, proposta dal Consiglio, era l'assemblea di tutti i capi di casa. Essa si radunava, di regola, soltanto allora che si trattava dei maggiori interessi del Comune. Avvezzi siccome noi siamo alla tutela governativa, che sorveglia i singoli atti dei corpi morali, ci riesce difficile a in- tendere la libertà d'azione dei Consigli comunali del sec. XVI. L'antica costituzione medioevale, che o per via di statuti, o in forza delle consuetudini, si era profondamente immedesimata nella vita delle nostre popolazioni, non sapeva adagiarsi al soffio livellatore dell’età moderna. Nel secolo XVI l'autorità del governo centrale era ancora ristretta, e non mirava ad as- sorbire gli elementi vitali, che, nel campo amministrativo, po- tevano ancora muoversi e svolgersi con certa quale libertà anche nelle piccole terre. Da questa considerazione d’indole generale, facciamo ritorno ai nostri saltari. Nuovi saltari si fecero il 28 dic. 1540 (1), e si ripeterono e con poche modificazioni, gli antichi statuti. Ma, com'è natu- rale, invece di stabilire senz'altro il numero dei minali di fru- mento che erano dovuti al comune, si disse: “... tuta quela quan- (1) Vol. R, f£.3. 500 CARLO CIPOLLA * tità de formento che per dito saltaro serano levada a lo “ incanto... ,. Continuossi ad eleggere i saltari delle sorte, come prima, dal Consiglio, e lo vediamo dalla elezione del 10 agosto 1541 (1). Il continuo aumento dei redditi dei saltari può vedersi da ciò che nella verinanza raccolta, sotto la loggia del Comune, il 31 die. 1542 (2), quantunque venisse deliberato che il Comune “ nè per suto, nè per altra adversità nesuna , non avrebbe ac- cordato alcun “ resstoro ,, tuttavia la saltaria fu levata all'in- canto per 91 minale. Il 31 dicembre 1543 (3) “ fu chiamata al castello e puoi “a canpana sonata , fu raccolta la vicinia. Usavasi dunque invi- tare i “ vicini , all'assemblea, prima facendo bandire questa, dal- l'alto del castello (le cui rovine s'ergono ancora sopra il vertice di uno dei colli ai cui piedi si distende Tregnago), sia suonando la campana. Nei patti formulati in questa occasione, fra le av- verse vicende cui le biade potevano andar soggette, si ricordano anche le “ cavalete ., nel che forse abbiamo un indizio a credere che intorno a quel tempo anche il paese di Tregnago fosse stato molestato da una invasione di locuste (4). Il Comune non avrebbe dato alcun “ risstoro ,, se non che nel caso di una grandine, e solo fino alla quantità di 10 minali di frumento, “ e che li diti * saltari debia far estimare dito damno infra termine de 3 zorni “e se questo non farano che al dito Comun non vole sotozasere “a damno alcuno e che se diti stimadori non trovasse damno, “ che li diti saltari debia pagare li diti estimadori a suo dano e “ interesse ,. I guadagni dei saltari crescevano sempre, infatti il 28 di- cembre 1544 (5) la saltaria data a chi offerse 108 minali. Al principio della state del 1549 cadde la grandine, e il 2 di giugno (6) si presentarono in Consiglio i saltari lamentandosi + per lo dano de la tenpesta .; sicchè si approvò di mandare (1) Vol. R, f. 12r. (2) Vol. R, f. 23 r. (3) Vol. R, f. 32». (4) La parola cavallette nel senso di locuste, non è solo del dialetto, ma viene registrata nel Vocabolario della Crusca, 5* ediz., II, 703, Firenze, 1866. (5) Vol. R, f. 35 ». (6) Vol. R, f. 53 . ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA « SALTARIA », ECC. 501 due persone, l'una a nome dei saltari, e l’altra “ da la parte’ “ de li homeni del Comun ,, per esaminare la gravità delle per- dite. E il 10 agosto il Consiglio accordò ai saltari “ per amor “ de Dio , una diminuzione nel fitto. Nulla di notevole trovo in questi anni, rispetto alla elezione dei saltari delle sorti. Ma incontro il ricordo della “ saltaria de “la uva di foresteri ,. Questa saltaria fu messa all’incanto addì $ settembre 1547 (1). e fu levata da chi offerse lire 3 e soldi 15. In questo e nei casi consimili si parla evidentemente della saltaria per la difesa dell’ uva e delle altre frutta. Alle biade non puossi qui alludere. Infatti i forestieri, cioè coloro che non facevano estimo col Comune, avevano le loro biade guardate dai saltari del Comune, ai quali pagavano una retribu- zione doppia di quelli, cui erano tenuti i comunisti. Pare che anche rispetto alla saltaria dei forestieri, i guadagni da parte dei saltari crescessero, dacchè il 18 settembre 1558, il “ prezio , d'incanto salì a lire 8 e soldi 5 (2). Più tardi il valore diminuì, e il 3 settembre 1564 (3) venne levata per lire 3. “ al SLI incanto la uva di folesteri ,. Torniamo ai saltari delle biade, che — per quanto si può giudicare — erano considerati come i principali. Sembra che la nomina fatta per mezzo di incanto, e col voto della vicinia, non soddisfacesse. Leggo infatti che il 30 dicembre 1549 (4) i quattro saltari, per l’anno successivo, si elessero direttamente dal Con- siglio, secondo gli usi antichi. Nella deliberazione, si ripeterono presso a poco i capitoli di un tempo, con qualche ritocco. A pro- posito del ristoro, si cercò di ovviare alla spesa degli stimatori. J saltari si obbligarono “ a guardare e custodir tuta la canpagna et “ monte de la corte e pertinentie (5) di Tregnago, a conser- “ vare el Comun da oni danno et interese ,. Il 27 nov. 1552 (6), ai soliti patti uno se ne aggiunse, per (1) Vol. R, (2) Vol. B, (3) Vol. B, (4) Vol. R, (5) Può dii a con questa parola non si alluda punto alle pertinenze del vicariato di Tregnago, ma solo, rispettivamente, a quelle del Comune. (6) Vol. R, f. 74 r. . Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 37 0 a Ut hi CO 00 e $$ Lr rid n o 502 CARLO CIPOLLA ‘impedire — come sembra — i pascoli abusivi delle bestie spet- tanti a persone estranee al Comune. Si disse infatti: *..... zon- “ zendo uno capitulo, che se li saltari troverà bestie de qua- “ loncha persone che non fagia estimo con el dito Comun, che « li diti saltari debia manifestare dite bestie, e contrafazando a * questo, li diti saltari debia e sia obligado a pagare uno du- * chato, quando li diti saltari sarano trovadi contrafazieuti a « questo e che oni homo del Comun possano acuxare diti saltari e “ dita pena si sia in arbitrio di diti (1) homeni de Consegio ,. Il fitto fu ristretto a 90 minati. Dei saltari delle sorte addi 13 agosto 1557 (2) è detto che “ siano obligadi a dare bona segurtà a suo Comun de oni damno “ e interesso che podesse advenire per sua causa ,. Similmente nella terminazione del 26 dic. 1563 (3) si legge “ et debia con- * servare el suo Comun da oni dano e interesso, che podesse “ avenir per mala guarda de la canpagna et debia dare bona “ segurtà, tuti separada a uno per uno... ,. Con che pare sì voglia significare, che, se il Comune si trovasse obbligato a ri- sarcimenti ai privati, per negligenza dei saltari, questi siano alla loro volta garanti verso il Comune, per la sua indennità. Il concetto dell'indennità sia del Comune, sia dei privati, di fronte ai saltari, è accennato con sufficiente chiarezza in gran parte dai documenti, che vengo riassumendo, senza che peraltro si diano mai a tale proposito quelle spiegazioni piene e com- plete di cui avremmo bisogno. Notevole è la deliberazione presa il 31 dicembre 1531 (4) quando si elessero i saltari delle biade per l'anno seguente. I saltari venivano non solo obbligati a custodire * le canpage e « monti e conservare el suo Comun de oni danno e interesso ,, ma prescrivevasi ancora quanto segue: “ Item che li diti saltari “ si siano obligadi a denontiare tuti li malfatoro, che le trova- “ rano in canpagna e in monte cossìi citadini, come contadini, “ et quando li diti saltari denontiarano li malfatori allo offitio “ del vichario, che in quelo zorno si siano obligadi a denon- (1) Ms.: dito. (2) Vol. B, f. 16 r. (3) Vol. B, f. 84 r. (4) Vol. B, f. 20. ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA <« SALTARIA », ECC. 503 tiare al nodaro (1). socto pena de tanto, quanto valerano la condenanza de quelo manifesto (2), et se li troverano qualche “ malfatoro che li diti saltari non li volia acusare e che li diti “ saltari sì siano acusadi al vichario o si a li homini de Comun, “ che li diti si siano condenati in la pena soprascripta, senza “ remission ,. Qui i saltari assumono la funzione di proteggere direttamente la pubblica tutela, sebbene ciò avvenga soltanto in correlazione coi furti campestri. La cosa è importante, ed ha viva rassomiglianza con quanto dicemmo dei “ baracellari , e delle guardie campestri dell’Italia meridionale, al tempo dei re borbonici. Talvolta ai saltari del Comune si impone anche la garanzia per i danni delle frutta e dei boschi. Lo vediamo nella deli- berazione del Consiglio in data del 31 dic. 1560 (3): “... et che “ diti saltari siano obligadi a conservar al suo Comun da oni “ dano e latrozini facti per la campagna de biave, fruti de oni “ sorte, legni de boschi e legni de vignali e de oni altra sorte “ legname ,. Qui il fitto resta fermo a 90 minali, e alla retri- buzione solita, che i saltari riscuotevano dai privati, si aggiunge quella del “ formenton ,, del panico e del miglio, grani che si fanno equivalenti ai legumi. La menzione che qui si fa in questo luogo del “ formenton , ci assicura che la coltivazione del maiz a questo tempo era ormai diffusa in Tregnago. Ma nonostante queste aggiunte, che l'occasione suggeriva, rimane sempre fissa l'antica massima, e la contribuzione del covone di frumento per ciascun campo, resta tuttavia il punto principale. Nella terminazione del 4 gennaio 1567 (4), riguardante i saltari delle biade, si spiegò meglio che prima non si fosse fatto l'obbligo dei saltari, rispetto al risarcimento dei danni: “... vo- “ leno che li saltari siano obligadi a guardar e custodire e sa- “ tisfare tuti li dani che serano fati in broli e orti centi de “ spine, ma che li saltari non siano obligadi a li dani de li broli “ centi de muro, come se ano costumado ,. (1) Alludesi al notaio del Comune, che presso a poco corrisponde al- l'odierno segretario comunale. (2) Cioè la pena dovuta al reato manifestato. (3) Vol. B, f. 57 ». (4) Vol. B, f. 113 e. 504 CARLO CIPOLLA Più volte si ripeteva ai saltari, che essi dovevano “ ma- nifestare , quelli che, non facendo estimo col comune condu- cevano a pascolare le loro bestie, tagliavano legna o recavano altri danni al Comune. A tal fine, il 10 luglio 1567 (1) si de- liberò di dar loro lo stipendio di uno scudo, e “ la mità de li manifesti ,, cioè delle ammende pagate dai contravventori. Qui l’officio dei saltari come officiali di polizia si allarga oltre ai ristretti confini della loro naturale giurisdizione. Il fitto pagato dai saltari delle biade si conservò, di questi anni, sull'ammontare di 90 minati. Poco ho a dire anche dei saltari delle sorte, i quali rimasero lungo tempo nelle vecchie condizioni “ obligadi a dare bona se- « gurtà de conservar el Comun de oni dano e interesso a sue “ proprie spexe, et debiano guardar molto ben le canpage “ e tuti li fonti de oni sorte, prima la uva, figi, peri, pomi, “ mandole, nose et altri fructi de oni sorte, e rave, per fina * che se fa la vendemia ,. Così dice la terminazione del 25 luglio 1567, fissando a lire 12 il loro stipendio (2). Più tardi, a ciascuno dei quattro saltari delle sorte si fissò il luogo, in cui do- vevano far guardia. Quindi vediamo, sotto il 10 agosto 1570 (3), che ad uno si attribuiva il “ Peresin ,, a un secondo “ Mon- techio ,, a un terzo “ Campagnole ,, e all'ultimo “ la Stra ,. Questi nomi locali si conservano ancora, e servono a determi- nare il territorio situato a mezzodì del villaggio, dove più abbon- dano le viti e gli alberi fruttiferi. “ Peresin , e “ Montecchio , trovansi alla destra del torrente che attraversa il paese, “ Cam- pagnole , e “ la Stra , alla sinistra del medesimo. L’anno 1571 non fu bene avventurato per l'agricoltura. La neve fece morire molte biade, ed impedì alla primavera la semi- nagione dei “ marzolli ,, cioè del frumento marzuolo (4). Essen- dosi di ciò lagnati i saltari, il Consiglio (2 marzo 1571) accordò loro “ un pocho di ristoro , (5), e nella elezione seguente (30 di- cembre 1571) il contributo per l’anno prossimo venne ridotto (1) Vol. B, f.116r. (2) Vol. B, f. 117 v. (3) Vol. B, f. 154 r. (4) Vocabolario dell’Accad. della Crusca, VI, 558. (5) Vol. B, f. 163 r. ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA <« SALTARIA », ECC. 505 a 70 minali (1). Due anni dopo, il fitto diminuivasi a 65 mi- nali (2), segno evidente della deficienza erscente dei prodotti. Leggere modificazioni agli usi invalsi vennero introdotte di È a qualche anno, allorchè si compilarono i nuovi statuti, coi quali metto termine a questo breve studio. Siamo alla fine del 1575 e bisogna eleggere i saltari per l'anno prossimo. Il Consiglio pensa quindi alla nomina, e ai ca- pitoli ai quali gli eletti dovranno attenersi. “ Adi 31 decembrio 1575 (3). * Capitoli fatti per li consilieri dil Comun di Tregnago, “ qualli siano et debino esser osservati da quelli che serano “ fatti saltari de le biave del Comun per l’anno 1576 (4). “ Primo. Quelli che serano creati saltari siano obligati “ subito dar al suo Comun una idonea et sufficiente segurtà per “ ciascuno di essi, qual piacia alli homeni de Consilio, presen- “ tandola al nodaro di Comun, qual segurta sia et se intendi “ obligata con il saltaro, che la presentarà, principaliter et in “ solidum, con le debite renoncie. #2. Item siano obligati conservar il Comun senza danno “da tutti li danni di qualonche sorte che fossero fatti de anno (1) Vol. B, f. 168». Quantunque non abbia relazione alcuna col nostro argomento, piacemi di riferire qui un documento (vol. B, f. 176 7), che riesce di nobile ricordo al comune. Di rado, molto di rado, le terminazioni di un villaggio rispecchiano la eco della grande politica. Perciò questo accenno, pur lieve, vuol essere raccolto con cura rispettosa. € Adi 10 avosto 1572 “ Nel publicho consiglio oltraserito con la presentia del sop. s.°" vicario, el qual s.°" vicario lezete due letere venute dali clarissimi Retori et in esecution de quelle de di 7 del presente, fu posto due dadie sopra lo estimo di beni, una de lire 33 et soldi 1) per soldo per el sussidio orde- nario de eser pagato per tuto el mese de otoro prossimo con utille de soldi diese per cento, et l’altra dadia de lire 33 soldi 1) per il campadego esser pagata a M" Alfonso Morando per beneficio dela ilustrissima Segnoria in la guera turchesca ,. (2) Vol. B, f. 194 r. (3) Vol. D, f. 32 0-33 r. (4) Altra mano, quasi contemporanea, aggiunse qui: “ et cossi de anno in anno ,. r 506 CARLO CIPOLLA “ 1576 in campagna et corte del Comun di Tregnago et sopra “ li monti de Comun, con questa agionta che se fossero robbate fagie sì de formento, come altra sorte de grani et liome fora “ de le pezze de terra, che sonno sopra il monte, delle quale li saltari non scodeno (1) saltaria che similmente essendo accusato “il Comun, per de[tti] (2) danni, essi saltari siano obligati con- “ servar anche il Comun senza danni per tal danni, eselusi però li dani che fossero fatti nelli broli sarati de muro, e li quali li saltari non siano obligati. «“ 3. Item detti saltari siano obligati dar et pagar al Uomun “ di Tregnago per detta saltaria minalli sesanta di formento * bello, neto, secho et ben crivelatto, pagando per tutto il giorno di Madona santa Maria de agosto, consignandolo al massaro del Comun, et conducendolo a proprie spese de li saltari sopra “la casa del Comun. “ 4. Item detti saltari habino per sue mercede de la sal- “taria una fagia del campo de tutte quelle terre che serano “ seminate si nel piano, come nel monte, intendendo delli tereni, idest che fano estimo con il Comun, et uno quarterollo de “ liome per campo et da quelli che non fanno estimo con il Comun faggie due per campo et dui quartaroli de liome per campo, secondo il solito, eccetuando da questo capitulo il Maso “ di Rancani et quello de Pian de Cologna. “ 5. Item s’el tempestasse, che Iddio non voglia, il Comun non vole esser obligatto a restoro alcuno, ecetuando s’ el danno (3) eccedese la summa de minalli sei de formento de “ saltaria, nel qual caso siano elleti dui stimadori, uno per il «“ Comun et l’altro per li saltari, ed essendoli danno, che ecce- “ desse la detta somma, il Comun sia obligatto farli restoro per « quello serà stimatto per detti estimadori, et caso ch'el danno “ non eccedesse la ditta summa de minalli sei de formento di saltaria di danno, il Comun non vole esser obligatto in conto alcuno farli restoro, che così fu convenuto per fatto espresso. “ Nel resto se intendino essi saltari obligati secondo il tenor i x C ® (1) Cioè: riscuotono. (2) Ms.: del. (3) Qui fu aggiunta la parola: non. ALCUNI STUDI PER LA STORIA DELLA « SALTARIA », ECC. 507 “anche delli capitoli fatti de anno 1536 adi 22 decembrio, in “ libro 0 de Comun, c. 121 (1) ,. Qualche anno dopo, a questi statuti si fece un’ aggiunta, dalla quale impariamo che i saltari delle biade, tuttochè eletti con tanta precauzione, non erano poi quegli uomini sicuri e leali, che si avrebbe potuto desiderare in faccenda sì delicata. Sotto il dì 3 dicembre 1568 leggiamo (2): “ Capituli fatti per li homeni de Consilio dell’ 12 e 18 al numero de 25, da essere inviolabilmente osservati per li sal- tari, che serano fatti per custodia della campagna de in anno in anno, non derogando perho li capituli vechi et antiqui. “ Primo, Vedendo la malitia et malignità delli homeni creati de anno in anno saltari acresiuta, che di continuo cer- cano di meter il Comun in litigio, perho hanno deliberato, che tuti queli che de anno in anno serano fatti saltari delle biave, “ haver debino per sue mercede de tuti li terari una fagia del campo, de tutte quelle terre che serano state et serano se- “ minate de biave grosse, si de spelte, come de vecce et de ogni altra sorte de gran da spigo, sì nel monte, come nel pian, et de liomi un quartarolo del campo, intendendo etiam li megi, panizzi et formentoni de coltura, tamen, et li sij com- preso etiam tuti li consorti del Comun, et dalli foresteri et che non fanno in Comun, .....eto perhò li consorti fagie due “ del campo et cioè della sorte (3) et al modo predetto et quar- “ roli dui de liome del campo; et si per caso detti saltari non potesse scoder al modo predetto o per ignoranza o per negli- gentia, esso Comun non vole et non intende esser obligato a mantenerli cossa alcuna, ma essi saltari sianno et s’intendan “ esser in logo del detto Comun. “ 2. Item. decto Comun non voleno et non intendeno esser obligati in conto alcuno a far restoro a detti saltari, sì de inondation de aque, venti, nebie seche et de altre influentie (1) Per noi è questo il libro segnato H. (2) Vol. D, f. 72 r. (3) Vale a dire: “ de’ grani in sorte ,. 508 CARLO CIPOLLA — ALCUNI SPUDI PER LA STORIA, ECC. “ de aere, se non che tempesta, tamen iuxta il quinto capitulo “in questo annotato a c. :33. “53. Item che detti saltari siano obligati dar et pagar al Comun quella quantità de formento, che de anno in anno se- ranno fatti sotto tal condetion saltari, conduta sulla casa del “ Comun iusta li capituli vechi. * [4]. Item detti saltari, che serano fatti a....., imediate de- bino dar bona, idonea et suficiente segurta, che piasino alli “ homeni de Consilio delli 12 et 18, qual se obligi in solidum cum le debite renontie, et da esser denontiata al nodar del Comun ,. Sui saltari delle biade, o del Comune, siamo, come si vede, abbastanza bene informati, per l'epoca qui considerata; ame- remmo soltanto avere maggiori schiarimenti sul modo con cui si facevano i risarcimenti in favore dei danneggiati. Alquanto meno complete sono le nostre notizie sui saltari delle sorti, special- mente per rispetto alle loro relazioni coi privati. Poco sappiamo sulla saltaria dell’uva dei forestieri. Tuttavolta, nonostante queste inevitabili lacune, mi pare che riescano fermati i principali pro- fili della saltaria, istituzione che tocca assai da vicino la vita privata e la pubblica, e che, vissuta per secoli e secoli, lega all’età moderna qualche briciola delle istituzioni medioevali. NOTA AGGIUNTA. — Il prof. conte L. Cesarini-Sforza mi invia, per sua gentilezza, l’estratto dallo Statuto di Terlago del 1424. Quello statuto, che è tuttora inedito, e che il prof. Cesarini-Sforza sì propone di pubblicare, al capo X prescrive così: “ Item quod in dieta regula Pa- “ scatis elligi et poni debeant duo saltmarij campanee et duo vinitores (quardie per l'uva) et decem saltuari] montis..... et teneantur (intendasi : i saltari) de mane usque ad sextam (ora 9 ant.) et de sero ante ve- speras ire [et] usque ad noctem stare super saltariam et in locis supra- seriptis sub pena XX solidorum pro quolibet et qualibet die et pena X solidorum pro quolibet die et quolibet saltuario montis..... et quod sal- tuarius montis habeat de quolibet pignore damnificationis reperti (sic) in damno tertiam partem pignoris, et si aliquod damnum fuerit in pos- sessione alicnius et saltuarins damnificatorem nominare nescìverit, te- neatur saltnarius reficere damnum passo, nisi saltuarins per alinm, vel suo sacramento probet damnum de nocte fuisse, et eo casu non te- neatur ,. è RR »ein. ni peorfgr_ n ANTONIO SPAGNOLO — INTORNO ALL’ORIGINE DEI TESTI, ECC. 509 Intorno all'origine dei testi di diritto canonico contenuti in un codice della biblioteca Capitolare di Verona; Nota del Sac. ANTONIO SPAGNOLO. Una vera Bibliotheca iuris canonici veteris (1) noi abbiamo nel Codice Capitolare LX (58): Canones Conciliorum Africano Provincie et aliorum plurium conciliorum, membranaceo, in on- ciale, di fogli 126, mm. 260 X 200, legato in pergamena. Zan- gemeister e Wattenbach (2), che dànno la fotografia di una pagina, sono d'accordo col Maassen (3), col Turner (4) e col Giuliari (5), nel riferirlo al secolo VII, piuttosto che all'VIII, come vorrebbe il Reifferscheid (6). Il nome dell’amanuense è scritto sull'ultimo foglio verso, in capitale, con lettere alternate in rosso e nero. Colle integra- zioni proposte dai Ballerini (7) e dal Maassen (8) quella sotto- serizione suona: Hec de mendosis eremplaribus transtuli tandem, et quedam quidem, quamvis non ut volui ut tamen potui, recorrexi, quedam autem tacito pretermisi, rem in Domini arbitrio derelin- quens: quì legis, ora pro me peccatore, sì Deum abeas redemptorem : humilimus omnium Theodosius indignus diaconus fecit. Questo codice sembra composto di due parti, come viene indicato dalla differente numerazione delle pagine, dal numero (1) Marrer, Append. Histor. Theol., p. 75, Edit. Trident. 1742. (2) Erempla codic. latinor. litteris maius. scriptor., N. 43. (3) Geschichte der Quellen und der Literatur des canonischen Rechts + Abendlande, Gratz, 1870, p. 546. (4) “ The Guardian ,. Londra, December 1895, p. 1125. (5) Memorie per un futuro Catal. dei mss. della Capitolare; ms., ivi. (6) Bibliotheca Patr. Latinor. Italica, p. 35, Wien, 1865. (7) Leo. Magn. Opera, III, pars II, $ 9, Edit. Venet., 1757. (3) Op. cit., p. 547. 510 ANTONIO SPAGNOLO delle linee (1) e dalla segnatura dei quaderni. La identica ma- teria però e il carattere certo della stessa epoca e forse della medesima mano, uniscono sì strettamente queste due parti da doverle ritenere come essenziali di una unica collezione, nè di ciò mossero dubbio i Ballerini, il Maffei e gli altri che stu- diarono il codice. Esso contiene: I f. 1r-2r. Mancando il primo foglio, parte dei titoli del Concilio Cartaginese dell'anno 419, nn. XLVII-CVII. II f. 2r-35r. De concilio quod Ipponi regio factum est. Precede la commemorazione storica “ Gloriosissimo imperatori Theodosio Aug. III e. ,, seguono poi i canoni dei vari Concili Africani, cominciando dall’Ipponese del 393, come presso Dio- nisio (2), ove per altro i canoni sono 105, mentre nel nostro codice sommano 108. L'ultimo documento: Epistola totius concilii africani ad papam celestinum urbis rome, non è intero, finisce con le parole: multis aliis intecurentibus impedimentis adduci non potuerunt. Tuttavia segue, in capitale rozzo, con lettere alternate in rosso e nero: Expliciunt canones diversorum conciliorum africane provincie cen- tum octo. II f. 350. Di mano del secolo XI o della fine del X (3), alcuni aneddoti in versi: 1. Cinque distici che si trovano pure nel Cod. Cap. LXII f. 16. Comincia: Conciliunm sacrum venerandi culmina iuris Li pubblicò il Maffei (4) e il Reifferscheid li riprodusse (5). 2. De magnitudine niceni concilii. Breve nota pubblicata dal Reifferscheid (6). (1) Nella prima parte variano da 28 a 30, nella seconda da 26 a 28. (2) Lasse, Concil. Coll., III, col. 497 e seg. Ediz. veneta curata da N. Coen. — Mansi, Concil. Coll., IV, 477 sgg. (3) C. CreoLra, Postilla ad tina nota ece. Roma, 1896, p. 3 (Estr. dai “ Rend. Accad. Lincei ,, seduta 20 dic. 1896, vol. V). (4) App. Hist. Theol., p. 77. (5) Op. cit., p. 86. (6) Op. cit., p. 36. INTORNO ALL’ORIGINE DEI TESTI DI DIRITTO CANONICO, Ecc. 511 3. Versus de sinodis per ordinem dispositis. Sono dodici esa- metri, nei quali si nominano i dodici principali concili. Questi pure vennero editi dal Reifferscheid (1). IV f. 36». Su di questa membrana di altro formato, unita al codice, una terza mano del secolo X, scrisse una epistola dedicatoria in 17 distici, che sebbene aversis musis et Apolline minime dextro prognata (2), hanno la loro importanza. È dedi- cata ad un certo Dalmaciano e comincia: Dalmaciane iugi cesar quem terra triumpho. Il Maffei, che pubblicò i primi quattro distici, vide in questo Dalmaciano, il nipote di Costantino, che fu acclamato Cesare il 3535; ma i Ballerini, pubblicandoli per intero e vedendovi an- notato il Concilio Calcedonese, credettero riconoscere invece in questo Dalmaciano, Giulio Nepote, chiamato forse Dalmaciano, perchè di nazione dalmata e ucciso in Dalmazia l’anno 488. Nè pare possa essere qui indicato un altro Dalmaciano poste- riore, poichè l’autore dei versi nomina i concili ecumenici di Nicea, di Efeso e di Calcedonia, i soli ricevuti nella Chiesa la- tina nel secolo V (3). V f. 37r-42r. Synodus Nicena sub Alecxandro Episcopo Alerandrie impe. Costantino. Il testo dei canoni del Concilio Ni- ceno. Li pubblicarono i Ballerini (4), ma perchè di versione ignota, non poterono dare che questo titolo: Vetus interpretatio latina. Era riserbato al ch. prof. Maassen (5), di stabilire l'identità della nostra versione, confrontata che l’ebbe con quella conte- nuta in un gruppo di tre mss. tedeschi (6), fra gli atti dei concili Africani, versione che porta il nome di Ceciliano di Car- tagine, uno dei pochi vescovi d'Occidente, presenti al concilio di Nicea. (1) Op. cit., p. 36. (2) MarreI, App. Hist. Th., p. 77. (3) Barrerini, S. Leonis Oper., III p. LxIv. (4) Op. cit., III, col. 581 e sgg. (5) Op. cit., pp. 546-47. (6) Di Monaco, di Wiirzburg e di Vic tutti del IX secolo (cfr. p. 903 della Geschichte). 512 ANTONIO SPAGNOLO Ma tutti e tre i mss. tedeschi, sono del secolo IX; e quindi d'assai posteriori al ms., che stiamo descrivendo. La seconda mano scriveva nel margine superiore la prefa- zioncella, che trova riscontro pure in altri codici antichi (1): Facta est autem sinodus apud niceam bithinew consulatu constantini augusti et licinii XIII Kal juliarum, que apud greecos octava decima die mensis eorum secudum alerandrinos DCXXXII et placuit ut hc omnia mitterentur ad episcopum urbis rumw silvestrum. E nel margine inferiore dei fogli 41v e 42r, aggiungeva quattro altri canoni, segnati coi nn. XXI, XXII, XXIII, XXX. In fine vi è la solita frase: expliciunt decreta niceni concilii. VI f. 42r-43v. Incipit Concilium Neocesariense, sono i 14 canoni, secondo la versione di Isodoro. Se ne giovarono i Bal- lerini (2). Molte sono le note e correzioni dalla seconda mano intercalate nel testo. VII f. 43v-47r. Erempli sinodi habitae rome episcoporum XCIII ex rescripto imperiali. Comincia: Damasus Valerianus, vi- talianus etc. La lettera sinodica di Damaso papa e degli altri Vescovi d'Italia e della Gallia, uniti nella sinodo romana del 378, scritta agli Orientali. Fu pubblicata da prima a Roma dall'Hol- stenio e di poi nella Raccolta dei Concili (3). Ma il testo ms. non è sempre identico allo stampato. Sono aggiunti alla epistola, alcuni frammenti dei decreti del concilio Antiocheno del 379, ai quali segue: Erplicit synodus romanus et antiochensis (4). VII f. 47r-50v. Incipiunt concilium cangracenses. Precede una breve storia della convocazione, secondo la versione di Dio- nisio, seguono i 20 canoni nella versione d'Isidoro; in fine: Explicit concilium Cangrae. IX f.50r-54». Incipit sancta synodus secundum Laudiciam. Il testo dei 56 canoni, secondo l’Isidoriana. X f. 54v-55v. Incepit statuta sive definitiones synodi con- stantinopolitani. I 6 canoni secondo la versione di Isidoro. XI f. 550-59r. Incipit synodus et canones anquiritani. I (1) Cfr. Lasse-Coreri, Concil. Collec., II, col. 34 in nota; Mansr, Cone. Coll., II, 667 nota. (2) Op. cit., III, col. 115-119. - (8) Vol. IT, col. 1043. (4) Cfr. Barcerini, Op. cit., III, pars II, p. cxxv. INTORNO ALL’ORIGINE DEI TESTI DI DIRITTO CANONICO, ECC. 518 20 canoni della versione Isidoriana. La seconda mano aggiunse nel margine superiore il XXI canone. XII f. 59r-64r. Incipit synodus calchedonensis, dalla se- conda mano è stato aggiunto a sexcentis XXX Episcopis edita. Essendo questa versione affatto diversa dalle altre, i Bal- lerini la pubblicarono (1). XIII f. 64-68. Incipiunt Concilii Ipponensis. I 37 ca- noni (2) con qualche aggiunta. XIV f. 680-70%. Incipit Concilium Carthaginiense. 1 10 canoni del concilio di Cartagine dell’anno 421. Sebbene vi sieno ripetuti i nove canoni dell’ altro cartaginese del 419, essendo alcune cose, espresse in modo diverso, i Ballerini li diedero come documenti di una synodus hactenus inedite (3). La seconda mano nel margine del f. 68v scrisse una lunga nota. Com.: In hoc concilio quedam Capitula desunt, que in aliis reperiuntur conciliis. Seguono alquanti canoni, con l'indicazione dei concili, da cui furono tratti. Al f. 70r la stessa mano aggiungeva un altro canone de ordinandis piscopis. XV f. 70r-71. Sancta et magna synodus per dei gratiam ete. La epistola dei Padri Niceni, alla Chiesa di Alessandria ed ai Vescovi di Egitto. Come di sconosciuta versione la pubblicarono i Ballerini (4). Segue una nota riguardante la convocazione del concilio di Sardica. Pur questa edita dai Ballerini, corretta di aleuni errori che non sanno attribuire se all’autor greco, al tra- duttore o all'’amanuense (5). XVI f. 71%. Incipit sci canonum apostolorum. La tavola dei primi 8 canoni; il I è: de ordinatione episcoporum, l'VIII Quo tempore pascha celebretur. I fogli contenenti il resto della tavola e il testo dei canoni, si trovano alla biblioteca Casana- tense e vi formano il Cod. 378. Strappati certo dal nostro ms. furono dati in dono, non so per qual ragione ed in quale cir- costanza, dal Vescovo di Verona M" Francesco Trevisani a Be- (1) Op. cit} III, col. 617 e sgg. (2) Lasse-Coreti, Cone. Coll., II, col. 1412 e sgg.; Mansi, Conc. Coll., INI, 917 sgg. (3) Op. cit., III, col. 630 e 649 e sgg. (4) Op. cit., IIl, col. 587 e sgg. (5) Op. cit., III, part II, p. cxxvi. 514 ANTONIO SPAGNOLO nedetto XIII, che alla sua volta li regalò alla Casanatense. Ciò apparisce chiaro da alcune note scritte dal veronese Don Bar- tolomeo Campagnola, in alcuni fogli di riguardo del codice stesso (1). I sette fogli contengono il seguito della tavola dei canoni, cominciando dal IX: Quod ministra altaris oblatione celebrata de- beant communicare. A questa segue il testo dei medesimi: /n- cipiunt regule ecclesiastic@e, che occupa il restante del quaderno. Nell'ultimo foglio verso, in carattere minuscolo, vi è uno serit- terello attribuito al Ven. Beda: Bede incipit ratio cur ete. (2). XVII f. 72-78. Incipiunt capitula antiocheni concilii nu- mero XXV. L'indice dei canoni seguito dal testo: Incipiunt re- gule expositi, che è della Dionisiana, in fine l'Explicit textus canonum concilii antiocheni. XVII f. 79r e v. Incipiunt canones sardicenses. Questo titolo fu scritto nel margine dalla seconda mano. Segue la for- mola di fede dell'assemblea ariana di Filipopoli. Comincia come nel libro de Synodis di S. Ilario (3); essendo di versione ignota, la pubblicarono i Ballerini (4). XIX f. 790-80%v. Un breve ciclo pasquale inedito, che dà le piene lune, cominciando dall'anno 313 sotto Costantino e proseguendo per un ciclo ebraico di 18 anni e per un ciclo cri- stiano di 30. Comincia: De Pascha autem scribsimus ete. XX f. 80v-88r. Definitiones aput Sardicam. La versione della lettera di Osio e Protogene al Papa Giulio. Com.: Memi- nimus et tenemus et habemus ete., come di versione inedita la dierono i Ballerini (5). A metà della linea nona del f. 81r segue, senza alcun ti- tolo, la sinodica sardicensis, che incomincia: Multa quidem et sepius ausi sunt arriani etc. La posero in luce i Ballerini (6). (1) Sono debitore di tali notizie al ch. cav. Ignazio Giorgi, Prefetto della Casanatense, al quale rendo pubbliche grazie. (2) Vedi Gracinro Ferrari, Sopra una pergamena antica, Dissertaz. re- citata nell’Accad. romana di archeol. il 7 febbraio 1843. (3) Op. cit., II, col. 482, Editio Veronensis. (4) Op. cit., III, col. 615 e sgg. (5) Op. cit., III, col. 597. (6) Op. cit., III, col. 598 e sgg. INTORNO ALL'ORIGINE DEI TESTI DI DIRITTO CANONICO, ECC. 515 XXI f. 88r-94». La seconda mano interlineava il titolo: de Episcopis qui civitates mutavere, segue Ossius episcopus dirit etc. Sono i canoni del concilio di Sardica, non nell’originale la- tino, ma in una versione antica dal greco. Il Maffei avverte (1) che i canoni XVII e XIX, qui allegati, mancano nelle altre versioni latine. I Ballerini (2), che pubblicarono pure questo preziosissimo documento, osservano che se nella nostra versione i canoni sommano a XXV, si è perchè un canone venne diviso in tre e un altro in due. XXII f. 940-98. Della seconda mano: ‘tem eiusdem ca- nonis secundum aliam translationem. Sono i canoni di Sardica, nella versione di Dionisio. XXIII f. 98v. Leonis pp Alerandro Episcopo. Com.: Mud dilectionem tuam. Brevissima lettera che termina con la data: III id iun. Opilione V e cons. XXIV f. 99r. La seconda mano trascrisse vari carmi. 1. Acrostico di ventidue esametri dedicato: Fratri Bene- dicto (3). Com.: 7 Forte per arruptos decrevi currere calles a questi seguono due altri versi come di chiusa. 2. Sei esametri, che a giudizio del prof. C. Cipolla accen- nano all'incendio della Chiesetta dei SS. Nazzaro e Celso di Verona al tempo dell'invasione Ungarica (4). Furono pubblicati anche dal prof. Ernesto Diimmler (5). 3. Sei altri versi di sacro argomento, forse inediti. Com.: Dixerat hwec sacra vice mente propheta iohannis XXV f. 99v-102 r. Epistula. Athanasius presbiteris et dia- conibus omnibus Ecclesie sancte aput Alerandriam ete. Pubblicata dal Maffei (6) e riprodotta dal Ballerini (7). (1) Append. Hist. Theol., p. 77. BaLLerINI, Op. cit., III, pars II, cap. 5. (2) Op. cit., III, col. 589 e seg. (3) Rerererscuem, Bib. Patr. Lat. ital., p. 39. (4) Una inscrizione metrica, Roma, 1896 (estr. dai “ Rend. Accad. dei Lincei ,, vol. V). (5) N. Archiv, IV, 398. (6) App. Hist. Theol., p. 261. (7) Op. cit., III, col. 611. 516 ANTONIO SPAGNOLO XXVI f. 102-103r. Senza alcun titolo, alla linea settima segue: Sancta synodus secundum dei gratiam collecta sardice, ete. È la lettera al clero della Chiesa Mareotica, edita dal Maffei (1) e di nuovo dai Ballerini (2). XXVII f. 103r-105r. Epistula. Athanasius presbiteris et diaconibus et populo ete. La lettera di S. Atanasio allo stesso clero di Mareotica, edita dal Mattei (3) e poi dai Ballerini (4), che dànno più esatta la sottoscrizione dei vescovi, tra i quali c'è anche Lucius di Verona. XXVII f. 105r-112r. Senza alcun titolo, la biografia di S. Atanasio, forse qui inserita in causa della lettera prece- dente. È degno di nota che al foglio 109v, dalla stessa mano viene indicato, che la narrazione è interotta: hic autem minus necessaria intermittimus, ma poi la storia continua fino al f. 112». . Questa biografia fu data alla luce prima dal Maffei (5), col titolo Historia Acefala. I Ballerini osservarono che questo documento, di. autore greco, scritto al tempo del patriarca Teofilo, quan- tunque perverse vitiatum, era di somma importanza (6). XXIX f. 112r e v. Item symbolus sancte synodi sardici. Dopo alcune abrenuntiationes, spettanti al rito del battesimo, segue il simbolo di Costantinopoli, non quello di Sardica (7). Pare di versione ignota e inedita. XXX f. 112v-113v. Epistula Constantini de synodo Nicena. Uom.: Constantinus pius catholice ortodororum, ete. Pare una ver- sione inedita della epistola, tramandataci da Socrate (8) e da Gelasio Gyziaco (9). In fine: Explicit Epistola Constantini. XXXI f. 113». Senza alcun titolo Victor Constantinus magnus pius ete. L'editto contro Ario. Pare anche questa, ver- sione inedita del testo datoci degli storici Socrate e Gelasio. (1) App. Hist. Theol., p. 258. (2) Op. cit., III, col. 607. (8) App. Hist. Theol., p. 259. (4) Op. cit., ILL, col. 609. (5) Op. cit., III, col. 265. (6) Op. cit., t. Ill, p. cxxvi. (7) Vedi Batterisi, Op. cit., III, p. cxxvnr e Maassen, Op. cit., p. 546. (8) Histor. Eccles., lib. I, c. 9. (9) Libro II, c. 36. INTORNO ALL'ORIGINE DET TESTI DI DIRITTO CANONICO, ECC. 517 XXXII f, 113-115. Initium Epistule Episcoporum. Lettera dei quattro Vescovi di Egitto a Melezio, edita dal Maffei (1) e nel 1887 riveduta da mons. G. B. Carlo Giuliari, in servizio dell'abate Nolte di Parigi. XXXIII f. 115 v-116r. Senza titolo: hanc epistulum post- quam suscepit etc. Breve nota in relazione alla lettera prece- dente, pubblicata dal Maffei (2). XXXIV f. 116». Initium epistule domini petri episcopi Ale- randrie. La lettera di Pietro d'Alessandria relativa all’origine dello scisma Meleziano, che fu l'oggetto di uno dei canoni di Nicea. Fu pubblicata dal Maffei (3). XXXV. Incipit definitio dogmatum ecclesiasticorum Gennadii presbiteri massiliensis. La seconda mano, tirata una linea sopra le tre ultime parole scriveva: deatissimi Augustini Episcopi. Que- st'opuscolo, diviso in LV capi, come in altri codici, a torto viene attribuito a S. Agostino e si trova nell’appendice delle sue opere (4). XXXVI. Finalmente in capitale la sottoscrizione dell'Ama- nuense, che abbiamo riferita. Da essa, come da tutto il codice, apparisce che il diacono Teodosio, conosceva poco la lingua latina. Ch'egli poi ignorasse il greco, sembra potersi dedurre dal fatto, che riferendo il ca- none XVII del concilio di Ancira, secondo la versione di Isidoro, ommise le voci greche pur necessarie all'intelligenza del testo, voci che si leggono in altri codici. Ciò non ostante il merito di Teodosio è assai grande, perchè, ci ha conservato in una collezione di canoni importantissimi, gli atti dei concili di Nicea e di Sardica ed altri documenti riguardanti quei concili, in una versione altronde sconosciuta (5), versione che forma l’oggetto delle considerazioni seguenti. (1) Op. cit., p. 254. (2) Op. cit., p. 265. (3) Op. cit., p. 255. (4) Sta nell’edizione del Micxe, S. Augustinus, VIII (nella serie della Patrol. latin., XLII), 1213 sgg., col titolo: De ecclesiasticis doymatibus liber Gennadio tributus. (5) BaLcerini, Op. cit., t. III, pars II, cap. IX. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 38 518 ANTONIO SPAGNOLO Dalla descrizione del Codice, ognuno vede, che noi abbiamo nel ms. Capitolare LX (58), una raccolta di concili e di canoni di sommo valore. Che se si supponga che i concili Greci (1) e Africani (2) della versione di Isidoro, uniti agli altri della ver- sione di Dionisio (33), sieno posteriori aggiunte di una preziosa collezione di canoni già preesistente (4), per avere un completo repertorio di diritto canonico, ne risulta un tale complesso, che non può colpire anche il più indifferente in questa materia. Ma chi bene osserva e conosce la storia di quei concili e di quei tempi, vede che non a caso sono riuniti tanti canoni e atti conciliari, ma che un legame congiunge le posteriori ag- giunte al resto della collezione. I concili di Nicea (5) e di Sardica (6) nella loro relazione colla Chiesa di Alessandria e S. Atanasio, costituiscono la parte più importante del codice. i Ciò fu ammesso da tutti quelli che si occuparono della nostra raccolta, il Maffei (7), i Ballerini (8), il Maassen (9) e il Turner (10). Di qui rampolla un’altra quistione: Perchè e quando una tal serie di documenti, che erano poi di interesse locale, fu tradotta in latino e divenne, direi quasi, il punto di partenza per una ricca collezione canonica? Coll’aiuto e consiglio del prof. C. Turner di Oxford, sono andato studiando tale quistione, così da concretare un'ipotesi, che sottopongo all'esame di chi s'intende di tali argomenti. (1) Documenti VI, VII, VII, IX, X, XI, XIL (2) Doc. XIII, XIV. (3) Doc. XVI, XVII, I, II. (4) Doc. V, XV, XVIII, XX-XXVIII, XXX-XXXII. (5) Doc. V, XV, XXVI, XXVI. (6) Doc. XX, XXI, XVIII (7) App. Hist. Theol., f. 75-76, e 254. (8) Leo. Magn. Oper., t. ITI, f. XVI, XXIII, XXXI, XXXIX, XLI, LXVII, LXX, LXXV, LXXXI oltre ai luoghi citati. (9) Op. cit., pag. 456-7. (10) “ The Guardian ,, Londra, dicembre 1895. INTORNO ALL’ORIGINE DEI TESTI DI DIRITTO CANONICO, Ecc. 519 Mi pare che le nostre versioni si riannettano ad un fatto del sec. V celebre nella storia della Chiesa. L’anno 418, Apriario, un prete africano, scomunicato dal suo Vescovo, Urbano di Sicca in. Numidia, essendo ricorso in appello alla Santa Sede, fu rimesso dal Papa Zosimo nella co- munione e ristabilito nel suo grado. Quello che avea spinto il Pontefice a prender a cuore questo affare, era l’aver inteso e forse dallo stesso Apriario, il decreto fatto o rinnovato l’anno precedente nel concilio plenario di tutta l'Africa contro le ap- pellazioni dei preti alle Chiese d’oltre mare (1); il che voleva dire che erano proibiti i ricorsi alla Sede Apostolica, non es- sendovi oltre mare se non il Romano Pontefice, cui potesse competere tal diritto. Di qui prese occasione il Papa per mandare in Africa come suoi legati, Faustino Vescovo di Potenza, Filippo ed Asello sa- cerdoti. Questi dovevano trattare con i Vescovi Africani di al- cune questioni disciplinari, compresa quella delle appellazioni. Per questa erano allegati dal Pontefice due canoni del concilio di Sardica, riguardati come: canoni del concilio Niceno. Perciò sorsero dispute tra i Vescovi ed i legati. . Nell’Africa infatti quanto erano noti ed osservati i canoni Niceni, altrettanto erano sconosciuti quelli di Sardica (2), nè i Vescovi fecero questione sull’obbligo di osservarli 0 no, am- messo che fossero di Nicea. Disputavasi se fossero veramente di quel Concilio, non avendoli la Chiesa di Africa nei suoi testi conciliari, nè avendo mai udito parlarne, quantunque Ceciliano, Vescovo di Cartagine, che aveva assistito al concilio Niceno, ne avesse portato e divulgato i decreti. Non essendo stata sciolta la questione in una prima adu- nanza, se ne trattò di nuovo nel concilio celebrato più tardi, in quell’anno stesso. E fu convenuto, poichè si trattava di una questione di fatto, di ricorrere per copie autentiche alle grandi Chiese di Oriente ed in modo particolare a Costantinopoli, ove ritenevasi, che si conservasse l’originale del Concilio Niceno. (1) Canone 22 del Concilio Milevitano II, Lasre-Coneri, Cone. Coll, III, 385. — Mansi, Cone. Coll., IV, 332. Questo concilio è 416. (2) Lasse-Coreri, Cone. Coll., II, col. 722 (Nota di S. Bini)) — Massi, Conc. Coll., III, 76. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 38* 520) ANTONIO SPAGNOLO Fu mandato a Costantinopoli il suddiacono Marcello di Car- tagine, che ricevette dal Vescovo Attico una versione dei canoni fatta da Teilone e Taristo (1). Marcello, ben sapendo che la questione tra Roma e Cartagine, dipendeva dal risultato della sua missione, cercò forse di ritornare più presto che potè; infatti alluse il Vescovo Attico alla sua fretta (2). Ad Alessandria il Vescovo Cirillo affidò al prete Innocenzo una traduzione fedelissima dell'originale: fedelissima eremplaria ee authentica synodo (3). Le due risposte di Cirillo e di Attico furono mandate, per mezzo degli stessi legati, al Pontefice Bonifacio, succeduto a Zosimo, morto alla fine del 418 (4). Assai male si provvide alla conservazione di queste colle- zioni di canoni, poichè gli amanuensi, dopo aver scritto in codici separati gli atti del Concilio di Nicea, col suo eredo e canoni; fattisi a trascrivere i documenti dei concili Africani, si tennero contenti di citare soltanto la versione antecedente. Così noi leg- giamo nel testo comune di Dionisio, che il notaio Daniele re- citava il credo Niceno e i canoni’ nella versione di Ceciliano, ma “ sicut in superioribus inveniuntur adscripta , (5) e troviamo che le lettere dirette a Bonifacio hanno questo titolo: /Incipiunt eremplaria Niceni concili directa Bonifacio urbis Romw episcopo (6); ma poi non è trascritto che il solo Credo. La versione di Ceciliano però, come abbiamo veduto, ci è stata conservata e col suo nome in un gruppo di tre mss. te- deschi e anonima nel nostro Codice (7). La versione mandata dal vescovo Attico di Costantinopoli (1) Lanse, Cone. Coll., ILI, 447. Mansi, Conc. Coll., IV, 408. (2) “ ...per eundem filium meum Marcellum ...nimium festinantem ece. ,. Così Attico nella sua lettera ai Vescovi africani. Vedi Laspe, Cone. Coll., III, 531. Mansi, Cone. Coll., 1V, 513. (3) Lange, Cone. Cott., INI, col. 531. Mansi, Cone. Coll., IV, 513. (4) Cfr. Jarré, Regesta Pontificum, 2* ediz., I, 51. Caro Jos. von HerELE, Conciliengeschichte, II, 110-30. Documenti veggansi nel Lagpe, Cone. Coll., III, 441 e Mansi, Conc. Coll., IV, 401. (5) Lasse, Cone. Coll., II, col. 1364. Cfr. BarragLini, Storia dei Conc., I, 160, edit. veneta, 1696. (6) Lasse, Conc. Coll., II, col. 1364. Masi, Cone. Coll., III, 838. (7) Docum. N. V. INTORNO ALL'ORIGINE DEI TESTI DI DIRITTO CANONICO, ECC. 521 ci è stata preservata nello stesso modo. Si trova in una rac- colta di Concili Africani, in un ms. che dalla biblioteca di Hei- delberg passò alla Vaticana (1) e nella collezione detta Hi- spana (2). Ma degli scritti mandati da S. Cirillo di Alessandria, nessun codice e nessun autore, ch'io sappia, ci dà particolari indica- zioni; anzi si supponeva che fossero perduti. Questo mio scritterello ha lo scopo di esaminare, se in questo nostro codice ci sia tramandata la copia dei documenti e della risposta mandata da Cirillo. Vedemmo che la parte essenziale del Codice, tolti gli altri seritti, di certo aggiunti per avere una completa raccolta di dottrina canonica, è costituita da documenti che compendiano la storia dei due grandi concili di Nicea e di Sardica. Devesi presumere che i legati di Cartagine mandati in Oriente, dovevano essere provveduti non solo di copie dei canoni Niceni nella versione di Ceciliano, quali erano conosciuti in Africa, ma delle copie richieste dai legati di Roma, che inchiu- dessero i canoni di Sardica. A Costantinopoli, probabilmente, questi canoni non erano conosciuti, come non lo erano in Africa, perchè Costantinopoli non era stata rappresentata a quel Concilio (3). Il Vescovo At- tico quindi si limitò ad accordare col suo testo greco, la ver- sione di Ceciliano presentatagli dal suddiacono Marcello. Ad Alessandria era noto di certo il concilio di Sardica, poichè vi era intervenuto S. Atanasio, e i suoi canoni senza dubbio dovevano essere custoditi nell'archivio di quella Chiesa. Fatto dunque l’esatto confronto della versione Ceciliana e dei canoni recati dai legati di Roma, coi testi originali, era ne- cessario che Cirillo e il prete Imnocenzo avessero riconosciuto che la cosa più atta a terminare la questione era il porre sotto gli occhi delle parti contendenti la serie completa dei documenti riguardanti i due concili, come sì custodivano nella Chiesa di (1) Cod. Vaticano Pal., 577. (2) Vedi l’opuscolo di chi scrive queste pagine, Di due codici del VI-VIII secolo della Capitolare, Verona, Franchini, 1896 (estr. dalla © Miscel- lanea Biadego .). (3) Lasse, Cone. Coll., II, col. 707-710. Mansi, Cone. Coll., III, 66 sgg. 522 ANTONIO SPAGNOLO Alessandria, ai quali furono aggiunte memorie preziose sulla vita e scritti di S. Atanasio, che si dovevano pure conservare negli archivi di quella Chiesa. E queste mie congetture hanno una conferma nelle parole stesse di Cirillo. Egli parla di fedelissima eremplaria ex authen- tica synodo, mentre Attico limita la sua testimonianza ai soli canoni ...., canones sicut statuti sunt in Nicea ..... in integro direri. Cirillo poi si appella alla testimonianza della storia ..... qui et in ecclesiastica historia requirentes invenietis (1), parole che acqui- stano maggiore importanza, se si suppone che egli abbia man- data copia dei documenti accompagnati da una sua lettera, che si legge in alcuni codici e che sta pubblicata nelle Collezioni dei Concili (2). Se da questo punto di veduta esaminiamo il nostro codice, troveremo altri argomenti in favore. Esso è posto dai Balle- rini (3), dal Maassen (4) e dal Giuliari (5) tra le collezioni dei concili Greci e Africani. E a ragione, chè dei Greci sono qui raccolti il Neocesarense, il Cangrense, l’Antiocheno, il Costan- tinopolino, l’Anciritano e il Calcedonese, e degli Africani, quello d'Ippona e i due Cartaginesi del 419 e del 421. Ora, assunti come parte essenziale del codice i documenti venuti dalla Chiesa di Alessandria nell’anno 419, si può inten- dere perchè ad essi siano stati associati i canoni del concilio di Cartagine di quell’anno. Nel nostro codice i canoni Niceni appariscono nella versione di Ceciliano, in quella cioè che i Vescovi di Africa hanno op- posto ai testi romani, e che il prete Innocenzo deve aver pre- sentata a Cirillo. Ma il dott. Turner (6), avendo diligentemente considerato il rapporto che passa tra la edizione del Maassen (7) e la nostra versione e quella dei mss. tedeschi, conchiuse che esse differiscono in molti particolari e che in quei punti, nei (1) Cone. Colt., II, 531. Mansi, Conc. Coll., IV, 513-4. (2) Lasse, Conc. Coll., ILI, col. 531. Mansi, Cone. Coll., IV, 513-4. (3) Leo. Magn. Oper., III, p. cxxvi-vi. (4) Op. cit., p. 546. (5) Memorie per un futuro catalogo dei mss. della Capitolare, ms. nella Capitolare stessa. (6) “ The Guardian ,, loc. cit. (7) Op. cit., pp. 903-914. INTORNO ALL'ORIGINE DEI TESTI DI DIRITTO CANONICO, Ecc. 523 quali la nostra si avvicina al testo greco, quella dei manoscritti tedeschi s'accorda con quella mandata da Attico di Costantino- poli. E poichè la versione di Attico non è che il testo di Ceci- liano riveduto, così risulta probabile, ciò che lo stesso Turner non nega, che cioè i manoscritti tedeschi ci conservino il testo preciso Ceciliano, mentre la nostra versione dice il Ceciliano bensì, ma ritoccato e corretto sull’originale. Il Turner esaminando i testi rappresentati nella edizione del Maassen, diede particolare importanza ad una variante del canone VI (1), che consiste nella sostituzione della parola ben più energica potestatem a quella di sollecitudinem, che si legge nei mss. tedeschi e nel testo di Attico, come versione del vo- cabolo greco èZovoia, adoperato a significare le prerogative dei patriarchi alessandrini. Un altro argomento in favore, lo si può avere dai docu- menti connessi al concilio di Sardica. Primo di questi è il Credo ariano del conciliabolo di Fi- lipopoli (2). Per verità dovremmo dire che la Chiesa di Ales- sandria non dovea conservare quel documento e che Cirillo doveva essere l’ultima persona al mondo che metteva dinanzi al legato un testo ariano, come emanato dalla Saneta Synodus congregata Sardic@ (3). Quel credo invero era diretto contro la dottrina di S. Ata- nasio, che insegnava aver il Padre generato il Figliuolo puoe non Bov\noer cioè di sua natura, non semplicemente di sua vo- lontà ..... non sententia nec voluntate Deum patrem genuisse Fi- lium (4) ..... quod neque consilio neque voluntate pater genuerit filium (5) sono le formule con le quali S. Ilario significa la dot- trina condannata da quel Credo. Nel nostro codice però quel Credo, ommessa la prima parte, condanna semplicemente quelli i quali sostengono che aut volun- tate aut arbitrio pater genuit filium (6); quindi nella nostra ver- sione una sola è l'offesa contro la fede di Atanasio. (1) Maassen, p. 905. Cfr. Large, Conc. Coll., II, 450. (2) Docum. N. XVII. (3) Cod., f. 79 r. (4) Hrcarn, Oper. Fragm., II, 664, edit. veron. Lasse, Cone. Coll., II, 742. Maxsi, Conc. Coll., III, 138. (5) Hrraru, Oper. Liber de Synodis, II, 486. (6) Doc. XVII, f. 79 r. 524 ANTONIO SPAGNOLO — INTORNO ALL'ORIGINE DEI TESTI, ECC. Or bene, non può parere improbabile che, in due genera- zioni la vera storia di un Credo, distinto pure coll'augusto ti- tolo di Sardica, sia andata in tale dimenticanza, da credere emanato dal concilio ortodosso un Credo che era simile invece a quello del sinodo scismatico, tanto più che S. Ilario erasi stu- diato di esporre quel Credo in retto senso ed i suoi scritti po- tevano essere conosciuti nella Chiesa di Alessandria. Altro appoggio alla nostra ipotesi viene da un altro ordine di considerazioni. I canoni di Sardica furono pubblicati nelle due lingue, greca e latina (1); e siccome questo fu il primo concilio, che possa ri- guardarsi come occidentale (2), il testo latino ne dovette essere sempre conosciuto. Poche infatti delle collezioni di Concili sono senza i canoni sardicesi, in uno o in un altro esemplare del testo latino (3). Invece il nostro codice è l'unico nel dare tali canoni in una versione dal greco. Gli Africani non conoscevano i testi proposti dai legati di Roma; or bene, come poteva il Vescovo Cirillo aiutarli in tale bisogna se non col tradurre i canoni sardici dalla forma greca? Finalmente si può intendere benissimo perchè nel Codice vi sia la biografia di S. Atanasio, se la supponiamo destinata ad illustrare meglio la storia dei due concili e a sciogliere più facilmente la questione tra le due Chiese. £ le minute partico- larità con cui è scritta e l’usar sempre i nomi Alessandrini, fatti osservati già da Scipione Maffei (4), costituiscono un argomento di più per credere che il ms. di cui ci occupiamo doveva esser conservato in Alessandria. (1) Vedi Barcverini, Leo. Magn. Opera, III, p. XXXI. (2) Le rovine di Sardica stanno poco lungi da Sofia. Sardica fu capi- tale della Dacia mediterranea. Al concilio di Sardica assieme ai vescovi Orientali, firmano anche gli Occidentali, in gran numero. (3) BaLcerini, Op. cit., II, XXVIII. (4) Marrer, App. Hist. Theol., p. 270. L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. —-— resi ut (19) ur PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 21 Febbraio al 7 Marzo 1897. Glasse di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. NB Le pubblicazioni notate con * sì hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono, * Amales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega I, t. XLIII. Buenos Aires, 1897; 8°. ** Annalen der Physik und Chemie. Sachregister zu Bd. 1-50 (1877-1893). Leipzig, 1897; 8°. * Annales de l'Université de Lyon. N. XXV-XXVIII, XXX. Paris, 1896; 8°. * Atti della Società toscana di Scienze naturali residente in Pisa. Processi verbali, vol. X, 22 novembre-17 genn. 1897; 8°. * Berichte iber die Verhandlungen der k. Stichsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig. Mathem. Phys. Classe, 1896, IV. Leipzig; 8°. Boletin mensual demografico de Montevideo. Aîio IV, n. 41-48. Monte- video, 1896. Balletin mensuel séismologique de l’'Observatoire national d’Athènes. Te année, 1896, n. 2-8; 4°. * Bulletin of the Johns Hopkins Hospital, vol. VII, Nos 62-67. Baltimore, 1896; 4°. * Bulletin de l’Académie Imp. des Sciences de St-Pétersbourg. V° sér., T. Vi, n. l. 1897; 4°. ** Fortschritte der Physik im Jahre 1890, Bd. XLVI; 2 Abt. Braun- schweig, 1896; 8°. * Giornale della R. Accademia di Medicina. A. LX, n. 1. Torino, 1897; 89. * Johns Hopkins University Circulars. Vol. XV, n. 125-127. Baltimore, 1896; 4°. * Journal of Physical Chemistry. Vol. I, n. 1-5. Ithaca N. Y., 1896-97; $°. Memorie della Società degli Spettroscopisti italiani. Vol. XXV, disp. 10%, 118. Roma, 1896; 4°. 526 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA ** Morphologische Arbeiten. Herausg. von D" G. Schwalbe. 7 Bd., 1 Heft. Jena, 1897; 8°. * Nachrichten von der Kénig]. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gùttingen. Mathematisch-physik. Klasse, 1896, n. 4. Gùttingen; 8°, * Proceedings of the Cambridge philosophical Society; vol. IX, p. 4*, 1896. * Proceedings of the Royal Society. Vol. LX, n. 366. London, 1897; 8°, * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXX, fasc. 3. Milano, 1897; 8°. * Rendicouti del Circolo matematico di Palermo. Tom. XI, fase. I-Il. Pa- lermo, 1897; 8°. * Rendiconto dell'Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Serie 35, vol, III, fasc. 1°. Napoli, 1897; 8°. Spelunca. Bulletin de la Société de Spéléologie. 2° année, n. 8. Paris, 1896; 8°. * Transactions of the Royal Society of South Australia. Part II. Adelaide, 1896; 8°. * Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Sitzung. N. 16-18, 1896. Wien, 1896; 8°. Omboni (G.). Commemorazione del barone Achille de Zigno. Venezia, 1897; 8° (dall’A.). Raganti (B. P.). Un nuovo orologio centesimale con intero rapporto sessa- gesimale del sig. E. Cusani di Spezia. Spezia, 1897; 8° (Zd.). Glasse di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Dal 28 Febbraio al 14 Marzo 1897. ** Allgemeine Dentsche Biographie. Bd. XLII, Lfg. 207 u. 208. Leipzig, 1897; 8°. * Annales de la Société d’'Archéologie de Bruxelles. T. X, liv. IM et IV. 1896. Bruxelles; 8°. * Annales du Musée Guimet. Bibliothèque d’études. T. III. Paris, 1896; 8°. * Atti della R. Accademia della Crusca. Adunanza pubblica del 27 di di- cembre 1896. Firenze, 1897; 8°. * Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Se. mor., stor. e filol., vol. IV. Notizie degli Scavi, Dicembre, e Indice topografico per l'anno 1896; 4°. Boletin de la Academia Nacional de Ciencias en Cordoba. T. XV. Entr. 1*. Buenos-Aiîres, 1897; 8° Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale. Anno XIII. Ottobre-Dicembre 1896. Roma, 1896; 8° (Ministero delle Finanze). * Bulletin de la Société d'Études des Hautes-Alpes. II* série, n. 19, Gap, 1896; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 527 * Commentari dell'Ateneo di Brescia per l’anno 1896. Brescia; 8°. * Cosmos. Vol. XII, n. 4-5. Torino, 1896; 8°. * Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XVIII, fasc. III-IV. Genova, 1896-97; 8°. * Mémoires de l’Académie de Stanislas. 5ème série, t. XIII. Nancy, 1896; 8°. * Mémoires de l’'Académie des sciences, arts et belles-lettres de Dijon. 4ème série, t. V, a. 1895-96. Dijon, 1896; 8°. * Miscellanea di Storia italiana, terza serie, t. III. Torino, 1897; 8° (dalla R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria). * Nachriehten von der K. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòttingen. Philologisch-historische Klasse, 1896, Heft 4. Gòttingen; 8°. ** Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia, vol. III, pp. 2817-3600. 1896; 8°. Relazione sull’ Amministrazione delle Gabelle per l’ esercizio 1895-96. Roma, 1897; 4° (dal Ministero delle Finanze). * Rendiconto delle Tornate e dei Lavori dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti della Società Reale di Napoli. N. S., Anno X, novembre-dicembre 1896. Napoli; 8°. * Sitzungsberichte der philosophisch-philologischen und der historischen Classe der k. b. Akademie der Wissens. zu Miinchen. 1896, Heft III; 8°. Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione. Giugno-Dicembre 1896. Roma, 1896-97 ; 8° (dal Ministero delle Finanze). Tabella indicante i valori delle merci nell’anno 1896 per le statistiche commerciali. Roma, 1897; 8° (dal Ministero delle Finanze). Vorlese-Ordnung an der k. k. Leopold-Franzens-Universitit zu Innsbruck im Sommer-Semester 1897; 8°. De Seta (D.). Meditazioni filosofiche. Napoli, 1895; 8° (dall’A.). Marinelli (G.). Antonio Cecchi. Firenze, 1897; 8° (Id.). — Variazioni nella valutazione della superficie del Regno d'Italia. Venezia, 1897 (Jd.). Moriani (L.). Per la solenne inaugurazione degli studi, 15 novembre 1896. Relazione del Rettore. Siena, 1897: 8° (Zd.). Torti (E.). Relazione statistica sull'’Amministrazione della Giustizia nel distretto della Corte d'Appello di Torino nell’anno 1896. Torino, 1897; 8° (Id.). Torino — Vincenzo Boxa, Tipografo di S. M. e de' RR. Principi. f Science» 1.25 97 N.Y. Academy ° Reo'd June 1 --0€ CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI In causa delle elezioni politiche non si è tenuta seduta il giorno 21 marzo 1897; è però stata data facoltà ai Soci che avessero avuto da presentare note per gli Atti, o proprie o di estranei sotto la loro responsabilità, di inviarle ugualmente alla Segreteria entro il detto giorno 21, salvo a farne regolare presentazione alla Classe nella seduta del 4 aprile prossimo. Furono in seguito a tale avviso inviate alla Segreteria le seguenti note: 1° “ Sur quelques erreurs dans les NUOVE TAVOLE DELLE FUNZIONI IPERBOLICHE de M. A. Forti ,, nota del D Émile LAWPE, presentata dal Socio PrANO; 2° “ Fasometro delle tangenti ,, nota dell'Ing. Riccardo Arnò, presentata dal Socio NaAccaRI. cara va a aaa rara aa aa aa a nen Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 39 530 = .J 7 ÉMILE LAMPE LETTURE Sur quelques erreurs dans les “ Nuove tavole delle funzioni iperboliche , de M. A. Forti (Roma, 1892); par M. E. LAMPE. Pour accoutumer mes élèves (étudiants de la 1** année) de l’École technique supérieure è faire des calculs numériques avec un nombre prescrit de chiffres exacts, je leur demande parfois la somme d'une série convergente à puissance pour une valeur donnée de l’argument. Ainsi je les ai engagés, il y a un mois, à calculer #, cos, sinz, coshr, sinhx pour x = 2 avec 7 décimales exactes. On voit tout de suite que les termes de ces séries ont les mémes valeurs numériques, on n’a done besoin que de trente minutes è peu de chose près pour achever ce calcul, méme en prenant toutes les mesures de contròle. Mais quelle fut ma surprise lorsque je découvris une différence de deux unités de la sixième décimale entre la valeur calculée 3,626 8604 pour sinh2 et celle que donne M. Forti, page 255 de son livre 3,626 862. L'erreur de ce nombre est évidente, parce que la somme sinh2 + cosh2 est égale à e° ou bien 7,389 056 et que les nombres de M. Forti fournissent 7,389 058. En parcourant alors les nombres qui se trouvent à la mèéme page pour sinhw, je fus frappé de l’irrégularité des différences qu'on a mises è còté des colonnes de nombres. Je fus done porté à croire que l’erreur que je venais de trouver, ne serait pas la seule, et je donnai pour la prochaine semaine l’exercice de développer sinh (a + x), cosh (a + x) suivant les puissances ascendantes de x et de calculer avec ces formules les valeurs successives de sinhw, en faisant a = 2, r=+ 0,001, ete., avec 9 décimales exactes. Les deux séries sont celles-ci: sinh (a+ x)= sinha + x. cosha + £. sinha + £ cosha+...., cosh(a + x)= cosha + x. sinha +£ cosha + £ sinha+.... SUR QUELQUES ERREURS, ETC. 531 On n'a done que 4 termes è évaluer pour parvenir au nombre demandé de chiffres exacts, et toute la besogne s’achève très rapidement sur une seule feuille. Le tableau ci-joint où l'on a réuni les nombres calculés d’après ce procédé et les nombres contenus dans la table de M. Forti depuis w= 1,990 jusqu'à w= 2,010, montre la foule des inexactitudes de cette table. Pour les faire sauter aux yeux, nous avons ajouté un astérisque à tous les nombres de M. Forti dont le dernier chiffre n'est pas juste. On voit done que, parmi 21 nombres examinés pour sinhw, il n'y a que 4 qu'il ne faut pas corriger, tandis que parmi le mèéme nombre de valeurs pour coshw on compte 12 qui sont exactes. w sinhw | coshw d'après | d’après d’après d’après M. Forti | mes calculs M. Forti mes calculs 1,990 3,589 419 | 3,589 419 168 || 3,726 116*| 3,726 114 594 | 1,991| 3,593 146*| 3,593 147 078| 3,729 707*| 3,729 705 877 1,992 | 3,596 878*| 3,596 878 581 | 3,733 300*| 3,733 300 889 1,993 | 3,600 613*| 3,600 613 681 |. 3,736 898*| 3,736 899 635 1,994 | 3,604 352 | 3,604 352 382 || 3,740,502 | 3,740 502 118 1,995 | 3,608 094*| 3,608 094 687 | 3,744 109* 3,744 108 343 1,996 | 3,611 838*| 3,611 840 600 || 3,747 719*| 3,747 718 308 1,997 | 3,615 588*| 3,615 590 125 || 3,751332 | 3,751 332 023 1,998 | 3,619 344*| 3,619 343 265 || 3,754 949 | 3,754 949 490 1,999 | 3,623 102*| 3,623 100.025 || 3,758.570*| 3,758.570.711 2,000 | 3,626 862* 3,626 860 408.|| 3,762 196 | 3,762 195 691 2,001 | 3,630 624 | 3,630 624 418|| 3,765 824 | 3,765 824 433 2,002 | 3,634 391*| 3,634 392 058 || 3,769 457 | 3,769 456 941 2,003 | 3,638 162*| 3,638 163333 || 3,773 092*| 3,773 093 219 2,004 | 3,641 937*| 3,641 938 246 || 3,776 732*| 3,776 733 269 2,005 | 3,645 716*. 3,645 716 801 3,780.377 | 3,780 377 096 | 2,006 | 3,649 498*| 3,649 499 001] 3,784025 | 3,784 024 704 | 2,007 | 3,653 285 | 3,653 284 851 | 3,787 676 | 3,787 676 095 2,008 | 3,657 075*| 3,657 074 355 || 3,7919331 | 3,791 331 275 2,009 | 3,660 867*| 3,660 867 515 || 3,794 990 | 3,794 990 245 2,010) 3,664 665*| 3,664 664336 || 3,798 653 | 3,798 653 011 | | | Pour confirmer les résultats que j’avais trouvés, je les ai comparés è ceux que Gudermann a publiés, tome VIII du 532 ÉMILE LAMPE Journal de Crelle. On y trouve les logarithmes è neuf décimales de sinhw, coshw et tanghw, è partir de w—= 2,000. Je déter- minai done les nombres appartenant à ces logarithmes, en m'aidant d'une table è 8 décimales, et je me mis ainsi à l’abri d'une faute dans les calculs numériques concernant les huit premiers chiffres. Les tables de Gudermann servirent encore à contròler une autre inexactitude de la table de M. Forti: on trouve toujours logsinhw — logcoshw=logtanghw jusque dans la dernière place. Cependant on sait que Gauss a déjà dirigé l’attention des géomètres sur ce point (Voir Gauss, Gesammelte Werke, tome III, page 257: “ Einige Bemerkungen zu Vega's Thesaurus Logarithmorum ,). Cette égalité exacte ne peut subsister dans les nombres arrondis des tables dans tous les cas imaginables. En général l’inégalité se portera sur le dernier chiffre une fois parmi quatre cas choisis au hazard. Dans les 11 cas compris entre w= 2,000 et w= 2,010 il faut en effet appliquer méme quatre fois des corrections aux logarithmes donnés dans la table de M. Forti. Signalons encore une autre sorte d’erreurs systématiques qui appartiennent au méme genre que celles que nous venons de montrer. Pages 291, 293 font paraitre sinhw= coshw avec 6 places sans aucune exception depuis w= 7,11, ce qui est impossible. Prenons par exemple coshw — sinhw= 0,0006; de cosh*w — sinh°w=1 on tire alors coshw+- sinhw=1:0,0006 ou bien coshw= 883,33363 et sinhw = $33,33303 où w se dé- termine è peu près = 7,42. En bornant les nombres è 6 chiffres on aura done coshw= 833,334 et sinhw = 833,333 avec. une différence d'une unité du dernier chiffre. Un examen détaillé des nombres de M. Forti fit voir qu'il faut en effet corriger dans ces pages bien des valeurs qu'il a fait imprimer. Des preuves faites au hazard sur différentes pages de la table ne donnaient pas tant de fautes que dans le voisinage de w=2, mais on pouvait constater partout des incorrections. Pour comprendre de quelle manière ces erreurs pourraient s'étre glissées dans l’ouvrage, je me mis à lire attentivement la préface où se trouve, page xxrv, l'exposé sur le procédé du calcul employé par M. Forti, et*je découvris une inexactitude éclatante dans le premier exemple qui sert è illustrer la marche SUR QUELQUES ERREURS, ETC. 533 du calcul. L'angle t appartenant è w=0,1980 se tire de Lm+jt=50°88' 8,0. au lieu de 8”,08; il faut done mettre t = 11° 16'16",16 au lieu de 11°16'16”. Cette diffé- rence fait que logsinhw devient 0,2994973 —1 au lieu de 0,299 4991 — 1 et sinhw=0,199 295 au lieu de 0,199 2963. L’erreur de cet exemple ne se trouve pas contenuéè page 134 dans la table; mais ce passage prouve que le calculateur n’a pas déterminé les derniers chiffres avec tout le soin nécessaire. En somme, la dernière place des nombres de la table de M. Forti n’est pas sùre. Il est vrai que M. Forti s’exprime ainsi (page xxrv): “ Arrestandomi alla sesta cifra della mantissa, io assicurava, in generale, l'esattezza della quinta, approssima- zione più che sufficiente alle applicazioni d’uso ,. Mais alors il aurait dù borner ses tables à 5 chiffres; car il n’est pas d’usage de donner des tables de mathématiques avec des chiffres in- certains lorsqu’il est si facile de les corriger. Rappelons le prin- cipe énoncé par Gauss au lieu cité: “ la grandeur tabulaire doit s'approcher de la valeur effective, jusqu'au point qu'on peut atteindre avec le nombre choisi de décimales, et la différence ne doit donc jamais surpasser la moitié de la dernière unité ,. Fasometro delle tangenti; Nota di RICCARDO ARNO”. Siano I, e I le intensità efficaci di due correnti alternative sinusoidali, e sia @ il valore angolare della loro differenza di fase. Se si fanno passare quelle due correnti rispettivamente attraverso alle spirali, fissa e mobile, di un elettrodinamometro, si ha, detta a la deviazione e K' una costante, LI,cosp = K'a. (1) E se simultaneamente si fanno passare le medesime cor- renti rispettivamente attraverso alle due spirali induttrici di 594 RICCARDO ARNÒ un apparecchio a campo Ferraris, si ha ancora, detta 8 la de- viazione che subisce la spirale indotta sotto l’azione del campo Ferraris generato dalle correnti date, Il, seng = K"B, (2) ove K'" è una costante. Dividendo a membro a membro l'equazione (2) per la (1), si ricava di tango = gi K" K od ancora, detto K il rapporto costante La e è il rapporto K delle due deviazioni f ed a, tangg = Kòd. Facendo uso di un elettrodinamometro e di un apparecchio a campo Ferraris è dunque possibile ricavare il valore della tangente dell'angolo di spostamento di fase fra due correnti sinusoidali, qualunque siano i valori, e comunque diversi l’uno dall’altro, delle intensità efficaci delle correnti stesse. E poichè le due spirali dell’elettrodinamometro possono co- stituire esse stesse le spirali induttrici dell'apparecchio a campo Ferraris, ne consegue che i due strumenti si possono riunire in uno solo, come è dimostrato dalla disposizione rappresentata schematicamente in figura, la quale permette appunto di effet- tuare praticamente una tale combinazione. Le due correnti alternative, tra le quali esiste la differenza di fase che si vuole misurare, percorrono rispettivamente le spirali A) e A., di cui la A, è fissa e la A è libera di ruotare intorno all'asse verticale dello strumento e porta un indice I scorrevole sopra un disco graduato D. Per mezzo di un bottone girevole su D, a cui è solidale un indice I’, sì può agire sulla molla m fissa in M, alla quale è appesa la spirale mobile A», e ricondurre allo zero. l'indice I, quando questo per l’azione delle correnti viene spostato dalla sua posizione di riposo. Lo spazio racchiuso dalle due spirali A,, A: è occupato da una spi- ralina C — costituita da due spire ad angolo retto, o più in FASOMETRO DELLE TANGENTI 585 generale da tante spire regolarmente distribuite in tanti piani diametrali — la quale a piacimento può rimanere aperta o chiudersi in corto circuito. Tale spirale può, come la A., ruo- tare intorno al proprio asse verticale ed è munita anch'essa di un indice è che si sposta sopra una gradazione g. A tale scopo la spiralina € è appesa ad una molla a spirale » fissa in N, la quale ha inoltre lo scopo di servire a ricondurre allo zero l'indice î, e ciò coll'agire su di essa per mezzo di un bottone posto sul disco graduato d e munito di un indice ?. I morsetti 1 e 2 fanno capo alla spirale A,, ed i morsetti 3 e 4 alla A» per mezzo della molla m. Finalmente due blocchi metallici, non disegnati in figura, comunicano rispettivamente, per mezzo della molla », con le due estremità della spirale indotta C. Tali blocchi metallici sono separati l’uno dall’altro dalla sede di una spina e possono, mediante la spina stessa, mettersi in comuni- cazione fra di loro. Questa disposizione permette di aprire o chiudere in corto circuito la spiralina €. Per usare l'apparecchio si apre il circuito della spirale ©, togliendo la spina dalla sua sede, e si fanno percorrere le due spirali A, e A; dalle due correnti alternative date: lo strumento funziona allora come un ordinario elettrodinamometro, poichè in € si genera una forza elettromotrice indotta, ma nessuna corrente. Si riconduce allo zero l’indice I della spirale mobile As girando sul disco D il bottone a cui è solidale l’indice I’, e si fa la lettura a corrispondente alla posizione di I' su D. Ciò fatto, si fissa la spirale A nel piano verticale normale al piano di A, (nel quale piano già si trova la spirale A», poichè l'indice I è stato ricondotto allo zero nell'esperienza pre- cedente), e si chiude, per mezzo della spina, la spiralina © in corto circuito: lo strumento funziona allora come un apparecchio di induzione a campo Ferraris, poichè in C si genera una cor- rente indotta, sulla quale agisce il campo Ferraris prodotto dalle due correnti date. Si riconduce allo zero l’indice è della spirale indotta C girando sul disco @ il bottone a cui è solidale l'indice ?, e si fa la lettura f corrispondente alla posizione di ? su d. Basterà allora fare il rapporto £ delle due deviazioni e moltiplicarlo per la costante K dello strumento, per ricavare 536 RICCARDO ARNÒ — FASOMETRO DELLE TANGENTI la tangente dell'angolo di spostamento di fase fra le due cor- renti sinusoidali su cui si è sperimentato. Ad uno strumento di tale genere noi diamo perciò il nome di fasometro delle tangenti. Evidentemente l'apparecchio può anche essere usato come semplice elettrodinamometro. Basta a tal uopo aprire il circuito della spiralina C ed unire fra di loro i morsetti 2 e 3, adope- rando i morsetti 1 e 4 per l'inserzione dello strumento nel cir- cuito della corrente di cui si vuole misurare l’intensità efficace. L'apparecchio potrà dunque essere munito di due costanti, la costante dell’elettrodinamometro e la costante del fasometro, e servire a piacimento a dare direttamente o l'intensità efficace di una corrente sinusoidale o il valore angolare della differenza di fase fra due correnti sinusoidali. E se le due spirali A, e A; dell'apparecchio sono costituite da due spirali voltometriche, esso sì trasforma in uno strumento atto a dare direttamente tanto il valore efficace di una diffe- renza di potenziale sinusoidale, quanto il valore angolare della differenza di fase fra due differenze di potenziali sinusoidali. Finalmente, se delle due spirali A, e A+, l'una è una spirale amperometrica e l’altra una spirale voltometrica, l'apparecchio può servire a piacimento o come wattometro o quale misura- tore della differenza di fase esistente fra una differenza di po- tenziale ed una corrente sinusoidale. In questo caso l’appa- recchio rappresenta dunque un misuratore di watt reali e di watt apparenti. X L’ Accademico Segretario AnpREA NACcArI. tn ARNÒ - Fasometro delle tangenti. Atti R. Accad, delle Sc. di Torino - Vol. AXXZI 537 CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 28 Marzo 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO BARONE GAUDENZIO CLARETTA DIRETTORE DELLA CLASSE Sono presenti i Socii: PeyRon, Rossi, BoLLatI DI SAINT- Pierre, Pezzi, NANI, CoeneTTI DE MaRTIS, Brusa, PERRERO e FeRRERO Segretario. Il Socio Peyron, a nome dell’autore, prof. Luigi BARUCCHI, offre il libro: “ Quel che non si deve dire. Saggi di voci e ma- niere errate e avvertimenti circa il retto scrivere , (Torino, 1897). Il Socio Cocnetti pe MaRTnHS offre, a nome dell’autore, avv. Carlo Massa della R. Scuola Superiore di Commercio di Bari, il libro: “ Filippo Briganti e le sue dottrine economiche , (Trani, 1897). Sono comunicati i Decreti in data 14 febbraio 1897, coi quali S. M. il Re ha approvato le nomine dei signori Enrico Alessandro WaLLon e Carlo Bruemann a Soci stranieri del- l'Accademia. È presentata una lista di desiderata e di domande di con- corsi per la Mostra internazionale di Bruxelles, 1897, a nome 538 del Comitato di quella Mostra, comunicata da S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio. Il Direttore della Classe legge una sua nota: “ Di alcuni agnati di Antonio Rosmini a Torino sul principio del sec. XVIII ,. Il Socio NANI legge una nota del prof. Ferdinando GaBoTTO: * Un conflitto giurisdizionale in Piemonte nel 1234 ,. Queste Note sono pubblicate negli Atti accademici. Il Socio BoLLati pi SAmNT-PreRRE ritira il lavoro mano- scritto presentato da Mons. Augusto Giuseppe Duc per l’inser- zione nei volumi delle Memorie, intitolato: “ Livre des cens de l’évéché d'Aoste (1305) ,. GAUDENZIO CLARETTA — DI ALCUNI AGNATI, ECC. 599 LETTURE Di alcuni agnati di Antonio Rosmini a Torino sul principio del secolo XVIII; Nota del socio GAUDENZIO CLARETTA. La scoperta fortuita di un documento inedito che viene a rivelarci la presenza in Torino di un Rosmini da Rovereto sul principio del secolo XVIII, m’induceva, nell'intento di poter dare qualche maggiore estensione all'argomento, ad indirizzarmi al chiarissimo signor presidente dell’i. e r. Accademia delle scienze di quella città, conte Filippo Bossi Fedrigotti. E questi cortese- mente mi rispondeva coll’ invio di alcuni dati genealogici, i quali non solamente ci attestano che quel Rosmini apparteneva alla famiglia dell’illustre filosofo, ma che altri ascendenti suoi si erano per qualche tempo stabiliti nella nostra città. Lieto che questa (per quanto tenue) scoperta sia seguita nel momento in cui si festeggia in Italia il primo centenario della nascita di Antonio Rosmini, compio intanto al dovere di rendere pubbliche grazie all’illustre personaggio che mi comu- nicava questi appunti, i quali mi consentono di recare qualche contributo, tuttochè modesto, al monumento letterario che si innalza alla memoria del grande filosofo. Nel dicembre dell’anno 1706, e così a tre mesi soli di di- stanza da quel memorabile assedio in cui Torino attorniata da settantamila francesi aveva saputo conseguir la vittoria colle armi collegate di Savoia e dell'Impero, capitanate dal celebre principe Eugenio; anzi nel giorno 24 di quel mese in cui ve- nivano riposte nel maggior nostro tempio cinquantacinque ban- diere tolte al nemico, faceva solenne ingresso nella nostra città Giuseppe Scipione, conte di Castel Barco, cavaliere della chiave d’oro, consigliere aulico dell’imperatore Giuseppe I e suo inviato straordinario al duca di Savoia Vittorio Amedeo II. Egli giun- geva in buon punto, e ad essere testimone dei varii tripudi che 540 GAUDENZIO CLARETTA si facevano per la conseguita vittoria. Infatti due giorni dopo, il Municipio offriva ancora al conte Virico Daun o Dauhn, te- nente maresciallo, comandante le milizie cesaree in Piemonte, per civili e militari virtù onorato (e che poco prima aveva fatto suo cittadino), una splendida spada con brillanti (1). Il nuovo ambasciatore, in un col suo corteggio veniva a sua volta lo stesso primo giorno del novello anno 1707 ricevuto colle massime onoranze dalla nostra Corte. E per non limitarmi al solo argomento impreso, non credo inopportuno di far, cono- scere il grave e decoroso cerimoniale dell'accoglienza avuta da quel ministro, e così i lettori potranno essere informati col mezzo di questa nota quanto i nostri principi in questa parte primeg- giassero su molti altri d'Italia (2). (1) Era del valore di 5456 lire. (2) Ecco la descrizione lasciatane dal maestro delle cerimonie conte Mau- rizio Robbio di Montemarzo, maggiordomo ducale. © ...Li 24 decembre il “ signor conte di Castelbarco inviato straordinario di S.A.R. da S. M. “ Cesarea, suo gentilhuomo di camera e consigliere aulico, mi ha dato “ parte del suo arrivo; l'ho fatto sapere a S. A. R. quale mi ha ordinato “ visitarlo, e farlo alloggiare e servire. Li trentuno detto l'ho condotto in alloggio e pranzo in casa del signor generale Grondana nell’appartamento de’ forestieri. Il primo gennaio (1707) con carrozza di corte della persona a due cavalli e con due valletti di piè di -S. A. R. alle ore undici di Francia, sono stato a prenderlo, ed a condurlo alla prima udienza pub- blica di S. A. R. Nel passare, tutti li corpi di guardia si sono messì in ala senz'armi. Il gran mastro signor marchese di S. Giorgio è venuto a incontrarlo alla porta della seconda anticamera verso la corte, l'ho con- “ dotto meco da S. A. R. Giunto alla porta della stanza dove era S. A. R. sotto al baldacchino, ha fatto il signor inviato una grandissima riverenza. S. A. R. stando sopra il marchiapiede, le ha corrisposto con un tocco di cap- pello: a mézza stanza ha fatto la seconda riverenza, e giunto al marchia- “ piede (cioè uno dei primi gradini del palco su cui stava il seggio ducale, circondato da una balaustra) la terza. S. A. R. si è avanzata un passo e reso a tutti le civiltà; e lo ha fatto montare il marchiapiede. Indi avendo il signor inviato cominciata la sua aringa, S. A. R. le ha fatto segno di coprirsi, alla seconda replica si è coperto: ha esposto la sua ambasciata. S.A. R, le ha risposto, ed il signor inviato dopo alcune repliche e molte grazie rese si è ritirato con lo stesso ordine di riverenze: il signor mar- chese di S. Giorgio lo ha accompagnato sino alla stanza delle guardie “ del corpo, ed io l'ho ricondotto al suo alloggio..... , (Biblioteca di S. M., Cerimoniali della Corte). È superfuo aggiungere qui la descrizione delle successive presentazioni del Castelbarco alla duchessa, alla principessa di Savoia ed alla famiglia di Carignano. “ * tO & “ DI ALCUNI AGNATI DI ANTONIO ROSMINI A TORINO, ECC. 541 Probabilmente fra il corteggio del ministro Cesareo eravi un agnato del filosofo Antonio Rosmini. Comunque, egli vi com- pare come suo paggio e residente nella nostra città nel 1709, nel qual anno al dodici di novembre dava autorità ad un atto che fu rogato nel palazzo di quell’Ercole Turinetti, marchese di Priero, già ministro a Londra; e che sotto gli imperatori Leopoldo II e Carlo VI conseguiva gradi elevati, e diveniva cavaliere dell'Ordine nostro supremo. Chi era dunque il Giuseppe Rosmini indicato nel nostro documento? Seguendo le orme di Cesare Paoli, autore della bella vita del filosofo roveretano (Torino, 1880) e valendoci delle notizie trasmesseci dal lodato conte Fredigotti, diremo ch'egli apparteneva ad una famiglia Rosmini originaria di Bergamo, emigrata nel sec. XV a Verona; ed in un Aresmino od Erasmino, denominatasi poi Rosmini, e sta- bilitasi in quel secolo stesso a Rovereto ai piò del lieto colle là dove non lungi ...è quella ruina che nel fianco.dì qua da Trento l Adice percosse (1). Ivi il ramo del tronco Rosminiano formò varie propagini che diedero poi frutti primaticci. Nel 1574 e nel 1672 ottennero i Rosmini conferma di lor nobiltà dagli imperatori Massimi- liano II e Leopoldo. Il ramo poi al quale appartenne Antonio, nel 1771 tolse l’agnome di Serbati per retaggio del filecommesso omonimo di Girolamo Tartarotti suo cugino, e l’uno e l’altro discendenti da due sorelle Serbati. Ciò premesso ad introduzione, dirò così, del cenno sui Ro- smini che ci riguardano, aggiungerò ancora che lo stipite loro diretto proviene da un Antonio padre di tre figli, Francesco, Giuseppe e Cristoforo. Di costoro, Giuseppe che era a Torino nel 1709, nel documento di cui si tratta, compare come generoso elargitore a Leopoldo suo nipote, figlio cioè del suo fratello de- funto Cristoforo, di un podere nel Mantovano. Ed è bene sapere ancora, che il Giuseppe aveva emigrato a Mantova, il cui duca Ferdinando Carlo avevalo onorato della cittadinanza di quella città. Coll’atto poi in questione egli eleggeva legalmente, nel fine di ripetere da terzi possessori quello stabile, il rappresentante o procurator suo, che fu il suo stesso fratello Ferdinando. (1) Dante, Inferno, c. XII, 1 a 16. 542 GAUDENZIO CLARETTA Del resto ecco il documento in prova di quanto sovra. L'anno del Signor nostro corrente 1709 la seconda indizione ed alli 12 di novembre fatto in Torino e nel palazzo di S. E. il signor marchese di Priè, e nella stanza di sua cancelleria sotto la parrocchia di S. Eusebio alla presenza ivi delli signori Lorenzo Chiaraviglio et Gio. Batt. Vugliengo ambi qua residenti, testimoni richiesti, astanti, adhibiti, et alla minuta del presente instrumento delli otto del corrente mese di novembre rogato dal signor Andrea Tabarelli de Fay avvocato e can- cellario cesareo collegiato di Roveredo, il signor Giuseppe Rosmini cit- tadino pure di Roveredo habbi fatto generosa donatione tra vivi al signor Leopoldo Rosmini suo nepote, figlio del fu signor Christoforo Rosmini, vivendo, suo fratello di una possessione posta in Mantova, ove si dice al Foresto con tutti li campi, boschi, ragioni d’aqua et altre ragioni con case rurali e domenicali et con tutto ciò che detto signor donante ha acquistato dal signor Rubolone e le può spettare per forma dell’ istro- mento di suo acquisto tanto contro li detentori di detta possessione 0 parte, quanto contro l’istesso signor Rubolone o suoi eredi sicurtà del- l’istesso ed ogni altro che meglio come per detto istromento di donatione si legge, in cui seguito ora detto signor Leopoldo donatario intendendo di esporre dette sue ragioni per ottenere la reivendicatione, possesso e goldita di detti beni con tutte le dette ragioni, e ritrovandosi come paggio di S. E. il signor conte di Castelbarco inviato straordinario di S. M. Cesarea appresso questa A. R. di Savoia che non può allonta- narsi da esso servicio della medesima Eccellenza abbi perciò stimato spediente di deputare in suo procuratore il detto Ferdinando Rosmini suo fratello che faccia le sue parti per la recuperazione di detti beni, e però ne segue che qua alla presenza di essi signori testimonii e di me nodaro sottoscritto personalmente costituito il suddetto signor Leo- poldo Rosmini mentionato nel precitato istromento di donatione, il quale di sua certa scienza in ogni miglior modo che più può di ragione, ha fatto, creato, eletto, costituito e deputato come per virtù del presente pubblico istromento fa, crea, elegge, costituisce e deputa in suo vero, certo et indubitato procuratore, fattore e negotiatore speciale e generale, talmente che le specialità alle generalità non deroghino il contrario, cioè il predetto signor Ferdinando Rosmini, fratello, qua absente, come se fosse presente, con piena e pienissima facoltà che gli ha intieramente conferito e conferisce di potere in nome di lui costituente agire per ot- tenere la rivendicatione, possesso e goldita di detti beni donatili, con ogni e qualunque ragione contro tanto detto signor Rubolone e suoi eredi, quanto di ogni altro che sia spediente, con porgere suppliche, formar libelli, far interrogatorii..... ecc. e far ogni altra cosa che farebbe DI ALCUNI AGNATI DI ANTONIO ROSMINI A TORINO, ECC. 543 e far potrebbe detto costituente se al tutto si trovasse presente, quan- tunque occorresse trattarsi di cose et affari tali che richiedessero più ampio e special mandato del presente, promettendo di avere per sempre in ogni tempo e luogo grato, valido, fermo ed irrevocabile e ben fatto tutto quello e quanto verrà per detto suo procuratore e fratello, detto fatto, agito, negotiato, contrattato, convenuto e promesso in nome di lui signor costituente verso chiunque sia spediente, e di non mai opporsi nè con- tradirvi di ragione nè di fatto, ancorche di ragione potesse sott’obbligo di tutti i suoi beni presenti e futuri con la clausola del costituto pos- sessorio di essi in amplissima forma di ragione con suo giuramento prestato, toccate corporalmente le scritture in mano di me nodaro sot- toscritto, intervenendo meco altre sue debite promesse e clausole op- portune. Del che tutto sono stato richiesto io nodaro sottoscritto di fare e ricevere il presente pubblico istromento, alla cui minuta detto signor costituente coi testimonii si è sottoscritto come segue: Leopoldo Rosmini, Lorenzo Chiaraviglio, testimonio, Gio. Batt. Vu- gliengo, testimonio. Il soprascritto istromento richiesto io Lorenzo Bongiovanni nodaro collegiato di Racconigi residente in Torìno, ho ricevuto e fatto levare dall’originale, collationato, ritrovato concorde... (1). Per quanto di lieve importanza sia questo documento, esso viene a rivelarci un atto di generosità compiuto dal Giuseppe Rosmini. Ignoro se egli siasi trattenuto a Torino per tutto il periodo di tempo in cui durò la legazione del conte Castelbarco. In tal caso vi sarebbe rimasto sino al 22 gennaio dell’anno 1713, in cui quel ministro se ne partì dopo circa sei anni di resi- denza (2). Ma dalle notizie comunicateci, come abbiam detto supe- riormente, risulterebbe altresì che il Cristoforo fratello di lui, sarebbe stato aiutante di Camera dell’elettore di Baviera Fer- dinando, sposo della nostra principessa Adelaide, ed avrebbe sposata una Peretti torinese, di nome Francesca. Egli avrebbe (1) Minutari del notaio suddetto (Archivio N. di Torino). (2) Il successore del conte Robbio nell’uffizio di mastro di cerimonie, conte Vittorio Tarino-Imperiale ci fa sapere, che secondo l’uso, il conte di Castelbarco nella sua visita di congedo al duca ricevette un ritratto guar- nito di diamanti del valore di circa 300 doppie, e ch'egli regalò al mastro di cerimonie un anello del valore di circa 35 doppie. 544 GAUDENZIO CLARETTA — DI ALCUNI AGNATI, ECC. avuto numerosa figliuolanza, e fra questa una figlia di nome Maria si sarebbe a sua volta unita in matrimonio a Giacomo Erbè, o meglio Erba da Torino. In quanto alla famiglia Peretti, i dati presso di me esistenti non bastano a poterne stabilire una genealogia. Mi risulta bensì che in quegli anni esisteva una famiglia Peretti, che esercitava orificeria, ma null'altro potrei aggiungere. Quindi altro non ne rimane che dar compimento a questa tenue nota, la quale quanto meno varrà a rivelare un'antica relazione sin qui ignorata dei Rosmini roveretani con Torino, che forse fu nemmeno conosciuta allo stesso illustre cultore della scienza, regina delle scienze umane. Imperocchè general- mente gli uomini sommi che non hanno punto bisogno della luce riflessa degli avi, non si occupano guari de’ loro natali. Forse il nostro filosofo potrà aver detto col Petrarca “ ...della “ vostra schiatta io fui ...di famiglia antica d'origine veramente “ come di sè ha detto Cesare Augusto, nè grande nè vile... , (1). Comunque ne sia, questo scrittarello potrà ritenersi almeno l’ultimo anello di quell’aurea catena che collega fra di loro i varii scritti che oggi vedono la luce per onorare la memoria di Colui, che con Torino ebbe pur molte relazioni per opere uma- nitarie, degne del pio amico di Niccolò Tommaseo e di Ales- sandro Manzoni. Egli veramente fu tra noi quando il Piemonte era il braccio e il propugnacolo d’Italia, in momenti di palpi- tanti speranze e di voti, che si avverarono, perchè escogitate ed espressi da uomini ferventi d’amor patrio. Eppure chi non può di meno che rimpiangere quei tempi ove si vogliano pa- ragonare agli odierni, in cui il nostro paese si deve purtroppo dir acefalo, sviato, privo di virtù austere, vittima delle fazioni baldanzose, depresso per la rimessione degli spiriti, per la vi- gliaccheria dei pensieri e pel trionfo delle mediocrità che ne impediscono il consolidamento! (1) “ Fui autem mortalis humuncio, nec magnae admodum, nec vilis “ originis familia (ut de se ait Augustus Caesar antiqua... , (Pet. Op.). FERDINANDO GABOTTO — UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE, ECC. 545 Un conflitto giurisdizionale in Piemonte nel 1234 (Contributo alla storia del diritto ecclesiastico nel Medio Evo); Nota del Prof. FERDINANDO GABOTTO. In altro mio lavoro (1) ho avuto a ricordare una carta del 31 dicembre 1233, con cui Guidotto De Osso od Osio, vicario e giudice di Ottonbello Pascale podestà del Comune di Monca- lieri, si obbliga verso Manfredo Giudice per la somma di 20 soldi viennesi “ de pace illorum de Baudisseto et de Montaldo et de “ facto dueli Bundioti Pecosii et Petri Palee, et de appellacio- “ nibus super facto representacionis literarum episcopi et abbatis “ sancti Solutoris, et eciam pro literis dictandis que fuerunt “ misse Romam Willelmo Vasconi et ancianis et rectoribus So- «“ cietatis Lombardie et Comuni Mediolani ,. Tentando dipanare quell’arruffata matassa, io rilevava allora i seguenti fatti come risultanti dalla carta citata: 1) Il perseverare di rapporti fra Moncalieri e Montaldo — antica alleata di Testona — cui ora appare unito anche Baldisseto, e ciò probabilmente in rapporto alla guerra perdu- rante fra Moncalieri e Chieri, cui i signori di Montaldo e Bal- disseto devettero poi sottomettersi il 31 luglio 1235 (2), dopo la pace fra i due maggiori Comuni; 2) Lo scalpore destato in Moncalieri da un duello fra Bundioto Pecosio e Pietro Paglia; 3) L’insorgere di una contesa fra il Comune moncalierese, il vescovo di Torino e l’abate di San Solutore; 4) La presenza in Roma, presso il Papa, di un oratore del Comune stesso in persona di Guglielmo Vascone, di una delle maggiori famiglie del luogo, forse per la contesa dianzi accen- (1) Un Comune piemontese nel secolo XIII (Moncalieri), 10-11, Venezia, successore M. Fontana, 1895. (2) La data “ 1238 , nel lavoro citato è un mero errore di stampa. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 40 546 FERDINANDO GABOTTO nata, ma forse anche per altre ragioni politiche, giacchè il fatto è messo in relazione coll’invio di lettere agli anziani ed ai ret- tori della Lega lombarda, ed al Comune di Milano. E continuava notando che un po’ di luce su alcuni di questi fatti reca un altro documento del giorno dopo, 1 gennaio 1234, secondo il quale, riunita la credenza moncalierese, “ credendarii universi fecerunt ac constituerunt ac prout melius de iure fieri “ potest creaverunt syndicos ac actores, nuncios et procuratores, nomine et a parte predicti Comunis, dominum Otonem Bellum Pascalem, nunc potestatem Montiscalerij et dominum Guidotum de Osso, cives mediolanenses, et Palmerium, notarium, de Montecalerio, et quemlibet eorum in solidum, ita quod con- dicio non sit melior occupantis, ad causam appellacionis pro- sequendam super excomunicacione facta per episcopum Tau- rini vel eius nuncium, si excomunicacio dici potest, contra homines Montiscalerij et Comune — que appellacio facta fuit ad dominum archiepiscopum mediolanensem —, tali modo, quod predicti sindici vel unus ipsorum habeant licentiam et pote- statem agendi, causandi, excipiendi et replicandi et omnia, que ad dictam causam pertinent, faciendi; protestando et pro- mittendo quod quicquid per ipsos vel unum ipsorum factum “ fuerit, quod ad causam pertineat, ratum et firmum habebitur «“ per Comune Montiscalerij ,. Onde conchiudevya: “ Il caso dunque era grosso ed i Moncalieresi avevano assunto un contegno di resistenza, mettendo in forse la validità stessa della scomunica: tanto più spiace di non sapere il motivo dello sdegno del ve- scovo di Torino, nè l'esito finale della contesa ,. Ora il ritrovamento di sei altre pergamene dell'Archivio comunale di Moncalieri, giacenti, con altre carte, in un tiretto dissimulato, che non mi venne fatto di scorgere ed aprire se non molto dopo la publicazione di quel mio lavoro, mi met- tono in grado di chiarir meglio un episodio storico di qualche importanza e per sè e per i documenti che lo illustrano. Fu quello un affare assai grosso, che prese la forma di un vero conflitto giurisdizionale e che, inoltre, non è stato senza rela- zione colla storia generale subalping del tempo. Ecco pertanto quello che risulta dai nuovi docuntenti. La ® ® LI ® » » » » ® Lai ® UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE IN PIEMONTE NEL 1234 547 In ordine di tempo, il primo documento nuovo è il seguente, in cui è instrto una bolla inedita di papa Gregorio IX: Reuerendo in ypisto patri et domino . . dei gratia sanete Mediolanensis Ecelesie Archiepiscopo .. Episcopus yporiensis . et.. Abbas fructuariensis delegati domini Pape promptum ae fidele seruicium. Noueritis quod re- cepimus litteras a summo pontifice in hac forma. Gregorius Episcopus seruus seruorum dei venerabili fratri.. Episcopo yporiensi. et dilecto filio..abbati fruetuariensi yporiensis diocesis Salutem et apostolicam be- nedictionem. Venerabilis frater noster.."Taurinensis Episcopus nobis hu- militer supplicauit ut excommunicationis sententiam quam idem in Ot- tonem dictum Testam potestatem Montisscalerii et quosdam alios fautores ipsius Taurinensis diocesis eorum culpis exigentibus auctoritate propria promulgauit robur faceremus firmitatis habere. Quo cirea diserecioni mestre per apostolica scripta mandamus quatinus dictam excommunica- tionis sententiam sicut racionabiliter est prolata faciatis auctoritate nostra usque ad satisfacioneom condignam appellatione remota inuiolabiliter obseruari. prouiso ne in Comune Montisscalerij excommunicationis uel interdicti sententiam proferratis nisi super hoc mandatum a nobis rece- peretis speciale. Datum Anagnie y Jdus februarias Pontificatus nostri Anno Sexto. Vnde cum intellexerimus quod uenerabilem fratrem nostrum Episcopum Taurinensem super infirmanda sententia excommunicationis quam tulit contra potestatem (1) et consciliarios Montis scalerij [cita- uistis). Mandamus uobis auctoritate qua fungimur in hac parte. quatinus cum ad nos pertineat iurisdietio ipsius negotii super processu eisdem desistere debeatis. Alioquim si feceritis licet inuiti secundum iuris or- dinem irritaremus et si super hoc dubitaueritis parati sumus conuenire uobiscum et eligere arbitros qui cognoscant utrum ad nos uel ad uos pertineat iurisdietio infrascripta. Da questo documento, del gennaio o febbraio 1234, è facile scorgere come l’ arcivescovo di Milano, ch’ era allora Guglielmo de Rizolio (2) accogliesse la domanda del Comune (3 (1) L'abbreviazione phr darebbe paleograficamente “ presbiter , o “ presbiterum , che non avrebbe senso, mentre lo scomunicato era certo il podestà. (2) Gams, Series Episcoporum, 796. 548 FERDINANDO GABOTTO moncalierese, tanto più che era principalmente in causa un mila- nese, Ottonbello Pascale, e citasse quindi, ad infirmar la scomu- nica, il vescovo di Torino, Ugo od Uguccione Cagnola, cui aveva già fatto sentire altra volta il peso della sua autorità (1). Ma Uguccione, a sua volta, era già ricorso al Papa, ch'era sempre Gregorio IX, il quale fin dal 9 febbraio 1233 aveva” delegato il vescovo d'Ivrea (2) e l'abate di San Benigno di Fruttuaria (3) a far mantener la scomunica contro Ottonbello, che qui è so- pranominato Testa, e “ certi altri suoi fautori ,, pur divie- tando di estender quella o di fulminar l’ interdetto contro l’intero Comune moncalierese senza suo speciale mandato. A questo proposito sembra esservi una contradizione con quanto ab- biamo trovato nella deliberazione consigliare del 1 gennaio 1234, secondo cui la scomunica era stata lanciata già “ per episcopum “ Taurini vel eius nuncium , “ contra homines Montiscalerij et “ Comune ,; mà la cosa va forse spiegata nel senso che l’inter- detto fu realmente scagliato nonostante la lettera pontificia, ovvero che la Credenza moncalierese considerava come lanciata contro il Comune la scomunica che realmente colpiva solo “ potestatem et consiliarios ,, come dicono il vescovo d'Ivrea e l'abate di Fruttuaria, nella lettera con cui, in virtù di quella pontificia dell'anno avanti, invitano l'arcivescovo di Milano ad astenersi da ogni atto in una causa loro delegata dal Papa, con minaccia di dichiarar irrito quanto egli operasse al riguardo, ma offrendo pure di rimettere ad arbitri la decisione della ver- tenza giurisdizionale rispetto a quella determinata causa. E vi è anche di peggio. Come mai i documenti moncalie- resi non parlano della contesa col vescovo di Torino prima del (1) Savio, Gli antichi vescovi di Torino, 118, Torino, Speirani, 1889. (2) Nel Gaxs, Op. cit., 816, troviamo quest’indicazione: “ 1228, I, 25, Tacobus; Obertus lI, 1287 ,. Il vescovo nominato nei nostri documenti è Oberto II, perchè, come vedremo, in alcuni di questi è designato coll’ini- ziale “ 0.,; essi, poi, ci, apprendono che in febbraio 1234 teneva già la cattedra eporediese detto Oberto II, e permettono quindi di precisare i dati incerti del Gams. (8) Chi fosse l'abate di Fruttuaria nel 1234 non risultava finora (Cfr. CaLtigARIS, Un'antica cronaca piemontese inedita, Torino, Loescher, 1889). L'ultima menzione di Giovanni era del 13 agosto 1229; la prima di Oberto, del 6 marzo 1287. Da un documento che sarà addotto in seguito, si scorge che Oberto era già abate almeno dai primi mesi del 1234. UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE IN PIEMONTE NEL 1234 549 31 dicembre 1233, mentre la lettera pontificia appare anteriore di undici mesi, essendo del 9 febbraio 1233 stesso (1)? Anche a questa seconda e maggiore difficoltà si può tuttavia rispon- dere che la questione, iniziata sulla fine del 1232 od in prin- cipio del 1233, rimase poi lungamente sopita, finchè rinerudì d'un tratto sulla fine del 1233 medesimo: la lettera di Gre- gorio IX rimase inadoperata per circa un anno, com’ebbero poi appunto a rilevare i Moncalieresi. Perchè questo soprassedere del vescovo di Torino e questo riaccendersi del litigio più tardi, non possiamo con sicurezza esplicare: proporrò tuttavia un’ipo- tesi alquanto più innanzi. Ad ogni modo, importa constatare che già in principio di marzo del 1234 erano in Milano il prevosto di San Dalmazzo ed un certo Novarese, l’uno inviato, l’altro pro- curatore del vescovo di Torino, e Guidetto di Osio, procuratore o sindaco di Moncalieri giusta l’atto del 1 gennaio: in loro pre- senza, maestro Ugo Guarino, vicario dell'arcivescovo Guglielmo, d'incarico del medesimo, fissò il 4 marzo stesso, pel quindice- simo giorno a partire dal seguente, un colloquio a Biandrate coi delegati apostolici, a fine di risolvere il conflitto giurisdi- zionale fra questi e l'arcivescovo stesso riguardo alla questione della scomunica moncalierese, con avvertenza che se i delegati suddetti ed i procuratori delle parti non fossero comparsi nel luogo assegnato il giorno stabilito, sarebbe l’arcivescovo, od il suo vicario, proceduto oltre secondo giustizia. Così dice, almeno, il secondo documento, che giova pur riferire a maggior prova di verità. (S. T.) Jn nomine domini. Anno dominice Jncearnacionis Milleximo ducentesimo trigesimo Quarto . die Sabatj. Quarto mensis marcij Jndic- tione Septima. Cum dominus Episcopus yporiensis.et Abas fructua- liensis delegati domini Pape. domino W]illelmo] dei gratia Mediolanensi (1) Che la lettera pontificia sia del 1233, provano indubbiamente, più che l’ © anno sexto pontificatus nostri ,, la residenza di Gregorio IX in Anagni, che appartiene al febbraio 1233, mentre in febbraio 1233 non si mosse dal Laterano (Auvray, Les régistres de Gregoire IX, nn. 1068 segg. 1742 segg., Parigi, Thorin, 1894-1895, dove però non ho trovato il docu- mento concernente la questione moncalierese), e l’espressione di un altro documento che sarà dato più innanzi, in cui si legge: “ quibus litteris pre- “ fatus episcopus per annum uti supersederat ,. 550 FERDINANDO GABOTTO Archiepiscopo . per suas litteras intimassent.quod super cansa excom- municationis que uertit inter Comune Montis Calerij ex una parte. et ex altera Episeopum Taurinensem parati erant cum predicto domino Archiepiscopo . in loco ydoneo conuenire cognituri ntrum ad predictum dominum Archiepiscopum iurisdictionem (sic) pertineat prefati negoti) uel ad ipsos. (Quare magister hugo Guarinus vicarius domini Archiepi- scopi dixit et protestatus est de uoluntate et precepto domini archiepi- scopi presentibus Preposito sancti dalmacij qui propter predictum nego- tium pro predicto domino Episcopo Taurinensi Coram vichario predieto venerat cum nomariensi procuratore predicti domini Episcopi Taurinensis et presente domino Guidoto de osio procuratore sine sindico montis calerij quod die Crastina et quindecim dies amuente domino erit pre- dictus wicarius uel auditor sufficiens ad predictum negotium deputatus . in loco Biandrate Paratus cum prefato domino Episcopo yporinensi (si) et abbate fruetualiensi questionem iurisdictionis utrum ad predictum dominum Archiepiscopum uel ad ipsos delegatos pertineat sopire per se uel per arbitros comuniter ellectos pro ut de iure conuenit et sen- tencialiter diffinire. Alioquin nouerint prefati delegati et procuratores partium si in predicto loco non conuenerint die prefixa . quod predictus dominus Archiepiscopus uel eius mwicarius procedent in predicto negotio iustitia mediante . Datum in Curia domini Archiepiscopi. Jntertuerunt testes dominus Guifredus de habiate filius quondam domini vberti de habiate et Jacobus Pascalis filius domini Ottobelli Pa- scalis (1) et Ambrosius percosus filius quondam Jacobi perCossi . Ciui- tatis Mediolanensis. (S. T.) Ego Girardus filius quondam ser alberti de viglue notarius sacri palatii de Parochia sancti protasij ad Monachos iussu infrascripti Vicarij scripsi. Che cosa avvenisse in seguito alla deliberazione milanese del 4 marzo ci apprende una lettera dell’Osio al nuovo podestà di Moncalieri, Guglielmo Vialardi, vercellese: Cprouido (sic) et discreto militi ac inmense probitatis uiro domino. W[illelmo] . potestati montiscallerij et uniuersis consciliaris eiusdem terre (1) La presenza del figlio di Ottonbello Pascale come teste non è senza significato. UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE IN PIEMONTE NEL 1234 551 Guidotus de oxio eorum fidelis et eorum seruitia semper facere paratus salutem et sui regiminis exitum cum honore. presenti pagina qualiter negotium uestrum processerit vobis notificare uolimus. quod die domi- nico . II. die aprilis fuimus nouariam et misscimus oldonem nontium uestram bandrate (sic) qui debet dicere domino episeopo yporegiensi et abati fructuariensi a domino pappa (sic) delegati quod si ipsi ibi essent vel aliquis eorum nontius quod deberent expectare dominum vgonem uicarium domini archiepiscopi mediolani qui ibi die lune sommo mane esset paratus procedere de causa que inter eos vertebatur occasione iuris- dietionis ad quem pertinere deberet uerum ad delegatos ppape (sic) (1) an ad dominum archiepiscopum . Mediolani. qui delegati non fuerunt nec aliquis pro eis die dominico nec sequenti . sed in terra illa de banrate (sic) inuenimus quod die dominico qui fuerat xv . die (sic) mensis marci) fuerat dominus martinus aduocatus vercellarum subdelegatus a dominis episcopo yporegiensci et (ab) abate frutoriensci et rofinus canonicus de liburno procurator domini episcopi taurini.et sic iuimus uercellas cum domino vgone uicario domini archiepiscopi et eis(eis) denontianimus quod eramus parati hostendere quod iurisdictio erat domini archiepiscopi et non eorum silicet domini martini subdelegati seu delegatoram domini pape. qui rofinus procurator domini episcopi dixit quod non habebat instrumenta cause none (sic) sed tune quando terminus primus statutus fuerat habebat nec de prorogatione primi termini aliquid audierat nec quod a domino archiepiscopo facta esset ad. xv dies post primum terminum adliquid (sic) nec ipse nec dominus martinus subdelegatus audiuissent que per gatum uestrum nontium literis sigilatis sigillo domini archiepiscopi facta fuit . qua propter terminus peremptorius habendi homnia (séc) sua iura et instrumenta est stabilitus die iouis qui erit.x1.(2) die (sie) aprilis uolontate domini martini subdelegati et uicari et etiam pronon- tiandi si una pars fuerit sine altera quod terminum uobis mittimus et credimus firmiter quod ad predictum terminum causa uestra erit expe- dita ita quod ministerium deo dante in pasca uel antea habebitis. et ad uitandam homnem (sic) causam et dilationem mittimus quod mandetis . x.libras sausinorum (sic) et non faciatis sicuti alias fecisti[s] et si ego uel dominus ottobellus haberemus pecuniam uobis non mitteremus . et; eciam ibi in seruicio uestro dominus ottobellus habet .v] equos in ser- (1) Questa forma si spiega facilmente così. Lo scrivente scrisse prima pp, abbreviazione di “ pape ,, poi continuò in disteso la parola. (2) La lettura del passo è paleograficamente questa: tra “ dies, e “ iouis , è un'asta, colla lineetta sotto, indicante cancellatura. Eppure se il 2 aprile 1234 era di domenica, il 12 stesso mese non può esser caduto di giovedì. 552 FERDINANDO GABOTTO uicio uestro.et nobis multum palceret (sie. /: placeret) quod aliquis uester notarius sapiens et discretus ueniret cum dieta pecunia et audiret que ibi dicerentur. et non miremini quod littere iste non sunt sigilate cum dietum sigilum ibi ad presens non haberemus. Fissato dunque il 19 marzo pel congresso di Biandrate, accadde che l'arcivescovo di Milano, od il suo vicario, lo pro- rogò poi al 3 aprile, mandando apposito messo con lettere sug- gellate a darne avviso agl’'interessati. Ma intanto i due delegati apostolici destinavano in lor luogo a Biandrate, in qualità di subdelegato, Martino Avogadro di Vercelli, e parimente Uguc- cione Cagnola nominava come suo nuovo procuratore il canonico Rufino di Livorno. Questi e l’Avogadro, o veramente non avver- titi, o appositamente, ad arte, si trovarono il 19 marzo al luogo del congresso, e non avendo trovato alcuno, tornarono a Ver- celli, lasciando a Biandrate notizia della loro andata colà. Tale notizia fu data infatti ad Ugo Guarino ed all’Osio, quando vi arrivarono alla loro volta il 3 aprile; onde si affrettarono a re- carsi a Vercelli, ma quivi venne loro risposto dal subdelegato e dal procuratore torinese che non avevano più con sè i docu- menti necessarî. In conclusione, si stabilì nuovo termine defini- tivo e perentorio, al congresso, il 12 aprile: del che l’Osio dava notizia al Comune di Moncalieri, domandando denaro, necessario al buon esito della causa e al decoroso vivere dei sindaci o procuratori di esso. Se il denaro fosse spedito, non so: ben ri- sulta che, per ragioni le quali ora a noi sfuggono, l'arcivescovo di Milano si disinteressò d'un tratto alla questione e, forse costretto dal Pontefice o da qualche intrigo, dichiarò “ non vo- lersi intromettere nella causa vertente fra il vescovo di Torino ed il Comune moncalierese dinanzi al proprio vicario e ai dele- gati apostolici ,, com'era già noto il 12 aprile ad Uguccione Cagnola, il quale, lietissimo, costituiva quel giorno il ricordato Novarese come suo “ sindaco e procuratore generale , a pre- sentar l’istrumento della dichiarazione del De Rizolio: (S. T.) m.coxxx quarto. Jndicione vi. die mercurij xy) mensis aprilis. Dominus hugucio dej gratia Episcopus taurinensis constituit et fecit Nouariensem seruientem suum suum sindieum et procuratorem . gene- ralem ad presentandum Jnstrumendum (sic) Jn quo continetur quod dominus archiepiscopus Mediolani. non uult se Jntromitere de causa que UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE IN PIEMONTE NEL 1234 553 vertitur Inter se ex vna parte et comune Montis Kalerij ex alia coram vicario domini archiepiscopi Mediolani . et delegato episcopi yporiensis et abbatis fructuoriensis . et ad omnia alia que fuerit Jnde dicta causa facienda. Actum in Receto Ripolarum presentibus testibus domino petro gagnola . et domino Rufino canonico de castello. (S. T.) Ego Ambrosius de siluestro notarius Jnterfui et seripsi. (S. T.) Ego Jacobus streius notarius autentieum huius exempli vidi et legi et sicut in eo continebatur sie et in isto legitur exemplo nihil addito uel deperto preter literas uel silabas plus minusue et ideirco sub- scrips]. (S. T.) Ego Guilelmus de Magistro cunrado notarius autenticum huius exempli vidi et legi et sicut in eo continebatur sic et in isto le- gitur exemplo nichil addito vel deperto ete. (come sopra). (S. T.) Ego viuianus de pontazio notarius hoe ex autentico exem- plaui et sicut Jn eo continebatur etc. (come sopra). L’improvvisa ritirata dell’arcivescovo Guglielmo, per altro, non pose termine al conflitto giurisdizionale : il 27 aprile esso continuava sempre, se il vescovo d'Ivrea scriveva quel giorno al subdelegato Avogadro di approvare “ il giorno e il luogo fissati dall'abate di Fruttuaria per la causa fra il vescovo di Torino ed il Comune moncalierese ,, evidentemente per una nuova “ giornata , da tenersi prossimamente: (S.T.) Anno domini . Millesimo . coxxxm . Jndictione . vir. die iouis. y. Kalendas. madii. dominus O . dei gratia yporiensis episcopus martino . aduocato subdelegato salutem.in eo qui est uera salus. Ex delegatione summi pontificis qua fungimur in hac parte tibi precipiendo mandamus. quatinus diem et locum a dilecto fratre nostro. 0 .fructuriensi abbate constitutum teneas firmum et ratum ac sì propriis litteris nostris desi- gnaremus tibi.super causa episcopi taurinensis et communis montisca- lerii. Actum est hoc in palatio domini episcopi yporiensis. Testes ibi Rogati fuerunt. paganus de albiano . gotefredus de curia . gratus ma- gnanus. Ego bergundius de romano. Notarius . Rogatus . Scripsi. Intanto, però, l'autorità comunale moncalierese non rima- neva inoperosa, e alla dichiarazione dell'arcivescovo di Milano 554 FERDINANDO GABOTTO di non volerne saper altro faceva seguire immediatamente un appello al Papa, eleggendo sindaci e procuratori a patrocinare la propria causa dinanzi alla Curia romana, e facendo fondamento sugli amici che in questa contava il Comune: S. V. Comunitas sine credentia montis calerii quod cum prepositus sancti dalmatii taurinensis diocesis auctoritate episcopi taurinensis cuius vices gerebat Eo quod .0. pascal ciuis mediolanensis tune eiusdem loci potestas . Conscilium ipsi dare noluit quia ipsi non dicebat secundum approbatam consuetudinem lumbardorum quod in ipso conscilio proponere vellet in ipsam credentiam sine comunitatem et predictum . O. tune po- testatem eiusdem loci (1) post appellationem legiptime interpositam ex causa predicta . excomunicationis sententiam fulminanit . et totam terram ecclesiastico suposuit interdieto a qua ercomunicatione predictum . O. tune potestatem . Idem episcopus taurinensis absoluit (2) sed tandem partibus coram Archiepiscopo mediolanensi constitutis (3) procurator episcopi tau- rinensis proposuit coram ipso quod causa excomunicationis predicte com- missa erat episcopo ypoliensi et abbati fruetuariensi ab apostolica sede . Quare predictus archiepiscopus de predicta excomunicatione seu interdicto se intromittere non poterat nec debebat . et ex parte predietorum Judicum Quasdam litteras presentauit quod in idoneo loco erant conuenire parati ad cognoscendum vtrum ad ipsos vel ad archiepiscopum pertineret iu- risdictio negotii memorati. Cumque statuto termino peremptorio . vicarius predicti archiepiscopi et martinus aduocatus canonicus vercelensis. cui delegati predieti comiserant vices suas in ciuitate vercelarum connenissent per predictum martinum delegatum stetit quominus predictum negotium debitum sortiretur effectum. Verum prefato . 0 . pascali sindico montis cal- lerii impresentia (sic) prefati archiepiscopi constituto ab ipso humiliter postulauit . vt predictam sententiam nullam denontiaret vel etiam si aliqua reperiretur vt predictam comunitatem absolueret tanquam ab in Justa excomunicatione . Cum paratus esset secundum formam ecelesie nomine predicte comunitatis satisfacere. Et cum littere impetrate ad Judices memoratos per clausolam illam et quidam alii (sic) non com- prehenderent Comunitatem sine eredentiam memoratam. Quibus litteris prefatus episcopus per annum vti supersederat nec in ipsis de appel- lacione ad metropolitanum delata aliqua mentio habebatur veram cum predietus . Archiepiscopus predieto . O. respondisset quod de prefato ne- (1) Le parole in corsivo sono aggiunte fra le linee del documento in carattere più piccolo. (2) Cfr. l'avvertenza fatta nella nota antecedente. (3) Come sopra. UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE IN PIEMONTE NEL 1234 555 gotio excomunicationis vel interdicti vlterius se non intromitteret. pre- fatus.O.nomine |suo] et predicte comunitatis et eredentie sedem apo- stolicam appellauit . Judices Gregorium Lasagniam canonicum sancte tegle mediolanensis . vel priorem de paulle Laudensis diocesis. Guilielmus francescus vialardi civis vercelensis.potestas burgi montis Kallerii congregato Conscilio eiusdem burgi more solito ad campanam constituit nomine suo et comunis eiusdem burgi et eredentie suos pro- curatores . siue sindicos . quemlibet in solidum. ad impetrandum et contradicendum in curia romana et Judices eligendos . et ad alios procuratores constituendos. Promittens suo nomine et pre- diete comunitatis ipse et predictum conscilium se ratum habiturum quiecquid super premissis duexerint vnus vel alter eorum faciendum. (1) Istos procuratores debetis constituere secundum formam infra- scriptam . (2) Castellinum de brebia. Anricum de brebia Canonicum sancti Naboris . albertinam de binago.magistrum beltramum de luca. Guil- lelmum rubeum Canonicum Sancti bartholomei Mediolani . vel alios amicos uestros sì quos habetis in Curia Romana uel si quem mittere ibi uultis. Questo documento è molto importante sotto parecchi ri- spetti. Anzitutto ci fa conoscere alcuni degli “ amici , lombardi e romani del Comune moncalierese, e c’informa degli argomenti giuridici addotti da questo per impugnare la delegazione apo- stolica in capo del vescovo d'Ivrea e dell’ abate di Fruttuaria. Poi, ed è l'essenziale, dà la chiave di tutta la questione, indi- cando esplicitamente l’origine del conflitto fra il Comune di Moncalieri ed il vescovo di Torino nel rifiuto opposto dal po- destà Ottonbello Pascali al prevosto di San Dalmazzo, vicario del vescovo stesso, di convocare il Consiglio comunale senza che il rappresentante episcopale dichiarasse prima che cosa in esso voleva dire, “ secondo la buona consuetudine dei Lombardi ,. L’attestazione è preziosa, perchè getta nuova luce sopra la vita comunale del Ducento, ma non per questo soltanto. Che cosa vo- lesse dire il prevosto di San Dalmazzo, il documento non chia- risce e non può chiarire, dato il silenzio di lui; ma forse Otton- bello indovinava, ed anche a noi non sarà forse impossibile indagare. Rileviamo, ad ogni modo, subito che il rifiuto del po- (1) Altra calligrafia più piccola, ma forse della stessa mano. (2) Ognuno dei seguenti nomi è preceduto dal segno della C maiuscola. 556 FERDINANDO GABOTTO destà di un Comune di convocare il Consiglio del luogo a ri- chiesta di un vicario vescovile ricusante di palesare preventi- vamente quanto in esso voleva dire, non sarebbe stato di per sè sufficiente, in via generale, a motivar la scomunica e l'in- terdetto contro il podestà medesimo e contro l’intera Credenza, tanto più data la contraria consuetudine di Lombardia: bisogna dunque cercare motivi e condizioni di fatto speciali. Ora la ra- gione giuridica delle pretese del vescovo di Torino e delle con- seguenti censure da lui scagliate contro il Comune di Moncalieri sta indubbiamente nello stato di sudditanza di quest'ultimo verso la Chiesa torinese, sudditanza che in diritto non era mai venuta meno su Testona, e che quindi i vescovi di Torino intendevano conservata anche dopo il trasporto del centro comunale a Mon- calieri, nonostante la probabile consacrazione ufficiale di questo da parte della Lega lombarda. Naturale, però, d'altra parte, che i Moncalieresi non volessero assentire a novità che potessero peggiorare la loro condizione di fatto; naturale che resistessero vivamente, tanto più in un momento in cui la vicina Chieri continuava a lottare per la sua indipendenza contro lo stesso vescovo torinese. È ben vero che Torino e Moncalieri sostene- vano appunto il vescovo in questa guerra con Chieri; ma già trattavano la pace, conchiusa poi alcuni mesi dopo senza far ragione ai richiami del vescovo (1), e d'altronde la loro non minore renitenza alla soggezione vescovile si scorge solo tre anni più tardi, quando tutti e tre i luoghi — Chieri, Monca- lieri e Torino — del pari che Savigliano e Cuneo, si affretta- rono a porsi sotto la protezione di Federico Il (1238) contro Asti ed il vescovo di Torino insieme collegati anche ai danni della Casa di Savoia. A questo punto sorge spontaneo il pen- siero che quanto il prevosto di San Dalmazzo voleva dire da parte del vescovo al Consiglio di Moncalieri, e che aveva ogni interesse a tacere al podestà perchè non fosse preparato a fargli contrasto, riguardasse appunto i negoziati di pace con Chieri, che al vescovo importava impedire per quanto tempo durasse la renitenza di quest’ultimo Comune verso di lui. Senza dubbio, questa è solo una congettura; ma mi pare abbastanza probabile, (1) Un Com. piemont., 12 seg. UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE IN PIEMONTE NEL 1234 557 tenuto conto della situazione generale del momento: la rinfranca, anzi, la circostanza che il dissidio, sopito per parecchi mesi, sì riaccese poi d’un tratto sulla fine del 1233, quando i nego- ziati di pace fra Moncalieri e Torino, da una parte, e Chieri dall'altra, languiti forse ancor essi nei mesi innanzi, si ripre- sero con maggior probabilità di esser condotti presto a buon termine, come accadde in realtà. Se mi sono bene apposto, i documenti ora prodotti hanno grandissima importanza in quanto gettano nuova luce sopra un periodo molto oscuro della storia subalpina del Ducento (1): ad ogni modo, però, essi meritano sempre l’attenzione dello studioso da un altro punto di vista, da quello, cioè, della storia del diritto. * * * Le relazioni fra Stato e Chiesa nei Comuni, così in genere come in ispecie in quei luoghi dove i vescovi esercitarono per un certo tempo un potere signorile o comitale, sono ancora poco note (2); e poco noti sono pure i rapporti fra vescovi, arcive- scovi e Papato, così in sè, come in relazione coi Comuni sovra- detti. Ora a questa parte essenziale della storia del diritto ec- clesiastico nel Medio Evo portano un buon contributo i documenti moncalieresi che ci fanno assistere al nascere ed allo svolgersi di un conflitto giurisdizionale nella prima metà del secolo XIII, e ci porgono modo così d’indagarne e distinguerne le fasi, nonchè di rilevare un fatto che può forse estendersi a regola generale, mentre vale anche a confermare l’ipotesi precedente- mente esposta intorno alle origini specifiche della contesa del 1234. Appare infatti dai nuovi documenti che alla scomunica del vescovo di Torino, cioè dell'autorità ecclesiastica immediata, (1) Anche gli ottimi lavori del MerkeL, Manfredi I e Manfredi II Lancia, Torino, Loescher, 1886, e Un quarto di secolo di vita comunale e le origini della dominazione angioina in Piemonte, Torino, Loescher, 1890, per gli anni 1230-1238, contengono quasi esclusivamente notizie concernenti il sud-ovest del Piemonte. (2) Ad un'epoca e ad un ordine d’idee affatto diversi si riferisce il libro dell'HanpLòixe, Die Lombardischen Stidte unter d. Herrschaft der Bischòfe, Berlino, 1883. 558 FERDINANDO GABOTTO il Comune moncalierese contrappone subito il ricorso all’'arci- vescovo di Milano, cioè appella dal suffraganeo al metropolita. E questi da principio accoglie con premura il ricorso, asseconda i procuratori del Comune, si mostra pronto a sostenerne le ra- gioni, giunge persino ad affermare per bocca del suo vicario, nell'atto del 4 marzo, che se una delle parti mancherà ad un colloquio fissato, “ quod predictus dominus archiepiscopus uel “ eius vicarius procedent in predicto negotio iustitia mediante ,. Dal canto suo, il vescovo di Torino, ossia il suffraganeo, ricorre a sua volta al Papa; e non già in appello, dopo che il metro- polita ha pronunziato, ma prima della sentenza di lui, per im- pedire ch'essa venga pronunziata, per sottrarsi al giudizio e così eludere nel fatto la superiorità, l' intermediarietà del me- tropolita medesimo tra esso e la Santa Sede. Questa, poi, con- cede che la questione sia affidata a delegati apostolici, anzi pone fra essi un altro suffraganeo del metrepolita, ciò che ne scema sempre più l'autorità, mentre afferma quella della Chiesa romana. È tutto questo non è casuale, poichè si ripete molte altre volte. Io potrei qui facilmente moltiplicare gli esempi, editi ed inediti, valendomi anche di altri documenti dello stesso Archivio moncalierese da cui sono tratti i precedenti; ma per brevità non ne cito che due, uno del principio, l’altro della metà del Trecento, di due luoghi diversi e dipendenti da vescovi diversi dell'arcidiocesi di Milano, per mostrare la continuità e la generalità del sistema. Negli anni 1311-1314 il Comune di Voghera, interdetto dal vescovo di Tortona, appellò al metro- polita milanese, e n’ebbe ragione, nonostante che il vescovo appellasse dalla citazione del metropolita alla Chiesa di Roma(1). Non altrimenti, negli anni 1349-1352, il Comune biellese, as- secondato dal Capitolo locale di Santo Stefano, ricorse all’ar- civescovo di Milano, Giovanni Visconti, contro le prepotenze e la scomunica di Giovanni Fieschi, vescovo di Vercelli, e quegli si pronunziò recisamente contro di questo, il quale ricorse pure, ma questa volta senza successo, al Pontefice (2). Che nel caso (1) BartmisteLLA, Ritagli e scampoli, 47 segg., Voghera, Gatti, 1890. (2) Cfr. il mio lavoro Biella e i vescovi di Vercelli, 100 segg, Firenze. Cellini, 1896. Ugualmente, il Capitolo biellese era già ricorso all'arcivescovo di Milano contro il vescovo di Vercelli, ottenendone sentenza favorevole nel 1285. UN CONFLITTO GIURISDIZIONALE IN PIEMONTE NEL 1234 559 del 1234 l'arcivescovo milanese siasi poi d'un tratto disinteres- sato, non significa nulla dal presente punto di vista: la cosa si spiega colle pressioni pontificie in un momento in cui interessi maggiori legavano quello col Papato per tener testa a Fede- rico Il; si spiega coll’ipotesi fatta poc'anzi, che si trattasse di sostenere il vescovo di Torino in una questione di pace di due grosse terre piemontesi con una terza ghibellina, con allonta- namento conseguente, fosse pure preterintenzionale, delle due prime dalla Lega lombarda, come poi accadde realmente nel 1238. Certo, perchè il metropolita milanese, dopo aver mostrato di aver a cuore la causa del Comune di Moncalieri, rinunziasse non solo a favorirla, ma ancora dichiarasse disinteressarsene affatto rinunziando per quella volta a far valere i proprii diritti giurisdizionali, gravi ragioni dovettero essere; anzi lo stesso disinteressarsi dell’ arcivescovo, piuttosto che condannar egli Moncalieri, è significativo nel senso che l’accorto prelato doveva preferire di cavarsela con una dichiarazione che non compro- metteva nulla, anzichè, facendo atto di autorità contro un Co- mune a favore di un vescovo suffraganeo, disgustare altri luoghi da consimili ricorsi al metropolita, onde questi si afforzava ri- spetto ai suffraganei stessi. In realtà, nel caso moncalierese del 1234, come nel vogherese del 1311-1314 e nel biellese del 1349-1352, si tratta di un sistema costante: da una parte ab- biamo l’autorità comunale e le Chiese locali che si appoggiano al metropolita contro l’autorità ecclesiastica vescovile imme- diata; dall’altra, questa, renitente verso il metropolita, si sforza di aver aiuto dal Papato, desideroso naturalmente di tener a segno i metropoliti, come questi i vescovi suffraganei. Conside- rati da questo punto di vista della storia del diritto ecclesiastico nel Medio Evo, i documenti moncalieresi qui addotti sono forse anche più notevoli che da quello della storia locale o generale subalpina del Ducento, e così parmi non inutile la publicazione e l'esame di essi. L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 14 al 28 Marzo 1897. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. * Annuario della R. Università di Pisa per l’anno accademico 1896-97. Pisa, 1897; 8°. * Annaario del Ministero della Pubblica Istruzione, 1897. Roma; 8°. * Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LV, disp. 3*. Venezia, 1896-97; 8°. * Boletin de la Real Academia de la Historia; t. XXX, cuad. III Madrid, 1897; 8°. * Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa; Indice, 1895; 8° (dalla Biblioteca Nazionale centrale di Firenze). * Bollettino della Società Umbra di Storia Patria. Anno LI, fase. I. Perugia, 1897; 8°. * Comptes-rendus des séances de la Société de Géographie; n. 1-5. Paris, 1897; 8°. * Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XIX, fasc. I. Genova, 1897; 8°. Miscellanea storica della Valdelsa. Anno V, fase. 1. Castelfiorentino, 1897; 8° (dalla Società Storica della Valdelsa). * Publications de l'École des Lettres d'Alger. Bulletin de Correspondance Africaine. Observations grammaticales sur la Grammaire Touareg etc., fasc. 2°. Paris, 1897; 8°. * Revue de l’'histoire des religions. XVII° année, t. XXXIII, n. 1, 2. Paris, 1896; 8° (Annales du Musée Guimet). Statistica degli Scioperi avvenuti nell'Industria e nell’Agricoltura durante l'anno 1895. Roma, 1897; 8° (dal Minist. di Agric., Industr. e Comm.). Desimoni (C.). Sulle marche d'Italia e sulle loro diramazioni in marche- sati. 2* ediz. Genova, 1896; 8° (dall’A.). Martinetti (P.). Il sistema Sankhya. Studio sulla filosofia indiana. Torino, 1896; 8° (Zd.). Pestalozza (U.). I caratteri indigeni di Cerere. Milano, 1897; 8° (dal signor L. F. Cogliati edit.-tipogr.). n Torino — Vixcenzo Boxa, Tipografo di S. M. e Reali Principi. “Premi 1 --0vt.28 97 CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 4 Aprile 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: D’Ovipio, Direttore della Classe, BerrutI, Bizzozero, Mosso, Spezia, GrseLLI, GracoMINI, CAME- RANO, SEGRE, PeANO, VoLTERRA, JADANZA, Foà, GuARESCHI, GUIDI, Fireri e Naccari Segretario. Viene letto ed approvato l’atto verbale dell'adunanza pre- cedente. Il Presidente dà notizia che presso la Segreteria dell’Ac- cademia trovasi una scheda del Comitato per le onoranze al compianto collega FeRRARIS, affinchè i Socii possano iscrivere le loro oblazioni. Il Segretario dà lettura di una lettera del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, il quale trasmette un elenco dei temi posti a premio dal Comitato dell'Esposizione interna- zionale di Bruxelles. I Socii potranno esaminare questi temi presso la Segreteria. Il Presidente comunica la morte dei due Socii stranieri Carlo WererstRASs e Giacomo Giuseppe SYLVESTER. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 41 +uU*ffsraD ; 562_ DO r rob î rr LIE a r pese i È Il Sodio D'O#t0t0 conimemora? brevemente. i due illustri defunti colle seguenti parole: La morte di Carlo WererstRAss è lutto gravissimo per la scienza. Con Caucay e Riemann egli costituiva una triade di sommi maestri, ai quali l'Analisi matematica deve i metodi più potenti e più fecondi nel secolo che tramonta. Il metodo del WererstRAss, che è stato chiamato aritmetico, presenta il carattere di un estremo rigore e di una grande parsimonia di mezzi nello stabilire i fondamenti della teoria generale delle funzioni, e la efficacia ne è ampiamente dimostrata dai classici lavori dello stesso WererstRAss e da quelli dei molti discepoli di lui. Quantunque restio a pubblicar per le stampe le sue pro- fonde ricerche, le quali piuttosto amava divulgare per via del- l'insegnamento orale nell'Università berlinese, pure abbiamo di lui molte memorie accademiche e parecchi volumi di lezioni, che ora si vanno riunendo in unica edizione definitiva a cura dell’Accademia delle Scienze di Berlino, e che rimarranno come monumento imperituro alla sua memoria. Basti ricordare i la- vori sulla riduzione di due forme bilineari o quadratiche a forma canonica, sull'esistenza delle radici delle equazioni algebriche, sui numeri complessi a più di due unità, sulle funzioni anali- tiche, sulle facoltà analitiche, sulle funzioni abeliane, sulle fun- zioni ellittiche, sulle superficie d’area minima, sulle funzioni reali continue prive di derivata. Nell’esprimere il dolore dell’Accademia per la perdita del- l’insigne suo socio straniero, mi sia concesso di farmi anche interprete del compianto della gioventù studiosa della nostra Università, la quale da non pochi anni è avvezza a sentir quo- tidianamente ripetere il nome venerato di WeIERSTRASS: que- st'anno segnatamente, in cui il corso di Analisi superiore è dedicato alla teoria delle funzioni ellittiche, nella quale egli fu sagacissimo innovatore. A] nome di WererstRAss la morte inesorabile oggi associa quello di Giacomo Giuseppe SyLvesrer, altro illustre nostro socio straniero, del quale abbiamo appresa or ora la perdita. Tutti sanno che il SyrvesteR è stato uno dei più cospicui fon- 563 datori della così elegante e feconda teoria degl’invarianti delle forme algebriche, e poscia di quella degl’ invarianti differenziali (reciprocanti); teorie, che egli strenuamente promosse e divulgò con numerose pubblicazioni, con un entusiastico insegnamento in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America, con la fondazione dell'American Journal of Mathematics. La tempra dell’ ingegno fervido e divinatore del SyLvester fa spiccato contrasto con la calma figura scientifica del WereRSsTRASS; ma codesta diver- sità giova a distinguere l’opera dell'uno da quella dell’altro, senza reciproco detrimento, anzi reciprocamente integrandosi. Il nome di SyLvesrer vivrà anch'esso in perpetuo nella storia della scienza, ed echeggerà frequentemente nelle aule scola- stiche; specie in Italia, per la quale il geniale suo spirito ebbe calda simpatia. Facciam voti che anche gli scritti del SyLvesreR ricom- paiano in unica raccolta, accanto ai volumi dei lavori del CayLEy, per iniziativa della Società reale di Londra. Fra le pubblicazioni inviate in dono il Presidente segnala una memoria del Socio nazionale Sraccr, intitolata: “ Sulla co- stituzione atmosferica quale risulta dalle Osservazioni aereostatiche di James Glaisher, e sopra una nuova formola barometrica per la misura delle altezze ,. Le note seguenti: 1° “ Sur quelques erreurs dans les NUOVE TAVOLE DELLE FUNZIONI IPERBOLICHE de M. A. Forti ,, nota del D' Emil LAMPE, presentata dal Socio PrANO; 2° “ Fasometro delle tangenti ,, nota dell’Img. Riccardo ARrnò, presentata dal Socio NACCARI, vennero inviate alla Segreteria entro il giorno 21 marzo, in cui non si tenne seduta in causa delle elezioni politiche. Vengono accolte per gli Atti. Vengono poi accolte pure per gli Atti le note seguenti: 1° “ Studii di logica matematica ,, del Socio PEANO; 20 “ Sull’acqua di cava ,, del Socio SPEZIA; 564 3° “ Ricerche sperimentali sulla tossicità del sangue di ani- mali resi profondamente anemici ,, dei sigg. dott. Ferdinando BarTIsTINI e Lorenzo Scorone, presentata dal Socio Bizzozero; 4° “ Di alcuni Corallari miocenici del Piemonte ,, della signorina Elodia Osasco, presentata dal Socio CameRANO. Dietro relazione favorevole dei Soci VoLrerra e SEGRE viene accolta nei volumi accademici la memoria del prof. TEDONE, intitolata: “ Sulle vibrazioni dei corpi solidi omogenei ed isotropi ,. GIUSEPPE PEANO — STUDII DI LOGICA MATEMATICA 565 LETTURE Studii di Logica matematica; Nota del Socio G. PEANO. Da molti anni mi occupo di questi interessantissimi studi. Nel Calcolo geometrico, preceduto dalle operazioni della Logica deduttiva, a. 1888, esposi sommariamente gli studii del signor ScEROòDER, Operationskreis der Logikkalkuls, a. 1877, del BootE, e di altri autori. Feci ivi vedere l’identità del calcolo sulle classi, fatto da questi Autori, col calcolo sulle proposizioni, quale trovasi negli scritti di Perrce, Mc Colt, ece. Continuando queste ricerche, negli Arithmetices principia, nova methodo exposita, a. 1889, fui fortunato di arrivare all'analisi completa delle idee di logica, riducendole ad un numero assai limitato, che espressi coi simboli: €, 9, =, 0, v, >, A- Risultato di questa analisi si fu la costruzione di una serit- tura simbolica, od ideografia, atta a rappresentare tutte le idee di Logica; sicchè introducendo dei simboli per rappresentare le idee di altre scienze, si può esprimere ogni teoria simbolica- mente (*). Per la prima volta, in questo opuscolo, fu espressa tutta una teoria in simboli; e mi servii appunto di questi onde distinguere ciò che si può da ciò che non si può definire, il dimostrabile dall’indimostrabile, in Aritmetica. Adoperai lo stesso strumento analitico in altri lavori, quali: Principii di Geometria, logicamente esposti, Torino, Bocca, a. 1889. (*) Attualmente si possono esprimere con questa ideografia le propo- sizioni di Logica, e di alcune teorie matematiche, specialmente algebriche. Per tradurre in simboli altre teorie, occorre l'analisi completa delle idee che vi figurano, e la loro riduzione in simboli. Sicchè l'ideografia atta a rappresentare ad es. tutte le proposizioni di matematica è solo parzial- mente fatta. 566 GIUSEPPE PEANO Démonstration de l'intégrabilité des équations différentielles (“ Mathematische Annalen ,, a. 1890, p. 182). Sur la définition de la limite d’une fonction (* American Journal ., a. 1894), ecc. Il Prof. BuraLi-Forti espose queste nuove teorie nella Lo- gica matematica (Milano, Hoepli, a. 1894); e se ne servì in nume- rosi lavori, quali: Sulle classi derivate a destra e a sinistra, Atti Accademia Torino, a. 1894. Sul limite delle classi variabili, idem, a. 1895. Sur quelques propriétés des ensembles d'ensembles, * Mathe- matische Annalen ,, a. 1895, ecc. Il Prof. Pieri adottò il medesimo strumento onde analizzare i principii della Geometria di Posizione, in una serie di lavori pubblicati da quest’Accademia. Da alcuni anni una Società sta pubblicando il Formulaire de Mathématiques, la cui “ Introduction , apparve nel 1894; e il primo tomo, cominciato nel 1892, terminò nel 1895, Questa pub- blicazione deve contenere, espressi in simboli di logica, i teo- remi, le definizioni e le dimostrazioni di differenti teorie mate- matiche. Vi collaborarono i signori VarLati, CasteLLANO, BURALI, Giupice, VivantI, Berrazzi, Fano, oltre ad altri che inviarono aggiunte e correzioni. Ora è in corso di stampa il tomo Il, ma molte difficoltà ne ritardano la pubblicazione. Questa ideografia, che deriva dagli studii di logica mate- matica, non è solo una serittura convenzionale abbreviata, 0 tachigrafia. Poichè i nostri simboli non rappresentano delle pa- role, ma delle idee. Si dovrà pertanto scrivere lo stesso simbolo, ove trovasi una stessa idea, qualunque sia l'espressione usata dal linguaggio ordinario per rappresentarla: e si dovranno usare simboli distinti, ove trovasi una stessa parola, che, a causa della sua posizione, rappresenta idee distinte. Noi stabiliamo adunque la corrispondenza univoca fra le idee ed i simboli, corrispon- denza che non trovasì nelle nostre lingue. Questa ideografia è basata su teoremi di Logica, scoperti successivamente da LeiBNIZ fino ai nostri giorni. Si potrà cambiare la forma dei simboli, = STUDII DI LOGICA MATEMATICA 567 cioè i pochi segni per rappresentare le idee fondamentali; ma non possono sussistere due ideografie differenti nella sostanza. Ho menzionati alcuni lavori in cui si è fatto uso della ideo- grafia, che dirò mia quantunque non possano sussistere due ideografie distinte, per la ragione che segue. Il sig. G. FREGF, prof. all’Università di Jena, cui dobbiamo interessanti lavori di logica matematica, di cui il primo data dal 1879, è arrivato alla sua volta, e per via affatto indipen- dente (*), nel libro Grundgesetze der Arithmetik, a. 1893, ad espri- mere in simboli una serie di proposizioni riguardanti il concetto di numero. Su questo libro pubblicai un breve cenno nella “ Ri- vista di Matematica ,,, a. 1895, p. 122. Recentemente il medesimo Autore pubblicò una Nota: Veber die Begriffsschrift des Herrn Peano und meine eigene (“ Bericht. d. math. Classe d. Gesellschaft zu Leipzig ., 6 Juli 1896), ove facendo puramente menzione del Formulario, e della sua Introduzione, dubita che la mia ideografia possa servire soltanto ad esprimere proposizioni; mentrechè nei lavori sopra riportati risulta evidente la sua importanza come mezzo di ragionamento. Debbo lodare l’equanimità dei giudizii contenuti nello seritto del signor Frege; però, se noi siamo d’accordo in molti punti, le nostre opinioni diversificano ancora su varie questioni, il che proviene dal diverso significato che noi attribuiamo ad alcune parole e ad alcuni simboli. Ma anche se si riguarda questa ideografia come una scrittura simbolica atta a rappresentare sotto forma breve e precisa tutte le proposizioni di matematica, ne è evidente la sua importanza. E questo criterio, del poter servire un simbolismo come lin- guaggio, serve a riconoscere se esso sia completo o no. Fra le idee di Logica passano numerose relazioni, espresse da teoremi, o formule, di Logica. Pubblicai la raccolta delle Formule di Logica matematica nella “ Rivista di matematica ,, (*) I lavori del Frege sono indipendenti da quelli dei numerosi serit- tori di Logica matematica. Vedasi ad es. Symbolic Logic del Vewx (London, 1894, p. 493). Non sono però in grado di pronunciare se l’ideografia del Frege sia o no completa; cioè se le sue proposizioni simboliche si possano leggere indipendentemente dal testo che le accompagna. Le formule del Frege sono, per me, di assai più difficile lettura che quelle degli altri autori. 568 GIUSEPPE PEANO a. 1891. Completata con nuove formule, e con numerose indica- zioni storiche, dovute in gran parte al dottor Vailati, costituisce la parte I del Formulaire, t. I Numerose aggiunte furono indi- cate da varii corrispondenti; ed una muova edizione si fa sempre più desiderare. Molte di queste formule hanno la forma di egua- glianze, nelle quali in un membro trovasi un segno che non trovasi nell'altro membro, ovvero trovasi in questo in posizione diversa. Siffatte eguaglianze permettono di esprimere quel segno mediante gli altri; cioè si possono assumere come definizione di quel segno. Così, con definizioni opportune, si può ridurre le idee di logica ad un numero sempre più piccolo di idee fonda- mentali, o idee primitive, che debbono essere espresse col lin- guaggio ordinario, e schiarite con esempi, ma che non si pos- sono esprimere simbolicamente mediante altre più semplici. Ma questa riduzione delle idee di logica alle fondamentali presenta serie difficoltà; ed è più facile il riconoscere quante e quali siano le idee primitive in Aritmetica e in Geometria, che in Logica. In questa Nota tratto della riduzione delle idee di logica al minimo numero. Ammesso il significato di alcuni simboli, spiegati col linguaggio comune, tutte le altre proposizioni saranno scritte interamente in simboli, senza nulla lasciare sottinteso, o da spiegarsi in parole. Sicchè le formule sole formano da sè un testo intelligibile. Ma schiarimenti ed os- servazioni intercalate, in linguaggio ordinario, ne faciliteranno l'intelligenza. Idee primitive. Le convenzioni che seguono, e che dobbiamo spiegare col linguaggio ordinario, rappresentano idee primitive: 1. Le lettere a, è, ... x, y, 2 indicano oggetti qualunque, variabili col cambiare della proposizione. 2. Si divide una formula in parti, mediante le parentesi, ovvero coi punti. Sicchè le formule: dita; a.be, ab.cd, ab.cdie.fgq STUDII DI LOGICA MATEMATICA 569 sono equivalenti a (able, albe), (ad)(cd), [(ad)(cd)][e(f9)] 3. K significa “ classe ,. 4. Sia a una K; wea significa “ x è un a,. 5. Siano p e q delle proposizioni contenenti lettere va- riabili *,... e. La formula p Dai q significa “ qualunque si siano x,...2, purchè soddisfino alla con- dizione p, esse soddisferanno alla condizione 9g ,. Gli indici al segno {) si sottintendono quando non siavi pericolo di ambiguità. 6. pq indica l'affermazione simultanea delle proposi- zioni p e q. La 1* convenzione, sulle lettere variabili, ci è famigliare dall’Algebra e dalla Geometria. Essa fu già usata in Logica da Aristotele. Però è necessario di enunciarla, come pure quella sulle parentesi, volendo numerare tutte le convenzioni di cui facciamo uso. Le idee rappresentate dai nostri simboli sono idee sempli- cissime, e non hanno l’esatto valore dei corrispondenti termini del linguaggio ordinario, i quali rappresentano idee più com- plesse. Così il segno e si può leggere “è un, o latinamente “ est ,; ma rappresenta l’idea che si ha dal termine “ est ,, ove si faccia astrazione dal modo, tempo e persona. Quindi non es- sendovi corrispondenza esatta fra i simboli e i termini del lin- guaggio ordinario, l'esatto valore dei simboli si impara meglio, e facilmente, da esempi. Per dar esempi presi dall’Aritmetica faremo uso dei simboli : N invece di “ numero (intero e positivo) , Np ù “numero primo , NXa - “ multiplo di & ,. 7TeNp, 12eNX 4, aeN.gQ.al(a+1)(a + 2)eN X 6 570 GIUSEPPE PEANO “ Sia 4 un numero; il prodotto a(a+1)(a+2) è multiplo i Pagl t aeNp.dg.(a-1)!+1€eNXa. « Essendo a un numero primo, l’espressione scritta è un multiplo di a (WiLson) ,. Il segno ) porta qui come indice sottinteso la lettera 4. Queste proposizioni constano di tre parti, ipotesi, segno di de- duzione e tesi. reN.rx<17.9.a2°—x + 17eNp. « Qualunque si sia l’intero x, minore di 17, sempre l’espres- sione 2° x + 17 rappresenta un numero primo (Le GENDRE) ,. aeNp.beN.beNXa.p9.beNXa. “ Se il quadrato del numero è è multiplo del numero primo a, sarà anche è multiplo di a , (EucLIDE). Qui l'ipotesi è l'affermazione simultanea di più proposizioni. Il segno ) porta come indici sottintesi le lettere 4 e .. Daremo un esempio, in cui l’ipotesi già contiene il segno di deduzione (i nuovi segni di aritmetica che vi figurano, sono subito spiegati): aeN:reNp.):.mp(r, geN X2:9.aeN° “Se «a è un numero; e se qualunque sì sia il numero primo x, l'esponente della massima potenza di x che divide 4 è un numero pari, lo zero compreso, allora a è un quadrato perfetto ,. Il retto uso del segno ) è intimamente collegato con quello delle lettere variabili. Poichè secondo le nostre convenzioni le lettere a, d, ... rappresentano enti variabili qualunque, in ogni proposizione si deve cominciare a dire che specie di enti essi rappresentano. Quindi la proposizione: aXb=bXa STUDII DI LOGICA MATEMATICA 571 per noi non ha senso, perchè incompleta. Ci si dovrà premettere il significato delle lettere a e d; e scrivere p. e.: aeNn.beEN .G.aXbi=bXa. Invece di supporre « e è degli interi, si ponno supporre fratti, irrazionali, immaginarii, e la tesi continuerà a sussistere; ma essa sarà falsa, se a e è sono quaternioni non complanari; e sarà priva di senso, se a e è sono enti, su cui non sia stata definita la moltiplicazione. Dicesi che, in una formula, una lettera variabile è appa- rente, se il valore di quella formula è indipendente dalla let- tera variabile. Così in f?f(x)dx, la lettera 7 è apparente. In ogni proposizione le lettere che figurano, espresse o sot- tintese, al segno ;), sono apparenti. Così la ceNp.ds.mp(e, a) e No X 2 « qualunque si sia il numero primo x, la massima potenza di contenuta in « è pari ,, è una proposizione che esprime una condizione nella lettera «, e non nella x che si può sostituire con y, senza cambiare la condizione. Tutte le lettere che figurano in un teorema, sono apparenti, poichè il teorema esprime una verità indipendente dalle lettere usate. Mi sono arrestato lungamente sul segno 9, e sugli indici relativi, perchè havvi divergenza fra l’uso che il signor Frege ed io facciamo dei miei simboli. Invero il segno ) è da noi essenzialmente posto fra pro- posizioni contenenti lettere variabili. Invece il signor Frege porta come esempi del segno 9 le proposizioni: 22=4.9.34=10 LABS ove il segno ) trovasi fra proposizioni non contenenti lettere variabili. Analogamente l'esempio del signor Frege: CSAZA A fa 572 GIUSEPPE PEANO non è, secondo me, completo; poichè quando si introduce una lettera 7, si deve cominciare a dire che cosa rappresenta. Si potrà completare, scrivendo ad es.: ZEN .p>2,.9,0>2 Il signor Frege considera delle espressioni della forma; (dd MX le quali parimenti non si incontrano nel Formulario, perchè in una deduzione può avvenire che l'ipotesi contenga lettere che non figurano nella tesi; ma non avviene mai che figurino nella tesi delle lettere che non si trovano nell'ipotesi. Parimenti non trovasi nel Formulario l'esempio (2>3)=A del signor Frege. Definizioni. Combinando le notazioni primitive ora introdotte, possiamo comporre idee derivate, suscettibili di definizione simbolica. Per definizione simbolica d'un nuovo segno x si intende la conven- zione di chiamare x un gruppo di segni avente significato già noto; e la indicheremo con c=@ Def. Se ciò che si definisce, x, contiene lettere variabili, e se è necessario di limitare il significato di queste lettere mediante un'ipotesi, la definizione assume la forma Ipotesi .Q.r=@ Def. I due segni = Def, quantunque scritti staccati, si devono considerare come un simbolo solo; che si legge “ è eguale, per definizione ,, ovvero “ chiamiamo ,. Sia a una K; spesso si ha da scrivere la proposizione “ x ed y sono degli a , ; noi conveniamo di indicarla simbolicamente con x, yea. E siccome questa proposizione vale l'affermazione delle due rea .y€a, così porremo per definizione: ik aeKk.Mgt,yea.—=.tea.yea Def. STUDII DI LOGICA MATEMATICA 573 Risulta chiaro in questo esempio il carattere comune delle definizioni, di essere abbreviazioni; chi non vuole adottare questa definizione, potrà scrivere dovunque rea .yea al posto di , y ea; le ideografie che risulterebbero adottando ovvero non adottando questa definizione non sarebbero punto in sostanza distinte. Però questa definizione reca effettivamente un'utile abbreviazione, e quindi conviene sia adottata. La x,y,2€a significa 7, yea.z€a, cioò rea .yea .zea. Siano a e è delle K. Scriveremo «98 al posto di “ ogni a è 6 ,; e possiamo definire simbolicamente questa scrittura come segue: 2. a,beK.9..agdb.=i:rea.9;. red. Def. Nella formula rea... red, “ se 7 è un a, sarà pure x un è ,, la lettera x che figura come indice al segno 9 è una lettera apparente, cioè il valore di essa proposizione non dipende da x; perciò essa esprime una relazione fra le lettere « e d, che noi conveniamo di indicare con 490, ove la lettera appa- rente x è soppressa. Il segno Y fra classi si può leggere “ è contenuto ,, mentre fra proposizioni si leggeva “ si deduce ,. Il fatto che esso si può leggere in più modi non prova che esso abbia più signi- ficati; ma solo che il linguaggio ordinario ha più termini per rappresentare la stessa idea. Il termine che meglio corrispon- derebbe al segno 9 nelle sue varie posizioni potrebbe essere “ quindi , “ ergo ,. Esempio: NX6ONX2 “ ogni multiplo di 6 è un multiplo di 2 , ovvero “ multiplo di 6, dunque multiplo di 2 , è un'applicazione della definizione 2. Se non si vuol fare uso di questa definizione, la stessa proposizione si scriverà: reNX6.0.reNX2 “ Se x è un multiplo di 6, allora # sarà un multiplo di 2 ,. Il segno 9 porta qui l’indice 7 sottinteso. nà î 574 GIUSEPPE PEANO Sia a una K; scrivendo avanti il segno xe si ha la propo- | sizione rea, contenente la lettera variabile x. Viceversa, essendo p, una proposizione contenente la lettera variabile x, con rep, intenderemo la classe degli x che sod- disfano alla condizione p,. Sicchè, detta 4 questa classe, cioè posto A ZIE Ps, la proposizione p, sarà equivalente alla rea rea .=. pz. Il segno seritto su ve è il segno d'inversione, poichè questa convenzione è caso particolare di un'altra sulle funzioni. Tutto il segno xe si può leggere “ gli wi quali ,. Nell’espres- sione rep,, la lettera x è apparente. Volendosi esprimere in simboli questa proposizione, siecome noi non abbiamo formato dei simboli per dire “ sia p, una pro- posizione contenente la lettera variabile x ,, ci occorrerà sup- porre la proposizione p, ridotta alla forma rea, ove a è una K; quindi porremo: bf aeK.).ce(rea)=a Def. “ Sia 4 una classe; allora il segno ze messo davanti alla proposizione ea, dà di nuovo la classe @ ,. E questa defini- zione esprime effettivamente il primo membro non avente ancor significato, mediante il secondo. Però apparentemente essa sosti- tuisce una notazione lunga ad una corta. E ciò avviene, perchè la proposizione contenente x s'è scritta sotto la forma rea. Ma se essa è scritta sotto altra forma, la definizione prece- dente arreca una vera semplificazione. Siano a e è delle K. Con and, ovvero semplicemente ad si indica la classe degli enti che sono ad un tempo «a e .. Il segno n corrisponde all'incirca alla congiunzione e; l'operazione che esso rappresenta dicesi anche moltiplicazione logica. Questa operazione si può definire 4. a,beK.g.-ab=re(xea. eb) Def, STUDII DI LOGICA MATEMATICA 575 “ Essendo a e 5 delle classi, con a6 si intende l’insieme degli «x che soddisfano alla condizione rea. zed ,. Operando col segno ve in ambi ìî membri di questa egua- glianza, si ha: a,beK.Q:ireab.=.rea.xeb “ Dire che x è un @d vale dire che x è un a, e che x è un è ,; però questa eguaglianza non potrebbe servire come defi- nizione del simbolo ab, ma solo di tutta la scrittura vead. Così è definita la moltiplicazione logica delle classi mediante l'affermazione simultanea, o moltiplicazione logica delle propo- sizioni, che si è assunta come idea primitiva, e mediante il segno re che è stato definito (Def. 3). Però non mi riesce esprimere il segno ab senza far uso della def. 3. Esempio : Npo(4N+1)oN° + N° «“ Ogni numero primo della forma 4x +1, ove x è un N, è la somma di due quadrati ,. Non volendo fare uso delle defi- nizioni introdotte, ma solo delle idee primitive, questa propo- sizione sì scriverà xeNp.re4N+1.09.reN° + N° Porremo la seguente def. 5. albekEnta— br= Ra ora Def. “ Siano 4 e è delle classi; diremo che a = è quando ogni a è b, e ogni 5 è a ,. In questa definizione trovasi, nel primo membro il segno = fra classi, segno che si vuol definire; nel secondo membro una scrittura non contenente questo segno. I due membri sono collegati col segno =; ma questo si deve con- siderare unito al segno Def, sicchè tutto il segno = Def si deve considerare come un segno solo. Sicchè è solo apparente il cir- colo vizioso di definire il segno = facendo uso del segno stesso. 576 GIUSEPPE PEANO Meritano menzione le seguenti proposizioni: a,b,ceK.Q.aa=a ab= ba a(be) = (ab)e, già enunciate a parole da Leibniz (Opera philosophica, p. 98), e in simboli dal Boole, a. 1854, p. 29, 31, a meno del signifi- cato delle lettere, che doveva ancora essere espresso col lin- guaggio ordinario. Esempio: (N XxX 2)n (NX 3) =(N X 6) Il segno A, fra classi, indica la classe nulla, cioè non con- tenente alcun individuo. Si può definire come segue: 6. aLe e AN Def. “ Sia a una classe; diremo che la classe a è nulla, se, comunque si prenda la classe d, la « è contenuta in è ,. La proposizione deK .):.498 contiene la lettera appa- rente è; quindi è una condizione nella sola 4; sicchè possiamo convenire d’indicarla con la scrittura a = A, ove figura la sola lettera a. Si badi che ciò che si è definito è la sola proposizione a= A; quindi per ora il complesso di segni = A sì deve considerare come un segno solo. Però questa notazione è vantaggiosa, poichè questa condizione a = A si comporta come un’eguaglianza; vale a dire si possono dimostrare le proposizioni : abere=ietèe=seaore A- TIE TO x Ma il segno A non è per ora definito, cioè non si può an- eora formare una eguaglianza il cui primo membro sia A, e il cui secondo sia un gruppo di segni noti. Analogamente al segno A, si può introdurre il segno V (tutto): 7. aki ava pid) a STUDII DI LOGICA MATEMATICA 577 Ma questo segno V ha nessuna utilità pratica, e non tro- vasi mai nel Formulario. Esempio: N°n(N° {4 N°)=A “ numeri cubi, somme di due cubi, non esistono ,. Volendosi esprimere questa proposizione senza far uso delle definizioni, ma colle sole idee primitive, essa diventa: ceN*®.xeN° + N°.aeK.9.ce€a. Siano a e d delle classi; 4 vd indica la più piccola classe contenente a e 5. Il segno v si legge 0; l'operazione indicata da questo segno dicesi addizione logica. Questo segno si può definire coi simboli precedenti, come segue: 8. a,beK.g.aub=xe(ceK.agc.b9c.9.. rec). Def. “ Avendo a e d il detto significato, a vd indica l'insieme degli individui appartenenti ad ogni classe c che contenga le due classi @ e d ,. Si ha: a,b,ceK.age.bge.dg.avbge [Leibniz, pag. 96] .Q-.a(0ve=advac Questa esprime la proprietà distributiva della moltiplica- zione logica rispetto all’addizione; proprietà enunciata dal Lam- BERT nel 1781. Esempio: Questa proposizione si esprime senza far uso della def. 8 in questo modo: reNp.r > 3.aeK.6N — 194.6N+194.9.%e€a. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 42 578 GIUSEPPE PEANO Essendo «a una classe, con —a si intende la classe dei non 4, che si può definire come segue: 9. aeK.jp.-a=qre(beK.aub=V.9. red) Def. “ Con —a intendiamo l'insieme degli x appartenenti ad ogni classe è tale che con a dia per somma il tutto ,. Così la negazione è espressa mediante il segno v e il V. Fra le tante identità che si hanno, menzionerò le due a,beK.9.-(a vb) =(-a)0(-8) -(anb)=(- a)v(-5), espresse in simboli (a meno del significato delle lettere) da De Morgan nel 1858. Dalla prima si ricava a,beK.g.avb=-|[(-ao(-d)], la quale potrebbe servire come definizione del segno v mediante i segni — ed n; così effettivamente si era fatto nel Formulario ; ma l’attuale scelta porta ad una riduzione ulteriore. I segni ) ed rr si possono trovare fra proposizioni, ovvero fra classi, e si è dedotto il secondo significato dal primo, colle definizioni 2 e 4. I segni=, A, v,-— definiti fra classi, com- paiono pure fra proposizioni, e saranno definiti come segue: 10. a,beK.9..rea.=,.reb:=:rca.)..reb:reb.Q..rea Def. ovvero » È =.a=b “ Diremo che le due proposizioni condizionali in x, rea ed reb, sono, rispetto ad x equivalenti, se dalla prima si deduce la seconda, e viceversa; o ciò che fa lo stesso, se le classi a e è sono eguali ,. I segni g ed = hanno un’altra posizione, che spesso si pre- senta, e che definiremo come segue : 11. a,b,ceK.gy:rca.g-3red.).rec.;.=:ceg.Cedb.Jeec. STUDII DI LOGICA MATEMATICA 579 ovvero » 5 —=.abge Def. “ Essendo a, è, e delle classi, diremo che da rea si deduce rispetto ad x, che da red si deduce rec, quando da rea e da reb si deduce rec; cioè quando la classe 48 è contenuta in € ,. 12. a,b,ceK.p::vea.Q,:redb.=.recii=vadge acpidi0 Def. “ E diremo che se rea, la condizione red è equivalente alla ec, quando, nell'ipotesi rea, da zed si deduce rec e viceversa, cioè quando ab9c, e acgb ,. 13. GROTTA LEN — AIN Def. « Sia a una classe; diremo che la proposizione rea è rispetto alla variabile x assurda, e si scrive come nella formula, quando la classe a è nulla. 14. a,beK.J:rea.L.reb.=.rea vb Def. “ Scriviamo zea.v.reb, che leggiamo x è un a, 0 © è un 8, invece di x è un a 0 d,. 15. aeK.9:-(rea).=.re-a. Def. che esprime la negazione d’una proposizione mediante quella d’una classe. Queste definizioni hanno il primo membro più complicato del secondo, il che dipende dall’aver espresse le proposizioni su cui operiamo sotto la forma rea. Per sopprimere delle parentesi, spesso si scrive il segno — davanti al segno di relazione, cioè 16. aeK.g:rx-ea.=.-(r€a) Def. LT. r-=y.=.-(e=y) Def. Affinchè alcune definizioni precedenti possano ricevere tutta la generalizzazione che occorre nelle nostre formule, è necessario introdurre l’idea della coppia. 580 GIUSEPPE PEANO (7 :y) indica la coppia formata dagli oggetti r ed y. Questa coppia è considerata come un nuovo oggetto. Nel Formulario, invece di (x;y) si è scritto semplicemente (x,y), non essendovi, in pratica, pericolo di ambiguità colla defini- zione 1?. L'idea di coppia è fondamentale, cioè noi non la sappiàmo esprimere mediante i simboli precedenti. Però possiamo definire l'eguaglianza di due coppie: 18. (c;y)=(a;0).=.r=a.y=b Def. “ la coppia (x;y) dicesi eguale alla (a; 5), quando i loro elementi sono ordinatamente eguali ,. Coll’idea di coppia possiamo esprimere alcune importanti regole di ragionamento, che già esposi, col linguaggio comune, in miei lavori; ma che ora possiamo esprimere completameute in simboli. Eccone una: a,b,ceK:xea.(r;y) ed. Izy. (TM ec:d. ra. Ii; ed. (riy) ec. “ Siano a, 5, c delle classi. Suppongasi che qualunque siano x ed y, se x appartiene alla classe a, e se la coppia (x;y) ap- partiene alla classe 2, allora questa coppia appartenga alla classe c. Allora qualunque sia #, purchè sia un 4, si deduce, che qualunque sia y, purchè la coppia (x;y) soddisfi alla con- dizione è, la coppia (x;y) soddisferà alla condizione c ,. Questa regola di ragionamento dicesi “* esportare , o “ sepa- rare le ipotesi ,. Sussiste pure la proposizione inversa. Esempio: aeN.beN Xa.ceNXxbd.p.ceNX a. Qui il segno ) porta sottintesi gli indici a, 2, c. Esportando le ipotesi relative ad a e è, si ha: aeN.beNXa.9:ceNX db.9..ceNX a. Il primo segno ;) porta sottintesi gli indici a e è; il secondo l'indice scritto c. E per la def. 2, si può pure scrivere: aeN .beNXa.9p.NXbgNXa. STUDII DI LOGICA MATEMATICA 581 La terna (x;y;2) si può considerare come la coppia formata di (x;y) e di 2. Le definizioni 10-15 esprimevano operazioni su proposizioni della forma wea, cioè proposizioni contenenti una sola lettera variabile x. Ma noi possiamo supporre che » rappresenti una coppia, una terna, cioè un sistema qualunque di lettere; quindi, col concetto di coppia, quelle definizioni esprimono operazioni su proposizioni condizionali qualunque. La proposizione 4>-=A, ove 4 è una classe, significa per- tanto “ gli a esistono ,. Siccome questa relazione si presenta assai spesso, aleuni collaboratori ritengono utile indicarla con una notazione sola, invece del gruppo —= A. Chi è di tale opinione potrà porre per es. 19. aeKk.g:.Ha.=.a-=N Def. Esempio: qN°n(N°+ N) “ esistono quadrati somme di due quadrati ,. Il segno= si è già definito fra due classi, fra due propo- sizioni, fra due coppie; e nelle scienze matematiche si definisce sempre nuove volte, quando esso si trova fra enti nuovamente introdotti. Si può dare la definizione generale: 20. ey dae real), ya. Def. “ Diremo che l’ente x è eguale all’ente y, quando ogni classe a contenente x contiene pure y ,. Ma resta a far vedere come le varie definizioni particolari entrino in questa. Essendo + un oggetto qualunque, con 12 si intende la classe formata di questo solo oggetto: 21. iw=ye(y=%) Def. “ con 12 si intende l’insieme degli y che soddisfano alla con- dizione y= x ,. 582 GIUSEPPE PEANO Si hanno le eguaglianze acKk.,):rea.=.120)0 h rEe-Aa,=.\£20Aa= è Tt,yea.=.12v1Y()a che esprimono le proposizioni réa ed ve->a, mediante altre in cui non trovansi i segni €, —. Viceversa, sia a una classe contenente un solo individuo, cioè: esistano degli a, e comunque si prendano due individui x ed y di a, essi siano sempre eguali. Questo individuo lo indi- cheremo con îa. Sicchè 22. aeK.g0:x,ye0-),yT=Y:)ie la = Del Veramente questa definizione dà il significato di tutta la formula #=îa, e non del solo gruppo îa. Ma ogni proposizione contenente ia è riduttibile alla forma iaed, ove d è una classe ; e questa ad ad, ove è scomparso il segno î; quantunque non ci riesca formare un’eguaglianza il cui primo membro sia îa, ed il secondo un gruppo di segni noti. Esempio : a,beN.a=Y.I2y-fe-=fY la corrispondenza reciproca: 25. a,beK.0-.felbfa)rcp=:fe(bfa)Sim:ye8.),.H re(vea .fe=y) e infine il numero: 26. a, beK.g:Numa= Numd.=.H(bfa)rcp “ Diremo che il numero degli « è eguale al numero dei 6, se esiste una corrispondenza reciproca fra gli a e i è ,. Adunque, ammessi alcuni simboli spiegati col linguaggio ordinario, e rappresentanti idee che chiamo primitive, si è po- tuto dare la definizione simbolica di tutti i segni che si in- contrano in logica matematica. Ma io ritengo che in questo campo siavi ancor molto a fare. Si può cercare di ridurre ulteriormente il numero delle idee ritenute primitive, ovvero tentare altre vie, assumendo come idee primitive un altro gruppo di idee, in modo da otte- nere una qualche semplicità. Le numerose eguaglianze logiche che si conoscono, e quelle che si possono trovare, permettono di seguire più vie per clas- sificare i simboli di logica. Esigerebbe poi uno studio più lungo la classificazione delle proposizioni di logica in primitive e derivate. Ma mi basti il richiamare l’attenzione degli studiosi su questi soggetti somma- mente utili ed interessanti. i 584 GIORGIO SPEZIA Sull'acqua di cava ; Nota del Socio GIORGIO SPEZIA. L'importanza che finora fu attribuita alla così detta acqua di cava pel suo concorso, sia nelle reazioni chimiche sulle alte- razioni e trasformazioni dei minerali nelle roccie, sia nelle azioni fisiche riflettenti il movimento degli strati rocciosi, mi conduce a rispondere ad uno scritto, nel quale non soltanto sì toglie all'acqua di cava detto concorso, ma si asserisce che essa non esista. Il Viola, autore dello scritto, per sostenere una sua tesi, che la pressione statica (1) sola a temperatura ordinaria e senza il sussidio dell’acqua sia causa di reazione chimica fra i minerali affermò (2) che la petrografia ha o crede di avere risoluto il problema a riguardo dell’acqua di cava nel senso, che essa non esista nelle roccie; e che la perdita che si nota facendo essie- care o riscaldare le rocce tolte dal posto sia dovuta soltanto alle inclusioni liquide. Tale affermazione, non essendo dimostrata, potrebbe essere trascurata se l’autore l'avesse pronunciata a nome suo indivi- duale; ma avendola egli attribuita alla petrografia, nasce il di- ritto, in coloro che si occupano di studi petrografici, di ritenere che la petrografia, a cui accennò il Viola, sia una nuova e di- versa da quella trattata dai principali petrografi e geologi moderni. Infatti moltissimi nomi si potrebbero citare di coloro che ammettono l’acqua di cava; ma io mi limiterò a quelli di Ro- senbusch, Daubrée e Wahnschaffe alla cui autorità il Viola appoggiò la sua affermazione. (1) Adotto ancora la dicitura di pressione statica, perchè l'esposizione di un pensiero non deve essere impedita dal solo fatto che una dicitura, usata in mancanza d’altre migliori per rappresentare un significato, possa essere ritenuta impropria. Infatti anche lo Zirkel (LeArbuch der Petrographie, B. I, 1893, pag. 613) parla di Statischer Druck per distinguerla dalla Mit Bewegungen verbundener Druck. (2) “ Atti della Società toscana di Scienze naturali ,, vol. X, pag. 182. SULL'ACQUA DI CAVA 585 Il Rosenbusch in un suo lavoro sul dinamometamorfismo accennando alle limitate reazioni chimiche che, secondo il suo avviso, possono esservi, dice: “ Ich rechne dahin die chemische “ Bindung von Wasser, welches vielleicht @ls Bergfeuchtigkeit “ oder in Einschlussen vorhanden war, die Aufnahme von Ko- “ lensiure, Sauerstoff und anderen in der Bergfeuchtigkeit vorhan- “ denen Substanzen oder den Austritt derselben , (1). Il Daubrée (2) afferma che tutte le roccie, anche quelle che sono le più compatte, sono impregnate di una certa quantità di acqua, che egli chiama eau de carrière. Chiunque poi, leggendo le opere del Daubrée abbia saputo rilevare i risultati principali ottenuti dal celebre maestro della geologia sperimentale e com- prendere il di lui pensiero, non dovrebbe, a mio avviso, citare quel nome per sostenere ipotesi, nelle quali si esclude l’inter- vento dell'acqua e del calore per le reazioni chimiche fra i minerali e pel metamorfismo delle roccie. Ml Wahnschaffe poi è citato dal Viola per affermare che: se è porì di una roccia hanno un diametro medio non maggiore di 0,02 mm. non lasciano passare l’acqua alla pressione di un'atmo- sfera (3). Non nego che tale dato, che si riferisce ai terreni atti ad una vegetazione qualsiasi (così intende il Wahnschaffe la pa- rola Boden (4)) sia utilissimo per l’agricoltura, le cui indagini scientifiche non debbono scendere di molto al disotto delle radici delle piante. Ma sono d’avviso che la geologia, pel suo diverso scopo di ricerche, possa rispondere, che la permeabilità è relativa e che se l’acqua non passa alla pressione di un’atmo- sfera, passerà ad una pressione maggiore. Mi pare poi che se il Viola attribuisce alla pressione delle roccie in quiete la facoltà di far reagire chimicamente a secco ed alla temperatura ordinaria il pirosseno colla leucite, non possa rifiutarsi di ammettere che la pressione idrostatica debba anche influire sul passaggio del- l’acqua per pori di diametro minore di 0,02 di millimetro. Bisogna anche notare che Bergfeuchtigkeit, Eau de carrière, Acqua di cava, si riducono ad essere sinonimi. (1) Tscnermarx's, Min. pet. Mitt., vol. XII, pag. 52. (2) DauBréE, Les eaur souterraines à l’époque actuelle, vol. I, pag. 4. (3) Vrora, loc. cit., pag. 177. (4) WaunscHarre, Anleitung zur wissenschaftlichen Bodenuntersuchung, pag. 3. 586 GIORGIO SPEZIA Ossia il Rosenbusch ed il Daubrée citati in appoggio am- mettono l'acqua di cava, la quale naturalmente dipende da un grado di permeabilità e quindi da un grado di porosità della roccia. Perciò bisogna ritenere che la petrografia che risolve il problema, secondo l'opinione del Viola, sia una petrografia affatto speciale. La perdita in peso, che sempre danno le roccie quando ap- pena tolte dal loro giacimento, si facciano o leggermente riscal- dare ovvero si tengano a lungo in un ambiente secco, non può confondersi con la perdita, che potrebbero dare le roccie i cui minerali fossero ricchi d’inelusioni liquide. La perdita dovuta all'acqua di cava si ottiene con una temperatura non superiore ai 150° ed in ogni caso per le roccie più compatte è sufficiente mantenerle per più lungo tempo alla detta temperatura. E ciò avviene perchè l’acqua onde escire dalla roccia non abbisogna di vincere una forte resistenza in causa della porosità della roccia stessa. La perdita invece che può esservi per causa d'inclusioni liquide, richiede una temperatura molto più alta, perchè si ag- giunge un'altra resistenza. L'acqua per escire dalle inclusioni nei minerali, costituenti la roccia, deve rompere le pareti che la rinserrano, e Pfaff ed altri (1) indicarono la difficoltà di espellere l’acqua delle inclusioni anche se il minerale sia ridotto in polvere. D'altra parte supponendo che la perdita sia dovuta non all'acqua di cava, ma alle inclusioni liquide, è evidente, che sì viene implicitamente ad ammettere un grado di porosità e permeabilità della roccia, affinchè il liquido delle inclusioni possa da essa escire dopo aver rotto le pareti che lo racchiudevano. Ammessa la porosità della roccia, si elimina la maggiore obie- zione all'esistenza dell’acqua di cava. A riguardo poi dell’alterazione dei minerali, alla quale ver- rebbe tolto dalla nuova petrografia il concorso dell'acqua di cava, il Viola si limita a dire ed in modo di aforismo che: le inclusioni di acido carbonico e di altri gas, come ossigeno, idro- (1) “ Atti della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, vol. XVII, pag. 771. SULL'ACQUA DI CAVA 587 geno, ecc. sono i centri principali d’incitamento alla alterazione e reazione dei minerali (1). Ma quando si vuole introdurre nella scienza un aforismo, bisogna che esso venga ben provato; perehè se anche fosse proposto da un'autorità scientifica, il suo valore sarebbe sempre soltanto proporzionale direttamente alla bontà della dimostra- zione, e la bontà sta anche nel prevenire le obiezioni. Ritengo anzitutto che il Viola escluda, con la sua pre- messa d'impermeabilità della roccia, le inclusioni di formazione secondaria, ossia consideri soltanto, nel suo aforismo, le inclu- sioni congenite coi minerali primitivi costituenti la roccia. Ciò posto, se le inclusioni si formarono nei minerali di roccie eruttive, non si capisce come gli agenti chimici gazosi, citati dal Viola, non abbiano subito reagito sulla materia inchiudente, tanto più che la chimica prova che il calore, anche non volendo ritenerlo come causa esclusiva, aiuta le reazioni chimiche. Se invece si formarono lentamente come in minerali di roccie sedi- mentarie, non si capisce come non abbiano avuto tempo di reagire sulla materia. Per tali considerazioni a me pare che bisogna supporre, che quegli agenti gasosi o liquidi quando vennero inchiusi o erano già prima per sè chimicamente inerti sulla materia inchiu- dente, o diventarono inerti poi, rimanendo come residui di rea- zioni chimiche a saturazione. Ciò posto mi sembra evidente che, dette inclusioni, che dovevano essere inerti nel momento e sotto le condizioni in cui si costituivano, non potranno mai diventare attive, senza che vi sia l’incitamento prodotto da cause ad esse estranee. Per ciò il Viola dovrebbe, per sostenere il suo aforismo, dimostrare : quali sieno le cause che renderebbero attive le in- clusioni e specialmente poi in qual modo l'alterazione e le reazioni chimiche partendo da tali inclusioni possano mantenersi conti- nuative e propagarsi nella massa minerale. S'intende che il Viola, per essere coerente alla sua speciale idea, deve nella dimostrazione escludere l’aiuto del calore e dell’acqua, il cui intervento ha per lui nessuna importanza nelle reazioni chimiche. (1) Loc. cit., pag. 182. 588 GIORGIO SPEZIA Chi poi ritenga il calore come massimo agente di reazioni chimiche e dia alla pressione ciò che le spetta per il suo con- corso, che può essere necessario, ma non equipollente a quello del calore, non trowa difficoltà nello spiegare l'alterazione e trasformazione dei minerali ricorrendo alla presenza dell'acqua di cava, la quale servirebbe per la diffusione e quei processi diosmotici per cui avverrebbe il trasporto ed il cambio degli elementi chimici. È poi per sè evidente che ponendo concomitanti nella loro azione il calore, la pressione e l’acqua di cava, l'alterazione e trasformazione dei minerali può succedere anche senza la pre- senza di inclusioni. Se queste poi preesistessero potrebbero influire sul processo chimico ed anche apparire, per un certo tempo, come centri d’alterazione; ma non potrebbero mai essere da sole centri d’incitamento, perchè questo verrebbe dai tre agenti concomitanti, nè da sole potrebbero mantenere conti- nuativo il processo chimico. A mio avviso, l’acqua di cava non soltanto è necessaria per l'alterazione dei minerali e pel trasporto dei prodotti delle reazioni chimiche, ma anche pel metamorfismo in genere. Infatti supponiamo che uno strato di roccie sedimentarie si trovasse alla profondità, p. es., di 5000 metri, dove l’espe- rienza del pozzo di Schladebach lascia ritenere con fondamento che vi dovrebbe essere la temperatura di 160° circa. In tal caso io credo che sarebbe più facile comprendere la formazione di una struttura cristallina e la produzione di minerali, pur man- tenendo la composizione chimica complessiva della roccia, quando entrassero in azione concomitante il calore, l’acqua di cava, la pressione pei suoi particolari effetti e la durata dell'azione ossia il tempo. Tale metamorfismo è per me più comprensibile che non il supporre che il calore corrispondente alla profondità e l’acqua di cava rimangano neutrali, ritenendo che il metamorfismo sia dato dalla sola pressione statica, alla quale le esperienze finora eseguite non darebbero l’equipollenza col calore nelle reazioni chimiche. A questo proposito il Viola non tiene conto delle esperienze di Spring asserendo che esse non furono eseguite sui silicati, e cita una recensione di Rosenbusch sopra le esperienze di Spring. SULL'ACQUA DI CAVA 589 Ora mi permetto di osservare che il Rosenbusch prese allora opportunamente, per la difesa del dinamometamorfismo e per stabilire l’importanza della pressione come fattore chimico, le esperienze del joduro potassico col cloruro di mercurio, del rame col solfo ed altre, per le quali non era ancora stata controllata la vera causa della reazione avvenuta. Successivamente lo Spring fece altre esperienze, come quelle sulla polvere pirica e sulla segatura di legno, le quali dimo- strarono come la pressione non inizia una reazione chimica ed anzi tali esperienze indussero lo stesso valente sperimentatore a dichiarare che la pressione non è un agente chimico dello stesso titolo del calore. Allora dai sostenitori del dinamometamorfismo si scrive (1): “ disgraziatamente le sue esperienze importanti per il meta- “ morfismo delle roccie non riguardano i silicati, sicchè i risultati, “ che egli ottenne, non sono applicabili alla reazione tra leucite “ e pirosseno ,. Quando le prime esperienze di Spring parevano essere utili per sostenere il dinamometamorfismo, esse diventavano anche applicabilissime ai silicati, benchè si fosse sperimentato su composti chimici ai quali era estraneo il silicio; quando invece le seconde esperienze furono contrarie, allora non rimasero più applicabili alla reazione fra i silicati. A me pare che tale opportunismo non sia di vantaggio al progresso scientifico. Io credo che in geologia, quando un problema può trovare dati di risoluzione in esperienze eseguite, non sia un valido ap- poggio per chi ha un'opinione discorde dal risultato delle espe- rienze, il trincerarsi dietro l'affermazione che le esperienze fatte non sono applicabili al caso da lui considerato. Per sostenere l'opinione e per l'utilità della scienza è me- glio ripetere l’esperienza pel caso speciale che si contempla. Capisco che può essere rincrescevole il rinnovare un esperimento quando si temono disinganni: ma il rassegnarsi a questi è dote necessaria ad ogni sperimentatore. Però considerando che le esperienze, che riflettono l’argo- mento, si possono eseguire sino alla pressione di 20000 atmo- (1) Viora, loc. cit., pag. 180. 590 GIORGIO SPEZIA sfere, mi sembra che chi vuole sostenere che il pirosseno e la leucite reagiscono a secco fra loro soltanto colla pressione sta- tica, dovrebbe eseguire l'esperimento e s'intende che sarà suffi- ciente di ottenere soltanto quella minima traccia di reazione, purchè evidente, che possa autorizzare di credere che poi l’e- nergia della forza possa essere sostituita dalla durata di essa ossia dal tempo. Se la reazione avverrà dando luogo al plagioclasio, alla calcite ed al quarzo, come facilmente si ottiene scrivendo un’e- quazione chimica, l'esperienza segnerà l’ avviamento al trionfo del dinamometamorfismo a secco ed a temperatura ordinaria; se invece la reazione non succederà, sarà stabilito un limite di pressione al disotto del quale tale specie di dinamometamorfismo non sarà possibile, ossia un limite al disotto del quale si può essere sicuri che, anche per le reazioni fra i silicati, la pres- sione puramente statica delle roccie in quiete non può, con temperatura ordinaria ed a secco, produrre un lavoro dinamico invertibile in lavoro chimico. In ogni caso quindi il risultato dell'esperienza, sia esso positivo o negativo, sarà sempre di un interesse scientifico molto maggiore della supposizione. Tale esperienza poi, se darà risultato positivo, avrà mag- gior valore che l’addurre in favore della pressione la diminu- zione di volume molecolare nei minerali risultanti dal metamor- fismo. Perchè si sa che l'aumento o la diminuzione che avviene, secondo i casi, nel volume molecolare del prodotto delle reazioni rispetto alla somma dei volumi molecolari delle sostanze fra loro reagenti, è un fenomeno indipendente dalla causa che inizia la reazione. Nè credo poi che l’esperienza sia inutile per stabilire in via approssimativa un carico di roccie corrispondente alla pres- sione, come ritiene il Viola, adducendo il fatto dei ciottoli rotti nei conglomerati miocenici e partendo dalla premessa che la rottura di essi sia prodotta soltanto dal carico statico. A mio avviso il paragone non sta; perchè la rottura dei ciottoli potrebbe anche essere dovuta a quelle stesse cause, che meglio spiegano la rottura ed il distacco dei cristalli in quelle geodi, nelle quali si può riconoscere che, dalle pareti non si comunicò ai cristalli alcuni effetti di carico soltanto statico. In ogni caso prima di ammettere, e dedurne conseguenze, SULL'ACQUA DI CAVA 591 che la rottura dei ciottoli nei conglomerati miocenici sia dovuta solamente alla pressione statica, bisogna dimostrare la poca probabilità che tale rottura possa avvenire per l’urto, p. es., durante un terremoto con scosse sussultorie. Ritornando all'argomento principale, l’aforismo sulle inelu- sioni stabilito dal Viola mi aveva condotto a provare breve- mente il concorso che può dare l’acqua di cava per le reazioni chimiche fra la materia minerale e pel movimento dei prodotti d’alterazione, cosa d’altronde molto conosciuta; tuttavia io non do alla mia dimostrazione alcun valore per stabilire che l’acqua di cava esista, essendo ciò già provato dalle esperienze che paiono dal Viola trascurate. Notissime sono quelle a scopo scientifico di Delesse, di Bischof, di Thoulet e di una serie di sperimentatori che studia- rono le roccie come materiale da costruzione, come Thurston, Cutting, Bauschinger, Hauenschild, ece.; e tutti sono d’accordo nell’ammettere che anche le roccie più compatte assorbono del- l’acqua e che perciò posseggono un certo grado di porosità e di permeabilità. A tali esperienze bisogna aggiungere quella di Stapff, il quale confermò la presenza dell’acqua di cava e come egli la chiama eau hygroscopique, nelle roccie anche a profondità, avendola trovata in un gneiss granitico a 600 metri dall’imboeco Nord della galleria del Gottardo e 410 metri sotto la superficie del suolo. Io ritengo che anche i fatti osservati e le esperienze eseguite nell'applicazione industriale di una scienza, non debbono essere trascurati, potendo essi sovente divenire più utili, per il pro- gresso della scienza stessa, che non le ipotesi e relative disqui- sizioni. I fatti osservati e le esperienze sono gli alimenti più nu- tritivi per l'albero della scienza geologica; sono essi che bene assimilati con logica interpretazione, con adatte analogie e con sagaci deduzioni dànno sviluppo al tronco e vanno a costituire i frutti; mentre le sentenze senza dimostrazione e le ipotesi non fondate nè sull’esperimento, nè almeno sull’accordo fra pre- messe e conseguenze, finiscono generalmente ad essere eliminate come prodotti inutili. A me pare che il Viola potesse soltanto dichiarare, che egli personalmente non ammette l’acqua di cava nelle roccie, riad ai. - . 592 GIORGIO SPEZIA ma non potesse asserire che la petrografia abbia o creda di avere risoluto il problema a seconda della sua opinione. Si può discutere sul modo con cui l’acqua si trovi nella roccia, ossia sulla causa della porosità di questa; se cioè sia dovuta ad interstizi fra i minerali costituenti le roccie com- poste, alla struttura cristallina di quelle semplici, alla presenza di minerali sfaldabili, o linee di rottura prodotte da pressione, ece.; si può anche discutere se l’acqua di cava serva alle reazioni chimiche o non; ma non credo possa ancora essere argomento di discussione la sua esistenza. Ad ogni modo essendo tale esistenza un fatto dato dall'espe- rimento, il valore di esso non si può annullare senza dimostrare che le esperienze furono male eseguite ripetendole con più ac- curatezza. Ed il Viola avrebbe fatto bene, se come ingegnere di miniere ossia nella posizione di eseguire importanti osservazioni sull’ar- gomento, fosse ricorso all'esperimento per confermare il suo asserto. Le sue esperienze avrebbero certamente avuto maggior valore per sostenere la sua tesi che non le parole del suo scritto (1): le inclusioni liquide disciolgono i minerali secondarii e li trasportano nelle fenditure; le quali parole attestano la man- canza di accordo fra premesse e conseguenze sia nel fatto spe- ciale della reazione fra il pirosseno e la leucite, sia nella tesi generale dell’acqua di cava. Pel fatto speciale, che cioè le inclusioni liquide trasportino i prodotti secondarii: quarzo, calcite, sesquiossido di ferro ecc. (2) bisogna che la leucite ed il pirosseno contengano inclusioni liquide. Ora il Viola parlando delle inclusioni della leucite di- chiara che esse sono di pirosseno, di apatite e di gas (3) ed indicando quelle del pirosseno, afferma che sono quasi esclusi- vamente di magnetite (4); e non v'ha dubbio che, se fossero state osservate inclusioni liquide in qualcuno dei due minerali, esse sarebbero state peculiarmente accennate per l’importanza, che il Viola annette alla loro presenza pel trasporto dei pro- dotti secondarii. . (1) Loc. cit., pag. 182. (2) VioLa, loc. cit., pag. 182. (3) Viota, loc. cit., pag. 171. (4) Viora, “ Boll. Com. geol. ,, 1896, pag. 20. SULL'ACQUA DI CAVA 593 Per la tesi generale poi, l’asserire, che le inclusioni liquide disciolgono i minerali secondarii e li trasportano nelle fenditure, appare quasi una contradizione; perchè è naturale che tale trasporto di sostanze in soluzione richiede quella porosità e grado di permeabilità nelle roccie, che il Viola non ammette e che sono la base dell’esistenza dell’acqua di cava. Ricerche sperimentali sulla tossicità del sangue di animali profondamente anemici (Contributo alla patologia delle gravi anemie). PARTE PRIMA. Nota dei Dott. FERDINANDO BATTISTINI e LORENZO SCOFONE. Al gruppo nosologico complesso delle anemie appartengono forme speciali molto affini fra di loro peri fenomeni clinici ai quali danno luogo: diverse però assai dal punto di vista ezio- logico e che per la gravezza còn cui sogliono decorrere, hanno preso il nome di anemie perniciose, progressive. Esse, oltrechè per i caratteri inerenti alle lesioni morfologiche e chimiche del sangue, si differenziano anche per il modo con cui si compor- tano di fronte ai mezzi ordinariamente adoperati per combattere le anemie. Così è noto che il ferro si mostra quasi assoluta- mente inefficace contro le medesime, ed anche la trasfusione di sangue, la quale è capace di produrre vere risurrezioni in casi di anemia acuta da emorragia, secondo il giudizio dei più, o è inutile, o può anche talvolta riuscire nociva. Questo giu- dizio intorno al valore della trasfusione nelle anemie perniciose, se, come si è detto, è condiviso dalla maggior parte dei clinici, non risponde però sempre alla esattezza dei fatti. In vero nella Clinica medica di Torino, dove da parecchi anni il Professore Bozzolo ha diretto la sua attenzione allo studio di questo inte- ressante argomento, vennero osservati buon numero di casi ri- feribili ad anemia molto avanzata con tutte le alterazioni de- generative caratteristiche degli elementi del sangue, nei quali, Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 43 594 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE la cura colla trasfusione ebbe un esito molto soddisfacente. Ma accanto a questi casi favorevoli, bisogna pure registrarne pochi altri. nei quali, dopo la trasfusione, ben lungi dal manifestarsi un miglioramento od un arresto anche soltanto temporaneo dei fenomeni riferibili all'anemia, si ebbe invece un acceleramento dei sintomi che condusse presto alla morte. Per quali ragioni, in circostanze apparentemente analoghe, i risultati sono così diversi? Le differenze non sono con proba- bilità imputabili al sangue introdotto, perchè questo proveniva naturalmente sempre da individui sani e la trasfusione veniva fatta sempre colle stesse cautele. Esse devono dunque ricercarsi di preferenza nelle condizioni dell'individuo malato. Il grado diverso dell’anemia ha certo un'importanza: anzi, secondo al- cuni, la trasfusione non riesce perchè praticata troppo tardi. Tuttavia, sebbene questa importanza non possa essere negata, sta il fatto che in uno dei casi sopracitati la trasfusione riuscì a salvare una malata di anemia cronica in condizioni tanto gravi che il tasso emoglobinico all'emometro del Fleisch era ridotto al 10 °, e il numero dei corpuscoli rossi era inferiore al milione. Per ispiegare gli insuccessi molti hanno incolpato il fermento della fibrina che viene introdotto col sangue e che può dare i noti fenomeni della intossicazione studiata da Ké- ler (1): però questi pericoli sembrano in realtà molto minori di quanto non si creda, poichè, secondo le ricerche di Landois (2), intervengono soltanto quando la defibrinazione sia stata male eseguita e l'iniezione del sangue avvenga prima che tutta la fibrina sia precipitata. Questi pericoli sono poi tanto minori quando si ricorra, come si suole fare per lo più nella Clinica, alla trasfusione sottocutanea od intraperitonale. Piuttosto ci sembra meritare importanza la considerazione dello stato in cui si trova il sangue dell’ individuo trasfuso per rispetto a quello che viene introdotto. Già Quincke (3) nelle sue pregevoli osservazioni sull'anemia perniciosa a proposito di due casi di trasfusione seguìti da emo- globinuria ed albuminuria, per ispiegare il fatto, dà molta im- portanza alle condizioni del sangue dell'individuo trasfuso, come si vede dal passo seguente: “ Probabilmente ebbe qui luogo dissoluzione di una parte dei corpuscoli rossi ed una irritazione dei reni, come osservò Ponfick in seguito all’iniezione di sangue RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 595 eterogeneo. Si deve ammettere che nei miei casi la differenza fra il sangue sano e quello ammalato, fosse così forte come suole ordinariamente avvenire soltanto fra specie diverse e che perciò una parte dei corpuscoli rossi andò distrutta: non si può dire se degli auctoctoni o di quelli immessi ,. Lo stesso osser- vatore non esita ad emettere l'ipotesi che in determmate cir- costanze, il sangue trasfuso, non ancora uniformemente com- misto, agisca su alcuni organi transitoriamente come veleno. Come si vede è giù espressa in questa ipotesi di Quineke l’idea che in talune circostanze, e ciò tanto più facilmente quanto più è grave l’anemia e quanto più essa dura da lungo tempo, in seguito alla trasfusione di sangue umano per le differenze esi- stenti fra sangue sano e quello ammalato, possa svilupparsi una forma di intossicazione. Fra i casi sgraziati che uno di noi ha avuto occasione di osservare nella Clinica, ha richiamato in modo speciale la nostra attenzione uno relativo ad un uomo in cui la morte avvenne dopo circa due giorni e con fenomeni di coma che ricordavano molto da vicino il quadro di una auto- intossicazione. Ne nacque perciò il desiderio di portare un con- tributo allo studio di questo problema. Esso però, come si vede di leggieri, si riattacca molto da vicino con quello della pato- genesi delle anemie gravi, patogenesi tuttora oscura. Prima di studiare collo esperimento gli effetti della trasfusione in animali profondamente anemici ed in condizioni che ricordino l’anemia perniciosa osservata sull'uomo, ci parve logico di determinare quali fossero le proprietà del sangue di questi animali per ri- spetto ad altri normali. Se in taluni casi di anemia perniciosa avviene la morte in seguito alla trasfusione per fenomeni tos- sici intervenuti indipendentemente dall’azione del fermento della fibrina, ma per un veleno formatosi nell'organismo anemico e capace d'agire deleteriamente anche sul sangue introdotto colla trasfusione: parve che questo fosse il mezzo più adatto per met- terlo in evidenza. Le ricerche di cui esponiamo ora i risultati sono state indirizzate a questo scopo. In altro lavoro ci riser- viamo di esporre quanto abbiamo osservato in altre esperienze già in corso su quella parte che interessa più direttamente il problema della trasfusione nelle anemie e che, come si è detto, ci servirono di punto di partenza. Prima di riferire il metodo di ricerca da noi seguìto cre- let 590 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE diamo opportuno premettere alcune considerazioni, sui concetti che hanno servito di guida nella scelta. I dati clinici, i quali fanno sospettare che anche nelle anemie perniciose i disordini osservati siano riferibili ad una intossica- zione, sono oggigiorno abbastanza numerosi. Esaminiamoli bre- vemente tenendo calcolo di quelli che hanno più diretta attinenza col nostro argomento. Il fatto più caratteristico che si rileva in questi casi è rap- presentato dalla diminuzione progressiva delle emazie. Questa diminuzione, come è noto, venne attribuita sia ad anematosi che ad una esagerata ematolisi. Se non si può escludere che l'anematosi vi abbia una parte, è però certo che l’ematolisi vi esercita quella predominante e più direttamente dimostrabile. Gli studii di Quincke (4) hanno pei primi messo in rilievo la grande quantità di ferro che in questi casi si deposita nel fe- gato e anche rilevabile nei reni come in altri organi ghian- dolari. Il fatto dopo d'allora ha trovato ampia conferma e fu studiato con ispeciale acutezza da Hunter (5) dal punto di vista clinico. Egli in numerose pubblicazioni si è sforzato di dimostrare un rapporto fra la gravità della malattia e l’abbon- danza dei pigmenti nelle orine, specialmente di urobilina, come pure della quantità di ferro eliminata per questa via. Egli vi attribuisce tanto valore che se ne serve anche per differenziare le anemie perniciose da quelle secondarie: cosa che può essere facilmente riscontrata da chiunque abbia pratica di questi ma- lati. Che l’emolisi entri come fattore importante nel determinare l'anemia progressiva lo dimostrano anche molto bene i casi nei quali questa fu preceduta da ittero o si è accompagnata ad ittero nei periodi di aggravamento. Casi consimili (Lebert, Co- razza, Pepper) sono già descritti nell'antica monografia di Scheby Buch (6) e si rilevano poi riferiti qua e là in numero vario (Quincke, l.cit., 6 casì: Georgi u. Ewald (7), Bartels (8), Bristow (9) 4 casì, ecc.) nella letteratura. Le cause di questa aumentata emolisi vengono oramai ge- neralmente ricercate in agenti chimici di azione analoga a quelli che sono già conosciuti come veleni ematici: poichè, come ri- sulta dalle esperienze di Silbermann (10), colla introduzione di speciali veleni: glicerina, acido pirogallico, emoglobina, si riesce a produrre negli animali un quadro molto analogo a quello del- RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 597 l'anemia perniciosa. L'esistenza di un veleno dotato di proprietà emolitiche nell’anemia perniciosa era già resa probabile dalle osservazioni di Hunter (loco cit.), confermate poi da Mott (11) e da altri; ma pare abbia trovato una conferma diretta nelle recenti ricerche di Maragliano (12), secondo le quali il siero di individui gravemente anemici, analogamente a quello di altri malati. avrebbe la proprietà di distruggere i globuli rossi che vi siano immessi. Esistono tuttora molte controversie intorno all'origine di questi veleni e nulla si sa circa la loro natura. Per rispetto alla loro origine si deve ammettere con molta pro- babilità che questa è multipla e la questione che vi riguarda è bene tratteggiata nel seguente periodo di Birsch-Hirschfeld (13) relatore sull'argomento delle gravi anemie al Congresso di Lipsia del 1872. Questi agenti emolitici “ possono venire dal di fuori (avvelenamenti), essere prodotti da microorganismi, oppure ori- ginati nel corpo stesso (autointossicazioni) .. Prescindendo per ora dai primi che sono nel dominio della farmacologia, ecco per sommi capi che cosa si sa per rispetto agli altri. Relativamente alla proprietà dei microorganismi di produrre sostanze capaci di distruggere gli elementi del sangue, vi sono oramai numerosi studii: ma per accennare soltanto a quelli che hanno attinenza fra i rapporti possibili di una eventuale infe- zione collo sviluppo di anemie gravi, basti ricordare le osser- vazioni di Fisch ed Adler (14) e quelle recenti di Silva (14 dis). Tl caso descritto da Fisch ed Adler riguarda un’anemia perniciosa svoltasi in un uomo giovane e nel quale fu possibile isolare dal sangue lo streptococco piogene entrato nell'organismo, probabilmente da una leggiera ferita infettata. Gli stessi autori studiarono l’influenza di colture sterilizzate di questo mieroor- ganismo nel coniglio, e mediante iniezioni delle medesime, sa- rebbero riusciti a riprodurre nell’animale di esperimento il quadro dell’anemia grave progressiva. Nei casi riferiti da Silva e rela- tivi a due forme di anemia perniciosa progressiva di cui l’una a decorso acuto, l’altra a decorso cronico, colle colture venne isolato dal sangue lo stafilococco piogene bianco. Non soltanto i microorganismi ma anche parassiti molto più elevati nella scala zoologica sembrano capaci di produrre l’anemia per questo meccanesimo o direttamente od anche me- diante i prodotti della loro scomposizione. Così è noto dalle ri- "ul 598 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE i cerche di Lussana (15) che l’azione tanto deleteria degli anchi- lostomi dovrebbe essere spiegata in un veleno dai medesimi prodotto e che viene in seguito riassorbito. Lo stesso fatto av- verrebbe pel “ botriocephalus latus , che muore con grande faci- lità e putrefacendosi nel canal digerente vi versa prodotti tossici (Wiltschour u. Dehio (16) ). I veleni ematolitici possono inoltre originarsi, come è già stato accennato, nell'organismo stesso e specialmente nell’appa- rato gastrointestinale o nell'intimo dei tessuti. Parlano in favore dell'origine gastrointestinale parecchi dati, cioè: la presenza quasi costante di alterazioni anatomiche dello stomaco e del- l'intestino nelle forme di anemia grave: l'aumento dei prodotti di putrefazione e finalmente il buon esito determinato dalle cure dirette a migliorare le funzioni digerenti. Già le osservazioni di Senator (17), di Brieger e di Hen- nige (18) hanno dimostrato che nelle anemie gravi è molto au- mentata la quantità di indacano come pure di altri prodotti aromatici, che si elimina colle orine. Hunter ha pure trovato un aumento dei solfati aromatici che passano nell'orina, in rapporto colla gravità della malattia, ed oltre a ciò sarebbe riuscito ad isolare due ptomaine analoghe alla putrescina ed alla cadave- rina ed un'altra della natura delle diamine. Hanno poi speciale importanza a questo proposito i casi di Sandoz (19), Meyer (20), Kaufmann (21), eec. ecc., nei quali le la- vature gastriche coll’aiuto eventuale di enteroclismi riuscirono a provocare un rapido miglioramento della malattia. La teoria che fa risalire l'origine dell’ autointossicazione nell'apparato digerente, conta molti partigiani specialmente fra gli inglesi (Hunter, Mott, Bond e Copemann, Crozer e Griffiths Buu). Ma nell'anemia perniciosa non ha probabilmente luogo sol- tanto una distruzione maggiore degli elementi del sangue; sib- bene anche degli elementi dei tessuti e con probabilità negli stadii avanzati, come accennò il Silva (22), si stabilisce un giro vizioso, poichè l’intossicazione gastroenterica produce l’anemia, e quest'ultima a sua volta favorisce lo sviluppo d'una autoin- tossicazione nell’ intimo dei tessuti. Clinicamente questa intos- sicazione di origine parenchimatosa è dimostrata dal fatto che in casi oramai abbastanza numerosi la morte avvenne con fe- RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 599 nomeni di coma e analoghi al complesso sintomatico di Kussmaul. L’insorgere del coma in simili circostanze venne per la prima volta osservato da Miiller (23) e confermato poi in scala assai | più vasta da Senator (24) e da Riess (25). Anzi Senator non esita a dichiarare che “ all'infuori del diabete, l’anemia perniciosa gli sembra essere la malattia nella quale questo coma interviene con maggiore frequenza ,. È per rispetto alla causa che la sostiene, afferma “ non potersi considerare i fenomeni comatosi come conseguenza dell’ anemia; ma piuttosto come effetto di una intossicazione legata alla medesima ,. Per altra parte, come è noto, questo coma è analogo a quello che si osserva negli ultimi stadii del diabete, del cancro e che è riferibile ad una specie di intossicazione. Le ricerche di Klemperer e di H. Miiller hanno dimo- strato molto probabile nei cancerosi la presenza di un veleno che circolando nel sangue di questi ammalati provoca la distru- zione della albumina, ed in alcuni casi produsse il coma a cui si è accennato. Ma se si paragonano le alterazioni del ricambio riscontrate nei cancerosi dagli autori precedenti e quelle osser- vate nelle forme gravi di anemia perniciosa, vi si trovano molti punti di contatto: cosicchè se nel primo caso Klemperer potè indurre trovarsi nel sangue un veleno, la stessa deduzione ap- pare « priori anche verosimile per l’anemia perniciosa. Infatti le ricerche di Klemperer e di Miller hanno messo in sodo che circa nei °/, dei casi di carcinomatosi si ha una aumentata di- struzione dell’albumina. Per l’anemia perniciosa non sì posseggono ancora ricerche molto numerose; ma le osservazioni di Eichhorst (26), quelle di V. Noorden (27) e Striimpell (28) la peptonuria (Grocco, De- voto) ed il fatto generalmente constatato della diminuita alca- linità del sangue in questi casi (v. Fakch, Peiper, Kraus, Rumpf, Drouin, Griber) dimostrano un aumento nella distruzione del- l’albumina durante il periodo più grave dell'anemia. Ora, secondo rileva V. Noorden (29) è “ inammissibile l'ipotesi che l’anemia per se stessa sia la causa della distruzione patologica dell’al- bumina: dimodochè si deve ritenere più verosimile entrambe dipendano da un’altra causa ,: e probabilmente, secondo il con- cetto espresso dallo stesso autore, questo aumento nella distru- zione dell’albumina dipende da disturbi che accompagnano l’ane- 600 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE mia, forse anche concorrono a produrla, e contemporaneamente avvelenano il protoplasma. Da tutto quanto venne esposto finora emerge chiara la probabilità di una intossicazione nelle anemie gravi progressive: intossicazione la quale in un primo periodo forse provoca l'anemia conducendo una ematolisi patologica e poi coll'aggravarsi della malattia diventa sempre più complessa nel suo meccanismo e si accresce per effetto di quegli stessi prodotti di distruzione ai quali ha dato luogo. Ci pare però che il problema potesse venire studiato in modo più diretto ricercando, per così dire, l’azione fisiologica del sangue di animali profondamente anemici sopra animali normali della stessa specie, Non abbiamo trovato nella letteratura alcun cenno di ri- cerche fatte in questo indirizzo se si eccettuano quelle recenti di Castellino (30), le quali però non interessano direttamente il nostro studio perchè fatte con siero di sangue tolto a soli malati di anemie secondarie ad emorragia, ed inoltre relative alla tos- sicità del siero di sangue umano sull'organismo del coniglio. Ora le anemie da emorragia possono bensì trasformarsi in anemie progressive perniciose per circostanze tuttora sconosciute; ma d’ordinario si differenziano moltissimo dalle medesime, prova ne sia che in esse non si ha aumento di distruzione dell’albu- mina, anzi malgrado le condizioni gravi si può effettuare un risparmio (V. Noorden — loco citato). Per altra parte la trasfu- sione di sangue eterogeneo induce necessariamente complicazioni dovute alla differenza esistente fra i due plasmi sanguigni e difficilmente eliminabili, cosicchè non riesce più possibile valu- tare con sicurezza l’azione fisiologica. Partendo dai concetti sopraesposti, abbiamo cercato di ri- produrre sperimentalmente nel modo più fedele possibile le alterazioni ed il quadro sintomatico proprio dell'anemia perni- ciosa quale si osserva nell'uomo. A questo scopo abbiamo creduto opportuno ricorrere alle anemie prodotte da agenti chimici dotati di proprietà ematoli- tiche. In fatti le anemie così ottenute riconoscono con proba- bilità lo stesso meccanesimo di quelle osservate nell'uomo. È secondo le ricerche di Silbermann (l. cit.) ne riproducono in tutti i particolari la sintomatologia, nonchè le alterazioni ana- tomo-patologiche. Per verità sotto l’azione di veleni dotati di RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEI SANGUE, ECC. 601 proprietà ematolitiche si osserva come fatto costante una dimi- nuzione notevole e progressiva nel numero dei corpuscoli rossi, con riduzione nel tasso emoglobinico e secondo quanto riferisce questo osservatore, colle alterazioni caratteristiche del sangue e solite a manifestarsi nelle gravi anemie, quali la comparsa di poichilociti, macro e microciti e corpuscoli rossi nucleati. Di più sempre secondo Silbermann, colle anemie da ematolisi si riproducono anche la degenerazione grassa del cuore e dei vasi come pure quella dei reni e del fegato nonchè le emorragie sottomucose, sottosierose e dei vasi della retina, le quali come è risaputo, rappresentano il complesso di molte fra le altera- zioni anatomiche più frequenti a riscontrarsi nell’anemia per- niciosa dell’uomo. Fra i veleni ematici abbiamo dato la preferenza alla piro- dina perchè abbastanza nota nei suoi effetti e di facile dosaggio. Le alterazioni prodotte da questo veleno nel sangue per quanto si conosce dagli studi fatti finora si avvicinano molto a quelle proprie delle gravi anemie. Così Valdameri (31) in uno studio recente, sperimentando colla pirodina sull'uomo e sugli animali, ha trovato quanto segue. Nel sangue: diminuzione progressiva dei corpuscoli rossi, diminuzione di alcalinità del siero, altera- zioni gravi nella forma, nella resistenza nel colorito degli eri- trociti, diminuzione della densità, aumento della coagulabilità e del potere alterante del siero. Nell’orina, aumento dell’aci- dità, aumento della eliminazione di urea e di acido urico, del- l’urobilina e delle urotonie. Parimenti risulta dalle esperienze di Mazzoni (32), Mya (33) e Poletti (34) che in seguito alla distruzione globulare prodotta dalla pirodina, il midollo delle ossa e la milza riprendono la loro funzione ematopoetica come si osserva appunto quasi costan- temente per il midollo delle ossa ed in alcuni casi anche per la milza (Mosler e Gast) nell’anemia perniciosa dell’uomo. Oltre a ciò dagli studi intrapresi in alcuni casi e che ver- ranno proseguiti con maggior cura da uno di noi (Battistini in collaborazione col Dr. Rovere), sul tipo dell’anemia prodotta dalla pirodina, sembra probabile che si possa ottenere colla me- desima un’anemia nella quale il valore globulare non è inferiore all'unità, ma vi è anzi talvolta superiore, precisamente come suole avvenire nell’anemia grave dell’uomo. 602 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE Nella intossicazione si è ricorso per lo più a dosi piccole e ripetute ad intervalli brevi perchè questo metodo ci sembrò riprodurre meglio le condizioni ordinarie dell'intossicazione 0s- servata sull'uomo. Soltanto in casi eccezionali si incominciò con una dose forte data d'un tratto. Le difficoltà incontrate nel graduare l’avvelenamento furono parecchie perchè dipendenti in gran parte dalle condizioni individuali dell'animale e non sempre precisabili, cosicchè abbiamo dovuto procedere a tenta- tivi perdendo talvolta animali già prossimi al grado di anemia voluto. Abbiamo dato la preferenza ai cani come animali di esperimento per procurarsi quantità abbondanti di sangue ne- cessarie allo studio. Tenendo calcolo del fatto che nelle gravi anemie dell'uomo si osserva quasi costantemente diarrea la quale per disturbi, che apporta all’assorbimento delle sostanze alimentari, concorre con probabilità ad aggravare il processo, noi abbbiamo riprodotto questo disturbo nei cani di esperimento mediante dosi ripetute ed elevate di resina di gialappa nello stesso periodo di tempo in cui venivano avvelenati colla piro- dina. Dobbiamo però notare a questo riguardo che anche in casi nei quali non si era somministrato il purgante, quando l'anemia raggiunse gradi elevati comparve spontaneamente la diarrea come si osserva nell'uomo, il che indurrebbe a supporre, talora anche per questa, trattarsi di fatto secondario al grave stato anemico, Per ragioni di tempo in questa serie preliminare di ricerche, ci siamo limitati a prendere per lo più come indice del grado dell’anemia, per quanto riguarda il sangue, la semplice emo- metria determinata coll'emometro del Fleischl perchè oramai si conosce che le alterazioni profonde, morfologiche e chimiche le quali si manifestano nella crasi sanguigna, nelle circostanze analoghe a quelle che ci interessano, vanno di pari passo colla dimininuzione del tasso emometrico. Non abbiamo però mancato di fare anche esami minuti del sangue coi metodi oggigiorno in uso nella clinica per assicurarci che al grado emometrico corrispondessero realmente anche quelle alterazioni negli ele- menti del sangue come nella costituzione del siero, che carat- terizzano le gravi anemie. Ottenuto il grado di anemia desiderato, abbiamo sempre sospeso, per un certo periodo di tempo, vario fra 3-5 giorni, la RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 603 somministrazione della pirodina per non incorrere nel pericolo di iniettare ancora col sangue il veleno stesso. Discuteremo più oltre se questa precauzione sia stata o no sufficiente e se i feno- meni da noi osservati possano venire riferiti ad effetto della pirodina; fin d'ora però ci preme far osservare che malgrado nulla si conosca sulla rapidità di eliminazione di questa sostanza e sui prodotti di trasformazione ai quali dà luogo; tuttavia siamo autorizzati a ritenere che essa deve lasciare l'organismo in un tempo non molto lungo, perchè talvolta ci accadde di vedere aumentato il tasso emoglobinico pochi giorni dopo sospese le iniezioni nelle forme medie di anemia. Le nostre ricerche vennero fatte col sangue defibrinato quale si adopera ordinariamente per la trasfusione; in un caso solo abbiamo voluto vedere anche il modo di comportarsi dello siero per avere un termine di paragone. Le ragioni che ci indussero a prescegliere il sangue defi- brinato sono la facilità con cui questo può essere preparato, la costanza della sua composizione in ogni caso speciale e la pro- babilità di avere col medesimo tutte le sostanze tossiche le quali per avventura si potessero trovare nel sangue intero. Non avendo a nostra disposizione una centrifuga, la preparazione dello siero rendeva necessario di lasciar intercedere un tempo lungo, fra il momento in cui il sangue era tolto dall’animale e quello in cui il siero veniva utilizzato. Per di più come risulta dalle ricerche di Castellino (1. cit.) lo siero possiede una tossicità varia a seconda dei modi in cui viene preparato ed a seconda che viene preso più o meno vicino al coagulo. Abitualmente abbiamo fatto la trasfusione endovenosa; però a scopo di controllo ab- biamo fatto anche qualche trasfusione peritoneale. Per lo più nell’animale sano destinato a ricevere il sangue di quello ane- mico, abbiamo praticato un salasso abbondante corrispondente in ogni caso al 3 °/ del peso dell'animale, e subito dopo abbiamo praticata la trasfusione. Questo metodo seguito da A. Mosso (35) per lo studio dei veleni della fatica ci parve anche molto adatto al caso nostro perchè destinato a mettere meglio in rilievo i fenomeni che potessero venire eventualmente prodotti dal sangue iniettato; operandosi così nell’animale sano in breve tempo, diremmo quasi, una sostituzione del sangue con quello anemico. Il salasso del 3 ‘/, del peso nel cane, come è noto, è molto 604 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE ben tollerato e non può assolutamente provocare disturbi che venissero ad intralciare l'osservazione dei fenomeni che ci in- teressavano. Però non abbiamo mancato di fare anche qualche esperienza di trasfusione senza previo salasso per togliere di mezzo tutti i fenomeni che potessero venire al medesimo im- putati. La quantità di sangue iniettata fu varia nei singoli casì e sempre superiore a quella tolta col salasso. Ecco in breve come si procedeva: Dissanguato il cane anemico dalla carotide se ne racco- glieva il sangue defibrinato in recipiente sterile previa filtra- zione attraverso parecchi strati di garza idrofila e lo si man- teneva a bagno maria alla temperatura di 37° €. Scelto intanto un altro cane sano e di piccola taglia per la carotide si praticava un salasso corrispondente al 3 °/ del suo peso e dalla giugulare si trasfondeva il sangue tolto all'animale anemico. La trasfu- sione veniva praticata a pressione bassa e con lentezza, subito dopo l’animale veniva sottoposto all'osservazione protratta anche per un periodo di tempo di parecchie settimane: avendo cura naturalmente di mantenerlo in buone condizioni igieniche. Le ricerche di cui ora riferiamo i risultati non sono com- plete e hanno avuto per iscopo soltanto di determinare in mas- sima se il sangue di animali anemici trasfuso ad altri della stessa specie vi provocasse disordini riferibili ad una intossica- zione. L'analisi più minuta dei fatti sarà oggetto di altro lavoro. Noi ci siamo prefissi di studiare i fenomeni immediati della trasfusione di sangue tolto ad animali anemici, ed i fenomeni consecutivi alla medesima, rilevabili coll’esame dello stato gene- rale e del peso delle urine, del sangue, cioè gli eventuali feno- meni di una intossicazione acuta e quelli dell’ avvelenamento cronico. Ecco ora riassunti alcuni protocolli delle nostre esperienze. Esperienza I. Robusta cagna da pastore del peso di Kgr. 17,5. Viene sottoposta il giorno 16 marzo al trattamento colla pirodina e resina di gialappa e diviene rapidamente anemica. La nutrizione sì fa scadente, l’animale perde rapidamente in peso, rifiuta il cibo, il sensorio è depresso. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 605 Riportiamo il diario: = A 5-5 i Gi { Pi (=| | Data Sa HG Emometria ed osservazioni R=o) e | Di d Ì ® "i DI 3 | 15 Marzo —_ - FEmometria 95-100. Nulla nelle orine. | od KE A gr. 0,20 | gr. 5 o: SR pag [PI dine » 0,20 — | 19re0ag » 0,20 eni Ematuria, albuminuria. 20/0. = 1020. _ gle » 0,20 _ 27 di — | Rifiuta il cibo. Sa nata 202009 stadi È gni 24... 0,20 — Emometria 15. Peso Kgr. 14,8. Col giorno 24 si cessa di somministrare pirodina. Si lascia in riposo l’animale fino al giorno 28 (Emometria col Fleischl 20-25; col ero- momet. 25-30), in cui lo sì salassa alla carotide ed il sangue raccolto viene defibrinato e filtrato per garza. 28 marzo ’96. — Piccolo cane bastardo a pelo corto. Pesa Kgr. 4,5. Sano, in buone condizioni di nutrizione, molto vispo, occhi normali. Emometria 105. Si lega l’animale sul tavolo di operazione e si salassa alla carotide. Si tolgono gr. 107 di sangue. Si lega l’arteria e si sutura la ferita. Per la giugulare (messa allo scoperto ed in cui si è introdotta una cannula comunicante per un tubo di gomma con un imbuto contenente il sangue) sì iniettano gr. 257 di sangue defibrinato e filtrato proveniente dalla cagna, di cui abbiamo sopra riportato il diario. La trasfusione si fa lentamente ed a pressione molto bassa, procede con regolarità. Durante la trasfusione l’animale presenta delle scosse cloniche agli arti posteriori. Il respiro diventa irregolare, l’animale fa delle inspirazioni profonde, poi mantiene per un certo tempo il torace in espirazione forzata. Appena terminata la trasfusione e suturata rapidamente la ferita, sì slega l’animale e lo si lascia libero nella stanza. Ore 18. — Si regge in piedi e cammina, presenta però un leggero stato paretico degli arti posteriori, che tiene divaricati e semiflessi. Cammina abbastanza bene, ma per poco. Subito si stanca e cerca un angolo della stanza per mettersi a riposare. Eccitandolo, lo facciamo 6O6 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE camminare per alcuni minuti di seguito; scoppia un accesso molto grave di dispnea. La respirazione sì fa col concorso di tutti i muscoli ausiliari. Particolarmente notevoli i movimenti delle pinne nasali. 18,20. — Anche lasciato tranquillo, presenta un tremito generale e contrazioni eloniche manifeste a tutti gli arti, ma specialmente ai mu- scoli glutei. Mentre è coricato tranquillo, presenta tratto tratto orripilazioni come da freddo. La temperatura rettale dell'animale è però di + 39, 5. 18,30. — Persiste il tremito diffuso a tutto il corpo che si mani- festa con contrazioni cloniche molto fini e rapide agli arti. Gli arti po- steriori offrono un leggero grado di rigidità. Le pupille sono dilatate. * 18,35. — L'animale non si è più mosso, continua a presentare tremiti. Viene introdotto nella camera un altro cane. Allora l’animale in osservazione sì alza e si muovengpontaneamente verso il nuovo venuto. Si nota che nel camminare presenta ancora una leggera paresi sini- stra posteriore. Si vede però che va rapidamente migliorando. 20. — È molto migliorato, non si muove però volentieri, pare stanco e sta preferibilmente coricato. Gli viene offerto del latte. Ne beve pochissimo. 29 marzo. — Stesse condizioni che vanno sensibilmente migliorando. 30 Id. — Nulla di nuovo. Seguita rapidamente il miglioramento. Scomparso ogni speciale fenomeno. 31 Id. — Condizioni generali buone. — Peso invariato. — Emo- metria 90. Riassumendo, abbiamo osservato in questo caso fenomeni abbastanza spiccati da parte del sistema nervoso. L'intossica- zione però è decorsa in modo rapido e non grave. Dopo tre giorni l'animale era completamente rimesso, non aveva perduto in peso, il suo tasso emoglobinico si era ben poco abbassato. Noi consideriamo questo caso come una delle forme tipiche di intossicazione acuta da trasfusione di sangue anemico. E queste forme acute sono anche le più benigne. Vedremo in altri casi ai fenomeni acuti tener dietro una forma grave di intossicazione cronica. Probabilmente al prodursi o no di questa forma cronica, oltre al tasso emoglobinico ed alla quantità del sangue trasfuso, non è estranea la diversa resistenza dell'animale che riceve il sangue. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 607 Un buon esempio di avvelenamento cronico susseguente a fenomeni acuti di una certa intensità ce lo offre l'esperimento seguente: Esperienza IL Ad un cane di media grossezza, molto robusto, sì incominciano a praticare il 2 febbraio delle iniezioni di pirodina. Il sangue di questo animale, esaminato il 1° febbraio, segnava 95 all'emometro del Fleischl; il peso dell'animale era di Kgr. 5,100. | Quantità | Data \di pirodina iniettata | 2 0,05 3 0,05 4 0,05 5 | 0,05 6 0,05 7 0,05 Emometria 25-30. Cromomet. 35. | 8 0,03 Resina di gialappa gr. 50. 9 0,03 o ) î 10 0,03 Ti to Si sospendono le iniezioni di pirodina. 13: Il giorno 13 febbraio si pratica l'esame del sangue e si trova che segna all’emometro da 15 a 20. Si procede subito ad un salasso dalla carotide. Si sospende ogni tanto l'uscita del sangue in modo da praticare il salasso a più riprese. Si riesce così ad avere 140 gr. di sangue. L'animale pare aver soppor- tato abbastanza bene il salasso. Avendo in pronto del sangue defibrinato proveniente da altro cane perfettamente normale, si procede per la giu- gulare alla trasfusione di questo sangue nell’animale salassato. Il sangue era mantenuto alla temperatura di 37. Prima del sangue penetrano per la vena pochi grammi di soluzione fisiologica, tanto unicamente da riempiere il tubo e la cannula dell’ap- parecchio che ci serviva per la trasfusione. La trasfusione procede un po’ rapidamente. Il recipiente contenente il sangue è a circa 50 centimetri sul livello del tavolo di operazione, Pochi minuti dopo iniziata la trasfusione, l’animale muore improv- visamente, senza convulsioni, anzi senza fare movimento di sorta. La PI TOO 608 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE I Senza per ora entrare in alcuna considerazione su questo fatto, ci limitiamo a constatare come sia assolutamente da escludersi l'ipotesi che la morte sia dovuta ad entrata di aria nella giugulare. l Il sangue ottenuto da questo cane mediante il salasso praticato, come si è detto, prima della trasfusione, ci serve perla seguente esperienza. Cagnolino perfettamente normale del peso di gr. 3250. Il sangue segna all’emometro 95. 13 febbraio 96. — Ore 17. — Si pratica per la carotide un salasso di grammi 120 circa. Ore 18,20. — Per la giugulare si fa in questo animale la trasfu- sione dei gr. 140 di sangue anemico (emom. 15-20) proveniente dal cane di cui si è sopra riportato il diario. La trasfusione viene eseguita molto lentamente ed a pressione bassa quanto è possibile. Durante tutta l’operazione non si osserva alcun fenomeno degno di nota. Appena terminata la trasfusione, si sutura rapidamente la ferita e sì slega l’animale. N sangue segna all’emometro 40-45. L'animale non è capace di reggersi in piedi, cade colla testa in avanti. Ha il dorso molto ineurvato ad arco, tiene la testa quasi pen- zolone fra le gambe. Mentre gli arti posteriori sono estesi e mediocre- mente rigidi, gli anteriori invece sono flessi. L'animale è continuamente agitato da un tremito generale, I caratteri di questo tremito si differen- ziano bene da quelli di un semplice tremito da freddo. 19. — Per togliere l’animale dal pavimento bagnato ed un po’ sdrue- ciolevole della camera d’operazione lo si trasporta in altra stanza a pa- vimento di legno. Qui il cane riesce ad assumere una posizione seduta che però man- tiene a stento. La colonna vertebrale è molto incurvata, le gambe an- teriori sono molto divaricate come se fossero paralitiche. Presenta sempre tendenza a cadere colla testa in avanti. Tenta di sollevarsi, ma non può sostenersi sulle zampe posteriori. Le pupille reagiseono molto pigramente alla luce. Toccandolo, presenta delle contrazioni tonico-cloniche non molto pronunziate, generalizzate però a tutto il corpo. 19,15. — Animale nelle stesse condizioni. Presenta rigidità della colonna vertebrale e di tutta la metà posteriore del corpo. Lasciato tranquillo, assume una posizione che ricorda quella del Kanguro. Polso buono, regolare, frequenza 126 al minuto. 19,30. — Tenta di alzarsi, ma non vi riesce, causa la rigidità del treno posteriore. Da quando venne slegato e lasciato tranquillo, l’animale non ha più gridato. Messo in una cassa che gli serve di giaciglio, viene lasciato a sè. 23,19. — È in condizioni molto migliori. Messo fuori della sua cassa sì tiene in piedi e riesce a camminare discretamente bene. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 609 È però sempre notevole la curvatura della colonna vertebrale. Anche nei tentativi che l’animale fa per saltare le pareti della cassa dove si trova, non allunga completamente la colonna vertebrale. Quando riesce a saltare nella cassa, vi si accovaccia senza difficoltà e vi sì corica sul fianco curvandosi colla schiena a semicerchio, posiì- zione per altro normale per il cane. Le pupille seguitano ad essere di- latate ed a reagire pigramente e debolmente alla luce. 14 febbraio. — In tutta la giornata le condizioni dell'animale sono rimaste quasi invariate. Non ha mangiato, non ha tentato di uscire dal suo giaciglio, dove è rimasto tutto il giorno coricato e sonnacchioso. Alla sera messo appositamente fuori della cassa, dove sta coricato, si vede che si regge abbastanza bene sulle gambe. È ancora molto de- bole ed ha tendenza a cadere sul fianco. Presenta ancora un certo grado di rigidità alla colonna vertebrale ed agli arti posteriori. Non rimane che poco tempo in piedi, preferisce la posizione seduta. Salta abbastanza bene la parete della cassa, dove va a coricarsi. Emometria 45. Le pupille sono sempre dilatate. Nella sera beve un po’ di latte. Tutti i fenomeni sovra descritti vanno scomparendo, ma molto lenta- mente. Il tasso emoglobinico va invece diminuendo per raggiungere un minimum il giorno 20 febbraio, in cui troviamo segnato sul diario : 20 febbraio. — Emometria 35. L'animale non appare ancora com- pletamente rimesso. La ferita al collo (per la trasfusione) è quasi guarita. Uno solo dei punti di sutura dà una leggera suppurazione senza im- portanza. Lentamente l’animale va rimettendosi. Il tasso emoglobinico cresce ed al giorno 26 troviamo sul diario: Emometria 40-43. L’animale appare completamente rimesso. In questo stesso giorno si procede ad una nuova trasfusione di sangue anemico. Esperienza III. 18. — Per la giugulare, col solito metodo e colle volute cautele si iniettano gr. 120 di sangue defibrinato, tolto ad un cane da caccia sot- toposto da qualche tempo alle iniezioni di pirodina con contemporanea somministrazione per via gastrica di resina di gialappa. (Il cane in que- stione, al momento in cui venne salassato, si trovava in cattive condi- zioni. All'emometro il sangue segnava 25, l’animale stentava a reggersi în piedi, rifiutava il cibo ed il peso che prima dell'esperienza era di Kgr. 17,3 era disceso a Kgr. 12,4. Non è necessario osservare che da Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. dd PIPA 610 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE parecchi giorni prima di praticare il salasso si era sospesa la sommi- nistrazione di pirodina). L’iniezione procede lentamente a pressione moderata e si termina senza incidenti. Subito dopo terminata la trasfusione, l’animale presenta un respiro profondo, lento, stertoroso come se dormisse profondamente. Suturata rapidamente la ferita, si slega l’animale. Messo a terra, riesce a tenersi sulle zampe, avendo però gli arti posteriori divaricati, semiflessi. Presenta un certo grado di contrattura al dorso e tremiti continui agli arti posteriori. Riesce a camminare ed anche a spiccare un piccolo salto, però con molto stento. Pare che non sappia dirigersi; va a battere violentemente il capo contro uno sportello a vetri di un ar- madio, dentro al quale tentava di nascondersi. Emometria (poco dopo la trasfusione) 35. 19. — L'animale non si è più mosso da un angolo della camera, dove sì è accovacciato. Anche ora non si riesce a farlo muovere se non eccitandolo. Ha l’aspetto istupidito. Presenta paresi degli arti, specie dei posteriori. Leggere scosse sussultorie, generalizzate a tutto il corpo. 23. — Il cane dorme profondamente, messo fuori della cassa, dove sta coricato cammina, ma un po’ stentatamente per paresi del treno posteriore. Riesce nondimeno facilmente a saltare nella sua cassa, dove subito si corica e si addormenta. Risponde poco alle eccitazioni. Anche picchiando col piede contro le pareti della cassa, l’animale non alza la testa, nè fa aleun movimento. 27 e 28 febbraio. — Quantunque completamente libero, l’animale non ha mai tentato di uscire dalla sua cassa. Senza essere eccitato, non sì è mai messo neppure a sedere. Dorme quasi sempre. Facendo rumore vicino a lui, apre gli occhi, ma non alza neppure la testa. Neppure seuo- tendo la cassa, nella quale sta coricato, si riesce a fargli alzare la testa. Messo fuori, sta sulle zampe e cammina abbastanza bene. Tenta però subito di ritornare al giaciglio e non cammina se non eccitato. Respiro e temperatura normale. Non ha mangiato in questi due giorni che pochissima zuppa e bevuto un po' di latte. 29 febbraio. — Nella notte il cane ha bevuto ancora poco latte. Ogni tanto, stando coricato, emette dei gemiti. Messo fuori della sua cassa, si tiene in piedi, ma con stento, tenendo gli arti divaricati. Ecci- tato, cammina di mala voglia e barcollando, e tenta subito di dirigersi verso il suo giaciglio. 29 — Ore 15. — Il cane comincia ad emettere ogni tanto dei ge- miti, che poco a poco diventano quasi continui. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 611 Preso e messo sul pavimento della camera, riesce a sostenersi diritto sulle zampe rigide e divaricate. Anche senza che tenti di camminare, ogni tanto barcolla minacciando di cadere di fianco. Eccitato, cammina barcollando come ubbriaco. Si dirige subito alla sua cassetta, dove riesce ad entrare da sè superando le pareti della cassa stessa. Ricoricatosi, rico- mincîa a gemere. I gemiti ora sì ripetono ad ogni movimento respiratorio. 29 — Ore 16. — Tolto l’animale dalla sua cassa, riesce ancora a tenersi in piedi, tenendo però molto divaricati gli arti posteriori che sono rigidi. Ha una spiccata atassia di tutti gli arti, per cui la sua andatura è molto barcollante ed incerta. Non riesce ad entrare nella sua cassetta se non appoggiandosi al muro e con molto stento. Se gli si presentano ostacoli sulla sua strada, riesce molto bene ad evitarli. 16,30. — Lo stato dell'animale va rapidamente peggiorando. La temperatura rettale non è più che 35. 17. — L'animale muore. All’autopsia non sì riscontra nulla al cuore ed ai polmoni, nulla alla milza, ai reni, al fegato ed all’intestino. Per quanto questi organi vengano esaminati con cura, non si riscontrano infarti od altri fatti emorragici. Non si trovano coaguli nelle cavità destre del cuore. Il cer- vello si presenta anemico. Nulla di speciale alle circonvoluzioni od alla base. La corteccia è molto pallida, emorragie puntiformi nella sostanza bianca, sul pavimento dei ventricoli laterali e nel centro ovale. Riepilogo. — Queste due esperienze si riferiscono ad un cane che, malgrado fosse apparentemente in buone condizioni, tuttavia aveva un tasso emoglobinico alquanto inferiore alla norma e dimostrano gli effetti della trasfusione di sangue anemico, avente un tasso emoglobinico di 15, 20 e 25 ripetute ad intervallo di 18 giorni di distanza l’una dall’altra. In seguito alla prima trasfusione praticata previo salasso corrispondente al 3,6 °/ del peso del corpo, si è manifestato un complesso molto imponente di disturbi riferibili ad avvelena- mento acuto, in massima paragonabili a quelli già descritti per l’Esp. 18, ma molto più intensi. Questi disturbi non dileguarono interamente neanche dopo trascorse 24 ore e lasciarono come conseguenza un malessere generale persistente e fatto più note- vole un’anemia che invece di migliorare si fece anzi più grave e andò lentamente scomparendo. La seconda trasfusione fatta mentre l’animale era appa- rentemente in buone condizioni, ma aveva ancora un’emometria molto bassa di 40-45, malgrado sia stata praticata con sangue 612 FERDINANDO BATTISTINI — LOSENZO SCOFONE avente una emometria di 25 e senza previo salasso, tuttavia ha dato luogo a fenomeni gravi di avvelenamento acuto; però meno imponenti di quelli osservati in seguito alla prima, ma invece seguiti da un rapido peggioramento nelle condizioni dell'animale con disturbi notevoli da parte del sistema nervoso, fra cui pri- meggiano l’atassia spiccata, ed uno stato quasi comatoso. Il peggioramento fu progressivo e segulto da morte con ipoter- mia ed accentuazione di tutti i sintomi dopo tre giorni dalla trasfusione. Il reperto dell’autopsia ha dimostrato in questo caso la pre- senza di lesioni anatomiche rilevabili nel cervello per mol- teplici emorragie puntiformi e quindi non riesce possibile il giudicare in quale misura i disordini osservati siano riferibili alla intossicazione ovvero alle lesioni descritte. Tuttavia senza volere dare soverchia importanza a questa esperienza, intorno alla quale ci riserviamo di discutere in seguito, ci limitiamo a mettere in rilievo che l’autopsia non ha permesso di dimostrare le lesioni che si riscontrano negli animali morti per intossica- zione da fermento della fibrina. Esperienza IV. Ci siamo serviti in questa esperienza di sangue proveniente da un piccolo cane del peso di kgr. 5,4 anemizzato al solito colla pirodina. Il sangue di questo cane prima della somministrazione di pirodina segnava 100 all’emometro. Il giorno in cui sì prese il sangue non segnava che 25-30. Da parecchi giorni prima dell'operazione, l’animale non rice- veva più pirodina. 11 marzo. — Si sceglie per la trasfusione una cagnetta bastarda a mantello bianco, del peso di kgr. 4,5. È perfettamente normale. Da qualche giorno sì trova in laboratorio in osservazione. E in ottime con- dizioni di nutrizione, agile e vispa nei suoi movimenti. Emometria 95-100. Prima di procedere alla trasfusione si pratica un salasso dalla caro- tide destra. Si tolgono gr. 120 di sangue. Segno di malessere. Il cuore si indebolisce, il respiro diventa raro e superficiale. Si mette l’animale colla testa in basso e gli si fanno due iniezioni di etere solforico. In pochi minuti le condizioni ridiventano normali. 17. — Si isola la giugulare destra e col solito metodo e colle volute RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 613 cautele si iniettano 120 gr. di sangue proveniente dal cane anemico di cui sopra si è fatto parola. Il sangue è stato defibrinato accuratamente filtrato per garza e mantenuto in termostato a +- 37. La pressione a cui si fa la trasfusione è molto bassa. L'altezza della colonna liquida è di circa 8 em. Si lascia defluire il sangue molto lentamente, ed ogni tanto anzi se ne sospende per qualche minuto il deflusso. Malgrado tutte queste precauzioni la trasfusione non decorre senza incidenti. Appena l’animale ha ricevuto qualche cm. di sangue, emette forti grida, brevi ed interrotte. Quasi subito è preso da un accesso di convulsioni toniche generali. Il respiro diventa molto superficiale, anzi per un momento si sospende. Il cuore invece si mantiene abbastanza valido, polso un po’ vuoto, molto frequente, ma regolare. Si sospende per qualche minuto la trasfusione che sì riprende tosto ad animale più tranquillo, essendo rapidamente scomparsi i fenomeni sovra descritti; mentre però si procede nella trasfusione l’animale seguita a presentare tremiti generali spiccati specialmente a sinistra. Il respiro è prevalentemente diaframmatico, molto anelante, evidenti i movimenti delle pinne nasali. Terminata la trasfusione si sutura rapidamente la ferita e si slega l’animale. L'operazione ha ayuto in tutto la durata di una mezz'ora. 17,30. — Slegato l’animale e messo a terra si vede che è capace di reggersi in piedi. Però non appoggia quasi al suolo l’arto destro. Fa qualche passo; ha un’andatura molto barcollante specie nel senso della lateralità. Ogni tanto pure l’animale minaccia di cadere colla testa in avanti. Tenta di defecare. Vi riesce solo dopo parecchi tentativi non potendo far forza sugli arti posteriori e minacciando ad ogni tratto di cadere. Appare molto stanco. Eccitato a camminare cerca subito di rifa- giarsi in qualche angolo dove appoggiandosi al muro e con qualche stento riesce a prendere la posizione seduta. Anche in perfetto riposo presenta un grado elevato di dispnea. Il respiro è sempre a tipo prevalentemente addominale. Frequenti orripi- lazioni, e tremito diffuso a tutto il corpo. Risponde con intelligenza agli stimoli, mostra di capire e di inte- ressarsi a quanto succede intorno a lui. 18. — Si obbliga di nuovo l’animale, che spontaneamente non ha più cercato di cambiar sito, a camminare per la camera. Presenta una andatura felina, paresi del treno posteriore, leggero grado di contrat- tura del dorso. Emometria 55. 18,30. — Persistono gli stessi fenomeni, solo con l’intensità minore. Cercando di afferrarlo fugge abbastanza rapidamente. Ha però sempre Made a 614 FERDINANDO BATTISTINI —— LORENZO SCOFONE un'andatura incerta e barcollante. Le oscillazioni sono notevoli specie nel senso della lateralità. 14 e 15 marzo. — Dal momento dell'operazione l’animale ha costan- temente rifiutato qualunque genere di cibo. È rimasto sempre coricato in un angolo della camera di operazione senza mai muoversi sponta- neamente. 16. — Stato dell'animale invariato. Non mangia. Lo si rimanda al canile. 20. — L’animale è molto diminuito di peso. Pesa ora solamente Kgr. 3,6. Colle zampe è riuscito a lacerare la sutura della ferita al collo. I margini della ferita sono divaricati. Questa però non ha cattivo aspetto. Sul fondo granulazioni di buona natura. Persistono i fenomeni di paresi al treno posteriore specialmente a sinistra. Meno spiccata l’an- datura atassica. Alla cornea sinistra si osserva intorbidamento con viva iniezione pericheratica. Il sacco congiuntivale è pieno di catarro puru- lento. A destra profonde ulcerazioni al centro della cornea con intorbi- damento di tutta la porzione centrale. La pupilla a sinistra è midriatica. Lo stato generale è sempre molto depresso. Si regge bene sulle zampe ma non cammina se non vi è costretto, e subito cerca di rifugiarsi in qualche angolo per coricarsi. Nella posizione di riposo non presenta più nulla di speciale. Ha ancora qualche volta dei tremiti generali. 31. — L'animale ha ancora perduto. di peso. Pesa oggi Kgr. 3,5. Malgrado ciò lo stato generale appare migliorato. Sono scomparsi tutti i fenomeni da parte del sistema nervoso. L'occhio sinistro è guarito, l'occhio destro è in via di riparazione. Emometria 50-55. Senza più oltre riportare i particolari del diario di quest’'animale, diremo semplicemente che andò lentamente rimettendosi per modo che alla fine di aprile potè servire per altra esperienza che riferiremo in seguito. Per ora ci limitiamo a notare come in questo caso ci tro- vavamo di fronte ad un animale con scarsa resistenza, tanto che tollera molto male un salasso inferiore in quantità al 3 °/, del peso del corpo, salasso che è ordinariamente ben tollerato dagli altri animali. In rapporto con questa scarsa resistenza, si ha, in seguito alla trasfusione di sangue anemico, lo scoppio di una serie im- ponente di fenomeni dovuti in massima parte al sistema ner- voso. Dominano la scena i fenomeni paretici. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 615 Ai fenomeni immediati succede una grave intossicazione cronica, con perdita progressiva del peso, anoressia, depressione generale, e note di profonda denutrizione. L’emometria rimase immutata. La rigenerazione globulare non tende a farsi con quella rapidità che si riscontra dopo le anemie da salasso, e negli animali stessi anemizzati colla pirodina. Ad ogni modo dopo trascorsi più di venti giorni l’animale comincia a migliorare, pure rimanendo immutata l’emometria, pure seguitando la diminuzione di peso. Primi a scomparire sono i fenomeni nervosi, vengono in seguito le alterazioni corneali. Cresce in seguito il peso ed il tasso emoglobinico, finchè, verso il fine di aprile, l’animale che ha riacquistata tutta la primitiva vivacità, si può considerare come completamente rimesso. L'intensità dei fenomeni che si provocano negli animali che ricevono sangue anemico, è entro certi limiti proporzionale al grado di anemia del sangue iniettato. Anche qui nel produrre o no di certi fenomeni e nel grado dell'intensità loro ha parte la maggiore o minore resistenza dell'animale trasfuso. A parità di altre condizioni un animale robusto in buone condizioni di nutrizione sopporterà molto meglio la trasfusione di sangue anemico di un altro animale o naturalmente più de- bole o già indebolito per essere antecedentemente stato sotto- posto ad iniezione di sangue anemico. Riferiamo a questo proposito due esperienze che ci sem- brano molto dimostrative. Il sangue che ci servì per queste due esperienze ci venne fornito da un robusto cane di razza bow/-d0g, sottoposto alle iniezioni di pirodina. Senza riportare il lungo diario di questo animale ci limiteremo ad os- servare che mentre presentata una progressiva diminuzione di peso abbastanza notevole, andava molto lentamente diventando anemico sotto l’influenza della iniezione di pirodina. Appena si lasciassero trascorrere pochi giorni senza somministrare la solita dose di farmaco subito accresceva notevolmente il tasso emo- O UIN/DA 616 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE globinico nel sangue di questo animale. E questo fatto lo abbiamo po- tuto osservare parecchie volte nel lungo tempo in cui l’animale rimase in laboratorio e sottoposto al trattamento colla pirodina. Valgano alcuni esempi : Ml 24 marzo il sangue di questo animale segnava all’'emometro 25-80. Il cane poi aveva dal principio dell'esperienza perduto 600 grammi di peso. L'animale seguita a ricevere pirodina nella dose di 20 centig. al giorno, sino al 27 dello stesso mese poi si sospende. Quattro giorni dopo, ai 81 di marzo il sangue segnava già all'emo- metro 50. Si lascia decorrere senza più somministrare nuova pirodina un pe- riodo di tempo abbastanza lungo, in cui il contenuto del sangue in emoglobina rimane pressochè immutato e l’animale seguita a perdere di peso. L’11 di aprile si somministra nuova pirodina (Cgr. 80 in tre dosi in quattro giorni). Questa volta l’animale diviene rapidamente anemico ed il giorno 14 in cui si sospende di nuovo la somministrazione del farmaco, il sangue segna all’emometro 15-20. Quattro giorni dopo, il 18 aprile il sangue segna già di nuovo all'emometro 50-55. In queste condizioni viene praticato al cane un salasso alla carotide sinistra. Si tolgono circa gr. 350 di sangue che viene utilizzato per le due esperienze seguenti: Esperienza V. & Piccola cagna di Kg. 2,800, mantello fulvo. È molto vivace e ro- busta. Cammina e corre volentieri per la camera. Presenta però nell’an- datura un leggero grado di barcollamento e muove meno bene l’arto posteriore destro. Si trova da pochi giorni in laboratorio e non ha mai servito ad alcuna esperienza. Ore 16. — Legato l’animale sul tavolo di operazione, si mettono allo scoperto e sì isolano la giugulare e la carotide destra. Dalla caro- tide si tolgono gr. 84 di sangue. L'animale sopporta molto bene senza nessun fenomeno la sottrazione di sangue. Subito dopo per la giugulare sì iniettano gr. 110 di sangue pro- veniente dal cane di cui sì è sopra detto (Il sangue era defibrinato, colato attraverso garza e lamina di porcellana a piccoli fori, e mante- nuto a bagno maria, a 37). L 1 La trasfusione viene eseguita abbastanza speditamente a pressione bassa. L’imbuto contenente il sangue stava a circa 20 em. sopra il collo dell'animale. Nessun fenomeno degno di nota durante la trasfusione. Si sutura, previa legatura dei vasi la ferita cutanea e si slega l’animale. mn RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 617 16,30. — Posto a terra, si vede che è diventato un poco meno vivace. Del resto cammina abbastanza bene senza presentare disturbi degni di nota. Non ha tremito. Evita bene gli ostacoli ed eseguisce con fa- cilità anche movimenti abbastanza complessi e difficili. Non presenta dispnea neppure dopo aver corso per la camera. Risponde bene a tutti gli eccitamenti. Presenta però un leggero incurvamento nella colonna vertebrale, ed appena accennata una leggera incertezza nel movimento degli arti posteriori. Non presenta irrigidimento. Si volta bene in ogni senso e cammina anche all’indietro. 17. — L'animale, che da qualche po’ di tempo era coricato e tran- quillo, ha vomitato. Subito dopo eccitato, cammina e si muove bene come prima. Si può dire che all’infuori del vomito non presenta altro fenomeno degno di nota. 17,20. — Nuovi conati di vomito che poi non si sono più ripetuti. 19 aprile. — L’animale è perfettamente normale. EsperIENza VI. 18 aprile. — Cagnetta bastarda a mantello bianco che ha già ser- vito precedentemente ad altra esperienza (Esp. IV). Ora appare comple- tamente rimessa ed ha interamente riacquistata la sua vivacità. Fissato l’animale al tavolo di operazione, senza preventivo salasso, si trasfon- dono per la giugulare destra gr. 170 di sangue anemico in grado leg- gero (50-55 all’emometro) e proveniente dallo stesso animale che ha dato il sangue per l’Esp. V. La trasfusione viene eseguita abbastanza speditamente e durante l’operazione non si osserva alcun fenomeno degno di nota. 18. — Suturata rapidamente la ferita si slega l’animale. Messo a terra, cammina bene e con facilità, ma invece di continuare a girare per la camera come faceva prima dell'operazione. Cerca subito di rin- cantucciarsi. Presenta dispnea abbastanza grave e tremito generale. Dopo qualche minuto sì cerca di farlo camminare, ma non si riesce che a forza a farlo muovere dal cantuecio dove si è rifugiato. Quando con ripetuti eccitamenti lo si costringe a muoversi si vede che cammina bene e con facilità. 19. — L'animale è stato fin ora accovacciato in un angolo della camera. Si ribella all’inserviente che vuole obbligarlo a muoversi. Mal- grado che sia stato cacciato dal suo cantuccio ed obbligato a cammi- nare un po’ per la camera, non presenta più dispnea. Si può dire che l’animale ha l’identico aspetto che presentava prima dell’operazione. Sol- tanto sembra desideri rimanersene tranquillo coricato. La 19 aprile. — L'animale è perfettamente normale. 618 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE Nelle due esperienze ora riferite tutti e due gli animali hanno presentato sintomi poco rilevanti, ma però in grado di- verso. Mentre il primo dei due canì non presenta quasi altro sintomo chiaramente rilevabile all'infuori del vomito; nel secondo, animale debole, da poco rimesso da uno stato di denutrizione grave, lo stesso sangue, dato però in quantità più forte (72 °/0) che nell'altro animale, provoca dispnea, tremito, ecc., fenomeni non rilevati nell'altro animale. Il nostro asserto, della correla- zione esistente fra intensità di sintomi e grado di anemia del sangue trasfuso, ci pare venga provato con molta chiarezza dal- l'esperienza ora riferita. Lo stesso cane che in seguito a trasfusione di sangue prove- niente da animale profondamente anemico (Esp. IV) aveva presentato fenomeni gravi di intossicazione acuta e cronica, sottoposto ora a trasfusione di sangue proveniente da animale appena mediocremente anemico, presenta fenomeni leggeri e che prontamente si dileguano. * * %* La temperatura degli animali trasfusi, scesa oltre la norma dopo il salasso, non cresce trasfondendo sangue anemico. Quando in seguito alla trasfusione si ha la morte dell'animale, allora la temperatura va abbassandosi fino a raggiungere come nella Esp. II, poco prima della morte, solo i 35 gradi. Però non sì hanno sempre temperature subnormali neppure durante lo svolgersi dei sintomi di intossicazione acuta (Esempio l’Esp. I), e neppure quando si constata abbassamento di tempe- ratura, questo va fino al punto da presentare una vera ipo- termia. Come esempio dell'ordinario comportamento della tempe- ratura durante e subito dopo la trasfusione di sangue anemico valga il protocollo dell'esperienza seguente. Esperienza VII. . 28 marzo 1896. — Piccolo cane bastardo. Pesa Kgr. 3,8. Mantello nero. Molto vispo. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 619 Prima di essere operato presenta una l rettale di + 40, respiri 14 al minuto, polso 84. Il sangue segnala all’emometro 60. Fissato l’animale sul tavolo di operazione lo si salassa alla carotide. Si tolgono all'incirca 95 grammi di sangue. Dopo il salasso la tempe- ratura rettale è discesa a 37,5. Respiro 22. Polso 74. 18. — Per la giugulare sinistra col solito metodo, a bassa pressione si procede alla trasfusione di sangue defibrinato proveniente da altro cane anemizzato colla pirodina. Il sangue che sì trasfonde segna all’e- mometro 25, è defibrinato, passato per garza e conservato a bagno maria a + 37. 18,30. — Im circa 20 minuti ed a pressione molto bassa sì iniet- tono circa gr. 320 di sangue. Durante la trasfusione l’animale non ha presentato sintomi degni di nota. Soltanto ebbe apnea. Durante e subito dopo la trasfusione la temperatura rettale è di + 36,5. Respiro 22. Polso 120. Si sutura rapidamente la ferita e si slega l’animale. 18,40. — Messo a terra si vede che si regge malamente sulle zampe. Presenta molto spiccata l'andatura atassica con paresi del treno poste- riore, specialmente manifesta all’arto destro. Le pupille sono normali e reagiscono bene alla luce. 18,50. — L’animale non si muove se non è eccitato; appena la- sciato tranquillo cerca subito un angolo dove coricarsi. Solo per essere stato obbligato a percorrere la stanza di vivisezione presenta forte dispnea e respirazione stertorosa. Presenta tremito diffuso e tratto tratto scosse cloniche più evidenti al tronco. Spasmi respiratori simili a conati di vomito. 19. — L'animale ha avuto vomito. Non ha emesso che mucosità non sanguigne in quantità scarsa. La paralisi del treno posteriore si è fatta più evidente. L’animale è irrequieto, geme, presenta come una specie di tosse accompagnata da scosse di tutto il tronco. Tutti questi fenomeni sembrano attribuibili a convulsioni del diaframma. Dispnea, impossibile contare il respiro. 20,15. — L'animale si è alzato spontaneamente e passeggia per la camera. Lo stato generale è notevolmente migliorato. 23. — L'animale coricato nella sua gabbia emette un gemito quasi continuo. Messo fuori della gabbia sta ritto per pochi minuti poi sì co- rica. Non cammina se non eccitato. La deambulazione però è migliorata quantunque permanga la paresi del treno posteriore. 29 Id. — Lo stato generale dell’animale appare migliore, non geme più. Lasciato tranquillo non si muove in tutto il giorno, non mangia. 620 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE 30 Id. — Stesse condizioni del giorno precedente. Quantunque in libertà non si muove quasi mai, sta quasi tutto il giorno coricato e dorme molto. Costantemente rifiuta il cibo. 31 Id. — Condizioni generali migliorate. L'animale seguita però sempre a rifiutare il cibo ed a rimanere coricato la massima parte del giorno. Presenta catarro congiuntivale e leggero opacamento delle cornee. Emometria 50. Senza più oltre riportare il diario di questo animale basterà ricor- dare come dopo aver anch'esso presentata una progressiva diminuzione di peso e note di denutrizione profonda, sia poi andato molto lentamente migliorando fino a ritornare quasi al primitivo stato normale. Nelle esperienze finora riportate gli animali ricevevano il sangue anemico direttamente in circolo per la giugulare. In altre esperienze noi abbiamo voluto vedere l'influenza delle trasfusioni peritoneali di sangue anemico. I fenomeni riscontrati negli animali trasfusi sono perfettamente identici sia che il sangue anemico venga iniettato per la via venosa o per la via del pe- ritoneo. Riportiamo a questo proposito l’esperienza seguente. Esperienza VIII. 30 marzo. — Piccolo cane bastardo del peso di Kgr. 4,4. Emometria 95. Dalla carotide si tolgono gr. 175 di sangue. Subito dopo il salasso, suturata la ferita, si mette a terra l’animale. Il cane non dà punto segno di aver sofferto. Cammina bene, non ha dispnea, si mostra molto vivace. 18. — Mediante un ago cannula introdotto nel cavo addominale ed unito con tubo di gomma al recipiente contenente il sangue si iniettano al cane gr. 250 di sangue defibrinato. Il sangue proviene da altro grosso cane reso lentamente anemico colla pirodina a cui tratto tratto si associava la resina di gialappa. Da 6 giorni questo animale non riceveva più pirodina, ed il suo sangue segna all’emometro 20. 19. — Circa 20 minuti dopo la trasfusione l’animale si mostra stanco. Non si muove che dietro eccitazioni dirette. Presenta un leggero grado di atassia, e tratto tratto qualche orripilazione. Ha completamente perduta la vivacità primitiva. 19,30. — Leggero tremito generale. L'animale è intontito, rimane RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 621 alle volte anche in piedi per parecchi minuti nella stessa posizione senza muoversi. L'animale ha presentato a varie riprese fenomeni di spasmo musco- lare in specie agli arti posteriori ed alla colonna vertebrale. Dopo essere stato costretto a camminare, lasciato a sè, rimane per un certo tempo in una posizione strana col dorso incurvato e gli arti tesi. Il capo non partecipa per nulla ai fenomeni di spasmo. 19,40. — L'animale è coricato. Presenta dispnea. Nell’inspirazione si vede un movimento ritmico di tutto il corpo, vi prendono parte con- traendosi anche i muscoli degli arti posteriori. Le inspirazioni sono molto lunghe ed accompagnate da tremito generale. 19,45. — L’animale è rimasto in questo tempo in perfetto riposo. Malgrado ciò presenta una respirazione spasmodica a scatti. Ha contrat- ture in estensione degli arti posteriori. Sta male coricato. In piedi sì appoggia al muro. Agli arti il tremito si è fatto molto evidente ed è costituito da leggere scosse cloniche non molto rapide. 23,30. — Il cane è coricato tranquillo. Grida mentre lo si toglie dalla gabbia, non cammina se non di mala voglia, quando venga ecci- tato direttamente. Presenta evidente andatura atassica. 31 Id. — Emometria 75. L’animale viene a morire il 5 aprile, senza che, essendo noi assenti dal laboratorio, si sia potuto seguitare ad osservarlo. L’autopsia eseguita dal dott. Robecchi, non dà nessun reperto interessante. Esclude assolu- tamente la peritonite e qualsiasi lesione cerebrale. Studiati i fenomeni provocati dalla trasfusione di sangue omogeneo, proveniente da animali anemici, ci parve di dovere studiare i fenomeni che potesse provocare l'iniezione di semplice siero proveniente da sangue di animali anemici. Non riportiamo a questo proposito le nostre esperienze. Ci basti il dire che abbiamo praticate le trasfusioni, come già pel sangue defibrinato nelle vene e nel peritoneo. Essenzialmente i sintomi riscontrati sono stati gli stessi pel sangue defibrinato e per lo siero. Solo se vi si volesse trovare una qualche diffe- renza, si potrebbe dire che gli effetti tossici sono stati meno gravi, trasfondendo semplice siero, che non quando si trasfon- deva il sangue. Bisogna però osservare che le nostre esperienze di trasfu- sione collo siero non furono molto numerose, importando a noi più che altro lo studio degli effetti della trasfusione di sangue defibrinato quale si pratica a scopo terapeutico. TI ARA A 622 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE Abbiamo già fatto notare, riportando anzi a questo propo- sito il protocollo di una delle nostre esperienze, come la resi- stenza individuale abbia parte notevole nell’intensità, con cui si manifestano ì fenomeni tossici in seguito alla trasfusione di sangue anemico. Può darsi che a queste condizioni appunto di maggior resistenza di qualcuno degli animali da noi trasfusi collo siero sia dovuta la minore intensità di fenomeni da noi osservata. È nostra intenzione ritornare sull'argomento. Un'altra questione importante ci siamo proposti di risolvere, se cioè fosse lo siero di sangue anemico dotato di potere emo- littico. Siamo a questo scopo ricorsi al conteggio dei globuli prima e dopo la trasfusione di siero di sangue anemico. Quando alla trasfusione si faceva precedere il salasso, il conteggio dei globuli veniva fatto prima e dopo il salasso stesso. Nelle nostre ricerche ci siamo costantemente serviti del conta- globuli Thoma-Zeiss. Riportiamo una delle nostre esperienze. Esperienza IX. 16 maggio. — Lo siero che serve per la trasfusione proviene da un grosso cane maschio, reso anemico colle iniezioni di pirodina. Il suo sangue segna all’emometro 20. Da parecchi giorni prima del salasso si erano sospese le iniezioni. L'animale era stato anemizzato molto lentamente, essendosi cominciata la somministrazione di pirodina fino dal 10 aprile. L'animale aveva molto perduto in peso, era diven- tato molto debole ed in stato di grande denutrizione. Ecco eome del resto troviamo riassunte in calce al diario le condizioni dell'animale. “ Da trentasei ore rifiuta ostinatamente ogni sorta di cibo. Beve avida- mente dell’acqua. Da qualche tempo ad intervalli irregolari era soggetto a specie di lipotimie, cadeva improvvisamente al suolo, massime dopo movimenti appena un po’ rapidi. Quantunque non ayesse mai ricevuto resina di gialappa presentava, massime dal giorno 9 maggio in poi, sca- riche diarroiche molto abbondanti. Alla sera del giorno 11 l’animale è in pessime condizioni, al mattino del 12 è aneora peggiorato. Rifiuta il latte e beve avidamente dell’acqua. Le scariche diarroiche prima gialle sono stamane verdastre. L'animale quasi non è più capace di reg- gersi in piedi. Giace disteso sul fianco, respiro frequente e superficiale, sensorio molto depresso. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 623 Viste le condizioni gravi dell'animale si decide di ucciderlo per dis- sanguamento. Il sangue vien raccolto in recipienti sterilizzati che poi vengono tenuti sul ghiaccio. Collo siero di questo animale si procede alla esperienza seguente : Cane normale a mantello bianco e nero. Peso gr. 4400. Emometria 95. Globuli rossi 8.216.600. Si pratica dalla carotide un salasso estraendo gr. 130 di sangue. Subito dopo il salasso: Emometria 80. Globuli rossi 4.721.000, Per la giugulare sinistra si trasfondono gr. 300 di siero. Un'ora dopo la trasfusione all’ esame del sangue si hanno i dati seguenti : Emometria 40. Globuli rossi 2.975.000. 18 maggio. — Emometria 50-55. Globuli rossi 4.640.000. 20 Id. — Peso dell’animale 4400. Emometria 55-60. Globuli rossi 6.480.000. 23 Id. — Emometria 50-55. 30 Id. — Peso 4200. Emometria 40-45. Globuli rossi 5.280.000. 8 giugno. — Peso 4080. Emometria 80-85. L’animale appare completamente normale. Per vedere come si comportasse la pressione sanguigna e studiare con maggior esattezza la modificazione nel respiro, abbiamo fatto la seguente esperienza. 6 luglio 1896. — Cane volpino normale del peso di gr. 4200. Alle ore 11 si scrive la pressione col chimografo di Ludwig ed il respiro. Si pratica un piccolo salasso di gr. 60 e si riscrive pressione e respiro. 12,05. — Si comincia la trasfusione scrivendo contemporaneamente pressione e respiro. L'operazione è finita alle 12,14. L'animale ha tre- mito e specialmente scosse cloniche agli arti posteriori. MR I 624 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE La pressione si eleva notevolmente durante la trasfusione tanto che da una media iniziale di 76 mm., la pressione si eleva rapidamente ad un massimo di 180 con una media di 163. Durante tutto il tempo della trasfusione, la media non discende sotto il 152. Venti minuti dopo finita la trasfusione è ancora a 129. Di pari passo la frequenza del polso aumenta da 186 a 164, e ancora dopo fi- nita la trasfusione continua ad aumentare raggiungendo un massimo di 180. Nel tracciato del respiro non si osservano modificazioni nel tipo. Solo aumenta la frequenza. L'esperienza è sospesa alle 12,35. Slegato l’animale si regge abbastanza bene sulle zampe. Ha però tremito generale. Dalle esperienze sopra riferite risulta come fatto costante che praticando in animali normali la trasfusione o la parziale sostituzione di sangue con sangue tolto ad animali della stessa specie, profondamente anemici per avvelenamento cronico da pirodina, si determina una serie di disturbi variabile per inten- sità e durata ma molto caratteristici ed analoghi fra di loro. Questi disturbi per il modo con cui si manifestano possono essere divisi in due gruppi e riferibili, diremo così, a due tipi diversi, uno relativo ad un quadro di intossicazione acuta, l'altro ad un quadro di intossicazione cronica. Non esistono però limiti precisi fra una forma e l’altra, perchè esse si riscontrano riu- nite nello stesso caso, quando i fenomeni sono stati molto gravi. Il quadro della intossicazione acuta può iniziarsi già du- rante l'atto della trasfusione con disturbi notevoli del respiro che si fa raro con tendenza ad arrestarsi (Esp. IV, VII) o cambia perfettamente di tipo diventando prevalentemente addominale (Esp. VII) o si fa stertoroso (Esp. III) con inspirazioni profonde ed espirazione prolungata (Esp. I). Questi disturbi del respiro non sono però costanti e non vennero riscontrati nel caso nel quale si è descritta la grafica durante la trasfusione. Come unico fatto rilevabile in questo caso, vennero osservate modi- ficazioni nella frequenza e nell’ampiezza. Parimenti durante la trasfusione intervengono talora scosse tonico-cloniche per lo più limitate agli arti od anche soltanto a qualche gruppo muscolare. Però i disordini più imponenti si manifestano specialmente dopo avvenuta la trasfusione ed in un periodo di tempo vario a seconda che la trasfusione venne praticata per via endove- RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 625 nosa o peritoneale. In quest’ultimo caso in causa delle speciali condizioni di assorbimento, i fenomeni intervengono soltanto dopo mezz'ora. In massima però i fenomeni acuti intervengono subito ed hanno raramente tendenza ad aumentare di intensità dopo che è trascorso qualche tempo dalla trasfusione, se si ec- cettua quando questa venne fatta nel peritoneo (Esp. VII). Nei casì leggieri, si osserva soltanto una incertezza nell’an- datura appena apprezzabile, fenomeno di stanchezza per cui gli animali non si muovono se non eccitati fortemente, dispnea già manifesta nelle condizioni di riposo, ma molto intensa in seguito alle menome fatiche (Esp. V, 1, VI) e, sebbene incostantemente, vomito (Esp. VI e V). Questi disturbi scompaiono in un periodo di tempo più o meno breve, vario fra 1 ora (Esp. V1) e 3 ore (Esp. 1) e dileguano senz: lasciare traccie. Come ultimo fatto permane ancora inappetenza, che però cede a sua volta dopo qualche ora: cosicchè si ha un ritorno completo alle condizioni normali in meno di 24 ore. Nei casi gravi invece, gli stessi fatti già descritti si ma- nifestano con intensità e durata molto maggiore. La stanchezza è così forte da rendere impossibile agli animali di reggersi in piedi (Esp. II) o da obbligarli almeno al riposo per molte ore, tantochè mostrano tutti una spiccata tendenza a cercare subito un sito dove potersi rincantucciare appena slegati dal tavolo di operazione, e non vogliono muoversi neanche se eccitati forte- mente. L’andatura barcollante assume i caratteri di una vera atassia (Esp. VII, VIII) con movimenti di propulsione e con oscillazioni molto marcate nel senso laterale, tantochè gli ani- mali camminano a stento e sembrano dover cadere ad ogni passo. Questa atassia è in parte dovuta a fenomeni paretici che si osservano con predilezione al treno posteriore. Però la paresi si accompagna a contrattura che talvolta è estesa anche alla colonna vertebrale (Esp. II e IV) e inalcuni casi obbliga l’ani- male a posizioni bizzarre, quasi plastiche, che ricordano fino ad un certo segno i fenomeni catalettici (Esp. VII). Contemporaneamente a questi disturbi tonico-paretici, se ne osservano altri di natura convulsiva molto caratteristici e costanti. Questi possono essere rappresentati da tremito, gene- ralizzato fino, ed accompagnato da orripilazioni, e sotto questa Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 45 626 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE forma non mancano quasi mai in nessun caso; altre volte in- vece, ed anche molto sovente, sono rappresentati da contrazioni tonico-cloniche agli arti, con predilezione talvolta ad un lato piut- tosto che all’altro, od anche generalizzate (Esp. II, VII, VII, IV). Da parte della psiche si rilevano scarsi disturbi, l'animale capisce quanto succede intorno a lui, e risponde se viene forte- mente eccitato; distingue bene gli oggetti. Soltanto in alcuni casi gravi si dimostra come stupido, molto tardo ed anche in- capace di discernere bene gli oggetti, per modo che va a battere per es. del capo in una vetriata (Esp. III). Le funzioni del respiro sono quelle che subiscono maggiore disturbo dopo quelle già descritte. Infatti non è raro osservare dispnea anche in perfetto riposo: questa dispnea si fa poi molto spiccata in seguito a fatiche pure molto leggiere, come quella per es. di percorrere per breve tratto la sala di vivisezione, e talvolta in queste condizioni raggiunse i gradi più elevati, tanto che l’animale sta seduto appoggiandosi al muro, presenta mo- vimenti delle pinne nasali, movimento di tutti i muscoli ausi- liari del respiro, di cui non si viene nemmeno più a determinare la frequenza (Es. Esp. VII). Le funzioni del cuore non sem- brano venire molto influenzate: soltanto si può ritenere come costante un aumento sensibile nel numero delle pulsazioni (da 74 a 120, Esp. VII). Anzi nei casì nei quali durante la trasfusione si è manifestato momentaneo arresto del respiro, il cuore ha ancora continuato a battere validamente. La pres- sione arteriosa nel caso in cui venne studiata durante e subito dopo la trasfusione, non ha subìto un aumento, il che prova che nulla ha modificato la forza del cuore nè la permeabilità delle vie circolatorie. Le pupille sono per lo più dilatate e talvolta reagiscono pigramente alla luce (Esp. Il); però anche in casi gravi, possono mantenersi normali e reagire in modo regolare. Da parte dell'apparato digerente, all'infuori del vomito già accennato, non si sono potuti osservare disturbi speciali. Gli animali presentano talvolta bisogno di defecare, ma non hanno diarrea e, fatto importante a notarsi, mon hanno scariche di muco sanguinolento: così pure il vomito non è tinto di sangue. Come fatto costante poi si osserva inappetenza più o meno ostinata a seconda della gravità degli altri sintomi, ma talora RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 627 così grave da far rifiutare il cibo per 24 ore (caso II) e anche per 4 giorni (Esp. IV). Parimenti da parte dell'apparato urinario non vennero 0s- servati disturbi. Im nessun caso fu osservata ematuria od anche soltanto emoglobinuria od urobilinuria in seguito alla trasfusione. Possediamo scarse osservazioni per rispetto al modo di com- portarsi della temperatura, ma per quanto si può inferirne dalle medesime, risulta che la temperatura subito dopo la trasfusione ha tendenza ad abbassarsi (Esp. VII) sebbene questo fatto non sia costante, poichè in un caso dopo */, d’ora era di 39,5 (°, cioè di poco inferiore alla norma. Per parte del sangue, sebbene le ricerche in proposito siano molto scarse, non sembra probabile che abbia luogo una note- vole distruzione dei corpuscoli rossi d’un tratto nel periodo dell'avvelenamento acuto, perchè l'emometria si mantiene per lo più in rapporto colla diluzione subìta dal sangue durante la trasfusione ed i corpuscoli rossi non hanno subìto una diminu- zione nel giorno successivo, ma anzi un aumento in rapporto all'inspessimento avvenuto nel sangue per il ristabilirsi nel me- desimo dello equilibrio nella quantità d’acqua contenuta (Esp. IX). Però le ricerche istituite finora a questo scopo sono insufficienti e sono già state riprese per avere dati più precisi. Il quadro di intossicazione cronica, quale venne osservato nei casi più gravi, comprende ancora in una certa misura i di- sordini sopradescritti ed ha poi per caratteristica essenziale lo sviluppo di profonde alterazioni nella nutrizione. Fra i fenomeni analoghi a quelli già enumerati a proposito dell’intossicazione acuta, meritano speciale menzione l’anoressia, la debolezza generale e i disordini nervosi. È un fatto costante che i cani così trasfusi rifiutano il cibo per 24 ore, ma talora si ostinano a non volerne affatto anche per 2-4 giorni (Esp. IV, IN, II, I), ed anche quando incomin- ciano a rimettersi, continuano ancora per qualche giorno a nu- trirsi assai poco. La stanchezza generale osservata subito dopo la trasfusione e che rende gli animali pigri ed incapaci a muo- versi senza essere fortemente eccitati, può scomparire molto presto, come si è veduto; ma in casi gravi, continua invece ancora per parecchi giorni (7 giorni nel caso IV) e va poi sol- tanto molto lentamente scomparendo. Im modo analogo si com- 628 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE porta l'atassia e l'incertezza nei movimenti come pure la paresi del treno posteriore che possono ancora persistere oltre ad una settimana dopo la trasfusione. Maggiore importanza presentano i fenomeni di denutrizione che si manifestano quando la trasfusione di sangue anemico ha provocato disordini gravi. Primeggia fra questi la diminuzione progressiva di peso negli animali talvolta molto sensibile e ri- levabile ancora a lunghi periodi di distanza dalle trasfusioni. L'esperienza IV offre in proposito un esempio molto dimostra- tivo, poichè l'animale a cui si riferisce ha presentato in 17 giorni una diminuzione di 900 gr., corrispondente circa al quarto del peso totale. Questa diminuzione di peso non è in rapporto sol- tanto coll’alimentazione insufficiente, perchè venne osservata ancora in un periodo nel quale il cane incominciava già a nu- trirsi abbondantemente. A questa diminuzione di peso corrispon- dono pure disordini molto profondi nella nutrizione, quali ad es. ulcerazioni corneali profonde, che vennero riscontrate troppo spesso per poter essere riferibili ad una semplice coincidenza, si manifestarono soltanto negli animali trasfusi. Per rispetto al modo di comportarsi del sangue negli animali trasfusi, non ab- biamo avuto tempo ancora di raccogliere dati molto numerosi e completi, però attenendoci solamente a quelli relativi all'emo- metria, abbiamo potuto constatare con sicurezza un ritardo no- tevole nel ritorno al tasso emometrico primitivo nei cani che hanno presentato i fenomeni di intossicazione cronica soprade- scritti. Così, per citare solo qualche esempio, nel cane che ha servito per l’esperienza IX, dopo 22 giorni dalla trasfusione il sangue non ha raggiunto ancora il tasso emometrico di prima. Parimenti nel caso IV dopo 17 giorni il tasso emometrico non si è modificato per nulla in confronto di quello osservato subito dopo il salasso corrispondente al 2-6 °, del peso dell'animale. Un fatto analogo venne pure osservato nel cane che ha servito per l’esperienza II. Anzi, per quanto si può giudicarne dalle esperienze fatte in proposito, non solo il tasso emometrico ha poca tendenza a rialzarsi, ma in taluni casi subisce ancora una diminuzione raggiungendo od anche oltrepassando il limite mi- nimo toccato prima della trasfusione e dopo il salasso. Così nel- l’esperienza II, mentre subito dopo il salasso l’'emometria era di 40-45, invece 7 giorni dopo, cioè in un'epoca nella quale i RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 629 fenomeni dovuti ad aumento nella massa del sangue consecutivi alla trasfusione sono interamente scomparsi, il tasso emometrico non era più che di 35, e dopo 13 giorni dalla trasfusione è an- cora soltanto di 40-45. Parimenti nella esperienza IX l’emo- metria si mantenne fra 50 e 55 in un periodo di circa 5 giorni, poi toccò un minimum di 40-45 dopo 12 giorni, e finalmente ri- cominciò ad aumentare ritornando in un periodo non molto lungo alla norma. Però a questo proposito occorrono ancora ulteriori ricerche, le quali vennero già intraprese e saranno proseguite particolareggiatamente. L’ intensità e la durata dei fenomeni che, come si è veduto, fu così varia nei singoli casi, è subordinata a molte circostanze inerenti alla qualità e quantità del sangue trasfuso come pure alle condizioni individuali dell'animale che riceve la trasfusione. Per rispetto alla qualità del sangue trasfuso si può ritenere stabilito dalle nostre ricerche un rapporto chiaro fra grado di anemia dell'animale che fornisce il sangue ed intensità e durata degli effetti. Le esperienze IV, V e VI paragonate fra di loro dimostrano questa correlazione in modo indiscutibile. Per altra parte, come sì vede dai singoli protocolli soprariferiti, i fenomeni imponenti vennero osservati soltanto con sangue tolto a cani fortemente anemici ed avente un tasso emometrico di 20-25. Le poche esperienze comparative da noi istituite negli effetti del siero di sangue e del sangue defibrinato tendono pure a far am- mettere che il sangue defibrinato si mostri più tossico del solo siero. Oltre a questi fattori fino ad un certo segno valutabili, ab- biamo dovuto acquistare la convinzione che la tossicità del sangue dipende pure da speciali condizioni che sfuggono ad un esame diretto e sono inerenti alla razza ed alla costituzione dell’ani- male che viene anemizzato. Così abbiamo ottenuto i risultati più belli nei cani a pelo fino e dotati di minore resistenza; in- vece furono scarsi gli effetti col sangue di cani bastardi, da pastore, ecc. Anche per l’individuo trasfuso ha larga parte nel determinare la gravità e durata dei fenomeni quell’ insieme di condizioni imprecisabili che costituisce la predisposizione indi- viduale. Questo fatto venne già messo in evidenza nei singoli protocolli ed appare molto evidente dalle esperienze II e III come pure dalle esperienze IV, V e VI, e si accorda del resto perfettamente coi principii generali della patologia. 630 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE Meno chiaro invece appare il rapporto fra quantità di sangue iniettato e intensità dei fenomeni, poichè per es. questi furono molto imponenti nella esperienza IV, nella quale pure la quan- tità introdotta fu scarsa, corrispondente soltanto a 2,6 “ del peso ed uguale a quella tolta col salasso, mentre invece furono pure molto notevoli nell'esperienza VII con quantità corrispon- dente all'8,6°/ del peso. Questa mancanza di rapporto non deve però recare maraviglia trattandosi di fenomeni molto complessi ancora affatto oscuri nelle loro cause e che non possono certo venire paragonati agli effetti d'un farmaco pel quale un dosaggio esatto è possibile e proporzionale ai risultati. In due soli casi delle esperienze soprariferite si è ayuta morte negli animali trasfusi ed in entrambi questa avvenne a qualche giorno di distanza dal momento della trasfusione. In un caso non si è potuto seguir bene l’animale in esperienza e non si può saper nulla di preciso intorno ai fenomeni presentati dal medesimo negli ultimi giorni. In entrambi poi la causa della morte riesce oscura. Nel caso relativo all'esperienza IIl si sa- rebbe tentati di riferire la morte all’intossicazione, poichè questa venne provocata per ben due volte sullo stesso animale a pochi giorni di distanza, e la seconda volta diede luogo a disturbi molto notevoli che andarono progressivamente peggiorando. Però all'esame necroscopico si sono trovate delle emorragie puntiformi nel cervello, le quali, sebbene per sè non valgano a dare ragione della morte, possono tuttavia spiegare alcuni dei fatti presentati dall’animale. Sulla causa che ha prodotto queste emorragie non è possibile nello stato attuale dei nostri studii l'emettere qualsiasi ipotesi. Nell'altro caso la necroscopia non rilevava nessuna alterazione anatomica degna di nota. Noi ci limitiamo per ora soltanto a far osservare che in questi due casi la morte non ayyenne in seguito alle alterazioni ben note che sogliono conseguire all’ intossicazione da fermento della fibrina. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 631 Messi in rilievo i fatti sopradescritti, resta il còmpito più difficile relativo alla interpretazione che dei medesimi si può dare. I risultati delle ricerche sopra esposte sono insufficienti allo scopo. Però ci sembra opportuno entrare in qualche discus- sione sui medesimi per vedere se essi possano ragionevolmente venire ritenuti come conseguenza della trasfusione di sangue tolto ad animali anemici, o non piuttosto come conseguenza di cause già note. Per risolvere questa prima parte del problema noi dobbiamo proporci il seguente quesito: I fenomeni osservati nelle nostre esperienze sono dovuti alla semplice trasfusione di sangue omogeneo, oppure alla pre- senza di pirodina nel sangue iniettato? Prendiamo partitamente in esame le due ipotesi. Gli effetti della trasfusione di sangue omogeneo con o senza previo salasso più o meno abbondante ed in quantità più o meno grande sono già noti da ricerche molto numerose ed istituite con molta diligenza da parecchi osservatori, cosicchè si possono ritenere interamente stabiliti. Ora mettendo a confronto gli ef- fetti descritti negli studii classici di Panum (36), di Hayem (37), di Quincke (loc. cit.), ecc. con quelli da noi osservati, si trova subito una tale differenza, che non si può neanche pensare a paragonarli tra loro. Infatti le esperienze di questi osservatori come anche quelle di Landois, Worm-Miiller, Forster, .ece., si accordano nel dimostrare che la trasfusione di sangue omogeneo non dà luogo in massima a disturbi di sorta alcuna, e quando succeda ad abbondanti salassi, può salvare la vita agli animali a cui viene praticata. Con esperienze di controllo eseguite in condizioni analoghe, servendoci del sangue di animali normali, abbiamo potuto assicurarci noi stessi della verità di questo fatto. I disturbi ai quali può dare luogo la trasfusione di sangue tolto ad animali normali della stessa specie, si riducono ad un leg- giero brivido ed un aumento di frequenza nel respiro (Hayem, loc. cit., Esp. XLVII), come pure a leggiere modificazioni nella 632 FERDINANDO RATTISTINI — LORENZO SCOFONE temperatura che ha piuttosto tendenza ad abbassarsi (Hayem). Però questi disturbi sono per se stessi molto incostanti, ven- nero osservati soltanto in animali già affetti da anemia cronica e si manifestano anzi in modo affatto eccezionale, poichè d’abi- tudine gli animali appena slegati si mostrano vivaci come prima, mangiano volentieri e si comportano in tutto come animali normali. Neanche si possono riferire i disturbi osservati da noi alla quantità eccessiva di sangue trasfuso, sufficiente a determinare una pletora sperimentale. Infatti le ricerche di Quincke (1. cit.) hanno messo in rilievo che per la trasfusione di quantità di sangue varie il 30 e 70 °, del peso del sangue preesistente, come unico disturbo si manifesta vomito nella metà dei casi, ed inappetenza per un giorno; per il resto non si osserva nes- suna modificazione nello stato generale. Soltanto in 3 casi venne eccezionalmente osservata la comparsa di un esantema, fatto che mancò sempre nei nostri casi. Ma che la pletora sperimen- tale non valga a determinare i disturbi da noi osservati, lo provano ad evidenza le esperienze II, IV e VI. In vero nelle due prime non vi fu affatto pletora, poichè la quantità trasfusa corrispose a quella tolta per salasso, e malgrado ciò i disturbi furono imponenti specialmente nel caso IV. Per contro nell'espe- rienza VI, relativa allo stesso animale dell'esperienza IV, mal- grado la quantità introdotta sia stata uguale a 72°/ del peso del sangue preesistente, i fenomeni furono assai scarsi, quando la trasfusione venne eseguita con sangue tolto ad un animale non molto anemico. Quanto si è detto finora vale con più di ragione per i di- sturbi osservati nel periodo successivo alla trasfusione, quali la perdita di peso progressiva e la diminuzione del tasso emome- trico o la nessuna tendenza ad un aumento del tasso medesimo. Infatti la perdita progressiva di peso non è certo riferibile sol- tanto al fatto della sottrazione sanguigna, poichè si sa dalle ricerche di Sanquirico (38) che i cani possono sopportare salassi del 3% del peso ripetuti a brevi intervalli, senza soffrire per nulla nella loro nutrizione, anzi aumentando di peso. Parimenti la diminuzione del tasso emometrico od almeno la nessuna tendenza ad un aumento osservata nei nostri casi non è un fatto che si riscontri normalmente come conseguenza RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, Ecc. 633 di gravi salassi. È noto con quanta rapidità i cani specialmente si rifanno dalle perdite sanguigne. Per citare soltanto qualche esempio, si sa dagli studii di Piorry (cit. da Hayem) che il cane sopporta molto bene perdite di '/x, del peso del corpo senza che si constatino fenomeni importanti nel periodo di riparazione. Parimenti Schramm (39) ha trovato che il cane può sopravvi- vere senza disturbi a perdite corrispondenti a */ ° della sua massa sanguigna, e Quincke (loc. cit.) ha pure trovato che i cani dopo una perdita uguale al 30 “/ della quantità di sangue corrispondente al 2,5 °\ del peso del corpo, anche ripetuta, presentano già dopo pochi giorni un miglioramento e dopo 3-4 settimane hanno ripristinato il tasso emometrico primitivo. Lo stesso osservatore riferisce di avere in 3 casi durante 4-5 mesi tolto il doppio della quantità di sangue propria agli animali e di aver constatato che anche questa venne completamente ri- formata. Syon (40), che ha studiato con diligenza le modifica- zioni nel numero degli elementi del sangue dopo gravi perdite sanguigne, ha pure constatato che il termine entro cui si ripro- duce il numero primitivo di corpuscoli rossi varia fra 19 e 30 giorni per salassi del 4,5 "/, del peso del corpo, e per quelli corrispondenti come nei nostri casi al 3 "/ può anche essere di soli 9 giorni. La pronta rigenerazione del sangue dopo salassi abbondanti è poi un fatto costante quando al salasso si fa seguire una tras- fusione. Così Hayem (l. cit.) in un cane ridotto a tal punto di anemia cronica da salasso da avere più soltanto 2.200.000 cor- puscoli rossi, in seguito alla trasfusione di sangue defibrinato normale, vide ridiventare normale la costituzione del sangue nell’animale trasfuso dopo 12 giorni. Anche Panum (l. cit., esp. VI) in un cane dopo un salasso superiore al 30°, del peso del sangue dell'animale e successiva trasfusione di sangue defibrinato in quantità inferiore a quello tolto, non notò alcun disturbo da parte dell'animale, che anzi aumentò progressivamente di peso, tanto da guadagnare in 20 giorni 4.400 g. Per altra parte nelle esperienze da noi riferite i disturbi furono molto gravi e persistenti anche nel cane relativo all’espe- rienza II nel quale la trasfusione venne praticata senza previo salasso. 634 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE Del resto anche noi, malgrado che l'opinione concorde degli autori sembrasse renderle superflue, abbiamo eseguito esperienze di controllo, iniettando in cani sottoposti prima a salasso ab- bondante, siero artificiale, e sempre abbiamo visto questi animali comportarsi ben diversamente da quelli a cui si trasfondeva sangue anemico. Ecco il protocollo di una di queste esperienze: Grosso cane a pelo nero. Pesa Kgr. 22,750. Emometria 110. Globuli 6.400.000 (media di 3 conteggi). 17 febbraio. — Si pratica all'animale un abbondante salasso dalla carotide sinistra. Si estraggono grammi 680 di sangue (pari al 3 °/, del peso del corpo). Subito dopo per la giugulare dello stesso lato trasfusione di liquido fisiologico (Clor. sodico gr. 5, Solfato di soda gr. 10, Aequa distillata e sterilizzata gr. 1000) in quantità di gr. 780. La trasfusione procede bene senza che l’animale presenti nessun fe- nomeno speciale. Dopo l’operazione, mentre sì sutura la ferita, polso un po’ debole, respiro superficiale. Emometria 70-75. Globuli 3.833.333 (media di 3 conteggi). Slegato l’animale sta bene sulle zampe, cammina, non sì mostra abbattuto. Nella giornata non si nota nessun sintomo speciale. Alla sera sta bene e consuma tutta la sua razione. 18. — Il cane sta bene, mangia. L'animale essendosi sempre in seguito mostrato perfettamente nor- male, non farò che riportare i dati dei conteggi e delle emometrie. 25 Id. — Globuli 4.208.888 (3 conteggi). Emometria 90. 4 marzo. — Globuli 4.308.333 (3 conteggi). Emometria 90-95. 9 Id. — Globuli 6.187.500 (3 conteggi). 11 Id. — Globnli 6.379.166 (3 conteggi). Emometria 110. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 635 Si sospende l'osservazione. L'animale pesa Kgr. 26,250. Avendo così guadagnato in peso circa quattro chilogrammi in un periodo di 23 giorni. Resta a vedere quale importanza possa venire attribuita alla presenza della pirodina nel sangue che ha servito per le nostre trasfusioni. In primo luogo la presenza della pirodina nel sangue che venne da noi utilizzato per la trasfusione è per lo meno molto ipotetica, perchè, come si è veduto dai sin- goli protocolli, noi abbiamo sempre lasciato passare un tempo vario fra 3-5 giorni di intervallo fra il giorno in cui si cessava la somministrazione di pirodina e quello in cui si adoperava il sangue per la trasfusione. È per altra parte sebbene si conosca nulla sul tempo in cui questo veleno attraversa l'organismo, si sa tuttavia che nel sangue è difficilissimo di dimostrare la pre- senza di veleni che sono pure dotati di azione cumulativa perchè questi rimangono piuttosto nei parenchimi degli organi, ma non stanno nel sangue. Ma qualora pure si dovesse ammettere che una piccola quantità di pirodina era contenuta nel sangue che venne trafuso, non si spiegherebbe con ciò per nulla la serie dei fenomeni da noi constatati, perchè questi non corrispondono in niente ai fenomeni dovuti all’avvelenamento protratto da pirodina. Questo veleno ha infatti un modo molto insidioso di agire, non dà luogo a disturbi nervosi di sorta e soltanto negli stadì di avvelenamento avanzato toglie l'appetito, ed altera consecutivamente la nutrizione. Di più, secondo le osservazioni di Mya (1. cit.) interrompendo l’avvelenamento da pirodina, la rigenerazione globulare ha luogo in modo più rapido che non dopo salassi ripetuti. Escluse così le diverse ipotesi che più facilmente si pre- sentano, non rimane altro che ammettere come causa dei disturbi osservati, la natura del sangue adoperato per la trasfusione. Oltrechè per esclusione, questo modo di vedere, emerge spon- taneo dall'esame dei fatti, poichè, come si è veduto, dai proto- colli delle singole esperienze, appare anche un rapporto fra intensità dei fenomeni e grado di anemia dell’animale che ha fornito il sangue per la trasfusione. Stabilito così che i disturbi osservati sono ragionevolmente 636 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE riferibili a proprietà tossiche del sangue di animali anemici, nasce naturale la domanda: per quale ragione e con quale meccane- simo questa tossicità prenda origine e si manifesti. Dallo studio di Castellino sulla tossicità del siero .di sangue dei trasudati, essudati e dell'urina, e dalle numerose considerazioni teoriche svolte nel suo lavoro, si potrebbe forse supporre che anche nel nostro caso la tossicità sia dovuta semplicemente alla presenza di una quantità troppo abbondante di nueleine nel sangue, ori- ginatesi dalla distruzione globulare e quindi che i fenomeni osservati siano riferibili ad una intossicazione da fermento della fibrina e ad una coagulazione, in modo analogo a quello che si osserva per la tossicità del sangue nelle malattie. Se così fosse i fenomeni osservati da noi, dovrebbero essere analoghi a quelli consecutivi alla iniezione di sangue eterogeneo e che prendono origine dalla distruzione globulare, essendo, secondo le esperienze di Castellino, la tossicità ed il potere globulicida del siero, per- fettamente corrispondenti fra di loro. Paragonando i disordini osservati da noi con quelli che si rilevano in queste circostanze, si può trovare fra i medesimi una qualche lontana analogia. Così durante, e poco dopo le tras- fusioni di sangue eterogeneo vennero osservate scosse e con- trazioni in certi gruppi di muscoli e rigidità nelle estremità. Speciale interesse hanno per il caso nostro i fenomeni riferiti da Richet e Hericourt (41) in seguito ad iniezione intraperito- neale di sangue di cane nei conigli, perchè essi avrebbero anche constatato negli animali che sopravvivono, una perdita di peso abitualmente soltanto sensibile nei due, tre primi giorni; ma talvolta anche persistente per due, tre settimane. Però se analogie vi sono fra i risultati da noi esposti e quelli che si riferiscono a trasfusione di sangue eterogeneo, le differenze sono pure molto manifeste, poichè in nessuno dei nostri casi la morte seguì da vicino la trasfusione come suole abitual- mente accadere in seguito alle trasfusioni eterogenee: in nes- suno dei nostri casi si ebbero ematuria, perdita di muco san- guinolento dalle narici, scariche sanguigne, ecc., fenomeni costanti ad osservarsi, per le trasfusioni eterogenee. Di più Ja temperatura non mostrò mai rialzo febbrile quale si manifesta in simili circostanze e la necroscopia eseguita nei due casi di . x RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 637 morte non ha permesso di constatare le lesioni caratteristiche dovute alla coagulazione e costanti in simili casi. Per conseguenza, noi dal nostro studio ci crediamo autoriz- zati ad affermare una cosa sola e cioè che il sangue di animali resi profondamente anemici con distruzione globulare provocata da avvelenamento protratto da pirodina, riesce tossico quando venga iniettato ad animali della stessa specie. Per avanzare una qualche ipotesi sulla natura di questa azione tossica sulle sue cause e sul meccanesimo con cui si esplica, crediamo necessarie ancora numerose ricerche fatte con speciale indirizzo essenzialmente nell’intento di determinare se per la trasfusione di sangue anemico, abbia luogo negli animali trasfusi una attiva distruzione globulare ed un aumento della coagulabilità e quali sono le alterazioni anatomiche rilevabili nei casi mortali. Queste ricerche noi abbiamo già ripreso questo anno insieme a quelle che si riferiscono all’altra parte del pro- blema relativo all’influenza della trasfusione di sangue normale negli animali profondamente anemici per anemia da emolisi e sui risultati delle medesime, ci proponiamo di ritornare in altro lavoro. LETTERATURA 1. — A. Kénner, Inaug. Diss. Dorpat, 1877. 2. — Lanpors, Ueber subcutane oder intravenòse Iniection gegen Andimie, “ Verhandlungen d. XI Congr. f. inn. Medicin. 1892, u. Wien. Med. Woch. ,, N. 20, 1892. 3. — Qurno€xe, Weitere Beobacht. ib. Perniciòse Andimie, “ Deutsch. Arch. f. Klin. Med. ,, Bd. XX. — Quincxe, Z. Path. d. Blutes, “ Deutsch. Arch. f. Klin. Med. ,, Bd. XXV-XXVII. 4. — Quinoxe H., Ueber die perniciòse Antimie, “ Volkmann’s Samm- lung Klin. Vortr. ,, 1876. 5. — Hunter W., Observ. on the treatm. of pernicious Anoemia, “ British med. Journal , 1890. Huxrer WiuLIAM, On the pernicious Anoemia, “ Practitioner ,, 1889. Id. Lectures on the transfusion, € British med. Journal ,, 1889. 6. — Scuesy Buca, L. Caswistik u. Literatur d. Essent. Andmie mit. t6d- lichen Ausgang, “ Deutsch. Arch. f. Klin. Med. ,, Bd. XVIII, 1876. dti 638 FERDINANDO BATTISTINI — LORENZO SCOFONE 7. — Grorar u. Ewaup, “ Berl. Klin. Woch. ,, 1887. 8. — Barrers, Fin Fall v. pernicibser Anîimie mit Icterus, * Berl. Klin. Woch. ,, 1888. 9, — Brisrowk, On pernicious Anaemia with jaundice, * British med. Journal ,, 1888. 10. — Siusermann L., Pathogenesen d. essentiellen Anaemien, * Berl. Klin. Woch. ,, 1886, pp. 473. 11. — Mom Frep., A case of pernicious Anaemia, * The Lancet ,, 1870. 12. — Maragniano, Contributo alla patologia del sangue, comunicazione fatta all'XI Congresso di med. interna di Lipsia, “ Gazzetta degli Ospedali ,, 1872. - 13. — Biron-HirscnreLp, Ueber die schwere Antimische Zustiinde , € Verhandlungen d. XI Congresses in Leipzig ,, 1872. 14. — Frisch u. ApLer L., Kenntniss d. pernicibzen Anaemie, * Zeitschr. firm Heilkunde ,, Bd. XIV, S. 263. 14 bis. — Siuva, Contributo allo studio dell’eziologia dell'anemia perni- ciosa progressiva, “ Riforma med. ,, 1894, vol. III, pp. 807. 15. — Lussana, Contributo alla patogenesi dell'anemia anchilostomiasi, “ Riforma medica ,, 1891, 16. — Citato da Grawrrz, “ Klinische Pathologie d. Blutes ,, Berlin, 1896. 17. — Senaror, Ueber Indican u. Kalkausscheidung, “ Centralblatt ftir medicin. Wiss. ,, 1877. 18. — Brieoer, Ueber einige Beziechungen der Fiiulnissproducte zu Krankheiten, “ Zeitschrift fiùur Klinische Medie. ,, Bd. III, 1881. Hrenx1gE, Indikanausscheidung in Krankheiten, “ Deutsch. Archiv f. Klin. Med. ,, 1879, Bd. XXIII. 19. — Sanpoz, Beitrige zur Pathologie und Therapie der pernicivser Aniimie, “ Correspondenzblatt fiir Sechweize Aerzte ,, 1887. 20. — MExER, Beitrige 2. Therapie gewiss. Fiille von pernicibser Anaemie, ibid., 1889. 21. — Kaurmann, Zwei Fille geheilter perniciòser Anaemie, “ Berl. Klin. Woch. ,, 1890. 22. — Srnva B., Patologia e cura delle autointossicazioni, Relazione al IV Congresso di medicina interna in Roma, 1891. 23. — MiiLuer H., Die perniciòse progressive Anaemie, Zurich, 1877. 24. — SenatoR, Veber Selbstinfection durch abnorme Zersetzungsvorginge, “ Zeitschrift f. Klin. Med. ,, 1884, Bd. VII, S. 257. 25. — Rxess L., Ueber dus Vorkommen eines dem sogenannten Coma diabeticum qleichen Symptomencompleres ohne Diabetes, ibid. Sup- plement. S. 34. 26. — Eromuorst, Die progressive perniciòse Anîimie, Leipzig, 1878. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA TOSSICITÀ DEL SANGUE, ECC. 639 27. — V. Noorprx, citato da GrawIrz in Blutuntersuchungen bei Osta- frikanisch. Malariaerkrankungen, “ Berl. Klin. Woch. ,, 1892. 28. — SmrimpenL, Andimia splenica, “ Arch. f. Heilkunde ,, Bd. XVII. 29. — V. Noorpen, Lehrbuch der Pathologie d. Stoffwechsels, Berlin, 1893, S. 339. 30. — CasreLIino, Sulla tossicità del siero di sangue, dei trasudati es- sudati e dell’urina umana, “ Morgagni ,, 1895. 31. — A. Vanpameri, Contributo allo studio delle proprietà emotossiche delle acetilfenilidrazina, “ Morgagni, ,, 1874. 32. — Mazzoni V., / processi di sanguificazione studiati mediante la 33. S4. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 4l. pirodina, “ Boll. delle scienze mediche, 1891, p. 395-410. — Mya, Sulla rigenerazione sanguigna nell’anemia da distruzione globulare, “ Lo Sperimentale ,, 1891, p. 214-218. TA L’ematopoesi splenica nella distruzione globulare da pirodina, “ Giorn. della R. Acc. di med. di Torino ,, 1891, p. 193-195. — Poxerti C., Ricerche clin. e sperim. sulla questione della rigen. sang., “ R. Ace. fisiocritici di Siena ,, Vol. 8°, 1871. — A. Mosso, Sulle leggi della fatica, “ Rendiconti della R. Accad. dei Lincei ,, 1887. — Panum Brz., Exp. Unters. ib. die transf. transpl. oder Substi- tution d. Blutes in theor. u. pract., “ Virchow's Arch. ,, Bd. UXVII, pag. 240. — Havyrm, Lecons s. les modif. du sang, émiss. sang. Transf. du sang. Paris, 1887. — Sanquirico, Influenza del salasso sulla nutrizione dei tessuti, “ Arch. per le scienze mediche ,, 1880, Vol. 4, p. 426. — Scuramw, Ueber den Werth d. Kochsalzinfusion und Bluttrans- fusion, “ Wiener Med. Woch. ,, 1885. — Sroxn, Blutkòrperzihlungen b. traum. Anaemie, “ Virchow?s Arch. f. path. Anat. u. Phys. ,, Bd. 84, 1881. — Rione et HericourT, De la transf. périton. et de la toricité va- riable du sang de chien p. le lapin, “ Comptes rend. , 1889, Vol. 108, pag. 623. 640 ELODIA OSASCO Di alcuni Corallari miocenici del. Piemonte; Nota di ELODIA OSASCO, Continuando il riordinamento e lo studio dei (Corallarii terziarii del Museo Geologico della R. Università di Torino, mi occupai della numerosissima collezione di Corallarii mioce- nici del Piemonte, che conta circa 250 specie rappresentate da numerosi esemplari; ebbi pure in esame, per gentilezza del signor E. Forma, l'abbondante materiale da lui raccolto sulla collina di Torino. Risultato di tale studio è questa nota, nella quale, trala- sciando per ora le molte interessanti osservazioni che nuova luce gettano sui legami tra specie e specie, e che allargano l’area della loro distribuzione geografica, riporto solo ciò che si riferisce a forme nuove per la Scienza, riserbando ad altro lavoro uno sguardo più completo sulle forme mioceniche. Leiopathes vetusta (Micam.) (1) Var. ornata n. (fig. 7). “ Polyparium ornatum striis transversis undulatis (2). Axis “ maior calicis 7 mm., minor 6 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (rara). Eupsammia sismondiana (Mican.) (3) Var. producta n. (fig. 9). “ Polyparium conicum, productum, attenuatum ad basem. “ Altitudo 20-30 mm., axis maior calicis 20-22 mm., minor “ 18-20 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (abbondante). Ossero. — Si avvicina all’E. trochiformis (Brons.) (4) per la forma allungata e conica, ma ne è distinta pel rigonfiamento laterale e pel ristringimento del calice. (1) 1840-47. Mrcwetin, Iconog. zooph., pag. 77, pl. 15, fig. 11 (Antipathes). (2) Nella diagnosi delle varietà riporto solo i caratteri che le difte- renziano dalla specie. (3) Op. cit., pag. 37, pl. 8; fig. 13 (Turbinolia). (4) Op. cit., pag. 152, pl. 48, fig. 6 (Zurdinolia elliptica). DI ALCUNI CORALLARI MIOCENICI DEL PIEMONTE 641 Eupsammia trochiformis (Brona.) Var. magna n. (fig. 8). « Polyparium magnum, productum, compressum, peduncu- * latum. Altitudo exemplaris imperfecti 45 mm., axis maior # calicis 30 mm., minor 18 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (non rara). Balanophyllia vagans (Micur.) (1) Var. subpraelonga n. (fig. 11). “ Polyparium curvatum ad maiorem axem; theca laxe po- “ rosa, fragili; multis costis granulatis; epitheca subtili; calice “ compresso. Altitudo 40-50 mm., axis maior calicis 20 mm., “ minor 18 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (abbondante). Osservo. — Si distingue dalla B. praelonga (Mrcut.) (2) per la fragilità caratteristica e per l’epiteca (3). Balanophyllia conica n. sp. (fig. 10). “ Polyparium conicum, laeviter curvatum ad maiorem axem, “ pedunculatum aut vulnere basilari; sulcis magnis transversis “ recte dispositis; costis aequalibus conspicuis, rotundatis, valde « granulatis; calice fere circulari, obliquo; multis septis; colu- “ mella magna. Altitudo 30-45 mm., axis maior calicis 30 mm., minor 27 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (abbondante). Osservo. — Si distingue dalla B. Meneghini Sisw. (4) per le coste eguali, pel calice quasi circolare, pel pedicello rivolto verso il grande asse del calice. (1) 1871. Siswonna, Mat. paleont., È Mem. Acc. delle Scienze di Torino ,, pag. 291. (2) 1840-47. MicneLin, Ieonog. zooph., pag. 38, pl. 8, fig. 15 (Turbinolia cylindrica). (3) Il Sirowezi (1897, Paleontogr. italic.) ha due nuove specie: la 8. cor- nucopia e la B. Guidotti; ora io non saprei distinguere la prima dalla B. vagans, la seconda dalla B. praelonga, gli esemplari infatti che corrispon- dono alle specie del SimoweLLi, io avevo giù riferito alle specie note. (4) 1871. Siswonpa, Mat. paleont., pag. 289, pl. 1, fig. 8. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII, 46 642 ELODIA OSASCO Dendrophyllia subirregularis n. sp. (tig. 12). * Polyparium magnum, compressum, gibbosum, elatum, re- stricttum ad basem, supra expansum; multis polypieridibus; «* cenenchymate exiguo; multis costis subtilibus, vermicularibus; « sulcis profundis; septis fragilibus, numerosis; columella “ magna, prominenti; multis traversis endothecalibus; thecis « paullum porosis. Altitudo 10 em., axis calicis polypieridum af ONIII e La Elveziano. — Colli torinesi (abbondante). Osserv. — La forma gibbosa e le gemme sviluppate dal basso in alto, non parallele, ma ad angolo, la distinguono dalla D. irregularis BLarnv. (1). Dendrophyllia digitalis BLarnv. (2) Var. minor n. (fig. 16). “ Polyparium parvum, polypieridibus sublatis, turgidis, ca- “ lice ristricto. Axis calicis polypieridum 5 mm. ,. Eleziano. — Colli torinesi (non rara). Dendrophyllia digitalis BLarxv. var. subtaurinensis n. “ Polyparium polypieridibus inaequalibus, alteri parvi, sub- “ mersì in cenenchymate, alteri magni sublati. Axis calicis po- “ lypieridum maiorum 18 mm., minorum 12 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (abbondante). Osservo. — Si distingue dalla D. taurinensis E. H. (3) per avere alcuni polipieridi immersi nel cenenchima. Dendrophyllia taurinensis E. H. Var. triserialis n. (fig. 17). “ Polyparium polypieridibus in tribus ordinibus verticalibus. “ Axis calicis polypieridum 7 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (non rara). (1) 1840-47. MicneLin, /conog. zooph., pag. 309, pl. 74, fig.3 (D. Theot- voldensis). (2) Op. cit., pag. 52, pl. 10, fig. 10. (3) 1848. M. Epwarps et J. Han, * Ann. Se. Nat. ,, vol. 10, pag. 99. DI ALCUNI CORALLARI MIOCENICI DEL PIEMONTE 643 Osservo. — Si distingue dalla D. ramea (Linn.) (1) e dalla D. taurinensis var. subramea Osc. per avere una sola zona li- bera e tre serie di polipieridi; dalla D. digitalis BLamv. var. erassa Osc. (2) per la minor grandezza dei polipieridi e del polipaio, per l'elevazione dei polipieridi. Dendrophyllia taurinensis E. H. Var. subramea n. (fig. 13-14). “ Polyparium polypieridibus in quatuor ordinibus vertica- « libus, dispositis in duobus zonis lateralibus. Axis calicis po- « ]ypieridum 7 mm. .. Elveziano. — Colli torinesi (abbondante). Osserv. — Si distingue dalla D. ramea (Linn.) per avere le due zone di polipieridi composte ognuna di due serie verticali invece che di una sola. Dendrophyllia incerta n. sp. (fig. 15). « Polyparium elatum, ramis dichotomis, subcilindracers, parvis calicibus terminalis eccentricis, cireumdatis copioso ce- nenchymate parum spongioso; multis costis rotundatis, sulcis laevis, epithecio rugoso; parvis polypieridibus in tribus aut quatuor ordinibus, minime elatis, uno latere polyparii; septis spinosis in tres cyclis, tertio ad secundum coalescente; colu- mella densa. Axis calicis polypieridum 3-4 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (rara). Tortoniano. — Villa Maiolo (rara). Osservo. — Questa specie ha come le Wnallopsammia 3 cicli completi di setti, calici piccoli, ed una disposizione dei polipie- ridi simile a quella di essi nell’ E. Scillae (SeG.) (3), mala forma stellata del calice mi fa riferire la specie alle Dendrophyllia, sebbene si ritenga il quarto ciclo di setti completo, carattere differenziale delle Dendrophyllia dalle Enallopsammia. (1) 1895. Osasco, Di alcuni Cor. plioc., © Atti Ace. Se. di Torino ,, vol. XXXI, pag. 5, fig. 1. (2) Op. cit., pag. 4, fig. 27. (3) 1871. Srsxoxpa, Mat. paleont., pag. 285. 644 ELODIA OSASCO Siderastraea miocenica n. sp. (fig. 6). * Polyparium inerustans, paullum elatum, superficie lae- * viter convexa, calicibus subtilibus, theca coniunctis, irregu- «“ lariter exagonis; multis septis valde granulatis usque ad “ columellam densam; traversis numerosissimis subtilibus. Alti- “ tudo polyparii 15-20 mm., axis calicis polypieridum 6-7 mm, .. Elweziano. — Colli torinesi (non rara). Osserv. — Differisce dalla S. italica (DerR.) (1) per la gran- dezza dei calici e il numero maggiore dei setti. Heliastraea delicata n. sp. (fig. 2 a, db, e). “ Polyparium spongiosum, laevissimum, polypieridibus elatis, “ vicinis, costis coniunctis; thecis subtilibus; calicibus circula- “ ribus; septis granulatis in tribus eyclis; columella spongiosa, “ multissimis traversis endothecalibus et exothecalibus lamel- «“ laribus, rare ramificatis. Altitudo 10 cm., axis calicis 5 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (non rara). Osservo. — Si distingue dall’ H. Defrancei E. H. (2) per la delicatezza ed il maggior numero delle traverse endotecali ed esotecali, per il minor numero di setti, per i calici alquanto più piccoli e più avvicinati. La forma del polipaio è quasi globosa. Heliastraea fragilis n. sp. (fig. 4). “ Polyparium magnum, planum; polypieridibus productis, “ coniunctis costis numerosissimis, subaequalibus, granulatis; “ exotheca et endotheca exiguis; calicibus circularibus, multis “ septis granulatis, dentatis maxime ad centrum; columella “ spongiosa. Altitudo polyparii 11 cm., axis calicis 5 mm. ,. Elveziano. -—- Colli torinesi (non rara). Osserv. — Questa specie, specialmente nei punti erosi, ri- produce i caratteri della Goniastraea gratissima (Mrcum.) (3) da (1) 1840-47. MicneLin, /conog. zooph., pag. 310, tav. 74, fig. 5 (Astraea Bertrandiana). (2) Op. cit., pag. 59, tav. 12, fig. 6 (Astraea Argus). (3) La Sarcinula gratissima Micnr. fa dal M. Edwards et J. Haime rife- DI ALCUNI CORALLARI MIOCENICI DEL PIEMONTE 645 cui è distinta per essere i polipieridi uniti per le coste e per essere i calici circolari. Heliastraea aequalicostata n. sp. (fig. 1 a, d, c). «“ Polyparium planulatum, calicibus magnis, vicinis, septis- “ costalibus granulatis, crassis, vigintis quatuor in maioribus “ calicibus, traversis endothecalibùs, theca subtili, columella “ spongiosa. Altitudo 40 mm., axis calicis 6-7 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (rara). Osservo. — Si distingue dalla H. planulata D'AcH. (1) per il tessuto muro-costale non compatto, per le coste eguali, per avere solo il terzo ciclo di setti i quali tutti giungono sino alla columella sottili e subeguali; per le traverse endotecali più rade e meno inclinate. Heliastraea incerta n. sp. (fig. 5 a, 5). “ Polyparium paullum elatum, planulatum, polypieridibus “ coniunctis multis septis-costalibus granulatis, endotheca et exotheca exiguis, columella magna spongiosa. Altitudo 10 mm., axis calicis 6 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (non rara). Heliastraea incrustans n. sp. (fig. 3). “ Polyparium incrustans polypieridibus elatis in cenenchy- mate, multis costis fortiter crenulatis, calice circulari; septis granulatis debordantibus, in quatuor cyclis non completis, alternatis aequalibus, dentellatis, dentibus internis maioribus fere ut palulis; fossula profunda; columella exigua. Altitudo 5 mm., axis calicis 3-6 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (abbondante). rita al genere Favia, dal Michelotti e dal D'Achiardi riportata al genere Prionastraea; il D’Achiardi notava però trattarsi forse d'una Goniustraea; il Michelotti infine fondava su essa il genere Halisiastraca. L'osservazione di un magnifico esemplare, che lascia scorgere paluli e columella, ed in alcuni calici iniziato il processo di scissione, mi fa riferire la specie al genere Goniastraca. 7 (1) 1868. D'Acararpi, Studi comp., pag. 14, tav. I, fig. 14. 646 ELODIA OSASCO Trochosmilia pedemontana (Mica. in schedis) (fig. 22). “ Polyparium depressum; basi laevigata, expansa, laeviter conica; theca verticali, aequalicostata, calice rotundo; septis numerosis; columella magna. Altitudo 10 mm., axis ealicis SIIT Elveziano. — Colli torinesi (non rara). Cariophyllia aequalis (Mrcnr. in schedis) (fig. 23). “ Polyparium elatum, costis aequalibus conspicuis ad ca- licem, ad basem evanescentibus; calice rotundo. Altitudo exemplaris imperfecti 40 mm., axis calicis 10 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (non rara). Trochocyatus pyramidatus (Mrcur.) (1) Var. subperar- mata n. (fig. 33). # Polyparium minus spinosum ad basem, nihil ad calicem; “ corona sex magnis spinis in media parte. Altitudo 17 mm., “ axis calicis 20-21 mm. ,. Elveziano. — Colli torinesi (non rara). Osservo. — Questi polipieridi si avvicinano al 7. perarmatus (TaLcav.) (2) per la corona di 6 forti spine e perchè la teca si eleva quasi verticale, però se ne distinguono per la forma pi- ramidata della base e per i tubercoli di essa. Trochocyatus armatus (Micam.) (3) Var. quatuorspina n. (fig. 40). “ Polyparium elatum, quatuor spinis ornatum, attenuatum “ ad basem. Altitudo 18 mm., axis calicis 10 mm. Tortoniano. — Sant'Agata (rara). Ossere. — Una delle spine presenta nel punto d’inserzione due distinti tubercoli ravvicinatissimi, la spina è stata aspor- tata, ma Ja cicatrice lasciata ci dice che essa era unica, sicchè si può arguire questa spina essere risultato della fusione di (1) 1838. Mic®xsLommI, Spec. DIC e ) Desmophyllum exclavatum (Micht.), var. magna Ose. (Col. Tor.). » ”» ( » ), » » » ( » ) (sezione verticale). Ù bilobatum Ose. (Col. Tor.). 5 Formae “pal > )e laevicostatum , ( REN productum —— (Tortonese). n. sp.? (Col. Tor.). conulatum Osc. (Col. Tor.). ( ” ) (sezione verticale). Tr IE pyri Duane Micht. ), var. subperarmata Osc. (Col. Tor.). planulatus Osc. (Col. Tor.) (esemplare visto lateral- » n» » mente). - ) Ose.(_s )(» visto dalla base). 5 laevicostatus , (Tortonese). È 5 s (interno d’un piccolo esemplare). L 5 var. spinosa Osc. (Tortonese). baseornatus Osc. (Stazzano). armatus (Micht.), var. quatuorspina Ose. (Sant'Agata). crassus (Micht.), var. diversiformis Ose. (Col. Tor.) (giovane esemplare visto dalla base). (Micht.), var. diversiformis Osc. (Col. Tor.) (esemplare adulto visto lateralmente). n È (Micht.), var. subarmata Osc. (Col. Tor.). bellingherianus (Michn.), var. crestata Ose. (Tortonese). » b.] ”» 654 Relazione sulla Memoria del Prof. Orazio TepoNE, avente per titolo : Sulle vibrazioni dei corpi solidi omogenei ed isotropi. Per integrare le equazioni differenziali delle vibrazioni dei solidi elastici isotropi l’A. si è valso di quel procedimento che può chiamarsi delle varietà caratteristiche. Perciò egli ha con- siderato le tre coordinate cartesiane dei punti del solido ed il tempo come le coordinate dei punti di uno spazio a quattro dimensioni ed ha studiato in questo spazio il sistema di equazioni differenziali delle vibrazioni. Esso resulta appartenere al tipo iperbolico ed ogni punto dell’iperspazio caratterizza due varietà reali a tre dimensioni che godono della funzione di varietà ca- ratteristiche. L'A. è riescito a determinare i valori delle compo- nenti degli spostamenti delle particelle del corpo in ciascun punto dell’iperspazio mediante i valori delle quantità stesse nei punti di una porzione di una varietà a tre dimensioni conveniente- mente limitata dalle varietà caratteristiche. Le formule, a cui in tal modo è pervenuto il Prof. Tedone, sono le più generali della Memoria; le successive sono una con- seguenza delle stesse e ne mostrano le varie applicazioni. Il capitolo II contiene infatti la particolarizzazione delle formule generali nello spazio ordinario. L'A. è giunto in tal modo a stabilire, per il caso il più generale dei solidi isotropi, delle formule dello stesso tipo di quella colla quale il KtroHnore ha espresso analiticamente il principio di HuyGens. L’A. non si è limitato a dimostrare le formule precedenti col procedimento generale d'integrazione di cui si è valso per ottenerle. Egli le ha verificate anche direttamente senza ricor- rere a considerazioni d'iperspazii, ed a questo scopo ha consa- cerato il Cap. II. 655 Una ulteriore particolarizzazione delle formule ha condotto finalmente l'A. ad ottenere degli integrali aventi il tipo del- l'integrale dato da Porsson per le vibrazioni dei fluidi elastici. La vostra Commissione, persuasa della importanza della Memoria presentata dal prof. Tedone, non può che altamente lodare la dottrina e l'abilità dimostrate dall’A., mentre propone alla classe la lettura del lavoro stesso e la sua inserzione fra le Memorie accademiche. Corrapo SEGRE. Vito VoLTERRA relatore. L’Accademico Segretario ANDREA NACCARI. 656 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza dell’11 Aprile 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Socii: CLarertA, Direttore della Classe, Peyron, Rossi, Pezzi, Brusa e FerRERO Segretario. Il Socio Segretario presenta l’ “ Annuario della R. Univer- sità degli Studi di Padova per l’anno accademico 1896-97 ,, man- dato dal Rettore di quella Università; un volume del dott. Silvio Lippi: # L'Archivio Comunale di Cagliari , (Cagliari, 1897) pub- blicato a cura del Municipio di Cagliari, dal cui Sindaco è offerto, ed un opuscolo: “ Colonies francaises et colonies anglaises , (Paris, 1897), del Socio Corrispondente marchese di NApAILLAC©. Sono comunicate le lettere, con cui i signori Carlo BRUGMANN ed Enrico Alessandro WaLLox ringraziano per la loro nomina a Socii stranieri dell'Accademia. Il Socio FerrERO legge una sua nota sopra i titoli di vit- toria dell'imperatore Costantino, la quale è pubblicata negli Atti. Ro ee a enpetni ERMANNO FERRERO — I TITOLI DI VITTORIA DI COSTANTINO 6557 LETTURE I titoli di vittoria di Costantino ; Nota del Socio ERMANNO FERRERO. Le iscrizioni, mai le monete, donno a Costantino parecchi titoli di vittoria. Queste iscrizioni sono le seguenti: 1. Bono r(ei) p(ublicae) nato imp(eratori) Caes(ari) C. Flavio Valerio Constantino maximo pio felici invieto Aug(usto), pontifici maximo, Germanico maximo, Sarmatico marimo, tribuniciae pote- statis VIIII, consul(i) ITI, consulli I]V de[signato..... — Mil- liario. Sidi Megien (Tunisia). ©. Z L., VII, n. 10064. Costantino fu console per la terza volta nel 313, per la quarta nel 315: questo milliario è dunque del 314. 2. Magno et invicto principi d(omino) n(ostro) imp(eratori) Caesari Flavio) Val(erio) Constantino pio felici semper Augusto, pont(ifici) marimo, Sarmatico max(imo), Germ(anico) max(imo), Got(hico) max(imo), trib(unicia) pot(estate) X, cons(uli) IITI, im- p(eratori) VILLI, p(atri) p(atriae), proconsuli ecc. — Setif. C. I. L., VII, n. 8477. Del 315 per la tribunicia potestà, che è X in questa e IX nella precedente. Il consolato IV conviene agli anni 315-318. 3. Imp(eratori) Caes(ari) Flavio Constantino maximo pio fellici) invicto Augusto, pont(ifici) max(imo), Ger(manico) max(imo), Sar- m(atico) maximo, Brit(annico) maximo, Per(sico) maximo, Aiab. (sic) maximo), Med(ico) max(imo), Gotico max(imo), trib(umicia) pot(e- Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 47 e 1 658 ERMANNO FERRERO state) X, cons(uli) ITII, imp(eratori) VIII, p(atri) p(atriae), pro- cons(uli) ecc. — Henscir Dzemda (Tunisia). Cagnat nel Bulletin archéologique, 1893, p. 223, n. 52. Del 315. C Sii ere Me Aug(usto), po|nt(ifici) mari(mo)...... ] max(imo), Ger(manico) maxr(imo)....... trib(unicia) pot(estate) [....cons(uli)] ITII, p(atri) p(atriae), pro|cons(uli)) — Mérida. COREA Certamente di Costantino, come meglio apparirà appresso, proponendo i supplementi, e per il consolato IV da assegnarsi agli anni 315-318. 5. Imp(eratori) Caes(ari) Flavio Constantino maximo pio felici invieto Aug(usto), pont(ifici) mazlimo), Ger(manico) maz(imo) LII, Sarm(atico) max(imo), Brit(annico) max(imo), Carp(ico) max(imo), Arab. maximo), Med(ico) max(imo), Armen(iaco) max(imo), Go- th(ico) max(imo), trib(unicia) pot(estate) XIIII, imp(eratori) XIII, consul(i) IIII, patri patriae, proconsuli ecc. — Ain Ruah (Al- geria). C. I. L., VII, n. 8412. Il consolato IV la dimostra anteriore al 319. La saluta- zione imperatoria, ripetuta a quel tempo nei giorni anniver- sarii del principio del regno (1), col numero XIII conviene al periodo dal luglio 318 al luglio 319. Nel 314 Costantino aveva la IX potestà tribunicia: se queste potestà corrispondessero per lui agli anni solari, la XIV cadrebbe nel 319, quindi si avrebbe ragione di credere ad un errore o in questo numero od in quello del consolato. Ma, se ammettiamo non mutato il solito computo, le potestà tribunicie costantiniane s'inquadrano benis- simo con gli altri dati cronologici. Perciò comprendendo la I fra il 25 luglio 306 e il 9 dicembre del medesimo anno, la II fra il 10 dicembre 306 e il 9 dicembre 307 e così di seguito, la XIV (1) Dessau, nell’EpA. epigr., VII, p. 430 e segg. I TITOLI DI VITTORIA DI COSTANTINO 659 viene a pigliar posto fra il 10 dicembre 318 e il 9 dicembre 319. L'iscrizione è adunque della fine del 318 (1). 6. (Dominis nostris) Flavio Valerio Constantino {{l{{{{{{{{{I{{K}{}{{ Germanicis, Sarmaticis .......... invictis (Augustis) — Milliario. Sidi Amor Berrai el Beger (Tunisia). Eph. epigr., VII, n. 616. Posteriore alla vittoria sopra Massenzio (28 ottobre 312), che aveva il dominio dell’Africa; anteriore alla caduta di Li- cinio (323) (2), il cui nome fu eraso. Dopo Sarmaticis si leggeva probabilmente mazrimis, forse anche piis felicibus. 7. (Domini nostri) Flavius Valerius Constantinus et /{II{{{{I{ III{III Germanici, Sarmatici. JIIIIIIIIJI!(JJJ/[IIIII-ma(g)\wust].. . CU — Milliario. Kef. C. I L., VII, n. 10090. È stato cancellato il nome di Licinio, quindi, come la pre- cedente, fra il 312 ed il 323 (0 324). 8.[/|mp(erator) Caes(ar) Constantinis maximus Guth(icus) (sic) victor ac trium[f|ator Aug(ustus) ecc. — Alikjel (Orcistus nella Frigia). C. I. L., II, n. 352= 7000. Editto del 30 di giugno 331. (1) Anche secondo l’ipotetico sistema dello Stobbe (PhQilologus, XXX, 1872, p. 88 e seg.), che fa cambiare più volte da Costantino il principio delle potestà tribunicie, la XIV entrerebbe nel 318: essa avrebbe durato dal 1° marzo 318 a tutto febbraio del 319. La sola potestà tribunicia, che non potrebbe concordare col consolato, è la XXIII (327-328), accompagnata dal consolato VIII, assunto nel 329, in C. I L., V, n. 8059. Correggendo l’ultima eifra in VII, l’iscrizione, che appartiene ad un milliario dell’Italia superiore, non offre più contraddizione, e diviene perfettamente uguale ad una serie di milliarii della medesima regione (/ò., n. 8004, 8011, 8041, 8065, 8069, 8070, 8072; cf. 8080 (= 8079), v. Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, serie II, t. XXXVIII, p. 431). (2) O 324, se si accetta la data dei fasti Idaziani (Chron. min., ed. Mommsen, t. I, p. 232), recentemente ammessa dal Seeck, nella Zeitschrift fiir Rechtsgesch., X, 1889, p. 188 e segg. e Gesch. der Untergang des antiken Welt, t.I, Berlin, 1895, p. 166 e segg. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 47* 6560 ERMANNO FERRERO 9. Imp(erator) Caes(ar) Fl(avius) Constantinus maximus Ger- m(anicus), Sarm(aticus), Goth(icus), victor triump(hator) Au- gustus ecc. — Spello. C. I. L., XI, n. 5265(= Dessau, /nser. sel., n. 705). Editto anche coi nomi di Costantino giuniore, Costanzo è Costante, epperò fra il 25 di decembre 333 e il 22 di maggio 337. 10. Imperatori [ ......... Constantino invicto| pio felici Au- g|usto, pontifici maximo ........ |] marimo, Sarm[atico maximo . . saga tribuni|ciae potestatis .......... ecc. — Sidi Brahim (Gunugi nella Mauretania Cesariense). Eph. epigr., VIII, n. 1038 a. Seguono i nomi dei tre figli, quindi dello stesso tempo della precedente. E RREPRE FII0E Constantin|o invicto pio fellici Augusto, ponti- fici marino) nia ae: DARE Gotico marimo | ..... Ara Set pa tri|buniciae potesta[tis......... — Medesima pro- venienza della precedente. Eph. epigr., V, n. 1038 d. Del medesimo tempo. IPRSZEGEO Flavio) Va[lerio) Co(n)stantino German(ico), Sarmatico, Aug(usto). — Milliario. Ksar Sbai (Gadiaufula nella Numidia). C. I L., VI, n. 10155. Posteriore alla vittoria su Massenzio (28 ott. 312). Cf. n. 6. Adunque Costantino è detto: 314. Germanicus marimus, Sarmaticus marimus. 315. Sarmaticus maximus, Germanicus maximus, Gothicus marimus. 315. Germanicus marimus, Sarmaticus maximus, Britannicus ma- rvimus, Persicus marimus, Aiab (sic) marimus, Medicus ma- rimus, Goticus maximus. I TITOLI DI VITTORIA DI COSTANTINO 661 315—318. Sarmaticus marimus, Germanicus maximus, Gothicus maximus (1). 318. Germanicus maximus III, Sarmaticus maximus, Britannicus maximus, Carpicus maximus, Arab. maximus, Medicus ma- rimus, Armeniacus maximus, Gothicus maximus. 312—323. Germanicus, Sarmaticus. 331. Gothicus. 333 —8337. Germanicus, Sarmaticus, Gothicus o i medesimi titoli seguiti ciascuno da marimus (2). I titoli più comuni sono quelli di Germanicus, Sarmaticus, Gothicus: i due primi già in epigrafe del 314, l’ultimo non com- parso sinora per la prima volta che in lapidi del 315. Essi si trovano anche soli alla fine del regno e nei milliarii ed in editti. Gli altri titoli di Britannicus, Carpicus, Persicus, Aiab. o Arab., Medicus, Armeniacus sono dati da due sole iscrizioni ono- rarie degli anni 315—-318. Essi non possono evidentemente trarre origine da vittorie di Costantino su quei popoli orientali. Ma, se li confrontiamo coi titoli di Diocleziano, Massimiano, Costanzo Cloro e Galerio, vediamo che non ne sono altro che la ripeti- zione (3). Il solo, che, a prima vista, sembra mancante fra i titoli costantiniani, è quello di Adiabenicus, a cui nell’iscrizione n. 3 è sostituito Aiab. e nel n. 5 Arab. Quest'ultima epigrafe è cono- sciuta solamente per la trascrizione di L. Leclerc, ufficiale sa- nitario nell’esercito francese di Algeria (4). Ma fu letto esatta- mente Arab(ico), o piuttosto non vi era Adiab(enico)? Anche per (1) In questa lapide mutilata (n.4) non si legge più che il secondo titolo : ma v'è spazio per il primo e per il terzo, suggeriti dal confronto con altre epigrafi. (2) Confrontando fra loro le due tavole Ephem. epigr., VIII, n. 1088, si supplisce in « il terzo titolo ed in d il secondo: ovvia l’aggiunta del primo, di cui in a rimane il maximus. (3) Per esempio, nell’editto del marimum del 301 i titoli di Diocleziano e dei colleghi sono in quest'ordine: Germanicus, Sarmaticus, Persicus, Bri- tannicus, Carpicus, Armenicus, Adiabenicus, ciascuno seguito da maximus (C. I. L., III, p. 802, 803, cf. p. 1928). (4) Rev. archéol., VII: année, 1850, 17° partie, p. 311. 662 ERMANNO FERRERO Carp(ico) e per Goth(ico) il trascrittore diede Capp. e Coth. cor- retti poi dall’Henzen (1) e dal Renier (2). Nell'Aiab. dell'iscrizione n. 3 il Cagnat (3) vide un errore del lapicida per A(r)ab(ico): preferiamo credere che questi abbia omesso la 4 di A(d)iabM(enico). È probabile che da principio i titoli di Germanicus e di Sarmaticus abbiano avuto la medesima origine di quelli ora in- dicati. Ma presto hanno potuto pure significare vere vittorie su genti germaniche e sarmatiche. In fatti sin dall'inizio del regno, Costantino guerreggiò felicemente coi Franchi e con gli Ala- manni (306) (4); si noti altresì che nell’iserizione n. 5, del 318, il titolo di Germanicus marimus è seguito da II; solo caso nel- l’epigrafia costantiniana di aggiunta del numero al titolo per ripetute vittorie sul medesimo popolo; aggiunta, che occorre in quella dei membri della tetrarchia dioclezianea (5). Nel 315 Costantino usa già, dopo gli altri, il titolo di Go- thicus, particolare a lui, certamente per vittorie sui Goti ante- riori a questo anno, forse perchè tale popolo fu alleato con Li- cinio nella guerra del 314 (6). Si ripeterono le spedizioni gotiche nel 323, prima della seconda guerra contro Licinio (7), nel 332, sotto il comando di Costantino il giovane (8). Altre sconfitte furono date a Germani ed a Sarmati, durante l'impero di Co- stantino (9); di qui la preferenza per i tre titoli, che significa- (1) Inscr., t. III, p. 5576. (2) Inser. de V'Alg., n. 3555. (3) L'apografo di questa e di altre iscrizioni della Tunisia fu fornito dagli ufficiali francesi delle brigate topografiche di quel paese. (4) Inc. pan. Constantino (VII), 10, 12; Nazario, Pan. Const., 16, 18; Eusebio, Vita Const., I, 25; Eutropio, X, 3. Cf. Mowat, nel Bull. de la Soc. des ant. de France, 1895, p. 197. (5) CÉ. p. es. il citato editto del 301 (C. I. L., III, p. 1928). (6) Cf. Schiller, Gesch. der ròmischen Kaiserzeit, t. 1I, p. 197, nota 2. Le due sole iscrizioni, ove i nomi congiunti di Costantino e di Licinio sono acccompagnati da titoli di vittoria, pare non abbiano avuto che quelli di Germanici, Sarmatici (n.6 e 7). Non si può però determinare se esse siano anteriori o posteriori al 314. (7) Anonimo Valesiano, 5, 21. Cf. c. 1 C. Th., De re mil. (VII, 1). (8) Anonimo Valesiano, 6, 31. 1 fasti Idaziani pongono la vittoria di Costantino il giovane sui Goti al 20 di aprile 332. Si hanno monete di Costantino con Gothia ed un medaglione con Victoria Gothica (Cohen, Méd. imp., 2" ed., t. VII, p. 242, n. 118, e p. 301, n. 623). (9) La cronologia di queste guerre è oscura. Oltre ai cenni degli scrit- I TITOLI DI VITTORIA DI COSTANTINO 663 vano reali trionfi, per celebrare i quali furono istituiti ludi cir- censi (1). Un'osservazione è ancora da fare, cioè che nell’editto del 30 di aprile 311, il cui testo è stato conservato da Eusebio (2), non senza qualche errore e qualche cambiamento nell’enuncia- zione dei nomi e dei titoli imperiali (3), Galerio ha tutti i suoi titoli di vittoria; Costantino, al pari di Licinio, ne è privo. E privo pure sembra ne fosse nel frammento di editto sopra una epigrafe di Sinope, ove fra il nome di (Galerio, accompagnato da tali titoli, e quello di Costantino si dovevano trovare i nomi, poscia cancellati, di Massimino e di Licinio (4). Laonde si può sospettare che Galerio non abbia riconosciuto a Costantino i titoli di vittoria, che questi si attribuì o si lasciò dare, titoli già portati da Costanzo ed uguali a quelli ond’egli, Galerio, era fregiato. tori, abbiamo le monete di Costantino, di Crispo e di Costantino giuniore con Alamannia, Alamannia devicta, Francia, Francia et Alamannia, Sarmatia devicta, Sarmatis devictis (Cohen, t. VII, p. 248 e seg., n. 165-170, p. 285 e seg., n. 487, 488, p. 339 e seg., n. 1, 2; p. 346, n. 74, 75; p.353, n. 132; p. 366, n. 1, 2; p. 381, n. 140, 141; p. 386, n. 177. (1) È molto probabile che i ludi Gothici, Francici, Alamannici, Sar- matici ricordati nei fasti Filocaliani (del 354) (C. I. L., I, 2* ed., p. 258, 270, 272, 274) commemorassero vittorie di Costantino piuttosto che di altri imperatori precedenti. Può esservi dubbio per i ludi Francici, forse isti- tuiti per la pace co’ Franchi ottenuta nel 342 da Costanzo II (cf. ibid., p. 309, 322, 331, 335). (2) Hist. eccl., VIII, 17. (3) La potestà tribunicia XX non può in quel tempo convenire @ Galerio; manca il numero dopo Fepuavikds uériorog, manca il titolo di Britannico. L’editto non ha che i nomi di Galerio, Costantino e Licinio. È probabile che nell'originale fosse ancora quello di Massimino e l’ultimo posto spettasse a Costantino. (4) ©. I. L., III, n. 6979. Il nome di Costantino Cesare si trova anche insieme con quelli di Galerio e di Severo Augusti e di Massimino Cesare nei milliari C. I. L., IMI, n. 6633; XII, n. 5516, 5527. Quello di Costantino ‘ Augusto è insieme coi nomi degli Augusti Galerio, Massimino e Licinio, nell’epigrafe greca edita nel Bull. de correspond. hellénique, XI, 1887, p. 69. In niuna di queste iscrizioni si leggono titoli di vittoria. L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. PI Volto.» 664 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 7 Marzo al 4 Aprile 1897. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. ** Abhandlungen der k. Preussischen geologischen Landesanstalt. N. F., Heft 28. Berlin, 1896; 8°. * Abhandlungen herausg. von der Senckenbergischen Naturforschenden Gesellschaft. Bd. XXIII, Heft 1, 2. Frankfurt a. M., 1897; 4°. * Anales de la Sociedad Cientffica Argentina. Entrega II, t. XLIII. Buenos Aires, 1897; 8°. * Annales de la Société belge de microscopie. T. XX. Bruxelles, 1896; 8°. * Annales de la Société géologique de Belgique. T. XXIII, 2° livraison. Liège, 1895-96; 8°. * Annales de l’Observatoire Physique Central. Année 1895, I° et I° partie. St-Pétersbourg, 1896; 4°. * Archives du Musée Teyler, série II, vol. V, 2° partie. Haarlem, 1896; 8°. * Atti della Società Italiana di Scienze naturali. Vol. XXXVI, fasc. 3-4. Milano, 1897; 8°. * Atti del Reale Istituto d’Incoragg. di Napoli. 4* serie, vol. IX. 1896; 4°. * Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Anno L, sess. 2* e 3*. Roma, 1897; 4°. * Atti della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino. A. XXX, 1896. Torino, 1896; 4°. * Beitriige zur Geologischen Karte der Schweiz..... 30 Lieferung; N. F. 6. Lieferung. Bern 1896; 4° (dalla Commissione Geologica della Società Elvetica di Scienze naturali). Boletin mensual del Observatorio Meteorolégico central de Mexico; no- viembre-diciembre, 1896. Mexico, 1896-97; 4°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 665 * Bollettino dei Musei di Zoologia e Anatomia comparata della R. Università di Genova. N. 54-55. Genova, 1897; 8°. * Bollettino del R. Comitato Geologico d’Italia. Anno 1896, n. 4.Roma; 8°. Bulletin mensuel de Statistique Municipale de la ville de Buenos-Ayres. X° année (1896), n. 5-12; 4°. * Bulletin de la Société impériale des Naturalistes de Moscou. Ann. 1896, n. 1. Moscou, 1896; 8°. * Bulletin de la Société des Sciences de Nancy. Sér. II, t. XIV, fase. XXX, 1895 et Bulletin des séances. 7° année, n. 1-5. Nancy, 1895; 8°. * Bulletin de la Société des Sciences naturelles de l’Quest de la France.T. VI, 2° et 3° trimestre 1896. Nantes; 8°. * Bulletin du Muséum d’histoire naturelle. Année 1896, n. 6. Paris, 1896; 8°. * Bulletin de la Société géologique de France. 3° série, t. XXIII, n. 9-10 (1895); XXIV®, n. 4-7. Paris, 1895-96; 8°. * Bulletins du Comité géologique de St-Pétersbourg, 1896; t. XV, n. 3-4. St-Pétersbourg, 1896; 8°. * Giornale della R. Accademia di Medicina. A. LX, n. 2. Torino, 1897; 8°. * Jahrbuch iber die Fortschritte der Mathematik. Bd. XXV, Heft 3. Berlin, 1897; 8°. * Jahrbuch der k. k. geologischen Reichsanstalt zu Wien. Jahrg. 1896. XLVI, 2 Heft. Wien, 1896; 8°. * Jenaische Zeitschrift fir Naturwissenschaft herausg. von der medizinisch- naturw. Gesellschaft zu Jena. N. F. Bd. XXIII, Heft 4. Jena, 1896; 8°. * Journal of the R. Microscopical Society, 1897, part 1. London, 1897; 8°. * Mémoires de l’Académie Imp. des Sciences de St-Pétersbourg. Classe physico-mathématique. VII série, vol. I, n. 9; II, n. 1-9; III, n. 1-6; IV, n. 1. St-Petersbourg, 1895-96; 4° et 1 Atl. f°. * Mémoires du Comité Géologique de Russie. T. XV, n. 2. St-Pétersbourg, 1896; 4°. * Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LVII, n. 4. London, 1897; 8°. * Neajahrsblatt herausgegeben von der Naturforschenden Gesellschaft auf das Jahr 1897. Zurich; 4°. Osservazioni meteorologiche eseguite nell’anno 1896, col riassunto composto sulle medesime da E. Pini. Milano, 1896; 4° (dal R. Osserv. Astronomico di Brera). Proceedings of the Royal Society. Vol. LX, n. 367; LXI, n. 369. London, 1897; 8°. * Publications de l’Observatoire Central Nicolas sous la direction de O. Backlund. Serie II, vol. II. St-Pétersbourg, 1896; f°. * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XXX, fasc. 4°, 5°. Milano, 1897; 8°. * Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Serie 3*, vol. III, fasc. 2°. Napoli, 1896; 8°. * Schriften der Physikalisch-Oekonomischen Gesellschaft zu Kénigsbere in Pr., XXXVII Jahrg., 1896. Konigsberg, 1896; 4°. * 666 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Screws and Screw-Making, with a chapter on the -Milling Machine. Col- chester, Engl.; 8° (Britannia Company). * Sitzungsberichte der k. Preuss. Akademie der Wissenschaften zu Berlin, XL, 22 October—LIII, 17 December, 1896; 8°. U * Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Classe der k. b. Aka- demie der Wissenschaften zu Miinchen, 1896, Heft III. Miinchen, 1896; 8°. Studi e Ricerche istituite nel Laboratorio di chimica agraria della R. Uni- versità di Pisa. Fase. 18, Anno 1895 e 1896; 8° (dono del Direttore del Laboratorio). * Transactions of the Manchester Geological Society. Vol. XXV, n. mi; 1897; 8°. ** Yerhandlungen der Physikalischen Gesellschaft zu Berlin. Jahr. 16. Nr. 3-4. 1897; 8°. * Verhandlangen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Sitzung. N. 1-3, 1897. Wien; 8°. * Vierteljahrsschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Zurich. 41 Bd., suppl. Zurich, 1897; 8°. * RypHaab pyccgaro pnamo-xmmntecgaro O6meersa npu Umneparoperome C. HerepOypretons Vanpepenrerb; t. XXIX, n. 1. 1897. Biolley (P.). Moluscos terrestres y fluviatiles de la meseta central de Costa Rica. San José, Costa Rica, 1897; 8° (dal Museo Nacional). Cattaneo (G.). I fattori della evoluzione biologica. Genova, 1897; 8° (dall’A.). Folgheraiter (G.). I punti distinti delle rocce magnetiche e le fulminazioni. Roma, 1897; 8° (Za.). Hesse (L. 0.). Gesammelte Werke. Herausgegeben von der mathematisch- physikalischen Classe der k. bayerischen Akad. Wissenschaften. Miin- chen, 1897; 4° (dono della K. Akad. d. Wissens.). Lamprecht (G.). Wetterperioden. Bautzen, 1897; 4° (dallA.). ** Ostwald (W.). Lehrbuch der allgemeinen Chemie. II Bd., Il Theil. Leipzig, 1896; 8°. Romiti (G.). Necrologio. Luigi Calori. Firenze, 1896; 8° (dall’A.). Ruffini (F. P.). Ricerca di coniche che incontrano ad angoli retti le coniche di una serie di coniche. Bologna, 1897; 8° (Z2.). Tristan (J. F.). Insectos de Costa Rica. San José de Costa Rica, 1897; 8° (dal Museo Nacional). Wessel (C.). Essai sur la représentation analytique de la direction. Copen- hague, 1897; 4° (dall’Accad. R. delle Sc. di Danimarca). PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 667 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Dal 28 Marzo all’11 Aprile 1897. * Anales de la Universidad (Republica Oriental del Uruguay). VIII, Entr. 8. Montevideo, 1896; 8°. * Berichte iber die Verhandlungen der k. Sichsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig (Philolog.-hist. Classe), 1896, II-III. Leipzig, 1897; 8°. ** Bibliotheca Philologica Classica, 28 Jahrgang, 1896, 4. Quartal. Berlin, 1896; 8°. * Bulletin de l’Académie Royale des sciences et des lettres de Danemark. Copenhague, 1896, n. 6; 1897, n.1. * Comptes-rendus de l’Athénée Louisianais. 6° sér. Tom. I, livr. 2®°. Nouvelle-Orléans, 1897; 8°. * Mémoires de l’Académie des Sciences et des Lettres de Danemark. 6° série, Section des sciences, t. IV, n. 3. Copenhague, 1896; 4°. Popolazione. Movimento dello Stato civile. Anno 1895. Roma, 1896; 8° (dal Ministero di Agric., Ind. e Comm.). Baruechi (L.). Quel che non si deve dire. Torino, 1897; 8° (dall’A.). Massa (C.). Filippo Briganti e le sue dottrine economiche. Trani, 1897; 8° (Id.). ** Sanuto (M.). I Diarii, t. XLVIII, fase. 206-207. Venezia, 1897; 4°. Torino — Vixcenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi Pai O cpc gir s0 MSA eV tes caiano 3 è yer add At rà, A Fog n ® ig b China (pepe y ve pei cito sele sti È mo "gato hl di © vera t sblbteve ° va rinkbe | reti cab fili dj iva Vela Pei) è Mai Lor Wines PT 4 Mau i fra (NITTANE LI blue Hp 4 Ma O ' retto if pt dia Va LEOaI alb & Mi Lia mia 29 400, $i Prod NE steli» MTA Ar antntità vito bott) rev but): det lerrsn (a 1) di SIL Ott A SA (dI sbrestrto suli Pista Lab) e rali artrite i. poli crrattso Dbndto nina E otle Ant PETEVETÀI Va vorei! GATTA 00 En Let solntia'i) nice] va paflarionenani W ni he u pi 40 dirti Di: 81 | gitrafii Tubbvati 308 minennifal EE selodali anignteticti nonddali 612) lori vid A i nb i T293822 ME irmmarni] ab è rttot de de ans b di Ho nie A" mitist att. - bi 7a 4 B..n *TUBL,;, fa ce. Ar mermete site è Pa veit- Ao prole PI cadenti tia tem A IL 151 ria rien 8 stent a và SU tie ty È arr Aesse at] ob it dildo da fonti sb eiesblumA sb vero E è POORA aniltivinrh Lion 91.3 atnanine poitinh Do hood na asa nifat Psrarng Gra: Steria la 4 bl i eo Ae Usd «i n f . a via <- vo, ]9=i % Li uastia | Goo td Poeta ui Ì , cip vat CURL net Lotte aa ae Si ALI (atà tana ai RETTA f adaiopanio apotieh nua ad Hpyg ci) vga : 49} defia i e Ng ui | Ata e è ì' I. v à i im ì p'Y k,.5K son URTO pneli SUVARI dgr La Mana dear Ù alle: pa Lhasa » De) DLL id gi het di wo si i caga ci Tristan 0,3) da ein. ipa Jal/M rsa Vac toa - fini Wrinel (0) lai ono de se 1 > È lens ragno, (207) 4% Gini? è bellu ® + orti hi "iano us » aa 0 GU nio da da (012) : (023) 826 0| 81152] 1 (023) : (011) 11 14 0|11 547| 1 | (011): (001) | 58 0 — 58 27 | 5817 0|58 26 20| 8 | (100): (111) | 49 .51.— 49 55 | 49 53 0 | 49 51 55 \2 (111) : (011) | 27 4 — 27 20|27 13 12|27 10 20| ‘5 (011)is(122) dli7:-144 17425] L71624 LA 7d01 (122) : @33) | 330 — 555| 53736! 545 18| @33) : (111) | 10 30 — 10 55 | 10 38 45} 10 49 37 | (100) : (011) | 76 47 — 7715|77 2 0|77 215 | | (011): (11) | 33 42 — 3420 | 33 56 10 | 33 54 26 | (001) : (111) | 52 18 — 52 28 | 52 21 20 | 52 18 19 | (111) : (110) | 23 22 — 23 35 | 23 29 45 | 2327 13 (110) : (221) | 14 25 — 14 38 | 14 31 45 | 14 33 57 | | (221) : (111) | 14 22 — 14 37 | 14 29 36 | 14 81.29 | | (110) : (001) | 75 40 — 70 42 | 75 4130|75 4532] 2 (110) : (111) | 29 10 — 29 12| 291130 |29 526| 2 ‘ (001) : (113) | | 29 12 0|285443| 1 | (113): (111) | 1238. 0 0:| 23 28.36 | 1 SULL'EPIDOTO DELLA COMBA DI COMPARE ROBERT Angoli | Limiti delle osserv. Media | Calcolato (001) : (122) | 65058" — 66°18"| 66° 5'20"”| 66° 8' g” 22) : (121) 15 19 0 | 15.21,28 (121) : (001) 98 34 0 | 98 30 29 (100) : (221) | 61 6 — 61 16 | 61 10 40 | 61 14 55 221) : (121) | 16 42 — 16 55 | 16 49 0 | 16 50 30 (121) : (100) (101 56 0 \101 54 35 01) : (221) 67 33 0 | 67 31 46 (221) : (011) 43 38 0 | 43 42 50 (011) : (201) 68 49 0) 68 45 24 (101) : (221) TRE270 0, | 172329645 (221) : (122) 27 38 0.| 27 88/31 22) : (101) 79 51 0| 79 53 44 (201) : (110) | 56.58 — 57 5|57 1380|57 017 (110) : (111) 79 46 0 | 79 46 59 (111) : (201) 43 16 0|43 12 44 101) :(111) | 41,58 — 41 59 | 41 58 30 | 41 56 59 (111) : (111) | 96:40) TOX|-96Ha6y2 (101) : (110) | 60 8 0|60 9 56 (110) : (121) | 26.54 — 27 11| 27 230|27 3 49 (121) : (OL) | 28. 6 — 28 20 | 2813 02815 30 (011) : (101) | 64 29 06430 45 | (101): (012) | | 5021 05023 9 2 : (111) | 44,22 — 46 24 | 44 23.30 | 44 25 3 | (111) : (101) | 85 11 — 85 27 | 85 17 40 | 85 11 48 (Dad Ut DO (n (1 (ri i (ar (er (n D_Hn_ _ Hun DO Angoli (101): | (113) (101): (111): (121) (111): (233) : (121): (201) : (221) : (012) | (121): (110) : (122) : (110) (111): (023) : (102) : (011): (111): (100) : (110): (101): GIOVANNI BOERIS (113) (012) (111) | 54037’ — 54055' (121) | 15.41 — 15 48 : (121) (111) | 70 24 — 70 32 d21) | (011) | 21) | (221) | : (121) (111) | (122) | (012) | : (012) | | (201): (111) | (023) (201) (011) | (111) |: 55049 (102) | 59 48 — Ì (110) | 54 55 — (110)| 70° 0 — (011) 55 50 59 52 | 54 58 70 9 1] | Limiti delle osserv. | Media 29049" 0" Calcolato N. 29053! 42" 1 20/2927 | 1| 54 44 42 | 10 | 15 47:24| 2 38 55 48| 1 70 30 36 | 14 JI (—) (ie) rS Do Do ò uo 1 u (er) UO 000OSI] o im mm A |a la SULL'EPIDOTO DELLA COMBA Angoli (011) : (110) | (110) : (101) @01) : (111) (732) : (201) | (110) : (201) | (103) : (111) | (111) : (012) (012) : (103) | (201) : (001) | 46 11 (101) : (001) | 34 35 (102) : (001) | 22 20 (103) : (001) | 22 13 (102) : (001) | 34 0 (101): (001) | 63 32 @01) : (001) | 89 28 : (001) | 98 38 (732) : (100) | 35 54 (732) : (001) | 80 30 | (732): (111) | 33 35 IC 32) : (011) (732) : (011) | (732) : (111) | 35 25 PN | (SÌ _ _ l Limiti delle osserv. | (111) : (110) | 62°16' — (110) : (732) | 23 38 — 23 56 | 2: DI COMPARE ROBERT 677 | Media Calcolato N. 84027 0"| 34015'39"| 1 | 6856 0|691087| 1] 58.38 0|584081| 1 62°27'| 62 20 0| 6223 20) 5 23 44 202385 7| 3 3522 0|s521 21 58 42 0|58 56 9 1 64 17 0|641828| 1 mi 339005 n t320) 248 44 10 0|44930| 1 46 20 | 4617 0|461129| 3 34 53 | 34 44 24 |\3449 15 22 82 | 2226 0|2230 602 2230 | 2220 0221981) 31 34 30 | 34 17 52|3418:39| 7 63 49 | 63 38 52 | 63 38 28| 7 89 33 | 89 30 15 | 89 23 36.|, 4 98 40 | 98 38 40 | 98 35 22| 3 36 20 | 36 10 24| 86 8 16| 6 80 48 | 80 43 48.| 80 43.22| 6 38 40 | 383730 |3335 1| 3 56 255 57 30|561439]| 2 67 11 0.|671419| 1 35 36 | 35 29 40.| 35 28.29| 3 ind 678 GIOVANNI BOERIS Angoli Limiti delle osserv. Media (732): (221)..|250239!— .125025'| 25024" 0" (732) : (221) | 88 14 0 (732) : (301) | 33 40 0 (111) : (201) | 78.48 ,— 78 52.|.78 50..0 (111) : (102) | 927.0] (111) : (301) | 61 42 0 (121) : (201) 83 40 0 | (121) : (012) | 61 18 .0 (233) : (001) | 68 58 — 69 12 | 69 6 0| (233) : (21) | 49 21 0 (012) : (111) 26 16 0 (012) : (100) | 70.34,— 70 36.| 70 85-.0 | (012) : (201) | 5 SL ed | | (144) : (011) | 747.0 | (144) : (012) | | 1738 0 (144): (111) 53 37.0 Calcolato N. }3°25'15"| 2| 8814 5| 1] 33 39 55 | 1 | 78 42.24 | 2 | 92 13.31) 1 | 61.45.45 | 1 83 30 31| 1 611718 bel 69 727.1 4926 2|.1 26,20. 7.|. 1 70 35 14 | 2 57.31.43 | 1 8. 054| 1 17.5049| 1 53 53 94 | 1 Misurai pure alcuni cristalli geminati, accertandomi che le facce } 100} dei due individui fossero parallele e comprese nelle zone |001 : 001], (111: li). Angoli | Limiti delle osserv. Media 50°50' | 50°25' 15"| u (001) : (001) | 50010" — di): (11) 41 85 — 41 57 | 41 42 24 | | | | | (OI) : (011) | Frs 0 | 25 55 30 Calcolato | N. 50°45'10"| 6 6 | 1 Il 41 53 22 ————_—_—_—_—_______________y_»—»—»è@»ùòhnh>R>D T{àî']pow«<«(‘è de Purgatainterpretatione, retro prin- cipum scita vulgavimus. È o $ 4, Totius operis instauratio, revelatis legibus. d 5 XXI, 1, Semper aliquid porrigitur emen- dandi. È a XI, 1, Superflua... resecantes. i XXIV, 4, (Generali remedio cuncta sanemus, n Vacent, III, IE Aliqua decreta mollire. " 2, Statuta renovamus. 1, Iniquitatem corrigentes. 1, Occasionem novandae legis. 1 Ù $ XXIV,1,$1, Statuti vigorem benignius corri- gentes. e MARTIANI, IV, 1, Imperiali interpretatione patefieri, ut sanctionis removeatur am- biguitas. 7 s V,1, Antiquare quae gravia sunt ete. Le legislazioni barbariche, cominciando con quella di Ala- rico II, ripetono questi concetti: Auctoritas Alar. (L. R. Vis.): quod in legibus videbatur iniquum meliori deliberatione corrigere. Cfr. Prol. Grimow. ete. E lasciando stare (@iustiniano che ha in abbondanza esempi di tal genere (2), si è subito tratti a riconoscere che il legisla- tore visigoto aveva una formula in casa propria, quella cioè del prologo alariciano, molto probabilmente innestata nei proemii delle leggi puramente nazionali, e raccolta poi anche da Isidoro, il quale deve aver detto il vero (e perchè no?), quando afferma che nel 570 il re Leovigildo ( 586) corresse ed ampliò il codice Euriciano (3). Siamo così tornati al punto di partenza: è pro- babile che Isidoro copiasse il prologo della collezione delle leggi rivedute da Leovigildo. Questo re aveva ragione di vantarsi, (1) Leg. Vis., I, 2, 4. (2) Oltre le Novelle, cfr. Coxsr., Deo auctore, SS 1,7. Tanta, $ 11: “ Summa rei ,, p. 8. (3) Brunwer, Op. cit., I, p. 321.2. FONTI GOTICHE DELLA STORIA LONGOBARDA 7083 come poi il Bizantino, d'aver tratto d’entro alle leggi il troppo e il vano. Rotari, invece, che faceva raccogliere per la prima volta le leggi nazionali, naturalmente non poteva nè correggere, nè ampliare ciò che dianzi non esisteva. Non ostante questo, il re Longobardo segue anch’ egli, con le parole però di Giusti- niano, l’identico concetto espresso dalla fonte spagnola; nè tra- lascia di notare che prima di lui (come prima d’ Eurico per i Visigoti) non v'erano leggi scritte, ma consuetudini. Rotari così scriveva anch'egli la sua pagina storica, sotto l'influenza gotica; e messa la storia longobarda sulle tracce delle memorie non nazionali, non c'è più difficoltà a spiegare il resto. Il Waitz e gli altri storici, nelle note critiche dell’ Historia Langobardorum (nell'edizione dei “ Monumenta Germaniae Histo- rica ,) parecchie volte osservano che Paolo prende dall’Origo, ovvero amplia di suo capo, o ricorrendo a fonti ignote (1). Sembra a noi che non troppo probabili siano questi ampliamenti fanta- stici o cervellotici di Paolo. Il quale ebbe forse davanti ciò che il Waitz e gli altri annotatori dell'edizione germanica non ebbero. L'Origo, pervenuta a noi, poteva avere altre redazioni più ampie di quella oscura e concisa che noi leggiamo. E ne diamo le prove. Detto che i Longobardi, chiamati allora Guin- nili o Winnili, vennero dalla Scandinavia, e appena accennato alle molte genti di quest'isola, l’Origo racconta la storiella di Gambara e di Odino. Eppure Paolo (I, 1) rammenta fra i po- poli Scandinavi, Goti, Vandali, Rugi, Eruli, Turcilingi e altre feroci nazioni e finalmente i Winnili, %. e. Langobardorum gens. L'editore tedesco osserva: pare che Paolo attinga all’Origine (2). Ma d'onde? Dove mai l’Origo ha l'elenco di tanti popoli che Paolo menziona? Invece, è verosimile che lo storico longobardo traesse quei nomi da uno scritto che, alla sua volta, metteva capo a Jordanes, se non alle fonti di questo. Jordanes, come Paolo, ricorda Goti, Vandali, Eruli, Rugi, Seritobini; de’ Turcilingi non è memoria nei Getica, ma bensì dei Thyringi. Jordanes non dimentica anche gli Ostrogothae (3), (1) Per es. p. 49, nota (1); p. 52, nota (1), (2); p. 53, nota (3) ecc. (2) Pag. 49, nota (1). (3) La menzione di questo nome, che tende a provare l'antica origine dei Goti d'Italia, probabilmente, accenna alla manipolazione cassiodoriana delle fonti gotiche. Sia pure che il re dia il nome al popolo, ma, d’altra Atti della IR. Accademia — Vol. XXXII. 50% 704 NINO TAMASSIA che poi vennero in Italia, e i vinoviLora, che secondo il Mil- lenhoff sarebbero i Norvegiani vineuLI (1). Si peccherebbe di troppo ardimento, sospettando (non diciamo di più) che i UUINNILI dell'’Origo siano codesti Norvegiani? Poichè i Longobardi pro- venivano dalla Scandinavia, bisognava che fossero fra i popoli di questa. I viniviLora ovvero vvinGuLI hanno forte somiglianza letterale coi famosi Vinnili-Longobardi (2). Rimarrà, del resto, sempre un fatto unico e stranissimo un tal mutamento di nome dei Longobardi. Da Strabone in poi (66 a. Cr.) (3) essi sono sempre chiamati Longobardi e così da Tacito, Velleio Patercolo ecc.; ed aspettano poi quasi sette secoli (chè tanti ne corrono dal 66 a. Cr. alla metà del sec. VII) per dire che non s'erano chiamati sempre così! Per provare la discendenza da Troia, i Franchi accostano il loro nome a' Frigii, ma non si va più in là: nessun popolo tedesco ha rinnegato il proprio nome nazionale, come i Longobardi. La leggenda di Odino ha l’aria di spiegare il nome di Longobardi, come del tutto occasionale; il vero nome era quello del catalogo de’ popoli nobili, come i Goti. Se si può fare un poco di psicologia popo- lare, diremo che questo fatto non indica già quel carattere no- bile e cavalleresco, che molti si ostinano a riconoscere nei con- quistatori d’Italia (4), ma invece una vanità imperdonabile... quando queste genealogie scandinave non fossero suggerite dai Cassiodorii in miniatura dell’età rotariana, sempre pronti a ma- gnificare i padroni, solo perchè padroni. Ma il catalogo de’ re e le 11 generazioni rotariane provano che all'adulazione erano accessibili gli animi di quei fierissimi Tedeschi. I primordii della storia longobarda ci sembrano dunque ricalcati su quella gotica, e poco ci resta da dire, ma anche questo poco non ci pare senza importanza. parte, il MirrexHoFF, l. c., p. 163, osserva che Jordanes doveva. a quel luogo, parlare di Vestgitar, non già di Ostrogoti. . (1) Jorpan., p. 166. (2) Si osservi ancora l'affinità del nome Uuinnuli col gotico Vuandil, o Vindili. Per l'assimilazione naturalmente romanza, mon tedesca cioè, Uuinnuli potrebbe stare per Uwindidi. (3) Srras., VII, 1, 3; Dnor, p. 241: Zohfwv Yévos..... AavyòRapdot..... mépav To) "AXfioc. (4) Garerscugy, p. 1. Beramanx-HoLLwee, IV, p. 296. FONTI GOTICHE DELLA STORIA LONGOBARDA 705 Le fonti longobarde narrano che i Longobardi ebbero contese e poi guerre coi Vandali, riuscendone vittoriosi. Rammentiamo che Jordanes menziona appunto la vittoria dei Goti sui Vandali. Paolo narra che la guerra scoppiò pel rifiuto de' Longobardi di prestare il richiesto tributo a’ Vandali (1). Ciò può essere una stracca ricordanza della guerra fra Eruli e Longobardi, ma in senso favorevole alla dignità longobarda. Procopio, infatti, narra che per evitare la guerra contro gli Eruli potenti, i Longobardi erano dispostissimi ad aumen- tare il tributo, che giù pagavano a quelli. Ridotti alla dispera- zione inflissero agli Eruli una rotta tremenda (2). Ma della guerra longobardo-vandala quale altra fonte, non longobarda, ci parla? La tradizione del tributo rifiutato si collegò alla strage sanguinosa degli Eruli (che Paolo magnifica) per mantenere pa- rallela alla gotica la storia longobarda. È vero che Paolo e le altre fonti distinguono benissimo la guerra vandala dall’ erula, originata, secondo le tradizioni, da una vendetta di sangue (3); ma se l’Origo e le fonti simili a questa sono circa della metà del secolo VII, ad un secolo di distanza, le memorie potevano essere confuse, e lo sono in verità. La leggenda di Rumetruda prova con quante frangie la fantasia popolare adornasse e nascondesse già la vera ragione della guerra erula. Inoltre, non è questo l’ ultimo segno del- l'imitazione storica de’ Longobardi. Un’emigrazione longobarda dai luoghi occupati è cagionata, come presso i Goti, per il so- verchio accrescimento della popolazione (4); come fra i Goti, è la sorte che decide chi debba uscir di patria (5). I Goti, abban- donata la Scandia, occupano la Gothiscandza (ibrido nome raffaz- zonato da Cassiodorio?) (6); ed i Longobardi, secondo l’Origo, subito dopo la Scandinavia, mettono piede in Golaidam. Paolo annovera prima del passaggio in questa terra, che dice Golanda, altre peregrinazioni (7). Golainda potrebbe essere Godolanda, 0 (1) Paux., I, 7-10. L'Origo è naturalmente più succinta. (2) De B. Goth., II, 14. (3) Paux., 1,120. (4) Paur., I, 2. Jorp., Get., IV, 26. (5) Get:IVi.= 26. Pau I;2. (6) Jorp., ed. cit., p. 160 (MiLLeNHOFF). (7) I, 13. 706 NINO TAMASSIA Gotlanda (1); un nome cioè che ci ricorda la famosa Gothiscandza di Jordanes. Ma le nostre prove non finiscono ancora. Jordanes narra che le donne de' Goti, resistendo bravamente ad una gente vicina che voleva rapirle, superbe del lieto sue- cesso, costituirono la schiera delle Amazzoni, guidate da due donne audaci (2). La favola si rannoda a ben note tradizioni classiche (3). Il nostro Paolo menziona ei pure le Amazzoni. Lamissio riuscì ad ucciderne la conduttrice in duello, quando esse, invano, tentarono di contrastare a lui ed a' suoi il passaggio d'un fiume. Però il buon Paolo non accetta così ad occhi chiusi la storiella. Constat sane, quia huius assertionis series minus reritate subnira est. È vero che in Germania vi sono donne guerriere, ma quelle Amazzoni, come potevano esserci al tempo di Lamissio, se dalle storie appare che esse esistettero tanto prima, e da secoli erano scomparse? Nisi forte qui loca eadem, ubi haec gesta feruntur, non satis historiographis nota fuerunt et vir ab aliquo eorum vulgata sunt, fieri potuerit, ut usque ad id tempus huiuscemodi inibi mu- lierum genus haberetur (4). Il nostro Paolo non potrebbe essere più candido. Egli trova che l’età delle Amazzoni e quella di Lamissio discordavano non poco, e tenta di spiegare la cosa in quel modo che si è detto. Ciò significa ch'egli seguiva una fonte longobarda nella quale, come nelle storie gotiche, le Amazzoni figuravano negli avvenimenti della nazione. Il mitico Lamissio uccideva in duello la più forte delle temute guerriere. Non si può negare che questo episodio, che si rannoda alle storie gotiche di Jor- danes, non abbia il suo valore. Ancora una volta, sotto le fonti longobarde, appare la falsariga gotica. Dal regno di Vacone in poi, non ostante le gravi inesat- (1) Garerscagy, p. 14. (2) Get., VII, 49. (3) Jorp., ed. cit., p. 67, note (1, 2, 3). (4) I, 15. Tanto è vero che, nel seguente capitolo, Paolo continua a dire: Igitur transmeato flumine de quo dixeramus, ecc., cioè, smessi ì suoi dubbi ed i tentativi di conciliazione delle vecchie colle nuove Amazzoni, segue le vecchie fonti longobarde. Cfr. ed. Mon. Germ. Hist., p. 55, nota 5. Delle Amazzoni parla anche Procopr., De B. G., IV, 3. La menzione del fiume ci fa ricordare il racconto di Paolo. Lo scrittore bizantino accenna a Srras., XI, 5, p.- 433. Notisi che il futuro re longobardo combatte contro le Amazzoni, come già Priamo e Bellerofonte (Stras., XII, 8, 6, p. 491). FONTI GOTICHE DELLA STORIA LONGOBARDA 707 tezze notate, la storia longobarda si fa più sicura, e si libera da ogni elemento estraneo, abbandonando finalmente i monumenti gotici, da’ quali essa può aver tratto le favole della discendenza scandinava e dei diciassette re della gente longobarda (1). (1) Osserviamo, tuttavia, che Paolo (VI, 58) nel suo elogio di Liutprando, dice questo re: vir multae sapientiae ..... litterarum quidem ignarus sed phi- losophis aequandus. Atalarico, per bocca di Cassiodorio, dà la stessa lode a Teodorico .....ut rerum diligentius perscrutatis quidam purpuratus videretur esse philosophus (Var., IX, 24). L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. —T_--rte_tDI—___ PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 4 al 25 Aprile 1897. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. * Abhandlangen der mathem.-physischen Classe der k. Sichsischen Gesell- schaft der Wissenschaften. Bd. XXIII, n° VI. Leipzig, 1897; 8°. * Analele Institutului Meteorologie al Romaniei. Tomul XI, Anul 1896. Bucuresci; 4°. * Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega III, t. XLIII. Buenos Aires, 1897; 8°. * Annales des Mines. 9° série, t. X, 12° Jlivr., 1896; t. XI, 17°-3"e livr., 1897. Paris, 1897. * Archives Néerlandaises des sciences exactes et naturelles publiées par la Société hollandaise des sciences à Harlem; tome XXX, livr. je, Harlem, 1897; 8°. Astronomische Arbeiten des k. k. Gradmessungs-Bureau. VIII Bd. Breiten-, Azimut- und Winkelbestimmungen. Wien, 1896; 4°. * Atti della R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze. 4° serie; vol. XX, disp. 1*. Firenze, 1897; 8°. Atti della Reale Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Serie II, vol. VIII. Napoli, 1897; 4°. Atti della R. Accademia medico-chirurgica di Napoli. Anno L, N. S., n. IV. Napoli, 1896; 8°. * Atti della R. Accad. dei Fisiocritici in Siena. Serie IV, v. VIII, fasc. 4-8; Processi verbali delle adunanze, n. 6. Siena, 1897; 8°. * Berichte iber die Verhandlungen der k. Sîichsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig. Mathem.-Phys. Classe. 1896, V-VI. Leipzig, 1897; 8°. * Boletin de la Comision Geolégica de México. N. 4, 5 y 6. Mexico, 1897; 4°. * Bulletin of the Museum of Comparative Zoology at Harvard College. Vol. XXX, n. 4-5. Cambridge, Mass., 1897; 8°. * PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 709 * Bulletin de l’Académie Imp. des Sciences de St-Pétersbourg. V° sér., T. VI, n. 2. 1897; 4°. * Buletinul Observatiunilor Meteorologice din Romania. Anul V, 1896. Bucuresti, 1897; 4° (dall'Istituto Meteorologico). * Fòldtani Kòzliny kiadja a Magyarhboni Foldtani Tarsulat. Vol. XXVI, n. 11-12. Budapest, 1896; 8°. ** Fortschritte der Physikim Jahre 1891, Bd. XLVII, 1 Abt. Braunschweig, 1897; 8°. ** Geognostiche Uebersichtskarte des Thiringer Waldes; f°. * Jahresbericht der Kgl. Ung. geologischen Anstalt fiir 1894. Budapest, 1897; 8°. * Journal of the College of Science Imperial University Japan. Vol. IX, part II. Tokio, 1897; 4°. * Katalog der Bibliothek der k. Leopoldinisch-Carolinischen Deutschen Akad. der Naturforscher. Bd. II, 4. Halle, 1896; 8°. * Leopoldina. Amtliches Organ der k. Leopoldino-Carolinischen Deutschen Akad. der Naturforscher. XXXII Heft, 1896. Halle; 4°. * Mémoires de l’Académie des Sciences et des Lettres de Danemark. 6° sér. Section des sciences, t. VIII, n. 3. Copenhague, 1896; 4°. * Memorie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Serie V, tomo IV. 1894; 4°. Memorie della Società degli Spettroscopisti italiani. Vol. XXV, disp. 12%. Roma, 1896; 4°. * Mittheilungen aus dem Jahrbuche der kòn. ungar. geologischen Anstalt. Bd. XI, Heft 7. Budapest, 1897; 8°. * Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Vol. LVII, n. 5. London, 1897; 8°. * Nova Acta Academiae Caesareae Leopoldino-Carolinae Germanicae Na- turae curiosorum. Tomus LXV-LXVII. Halle, 1896; 4°. Osservazioni meteoriche fatte nel R. Osservatorio di Capodimonte. 1894- 1896. 3 fasc. 4° e 8° (dall’Osserv. di Capodimonte). * Proceedings of the Royal Society. Vol. LXI, 370. London, 1897; 8°. * Records of the Geological Survey of India. Vol. XXX, part 1. Calcutta, 1897; 8°. * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXX, fasc. 6, 7. Milano, 1897; 8°. * Rendiconto delle Sessioni della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Anno Accademico 1894-95 e 1895-96; N. S., vol. I (1896-97), fasc. 1-2. 1894; 8°. 5 * Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Serie 3*, vol. III, fasc. 3°. Napoli, 1897; 8°. * Repertorium zu den Acta und Nova Acta der k. Leopoldino-Carolinischen Deutschen Akad. der Naturforscher. Nova Acta Bd. IX-LXIII. Halle a.S, 1896; 4°. ** Verhandlungen der physikalischen Gesellschaft zu Berlin. XVI Jahrg., mt 12) 6. 1897082 710 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Sitzung. N.4, 5, 1897. Wien; 8°. * Verhandlungen physikalisch-medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg, 1897, N. F., XXXI Bd,, n. 5; 8°. * $Rypnaaxb pyccraro puamro-xmmmrecraro OGmecrsa npu Mmueparoperomi C. Ilerep6ypregoms Yungepenterb; t. XXIX, n. 2. 1897. Alberti (V.). Riassunti decadici e mensuali delle osservazioni meteoriche fatte al R. Osservatorio di Capodimonte nell'anno 1894-95; 8° (dall'A.). Angelitti (F.). Variazioni della declinazione magnetica osservate nella R. Specola di Capodimonte nell’anno 1892; 8° (/2.). — Determinazioni assolute della declinazione magnetica nel R. Osserva- torio di Capodimonte eseguite negli anni 1892-96, 2 fasc. 4° e 8° (/d.). — Sui triangoli sferici considerati nella loro massima generalità. Napoli, 1895; 4° (Id.). Brioschi (F.). Riassunti decadici e mensuali delle osservazioni meteoriche fatte nel. R. Osservatorio di Capodimonte nell'anno 1893; 4° (Id.). Carnoy (J. B.) et Lebrun (H.). La cytodiérèse de l’ceuf. La vésicule germi- native et les globules polaires chez les Batraciens. Lierre et Louvain, 1897; 8° (dagli AA.) Contarino (F.). Determinazioni assolute della inclinazione magnetica nel R. Osservatorio di Capodimonte eseguite negli anni 1892, 1893 e 1895; 8° (dall'A.). — Su di un metodo per determinare la latitudine geografica indipen- dentemente dai piccoli errori delle coordinate delle stelle. Napoli, 1897; 8° (Id.). Lieblein (R.). Provisorische Resultate aus den fortlaufenden Polhòhen- Messungen an der k. k. Sternwarte zu Prag vom 26 Febr. 1889 bis 29 Mai 1892. Prag, 1897 (dono del Prof. Dr. L. Weinek Direttore del- VOsserv. di Praga). ** Reichenbach (L.) et (H. G.) fils. Icones florae germanicae et helveticae simul terrarum adjacentium ergo mediae Furopae. T. 23 decas. 5/6. Lipsiae, 1897; 4°. Renier (A.). Prodromo delle osservazioni sul Camaleonte. Chioggia, 1897; 8° (dall’A.). Siacci (F.). Sulla costituzione atmosferica quale risulta dalle osservazioni areostatiche di James Glaisher e sopra una nuova formola barometrica per la misura delle altezze. Napoli, 1897; 4° (Z@.). Thoyez (C.). La seta artificiale. Torino, 1897; 8° (Zd.). — Sopra un curioso utensile degli indigeni del Yucatan per torcere cor- dicelle. Torino, 1897; 8° (Zd.). Verbeck (R. D. M.) et Fennema (R.). Description géologique de Java et Medoura. Amsterdam, 1892, 2 vol. in-8° e 1 Atl. in-f* (dono del Governo Olandese). ** Vinci (Leonardo da). Il Codice Atlantico ; fase. XII. Milano, 1897; f°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 711 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Dall’'11 Aprile al 2 Maggio 1897. * Abhandlungen der kònigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòttingen. Historisch-Philologische Klasse. N. F., Bd. 1, N° 4, 5. Gùttingen, 1897; 4°. * Annuario della R. Università degli studî di Padova per l’anno accade- mico 1896-97; 8°. Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Sc. mor., stor. e filol., ser. V, vol. V. Notizie degli Scavi: Gennaio e Febbraio 1897; 4°, * Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LV, disp. 4. Venezia, 1896-97; 8°. * Boletin de la Real Academia de la Historia; t. XXX, cuad. 4. Madrid, 1897; 8°. * Comptes-rendus des séances de la Société de Géographie; n. 3-7. Paris. 1897; 8°. Jahresberieht der Firstlich Jablonowski'schen Gesellschaft. Leipzig, 1897; S°. * Jahresberichte der Geschichtswissenschaft. XVIII Jahrg. 1895. Berlin, 1897; 8°. * Mitteiluugen des Vereins fir Erdkunde zu Leipzig, 1896. Leipzig, 1897; 8°. * Nederlandsch-Indisch Plakaatboek, Deel XV, 1808-1809. Batavia, 1896; 8°. Statistica delle elezioni generali politiche 21 e 28 marzo 1897. Roma, 1897; S° (dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). * Wissenschaftliche Veròffentlichungen des Vereins fiir Erdkunde zu Leipzig. III Bd., 2 Heft. Leipzig, 1897; 8°. ; * ** Boeckhius (A.). Corpus inscriptionum graecarum. Vol. IV, fase. 3. Bero- lini, 1877; f°. Lippi (S.). L'archivio comunale di Cagliari. Cagliari, 1897; 4° (dal Municipio di Cagliari). Nadaillac (de). Colonies frangaises et Colonies anglaises. Paris, 1897; 8° (dall A.). Forino — Vixcenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi. Da i LIIPA' ATE 9 I Tei olsnsB-2 Le oltag& 180 è 7 l È li dopnstib anda d % ì i .u Ì À y è I elA" srl © i Ù 1 RIA l ì afleli colzaponaA; ì ta dd È 4 % , ,11 death > . «a vin :, va La i | tal di 16h; 4p28* ni | Ì igogreai val uva ME 4 KRA Mi sil, / i 34 sh giioleli.t, «font. a } i ni ‘ dei () lt de Li | ma è. | : 2A i LE ° sì iena). ; i i, trialvodantial ni PAR ner . 1 doprodenital ti. pe SA di è ; 4 4 sede sro gaia 129059 A \ seti | i i si | finalhgtdarbaniralio ® A pros «ATRI ' sha iagcinia, stele apliptaat Bg u TIT ale ) e” fe Jbl "FONBLi dolliledoad ere! W be î ì i | a} dik Ve de ati hi LI me ,v di "af î ì ‘ el | eblddisali ** + veri” Ni Migue»! ite RE i See” te; TUep poraro'e4 tata “Vaie fo P* | ®] PV TUUT dettaba® ; { è he Va di deiti db \ECÙD SY 47 Polito .? Viale le e da 9 n Agpibi. 10) wi i, al Li, de (to 0A . "a we nd Viaet iLaragio dal DI dii pttaziioa | Bonati Zi Mps UP: d pa bgponta fi sant =, A ib eroogi Tang const — cade hRec’d -Nov.23 97 CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 9 Maggio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. ALFONSO COSSA VICE-PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: BerRUTI, Spezia, GIrAcOMINI, CAME- RANO, SEGRE, VoLrERRA, JADANZA, Foà, GuaARESscHI, Gurpi, FILETI e Naccari Segretario. Viene letto ed approvato l’atto verbale della precedente seduta. Il Presidente partecipa la morte del Socio Corrispondente conte Vittore Trevisan DE Sammr Léon. Il Socio VoLrerRA fa omaggio all'Accademia di due sue note stampate, intitolate: 1° “ Sopra alcune questioni d’inver- sione di integrali definiti ,; 2° “ Sul principio di Dirichlet ,. Fra le pubblicazioni inviate in dono il Segretario fa men- zione della memoria del Socio Corrispondente Giovanni Hopkinson e del Dott. E. Wirson, intitolata: “ On the Capacity and Re- sidual Charge of Dielectries as affected by T'emperature and Time ,. Il Segretario comunica pure due circolari: l’una relativa al Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 51 714 Congresso dei matematici da tenersi in Zurigo, l’altra relativa al Congresso Geologico da tenersi in Pietroburgo. Vengono accolti per l'inserzione negli Atti i seguenti scritti: 1° “ Determinazione relativa della gravità terrestre in Torino fatta nel 1896 mediante l'apparecchio pendolare di Sterneck ,, nota del Dott. Cesare ArmoneTtI, presentata dal Socio JADANZA. 2° « Sul concetto di centro di gravità nella Statica di Archimede ,, nota del Dott. Giovanni Varati, presentata dal Socio VOLTERRA. CESARE AIMONETTI — DETERMINAZIONE RELATIVA, ECC. 715 LETTURE Determinazione relativa della Gravità terrestre a Torino fatta nel 1896 mediante l'apparato pendolare di Sterneck ; Nota del Dott. CESARE AIMONETTI. In seguito alle importanti e numerose determinazioni della Gravità terrestre, che si sono fatte, e si stanno facendo tuttora nelle diverse regioni della terra, l’egregio Prof. Jadanza, diret- tore del Gabinetto di Geodesia dell’Università di Torino, acqui- stava nel 1894, coi fondi elargiti dal Consorzio Universario, un completo apparato pendolare del colonnello v. Sterneck, per la misura relativa della gravità. È mia intenzione di eseguire con tale apparato una serie di tali determinazioni a Torino e nei dintorni, ma avendo dovuto, a causa di parecchie circostanze, limitarmi sinora alla sola sta- zione di Torino, incomincio a pubblicare i risultati quivi otte- nuti. Nel rendere noti i risultati di queste mie esperienze, mi sento in dovere di ringraziare l’egregio Prof. Jadanza, il quale non solo mise a mia disposizione tutti gli strumenti che mi potessero occorrere, ma mi fu altresì largo di aiuti e di con- sigli; l’egregio Prof. Porro, Direttore dell’Osservatorio astro- nomico, ed il suo Assistente Dott. Balbi, i quali mi agevolarono in tutti i modi il mio còmpito, eseguendo le determinazioni di tempo, e fornendomene tutti i dati relativi; nonchè il mecca- nico signor Collo, che mi fu di valido aiuto nell’impianto della stazione, e nei confronti cronografici. Apparato di Sterneck esistente nel Gabinetto di Geodesia della R. Università. Questo apparato è stato costruito a Vienna dal meccanico E. Schneider, sotto la direzione del signor v. Sterneck mede- simo, il quale non solo si offerse gentilmente di ordinarlo e di 716 CESARE AIMONETTI curarne la costruzione, ma ne determinò anche i dati strumen- tali relativi, per la riduzione delle osservazioni. Insieme allo strumento inviava anche un fascicolo conte- nente una serie completa di osservazioni da lui eseguite a So o) ge "——ì) (| (IE È IL i ——_ SU Vienna all'Osservatorio della Tiirkenschanze col medesimo ap- parato, già calcolate e ridotte, le quali mi servirono di guida per le mie esperienze. L'apparato completo consta di un sostegno per i pendoli (fig. 1), di un apparato per le coincidenze (fig. 4), portanti il n. 12, e di quattro pendoli segnati coi nn. 41, 42, 45 e 46. DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 717 Esso è identico a quello adoperato e descritto dall’inven- tore (1) stesso, ed a quello posseduto dalla R. Commissione Geodetica italiana (2). I pendoli, della lunghezza totale di circa 25 cm., constano di un’asta cilindrica del diametro di mm. 8,5, e terminano in basso in una massa del peso di circa 1 Kg., avente la forma di due tronchi di cono, di 4 em. di altezza totale, P (fig. 1°), aventi il medesimo asse dell'asta, e congiunti per la base mag- giore, la quale ha un diametro di 8 ecm., mentre le basi minori hanno ciascuna il diametro di cm. 4. In alto invece sono ter- minati da un prisma o coltello di agata, solidamente fissato al pendolo, ed il cui spigolo inferiore ha quattro denti a forma ì Fig. 2. Fig. 3. di prismi taglienti, due dall'una e due dall’altra parte dell'asta del pendolo (V. fig. 3*). Quelli estremi servono per sostenere il pendolo quando non si fanno le osservazioni: essi si appoggiano sopra due cilindretti di ottone Cl' (fig. 2*), sporgenti da appo- siti fori praticati nel piano d’agata superiore del sostegno dei pendoli: questi mediante apposita leva L, mossa da una vite V (fig. 13), vengono abbassati durante le osservazioni, ed allora si appoggiano al piano d’agata i prismi intermedii, che sono i veri prismi attorno a cui oscillano i pendoli. Per evitare urti nel fare questa operazione, i due cilin- (1) Cfr. Der neue Pendelapparat des k. k. militàr-geographischen Institutes von Major Rob. von Sterneck (° Mittheil. ,, VII Band, 1887, pag. 83). (2) Cfr. Determinazione relativa della Gravità terrestre negli Osservatorii di Vienna, di Parigi e di Padova, mediante gli apparati e colla cooperazione dei signori Col. Di Sterneck e Comandante Defforges, di Gruserre LORENZONI, “ Atti del R. Istit. Ven. di scienze, lettere ed arti ,, t. IV, serie VII, 1892-93. 718 CESARE AIMONETTI dretti si appoggiano alla leva mediante due molle, sicchè con maggiore dolcezza i pendoli vengono abbassati e sollevati. Alla parte superiore ed anteriore poi di ogni pendolo è fissato uno specchietto S (fig. 3) che serve a determinare la durata di oscillazione. Tutte le parti metalliche, esposte all'azione dell’aria, sono for- temente indorate per impedire ogni alterazione delle medesime. Il sostegno dei pendoli (fig. 1°), dell'altezza complessiva di 35 cm. circa, è fuso tutto di un pezzo, ed è un robusto trep- piede in forma di tronco di cono, munito in basso di tre viti di livello v. La base superiore è formata da un piano di agata (fig. 2°), in forma di disco circolare del diametro di 8 cem., lavorato colla massima precisione, sul quale si appoggiano i coltelli dei pendoli durante l’esperienza. Questa piastra (1) ha nella parte centrale un foro oblungo per cui passa l'asta del pendolo, e due fori laterali che dànno passaggio ai due cilindretti di cui si è parlato, e che servono ad abbassare od a sollevare il pendolo in modo che si appoggi o non sui coltelli intermedii. All’orlo di questo piano superiore è fissato ancora un piccolo specchietto S' che trovasi alla medesima altezza dello specchietto annesso al pendolo, ed al quale mediante due apposite viti si possono dare movimenti in azimut ed in altezza per orientarlo convenientemente. La base inferiore porta ancora un apposito congegno M, col quale si può dare al pendolo uno spostamento di data am- piezza, e metterlo indi in movimento al momento opportuno. Consta di un’asta trasversale, girevole attorno al proprio asse mediante un bottone: alla parte di mezzo in corrispondenza alla lente del pendolo è fissato un braccio d'avorio, col quale si può, facendo rotare l’asta, allontanare il pendolo dalla sua posizione di equilibrio, e mantenerlo in tale posizione. Due altri bracci d'ottone fissati verso l'estremità di quest’asta, ne limi- tano i movimenti, in modo che quando uno di questi (che ter- mina con una vite) si appoggia alla base del sostegno dei pen- doli, questi sono spostati dell'’ampiezza voluta, quando invece (1) Nella fig. 2 che rappresenta il piano superiore di agata è stato tolto lo specchietto fisso S' che si vede nella fig. 1. DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ ''ERRESTRE, ECC. 719 si appoggia l’altro, il braccio di avorio resta allontanato dal pendolo in modo che questo può oscillare liberamente. Una livella a bolla d’aria Z, serve per livellare il piano d’agata superiore. Essa vi si appoggia mediante tre piedi alti circa 3 em. allo scopo di non impedire la libera oscillazione del pendolo nel caso che la si volesse lasciare a posto durante l'esperienza. Per assicurare poi maggiore stabilità all'apparato, si è tolto dalle madreviti delle tre viti di base il terzo di mezzo delle spire, cosicchè stringono le rispettive viti in due parti differenti, e resta così impedita ogni oscillazione, dovuta al loro logorarsi. La temperatura del pendolo è data da un termometro T, che si fissa al sostegno pendolare. Esso è a scala arbitraria, divisa in centimetri e millimetri, ed è formato da un tubo termo- metrico, il quale in basso sì ripiega all’insù, e termina in un bulbo lungo 25 em., e destinato a dare la temperatura media di tutti gli strati d’aria attraversati dall’asta del pendolo. Il signor Sterneck ha inviato due di tali termometri, por- tanti i numeri 37 e 39, insieme alle rispettive equazioni da lui stesso determinate. Il sostegno del pendolo poi viene ad ogni stazione collo- cato sopra apposito pilastro trasportabile, avente la forma di un tronco di piramide, e costituito da quattro pezzi di granito che vengono cementati insieme con gesso. Ad evitare poi le oscillazioni dell’aria e le variazioni rapide di temperatura, du- rante le esperienze, si copre l'apparato pendolare con una ve- trina di legno munita di vetri, e di due aperture dalle quali si può dall’esterno, senza togliere la vetrina, abbassare il pendolo sui suoi coltelli, e metterlo in libertà per farlo oscillare. L'apparato per la determinazione della durata di oscilla- zione, che si ottiene col metodo delle coincidenze, consiste in una cassetta parallelepipeda di ottone (fig. 4) munita di tre viti di livello, lunga 20 cm., larga 10, ed alta 14 cm. Sulla parete anteriore vi è una scala graduata S, disposta verticalmente, e che in corrispondenza dello zero, che trovasi al punto medio, ha una fenditura orizzontale. Questa scala può venire coperta durante l’esperienza da un coperchio mobile €, portante un’a- pertura in corrispondenza dello zero della scala stessa, in modo che rimanga sempre visibile la fenditura. 720 CESARE AIMONETTI Nell'interno della cassetta, vi ha una leva mobile L attorno ad un perno orizzontale 0, la quale ha ad un'estremità un'iin- cora di ferro dolce a, ed all'altra una molla antagonista m. Mediante un’elettrocalamita E, che si inserisce in un circuito comprendente una pila ed un cronometro a contatto elettrico. sì possono imprimere alla leva delle oscillazioni regolari e che avvengono ad ogni chiusura ed apertura del circuito. Questa leva si prolunga dalla parte anteriore in un'asta che termina Fig. 4. in una piastrina metallica verticale con una fenditura analoga a quella praticata allo zero della scala. Mediante opportune viti v, v’ si può limitare l'ampiezza di oscillazione della leva in modo, che in ciascuna di esse le fen- diture passino una davanti all’altra, mentre tanto quando l’'in- cora è abbassata, come quando è sollevata, esse si coprono reciprocamente. Dietro la piastrina mobile trovasi uno spee- chietto S', inclinato a 45°, in guisa da riflettere sulla fenditura la luce mandata da una lampada che si dispone di fianco al- l'apparato, e davanti ad un'apposita apertura praticata nella parete laterale ed alla stessa altezza dello specchietto. DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 721 Al disopra, e coll’asse ottico diretto secondo l’asse mag- giore di questo apparato, trovasi un piccolo cannocchiale astro- nomico M, con un ingrandimento di circa 8, munito di reticolo, ed il cui campo è illuminato dalla luce diffusa da una bianca corona ellittica, che si può disporre davanti all’obbiettivo. Montatura degli apparecchi e modo di eseguire le esperienze (1). Per eseguire le determinazioni, il metodo da me seguito è il seguente. Scelto opportunamente il luogo della stazione, e collocato a posto il pilastro di cui si è parlato, cementandone insieme le varie parti con gesso, si fissa sul piano superiore, pure con gesso, un apposito pezzo metallico formato di tre robuste braccia orizzontali disposte ad angolo di 120°, e munite di scanalature destinate a ricevere i tre piedi a vite del sostegno dei pendoli. Collocato questo a suo posto, si toglie lo specchietto fis- sato superiormente, e colla livelletta annessa all'apparato, si livella il piano d’agata: indi si serrano fortemente le viti della base, avvertendo di non alterare l’orizzontalità del piano d’agata, o di ripristinarla in caso contrario. Davanti al pilastro, alla distanza di circa tre metri da esso, e sopra un apposito treppiede di legno, che si possa sol- levare od abbassare convenientemente, si colloca l'apparato delle coincidenze o relais, in modo che lo zero della scala si- tuata sulla sua parete anteriore sia press’a poco allo stesso livello del piano d’agata, ed il piano verticale che contiene l’asse del cannocchiale, passi per l’asse maggiore del foro oblungo praticato nello stesso piano, e che dà passaggio al pendolo. Accanto al relais, e sopra un sostegno indipendente, si colloca il cronometro a contatto elettrico ed una pila, che (1) Cfr. Gruserre Lorenzoni, Determinazione della gravità relativa negli osservatorii di Milano, Padova e Roma, “ Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti ,, t. V. — Cfr. “ Versffentlichung des Kénigl. Preussischen Geodàtischen Institutes ,, Die Intensitit der Schwerkraft auf den Stationen der Nord-Abteilung, von L. Haasexan. — Id., Die Intensitàt der Schwerkraft auf den Stationen der Siid-Abteilung, von E. Borras. 722 CESARE AIMONETTI vengono inseriti insieme col relais in un medesimo circuito che sì può aprire o chiudere mediante un piccolo interruttore. Indi, spinti all'insù i due cilindretti d’ottone che attraver- sano il piano d’agata, si mette a posto il primo dei quattro pendoli che fanno parte dell'apparato, appoggiandolo mediante i coltelli esterni sui due cilindretti, e lo si orienta in modo, che il suo specchietto sia normale al piano che passa per l’asse del cannocchiale, e per lo zero della scala. Indi si fa in modo che nel cannocchiale del relais si veda l'immagine della scala ri- flessa dallo specchietto mobile del pendolo, collo zero coinci- dente col filo orizzontale del reticolo. Questo risultato si ottiene facilmente sia facendo variare leggermente in azimut la linea d'appoggio dei coltelli del pen- dolo, sia spostando lateralmente il relais, e variandone l'altezza colle viti di base.’ Collocata poscia una lampada davanti all'apertura prati- cata nella parete destra del relais, e tolta la parete a sinistra, si regola il movimento della leva interna mediante le apposite viti, in modo, che appaiano nettamente nello specchietto le immagini istantanee della fenditura ad ogni oscillazione della leva stessa. Si colloca a posto lo specchietto fisso sul piano d’agata, orientandolo in modo che dia della scala del relais una immagine disposta al fianco di quella data dallo specchietto mobile, e collo zero sul filo orizzontale del reticolo. Quest'im- magine fissa della scala, permette di verificare se durante l’'e- sperienza sono avvenuti spostamenti nella posizione del relais, e di correggerli, riducendolo alla primitiva posizione. Allora, mediante l'apparecchio all'uopo, situato vicino alla lente del pendolo, si allontana questo dalla posizione di equilibrio, dandogli una deviazione tale, da leggere nel cannocchiale la quarta o la quinta divisione della scala coincidente col filo del reticolo. Messo poscia a suo posto il termometro, si copre il tutto colla vetrina di cui si è parlato. Siccome però nell’attra- versare la lastra di cristallo che chiude questa anteriormente, i raggi luminosi che partono dalla scala subiscono delle rifra- zioni, il cui effetto è di far vedere spostata l’immagine della scala, muovendo opportunamente la vite di base del relais, si- tuata dalla parte dell’oculare, si riconduce il reticolo a coinci- dere collo zero della scala riflessa dallo specchio fisso. DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 723 Fatto questo si attende per quindici o venti minuti, fino a che l'apparecchio abbia assunto la temperatura dell’ambiente, il che si ritiene avvenga quando il termometro rimane stazio- nario. In questo frattempo si prendono i confronti del crono- metro col pendolo normale, e si prende nota dell’altezza baro- metrica. Quando il termometro è diventato stazionario, si incomin- ciano ad abbassare i due cilindretti che sostengono il pendolo, fino a che questo venga ad appoggiarsi coi due coltelli inter- medii sul piano d’agata, indi lo si mette in libertà, in modo che possa oscillare liberamente. Queste due operazioni si possono fare dall'esterno senza togliere la vetrina che copre l'apparato, perchè essa è munita di due piccole aperture circolari, munite di apposite chiusure, e che trovansi in corrispondenza delle teste delle viti che ser- vono ad abbassare il pendolo od a metterlo in oscillazione: sicchè, mediante un’asta terminante in un imbutino interna- mente foderato di cautehuk, si possono manovrare dall’esterno. Ciò fatto, si illumina convenientemente la scala, e si leg- gono le posizioni estreme del filo orizzontale del reticolo. La media delle due letture dà l'ampiezza di oscillazione iniziale in parti della scala. Per ottenere quest’'ampiezza in minuti primi, basta osservare che, se d è la distanza della scala dallo spec- chietto del pendolo, p la lunghezza di una parte della scala, ed n la media delle letture estreme alla scala, l'ampiezza a di oscillazione in minuti primi sarà: ARDA Part a=©n-7.R=n qu ° 9488 Coperta la scala e messa la lampada di fianco al relais, davanti all'apposita apertura, in modo da ottenere immagini ben luminose della fenditura, si chiude il circuito comprendente il cronometro ed il relais, e si incomincia l'osservazione delle coincidenze. Nel campo del cannocchiale, debolmente illuminato dalla luce diffusa dalla bianca corona ellittica situata davanti all’ob- biettivo, insieme ai fili del reticolo, si vedono comparire ad ogni mezzo secondo le immagini istantanee della fenditura: una 724 CESARE AIMONETTI corrispondente all'istante della chiusura, l'altra a quello dell’a- pertura del circuito. Se le oscillazioni del pendolo fossero della durata precisa di mezzo secondo cronometrico, le immagini della fenditura comparirebbero sempre nella medesima posizione rispetto al filo, l'una da una parte e l’altra dall'altra. Invece, essendo la durata di oscillazione del pendolo leggermente differente, una delle due immagini della fenditura (p. es. quella corrispondente al- l'apertura del circuito) a poco a poco si avvicina al filo, lo sor- passa, se ne allontana, si riavvicina, fino a sorpassarlo di nuovo, e così di seguito. Seguendo coll’occhio le posizioni successive di tale immagine mentre si avvicina al filo del reticolo, e con- tando mentalmente le battute del cronometro, si può stimare l'istante in cui, se si vedesse l’immagine, questa comparirebbe coincidente col reticolo. Nelle determinazioni è conveniente di tener conto sempre delle sole immagini della fenditura, corrispondenti all'apertura del circuito, perchè avvengono più regolarmente: nè havvi pe- ricolo che queste si possano confondere con quelle corrispon- denti alla chiusura, bastando a distinguerle facilmente il diverso suono prodotto dalla leva situata nel relais, urtando contro le viti che ne limitano i movimenti. Dall’intervallo tra due coincidenze consecutive, si deduce facilmente la durata di un’oscillazione del pendolo. Infatti, se con s si indica la durata di un'oscillazione del pendolo in se- condi cronometrici, e con e l'intervallo tra due coincidenze con- secutive, espresso in secondi cronometrici, ne segue che nel tempo c il pendolo avrebbe fatto 2c oscillazioni, se la durata di una di queste fosse di mezzo secondo cronometrico; invece avrà fatto un’oscillazione in più od in meno, cioè 2ce +1 oscil- lazioni, secondochè s è minore o maggiore di mezzo secondo. Quindi si può stabilire l'equazione CENACOLO da cui e — 2e +1" sE Siccome i quattro pendoli che corredano l'apparato oscil- DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 725 lano tutti in un tempo maggiore di 05,5, così nella formola bisogna adottare il segno negativo. Nel determinare il valore di ce, ho seguìto il metodo se- guente, praticato dallo stesso signor Sterneck nelle sue deter- minazioni. Si osservano dapprima gli istanti di undici coincidenze consecutive: indi, sottraendo dall’istante dell’ undecima coinci- denza quello della prima, si ottiene il valore di 10. Moltipli- cando questo valore per quattro, e sommandolo coll’istante del- l’undecima coincidenza, si ottiene quello in cui deve avvenire la cinquantunesima. Si osserva l’istante in cui realmente av- viene la cinquantunesima coincidenza (che può differire da quello calcolato di qualche frazione di secondo), ed altre nove coincidenze consecutive. Allora sottraendo la 1* dalla 51?, la 2* dalla 52* ecc., la 10* dalla 60, si ottengono 10 valori di 50c, di cui si prende la media. Osservata la 60* coincidenza, si illumina la scala, e si osservano le due deviazioni estreme corrispondenti al filo del reticolo, dalla cui media si deduce l’ampiezza finale di oscil- lazione del pendolo; si nota la temperatura finale e l'altezza barometrica e si prende un secondo confronto del cronometro col pendolo normale; indi si solleva il pendolo innalzando i ci- lindretti appositi, lo si arresta, e tolta la vetrina, lo si sosti- tuisce con un altro, ripetendo poscia per questo le stesse ope- razioni descritte precedentemente. Dati strumentali relativi all'apparato pendolare e formole per la riduzione delle osservazioni. Insieme all'apparato il signor Sterneck mandava anche i seguenti dati strumentali, da lui stesso determinati sperimen- talmente, per la riduzione delle osservazioni. Correzione per la temperatura: t= — 45,47 unità della 7% decimale di s (durata di oscil- lazione) per ogni grado Celsius. 726 CESARE AIMONETTI Correzione per la densità dell'aria: dò = — 555 D in unità della 7* decimale di s, dove D è la densità dell’aria relativa a quella corrispondente alle condizioni normali, e che è data dalla formola: B ope fre pis dr 760(1 + 0,0086651) — 0,359014 . B 272.85+T dove B è la lettura barometrica ridotta a 0° ed espressa in mm., e nella quale non è tenuto conto dello stato igrometrico, rite- nendo che la piccola differenza che può esservi da un luogo all'altro non porti un errore sensibile nel valore di s. Correzioni per l'ampiezza a di oscillazione: Equazione del termometro N. 37 a scala arbitraria: T = (L — 4,284). 1,748 dove L è la lettura del termometro, e T la temperatura in gradi centigradi. DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 727 Osservazioni a Vienna. Le osservazioni a Vienna furono fatte dal signor Sterneck, all'Osservatorio della Tiirckenschanze. Esse furono mandate insieme all'apparato, e sono riportate nella tabella seguente. TaAvoLa I. Stazione a Vienna. Osservatore V. Sterneck. usa Pa È Istante Li a Istante $ E della coincidenza E della coincidenza | valori di 50 c LO in ir in tempo bt in tempo emedio [na pier BRIN SICH Pt H | =i dell'orologio ;3 dell'orologio 26 Aprile 1898 Ore 8,30 a. m. aL PLO VS 4731947 did. | 5095. [ol 6niZ7a0 Tn261945 | | | 2| 50 85,0 .|52| 16487 | 13,7 (s=0*,5080713 ISLES 0: Sato 17 20,0 ona 4 | 4 51 88,1 54 IRAN o) 13,7 (t=— 463; | SOÙi SOMMA 05 18 23,0 13,6 ==; 526 | 6| 52 410 |56| 18,547. | ‘18,7 |s 0,5079720 inizi [558 (de | |(570/-4/19126;1 196 lag==t1 | og | ‘8.58 (401. |'5siit 19574 Lila Ol E54 Blbrl N59 20 29,0 940! Mera Si 10 54 46,8 60 21 0,7 13,9 media 2021871: s= 1573571 (= 315,474 26 Aprile 1893 Ore 10 a. m. a 10196 8 /—4746:600D = 01945 ARI EE i 29575,6 27298,0 | | 2 | STAR oz 30 31,0 22,8 | DES 3 040j8100|153 31301 22,8. |.s=0*,5077287 | 4| 4 141 |54|31 36,5 22,4 la=— 3) [SE legedi A, — [EB5Y] 320 +88 218 (t=— 471 | “6 5 193 56 32 42,4 Si e 525 [CZ 5 65218) N57 33 14,7 21,9 |s —0,5076288| | 8.| 6 258 |:58.|, 83.480 daN lay N° 198 9 6 58,2 59 34 20,0 21,7 ESATA \20| 7 a10 |6o| 34536 da,p "i (0000316 e = 32,847 728 CESARE AIMONETTI .5| istante “US n insite | : | si | della coincidenza | RE della coincidenza elio di 50 c | Calcolo Mi È Tio |a | in tempo xi in tempo TETTE | z dell'orologio | CI | dell'orologio | | 26 Aprile 1893 Ore 12,30 p. m. oi=212Re Ti 10;48. B.= 745,2: Di==0;944 | 45] 1.| 22% 230 |51.| 48% 363 | 261813 2 22154,7. |c52 49 8,0 | 13,3 3 23 25,9 539 | 49 394 13,5 |s =0,5080726 4 28 57,8 | b4 50. 11,8 13,5 |a=— 4 (gl 2428955] 50 426 Ti Ar I | 2510 m0/64c1E56 51 13,6 18.0. 0\b0=— 524 | 7) 25 32,0 | 57 51l045,3 | 13,8 is = 0,50 5079724 | 8| 26 35 |58| 52 17,0 13,5 ‘Au=+ 98 9| 26 847 |59]| 52 486 | 9 s — 0,5079752 |10| 27 66 |60| 58 200 |__ 184 | _ fd 469. 26 Aprile 1893 Ore 3,30 p. m. = 119; Ti=10/440)B —748/6) Di==0,942 46 Tie] 1042681. fol Zoom 444 | 251843 2 10 56;2 52 36 14,6 18,4 Sekudi 2710 58 36 45,0 | 18/0 #8 = 0} PO ALITO Mod 97 Lo; 18,3 la—-+ 4 | d 12 27,8 55 37 45,8 18/0 lm—=-® 475 | 6| 12 ‘578 |56]|88 160/| ‘18,2 lb=— 528 7 | 19,.28,8...| 07 | 38 46,9 | 18,2 is = 0,5082711 Vola 10 | 14 591 |60| 40 178 182 | ;s =0,5082739 ce _ 80°, 364 | | 26 Aprile 1893 Ore 4,30 p. m. a= 1292. T —10,68 \aB = 748,1 .D:—= 0,942 4l 1 G6n m948: | ol gui: 2958 26%13*,0 | 2 96 ‘41,8 | 52 2° 54,7 12,9 |s —0,5080755 3 987 4132 53 3 26,0 1258 la=— 4 4 37. 45,2 54 | 125 (nr=— 483 5 | 38 15,8 55 4 29,0 13,2 ba __523) 6 38 47,8 | 56 5. 08 12,5 s = 0,5079745 7 | 39 18,2 | | 57 5 82,0 13,8 Au=+ 28 8| 39 50,6 | 58 63,0 12,4 _|s — 0,5079773 c= 81*,458 | | È | Istante E: | Istante s (82 | “ia coincidenza (83 | dei coincidenza | valori di 56 c dial È | a in tempo za in tempo e umenia | a | dell'orologio E | dell'orologio VE ail eo ZA Al dr = 26 Aprile 1893 Ore 7 p. m. a=122 T=10,74 B—= 743,2 D= 0,941 42. 1 Qu 4542 | 51] 80% 758 | 2702246 2 8 18,8 |52]| 80 40,2 21,9 |s= 0,5077299 3 85150 |58| 81 .130 22/0 la== 4 | 4| 4 240 |54| 81 46,0 220 \t=— 488 | 5| 4 578 |55| 82 190 21,7 \b=— 522 6;.| 05 (2917 |.56101924:51;8 22,1 |s — 05076285 7 624 - | 57 | 33 25,0 22,6 \Au—4- 28 8 6 355 |58| 33 57,7 ORO 9l 7 83 | 591184 504 09r1: (37 0:p076313 lo nisi. [604 I95.1#3b0oli _BL9 c = 929842 26 Aprile 1893 Ore 3,30 p. m. a=11,9 T=10,88 B= 743,2 D—=0,940 | 45] 1] 58=46590 | 510] 49m 5991.| 26m1350 Dl 54, 89, | \524,420,1320 18,1 se 8.| 54 500 |53| 21° 3,0 180 la=— 43:88; (269 SA Lesa ee 195 LA iS PI MISTI e OLI) 128 b=— 522 6) 56 24,6 56 | 22 38,0 13,4 ls — 0,5079748 Me. 56 1559, | (57/230 91 13,2 |Au—-+ 28 Sal I ESA SAT bone e fol z7 500 5g ZA LR o e ELI | 10| 58 313 |60| 24 43,8 12,5 | c = 815,460 28 Aprile 1893 Ore 8,20 a. m. a=11°,3 T=10,08 B=739,1 D=0,988 46 | 1 gm 1',l | 511] 339/2050 | 2511859 | | [29] Brest 529 NESSO 19,0 |s =0,5083674 dI 49 gjbe. | 59x15 842210 18,9 fa=— 3 4 Le 497 092/58 11 540 SA NISLS | 188 \r=—. | ‘458 57 | 40° #27 | 55 | 35 (21,5 188 d=— 521 | 6| 10 -38;1° | 560|.135-,520 18,9 |s — 0,5082692 vai I (SA .|'576|1 (368024 19,0 \Au=-+ 18 |-84 10000402) |ineh|ess6a058/06n 1 18800 azzo 9| 12 40 |59| 37 232 STCTORO be SLLZIAI | '10| 12.847 |60 .37..53,6.,| 189. c = 30,378 DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 729 Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 730 CESARE AIMONETTI I | { 4 "È Istante ef | istat | | $ de della colncidenza de | della coincidenza | v.jori di 50 e di È È in tempo LE i in tempo i alittà Ci | dell'orologio z dell'orologio | 28 Aprile 1898 Ore 10 a. m. | a= 11',6 T=10,48. B—= 7390 D =0,988 4 41] 1) 3092350 |51| 565965 | 261345 | 2| 80 540 |52]| 57. 72 13,2 !\s —0,5080726 8| 31 260 |58| 57 1896 13,6 \a—— 4 | 4|-81 570 |54| 58108 138 |r—-— 474 5| 82 290 |55] 58 42,6 136 b—— 521 6| 32 00 |56| 59 13,6 | 13,6 |s —0,5079727 7|.38 815 |57]| 59 454 | ‘199 (Au=+ 18 8 84 ©852 | 58-60 416,2 60) 13,0 's — 0,5079745 9 84 847 |59]| 60484 13,7 | uu 10| 85 ‘5,8 |60]| 61/192. | 134| ce= 31, 469 28 Aprile 1893 Ore 5 p. m. a=12',2 T—=10,67 B—=737,9 D=8,934 42 | 1| 83»5040 | 51 1m 12,8. | 2702243 2] 84 280 |52 10455 | 22,5 |s=0,5077287 8| 84 557 |53]| 2180.) 228 a=— 4| 85 29/1 | 54|.2./5L1.| 220 |\r=-— 485 5.|-<86 ELA. | 554 9 123,6 222 b—— 519 6.| 36 845 | 56 357,0 22,5 |s — 0,5076279 Vedi y3d SRO do7 4294 | 22,4 \Au=+ 18 9-1 37 SID | (58/0/fR5 Agape na 9| 38 125 |59|/.5:8500| 235 Val” 10 | 88 458 |60| 6:80. | 222 | c—= 823,847 28 Aprile 1893 Ore 7 p. m. a=12,7 T=10,93 B— 738,4 D—0,933 45 | 1 dp 40,0 |51]| 34531 |26©18,1| 2 113 |52| 85 248 130 | 3 9 428 |58| 85 56,0 132 00000 4| 10 141 |54|/86 270 129 la—— 5| 10 457 |55]| 86 590 | 183 (r=— 197 6| 11 172 |56| 87 80,0 128 b=— 517 7|012 ‘488 |57|/ 880 19 13,1 |s — 0,5079729 8| 12 20,1 |58| 88 83,0 12,9 Bu=+ 18 9| 13 520 |59| 89 5,1 1 SR 10 | 18 230 |60| 89 360 15/0 {î"— CPOTOTA c= 31,461 | DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 731 È 3 Istante 2 È Istante | S #5 della coincidenza | de | aella coincidenza | Valori di 50 c Ri 2 |235 Sa | SO colo di s È fo in tempo ra in tempo usino E dell'orologio E dell'orologio | | | a a Ì 29 Aprile 1893 Ore 8 a. m. a: _I008 Bi=742,7 0D'—01842 1 Samr4889 [bye 750012551888 2 393 19;0 |.52 58. 88,2 19,2 90 |RES3 49053 59% 8,3 19,3 |s =0,5083674 4 94 19,6 54 59 384 lis il 4 5 34 49,6 55 GIOTTRISAZ 19,1 |t=—- 458 6 985 120;2 56 60 39,2 loto 523 7 35 50,6 57 61 9,3 18,7 le— 0,5082689 8 36 21,4 | 58 61 40,0 18,6 |Ax= 49) 9 86 51,5 | 59 62 10,0 18,5 __Tenegnae 10| 37 217 |60]| 62 417 1508 mp Ti c = 305,378 29 Aprile 1893 Ore 10 a. m. A N2IZOR—1063B —W7A2: SR_10/941 41 | 1| 9= 4058 |51| 35m 5550 |26=142| | 2| 10 123 |52| 36 266 14,3 |s 0,5080687 s| 10 440 |58| 36 ‘580 140 la=— al LORI, 54 gr 09)8 141 |\r== 488] 58| 11 468 |55}| 88° 18 dati 2 (590 6| 12 182 |56| 38 324 14,2 |s — 0,5079678 (09) Eagle TA le a TA 4g 8 | T3M22 | 58 | 39 35,2 | 14,0 _|s — 0,5079727] c = 315,484 29 Aprile 1893 Ore 11 a. m. REI _10/69/0 ABI=742 670101940 1| 31° 401 |51| 59% 0337 | 27936 2| 82 129 |52| 59 361 23,2 | SlPws9 (45:80 ssi. -mostto.o 242 \s =0,5077229 4.| 33 183. | .54| 00 (420. |a 0.237 la=— 4 CH RE IR EA PRC 234 |r=— 486 6| 34 240 |56| O1 478 238 b=— 522 7 | 94 574 57002205 23,1 |s = 0,5076217 5 35 30,0 |58)| 02 53,6 23.61 |Au==/R . 49| 36. 03,1 |59| 08 26,5 23/4. | TERRORE 10°|*786 "8570 ot os "Gg 91 gigi 101070260) 732 CESARE AIMONETTI | = E Istante o 3 Istante | $ Ei | ae: er | zi | ur nei | Valor sone | cali o = in tem = (* [sia | \za | ntenpo | omelie | | $ dell'orologio | 5 | dell'orologio | i | | | | | | 29 Aprile 1893 Ore 1 p. m. 12/2 I 102° BEAT _10:940) 45 | 1 gm 583 |51]| 29% 1247 | 2601444 2 3 298 52 Î 29 44,0 14,2 |s —=0,5080695 3| 4 017 |53| 80 155 13,8 la=— 4 A 4 82,7 54 30. 46,6 13,9 |\t_=— 487 5 5 04,8 | 55 31 18,4 14,6 \b=— 522 6| 35 857 |56]| 81500 14,3 [s — 0,5079682 76 Die | 674.301 142 |Au=+ 49 8 6 38,6 |58 82527 14,1 |. — 0,5079731 9| 7 105 |59| 38 245 mico. 191 10 7 415 |60| 33 55,6 14,1 c= 31,481 29 Aprile 1893 Ore 6 p. m. a=12'R I =1054. dB =S7419 0 =0941 46 1 52° 569,0 bill dev 4b | 25184,5 2 53. 26,0 52 | 18 44,7 18,7 |s —0,5083696 3 | 58. 57,0 | 53] 19 15,4 18,4 o=— 4 ASL DE RAT po pst9 a Ab a 184 (t=— 479 5 | 54 574 55 20. 16/2... | 18,8 =— 522 6| 55 27,4 56 | 20.46,0 | 18,6 |s — 0,5082691 70 BB GRA [57.21 ir, SIR vega 49 gli 56 “285 URI 21046000] lg ao ee 9| 56 592 |59]| 22 176 | 184 i AI 10 | 57 291 |60| 22 475 | 184. c= 804,370 Osservazioni a Torino. Le osservazioni a Torino furono fatte nel sotterraneo che trovasi al disotto della parte nord-ovest del Palazzo Madama, ove ha sede l'Osservatorio astronomico. Siccome nello stesso locale esisteva già un solido pilastro in muratura, sul quale il prof. Collet, dell’Università di Gre- noble, aveva fatto poco tempo prima delle determinazioni col- (a) DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 733 l'apparato Defforges, così su quello collocai il sostegno dei pen- doli, anzichè sul pilastro smontabile che correda l’apparecchio. I pendoli furono fatti oscillare press'a poco nella direzione nord-sud; l'apparato delle coincidenze fu collocato su di un solido trep- piede di legno bene fissato nel pavimento; alla distanza dallo specchio del pendolo di m. 3,80. Per ottenere le interruzioni nella corrente elettrica che metteva in azione il relais, si adoperò il cronometro Frodsham n. 84 il cui andamento fu determinato durante le esperienze mediante numerosi confronti col crono- di TRO TO , metro Nardin n. ; il cui andamento eccezionalmente rego- 7360 lare fu determinato mediante osservazioni fatte nel giorno pre- cedente e in quello seguente a quelli in cui feci le osservazioni pendolari. L'altezza barometrica veniva determinata prendendo la media delle due letture fatte immediatamente prima e dopo di ogni esperienza ad un barometro Fortin, di cui si era nei giorni innanzi determinata la correzione, confrontandolo ripetutamente col barometro del R. Osservatorio. Esso fu appeso in modo che il suo pozzetto fosse alla stessa altezza del pendolo. Anche per la temperatura si presero le medie delle due osservazioni fatte immediatamente prima e dopo ciascuna determinazione, al ter- mometro n. 37 annesso all'apparato. Determinazione della correzione del cronometro Frodsham. Dalle osservazioni fatte allo strumento dei passaggi tras- portabile di Repsold, dal Prof. Porro, direttore dell’Osservatorio astronomico, si ebbero i seguenti risultati relativi al crono- metro Nardin: Aprile 1896 tempo sid. t. sid. — Nardin Variaz. oraria 14 85,8 — 52 425,80 ) 15 94 —Î} 59m 443,29 i T# 0,06057 734 CESARE AIMONETTI Confronti cronometrici. Tavoca II. kw | Intervalli d'ord. | Frodsham Nardin Comb.| piagio agi È ro | 14 Aprile 1896 r 1 | 12h197854,00;| 7®3201*,71| | 2 1 24 40,00 8 37 07,39 |4-1| 53035" ,00 | 5530"38*,32 3 | 2 56 15.00 | 10 08 48:21 | 5- 2| 687 25 ,00 | 6 37 28,87 4| 5 50 10,00| 1 02 40,03 | 6- 3] 6 58 15, 00 | 6 58 19,23 5 | 8 02 05,00 | 3 14 36,26 | | 19 06 15,00 | 19.06. 26,42 | 6] 954 30,00! 5 07 02,44 | Variazione oraria del Frodsham sul Nardin + 0*,5967 Correzione del Nardin. . . agi 0,0606 | Correzione oraria del Soda «SEE A: + 0,5361 | 15 Aprile 1 32 10,00 | 10 14 45,62 | | | 2 4 53 05,00 | 12 5 41,68 | 5-1 5 43 50,00 | 5 43 53,39 legal 6016025:00 1 19 02,47 | 5-2 | 6 23 00,00 | 6 23 03,86 | 4| 846 00,00) 3 58 39,01 |6-3| 744 35,00] 7 44 39,42 | 5] 1116 05,00| 6 28 45,54 | | 19 51 25,00 | 19 51 26,67 \ 61 15100001 9 03 41,89 Variazione oraria del Frodsham . . . . + 0,5876 | I id. INETTLIO cha vb a E = 0,0606 | Correzione oraria del Frodsham . . . = 0,5270 TavoLa III. Stazione a Torino. Osservatore Aimonetti. È z Istante 3 î Istante | s si della coincidenza | si della coincidenza | Valori di 50 c Gi i è ,° in tempo apo in tempo emilia zs |Zs y E dell'orologio z dell'orologio | | | 14 Aprile 1896 Ore 10,30 a. m. a=9',48 T—=9,56 B—= 788,05 D—0;988 41 1 31” 444,8 | bi#|MNo 7215950 26214*,2 | Dl ‘320,16,1 52 | 58 30,2 14,1 |s =0,5080683 S| ‘82° 47,9 | 58 | 59 02,0 TEL 0iOo=— 2 4/l 38192 54 | 59 88,2 14,0 |\t=— 455 5.83 50;9 55 | 60 05,0 14,1 |\b=— 521 6| 834 22,1 56 | 60 36,5 14,4 |s — 0,5079705 | 34 54,0 57 | 61 08,0 14,0 |Au— 756 8850251 58 | 61 39,2 IR Quod 9| 35 570 |59 | 62 110 TA | 10| 36 28,1 60 | 62 42,2 14,1 | | e = 81%,4855 Pendolo 42 | 46 DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 735 2 S | Istante | 4 S Istante 53 | RS | 89 | Da | BE | della coincidenza | E | della coincidenza Valori di 50 c COTE | È = in tempo | toh in tempo amediglale | 3 dell'orologio | E | dell’orologio Ì Ì 14 Aprile 1896 Ore 12 a. m. a ERI121900 DE=9)55 B= 738,78 D= 0,939 IST 3» 45560] 51 om 083,2 | 2722256 (s = 0,5077275 | 2 38 18,1 52 15 140,9 (| 22;8 la=— 4 | 3 38 51,4 53 | 6 14,0 22,6 (= — 434 | 4 39 24,0 s4 | 6 46,6 22,6 bd. =— 521 5 | 39 57,0 55 [(( L98 22,8 |s — 0,5076316 6.1..40 30,0 |56|:07 5250]. 235 |Au=L 756 (sd 41 02,8 DI 8_25,0 22,2 _ fREennInNOe | 8| 41 355 |58| 8 580 PC Nepi | 9 42 08,4 59 931,1 22,7 | 10| 42 412 |60]|10+0890]| 237. ci=1323852 14 Aprile 1896 Ore 1,15 p. m. a= 12/74 T).=9;60: B:=:788;96' D.=/0;939 39 225,0 ol | 05® 358,4 262135,4 1 2| 39 540 |52| 06 080 14,0 3| 40 250 |53| 06 386 13/6 |s — 0,5080720 4| 40 570 |54| 07 10,1 Tel gd A 5| dl 280 |55| 07 414 194 lr | 486 6| 41 600 |56| 08 130 140 b=—= 521 7) 42 81,0 | 57| 08 443 | 13,3. ls — 0,5079759 8| 48 029 |58| 09 162 138 [Au—" 1 756 9| 48 338 |59| 09 472 184 | 10| 44 060 |60| 10 190 1a.d (RI Pato c= 315471 14 Aprile 1896 Ore 2,30 p. m. a= 10,84 T—=9,69 B—= 739,86 D= 0,940 1| 542859 |51| 194240 | 2501851 oz] 54 540 |52|/20.12,4 18,4 | 3| 55 241 |53| 20 428 18,7 |s = 0,5083700 | 4| 55 546 |54|. 21130 +94 la=3( 08 5| 56 250 |55]| 21 435 185 [r=— 441 6| 56 556 |56| 22 139 188 |bi=— ‘ 522 7| 57 258 |57| 22 441 18,3 |s— 0,5082734 8| 57 562 |58| 23 148 19/6 |AuH..| 756 9| 58 264 |59| 23 449 185 |i__ Fndazan 10 | 58 570 |60| 24 154 19 Ro e = 305,3684 736 CESARE AIMONETTI [| Istante | | | I È i Istante E î | | | z £5 £$ 3 | 83 della coincidenza HE | della coincidenza | vatori di 50 e AR: | E |98 in tempo | | in tempo o | (#2 | |a | perte Z| dell'orologio Z| dell'orologio il MO; fe = PEDANA > | E n i | 14 Aprile 1896 Ore 4 p. m. a—= 9,30 T— 9,66 B— 740,36 D= 0,941 41 | 1| 88348 | 51] 290481 | 269143 | 2| 4 044 |52| 80 18,5 14,1 \s —0,5080693, | 8 4 36,5 53 | 80 50,6 14,1 )a=— 3 4| 5 075 |54| 81 (214 13,9 |r-— 489 5| 5 898 |55| 81 539 | 141 |b=-—. 522 6|.,6 105 |56| 82 24,5 14,0 \s — 0,5079729 71 6 426 |57| 82 568 142 |Au—=+4 756 8|. 7 136 |58 83278 18/7 | F@Fanai 9| 7 456 |59| 88 598 149 |" 0,9080485 | 10| 8 168 |60{ 84 805 | 142 | c= 31*,4816 14 Aprile 1896 Ore 5 p. m. a='11,55 T—=9,64 B—= 740,42 D—=0,941 42 | 1| 5" 1659 (| 51.) 82899 | 272230 | 29] 5 494 |52 38 124 | 23,0 |s—=0,5077254 s| 6 229 |53| 388-458 | 229 la=— 4 4| 6 55,8 |54| 84 18,8 .| 230 |\tr-— 488 5.0 7 282 |55|/84 5120). 230 |b——. 522 6 801,1 56 | 85 24,0 | 22,9 |s — 0,5076290 Fil- 8 840 | 57, fb85 467104 231 RL opa Sil 0 DS | 58/4086 299 RA 250 Ke nea 9| 9 898 |59| 870300] 292 [007708 10} 10 12,4 |60| 87 854 | 280 | c = 32*,8605 14 Aprile 1896 Ore 6 p. m. | a=11',92 T—=964 B—740,10 D—=0,91 | 45 | 1| 82556 |51| 84m 896 | 269140| 2| 8 57,1. |52| 835 1,0 | 139 8 =0,5080701) 8| 9 284 |53| 35 428 139 a=— 4 | 4| 9 600 |5486 140 | 140 |t=— 488 || 5| 10 314 |55| 36 45,8 13,9 b—-— 522| 6| 11 031 |56| 87 17,0 13,9 |s — 0,5079737| 7.) 11 845 |57| 87 488 13,8 Au=+ 756, 8| 12 061 |58} 88 199 18,8 il aan | 9 | 12 378 |59| 38 513 140 |P. 09080498 | |10]| 18 090 |60| 89:230 | 140 | | c= 3144784 | DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 737 9 m | s 3 | Istante 3 3 Istante s | si | della coincidenza | si | della coincidenza Valori di 50 c | ioatalia | Me | in tempo 03 in tempo b mediatgi e | | Za dell* A Z5 Î . ; | | | | e ell'orologio 3 dell'orologio | 14 Aprile 1896 Ore 8 p. m. ai='11;921, T°=9;80:. ({B:==739;90. D = 0;940 1 | 19 4632 5 45=048:8 | 251876 2| 20 178 |52] 45 359 18;6 |s — 0,5083686 3 | 20 46,9 53 46 05,6 18,7 = 4 4 20. 179 54 | 46 36,6 ig 438 Belt 20 47,5 55 47 06,3 18,8 bE=- 522] 6:| 22 186 |56| 47374 18,8 |s — 0,5082722! 7| 22 488 |57] 480070 18,7 |Au=-- 756 8| 23 195 |58| 48 88.1 RS oovndl 9| 23 489 |59| 49 077 ai |10| 24 200 |60]| 49 887.) 187 | c = 80*,3736 15 Aprile 1896 Ore 10 a. m. AUTO DIE 008 BE798/95) I _10,939 | 36 126 | 51| 02% 2646 | 261440 1 2, 36 442 52 | 02 58.8 14,6 3| 37 15,4 |53]| 03 296 14,2 |s = 0,5080700 4| 37 474 54 | 04 01,6 14,2 fa=— 4 5 | 88 18,3 55 | 04 32,5 142 (=— 444 6| 38 50,2 56 | 05 044 LA lbi= 3 1521 7.| 89 218 57 | 05 35,0 14,2 |s — 0,5079731 8| 39 53,2 58 | 06 07,6 144 |Au=% 744) 9| 40 24,2 59 | 06 38,6 14,4 |: — 05080475] 10 | 40 56,2 60 | 07 10,3 DIM | ce = 315,4850 15 Aprile 1896 Ore 12 m. ai—12,47!! D'—=19)69 dl Bi=(738,44 D.—= 05938 1| 4704051 |51| 150343 | 27232] 2 48 130 |52]|-15 864 23,4 | | 8| 48 460 |53} 16 0983 238 |s — 0,5077247 4| 49 188 |54| 16 416 228 a=— 4 5.|-49 518 |55| 17 150 232 = 44 6| 50 246 |56]| 17 476 230 b=— 521 TAL USO Ai 57 | 18 20,6 23,2 (s — 0,5076281 8| 51 301 |58| 18535 | 234 |Au—4 744 9| 52 031 |59| 19 264 O ee n 10 |»52 860 |60|19 590 | _230 |9 09077025 c = 82*,8636 Pendolo N. d'ordine della coincidenza a x (a Sa D © 0-41 UU 0 i rs (ar o 0-1 Ut 0 i CESARE AIMONETTI Istante Istante ai 55 | della coincidenza | BE | della coincidenza Valori di 50 c PRO NE sa | | in tempo | £ d | in tempo mb LSTAtO | | dell'orologio z | dell'orologio | Ì | | 15 Aprile 1896 Ore 2 p. m. P p a = 1155 (VDI=39;69 NB =4787910 D/=10/988 595101) bl 26% 045,2 | 26182 60 22,2 B2UNAN6 Bb en 12,9 60. 54,0 53 | 27 07,0 13,0 |s = 0,5080750 61 25,1 54 | 27 38,0 13)9. la 4 61 568 |55| 28 09,0 132 |\r—-— 441 62 28,1 |56]| 28 410 129 db=— 520 62 60,0 |57| 29 63 31,0 |58| 29 43,8 12,8 \Au=+ 744 64 02,6 |59]| 30 15,6 13,0 |s — 0,5080529 ooo -JgSDa tha 0NE | | | 12,8 | 12,8 |s =0,5079785| 64 33,6 |60| 30 46,6 18,0 | c= 31*,4594 15 Aprile 1896 Ore 3,30 p. m. a 11592 VIN= 901 EB =178706: ID E-0/987 99" 5448 |51| 49m 126 | 2501748 | 24 250 |52| 49 426 17,6 |s — 0,5083735 24 554 |58| 50 181 un led 25 256 |54| 50 4372 rg lan. an 25 560 |55| 51 140 180 b=— 520 26 263 |56| 51 440 1777 |s— 0,5082769 26 56,6 4 52 147 (80 [ig 706 27 270 |58| 52 449 179 |. FESGNNI: 27 575 |59| 58 158 178 OO 28 278 |60| 53 456 1718 c = 30*,356 15 Aprile 1886 Ore 4,30 p. m. a=112520 MII—39)78 4 B =A787:57 DIES(0;987 43% 5450 |51| 10 0840 | 26140 44 25,0 |52| 10 884 13,4 |\s =0,5080715 44 570 |58| 11 109 139 la—— 4 45 280 |54| 11 414 134 |\r=— 445 45 600 |55| 12 14,0 140 \b=— 520 46 810 |56| 12 448 13,8 |s — 0,5079746 47 080 |57| 18 16,8 188 \Ayu—i- ad 47 888 |58| 18 47,38 135 | =aeoiioî 48 060 |59| 14 198 1818 |3.=0:9080490 48 368 |60]| 14 50,2 184 le c—= 81*,473 DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 739 | Istante È Istante | | pas uv pos (er) î * | Co) SÈ È <'|#5| da genna "| E dell a IG) ic] della coincidenza " ella coincidenza ar 3 lAFbo@ (SS| Valori di 50. | Calcolo di 8 fi tb: | in tempo | a in tempo Sensane | 3 dell'orologio | ® dell'orologio 15 Aprile 1896 Ore 6 p. m. 1920198878799] 55» 0558 | 51 | 222882. | 2712259 1 2 55 38,0 52 22 60,5 22,5 |s—= 0,5077262 3 56 11,0 59 23. 34,0 23,0. |aj=— 4 4 56 43,4 D4 24 06,5 23lot=— 449 5 Daci D'OR EDÒ, 24 39,5 22,6 \b= — 520 6| 57 49,0 56 | 25 12,0 23,0 ls — 0,5076289 7 58 226 |57| 25 454 DOIBÙ Ag Le sd 8 58 546 | 58 DONVIIOO | 23,0 _ AENN7NA: 9x0 59 28/090h59rì 260880000 || amgigni Sy 09077038 10) 59 604 |60| 27 282 | 228 c = 32°,8574 15 Aprile 1896 Ore 7,15 p. m. ai STI 108538470 01958 1] 61050 |51| 32232 | 260132 pi ME Tia o me 13,2 (5 0,5080744 3| 7 128 |58| 33 260 TC a 4| 7, 443 \\54| 38575 ON e dar 5| 8 158 |55| 84 288 isola = ‘521 6 8 472 56 | 34 60,0 12,8. |s= 0,5079773 7| 9 189 |57| 385 816 127 Aut 744 8| 9 501 |58|..36 083 e Ea 9| 10 217 |59| 36 348 col tela 10| 10 530 |60| 37 0638 13,3 ec = 815,4618 15 Aprile 1896 Ore 8,30 p. m. a= 1111 T=9,80 B= 738,97 D= 0,989 1] 11° 0759 |51| 36268 | 25189 2| 11 380 |52| 86 570 19,0 \s =0,5083673 8| 12 085 |538| 37 275 10/00 la - a 4| 12 3890 |54]| 37 575 TR PI A 5| 13 093 |55| 38 282 istolo 2 i 6| 13 3938 |56]| 38 583 190 |s — 0,5082708 7| 14 100 |57| 39 290 190 Ag" 744 8| 14 402 |58| 39 592 190 |-__pessdi 9| 15 199 |59| 40 296 in o 10 | 15 412 |60| 40 600 18/8 c = 30%,3776 740 CESARE AIMONETTI TavoLa IV. Riassunto delle osservazioni fatte nelle stazioni di Vienna e di Torino per la durata di oscillazione di ciascuno dei quattro pendoli. | Su Ss | Sus Su pr È LR VIENNA 0,5079748 0,5076316 | 0,5079752 | 0,5082739 0,5079773 0,5076313 | 0,5079756 | 0,5082710 0,5079745 0,5076297 0,5079747 | 0,082 38 _ 0,5079727 | 0,5076266 0,5079731 | 0,5082740 Medie . . . 0,5079748 0,5076298 | 0,5079747 | 0,5082732 — Torino 0,5080461 0,5077072 0,5080515 0,5083490 0,5080485 | 0,5077046 0,5080493 0,5083478 0,5080475 0,5077025 0,5080529 0,5083513 0,5080490 0,5077033 0,5080517 0,5083447 Medie... 0,5080478 | 0,5077044 | 0,5080513 | 0,5083482 Indicando con g, l'accelerazione della gravità a Vienna e con 9g: quella a Torino al luogo di osservazione, si ha per un pendolo le cui durate di oscillazione siano rispettivamente s, ed s, a Vienna ed a Torino: ss (s:+ 83) ( 8) Is dis Ii = Uh a ai = I 1 ci, 2 Con questa formola, assumendo il valore I, = 9,80876 si è calcolata la seguente tavola: Media — 0,002888 — Tavora V. — Risultati finali. Pepi aoaa di gi Pendolo Ga Yi (GR, DELI | 41 — 0,002819 42 2882 | 45 2957 46 2894 Ì uao ano DO da cui si ha: 9. = 92,805872. DETERMINAZIONE RELATIVA DELLA GRAVITÀ TERRESTRE, ECC. 741 Applicando al valore trovato di 9g. la correzione (1): 2H 3” I (1 3 R dovuta all’altitudine H del luogo di osservazione, e la correzione: 3 ) H PSA ergal dovuta all’attrazione dello strato di terreno interposto tra la stazione e la superficie di livello medio del mare, nella quale 09m è la densità media della crosta terrestre (5,6) e 06 quella del terreno sottostante, si ha il valore g' dell’accelerazione della gravità, ridotta al livello del mare. Assumendo: Ei=23207, (NR =637/0223 mn iii si ha: g(1 +7) =0,000716; g.3. 7. -È-—= 0,000240 quindi: g's = 9,80635. Chiamando vy il valore teorico della gravità al livello del mare, a Torino, calcolato colla formola: fo = 9,7800 (14 0,005310 sen° @) sì ha, prendendo per valore della latitudine 9 = 45° 04' 08": Yo = 9,80603 quindi g': — tvw= + 82 in unità della 5* cifra decimale. (1) Cfr. Die Schwerkraft in den Alpen, und Bestimmung ihres Wertes fiir Wien, von Oberstlieutenant Ros. v. Srernecx (‘ Mittheilungen des k. und k. Militàr-Geographischen Institutes ,, XI Band, 1891, pag. 123). 1 oa Lo GIOVANNI VAILATI Del concetto di centro di gravità nella Statica d’ Archimede ; Nota del Dott. GIOVANNI VAILATI. $1 Chi prenda ad analizzare, seguendola nei suoi particolari, come essa si presenta nell'esposizione originale, la celebre dimo- strazione che Archimede dà del principio della leva nella sua opera Sull'equilibrio dei piani (mepì émmedwy igoppomwiv), non può a meno di restar colpito dal fatto che, nel corso di essa, Archi- mede ricorre ripetutamente a proprietà dei centri di gravità che egli non dimostra e delle quali neppure è fatto cenno nella serie di postulati che si trovano enunciati in principio al- l’opera stessa. Inoltre, mentre in tal serie di postulati se ne trovano al- cuni nei quali si parla di centri di gravità (xévtpa tòv Bapéwv), e nei quali si fa uso di questa denominazione come se avesse un significato già noto e determinato, pure nè nell'opera citata nè in altra delle opere d’Archimede che sono giunte fino a noi, figura una definizione esplicita di questo termine tecnico; il che è tanto più notevole in quantochè il concetto che ad esso corrisponde e le considerazioni generali che vi si riferiscono, costituiscono per così dire il nucleo o l'ossatura alla quale si riconnettono tutte le speculazioni meccaniche di Archimede, dalla sua dimo- strazione del principio della leva fino alle sue ricerche sulle condizioni d’equilibrio dei galleggianti. L'opinione, condivisa dai più competenti tra i commenta- tori, che le lacune sopra segnalate non siano da attribuire ad alterazioni o mutilazioni sofferte dai testi che possediamo, ma bensì al fatto che le dimostrazioni in quelli svolte presuppone- vano un'esposizione sistematica delle proprietà fondamentali dei DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 743 centri di gravità, alla quale Archimede aveva dedicato un’opera speciale che non è pervenuta fino a noi, oltre al presentarsi in se stessa come molto probabile, era anche corroborata dall’au- torevole testimonianza di Pappo, il quale nei brevi cenni rela- tivi alle teorie di Archimede e di Erone sui centri di gravità, coi quali apre l VIII libro delle sue Collezioni matematiche (Zuvaywy), riporta appunto delle argomentazioni che, per quanto frammentarie e incomplete, portano tuttavia evidenti traccie della loro connessione a quell’ordine di idee a cui è necessario ricor- rere per colmare le lacune sopra indicate. L'unica opera perduta d’Archimede, trattante di questioni teoriche di meccanica, di cui si conoscesse il titolo, essendo il libro Sulle bilancie (ITepì Zurùv) pure citato da Pappo in un'altra parte delle sue Collezioni, parecchi commentatori, tra i quali cito solo come il più recente il Prof. I. L. Heiberg di Copen- hagen (1), ritennero senz’ altro giustificata la conclusione che appunto al contenuto di quest'opera si riferissero le considera- zioni riportate da Pappo. Con ciò tuttavia non veniva a cader maggior luce su ciò che costituisce il lato veramente impor- tante della questione, la determinazione cioè del contenuto e della struttura di quello scritto d’Archimede (coincidente o no col TTepì Zuyùv) nel quale egli svolgeva quella parte della sua teoria dei centri di gravità che doveva poi servire di base alle deduzioni contenute nelle sue opere che trattano dell'equilibrio delle figure piane. Ora dei dati di decisiva importanza per la soluzione di questo problema sono stati recentemente resi accessibili ai cul- tori della Storia della Meccanica, dagli studi intrapresi dall’o- rientalista Carra de Vaux, su un manoscritto arabo della biblio- teca di Leida contenente la traduzione d'un’intera opera di Erone della quale non si possiede l'originale greco (2). In que- (1) Arcarmenis Opera omnia e codice florentino recensuit J. L. Heiberg (Lipsiae, Teubner, 1881). Cfr. vol. II, pag. 149. ) (2) Cfr. “ Journal Asiatique ,, 1893, vol. I, pag. 420 e seg. (Les méca- niques ou l’'Élévateur (BapovAkoc) de Hirox D'ALÉXANDRIE, par le baron Carra de Vaux). Nel titolo del manoscritto è indicato il nome del traduttore arabo Costa ben Luca erudito e scienziato arabo del IX secolo e vi si dice che la traduzione fu eseguita direttamente dal testo greco, il che è 744 GIOVANNI VAILATI st'opera che costituisce, anche per altri rispetti, estranei al sog- getto di cui qui intendo occuparmi, un prezioso documento dello stato delle cognizioni meccaniche dei Greci ai tempi del mas- simo fiorire della scuola d'Alessandria (1), si trovano riportati dei nuovi frammenti riferentisi alla stessa opera d’Archimede dalla quale provengono quelli che figurano nel libro di Pappo. Un confronto di questi con quelli, accompagnato da un esame accu- rato di quei passi delle opere d'Archimede nei quali si mani- festano le lacune sopramentovate, mi sembra permetta di rico- struire, non solo nel suo andamento generale, ma anche nei suoi particolari caratteristici l’intera serie di considerazioni e di ragio- namenti che hanno condotto Archimede alle conelusioni che egli prende poi per punto di partenza per procedere alla sua classica dimostrazione del principio della leva. Io mi propongo appunto di esporre qui i risultati delle mie ricerche su tale questione. Dedicherò anzitutto il $ 2° a una ricostruzione dettagliata dei ragionamenti d’Archimede relativi all’ esistenza e alle pro- prietà fondamentali dei centri di gravità, corredandola dei importante a notarsi. La data della trascrizione non è indicata, ma il Carra osserva che on remarque sur la couverture au-dessous du nom d’un des pos- sesseurs du manuscrit, la date de 849 (hegira); il a donc été écrit avant l'an 1445 de notre ère et peu de temps avant cette date si l'on en juge par le caractère de l'écriture (CARRA, ib., pp. 394-5). IL a été déposé à la Bibliothèque de Levde par le célèbre Golius qui l'avait rapporté d'Orient avec d'autres manuscrits (Ibid., pag. 393). Giacomo Golius (1596-1667) fu professore di matematica e di lingue orientali all’Università di Leyda, essendo stato scelto come successore ivi all'Erpenius di cui fu uno dei più distinti disce- poli. Nei suoi lunghi viaggi in Oriente (prima al Marocco ove accompagnò l'ambasciata Olandese nel 1622, più tardi in Siria), intrapresi a tal scopo, raccolse importanti manoscritti, molti dei quali andarono poi dispersi. Egli è pure noto come autore di un dizionario latino-persiano e come traduttore delle opere astronomiche di A/fragan (Muhammedis filiù Ketiri Fergomensis qui vulgo Alfraganus dicitur Elementa Astronomica, arabice et latine, 1669). (1) Basti qui accennare come in essa si trovi, esplicitamente enunciato e applicato. alla spiegazione del modo d’agire delle cinque macchine sem- plici, il principio dei lavori virtuali, la cui scoperta era finora attribuita a Guidobaldo del Monte (n. 1504). L'esposizione di Erone è superiore inoltre per più rispetti a quella di Guidobaldo; delle connessioni, importantissime a rintracciarsi, tra essa e le idee della scuola peripatetica, come si trovano esposte nelle Questioni meccaniche (Mnxavixà mpoB\Muata) di Aristotile, mi occuperò in una prossima Nota. DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 745 documenti storici ai quali essa si appoggia. Nel $ 3° raccoglierò alcune testimonianze atte a stabilire come tale ricostruzione non sia ancora stata tentata da alcuno dei matematici che dal rinascimento degli studi fino a noi si sono occupati di interpre- tare e commentare le opere d’Archimede. Nel $ 4° applicherò i risultati ottenuti nel $ 2°, alla deduzione di un lemma fon- damentale che non solo si trova distintamente enunciato da Archimede nel corso della sua dimostrazione del principio della leva, della quale esso costituisce la base indispensabile, ma che inoltre è da lui indicato in modo esplicito (per ciò almeno che riguarda la sua prima parte) come già dimostrato (1) prece- dentemente. Della dimostrazione di tale lemma non esistendo alcuna traccia nè nelle opere d’Archimede che ci sono rimaste nè in quelle di Erone e di Pappo, io mi limiterò ad esporre in pro- posito quella che mi sembra per ora la congettura più proba- bile nella speranza che ulteriori ricerche o nuovi dati possano portare a una soluzione definitiva della questione. Il $ 5° sarà dedicato ad una succinta esposizione della di- mostrazione del principio della leva che riprodurrò, mantenen- dole il più mi sarà possibile l'impronta originale, e scegliendo, tra le due forme sotto le quali essa si presenta nelle opere d’Ar- chimede, la più semplice, che è pure quella in cui essa si trova meno frequentemente esposta dagli autori posteriori. Nel $ 6° infine soggiungerò qualche osservazione sulla na- tura e la portata del contributo recato da Archimede ai pro- gressi della Statica, per ciò che concerne le questioni di cui mi sono occupato nel presente lavoro. Tanto Erone quanto Pappo cominciano col far notare come la teoria dei centri di gravità costituisca la parte fondamentale della meccanica, indispensabile a conoscersi da chiunque ne in- traprenda lo studio sia con intenti puramente scientifici, sia in (1) mpodedeiktar Arcam, ed. Heiberg, vol. II, pag. 149. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 53 746 GIOVANNI VAILATI vista delle applicazioni pratiche (xevtpofapu mpayuateia éE fg kai tà \omà uépn Tg unyavixfig avnprera) (1). Secondo la definizione riportata da Pappo, per centro di gravità d'un dato corpo [solido] s'intende un punto tale che, sospendendo da esso il corpo [in modo che non possa muoversi se non rotando intorno ad esso], il corpo rimanga in quiete qualunque sia la sua posizione iniziale (ag’ où kat èrivorav dpmndèv TtÒ fapog Mpeueî pepbuevov kai puidocer tiv éE dpys Béow), PapPo, 1030. Che un punto godente di tale proprietà esista sempre, non solo per ogni solido omogeneo di forma regolare (èv toîg terar- uévois 0Wwuad:), ma per qualunque solido di forma e struttura determinate (év toîg dtaktwS éoyxnuaticpévors), Pappo afferma trovarsi dimostrato nelle opere di Archimede e di Erone dalle quali egli si propone di riportare solamente alcuni brani in proposito come meno generalmente noti (500 pui vwpua toîg ToMoîc). Erone invece dopo aver fatto allusione a un certo pittore Praxidamas (2) che sarebbe stato il primo a prendere in con- siderazione il centro di gravità definendolo nel modo sopra detto e dopo aver notato come non per tutti i corpi esso coincida con un punto del corpo stesso (3), passa senz'altro a riprodurre il ragionamento col quale Archimede dimostrava l'esistenza di uno e un solo centro di gravità per un corpo di qualunque forma o struttura. Sebbene il passo che contiene questa riproduzione sia sfor- tunatamente tra i più guasti e mutilati di tutta l’opera di Erone, (1) Pappi Alerandrini Collectionis quae supersunt, pag. 1030. Nelle indi- cazioni mi riferisco all’unica edizione critica che esista del testo greco di Pappo (Hultsch, 1878, Berlin, Weidmann). (2) Il Carra de Vaux notando che questo nome non è menzionato in alcun altro passo di Erone nè da alcun altro autore antico, osserva a ra- gione che nous sommes dans l'inconnu; nous y resterions méme si nous rap- pelions le nom de Philon ou d'autres mécaniciens plus obscurs qui ont eu part dans l'euvre de Hèron mais auxquels nous ne saurions rendre justice vu la connaissance trop incomplète que nous avons de leurs travaux (* Journal Asia- tique ,, 1893, vol. I, pag. 413). (3) Le centre de gravité dans certains corps est extérieur à la substance du corps, c'est ce qui a lieu par eremple dans les arcs et les bracelets (Htros, Carra, “ Journ. Asiat. ,, 1893, vol. II, pag. 177). DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 747 non riesce tuttavia difficile,' quando lo si ponga di fronte ai cor- rispondenti frammenti di Pappo che lo completano e lo chiari- scono, riconoscere in esso dei punti di riferimento a mio parere sufficienti a porre in grado di ristabilire con precisione il corso dei ragionamenti di Archimede al quale esso si riferisce. Comincierò coll’enunciare i dati fondamentali ai quali Ar- chimede appoggia le sue deduzioni, gli assiomi cioè che egli esige gli vengano concessi da chi intende seguirlo nei suoi ra- gionamenti. Egli ammette anzitutto che se un grave è sospeso per un suo punto o per due suoi punti, esistano in ambedue i casi, delle posizioni del corpo sospeso tali che se esso è collocato inizialmente in quelle, continua a rimanervi (tò owùua Ze totè Géov Wote uévenv àamepitpemtov dQpedèv kai un dtormittev), PapPo, 1030. In secondo luogo egli ammette che se un grave, so- speso per un suo punto si trova in una di tali posi- zioni d'equilibrio, esso continuerà a rimanervi se lo si sospende per un punto qualunque della verti- cale passante pel punto di sospensione primitivo. L'equilibrio continuerà inoltre a sussistere anche se al corpo si fa subire una rotazione qualunque intorno a tale retta verticale (1). Analogamente se un grave, girevole intorno ad un asse orizzontale (2) si trova in una posizione d’equilibrio, esso continuerà a rimanervi anche se, svincolandolo dall'asse, lo si sospenda invece per due punti qualunque del piano verticale passante per esso. Inoltre l'equilibrio del corpo girevole in- torno all'asse dato, continuerà pure a sussistere se, mantenendo fisso l’asse stesso, si fa subire al corpo uno spostamento qualsiasi parallelamente al detto piano verticale (3). (1) Questo principio, sebbene implicitamente ammesso da Archimede, non si trova tuttavia esplicitamente enunciato nè in Frone nè in Pappo. (2) È assai probabile che la designazione di Zuyòyv (Jugum, bilancia) servisse ad Archimede appunto per denotare in generale un grave in tale condizione. (3) Il corrispondente passo di Erone è così tradotto dal Carra de Vaux: 748 GIOVANNI VAILATI L'equilibrio invece cesserà di sussistere se al primitivo asse di sospensione se ne sostituisca un altro qualunque parallelo ad esso e situato nello stesso piano orizzontale (Cfr. Pappo, 1031). Le proprietà sopra attribuite ai piani verticali condotti per gli assi di sospensione in corrispondenza alle rispettive posi- zioni d'equilibrio del grave, il fatto cioè che questi piani sono tali che, collocando il corpo in modo che essi riescano verticali questo rimane in equilibrio qualora lo si sospenda da qualunque asse giacente in essi, è espressa da Archimede dicendo che tali piani dividono il corpo in due parti equiponderanti (icopportirà). Noi li chiameremo per brevità piani centrali e analoga- mente chiameremo rette centrali quelle che abbiamo visto godere della proprietà che, collocando il corpo in modo che esse riescano verticali, esso rimane in equilibrio quando sia sospeso da un punto qualunque di esse. Risulta immediatamente da quanto è stato ammesso: 1) Che per ogni coppia di punti del corpo passa almeno un piano centrale. Sospendendo infatti il corpo per quei due punti, dopo averlo collocato in modo che essi vengano a trovarsi su una medesima orizzontale sarà un piano centrale ogni piano verticale condotto pei punti dati in corrispondenza a quelle posizioni del corpo (delle quali una almeno abbiamo ammesso che esista) nelle quali il corpo, so- speso dall'asse orizzontale passante pei punti dati, si trova in equilibrio. 2) Per ogni punto del corpo passa almeno una retta centrale (che parimenti si otterrà conducendo pel punto dato la verticale, dopo aver sospeso il grave per esso e avergli fatto assumere una posizione d’equilibrio). Archimède dit que les corps graves peuvent rester sans inclination autour d'une ligne ou autour d'un point; autour d'une ligne lorsque le corps reposant sur deux points de cette ligne il ne penche par aucun còté; alors le plan per- pendiculaire à l'horizont méne par cette ligne en quelque endroit qu'on la transporte demeure perpendiculaire et ne s’incline pas autour d'elle. Carra, “ Journal Asiatique ,, 1893, vol. II, pag. 164-5. DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 749 3) Ogni piano passante per una retta centrale è un piano centrale. 4) Non possono esistere piani centrali paral- leli (éàv Erimedov EkBeRAnuévoy eis icoppormodvia uépn Teueî tò Bapog cuumecETAL TÙ mpoTEpov eis iobppora TéuvovTI. TÒ QÙTÒ Bapos èrtimédw), Pappo, 1032. Infatti, se ciò fosse, collocando il corpo in modo che i due piani riescano verticali si potrebbero determinare in essi degli assi paralleli appartenenti a uno stesso piano orizzontale, tali che, sospendendo da ciascuno di essi il corpo, questo restasse in equilibrio nella data posizione; il che contraddice all’ultimo degli assiomi ammessi. 5) Tutte le rette centrali s'incontrano due a due; poichè se due di esse non s’incontrassero conducendo per ciascuna di esse un piano parallelo all'altra si otterrebbero due piani centrali paralleli (ei yàùp uù) ouvumece?ta1, dumoetai tiva dr dupotepwv aùtòv èkB\ndévta èriteda um cuumteceîv dAMXo1g — kai ékatepov aùt®v dieleîv TÒ Popog eig i0dppora kai avioop- porta aùtà uépn, otep àtotov), Pappo, 1032. 6) Tutte le rette centrali passano per uno stesso punto. Infatti (riproduco qui letteralmente l’esposizione di Erone) consideriamo il punto d'incontro di due tra esse e determiniamo una retta centrale corrispondente a un punto qualunque del corpo situato fuori del piano che le prime determinano; questa dovendo incontrarle ambedue senza giacere nel loro piano dovrì passare per il loro punto d’incontro. Lo stesso ragionamento si può ora applicare alle rette centrali corrispondenti a punti gia- centi nel piano determinato dalle prime due (1). i 7) Per ogni punto, eccetto il punto, che in- dicheremo con O, nel quale concorrono tutte le rette centrali, passa una sola retta centrale che coincide colla congiungente il punto dato con 0. (1) Carra, “ Journ. Asiat. ,, 1896, vol. II, pag. 177: parce que lorsqu'une ligne rencontre deux lignes qui se coupent et qu'elle n'est pas dans leur plan, elle les rencontre en leur point d'intersection (Heron). 750 GIOVANNI VAILATI Ne segue (in virtù della proposizione 1) che ogni retta passante per 0 è una retta centrale. 8) Condizione necessaria e sufficiente perchè un grave sospeso per un punto rimanga in equili- brio è che la verticale condotta pel punto di so- spensione passi per O. Cfr. Arcam, Quadrat. parabol., c. 6. Il punto 0 è quindi il solo punto che goda della proprietà che, sospendendo per esso il corpo, questo rimanga in equilibrio qualunque sia la sua posizione. Esso si chiama il centro di gra- vità del corpo (tò dè onuetov tToÙTO KÉvVTpOv TOÒ BRapeog kaXeîtai kai pavepòv Gti ék TOÙ KÉvTpov Kat” étivorav TÒ Bdpog dpruuevov où mepitpamnoetai ueveî dè tiv ÉE dpyfig PuNdodoyv fivtivoîy Béoiv) Pappo, 1032. 9) Infine ogni piano passante perOèun piano centrale e ogni piano centrale passa per 0 (mavta dr aùtoùò éKB\NBÉvTAa Erimeda eis iodpporma uépn diarpeî TÒ Bhpog), Pappo, ibid. Onde l'intersezione di due piani centrali è una retta cen- trale e tutti i piani centrali che hanno comune un punto hanno pure comune la retta centrale che passa per esso. È interessante notare come in nessuna delle opere degli . insigni matematici che dal Maurolico e dal Tartaglia in poi si occuparono di ristaurare e completare l'esposizione di Archi- mede, si trovino traccie di tentativi di ricostruire colla scorta di frammenti di Pappo, che pure erano a loro cognizione, la suesposta serie di deduzioni che ora la scoperta dell’ opera di Erone ci permette di affermare con sicurezza esser stata quella seguita da Archimede per stabilire l’esistenza del centro di gravità. I più tra essi si accontentano di riportare testualmente la definizione citata da Pappo senza neppur proporsi la questione DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 751 se esista o no un punto che goda della proprietà che in quella si enuncia (1). Il Commandino anzi nel suo commento alle Colle- zioni di Pappo, delle quali egli ha per il primo pubblicato la traduzione latina, sembra non veder altro nei frammenti che abbiamo citato che delle indicazioni per la determinazione pratica ‘del centro di gravità, le quali presuppongono che l’esistenza di questo, pel caso d’un corpo di forma qualunque, sia già stata messa fuori di dubbio (2). Guidobaldo del Monte e Luca Valerio (quello stesso che Galileo onorò del titolo di secondo Archimede dell'età nostra), sono forse i soli che abbiano sentito il bisogno di far figurare, nella lista dei postulati che premettono alla loro esposizione della teoria d'Archimede sui centri di gravità, l'affermazione esplicita dell’esistenza e dell’unicità di un tale punto. (Unius corporis unum tantum est centrum gravitatis (3)) (Postu- latur omnis figurae gravis unum esse centrum gravitatis (4)). Onde non fa stupore che il Wallis, alla sua trattazione sistematica della teoria dei centri di gravità basata sul principio della leva e nella quale quindi il punto di vista di Archimede è completamente abbandonato, premetta la se- guente frase: Quod sit in grave quoddam, quod di- citur, centrum gravitatis (nempe punctum aliquid per quod si grave plano utcumque secetur erunt utrinque segmenta aeque gravia) supponunt omnes (1) Cfr. per esempio D. Franciscr MavroticI, Admirandi Archimedis Sy- racusani monumenta omnia quae extant, Panormi, 1685, pag. 86; FeperIcI Comranpini UrBinamIs, Liber de centro gravitatis solidorum. Bononiae, 1565 (le prime pagine). (2) Questo equivoco appartiene a una classe di errori d’interpretazione alla quale lo Zeuthen ha recentemente richiamata l’attenzione (Cfr. il suo articolo, nel vol. 47° dei “ Mathematische Annalen , (1896): Die Geometrische Construction als Ezxristenzbeweiss in der antiken Geometrie. Cfr. pure la sua “ Geschichte der Mathematik , (Kopenhagen, 1896), a pag. 120: Die Probleme der Alten sind, im wesentlichen, Stitze itber die Existenz, und ihre Lusungen Beweise fiir die Eristenz des Behandelten oder Gesuchten). (3) Guiousarpi e MarcHIoNIBUs Montis, Mechanicorum liber. Pisauri, 1577, pag. 2. (4) L. Vareri, Mathematicae et civilis philosophiae in almo urbis gymnasio publici professoris, De centro gravitatis solidorum, libri tres. Bo- nonia, 1665, pag. 7. 752 GIOVANNI VAILATI saltem mechanicorum scriptores, quod nescio an quisquam me prior demonstravit (1). Delle obbiezioni che sono state sollevate, contro i ragio- namenti d'Archimede, pel fatto che gli assiomi, che in essi si presentano, portano a conclusioni che contraddicono al prin- cipio, da lui ammesso (Cfr. TTepì òyovpévwyv, Mupa $'), che esista un punto al quale tendano i pesi (tò tg ris kévrpov), non intendo qui occuparmi. Ad esse accenna già Guidobaldo; pare però che il primo a riconoscere chiaramente come l’am- mettere l’esistenza d’un tale punto sia incompatibile coll’ am- mettere l’ esistenza dei centri di gravità nel senso dato da Archimede a questa denominazione, sia stato Cartesio (le centre de gravité n’est pas immoble en chasque corps ainsi que l’avoient supposé les anciens, ce que personne encore que je sache n'a remarqué (Cfr. Descartes, Les Méchaniques, cit. dal CAverNI nella sua Storia del metodo sperimentale, t. VI, pag. 200). Anche Fermat e Torricelli e in seguito Huyghens e Varignon si occuparono della questione. Le ragioni che giusti- ficano il procedimento di Archimede non possono essere conve- nientemente discusse senza connetterle a considerazioni generali sul còmpito delle ipotesi nelle scienze fisiche e sulla legitti- mità dei processi di astrazione e di idealizzazione semplificatrice di cui si fa continuamente uso anche nella meccanica moderna e in generale in tutte le scienze a tipo deduttivo. $ 4. Nel tratto di strada che ci rimane da percorrere per giungere, dalle conclusioni alle quali siamo arrivati nel $ 2°, alla dimostrazione del principio della leva, i testi di Erone e di Pappo cessano di fornirci indicazioni analoghe a quelle che ci hanno servito di guida fin qui. Noi sappiamo solo che dobbiamo attraversare il seguente teorema del quale Archimede fa ripe- tutamente uso nel corso delle sue dimostrazioni (2): (1) Waxnis, Mechanica sive de motu (London, 1670). (2) Arcax., ed. Heiberg, vol. II, pag. 149 e seg. DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 758 Se un corpo s'imagina comunque diviso in due parti, la congiungente i centri di gravità di queste contiene il centro di gravità dell'intero corpo e inoltre la posizione di quest'ultimo centro di gra- vità non è soggetta a variare qualunque deforma- zione subiscano le due parti in cui si è diviso il corpo, purchè tali deformazioni avvengano in modo da non spostare i rispettivi centri di gravità (1). La prima parte si dimostra immediatamente osservando che ogni piano passante pei centri di gravità delle due parti è un piano centrale per il corpo intero, poichè contiene due punti dai quali sospendendolo esso rimane in equilibrio (infatti riman- gono in equilibrio tanto l’una quanto l’altra delle sue due parti), onde la retta comune a tali piani cioè la congiungente i detti due centri di gravità è una retta centrale pel corpo intero (per la propos. 9) e passa quindi pel suo centro di gravità. Per dimostrare invece la seconda parte conviene ricorrere ad altre considerazioni e porre due nuovi assiomi da aggiun- gersi a quelli di cui ci siamo serviti fin qui. Ammetteremo cioè: 1) Che due gravi ugualmente pesanti appesi ai due estremi d'una sbarra rigida, rappresentata da un segmento rettilineo, girevole intorno al suo punto medio, si facciano equilibrio (Aitovueda tà toa Bapea amò iowv uakéwy icoppoteîv. ArcHIM., émiT. icopp., I). 2) Che se ai due estremi d’una sbarra rigida sono appesi due gravi qualunque, si possa sempre (1) È a questa proposizione, e alla mancanza della sua dimostrazione, che allude Mariotte nella critica che egli fa al procedimento seguito da Archimede per dedurre il principio della leva. Nella sua operetta che porta il titolo di Logique (inserita nel secondo volume delle sue opere, La Haye, 1740) egli fa la seguente osservazione: La sixième proposition des Méchaniques d'Archimède (cioè il principio della leva) est mal prouvée parce qu'elle est prouvée par une autre proposition plus obscure: on peut croire que cette pro- position plus obscure avait été prouvée ailleurs par Archimède ou par d’autres auteurs et les géomètres modernes doivent songer à retablir cette preuve (Marrorte, Eurres, Il, pag. 696). Questi ultimi pare non si siano finora oc- cupati di seguire il consiglio di Mariotte. 754 GIOVANNI VAILATI determinare su di essa un punto tale che da esso sospendendo la sbarra .-i due gravi si facciano equilibrio; e che l'equilibrio intorno a tale punto continui a sussistere se ai detti gravi se ne sosti- tuiscano altri di egual peso (ei xa perédea dnò tivwy uakéwyv igopporewvti, kaù tà foa aùtoîg amò TòV adr®v paxéwy icoppomnoer. Arcnim., em. icopp., I, 1). Ammessi questi due assiomi, la seconda parte del teorema enurciato si dimostra come segue: Siano A, B i centri di gravità delle due parti a, f in cui imaginiamo diviso il corpo e sia € il centro di gravità dell’in- tero corpo. Supponiamo collegati i tre punti A, B, €, che sap- piamo essere in linea retta, per mezzo d’una sbarra rettilinea rigida e sospendiamo questa pel punto © dopo aver collocato il corpo in una posizione tale che la sbarra risulti orizzontale: dico che se anche le due parti a, B del corpo considerato sono liberate da qualunque altro vincolo che le colleghi l'una all'altra eccetto quello che nasce dal fatto che i loro centri di gravità sono connessi per mezzo della sbarra girevole intorno al punto €, il sistema resta in equilibrio. Supponiamo infatti che, in questo secondo caso, l'equilibrio non sussista. Si potrà allora in virtù dell'assioma 2) deter- minare sulla sbarra un punto D distinto da © e tale che so- spendendo la sbarra per esso l'equilibrio si verifichi. Sospesa ora la sbarra per D supponiamo che le due parti a, 8 ridiventino solidali in modo da costituire di nuovo un unico corpo rigido. Questa addizione di vincoli non turberà l'equilibrio, dal che si deduce (per la proposizione 8*) che la verticale condotta per D contiene il centro di gravità dell'intero corpo. Tale centro di gravità dovendo pure giacere sulla AB dovrebbe coincidere con D ed esser distinto da 0; onde il corpo dovrebbe avere due centri di gravità, il che contraddice a quanto si è già dimostrato innanzi. Avendo così dimostrato che la sbarra ai cui estremi sono appesi, pei loro centri di gravità, i due gravi a, g, sta in equilibrio quando sia sospesa dal punto 0, ne deduciamo (per l'assioma 2°) che il sistema continuerà a rimanere in equilibrio anche se i corpi a, 8 non cambiando di peso (1) si deformino (1) Cfr. Ganicer, Discorsi e dimostrazioni matematiche (in principio alla seconda giornata). DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 755 in modo qualunque purchè i loro centri di gravità coincidano sempre coi due estremi della sbarra a cui sono sospesi. Se ora dopo aver fatto subire ai due gravi a, 8 tali deformazioni li col- leghiamo tra loro rigidamente in modo che costituiscano nuova- mente un solido unico, l'equilibrio continuerà a sussistere e si potrà conchiudere, ripetendo il ragionamento già fatto, che © sarà ancora il centro di gravità del corpo così deformato; il che è ciò che si doveva dimostrare. $ 5°, È ora su questo teorema che Archimede basa direttamente la sua dimostrazione del principio della leva che qui riassumerò attenendomi colla maggior fedeltà alla più breve delle due espo- sizioni che egli ne dà a quella cioè che si trova in principio al 2° libro TTepì émum. icopp. Se due figure in un piano non hanno lo stesso centro di gravità, il centro di gravità della figura costituita dal loro insieme divide il segmento che congiunge i loro centri di gravità in due parti in- versamente proporzionati alle aree delle due fi- gure stesse. Indichiamo con a, a' le aree delle due figure e siano © e C' rispettivamente i loro centri di gravità. Segnamo nell’in- terno del segmento CC' il punto 0 in modo che si abbia bre I e sia P un altro punto pure interno al segmento e che disti da C' come 0 da C. Segnamo sui prolungamenti di CC’ i punti Q, R simmetrici di P rispetto a C e C°. Il punto O sarà punto medio del segmento QR. Inoltre avendosi: IQENA 53 GE Co: dara PRAGE si potranno costrurre due rettangoli di aree a e a' di uguale altezza e tali che le loro basi siano rispettivamente uguali a PQ e QR. Se si imaginano questi rettangoli collocati nel piano delle figure date e disposti in modo che i loro centri di gra- vità coincidano rispettivamente con © e 0’ e che le loro basi 750 GIOVANNI VAILATI siano parallele alla RQ, essi combaceranno tra loro in corri- spondenza al punto P, venendo a costituire un unico rettangolo il cui centro di gravità sarà in 0. Ma, pel teorema precedentemente dimostrato, la figura co- stituita dall'insieme dei due rettangoli così collocati deve avere lo stesso centro di gravità di quella costituita dall'insieme delle due figure da cui siamo partiti poichè quest'ultima si ottiene dalla prima con deformazioni che non alterano la posizione dei centri di gravità delle due figure componenti. Dal che si conchiude che il punto 0, che è centro di gra- vità del rettangolo totale, è pure centro di gravità dell'insieme delle due figure prima considerate, come si voleva dimostrare. L'estensione al caso delle figure solide o in generale al caso di corpi qualunque, omogenei o no, è ovvia. $ 6°, Il principio della leva, che si trova già enunciato sotto la sua forma più semplice e schematica nel libro sulle Questioni meccaniche di AristoTILE (1), viene così ad essere da Archimede non solo dimostrato (ricondotto cioè ad essere una pura conse- (1) 6 uòyAog Zuròv tv katwédev Exwy Tò omapriov kai el divioa dinpn- uévov:» — 6 oùv tÒò Kkivovuevov fdpog mpòg TÒ Kivody TÒ urx0g tpòg TÒ unkog àvrimetovBev (ArisroreLis, Quaest. mecc., cap. III). Sulla questione dell’ au- tenticità di quest'opera d’Aristotele dirò qualche cosa più avanti. Ad ogni modo però importa osservare che l'opinione comunemente accettata (anche da Lagrange nello schizzo storico al quale dedica le prime pagine della Mécanique analytique), secondo la quale sarebbe da attribuire ad Archimede la scoperta del principio della leva, è affatto sprovvista di qualsiasi base storica e non è suffragata dalla testimonianza di alcun autore antico. Ciò che tanto Erone come Pappo attribuiscono ad Archimede è la dimostrazione di tale principio e il suo ricollegamento a una teoria generale dei centri di gravità (amedeixOn yàp èv TD Tepi Zuròv Apxiundoug al toîs Diwyvog kai “Hpwyvog unxavikoîg STI oì ueiToves kUxAor xatakpatodow Tòèy Èiagooyvwy éTay Tepi tò aùUtò KévTpov n xU\wvis Yvivntar. Papro, Coll, 1068, ed. Hultsch). L'attribuire solo per questa ragione ad Archimede la scoperta del principio della leva, sarebbe commettere lo stesso errore di chi volesse attribuire a Lagrange la scoperta del principio dei momenti virtuali, pel solo fatto che egli per il primo ne ha proposto una dimostrazione generale. DEL CONCETTO DI CENTRO DI GRAVITÀ NELLA STATICA, ECC. 757 guenza di esperienze da lui considerate come più elementari e di proposizioni aventi maggior carattere di evidenza immediata), ma oltre a ciò anche a essere generalizzato e reso applicabile come principio di spiegazione a una quantità di nuovi casi che non cadevano prima direttamente sotto il suo dominio. Erone ci conserva memoria di un libro di Archimede, che nella traduzione del Carra è designato col titolo: livre des sup- ports, nel quale la teoria dei centri di gravità era applicata alla determinazione della ripartizione dei pesi sui loro sostegni. Un confronto anche solo superficiale dei brani riportati da Erone con quelli di Aristotile, che si riferiscono ai problemi analoghi, è atto a dare una viva idea dell’ importanza e della efficacia del concetto di centro di gravità e della maggior fa- cilità con cui mediante il suo sussidio vengano superati gli osta- coli che presenta la riduzione dei problemi anche più semplici di statica a dei problemi di pura geometria. Basti accennare alle lunghe e non completamente esatte deduzioni a cui Aristotile ricorre per spiegarsi per esempio perchè le bilancie in cui il punto di sospensione si trova al disopra del giogo, si rimettono da sè in posizione orizzontale quando siano liberate dai pesi che prima le inclinavano, mentre ciò non avviene per le bilancie in cui il giogo è situato al di- sopra del punto d'appoggio (problema 2° delle Quest. Mecc.), 0 per rendersi ragione dei movimenti che un uomo seduto deve fare onde poter levarsi in piedi (1). (1) Aià ti oi aviotduevor mAvTEG mpòg dzetav ywviav TD UNpò Tomoavtes tiv Kviunvy dviotavtar kal TM Owpakr mtpòg Tòv unpòv, ei dé um oÙx dv duvawto dvaotfivar. Arist., Quest. Mece., 31. Il fatto che in questa opera non si fa mai parola di centri di gravità mi pare costituisca un forte argomento da opporre ai dubbi che recentemente sono stati sollevati in riguardo alla sua autenticità, tra gli altri dal professor Hersere (Literargeschichtliche Studien iiber Euclid, Leipzig, 1882). L’ opinione ora più generalmente accettata e che sembra la più probabile anche allo stesso Heiberg (alla cui cortesia sono debitore di copiose indicazioni bibliografiche in proposito) è quella riportata anche nella © Pauly's Real Encyclopàùdie d. Classisch. Alterthums- wissenschaft , (vol. II, pag. 1044 dell'edizione ora in corso di stampa) che cioè si tratti realmente di un lavoro uscito dalla scuola d’Aristotile e la cui compilazione risente l'influenza delle idee di Stratone. Su Stratone è da consultare un importante saggio recentemente pubblicato dal prof. Drers (“* Sitzungberichte der Berliner Akademie ,, 1893). 758 GIOVANNI VAILATI — DEL CONCETTO DI CENTRO, ECC. È da notare infine che tra le cause che possono aver in- dotto Archimede a partire dalle considerazioni viste di sopra sui centri di gravità per giungere al principio della leva, invece di seguire il cammino inverso che a noi sembra più naturale, va forse annoverata anche la sua costante e caratteristica av- versione per l’impiego di quel genere di considerazioni infini- tesimali di cui sarebbe stato costretto a servirsi per passare dal caso della discontinuità a quello della continuità nella distri- buzione dei pesi, per effettuare cioè l'estensione del principio della leva (enunciato prima sotto la sua forma più semplice che si riferisce al caso d'una sbarra non pesante sostenuta per un suo punto e ai cui estremi siano appesi due gravi) al caso più generale d'un grave sostenuto da uno o due suoi punti. L’ Accademico Segretario ANDREA NACCARI. CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 16 Maggio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO BARONE GAUDENZIO CLARETTA DIRETTORE DELLA CLASSE Sono presenti i Socii: Peyron, Rossi, Pezzi, CoGNETTI DE Martis, Grar, BoseLLt, Brusa, PerRERO, ALLiEvo e FERRERO Segretario. Il Direttore della Classe annuncia la morte del Socio Cor- rispondente Senatore professore Filippo SerAFINI del quale sarà fatta commemorazione in altra adunanza della Classe, per cura del Socio NANI. Il Socio Segretario legge un lavoro del dott. Carlo Pascat: La leggenda latina e la leggenda etrusca di Servio Tullio, il quale è pubblicato negli Atti. Il Direttore della Classe prosegue la lettura del suo lavoro sul cancelliere Mercurino Gattinara. 760 CARLO PASCAL LETTURE La leggenda latina e la leggenda etrusca di Servio Tullio; Nota del Dott. CARLO PASCAL. Il racconto, o meglio i racconti tradizionali sulla origine e sul regno di Servio Tullio, son forse unico esempio, nella storia primitiva di Roma, di una leggenda per la quale ci av- venga studiare la corrispondente leggenda etrusca, che ne fu l’ispiratrice, e in molta parte la generatrice; e cogliere, per così dire, sul vivo il lavoro di trasformazione, che i Romani fecero, delle leggende esotiche, mescendole e rifondendole con accomodamenti di ogni sorta nel multiforme corpo delle loro tradizioni leggendarie. A chi studii le esposizioni della romana istoria dal Niebhur ad oggi, potrà parere, che, facendosi in tutte menzione della leggenda etrusca su Servio Tullio, di tale elemento si sia tenuto conto alla soluzione del problema latino; la nostra disamina, mentre mostrerà che la questione non si è peranco sfiorata, porterà, spero, ad una conclusione accettevole. Siamo anzitutto costretti a narrare la leggenda etrusca, apportandone le due uniche fonti. Sono cose notissime, non però inopportune alla chiarezza dell'esposizione nostra. L'una delle fonti è l'iscrizione ritrovata nel 1524 presso Lione, e cioè la tavola di bronzo contenente il discorso pronun- ziato dall'imperatore Claudio, per far dare il diritto senatorio ai Galli (v. Borssiru, Inscriptions antiques de Lyon, p. 136 e 138), discorso, che è pur rammentato da Tacito (Anmn., XI, 24), il quale anzi ne riferisce l'esordio, rapportando nomi e fatti, che nella tavola non si trovano. Comunque sia di tal questione, ri- portiamo il passo dell’orazione, che si riferisce a Servio Tullio: ‘ ...Huic quoque et filio nepotive eius nam et hoc inter auctores discrepat insertus Servius Tullius si nostros sequimur LA LEGGENDA LATINA E LA LEGGENDA ETRUSCA, ECC. 761 captiva natus Ocresia; si tuscos, Caeli quondam Vivennae so- dalis fidelissimus omnisque eius casus comes postquam varia fortuna exactus cum omnibus reliquiis Caeliani exercitus Etruria excessit, montem Caelium occupavit, et a duce suo Caelio ita appellatus + mutatoque nomine, nam tusce Mastarna ei nomen erat, ita appellatus est ut dixi, et regnum summa cum reipu- blicae utilitate optinuit ’. Or la notizia data in questo passo è in parte confermata, in parte contraddetta da altre fonti lette- rarie. Giacchè Varrone (Ling. lat, V, 46), Frsro, v. Caelius, p. 44 M., e Dronisro, II, 36, pongono al tempo di Romolo la ve- nuta di Celio Vibenna; ma Festo stesso pare aver raccolto anche l’altra tradizione che la pone al tempo di Tarquinio Prisco, in un passo molto guasto che c'ingegneremo di supplire alla meglio: Festo, p. 355 M. ‘ Tuscum vicum .....dictum aiunt ab iis qui Porsena rege discedente ab obsi]dione de "'uscis remanserint] Romae; locoque his dato, [ab ipsis nomen captum; vel ab eo quod Volci]entes fratres Caeles et Vibenn|a ad regem] Tarqui- nium Romam se cum max|ima manu contule|rint ’. — E pari tradizione fu pure raccolta da Tacrro, Annali, IV, 65: * Haud fuerit absurdum tradere montem eum antiquitus Querquetulanum cognomento fuisse, quod talis silvae frequens fecundusque erat, mox Caelium appellitatum a Caele Vibenna, qui dux gentis etruscae, cum auxilium tulisset, sedem eam acceperat a Tar- quinio Prisco, seu quis alius regum dedit, nam scriptores in eo dissentiunt ’. Ma riscontro più importante e completo ebbe la narrazione claudiana nella scoperta di una tomba etrusca fatta nel 1862 a Vulci (v. Noi pes Vereers, L’Étrurie et les Étrusques, t. IT, p. 45-87; t. III, p. 16 segg. e tav. XXI-XXX; Dennis, The cities and cemeteries of Etruria, vol. I, London, 1878, p. 449 segg.; Mon. Inst., VI, VII, tav. 31; Bullettino dell’ Inst., 1862, p. 215-217). Una pittura murale di quella tomba ci mostra Mastarna in istretta relazione con Caeles Vibenna, e fu primo lo Jahn, che a dichiarare la pittura apportò il passo di Claudio (v. Bull., 1. c... — La pittura vulcente rappresenta adunque Mastarna (Macstrna), che taglia i legami a Caelio Vibenna (Caile Vipinas); entrambi sono nudi, segno della schiavitù onde escono; e Mastarna per giunta porta due spade, evidentemente tolte a nemici uccisi. E stragi sono pure rappresentate sul resto della parete; e sono sempre, salvo in un caso solo, uomini nudi che Atti della R. Accademia — Vol. XXXII, 54 762 CARLO PASCAL feriscono a morte uomini involti nelle vesti e nei paludamenti loro; il che ne dà indizio che i primi sieno pur ora riscossi da soggezione a libertà; e i secondi, gli antichi oppressori, ne su- biscano ora le vendette. Pure fra tutti i gruppi, due sono per noi degni di parti- colare menzione. L'uno ci mostra Marce Camitrnas, nudo, che ha ridotto a terra Cneve Tarchunies Rumach, e prendendolo pei capelli, con l'altra mano gli abbassa il colpo, che invano ei tenta trattenere; l’altro ci mostra Aule Vipinas nell'atto di ue- cidere un uomo, il cui nome non è ben chiaro, per esserne perite molte lettere. Ora, il ritrovare nel medesimo ciclo di rap- presentanze, e sulla medesima parete Caile Vipinas ed Aule Vipinas, ne richiama alla informazione festiana, p. 355 M.: ‘ Volci]entes fratres Caeles et Vibenna ’. — Ad ogni modo tutto il complesso delle pitture ci parla di sollevazione e riscossa di gente dianzi tenuta schiava; e fra coloro che erano tenuti schiavi troviamo i due fratelli Celio ed Aulo Vibenna e Mastarna; fra coloro che degli schiavi subiscono le vendette, Cneve Tarchunies Rumach, Gneo Tarquinio romano (quasi romicus, cfr. ‘Puuaixòg). Ora appunto gli annali etruschi citati da Claudio, ponevano Mastarna rispetto a Celio Vibenna quale * sodalis fidelissimus omnisque eius casus comes’, e il facevano ‘ varia fortuna exactus ’, e ponevane ch’ei non ottenesse dal Tarquinio, ma oe- cupasse il Monte Celio ‘ montem Caelium occupavit ”. Altra parte della tradizione etrusca rintracceremo in se- guito, nella leggenda latina, della quale pure ora cominceremo l'esame; or ne basti notare, come a torto si sia creduto esser nella leggenda etrusca indicato Servio Tullio quale originario etrusco; in niuna parte di essa vien .ciò indicato; sol si dice ch'ei fosse compagno ed amico di un duce etrusco, ed etrusca- mente chiamato Mastarna. Il passo di Giustino (38, 6, 7) * servus vernaque Tuscorum' mal s'attaglierebbe, mi pare, a provare derivazione etrusca; mentre invece designa gli Etruschi quali padroni, lui qual soggetto e servo. LA LEGGENDA LATINA E LA LEGGENDA ETRUSCA, ECC. 763 * * * Di Servio e di Anco Marcio così dice SENEcA, Epist., 108: ‘ duos romanos reges esse, quorum alter patrem non habet, alter matrem; nam de Servii matre dubitatur, Anci pater nullus ‘. Pure non per la madre soltanto, ma altresì per il padre, e più ancora che per quella, variava la leggenda. Giacchè quanto alla madre la tradizione varia da Ocrisia (Ocresia), che è il nome più comune (Liv., I, 39; DroxIsro, IV, 1; Zonara, VII, 9; De vir. ill, 7,1; Claudii Imp. Orat. (v. sopra); Pica P- 174, Nothum; Prut., De fort. Rom., 10), alla serva CATO, (Cre., Rep., 2,21, 37), e da questa alla concubina di Spurio Tullio (Festo, p. 174 M. sotto v. Nothum). E quanto al padre si sbiz- zarrì la fantasia tra Tarquinio stesso (Droxisio, IV, 1) e il corniculano Tullio (Lrv., I, 39; Drioxrsio, IV, I; ZonaARA, VII, 9; De vir. ill., 7, 1), e il cliente di Tarquinio (PLut., De fort. Rom., 10; Cic., Rep.; 2, 21, 37), e il Lare domestico (Pum., H. N, XXXVI, 70, $ 204), e Vulcano (Ovin., Fast., VI, 627), e Spurio Tullio (Frsr., p. 174 Nothum), e finalmente TU padre (Liv., IV, 3, 12 ‘ patre nullo ?). Pur si può tra parecchie di tali leggendarie versioni rav- visare uno stretto legame di discendenza e derivazione, e pro- cedere a qualche sistema di unificazione, che ne apporterà luce, nelle tenebre della variata leggenda. Ed esaminiamo anzitutto la leggenda del genitale maschio apparso sul focolare di Tarquinio. La tradizione è così narrata da Prinio, XXXVI, 27, 204: ‘ Tarquinio Prisco regnante tradunt repente in foco eius comparuisse genitale e cinere masculi sexus, eamque, quae insederat ibi, Tanaquilis reginae ancellam Ocresiam captivam, consurrexisse gravidam; ita Servium Tullium natum qui regno successit ’. E pressochè simile è la narrazione che si ha in Ovidio e in Plutarco. Ovmro, Fasti, VI, 627: ‘ Namque pater Tulli Volcanus, Ocresia mater Praesignis facie, Corniculana fuit. Hane secum Tanaquil, sacris de more paratis, Iussit in ornatum fundere vina focum. Hic inter cineres obscaeniì forma virilis Aut fuit aut visa est, sed fuit illa magis. Tussa loco captiva fovet. Conceptus ab illa Servius a caelo semina gentis habet ”. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 544 764 CARLO PASCAL E PLurarco, De fortuna Rom., 10: oî dè 00 qaow, daMà mapfévov TiY ’Okpnoiav amapruata kai \oBNv éxdotote Naufd- vougayv dmò Tg Baoiixfig TpartéZng, érrì tiv Ééotiav KkopiZe” xaì motè tuyxeîv uèv aùtiv, Worep eiWAEI, TO mUPì tàg dmapyàg èm- RaMovdav, alpvidiov, dè Tg pioròc uapavbeions, ubpiov dvdpòc àvateîvar Oviuoy ék Tfig éotiag, kai toto tiv K6pnv T) Tavaxuà- Mò ppaoa: uovn mepipofov revouéwnv. Tùv dè, cuveràv odoav kai qpevnpn, xoguficai te TiV K6pnv doa viugpars mpére!, kai Gur- kadeîpzar tO Paopati, Beîov frovuévnv. — Ed altro rapporto di Tullio col fuoco è nella tradizione che a lui fanciullo nella cuna risplendesse il capo di subitanea fiamma, agli altri indizio di sua origine divina e di grandi destini: PLinIo, 36, 27, 204, ‘ in regia cubanti ei puero caput arsisse, creditumque laris fami- liaris filium; ob id compitalia ludos laribus primum instituisse ”. — Puro, 2, 107, 241 ‘ Servio Tullio dormienti in pueritia ex capite flammam emicuisse ’. — Ovm., Fasti, VI, 635 ‘ Signa dedit genitor tum cum caput igne corusco Contigit inque coma flammeus arsit apex ’. — V. pure Var. Massimo, I, 6, 1; Lrvio, I, 39; DronIsro, IV, 2; Crc., Div., I, 53, 121; Prurarco, De for- tuna Roman., 10; FLoro, I, 6, 1; [Aur. Virt.], De vir. ill., 7, 1; Servio, Aen., II, 683; Lyp., De ost., 5; Zoxara, VII, 9; Crc., Rep., II, 21, 37. Valerio Anziate invece (presso PLurarco, De fortuna Rom., 10) poneva la fiamma ardesse a Servio sul capo, non più fanciullo, ma già uomo maturo, per manifestargli es- sere egli nato dal fuoco. Non ci sarà difficile determinare il significato di questa origine ignea. La tradizione etrusca poneva quali nati dal fuoco altri fondatori di città. Il focolare fu come il centro della prima comunità domestica, ed il simbolo della casa stessa; e su di esso la coscienza popolare adorò il dio protettore della gente. Or l’eroe mitico che figurava nei varii luoghi qual primo fon- datore di città, e primo raccoglitore delle genti, aveva sul fo- colare adorazione e culto, e nella fiamma perenne di esso pareva avesse manifestazione sensibile agli uomini. Nel genitale adunque, che esce dal focolare troviamo come una fusione tra due modi simbolici di rappresentazione mitica; in quanto il genitale maschio rappresenti la forza attiva della fecondazione e della produzione, e il focolare, tenuto sempre acceso, per la difficoltà dei primi uomini di procurarsi il fuoco (onde il rito del per- LA LEGGENDA LATINA E LA LEGGENDA ETRUSCA, ECC. 765 petuo fuoco di Vesta) rappresenti come il centro domestico e simboleggi quindi la casa e la famiglia; sicchè la fusione tra i due concetti mitici doveva portare a rappresentare in siffatta forma l'eroe mitico, ch'era adorato qual padre del popolo e fon- datore della città. Così a un di presso di Ceculo, fondatore di Preneste, leggiamo com'’ei fosse generato da una scintilla, che si dipartì dal focolare, e fecondò l’utero di una vergine (SERv., Aen., VII, 678 ‘ horum soror dum ad focum sederet, desiliens scintilla eius uterum percussit, unde dicitur concepisse ’), forma anteriore della leggenda, che subì poi determinazione maggiore, ponendo il genitale maschio, non la scintilla, quale elemento produttore. Or la ragione dell’applicarsi di tal leggenda a Servio Tullio, noi crediamo scorgerla in un indizio, che insieme ne mostra il fondersi e contaminarsi di altri elementi leggendarii diversi. Giacchè altra tradizione quasi simile è una fra le tante leg- gende, che correvano sulla origine di Romolo (PLUTARCO, Romolo, 2). Al feroce re Tarchetio era avvenuto da più giorni uno straordinario prodigio. Era sorto dal focolare un genitale maschile. Un oracolo etrusco annunciava che quella vergine, che dal genitale si facesse fecondare, darebbe alla luce un uomo preclaro per fortuna e valore. Tarchetio comandò ad una delle figlie di unirsi al genitale: la vergine, timorosa, mandò l’an- cella. Avvampò di sdegno Tarchetio, ed aspramente punì le due donne, ch'ei voleva dannare a morte, dal che si astenne per ordine di Vesta. Ma l’ancella partorì i due gemelli Romolo e Remo. Or qui tutti i particolari sono pressochè identici; e la provenienza etrusca di tal versione si accusa non al solo fatto dell'oracolo etrusco, ma altresì ai nomi: chè Tapyétiog si equi- parerà a Tarquitius, che è come il doppione del nome Tarquinius, se si sta alla informazione festiana (p. 363 M.) circa le scalae Tarquitiae fondate da Tarquinio il Superbo; chè se poi a quella non sì vorrà stare, Tarquitius avrà pur sempre stipite co- mune con Tarquinius, e Tarquinii (Tapkuvia; Dronis., III, 137; Tapxwvia, EusratH., Ad Dion. Per., 347), e Tarchon (SERv., Ad Aen., X, 179‘ Tarchonem Tyrrheno oriundum ’), e per quanto Plutarco il dica Albano, il suo nome ha pur sempre l’im- pronta etrusca. Or dunque la stessa leggenda etrusca che della nascita di 766 CARLO PASCAL Romolo si riferiva, fu applicata pure a Servio Tullio; ciò ne suggerisce di fermarci sopra un fatto, al quale abbiamo appena dianzi accennato di passaggio. Celio Vibenna, il compagno di Servio Tullio, che con lui corse la dubbia vicenda di guerre e pericoli, vien posto, in altre versioni, quale compagno di Romolo, e con lui combattente contro Tito Tazio: Varrone, L. L., V, 46 ‘a Caelio Vibenna, Tusco duce nobili, qui cum sua manu dicitur Romulo venisse auxilio contra Tatium regem '; PaoLo Drac., p. 44M. ‘a Caele quodam ex Etruria, qui Romulo auxilium adversus Sabinos praebuit ’. — La leggenda etrusca di Servio è dunque uno sdoppiamento di quella di Romolo, sì pel modo della nascita, sì per l’unico particolare che di quella conosciamo, la vita avventurosa e travagliata ch'egli ebbe con Celio Vibenna; vuol dire, se si ripensi al carattere di fondatore di una stirpe, che dicemmo scaturir chiaro dalla leggenda sul modo della na- scita, vuol dire, ripetiamo, che nella leggenda etrusca Servio era come il secondo fondatore della città, o a dir meglio, come la personificazione mitica di una seconda fondazione di Roma. E se Celio Vibenna è il colonizzatore etrusco del Celio, nella sua unione or con Romolo or con Servio, ritroviamo l'espres- sione di due fatti, che possono essere storicamente veri: l'unione, cioè, della tribù tusca del Celio, ora con la tribù ramno-tusca del Palatino, ora, come tosto spiegheremo, con la tribù latina dell’Esquilino, Giungemmo dunque a questo punto: che tutto ciò che la tradizione etrusca attribuisce a Servio, sia dovuto ad uno sdop- piamento della leggenda di Romolo; e che tale sdoppiamento in tanto sia avvenuto, in quanto Servio Tullio sia stato consi- derato quale secondo fondatore di Roma. Ma il fondamento di questa elaborazione della fantasia etrusca doveva pure essere un fatto reale; chè la fantasia popolare non lavora sul vuoto, ma sugli avvenimenti e i vaghi ricordi del passato. Or questo nucleo fondamentale di fatti reali andremo noi a rintracciare in altra leggenda, parallela all’etrusca, e cioè la leggenda latina di Servio Tullio. Nella tradizione romana Servio Tullio è il rappresentante del popolo che abitava l’Esquilino, ed ivi appunto si ripone la casa sua: Lrv., I, 44 ‘ auget Exquilias, ibique ipse, ut loco di- gnitas fieret, habitat '; Ovi., Fasti, VI, 601 ‘ ipse [Servius] LA LEGGENDA LATINA E LA LEGGENDA ETRUSCA, ECC. 767 sub Esquiliis, ubi erat sua regia, caesus ‘’; Soun., 1, 25 ‘ Servius Tullius [habitavit] Esquiliis supra clivum Urbium ’; Drox., IV, 13 “ Ti) te moler mpooé@nke dio A6poug, TÉv. Te OùmuivaMov xaXod- uevov kaì tòv ‘Eoku\îvov, Gv ékaTepog dZLoX6Yov mONEWG ÈXel pé- Tea: «ic Kai aUtòg EToOmMmoato TIV olknow év TÙ Kpatiotw Tg °Eoku\iag ténw’. — L' Esquilino è tra i colli di Roma quello che più ebbe carattere di abitazione pleblea (v. ad es. Lrv., II, 28, 1) sino ad Augusto; e il fatto stesso che sulla cima del colle fossero le sepolture plebee, ci mostra, se si pensi agl’iden- tiei riscontri con altri popoli italici, come lungo il colle doves- sero esserne le abitazioni (efr. circa le sepolture plebee del- l’Esquilino, Varr., 5, 25; Oraz., Sat., 2, 6, 83; Visconti, Bull. arch. Munic., 1874, p. 166; De Rossi, Roma sotterr., I, p. 407). È naturale che intendiamo con ciò riferirci ad epoca ben re- mota: in tempi posteriori il luogo era malsano ed abbandonato, prima dei grandi lavori di bonificazione fattivi da Mecenate; ma che all’ epoca, cui ci riporta la leggenda nostra il luogo fosse abitato, ci è provato dalla leggenda stessa, che ivi pone la casa di Servio, e dal ricordo della Esquilina tribus (VARRONE, L. L., V,9, 56; Lrvio, 45, 15; Eprr., 20). Che poi la stazione italica sull’Esquilino fosse anteriore a Servio stesso, si prova da ciò, che la linea del cosiddetto aggere serviano traversa la necropoli esquilina, per modo che ne rimane fuori una parte di essa, mentre è noto essere rito di tutta l’ antichità, fin dai tempi più remoti, non seppellire entro le mura (MARIANI, Bull. arch. com., 1896, p. 9). Or poichè ci troviamo a parlare della necropoli esquilina, e si tratta di necropoli esplorata, ci sia lecito trarre dalle esplo- razioni fatte alcuni elementi, che saranno non inutili alla ricerca nostra. Ed anzitutto, sia la forma delle sepolture, sia la sup- pellettile funebre, ci dice che la maggior parte della necropoli esquilina è contemporanea alla civiltà così detta italica (MARIANI, Bull. arch. com., 1896, p. 9-28). Il più antico sepolcro è un cinerario ad urna-capanna; segue il periodo delle tombe con casse di terracotta a forma di tronco d’albero, e quello delle tombe a fossa; caratterizzato dalla importazione etrusca dei vasi di bucchero; gli succede il periodo delle tombe ad arca, caratterizzato dalla importazione dei vasi con vernici iridescenti (M. S. De Rossi, Bull. com., 1885, p. 41). Quest'ultimo periodo 768 CARLO PASCAL sarebbe contemporaneo, o alquanto posteriore, all’ aggere Ser- viano; e per essere un periodo di transizione tra l’'inumazione e il ritorno alla cremazione, rappresenterebbe un momento di fusione e coesistenza tra popoli e tribù varie. E la riprova di questi limiti cronologici ci viene data da un altro fatto. Alcune stoviglie della suppellettile funebre delle tombe ad arca, e cioè dell'ultimo periodo, portano dei segni grafici, simili a quelli che si veggono in alcuni punti dell’aggere Serviano. Or noi possiamo studiare le tradizioni al lume delle ri- cerche archeologiche, e ravvisare come i risultati di queste non disconvengano a quelle. Ed anzitutto la costumanza delle se- polture plebee, ci dà un indizio, abbiam detto, per riconoscere qual genere di popolazione abitasse sull’Esquilino, e cioè una popolazione plebea. Tal popolazione possiamo supporre contem- poranea al periodo delle tombe a fossa; chè per i periodi an- teriori, siamo già prima dell’epoca regia, e ravvisiamo cioè nei periodi anteriori lo stanziamento sul colle Esquilino di una comunità italica della prima età del ferro. Noi non intendiamo qui discutere le varie opinioni sul significato e l'origine della plebe; sol ci è necessario, per procedere nella dimostrazione nostra, accennare alla più probabile. Noi siamo dell'opinione di coloro, che ritengono la condizione plebea nata da antiche lotte e soggezioni di tribù diverse. Il solo fatto della immigrazione, apportato da altri (Mapvie, L’état romain, Paris, 1882, traduz. Morel, I, p. 88-89), in realtà, quando venga bene inteso, si conguaglia e s’identifica col primo. Giacchè l'immigrazione o si suppone non perturbatrice di possedimenti altrui, e allora non vi ha ragione e modo di spiegare la condizione d' inferiorità e dipendenza della parte immigrata; o si suppone seguìta da ostilità coi vicini, e allora il risultato della lotta darà ragione della speciale condizione nella quale dai vincitori vengono ri- dotti i vinti. Altro è il caso della clientela, e crediamo vano ogni tentativo d’identificazione tra clienti e plebei. Giacchè i clienti, per il loro carattere di attaccamento a particolari famiglie pa- trizie, rappresentano un residuo della costituzione patriarcale, nella quale ciascun pater familias esercita la potestà sua sulla sua famiglia e sopra un numero di famiglie minori. A dir vero, si può discutere se anche alla clientela bisogni assegnare origine simile: se cioè antiche lotte abbiano determinato l'ag- LA LEGGENDA LATINA E LA LEGGENDA ETRUSCA, ECC. 769 gregarsi di particolari famiglie di vinti a ciascuna famiglia di vincitori, con obbligo di tributi ed obbedienza; ma, quand’anche ciò si ammetta, clientela e plebe risponderanno a due fatti ben distinti; chè si avrà allora da una parte una tribù, ordinata a costituzione patriarcale, con patrizii e clienti, dall'altra tutta un’altra tribù, vinta e ridotta allo stato plebeo. E da più esempii infatti è noto che pur nei tempi posteriori, i clienti stessi aiutarono i patrizii, all’epoca delle secessioni plebee. Se la popolazione plebea dell’ Esquilino rappresenta una tribù o immigrata e assoggettata, o tolta dalla sua distrutta sede, e trasportata a Roma, mettiamo a riscontro tal fatto coi risultati già ottenuti sul campo archeologico. Dicemmo della popolazione delle tombe a fossa, e come essa sia anteriore al- l'epoca serviana ed abbia tracce della etrusca influenza. Pos- siamo ravvisare qui l'elemento latino vinto e importato a Roma all'epoca di Anco Marzio e del Prisco Tarquinio; e la influenza etrusca la possiamo spiegare dalla vicinanza del Celio, ove già nel lavoro sugli Oraziî e Curiazii mostrammo uno stanziamento etrusco. Servio Tullio sarà allora il rappresentante, e quasi direi la personificazione, dell'elemento latino sull’Esquilino; e la tra- dizione anche qui risponderà interamente, giacchè di Cornicoli, città latina, si fa originario il sesto re di Roma (Liv., I, 39; Dion., IV, 1; Zonara, VII, 9; De vir. ill., 7, 1). Ritroveremo in seguito, a tal ricomposizione degli elementi leggendarii con- ferme non poche. Ora è da esaminare se il carattere dell’uomo nella leg- genda risponda alla dichiarazione nostra, che ne facciamo il rappresentante di una latina tribù plebea sull’Esquilino. Ed anzitutto il sesto re ci si presenta con doppio nome, l'uno romano, Servio Tullio, l’altro etrusco, Mastarna. La di- chiarazione del nome romano ci richiamerà a un particolare della leggenda etrusca, e ci porterà in fine alla dichiarazione dello stesso nome etrusco. Or per Servius il Cuno, Jahrb. f. Philol., 123, p. 854, pensò all'umbro Cerfo, Cerfio, Serfe. Spie- gazione impossibile, inquantochè, come è noto, nel gruppo umbro -rf-, lf sia rappresentante di quel suono, che origina- riamente era s, ed in latino si conguagliò ed assimilò all’» pre- cedente; cfr. BuecHeLER, Umbrica, p. 98: ‘quomodo parfam Umbri, Latini parram, sic Cerfe latine fit Cerre’. — Se tal 770 CARLO PASCAL tentativo di spiegazione di Servius cadde invano, all'incontro niuno se ne fece per Tullus e Tullius. Ma la derivazione di tal nome noi vediamo evidente da *7'us-lo-, avendosi qui lo stesso fenomeno che in belua da bes-lua, cfr. bestia (W. Meyer, K. Z., 29, 173), querela o querella da queresta (Ostnore, P. B. Br., 3, 346; Fronpe, Beez. B., 3, 291), wilicus e villa da vic-sla, ecc. Tullius (Tus-lo-) riprodurrà dunque, con suffisso diverso, la stessa radice di 7'us-co-. E la tradizione conferma tale origine; chè infatti Tullo è uno degli antenati di Tirreno, e quindi uno dei progenitori leggendarii del popolo etrusco: Drowisro, I, 27 “1 dE Kétui yMuavti Buratépa Tu\Nov tToù ynyevodg ‘Adinv duo revéogai maîdag, Acinv kai “Atuv* èk d “Atuoc kai Ka\\1iAéag Tfjg Xwpaiou Audòv puvar xaù Tuppnvév. — Or se dicemmo Servio originario latino, come mai qui il nome ci riporta agli etruschi? Crediamo si abbia qui un prezioso avanzo di un sistema di de- nominazione primitivo di Roma, secondo il quale uno schiavo fatto libero prendeva, oltre il nome Servius, il nome della gens che l'aveva emancipato; l'uno dei nomi valeva a denotare l'origine servile, tal significato di ori- gine essendo proprio del suffisso -ius (Servius = Servi filius), l'altro la condizione della libertà presente. Di tal sistema di denominazione io non posso apportare che una sola prova, ma decisiva, ed è nel racconto liviano, IV, 61, 8-11, del servo di Artena, che avendo tradito la città ai Romani, ottenne, tra gli altri premii, la libertà, e fu quindi denominato Servius Romamus. — Servio Tullio avrebbe dunque ottenuto la libertà dai Tuschi. E bisogna intendere che il duce della gente latina, asservita a Roma e condotta ad abitare sul colle Esquilino, avrebbe scosso il giogo tarquiniese, e si sarebbe rivendicata a libertà, con l’aiuto di quella tribù etrusca, ch'era sul Celio, condot- tavi dai due Vibenna; sulla parete infatti della tomba vol- cente sono servi nudi dai nomi etruschi, che fanno scempio e vendetta nei nemici, uno dei quali ha il nome di Cneo Tarquinio. E che il conquisto dell’imperio non sia stato pacifico, nè dovuto agl’ingenui inganni di Tanaquilla, se ne han ben altre prove. Ed anzitutto il fatto che egli avesse costretto ad abitare tutti i patrizi nel vicus, che appunto perciò fu detto patricius, sembra esser già l’effetto di una vittoria: PaoLo Drac., 221 M. ‘ Patricius vicus Romae dictus eo quod ibi patricii habitaverant, iubente LA LEGGENDA LATINA E LA LEGGENDA ETRUSCA, ECC. 771 Servio Tullio, ut, si quid molirentur adversus ipsum, ex locis superioribus opprimerentur’. — E sembra avere a ciò rapporto anche l’altra notizia riguardante il carcere tulliano: Fesro, p. 356 M. ‘ Tullianum, quod dicitur pars quaedam carceris, Ser. Tullium regem aedificasse aiunt ’. E che i patrizii fossero gli avversarii, e che la riscossa della parte prima assoggettata si dovesse a Servio, si deduce da più indizii: a ricordo di quella riscossa ei dedicò sull’Aventino il tempio a Diana: Festo, p. 343 M.: ‘ Servorum dies festus vulgo existimatur Idus Aug., quod eo die Ser. Tullius, natus servus, aedem Dianae dedicaverit in Aventino’. — E durante il suo governo i sostenitori costanti dell’abbattuta dinastia sono i pa- trizii, che il figlio di Tarquinio ritrova quali suoi aderenti nel foro (Dronisro, IV, 38) e che a Servio tendono insidie (DIonISIO, IV, 40). — E qui per comprendere bene il significato della voce patricii, e cioè figli dei patres, basterà richiamare l’informa- zione festiana, p. 241 M. ‘ Patricios Cincius ait in libro de co- mitiis eos appellari solitos, qui nunc ingenui vocentur ’. Di fronte a tale ordine di famiglie, godenti nella città di tutti i diritti, come eredità avuta per antica supremazia e per l’assog- gettamento delle avversarie tribù, le designazioni di plebei e di servi potranno servire a denotare gradazioni varie di servi- lità, cui tali tribù sieno state ridotte. Se nell'ora dei comune interesse, queste genti si riuniscono e scuotono il giogo, il capo da esse eletto sarà in genere il rappresentante della classe ser- vile, e il domatore dei patrizii, e beneficatore del popolo. E dalla plebe, non dal Senato, ebbe l'autorità sua Servio Tullio. Secondo Livio (I, 46, 1) ei prima conciliò con largizioni gli animi dei plebei, e dipoi ‘ ausus est ferre ad populum vellent iuberentne se regnare, tantoque consensu, quanto haud quisquam alius ante, rex est declaratus’. — Secondo Dionigi (IV, 8) egli, riconosciuto dal popolo, fu proclamato nelle curie, e continuò a regnare malgrado il divieto del Senato. Vano è qui ogni tentativo di volere spiegare con le norme del diritto del tempo siffatta specie di elezione. Come poteva esser proclamato dalla plebe nelle curie, se prima di Servio la plebe non era populus, e non for- mava parte delle curie? Ma spogliati siffatti racconti dei rive- stimenti aggiunti dagli scrittori, che dovevano trovare un modo purchessia per intrudere legittimamente Servio nel novero dei 772 CARLO PASCAL re romani, rimarrà la significazione di un fatto semplicissimo : la riscossa di una tribù asservita, che elegge il suo capo, e alla tribù dominante strappa concessioni e diritti, che non ismetterà più mai; indi tal capo della tribù ribelle tenere sotto il suo dominio le genti avversarie, che nol riconoscono capo e signore e gli tendono insidie, finehè non giungano a travolgerne l'im- perio, e finchè egli miseramente non muoia. A tal personaggio non può spettare il titolo di rex se non per un errore di lin- guaggio dovuto a quegli storici, che prestabilivano uno schema tipico di regolari successioni nella storia primitiva di Roma, e si sforzavano di supporre già ridotta ad unità di popolo la massa varia e disforme delle sue tribù. Giacchè al rex viene necessariamente congiunta l’idea della sede nella regia e della funzione augurale, e non saremmo alieni dal credere che tal designazione di signoria, dapprima applicata alla sola tribù sabina, abbia subìto poi un allargamento e generalizzazione di significato, e si sia per estensione applicata agli altri capi delle tribù di volta in volta dominanti in Roma. Senonchè nel nome Mastarna abbiamo noi un prezioso spiraglio, onde n'è dato so- stituire il vero nome a quello convenzionale ed analogico di rex. Il GarprHAUSsEN, Mastarna, oder Servius Tullius, Leipzig, 1882, p. 27 e segg., osservando in etrusco l'alternarsi delle forme quali tarchna e tarna, vercnas e verna, vide nel mestrna della pittura volcente l'abbreviazione del nome Marcus Tar- quinius. Egli si richiamò in proposito ad altre due epigrafi etrusche, e cioè marces tarnes (FABRETTI, C. I. I, 2327 ter d) e ma tarchnas (FABRErTI, 2360). Senonchè, a parte la difficoltà di ammettere che sulla stessa parete il nome Tarquinius avesse le forme tarchunies e -trna, rimane pur sempre il fatto che Claudio afferma, Servio etruscamente esser chiamato Mastarna (‘nam tusce Mastarna ei nomen erat ’), e che la sua fonte è letteraria, non epigrafica (‘ si Tuscos sequimur ’). A noi sembra di intuitiva evidenza il rapporto di Mastarna (Mestrna) con l’etrusco mastr (FaBR., 658) e macstrev, e il raffronto di tutti questi nomi con latino magister, rispetto a cui Mastarna sta- rebbe come alterno- ad alter, raffronto che dal Corssen accetta- rono il Cuno, Jahrd. f. klass. Philol., 1881, p. 854, e il LarTES (in molteplici passi; v. ad es. Rendic. Accad. Arch. Napoli, aprile-giugno 1895, p. 16 dell’ estratto). Servio Tullio era LA LEGGENDA LATINA E LA LEGGENDA ETRUSCA, ECC. 773 dunque il magister populi; e questa denominazione di carica passò poi ad esser presa quale denominazione particolare della persona. Non altrimenti il celtico Brennus ‘ duce, capo ’, passò nella tradizione ad essere il nome proprio del duce dei Galli (Liv., 5, 38; PLur., Cam., 17, 22, 28, 29; Zonara, VII, 23; Appiano, De reb. gall. fr., III). Che poi il magister populi delle comunità latine dell’Esquilino e dell’Aventino, sia stato chia- mato rex, è cosa che non farà meraviglia, chi consideri i casì analoghi. Cluilio, ad es., è da Lrvio, I, 23, chiamato albanus rex, e da Catone (presso Festo, s. v. oratores, p. 182 M.) praetor (e cioè praetor maximus); mentre d'altra parte Licinio Macro pone in Alba dei dittatori, sino a Tullo Ostilio (presso DIonIGI, V, 74). Ora, tali denominazioni sinonimiche, magister populi, praetor maximus, dictator ci riportano alle costituzioni latine, come ci è noto da più fonti, e specialmente dal passo di Festo, p. 241 M. Così pure da più fonti ci è provata l'identità delle espressioni praetor maximus, magister populi e dictator; cfr. Rep., 1, 40, 63 ‘ Nam dictator quidem ab eo appellatur, quia dicitur, sed in nostris libris vides eum, Laeli, magistrum populi appel- lari ’; Festo, p. 198 M. ‘in Magistro populi faciendo, qui vulgo Dietator appellatur’. — Ora il magister populi o dictator o praetor maximus si può far risalire sino ai tempi remoti di Roma? Nel significato posteriore dei vocaboli, no certo; ma noi dobbiamo rimontare a tale epoca, nella quale con uno di siffatti vocaboli si designava il duce di una tribù. Venute meno, con la costituzione consolare, siffatte funzioni, rimase memoria del nome, e le funzioni stesse si restrinsero a soli atti solenni e rituali, come ci è dato stabilire dal seguente passo (Liv., 7,3, 5) ‘ Lex vetusta est, priscis litteris verbisque scripta, ut qui praetor maximus sit Idibus Septembribus clavum pangat’, ecc. Ed è par- ticolarmente importante per noi, che appunto a tal rito del clavus si tornasse nelle secessioni plebee sull’Aventino, il monte della confederazione latina, e che per tale effetto si creasse il dictator, e eioè, se si riguardi al passo testè apportato di Livio, praetor maximus (Lrv., 8, 18, 2) ‘ itaque memoria ex annalibus repetita, in secessionibus quondam plebis clavum ab dictatore fixum, alie- natasque discordia mentes hominum eo piaculo compotes sui fecisse, dictatorem clavi figendi causa creari placuit ’. Se dunque oscura, eppur non dubbiosa memoria, rimane di 774 CARLO PASCAL — LA LEGGENDA LATINA, ECC. siffatta carica nei tempi primitivi di Roma, tutto ne induce a credere che Mastarna sia stato etruscamente appellato dagli alleati etruschi del Celio, il magister della latina tribù dell’Esqui- lino. Tal magister noi vedemmo a capo della riscossa contro la dominazione tarquinia; è naturale però che tal riscossa non ri- manesse isolata, e che dall'esterno venissero gli aiuti delle genti sorelle, e cioè delle genti latine. A questo punto il centro del- l'azione si sposta dall’Esquilino all'Aventino; questo è infatti territorio fuori del pomerio (GeLL., XII, 14), quivi si celebra la riscossa dei servi (Fesr., p. 343 M.) e si fonda il tempio a Diana, e quivi ha sede la lega latina. Perchè mai la confe- derazione latina verrebbe unita con la costituzione di Servio (Lrv., 1, 45; Drionrsro, IV, 26), se non si trattasse di aiuti esterni dei popoli latini alla ribelle tribù serviana ? Ma non si ristà naturalmente l’altra parte, la confedera- zione etrusca, rappresentata dalla dinastia Tarquinia; indi la guerra tra le due confederazioni. E la tradizione infatti ci dice che Servio Tullo per venti anni combattè gli Etruschi e li vinse (Droxnisro, IV, 27; Fasti triumph. | C. I. L., p. 453]; Avr. ViTT., De vir. ill., 7, 6; Cro., De Rep., II, 21, 38). Il ritorno però della dinastia tarquinia e l'uccisione di Servio, ci dice qual fosse l'esito finale della guerra. Sicchè attraverso gli adombramenti leggendarii, noi cre- diamo ci sia rimasto ricordo di veri e reali avvenimenti storici, e che cioè la tradizione serviana ci riveli antiche lotte di questo duce di una tribù latina, che chiamando alla riscossa i suoi, ed avendo gli aiuti prima di una tribù tusca sul Celio, poi di genti esterne latine, giunse a organizzare sull’Aventino una federazione, che si oppose per molti anni alla dominazione tar- quinia, ed impose a tutto il multiforme popolo di Roma la co- stituzione che vigeva nelle città latine. L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. 775 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 25 Aprile al 9 Maggio 1897. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. ** Archivio per le Scienze mediche. — Indice generale delle materie con- tenute nei venti primi volumi (1876-1896). Torino, 1897; 8°. Astronomical magnetic and meteorological Observations made during the Year 1890 at the United States Naval Observatory. Washington, 1895; 4°. Beobachtungen des Tifliser physikalischen Observatoriums im Jahre 1895. Tiflis, 1897; 4°. Bulletin of the University of Wisconsin Science Series. Vol. I, N. 3. Madison, Wis., 1895; 8°. * Bulletin de la Société impériale des Naturalistes de Moscou. Ann. 1896, n.2. Moscou, 1896; 8°. Clinica Dermosifilopatica della R. Università di Roma. Anno 1897, fasc. I. Roma, 1897; 8° (dall'Istituto di Clin. Dermosifil. della R. Università). * Journal of Morphology. Edited by C. O. Whitman, .....with the co-ope- ration of Ed. Ph. Allis. Vol. XI-XII. Boston, 1895-97; 8°. * Journal of the Academy of Natural sciences of Philadelphia. Second series, vol. X, p. 4. Philadelphia, 1896; 4°. * Memoirs of the Museum of Comparative Zoology at Harward College. Vol. XXII. Cambridge U. S. A., 1896; 4°. * Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. New Series, vol. XXIII. Boston, 1896; 8°. * Proceedings of the Zoological Society of London for the year 1896. Part IV. London; 8°. * Proceedings of the American Philosophical Society held at Philadelphia. Vol. XXXV, n. 151. Philadelphia, 1896; 8°. * Proceedings of the Academy of Natural Science of Philadelphia. Part II, 1896; 8°. 776 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Publications of the Washburn Observatory of the University of Wisconsin. Vol. X, Part I. Madison, Wis., 1896; 4°, * Rapport annuel de la Commission de Géologie du Canadà. Vol. VII, 1894. Ottawa, 1896; 8°. Report (Sixteenth Annual) 1894-95 Part 1. Washington, 1896 (dal Geolo- gical Survey degli Stati Uniti). * Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Classe der k. b. Aka- . demie der Wissenschaften zu Miinchen. 1896, Heft IV. Miinchen, 1897; 8°, * Smithsonian Institution. Smithsonian Contributions to Knowledge. Vol. XXX-XXXII. Washington, 1895, 3 vol.; 4°. An Index to the Genera and Species of the Foraminifera. By Ch. Davis Herborn. Part II, 1896; 8°. , Methods for the Determination of Organic Matter in Air. By D. Hend- ricks Bergey. 1896; 8°. Argon, a new Constituent of the Atmosphere. By Lord Rayleigh and Prof. W. Ramsay. 1896; 4°. * Transactions of the Zoological Society of London. Vol. XIV, par. 8. 1897;4°. * Zoologiska Studier. Festskrift Wilhelm Lilljeborg tillegnad pà hans îttionde Fodelsedag af Svenska Zoologer. Upsala, 1896; 4° (dalla Biblioteca dell’Università di Upsala). Hesselgren (F.). De la gamme musicale. Étude critique des gammes tem- pérées et de la gamme naturelle. Turin, 1897; 8° (dall'A.). Hopkinson (J.) and Wilson (E.). On the Capacity and Residual Charge ot Dielectrics as affected by Temperature and Time. London, 1897; 4° (dagli AA.). Ondemans (J. A. C.). Die Triangulation von Java ausgefiihrt von Personal des geographischen Dienstes in niederliindisch Ost-Indien. V Abth. Haag, 1897; 4° (dal Niederlindischen Regierung). ** Poggendorfl’s biographisch-literarisches Handwòrterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften. III Bd., Lief 8-9. Leipzig, 1897; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 777 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Dal 2 al 16 Maggio 1897. * Almanach der K. bayerischen Akademie der Wissenschaften fir das Jahr 1897. Miinchen; 8°. * Annaes da Bibliotheca Nacional do Rio de Janeiro. Vol. VII-XVI. Rio de Janeiro, 1880-1893, 10 vol. 4° e 8°. * Annali dell’Università di Perugia. Pubblicazioni periodiche della Facoltà di Giurisprudenza. N. S. Vol. VI, fasc. 4°. Perugia, 1896; 8°. Annuario Accademico della R. Università di Siena per l'anno 1896-97; 8°. * Atti della Reale Accademia di Scienze morali e politiche. Reale Società di Napoli; vol. 28°. Napoli, 1897; 8°. * Atti della R. Accademia dei Lincei. Serie V. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche; vol. 1I, III. Memorie. Roma, 1896; 4°. * Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LV, disp. 5*. Venezia, 1896-97; 8°. * Bollettino dell'Istituto di Diritto Romano. Anno IX, fasc. III-V. Roma, 1897; 8°. * Mémoires et Documents publiés par l'’Académie Chablaisienne. Vol. VIU. Thonon, 1894; 8°. ** Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia, vol. III, fol. 226-268; Indice e vol. I, parte supplementare, 1896; 8°. * Rendiconto delle Tornate e dei Lavori dell’Accademia di Scienze morali e politiche della Società R. di Napoli. Anno 35°. Napoli, 1896; 8°. * Revista trimestral do Instituto Historico e Geographico Brazileiro. T. LVII. Rio de Janeiro, 1895-96; 8°. * Sitzungsberiehte der philosophisch-philologischen und der historischen Classe der k. b. Akademie der Wissens. zu Miinchen. 1896, Heft IY; 8°. * Studi e Documenti di storia e diritto. Anno XVIII, fase. 1°-2°. Roma, 1897; 8° (dall'Accademia di Conferenze Storico-Giuridiche). * Dall’ Università di Strassburg: Agahd (R.). De Varronis rerum divinarum libris I XIV XV XVI ab Augu- stino in libris de Civitate dei IV. VI. VII exscriptis. Lipsiae, 1896; 8°. Auhagen (0.). Die Grundlagen der Marschwirtschaft. Strassburg i. E., 1895; 8°. Benignus (S.). Studien iiber die Anfinge von Dickens. Esslingen, 1895; 8°. Darmstiidter (P.). Der Bestand des Reichsguts in der Lombardei und Piemont (568-1250). Strassburg, 1895; 8°. Dieterle (H.). Henri Estienne (Henricus Stephanus). Beitrag zu seiner Wiir- digung als franzésischer Schriftsteller und Sprachforscher. Strassburg i. E., 1895; 8°. 778 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Ettlinger (E.). Der sog. Anonymus Mellicensis de scriptoribus ecclesia- sticis. Karlsruhe, 1896; 8°. Ferrenbach (V.). Die amici populi romani Republikanischer Zeit, Strassburg, 1895; 8°. Fischel (0.). Raphaels Zeichnungen. Versuch einer kritischen Sichtung der bisher veròffentlichten Blitter. Strassburg, 1896; 8°. Helmer (P. A.). Ueber den Begriff der fahrlissigen Thiiterschaft. Strass- burg, 1895; 8°. — Die Reform der Gewerbebesteuerung in Elsass-Lothringen. Strassburg, 1896; 8°. Horst (K.). Zur Kritik der altenglischen Annalen. Darmstadt, 1896; 8°. Kalkmann (Ph.). Englands Uebergang zur Goldwiihrung zu Beginn des 18. Jahrhunderts. Strassburg, 1895; 8°. Limbert (F. L.). Beitrag zur Kenntnis des volkstumlichen Musik insbeson- dere der Balladenkomposition in England. Leipzig, 1895; 8°. Moorman (F. W.). William Browne. His Britannia's Pastorals and the Pastoral poetry of the Elizabethan Age. Strassburg, 1896; 8°. Ross (E. D.). The Early Years of Shak Ismà'il. London, 1896; 8°. Siqnet (F.). Die Liquidation der offenen Handelsgesellschaft. Strassburg i. E., 1896; 8°. Steinhart (N.). Die Scholien des Gregorius Abulfarag Bar-Hebraeus zum Evangelium Lukas. Leipzig, 1895; 8°. Viljoen (W.J.). Allgemeine Finleitung zur Geschichte des Cap-Hollin- dischen. Strassburg, 1896; 8°. Violet (B.). Ueber die paliistinischen Martyrer des Eusebius von Ciisarea. Leipzig, 1896; 8°. Weber (F. H.). Die genetische Entwickelung des Zahl- und Raumbegriffes in der griechischen Philosophie bis Aristoteles und der Begriff der Unendlichkeit. Strassburg i. E., 1895; 8°. Wiener(J.). Maimonides' Commentar zum Tractat ‘Aboda zara. Berlin, 1895; 8°. Marzi (D.). Giovanni Maria Tolosani e Giovanni Lucido Samoteo. Castel- fiorentino, 1896; 8° (dall'A.). Michon (E.). Inscriptions latines d'Arabie. Paris, 1897; 8° (14.). Musatti (E.). La storia politica di Venezia secondo le ultime ricerche. Padova, 1897; 8° (14.). Pennisi-Mauro (A.). I veri principii etico-sociali. Prefazione alla rivelazione dell'Ente e regno suo. Catania, 1897; 8° (Id.). Raugé Van Gennep (A.). Jetons de Savoie. Supplément aux © Tessere , de Promis. Paris, 1897; 8° (Id.). —__—_—_—_______—__. Torino — Vixcexzo Boxa, Tipografo di S. M. e Reali Principi. PRESI -Nov.23 SS CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 23 Maggio 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: Cossa, Vice Presidente, BERRUTI, Bizzozero, Mosso, SPEZIA, GIBELLI, GIACOMINI, CAMERANO, SEGRE, Prawxo, VoLrteRRA, JADANZA, Foà, GuaRrEscHI, Guipi, FILETI e NAccari Segretario. Viene letto ed approvato l'atto verbale della precedente adunanza. Il Presidente annuncia la morte del Socio corrispondente Des CLOIZEAUX. Il Socio GuaREScHI offre in omaggio all'Accademia la se- conda parte della sua opera “ Introduzione allo studio degli al- caloidi ,, tradotta in tedesco dal Prof. Kunz-KrAuUZE, e ne discorre brevemente facendo sopratutto notare i pregi della traduzione. Il Socio Cossa per incarico avuto dal Socio corrispondente C. KLEIN, presenta in omaggio una memoria di questo intitolata: Ueber Leucit und Analcim und ihre gegenseitigen Beziehungen. Dietro invito del Ministro della Pubblica Istruzione la Classe designa i Soci Cossa e SPEZIA a suoi rappresentanti al Congresso geologico di Mosca. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. Ur ur 780 Vengono presentate e accolte per l'inserzione negli Atti le seguenti note: 1° “ Intorno ad una mia memoria: Sulla scomposizione dei punti singolari delle superficie algebriche ,; nota del Socio SeGRE. 2° “ Sulla trasformazione delle equazioni lineari omogenee del 2° ordine a derivate parziali con due variabili indipendenti ,; nota del prof. Onorato NrccorertI, presentata dal Socio VoLTERRA. 3° “ Ricerche sulla provenienza del materiale roccioso della Collina di Torino ,; nota del dott. Alessandro RoccatI, presen- tata dal Socio SPEZIA. 4° “ Ricerche spettroscopiche sull'argon ,; nota del dott. G. B. Rizzo, presentata dal Socio NAccaRI. Il Socio GrseLLI presenta una Memoria del Dott. Saverio Beni intitolata: “ Hieracium di Sardegna. Rivista critica delle specie enumerate nella Flora Sardoa di Moris e nel Catalogue raisonné de W. Barbey, ecc. ,. Sarà esaminata da apposita Com- missione. Dietro relazione favorevole dei Soci Brzzozero e Mosso viene accolta nei volumi accademici la Memoria dei Dott. Zac- caria Treves e Lamberto Dappr intitolata: “ Osservazioni sul- l’asfissia lenta ,. CORRADO SEGRE — INTORNO AD UNA MIA MEMORIA, Ecc. 781 LETTURE Intorno ad una mia Memoria «“ Sulla scomposizione dei punti singolari delle superficie algebriche , (È). Nota del Socio CORRADO SEGRE. È stata pubblicata in questi giorni, fra gli “ Atti dell’Ac- cademia Pontaniana , (vol. 27), una Nota del Prof. PasquaLe Dex Pezzo, col titolo: Osservazioni su una memoria del Prof. Cor- rado Segre, e risposta ad alcuni suoi appunti. Prego la nostra Accademia di scusarmi se fra i suoi Atti (non potendo, per ragioni di regolamento, rivolgermi all’ospita- lità della Pontaniana) inserisco la risposta che credo di dover fare alle dette Osservazioni. La mia risposta del resto riguar- derà solo le critiche precise, d’indole scientifica, che vengono fatte al citato mio lavoro; e mentre ringrazio il sig. Del Pezzo per qualche sua frase cortese a me diretta, voglio assolutamente prescindere da altre sue frasi ..... di ben diversa natura! Prima però di entrare in argomento, debbo avvertire che il sig. Del Pezzo si è sbagliato completamente attribuendo alla mia me- moria, o meglio all'ultima parte di essa, uno scopo battagliero. Per i progressi della geometria delle superficie algebriche occor- reva assolutamente risolvere un problema: quello della trasfor- mazione birazionale di una superficie algebrica qualunque in un’altra che sia priva di punti singolari. Il Prof. Del Pezzo, che possiede quella bella dote dei veri scienziati di saper sce- gliere e di affrontare gli argomenti di ricerca più fecondi, più importanti, si era occupato di questo problema (**). Sfortunata- (*) ‘ Annali di Matematica ,, (2) 25, 1896-97. (**) Nella Nota Estensione di un teorema di Noether (£ Rend. del Circolo matem. di Palermo ,, t. 2°, 1888), a cui è legata l’altra Sui sistemi di curve e di superficie (Ivi, t. 3°, 1889). 782 CORRADO SEGRE mente la sua soluzione non mi pareva completa. Vista l’impor- tanza, e quasi direi l'urgenza della cosa, io ho cercato se, va- lendomi di alcuni concetti contenuti nella mia memoria, quella soluzione si potesse completare, od anche sostituire con un'altra più soddisfacente. Ed in quell’ultima parte ho spiegato i miei dubbi, ed ho accennato la via che mi pareva si potesse seguire per togliere ogni lacuna. Ecco tutto! Ognuno che legga il mio lavoro si persuaderà che esso non è in alcun modo diretto a combattere il Prof. Del Pezzo, come questi per ragioni estranee ha potuto pensare (*)! Gli è che — non battaglie, ma pace e unione domanda la scienza ai suoi cultori! Per la risoluzione degli ardui problemi che essa presenta, la ricerca, che oggi da uno scienziato è solo avviata, domani verrà compiuta da un altro. E l'errore che oggi all’uno sfugge, domani un altro cor- reggerà (è tanto facile errare; ed è pure indispensabile correg- gere gli errori!). Nè offese, nè rancori dovrebbero esservi in ciò: ma invece piena concordia, nel pensiero comune di contri- buire ai progressi della scienza! Lo scopo, modesto, della mia memoria è indicato nella breve introduzione. Ivi, dopo aver citato i lavori del sig. Noether, che hanno dato alla geometria una teoria delle singolarità delle curve piane algebriche basata sulla considerazione di un punto singolare come composto di un numero finito di punti multipli infinitamente vicini fra loro (concetto a cui si giunge eseguendo una successione di trasformazioni col punto singolare come punto fondamentale), ho soggiunto: “ L’analogo concetto nelle ricerche “ sulle singolarità delle superficie algebriche non è stato ancora “ introdotto, almeno con una certa ampiezza: sebbene possa riu- (*) Egli ha voluto ricordare, fra le sue Osservazioni, il fatto che nel 1893 io feci parte di una Commissione che esaminò aleuni suoi lavori e ne diede un giudizio non completamente favorevole. Non vedo quale re- lazione possa avere ciò con la mia memoria! Basti dire che questa è com- parsa ora che il sig. Del Pezzo non può più ricever danno da alcuna Commissione; e che le due Note citate dianzi in cui, come dissi, ho rile- vato qualche lacuna, non sono fra quelle che dovette esaminare la citata Commissione. Ad uno solo dei lavori del sig. Del Pezzo esaminati allora, cioè a quello Intorno ai punti singolari delle curve algebriche (* Rend. della R. Accad. delle Scienze di Napoli ,, 1893), ho mosso un’obbiezione nella mia memoria: perchè l'argomento lo esigeva. INTORNO AD UNA MIA MEMORIA « SULLA SCOMPOSIZIONE, ECC. » 783 “ scire anche qui sommamente fecondo, ed in certi casi appaia “ assolutamente essenziale. Ad esso io mi propongo, in questo “ lavoro, di portare qualche contributo; facendone alcune appli- “ cazioni ..... s. Non ho fatto qui citazioni di quanto si aveva già sull'argomento, perchè mi riserbavo di farle, come le ho fatte poi, nel seguito del lavoro. Del resto — è forse bene dirlo più nettamente — è pure, secondo me, al sig. Noether che si devono attribuire le prime cose che si sian publicate intorno alla scompo- sizione, o meglio alla risoluzione delle singolarità delle superficie algebriche; poichè egli di questa risoluzione parla esplicitamente nella 2° Nota “ Ueder die algebraischen Functionen , (4 Gittinger Nachrichten ,, 1871), che ho citata nell’introduzione e poi anche nel seguito. Veggasi il passo che ne ho riportato in nota alla pag. 47 della mia memoria. Posso anche aggiungere ora la ci- tazione di altri due passi di lavori posteriori del sig. Noether, nei quali si adopera la riduzione delle singolarità delle super- ficie: nella pag. 356 del vol. 29 dei “ Math. Annalen , (1886-87), ove di nuovo trasforma una superficie algebrica F mediante superficie w passanti semplicemente per tutti i punti e linee multiple di F, affine di ottenere nella superficie trasformata delle singolarità più semplici; e poi nella nota alla pag. 551 del vol. 33 del medesimo periodico (1888-89), ove si rileva che un certo punto singolare, che compare in una classe di superficie del 4° ordine razionali, si può, eseguendo una trasformazione qua- dratica, riguardare come equivalente ad un punto doppio ordi- nario ed un tacnodo, infinitamente vicini (singolarità esaminata nel n. 21 del mio lavoro, ove mi sfuggì il fatto che essa già si era presentata al sig. Noether). — Malgrado ciò, è indubi- tato che ancora non possediamo (e questo io intendevo dire con alcune parole, che ho riportato, dell’introduzione) una teoria della composizione delle singolarità delle superficie algebriche mediante multiplicità successive, che sia paragonabile con la teoria del Noether relativa alle singolarità delle curve piane! Ora qui il sig. Del Pezzo mi rimprovera (pag. 1 e 2 delle Osservazioni) di non avere citato, nell’introduzione od altrove, il suo lavoro “ Intorno ai punti singolari delle superficie alge- briche , (* Rendic.i Palermo ,, t. 6°, 1892). M’affretto a rispon- dere che io lo avrei certo nominato (come già avevo fatto in un'altra memoria), sia pure come citazione di lusso, se avessi 784 CORRADO SEGRE pensato che il Del Pezzo poteva interpretar male quell’omis- sione. Ma, se non ho pensato spontaneamente a citare quella Nota, gli è che il concetto pel quale solo era possibile riferirsi ad essa, quello cioè di risolvere le singolarità delle superficie me- diante successive trasformazioni Cremoniane, è dovuto, come ho detto, al Noether, e non al Del Pezzo. E d'altronde nelle prime parti della mia memoria non si tratta di far sparire le singo- larità, ma invece di esaminarne, per così dire, la struttura; e nell'ultima parte si tratta, è vero, di sciogliere le singolarità, ma come posson fare le trasformazioni birazionali della super- ficie, non quelle Cremoniane dello spazio, che vengon considerate nella Nota del sig. Del Pezzo. Infine, non si trova in questa alcuna proposizione che io abbia pure data nel mio lavoro, e per cui quindi dovessi fare quella citazione! (*) Debbo ritornare su quanto ho già detto intorno allo scopo della mia memoria, per rispondere ad altre osservazioni e cri- tiche del sig. Del Pezzo. È ben chiaro, dal titolo stesso e dalla già citata introduzione, che io non ho punto pensato di voler fare una teoria completa delle singolarità! Per ogni punto sin- golare 0 di una superficie algebrica F io ho considerato solo alcuni caratteri, i caratteri di composizione 8, 8'., Say... (cioè la multiplicità immediata s, le multiplicità dei punti infinita- mente vicini nelle varie direzioni, ecc.). E nella nota alla pag. 4 ho scritto le seguenti parole che debbo riportare qui, per mag- gior chiarezza, ed anche perchè sembrano sfuggite al sig. Del Pezzo: “ Non occorre dire che con ciò non si hanno ancora “ tutti i caratteri che sono da studiare nei punti singolari delle “ superficie algebriche! Così le singolarità del cono tangente in “0 ad F (cioò..... della curva corrispondente ad O sulla 1% su- (*) La detta Nota del sig. Del Pezzo è fra quelle che dovette giudi- care la Commissione di cui ho fatto cenno precedentemente. E l’importante problema che (con altre cose) vi è trattato, della riduzione delle singolarità mediante trasformazioni Cremoniane, non pare a me che vi sia completa- mente risolto! Se qualcuno in avvenire ritornerà su questo problema, e pur profittando di tutto quanto vi è di utile in quella Nota (come l’uso di trasformazioni monoidali per trasformare le curve singolari, ecc.), rileverà ciò che non sembra esatto, e tenterà di rimediarvi, voglia il prof. Del Pezzo interpretare la cosa in modo più sereno di quanto non abbia fatto pel caso mio! INTORNO AD UNA MIA MEMORIA « SULLA SCOMPOSIZIONE, ECC. » 785 “ perficie trasformata di F .....) potranno spesso fornire dei nuovi «“ caratteri; ecc. Anche pei punti singolari delle curve piane si “ sa che oltre ai caratteri s, s';, 3”, ..., vi son da considerare “ le diramazioni; pei punti singolari delle superficie vi son cose «“ analoghe. — Ciò apparirà anche dal seguito ,. I caratteri ul- teriori delle singolarità delle superficie a cui qui alludevo sono evidenti per chi conosce la teoria di Noether delle singolarità delle curve piane, ed il modo come in essa si presentano i ca- ratteri di diramazione. Saranno cioè dati dai contatti (mentre i caratteri di composizione son dati dalle multiplicità) che le sue- cessive superficie trasformate di F_hanno, in punti isolati od in linee, con le successive superficie fondamentali delle trasfor- mazioni (piani, se si tratta di trasformazioni quadratiche) cor- rispondenti agl’intorni del punto singolare O e poi dei suoi tras- formati. Di tal natura sono i caratteri r;, 7», ... che cita il sig. Del Pezzo nelle sue Osservazioni, riportandoli dalla sua Nota « Intorno ai punti singolari delle superficie algebriche ,. Ma il rim- provero che egli mi fa ripetutamente, e in particolare a pag. 9, di aver messo da banda quei numeri r; e di avere così definito incompletamente le singolarità non sussiste! La mia memoria era destinata solo ai suddetti caratteri di composizione, e non ad altri (*). Gli altri vanno pure studiati ulteriormente, e sono pure essenzialissimi. Ciò nondimeno per alcune questioni, in par- ticolare per quelle trattate nella mia memoria, basta conside- rare di ogni singolarità i caratteri di composizione: non occorre considerarne altri. — Vi sono poi alcune singolarità che si possono definire con quei soli caratteri (non tutte, ripeto ancora: basti citare il punto doppio biplanare generale !). Per esempio, sta la proposizione da me data, e di cui il Del Pezzo dubita, che un punto doppio a cui siano infinitamente vicini due punti doppi, in due direzioni distinte (e quindi anche un terzo), è un punto doppio uniplanare; e viceversa. Accenno ancora, rispondendo a qualche critica minuta, che (*) Un'altra limitazione si trova nel mio lavoro, ed appare anche dal titolo. Non è fatto uno studio profondo della composizione delle Zinee sin- golari: studio che pure importa molto di fare! Per altro mi pare di aver tenuto conto, con rigore, del presentarsi spontaneo delle linee singolari nella trasformazione dei punti singolari isolati. 786 CORRADO SEGRE nel n° 2 della mia memoria il fatto che si otterrà un numero finito di valori per s'’ era per me una conseguenza evidente (dopo le considerazioni ivi svolte) di quella stessa algebricità della superficie che a ragione il sig. Del Pezzo (Osservazioni, pag. 7) intende invocata, come io pure intendevo, nel successivo n° 3; badando però che qui io non bo presentato una certa con- siderazione intuitiva (usata già in questioni analoghe) come una vera e propria dimostrazione del fatto che la graduale scom- posizione della singolarità mediante le successive trasformazioni quadratiche ha termine; ma invece ho rimandato, per una dimo- strazione più completa e rigorosa, ad una Memoria del sig. Kobb, ed anche (nella nota alla fine del lavoro, pag. 53) ad una di- mostrazione geometrica di un mio discepolo (*). E passo ad una critica, d’'indole più generale, che ritorna con insistenza e che si riferisce di nuovo all'essenza del mio lavoro. Nei n' 4-6 io ho considerato, in pari tempo con la super- ficie algebrica F avente il punto singolare 0, un ramo (com- pleto) y di curva algebrica passante per 0. La multiplicità di intersezione in 0 di y ed F è espressa, come ho dimostrato, dalla formola vs+vs'itv’s’a tu se nel punto 0 e nei successivi, che son comuni alla superficie F ed al ramo vr, quella e questo hanno rispettivamente le sue- cessive multiplicità s, s';, sx, ..., e v, V, v, ... Questa sem- plice formola, simile ad una nota formola del sig. Noether per la multiplicità d’intersezione di due curve piane, è utilissima. Non solo con essa si possono calcolare le multiplicità d'inter- sezione di una curva ed una superficie nei loro punti comuni: ma è in base ad essa che ho potuto definire le locuzioni rela- tive a punti multipli successivi, infinitamente vicini, di una super- ficie algebrica in guisa che la definizione non esiga più consi- derazioni d’infinitesimi, e nemmeno le trasformazioni quadratiche successive che possono sostituire queste considerazioni. E a quel (*) Spero di veder presto pubblicata questa dimostrazione: tanto più che stando a quanto il suo giovane autore, sig. Beppo Levi, mi comunicò, un minuto esame dei calcoli fatti dal sig. Kobb non lascierebbe pienamente soddisfatti. INTORNO AD UNA MIA MEMORIA « SULLA SCOMPOSIZIONE, ECC. » 787 modo che la multiplicità (immediata) s di una superficie F in un punto 0 è data dalla multiplicità d’intersezione di F in O con le rette (generiche) passanti per questo punto, così si pos- sono determinare le multiplicità s';, sx, ... dei punti di F_suc- cessivi ad O cercando la multiplicità d’intersezione in O di F con rami di curve algebriche tangenti, osculatori, ecc. ad F in O, da scegliere in modo opportuno. L'ultima parte della mia memoria dà un esempio di applicazione di questo metodo, che, ripeto, mi pare utile assai. — Ora il Prof. Del Pezzo scrive che la formula sopra riportata (e così pure un’altra che ne è un caso particolare) “ può essere vera o falsa ..... s © quindi ri- tiene errate tutte le applicazioni che io ne faccio (Osservazioni, pag. S, 9, 12). Della mia dimostrazione, semplicissima anch'essa, non parla: ed invece cita due esempi elementari che, secondo lui, contraddicono a quella formola. Eccoli. Nel 1° (pag. 8) si tratta dell’intersezione di un cono quadrico F con una curva y, la quale stia nel piano tangente al cono lungo la generatrice ò, ed abbia un contatto /-punto con questa retta è in un punto O. Non so come, il sig. Del Pezzo trova che la mia formola darebbe solo 7 -+ 1 intersezioni di y ed F in O (defrauda y di h—1 delle sue intersezioni con F!). Invece essa dà precisa- mente la multiplicità d’intersezione 2%, perchè sono 2% i punti successivi (tutti semplici) comuni a Y ed F: difatti occorrono 2h trasformazioni quadratiche successive perchè la curva e la superficie trasformate cessino di avere comune un punto corri- spondente ad 0! Nel 2° esempio (pag. 9) si ha una superficie F con un punto doppio uniplanare O il cui piano tangente sia w, ed un ramo y di terz'ordine con l’origine O ed il piano oscula- tore w. Eseguendo le successive trasformazioni quadratiche, si verifica che i punti successivi comuni a y ed F, oltre ad O (che corrisponde a s=2, v= 3), sono tre punti semplici: e però sta quanto dice il sig. Del Pezzo, cioè che la mia formola dà come multiplicità d’intersezione di y ed F il numero 9. Ma questo numero è proprio giusto: e sbagliato è invece il numero 10 che il sig. Del Pezzo asserisce essere il vero! (*) Può accorgersene (*) Pare che egli l’ottenga servendosi dei suoi numeri ri; ed anzi m'in- vita a correggere la mia formola, completandola con l’introduzione di questi numeri! 788 CORRADO SEGRE subito ricorrendo, anzi che al mio metodo, alla rappresentazione del ramo y mediante sviluppi in serie. Oppure consideri il caso particolare che 1 sia una curva giacente nel piano w (con la tangente in O diversa dalle 3 tangenti singolari di F): allora si tratterà delle intersezioni di due curve piane; diventa evi- dente che la multiplicità d’intersezione è proprio 9! — Dopo ciò, chi rilegga i commenti che il Prof. Del Pezzo fa a queste mie pretese inesattezze (particolarmente a pag. 9), ne riceverà un'impressione ..... che io non starò a dire! Dirò invece, terminando, una parola in difesa di quanto ho accennato nel n° 32 della mia memoria intorno al problema di determinare in uno spazio conveniente una curva priva di punti singolari, della quale una data curva algebrica con singolarità qualunque sia proiezione. La via che ho indicata, e che, come ho detto, è contenuta sostanzialmente nei lavori dei sig.’ Brill e Noether e del sig. Veronese, si può seguire perfettamente senza quella specie di contraddizione che, se bene ho inteso, par di vedere al sig. Del Pezzo (Osservazioni, pag. 10-11). Essa si basa sui teoremi relativi alle serie lineari di gruppi di punti sopra una curva algebrica, i quali, come si sa, furono stabiliti per curve comunque singolari senza basarsi in alcun modo sul particolare problema di cui qui sì tratta. Chè se, nella risoluzione di questo problema per una data curva piana f do- tata di singolarità superiori, si vuole evitare l’uso delle curve aggiunte ad f, basterà fare una trasformazione Cremoniana del piano che riduca la curva f ad una f' dotata di sole singolarità ordinarie; e dopo ciò considerare le serie lineari su f'. È quella una trasformazione preliminare che si suol fare anche quando con una trasformazione birazionale della sola curva f si vuole ridurre questa ad una curva piana non avente altri punti mul- tipli che nodi. Certamente col metodo che ho detto il problema è risolto! — Invece non si risolve (ho avvertito nella mia me- moria} trasformando la curva piana f(x) = 0 mediante il sistema di curve D_D x ==) dove \,}.}; sono forme delle x dello stesso ordine, a coefficienti pienamente indeterminati: vale a dire la curva ©, di uno spazio INTORNO AD UNA MIA MEMORIA « SULLA SCOMPOSIZIONE, ECC. » 789 superiore, che così si ottiene come trasformata di f, non sarà sempre priva di punti singolari, come aveva detto invece il sig. Del Pezzo nella Nota “ Intorno ai punti singolari delle curve algebriche ,, già citata. In prova di ciò ho dato un esempio, di cui è caso particolare quello che f abbia un tacnodo 0: in questo caso C avrà in corrispondenza ad O un punto doppio. Il Del Pezzo risponde (Osservazioni, pag. 12) che«io non m’accorgo che basta assoggettare le forme X ad una certa condizione perchè la tras- formata di f non abbia un punto doppio in corrispondenza di 0. Ma disponendo, come egli ora vuol fare, in modo conveniente dei coefficienti che compaiono nelle \, la trasformata di f non sarà più la curva C della sua Nota citata, ni 17 e 18, la quale proveniva (com'era detto e confermato) dal ritenere i coefficienti delle \ pienamente indeterminati. La curva C di quella Nota potrà avere benissimo, come io ho dimostrato, dei punti mul- tipli! Il sig. Del Pezzo adesso, in luogo della €, considererebbe una sua projezione in uno spazio inferiore: nel caso particolare suddetto la projezione di C dal punto doppio. Ancora dovrebbe spiegare come sì possa în ogni caso projettare la C in modo da ottenere una curva priva di punti multipli. Comunque sia, si tratta ora di una cosa diversa da quella che io avevo criticata. La mia critica era esatta! Ho dovuto per forza, difendendo quanto io aveva detto di quel problema, ritornare sull’obbiezione da me fatta alla Nota del sig. Del Pezzo. Non starò invece a ribattere contro ciò che questi dice degli altri suoi lavori e della sua nozione di singo- larità delle superficie: poichè, come già dissi, tale non è lo scopo di questo mio scritto. Esso è diretto unicamente a scagionarmi di alcune critiche che mi furon fatte. Pel resto ..... giudichino i lettori! 790 ONORATO NICCOLETTI Sulla trasformazione delle equazioni lineari omogenee del secondo ordine a derivate parziali con due variabili indipendenti. Nota 1* del Prof ONORATO NICCOLETTI a Roma. In un lavoro, che ha lo stesso titolo del presente, in pub- blicazione negli Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa, ho trattato il problema di determinare tutte le funzioni composte linearmente ed omogeneamente coll’ integrale 2 di un'equazione lineare omogenea del 2° ordine e colle sue deri- vate (o le cui derivate sono tali funzioni lineari omogenee); le quali per ogni forma dell’integrale 2 soddisfano anche esse ad un'equazione lineare omogenea del secondo ordine. Ho indicato queste trasformazioni dell'equazione in 2 rispettivamente col nome di trasformazioni differenziali ed integrali e ne ho date le principali proprietà. Mi propongo ora di studiare una classe molto più estesa di trasformazioni delle equazioni del secondo ordine, che com- prende come caso particolare la teoria delle trasformazioni dif- ferenziali ed integrali (e delle loro inverse), e che è originata dal problema seguente: Essendo 2 l'integral generale di un'equazione lineare omogenea del secondo ordine con due variabili indipendenti, trovare tutte le funzioni w della forma: w= Tax t 2 RA; (dove da da'dgl* A,=Pdr + Qdy; Zik = essendo P, e Q; funzioni lineari omogenee dell'integrale 2 e delle sue derivate); le quali per ogni forma della funzione 2, integrale dell'equazione data, soddisfano ad un'equazione analoga. SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 791 Una tale funzione w si dirà ottenuta dalla 2 (e l'equazione in w da quella in =) mediante una trasformazione integro-diff'e- renziale. Alla teoria di queste trasformazioni si riconduce lo studio (da me omesso nel lavoro ricordato) della composizione delle trasformazioni integrali e la ricerca delle relazioni tra due diverse trasformate della funzione 2 (e della sua equazione). Per il loro studio servono i concetti fondamentali già svolti da me nella teoria delle trasformazioni differenziali ed integrali, ed i risultati ivi ottenuti, che avrò più volte occasione di ri- chiamare ‘’. Ho diviso il lavoro in due parti: nella prima, che forma l'oggetto della presente nota, do gli elementi caratteristici delle trasformazioni integro-differenziali; nella seconda, che farà se- guito prossimamente, ne studio ulteriori proprietà e do in par- ticolare le relazioni che le legano alle trasformazioni differen- ziali ed integrali. SI Il teorema fondamentale. Le trasformazioni generali. 1. Sia, colle notazioni di Monge: (1) A(2)= ar + 2bs + ct + 2dp + 2eq + fa=0 l'equazione data, ed: (2) w=T0r2x 4 2 BA: (dove ik ho (8) za= È 3a: AS Pide + Qdy) una sua trasformata integro-differenziale, che per ogni valore di 2 integrale della (1) soddisfa quindi ad un'equazione: AE TERA dWw , on dw dw E (4) P(w)=A; 3 +12B;a la +2D37 +2E dy +Fw=0. (!) Cfr. Sulla trasformazione delle equazioni lineari del secondo ordine, ece. (£ Annali della R. Scuola Normale Sup. di Pisa ,, 1897). Nei frequenti ri- chiami a questo lavoro lo indicherò colla lettera T. 792 ONORATO NICCOLETTI È chiaro allora innanzi tutto, che, essendo ognuno degli integrali A; determinato solo a meno di una costante additiva arbitraria, ciascuna delle funzioni 8, sarà una soluzione parti- colare della (4); si avrà cioè: (5) P(8)=0; sarà quindi più opportuno, per rammentare questa proprietà, scrivere w, al posto di f,. Inoltre la condizione d'integrabilità per ciascuna delle fun- zioni A, sarà soddisfatta in forza della equazione in 2; essa avrà dunque la forma: d+v (10, AG)) dP dQ (6) MI IENNENICA I = N) + Zuy del! dy” , dy dr donde, con un ragionamento noto !, segue che la u, è una so- luzione particolare della equazione aggiunta della data: 1) © = gd a A puma, od anche: d% (75) 0()= at Meicah sir pe +20, 35 e sy tfiu=0. Questa soluzione wu; si può di più supporre diversa da zero; altrimenti, a meno di parti identicamente nulle, P, e Q; sareb- bero le derivate di una funzione lineare omogenea in 2 e nelle sue derivate, e quindi l’integrale A, sarebbe soltanto apparente. Da formule note si ha allora: | P,= wufl:(2) — 2, (u) +3; ® | Qq=— A (2 + =D (1) +ì Na 3 essendo A;, ®, le componenti del 1° ordine ‘’ delle due espres- (!) Vedi Dannoux, t. II, pag. 72 e 181. (®) Cfr. T. cap.I, n.2. SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 793 sioni differenziali A() e ®(u) e 8 un aggregato lineare omo- geneo in = e nelle sue derivate. Introducendo allora queste fun- zioni @; nella parte esplicita di w, questa prenderà la forma: (2°) w=XZaazat x wf}wAx(e)—P(u){de—)wA(2)_—=D(#)jdy, alla quale possono anche sostituirsi infinite forme equivalenti, nelle quali però sotto il segno integrale compariscono soltanto la 2 e le sue derivate prime. Ma, tranne in casi particolari, noi riterremo sempre la forma (2*), che diremo normale. Possiamo di più supporre che le funzioni w; e le «; siano (rispettivamente) linearmente indipendenti, altrimenti potrebbe diminuirsi il numero degli integrali A;; ed anche nella parte esplicita di w possiamo supporre siano state fatte tutte le pos- sibili riduzioni, usando della equazione in 2 e delle sue derivate: di guisa che, quando la w sia scritta sotto la forma (2*), noi riterremo sia p il numero minimo di integrali A; atto ad espri- merla; e se nella parte esplicita sarà 0 5 EE PRE, Sa = non siano risolubili rispetto a p e a 9, quando cioè si abbia: (!) Cfr. T. cap. II, n. 14. 800 ONORATO NICCOLETTI (18) a — A(Zuwu=0. (A=8 — ac) Questa condizione si scinde a sua volta nelle due altre: (18,) a=0); Zwu=0; (18,) a=+/A.Zww, (Zw,u = 0); la seconda delle quali è possibile solo nei casi iperbolico e pa- rabolico. Noi divideremo per questo le trasformazioni singolari in due classi : 1° quelle appartenenti soltanto alle equazioni dei tipi iper- bolico o parabolico (per le quali si ha dunque o m>0, oppure Zw;, u==0); 2° quelle per le quali si ha m=0, 2w, u=0. L'una e l’altra classe vanno studiate separatamente. $ II Le trasformazioni singolari della prima classe. 5. Come abbiamo detto al N° ant., sono queste quelle trasformazioni, che appartengono soltanto alle equazioni dei due tipi iperbolico e parabolico. Noi discuteremo separatamente i due casi, supponendo l'equazione in 2 ridotta alla rispettiva forma normale. Cominciando dal caso iperbolico, scriveremo l'equazione in 2 sotto la forma: (19) st+ap+bg +ce=0. L'espressione di w potrà allora seriversi, per un'osservazione fatta al n.1: (20) w= az + a1210 +... ++ dmzmo + BZ + "i LT Bazont + w,0, + ws0% +... + w,0, = (m,n) + 3,w0: (*) Cfr. T. cap. II, n. 14 ed ‘anche Darsovx, Legons, vol. II, pp. 172-176. SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 801 dove: (21) c;=fuA.(2)dr+20(u)dy=fu(p + d2)de +2 | = _ cu }dy è il simbolo di una delle due trasformazioni integrali singolari del 1° ordine delle equazioni del tipo iperbolico ©. Conviene allora distinguere tre casi : a) i numeri m ed » sono tutti due diversi da zero; è) uno solo di essi lo è; c) tutti due i numeri m ed » sono uguali allo zero. In quest’ultimo caso, dovendo essere soddisfatta la (18,) (la quale però è relativa alla forma di w che abbiamo chiamata normale), dovrà w aver l’una o l’altra delle due forme: (20*) w=w,01+ws0: + ... +w,0,; w=w,T+wst:+...{wWpT, dove: (22) 1=feO (dr +uA(e)dy = 2 (Re —_ bu, da bug +a2) dy è il simbolo dell’altra trasformazione integrale singolare del 1° ordine dell’equazione in 2. a) Siano ambedue i numeri m ed » diversi da zero. La (19), la (20), e l'equazione in w formano ancora un si- stema completo; derivando quindi la funzione w rispetto ad x e ad y, potremo ottenere 2mi10, Zon+1 in funzione delle derivate della stessa forma e di ordine inferiore, degli integrali A; e delle derivate di w. Ne deduciamo, con un ragionamento affatto identico a quello del caso generale, che w dovrà annullarsi per I=m+n+p soluzioni particolari, linearmente indipendenti, dell'equazione in 2 ed essere determinata da questa condizione a meno di un fattore di proporzionalità; potremo dunque seri- verla sotto forma di determinante: Z Zio 220 «-- Zmo Zoo or n Zon 01 Os ... 0 (9) | Ri (21)10 (21)%0 ser (21) mo (2a (2i)or (2.)on 0) 0} ... 9; Li Lie | . |Z (zi)io (2))20 see (2i)mo (eda (edo: TE) (20 ohi Ch E 0} , (4) Cfr. T. cap. II, n:27 802 ONORATO NICCOLETTI avendo al solito indicato con 2;, .... 2; le soluzioni particolari della (19), che annullano w. Inversamente la condizione trovata ora come necessaria, è anche sufficiente. Indicando infatti con 2,,, un'altra soluzione della (19) e considerando il sistema di equazioni lineari : +1 +1 ( > K_s8 (24) e=Z#%1 Vi tro (2; )hoVis 2u=Z(2 )oxDi ; î) o=Z0n: =1,2.. pare: ni; (dalle quali v,,, è definito proporzionale ad w), un processo af- fatto identico a quello del caso generale dimostra che la #1 (e quindi la w) soddisfa ad un'equazione del tipo iperbolico, che si può scrivere sotto forme diverse, alle quali corrispondono altrettante soluzioni 0,, O... 0; dell'equazione aggiunta, i cui rapporti sono definiti dalle relazioni: l g==1,2... (5) xot0.=0; Flem0=0; Fle)a 0,20, pics. 1 k=1,2..,n-1 Nello stesso tempo sono conosciute p soluzioni dell’equa- zione in w, che sono i coefficienti di 0,, 03.....0, nel determi- nante (23). Essendo infine le funzioni o* determinate a meno di costanti additive, l’espressione di w conterrà in sè /p costanti arbitrarie; donde segue un'osservazione simile a quella del caso generale. 5) Uno dei due numeri m ed » (ad es. ») sia uguale allo zero: scriveremo allora w sotto la forma: (26) = w=Ae+ and) + è (en+ db) + seta PE (20+ 82) + #01 + w,0, + ... + w,0, Allora, quando sia A==0, un ragionamento identico a quello superiore dimostra che w deve annullarsi per m-4p soluzioni (!) Quando sia m=0, basta scambiare x con y e sostituire agli inte- grali o; gli integrali Ti. SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 803 particolari dell'equazione in 2: quando sia invece A=0, ponendo p+bde==', l’espressione di w diventa: (26*) w=a"2"'+082",0-+...{0m2"m-n0 4 W0"14 ws0"8+ ...+Wwp0'p; e si può quindi ripetere per la =' il medesimo processo. Ne concludiamo che la w o si annullerà per m+p—X soluzioni particolari di una conveniente trasformata di Laplace 2! della = (e quindi anche per altrettante soluzioni dell'equazione in 2); oppure quando sia X = m, essa avrà la forma: (26**) w=Xel + wo + wo! + ... + w,00); si dedurrà cioè dalla =‘ con una trasformazione [0, p]. Sono allora possibili due casi: o questa trasformazione è generale ed allora la w si annulla per p soluzioni particolari della equa- zione in el, e quindi anche di quella in 2; oppure questa tras- formazione è singolare ed allora appartiene a quelle che dob- biamo ancora discutere. È chiaro inversamente che queste condizioni, oltrechè ne- cessarie, sono anche sufficienti ®. e) Siano infine i due numeri m ed » ambedue uguali allo zero. Scriveremo allora w sotto la forma: (27) w= Ww0, + ws0g + ... + w0, Calcolando allora le derivate prime e seconde di w: di =(p+b2)zwu+ Di Gi; Se neu, ©(u) +33 dg - Ei Pu Lizmm pap ppe+3 dg; (28) DI du drdy — = — APZwWw;u; ul B'2 “ina dady I ì e: 3 = AZw®(u)+ pla + Ta Vi g (!) Basta infatti occuparsi del caso che non vi siano delle trasforma- zioni di Laplace e in questo caso il ragionamento è quello precedente. 804 ONORATO NICCOLETTI è chiaro che, quando sia 3w, ®; (v;)==0, anche l'equazione in w apparterrà al tipo iperbolico ed avrà la forma normale ed inoltre il sistema formato dalle (19), (27) e dalla equazione in w sarà al d'w dy” r e qin funzione di = e di p e degli integrali 0,, ne deduciamo ancora che w dovrà annullarsi per p —1 soluzioni particolari dell'equazione in 2. Quando sia invece zw, ®, (u)=0, ponendo 2'=p-+z, ed indicando con v' l'integrale della equazione aggiunta a 2’, sì avrà: 9, solito un sistema completo. Traendo allora dalle derivate do) (27*) wa SwWT; colla condizione ulteriore Zw;w',= 0; cioè la w si deduce dalla 2" con una trasformazione singolare della seconda classe. Inversa- mente le condizioni trovate ora come necessarie sono anche sufficienti. La discussione completa delle trasformazioni singolari delle equazioni del tipo iperbolico può dunque riunirsi nel teorema seguente: Condizione necessaria e sufficiente, perchè un’ espressione w della forma: w=(m,n) + Zi wo, (C=fSuA,(2)dr + 2®;(u,) dy) soddisfi, per ogni valore di 2, integrale della (22), ad un'equazione analoga è che w si annulli per m4-n+p soluzioni particolari, linearmente indipendenti, della equazione in 2. L'espressione di w contiene allora implicitamente p(m 4+-n+- p) costanti arbitrarie, che dànno luogo ad una serie di equazioni di uguale infinità, tutte corrispondenti alle medesime soluzioni 2; dell'equazione data, u; del- l'aggiunta. Questo teorema generale ha dei casi di eccezione: Quando uno od ambedue i numeri m ed n siano uguali allo zero, (pur essendo in quest’ultimo caso Zw;u,== 0) la funzione W si può dedurre da una certa trasformata di Laplace 2 della = 0 con una trasformazione superiore o con una della seconda classe. SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, Ecc. 805 6. -- In modo perfettamente analogo si fa lo studio delle trasformazioni singolari delle equazioni del tipo parabolico. Scritta l'equazione in 2 sotto la forma normale: 29) r+2ap+ 259 + ce=0, l’espressione di w avrà la forma: (30) w=az+ an + a+ ... + 02m 4 Bi10 + Bezu + «+ Bm&,m-1 + Wip1 + Wops + ... + WppPps dove n < m, e: 31) pi= SiuAx(2) — eDa(u) {de — } A (2) — ed (4) { dy= = f20u,edre — (up — 2 a) dy è il simbolo della trasformazione integrale singolare del 1° or- dine della equazione (29) ©‘. Quando poi nella parte esplicita di w manchino le derivate della 2, essa avrà la forma: (30*) WIP + Wp +... + Wp) (con Zw;+0). Nel primo caso, in cui w ha la forma (80), si dimostra col solito processo ©! che essa deve annullarsi per 2m + p — 1 so- luzioni particolari dell'equazione in 2 ed essere determinata da questa condizione. Ne segue che deve essere n= m — 1; ed w si potrà scrivere sotto forma di determinante: % Zoo Zoe «e Zom1 Zlo 1 e ce Zim1 Pr Peo Pp feb (2a (21)oe... (2)oma (21)10 (2)u (2) (2) pi pas Pp | 2 (2a (zi)oe ... (2)oma (21)10 (2)u (ie «ee (Cima pi Pes: BE , (!) Cfr. T. cap. III, n. 27. (3) €fr. T. cap. II, n. 15. 806 ONORATO NICCOLETTI dove /=2m+p— 1, 21, 22... 2; sono le soluzioni particolari che annullano w, e: C ò bite nlg \ Ui | pî = |2bueydx — | Pa % sE | dy. Inversamente, indicando con 2; un’altra soluzione della (29), le equazioni lineari nelle funzioni »;: l+1 +1 I+1 (33) Zon 2. (2) Vis Cu Zi()udii pi== Za pi Vii (k=0,1..m—-1;t=1,2...p) (da cui in particolare si ha vw, proporzionale ad w) differenziate in modo opportuno, dimostrano che v 4, (e quindi w) soddisfa ad un'equazione lineare del secondo ordine (che il calcolo effet- tivo mostrerebbe esser del tipo parabolico ed aver la forma nor- male); e fanno insieme conoscere {= 2m + p — 1 soluzioni par- ticolari 0,, 0; ... 0; dell'equazione aggiunta a quella in w, i cui rapporti sono definiti dalle relazioni: 1 (Ta li li I (34) Zi pi 0; — 0; 2a (2a (0) —_ 0 , Zi (2) 0, = 0; (h,k=0;1,2..m— 2 t=1j2... p). Quando poi w abbia la forma (30*), vale un ragionamento analogo (cfr. il n° 5); w dovrà annullarsi per p—1 soluzioni particolari dell'equazione in 2: avrà dunque la forma: | Pi Pa P3 + Pp Pi Pi PI (35) ws | 1 1 1 1 | PIO PE PS PE e questa condizione oltrechè necessaria è anche sufficiente. In- dicando infatti con 2, un’altra soluzione della (29) e differen- ziando le equazioni lineari: p (36) p=Zpiv, (t=1,2... p) SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 807 (dalle quali al solito si ha v = w), si hanno le relazioni: p dvi 2,3 piu — wpii si —U (37) tl A sf dvi TE: fu Mogu pi, dogma pil dre); Fi Piu — Bus ag dy T9 Di qu dr Pi U, dr Pi dr 0: dalle quali segue ancora che w soddisfa ad un'equazione del tipo D parabolico e si vengono a conoscere p — 1 soluzioni O, ... 0, del- l'equazione aggiunta, i cui rapporti sono dati dalle relazioni: DO , pal (38) Z}piwu— piu{0;=0. (ss Possiamo dunque enunciare il teorema: Una trasformazione singolare (della 1° classe) di un’ equa- zione del tipo parabolico (scritta sotto la forma normale) ha l'una o l’altra delle due forme: w=az+ 209%. + Om-1%0,m-1 + Brizio + Bezu +». Be ;in BmZi,m=1 sia Wi Pi th Was pa str SCO Sp WpPpi W — Wp, k WpPa = -«- =t WpPp; (2w; wu; = 0) e si annulla nel primo caso per 2m +4 p— 1, nel secondo per p— 1 soluzioni particolari dell'equazione in 2. Una tale funzione w contiene implicitamente p(2m + p — 1) costanti arbitrarie nel primo caso, nel secondo p(p— 1). IV. UN Le trasformazioni singolari della seconda classe. 7. Dobbiamo ora studiare le espressioni w della forma: (89) w=Zw,A, dove le w,; e le u; sono legate dalla relazione identica: 808 ONORATO NICCOLETTI (40) z, wu, 0. LI Più generalmente noi supporremo che insieme colla (40) siano soddisfatte altre relazioni della forma: (41) “Ue È chiaro innanzi tutto, tenendo conto della equazione a cui tutte le «; soddisfano, che, ove le relazioni (41) siano sod- disfatte per tutte le derivate delle «, fino ad un certo ordine e per due (non del tutto arbitrarie) dell’ ordine immediatamente superiore, lo saranno soddisfatte da tutte quelle di questo or- dine; ciò viene evidentemente a ridurre di molto il numero di quelle tra le (41) effettivamente distinte. Supponiamo allora che tra Je (41) figurino intanto tutte le derivate delle v, fino all'ordine massimo % (quando ciò non ac- cada basterà fare 4= 0); derivando la w fino a questo ordine &, si avrà: (42) Wi = 5, (Wi) A; ; O=i4+=E (e le relazioni ottenute saranno in numero di 2k +41 indipen- denti ‘); considerando invece le derivate della w di ordine X + 1, per l'ipotesi fatta, alcune di queste conterranno certamente la 2, e quindi quelle di ordine X + 2 le derivate prime p e 9g. Se il sistema di relazioni così ottenuto permette di esprimere p e q in funzione di 2, degli integrali A, e delle derivate di w, esso è com- pleto; dovrà dunque la w annullarsi per p — 2% — 2 soluzioni dell'equazione data. (') Le relazioni Zwil(ui}s=0, O0 Zu da Zu A e =, (45) < Î E ke d LLIl N u 3 Nesi ò Za U}r,s È,s rs U; rs S25) ( ‘So. a T di 5 a iu = 0 (Ursae 1 2 (7A) dy a Zu w Vu Sp +2u À; vanti i=1,2...p (') Ove le (41) si riducessero a meno di 2X +1 indipendenti, le w sa- rebbero legate da una o più relazioni lineari a coefficienti costanti (Cf. T., cap. IV, n. 45, nota e DarBouX, Legons, vol. 2°, pag. 185 nota). 810 ONORATO NICCOLETTI Ordinando queste 2p relazioni secondo le successive deri- vate delle u, e quindi secondo le A;“, esse vengono a contenere linearmente ed omogeneamente 2p +- 2 funzioni, tra le quali figu- rano le derivate prime delle { + 1 funzioni v,. Prendendo dunque opportunamente la 2,.;, potremo esprimere le derivate delle prime l funzioni v, linearmente ed omogeneamente per quelle di #;,.,; il che al solito dimostra che la v.; (e quindi la w) soddisfa ad un'equazione lineare del 2° ordine, della quale si vengono anche a conoscere / soluzioni particolari dell'equazione aggiunta. L'ultima parte del ragionamento superiore cade in difetto, quando sia f=0. In questo caso (che può darsi soltanto per p=2k-+-2) basta modificare leggermente il processo di dimo- strazione. Sarà allora infatti possibile esprimere le due funzioni fox tro per da si d'altra parte dalle formule che dànno le # con indici inferiori è facile formare un aggregato lineare omo- geneo delle derivate prime di ta, tw, ancora esso esprimibile . dv, dv - linearmente ed omogeneamente per da i e ciò fa vedere che v. (e quindi w) soddisfa ancora ad un'equazione del 2° ordine. Il nostro asserto è così completamente dimostrato ‘. Possiamo dunque enunciare il teorema: Condizione necessaria e sufficiente perchè un'espressione: w= 3; w; À; colle condizioni ulteriori : Zw;(4;),,=0; O0srts (t41)om | O, 0) 07... Ti ua (t2)1o (2)20 +». (t2)mo (de)o1 (U2)oa «> (elon (49) w=| 10, O Ip Tp Up (pic (tp)20- (9) mò (Up)a1 (Up)oe +» (tp)on | | Ne segue che, se le v;, come supponiamo, non sono legate da alcuna relazione, non vi possono essere tra le (47) altre re- lazioni che quelle che contengono tutte le derivate rispetto ad x fino all'ordine m, quelle rispetto ad y fino all'ordine n. Inversamente queste condizioni sono anche sufficienti: indi- cando infatti con 2;,, un’altra soluzione della (19), consideriamo il sistema di equazioni lineari nelle funzioni te »v: m n IA (50) o,= ito Za(t)rotso + En(ionton + Zu O du ; e 2a 1 1 1 da queste, ragionando precisamente come nel caso superiore SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 818 deduciamo ancora che v;.; (e quindi anche w che gli è propor- zionale) soddisfa ad un'equazione del tipo iperbolico, per la quale si conoscono anche { =p —m — n — 2 soluzioni particolari del- l'equazione aggiunta. Anche in questo caso i valori f = 0, Z=1 conducono, come nel caso superiore a trasformazioni inverse di trasformazioni differenziali ed integrali. Si noti infine che anche qui la fun- zione w è determinata a meno di p(p—m—n— 2) costanti arbitrarie; vale quindi un teorema perfettamente simile a quello del n° ant. 9. Una discussione perfettamente analoga vale nel caso parabolico. Supporremo scritta l'equazione sotto la forma ridotta (29); e daremo ad w la forma: inoltre tra le funzioni w; e le «, si avranno delle relazioni della forma: (52) DL uilap= 0 Zw; (vu) = 0. Su queste relazioni conviene innanzi tutto fare un’osserva- zione. Se tra esse vi sono ad es. tutte quelle per le quali % va da 0 fino ad m, X da 0 fino ad », è chiaro intanto che per ogni valore comune di % e X saranno soddisfatte le relazioni analoghe relative alle derivate delle u; del medesimo ordine, non solo, ma anche per quelle dell'ordine immediatamente superiore, che contengano almeno due volte la derivazione rispetto alla varia- bile x. Di più, come risulterà dal ragionamento posteriore, possiamo supporre senz'altro che nelle (52) % prenda tutti e soli i valori da 0 ad m, » tutti e soli quelli da 0 ad n. Posto questo, deriviamo la (51), tenendo conto delle (52) e di quelle che ne seguono. È facile vedere che si avrà: Wo = z (Wi)o Pi , 7757 814 ONORATO NICCOLETTI per tutti quei valori di » che non superano il minore dei due numeri m + 1 ed n + 1. Invece le derivate della w della me- desima forma delle antecedenti, ma di ordine superiore, con- terranno esplicitamente e necessariamente la funzione 2 e le sue derivate. Affatto analogamente si avrà: Wi, = Z, (Wi), Pi; per tutti i valori di s, che non superano il minore dei due nu- meri m ed n+ 1. Invece le derivate di ordine superiore con- terranno esplicitamente la = e le sue derivate. Segue di qui che basterà limitarsi alla considerazione dei due casi speciali che si hanno per m= », oppure m==n +1; poichè, ove tra i numeri m ed » non si avesse l'una o l’altra di queste due relazioni, tutte quelle tra le (52), che corrispondono o a valori di m superiori ad »-4- 1, o a valori di » superiori ad m, sarebbero, come risulterà dal ragionamento che segue, affatto inessenziali. Avremo dunque due casi distinti da consi- derare, che noi discuteremo separatamente. a) Sia m=n; cioè nelle (52) si abbia A=%=0,1,2...m. Derivando allora l’espressione di w avremo: (53) Wo = E(W,) Pi ; wy = E (Wi) Pi iii Invece le derivate W,mii; Woamssi Wim conterranno rispet- tivamente (e necessariamente) la =, p, g e saranno risolubili ri- spetto a queste derivate; si ha quindi di nuovo un sistema com- pleto. Ne segue che la w dovrà annullarsi per /=p — 2m — 3 soluzioni particolari della (29) ed essere determinata da questa 26 È —3 s a condizione: sarà dunque m = = e la w si scriverà sotto forma di determinante: PI PIPE PI tdi (tor (neo + (rom (io (i (U)im | | Pr PI Pi... Pi Uaz (t9)a1 (t2)oe 2231 (teg)on (Us)io (2), +. (Usim (54) w=| IPP PEPE. PI tp (tepox (ttpdor ++ (tplom (tp)io (ir +» (Upim SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 815 Inversamente queste condizioni sono anche sufficienti. Quando infatti esse siano soddisfatte, indicando con 2;., un’altra solu- zione della (29), il solito sistema di equazioni nelle funzioni t e v: 11 (55) pi = x } (orto + (irta f + Z, pix pipes (donde v,., è definito proporzionale ad w), opportunamente de- rivato, dà luogo a 2p + 2 relazioni lineari omogenee in 2p + 4 funzioni incognite, tra le quali le derivate delle 2 +1 funzioni v;. Ne deduciamo (anche per f= 0) che la v;,; (e quindi w) sod- disfa ad un'equazione del tipo parabolico e della forma normale, della quale si conoscono di più / soluzioni particolari della equa- zione aggiunta. 5) Quando poi si abbia m=w + 1, cioè nelle (52) sia: h= 0,1,2...m; k=0,1,2...m— 1, si avrà allora anche: (56) wa= Zi(WionPii wa = Zi(Wi)ax Pi; hale=V em ed un ragionamento affatto analogo al precedente dimostra che Il=p—2m—2 soluzioni particolari della p a So st —_2 È 3 2 (29): sarà quindi m < —_-«e la w si scriverà: P. PI Pi... Pi ui (Wo (we " (om (1) (a) " (U.)i,m-1 | (57) w= AU) | Pa PÌ Pi... Ps do (CA (915 vee (90m (U2)io (ua). (2)timei Ì | Po Pi PS --- PE dp (tp)or (Up)or --- (tp)om (Uplio (Up) »-. (Upim |- Inversamente queste condizioni sono anche sufficienti, come risulta al solito dal sistema di equazioni lineari: m LI m-l (58) pi=E; (tr + Esta + pi; in 0 0 1 e da quelle che se ne ottengono, derivandole rispetto ad x e ad y. In ogni caso l’espressione di w contiene implicitamente pl costanti arbitrarie (quelle additive nelle pf). 816 ALESSANDRO ROCCATI Son finalmente da notare i due casi f=0, 21=1: si ha nel primo caso la trasformazione inversa di una trasformazione differenziale (singolare per m= n, generale per m=n+ 1): quando sia invece Z=1 si ha l’'inversa di una trasformazione integrale (ancora singolare per m=n, generale per m=n+-1)". Ricerche sulla provenienza del materiale roccioso della Collina di Torino; Nota del Dott. ALESSANDRO ROCCATI. I. Fra le questioni riferentisi alla Collina di Torino, una delle più discusse è quella che riguarda la provenienza dei materiali rocciosi della collina stessa, e specialmente dei conglomerati a grossi elementi, e dei massi a spigoli vivi che frequentemente vi s'incontrano. Dai lavori compiutisi sull'argomento appare come grande sia la divergenza nelle opinioni dei vari autori, essendo i materiali in questione &a alcuni riferiti alle Alpi, da altri agli Appennini e da altri anche a roccie esistenti in posto, ed ora distrutte. Infatti nel 1850 Martins e Gastaldi (1) in un loro lavoro ri- tengono che i materiali dei conglomerati provengano dalle Alpi del Biellese, dal Lago Maggiore, dalle Alpi Marittime e dall'Ap- pennino Ligure. Nel 1860 il Gastaldi (2), ritornando sull'argomento, assegna per luogo di provenienza dei materiali rocciosi in parte la ca- tena alpina ed in parte gli Appennini. Nel 1872 il Tardy (3) fa rilevare la provenienza dalle Alpi degli elementi costituenti (4) Cfr. T. cap. IV, n. 47 e 51. (1) Essai sur les terrains superficiels de la Vallée du Pò, ecc., “ Bull. de la Soc. Géol. de France ,, t. VII, 1850. (2) Sugli elementi che compongono i conglomerati miocenici del Piemonte, “ Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, Serie 2*, vol. XX, 1863. (3) Note sur la théorie de l'époque glaciaire, “ Bull. de la Soc. Géol. de France ,, serie 2*, t. XXIX, 1872. RICERCHE SULLA PROVENIENZA DEL MATERIALE ROoCcIOSO, Ecc. 817 tutte le formazioni, eccettuandone soltanto le marne. Il Maz- zuoli (1) ammette possibile l’esistenza, in principio del miocene, al posto attuale della collina, di un'isola di roccie eoceniche con serpentine incluse, dal cui sfacelo si sarebbe originato il conglomerato, che rimase a coprire la parte dell’isola non fran- tumata dalle onde. Il Sacco (2) espone l’ipotesi che gli elementi dei conglomerati provengano da formazioni eoceniche, ora in gran parte abrase o sepolte, e specialmente da roccie delle Alpi Occidentali o da formazioni primarie ora distrutte o sepolte. Il Baretti (3), pur ammettendo che gli studi finora eseguiti non siano sufficienti per una risoluzione sicura della questione, si accosta all'idea di Gastaldi, ritenendo che gli elementi conglo- meratici provengano prevalentemente dalle Alpi, senza esclu- dere una provenienza eventuale dagli Appennini, e da roccie esistenti o nei siti stessi, o a poca distanza dai luoghi ove detti conglomerati s'incontrano. Il Portis (4) ammette possano i ma- teriali della Collina di Torino esser stati tratti da un continente emerso durante l’Eogene ed il Neogene, tra il piede interno delle Alpi Occidentali e l’attuale Collina. Secondo il Virgilio (5) finalmentè “i ciottoli ed i massi in maggior parte provengono da rocce in posto alpine, esistite ed esistenti e specialmente prealpine, dalle Alpi Marittime alle Lepontine, in minor parte da rocce appenniniche, ed in minima parte da rocce in posto nelle colline stesse ,. A mio avviso tale questione solo potrà esser risolta quando delle roccie della Collina si sia fatto uno studio petrografico ac- curato e completo, perchè solo in tal caso sarà possibile l’isti- tuire confronti allo scopo di stabilire delle equivalenze con le roccie esistenti in posto sulle Alpi o sull'Appennino. Di tali lavori non si hanno finora che quelli di Parona (6) su ciottoli (1) Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici dell’ Appennino Ligure, © Boll. del R. C. Geol. d’Italia ,, vol. XIX, 1888. (2) I bacino terziario e quaternario del Piemonte, 1889-90. (3) Geologia della Provincia di Torino, 1893. (4) Contribuzioni alla storia fisica del bacino di Roma e studi sopra l'estensione da darsi al pliocene superiore. L. Roux e C. Torino-Roma, 1893. (5) La Collina di Torino. Memoria Geologica, pag. 85. (6) Fossili del lias medio nel conglomerato terziario di Lavriano (Colli di Torino), © Atti della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, vol. XXVI, 1891. 818 ALESSANDRO ROCCATI triasici, e di Colomba (1), il quale, esaminando alcune sabbie elveziane, dimostrò la provenienza dei loro componenti dall'alta Valle di Susa. Ora avendo io avuto occasione di compiere alcune osser- vazioni petrografiche su roccie della Collina, credo utile l'esporre i risultati di queste mie ricerche, nella speranza che possano essere un utile contributo alla soluzione del problema, special- mente perchè, confrontando le roccie da me studiate con altre esistenti in posto nelle Alpi, ritengo sia possibile lo stabilirne la perfetta corrispondenza. II. I massi rocciosi da me studiati provengono per la maggior parte da quella grande zona dell’ Elveziano che si stende da San Raffaele a Casalborgone, ed in cui, come nota il Sacco (2) “ banchi ciottolosi, sabbiosi, alternanti coi banchi sabbiosi mar- nosi, assumono una potenza straordinaria non solo, ma racchiu- dono spesso elementi voluminosissimi, i quali, per la graduale abrasione delle circostanti sabbie, rimangono sparsi ed isolati sulle creste e sui fianchi collinosi per modo che ne risulta per tali colline quell’aspetto morenico che si può ancora osservare sui Colli Monregalesi, e nella Collina di Torino al Pino, Mon- calieri, Revigliasco ,. Molti dei massi, di cui intrapresi lo studio, li raccolsi in una località posta a nord-ovest di San Raffaele, detta Calabria, e sul versante della Collina che guarda il Po. Questa località, come pure tutta la regione che si stende attorno alla strada comunale da Cimenna a San Raffaele, è degna di nota per il numero rilevante di massi, il cui volume in molti casi è di parecchi metri cubi, e che si presentano per la maggior parte nettamente coi loro spigoli vivi, e hanno poco o nessuno ac- cenno di rotolamento. Sono essi quasi tutti di roccie anfiboliche, pirosseniche e granatifere, caratterizzate tutte dalla presenza della glaucofane; presentano poi grande compattezza, talchè vidi (1) Osservazioni su alcune sabbie della Collina di Torino, * Atti della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, 1895-96. (2) 17 bacino terziario del Piemonte, pag. 411. RICERCHE SULLA PROVENIENZA DEL MATERIALE ROCCIOSO, ECC. 819 adoperare mine per spaccarli, onde impiegarli, secondo mi fu detto, in lavori di arginatura che si compivano lungo il Po, presso la borgata di Cimenna. Altri provengono dalla valletta della Losa, che da Casta- gneto scende a Casalborgone, ove il torrente raggiunge la Leona, che percorre la valle omonima; questa valletta della Losa è pur essa ricca di massi rilevanti per mole. Una terza parte del materiale roccioso la raccolsi nella lo- calità detta Racon, posta tra San Raffaele e Bussolino. Giova osservare che in tutta questa zona, compresa fra San Raffaele, Bussolino, Castagneto e Casalborgone, sono dap- pertutto i medesimi materiali che costituiscono i massi e ciot- toli del conglomerato. Predominante oltre le roccie anfiboliche, pirosseniche e gra- natifere, cui già ho superiormente accennato, è un granito rosso a grossi elementi, che si riscontra ancora in molte altre loca- lità ove si presenta il conglomerato elveziano, a cui si devono aggiungere gneiss e scisti abbastanza frequenti e secondaria- mente serpentine e quarziti. Allo studio di questi massi mi parve interessante l’aggiun- gere quello di alcuni ciottoli del detto conglomerato elveziano che si presenta potente nella località San Giovanni di Rivalba. Essendo però mio scopo il tentare di stabilire la prove- nienza di questo materiale roccioso, mi limito a descrivere per ora soltanto quelle roccie per le quali ho potuto stabilire l’esi- stenza di equivalenti nella catena alpina. Nella tavola annessa al presente lavoro, ho segnato in rosso la località della collina in cui raccolsi le roccie che ho studiato; con lettere rosse corrispondenti a quelle che contra- distinguono le varie roccie ho indicato le località alpine ove esse si trovano in posto. II. A) Anfibolite granatifera a glaucofane. Questa anfibolite, insieme ad un’eclogite pur molto abbon- dante, forma i massi più voluminosi nella località Calabria; la riscontrai pure nelle vicinanze di Bussolino, e un campione della 820 ALESSANDRO ROCCATI medesima roccia mi fu dato osservare proveniente dalla testata di Val Salice (Torino). Essa, all'esame macroscopico, si presenta come roccia com- pattissima di colore verde scuro, in cui spiccano frequenti ac- centramenti di pirite. I due componenti principali, anfibolo e granato, non si possono, come d'altronde anche gli altri, discer- nere bene a occhio nudo causa la loro piccolezza; sono poi in proporzioni variabili, tanto che in certi punti la roccia assume l'aspetto di una vera granatite. Oltre l’anfibolo ed il granato, suoi componenti sono; glauco- fane, oligisto, pirite, magnetite, quarzo, rutilo e calcite. L'anfibolo, che insieme al granato costituisce la massa fon- damentale della roccia, è in individui a contorno cristallino non ben definito, di colore verde scuro. Alcuni individui lasciano però ancora scorgere finissime strie; debole pure è il dieroismo. Questo minerale sembra aver subìto profonde alterazioni. Il granato è difficilmente distinguibile senza l’aiuto della lente; al microscopio si presenta con contorno quasi sferico 0 senza forma determinata; il colore è roseo, e, salvo pochi in- dividui, tutti si presentano fessurati in varie direzioni, lungo le fessure poi si osserva spesso la formazione di una sostanza verde cloritosa, evidentemente prodotto di alterazione. Frequenti sono le inclusioni di rutilo, oligisto e di quarzo. Quest'ultimo minerale entra talvolta a riempire le fessure. La glaucofane è in individui a forma allungata rettangolare, o rombica, e con contorni molto meglio definiti che non l’anfi- bolo, i cristalli però sono più piccoli. Le forme allungate sovente non hanno terminazione definita, spesso sono fusiformi e talora sfilacciate; presenta il bel colore azzurro caratteristico ed evi- dente il pleocroismo, che va, secondo le sezioni, dall’azzurro, al violetto, all’incoloro. Mancano o son poco visibili le strie di sfaldatura. Alcuni cristalli presentano come un orlo di sostanza verde, altri come un nucleo della medesima sostanza, che è do- vuta a incipiente alterazione. L'oligisto è abbondante, in forme lenticolari, allungate e a contorno indeterminato; serve a ricoscerlo il color rosso o bruno a luce trasmessa e il nero a riflessi bleuastri con aspetto me- tallico a luce riflessa. La pirite si può vedere ad occhio nudo nella roccia ove è RICERCHE SULLA PROVENIENZA DEL MATERIALE ROCCIOSO, ECC. 821 in accentramenti di piccoli elementi che spiccano per il loro color giallo caratteristico. È pure sparsa nella massa con qualche abbondanza, e al microscopio si rivela in grani opachi, di color giallo a luce riflessa. Alcuni dei granuli opachi sparsi nella massa sono indub- biamente da riferirsi a magnetite, perchè, sottoponendo la pol- vere della roccia all’azione della calamita, alcune particelle ven- gono fortemente attratte. Il rutilo, oltre che in piccolissimi cristalli inclusi nei com- ponenti principali, si presenta anche in individui di mole abba- stanza rilevante per esser distinti a occhio nudo nei preparati microscopici. Ha forma prismatica o contorno indeterminato, color giallo bruno o rossastro, dicroismo ben evidente dal giallo bruno al giallo chiaro. Il trattarsi di rutilo vien dimostrato dai vari saggi a cui sottoposi il minerale; isolatane una piccola quantità la sotto- misi al canello ad aria calda, a cui si dimostrò completamente infusibile; trattata con acido solforico a caldo non subì alcuna alterazione; la perla poi al sal di fosforo è nettamente quella del titanio. Il quarzo, non molto abbondante, è in granuli a contorni indeterminati; di più, come dissi sopra, entra a riempire le fes- sure del granato. Credo finalmente poter riferire a calcite, alcuni piccoli individui incolori, con bassi colori di polarizzazione, perchè trattati con acido cloridrico dànno effervescenza a freddo. Non presentano però nè le strie di geminazione, nè le fenditure do- vute alla facile sfaldatura. Una anfibolite per tutto identica alla su descritta la ritrovai in posto al Monte Ciabergia, allo sbocco della Valle di Susa. Un'altra roccia poi che dalla descritta si differenzia solo per il rutilo, che in essa è di color giallo più chiaro, si trova pure in Val di Susa, sopra Mocchie, ed è comune nelle morene frontali all'imboccatura della valle, ove varii campioni ne furono rac- colti dal sig. Capeder, laureando in Scienze naturali. B) Anfibolite granatifera a siderite. Questa roccia proviene pure dalla località Calabria ove è abbastanza frequente, e forma come la precedente massi di vo- lume rilevante. 822 ALESSANDRO ROCCATI Si può considerare come di composizione poco differente da quella segnata A, solo qui i minerali componenti sono di mole maggiore, e facilmente a occhio nudo si possono distinguere l’anfibolo e il granato. In essa sono meno abbondanti gli accen- tramenti di oligisto e di rutilo che caratterizzano la roccia pre- cedente; ha però di particolare la presenza della siderite. Suoi componenti sono: anfibolo, granato, glaucofane, quarzo, rutilo e siderite. Non credo necessario il far qui la descrizione ‘dei singoli componenti, e mi limiterò alla siderite. Essa si trova sparsa abbondantemente nella massa, ha color giallognolo, che, ridotto in sezione il minerale, diventa bian- castro. Ha lucentezza grassa, facile sfaldatura secondo il rom- boedro 100. Il trattarsi di siderite è messo in evidenza dai vari saggi a cui sottoposi il minerale. È solubile completamente con effervescenza, anche a freddo, nell'acido cloridrico, la soluzione poi trattata con ammoniaca mi diede il precipitato rosso carat- teristico; la perla al borace poi è nettamente quella del ferro. Non mi fu dato il trovare questa roccia direttamente in posto, ma la riscontrai nelle morene all'imbocco della Valle di Susa, il che prova evidentemente che la roccia esiste in detta Valle. 0) Gneiss tormalinifero. Raccolsi un campione di questo gneiss nella località Rucon, e anch'esso è in massi a spigoli vivi, senza segno di rotolamento. La struttura schistosa vi è nettissima per la disposizione della mica in straterelli paralleli. Sparsi nella massa si possono osservare distintamente eri- stalli neri di tormalina, che tutti si presentano coll’asse di al- lungamento parallelo alla schistosità. I minerali componenti, oltre i due su menzionati mica e tor- malina, sono quarzo e ortosio, a cui convien aggiungere un feld- spato triclino, però non abbondante. Il quarzo è in granuli a contorni indistinti che sembrano modellarsi sugli altri elementi, i margini sono generalmente erosi. Il minerale si presenta pure di seconda formazione a riem- pire le fessure dell’ortosio e della tormalina. La mica è in laminette esagonali, di color giallognolo splen- RICERCHE SULLA PROVENIENZA DEL MATERIALE ROccIOSO, ECC. 823 dente, è disposta in piani orizzontali che dànno alla roccia una struttura eminentemente schistosa. Allo stauroscopio si rivela nettamente biassica. L’ortosio sì presenta o in grani a contorni indistinti, erosi sui margini, o in individui ad abito cristallino ben determinato. D'ordinario i cristalli non sono geminati; questi però non man- cano, ed in generale predomina in essi la geminazione secondo la legge di Karlsbad. Alcuni presentano estinzione ondulata: altri cristalli hanno piegamenti, che denotano esser stata la roccia sottoposta a forti pressioni. Nell’interno dei cristalli si vedono inclusioni di quarzo, che pure entra a riempire le fessure. La tormalina è in individui a forma allungata, però senza terminazione definita, talora fusiformi, o come sfilacciati alle estremità; tal’altra è profondamente erosa sui margini. Alcuni cristalli poi sono rotti, e si possono vedere i frammenti non più a contatto, anche spostati, con le fessure ricolme da quarzo. Vista nella massa la tormalina ha color nero, in sezioni microscopiche è di color violetto scuro, con dicroismo fortissimo dal violaceo chiaro al nero. Non abbondanti sono cristalli di un plagioclasio, che si rico- nosce facilmente a luce polarizzata per la geminazione polisin- tetica ben evidente. Mi pare fuori dubbio che questa roccia non è altro se non il gneiss tormalinifero di Villarfocchiardo in Val di Susa, gneiss che fu già studiato dal Piolti (1). La presenza di questo gneiss sulla Collina di Torino non ha solo importanza per provare la corrispondenza delle roccie alpine con quelle della Collina, ma, a mio avviso, serve anche a dimostrare che il gneiss tormalinifero di Villarfocchiardo non può esser ascritto alla serie dei gneiss recenti che secondo il Gregory (2) si sarebbero formati nelle Alpi durante il pliocene. (1) Gneiss tormalinifero di Villarfocchiardo. Cenni descrittivi, “ Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino ,, vol. XXV, 1890. — Gneîss di Borgone, Id., vol. XXIV, 1889. (2) The Waldensian Gneisses and their Place in the Cottian Sequence, “ The Quarterly Journal of the Geological Society ,, vol. L, Part 2, n. 198, pag. 232. vo LS] N>e ALESSANDRO ROCCATI IV. Passo ora alla descrizione petrografica di alcuni ciottoli del conglomerato elveziano nella località S. Giovanni di Rivalba, dei quali credo con certezza di aver trovato i corrispondenti in roccie in posto sulla catena alpina. D) Porfirite anfibolica. Di questa roccia mi fu dato trovare alcuni esemplari, tutti però più o meno alterati. In complesso la massa si presenta di un color grigio azzurrognolo, in cui stanno porfiricamente dis- seminati cristalli aghiformi di anfibolo di color verdastro, ed altri biancastri, di dimensioni maggiori, di feldspato. La massa fondamentale appare costituita prevalentemente di feldspato, però profondamente alterato, con alquanto quarzo. Il feldspato è di due sorta: ortosio e plagioclasio. L'ortosio è meno abbondante del plagioclasio, e anche in individui di mole minore; si presenta in sezioni allungate, delle quali alcune presentano una distinta struttura zonata, ed altre hanno evidente la geminazione di Karlsbad. Il plagioclasio è prevalente, e dove l'alterazione del minerale non fu molto profonda, si possono vedere nettamente le traccie della geminazione polisintetica. In generale il feldspato, sia ortosio che plagioclasio, ha subìto un'alterazione profonda, per cui è come torbido, e in molti casi non ha più alcun carattere distintivo. Le sezioni pre- sentano sempre i loro margini erosi, e parecchi cristalli sono anche rotti; come prodotto di alterazione si scorge nell'interno dell’epidoto. L'anfibolo è in sezioni allungate o rombiche, con colore verde che in alcune nell'interno si fa più chiaro quasi giallastro. Il contorno cristallino è sempre distinto salvo alle estremità che frequentemente hanno terminazione fusiforme o indistinta; i margini poi in molti sono fortemente erosi. Le sezioni allungate presentano striature parallele all’allun- gamento del cristallo, dovute alla sfaldatura secondo 110. Nelle sezioni di forma rombica si ha la struttura reticolare caratteri- stica dell’anfibolo per l’intrecciarsi delle dette linee di sfaldatura. ® RICERCHE SULLA PROVENIENZA DEL MATERIALE ROCCIOSO, ECC. 825 L'anfibolo presenta ancora un pleocroismo evidente, che, a secondo del taglio delle sezioni, va dal verde scuro al verde chiaro, al giallognolo; in generale l’alterazione, che ha subìto questo minerale, è minore di quella del feldspato. Abbondante è la magnetite sparsa nella massa o anche in- clusa nell’anfibolo, inoltre si notano piccoli granuli di pirite, che, come anche la magnetite, possono presentare un orlo gial- lastro di limonite, in cui alcuni dei granuli sono completamente trasformati. Un campione di roccia molto affine, se non identica, il che non si può precisare in causa dell’alterazione della roccia rac- colta sulla collina, lo rinvenne il signor Capeder nelle morene frontali della Val di Susa, il che prova evidentemente la sua esistenza nella valle stessa. E) Diorite. Questa roccia ha struttura granulare, che lascia distinguere perfettamente i componenti; la massa è di color bianco verdo- gnolo, in cui spiccano i cristalli neri lucenti di orneblenda. Componenti essenziali sono plagioclasio e orneblenda, a cui conviene aggiungere come accessori clorite, magnetite e apatite. Il plagioclasio è in granuli a contorno cristallino abbastanza distinto; essi a luce polarizzata appaiono finamente striati per la geminazione polisintetica; alcuni, e sono i più alterati, non lasciano più vedere distintamente le strie. Frequenti sezioni presentano evidenti le traccie delle due geminazioni, dell’albite e del periclino, inerociantisi ad angolo quasi retto; altre presen- tano la geminazione secondo la legge di Karlsbad, associata a quella dell’albite di finezza estrema. i L'orneblenda si presenta in grani a contorno per lo più poligonale, di color bruno, che mostrano distinte le strie paral- lele secondo 110, le quali in alcune sezioni s'incrociano assu- mendo struttura reticolare. Ha forte pleocroismo nelle tinte bruno scuro, bruno chiaro e giallognolo. La clorite ha, come l’orneblenda, forma di granuli poligo- nali, con colore verdognolo e debole dicroismo dal verdognolo al giallognolo. Inoltre si nota una sostanza verde cloritosa che s'infiltra fra gli altri componenti e che li contornia. La magnetite è in granuli opachi, e che, ridotta in polvere la roccia, vengono fortemente attratti dalla calamita. 82t ALESSANDRO ROCCATI Alcuni rari individui colonnari, incolori, credo potere rife- rire ad apatite, per la loro estinzione retta, bassi colori di pola- rizzazione e perchè trattando la sezione con acido nitrico si sciolgono completamente. Questa diorite mi pare identica a quella che si trova in posto nella catena alpina a Parella Canavese nei dintorni d'Ivrea. F) Anfibolite a epidoto. Accenno a questa roccia specialmente per il fatto che non presenta caratteri di roccia tipica, essendo questo fatto impor- tante per lo scopo che mi sono prefisso della ricerca cioè della provenienza dei materiali costituenti la Collina di Torino; pe- rocchè, mentre i caratteri di una roccia tipica possono riscon- trarsi quasi immutati anche in roccie che si trovino in località differenti, ciò più difficilmente può avvenire per una roccia che abbia qualche particolarità di struttura e composizione, come è appunto per questa anfibolite. Si presenta in massa di color verde chiaro, dovuto all'an- fibolo, in cui compaiono venuzze giallognole di epidoto. La roccia è assai compatta. Alla superficie si possono osservare grossi cristalli di epidoto di color giallo verdastro, subtrasparenti, associati a clorite, che è accentrata alla superficie in lamine esagonali facilmente sfal- dabili. In molti punti si possono osservare i vani lasciati da cristalli di pirite, che in parte però si sono conservati, mentre altri si sono del tutto alterati in limonite. I minerali componenti sono anfibolo, clorite, epidoto, pirosseno, granato, glaucofane, ortosio, quarzo e pirite. L'anfibolo costituisce la massa della roccia, è di colore verde chiaro, con dicroismo dal verde scuro al verde chiaro. In qualche punto compariscono sezioni allungate ben distinte, fibrose; tut- tavia l’anfibolo è quasi totalmente alterato in una sostanza verde, in cui non è possibile discernere i cristalli. Frammezzo a questa massa compaiono cristalli che dànno sezioni allungate a contorno ben distinto, eccetto all'estremità che sono o indistinte o fusiformi. Presentano ben evidenti finissime strie, sono di color verde con spiccato dicroismo; in uno potei misurare l'angolo di estinzione che è di circa 15°. Riferisco a pirosseno alcuni cristalli che si presentano in RICERCHE SULLA PROVENIENZA DEL MATERIALE ROCCIOSO, Ecc. 827 sezioni allungate od a contorno indistinto; sono essi sparsi fram- mezzo all’anfibolo, incolori, con altissimi colori di polarizzazione ed hanno un angolo di estinzione che misurai e trovai variare fra 35° e 88°. Vario è il modo di presentarsi dell’epidoto: frammisto al- l’anfibolo nella massa, in venuzze, e in grossi cristalli isolati alla superficie della roccia; siccome questi cristalli sono sempre attorniati da clorite, mi pare si possa spiegare il loro trovarsi isolati alla superficie, ammettendo che la clorite, perchè poco resistente e friabile, fu asportata per erosione, mentre invece permanevano i cristalli di epidoto. Il minerale ha sempre vivi colori di polarizzazione, colora- zione giallastra, con dieroismo che va quasi all’incoloro. I cri- stalli sono fessurati o rotti, quelli della superficie sono invece ben terminati, limpidi e di mole rilevante (uno raggiunge la lunghezza di 2 cent.). Sparsi nella massa sonvi granati, però non frequenti, a contorno subrotondo, e solo visibili al microscopio. Il colore ne è roseo chiaro, e all’interno sono solcati da numerose fessure incrociantisi in tutti i sensi. È perfettamente isotropo. Oltre che come prodotto d’alterazione dell’anfibolo, la clorite sì presenta in accentramenti speciali alla superficie, attorno ai cristalli di epidoto, e ove è in laminette verde cupo lucenti, facilmente sfaldabili. Al microscopio queste laminette si pre- sentano come in aggregati a rosa; hanno dicroismo sensibile dal verde al verde chiaro. L'ortosio, non abbondante, è in individui a abito cristallino poco distinto, ma che si riconoscono facilmente a luce polariz- zata, perchè presentano evidente la geminazione secondo la legge di Karlsbad. Frammischiata all’anfibolo havvi della glaucofane. Le sezioni sono allungate e presentano terminazione non definita o fusi- forme; ha il colore azzurro caratteristico, con dicroismo apprez- zabile dall’azzurro al violetto. Il quarzo è in granuli a contorni indistinti. È però poco frequente. La pirite in grani disseminati nella massa, presenta ordi- nariamente un contorno giallastro, dovuto a parziale alterazione Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 58 828 ALESSANDRO ROCCATI in limonite. Si trova anche alla superficie in cristalli ottaedrici e pentagonododecaedrici, sovente alterati in limonite. Un altro campione di roccia al tutto simile alla descritta, ma che presenta nell'interno delle conerezioni fibro-raggiate di epidoto, la raccolsi nella Val Salice, presso Torino. Di queste due roccie credo si possa ritrovare l'esatta equi- valente in una anfibolite che si trova sparsa nella Comba Robert a nord-ovest di Avigliana; essa infatti è al tutto simile alla descritta sia per composizione che per struttura, e di più mentre in alcuni punti si presenta colle concrezioni fibro-raggiate di epidoto, in altri punti invece manca completamente di dette concrezioni. Credo quindi logico il ritenere che entrambe le roccie, sia quella di Rivalba che quella di Val Salice, abbiano la loro equi- valente nella anfibolite della Comba Robert. G) Talcoscisto anfibolico a magnetite. È questa un’altra roccia non tipica, ma che credo utile accennare perchè mi fu dato trovarne l’esatta equivalente in un talcoscisto proveniente dalla Valle di Chialamberto (Lanzo) che fu descritto dal Chelussi (1). Del resto una roccia identica s'in- contra in varie località della Valle di Susa. Il campione da me raccolto proviene dalla località Pacon, presso San Raffaele, e della roccia do una descrizione sommaria. Essa si presenta di color bianco verdastro, è untuosa al tatto ed ha poca consistenza. Nella massa compaiono macchie nere dovute a magnetite, e altre verdi di anfibolo. L’anfibolo è sparso nella roccia in cristalli, che, secondo il taglio, dànno sezioni allungate o rombiche; in quest'ultime le linee di sfaldatura, ben visibili anche nelle prime, s'incrociano assumendo la struttura reticolare caratteristica. Il colore è verde con evidente dicroismo. Dall’alterazione dell’anfibolo mi pare possa provenire il talco, che costituisce la massa della roccia. La magnetite è in piccoli cristalli ottaedrici con forma ben definita; è sparsa abbondantemente, però alla superficie della roccia essa è quasi sempre alterata in limonite. (1) Studio petrografico sopra alcune roccie della Valle di Chialamberto in Piemonte, “ Giornale di Mineralogia ,, vol. II, fasc. 3, pag. 202. D'SA ROCCATI - Ricerche sulla provenienza del materiale roccioso della collina di Torino. Uta ° SRI] - (e 7 2969 Srioola Vilsamrazghe: È cetra i Atti RAccad.delle Sc. di Torino -Vo/_0A7 (| avese \ MANA A Scala di 1a 500000 Tit. Saluxsolia,Torino RICERCHE SULLA PROVENIENZA DEL MATERIALE RoccIoso, Ecc. 829 Ve Oltre alle roccie su descritte e di cui credo aver con cer- tezza dimostrato la presenza simultanea sulle Alpi e sulle Colline di Torino, sarebbe da menzionare un granito roseo, abbondan- tissimo sia in grossi massi che in ciottoli nel conglomerato, e che con tutta probabilità ritengo non esser altro che il granito rosso, così detto di Belmonte. Siccome però ho appunto intra- preso uno studio su questo granito, non credo opportuno per ora stabilire un confronto, aspettando per farlo che sia ultimato l’altro mio lavoro. Pure frequenti nella zona dell’Elveziano già menzionata che sta tra San Raffaele e Casalborgone sono altri massi di roccie interessanti, e sulle quali feci ricerche petrografiche. Quelle da me studiate in modo speciale sono due eclogiti, una granatite, un’eclogite a glaucofane e varie altre, che, sem- brano, dalle descrizioni fatte da vari autori (1), avere molte affinità con roccie di stessa composizione litologica, e provenienti dalla catena alpina. Siccome però non credo sia possibile l’istituire confronti fra roccie, soltanto basandosi sulla descrizione fattane, senza esa- minarle in posto, o almeno campioni di esse, così mi riservo di fare queste osservazioni in posto, onde vedere se sia possi- bile lo stabilire anche per dette eclogiti e granatite l'equivalenza perfetta fra le roccie Alpine e quelle delle Colline di Torino. (1) Caerussi, Studio petrografico su alcune roccie della Valle di Chialam- berto in Piemonte, “ Giornale di Mineralogia ,, II, fasc. 3. pag. 192. — GranortI, Cenni geologici e petrografici sul micascisto a glaucofane del Colle S. Giovanni, © Giornale di Mineralogia ,, vol. II, fasc. 3 e 4, pag. 223. — A. Cossa, © Memorie Acc. dei Lincei ,, 1875. " 830 G. B. RIZZO hicerche spettroscopiche sull’Argon ; Nota del Dott. G. B. RIZZO. 1. Sebbene sia trascorso poco tempo dalla scoperta del- l'argon, esso è già stato oggetto di profondi studi a cagione sopratutto delle sue singolari proprietà, che non si possono convenientemente spiegare coi criteri comunemente accettati. Infatti dal rapporto = fra il calore specifico a pressione costante e quello a volume costante, rapporto che per l’argon vale approssimativamente 1,66, si dedurrebbe che tutta l'energia del gas consiste in energia di traslazione delle molecole, ossia che esso è un gas monoatomico; e siccome la sua densità rispetto all'idrogeno è uguale a 20 circa, ne viene che l’argon dovrebbe avere un peso atomico uguale a 40. Ma questo peso atomico è appunto quello del calcio, e riesce difficile conciliare tra loro questi due fatti nel sistema periodico del Mendelejeff, in cui i diversi elementi si succedono nell’ordine dei loro pesi atomici. oltre si scoprì tosto un’altra proprietà che doveva accre- scere ancora l’importanza del nuovo gas. Lo spettro dell’argon venne fin dal principio esaminato dal Crookes (1), il quale ne determinò circa 200 righe caratteristiche e conchiuse che lord Rayleigh e il prof. Ramsay avevano fatto conoscere un nuovo membro, o più probabilmente due membri della famiglia dei, corpi semplici. Questa idea che si trattasse veramente non già di un solo corpo semplice ma d'una miscela di due tali corpi venne suggerita al Crookes da un fatto singolare. Egli aveva scoperto che nella parte capillare di un tubo contenente l’argon, sotto la pressione di circa 3 mm., al passaggio della scarica di un rocchetto di induzione senza condensatori il gas risplende d'una magnifica luce rossa, con un bello spettro lineare, nel quale, insieme a poche linee azzurre e violette, predominano (1) W. Crooxes, “ Phil. Trans. ,, 1895. RICERCHE SPETTROSCOPICHE SULL'ARGON 831 quelle rosse e gialle; laddove se si spinge più innanzi la rare- fazione e si inserisce in derivazione col tubo una bottiglia di Leyda, la luce emessa ha un bellissimo colore azzurro, e lo spettro, che ha poche linee nel rosso e nel ranciato, si mostra invece ricchissimo nell’azzurro, nel violetto e nell’ultravioletto. Poche linee sono comuni ai due spettri, e il Crookes pensò che l’argon fosse una mescolanza di due gas, l’uno definito dallo spettro rosso e l’altro definito dallo spettro violetto. Questa ipotesi parve più tardi confermata da un altro fatto; il prof. Ramsay (1) confrontando lo spettro dell’argon ricavato dall'atmosfera con quello del gas che aveva ottenuto dalla Cleveite trattata con acido solforico, vide nello spettro del gas della Cleveite le righe dell’helium e, oltre a queste, la maggior parte delle righe proprie dell’argon. Ma non tutte le righe dell’argon atmosferico erano visibili in quello spettro, laonde parve probabile al Ramsay, e con lui a molti altri, che nell’argon dell'atmosfera vi sia mesco- lato un altro gas, il quale non è presente nella Cleveite. Siccome tuttavia la maggior difficoltà che si oppone a con- siderare l’argon come un corpo semplice deriva dalla sua den- sità di 20 rispetto all’idrogeno, sembrerebbe naturale che i suoi due componenti, se vi fossero, dovrebbero avere delle densità fra loro differenti e perciò dovrebbe essere possibile di sepa- rarli mediante la diffusione; ma i tentativi fatti sinora a questo scopo sono rimasti infruttuosi (2). Anzi il problema della natura dell'argon si venne ancora complicando recentemente, avendo dimostrato i signori Eder e Valenta (8) che il nuovo gas non solamente può dare due spettri distinti, il rosso e il violetto, ma ne può dare ancora un terzo, chiamato lo spettro bianco, quando il gas, sotto una pressione considerevole, cioè dai 15 a 20 millimetri, venga reso luminoso mediante le scariche di un poderoso apparecchio d’induzione, munito di grandi condensatori ad olio. In queste condizioni la parte capillare del tubo manda una luce bianca vivissima, la quale, esaminata collo spettro- scopio, presenta anch'essa un gran numero di linee brillanti. (1) W. Ramsay, “ Nat. ,, LII, p. 7, 1895. (2) W. Ramsay and J. T. Corzie, © Proc. R. S. ,, LX, pag. 206, 1896. (3) J. M. Eper u. E. Varenra, “‘ Denk. d. k. k. Akad. Wiss. Wien ,; Bd. LXIV, 1896. 832 G. B. RIZZO Molte fra queste sono in perfetta coincidenza con le linee dello spettro rosso o con quelle dello spettro azzurro; mentre le altre linee dello spettro bianco appaiono notevolmente allargate ed anche spostate verso la parte meno rifrangibile; la qual cosa lascierebbe credere che ai diversi sistemi di linee, che si com- portano in modo diverso al mutare delle condizioni de) gas, corrispondano altrettanti corpi semplici o altrettanti aggruppa- menti distinti. 2. In mezzo a tanta incertezza sopra un argomento che tocca così da vicino le moderne teorie sulla costituzione dei corpi non è inopportuno di cercare un’ altra via per determi- nare la natura dell’argon. Le indagini sperimentali più accurate e le teorie che meglio armonizzano col complesso dei fatti osservati inducono a credere che il passaggio dell'elettricità attraverso ai gas avvenga per mezzo delle molecole dissociate. Inoltre, nell'atto della disso- ciazione molecolare i ioni separati assumono delle cariche elet- triche fra loro opposte, le quali per lo più dipendono dalla natura chimica dei ioni medesimi, come avviene nella elettrolisi dei liquidi (1). Facendo adunque passare per un tempo conveniente delle scariche elettriche attraverso ad un gas composto, il quale sia racchiuso in un tubo di (Geissler colla parte capillare molto lunga e sottile, oppure sia contenuto in un altro tubo munito di elettrodi alle due estremità e diviso in due parti da un dia- framma, si può produrre nel gas una vera elettrolisi; colla quale si è già scomposto l’acido cloridrico, il vapor acqueo e parecchi altri corpi. Anzi il signor J. J. Thomson non è soltanto riuscito ad ottenere l’elettrolisi dell'acido cloridrico gazoso, dove, < com'era da aspettarsi il cloro è anione, e catione l'idrogeno; (1) Perror, “ Annales de Chim. et de Phys. ,, [3], p. 161, 1861. — Giesg, “ Wied. Ann, ,, XVII, p. 537, 1882. — A. Scnusrer, “ Proc. Roy. Soc. ,, 37, p. 317, 1884. — S. Arrmenrus, © Bihang till k. Svenska Akad. Vet. ,, Handl. Afd. I. Bd. 13, N. 7, 1888; ibid., Bd. 16, N. 6, 1891. — J. J. Tnoxsox, “ Recent Researches ,, Appendix, London; ° Proc. Roy. Soc. ,, 58, p. 244, 1895; “ Phil. Mag. ,, 5 ser, XL, pag. 511, 1895. — C. A. Mepivs, “© Wied. Ann. ,, Bd. LIX; p. 696, 1896. — J. Trowsrinoe and E. W. Ricmarps, “ Phil. Mag. ,, 5 ser., 48, pag. 349, 1897. RICERCHE SPETTROSCOPICHE SULL'ARGON 833 ma, invertendo più volte di seguito la direzione della corrente, potè far passare ripetutamente l'idrogeno (e perciò anche il cloro) dall'uno all’altro estremo del tubo. Seguendo pertanto questo metodo, cioò facendo passare per molto tempo una cor- rente elettrica nell’argon contenuto in un tubo di Geissler adatto, se il gas esaminato è un corpo composto, oppure una mesco- lanza di due gas differenti, alla fine sì devono manifestare ai due estremi del tubo degli spettri diversi. E se lo spettro rosso e quello azzurro dell’argon sono realmente dovuti a due corpi semplici distinti, i due spettri dovrebbero per lo meno mostrarsi con differenti intensità presso ai due elettrodi del tubo. Questa esperienza è appunto l'oggetto della presente nota. 3. Dovendo adoperare un tubo di argon fatto in una forma particolare, perchè fosse lungo e sottile e, nello stesso tempo maneggevole, ho preparato io stesso il gas necessario e ne riempii un tubo del modello di Geissler, ma piegato ad U, colla parte capillare del diametro di 0,2 mm. e della lunghezza di 30 em., come è rappresentato in T. Sulla figura annessa e ed e' sono i due elettrodi, che son fatti di alluminio. Per preparare l’argon l’ho isolato dall’ aria atmosferica facendone assorbire l’azoto mediante l’ossigeno sotto l’azione di continue scariche elettriche, in presenza della potassa caustica, e poi facendo assorbire l'eccesso di ossigeno dal pirogallato sodico, nel modo descritto dal Rayleigh e dal Ramsay. Siccome poi avevo solamente una piccola quantità di gas preparato, posi ogni cura per non sciuparlo inutilmente e per averlo nella purezza necessaria entro il tubo. Io credo di aver raggiunto lo scopo colla disposizione seguente (fig. 1). Il tubo T, mediante un grosso cilindro di vetro, MN, che è quasi pieno di anidride fosforica, e un tubo MP, che si può chiudere con una chiavetta €", comunica con la pompa a mercurio, del mo- dello di Bessel-Hagen, per mezzo dell’attacco P. Dal punto N parte un altro tubo, il quale può essere chiuso con due chia- vette in C, 0", e termina con un tubetto sottile, chiuso alla lampada, che arriva sotto la campanella A piena di argon. Per assicurare la perfetta tenuta delle chiavette si tengono tutte immerse entro bicchierini di mercurio; e per poter intro- durre facilmente l’argon nell’apparecchio la punta del tubetto 834 G. B. RIZZO che arriva nel serbatoio di gas è stata scalfita con una riga sottile in a. Allorchè in tutta la serie dei tubi si è fatto il vuoto, si chiudono le due chiavette 0’, ('”; quindi premendo colla conca- vità della campanella A sul tubetto sottostante, questo si rompe in a, e il gas entra frau e C': allora si chiude € e si apre 0' tenendo *chiusa Cl". In questo modo il gas che riempiva lo spazio fra C e C' viene a diffondersi nel cilindro essiccante e nel tubo destinato all'esperienza. Dopo un po’ di tempo, quando il gas Fig. 1. racchiuso si è essiccato e per diffusione si è ben mescolato col leggero residuo di aria che è rimasta nell’apparecchio facendo il vuoto per la prima volta, si fa nuovamente il vuoto e nella serie dei tubi si lascia entrare una nuova quantità di gas puro. Ripetendo questa operazione quattro o cinque volte si ha nel tubo T dell’argon quasi puro con una leggera traccia di vapor acqueo, il quale, come sì vedrà in seguito, non è inutile per l’interpretazione delle esperienze. Il tubo T viene poi staccato con un colpo di fiamma nel punto S. La pressione interna del gas allorchè fu staccato il tubo, era uguale a 2 mm. circa, e perciò le esperienze furono fatte sul gas a questa pressione. La scarica elettrica era prodotta da un rocchetto di induzione di media grossezza, attivato da 4 coppie Bunsen di grande mo- dello, che dava nell'aria una scintilla di circa 5 em. RICERCHE SPETTROSCOPICHE SULL'ARGON 835 4. È una cosa singolare il cambiamento che avviene in poco tempo nella luce emessa dal gas reso incandescente dal pas- saggio dell’elettricità. Questa luce al principio è di un colore roseo; ma ben presto assume una tinta d'un bel rosso vivace, specialmente nel ramo negativo del tubo, chiamando così quel ramo all'estremità del quale sta il catodo. Ma non è possibile rimanere dubbiosi intorno alla natura di questo cambiamento, o attribuirlo ad una dissociazione dell’argon attraversato dalla corrente. Un esame anche superficiale della luce irradiata, fatto con un ordinario spettroscopio a visione diretta, mostra che una dissociazione si è veramente compiuta, ma non nell’argon, seb- bene nelle tracce di vapor acqueo che erano rimaste nel tubo. Infatti, si vedono risplendere le quattro righe dell’idrogeno con prevalenza della C; e (come si poteva attendere dalle esperienze del Thomson) queste linee sono molto più brillanti nel ramo negativo del tubo, perchè anche qui l'idrogeno segue il cam- mino della corrente. Il bel colore roseo della luce emessa da principio proba- bilmente era anche dovuto ad un residuo d’azoto che era rimasto nel tubo e che poi, a poco a poco, venne assorbito dagli elet- trodi. Così dopo poco tempo lo spettro della luce emessa dal gas incandescente si riduce a quello dell’argon con le linee del- l'idrogeno, sopratutto da una parte. La presenza di queste righe dell'idrogeno non è da considerarsi come un inconveniente, perchè appunto il fatto della avvenuta dissociazione del vapor acqueo e della migrazione dei ioni dell'idrogeno dimostra che anche l’argon, qualora fosse un corpo composto, essendo soggetto alle medesime azioni e per un tempo di gran lunga maggiore dovrebbe presentare dei fenomeni simili. 5. Lo studio dello spettro, dopo un esame sommario fatto con uno spettroscopio a visione diretta del Duboscq, venne com- piuto con un reticolo concavo di diffrazione di Rowland, a grande curvatura che appartiene all'Osservatorio astronomico. Lo strumento è luminosissimo nello spettro del I ordine, e perciò veramente adatto allo studio degli spettri dei corpi aeriformi. Il reticolo ha la curvatura di 1 m., e 14438 linee per pollice; e la disposizione adottata è rappresentata schematicamente in proiezione orizzontale della fig. 2 che segue, dove A e B indi- 836 G. B. RIZZO cano i due rami del tubo luminoso (e volendo esaminare la luce emessa da uno di essi, per esempio da A, si protegge l’altro con uno schermo opaco e nero, (Q); L è una lente convergente, ossia un obbiettivo acromatieo di Steinheil, colla distanza focale di 25 cm., che forma un'immagine di A sulla fenditura S dello spettroscopio; SR, SO i due sostegni ortogonali del reticolo; R il reticolo; O l'oculare e OR l'asta di collegamento. Certamente sarebbe stato desiderabile di poter fotografare gli spettri delle due luci prese in esame; ma dovendo speri- mentare in un locale che è prossimo ad una via frequentatissima della città, non vi si può ottenere la stabilità necessaria. Fig. 2. Perciò io mi contentai di identificare le principali righe osservate con quelle che sono descritte nella Memoria del Kayser (1) e in quella di Eder e Valenta (2) per lo spettro rosso e per lo spettro violetto dell’argon ; e di studiarne le va- riazioni cercando se nell’uno e nell'altro ramo del tubo appa- rissero di preferenza le linee dell'uno e dell'altro spettro, dopo che il gas aveva servito per 24 ore di veicolo all’elettricità in una direzione costante. La considerevole resistenza ordinaria del tubo e il piccolo valore del coefficiente di autoinduzione assicurano che la scarica attraverso all’argon non era oscillatoria, eppure nello spettro che dovrebbe essere lo spettro rosso del gas appaiono distintamente parecchie linee che tanto il Kayser quanto Eder e Valenta (1) H. Karser, “ Chem. N. ,, 72, p. 99, 1895; “ Sitz. d. k. preuss. Akad. d. Wiss. zu Berlin ,, Bd. XXIV, p. 551, 1896. (2) I. M. Eper u. E. Varenta, “ Denk. d. k. k. Akad. d. Wiss. Wien ,, Bd. LXIV, 1896. RICERCHE SPETTROSCOPICHE SULL'ARGON 837 hanno considerate come proprie dello spettro violetto. Ciò por- terebbe a concludere, contrariamente alle affermazioni del Trow- bridge e del Richards (1) che anche molte linee dello spettro violetto si possono ottenere colla scarica in una direzione co- stante, come aveva già notato il Kayser. 6. Lo spettro ottenuto si può dunque considerare come una sovrapposizione dello spettro violetto a quello rosso; e nelle tavole seguenti che riassumono i risultati ottenuti, di fianco alla designazione delle linee osservate, è indicata l'intensità relativa nello spettro rosso, r, e in quello violetto, v, secondo le bellissime determinazioni del Kayser e di Eder e Valenta. A queste indicazioni seguono i numeri che esprimono le intensità relative, nella scala 1-10, delle linee che io ho osser- vate nello spettro di I ordine del reticolo al principio del pas- saggio della corrente e dopo 24 ore. | Intensità osservate | Intensità osservate | esi Intensità = EEA po "RR Intensità a e 4 | negli spettri puri | #"8 3 | 4 | negli spettri puri CEI Ss 7066) r; | 4 | 1 |5287 vol 20 |a | 6965) 3 | 5 So2224 Mn: U 4 4 6415| 1; DI a EC MI EL \6114| egrtteemim5166 a o 6034 ee 2 2 ||5162| Ù3 4 3 15740 7, | o 3 9. || 5146 Da 3 9 \B651| | © 4 3 ||5142 DA 2 1 (5607| 7 | | 8 | 4 |5062 agtrHagnni s4 DO/2| 16 DA 5 3 |5017 Uz 5 5 |5559| se DA 6 6 |5010 DA 3 2 5506 |. r; Vs 4 3 | 4965 Ve 3 2 5496| 7% | 07 6 4 4933 DIA 3 2 5492 | 7g | % 6 4 |4888| 7; Va 4 2 5422| re | 6) 3 || 4880 | Us 4 3 (1) I. TrowsrIncE a. T. W. Ricuarps, “ Ann. J. of Sc. ,, [4], 3, p. 15, 1897. In un lavoro più recente questi autori, ritornando sopra l'argomento, hanno riconosciuto che la cagione principale che produce il secondo spettro del- l’argon, non è tanto il carattere oscillatorio della scarica, quanto il calore svolto nel passaggio dell'elettricità (* Phil. Mag. ,, 5 ser., 43, p. 349, 1897). 838 G. B. RIZZO | Intensità osservate Intensità osservate ; Intensità | È | 3g | , | Iotenia | LI VI negli spettri puri "8 | s4 | A negli spettri puri | #3 $4 > “ai | ————; 4866 | | ds 3 1 |4380]| x. Va 3 5 4848 DA 3 2 |4371| n Ds 2 3 14806 | | Dio | D 5 |4348| rn, Vo D- ld 4765 | wo. | 2 | 2 |4345| rw 9 5 14736 | to d 99" 49950 » fulvo — giovane. Reperto ematoscopico nei preparati rr ———— — ——€ a fresco colorati nbuli rossi sono molto rati, ma meno che al cedente esame. Presen- o formedi disfacimento i necrobiosi. In minor nero le goccioline ri- ngenti libere nel plasma. rue di bello aspetto, buli pochissimo alte- | i nella loro forma. Ma- | e microciti. Forme di robiosi scarse. Si vede ilche ammasso di gra- azioni ialine. I globuli | ò tendono più ad ag- tinarsi che a disporsi | pile. rue di bello aspetto. buli rossi quasi normali forma, grandezza ecc. fasi solo una leggiera oporzione fra i diame- dei varii globuli senza i vi sia vera macro 0 rocitosi. Poche forme lasco. Poche forme di robiosi. Non ammassi | nulari nel plasma. Leu- iti. rue di bello aspetto coi atteri suddetti. Null'al- | di particolare. L'aspetto dei globuli rossi | sì va avvicinando molto al normale. Si nota sol- tanto ancora una spropor- zione nei loro diametri e l'aspetto di necrobiosi e di disfacimento che pre- sentano alcuni globuli. Qualche ammasso granu- lare colorato in rosa. Scar- | sissime goccioline libere nel plasma, colorate in rosa. I globuli rossi pren- dono bene l’eosina. Molti globuli rossi nucleati a nu- clei liberi. Leucoitosi rile- vante. Cellule midollari. I globuli rossi presentano disugualianze marcate nei loro diametri. Si colorano abbastanza bene presen- tando più spazii chiari nel loro interno. Non glo- buli rossi nucleati. Globuli scarsì perfetta- mente normali. Scarsis- simi globuli rossi nucle- ati. Molte cellule eosino- file. Qualche cellula mi- dollare. Stessi fatti. Osservazioni Coagulabilità dopo 6°. Coagulato dopo 13’. Nella miscela con acido acetico tutti i globuli rossi sono distrutti. Coagulato dopo 530". Nella miscela con acido acetico tutti i globuli rossi sono distrutti. Coagulato dopo 5’. Nella miscela con acido acetico tutti i globuli rossi sono distrutti. Il cane ha aspetto di buona salute, è vispo, mangia. Mucose di colore rosso. 924 ALBERICO BENEDICENTI Ricerche sulla tonicità muscolare; del Dott. ALBERICO BENEDICENTI. In una precedente Memoria (1) io ho studiata, per mezzo del miotonometro, la tonicità muscolare nell'uomo. Ho creduto opportuno di ripetere, in analoghe condizioni, altre esperienze sugli animali ricercando l’azione che il taglio dei nervi, la rigi- dità cadaverica ed alcuni medicamenti esercitano sui muscoli. L'apparecchio che io ho usato è simile a quello già adope- rato nelle ricerche sull'uomo. Si fissa il coniglio, sul quale si vuole praticare l’esperienza, in posizione ventrale su uno dei comuni sostegni, in modo che le zampe posteriori del coniglio spor- gano liberamente oltre il margine del sostegno. L’arto sul quale si vuole sperimentare viene solidamente fissato per mezzo di due apposite morsette, in maniera però che il tendine di Achille rimanga libero durante la distensione del muscolo gastrocnemio. Una sottile assicella fissata alla faccia plantare della zampa fun- ziona come la suola della scarpa nel miotonometro. Come questa essa è quindi munita di una penna scrivente, per mezzo della quale si possono segnare sulla carta infumata di un cilindro rotante i gradi diversi della distensione e della retrazione del muscolo. Per impedire che la penna si allontani dal cilindro, a cagione della rotazione all’ esterno della punta della zampa nell'atto della flessione, ho costruito il sostegno, sul quale è fissato il coniglio, in modo che esso possa essere inclinato sia nel senso verticale come nel senso trasversale. Per sollevare la punta della zampa e stirare il muscolo ho adoperato una carrucola, l’asse della quale non gira sui perni, ma poggia sovra due piccole ruote come nella macchina di Atwood. Una cordicella che passa sulla carrucola porta all'altra (1) BewepIcENTI, La tonicità muscolare studiata nell'uomo. * Mem. Acc. Scienze ,, 1896. RICERCHE SULLA TONICITÀ MUSCOLARE 925 estremità un piattello sul quale si mettono i pesi. La carrucola, sulla quale passa la cordicella del miotonometro, è fissata su di un apposito sostegno ed una serie di viti serve a dare tutte le inclinazioni che occorrono dall’avanti allo indietro e lateralmente. Ho disteso il muscolo collocando sul piattello del miotonometro pesi uguali con intervalli di tempo uguali. Ho usato in gene- rale pesi di 20 gr. o di 50 gr. Talora mi sono servito di pesi più forti. Forma della curva miotonometrica. Nelle esperienze eseguite sull’ uomo col miotonometro ho dimostrato che la curva miotonometrica dell’uomo vivente è diversa dalla curva classica che trovasi nei trattati di fisiologia, vale a dire diversa da quella conosciuta da tutti per le ricerche di Wertheim, di Weber, di Marey e di tanti altri che studia- rono i muscoli delle rane. Nell'uomo infatti l'allungamento im- mediato del muscolo o cresce nella stessa proporzione del peso o cresce più rapidamente di questo. In questo caso, che è il più frequente, la linea di ascesa o di distensione del muscolo è una linea convessa inferiormente. La linea di retrazione è invece concava inferiormente e dall’unione di queste due linee risulta quella che io ho denominato curva ad elmo e che è caratteristica della tonicità muscolare nell'uomo. Questi risultati sono conformi, almeno in parte, a quelli ottenuti da Donders e Mansvelt e da Chauveau i quali esperi- mentarono pure sull’ uomo ed in analoghe condizioni. Anche questi autori infatti ottennero, invece dell'arco di iperbole che rappresenta il modulo della elasticità dei muscoli della rana, la corda di questo arco; il che non esprime una grande diffe- renza nello allungamento del muscolo. Se le cariche e gli allun- gamenti del muscolo sono fatti entro limiti poco estesi, si osserva sempre nell'uomo che l'allungamento del muscolo cresce più rapidamente del peso che lo distende. Questo fenomeno è stato riscontrato da Insert (1) e dal prof. A. Mosso (2) per la ela- (1) Ixserr, “ Physique biologique ,. Pag. 130 e segg. (2) Mosso, Descrizione di un miotonometro etc. * Mem. Accad. Sc. ,, 1896. 926 ALBERICO BENEDICENTI sticità del caoutchouc. Imbert però ha dimostrato che al di là di un certo limite gli allungamenti di un tubo di gomma ere- scono poi meno rapidamente delle cariche. Questo fenomeno può dimostrarsi vero pei muscoli dell'uomo e meglio ancora pei muscoli del coniglio e del cane. Se, per mezzo del miotonometro descritto, si distende il muscolo gastrocnemio di un coniglio con piccoli pesi, allora la linea di distensione è convessa inferiormente come nell'uomo; se si usano pesi un poco più forti, si ha come regola generale una linea retta, vale a dire che l'allungamento immediato del muscolo cresce nella stessa proporzione del peso. Se però si continua a distendere con pesi forti un muscolo può vedersi che giunge un limite al di là del quale l'allungamento del mu- scolo cresce meno rapidamente del peso che lo distende. Ma non bisogna dimenticare che anche in questo caso l'elasticità susseguente può complicare moltissimo il fenomeno, rendendone lo studio difficilissimo come Chauveau, Marey, Anrep, Richet e molti altri hanno dimostrato. Nel tracciato 1° riporto una curva normale miotonometrica del coniglio fatta distendendo il muscolo con pesi di 20 gr. e coll’intervallo di 10" fra un peso e l’altro. Si vede bene che la linea di distensione è una linea retta, mentre quella della retra- zione del muscolo è convessa superiormente. Questo carattere della linea di retrazione è costante non solo nell'uomo e negli animali ma anche per tutti i corpi organici come io stesso ho potuto persuadermi ripetendo le esperienze di Wertheim e Weber. Nel tracciato 2° è riportata un'altra curva miotonometrica normale del coniglio ed in questo può vedersi la somiglianza colla curva miotonometrica ad elmo dell’uomo vivente. Ciò che ho detto per la forma della curva può valere inoltre per gli altri fenomeni già osservati sull'uomo e che si ripetono identicamente nel coniglio e nel cane. Anche qui si notano grandi differenze individuali nella distendibilità muscolare, nella elasti- cità susseguente e nell’allungamento residuale. Nei muscoli del coniglio e del cane come in quelli dell'uomo l'elasticità susse- guente e l'allungamento residuale sono in stretto rapporto col tempo e col peso impiegato nella distensione del muscolo. Infine il taglio del tendine d'Achille al suo punto d'inser- zione, rimanendo immutate le condizioni di innervazione e di RICERCHE SULLA TONICITÀ MUSCOLARE 927 circolazione del muscolo, non modifica profondamente la forma e i caratteri della curva miotonometrica. Questo fatto è impor- tante perchè dimostra che col miotonometro si può veramente studiare in condizioni favorevoli la elasticità muscolare. Influenza della rigidità cadaverica. Ho eseguita una prima serie di ricerche per studiare l’in- fluenza della rigidità sulla curva miotonometrica. WeBER (1) aveva già dimostrato da lungo tempo che il muscolo rigido è meno distendibile e meno retrattile. Wuxpr (2) ha detto che la differenza nella distendibilità fra il muscolo rigido e il mu- scolo vivo sta nel rapporto di 1:2 negli animali a sangue caldo e di 9:10 nelle rane. Egli ammette inoltre che l’allun- gamento residuale non sia nel muscolo rigido maggiore che nel vivo. HarLESss (3) dimostrò pure la diminuzione della elasticità sul muscolo rigido e alle stesse conclusioni giunsero WER- THEIM (4), AnRFP (5), Samgowy (6), Brasius (7), MAREY (8), Bouper (9), ecc. Le esperienze che io ho eseguite col miotonometro dimo- strano e confermano quanto questi autori hanno veduto. Il mu- scolo per effetto della rigidità cadaverica va lentamente accor- ciandosi. Se nel muscolo rigido si pratica una distensione con un determinato peso si vede subito che il muscolo si lascia molto meno distendere a parità di condizioni che non quando era in vita. Col progredire della rigidità cadaverica l’estensi- bilità del muscolo diviene minore finchè raggiunge un grado in cui essa è minima. Nel tracciato 3° sono riportate due curve miotonometriche nel coniglio. La prima è descritta con pesi di 50 grammi nel 1) Weser, © Wagner Handworterb. ,, III, 2. 2) Wuwpr, Die Lehre v. Muskelbw. I Theil. 3) Harress, “ Sitzungsber. bayr. Akad. ,, 1860. 4) Werr®erm, “ Ann. de chim. et phys. ,, XXI. 5) Anrep, © Pfliiger's Arch. ,, Vol. 21. (6) Samgowy, © Pfiùiger's Arch. ,, Vol. IX. (7) Brasrus, “* Virchow's Arch. ,, vol. XLI. (8) Marey, Des mouvements, etc. Paris 1868. (9) Bouper, Thèse inaugurale, 1880. ( ( ( ( ( 928 ALBERICO BENEDICENTI coniglio curarizzato, la seconda è descritta cogli stessi pesi e sullo stesso muscolo ma allo stato di rigidità. Nel muscolo rigido la linea di distensione è costantemente retta, la linea di retrazione è convessa superiormente. Non ho mai veduto che l'allungamento del muscolo crescesse più rapi- damente del peso che lo distende. Così pure non ho potuto dimostrare che il muscolo rigido sia meno retrattile del muscolo vivente. Distensioni fatte subito dopo morte, ovvero un'ora, due, tre fino a ventiquattro ore dopo, mi hanno dimostrato che se il muscolo diviene meno estensibile non diviene meno retrattile. Anzi a parità di condizioni il muscolo rigido e disteso torna più completamente alla lunghezza primitiva allorquando venga liberato del peso che lo distendeva. Questi fatti confermerebbero le osservazioni di Wundt più sopra riferite. Influenza del Taglio del Nervo. Ho fatto molte esperienze per dimostrare l’ influenza che la sezione del nervo esercita sulla forma e sui caratteri della curva miotonometrica. Su questo argomento esiste una lettera- tura vastissima. Io mi limito a ricordare che Bouper, ANREP, Ricner e quanti altri si occuparono della questione hanno am- messo che la sezione del nervo rende il muscolo più estensibile di prima e meno elastico, vale a dire meno retrattile. Le mie esperienze furono eseguite preparando lo sciatico alla sua uscita dalla grande apertura ischiatica al punto in cui esso penetra fra i muscoli glutei e sezionandolo dopo aver de- scritte alcune curve miotonometriche normali. Il paragone fra queste curve e quelle descritte nelle stesse condizioni, subito dopo la sezione del nervo, ha dimostrato che il muscolo liberato dall'influenza del sistema nervoso diviene in realtà più disten- dibile e meno retrattile. Appena si taglia il nervo si nota però anche un sensibile e duraturo allungamento del muscolo. Questo fatto che Bronpeest (1), MiLLER (2), Crow (3) e molti altri fisiologi (1) Bronpeest, Onderzoekingen oven den Tonus. Utrecht 1860. (2) Miccer, “ Handb. d. phys. d. Menschen ,, 1844. (3) Crow, “ Ber. d. slichs. Ges. d. Wiss.,, 1865. RICERCHE SULLA TONICITÀ MUSCOLARE 929 hanno veduto, starebbe ad indicare la soppressione della tonicità, o per meglio dire della elasticità dipendente direttamente dall’in- fluenza del sistema nervoso. Questo allungamento del muscolo è sempre duraturo (AnrEP-Tscumriew). È noto che Heidenhein ha contraddetta l'opinione che il muscolo si allunghi per il taglio del nervo. Wundt anche non ha riscontrato costantemente al- lungamento duraturo del muscolo per il taglio del nervo, ma talora un accorciamento che ha attribuito ad eccitazione pro- dotta nel muscolo dalla sezione del nervo. Nelle diverse esperienze che io ho eseguito ho veduto se- guire al taglio del nervo quasi sempre allungamento duraturo del muscolo il quale però può variare moltissimo essendo talora assai sensibile, altre volte appena accennato. Il tracciato 4° si riferisce ad una esperienza fatta il giorno 10 marzo su un coniglio del peso di kg. 1,700. Colloco sul piat- tello un peso iniziale di 100 gr. quindi estendo il muscolo ag- giungendo successivamente pesi di 50 gr. fino a 250. Subito dopo rilascio il muscolo togliendo i 250 gr. Ottengo così la curva I normale. Nel punto segnato da una croce taglio il nervo. Si ha un allungamento del muscolo. Riporto la penna spostatasi al punto primitivo e quindi descrivo subito dopo cogli stessi pesi la curva II. Come si vede il muscolo è divenuto più esten- sibile e meno retrattile. Von Anrep ha studiato questi stessi problemi sul muscolo gastrocnemio della rana. Se si confrontano le figure che egli dà nel suo lavoro (fig. 85-89, tav. 2*) con i tracciati che io riporto si troverà una differenza. Dopo la sezione del nervo il muscolo si mantiene più estensibile anche per una serie di esten- sioni successive mentre io non ho potuto notare questo feno- meno. Questo fatto si spiega facilmente se si riflette che il mu- scolo, per effetto del taglio del nervo, subisce un allungamento durevole, ma poi diviene sempre meno retrattile. Per questo fatto deve naturalmente giungere un momento in cui il muscolo, nonostante la sua maggiore distendibilità, non cederà che po- chissimo al peso che lo tende. Se la retrattilità del muscolo diminuisce nelle successive estensioni anche la sua maggiore distendibilità resta mascherata. Questo fatto è noto per le ricerche dei diversi autori i quali hanno dimostrato come la distendibilità di un muscolo Atti della R. Accademia — Vol. XXXIL 65 930 ALBERICO BENEDICENTI non abbia valore assoluto ma sia sempre dipendente dalla po- sizione che aveva il muscolo prima della distensione. Von Anrep richiama anche l’attenzione sull'aumento degli allungamenti re- siduali in una serie di estensioni musculari fatte dopo il taglio del nervo. Le figure però che egli riporta, e sono schematiche, mi pare non lo dimostrino. Le osservazioni che io ho eseguite per vedere se il taglio del nervo modificasse la forma della curva miotonometrica sono state in parte negative. Alcune volte, dopo il taglio del nervo, ho veduto che l’ allungamento del muscolo cresceva più lenta- mente che il peso usato a distendere. La curva in tal caso as- sumeva una somiglianza colla curva classica della elasticità mu- scolare nella rana. Im un caso specialmente questo fenomeno è stato assai evidente. Influenza del Curare. Von Anrep ha studiato anche l’azione del curare sulla to- nicità muscolare partendo dal concetto che se vi è una tonicità muscolare dipendente dal sistema nervoso questa deve scompa- rire non solo per il taglio del nervo ma anche per effetto della curarizzazione la quale produce la paralisi della terminazione dei nervi motori. Infatti von Anrep trovò che il curare produce un allungamento del muscolo simile a quello prodotto dalla se- zione del nervo. Egli dimostrò che il curare non aveva azione speciale sulla sostanza muscolare ma agiva solo per mezzo del sistema nervoso, modificando in tal modo l'elasticità del mu- scolo. Infatti dosi più o meno grandi di curare agivano sempre nello stesso modo. In un lavoro posteriore dimostrò che dopo il taglio dei nervi il curare rimaneva senza azione sulla elasticità muscolare. In- vece se l’animale sul quale si esperimenta (ed egli usava delle rane) è integro, si osserva che il muscolo curarizzato per ugual peso si lascia distendere di più che non il muscolo normale e si accorcia meno che prima dell’avvelenamento. Anche Bouper ha studiato l'influenza del curare e provato che modifica molto l'elasticità del muscolo. I. OverEND (1) è giunto pure alle mede- (1) Overenp, “ Arch. f. exper. Path. u. Pharm. ,, XXVI. RICERCHE SULLA TONICITÀ MUSCOLARE 9891 sime conclusioni. Egli dice che il curare ha spiccata azione sulla elasticità muscolare. Se si usano pesi grossi il muscolo curariz- zato si lascia distendere molto più del muscolo normale. Questa differenza è anche più evidente se si esperimenta su muscoli tetanizzati. In tali casi l'allungamento può divenire anche doppio del normale. Le esperienze che io ho eseguito su muscoli curarizzati mi hanno dimostrato che il curare ha sul muscolo un effetto simile al taglio del nervo. Se ad esempio si prepara in un coniglio lo sciatico nell’arto destro e dopo aver descritte alcune curve si taglia il nervo, si ottiene l’effetto indicato più sopra. Se quindi si curarizza l’animale e si paragona sull’arto sinistro la tonicità muscolare normale e quella dopo la curarizzazione, si può vedere come si ripetano gli stessi fenomeni osservati nell'altro arto per effetto della sezione nervosa. Il primo effetto della curarizzazione è un allungamento del muscolo. La zampa, se il peso che tende il muscolo, continua ad agire prima e durante la curarizzazione, prende un’altra posizione dovuta al rilasciamento del gastrocnemio. Questo allungamento può talora essere molto evidente. Le estensioni con pesi successivi, crescenti in proporzione aritmetica, fatte sul muscolo curarizzato dimostrano che è più estensibile, ma meno retrattile. Accade pertanto per il curare ciò che già dissi per la sezione del nervo e cioè che il muscolo teso non si raccorcia che poco, per cui nelle successive esten- sioni l’allungamento diretto diviene sempre minore, a cagione del progressivo aumento dell’allungamento residuale. Il tracciato della fig. 5 mostra l’azione del curare sulla elasticità muscolare. L'esperienza fu eseguita su un coniglio del peso di gr. 1750. Il curare fu iniettato nella giugulare. Dopo 2 minuti il coniglio cessa di respirare e si pratica la respira- zione artificiale. Si nota un allungamento del muscolo. Si deve abbassare il cilindro di 32 millimetri per riportare la penna al punto primitivo. Il punto al quale si attacca il peso che tende il muscolo gastrocnemio trovasi lontano 18 centimetri dal punto di rotazione della zampa. La distanza dell’articolazione tibio- astragalea dalla estremità del calcagno è nel coniglio di 1 cen- timetro e mezzo circa. Si può dunque dire che il braccio di leva della potenza è 18, quello della resistenza 1,5. Con questi dati si 982 | ALBERICO BENEDICENTI può calcolare l'allungamento effettivo del muscolo per effetto del curare che è da circa 4 a 5 millimetri. Sul muscolo così modificato per opera dei curare, pratico una estensione con una serie di pesi di 50 grammi l'uno. Ottengo allora la curva II del tracciato. Questa dimostra l'aumento nella estensibilità muscolare e la diminuzione della retrattilità. Per ciò che riguarda la forma della curva si notano talora piccole differenze fra il muscolo curarizzato ed il normale nel senso che quello sente più l'azione dei primi pesi, ma sono differenze minime ed incostanti, nè posso attribuirvi importanza. Anche nel muscolo curarizzato la linea di distensione è una linea retta o quasi. Influenza della Digitalina. Ricger e tutti coloro che si sono occupati della fisiologia dei nervi e dei muscoli sono concordi nell'’ammettere che l’ela- sticità non è una proprietà meccanica dei muscoli. Ogni modifi- cazione della circolazione e della innervazione agisce sulla ela- sticità muscolare e se si adoperano miografi sensibili si può vedere che tutte le sostanze tossiche cambiano la forma della scossa muscolare modificando lo stato di tensione e di elasticità del muscolo. Richet scrive che di tutte le proprietà del muscolo l'elasticità è la meno costante e la meno stabile: moltissimi veleni la modificano profondamente. RosspacH E von ANnREP (1) hanno fatto un lavoro sulla influenza che i veleni esercitano sulla distendibilità e retrattilità muscolare. Le loro esperienze furono fatte sulle rane. Questi autori dicono che si potrebbe impiegare la determinazione della elasticità muscolare come un buon metodo di analisi tossicologica. Essi fecero esperienze con di- verse sostanze fra le quali la digitalina. Curci (2) trovò che anche la stricnina modifica il tono muscolare aumentandolo; PapERI (3) vide lo stesso fenomeno per la stricnina e per l'acido crisofanico. Ho ripetuto delle esperienze per studiare l’azione di alcuni ve- leni sui muscoli e ho cominciato colla digitalina, già adoperata (1) Rosssaca e von Axrep, © Pfliiger's Arch. ,, XXI, p. 240. - (2) Corer, “ Arch. di farmacol. ,, Vol. I, fasc. 7. (3) Paveri, “ Arch. italiennes biol. ,, Vol. XIX, 1. | RICERCHE SULLA TONICITÀ MUSCOLARE 933 a questo scopo, come ho detto, da Rossbach e von Anrep. Questi autori dicono che la digitalina produce un allungamento del muscolo assai notevole non dovuto a diminuzione del tono poichè si manifesta anche nell’arto col nervo tagliato. In secondo luogo la digitalina produrrebbe una diminuzione della estensibi- lità: uguali pesì distendono il muscolo digitalinizzato meno del muscolo normale. i Molti altri farmacologi hanno riconosciuto l’azione para- lizzante della digitalina e l'hanno considerata come veleno mu- scolare. Così DvyBrowsky e Pelican, ScameDEBERG, KoPPE, PER- RIER. Nessuno però accenna a questa speciale azione esercitata dalla digitalina sulla elasticità. Le esperienze che io ho eseguite, avvelenando dei conigli con digitalina purissima di Merck, non mi hanno dimostrato che la digitalina aumenti la tonicità muscolare, rendendo il muscolo meno estensibile per pesi uguali. Nell’avvelenamento per digita- lina possono distinguersi due periodi. Nel primo si ha manifesto eccitamento, e nel secondo grave depressione, debolezza gene- rale, paralisi dei muscoli volontari, diuresi abbondante e, se la dose è molto forte, dispnea e morte. Ora se, quando la paralisi muscolare è sopravvenuta, si praticano delle estensioni del mu- scolo, si nota un aumento nella distendibilità, cioè il muscolo per egual peso si lascia distendere più del normale. Questa maggior distendibilità del muscolo vale tanto per l'allungamento immediato come per l'allungamento susseguente del muscolo, ma per questo specialmente. Nell'ultimo periodo di avvelenamento per digitalina l'allungamento susseguente può in alcuni casi divenire grandissimo, e tanto più grande quanto maggiore è il peso che distende il muscolo. Mentre nel muscolo sottratto all'agente nervoso per il taglio del nervo ed in quello curarizzato la distendibilità maggiore vale solo per la prima estensione e quindi viene impedita dalla diminuzione della retrattilità, nel muscolo digitalinizzato l’esten- sibilità è notevole anche in tutte le successive estensioni perchè il muscolo stirato torna più completamente di prima alla pri- mitiva lunghezza. In altre parole il muscolo paralizzato da digi- talina è più estensibile e più retrattile del muscolo normale. Talora nel muscolo digitalinizzato si può anche notare una mo- dificazione nella forma della curva miotonometrica. 934 ALBERICO BENEDICENTI La linea della distensione è modificata per ciò che l'allun- gamento del muscolo cresce quasi sempre meno rapidamente del peso che lo distende, contrariamente a quanto succede normal- mente. La linea di ritrazione è modificata per il fatto che la maggior retrattilità si ha quasi esclusivamente allorquando si tolgono gli ultimi pesi. Se si osserva la linea di retrazione nei tracciati normali questo fenomeno si troverà sempre, ma non nella misura in cui sì verifica nel muscolo digitalinizzato. Accade perciò che dall'unione della linea di distensione con quella di retrazione non si ha nel muscolo digitalinizzato la curva ad elmo, ma una curva simile a quella della elasticità dei muscoli delle rané, come quella del tracciato della fig. 6. Questa modificazione della curva miotonometrica si ha solo in certi casi e quando l'azione della digitalina duri a lungo. Il più delle volte si nota solamente l'aumento della distendibilità e della retrattilità. Il tracciato 7 dà i risultati di una di queste esperienze eseguite su un coniglio del peso di gr. 1830. La curva I è una curva miotonometrica normale; quella sovrapposta II è una curva miotonometrica scritta sotto l'in- , fluenza della digitalina. Il coniglio era stato avvelenato dapprima con 0,005 di digitalina. Dopo un'ora e mezzo si era fatta una nuova iniezione di 0,005 di digitalina e l'animale aveva diuresi abbondante, respiro frequente, paralisi di tutti i muscoli volon- tari. Il giorno dopo l’esperienza si notava ancora debolezza muscolare assai spiccata. Le curve miotonometriche descritte indicavano un aumento nella estensibilità muscolare. Questa modificazione che la digitalina esercita sulla elasticità dei mu- scoli degli animali a sangue caldo pare sia profonda e di lunga durata. Influenza dei sali di Potassio. Anche i sali di potassio sono da considerarsi come veleni muscolari. A piccola dose aumentano la contrattilità, ad alta dose e per un contatto prolungato indeboliscono e paralizzano completamente la fibra muscolare. Rossbach e von Anrep trat- tando dei muscoli di rana con soluzioni di carbonato potassico RICERCHE SULLA 'TONICITÀ MUSCOLARE 935 all’1°/ videro ora un allungamento ora un accorciamento del muscolo. Essi notarono anche costantemente un aumento delle proprietà elastiche del muscolo, per ciò che per pesi uguali il muscolo avvelenato si lasciava distendere meno del muscolo normale. Quest'aumento dell’elasticità può nei diversi muscoli avere diversa grandezza. Le proprietà paralizzanti esercitate dal potassio e dal sale ammoniaco sui muscoli forono studiate anche da Buckner (1). To ho eseguito delle esperienze sui conigli iniettando una soluzione di carbonato potassico sotto la cute in corrispondenza del muscolo gastroenemio ovvero nella regione del dorso. Ho adoperato soluzioni di diversa concentrazione dal 0,5 all’1 °, ed ho variato anche la quantità di liquido iniettato. Se si iniettano quantità alquanto rilevanti di soluzione di carbonato potassico in modo da introdurre 0,15-0,25 gr. di so- stanza si osserva subito un aumento nella distendibilità mu- scolare. Descrivendo delle curve con intervalli di 25-30 minuti si nota che questa maggiore estensibilità va lentamente diminuendo. Nel tempo stesso si può osservare che il muscolo acquista una grande retrattilità, per cui, allorquando è liberato dal peso che lo estendeva, ritorna quasi alla lunghezza primitiva. La mag- giore retrattilità si manifesta specialmente allorquando si toglie l'ultimo peso. La linea di distensione è pure alquanto modificata come per la digitalina pel fatto che i primi pesi hanno azione più spiccata sul muscolo che non gli ultimi. Non riporto alcun tracciato per ragioni di spazio. Debbo però far notare che mentre in alcuni tracciati questi fenomeni sono evidentissimi, in altri lo sono in grado molto minore. Influenza dell’acido lattico. È noto che si attribuisce una infldenza all’acido lattico sulla elasticità muscolare. La maggiore distendibilità dei mu- scoli posti in contatto con soluzioni diluite di acido è cosa già stabilita pei muscoli delle rane. Brunron E CAsH (2) hanno dimo- (1) Buogmem, “ Archiv. f. exper. Path. u. Pharm. ,, Vol. III, 1874. (2) Brunron e Casa, V. Brunton, Traité de pharmacologie, p. 144. 936 ALBERICO BENEDICENTI strato che l'aumento nella estensibilità prodotto dall'acido lat- tico diluito (1:500) può essere molto grande pei muscoli della rana ed influenzare anche i caratteri della curva della contra- zione muscolare. Ho fatto una esperienza sul coniglio iniettando dell'acido lattico diluito sotto la cute in corrispondenza del muscolo ga- strocnemio. L'acidità della soluzione era appena sensibile sulla punta della lingua. Ho usato pesi di 50 gr. l'uno. I tracciati, che per le ragioni dette di sopra non riporto, dimostrano con molta evidenza che il muscolo, per effetto del- l'acido lattico diluito, diviene molto più estensibile e retrattile che non sia normalmente. L'animale dopo l’esperienza presentava torpore nei movi- menti dell'arto iniettato. Più tardi si manifestò sempre una completa paralisi muscolare. L’acido lattico provoca già in soluzioni diluite debolezza muscolare, alterazione profonda della elasticità ed infine paralisi completa. È noto che alcuni fisiologi hanno voluto attribuire all’acido lattico che si formerebbe per azione del lavoro muscolare il senso di stanchezza e depressione che si prova dopo una lunga fatica. Ma qui ha una grande influenza il sistema nervoso perchè possa darsi esclusiva importanza all’azione esercitata dall’acido lattico sui muscoli. Influenza del Tannino. Lewix (1) ha già studiato l'influenza che il tannino esercita sulla elasticità muscolare. Egli ha osservato che il tannino ha sovratutto un'azione locale; però può agire sui muscoli anche quando sia iniettato in punti del corpo lontani dal muscolo sul quale si esperimenta. Nel muscolo sottoposto all’azione del tannino l'allungamento immediato e susseguente sono minori che nel muscolo normale. Allorquando il muscolo sul quale ha agito il tannino viene (1) Lewin, “ Virchow's Arch. ,, LXXXI, pag. 74. RICERCHE SULLA TONICITÀ MUSCOLARE 987 liberato dal peso che lo distendeva, esso ritorna più completa- mente che non il muscolo normale alla primitiva lunghezza. Lewin usò delle soluzioni di tannino al 10 °/. Egli spiegò l’azione locale del tannino ammettendo che esso produca una sottrazione di acqua ed un aumento nella coesione del muscolo. In quanto all’azione esercitata dal tannino a distanza, egli la spiegò dicendo che il tannino sottrae ossigeno ai tessuti e pro- duce pertanto anche nel muscolo un impoverimento di ossigeno, il qual fenomeno si manifesta con un principio di rigidità ca- daverica. Del resto è noto che il tannino è una di quelle sostanze che si combinano coll’albumina dei tessuti a modo del solfato di rame, ed è appunto a questa combinazione che deve attri- buirsi l'alterazione delle proprietà del muscolo. Le esperienze che io ho fatto sui conigli iniettando sotto la cute in corrispondenza del gastrocnemio o in punti più lon- tani della soluzione di tannino al 5-10 */, hanno dimostrato che la distendibilità del muscolo diminuisce enormemente ed esso entra in uno stato di vera e propria rigidità. Un esame anche superficiale mostra che l’azione del tannino è sovratutto locale. L’arto in cui si praticò l'iniezione è rigido e difficilmente si piega passivamente. Si nota sovente tremore e talora forti scosse muscolari. Se si studia col tonomiometro la tonicità del muscolo sot- toposto all’azione del tannino, si vede come essa sia enorme- mente aumentata. Se per confronto si serivono le curve mioto- nometriche del gastrocnemio dell'arto normale si vede come questo sia molto più distendibile, il che depone in favore della azione locale del tannino. Il tracciato 8 porta i risultati di una di queste esperienze. La curva superiore è una curva normale descritta, con pesi di 50 grammi l'uno, sul muscolo il quale era ancora sotto l’azione di una iniezione di digitalina fatta il giorno precedente; II è una curva miotonometrica descritta nello stesso muscolo sottoposto al- l’azione del tannino. Si può facilmente vedere che l’estensibilità del muscolo è molto diminuita. Il tannino non modifica la forma della curva e nemmeno aumenta di molto la retrattilità. Mentre nelle curve superiori del tracciato, allorquando si tolgono gli ultimi pesi, il muscolo si accorcia rapidamente, per- 9838 ALBERICO BENEDICENTI durando l'azione della digitalina, nelle curve inferiori questo fenomeno non è più così evidente, poichè il tannino ne maschera l'azione. Influenza della Veratrina. La veratrina è un veleno muscolare per eccellenza. Sotto questo punto di vista è stata studiata da KòLuKER, BezoLp e Hrrr, GurtMANN, PeLIKAN, Prevost e MarEey, BucHxen e Wey- LAND, Fick e Bonm, MarroRI, ecc. Rossbach e von Anrep hanno studiato più specialmente la influenza che la veratrina esercita sulla lunghezza e distendi- bilità muscolare. Essi hanno veduto che il muscolo veratrinizzato dapprima si allunga e poscia si accorcia. Hanno inoltre constatato che la distendibilità del muscolo aumenta in modo evidente e la ela- sticità diminuisce. Richet nel riferire queste esperienze di Ross- bach dice invece che l’estensibilità del muscolo diminuisce e non so se questo debbasi ad osservazioni sue proprie. To ho fatto parecchie esperienze iniettando della veratrina a dei conigli piccoli del peso di 1500-1700 grammi. La dose iniettata variava da 0,004 fino a 0,008 in una sol volta o ad intervalli. È molto difficile poter scrivere la curva della tonicità mu- scolare nel coniglio veratrinizzato. L'animale infatti non rimane immobile, ha frequentissime contrazioni muscolari, si agita, ha forte nausea e la curva riesce talmente irregolare in molti casi da non poter trarre esatte conclusioni. Però raccogliendo i dati delle diverse esperienze che io ho eseguito, posso asserire che anche la veratrina esercita un'azione assai spiccata sulla distendibilità muscolare. Il muscolo veratri- nizzato si lascia distendere meno del muscolo normale e diviene pure meno retrattile. Accade in molti casi che la retrattilità si manifesta solamente al togliere degli ultimi pesi, cosicchè quando si comincia a scaricare il muscolo, questo non si ac- corcia affatto, anzi continua ancora ad allungarsi. In altre parole, il muscolo veratrinizzato è molto più ecci- tabile pel peso che lo distende, che non il muscolo normale. D° A. BENEDICENTI - Ricerche sulla tonicità muscolare. Atti della A. Accad. delle Scienze di Torino - Vol, XXXI Fig. 6. Fig. 4. Fig. 8. RICERCHE SULLA TONICITÀ MUSCOLARE 939 Fick, Heidenhein, Wedensky e molti altri hanno richia- mato l’attenzione sul fatto che un peso attaccato ad un muscolo può agire come irritante del muscolo stesso. Io ho accennato a questa questione nelle ricerche sulla tonicità nell'uomo ed ho dimostrato che in certe condizioni il muscolo disteso si presenta come irritato dal peso e continua ad allungarsi anche quando si cominci a togliere il peso che lo tendeva. Per effetto della veratrina questi fenomeni divengono più manifesti. Infine se la dose del veleno è forte subentra la paralisi completa ed il muscolo allora diviene più estensibile del mu- scolo normale e meno irritabile. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Fig. 1. — Curva miotonometrica normale del coniglio scritta da destra verso sinistra. A-B ascissa. Precedentemente il muscolo aveva già subìto due distensioni. La linea di distensione è retta. Fig. 2. — Curva miotonometrica normale del coniglio scritta in senso in- verso al precedente. Questa curva è uguale alla curva ad elmo dell’uomo. Fig. 3. — Due curve miotonometriche del coniglio. I Curva normale. II Curva descritta durante la rigidità cadaverica. La linea verticale AB segna l’accorciamento del muscolo dopo la morte. Fig. 4. — Influenza della recisione del nervo sulla tonicità muscolare. I Curva normale. II Curva descritta dopo il taglio del nervo ese- guito in +. Fig. 5. — Influenza del curare sulla tonicità muscolare. La curva II de- scritta nel muscolo curarizzato mostra aumento della distendibilità e diminuzione della retrattilità. Fig. 6. — Curva miotonometrica nel muscolo digitalinizzato. Si nota la so- miglianza colla curva delle rane. Fig. 7. — Influenza della digitalina sulla tonicità. I Curva normale. II Curva nel muscolo digitalinizzato. Fig. 8. — Infiuenza del tannino sulla tonicità. La curva superiore è scritta nel muscolo digitalinizzato, l’inferiore nel muscolo soggetto all’azione del tannino. 940 GIOVANNI VAILATI Il principio dei lavori virtuali da Aristotele a Erone d' Alessandria; Nota del Dott. GIOVANNI VAILATI. CapiroLo I. Introduzione. Gli scritti nei quali ci è stata conservata memoria delle idee dei (Greci sulla meccanica e del grado di elaborazione che raggiunsero per opera loro le teorie relative all'equilibrio, si possono, colla sola eccezione dell’Elevatore (BapovAkoc) di Erone, che come vedremo è un’opera d’indole più pratica che teorica, dividere nettamente in due categorie, corrispondenti a due indirizzi radicalmente diversi nel modo di considerare e di risolvere le questioni di statica. Queste sembrano esser state le sole delle quali gli serittori greci di meccanica abbiano in- trapresa una trattazione generale e scientifica nel senso mo- derno della parola (1); poichè, per ciò che riguarda lo studio delle leggi del moto, essi sembrano essersi accontentati di grossolane descrizioni e classificazioni (2) dei fenomeni, dalle (1) Le osservazioni sulla composizione dei movimenti che si trovano nelle opere d'Aristotele e le teorie più elaborate degli astronomi su questo stesso soggetto (cfr. in proposito la classica monografia dello ScniararELLI : Sulle sfere omocentriche d'’Eudosso, Calippo, ed Aristotele) appartengono piut- tosto alla geometria che non alia meccanica propriamente detta. Alla stessa classe appartengono pure le ricerche di Archimede Sulle spirali basate an- ch'esse su considerazioni cinematiche. (2) È forse solo per colpa dei compilatori e commentatori imperiti che queste assunsero più tardi l'aspetto e la pretensione di teorie scientifiche. È interessante a questo riguardo riavvicinare le considerazioni svolte da Aristotele, nel III libro TTepì oùpavoî, sulla distinzione fra i corpi pesanti e i leggeri, colla seguente frase con cui egli chiude la sua risposta alla 33* delle Questioni meccaniche, nella quale si domanda: Perchè i corpi scagliati non continuano a muoversi indefinitamente? (Arà ti maverar pepdueva tà fipevta;): "H Gtomov TadT' dmopeîv dpévta tiv dpynv; IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 941 quali non seppero assorgere neppure all’enunciazione del più elementare dei principì della dinamica : la legge d'inerzia. Il primo dei suddetti due indirizzi è caratterizzato dalla tendenza a procedere alla determinazione delle condizioni di equilibrio esaminando direttamente, per ciascun meccanismo, le relazioni che sussistono tra i moti compatibili delle sue parti e rintracciando le analogie che presentano, da questo punto di vista, i vari ordigni a cui l'industria umana ricorre per vincere con piccoli sforzi grandi resistenze. Esso è rappresentato anzi- tutto dall’operetta sulle Questioni meccaniche (Mnyavixà TTpoR\uarta) attribuita ad Aristotele (1), e in secondo luogo da un altro scritto, non meno importante per la storia della mecca- nica, che ci è giunto solo attraverso a una compilazione latina, portante il titolo De ponderibus, dovuta a Giordano Nemorario, matematico del XIII secolo. L'origine greca del De ponderibus, sebbene non possa considerarsi come completamente accertata, è nondimeno ammessa da critici autorevoli come assai pro- babile (2). Caratteri del secondo indirizzo sono invece da una parte il proposito di porre ad esclusivo fondamento della statica la con- siderazione dei centri di gravità, e dall'altra la preoccupazione di costruire questa scienza sul modello della geometria di Euclide esponendola sotto la forma d’una serie di teoremi concatenati ed ottenibili per deduzione da un certo numero di proposizioni fondamentali aventi lo stesso carattere di evidenza immediata che presentano gli assiomi della geometria. Questo secondo indirizzo che fa capo ad Archimede, il quale secondo ogni probabilità ne fu il primo iniziatore, è rappresen- (1) Alle questioni relative all’autenticità di questo scritto, ho già avuto occasione di accennare nella mia Nota: Sul concetto di centro di gravità nella Statica d’Archimede (“ Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino ,, vol. XXXII). (2) Già il Commandino nel suo commento al VIII libro delle Collezioni di Pappo ne parla come di: Jordani opusculum de ponderibus, quamquam non Jordani sed auctoris cujusdam antiqui esse «videtur. In un codice del secolo XIV esso porta il titolo: liber ponderum Jordani, secundum quosdam vero Euclidis (cfr. Hemerc's, Literargesch. Studien iiber Euclia. Praefat., p.11, 1882, Teubner). Secondo il Thurot invece il de ponderibus sarebbe stato composto con frammenti del libro di Tolomeo: TTepì pomòvy (cfr. ibid.). 942 GIOVANNI VAILATI tato oltrechè dalle sue opere Sull'equilibrio delle figure piane (ITepì émmédwy icopporubv) e sui Galleggianti (TTepì tv év Udari épiotauévwv), anche dai frammenti riguardanti la Statica che si trovano raccolti nel libro ottavo della Zuvarwr di Pappo. Il ritrovamento, dovuto all’orientalista Carra de Vaux, del- l’opera di Erone dianzi citata, la cui traduzione araba giaceva dimenticata tra i manoscritti della biblioteca di Leida (alla quale era pervenuta per mezzo dell’erudito viaggiatore e ma- tematico olandese Golius (1596-1667) (1)), pure fornendoci un documento, tanto più prezioso in quanto è unico, d'una tratta- zione della statica nella quale i due metodi di cui ho parlato cooperano l’uno accanto all’altro e sono promiscuamente appli- cati talvolta anche alla soluzione d'una stessa questione, non ha tuttavia recato alcun nuovo dato per ciò che riguarda le relazioni storiche dei due suddetti indirizzi, i quali sembrano essersi svolti con perfetta indipendenza l’uno dall'altro, sebbene sia difficile credere che essi non abbiano mai avuta alcuna in- fluenza reciproca. La grande importanza del contributo che la scoperta di quest'opera di Erone ha portato alle nostre cognizioni sulle teorie meccaniche dei Greci, consiste principalmente in ciò, che essa ci ha fornito la prova decisiva di un fatto di cui prima si poteva ragionevolmente dubitare, specialmente da quelli che non fossero per altra parte disposti ad accettare come di ge- nuina provenienza greca l'opuscolo De ponderidus, al quale ho accennato sopra. A questi infatti era prima lecito credere che, mentre i Greci avevano spinto notevolmente innanzi la tratta- zione di quelle questioni di statica la cui soluzione dipendeva direttamente da considerazioni relative ai centri di gravità, si fossero invece, per ciò che riguarda tutte le altre (eccettuando (1) Di una traduzione latina dell’opera di Erone che si sa esser stata fatta dal Golius, e che però non fu pubblicata, il Carra de Vaux non ha più potuto trovar traccia. Delle vicende del manoscritto arabo ho già parlato nella Nota citata avanti. Il Carra de Vaux stesso m'informa che esistono altri manoscritti arabi della Meccanica di Erone, oltre quello posseduto dalla Biblioteca di Leida. Il loro studio, che egli si propone di intrapren- dere prossimamente, potrà spander luce su alcuni punti oscuri del mano- scritto di Leida, tra gli altri su quello di cui mi sono occupato nella mia Nota su Archimede, precedentemente citata. IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, ECC. 943 sempre s'intende le questioni di cinematica) limitati a delle os- servazioni isolate o a delle intuizioni vaghe non atte ancora a servir di base a una teoria scientifica paragonabile a quella che le opere d’Archimede ci presentano. Ora invece si può considerare come provato che, non in una soltanto delle due direzioni che abbiamo sopra caratteriz- zate, ma in ambedue, essi erano proceduti tanto avanti da oltre- passare il punto dal quale i moderni, seguendo in parte le loro traccie, hanno effettivamente preso le mosse per spingersi in- nanzi verso la costituzione di una teoria dell’equilibrio più ge- nerale e comprensiva. Come le investigazioni di Archimede sui centri di gravità, per quanto è possibile desumere dalle indicazioni che ci sono rimaste nelle opere che possediamo, oltrepassavano notevol- mente la portata delle prime ricerche originali su tale soggetto che troviamo negli scritti del Maurolico (1494-1575) e del Com- mandino (1503-1575), così anche le considerazioni che Erone espone nel BapovAkog sulle relazioni che sussistono tra le forze che si fanno equilibrio per l’interposizione dei vari meccanismi, e gli spostamenti che possono subire i punti ai quali esse si applicano, corrispondono a uno stadio di sviluppo della statica più avanzato di quello rappresentato dalle opere di Guidobaldo del Monte (1545-1607) che è citato ordinariamente come lo sco- pritore del principio dei lavori virtuali (1). È del graduale acquisto e svolgimento dei concetti e delle cognizioni che implica l'enunciazione di questo principio e delle trasformazioni e generalizzazioni che esso ha subito successiva- mente dal comparire del suo primo germe nello scritto aristo- telico sopra citato fino alla esplicazione quasi completa che esso trova nell'opera di Erone che io intendo occuparmi nella pre- sente nota. (1) Cfr. per es. Lacrance nel proemio storico alla sua Meccanica ana- litica. Più conscio dei meriti dei Greci, e specialmente di Aristotile, a questo riguardo, è invece Fourier (Cfr. Mémoire sur la statique contenant la demons- tration du principe des vitesses virtuelles et la théorie des moments. © Journal de l’École polytechnique ,, 1798). Egli dice ivi: Les plus anciens traités qui nous soient parvenus sur la Mécanique rationnelle sont ceux d’Aristote. Ils ont été loués sans mesure par ses commentateurs et depuis megligés sans eramen. Le philosophe paraît avoir connu les principes les plus importants de la mécamique. 944 GIOVANNI VAILATI CapiroLo II. Le Questioni meccaniche (Mnyavikà TTpoR\nuara) di Aristotele. Prima di passare all'esame di quei passi del libro Mnyavixà TTpoR\nuara, che hanno rapporto all'argomento che prendo a trattare, gioverà premettere qualche osservazione sul contenuto dell’opera e qualche sehiarimento sul significato delle locuzioni di cui in essa è fatto uso. Il libro è dedicato all’enunciazione e alla discussione di una quarantina di problemi i quali, ad eccezione di pochissimi, si riferiscono a questioni di statica e sono per lo più del seguente tipo : Qual è la ragione (aitia, apy) per cui, col mezzo del tale o tale altro strumento, l’uomo riesce a superare con piccolo sforzo grandi resistenze? La risposta che vien data a questa domanda consiste or- dinariamente nell’identificare le varie parti dell’ordigno in que- stione cogli elementi di una o più leve al cui funzionamento viene ridotto il modo d’agire dell’ordigno stesso. Questa ridu- zione alla leva è considerata quasi uno stadio indispensa- bile pel quale bisogna passare per poter rendersi conto del vantaggio che presenta l’impiego degli strumenti più complicati (mavtà OyedDÒv TÀ Tepì Tàg KiwMoerg Tùg unyavikàg eis tòv poy\òv [avaretar]). Mnx. TTp. Il principio della leva, oltre ad esser formulato in modo chiaro e preciso, viene naturalmente, per effetto, e direi quasi sotto la pressione, delle molteplici esigenze a cui per l'indole stessa della trattazione è assoggettato, ad assumere nel corso dell’esposizione una forma sotto la quale esso differisce assai poco da quello che si chiama ora il principio dei momenti statici. Per veder bene come ciò avvenga, occorre dir qualche cosa sui termini che figurano nella sua enunciazione. Anzitutto è da notare che il concetto che Aristotele annette alla parola forza (divas, ioxics) non corrisponde perfettamente al significato che ha assunto questa parola nella statica moderna. La differenza si può brevemente indicare dicendo che da Aristotele le forze non sono ancora distintamente concepite come IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 945 grandezze vettoriali, e sono invece considerate puramente sotto l'aspetto di grandezze scalari (1). In altre parole egli le paragona tra loro sopratutto in riguardo alla loro intensità, e manca perfino d’un termine che serva a distinguere l’una dal- l’altra due forze, che non differiscano che per la sola direzione. Il suo concetto di forza è informato, coscientemente o no, a quello dello sforzo muscolare umano, ed egli non riesce a far completamente astrazione dalle proprietà che si riferiscono a questo caso speciale. Così, per esempio, allo stesso modo che, quando si parla della “ forza , d'un uomo o d'un animale, ognuno intende che si parli del massimo sforzo che esso può esercitare, così, quando Aristotele accenna alla direzione secondo cui agisce una forza applicata a un determinato punto d'un meccanismo, egli intende sempre riferirsi alla direzione che la forza di cui si tratta deve avere onde essa riesca quanto più è possibile efficace, il che pel caso che il sistema abbia un sol grado di libertà, equivale a supporre tacitamente che la forza abbia la direzione degli spostamenti possibili del punto a cui essa è applicata. si In tal modo quando egli, dopo esser passato dal caso della leva (uoy\òc, colla qual parola egli intende designare sempli- cemente un’asta rigida mobile intorno a un suo punto) al caso più generale d’un disco girevole intorno al suo asse, considera delle forze applicate a diversi punti dei cerchi concentrici che imagina tracciati sul disco stesso, egli le suppone sempre dirette tangenzialmente a quelli dei suddetti circoli che passano pei loro rispettivi punti d’applicazione, e adopera la frase: “ cir- colo secondo cui agisce o a cui è applicata una forza , per designare quello dei detti circoli che è tangente alla linea d’azione della forza stessa (2). (1) È naturale quindi che a lui, che pure aveva un concetto così chiaro della composizione dei movimenti (Mnx. TTpoRA., 23) e delle velocità (ib., 1°), non si presentasse neppure il problema della composizione di due forze, di diversa direzione, applicate a uno stesso punto. La stessa osservazione si applica anche ad Archimede. Nelle opere meccaniche di quest’ultimo, che si riferiscono tutte all’equilibrio dei pesi, della parola forza (ioxic, divapie) non si fa mai uso. (2) Di locuzioni analoghe fa talvolta uso anche Galileo. Per esempio la seguente frase (che si trova nel libro Della scienza meccanica e delle utilità Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 66 946 GIOVANNI VAILATI Passerò ora a citare alcuni tra i brani che si riferiscono alla spiegazione che Aristotele dà del principio della leva nei quali cioè, per adoperare la sua frase, vengono assegnate le cause da cui dipende il fatto che le forze, applicate ai vari punti del disco considerato avanti, possiedono a parità d'inten- sità tanta maggior efficacia (pom) quanto più grandi sono i raggi dei circoli secondo i quali esse agiscono. Verso la fine del primo capitolo, dopo aver appunto notato come le proprietà dei meccanismi che egli prende a considerare dipendano dalla presenza in essi di parti girevoli intorno ad assi o (pel caso di movimento in un piano) a punti fissi, Ari- stotele attribuisce questa dipendenza alla circostanza che, nei movimenti di rotazione, i punti d'una retta qualunque passante pel punto o per l’asse fisso sono costretti a muoversi tutti con diversa velocità (diù TÒò pag otong Tg ék TOÙ KÉvTPOv ypapufig undèv ETepov éTépw pépeodai Ttùv onueiwy Ty Èv avuti) iITotaydg dA del TÒ TOÙ uévovtog Tépatog moppwrepov dv, AatTov, moMà TÙV BavuaZopévwy Cuupaiver mepì Tàg Kivjoers TÙyv kUkKAwvY). A Lo stesso concetto è poi da lui nuovamente espresso sotto forma alquanto più definita nel capitolo seguente, nel quale, parlando appunto delle forze applicate ai vari punti del disco del quale ho detto avanti, indica espressamente come causa della loro maggiore o minor capacità a vincere le resistenze che si oppongono al movimento del disco stesso, le diverse ve- locità colle quali si muovono i punti dei circoli concentrici ai quali esse sono applicate (év T® KUK\w Î meîov dpeotnevîa Ypauu TOÒ KÉvTpov Ts ErrÙs tig autiig ioyuì xivovuévng 8àtToy éperar Tg eXdogovoc). Cap. I. Più innanzi poi, nel capitolo III, dopo aver enunciata la condizione d’equilibrio per una bilancia a braccia disuguali, offre, come sufficiente spiegazione del modo d'’agire di questa, la considerazione che, quando l’enunciata condizione d’equilibrio è verificata, i due gravi appesi subiscono, per ogni data inclina- che si traggono dagli strumenti di quella): “ ... ma se nella medesima circon- ferenza fosse applicata forza animata, la quale avesse momento di far impeto per tutti i versi, potria far l’effetto costituita in qualsivoglia luogo di detta circonferenza s, è prettamente aristotelica tanto nel concetto quanto nella forma. PI IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 947 zione del giogo, variazioni di livello direttamente proporzionali alle distanze dei loro punti di sospensione del fulero (Aîeì dè bow dv ueîlov dpeotikor TOoÙ Uropoxliov fdov kivjoer. Aitia déÉ éoTIV Î mporexBeîca GTI © mieîov dméyouoa Èk TOÙ KÉvTpov pei- Zova kUkXov Ypa@er® Wote dmò Tg autiig ioyuog miÉov ueTaoTI- CeTaI TÒ Kivoùv (Bapoc) Ttò Tieîov TOÙ umouoyxliou àréyov). E la medesima osservazione è poi ripetuta a proposito del verricello (Q&ttov dè Kivoùvtar Kai mAÉov dò Tg aùtfig ioyiog ai tOv ueZovwy kUkAwyv f ai tOv eXattOvwYv. Yrò tig aùtijs Yàp ioyvog ueîtov uegiotatat TÒ dkpov TÒ TOppwrepov TOÙ KÉVTPov). Cap. XII. Sarebbe affatto superfluo far seguire a questi passi tutti gli altri nei quali la stessa idea è espressa, nei quali cioè, sotto forme diverse, si afferma che condizione necessaria e suf- ficiente, perchè delle grandi resistenze possano essere vinte da piccole forze, è che il meccanismo sia costrutto in modo che, a un dato spostamento di quello dei suoi punti a cui la forza è applicata (intesa sempre diretta secondo lo spostamento), cor- risponda un minor cammino di quell’altro punto al cui moto si oppone l'ostacolo che si vuol superare. È importante però no- tare come alcuni di essi si prestino a esser mal interpretati a causa d'una ambiguità che presenta la lingua greca, ambiguità che del resto si potrebbe riguardare come un documento glottolo- gico della primordialità della credenza a una connessione, tra le diverse velocità compatibili dei vari punti le cui posizioni di- pendano le une dalle altre, e la diversa facilità colla quale i punti stessi possono esser mossi, a parità di altre condizioni. La parola 8&rtov, il cui significato proprio sarebbe “ più ve- locemente ,, è pure la parola di cui ordinariamente si fa uso per indicare le altre idee affatto diverse: con maggior facilità, con minor fatica (1). È facile ora capire come, ogniqualvolta la suddetta parola è adoperata, senza che risulti chiaramente dal contesto in quale dei due sensi essa va intesa, (1) Di uno scambio di significato analogo abbiamo anche noi un esempio nella parola piuttosto (più tosto, plutòt), che perdendo il significato originario di “ più presto , è passato a significare, non solo “ più volentieri x, ma talvolta anche “ più facilmente , specialmente nel senso di © più pro- babilmente , (per es. nelle frasi: credo piuttosto che la tal cosa non sia avve- nuta, 0 pioverà piuttosto domani che non questa sera, ecc.). di 948 GIOVANNI VAILATI nelle frasi che si riferiscono alla questione di cui parliamo, queste, a seconda dell’interpretazione che si dà ad essa, pas- sano, dal significare qualche cosa d'importante, a essere dei sem- plici truisms. La conclusione che si può trarre dai brani che ho citati mi sembra si possa riassumere dicendo che nello scritto di cui parliamo, il principio dei lavori virtuali è enunciato, od appli- cato, pel caso speciale di due forze agenti su punti d'un sistema avente un sol grado di libertà e nell'ipotesi che le forze siano dirette tangenzialmente alle traiettorie dei loro punti d’'ap- plicazione. A caratterizzare ancor meglio l'importanza storica e l’ef- fettivo valore scientifico delle idee che si trovano espresse nei brani che abbiamo citato, più che qualsiasi commento o discus- sione credo potranno giovare alcune osservazioni riferentisi al- l'attitudine assunta verso di esse da alcuni dei più eminenti tra i fondatori della meccanica moderna, osservazioni che per quanto interessanti per la storia della meccanica, non furono, a quanto io so, ancora fatte da alcuno. In una delle opere che diedero maggior impulso ai pro- gressi della meccanica, prima di Galileo, la Statica di Simone Stevinus (1), si trova un capitolo che porta il titolo: Appen- dice où sont inserées les erreurs en matière de pesanteur, nel quale Stevinus, alludendo ai passi sopracitati di Aristotile, si esprime nel seguente modo : La raison pourquoy les pesanteurs égales suspendues ès rayons égaux sont équilibres est cogneue par commune sen- tence, mais non pas la cause de l’équilibration des pesanteurs inégales ès rayons inégaux proportionaux à icelles laquelle cause ayant été recherchée par les anciens ils ont estimé qu'elle estoit cachée sous la description (1) Di quest'opera che fu per la prima volta pubblicata in olandese col titolo Beghinselen der Weegkonst (Leida 1585) e in seguito in latino dallo Snellius nell'edizione da lui curata delle opere di Stevin (Stevini Hy- pomnemata mathematica, Leida 1608), non mi è stato possibile di consultare che la traduzione francese del Girard (nelle Qurres mathéÉmatiques de S. Stevin augmentées par A. Grrarp, Leyda, Elsevier, 1634), alla quale quindi mì ri- ferisco nelle citazioni. IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 949 des circonférences descrites par les extrémités des rayons, comme il se voit en Aristote en ses Méchaniques et ses sectateurs. Ce que nous nions par cette raison: (E) (1) Ce qui demeure coy estant suspendu ne descrit aucune circonférence. (A) Deux pesanteurs suspendues en équilibre sont coyes. (E) Deux pesanteurs pendues en équilibre ne décrivent aucune circonférence; et partant il n’ya aucune circonférence. Mais où il n'ya pas circon- férence elle ne sera pas cause de ce qui advient; ainsi done la circonférence n'est pas la cause de l’équilibration. Non occorre rifletter molto su questa argomentazione di Stevin per accorgersi che l’obbiezione che con essa si solleva contro i ragionamenti di Aristotile, obbiezione basata essenzial- mente sull’apparente assurdità che implica il considerare l’equi- librio come dipendente dal sussistere di condizioni che non possono effettivamente realizzarsi se non quando l’equilibrio cessa di sussistere, qualunque possa essere il suo valore, non è nè più nè meno che un’obbiezione contro il principio dei la- vori virtuali e contro qualsiasi trattazione della statica in cui esso figuri come l'enunciazione d’una proprietà generale del- l'equilibrio, non riducibile ad altre per mezzo di dimostrazione. Ci è stata del resto conservata notizia di obbiezioni di questo genere sollevate contro il principio dei lavori virtuali da quelli, come per esempio Varignon, che vedevano in esso più un criterio per riconoscere in quali casi l'equilibrio ha luogo e in quali no, che non un principio atto a spiegare come e perchè esso abbia luogo e non mancano accenni alla mede- sima difficoltà anche negli scritti di alcuni tra gli scienziati che più contribuirono a fargli assumere il posto dominante che (1) Non si può non riconoscere un certo grado di ironia nell'esposizione che fa Stevinus della sua argomentazione sotto la forma di un sillogismo schematizzato secondo le regole degli scolastici, senza omettere le lettere A, E, delle quali essi, come è noto, si servivano per designare rispettivamente le proposizioni universali-affermative e universali-negative. bd ae vw P ii SE ne 950 GIOVANNI VAILATI I esso occupa nella meccanica moderna: basti citare Guidubaldo e Cartesio (1). I È però notevole il fatto che di serupoli di questo genere, forse perchè essi sono tali che non si possono presentare se non a chi concepisca la ricerca delle cause dell'equilibrio come qualche cosa di più, o per lo meno di diverso, dalla ricerca delle sue leggi, non si trova traccia in Galileo il quale può esser considerato come il primo tra i moderni che a questo riguardo si sia collocato al punto di vista di Aristotile e abbia spinto avanti la scienza nella direzione da esso indicata. La spiegazione che Galileo dà del modo d'agire della leva nell'operetta Della scienza meccanica che ho già citato avanti, differisce assai poco da quella che si trova nel Mnyav. TTpopà.,, e quando egli critica il paragone che Aristotile istituisce tra la leva e le bilancie a braccia disuguali, colle quali i venditori fraudolenti estorcono più danaro al compratore di quello che compete alla merce che essi gli forniscono, egli sa benissimo che le sue critiche sono rivolte non tanto contro l'opinione espressa da Aristotile quanto piuttosto contro la forma sotto la quale egli la esprime. Egli è perfettamente conscio che, quando Aristotile parla di frode fatta dall'uomo alla natura per mezzo della leva, egli non ha di mira che il confronto tra le forze adoperate e le forze vinte, e che è solo col sostituire alla con- siderazione della merce contemplata da Aristotile quella di un’altra merce (il lavoro) che si riesce a concepire l'effetto ottenuto impiegando la macchina come equivalente al cor- rispondente dispendio di energia da parte del motore. Galileo del resto non manca di far notare che il dire che questa equi- valenza si verifica, è solo esprimere sotto altra forma quanto è ripetutamente asserito da Aristotile (2), il cui torto a questo (1) Si causam majoris effectus ponderis ex spatio esse dixeris, nihil aliud quam rem ita fieri, non, quam ob causam, seu cur, ita fiet, dices (Cartesn, Epist., Amstelodami 1683, 2, III pp. 45). (2) Ecco le parole di Galileo (cfr. Lettera al Granduca Cosimo intorno alle cose che stanno in sull'acqua): * Il secondo principio è che il momento e la forza della gravità venga accresciuto dalla velocità del moto sicchè pesi assolutamente uguali, ma congiunti con velocità disuguali, siano di IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 951 riguardo è tutt'al più quello di non avere introdotto un nome speciale per designare il prodotto della forza per lo spostamento che subisce, nella sua direzione, il punto a cui essa è applicata (1). CapiroLo III. Il frammento de ponderibus. Passerò ora a parlare del secondo degli scritti che mi sono proposto di esaminare, cioè del libro de ponderibus, nel quale l'intento di costituire una teoria dell'equilibrio, basata unica- mente sulla considerazione dei movimenti compatibili dei punti a cui le forze sono applicate, si afferma sotto forma ancor più definita e nel quale il corrispondente metodo di risolvere i pro- blemi di statica acquista una portata e una generalità notevol- mente maggiori di quelle che esso ha nello scritto di cui ho parlato sin qui. Le notevoli analogie che il libro de ponderibus presenta con quest’ultimo, tanto pel contenuto come per la forma, ag- giunte al fatto che neppure in esso si fa parola di centri di gravità, mi consigliano di premetterne l'esame a quello del- l’opera di Erone, della quale mi riservo di parlare in ultimo luogo. Con ciò non intendo affatto pregiudicare la questione cronologica, sulla quale disparatissimi pareri sono espressi da filologi ugualmente competenti. forza, momento e virtù disuguale, e più potente il più veloce secondo la proporzione della velocità sua a quella dell’altro. Tale ragguagliamento tra la gravità e la velocità si ritrova in tutti gli strumenti meccanici e fu consi- derato da Aristotele come principio nelle sue Questioni meccaniche ,. (1) La parola energia (èvepreia) è adoperata da Aristotele come ter- mine tecnico, in opposizione a dvvauic (forza, facoltà), per designare, in generale, il contrasto tra l'esercizio d'una data facoltà e il possesso della facoltà stessa. Gli scolastici traducono la prima con actus o actio, la se- conda con virtus o potentia e indicano lo stesso contrasto colle parole actualis e virtualis (o potentialis). In un notevole passo del TTepì oùpavod (IV, 1°) la distinzione tra la divauic, corrispondente al fatto che un grave sospeso potrebbe cadere, e l’èvepyeia, corrispondente alla sua effettiva caduta, è illustrata per mezzo del paragone di un focolare in cui le brace covino sotto la cenere (ZWrup° dtTa Kiwoewc). È 952 GIOVANNI VAILATI La differenza caratteristica tra la trattazione di Aristotile e quella rappresentata dal de ponderibus consiste essenzialmente in ciò che mentre nella prima gli effetti della direzione i delle forze, rispetto agli spostamenti che possono subire i loro punti d'applicazione, non sono mai, come abbiamo visto, con- templati esplicitamente, qui essi invece sono fatti oggetto prin- cipale di considerazione. Una conseguenza di ciò è anzitutto che la leva perde il privilegio, di cui godeva in Aristotile, di figu- rare come la macchina elementare per eccellenza, ed è soppian- tata sotto questo riguardo dal piano inclinato. Qualche esempio servirà a chiarire come questo avvenga. In una delle prime proposizioni del de ponderibus si asserisce che quando un grave è appeso da un punto d'una leva, la forza che occorre applicare a un altro punto determinato della leva stessa [in direzione perpendicolare al braccio] per sollevare il grave, è tanto minore quanto più la leva è inclinata al- l'orizzonte. La spiegazione che si dà di tal fatto è la seguente: che il corpo sostenuto dal braccio della leva può considerarsi come adagiato su una linea (cioè sulla circonferenza che esso è obbli- gato a percorrere), la cui direzione fa angolo tanto maggiore colla direzione del peso quanto più il braccio della leva si di- scosta dalla posizione orizzontale, di modo che il grave si trova nelle stesse condizioni in cui si troverebbe se fosse adagiato su una serie di piani sempre meno inclinati (levius est pondus quia obliquior est descensus). E allo stesso modo, del fatto, asserito in una proposizione successiva, che due gravi egualmente pesanti, pendenti dagli estremi d’una leva ad angolo a braccia disuguali, stanno in equilibrio se i detti estremi vengono a trovarsi su due verticali simmetricamente disposte rispetto al fulero, vien data ragione dicendo che, in tal caso, al vantaggio che l'un peso avrebbe sull'altro pel fatto di essere appeso al braccio più lungo, si con- trappone lo svantaggio proveniente dalla maggiore inclinazione, che tale braccio deve avere, onde il suo estremo non si discosti, dalla verticale passante pel fulcro, più di quanto si discosta l'estremo del braccio minore. Non è però solo di asserzioni vaghe sulla dipendenza tra IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 953 l'angolo che fa colla verticale il piano, a cui un grave si ap- poggia, e la forza richiesta per impedire la sua caduta, che si accontenta l’autore del de ponderidus. La condizione d’equilibrio dei gravi appoggiati a piani in- clinati è da lui enunciata sotto forma non meno precisa di quella sotto la quale essa si presenta nella statica di Stevin. Prima di citare il più importante dei passi nei quali figura tale enunciazione, gioverà dedicare qualche considerazione alle sette proposizioni fondamentali (suppositiones) che sono poste in testa alla trattazione. Di queste solo quattro hanno veramente il carattere di assiomi, le altre essendo delle semplici definizioni o schiarimenti sul significato dei termini di cui si fa uso nelle rimanenti. Così in una di esse si dichiara che di due linee una si dovrà dire più obliqua dell’altra se proiettando sulla verticale un tratto della prima si ottiene un segmento minore di quello che si avrebbe proiettando pure sulla verticale un tratto, di egual lunghezza, posto sull'altra {obliquiorem descensum in eadem quantitate minus capere de directo) (1). In un'altra invece è indicato il significato della frase gravitas secundum situm (in opposizione a gravitas simpliciter) come segue: Minus grave aliud alio esse secundum situm quando descensus alterius consequitur contrario motu. La qual proposizione, di cui del resto il senso è abbastanza chiaro, è così parafrasata da Tartaglia: Quel corpo esser men grave d'un altro secondo el sito over loco quando che per il descenso di quello altro, nel- l’altro brazzo della libra, in lui seguita il moto contrario, cioè che da lui viene elevato in suso verso il cielo (2), chiaramente in un altro passo: Un corpo (1) Nelle citazioni, salvo indicazioni in contrario mi riferisco alla più antica edizione del de ponderibus cioè a quella pubblicata da Pietro Apiano (1495-1552) a Norimberga (1533). Cfr. Canror, © Geschichte d. Mathem. ,, Vol. II, pag. 55. (2) TarraGLIA, Quesiti et inventioni diverse (Venezia, 1554), pag. 78-98 (Dialogo col Seîior Don Diego Hurtado de Mendoza, ambasciador cesareo in Venetia). Tartaglia riproduce ivi la serie di preposizioni del de ponde- 054 GIOVANNI VAILATI si dice esser più grave over men grave di un altro secondo il loco over sito, quando che la qualità del loco dove lui si riposa et giace lo fa essere più grave dell'altro ancorchè siano ambidue sem- plicemente uguali in gravità. Delle quattro proposizioni poi che rappresentano effettiva- mente i postulati sui quali si basa tutto l'apparato dimostrativo del de ponderibus, la prima è la seguente : Omnis ponderosi motum esse ad medium. Tar- taglia traduce: Addimandamo che ne sia concesso che il movimento naturale de ogni corpo ponderoso e grave sia rettamente verso il centro del mondo. Nelle altre tre invece, che sono le più meritevoli d'atten- zione dal nostro punto di vista, sì asserisce, sotto tre forme solo verbalmente diverse, la dipendenza tra ciò che si definì come la “ gravitas secundum situm , d'un corpo di peso dato, e l’obliquità (definita come sopra) della linea sulla quale deve muoversi un punto al quale esso sia sospeso. Esse sono le seguenti : 1) Secundum situm gravius esse cujus in eodem situ minus obliquus est descensus (Tartaglia traduce: Quel corpo esser più grave, che, nel suo sito, over loco ove si riposa e giace, ha il descenso manco obliquo). 2) [Secundum situm]) gravius esse in descen- dendo quanto ejusdem motus ad medium rectior (Tartaglia traduce: Un corpo grave essere nel descen- dere tanto più grave quanto chè il moto di quello è più retto verso il centro del mondo)(1). ribus senza mai citare Nemorario; il che, qualora si tenga conto che l’'o- puscolo del Nemorario era abbastanza divulgato, servendo perfino come testo nelle scuole (in seguito alle opere d'Aristotele) sembra confermare l'idea che esso fosse ritenuto più un manuale compilato su scritti anteriori che non un’opera in cui si esponessero dei risultati muovi ottenuti dal Nemorario stesso e che prima non fossero di dominio comune. (1) Nella prima carta, conservata nella R. Accademia di Venezia, di un trattato perduto di Leonardo da Vinci, relativo alla meccanica, sì trova espresso lo stesso concetto sotto identica forma: Quanto il grave si moverà per linia più vicina alla centrale, tanto si dimostrerà di maggior gravezza (Cfr. UzieLLI, Ricerche su Leonardo da Vinci, Serie II, Roma, Salviucci, 1884). IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 955 3) Quod gravius est, velocius descendere (Tar- taglia traduce: Quel corpo che è di maggior potentia di scendere più velocemente). Che anche quest’ultima frase vada interpretata nel modo che ho indicato e non deva essere intesa nel senso che due gravi liberi cadano con velocità proporzionali ai loro pesi (come essa sembra voler dire se si consideri isolata dal contesto e senza aver presente il concetto sopra definito di gravitas secundum situm) è posto affatto fuori di dubbio dall’uso che di essa si fa nelle successive dimostrazioni. Ne vedremo ora subito una prova negli schiarimenti che, tanto nell'edizione dell’Apianus come in quella del Tartaglia, si trovano soggiunti all’enunciazione della seguente proposizione, nella quale la dipendenza tra i pesi di due gravi che si fanno equilibrio e le loro rispettive rapidità di discesa (velo- citates descendendi proprie), è formulata in modo più definito e preciso : Inter quaelibet duo gravia est velocitatis de- scendendi proprie et ponderum eodem ordine sumpta proportio. Nel commento edito dall’Apiano si osserva esplicitamente che qui non si parla del moto di gravi liberamente cadenti (non de motu gravis relicti propriae naturae) ma del moto d’un grave appeso all’estremo d’un’asta girevole dal cui altro estremo penda un altro grave (sed de motu gravis in aequilibri cum resistentia gravis positi in alio brachio aequilibris). Parimenti Tartaglia trova necessario di render più chiaro l’enunciato della proposizione sopracitata, traducendola così: Se saranno due corpi semplicemente uguali in gra- vità ma ineguali per vigor del sito over positione, la proportione della lor potentia et quella della lor velocità sarà una medesima, e per evitare ogni ambiguità cita subito l'esempio d’una libra a braccia disuguali. Passerò ora a citare il passo al quale ho già sopra alluso e nel quale si trova enunciata la condizione d’equilibrio dei gravi sostenuti da piani inclinati. Esso figura nell'edizione di Tartaglia come la decima delle 43 proposizioni che nel libro sono commentate o dimostrate : 956 GIOVANNI VAILATI (Questione X). Se due gravi discendono per linee (rette) diversamente inclinate all'orizzonte e il rap- porto dei loro pesi è uguale al rapporto delle “ de- clinazioni , delle linee corrispondenti, eguale sarà pure l'impeto dei due gravi a discendere. Per rap- porto delle loro declinazioni intendo non il rap- porto degli angoli che esse fanno colla verticale, ma il rapporto tra due segmenti posti sulle dette linee presi in modo che le loro proiezioni sulla verticale siano uguali (1). E come spiegazione di tal fatto è introdotta la considera- zione di due gravi collegati fra loro da un filo e appoggiati rispettivamente a due rette concorrenti e diversamente incli- nate sulla verticale, pel qual caso si osserva che il verificarsi della condizione enunciata ha per effetto che a tratti simulta- neamente percorsi dai gravi, sulle rette a cui s’appoggiano, corrispondono variazioni di livello da parte dei punti ai quali i gravi stessi sono applicati, inversamente proporzionali ai loro pesi rispettivi. Il qual ragionamento suppone implicitamente che si riconosca, come circostanza determinatrice dell'equilibrio, (1) Si per diversarum obliquitatum vias duo pondera descendant, fiantque declinationum et ponderum una proportio, eodem ordine sumpta, una erit utriusque virtus în descendendo; proportio igitur declinationum dico non an- gulorum sed lincarum ad aequedistantem resecationem in qua aequaliter sumunt de directo. Cfr. Jordani opusculum de ponderositate, Nicolai Tartaleae Studio correctum (Venezia, 1565), pag. 7. Questa edizione del de ponderibus, pub- blicata solo dopo la morte del Tartaglia, da Curzio Troiano, è assai più completa di quella dell’Apiano, contenendo 43 proposizioni, invece delle 18 contenute in quest’ultima. Le due redazioni differiscono notevolmente, anche nella parte comune, per ciò che riguarda le dimostrazioni (meglio commenti) che seguono agli enunciati delle proposizioni. Il citare, come si fa ordinariamente, Stevin (1548-1620) come scopritore della condizione dell'equilibrio sul piano inclinato, è un errore dovuto alla stessa causa per cui si cita Archimede come scopritore della condizione di equilibrio della leva (V. mia nota Sulla nozione di centro di gravità in Ar- chimede a pag. 17). L'uso della denominazione “ più grave , per designare quello di due gravi d’egual peso che per ragione dei vincoli è atto a sollevare l'altro colla propria caduta, è frequente anche in Leonardo da Vinci. Ho riscontrato nel Codice Atlantico un passo nel quale Leonardo a proposito del piano inclinato dice: quel peso è più grave che discende per linea manco obbliqua. . IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, ECC. 957 l'eguaglianza tra i prodotti del peso di ciascuno dei due gravi per le variazioni di livello che subirebbero rispettivamente i punti ai quali essi sono direttamente applicati, in corrispondenza a uno scorrimento del filo che li collega. Anche la dimostrazione che è data (nella Questione VIII : Si fuerint brachia librae: proportionalia ponde- ribus appensorum, ita ut in breviori gravius ap- pendatur aeque gravia erunt secumdum situm) del principio della leva, si basa esclusivamente su questo stesso principio. Essa si riduce in sostanza a determinare, per mezzo di elementari considerazioni geometriche, che relazione deva sussistere tra i pesi dei gravi che pendono agli estremi della leva e la lunghezza delle due braccia di questa, perchè i detti due pesi e i movimenti compatibili dei punti, da cui essi pen- dono, soddisfino alla stessa condizione che è stata enunciata pel caso del piano inclinato (1). A. proposito della leva val la pena «i citare come un esempio caratteristico e singolare della tendenza dell'autore del de ponderibus a imperniare e far gravare tutte le sue argomen- tazioni sulle suddette considerazioni relative agli spostamenti virtuali, ad esclusione di qualunque altro principio per quanto intuitivamente evidente, il fatto che egli, nella Questione IV si propone come un teorema da dimostrare questo: che se due gravi appesi a una bilancia si fanno equilibrio, esso non viene turbato da variazioni sulla lunghezza dai fili da cui i gravi sono sospesi (2), il che egli dimostra col far rilevare che le variazioni di livello che subiscono gli estremi inferiori dei fili a cui i gravi sono appesi non dipendono dalla lunghezza dei fili stessi. Per trovare un’altra opera nella quale si verifichi un accen- tramento così assoluto e, direi quasi, un assoggettamento così (1) “ In aequilibra d4ed, centrum sit @, 9 pondus, in situ c, se habet “ad pondus g, in situ d, secundum proportionem totius descensus “quem potest habere in situ c, ad totum descensum quem “potest habere in situ d ...idest secundum proportionem ca ad da , (Cfr. il commento alla prop. 1). (2) Quum fuerint appensorum pondera aequalia non faciet nutum in aequi- librio appendiculorum inaequalitas... quia acque obliquus descensus. JoRDANI, de ponder., pag. 7. 958 GIOVANNI VAILATI dispotico di tutta la statica al principio dei momenti virtuali (per quanto parzialmente e imperfettamente concepito) e in cui all’intuizione diretta (della quale si fa tanto largamente uso nella trattazione di Archimede) sia così rigorosamente negato qualsiasi intervento e qualunque iniziativa, bisogna venire fino a Cartesio, la cui operetta che porta il titolo: Erplicatio ma- chinarum atque instrumentorum quorum ope gravissima quaeque pondera sublevantur, costituisce il primo tentativo che sia stato posteriormente fatto di costruire l’intero edificio della statica sul piano che fu poi condotto a termine nella Meccanica ana- litica di Lagrange (1). CapiroLo IV. L'Elevatore (Bapov\koc) di Erone. Mentre i due scritti che abbiamo precedentemente esami- nati possono considerarsi come contenenti una trattazione, o più precisamente dei frammenti d'una trattazione, della Statica, da un punto di vista puramente teorico e speculativo, il libro di Erone, di cui ora passiamo a parlare, ci si presenta come un'opera d’indole essenzialmente pratica (2). (1) Machinarum harum omnium inventio unico tantum principio inni- titur, quod, nimirum, iisdem viribus quibus pondus v. g. 100 librarum in duorum pedum altitudinem attolli potest, iisdem, inquam, aliud quoque 200 librarum in unius pedis altitudinem possit elevari (Carresu, Erplicatio, ecc., p. 18). (2) Della portata che questa circostanza ha sulla questione dell'auten- ticità sia del BapovAkog che delle altre opere o frammenti pure tutti di indole pratica (TTvevuatixà, mepì autou&twYv, Tepi diomtpac, Rerotorika) attri- buite ad Erone, così giudica HvLrscx (* Literarisches Centralblatt ,, 14 april 1894) : Die bis auf unsere Zeit gekommene Heronischen Texte sind echt in so fern sie den Autornamen und in der Hauptsache auch die urspriingliche Anlage und Gestaltung der Heronischen Werken bewahrt haben, unecht aber in so fern als sie im stetigem Dienste der Praris zu widerholten Malen neu aufgelegt und dabei je nach den Zeitbediîîrfnissen ilberarbeitet worden sind. Occorre inoltre non dimenticare che di interpolazioni di questo genere sono state trovate traccie anche negli scritti geometrici di Erone (Cfr. Cantor, “ Zeitsch. fiir Math. und Phys. ,, B. 40). IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, Ecc. 959 Essa era essenzialmente destinata a raccogliere e ad esporre sotto forma ordinata e compatta l'insieme di quelle cognizioni sull’equilibrio che l’autore riteneva suscettibili di utili applica- zioni (specialmente all'arte del costruire) e necessarie a cono- scersi da quelli che di tali applicazioni intendessero occuparsi professionalmente. Questo carattere si manifesta non solo nella scelta degli argomenti trattati (alcuni dei quali non hanno veramente altra relazione col soggetto principale dell’opera tranne quella di offrir materia d’interesse a quelle stesse persone pel cui van- taggio è scritto il resto di essa), ma anche nell’indifferenza, colla quale l’autore si colloca successivamente all’uno o all’altro dei due punti di vista, che, come vedemmo, corrispondono a due indirizzi radicalmente diversi nelle speculazioni dei Greci sulla Statica, servendosi ora dell’uno ora dell’altro dei corri- spondenti metodi di trattazione secondo che l’uno o l’altro con- duce più prontamente alla soluzione delle questioni speciali che viene trattando. Omettendo di prendere in considerazione quelle parti del libro il cui contenuto non ha rapporto all'argomento di cui ora mi occupo, esaminerò anzitutto il capitolo 1° del Libro II (1) in cui si trova la descrizione e la spiegazione del modo d’agire delle 5 macchine semplici (e' duvduers) cioè il verricello (dEZwv èv mepirpoxiw), la leva (uoyA6g), le taglie (mo\Sotaotov), il cuneo | (mv) e la vite ([$ xaXovpevog drerpog] koxMias) (2). Sebbene Erone dichiari ripetutamente nel corso dell’opera (cfr. L. II, 1°, 1; 2°, 7; 83°, 20) che del modo d’agire di tali macchine, apparentemente tanto diverse, si può dare una spie- (1) Mi riferisco sempre alla divisione in capitoli adottata dal Carra de Vaux (“ Journal Asiatique ,, 1893, Vol. 1° e 2°). (2) È alquanto strano il fatto che mentre una parte considerevole di questo capitolo ci è stata conservata da Pappo (Zuvaywyî, VIII), questi ha ommesso di trasmetterci la parte più interessante, dal punto di vista teo- rico, dell’esposizione di Erone, quella cioè che è dedicata alla ricerca delle cause dell’efficacia delle suddette macchine semplici. All’esistenza di questa trattazione, che nel testo di Erone viene subito in seguito ai brani ripor- tati da Pappo, questi accenna esplicitamente oltre a riportare dei passi di Frone in cui si allude ad essa. 960 j GIOVANNI VAILATI gazione basata su un unico principio (1), pure le considerazioni che egli applica effettivamente per rendersi conto delle relazioni tra le forze adoperate e gli effetti che si ottengono, servendosi di ciascuna di esse, si possono riferire a tre tipi completamente distinti. Per ciò che riguarda infatti la leva e il verricello egli fonda tutti i suoi ragionamenti sulla dimostrazione, data da Archimede, del principio della leva nei libri sugli equipon- deranti che egli cita più volte. Delle proposizioni in quelli dimostrate da Archimede, egli si serve pure nelle considera- zioni relative alla condizione d’equilibrio di un grave che possa rotolare lungo un piano inclinato. La sua trattazione delle taglie, che costituisce uno dei ca- pitoli più interessanti e meglio conservati dell’opera, è invece basata sulla considerazione diretta delle tensioni delle funi e della ripartizione del peso d'un grave che penda contempora- neamente da più tratti paralleli di una stessa fune che at- traversa alternativamente degli anelli (2) infissi nel corpo da sostenere e in un supporto fisso. Il principio, finalmente, di cui Erone si serve per spiegare il modo d’agire del cuneo e della vite (la quale egli concepisce come un cuneo attorcigliato e mosso senza intervento di per- cossa: opùyv eiinuevog amorermtouevoc Ts TAnriis Pappo Collect.) non ha affatto rapporto con quelli applicati nei due casi pre- cedenti e coincide in sostanza con quello che abbiamo visto stare a base della trattazione nel de Ponderibus. Egli fa dipen- dere la diversa attitudine, che hanno cunei di forma diversa, ad allargare una data fenditura entro la quale siano spinti, dal solo fatto che varia per essi l’allargamento che la detta fendi- tura subisce in corrispondenza a un determinato avanzamento del cuneo (nel senso della forza che agisce sulla sua base), e (1) La stessa opinione gli è espressamente attribuita da Pappo: aro- dedotar dé Urò tou “Hpwvog kai ®iAwvog kal diéti al mpoepnuévar duvdperg eìc uiùv dvayovtar puow xaitor tapà moiù diaMdocovoa: toîs oxnuaor (Parpo, Hultsch., 1113). (2) Le dimostrazioni di Frone su questo soggetto sono quindi immuni dal difetto rilevatofda Cartesio in quelle di Guidubaldo del Monte e di Galileo (Ridiculum est rationem vectis adhibere velle in trochlea quod Guidius Ubaldus si recte memini sibi persuasit. Cartesu, Epistol., Vol. IV, Amstelo- dami 1683). IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI DA ARISTOTELE A ERONE, ECC. 961 trae da ciò la conelusione che il rapporto tra le forze neces- sarie per fendere un corpo per mezzo, rispettivamente, di due cunei di diverso angolo, è uguale al rapporto inverso dei tratti pei quali essi devono penetrare, nel corpo da fendere, onde gli orli della spaccatura da essi prodotta si discostino d'un tratto determinato. Il chiaro concetto che Erone si faceva dell’influenza che, sulla determinazione dell'intensità della forza occorrente a vin- cere una data resistenza, hanno i maggiori o minori sposta- menti che subiscono i punti al cui moto la resistenza si oppone, in corrispondenza a un dato spostamento (nella direzione della forza stessa) del punto a cui la forza è applicata, trova occa- sione di manifestarsi, in modo ancor più. caratteristico, sulla soluzione che egli dà della seguente questione, che figura tra i 17 problemi (1) alla cui trattazione è dedicato uno degli ultimi capitoli del BapovAkog : Perchè quando vogliamo rimuovere dalla sua posizione verticale un filo di cui l'estremo supe- riore è fisso e dal cui altro estremo pende un grave, e cerchiamo a tale scopo di spostare me- diante uno sforzo diretto in senso orizzontale, un punto del filo stesso, dobbiamo impiegare tanto maggior sforzo quanto più tale punto è scelto in vicinanza all'estremo fisso del filo? Erone risponde che quanto più il punto del filo che si vuol spostare, è lontano dal corpo sospeso tanto più questo è costretto a sollevarsi in corrispondenza a un determinato spo- stamento del punto stesso, il che egli dimostra con semplici considerazioni geometriche, paragonando le due posizioni che viene a prendere l'estremo inferiore del filo quando due dei suoi punti vengano rispettivamente a subire uno stesso allon- tanamento dalla verticale passante pel punto di sospensione. Egli conchiude da ciò, per usare le sue parole: che dovendo il corpo esser maggiormente sollevato quando il (1) Molti di questi problemi (non però quello che citiamo) sono lette- ralmente riprodotti da quelli che si trovano nel Mnxav. TTpoR). di Aristo- tile. Ciò fu già osservato dal Carra de Vaux. Si noti che Aristotile non è mai citato nell'opera di Erone. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 67 962 GIOVANNI VAILATI — IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI, ECC. punto è più vicino all'estremo fisso, è naturale che per portarlo più in alto occorra una forza maggiore che per portarlo meno alto [a parità, s’in- tende, di spostamento del punto a cui si applica la forza da cui il peso è sollevato] poichè per portarlo in luogo più alto occorre maggior tempo [cioè occorre far muo- vere il suddetto punto per un tratto più lungo]. Ma se il principio che stabilisce la dipendenza tra l’inten- sità della forza adoperata per ottenere un risultato meccanico determinato e il tratto che, sotto la sua azione, deve percorrere il punto al quale essa si applica, non è adoperato da Erone, come mezzo di spiegazione, che pel caso di due sole tra le macchine semplici, egli non manca di far rilevare come non solo per ciascuna di queste, ma anche per qualsiasi mec- canismo che si possa immaginare come composto dalla combinazione di un numero qualunque di esse, quello stesso principio si verifica. Tra i numerosi passi del Bapov\kog nei quali questa idea è chiaramente espressa, mi basterà citare i seguenti : Nel capitolo 3° del Libro II, dopo aver descritto un or- digno per sollevare i pesi, costituito da una serie di ruote den- tate mosse da un verricello, aggiunge: Questo strumento, e tutte le altre macchine di gran forza che gli so- migliano, sono lente [a produrre-gli effetti voluti] perchè quanto più è debole la potenza in paragone del peso da sollevare tanto più è lungo il tempo che il lavoro richiede). Nel capitolo seguente, a proposito d'un meccanismo com- posto d’una serie di taglie, ripete ancora la stessa osservazione e inoltre, ciò che è assai importante a notare, riconnette la maggior lentezza nel funzionamento delle taglie di maggior potenza al fatto che in esse essendo più numerosi i tratti di fune per effetto della cui tensione il grave è sollevato, deve diminuire in proporzione l’accorciamento che ognuno di essi subisce in corrispondenza a un dato cammino del punto sul quale agisce il motore (1). (1) Cfr. “ Journal Asiatique ,, 1893, vol. 2°, p. 269. EMILIO ALMANSI — SULLA DEFORMAZIONE DI UNA SFERA, Ecc. 963 Sulla deformazione di una sfera elastica soggetta al calore; Nota del Dott. EMILIO ALMANSI. 1. In una mia Memoria, pubblicata da questa Accademia (*), ho trattato il problema della deformazione di una sfera elastica, isotropa, sollecitata da tensioni agenti sulla sua superficie. Il metodo che in essa espongo, per integrare, in questo caso par- ticolare, le equazioni dell’Elasticità, è più semplice di quello seguito dal Borchardt, a cui si deve la prima soluzione del detto problema, ottenuta per mezzo d’integrali definiti (**). Lo stesso Autore, in altra sua Memoria (***), risolve un problema, che ha molta affinità col precedente ; quello cioè della deformazione di una sfera, per effetto del calore. Anche in questo caso si può applicare, con vantaggio, il metodo d’inte- grazione che ho seguìto nella Memoria citata. E ciò appunto mi propongo di mostrare nella presente Nota. La sfera si suppone omogenea, e, inizialmente, soggetta in ogni suo punto alla stessa temperatura. Userò le stesse notazioni adoperate dal Borchardt, chia- mando, per un punto qualunque di coordinate x, y, 2, USD SID le componenti dello spostamento ; ed s il riscaldamento a cui, in quel punto, si assoggetta il solido. (*) Sulla deformazione della sfera elastica, * Accademia Reale delle Scienze di Torino ,, Serie II, tomo XLVII. (**) Borcnarpr, Ueber Deformationen elastischer isotroper Kbrper durch mechanische an ihrer Oberfltiche wirkende Kriifte, È Monatsbericht der Berliner Akademie ,, Juli, 1873, p. 560. (***) In., Untersuchungen iber die Elasticitàt fester isotroper Kébrper unter Beriicksichtigung der Wirme, © Monatsbericht der Berliner Akademie ,, Januar 1873, p. 9. 964 EMILIO ALMANSI Si hanno allora le tre equazioni differenziali alle derivate parziali : plate Pig Au +4 (1 t2R) ir Ida ?, Spe Sar (1) A+ (1+2a)Sh=g9 38, ò ò séidio È YA A°w+- (1 - 2x) de AFFI; ove x è una costante che dipende dalla natura del solido, come pure la 9, che è legata alla precedente, e al coefficiente € di dilatazione termica, dalla formula : g=2(1+3% €. Alla superficie della sfera devono essere soddisfatte le tre equazioni : a) teleta) (RE+ 20) + (te +30) + (tate), ove p'=2xp— gs 2. Poniamo: dy ny el bal hdi ISF 9 y vanto, dA dY u= + "va SULLA DEFORMAZIONE DI UNA SFERA ELASTICA, ECC. 965 Le equazioni (1) diventano : 2° (t) APE + (142) — è }gs _2(1+x) AVI, @) Aîm+ (1+2)—djgs_2(1+) AI, A'T+ (14 2) = è }gs—2(1+x) A*W}; e le (2), posto EST: + y° + 2°, e quindi x dg pa loro. “leer mise iano pes 2 MONTONE = x (gs — 2KA°W) — 2 ” a (I), (4) (04) y(200 +20) 4) = y (9s — 2xA*Y) — 2r (0), Cai = 2 (gs — 2xA°Y) — 23 (DI) Determiniamo la funzione Y, fin qui arbitraria, in modo che soddisfi all’equazione : gs 2(1-+- x) A°Y=0, e sia, inoltre, regolare in tutta la sfera. Perciò, dette 2", y/, 2’, le coordinate di un suo punto qualunque, e posto : D= VE —2f+y-°+(e— 2" basterà prendere la funzione Y data dalla formula: pesi 2) d8, Y(,y,2)= D 8 (1 me x) 966 EMILIO ALMANSI ove dS rappresenta l'elemento di spazio attiguo al punto (2' y' 2°), S l’intero spazio occupato dalla sfera. Allora le equazioni (3) si ridurranno alle seguenti : 2 1% der te A°'ET-(14 2x0 (5) A'n+(1+2)f2=0, A'+(14+-29È=0; e le (4), che devono essere verificate sulla superficie della sfera, potremo scriverle: | TRI dr, de | òd (6) 2 (D+) + y(2c0 +22) +(M +), zfeta tolta) +e(204209)=7 ove, per brevità, si è posto : = ria F, ila afro 29 F.=— ys dr 2(2E} 3 TUEpe r\òdy}" ina Pa Lo di * Fi=7j 9 ri(A a) (*) Si deve osservare che le derivate seconde della funzione Y, subi- scono una discontinuità quando si attraversa la superficie della sfera. Perciò i valori che bisognerà assumere per le espressioni ARTO dr \ dx /® dr \dy]” dr \ da |' in un punto P' della detta superficie, saranno i limiti dei valori che le stesse espressioni hanno in un punto P, interno alla sfera, quando P si av- vicina indefinitamente a P'. SULLA DEFORMAZIONE DI UNA SFERA ELASTICA, ECC. 967 Ora le equazioni (5) e (6) sono identiche a quelle che si otterrebbero, quando si volesse determinare la deformazione di una sfera elastica, sollecitata da tensioni agenti sulla sua su- perficie. Basterebbe supporre che il suo coefficiente di contra- zione fosse dato da e che la tensione esterna, in un I 14+-2x’ punto qualunque della superficie, avesse per componenti : 1+F2 Ep 1412xEp 1K2Ep ESSER > Egr eri er? ove E rappresenti il modulo di elasticità, R il raggio della sfera. Si potrà dunque applicare il metodo d’integrazione che espongo nella Memoria citata. 8. Perciò introdurremo le tre funzioni : o=ofae tall) dol) ( 1) @M V=e(M E) ty(200 +20) 42 (M4R, frase] + (RE: analoghe (a meno di una costante) a quelle indicate colle stesse lettere, che uso nell’altro problema. Tenendo conto delle equazioni (5) si dimostrerà (Mem. cit. I, 4) che le tre funzioni U, V, W, che soddisfano all’equazione A°A°—=0, potremo rappresentarle mediante quattro funzioni ®, ), u, v, regolari entro la sfera, e che soddisfano all’equa- zione A°—= 0, ponendo: U=("+y+2—R)0 4a, V=l@+y+2—R)2®+%, W=(2°+4y+2— RE ky. 968 EMILIO ALMANSI E si troverà che le funzioni 6, 9, \, yu, v, sono legate dalle equazioni (confr. Mem. cit., eq. (40) e (41)): (8) 0(1+3%)=r3?2 +30, 14 3k gl-+8x re ed __1 d9 (9) i pae 12; 1+ax” se dr Pa ema ove dI | du o=t a Determineremo da prima le funzioni \, u, v, delle quali, sulla superficie della sfera, si conoscono i valori, in virtù delle equazioni (6). Poi, dall'equazione (9), e dall'altra A'g=0, ricaveremo la funzione @ (Mem. cit. I, 3). Dopo ciò la formula (8) ci darà la funzione 60. Allora, posto : U—2xx0 =P, V—2xy0=Q, W—2x20=R, le equazioni (7) potremo seriverle : e le funzioni P, Q, R, saranno note in tutta la sfera. Da queste equazioni, posto per brevità, E R P dh data —iHi , ni n 2 H, , dQ ò ni H , Fei SULLA DEFORMAZIONE DI UNA SFERA ELASTICA, ECC. 969 se si suppone che nel centro della sfera le componenti della rotazione siano nulle, ricaviamo : de =[ Hi; dr pela da D1H.dr ; mm MIE l1Hdr. Finalmente dalle stesse equazioni (10), che possiamo anche scrivere : -» ip_ y(M_E pa, ecc., d 3: dre dy supponendo che per »=0 anche le componenti della traslazione si annullino, otterremo le formule finali : r 1 1 pe” va +3 |a (PH: — vB) drfdrr, r INCA n=[{T +3 AH —Hy)dr}dr "(R 1("1 t=( {E LI AGH—H)dr|dr, colle quali il problema è risoluto. 970 ONORATO NICCOLETTI Sulla trasformazione delle equazioni lineari omogenee del secondo ordine a derivate parziali con due variabili indipendenti ®. Nota 2* del Prof ONORATO NICCOLETTI a Roma. 8 V. Riduzione delle trasformazioni [m, p] alle trasformazioni differenziali ed integrali. 10. Le trasformazioni integro-differenziali di un'equazione del 2° ordine: (1*) A()=ar+ 2584 ct+2dp+2eq+fz=0 hanno un legame semplice ed elegante colla teoria delle tras- formazioni differenziali ed integrali. Dividiamo infatti le tras- formazioni [m, p] dell'equazione (1): (2*) u—wogogt Zu O G(u)= 0, 0... 0. E ponendo nella Z per la funzione 2 rispettiva- mente le soluzioni 2,, 2»... 2èm: dell'equazione (1*), linearmente indipendenti, saranno: (63) 123%, A = zzf)u, Ae) xD (u)(dr—fuA (24) xD (vu) dy k=1,2...2mH-2q altrettante soluzioni particolari, anche esse linearmente indipen- denti, dell'equazione in Z. Formando quindi della Z la trasformata differenziale del- l'ordine m + 9g corrispondente alle soluzioni Z superiori, cioè con notazioni già usate ®, la funzione: (64) Wa [z, CALL PACIS (ssagzi (3) si trova, tenendo conto delle (61), che questa funzione w è data da un determinante di ordine 2wm + 29 + 1, che, dopo facili ri- duzioni, coincide con quello della formula (11). Questo dimostra la prima parte del nostro teorema e fa (!) Cfr. T. Cap. IV, n. 46. (Gf TT Cap, IL n. 18. (*) L'equazione in w ha inoltre le soluzioni particolari : (64*) w=([Z;, 20,70) ...Z@mt20] , (i=1,2...29) corrispondenti alle Z; della equazione in Z. 974 ONORATO NICCOLETTI anche vedere come la composizione di una trasformazione dif- ferenziale coll’inversa di una tale trasformazione porti, nel caso generale, ad una trasformazione integro-differenziale pari, la quale corrisponde al complesso delle soluzioni particolari dell'e- quazione data e dell'aggiunta, che individuano le due trasfor- mazioni componenti. Su questo argomento torneremo più oltre (8 VII. 11. Un ragionamento perfettamente simile vale nel caso delle trasformazioni dispari. Sia infatti p=29 + 1. Scritta al- lora la (2*) sotto la forma: 2p Uri I wA=IZ4 za t Weps1 Asg4i e derivando ancora i due membri fino all'ordine 9, potremo eli- minare i primi 29 integrali A, (i=1,2...29); ed il risultato dell’eliminazione sarà ancora dato da una relazione analoga alla (60), che contiene nel primo membro le funzioni w,w,, Wws...W,_i e le loro derivate fino all'ordine 9; nel secondo membro poi, oltre contenere la 2 e le sue derivate fino all'ordine m + 9g (od inferiore) contiene anche l'integrale A,.,. Ne segue, per il solito ragionamento, che indicando con @ il valore comune dei due membri dell'uguaglianza, questa funzione @ si deduce dalla w con una trasformazione differenziale generale di ordine g= Po, corrispondente alle soluzioni w, ... w,, e dalla = mediante una trasformazione integrale, il cui ordine è in generale m4q +1: quindi la w si dedurrà dalla 2 componendo la trasformazione integrale che porta dalla 2 alla @ con quella che fa passare dalla @ alla w, cioè ancora coll’ inversa di una trasformazione differenziale generale di ordine g. Reciprocamente è facile vedere anche qui che, componendo una trasformazione integrale di ordine m 4- q + 1 coll’ inversa di una differenziale generale di ordine 9, si ottiene (in generale) una trasformazione [m, 29 + 1], che corrisponde al complesso delle soluzioni particolari dell'equazione data e dell'aggiunta che individuano le due componenti. Limitandosi, come prima, al caso generale, è chiaro che SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 975 potremo anche qui (per il teorema di permutabilità di una tras- formazione integrale con una differenziale)‘ eseguire prima la trasformazione inversa della differenziale, corrispondente alle soluzioni w,, 2... (potremo cioè considerare la funzione Z data dalla (62)) e quindi da questa ottenere la w. Ricordiamo per questo che l'integrale generale n dell’equa- zione aggiunta alla Z è dato da (65) n=, ur... un); costruiamo quindi la funzione: (66) LEA AR aaa nre ea LI (e le w; date da: (66*) wii= [Zi 20)... zeta Agmttetl]), dove, indicando con P(Z)=0, Q(n)=0 le equazioni in Z ed n, si ha: (67) Ax=ffnP:(2)—ZQ:(n)}jdx — )nPi(2) — ZQ(n){dy, (67*) Aî41= S} may Po(29) — 20 Q, (N2,4)! de — — }NawPi (28) —4Q, (N44) }dy; e: (65*) Meri: = (1, iz... ag, Ung]. Sarà allora w una trasformata [m,29-+ 1] della 2, corri- spondente alle soluzioni particolari 21, 22...2emi27415 U1, Ua-.- Us, 2,1 dell'equazione in 2 e dell'aggiunta (e le w; saranno altret- tante soluzioni particolari dell'equazione in w). (') Cfr. T. Cap. II, n. 88. (®) Cfr. T. Cap. IV, n. 48. (*) Cfr. T. Cap. III, n. 41. (*) Un'altra soluzione particolare dell'equazione in w è la funzione : (66**) Wes = (20, 20)... Z@m+29+1)], 976 ONORATO NICCOLETTI Si noti infatti che ponendo: si potrà con integrazioni per parti (tenendo presenti le (61)) dare all'integrale A la forma: (675%) A=*g4/— {1001 LI Ora le funzioni M, sono appunto quelle che abbiamo chiamato v; (i=1, 2...29 nella teoria delle trasformazioni differenziali ed integrali e che si otterrebbero col metodo di Liouville ‘ nel passare dalla u alla n, aumentate (queste funzioni v;) di una parte proporzionale ad n: sono quindi funzioni lineari omogenee della u e delle sue derivate fino all'ordine 9. È chiaro allora che l’espressione di w contiene linearmente ed omogeneamente i 2q9+1 integrali A;, corrispondenti alle soluzioni w,, w2...Uxg Uzg41 dell'equazione aggiunta a quella in 2: contiene poi una parte esplicita nella 2 e nelle sue derivate, il cui ordine non può però superare m. Si noti infatti che dalle (61) seguono anche le re- lazioni: (69) EZ(A.).=0; 1 (= BE) 2 dz € Za 22 ik ik ik dei dy si può questa intendere come una particolare trasformazione dell'equazione data (in sè stessa): dal teorema di permutabilità segue allora immediatamente : Se un'equazione ammette una trasformazione infinitesima, qua- lunque equazione che da essa si ottenga mediante una trasforma- zione integro-differenziale, ammette essa pure una trasformazione infinitesima e inversamente. Essendo inoltre una trasformazione infinitesima (quando non sia composta di pure trasformazioni di Laplace) individuata da un certo complesso di soluzioni particolari dell'equazione data, è chiaro anche che la trasformazione infinitesima relativa ad una trasformata integro-differenziale dell'equazione data, cor- risponde al complesso delle soluzioni particolari, trasformate (mediante la trasformazione integro-differenziale) di quelle che individuavano la trasformazione infinitesima dell'equazione pri- mitiva. $ VII Le relazioni tra le diverse trasformate. 20. Diamo in quest’ultimo $ alcune altre proprietà interes- santi delle trasformazioni [m, p]. Ricordiamo perciò che una funzione w, trasformata [m, p] della 2, è individuata da un certo numero / < 2m + p di solu- zioni 21, 2+,... 21 dell'equazione in 2 e da p w1... «, dell'aggiunta: per essa si conoscono inoltre p soluzioni particolari w; dell’equa- zione in w, 20, dell'aggiunta (che sono quelle date dalla dimo- strazione del Liouville): e le formule stesse che dànno le w; e 992 ONORATO NICCOLETTI le 0, stabiliscono una corrispondenza biunivoca tra le «, e le w,, le 2x e le Ox (Cfr. N. $ I, II, IV). Indicando poi con 2, la so- luzione ausiliaria dell'equazione in 2, che figura nella dimostra- zione di Liouville, è chiaro che una qualunque delle funzioni, ivi indicate con »,, ad es., la v,, è una trasformata [m, p] della equazione in 2 (ed insieme colla w è generale o singolare, ed in questo caso della medesima classe), la quale corrisponde precisamente alle soluzioni 2,...2,-:%,4+1--+21, 241 dell'equazione in 2, alle wu, u....u, dell'aggiunta. Di più, dal modo stesso con cui si ottiene l'equazione in w (e le soluzioni aggiunte 0), è chiaro che la , si ottiene dalla w (o meglio dalla v,.,) con una trasformazione di Liouville corrispondente alla soluzione parti- colare.0, dell'equazione aggiunta: od anche, poichè w è deter- minato solo a meno di un fattore di proporzionalità, ed il valore 1 della v,, corrisponde alla soluzione 2, della A(2)=0; la v, si ottiene dalla w con una trasformazione integrale del 1° or- dine, che corrisponde a quella soluzione w,., dell'equazione in w, | che si ha facendovi 2= 2,,,, e alla soluzione 0, dell'equazione aggiunta. Considerando poi le due equazioni aggiunte di quelle in w e r,, e ricordando che la trasformazione aggiunta di una inte- grale del 1° ordine è ancora una integrale del 1° ordine, cor- rispondente alle stesse soluzioni dell'equazione data e dell’ag- giunta, che individuano la trasformazione primitiva (le quali soluzioni si scambiano però il loro ufficio); ne segue senz'altro che anche queste due equazioni sono legate da una trasforma- zione integrale del 1° ordine, corrispondente alle soluzioni w,,,, O, (e che è l'aggiunta di quella che lega le w e »,). Ma si osservi ora che le due equazioni aggiunte della w e », si ottengono dalla ®(u)=0 con due trasformazioni integro-differenziali, che rispettivamente corrispondono alle soluzioni (21,..., 2,3 %,...3 Up); (21 214 Ze 21 21413 1 + Up) ; ne seguirà senz'altro il teorema: Due trasformate [m,p] w, w' della 2, che (essendo insieme generali o singolari ed in quest'ultimo caso della medesima classe) corrispondano a due complessi di soluzioni dell'equazione data e dell'aggiunta: (21... 213, ««tp)3i(210+ Frase» Ziy Zisa Mi + Up) [oppure (2i..+213 tr. tp) (210 Zip iii ira rg i Up Upsi)}, di- versi solo per una soluzione particolare dell'equazione stessa (0 del- pe SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 993 l'aggiunta), sono legate da una trasformazione integrale del 1° ordine perfettamente determinata; e, ad es., la w' si ottiene dalla w colla trasformazione integrale del 1° ordine, che corrisponde a quella soluzione particolare dell'equazione in w, che si ha facendovi a = 2111 (oppure a quella dell'aggiunta che si ha facendo in O u=ux), ed alla O, dell'aggiunta (w, di quella in w), che corrisponde per il metodo di Liouville alla <;(u,), che non entra nella composizione della w!. Poichè inoltre ogni soluzione dell'equazione in w è indivi- duata a meno di una parte additiva: E, Wi k- CW» 4... 46W; (che si ha facendo variare le costanti degli integrali A; che compongono la w), è chiaro che anche la »v. sarà determinata a meno di una parte additiva EU A 20° +-+ 650; (avendo indicato con v;' il risultato della sostituzione della w, in v.) si hanno cioè p soluzioni particolari dell'equazione in +,. Queste soluzioni sono evidentemente quelle che si otterrebbero deducendo la e, direttamente dalla =: ed un ragionamento per- fettamente simile (sulle equazioni aggiunte a quelle in w e ®,) dimostra anche come eseguendo sulle O,...0,_1, 0,11 ...0; la trasformazione aggiunta di quella che porta dalla w alla v., si ottengono quelle soluzioni particolari 0’, ... 0',_1, 0',11... 0% del- l'equazione aggiunta a quella in v,, che si sarebbero anche otte- nute deducendo direttamente la v, dalla =; (l'ulteriore soluzione 0,., è quella che appartiene alla trasformazione integrale che porta dalla w alla v,): possiamo affermare cioè che nel passaggio dalla w alla w', indicato nel teorema superiore, si conservano quelle solu- zioni particolari dell'equazione data e dell'aggiunta, che il me- todo di Liouville fa conoscere, e che corrispondono alle soluzioni comuni all’una e all’altra trasformazione, in quanto che esse sono (‘) Il processo stesso di Liouville dimostra poi che anche l’inverso del teorema è vero. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 69 994 ONORATO NICCOLETTI legate dalla stessa trasformazione (o dall'aggiunta) che dalla w porta alla w'. 21. È facile ora dare la relazione che lega due qualunque funzioni w, w', trasformate integro-differenziali della funzione 2. Abbiamo già studiato altrove (n° 16) il caso che le due fun- zioni w ed w' siano individuate dal medesimo complesso di soluzioni particolari della equazione data e dell'aggiunta e differiscano soltanto per le costanti arbitrarie da cui la tras- formazione dipende; supporremo dunque che questo non av- venga. Se poi le due funzioni w ed w' corrispondono a due complessi di soluzioni dell'equazione data e dell'aggiunta, com- pletamente diversi, per ottenere dall'una di queste funzioni l’altra, ad es.: dalla w la w', sarà necessario e sufficiente pas- sare dalla w alla 2, e quindi dalla 2 alla w'; e questo fa vedere senz'altro come la w' si ottenga dalla w ancora con una tras- formazione integro-differenziale, la quale corrisponde alle solu- zioni particolari dell'equazione in w e dell'aggiunta note col metodo di Liouville, ed a quelle, che corrispondono alle soluzioni particolari dell'equazione in 2 ed «, che portano dalla = alla w'. Quando invece i due complessi di soluzioni che individuano le due trasformazioni hanno alcune soluzioni in comune, il risul- tato è ancora più semplice. Distinguiamo infatti i due casi delle equazioni del tipo ellittico, e di quelle dei tipi iperbolico e pa- rabolico. Nel primo caso, se il complesso delle soluzioni (del- l'equazione data e dell'aggiunta) comuni alle due trasforma- zioni, consta di un numero pari di funzioni, si costruisca la funzione w', che si ottiene dalla 2 con una trasformazione in- tegro-differenziale corrispondente a queste soluzioni comuni: da questa funzione w" noi otterremo la w e la w' con due tras- formazioni integro-differenziali, che rispettivamente corrispon- dono a quella parte delle soluzioni che l’individuano e non sono comuni alle due trasformazioni: ed allora evidentemente per passare dalla w alla w', basterà prima dalla w ottenere la w", quindi dalla w' la w' (e sarà anche necessario). Questo dimostra che la w' si ottiene dalla w ancora con una trasformazione in- tegro-differenziale, determinata da quelle soluzioni particolari dell'equazione in w e dell'aggiunta, che per il metodo di Liou- ville corrispondono alle soluzioni particolari 2, ed w., apparte- SULLA TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI LINEARI, ECC. 995 nenti alla w e non alla w' ed insieme alle altre, che corrispon- dono (per sostituzione in w e nell’aggiunta) alle soluzioni 2';, u'., appartenenti alla w' e non alla w. Quando invece, essendo sempre l'equazione data del tipo ellittico, il numero delle fun- zioni 2 ed v comuni alla w, w' sia dispari, non potremo costruire la trasformata intermedia w'" ad esse corrispondenti (si noti infatti che una trasformazione di un’equazione del tipo ellittico, generale o singolare, è sempre individuata da un numero pari (complessivamente) di soluzioni dell'equazione in e e dell’ag- giunta); ma, abbandonando allora una di queste soluzioni co- muni, ad es: la 2,, si costruisca ancora la w” individuata dalle altre soluzioni comuni; dalla w' otterremo la w e la w' con due trasformazioni corrispondenti alle altre loro soluzioni, quindi dalla w la w', passando prima dalla w alla w", quindi dalla w” alla w', cioè ancora mediante una trasformazione integro-diffe- renziale. Si osservi ora di più che in questo processo la solu- zione comune 2;, che non entra nella w', dà luogo ad una so- luzione w', dell'equazione in w"” ed ad una O; dell’aggiunta di w, che si corrispondono nel senso già notato al n° 20: mella composizione delle due trasformazioni esse dunque si elidono: e quindi la trasformazione che porta dalla w alla w' è anche in questo caso individuata dal complesso delle soluzioni dell’'equa- zione in w e dell'aggiunta, che corrispondono, nel senso già detto sopra, a tutte le soluzioni non comuni alle due funzioni date. ('*) Traducendo in formule il ragionamento superiore, siano, ad es.: w ed w' le due funzioni corrispondenti alle soluzioni \ W c2(21, 23. ++2k; ZI4I 21; U) Ua<. Up; Upyl... Ug) | Ww'e2(23,23-.-2k; ZH1...Zn3 Uig Ua... Up; Ug+l.. Ur) e sia p+k=1(mod2). Costruiamo allora la w'eo(2,,22...2%-1; Wi, U2.:.- Up). una trasformazione integro- Indicando allora col simbolo A:,,zz...:u,u,... differenziale, corrispondente alle soluzioni 2., zx... wr,w:..., dalla w' otter- remo la w con una da ih cart ta iù 95 Aziz; 2504] AO Mo) 41 ® 130 par 0 q’ e la w con 996 ONORATO NICCOLETTI — SULLA TRASFORMAZIONE, ECC. Molto più semplice è il ragionamento per le equazioni dei tipi iperbolico e parabolico: in questo caso infatti è sempre pos- sibile costruire una funzione w" che corrisponda al complesso delle soluzioni comuni ad w ed w': vale dunque il ragionamento fatto nella prima parte delle equazioni del tipo ellittico. Una leggera modificazione, facile a vedere, può accadere soltanto per le equazioni del tipo iperbolico, per la presenza di trasfor- mazioni di Laplace. Possiamo dunque in generale enunciare il teorema: Due trasformate integro-differenziali dell'equazione in 2 sono legate alla loro volta da una trasformazione integro-differenziale, la quale corrisponde (nel senso già sopra notato) al complesso delle soluzioni della equazione data e dell'aggiunta, che non sono co- muni alle due trasformazioni. E di qui segue anche, tenendo conto dei teoremi dimostrati nei $ VI, VII, il risultato importante: Il complesso di tutte le trasformate integro-differenziali della funzione = coincide con quello di qualunque sua trasformata; è quindi inutile ripetere per ciascuna di queste il medesimo pro- cesso; non si otterrebbe infatti nulla di nuovo. Roma, 30 Maggio 1897. 07 o” Arzizi mpg E A DO 0" 0 La w” si otterrà allora dalla w con una tie t= A@p41) Opj91 Opi Ox 30x41: 0) e quindi la w' dalla w con una A@pz13 Opjg e Og Opi Ogg 0) Aid di0% 1 07,5 = AQ: Oi 0x Opi 0; Op; Qy1 Oni 0,41» da Alla stessa trasformazione si AAT ad es., dal A. delle due AQpi1i 0g Opi Opa Oni 0,1074107 A@n'Ok la quale, pel n. 20, non è che una AQp411 0% Qi Op Op 1 Oni Oggi 001701 Or il che dimostra la nostra asserzione. Si osservi del resto che basta introdurre variabili complesse, perchè il caso delle equazioni del tipo ellittico sì riduca a quello iperbolico. (!) Con wy..., 07+1 abbiamo indicato ca: soluzioni dell'equazione in w e dell’ag. che corrispondono alle w'"x...0"3+1 di w _ Maclated titti ADOLFO CAMPETTI — DELL'INFLUENZA DELLA TEMPERATURA, Ecc. 997 Dell'influenza della temperatura sulla velocità degli ioni; Nota del Dott. ADOLFO CAMPETTI. In alcuni lavori pubblicati qualche tempo fa (“ Atti del- YAccademia di Torino ,, 1894 e “ Nuovo Cimento ,, maggio 1894) mi occupai della determinazione del numero di trasporto di al- cuni sali in acqua, alcool etilico e metilico; ed in tale studio ebbi occasione di eseguire alcune esperienze preliminari per esaminare l’influenza della temperatura sul valore del numero di trasporto. A tale studio non detti però seguito, specialmente perchè a quel proposito, oltre ad un lavoro di Lor» e NERNST (1) si hanno numerose esperienze del Brin (2). Loeb e Nernst ese- guirono esperienze con soluzioni acquose di molti sali d’argento tra le temperature di 0° e 25° centigradi e calcolando da esse esperienze il numero di trasporto relativo all’argento, trovarono che questo numero, crescendo la temperatura, si avvicina al valore 0,5. Il Bein trovò che l'influenza della temperatura sul numero di trasporto è assai piccola o insensibile per il cloruro di potassio, nitrato di argento, solfato di rame, cloruro di cadmio; più sensibile per l’ioduro di cadmio e cloruro di bario; ancora più forte per i cloruri di sodio e calcio. I risultati del Bein sono riassunti sulla tabella che segue, dove # indica la temperatura in centigradi, » il numero di tras- porto relativo all’ione posto come indice (1) Loes und Nerxsr, * Zeitschrift fiir phys. Chemie ,, 1888. (2) Bern, “ Wied. Ann. ,, 1892 - 46. 998 ADOLFO CAMPETTI Na Cl KCl | CaCl, | BaCla | CACha | CdJ, | CuSO, | Ag NO; t= 20° | {= 20° | t= 20° | t= 20° | £=20° | £=20° | £t= 15° |t=10° | Na = no = Nic = Hic, = a = nyj;=0 |noy= |?t,g= 0,608 0,496 0,602 0,580 0,570 0,640 0,362 0,470 | | t= 95° | t= 74° |t= 95° | t= 80° | 1= 96° |t= 75° \t=75° |1t= 90° Boz Hanzo | EOLE A | 0,551 0,509 0,549 0,572 0,570 nj = Nu = Pag pese e a proposito di questi numeri osserva che i numeri di trasporto dell'ultima linea (cioè quelli per temperature elevate) sono più vicini a 0,5 che quelli della linea superiore. Parrebbe dunque che ci fosse per tutti i sali questa tendenza, di muovere cioè î loro ioni con velocità sempre meno differenti, quanto più alta è la temperatura. Contemporaneamente il Lussana (1) in una sua memoria: | Influenza della temperatura sulla forza elettromotrice degli elementi a concentrazione e sul trasporto degli ioni, determinava il numero I di trasporto per i tre sali: solfato di rame, solfato di zinco e nitrato di piombo tra le temperature di 0° e 36° gradi circa; dalle sue esperienze risulterebbe che il coefficiente di trasporto (riferito all'anione) per ciascuno di questi sali diminuisce col diminuire della concentrazione ed aumenta circa proporzional- mente alla temperatura assoluta. Questi risultati, per quanto riguarda il solfato di rame, sono in perfetta contraddizione con quelli del Bein e in certo senso anche con ciò che risulta dall'insieme delle esperienze del Bein o del Nernst: d’altra parte un'influenza di tale ordine | di grandezza per parte della temperatura sembra poco proba- bile, quando si rifletta che (come risulta dalle esperienze del prof. CarraNEO (2) e delle mie) l'influenza del solvente sulla velocità relativa dell’anione e del catione appare o nulla o assai piccola. (1) Lussana, “ Atti dell'Istituto Veneto ,, 1892. Tomo II. (2) Carraneo, “ Atti della R. Accademia dei Lincei ,, 1896 e 1897. : DELL'INFLUENZA DELLA TEMPERATURA SULLA VELOCITÀ, Ecc. 999 Queste considerazioni ed alcune esperienze che aveva già eseguite in passato fecero nascere in me il dubbio che i risul- tati notevoli del Lussana fossero dovuti a qualche errore spe- rimentale: d'altra parte, essendomi altra volta occupato di tale argomento, mi interessava assai di rendermi conto: del come ve- ramente stessero le cose: e per questo ho creduto opportuno di eseguire una serie di esperienze che qui riferisco, ponendo ogni cura per evitare per quanto è possibile gli errori che molto spesso falsano i risultati delle esperienze di questo genere. 1° L'apparecchio che ho usato per le mie esperienze è analogo ad altro apparecchio che già ho adoperato altra volta e che mi sembrò adatto per evitare la diffusione; ed è rappresentato nella Fig. I. Im A passa la lastrina o ver- ghetta metallica che fa da anodo: in D si trova il catodo: il liquido si in- troduceva per C: una volta terminata l’esperienza e aperto il tubetto di gomma posto in 0, si poteva estrarre il liquido da Bin € che veniva diviso in tre porzioni e separatamente ana- lizzato. Chiuso poi il robinetto B ed esercitando una leggera pressione da È, si poteva estrarre da E il rimanente del liquido. Naturalmente si introdu- cevano le correzioni hecessarie per il liquido che rimane aderente alle pareti. L'apparecchio dovendo essere tenuto per parecchie ore a tempera- tura pressochè costante, era collocato Fig. L in un recipiente come quello rappre- sentato, in sezione, nella Fig. II; esso in A e B era pieno di acqua, mentre in € si aveva uno spazio occupato dall’aria. Una volta portata l’acqua alla temperatura voluta, una piccola fiamma che si teneva al disotto dell'apparecchio serviva benissimo a mantenere una temperatura così costante, che in 7 od 8 ore la variazione non superava un decimo di grado. Affinchè poi la temperatura si mantenesse costante in tutto l'apparecchio, si teneva in movimento l’acqua in A e B senza i ni sella 2 è 1000 ADOLFO CAMPETTI produrre la più piccola scossa, facendola scendere e salire mediante una pera di gomma in tubi collocati verticalmente in A e B. Che con questa disposizione si potesse evitare la diffusione nell’apparecchio lo mostrò un'esperienza preliminare. Si fece entrare dal basso nell’apparecchio soluzione di solfato di rame sino a metà del tratto BC: il rimanente si riempì di acqua: dopo 4| aver tenuto per 8 ore la temperatura a 50°, il liquido estratto dalla porzione CD del tubo non presentava alcuna traccia del sale. 2° Le esperienze eseguite si riferi- scono al solfato di rame, solfato di zinco e nitrato di piombo. A causa della resistenza assai elevata del liquido si adoperava la corrente data da 25 Daniell: nel circuito era inserita una bussola per riconoscere l’intensità della corrente, un reostato ed un voltametro a nitrato d’argento. Solfato di rame. — In questa esperienza l’anodo era costi- tuito da una lastrina di superficie abbastanza grande di rame elettrolitico, il catodo era un filo di platino piegato a spira; le soluzioni erano preparate con solfato di rame puro cristalliz- zato due volte: per titolare le soluzioni prima e dopo l'espe- rienza si adoperava il metodo elettrolitico, facendo deporre cioè tutto il rame allo stato metallico sopra ‘una lastrina di platino. Questo metodo è suscettibile di grande precisione, quando si abbia cura di adoperare per la elettrolisi una corrente assai piccola, specialmente quando la maggior parte del rame è già deposta. Si adoperarono soluzioni diversamente concentrate per esa- minare anche la influenza della concentrazione: specialmente per le soluzioni più diluite si doverono fare varie prove per trovare la intensità di corrente opportuna; infatti (vedasi “ Wiedeman. Electricitàt ,, vol. II, pag. 503) si sa che, se la densità della cor- rente ‘è troppo grande, la quantità di rame disciolta all'anodo è più piccola di quella deposta al catodo; d'altra parte, se il catodo ha una superficie molto grande, si sa che si trova un deposito minore che sopra un elettrodo piccolo; poichè anche alla temperatura ordinaria il solfato di rame discioglie una piccola quantità di rame. DELL'INFLUENZA DELLA TEMPERATURA SULLA VELOCITÀ, ECC. 1001 Quanto al calcolo delle esperienze, poichè il solfato di rame è in condizioni ordinarie unito ad acqua di cristallizzazione, si può anche nella soluzione considerare come solvente solo l’acqua non unita al sale, oppure riferirsi al sale anidro. Qui abbiamo considerato come solvente tutta l’acqua pre- sente nella soluzione: del resto, trattandosi di soluzioni assai diluite, l’un modo o l’altro di considerare la cosa porta circa allo stesso resultato: ad ogni modo la media dei numeri di tras- porto calcolati per l’anodo o per il catodo resta sensibilmente la stessa. Diamo qui per disteso il resoconto di una esperienza, li- mitandoci poi a riferire le altre in tabelle. La soluzione adoperata conteneva gr. 1,234 di sale anidro sopra 100 di soluzione e quindi gr. 0,4910 di rame per 100 di soluzione, ossia gr. 0,4971 per cento di solvente. L'esperienza durò ore 8; la temperatura era di 15°,10: l'argento deposto nel voltametro gr. 0,1627: il rame equivalente 0,0476.I pesi delle quattro porzioni in cui fu diviso il liquido dell’ apparecchio erano rispettivamente: gr.: 24,123; 11,563; 8,599; 42,530 e contenevano rispettivamente rame: gr.: 0,1475; 0,0574; 0,0420; 0,1791 e di qui calcolando il peso del sale anidro, restava di solvente: gr.::23,752; 11,419: 8,483; 42,085. A questi pesi di solvente corrispondevano prima dell’espe- rienza nella soluzione le quantità di rame: gr.: 0,1181; 0,0568; 0,0422; 0,2092 di guisa che si ha: Rame trasportato all’anodo: Rame asportato dal catodo: gr.: 0,0300 0,0303 e per conseguenza il numero di trasporto relativo risulta: n=.0;630 n= 0,636 e quindi come media n= 0,633. Nelle tabelle che seguono # indica la durata dell'esperienza in ore e minuti, T la temperatura, g il numero di grammi di 1002 ADOLFO CAMPETTI rame contenuti in 100 grammi di solvente prima dell’ esperienza Ag il peso dell'argento deposto, Cu il peso del rame equiva- lente, A il peso del rame trasportato all’'anodo, © il peso del rame trasportato dal catodo, na e ne i numeri di trasporto calcolati per l'anodo e per il catodo, n la media. 16,4| 6.| 0,4972, 0,1917| 0,0561| 0,0360| 0,0363| 0,636 | 0,647 | 0,642 15,1| 8 | 0,4971| 0,1627 | 0,0476 0,0300 | 0,0303 | 0,630 | 0,636 | 0,633 Ù i (15,8 (7,457 0,4971 | 0,1788 | 0,0508 | 0,0321| 0,0821 | 0,632 | 0,632 | 0,632 146,4| 8 | 0,4971| 0,1590| 0,0465| 0,0284| 0,0287| 0,611 | 0,617 | 0,614 2iu0| ni GN og AIA | | | | | | 49,2] 8 0,4971 | 0,1530| 0,0447 | 0,0269 0,0275 | 0,602 | 0,615 | 0,609 | i | | | | 145,9 7,30" 0,4949| 0,1560 ico 0,0273 | 0,0286 | 0,598 | 0,627 | 0,612 II. Tk 9 | Ag |-Ca | A: € ta? n; i | | 7,4) 7) 1,2444| 0,1991| 0,0582| 0,0383| 0,0382 | 0,658 | 0,656 | 0,657 | si; | | 7 ra TRI 7,9] 7| 1,244] 0,1985| 0,0580| 0,0381| 0,0383| 0,657 | 0,660 | 0,659 | | | | | |17,2|7/30"| 1,2444 | 0,2010 | 0,0588 | 0,0384| 0,0381 | 0,653 | 0,648 | 0,651 | | | | | | ie la e in lano | b- Ì | | i (19,2 16.15") 1,2444| 0,1996| 0,0584| 0,0379| 0,0382| 0,649 | 0,654 | 0,652] | I | | | | | | 49,8| 7 | 1,2444| 0,1933| 0,0565| 0,0352| 0,0355| 0,623 | 0,628 | 0,626 | | | Ì | | 47,9| 7 (1244 | 0,1983 | 0,0580| 0,0365 | 0,0367 | 0,629 | 0,633 0,1 DELL'INFLUENZA DELLA TEMPERATURA SULLA VELOCITÀ, ECC. 1003 Riassumendo si ha che per la soluzione più diluita, contenente di sale idrato 1,93 circa p. °/, il numero di trasporto è circa : 0,636 a 15° e 0,612 a 47°, mentre per l’altra soluzione contenente circa 4,73 di sale idrato °/o il numero di trasporto è circa: 0,658 a 7%. 0,651 a 18° e 0,628 a 480. Qui per i numeri di trasporto è data anche la terza cifra de- cimale: se però si tiene conto delle difficoltà di questo genere di esperienze, non crediamo di potere asserire che vi sia un’in- fluenza sensibile della concentrazione sul valore del numero di trasporto. Appare invece molto probabile una leggera diminu- zione del numero di trasporto col erescere della temperatura: in questo i nostri risultati sarebbero in accordo con quelli del Bein, il quale trova: n=0,638 per T—=15° en=0,622 per T= 75°; le differenze sono spiegabili in questo genere di esperienze. I miei risultati sono invece in perfetta contradizione con quelli del Lussana: egli infatti trova, per esempio, per una so- luzione che contiene 1,998 di sale idrato per cento: n= 0,645 n= 0,668 N08 per T=0,3 per T=11,6 per T=33,5. Che questi numeri siano errati è per me cosa fuori di dubbio; quanto poi alla causa di tale divergenza osserverò che la quantità di rame trasportato all’anodo e asportato dal catodo è (nelle esperienze che egli riferisce) troppo piccola (non arriva a due millegrammi); di guisa che la piccola quantità di rame che si può disciogliere o qualche altra azione secondaria, agli elet- trodi, per quanto piccola, possono alterare i risultati. Solfato di zinco. — Per titolare le soluzioni di solfato di zinco si tiravano a secco in crogiuolini di porcellana posti entro una stufa tenuta a 120°: poi si lasciavano raffreddare questi crogiuoli sotto una campana in aria secca e quindi si pesavano immediatamente. In queste condizioni si ottenevano per l’ana- lisi di una stessa soluzione risultati perfettamente concordanti. SNC Anche qui si fecero esperienze con una soluzione più diluita e una più concentrata: si trovò inutile di amalgamare i baston- cini di zinco che facevano da elettrodi, perchè l'esperienza dà il medesimo resultato nei due casi. Nel calcolo delle esperienze si considera come solvente l’acqua che è unita al sale solido quale acqua di cristallizzazione. In una prima serie di esperienze eseguite con una soluzione che contiene 2,500 di sale anidro °/, e con una corrente tale da deporre in 7 ore circa gr. 0,172 di argento, si osservò che per quella concentrazione la corrente era troppo forte, di guisa che il peso dello zinco trasportato all'anodo risultava differente da quello asportato dal catodo: in tal modo si aveva alla tem- peratura di 15° in tre esperienze: 1004 ADOLFO CAMPETTI | ny Nic | n I | 0,72] 0,58 | 0,65 Il |0,73 | 0,59 | 0,66 | IN |0,71 | 059 0,65 | Ì | | i | Questo mostrò dunque che, per avere maggiore concordanza tra i valori di ny e nc, conveniva diminuire la intensità della corrente: qui sotto sono riferiti i resultati delle esperienze de- finitive, avendo le lettere lo stesso significato che nella tabella precedente relativa al solfato di rame. (estar: lr) 3 VE AA i i i LIL: Gal peli Ul © ” | il | | 15,7] 8 | 0,9162 0,1083 | 0,0325 | 0,0218 | (*) 0,669 — | 0,669 | | | | do; Sela 0,0884 | 0,0266| 0,0177| 0,0176| 0,665 1 0,661 | 0,663 114918 | , |0,0890|0,0268| 00179] 00178] 0,667 | 0,664 | 0,666 | | | ESTA ia | Panat ‘146,6 18,40" 4 | 0,0953 | 0,0286 0,0197 | 00192 0,687 0,670 | 0,678 46,1 |8.30/) Ù | 0,0955 | 0,0287 von 0,0193| 0,668 | 0,671 | 0,670 | i | | | (*) Perduta la soluzione al catodo. DELL'INFLUENZA DELLA TEMPERATURA SULLA VELOCITÀ, Ecc. 1005 Da queste esperienze, che sono relative a una soluzione contenente 3,93 °/» di sale idrato, risulta dunque: ni doo n ='0,660 a 46° n= 0,674: non si può dunque dire che, entro a questi limiti, la tempera- tura abbia sensibile influenza sulla velocità relativa degli ioni. Altre esperienze furono eseguite con una soluzione più con- centrata, contenente 7,36 °/, di sale idrato. et I E 9 Ag Zn A Cc ny no. | n | | | Î bi | | | | 6 spiali | 148 8 | 1,7379| 0,1318| 0,0397| 0,0252| 0,0982 0,634 | 0,710 | 0,672 | 15,0 7,50), | 0,1093) 0,08I1) 0,0205| 0,0220| 0,659 | 0,707 | 0,688 | | | | 458/885), |0,1165| 0,0351| 0,0229| 0,0246 | 0,652 45,0 8,10, |0,1325|0,0399| 0,0262| 0,0280| 0,656 | | | | Im queste esperienze si ha, come si vede, una differenza non trascurabile tra il numero di trasporto relativo al catodo e quello relativo all’anodo; questa differenza però diventa mi- nore, se si ammette che anche nella soluzione l’acqua unita al sale cristallizzato non faccia parte del solvente, ma venga traspor- tata col sale stesso: la differenza che si ha facendo i calcoli nei due modi appare sensibile in questo caso trattandosi di una so- luzione assai concentrata e di un sale che cristallizza con sette molecole d’acqua; facendo i calcoli in questo secondo modo, le quattro esperienze precedenti dànno: | | I | 0,657) 0,688| 0,672 | | IT | 0,682) 0,697) 0,684 NIRESE | III | 0,675) 0,678) 0,676 | | IV | 0,676) 0,681) 0,678 1006 ADOLFO CAMPETTI noi abbiamo preferito di fare il calcolo nel primo modo, essendo le esperienze eseguite a diverse temperature. Ad ogni modo, tenuto conto delle difficoltà di queste espe- rienze, non si può dire che si riconosca anche per il solfato di zinco influenza sensibile della temperatura. Il Lussana trova invece, per esempio, per una soluzione contenente gr. 7,308 di sale a 00n=0,708; a 94 n=740; a 34° n 804. Nitrato di piombo. — Il nitrato di piombo cristallizzato è anidro; le soluzioni vengono titolate tirandole a secco entro crogiuoletti di porcellana a 105°, come per il solfato di zinco. La soluzione adoperata contiene per cento gr. 3,36 di sale. Adoperando come elettrodi dei bastoncini di piombo puro le esperienze non si potevano eseguire, perchè la soluzione (spe- cialmente a caldo) si colorava sensibilmente in giallo per la formazione di un sale corrispondente alla formula: 2P50, N: 01+2 P50,N20;+2H0 (Vedi Gragam-OrTo, Lehrbuch de Chemie, vol. III, pag. 1198) e per di più la soluzione si intorbida al catodo. Questi due incon- venienti si possono evitare amalgamando il bastoncino di piombo che fa da anodo e prendendo come catodo una superficie abba- stanza estesa di mercurio: in tali condizioni sono state eseguite le esperienze che seguono: E | le | 8,1|8 2,1756 | 0,0912 | 0,0874| 0,0434| 0,0425 0,497 Î 0,486 | 0,491 8,21745) |0,0921| 0,0883| 0,0443| 0,0435| 0,502 | 0,493 | 0,498 | | | | 0,0481 | 0,0496| 0,497 | 0,513 | 0,505 0,0423| 0,0854| 0,497 | 0,527 | 0,512 116,1/8,45 , |0,1009] 0,0967 143/18 | . |0,0901] 0,0864 | | | | 45,4 |8,20" s | 0,0911) 0,0874| DOLO | 0,0428 0,503 | 0,490 | 0,496 De 8,20] , |0,0957| 0,0917| 0,0460| 0,0488| 0,501 | 0,478 | 0,489 Ì | Ì Ì DELL'INFLUENZA DELLA TEMPERATURA SULLA VELOCITÀ, Ecc. 1007 Queste esperienze darebbero dunque circa: a 8° a 15° a 45° n= 0,495 n= 509 n= 0,493: Anche qui dunque non si riscontra influenza apprezzabile della temperatura. Il Lussana trova invece anche per questo sale un aumento nel numero di trasporto proporzionale alla temperatura assoluta. Ma un'osservazione generale conviene fare alle esperienze del Lussana. Egli in un'appendice alla sua nota già citata, avendo trovato che i suoi risultati per il solfato di rame sono in con- tradizione con quelli del Bein, riporta per disteso due sue espe- rienze relative al solfato di rame alla temperatura di 22°,3 e 400,2, e trova così: a 229,3, n=0,655 e a 4092 n=0,696. Se però si esaminano i dati, dai quali egli ricava questi numeri si trova che per la prima esperienza il rame trasportato all’anodo era di grammi: 0,00166 e quello asportato della so- luzione al catodo 0,00186: quindi, volendo dare tre cifre del nu- mero di trasporto, risulterebbe per l’anodo : n= 0,637 e per il catodo 0,715 numeri troppo differenti fra loro: del resto i numeri di Lussana non permettono di dare la seconda decimale, salvo che a meno di 3 o 4 unità. Per l’esperienza a 40° risulterebbe per l’anodo: n= 0,676 e per il catodo n= 0,716 si vede dunque che, fondare su questi dati una legge, come fa il Lussana, è perfettamente illusorio. Dunque anche per questi sali l'influenza della temperatura sul numero di trasporto è trascurabile, nei limiti di precisione di queste esperienze: in ogni caso non è di ordine tale da potere essere posta in evidenza coi mezzi sperimentali di cui finora disponiamo. Questo lavoro fu eseguito nel Laboratorio di Fisica diretto dal Prof. Naccari, cui rendo qui vive grazie per aver posto a mia disposizione i mezzi atti a eseguire le esperienze necessarie. 1008 ANTONIO GARBASSO Sopra un sistema diciclico imperfetto, che rappresenta una coppia di circuiti forniti di induzione e di capacità!). Nota di ANTONIO GARBASSO. Il modello dinamico, che descrivo, permette di riprodurre tutti i fenomeni di induzione, ai quali dà luogo la scarica di un condensatore lungo un filo metallico; sia che questo sì tenga isolato, sia che lo si ponga invece in presenza di un altro con- duttore. Come caso particolare si possono avere, naturalmente, quei fatti, che si osservano quando in uno dei circuiti o in entrambi la capacità si riduce allo zero. E gli altri, che sono proprii dei conduttori isolati. La figura 4 rappresenta l'apparecchio sotto la sua forma più completa. In tale forma esso corrisponde appunto ad una coppia di circuiti forniti di induzione e di capacità. Da un piede di legno, lungo in tutto un metro e mezzo, si levano cinque ritti di quaranta centimetri, essi pure di legno. A questi sono raccomandate certe lastre di ferro, che reggono i varii pezzi dell'apparecchio. Nella parte centrale stanno raccolti gli organi corrispon- denti ai due circuiti e quelli, che assicurano la trasmissione delle azioni induttive. Lateralmente poi si vedono due corde di acciaio, le quali rappresentano i condensatori. Per maggiore risparmio di spazio e di parole, espongo senz'altro le principali esperienze, che si possono eseguire con il mio modello. Di mano in mano che si presenterà l'occasione di impiegare una parte nuova dell'apparecchio, la deseriverò rapidamente. (*) L'apparecchio, del quale pubblico la descrizione, fu costruito per me dal sig. O. Di Nasso, aiuto meccanico in questo Istituto. stai SOPRA UN SISTEMA DICICLICO IMPERFETTO, ECC. 1009 1. Un circuito isolato, senza condensatore. — In questo caso semplicissimo (cfr. fig. 2)(*) l'apparecchio è montato (**) sopra un asse di acciaio, di sei millimetri di diametro e cinquantasei centimetri di lunghezza. Il quale gira entro due fori, praticati nelle lastre del secondo e del terzo ritto. Due girellini di ferro, fermati a vite sull'asse medesimo, gli impediscono di spostarsi avanti o indietro; ma lo lasciano libero di girare sopra sè stesso. L'asse sporge, per cinque o sei centimetri, a sinistra del secondo ritto. Appunto a questo estremo è fissato un volanino di ghisa, che serve per imprimere il movimento all’apparecchio ; ha nel mio caso un diametro di dodici centimetri e mezzo, e pesa, all'incirca, cinque ettogrammi. Nella parte poi, che è compresa fra il secondo ed il terzo ritto, sopra due manicotti, connessi invariabilmente con l’asse, sono disposti degli organi, che permettono di variare in modo continuo il momento di inerzia del sistema, intorno all'asse me- desimo, e la resistenza, che l’aria oppone ai suoi moti. Si tratta nel primo caso di due pesi cilindrici, scorrenti sopra certe sbarre di acciaio; nel secondo caso sono quattro palette quadrate di latta, le quali girano, a sfregamento dolce, intorno alle asticine, che le reggono. Nel mio apparecchio le masse mobili pesano ottanta grammi ciascuna (***), le palette hanno otto centimetri di lato. Indicando con L, il momento di inerzia (intorno all’asse di rotazione), con q. l'angolo, del quale il sistema è rotato al tempo #?, a partire da una posizione arbitraria, con è, (=) la velocità corrispondente, la forza viva, T,, si potrà mettere sotto la forma: 1 È ELI în; questa è l’espressione caratteristica per l’energia cinetica di un monociclo. (*) La figura 2, propriamente, rappresenta due circuiti in presenza, senza condensatori. (**) Come sempre, del resto. (***) Ho impiegato dei pesi così piccoli per rendere l'apparecchio più sicuro. Con masse maggiori si avrebbero, naturalmente, degli eftetti più intensi. Attr della R. Accademia — Vol. XXXII. 70 1010 ANTONIO GARBASSO La forza, E,*, che agisce sopra la coordinata (ciclica) 9,, fatta astrazione dagli attriti, si scrive, secondo le equazioni del Lagrange: n d(dT,\ Lar ro z| da 1) quindi: d è (1) E*= di (Li in) Ma, nel caso nostro, per la resistenza che l’aria oppone ai moti del sistema, non basterà la forza E a produrre una data modificazione; anzi bisognerà applicare al volano, in luogo della E,*, una E, del tipo: E=E* + Pi In prima approssimazione e per valori non troppo grandi della î,, sì può ammettere che la p, abbia la forma: p= Rd, con R, costante. A parità delle altre condizioni la R, dipende solo dall'angolo, che fanno le palette con il piano, nel quale giacciono i loro sostegni. Riassumendo sarà dunque : d “ a (2) E= de (Li) + Ri. Questa equazione fa vedere come, nel caso attuale, l'appa- recchio rappresenti appunto un circuito elettrico, fornito di in- duzione e privo di capacità. Propriamente la forza meccanica corrisponde alla forza elet- tromotrice; il momento di inerzia al coefficiente di autoindu- zione ; la velocità angolare all'intensità di corrente; e la resi- stenza di attrito alla resistenza ohmica. Per i, ed L, costanti la (2) esprime la legge dell’Ohm. Variando invece la velocità angolare e il momento di inerzia, si ottengono, secondo la formola stessa, i fenomeni di autoin- duzione. SOPRA UN SISTEMA DICICLICO IMPERFETTO, ECC. 1011 Enuncio, senza dimostrarli, alcuni di tali resultati, ponendo di fronte ad essi i fenomeni elettrodinamici corrispondenti. a) Se non v'è forza esterna, che vi si opponga, si manifesta nel mo- dello un'influenza perturbatrice, negli istanti in cui la velocità passa per lo zero. Questa influenza ostacola il moto del sistema o lo favorisce, se- condo che esso comincia o termina. Se non v'è forza (elettromotrice) esterna, che vi si opponga, si mani- festa nel circuito una corrente di in- duzione negli istanti in cui l’inten- sità passa per lo zero. Questa cor- rente ostacola il moto dell'elettricità o lo favorisce, secondo che esso co- mincia o termina. Il modello, disgraziatamente, non si presta alla verifica di queste proposizioni. All'uopo sarebbe necessario che il movimento non si imprimesse senz'altro al volano, ma invece si comuni- casse all’apparecchio con una cinghia di trasmissione. b) Se non v'è forza esterna, che vi sì opponga, si manifesta nel modello un'influenza perturbatrice, quando, a velocità costante, si altera il momento di inerzia. Questa influenza ostacola il moto del sistema o lo favorisce, secondo che il momento doventa più grande o più piccolo. Se non v'è forza (elettromotrice) esterna, che vi si opponga, si mani- festa nel circuito una corrente di in- duzione, quando, a intensità costante, sì altera il coefficiente di autoindu- zione. Questa corrente ostacola il moto dell’ elettricità o lo favorisce, secondo che il coefficiente doventa più grande o più piccolo (*). Nel modello le cose sono disposte in guisa da rendere pos- sibili alcune variazioni istantanee del momento di inerzia. Supponiamo che si voglia dapprima, far subire alla L, un rapido incremento. All’uopo si dispongono intorno alle sbarre (efr. fig. 2), fra i pesi e il manicotto, due molle di acciaio; e, comprimendo queste ultime, si trasportano le masse mobili in vicinanza dell’asse. E quì si trattengono per mezzo di certi fili, dei quali si dirà in appresso. Si capisce che, ove i fili si allentassero, i pesi, soggetti all’azione delle molle, sarebbero spinti con violenza all'estremità delle sbarre. E però si raggiungerebbe l’effetto voluto. Quando si volesse invece impicciolire la L,, basterebbe tras- portare le molle al di là dei pesi (cfr. fig. 2); e trattenere questi, in modo analogo a quello, che si praticava dianzi. Impiegando (*) La cosa si può fare in pratica schiacciando od allungando una spi- rale percorsa da una corrente uniforme. 1012 ANTONIO GARBASSO però dei fili, che non vadano direttamente verso il manicotto, ma si avvolgano prima sopra due carrucole, poste alle estre- mità delle sbarre. È chiaro che, questa volta, cessando la tensione dei fili, le masse mobili saranno respinte verso l’asse del sistema; quindi si otterrà nuovamente di variare il momento nel senso, che si desidera. Resta a vedersi come si possano lasciar liberi i fili all’i- stante voluto. Per ciò si richiede una disposizione alquanto com- plessa (*). Anzitutto il manicotto, che reca le sbarre, porta ancora una colonnina di ottone lunga forse dieci centimetri, diretta normalmente a queste e all'asse. La quale colonnina sostiene, alla sua volta, un'appendice laterale ricurva e un cappelletto, che le gira, con un po’ di giuoco, sulla punta. Finalmente dal cappelletto si staccano due asticine di un paio di centimetri, poste una sul prolungamento dell’altra, e una terza, parallela ad entrambe, ma alquanto più lunga. Alle due sbarrette minori si annodano, per mezzo di cappii, i fili, che trattengono i pesi; mentre l’altra sbarretta si appoggia con l’estremo libero, alla punta dell’appendice ricurva, della quale ho parlato un momento fa. Questo si può fare, come si intende subito, per modo che i pesi non riescano a sfuggire. Ma siccome il cappelletto ha un certo giuoco, l’asticina più lunga potrebbe anche superare l'estremo dell’appendice ricurva; anzi ciò accadrà senza fallo quando, per il moto del sistema, essa venga a battere contro un ostacolo convenientemente disposto. Nel modello l'ostacolo è costituito da un dischetto di ot- tone, al quale si può imprimere un certo spostamento, per mezzo di un manico, che lo regge. In condizioni normali il di- schetto (tenuto a segno da una molla) non incontra mai l'asti- cina; ma se lo si abbassa alquanto, premendo un pochino sul manico, l'urto avviene, ad un dato istante, e i pesi ridoventano liberi. (*) La disposizione impiegata da me fu suggerita dall'Ebert. Si con- fronti, in proposito un lavoro di questo A, in Wied. Ann. XLIX, 642, 1893. L'artifizio, che propongo per diminuire il momento, mi sembra più pratico di quello adottato dal fisico tedesco. SOPRA UN SISTEMA DICICLICO IMPERFETTO, ECC. 1013 Quando si eseguiscono, con questa disposizione, le due espe- rienze, alle quali accennavo più su, si ottengono, naturalmente, i resultati, che la teoria prevede. 2. Un circuito isolato, fornito di condensatore. — Volendo riprodurre i fenomeni che si osservano in un filo metallico, per- corso dalle scariche di una bottiglia di Leida, basta tendere, fra il primo ed il secondo ritto, una corda elastica; in guisa che l'estremo di sinistra rimanga fisso, e quello di destra sia collegato, in modo invariabile, con l’asse dell'apparecchio (cfr. fig. 3). In pratica però non è conveniente di fermare senz'altro la corda al sistema. Perchè quella, torcendosi, si accorcia, quindi esercita una trazione energica; sicchè facilmente si incurvereb- bero i ritti, oppure si strapperebbe ogni cosa. Bisogna trovar modo di sopprimere le conseguenze dell’accorciamento. La figura 1 rappresenta l’organo, che permette di rag- giungere questo resultato. Al manicotto w', il quale si ferma a vite sulla testa dell’ asse, sono collegate rigidamente la tavoletta # e le due asti- cine a' a". Lungo queste ultime scorre, a sfregamento dolce, un’altra tavoletta #", la quale porta, alla sua volta, il manicotto m”. Quì si ferma il capo della corda. Le due tavolette poi sono riunite fra loro con la molla s. Questa cede, se la corda si accorcia, e però la trazione non può mai diventare molto grande. Nell’apparecchio, per maggiore solidità, ho aggiunto ancora una traversa fra il primo e il secondo ritto. Vediamo ora come si modifichi, nel caso presente, la legge del movimento. È chiaro che la torsione della corda importa una nuova forza; quindi bisogna aggiungere un terzo termine nel secondo membro della (2). Codesto termine, E,**, secondo le leggi dell’elasticità, sarà proporzionale direttamente all'angolo 9, e alla quarta potenza del diametro, d,, della corda, inversamente alla lunghezza, l,, 1014 ANTONIO GARBASSO di questa. Siechè, indicando con x, una costante, lo potremo scrivere sotto la forma; ” d sl E, ar “© VARI ossia: 1 (3) Ejtt= ci» se, per brevità, si pone: doo del (4) co=4. Nel caso attuale, in luogo della (2), verrà, come dicevo: E,=d (Li i) + Ri +E*, o, che fa lo stesso: (3) E=-5 (Li) + Ri +7 @ È specialmente interessante vedere che cosa accade quando, dopo di aver rotato di un certo angolo il sistema, lo si abban- dona a sè stesso. Allora è: quindi, per la (5): d 3 . 1 di (Li i) +Rra kt G q=0, o, se sì pone esplicitamente in luogo della è,, il suo valore: dq | d (6) (1°) + RL + qu=0. Per il caso particolare, nel quale la L, si mantiene costante, segue dalla (6): (7) Li + R 47 q=0. SOPRA UN SISTEMA DICICLICO IMPERFETTO, ECC. 1015 E questa è l'equazione, che il Thomson preso a fondamento della sua classica teoria delle scariche oscillanti. Segue immediatamente di quì che la costante C,, definita dalla (4), rappresenta la capacità del condensatore inserito nel circuito. Si possono realizzare con questo modello, nei particolari più minuti, i fenomeni, ai quali dà luogo la scarica di una bot- tiglia di Leida. Per fare le esperienze si torce alquanto la corda, dando al volano tre o quattro giri e poi si abbandona l’apparecchio a sè stesso (*). } Tutte le cose, che si riscontrano sul modello, si possono, naturalmente, prevedere con la teoria. Come dianzi enuncerò anche quì alcuni resultati, richiamando il loro significato elet- trodinamico. a) In generale il moto dell’appa- recchio abbandonato a sè stesso è alternativo. b) ]l periodo dell’ oscillazione di- pende dalle proprietà della corda elastica e dal momento di inerzia. Lo smorzamento è funzione della re- sistenza d’attrito e del momento di inerzia. In generale scaricando un conden- satore si ottengono delle correnti alternative. Il periodo dell’oscillazione dipende dalla capacità del condensatore e dal coefficiente di autoinduzione. Lo smor- zamento è funzione della resistenza ohmica e del coefficiente di autoin- duzione. La forma stessa della relazione (4) indica come si debba procedere per variare la (,. Basterà infatti prendere delle corde di diversi spessori o di lunghezze differenti. In pratica questo ultimo artifizio è il più opportuno; perchè, servendoci di esso, possiamo alterare la capacità in modo continuo. Nel mio apparecchio la cosa si fa per mezzo di un braccio a forchetta, il quale si sposta lungo la sbarra, che congiunge il primo con il secondo ritto (cfr. fig. 3). (*) Accade facilmente, quando si gira il volano, che i capi della corda sfuggano alle viti che li dovrebbero trattenere; sicchè la corda si storce. Per evitare questo basta appiattire un pochino gli estremi, martellandoli sopra un’incudine. Il modello è tanto perfetto che anche l'inconveniente, di cui parlo, ha un significato elettrodinamico. Im realtà, se l'isolamento in un condensa- tore è difettoso, non si può superare un certo potenziale, senza che le sca- riche passino nell'interno, 1016 ANTONIO GARBASSO L'asta del braccio è forata in corrispondenza della corda elastica, sicchè questa la può attraversare; ma quì viene trat- tenuta da una vite. Si capisce che allora ogni cosa deve acca- dere come se il modello del condensatore fosse limitato a quella parte, che rimane alla destra del braccio. I fili elastici impiegati da me erano corde da pianoforte, di provenienza inglese (*). Ne adoperai di tre spessori diversi, cioè dei numeri 15, 20 e 25 (**). Le corde del numero 20 sem- brano convenire meglio di tutte le altre. Quelle più spesse im- primono all’apparecchio delle scosse violente; e le più sottili stentano a superare gli attriti e conservano con facilità una parte della deformazione (una carica residua). Tirando partito di questo artifizio, che ho descritto, si verifica che: a) Propriamente il periodo cresce Propriamente il periodo cresce come la radice quadrata della lun- come la radice quadrata della capa- ghezza della corda e del momento di inerzia. b) Se la corda è lunga e sottile, e la resistenza è grande, e il sistema è molto leggero il movimento finisce per doventare aperiodico. cità e del coefficiente di autoindu- zione. Se la capacità e la resistenza sono grandi, e l'induzione è poco sensi- bile il movimento (dell'elettricità) finisce per doventare aperiodico. 3. Due circuiti in presenza, senza condensatori. — Se si vo- gliono rappresentare i fenomeni elettrodinamici, che si osser- vano in queste condizioni, si dispone l'apparecchio nel modo indicato dalla figura 2. La corda elastica vien tolta via, e sull'asse si infilano an- cora una rota dentata conica (che si fissa a vite) e due mani- cotti. Di questi il primo reca due sbarre di acciaio, normali all'asse e disposte una sul prolungamento dell'altra. Il secondo porta, alla sua volta, una rota dentata conica, quattro asticine, con palette di latta, ed un volano simile a quello, che si im- piegava nelle esperienze, che ho descritto più avanti. Final- mente, intorno alle sbarre del primo manicotto, gira un’altra coppia di rote dentate. Le cose sono disposte in modo che i quattro pignoni (tutti eguali fra loro) ingranino, ciascuno coi due, che gli sono ai lati. (*) Della casa W. D: Houghton, Warrington. (**) I numeri erescono nello stesso senso che gli spessori. SOPRA UN SISTEMA DICICLICO IMPERFETTO, ECC. 1017 Si capisce che un movimento impresso al volano di sinistra si possa comunicare, per questa trasmissione, a quello di destra. Sia ora /, il momento di inerzia, intorno all’asse di rota- zione, di tutte quelle parti del modello, che all’asse medesimo sono unite rigidamente. E siano m ed % i momenti analoghi del sistema di trasmissione e degli organi, che restano collegati in modo invariabile al secondo volano. Si indichino poi con q. e @: gli angoli, dei quali sono girati al tempo #, i sistemi, cui si riferiscono i momenti /, e ls. È facile vedere che sarà £ NL la quantità analoga per la tras- missione. Poniamo ancora: + da . da uT ww eZ 1018 ANTONIO GARBASSO e quindi: dipana (ra Sari Filoni ed indichiamo con T la forza viva del modello. Sarà per ap- prossimazione: tp india, = i+) tran ti(a+2)a, SEI È @ Mi » 1 se "ai id + hi +3 led, quando si ponga, per brevità di scrittura: h+7=L, ia a h+{=1a; questa è la forma caratteristica per l'energia cinetica dei si- stemi diciclici. Segue di quì che le forze, E, ed E., agenti sulle coordinate (cicliche) q, © 9, si potranno mettere sotto la forma: E=-4 Li + Mi) +Rà, (8) E,=-% (Li + Ma) +R.i., se con R, e R» si indicano due costanti, le quali forniscono la misura delle resistenze d'attrito. Le equazioni (8) sono le stesse, da cui si deducono di solito i fenomeni di induzione fra due circuiti elettrici. Ne richiamo i SOPRA UN SISTEMA DICICLICO IMPERFETTO, ECC. 1019 alcune conseguenze, tanto per il modello che per il caso del- l'elettrodinamica. a) Se il primo volano rota unifor- memente, il secondo rimane in ri- poso (*). b) Se non v'è forza applicata al secondo volano, sì manifesta nel siì- stema, del quale esso fa parte, una causa di moto negli istanti in cui la velocità del primo volano passa per lo zero. Tale causa tende a pro- durre una rotazione diretta nel me- desimo verso dell’inducente o nel con- trario, secondo che questa finisce o comincia. c) Se non v'è forza applicata al secondo volano, si manifesta nel si- stema, del quale esso fa parte, una causa di moto negli istanti in cui il momento d'inerzia del sistema in- ducente si altera. Questa causa tende a produrre una rotazione diretta nel medesimo verso dell’inducente o nel contrario secondo che il momento diminuisce o cresce. Se la corrente primaria è costante, nel secondario non si osserva indu- zione. Se non v'è forza (elettromotrice) applicata al circuito secondario, si manifesta in esso una corrente in- dotta negli istanti in cui l’intensità nel circuito primario passa per lo zero. Tale corrente indotta è diretta nel medesimo verso dell’inducente o nel contrario, secondo che questa si interrompe o si stabilisce. Se non v'è forza (elettromotrice) applicata al circuito secondario, si manifesta in esso una corrente in- dotta negli istanti in cui il coeffi- ciente di autoinduzione del circuito primario si altera. Questa corrente indotta è diretta nel medesimo verso dell’inducente o nel contrario, secondo che il coeffi- ciente di autoinduzione diminuisce 0 cresce (**). Nel modello i fenomeni raccolti sotto la lettera c si otter- ranno spostando, nel modo già descritto, i pesi mobili sopra le sbarre del primo sistema parziale. a) Se non v'è forza applicata al secondo volano, si manifesta nel si- stema del quale esso fa parte, una causa di moto negli istanti in cui il momento di inerzia della trasmis- sione si altera. Questa causa tende a produrre una rotazione diretta nel medesimo verso dell’inducente o nel contrario secondo che il momento diminuisce o cresce. Se non v'è forza (elettromotrice) applicata al circuito secondario, si manifesta in esso una corrente in- dotta negli istanti in cui il coeffi- ciente di induzione mutua si altera. Questa corrente indotta è diretta nel medesimo verso dell’inducente o nel contrario secondo che il coeffi- ciente di induzione diminuisce 0 cresce. Volendo ottenere questi altri fatti si infilano sopra le sbarre, che reggono i pignoni della trasmissione, due masse mobili; (*) Parlo degli effetti, che si osservano nel secondo volano, solamente per fissare le idee. In realtà le parti si possono invertire. (**) La cosa si può fare in pratica ponendo una dentro l’altra due eliche, delle quali l’interna (per esempio) si fa percorrere da una corrente. Si met- terà ancora in circuito col conduttore primario, per comunicazione lontana, una spirale, che si possa allungare o schiacciare. 1020 ANTONIO GARBASSO e si dispongono tutte le altre cose esattamente nel modo, che si seguiva dianzi per alterare il momento di inerzia del primo si- stema parziale. 4. Due circuiti in presenza, forniti di condensatori. — Il modello or ora descritto si riduce ad un sistema diciclico im- perfetto quando ad uno o ad entrambi i * circuiti , si aggiun- gano le corde elastiche, che rappresentano i condensatori. Si ottengono così gli apparecchi delle figure 3 e 4. Fig. 3. Le equazioni del moto hanno una forma analoga alla (5), e cioè si scrivono: E= 3 (Lui + Mi) + Ra +7; 0) Lupa ion p areg E = È (Lo (75 +Mi,) + Rs int Gi de : in esse le costanti €, e C, hanno un significato ovvio. Da queste equazioni si ricavano, con procedimenti cono- sciuti, tutti i fenomeni di risonanza. Tali fenomeni ci dobbiamo dunque aspettare che si riscontrino sul modello. In realtà la cosa è possibile, almeno nei tratti principalissimi. SOPRA UN SISTEMA DICICLICO IMPERFETTO, ECC. 1021 In particolare, se si conserva il solo “ condensatore , di sinistra (fig. 3), si induce nel secondo sistema parziale un mo- vimento alternativo. Il quale è spostato di fase rispetto all’in- ducente, così che la sua velocità si annulla ogni volta che la velocità del movimento primario raggiunge un valore massimo o minimo. Quando invece si aggiungano al modello entrambe le corde elastiche (fig. 4), i fenomeni doventano molto complessi. Si vede però nettamente che l’eccitazione riesce male quando i periodi proprii dei due sistemi parziali siano molto diversi, mentre si fa assai bene nel caso dell’unisono. 1022 GIOVANNI BATTISTA RIZZO Valori assoluti e variazioni secolari degli elementi del magnetismo terrestre a Torino; Nota del Dott. GIOVANNI BATTISTA RIZZO. Tutti coloro i quali si sono occupati del magnetismo terrestre a Torino, a partire da Humboldt e Gay-Lussac fino al Chistoni, hanno trovato tali discordanze nei valori ottenuti che hanno dovuto attribuirle a qualche grande causa perturbatrice, come sarebbe la presenza di rocce fortemente magnetiche nel sotto- suolo; e perciò non hanno creduto di poter sottoporre ad uno studio sistematico le variazioni degli elementi trovati, sembrando troppo difficile di sceverare le variazioni regolari del magnetismo da quelle accidentali che dipendono quasi esclusivamente dalla scelta del punto di osservazione. Anzi, sebbene la conoscenza degli elementi magnetici sia molto importante in varie questioni di fisica e anche di geometria pratica, tuttavia la preoccupa- zione delle anomalie che si presentano nei dintorni di Torino ha distolto la maggior parte degli studiosi dall'occuparsi di questo argomento. Aiutato dal prof. Tacchini e dal prof. Naccari, il quale ebbe anche la bontà di provvedermi gli strumenti necessari, ho fatto nel 1895 e nel 1896 tutta una rete molto fitta di stazioni magnetiche per determinare, con quell'esattezza che è consentita dalla attuale perfezione degli strumenti, la legge delle variazioni degli elementi magnetici nella valle superiore del Po, e i risul- tati ottenuti saranno presto pubblicati negli Annali della Meteo- rologia Italiana. Ma per ciò che riguarda più propriamente Torino ho fatto una serie particolare di misure per stabilire il valore degli ele- VALORI ASSOLUTI E VARIAZIONI SECOLARI, ECC. 1023 menti magnetici almeno in qualche punto della città che sia ben determinato e non presenti delle anomalie strettamente locali. Come avrò occasione di dire più estesamente in seguito, nel corso di questo secolo si fecero a Torino molte misure ma- gnetiche, ma le più notevoli, tanto per la bontà dei metodi impiegati, quanto per l'autorità degli sperimentatori, si sono fatte in prossimità del Castello del Valentino, anzi la maggior parte vennero fatte dinanzi al castello medesimo, a qualche distanza, in quel tratto dove ora passa il Corso Valentino. Perciò anch'io ho fatto la mia stazione in quelle vicinanze, e questa scelta venne anche consigliata da un’altra ragione: sebbene non lungi dal Valentino vi debba essere presso il fiume una impor- tante cagione di anomalie magnetiche, come risulta dalle ripe- tute determinazioni del Battelli, da quelle del Denza e anche dalle mie, tuttavia dal Corso Valentino al rimanente della città non vi sono più delle divergenze degne di nota, e quindi le deter- minazioni fatte colà si possono considerare, almeno per appros- simazione, come valevoli per Torino in generale. Nelle condizioni attuali non potendosi fare una stazione magnetica nel mezzo del Corso Valentino, poichè, per non dire del disturbo che verrebbe dal frequente passaggio della gente, lungo il Corso vi sono le guide di ferro di una linea tranviaria, ho scelto il giardino della Reale Accademia d’Agricoltura, come quello che, senza essere troppo distante dal Valentino è molto spazioso e aperto, e vi si possono collocare convenientemente gli strumenti magnetici. La determinazione della quale parlo fu fatta il giorno 27 Gennaio 1897, e i risultati ottenuti col magnetometro di Schnei- der e coll’inclinometro del Dover sono i seguenti. Coordinate geografiche della stazione: Q=45°3,1 A=7°40,9 (E. Gr) Mira: la palla che si vede sul comignolo più a sinistra sopra il nuovo istituto di fisica. 1024 GIOVANNI BATTISTA RIZZO AZIMUT DELLA MIRA. LÌ ù g Ore | Altezza | E2ALTS Azimut | Puntata | Puntata fra t.m. E. nas del sole IRE {yi del sole | al sole (alla mira| il sole ela mira O q anni erecsc l drlnsila cs |! | \9012m15%| 10°39’,8 |-18°21°,1|129°574,0) 4°37,3 /340°28,5| 24°08,8 pri | | | 16 28 | 11 11,0] 1820,9|13042,9| 340,8 |34027,2| 2313,6| 04,5 | 27 41 | 12 39,6) 18 20,8 [133 04,8 132,5 340 30,0 | 21 02,5 | 07,3 31 19 | 18 10,7| 18.20,8/133 54,8 | 049,8 |34029,6| 2020,2| 07,0 | | | | | Valore medio dell’Azimut della mira: 154°06/,1. DECLINAZIONE MAGNETICA: Òd. 10 illo pe i Re orsi E pn 9. 40m 326°30’,6 | 340°29',5 | 8149356 | 11°550 | 10 7 52,6 sl. .811 | 37,2 | 55,4 | 10 20 32,0 880..|. 89,1 saguori 1040 | 340 | 340 | 40,1 53,9 | 1110, (cel S4Boaa 506 silla 53,4 | 11:80:b. || 380. | 87,7: | 438 | 52. | Valore medio della declinazione magnetica: 11°54',1. ad VALORI ASSOLUTI E VARIAZIONI SECOLARI, ECC. 1025 INCLINAZIONE MAGNETICA: I. | | | Condizione d'osservazione Circolo a E. |Circolo a W.| Media il I | | Ago N. 1. | | | ( magnete diretto 61°10',1 | 61°33,0 | 61°21’,5 Polo Nin A | | | magneterovesciato | 61 27,8 | 61 20,5 | 61 24,2 I | | | ( magnete diretto | 61305 | 61 23,0 | 61 26,7 Polo Nin B © | magneterovesciato | 61 200 | 61300 | 61250 Ì Ielinazione media coll’ago N. 1: 61°24,3 Ago N. 2. | | | magnete diretto 61°06,0 | 61°38,5 61°22,2 | Polo NinA è è | magneterovesciato | 61 240 | 61 21,0 61 22,5 | magnete diretto 61 11,0 61 36,5 (QUECHA \ Polo NinB | magnete rovesciato 61 15,0 61 35,5 61 25,2 Inclinazione media coll’ago N.2: 61°23,4 Valore medio dell’inclinazione: 61°23/,8. COMPONENTE ORIZZONTALE: H. Durata di 1 oscillazione dell'ago. Dalle 14. 11” alle 14% 242 Dalle 16% 01% alle 16% 142 Durata di 100 oscillazioni. Durata di 100 oscillazioni. in senso pari in senso dispari in senso pari in senso dispari 6525,7 62528,7 62535,8 615359 6 52,8 6 53,0 6° 538 6 53,8 6 53,1 6 52,5 6 53,8 6 53,8 6 53,2 6 52,6 6 53,6 6537 6 52,6 652 6 53,7 6 53,6 6 524 GiRa213 6 53,5 6 534 beni 6 52,3 6 534 6 53,5 6. 51,7 6 51,8 | 6 53,6 6 53,5 6 518 6. 517 lamatl 6535 6 53/5 6 517 6 520 6 53,5 6535 Dur. media di 1 oscill.: | 45,1237 = 451234 451362 451362 er errr_rT— T= 4512355 = 4513620 IS AT_I9%3 ii INTERO Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 71 as 1026 GIOVANNI BATTISTA RIZZO Deviazioni prodotte dall'ago di oscillazione. — rp ra i Ore Ww Wa Way | w, (eg T | Ag0 deviatore alla distanza 30. 15530-15h39m Ri 134-510" 134°00'00") 159°42/40"| 12°4435"| 4,6 15 40 -15 48 | 1600620 | 1345200 | 134 00 00 | 159 44 00 | 12 4435 [4,5 Ago deviatore alla distanza 40. 15205-15%28"| 152 2200 | 1413000 | 1413320 | 1522500| 52555 4,5 15 48 -16 00 | 152 2120 | 1413100 | 141 3440 | 1522600) 52525 |5,0 Valore medio della componente orizzontale: H = 0,2151. Riassumendo si hanno per il giorno 27 Gennaio 1897 i se- guenti valori degli elementi del magnetismo terrestre nel giar- dino della Reale Accademia di Agricoltura al Valentino: toe fi Clsy. Lf W. I—=619323085 Hi=02151 (CutanS.)! II A) Declinazione magnetica. — Il valore trovato concorda abbastanza bene con quello ottenuto nel 1886, 6 dal Chistoni a Lucento (che è un borgo a NW della città), e questo raffronto è opportuno, perchè ci permette di determinare, almeno con una grossolana approssimazione, la variazione annuale della decli- nazione magnetica a Torino. Questa variazione sarebbe adunque di 7' all'anno, che è un valore probabile, perchè nelle altre sta- zioni qui sotto indicate si hanno le variazioni annuali seguenti : Berlino — 8,8 Gottinga — 7,9 Venezia — 6/,8 Milano — 64,7. VALORI ASSOLUTI E VARIAZIONI SECOLARI, ECC. 1027 Ma pur troppo non abbiamo nessun dato sicuro per deter- minare con esattezza la variazione annuale della declinazione magnetica a Torino. La nostra più antica misura della declina- zione magnetica è quella fatta dal Plana nell'agosto del 1841 (1), il quale aveva fatto stazione precisamente dinanzi al castello del Valentino, dove allora c'era un campo, e questo sarebbe un dato preziosissimo per noi, ma, sia detto col rispetto dovuto alla memoria dell’Astronomo Torinese, il valore ottenuto dal Plana dDE==11185) 2149) non è il valore della declinazione magnetica nel punto d’osser- vazione per l’anno 1841. Infatti ammettendo la declinazione trovata dal Plana si ot- terrebbe una diminuzione annuale di — 8,1 che è troppo superiore a quella che si ha alla nostra latitudine. Questo dubbio intorno all’esattezza del valore ottenuto dal Plana, il quale credeva forse inutile di occuparsi con maggior precisione delle determinazioni sperimentali, viene confermato dalla discussione degli altri valori che egli ottenne per l’incli- nazione e per l'intensità della forza magnetica. Infatti i valori trovati dal Plana per questi elementi si scostano considerevol- mente da quelli che secondo altre determinazioni più precise fatte in quei tempi vanno considerati come i valori più proba- bili per l’epoca considerata; e siccome non possiamo attribuire alla sua misura della declinazione magnetica un maggior grado di precisione, così su quel dato, sebbene sia l’unico che posse- diamo, non possiamo fondare il calcolo delle variazioni secolari della declinazione. B) Inclinazione magnetica. — Il valore più antico che noi conosciamo di questo elemento è quello che si suol chiamare di Humboldt e di Gay-Lussac: infatti lo si trova pubblicato nella (1) J. Prana, “ Memorie della Reale Accademia delle Scienze di To- rino ,. ser. 2*, t. VI, pag. 126, 1844. dle ®.°%, "9 1028 GIOVANNI BATTISTA RIZZO relazione del viaggio che essi fecero nel 1805 e nel 1806 per le loro determinazioni magnetiche nella Svizzera e nell'Italia (1). Ma in quella stessa relazione i due autori narrano come siano stati ottenuti i dati che si riferiscono a Torino. Scendendo dal Moncenisio i due illustri viaggiatori vennero a Torino e vi misurarono l'inclinazione e l'intensità del magne- tismo in un punto non ben precisato, quindi continuarono il loro viaggio. Ma giunti a Milano, dove si fermarono più a lungo, nel calcolare i risultati ottenuti a Torino si avvidero di una forte divergenza fra i valori quivi ottenuti e quelli che si sarebbero aspettati, divergenza che essi attribuirono a qualche causa af- fatto speciale. Perciò rimandarono a Torino un loro ago al Vas- salli-Eandi, pregandolo di ripetere le determinazioni: e dalle numerose misure che il Vassalli-Eandi fece in parecchi punti della città dedussero quei valori che sono riportati nella loro celebre relazione. Si aveva dunque per l’anno 1805: I=66°03" . Trascorsero molti anni prima che nessuno pensasse a mi- surare l'inclinazione magnetica a Torino: nel 1830 il Quetelet (2) vi misurò la componente orizzontale, ma non l'inclinazione, e solamente nel secondo viaggio che egli fece nel mese di set- tembre 1839 determinò anche questo elemento ottenendo (83) I= 63° 55/,9. Ma già l’anno prima il Bache (4) aveva ottenuto nell’Orto bo- tanico I— 65052”2! (1) A. v. Huomsorpr et L. Gayr-Lussac, “ Mémoires de Phys. et de Chimie de la Société d'Arcueil ,, t. I, 1807. (2) Quererer, “ Nouveaux Mém. de l'Acad. Roy. de Bruxelles ,, t. VI, gme Mém., 1830. (3) Quereter, ib., t. XIII, 1841. (4) D. Bacne, * Trans. Amer. Phil. Soc. ,, vol. VII, p. 75, 1840; “ Annali della Meteorologia italiana ,, vol. VII, parte 1°, p. 227, 1885. + VALORI ASSOLUTI E VARIAZIONI SECOLARI, ECC. 1029 Quindi si hanno due determinazioni del Plana (1), una del 1842 che dà 1639856081 e l’altra del 1843, che dà THAT Come ho già accennato più sopra non possiamo far gran conto dei risultati di queste misure del Plana, perchè se nella prima non si scosta molto dal valore trovato dal Bache e dal Quetelet, vi sono delle divergenze troppo grandi fra i singoli risultati ottenuti nell'esperienza, e il valore trovato nella seconda è certamente troppo grande. Il prof. Gherardi (2) da una serie di determinazioni fatta al Valentino intorno al 1860 dedusse I= 62025. Ma anche questo valore è poco sicuro perchè, se il Gherardi era molto accorto nell’evitare l’azione perturbatrice, che egli riputava grandissima, dei mattoni, dei cocci e dei ciottoli, non dava poi la voluta importanza alla presenza di vere masse fer- rose nelle vicinanze del punto di stazione; e poi non impiegava le cautele necessarie per ottenere una buona determinazione del- l'inclinazione: per esempio egli non sì curava di invertire la polarità degli aghi, pensando che ciò dovesse nuocere agli aghi medesimi. Una buona determinazione dell’inclinazione magnetica a Torino venne fatta dal Kimtz (3) nel settembre del 1867 durante il suo celebre viaggio in Italia e il risultato fu il seguente: I= 62° 26/,7. (DT: Prazgiite: (2) GwerarpI, “ Memorie dell’Accad. delle Scienze di Bologna ,, t. XII, p. 565, 1861. (3) L. J. v. Kaemrz, © Rep. f. Meteorologie ,, Bd. I, p. 201, 1870. Il P. Denza e il Battelli (1) determinarono l'inclinazione magnetica nell'isola di Armida l’anno 1880 e l’anno 1889 e tro- varono rispettivamente 62° 11' e 61° 55'; ma questi risultati non valgono per la nostra stazione essendo stato dimostrato che nelle vicinanze dell'isola di Armida l'inclinazione è più grande che non nelle regioni circostanti. Il Chistoni (2) deter- minò nell'agosto 1886 l'inclinazione a Lucento trovando 61° 34/,5; ma è noto nella stazione del Chistoni l’' inclinazione è un po’ minore di quella che si ha al Valentino. L'ultima determinazione è quella che ho riportato nella prima parte di questa nota e che dà 1030 GIOVANNI BATTISTA RIZZO T=61° 234,8. Riassumendo pertanto i diversi valori ottenuti misurando l'inclinazione magnetica a Torino (Valentino), si ha: Anno Inclinazione | Autore 1805 66° 03" Humboldt, Gay-Lussac | 1838,5 63 52,2 Bache | | 1839,7 63 55,9 Quetelet | | 1842,5 63 56,1 Plana 1843,6 64 11,2 Plana | 1860 | 62 25 Gherardi | 1867,7 62 26,7 | Kimtz 18971 é1 23,8 | Rizzo Escludendo i risultati del Plana e del Gherardi per le ragioni già dette, si può calcolare con gli altri elementi una formola, la quale esprima le variazioni secolari dell’inclinazione magne- (1) F. Denza, “ Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino ,, vol. XXIV, p. 821, 1889. (2) C. Cuisroni, “ Annali della Meteorologia italiana ,, vol. VII, parte 18, p. 93, 1885 (1887). VALORI ASSOLUTI E VARIAZIONI SECOLARI, ECC. 1031 tica a Torino. Infatti questo elemento si può esprimere in fun- zione del tempo con una formola del tipo I=In+ At + Bt* per la quale le costanti LL, A, B si calcolano coi dati sopra riferiti. Contando il tempo a partire dall'epoca 1880,0, per prendere lo stesso punto di partenza che venne scelto dal Chistoni nelle sue ricerche sulle variazioni secolari del magnetismo terrestre a Milano, a Padova e a Venezia, si ottiene dalla nostra serie dei valori dell’inclinazione I= 61° 58',6 — 2',32t + 0’,013#°. Con questa formola si può facilmente calcolare il valore del- l'inclinazione magnetica per un'epoca qualsiasi del periodo con- siderato e coi valori ottenuti si è costruita la 1° curva della tavola annessa. Per le città sopra ricordate il Chistoni aveva trovato le formole seguenti: Milano: I= 62° 11’ — 1'’,33t + 0,022#° Venezia: I= 61° 38' — 1’,90# + 0,012? Padova: I= 61° 47' — 1’,66t#-+- 0,016#°. C) Componente orizzontale della forza magnetica. — Anche l'intensità della forza magnetica terrestre venne determinata la prima volta dal Vassalli-Eandi collo strumento di Humboldt e Gay-Lussac. Prendendo per unità di forza magnetica quella che Humboldt aveva trovato nel Perù nel punto di coordinate: n= S \= 80° 40" W da Parigi, a Torino nel 1805 la forza magnetica era 1,3364. E moltipli- cando questo numero per il fattore di Gauss (1), l'intensità della (1) Cf. Cnisroni, “ Annali della Meteorologia Italiana ,, vol. VII, parte 1*, p. 281, 1884. 1032 GIOVANNI BATTISTA RIZZO componente orizzontale del magnetismo terrestre a Torino per l'anno 1805 risulta H=0,1894 (0. G. S.). Nel 1830, in occasione del suo primo viaggio in Italia, il Quetelet determinò al Valentino l'intensità orizzontale della forza magnetica e trovò che prendendo per unità il valore di questo elemento a Parigi si aveva qui 1,111. Ma nella seconda memoria citata, tenendo conto di una diminuzione avvenuta du- rante il viaggio nel magnetismo degli aghi adoperati, corresse questo valore dell'intensità orizzontale a Torino e diede rispetto all’intensità di Parigi nel 1830 il valore 1,0925. Ora è noto che in quell'epoca la componente orizzontale era a Parigi 0,1795 (C. G. S.) e di qui si deduce per Torino i H=0,1961 (C. G. Sì). Nel 1838 il Bache trovò rispetto a Parigi 1,0945 ed essendo in quell’anno a Parigi H— 0,181, si ha per Torino H=0,1981 (0. G. Sì). L’anno seguente ritornò in Italia il Quetelet e ottenne rispetto a Parigi il valore medio 1,105, che dà per Torino H=0,2001 (C. G. S.). Nel 1842 il Plana fece una determinazione assoluta della com- ponente orizzontale col metodo di Gauss, ma ottenne il valore esagerato di H=0,2074 (0. G. Sì). Per quanto io sappia non vennero più fatte altre misure della forza magnetica a Torino fino al 1886, nel quale anno il Chistoni trovò per Lucento H= 0,21417; e poi al principio di quest'anno io ottenni al Valentino H=0,2151 (C. G. Sì). I valori che noi conosciamo per la componente orizzontale del magnetismo terrestre a Torino sono dunque i seguenti: D' G.B.Rizzo Humboldt Gay-Lussac 62° 0,2150 02100 02050 0,2000 01950 01900 Humboldt 04850 Gay-Lussac 1800 1810 Atti RAccad.delle Sc.di Torino -Vo4.IVIZ VARIAZIONI SECOLARI DEGLI ELEMENTI DEL MAGNETISMQ0 TERRESTRE A TORINO (VALENTINO) Mnelinazione ® nell'isola di Armuta © a Lucento x Plana xQuetelet Gherardi Kimtz ® 'Battelli atte ® Chistoni Intensità orizzontale ((0.(.S.) Chistoni Plana x Unetelet x Bache x Qnetelet 1820 18530 1840 1850 K 1860 1870 1880 1890 Rizzo Rizzo 1900 attese VALORI ASSOLUTI E VARIAZIONI SECOLARI, ECC. 1033 Anno (c. tà S) Autore 1805 |0,1894 | Humboldt | 1830,6 ,1961 Quetelet | | 18885 ,1981 Bache | | 1839,7 ;2001 Quetelet | 18425 | ,2074 Plana 18971 les |. Rizzo | Come si è fatto per l'inclinazione, si possono rappresentare le variazioni secolari della componente orizzontale della forza magnetica a Torino mediante una formola calcolata cogli ele- menti contenuti nella tabella sopra scritta, omettendo quello dato dal Plana. Così si ottiene: H—=0,2105 + 0,000273f — 0,00000010#° (C. G. S.), dove # esprime il numero degli anni trascorsi dopo il 1880,0; e coi valori ottenuti mediante questa formola si è costruita la 2° curva della tavola. Il Chistoni aveva trovato per Venezia: H = 0,2130 + 0,00017# — 0,000001f° e per Padova: H—=0,2137 + 0,00024# — 0,000001 f°. Riassumendo possiamo dire che nel giardino dell’Accademia d'Agricoltura, e con molta approssimazione, in Torino, al prin- cipio dell’anno 1897 la declinazione magnetica era o dI W, presentando una diminuzione di circa 7' all'anno; l'inclinazione magnetica Ti —.G10 2318 con una diminuzione di circa 2' all’anno; e la componente orizzontale della forza magnetica terrestre H = 0,2151 (C..G. S.) presentando un aumento di circa 0,00027 all'anno. 1084 VITTORIO BALBI EFFEMERIDI del Sole e della Luna per l'orizzonte di Torino e per l'anno 1898 calcolate dal Dott. VITTORIO BALBI Assistente all'Osservatorio della R. Università. PRINCIPALI ARTICOLI DEL CALENDARIO PER L'ANNO COMUNE 1898. Relazioni cronologiche. L'anno 1898 corrisponde all'anno: 6611 del periodo Giuliano; 7406 dell’èra bizantina (della creazione del mondo); 2674 delle olimpiadi (II° anno della 669* olimpiade), il quale eomincia nel Luglio 1898, fissando l’éra delle olimpiadi verso il 1° Luglio dell’anno 3938 del periodo giuliano, che è l’anno 776 avanti Cristo (secondo l’uso dei Cronologisti); 2651 della fondazione di Roma secondo Varrone, fissato alla primavera dell’anno 3961 del periodo giu- liano che è l’arino 753 avanti Cristo; 2645 dell’èra di Nabonassar, fissato al Mercoledì 26 Feb- braio dell’anno 3967 del periodo giuliano, che è l’anno 747 avanti Cristo; 5658 dell’éra israelitica, il quale comincia il 27 Set- tembre 1897 e finisce il 16 Settembre 1898; 1315 dell’Egira (éra maomettana), il quale comincia il 2 Giugno 1897 e finisce il 21 Maggio 1898. Computo Ecclesiastico. Numero:d'Oro: » soia 20. -. 18 Ppattanonie e sea ve can VI @icloSolafe ge ee e Lettera Domenicale . . ..... B Indizione* Romana. iS, ==. di Lettera del Martirologio. . .. .. . . EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 1035 Quattro Tempora. Di primavera . . . 2,4e5 Marzo D'estate ii ie iena D’autunno . . . . 21,23 e 24 Settembre D'inverno . . . . 14,.16 e 17 Dicembre Feste Mobili. Settuagesima . . . . . . 6 Febbraio Le Ceneri. . . . : . . 23 Febbraio Pasqua di Risurrezione. . 10 Aprile Rogazioni se #0 ARC e 67 eli Maggio Ascensione . . . . . . 19 Maggio Pentecoste! Lr See. 829 Maggio SSL MB GI TOR) Corpus Domini. . . . . 9 Giugno Avvento Romano . . . . 27 Novembre Principio delle Quattro Stagioni. Primavera. . . 20 Marzo ore 15, min. 6 Estate . . . . 21 Giugno SRI 7 Autunno; ;. . —*23/Settembre & di , ‘84 Inverno Cave? ND cem pre O 59) 1036 VITTORIO BALBI Gennaio 1898. GIORNO | TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE | E] Ì Il c|o|"8| Il SOLE | La LUNA ie E EA a di n | rr >| < [SF na |s| | vali È = NERE passa pasti passa | © 3 * [nasce al E | nasce | al | tramonta a Lic] usi qD | meridiano E | | meridiano A lh na] h m 8 lhm h m h m h m 1| 1| Ss |8 10|1233 7,50|1656| 1221 | 19 413 di ;g: | sg 2 2] D| 10). 38 8554] 57) 1247 | 20270 | 814 | 10 DElACOA PUT] 10) 84 321| 58| 1918 | 21146 A 191° OSE 4| 4| M 9| 34 830,47| 59| 1357 |22 89 519 | 12 5| 5|.M 9| 34 '57,29 [17 O) 1442 | 22 544 616 | 18 RGS 9] 35 23,65 1| 1535 | 23 45,1 7 14 7 |A A 9 35 49,55 Ol? 16-35 |e Deo 749 15 PA TS: 9| 36 14,90 SÌ 1740 | 0849 825 | 16 9| 9| D 9| 36 39,75 4|. 1847. |-1.23,1.| «854. | 17 10} K10\MGT 8 37 4,04 6| 19 54 2 94| 919 18 1l|ll1| M 8|. 87 27,76 7) 21 2) 2.542.) 941 19 12 | 12) M 7) 87 50,88 8| 2210 | 8.880 | 10.2 | 20 13/13. Ge 7| 38 1840 9| 2320 | 4218 | 1021 21 14|14| V gil detgg.eg5iogi io eee 5/67 | 1048 | 02 15|15| S 6|,.,98,,56,59 | 12] ..0.32-|..5.540,.| 11 5a028 16 | 16| D 5 ‘8904712, 180 I AZ] 6+408 0) CIILSAI ONE (RIOT 5| 89 3702| 14| 8 6 | 7402 | 12 8 | 25 18] 18| M 4| 99 56,24| 16| 425 | 8404 | 1254 | 26 19 | 19) M 31 40 1474) 17 5392 | 9441 | 1358 | 27 20|20| G 8| 40. 82,51 18) 634 | 10/489 | 15 5 | 28 21|21|- V 2], 40 49,53] 20) 726 |11518 | 1625 | 29 22|22| S 1 41 RIO ON BIA CIDADITATMIZAN 1 29 |23| D O| 41 21,17| 22 884 |18 449 | 19 7 2 24 | 24| L |759| 41 35,95] 24| 859 |14349 | 2028 3 25|25| M| 58) 41 4981| 25) 921 |15218 | 2135 4 26 | 26| M| 57| 42 2.87) 27 941 |16 68 | 22 46 5 27 | 27) G@ | 57] 42 1510] 28| 10.2 | 16.518 |.2353 | 6 28 | 28! v | 56| 42 2650| 29) 10 24 | 17 35,8 7 29 |29| s | 54| 42 8706| 81| 1049 |18216| 11 | 8 80|80| D 53| 42 46,79 32 | 11 18 | 19 8,8 2 6 9 s1|81| L 52| 42 55,67| 834| 1153 |1957,7 39 | 10 8 Luna piena alle 1% 24m Fasi della Luna. 15 Ultimo quarto , 16% 45% | 20 22 Luna nuova 29 Primo quarto —, 15h 33m , 8h25m Il giorno nel mese cresce di 0h 56 4 La Luna è in Apogeo alle 17% Id. Perigeo , 14h Il Sole entra nel segno Acquario il giorno 20 alle ore 0 min. 53. EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 1037 Febbraio 1898. GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È EI) | n °|o| Ss ll SOLE | La LUNA e (=| 9 | 2 È | n = | —_ r_————_— "> Si Fi DE passa | passa iS, |a |) [nasce al È | nasce al tramonta| =] Ui=] DN meridiano E | meridiano [ca] h m | hm s h m h m h m h m 32 | 1| M |751|12 43 3,72 /1735| 12:36 |:20 47,9 4 8 11 83 | 2 | M 50| 43. 0,94 87|| 1326 | 21 38,4 5 0 12 34 | 3 G 49 43 17,81 | 38|| 1424 | 22 28,6 5 46 13 35 | 4| V 47| 43 22,87| 89| 15.27 | 23 17,7 6 25 14 36| 5| S 46 43 27,60) 41| 1634 —_- 6 56 15 37| 6| D 45 43 31,51 42| 17 48 0 5,2 723 16 88| 7.06 44) 43 34,61| 44| 1851 0 51,1 750 17 39 | 8| M 42 43 36,94 | 45 20. 1.| 135,9 88 18 40| 9| M 41| 43 38,48 47:21 41U)|] .2/1204 8 28 19 41 | 10) G 39]. 438 89/23 | 48 2222 3 5,4 8 48 20 42 \NMLILa|y || 0:38 43. 39,23 49| 23 837 3 52,2 9 11 21 43 | 12) S 37 43 38,47 Sulle — 4 41,7 9 38 22 44 |13| D)| 835 43. 36,99 52 0.58 5 84,8 TONO 23 45 | 14] L 33 43013477 | 54 20.9 6 31,9 10 50 24 46 |15| M 32 43 31,83 || 55 3/22 7 32,6 11 42 25 47 | 16] M 30 43 28,21 57 4 26 8 35,0 127 26 48] 17) G 29! 43 23,88 58 5 18 9 836,6 14 1 27 40) CLS IV. 27) 43 18,89 59 5.59 | 10 35,6 15 19 28 50 | 19) S 26 43. 13,18 |18 1 6 32 | 11 30,8 16 40 29 51|20|) D 24 43. 6,83 2 658 | 12 29,1 15 57 30 52 [21] L 22 42 59,84 4 HE2208) BL0!6 Too. 1 53 | 22| M 21 42 52,20 5| 744 | 13 56,9 20 23 2 54 |23| M 19 42 43,92 7 8 4 | 14 423 21 38 3 55 | 24| G 17 42 35,04 8 826. | 15 27,6 22 42 4 56 | 25] V 15 42 25,54 10 851 | 16 13,8 23 49 5 57 |26| S 14 42 15,46 10 NANO RL ZANTE = 6 58 |27| D 12 42 481 12] 952. | 17 498 0 55 7 59 | 28| L 10 41 53,61 14| 1031 |18 45,7 1 56 8 Fasi della Luna. Il giorno nel mese cresce di 1h 22m 6 Luna piena alle 19% 24m 1 La Luna è in Apogeo alle 10h 14 Ultimo quarto , 1% 35m 17 ‘ogflle —, FEBREO cali 20 Luna nuova, 20% 41m Il Sole entra nel segno Pesci il 28 Primo quarto , 12% 13m giorno 18 alle ore 15 min. 26. 1038 VITTORIO BALBI Marzo 1898. GIORNO | TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE | È Ta Mic, Salo Sh Il SOLE | La LUNA a E 3 2 E; a E ge mero >, o x |a ch I passa E | passa p | = e) d cranica meridiano | E org matitiano Rota [si hm| hm s \h m li ia (i ih em h m 60 | 1| M |7 91241 42,06 [1815] 11 18 | 19 31,1 2 52 9 6l1| 2| M 7 41 29,59 | 17 | 12 12 20 20,3 3 40 10 62| 3) G 5 41 16,82 18|| (13.13. | 21.(9,7 | (421 11 63| 4] V 3 41 3,58| 19 1418 | 21 57,6 455 | 12 64 5 S 1 40 49,87 21| 15 16 22 44,2 | 524 18 656| 6e| D O| 40 3573| 22) 1634 | 23298 | 550 | 14 €6 | (96 NL |@58|0 016217 |10:23] pamsasin) 0" | seri e 67 8| M 56 40. .6,22| 24| 18:56. | 015,0 | ‘683 | 16 68| 9) M 54 39 50,90 | 26) 20 8 1350,7 6 53 17 69 | 10 G 52 | 39: 35,24 | 27| 2124 | 148,0 716 18 70 | 11 Vv 51 39.019,26 | 28] ::22041. | 237,6 7 Al 19 71|12 S 49 99 2,97 30) 2359 | 3 30,6 8 12 20 722|18| D| 47) 38 4641) 81] — | 4272 850 |_21 73|14| L 45 | 38. 29,59 92 DEA 1804) No. 27,1 9 39 22 74|15 M 43 38. 12,56 34 | 2/19. | 628,5 10 40 23 | 25|16| M| 41| 37 5580| 35] 314 | 7292 | 1149 | 2 76 | 17 G 39 | 37 37,86 36 3 58 827,8 13 5 25 n (181) Vv 37 37 20,26 38 | Cas 32 | 9 22,5 14 22 26 7 19 S 36 37 2,49 39||-..5.0 10 14,0 15 38 27 79 | 20 D 34 36 44,59 40) 525 11 (2,4 16 52 28 | 80| 21 L 32 36 26,59 4l 546 | 11 48,7 | 18 4 29 81|22| M 30 36 847 43 6 8 12 34,1 19 14 1 82 | 23| M 29 | 35. 50.27 | 44] 629 | 13 19,4 | 20 23 2 83 | 24 G 26) 35 32,00 45) 652 14 5,5 21 82. | 3 84{25| V 24 35 13,68 46 718 | 14 52,8 22398. | 4 |-#185 |26.].0S | 22] 34 55,33 48 749 | 15 414 | 23 42 5 86|/27| D 21 | 34 36,96 49 8 27 16x91,3. | = 63 87 | 28 L 19| 34 18,59 50 9 11 17 21,6 0 40 7 88 | 29) M 17 840/25 | ‘52|1 1008 18 11,7 132 8 89 | 30 M 15) 33 41,94 58 11 1 196,0;1 2 16 9 90 | 31 G 13 33. 23,69 54 12 3 19 49,0 3 52 10 Fasi della Luna. Il giorno nel mese cresce di 1h 37m 8 Luna piena alle 10% 99m | 1 La Luna è in Apogeo alle 6% I : 14 Id. Perigeo , 16% 15 Ultimo quarto , 8% 48m 99 ra. Apogeo , gh mic 43 EE 2a Luna nuova ncdlo She 1} I Sole entra nel segno Ariete il 30 Primo quarto s 88400 | giorno 20 alle ore 15 min. 6. EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 1039 Aprile 1898. GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È = Se AAA Re. 9° | 3 ll SOLE La LUNA s s 8 a î e — S —_ —T— "n < |A cf passa È passa © E C) 3 PES Li Sea È | nasce Per ice, tramonta 5 h m hm s hm h m h m h m 91 | | Vv |6 11|12 38 5,53 [18.55] 137 9. 1/20) 35,5 3 28 11 92 2 S 9 32 47,46 57) 14 16 21 21,0 3 50 12 93 3 D 7 92 29,49 58|| 15 25 22 6,1 413 13 94 4 L 6 32 11,68 59] 16 35 22 51,6 4 24 14 95 5 M 4 81 54,02 [19 O) 17 47 23 38,6 4 56 15 96 6 M 2] 31 36,54 21 193 | —— 5 18 16 STE RIGHT ZO. IS IN19,27 3| 20 21 0 28,1 5 43 17 98 | 8| v |558|- 31 2,22 4| 2141 121,1 6 12 18 99| 9/.S 56 30. 45,43 6| 22 59 2 18,1 6 49 19 100 | 10) D 55 30 28,90 Ul = 3 18,7 735 20 | 101 |11| L| 53 30 12,66 8| 09 4 21,4 8 33 21 | 102 | 12] M| oli 29 56,74 9, 110 5 23,6 9 41 22 | 103 | 18] M| 49° 29 41,13| 11| 157 | 6233 | 1056 | 23| 104 | 14 G 47 29 35,87 12 2 34 7 19,1 12 12 24 | 105 | 15] V| 46] 29 10,98 |) 18|/ 804% 810,7 | 1827. | 25 106 | 16 Sti 44: 28 56,48 14] 3.28 8 59,1 14 41 26 107 | 17 D | (42 28. 42,35 16 3 51 9 45,1 15 5I 27 108 | 18 L 41 28. 28,62 17 4 11 10 29,8 ii 28 109 | 19°| M 39 28. 15,30 18 482 | 11 14,3 17 58 29 110 | 20| M| 27 28. 12,40 19 455 |1159,6 19 17 30 111 | 21| G 35 27 49,93 21|| 520 12 46,2 20 24 1 112 | 22 V 34 27. 37,90 22 5.50 13 34,3 21 29 2 113 | 23 | S 32 | 27 26,51 23)|| 6025 14 23,7 22 29 3 114 | 24| D 31 27 15,19 24 ME 6 15 14,1 23 23 4 115 | 25| L 29 | 27 4,54 26] 8 5 16 4,4 _— 5 116|26| M| 27) 26-5435| 27 850 | 16539 | 010 | 6 117 | 27 M | 26| 26 44,65 | 28 9 51 1741,9 | 0.50 7| 118 |28| G | 24 26 35,44 29) 10 54 18828;2) DI 01822 8 119 | 29| V 23 | 26 26.73 30] 12 0 19 13,2 | 1 49 ch 120 | 30] S 21| 26 18,52 321 13 7 19 57,5 219 | 10 Fasi della Luna. Il giorno nel mese cresce di 1h 30m 6 Luna piena alle 22% 20m | 9 La Lunaèin Perigeo alle 23 13 Ultimo quarto , 15% 28% | 25 Id. Apogeo , 20h g o” 92h pa 20 Luna nuova » 238 219 Il Sole entra nel segno Toro il 29 Primo quarto , 3h 4m giorno 20 alle ore 2 min. 56. 1040 VITTORIO BALBI Maggio 1898. GIORNO | TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE | È bio pò a eee Duse - ST È inccreniioi © o | ‘SN Il SOLE La LUNA - = 8 sl = | —_—_—_ e F “ 5 [RA | passa È passa E Ss |a | |nasce| al È nasce | al tramonta| £ li] s Pal | meridiano E | meridiano | hm hm 8 hm h m h m h m | | 121) 1| D |5 20|12 26: 10,83 [19833]: 14 15 20 41,7 2 36 11 122 | 2) L | .18|L /26r1.3,66 |} S4|| «15:25:.| 21.272 | 2.56 | 112 128 | 8|\M | :(17| -25::57,02|185|.16:87 | 22.150 | 18.17 | 18 |124| 4|:M| 15| 25 5091) 87| 17/55 |23 64 | 841 | 14 | 125| 6 G | 14 25 45,35 88||ml9oxl4rn|e— | M4.9 15 126 | 6| V 12 25. 40,36 391) /20185 | 002,3 4 42 16 127 | 7] s | 1l| 2535938| 40|-21:52-| 1 28 | 525 | 47 128 | 8|.D | 10 25. 32,08 |: 42) 2259.| 2 (6,7 620 | 18 129 | 9 L | 9 25 28,80 43.23.52 3 11,6 7127 19 180 | 10.|.M 7 25 26,12 44 —. | 4 15,6 842 20 181 | 11 M 6 25, 24,05 | 45) 034 5 13,4 10 1 21 132 | 12:|(G | 5 25. 22,58 | 40) aT4#16089| 160274 1317 22 | 133 | 13 VI 5 257.121,63 |1( 48 (1.830 (657,2 12 32 23 134 | 14| S | 2 25. 21,33 | "49/1056 743,8 | 13 43 24 135 | 15) D | 1 25. 21,62 50 217 8 28,7 14 53 25 136 | 16 | L | 0 25 22,49 51 238 9.12;1 .| F1600 26 187 | 17] M |4 59 25 23,94 52 Bs 029) -s9t67;0 | 15.17 27 188 | 18| M| 58 25. 25,96 53 324 10 42,6 | 18 14 28 199. |CLON MG | 67 25. 28,55 54|| 3 51 11 29,8 | (19 19 29 140 | 20 | V 56 | 25. 31,69 55) 425 12 18,5 | 20 20 30 141 | 21 DS 55 25.835,39 56 5 4 | 13 8,5 | 21 16 1 142 | 22 D | 54 25. 39,51 58/551 3 58,9 22 6 2 143 | 23 L | 58| 25. 44,33 59 6 44 14 48,7 22 48 3 144 | 24 M | 52 25. 49,57 [20 0] 7, 2. | 15 87,1 23 22 A 145 | 25 | M | ol 25. 55,20 1 844 16 23,7 | 23 sl 5 146 | 26 G-*| gol 26 1,52 2 9048. | 178,6 | n 6 147 | 27] V |. 50 26 8,20 3) 10 53 17 52,1 0 16 7 148 | 28] S 49 26. 15,34 3| 11.59 18 85,1 0 38 8 149 | 29 D 49 26 22,91 | 4| 18 7 19 18.7 0 59 9 150 | 30 L 48 | 26..30,90 | 5| 14 16 20 6,0 119 10 151 | 31 1 ip] PARC", 26 39,32 | 6| 15 28 | 20 52,3 141 11 | Fasi della Luna. 6 Luna piena alle 7h 34m 12 Ultimo quarto , 22% 36m 20 Luna nuova, 13% 58m 28 Primo quarto , 18h 14m Il giorno nel mese cresce di 1 8m 7 La Luna è in Perigeo alle 22h 23 Id. Apogeo , 10% Il Sole entra nel segno Gemelli il giorno 21 ad ore 2 min. 46. dl EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 1041 Giugno 1898. GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE | È 2 Di S| HI SOLE La LUNA | & d|S(SE "DI ai so -| A Sì | |a passa È passa i ai l'a nasce al È nasce al tramonta | <£ U=] U=1 n | meridiano £ | meridiano | BR | h m | h m s® l'io | ù m h m h m 152 | 1 | M |447|12 26 48,12 |20 7] 1646 | 21449 | 2 6 12 153 | 2 | G 46 | 26 57,30 Sil CLS. e) 2294247 2-35 13 154 | 3| V| 46| 7 6,85 9] 1925 | 23 45,4 3 13 14 Doo | 4|0S 45 27 16,75 | 9 20 39 ru 4-9 15 (156 | 5 | D 45 PE e2701 | 10 21 39 0 51,3 5 d 16 Mod] 6-1 ‘L | CdL 27 37,58 11) 22 28 1572 6 19 17 158 | 7| M| (44| 27 48,48 TRI S230/6 030002 7 39 18 159 | 8| M 44 | 275969 | 12 23.35 3 58,2 GE 19 Meo | 9. 'G 43 | 28 11,17 13) —— 4 51,4 10 19 20 16l | 10| V 43 ‘28 22,93 13] 00 5 40,4 Tata 21 62 | ID US 43 28 34,93 14| 0.22 6 26,6 12 44 22 163 | 12| D 43 28 47,17| 14| 043 7114 13 52 23 164 |13| L 43 28 IS RSI Kb 7 55,8 Horo 24 165 | 14) M| 43| 29 12,19 | {15 1° 26 8 40,9 16 6 25 166 | 15| M 43 29.24.95 | 16 10540] 9.273 17 12 26 167 | 16) G 43] 29-:37/82 | 16ll — 2125 10 15,3 18 14 27 168 | 17 | Vv 43 | 29 50,80 17) 3° 2 11 4,7 | 19 11 28 169 | 18] S 43) 80 Rss, Sini TAsr47 4) i 9) 2003 29 | 17 19) D 43 | 30. 16,96 17|| 438 | 12 44,9 20 47 1 bd | 120!) LL 43 | 30 30,07 18|| ‘5.36 .| 13 339 21 24 2 172 |21| M 43 | 30. 43,17 18| 637 | 14 21,1 21 54 3 173 | 22] M| 4 30 56,24 | 18| 740 |15 6,9 22 20 4 Bei 123 | UG | VALI 81 9,24| 18| 845 15 50,0 22 48 5 (175524) V| 44 91.225 18| 9 50 16 32,6 23 4 6 | 76 | 25%) CS ddl 31 44,95 18| 10 55 17 15,0 23 24 7| Bd | 26] "D | (45 sl 47,61) 18| 12.1 17 58,4 23 44 8 | 178 | 274 L | 45 92! 0x10 18 (13/411 18 43,8 == 9 1179 | 28 M | 46| 32 12,40 | 18| 14 20 | 19 32,7 0 16 10 180 | 29 | M | 46, 32 24,48 | 18) 1540 | 20 26,8 0 32 11 È {30% > || SS nasce al | £ || nasce | © al tramonta] £ - 2 Da | meridiano | £ | meridiano | D | hm | hm 8 | hmi h m | h m h m 305 | 1} M |7.,9|12 12. 53,87 |17.16|| 18 58 211,1 10 15 17 306 2 M 1l 12. 52,99 | 14| 19 bl; | 3.25 1107 18 307 | 18] G |, 12 12. 52,94 13] 20 49 3 52,9 11 50 19 308 | 4|.V 13 12 53,68 11) 21 49 441,6 | 12 26 20 309 | 5 S | 15 12 55,30 10|) 22 52 5. 28,2 | 12 56 21 310 | 6| D 16 12 57,76] 9) 2355 | 613,0 | 13 22 22 311 7 L 18 1843306 7 -— | 6.562 |- 13 45 23 312 8 M 19 13. 5,24 | GAL 4 ‘749881 1446 24 313 9 M 20 13 10,27 | 5 Rivas i <8e2137 14 27 25 314 | 10 G 22 13 16,16 | 4 3 12 95,8 14 48 26 515 | 11 V 23 13. 22,93 3 | 4 22 9 52,6 15 13 27 316 | 12 S 25 13. 30,55 1|. 585 10 42,9 | 15 41 28, 317 | 18 D 26 18. 39,03 0 6 52 11 37,5 16 16 29 318 | 14 | L 27 13 48,37 (1659 8 8 | 12 36,6 1741 1 319 | 15 | M 29 13. 58,55 58 921 13 39,0 [\ah17 56 2 320 | 16| M | 80 14 9,57 57| 10 24 | 14 42,6 19 4 3 921 | [17 EG. [181 14 21,41 56) 1116 | 15 44,5 | 20 18 4 322 | 18 V 33 14 34,06 56| 11 57 16 43,0 | 21 37 5 323 | 19 S| 94 14 47,52 55 || 12 30 17 87,3 | 22 54 6 324 | 20 D | 35 15. 1,79 54 | 12 47 18 27,9 ne 7 325 | 21 L 37 15 16,83 53 ||, 13 22 19 15,9 0 9 8 326 | 22 | M 38 15 32,65 52/1337. | 20 2,4 121 9 327 | 28 M 39 15 49,25 | 52] 14 7 20 48,5 2 33 10 328 | 24| G 41 16 7,604 51| 14392. | 21352 | 842 1l 329 | 25 V 42 16 24,70 50) 14 59 22.23,3 |. 461 12, 330 | 26 | S 43 16 43,54 50/ 15 81. | 23 12,7 |. 5.59 18 3381 | 27| D 44 17: -$3;10) je 491618 — — _ | 7% 14 332 | 28 | L 46 17. 23,38 | 49) 16 52 0, 36 85 15 | 333 | 29| M| 47 17 44,35 48| 17 43 0 55,0 8 59 16 334 | 30| M 48 18 6,01 48) 18 38 1 45,8 | 9 46 17 | Fasi della Luna. | Il griorno nel mese diminuisce di 1ì gm, : h 6 Ultimo quarto alle 15° 285 | 4 La Luna è in Apogeo alle 14% 14 Luna nuova s 12210 | 16 Id. Perigeo , 9h 20 Primo quarto , 18% 5m | È | Il Sole entra nel segno Sagittario 28 Luna piena s 5h 39m | il giorno 22 ad ore 7 min. l. EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 1047 Dicembre 1898. GIORNO TEMPO MEDIO DELL'EUROPA CENTRALE È I — 9 | e 5; Il SOLE La LUNA CS LG | e 2 5 — : Ei ——.r Tr. ® ci S |'d-s passa (SE passa IG ee * |nasce al | E nasce al tramonta| <£ asi L=] DQ | meridiano IS meridiano R Ì hm hm 8 \hm | h m h m | h m 995 | 1 G |7 49/12 18 28,34 [1647] 19 39 2 33,4 10 25 18 896] 2] V 50 18 50381| 47) 2041 3 22,8 10 56 19 337 | 3| S 51 19 14,91 47 21 43 4 8,0 11 24 20 3398 | 4| D 52 19 39,12 46| 22 46 4 51,4 11 47 21 399 | 5| L 58 203,91 46] 23 49 5 33,4 12 9 22 340| 6| M 55 20. 29,27 40: =— 6 15,1 12 29 23 341 7) M 56 20 55,16 | 46 0 54 6 57,5 12 50 24 342 | 8| G 57 21 21,56 46 2 1 7 41,6 13 12 25 SAI Hi 21 48,45 46] 311 8 28,8 13 38 26 344 | 10| S 59 22 15,78 46 424 9 20,3 14 9 27 345 | 11| D 59 22 43,53 46| 5 41 10 16,7 14 48 28 846 | 12| L {8.0 23. 11,66 46 6 55 11 17,9 15 38 29 347 | 13| M 1 23 40,15 46 8/5 .|.1222;3 16 40 30 348 | 14| M 2 24 . 8,94| 46 9 4 | 13 27,2 17 54 1 349 | 15| G di. 24 38;02 46] 951 14 29,6 19 15 2 350 | 161 V 3 Pirro 46| 1039 | 15 27,9 20 37 3 SOL | 17) S 4 25 36,81 47| 10 59 16 22,0 21 55 4 352 | 18| D 5 26. 6,45 47] 11 26: IZ 129 23 10 5) 958 | 19 | L 5 26 36,22 47| 1149 |18 0,2 PCS 6 354 | 20| M 6| 27 6,08) 48| 1212 |18 46,9 0 23 7 355 | 241| M 6 27 35,99 48) 12 36 19 33,4 le4 8 396 | 22| G | Ù 28 5,92 49] 13 2 | 20 20,7 2 43 9 357 | 23| V 7 28 35,84 49 13.82, | 21 9,2 3 51 10 358 {| 24| S | 8 29/15;72 50.]f ‘14° 70%) 21 5951 4 56 11 359. | 25 D|. 8 29 35,52 50] 14 48 | 22 49,9 5 58 12 360 | 26| L 9 30. 5,22 51| 1537 |23 40,7 | 6 54 13 361 | 27| M 9 30. 34,79 51] 16 81 == 742 14 362 | 23| M 9 81 4,18 52| 17 30 0 30,6 8 24 15 363 | 29| G 9 81 33,38 | 53) 18.81 1 18,7 8 58 16 364 |30| V 9 32 2,95 54] 19 84 2 48 9 27 17 365 | 31 | S 9 32 31,08 55) 20 36 8 31,1 9 52 18 Fasi della Luna. | Il giorno nel mese diminuisce di | oh 14m, 6 Ultimo quarto alle Il: 6 2 La Luna è in Apogeo alle di h 40m 14 Id. Perigeo 14 13 Luna nuova » 122 43 | 29 Id. ont 9h 19 Primo quarto , 4h 22m | | Il Sole entra nel segno Capricorno 28 Luna piena » 0 39m | il giorno 21 alle ore 19 min. 59. | 1048 VITTORIO BALBI ECLISSI 1898 (Tempo medio dell'Europa centrale). Nell’ anno 1898 avverranno tre Eclissi di Sole e tre di Luna. Visibili nei nostri paesi saranno la prima Eclisse Solare e le tre Lunari. I. Eclisse parziale di Luna, 7-8 Gennaio. Primo contatto colla penombra . 22% 11% È 3 con l’ombra o prin- 7 Gennaio cipiodell’Eclisse Ric) 24 SL 208 fden 298 57 Metà dell’Eclisse.. . ... . . 0 45 Ultimo contatto con l'ombra o fine Er dell'EGhszep n'era LE ep TRE A \ ; Ultimo contatto con la penombra 3 18 Grandezza: dell’Eclisse: 0,16 del diametro lunare. Questa Eclisse è visibile in Asia, nell'Oceano indiano, in Europa, in Africa, nell'Oceano Atlantico e in America. ‘A Torino il 7 Gennaio 1898 la Luna nasce a 16% 35% e tramonta a 8% 25" del giorno 8. L’immersione nell'ombra avviene a 5° verso destra del punto più basso del disco, e l'emersione a 11° verso destra dal medesimo punto (immagine diritta). II. Eclisse totale di SoLe, 22 Gennaio; visibile in Italia come piccola Eclisse parziale. Fine dell'Eclisse 8° 17”. Grandezza dell’Eclisse 0,23 del diametro solare. Massima durata della totalità: 2"37*. EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA 1049 L'angolo che fa il diametro che va al polo nord col dia- metro che va ‘al punto dell'ultimo contatto passando per l'est è 124. Questa Eclisse è visibile nell'Europa Centrale e Orientale, in Africa (eccettuate le regioni occidentali al Nord, e l’estre- mità australe), nell'Oceano indiano e sul Continente asiatico (esclusa la parte Nord-Est). In Europa il Sole nasce verso la fine dell’Eclisse. La linea lungo la quale la fine e il levare coincidono traversa l'Europa centrale nella direzione delle Baleari al golfo di Botnia e sul Continente europeo passa press'a poco per Montpellier, Lione, Coblenza e Amburgo. II. Eclisse parziale di Luna, 3 Luglio ; visibile in Italia. Primo contatto con la penombra 19° 28”. 3 L con l’ombra 0 prin- ciplog delléRchisse/e sa. Se 4201726, ni MetadellPiclisses tinte enon 210857 pat usto Ultimo contatto con l'ombra o fine dell’Eclisse .. . . see £ 23:29 Ultimo contatto con la penombra 0 27. 4 Luglio. Grandezza dell’Eclisse: 0,93 del diametro lunare. - Questa Eclisse è visibile in Australia, in Asia (eccetto che all'estremo Nord-Est), nell'Oceano indiano, in Europa, in Africa, nell'Oceano Atlantico e nell'America Meridionale. A Torino il 3 Luglio 1898 la Luna nasce a 20% 16" e tra- monta a 5° 9" del giorno 4. L'immersione nell'ombra avviene a 87° verso sinistra dal punto più alto del disco e l'emersione a 57° verso destra del medesimo punto. IV. Eclisse anulare di SoLe, 18 Luglio; invisibile in Italia. Questa Eclisse nella quale la massima durata della fase anulare è di 5" 53°, è visibile nella metà australe del Grande Oceano, e parzialmente anche nella metà boreale della Nuova Zelanda e sulla punta australe dell'America del Sud. L’Eclisse centrale è visibile soltanto in mare. 1050 VITTORIO BALBI — EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA . V. Eclisse parziale di Sore, 13 Dicembre; invisibile in Italia. Congiunzione vera della Luna col Sole a 12% 43". Grandezza dell’Eclisse: 0,03 del diametro solare. Questa piccolissima Eclisse è visibile soltanto nelle regioni circumpolari antartiche. VI. Eclisse totale di Luna, 27-28 Dicembre; visibile in Italia. Opposizione vera della Luna col Sole, 28 Dicembre a 0% 39°, Primo contatto con la penombra 21% 27®. > con l'ombra o prin- (o è cipio dell Fichsserztn .; ak nos 22 39 ( 27 oenpre Principio della fase Iata i doo 9 Metà.dell’Eclizsé+, Mmamonog me 08 3424 Fine della fase totale . . . . 1 18 Ultimo contatto con l'ombra o fine 28 Dicembre. dell’Eclisse . . . 2 28 \ Ultimo contatto con Îà pedoni 3 41 Grandezza dell’Eclisse: 1,38 del diametro lunare. Quest’Eclisse è visibile in Asia, in Europa, in Africa, nel- l'Oceano indiano, nell'Atlantico e in America. A Torino il 27 Dicembre la Luna nasce a 16% 31" e tra- monta a 8% 24" del giorno 28. L’immersione nell'ombra avviene a 30° verso sinistra dal punto più alto del disco, e l'emersione a 45° verso destra dal medesimo punto (immagine diritta). 1051 Relazione del lavoro del Dott. Saverio BeLLi, col titolo: Hieracium di Sardegna. Rivista critica delle specie enumerate nella Flora Sardoa di Moris e nel Cata- logue raisonné de W. Barbey, ecc.; sull'esistenza in Italia del Hieracium crinitum Sibt. e sulla sua Area di diffusione. Il lavoro ha per scopo principale l'illustrazione delle specie di Hieracium fino ad oggi conosciute come crescenti spontanee in Sardegna. Il materiale principale di cui si è servito l'Autore è quello dell’Erbario Moris. Questo materiale venne già riveduto dal Barbey nel suo “ Catalogue raisonné , della Flora Sardoa ed in parte anche dal celebre Uechtrit: ora defunto. Ma nè le determinazioni del Moris, nè le revisioni di Barbey e Uechtritz sono del tutto esatte. Ne risulta quindi un lavoro di rettifica- zione e di conseguente critica, che non è privo d'interesse. — Nuove specie poi emergono aggiunte alle vecchie corrette, che furono determinate dall'A. col materiale nuovo fornitogli in massima parte dal dott. Ugolino Martelli di Firenze, il quale perlustrò in questo scorso anno (ed altri anteriori) la Sardegna. Anche il Prof. Nicotra di Sassari contribuì, in piccola parte, alla raccolta del materiale Sardo preso in esame dall'A. Il lavoro di circa 50 pagine con tre tavole rappresentanti le specie nuove più spiccate per la Sardegna, contiene svolta con maggior cura la sinonimia di ciascuna specie, la critica e la distribuzione geografica. Un lato interessante di questo lavoro è l'aver riconosciute in Sardegna alcune specie che sono proprie dell'Oriente (Grecia, Asia Minore, Albania, Montenegro), ed al- cune di esse con varietà non ancora descritte. L’A. ha pure aggiunto alcune idee proprie sulla tassonomia del G. Hieracium 1052 e sul concetto sistematico adottato da Naegeli e Peter nella loro opera sui Hieracium dell'Europa di mezzo. Finalmente viene ri- solta una questione da lungo tempo dibattuta fra i Botanici; se cioè il Hieracium crinitum Sibth. di Grecia cresca realmente in Italia, e quale sia la sua Area di dispersione. _ G. Green, relatore. L. CAMERANO. L’Accademico Segretario ANDREA NACcCARI. CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 20 Giugno 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci: CLarertA Direttore delta Classe, PeyRox, Rossi, Pezzi, NANI, CoenertI DE MARTHS, GRAF, CIPOLLA, Brusa, Perrero e FERRERO Segretario. Il Socio Segretario presenta, a nome dell’autore, il Socio Corrispondente prof. Aristide MARRE, un opuscolo: Glossaire explicatif des mots de provenance malaise et javanaise usités dans la langue frangaise (Epinal, 1897) ed un opuscolo del cav. Gio- vanni Srorza: Contributo alla storia della poesia popolare negli anni 1847-49 (Torino, 1897). Il Direttore della Classe offre, a nome dell’ autore, il sig. Francesco MuenIer, un opuscolo: Compte-rendu des travaux de la Société Savoisienne d’histoire et d’ Archéologie. Travaux de la Société d’ Archéologie et beaux-arts de Turin (Evian-les-Bains, 1897). Il Socio Crporra legge due sue note; l’una sull’impresa di Luigi XII contro Lodovico Sforza narrata da L. G. PféLISSIER, l’altra sopra un diploma di Berengario I. Entrambe sono pub- blicate negli Atti. 1054 La Classe procede all’ elezione del Segretario triennale, che dovrà surrogare il Socio Segretario FeRrRERO, il quale, du- rante le ferie accademiche, compirà il secondo triennio di ufficio e quindi diviene ineleggibile, a norma dello Statuto dell'Acca- demia. Riesce eletto, salvo l'approvazione sovrana, il Socio Cesare NANI. CARLO CIPOLLA — L'IMPRESA DI LUIGI XII, ECC. 1055 LETTURE L'impresa di Luigi XII contro Lodovico Sforza narrata da L. G. Pélissier; Nota del Socio CARLO CIPOLLA. Fra gli storici stranieri pochi, per certo, sì occuparono, tanto a lungo e con risultati tanto proficui, della storia italiana, quanto G. L. Pélissier (1), professore alla Università di Mont- pellier. Sono ormai anni parecchi che egli va frugando nei nostri archivi e nelle nostre biblioteche, e ne disseppellisce gli atti, che illustrano la politica di re Luigi XII verso l’Italia, special- mente durante gli anni 1498-1501. Il numero delle sue pubbli- cazioni su questo campo è grandissimo; le sue monografie, tutte condotte sopra fonti di prima mano, e arricchite da documenti nuovi, si trovano sparse in parecchie riviste italiane e francesi. Adesso egli riassume, condensa e sintetizza il lavoro fatto, e coll’aggiunta di nuovi ed estesi spogli archivistici, ci sì presenta con un lavoro largo e compiuto, nel quale è narrata la storia di Luigi XII in relazione all’ Italia, dal suo avvento al trono fino alla definitiva conquista del Milanese. Nei due grossi volumi, che ho l’onore di presentare alla Classe, non si troveranno editi per intero nuovi documenti in serie copiosa. Tale non fu lo scopo dell’illustre autore, il quale in gran parte pubblicò antecedentemente il materiale raccolto, e in parte lo darà alla luce nei lavori che sta preparando. Ma se qui non si pubblicano integralmente i documenti inediti, sor- passano i settecento (2) quelli di cui si dà per la prima volta notizia e il cui contenuto viene usufruito. Questo fatto è la conseguenza diretta del fine dall'autore propostosi nella compi- lazione del suo libro. Infatti l’opera, che forma oggetto ora alle (1) Lowis XII et Ludovie Sforza (8 avril 1498—23 juillet 1500), 2 voll., Paris 1896, pp.x1, 515 e 534. (2) Se ne dà il catalogo nel vol. II, pp. 511 sgg. 1056 CARLO CIPOLLA nostre considerazioni, vuol essere una storia, nel vero ed alto senso della parola, non una raccolta di materiali, e sotto questo punto di vista dev'essere considerata e giudicata. Il Pélissier muove il passo dalla descrizione dello stato in cui si trovava la Francia, rispetto all'interna e all'esterna sua politica, quando nel 1498 morì Carlo VIII, e a lui succedette Luigi XII di Orléans. Questi possedeva già Asti, dote che Va- lentina Visconti, oltre a un secolo prima, aveva portato alla Casa di Orléans, e Asti era in quel momento governata da Gian Giacomo Trivulzio, milanese, della più alta nobiltà, e fornito di aderenze illustri e possenti nella Lombardia. Luigi XII trovava già in queste circostanze una prima preparazione a condurre ad effetto i suoi ardimentosi piani sopra l'Italia. Date queste spe- ciali condizioni politiche, il giovane re pensò che fosse giunto il momento di far valere i diritti della sua Casa alla succes- sione dei Visconti. Ma bisogna pure ammettere che fra i motivi che indussero il re a così ardita deliberazione, i principali fos- sero interni, e non esterni. Le doti del suo animo, aperto ad ogni aspirazione ricca di perigli e apportatrice di gloria, costituirono la base principale sulla quale il re di Francia posò le proprie speranze. All'esterno, gli ostacoli erano molti e assai gravi. Per vero, in quel momento Luigi XII non contava alleati, mentre Lodovico il Moro si trovava in buone relazioni colla Spagna e coll’Inghilterra, e sopratutto colla Germania e coll’imperatore Massimiliano. Ma questa situazione molto presto subì un muta- mento radicale. Luigi XII, più accorto dello Sforza, seppe affe- zionarsi la Spagna e l’ Inghilterra, e seppe approfittare all'at- teggiamento assunto da Massimiliano di fronte a Venezia, per disporre questa città in proprio favore. Ebbi altra volta occasione di presentare alla Classe l'ottimo lavoro del compianto Perret sulle relazioni tra Francia e Venezia fino ai tempi di Carlo VIII. Vedemmo allora come l'amicizia fra l'antica monarchia e l’antica repubblica fosse una tradizione seco- lare, fatta salda da mille eventi. Nulla di più facile a spiegarsi che anche adesso la Francia e la repubblica di S. Marco tro- vassero di comune interesse l’accordarsi insieme. Lo Sforza, per recare imbarazzi a Venezia, ricorse ad un mezzo ben poco ono- revole per lui: stuzzicò il Turco contro di essa, ma anche in ciò fare comportossi con sì poca sagacia, che danneggiò sè stesso, prima e più che gli altri. L'IMPRESA DI LUIGI XII CONTRO LODOVICO SFORZA, Ecc. 1057 Luigi XII trovò che gli Stati italiani, tranne Venezia, non erano ben disposti verso di lui. E pertanto cominciò subito un lavoro di finissima diplomazia, per il quale potè in breve lasso di tempo stringere buon accordo con Filiberto di Savoia, con Ferrara e con Mantova. Alessandro VI era pure in disaccordo colla Francia, ma la missione di Cesare Borgia, che il papa mandò al cospetto del re, dimostrava che la mala armonia non era completa, nè immedicabile. Le lunghe trattative, che ebbero luogo per tali riguardi, sono dal Pélissier narrate con tanta ric- chezza di particolari, e con tale minuziosità d’esame, che nulla più si potrebbe desiderare. Alla fine, dopo lunga esitazione, ven- nero combinate le nozze di Cesare con Carlotta di Albret (10 maggio 1499), e di lì in poi Alessandro VI trovossi legato all'amicizia francese (1). L'alleanza formale con Venezia non fu segnata con celerità. I due Stati avevano interesse ad unirsi, ma ciascuno di essi era troppo accorto per non affrettare l'accettazione di patti, che potessero poscia riuscirgli men che fruttuosi. Finalmente il 9 feb- braio 1499 il trattato di Blois, segnò l'accordo definitivo. Allo Sforza, la cui diplomazia riuscì inefficace dovunque, re- stava quale unico conforto l'alleanza con Massimiliano, ma l’im- peratore coltivava questa alleanza solo in quanto sperava di trovarvi l'utile proprio. Sicchè si può dire, che nel periodo di poco più di un anno Luigi XII riuscisse a circondare se stesso di buoni alleati, e ad isolare l'avversario. Il Moro, che con tanta astuzia aveva saputo procurarsi il ducato, ora si dimostrò inabi- lissimo. Nè gli giovò l’opera del card. Ascanio Sforza, suo fra- tello, che a Roma non potè rattenere Alessandro VI dall’ al- leanza francese (2), nè a Milano provvedere al riordinamento dello Stato. (1) Nella loro sostanza le trattative fra Alessandro VI e Cesare Borgia da un lato, Luigi XII dall'altro, furono narrate in simil modo anche dal Pasror, Geschichte der Pipste, III, 422, Freiburg i/Br. 1896; e ciò proprio al medesimo momento in cui Pélissier stampava, con tanto lusso di ottime e nuove notizie, il suo libro. (2) Secondo l'oratore veneziano a Roma, 1498, Ascanio Sforza disegnava di accordarsi con Massimiliano I di Germania e con Ferdinando di Napoli per la convocazione di un concilio contro Alessandro VI; cfr. Pastor, Ge- schichte der Pipste, III, 419. Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 73 1058 CARLO CIPOLLA Ai felici negoziati predetti il re accompagnò la preparazione militare, che condusse innanzi con pari abilità e celerità, sicchè alla metà di agosto 1499 l'esercito francese, raccolto nell’asti- giano sotto il comando di Gian Giacomo Trivulzio, del Ligny e del d’Aubigny potè entrare in campagna. Lo Sforza pochis- simo aveva fatto anche sotto il punto di vista militare, e i pre- parativi affrettati e confusi degli ultimi giorni a nulla giovarono. Le città e le borgate aprivano facilmente le porte agli invasori, i quali, con atti di iniqua ferocia contro i prigionieri di guerra, incutevano spavento in quanti avessero avuto voglia di op- porre resistenza. Quando Galeazzo da Sanseverino abbandonò (29 agosto 1499) Alessandria, ogni ulteriore difesa del ducato riuscì impossibile. Dalla parte d'oriente i Veneziani pure ave- vano cominciata la guerra, conquistando Cremona. Lodovico il Moro, coi suoi tesori, fuggì in Germania, lasciando ben munito il castello di Milano. Sperava che presto sarebbe venuto il momento, in cui gli errori dei suoi nemici avessero superato i proprii, e allora sarebbe spuntato il giorno del ritorno. Non s'in- gannò. È ben vero che Bernardino de’ Corti, cui aveva affidato il castello di Porta Gioia, con atto di vilissimo tradimento, con- segnò la fortezza ai Francesi, mercanteggiando il prezzo della propria disonestà. Ma neppure questo salvò i Francesi. Lo Sforza assoldò buoni guerrieri, Svizzeri specialmente, e nel gennaio del 1500 calò nuovamente in Italia, muovendo il passo per la via di Como. La riconquista di Milano e di buona parte del ducato fu altrettanto improvvisa quanto lo era stata la perdita. I Fran- cesi, non amati in Italia, erano anche stati alquanto improvvidi riguardo alla difesa. È vero peraltro che assai difficile sarebbe stato il fare altrimenti. Fulminea fu dunque la vittoria del Moro; ma fu il bagliore del fulmine. Luigi XII, sempre rapido in ogni sua disposizione, rifece l’esercito, mandando in Italia un generale valoroso, il La Trémoille, il quale, unitosi al Ligny ed al Trivulzio, spa- ventò, col suo solo apparire, lo Sforza. Al Moro non era riuscito di riprendere il castello di Milano, ma i difensori già si trova- vano a sì mal partito, che la capitolazione pareva prossima. Ma venne la fine della guerra senza che gli Sforzeschi riuscissero nel loro intento. Potè invece il Moro prender Novara, correndo la fine del marzo (1500), cioè pochi giorni prima che giungesse L'IMPRESA DI LUIGI XII CONTRO LODOVICO SFORZA, ECC. 1059 al campo nemico il La Trémoille. L'esercito francese, così raf- forzato, riprese l'offensiva. E addì 9 aprile il Moro, mentre i suoi soldati disertavano a schiere, venne sconfitto e fatto pri- gioniero a Novara. Il 3 maggio fu condotto a Lione, e il suo ingresso in quella città fu un trionfo contro di lui. Il Pélissier, che si ferma forse troppo poco sulla famosa battaglia di Novara, viene poi ad esporre come avvenne la sot- tomissione del ducato. Passa quindi a parlare degli ordinamenti governativi ai quali esso fu sottoposto. In questa parte egli riu- nisce insieme quanto spetta ai due periodi, anteriore e posteriore, alla perdita del ducato, avvenuta, come dicemmo, sul principio dell’anno 1500. Il governo del Milanese, subito dopo la fuga del Moro, nel- l'autunno incipiente del 1499, era stato dai Francesi affidato al Trivulzio, che si dimostrò troppo superbo dei suoi meriti, e inabile all'esecuzione del pericoloso e delicatissimo officio. Al Trivulzio fu sostituito assai presto il card. d’Amboise, il quale fece miglior prova di sè; ma infine, la sua migliore attitudine al governo non tolse la necessità di una nuova spedizione mi- litare, siccome si è detto. A me pare che in questa parte il lavoro del Pélissier avrebbe acquistato in efficacia e in chiarezza, se quanto riflette all'ordinamento del ducato, prima del gennaio 1500 fosse stato riferito in addietro, incuneato nella esposizione dei fatti politici. Avrebbe infatti servito a dilucidare questi ultimi, che, di per sè considerati, restano assai misteriosi. Lo stesso desiderio mi permetto di esprimere per rispetto alla storia delle relazioni della Francia cogli Stati italiani, che il Pélissier fece seguire allo studio sull’organizzazione del go- verno. Anche qui egli narrò tutte le varie e complicate fasi dei negoziati diplomatici di Francia, con Mantova, Bologna, Firenze, Napoli, Roma, Venezia, riunendo insieme i fatti che precedet- tero e quelli che seguirono il gennaio 1500. Non si può negare, che esponendo ciascuna di queste negoziazioni, egli distingue con piena esattezza mese da mese, giorno da giorno, e per ciascun avvenimento sa apprestare tutti gli schiarimenti necessari. Ma, ciò nonostante, mi pare che l'economia dell'insieme non riesca completamente salvata. Francesco Gonzaga, amico dei Francesi alla prima loro vit- TIA 1060 CARLO CIPOLLA — L'IMPRESA DI LUIGI XII, ECC. toria, se ne discostò, quando la fortuna sembrava abbandonartli : poi strinse di nuovo amicizia con essi, e più tardi Luigi XII lo fece suo generalissimo nella spedizione contro Napoli. Presso a poco può dirsi che la politica di Bologna e quella di Firenze, fatta ragione delle circostanze speciali in cui ciascuna di quelle città si trovava, percorressero le medesime fasi. Con Napoli naturalmente l’inimicizia fu completa e i negoziati in senso con- trario non giunsero a conseguenza alcuna. Ciò era imposto dalla natura delle cose. Alessandro VI, Filiberto di Savoia e Venezia rimasero co- stanti all’ alleanza francese. Anzi Venezia, per assecondare il desiderio del re, ricompose la rotta amicizia col duca di Man- tova. Si manifestò più tardi qualche motivo di gelosia, poichè alla fine dei conti, Venezia pensava sopra tutto a se stessa, nè le poteva piacere che i Francesi allargassero il loro dominio spe- cialmente nell’Italia settentrionale. Anche qui si può applicare l'osservazione che, mesi or sono, abbiamo sentita nel libro del Perret, dove è detto che Venezia non si sacrificò mai alla Francia. Le potenze europee guardarono o con simpatia o almeno con indifferenza, l'impresa di Luigi XII. Massimiliano, dopo di avere dimostrato a parole le migliori disposizioni verso del Moro, se ne restò quasi del tutto inattivo, e lo abbandonò alla sua sorte. Venne bensì un momento in cui minacciò la Francia di guerra, ma il suo furore bellicoso fu tosto estinto dall'atti- tudine pienamente pacifica assunta dagli Elettori. Per modo che nel trattato di Trento, 9 marzo 1502, il card. d’Amboise ottenne che Massimiliano riconoscesse la conquista francese, e accor- dasse a Luigi XII l'investitura del Milanese. La Germania non prevedeva allora che le vittorie di Luigi XII avrebbero avuto le conseguenze più gravi, così che non solo l’Italia avrebbe subìto il predominio francese, ma l'Europa tutta avrebbe presto ammirato, non senza sgomento, l’inattesa gran- dezza cui la Francia salì. La spedizione milanese di Luigi XII apre adunque una nuova éra all'Italia in particolare e all'Europa in generale, pre- para il terribile duello combattuto di lì a qualche decennio fra Carlo V e Francesco I. Va quindi collocata fra gli avvenimenti più gravi che separano l’evo medio dal moderno, e perciò me- CARLO CIPOLLA — DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1061 ritava davvero uno storico che la narrasse con sicura dottrina desunta dalle fonti migliori, con critica guardinga e con lar- ghezza di concezione. Il Pélissier si è con questi studì meritata la gratitudine degli studiosi italiani. Di un falso diploma di Berengario I; Nota del Socio CARLO CIPOLLA. Molto searsi sono i documenti anteriori al Mille, che ci par- lino, in maniera diretta, chiara e sicura, delle vicende, alle quali andarono soggetti, per l’opera indeclinabile del tempo, o per il volubile arbitrio degli uomini, i monumenti dell'antica Roma. Fra questi documenti si cita spesse volte il diploma, col quale Berengario I, correndo l’anno 895 (1), per ovviare a disgrazie imminenti, ordinò o permise che si abbattesse il teatro antico di Verona, opera di fine eleganza, siccome dimostrano i suoi avanzi, che gli eruditi del secolo XVI, e quelli dell'età nostra fecero oggetto ai loro studi. Ma quel diploma è veramente autentico? A questa domanda daranno risposta le pagine seguenti. Dì questo diploma nessuna fonte antica è a noi pervenuta. Non possiamo risalire al di là dell’anno 1540, in cui Torello Saraina (2), erudito veronese, mise in luce il suo opuscolo sul- l'antica storia di Verona. Riferisce il documento, facendolo pre- cedere soltanto da poche e poco concludenti parole: “ Pars vero demolitione cecidit (il teatro, presso la chiesa di S. Libera, sulla sinistra dell’ Adige), rege Berengario, ut ex regis ipsius huiusmodi mandato, datur intelligi ,. Il testo non riuscì nella stampa senza errori, il più grave dei quali è la parola “ praesentis , in luogo di “ precibus ,, dove si parla dell'intervento del vescovo Adelardo. Abbastanza grosso è anche l’errore, che troviamo poco più innanzi nella frase “ aut alieni quiequam audeat ,, dove “ alieni , sta per “ alicui ,. (1) È il diploma che E. Diixxver registra sotto il n.13 (Gesta Beren- garii imperatoris, Halle, 1871, pp. 170-1). (2) De origine et amplitudine civitatis Veronae, Veronae, 1540, fol. 3 v. La | 1062 CARLO CIPOLLA Gabriele Saraina pochi anni dopo terminò, e dedicò, con lettera dadata “ di Verona, alli xv di ottobre mpxLvi,, la versione dell’opera di Torello suo zio, col titolo © La historia di Verona ,. Quest'opera esiste in due manoscritti, dei quali uno si trova nella Biblioteca Comunale di Verona (n. 978); è auto- grafo, ed è adorno dei disegni originali del pittore Giovanni Carotto. L'altro manoscritto, privo di titolo, trovasi nella Biblio- teca Capitolare di Verona (n. pcccxxn). Gabriele Saraina tra- dusse anche il diploma, e la sua versione può in qualche luogo giovare a correggere il testo dell'edizione latina, 1540, dell’opera di Torello Saraina. Alla versione mancano i due errori testè rilevati. Anche la invocazione corre meglio nella versione (“ Nel nome del signor nostro ete. ,) che non nel testo (* In nomine do- mini etc. ,, senza “ nostri ,) (1). La data non so spiegarmela, poichè ivi il giorno vi è mutato in * alli my di marzo ,. Pare ad ogni modo che Gabriele Saraina, almeno in qualche luogo, abbia usufruito delle schede manoscritte dello zio, o per lo meno di una copia del De origine corretta a mano. Questa versione venne pubblicata dal benemerito sac. Cesare Cavattoni (2); in questa stampa la versione del nostro diploma ricevette qui e colà qualche ritocco, per quanto riguarda lo stile. La * Historia , di Verona di Alessandro Canobio (vissuto sino al principio del XVII secolo) sì riteneva perduta, quando fu ritrovata dal compianto avv. E. Righi, ed ora conservasi nella Bibliot. comun. di Verona (ms. 1968). Il manoscritto consta di pa- recchi fascicoli, tra i quali alcuni sono autografi. Il nostro diploma vi si legge (fol. 36v -37r) nella parte autografa, ed è preceduto da questa dichiarazione: “ Berengario ... fece la presente decla- ratione... ,. Qui l’invocazione manca non solo di “ nostri ,, ma anche di “ domini ,. C'è l'errore “ praesentis ,, ma in luogo di “ alieni , vi si legge “ alicui ,. A Roma presso la biblioteca Angelica conservasi il ms. au- tografo delle Antiquitates Veronenses di 0. Panvinio (3). Que- (1) Siccome peraltro tale emendazione era facile, e potea essere fatta di congettura, non azzardai introdurla nel testo, che riproduco più avanti, nè la giudicei valevole a determinare di per sè l'indipendenza del testo di Gabriele da quello di Torello. (2) Dell’origine ed ampiezza di Verona volgarizzamento, ece., Verona, 1851. (3) Segnalato dal Momxsen (0. I. L., V, 1, 3235), questo manoscritto e” DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1063 st'opera uscì quasi un secolo dopo la morte del suo autore (1), colla data di Padova, 1648; e di nuovo coll’anno 1668. La edizione venne curata da Cozzo Cozza, canonico veronese, uomo di non ristretta erudizione, e che credette opportuno qui e colà com- pletare le notizie di origine Panviniana (2). Ma il nostro diploma non è da collocarsi fra le aggiunte del Cozza, giacchè si legge nell’autografo del Panvinio (f. 125 -126r). Viene nuovamente citato al f. 185%. Questi due passi corrispondono alle pagine 91 e 138 della stampa. Manca invece la trascrizione del diploma nella parte non autografa, e che riproduce, fra l’altro, anche la parte contenente, nell'autografo, il diploma in discorso. Il Panvinio non indica la sua fonte. Nel secondo luogo dice bensì “ diploma... quod adhuc restat ,, ma queste parole non devonsi interpretare nel senso che egli abbia veduto l'originale del diploma. Esse significano soltanto che il testo del documento non era andato perduto. Dove riproduce il testo, il Panvinio fa precedere questo da poche parole: “... ut ex regis ipsius edicto, quod eiusmodi est, intelligi potest ,. Tanto nell'originale, quanto nell'edizione, leggesi la medesima dichiarazione. Della collazione dell’autografo Panviniano vado debitore alla cortesia del ch. dott. sac. Marco Vatasso, al quale rendo le dovute grazie. Fra l'originale e l’edizione le varianti sono leggerissime. Nel testo del Panvinio la formola della invocazione è piena, con “ domini nostri ,. C'è l'errore “ praesentis ,, e non manca neppure l’altro errore “ alieni ,. Il vero testo del Saraina, per quanto si può giudicarne dalla versione del 1546, diceva che il circo apparteneva “ publicae parti. Ma nella stampa del 1540, a “ publicae , si sostituì « publicum ,, e ciò in grazia di una apparente corrispondenza colla frase, che poco appresso s'incontra, “ aedificium publicum ,. Il Canobio ripetè “ publicum parti ,. Perduto il senso, era fa- venne in modo succinto descritto da E. Narpucci, Catalogus codicum .mss. bibl. Angel., I [Romae, 1893], p. 23, n. 64. Il codice porta la segnatura A. 7. 3. (1) Morì a Palermo nel 1568 (Orcanpo, in Arch. st. sic., VII, 204). (2) Una differenza tra l'autografo e la stampa venne segnalata da O. ZewartI, presso P. Scurmero, La casa di Torello Saraina, Verona, 1896, p. 35. 1064 CARLO CIPOLLA cile che da un errore altro ne seguisse. Il manoscritto Panvi- niano non dà ben chiara la parola “ parti ,, che potrebbe forse confondersi con “ ponti ,. E l' edizione del Cozza dice infatti: « publicum ponti ,. Una nuova versione del diploma venne fatta da Giovanni Francesco Tinto (1), il quale pure si limita a citare così la sua fonte: “ n’habbiamo auttentica scrittura publica di uno editto di Berengario Re d’Italia, di questo tenore ,. Il Tinto presup- pone “ nostri , nella invocazione, scrivendo “ in nome del signor nostro etc. ,. Lascia sottintendere l'esatta lezione “ publicae parti , là ove serive: “ quel si sia edificio publico et alla publica parte pertinente ,, quantunque la parola “ publico , dia luogo a qualche dubbiezza. Solo indirettamente lascia immaginare “ alicui , non “ alieni ,, dove scrive: “ senza alcuna offesa del publico et senza timore di sentirne danno niuno 0 molestia ,. Non traduce poi le ultime formule, e tronca il testo qui alla parola “ molestia ,, seguendo poi tosto la data, ommessa anche l’apprecazione. Differente ancora è la versione accolta nella sua opera € L’istoria di Verona , (2) da Girolamo Della Corte. Questi man- tiene in latino la invocazione “ In nomine domini Jesu Christi Dei aeterni ,, sopprimendo “ nostri ,. Ottima è la traduzione “ alle preghiere di Adelardo ,, che domanda “ precibus , ed esclude “ praesentis ,. Pare che questo storico leggesse già de- pravato il passo, cui corrisponde la versione: “ qual si voglia edificio publico etc. ,. La lettura “ alicui , per “ alieni , è suf- ficientemente presupposta. Solo di congettura dev'essere l’avver- tenza al fine: “ Locus Sigilli XE ,. Di minor conto sono le edizioni posteriori. Ferdinando Ughelli (3) riferendosi al Panvinio (“ diploma quod adhuc extare refert Panvinius ,), le cui Antiquitates Veronenses ai suoi dì erano già alle stampe, lo riprodusse nel 1653, senza osservazioni. Dalla prima edizione dell'’Ughelli il documento passò, dopo quasi set- tant'anni, alla seconda (4). (1) La nobiltà di Verona, Verona, 1592, pp. 136-7. (2) Vol. I, pp. 204-5, Verona, 1594. (3) Italia sacra, V [Romae, 1653], coll. 627-8. (4) Per cura del Coreri, V (Venetiis, 1720], 723-4. ile DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1065 Di pochi anni posteriore alla prima edizione dell'Italia sacra è la “ Historia di Verona , del conte Lodovico Moscardo (1), che reca una nuova ristampa del nostro diploma, essa pure di poca entità. *» G. B. Biancolini stampò due volte il diploma, dandone sempre, per quanto riguarda la sostanza, il medesimo testo. La prima stampa leggesi nelle note che egli appose alla Cronaca di Pier Zagata (2), e quivi non cita alcuna fonte. Nessuna fonte ricordava pochi anni dopo, nel ristamparlo (8) in altra opera. Quest'ultima edizione sembra a primo aspetto importante, poichè contiene la signatura e la recognitio, formule mancanti a tutte le altre edizioni. Ma trattasi di una semplice raffazzonatura eru- dita, poichè all'anno 895 non può convenire una ricognizione, che si dice fatta da Giovanni cancelliere ad vicem di Ardingo vescovo (bresciano) e arcicancelliere (4). Bohmer (5) e Diimmler (6) citarono il diploma senza os- servazioni. Lo stesso feci io pure nel 1881 (7), lasciando anzi supporre che nella biblioteca Angelica si conservasse, non il manoscritto autografo del Panvinio, ma addirittura l’originale del diploma berengariano. Qualche anno dopo toccai brevemente lo stesso argomento (8). Soltanto nel 1895 colsi l’ occasione di una pubblicazione archeologica del dottor Serafino Ricci (9), per manifestarvi qualche dubbio sull’autenticità del diploma berengariano. Del diploma darò anzi tutto il testo, ponendone a fonda- mento l’edizione 1540 dell’opera de origine et amplitudine di Torello Saraina, che indico con B. Le lettere €, D, E, F, G, indi- cano rispettivamente i testi latini del Canobio, del Panvinio, (1) Verona, 1668, pp. 93-4. (2) Vol. I [Verona, 1745], pp. 315-6. (3) Notizie storiche delle chiese di Verona, II [Verona, 1749]; pp. 710-1. (4) Il primo diploma contrassegnato con tale ricognizione è del 27 giugno 911 (D. 61). (5) Reg. 1299 (Regesta Karolorum, Frankfurt a/M, 1833, p. 123). (6) N. 13 (Gesta, pp. 170-1). (7) Verzeichniss d. Kaiserurkk., ete., n. 21 in Mitth. d. Inst. fiir Ust. Ge- schichtsforschung, vol. II, Vienna, 1881. (8) Fonti edite della regione Veneta, Venezia, 1882-3, p. 56. (9) IZ teatro romano di Verona, con un'appendice di documenti, Venezia, 1895. 1066 CARLO CIPOLLA dell'Ughelli, del Moscardo, del Biancolini. Le versioni italiane di Gabriele Saraina, del Tinto e del Dalla Corte contrassegno rispet- tivamente colle lettere a, 8, y. Dov'era opportuno, indicai con D (ed.) la stampa delle Antiquitates del Panvinio curata dal Cozza, e con D(ms.) l'originale manoseritto. . Non essendoci del diploma, nè la pergamena originale (che mai esistette), nè alcuna copia antica, dovevo abbandonare il pensiero di riprodurre la punteggiatura e le altre minime even- tualità grafiche dei testi umanistici. Ma di questi conservai tutto quanto poteva avere alcun interesse, sia pure di carattere or- tografico. Al testo faccio seguire le osservazioni paleografiche, in calce alle quali pongo, come conclusione, alcune notizie di carattere storico. In nomine domini (@ Jesu Christi Dei aeterni. Be- rengarius rex (4). quia evenit nuper in civitate Veronae, ut pars quaedam medii circi(, quae Veronae subiacet castro, prae nimia vetustate corruit (4), collidens cuncta sub se posita aedificia, hominesque cunctos pene quadraginta attrivit, subita morte condemmnans. idcirco ( videlicet Y) precibus (9) Adelardi ‘4 episcopi sanctae Veronae ( eccle- siae cunctique cleri et totius eiusdem populi civitatis, no- verit sanctae Dei Ecclesiae nostrorumque fidelium, pre- sentium scilicet et futurorum, industria, predecessorum ‘) quoque omnium amore, necnon pro animae nostrae ‘*) re- medio, nos sanctae Dei Ecclesiae Veronae, ac cuneto clero et totius civitatis populo, et cuncetis sub ipso castro moran- (a) B domini, C om, DEFG domini nostri, af del signor nostro, Y domini. (6) BCEFG rex, D:(ms.) rex etc., D (ed.) rex. (c) a una parte del mezzo circo, By una parte del theatro. (4) BCD (ms.) F corruit, D (ed.), EG corruerit, a a terra caduta, $ sia ruinata, Y ruinò. (e) BDEFG Ideirco, C Idcirca. (f) BCF videlicet, DEG om. (9) BODEFG prae- sentis, a a' prieghi, 8 a persuasione, y alle preghiere. (4) B Adeleardi, CDEFG Adelardi, ar Adeleardo, B_Adelardo. (i) BCF Veronae, DEG Veronensis. (5) B predecessorum, CDEFG praedecessorum. (&) BDEFG animae nostrae, C anima nostra. i ai DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1067 tibus per hoc nostrae authoritatis ( praeceptum commi- sisse (), quatenus ubicunque () aedificium aliquod publicae parti (4 pertinens(), ruinam minatur, aut alicui videtur, ut in ruina ‘) eiusdem quomodocunque 0) sit damnum fu- turum, liceat eis omnibus, tam praedictae Ecclesiae cum clero, quam cuncto eiusdem civitatis populo, absque ulla publicae partis offensione (), ipsum aedificium publicam usque ad firmum © evertere; in nullo eis sit trepiditas damni, eo videlicet ordine quo cernes ‘. nec quilibet publicus exactor, quempiam hoc agentem condemnare, aut alicui ® quicquam audeat ex hoc inferre molestiae. contra hoc (% authoritatis ) nostrae praeceptum, si quis impugnare (*) tentaverit, aut aliquem ex predicto negotio molestare praesumpserit, vel ullam inferre calumniam, ne quod coeperat perficere possit, utque (9) conatus eius ©) redigatur ad nibilum, sciat se compositurum viginti libras auri obrizi , medietatem parti) nostrae et medie- tatem (8) cui ex hoc aliqua fuerit illata molestia. ut hoc autem verius credatur et diligentius ab omnibus ob- (a) BE authoritatis, CDFG auctoritatis. (b) « abbiamo conceduto B habbiamo — concesso, y habbiamo commesso et — ordinato. (c) BCEF, ubicunque, DG ubicumque. (4) BCEF publicum parti, D (ms.) publicam parti (ma Za parola può confondersi con ponti), D (ed.), G publicum ponti. (e) a edificio publico, che a persona privata possi nocere, B edificio pu- blico et alla publica parte pertinente. (f) BDF in ruina, € ruina, EG in ruinam. (9) BCEF quomodocunque, DG quomodocunque. (7) B ofen- sione, CDEFG offensione. (i) BCDEF firmum, G firmam, a infino a i fondamenti, 8 fin alla parte ferma, Y fino alla parte ferma e stabile. (j) BCDF cernes, EG cernens. (%) BDEFG alieni, C alicui, a o si huomo che ciò faccia, y ad alcuno. (1) C molestiae contra: quod, DEFYG mole- stiae : contra quod. (m) B authoritatis, C autoritatis, DENG auctoritatis. (n) BCDF impugnare, EG pugnare, aimpugnare. (0) BDEF utque, C usque, G ut. (p) BDEFG eius, C pius (suus?). (9) BCD (ms.) F obrizi, D (ed.) E obryzi, G obrici. (») BCDEF parti, G in un testo (Zag.) ha parti, e nell’ altro ( Notizie): camere, a al nostro fisco. (s) C om. parti-me- dietatem. i "ve tit aan 1068 CARLO CIPOLLA servetur, manu propria roborantes, annuli nostri impres- sione duximus insigniri. Datum quarto nonas maii (), anno incarnationis do- mini nostri Jesu Christi pece rxxxxv., anno vero regni Berengarii serenissimi regis nono, indictione x. Actum Veronae, in Dei (4) nomine feliciter (0). Il Biancolini in uno dei suoi testi (Cron. Zag.) tralascia, come le altre fonti, la segnatura e la ricognizione. Per contro, nell'altro testo (Notizie), riferisce, siccome si è detto, queste due formule, nella seguente maniera: Signum domini Berengarii serenissimi regis. Johannes cancellarius ad vicem Ardingi episcopi et archican- cellarii recognovi et subscripsi. La ricognizione è assurda, poichè Ardingo vescovo di Brescia entrò arcicancelliere di Berengario, solo molti anni dopo del- l’anno 895. È chiaro adunque che l'introduzione delle due for- mule devesi soltanto ad una congettura critica. Ora passiamo all'esame del documento. Della diplomatica Berengariana, il solo che siasi occupato di proposito, per quanto io sappia, fu l'illustre prof. E. Miihlbacher (1), il quale attende | a preparare i regesti di quell'imperatore, che debbono comparire unitamente a quelli degli altri Carolingi dell’ultima età. Ma sic- come delle sue ricerche pubblicò sinora soltanto risultati parziali, determinati dallo scopo speciale che quell’erudito si era proposto, così non direi che sia svelato per intero l’organamento della can- celleria berengariana, nè i canoni diplomatici a questo proposito da lui stabiliti contengono la soluzione di tutti i quesiti, che ci si presentano nel presente documento. (a) a alli III di marzo, f il 20 di maggio, Y il secondo di maggio. (5) BDEFG Dei, C die. (c) B foeliciter, CDEG feliciter, F feliciter. (1) Nel suo ottimo lavoro Un diplòme faux de St. Martin de Tours, in Mélanges Havet, Paris, 1895, pp. 144-6. DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1069 Credetti mio dovere di rivolgere la mia attenzione sui do- cumenti citati dal Diimmler (1), e su quelli che furono pubblicati posteriormente. Di parecchi diplomi berengariani, riguardanti Novara o Pavia, diede notizia Augusto Jaksch (2); ma siccome egli sì limita in generale alla comunicazione del loro contenuto, senza riprodurne la parte formale, così la sua pubblicazione non potè giovare al mio scopo. Cominciamo dal protocollo. La invocatio nei testi latini più antichi del nostro diploma suona “ In nomine Jesu Christi Dei aeterni ,, ovvero “ In nomine Domini Jesu Christi Dei aeterni ,. Il Panvinio, e i testi italiani ci offrono la introduzione di “ nostri, dopo “ Domini ,. Di queste tre forme, le due prime si dovrebbero credere le più autorevoli; ma sono impossibili. Berengario adoperò molte formule invocatorie, fra le quali la più frequente è “ In no- mine Domini nostri Jesu Christi Dei aeterni ,, che trovo nei diplomi Diimmler 1, 4-18, 15, 18-20, 22-7, 32, 37, 39, 63, 65, 72 (omesso Dei), 80, 98, Cod. dipl. Lang., n. 381, 481. Le altre formule sono: # In nomine Domini Dei aeterni, In nomine Dei aeterni, In nomine sanctae et individuae Trinitatis, In nomine Domini nostri Jesu Christi, in n. D. n. J. Chr. Amen, In no- mine Domini Dei omnipotentis aeterni, In nomine omnipo- tentis Dei aeterni, In nomine Domini Dei nostri ,. (1) Gesta Berengarii imperatoris, Beitréàge, ete., Halle, 1871, p. 170 sgg. Non mi furono accessibili i due diplomi segnati ai n. 41 e 61. Al lettore attento non può sfuggire che nella serie del Diimmler si trova un po’ con- fusa la numerazione. Nelle mie citazioni, tacitamente correggo tali sviste tipografiche. Per chiarezza maggiore soggiungo qui qualche avvertenza. ll n. 19 presso Diimmler, p. 170, ripetesi due volte; nel primo caso è un er- rore per 18. A p. 174 si ristabiliscano i numeri per modo che sia contras- segnato con 67 il diploma di libertà in favore di Aregiso, e con 68 quello per la cattedrale di Vercelli. A pag. 176 si indichi con 78 bis il diploma in favore di Guido di Montammiata, che il Diimmler ricorda, senza asse- gnargli alcun numero. È quasi frustranea cosa il soggiungere che i placiti (come i n. 29 e 60) non possono essere posti al pari coi diplomi nello studio dell’uso del formu- lario. Se per altri rispetti un placito puossi parificare a un diploma, ciò non può ammettersi per riguardo al presente nostro studio. Il Diimmler saltò il n. 96. (2) Nelle Mittheil. d. Inst. fùr Gsterr. GF., II, 451-4. 1070 CARLO CIPOLLA La nominatio * Berengarius rex ,, prima della sua coro- nazione ad imperatore, è comunissima; veggansi i diplomi Diimmler 1-3, 5-10, 12, 13, 20, 37, 47, 49, 53, 55, 62-6, 70.1, 75, 77, 78. Le altre formule sono “ divina favente clementia rex, divina ordinante clementia rex, d. favente gratia r., d. misericordia r., d. providentia r., gratia Dei r. ,. Dal protocollo passiamo all’escatocollo. L'escatocollo manca delle due prime formule, cioè della signatio e della recognitio. La mancanza è gravissima, tuttochè si incontrino, nei testi attuali, alcuni diplomi mancanti o della signatio (Diimmler 2, 12, 36, 44, 65) o della recognitio (ivi 11). Ma sono omissioni casuali, e probabilmente da attribuirsi quasi sempre all’amanuense. Le altre formule dell’escatocollo, cioè la datatio (1) e l'adpre- catio, non presentano alcuna seria difficoltà (2). È vero peraltro che l’adprecatio s'incontra in diverse maniere, e che la formula precisa, qui adoperata, non ha, ch'io sappia, alcun riscontro; ma la differenza è piccola. Infatti le due formule più comuni sono: “ in Dei nomine feliciter, amen , (Cf. Diimmler 1, 3, 4, 6-10, 12, 14-24, 26-8, 31, 33-5, 38-40, 49, Mitth. d. Inst. fiir dsterr. Gesch. Forsch., II, 102-3, Diimmler 32, 54, 56, 63, 65, 76, 80, 82, 88, 103), e “ in Christi nomine feliciter, amen , (Diimmler 18, 43-6, 48, 50-1, Mitth. d. Inst., ece., II, 103-4, Diimmler 53, 55, 58-9, 62, 64, 66-70, 75, 77, 78%, 79, 81, 83-6, 89, 91, 93-5, 97-102, 104-5, C. I. L., 400). Meno frequenti sono le formule: * feliciter, amen , (Diimmler 5, 36, 47, 71), “ in Christo feliciter amen, (Diimmler 78), “ in Dei honorem feliciter , (Diimmler 25), “ in Dei nomine feliciter , (Diimmler 37), * feliciter , (id. 73). In C. D. L., 492 “in Chr. n. f. amen, amen, amen ,. Non di rado la formula manca affatto, come avviene p. e. nei diplomi: Diimmler 2, 42, (1) Considerando la data in quanto ha valore cronologico, e non in quanto viene espressa con una formula, un inciampo possiamo avere nelle differenze che si incontrano fra le varie fonti, che ci tramandarono il di- ploma. Ma non è certa cosa che di qui sì possa dedurre, in forma positiva, prova alcuna contro l'autenticità dell’atto. (2) Il MiizcsacHER (Op. cit., 138) giustamente notò che nei diplomi be- rengariani la data è sempre espressa così, che il nome del monarca riesce in terza persona, E ciò avviene anche nel caso nostro. DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1071 56, 74, 90, C. D. L., 381, e in quello messo in pubblico dal dr. L. Schiaparelli, in Atti Accad. Torino, XXXI, 540 (1). Di qui apparisce che la mancanza di “ amen , nel diploma, di cui discutiamo, non può formare un argomento contro la sua autenticità. Resta per aitro vero, che sarebbe più conveniente la presenza di quella parola, così ovvia di consueto nei diplomi. Concludendo, possiamo dire che l’escatocollo e il protocollo, tuttochè non al tutto spogli di magagne, sono tuttavia tali da non dar Juogo a serì sospetti, fatta eccezione per la omissione delle due formule della signatio e della recognitio. La mancanza di ambedue costituisce un fatto serio, e autorizza in noi un sospetto abbastanza grave di falsità (2). Ma i difetti più gravi s'incontrano nel testo stesso, fin dal principio. Manca l’arenga, e tosto s'incontra (saltata le salutatio, che troveremo in appresso) la narratio, incipiente con “ Quia evenit nuper — ,. Nei diplomi berengariani una tale condizione di cose non è guari possibile. L'arenga manca tuttavia nei Diplomi Diimmler 2, 6, 15, 21, 36, 44, 49, 53, 55, 64-5, 67-8, 75, 78, 80, 86, 93, 100-104. C. D. L. 455. Ma i diplomi, che accolgono l’arenga, sono nume- rosissimi, e se tra essi la maggior parte riguarda qualche istituto religioso, ce ne sono alcuni di carattere e di scopo profano. La cancelleria di Berengario sapeva variare in mille modi la arenga, e pare che tale esercitazione riuscisse gradita ai can- cellieri, ai quali non poteva piacere la trascuranza di una occasione propizia a far sfoggio di bello stile. Nel nostro diploma manca al suo posto la salutatio, la quale venne invece collocata dopo la narratio. La salutatio fu da me riscontrata nel luogo che le compete, in tutti i diplomi berengariani, di cui potei aver cognizione, eccettuato soltanto x uno solo, Diimmler 94. Ma in questo essa è compensata dal- (1) Non tengo conto naturalmente dei diplomi, la cui conservazione è cattiva, o la cui pubblicazione è incompleta. (2) Parlo di sospetto non di prova, poichè si può pensare ad una omis- sione del copista. Così p. e. il diploma Diimmler 56 nell’edizione del Verci ha la segnatura e la recognitio, mentre queste due formule mancano nella edizione dell'Ughelli. 1072 CARLO CIPOLLA l’arenga, la quale si fonde immediatamente colla dispositio. Infatti quel diploma, dopo il protocollo, prosegue: “ Quoniam quidem imperatores et reges sancetarum Dei ecclesiarum sublimitas —, Idcirco precibus et supplicationibus Agimonis — libenter inflexi, concessimus — ,. La salutatio è sottintesa e la narratio vi è, a così dire, tuttochè celata nel cenno fatto alle preghiere dell'in- terveniente. Le formule della salutatio si assomigliano tutte, come può vedersi da questa tavola, che si limita alle prime parole: Ideireo omnium fidelium sanctae Dei Ecclesiae (Diimmler 37, 52, 56; Matth. d. Inst. fiir òsterr. GF. II, 102-3, 103-4, C..D.. Li, 381). s omnium s. D. E. fidelium (D. 73). s universorum s. D. E. nostrorumque (D. 45). s notum sit omnibus fidelibus s. D. E. (D. 81, 39). s noverit omnium fidelium s. D. E.(D.30, 46, 50-1, 76, 91,92). Ideo notum fieri volumus omnibus fidelibus s. D. E. (D. 90). Ideoque omnibus s. D. E. fidelibus (D. 85). e, omnium s. D. E. (D. 12, 98, C. D. L., 492). P, noverit omnium fidelium s. D. E. {D. 95). Igitur omnium fidelium s. D. E. (D. 22, 24, 34, 483, 78), 82). Itaque omnium fidelium s. D. E. (D. 35). Notum sit omnibus fidelibus s. D. E. (D. 36, 44, 69). £ sit fidelibus s. D. E. (D. 68). Noverit igitur omnium regni nostri industria (D. 74). È omnium fidelium s. D. E. (D. 6, 15, 49, 53, 64, 75, 80, 86, 93, 102-4, C. D. L., 455). s igitur omnium s. D. E. fidelium (D. 42). ; ® % fidelium s. D. E. (D. 67). s omnium s. D. E. nostrorumque fidelium (D. 10). »s industria omnium fidelium s. D. E. (D. 21). s omnium industria fidelium nostrorum (D. 65). Omnibus s. D. E. fidelibus (D. 2, 78). y fidelibus s. D. E. (D. 101). Omnium igitur s. D. E. (D. 8, 20, 27). È fidelium s. D. E. (D, 55, 100). DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1073 Proinde cunetorum fidelium s. D. E. (D. 47). d omnium fidelium s. D. E. (D. 105). i noverit omnium fidelium s. D. E. (D. 66, 70, 77, 79). Quapropter omnibus fidelibus s. D. E. (D. 1). > omnium s. D. E. nostrorumque presentium (D. 11, 48, 58, 63). 5: omnium fidelium s. D. E. (D. 7,9, 14, 16-7, 23, 25-6, 33, 38, 40, 88, 99, C. D. L., 400). } noverit omnium fidelium s. D. E. (D. 18 [Gloria, Cod. dipl. Pad. 1, 34-5, n° 18], 62, 89). 3 comperiat sollercia omnium fidelium s. E. D. (D. 28). A cunctorum s. D. E. (D. 4, 5). $ noverit universorum s. D. E. (D. 19). s universorum s. D. E. (D. 59). Quocirca noverit omnium s. D. E. fidelium (D. 71). P noverit omnium fidelium regni nostri (D. 57, 81, 84). 5 omnium universalis Ecclesiae fidelium (D. 83). Unde notum esse volumus omnibus s. D. E. fidelibus (D. 32, 72). s notum esse volumus omnibus eiusdem. s. D. E. fidelibus (D. 97). Siccome, purchè non manchi affatto, la formula della salutatio sta sempre al posto che logicamente le compete e qui invece alla titulatio segue subito la marratio, così, dalla costanza della cancelleria berengariana in questo riguardo, ci è lecito dedurre conseguenze per così dire sicure sulla questione dell’autenticità del nostro documento, anche facendo astrazione da ogni altro argomento. È appena conveniente avvertire che dalla identità delle prime parole non si può immediatamente dedurre quella della intera formula nei diversi diplomi. Da questa tavola, che rispecchia in sè il sistema cancel- leresco di Berengario, si fa manifesta la gravità della muta- zione riscontrata nel nostro documento. I primi indizi di falsità si fanno quindi più forti che mai. Le seguenti considerazioni aggraveranno ancora il valore di questo ragionamento. Non solo il nostro diploma si strania dagli altri cominciando Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 74 1074 CARLO CIPOLLA colla narratio, ma questa è compilata tutt'intera con frasi lette- rarie, umanistiche, affatto aliene dalle espressioni ovvie nei di- plomi: Si osservi: “ quia evenit nuper ,, “ pars quaedam medii circi ,, “ prae nimia vetustate corruit ,, “ collidens ,, “ at- trivit ,, “ subita morte condemnans “, ecc. Sopra tutto strano è l’uso della parola circus. Tutto questo è già male, ma il peggio si è che nel nostro diploma la salutatio, soppressa al suo posto, ci si presenta in- vece dove assolutamente non può stare, ed è preceduta dalla formula di intervenzione. Infatti fra la narratio e la salutatio sta inserta una frase, “ idcirco videlicet, ete. , che invece sa- rebbe conveniente al principio della narratio stessa, giacchè evidentemente essa altro non è che la formula dell’ intervento, stranamente fusa colle prime parole della salutatio. Ora consideriamo più dappresso la formula della salutatio. Riferisco qui intera la salutatio di D. 95, che più di tante altre si accosta alle espressioni del nostro diploma: “ Ideoque noverit omnium fidelium sanctae Dei Ecclesiae nostrorumque praesentium scilicet et futurorum industria ,. Vi colloco accanto la formula dell'intervento, con cui comincia la narratio in D. 9: “ Qualiter interventu ac petitione Adelardi venerabilis episcopi, nec non et Adelgisi illustris comitis et dilecti fidelis nostri, pro amore Dei omnipotentis, animaeque nostrae omniumque pa- rentum nostrorum mercede, et eius — , (1). Queste ultime pa- role ci spiegano anche quelle che nel diploma in discussione seguono a “ industria ,. Se paragoniamo le formule recate, colla strana e confusa dizione del diploma stesso, la falsità di questo riesce più che mai evidente, anche se nessun altro argomento avessimo finora trovato per dubitare. La frase “ praecibus Ade- lardi episcopi etc. , è assurda, perchè non c'era bisogno della preghiera di alcuno perchè si notificasse una concessione. Più assurdo ancora è l'intervento non del solo Adelardo, ma di tutto il clero e di tutto il popolo! Si osservi ancora che la esattezza e la forma genuina di alcune frasi, per ragion di contrasto, accrescono la irragionevo- (1) Nella narratio del diploma D 67 (Muratori, Ant. Ital., I, 849-50), che riflette la liberazione di un servo, si legge questa motivazione: * nos pro Dei amore et remedio animae nostrae ,. DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1075 lezza della mutua relazione in cui esse si trovano. Si capirebbe antora che si usassero frasi nuove, in una forma espositiva del tutto nuova; ma le frasi vecchie e note, che ivi si leggono, mostrano che la relazione erronea in cui stanno, è da aggiudi- carsi a un falsario, che aveva notizia delle formule buone, ma non sapeva connetterle insieme. La dispositio contenendo un ordine di natura speciale, non può offrire occasioni a confronti diretti; ma ora che stiamo sul- l'avviso, non possiamo a meno di trovare sconvenienti all’età e alla natura del documento, frasi come questa: “ nos sanctae Dei Ecclesiae Veronae, ac cuneto clero et totius civitatis po- puli ,. Siamo forse ormai al tempo del comune già stabilito? Ben so che la partecipazione del popolo alla pubblica cosa è antica, ma qui essa entra in un modo che spetta all’età post- ottoniana piuttosto che al periodo postcarolingico. S'aggiunga anche qui la tornitura umanistica dello stile, coi verbi alla fine dei periodi, e si vedrà che tutto ciò è assurdo. Antica è la frase “ absque ulla publicae partis offensione ,; e qui può rispondere alla dichiarazione precedente, rispettiva- mente agli edifici spettanti “ publicae parti ,. L'ultima frase della formula “ eo ordine quo cernes ,, non regge, poichè giammai avviene che l’imperatore si rivolga in seconda persona al lettore. Anzi non si può a meno d’avvertire, che questa frase, al luogo presente, è in contraddizione colla salutatio. Veniamo ora alla minatio, che comincia: “ Nec quilibet publicus exactor ete. ,. Dopo qualche riga abbiamo una seconda formula di minaccia: “ Contra quod autoritatis nostrae prae- ceptum, si quis impugnare tentaverit etc. ,. La parola “ exactor , che significa pubblicano (1) può be- nissimo trovarsi a suo posto, accanto ad una frase cui appar- tengano le parole testè citate “ absque ulla ete. ,, ma non vedo come si possa giustificare a questo luogo. Ad ogni modo, c'è sempre una difficoltà, degna di qualche considerazione, ed è che non è parola di censo, o di imposta. La seconda minatio, se non ha esattissimo riscontro in altri diplomi berengariani, tuttavia è indubitamente desunta da fonti buone, e nella sostanza corrisponde ad espressioni ben cono- (1) Ducaxce, Gloss. ed. Fasre, III, 335. 1076 _ CARLO CIPOLLA sciute. Trovo opportuno riferire la formula adoperata nei di- plomi D. 6 e 80: “ Contra quod nostri documenti praeceptfim si quis insurgere temptaverit, ipsumque infringere, nec optatum (rar. temptatum) possit explere, viginti Jibras auri obrizi, me- dietatem camerae nostrae et medietatem cui ex hoc molestia illata fuerit, sciat se compositurum ,. La parola auctoritas è rara nella formula minatoria dei di- plomi berengariani, ma pur la si trova. Il diploma D. 50 ha: “ Contra quod nostrae auctoritatis seu concessionis ,. Di solito usasi: “ donatio, documentum, concessio, confirmatio, largitio, indultum, institutio ,. Nella corroboratio del diploma D. 24 leg- giamo: “ Et ut haec nostra auctoritas pleniorem ete. ,. E nelle formule corrispondenti nei D. 78° e D. 90 abbiamo: * Et ut haec nostrae auctoritatis preceptum ,, ovvero: “ Et ut haec auctoritas firmior ,. Similmente nella minatio di D. 47 e 74: “ Si quis igitur hoc nostrae auctoritatis praeceptum ,. La frase “ utque conatus eius redigatur ad nihilum , ha riscontro. Il diploma D. 33 dice: “ ut conatus eius irritus fiat ,. Il diploma edito nel t. II (p. 103-4) delle Mitth. d. Inst. fiir dsterr. GF., reca: “ ut conatus eius irritus habeatur ,. La frase “ ne quod coeperat perficere possit , si può con- frontare con “ ut inchoata perficere nequeat . (D. 43, 55), * ne inchoata perficere valeat , (D. 46), “ ne quod tentat perficere possit , (D. 40). Ma l’allusione alla calunnia, non so che relazione abbia colla natura del documento, che andiamo studiando. La corroboratio è del tutto genuina. Per il suo principio cito D. 26: “ Ut hoc autem verius credatur ete. ,. Per il com- plesso della formula, allego D. 63: “ Et ut hoc verius credatur, diligentiusque ab omnibus observetur, manu propria roborantes, de anulo nostro subter iussimus insigniri ,. Si può fermare l’at- tenzione sulla parola “ duximus ,, che non ha riscontro nei di- plomi berengariani. Questi usano in suo luogo quasi sempre della parola “ iussimus , (D. 1, 3-9, 15, 18-9, 22-6, 28, 32-8, 42-6, 48-9, 54, 58, 62-3, 65-6, 69-71, 73, 75-78, 78°, 79-85, 87, 90-2, 94-5, 97-104; Schiaparelli in Atti Accad. Tor., XXXI, 540; Mitth. d. Inst. f. osterr. GF., II, 103; C. D. L., 381, 400, 455, 481, 492). Assai più di rado e'incontriamo in “ praece- pimus, o “ praecipimus , (D. 30, 40, 50, 51, 55-6, 105; Mittà. DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I 1077 cit., II, 103). Siechè facilmente potremo pensare che “ duximus , sia un errore materiale per “ iussimus ,. Da quanto si è detto risulta quindi, che un falsario dell'età umanistica mise insieme il diploma, che stiamo studiando, gio- vandosi largamente di diplomi veri, dai quali desunse alcune formule e qualche frase. Ma non seppe poi unire opportunamente le formule stesse; e, peggio che mai, per esprimere la parte materiale del documento, fece uso di frasi e di parole inusate, e adoperò una sintassi strana. Tutto ciò, il Cinquecento conobbe, ma agli officiali della cancelleria di Berengario questa dicitura doveva riuscire ben ostica. Conchiudiamo adunque che il diploma venne falsificato nel- l'età umanistica, da persona che aveva a sua disposizione alcuni diplomi autentici di Berengario I. Raggiunta la prova diplomatica della falsità del documento, faccio ad essa seguire la controprova storica, la quale è data ab- bastanza chiara e perentoria dal diploma col quale Berengario I, addì 1 agosto 905 (dieci anni dal giorno in cui avrebbe fatto distruggere il teatro) concesse al diacono Audone, fra le altre elargizioni, anche le seguenti: “ nec non in- civitate Verona in castro subtus arena duo evoluta aedificia, quae vulgo artovala dicuntur , (1). Il nome di “ arena ,, a significare il teatro, è storico, giacchè troviamo quell’ edificio indicato col nome di “ arena minor ,, nella antichissima iconografia di Verona (2). Di qui abbiamo la dimostrazione della impossibilità del fatto richiesto dal diploma di cui si discute. Ma più evidente ancora possiamo di lì ritrarre la confutazione della frase “ medii circi ,, in luogo di “ arena ,. La contrapposizione delle due espressioni, conferma che il così detto diploma dell’anno 895, è una contraffazione dovuta all’età umanistica. Che se ancora non basta, si può qui citare anche il di- ploma del settembre 913 (3) col quale Berengario regalò a Gio- vanni chierico e suo cancelliere alcuni “ covulos et arcovolutos , (1) Pubblicai questo documento nel 1881 nelle Mittheil. des Instituts fiùr sterr. Geschichtsforschung, II, 102-3. (2) Presso G. B. BrancoLini, Dei vescovi e governatori di Verona, disser- tazioni, Verona, 1757, tav. a p. 55. (3) Diimrer 63, Brancorini, Notizie delle chiese di Verona, II, 711-2. 1078 CARLO CIPOLLA — DI UN FALSO DIPLOMA DI BERENGARIO I del “ theatrum ,. Se qui gli officiali di cancelleria vollero mutar di parole, rimasero tuttavia nei limiti del vero e della tradi- zione genuina. Ma se scrissero “ theatrum ,, tacquero del circo, e sopratutto del circo mediano. Insomma, da qualsiasi punto di vista si consideri il di- ploma dell’anno 895, esso ci apparisce sotto i colori della falsità. Alcuni altri fatti accennati in questo documento non si pos- sono impugnare, perchè noti altrimenti, ma essi non bastano ad altro che a dimostrare che quella stessa miscela di buono e di falso che trovammo nella parte formale, c'è anche nella parte materiale del documento. Mi limito qui ad avvertire che la data topografica non può essere contraddetta, e che all'anno al quale il documento viene attribuito, la cattedra della chiesa veronese era veramente occupata dal vescovo Adelardo (1). Ma la esat- tezza di questi particolari nulla prova in favore del docu- mento in sè. Ripeto peraltro che se alla diplomatica chiedo la prova della mia tesi, alla storia domando soltanto la controprova. Non è poi difficile scorgere il motivo della falsificazione. Torello Saraina si occupava molto degli antichi monumenti ro- mani di Verona, rivolgendo la sua attenzione in particolar modo al teatro, del quale, nei disegni di Giovanni Carotto, abbiamo un tentativo di restituzione. I disegni originali del Carotto, che in parte servirono all'edizione del de origine et amplitudine di Torello Saraina, veggonsi aggiunti (lo si avvertì) al manoscritto originale di Gabriele Saraina. Nulla di più facile che il supporre, che un buon amico del dotto antiquario abbia voluto rispondere a qualche sua erudita curiosità, e spiegargli la ragione per cui, mentre l’anfiteatro attraversò glorioso i secoli, il teatro, quan- tunque addossato ad un colle, e da esso rafforzato, fosse ormai ridotto ad essere solamente una grande rovina. (1) Diimxrer, Gesta Berengarii, pp. 63-4. Non è chiara la cronologia in UcgeLLI, V, 722-5. Sunto della Memoria: Notizie per servire alla vita del gran cancelliere di Carlo V Mercurino di Gattinara ; Studio storico-critico del Socio GAUDENZIO CLARETTA. L'autore comincia in una prenozione a dar ragione del suo lavoro che ha per oggetto d’investigare le azioni principali del Gattinara nelle relazioni avute da lui coi principi, ai quali con- sacrò i suoi servigì, come giureconsulto, come magistrato e come statista. Esso nota peraltro che il Gattinara viene considerato nei rapporti suddetti, rispetto solo ai documenti che gli fu dato di esaminare, e che in parte si conservano in pubblici archivî, e che in parte egli ebbe in gentile comunicazione dal Generale Emanuele Morozzo Della Rocca. Quindi, in appoggio di questa dichiarazione, giova avvertire che questo studio deve tenersi nuovo contributo alla vera biografia del personaggio in discorso, che potrà tessere colui che sarà a suo tempo in grado di poter compulsare i documenti inediti, che si conservano, o negli ar- chivî degli Stati, coi quali ebbe il Gattinara relazioni, ovvero presso i privati, che siano per consentire a comunicarli. Ma se l’autore non dissimula che quei documenti potranno diffondere maggior luce sulle geste di lui, quelli esaminati già sono vale- voli sino a certo punto a farci conoscere, come il valore dello statista, così l'uom privato ne’ suoi pregì e ne’ suoi difetti. Lo studio critico di cui si tratta è diviso in quattro parti: nella prima un prospetto generale sulle azioni del Gattinara, contiene notizie sommarie su di esso, desunte, e dalle notizie sin qui pubblicate e dai documenti presi ad esame dall’autore. La seconda parte considera il Gattinara nei suoi rapporti coll’arciduchessa d’Austria, Margherita, figlia dell’ imperatore Massimiliano I, vedova di Filiberto il Bello duca di Savoia, e ch'egli ebbe anzitutto a servire come suo avvocato patrimo- niale nelle sue terre giurisdizionali della Bressa e del Bugey, 1080 poi allorquando essa tenne la reggenza della Franca Contea in Borgogna. L'autore accenna alle principali missioni, nonchè alle traversie sofferte dal Gattinara, per parte in ispecie della no- biltà di quella provincia. Al che servì larga materia il primo documento ch'egli ebbe agio di esaminare. Esso contiene una rappresentanza dal Gattinara fatta a quella duchessa. In essa, questi compendia i principali tratti della sua vita pubblica, schiera i motivi delle contrarietà sorte contro di lui, come primo presidente del parlamento di Borgogna; difende il proprio ope- rato: dà ragione della condotta tenuta, ed accenna agli incon- venienti che si avrebbero, e che già si erano avuti a deplorare sul modo di regolarsi de’ suoi avversari. La terza parte di questo studio considera il Gattinara al- lorquando dopo essersi ritirato dalla Borgogna, già era dive- nuto gran cancelliere di Carlo V. Questa parte è distinta in due capi: nel primo, l’autore valendosi di altro documento ine- dito, s'intrattiene sulla famigliarità che il Gattinara dimostrava di avere coll’imperatore, essendosi preso l’ardire di dargli pa- recchi consigli ch'egli credeva si dovessero assolutamente seguire se non si volevano danneggiare di più gli interessi di finanze e di guerra del vasto impero. Il capo secondo si aggira su altra rimostranza del gran cancelliere a Carlo V, che si contiene in altro documento inedito. Ma in essa il tono più vibrato e le lamentazioni più spiceate del suo autore rivelano abbastanza il dispetto di colui che nei favori del principe si vedeva po- sposto ad altri. Quindi, dopo avere fatte alcune obbiezioni e risposto ad esse, passa in rassegna il suo passato e bilancia i danni e gli avvantaggi avuti nell'esercizio delle sue cariche. E termina col conchiudere, che non venendo a ricevere trattamento più benigno, egli sarebbe forzato a ritirarsi, il che avrebbe fatto non per cercar di giustificarsi, ma, affine di salvare il proprio onore. Infine la quarta parte, che pare sembra debba ritenersi la più importante, è tutta fondata su di un prezioso documento del succitato archivio Morozzo Della Rocca. Dopo un esame critico dell'autore per istabilirne l'età, egli opina debba ritenersi com- pilato tra gli ultimi mesi del 1524 e i primi del seguente 1525. Il Gattinara, prevedendo non lontano il giorno in cui avrebbe potuto far ritorno in patria, e ad ogni modo intraprendere il 1081 viaggio d’Italia, da lunga stagione ambito altresì dall’ impera- tore stesso, delegava a preparargli il terreno sia in rispetto degli interessi politici che de’ suoi privati, che doveva e desi- derava di patrocinare, due suoi fidi commissarii. La missione di costoro diretta a Genova, ai duchi di Milano e di Savoia e alla marchesa di Monferrato, era delicata assai, tanto più nella parte concernente il duca Carlo III di Savoia, col quale essi dovevano trattare a lungo per ottenere l'approvazione de’ pri- vilegi sui suoi feudi, e specie su di Gattinara. Conviene avvertire che questo documento può essere rite- nuto d'interesse non secondario per uno studio psicologico del gran cancelliere di Carlo V, poichè in esso si rispecchiano i suoi sentimenti di famiglia, di amicizia verso i congiunti e gli amici. E d'altro canto giova altresì a dimostrare quali relazioni corressero fra il Gattinara e i sudditi dei varii feudi soggetti alla sua illustre prosapia, nella guisa che ci attesta le sue non anguste viste in fatto di commercio e d’agricoltura, proprie del resto di colui che aveva percorso varie nazioni di Europa, più avanzate in civiltà che nol fosse il nostro povero paese in quei tempi così deplorevoli. Lo studio complessivo dei documenti suindicati serve per- tanto a delinearci un quadro assai naturale delle virtù e dei difetti di quel ragguardevole nostro giureconsulto e statista, morto nel 1530. Segue al testo il documento che illustra quest’ultima parte, e che, come fu detto, a preferenza degli altri ha un'importanza speciale per la persona del Gattinara e pei paesi su cui egli vantava ragioni di dominio. L’ Accademico Segretario Ermanno FERRERO. 1082 CLASSI UNITE Adunanza del 20 Giugno 1897. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE CARLE PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Il Socio Nani, Segretario della Giunta per l'aggiudicazione di due premii della fondazione Gautieri per opere di filosofia e storia della filosofia pubblicate negli anni 1891-1896 (1), legge la seguente relazione: OxoRrEvOLI COLLEGHI, La Commissione pel conferimento del premio Gautieri, eletta, in conformità del Regolamento, dalla Classe di scienze morali, e composta dei soci Peyron, Claretta, Nani, Graf, Brusa ed Al- lievo, sotto la presidenza del Presidente dell’Accademia, avendo esaurito quella parte del mandato affidatole che riflette l’anno in corso, intende, per mezzo mio, di indicare, con sobrio di- scorso, la via che essa ebbe a tenere nelle sue indagini ed esporvene i risultati. Suo compito era per quest’ anno, com'è noto, di ricercare ed esaminare le pubblicazioni italiane (quelle eccettuate che (1) Vedi vol. XXXI, pag. 1075. RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DEI PREMII GAUTIERI 1083 fossero dovute a membri nazionali residenti o non residenti di quest’ Accademia) di filosofia e storia della filosofia, edite nel sessennio 1891-96, per l'aggiudicazione dei due premii della fon- dazione Gautieri che si tratta ora di assegnare. Un compito che non si presentava agevole, sicuramente; poichè diramati gli in- viti ai socii per le opportune proposte; ricevute in dono pa- recchie opere spedite da autori ed editori, in seguito all'avviso divulgato sui giornali; compulsati diligentemente i cataloghi ufficiali delle pubblicazioni che in quello spazio di tempo videro la luce in Italia, la Commissione potò constatare che il numero di quelle attinenti alle sopradette discipline, pur senza inclu- dervi tutti gli articoli e tutte le memorie sparse nelle Riviste nonchè degli Atti delle varie Accademie, stava piuttosto al di- sopra che non al disotto delle due centinaia; onde potrebbe forse parere meno fondato il lamento, che tutto dì si ode, che il campo delle scienze filosofiche, così fertile altra volta, stia oramai per isterilire in Italia, per mancanza di cultori. Di fronte ad una così gran copia di opere, nelle quali erano rappresentate sotto ogni aspetto ed in ogni ramo, tanto la filosofia, quanto la storia della filosofia, avendo la Commissione, nella sua maggioranza, opinato che una tal quale ragionevole larghezza in questo argomento fosse consigliata e quasi imposta dalle stesse tavole di fondazione, imponevasi evidentemente, in primo luogo, la necessità di procedere ad una scelta. Tratta- vasi, cioè per una parte, di eliminare tutti quei lavori che, benchè non destituiti, alcuni almeno, di qualche valore, tuttavia, o per la tenuità loro o per la poca importanza dell'argomento, o per qualsiasi altro motivo, dovessero reputarsi meno consen- tanei agli scopi per cui il premio venne istituito; e di classi- ficare, per altra parte, in una speciale categoria, destinata ad un più minuto lavoro d’analisi e di confronto, tutte le opere per contro che ai Commissarii fossero parse singolarmente degne di nota e di considerazione. A questa impresa, delicata e grave, la Giunta si è accinta con piena indipendenza ed imparzialità di giudizio, e l’ha condotta a termine colla maggior accuratezza d’indagini che le fu possibile: tenendo conto eziandio della fama in cui è salito il nome di più d’un autore, dei premi riportati in antecedenti concorsi, dei pareri pronunciati dalla critica più competente ed autorevole; non trascurando, insomma, nessuno 1084 CESARE NANI dei sussidi che essa potè avere a propria disposizione. In questo modo la Giunta trascelse gli scritti del BonoHni (1°). A. CHIAPPELLI (2°). Masci (3°). LABRIOLA (4°). G. Rossr (5°). De Sarto (6°). Tocco (7°). Arpicò (8°). MARTINETTI (9°). Moranpo (10°). BarzeLLOTTI (11°). Bossa (12°). SERGI (13°). Zuccante (14°). CrEDARO (15°). Mivesi (16°). 1° Del BoxeHI troppo alta e meritata è la rinomanza perchè occorra qui far altro se non notare che anche nei due proemii che egli mandò innanzi alla sua versione italiana del Teeteto (1892) e del Filebo (1896) di Platone, per quanto ne sia esigua la mole, rifulgono le doti dell'ingegno multiforme e sa- gace e può ammirarsi l’estesa erudizione insieme colla fine dia- lettica dell’illustre e rimpianto autore. 2° La valentia del CniappeLLi già luminosamente svela- tasi in altri lavori di data più antica si afferma, oltre ad altri seritti di minor conto, in una breve Memoria: / caratteri orien- tali dello Stoicismo (“ Atti dell’Accad. di Napoli ,, vol. XXVII); un geniale lavoro, ricco di dottrina e di acume in cui lo scrit- tore, con solidi argomenti, prova la verità della propria tesi, appena da altri traveduta. Sarebbe per fermo piaciuto alla Com- RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DEI PREMIl GAUTIERI 1085 missione di poter ugualmente aver riguardo all'altra Memoria, non meno pregevole, del Chiappelli: Le premesse filosofiche del socialismo (* Atti dell’Accad. di Napoli ,, vol. XXVIII), se non ne fosse stata trattenuta dalla considerazione che questa, seb- bene sia stata presentata nel ‘96, non fu però pubblicata che nel corrente anno. e 3° Del Masor abbiamo tre Memorie, inserte esse pure negli “ Atti dell’Accademia napolitana ,: 1% Sul senso del tempo (1891); 2° Sull’idea del movimento (1891); 3% La teoria della for- mazione naturale dell’istinto (1892), delle quali veramente può dirsi che, sebbene non possano considerarsi che quali contributi alla soluzione di problemi gravi e vessati, sono però lavori densi d'idee e di dottrina, lodevoli per diligenza di ricerche e sagacia di critica. 4° I Saggi intorno alla concezione materialistica sulla storia del LaBRIOLA, parvero, il secondo particolarmente, pur non vo- lendo attribuir loro una eccessiva importanza, pieni di acume e comprovanti una larga coltura nell’autore, il quale vi si studia di correggere ciò che di unilaterale ed erroneo è nel concetto materialistico della storia, quale è inteso comunemente. 5° Il Rossr ha scritto una buona monografia Fracastoro in relazione coll’aristotelismo ed ulle scienze nel Rinascimento; un lavoro storico e dottrinale ad un tempo, che si legge con in- teresse per la copia delle notizie che contiene. Vuol essere os- servato però che solo alcuni capitoli dell’opera riguardano diret- tamente la storia delle dottrine filosofiche; oltre di che la critica, non a torto, ha notato in questa monografia non soltanto ine- sattezze non lievi, ma, ciò che più monta, una troppo imper- fetta conoscenza dei recenti e copiosi studii sul Rinascimento, nonchè della storia delle scienze in genere. Lo stesso press'a poco può dirsi di un altro lavoro, di più breve mole, dello stesso autore: Niccolò da Cusa e la direzione monistica nella fi- losofia del Rinascimento. 1086 CESARE NANI 6° Dell'opera del De SarLo, Saggi di filosofia, non potè la Giunta tener conto che del primo volume, pubblicato nel 1896, e vi rilevò il largo corredo di studi fisiologici messi a servizio delle ricerche psicologiche; riputando specialmente pre- gevoli alcuni di quei saggi, come quello sulla nozione di legge, e l’altro dedicato alla dottrina di Paullsen sull'attività. 7° Del Tocco, minore importanza, per varii motivi e par- ticolarmente per la sua stessa indole, doveva avere la pubbli- cazione da lui curata, insieme col prof. Vitelli, delle opere ine- dite di Giordano Bruno; maggiore invece lo studio che di dette opere egli ha fatto in una Memoria che si trova negli “ Atti della R. Accademia di Napoli , (1891), e l’altro suo Saggio del Parmenide, del Sofista e del Filebo (Firenze-Roma, 1893). È il primo uno studio condotto con somma accuratezza, con critica fine e profonda e col sussidio di una vasta e sicura erudizione, per modo che i lineamenti della filosofia bruniana, e la sua ul- tima fase in ispecie, ne riescono determinati colla maggiore esattezza. Possono, ben è vero, dissentire i pareri dei giudici più esperti e valenti intorno al valore scientifico della dottrina del Bruno ed all'importanza del contributo che egli abbia recato al progresso della scienza, ma qualunque divergenza di opinioni su questo punto nulla può detrarre al merito del lavoro del Tocco e nessuno (per ripetere le stesse parole di un critico che pure gli si dimostrò meno favorevole) può disconoscere nell’au- tore “ l’intiera padronanza del soggetto, l’acutezza critica e la sincerità storica ,. Il Saggio del Parmenide, ecc., è notevolissimo, così per l’importanza dell'argomento già accennato dal Tocco fin dal 1876 nelle sue Ricerche platoniche, come per la vigorìa delle argomentazioni con cui questi vi sostiene dottamente la sua tesi, la quale se ha trovato e troverà ancora, forse, dei contrasti, tuttavia ha già ottenuto l’adesione di parecchi stu- diosi di Platone e di eminenti filologi. 8° Dell’Arprcò tre opere appartengono al periodo prefisso per l'aggiudicazione di premio, e sono: La scienza dell'educazione (Verona, 1893); I! vero (Padova, 1891); La ragione (Padova, 1894). La prima però è una compilazione di studenti fatta sulla guida delle lezioni universitarie dell’Ardigò, laonde, per quanto RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DEI PREMII GAUTIERI 1087 sia stata da lui assistita, presenta tutti i difetti che sono quasi inseparabili da tal genere di lavori. Delle altre due opere, questo può dirsi con sicurezza di non errare, e senza punto discono- scerne i pregi, che hanno importanza secondaria e l’una e l’altra, specialmente se si mettano in confronto con alcuna delle pre- cedenti dello stesso autore, che meritamente gli valsero il titolo di principe dei positivisti italiani. 9° Buona per l’intendimento onde fu inspirata, non meno che pel modo in cui è condotta, si giudicò la monografia del MarminerTI: Il sistema Sankhya. Studio sulla filosofia indiana (Torino, 1896), in cui il giovane e modesto autore, premessa una introduzione storica, ed un'esposizione dei principii fonda- mentali che costituiscono il fondo comune di tutti i sistemi indiani, studia ordinatamente, in altrettanti capitoli, il sistema Sankhya quanto al mondo empirico, al principio assoluto, alle leggi sulla vita empirica ed alla liberazione, dando prova ad un tempo di soda erudizione e di sana critica in un argomento di cui vuol essere equamente valutata così la novità, come la difficoltà e l’importanza. 10° Del Moranpo la Commissione prese in esame l’opera intitolata: Il problema del libero arbitrio (Milano, 1895). Il lavoro che ha indole speculativa ed insieme storico-critica, scritto con una certa vivacità di stile, che raramente esorbita nella pole- mica, rivela la non mediocre coltura non meno che l’ardore delle convinzioni del suo autore. Non è sfuggito però nemmeno ai critici più benevoli di quest'opera, che essa contiene proposizioni le quali ben difficilmente si possono ammettere e presenta gravi lacune, come quella di non aver tenuto nessun conto del deter- minismo positivistico, cosicchè la soluzione del problema, che il Morando giudica di aver dato in modo definitivo, viene a tro- varsi, non foss’altro per questo lato, difettosa. 11° Il BarzeLLorTI, ben noto per altre sue pubblicazioni anteriori, ha un volume su Ippolito Taine. Il lavoro riscosse in Italia ed all’estero non pochi elogi, ed a ragione, perchè esso consiste in una lucida, fedele e completa esposizione di tutta 1088 CESARE NANI l'opera e di tutta la dottrina del filosofo francese, fatta anche in relazione collo svolgersi del pensiero europeo durante questo secolo. 12° Il BoBpa già ebbe a conseguire dalla R. Accademia dei Lincei un attestato d'onore ed un incoraggiamento, nel con- corso al premio reale del 1891, per il suo lavoro: La dottrina dell'intelletto in Aristotile e nei suoi più illustri interpreti, quando ancora l’opera era manoscritta. Riveduta ed ampliata in qualche parte la pubblicò il suo autore nel 1896. La trattazione è divisa sostanzialmente in due parti; nella prima delle quali il Bobba esamina la dottrina del voòg nelle opere originali di Aristotele; nella seconda espone le vicende di tale dottrina, cominciando dai discepoli immediati del. grande Stagirita; proseguendo dai commentatori greci, arabi, scolastici del Rinascimento fino ai dì nostri, e terminando con Rosmini. Ebbe lodi quest'opera per la conoscenza sicura, che l’autore vi dimostra, dei testi in cui Ari- stotele svolge la sua dottrina, come pure per la retta interpre- tazione datane. Piacque non solo l'esposizione di quella dottrina, ma anche l'esame che l’autore fa degli impulsi soggettivi che la determinarono, nonchè le relazioni messe in luce fra la teoria del voòg e l’altra dello stesso Aristotele, come con quelle di Platone. Nella seconda parte dell’opera notevole particolarmente fu giudicata l’analisi critica degli studi del Saint-Hilaire, del Chaignet, del Brentano e pregevole sopratutto l'esposizione del Rosmini, non meno per la franchezza della critica che, per l’or- dine e la chiarezza con cui è dettata. Vero è però che, d'altro canto, non lievi appunti furono mossi all'opera del Bobba, che parve a taluno peccasse di soverchia prolissità, e sforzandosi di essere troppo analitica assumesse qua e là quasi l'aspetto di una compilazione; come pure fu osservato che l'indagine, non pro- fonda quanto era necessario, si arresti talora a ciò che vi ha d’accidentale e di estrinseco in una dottrina, senza riuscire a penetrarne la più intima essenza. 13° È noto essere il Serer uno dei più valorosi cultori in Italia della scuola della psicologia fisiologica. Il suo libro: Principii di psicologia (Milano, 1894) forma un nuovo contributo a questo indirizzo di studii. Valendosi dei dati offertigli dalle RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DEI PREMII GAUTIERI 1089 osservazioni e dalle esperienze altrui come dalle proprie, l’autore vi esamina e largamente vi discute il gravissimo problema dei caratteri rudimentali della sensibilità, giungendo a questa im- portante conclusione che, cioè, tutti i sentimenti, qualunque sia la particolare maniera loro di manifestarsi, siano essi organici oppure ideali, avrebbero un centro unico, di guisa che anche i sentimenti estetici verrebbero ricondotti a questa comune ori- gine. Il Ribot, dando ampia notizia nella “ Revue philosophique , (1894, II, 654 segg.), di quest'opera, loda il suo autore di avere tenuto la diritta via, mentre altri mostrano di scostarsene. Per fermo, checchè si pensi di siffatte nuove tendenze che vanno manifestandosi nel campo della scienza, sia che si vogliano ac- cogliere o ripudiare, non meno degni di attenzione sono i ten- tativi come quelli del Sergi di ricostruire con accurate e pazienti investigazioni su nuove basi l’edifizio della scienza, poichè le antiche a molti più non paiono abbastanza solide e sicure. 14° Dello Zuccante ebbe la Commissione ad esaminare alcuni recenti lavori, i quali fanno fede della seria coltura, della attitudine alle ricerche filosofiche, e della rara temperanza nei giudizi del loro autore. Tali sono: Morale ed empirismo (Torino, 1894); L'aspetto biologico della condotta secondo Spencer (Roma, 1896); La storia della filosofia ed i rapporti suoi colla storia della coltura e della civiltà (Roma, 1896); Condotta buona e condotta cattiva secondo Spencer (Roma, 1896). Ma specialmente attras- sero l’attenzione della Commissione le due principali pubblica- zioni dello Zuccante, ossia Saggi filosofici (Torino, 1892) e La dottrina della coscienza morale nello Spencer (Lonigo, 1895). Am- bedue riportarono il premio ministeriale in un recente concorso presso la R. Accademia dei Lincei, e la Commissione, che le giu- dicò, ebbe a lodare, quasi senza riserve, nei Saggi la larga pre- parazione di studi storici e critici, l'attitudine al pensare esatto, con forza e coerenza, la cognizione ben meditata dei soggetti discorsi, la forma buona, lucida e corretta; nel lavoro sullo Spencer la critica spesso acuta e sagace con cui vi è studiata la trasformazione del pensiero spenceriano. Non è però da tacere che non in tutto sottoscrissero a questo autorevole giudizio altri critici, quali non ingiustamente, forse, nell'opera maggiore dello Zuccante, i Saggi, trovarono, insieme con qualche altro minore, Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 75 +090 CESARE NANI anche il difetto più grave di originalità nelle idee, sebbene pregevole sia parsa.anche a questi l'analisi chiara e sistematica che ivi si contiene dell'Etica di Aristotele. 15° Già nel 1889 il Creparo pubblicava il primo volume del suo lavoro: Lo scetticismo degli Accademici. Una eccellente monografia l’appellava il Picavet (“ Rev. Philos. , 1891, II, 314), e l'Accademia dei Lincei, tributandogli larghi elogi, lo ricom- pensava, nel concorso del 1891, con un premio ministeriale. Pochi anni di poi, cioè nel 1893, il Credaro, tenendo l'impegno contratto in certo modo coll'Accademia che l'aveva premiato, compieva l’opera sua colla pubblicazione del secondo volume. Ora è parso alla Commissione che questo volume (il solo che appartenga al periodo di tempo entro cui sono limitate le sue ricerche) col quale fu portata a termine l'impresa con felice ardimento iniziata dall'autore, sia in tutto degno di stare alla pari col primo, se pure in qualche parte non lo sopravanza quanto al valore scientifico. Quivi infatti, in due ampi capitoli intitolati “ La dottrina pratica , e * Posto dei nuovi Accademici nella Filosofia dei Greci, seguiti da un'appendice “ Gli scettici nell'epoca del Rinascimento , è descritto con mirabile evidenza tutto lo svolgimento storico delle dottrine dei nuovi Accademici fino al secolo XVI. Le stesse doti che già si erano notate nel primo volume risplendono pure nel secondo; una conoscenza sempre piena del soggetto, una grande famigliarità coi risultati più recenti della critica, una indipendenza non minore nell’ap- prezzarli e nel valersene. Perciò grazie alle dotte fatiche del Credaro, una nuova luce si diffuse sopra uno dei periodi più importanti ed oscuri del pensiero greco, intorno a cui non ci erano pervenute che notizie indirette; ed a lui è riuscito di trac- ciare con mano sicura un quadro in cui e le fonti e la storia esterna sulla scuola degli Accademici, ed i suoi rapporti con altre scuole, e la dottrina, l’intimo significato ed i limiti dello scetticismo accademico, ed i suoi antecedenti e susseguenti ap- paiono disegnati con giusto rilievo. L'opera costituisce un im- portante contributo alla storia della filosofia ed è tale, indub- biamente, da far onore alla scienza italiana. Ancora è da avvertire che il Credaro è pure un valente cultore delle discipline peda- gogiche, come lo prova la sua collaborazione al “ Dizionario di RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DEI PREMII GAUTIERI 1091 pedagogia , edito dal Vallardi, ed un articolo La pedagogia di Herbart, frammento di un’opera maggiore, pubblicato nella Rivista di Filosofia (1895, II, 266 segg.). 16° Del Mrvesi infine sembrò non priva di pregio l’opera intitolata: L'evoluzione studiata nel sistema delle sue cause (To- rino, 1896). Giunta a questo punto dei suoi lavori, la Commissione avendo, con grande concordia di pareri, fissato il suo giudizio intorno alle opere prese in considerazione, più non le rimaneva che decidere quali fra queste dovessero, a preferenza delle altre, ritenersi meritevoli di essere proposte pel conferimento dei premii. A questo riguardo essa si è inspirata al principio, che la scelta dovesse cadere su quei lavori che agli altri pregi unis- sero quello di una maggior importanza dell'argomento preso a trattare, e si distinguessero così per una più ampia esposizione, come per la maggiore originalità e profondità delle ricerche, per modo che fosse lecito crederli, con buon fondamento di ra- gione, destinati, se non a segnare una pietra miliare nel pro- gresso scientifico del paese, il che forse sarebbe troppo preten- dere, quanto meno ad imprimere una traccia non del tutto labile nel campo della scienza. Guidata da questo concetto, la Commissione esaminò e di- seusse a lungo il valor relativo di tutte le pubblicazioni dianzi accennate. Essendo sorto unanime il convincimento essere il caso di valersi della facoltà accordata dall’art. 4 del Regolamento, di dividere cioè il premio quando appaia uguale il merito di due lavori, fu deciso che si sarebbe fatto lo squittinio su quattro nomi. Raccolsero il maggior numero di suffragi quelli dei prof. CrepARO, Tocco, SercI e dott. MARTINETTI; perciò il voto della Commissione si è che ai due primi debba assegnarsi, per metà ciascuno, il primo premio, ed ai due ultimi, pure per metà, il secondo; imperocchè, appunto nelle opere di questi quattro autori, rifulgerebbero più luminose quelle doti che alla medesima erano parse principalmente commendabili. Queste sono le conclusioni a cui la Giunta è pervenuta ob- bedendo a criterii unicamente inspirati alla dignità della scienza; Atti della R. Accademia — Vol. XXXII. 75* 1092 CESARE NANI — RELAZIONE DELLA COMMISSIONE, ECC. criterii intieramente obbiettivi e spogli d'ogni prevenzione di sistemi e di scuole; queste le proposte che essa ha l'onore di presentarvi. A._ voi, onorevoli colleghi, spetta ora di pronunciare, nella vostra alta saviezza, il giudizio definitivo. Dopo la lettura di questa relazione l'Accademia procede alla votazione per il conferimento dei premii Gautieri ed, ac- cogliendo le conclusioni della Giunta, ne assegna uno diviso in due parti uguali ai professori Luigi CrepARO e Felice Tooco, e l’altro diviso pure in parti uguali al prof. Giuseppe SERGI ed al dott. Piero MARTINETTI. Gli Accademici Segretari AnpREA NAccari. Ermanno FERRERO. 1093 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 23 Maggio al 13 Giugno 1897. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** sì comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono. Actes de la Société helvétique des sciences naturelles, 78" session à Zermatt, 1895. Sion, 1896; 8°. * Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Entrega IV, t. XLIII. Buenos Aires, 1897; 8°. * Annales de la Faculté des Sciences de Toulouse. Tome XIe, 2° fase. Paris, 1897; 4°. Annali della R. Accad. d’Agricoltura di Torino, vol. 39°. Torino, 1897; 8°. Atti della fondazione scientifica Cagnola dalla sua istituzione in poi. Vol. XIV, 1895-96. Milano, 1896; 8° (dal R. Istituto Lombardo). * Atti della R. Accademia medico-chirurgica di Napoli. Anno LI, n. II. 1897; 8°. * Atti e Rendiconti dell’Ace. Medico-chir. di Perugia; vol. IX, f. 1°. 1897; 8°. Atti della Società Piemontese d’Igiene; anno II, fase. VIII; a. III, fase. I-II. Torino, 1897; 8°. * Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. T. LV, disp. 6°. Venezia, 1896-97; 8°. * Beitrige zur geologischen Karte der Schweiz herausg. von der Geolo- gischen KommisSion der Schweiz. N. F., VII. Liefer. Bern, 1897; 4°. Boletin mensual del Observatorio Meteorolégico central de Mexico; Enero e Febrero 1897. Mexico; 4°, Boletin mensual demografico de Montevideo. Aîio IV, n. 49. Monte- video, 1897. Bollettino Statistico mensile della Città di Milano; anno XII, dic. 1896; a. XIII, gennaio-aprile 1897; 4°. * * 1094 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA * Bollettino della Società di naturalisti in Napoli. Ser. I, vol. X, 1897; 8°. Bollettino quindicinale della Società degli Agricoltori italiani. Amno II, n, 1-10. Roma, 1897; 8°. Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino. Vol. XII, n. 268-295, 8°, * Bollettino mensuale della Società meteorologica italiana, Serie 2*, v. XVII, n. 1-4. Torino, 1897. * Bollettino medico-statistico dell'Ufficio d’igiene della città di Torino. Anno XXVI, n. 1-13 e Rendiconto dei mesi di gennaio ad aprile 1897. British Association for the Advancement of Science. Toronto Meeting 1897. Preliminary Programme. Toronto, 1896; 8°. * Bulletin of the Johns Hopkins Hospital, vol. VIII, Nos 70-73. Baltimore, 1897; 4°. Balletin mensuel de Statistique Municipale de la ville de Buenos-Ayres. XI° année (1897), n. 2-3; 4°. * Bullettino delle sedute dell'Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. Marzo 1897; fase. XLVI. Catania; 8°. ** Carte géologique internationale de l'Europe: 49 feuilles è l'échelle de 1:1.500000. Livraison I, II. Berlin, 1894-96; f°. * Communications de la Société mathématique de Kharkow. 2° Sér., t. V, n. 1-6; t. VI, n. 1. Kharkow, 1896-97; 8°. * Compte-Rendu des Travaux présentés à la 78" session de la Société Helvétique des sciences naturelles réunie à Zermatt. Genève, 1895-96 et Zurich, 1896; 8°. Comptes-Rendus des séances de la Commission permanente de l’Association géodésique internationale. Berlin, 1897; 4° (dono della Commissione). * Comptes-Rendas des séances de l’Académie des Sciences de Cracovie, janvier-mars, 1897; 8°. * Comptes-rendus des séances de la Société de Géographie; n. 9, 10. Paris, 1897; 8°. * Denkschriften der medicinisch-naturwissenschaftlichen Gesellschaft zu Jena. Bd. V, Liefg. IV-V; Bd. VIII, Liefg. III 1896; 4°. * Féldtani Kszliny kiadja a Magyarhoni Féldtani Tàrsulat. Vol. XXVII, n. 1-4. Budapest, 1897; 8°. * Johns Hopkins University Circulars. Vol. XVI, n. 129. Baltimore, 1897; 4°. * Journal of the Asiatie Society of Bengal. Vol. LXV, Part II, Natural Science, n. 8, 4; Part III, Anthropology and cognate Subjects, n. 1, 1896. Calcutta, 1897; 8°. Memorie della Società degli Spettroscopisti italiani Vol. XXVI, disp. 1-2. Roma, 1897; 4°. * Mittheilungen aus dem Jahrbuche der kén. ungar. geologischen Anstalt. XI Bd.; 2, 3 Heft. Budapest, 1897; 8°. * Nienw Archief voor Wiskunde. Tweede Recks. Deel III. Tweede Stuck. Amsterdam, 1897; 8° (dalla Società matematica). * Nouveaux Mémoires de la Société Helvétique des Sciences naturelles. Vol. XXXV. Genève, 1896; 4°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 1095 * Proceedings of the Royal Society. Vol. LXI, n. 372-874. London, 1897; 8°. * Proceedings of the Canadian Institute, Toronto. N. S. Vol. I, n° 1. Toronto, 1897; 8°. * Proceedings of the Asiatie Society of Bengal. N. VI-XI, 1896. Calcutta, 1897; 8°. Report of the Sixth-Sixth Meeting of the British Association for the Advan- cement of Science, held at Liverpool in September 1896. London, 1896; 8°. * Quarterly Journal of Geological Society. Vol. LIII, Part 2. Index to volumes I-L. London, 1897; 8°. * Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Vol. XXX, fase. X, XI. Milano, 1897; 8°. Resultados del Observatorio Nacional Argentino en Cordoba. Vol. XV. Buenos Aires, 1896. * Rivista mensile del Club alpino italiano. Vol. XVI, n. 1-5. Torino, 1897; 8°. * Rozprawy Akademii UmiejetnoSci wydziat Matematyezno-Przyrodniczy. Ser. II, t. XI-XII. Krakowie, 1896-97; 8°. * Sitzungsberichte der physikalisch-medicinischen Gesellschaft zu Wirzburg, n. 6-11, 1896. Wiirzburg, 1897; 8°. * Sitzungsberichte der k. Preuss. Akademie der Wissenschaften zu Berlin, I. 7 Januar 1897-XXV. 6 Mai 1897. * Stazioni sperimentali agrarie italiane. Vol. XXX, fase. 1-3. Modena, 1897; 8°. * Transactions of the Manchester Geological Society. Vol. XXV, p.1v-v1; 1897. ** Verhandlungen der physikalischen Gesellschaft zu Berlin. 16. Jahrg. Nr. 7. 1897; 8. * Verhandlungen der Schweizerischen Naturforschenden Gesellschaft bei ihrer Versammlung zu Zurich 1896. 79 Jahresversammlung; 8°. * Wiskundige Opgaven met de Oplossingen, door de leden van het Wiskundig Genootschap, ter sepreuke voerende: VII Deel. 3 Stuk. Amsterdam, 1897; 8°. ** Zeitschrift fiir physikalische Chemie. Bd. XV-XXII. Leipzig, 1894-97; 8 vol. 8°. * 7KypHax5 pyccraro pusmro-xmmngecgaro O6mecrsa mpu Mmmneparoperome C. Ierep6ypreroxs Yampepenterb; t. XXIX, n. 3, 4. 1897; 8°. Arcidiacono (S.). Studio comparativo sopra due tromometri normali diver- samente impiantati. Modena, 1897; 8° (dall’A.). Gonnelli-Cioni (A.). Educhiamo i fanciulli deboli di mente. Milano, 1896; 8° (Id.). Guareschi (I.). Einfiihrung in das Studium der Alkaloide mit besonderer Beriicksichtigung der vegetabilischen Alkaloide und der Ptomaine. II Halfte. Berlin, 1896; 8° (I4.). Riccò (A.). Sul lavoro della stazione internazionale all'Osservatorio di Catania per la carta fotografica del cielo. Roma, 1897; 8° (Zd.). 1096 PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA Riccò (A.). Sulla teoria di Wilson relativa al livello delle macchie solari. Roma, 1897; 8° (dall'A.). — (Grande sismometrografo di Catania. Catania, 1897; 4° (/d.). Tonduz (A.). Lista de las plantas disecadas que componen el herbario exhi- bido en la Exposiciéon centroamericana de Guatamala y Formado. S.José de Costa Rica, 1897; 8° (dal Museo Nacional). Underwod (C. F.). Fauna de Costa Rica. San José de Costa Rica, 1897; 8° (Id.). Zona (T.). Latitudine del R. Osservatorio astronomico di Catania determi- nata nel 1894 col metodo di Talcott. Firenze, 1896; 4° (dall'A.). Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Dal 30 Maggio al 20 Giugno 1897. * Anules de la Universidad (Republica Oriental del Uruguay). VIII, Entr. 48. Montevideo, 1896; 8°. * Atti della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti della Società R. di Napoli. Vol. XVIII, 1896-97; 4°. ** Bibliotheca philologica classica. Vol. XXIV, 1897. Trimestre primum. Berolini; 8°. * Bollettino delle Pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa (Bibl. Naz. Centr. di Firenze); 1897, n. 265-275; 8°. Bollettino di Legislazione e Statistica doganale e commerciale. Anno XIV, Gennaio-Marzo 1897. Roma; 8° (Ministero delle Finanze). * Bulletin of the New York Publie Library. Vol. I, N. 5, 1897; 8°. * Comptes-rendus de l’Athénée Louisianais. 6° sér. Tom. I, livr. 39°. Nouvelle-Orléans, 1897; 8°. * Documente privitore la Istoria Romànilor culese de Fudoxiu de Hurmu- zaki. Vol. II, Part. 5* (1552-1575); IX, Part. 1* (1650-1747). Bucuresci, 1897; 4°. * Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XIX, fasc. II. Genova, 1897; 8°. * Journal of the Asiatie Society of Bengal. Vol. LXIV. Part I, History Literature, n. 4. LXV, n. 8, 4. Calcutta, 1897; 8°. * Memorie del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Classe di lettere e scienze storiche e morali. Vol. XX, XI della ser. III, fase. V. Milano, 1897; 4°. * Memorie dell'Accademia di Verona (Agricoltura, Scienze, Lettere, Arti e Commercio). Vol. LXXII, serie III, fasc. 3, 4. Verona, 1896; 8°. * Nachrichten von der K. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gùttingen. Philologisch-historische Klasse, 1897, Heft 1; 1897. Gòttingen; 8°. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALLA R. ACCADEMIA 1097 ** Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia. Vol. I, 1897, fol. 1-25; 8°. Rosario (Il) e la Nuova Pompei. Anno VII, n. 1-5; XIV, quad. 1-2. Valle di Pompei, 1897; 8°. Sanskrit Critical Journal of the Oriental Nobility Institute, Woking; England, Vol. XXVI, n. 2-5, 1897; 8°. Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione, dal 1° Genn. al 30 Aprile 1897. Roma; 8° (dal Ministero delle Finanze). Campagne del Principe Eugenio di Savoia. Vol. IX, X (I della II serie). Torino, 1896-97 (dono di S. M. il Re d'Italia). Marre (A.). Glossaire explicatif des mots de provenance malaise et java- naise usité dans la langue frangaise. Epinal, 1897; 8° (dall A.). Mugnier (F.). Compte rendu des travaux de la Société Savoisienne d’histoire et d'archéologie. Travaux de la Société d’arehéologie et, beaux-arts de Turin. Evians-les-Bains, 1897; 8° (Id.). Sforza (G.). Contributo alla storia della poesia popolare negli anni 1847- 1849. 1897; 8° (Zd.). Pélissier (L.-G.). Louis XII et Ludovie Sforza (8 avril 1498-23 juillet 1500). Paris, 1896, 2 vol.; 8° (I4.). * Sanuto (M.). I Diarii, t. XLIX, fase. 208, 209. Venezia, 1897; 4°. 1098 INDICE DEL VOLUME XXXII ELenco degli Accademici residenti, Nazionali non residenti, Stranieri e Corrispondenti al 15 Novembre 1896 . È D NEGRE Avviso di presertare lavori per gli Atti anche non tenendo l’adu- nanza la Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali per causa delle elezioni generali politiche Designazione dei Soci Cossa e Spezia a iii l' pEr al Congresso Geologico di Mosca ELezioni di Soci della Classe di scienze fisiche, hrs e na turali . } - x 7 : A 3 . 310, 342 ELezioni di Soci della Classe di scienze morali, storiche e filologiche, 356 Etezione del Socio Segretario della Classe di scienze morali, storiche n 529 Pac) e filologiche . s 1054 Errata- Corrige 2 1107 Premi pi Fonpazione GAUTIERI. Relazione . : ; È . } ; » 1082 Conferimento dei cit to filosofia 7 ‘ Ò Ò Ò » 1092 Programma per l'XI premio Bressa È o s 463 Suwnmi degli Atti verbali delle Adunanze a Classi Unite z 4 » 1082 Sunmi degli Atti verbali delle Adunanze della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali ) i I; 135, 191, 245, 309, 341, 361, 385, 469, 529, 561, 669, 713, 779, 849, Sunri degli Atti verbali delle Adunanze della Classe di Scienze mo- rali, storiche e filologiche . Ù 159, 240, 275, 331, 356, 377, 444, 486, 537, 656, 631, 841, ‘1053. Pussiicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze di Torino (Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali) . } 186, 241, 300, 335, 357, 382, 465, 525, 664, 708, 775, 842, 1093. PussLicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze di Torino (Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche) . » 1122, 188, 242, 306, 338, 359, 383, 467, 526, 560, 667, 711, 777, 847, 10967 ”» 66, si. 408; INDICE DEL VOL. XXXII 1099 Armonerti (Cesare) — Determinazione relativa della gravità terrestre a Torino fatta nel 1896 mediante l'apparato pendolare di Sterneck È S i x - : x ; ” . Pag. 115 ArLrevo (Giuseppe) — Di alcune forme speciali della vita psichica , 276 — Intorno al libro del prof. D. Carlo Carzi: Popolo inglese e cat- tolicismo Auxmansi (Emilio) — Sulla deformazione di una sfera elastica soggetta al calore : " S > È È " 7 A — a 968 — V. Vorrerra (Vito). Arnò (Riccardo) — Fasometro delle tangenti . , i ”» 298 Bar8r (Vittorio) — Effemeridi del Sole e della Luna per reo i di Torino e per l’anno 1898. ì ì i ; . , 1034 Barrori (Adolfo) — V. Carre (Giuseppe). BamristINi (Ferdinando) e Scorowxe (Lorenzo) — Ricerche sperimen- tali sulla tossicità del sangue di animali profondamente ane- mici. — Parte prima . ; È 1 ; ì È 7 » 598 — — Ricerche sperimentali sugli effetti della trasfusione nel- l'anemia da emolisi. — Parte seconda . d i E » 897 Betti (Saverio) — V. GiseLni (Giuseppe). Bexepicenti (Alberico) — Ricerche sulla tonicità muscolare. n 924 Berti (Domenico) — V. Carte (Giuseppe). — V. Cossa (Alfonso). Bertini (Eugenio) — Le tangenti oct: i della eta di una quartica piana generale . : : c SI32 Berrazzi (Rodolfo) — Sulla definizione del gruppo guitO È c n 392 Bizzozero (Giulio) — V. Mosso (Angelo) e Bizzozero (Giulio). Borris (Giovanni) — Sull’epidoto della Comba di Compare Robert (Avigliana) . A È È È , : ; - : 670 Borrito (Giuseppe) — Albigesi a Genova nel secolo XIII . 6 a 161 Borrari pr Sarxr-Prerre (Emanuele) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un lavoro manoscritto di Monsignor Giuseppe Augusto Duc, intitolato: Livre des cens de l'évéché d'Aoste . n È b E : È i : 3 ° » 931 — Ritira il lavoro presentato per l'inserzione nei volumi delle Memorie da Mons. Augusto Giuseppe Dvc, intitolato: Livre des cens de l’éveché d'Aoste (1305) . 4 5 1 5 5 n 5838 Boxsean (Giuseppe) — V. Carre (Giuseppe). Brusmanx (Carlo) — Eletto Socio straniero . n { È 7 , 856 Brusa (Emilio) — Legge una nota sulla cattura del Doelwyk nel Mar Rosso . " pi 5 ; si à É , lè » 486 1100 INDICE DEL VOL. XXXII Burari-Forti (Cesare) — Le classi finite Pag. 34 — Sopra un teorema del sig. G. Cantor. » 229 Carzi (Carlo) — V. ALuievo (Giuseppe). Camerano (Lorenzo) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un manoscritto del Dott. E. GiaLio-Tos, intitolato: La struttura e l'evoluzione dei corpuscoli rossi nel sangue dei vertebrati î 5 e Sarvapori (Tomaso) — Relazione intorno alla Memoria del Dott. Ermanno GisLro-Tos, intitolata: La struttura dei corpu- scoli rossi nel sangue dei vertebrati z a : Ricerche intorno alla struttura della mano e delle ossa pel- viche nella Balaenoptera musculus Sul Peripatus quitensis Schmarda Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un suo lavoro, intitolato: Monografia dei Gordii . 3 > i È V. Giserri (Giuseppe) e Camerano (Lorenzo). Caxperti (Adolfo) — Sul moto di un dielettrico in un campo ma- gnetico . È > 5 È È . 5 , : Dell'influenza della temperatura sulla velocità degli ioni Cannizzaro (Stanislao). — V. Cossa (Alfonso). Carre (Giuseppe) — Comunica il telegramma di felicitazione inviato per le nozze di S. A. R. il Principe di Napoli . Annunzia la morte del Socio straniero Ernesto Curmivs . Annunzia la morte dei Soci corrispondenti Augusto Kekuré ed Adolfo BarroLi Presenta il volume: 12 Montenegro da relazioni dei provveditori veneti (1687-1735) donato da S. M. il Re d’Italia Annunzia la morte del Socio corrispondente Giuseppe Boxseax Annunzia la morte del Socio nazionale residente Galileo FERRARIS è È s È à 5 : : . Parole in commemorazione del Socio nazionale residente Ga- lileo FerrARIS î 7 I, , 4 " ; È Annunzia la morte del Socio nazionale residente Luigi Scmu- PareLLI e del Socio corrispondente Patrizio Gexxari Annunzia con brevi parole la morte del Socio nazionale resi- dente Luigi ScHRIAPARELLI x È ; È ; Annunzia la morte del Socio corrispondente Alfredo Luigi OLrviero Lecranp Des CLorzeauX Cesaris-Demer (Antonio) — Sull'origine infettiva della corea Cirorra (Carlo) — P. M. Perret e i suoi studì sulla storia franco- veneziana nell'evo medio 136 237 311 395 850 52 997 71 INDICE DEL VOL. XXXII 1101 Crrorra (Carlo) — Alcuni studi per la storia della “ saltaria , in un villaggio del Veronese (1524-1578) . , i; 3 . Pag. 487 L'impresa di Luigi XII contro Lodovico Sforza narrata da L. G. Pélissier . o : ? ; D ; È 3 » 1055 Di un falso diploma di Berengario I. ; x n ; ” 1061 Craretta (Gaudenzio), Nani (Cesare), Ferrero (Ermanno) — Relazione sul lavoro del Cav. Giovanni Srorza: Francesco Sansovino e le sue opere storiche . o sot 7 i È ‘ È n 919 Crarerta (Gaudenzio) — Di alcuni agnati di Antonio Rosmini a Torino sul principio del secolo XVIII . : . c : " n 539 Comunica il telegramma inviato dalla Presidenza a S. E. il Ministro della R. Casa di Sua Maestà il Re per lo scampato pericolo dell'attentato : È 3 7 ; è - , 681 Annunzia la morte del Socio nazionale non residente Dome- nico Berti . i È ; 5 P : : à È 681 ”» Annuncia la morte del Socio corrispondente Filippo Serarini , 759 Legge un suo lavoro destinato ai volumi delle Memorie su Mercurino Gattinara Cancelliere dell’imperatore Carlo V 682, 759, 841 Sunto della Memoria: Notizie per servire alla vita del Gran Cancelliere di Carlo V, Mercurino di Gattinara. Studio critico , 759 (Alfonso) — Partecipazione del telegramma di felicitazioni a S. M. il Re per le nozze di S. A. R. il Principe di Napoli " 1 Invita la Classe a partecipare alla solennizzazione del settan- tesimo natalizio del Prof. S. Cannizzaro . È : . 1 Sulla costituzione delle combinazioni di platosemiammina n 988 Annunzio della morte dei Soci stranieri Carlo WererstRAss e Giacomo SyLvEsTER . : ; ” 5 R Ù ti 561 Comunica il telegramma inviato dalla Presidenza a S. E. il Ministro della R. Casa di Sua Maetà il Re per lo scampato pericolo dell’attentato . s 669 Annunzia la morte del Socio nazionale non residente Dome- nico Berti . 6 5 5 5 E 5 5 ò 7 669 Annunzia la morte del Socio corrispondente conte Vittore Tre- visan DI Sarnt-Lféon . ” . a È > " 7 Si! Annunzio della morte del Socio corrispondente Giulio von Sacus . ” - . . o 849 V. Spezia (Giorgio) e Cossa (Alfonso). Creparo (Luigi) — (Gli è conferito uno dei premii di fondazione Gautieri (Filosofia) x 5 4 4 E o È È »i 1092 Currivs (Ernesto) — V. Carte (Giuseppe). V. Ferrero (Ermanno). Dappi (Lamberto) — V. Treves (Zaccaria) e Danni (Lamberto). 1102 INDICE DEL VOL. XXXII Daunrée (Gabriele Augusto) — V. Seezra (Giorgio). Des CLorzeavux (Alfredo Luigi Oliviero Légrand) — V. Carre (Giuseppe). D'Ovipro (Enrico) — Breve commemorazione dei Socii stranieri Carlo Werrerstrass e Giacomo SyLvesTER . ; : : . Pag. 562 Druerti (Alessandro) — Ritira la Memoria presentata per l'inserzione nei volumi, intitolata: Studi sulle rocce italiane impiegate come materiale da costruzione (Arenaria di Casella) . È è + 309 — V. Gumr (Camillo). Duc (Augusto Giuseppe) — V. Borrami pr Sarxr-Prerre (Emannele). Favero (Giambattista) — Eletto Socio corrispondente î è » 310 Feruinr (Diego) — Il problema di Pothenot 3 ” . > » 320 Ferraris (Galileo) e Naccari (Andrea) — Relazione sulla Memoria del Dott. Ing. Luigi Lomsarpr, avente per titolo: Ricerche sulle sostanze diamagnetiche o debolmente magnetiche . ; ; »s 156 Ferraris (Galileo) — V. Cante (Giuseppe). — V. Naccari (Andrea). — V. Sere (Corrado). Ferrero (Ermanno) — Ernesto Curtivs. Parole commemorative. 4 RIO — Sul corredo dei sepolereti di Ornavasso . x : : gi 76 — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un lavoro del Cav. Giovanni Sforza, intitolato: Francesco Sansovino e le sue opere storiche . È È : : ; - ; » 275 — I titoli di vittoria di Costantino x È n . 657, v. p. 1107 — V. Crarerta (Gaudenzio), Nanr (Cesare), Ferrero (Ermanno). Freni (Michele) e Powzio (Giacomo) — Trasformazione dei chetoni in a-dichetoni . î : È ; 5 È : x 2 SZ Fiorini (Matteo) — Eletto Socio corrispondente . F : , s 310 Fiscner (Emilio) — Eletto Socio corrispondente . ; È » » 342 Foà (Pio) — Sull'infiammazione interstiziale . È î 5 » 852 Fraxcsni (Secondo) — Sulla presenza del nuovo minerale Larsonite come elemento costituente in alcune roccie italiane - » 260 Gasorro (Ferdinando) — Un conflitto giurisdizionale in Piemonte nel 1234 (Contributo alla Storia del diritto ecclesiastico nel Medio Evo) . n MI È : x : , s E s 545 Garsasso (Antonio) — Sopra un sistema diciclico imperfetto, che rappresenta una coppia di circuiti forniti di induzione e di ca- pacità . È 5 Ì + 1008 Gesnari (Patrizio) — V. Carte (Giuseppe). Gerini (Gio. Battista) — V. Rossr (Francesco). Giacomini (Carlo) — Anomalie di sviluppo dell'embrione umano. Co- municazione X . ; ° a cri ut (chieda 1348 INDICE DEL VOL. XXXII 1103 GresrLi (Giuseppe) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un lavoro del Dott. Saverio Betti, intitolato: Hiera- cium di Sardegna. Rivista critica delle specie enumerate nella “ Flora Sardoa , del Moris e nel © Catalogue raisonné , di W. Barbey . î : : È . x x È . Pag. 780 — e Camerano (Lorenzo) — Relazione del lavoro del Dott. Saverio BsLu, col titolo: Hieracium di Sardegna. Rivista critica delle specie enumerate nella © Flora Sardoa , di Moris e nel “ Ca- talogue raisonné , di W. Barbey ecc. : : 7 : ” 1051 Grerro-Tos (Ermanno) — L'ematopoesi nella lampreda . i » 962 — V. Camerano (Lorenzo). Granpe (Ernesto) — Azione dell'etere cianacetico sopra il metiletil- chetone in presenza di ammoniaca . i : È È » 434 Guarescni (Icilio) — Su alcuni nuovi composti cupro-ammonici Pe93 — Nuove ricerche sulla sintesi dei composti piridinici e la rea- zione di Hantzsch ° : . : : ° : 9 71399 Gurpi (Camillo) — Sul calcolo delle travi a parete piena . x 137 — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un mano- scritto dell'Ing. Alessandro Druermi, intitolato: Studi sulle rocce italiane impiegate come materiale da costruzione (Arenaria di Casella) È s 5 è î i ò È , À = 2405 Keguré (Augusto) — V. CarLe (Giuseppe). Kreix (Felice) — Eletto Socio straniero È i x È ? PR3IO. Lampe (Émile) — Sur quelques erreurs dans les “ Nuove tavole delle funzioni iperboliche , de M. A. FortI 5 E " 3 ,s 5830 Lomsarpi (Luigi) — V. Naccari (Andrea). MarineLLI (Giovanni) — Legge una Commemorazione del Socio cor- rispondente barone Cristoforo NeGrI, destinata ai volumi delle Memorie ° x 5 0 d a 3 7 4 9 s 445 MarmsertI (Piero) — Gli è conferito uno dei premii di Fondazione Gautieri (Filosofia) . 3 : i, ; : 1 : , 1092 Mascarr (Eleuterio) — Eletto Socio corrispondente . : 7 n OLO MovriceLLI (Francesco Saverio) — A proposito di una Medusa del Golfo di Cagliari ; , i, E ; 5 ; : » 888 Mosso (Angelo) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un lavoro dei Dottori Zaccaria Treves e Lamberto Dappr, in- titolato: Osservazioni sull’asfissia lenta , x | : n 089 Mosso (Angelo) e Bizzozero (Giulio) — Relazione sulla Memoria dei Dottori Zaccaria Treves e Lamberto Dappr, intitolata: Osser- vazioni sull'asfissia lenta . a : È 3 3 ; » 839 1104 INDICE DEL VOL. XXXII Naccari (Andrea) — Comunica un manoscritto del signor Raphael Gayo y Pacomo, intitolato: Méthode pour la détermination des coordonnées géographiques etc. . . ; è e . Pag. 2 — A nome del Socio Galileo Ferraris presenta per il volume delle Memorie un manoscritto dell'Ing. Luigi Lomsarpr, intito- lato: Ricerche sopra sostanze diamagnetiche e debolmente magne- tiche. î È : } - . Po é r È 3 2 — Comunica l'invito al Congresso geologico che si terrà que- st'anno a Pietroburgo . È , ì È ; i à »s 470 — Comunica due circolari, una relativa al Congresso dei mate- matici in Zurigo e l’altra relativa al Congresso geologico da tenersi in Pietroburgo è > : È Z : - si 05 — Legge la commemorazione del Socio Galileo Ferraris, che sarà inserita nei volumi delle Memorie . ; - È » 849 — V. Ferraris (Galileo). Naxr (Cesare) — Eletto alla carica triennale di Segretario della Classe di scienze morali, storiche e filologiche . ; ; 2 » 1054 — Relazione della Commissione dei premii Gautieri. Anno 1891-1896 (Filosofia e Storia della filosofia) 3 5 ) L x s 1082 — V. Crarerta (Gaudenzio), Naxi (Cesare), Ferrero (Ermanno). Neeri (Cristoforo) — V. MarineLLi (Giovanni). NiccoLerti (Onorato) — Sulla trasformazione delle equazioni lineari omogenee del secondo ordine a derivate parziali con due variabili indipendenti. Nota I, II ; È - x » 790,970 Osasco (Elodia) — Di alcuni Corallari miocenici del Piemonte. »s 640 Pascar (Carlo) — La leggenda latina e la leggenda etrusca di Servio Tullio . ° ; } x È " a é î È » 760 Pasquari (Adalberto) — Azione dell'etere cianacetico e dell'ammo- niaca sui chetoni grassi : 5 - 2 : 4 3 » 419 ParerrA (Federico) — Vacella, giureconsulto mantovano del sec. XI, 89 — Il manoscritto 1317 della Biblioteca di Troyes “ 5 » 446 Peano (Giuseppe) — Studii di logica matematica . È Z »s 565 Pévissrer (L. G.) — V. Cirorra Carlo. Perrer (P. M.) — V. Creorta (Carlo). Picarp (Emilio) — Eletto Socio corrispondente . : a 5 » 810 Pieri (Mario) — Sugli enti primitivi della Geometria proiettiva astratta » 843 Prorri (Giuseppe) — V. Spezia (Giorgio). Poxzio(Giacomo)— Azione del tetrossido d'azoto sugli isonitrosochetoni, 265 — V. Ficeri (Michele) e Poxzio (Giacomo). Quenpa (Enrico) — Azione dell'ammoniaca e dell'etere cianacetico sull’etere etilidenacetacetico e sull'aldeide etilica . ° »s 407 INDICE DEL VOL. XXXII 1105 Rammerssero (Carlo Federico) — Eletto Socio corrispondente . Pag. 342 Raxorino (Angelo) — Sopra alcune proprietà delle curve nello spazio in relazione con la loro curvatura e torsione . A : n 471 Rawsay (Guglielmo) — Eletto Socio corrispondente . 2 a n 342 Ravené (Gustavo) — Sulle perturbazioni prodotte dai piccoli pianeti , 144 Rizzo (Gio. Battista) — Ricerche spettroscopiche sull’Argon . n 830 — Valori assoluti e variazioni secolari degli elementi del ma- gnetismo terrestre a Torino > È 3 o 5 È » 1022 Roccari (Alessandro) — Ricerche sulla provenienza del materiale roccioso della Collina di Torino » 816 Rossi (Francesco) — Parole pronunziate presentando il libro del Prof. G. B. Gerni, intitolato: Gli scrittori pedagogici italiani del secolo decimoquinto . E - : b È n . RE68 Sassarani (Luigi) — Di alcuni derivati dell'etere propionilpropionico , 249 Sacrs (Giulio von) — V. Cossa (Alfonso). Sarvapori (Tomaso) — V. Camerano (Lorenzo) e SaLvapori (Tomaso). ScnrapareLti (Luigi) — V. Carre (Giuseppe). Scaraur (Alberto) — Eletto Socio corrispondente 5 à 1 n 342 Scorone (Lorenzo) — V. BarrIstIni (Ferdinando) e Scoroxe (Lorenzo). Sere (Arturo) — Una questione tra Carlo III, duca di Savoia, e don Ferrante Gonzaga, luogotenente imperiale in Italia, nel 1550 , 170 Segre (Corrado) — Intorno ad una mia Memoria: Sulla scomposizione dei punti singolari delle superficie algebriche . - o =» 781 — Presenta per l’inserzione nei volumi delle Memorie un lavoro del defunto Socio Galileo FerrarIs, intitolato: Teoria geome- trica dei campi vettoriali, come introduzione allo studio del- l'elettricità, del magnetismo ecc. . 3 3 4 . : n 869 — V. Votrerra (Vito) e Sere (Corrado). SerarIni (Filippo) — V. Crarerta (Gaudenzio). Serci (Giuseppe) — Gli è conferito uno dei premii di fondazione Gautieri (Filosofia). ; ; . 5 2 1 5 » 1092 Srorza (Giovanni) — V. Crarerta (Gaudenzio), Nani (Cesare) e Fer- rero (Ermanno). — V. Ferrero (Ermanno). SpagnoLo (Antonio) — Intorno all'origine dei testi di diritto cano- nico contenuti in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona . 7 7 S È A 3 z g o 5 m009 Seezia (Giorgio) — Gabriele Augusto Dausrée. Commemorazione. , 246 — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un lavoro del Dott. Giuseppe Piouri, intitolato: Sull'origine della magne- site di Casellette . È ; ; : È x È » 387 1106 INDICE DEL VOL. XXXII Spezia (Giorgio) e Cossa (Alfonso) — Relazione sulla Memoria del Dott. Giuseppe Proumi, intitolata: Sull'origine della magnesite di Casellette (Valle di Susa) P le À P P . Pag. 484 — Sull'acqua di cava . - . È È A "i s » D84 SyLvester (Giacomo) — V. Cossa (Alfonso). — V. D'Ovipio (Enrico). Tamassra (Nino) — Fonti gotiche della storia longobarda . Ù . 683 Tepoxe (Orazio) — V. Vorrerra (Vito). Tocco (Felice) — Gli è conferito uno dei premii di fondazione Gau- tieri (Filosofia) . è Lo : y È : È . , 1092 Treves (Zaccaria) e Danpi (Lamberto) — V. Mosso (Angelo). Trevisan pi Sarnt-Liéox (Vittore) — V. Cossa (Alfonso). Varcati (Giovanni) — Sul concetto di centro di Fon nella statica di Archimede : ; 742 — Il principio dei lavori virttiali di Avistotali a j'Erone d' Aes” sandria . o } : k È : 5 ; i à » 940 Vorrerra (Vito) — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un manoscritto dell'Ing. Emilio ALmaxsi, intitolata: Sulla de- formazione della sfera elastica —. x » 245 — e Sxcre (Corrado) — Relazione sulla Menna ETà Dott. En- rico ALmansi, intitolata: Sulla deformazione della sfera elastica , 329 — Presenta per l'inserzione nei volumi delle Memorie un lavoro del Prof. Orazio Tepoxe, intitolato: Sulle vibrazioni dei corpi solidi omogenei ed isotropi . ; 470 — e Sere (Corrado) — Relazione sulla Meinbria del Prof. Oasi Tepoxe, avente per titolo: Sulle vibrazioni dei corpi solidi omo- genei ed isotropi . 3 : x È a } »s 654 — Un teorema sugli integrali sarti Ù u : x : » 859 Warcox (Alessandro Enrico) — Eletto Socio straniero L : » 556 Wererstrass (Carlo) — V. Cossa (Alfonso). — V. D'Ovmro (Enrico). Zexoni (Costanzo) — Ricerche sperimentali sul lavoro. muscolare nel- l’aria compressa . 3 3 — Sulla partecipazione degli PITISE ipa ia delle” meningi 9 - : è : È È ; £ s n SLI Ixpice . , . , È 4 " " , E È E » 1098 -—oeao Torino — Vixcenzo Boxa, Tipografo di S. M. e de' RR. Principi. MERE 10: 30: 25: ERRATA der Untergang des VII VIN Costanzo II CORRIGE des Untergangs der V VE Costante (OL Y ea DIF * ATTI DELLA R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE DE -:TO RIN PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI Vor. XXXII, Disp. f*, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1896 DISTRIBUZIONE DELLE SEDUTE DELLA R, ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO nell’anno 1896-97 diviso per Classi Classe di Sclenze Classe di Scienze fisiche, matematiche morali, storiche e naturali e filologiche 22 Novembre 6 Dicembre 3 Gennaio 7 n 31 » 14 Febbraio 1896 co Novembre 1896 13 Dicembre » 27 » 1897 4 Gennaio - 1897 Veri Oa ta LA Lt LARNUIITISIO CIR, IL 13 Giugno SOMMARIO fico degli Accademici residenti, Nazionali non residenti, Stranieri e_ Corrispondenti . .. ; 1 + x ‘ ; i . Pag. 1 EL P, Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. f Ì ADUNANZA del 15 Novembre 1896 . 3 ; ; Pag A i Zexonr — Ricerche sperimentali sul lavoro muscolare nell'aria com- : pressa . i É ; pi 3 Giacomni — Abiviate di ariitopò dell’ Sintiiose umano . ; or: Bermxt — Le tangenti multiple della Cayleyana di nna quartica piana generale 3 4 È : 3 x ; 4 i Regi Buriri-Forti — Le classi finite . r .. 84 Camperti — Sul moto di mn dielettrico in un Gastpo ‘Aîguotivo Ss: (A Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. ADUNANZA del 22 Novembre 1896 . x Ò n . Pag. 66 Ferreno — Parole commemorative sn Ernesto Currius . . < eri: | | Gieorra — P. M. Perret e i suoi studî A storia franco-veneziana nell'evo medio. ; : È ) : È TA Ferrero — Sul corredo dei depogtani di Omeoliio ; E > 18 Parterra — Vacella, giureconsulto del secolo XII ; , ; su BI ‘ Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 21 Giugno al 15 Novembre 1896 (Classe di Scienze Fisiche, Matematiche è Naturali) . : A 4 ; No ì a 2 » s 108 Pubblicazioni ricevnte dalla R. Accademia delle Scienze dal 28 Giugno al 22 Novembre 1896 (Classe di Scienze Morali, Storiche è Pilo- logiche) |. lA IO ; È 3 : ; » 122 Tio. Vibmaze Bona — Torina di: DE EOREN O PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1896 ADUNANZA del 29 Novembre 1896 . “Gum: — Sul calcolo delle travi a parete piena . E Raven — Sulle perturbazioni prodotte dai piccoli pianeti È LA Fenranis — Relazione sulla Memoria del Dott. Ing. Luigi Lownarpi avente per titolo: “ Ricerche sulle sostanze diamagnetiche or de Costalvdle magnetiche , 4 : È ù 7 i ADUNANZA del 6 Dicembre 1896. isBiaterzo — Albigesi a Genova nel secolo XIll . PR _Seone — Una questione tra Carlo IH, duca di Savoia; e don Ferran Gonzaga, luogotenente imperiale in Italia, nel 1550, ha — Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 15 RE 29 Novembre 1896 (Classe di Scienze e, Matematiche e Na- RM turali) ‘ 4 Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze” dal 28 No- vembre al 6 Dicembre 1896 (Classe di Scienze Morali, FIOrIcRa, LE: di Filologiche) Vor. XXXII, Disp. 3°, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1897, PRE va E co BR ec a . da DI SEFORETE Classe di Scienze inse Matematiche e Neturali. ADUNANZA del 18 Dicembre 1896 . Pag. 191 91 ? a. Guarescni — Su alcuni nuovi composti cupro-ammonici Vieri e Poxzio — Trasformazione dei chetoni in a-dichetoni Burarr-Forrr — Sopra un teorema del sig. G. Cantor : Camerano — La struttura e l'evoluzione dei corpuscoli rossi del sangu nei vertebrati . ADUNANZA del 20 Dicembre 1896 . Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 29 No: = ra vembre al 13 Dicembre 1896 (Classe di Scienze Fisiche, Matema- | j tiche e Naturali) È 2 Pubblicazioni ricevute dalla R. Noce delle Baldea da: 6a “Ri 20 Dicembre 1896 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Pilologiche) ,. ni DI-TORENO PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1897 * 24 Thai È x. tt) pa SOMMARIO A ADUNANZA del 18 Dicembre 1896 . Serzia — Commemorazione di Gabriele Augusto Daubrée. . Sagnatani — Di alcuni derivati dell'etere propionilpropionico .. TAO Fraxcni — Sulla presenza del nuovo minerale Laresonite come. ele Li mento costituente in aleune roccie italiane . ; né 26 Ponzio — Azione pa tetrossido d'azoto sugli faomitrosochetoni! Me. e an Classe di Scienze Morali, Storiche e co a © ADUNANZA del 20 Dicembre 1896... . . . P Avuievo — Di alcune forme speciali della vita psichica . - Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 29 Pa 9 A vembre al 13 Dicembre 1896 (Classe di Scienze Fisiche, Mele ve a tiche e Naturali) . . 3 5 h 7 «ire Pubblicazioni ricevute dalla R. i ect delle Scienze dal 6 all = 20 Dicembre 1896 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche) » Vor. XXXII, Disp. 5*, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1897 ADUNANZA del 10 Gennaio 1897 3 Camerano — Ricerche intorno alla struttura della mano e delle ossa ES pelviche nella Balaenoptera musculus <. -/ x | Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. SE ADUNANZA del 17 Gennaio 1897 . . . <. . Pug.î Arttievo — Intorno al libro del prof. D. Carlo Caxzi: “ Popolo inglese Ù " e caltolicismo , v > a È x x î SR Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 27 Di sn cembre 1896 al 10 Gennaio 1897 (Classe di Scienze Fisiche, Ma-. tematiche e Naturali) < > s ; : x A . Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 3 al 17 Gennaio 1897 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche) = sa COR. AOCADEMIA DELLE SCIENZE F DI TORINO PUBBLICATI — DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI Vor. XXXII, Disp. 6*, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della K. Accademia delle Scienze 1897 Li P. «e PAT vo eg . SVI o “e DATA 3 PIE (I ERE REC Ple r fi pre [X . ML 4’ ce 2 SOMMARIO ADUNANZA del 24 Gennaio 1897 Pieri — Sugli enti primitivi della Geometria proiettiva astratta Berrazzi — Sulla definizione del gruppo finito | « LR I ù FI 1 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologia ADUNANZA del 31 Gennaio 1897 | Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 10 al ca 24 Gennaio 1897 (Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Na- turali) . ao : 1 LISTE dice Lia CE Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 17 al 31 Gennaio 1897 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiché) , » “gd (a fr dI Dr * Tp. Vineanzo Bana — Torino PERO RENO PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI Vor. XXXII, Disp. 7°, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1897 SOMMARIO Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Natur ADUNANZA del 7 Febbraio 1897 Gratio-Tos — L'ematopoesi nella lampreda ADUNANZA del 14 Febbraio 1897 Crarerra — Relazione sul lavoro del Cav. Giovanni Srorza: * Fran- cesco Sansovino e le sue opere storiche, .°/.°/ 0.0 a Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 24 Gen- È naio al 7 Febbraio 1897 (Classe di Scienze Fisiche, Matematiche | e Naturali) 386 Pubblicazioni ricevute dalla R. ina delle Scienze dal 31 Gessi naio al 14 Febbraio 1897 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Filo. : logiche) ” 2 : : | É . ACCADEMIA DELLE SOTENZE — x | — PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI I Co I i Vor. XXXII, Disp. &*, 1896- | QARLO CLAUSEN Camerano — Sul “ Peripatus Quitensis , Schmarda Guarescni — Nuove ricerche sulla sintesi dei composti pi la reazione di Hantzsch . ; Quenpa — Azione dell'ammoniaca e dell'etere cianacetico go etilidenacetacetico e sull’aldeide etilica e sa PasquaLi — Azione dell'etere cianacetico e Lrptaica ammoniaca sui chetoni grassi Ts GraNnpE — Azioni dell’ air STOMTAI donna il metiletilcheton presenza di ammoniaca . ADUNANZA del 28 Febbraio 1897 Parerra — Il manoscritto 1317 della Biblioteca di Miov Programma per l' XI Premio Bressa È ; Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Pe: dal (n ve: 21 Febbraio 1897 (Classe di Scienze Fisiche, Mt 7 Naturali) . Pubblicazioni ricevute dalla R PASCHI delle Scienze dal 28 Febbraio 1897 (Classe di Scienze Morali, Storiche Po PO PRE — ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO - PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI Vor. XXXII, Disp. 9*, 1896-97 "TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della K. Accademia delle Scienze 1897 ADUNANZA del 7 Marzo 1897 . ‘ Ramorixo — Sopra alcune proprietà delle curve nello spazio in pe "RA zione con la loro curvatura e torsione . , ai : i (os Srezia — Relazione sulla Memoria del Dott. Giassboe Profeti inti- ti E tolata: * Sull'origine della magnesite di Casellette (Val di Susa), 3% (E, " » 54 14 ‘ 7 È Classe di Scienze mara, Storiche e Fiotogiche. S i UD da ADUNANZA del 14 Marzo 18970; Creora — Alcuni studi per la storia della “ saltaria , in un atei del Veronese (1524- 1578) i nuti in un codice della Capitolare di Verona | + «SE Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 2 cani : braio al 7 Marzo 1897 (Classe di Scienze SIE Malin pis Naturali) . : È 3 x È x > K di : Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 28 Feb 7A TIA braio al 14 Marzo 1897 (Classe di Scienze TA Storiche e Pilo 53 logiche) ; ; s } : . ACCADEMIA DELLE SCIENZE DESTO RINO PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI Vor. XXXII, Disp. f0?, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1897 SOMMARIO Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali Lamre — Sur quelques erreurs dans les “ Nuove tavole delle fu nai Ì iperboliche , de M. A. Fonti . 7 4 È v 0 Tia Sali Arxò — Fasometro delle tangenti . PT tt CA A Classe di Scienze Morali, Storiche e Pilologiche N ADUNANZA del 28 Marzo 1897 22 AL RALE AIAR Crarerra — Di alcuni agnati di Antonio Rosmini a Torino sul prin CA cipio del sec. XVIII È A x P ” Gasorro — Un conflitto giurisdizionale in Pistone nigi 1234 è Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 14 a all uo, 28 Marzo 1897 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Fi » BO pie Tip. Vincenio Bona — Torino DELLA Xi 3 R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE QUO DI TORINO PUBBLICATI Vor. XXXII, Disp. fl#, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1897 ADUNANZA del 4 Aprile 1897 . Psaxo — Studii di logica matematien. . /. . 0 Srezia — Sull'acqua di cava 9 ; ss Bamrisrini e Scorone — Ricerche sperimentali sulla tossicità sangue di animali profondamente anemici . è SL sd Osasco — Di alcuni Corallari miocenici del Piemonte —. Vorrerra — Relazione sulla memoria del Prof. Orazio Trpoxe, « Megrt: per titolo: “ Sulle vibrazioni dei corpi solidi omogenei ed pig i » b Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. ADUNANZA dell'11 Aprile 1897 i LS A Ferrero — I titoli di vittoria di Costantino 3 7 Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle dala dal 7 farz al 4 Aprile 1897 (Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Natural = SF Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 28 M RE all'11 Aprile 1897 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche) etici Tip. Vincenzo Bena - Torino & ACCADEMIA DELLE SCIENZE ERE PORIENO PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI. ® Vor. XXXII, Disp. 12*, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della K. Accademia delle Scienze 1897 : RE ADUNANZA del 25 Aprile 1897... 5 vi Borris — Sull'epidoto della Comba di Pps ni» ADUNANZA del 2 Maggio 1897 5 : Tamassrta — Fonti gotiche della storia longobarda 25 Aprile 1897 (Classe di aceto Morali, Storiche e Fil Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dall'11 pet; al 2 Maggio 1897 (Classe dî Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali) EE: TORIENTO PUBBLICATI Vor. XXXII, Disp. 13°, 1896-97 TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della R. Accademia delle Scienze 1897 SOMMARIO Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Natura! ADUNANZA del 9 Maggio 1897 =. . . . . P Armonerti — Determinazione relativa della gravità terrestre a Torino : È ; » 1055 — Di un falso diploma di Berengario IPA È . . » 1061 Crarerra — Sunto della memoria: * Notizie per servire alla vita del gran cancelliere di Carlo V Mercurino di Gattinara , . o, » 1079 Classi unite. i ADUNANZA del 20 Giugno 1897 . ° ‘ Ù . Pag. 1082 Nani — Relazione della commissione dei premii Gautieri . - » 1082 Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 23 Maggio al 13 Giugno 1897 (Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali), 1098 Pubblicazioni ricevute dalla R. Accademia delle Scienze dal 30 Maggio al 20 Giugno 1897 (Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche) , 1096 Indice del volume XXXII <.00. 0.0 0. 1 Tp. Vincenzo Bosa È Torino ] Sd E SEA n den n i Te" 208 swtal:9t89]T x ò | È ; i Atti R.Acond. Se JAN 22 19577