de rg n pe ata ary: vee cu Vle Prati dl È vv apt se "* pied ; à ug << dite ” Min i sn b x ” 1 sn pi ronnie n vede 1-4 v- ft did ,w nd £ eee gie FAT ” e r#* ° en : ro rvevare = c n rara È | EE II e Cerrano CIRIE TILITTA OVE Ù) Ò l - pa! " _ x . , % sperone 3° da us o CIT NA ATI e È pan ag è a Dia) È e e o ve ce renne e v € h Per #4 dl gn VT ole TT PE Ae è n pera “ e Ù I p = ee 4 È ASTI abi pini dit DE, derit nno erro» ve » uu rire n pal hago " via e ATI METZ A dala lia di. wr © — dedià._AL id Lian let TO lalelale TEL, AN" Ria {°° i cima rasa? dA V TAs aus i CI Nu annrtttti,. “x hi a A sA8 ‘vv ”° MALI LAa SNhAGIVa ” ‘ lu | “Lo UTalYala.: f 4 MP AGAIIE IT mobi meri | "la LL AA itato SRUNR UTI bi ver seven AI mer E PX MILA bdo Lapo "Wi rail POSMMAMAAIN AT La UNINY xi Suu SUTUISTE Mio pasti & dI a \ È = isti È as ge. ì Tore si Re" Teano x ever vot , IN rinvia (atti Mas : Fe so TT TIf (A DT to Î “ti “ue LUITTIITÀ e) IAS Gui du Ad “LI eh dal» O! bg. PVI, Mi Mattrver giore MO; \H Mad | > va tn PIÙ, NEMO MATITA a O A cl Dago >> PA rrviamati LITTA MAI ELA BL Î È N d de 4 va ML pufttrete* . uu VE " È » De E | da A dr Crabdb_' TELL ALL Sin castantA va CONTI } i > Artio LAU “ d Ur Ca "N AHI TESTI eutti PRE A Lt 3 Va 10040 x INI IT vete, I O | n. VA Cal hl MIT NA, Nganett - i AIA I Vimy spp doris] ALATO ja iis] LIMO Lente ac Wa deng OTT Sv aaa siii LTT Pre s nem mi Tezatttì Pofbrngn e >é)010 [DI‘“‘[5WiltT[‘erzò» SM Q0 0)D)00 et arte Te TORNA ba Partgp! Mi bi pur tr SE reg, sod mme vupetl » 1) P \) de 4 13 Hb MEM, a Arditi Ag ul ‘'apgirs Noja È A_ - lee fi» (NED, | “E TOR s (00009 ; 305) 119 : _® “o Ual Va ve IVO i | Lg ULTI LITTA TILL A ti su , " iii "n iv MY sà ei (TIT MAIO N ì «Tita LIA | TIPI ni [SI CROSSE 4 NO AMOR LLLUT ELLI [agg PUpra; pallini: gdr e iu A DATO pb vg. dii ARI he de USS os" *% IAS Mon_ - Vini ION perno i ri NOLI Br iI ragione nt n (5 (ETTI gu su DU ITA 07 QUEnTI i y errare. Ne ‘i e i i P “3 gi: "& È I SL vd, rità | TOI) vengo” IRR (PROGIGI: sun TITO f (UR: PIL sivy LÀ \ U O LI 5 - VER RL & PUFRE ESATTA LENTI UE see bi x» f | ‘ ni MEER N NETTO SA META A MITA a7 ew snzi i fire GILLI Mi ar Ma Mu NÈ “ u y DT) 9 MIA ‘gp 4 My vr I A ALTA SNUMERI pini Resta, )Y Latte te a MT A | I i art!" Mi LI v al "de SETT IERI IT RE si tycrlitene nefilite Mi MR Sr vela co van fo: ro ali S ‘I vw, v- ig* asd AI ®» \ + |) i | gu | o | “Wai 1° ae EUTIÀ | “a ra inaggio fun L_HAJA 4} * PI Meet ho regni «N DI LI IL Ma at 2 UPPI gmenastetesntt? È \Wep,t SUOI] 197 Lie LIS PT, di 3 | nov ui Pagft i > ne cnr rempgpttt lie ì ampli | ) N in va ' mtpruarant IITHATIUTTA "rover ccratigare preti IPP lla, \due> pag i ada è ; ail. 7° È e | e ec ri I È _ Ma | L) : le 6 i \ Mr Li ii de ) Li 8. I NOI ì i | % ì ui . vi N n 7 PA La 4 mo ma An n, ti ; ° de i ù , A LS Vi tt fl; ; : ai et Pia 200 FARI ì Î ae NINO] “gi Po : Boa è b |: n Ù Pi lu a A Ù A ) pi . gr af Mon , ILA na ha CSR È È Si pi Saf pin ARE. Ta E ge ve n fer <- ENI se eu DELLA ni DEI NATURALISTI MODENA i COI TIPI DI G. T. VINCENZI E NIPOTI] Di Tipografi-Librai sotto il Portico del Collegio 1 di 1906. 5 % e : ai LI ' i) a, la * î { ' Sat Ò , E 9 X n r é A/K 1351 4 T] : DI È a Ù È Lo a) À to a n ERMETE È ‘ U hi Ù CNIL usci » Ù ba a Nar è n « % LÌ i de - A } ae) y Kit , Ù e! ld ba h " » T] x Da sd La 1 È 1 ix È Ì ; Ù e n 1 Ì ‘ OA «n vi i 4 È A “ Se UT . la II #% n © Ù AE n vl da) p e SA Le x © * i 3 i Fal Di N ba , dA 3 Re x va MA I y Sua *& eu ALBO SOCIALE (Anno 1905 — XL della Società) * : Presidente > CEN ENIT prof. cav. DANTE ge FA | Vicepresidenti : Rosa prof. DANIELE BoRToLOTTI prof. ETTORE Segretario io ott Barrio 5 3 Cassiere Namras dott. Isacco Archivista . Picagria prof. Luiei Consiglio di redazione degli Atti IL PRESIDENTE I VICEPRESIDENTI Bonacinr prof. Carlo De-Tonr prof. Giovanni Battista ParRrIZI prof. L. Mariano SpeRINO prof. cav. Luigi ì ELENCO DEI SOCI . Bagnesi march. Arrigo Balli dott. Ruggero Barbieri dott. Armando Bertacchini prof. Pietro Bonacini prof. Carlo “E Cesari dott. Luigi f Cevidalli prof. Attilio o Cugini prof. Gino (R.è Stazione Agraria ) pra De- Toni prof. Giovanni Battista i Dionisi prof. Antonio Ferretti dott. Adriano Forti dott. Achille Focacci dott. Maurizio = Generali prof. comm. Giovanni 3® Issel dott. Raffaele A Lucchi Carlo eo Maggiora prof. cav. Arnaldo 3}. Menafoglio march. sen. comm. Paolo A Namias dott. Isacco È: Nicoli prof. cav. uff Francesco Ras Pantanelli prof. cav. Dante De Patrizi prof. L. Mariano SR i 3 Picaglia prof. Luigi AA Rangoni march. dott. Giuseppe. de Rosa prof. Daniele Sacerdoti dott. comm. Giacomo Sandonnini Geminiano i e‘ Sperino prof. cav. Giuseppe Tardini Luigi Lorenzo Teglio dott. Emilio Tognoli dott. Edgardo Tonelli Giuseppe Zanfrognini dott. Carlo Istituto Botanico della R. Università NI » di Mineralogia » » » Zoologico . » » SOCI CORRISPONDENTI (art. transitorio del Regol. ) | Bentivoglio prof. Tito — Reggio-E. | Della Valle prof. Antonio — Napoli | Del Re prof. Alfonso — Napoli Facciolà dott. Luigi — Messina .Fiori prof. Adriano — Vallombrosa _ Fiori prof. Andrea — Bologna Malagoli prof. Mario — S. Remo. Monticelli prof. Saverio — Napoli Porta dott. Antonio — Parma Statuti ing. Augusto — Roma Istituto Zoologico — Roma Le sf Pi 1 | OA Pa =? Pr, MERE PIRATI IR DERE a Sig SAPUTO DELLA Società dei Naturalisti e Matematici DI MODENA I. La Società dei Naturalisti e Matematici di Modena ha lo scopo di promuovere lo studio delle Scienze Naturali e Matematiche nel senso più lato, e nei loro rapporti pratici. ]I. I mezzi per raggiungere lo scopo suddetto sono: a) Adunanze a periodi regolari. 5) Studi pratici dei prodotti e fenomeni naturali della provincia. c) Lezioni popolari di scienze. d) Pubblicazione dei suoi atti. II. Tutti i lavori letti e le comunicazioni fatte nelle adunanze, consen- tendo l’ Autore, saranno pubblicati per intero o in sunto, previo il parere favorevole di un consiglio di redazione. IV. La Società consta di Soci a) A vita. b) Ordinari. L'accettazione di un socio, proposto almeno da due soci, sarà delibe- rata a maggioranza dei presenti nell’ adunanza nella quale viene presentata. Il numero dei soci è illimitato. Sono Soci a vita quelli che pagheranno in una sol volta non meno di L. 200. V. La Società è retta da un Presidente, da due Vicepresidenti, da un Segretario, da un Archivista e da un Cassiere che, insieme, costituiscono la Presidenza; però l’archivista e il cassiere non hanno voto deliberativo. Il Presidente convoca e presiede le adunanze, dirige le discussioni, rap- presenta la Società. I Vicepresidenti sostituiscono a turno il Presidente quando questi sia impedito. Il Segretario tiene i processi verbali delle adunanze, mantiene la cor- rispondenza e cura la pubblicazione degli atti. L' Archivista, oltre 1° Archivio, vigila la consegna dei libri alla Biblio- teca Estense e la piena esecuzione della convenzione fatta col Governo; so- stituisce il segretario impedito. — VII — 04% bc Il Cassiere ha la gestione economica della Società. "i VI. Gli uffici di Presidente, Vicepresidente e Segretario sono con- feriti a maggioranza di voti: durano in carica un anno. Il Presidente può essere rieletto due volte consecutive; I Vicepresidenti possono essere rieletti una sola volta; il Segretario è sempre rieleggibile. L’Archivista e il Cassiere sono nominati per un anno dal Presidente e dai due Vicepresidenti e possono sempre essere riconfermati. Il Consiglio di redazione degli atti è composto dal Presidente, dai Vi-. cepresidenti e da quattro soci nominati dalla Società, due ogni anno VII. L’anno sociale comincia il 1.° di Gennaio. Re VIII. Il fondo sociale è formato: a) Dalle somme pagate dai soci a vita. b) Dalla tassa annua di L. 12 pagata dai soci ordinari. c) Dalla vendita degli atti. IX. Tutti i soei hanno diritto a una copia degli atti. X. Ogni Socio può ritirarsi dalla Società in fine dell’anno, previa di- chiarazione presentata prima dell’ultimo trimestre. i XI. Lo scioglimento della Società può essere deliberato quando due SI terzi dei soci inscritti siano favorevoli; in questo caso la Società delibererà sull’ impiego del fondo sociale. Regolamento. I. Le adunanze della Società sono ordinarie e straordinarie. i II. Le adunanze ordinarie hanno luogo il secondo Martedì d'ogni mese durante l’anno accademico. Il Presidente fissa il luogo e l’ora delle me- desime. III. L’adunanza del secondo Martedì di Decembre, oltre alle o comunicazioni scientifiche, è destinata: a) Alla presentazione del consuntivo dell’anno. b) Alla nomina degli uffici. c) Alla nomina di tre revisori del bilancio. d) Ai rapporti annuali della Presidenza. La prima adunanza dell’anno, oltre alle eventuali comunicazioni scien- tifiche, è destinata: a) All’approvazione del consuntivo. b) Alla presentazione del bilancio preventivo. IV. Le adunanze sono convocate con invito a domicilio recante l’or-. dine del giorno della seduta: nè potranno discutersi proposte che non vi siano inscritte. È: E ; % È veg) aa e de 2 PRA PORT SESTO ‘e — IX — V. Nelle adunanze ogni socio può fare comunicazioni o letture scienti- fiche; queste possono anche essere inviate alla Presidenza, e il Consiglio di Redazione può autorizzarne la stampa anche prima della presentazione alla Società. Le memorie che oltrepassano 32 pagine, essendo favorevole il parere della commissione di Redazione, saranno pubblicate qualora l’adunanza dei soci lo acconsenta. Le memorie che non superano 4 pagine potranno essere pubblicate, previo parere di due membri e del Presidente della Commissione di Reda- zione, anche prima di essere presentate all’ adunanza. Occorrendo delle tavole, queste saranno a spese dell’autore;'la Società potrà concorrere nella spesa, previo parere della Commissione di Redazione. Ai soci sono dati, senza spesa, 50 estratti delle loro pubblicazioni. Gli autori, ritirando le loro memorie quando ne sia intrapresa la com- posizione tipografica, 0 introducendo tali correzioni da aumentare la spesa di composizione, pagheranno la spesa incontrata o la differenza in più che ne risultasse. La Commissione di redazione deliberando che una memoria sia pubbli- cata in sunto, questo sarà redatto dall’ autore. VI. L’amministrazione della Società è affidata alla Presidenza. VII. Il Cassiere è incaricato della esazione delle quote sociali rilascian- done ricevuta, e del pagamento delle spese. VII. La tassa annua di L. 12 è pagabile nel 1.° semestre, Occorrendo provvedere contro soci morosi, la deliberazione in merito è rimessa alla presidenza. IX. Le spese ordinarie relative all’ amministrazione e alla pubblica- zione degli atti sono di competenza della Presidenza. X. Le spese straordinarie debbono essere deliberate in assemblea, XI. Il Segretario comunicherà ogni anno al Cassiere e al bibliotecario dell’ Estense l’elenco dei soci. XII. La Società pubblica i suoi atti sotto la direzione della Commis- sione di redazione, ed ogni volume avrà nelle prime pagine l’ elenco dei soci e quello delle Società corrispondenti. Il numero delle copie è determinato dalla Presidenza. I processi verbali saranno pubblicati negli atti. La Presidenza può autorizzare la pubblicazione negli atti di lavori di scienziati estranei alla Società. XIII. Per convenzione speciale, i libri della Società sono depositati nella Biblioteca Estense. XIV. L’ Archivista terrà un registro, nel quale segnerà tutte le opere inviate in dono, in cambio, ed acquistate, in ordine d’arrivo. XV. Sarà cura dell’ Archivista di ringraziare i signori donatori, e di reclamare l’ invio regolare e completo dalle Società corrispondenti. XVI. Ogni Socio per la convenzione col R. Governo, gode del diritto del prestito a domicilio dei libri depositati all’ Estense. venuti alla Società e di compilarne l’elenco da. Articolo transitorio. i Da ì I soci onorari, corrispondenti ecc. conservano i doveri templati dagli statuti precedenti. Approvato nell’ adunanza generale del 5 Heberoio 16 Mi M. L. PATRIZI - L'IMPIRGO DEL GUANTO VOLUNIETRICO- - PATRIZI NELLA FISIOLOGIA, NELLA PSICOLOGIA NORMALE E PATOLOGICA E NELL’ ESAME MEDICO - LEGALE (È) con 20 figure Il guanto volumetrico e le altre semplificazioni del pletismografo. Qualche anno addietro, segnatamente in Francia, lo studio dei movimenti vasali nell'uomo venne favorito dal nuovo apparecchio pletismografico di Hallion-Comte (1). La semplicità di questo per- metteva di estendere l’ applicazione a un numero di casi, special- mente di Clinica psichiatrica e criminale, nei quali era difficile o imprudente sperimentare con bracciali di vetro. Ma i vantaggi, più di comodità invero che di esattezza, che lo strumento Hallion- Comte aveva sui pletismografi vecchio modello, ci parvero meno- mati dalla compressione esercitata dalla gomma sul distretto va- sale. Verso simile inconveniente ne misero in. guardia gli stessi autori (2) che con predilezione si servirono della modificazione di Hallion e Comte e contribuirono a diffonderne l’uso. La variante pletismografica, proposta dal Patrizi nel 1897 (3) (*) Comunicazione alla Soczetà dei Naturalisti e Matematici di Mo- {dena, il 14 marzo 1905. * (1) Harvion ET Comte, Recherches sur la circulation capillaire chez l'homme à l’aide d'un nouvel appareil plethysmographique. Archives de Physiologie 1894, pag. 381. (2) Brnert ET Courtier, Circulation dun de la main ete. Année ralchologine II, pag. 132-133. (3) M. L. ParriIZzI, Due sussidi di tecnica fisiologica e psico- fisica. 1. Pneumatometro a criterio acustico, 2. Guanto volumetrico. ( Rivista spe- rimentale di freniatria, Vol. XXIV, fase. 3-4). Veggasi anche Zettschrift f. Psychologie und Physiol. d. Sinnesorg. XII, 2, pag. 79). resero apprezzato il congegno dei due fisiologi Dil cioè o generalità e la rapidità dell’ applicazione, il facile maneggio; e allontana il dubbio del disturbo meccanico sulla pelle e sull'area capillare. Se vuo]si, a somiglianza di altri apparecchi del genere, non è che l'antico manicotto di Francois-Franck, colla guttaperca .al luogo del vetro e l’aria al posto del liquido; o meglio una. scarpa aeropletismografica del Mosso, foggiata per la mano. A differenza che nel primitivo apparecchio di Frangois- Franck, il battito del tronco arterioso radiale non si trasmette al mezz cade al disopra dell’articolazione carpo-metacarpea e il contorno dell'apertura aderisce ermeticamente alla mano, senza compressione veruna, mercè mastice da vetrai reso soffice da vaselina (fig. 1). Fig. 1. — Il guanto volumetrico — Patrizi. Una regione meno angusta di quella che è abbracciata dall’ap. parecchio Hallion-Comte è compresa nel guanto, ciò che permette — una bella dimensione di tracciati e un SOInS agio a PeR tenui differenze. ; L'apparecchio può venire in un minuto applicato su altri. (ORI su stesso. Al dott. A. Casarini, per le esperienze più sotto citate, fu possibile sottomettere ad osservazione pressochè una centuria di individui in breve spazio di tempo. Volendo, ad esempio, condurre gle — i "IN *Y 519 09908508 "& — “DZ ‘819 09908808 “I *(ejeangeu ezzepueIs) *IZ119@g — 09119RUN]OA 09guens ]oo agmuaggo 2UoyRIS Ip 11e]dwuase auq — “ MP NI esperienze pletismografiche su se stessi durante l’ attività mentale, rd lo si tiene (poi che non pesa oltre i 200 grammi) come un guanto comune in posto nella mano sinistra, senza che per ciò le occupa- zioni del leggere e dello scrivere riescano materialmente impacciate. Quale primo esempio di sfiwmogrammi e insieme pletismo- grammi, ricavati col guanto volumetrico, riproduciamo da un lavoro del Casarini la figura 2 che riunisce le curve di due soggetti ap- partenenti rispettivamente alla categoria delle oscillazioni vasco- lari minime e a quella delle oscillazioni massime. Il soggetto N. 1° (sig. Z. G.) presenta delle oscillazioni volumetriche spontanee pro- fonde; il soggetto N. 2 (sig. R. M.) ha una curva che si mantiene. su): i quasi sempre allo stesso livello, fatta eccezione della reazione e provocata nell'ultimo terzo a destra del tracciato. II. L’inscrizione del principio e della durata d’uno stimolo sulla curva tracciata dal guanto volumetrico. Nell’intento di migliorare la tecnica dei riflessi vasali, il Pa- trizi, alla proposta del suo guanto appaiò una disposizione per in- scrivere sulla stessa curva sfigmica il momento e la durata dello stimolo. Questo espediente, prima ancora che fosse pubblicata la descrizione del guanto, era stato usato dal P. in un primo lavoro. sulle reazioni vascolari dell’uomo (1), e comunicato al III Con- A gresso internazionale di Psicologia (2). È stato sempre assai malagevole il determinare il tempo i un riflesso vasale, a cagione delle oscillazioni spontanee che pos- sono concidere colle costrizioni o colle dilatazioni provocate. Il discernimento tra queste e quelle è vieppiù impedito dall'uso di servirsi, per fermare il momento e la durata dello stimolo, del segnale elettrico (Deprèz) che, immutabile in un livello, non può seguire la penna pletismografica nelle sue continue ondulazioni e mantenere rapporti con questa sulle verticali del cilindro. L’im- barazzo crescerebbe ancora se si avesse a manovrare (p. e. nelle. (1) M. L. Parrizi, I riflessi vascolari nelle membra e nel cervello del- l’uomo per varii stimoli, ete. (Rivista di freniatria, Vol. XXIII, fase. 1, 1897). (2) Vedi in Dretter Intern. Congress fiir Psychologie. Dico po ‘pag. 422, e in Année psychologique, III° année, pag. 355. -—- dd — eventualità di sperimentare simultaneamente su due regioni va- scolari) con 4 penne, 2 pletismografiche e 2 elettriche. Fu mira del proponente il far si che il tempo dell’ eccitazione fosse segnato sulla linea stessa del polso e in maniera che il trae- ciato non fosse interrotto per nulla, nè venissero menomamente alterati il livello volumetrico e la figura dello sfigmogramma. Così, volendo inserivere il momento d’uno stimolo acustico (suono di campanello) sulle curve pletismografiche simultanee di ambedue le mani, si procede alla maniera che segue: Si impiegano due guanti volumetrici di capacità identica, in comunicazione ciascuno con un timpano del Marey; i due stili Fig. 3. — Lo stimolo acustico e la disposizione per segnarlo in ambedue le curve pletismografiche nelle sperienze con doppio guanto simultaneo. seriventi sono d’ugual lunghezza, d’ugual peso, coi rispettivi bracci di leva ugualmente lunghi. In ciascuna condottura che unisce il singolo guanto al corrispondente timpano scrivente, è intercalata una cannula a triplice via che mette ad un tambu- rello segnalatore, su cui batte il martello della soneria; essendo due i detti tamburelli segnalatori, il martello ha una duplice testa e rulla contemporaneamente su ambedue. In A (V. fig. 3) è un guanto volumetrico, in comunicazione mediante nn tubo di gomma a grosso spessore col timpano seri- vente A4'; nel punto € del percorso del tubo è innestata la can- si na nula a tre vie, che dirama in A" la colonna d’aria. A" è come un - bocchino di tromba, su cui è tesa una membrana elastica resistente, capace di sentire e trasmettere quindi al timpano scrivente A' le oscil- lazioni del martelletto della soneria elettrica, ma inerte alle deboli espansioni delle pulsazioni cardiache e dei cambiamenti volumetrici, e perciò senza sospetto che possa alterare l'andamento delle curve. Lo stesso si dica pel guanto B che è in comunicazione con B' e B". Ognuno dei timpani seriventi sul cilindro affumicato, oltre segnare le pulsazioni che gli vengono dal guanto volume- trico, inscriverà con fini smerlettature le oscillazioni del martel- letto della soneria al momento dello stimolo acustico. Le pulsazioni durante la eccitazione del suono si disegnano come le quattro dopo il segno a nella fig. 4. Rimangono intatti la continuità, il livello e la figura del polso; e nel tracciato domina netto il fenomeno che si vuole stu- N \ N io i "i ì AAA MONPAAALAI da IN (A Fig. 4. — Esempio di inscrizione dello stimolo sulla curva del guanto volumetrico. Per tutta la durata dello stimolo (4 !/, pulsazioni dal segno a) gli sfismogrammi restano trac- ciati con linee più cariche. diare, cioè il cambiamento di volume, l’inflessione della curva pletismografica. De’ due termini eccitazione-reazione, con questo metodo si ha il vantaggio di segnare esattamente il primo pur sul decorso d’una pulsazione. Il Patrizi nel sopra ricordato lavoro sui riflessi vascolari ha minutamente descritto 1’ adattamento della sud- detta disposizione a segnare sulla curva sfigmica il momento di altre qualità di eccitazione, di quelle tattili ( elettriche, termiche), di quelle acustiche (campanello, voce umana, suono musicale), di quelle olfattive e gustative. Con siffatto accorgimento tecnico si poterono rilevare più precisamente alcuni dati sui riflessi vascolari nell’ uomo, p. e. il maggior tempo della reazione vasale-sensoriale per rispetto alla reazione vasale-sensitiva, la varia latenza dei riflessi vasomotorii per differenti qualità di stimolo e per differenti condizioni fisiolo- giche e sperimentali. i III. Il guanto volumetrico, e |’ annesso congegno per l’inscrizione dello sti- molo, nella determinazione dei tipi vasomotori, Coi su descritti perfezionamenti si riuscì a constatare un fatto nuovo: l’esistenza dei tipi di vasomotori. Patrizi nella memoria sui riflessi vascolari aveva inserito questo accenno: « S'è fatta molta attenzione alle variazioni individuali, senza separare, io credo, quelle dovute al cangiamento degli stimoli nelle diverse | persone sottoposte ad osservazioni. Non in tutti il sistema vasale | risponde alla stessa maniera e colla stessa forza porno stesso | eccitamento.... V’è chi reagisce più manifestamente per una impressione ot- . tica e chi per uno stimolo acustico; ed è forse lecito parlare di vasomotore-visivo, vasomotore-uditivo, ecc. analogamente ai tipi men- | tali per i movimenti della parola articolata e della mano; e nel caso dei vasomotori possono darsi tante formole quanti sono i sensi ». Arturo Casarini (1) nell’ Instituto fisiologico di Modena verificò sur un numero copioso di soggetti (circa 80) l'ipotesi di questo legame funzionale tra l'apparecchio vasomotore e la qualità dello stimolo, qualità che non è la stessa in tutti gli individui: sì che esiste il tipo vasomotore. Inoltre la maggior parte degli individui con un determinato tipo mnemonico o formola psichica ha un tipo corrispondente, omonimo, di reazione vasomotrice; il visuale-men- tale è frequentemente un ottico vasomotore: l’ uditivo - mentale è sovente un acustico vasomotore (2). (1) A. Casarini, Tipi di reazione vasomotrice in rapporto ai tipi mnemonici e all’ equazione personale (Società Medico-Chirurgica di Mo- dena, 1899. Rivista di Scienze Biologiche, Como 1899). Vedi anche Pa- TRIZI ET CASARINI, Types des réactions vasomotrices par rapport aux types mnémoniques et à |’ équation personnelle (IV° foncro de Psycho. logie, 1900). (2) Vedasi, per l’importanza che è assegnata al lavoro e per la di- scussione a cui dié motivo, illTraztato di Psicologia di W. James pag. 536 e l'Année psycholog. 6° année, pag. 502-503 - 504. Per le obbiezioni ivi contenute di Biner, cfr. la risposta di Casarini e ParRIZI all' eminente psicologo, comunicata alla Società Medico-chirurgica di Modena nel 2ol- lettino 1901-1902. IV. Il guanto volumetrico e il mancinismo vasomotorio. Mercè il guanto e la disposizione tecnica che vi fu associata come segnastimolo, si pervenne a cogliere le piccole differenze e in tempo e in profondità tra le reazioni di destra e sinistra. Ana- logamente al mancinismo motorio e sensorio, noti da un pezzo, ora. è permesso distinguere individui destro-vasomotori e levo-vasomo- tori. Se si annette importanza per l'esame antropologico o medico- legale, ed in genere per l'esame somatico individuale, al grado di esplicazione della sensibilità e .del movimento nelle due metà del corpo, non la si potrà negare alla constatazione del destrismo o mancinismo vasomotorio, il cui apprezzamento è sottratto al volere, al giudizio e alla eventuale simulazione dell’esaminando. Il Cavani, pure nella Scuola di Modena, ha accertato la pos- sibilità di rilevare tale particolarità fisiologica : « Si può constatare nell’ uomo un mancinismo o destrismo vasomotorio, attribuendo a questa denominazione il significato di una reazione vasomotoria più pronta e più intensa in una delle metà del corpo. Generalmente queste migliori condizioni della funzione vaso- motrice si verificano in quel lato del corpo che si addimostra più. capace di sforzo muscolare. Il guadagno di tempo del riflesso vascolare nella metà del corpo favorita, può giungere quasi al valore di un minuto se- condo. Molto probabilmente l’ asimmetria vasomotrice è dovuta sa vie nervose meglio permeabili nell’arto più lungamente esercitato, senza poter escludere per ora l’influenza del differente grado di eccitabilità sensoria nelle due metà del corpo, ossia nelle due metà corrispondenti del cervello (1) ». Il mancinismo vasomotorio fu un dato importante desunto. dall’inchiesta medico-legale nel bandito Musolino: e venne così ad aggiungersi un caso storico a quelli esaminati da Cavani. (1) E. Cavani, Se esista un mancinismo vasomotorio. Ricerche col guanto volumetrico. (Rivista di freniatria, XXVIII, fase. II-III e Ar- chives italiennes de Biologie, XXXIX, pag. 129). dalai LE ora \ tal Li Cs ora Vira Sg LE : Si riporta a pag. 13, poi che è molto convincente, il tracciato relativo. | La differenza sottile, ma lampante di chiarezza, cioè a dire la maggior velocità delle reazioni nella sinistra, non falli mai, in veruna delle osservazioni sul celebre omicida (1). Si riguardino le due curve pletismografiche della fig. 7. La superiore, scritta prima, appartiene all’arto destro, e la inferiore al sinistro, ottenuta col medesimo guanto volumetrico e gli acces- sori grafici (timpano Marey, lunghezza di leve, ecc.) immutati. In ciascuna, proprio al disotto dei numeri arabi un gruppetto * di pulsazioni più marcate (e ciò perchè finamente smerlettate o fe- Fig. 5. — Tipo di mancino vasomotore (Sig. Z.). La curva sfigmica discende sotto l'ascissa dopo pulsazioni 5 1/0 a sinistra, a destra dopo 6 1/9. La profondità massima raggiunta è a sinistra di mm. 7,1; a destra di mm. 5. stonate come al segno a nella fig. 4), segna gli istanti in cui un campanello elettrico ha suonato e contemporaneamente ha impresso un delicato tremolio alla penna pletismografica. Prima che la curva sfigmica discenda sotto il livello che serbava prima dello stimolo, cioè prima che la costrizione volumetrica cominci a manifestarsi, per la destra (N. 1 e 3) devono passare 7 pulsazioni = cinque mi- nuti secondi (la durata di ciascuna pulsazione era di 0,7 di 1"): a sinistra invece la linea pletismografica cala rapidamente al 3.° bat- tito dal principio dell’eccitazione sonora e nella osservazione di- (1) M. L. Parrizi, Le emozioni di Musolino (nella Rivista mensile Lettura, gennaio 1902). V. anche la Fisiologia d’ un bandito, dello stesso autore, Torino, Bocca 1904. IR RETT gpu *BJISIUIS è QUI 2IISOP ® 0ZUEI esseAIp 000d ouos eqIpuojosd ot ‘EJ9s1uIs e pa tIgsop è 6/7 e Iuoizesind odop @pueosip Os[od |9p OJ[BAI IL a'è PITON “BIISIUIS E QUO BIJSOP è 0JUEI ‘ESSIOSE I 0790S Quolzes[nd »*g e[je apueosip os]od ]9p oJ[eAlT JI QUOIZ -AI9SSO #°T BIION — ‘PAISIUIS © QUI VIISOP E 01UE) OSSagiI [op Is1ez10dwo9 Ip opow JenSa ] 0NIqus apai IS ‘09ImS9s Ip IUOIZeA19SSO aNq *(*Y *Sig) aquaregiipui po 001IJOUWIS 210J0WOSEA IP Odig — *9 «Std IOMSNIE I]OWI]S P IUOIZEOY ‘0011JQUN[OA OJUENS ]09 07BIEISUOI ‘OUIOSTI IP OLIOJOWOSEA OWISIUIDUEN — “L *3td ) {orge 729] 300 24 DLUGL CENT stinta col N. 3, la discesa è visibile già alla seconda pulsazione. Musolino era un mancino-vasomotore, lo era per la velocità del aa intimi in ariete kme dei la Fig. 8. — Tipo di destrovasomotore ( Sig. L.). La curva sfigmica discende sotto l’ ascissa, a destra dopo pulsazioni 4?/3, mentre a siì- nistra ne occorrono 52/3. La profondità a destra è di mm. 15,2; a sinistra di mm. 8,8. TE TER. riflesso e lo era ancora per l'intensità, dappoi che nella curva sfigmica sinistra le ondulazioni provocate da stimolo avevano un maggior declivio. V. Il guanto volumetrico nello studio dei rapporti fra circolazione e altri movimenti involontarii. A mostrare ancora il vantaggio, che deriva dall’ usare un sem- plice e rapido apparecchio pletismografico e dal registrare sulla stessa curva sfigmica l’istante di produzione d’uno stimolo o di qualche altro fenomeno fisiologico simultaneo, si trascrivono qui alcuni brani del lavoro di Patrizi e Bellentani, (1) che fu pure eseguito nell’ Istituto di fisiologia di Modena col mezzo del guanto volumetrico e di altri apparecchi che ne sono una derivazione. (1) ParRrIZI E BELLENTANI, Il riflesso dell’ ammiccamento e le fasi della pulsazione. ( Memorie della R. Accademia delle Scienze, Lettere ed Arti in Modena, Serie II, Vol. Vj; e Archives italiennes de Biologie, Vol. XLI, fase. II). 3 — 13 — « Fu affermato (Landois) un certo rapporto fra la pulsazione e l’intermittente involontario movimento di chiusura delle pal- pebre. Ma questa contemporaneità, asserita con la nuda osservazione, senza l’ausilio di una più minuta indagine sperimentale, non può essere che molto relativa. La pulsazione non è un infinitesimo, è un tempo abbastanza lungo, con più di una fase; e, prima di decidere se vi sia simultaneità tra battito arterioso e ammicca- mento, è indispensabile specificare almeno la fase di quello nella quale ha luogo la coincidenza con questo. Fis. 9. — Pletismografo auricolare, di cui è “derivazione il ‘pletismografo faciale descritto nel testo. A rischiarare questa ipotesi, abbiamo intrapreso, alcune ri- cerche, applicando allo studio del fenomeno in parola il sussidio del metodo grafico. i Ci siamo serviti dei mezzi seguenti: I. Per una piccola parte delle esperienze abbiamo adoperato un apparecchino pletismografico che uno di noi (Patrizi) aveva congegnato per istudiare la circolazione dell’ orecchio in per- sone operate (a Modena se ne ebbero alcuni casi) di simpatico- ectomia (fig. 9). Qualche altra volta, allo scopo di includere una regione va- scolare, prossima alle palpebre quanto lo è l'orecchio, ma di questo più ampia e meglio pulsante, improvvisammo un altro pleti- SISNt ji ttt - smografo, foggiando con guttaperca in foglio una calotta, i cui mar- gini si applicavano perfettamente sul contorno d'una guancia, e venivano mantenuti aderenti con mastice da vetrai ( Pletismo- grafo faciale). Per altra parte, e fu la maggiore, ci siamo serviti del guanto volumetrico che ci offriva facilità di applicazione e un tracciato del polso ben chiaro nei dettagli. Le pulsazioni così ottenute venivano scritte da un timpano registratore Marey su di un cilindro girante con una velocità più grande di quella con la quale si suol raccogliere il polso. Fig. 10, — Disposizione tecnica per tracciare su un tracciato volumetrico della mano l'istante dell'ammiccamento. II. Un secondo sussidio fu un apparecchio per segnalare sullo. stesso tracciato pletismografico il momento in cui si chiude la pal- pebra superiore, ma in maniera da non introdurre perturbamenti nella figura del polso. A conseguir ciò, ci siamo valsi della dispo- sizione tecnica adoperata già dal Patrizi medesimo, da Casarini e da Cavani, adattandola al nostro scopo nel modo che esponiamo. Quante volte il soggetto d’esperienza ammiccava, chiudeva col lembo palpebrale un circuito elettrico, e allora il martelletto di una soneria ( priva di campana), interposta in quello, oscillando, trasmetteva delle piccole vibrazioni alla penna scrivente (V. fig. 11). Perciò, al momento della contrazione dell’orbicolare, il tracciato I ara del polso sortiva finamente dentellato. Per ottenere la chiusura del circuito al momento dell’ammiecamento, veniva fissata con gomma sulla palpebra superiore del soggetto una sottilissima e leggera lista di stagnola, la quale all'angolo interno dell’ occhio, staccandosi dalla palpebra stessa, piegava in alto e sulla fronte te era fissata ad un serrafili opportunamente tenuto in posto da una benda (vedi fig. 10). L’estremità esterna della strisciolina di sta- gnola, sporgeva un po’ in fuori e portava un filo capillare di pla- tino, che, allorquando la palpebra si chiudeva, andava a pescare 3 in una piccola pozzetta contenente mercurio. Questa era disposta 6 convenientemente e fissata alla armatura di un occhiale (senza I pa (Lèggere da destra a sinistra ). Fig. 11. — Esempi di polso totale della mano col guanto volumetrico scritto col metodo della figura precedente. Le dentellature nel corso di alcune pulsazioni sono le tremula- zioni impresse dal martelleto elettrico al tamburello segnalatore nell’ istante di chiusura delle palpebre. lenti), cui il soggetto d’esperienza inforcava. Quando la palpebra era aperta, il filo di platino distava uno o due millimetri dalla superficie del mercurio e la corrente era interrotta; quando quella batteva, passava la corrente, il martelletto della soneria oscillava e faceva vibrare la penna, così che gli sfigmogrammi prendevano una figura speciale come si vede nella fig. 11. Per stabilire con maggiore esattezza su quale periodo della pulsazione coincidesse l’ammiccamento, prendemmo come punto di ritrovo l’inizio della parte anacrotica, e ci fu possibile calcolare quanti centesimi di minuto secondo intercorrevano da quell’ inizio (sistole cardiaca) al momento in cui avveniva l’ammiccamento. Per ciò occorreva dapprima determinare la durata della sin- gola pulsazione e delle sue parti. PAPA ENIPI NERO ast «Ae Alcune linee di pulsazioni continuamente dentellate dall’ oscil- lare del martelletto segnalatore venivano seritte sul cilindro. Con- tando quante vibrazioni del martelletto eran comprese in ciascuna pulsazione, e conoscendo il numero di esse al 1”, si calcolava fa- cilmente non solo la durata di una intera pulsazione, ma ancora quella delle diverse sue fasi (anacrotica e catacrotica, e questa seconda suddivisa in predicrotica, dicrotica e postdicrotica). Nella figura 12 sonvi tre di queste pulsazioni totalmente e sottilmente dentellate. In ognuna, per ogni cinque dentellature, — a partire dal principio della fase anacrotica — è stata poi ab- bassata una perpendicolare, a fine di rendere su una linea oriz- zontale più facile il computo di esse. (Lèggere da destra a sinistra ) Fig. 12. — Tre pulsazioni, dentellate a trentacinquesimi di minuto secondo, per co- noscere la durata della singola pulsazione, data dal guanto volumetrico, e delle singole fasi. Sull'ascissa sono segnati i trentacinquesimì di 1’. Si faceva presto a ricalcare una di tali pulsazioni su uwua lamina trasparente o su carta lucida da disegnatori, e trasportare poi il ricalco sopra i fogli di pulsazioni nelle quali erano segnati gli ammicamenti secondo la precedente figura N. 11. Non c’era che fare il novero, a traverso il trasparente, delle dentellature intercalate tra l’inizio delle sistole e il principio delle tremula- zioni che indicavano l'avvenuto ammiccamento. Si apprendeva così a quale frazione di minuto secondo dal principio della sistole car- diaca, si era verificato quel battito di palpebra. Dalle nostre cifre vien fuori una prima conclusione, che, quantunque di carattere negativo, ci sembra interessante; ed è che l'ipotesi alquanto semplicista di Landois sul motivo dell’ am- miccamento non può essere accettata.... ; Ci sono però prove per sostenere che lo stimolo sanguigno possa cooperare con altri coefficienti alla manifestazioae del ri- flesso; nell’ istante in cui le altre condizioni son presenti perchè È i, 13 Ù * het a) «dr. "SR 1 — WR” I TARE esso si esplichi, l’arrivo del sangue sarebbe, per dir così, il colpo di grazia. Da quel che appare (e questa ci sembra la conclusione po- sitiva delle nostre ricerche ) dai nostri dati, questo colpo risolu- tivo, questa condizione, se mon indispensabile, favorevole all’ at- tuarsi del riflesso, può entrare due volte. in campo in una sola pulsazione. Esaminando infatti le cifre, vediamo che i momenti di maggior frequenza dell’ ammiccamento, oltre che fra '/,; e */,; di minuto secondo, (periodo sistolico), sono tra */,, e ?*/,, di secondo dal principio della sistole. In questo stadio, ossia tra i 13 e i 23 tren- tacinquesimi, è il periodo dierotico; l’onda secondaria potrebbe pur fungere da stimolo, — benchè assai meno intenso — al pari del- l’onda pulsatoria primaria. Conviene tenere a mente che si di- scorre di una regione vascolare (l'occhio) non molto distante dal centro circolatorio, e dove l’urto dierotico non è affievolito come nei lontani territori periferici delle membra. Per mettere meglio in luce il potere determinante al riflesso in genere, dell'onda pulsatoria, sembraci che gioverebbe lo studiare minutamente, con una disposizione tecnica simile alla nostra, i rapporti tra circolazione ed altri movimenti involontari sì fisiolo- gici che patologici. È probabile che per certi tic convulsivi, per alcune mioclonie, l’arrivo del sangue a maggior tensione nel mo- mento dell’ onda sistolica o dicrotica, sia spesso la causa prossima dell’insorgere del movimento in quel dato istante, e costituisca davvero la gocciola che fa traboccare il vaso ». VI. Il guanto volumetrico e la misura della sensibilità col metodo dinamogenico. L’agevole uso della pletismografia condurrà a servirsi della reazione vascolare nell’ uomo come di un vistoso indicatore per la misura indiretta della sensibilità. Nel lavoro più volte citato di Patrizi sui riflessi (1896) era anche detto « Per la misura della intensità delle emozioni, come delle sensazioni, si tornerà nuovamente ai riflessi vasali, raffinando un metodo che in mano del Féré pare abbia dato risultati troppo ottimisti. Niuno dei così detti metodi dinamogenici, usati e racco- 2 — 18 — a mandati dal Miinsterberg e dal Baldwin per valutar i sentimenti o la sensibilità generale e speciale, e che pigliano per indice la vivacità o l’ ampiezza d’un moto delle membra, può contare sulla delicatezza reattiva dell'apparecchio vascolare e sulla inconsape- volezza, per parte del soggetto, del movimento registrato ». Si tornerà più sotto sul calcolo quantitativo della emozione, Qui occupiamoci sùbito del rapporto tra reazione vasomotrice e grado dello stimolo. Una proporzionalità tra quella e questo è fa- cilmente da immaginare. Già a proposito dei cambiamenti del vo- lume cerebrale in seguito a stimoli uditivi, P. aveva annotato: < Dalle mie osservazioni sono autorizzato a dedurre che havvi un rapporto tra la vivacità della reazione e l'altezza della nota musicale eccitante; ma per sorprenderlo con sufficiente sicurezza occorreva comparare tra loro gli effetti di due note assai distanti l'una dall’altra nella scala. E parimenti si potè cogliere una pro- porzione tra l'intensità del suono e il riflesso vasomotore » (1). Nei vasi della mano, in grazia della loro maggior costanza alle reazioni positive, è più facile che nel polso cerebrale l’isti- tuire una comparazione tra la forza dell’eccitante e la risposta vasomotrice. La figura 13 ritrae tre inflessioni vasali di intensità decre- scente ottenute successivamente con tre stimoli uditivi (note mu- sicali dell'organo Koenig) di degradante altezza. Il Do‘, che è supe- riore di un’ottava al Do? e che perciò risulta di un numero doppio di vibrazioni, produce una costrizione vascolare (26 millimetri) che è il doppio più grande di quella provocata da Do? (12 millim.). Nè si può obbiettare che le reazioni vadano qui decrescendo per il progrediente adattamento del sistema nervoso allo stimolo o per un certo grado di stanchezza degli organi contrattili, perchè la corrispondenza tra profondità di riflesso e altezza di suono si man- tiene ugualmente se invertasi la successione degli stimoli e va- dasi dal grave all’acuto. Ciò è provato dalla fig. 14, ottenuta sopra la medesima persona del tracciato precedente. È probabile che riesca fruttuoso lo sperimentare così su l’al- tezza dei suoni come sull’ ampiezza, e corredare il rilievo della intensità rispettiva dei riflessi vascolari con quello della loro ve- locità, adottando i menzionati metodi per la determinazione della i iii sè Saia (1) M. L. ParRIZzI, Primi esperimenti intorno all’ influenza della mu- sica sulla circolazione del sangue nel cervello umano. (Rivista di Psi- chiatria, Vol. XVII, fasc. IV e Dritter inter. Congress fiir Psychol., 1896). NI Fig. 13. — Pletismogrammi col guanto volumetrico, conseguenti a stimoli uditivi di decrescente altezza. Fig. 14. — Pletismogrammi col guanto volumetrico, conseguenti a stimoli uditivi di altezza crescente. ui oe latenza. E, oltre alla reagibilità uditiva, dovrebbero essere inve- stigati i riflessi vasomotori succedenti ad altre qualità di stimoli, sensitivi e sensorii. Il sig. G. Franchini, laureando e allievo del Laboratorio di Modena, intende a ciò attualmente. V.LE Polso capillare della mano col guanto volumetrico e pressione dell’ arteria omerale simultaneamente osservate. Per la determinazione della pressione del sangue nell’ uomo è utile, come è noto, lo sfigmomanometro di Mosso, che indica automaticamente la scomparsa del polso nel soggetto d’ esperimento, Fig. 15. — Sfigmomanometro Riva-Rocci coniugato col guanto volumetrico Patrizi. — Esame contemporaneo del polso capillare e della pressione sanguigna. per opera della contropressione sul distretto vasale, senza fare in- tervenire la sensibilità della mano dello sperimentatore e la sua attenzione inevitabilmente oscillante. Quello strumento non diventò di uso generalizzato, forse anche a cagione del suo elevato costo; e in molte Cliniche gli osserva- old Regi Ide tori ricorrono volentieri allo sfigmomanometro più facilmente ma- neggiabile di Riva-Rocci (1). Questo però abitualmente viene usato alla maniera di quello di Basch, cioè arrestando la contropressione sul tronco arterioso quando le dita dell’osservatore non percepi- scono più il battito nel luogo di palpazione della radiale. Per Prettune- 0 mner1le Fig. 16. — Il polso capillare della mano destra e sinistra (col guanto volumetrico) sotto la pres- sione crescente dello sfimsmomanometro Riva-Rocci. (Soggetto Giuseppe Musolino). — I numeri arabi nel tracciato indicano i cs m. di mercurio di pressione nel manometro. escludere questo elemento soggettivo turbatore (si è sempre titu- banti nell’apprezzare a tasto la completa cancellazione del battito e si può scambiare il polso capillare delle proprie dita con quello arterioso dell'individuo osservato) si pensò di coniugare l’appa- (1) S. Rrva-Rocer, Un nuovo sfigmomanometro. ( Lavori della Clinica propedeutica di Torino) 1898. Ta recchio di Riva-Rocci al guanto volumetrico (1) e di lasciar dire alla penna registratrice del tamburello il momento di equivalenza tra la pressione sanguigna della omerale e la compressione eser- citata sul braccio mediante la banda elastica. In quel momento, il meccanismo serivente del guanto traccerà una linea continua (Vedi al segno O nella fig. 16) che rassomiglia al plateau o « al- tipiano » del tetano fisiologico completo. Allora dovrà leggersi il livello del mercurio nel manometro. VIII. Il guanto volumetrico e la misura delle emozioni. I fenomeni cardio-vasomotori, appunto perchè rimangono in- consapevoli e involontari, e perchè vengono destati dal minimo urto per una serie di motivî interni ed esterni, fisiologici e psi- cologici, furono prescelti come segnali fedeli e delicatissimi delle emozioni. E la pletismografia vi aveva già trovato adatta materia. Il Patrizi ed altri, valendosi delle semplificazioni indotte da lui nella tecnica, si sono soffermati non brevemente sui cangia- menti volumetrici d’una regione vascolarizzata, in rapporto al grado della emotività dell'individuo; nè sappiamo su quale altro spediente si potrebbe far migliore fidanza, per documentare un così fondamentale lineamento dalla sembianza psichica. Sicuro che i movimenti dei vasi sanguigni non sono in un organismo gli unici avvisatori di una interna agitazione! A questa deve far riscontro un mutamento del respiro, un ‘variar di dia- metro nella pupilla, un contraccolpo sul resto della muscolatura liscia (stomaco, intestina), un effetto sulla attività secretoria, una oscillazione calorimetrica, un differente comportarsi delle correnti elettriche sulla pelle. .... Ma ciascuno di questi riverberi emotivi nell’individuo intatto è sensibile per sole forti scosse, o è turbato da consapevolezza e volontà, o è di una esiguità inafferrabile dai nostri strumenti, se. pur non è affatto inaggredibile dalla ricerca; può essere anche di graduazione difficile e impossibile per condizioni sperimentali inerenti a certi soggetti, occasioni e luoghi di indagine. (1) M. L. Parrizi, Fisiologia d’ un bandito, op. cit., pag. 65. ‘miei La RIO 5 RO Esemplificando: soltanto una forte emozione attuale, non mai la sua rappresentazione — a meno che non si sperimenti su ipno- tizzati — potrà dare segni visibili sul ritmo e la figura degli atti respiratori, e far salire un termometro per quanto squisito. * E come fare per aver la prova esteriore delle tenui contra- zioni dei muscoli involontari dei visceri, per vedere se il lavorio chimico di una glandola in un breve lasso di tempo è accresciuto o scemato? Fra limiti troppo angusti varia la dimensione della pupilla per insegnarci se un moto psichico è più o meno intenso, e an- ch’essa è troppo esposta all’ azione contemporanea di tante cause estranee all’ emozione. E, infine, il delicatissimo studio della elettricità organica alla superficie del corpo, nessuno l’ha mai compiuto senza una tecnica lunga e complicata. Fra le esplicazioni emotive, la vasomotoria è la sola che pos- siamo per ora afferrare e pesare con sufficiente esattezza. Dobbiamo qui dichiarare che noi, pur accordando tanta im- portanza alla reazione vasomotrice della emozione, neghiamo che quella sia di questa il fondamento; siamo dissidenti dalla nota dottrina Lange-James-Sergi, a detto della quale i fenomeni vaso- motori ed altri concomitanti fisici dello stato emozionale, sareb- bero, non semplici effetti od indizi, ma elementi primarii all’ in- fuori di che l'emozione non riuscirebbe che un vuoto spettro intellettivo. Rigettiamo la supposta precedenza del fatto fisico sullo psi- chico; d’altra parte siamo ben convinti che le mutazioni circola- torie e altre espressioni organiche fungono da echi o da risona- tori dell’emozione; che, quanto più essa è forte, tanto più rapidi gli apparecchi somatici, tanto più energici e a lungo simpatica- mente rispondono: questi, diventando alla lor volta centri irradia- tori di vibrazioni, mandano al primario nucleo psichico onde di rimbalzo, e la formazione emotiva più s'ingrandisce e men facil- mente si spegne. I tracciati volumetrici ci possono dunque informare sulla quantità, sulla forza onde un sentimento è capace di smuovere gli ordigni neuro-muscolari del cuore e delle sue diramazioni va- sali; ossia î movimenti dei vasi costituiscono con grande appros- simaziome, il dinamometro della emozione. Stralciamo dal libro su Musolino le seguenti osservazioni e i relativi tracciati: « Già era avvenuto di osservare la molta reagi- SETA bilità degli apparecchi vascolari del bandito per fenomeni cere- bralmente più circoscritti che il fatto emotivo. Fig. 17. — Restringimento notevolissimo della mano destra dentro il guanto volumetrico mentre si ricorda a Musolino una delle sue vittime (il gendarme Pietro Ritrovato). Alla sensazione nuda di un suono o di un odore, già si as- sociava un riflesso veloce e profondo: ed era prevedibile che l’ef- Minato i Nt fetto dovesse aumentare quando alla pura impressione sensoria o all'immagine si fossero aggiunti gli annessi sentimentali, cioè quando lo stimolante psichico fosse stata una emozione. Ma i risultati sorpassarono l’ aspettativa. Ridestavamo a bella posta in Musolino svariate condizioni emotive col richiamargli alla mente le cose, le persone, i fatti collegati alla sua affettuosità o alla sua implacabile inimicizia, ai suoi successi e alle sue disdette; e il fenomeno vasomotorio se- gnalatoci dal guanto volumetrico, che egli teneva infilato, era co- stantemente chiaro ed intenso più che nelle esperienze ideali di laboratorio. In tutti i tracciati pletismografici che ricavammo (nei pa- recchi che riproduciamo e in molti altri che per economia di spazio dobbiamo omettere) il restringimento involontario e incosciente della mano si addimostrò energico e prolungato. Appena pronunciate da noi le parole suscitatrici della emo- zione, il festone di pulsazioni s'incurvava di molto verso il basso ed aveva bisogno d’un notabile tratto di tempo per risalire al li- vello primitivo. Ecco, al punto additato dalla freccia nella fig. 17, io ho pa- role compassionevoli per il povero carabiniere Ritrovato, e la penna del guanto pletismografico s’inclina rapidamente; indizio dell’impicciolimento verificatosi nella mano dell’ uccisore ; e devono passare circa quaranta pulsazioni prima che la curva ascenda nuovamente all’ altezza che antecedentemente manteneva. Più volte abbiamo udito il bandito protestare il suo dispia- cere per quel non voluto eccidio. Il tracciato, mettendoci sott’ occhio un intrinseco movimento del colpevole, non ci può dar malleveria della sincerità del suo atteggiamento pietoso; certamente però ci apprende che col ritorno del pensiero sul misfatto, un qualsiasi turbamento, e non lieve, si generò nell’organismo di lui; ciò esclude già quella calma e quella indifferenza che, facendo a meno di controlli scrupolosi, altri avrebbe potuto affibbiargli. A questi sussidi tecnici, per quanto delicati, non osiamo chie- dere più di quello che valgono a dare. Essi, benchè qualche ottimista della psicofisica lo abbia spe- rato e supposto, non potranno mai renderci edotti della indole delle emozioni. Passi per l’anima la dolce figura di un amico o l'ombra di ‘un esecrato avversario; ci visiti la rimembranza di un lutto o i *eogeI3 eljop opuo) ns e[o1ed u07 ajeuUddIE IUOIZOW ASIRAIP 3] J9d ‘eAINO EI[Op Iuorssegui a7uegza1z[e ‘oroJad ‘a OUITOSNA IP eJ3S9p OUEW El[ap IUOIZNUIWIP 19.10J onbuy — ‘81 ‘Std AL Te ts ni 7 7 SACE AZ ica dae] ot, e l’eco d’un tempo felice, i ripercussori dell’ emozione (formati dal sistema cardio-vascolare ) ne daran segno sempre collo stesso ge- nere di movimento, cioè colla costrizione dei canalicoli delle membra periferiche, colla diminuzione di volume. Couty e Charpentier, che studiarono diligentemente negli ani- mali i riflessi cardiaci e vascolari delle eccitazioni in genere, af- fermarono già che < non c’è rapporto di sorta tra la natura dell’ eccitante, la natura presunta dell’ emozione consecutiva e la natura della reazione vascolare ». La mano di Musolino infatti si restringe così quando gli mentoviamo la sorella e la mamma (fig. 18, fig. 20), come quando gli facciamo il nome o mostriamo il ritratto dei maledetti Zoccoli, centro focale degli odi, delle vendette, delle sventure sue (fig. 18). Sia che gli rimproveriamo le sofferenze delle vittime o mo- striamo di compiangerlo per la iniquità della prima condanna; sia che gli facciamo balenare la remota possibilità dell’assoluzione; o gli dichiaramo di credere, d’accordo coi nemici, alla sua versa- tilità criminale, la penna cade già ugualmente e la curva volu- metrica si inflette. i Limitandoci per tanto a dedurre degli autografi cardio - vasco- lari di Musolino, non il genere ma la dose dell’emozione, osser- viamo che di essi è dato stabilire una classificazione rispetto alla profondità del fatto vasomotorio e trovarla corrispondente alla tinta più o meno carica delle passioni di lui. La persecuzione contro la famiglia Zoccoli era il sentimento più angoscioso e tempestoso ed è quello che ha per effetto i cam- biamenti più bruschi del volume della mano. (fig. 18, II, III). Due altre emozioni vedremo appresso campeggiare in lui, la vanità e l’amore; e i tracciati attestano ‘quale specie di brivido inavveduto passasse per le vene e i polsi suoi, se conversavamo secolui della sua straordinaria notorietà. (Tutti vogliono cono- scerti! fig. 19, VII ) se lo invitavamo a ripeterci le sue avventure amorose (Due giovinette che lo amarono, fig. 19, VIII). Spiccati movimenti vasali si ebbero facendo vibrare il suo affetto famigliare, sebbene non soverchiassero quelli che si otten- nero vellicando la sua personalità ambiziosa e la sua fame di ven- detta, i due poli tra i quali si travolse quella infausta esistenza. E anche per i primi è innegabile un certo parallelismo tra i gradi d’ affetto e la scala delle costrizioni volumetriche. L'immagine materna, sempre dominante nel sentimento del bandito, avrebbe il primo posto anche nelle grafiche dell’ affetti- TINTI vità, se fossero ordinate col criterio della reazione più o meno profonda. Vengon sùbito dopo, le curve relative della sorella Ip- e VL Li ani trno VIA Tale Mibero voglion niente La 1 NM sett A 24 Calen late I fn Xo boe i COLIMA CEST AAA, Gre MLIDA 3 sol Nan NR INA î ISS BARRAGE Fig. 19. — Cinque nuove costrizioni della mano destra di Musolino quando gli si evocano ì senti- menti di liberazione ( VI), di vanità ( VII), di amore ( VIII), e si accarezza (X) o si offende (1X) l'amor proprio dì lui. (Continuazione della figura precedente ). polita. Poco invece si scomponeva il sistema vasomotore quando rivolgevamo il pensiero verso il padre: nelle figure (che per brevità FECO.) "RANE qui si omettono) vediamo, non la concavità di un'onda vasale, ma una superficiale increspatura; e veramente l’animo suo di fronte al genitore non diede altri indizi che di immobile noncuranza. J PINO VANNA ANIMA x/ i gi s nei 7 = ; ANA bl I - (OD vamant li O notre Ò \\ Vavav NANA ARI allorchè gli si nominano le persone più care. La sinistra (S) reagisce più energicamente che la destra. MAM AMANAAAMANNANANI Fig. 20. — Due esperienze (a e h) con doppio guanto simultaneo. Restringimento di ambedue le mani di Musolino L’assegnamento da fare sulle costrizioni vascolari nel giudizio della emotività del bandito dovrebbe essere ancor più grande per la considerazione che esse sono di natura neuro-muscolare. LB Talvolta nella curva sfigmica vengano a figurare le oscilla- zioni passive del volume d’un organo, quelle, p. e., dovute alla diminuzione di volume durante l’atto inspiratorio, o quelle che riferisconsi a spostamenti della massa sanguigna in altre regioni del corpo: ma in Musolino l’immutabilità del respiro e della po- sizione delle membra durante l'esperimento eliminava la sovrap- posizione di simili effetti; senza dire che l’assottigliarsi delle sin- gole pulsazioni, la scomparsa o l’attenuazione del dicrotismo (vegg. specialmente fig. 19, VII) durante l'onda vasomotoria è testimonianza inoppugnabile del cresciuto tono nei muscoletti dei vasi, ossia del carattere attivo della diminuzione volumetrica. Un altro gruppo di osservazioni sul rapporto tra stati emo- tivi ed apparecchi organici lo facemmo studiando la circolazione capillare in due regioni vascolari simmetriche. La fig. 20 ci indica quel che avviene nelle mani di Musolino (ciascuna avviluppata in un guanto Patrizi e collegata con un apparecchio grafico indi- pendente) quando facciamo sorgere in lui ancora una volta la ricordanza della mamma e gli notifichiamo che Ippolita sarebbe arrivata a Lucca quella sera. Da tutte e due le mani gli sfugge il sangue e anche a rigor di scienza si può dire che gli si raffred- dano; ma più la sinistra che la destra. È l’annunziata conferma del mancinismo vasomotorio .... ». TE:9 Il guanto volumetrico nell’ esame medico-legale. La pletismografia col guanto volumetrico ha trovato buona accoglienza anche presso gli specialisti di perizie psichiatrico- legali: ne è testimonianza la lista degli Istituti che lo richiesero al Laboratorio di Modena. Lombroso e Audenino si giovarono del guanto Patrizi nella inchiesta psichica sul detenuto Tosetti, il quale era stato ingiusta- mente accusato dei delitti che commossero due anni or sono la cittadinanza torinese: la violentazione e l’uccisione di fanciulle. Le espressioni vascolari (sì positive che negative ) delle emo- zioni nel Tosetti, saggiate col nostro apparecchio pletismografico, fecero dire al Lombroso che « esso serve, non solo a scoprire il reo, ma a riconoscere l’innocente (1) ». (1) LomBroso, La perizia psichiatrico-legale. Torino, Bocca 1905, pag. 607. E Lp Si VENTOSA FESSO là ea e n alice IA pila Die i eta RI A) ditta n MOR 7100 Ss 1 gno Il recente « caso Olivo » fu l’altro Processo importante in cui il guanto volumetrico trovò impiego. Esso svelò nel protago- nista gli spiccati movimenti vasali in relazione all’ esagerato sen- timento di sè, e, con la quasi inerzia delle regioni vascolari al ricordo della vittima, comprovò la insensibilità dell’ uxoricida squar- tatore (1). Diamo in nota la bibliografia esatta di altri libri o memorie dove è compreso il guanto volumetrico tra gli espedienti della semeiotica psichiatrico-criminale, oppure è data notizia di ricerche con esso compiute (2), (1) C. LomBroso, op. cit, pag. 533, e C. LomBroso e A. G. BrancHÙI. Il caso Olivo, Milano, Libreria Editrice Nazionale 1905, pag. 32-33. Sono riportate le grafiche avute col guanto volumetrico su Olivo. (2) L. Borri, Sulla cognizione obbiettiva dei fenomeni nervosi nei traumatizzati(Azvista sperimentale di freniatria, Vol. XXX, 1904). (Un'altro esame medico-legale dello stesso Autore, e corredato pure da esplorazioni col guanto volumetrico, è in via di pubblicazione). L. BrAncHI, Trattato di Psichiatria, Nuova edizione. Napoli 1905, passim. WiLLiam JAMES, trad. FegRARI, Principî di psicologia, pag. 86. Dice quivi il Ferrari: « Fra essi (apparecchi pletismografici) il più recente e il più comodo è di guanto volumetrico del Patrizi, felice derivazione del geniale apparecchio di Hallion e Comte. » — Veramente non è una derivazione nel senso di filiu- zione, sì bene nel senso che la fabbricazione dell’apparecchio Patrizi fu suggerita da qualche difetto riscontrato nel pletismografo di Hallion e Comte. Eppoi, come fu detto sulle prime righe del presente scritto, il. guanto volumetrico parte da tutt'altro principio che l’ apparecchio de’ due sullodati fisiologi. LAVORI ESEGUITI coL GUANTO VOLUMETRICO- PATRIZI M. L. Parkizi, Due sussidi di tecnica fisiologica e psico-fisica (I. Pnew- matometro a criterio acustico, II. Guanto volumetrico), nella Rivista sperimentale di Freniatria, vol. XXIV, fase. III-IV, 1898. A. CasaRINI, Tipi di reazioni vasomotrici in rapporto ai tipi mnemonici e all’equazione personale (Bollettino della Società Medico-Chirurgica di Modena, 1899 e Rivista di scienze biologiche, Como 1899). ParRIZI et CasarINI, Types des réactions vasomotrices par rapport aux types mnemoniques et à l’équation personnelle (C. R. IV Congrès de Psychologie, Paris Alcan 1900, pag. 79). A. Biner, « Analyse » del lavoro di A. Casarini nell’ Année psychologique, VI. Aunée, pag. 502, 503, 504. Parrizi e Casarini. Risposta al sig Prof. A. Bixer circa i tipi di vaso- motori ( Bollettino della Società medico-chirurgica di Modena, 1901- 1902). E. Cavani, Se esista un mancinismo vasomotorio. Ricerche col guanto volumetrico, 1901. (Aivista sperimentate di Preniatria, Vol. XXVIII, fasc. II-III e Archives italiennes de Biologie. Vol. XXXIX, fase. I, pag. 129. PatRIZI e BeLLENTANI, Il riflesso dell’ammiccamento e le fasi della pul- sazione. (R. Accademia di Scienze, Lettere e d’ Arti di Modena, Serie II, Vol. V e Archives italiennes de Biologie, Vol. XLI, fase. II). ParRIZI, Le emozioni di Musolino (nella Rivista mensile La Lettura, gennaio 1902). Vedi anche per le stesse ricerche sulle emozioni il libro: M. L. PATRIZI, Fisiologia d'un bandito. Bocca editore, 1904; e specialmente il Capitolo VI. ' ParRIZI, Un caso di accelerazione volontaria del ritmo cardiaco, senza mutamenti nel respiro ( Atti della &. Accademia delle Scienze, Let- tere ed Arti, Modena 1904). ; i Patrizi e CAsaARINI, Sensazione postuma e oscillazione vascolare conse- guenti allo stimolo termico. Ricerche col guanto volumetrico (Comu- nicazione al V° Congresso intern. di Psicologia, 1905). . A. Casarini, Su alcuni modificatori naturali o artificiali (Età, Sesso, Ve- leni, Fatica, Attività psichica, ecc.) del riflesso vasomotorio nell’ uomo, Ricerche col guanto volumetrico (in corso di stampa). G. FrancHINI, La misura della sensibilità col riflesso vascolare. Ricerche col guanto volumetrico (di prossima pubblicazione). air ani diri nnt 2 A a È I STO TL O OR PA hu.» Fi. =“ E. BORTOLOTTI SULLE FUNZIONI SEMPRE CRESCENTI (Nota presentata alla seduta del 14 Gennaio). Lettera del prof. E. CESARO al prof. ETTORE BORTOLOTTI Ch.mo Sig. Professore, STA ) . , mi permetta di pregarla di volermi dire se la dr proposizione, della quale mi servo nel corso di « Pun- geometria » che vado svolgendo, deriva da qualche altra già nota: « Se due variabili continue x ed y vanno crescendo, a par- « tire dallo zero, in guisa che qualunque coppia di successivi « incrementi uguali della x produca incrementi crescenti della y y « « anche il rapporto 20 crescendo. In altri termini, se f(x +24)>2f(x +4A)T— f(x) ed f(c + h)> f(x) per ogni coppia di valori positivi di x e di A, e se a si ha pure ada: o e E. CESARO. Napoli, 22 Dec. 04. ea Lettera del prof. E. BORTOLOTTI al prof. E. CESÀRO Ch.mo Sig. Professore, SES proposizione dla Ella ha enunciato può 00 come conseguenza della formula (17) data a pag. 40 del . mio Contributo alla teoria degli infiniti (*). Ed infatti: dalla condizione: f(2,41) Tri) eee) Let (2) -f(%) ; x =h.v (r=1.2.3...))x,=0 , f(c)=0 si ricava f(2,) Oi ed anche Ù (Ex) I) I) Ponendo g(x)= x, ed usando le notazioni. OA e qui) Ii per la formula (1), ho PTT ed allora deduco dalla citata formula (17), tl Li se : (*) Annali di Matematica, serie 3.°, tomo XI. STEREO TIA aci 34 SSTLI ma , NPI SRI SE) te. te Tara bye VA A SIE, \ f(£, th) f(£,) ce, + # x, 3 cioè Questa relazione vale per ogni valore di n e per ” positivo 5 . a > XL 7 qualunque, d’ onde subito si conclude che il quoziente Ai è crescente per ogni valore pesitivo della x. Non conosco dimostrazione diretta di cotesto teorema al quale sì possono aggiungere i seguenti : I. Se la funzione f(x), reale della variabile reale x è sempre positiva e derivabile per ogni valore positivo della x, se è f(0)—0, 3 sE pis e la derivata £'(x) è sempre crescente, anche il quoziente de è sempre crescente per valori positivi crescenti della x. II. Se la funzione f(x) è sempre positiva, se la (x) è sempre positiva e crescente per valori positivi, crescenti della x, se il f(x) | - è crescente e positivo, se inoltre si ha f(0)=0, PG) 50 anche il quoziente quoziente x è positivo e crescente, per valori cre- f(x g(x) scenti e positivi della x. III. Se ad ogni coppia di valori positivi di x ed h, corri- sponde una relazione della forma f(x+2%) —f(a+h)_f(@+4)_—f(2) Ple 42h) (e 4) gle th) — p(e) e le funzioni f(x), p(x) sono positive e crescenti, anche il quoziente f(x) P(x)' della x. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . LI è una funzione crescente per valori positivi e crescenti Modena, 26 Dee. 1904. ETTORE BORTOLOTTI. Della Dimostrazione delle proposizioni enunciate, e della esten- sione a funzioni sempre decrescenti, il Ch. Dott. Barbieri farà argomento di una prossima comunicazione. ETTORE BORTOLOTTI. D. PANTANELLI Ancora su i resti di PTYCHODUS nell'Appennino Emiliano (Nota presentata alla seduta del 14 Gennaio). Negli Atti della Società Toscana di scienze naturali. Proc. Verb., Vol. XIV, N. 3, scriveva: « Ho sempre diffidato dell’ origine dei fossili non raccolti da me; ho poi sempre negato qualunque fiducia all’origine dei fossili raccogliticci che spesso sono recati ai musei, ogni qual- volta circostanze estrinseche inoppugnabili, non mi abbiano in- dicato con sicurezza la località nella quale sono stati raccolti. « Da tempo esistevano nelle collezioni del Museo di Modena denti di Ptychodus, indicati come provenienti dalle colline del prossimo Appennino. Due senza indicazione di sorta, altri con indicazione precisa; tra questi ultimi uno ha di mano di Do- derlein l’ indicazione Sarzano, l’altro S. M. sigla usuale per indicare Rocca S. Maria; un altro dente fu raccolto da Maz- zetti a Montese (V. anche Sacco Contr. palèon. argilles écail- leuses. 1893); finalmente tre denti di Ptychodus mi furono due anni fa portati da un contadino assicurandomi di averli raccolti presso la (rizzaga sotto Montagnana. « Tutte queste località per i loro fossili sempre molto ab- bondanti, appartengono al miocene medio. Sarzano in provineia di Reggio prossimo a Pantano fu già citato per i suoi fossili da Doderlein nel 1862, ed io stesso con Mazzetti abbiamo larga- mente illustrato la sua fauna. Di Montese è superfluo parlare. Montagnana è tutt’ uno con Montebaranzone e Rocca S. Maria, già da tempo (Pareto) conosciuti o studiati da me, da De Ste- fani, Di Stefano ecc. - i ' 1 aa receià side crd. Sao a "SI « I denti rinvenuti a Sarzano, Montese e Montagnana ap- « partengono al P. polygirus Ag. Quello di Rocca S. Maria al « P. decurrens Ag. ._« Naturalmente escludo altri denti (due ) sempre del P. po- « lygirus senza indicazione veruna per quanto sieno da più di < 40 anni nelle collezioni dell’ Appennino Modenese. « Concludendo non posso assolutamente escludere che questi « fossili, fin qui conosciuti esclusivamente del cretaceo, sieno-av- e ventizi e non del miocene medio emiliano, anche per l’ uso, « deplorevole per noi geologi, che hanno gli emigranti nei loro « periodici ritorni, di portare a casa delle curiosità naturali che « dopo poco tempo nella famiglia divengono certamente raccolte « nel più vicino dirupo. Vi è però molta probabilità che proven- « gano effettivamente dai luoghi indicati; un esemplare potrà cre- « dersi avventizio, ma sarebbe, anche, se vuolsi escludere il P. « decurrens, assai strano che esemplari di una stessa specie, rac- « colti in luoghi lontani tra loro e in tempi diversi, sieno proprio « di origine esotica ». A questi si debbono ora aggiungere, un dente di P. poly- girus trovato a Fiorenzuola; un altro della stessa specie, di Ver- nasco nel Museo di Parma, e della stessa località un P. mamil- laris Ag.; inoltre esistono sempre nel Museo di Parma, due denti di Ptychodus sp. e sono indicati come provenienti da Vigoleno. E questo senza la cinquantina di denti di Ptychodus citati da Simo- nelli ( Boll. Soc. Geol. Italiana, Vol. XV, pag. 327) come pro- venienti dalle stesse località, per quanto nelle collezioni citate non sia indicato il luogo nel quale sono stati rinvenuti. Come si vede il problema sembra complicarsi; effettivamente sì riduce ad un semplice dilemma; se detti fossili provengono dalle argille scagliose queste dovrebbero assegnarsi al cretaceo ; se non provengono dalle argille scagliose, come è molto probabile, il genere Ptychodus si è continuato fino al miocene medio. DANIELE ROSA L’ALLOLOBOPHORA MINUSGCULA n. sp. (Nota presentata nella seduta del 14 Febbraio). Loc. Dintorni immediati di Modena. : Dimensioni: Lunghezza degli esemplari ben distesi sino a 22m, con diametro di 1,5%"; esemplari più contratti son lunghi 12-14Mm con diametro di 1-1,4Mm, Segmenti 80-100. i Forma cilindrica. Colore, nel vivo, bianchiccio, senza traccia di pigmento. Prostomio intaccante per circa ?/, il 1.° segmento. . È 2 > Setole strettamente geminate, bce = 3; cd affatto laterali. Clitello occupante i segmenti (26-32) = 7; esso ha diametro uniforme e cessa alle setole ventrali; i suoi segmenti rimangono (almeno sui lati) ben distinti; non presenta pori dorsali visibili. Tubercula pubertatis mancano. Aperture maschili al 15.° segmento in forma di fessure tra- sverse con labbra che talora interessano in parte i segmenti at- tigui. Setole copulatrici lunghe 260 p (il doppio delle normali) leggermente sigmoidi e prive di nodulo distinto, con punta un po ricurva ornata di poche incisioni a ferro di cavallo; esse man- cano di solco longitudinale. Non esistono papille copulatrici co- spicue. Caratteri interni. Ghiandole salivari molto sviluppate spingentisi fin nell’ 8.° segmento. | FI Va a Mancano spermateche. Testes e padiglioni liberi nei segmenti 10 e 11. Vescicole seminali 2 paia, nei segmenti 11 e 12, piccole. Ovarii e ovidotti nel 13.° segmento; grandi ricettacoli delle ova nel 14.° Questa specie è forse la più piccola fra tutte le specie fin qui note di lombrichi. Le specie più vicine ad essa sono: 1.° l'A. Eiseni (Lev.) che si trova anche in Piemonte, ma che è molto più grossa, violacea, con clitello incominciante col segmento 24 o 25; 2.° l'A. Beddardi Mich. non ancora stata trovata in Europa fuori che in Irlanda, che ba pigmento rossiccio, clitello incomin- ciante al segmento 24, 25, con traccie di tubercula. Secondo la nomenclatura adottata dal Michaelsen nel Tierreich (1900) la nostra nuova specie si dovrebbe chiamare ZHelodrilus ( Bimastus) minusculus. LE LEGGI DELLA ERGOGRAFIA Nota di ETTORE BORTOLOTTI ( Presentata alla seduta dell’11 Aprile). Sotto questo titolo la Signorina Dott. Joteyko, capo di Labora- torio nella Università di Bruxelles, ha pubblicato nel Bulletin de la Classe de Sciences de l’ Academie Royale de Belgique ( À. 1904, pag. 557-732) una memoria nella quale si propone i problemi seguenti: I. Trovare la relazione algebrica fra il tempo e l' altezza delle contrazioni segnate dall’ergografo di Mosso. II. Trovare il significato fisiologico dei parametri che caratte- rizzano cotesta equazione. III Studiare V azione, sia delle diverse sostanze introdotte nell’ organismo, sia delle influenze psichiche, morali o di tre condizioni di lavoro, per mezzo delle variazioni che per esse su- biscono i parametri degli ergogrammi. Volli studiare questo lavoro. per avere idea della applicabilità delle teorie matematiche alle scienze biologiche, ed ebbi così modo di fare le osservazioni seguenti: I. Per stabilire la equazione della curva di fatica, 1° Autrice parte dalla premessa che: Ogni funzione continua possa essere rappresentata in modo unico dallo sviluppo in serie del Taylor, ed ammette, come dato sperimentale, che si abbia una approssima- zione sufficiente col prendere i primi quattro termini di quello sviluppo. A ciò può subito osservarsi che la premessa è inesatta. Vi sono funzioni continue non sviluppabili in serie di Taylor, e ne è prova il classico esempio delle funzioni rappresentanti la forma assunta dalle corde vibranti. dali > è Ci Cai di, e Sarebbe stato più logico perciò che 1’ A. avesse preso per punto di partenza la serie di Fourier, anzichè quella di 7aylor. In secondo luogo, trattandosi in quelle curve di valori di # abbastanza rilevanti, (certo sempre maggiori di 7), non possono considerarsi come trascurabili i termini di grado superiore al terzo. Questi non hanno ordine di grandezza inferiore ai primi, se non nel caso che i loro coefficienti sieno piccolissimi. Ora il problema è appunto di determinare i cofficienti, ed ogni preventiva ipotesi sui medesimi, costituisce una petizione di principio non compatibile coi metodi matematici. Ma, comunque sia, ammessa l’ equazione empirica (1) y=H— at? + bi? — ct data dall’ A., vediamo se risponda alle caratteristiche geometriche dei diagrammi tracciati. i Anzitutto: se è vera la asserzione dell’ A., che i numeri a, db, c, sono sempre positivi, vediamo che, col crescere di #, la curva scende sotto l’ asse delle ascisse, e finisce con l’ assumere valori negativi maggiori in valore assoluto di qualunque numero . pensato. Ciò non si accorda con l'andamento delle curve di fatica, le quali non scendono mai sotto lo zero; anzi, come l’A. stesso osserva, la curva discende dapprima rapidamente, poi molto più lentamente, e qualche volta resta indefinitamente parallela all’ asse delle ascisse ( pag. 564). i La curva teorica dovrebbe dunque avere per assintoto l’ asse delle ascisse, ciò che sicuramente non può avvenire per le para- bole cubiche rappresentate dall’ equazione (1). Aggiungerò che, nella massima parte delle curve che vedo tracciate nelle tavole allegate dall’ A., si avverte un ritmo od una tendenza alla periodicità, che, nelle curve rappresentate da tali equazioni, non si può certo rinvenire. II. Un'altra osservazione debbo fare, riguardo al modo che l’A. tiene per calcolare i parametri «, d, c, della equazione. Bisogna (dice a pag. 574) incominciare col tracciare la curva di sentimento, che è una specie di media passante il più vicino possibile ai vertici segnati dai successivi sollevamenti. Sup e Per dedurne l’ equazione basta conoscere quattro dati speri- mentali: lo sforzo massimo, (altezza della contrazione massima) e tre altezze prese a tempi abbastanza diversi. H essendo lo sforzo massimo, si calcolano i coefficienti s b, c, mediante quelle tre altezze. Subito osservo che H, a vero dire, non è la massima altezza, ma quella corrispondente a t = 0, cioè la prima considerata; e questa bene e spesso non è la massima. Ma v'è di peggio, col prendere le altezze corrispondenti a differenti terne di valori di #, si hanno per una stessa curva, coefficienti affatto diversi. Per esempio, giovandomi della curva Gérard (pag. 669) che ha grande importanza per le deduzioni di ordine fisiologico che ne trae l’A., trovo: per i. tempi £=\ 0, 4, 8,16 e le ordinate y = 13, 13, 12, 9[a=—- y= 13, 13, 14, 9 [a= per; id = 404816. Y — 13, 139, 12, Tea) diesis Mentre l’A. per conto suo, trova di ==10,00745 be 19025 070 edo: : 1 CLI tt Li I gti Analogo risultamento ha avuto l’ esame di altre quattro delle curve riportate dalla A. nella sua memoria. Tali differenze sono spiegabilissime, quando si osservino gli scostamenti fra le altezze calcolate e quelle osservate, scostamenti che troppo spesso sorpassano il 25 °/, del valore osservato e molte volte arrivano al doppio ed anche al triplo della quantità stessa da calcolare! Nè vale il dire che /o scostamento medio è di qualche fra- zione di millimetro (pag. 574), perchè qui si chiama scostamento medio, la media aritmetica degli scostamenti; cioè si elidono nella somma gli scostamenti di senso opposto, contrariamente alle buone regole del calcolo degli errori. Svanisce così quella certezza sulla costanza dei parametri in ergogrammi presi melle stesse condizioni, che, a detta dell’ A. (pag. 587) è la base della ergografia. III. Mettiamo ora che, nonostante le osservazioni fatte, la equazione data dalla Signorina Joteyko rappresenti con sufficiente approssimazione la curva della fatica, e vediamo come Ella in- tenda tradurre il significato fisiologico delle costanti. Ella ammette che i termini oi Sata DIRE zl'ebi rispettivamente rappresentino: H la quantità disponibile di idrati di carbonio, — at* la perdita di energia dovuta alla intossicazione locale, cagionata dalle tossine, che il muscolo stesso produce nelle con- dizioni di fatica. bt® l’azione nervosa. — ct la perdita di energia dovuta al consumo di idrati. Le ragioni che l’ A. dà di coteste interpretazioni mi sembrano assai poco plausibili. Dice essa infatti che il consumo di materiali deve essere rite- nuto proporzionale al tempo, che l’azione dei centri nervosi cresce con la fatica, propor- zionalmente al quadrato del tempo, e che l’idea che ci facciamo degli effetti tossici, può benissimo essere rappresentata col dire essi producono una perdita di energia proporzionale al cubo del tempo. La mia ignoranza in materia di fisiologia, mi dispone subito PAGATI pl ad accogliere come veritiere coteste affermazioni dell’illustr. A., ma poichè essa vuol darsi la pena di dimostrarle, vediamo qual valore abbiano le prove che arreca. ’ To terrei per dimostrate le ipotesi se, da una serie di espe- rienze in cui fosse eliminato ogni altra causa perturbatrice della energia del muscolo, che non sia l’intossicazione per opera dei materiali di rifiuto, risultasse un ergogramma di equazione 7 y=H— at}; se, in una seconda serie di esperienze in cui l’ azione dei centri nervosi fosse la sola che potesse applicarsi, si ritrovasse y=H4 bl°; ed infine se, in una terza serie di esperienze in cui non potesse aver valore che l’azione che ha sul lavoro il consumo degli idrati, si avesse y=IH— ct. Vediamo invece a che si riducano le esperienze fatte dall’ A. per controllare la sua teoria. i L’A. incomincia col somministrare dell’alcool in quantità de- terminata, al soggetto da esperimentare. Se, dice, la costante hb attribuita ai centri nervosi, ne è au- mentata, potremo concludere che il significato attribuito al para- metro b, è il vero (pag. 621). Il ragionamento è abbastanza arrischiato, ma potrebbe avere qualche valore, quando, insieme col crescere di b, si verificasse la costanza degli altri parametri. Invece ciò non è: i parametri variano tutti ed in sensi im- previsti ed imprevedibili. Questo fatto non sgomenta però la sperimentatrice, anzi le dà occasione di spiegare fatti fisiologici fino allora controversi, fondandosi, s’ intende, su quelle stesse ipo- tesi che si tratterebbe di verificare. Per esempio, essa trova che per effetto dell’ alcool il parametro a diminuisce: ebbene, dice, ciò dimostra, che la intossicazione prodotta dal lavoro muscolare è meno forte, quando il soggetto ha preso dell’ alcool in piccole dosi, che quando non ne ha preso (pag. 617). v £ A Ù sa 19 4 tu rali LAI TIBANE 7 SOS Se la dimostrazione persuada i fisiologi non so; a me pare piuttosto una dimostrazione dell’ arbitrarietà con cui fu interpre- tato il significato biologico dei parametri: E questa dimostrazione mi appare tanto più evidente quando vedo a pag. 630 1’ azione dell’ alcool produrre una diminuzione, invece dell’ aspettato au- mento, del parametro d, e l'A. affaticata nella ricerca di un ac- comodamento fra questo fatto e le sue teorie. Una seconda serie di esperienze consiste nel sottoporre il soggetto ad un lungo digiuno, nel somministrargli poi determinate quantità di zucchero, e nell’ esaminare le curve prodotte nell’ er- gografo prima e dopo la ingestione dello zucchero. Le esperienze furono fatte su tre persone Per due, a detta dell’ A., diedero risultati interamente negativi. Negli ergogrammi della terza (la Signorina Kipian) si osser- vano variazioni, attribuibili al digiuno, ed alla successiva nutri- zione, in tutti e tre i parametri, ciò che non può dare niuna norma sicura sulla esattezza del significato fisiologico loro attri- buito; anche per il fatto degli scostamenti molto notevoli, fra gli sforzi calcolati e quelli effettivamente segnati dall’ergografo, ( V. pag. 652). In una terza serie di esperienze l’ A. produce nel soggetto l’ anemia completa del muscolo. Negli ergogrammi risultanti trova aumento in tutti i para- metri, tranne che nella costante H7 che è assai diminuita, ed è la serie di osservazioni che meglio si accorderebbe con la teoria, se non si riscontrassero, nel calcolo delle costanti, degli scosta- menti addiritura enormi: i quali fanno ritenere che, nello. stabi- lire la curva teorica, abbia un po’ troppo prevalso il sentimento / Troviamo infatti nella pag. 665 (Curva Normale Leroy). Diprzicosservati: 15-16 16 15:10, 10; D; 8 dgr scostamenti : 5,1, 3,5,3,0, 3,2, 7,5,6,7,6,9,6,8,6,8,5,5, 0,2, LI AR Iii) METIOO Ola dI RI 4,6 , 3,1, 42,34 ,17,0 Si va cioè da un errore minimo del 20°/, ad uno massimo di 3 volte e mezzo il valore osservato! Ed alla pag. 669 (Curva anemia Gérard). Pa Sforzi osservati 13 14 14 15 13 13 13 12 Scostamenti 1,0 — 1,2 — 2,0 — 0,4 — 1,9 — 1,9 — 2,0 —0,8 12 13 14:11 METZ 9000 BI 220 — 0,6 — 1,4 — 2,2 0,9 — 2,0 —0,1 0,8 2,0 1,2 1,80,4 —0,8 1,0 0 Qui gli scostamenti sono notevoli, principalmente perchè tol- gono alla curva il carattere ritmico spìccatissimo, e sono, anche nel loro valore assoluto, troppo rilevanti perchè le deduzioni che se ne vogliono trarre sieno attendibili. Per riprova di questa mia asserzione, ho preso tre punti ben distanziati dell’ ergogramma, ed ho calcolato i coefficienti corrispondenti, trovando, per ogni particolare scelta, valori dei coefficienti variabilissimi da terna a terna, e che potrebbero permettere qualunque interpretazione fi- — siologica. i Per es., in corrispondenza delle coppie EZIO 1) Rei SIA CITTA III RO, in cui le y si accostano alle altezze osservate più ancora di quelle calcolate dall’ A., trovo per a, d, c; i valori negativi: 1 ue 105 (et AI216 — 3072 20073072 Ca a = ed in corrispondenza delle coppie ti== (0) , 4 , 8 , 16 FSE I che sono sulla curva segnata dall’ ergografo, trovo nuovamente i valori negativi : 1 36 128 (pe See? b= — —- CR TERì Dunque, discutendo questi risultati al modo indicato dall’A., si dovrebbe dire che în un muscolo anemico, le tossine delle fa- tica producono aumento di energia, la eccitazione nervosa, pro- stramento di forza, ed il lavoro aumenta la riserva degli idrati. barrio Albiate en IDE: pg Non solo; ma, seguendo le istruzioni date dall’ A. alle pa- gine 578-581, potrò giovarmi delle costanti ultimamente calco- late per trovare la ordinata corrispondente ad un valore qualunque positive-di # e troverò che gli sforzi di cui un muscoto-anemica. è capace, decrescono per un certo tempo fino a raggiungere un minimo (che non è zero) poi risalgono rapidamente ed aumen- tano indefinitamente col crescere del tempo. E si noti che non sulla curva citata solamente; ma su pa- recchie altre ho ripetuto la prova, col medesimo successo. P. es. per la curva normale Gérard (Tavola III, fig. 5) in corrispondenza delle coppie ZOO 20 dI 0 e, 13 segnati sulla curva ergografica, trovo tutti i segni delle costanti invertiti, e cioè: 2 1 3 ERO ISEE 40/00? EIAGOI contrariamente ai valori a = 0,00054287 b = 0,0387145 ce = 1,00665 che l'A. trova, forse col prendere i punti sulla curva che dice ‘ di sentimento e che è tracciata studiatamente in modo da verifi- care le premesse. Non so dunque quanta fiducia possa ispirare la soluzione che l'A. vuol trarre dalle sue formule, per la questione litigiosa intorno al meccanismo dell’ azione della caffeina sull'aumento di lavoro, nel $ IX, e lo studio delle caratteristiche dei lavori pro- dotti dalla mano destra e dalla sinistra ($ X) e della fatica rima- nente fatta al $ XI. Ciò giudicheranno i fisiologi, cui chiedo scusa se ho osato, per una volta tanto, mischiarmi delle cose loro. « Modena, Aprile 1905. ALCUNI TRORRMI SULLA PONZIONI DI VARIARILE. REALE del Dott. ARMANDO BARBIERI (Nota presentata alla seduta dell’ 11 aprile 1905). Il seguente teorema: « Se la funzione reale f(x) della variabile reale x è definita nell’ intervallo (0|— co), se f(0) =0 e qualunque siano x ed h è soddisfatta la relazione f(x + 2h) > 2f(x+h)— f(x), il rapporto è crescente », di cui è nota l’importanza per lo studio della Geometria non Euclidea fu implicitamente enunciato nel 1893 dal Gerard (*), il quale ne diede la dimostrazione in un caso particolarissimo. Il Cesàro, con una lettera di cui fu stampato un estratto in questi annali, propose la dimostrazione del teorema sotto la forma più generale dianzi enunciata al Prof. Bortolotti, e questi nello stesso tempo che esibiva la dimostrazione richiesta, enunciava alcune proposizioni più generali, lasciando a me la cura di ap- profondire e completare lo studio dell’ importante questione. Tale scopo ha appunto la presente nota colla quale dimostrerò le seguenti proposizioni. | I. « Se f(x) è una funzione reale della variabile reale x, ad un valore, finita, continua e derivabite in ogni punto al finito dell’ asse reale, se ivi è COL IERO (*#) Nouvelles Annales de Mathématiques, 1893, p. 75. UV REI II O RA SIOE VOTO SLI RI PI 43 Pa fe: ; Ù fi. é A k Col ” ani bi I EI 77 SETE pre 7 i) pa I) gg PANI , i Lo e di f(x ed è f'(x) sempre crescente, anche il quoziente è sempre crescente ». II. < Se f(x), (x) sono funzioni reali della variabile reale x, ad un valore, finite e derivabili nell'intervallo (01— co) e la p sem- LI pre positiva e crescente se f£(0) = g(0) = 0 ed il rapporto p(x) è sempre crescente \ (x è sempre crescente, anche il rapporto P(x) per valori positivi e crescenti della x ». III. « Se le due funzioni reali f(x), g(x) sono finite e ad un sol valore in tutti î punti x_ di un insieme numerabile [x. ] in cui x = 0 ed ivi la pè sempre posîtiva e crescente, se £(0) = = (0)=0 e per ogni valore di n è soddisfatta la relazione A) eo) è soddisfatta anche V altra Fra) Î(€,) —_—+ »a E Da questa deduco facilmente l’ altra proposizione: IV. « Se le f(x), p(x) sono definite in tutto il tratto LI (0|}—] 00) e per ogni coppia di valori positivi per x ed h è ea +2) f(x) pc + 2h) — p(c 4h) p(er+h)—- 9(2) Tx 9(3) Dal primo teorema che può considerarsi come conseguenza di quello dimostrato dal Prof. Bortolotti, do anche una dimostra- zione diretta, premettendo un lemma che à importanza nella teoria delle funzioni di variabili reali, perchè dà una proprietà dell’ in- determinata 0 che compare nella notissima formula il rapporto è sempre crescente ». (1) F(ve+h)-f(2o)=hf' (co + 0h). Il secondo teorema lo deduco dal primo con un semplice ar- tificio già usato dallo Stolz e dal Bortolotti in questioni analoghe (*). Di esso do anche una dimostrazione diretta facendolo precedere. da un secondo lemma analogo al precedente. . Do due dimostrazioni della terza proposizione che è la più importante perchè da essa possono dedursi, come dimostro, tutte le: altre. Completo l’ argomento enunciando proposizioni più generali, le cui dimostrazioni si deducono con leggere modificazioni dalle precedenti. 1. Lemma 1.° « Se f(x) è funzione finita continua e derivabile nel tratto (xo xo + Db) (inclusi gli estremi), se £'(x) è sempre crescente, nella formula F(co + h) — f(20) = hf (+ 80) (1) non può essere 0 — 0, né 9 = 1. Si consideri infatti la funzione (n) =f(e)- falena la quale prende lo stesso \valore (zero) nei punti x, ed x, + È La sua derivata deve annullarsi in qualche punto (almeno uno) dell'intervallo (29; 2, + #) che indicheremo con a, + 08. Ed in particolare nei punti di massimo o di minimo della 9() nel l'intervallo stesso. Se la derivata della g(x) potesse annullarsi soltanto nei punti estremi dell’ intervallo, che corrispondono ri- spettivamente ai valori 0 ed 1 di 6, vorrebbe dire che la (x) non ha in quell’ intervallo punti di massimo nè di minimo, sa- rebbe dunque costante in tutto l’ intervallo e quindi la sua de- rivata costantemente nulla: cioè e (2) =f(2) — LETU=A) o f'(x sori n xo) = cos È (*) Storz, Ueber die Grenzwerte der Quotienten: Mat. Ann.: XIV, p. 278. — Borronorti, Sul limite del quoziente di due funzioni: Ann. di Matematica, Serie III, Tomo 8.°, p. 265. MR RARE OE RE POT NRE E VI SETTI SII TCP AO VTS PANCIA Ro ini tuttii. :punti dell intervallo (xy, + #) contro agi che °° sia f'(a) crescente. _ 2. Corollario. « Se la f(x È ), come sora duna sodtafa È la relazione f(c+h)-f(e)=hf'(2 +08): _ con 8 esclusivamente uguale a zero o ad 1, essa è lineare nel | tratto (x,x+h). È 3. Teorema 1.° « Se f(x) è una funzione reale della varia- bile reale x, ad un valore, finita, continua e derivabile in ogni punto al finito dell’ asse reale, se ivi è TORI E(x) ed è f'(x) sempre crescente anche il quoziente - è sempre crescente ». 1.° Dimostrazione. Scelta A ad arbitrio si à I f(c + al) =hf"(2 + nh + 60) f(x + nh) — gle 4 (8 — 1A] =AM 0 + (2 —1)A+ MM] ove non può essere per il lemma precedente nè 90—0, nè A = Toi è ETERO certamente i f(c+ nh + 0h)>f{e+(n—-1)h + 6h) e quindi anche fx + (n-+1)2] = f(2+nh)>f(2 + nh) —Jlr +(#—1)h] x) crescente. i f e per il teorema dimostrato dal prof. Bortolotti, 2.° Dimostrazione. La formula (1) in cui si faccia gg = 0, h= , dà, poichè f(0)—=0 f(x) = af' (be). a lat, Poichè f'(x) è sempre crescente si à anche (Lemma 1.°) fx < x e perciò F(0e)0 cioè da f(e) n crescente. il che prova essere . 4. Scolio. « Se f(x) è monotona anche sa) è monotona >». Infatti dalla formula f(x) = «f'(0x), se f'(x) è ‘non decre- digiti i scente, si ricava f'(a)0 of AE) ceo # cioè de) DE cda (a) = È x) il che prova essere crescente. P(£) tia iù . Scolio. Se il quoziente delle derivate 7° 1 è non decrescente, anche de Di Lio P(x) Infatti in tale ipotesi si à uo edi) Li p(®) © g'(®) cioè ad f(e) de (x) =0 8. Teorema 3.° « Se le due funzioni reali £.(X), p(x) sono finite e ad un valore in tutti i punti x, di un insieme, numera- ‘bile [Xn I mica as=0 ‘ed ivi la pè sempre positiva e crescente, se f:(0), ==: (0) == le per ogni valore di n è > soddisfatta la re- lazione ave +) od. oe Ness: Vea VITRETTONT ; dc E da soddisfatta anche l' altra 1(%41)_£(%) P(Xa41) Pa) 1.3 Dimostrazione. Per le ipotesi fatte si à . E) E) I) (A SEStO Lo #2.) — Be) “f(&.) elica) (E A Poichè i denominatori delle frazioni poste ai secondi membri delle. precedenti pause anzo sono posi sarà anche Î(2,41) — f(2,) f(%, ) E O Posto E) -f(s,) | gt i (E) 200,) 92,4) — L(2,) Ya)= Fa per cui p(£) > 4(£, o) identità | tg a] CERRI I P( 3 ! fio H2,,) = WS e eo (*) Cfr. Borrororrr, Annali di Rio serie III, Tomo XI, p. 40, formula (17) i * VARI I mostra che è anche v (2,41) > 4(£,) cioè FR, 4) 2) P(@,4) © P(2,) 9. 2.* Dimostrazione. Dello stesso teorema si può dare una seconda dimostrazione col metodo di induzione completa. Dalla ipotesi (Ras) SM) _ LELE) A eil) si ottiene Kerio o PIPER Fa) Fa)? AE) HAI + 1 cioè i o Da questa si ottiene. SE 1(8 4) #(E) SE) AE) 14) (E) > P(2, a) F(R) LEA) LIA) cioè = S(2,4)9(2) (2) (2,4) > > #(2,_ If) SAMI Ora sarà | | Di Î(%,41) 9(%,) Di f(%,) P(2,,1) 2:09 e gie SAI 1) (2,41) 9(2,) | se sarà maggiore di zero il secondo membro della (@) cioè se sarà (BY Î(%4) 71 (%) > Ma) SR) Ora supposta vera la f(2,_1)_ f(8._3) o) | “ è anche ae) P(2,_) PL a) P(E1) e quindi à maggior ragione è vera la (B). Il teorema sarà vero in generale se sarà vero per a 21,2. Per x = 1: è per ipotesi Î(0.) — f(2) _ Î(2,) (a) — P()T P(2,) da cui, col procedimento usato prima F(,) _ F(2,) pa) 7 f(2,) * Per ‘è =:2. Dalle f(a)—-f(0,.)_ f(e)—f(2.)_ f() P(&.)—P(2,.) 7 9(2)_ (2) (2) Pai) = si deduce /(23) 901) — SMR piau) 1/8) —S(2,)} i — f(x, Li (23) - tI ma il ecotido membro di questa ina è AREA perchè fa.) = fa) _ fe) P(0,) P(1,) pie) tr, sarà dunque anche Bai Î(%,) P(w,) FD) 10. Teorema 4.° « Se di f(x), 3: Lo definite in tutto il tratto (0|-|c0) e per ogni coppia di valori positivi di x ed h è f(x +2h)— f(x +hb)_ f(x+h)— f(x) g(x + 2h) — p(x+h)T o(x+h)— (x) (x P(x) : Posto infatti. &_= th, dal teorema precedente si dea ah f il rapporto ) se sempre crescente. | NE Sage f(%, + h) o $(2,) ve 40) RI) Ho): po è crescente. qualunque sia À, e quindi che ala 11. Osservazione. Da questo teorema si fue far AR: tutti gli altri precedentemente dimostrati: Infatti nelle ipotesi del teorema. 2.°, valendoci della formula ‘ del Dini, avremo È. (ay LEE (DAI F(0+ ah) _ P'(0+4 ii & 9h) ele Fia | cai pe RW dba) Onur "A SI D. è 7 "> si È i » ite 2 59 e con 0 e 0, diversi da zero e da uno: Poichè il secondo membro della (1) è maggiore del secondo membro della (2) sarà anche de De e dA ah) filet hi p[er4+(n+1)h]-—9(2+2h)T p(e+nh)— [e +(n—-1)A] F() (4) Se poi nel teorema secondo si fa 9(x)=% si ricade nel teorema 1.° è crescente. e in forza del teorema 3.° possiamo asserire che Teoremi analoghi valgono per funzioni sempre decrescenti e si dimostrano nello stesso modo. — Possiamo dunque enunciare le proposizioni seguenti I. « Se la funzione reale f(x) della variabile reale x è finita e ad un valore in ogni tratto finito dell'intervallo (0|— co) se f(x) x f(0)—0, il rapporto è sempre ‘crescente 0 sempre decre- scente secondochè, per ogni coppiu di valori reali e positivi di x ed h, è soddisfatta la prima o la seconda delle due f(a£+2h)>2f(er+h)— f(2) ia +2h)<2f(xr+h)— f(x) 3 «II « Se f(x) è una funzione reale della variabile reale x, ad un valore, finita, continua e derivabile in ogni punto al finito ARS x dell’ asse reale, il rapporto è sempre: crescente ‘0 ‘sempre de- b) crescente secondochè £'(x)è sempre crescente o sempre decrescente. III. « Se f(x), p(x) sono funzioni reali della variabile reale x, ad un valore, finite e derivabili nell'intervallo (0|— co) e la è sempre crescente 0 sempre decrescente, se f(0) = 9(0) =0, f(x il rapporto Di è sempre crescente o sempre decrescente secondo EE che îl rapporto sr) è sempre crescente o sempre decrescente. IV. « Se le due funzioni reali f(x), g(x) sono finite e ad un valore în tutti i punti Xi di un insiene numerabile [Xn] in CONGO cui x, = 0 ed ivi la , è sempre crescente o sempre decrescente | se f(0)= (0) =0, sarà soddisfatta l una o l’ altra delle due IE) (AE P(2,41) 9(%) OA) P(2, 41) 9(%,) secondo che è soddisfatta la 1. o la 2.* delle due Î(%,41) —f(%,) TM) 1) EE) A P(%,) P(E,) — P(£,_1) ; Î(£,41) SA) F(e,) Î(£,_1) REL RCIRII) V. « Se le funzioni f(x), gp(x) sono definite in tutto il f(x) 9(x) decrescente, secondo che, per ogni coppia di valori positivi di x a di h, si verifica la 1.* 0 la 2.* delle due tratto (0|— co) il rapporto è sempre crescente, o sempre Io aa F(e+h)—-f(2) ped +22) — p(£+h)T p(e+hR)— (2) VA A ire AC I ER li n 0A) (o +29) — p(e+h) © p(et+h)— (2) ù, so Ri RT go TIE TIENI M acini fuse ; ta {| LUIGI CESARI LAUREANDO IN MEDICINA ESPERIENZE PRELIMINARI CIRCA L'INFLUENZA DELL’ ELETTRICITÀ ATMOSFERICA SULLA VITA ANIMALE (Presentata dal socio prof. Patrizi alla seduta del 14 Marzo). Il Guarini, nella primavera del 1904, in una sua conferenza all’ Istituto Agricolo di Gembloux (1) annunziava di aver dato la soluzione ad uno dei più importanti problemi sulla vita delle piante, portando così il più potente contributo alle ricerche di molti scienziati francesi e particolarmente del Grandeau e del Leclerc (2). Il Guarini si chiese, se possa ritenersi che la vita delle piante sia basata su fenomeni elettrici. E appoggiandosi a numerose prove conclude che, una pianta messa in un vaso — isolata dal suolo — rinchiusa in una gabbia del Faraday — muore, benchè sia esposta al sole, e ciò, dice Guarini, perchè si sottrae la pianta all’ infuenza indispensabile dell’ elettricità atmosferica e sopratutto alle radiazioni elettriche del sole. Infine ne deduce che la vita della pianta è un fenomeno elettrico. Invogliato dalle esperienze del Guarini e di comune accordo ‘con lui, pensai di ripetere le sue esperienze su gli animali. (1) Revue de V Éléetricité. Lausanne, 1904, N. 14, p. 108. Vegg. anche LemstRoEM, Effets de l’ Éléetricité sur la vegetation, p. 12. (2) Granpeau, | Éléetricité atmospherique sur la nutrition des plantes (C. R. Academie des Sciences, 1878, p. 60 e p. 265). -- Inem. l’ Eléctri- cité atmospherique sur la frutificaction des vegetaux (C. R. Académie des Sciences, 1878, p. 939), CONERO Benchè io veda la necessità di completare le mie esperienze con sistemi e mezzi addotati dalla moderna fisiologia, per studiare il comportamento fisiologico durante il tempo di prova, mi affretto a render noto quanto ho ottenuto da quelle esperienze che ho fatto, e che ho dovuto necessariamente sospendere, perchè la tem- peratura rigida, specialmente durante la notte, avrebbe pregiu- dicato l’ andamento dell’ esperienza. . Alla fine dell’ agosto 1904 sottoposi due cavie, debitamente esaminate da un veterinario e da questo dichiarate sane, ad un regime dietetico speciale, per portare la loro nutrizione ad un maximum di benessere e di robustezza e le rinchiusi in un aperto e sano recinto esposto giorno e notte alla luce ed all’ aria, del diametro di cm. 70, isolate da altri animali da esperimento tanto per il vitto, quanto per il contatto. Dopo otto giorni dacchè somministravo gr. 30 di crusca e cm.* 100 di acqua giornalmente e a cadauna, il loro peso aveva raggiunto un aumento di gr. 100 e si mantenne costante. In tali condizioni, e sempre mantenendosi sane ed animate, introdussi le due cavie in due gabbie distinte e (così costituite: un’ inteleiatura in ferro greggio di forma circo- lare, alta cm. 50 e di diametro di cm. 70, era ricoperta di uguale rete metallica greggia, ermeticamente chiusa, in modo da egua- gliare la gabbia del Faraday. Internamente era stato posto, al momento dell’ introduzione della cavia, una vaschetta in maiolica nella quale giornalmente per mezzo di un imbuto — pure in maiolica — veniva versata la razione alimentare, opportunamente e con scrupolo pesata. aSy go sio La parte inferiore — quella che stava a contatto col suolo — venne isolata ancora da una lastra grande e sufficiente in cri- stallo dello spessore di cm. uno. Mantenni le cavie nelle condizioni di luce ed aria che ave- vano prima dell’ introduzione nelle gabbie. Le cavie dopo due giorni mi diedero un peso di gr. 25 in meno del loro peso che avevano al principio dell’ esperienza. Dopo quattro giorni l’una di gr. 50 e l’altra di gr. 45 sempre in meno per poi raggiungere una diminuzione dopo sei giorni, l’ una di gr. 80 e l’altra gr. 70 e finalmente dopo nove giorni quella che aveva dato maggiore diminuzione morì: l’altra, dopo dodici giorni, morì essa pure. Il loro comportamento mi è sembrato assai degno di nota: la vivacità, propria delle cavie, le stridule grida all’ appressarsi del- l’ inserviente che loro portava da mangiare si facevano ogni giorno più rare: per lunghe ore del giorno restavano indifferenti a tutto, evidentemente erano fiacche e si adagiavano come in stato di sopore. La morte avveniva repentinamente e naturalmente, dopo pochi minuti di agonia tranquilla, in cui la cavia cadeva in stato di coma. Poche ore dopo la morte ho praticato 1’ autopsia. Accuratamente ho sezionato i vari visceri, nonchè il midollo. spinale, il bulbo, il cervelletto, il cervello e macroscopicamente. nessuna alterazione vi ho riscontrato, anzi a maggiore assicura- zione dirò che visceri e sistema cerebro-spinale erano macrosco- picamente sani. Ho ripetuto su altre 15 cavie —. 17 cavie in tutto — sanis- sime e di provata resistenza fisica la stessa esperienza, seguendo scrupolosamente le norme impostemi nella prima prova. Uguale riscontrai il corso del loro comportamento fisico du- rante l’ esperienza e simile la morte; la durata dell’ esperienza lho trovata in rapporto diretto col peso dell’ animale. + * Come ho dichiarato in principio di questa mia relazione, ese- guirò ulteriori e numerosissime esperienze; adoperando per quanto concederà la delicatezza dell’ esperienza, istrumenti all’ uopo per seguire costantemente il decorso giornaliero fisiologico dell’ ani- male sottoposto a simile trattamento. a Vedrò se uguale risultato lo potrò ottenere anche. con ani- mali di famiglia diversa. T. BENTIVOGLIO. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI PSEUDONEUROTTERI DEL MANTOVANO LIBELLULIDI DI GAZOLDO DEGLI IPPOLITI E CANICOSSA (Presentata alla seduta dell’ 11 Aprile). Durante il periodo delle vacanze autunnali dell’ anno 1905 il Sig. Giacomo Crema, studente nella R. Università di Modena raccolse molti libellulidi a Gazoldo degli Ippoliti ed a Canicossa, località della provincia di Mantova, e gentilmente mi inviò detto materiale per lo studio. Poco è stato fatto riguardo ai libellulidi del Mantovano, no- nostante che nella provincia si trovano condizioni opportune per lo sviluppo di questi animali, perchè molte sono le paludi ed i corsi d’ acqua. Pubblicazioni speciali riguardanti i libellulidi del Mantovano non esistono; solo in tre lavori si trovano menzionati insetti di questo gruppo. Il primo risale al 1826 (1) ed in esso sono enu- merate nove specie, queste stesse sono indicate in una memoria del Prof. Paglia riguardante la storia naturale della provincia di Mantova (3) e da ultimo nel ottimo lavoro sui libellulidi italiani del Prof. Pirotta (3) si fa menzione delle stesse specie. (1) Lanrossi P., Saggio di storia naturale dei contorni di Mantova, Giornale di Fisica, Chimica e Storia nat. di Configliacci e Brugnatelli, Dec. II, Tom. IX, Pavia, 1826. (2) PagLia E., Saggio di Storia naturale sul territorio Mantova, Man- tova, 1867. (3) Prrorra R., Libellulidi italiani, Annalz Mus. Civ. di St. Nat. di Genova, Vol. XIV, Genova, 1879. afidatami per lo studio, tre erano già segnalate e sedime invece sono ora per la prima volta indicate come esistenti nel mantovano. Re . Credo di fare. cosa buona pubblicando questa nota quale con- Me aio ELENCO SISTEMATICO E SINONIMICO DEI LIBELLULIDI DEL MANTOVANO Ord. Orthoptera. Sect. Pseudoneuroptera. Fam. Libellulidae Selys. Trib. Libellulinae Selys. * : Gen. LEUCORHINIA Brittg. * L. rubicunda L. Sin. 1826 — Libellula rubicunda — Lanfossi, Saggio ecc., p. 203 1879 — Leucorhinia » ‘— Pirotta, Libell. It., p. 432. 1879 — » » — Paglia, Saggio ece., p. 410. Questa specie trovasi nell’Italia settentrionale, ma vi è rara, |. fu catturata da Lanfossi nei dintorni di Mantova. Gen. DipLAx Charp. 1. D. striolata Charp. Nuova per la provincia; alcuni individui furono catturati a Da Canicossa, molti a Gazoldo nel luglio e nell’ agosto. no! AT aL - sà aiai L “ein SEI e si EEA dglde Sie ne dec hi ecia PRA STE ere 79855 n È È 4 È 3 î 4 È x % * D. vulgata L. Sin. 1826 -— Libellula vulgata — Lanfossi, Saggio ecc., p. 203. 1879 — Diplax vulgata — Pirotta, Libell. It., p. 434. 1879 — Libellula » — Paglia, Saggio ecc-, p. 410. Fra le molte libellule da me esaminate non ne esiste alcuna di questa specie, però non è da credersi che la determinazione di Lanfossi sia errata perchè è specie già ritrovata in tre delle pro- vincie limitrofe a quella di Mantova e cioè: Cremona, Verona e Modena. Sino ad ora si credeva mancasse nell’ Italia meridionale; re- centemente studiando i libellulidi esistenti nelle collezioni del- l’Istituto Zoologico della R. Università di Napoli ho ritrovato due individui di questa specie provenienti da Avezzano, 2. D. meridionalis Selys. Di questa specie, che si deve considerare come rara per l’ Italia settentrionale, esiste un solo individuo (d') catturata a Gazoldo il primo agosto. * D. flaveola L. Sin. 1826 — Libellula flaveola — Lanfossi, Saggio ece., p. 203. 1879 — Diplax » — Pirotta, Libell. It., p. 437. 1879 — Libellula flaveola — Paglia, Saggio ece., p. 410. Fu indicata da Lanfossi come esistente nei dintorni di Man- tova; nella collezione esiste un solo individuo catturato a Gazoldo alla fine di Luglio. 2 3. D. sanguinea Mill. Di questa specie, frequente in tutta Europa, esistono molti esemplari presi nel luglio ed agosto a Gazoldo e Canicossa. SARE Gen. LiBELLULA L. * L. depressa L. Sin. 1826 — Libellula depressa — Lanfossi, Saggio ecc., p. 219. 1879 — » » — Pirotta, Libell. It., p. 441.0 1879 — _» » — Paglia, Saggio ece., p. 410. Nessun individuo di questa specie tanto comune in tutta Europa figura nella collezione. 4. L, fulva Mill. Un solo maschio è stato preso a Gazoldo nell’ agosto. Quan- tunque rinvenuta in varie località italiane, pure si deve ritenere come poco frequente perchè ovunque ne furono sempre trovati pochi individui. i Gen. LiseLLA Brau. 5. L. coerulescens Fabr. Due individui (d'), di questa specie comune in tutta Italia, sono stati catturati a Gazoldo nell’ agosto. 6. L. brunnea Fons. Specie piuttosto rara nell’ Italia continentale; sembra abba- stanza frequente nel Mantovano se debbo giudicare dai vari esem- plari catturati dall’ otto al quindici luglio a Gazoldo. 7. L. cancellata L. Due individui (c*) furono trovati verso la metà di-luglio a Gazoldo e tre (2 d' ed una L) a Canicossa. 8. L. albistyla Selys. Molti individui, prevalentemente maschi, sono stati presi nel luglio ed agosto a Gazoldo a Canicossa. Questa cattura abbondante bilie e; conferma ciò che disse Pirotta (1) cioè che è specie non rara nell’ Italia settentrionale e centrale; Garbini (2) invece la dice non comune e ristretta in date località dell’ Italia superiore. Gen. CrocoTHEMIS Brau. 9. C. erythrae Brullé. Anche di questa specie sono stati catturati molti individui a Gazoldo, uno solo (d*) a Canicossa. Gen. CorpuLIA Leach. # C. aenea L. Sin. 1826 — Libellula aenea — Lanfossi, Saggio ecc., p. 204. 1879 — Cordulia » — Pirotta, Libell. It., p. 450. 1879 — » » — Paglia, Saggio ecc., p. 410. Nella collezione non esiste alcun esemplare di questa specie, del resto è specie rara nell’ Italia. Gen. EPITHECA Charp. 10. E. metallica Vander. Due maschi, di questa specie, sono stati presi nei primi di luglio a Gazoldo. 11. E. flavomaculata Vand. Un solo individuo figura nella collezione, fu catturato verso la fine di agosto a Gazoldo; è specie rara per l’Italia. (1) PrrotTA R., l. c., p. 48. (2) GarzINI A., Libellulidi del Veronese e delle provincie limitrofe, Firenze, 1897, p. 16. Mld ppc. È Trib. Aeschninae Selys. | Gen. AnAx Leach. 12. A. formosus Vander. Di questa specie, tanto comune in Italia, non she trovato che una sola femmina presa a Canicossa. Gen. ArscHNA Fabr. 13. A. mixta Latr. Pochi individui sono stati catturati a Canicossa. 14. A. Grandis L. Sin. 1826 — Libellula grandis — Lanfossi, Saggio ece., p. 204. 1879 — Aeschna » — Pirotta, Libell. It., p. 462. I879 — >» » — Paglia, Saggio ecc., p. 410. Mancano individui di questa specie nella collezione da me studiata. Gen. GomPHus Leach. # G. vulgatissimus L. Sin. 1826 — Libellula vulgatissima — Lanfossi, Saggio ece., p. 204. 1879 — Gomphus vulgatissimus— Pirotta, Libell. It., p. 462. 1379 — » » — Paglia, Saggio ece., p. 410. Anche di questa. specie il Sig. Crema non trovò alcun indi- viduo nelle due località da lui esplorate. IRSA Trib. Agrioninae Selys. Gen. CALOPTERYX Leach. 15. C. splendens Harris. Di questa specie comune în tutta Italia esistono molti esem- | plari alcuni trovati a Canicossa, ma t maggior parte presi a Ga- zoldo nel luglio ed agosto. La fascia trasversale bleu delle ali del maschio in alcuni in- i dividui giunge a toccare quasi l'apice di esse, carattere indicato dal Selys (1) come proprio della razza meridionale (agrion xan- tostoma, Cap.) la maggior parte però degli esemplari presenta i caratteri tipici della razza settentrionale. * C. virgo L. $ # Sin. 1826 — Libellula vi:go — Lanfossi, Saggio ece., p. 204. |: 1879 — Calopteryx virgo — Pirotta, Libell. It., p. 470. 1879 — » » — Paglia, Saggio ecc, p. 410. Nessun individuo di questa specie si trova nella collezione da me studiata. Gen. LestEs Leach. 16. L. viridis Vander. Alcuni individui, prevalentemente femmine, furono trovati a . Gasoldo nel luglio ed agosto. 17, L. nympha Selys. Un solo maschio fu preso 1’ 8 luglio nella località sopra in- | dicata, (1) De SeLvs, Revue ecc, Di 140, MISE, > Yeoh Gen. SymPyona Charp. 18, S. fusca Vander, Un maschio ed una femmina catturati a Canicossa. Gen. PLATYCNEMIS Charp. 19. P. pennipes Pall. Molti individui raccolti nel luglio ed agoste tanto a Canicossa che e Gazoldo presentano le due forme: la giovanile (detta var. lactea) e quella di animale adulto (detta var. bilineata) con molti individui che segnano il passagio, fatto questo che viene ancora una volta a confermare ciò che ho affermato in precedenti la- vori (1), cioè che le due varietà indicate da Selys ed altri non sono da conservarsi perchè le diversità dipendono dall'età degli individui. Gen. AGrION Fabr. 20. A. pennilio Carp. Uu solo individuo ( maschio ), catturoto il 20 agosto a Gazoldo, fisura nella collezione. 21. A. elegans Vander. Molti esemplari di questa specie mostrano come essia sia co- mune nella zona esplorata. Un individuo appartiene alla var. aurantiaca Selys. 22. A. pulchellum Vander. Due maschi furono catturati a Canicossa. (1) BentIvoaLio T., Osservazioni sulle var. della specie « Platycnemis pennipes », Atti Soc. Nat. Modena, Vol. XII, Modena, 1898. — Nuove osservazioni sulla var. della specie « Platycnemis pen- nipes ». Atti Soc. Nat. Modena, Vol. XIV; Modena, 1900. — Sul valore sistematico delle var. della specie « Platycenemis pen- nipes », Monîtore zoologico, Napoli, 1902. Sin. 1826 — Libellula puella — Lanfossi, Saggio ece., p. 204. 1879 — Agrion » — Pirotta, Libell. It., p. 484. 1879 — » » — Paglia, Saggio ece., p. 410. a Di questa specie, abbastanza frequenti nell’ Italia, ho trovato «un solo esemplare, nella collezione, raccolto a Gazollo i primi di — luglio. Dalla ab. seguente si può fare un confronto fra le specie ritrovate nel Mantovano e quelle esistenti nelle provincie limi- | trofe e da esso si può senza tema di errare dedurre che nuove ricerche estese ad altre località della provincia porteranno certo alla scoperta di nuove specie. ; e 74. = ; j ù; # ali Libellulidi del Mantovano e delle provincie limitrofe. a | Mantova | Reggio | Parma | Cremona | Brescia | Verona | Rovigo Ha Leucorhinia rubicunda + (1) + | (1) Diplax striolata . + +|+ » vulgata . ch + + » meridionalis E + ». Fonscolombii . . . . /.{--|-.- --J1+|]+ » flaveola. . + + cl » scotica +|+ »Sanguinea i i, ++ + » depressiuscola . +|+ mu » pedemontana . +|+ Libellula depressa. . . +|+ +|+|+ di » fulva + + » quadrimaculata . . .{--|.. + sE + Libella coerulescens . + +|+ + » Trunnea. cia ++ DS » cancellata . . sh +|+ » abbystyla . . . + +|+ ne Crocothemis erythraea + +|+ + Cordulia aenea . ho + + + Epitheca metallica. +t|+ .-[+|[+ + » Timaculata . at » artica . + » ‘. flavomaculata . sl +|+ + Anax formosust@s eten 5 + DE (1) Dei libellulidi delle provincie di Parma, Rovigo e Ferrara nulla è stato pube. blicato. è i n. “n tie: ; 9 Mr 6 È » ; va + Anax parthenope Cyrtosoma ephippigerus . Brachytron pratense . Aeschna cyanea. » borealis . » mixta . » affinis. » rufescens. . » grandis . Onychogomphus uncatus. » forcipatus . Gromphus vulgatissimus. » flavipes , Cordulegaster annulatus . » bidentatus Calopteryx splendeus . » virgo » haemoroidalis Lestes viridis. ». virens. . » nympha . » barbara » sponsa. Sympycna fusca. Platycnemis pennipes . » latipes Agrion najas , » minium . Tel e= fa E SI NA DR: USA 2lelaljolia + + + + + DS top... nr . + .| |+|+ + + + +.|{+ +|+ + [+ PA + dar + a ar + + + an as + +++++t++++++++++ ++. | verona + a (e) Sui | = | E 9 O) 6 | Modena SL ++ ++++ + + +++++++ +++t+++ RS | Slse|a i ‘SI a Ss g n ° Lu v dv 4 (DI Si Su DvD (LD) S|a|> fa Agrion pumilio . . . .. 0... +, » tenellum. "be » elegans . i o » pulchellum... . . Dr # o pnellab/Wobapos gap salare >» ornatum OB SLE LOI MODO ISORI tf ‘» hastulatum... st Mk ‘» cyathigerum i “ » lindenii . » mercuriale . . ini nà scri ui SII i RAFFAELE ISSEL UN EACHITRRIG AD ANPLLA SPRRMATCALS DNA (FRIDERICIA GAMOTHECA n. sp.) (Presentata alla seduta del 13 Giugno 1905). Caratteri esterni. — L'animale ha colore bianchiccio, tegu- menti sottili e trasparenti, lunghezza da 10 a 12 mm., larghezza di 0,3 circa, numero dei segmenti di 40-44. Il poro cefalico si apre in posizione normale ed è molto vi- stoso (chiuso si presenta come una fessura longitudinale lunga 70 p.) VI il primo poro dorsale si apre all’ intersegmento VII Ognuno dei segmenti anticlitellari è fornito di tre serie tra- sversali di aree glandolari quadrilatere, allungate, misuranti sino a 50 w» nella lor massima dimensione. 1 Il clitello occupa i segmenti XII e DA XIII e si distingue per il suo debolissimo sviluppo; infatti anche negl’ individui giunti a piena maturità esso non sporge affatto dal resto del corpo, e le sue glandole, di forma irregolare, sono appena visibili sul vivente. Le setole sono lunghe, molto leggermente ricurve, e ordinate a fasci di 4 o di 5 (ridotte a 3 e a 2 nei segmenti posteriori); le esterne non superano mai di molto le interne, così, in un fascio, ho trovato le prime lunghe 71 p. e le seconde 59 yp. Caratteri interni. — Il cervello ha il margine anteriore forte- mente convesso, i margini laterali divergenti all’ indietro, il po- steriore diritto oppure leggermente incavato, il neurilemma ap- parisce leggermente ispessito lungo questo lato. Le glandole settali e 1’ intestino non presentano nulla di par- ticolare. i Le cellule cloragoghe, di color grigio bruno, cominciano al VII segmento. Do Mgea Il vaso dorsale si origina al XVI segmento ed i suoi ame bociti sono pigmentati in giallo-bruno. i I linfociti discoidi del celoma hanno contorno ovale e misu- rano, a pieno sviluppo, 40-50 p; i corpuscoli anucleati hanno con- torno ovale allungato e sono lunghi da 5 a 8 p. I peptonefridî sono indivisi; la loro parte anteriore è fog- giata a larga tasca mentre la parte posteriore si restringe in un lungo e sottile tubulo che si ripiega all’ innanzi. I nefridî sono composti di un’ antisettale globosa e di una postsettale lunga il triplo dell’ antisettale nei segmenti anteriori e soltanto il doppio nei posteriori. Negli uni come negli altri il condotto escretore emerge dalla parte anteriore della postsettale e sbocca nel nefridioporo poco al disopra del corrispondente fascio di setole ventrali. I padiglioni dei deferenti sono di piccola mole (240 p. di lunghezza), hanno forma un po’ conica e presentano un colletto di sviluppo variabile, ma sempre assai basso, e leggermente sva- sato. La larghezza di questi padiglioni è pari a circa P della loro lunghezza; i canali dei deferenti sono molto circonvoluti e sboc- sano nell’ apertura maschile senza attraversare una prostata. Le aperture femminili sono evidenti perchè poste sopra di una pic- cola eminenza, a metà strada fra le aperture maschili e il fascio di setole del XIII segmento. L’ apparato femminile ci offre un esempio di organo pari ori- ginatosi, per fusione di una parte, da organi impari. Le spermateche infatti (Fig.) non presentano qui due ampolle separate, ma bensì un’ unica e voluminosa ampolla, di forma subrotonda, la quale non serba traccia della primitiva duplicità. Siffatta duplicità viene CIT però chiaramente indicata dalla presenza dei due condotti escre- | tori e sopratutto dei diverticoli che fiancheggiano due a due questi condotti. I condotti escretori sono piuttosto esili, privi di glandole IV allo sbocco (che si trova nella solita posizione )etughi circa si SALI PRC E 1 volta l’ampolla; nei diverticoli, che hanno forma ovoide 7) allungata si apre una larga camera seminale occupante da 3A “ della loro lunghezza e comunicante coll’ ampolla per mezzo di un canaletto sottile, a decorso spirale. L’ampolla sbocca nell’ intestino mediante un solo foro che trovasi nella parte inferiore (Fig., linea punteggiata). Questa fusione delle due ampolle spermatecali non può certo - attribuirsi a caso teratologico, avendola io osservata in tutti gli individui presi in esame. Riunione parziale, limitata cioè alle sole porzioni prossimali delle ampolle, venne segnalata da Bretscher (1) in una Fridericia (F. connata, n. f.) che per gli altri caratteri corrisponderebbe, secondo l’autore alla F. bisetosa (2). Di riunione completa la bibliografia non registra caso alcuno che si riferisca agli Enchitreidi. Tale particolare conformazione delle spermateche e i caratteri delle setole sono i principali mo- tivi per i quali credo che la Fridericia descritta debba occupare un posto a parte nel gruppo della Y. bisetosa (3). Habitat. Monte Orsello ( Appennino Modenese) a circa 500 m. sul livello del mare, in terriccio commisto a detriti di quercia. Istituto zoologico della R. Università di Modena, il 13 giugno 1905% (1) Brerscner K., Beodachtung tiber die Oligochaeten der Schweiz in: Révue Suisse de Zoologie, t. 10, fase. 1, 1902, pag. 20-21. (2) Anche Upe ( Enchytraeiden in: Hamburger Magalheensische Sam melreise, Hamburg 1896, pag. 80) nota un individuo di Y. striata cogli apici delle spermateche fusi insieme. (3) Mric®aeLsen W., Oligochaeta in: Das Tierreich, Berlin 1900. T. BENTIVOGLIO LIBELLULIDI DI REGGIO-EMILIA | (Presentata alla seduta del 138 Giugno 1905). In alcune escursioni fatte in varie località della provincia di Reggio-Emilia ho raccolto dei libellulidi dei quali dò l'elenco, giacchè nessuno, fino ad ora, si è occupato di studiare questo gruppo di insetti nella regione. Le località da me visitate sono prevalentemente al piano: solo pochi esemplari potei catturare ai monti. Il numero delle specie non è grande, ma quale primo con- tributo ‘della conoscenza di questo gruppo di insetti nella pro- vincia, non è certo da disprezzarsi rappresentando un quarto di quelle riscontrate nell’ Italia continentale. Le specie raccolte sono: 1. Diplax sanguinea Mull. | Loc. Correggio. Presso il ponte del Crostolo alla Montata (dintorni della città di Reggio). Molti esemplari furono presi specialmente nel principio del- l’ estate, e stanno a dimostrare la frequenza di questa specie, che è comune in molti luoghi d’ Italia e nelle isole. 2. Libellula quadrimaculata L. Loc. Laghetti di Valle. Re (Cadè). Abbondante fino dai primi di maggio, manca durante l’ estate. 3. Libellula depressa L. Loc. Correggio, Scandiano, Querzola, Albinea, Cavazzone, Toano, Contorni di Reggio, Laghetti di Valle Re (Cadè). SIR TE Reg EURO VEE REN n RT, ORTI A VCI TONI I CRICRI SPAL SIR ORE IE TI RA ITA RTONNI, STO TPRE TR E T "ISMEA I ! sinti : . : Pa MRI ESRI 3A ELET 5 PIRA VE Nell’ aprile e maggio è abbondante tanto al piano che al monte; certo questa è la specie più diffusa d’Europa non solo perchè rinviensi in tutte le regioni, ma anche perchè il numero degli esemplari è sempre grande. 4, Epitheca metallica Vander. Loc. Correggio. Due individui di questa specie li catturai presso Correggio nel mese di giugno. 5. Anax formosus Vander. Loc. Laghi di Valle Re (Cade). Un solo individuo di questa specie ho ritrovato alla Cadè verso la fine di maggio. i ‘ 6. Onychogomphus forcipatus L. Loc. Lungo il Crostolo nelle vicinanze della città. Un solo esemplare (d') fu trovato, verso la fine di giugno dell’ anno scorso, dal sig. Giacomo Crema il quale gentilmente me lo comunicò. Nelle varie escursioni non mi è stato possibile rin- venirne altri esemplari anche nella località indicatami dal sig. Crema. 7. Gomphus vulgatissimus L. Loc. Lungo il Crostolo, presso il ponte della Montata. Anche di questa specie fu catturato un solo esemplare (d'), dal sig. Crema, nei primi di giugno del 1904. 8. Brachytheron pratense Miill. Loc. Correggio. Dintorni di Reggio. Abbastanza frequente, già nell’ aprile, specialmente nei prati che circondano la città di Correggio. 9. Calopteryx splendens Harris. Loc. Correggio, Laghetti di Valle Re (Cadè), S. Bartolomeo in Sassoforte, Dintorni di Reggio, Fontana (Rubiera). — 82 — Frequente, fino dal Maggio, in molti canali e valli ove tro- vansi piante palustri; permane sino al settembre. 10. Calopteryx virgo L. Loc. Laghetti di Valle Re (Cadè), vogiala (Rubiera), Din- torni di Reggio. Abbondante come la precedente, con la quale spesso si trova mescolata; nella provincia si osservano esemplari con caratteri proprii della var. settentrionale e della var. meridionale. 11. Lestes nympha Selys. Loc. Correggio. Solo pochi esemplari ho trovato nelle vicinanze di Correggio; del resto è specie non molto frequente ia Italia, ove compare nel giugno e perdura sino all’ ottobre. 12. Lestes virens Charp. Loc. Lungo il Crostolo a S. Pelegrino. Una sola femmina fu catturata dal sig. Crema l’anno scorso nella località sopraddetta; è specie rara nell’ Italia settentrionale mentre è abbastanza frequente nel mezzogiorno. 13. Platycnemis pennipes Pall. Loc. Dintorni di Reggio, Correggio, DOCRODI di Valle Re (Cadè ); Fontana (Rubiera). Abbastanza Son specialmente nel- mese di giugno. ‘14. Agrion minium Harris. Loc. Laghetti di Valle Re (Cadè), Fontana (Rubiera). Abbondantissimo nelle due località sopra indicate; compare già nel maggio e perdura per buona parte dell'estate. 15. Agrion elegans Vander. Loc. Laghetti di Valle Re (Cadè), Fontana (Rubiera), Din- torni di Reggio. MAT ENO NGESAIN E I Se LAS e SERRA Pochi SA di questa specie ho catturati nelle località ‘a indicate, nel maggio e giugno; un individuo trovato a Fon- a ha i caratteri della var. excelsa Roster (1). Questa specie è abbondantissima, e già compare nell’ aprile ove sono frequenti le acque semi stagnanti con molta vegeta- zione palustre. (1) Rosrer, Cenno monografico degli odonati del gruppo Ischnura, C. ZANFROGNINI NOTE. LICHENOLOGICHE . SUL COLLEMA ELVELOIDEUM DEGLI AUTORI (Presentata alla seduta del 9 Maggio 1905). Nei Collemacei gli autori in epoche diverse hanno descritta una specie col nome di elveloideum (1) attribuendola pei caratteri differentemente adottati ai generi Collemu, Parmelia, Omphalaria e Thyrea. La sinonimia di questi licheni col nome specifico elve- loideum si presenta assai confusa e difficile da discernere; per ciò ritenni opportuno di rivedere i diversi esemplari dei Collemacei distribuiti o descritti col detto nome specifico basandomi in questa revisione oltrechè sui caratteri morfologici esterni, su quelli de- sunti dalla struttura anatomica del tallo e dall’ apotecio, e intesi a definire con esattezza le controversie tuttora esistenti riguardo all’intricata sinonimia. Questo lavoro propostomi io certo non avrei potuto compiere col solo aiuto dei libri e delle collezioni dell’ Isti- tuto Botanico Modenese; per quanto queste ultime siano state ar- ricchite per recenti acquisti di importantissime raccolte essic- cate (2); molto profitto potei ritrarre dal riscontro di rarissimi esemplari autentici degli erbari di E. Acharius, Montagne, Dufour, Nylander, L. Schaerer, A. Massalongo, De Notaris, che si trovano (1) AcHarius nel 1810 propose per la prima volta il nome specifico elveloideum; più tardi altri autori scrissero helvelotdeum ed helvelloideum. (2) Oltre a parecchie raccolte (Hepp, Schaerer, Anzi, Massalongo, Libert, Norrlin ecc.) entrarono in quest’ultimo biennio a formare parte dell’ Erbario dell’ istituto botanico di Modena le copiose collezioni liche- nologiche di W. Joshua e di Fr. Baglietto. I Re nei Musei Botanici di Helsingfors, Parigi, Chambésy, Verona, Roma, Padova, Pisa, Firenze (1). Allo scopo di formarsi un’ idea sulla grande confusione riguardante le specie da me studiate, non è fuori di luogo premettere un cenno storico il quale dimostri i passaggi successivi delle specie stesse attraverso i generi cui in messun modo al presente possono venire ascritte, confusione che qualche autore, o per essersi basato esclusivamente sulle diagnosi imperfette o per non avere riscontrato esemplari autentici, lungi dal togliere od almeno diminuire, ha resa ancor più grande (2). Erik. Acharius nel 1810 (3) descrive un lichene, raccolto da Schleicher sui sassi nelle rupi della Svizzera, col nome di Collema elveloideum; questa stessa specie cogli stessi caratteri specifici si trova conservata nella Synopsis (4). L’ Acharius limita la sua in- dagine all'esame accurato della forma esterna del tallo e degli apoteci, ascrivendo il lichene al gruppo dei Collemei con apoteci immersi e per ciò quasi si direbbero endocarpini. Lodovico Emanuele Schaerer nel Lichenum Helveticorum Spicilegium (5) ha una Pa- melia stygia a) elveloidea raccolta da Chaillet în comitatu Neoco- mensi, presso Naters Vallesia, alla quale egli riferisce come si- nonimo il Collema elveloideum &) (Ach.); nel 1850 lo stesso Schaerer (6) abbandonando il genere Parmelia precedentemente usato pei licheni a tallo omeomerico o gelatinoso ricolloca la sua Parmelia stygia a) elveloidea tra i Collema e così questo lichene (1) Colgo l’occasione per ringraziare i signori G. Arcangeli, P. Bac- carini, F. Elfving, P. Hariot, A. Forti, H. Lindberg, R. Pirotta, P. A. Saccardo, la direzione dell’ Herbier Boissier (G. Beauverd) e del museo civico di Verona (P. Sgulmero) per i materiali gentilmente concessimi in esame. (2) Ad esempio il FLorow (Ueder C'ollemaceen; Epistel an Schaerer in Bern, geschrieben im Mdrz 1841 in Linnaca Band 17; Halle 1850 ha a pag. 83 alcuni cenni assai oscuri sul Collema elveloides (sic!) di Schaerer che egli ritiene una forma inflata del Collema multifidum; nè più oltre (pag. 99) riesce a chiarire la complicata questione. (3) E. Acmarius, Lichenographia universalis, pag. 641, n.° 19. Got- tingae 1810. (4) E. Ac®arivs, Synopsis Methodica Lichenum, pag. 318, n.° 28. Lundae 1824. (5) Lun. Ex. ScHaERER, Lichenum Helveticorum Spicilegium. Pars se- cunda, pag. 544. Bernae 1839-1842. (6) Lun. Em. ScuaeRER, Enumeratio Critica Lichenum Europaeorum, pag. 260, n.° 38. Bernae 1350. LIBRE che dalla descrizione che ne fa lo Schaerer è uguale a quello già in precedenza pubblicato dall’ Acharius diventa un Collema stygium a) elveloideum. Camillo Montagne (1) nella Flore d’ Al- gérie tra i sinonimi del suo Collema ( Omphalaria) nummularium Dufour mette un Collema helveloideum D. Ntrs. con tallo sterile raccolto sui muri a Genova e mandatogli dal De Notaris, nonchè la specie omonima di Acharius, ma questa però in forma dubbia: nella Sylloge Plantarum Cryptogamarum il Montagne (2) ricon- ferma la località (Genova) del lichene mandatogli dal De Notaris includendo la località stessa nell’ habitat della sua Omphalaria nummularia mentre non fa cenno delle località date da Acharius e Schaerer; egli, oltre l'esame esterno del tallo e degli apoteci, descrive del suo lichene gli aschi e le spore e forse da questo trae una distinzione tra il Collema elveloideum Ach. e la specie da lui descritta come Omphalaria nummularia nonchè per ana- logia quella del Collema helveloideum comunicatogli dal De No- taris. Abramo Massalongo nelle sue Memorie Lichenografiche (3) ci fornisce la descrizione per gli aschi e le spore di un’ Ompha- laria? helvelloidea che vive comune sulle rocce calcaree dell'Europa non rara nel Veronese e tra i sinonimi di essa enumera Collema elveloideum Ach., Collema stygium v. elveloideum Schaerer ( fide Garov.!), Omphalodium ( Omphalaria? ) Dufourei Dur. et Mont. (fide De Notaris); nel 1854 però il Massalongo nella Genea- caena (4) esclude il Collema elveloideum Ach. e Schaer. dalla si- nonimia della sua Omphalaria helvelloidea ritenendo invece questo sinonimo del Collema Duf., Collema elveloideum De Notaris (fide Garov.!) e dell’ Omphalaria nummularia Montagne; più tardi nei Frammenti Lichenografici (5), nella Symmicta (6) e nelle Schedulae criticae (71) il Massalongo riduce la sua Omphalaria (1) J. Cam. Montagne, Flore d’ Algérie, pag. 200. Paris 1846. (2) J. Cam. Montagne, SyMloge Generum Specierumque Cryptoga- marum, pag. 380. Parisiis 1856. (8) A. Massarongo, Memorie Lichenografiche, pag. 90, n.° 193. Ve- rona 1853. (4) A. Massatonao, Geneacaena Lichenum, pag. 22, n.° 56. Ve- rona 1854. (5) A. Massacongo, Frammenti Lichenografici, pag. 13. Verona 1855. (6) A. Massarongo, Symmicta lichenum novorum vel minus cognitorum, pag. 58. Verona 1855. (7) A. Massarongo, Schedulae criticae in Lichenos exsiccatos Italiae. Verona 1855. i DO — | helvelloidea in Omphalaria e poscia Thyrea Notarisii e di essa «dà come sinonimi l’ Omphalaria Dufourei De Notaris (non Dur, _ et Mont.), il Collema helveloideum Garov. et Schaerer (non Ach.), _lOmphalaria nummularia Mass. (non Mont.) excel. syn. Duf. (fide «_Nylander)e l’Omphalaria nummularia Montagn. in litt. p. p. 1855. «Il Nylander nella sua Synopsis (1) descrive un Collema elve- loideum Ach. che egli ben distingue dall’ Omphalaria nummu- laria Mont. nonchè dal Collema nummularium Duf. per avere le spore fusiformi oblunghe unisettate e di grandezza di molto su- | periore a quella delle precitate specie, e ne dà quale habitat la Bi Svizzera e l’Italia; dal che appare evidente che egli si riferisce alla specie tipica dell’Acharius nonchè al Collema helveloideum raccolto dal De Notaris e più volte citato dal Montagne. L’ Anzi _ nel Catalogus Lichenum (2), conforme il Massalongo, considera «| l’Omphalaria helvelloidea Mass. sinonimo dell’ Omphalaria Nota- risiî. K. B. Forssell nel suo lavoro monografico di Anatomia e Sistematica dei Gloelicheni (3) non definisce in modo chiaro la sinonimia di questi licheni descritti col nome di elveloideum, limi- tandosi a ripetere quanto il Massalongo aveva scritto della sua Omphalaria helvelloidea cioè affermando essere questa eguale alla Notarisii ed appartenere per la struttura del. tallo ad ife dense pseudoparenchimatiche al genere Anema Nyl. mentre dubitativa- mente riferisce il Collema elveloideum Ach. all’ Omphalaria Gi- rardi. Antonio Jatta nella sua ,Syl/oge (4) non dà cenno che di un Omphalaria helvelloidea (Ach.) Schaer. che conforme al Forssell riferisce all Omphalaria Girardi. Dall'esame degli esemplari autentici che si trovano nei di- versi erbari risulta come sia stato facile confondere in una intri- cata sinonimia specie assai differenti tra loro; i caratteri esterni di quasi tutti questi licheni li fanno apparire polimorfi;. così mentre vediamo che costantemente in essi il tallo è monofillo, nella stessa specie può variare per le dimensioni, per la configu- (1) WrxLraMm NyLANDER, Synopsis Methodica Lichenum. Tomus primus, pag. 116, n.° 37. Parisiis 1858. (2) Marrinus Anzi, Catalogus Lichenum quos in Provincia Son- driensi et cirea Novum Comum ete, pag. 2, n.° 6. Novi Comi 1860. (3) K. B. ForsseLL, Anatomie und Systematik der Gloeolichenen, pag. 96 e 93. Stockholm 1885. : (4) Antonio Jatta, Sylloge Lichenum Italicorum, pag. 31. Trani 1900. LL RR razione nonchè per la forma degli apoteci, tantochè questi ultimi, mentre nello stato giovane sembrano immersi chiusi così da rite- nerli endocarpini, nello stato del loro completo sviluppo diven- gono emersi quasi lecanorini; per questo motivo servendosi dei soli caratteri morfologici esterni i lichenologi furono tratti a fon- dere in una sola alcune specie differenti tra loro, ed a crearne di nuove; ma lo studio anatomico dei diversi esemplari autentici mi ha condotto a distinzioni ben nette. Ho trovato infatti che al- cuni di questi licheni descritti col nome specifico di elvelloideum presentano un carattere costante nei gonidi, essendo in alcuui sempre nostocacei, in altri gloeocapsacei, con struttura nel tallo ora pseudoparenchimatica (anemoide ) ora lassa midollare; a se- conda che si abbia l’una o l’altra di queste strutture, negli apo- teci a sviluppo completo si notavano nel primo caso apoteci deci- samente aperti o lecanorini, nel secondo apoteci immersi chiusi o suburceolati; completando poi questi caratteri con quelli specifici degli aschi e delle spore si riesce con evidente esattezza a defi- nire ogni singola specie. In tale modo l'esame microscopico di tutti gli esemplari che ho potuto avere a mia disposizione mi ha dimostrato che Collema elveloideum Ach. e Collema stygium elve- loideum Schaer. sono una sola specie, hanno tallo con strut- tura lassa nostocacea, gonidi moniliformi e quindi vanno collocati nel gruppo dei Collemei e tra questi per avere le spore semplici ellittico-fusiformi appartengono al genere Plectopsora descritto dal Massalongo ed alle specie cyathodes, il cui nome, per legge di priorità, va mutato in elveloidea. Il Collema stygium elveloideum Schaerer p. p., Collema elveloideum De Nrs. ed Omphalaria hel- velloidea Mass. presentando gonidi gloecapsacei sono Ompha- lariei; si distinguono inoltre tra loro il C. stygium elveloi- deum Schaerer e 1° 0. helvelloidea Mass. per la struttura del tallo anemoide, pseudoparenchimatica ed apoteci lecanorini come appar- tenenti al genere Anema Nyl e per le spore e gli aschi alla specie Notarisii (1) del Massalongo, mentre il Collema helve- loideum de Notaris ha struttura lassa midollare con gonidi glo- merulati, apoteci immersi endocarpini e va ineluso nel genere Omphalaria e più precisamente per la forma e dimensione degli aschi e delle spore alla specie plectopsora descritta dal Massalongo. (1) Mi riservo di esaminare in altra occasione quali rapporti di af- finità intercedano tra l’ Anema Notarisii (Mass.) Forss., l''Anema num- mularium (Duf.) Montg, e 1’ Omphalaria comaromorpha Mass, niliformibus ( nosto» | chaceis) instructus. Thallus gonidiis gloeo- | —capsaceis instructus. (1900). LUI) poss Thallus structuram laxam praebens Apothecia primitus immersa subur- ceolata Spore semplices Gen. Pleetopsora Mass. [Arnoldia Mass. ] 1) Thallus hyphis densis pseudoparen- chymaticis aut areolatis- gonidiis intextis. Apothecia aperta lecanorina. Sporae simplices Gen. Anema Nyl. 2) Thallus hyphis laxis medullaribus, gonidiis glomerulatis. Apothecia immersa aut endocarpina. Sporae simplices Gen. Omphalaria Dur. et Mont. Pei caratteri riscontrati e che si trovano costanti nei diversi esem- | plari i Collema elveloideum degli autori possono venire determi- «nati in conformità della seguente chiave analitica. Asci cilindracei - cla- vati, 60 — 70 = = 12—-14p. Sporae octonae, hya- linae, ellipticae vel fusiformes, 12—16= =6—-8pP. P. elveloidea (Ach.). Asci clavati apice ro- tundati, 54 — 58 = 14-15. Sporae octonae, hya- linae, ovoideo = elli- pticae, 7 — 10 = =5—- 6h A. Notarisii ( Mass.) i Forss. Asci cilindraceo - stipi- tati, 00 Rone—= = 10 — 14. Sporae octonae, hya- linae, ovoideo-elli- pticae, 10 — 14 = =6b6—- 9 O. pleetopsora Mass. Plectopsora elveloidea (Ach.), CoMlema elveloideum Ach. Lich. Un., pag. 641 (1810), Syn. Meth. Lich., pag. 318 (1814). Par- melia stygia a) elveloidea Schaerer Spic. Lich. Helv., pag. 544 (1842). Collema stygium a) elveloideum Schaer. En. Lich. Eur., pag. 260 (1850). Arnoldia cyathodes Mass. in Flora, pag. 214 (1856). Beccari, in Comm. Soc. Critt. It., pag. 128 (1861). C0l- lema cyathodes Nyl. Syn. Lich., pag. 105 (1860). Plectopsora cyathodes Mass. Esame Com. Gen. Nuov. Lich., pag. 55 (1860), Koerber Parerga Lich., pag. 432 (1865), Jatta Syll. lich., pag. 12 Esemplari riscontrati. Herb. Acharii: C'ollema elveloideum Ach. CDI) e (ex herb. Musei Fennici)! Collema stygium a) elveloideum Schaer. n. 38 a). Collema elveloideum Schl. (1813) (ex herb. Boissier)! Arnoldia cyathodes Erb. Critt. It. ser, I, n. 743, ser. II, n. 224. Carestia n. 610! (ex herb. Baglietto ). Omphalaria cyathodes Anzi, Lich. Rar. Ven., n. 4! Plectopsora cyathodes Mass. Arnold n. 1480! Arnoldia cyathodes Mass. Hepp Flecht. Eur. n. 660! Krem- pelhuber in herb. Baglietto! [Non Synalissa elveloidea Ach. Rabenh. Lich. Eur. n. 73 quae speciem genuinam Synalissae sistit |. Thallus monophyllus, umbilicatus adfixus, peltatus, primum integriusculus, dein repando-lobatus, leviter rugulosus, 2-15 mill. diam., ater vel olivaceo-nigricans, homoeomericus; gonidia nostochacea. Apothecia parva, thallo primitus immersa (endocarpea) dein emersa papillaeformia truncata suburceolata, epithecio latiore rufescentia, 220-600 p diam. Asci cilindraceo - clavati, octospori, 60—70—=12— 14 p. Paraphyses cohaerentes capillares apicibus incrassatis 1,8 p.. late. Sporae simplices, ellipticae vel fusiformes, apice nonnibil acuminatae, 12 — 16=6 — 8 p., hyalinae. Habitat. Sulle rupi calcaree nella Svizzera (Acharius, Schaerer)! Sulle pietre del ponte a Sestaione nell'Appennino Pistoiese (1861 Pietro Savi e Beccari, Marcucci)! Riva presso il villaggio la Peccia (ab. Carestia)! Sulle rupi calcaree presso Streitberg in Franconia (Arnold)! ( Hepp)! Hoefen e Lichtenstein presso Her- bruck (Arnold)! Alpi Salisburghesi (Krempelhuber)! Sulle rocce nelle Alpi Venete ad Auronzo, Longarone nel Bellunese (Mas- salongo ). Anema Notarisii (Mass.) Forss., Anat. u. Syst. der Gloeolichenen, pag. 93 (1885). Omphalaria helvelloidea Mass. Memorîe Lich., pag. 90 (1853). Omphalaria nummolaria Mass. Geneacena Lich., pag. 22, n. 56 (1854). Omphalaria Notarisii Mass. Framm. Lich., pag. 13 (1855). Baglietto, En. Lich. Lig., pag. 92 (1857). Anzi, Cat. Lich., pag. 2, n. 6 (1860). Jatta, Sy. Lich. It., pag. 32 (1900). Omphalaria (Thyrea) Notarisii Mass. Sym. Lich., pag. 58 (1855). T'Ayrea. Notarisiiù Mass. Sched. Crit., pag. 107 (1855). Mass., De nonn. Collem., pag. 210 (1856). Koerber Parerga Lich., pag. 431 (1865). Baglietto, Prosp. Lich. Tosc., pag. 296, n. 407 (1871). Anema Notarisii Forssell Anat. und syst. der Gloeolichen, pag. 93 (1885). Esemplari riscontrati: Collema stygium a elveloideum Schaer. ex herb. Schaerer in herb. Massalongo (sterile)! Omphalaria No- TERE AM I MOSETTI RIE NRE PO TIPI PE TIENITI AIAR RIE DES RI E RT OOO 1 Ù » r pi, - — cli NEIL ) 2 x c % di cai i» PILAR LÀ , i — 9 — tarisii Anzi Lich. Long. n. 310! Erb. critt. It., ser. I, n. 744! G. Passerini in herb. Baglietto! E. Marcucci, Piante dell’ Isola dell'Elba! Parecchie località del Genovesato, Baglietto! De Notaris in herb. Horti Romani! Caldesi in Herb. R. Musei Florentini! Thyrea Notarisii Arnold n. 1138! Massalongo Lich. It. Exs. n. 174! O. Beccari in herb. Webbiano! Thallus monophyllus, parvus, vix 3 mill. diam., umbilicatus, adfixus, inciso -lobatus, fuscoater, gonidiis gloeocapsaceis crebris telae hypharum densae pseudoparenchymaticae intextis ornatus. Apothecia conferta, primum omnino immersa planiuscula aperta lecanorina margine thallode tumido cincta obscure rufescentia, 525-720 p. diam. Asci plus minus clavati, apice rotundati, octospori, 504 —58—=14--- 15 p. Paraphyses clavatae, fuscae, apicibus incras- satis. Sporae simplices, ovoideo-ellipticae, tantummodo nubiloso granulosae, 7 — 10=5—6p, hyalinae. Habitat. Sulle rupi monte S. Bernardo (Schaerer)! Sulle rocce presso Bormio (Anzi)! Sui muri dell’ orto Botanico di Genova (Ca- nepa)! Sui massi a Ravarano (Passerini)! Dintorni di Portofer- raio (Marcucci)! Al Sasso presso Locarno, Voltri, Angeli, presso Genova (Baglietto)! (De Notariis)! (Caldesi)! (Massalongo)! Monte Pisano (Beccari)! Lombardia (Garov. sec. Massalongo ) Provincie di Verona, Vicenza (Massalongo). Premadio, Tresivio, Cernobbio sponde lago di Como ( Anzi). Nel Trentino e nel Tirolo (Arnold, Dalla Torre e Sarnthein). In Ungheria (Loika!). Omphalaria plectopsora (Mass.) Anzi, Lich. rariores Long. n. 475 (1860). Forssell, Anat. n. Sist. Gloeolichenen, pag. 100, Stockolm (1885). Jatta. 6Sy0l. Lich. It., pag. 32 n. 68, Trani (1900). Thyrea plectopsora Mass. Sched. Crit. Lich. It. Exsic., pag. 75, Verona (1855). Beltramini dei Casati, Lich. Bass., pag. 32, Bassano (1858). Collema helveloideum De Notaris in herb. (non Acharius). Esemplari riscontrati: Omphalaria plectopsora ( Mass.) Anzi, Lich Long. Exsicc., n. 475! Thyrea plectopsora Mass. Lich. It. Ezxsic., n. 110! Baglietto in herb., Collema helveloideum De Not. in herb. Montagne (n. 3 Mass.)! in herb. Horti Romani! in herb. Baglietto! ROTA Thallus monophyllus, 2-8 mill. diam., umbilicatus, adfixus, turgidus, orbiculatim irregulariter inciso-lobatus, fertilis plicato- nodulosus retroflerus, ater vel castaneo-ater, gonidiis gloeocapsaceis instructus. Apothecia parva simplicia, saepius conferta, innata clausa (endocarpea), tandem emersa, ostiolis papilliformibus extus modo parum distinctis, thallo concoloria, 90-180 p diam. Asci cilin- dracei, stipitati, 60 — 90 = 10 — 14 p,, octospori. Paraphyses cohae- rentes, capillares, apicibus incrassatis. Sporae simplices, ovoideo- ellipticae, perisporio crasso, 10 — 14=6 — 9 p, hyalinae. Habitat. Sulle rupi dolomitiche monte Grona sopra il lago di Como (Anzi)! Sulle rocce Oliero di Vicenza ed Avesa di Verona (Mass.)! Fossati Granarolo pr. Genova (Baglietto)! Sui muri presso S. Siro di Stroppa (De Notaris, Baglietto)! [in Toscana (sec. Jatta)?]. R. Istituto Botanico, Modena 8 maggio 1905. E. BORTOLOTTI SUGLI ORDINI DI INFINITO DELLE FUNZIONI REALI Con una noterella, che porta questo titolo (*) il Signor G. Vi- tali intende « mostrare che per ogni funzione reale, positiva, finita _< e crescente in un intervallo (a|-— db), infinita per x = b, è pos- « sibile determinare un numero o positivo 0 nullo od infinito, che « può servire a caratterizzarne la crescenza >. Un tale risultamento, che risolverebbe senz'altro il quesito fondamentale del calcolo infinitario, cui tanti sforzi infruttuosi fu- «rono fino ad ora rivolti, si potrebbe ottenere, secondo il Vitali, nel modo seguente: -< .... consideriamo le diverse potenze ad esponente positivo Sdi): « Se f(x)" è integrabile in (a|—|b)e se m, < m,la f(@) ”! lo « è pure; se invece fa) non è integrabile e se m > , « anche f(x)", non è integrabile in (a|—| b). « Ciò prova subito che esiste.un numero m, tale che sem < nm, « la fa)” è integrabile in (a|_b) e se m>m, la fa)” è in- « vece non integrabile in (a|—|d). 1 « Noi chiameremo indice di infinito della f(x) il numero ns (o) - « Se ogni potenza di f(x) sarà integrabile, l’indice di f(x) (*) Bologna, tip. Gamberini e Parmeggiani, 1905. cina cy Scatto « sarà nullo, e se invece nessuna potenza di f(x) sarà integra- « bile, l'indice di f(x) sarà infinito. Anzitutto giova osservare, che la definizione di cotesto indice di infinito suppone la conoscenza di un criterio di integrabilità, per qualsiasi potenza con esponente reale, di ogni funzione f(x) reale, positiva, finita, crescente, infinita per x =d, e che un tale criterio non si possiede; anzi, che, per solito, i criteri di inte- grabilità di cosiffatte funzioni, si fanno dipendere da quella stessa rapidità di crescenza, che qui si vorrebbe determinare. Ma, ammesso pure, che per la strada indicata si riesca a de- finire l'indice m, di infinito, vediamo quale vantaggio se ne avrebbe, per la conoscenza del comportamento assintotico della funzione cui m, è attribuito. i Lasciamo però prima in disparte gli indici nullo ed infinito. Questi invero non caratterizzano nessuna speciale rapidità di crescenza, poichè convengono ad infinite funzioni di diversis= simo comportamento assintotico; quali sarebbero p. es. le funzioni di indice nullo: 1 I IDA LO 1 le i , lg i , lo lg (=) sesso e quelle di indice infinito 1 1 1 RONTECIOIE b=x — le (7—) 1 , e , (b — 2) ierso 55 —_ x Ed eccoci ridotti al solito campo, delle funzioni che non cre- scono più rapidamente delle potenze positive intere, nè meno ra- pidamente delle potenze fratte della variabile, che è anche quello sempre considerato nell’ordinario calcolo degli infiniti. Ma v'è di più: se non si modifica prima il concetto di egua- glianza e di diseguaglianza nelle rapidità di crescenza, nemmeno gli indici finiti e diversi dallo zero m,, Possono caratterizzare la cre= scenza delle funzioni cui sono attribuiti, tranne che nei casi in cui essi concidano con gli usuali ordini di infinito. 3 Per non dilungarmi in troppe considerazioni, del rimanente assai ovvie, mi limiterò qui a citare un esempio: SS PO e Prendiamo una funzione 1 m+ € (2) a | e supponiamo, che, per c=d, la e(x) sia infinitesima: di ordine «però inferiore a quello della funzione 1 Il Lia) In altri termini, supponiamo lim e (2) «= 0) n c=/b 1 1 I (eee e) e(—)=>; ciò che può verificarsi in infiniti modi. Se consideriamo le potenze: mi he i l+ma+ E) (+ a) no" =( b-- x vediamo, che, per ogni valore positivo di a, si hanno potenze di f(x) non integrabili; per ogni valore negativo di « invece, si hanno potenze integrabili. L'indice di infinito della f(x) è dunque m. Prendiamo, in secondo luogo, la funzione TS ay dove e(x) ha lo stesso significato, precedentemente fissato; avremo medesimamente, che l’indice della funzione 9(x) è m. Le due funzioni f(x), g(x) hanno dunque lo stesso indice di infinito; non hanno però eguale rapidità di crescenza, perchè il loro rapporto Î(®) i 1 \fe ala a è infinito, per a =D. DMN apr Questa obiezione non è nuova; e non è nuovo lo spediente, ora indicato dal Vitali, per assegnare un numero atto ad indicare la crescenza di funzioni, come le f,%g precedentemente citate, che non hanno ordine di infinito. Gli indici di infinito, che qui il signor Vitali Ra introdotto, non sono infatti differenti dagli ordres d'infinitude, che il Cauchy ha definiti, ed il Borel ha ripresentati, in opere molto note (*): ed ad essi quindi vanno applicate le os- servazioni, fatte a proposito di questi ordini di infinitudine, e che oramai si trovano anche in libri elementari (**) Il Vitali si fonda sulla definizione che egli ha dato di indice di infinito, per indicare un procedimento, assai ingegnoso ed ori- ginale, di determinarlo, che non è senza qualche analogia con ‘quello, che fu escogitato dal Lebesque, per estendere il concetto di integrale. Ecco in che cosa consiste: Assunto ad arbitro un numero e>Il, si determinino le am- piezze LA dei tratti, in cui può essere presa la x, perchè si abbia e ) 5° Il metodo proposto dal Vitali, oltre all’ introdurre considerazioni estranee (come quelle relative alla convergenza di serie di potenze ed alla integrabilità di funzioni); complica il procedimento generale, senza alcuna necessità, col sostituire alla funzione di cui subito si calcola l’ inversa e la differenza finita p@= i 1+ bio della inversa, l’altra y=1g f(x), per le quali cotesti calcoli sono il più delle volte impossibili. D.' RUGGERO BALLI DISSETTORE © INTORNO AL FORAMEN PIBRYGO-SPINOSUM (CIVININI) RD Al, PORUS CROTAPRITICO-BUCCINATORIUS CINATL) NEI CRIMINALI ( Presentata nella seduta del 9 Maggio 1905). La cortesia del mio Maestro e l'opportunità in cui mi trovo. di potere esaminare un non piccolo numero di crani appartenenti a criminali, mi hanno suggerita l’idea di studiare, in questi, il fo- | ramen pterygo-spinosum ed il porus crotaphitico-buccinatorius. Mi sono servito, per tali indagini, unicamente del ricco ma- teriale proveniente dai reclusori di Castelfranco dell’ Emilia e di Saliceta, nonchè dalle Carceri di Modena, materiale raccolto con tanta accuratezza dal Prof. Sperino al quale mi è grato porgere qui i sensi della mia gratitudine. Il Civinini in due memorie, l’ una delle quali apparsa nel 1835, l’altra nel 1837, dà il nome di legamento pterîgo-spinoso ad un piccolo nastro fibroso, talora ossificato, il quale si attacca in alto e indietro alla spina dello sfenoide, e qualche volta mediante un fascio soprannumerario sul piano inferiore della faccia esocra- nica del post-sfenoide al davanti del foro piccolo rotondo, in basso ed anteriormente ad un’altra spina posta sul margine posteriore dell’ ala esterna dell’ apofisi pterigoidea. Questo legamento, sia esso trasformato completamente in sostanza ossea, lo sia in parte, forma il confine posteriore di un orifizio -— foramen pterygo-spinosum — il cui limite anteriore vien dato dal terzo superiore circa del mar- gine posteriore dell'ala esterna dell’ apofisi pterigoide e il limite superiore da quella porzione del piano inferiore della faccia eso- cranica del post-sfenoide, compresa tra la spina dello sfenoide e la radice dell'ala esterna dell’apofisi pterigoidea. LA MIR ; — 101 — Attraverso a questo orifizio, passano i nervi pterigoideo in- terno e petro-salpingo-stafilino, un piccolo ramo arterioso della meningea media, alcuni ramoscelli venosi. Il Faesebeck che, nel 1840, credette pel primo d’aver trovato questo orifizio, lo chiamò: foro interrotto. L'’ Hyrtl, oltre all’ ossificazione del legamento pterigo-spinoso descrisse, nel 1862, una laminetta ossea la quale anteriormente prende attacco ad un piccolo tubercolo situato sull’estremità po- steriore della radice dell'ala esterna dell’apofisi pterigoide, in- dietro ad un altro tubercolo, quasi sempre più sviluppato dell’ an- teriore, posto sulla faccia inferiore dell’ala del post-sfenoide a tre o quattro mm. al davanti del foro piccolo rotondo. Ne risulta così costituita la parete inferiore di un piccolo canale la parete superiore di esso è formata dalla faccia inferiore dell’ ala del post-sfenoide) che costeggia all’esterno il foro ovale, e a cui egli ha dato il nome di porus crotaphitico-buccinatorius. Attraverso a quest’orifizio passa, a volte il ramo motorio del nervo mascellare inferiore o nervo crotafitico buccinatorio, a volte tutta la porzione extrasfenoidale del nervo mascellare superiore. Nel 1891 von Brunn, il quale portò le sue osservazioni su crani umani, di scimmie e su teste provviste di parti molli, oltre che descrivere varietà sia del foramen pterygo-spinosum sia del porus crotaphitico-buccinatorius, dimostrò che quest’ultimo non è dovuto ad altro che alla ossificazione di un legamento di natura fibrosa quasi sempre costante, che egli chiamò ligamentum cro- taphitico-buccinatorium. x Il Calori, un anno dopo, giungeva alla stessa interpretazione e dava al fascio legamentoso il nome di ligamentum anonymum. Intorno all’ossificazione dell’ uno o dell’ altro o di ambedue i legamenti menzionati sopra, riferirono, oltre i citati, diversi altri autori e principalmente Theile, Gruber, Zoja, Varaglia e Silva, Giacomini, Valenti, Rauber, Bianchi e Marimò, Grosse, Pellacani, Coraini, Tenchini, Ugolotti, Ledouble, Fusari, Roth, Legge, etc. Le loro ricerche furono indirizzate su soggetti diversi o per sesso, o per età, o per-razza, o per ispecie nonchè su criminali, su alienati etc. _ Potrebbe quindi sembrare inutile o pressochè tale, dopo così numerose ed autorevoli osservazioni, ritornare sull’ argomento. Ma perchè lo studio di una anomalia che costituisce una di- — 102 — : sposizione atavica omai dimostrata come quella di cui ci occupiamo noi ha sempre ragione di essere, specialmente trattandosi di indi- vidui non normali; perchè si è potuto disporre di una relativa- mente copiosa quantità di materiale ben conservato, cosa non sempre facile ad ottenersi e le ricerche, inoltre, sono state corredate da un sunto delle principali varietà anatomiche e dei più importanti dati eraniometrici concomitanti al fatto anomalo, così è stata ritenuta non del tutto fuori di proposito la presente nota. I crani dei criminali che ho potuto esaminare sommano a 126 dei quali 34 presentano ossificazioni complete ovvero accenni di ossificazione vuoi del legamento pterigo-spinoso, vuoi di quello crotafitico-buccinatorio (1). In alcuni gli accenni, senza che avessero l’apparenza di spine spezzate, erano così rudimentali che ho creduto bene di non tenerne alcun conto, mentre invece formavano oggetto di os- servazione quegli esemplari, invero scarsi, in cui le spine si di- mostravano ridotte non già per mancanza di potere ossificante sibbene per cause di indole estrinseca. Per la qual cosa il dubbio che potrebbe insorgere circa i resultati delle presenti osservazioni, ripensando all'effetto che possono determinare sulla conservazione delle varie spine le manualità preparatorie un po’ troppo sgarhate, la macerazione od altro, credo venga tolto completamente avendo di tali cause tenuto il debito conto. Osservazione 1.2 Cranio N. 1. — C. G., muratore, da ‘Torino condannato ad anni 5, mesi 6, giorni 20 di reclusione per com- plicità in omicidio. Condotta in carcere, buona. Morì nella casa penale di Castelfranco in seguito a spondilite tubercolare. Età anni 39; Statura m. 1,64; Grande apertura braccia 1.76. Peso dell’encefalo gr. 1336; Peso del cranio macerato gr. 808; In- dice craniense 85,2: iperbrachicefalo. Lato destro. — Trovansi le due spine sfenoidale e del Civi- nini (2), molto sviluppate tanto da costituire, se la loro unione si (1) Il numero progressivo, come si vedrà più innanzi, arriva a 136; ma dieci crani non ho potuto prendere in esame perchè ancora in ma- cerazione. (2) Ho adottato, per maggior chiarezza, alcune delle denominazioni pro- poste da Ulrich-Grosse: E così ho chiamata spina del Civinini, la spina proveniente dal terzo superiore dell’ala esterna dell’apofisi pterigoidea — 103 — effettuasse, un orifizio completamente osseo. Questo orifizio, incom- pleto (1), ovalare, avrebbe contorno disposto verticalmente e di- retto in senso antero-posteriore con un maggior diametro di 5 mm. AI di sotto della spina del Civinini, sull’ ala pterigoidea esterna, notasene un’altra, ossificazione forse del legamento so- prannumerario o anomalo descritto già dal von Brunn, che unen- dosi alla prima forma un orifizio pressochè circolare. Lato sinistro. — Si osserva quivi una disposizione un po’ più complicata. Vi sono cioè 4 lamelle ossee ben distinte l’una dal- l’altra, delle quali la inferiore non è che la spina del von Brunn che si porta in alto per congiungersi colla lamella ventrale o del Civinini il cui punto di origine trovasi nella porzione alta dell’ ala esterna dell’apofisi pterigoide e la cui direzione è dall’ avanti all’ indietro, la superiore origina da quella parte dell’ala tempo- rale situata tra il foro ovale e il foro piccolo rotondo e la dorsale dall’apice della spina angolare dello sfenoide. La superiore e la dorsale si dirigono all’ innanzi, si uniscono mediante sutura ar- monica colla spina del Civinini di già congiunta alla lamella in- feriore in un punto un po’ anteriore a quello che segna la metà della lamina pterigo-spinosa e si ha, in tal modo, la formazione di tre orifizi: uno dei quali anteriore-inferiore, circolare con un diametro di 2 mm, un’ altro situato in avanti regolare, a contorno verticale con un maggior diametro antero- posteriore di 4 mm. ed un diametro verticale massimo di 3 mm.; un ultimo posto allo indietro, a contorno trasversale, e schiacciato nel senso laterale. Esso misura in lunghezza 5 mm. ed in larghezza 2. che unendosi alla spina sfenoidale forma la lamina pterigo-spinosa; nei sura del Civinini, la incisura che rimane formata dal non essere molto marcate le spine sfenoidale e del Civinini; spina spurza del Civinini, una piccola spina dipendenza dell’ ala esterna pterigoidea che, quando esiste, è collocata circa nella parte mediana dell’incisura del Civinini. (1) Ho creduto fare delle varie modalità, con cui può presentarsi l’ossificazione- del legamento pterigo-spinoso, due divisioni e cioè: ossifi- cazione completà, quella in cui per la congiunzione di due o più lamine si ha la formazione di uno o più orifizi; incompleta quella in cui tale unione, per un allontanamento reciproco delle due lamine, maggiore o minore, a seconda dei vari casi, non avviene. Questa categoria comprende il I e il II grado di incompleta ossificazione descritti dal Tenchini, nel suo lavoro. Non tenni conto della più o meno ampia incisura che corri- sponde al III grado di incompleta ossificazione del Tenchini, perchè le spine, in questi casi, sono, a parer mio, uroppo rudimentali e nella classi- fica qualche volta si potrebbe rimanere incerti. — 104 — Il primo è in rapporto del margine posteriore dell’ala pteri- goidea esterna, il secondo è situato inferiormente e medialmente al foro ovale; il terzo in basso ed esternamente al foro pterigo- spinoso da cui è distinto. Analoga disposizione venne già riscontrata e descritta; essa costituisce la 2." modalità a tipo composto del Tenchini. In questo cranio, a forma sferoidale, riscontrai le seguenti particolarità: Mancanti i fori condiloidei posteriori e la sutura lambdoidea, il canale condiloideo anteriore di destra doppio, un ca- nale basilare mediano, a destra, nel frontale il foro sopraorbitario anzichè l’incisura, sviluppata la fossetta endofrontale laterale del Ledouble (1) d’ ambo i lati. Nella fossa orbitaria dall’ un lato e dall’ altro, notasi un prolungamento interlacrimo-etmoidale, tre con- dotti orbitali interni, l’apofisi crista-galli molto spessa ed inclinata a sinistra, evidentissimi i processi antisfenoidali anteriori del Gruber che, come è noto, furono trovati quasi costanti, comunicazione del foro piccolo rotondo di destra col foro lacero anteriore dello stesso lato. Faccia. — Le orbite sono rettangolari, leggermente. ie all’esterno e in basso, è presente la sutura infraorbitale d’ ambo i lati, i fori ottici osservati contemporaneamente si vedono con difficoltà, la fessura sfeno-mascellare è leggermente a clava, l’aper- tura piriforme antropina, le fosse canine evidenti, il palato para- boloide, gli hamuli pterigoidei sviluppati. Il II e il III molare della mandibola caddero in vita e l’ angolo no fa il Suo colle branche è leggermente ottuso. su sE Osservazione 2.* Cranio N. 2. — S. R., falegname da Nicastro (Catanzaro ) condannato alla reclusione per anni 14 e mesi 7 in seguito ad omicidio volontario. Condotta in carcere mediocre. Morto nella casa penale di Castelfranco per tubercolosi. Età anni 21; Statura m. 1.67; Grande apertura braccia 1. (GSO Peso dell’encefalo gr. 1483; Peso del cranio macerato gr. 715: Indice craniano 79.9: mesocefalo. (1) Fra le impressioni digitali endocraniche ve ne ha una accennata recentemente dal Ledouble e chiamata da lui fossetta endofrontale late- rale. Essa, secondo quanto scrive l’ eminente anatomico, è normale, quasi sempre bilaterale e sta collocata alla parte posteriore ed esterna ;della volta orbitaria, sulla quale essa appare evidente per le sue dimensioni, per la sua forma arrotondita e pel suo fondo interamente liscio o. un po’ rugoso. In essa è accolta la, parte piu bassa della circonvoluzione di Broca. — 105 — ‘Lato destro. -— Notasi la quasi completa ossificazione del le- gamento pterigo-spinoso per la presenza delle due spine sfenoidale e del Civinini.L’orifizio che ne risulta è verticale, circolare, con diametro di 9 mm. Lato sinistro. — Ben marcata è l’incisura del Civinini. A tre mm. anteriormente ed esternamente al foro pterigo-spinoso notasi una piccola spina che è ad evidenza un accenno alla ossificazione del legamento crotafitico-buccinatorio. Non ha l’omologa anterior- mente. | In questo cranio, avente forma elissoidale, con occipite al- quanto prominente, rilevai esilissimi i fori parietali, marcati d’ ambo i lati i solchi temporo- parietali esterni, ben evidente a destra la fossetta del Ledouble e i processi antisfenoidali, la sella turcica profonda, le apofisi pterigoidee espanse, la fossa giugulare destra | più ampia della sinistra. Faccia. — Le orbite sono piuttosto alte, esiste a destra la sutura infraorbitale, e da questo lato pure si trovano due fori sot- torbitari; l’apertura piriforme è alta, antropina, il palato ha forma ipsiloide, a destra vi sono due fori mentonieri. L'angolo che fa il corpo coi rami della mandibola è leggermente ottuso. Osservazione 3.2 Cranio N. 4. — T. A., contadino, da Caserta condannato ad anni 12, 5 mesi, 5 giorni di reclusione per omi- cidio. Condotta in carcere: buona. Morì nella casa penale di Ca- stelfranco in seguito a tubercolosi polmonare. Età anni 21; Statura m. 1.66; Apertura braccia m. 1.70; Peso dell’encefalo gr. 1337; Peso del cranio macerato gr. 491; Indice craniano 84.8: brachicefalo. Lato destro. — Normale. Lato sinistro. — Sviluppate considerevolmente sono le due spine, sfenoidale e del Civinini In questo cranio, a forma elissoide, notai, inoltre, marcata la protuberanza occipitale esterna, mancanza dei fori condiloidei po- steriori e dei fori parietali, i solchi temporo - parietali esterni svi- luppati, i condotti orbitari interni di sinistra in numero di tre, evi- dentissima la fossetta endofrontale laterale del Ledouble a destra, ed evidenti pure i processi antisfenoidali d’ ambo i lati: l’ apofisi crista-galli è convessa a sinistra, la lamina quadrilatera dello sfe- noide completamente bucherellata, asimmetriche le apofisi clinoidee posteriori, lieve accenno all’ apofisi clinoidea posteriore interme- diaria (D’ Ajutolo, Calori, ect.), a sinistra fusione dell’apofisi cli- noidea anteriore colla media e conseguente formazione del foro — 106 — | clino-carotideo (Sapolini ) o arterioso ( Calori ); l’apofisi pterigoidea di sinistra è molto larga e la fossa giugulare di questo lato più profonda che non quella del lato opposto. La faccia presenta le orbite quadrangolari leggermente oblique in basso ed all’esterno, l’ apertura piriforme è antropina con spina nasale anteriore molto sviluppata, il palato paraboloide con ac- cenno alla sutura incisiva. La dentatura è buona. Osservazione 4.* Cranio N. 10. — B. A., cavatore di marmo: di Avenza (Massa Carrara) condannato ad anni 3, mesi 9, e giorni 25 di reclusione per omicidio volontario. Condotta in car- cere cattiva. Morto nella casa penale di Castelfranco in seguito a polmonite. Età anni 31; Statura m. 1.74; Apertura delle braccia m. 1.74; Peso dell’encefalo gr. 1411; Peso del cranio macerato gr. 910; Indice craniano 78.3: mesocefalo. Lato destro. — Ossificazione quasi completa del legamento pterigo-spinoso. La spina del Civinini è lunga all’ incirca 6 mm. e spessa nella sua porzione media 2. Ne risulterebbe, se le due spine si congiungessero, un orifizio perfettamente circolare con un diametro di 7 mm. Notasi anche qui, sulla porzione alta dell’ ala esterna dell’ apo- fisi pterigoide, al di sotto del legamento pterigo-spinoso quasi com- pletamente ossificato, un secondo orifizio pressochè circolare, for- mato dalla spina del von Brun che tende ad unirsi colla spina del Civinini. i Lato sinistro. — Normale. ; In questo cranio, la cui forma ravvicina la pentagonoide, riscontrai inoltre mancanza dei fori condiloidei posteriori, la pro- tuberanza occipitale esterna molto marcata l’esoccipitale con nume- rose rugosità, minutissimi i fori parietali, i solchi temporo-parietali esterni evidenti, a sinistra un orifizio completo per il passaggio della meningea media, a destra, nel frontale, il foro sopraorbitario diviso in due, pure a destra evidente la fossetta endofrontale e i. processi antisfenoidali, l’ apofisi crista-galli tanto inclinata a destra. da toccar quasi il corrispondente frontale, la sella turcica molto profonda, le apofisi clinoidee anteriori sviluppate e sporgenti allo indietro, la spina sfenoidale, forte specie a sinistra, la fossa giu- gulare di questo lato molto più ampia che non quella del lato. opposto. Faccia. — A sinistra notasi accenno della sutura imperfecta del Weber, a destra la fessura sfeno-mascellare è leggermente ad — 107 — uncino. Se si osservano simultaneamente i due fori ottici si scor- gono con difficoltà, l'apertura piriforme è a clivo naso-alveolare, il palato ha forma ipsiloide con accenno al torus palatinus. La den- tatura è in discrete condizioni. Osservazione 5.* Cranio 12. — B. G., fotografo, da Milano, condannato ad anni 3, mesi 5 e giorni 7 di reclusione per furto. Condotta in carcere buona. Morto nella casa penale di Castel- franco in seguito a tubercolosi. Età anni 20; Statura m. 1.75; Apertura braccia m. 1.73; Peso dell'encefalo gr. 1435; Peso del cranio macerato gr. 670; Indice craniano 80.5: brachicefalo. Lato destro e sinistro. — Tanto a destra quanto a sinistra sono evidenti gli inizi della ossificazione del legamento pterigo- spinoso per la presenza di spine anteriori e posteriori. In questo cranio, platicefalo, con norma verticale ovoidale, notai quanto segue: nel ramo di destra della sutura lambdoide un wormiano di forma circolare, il foro condiloideo anteriore di sinistra diviso in due, i solchi temporo - parietali esterni pronun- ciati, nella sutura coronale di sinistra un altro piccolo wormiano, evidenti le fossette del Ledouble e il foro cieco, robuste e svilup- . pate le apofisi clinoidee posteriori, il foro di Vesalio d’ ambo i lati, l’ apofisi pterigoidea di sinistra molto espansa, un osso epipterico posteriore a sinistra (Ficalbi), il foro lacero posteriore di destra diviso in tre orifizi, quello di sinistra in due. Faccia. — Le orbite non si presentano troppo grandi, a si- nistra notasi la sutura imperfecta e la infraorbitale. La fessura sfeno- mascellare è piuttosto ampia, l’ apertura piriforme è antro- pina, il palato divergente con accenno alla sutura incisiva. L’apo- fisi coronoidea della mandibola alta e slanciata. | Osservazione 6.° Cranio N. 18. — P. P., contadino, da Rovigo condannato alla reclusione per anni 3 e mesi 1 in seguito a ra- pina. Condotta in carcere buona. Morì nella casa penale di Castel- franco per tubercolosi. Età anni 68; Statura m. 1.63; Apertura braccia m. 1.66; Peso dell’ encefalo gr. 1367; Peso del cranio macerato gr. 546; In- dice craniano 90.6: iperbrachicefalo. Lato destro e sinistro — Sono evidenti tanto a destra quanto a sinistra le spine che costituiscono gli estremi del legamento cro- tafitico-buccinatorio; a sinistra è solo evidente la posteriore. Si notano poi in questo cranio asimmetrico, con forma che av- vicina la cuboide, mancanti gli orifizi parietali, scomparsa quasi — 108 — completa della sutura sagittale e nella faccia, orbite piuttosto pic- cole, fessura sfeno-mascellare, stretta, apertura piriforme antro- pina, palato paraboloide, leggero grado di lemurinismo nella man- dibola, sutura palatina in via di scomparsa. Osservazione 7.2 Cranio N. 21 — M. L., fonditore di metalli, da Altezzano condannato ad anni 4, mesi 10 e giorni 20 di reclu- sione per furto qualificato e minaccie. Condotta in carcere buona. Morto nella casa penale di Castelfranco in seguito a laringite e bronco-alveolite tubercolare. Età 34 anni: statura m. 1,57; Apertura delle braccia m. 1.60; Peso dell'encefalo gr. 1326; Peso del cranio macerato gr. 913; Indice craniense 83,7: brachicefalo. Lato destro. — Notasi qui completa ossificazione del. lega- mento pterigo-spinoso. La lamina pterigo-spinosa diretta sagittal- mente è lunga 9 mm. alta 3. L'unione tra la lamella sfenoidale e la lamella pterigoidea si effettua per sutura dentata circa a metà della lamina pterigo-spinosa. L’orifizio che ne risulta è di forma ovalare con un diametro massimo di 9 mm. (I varietà a tipo semplice del Tenchini). Vi è inoltre accenno ben manifesto alla spina del von Brunn la quale non arriva a congiungersi alla spina del Civinini. Lato sinistro. — Normale. Notai in questo cranio, che avvicina la forma pentagonoide, triplice il condotto condiloideo anteriore di sinistra, il solco temporo- parietale esterno d’ambo i lati, un orifizio osseo completo a sinistra per la meningea media, evidente la fossetta endofrontale laterale del Ledouble, 3 condotti orbitari interni .d’ambo i lati, la lamina quadrilatera dello sfenoide crivellata, il hiatus di Vesalio d’ambo i lati, il foro lacero posteriore di sinistra diviso in due. Faccia. — Le orbite si presentano piuttosto larghe, a sinistra vedesi la sutura infraorbitale e la /ongitudinalis imperfecta, la fessura sfeno-mascellare è a clava e l’osso malare non interviene alla formazione di essa; l'apertura piriforme e antropina, notansi due fori sottorbitali a sinistra; il palato è alto, paraboloide. Osservazione 8, Cranio N. 22. — M. P., falegname, da Brescia, condannato a mesi 18 di reclusione per furto qualificato. Condotta in carcere buona: Morto nella casa penale di Castelfranco in se- guito a polmonite. Età anni 65; Statura m. 1,60; Apertura delle braccia m. 1,62; Peso dell’ encefalo gr. 1280; Peso del cranio macerato gr. 579; Indice cranico 77,8: mesocefalo. Gi — 109 — Lato destro. — La spina del Civinini di questo lato è svilup- patissima; nulla la sfenoidale. | Lato sinistro. — Notasi qui la completa ossificazione del le- gamento pterigo-spinoso. La lamina pterigo-spinosa diretta dall’in- dietro all’avanti, dall'alto in basso e lunga in complesso 8 mm.. alta 3 mm. L'unione tra la lamina pterigoidea e la lamina sfe- noidale si fa mediante sutura dentata a metà circa della lamina pterigo-spinosa. L’orifizio che ne risulta è ovalare, con un dia- metro massimo obliquo dall’alto al basso, dall’indietro all’avanti di mm. 8 e un diametro trasversale di 5 mm. (I varietà a tipo semplice del Tenchini). In questo cranio asimmetrico a forma pressochè elissoidale erano consociate le seguenti particolarità: mancanza dei fori con- diloidei posteriori, tubercolo faringeo evidente, protuberanza occi- pitale esterna molto sviluppata, due orifizi condiloidei anteriori a sinistra, e da questo lato un osso epattale con un piccolo osso so- | prannumerario in vicinanza di esso lungo il ramo della sagittale. Appena marcato il solco temporo-parietale esterno d’ambo le parti, evidenti invece le fossette del Ledouble, mancanza delle suture ptero-frontali, apofisi pterigoidee molto larghe, asimmetria dei fori lacero-posteriori. Faccia. — Le orbite sono circolari, l'apertura piriforme rav- vicina la forma a clivo naso - alveolare, il palato è ipsiloide, manca la sutura palatina. Osservazione 9.° Cranio N. 24. — C. G., giornaliero, da Pia- cenza, condannato ad anni 2, mesi 6, giorni 15 di reclusione per furto ed evasione. Condotta in carcere cattiva. Morto nella casa penale di Castelfranco in seguito a polmonite tubercolare. Età anni 37; Statura m. 1,70; Apertura braccia m. 1,73; Peso dell'encefalo gr. 1262; Peso del cranio macerato gr. 628; Indice craniano 82,8: brachicefalia. »À Lato destro. — È sviluppatissima la spina del Civinini. Svi- luppata pure la spina sfenoidale senza che però si determini la loro unione. Lato sinistro. — Normale. Nel presente cranio, ovoidale; ho riscontrato le seguenti, fra le principali anomalie: Evidentissime le formazioni dell’exoccipitale; mancanza della sutura lambdoidea e di quasi tutte le altre, due piccolissimi fori parietali solo a sinistra, solchi temporo-parietali esterni ben manifesti, a destra l’orifizio di Vesalio. Faccia. — Le orbite sono rettangolari; a destra la fessura — 110 — sfeno - mascellare è molto stretta e non interviene, a costituirla, l'osso malare. L'apertura piriforme è antropina, il palato ha forma paraboloide cogli hamuli molto sviluppati. La sinfisi del mascel- lare inferiore è molto alta, l’angolo che -i rami mandibolari for- mano col corpo sono ottusi. Osservazione 10.2 Cranio N. 27. — T. V., decoratore, da To- rino, condannato ad anni 7 di reclusione per complicità in furto. Condotta in carcere buona. Morto nella casa penale di Castel- franco in seguito a tubercolosi intestinale. Età anni 50; Statura m. 1,75; Apertura braccia m. 1,73; Peso dell'encefalo gr. ‘1248; Peso del cranio macerato gr. 667; ludici craniano 85,2; iperbrachicefalo. Lato destro. — Accenno all’ossificazione del legamento pte- rigo-spinoso mediante le due spine. Lato sinistro. — E quivi molto sviluppata la spina del Civi- nini la quale forma, unendosi con un’altra situata di poco infe- riormente ad essa (legamento anomalo di von Brunn ossificato), un piccolo orifizio di forma circolare analogo a quello citato nella descrizione del cranio n. 1. Abbastanza evidente è ancora la spina sfenoidale. In questo esemplare, a forma sferoidale, rotondeggiante, piccolo, riscontrai: Mancanza del foro condiloideo posteriore di sinistra, nel ramo destro di biforcazione del lambda un wormiamo, evi- dente la fossetta endofrontale laterale di destra, spiccata la cresta endofrontale. A sinistra il foro di Vesalio e il canaliculus inno- minatus di Arnold. Faccia. — Le orbite presentano i lati interno ed esterno pressochè della istessa lunghezza; la fessura sfeno-mascellare è stretta, la fossetta canina di destra profonda, l'apertura piriforme è antropina con spina nasale che sporge in avanti, il palato è di- vergente, gli hamuli pterigoidei molto sviluppati, trovasi leggero grado di lemurinismo, la mandibola ha rugosità spiccate, la den- tatura non è buona. Osservazione 11.2 Cranio N. 38. — C. V., contadino, da Pa- lermo condannato ad anni 10, mesi 10, giorni 10 di reclusione per omicidio e lesioni. Condotta in carcere buona. Morto nella casa penale di Saliceta in seguito a bronco-alveolite. Età anni 24; Statura m. 1,71; Apertura braccia m. 1,73; Peso dell'encefalo gr. 1352; Peso del cranio macerato gr. 668; Indice craniano 77,8: mesocefalo. Lato destro. — A 9 mm. al davanti e lateralmente al foro E — lil — piccolo rotondo, nonchè al margine esterno del foro ovale notasi una spina la quale si dirige all’ innanzi verso una laminetta che origina dalla porzione più alta dell’apofisi pterigoidea. Trattasi evidentemente di una ossificazione incompleta del legamento cro- tafitico - buccinatorio. Lato sinistro. — Normale. In questo cranio, a bella forma elissoidale, il foro condiloideo posteriore di sinistra manca, le cristae musculares sono bene svi- luppate, avvi un osso epattale, due fori parietali a destra uno a sinistra, i solchi temporo-parietali esterni, a sinistra un piccolis- simo orifizio osseo per la meningea media, fori sopraorbitari, fosse endofrontali del Ledouble ben evidenti, prolungamenti interla- crimo-etmoidali d’ambo i lati, a destra l’apofisi clinoidea media, la fossa giugulare di questo lato più profonda che non quella del lato opposto. Faccia. — Le orbite si presentano piuttosto alte, con suture infraorbitali d’ambo i lati, a destra la fessura sfeno-mascellare è ad uncino, l'apertura piriforme antropina, la fossa canina è più evidente a sinistra. Il palato ha forma elissoidale, pronunciata è la eminenza mentoniera. Osservazione 12.2 Cranio N. 44. — M. G., fabbricante di carri, da Catania condannato a 15 anni di reclusione per omicidio pre- meditato. Condotta in carcere mediocre. Morto nella casa penale di Castelfranco. Era affetto da monomania con delirio di persecuzione. Età anni 19!/,; Statura m. 1,70; Apertura braccia m. 1,67; Peso dell’encefalo gr. 1387; Peso del cranio macerato gr. 785; Indice craniense 82,8: brachicefalo. Lato destro e lato sinistro. — Esistono tanto anteriormente, quanto posteriormente, spine non molto accentuate, segno di inci- piente ossificazione del legamento pterigo-spinoso. In questo cranio, la cui forma avvicina la cuboide, ho notato mancanza del foro condiloideo posteriore di sinistra, ben evidenti le fossette precondiloidee, un osso epattale, sviluppo abnorme della fossetta corrispondente al torcular Erophyli, minutissimi forellini parietali, solchi temporo-parietali esterni accentuati, a destra il foro sopraorbitale diviso in due, marcata la fossetta endofrontale del Ledouble, e prolungamenti interlacrimo -etmoidali d’ambo i lati. Sono così spiccate le apofisi clinoidee medie da unirsi alle anteriori e formare con queste il foro clino-earotideo. A sinistra avvi il foro di Vesalio, la fossa giugulare di destra è più pro- fonda della sinistra. — 112 — Faccia. — Le orbite si presentano piuttosto larghe, l’aper- tura piriforme è leggermente prenasale, il palato è paralleliforme e lateralmente alla spina nasale posteriore notansi due fossette ben pronunciate. La mandibola è forte, ta dentatura buona. Osservazione 13.2 Cranio N. 45. — L. S., pescatore, da Pa- lermo condannato a 13 anni e mesi 4 di reclusione per violenza carnale con inoculazione della sifilide. Mori nella casa penale di Castelfranco e al tavolo anatomico si videro spiccate alterazioni di indole tubercolare. Età anni 55; Statura m. 1,63; ; Apertura braccia m. 1,73; Paso dell’encefalo gr. 1178; Peso del cranio macerato gr. 630; Indice craniano 79,3: mesocefalo, Lato destro e sinistro. — Tanto a destra quanto a sinistra, a 4 mm. anteriormente ed esternamente al foro piccolo rotondo, tro- vansi due linguette ossee robuste, rappresentanti l’inizio poste- riore della ossificazione del legamento di Hyrtl. In questo cranio, a forma ovoidale, van notati: un unico foro parietale a destra suddiviso in due, pure a destra il condotto con- diloideo anteriore e un prolungamento interlacrimo-etmoidale. Esi- stono i fori sopraorbitali, le fossette endofrontali ed accenni alle apofisi clinoidee medie. Faccia. — Le orbite sono meno alte internamente che ester- namente, a sinistra vi ha la sutura infraorbitale e la imperfecta, la fessura sfeno-mascellare è piuttosto stretta e l’osso malare non vi prende alcuna parte. L'apertura piriforme è antropina, le fosse canine accentuate e il foro sotto orbitario di sinistra è duplice. Il palato è divergente, la mandibola è forte ed in essa avvertesi la mancanza d’ambo le parti della spina dello Spix o lingula mandibulare. Osservazione 14.* Cranio N. 55. — A. G., contadino, da Cit- tanova (Calabria) condannato alla reclusione per anni 11, mesi 3 e giorni 25, in seguito a furto, concorso in furto ed omicidio pre- . meditato. Morto nella casa penale di Castelfranco dietro peritonite tubercolare. Età anni 29; Statura m. 1,72; Apertura delle braccia m. 1,71; Peso dell’encefalo gr. 1365; Peso del cranio macerato gr. 671; Indice craniano 82,8: brachicefalo. Lato destro e sinistro — Tanto a destra quanto a sinistra incompleta ossificazione del legamento pterigo-spinoso. Sono molto pronunciate le spine del Civinini, nulla o quasi le sfenoidali. Questo cranio, a forma elissoidale, alta, con occipite alquanto — 113 — | prominente ha cresta occipitale esterna piuttosto sviluppata, il canale condiloideo anteriore di destra è doppio, manca il foro pa- .rietale di sinistra ed esiste da questo lato, invece, un vero canale per la meningea media. La fossetta endofrontale di sinistra è evi- .dentissima e spiccati sono ‘i prolungamenti interlacrimo - etmoidali dei due lati; l’apofisi crista-galli è convessa a destra, la lamina quadrilatera dello sfenoide manca, solo due tubercoli appena ac- cennati indicano il punto di localizzazione delle apofisi clinoidee posteriori. Vi ha Ayatus di Vesalio, sviluppo forte delle apofisi pterigoidee, fossa giugulare destra più ampia della sinistra. Faccia. — Le orbite sono piuttosto alte, le fessure sfeno-ma- scellari molto corte e l’osso malare non fa parte di esse; d’ambo | ilati notasi la sutura imperfecta e la infraorbitale; la fessura piriforme è antropina, il palato è corto, largo, di forma elissoidale e la sutura palatina è leggermente convessa anteriormente. Cia- scuna ala pterigoidea esterna lateralmente è sostenuta da un pi- lastro di guisa che si ha la formazione di due fossette poste ai lati dall’ala stessa di cui una è anteriore al suddetto pilastro, l’altra posteriore. Lo stesso fatto, non però così spiccato, ho visto in qualche altro esemplare; la mandibola è molto rugosa, i rami ; De larghi più del normale. | Osservazione 15.2 Cranio N. 70 — C. G., contadino, da Trapani, condannato a 18 anni di reclusione per omicidio; condotta buona; È morto nella casa penale di Castelfranco per tubercolosi. Età 28 anni e mezzo; Statura m. 1,56; Apertura delle braccia m. 1,59; Peso dell'encefalo gr. 1180; Peso del cranio macerato gr. 653; Indice craniano 87,8: iperbrachicefalo. Lato destro. — A destra notasi l’ossificazione del legamento pterigo-spinoso. La lamina pterigo-spinosa, che ha direzione sagit- tale, è larga agli estremi, piuttosto esile nella sua porzione me- diana. L’orifizio che ne risulta è ovalare con un diametro mas- simo antero-posteriore di mm. 13 e un diametro verticale di 8 mm. (prima varietà a tipo semplice del Tenchini). Lato sinistro. — Alquanto ventralmente al foro piccolo ro- tondo ed esternamente ad esso di 3 mm., staccasi una robusta spina della lunghezza di 5 mm. che si porta verso l’innanzi e rappre- senta il rudimento posteriore della ossificazione del legamento di Hyrtl. In questo esemplare, a forma elissoidale quasi perfetta, benchè piccolo, notai fra le principali particolarità: Mancanza a sinistra del foro condiloideo posteriore, le salienze e le depressioni eso- 8 — 114 — craniche dell’occipitale ben pronunciate, mancanza assoluta della sutura lambdoidea, solchi temporo-parietali esterni evidenti, d’ ambo i lati un canale per la meningea media, scomparsa della sutura coronale nei due terzi interni, cresta endofrontale, fossetta omo- nima a destra e processo antisfeinoidale dello stesso lato, svilup- pati; a destra le apofisi sfeno-petrosa e petro - sfenoidale formano, unendosi, un canale osseo completo; le apofisi pterigoidee sono molto ampie. Faccia. — Le orbite presentano a destra la sutura infraor- bitale, la fessura sfeno mascellare nell’orbita di sinistra € molto accentuata senza che l’osso zigomatico faccia parte di essa; il foro sottorbitale di questo lato presenta un orifizio accessorio. L’aper- tura piriforme è antropina, il palato convergente. La mandibola è piuttosto forte e tanto da un lato quanto dall'altro il solco. milo-joideo è trasformato per un breve tratto in canale. Osservazione 16.2 Cranio N. 73 — F. A., commesso viaggiatore, da Bergamo, condannato ad 8 anni, 7 mesi e 5 giorni per furto, falso, appropriazione indebita, truffa e bancarotta semplice. Con- dotta in carcere: ottima. Morto nella casa penale di Castelfranco in seguito a tubercolosi intestinale. Età anni 57; Statura m. 1,70; Apertura braccia 1.65; Peso dell'encefalo gr. 1353; Peso del cranio macerato gr. 700; Indice craniano 67,4: dolicocefalo. Lato destro. — Normale. Lato sinistro — Ossificazione incompleta del legamento pte- rigo-spinoso. Gli accenni sono abbastanza evidenti. Questo cranio avvicina la forma pentagonoide, ha cresta oc- cipitale interna molto prominente, fossetta faringea e tubercolo fa- ringeo marcati, un foro parietale solo a destra, il solco temporo- parietale esterno d’ambo i lati; a destra un canale osseo per la meningea media, spiccatissima la fossetta. endofrontale di sinistra, la lamina quadrilatera perforata, apofisi clinoidee medie. Mancano le suture ptero-frontale, ptero-parietale e sfeno-frontale, lo pterion è completamente ossificato, i fori laceri posteriori asimmetrici. Faccia. — Le orbite sono pressochè circolari; l’ apertura. pi- riforme è antropina ed asimmetrica, la. fossa canina di sinistra è piuttosto accentuata. Il palato è divergente, l’ altezza della sinfisi del mento considerevole, la mandibola offre molte rugosità, pre- senta lemurinismo e i fori mentonieri sono più ampi del normale. Osservazione 17.2 Cranio N. 83. — G. G., macellaio, condan- nato a 5 anni, 1 mese e 17 giorni di reclusione per associazione — 115 — a delinquere e furto. Condotta in carcere cattiva. Morto nella casa penale di Castelfranco in seguito a tubercolosi. Età anni 23; Statura m. 1,60; Apertura braccia m. 1,58; Peso dell’encefalo gr. 1367; Peso del cranio macerato gr. 688; Indice craniano 85,2: iperbrachicefalo. Lato destro. — Normale. Lato sinistro. — È stato questo l’unico caso in cui l’ossifi- cazione del legamento crotafitico - buccinatorio si avvicinasse al maggior grado di complevezza. Trattasi di due linguette ossee di cui la posteriore originata a 2 mm. anteriormente ed esternamente al foro piccolo rotondo lunga 5 mm. si porta verso l’innanzi, l’an- teriore nata dalla parte più alta dell’ ala esterna pterigoidea, lunga essa pure 5 mm. si porta allo indietro. Queste due laminette ossee per uno spazio impercettibile non vengono a mutuo contatto tra di loro. Esse circoscrivono un orifizio la cui conformazione ed i cui rapporti sono proprii del porus crotaphitico-buccinatorius. In questo cranio leggermente platicefalo, con norma verticale che si avvicina alla forma circolare, notai inoltre: protuberanza occipitale esterna pronunciatissima, evidenti le fossette endofron- tali del Ledouble, foro clino-carotideo, orifizio di Vesalio, a sinistra canale osseo completo pel passaggio della meningea media, asim- metria dei fori laceri posteriori. Faccia. — Le fessure sfeno-mascellari sono strette e quella ‘di destra è leggermente ad uncino. L'apertura piriforme è antro- pina con spina nasale anteriore molto pronunciata, la fossa canina è accentuata, il palato è divergente, lo stato dei denti è discre- tamente buono. La mandibola, piuttosto leggera, presenta un apofisi coronoide bassa. Osservazione 18.° Cranio N. 85. — F. L., contadino da Ve- nezia condannato alla reclusione per anni 5 e mesi 7 per omi- cidio. Condotta in carcere buona. Morto nella casa penale di Ca- stelfranco in seguito ad enterite tubercolare. Età anni 58; Statura m. 1,70; Apertura braccia m. 1,79; Peso dell’encefalo gr. 1420; Peso del cranio macerato gr. 430; Indice craniano 91,1: iperbrachicefalo. Lato destro e sinistro. — Tanto a destra quanto a sinistra è evidente l’accenno alla ossificazione del legamento del Civinini per parte di spine poste anteriormente e posteriormente. In questo cranio, asimmetrico, mancante di suture in massima parte, con forma sfenoidale a volta alquanto appianata si riscontra inoltre la protuberanza occipitale esterna foggiata a lamina ap- — 116 — puntita, i fori condiloidei anteriori sviluppatissimi, l’ orifizio di Vesalio d'ambo i lati, un canale osseo per la meningea media, man- canza dei fori parietali, e solchi temporo-parietali esterni evidenti. Faccia, — Le orbite sono pressochè circolari con fessura sfeno- mascellare ad uncino, a destra si notano le suture infraorbitale e imperfecta, a sinistra solo quest’ ultima. L'apertura piriforme è a tipo infantile e la fossa canina presenta rilievi alternantisi con depressioni. L’apofisi marginale del malare è ben spiccata. Il pa: lato è corto, schiacciato in senso antero - posteriore. La mandibola, con lemurinismo specie a destra, offre molte rugosità, ha i gonion rivolti verso l'esterno e le fossette mentoniere molto evidenti. Alcuni denti caddero in vita. Osservazione 19.2 Cranio N. 90. — R. M., da Novara condan- nato ad anni 5, mesi 7 e giorni 18 di reclusione per furto e ra- pina. Condotta in carcere, buona. Morto nella casa penale di Ca- stelfranco in seguito a tubercolosi polmonare. Età anni 22; Statura m. 1,77; Apertura delle braccia m. 1,77; Peso dell’ encefalo gr. 1290; Peso del cranio macerato gr. 677. Indice craniano 93,5: iperbrachicefalo. Lato destro. — Normale. Lato sinistro. — Esiste completa l’ossificazione del legamento pterigo-spinoso. La lamina pterigo-spinosa, che ha direzione an- tero - posteriore, è lunga in tutto all'incirca 10 mm., alta 3 mm. L'unione tra la lamella pterigoidea e la sfenoidale ‘avviene per sutura dentata un po’ posteriormente al punto che segna la metà della lunghezza della lamina pterigo-spinosa. L’orifizio che ne risulta è verticale di forma circolare con un diametro di 6 mm. (I varietà a tipo semplice del Tenchini). In questo cranio, asimmetrico, con forma sferoidale, sono degne di nota le seguenti particolarità: mancanza dei fori condiloidei posteriori, canale condilodeo anteriore di sinistra, doppio, seni oc- cipitali posteriori ben. manifesti. Lungo i rami del lambda osser- vansi piccoli Wormiani, manca il foro parietale di destra, vi son numerose escavazioni del Pacchioni, trovasi un canale osseo per la meningea media d’ambo i lati, manca quasi tutta la sutura coronale, a destra l’incisura sopraorbitale è convertita in foro, la cresta endofrontale è spiccatissima, a destra è pure evidente la fossetta endofrontale, molto alta è l’apofisi cristagalli, manca del tutto la sutura sfeno-frontale, mentre esiste la xifo-parietale. Notasi ancora il hyatus di Vesalio e la fossa giugulare di destra più profonda della sinistra. — 117 — Faccia. — Le orbite sono piccole, in esse le fessure sfeno- mascellari sono foggiate ad uncino, le suture imperfectae sono ben visibili. L'apertura piriforme è antropina, il palato paraboloide con sutura palatina leggermente convessa anteriormente. Dei denti al- cuni caddero in vita, altri sono guasti. Osservazione 20.% Cranio N. 93. — C. G., tintore, da Como condannato a 8 anni e mesi 6 di reclusione per violenza carnale. Condotta in carcere, buona. Morto nella casa penale di Castelfranco. Età anni 65; Statura m. 1,67; Apertura braccia m. 1,70; Peso dell’encefalo gr. 1231; Peso del cranio macerato gr. 914; Indice craniano 71,3: dolicocefalo. Lato destro. — Esiste qui pure un evidente accenno alla ossificazione del legamento crotafitico-buccinatorio. Trattasi di una — laminetta posta a 3 mm. anteriormente ed esternamente al foro piccolo rotondo la quale misura in lunghezza 3 mm. ed è diretta verso l’innanzi. Lato sinistro. — Normale. La forma di questo cranio è la cuboide; notasi il foro sopraor- bitario a destra, fusione completa, d’ambo le parti, delle apofisi clinoidee anteriori, posteriori e medie. Per tale fusione originano due fori: l’ uno anteriore, più ampio formato dalla fusione della apofisi clinoidea anteriore colla media: foro clino-carotideo ; 1’ altro posteriore, prodotto dalla saldatura della apofisi posteriore colla media: foro clino-clinoideo (Sapolini) o venoso (Calori). Havvi, inoltre, tanto dall’un lato che dall’ altro un orifizio completamente osseo per il passaggio della meningea media, il foro di Vesalio sviluppato, la fossa giugulare di sinistra ampia più della destra. Faccia. — L'apertura piriforme è a clivo naso-alveolare. Nel- l’osso malare notasi pure l’apofisi marginale. Il palato ha forma ipsiloide; parecchi denti mancavano essendo caduti in vita, le apo- fisi coronoidee sono alte e slanciate. Osservazione 21.8 Cranio N. 100. — B. S., contadino, da Cuneo condannato alla reclusione per anni 8 e mesi 4 per omicidio. Con- dotta in carcere, buona. Morto nella casa penale di Castelfranco ‘per tubercolosi polmonare. « —’FEtà anni 33; Statura m. 1,77; Apertura braccia m. 1,78; Peso dell’encefalo gr. 1330; Peso del cranio macerato gr. 810: Indice craniano 82,8: brachicefalo. Lato destro e sinistro. — Tanto a destra quanto a sinistra evidenti accenni posteriori all’ossificazione del legamento pterigo- spinoso; nulla anteriormente. — 118 — In questo cranio vanno notate le seguenti particolarità: Esso ha forma ravvicinante la sferoide, protuberanza occipitale esterna appiattita, fossetta faringea molto profonda, solchi temporo-parietali esterni sviluppati, apofisi crista-galli spessa e convessa a sinistra, tre orifizi orbitali interni d’ambo i lati, la clinoidea media di destra si unisce con l’ anteriore. Faccia. — Le orbite sono ampie, alte con fessure sfeno-ma- scellari a clava e provviste delle suture infraorbitali e imper- fectae. L'apertura piriforme è antropina e la distanza che inter- cede tra il nasion e il punto alveolare è piuttosto considerevole. Il palato è divergente, la mandibola voluminosa, la dentatura è buona, le apofisi geni sviluppate oltre la norma, e alla faccia in- terna dell’apofisi coronoidea d’ambo i lati, una ben marcata fossetta. Osservazione 22.8 Cranio N. 103. — F. A. di Milano condan- nato ad anni 10, mesi 1 e giorni 4 di reclusione per mancato omicidio, porto d’arma e minaccie. Morto nella casa penale di Castelfranco in seguito a broncopolmonite. Età anni 47; Statura m. 1,69; Apertura braccia m. 1,73; Peso dell'encefalo gr. 1380; Peso del cranio macerato gr. 760; Indice craniano 77,7: mesocefalo. Lato destro. — Normale. Lato sinistro. — A 6 mm. anteriormente ed ine al foro piccolo rotondo trovasi una spina lunga 5 mm. che si dirige verso l’innanzi. Trattasi evidentemente di incompleta ossificazione del tratto posteriore del legamento crotafitico-buccinatorio. Questo cranio ha forma cuboide; presenta la fossetta cere- brale media, ossificazione quasi completa della lambdoide, accen- tuata la fossa che sta in rapporto del torcular Herophyli come pure i solchi temporo - parietali esterni; a sinistra notasi un pro- lungamento interlacrimo-etmoidale. Pure da questo lato esiste un orifizio osseo per la meningea media, evidenti sono d’ambo le parti le fossette del Ledouble, manca la sutura fronto-sfenoidale di si- nistra ed è espansa l’apofisi pterigoidea di destra. Lo pterion è ossificato, la fossa giugulare di destra è più ampia di quella del lato opposto. Faccia. — L'apertura piriforme è antropina, il palato è leg- germente divergente, la mandibola è voluminosa, la sinfisi del mento è alquanto inarcata colla concavità rivolta verso l’innanzi. Nella faccia dorsale, sotto il 2.° molare trovasi una forte depres- sione; dei denti alcuni sono guasti, altri caddero in vita. L' an- golo che forma il ramo della mandibola col corpo è ottuso. L È È È — 119 — __—’». Osservazione 23.2 Cranio N. 105 — S. G., falegname, di Sa- . lerno condannato ad anni 12 di reclusione per omicidio volontario | e porto d’armi. Morto nella casa penale di Castelfranco in se- | guito a tubercolosi. i Età anni 38; Statura m. 1,71; Apertura braccia m. 1,73; Peso dell'encefalo gr. 1310; Peso del cranio macerato gr. 730. Indice eraniense 74,9: dolicocefalo. Lato destro. — Esiste da questo lato ossificazione completa del legamento-pterigo spinoso. Essa avviene in massima parte per lo sviluppo considerevole che ha assunto la lamina sfenoidale lunga 6 mm. di cui la direzione è dall’indietro all’innanzi. La lamina del Civinini prima di mettersi in rapporto colla lamella sfenoidale, si divide in due linguette ossee, una superiore più sviluppata, l’altra inferiore assai meno. La prima (a), mediante sutura den- tellata si congiunge colla parte più alta dell’ estremo anteriore della lamina sfenoidale, la inferiore (8) anch'essa, per mezzo di sutura dentellata, si unisce colla parte più bassa della estremità ante- riore dello stesso prolungamento sfenoidale. Ne risulta così costi- SEA AA AE LA CIA ) i) IN) — 120 — stituito un piccolo orifizio, (c) del diametro di 3 mm. posto infe- riormente a quello (d) che si origina d’ordinario dall’ ossifica- zione del legamento pterigo-spinoso. Così, la varietà descritta, vien posta fra la I modalità a tipo composto del Tenchini. Considerando però più davicino questo esemplare si osserva che la laminetta inferiore di divisione della lamina del Civinini prima di mnirsi colla porzione più bassa dell’ estremità anteriore della lamina sfe- noidale si spacca in due in senso verticale e circoscrive un cana- lino del diametro di 2 mm. (e) posto inferiormente all’ orifizio @ testè accennato. Mentre però l’orifizio superiore è a contorno, verticale, quest’ ultimo ha un contorno con direzione trasversale. Infine, sulla faccia esterna del corpo della lamina $ierimdkdde notasi l’inizio di un forellino (f) che si affonda nello spessore della lamina senza però riuscire sulla faccia interna di essa. Ho voluto fermarmi su questa speciale disposizione e darne il disegno perchè la ritengo molto rara. Il foro piccolo rotondo da questo lato è impercettibile. i 3 Lato sinistro. — ‘A quattro mm. anteriormente ed esterna» mente al foro piccolo rotondo osservasi il rudimento posteriore del legamento crotafitico-buccinatorio. Esso ha una lunghezza di 6 mm. Le particolarità degne di nota in questo cranio, a bella forma ovoidale, sono: le formazioni dell’ occipitale evidenti, la scomparsa in parte della sutura lambdoidea, un accenno alla fossetta vermico | lare, spiccati i solchi temporo-parietali esterni, il foro sopraorbitale a destra e ben manifesta la fossetta del Ledouble, l’apofisi crista- galli convessa a sinistra, la lamina quadrilatera dello sfenoide perforata, le suture sfeno-frontale e ptero-frontale, d’ambo i lati, mancanti. I fori laceri posteriori sono divisi da linguette ossee in tre distinti orfizi, lo pterion è ossificato. Faccia. — Le orbite non sono molto grandi, l'apertura piri- forme è antropina, il palato è largo ipsiloide, la mandibola è stretta e tozza, la dentatura è buona. Osservazione 24.% Cranio N. 107 — S. S., contadino, da Napoli condannato ad anni 12, mesi 9 e giorni 10 di reclusione per man- cato omicidio. Condotta in carcere ottima. Morto nella casa penale di Castelfranco per tubercolosi polmonare. ; Età 40 anni? Statura m. 1,62; Apertura braccia m. 1,60; Peso dell’ encefalo gr. 1240; Peso del cranio macerato gr. 592; Indice craniano 77,7: mesocefalo. Lato destro. — Esiste un lieve accenno all’ossificazione del legamento pterigo-spinoso. — 121 — Lato di sinistra. — L'ossificazione del legamento pterigo- | spinoso è completa. La lamina pterigo-spinosa è robustissima; di- retta in senso antero-posteriore misura una lunghezza di 9 mm. Il suo margine superiore non è libero, come in tutti gli altri casi, | ma si continua, in alto, coll’orlo inferiore della parete mediale del foro ovale. Ne risulta un canale la cui parete anteriore è for- mata dalla superficie inferiore delle grandi ali dello sfenoide, la posteriore è formata dalla lamina pterigo-spinosa descritta, l’ aper- tura superiore è data dal foramen ovale e la inferiore da nn ori- fizio che il Grosse chiama foro pterigo-sfenoideo. Son degne di nota le seguenti particolarità: il cranio è un elissoide con leggero grado di clinocefalia. Trovasi la fossetta ce- rebellare media enorme, senza concomitante ipertrofia del verme inferiore del cervelletto. Essa è lunga 4 cm. !/, larga 3 mentre le fosse cerebellari sono più piccole dell'ordinario. Vi è un canale ba- silare mediano, i solchi temporo-parietali esterni sono evidenti, a destra avvi il foro sopraorbitario anzichè l’ incisura, le fossette en- dofrontali accentuate, l’orifizio di Vesalio a sinistra, i condotti udi- tivi interni si presentano amplissimi, a destra l apofisi stiloide è lunga 5 cm. i | Faccia — Le fessure sfeno-mascellari' sono foggiate a class le fosse canine piuttosto accentuate. L’ apertura piriforme a destra SE antropina, a sinistra a clivo- naso- alveolare. Il palato è legger- mente divergente, la sutura palatina trasversa è foggiata a zig-zag e notasi l’inizio del torus palatinus. La mandibola piuttosto pic- cola. ha le fossette sottolinguali molto pronunciate, si presenta scabra ai gonion, depressa sotto i molari e mancante di alcuni denti, caduti in vita. Osservazione 25.2 Cranio N. 108 — P. M,, ER da Po- tenza condannato ad anni 24 di reclusione per lesioni con morte in persona del proprio figlio. Condotta in carcere ottima. Morto nella casa penale di Saliceta S. Giuliano presso Modena in seguito a bronco-polmonite. Età anni 41; Statura m. 1,60; Apertura braccia m. 1,62; Peso dell'encefalo gr. 1190; Peso del cranio macerato gr. 515; Indice craniano 85,2: iperbrachicefalo. i 3 + Lato destro. — Qui pure notiamo completa l’ossificazione del legamento del Civinini. La lamina pterigo-spinosa, diretta dall’ in- dietro all’avanti è lunga 8 mm. all’ incirca e alta 3. Essa è spessa e resistente. La sutura che unisce le due lamine (sfenoidale e pterigoidea) è a tipo dentato. Al disotto del prolungamento pteri- — 122 — goideo notasi un orifizio pressochè circolare, la cui formazione è identica a quella descritta in altri casi. L'insieme costituisce la prima varietà a tipo composto del Tenchini. Lato sinistro. — Normale. Questo cranio ha forma di elissoide un po’ depresso, legger- mente asimmetrico. In esso trovasi: un solco temporo-parietale esterno a destra, la cresta endofrontale, l’apofisi clinoidea media, a sinistra il canale di Vesalio; mancano le suture sfeno-frontale, ptero-frontale e ptero-parietale. Faccia. — Le orbite sono ampie, l'apertura piriforme antro- pina con spina nasale molto sviluppata, la fossa canina di sinistra più pronunciata che non quella di destra, il palato è largo e di- vergente, all’interno delle apofisi coronoidee vedonsi due fossette ben spiccate paragonabili a quelle riscontrate nel cranio portante il n. 100. Alcuni denti caddero in vita. Osservazione 26.2 Cranio N. 112 — M. C., zolfataro, da Gir- genti condannato a 21 anni di reclusione per concorso necessario in omicidio. Condotta in carcere ottima. Morto nella casa DAI ni Castelfranco per tubercolosi intestinale. Età anni 54; Statura m. 1,57; Apertura braccia m. 1,55; Peso dell'encefalo gr. 1185; Peso del cranio macerato gr. 595; Indice eraniano 71,3: dolicocefalo. î Lato destro e lato sinistro. — Tanto a destra quanto a sini- stra trovansi accenni posteriori di ossificazione dei legamenti ero- tafitico-buccinatori. In ambo i lati le linguette ossee posteriori sono a 5 mm. an- teriormente ed esternamente al foro spinoso. Le anteriori mancano completamente. Riscontrasi in questo cranio, ovoide, quasi completamente os-. sificata la sutura lombdoidea e la sagittale, a sinistra duplicità del- l’ orifizio condiloideo anteriore, fossette endofrontali sviluppate, orificio di Vesalio, canale osseo per la meningea media a sinistra, lamina quadrilatera bucherellata. Le apofisi stiloidi sono sviluppa- tissime, asimmetrici i fori laceri posteriori. Faccia. — L'orbita è in parte usurata nella porzione ante- riore della sua parete esterna. Il palato è divergente, leggero lemurinismo, gonion rivolti all'infuori. Alcuni denti caddero in vita. Osservazione 27.8 Cranio N. 114. — S. F., contadino, da Sa- lerno condannato ad anni 12, mesi 8 e giorni 20 per omicidio ‘e lesioni personali. Condotta in carcere buona. Morto nella casa pe- nale di Castelfranco in seguito a enterite di origine tubercolare. — 123 — Età anni 25; Statura m. 1,65; Apertura braccia m. 1,65; 3 Peso dell’encefalo gr. 1138; Peso. del cranio macerato gr. 460; Indice craniano 84,8: brachicefalo. Lato destro. — Accenno alla spina pterigoidea. Lato sinistro. — A 3 mm. anteriormente ed esternamente al foro piccolo rotondo noto l’inizio della ossificazione del legamento «di Hyrtl. Anteriormente manca la lamella corrispondente. In questo cranio, elissoidale, vanno notate le seguenti partico- larità: canale basilare mediano inferiore, tubercolo faringeo, su- tura xifo-parietale, due belle ossa wormiane a forma irregolarmente _ quadrilatera una a destra, l’altra a sinistra in rapporto della sutura fronto-etmoidale, tre orifizi orbitali interni da ambedue i lati, fossette endofrontali del Ledouble, orificio di Vesalio a destra, canale osseo completo per la meningea media d’ambo i lati, asimmetria dei fori laceri posteriori, apofisi stiloide di sinistra lunga 5 cm. di cui 2 appartengono alla porzione stilojale 3 alla epijale. L’apofisi stiloide di destra è spezzata. Faccia. — Notansi in ambo le parti le suture infraorbitale e longitùdinalis imperfecta; V apertura piriforme è antropina il pa- lato è divergente ed ha sutura palatina trasversa leggermente convessa in avanti. I gonion sono rovesciati all’ esterno. : Osservazione 28.* Cranio N. 118. — P. D., contadino, da Be- nevento condannato ad anni 7, mesi 7 e giorni 20 di reclusione per omicidio. Condotta in carcere buona. Morto nella casa pe- nale di Saliceta in seguito ad entero-peritonite tubercolare. Età anni 24; Statura m. 1,65; Apertura braccia m. 1,65; Peso dell'encefalo gr. 1215; Peso del cranio macerato gr. 650; Indice eraniano 74,9: dolicocefalo. Lato destro. — Spiccata è l’incisura del Civinini. Lato sinistro. — Quasi completa è l’ossificazione del lega- mento pterigo-spinoso. Esso è costituito in gran parte da un pro- lungamento che nasce 3 mm. anteriormente al foro piccolo rotondo. Non per questo noi non siamo autorizzati a ritenere tale pro- lungamento quale segmento posteriore ossificato del legamento cro- tafitico-buccinatorio, data la sua direzione ed il suo punto di ri- trovo rispetto al foro ovale. Notasi in questo cranio, con bella forma elissoidale, oltrechè la fossetta vermicolare, una depressione in rapporto al torcular Erophyli. Il ramo anteriore della meningea media passa, come in altri casi, sotto un vero e proprio canale osseo, i fori sopraorbitari distano circa 1 ecm. dal margine libero dell’arcata orbitaria; vi ha — 124 — presenza della sutura metopico-basilare; tanto a destra quanto a sinistra esistono tre condotti orbitari interni, la spina sfenoidale è molto sviluppata a destra, ed in questo lato stesso l’apofisi cli- noidea media si unisce coll’ anteriore formando così l’orifizio clino- carotideo; il foro lacero posteriore. di sinistra è diviso in due. Faccia. — Strette sono le fessure sfeno-mascellari @ l’ osso — malare non prende parte alla loro costituzione; l'apertura piri- forme è a clivo naso-alveolare, la fossa canina di destra è più profonda che non quella di sinistra. Il palato è divergente con sutura incisiva; la dentatura è discretamente buona. Osservazione 29.* Cranio N. 126. — A. G., falegname, da Man- tova condannato alla reclusione per 2 anni: correità in rapina. Condotta in carcere cattiva, Morto nella casa penale di Castel- . franco. Età anni 26; Statura m. 1,68; Apertura braccia m. 1,108 Peso dell'incaslo gr. 1155; Peso del cranio macerato gr. 640; Indice craniano 77,7: mesocefalo. i | Lato destro. — Completa ossificazione del legamento pterigo- spinoso. La lamina-pterigo spinosa di questo lato, costituita dalla fusione di due lamine l’una proveniente dalla spina sfenoidale, l’altra da un punto situato tra il piccolo rotondo e il foro ovale, è diretta dall’indietro all’avanti, ha una lunghezza di circa 8 mm. ed è larga 4. Verso l’innanzi detta lamina, in cui non si riscontra indizio di sutura, si bipartisce; il segmento superiore, si congiunge colla spina del Civinini, l’inferiore con quella del Brunn. Si ori- gina, così, in complesso, un orifizio superior-posteriore a contorno trasversale con diametro massimo antero posteriore di 4 mm.; un orifizio superiore, avente un diametro antero-posteriore di 5 mm., un orifizio anterior-inferiore circolare con un diametro di 1 mm. (II varietà a tipo composto del Tenchini). Lato sinistro. — Anche da questo lato vi è completa ossifi- cazione del legamento pterigo-spinoso. Trattasi di un caso per- fettamente identico a quello descritto sul lato di sinistra dell’ esem- plare 107. La lamina pterigo-spinosa, che in alto si continua col- l’orlo inferiore della parete mediale del foro ovale, ha una dire- zione obliqua dall’alto al basso e dall’indietro all’ avanti, è lunga 8 mm. larga 4. Neppure in questo lato notasi indizio di sutura. L’orifizio che ne risulta è ovalare; il suo diametro massimo mi- sura 7 e il minimo 3 mm. SICA) Fra le principali particolarità notai, in questo cranio, a forma ovoidale: marcata la protuberanza occipitale esterna, assenti i — 125 — fori condiloidei posteriori, una evidente fossetta cerebellare media, Mete il canale condiloideo anteriore di destra doppio; da questo lato il foro sopraorbitario. Nel segmento anteriore dell’ angolo supero- . mediale dell’ orbita di destra si vedono gli accenni di un inci- | piente ossificazione della troclea del m. grande obliquo, dati da | ‘una spina posterior superiore e da una esile cresta anterior in- . feriore. Si notano inoltre i processi antisfenoidei d’ambo le parti, a sinistra l’apofisi clinoidea media si unisce coll’anteriore for- mando l’orifizio clino-carotideo e vi ha un canale osseo completo «per il decorso della meningea media. La lamina quadrilatera è perforata, le apofisi clinoidee posteriori spiccatissime e la fossa giugulare di destra più ampia della sinistra. Faccia. — Alla formazione della fessura sfeno- mascellare non interviene il malare. L'apertura piriforme è antropina. Osservazione 30.2 Cranio N. 128. — P. M., facchino, da Ve- nosa (Potenza) condannato ad anni 10 di reclusione per omicidio | preterintenzionale. Condotta in carcere buona. Morto nella casa penale di Castelfranco in seguito a cistite di origine specifica. Età anni 21; Statura m. 1,70; Apertura braccia .m. 1,72; Peso dell’ encefalo gr. 1335; Peso del cranio macerato gr. 765; Indice eraniano 82,3: brachicefalo. i Lato destro, — Anteriormente ed esternamente al piccolo ro- tondo ho riscontrato, in questo esemplare, una spina della lun- ghezza di 5 mm. che si porta verso l’innanzi. Essa è l’ossifica- zione della parte sfenoidale del legamento di Hyrtl. Lato sinistro. — Da questo lato, la lamina pterigoidea fog- giata a triangolo, si dirige, coll’ angolo posteriore (spina del Ci- vinini) verso la spina sfenoidale che si trova allo stato di rudi- ‘mento, senza però unirsi ad essa. Non notai in questo cranio nulla d’interessante. La sua forma è di un elissoide non ben definito, piuttosto depresso alla volta. Faccia. — L'apertura piriforme è asimmetrica, antropina. Il palato è leggermente divergente, alcuni denti caddero in vita. Osservazione 31.2 Cranio N. 129 — B. G., contadino da Ceva (Cuneo) condannato a 23 anni, 3 mesi e 15 giorni per furti. Morto nella casa penale di Castelfranco per tubercolosi. Età 38 anni; Statura m. 1,60; Apertura delle braccia m. 1, 62; Peso dell'encefalo gr. 1440. Peso del cranio macerato gr. 615: Indice craniano 85,6: iperbrachicefalo. Lato destro. — È accennata l’ossificazione dh legamento pte- rigo-spinoso, ed è pure indicata in modo molto evidente la os- — 126 — sificazione del legamento crotafitico - buccinatorio. Il quale è rap- presentato da una spina, robusta, lunga 5 mm. e larga in media 2 che origina a 4 mm. anteriormente ed esternamente al foro spi- noso e si dirige all’innanzi. Lato sinistro. — Vi è completa GRAdazion del legamento pterigo-spinoso. La lamina pterigo-spinosa diretta dall’ alto in basso e dall’indietro all’avanti è lunga all'incirca 9 mm. larga 8. Qui - pure e’ è la sutura nel punto di unione tra la lamella sfenoidale e la pterigoidea. Sul contorno dell’orifizio che ne risulta, notasi la spina spuria del Civinini. Il maggior diametro del foro pterigo- spinoso, in senso verticale, è di mm. 10; il massimo trasversale è di 6. Anche questo esemplare rappresenta i I varietà a tipo sem- plice del Tenchini. Notai inoltre in questo cranio che ha forma cuboide: il ca- nale basilare mediano nell’ occipitale, nel parietale appena accen- nati i solchi temporo-parietali esterni e un canale completamente osseo d’ambo i lati per il passaggio della meningea media; nel. frontale evidente la fossetta del Ledouble, come pure la cresta frontale interna. L’ incisura sopraorbitaria di sinistra è convertita in foro. Non notai nel temporale lo pterion e nello sfenoide la lamina quadrilatera appare completamente bucherellata, manca la sutura sfeno-frontale, vi è il Riatus di Vesalio; la spina sfe- noidale è molto sviluppata a destra, mancano le suture ptero- frontale e ptero-parietale, le apofisi pterigoidee sono larghe e la fossa giugulare di destra è più sviluppata della sinistra. Faccia. — Le orbite sono piccole, a destra notasi la sutura. infraorbitale e la imperfecta, a sinistra solo quest’ ultima. Le fes- è antropina, la fossa canina è più marcata a sinistra. Il palato è divergente, alcuni denti caddero in vita. Osservazione 32.2 Cranio N. 130. — S. G., ebanista da Ca- tania condannato ad anni 11, mesi 4 e giorni 20 di. reclusione per omicidio. Morto nella casa penale di Castelfranco dell’ Emilia Età anni 77; Statura m. 1,68; Apertura delle braccia m. 1,70; Peso dell'encefalo gr. 1352; Peso del cranio macerato gr. 884; Indice craniano 75,6: mesocefalia. sure sfeno-mascellari sono strette; l’ apertura piriforme Lato destro. — Quasi completa l’ossificazione del legamento pterigo-spinoso. Lato sinistro. — Marcatissima l’ incisura del Civinini. Riscontrai inoltre in questo cranio a forma ovoidale: svilup- pata la protuberanza occipitale esterna, la sutura lambdoidea — 127 — scomparsa, un canale basilare mediano superiore. Nel parietale mancano i fori relativi, esiste il solco temporo- parietale esterno ed un canale completo per il passaggio del ramo anteriore della meningea media. L’incisura sopraorbitaria dell’os frontis di si- nistra è convertita in foro, la cresta frontale interna molto svilup- pata, evidente la fossetta endofrontale laterale del Ledouble, a sinistra vi ha un prolungamento interlacrimo-etmoidale. Le apofisi clinoidee anteriori si saldano colle posteriori dando luogo al foro interclinoideo comune (Gruber) o artero venoso (Calori); esistono le medie, non ho riscontrato la sutura sfeno-frontale, il tubercolo sfenoidale di sinistra si presenta molto sviluppato, l’apofisi pteri- goidea di destra larga. Nulla di notevole all’ esame del tempo- rale, solo completa ossificazione delle suture, quindi mancanza dello pterion. | Faccia. — Le orbite sono piccole, l'apertura piriforme è a clivo naso-alveolare,. il palato è convergente, la sutura palatina scomparsa, la dentatura in condizione discreta; robusta è la man- dibola. tri Osservazione 33.° Cranio N. 132. — L. B., macellaio, da Brescia condannato ad anni 3, mesi 9, giorni 15 di reclusione per furto qualificato. Morto nella casa penale di Saliceta per marasmo. Età anni 51; Statura m. 1,68; Apertura braccia m. 1,67; Peso dell’encefalo gr. 1362; Peso del cranio macerato gr. 490; Indice craniano 85,7: iperbrachicefalo. Lato destro. — Esternamente al foro piccolo rotondo e a 2 mm. all'incirca al davanti di esso staccasi una laminetta ossea lunga 3 mm. che si porta incontro ad un’ altra più esile situata sulla parte alta dell'ala esterna dell’apofisi pterigoidea. Trattasi di una incompleta ossificazione del legamento di Hyrtl. Lato sinistro. — Normale. Notai inoltre in questo cranio, asimmetrico senza forma cra- nica ben definita, solchi temporo-parietali esterni assai sviluppati, a sinistra un prolungamento interlacrimo-etmoidale, a destra evi- dente il processo antisfenoidale del frontale, pure da questo lato notasi una spina trocleare posterior superiore, sviluppata tanto da mettersi quasi in rapporto colla cresta anterior inferiore. Il caso, che per la sua rarità merita di essere descritto, sarà og- getto di uno studio per parte del Prof. Sperino. A sinistra esi- stono semplicemente accenni di spine. Sono inoltre sviluppate le apofisi clinoidee anteriori, a destra notasi un orifizio osseo com- pleto pel decorso della meningea media (ramo anteriore), a si- nistra la fossa giugulare è piu ampia che non a destra. — 128 — Faccia. — A sinistra notasi la sutura infraorbitale; le fessure sfeno-mascellari sono strette e il malare non interviene a costi- tuirle. L'apertura piriforme è antropina, il palato è largo e legger- mente divergente con sutura palatina trasversa alquanto convessa in avanti. L'apertura posteriore delle fosse nasali si presenta piut- tosto alta, i denti in parte caddero in vita, i due fori mentonieri sono uniti alla protuberanza mentoniera rispettivamente da un solco ben pronunciato. Le apofisi geni sviluppate. Osservazione 34.% Cranio N. 136. — G. G., ansia da Co- senza condannato ad anni 3 e mesi 9 di reclusione per furto qua- lificato. Condotta in carcere pessima. Morto nelle carceri giudi- ziarie di Modena in seguito a tubercolosi polmonare. i Età anni 27; Statura m. 1,69; Apertura braccia m. 1,71; Peso dell'encefalo gr. 1237; Peso del cranio macerato gr. 618; Indice craniense 74,9: dolicocefalo. r A destra. — Normale. A sinistra. — Pressochè completa ot del legamento del Civinini. Questo cranio è elissoide, bello, con occipite che si protende a sprone di nave, ha spiccata la protuberanza occipitale esterna, esiste il canale pel ramo anteriore della meningea media, vi ha unione della apofisi clinoidee medie colle anteriori (foro clino- carotideo ), ed esiste l’orifizio di Vesalio d’ambo i lati. Evidenti sono le fosse precondiloidee, le cristae musculares, il tuberculo faringeo, la fossetta faringea che si presenta al suo fondo cribrata. Faccia. — Notasi a destra tanto la sutura infraorbitale come la imperfecta. Pronunciate sono le fosse canine, il palato è leg- germente divergente, la mandibola presenta uno spiccato grado di lemurinismo, le apofisi geni sviluppatissime, la dentatura è buona. ° L'apertura piriforme è antropina. 1990 L TI I I I Ra I G 1 € L IE OGI ‘661 00I GG 66 al LOI FII 144 86 LG 140 I GI OI 8II | i/ Î G GG di "CIS a *S9p|'Uis a *SOp| eIISIMIS® | B1IS9P è |eMsIuIs | 8IISOp è ‘IJSIUIS| 8.13 S9p e ‘1sod «deje ‘que «ds| ‘a50d «ds | ‘180d ‘ds | ‘208 «ds | ue *ds | aqeiogetq i a]e9ge]run auids a|[ap V43]8 [[Bp 0 gun j]Ep €9ep ourds o] enpaque Ip o11ed 10d QUOIZBOIISSO Ip BId9BI] QUOIZBOgIsSO IP 81998191 BIRIJUOOSLI QUUSA IND UI TugIO IR 9juonagaedde c19UnN BIRITUOOSII QUUDA INO UI IUB49 Te oquouerIedde *wunN OI I G 6GL 961 LOT 06 GG Il SIGAGILALC] eJa[duroo 2uoIzEITgISSO ] BIBIZUOOSLI QUUIA IND UI rue 18 ozuougzaedde i OIQUNN *IJSIUIS | BIJSOP n SC ojg.Iagerun esso pe IUT9DIB 0 e9o|dutoo QUOIZBIYISSO uo9 IUBIO (Ot: (CASZOLO) UIVLO]T, 961 I]RuItI ESA IUBIO 19p. 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Come si può osservare dal contesto del lavoro e dagli spec- chietti riportati, i legamenti, il cui studio forma l'oggetto di questa nota, possono ossificarsi completamente |le linguette ossee si uni- scono allora, in tesi generale, con sutura a tipo dentato|, o in- completamente. Riscontrai ossificazione completa del legamento pterigo-spinoso in dieci esemplari nei quali una volta d’ambo i lati, 4 a destra e 5 a sinistra. La prevalenza dell’ossificazione a sinistra sta in accordo con quanto notò il Tenchini. Non vidi mai del tutto ossificato il legamento crotafitico- buc- cinatorio. La ossificazione incompleta del legamento pterigo- spinoso fu vista in venti esemplari in 4 dei quali (N.ri 1-22-107-129), dal lato opposto, era concomitante l’ossificazione completa dello stesso legamento. Coll’ esistenza di due spine l’ una anteriore, l’ altra poste- riore fu riscontrata 14 volte delle quali 7, in cui ambedue le spine si trovavano al lato di destra, 3 volte al lato sinistro, 4 volte bilaterali; coll’ esistenza dell'una .0 dell'altra spina 6 volte ed in queste, in 2 casi la spina era anteriore e a destra, in uno anteriore ma a sinistra, in un altro pur essendo a sinistra era posteriore: dei 2 restanti uno presentava la spina anteriore d’ambo i lati, nell’ altro, la spina, pur essendo d’ ambo le parti era localizzata posteriormente. i L’ossificazione incompleta del legamento crotafitico-buccina- torio venne riscontrata in quattordici esemplari. Più dettagliata- mente, colla esistenza di due spine, anteriore e posteriore, fu tro- vata 4 volte, di cui 3 volte le spine erano solo a destra, una a sinistra. (In quest’ ultimo esemplare, N. 83, le due spine erano così vicine fra loro da simulare una ossificazione completa del legamento cerotafitico-buccinatorio). Colla sola spina posteriore a destra 3 volte, 6 volte colla spina posteriore a sinistra, 2 volte colla spina posteriore d’ambo i lati. — 134 — Avverto poi che in questi quattordici esemplari 3 volte potei vedere, dal lato opposto, concomitante l’ossificazione totale del legamento pterigo-spinoso; e questo nei crani N." 70, 105, 129. Riassumendo, i crani in cui trovai o completa o incompleta l’ossificazione del legamento pterigo-spinoso sommano a 26, quelli in cui eravi ossificazione incompleta del legamento crotafitico-buc- cinatorio sono in tutto 14. i Risulta quindi che l’ ossificazione completa del legamento pterigo - spinoso fu trovata nei criminali, da me studiati, coll’ alta percentuale del 7,93. Percentuale che supera quella portata dal Ledouble nelle sue statistiche riassuntive, (4,53), e, benchè di poco, anche quella del Tenchini (quasi il 7). La incompleta ossificazione di questo stesso legamento venne riscontrata con una percentuale del 15,87; percentuale che è al- quanto minore di quella riportata dal Tenchini per il primo e il secondo grado di incompleta ossificazione da lui descritti ( 18,50). Il rarissimo foro crotafitico buccinatorio completo non mi venne dato di riscontrarlo mai. Ledouble porta una percentuale complessiva, desunta dalle ricerche dei vari autori, dell’ 1,24. Tale foro, incompleto, fu da me visto con una percentuale del- l' 11,11 assai superiore a quella del Tenchini, il quale su 262 crani potè 4 volte notarlo e a quella pure del Grosse che su 600 crani trovò o una o tutte e due le spine in 42 (7%) e dall’ esame di 400 altri riporta una percentuale del 5. L’ossificazione dei legamenti pterigo-spinoso e crotafitico-buc- cinatorio è carattere, se non costante, proprio ad alcuni animali inferiori, come diligenti ricerche del von Brunn e del Grosse hanno dimostrato negli antropidi, nelle scimmie inferiori e nelle princi- pali specie di mammiferi. soa Non è mio intendimento ritornare su ciò: piuttosto stimo op- portuno di rilevare alcuni fra i dati principali appartenenti a ciascun cranio che, a mio parere, possono mettersi in più o meno lontano rapporto colla ossificazione degli accennati legamenti. È sempre importante questo raffronto nello studio di una varietà o di una anomalia perchè ad essa si possa attribuire il suo giusto significato. 1.° Peso del teschio macerato. — Prendendo, come risulta da mie ricerche, per peso medio dei teschi, la cifra di 690 la quale è un po’ inferiore alla media seriale riportata dal Tenchini (700-750) — 135 — «è un po’superiore a quella del Mondio (658) trovo, che ne’ miei criminali, sui 26 crani in cui ho riscontrato la ossificazione completa od incompleta del legamento pterigo-spinvso, 10 sorpassano la media suddetta e 16 no. Dei 10 in cui fu trovata completa l’ ossiticazione 3 soli superavano la media e fra gli altri 7 che non la raggiun- gevano trova posto anche il cranio N. 126 in cui v’ era *completa ossificazione d’ambo i lati del legamento pterigo-spinoso. Per quanto riguarda poi il legamento crotafitico - buccinatorio sui 14 esemplari in cui l’ossificazione era parziale 9 avevano un peso minore a 690 e 5 un peso maggiore. Tali reperti mi autorizzano a pensare che, se l’ ossificazione dei legamenti accennati non è difficile a riscontrarsi in crani esu- beranti in sostanza ossea, e però più facile il notarla in crani piuttosto leggeri. Questo, almeno perciò che riguarda l’ ossificazione del legamento pterigo-spinoso, viene a confermare l’opinione di ‘ illustri anatomici quali il Giacomini ed il Tenchini. 2.0 Indice craniano. — I crani esaminati, avuto riguardo al- l’indice craniano, sono così ripartiti: iperbrachicefali 10, brachi- cefali 9, mesocefali 9, dolicocefali 6. I 26 crani in cui riscontrai completa od incompleta l’ossifi- _ cazione del legamento pterigo-spinoso erano così divisi: 7 iper- brachicefali, 9 brachicefali, 6 mesocefali, 4 dolicocefali. Il foro pterigo-spinoso, completo, fu riscontrato in 5 iperbra- chicefali, 1 brachicefalo, 3 mesocefali, 1 dolicocefalo. L’ossificazione d’ambo i lati, N. 126, fu rinvenuta in uno dei tre mesocefali. Gli.accenni all’ossificazione del legamento crotafitico-buccina- torio erano in 5 iperbrachicefali, 2 brachicefali, 4 mesocefali e 3 dolicocefali e la quasi completa ossificazione di questo legamento, N. 83, trovavasi fra i crani iperbrachicefali. Se si tien conto di ciò, che la maggior parte dei delinquenti che ci giungono appartiene alle regioni meridionali dove predo- mina il tipo dolicocefalico, appare manifesto che l’ossificazione dei legamenti studiati interessi più specialmente il tipo cranico breve che non l’opposto. E anche ciò a conferma di quanto conclude il Tenchini ri- guardo al foro pterigo-spinoso, e di quanto egli stesso ha notato pel foro crotafitico-buccinatorio. Ad altre circostanze collaterali, non meno interessanti, ho cre- duto opportuno rivolgere la mia attenzione. Ho voluto vedere; cioè, se, unitamente al fatto anomalo studiato ne esistevano altri la cui causa dovesse ricercarsi in un abnorme attività ossificante. Così presi primieramente in esame: — 136 — 3.0 I processi clinoidei: E in appoggio a quanto ha previsto e dimostrato il Tenchini affermo che l’ ossificazione parziale o totale del legamento clino-clinoideo (Sapolini) e del legamento carotideo (Sapolini), per cui ne consegue uno svilunpo più o meno forte delle diverse apofisi elinoidee, è un fatto molto fre= quente a'riscontrarsi nei casi in cui i legamenti pterigo-spinoso e — aggiungo io — crotafitico-buccinatorîo sono completamente o no ossificati. Nei 34 crani descritti ho trovato, infatti, processi clinoidei eccessivamente sviluppati 3 volte, (nei crani N. 10 e N. 132 erano più sviluppati gli anteriori, nel cranio N. 12 avevano il sopravvento i posteriori ). Il cranio 4 presentava un accenno di apofisi clinoidea posteriore intermediaria. L’ apofisi clinoidea anteriore si univa alla. posteriore nel cranio N. 130. L’apofisi clinoidea media libera fu trovata 5 volte (a destra una volta nel cranio N. 38 una volta a sinistra nel cranio N. 108; tre d’ambo i lati nei crani portanti i N.” 45-63-1130). Vidi l’ apo- fisi clinoidea media saldata coll’ anteriore 6 volte (due volte a destra nei crani N. 100, e N. 118; due a sinistra nei crani N. 4 e N. 126, due d’ ambo i lati nei crani N. 83 e N. 136). L' apofisi clinoidea media saldata colle anteriori e colle posteriori ad un tempo due volte, d’ ambo i lati nei crani aventi i N. 44 e 93. 4.° Troclea del grande obliquo dell'occhio. — Anche della. modalità di ossificazione della troclea del muscolo grande obliquo dell’ occhio m' interessai, ma le ricerche dirette in questo senso non mi danno diritto a trarre conclusioni affermative per lo studio delle consociazioni a meno che non si voglia attribuire un valore ai crani N. 126 e N. 132 descritti, nel primo dei quali come s° è detto, concomitante all’ ossificazione bilaterale del legamento pte-. rigo-spinoso, si notavano spine trocleari ben manifeste. 5.° Canale osseo per la meningea media. — Mi sembra, in- vece, doversi tener conto di un’ ultima circostanza collaterale, della presenza, cioè, di un canale osseo più o meno completo per il decorso della meningea media. Ho visto che tale formazione si consocia assai di frequente alla ossificazione totale o parziale dei legamenti pterigo-spinoso e crotafitico-buccinatorio. Nei crani stu- diati, infatti, il canale osseo per il tronco principale di questa ar- teria fu visto in più della metà dei casi. Specificatamente: 7 volte a sinistra, 2 a destra, 9 d’ ambo i lati. Si noti inoltre che in è casi i] solco trasformato in canale coincideva colla presenza del legamento pterigo-spinoso ossificato totalmente da una parte o d’ ambedue. — 137 — LETTERATURA Civinini, Nuovo Jornale dei litterati, Pisa 1835 e Archivio di scienze medico-fisiche toscane, 1837. FaeseBECk, Die nerven des menschlichen Kopfes — Braunschweig, 1840. TuerLe, Traité de myologie et d° angéologie, Paris 1843. GruseRr, Bullettin de la classe phys, mathem. de V Accadémie de Science de Saint-Péter sbourg, 1850. HyrtL, Comptes rend de Vl Académie de Vienne, 1862. Zoya, Il gabinetto di anatomia normale della R. 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Prostomio simile a quello dell’A. caliginosa, intaccante per !/, il 1.° segmento. Primo poro dorsale all’ silforsebnaehto 8-9. Setole geminate, le ventrali meno strettamente delle dotati: Clitello occupante i segmenti (27-32) =6 (e forse talora esteso anche sul 26 che nell’ esemplare da me osservato era già | un po’ ghiandolare), i segmenti son fusi senza traccie di inter- segmenti o di pori dorsali. (1) Atti Soc. Nat. Modena, Ser. IV, Vol. V, 1903, (2) Ibid. Ser, IV, Vol. VII, 1905. 22F199052 Tubercula pubertatis sui segmenti 30 e 31 formanti da ciascun lato un rilievo continuo simile ad un biscotto, con margini opachi e parte mediana pellucida. Aperture maschili al 15.° segmento in forma di fessure tra- _sverse con labbra rigonfie che si estendono un poco sui segmenti l4e 16. Papille in forma di larghi cuscinetti poco sviluppati portano le setole ventrali dei segmenti 9, 10, 11 e quelle dei segmenti 30 e 31 (fra i tubercula pubertatis). Caratteri interni. I dissepimenti anteriori, dal 6-7 al 10-11 inclusivi sono piut- tosto spessi. Le ghiandole salivari giungono solo sin nel 5.° segmento. Le ghiandole di Morren al segmento 10.° si rigonfiano in due tasche laterali (diverticoli di Perrier). Lo stomaco ed il ventriglio oc- cupano rispettivamente i segmenti 15-16 e 17-18. Il primo tratto dell’ intestino (segmenti 19-25) si distingue come intestino sac- culato più ampio dalla susseguente regione. I cuori moniliformi stanno in 6 paia nei segmenti 6, 7, 8, 9, 10, 11; i vasi intestino-tegumentali partono dal vaso dorsale nel 12.° segmento. I testes ed i padiglioni sono liberi nei segmenti 10 e 11; 4 paia di vescicole seminali piccole, subeguali si trovano nei segmenti 9, 10, 11, 12; gli ovarî e i padiglioni degli ovidotti stanno come al solito nel 13.° segmento ed i receptacula ovorum nel 14.°. Le due paia di spermateche stanno nei segmenti 10 e 11 e si aprono agli intersegmenti 9-10 e 10-11 in direzione. delle setole dorsali. Questa specie è vicinissima alla comune Allolobophora caligi- nosa (Sav.) che presso a Modena si presenta solo nella var. trape- zoîdes. Se ne distingue facilmente per avere i tubercula puber- | tatis occupanti solo i segmenti 30 e 31 mentre in quest’ ultima essi si estendono ‘sui segmenti 31, 32, 33 e per avere un clitello che posteriormente giunge solo all’ intersegmento 32-33 mentre nella prima esso giunge al 34-35 o 35-36. 10 A. FERRETTI DOTTORE IN VETERINARIA E ASSISTENTE ONORARIO UN CONTATORE E INDICATORE DEL RESPIRO (PNEUMO- ARITMOSCUPIO ) applicabile all'uomo e agli animali (*) (Con due disegni) (Nota presentata alla seduta: del 13 Febbraio). Ho congegnato questo strumentino, esortato dal Prof. Patrizi che desiderava giovarsene in alcune sue indagini sul respiro del- l’uomo durante la parola; e anche nella previsione che potesse trovare impiego negli studi miei di Patologia e Clinica zooiatrica. Il pneumo-aritmoscopio è un piccolo apparecchio che, come è sintetizzato nella denominazione, serve a render visibili, a con- tare, e a misurare i moti respiratorî del torace o dell’ addome; ingrandendo con una leva il movimento, ne fa cogliere più di- stintamente la forma; ein due appositi sistemi di quadranti tien conto dell’ ampiezza e della frequenza della respirazione. Lo strumento si adatta così all’ uomo come: ad alcuni mam- miferi domestici. Esso è composto di una parte accessoria, il Rata fissatore, e di una parte principale, il corpo. Il primo consiste in una lamina metallica generalmente ro- tonda che porta alla.sua periferia dei fori che servono per fissarla al torace o all’ addome: nell'uomo per mezzo dei bottoni. degli abiti, negli animali mediante una fascia elastica. Il corpo dell’ apparecchio — che va fissato al centro del piatto fissatore per mezzo della staffa B — è un castello d' in- granaggi (V. fig. I o II) formato da due lamine metalliche fra di loro parallele distanti circa un centimetro l’ una dall’ altra. In una d’ esse stanno segnati due sistemi di quadranti; al centro (*#) Comunicazione alla Società dei naturalisti e matematici di Mo- dena, nella Seduta del 17 febbraio 1906. — 141 — d’ogni quadrante è un piccolo foro ed altri fori corrispondenti sono nell’ altra lamina che servono per i perni delle ruote dentate. I primi due quadranti sono divisi in 100 parti, gli altri quattro in 10;Fogni quadrante porta un indice. Il castello è imperniato Fig. I. — Pneumo-aritmoscopio Ferretti. (Modello — grandezza naturale — che serve contemporaneamente per contare i respiri e misurarne l’ ampiezza). nella staffa B e porta alla sinistra di chi lo guarda, un occhiello al quale va fissata la catenella che gira intorno al torace o all’ ad- dome. Imperniato nella stessa staffa è pure l'arco DEF che porta a sua volta un occhiello simmetrico per forma e posizione al- l’altro, ed al quale s' aggancia l’ estremità della catenella. Questo arco — quando l'apparecchio non è in uso — sta chiuso contro al castello per mezzo di una molla che ve lo tiene aderente; tirando in senso opposto i due occhielli, tanto il castello che l’ arco si muovono simmetricamente dalla loro posizione primitiva, per ri- tornarvi quando cessa lo stiramento; è per questo semplice mo- . vimento che l’ apparecchio funziona. & Fig. II. — Pneumo-aritmoscopio Ferretti. (Modello — grandezza naturale — che funziona soltanto da contatore del respiro), Forma o figura del respiro. — Fisso al castello, nella sua parte mediana e superiore, sta un ‘perno verticale NO intorno al quale può girare un piccolo rocchetto dentato A che ingrana per mezzo di denti coll’ arco suddetto e che porta un lungo e leggero indice o segnale NS. Così i movimenti del torace o dell’ addome si ri-. producono ‘per mezzo della catenella nell’ apparecchio che li fa vedere all’ osservatore, mediante l’indice, ingranditi di molto. È — 143 — così che si scorgono certe particolari variazioni di movimento delle pareti toraciche, che coll’ osservazione diretta passerebbero inav- vertite e che ci servono di guida alla diagnosi di certe affezioni del respiro sia nell’ uomo che negli animali. Questo per la forma. Frequenza del respiro. — Com'è noto, questa consiste nel nu- mero di respirazioni avvenute in un determinato tempo. Ordina- riamente, anzi sempre, questo tempo è il minuto primo, e si dice : quest’ uomo o quest’ animale ha 15-20-25 respirazioni. Si capisce però facilmente come questi dati non diano un'idea rigorosa della frequenza, giacchè si può dare benissimo il caso che nell’ animale in osservazione le respirazioni siano al massimo o al minimo della loro frequenza. D’ altra parte si comprende anche come il contare per un’ ora o parecchie ore le respirazioni di un animale sia una cosa fastidiosa e un perditempo enorme. Per queste ragioni ho fatto in modo che il mio apparecchio possa registrare fino a 10,000 respirazioni; e solo sperimentando su un numero grande si potrà avere una media precisa della frequenza respiratoria. A tal’ uopo sull'arco DE scorre un manicotto P (fig. I) che porta la molla &; questa si sposta a tutte le respirazioni sempre allo stesso modo, siano esse respirazioni molto o poco ampie. La molla muove di un dente ad ogni respirazione una ruota 7 munita di 100 denti che comunica all’esterno dell’ apparecchio coll’ indice del quadrante diviso in 100 parti; ad ognuna di queste parti corrisponderà dunque una respirazione. Quando la ruota 7° ha compiuto l’intero giro di 360°, l'indice del quadrante sottostante ha fatto — per mezzo di un apposito ingranaggio — un decimo di giro e segna 1 sul quadrante, cioè un centinaio di respira- zioni; così per due, per tre, finchè, compiuto il suo giro, l’ indice del terzo quadrante segna 1, cioè un migliaio di respirazioni; e così sino a 10 migliaia, nel qual momento tutti tre gli indici si troveranno a zero nella loro primitiva posizione, pronti per rico- minciare il giro. Supponiamo che l'apparecchio sia stato appli- cato: all’ animale per 5 ore e che l'indice del primo quadrante segni, p. es., 76, quello del secondo 2, e quello del terzo 4; ciò è naturalmente come dire che l’animale in osservazione ha com- piute 4276 respirazioni; riducendo le ore in minuti e dividendo le 2476 respirazioni per i 300 minuti si ottiene 12,25 cioè dedici respirazioni e un quarto per ogni minuto primo: una media estratta da grandi cifre, secondo che è imposto dalle razionali de- terminazioni statistiche. — 144 — Be Ampiezza. — Essa indica di quanto si dilata e si restringe il . È torace nelle respirazioni. Si capisce quindi facilmente come da |. essa sì ottengano dei dati utili per la fisiologia e patologia del respiro; da essa cioè possiamo apprendere, con una certa appros- simazione, ‘la quantità d’aria di respirazione. Ecco come ne av- viene la registrazione nei tre quadranti (Vegg. fig. I). L'arco DEF ingrana colla ruota V che ne segue per ciò i movimenti di va e vieni. Per mezzo della molla v ad ogni re- spirazione essa muove la ruota Z che comunica all’ esterno col- l'indice del relativo quadrante. Questo è diviso, come già dissi, in 100 parti, ed ogni parte è un millimetro d’ ampiezza di respi- razione. Pel resto le cose sono disposte come nella frequenza. Così, se il primo quadrante segna, per es., 35, il secondo 4, il terzo 8, vorrà dire che l’ ampiezza totale risultante dalle 4276 re- spirazioni segnate dall’ apparecchio è di 8435 millimetri. Dividendo l’ ampiezza totale mm. 8485 per 2476 Tepizon si ottengono mm. 3,41 d’ ampiezza media. Per applicare il pneumo-aritmoscopio all’ uomo in piedi, se- duto o coricato, si attacca un gancio ad un occhiello dell’ abito sul petto o sull’addome; vi si appende il piatto e su questo si fissa l'apparecchio. Poscia si gira la catenella attorno al torace o all’ ad- dome e se ne agganciano i capi ai due occhielli dell’ apparecchio in modo che abbia una leggera tensione e l’ apparecchio sia un po’ aperto; si fissa l’indice lungo e leggero al pernio NO come pure si rimettono a zero gli indici di tutti i quadranti, notando contemporaneamente le ore e i minuti segnati dall’ orologio. Così l’esperienza è cominciata e può durare per parecchie ore od anche una notte intera. Per le osservazioni sull’ uomo, non sarebbe neppure indi- spensabile il piatto fissatore: il corpo del pneumo-aritmoscopio, agganciato naturalmente alla catenella che circonda il torso, può adagiarsi sulla superficie sternale del soggetto d'esperienza e vo- lendo, esser tenuto nascosto sotto la giacca abbottonata. Al cavallo od agli altri animali, il pneumo-aritmoscopio si applica col piatto fissatore nel modo anzidescritto, colla differenza che per fermare il piatto fissatore si usa una fascia elastica gi- rante attorno al torace o all'addome e che s’ aggancia al pupe stesso negli appositi fori. l INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO VOLUME Albo Sociale ( Anno 1905 — XL della Società) . . . . . pag. m Statuto della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena » vi Patrizi M. L. — L'impiego del guanto volumetrico - Patrizi nella Fisiologia, nella Psicologia Normale e Patologica e nell'esame medico-legale (con 20 figure). . . . . >» 1 Borrororti E. — Sulle funzioni sempre crescenti . . . . . >» 33 PANTANELLI D. — Ancora su i resti di Ptychodus nell’ Apen- nino Emiliano . . . SEO RO LR al SER 36 Rosa D. — L’Allolobophora lg UESPri in 38 BortoLorti E. — Le leggi della Ergografia. . . ../..» 40 BarzieRI A. — Alcuni teoremi sulle funzioni di variabile reale » 48 Cesari L. —- Esperienze preliminari circa l’ influenza dell’ elet- tricità atmosferica sulla vita animale (con una figura ) » 61 BentIvoLio T. — Contribuzione allo studio dei Pseudoneu- uagieridelyiMantovanon lele ee 64 Isser R. — Un Enchitreide ad Ampolla spermatecale unica (Fridericia Gamotheca n. sp.) (con una figura . . . >» 77 BentIvoeLio T. — Libellulidi di Reggio-Emilia... .. >» 80 ZanrRognINI C. — Note lichenologiche — I. Sul collema El. veloideum degli autori . . ./. .../% 0... . >» 84 | Borrororti E. — Sugli ordini di infinito delle funzioni reali. » 93 BaLri R. — Intorno al foramen pterigo-spinosum (Civinini) i ed al porus crotafitico-buccinatorius ( Hyrtl } nei criminali (con UM ASULA Ia : 2100 Rosa D. — Descrizione dell’ AUTO Caginii _ eli specie di lombrico del Modenese. . . . aos + FerRETTI A. — Uu contatore e indicatore del respiro (Paese aritmoscopio ) applicabile all’ uomo e agli animali (con DUE SUONA O O RE IA ID RARA pa sco 4 Mei Mt a POR Re TI} ddl IRR on De ta, de E MATEMATICI DI MODENA serie IV - Vol. VIII - Anno XXXIX. o a 1906 (05 D° MODENA COI TIPI DI G. T. VINCENZI K NIPOTI Librai-Editori sotto il Portico del Collegio 1907. ALBO SOCIALE (Anno 1906 — XLI della Società) ELENCO DELLE CARICHE Presidente DE-TONI prof. GIOVANNI BATTISTA Vicepresidenti SPERINO prof. cav. GIusePPE . Dronisi prof. AntonIO Segretario BARBIERI dott. ARMANDO Cassiere Namras dott. Isacco Archivista PicagnLia prof, LuIer Consiglio di redazione degli Atti IL PRESIDENTE I VICEPRESIDENTI ParrIZzI prof. Mariano Luigi Cuerni prof, cav. Gino PANTANELLI prof. cav. uff. Dante Amatpi prof. Ugo Bonacini prof, Carlo wi In a ELENCO DEI SOCI Amaldi prof. Ugo Balli dott. Ruggero Barbieri dott. Armando Bertacchini prof. Pietro Bignotti dott. Gaetano Bonacini prof. Carlo Cesari dott. Luigi Coggi prof. Alessandro Cugini prof. cav. Gino Daccomo prof. cav. Gerolamo De- Toni prof‘Gio.*Batta Dionisi prof. Antonio» Ferretti dott. Adriano Focacci prof. Maurizio Forti dott. cav: Achille Generali prof. comm. Giovanni Lucchi Carlorsn:s. rar Macchiati prof. cav. Luigi Maggiora prof. cav. Arnaldo Menafoglio march. sen. comm. Paolo Namias' dott. Isacco mi. | Nicoli prof. cav. uff. Francesco Pantanelli prof: -cav. uff. Dante Patrizi prof. Mariano Luigi Picaglia prof. Luigi © Rangoni march. dott. Giuseppe Sacerdoti dott. còom'm.*Giacomo Sandonnini Geminiano Sperino prof. cav. Giuseppe Tardini Luigi Lorenzo Tognoli dott. Edgardo Tonelli Giuseppe Zanfrognini dott. Carlo Istituto di Botanica, Modena » di Mineralogia, Modena » di Zool., An. e Fis, comp., Modena Bortolotti prof. Ettore SOCI CORRISPONDENTI ga | (art. transitorio del Regol. ) ne 4 + Blaivoglio prof. io —_ Reggio. -E. Della Valle prof. Antonio — Napoli Fiori prof. Adriano — Vallombrosa ‘ Fiori prof. Andrea — | Bologna | Monticelli prof. Fr. S. — Napoli — - Porta prof. Antonio — Camerino Statuti ing. cav. Augusto _ Roma — Istituto FScioR: —_ Roma i G. FRANCHINI LAUREANDO IN MEDICINA L'ECCITABILITÀ PRENICO-DIAFRAMMATICA DURANTE LA SOSPENSIONE RESPIRATORIA DI TRAUBE (*) NOTA PREVENTIVA (con 4 figure) Il Direttore del Laboratorio, Prof. Patrizi, che mi esortò e mi guidò a queste ricerche, avea presentato, sin da quando era assistente del Prof. Mosso, all’ Accademia Medica di Torino (2 Marzo 1894) il lavoro: « Sull’ addizione e l’ elisione tra incitamenti na- turali e artificiali nei movimenti del diaframma ». Detto lavoro fu poco dopo comunicato — e corredato da dimostrazione speri- mentale — al Congresso Medico Internazionale di Roma (seduta del 4 aprile 1894) (1). Alla memoria toccò sin da allora la fortuna di non passare inosservata, di provocare una domanda di schiarimento da parte del Prof. Kronecker e una cortese obbiezione del Prof. Rosenthal, il cui nome, come è noto, va congiunto con una teoria sul mec- canismo nervoso della respirazione. In anno molto piu vicino (1902) il chiaro Prof. H. E. Hering di Praga rendeva conto di esperienze, condotte nell’anno 1897, per verificare i risultati del Prof. Patrizi; e li interpretava in (*) Comunicazione alla Società dei Naturalisti e Matematici di Mo- dena, il 13 febbraio 1906. | (1) Vegg. Atti del Congresso, Vol. II, pagg. 77 e 230 e Archives italiennes de Biologie. Vol XXV, 1. I maniera diversa dal Prof Patrizi e ‘diversa ancora dalla critica del Rosenthal (1). La parte di ricerche che, nel lavoro del Patrizi, fu oggetto di discussione, è designata da questi periodi: « Les mouvements respiratoires sur lesquels nous avons étudié la superposition de l incitation artificielle sont consideres comme normalement régles par les excitations afférentes transmises par les pneumogastriques intacts. J ai fait des recherches ulterieures pour voir quel reésultat donnerait l’ irritation des phréniques lorsque, sur les muscles re- spiratoîres, se réflechirait non plus les courants centripétes mon- tant des terminaisons de la dixiéme paire, mais une emcitation électrigque appliquée, à vagues sectionnes, sur les moignons cen- traux de ceue-ci..... Le chien endormi respire avec le type de la respiration qui suit la double vagotomie, tandis que, avec la fréquence de 5 excitations à la seconde, les deux phréniques sont excités. Lorsque survient l’ irritation des moignons centraua des vagues, la respiration s' arréte (Traube); mais outre cela, les réactions motrices du muscle aux irritations artificielles cessent également ..... Une fois éliminé le soupgon qu’ il s’ agisse ici d’ une impos- sibilité mécanique du diaphragme à réagir aux excitations, tandis qu’ on excite les vagues, il convient de croire à une inhibition réflere. ..... Les faits qui sont résultés des experiences décrites, pourraient nous ramener à .la doctrine de l’ inhibition par interference, et conseiller 1 hypothèse que le courant électrique, lequel monte par les vagues avec fonction d’ arrét, ne s’ arréte pas dans les centres de la-respiration, mais se reverse au dehors, le long des voiîes centrifuges, et se recontre aves l onde d’ excitation periphérique engendrée artificiellement dans les phreniques >. Il Rosenthal spiegava con la propria dottrina del meccanismo respiratorio l’effetto ottenuto dal Patrizi: supponeva perciò che (durante l'arresto respiratorio per: incitazione dei monconi cen- trali del vago) il diaframma dovesse reagire più difficilmente . (1) H. E. Herino. Die intracentralen Hemmungsvorginge in ihrer Br zur Skelettmuskulatur. (Separat-Abdruck aus « OI der Physiologie ». Erster Iahrgang. s. 523-24). Veggasi anche riprodotta la critica del Hering in BerHE, Allgemeine Anatomie und Physiologie des Nervensystem, pag. 383. Leipzig, Thieme 1903. | Ai AS all’ irritazione indiretta applicata sul frenico, non per un fenomeno schietto di inibizione, ma per lo stato convulsivo in cui quello si trova durante una stimolazione energica del vago. La risposta al Rosenthal era contenuta nel fatto che la contrattura del diaframma nella esperienza di Traube è assai incostante (P. Bert) massime poi negli animali cloralizzati ( Wagner, Frédéricq, Henrijan etc.) come quelli su cui fece indagini il Patrizi. i Il Prof. Hering con sicurezza dichiara che nell’ esperimento del Patrizi le scosse artificiali del diaframma scemavano o scom- parivano durante la stimolazione del vago, unicamente per ciò . che i muscoli espiratori, quelli dell’ addome, simultaneamente ec- | citati per via riflessa, si opponevano materialmente al libero esplicarsi delle contrazioni semplici del diaframma, destate dalla corrente sul frenico. Basta — scrive il Prof. Hering — fare una acconcia pressione sull’ addome, ossia imitare artificialmente l’ a- zione della espirazione attiva, per impicciolire o cancellare del tutto, in ogni tempo, le scosse diaframmatiche. Forse basterebbe replicare all’ Hering che le sue esperienze su conigli non addormentati, colla registrazione della respirazione per via tracheale, non riproducono esattamente le condizioni delle ricerche che erano oggetto di controllo. In queste si trattava di cani iniettati con forti dosi di cloralio; e il sospettato intervento meccanico dei muscoli espiratorii era tenuto lontano dalla larga breccia addominale, attraverso cui passava e oscillava liberamente l'asta del frenografo. Ad eliminare l'argomento della sopravve- nienza degli espiratori addominali, anche potrebbero citarsi i molti casi (1) nei quali tutte le volte che l’animale cessa di respirare | per irritazione dei vaghi, si ha la completa immobilità del corpo. Pur convinto della bontà di queste ragioni, non ho creduto superfluo ricorrere a nuovi fatti per la risoluzione della contro- versia: e, dai primi di dicembre a ieri, ho ripetuto su parecchi cani le esperienze del Patrizi, le quali oggi non enumero minu- tamente, ma riassumo nei pochi tratti principali e ne’ documenti grafici che mi parrebbe dovessero far tacere ogni dubbio. E pro- seguirò ancora nelle ricerche. La tecnica delle esperienze è, salvo lievi modificazioni, quella . già adottata dal Patrizi. i Invece di eccitare simultaneamente ambedue i vaghi e am- bedue i frenici, come egli faceva la maggior parte delle volte, io (1) P. Bert, La respiration, pag. 471. Paris 1870, Bailliére, ES pic per lo più ho stimolato un sol vago e un-sol frenico. In luogo dell’ interruttore di Kronecker per graduare le scosse semplici (4-6 al 1") da trasmettere per il frenico al diaframma, mi son servito di un interruttore di Foucault, le cui oscillazioni crescono in numero proporzionale alla intensità della corrente, entro un circuito naturalmente isolato da quelli disposti per la stimolazione dei nervi. Presento nella figura I uno schizzo del frenografo, che ho adoperato io e che rion differisce da quello già usato dal Patrizi. Fig. I. — Frenografo. per i soli movimenti attivi del diaframma. (Delle 2 estremità libere a sinistra, l’inferiore pizzica il dia- framma, e la superiore stringe, presso lo sterno, il bordo del- l’ultima costola). Risulta di un comune fermacravatte, saldato alla cima di uno stilo metallico, di cui l’ altra estremità si infigge nel cono di su- ghero incollato sulla tela elastica di un tamburello trasmissore. Il gambo di questo è sorretto da un bastoncino contorto di piombo, solidamente fissato al braccio di una lunga tenaglia chirurgica. Il fermacravatte, come una specie di pinza miografica, introdotto per la larga apertura nella linea alba, morde la volta muscolare o tendinea del diaframma; gli estremi della tenaglia, dei quali uno penetra nella ferita addominale, abbrancano in prossimità dell’ appendice xifoide sternale il bordo mobile delle costole; e la flessibilità della congiunzione di piombo ira 1’ asta scorrevole Ficagit (RL miografica e l'apparecchio fissatore, dà modo di mettere acconcia- mente in rapporto l una con l’altro. Il tutto è sospeso alla funi- cella pendente da un sostegno. È evidente che con siffatta disposizione, il frenografo registra solo i movimenti attivi del diaframma, non quelli passivi che fossero eventualmente dovuti agli spostamenti concomitanti delle ali toraciche. Ecco, dopo ciò, qualche documento sperimentale. La fig. II contiene tre prove, a pochi minuti di distanza l’una dall'altra, nello stesso cane (22 dicembre ) cloralizzato pro- fondamente. Il nervo frenico sinistro veniva eccitato costantemente con debole corrente e con una frequenza di scosse di 5 al m”; e il moncone centrale del vago del medesimo lato con corrente teta- nica (ritmo comune della slitta Du Bois-Reymond) di intensità crescente, come è segnato nel tracciato stesso, e per lo spazio di tempo limitato dalle lettere greche a-w. Come si vede, (riga 1) con l’ eccitamento del vago della forza 15 è avvenuta una lunga sospensione del movimento naturale del respiro; ma l’ altezza delle scosse diaframmatiche artificiali non è punto scemata durante l’ir- ritazione del pneumogastrico. Se oggidi non è troppo tardivo il confutare ancora la dottrina di Rosenthal e di altri, la grafica dimostra che il diaframma si trova, durante l’ eccitazione del vago e l’arresto del respiro, in tutt’ altra condizione che quella di convulsione o di contrazione sia pur moderata. Esso risponde agli stimoli elettrici applicati sul frenico con reazione identica a quella che rendeva avanti all’ ec- citazione del vago. La linea della pausa del respiro, che discende un po da «-w, farebbe pensare al prevalere — talvolta — del- l’effetto espiratorio della irritazione del vago nei cani narcotiz- zati (Frédérieq ete.): comunque, l’altezza costante delle scosse artificiali durante tal fase, assicura che quell’effetto non è tale da mascherare meccanicamente in qualche modo il libero manifestarsi della contrattilità diaframmatica. Nelle linee 2 e 3 del tracciato, rinforzando la corrente sul vago e mantenendo immutata quella sul frenico, due distinti eventi si offrono all’ attenzione: 1.°) la sospensione respiratoria dura più a lungo, cosa che agevolmente si spiega con la cresciuta intensità dello stimolo; 2.°) le reazioni del diaframma agli incitamenti artificiali sono, durante l’ irrita- zione pneumogastrica, diminuite di molto e quasi scomparse. Qui non parrebbe il caso di dubitare delle complicazioni di effetti in- spiratori ( Rosenthal) o espiratori (Frédéricq) della corrente cen- ripeta sul vago; il diaframma si è serbato immobile nella pausa *(É/1 tp 0990prT 9 09B190849 TT) *tpuooos Iqnurui tp Iquinb ur odweg *L ‘OdBA QUOIZE]OWI13S BqRINP M-0 ‘038109819 ns @ITOA IUSO BYBUTOS 9 OSBA [MS OUOIZBFIOIO BZIO] BIT *,,I Te G gnvonog otqoooredde ;[[9p IuorznII9ZU] ‘(ga g) co ® (TI) FI :001u913 [op 07uswe91998 10d (‘YWY() 19709001 ezuegsig TITARATTATTATATTTATTÀ i MILLCEC(CCCC i Ti VOTA 0'F Pia RA Morgia CRV o P FL Ma, i PNRA AAIARANANAAAA LA PATO b SH (o°T 011907 T8P) 009°8 ‘3y os0d ‘oreu ou89 ‘G06/ 9IquIevI( 23 [9p ezuerIiedsg — ‘II ‘817 ne ibitore, e in quella pos 101 dove lo ha colto lo stimolo respiratoria, fino al comparire i come dopo questo, tl rimasto, così avan è zione. della nuova respirazione. SS ef Il sonno profondo dell’ animale, la quiete completa di tutto il corpo, il nessun sussulto osservato sulle pareti addominali durante l’eccitamento del vago mettevano fuori di discussione l’ irradiazione del riflesso agli espiratori addominali. Che questi possano, secondo il trovato del prof. Hering, impedire meccanicamente — in un ani- male a ventre aperto — le oscillazioni del diaframma; è un’ opinione . che a priori lascia perplessi. Ma, ammettiamo per un istante che nel risultato della nostra esperienza sia intervenuta l’azione degli ‘espiratori; resterebbe sempre da chiarire il perchè questi avreb- bero influito, diminuendola, nell’ altezza delle scosse artificiali del diaframma e non avrebbero alterato per nulla la linea del respiro . (pausa) tracciata dal diaframma stesso. Abbiamo in queste esperienze la dimostrazione che uno sti- molo di una certa intensità, immesso nel moncone centrale del vago, può agire sulla corrente naturale del respiro, sospendendola, ma non agire sull’ altra corrente artificiale applicata al principal nervo motore respiratorio: che uno stimolo di maggior intensità sul vago riesce ad agire su ambedue le correnti freniche (la na- turale e l’artificiale) sospendendo così le contrazioni fisiologiche, come le scosse elettriche del diaframma. Nessuna ipotesi ci pare’ più ovvia e modesta di quella (il prof. Hering la chiama ardita o almeno non convincente) del prof. Patrizi: « che la corrente elettrica, la quale ascende pei vaghi con funzione d’ arresto, non faccia sosta nei centri della respirazione, ma si rovesci al di fuori lungo le vie centrifughe e si scontri con l’ onda di incitamento periferico, generata artificial- mente nei nervi frenici ». Nelle grafiche della figura II c' è veramente una graduazione. Coll’ eccitamento 15 si è avuto soltanto arresto del respiro; vale a dire, la corrente ascendente per i vaghi ha affettato solo il centro respiratorio; invece con l’ eccitamento 8 hanno taciuto, 0 almeno diminuito, anche le scosse del diaframma d’ origine peri- .ferica; in altre parole, l'onda arrestatrice non si è fermata al centro ma si è riflessa più in basso fino alla porzione motrice (frenico-diaframmatica) dell’ arco diastaltico. Dai tracciati e da quanto si è detto risulterebbe che la diminuzione o 1 annulla- mento della eccittabilità frenico-diaframmatica durante la stimola- zione del vago, non avviene costantemente. Ciò non deve sorpren- dere, essendo il fenomeno della elisione tra le due correnti in dipendenza della forza dei due eccitamenti, scaricati, l’ uno sul frenico e l’altro sul vago, e dalle trasformazioni che essi subi- Si gn scono a seconda dell’ animale e delle condizioni fisiologiche dei momento in cui cade l’esperienza. L'essenziale è che l’ effetto sl ripeta in più individui sottoposti a ricerca. Anche la sospensione respiratoria di Traube è lungi dal verificarsi in tutti i casi nei quali pur si adoperi quella intensità di corrente che in altri sog- getti, o in altri momenti sull’ animale medesimo, ebbe risultanze positive. i Nella figura III sono registrate sei sospensioni respiratorie di un altro cane (27 gennaio) a cui pure venivano eccitati il frenico (intatto) sinistro e il moncone centrale del vago sinistro. Nel corso delle sei prove — l'una a poco intervallo dall’ altra, — si lasciò immutata la forza di corrente sul vago; e si variò degli stimoli sul frenico l’ intensità (non .il ritmo), per analizzare la maggiore o minor chiarezza del fenomeno nelle diverse com- binazioni. Appare manifesto che ogni volta, durante l’ azione dello sti- molo inibitore, si impicciolirono, dove più dove meno, .le. scosse diaframmatiche (a-w). i La diminuzione di queste scosse, nella perfetta immutabilità di livello della linea che indica la pausa respiratoria frenografica, toglie consistenza alla doppia obbiezione ( Rosenthal e H. E. He- ring ) che chiamerebbe in causa, o la contrattura inspiratoria del diaframma, o un’ azione antagonistica del muscoli espiratori. Riporto nella figura IV (1) i tracciati raccolti su un altro cane. (Eccitamento del vago — moncone centrale — e del fre- nico, intatto, a sinistra. Qui, parallelamente alla intensità della corrente sul frenico — serbando il solito ritmo — variava la forza dell’ eccitamento sul pneumogastrico. Un eccitamento moderato uguale a DR. 7-6 1/, sul vago (riga 1 e 2) sospendeva per poco la respirazione, ma non si risentiva punto sulle scosse diaframmatiche artificiali. A DR. 6, invece, l’arresto del respiro mantenevasi più a lungo. (righe 3 e 4 del tracciato) e per la durata della stimolazione pneumogastrica (y-w) i sussulti artificiali del diaframma appari- vano meno distinti e. meno regolari, sebbene non con la scessa evi- denza delle tre esperienze precedenti. (1) Questa esperienza (16 di gennaio) è posteriore di 3 giorni alla data (13 gennaio) della comunicazione orale alla Società dei Naturalisti e Matematici: fu aggiunta nella redazione della Nota per la stampa degli Atti. ' (>) do D mu =] le. (») ‘51 (c>) (o) em a) ° — S ma = Qu mn e i x 2] =] cè (= (o = (>) ue; (so) n mn Dian) (>) mn (i ® [sese ._ =) pl vd fio) (>) = [o È Len (0°) fu el (2a n ® emi i ON (c°) a) o ne) © al Vv Lil n Vv da 2 le) — "ri (1) u=i (>) (=) (©) eri N opa n (©) [o [E o tan] > ° (dp) (©) o E 4 (si È ce Dar ho) o a ©) ° (© [ci peo = o E =] S © =) =; ho) fa Leal © o A) Lon) *(&/ tp 0qgopra Q 0921008139 IT) ‘opuo0es ognurui tp Iguimb ur odweg, *T *‘OSgA 0UOIZB]OWI19S BqUINP M-V *,.T 13 e ‘g2rmono.7 oto 0oIedde .J{9p 1uoIzNIIOZUT *agu89s09 ‘0884 “ “ “ “ “ (1 *@e[IQRIIBA :001UO1f [Op oguowregrooe 10d (Y(1) 19999001 BZUBISI(T fr IRE wa hi JPMWAANARMAN MPN, Risi Apt AL MANA INN AY VIAAAI NY 7 AIN PAY AMANI LAMA, N TUA MIDA PIANA ii ha, 4 v \/ | A n" | 3/ I ° 7 / \ | 1) | i IT \ fe AM AMMAN “ATA NV VAMAMA PANI PANAMA RNA SI ANNA I PIANI? ANI ANS PDANA MAN Ar ANANIIDANINADANI NANNINI PANNI AAT may Mfa A ANIA PIANA trait] ho al ì / O: i I PESI CRE VEST x ET elia ine sii ae svelate siate ti AAA RANA VANNA ST AIN / } SPA PO ION MATA ini ON AI NYNVMMANVAN 4A pinta PANTANI ; na) w \ / l li i fo i UIIA/RA l it ada Motos Pepe ep TRICIA TIPI 741 INTRA SENTI IVATO APPAIA AVA f PI \ Ù / L vl 10) i | dana zo dita rei Di, 0 Reputando di non dovermi più dilungare in una Nota preven- tiva, ometto la descrizione e le figure di altre esperienze simili. Nelle ricerche ulteriori sull’ argomento mi propongo, fra l’ altro, Fig. IV. — Esperienza del 16 Febbraio 1906. Cane nero, peso Kg. 5,300. (dal foglio 2.° ) TOR ni z “iper ) I nn) otite mal 190) ' , I MSI Aux LARA Mi FIIFARI i ar 263}0), I) a4Nb9n» pn i ha CISLLIATAIALI: IAT IIS )IAT : nua Î #13) PAIA O LIV HISIII IF LITIRÀ LUNA), Distanza rocchetti (DR) per eccitamento del frenico: 25 (1 e 2) 26 (3 e 4). È, 7 hi ” È n Vago (È scritta sul tracciato) Interruzioni apparecchio Foucault (5 al 1'' ). yo durata stimolazione vago. T. Tempo in quinti di minuto secondo. (Il tracciato è ridotto di 1/3). di registrare simultaneamente la curva diaframmatica e i supposti movimenti dei muscoli addominali per dare un altro certificato grafico di quello che ho veduto e che, come ho detto, è implici- tamente attestato dalle grafiche originali che oggi presento. Prof. M. L. PATRIZI e G. FRANCHINI, laureando Di alcune particolarità sull arresto del respiro per stimolazione centripeta del vago. Stanchezza € ristoro del riflesso inibitore respiratorio COMUNICAZIONE PRELIMINARE €) (con tre figure) Nel corso delle ricerche « sull’eccitabilità frenico - diafram- | matica durante la sospensione respiratoria di Traube », che fu- rono compito specialmente di uno di noi e che sono state comu- nicate alla Società in questa medesima tornata, ci accadde di «osservare qualche fatto che non stimiamo immeritevole di una distinta « preventiva » menzione. L’espediente da noi adottato — e che fu proposto nel 1894 dal Patrizi — di raccogliere simultaneamente, mediante la stessa penna, la grafica dei movimenti naturali respiratorî e quella delle scosse artificiali del diaframma, è un utile ausilio analizzatore in mezzo ai dispareri che si sono moltiplicati circa la natura dell’ arresto respi- ratorio in sèguito alla eccitazione dei monconi centrali del vago. Richiamiamo l’attenzione sulla figura I, dove sono seritte le curve respiratorie diaframmatiche di un cane addormentato con cloralio, vagotomizzato unilateralmente e stimolato col ritmo di 5 scosse al minuto secondo sul frenico sinistro intatto. Nel mo- mento (@a-©w) in cui anche il moncone centrale del pneumogastrico riceve lo stimolo, la grafica appare meno netta, a causa di un leggero tremolio deliberatamente impresso, a scopo di segnale, (1) alla leva scrivente. (*) Esposta alla Società dei Naturalisti e Matematici di Modena, nell'adunanza del 13 febbraio 1906. (1) È a un dipresso il metodo usato dal Patrizi, dal Casarini e da altri per anscrivere sulla stessa curva di un movimento (p. e. nei trac- ciati pletismografici) l’inizio e la durata d’uno stimolo. CDA 1 del diaframma che, durante le provocate ces- *(#290u1 e[T®p 0gJOPII 9 O9BIOOVIY IT) ‘opuooes ognurtr Tp Iquimb ur odwe] “IL ‘oSgA ]op euorzegIiooe eIgINP M-N ‘098100819 [NS eqoA 1ed #2]0A eggrios.o :05gA [op euorzeg1ooo ] 10d TT *,.T [8 g 0SS00S e[]op QUI *G] COTTO] ]Op euvIzegIO9e ] Id (*YTq) 19393079901 BZUBISIT *OIIÙASOI [Op TUOIZIQIUI 0I7YEND) Td lterata ed ugualissima a quella ‘espiro sì mantiene ina CI È; le (0°T OITS0F IEP) *g *Sy osod ‘ooueIrq eueg “ote1qgqod gI 19P ezuoriodsg — “IT ‘SIH La contrattilit sazioni del 1 -- 13 — che dimostrava prima della eccitazione del vago, smentisce il sup- posto che quel muscolo respiratorio sia entrato in convulsione o abbia sensibilmente aumentato di tono. Una igodificazione nell’al- tezza delle scosse ce ne avrebbe resi accorti. Il cane è narcotizzato e, a seconda di un’altra supposizione, si dovrebbe assistere al predominio di una reazione espiratoria. Ma neppure questa ipotesi trova conferma. Il diaframma, nei quattro arresti respiratori, che sono abbracciati dalla grafica, si ferma là dove l’eccitazione centripeta del vago lo ha sorpreso, cioè nella metà della inspirazione. Non aumenta, nè scema di tono, e perciò non muta livello nella grafica; e, dileguatosi l’ ef- fetto inibitorio, ripiglia îl naturale movimento della respirazione al punto ove era stato interrotto, cioè nel mezzo della contrazione inspiratoria; e la completa. Nelle altre grafiche testè presentate alla adunanza da uno di noi (Franchini) evvi più di una prova che il diaframma, pur se è incòlto dalla eccitazione inibitrice nella fine della espirazione e nella pausa, continua immoto, non risale (nel tracciato) per effetto inspiratorio, nè discende per effetto espi- ratorio. Non escludiamo che possano le irritazioni del vago, d’un certo grado, essere convulsivanti pel diaframma, o risolversi in movi- menti espiratori, poichè più volte anche a noi occorse di verificare siffatti risultati; ma con tranquillità possiamo affermare che la cessa- zione del respiro per irritazione centripeta del vago è non di rado un pretto fenomeno inibitorio, per intendere il quale non c’ è bisogno di allegare l’ impossibilità meccanica nel diaframma di risponder agli stimoli naturali. Nella figura I e nelle due seguenti si noterà che durante l’irritazione del vago le scosse diaframmatiche non sono diminuite, contrariamente a quanto osservasi nei tracciati del Franchini. Questi già disse che la stimolazione del vago può esser tale da agire sul movimento naturale del respiro, ma non da giungere ad influenzare la corrente artificiale del frenico alla periferia. È un di più il dichiarare che nelle esperienze di questa serie era nostro obbiettivo il decorso della inibizione respiratoria, non l’eccitabi- lità del nervo frenico durante la stimolazione del vago. E riguardo al decorso di detta inibizione, dobbiamo dire che parecchi hanno notato la difficoltà — a motivo dell’ esaurimento — di ottenerla molte volte di sèguito: ma non sappiamo se alcuno sì sia occupato di proposito di studiare la curva di fatica del ri- flesso inibitore. Mantenendo costante sul frenico la moderata intensità e il Deo TRI lento ritmo (5 al m'') delle scosse, ed eccitando il moncone cen- trale del vago ad intervalli fissi, con forza e durata immutabili di corrente, abbiamg cercato di vedere come variava la lunghezza cronologica della inibizione. ‘Le quattro sospensioni respiratorie che sono riunite nella figura II, sono separate l'una dall’altra da 80 secondi (il tempo di un giro del cilindro registratore) e susseguirono a stimoli sul vago della forza (DR) 9 per cinque secondi. Il decorso dal 1.° al 4.° tracciato poco cambia, essendo suc- cessivamente di 17”,6 — 18" — 19" — 18”4 secondi. Non v° è Fig, II. — Lo ntesso cane della figura precedente . (dal foglio 1.°) WI Mia ; L Mimmo 7 MOL venni TA Milva. INVITANO Navi vivi ct att "iii J Ad . 2 LIO ninni TS ASTA Miti Uniti i TA) i À i \ / \ Quattro inibizioni del respiro conseguenti « stimolazioni del vago coll’ intervallo — tra l'una e l’altra di 80*”, à Costanti così l’ eccitamento del frenico, come la forza e la durata dell’ eccitamento del vago che cominciuva in di i (Il tracciato è ridotto della metà). cenno di fatica. Essa compare nei tracciati della figura III, dove. l’intervallo tra le stimolazioni del vago è rimasto immutato (aumentata un poco l'intensità di corrente; DR =8) ma che fu raccolta quando l’animale era già reso stanco dalle precedenti espe- rienze. Le durate rispettive della inibizione furono (in secondi ) 24,2 È — 25,6 — 26,2 — 23,2 — 20,6 — 21,6. È Dal foglio originale abbiamo ritagliate le sei i grafiche della $ figura III e le abbiamo disposte l’una sotto l’altra in maniera 4 che gli inizi delle eccitazioni sul vago (Y) fossero schierati su È. una stessa verticale della figura: poscia, con una grossa linea, i tirata a mano, abbiamo congiunto le prime inspirazioni dopo $ È 3 le sospensioni. Questa linea può rappresentare la curva’ della A piedi della stessa respiratorio. figura c'è la lunga inibizione (43",2) che si è ottenuta dallo inibitore riflesso fatica del ‘(89001 [OP 09GOPII 0 09BIOOBII) IT) ‘0ju0mie31000 ,J]Op odureg JI 9 RyISUOGUI,] IQRIIBAUI OpuougwiTI ‘OSOdII Tp ,G] 0dop egnueggo euoIzIquruy °), - SE l UI BABIOUIUI -09 0UY9 OSgA Op 09ueTIe9IO0O [Op BrBINP 8] 9 ezio; e] ew09 ‘O9IUOI] ]Op 09 uew1B%1908 .] 1800 19 u895809 *QJO}igiui OSSajili jap ]eo1}B} Rilep eAIn9 ‘(TI ‘Sy eT]op ezuoriodse JJ 09U9UIRAISSO0ONS) ,,08 IP OITBATOGUI ]]109 ‘OSEA [9p TUOIZE]Owar9sS 09gn9godiTt uoo eIMUFGZO TUOIZIQIUT ‘9-7 CICLCILCIACULLLUITCI(CTTTICAI TOT TOT TTT TTT TTT TTT ATTI AMRQUNAA ni AMMAN, | Ì J (0° 011903 T8P) Ij3uopoosId cindy e1[op eugo 088998 OT — ‘III "SLH x o n - a E TAM è vi ti di voso dopo 15 minu stesso cane, con la solita eccitazione sul vago, meccanismo ner e il Evidentemenr 6 1 ristorar n. o dal tracciato ha avuto tempo d l1pos dopo op sullo stesso cane, portuno riposo, riducendo a metà (40”) l'intervallo tra una ec- Sempre SÌ. — 16 — citazione e l’altra del vago, e lasciando invariate le altre condi zioni, abbiamo avuto un’altra serie di tempi di inibizione, della quale ci limitiamo a dare le cifre, non potendo, per ragioni di spazio, riprodurre tutte le grafiche: 29 — 27,2 — 25,6 — 28 — 28,4 — 5 — 6 secondi. In questa serie la curva ha un anda- mento diverso da quella designata nella figura II; le prime cinque inibizioni hanno presso a poco durato lo. stesso tempo; poi c’è stata una caduta rapida da 28 a 5 e 6 secondi. È Trascriviamo inoltre i tempi ui altre serie di inibizioni in altri due cani. Cane nero, — Cane nero, 27 Gennaio 16: ‘febbraio (1) | Î RR Intervallo di 80"tra le Intervallo di 80" eccitazione dei vaghi Intervallo di 40" (DR. 11,5) DR. 7,5 I 33",4 I 21,6 I 18” | DE 28”5 Il 18"4 Il 21” II 314 III 17",6 II 14" IV: 2602. Riposo IV 18",6 V 2719 IV 200 Wa VI 26",4 V 27",A i VI 10”,6 Per una ipotesi, che fra poco chiederemo il permesso di avan- zare, vogliamo sottolineare sin da ora un fatto costantemente rile- vato nelle grafiche e di cui c'è esempio anche nella figura I: intendiamo dire che nei gruppi di inibizioni, mentre si osserva | il progressivo raccorciarsi della linea orizzontale che misura la sospensione del respiro, non diminuisce, dalla prima all’ ultima riga della serie, l'altezza della respirazione. _ E adesso tentiamo di discernere a che e a qual a s' ha da attribuire questa decrescente durata delle inibizioni di Traube e il loro restituirsi al decorso primitivo dopo il riposo. Indubbia- mente è un fenomeno di fatica in un riflesso. Si può tal feno- meno localizzare nella estremità afferente dell'arco diastaltico, (1) Dati non comunicati verbalmente all’adunanza della Società, ma aggiunti nella redazione della Nota. So pr igi nella mutevole eccitabilità del moncone centrale del vago? oppure nelle condizioni del nervo e muscolo diaframmatici? oppure nel centro nervoso ? Se il risultato fosse connesso alla diminuzione d°’ eccitabilità del tratto di nervo vago dove si pone lo stimolo, il progressivo decrescere dell'effetto non sarebbe così rapido (dopo 2 o 3 irritazioni); e, d’altra parte, la scemata eccitabilità del tronco nervoso non tornerebbe sì tosto alla pristina condizione, come invece ritorna il decorso della inibizione. Se l’arresto del respiro fosse nient'altro che convulsione del diaframma (Traube-Rosenthal), potrebbesi pensare alla stanchezza del muscolo e ad una durata sempre minore della sua contrat- tura, ma allora le scosse artificiali del diaframma non si manter- _ rebbero così regolari e ugualmente alte nella intera serie delle __ inibizioni. È Non resta dunque altro a supporre che la fatica dipenda dalle condizioni del centro nervoso. Ci si offrirebbe dunque una maniera comoda di studiare l’ affaticamento isolato d'un centro nervoso, senza la complicazione dell’organo motore periferico. i Abbiamo insistito or ora sul fatto che, mentre van sempre diminuendo, in tempo, le sospensioni respiratorie, non diminuiscono affatto le altezze delle respirazioni. Non è dunque propriamente in causa.la fatica del centro respiratorio. Dobbiamo allora noi supporre uno special centro inibitore a — cui mette capo lo stimolo ascendente per il vago e che alla sua volta agisca sul centro respiratorio? E quelli che noi abbiamo os- | servato sono la stanchezza e il ristoro, non del centro respiratorio, ma di un centro inibitore del medesimo ? Non ci è caro avventurarci in teorie. Abbiamo creduto va- lesse la pena di rendere note le poche cose vedute. E continue- remo a sperimentare. art , G. B. DE TONI SULL'ORIGINE DEGLI ERBARII NUOVI APPUNTI DAI MANOSCRITTI ALDROVANDIANI (Nota presentata alla seduta del 16 Gennaio). In altro mio lavoro (1) ebbi occasione di avvertire, come da RELS Non è senza importanza il fatto che nello stesso codice Al- drovandiano contenente i placiti di Luca Ghini, si legge (a carte. 57 recto) un elenco di piante spedite da quel celebre semplicista da Pisa nel novembre 1551 al Mattioli; vi figura, nel numero 65, la seguente indicazione: « hanc esse Lonchitim asperam aliquì sentiunt, ego vero potius filicis genus, nam asperam Lonchitim veriorem agnosco ». Questo invio della Lonchite ( L. ditera) da parte di maestro Luca da Pisa è confermato dal Mattioli ne’ suoi Commentarii ( edi- zione 1558, p. 472) e meglio ancora in una edizione successiva (1573, p. 603) dove trattando appunto della Lonchite della se- conda specie, il Mattioli stesso scrive: « fa le foglie quasi come l’Asplenio chiamato volgarmente Cetracho ma più lunghe et più intagliate di modo che non poco si confanno con quelle del Poli- podio, lunghe una spanna et disparimente da ogni banda inta- gliate, le quali intagliature sono per tutto all’intorno acutamente. dentate e ruvide ». Noi troviamo che, parlando della Lonchite seconda, Luigi An- guillara (1) ha queste parole testuali: « .... nel 1545 essendo io per le colline di Monte Nero a cogliere erbe in compaguia del Reverendo Monsignore di Cesena trovai una pianta la quale è specie di Citrach ramoso et allora pensai che ella fosse la Lon- chite seconda e per tale la portai all’ Eccellentissimo Maestro Luca Ghini »; ora, se noi ammettiamo, e ci sembra ciò possa farsi, che questo esemplare raccolto dall’ Anguillara (che il Ghini a carte 52 recto del manoscritto suddetto Aldrovandiano chiama olim disci- pulus meus) sia quello stesso che il Ghini nel 1551 inviò al Mattioli, è lecito concludere che maestro Luca avesse già nel 1545 collezioni di piante essiccate, delle quali parecchie gliene aveva già conse- gnato l’Anguillara qualche anno prima, ad esempio nel 1542 (2). zione di Francoforte (1598). Nella stampa del 1573 nel capitolo CXXXIX Dell’ Hormino si ha pure: « Ma la pianta del vero Hormino è vera. mente quella di cui è qui il ritratto, mandatami da Pisa dall’ eccellente medico M. Luca Ghini, la quale (come si vede) con tutte le sue sem- bianze altro non rappresenta che il vero Hormino domestico ». (1) AneuiLLara Lurer, Semplici, li quali in più Pareri a diversi no. bili huomini scritti apaiono. Nuovamente de M. Giovanni Marinello man- dati in luce, Vinegia, 1561, typ. Valgrisi, 8°, p. 245. (2) ANGUILLARA, op. cit., p. 294. La prima erborizzazione, con data sicura, fatta dall’ Anguillara, risale al 1539; infatti a proposito dello PIANO | ped Faccio ora seguire la trascrizione del placito redatto dal Ghini, De Hormino (1). Pisis in horto Illustrissimi Ducis nostri utraque Hormini species conspicitur, Horminum sativum non ita omnibus obvia ac vulgaris planta est atque ipsum sylvestre quod in multis locis sponte et copiose provenit; in his certe praecipue in sativo non minus jucundum quam visu dignum spectaculum exhibent exere- scentiae illae, in quibus semen est, retortae magna elegantia versus radicem, strictimque ac diligenter suis quadratis caulibus co- niunctae, maxime ubi semen iam maturum fuerit; utramque plantam exsiccatam ac glutine chartis affiram ad te mitto. Etiam | si autem hae duae quas dixi sint species illius Hormini descriptae a Dioscoride, tamen illorum opinio non est plane repudianda qui crediderunt Sclaream Horminum sativum esse, Galitrichen vero sylvestrem eius speciem, quibus ego consentio maxime cum sciam semen illorum oculis immissum absque ullo morsu visum effica- citer clariorem reddere atque idem mirabiliter facere cum melle illitum, quo modo etiam albugines tolit; unde et una illarum sclareae nomen obtinuit. Praeterea. omnes quas Dioscorides Hor- mino assignat notae his pulchre conveniunt, si solam magnitu- dinem demas. Neque refert quicquam quod Dioscorides harum non meminerit, nam hoc in plurimis aliis ab eo factum est omnes plantae qu. describendum susceperat species non recensuerit et arbitror enim, Vir excellentissime, te multo plures quam Diosco- Heliotropio minore, il semplicista a pag. 302 scrive: « si trova nel con- torno di Bologna ove il trovai nel 1539 in una villa nominata Trefolza verso il Medesano ». Ho voluto a bella posta citare questa data (1539) perchè anteriore al periodo di tempo (1540-1547) in cui Giovanni Ro- drigo di Castelbranco (Amatus Lusitanus) afferma di aver veduto un libro con piante agglutinate presso l’ inglese Giovanni Falconer a Fer- rara. La questione del Falconer è ampiamente trattata dal chiarissimo professore J. Camus nell’op. cit., p. 291 e seguenti. (1) Incomincia a carta 43 verso del manoscritto Aldrov. n. 98 dal titolo Aldrovandi Ulyssis, Epitome lect. de l'eb nat. t. II contenente: Clarissimi atque Excellentissimi D. Lucae Ghini | in celebri Pisana Aca- demia Materie Medica | professoris doctissimi in quibusdam simplicibus placita | ad Andream Mathiolum Senensem celeberrimum | Medicum con- scripta Idibus octobris Anni LI | Pisis — 22 — SE rides enumerat Cynosorchi species observasse, plura Tithimali genera vidisse, plura Ranunenuli, poligonati, aconiti, filias, hastulae regiae cuius et ego in horto praeter descriptam a Dioscoride tria. alia genera habeo. Item gentianae, pentaphylli et multarum aliarum, quas partim ne sim prolixior, partim quia haec ad te seribo, qui easdem et plures multo diligenter observasti, non enumero (1). di Duplex igitur (ut ad id quod dicere volebam revertar) genus Hormini majus et minus, utriusque rursus due species majoris. Sclarea et Gallitrichum, de quibus non loquutus est Dioscorides, minoris due sunt species descriptae a Dioscoride sativum et syl- vestre, utramque ad te mitto. Modena, R. Istituto Botanico — 9 gennaio 1906% (1) Nel testo è: « non . n . uero ». Evidentemente si tratta di un semplice errore dell’amanuense e si deve interpretare « non enumero », C. ZANFROGNINI NOTE LICHENOLOGICHE II. $SULL’OMPHALARIA NUMMULARIA DEGLI AUTORI (Nota presentata alla seduta del 13 Giugno 1905). C. Montagne nel 1846 (1) descrisse ed illustrò il Collema (Omphalaria) nummularium Duf. (ined.) che poi nel 1856 (2) comprese nel genere Omphalaria. Nella sinonimia di questa specie il Montagne cita un lichene raccolto a Genova, speditogli dal De Notaris col nome di Collema helvelloideum; da ciò si poteva dedurre che in Italia pure si trovasse la 0. nummularia Mont.; ma in una mia precedente nota (3) dimostrai che la specie del De Notaris differiva da quella del Montagne ed apparteneva all’Om- phalaria plectopsora Mass. Esaminati altri esemplari di licheni che dagli Autori furono descritti col nome specifico di nummularium e compresi nei generi Omphalaria ed Anema, potei constatare che alcune specie furono avvicinate in una stessa sinonimia mal- grado che presentassero tra loro caratteri differenziali. Si osserva infatti che il Nylander scinde la O. nummularia del Montagne in due specie, di cui l’ una compenetra colla sua 0. nummularia Dur. (1) C. Montagne, Fore d’Algérie, pag. 200. Paris 1846. (2) C. Montagne, Syloge Generum Specierumque Cryptogamarum, pag. 380. Parisiis 1356. (3) C. ZaneroenINI, Note lichenologiche. I. Sul Collema elveloideum degli Autori (Atti della Società Naturalisti e Matematici di Modena, Ser. IV, vol. VII, pag. 82. Modena 1905). ARL TRL DO) IAA a IURIS 7° PN — 24 — che nella Synopsis (1) caratterizza con tallo piuttosto piccolo | (3,5 mm.) e solo in Algeria con tallo di 7 mm., provvista di apo- Sì teci chiusi ed aschi polispori; mentre l’altra conserva sotto il nome di Collema nummularium Duf, (2).con tallo di oltre 8 mm., apoteci aperti (lecanorini) ed aschi octospori, assegnandole in an- notazione una struttura tallina distinta da quella dei Collema (3); anzi nel 18783 (4) per la struttura del tallo aserive al genere Anema. Se i caratteri differenziali che ci ha dati il Nylander nella costituzione dei due generi Omphalaria ed Anema apportano che la specie descritta dal Montagne sia da riferirsi in parte all’ uno, in parte all’altro dei due generi suddetti, questo non viene a giustificare il riferimento di una stessa specie a due generi di- versi; poichè questo solo diverrebbe esatto allorquando col Mon- tagne, pei caratteri da lui prodotti, non si potesse con esattezza definire la specie di O. nummularia che egli ci descrive, o quanto mai ritenere che i caratteri usati dal Montagne fossero tali da permettere, per la uguaglianza nella loro configurazione esterna, una promiscuità di esemplari che, poi per la struttura interna, fossero differenti tra loro. Invece il Montagne con tutta chiarezza, come lo dimostrano le sue diagnosi dell’Omphalaria nummularia, de- scrive di questo lichene, oltre i caratteri morfologici esterni, in modo ben definito anche gli apoteci: scutelliformia aperta, thallo crasse marginata, ascis clavatis, sporas 8 continuas foventibus, mentre apothecia globosa fere angiocarpa (5) non si riscontrano che nello stato giovanissimo e quindi transitorio del lichene. Cosichè la specie del Montagne che ha apoteci aperti ed aschi con otto spore ha caratteri affatto opposti alla O. nummularia del Nylander che ha apoteci sempre chiusi ed aschi polispori. L'esame comparativo di parecchi esemplari tipici di queste due specie mi ha riconfer- mato la evidente differenza delle due specie tra loro; cosichè tutti. gli esemplari del Montagne, nonchè del Collema nummaulariume (8 » (1) W. NyLanpER, Synopsis Methodica Lichenum, tomus I, pag. 99, n. 3. Parisiis 1858. (2) W. NyLANDER, loc. cit., pag. 103, n. 5, (3) W. NyLANDER, loc. cit., pag. 103: ... substantia thallina alveolis oblongo-sphaeroideis crebris majusculis excavatur, in quibus singulis gra- nula gonima 1 vel 2, rarius 3 vel plura continentur.. . . . (4) W. NyLanpDER, Flora, n.° 22, pag. 342, 1878. (5) C. MonraonE, lore d’Algérie, pag. 200, 1846. PELO e en Dufour, appartengono al genere Anema e quelli dell'O. nummu- laria Nyl. sia per la struttura tallina lassa midollare, sia per gli apoteci e per le spore appartengono al genere Omphalaria. L. Schaerer nel suo Collema stygium B) nummularium com- prende il Collema nummularium Duf. dandone caratteri morfologici identici a quelli descritti dal Montagne nella ore d’ Algérie (1). Massalongo nella Geneacaena (2) alla sinonimia della specie del Mon- tagne ascrive il Collema helvelloideum De Notaris e 1’ Omphalaria helvelloidea Mass., il che ci dimostra che egli aveva trovato nelle descrizioni diagnostiche una somiglianza tra la sua specie e quella del Montagne, ma poi nei Frammenti (3) fide Nylander! esclude la sinonimia ammessa in precedenza e nella Symmicta (4) adduce le ragioni che lo inducono a tenere divisa la sua specie da quella del Montagne, mentre il confronto degli esemplari ne dimostra le molte affinità per la specie Thyrea Notarisiù Mass. ( Omphalaria helvelloidea Mass.). _K. B. Forssell distingue l Omphalaria dall’ Anema indi- cando con molta evidenza quei caratteri differenziali che costi- tuiscono i due generi distinti, mentre, seguendo il Nylander, scinde la Omphalaria nummularia del Montagne nei due ge- nevi Omphalaria ed Anema e descrive l O. nummularia Dur. et Montgu. con tallo monophyMlus parvus (vix 3 mm. in lat. superans) umbilicatus, con apoteci lecanorini, urceolati, spore el- littiche circa 24 e l’Anema nummularium (Duf.) Nyl. con tallo major (usque ad 8 mm. in lat.) inciso-lobatus; con questo egli ha aggiunto i caratteri di apotecio aperto e tallo molto piccolo alla 0. nummularia Dar. del Nylander, mentre gli esemplari ori: (1) L. E. ScHaerER, Enum. Crit. Lich. Eur., pag. 260. Bernae 1850. (2) A. Massarongo, Geneacaena Lichenum, pag. 22, n.° 56. Ve- ronae 1854. (3) A. Massaronco, Framm. Lich., pag. 13, n.°. 23, Veronae 1855. (4) A. Massaronco, Symm. Lich., pag. 58. Veronae 1855: « ... non so, né ho mai saputo quale sia la specie tipica sulla quale venne costituito il genere Omphalaria; ed ove esso fosse fondato sull’ Omphalaria num- molaria, questo genere dovrebbe spartirsi in due. Posto adunque che fosse il tipo l' Omphalaria nummolaria M. fornita di 24 spore almeno per asco, in tale caso dovrebbesi proporre un nuovo nome per le specie di Omphalaria nominate nei miei Frammenti Lichenografici e quivi de- scritte, avendo tutte otto spore. Il nuovo nome potrebbe intitolarsi 7'ayrea ed avrebbe i caratteri né più nè meno dell’ Omphalaria dei Frammenti Lichenografici ». LIO ia ginali dimostrano che la specie del Nylander ha un tallo piuttosto grande (4-10 mm,) ed apoteci minuti chiusi (fere endocarpea). Forssell nel genere Omphalaria comprende due specie che hanno aschi polispori con spore ellittiche ma che egli tiene distinte per la differente grandezza dei talli di oltre 10 mm. nell’ Omphalaria Heppii Mill., di poco superanti i 3 mm. nell'O. nummularia (Dur. et Mont.) Nvl. (1). La fallacia di tale distinzione riesce tosto com- presa se tengasi conto di quanto lo stesso Nylander descrive della O. nummularia Dur. raccolta in Algeria, nella quale località: variat thallo maiore (lat. cire. 7 mm.) (2) e gli stessi esemplari autentici lo attestano. Abbiamo quindi specie con nomi differenti che dimostrano molte affinità tra loro, ed altre che sebbene com- prese in un solo nome si vollero divise in specie e generi diversi. Dallo studio microscopico che mi proposi di fare degli esemplari ‘tipici provenienti da parecchi Istituti e Musei Botanici italiani ed esteri mi risultò che rapporti di affinità non esistono tra l’ Om- phalaria nummularia Montgn. e l'omonima del Nylander, e mentre la prima mi risultò affine al Collema nummularium (Duf.) Nyl., Thyrea Natarisii Mass. ed Anema nummularium Ny]l., la seconda mi parve assai prossima all’ Omphalaria Heppii Mill. È dalla descrizione dei diversi esemplari originali avuti a mia disposi- zione che io mi riprometto di dimostrare quanto ho ora affermato. Negli esemplari dell’Omphalaria nummularia Nyl. (3) il tallo | sì presenta monofillo, fogliaceo-lobato, da 5-10 mm., con gonidi gleo- capsacei che si dispongono entro le maglie costituite dalle ana- stomosi di ife lasse, formanti nella regione centrale uno strato midollare, con apoteci immersi, endocarpini, di rado emersi giammai . decisamente lecanorini; tutti questi caratteri sono proprii delle. Omphalaria descritte dal Montagne di cui è tipo lO. Girardi Mont. Quindi la specie nummularia descritta dal Nylander ap- (1) K. B. ForsseLL, Anatomie und Systematik der Gloeolichenen, pag. 92-93, pag. 95-99. Stockholm, 1885. (2) W. NyLaANDER, loc. .cit., pag. 100. (3) Omphalaria nummularia (Dur. et Mont.) Nyl. typus. Constantine (Algeria) Museo di Parigi. Omphalariu nummularia (Dar. et Mont.) Balansa. Constantine ex herb. Durieu de Maisonneuve. Omphalaria nummularia (Dur. et Mont.) Motelay (1878). Museo di Parigi. i Omphalaria nummularia (Dur. et Mont.) vidit Nylander. Algérie leg. Flagey, n.° 294. Museo di Parigi. i SIRO LEA partiene per la struttura tallina e forma degli apoteci al genere Omphalaria, ed in questo forma una specie distinta per avere, oltre altri caratteri generici, quelli specifici di aschi cilindrico- ovoidi, 50 = 10 — 16 p. diam., con spore ellittiche delle dim. di u.4=5—7 ed in numero sempre superiore a 16. La specie del Nylander, oltre che per i caratteri strutturali del tallo e degli apo- teci, è adunque distinta da quella del Montagne per avere questa aschi con sole otto spore e di grandezza maggiore, mentre è assai vicina alla Omphalaria Heppii descritta dal Miller (1). Esemplari della O. Heppii (2) presentano infatti forma e struttura tallina e degli apoteci perfettamente simili alla specie del Nylander, ed appena differiscono da quest’ ultima per avere il tallo di oltre 10 mm. di diametro e le spore in numero di oltre 32 secondo il Miiller; numerosi apoteci ed aschi esaminati non mi hanno mai permesso di osservare un numero di spore superiore alle 20 e questo riesce non facile a chiarire sia ‘per la piccolezza delle spore, sia per essere le medesime tra loro fortemente agglutinate, cosichè non se ne può decifrare un numero assoluto, ma che però di certo a me consta sempre superiore a 16. Gli aschi hanno la stessa forma della specie del Nylander e grandezza da 53 = 14 _— 16 p, le spore sono ellittiche, 4 = 5 — 6 p. diam., i quali caratteri pure ci permettono di avvicinare le due specie. Tutti gli esem- plari dell’ Omphalaria nummularia Mont. e quelli dell’ Ompha- lidium e Collema nummularium da me riscontrati e che dal Mon- tagne stesso furono ritenuti sinonimi della sua O. nummularia pre- sentano una struttura anemoide o pseudoparenchimatica eguale a quella che il Nylander usò per differenziare il Collema nummu- larium Duf. e più tardi per costituire il genere Anema; ed a questo genere appunto sono tutti da ascriversi; mentre per la somiglianza morfologica dei talli, apoteci, aschi e spore chiaramente dimostrano di appartenere ad un’unica specie. Volli pure constatare quali analogie eventualmente esistes- sero tra l’ Omphalaria nummularia del Montagne e quelle delle Omphalarie italiane; -due di queste mi sembra si avvicinino (1) J. MurLer, Principes de Class. des Lich. En. de Genève, pag. 422. Genève 1862. (2) Omphalaria Heppii Miiller. Arvenufer unterfalls Monex, 6 aprile 1862. Ex Herb. Miiller. i Omphalaria Heppii Miiller. Auf einem Block am Ufer der Drause unter Bowernier (Wallis) rechtes Ufer. 18. Juli 1872. i eng na alle specie del Montagne per struttura del tallo ed apoteci. Abbiamo infatti l Omphalaria Notarisiù Mass. e 1° O. comaro- morpha Mass. le quali come la 0. nummularia Montgn. hanno tallo anemoide, apoteci lecanorini, aschi costantemente della stessa forma ed octospori. Ma un esame minuzioso di confronto tra queste specie fa riscontrare qualche differenza della quale devesi tener conto dimostrandosi costante nei diversi esemplari da me esami- nati. Ho trovato che la O. Notarisii Mass. è distinta dall’O. num- mularia Mont. per avere un tallo sempre più piccolo di questa, non superante i 2 mm. di diam. per quanto colla specie del Mon- tagne abbia in comune tutti gli altri caratteri, La differenziazione dei talli in rapporto alla loro grandezza non mi pare costituisca criterio specifico in quanto riesce ovvio dimostrare che una stessa specie raccolta in luoghi diversi per ragioni di località, di clima od altro può variare nello sviluppo del proprio tallo, e questo fatto è provato più volte da altri autori, e tra questi cito il Ny- lander (1) che in rapporto appunto alla grandezza del tallo, della sua Omphalaria nummularia asserisce nella diagnosi di mm. 3,5, in annotazione osserva che la stessa specie in Algeria è di mm. 7, senza per questo giustamente creare una nuova specie. Per ciò non credo erroneo ritenere la Thyrea Notarisii Mass. affine alla 0. nummularia del Montagne, e solo distinta da questa per la piccolezza dei talli i quali sviluppandosi in Italia in propor- zione minore di quelli che erescono in Spagna ed in Algeria non costituiscono che una forma minor che può venire contraddistinta in una varietà Notarisii. Uguale a questa varietà Notarisii Mass. è l’Anema nummulariellum Nyl. (2) il quale presenta gli stessi ca- ratteri della specie Notarisiî Mass. in rapporto all’Anema num- mularium Dr. et Montgn. e che dallo stesso Nylander (8) è rite- nuto assai affine alla sua specie nummullarielum e che io pure ri- tengo simile nella struttura tallina e degli apoteci come mi risultò dallo studio degli esemplari autentici (4) ma che per ragioni di priorità compenetro nella varietà Notarisii Mass. L’ Omphalaria comaromorpha presenta essa pure alcuni caratteri generali che la (1) W. NyranpERr, Syn. Meth. Lich., tomus I, pag. 100, n.° 3. Parisiis 1858. (2) W. NyLanper, Addenda Nova ad Lichenographiam Europaeam. Flora 1879, n.° 23, pag. 353. (3) W. NyLANDER, loc. cit., pag. 354. (4) Anema nummularium Duf. nummulariellum Nyl. SIRCI ARE potrebbero riferire alla specie A. nummularium Mont. e Notaristi Mass. quali la grandezza del tallo, la struttura anemoide, la forma degli apoteci, aschi e spore (1). Ma se il'suo tallo non supera mai i 38 mm., esso è però sempre crassiusculus late umbilicatus vio ambitu liber ; al contrario di essere foliaceus peltatus excen- trice umbilicatus, inciso-lobatus come nelle specie A. nummularium Montgn. e Notarisii Mass., ed i suoi apoteci pur essendo lecano: rini sono piani con margine tenue ed hanno costantemente di- mensioni superiori a quelle delle altre due specie, carattere anche questo specifico, data l'analogia della grandezza dei talli nelle altre due specie citate, e che ritengo sufficiente per mantenere distinta la specie O. comaromorpha Mass. Concludo riepilogando i caratteri che differenziano i diversi licheni descritti dagli autori col nome di O. nummularia e quelli delle specie che ad essi si possono ritenere affini nella seguente chiave analitica. 1 Thallusgonidiisglome- | __rulatis dispersis inter ele- menta filamentosa anasto- | mosantia instructus; Apo- x ‘thecia clausa (saltem in DI nostris) vel endocarpea. ET a Thallus gonidiis 1-3 vel | pluribus intra areolas con- textus, densi pseudo-pa- | | renchymatici nidulantibus instructus. Apothecia a- | | perta, margine cincta vel | lecanorina. —_ Sporae in ascis 16 et ultra Omphalaria Sporae in Anema ... . ascis 8 . Thallus inciso - lobatus, 3-10 mm. diam. O. nummularia Nyl. Thallus major (10-20 mm. diam.) profunde substellatim 4-8- pertitus. è var. Heppli Mill. Thallus excentrice umbilica- tus, inciso-lobatus, 2-8 mm. diam. Apothecia margine crasso cineta, A. nummularium (Montgn.). Thallus minor, 1-2 mm. diam. var. NoTaRISII Mass, (A. nummulariellum Nyl.). (1) Alcuni autori differenziano le due specie O. comaromorpha Mass ed O. Notarisii Mass. dalla forma e dimensione delle spore, ma l’esame dei numerosi esemplari avuti a mia disposizione mi ha dimostrato che la Thyrea Notarisit Mass. pur avendo un tallo poco sviluppato ha spesso apoteci uguali a qnelli dell’ O. nummularia Montgn. con spore variabili dalla forma ellittica a quella ovoide e con dimensioni prossime a quelle dell'O. nummularia Montgn. mentre questa ha spore di diametro uguale a quella dell'O. comaromorpha Mass. Questo dimostra che queste tre specie hanno spore variabili nei diversi esemplari ma però molto affini per la forma e per le dimensioni. MOR : Omphalaria nummularia Nyl. Syn. Meth. Lich. (1858), pag. 99, n. 3. Omphalaria Heppii Miller Prince. de Class des Lich. env. da Genève (1862), pag. 422. Omphalaria nummularia (Nyl.). Forssell Anat. und Syst. Gloeolich. (1885), pag. 99. A. M. Hue Lich. Exot. a Prof. Nyl. Descripti vel Recogniti (1892), pag. 20, n. 24. — A Boistel Nouvel. Flor. des Lich. II. Partie (1900), pag. 310, n. 728. Esemplari riscontrati: Herb. Mus; Paris: Omphalaria num- mularia (Dur. et Mont.) Nylander! Yypus. — Omphalaria num- mularia D. M. vidit Nylander! leg. Flagey n. 294. — Omphalaria nummularia (Dur. Mont.) Cryptogamie ex herb. Durieu de Mai- sonneuve, L. Motelay, 1878. — Ex herb. Miller: Omphalaria Heppii Mill. (esemplare originale 1862). O. Heppii Miller Arg. (1872)! Thallus monophyllus, umbilicato - adfixus, inciso-lobatus, lobis plus minus incisis fertilibus plicatis nodulosis, 3-10 mm. diam.; thalli structura: filamevuta hyalina ramosa, numerosa gonidia xan- thocapsea sparsa. Apothecia minuta clausa, extus tumiditate loborum marginalium thalli indicata, 450-700 p diam. Asci polyspori, eylin- draceo - obovoidei, 50 — 52 = 14 — 16 p. Sporae usque 16 (et ultra ) in ascis Tiki minutissimae, ellipsoideae, 4 = 5 — 7 bo hyalinae. Habitat ad rupes Constantine ( Algérie) (!) Typus. Algérie (!) (Flagey), Constantine (!) (Balansa), i. et Biskra (sec. Ny- lander). var. Heeppii (Miller). Thallus major, 10-20 mm. diam.; profunde substellatim par- titus. Habitat ad ripas fl. Arve pr. Mornex (!); in rupibus ad ripas fl. Drause pr. Bovernier Vallesiae (Mueller!). : Anema nummularium (Dur. et Montgn.) Nyl. Flora (1879) pag. 355. Forssell Anat. und Lich. Gloeolich. (1885) pag. 93. C'ollema (Om- phalaria) nummularium Dufour. ined., C. Montagne Expl. Scientif. de l’Algérie (1846), pag. 200. Collema stygium B) nummularium Duf. Schaer. En. Lich. Eur. (1850), pag. 250, n. 38. Omphalaria — 31 — nummularia Dur. et Mont. Syll. Plant, Crypt. (1856), pag. 380, n. 1380. Omphalaria? helvelloidea Mass. Mem. Lich. (1853), pag. 90, n. 193. Omphalaria nummularia Mont.. in Mass, Geneacaena (1854), pag. 22, n. 56. Omphalaria (Thyrea) Notarisiù Mass. Symm. Lieh. (1855), pag. 58. Omphalaria Notarisii Mass. Framm. Lich. . (1855), pag. 13. Ayrea Notarisii Mass. Sched. Crit. (1855), pag. 107. Mass. De Nonn. Coll. (1856), pag. 210. Qmphalaria sp. Baglietto, En. Lich. Lig. (1857), pag. 92. Collema nummu- larium (Duf.) Nyl. Syn. Meth. Lich. (1858), pag. 103, n. 5. Om- phalaria Notarisii Anzi Cat. (1860), pag. 2. Thyrea sp. Koerber, Parerga Lich. (1865), pag. 401. Baglietto Lich. Tose. (1875), pag. 296. A. Hue Lich. Exot. Prof. Nyl. in Herb. Mus. Paris. Ass. (1892), pag. 20, n. 42. Boistel Nouvel. Flora des Lich., II partie (1390), pag. 311, n. 731. Anema nummulariellum Nyl. Flora (1879), pag. 353. Forssell Anat. und Syst. Gloeolich. (1885), pag. 93, n. 23. Anema nummu- larium (Duf.) Forssell Anat. und Syst. Gloeolich. (1885), pag. 93. Anema Notarisii Fors., loc. cit. (1885), pag. 93, Omphalaria nummulariella Nyl., A. Hue Add. Nov. Lich. Eur. (1886), pag. 14, n. 52. Anema sp. A. Hue, loc. cit., pag 20, n. 113. Omphalaria Notarisii Iatta Syl. Lich. It. (1900), pag. 32.. Anema nummu- larium-nummulariellum, Nyl. Boistel, loc. cit., pag. 311, n. 781. Anema Notarisii ( Mass.) C. Zanfrognini, Not. Lich., 1.* Sul Coll. elvel. degli Aut., Ann. Scienz. Nat. Modena (1905). Esemplari riscontrati: ex herb. Montagne ( Museo di Parigi) Col-. lema nummularium Duf. Typus! et ex herb. Boissier!. — Ex herb. Montagne Omphalidium nummularium Dur. et Mont. leg. Durieu! — Typus — Omphalaria nummularia (Dur. et Mont.) Nyl.! ex herb. Musei Paris. Anema nummularium (Nyl.) vidit Nyl. leg. Flagey n. 291 (ex herb. Mus. Paris)! Loika, ex herb. Loika! Anema nnmmularium-nummulariellum Nyl.! Omphalaria Notaristi Mass. Anzi n. 310! G. B. Canepa, Erb. Critt. It., n. 774 serie I! Marcucci, piante dell’ Isola d’ Elba! Thyrea Notarisii Mass. Lich. It. Exsic., n. 174! Collema stygium a) helvelloideum Schaer. ex herb. Schaer. in herb. Massalongo. Thallus monophyllus, excentrice umbilicatus peltatus, de- pressus planiusculus, usque ad 8 mm. diam., ater, ambitu mi- nutim lobatus, lobis imbricatis crenulatis, gonidiis gloeocapsaceis crebris felae typharum densae: pseudoparenchymatice intextis or- Le igoie natus. Apothecia sacpius conferta fere paginam superierem thalli obtegentia, in varios evolutionis gradus provecta, juniora tuber- culiformia fere angiocarpa, dein aperta concaviuscula, margine thallode tumido cineta, disco rufo-badio, 520 = 930 p diam. Asci elongati clavati, deorsum longius attenuati. vel apice. dilatati, 60 — 80 = 10 — 14 p, octospori. Paraphyses clavatae, fuscae, apice adglutinatae, incrassatae. Sporae simplices, ovoideo-ellipticae, hyalinae tantummodo nubiloso-granulosae, 5 — 8 =9 — 14 p. Spermogonia globosa, 180 — 225 pw diam.; spermatia bacillaria 1=2—- 2,5 p. È Habitat. Sulle rupi, Spagna! (Dufour), Algeria! (Durieu), AI- geria Oran (Colle S. Croce)! (Balansa) Ain-Tinn (Algeria)! (Flagey). var, Notarisii (Mass.). (A. nummulariellum Nyl.). Thallus minor, orbicularis difformis, ambitu sublobatus, 1-3 mm. lat.; ascis sporisque paullum minoribus quam in f. typica. Habitat. Sulle rupi Monte S. Bernardo (Schaerer)! Sulle rocce presso Bormio (Anzi)! Sui muri dell’ orto Botanico di Ge- nova (Canepa)! Sui massi a Ravarano (Passerini)! Dintorni di Portoferraio (Marcucci)! Al Sasso presso Locarno, Voltri, Angeli, presso Genova} (Baglietto! De Notaris! Caldesi! Massalongo )! Monte Pisano (Beccari)! Lombardia (Garovagliofsee. Massalongo) Provincie di Verona, Vicenza (Massalongo). Premadio, Tresivio, Cernobbio sponde lago di Como (Anzi). Nel Trentino e nel Ti- rolo (Arnold, Dalla Torre e Sarnthein). In Ungheria nei Monti di Straszuez pr. Mehàdia. Comit, Krassò Szoreny (Loika!). In Francia meridionale pr. Marsiglia (Al. Taxis). R. Istituto Botanico, Modena Dott. ATTILIO CEVIDALLI Libero Docente — Incaricato dell? Insegnamento SULLE LINEE PAPILLARI DELLE DITA DELLA MANO (Con una Tavola) Marcello Malpighi fece oggetto della sua ammirazione le . innumerevoli linee che si aggirano quasi a spira all’ estremità dei polpastrelli (#*), ma era senza dubbio ben lontano dal credere che esse avrebbero acquistato tanta importanza e provocato in seguito così gran numero di ricerche! Eppure ciò doveva avvenire; e chi oggi volesse raccogliere tutto quanto si è pubblicato sull’argomento, avrebbe a sua di-. sposizione una messe oltremodo copiosa. I lavori pubblicati sulle linee papillari si possono schema- ticamente dividere in duc categorie, a seconda che si prefiggono uno scopo puramente scientifico od invece abbiano in mira appli- cazioni pratiche. Dopo l’ accenno di Malpighi, abbiamo un lungo periodo di silenzio, e dobbiamo venire sino al 1823 per trovare su questo argomento una monografia d’ indubbio valore scientifico, dovuta al Purkinje (1). Per vero, il Purkinje studiò minutamente le linee papillari delle dita, e tentò anche di riunire in pochi gruppi le varie di- (#) Comunicazione alla Società dei Naturalisti di Modena, il 10 aprile 1906. (##) « Extremum digiti lustro apicem et innumeras illas rugas quasi in gyrum vel in spiras duetas contemplor ». ( Malpighi. De externo tactus organo exercitatio epistolica ad Iacobum Ruffum. Opera omnia, Londini, 1687 (Epistolae anatomicae, pag. 22). Rep Led sposizioni che esse possono assumere, distinguendo il sinus obliquus, il vortex duplicatus, l’ amygdalus, la spirula, il circulus ece. Può dirsi che le linee papillari delle dita ebbero con questo lavoro del Purkinje il loro battesimo scientifico, e dopo d’ allora esse trovarono qualche posto nei trattati, come ad esempio in quello dell’ Huschke (2). Alix (3), nel 1867, ha dedicato all’ argomento un lunghissimo studio, occupandosi anche delle linee papillari del piede, e de- scrivendo la disposizione di esse in numerose specie di scimmie. Anche il nostro Morselli (4) portò in proposito un importante contributo, facendo per primo conoscere in Italia i lavori stra- nieri, e descrivendo la disposizione delle linee papillari nel Cer- copithecus Mona. In seguito, si ebbero lavori con prevalente indirizzo anatomo- antropologico, diretti specialmente a vedere se esiste un rapporto tra lo sviluppo delle funzioni psichiche e la disposizione delle linee papillari, come era stato accennato dall’Alix. E qui ricorde- remo le pubblicazioni di Morselli e Tamburini (5), D’Abundo (6), ‘Giuffrida - Ruggeri (7), Féré (8), Kollmann (9), De Sanctis e To- scano (10) ecc. Ma, come abbiamo già accennato, oltre agli studî di scienza pura si ebbero anche ricerche dirette ad applicazioni pratiche a scopo di identificazione (*). Tali ricerche a scopi pratici si svol- sero in modo parallelo a quelle teoriche e in esse trovarono na- turalmente la loro base fondamentale. Tuttavia, in ordine di tempo, se non in Europa, in altri continenti, le precedettero di gran lunga; in quanto che nella Cina e nel Giappone si era da secoli empiricamente notato che le linee papillari delle dita variano da individuo a individuo, mentre per uno stesso individuo sono co- stanti; e sembra accertato che, sette secoli prima dell’era volgare, negli atti pubblici, come per es. nel divorzio, fosse considerata come firma l'impronta del pollice. Ed anche per altri scopi, tale uso delle impronte digitali pare fosse diffuso nella Cina in epoche remotissime. Galton (11), usufruendo anche del materiale raccolto da Wil- (*) Esistono anche degli studi sulle deformazioni indotte dalla pro- fessione sulle linee papillari. V. per esempio: Praczer. Zur Frage der Rekognitionsmerkmale. Vierteljahrsschr. fiir gerichtl. Med., Dritte Folge, XXIX Bd, Suppl.-Heft., pag. 66, STR liam I. Herschel, ha studiato in ogni particolare 1’ argomento delle impronte digitali sotto il rispetto dell’ identificazione, è si può dire che si deve in gran parte ai suoi studî se il sistema dattilo- scopico pel riconoscimento dei recidivi è diventato quasi universale. Oggidì infatti, come riferisce il Locard (12), la Germania, l’ Inghilterra, 1’ Austria, 1’ Egitto, la Spagna, la Francia, le Indie inglesi, l’ Indo - Cina, il Portogallo, la Romania, la republica Ar- gentina, il Brasile, il Chili e l'Uruguay usano la dattiloscopia, esclusivamente od in associazione con altri metodi. In Italia, il Prof. Ottolenghi (13), nel suo corso di Polizia Scientifica pei fun- zionari superiori, che egli ha istituito in Roma, dà larga parte alla trattazione della dattiloscopia ed ha anche stabilito un servizio di schede con le impronte digitali. Varî sono i processi per raccogliere le impronte e varî i me- todi di classificarle, che permettono in mezzo a parecchie migliaia di schede di trovare in pochi minuti quella che si desidera: I metodi principali sono quattro, e cioè quelli di Vucetich, di Galton - Henry - Windt - Koditek, di Pottecher e di Oloviz. Non è mia intenzione di intrattenermi qui su ciascuno di essi, e parlerò soltanto del più diffuso, cioè di quello proposto dal Vucetich (14), direttore dell’ ufficio di identificazione della Plata. Il Vucetich infatti si è occupato con molto amore dell’ argo- mento, e a lui e al Galton deve appunto attribuirsi il merito di aver regolato in ogni particolare il sistema di identificazione dat- tiloscopica. Una difficoltà non indifferente contro cui doveva lottare il Vucetich era quella di trovare un sistema di classificazione delle impronte digitali così semplice che anche una persona di me- diocre cultura potesse in breve orientarsi, e conviene riconoscere che la nomenclatura e la classificazione del Galton erano, per i fini pratici, alquanto complicate. Il Vucetich invece è riuscito a ridurre a 4 tipi tutte le in- | finite varietà di disposizione che possono assumere le linee pa- pillari delle falangi distali della mano. Egli dà speciale importanza al fatto che nei disegni dei polpastrelli si può talora trovare in ambi i lati una specie di delta od angolo, formato dall’ incontro .delle linee superiori (distali) curve, con le linee inferiori ( pros- simali ), più o meno trasversali. Altre volte l’angolo esiste invece solo da un lato, od anche non ne esiste traccia. Basandosi su ciò, egli ha stabilito 4 tipi, che sono i seguenti: Mo trareo; 2.° ansa interna, 3.° ansa esterna, 4.° vortice. ; Nel primo gruppo, o arco (A = 1), egli ‘mette tutte quelle impronte le cui linee curve non si incontrano in alcun punto con le trasversali, di guisa che gli angoli mancano. Nel secondo gruppo, o ansa interna (I= 2), le linee direttrici, cioè la linea curva più prossimale e la linea trasversale più distale, si uniscono in un punto formando un angolo alla destra dell’ os- servatore, e le linee intermedie si dirigono verso la sinistra. Nel terzo gruppo, o ansa esterna (E = 3), le linee direttrici si uniscono in un punto formando un delta alla sinistra dell’ os- servatore, e le linee intermedie si dirigono verso destra. Nel quarto. gruppo, o vortice (V = 4), le linee direttrici si uniscono lateralmente in due punti, formando due angoli, siechè le linee intermedie sono completamente circoscritte, costituendo una specie di nucleo. Egli indica rispettivamente con le lettere maiuscole A, I, E, V, le 4 forme descritte quando sono presentate dai pollici; mentre le indica coi numeri 1, 2, 3, 4, quando si riferiscono alle altre dita. Usando di queste notazioni, le varie combinazioni che possono presentare le dita delle mani vengono indicate con simboli assai semplici, che costituiscono l’ individualità dattiloscopica o numero personale di un dato soggetto. L’insieme delle dita della mano destra di un individuo viene dal Vucetich chiamato Serie, l'insieme delle dita della mano si- nistra Sezione. Nella mano destra, cioè nella Serie, il pollice è il dito fon- damentale; le altre quattro dita costituiscono la suddivisione. Nella mano sinistra, cioè nella sezione, il pollice determina la sottoclassificazione; le altre quattro dita la suddivisione. Abbiamo detto che la serie è data dalla mano destra. In essa il pollice può avere secondo il Vucetich 4 forme; e quindi 4 sono le partizioni fondamentali. Ma poichè ciascuna delle altre 4 dita può avere 4 forme, poichè cioè si possono avere 256 divisioni, così dalle combinazioni delle 4 forme del pollice destro con le 256 divisioni, si hanno 1024 serie possibili. Nella mano sinistra, che è quella che dà la sezione, il pollice ENGEL | può avere anche qui una delle 4 forme, e quindi 4 sono le sotto- | classificazioni; e le altre 4 dita, potendo ciascuna avere 4 forme, determinano 256 suddivisioni possibili, e dalla combinazione delle _ 4 sottoclassificazioni con le 256 suddivisioni si hanno 1024 sezioni. Considerando ora insieme le 2 mani, noi vediamo che cia- scuna delle 1024 serie (riferentisi alla mano destra) può combi- narsi con ciascuna delle 1024 sezioni (riferentisi alla sinistra ) in guisa che il numero complessivo delle combinazioni possibili è 1048576. Tale numero di combinazioni possibili è veramente notevole, e, teoricamente, in una collettività di 1,048,576 individui, po- trebbero non esservene nemmeno due con disegni digitali dì tipo corrispondente (*). 5 Questo numero di combinazioni possibili, più semplicemente esprimibile con 4!%, è assolutamente esatto, dato che 4 siano i tipi che ciascuna delle 4 dita può presentare. | Se non che, secondo le ricerche di S. De Sanctis e P. To- scano (10), non vi sarebbero come ammette il Vucetich 2 tipi di anse, ma invece uno solo. Questi 2 autori chiamano forme aperte quelle che il Vucetich chiama ad ansa (prensilla), e dicono che l’apertura è sempre rivolta dal lato cubitale (#*). Essi non si soffermano a lungo su (#) Il Vucetich ricava il numero delle combinazioni possibili per mezzo di calcoli diretti piuttosto lunghi; più breve è l’uso della formula Questa formula, che io applicherò più sotto, permette appunto di calcolare il numero Di, , delle disposizioni possibili di m elementi di- stinti, presi n a n, con elementi ripetuti. Nel nostro caso, m è il numero degli elementi diversi, cioè arco, ansa interna, ansa esterna, vortice; n è il numero delle dita, cioè 10. (**) Mi pare accenni allo stesso fatto il Purkinje, quando dice: Il seno obliquo è circondato da altre linee semi-ellittiche che partono da un lato della falange per andare a terminarsi nel lato opposto. In dentro (lato cubitale del dito) queste linee sono parallele a quelle che com- pongono il seno obliquo; in fuori (lato radiale) esse ne divergono in alto, e, a qualche distanza dalla piega interfalangea, ne sono separate da un piccolo spazio triangolare riempito da linee trasversali (Cfr. Alzx, o. e., Tomo IX, pag. 6). PES ( ROL (9) KoLtmann. — Der Tastapparat der Hand der menschlichen Rassen und der Affen in seiner Entwickelung und Gliederung. Leipzig, 1883. (10) S. De Sanctis e P. Toscano. — Le impronte digitali dei fanciulli normali, frenastenici e sordomuti. Atti della Società romana di Antropologia. Vol. VIII, 1901. (11) GaLron. — Personal identification and description, 1888. — Identification by finger tips. Nineteenth Century, 1891. — Patterns in thumb and finger marks. Philosophical Transactions, 1891. — Finger prints in the determination of identity. Scientific amer., N.7, 1897. (12) Locarp. — Les méthodes d’ identification. Archives d’ Antropologie criminelle, 1906. (13) OrroLENGRI. — La nuova cartella biografica dei pregiudicati. Atti della Società romana di Antropologia. 1905, fase. I, pag. 110. (V. anche: La Lettura, Anno V, N. 4). (14) Vucerica. — Instrueciones generales para el sistema de Filiation. La Plata, 1896. .— Conferencia sobre el sistema dactiloscopico. La Plata, 1901. — Dactiloscopia comparada. La Plata, 1904. (16) Firomusi- GueLri. — Sulle impronte nel sito del reato. Giornale di Medicina Legale, Anno XI, 1904, pag. 102. (16) ForcEeor. — Les empreintes latentes relevées par des procédés spé- ciaux an point de vue de l anthropologie criminelle. Thèse de Hivoni (ISO rst SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA La tavola, ottenuta direttamente con 1 autografia, dà le im- pronte digitali di un individuo normale (studente in medicina). Si vede che tutte le dita presentano il tipo ansa, e la tavola di- mostra che în tutte V ansa è cubitale, salvo che nei due indici, i quali hanno un’ ansa radiale. Nella tavola si può anche osservare che le linee papillari su- periori (distali) dei pollici sono anch’ esse inclinate con direzione cubitale, i Sono lasciati in. bianco gli spazi riferentisi alle indicazioni della scheda (Serie, Nr. ecc. ) che qui non avrebbero scopo. SPLLEIORTANE IA & PRA era lag lrace £5: tà ASTA REA A Ae i CEVIDALLI - Sulle linee papillari... rep a 0}}odos JI aporsra Ind ur 0S0n] Pe 2 DI g si 2 È 3 ua Pai = siga, ui © S n AGI I HH S 2 5 Si 5 | SERE D m ® Ra) | FRS E ai 3 IS D Sans ® 3 dii O) Mb HKE ij fsi È di oua î | Re > 7 I A È fs 5 si (5) E SLA (si SÌ > |o 5 ENG eo ISS E Skavsta ® IRA 6 X YVUHLSINIS VUEN YVULSIC QUEN Serie AHILLVROS ULON IHOIDOT109ISdT SLON A. BARBIERI \ SULLA CONVERGENZA UNIFORME DELLE FUNZIONI DI VARIABILE REALE (Nota presentata alla seduta del 10 Aprile). I due concetti di limite superiore d’indeterminazione e di massimo limite in un punto di una funzione reale di variabile reale non appariscono a prima vista identici a chi non sappia trasformare opportunamente ed analizzare le definizioni dirette degli enti stessi. Partendo da quelle definizioni, metto in evidenza tale identità dimostrando il teorema seguente: « Se f(x) è una funzione reale della variabile reale x, finita e ad un valore in tutti i punti di un intervallo (a|—|b), se L'è il massimo limite della f(x) in un punto x, (L determinato e Ss 3 Hiaa 3 finito ), ad ogni e fissato si può fare corrispondere un numero h, tale, che saghe hh fA)». Tale teorema poi mi è utile nella ricerca seguente: | « Data una funzione f(x) reale della variabile reale x, finita e determinata in tutti i punti di un intervallo (a|—-|b) la quale lungo infinite successioni 8; = {c., Wii Cio Lin i) tendenti ad e (8, essendo un insieme numerabile, è variabile discreta o con- tinua) tende rispettivamente a limiti finiti L,, è possibile in cor- rispondenza di ogni numero e, determinare un intorno (%, pg et he) tale che qualunque sia L, e qualunque sia x in quel- MO l’intorno, purchè appartenente alla S,, siano soddisfatte o l’una o l’altra (od entrambe) delle relazioni f(x) < L,te GO L,—e ? Relativamente a tale questione dimostro (intanto) che: « Se l'insieme L. ammette come unico punto limite (quindi come limite) il limite superiore L (inferiore 1) dell'insieme, si può determinare, in corrispondenza ad ogni e, un numero het; tale, che nell’ intorno ( Xe h, ae. + h A ) sia soddisfatta la I° (la II.2) delle a. 10% ._ Sia data una funzione f(x) reale della variabile reale x, fi- nita e ad un valore in tutti i punti di un intervallo a|—-]d. Siano i infinite successioni di numeri tendenti ad x, (@ . CATIA LE lungo la quale sarebbe, qualunque fosse è, \ EEE ed il limite (od i limiti) a cui tenderebbe la f(x) lungo quella successione non potrebbe (non potrebbero ) essere minore od uguale (minori od uguali) ad L. Osservazione. — È evidente che « per ogni e fissato, si può determinare un numero è tale che per ogni o L—e ». L'A Basta infatti prendere per x, uno degli infiniti numeri di quélla|successione lungo la quale f(x) tende ad L, i quali cadono nell’ intervallo (%, 0.1.0, + T). Di qui e dal teorema precedente, ricordando la definizione di limite superiore di indeterminazione di una funzione in un punto (*), si conclude che _« Il limite superiore di indeterminazione nel punto x, della f(x), coincide col massimo limite, nel punto stesso ». Analogamente si definisce il minimo limite della f(x) nel punto x e si dimostra il Teorema 2.° Se f(x) è una funzione reale della variabile reale x, finita e ad un valore in tutti i punti di un intervallo (a|—b), se 1 è il minimo limite della f(x) nel punto x, (1 de- terminato e finito), ad ogni e fissato sì può fare corrispondere un numero h, tale che lo) E a Th trovato in moltissimi esemplari a Mantova, a Castelfranco nel Bo- lognese ed a Modena: pubblicava inoltre nello stesso volume una « Nota sul genere Scardinius » e parlando dello S. erytrophtalmus lo cita della Secchia e di Modena: in un’altra « Nota sul arnie Telestes » ricorda il T. Maticellus del Modenese. Nell'anno successivo sullo stesso giornale parla ancora « Sul Gubio punctatissimus » — « Sul genere Leuciscus » (indicando alcune particolarità del L. aula del Modenese) « Sulla Cobitis larvata De Fill. » ed a proposito di questa ricorda una varietà della C. taenia. che vive tanto nel Trevigiano che nel Modenese: — infine, dà la Enumerazione dei Ciprini del Modenese » ed in essa elenca 10 generi e 12 specie della nostra SELLE — È questo il primo catalogo dei Pesci del Modenese. Nel 1866 pubblica nello stesso periodico un « Prospetto cri- tico dei Pesci d’ acqua dolce d’Italia » nel quale enumera 20 specie del Modenese, o 21 se vi si comprende anche un Accipenser huso Lin. pescato nel Po presso la foce del Panaro. Il Prof. Paolo Bonizzi (1869) nel IV Volume dell’ Annuario della Società dei Naturalisti di Modena pubblica un « Prospetto sistematico e Catalogo dei Pesci del Modenese », nel quale indica 26 specie, e in esso dà, oltre il nome volgare italiano, anche il nome volgare modenese ed alcune poche note. Lo stesso Prof. Bonizzi (1881) dà in luce il « Primo Cata- logo delle Collezioni dei prodotti naturali della Provincia Mode- nese fin ora raccolti, studiati e classificati nel Gabinetto di Storia Naturale dell’ Istituto Tecnico Provinciale » (1). — In questo la- voro enumera 15 specie rappresentanti altrettanti generi. Il Prof. Antonio Carruccio (1882) nell’ Annuario sopracitato «pubblicò un interessante lavoro sulla « Importanza ed utilità delle. Collezioni faunistiche locali e contribuzioni alla Fauna dell'Emilia ( Vertebrati del Modenese) » nel quale dà l’elenco di tutte le specie di vertebrati trovati nel Modenese ed in esso enwmerando i Pesci, ne nota 21 specie. i Il Comm. Claudio Sandonnini si è anche occupato dei pesci del Modenese, facendo parte della Commissione Provinciale per la la Pesca, ma non ha fatto alcuna pubblicazione in proposito: mi assicurò però di non aver alcuna aggiunta da fare all’ elenco già pubblicato dai precedenti autori per il Modenese. Più fortunato di loro mi è dato — grazia la cortesia del Direttore dell’ Istituto Zoologico della R. Università di Modena Prof. Dott. Daniele Rosa -— di aggiungere una specie nuova per la nostra Provincia. Ho detto specie uuova, avrei dovuto dir una specie sfuggita ai collezionisti, ma ben conosciuta dai pescatori : intendo parlare della: Clupea Alosa Lin. È questa specie abbastanza comune nel Panaro e nella Sec- chia, e risale sin verso al colle essendosi rinvenuta persino a Sassuolo. Rimonta i nostri fiumi nei mesi di aprile e maggio e | ridiscende in luglio ed agosto. È solo nelle epoche indicate che si riesce a trovare la Cheppia; in ogni altra stagione non si pesca assolutamente nella indicata località: i giovani sono sfuggiti sin ora alle ricerche dei Naturalisti. La sua ascesa verso il colle è più o meno avanzata a seconda dell’ abbondanza dell’ acqua ed in quest'anno (1905) si è pescata più verso l’alto che negli anni andati. — I pescatori ne pescano talvolta in gran copia, ed anche grossi individui del peso superiore ad un kilogrammo (grammi 1300 a 1400): in una retata se ne possono trovare 7 od 8 indi- vidui, ed in pochi giorni se ne possono pescare sino a 2 quintali. Essi non ne tengono conto, giacchè da noi non si mangia. La (1) Modena, P. Toschi e C. (a spese dell’ autore), p. 186. RESp6 1, peo chiamano Cep o Cepa: con nome presso a poco uguale è indicato in altre parti d’ Italia. Il Canestrini dice che la sua carne è poco saporita nell’ epoca della frega, è buona invece in ogni altra sta- gione; tale non è invece l’ opinione dei nostri pescatori, i quali dicono che essa presenta un sapore marcatissimo di Saracca che la rende assai disgustosa. Per i caratteri indicati dagli autori ho classificato la Clupea del Modenese come appartenenti alla specie alosa Lin.: mi riservo di far raccogliere altri esemplari a tempo opportuno e di studiar la nostra ceppa con esemplari di confronto: solo debbo osservare che mentre per il numero delle biancosteghe la C. del Modenese si riattacca alla C. alosa del Lin., per la colorazione invece si rassomiglia alla C. finta Cuv., avendo come essa le macchie dietro gli oechi — e ben distinte sui due esemplari del. museo — e, secondo che affermano i pescatori, talvolta ne esisterebbero altre in vicinanza della coda. La lunghezza degli esemplari del Museo di Modena misura m. 0,32. Carassius vulgaris Nils. Il Canestrini, il Bonizzi ed il Carruccio notano questa specie fra quelle viventi del Modenese, il Bonizzi la dice rara, ma non indica alcuna località, solo afferma rinvenirsi nei fossati di Mo- dena. Il Sandonnini mi assicurò non aver mai avuto dai pescatori questa specie. Posso ora indicare due località nelle quali vive il Carassius e cioè i prati dell’ Archirola, ed i contorni di Nonan- tola, nei quali luoghi neanche sarebbe rarissimo. — Il Giglioli che anni addietro visitò il Museo di Zoologia dell’ Università di Modena constatò che realmente i Corassius esistenti in collezioni appartenevano al C. vulgaris, non però corrispondevano al tipo sebbene ad una varietà. Il Canestrini infatti osservò che gli esem- plari del Modenese appartengono ad una forma intermedia tra il C. oblungus e l’ humilis dell’ Heckel che egli riunì al O. vul- garis Nils. Acipenser sp. Il prof. Bonizzi ricorda come nei fiumi del Modenese si rin- vengono diverse specie di Storioni ( Acipenser sturio L., A. Nac- cari Bp., A. Nardoi Hrck., A. huso L.), non cita però alcun in- dividuo di detta località ad eccezione dell’ A. huso che più sopra — 58 — ; ho ricordato, il quale pesava oltre 100 Kg.. Io posso, in ag- giunta alle notizie date dal Bonizzi, affermare che lo Storione si pesca abbastanza di frequente al Bondeno; e non solo nel I ma anche in canali che sboccano in duo fiume. » Al Finale vien pescato più raramente, e solo quando vi è ri- gurgito delle acque del Po. Nulla posso dir sulle diverse specie che si pescano nel Panaro e nella Secchia non avendo mai visti Storioni presi negli indicati fiumi, ad eccezione dell’ individuo ci- tato dal Bonizzi. i Petromyron marinus Lin. Il Bonizzi nel prospetto sistematico e Catalogo dei Pesci di Modena cita questa specie della quale dice averne avuto un esem- plare dal Po nel 1865. Il Prof. Carruccio omette la Lampreda fra i pesci del Modenese non avendo avuto alcun esemplare preso vella provincia. Io posso citare un esemplare preso nelle valli del Finalese alcuni anni or sono, esemplare che si conserva nella Uollezione del Modenese: trattasi di un esemplare giovane. Dall’ Istituto Zuologico della R. Università di Modena — Dicembre 1905. . Dott. A. CEVIDALLI e A. CHISTONI Incaricato della Direzione Laureando in Medicina ESISTE UNA METARMOGLOBINA OSSICARBONICA? * Esiste un derivato del pigmento sanguigno da ritenersi come metaemoglobina ossicarbonica ? Negli Elementi di fisiologia del Beaunis (1), che, per le nu- merose aggiunte dell’ Aducco, costituiscono nella traduzione ita- liana una vera miniera di notizie, null’ altro si trova su tale questione all’ infuori del seguente fugacissimo accenno: < Fu anche descritta la metemoglobina ossicarbonica ». Ben poca cosa davvero, specialmente se si pensa all’ enorme bibliografia di cui è in generale ricchissima 1’ opera suddetta. Nel Trattato di fisiologia recentemente pubblicato da Morat e Doyon (2), anch'esso ben documentato, si trova qualche cosa di più. « Secondo qualche autore, la metaemoglobina fissa l’ ossido di carbonio. Se si fa passare una corrente di ossido di carbonio: attraverso la metaemoglobina ottenuta con ferricianuro, il liquido passa dal bruno al rosso-chiaro, e presenta una larga banda tra D e E, che non si modifica agitando all’ aria... ». Maggiori parti- colari non abbiamo trovati consultando altri testi. Quanto poi ai lavori speciali, bisogna confessare che essi lasciano assai dubbiosi sulla attendibilità delle ‘affermazioni contenutevi, poichè si vede con meraviglia che i varî ricercatori hanno ottenuto risultati, op- posti pur facendo uso di una tecnica quasi identica. Weil e Anrep (3) hanno fatto passare per 30 minuti una corrente di idrogeno o di. acido carbonico in una soluzione di me- (*) ‘Comunicazione alla Società: dei Naturalisti di Modena, il 10° aprile 1906. — 60 —, taemoglobina ottenuta dalla carbossiemoglobina; e non sono riu sciti a spostare l’ ossido di carbonio. Questa esperienza li ha in- dotti a concludere che la metaemoglobina è capace di dare un composto fisso con l’ossido di carbonio. ; Ma ecco che Bertin-Sans e Moitessier (4) sorgono a contrad- dire completamente Weil e Anrep, pur operando nello stesso modo. Infatti essi sono riusciti a sbarazzare la creduta metaemo- globina ossicarbonica dal suo ossido di carbonio, facendovi gorgo- gliare. per venti minuti una corrente di idrogeno o di anidride carbonica, oppure lasciandola SOSEIORIIO per 5 ore nel vuoto; e in fine concludono: « Le nostre ricerche contraddicono la conclusione di. Weil e Anrep, relativa all’ esistenza di una combinazione della metae- moglobina con 1’ ossido di carbonio. L’ ossido di carbonio contenuto nelle soluzioni di metemoglobina derivata dalla carbossiemoglobina si comporta come se fosse sciolto nell’ acqua ». (*). Lo Szigeti (5) avrebbe invece constatato che le soluzioni di metemoglobina prendono un color rosso-chiaro ‘quando in esse si faccia gorgogliare dell’ ossido di carbonio o del gas illuminante. Wachholz (6), in un suo primo lavoro, esperimentò in due ‘ modi. In una prima serie, si giovò dell’ ossido di carbonio conte- nuto nel gas illuminante; in una seconda, fece gorgogliare attra- verso alla metaemoglobina, preparata con ferricianuro potassico, dell’ ossido di carbonio puro, ottenuto riscaldando dell’ acido os- salico con acido solforico concentrato. Secondo le esperienze della prima serie, egli giunge alla con- clusione che una soluzione di metaemoglobina si colora in rosso per azione del gas nani e che lo spettro della metemo- globina rimane invariato se è passata poca quantità di gas, mentre se la soluzione di metaemoglobina al 5°/, viene saturata col gas, (*#) Su questo principio, BertIn-SANs e MorressieR (4) immaginarono un metodo per la dimostrazione della carbossiemoglobina che ci sembra non esser stato preso nella dovuta considerazione dai medici legali. A questo metodo sì accosta la ben nota prova di WacHHoLz e SIERADZEI, alla quale in questi ultimi tempi furono rivolte critiche assai vivaci da parte del RicaTER ( Gerichtsarztliche Diagnostik und Technik. Leipzig 1905, pag. 161). Ad esse ha risposto il WacHotz (Vierteljahrsschr. f. gerich. Med. XXXI Bd., Supplement - Heft 1906, pag. 29). Anche il ReuTER, nel congresso della Società tedesca di medicina legale tenuto in Meran dal 25 .al 28 settembre 1905, fece alla prova in questione parecchie obiezioni (Vierteljahrsschr. f. gericht. Med., XXXI Bd., Heft 2, pag. 240).; è MEN; Re scompare la banda della metemoglobina e compare un assorbimento diffuso dal giallo al violetto. Se questa soluzione di metemoglobina al 5 °/, sì diluisce con acqua distillata, allora la zona di assorbimento diminuisce, e final- mente rimane nel campo del verde una larga banda poco bene delimitata, che assomiglia alla banda dell’ emoglobina ridotta e a quella della cianematina e della cianmetaemoglobina. Che questa banda non sia dovuta a cianematina o a cianme- taemoglobina, dice il Wachholz, si può capire. già dal fatto che nella preparazione della metaemoglobina non vi era stato nessun contatto con acido cianidrico o con suoi sali semplici. La. possi- bilità che il gas contenesse esso stesso dell'acido cianidrico il Wachholz credette di poterla escludere per le informazioni avute dalla Direzione del gas e in base alle proprie analisi. Dalla seconda serie di esperienze, vale a dire facendo gor- gogliare nella soluzione di metaemoglobina l’ ossido di carbonio puro, il Wachholz concluse che la metaemoglobina attraversata dal- l’ossido di carbonio non si modificava in alcun modo. Secondo il Wachholz anche l’ acetilene e iii etilene sono ca- paci di arrossare la metaemoglobina. Da queste esperienze il Wachholz concluse che il CO puro non è capace di dare la metemoglobina ossicarbonica, mentre il gas illuminante ne trasforma il colore dal bruno al rosso. Tale trasformazione sarebbe dovuta, secondo il. Wachholz, all’ azione degli idrocarburi pesanti che fanno parte del gas illuminante. Evidentemente il Wachholz cadde in errore rispetto all’ ana- lisi del gas illuminante, poichè questo contiene, se pure non co- stantemente, dei derivati del cianogeno, come ebbe a riconoscere ‘egli stesso nel suo secondo lavoro pubblicato insieme allo Sie- radzki (7). E infatti il Richter (8) afferma che l’ arrossamento della me- taemoglobina trattata con gas illuminante è dato dai composti cia- nici, ma ammette con lo Szigeti (5) che la trasformazione della metaemoglobina possa avvenire anche per azione dell’ ossido di carbonio puro, il quale appunto arrosserebbe la metemoglobina; sebbene meno intensamente del gas illuminante. Come si vede, le contraddizioni tra i varî autori non potrebbero essere più conclamate e più impressionanti, sopratutto pensando che essi hanno proceduto nelle loro esperienze quasi nell’ identico SERI Bel: modo. Per queste ragioni, uno di noi (Cevidalli) ha creduto non inutile di riprendere simile genere di esperienze, per potere anche . scoprire le eventuali cause delle controversie. Abbiamo proceduto così: In una soluzione al 7 °/, di sangue defibrinato di bue, l’ ossiemoglobina viene trasformata in mete- moglobina con un cristallino di ferricianuro potassico. La solu- zione così preparata si sottopone per due ore all’ azione del gas illuminante, e osserviamo che il colore da bruno che era si è tra- sformato in rosso-rubino. Allo spettroscopio (spettroscopio comparatore Quincke della casa Zeiss) è quasi scomparsa la stria della metaemoglobina nel campo del rosso, ed è invece comparsa in modo molto evidente una larga banda nel campo del verde, la quale, con apertura di fenditura 2, luce di lampada a gas (sistema Auer) e ‘spessore della soluzione di mm. 2,4, si delimita in lunghezza d’onda tra 0,515 e 0,585. Facendo gorgogliare il gas per un’altra ora, si nota che il colore è diventato rosso-rubino intenso; allo spettro- scopio è scomparsa completamente la stria della metaemoglobina nel campo del rosso, e, allo spessore di 2,4 mm., si nota nel campo del verde la larga banda con le note caratteristiche soprade- scritte. Dopo avere eseguite altre osservazioni di tal fatta, e sempre con identici risultati, passammo a vedere come si comporta l’os-. sido di carbonio puro. hi Una soluzione al 7°/, di sangue defibrinato di bue viene trattata con un cristallino di ferricianuro. potassico, in modo da. trasformare l’ossiemoglobina in metaemoglobina, e poi è divisa in due porzioni. Una di queste viene posta all'oscuro, e l’ altra si sottopone all’ azione del CO puro, avendo l'avvertenza di preser-: varla dall’ azione della luce. L’ossido di carbonio puro 1’ abbiamo ottenuto facendo agire a caldo l’ acido solforico concentrato sul- l'acido ossalico, trattenendo l’ anidride carbonica per mezzo di soluzioni di potassa caustica. Dopo 5 ore si osserva, che, tanto macroscopicamente quanto allo spettroscopio, la metaemoglobina così trattata non è per nulla differente dalla soluzione di con- trollo. Allora pensiamo di sottoporre la stessa soluzione, che ha già subito il trattamento con CO, all’ azione del gas illuminante. Orbene, dopo un’ ora e mezzo la soluzione ha preso il color rosso-rubino, e allo spettroscopio è scomparsa la stria della mete- moglobina nel campo del rosso mentre è comparsa la larga banda nel campo del verde. reg I Come si spiegano i risultati diversi avuti coll’ossido di car- bonio in confronto di quelli ottenuti col gas illuminante? Evi- dentemente bisogna pensare che il gas illuminante debba la sua proprietà non all’ ossido di carbonio ma a qualcuno degli altri corpi che in esso si trovano, poichè è a tutti noto che se l’ ossido di carbonio fa parte del gas illuminante, esso non è solo, ma è invece associato a numerosi composti. Come il Richter (8), noi crediamo che si debba ai composti del cianogeno l’ azione del gas illuminante sulla metaemoglobina, e la prova di ciò l’ avemmo nella seguente esperienza: Abbiamo fatto gorgogliare dell’ acido cianidrico in una solu- zione di metaemoglobina, e, quasi istantaneamente, il colore da bruno è diventato rosso-rubino. Allo spettroscopio si osserva una larga banda nel campo del verde (*), la quale, per sede, inten-. sità, per tutti i suoi caratteri corrisponde con perfetta identità a quella che si ottiene facendo gorgogliare nella metaemoglobina il gas illuminante. Resta così dimostrato che la sostanza che si ottiene dalla metaemoglobina attraversata dal gas illuminante si deve identificare: con la cianmetaemoglobina (#*). Dicemmo che lo Szigeti (5) e il Richter ‘(8) affermano che l’ ossido di carbonio si comporta come il gas illuminante. Come si possono intendere questi loro risultati, del tutto contrarî a quelli ottenuti dal Wachholz e da noi? Riteniamo che per ciò si debba tener presente un fatto, del quale non tennero calcolo gli autori che si sono occupati del nostro argomento. È d’uopo ricordare che le soluzioni di ia pre- parate facendo agire il ferricianuro potassico su una soluzione di emoglobina, passano dal color bruno al rosso vivo sotto l’ influenza della luce, presentando allo. spettroscopio una banda nel campo del verde, mentre scompare la banda nel rosso. È sopratutto attiva la luce solare, e si sa che una soluzione all’ 1°/; dello spessore di 3 mm., nella stagione estiva, si trasforma completamente, al sole del mezzogiorno, in 30 minuti. (*) Cfr. Borri. Spettri d’ assorbimento dell’ emoglobina e suoi derivati. Ace. di Scienze di Modena, vol IV, pag. 284. (#*) La cianmetaemoglobina, così chiamata dal Kosert (Ueder Cyanme- thimoglobin und der Nachweis der Blaustiure. Stuttgart, 1891), sarebbe più propriamente da indicarsi, secondo Zeynek (10), col nome di cian- emoglobina. — 64 — Lo scopritore di questo elegante fenomeno fu il Bock (9), e la sostanza che sì origina in tali condizioni venne chiamata foto- metaemoglobina, In realtà, la fotometaemoglobina non è altro che cianmetae- moglobina, dovuta all’azione decomponente che la luce esercita sul ferricianuro mettendo in libertà dell’ acido cianidrico, che reagisce con le metaemoglobina [v. Zeynek (10)]. : Ciò posto, per spiegare i risultati di Richter e Ozigeti, si possono fare due ipotesi. O essi hanno fatto Solanglioni l’ossido di carbonio uolla me- taemoglobina tenendo esposta questa alla luce solare diretta, op- pure avranno eseguita l’ osservazione dopo moltotempo da che il liquido era esposto alla luce diffusa. In un modo e nell’altro la metaemoglobina avrebbe avuto tempo di trasformarsi nella fotometaemoglobina, traendo in inganno questi due autori. i In base alle nostre ‘esperienze crediamo Di poter stabilire le seguenti conclusioni: I.° Non esiste una metaemoglobina ossicarbonica. . II.° La pretesa metaemoglobina ossicarbonica non è altro che cianmetaemoglobina. III.° Il gas illuminante e v ui di carbonio puro si com- portano, di fronte alla metaemoglobina, in modo diverso. IV.° Come corollario della conclusione terza, va tenuto pre- sente, più di quanto non si sia fatto finora, che non si può mai estendere direttamente al CO quanto si sia verificato per il gas illuminante, poichè i varî corpi, che entrano nel miscuglio che costituisce quest’ ultimo, possono conferirgli inaspettate proprietà, del tutto estranee all’ ossido di carbonio. pa AR BIBLIOGRAFIA: (1) Braunis-Apucco. — Elementi di Fisiologia umana. Vol. I, pag. 269. Torino, 1901. (2) Morar et Dovon. — Traité de Phystologie. Vol. I, pag. 682. Paris, 1904. (3) Weir und Anrep, — Ueder IKohlenoxyd- Galore Archiv fir Physiologie, 1880, pag. 227. (4) Bertin-Sans et Moiressier. -— Sur la transformation de l hémo- globine oxycarbonée en méthémoglobine et sur un nouveau procédé «de recherche de l’ oxide de carbone dans le sang. Comptes Rendus ‘de l’Acad. des Sciences. Tome 113, séance du 27 juillet 1891. (5) Sziceri. — Ueber KohlenoxyAmethaemoglobin und Kohlenoxydhae- matin. Vierteljahrsschr. f. gerichtl. 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BENASSI Incaricato della Direzione ‘Studente in Medicina RICERCHE SULLE PIEGHE PALMARI. >» CONTRIBUTO ALLO STUDIO ANTROPOLOGICO DELLA MANO (#) (Con 4 Tavole ) Alix (1), nel suo classico lavoro su le linee papillari della mano e del piede nell’ uomo e nelle .scimie, si è altresi occupato della forma in generale — cioè dell’apparato scheletrico e mu- scolare e del rivestimento tegumentale — che detti organi possono presentare. Ed è per lo meno strano il notare che al suo occhio di osservatore siano sfuggite alcune particolarità salienti: che, ad esempio, egli non sia stato colpito dalle non lievi. differenze ‘che le pieghe articolari della mano umana sogliono mostrare, da individuo a individuo, con una certa frequenza. È strano, diciamo, in quanto l’ Alix, che per le sue ricerche dovette esaminare le mani di esemplari di molte specie di scimie, nella descrizione di esse non dimenticò di notare { pag. 343) la direzione seguita dalle pieghe palmari, così caratteristicamente diversa da quella del- l’uomo. Le pieshe: st di flessione delle dita vanno direttamente da un ‘capo all’altro della mano, e non vi ha piega particolare che corrisponda alla flessione delle tre ultime dita mentre 1° indice resta esteso. Negli Owistitis il pollice si Hette in un medesimo piano colle altre dita, e ne risulta una piega trasversale che va da un lato all’altro della palma passando sotto la base del pollice ». Ma forse si spiega come quest’ autore, cui premeva di descrivere le forme caratteristiche della specie, e non le varietà individuali, (*, Comunicazione alla Soczetà dei Naturalisti di Modena, il 10 eprile 1906, Se È abbia trascurato queste ultime, dato che gli fossero capitate, anche in modo tipico, sotto gli occhi. Fatto sta che, parlando delle pieghe palmari dell’uomo (pag. 318) non dà alcuna descrizione diversa dal consueto, limitandosi ad accennare alle principali di esse e a ricordare che fu primo il Velpeau (13) a notare come queste linee . . . . . . . . . . . siano dovute ai differenti movimenti di flessione e di opposizione. Negli anni seguenti alla pubblicazione dell’ Alix, i lavori LI sull’ argomento scarseggiarono; è soltanto da un decennio circa che gli studi antropologici sul valore delle pieghe palmari e delle linee papillari son tornati in onore. Toccava al Carrara (2) descrivere e studiare la frequenza e interpretare il significato di alcune anomalie, non rare, che le pieghe palmari possono presentare nell’ uomo. L'A. fa precedere alla descrizione delle forme anormali scoperte uno studio sintetico sulle differenze che passano fra la mano dell’ uomo e quella delle scimie, differenze che Goodser sintetizza dicendo che la mano dell’ uomo può afferrare una sfera, quella della scimia un cilindro. I muscoli della palma si possono raggruppare in flessori, che pro- vocano i solchi a direzione prevalentemente trasversa o perpen- dicolare all’ asse longitudinale; adduttori, che provocano i solchi longitudinali; opponenti, che provocano i solchi obliqui. Come ri- sulta dal lavoro dell’ Hepburn (5), nel gibbone e nell’ orang-utang i solchi trasversali sono tre: anteriore, medio e posteriore, ed hanno un decorso orizzontale ... +. « poi di mano in mano che compaiono i movimenti di opposizione e di adduzione, prima nel chimpanzè, poi nel gorilla e finalmente nell’ uomo avviene che ....... i solchi sono spinti all’ innanzi, verso l’ estremità distale, e diventano più brevi, quasi interrotti, e con direzione obliqua, corrispondendo, per es., una estremità del solco anteriore o al- l’indice o allo spazio fra indice e mediv. Di più vi è una grande semplicità di essi nella forma primitiva del gibbone, ‘che man mano dà luogo alia notevole molteplicità, specialmente nei solchi radiati (obliqui) e longitudinali, che. si presentano egualmente profondi: nell’ uomo poi si ha di nuovo una riduzione per la pre- valenza decisiva di alcuni di essi, mentre gli altri si rendono su- perficialissimi, ed estremamente variabili.in ciascun individuo. In- fatti dei solchi longitudinali non ne resta nell’ uomo che uno, nel mezzo della palma; ed anche questo non costante. La linea con- vessa che nell’ uomo circonda costantemente 1’ eminenza tenare è determinata dal movimento di opposizione del pollice ed in parte dall’adduzione ». IO ABETE Lo Sperino (12) dà una descrizione sostanzialmente identica a quella sopra riportata. Tuttavia ci sia lecito notare, di pas- saggio, come nella mano del suo roglodites niger spicchi colla massima nettezza — e dalla descrizione che lA. ne fa, e ancor. più dal disegno unito, — un solco distale, a direzione decisa- mente trasversale, e interessante la palma intera, dal margine radiale al cubitale. Questo fatto metterebbe in disaccordo la di- sposizione delle pieghe trasversali del chimpanzè dello Sperino, «con quella accennata nella figura schematica di mano di chim- panzè, disegnata nella tavola del Carrara. Inoltre è da notarsi che nella figura che si trova nel volume dello Sperino, il secondo soleo, o medio, è appena accennato, e parte dal margine cubitale per cessare definitivamente contro ad un solco obliquo che limita l’eminenza tenare; mentre nella mano umana detto solco comincia costantemente al margine radiale; e si porta verso il cubitale, senza mai raggiungerlo, e perdendosi quasi sempre verso la parte media dell’eminenza ipotenare. Ad ogni modo, sarà bene tener presente che anche le mani degli antropoidi possono presentare non indifferenti variazioni individuali. Ma ciò che interessa, è che nell’uomo i solchi palmari pos- sono ricomparire con una disposizione simile a quella delle scimie. Carrara cita il Manouvrier (7) che, in un membro della stessa So- cietà di Antropologia cui l’autore francese presentava il caso, ri- trovava una piega trasversale ainica alla palma delle mani: anche il padre di quell’ individuo aveva una simile anomalia. Questa anomalia però — secondo le ricerche del Carrara — presente- rebbe parecchi gradi: perchè questo solco trasversale può essere unico (oltre quello che circonda | em. tenare e che non manca mai) (tipo I.); o può associarsi a uno o più solchi, pressapoco normali (tipo IIT.); oppure invece di un unico solco possono es- sere conservati parecchi di essi — specialmente due — i quali invece di avere la direzione curvilinea caratteristica ne hanno una orizzontale in modo da essere paralleli, e allora non sono completi, non interessano cioè tutta la palma (tipo II.); o final- mente i solchi principali sarebbero normali per numero e. dispo- sizione, ma non associati, come nell’ uomo normale, ad un numero vario di solchi superficiali e complessi che li congiungono (tipo IV). Rimandiamo al lavoro originale dell’ A. chi volesse minuta- mente conoscere le percentuali da lui riscontrate di tali ano- malie. Solo ricordiamo come in individui normali — 50 studenti | e 162 soldati — egli abbia trovato tali anomalie con questa per — 69 — centuale; negli individui, 5,6 ‘/; nelle mani, 4,2%, In 750 cri- minali trovò anomalie in 74 individui, cioè nel 9,8%; dei quali in 87, cioè nel 50°/, degli anormali, in ambedue le mani; in 26 (35°/,) solo a destra; e in 11 (14,8°/,) solo a sinistra. Mentre però nei normali, di 18 mani anomale, 11 presentavano il tipo T., e 7 il III., e il tipo II. era completamente assente, nei cri- . minali invece, pur predominando il tipo I., che si trovava in 53 mani, il tipo II. si presentava in 23 mani, e in 27 il III. Il IV. comparve solo in 8 mani. Inoltre nei criminali esisteva una forma speciale del III. tipo — mai osservata nei normali — e cioè ac- canto al solco trasversale ne era rimasto un altro molto profondo e netto che andava dal carpo alla radice dell’indice o del medio; solco che non è veramente anomalo, ma persiste così accentuato accanto alla scomparsa di tutti gli altri. In quanto al mestiere, il Carrara non ebbe a notare diffe- renze modificatriei, salvo forse l’ influenza sul IV. tipo, cioè sulla scomparsa dei più superficiali e delicati solchi, per l’ ispessimento della cute. Non constatò poi il rapporto affermato da alcuno fra la presenza del solco-unico trasversale e la brevità della mano. Tra 100 donne ladre e prostitute non trovò alcun caso ‘ben netto dell’ uno o dell’altro tipo di anomalia. Tra i neonati, una varietà di forme press’a poco corrispondenti a quelle degli adulti. I solchi di flessione però sono più profondi e più netti degli altri, e di essi solo il primo ha nel maggior numero una obliquità si- mile a quella degli adulti: gli altri solchi trasversali sono pres- sochè orizzontali. Molto evidente è anche il solco. longitudinale mediano. — Tra gli alienati (200) l’A. non trovò differenza dai nor- mali sia nella frequenza generale dell’ anomalia, sia nel rapporto relativo dei tipi speciali. Però tale anomalia era molto frequente e netta fra gli idioti, e ancor più che tra i cretini. Dopo Carrara gli studi si moltiplicano. E mentre Soulié (11) studia i rapporti — del resto già in parte indicati nei trattati di anatomia topografica ‘e chirurgica -— che intercedono fra le pieghe cutanee e le interlinee articolari, le arterie e le guaine tendinee; Féré (3), confermando i dati del Carrara, descrive inoltre alcune forme di pieghe palmari che al Carrara non era occorso di regi- strare, e si preoccupa di ricercarne la frequenza in varie cate- gorie di soggetti. Féré afferma intanto che la presenza della piega trasversale unica (tipo I) non coincide che eccezionalmente con una inferiorità funzionale della mano. E osserva — ciò che ci sembra avere importanza, perchè noi pure avevamo notato la cosa prima NANI To RESI ancora di conoscere il lavoro del Féré — che quando: le' due pieghe, media ed inferiore, non fanno difetto, sono talvolta unite da un tratto trasversale. — Inoltre, sotto le tre grandi pieghe palmari, si vedono formarsi delle pieghe accessorie, dovute alla flessione isolata di un dito solo o di due dita: —- la flessione pas- - siva prolungata del medio e dell’anulare determina la formazione di una piega a concavità inferiore, che va dal secondo al quarto spazio interdigitale, designata dai chiromanti,.che supponevano fosse segno di lussuria, col nome di anello di Venere (#).. _ E in un’altra nota Féré (3) pubblica una sua osservazione — che pure noi avevamo casualmente fatta —- intorno a una va- rietà della piega di opposizione del pollice (linea della vita). La quale, per solito, si congiunge sul margine radiale della mano con la piega media di flessione delle dita. (E si congiunge, secondo le nostre osservazioni, a distanza varia dal margine ra- diale medesimo; anzi, tante volte a distanza così forte, da dare quasi l'impressione che si tratti di una longitudinale mediana ben sviluppata fino ad incontrare la piega media di flessione: impressione che si avvalora, e acquista anche parvenza o pro- babilità di vero, quando, entro l'angolo vario così formato dalle pieghe che si riscontrano, esiste un’altra piega, a decorso curvi- lineo con concavità all’esterno, somigliantissima a una di quelle pieghe accessorie che si riscontrano sull’ eminenza tenare degli individui dediti a lavori complicati e poco energici). Ma talvolta la linea d’opposizione del pollice non si unisce alla linea media: ne risulta in questo modo uno spazio più o meno grande. Questa anomalia fu riscontrata dal suo illustratore nell’ 8,11%, dei nor- mali; nel 20-37 °/, in paralitici; nel 20 °/, in alienati; nel 15,85 °/, in imbecilii; nel 16,66 °/, in epilettici. — Ma il Féré ci ha dato altresi un lavoro sulle pieghe di opposizione, che dal carpo vanno verso la base delle dita, e dipendono dalla mobilità del metacarpo. I solchi longitudinali (9) sarebbero quattro: un primo, che è il solco verticale di flessione del pollice; un secondo, che va alla base del mignolo (auriculaire dei francesi; linea epatica dei chi- romanti) e che è netto nel feto di sei mesi; un terzo, il solco (#) Nel manuale di G. L. CercHARI, ( Chiromanzia e tatuaggio, Mi- lano, 1903) si trova esposta tutta la nomenclatura chiromantica (linea della vita, della testa, del cuore, di Saturno, del Sole ecc.) che non è inutile conoscere essendo tuttora usata anche in qualche lavoro di ca- rattere schiettamente scientifico. di E E carpo- mediano, che esiste ordinariamente al momento della nascita, un quarto, il solco carpo-anulare, che è una piega di perfeziona- mento, di apparizione tardiva, di frequente assenza. « Allorchè la mobilità del metacarpo è grande — così si esprime Féré — i solchi carpo-mediano e « carpo-auriculaire » formano, al davanti delle articolazioni metacarpo-falangee, delle depressioni profonde, che separano tre emineuze situate sul prolungamento degli spazi in- terdigitali. Nelle impronte, queste eminenze lasciano delle traccie, che ricordano quelle dei mammiferi pentadattili, formanti una su- perficie trifogliata. Il ravvicinamento è tanto più legittimo in quanto nell’ uomo, come nelle scimmie, si possono osservare, a li- vello di queste salienze, delle serie di linee papillari, disposte ad ansa 0 a vortice, rome se ne vedono presso le scimie sulle regioni palmari e plantari che sopportano le pressioni... » L'A. ha tro- vato il solco -auriculaire nel 95,38 9%, dei neonati maschi, nel- 187,07 °/, dei neonati femmine; mancante nei °*/, degli imbecilli. Il Giuffrida - Ruggeri (4), nel suo lavoro sulla dignità mor- fologica dei segni degenerativi, parla anche delle pieghé palmari, citando sopra tutto le ricerche del Carrara, e accenna brevemente a forme di passaggio, che indica in tavole, dalle quali sembra che dalla piega unica possano formarsi le due normali, e che le due pieghe orizzontali del tipo II di Carrara possano incurvarsi, assumendo la disposizione normale. — Dei lavori di Welcker (14), di Johnson (6), di Wilder (15) e di Schlaginhaufen (10), per quanto pregevoli per lo studio della mano, non crediamo sia il caso di dare qui una minuta analisi, non essendo di immediato interesse per l'oggetto della presente nota. % Con ciò avremmo terminata questa rapida scorsa riguardante la letteratura intorno alle pieghe palmari, se non ci rimanesse da ricordare che, fin dal 1875, il Morselli e il Tamburini (8) vi ave- vano riscontrato delle anomalie negli idioti. Parlando dell’idiota Solera, dicono: « ... Mani corte e grosse colla piega palmare infe- riore quasi orizzontale... »; del Donnini: «... la piega cutanea del 1.° spazio intermetacarpeo è assai sviluppata ». E più avanti, parlando in generale dei soggetti esaminati: « Cute della palma floscia, rugosa, pieghettata, non distesa. Le pieghe palmari pre- 0 sentano ora mancanza della prima (fl. del pollice ); ora direzione orizzontale della seconda (fl. dell'indice); ora la seconda e la terza continue senza interruzione. Alcune volte una piega occupa il mezzo della vola longitudinalmente alla palma, come .in tutte le scimie. ». SELE AR RE Lo ‘ Rissendosi uno di noi (Cevidalli) convinto che uno studio an- tropologico sistematico della mano umana in varie categorie di persone (normali, pazzi, delinquenti), si presenta tuttora molto importante, poichè in generale gli autori si sono occupati di questo o di quel particolare senza analizzare contemporaneamente i varî elementi assurgendo alla valutazione dell’ organo nel suo com- plesso, pensò di intraprendere all’ uopo apposite ricerche, durante le quali fummo colpiti, a tutta prima, dalle evidenti varietà che le pieghe palmari sogliono con grande frequenza presentare. Ed essendoci occorso di notare alcune forme non prive di qualche interesse, crediamo bene di comunicarle a parte, insieme al ren- diconto delle percentuali riscontrate rispetto anche alle anomalie descritte dai citati autori. i Le nostre osservazioni si riferiscono specialmente; oltre. che a numerosi normali, a circa cento pazze, esaminate nel Freno- comio di Reggio-Emilia, al cui Direttore prof. Tamburini, al pari che al Primario prof. Guicciardi, rendiamo qui le più sen- tite grazie. Le impronte palmari vennero raccolte mediante. il metodo dell’ inchiostro da stampa disteso in istrato sottile su una lastra di marmo: si tinge di inchiostro, in modo più che possibile uniforme, e non troppo abbondantemente, la intiera palma della mano, coll’aiuto di un comune rullo tipografico di piccole dimensioni, e si fa poi poggiare la palma, a piatto, su di un foglio di carta steso sopra il tavolo, esercitando una pressione in tutti i punti del dorso della mano: si ha così un'immagine delle pieghe palmari, poichè le parti in cui la palma non combacia colla carta’ restano bianche. Non vogliamo tacere di uno svantaggio che questo metodo presenta: — durante l’esten- sione della palma, le pieghe secondarie sconipaiono, o meglio si portano al livello di tutta la superficie. palmare, e nell’ impronta non si trasmettono. Questo, per altro, si risolve in un vantaggio, in quanto semplificando così la figura ne rende più facile l’ana- lisi. È bene, ad ogni modo, sincerarsi della realtà esaminando prima direttamente la‘ palma, e ripetendo le impronte spalmando la superficie palmare di quantità varie di inchiostro, facendo pres: ‘ sioni differenti sul dorso della mano, ecc. Del resto, se per avven- tura nella impronta non riuscisse evidente qualche particolare, basta farne cenno con una breve nota a lato della figura. Delle cento pazze esaminate, 12 appartengono al gruppo delle idiote e delle imbecilli, 22 sono epilettiche, 20 presentano delle forme conclamate di frenosi periodiche, 33 rientrano nella cate- k — 03 —- goria della demenza precoce; le altre sono forme non ben definite o troppo esigue di numero per farne una categoria a parte. Dobbiamo dir subito che una delle anomalie che si presen- tano colla maggiore frequenza è quella, descritta dal Féré, del distacco delle pieghe superiore e media. — In 4 idiote la riscon- trammo ad ambe le mani; in una sola idiota a una mano sola, e precisamente a sinistra. — Delle epilettiche, 7 la presentano a tutte due le mani; una a sinistra, ed una a destra. — Delle de- menti precoci, 6 alle due mani, una a sinistra e due a destra. — Le ammalate di pazzia periodica la presentano: 5 alle due mani, una a destra. — In quanto ai soggetti con forme morbose varie, ve ne sono 4 che la presentano a tutte due le mani. Complessi- vamente: su cento donne circa, 33 presentavano anomalia uni: 0 bilaterale; su duecento mani circa, 59 presentavano l'anomalia. Le percentuali nostre risulterebbero quindi un po’ più alte di quelle del Féré (#). Interessava di vedere, se il distacco delle due pieghe sia in rapporto con una maggiore lunghezza della palma, non lio doci che altri abbia eseguita questa ricerca. Abbiamo proceduto cosi: Nei soggetti esaminati prendemmo tre misure della mano: la lunghezza (dalla piega radio-carpea all’estremo del medio); la larghezza (dal margine radiale al mar- gine cubitale); la lunghezza della palma (dalla piega radio- carpea alla piega di flessione della prima falange del medio). Ci è stato facile di paragonare tra loro queste due ultime dimensioni nei soggetti che presentavano il distacco delle pieghe e in quelli che non lo presentavano. Con dispiacere non possiamo compren- dere in tale computo le epilettiche, perchè furon le prime esami- (*) Le nostre percentuali sull’ esistenza di una forma o dell’ altra, di una anomalia o dell'altra, valgono dal punto di vista della presenza della forma o della anomalia a sé, nel totale delle mani o delle amma- late. Ma però ciò non esclude che in una stessa mano possano coesistere parecchie varietà, specialmente varietà riferentisi a pieghe di flessione e varietà relative a pieghe di opposizione. . Rispetto alla nomenclatura delle pieghe palmari, sebbene si sia da noi seguita quella stessa dei precedenti autori, tuttavia ci parrebbe utile, a scanso di equivoci e per conformarsi alla moderna nomenclatura anato- mica, che alle comuni denominazioni si sostituissero queste: piega prossi male (0 superiore, o di opposizione del pollice); piega media (o di fles- sione dell'indice); piega distale (o inferiore, o di flessione delle ultime tre dita). — È I Sr nate, ed allora non ancora prendevamo 1’ ultima misura ( lunghezza della palma); abbiamo pure escluso le forme varie, appunto per avere delle categorie definite. — Nelle idiote, fra quelle che ave- vano il distaceo delle pieghe, trovammo una larghezza media della mano di cm. 7,52, e una lunghezza media della palma di 9,25; fra quelle che avevano le pieghe congiunte: larghezza 8,08, lun- ghezza 9,08. Una sensibile differenza, dunque, a favore della lunghezza, nelle prime. — Nelle dementi precoci, fra quelle che avevano il distacco: larghezza 7,85, lunghezza 19,61; fra quelle che non lo avevano: larghezza 8,41; lunghezza 9,50. — Nelle pazze periodiche, fra quelle che avevano il distacco: larghezza 8,42, lunghezza 10,21; fra quelle che non lo avevano: larghezza 8,28; lunghezza 9,85. — Sommando insieme le medie delle tre ca- tegorie di alienate si ha: col distacco delle pieghe: larghezza 23,79; lunghezza 29,07; differenza: 5,28; — senza distacco: larghezza . 24,77; lunghezza 28,43: differenza: 3,66. — Si potrebbe dunque: inferirne che quelle mani che portano il distacco delle pieghe superiore e media di fessione presentano una palma relativa- mente più lunga e più stretta; e che, se la differenza non fosse così tenue, offrirebbero, e pel distacco delle linee, e per la forma. della palma, una somiglianza colle mani delle scimie. — Ma sarà bene di estendere le ricerche fra gli alienati maschi e sui nor- mali, per confortare o per infirmare questi dati e questa inter- pretazione. £ Un'altra serie di anomalie è data dal gruppo delle linee lon- gitudinali (di opposizione e di adduzione). La piega « auricu- laire », che proponiamo di chiamare piega cubitale, che va dalla radice del carpo alla base del quinto dito, fu da noi riscontrata in quattro idiote, che la possedevano in grado più o meno notevole, due ad ambe le mani, una a sinistra ‘ed una a destra. — Una epilettica l'aveva a sinistra. Di sei dementi precoci la presenta- vano, sempre in modo più o meno tipico, quattro ad ambe le mani e due a destra. Di quattro pazze periodiche: una ad ambe le mani, due a sinistra, una a destra. Delle forme varie, una — è una demente senile — nelle due mani; un’altra a destra. Ma é diffi- | cile una statistica precisa, in causa delle dubbie forme che sul- l'impronta stampata lasciano delle traccie negative sul cui valore si può spesso discutere. È Uno sviluppo più o meno notevole della linea longitudinale mediana (v. Tavola II, figura 3 e Tavola IV, figura 10) abbiamo riscontrato, in complesso, circa in venti soggetti, in una o in due MA; Neo mani; ma anche qui la classificazione è estremamente difficile, perchè accanto a delle linee continue dalla origine della palma fino alla base del secondo o terzo dito, ma poco evidenti, stanno delle linee assai marcate e profonde, ma interrotte nella loro conti- | nuità, o più brevi della lunghezza della palma intiera. Alle volte, piega cubitale e piega mediana non divergono subito da uno stesso punto a guisa di V, ma sono fuse per un certo tratto, in modo da rappresentare una specie di Y. Una forma di piega palmare, che non troviamo accennata dagli ,autori ma forse corrisponde alla linea di Saturno dell’ antica chi- romanzia, è quella che va dalla base dell’eminenza ipotenare al- l’interstizio fra secondo e terzo dito, o alla radice del terzo. Questa piega, che chiameremo piegu dicgonale, e che rappresenta probabilmente 1 esagerazione di una tenue piega che si risveglia cercando di far compiere un movimento di opposizione alle ultime dità, abbiamo riscontrata un paio di volte. Essa è nettissima (v. Ta- vola III. figura 8) nella mano sinistra di una imbecille (certa Sal... ) la quale è ricchissima di anomalie palmari, in quanto possiede, a destra, delle linee longitudinali molto evidenti quantunque brevi; inoltre una insolita disposizione delle pieghe principali che con- vergono nel margine radiale; e per di più ha tutta l’eminenza ipotenare solcata da una evidente piega longitudinale e parallela all'asse della mano: una simile piega (che chiameremo piega laterale cubitale estrema, v. Tavola III, figura 7) non riscontrammo mai altra volta. — Anche nei normali non deve esser difficile trovare ben sviluppate le linee longitudinali, specie la mediana, che, più o meno ridotta, persiste in quasi tutti, contribuendo a formare il classico M. Noi l'abbiamo notata parecchie volte, per es. in una contadina normale, due figli della quale’ presentano la varietà materna, mentre altri due ne son privi: non è certo a pensarsi all’ influenza dei lavori faticosi, perchè tutti quattro i figli sono in tenera età e non hanno ancora cominciato il servizio dei campi. Sviluppatissima pure l’abbiamo trovata in ambedue le mani di un professore di matematica. Ma il gruppo più interessante di anomalie palmari è dato dalle pieghe ‘trasversali o di flessione. Il tipo I di Carrara, (v. Tavola I., figura 1), che è il più notevole, fu da noi riscontrato in cinque soggetti: in due epilet- tiche, di cui in una ad ambedue le mani, in una a destra sola- mente, e in modo meno tipico che nella prima; e in tre dementi precoci, di cui in una nelle due mani, e in due a destra. Venendo Pea 16 0 a discutere dei tipi schenutrzzati dal Carrara, dobbiamo dire. in- tanto che (come più sopra abbiamo visto avvenire in mani che possiedono tutte tre le pieghe di flessione), nel tipo I possiamo avere le due uniche linee o congiunte fra di loro al margine ra- diale o separate da uno spazio più o meno considerevole. La fi- gura 1 della Tavola I. rappresenta appunto l'impronta della palma destra di A. T. (demente precoce), che costituisce un esempio splendido del tipo primo di Carrara, con distacco delle due linee. In quanto al. tipo II, non ci è stato dato di. riscontrarlo in alcuna delle pazze esaminate. Esiste, è vero, in nove o dieci. di esse, un certo parallelismo delle due ultime linee, ma in modo non molto spiccato; inoltre le linee sono inclinate sul- l’asse della mano, e non perpendicolari. Anzi, pochi giorni or sono, ci fu dato di osservare le mani di. un tale che presen- tava un caratteristico parallelismo delle dette linee, ma che le. aveva pur egli oblique rispetto all’ asse della mano. Con ciò siamo ben lontani dall’escludere ehe il II tipo non esista; poichè un reperto negativo non mai può distruggerne uno positivo. Ma forse il tipo IL rappresenta la forma più rara. — Crediamo inoltre che il IV tipo non abbia molto valore pratico nelle classifiche, perchè ci sembra, e il Carrara lo ha per primo avvertito, che troppo sulla formazione di esso agisca l'influenza modificatrice del me- stiere, in modo da non. potersi con certezza stabilire, in parecchi casi, se si tratti di un fatto congenito o di un fatto acquisito. Così in una famiglia di contadini abbiamo osservato che i membri adulti maschi di essa presentano il tipo IV e i giovani no; sa-. pendosi che queste anomalie o queste varietà sono in parte ere- ditarie, ciò confermerebbe il valore del mestiere nella determina- zione di tale tipo, il quale quindi guadagnerebbe sotto il ui funzionale quanto perderebbe dal lato morfologico.. Passiamo‘ ora al tipo III del Carrara. Come è risaputo, esso sarebbe dato dalla persistenza, accanto alle uniche due pieghe del tipo I, di solchi press’a poco normali. Ma è d’uopo distin- guere. Se, per esempio, accanto alla piega palmare trasversale unica sussiste bene evidente il soleo longitudinale mediano od altro consimile, il carattere ed il significato di quella piega non verrebbero ad essere modificati, chè anzi la mano si arricchi- rebbe di altre note reversive. Ma se invece altra è la direzione dei solchi accessori, e se questi solchi vengono a. congiungersi colla plica unica costantemente in un modo che descriveremo tosto, il carattere e il significato dell’ anomalia verrebbero, secondo il ER gs nostro parere, ad essere più complessi e alquanto modificati. In- fatti, allorchè le quattro ultime dita della mano si flettono simul- taneamente, entrambe le due pieghe inferiori o distali (di fles- sione dell’ indice e di flessione delle ultime tre dita) vengono ad essere aumentate di profondità, ben inteso quando, come nella maggior parte dei casi, esse esistono. Ma siccome la piega infe- - riore si porta, colla sua estremità radiale, a un livello più basso della media, così, durante la flessione simultanea delle quattro dita, le due pieghe vengono ad essere collegate da un tratto in- termedio, già osservato da Féré. Questo tratto, che può essere appena accennato o invece tanto notevole da eguagliare in pro- fondità le pieghe maggiori, può assumere una direzione curvi- linea, a convessità inferiore (v. Tavola II, figura 4: — questa forma esiste in ambedue le mani di uno di noi); o può avere una direzione nettamente ‘orizzontale, continuantesi direttamente colla porzione esterna della piega inferiore (fig. 5). Alle. volte il tratto è così notevole, che viene a costituirsi come un tutto con- tinuo (fig; 6), di modo che le due pieghe principali, specialmente se sono poco accentuate, diventerebbero secondarie. Questa forma, che abbiamo illustrata nella Tavola II., con le figure sehematiche 4, 5, 6, pare a noi debba considerarsi come forma di passaggio. Alcune volte essa si presenta in modo così tipico, da lasciare ve- ramente in dubbio se non si tratti di un classico tipo I.° Essa si riscontra con relativa frequenza. Dei nostri soggetti (v. Tavola I, figura 2 e Tavola II, figura 3) la presentavano: 4 idiote, di cui due a sinistra, una ad ambe le mani ed una a destra ; 2 epilettiche, di cui una a destra ed una a sinistra; 7 dementi precoci: di cui tre ad ambe le mani, due a destra e due a sinistra; 8 periodiche, di cui una ad ambe le mani, due a destra e cinque a sinistra: infine una semi-imbecille ad ambe le mani. Va da sè che questa varietà si riscontra, come avviene per tutte le altre, in grado più o meno deciso. Nei normali possiamo assicurare di averla riscontrata con frequenza assai minore, per quanto non ci sia possibile di dare in proposito cifre precise. L’ esistenza di questa forma. di passaggio suscita subito un problema non indifferente. Rappresenta essa una forma congenita, o una forma acquisita? Non è possibile ammettere — come. fa- cemmo pel tipo IV — un influenza modificatrice del mestiere ? Non è, per lo meno in via d’ ipotesi, ammissibile supporre che in individui i quali presentino alla nascita le tre pieghe quasi nor- imali — salvo un po’ più di orizzontalità delle due inferiori — Ta collegate dal tratto intermedio orizzontale; questo tratto, sotto l'influenza di attriti che ispessiscano la cute e facciano scompa- rire le pieghe secondarie, si approfondisca e si completi,'in modo da darci poi una piega trasversale unica abbastanza netta, su cui vengano ad impiantarsi i solchi delle due pieghe originarie ri- dottesi? — È una questione questa che noi poniamo, senza che al momento ci sia possibile di risolverla. L’ osservazione compa-. rata in individui dediti a ‘mestieri faticosi e in. altri a mestieri delicati, l’osservazione sui neonati, ecc., sarebbero, su questo punto, assal importanti. ) Prima di terminare questa breve nota vogliamo far cenno E alcune particolarità di minore importanza. Durante la flessione delle dita si producono delle pieghe ac» cessorie, che possono acquistare un certo sviluppo. Queste pieghe sono varie: generalmente si trovano sul margine cubitale: uno di noi ne presenta un esempio a sinistra, con una lunghezza di due centimetri circa, in corrispondenza della testa del quinto meta- carpo, sopra l’ inizio della 3.8 piega. In quanto al già accennato anello di Venere (flessione del medio e dell’ anulare o 4. piega di flessione) l’ abbiamo riscon- trato in modo veramente notevolissimo una sola volta, e precisa- mente in una demente precoce (v. Tavola IV, figura 9). Un'altra forma anomala di pieghe ‘palmari si avrebbe, se- condo le nostre osservazioni, quando le pieghe secondarie sono sviluppate quanto le principali, e piuttosto numerose: si ha allora una figura confusa, intricata, entro la quale si riesce solo a fa- tica, o non si riesce affatto, a distinguere il fondamentale M. Questa forma, per la sua stessa natura non classificabile, abbiamo notata due o tre volte, per es. in ambe le mani di una frenaste- nica, di cui riportiamo | impronta della palma destra (v. Ta- vola IV, figura 10). Volendo riassumere in brevi parole quanto abbiamo riscon- trato nelle nostre osservazioni, indipendentemente dalle percen- tuali da noi trovate per le anomalie descritte dagli autori prece- denti; diremo che da esse risulta: I. L'esistenza, con la percentuale riportata, di una varietà spe- ciale di disposizione delle pieghe palmari, da mettersi vicina al tipo I. del Carrara, che proponianto di chiamare forma di passaggio. I l'a Lie. IRE 7 sE DIA Li esistenza di una piega che va dalla radice dell eminenza alla radice del terzo, che proponiamo di chiamare piega diagonale. HI. L'esistenza, come varietà rarissima, di una piega che percorre l’eminenza ipotenare, parallelamente all’asse della mano, che proponiamo di chiamare piega cubitale laterale estrema. IV. L'esistenza di un rapporto tra la lunghezza relativa della palma e il distacco della piega di opposizione del pollice da quella di flessione dell'indice. ipotenare all’intervallo tra il secondo ed il terzo dito, o LAVORI CITATI | (1) Arix M, — Recherches sur la disposition des liynes papillaires de la main et du pied. Annales des Sciences naturelles. Zoologie. Paris, Cinquiéme Série. Tome VIII, pag. 295, 1867. (2) Carrsra M. — Anomalie dei solchi palmari nei normali e nei crimi- nali. Giornale della R. Accademia di Medicina di Torino, 1895, . Numeri 7-8, pag. 323. i (3) Feré Cu. — Note sur les plis d’ opposition de la paume de la main. Comptes rendus de la Societé de Biol, 4. mai 1900. (Archiv. di Psichiatria, Antrop. ecc. 1900, pag, 645). -— Note sur une anomalie du pli d' opposition du pouce. Comptes ren. Soc. Biol. 1901. (Archivio di Psichiatria ecc. 1901, pag. 481). -— Note sur les plis de flexion de la main. Comptes ren. Soc. Biol., 3i mars 1900. (4) Grorrripa-Rueaeri. — Sulla dignità morfologica dei segni detti dege- nerativi. Società Romana di Antropologia, Vol. IV, fase. H-1l, pag. 58 dell'estratto. (5) HerBurn. — The integumentary Growes on the Palm of d Hand and Sole of the Foot of Man and the Anthropoid Apes. Report of the British Association for the Advancement of Science, Edinburgh, 1892, pag. 909. i (6) Jounson. — Pads on the palm und sole of the human foctus. Amerie. Nat., Vol. XXXIII, pag. 729, 1399. (7) Manouvrier. — Bulletin Société Anthrop., 1892, pag. 62. (8) MorseELLI e ‘l'ampurInI. -— Contributo allo studio sperimentale, delle degenerazioni fisiche e morali dell’uomo. Rivista sperimentale di Freniatria e Medicina Legale, 1875, fase. I-II-IIT-1V-V. (9) Porrier e Unarpy, — Trattato di Anatomia Umana. Vol. V, pag. 741. (10) Scnragimnauren. — Das Hautleistensystem der Primatenplanta unter Mitbericksichtigung der Palma. Gegenbaurs morphologisches Jahr: buch, XXXIII Band, H. 4 e XXXIV Band, H. 1, 1905. (11) Sour. — Citato nel Yrattato di Anatomia Umana di Poirier € Charpy. Vol. V. pag. 742. a a [o — aziona: del A Torino 1897, pag. 10. ELPEAU. — Anatomie chirurgicale, 1837, pag. 463. WetoxER. — Die Dauerhaftigkeit des Dessins der Riefchen und . Fà iltchen der Hinde. Archiv fiir Authrop., Band XXV, 1897. Wisper.. _ Palms and soles. American Journal of EDEN Vol. I, Nr 4 ti 423, 1902. A SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tavola I. Figura 1. — Impronta della palma destra di T. A. (demente precoce). Esiste un’ unica piega di flessione (tipo I. del Carrara), con distacco di essa piega a a dalla piega di opposizione del pollice (0). Figura 2. — Impronta della palma destra di V. (demente precoce ). Le due pieghe di flessione, a e a, sono riunite da un tratto intermedio, avendosi una forma di passaggio tra la disposizione normale ed il tipo I. del Carrara. Tavola II. Figura 3. — Impronta della palmu sinistra di M. D. (frenosi perio- dica). Forma di passaggio, come nella figura 2, al tipo I. di Carrara. Si vota anche un forte sviluppo della piega longitudinale 11. Figure 4, 5, 6. -— Schemi delle forme di transizione tra la disposi- zione normale e il tipo I. del Carrara. Nella figura 4 esiste un tratto anastomotico curvilineo (aa) tra le due pieghe di flessione. Nella figura 5 il tratto anustomotico è orizzontale; nella figura 6 ha acquistato tale svi- luppo da mettere în diretta comunicazione le due pieghe di flessione ori- ginarie, venendosi ad avere quasi un’ unica piega trasversale. Tavola III. Figura 7. — Impronta della palma destra di S. (imbecille). Nella. eminenza ipotenare esiste una piega longitudinale (lc le) che costituisce una varietà rara (piega laterale cubitale estrema). Si nota inoltre che le pieghe principali convergono nel margine radiale. Figura 8. — Impronta della palma sinistra del soggetto della prece- dente figura. Presenta in modo evidente la linea diagonale (1d). , CEVIDALLI e BENASSI - Sulle pieghe palmari... Cav. |. CEVIDALLI e BENASSI - Sulle pieghe palmar Bu n oa n a CEVIDALLI e BENASSI - Sulle pieghe palmari... Cav. III. it Kt î \ SANI TRE MV Ùi Ùì x Gi } Pr È È li Lg N BUE i Li: SN ì) ii È LE let NI de 0 Le w- è: pae CEVIDALLI e BENASSI - Sulle pieghe palmari... 10. Cav. IV. dagli Tavola IV. Figura 9. — Impronta della palma destra di S. (demente precoce) Piega unica trasversale (aa) associata all’ anello di Venere o quarta piega di flessione (vv). La piega trasversale a a e la piega di opposizione del pollice (0) sono congiunte nel margine radiale; a differenza di quanto si ha nella palma raffigurata nella figura 1 della Tavola I. Figura 10. — Impronta della palma destra di I. (semi-imbecille) in cui alcune pieghe secondarie raggiungono uno sviluppo eguale o mag- giore delle principali. La piega longitudinale (11) è molto evidente. In tutte le figure si è indicata con la lettera o la piega di opposi zione del pollice. T. BENTIVOGLIO LIBBLLULIDI DELLA PROVINCIA DI LUCCA (Presentata alla seduta del 10 Aprile 1906). . Qualche anno fa pubblicai negli atti di questa Società (1) una nota, nella quale davo conto di alcune specie di libellulidi da me raccolte nelle vicinanze della Città e Marina di Massa- Carrara. Feci allora osservare come ben limitato fosse il numero dei lavori nei quali erano indicati libellulidi della toscana, e che affatto mancavano snc icoziani riguardanti le due provincie di Massa e Lucca. Nell’ estate scorsa ho avuto occasione di soggiornare, per quasi tre mesi, in località della provincia di Lucca ed ho approfittato per fare qualche escursione nei dintorni della città, al lago di Massa Ciuccoli, nelle collîne di Quiesa e nei dintorni di Viareggio. In tutti questi luoghi sono abbondanti i corsi d’acqua e le pa- ludi, quindi propizie le condizioni per lo sviluppo dei Libellulidi. Il numero delle specie non è grande, ma penso fare cosa utile pubblicandone ugualmente l’ elenco, quale primo contributo | alla conoscenza di questo gruppo nella provincia. Ho speranza che questo modesto lavoro possa servire ad in- vogliare, cli abita nei luoghi da me visitati, alla ricerca nelle varie epoche dell’anno, certo che altre specie saranno da aggiun- gere a quelle da me riscontrate, come si può dedurre dall’ osser- vazione della tabella a pag. 89 nella quale sono indicate le specie rinvenute nelle provincie limitrofe a quelle di Lucca e che certo anche in questa vivono. (1) Serie IV. — Vol. II. — Anno XXXIII, pag. 86 a 91. — Mo dena 1900, | — 85 Le specie raccolte sono le seguenti DD): 1. Diplax striolata Charp. Moltissimi individui di questa specie si trovano, nella_pineta presso Viareggio, nei mesi di luglio agosto e settembre. Meno abbondante l’ ho riscontrata, in settembre, a Torre del lago e nei dintorni di Lucca. 2. Diplax vulgata L. Qualche individuo, nelle vicinanze di Viareggio, nell’ agosto e settembre, però non molto frequente. 3. Libellula depressa L. Nelle varie escursioni da me fatte non mi è occorso di ritro- vare individui di questa specie, che tanto abbondantemente si rin- viene in quasi tutta Europa. La cito ugualmente perchè il Prof. Guelfo Cavanna mi affermò di averla veduta di frequente, in primavera, nei dintorni di Lucca. x 4. Libella brunnea Fons. Vari individui di questa specie ho catturato, nel settembre, nelle vicinanze di Lucca, ed a Viareggio dal luglio alla metà di settembre. 5. Libella cancellata L. Abbastanza frequente assieme alla precedente. 6. Crochothemis erythraea Brullé. Abbondantissima ovunque sono corsi d’ acqua; ne ho visto a centinaia, in un prato circondato da fosse, nelle vicinanze della stazione di Massarosa; comunissima a Quiesa, Viareggio, Torre del lago, Montramito, Massaciuccoli, dintorni di Lucca. È la specie che predomina nella regione. (1) Per l'ordine sistematico segno il Brauer. Die Neuropteren Eu- ropàs ecc. — Wien., 1876. PIO < (RSS 7. Anax formosus :Vander. Abbastanza frequente a Lucca, Viareggio, Torre del. lago, Quiesa, Massarosa specialmente nel mese di agosto. 8. Aeschna cyanea Miill. Abbondante a Torre del lago, nel lago di Massaciuccoli e nei canali detti: « Fosso Malpante e Fosso venti », ed altri che dal lago di Massaciuccoli si spingono verso Viareggio. 0 9. Calopteryx splendens Harris. Frequente, nei canali che circondano la città di Lucca, spe- cialmente in settembre; pochi individui vidi nelle ‘stesse località nelle visite fatte nel luglio e agosto. 10. Calopteryx virgo L. Si trova assieme alla precedente; ma è meno abbondante. v 11. Calopteryx haemorrhoidalis Vander. Molti individui di questa specie li ho catturati nelle vici- nanze di Quiesa, specialmente verso la collina. Un solo individuo ho trovato, alla fine di settembre, nelle vicinanze di Lucca. Questa specie manca nelle paludi vicine al mare. 12. Lestes viridis Vander. Pochi individui, nei fossi che si trovano nella pineta di Via- reggio, dalla fine di agosto alla metà di settembre. 13. Lestes sponsa Hausen. i y Qualche raro individuo ho catturato nelle vicinanze di Viareggio. | 14. Lestes barbara Fabr. Di questa specie, .tanto comune in tutta Italia, non ho tro- vato che due maschi, nei pressi di MILLE io, alla fine dell’ estate _ ST 15. Sympycna fusca Vand. Abbondantissima, durante tutta l’ estate, specialmente nell’ in- terno della pineta ove ne ho vedute a centinaia volare presso i piccoli arbusti e le pianticelle di pino. Ai primi di ottobre, quando ho lasciato quei luoghi, era ancora abbondante, quantunque la temperatura fosse notevolmente ribassata in seguito alle pioggie frequenti. Pochi individui ho catturato, presso Lucca, nel settembre. 16. Platycnemis pennipes Pall. Vari individui nei primi di settembre nelle vicinanze di Lucca; tutti presentano le caratteristiche degli esemplari adulti (detta var. bilineata) (1). 17. Agrion najas Hans. Vari individui in alcuni fossati presso la linea ferroviaria Viareggio - Pietrasanta, pochi nei dintorni di Lucca e Torre del lago. — La diffusione di questa specie è maggiore di quello che si credeva, giacchè ove sono state fatte ricerche un poco ac- curate sempre si è ritrovata; forse la difficoltà della sua cattura è stata la causa per la quale Pirotta D) e Garbini (3) la dis- sero rara. 18. Agrion minium Harris. Un solo individuo di questa specie, ho catturato nelle vici- nanze di Lucca verso la fine di settembre; a Pisa e Massa non fu trovato, quindi può ritenersi rara per la regione. (1) Ogni volta che mi si ripresenta l'opportunità di osservare indi. vidui di questa specie sempre pi mi confermo nella opinione espressa altre volte (Vedi atti di questa Soc. Vol. XII e XIV e Monitore Zoologico, Napoli, 1902) e cioè che le due varietà, indicate da Selys si altri, non sono che diversità dipendenti dall’ età. (2) Prrorra R. — L'bellulidi italiani. — Ann. Museo civ. di Genova Vol. XIV, 1879. (3) Garini A. — Libellulidi del Veronese ecc. Firenze, 1897. TARSIA IRE NRE I SIIT Ga SERBIA LI SCSI MI IDE 19. Agrion elegans L. Di questa specie, tanto comune in quasi tutta ù° Europa ho raccolto molti esemplari a Lucca, Torre del lago, Viareggio, Quiesa od altre località delle vicinanze del mare dove eravi acqua sta- gnante. Assieme a gli individui tipici ho osservato due femmine della var. aurantiaca Selys. i Frequente nel luglio ed agosto incomincia a diminuire verso la fine di settembre. 20. Agrion puella L. Vari individui a Viareggio nel luglio ed agosto. 21, Agrion hastulatum Charp. Pochi individui ho catturato, a Torre del lago, nel settembre; quasi tutti si trovavano in accoppiamento. È specie non molto diffusa in Italia; non è stata fino ad ora trovata nelle provincie limitrofe a quella di Lucca. 22. Agrion cyathigerum Charp. Anche di questa specie, che si rinviene in alcune località dell’ Italia settentrionale, ma sempre rara, ho trovati pochi indi-. vidui a Torre del lago. i La toscana è per ora il limite fino al quale si diffonde in Italia. dc'ag i & Libellulili delle provincie di Lucca comparati con quelli delle provincie limitrofe. ® e 0 ra BREE oe lelce Les Ei Diplax striolata + + se DE » uao Ci PRONTE SSR a + arameridionatiSine vi ut TO cia di na ato tonscolombili;ss.3 ia: poro O 23 de Posgsdavenla i ie ac O Sa Sa + » sanguinea SR a + E + + Libellula depressa . . . . . . + + + + + » IA TARE RISI + + » quadrimaculata + SE Wabela:-coerulescens:=:. 3 i fe. + + + +. SOLISTI POR. Pe SET MES fa a Di Di + + » cancellata. . . .. E + + + » albystila pa + Crocothemis erythraea E ur E sla sn Cordulia aenea . se + Epitheca metallica. . . .. . sa + » flavomaculata . + na + Ano formosus «.. . ... i. + + + L » parthenope + + -È Brachythron pratense sana. bee af | îla + Aeschna cyanea . De + + + + » IP. ani OO A Lacan + + DE » COLITE (MRO N A A Ra Pa lan Tot + A » xuieseanst, it. + + » grandis. + MIELI DE Onychogomphus foreipatus . È Me DI SE d Ophiogomphus serpentinus . 73 STR Le id CC.) | a ® DI [I S $ & Ea ® 3 sa & ss 3 [oh] = Gol Gomphus vulgatissimus . . . .| .. ot NA n Lindenia tetraphylla. . . . . Vu + ie Sta . . Cordulegaster annulatus. . . .| .. sila SEE, Caloptery® splendens. . . . . » Virgo ©. . E + +: » haemorrhoidalis ai al IAT) È + + + Lestessminidis: cicci TATANI SE DI IONE i + Dis ac >». .Asponma. ela ia + » ua VSBVITONS Ln een + > [barbara :ghanizo sol vesgadi + Sympycena fusca . ... . Ea Re Platycnemis pennipes. . ... .| + 0 BE +++++: » latipessa a si Je AE Agrion viridulumo aeree + 5 Da . . + + ®I ARGO SRI ne + Wi ITC PIE Lr + SE nilo >. +ctenellume ache Ue + + + wa DE 231 PODIO ei a Sr da + ° elegans ie (cele pla DI | e + | DE sca pulchellia e Ne era, ix si _ + DISTA RI MO È + + i + . . . . . ta) » CENSURE aa » hastulatum. . .0. ..| + BL CVALIGERUM ST cl + DR RES + Ha >“ oscitulameezgi SI AE SI dae di DoSIMEICUDI Alen St ISS DOG Go da + » Lindeni GELO Re Dott. M. FOCACCI LIBERO DOCENTE D'ANATOMIA UMANA NORMALE DIAFRAMMA, SUE ANOMALIE E LORO SIGNIFICATO MORFOLOGICO 1904-1905 PARTE LIE. 56 : Istituto d’ Anatomia Normale della R. Università di Modena diretto dal Prof. SperIvo. L’ assenza del diaframma, normale negli animali affatto inferiori della serie, è stata raramente osservata nell’ uomo. Essa venne riscon- | —tratanegli acefali, nei mostri, i numerosi vizî di conformazione dei «_—»—’quali erano incompatibili con la vita (DuGuET (81), ForRsTER (82), dr MeBLIS (83), J. GEOFFROY - SAINT - HILATRE (84), DonITZ (85)). Pd Ducuer (81) riferisce su 4 casi di assenza totale del diaframma; pb È DIEMERBROECK (86) la osservò in un ragazzo di 7 anni che man- 4 cava ancora del mediastino; MecKkEL (50) ne ha visto un'altro È caso; Orto (87) la riscontrò in un feto emicefalo; BowDITCH (88) c: ne descrive 2 casi e SPEssa (89) la riscontrò in un feto nato }; morto. i e: Il difetto di sviluppo del diaframma può esser tale da ridursi fo ad una semplice benderella semilunare (osservaz. da della me- moria di LACHER (90)). Talora è una metà intera del diaframma che manca; 9 volte era assente la metà sinistra (casi di DREIFUSS (91), VELTER (92), ANTONY (93), WeEnZzEL GRUBER (94), DéeTRÈS (95), CRUVEI- È LHIER (15), RoBINSON (96), BroomaL (97), Pozzi (98)). b HowARD-MARSH (99) osservò un caso in cui la metà sinistra del diaframma non possedeva quasi alcuna fibra muscolare visibile macroscopicamente e questa stessa metà era spinta in alto fino al Re g(I IE terzo spazio intercostale, dimodochè lo stomaco stava nella cavità del torace; la metà destra invece era normale. J. GrOoFFROY-SAINT HILAIRE (84), MARTIN SAINT-ANGE (100), SCHOELLER (101) videro invece mancante la imetà destra. Talora esiste qualche resto della metà del muscolo incomple- tamente sviluppato, come si osserva nei casi di BALFOUR (102), di MARTIN (103) e di DirrIT (104), od è la parte posteriore della metà sinistra che manca solamente, come si trova nell’ osserva- zioni di CARRUTHERS (105) e di CLinToCK (106). Secondo PorrIER (14) è relativamente più frequente l’ as- senza congenita della parte posteriore dell’ una o dell’altra metà del diaframma. Molto più frequente tale assenza si riscontra a si- nistra, e ciò era già noto agli antichi Autori (SOEMMERING (20), RICHTER (107), CooPER (46), LAWRENCE (108), Boyer (109), Pe- TERS (82), FOESTER (92), etc.). Ho accennato che negli animali affatto inferiori manca il dia- framma. I pesci, dice BERTELLI (1), non posseggono diaframma ed il diaframma post-cardiaco di His o diaframma dorsale manca nei Saurî e negli Ofidî (STANIUS). Porzione “interna o mediale della Pars Lumbalis. Essa è costituita dai pilastri mediali e dagli intermedî per coloro che li ammettono. Talora avviene che uno di questi pi- lastri manca (ScHRANT (111) BARON (112) BREISKy (113)). Il pilastro mediale di sinistra, normalmente più piccolo, 1’ ho visto avere un volume maggiore del solito nel 19°, ma non da eguagliare il destro, come pure lo stesso volume del destro nel. 15 °/ (BERTELLI (1), Le DOUBLE (45)). Nei carnivori, negli insettivori, nei chirotteri ho trovato i due pilastri presso a poco dello stesso volume; pure nei primati ( BER- TELLI (1)) ed in qualche primato, secondo LE DOUBLE (45), esiste tale disposizione. Ho constatato il pilastro mediale destro in soggetti molto: robusti arrivare in alto fino alla 1.8 vertebra lombare, ed il suo tendine discendere in basso fino al corpo della quinta. Nel Cimpanzé d'AuBrî-LEcoMTE uno dei fasci si distaccava dalla prima lombare. BERTELLI (1) tra i perissodattili, nell’ Equus asinus, e tra gli artiodattili, nel Bos Taurus, trovò il pilastro destro arrivare fino all’ ultima vertebra lombare; nell’ Ovis aries rilevò che la por- de A zione tendinea nei pilastri era unita potentemente al disco inter- vertebrale posto tra l’ultima vertebra lombare ed il sacro, sul quale disco si raccoglievano fascetti tendinei, che provenivano dalla seconda e dalla prima vertebra sacrale. Nell’ Epuus caballus, nell’ Equus asinus (5 vertebre lombari), nell’ Ovis aries, nella Cupra hircus (7 vertebre lombari) io pure ho constatato che il tendine del pilastro destro arrivava fino all’an- golo sacro vertebrale. Nella descrizione normale del diaframma ho detto che il ten- dine dei pilastri mediali riceve rinforzi lateralmente e medial- mente; orbene ho trovato questi rinforzi molto sviluppati (15 °/,), medialmente 8 volte, lateralmente 7 volte. Talora (5%) dal tendine del pilastro mediale di destra, si staccavano dei fasci, che, attraversando la linea mediana, si por- tavano al tendine del pilastro di sinistra; talora al contrario (3 %;) da sinistra i fasci andavano a destra. Orifizio aortico. In un caso ho osservato (osservaz. 49, Fig 2.8) che tra i tendini dei due pilastri, i quali originavano dalla quarta ver- tebra lombare, esisteva un fascio pure tendineo di volume pres- sochè eguale ad essi (Fig. 2.2 p. m. a.); esso nasceva in corrispon- denza della quarta lombare e giunto al margine inferiore della terza lombare si bipartiva portandosi in parti uguali medial- imente ai tendini dei due pilastri. In corrispondenza poi del disco tra la seconda lombare e la terza esisteva ventralmente al lega- mento comune ventrale, un rafe tendineo (Fig. 2.2 r. tf. a.) lungo 1 cm. e mezzo, da cui partivano fibre carnose le quali, obliquando all’ esterno, s' univano alle fibre carnose dei due pilastri mediali. L’aorta attraversava così un orifizio formato quasi tutto di fibre carnose. S6MMERING (20) e THEILE (13) dicono pure che fibre carnose passano al davanti e al di dietro dell’ aorta. MORGAGNI (69) ( Epistola XVIII) scrive di aver osservato un caso nel quale i pilastri si riuniscono trasversalmente. In altro individuo (Fig. 3.* p.m. a.) ho visto che dal disco posto tra la terza e la quarta lombare e dal corpo della terza vertebra lombare prendeva origine, ventralmente al legamento vertebrale comune ventrale, un tendine piatto della larghezza di quasi un centimetro e mezzo; esso si portava in alto ed in corrispondenza del margine inferiore del corpo della seconda vertebra lombare IFE SIRO RES ds, ver LN si biforcava, fornendo tanto a destra quanto a sinistra il tendine del pilastro mediale. L’aorta passava tra i due pilastri così disposti. In un altro soggetto (Fig. 4.2 p. m. s.) ho trovato che il ten- dine del pilastro mediale di sinistra originava medialmente dal tendine del pilastro mediale di destra in corrispondenza della faccia ventrale di quasi tutto il corpo della seconda vertebra lombare e del disco sottostante. Tale tendine, si portava, attraversando la linea mediana, a sinistra dando poi origine alle fibre carnose. L’aorta così aveva dorsalmente oltre i corpi in parte della prima, in parte della seconda vertebra lombare, il disco interposto ad esse e l'origine del pilastro di sinistra che si disponeva a doccia, la quale era poi completata dal margine mediale ed in parte dalla faccia dorsale del pilastro destro. In un'altro caso il pilastro mediale di destra originava per mezzo d’un tendine piatto, largo 1 cm., ventralmente al corpo della terza vertebra lombare e del disco soprastante; a questo punto era rinforzato con un fascio, all’ esterno carnoso, ed all’interno ten- dineo. Esisteva pure in-questo soggetto, a destra, il pilastro in- termedio che originava col tendine precedentemente descritto e si staccava da esso in corrispondenza del margine inferiore della seconda. vertebra lombare portandosi all’esterno; entrava poscia in rapporto col fascio misto carnoso e tendineo accennato, ed a livello del disco fra la prima e la seconda lombare, dava, come di regola, fibre carnose, che si dirigevano dorsalmente al centro fre- nico. Il pilastro sinistro in questo soggetto nasceva dal disco tra la seconda e la prima lombare, ed alla sua origine era attraversato dai tre cordoni nervosi, grande splanenico, piccolo splancnico e grande simpatico. Oltre a queste varietà ne ho riscontrato altre, che per bre- vità, non descrivo; esse non sono così tipiche e. consistono in connessioni fra i due tendini dei pilastri un po’ più marcate di quelle, che si trovano sovente. Accenno ancora che talvolta dal pilastro destro e raramente dal sinistro partono fibre tendinee le quali si portano al pilastro opposto, attraversando ventralmente l’ aorta subito sotto il tronco celiaco, cosicchè le arterie diaframmatiche e il tripode attraver- sano come un foro tendineo, il quale, colmato da connettivo fi- broso, è connesso intimamente a questi vasi. Dirò inoltre di aver riscontrato che alcune volte, talora a sinistra, talora a destra, originavano, in corrispondenza del corpo della dodicesima dorsale e del disco sottostante, fibre tendinee che davano poi fasci carnosi, Entei 1 gra più o meno connessi con quelli dei pilastri, i quali si disponevano, visti dalla faccia toracica del diaframma, ventralmente all’orifizio aortico, incrociandosi e concorrendo a formare il foro esofageo. In due soggetti, una volta a sinistra ed una volta a destra, esisteva un tendinuzzo bene distinto, che partiva dalla dodicesima dorsale a destra, dal disco sottostante a sinistra, i quali davano poi fibre carnose che si disponevano nel modo sopra accennato. S6MMERRING (20), THEILE (13) e Le DOUBLE (45) hanno tro- vato, più volte, dei fasci carnosi che si gettavano sull’ aorta. Ep- PINGER (114), in certi casi di malformazione del cuore e dei grossi vasi, vide un fascio, che nasceva, nella porzione lombare, dall’estre- mità anteriore della parte mediale e che si portava al mediastino. Questo fascio fu chiamato dall’A. Musculus diaphragmaticus retro- mediastinalis. Tutte le disposizioni accennate, riguardaati i pilastri mediali si riscontrano come disposizioni normali nei perissodatili e negli artiodattili. Ho riscontrato nell’ Equus cuballus e nell’ Equus asinus ( BER- TELLI solo (1) in quest'ultimo) che i tendini dei due pilastri in cor- . rispondenza del corpo dell’ ultima vertebra dorsale e della prima lombare, erano riuniti in modo da formare una doccia; poscia si fondevano in un robusto cordone che decorreva sulla linea me- diana della colonna lombare, estendendosi su tutto il corpo della quarta lombare. Il tendine del pilastro destro, maggiore, formava in massima parte il tendine dei pilastri nel modo accennato. Tra gli Artiodattili, nell’ Qvis aries, BERTELLI (1) constatò che i due pilastri del diaframma, il destro molto sviluppato con un tendine assai robusto, ed il sinistro più esiguo, in corri- spondenza del corpo della prima vertebra lombare erano uniti da una espansione tendinea la quale fino a livello del disco, posto tra la terza e la quarta vertebra lombare, formava una doccia per il passaggio dell’ aorta. Finita dorsalmente la scanalatura, le espan- sioni tendinee dei pilastri apparivano fuse in un tendine cordi- forme, le fibre del quale si potevano seguire fino alla seconda vertebra sacrale. Nei miei esemplari di OQvis aries e di Capra hircus non potei chiaramente constatare, bene distinto, il prolun- garsi di queste fibre fino sulla seconda vertebra sacrale; ma esse terminavano alla settima vertebra lombare ed in parte al disco sottostante, dove si confondevano col legamento vertebrale comune ventrale. Vero è però che qualche fibra si prolungava più distal- mente, ma non di consueto, Pig Ve BERTELLI (1) ha esaminato feti di Bos taurus in istadii di sviluppo molto avanzato, ed ha visto il tendine dei pilastri arre- starsi sul corpo dell’ ultima lombare; di più oltre i pilastri veri .@e proprii constatò l’esistenza medialmente: ed anteriormente a questi, di due altri pilastri piccoli, che potrebbero chiamarsi ac- cessorii. Essi erano carnosi nei due terzi anteriori, nel terzo po- steriore tendinei; i tendini si riunivano sulla linea mediana in corrispondenza del disco posto tra la prima e la seconda vertebra lombare; il tendine che risultava da questa fusione percorreva la linea mediana e andava a gettarsi nell'angolo d’ incontro dei ten- dini dei pilastri propriamente detti. Il tendine di fusione dei pi- lastri accessorî, oltre che il tendine dei pilastri propriamente detti, si gettava anche sul disco posto tra la seconda e la terza ver- tebra lombare e sul corpo della terza. Tra i carnivori, nella Mustela putovius ( BERTELLI (1)), l’aorta passa tra i due pilastri accolta tra fibre carnose. Il tronco celiaco esce attraverso ad un anello carnoso; un fascetto, che gettasi dal pilastro sinistro sul destro costituisce la metà posteriore dell’ anello, attraverso al quale passa il tronco celiaco, la metà anteriore di questo anello è formata dai due pilastri. I Tra i roditori, nel Mus decumanus (BERTELLI (1) ) ed in alcuni miei esemplari di questo roditore, e in altri di Mus rattus e di Mus musculus, l’aorta nel discendere dalla cavità toracica nella addominale isola dalla parte carnosa della porzione lombare un. fascetto che è il pilastro sinistro. L’aorta passa quindi attraverso ad una apertura costituita da fibre muscolari eccetto che dorsal- mente; quivi tessuto connettivo lasso la separa dal legamento vertebrale comune ventrale. Orifizio esofageo. Ho di già accennato al vario modo di comportarsi dei fasci carnosi dei due pilastri colla loro porzione mediale in rapporto al foro esofageo. Ho detto che, normalmente, le fibre carnose più mediali dei due pilastri si incrociano; il fascio proveniente dal pilastro sinistro, ordinariamente, passa innanzi a quello proveniente dal pilastro di destra; talvolta, però, questo fascio passa dorsal- mente ed allora è più alto, più largo e più obliquo. BrcHaT (30) e. parecchi anatomici moderni considerano questa disposizione come costante; ma, secondo le mie osservazioni, sarebbe piuttosto ecce- NOTTI zionale. In certi casi, più rari, il fascio sinistro manca affatto; il fascio invece proveniente dal pilastro destro, esiste sempre (THEILE (13), SAPPEY (32)). Non raramente, dice BERTELLI (1), l'esofago passa attraverso al pilastro destro. Nelle mie osservazioni ho constatato queste varietà e le ho trovate riprodotte negli animali. Tra i perissodattili, nell’ Equus Asinus (pure BERTELLI (1)) e nell’ Equus Caballus, tra gli ar- tiodattili, nell’Ovis aries (BERTELLI (1)), nella Capra hircus, nel Bos taurus (BERTELLI (1)), nel Sus scrofa (CHAVEAU (115)) ‘ l’esofago attraversa il pilastro destro. Tra i roditori, nella Cavia cobaya, nel Lepus cuniculus (BERTELLI (1) ) e nel Lepus timidus; tra i carnivori, nel cane (CHAVEAU (115)), nel Felis domestica, nel Canis vulpes (BERTELLI (1)),-ho pure visto che l’esofago attraversa il pilastro destro; tale disposizione ho notato ancora nella 7alpa europaea (BERTELLI (1)). Tra i primati BERTELLI (1) l’osservò nell’ Hapale penicellata e nel Macacus sinicus. Nell’ Anthropopithecus Troglodytes di SPERINO (116) l hiatus oesophageus è limitato esclusivamente dai fasci del pilastro destro, i quali si divaricano per accogliere |’ esofago. La parte superiore dell’apertura esofagea può essere tendinea (MorcENBESSER (47), THEILE (13), CRUVEILBHIER (15)). Non ho trovata tale disposizione, ma bensi ho visto talvolta in corrispon- "denza di questo angolo poche fibre carnose. Pochissime fibre mu- scolari in corrispondenza dell’angolo ventrale dell’orifizio esofageo furono trovate da BERTELLI (1) (io pure) nella Cavia Cobaya e nell’Erinaceus europaeus. Secondo il BERTELLI (1) l’angolo ven- trale dell'apertura esofagea è quasi sprovvisto di fibre nel Cyno- cephalus Babuin. i WinsLow (12) scrive « staccasi immediatamente al disopra dell’ apertura ovale dell’ esofago un fascicolo sottile di fibre car- nose, che si getta sopra il ventricolo: inoltre dice d’aver trovato all’ estremità inferiore di questa apertura un fascetto consimile, ma più considerevole, il quale si staccava dall'una e dall'altra ala, principalmente dall’ ala destra accompagnato da alcune fibre ten- dinee dell’ala sinistra, e che pareva andasse al mesenterio. CRUVEILHIER (15) dice pure che una volta riscontrò un pic- colo fascio carnoso, il quale partendo dal contorno dell’ oriflzio esofageo, si perdeva nella tunica dell’ esofago. THEILE (13) ammette che alle volte vedonsi partire die carnose dal circuito della fessura esofagea per portarsi nella to- naca muscolare dell’ esofago. — 98 SAPPEY (32) pure ricorda una sottilissima linguetta. carnosa, proveniente dal margine sinistro dell'orifizio esofageo, la quale si perde sulla parte corrispondente dell'esofago. Talvolta esistono due linguette più piccole, provenienti da ciascuno dei margini dell’orifizio esofageo e discendono innanzi all’ esofago. Ho già detto precedentemente che RouGET (62), GILETTE (61), Le DOUBLE (45) e TESTUT (17) ammettono che normalmente partono alcuni fascetti, i quali dai pilastri si recano sull’ esofago. GuBAROFF (63) descrisse intorno al cardias uno sfintere Presi dotto dalle fibre dei pilastri. LuscHKA (40) ha descritto un fascetto' che dal contorno si- nistro dell'apertura esofagea si gettava nello strato longitudinale della muscolatura gastrica. RoucET (62) ha trovato, eccezionalmente, questa disposizione, la quale fu anche descritta da GILETTE (61) e da JONNESCO (58). BERTELLI (1) pure dice che normalmente esistono fasci di fibre muscolari, i quali si recano sull’esofago e sullo stomaco. Ho già riferito come normalmente alcuni fasci del contorno esofageo si assottigliano staccandosi dagli altri ed abbracciano l’esofago; orbene in condizione anomale questi fasci si rendono più evidenti, e taluni vanno solo sull’ esofago 9°, altri si con- tinuano, seguendo la piccola curvatura, sullo stomaco 5°/,. RoucET (62) ha inoltre visto e descritto col nome di fasci peritoneo-diaframmatici fibre di sviluppo variabile ma costanti, che partono dal pilastro destro lungo il margine posteriore dell’ ori- fizio esofageo; questi si portano in basso ed in ‘avanti, ven- tralmento al plesso celiaco, al tronco celiaco, e specialmente all’ arteria splenica, o a livello dell'arteria mesenterica supe-. riore terminano con fibre tendinee, che non ha potuto seguire più oltre. In un caso questo fascio muscolare, molto sviluppato, avente 1 cm. di larghezza e 4 a 3 cm. di lunghezza, sembrava terminare all’ arteria mesenterica superiore. « Je n'ai pu jusqu' à present, dice VA., suivre plus loin se fibres terminales, peut - ètre parviennent-elles jusqu’à la colonne vertebrale; mais ce que mes dissections me portent le plus à croire, c'est qu'il se termine réellement dans l’epaisseur du mesentere, disposition qui, si étrange qu’ elle paraisse au premier abord, n’ est pas sans analogie avec ce qui egiste chez le Oiseaua. Quoi qu'il en soit, si ce faisceau a quelque insertion è la colonne vertebrale, il est disposé: de fagon à comprimer l’ artère splenique. Sî au contraire, comme je le pense, il se termine réellement dans le mesentère, il costitueraît 299 un soutien actif du paquet de l’intestin gréle et serait peut-étre en rapport avec la station verticale, car je ne l’ai jusq à present trouve que chez l'homme ». i LE DouBLE (45) riferisce che il fascio sopra detto è lo stesso di quello descritto da TREITZ (60) col nome ‘di M. sospensore del duodeno, e che questo anatomico ha creduto essere formato da fibre lisce ed elastiche. i TREITZ (60) invece descrive per la prima volta un piccolo muscolo a fibre lisce, che dall'angolo duodeno-digiunale e della | porzione ascendente del duodeno si porta ai pilastri del diaframma. Esso di figura triangolare nasce per una larga base sul margine «superiore dell’angolo duodeno digiunale e della metà superiore della porzione ascendente, poi si dirige in alto, passa dietro il pancreas e davanti l’aorta, e si perde in un tendine formato di fibre elastiche e di fasci connettivi sul pilastro sinistro del dia- framma. Tale muscolo è situato a sinistra dell’ arteria mesen- terica superiore e del tronco celiaco; una parte di queste fibre muscolari si perdono nel tessuto cellulare stipato; che contorna l’origine di questi vasi ed inviluppa il ganglio semilunare ed i «nervi del plesso celiaco. Il suo sviluppo è variabile negli indi- vidui molto robusti e sopra tutto, quando il duodeno è situato profondamente, è molto sviluppato; può misurare 1 cm. e !/, di lunghezza ed avere uno spessore di 1 mm.; nei soggetti magri al contrario, o quando il duodeno è situato in alto, il muscolo è ‘ corto, sottile e pallido; i suoi fasci sono dispersi nel tessuto cel- lulare circostante; ed è sempre facile riconoscerlo ad occhio nudo. Inoltre TREITZ (60) ammette che questo muscolo, in certi casi sia rinforzato da un muscolo accessorio il quale origina dal margine destro dell’orifizio esofageo del diaframma, discende dal lato destro di questo orifizio sul lato sinistro del tronco celiaco, passa in avanti del plesso solare fino all’arteria mesenterica superiore e termina con filamenti tendinei nel tessuto cellulare che contorna questa arteria. i BRAUNE (117) riporta che il muscolo di TREITZ, formato da fasci muscolari lisci, accollati a fasci connettivi dipende dallo strato longitudinale e circolare del duodeno. BERTELLI (1) non fa costante il fascio di RouGET; egli ha visto 5 volte che dal pilastro destro si staccava un fascetto il quale, percorrendo la linea mediana, andava 3 volte a terminare con un tendine sottile e piatto sul connettivo che circonda il tronco celiaco; e nel connettivo ‘che circonda la arteria mesente- rica superiore. — 100.— Le DouBLE (45) dice che il muscolo peritoneo diaframmatico di RoUGET non è costante e l’ha constatato 11 volte su 82 (7 volte nell'uomo, 4 volte nella donna). Ì Nei neonati e bambini ed in adulti ho riscontrato (22%) un ( vedi Fig. 5.* f. c. a.) fascio carnoso che non solo si staccava dal pi- lastro destro in corrispondenza del contorno posteriore dell’ orifizio esofageo, ma anche dal pilastro sinistro e dall’angolo dorsale del- l’orifizio esofageo stesso; più frequentemente partiva da destra, si portava in basso ed in avanti ventralmente al plesso celiaco, al tronco celiaco, ed in special modo all’ arteria splenica, anzi questa formava una curva a concavità rivolta a sinistra; Inoltre esso oltrepassava questa arteria passando sotto il. pancreas dove si sperdeva allargandosi in fibre tendinee tra le due pagine del mesenterio insieme ai vasi e nervi mesenterici. Nei vecchi questi fasci carnosi erano meno evidenti, ed al loro posto si osservava tessuto fibroso commisto a grasso. Questo fascio carnoso descritto, all’ esame microscopico, constatai essere formato da fibre muscolari striate identiche a quelle contornanti il foro esofageo del dia- framma. Ho visto inoltre il muscolo sospensore del duodeno nell’ istesso modo che lo ha descritto TREITZ (60); esso non è sempre bene evidente e talora manca. LE DOUBLE (45), nel 1887, ha osservato in una donna un fascio muscolare che si staccava dal diaframma, in corrispondenza del margine superiore dell’ orifizio esofageo e discendeva parallela- mente alle fibre longitudinali dell’ esofago per terminare sulla faccia inferiore del fegato, attorno al solco trasverso; nelle mie ricerche non mi venne fatto di trovare tale disposizione. Tutte le varietà accennate: siano i fasci freno-esofagei, siano i freno-gastrici, come pure i peritoneo-diaframmatici si riscontrano come disposizioni costanti negli animali. Difatti il muscolo freno- esofageo si trova nel Lepus cuniculus ( RoUGET (62) ), nella Cavia cobaya (BERTELLI) (1), nel Canis familiuris ( RoueET (62), BER- TELLI (1)), nell’Orso bruno ( MEKEL (50), TESTUT (17)), nell’ Eri- naceus europaeus, nella Talpa ( BERTELLI (1), Le DOUBLE (45)). Io pure l’ ho riscontrato nel coniglio, nella cavia, nel cane, nel riccio e nella talpa. Nei chirotteri CuviER (118) dice « il y aurait.chez les Chéiroptères, en avant de l’oesophage, un entre - croisement des fi- bres musculaires venant de lun et l’ autre pilier, d’ où résulte- rait une sorte de constriction qui empéecherait chez ces animaux qui passent presque toute leur existence la téte en bas, la sortie A ae PETRI ATI IRR TOI NRAI R ESITA è f vat Tod i n 70 — 101 — des matières alimentaires de l’estomac ». Infatti lo sfintere esofageo Ri; fu trovato nel Vespertilio murinus da MACALISTER (121), da MAI- | SONNEUVE, da Le DouBLE (45) e nel Vesperugo noctula da BER- | PELLI (1). Io l’ ho dissecato in più esemplari di Vespertilio murinus di Vesperugo noctula e di Rhinolophus hippocrepis. DuveRNOY (119) descrisse uno sfintere esofageo in individui È della famiglia dei semnopiteci, nel ,Semnopithecus entellus, nel i : Semnopithecus sphynx e nel Semnopithecus capucina. i Rover (62) ha trovato il fascio freno-gastrico nel coni- Pe glio; quest’A. dice: « il y aurait une analogie évidente entre le . faisceau musculaire qu’ il a rencontré une fois chez Vl homme, entre le bord supérieur de l’orifice oesophagien du diaphragme et la petite courbure et la face antérieure de 1’ estomac et le fai- | sceau tendineux qui, chez le lapin, croise à angle droit l 0esophage | pour venir se terminer sur la face antérieure de l’estomac au — niveau de la petite courbure ». . Rou6eT pure (62) ha riscontrato il fascio freno-gastrico, negli È uccelli « constanment on trouve, à gauche, des fibres musculaires qui se jettent sur le ventricule succenturié et le gésier; elles esi- stent chez le Oiseaux à gésier musculeux et chez ceux à estomac membraneux, chez le canard, l’ oie, les colombes, les gallinaces, la — huppe, la corneille à manteau gris >». . Io li lo visti in esemplari di oca, di Columba livia e di Gallus domesticus. Pilastri intermedii. BERTELLI (1) nelle varietà di questi pilastri dice che essi | possono mancare ed in questo caso sono fusi con i pilastri mediali. Tre volte a destra osservò che il pilastro intermedio con alcune fibre carnose ritornava snl pilastro mediale contribuendo a costi- tuire un occhiello che serviva al passaggio del grande splanenico, con le altre fibre seguitava in basso come nella disposizione nor- male. Talvolta il tendine del pilastro intermedio prende origine dal disco posto tra la terza e la quarta vertebra lombare anche per breve estensione dal corpo della quarta. L’A. vide pure quattro volte a destra, e due a sinistra il tendine del pilastro intermedio È: biforcato; tra i due tendinetti passava il tronco del gran simpa- | tico. Il pilastro intermedio sinistro non è sempre, dice, più pic- . colo del mediale. Talvolta sono invertite le proporzioni tra questi — 102 — due pilastri. Però il pilastro intermedio sinistro può essere rudi- mentario. | LE DouBLE (45) riporta le disposizioni di BERTELLI (1). Riferendomi alle mie osservazioni, avendo io riscontrato i pi- lastri intermedii abitualmente poco evidenti e questo specialmente a sinistra, stando essi connessi più o meno intimamente all’arcata dello psoas, o col margine laterale del pilastro mediale, per il diverso modo con cui si comportavano il grande splanenico, il piccolo splan- cnico ed il grande simpatico, concludo che i pilastri intermedii, quando sono bene distinti, sia per la loro origine, sia per il loro modo di comportarsi, si possono considerare come varietà. Diffatti nella mia centuria ho trovati ben distinti i pilastri intermedii solo in 7 individui (Fig. 1.°), esistendo in ambo i lati, in 16 erano da un lato solo, a destra 14 volte, a sinistra 2 volte. Prendevano essi ori- gine con un tendine lungo e sottile dal corpo della terza vertebra lombare, dal disco soprastante e dal disco sottostante in minima parte: 4 volte sulle 30 i tendini arrivavano alla 4.% vertebra lom- bare. In alcuni soggetti 35 volte a destra, 20 volte a. destra ed. a sinistra non erano bene individualizzati, e se si volevano con- siderare, erano rappresentati (Fig. 6.2 p. interm.) da quel piccolo tratto di porzione del diaframma limitato medialmente dal foro che dà passaggio al piccolo splanenico e lateralmente dall’ altro foro, per il quale il gran simpatico arriva nella cavità addominale. Infine negli altri casi non esisteva affatto neanche questo accenno di pilastro intermedio tanto da un lato quanto dai due lati (Fig. 2.* e 4.*); ed allora si aveva la disposizione identica a quella che si ritrova in tutti i mammiferi. E questo avveniva quando il piccolo splancnico ed il simpatico (Fig. 4. a destra) passavano per lo stesso orificio, o quando con essi ( Fig. 2.* in ambo i lati, Fig. 4.* a sinistra ) attraversava pure il diaframma il grande splancnico. Pilastro laterale. Il tendine del pilastro laterale origina ventralmente alla base dell’ apofisi trasversa della seconda vertebra lombare. Io l'ho visto in 10 casi a destra e a sinistra arrivare invece fino all’ apofisi trasversa della terza vertebra lombare (THEILE (15) talvolta, BERTELLI (1) raramente). In 5 casi (Fig. 6.2 a. d.) il tendine aveva due origini ventralmente alla base dell’apofisi trasversa della terza vertebra lombare e ventralmente alla base dell’ apofisi della se- 3 _ — 103 — . conda (LE DouBLE (45) in una donna). Il capo che partiva dalla | terza era più obliquo ed esterno e s’ univa con l’altro in corri- _ spondenza dell’apofisi trasversa della prima; in questo punto . terminavano le arcate dello psoas e del quadrato dei Iombi. BER- | TELLI (1) dice che talvolta esso è costituito da un fascio prin- __cipale e da fascetti secondari. i Il tendine del pilastro laterale non è sempre bene. indivi- dualizzato ed in questo caso l’ ho visto ( BERTELLI (1) pure) fon- . dersi coll’ aponeurosi del quadrato dei lombi; disposizione che BERTELLI (1) trovò ancora nei primati e nei carnivori. Non di rado ho notato tratti fibrosi provenienti dall’ apofisi trasversa della prima vertebra lombare portarsi al tendine del pilastro laterale ( BerTELLI (1), Le DouBLE (45)). BERTELLI (1) in due individui osservò da ambo i lati al posto dell’arcata fibrosa del quadrato un fascio di fibre muscolari arcuate con la concavità rivolta dor- fa salmente le quali provenivano dal tendine del pilastro laterale e andavano ad inserirsi all'ultima costa. Ho constatato tale di- sposizione in 10 individui, di cui 7 volte a destra, 3 volte da ambo i lati. DeBIERRE (34) ricorda pure tale varietà. Questa di- sposizione sì riscontra nei carnivori. In 11 casi 9 a destra, 2 a sinistra ho visto le fibre carnose del diaframma. oltrepassare l’ arcata del quadrato dei lombi e dello psoas; inoltre constatai 7 volte, di cui 5 a sinistra, che fasci del piccolo psoas nascevano dalla porzione tendinea dei pilastri, me- diali. Questa disposizione è stata trovata da BERTELLI (1) e da me nel cane. BERTELLI (1) una volta osservò a destra a partire dal centro frenico tra le fibre muscolari dell’ arcata del quadrato, due fasci sottili e ben distinti, dei quali uno si recava dall’ alto al basso, dall’ esterno all’ interno e andava a gettarsi sul grande psoas con- fondendo le fibre con quelle di questo muscolo, l’ altro aveva la stessa direzione, prendeva origine immediatamente all’ esterno del primo e andava a perdersi nell’ poneurosi che ricopre il quadrato dei lombi subito all’esterno del margine laterale del grande psoas. Simile disposizione è affermata da WinsLow (12). HALLER (18) descrive che « inter diaphragma et musculos psoam et quadratum aliquae fibrae communicantur ». Bonamy (120) dichiara che molto raramente fibre del dia- framma si continuano con quelle del quadrato dei lombi. MACcA- LISTER (121) scrive che ha riscontrato fasci muscolari, i quali passavano direttamente dalla parte posteriore del diaframma nello psoas e nel quadrato dei lombi. di x SAMO Porzione costale. Talvolta la porzione costale del diaframma, colla sua prima digitazione, si porta fino a prendere inserzione alla cartilagine del quinto arco costale (LE DOUBLE (45) in un caso) e a quella del sesto arco costale ( ALBINO (19), HALLER (18), THEILE (13), CRu- VEILHIER (15), MACALISTER (121), Tiri (122), WEBER -HILDE- BRAND (123), Le DouBLE (45). JEITTELES (124) ritiene che questa sia una particolarità propria del sesso femminino. Io ho riscontrato in un delinquente, a destra, un fascetto car- noso lungo 2 em., largo 5 mm., il quale originava dalla faccia | posteriore della cartilagine della sesta costa e si continuava me- dialmente nella digitazione che partiva dalla cartilagine della set- tima costa. THEILE (13) riferisce d’ un fascetto anteriore che a destra proveniva dalla cartilagine della settima costa e prendeva inser- zione alla faccia interna dell’appendice xifoide. TE Ho visto 10 volte, 3 volte a destra, 5 a sinistra, 1 volta diamo 1 lati mancare il fascio della dodicesima (CRUVEILHIER (15), TE- stUT (17), BERTELLI (1) a destra). Ho trovato pure in 4 casi che l’ultima costa era assai corta, ed allora la parte inferiore della porzione costale non nasceva da essa, ma dall’ arcata estesa dal- l'estremo di questa costa all’ undecima. HENLE (38) segnala un fascio soprannumerario che si por- tava dalla cartilagine della nona costa alla cartilagine della set- tima ed alla porzione sternale.. Tra i chirotteri nel Vespertilio murinus (LE DouBLE (45)) pure vidi il diaframma estendersi dalla sesta all’ undecima costa; nel Vesperugo moctula (BERTELLI (1) pure) riscontrai il dia- framma partire dall’ ottava ed arrivare all’ undecima. Secondo BERTELLI (1) la porzione costale del diaframma si estendeva dalla settima all’ undecima nell’ Hapale Penicellatus e dalla sesta al- l’ undecima nel Macacus sinicus | so Nel bue il diaframma non arriva all’ ultimo spazio interco- stale (LEcoQ (125), LEsBRE (126), BrELE (127), TABOURIN (128)?). Solchi diaframmatici. Non raramente (15°) sono nella su- | perfice superiore del fegato alcune solcature più o meno pronun- ziate- ed estese, dirette sagittalmente; orbene nel diaframma esi- stono delle sporgenze che vi si modellano. — 105 — Queste solcature erano già note a GLISSON (129) ed a FER- REIN (130) che le spiegavano assai vagamente. MORGAGNI (68) ritenne per il primo che ne fosse causa lo stringersi soverchia- mente il busto. CRUVEILHIER (15) fu pure di tal parere e constatò le pieghe diaframmatiche ed i solchi epatici più nelle vecchie. Romiti (25) riscontrò sempre la coesistenza di questi solchi con sporgenze del diaframma. TIGRI (122) spiegando i solchi come fatto teratologico, ammise avvenissero durante lo sviluppo del diaframma e del fegato cioè cre- dette che la pressione del diaframma ne fosse causa. Tale causa non ha ammesso ENGEL (131). Secondo ZAHN (132) i solchi dipendono da ipertrofia delle digitazioni del diaframma. MATTEI (133) dice « che i solchi diaframmatici si formano non perchè la sostanza epatica, in uno o più punti si approfonda, ma perchè in due o più punti prende uno sviluppo maggiore »: crede poi vi concorrano altre cause. Queste pieghe del diaframma si mantengono, tolto il fegato, se le solcature corrispondenti del Ieoo sono profonde, se poco invece, scompaiono. Porzione sternale. Ho già accennato nella parte normale che questa. porzione è bene sviluppata nei neonati e nei fanciulli, composta di rade fibre nei vecchi, nei quali può anche mancare affatto. Trigoni lombo-costali e costo -sternali. Sono così chiamati, fn detto, gli spazî situati tra l’ origini costale e vertebrale del diaframma d’ambo i lati, e 1’ origini costale e sternale d’ambo i lati. I primi, cioè i lombo-costali, (Fig. 1.2 tr. l. c. ) studiati da FoESTER (82), da BoCHDALECK (134) e da TILLMANNS (135) sono molto variabili per forma e per estensione, e questo come ebbi a costatare, dipende dall’ essere più o meno sviluppata o mancante l’ inserzione del diaframma alla 12." costa (vedi por- zione costale ). Lo spazio di sinistra, che di norma, ha forma più decisamente triangolare del destro ed è più grande, presenta va- rietà in maggior numero dell’ altro. In tali disposizioni LA- CHER (90) trovò la ragione che l’ernie, le quali si formano attra- verso questo interstizio (ernie semilunari), sono più frequenti a sinistra. BoURSIER (136) su 10 osservazioni di ernia a semiluna ha 3 — 106 — visto che 2 erano a destra (casi di DueuET (81) e di HiLLIER (137)), le altre (osservazioni di AUTENRIETH (138), GILMAN DAWEYS (139), PACHNER (140), Orto (87), NoRRIS (142), SCHRANT (111), La- WRENCE (108), LACHER (90) (osserv. 3.°) ), si trovavano a sinistra. (Questi spazî sono unicamente costituiti da peritoneo e da pleura con poco connettivo interposto e sono più o meno coperti, dalla faccia addominale, dal connettivo che circonda il rene, dal rene e a destra ancora dal fegato. TILLMANNS (135) dice che non di rado a destra od a sinistra o da ambedue i lati esistono 3 spazî molto ampî separati tra loro da fasci muscolari; inoltre riscontrò, spesse volte, che tutta la parte inferiore del diaframma era straordinariamente sottile e che solo più in alto andava acquistando il suo carattere muscolare. Ho trovato i 3 spazî, come descrive TILLMANNS (135), 2 volte a destra, 5 a sinistra, 2 volte d’ ambo i lati: in 5 adulti, la parte inferiore del diaframma era costituita da rade e sottili fibre muscolari; tale disposizione era più marcata a sinistra 6 volte, 1 volta d’ambo i lati, 3 volte a destra: in due donne poi la porzione inferiore diaframmatica di sinistra aveva rarissime fibre muscolari. Negli ll.casi, 9 a destra, 2 a sinistra, nei quali come fu accennato, le fibre carnose del diaframma oltrepassavano l’ arcata del qua- drato dei lombi e dello psoas, il trigono lombo-costale era appena accentuato; come pure mancava nei 10 individui, 7 volte a destra e 3 in ambo i lati, nei quali l’arcata del quadrato dei lombi era sostituita da un fascio di fibre muscolari arcuate con la concavità rivolta dorsalmente, e che provenivano dal tendine del pilastro laterale ed andavano ad inserirsi all’ ultima costa. Il trigono lombo-costale nelle 10 volte, 3. a destra, 5 a sinistra, 1 volta. d’ambo i lati, nelle quali mancava la 12.* costa era limitato al- l’ esterno dalle fibre carnose che prendevano attacco all’ 11." costa; ed infine quando per essere la 12.°% costa (4 casi) assai corta, la parte inferiore della porzione costale non nasceva da essa, ma dal- ‘l’arcata estesa dall’ estremo di questa costa all’ 11.* allora, il tri- gono, molto ridotto per volume, era situato tra queste 2 inserzioni. I trigoni costo-sternali hanno forma anch’ essi, come indica la parola, triangolare, con apice diretto in alto ed in avanti. Essi sono molto varî, come potei vedere nelle mie osservazioni, e sono situati tra i fasci muscolari che originano dalla cartilagine della 6.° e della 7.% costa e dallo sterno, ossia dall’ appendice ensiforme. A destra questo spazio è coperto dalla pleura, a sinistra invece la pleura non lo ricopre, onde in questo punto fra la 5.* e la 6.* costa lungo il margine dello sterno il chirurgo fa la paracen- — 107 — tesi del pericardio senza ledere la pleura. Quando il fascio mu- scolare che origina dall’ appendice xifoidea manca, i due spazî si confondono tra loro risultandone uno maggiore attraverso cui può farsi un’ernia diaframmatiea nel mediastino anteriore (CRUVE- LHIER (15), Luscka (40), FOrHERGILL (142), GOBLET (148) ). Centro tendineo. Knox (143) ha dato il nome di muscolo epato-diaframmatico ad un fascio soprannumerario, il quale si distaccava dalla metà sinistra del centro frenico, incrociava l’ esofago e terminava con due la- cinie distinte sul peritoneo, davanti al pilastro destro e sulla faccia inferiore del fegato in corrispondenza del canale venoso. Trattandosi qui del muscolo epato-diaframmatico, dirò che in Francia RoueeT (62) e Le DOUBLE (45) dettero tale denominazione a fasci, che non partivano dal centro tendineo. RovgeT (62) dice: « Je signalerai chez l'homme, un faisceau de fibres tendineuses déja entrevues par HUSCHKE, qui logées entre le deux feuilles de .l’ epiloon gastro-hépatique, se rend du dia- . phragme au foie; ce faisceau, détaché du bord supérieur de l’ orifice oesophagien ne me paraît pas avoir ici d’ autre action que de fixer solidement le foie au diaphragme, mais il tire un certain interét de l’ existence d'un appareil musculaire special que j° ai découvert chez quelques oiseaux et qui se porte du diaphragme sur i le foie ». i i LE DouBLE (45) ha visto in due uomini ed in una femmina una terza forma di muscolo epato-diaframmatico. Esso era costi- tuito da fibre della porzione sterno costale che, dopo aver percorso tra i due foglietti del legamento triangolare sinistro del fegato, si sperdevano sulla capsula di Grissowx. MACALISTER (121) ha pure constatato una volta tale anomalia. Ritornando alle anomalie del centro frenico si trova che HuBER (143) vide, in un feto di tre mesi, sulla parte media ed anteriore del centro frenico fibre muscolari poste trasversalmente. BrauNIS e BoucHARD (51) accennano a fasci carnosi situati nel mezzo del centro frenico. TIGRI (122) pure asserisce d’ aver tro- vato un’insolita porzione carnosa sul foglietto ventrale del centro frenico. ; Dursy (144) riscontrò in un individuo, nella faccia addomi- nale del diaframma, due fasci soprannumerari, l’ uno a sinistra, l’altro a destra, che decorrevano lungo il margine posteriore del centro frenico e che convergevano al davanti dell'apertura esofagea. — 108 — SPERINO (116) (1886) trovò sulla faccia inferiore del dia- framma; di un individuo adulto, un fascio anomalo, lungo 8 em., largo 1, che con una porzione carnosa (5 cm. ). si fissava sulla estremità sternale della fogliolina mediana e l’altra tendinea (3 cm.) sulla fogliolina sinistra. Aveva una direzione perpendi- colare a quella delle fibre tendinee e muscolari della porzione sternale del diaframma, formando nel suo complesso un ponte ben evidente, sotto il quale non decorrevano elementi importanti; questo fascio anomalo non contraeva rapporti coi canali che at- traversano il diaframma. BALLI (147) a sinistra, tra il punto di origine del pilastro me- diale di questo lato e il punto di unione del margine anteriore della fogliolina mediana colla laterale sinistra ba visto originarsi mediante fibre tendinee, che si continuano nettamente con quelle proprie del centrum tendineum, una lamina triangolare colla base che misura 3 em. e '/, in larghezza fissata tra i due punti suaccennati. La quale dopo un decorso di cm. e !/, obbliquo dall’ alto in basso e da sinistra a destra si porta sull’ esofago, misurando quasi 1 cm. di larghezza, si unisce ai fasci longitudinali di esso coi quali si con- tinua fino a perdersi espandendosi a ventaglio sulla grossa tube- rosità e sulla faccia anteriore dello stomaco. L’ esame microscopico di questa membrana diede sempre a vedere numerosi elementi connettivali ed elastici, rarissime fibrille muscolari striate. In ulteriori osservazioni non trovò simili fasci. e Nelle mie osservazioni ho constatato come già (1.* parte) ho detto, che il centro frenico della donna e del neonato e del bambino è meno esteso di quello dell’ uomo adulto; che i fasci tendinei, dipen- denza delle fibre carnose, sono bene evidenti più nell'adulto e che vanno soggetti a varietà. Queste si discostano un po’ dal tipo nor- male come ho descritto, ma però nell’ essenza non vi si distaccano. Negli animali, tra i mammiferi, nei perissodattili e negli ar- tiodattili, il centro frenico presenta il massimo di estensione; nei carnivori e negli insettivori esiste invece il minimo d’ estensione. . Fra le varietà del centro frenico credo opportuno rilevare d’ aver trovato, alcuni fasci carnosi ben evidenti situati sia nella fo- gliolina destra sia nella fogliolina sinistra. Tali disposizioni ho riscon- trato più frequenti (12 °/,) nel neonato e nel bambino che nell’ adulto. Cionondimeno in una donna ed in un uomo ho constatato nel cen- tro frenico fasci carnosi. In quello della donna (Fig. 7,2 f. a.) si no- tava un fascio carnoso, lungo 2 cm. e largo 1 cm. il quale originava dalle fibre costali dell’ ottavo e -in parte del nono arco costale, — 109 — attraversava il centro frenico circa in corrispondenza del punto in cui la fogliolina ventrale si connette colla laterale di sinistra, e si dirigeva alle fibre carnose del contorno destro dell’ orifizio esofageo. Nel centro frenico dell’ uoino (Fig. 8.2) esistevano pure fasci carnosi. Questi a destra (Fig. 8.°a.) erano laterali e un po’ ven- trali al foro della vena cava inferiore e, terminando in fibre ten- dinee, concorrevano a rinforzate ventralmente la fogliolina anteriore. A sinistra (Fig. 8.6.) poi ùn tendinuzzo lungo circa 3 cm., largo 2 mm. '/,, originava ventralmente alle fibre costali del decimo ed undecimo arco costale; a 2 cm. dal punto in cui esse si con- tinuano colle fibre tendinee, si faceva carnoso per 3 cm. e termi- nava misto a fibre carnose e tendinee sulle fibre costali dell’ ottavo e settimo arco costale. Medialmente a questo fascio, ne esisteva (Fig. 8.2d.), un altro il quale dapprima tendineo per 3 cm. si fa- ceva poi carnoso e dopo 3 cm. si trasformava di nuovo in fibre tendinee, che rinforzavano la fogliolina anteriore, arrivando alle fibre tendinee del fascio di destra. Questi fasci avevano un de- corso obliquo dall’ indietro in avanti, e dall’ esterno all’ interno. BERTELLI (1) osservò tra i roditori e tra i carnivori, sul centro frenico, piccole porzioni carnose isolate. Ho osservato il centro frenico quasi interamente carnoso in alcuni esemplari di gatti neonati, nella talpa e nei topi; LE Dou- BLE (45) scrive esistere tale disposizione nella puzzola, e dice che il centro frenico è interamente carnoso nel delfino. Orifizì del grande, del piccolo splancnico, del simpatico e delle azygos. Per quanto riguarda le varietà del passaggio attraverso il diaframma del grande splanenico e del piccolo splanenico e del simpatico; come pure per quanto riguarda le azygos mi riferisco a quanto ho di già detto a questo proposito nella 1.% parte di questo lavoro; aggiungerò solo che in una donna adulta, a sini- stra, l’emiazygos inferiore (fig. 9.* e. î.) aveva un volume consi- derevole ed attraversava il diaframma per lo stesso orifizio del- l’aorta, standole lateralmente. In questo caso esisteva una varietà non molto frequente, che si riferisce alla trasposizione sotto renale della vena cava inferiore. (Fig. 9. C. tr.) Questa originava dalle due iliache primitive in corrispondenza del corpo della quinta vertebra lombare, si portava in alto stando a sinistra dell’ aorta. Giunta in corrispondenza del corpo della 2.* vertebra lombare, si divideva in 2 tronchi, di grosso calibro, l’ uno dei quali, staccandosi ad angolo quasi retto, passava tra- — 110 — sversalmente sotto l’ aorta e si portava a destra, quindi volgeva in alto, comportandosi in seguito come la vena cava inferiore normale. L’ altro tronco si dirigeva in alto, stando sempre late- ralmente a sinistra dell’ aorta, e con questa attraversava l’orifizio aortico del diaframma, costituendo poscia la porzione inferiore dell’ azygos di sinistra. Il primo tronco riceveva 3 vene renali di destra e comunicava coll’ azygos di destra, la quale di calibro minore della norma originava quindi da esso e dalla 2.* vena lombare; ‘ così formata l’ azygos attraversava il diaframma lateralmente ‘al pilastro mediano destro per un foro comune col grande splancnico, col piccolo splanenico e col simpatico. Il secondo tronco riceveva 2 vene renali di sinistra, una inferiore e maggiore immetteva in esso alla sua origine, l’altra superiore e minore lo imboccava poco prima che tale tronco entrasse nell’orfizio aortico del dia- framma. I rapporti delle 2 iliache primitive e della vena cava tran- sposta, come pure delle vene lombari che riceveva, erano inversi dalla norma. La vena utero-ovarica di destra sboccava con un ramo nella vena renale inferiore di questo lato e con un’ altro nella vena cava transposta in corrispondenza del corpo della 3.* ver- tebra lombare; quella di sinistra s'immetteva nella vena renale inferiore di questo lato. La trasposizione sottorenale della vena cava inferiore fu già notata da MoRGAGNI (68), CRUVEILUIER (15), CALORI (146). AN- TONELLI (44), WARING (147), ROMITI (35) e questa varietà trova il suo significato nello sviluppo embriologico. Dopo aver esposte le disposizioni mormali, che si riferiscono tanto alla porzione carnosa, quanto alla porzione tendinea del diaframma e quelle dei varii elementi che 1 attraversano, e dopo aver descritto le anomalie che riguardano in special modo, questo muscolo ed il loro significato morfologico, credo d'aver corrisposto a quanto mi sono prefisso nell’ intraprendere il pre- sente lavoro. Per non cadere in inutili ripetizioni non ritengo opportuno riassumere le osservazioni che sopra ho riferite, traendo quelle conclusioni che già appaiono ‘evidenti nel lavoro; mi limiterò solamente a sintetizzare in una formula generale che, come per tutti gli altri muscoli, così pure pel diaframma, le varietà riscon- trate nell’ uomo, trovano la loro conferma in modalità simili e normali negli animali a noi più prossimi ed in genere nei ver- tebrati. E STE BIBLIOGRAFIA BerteELLI. — Ricerche sulla morfologia. del muscolo diaframma nei mammiferi. Archivio per le Scienze Mediche, 1895, vol. XIX, n. 19. » — Pieghe dei reni primitivi dei rettili, contributo allo svi- luppo del diaframma, 1895. » — Pieghe dei reni primitivi, contributo alla morfologia ed allo sviluppo del diaframma, 1897. » — Contributo alla morfologia ed allo sviluppo del dia- framma ornitico, 1398. . PLatonE — Dialogi secundum Trasylli Tetralogia, vol.IV, Lipsiae 1887, p. 379. 3. Arisrorite — Opera omnia graeco latina. 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VE (E pi Interm. d. nip.splid Spia So ALA S2/. \ nis.S. ITATUATC Î 4 Ji IE / i fl | 1 I * ; ) ;; LI) Ul; IAN M I \\ dii (ui \ i) ui \ \\ NINITITITÀ II \ Il NI LTij SN. Ò È NN > \ 4 di.) Tp it ADalRe d C°- Modena SE ta Me Ma E e ASPIRE Re SARE Ro w SD Pi rg SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tavola I. — f. a. fogliolina anteriore. — o. è. c. è. orifizio della vena cava Le — l. L. lato laterale. — 1. v. lato ventrale. — 1. d. 1. lato dorso laterale. Ri _— L d. m. lato dorso mediale. ma — o. e. orifizio esofageo. | — f. 8. fogliolina sinistra. _— Y. d. fogliolina destra. — tr. I. c. d. trigono lombo-costale destro. — tr. l. c. 8. » » » sinistro. 3) — p. interm. s. pilastro intermedio sinistro. % — p. interm. d. » » destro, — p. l. s. pilastro laterale sinistro. — p. l. d. » » destro. — ar. ps. d. arcata dello psoas destra. — ar. ps. 8.» » » sinistra. — ar. q. l. s. arcata del quadrato dei lombi sinistra, ug. dl di » »o 008, destra, — A. aorta. — è. P. cisterna di Pecquet. — p. m. d. pilastro mediale destro. — p. m. s. » o sinistro. — e. esofago. — o. a. orifizio aortico. . — tr..l. c. d. trigono lombocostale destro, CRI NATI oNaiadio CORR 09h: 9 sinistro, — n. gr. spl. d. nervo grande splacnico destro. — n. gr. spl. s. >» » » sinistro. — n. p. spl. d. nervo piccolo splacnico destro, — n. p. spl, 8. 5° ida sinistro, 1 i Fig. 4.° Fig. 5.° Fio. 6.2 -- n. gr. spl. s. nervo grande splacnico sinistro. — n. s d, nervo simpatico destro. — N. 8.8. >» Po sinistro. — r. ta. rafe tendinco anomalo. — p. l. s. pilastro laterale sinistro. — p. m. a. pilastro mediano anomalo. — p. m. d. pilastro mediale destro. — p. m. s. » o sinistro, — IT. IT. IV. V. v. /. 2,1, 3.3, 4.8, 5.° vertebra lombale. — 0. e. orifizio esofageo; i — A. aorta. — ar. ps. d. arcata dello psods destra. — ar. ps. s. mita » sinistra. — ar. q. l. d. arcata del quadrato dei lombi destra. —_ ar. q. (SS: » » ; Dia sinistra. — p. l. d- pilastro laterale destro. — p. l. s. » » sinistro. — p. m. a. pilastro mediano anomalo. — Il, III, IV, v. /. 2°, 3.°, 4. vertebra lombare, — o. a. orifizio aortico. À 3 — A. Aorta. — o. e. orifizio esofageo, — n. g. spl. d. nervo grande splacnico destro. —'n gr. spl. 8.» » ‘» sinistro. — n. p. spl. d. nervo piccolo splacnico destro. in. cp. spl. 8.1» eri » sinistro. — n s.d nervo ‘simpatico destro. STRESA LI ian » sinistro. ‘—- p. m. d. pilastro mediale destro. — I, IT, HI, IV, 1.7, 2.2. 3.3, 4° vertebra lombare. — $S. s. stomaco sollevato. USE — £. esofago. — f. e. a. fascio carnoso anomalo. «| — P. s. pancreas spostato a destra. -— a. spl. arteria splenica. — Di. digiuno. — Du. duodeno. — a. m. s. arteria mesenterica superiore, Tavola II. — n. gr. spl. d. nervo grande splacnico destro. — n. p. spl. d. » piecolo destro. — n. s. d. - » simpatico destro. E ; pt EEA S n. p. spl. s. nervo piccolo splacnico sinistro. n. s, 8. nervo simpatico sinistro. p. interm. d. pilastro intermediario destro. p. » s. » > sinistro. a. b. origini anomale del pilastro laterale. II, III, v. 2. 2.° 3.* vertebra lombare. f. a. fascio anomalo. o c. è. orifizio della cava inferiore. o. e. » esofageo, a. fasci anomali di destra. b. d. fasci anomali di sinistra. o. e. t. orifizio della cava inferiore. dle: Tir e esofageo. UD. esofago. n. gr. spl. d. nervo grande splaenico destro. n. p. spl. d. » piccolo » » C. i. cava inferiore. n. s. nervo simpatico destro. a. d. arterie diaframmatiche inferiori, tr. c. tronco celiaco. a. m. s. arteria mesenterica superiore. e. i. emiazygos inferiore sinistra. v. caps. s. vena capsulare superiore. v. a. d. vena azygos destra. v. 8. l. 2.* vena lombare. a. r. d. arterie renali destre. a. r. s. arteria renale sinistra. U. r. s. s. vena renale superiore sinistra. « — »v. r. t. s. vene renali inferiori sinistre. » — R. D. rene destro. » — R.S. >». sinitro. » — ®. WU. 0. 8. vena utero-ovarica sinistra. » — a. m. i. arteria mesenterica inferiore. >» — v. u. 0. d. vena utero-ovarica destra. » — C. tr. cava transposta. 8 » — A. Aorta. 5 > — v. È. p. s. vena iliaca primitiva sinistra. #6 » | — è. i. p,d. » » » destra. È » — a. è. p. s. arteria iliaca primitiva sinistra. » — a. i. p.d. » » » destra. n » — III, IV, v. 2.2.5, 3* vertebra lombare, Alcuni appunti sulla composizione del plancton estivo dell’ Estanque grande nel parco del Buen Retiro in Madrid. Poche regioni al mondo, relativamente ricche di monti e d’acque, si posson dire più scarse di bacini lacustri della peni- sola iberica. E per vero se si osservano carte geografiche in scala alquanto ridotta, non si resta colpiti prima di tutto che da qualche bacino litoraneo, di niun valore come entità geografica, giacente sulle « Arenas Gordas » presso il glorioso porto di Palos, di niun valore perchè spesso si confondono con le vaste « Marismas » dell’estuario del Guadalquivir. Soltanto dopo un’ osservazione più minuziosa si scorgono: il lago della « Nava » presso Palencia; quello sulle cui rive giace il paese di « Fuente de Piedra » tra Estepa e Bobadilla; la catena di piccoli bacini ( Lagunas de Rui- déra) che quasi forman l'origine del « Guadiana alto », là dove scorre attraverso « la Mancha », regione suddivisa tra le pro- vincie di Murcia e di Nueva Castilla; ed infine la « Laguna sa- lata » nella Sierra de Yéguas e forse qualche altro piccolo bacino di montagna. Una qualche utilità dunque saprà recare anche il presente contributo, se pure riguarda un bacino di poca importanza come estensione e, per di più, artificiale, se non altro per istabilire l’inizio delle ricerche limnobiologiche in questa vasta e bella regione d'Europa la quale, sebbene si mostri scarsa di laghi, è ricca di fiumi lunghi e larghi, che per molta parte del loro corso sono spesso navigabili e perciò, non di rado, possono offrire con- dizioni svariatissime allo svilupparsi della vita libero -natante o trasportata. — 121 — Il parco del « Buen Retiro » si ritiene fondato all’epoca di Filippo II che vi fece costruire una casa di campagna per Maria d’ Inghilterra sua moglie; poi divenne anche residenza dei re, di- «esi da Filippo IV fino a Carlo III. Ora è congiunto al « parque E. de Madrid » ed il palazzo è adibito a museo militare. Vi si ac- E: cede da « calle d’Alcalà », immediatamente a: S. E. dal suo uo sbocco in » Plaga dell’ Independencia ». Al principio del milleset- 38 | tecento solamente però risale 1’ origine dell’ « Estanque grande » 2 e di tutte le fontane che ornano l’amena residenza ed è proba- a bile che poche modificazioni vi siano state introdotte da allora. 3% In ogni caso, la forma attuale dello stagno è rettangolare e n: misura 300 x 100 m., con poca. profondità d’ acque. Il ricambio È si opera col mezzo di quattro apparecchi idraulici (norias) e non È avviene perciò in modo molto rapido; effetto questo desiderato ne. ‘anche dai costruttori, onde mantenere nelle acque quella quiete SR che rende più dolce e tranquillo il vagare delle leggere barchette i che vi si trovano a diletto dei visitatori. La poca profondità e poi quindi il facile riscaldarsi dell'intera massa d’acqua, la temperatura CA perciò presso a poco costante in ogni punto del bacino ed insieme Mec l'azione decomponente della luce, che potendo penetrare senza difficoltà fin sul fondo, sembra fomenti lo svolgimento di elementi nitrosi utili all’ esistenza dei planctonobii, formano tutte insieme «Ta un complesso di condizioni assai propizie al rapido moltiplicare di È simili organismi. Nel caso attuale, poi, le condizioni vengono ul- ‘’teriormente secondate dal lento ricambiarsi delle acque; fatto che . _—» impedisce l'esodo di molti elementi planctonici, specialmente degli # allocinetici (trasportati passivamente) pur nello stesso tempo non i permettendo l’ immissione di molta acqua d’affluenza, la quale si cs dimostra sempre assai povera d’ organismi ed in tal modo può mantener -sempre scarsa la quantità relativa di plancton nei laghi molto ricambiati. E ._L’assenza di vegetazione alla sponda, sia di Fanerogame sia È di Briofite rende bensì poco notevole lo sviluppo delle Cloroficee, E. ma, per converso, le alghe azzurre ed in modo speciale le Croo- # coccacee si moltiplicano con tale intensità da raggiunger quasi di: l’ aspetto di un Flos Aquae e, malgrado l’ esiguità delle loro di- mensioni cellulari, raggiungono per il numero una massa tale da equiparare e forse superare la metà in volume dell’ intera massa planctonica.. e Ci troviamo dunque anche a riguardo alla natura del plancton o dinanzi ad un lago-stagno o ad un lago a Myxophyceae, come ac- — 122 — cenna a chiamar questa categoria di bacini lo Huitfeldt-Kaas (1), Clathrocystis aeruginosa Henfr. è l’alga che più si dimostra co- mune, tutte le altre vi sono accidentali o non così frequenti. La fauna é copiosa sebbene il bacino sia ristretto e poco profondo. Prevalgono i Nauplius di Copepodi ed alcuni Rotiferi. Sono pure frequenti certi Cladoceri limnetici che come il Diaphanosoma brachyurum Liev. s' incontran spesso negli strati superficiali. Le Diatomacee, le Peridiniee e le Oscillatorie limnetiche vi sono sporadiche o mancano del tutto, come peraltro potevasi in- durre anche a priori, prediligendo questi organismi per loro na- tura.le acque fredde, profonde e trasparenti. Mancano pure tutti. i Crostacei limnetici maggiori che, per le loro condizioni statiche o biologiche, esigono strati d’acqua d’una certa profondità per potersi adeguatamente moltiplicare. Il campione raccolto è unico ed è costituito da una miscela di due prese superficiali ottenute trascinando un retino Amberg dietro la barca spinta a velocità moderata e da una presa verti- cale nel punto più profondo (4-5 m.) che si può dire non diffe- risce affatto dalle precedenti; fu d’ agosto nel 1901, ai 23 del mese, sull’ imbrunire e con un tempo splendido. Elenco sistematico delle specie. 1.° Chroococcus minutus (Kuetz.) Naeg. var. minimus Keissl. Non è comune e si osserva talvolta in famiglie subsfe- riche, di circa 50 p. di diam. Il Keissler osservò molto spesso le cel- lule allo stato di deduplicazione; nel caso attuale, però, era feno- meno assai raro. Si conosce sparso in parecchi laghi dell’ Europa boreale ed orientale. 2.° Microcystis Flos- Aquae ( Wittr.) Kirch, Abbastanza fre- quente, in famiglie assai numerose di cellule. Nel contenuto cel- lulare vi si potevan riconoscere quelle masse rifrangenti che forse | non a torto si ritengono dovute a riserve di grassi che possono avere anche funzione idrostatica. Questa Croocoecacea ha una di- stribuzione geografica assai vasta che si estende dall’ Asia Minore alla Svezia e dall’ isola Chatam all’ Africa tropicale. 3.° Clathrocystis aeruginosa Henfr. Si è già accennato come costituisca la parte più rilevante del fitoplancton. Trovasi in (1) HurrreLpr-Kaas K., Planktonundersoegelser i norske Vande — Chri- stiania, Nationaltrykkeriet, 1906. — 123 — colonie più o meno estese, non si vide però giammai nel caratte- ristico suo aspetto reticolato. È specie cosmopolita e sempre e dap- pertutto comune.. 4.° Merismopedium aerugineum Bréb. Non si può dir in- frequente nel nostro saggio, in famiglie di 64 cellule ovali, d’ un vivo colore azzurro, quaternate nel caratteristico modo proprio di questo genere, delle Lampropedie e delle Sarcine. Le famiglie sono di 35 x 50 w,, rettangolari. Anche quest’alga ha un’estesa distribuzione geografica; si rinvenne in Algeria ed in Groenlandia ed è nota in tutti i paesi d’ Europa. 5.° Merismopedium Marssonii Lemm. Meno frequente del congenere, pur esso non si può avere per raro. Se ne differenzia a prima vista per le cellule assai minori, spesso aggregate in fa- miglie più numerose. La forma di queste famiglie poi non è così ben caratteristica rettangolare ma spesso è anche quadrata e ret- tangolare in senso della larghezza a seconda del numero o della disposizione delle cellule. La distribuzione geografica di questa forma si prevede non sia meno estesa di quella della specie pre- cedente perchè si rinvenne di già nella Germania boreale ed in Asia Minore. o 6.° Lyngbya limnetica Lemm. Abbastanza comune, in fila- menti piuttosto brevi; è l’unica omocistea che siasi veduta in questi saggi. Questa specie è stata già trovata in tutto il mondo, dal lago Valloxen in Isvezia al lago di Scutari d’ Albania, dalla Scozia alla Nuova Zelanda. 7,° Anabaena FlosAquae (Lynghb.) Bréb. In tricomi sparsi, rari, di solito privi di spore; una sola volta fu veduta una spora ‘immatura. È una specie gregaria in tutte le regioni lacustri, tanto neritica, come libero-natante e si trova in tutto il mondo. 8.° Anabaena circinalis Rab. var. cyrtospora Wittr. Vera- mente la forma elissoide degli articoli farebbe meglio assomigliare 1 tricomi semicircolari che si osservano alquanto frequenti nel planeton dell’Estanque grande alla figura che il Kuetzing dà per il Cylindrospermum circinale Kuetz. alla XCVII tavola del I vo- lume delle Tabulae Phycologicae, ma i signori Bornet e Flahault fanno di questa specie tutt’ uno con il Trichormus spiralis del Ralfs, identico con il n. 209 degli essiccati del Rabenhorst, presi per tipo alla descrizione dell’ Anabaena. La varietà si è potuta agevolmente identificare dalla forma delle spore che non sono del tutto infrequenti. Per ora questa varietà non è sicuramente nota che per la Svezia (Hammarbysyòn ) ma certamente venne confusa - 124 — altre volte con il tipo; da esso non si può distinguere se non con il mezzo delle spore. 9.° Scenedesmus quadricauda (Turp.) Bréb. È una delle Protococcacee più frequenti e diffuse in tutto il mondo. Nel caso presente non è comune, e questo malgrado la natura stagnale del bacino. Come tutte le seguenti Cloroficee non sì rinviene spesso, perchè manca la vegetazione litorale e la torbiera intorno al lago. . Del resto Scenedesmus quadricauda non si può in nessun caso ritenere per forma eulimnetica. 100 Scenedesmus acuminatus Chod. È molto affine al Sce- nedesmus opoliensis P. Richt., ma si avvicina di più al Scene- desmus obliquus (Turp.) Kuetz. nelle sue varietà più slanciate, pur differendone per la forma lunata delle cellule estreme e per la lunghezza delle cellule fusiformi centrali. Visto di fianco può simulare l’ aspetto di certe specie di Raphidium e, non essendo sull’ avviso, non è difficile ingannarsi. È raro, ma probabilmente avrà le stesse abitudini del congenere juededbnta 11.° Schroederia setigera (Schroed.) Lemm. Questa specie sì osserva con maggior frequenza delle due precedenti. Ciò non deve peraltro sotto un certo aspetto parer strano se si considera che trattasi di un planetonobio caratteristico a tipo prettamente atractoide (Spindeltypus dello Schroeder); strano d°’ altro lato potrà apparire se si vuol tener conto del fatto che finora non venne ritrovato che nei fiumi di Germania e nei bacini si acque calme o ferme non fu peranco osservato, 12.° Pediastrum duplex Meyen var. cornutum Racib. Fu visto una sola volta in un grande e completo cenobio a tre ordini di cellule concentriche. Qui si deve ritenere come prettamente ac- cidentale, essendo una forma caratteristica di solito delle torbiere o di quei bacini che dalle torbiere ricevono immediatamente l’acqua. È forma del resto assai So anzi tra le più diffuse della specie. 13.° Cosmarium depressum (Naeg. ) Lund. Questa piccola specie è l’unica rappresentante delle Desmidiee in questo saggio di planeton. La ragione ne può risultare da quanto venne esposto anche più sopra per le altre Cloroficee: il mancare di qualsiasi macrovegetazione di sponda. Le Desmidiee del resto non debbonsi ritenere come alghe plane- toniche di alto lago, salve rarissime eccezioni, le quali son date da certe forme assai sottili di Closterium — che invece eleggono la loro stazione preferita nel planeton, — e da certe altre Desmidiee — 125 — a nastro (desmoidi) che alla vita sospesa, per condizioni statiche, hanno spiccata tendenza. Quest’alga è frequente tanto in individui solitarii quanto abbinati e mostra anche una certa variabilità nelle dimensioni. Pochi esemplari, anzi nessuno, raggiungono il massimo di 43 x 50 p., assegnato a questa specie dai signori West e molti invece potrebbero anche per l'aspetto rammentare il C'osmarium succisum da questi Autori stessi descritto come specie di minori dimensioni ed affine alla presente, nel loro classico lavoro che si sta pubblicando sulle Desmidiee d’ Inghilterra. _14.° Cymatopleura elliptica Bréb. Questa diatomea, che pre- senta per l’ ordinario un carattere neritico bentonico, non è però di quelle che vivono fissate ad un supporto di qualsivoglia natura e perciò nel caso nostro si rinvenne frammista agli altri plancto- nobii per puro caso. Fu veduta una volta soltanto, ma 1’ endo- croma che trovavasi in perfetto stato di conservazione lascia sup- porre che l’ individuo catturato si trovasse in istato di perfetta vitalità. 15.0 Melosira tenuissima Grun. È abbastanza comune in esemplari assai scarsamente silicizzati e fragili. È specie che molte volte si rinviene nel plancton. e sarebbe opportuno schierarla tra i planetonobii timpanoidi ( Trommeltypus dello Schroeder). In par- ticolar modo si rinviene frequente nei laghi settentrionali, ed in- vero venne osservata gregaria nel lago Miiggel presso Berlino. Spesso però venne dagli Autori confusa con la affine Melosira granulata (Ehr.) Ralfs. 16.° Glenodinium pusillum Pénard. Questa piccola ed ele- gantissima specie di Peridiniea limnetica venne per ora osservata: in scarse località; oltre al Lemano dove venne trovata dall’ Au- tore, forse perchè di primo acchito, specialmente quando il mate- riale di studio non è tanto fresco o non è ben conservato, è fa- cile seambiarla con qualche congenere. Nell’ Estanque grande si é veduta due o tre volte soltanto e questa sua rarità è spiega- bilissima anzi era prevedibile per le ragioni idrografiche che più sopra si sono venute esponendo. 17.° Anuraea aculeata Ehr. Questo Rotifero si è rinvenuto alquanto comune in splendidi esemplari, spesso muniti di uova. Tal fatto però non riesce privo di un certo interesse, se si nota come altrove — ad esempio in Norvegia (Huitfeldt-Kaas) venne riconosciuto come una delle specie di Rotiferi che meglio si con- fanno ad occupare strati d’acqua d’ una certa profondità. Ad ogni modo i coefficienti di variazione per la distribuzione dei plancto- — 126 — nobii sono tanti e di così varia natura che non è certo da esclu- dere che in ambo i casi le osservazioni vennero fatte esattamente. 18.° var. squamula Ehr. Ancora più comune della forma tipica, anche per essa si possono ripetere le stesse considerazioni. 19.° Diaphanosoma brachyurum Liev. È l’unica specie di Cladocero che si sia rinvenuto in questo. campione ed è infatti tra quelli che anche in via abituale occupano gli strati d’acqua superiori. 1D) frequente. Nei laghi norvegesi (Huitfeidt-Kaas), non venne trovata che accidentalmente in acque più profonde di 10 m. sebbene anche colà alle volte venisse negli strati superficiali 08- servata in quantità rilevantissime. In questo caso dunque avrebbesi accordo nelle osservazioni eseguite in regioni assai diverse per natura e posizione geografica fatto che non corrispose nel caso dell’ Anuraea aculeata. 20.0 Nauplius di Cyclops. In molti bacini dove si sono ve- nuti osservando questi stadii larvali, si credette di scorgere, ed è probabile che questo succeda, come tali organismi variassero sta- zione con il variare della stagione. Nel caso attuale è lecito sup- porre che alla profondità degli strati supplisca la poca trasparenza delle acque o per lo meno che i Nauplius siano organismi assai resistenti alla variazione termica o d’ illuminazione. Sono per nu- mero gli animali più frequenti nel campione studiato. 3 21.° Cyclops oithonoides Sars d'L. Comune pur esso; non è forse altro che la forma sviluppata dei Nauplius prima menzio- nati e ne farebbe prova la frequenza di essi anche allo stato di Protonauplius ed il non aver giammai rinvenuta una femmina con le uova sospese all’ addome. Anche per questo Cyclops si può ripetere riguardo alla distribuzione quanto si è detto per i Nauplius. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO VOLUME (Anno 1906 - XLI della Società) NBOESOCIRle Ri e a VA e 00 — Francnini G. — L'’eccitabilità frenico-diaframmatica durante . la sospensione respiratoria di Traube (con 4 figure). ParRrIzi M. L. e FrancHIini G. — Di alcune particolarità sul- l'arresto del respiro per stimolazione centripeta del vago. Seite), Sela 5 ) 5 De-Tonr G. B.— Suli'oninine degli Siani Nuovi nile ie manoscritti Aldrovandiani. . . . RIO ARI ZanrrognINI OC. — Note lichenologiche. — Il i nummularia degli autori . . . . . gd | Ceviparti A. — Sulle linee papillari delle dita della mano (con unarztavola aa DATE MORI Barsieri A. — Sulla convergenza amifonne delle funzioni di va- riabile reale. PRIN Picaezia L. — Note oloni E e, PicagLia L. — Note ittiologiche. . . ..... . E CevipaLLI A, e Cursroni A. — Esiste una iena colino 0s- Stedebonicag x pr im h 3 Ceviparti A. e Benasst G. — Ricci dune pus dalai Contributo allo studio antropologico della mano (con 4 tavole ) St BentivoaLio T. — Libellulidi Gela Piogintia di Licia Focaccr M. — Diaframma, sue anomalie e loro RE mor- fologico (con 2 tavole). . . . are (LA Forti A. — Alcuni appunti sulla composizione del plagcton in Madrid . . Stanchezza e ristoro del riflesso inibitore respiratorio (con estivo dell’ Estanque grande nel parco del Buen Retiro 120 IBTÀ DEI NATURALISTI N r- E MATEMATICI #.- -pI MODENA «» Serie IV Vol. IX - Anno XL. i MODENA » COI '‘‘IPI DI G. T. VINCENZI E NIPOTI Rit. Librai-Editori sotto il Portico del Collegio Ò & ® | == 00 i RE 1908. ur dà, Ù < < ù è g È ; ALBO SOCIALE (Anno 190? — XLII della Società) ELENCO DELLE CARICHE Presidente DE-TONI prof. GIOVANNI BATTISTA Vicepresidenti SPERINO prof. cav. GIusEPPE Drowist prof. ANTONIO Segretario BARBIERI dott. ARMANDO Cassiere Namras dott. Isacco . Archivista PicagLia prof. Luiei Consiglio di redazione degli Atti IL PRESIDENTE I VICEPRESIDENTI PargIzI prof. Mariano Luigi Cursi prof. cav. Gino (+) PANTANELLI prof. cav. uff. Dante Awmatpi prof. Ugo i Bonacini prof. Carlo | ELENCO DEI SOCI La - Amaldi prof. Ugo 1 Balli dott. Ruggero x Barbieri dott. Armando — Bertacchini prof. Pietro Bignotti dott. Gaetano Bonacini prof. Carlo Bortolotti” prof. Ettore . «rCoggi prof. Alessandro Cugini prof. cav. Gino (1). Daccomo prof. cav. Gerolamo De-Tonî Antonio De-Toni prof. Gio. Batta Dionisi prof. Antonio Ferrari dott. Contardo Ferretti dott, Arduino Focacci prof. Maurizio Forti dott. cav. Achille Generali prof. comm. Giovanni Lucchi dott...Carlo Macchiati prof, cav. Luigi Maggiora prof. comm. Arnaldo | Menafoglio march. sen. comm. Paolo (}) Namias dott.»Isacco Nicoli prof. cav. uff. Francesco Pantanelli prof. cav. uff. Dante Patrizi prof. Mariano Luigi .v Picaglia prof Luigi Pizzarello prof. Domenico Rangoni march. dott. Giuseppe Sacerdoti dott. comm. Giacomo (+) Sandonnini Geminiano Sforza’ prof. Giuseppe Sperino prof. cav. Giuseppe Tardini Luigi Lorenzo ognoli dott. FAEDE Tonelli Giuseppe Valenti prof. Gian Luca Zanfrognini dott. Carlo | Istituto di Botanica, Modena .» di Mineralogia, Modena » di Zool., An. e Fis. comp., Modena . ‘SOCI CORRISPONDENTI (art. transitorio del Regol. ) too prof. Tito - — Rag -E. Della Valle prof. Antonio — Napoli Fiori prof. Adriano — Vallombrosa . | Fiori prof. Andrea — Bologna - Monticelli prof. Fr. S. — Napoli Porta prof. Antonio -— Camerino | Statuti ing. cav. Augusto — Roma Istituto Zoologico _ Loune i î G. SFORZA SUL VOLUME DEI POLIEDRI NELL’IPOTESE NON EUCLIDEA (Seduta del 12 Marzo 1907). In un mio lavoro presentato il 20 dicembre 1906 dal prof. Amaldi alla R. Accademia di Modena e che sarà inserito negli atti di questa, mi sono occupato di estensionimetria non Euclidea, e, relativa- mente ai poliedri dello spazio a tre dimensioni e più specialmente riguardo al tetraedro, sono giunto ad alcuni risultati che, sembran- domi notevoli, io comunico a questa rispettabile Società. Per struttura di un poliedro si intenda l’insieme dei cicli in cui si separano i suoi vertici per formare i poligoni-facce. Ora da un teorema generale di Schubert (Cfr. ScHOoUTE, Melhrdimensio- nale Geometrie, pag. 78-79) risulta che la determinazione metrica «di un poliedro Euleriano di data struttura dipende da tante costanti arbitrarie quanti sono i suoi spigoli. Se dunque la curvatura X dello spazio non è nulla (nel qual caso i diedri di un poliedro non sono legati a priori da alcuna relazione ) si può concludere che un poliedro Euleriano di data struttura è determinato dai suoi diedri cioè il suo volume V e i suoi spigoli sono funzioni dei suoi diedri. Quali funzioni siano gli spigoli s dei diedri o si può stabilire con semplici equazioni trigonometriche, cosicchè gli spigoli s si possono considerare qui come note funzioni dei diedri; allora io ho dimostrato che, se V è il volume, o un diedro generico ed s lo spigolo di sostegno di o, si avrà: 1 NESSO | AV DIN s do (1) SATO essendo dV il differenziale totale di V considerato come funzione dei diedri 0. Da (1) si può ricavare il notevole teorema: La somma dei volumi di due poliedri assolutamente reciproci aumentata della somma dei tetraedri contenuti dalle coppie di spigoli assolutamente reci- proci dei due poliedri riempie tutto lo spazio projettivo. E questo teorema è analiticamente valido anche per K < o. Io ho stabilita la (1) deducendola dal caso particolare del tetraedro pel quale l’ ho originariamente. dimostrata. Nel caso del tetraedro si possono facilmente esprimere gli spigoli s pei diedri o nel seguente modo. Siano 0, 1, 2, 3 i vertici di un tetraedro e si indichi con s;; lo spigolo che unisce i vertici îj; sia poi c;; il diedro opposto allo spigolo s;;; allora la (1) prende intanto la forma 1 Li i dV= 2 K ( do93 + 502 do31 + 803 do12 4 593 d001 + 8314002 + isdn )(*) (2) (*#) Nel mio lavoro citato ho dimostrato analiticamente che, se V è l’ipervolume di un (n -|--1)-edro P di uno spazio a » dimensioni di curvatura costante X, si ha: (n — 1) KAV=%sdo, ove v è un diedro ge- nerico di P ed s l’estensione dell’(n—1)-edro sostegno di 6; e da tal for- mula per n—=3 ho dedotta la (2). Ecco tuttavia un cenno di una dimo- strazione elementare e diretta della (2), dimostrazione che non compare nel citato lavoro. ; Si ponga per brevità, qualunque sia x, x =x|/ E. Allora il settore infinitesimo conico di angolo dt di altezza 4 e di apotema p ba un volume dr dvi Di ( pag. 99), la quale, quando sia l'inclinazione dell’apotema p all’ altezza 4° si può scrivere anche 2KAV=(kX—pcosw)drt. Di qui. si deduce che, se dV è il volume di un tetraedro ABCD col diedro in AB infinitesimo (dr) e si pone AB—=c, AC=b,BC=a, BAC=A, ABC = B, si ha, a meno eventualmente di infinitesimi di second’ ordine, 2K4AV = (e — — a cosB— dcos A) dr. Facendo ora variare di infinitamente poco il solo vertice 0 del tetraedro finito 0123, la variazioae èV del suo volume V è la somma algebrica di tre tetraedri infinitesimi del tipo precedente; donde si ricava: h — otang È cot p) (Cfr. Friscnaur, Elem. der absoluten Geom., 2KSV = 833800, + 8410008 + 8:2d9,3 + So (— C08 012893 — cos 013d9,3 ) + s (— cos 02189,3 — cos 023d9,, ) + 503 ( — 0303130, — cos 03289), ) . Ora se in un triangolo sferico di angoli A, B, Celati a ,B,e varia infinitamente poco il solo vertice di A, si ha dA = — cosbòC — coscòB. ; (3) allora si ha: 1 è ai 1 log Vag + (—v)2 sen CONI 23 2iV/K (4) I Va (_W?5en9, e simili. . La (2), ritenendo costanti i cinque diedri 9,2; 003) 023, 931; 0, ci dà allora o) 1 Very log Nara la i SIOE, do), 6) 4iK 2 : Vas —(— v)? sen 09 i o ol i SALE 0 : ove si dimostra che-o è un valore di c,, che rende V = o. DI Così V è ottenuto con una quadratura ma da eseguirsi sopra una funzione contenente 5 parametri arbitrari. Ora io ‘ho dimo- Per la qual formola la precedente assume la forma (2). Non vi è ora al: cuna difficoltà ad estendere la (2) anche al caso della variazione infini- tesima arbitraria simultanea di tutti i quattro vertici 0,1,2,3. Questa dimostrazione geometrica è valida in una porzione reale dello spazio la quale per K <0 sia interna all’assoluto e per K> 0 sia interna a una T sfera di diametro PRA affinchè avvenga che per ogni triangolo in essa contenuto la somma di due angoli qualunque sia minore di due retti. Ma con considerazioni relative alla continuazione delle funzioui ana- litiche si estende facilmente la validità della (2) a qualunque tetraedro reale o complesso. oeLe pi strato che la (5) si può sostituire con una quadratura da ese- guirsi sopra una funzione numerica della sola variabile d’ inte- grazione e precisamente che, ponendo 1 IT Ias 5 log 2sen eda (*), (6) 2iK 3 x sarà V un aggregato di valori della funzione 7 per valori diversi dell’argomento x calcolabili a mezzo dei diedri o; per modo che, quando sia calcolata una tavola dei valori numerici della fun- zione Y, si potrà calcolare il volume di qualunque tetraedro. Se il tetraedro è asintotico (cioè con un vertice, almeno, all’ in- finito) l’espressione indicata di V si ottiene facilmente. Siano in- fatti @, B, y i diedri del triedro ‘asintotico ed a', B', y' i diedri ad essi rispettivawente opposti nel dato tetraedro di volume -V. Per essere a +-+ = © si trova intanto: 1 (—y)? =cosa’ sena + cosf' senf + cos y' sen y. 4) Allora, posto a+B'4y'—m=2e, ++ —a=20,, a +B4y—-a=23, (8) a mezzo della (2), (4) e (6) si trova che n VE Tab Tp+Tr+]— Ta + Tp Te_aTa$t ala dio sili=e;ah Tres Ts, de (9) sn I Tale; E They Toe Te, 5 - (#) Poneado 2=tang 5, Tx prende la forma. (14 4z de 3 sad (CORE o e sotto questa forma Tx rientra nella categoria’ degli integrali studiati dal compianto prof. Besso nel Giorn. di Batt., 1888, pag. 356: « Sull’in- tegrale del prodotto di una funzione razionale pel logaritmo di una fun- zione razionale », a Se il tetraedro non è asintotico, si indichino con A, B, 0, D i suoi vertici e con O un punto qualunque dell’ assoluto; si avrà (BALTZER, Stereom., pag. 141) in valore e segno ABCD= ABCO+ BADO-+ ACDO+CBDO , (10) siechè ABCD è un aggregato di quattro tetraedri asintotici (con segni opportuni), i cui diedri si possono calcolare in funzione dei diedri di ABCD e di due costanti arbitrarie; applicando a ciascuno di tali tetraedri asintotici la (9) si ottiene ABCD come un aggregato di valori della funzione Ty. È da notare che la (9) è valida anche per un tetraedro 2, 3, 4 volte asintptico, basta farvi nulla una, due o tutte tre le e. AIl- lora, osservando che la 7 data da (6) sodisfa alle seguenti rela- zioni: cai i — Pas) slardiee= ea 2 2 2 2K2 (11) Tr=0, T,=0;Tr=0,TIno=—-To,Tr =— Tr a Marti pon e che da (8) si ricavano le relazioni x_—e,=a'—e9 eg, f—e, = —ep—e,,y_eg=t--e1— 88, (12) si perviene da (9) alle formule seguenti: B=T a O TRS SEE + Inni —_ Te, — Te, (eg = 0 tetraedro diasintotico .) + Tg 4+Ty7 Te, (0=83=0 » triasintotico ) (13) V=2(Ta+Tg+7T) (tela piani ee == » tetrasintotico). Facendo nella prima della (13 e quindi si ottiene per la prima delle (11) V=T,. (14) el Facendo nella terza delle (13) (15) la quale dà il volume del tetraedro tetrasintotico regolare in una forma più semplice di quella data da Liebmann nella sua recente « Nichteuklidische Geometrie » (Sammlung Schoute,:1905, pag. 162), e, per la terza delle (11), prova il carattere di massimo del tetrae- dro tetrasintotico regolare fra tutti i tetraedri tetrasintotici. Si deve notare infine che, poichè la (10) sussiste anche se O è immaginario, la indicata decomposizione di V può essere fatta anche nel caso di K>o cioè nel caso ellittico; infatti la (9) ha un’ origine puramente analitica. Voglio ora porre brevemente in relazione questo metodo con quello di Lobatschefsky (Vedi p. es. LIEBMANN, l. c. pag. 156 e seg.). A tale scopo conveniamo che, se un tetraedro ha tre diedri retti, di cui due opposti, il tetraedro sia detto elementare e che dei rimanenti tre diedri i due opposti siano detti Zaterali e medio il terzo. Al- lora, calando da un vertice di un tetraedro qualunque la perpen- dicolare sulla faccia opposta e dal piede di questa le tre perpen- dicolari sui tre lati della base, il tetraedro risulta un aggregato di sei tetraedri elementari positivi o negativi aventi i vertici nei piedi delle quattro perpendicolari sudette e nei vertici del tetraedro. Così Lobatschefsky ha ridotto la determinazione del volume di un tetraedro a quella dell’ elementare. Egli ha poi provato che un tetraedro elementare non asintotico è un aggregato di quattro te- traedri elementari monoasintotici due positivi e due negativi, e così. ha ridotto la questione alla determinazione del volume del tetraedro elementare monoasintotico. Se si osserva che in un tetraedro elemen- tare monoasintotico il diedro medio deve essere complementare di un laterale, si trova colla (9) che il volume Ta, g° del tetraedro ele- Raro mentare monoasintotico di diedri laterali a, a' e di diedro medio T c È 9g — % assume successivamente per le (11) le forme seguenti: ì Ta,a =3| Ta +a— Ta -a +2 Tr ih IA e Tia 1) 1 a c — + peo de Br = ni log2senada — Era” 4: K2 i a+ a T T ria 41 da log 2 senada(= ” log 8@0 (P+-2) gg, (16) \ 4iK5 SEU e) aa a’ e la (16), per XK= — 1, è appunto la formula trovata da Lobat- schefsky, formula che può anche dedursi direttamente da (5). È però da osservare che il metodo di Lobatschefsky non si ap- plica ai tetraedri due o più volte asintotici, e che in ogni caso il calcolo numerico di (16) si fa più agevolmente colla decomposi- zione in elementi della forma 7, che richiedono l’uso di una tavola a una sola entrata dei valori numerici di Tx. Chiuderò facendo notare che da (14) risulta che Tx è il volume del tetraedro elementare due volte asintotico di diedri laterali x e quindi di diedro medio > — x; e che anzi con questo solo signi- ficato geometrico di 7, e senza conoscerne la forma analitica (6) si possono per K < 0 dimostrare geometricamente gran parte delle (11) nonchè le (13) e (9) stabilendole gradatamente pel tetraedro 4, 3, 2, 1 volta asintotico. Mi riservo di sviluppare in altra Nota la formula generale (10) pel tetraedro non asintotico (*). | (#) Aggiungo qui le seguenti notizie storiche, che, colla gentile coo- perazione del prof. Amaldi, ho potute raccogliere poco prima della stampa di questa Nota. Nel caso particolare di un tetraedro elementare con un sol diedro (laterale) variabile e nell'ipotesi XK = -— 1 la (2) è stata trovata da i osservata dal prof. Stickel; Gauss- Werke, Vol. VIII, pag. 228), e più tardi (1893) del prof. Simon Gauss (salva la mancanza del fattore ci ea (Math. Ann., Vol. 42 « Zur Volumbestimmung in der Lobatschefsy -schen Geom. » formola ‘(1) ultima linea della pag. 479); ma il risultato del Simon è oscurato da una inavvertenza dell’ A. per la quale avviene che quel simbolo «, che per l’ esattezza della formula dovrebbe rappresentare una sezione retta del diedro variabile, ne rappresenta invece nella figura una sezione obliqua. ° Sembra poi che Bolyai, che pure ha considerato il tetraedro elemen- tare con un sol diedro (laterale) variabile, non abbia ottenuto il corrispon- dente caso particolare della (2) in modo da porre in evidenza lo spigolo. (Cfr. Stiickel, Math. und naturw. Berichte aus Ungarn, 1902, Vol. XVIII, pag 297-307. « Untersuchungen aus der absoluten Geom. aus Johan Bolyai's Nachlass » ). Per queste ricerche mi sono giovato delle indica- zioni contenute nei preziosi lavori storici del prof. Bonola. INTORNO AL SARGASSUM LUNENSE DEL CALDESI Nota di ANTONIO DE TONI Nel Congresso dei Naturalisti italiani del 1865, Lodovico Cal- desi presentava un Sargassum da lui raccolto nelle vicinanze della Spezia e proponeva per esso una nuova specie col nome di Sar- gassum lunense; esemplari di detta specie furono poi dal Caldesi distribuiti. nella prima serie dell’ Erbario Crittogamico Italiano, sotto il numero 319 (1319) e nel Rabenhorst Algen Europa's sotto il numero 1950. L’Ardissone e lo Strafforello (1) accolsero la -specie nuova proposta dal Caldesi; più tardi però l’Ardissone (2) in un’altra sua opera espresse il dubbio se realmente il S. Zlunense Cald. sia specie distinta, o sia piuttosto da considerarsi come una semplice varietà del S. linifolium (Turn.) Ag.; in ogni caso egli non osò separare la specie del Caldesi dal ,S. linifolium; nessun cenno - del S. lunense Cald. venne dato da G. Agardh (3), e solo un’indica- zione si può trovare in qualche opera di sistematica generale delle alghe brune (4). Questo ,S. Zlunense Cald., esaminato attentamente e confron- tato cogli altri Sargassi della Flora mediterranea cioè col S. lini- (1) Arprssone F. e StrarrorELLo J. — Enumerazione delle Alghe di Liguria, pag. 160; Milano, 1878, Dumolard, 3.° (2) Arpissone F. — Phycologia mediterranea, parte 2°, pag. 19; Va- rese, 1886, Maj e Malnati, 8.° (3) Acarpi J. G. — Species Sargassorum Australiae descriptae et dispositae. Accedunt de singulis partibus Sargassorum earumque diffe- rentiis morphologicis in diversis speciebus observationes nonnullae nec non dispositionis specierum omnium generis his differentiis fundatae, pe- riculum, cum 31 tabulis — (Kongl. Svenska Vet- Akad Handl. Stockh., Bandet 23, n. 3, 1889). (4) De Tonr J. B. — Sylloge Algarum omnium hucusque cognita- rum vol, 3° (Fucoideae) pag. 119; Patavii, 1895, Typ. Seminarii, 8.° 12) folium (Turn.) Ag. e sue varietà e col S. Mornschuchii Ag. mi è sembrato presentare notevoli affinità con quest’ultimo. Il Caldesi dà la seguente diagnosi per la sua nuova specie: « Caule breviusculo, tereti; ramis elongatis, compressis, sparsis « vel oppositis; foliis subsessilibus, linearibus, saepe longissimis, « repando-dentatis; aéreocystis sphaericis muticis petiolulatis; ra- « mis aéreocystiferis prope basim turgescentibus et in receptacula « cylindracea yel lanceolato-oblonga transformatis. » Illustriamo un poco questa piccola descrizione; il caule in realtà è molto breve, le foglie sono lunghissime, arrivando fino a __ 19,5 cm. di lunghezza (1), e profondamente smarginate, le vesci- cole (aereocisti) sono piccole e sferiche (il loro diametro medio è di mm. 5), e se io interpreto giustamente l’ultima parte della descrizione, un po’ oscura, i rami aereocistiferi si trasformano al- l’apice in rami portanti ricettacoli; carattere che non potei mai riscontrare essendo i campioni, da me esaminati, sterili. Le foglie a un certo tratto si allargano gradatamente, e vanno a finire in punta; sono poi sprovviste affatto, per quanto mi fu dato osser- vare, di pori muciflui. Premesse queste notizie descrittive pel S. lunense Cald. conviene discutere intorno alle affinità di questa specie, confrontandola colle specie e varietà di Sargassum viventi nel nostro Mare Mediterraneo sopra ricordate. Il S. Hornschuchii Ag. è una specie molto polimorfa: ciò ap- punto costituisce la sua difficoltà: per meglio conoscerne i limiti giova ricorrere a C. Agardh (2) che ne diede la descrizione origi- nale che può venire riassunta nei seguenti caratteri fondamentali : « Caule compresso, foliis lanceolatis dentatis, vesiculis sphae- « ricis muticis, receptaculis racemosis terminalibus....; folia eroso- « dentata poris nullis signata; vesicula piso maior. » Una buona descrizione è pure quella data dal Bertoloni (3) forse meno esatta, ma col merito di esser più antica di quella dell’ Agardh: (1) Da gentile comunicazione del dott. Achille Forti mi risulta che nel suo Erbario si trovano 3 esemplari di Sargassum lunense con le seguenti dimensioni in millimetri: I.° esemplare, foglie 140 X 7, 48 X 2, 80 X 5, 160 X 7, 177 X 10, 160 X 8, 115 X 4; II° esemplare, 140 X 7, 150 X 5 (con lamina bifida), 79 X 5 (forse stroncata); III.° esemplare, 130 X 5,5, 195 X 7, 180X 7, 79X5. (2) AcarpH C. A. — Species algarum rite So vol. 1.° pars 1.* pag. 40; Gryphiswaldiae, 1821. (3) BerroLoni A. — Amoenitates Italicae pag. 220; Bononiae, 1819, Typis Annesii de Nobilibus, 4°. La 5 A « N. 31: Fucus Acinara.... folia lanceolata obtusa, inaequaliter « serrata vel dentata...... punctis denudata, aut vix uno alterove « adspersa. Vesicae globosae sparsae, breviter pedunculatae, pe- « dunculo depressiusculo ». Di grande importanza per la conoscenza di questa specie, sono anche le indicazioni fornite dal Meneghini (1). : Alla diagnosi del Meneghini (che nelle sue linee generali corrisponde a quella dell’ Agardh da me sopra riassunta): « Caule compresso, ramis inferioribus oppositis, foliis subses- « silibus, lanceolatis, dentatis, vesiculis sphaericis, muticis, rece- « ptaculis racemosis », fa seguito un lungo commento, secondo il «Quale nel S. Hornschuchii Ag. i ramoscelli fruttiferi non sono sprovvisti nè di foglie nè di aereocisti, hanno una forma a ven- taglio (initio contractis, serius valde elongatis), i ricettacoli sono ovato-lanceolati, le foglie giammai affatto prive di pori muciflui, ma neppure di detti pori copiosamente provviste. Tutte queste descrizioni sono concordi su questo fatto fonda- mentale: nel ,S. Mornschuchii Ag. le foglie sono prive o quasi prive di pori muciflui (2). Passiamo ora ad esaminare il S. lini- folium (Turn.) Ag. e le sue principali varietà. Anche per questa specie è bene ricorrere al confronto e con la descrizione di C. Agardh (3): « Caulis teres..... folia linearia poris pertusa, plerumque in- « tegerrima..... vesiculae axillares sphaericae piso maiores, rece- < ptacula cylindracea ». Anche il già citato Bertoloni (4) ha una descrizione che si avvicina a quella dell’ Agardh, sebbene meno ricca di particolari: notiamo però che l’autore insiste nel dimostrare che le foglie sono < punctatae » e in qualche altro carattere fondamentale. Il Meneghini pure si occupò (5) con molti particolari del S. linifolium (Turn.) Ag. e delle sue varietà; io riporto sola- mente qualche frase importante: (1) MenegHINI G. — Alghe italiane e dalmatiche pag. 9 e seg.; Pa- dova, 1842, Sicca, 8°. (2) Ciò è confermato dagli autori più recenti. Cfr.: Haucog F. Die Meeresalgen Deutschlands und Uesterreichs, pag. 301 (« Blatter nicht drisig punktirt »); Leipzig, 1885, E. Kummer, 8°. — De Toni J. B. op. cit. pag. 68-69 (« foliis obsolete glandulosis ») (3) AcarDH C. A. — op. cit., pag. 19. (4) BertoLONI A. — op. cit., pag. 2883. (5) MenEGHINI G. — op- cit., pag. 23. DITO « Le foglie sono lineari.... intierissime in qualche esemplare, « in altri presentano il margine denticolato, i pori muciflui sono « copiosamente sparsi e le vescichette sono sessili ». * Le varietà di questa specie non hanno caratteri ben definiti: per lo più si diversificano per la differente lunghezza e disposi- zione.delle foglie ma del resto conservano quasi tutti i caratteri della forma tipica. È inutile quindi fare una diagnosi speciale per esse servendo quanto s'è avvertito riguardo al S. linifolium (Turn.) Ag. Con questi elementi diagnostici, grazie agli autori citati, re- lativi alle 3 specie mediterranee di Sargassum, si può ora discu- tere sulle loro affinità. Il Sargassum lunense Cald. non deve a mio parere esser con- siderato come specie distinta, e tanto meno unito al S. linifolium (Turn.) Ag. Esaminiamo ad una ad una tutte le sue proprietà e cominciamo dalle foglie. Morfologicamente esse somigliano assai a quelle del .S. Hornschuchii Ag.; sono egualmente dentellate a tratti profondi e ineguali, sono. pure sessili, RIOLO sono mala più lunghe. Né il S. lunense Cald: nè il S. Hornschuchti Ag. presentano pori muciflui mentre questi sono abbondantissimi nel &. i (Turn.) Ag. e nelle sue varietà. Nel SS. anceps (che per alcuni caratteri morfologici, sulla fede del Meneghini, si volle ascrivere al vero S. Hornschuchii Ag.) il Delle Chiaje (1) rappresentò i pori muciflui copiosi al margine delle foglie, ma bisogna tener conto che non è difficile che il Delle Chiaje abbia avuto tra mano anche esemplari del S. linifolium ("Turn.) Ag. che convive col S. Hornschuchii Ag. nel golfo di Napoli (2) e quindi può aver dato luogo a qualche equivoco riguardo alla presenza dei pori muciflui, che è esclusa nella diagnosi originale di C. Agardh. Una figura non molto esatta del Kiitzing (3) ci rappresenta S. Hornschuchii Ag. con qualche foglia provveduta di pori mu- ciflui, pochi e sparsi, ma quella di J. G. Agardh (4) dimostra foglie (1) DerLe Cnrase S. — Hydrophytologiae Regni Neapolitani Icones tab. LIII. —- Neapolis, 1829. (2) BertnoLp G. — Ueber die Vertheilung der Algen im Golf von Neapel, pag. 508-509; Leipzig, 1882. (3) Kuerzina F. T. — Tabulae Phycologicae vol. X, tab. 71, I.°; Nord- hausen, 1860. (4) AcarpH J. G. — op. cit. tab. IX. BIRRE (SE totalmente prive di pori: attenendomi dunque all'autorità di que- st'ultimo celebre algologo e di altri, io credo che il primo carat- tere d’affinità tra le due specie in questione sia la forma delle foglie che nel S. Hornschuchii Ag. e nel S. lunense Cald. sono profondamente smarginate, sessili e senza pori, o per eccezione in quantità trascurabile mentre nel S. linifolium (Turn.) Ag. sono ‘quasi intere (1) pure sessili e ricche di pori muciflui (2). Prendiamo in considerazione un altro importante carattere cioè la grandezza e distribuzione delle aerocisti: nel S. lunense Cald. e nel S. Hornschuchii Ag. hanno comunemente la media di 5 mm. di diametro, mentre nel S. linifolium (Turn.) Ag. e varietà hanno di solito da 7 a 8 mm. e qualche volta anche più (3). Nel S. linifolium (Turn.) Ag. poi sono ascellari e isolate mentre nel S. Mornschuchii Ag. e nel S. lunense Cald. sono raccolte in rami piramidati più o meno grandi. Detti rami e nel S. Hornschu- chii Ag. e nel S. lunense Cald. (se noi stiamo alla descrizione del Caldesi) si trasformano in rami portanti ricettacoli, rami molto fronzuti e molto lunghi, mentre nel S. linifolium ( Turn.) Ag. sono più corti, meno fronzuti e non trasformati da rami aereoci- stiferi. Queste in breve sono le affinità del S. lunense Cald.; nella forma delle foglie, nella mancanza dei pori, nella grandezza e di- sposizione delle aereocisti, nella forma dei rami ricettacoliferi, i suoi caratteri coincidono con quelli del S. Hornschuchii Ag. e si diversificano da quelli del S. linifolium (Turn.) Ag. Queste con- gruenze di caratteri mi sembrano sufficienti per poter asserire che il S. lunense Cald. rappresenta una forma longifolia del S. Horn- schuchii Ag., piuttosto che una forma del S. linifolium (Turn. ) Ag. come furono propensi ad ammettere altri autori (4); forse le (1) Kuerzine F. T. — op. cit. vol. XI, tab. 24; Nordhausen, 1861. (2) Già il Naccari (Flora Veneta vol. VI, pag. 99; Venezia, 1828) avverte che nel Sargasso Salcerello ( Sargassum linifolium) le foglie sono punteggiate, mentre non dà tale carattere per il Sargasso galleggiante (.S. Hornschuchii). i (3) Evidentemente per errore di stampa Hauck (op. cit., pag. 299), dà come diametro per le aereocisti del S. linzfolium (Turn.) Ag. 28 cm. in- vece di 2-8 mm. (4) Neppure può il S. lunense Cald. venir ascritto alle forme medi- terranee del S. vulgare Ag. ed al S. trichocarpum J. Ag. perchè in queste specie le foglie hanno numerosi pori muciflui sparsi o uniseriati ai lati della costa mediana. Confr. De Toni J. B. op. cit. pag. 85 e 89. condizioni speciali del golfo della Spezia (ove esisteva allora li- bera la ben nota polla d’acqua dolce di Cadimare) possono aver contribuito a determinare questa variazione del S. Hornschuchii Ag. facendogli assumere uno sviluppo speciale degli organi lami- nari destinati all’ assimilazione: ma non oso insistere su questa | supposizione che avrebbe solo valore se suffragata da prove spe- rimentali. DANTE PANTANELLI NOTE D'IDROLOGIA SOTTERRANEA Appena che un uomo di mente superiore ebbe l’ occasione di esaminare il fenomeno dei pozzi profondi in alcune parti della pianura emiliana e la salienza dell’acqua sopra il medio livello della superficie, comprese che l’acqua stessa doveva per i meati tra le sabbie e le ghiaje provenire dalle colline appenniniche e probabilmente seguire una via sotterranea analoga a quella per- corsa dai fiumi alla superficie. Fu Domenico Cassini che, durante la costruzione di Forte Urbano ( Castelfranco) della quale aveva la direzione verso la metà del XVII secolo, avendo assistito alla per- forazione di un pozzo profondo ne dette, oltre ad una descrizione precisa che fu la prima e come forse mai più è stata data, a spiegazione riferita nelle prime righe di questa nota. Doderlein più recisamente espresse questa idea attribuendo a un vecchio corso di Secchia l’acqua che nei dintorni di Modena riempie i vuoti tra le sabbie e le ghiaje alla profondità di circa 21 metili e per uno spessore che può arrivare fino a 12 metri. In generale oggi è da tutti accettato che le acque sotterranee che si raggiungono con le perforazioni profonde in tutta la riva destra del Po sieno dovute a relitti di antichi corsi fluviali; gli argomenti sui quali si appoggia questa correlazione, sono bhasati sulla natura dei sedimenti stessi; lo sfacelo appenninico, per la natura delle sue roccie, è costituito da ghiaje di calcari o di are- narie, sabbie ed argille finissime; dove la corrente mantiene una certa intensità, sono i materiali grossolani, dove la velocità dimi- nuisce le sabbie, dove cessa le argille; così i fiumi dopo avere percorso in ghiaja un tratto che dalla foce delle ultime colline è al più di una ventina di chilometri a seconda della loro pendenza, lasciano nel loro fondo le sole sabbie che divengono mano a mano più sottili con la distanza; nel primo tratto quando ancora i fiumi cor- rono in ghiaja, le sabbie sono deposte o lateralmente al corso prin- nea Ae cipale o nelle vicinanze in occasione di tracimazione dagli argini naturali od artificiali; nelle parti inferiori del fiume sono le argille che prendono il loro posto e l'alluvione recente è prevalentemente argillosa, avvenendo che mentre le ghiaje ed anche le sabbie del letto principale sono per la spinta della corrente continuamente mandate in avanti e assottigliate, le argille sono abbandonate de- finitivamente dove originariamente si sono deposte. Nella pianura selvaggia ed irregolare del quadernario o dove più tardi non arrivò la mano dell’ uomo, i fiumi hanno dovuto va- gare continuamente e ad ogni piena rilevante si rinnovava la possibilità di un cambiamento nel loro corso; saranno stati piccoli spostamenti che ripetuti di continuo dovevano dopo breve tempo cambiare anche totalmente l'andamento del fiume, nessuno osta- colo per la configurazione stessa della superficie opponendosi al loro libero corso; così dobbiamo necessariamente spiegare il mec- canismo della colmatura della valle del Po e la formazione del mantello prevalentemente argilloso che per uno spessore assai su- periore a 200 metri si è soprapposto alle formazioni più antiche. Di qui il fatto generale che dentro un certo limite a Nord dalle ultime pendici appenniniche, che è dato presso a poco dal- l’attuale via Emilia, in qualunque luogo si proceda ad una per- forazione, finchè non si esce, come accade in prossimità delle col- line, dai depositi quadernari, vi è sempre la probabilità di trovare uno strato acquifero più o meno saliente, mentre allontanandosi da detto limite, le probabilità divengono successivamente minori e finiscono per ridursi a nulle nelle parti più lontane. i Per le stesse ragioni generali nelle vicinanze dellè colline, dove i fiumi corrono in ghiaja i depositi laterali essendo sabbiosi, -le divagazioni dei fiumi appajono più estese, mentre nella bassa pianura dove i letti sono sabbiosi e anche argillosi lo stesso ca- rattere hanno anche i depositi laterali e le divagazioni, che in effetto dovevano essere più facili e più frequenti, appajono meno sensibili per la somiglianza dei materiali deposti, sia nella zona della corrente principale sia nelle regioni laterali. D'altra -parte quanto più un fiume conservava inalterato o presso a poco il suo corso principale, tanto maggiore e più po- tente doveva essere lo spessore dei detriti abbandonati che con- giunto alla lunghezza longitudinale maggiore, poteva più facil- mente, quando per una ragione qualsiasi veniva abbandonato, mantenere delle comunicazioni sotterranee per mezzo dei depositi detritici con i nuovi corsi; mentre dove le divagazioni si succede- Mt vano a brevi intervalli, i depositi ghiarosi o sabbiosi seppelliti dalle sottili alluvioni che riempivano l'alveo abbandonato, dove- vano essere di piccolo spessore e perdere o almeno diminuire no- tevolmente le comunicazioni con i nuovi corsi, che in effetto ave- vano una origine comune dove i fiumi, che scendono dall’ Appen- nino, sfociano nella pianura. Se in conseguenza noi troviamo uno strato potente di ghiaje, | possiamo dedurre che il fiume dal quale proviene ha corso lun- gamente nel luogo, come se lo stesso strato continua per una lunga distanza, dobbiamo ritenere che il relativo fiume ha conser- vato per lungo tempo il suo corso senza divagazioni notevoli o tutto al più ridotte, come vediamo accadere nei fiumi non arginati, al filo principale della corrente da un lato all’altro dei limiti na- turali del suo alveo. Quando si esamina la distribuzione delle acque sotterranee nella regione emiliana non si può a meno di osservare che nella zona compresa tra la Secchia e il Panaro specialmente a Sud o attorno alla via Emilia, dove ancora oggi i fiumi cessano di cor- rere in ghiaje, si ha una certa regolarità nella distribuzione delle acque sotterranee e particolarmente nella estensione delle zone utili per le perforazioni; fuori di questa zona e presso a poco in tutta l'Emilia dalla Trebbia al Reno, l'andamento delle acque sot- terranee diviene irregolare nel senso che appare quasi capriccioso, le perforazioni utili rimangono isolate o almeno si presentano utili solo per breve tratto attorno ad una prima che abbia raggiunto il suo scopo; ma vi è di più; la Secchia ha dato origine a tre strati acquiferi principali, se non a quattro, che si trovano alla profondità media di 22, 45 e 80 metri, il quarto dovrebbe essere alla profondità di 100 metri e tutti con spessori notevoli di ghiaje tra 5 a 15 metri; lo stesso accade per Panaro; esso presenta un primo strato acquifero a 25 metri, un secondo a 45 e un terzo che è assai più ricco di acque a 90, accennando ad un quarto strato oltre i 100 metri; il primo strato che è anche quello al quale più comunemente si fermano i pozzaroli, nel suo limite Nord e prima di diventare povero d’acqua per il passaggio dalle ghiaje alle sabbie, si allarga trasversalmente anastomizzandosi con quello di eguale profondità proveniente da Secchia, per modo che mevtre non si può dubitare che la origine delle acque di Modena sia in quest’ ultimo fiume, come quelle di Castelfranco abbiano Ja loro sorgente in Panaro, è impossibile assegnare a quale di questi due fiumi si debbano le acque di una larga zona intermedia. pu pa La corrispondenza delle profondità, lo spessore sempre rile- . vante degli strati acquiferi, permette di ritenere che detti fiumi hanno sostato lungamente nei loro successivi alvei e che quando li hanno abbandonati, il fenomeno deve essere stato contempo- raneo. i Questa disposizione deve avere le sue ragioni in qualche fatto ben diverso da una qualunque delle infinite cause che determi- nano Ja divagazione di un fiume e che per accumulazione condu- cono al cambiamento del suo letto; queste ragioni cerco appunto di indagare in questa nota, deducendole dal modellamento origi- nario della valle nella regione dove il fenomeno stesso si verifica, e dai fenomeni che sono intervenuti durante la deposizione del mantello quadernario fuori o ai limiti della valle stessa. Senza entrare di nuovo nella discussione dei fenomeni che hanno accompagnato la corrugazione dei terreni pliocenici e se questa corrugazione duri tuttora; lasciando in disparte la que- stione del sollevamento della parte periferica, prenderò solo in esame due circostanze principali ‘date direttamente dall’ osserva- zione cioè, l'altezza raggiunta dagli strati pliocenici sul livello del mare e lo spostamento progressivo a Nord del corso Po, sui. quali ho in diverse occasioni scritto lungamente; questi due fatti indiscutibili ed estranei a qualunque ipotesi, reputo sufficienti per intendere come e in qual modo gli strati acquiferi della plaga compresa tra Secchia e Panaro e nelle loro immediate vicinanze abbiano assunto la loro estensione, ed abbiano una origine sin- crona che non si ritrova nel rimanente della regione emiliana, dove pure il fenomeno della colmatura della valle è stata soggetta agli stessi fenomeni generali. Se si leggono in una carta geologica della regione le quote del pliocene alluvionale che si sovrappone al pliocene marino ed ha subito lo stesso sollevamento, si trova che in sinistra di Tre- sinaro affluente di sinistra di Secchia, il pliocene marino si eleva a Ca del Vento all'altezza di 480 metri e che il pliocene allu- vionale sovrapposto nel crinale prossimo arriva a 530; in destra di Panaro e più specialmente tra il Lavino e il Reno, il pliocene già molto elevato a cominciare dalla destra di Panaro raggiunge l'altezza di 668 metri, massima non solo per tutta la regione ma anche per quelle assai più lontane; tra Secchia e Panaro la mas- sima altezza raggiunta dal pliocene si riscontra a Villa Bianca presso Vignola in sinistra di Panaro in 315 m. e che il livallo del vecchio limite del pliocene si abbassi notevolmente tra Sec. SA e chia e Panaro si rende anche più manifesto seguendo i suoi con- fini; così lo troviamo a 378 al Monte delle Pietre sulla sinistra di Secchia, in destra scende a 307 sopra Sassuolo, a Fogliano è a 311 e 315 a Villa Bianca; supera 300 metri tra Panaro e Samoggia e a S. Chierlo sul Lavino è a 487 metri raggiungendo il massimo di 668 a Medelano per poi riscendere a Lagune a 539, dopochè tagliato bruscamente dal Reno a Sasso, sale a 400 metri sul Monte Mario. A questa disposizione dei limiti meri- dionali del pliocene si deve aggiungere; in sinistra di Secchia, il Monte dell’Evangelo eocenico che congiungendosi con le for- mazioni preplioceniche dell'Appennino, limita lateralmente le for- mazioni plioceniche che si addentrano lungo Secchia a Sud fino a S. Valentino; sulla destra di Panaro le colline preplioceniche di Bazzano, del Samoggia, del Lavino e l'isola prepliocenica del Monte Capra che tagliata dal Reno a Casalecchio si continua colle formazioni preplioceniche sovrastanti a Bologna; quindi la depres- sione del pliocene e la conseguente conca del postpliocene è stata accompagnata da un golfo pliocenico largamente aperto a N. E. che aveva per confini le attuali colline in sinistra di Secchia e quelle in destra di Panaro. Da questa disposizione emerge che la regione della quale mi occupo, all’inizio e durante la fase inferiore, media e probabil- mente in tempi relativamente recenti, ha costituito una conca, specialmente nella parte più vicina alle colline, depressa o almeno limitata da plaghe più elevate, nel fondo della quale la divagazione dei fiumi era ostacolata dalle maggiori elevazioni laterali; di qui la più lunga permanenza dei fiumi nei loro stessi alvei; questa condizione si attenuava allontanandosi dalle colline e dove termi- nava il naturale conoide dei fiumi e nella parte più bassa della valle, le possibili divagazioni, non incontrando ostacoli laterali acquistavano tutta la loro indipendenza; così il limite tra le due plaghe, cioè tra quella vicina alle colline di minor divagazione e quella a Nord della via Emilia di libera divagazione o in altre parole il limite settentrionale dei due conoidi, è accennato oltre che dal termine delle ghiaje, dal salto di pendenza dimostrato, naturalmente, oltrechè dalle quote, dai lunghi e tortuosi giri dei fiumi passando da una regione all'altra; artificialmente, dalla via Emilia che i romani condussero al limite della regione asciutta, che per questa stessa causa era anche quella del limite nordico delle accumulazioni di abitati. Questo per le lunghe permanenze di questi due fiumi negli stessi letti; in quanto ai loro spostamenti avvenuti a lunghi in- tervalli e sincroni per i due fiumi, io reputo di poterli collegare agli spostamenti di Po. Questo fiume ricevendo acque dai due lati doveva accogliere da quello appenninico una somma di detriti maggiore di quella che riceveva dal lato alpino; i fiumi di questa parte arrivano al loro recipiente dopo essersi chiarificati nei laghi, e il materiale detritico loro non poteva provenire che dalla zona delle prealpi mentre i fiumi scendenti dall’ Appennino portavano al Po detriti abbondanti provenendo da roccie assai più incoerenti delle prealpine ed estese maggiormente di queste; e che tali spo- stamenti sieno avvenuti è dimostrato dalla natura dei terreni in- contrati nelle perforazioni della parte bassa della destra di Po, come ho dimostrato in altri miei lavori e dal fatto degli spostamenti che il fiume stesso ha subito in tempi storici; cioè uno, vigendo la divisione amministrativa romana di Augusto e probabilmente nel III secolo, che trasportò il Po dalla valle della Burana all’ attuale suo corso; l’altro nel XIII secolo che con la rotta di. Ficarolo spostò il maggior corso di Po da quello di Volano a quello della Maestra, salvo la modificazione eseguita dai veneti nel XVII se- colo col taglio di Porto Viro. Gli spostamenti possibili di Po essendo tutti diretti in uno stesso senso, dipendendo non tanto dalle mille cause possibili che possono far divagare un fiume in una pianura, quanto da una con- dizione estranea alla regione del suo alveo, cioè dalla maggiore importanza del detrito appenninico in confronto di quello alpino, dovevano avvenire dopo lunghi intervalli, ripetendosi durante il quadernario quello che per due volte è avvenuto in tempi storici; verificandosi uno di questi spostamenti, doveva alterarsi il regime di tuttii suoi affluenti e più dovevano soffrirne quelli di destra obbligati ad allungare il loro corso; al primo disturbo. immedia- tamente successivo e contiguo a quello di Po doveva seguire un lungo periodo d’incertezza e di piccole divagazioni finchè i fiumi non trovavano un regime tale che potesse, sempre per le cause accennate più sopra, permanere lungamente e in specie nella loro regione superiore. Ho detto che le lunghe permanenze dei due fiumi Secchia e Panaro nei loro letti non potevano essere più di quattro; con questo non intendo ammettere che soli quattro debbano essere. stati gli spostamenti di Po capaci di modificare il corso degli in- fluenti di destra; potevano benissimo accadere piccoli spostamenti Bebo o ENO l’effetto dei quali fosse senza influenza sul corso superiore dei fiumi. D'altra parte l’assestamento della valle del Po come quello del corso dei suoi fiumi è stato determinato da un altro fenomeno egualmente grandioso e del quale mi sono occupato in altri miei lavori. Voglio dire del movimento continuo e lento di abbassa- mento della valle del Po che intenso ed esteso a tutta la pianura padana fino al secolo XIV, sembra essere singolarmente diminuito |nella parte centrale e cessato nei limiti meridionali, della mede- |, sima, come è attestato dai monumenti posteriori a detta epoca, alle basi dei quali non si riscontrano traccie d’interramento in | opposizione ai più antichi tanto più interrati quanto maggiore sia la loro età. nr | Modena, Laboratorio di Geologia, Aprile 1907. TITO BENTIVOGLIO DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI. LIBELLULIDI IN ITALIA. Da sedici anni mi occupo dello studio dei pseudoneurotteri, e più volte ho pubblicati, ne gli atti di questa società elenchi di specie raccolte in varie provincie d’Italia (1). Era mia intenzione di compilare una monografia dei libellu- lidi italiani, e per questo non ho ‘trascurato di notare le località nelle quali mi è occorso di vederne e tutti quei dati che mi sem- bravano di una certa importanza. Non avendo potuto raccogliere. indicazioni intorno a varie provincie, ho pensato di pubblicare per ora una nota dalla quale si possa vedere quali sono le località italiane ove furono trovate libellule, specialmente allo scopo di _ invogliare alla raccolta, di tali insetti, chi si trova nelle pro- vincie non ancora menzionate. Nell’ indicare le località ho creduto bene di non attenermi ai ; confini politici, ma.a quelli geografici Nuove raccolte fatte, nell’ Italia centrale e meridionale spe- cialmente recheranno certo importante contributo allo studio di questo gruppo di insetti a torto trascurato. (1) Vedi: Atti di questa Società anni 1892-1893-1894-1895-1897 1898- 1899-1900-1901-1903-1904-1905-1906. Rendiconti della Riunione dell’ Unione Zoologica Italiana tenuta a Roma in Monitore Zaologico, 1902. An- nuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli, (Nuova. Serie), numeri 32 e 35, anno 1905. Zad ME ELENCO SISTEMATICO DEI LIBELLULIDI D’ITALIA Ord. Orthoptera. Sect. Pseudoneuroptera. Fam. Libellulidae Selys. Trib. Libellulinae Selys. Gen. Leucorhinia Brittg. 1. L. rubicunda L. Nizzardo — Toscana (?) — Mantovano — Gazzo (Veronese ) 2 — Veneto. di |. 2. L. albifrons Burm. 3 Piemonte wa ie 3 tà Gen. Diplax Charp. È 8. D. striolata Charp. Torino — Craveggio (Novara ) — Pavia — Mortara — Va- _ resotto — Bresciano — Capolago, Stabio nel Canton Ticino — COUS Tirolo meridionale — Trentino — Padova — Cerea, Cancello di Mizzole, Chiesanuova ed Erbezzo nel Veronese — Canicossa e Gazzoldo degli Ippoliti nel Mantovano — Pisa — Livorno — Lucca — Torre del lago --- Viareggio — Vallombrosa. — Aquila — Avezzano — Monte Cava — Sila grande — Sicilia — Ploaghe, Orani e Monte Gennargentu in Sardegna — Corsica. 4. D. vulgata L. Craveggio ( Novara) — Friuli — Pavia — Varesotto — Cre- mona — Gazzo, Cerea, Vigasio e Casaleone nel Veronese — Mo- dena — Mantova — Padova — Vicentino — Venezia — Tirolo meridionale — Trentino — Viareggio — Avezzano — Aquila. — Palermo — Madonie — Catania — Calagone e Oristano in Sar- degna — Isola di Ustica, alla Guardia di Mezzo. 5. D. meridionalis Selys. Alpi — Torino — Rovereto, Castellano, Salorno nel Trentino o — S. Pancrazio (lungo l’ Adige) e Cancello di Mizzole nel Ve- ronese — Roverto ( Modenese) — S. Donnino della Nizzola (Mo- denese) — Gazzoldo degli Ippoliti ( Mantovano) — Firenze — | Pisa — Livorno — Lago d’ Averno — Catania e Fiumara di Pol- lina in Sicilia — Sardegna — Isola di S. Pietro o Carloforte — Corsica. va 6. D. Fonscolombii Selys. Piemonte — Friuli — Pavia — Varesotto — laghetti di Pon- carale nel Bresciano — laghetti di Marco presso Rovereto, laghi di Loppio, Garda ed Idro, Calorno, Rive del Brenta presso Levico nel Trentino — Modena — Rive dell’ Adige presso S. Pancrazio (Verona) — Firenze — Massa -— Pisa --- Bocca d’ Arno — Ri- pafratta, Tombolo, Coltano presso Livorno — Sicilia — Monastir, Cagliari, Oristano in Sardegna — Corsica — Lago Bagno nel- l'Isola Pantelleria — Isola di Ustica ad Ogliastrello. 7. D. flaveola L. Torino — Pavia — Mortara — Cremona — Gazoldo degli Ippoliti e Lago di Mantova — Malcesine (Verona) — Bolzano e CSM Merano nel Tirolo meridionale — Rovereto, laghetti di Cei, Val di Non presso Vaio e Brez, Val Sugana presso Levico e lago di Caldonazzo nel Trentino — Padovano — Vicentino — Venezia — Laghli di S. Daniele e Cavazzo (Friuli) — Rovereto (Modena) — Toscana — Nizzardo — Rimini — Monte S Pietro, Monti di S. Stefano e Monte Ragalo (Osimo) -- Gran Sasso — Lago d’A- verno — Sicilia — Sardegna. 8. D. scotica Don. Piemente — Lombardia -- Bresciano — Rive del Ticino tra Bellinzona e Giubiasca nel Canton Ticino -- Bolzano, Merano, laghetti di Cei, lago di Pini, Val di Non presso Vaio, Castel- fondo, Senale nel Trentino e Tirolo meridionale — Verona — Vicentino. 9. D. sanguinea Mill. Piemonte — Torino — Sangano presso Susa — Pavia — Lago Maggiore — Varesotto — Bresciano — Capolago nel Canton Ticino — Tirolo meridionale — Trentino — Padova — Venezia — Roverchiara, Vigasio, Cerea, Nogara, Gazzo, Grezzana, Roma- gnan e S. Martino nel Veronese — Gazzoldo degli Ippoliti e Ca- nicossa nel Mantovano — Correggio — Reggio-Emilia (lungo il Crostolo) — Toscana — Pisa, alla marina — Livorno — Firenze — Rimini — Monte S. Pietro (Osimo) — Riccione —- Italia meri- dionale — Sicilia — Sardegna — Guardia di Mezzo, Tramontana ‘ed Ogliastrello nell’ Isola di Ustica. 10. D. depressiuscula Selys. Sangano presso Susa -—- Pavia — Cassina Amata presso Mi- lano — Arona sul lago Maggiore — Varesotto — Morta presso Verolanova nel Bresciano — rive paludose dell’ Adige presso Sa- lorno e Mezzo Lombardo — Padova — Cancello di Mizzole, Grez- zana, Spredino di Romagnano, Negrar, Albarè, Cerea, Vigasio, Gazzo, S. Martino, Lago di Garda e rive dell’ Adige presso San Pancrazio nel Veronese — Bologna — Catania — Madonie in Sicilia — Oristano in Sardegna — Corsica. I ce" 11. D. pedemontana All. Piemonte — Torino — Pavia — Sicomario sull’argine lungo il Gravellone — Lago Maggiore — Breno in Val Camonica — Capolago e tra Giubasco e Bellizzona nel Canton Ticino — Rive dell’ Adige — lago di Caldaro, Mezzolombardo, Val di Non, Ro- vereto, Civezzano, Giudicarne, monte Vacile presso Bagolino — Monte Baldo — Morbengo (Sondrio ). Gen. Lepthemis Hag. 12. L. Trinacria Sega Catania in Sicilia. Gen. Libellula L. 13. L. depressa L. Piemonte — Pavia -- Brughiere di Senago presso Milano — laghi lombardi — Friuli — Bresciano -— Cremona — Tortona — Mortara — Collegara, Valli di S. Anna, S. Cataldo, S. Faustino, Pavullo nel Frignano, Verica, Sestola, Montese, Sassuolo, Salvarola, Montegibbio nel Modenese — Mantova -- Bolzano, Cevezzano, Ro- vereto, lago di Garda ed Idro, monte Misone nel Tirolo meridionale — Venezia — Vicenza — Ravenna — Nizzardo — Ferrara di Monte Baldo, Chiesanuova, Roverè di Velo, Lavagno, Fontana di Sommavalle, S. Massimo d’ Adige, Tomba, Vigasio, Cerea, Gazzo in provincia di Verona -- Correggio, Scandiano, Querzola, Al- binea, Cavazzone, Toano, e laghetti di Valle Re in provincia di Reggio-Emilia — Firenze — Vallombrosa —- Massa — Lucca — l Pisa — Livorno — Monte Amiata fra Arcidosso e Castel del Piano — Roma — Osimo — Benevento — Calabria ulteriore — Palermo — Madonie — Catania — Sardegna — Corsica — Re-. pubblica di San Marino. 14. L. fulva Mill. Torino — Pavia — Mortara — Tirolo meridionale — Padova -— Vicentino -- Pisa alla Pratina fuori porta Nuova — Tomba O e Cerea nel Veronese — Gazzoldo degli Ippoliti ( Mantovano) — Napoli — Calabria ulteriore — Catania — Madonie. 15. L. quadrimaculata L. Torino — Pavia — Cremona — Brughiera di Senago presso Milano — Morbengo (Sondrio) — Lago di Muzzano — Valle del- l’Adige e laghetti di Marco nel Trentino — S. Audrat del Cormor e Gonaro (Friuli) -- Padova — Venezia — Vicentino — rive paludose dell’ Adige presso S. Pancrazio nel Veronese — Valli di S. Anna e Collegara nel Modenese — Laghetti di Valle Re (Reggio-Emilia) — Nizzardo — Campagna Romana —. Napoli — Fiume grande nelle Madonie in Sicilia. Gen. Libella Brau. 16. L. coerulescens Fab. Piemonte — Friuli -- Pavia — Bresciano — Varesotto — Ca- polago nel Canton Ticino — Val dell’ Adige — Val del Sarca, Val Sugana, Val di Non, Giudicarne, Monte Misone e Macao, Malga d’ Arnò, laghetti di Cei e Pinè, Malga di Seis, Acherano nel Ti- rolo meridionale — Vicentino — Padova -- Mantovano — Mode- nese — (Gazzo nel Veronese — Massa — Pisa — Marina di Pisa — Livorno a gli argini delle Cigne e dell’ Ugione — Firenze — Rimini — Napoli — Palermo — Madonie — Catania — Rio Cha- ginas (Perfugas), Oristano e Nuoro in Sardegna — Corsica. 17. L. brunnea Fons. Piemonte — Pavia — Varesotto — Colli Bresciani — Vero- lanova — Merano, laghetti di Marco nel Tirolo meridionale — Trentino — S. Faustino e Prati delle Manovre presso Modena — Cerea (Verona) — Massa — Livorno — Suese e Coltano -— Fi- renze — Lucca — Viareggio — Gazoldo (Mantova) — Palermo Catania — Fiume grande nelle Madonie — Sardegna — Corsica. 18. L. Sardoa Ramb. Specie esclusiva dell’ Isola di Sardegna. 19. L. Ramburii Selys. Sicilia e Sardegna. 20. L. nitidinervis Selys. o, Napoli — Girgenti — Catania — Madonie -— Berchida e Ploaghe in Sardegna. 21. L. cancellata L. Piemonte — Torino — Pavia — Castello di Timoline presso Iseo nel Bresciano — Tirolo meridionale, Caldonazzo, Toblino, Cei, laghi di Garda e d’ Idro — Friuli — Garda, Bordolino e Gazzo nel Veronese — Padova — Vicentino — Nizzardo — Gazzoldo degli Ippoliti e Canicossa nel Mantovano — Lucca — Viareggio — Pisa — Coltano — Forte dei Marmi — Massa — Italia me- ridionale — Sicilia — Fula in Sardegna — Lago Bagno a Pan- telleria. 22. L. albystyla Selys. Pavia — Laghetti di Poncarale nel Bresciano — Rovereto, i Cevezzano, Merano nel Tirolo Meridionale — Cerea nel Veronese — Castello d’ Agogna e presso la città di Mortara — Collegara, Valli di S. Anna, Rovereto, Verica e dintorni della città di Modena — Gazzoldo degli Ippoliti e Canicossa nel Mantovano — Bo- logna (?). Gen. Trithemis Rrau. 23. T. rubrinervis Selys. Radicofani presso Roma — Caltagirone — Catania — Mo- nastir in Sardegna. 24. T. nigra Vander. Esclusiva di Terracina presso Napoli. — 29 — Gen. Crocothemis Brau. 25. C. erythaea Brull. Piemonte — Villette ( Novara) — 'Uortona — Pavia — Vare- sotto — Friuli —- Verolanova nel Bresciano — Vallagarina presso Rovereto, lago di Levico, laghetti di Cei nel Tirolo meridionale — Padovano — Vicentino — (Gorizia, fontana di Sommavalle, Gazzo, Malcesine, Lago di Garda (Garda) nel Veronese — Bosco di S. Felice, Valli di S. Anna, Collegara, Rovereto e dintorni della città di Modena — Gazoldo degli Ippoliti e Canicossa nel Mantovano — Ferrara -- Rimini — Ravenna --- Firenze — Pisa -- Marina di Pisa — Livorno — Massarosa — Quiesa — Via- reggio — Torre del lago — Montramito — Massaciuccoli — dintorno della città di Lucca — Osimo -- Radicofani presso Roma — Napoli — Laghi di Monticchio (Potenza) — Madonie —- Termini Imerese — Pollina — Catania — Sardegna -— Corsica — Isola d’ Ustica ad Ogliastrello, Guardia di Mezzo e Tramontana. Gen. Cordulia Leach. 26. C. aenea L. Piemonte — Pavia — Milano — lago di Muzzano nel Canton Ticino — Cremona — Fontana di Sommavalle, Gazzo, Malcesine, e Garda nel Veronese — Mantova — Bolzano — Riva di Trento — Venezia — Vicentino — Modenese. 27. (?) C. vicentina Disconzi Vicenza (1). Gen. Epitheca Charp. 28. E. bimaculata Charp. Laghetto di Marco presso Rovereto — Lago di Loppio e di Garda — Navone (Verona). (1) Questa specie è dubbia; fu creata da Disconzi su caratteri non certi. 29. E. metallica Vander. Piemonte — Pavia — Brughiere di Senago presso Milano — Mortara — lago di Muzzano nel canton Ticino — Verolanuova nel Bresciano -- Tirolo meridionale e Trentino — S. Michele al Tagliamento — Verona — Padova — Vicentino - Livorno — Modena — Gazoldo (Mantova) — Correggio. 30. E. arctica Zett. Willelmoos presso Seefel, Buchen sopra Telfs, Malga di Seiss presso Bolzano — Ferrara di Monte Baldo (Veronese ). 81. E. alpestris Selys. Tirolo meridionale nella Lentasch e presso Seefeld. 32. E. flavomaoulata Vander. Piemonte (?) — Carlino, Gonars (Friuli) — Pavia — Colline Bresciane — laghi di Levico e Caldonazzo — Brenta — Lago di Toblino e di Garda a Peschiera, S. Vigilio e dintorni della città di Verona, Gazzo Veronese — Padova — Collegarola e San Felice sul Panaro nel Modenese — Gazoldo degli Ippoliti (Manto- vano) — Pisa. Gen. Oxygastra Selys. 33. O. Curtesii Dale. Pavia. Trib. Aeschninae Selys. Gen. Anax Leach. 34. A. formosus Vander. Piemonte — Pavia — Mortara — Varesotto sulla strada da Menaggio a Porlezza — Bolzano — Rive paludose dell’ Adige — si, Sile Civezzano — Rovereto — Merano — lago d’ Idro, Loppio, To- blino, lago di Garda — Peschiera, Garda, Malcesine, Caldiero (ri- saie al Rusol), Montorio, Cerea, Gazzo nel Veronese — Padova — Friuli -- Vicentino — Valli di S. Anna, Collegara, Prati delle manovre nel Modenese — Canicossa ( Mantova) — Valle Re e Scan- diano nel Reggiano — Bologna — Livorno alle paludi di Coltano, foreste del Tombolo, all’Ardenza — Lucca — Viareggio — Torre del lago — Quiesa — Massarosa — Rimini — Campagna ro- mana — Napoli — Laghi di Monticchio (Potenza) — Catania — Paternò — Madonie — Palermo — Oristano — Cagliari — Isola di Ustica ad Ogliastrello. 35. A. partenope Selys. Sangano presso Susa — Veneria reale e Mandria presso To- rino — Pavia — Brughiere di Senago presso Milano — Varesotto — Laghi di Loppio e Marco nel Trentino — Gonars (Friuli) — Cerea (Verona) — Prati delle manovre presso Modena — Paludi di Ravenna — Suese e Coltano presso Livorno -—-— Campagna romana — Lago d’ Averno presso Napoli —- Porto Torres (Sardegna). Gen. Cyrthosoma Selys. 36. C. ephippigerus Burm. Torino -- Rovereto, laghetti di Marco e Loppio nel Tren- tino — Pavia -- Peschiera e Tomba nel Veronese — Isola di Ustica (presso i così detti mulini) — Sardegna. Gen. Brachythron Evans. 37. B. pratense Mill. Piemonte — Tortona — Lago di Réoscher in val Venosta, Lans, Amras, Sterzing e Castelfondo nel Tirolo meridionale — Padova — Vicentino — Fontana di Sommavalle e Vigasio nel Veronese — Collegara, Rovereto (Carpi), San Faustino, Prato delle manovre e dintorni della città di Modena — Correggio — | dintorni della città di Reggio-Emilia — Bologna. Gen. Aeschna Fabr. 38. A. cyanea Mill. Piemonte — Tortona — Pavia — Brughiere di Senago nel Milanese — Varesotto — Bresciano — Capolago nel canton Ti- cino -- Sterzing, Bressanone, Bolzano, Merano, Monte. Misone, monte Macao e Bagolino nel Tirolo meridionale — Vicentino — Veronese (rive paludose dell’ Adige, Fontana di Sommavalle, S. Anna d’ Alfredo, Chiesanuova, Tracchi, Valeggio, Peschiera — Pavullo e Sestola nel Frignano — Dintorni della città di Mo- dena — Bologna — Livorno nelle valline di Valle Benedetta — Pisa lungo le rive dell’ Arno — Vallombrosa — Firenze — Massa _— Torre del lago, Massaciuccoli e Viareggio — Napoli — Sila piccola — Sardegna — Corsica. i 39. A. juncea L. Piemonte — Laghetto di Castelfondo in Val di Non, paludi alla Sortazza, Rovereto, Val di Cei, valle del Brenta e del Chiesa. ‘ Pontebba. 40. A. borealis Zitt. Tirolo — Bresciano — Alture nei dintorni di Padova — Veronese a Tracchi sopra Chiesanuova. 41. A. mixta Latr. Piemonte — Pavia — Bresciano; alla Morta presso Verola- nova — Merano, lago di Roschen in val Venosta, Civezzano, No- garedo, laghetto di Marco e Levico nel Tirolo meridionale — Friuli — Padova — Vicentino — Cancello di Mizzole nel Vero- nese — Canicossa (Mantova) — S. Faustino, Saliceta Panaro, - Valli di S. Anna e dintorni della città di Modena — Bologna — Pisa lungo le rive dell’ Arno, Coltano, foreste di Tombolo, poggi boscosi di Limone, Valle Benedetta, all’ Ardenza presso Livorno — Firenze — Napoli — Catania — Paternò — Madonie — Sardegna. — 33 — 42. A. affinis Vander. Salò e Sermione nel Bresciano — Bolzano, Formigaro, Lana, Unterrein, Eppau, Rovereto, lago S. Antonio presso Ballino, laghi di Toblino e Molveno nel Tirolo meridionale — Gonars (Friuli) — Modena — Rovereto (Carpi) — Peschiera del Garda e Gazzo nel Veronese — Bologna — Suese presso Livorno — Paternò — Catania — Palermo. 43. A. viridis Evers. Citata fra le specie italiane dal Brauer senza indicazione della località ove si incontra; e, dietro fede di questo, indicata con dubbio dal Pirotta. 44. A. rufescens Vander. Pavia — Lana, Bolzano, Salorno, canale nel lago di Caldero nel Tirolo meridionale — Friuli — Padova — Vicentino — Gazzo, Cerea, Vigasio, Fracanzana di S. Martino, Busol di Caldiero nel Veronese — Dintorni di Modena e San Felice sul Panaro — Bo- logna — Napoli ai piedi del Vesuvio — Catania — Madonie — ‘Paternò — Palermo — Sardegna — Corsica. 45. A. grandis L. Piemonte — Cremonese — Mantovano — Lans e paludi di Vill, lago di Roschen in Val Venosta, paludi di Sterzing, laghi di Castelfondo e Volveno nel Tirolo meridionale — Padova — Vicentino — Vigasio nel Veronese — Venezia — San Felice sul Panaro (Modena) — Nizzardo — Livorno — Pisa — Calabria ulteriore. 46. (?) A. Lorenzonii Disc. Viceutino (1). (1) Specie creata da Disconzi su esemplare trovato nel Vicentino ; Bic come per la Cordulia vicentina i caratteri diagnostici sono incerti quindi } non si può affermare la bontà della specie. I Gen. Amphiaeschna Selys. 47. A. irene Fons. Orgosolo in Sardegna — Lasi Gen. Onychogomphus Selys. 48. O. uncatus Cha Piemonte — Lago di Garda e Loppio nel Tirolo — Peschiera del Garda nel Veronese. 49. O. forcipatus L. Torino — Pavia — Bresciano — Bergamasco — laghi di Le- vico, Caldonazzo e Toblino nel Tirolo meridionale — Vicentino — Friuli — Torre, Garda, Vigasio, Cerea, Gazzo, Lavagno nel Ve- ronese — Venezia — Olmeneta (Cremona) — Collegara nel Mo- denese — Lungo di Crostolo nelle vicinanze di Reggio-Emilia — Bologna — Nizzardo —. Pisa — Calabria ulteriore — Girgenti — Catania -— Madonie — Palermo. 50. O. Genei Selys. Sicilia — Torino (1) Gen. Ophiogomphus Selys. 51. O. serpentinus Charp. Piemonte — Tortona, lungo la Scrivia — Calliano, laghetto di Marco nel Trentino — Mortara — Vicentino — Venezia (?) — Pisa. (1) Con tutta probabilità l'indicazione, dalla quale si dovrebbe af- fermare come esistente a Torino questa - specie, dipende dal fatto che fu vista fra le libellule del Museo di Torino quindi ritenuta, erronea- mente, come esistente in piemonte. ona DE Gen, Gomphus Leac. 52. G. vulgatissimus L. Piemonte — Pavia — Milanese — Mortara — Verolanova — Brescia — Mantova — Padova — Vicentino — Garda, Inugo d’A- dige presso la città di Verona e Cerea nel Veronese — Venezia — Friuli a S Daniele e Cavazzo — Bolzano, laghi di Caldonazzo alto Garda nel Tirolo — Collegara, San Faustino, Rocca S. Maria ed orti nell’ interno della città di Modena — Bologna — Nizzardo — Toscana (?) 53. G. simillimus Selys. Brauer la cita fra le specie italiane senza indicare la lo- calità ove fu trovata. I 54. G. pullchellus Selys. Piemonte — Vicentino. 55. G. flavipes Charp. Venezia (?) — Cerea nel Veronese — Bologna. 56. (?) G. excelsus Costa, Sardegna (1) Gen. Lindenia Selys.. ae DI tetraphilla Vander. Pisa — Lago d’ Averno presso Napoli. (1) Quantunque il Costa affermi che questa specie si distingue da tutte le altre del genere, specialmente per la forma delle apendici ado- minali, pure credo si debba inscriverla con riserva fra le specie nuove. EE i Gen. Cordulegaster Leach. 58. C. annulatus Latr. Piemonte — Pavia — Mortara — Varesotto — Sterzing, Val di Non, Rovereto, Cevezzano e Marano nel Tirolo Meridionale — Pontebba — Padova — Giazza nel Veronese -- Toscana -— Massa — Roma — Amalfi -- Calabria ulteriore — Reggio Calabria — Madonie nella Sicilia. 59. C. bidentatus Selys. Susa — tra Porlezza e Menaggio nell’ alta lombardia — Salò sul lago di Garda, Fontana di Sommavalle nel Veronese — la- ghetto di Castelfondo e Senale nel Tirolo Meridionale — Madonie — Castelbuono — Palermo. Trib. Agrioninae Selys. Gen. Calopteryx Leach. 60. C. splendens Har. Torino — Mortara — Tortona — Pavia — Bresciano — Senago presso Milano — Varesotto — Laghi di Toblino, Garda, Loppio, Pergine, Val del Brenta e Castelfondo nel Tirolo meridionale — Padova — Vicentino — Peschiera, Lazzise sul Garda, lungo l'Adige, San Michele, San Bonifacio, Villafranca, Isola della Scala, Cologna, Sanguinetto e Legnago nel Veronese — Olmeneta nel Cremonese, Canicossa, Gazoldo degli Ippoliti e lago di Man- tova — Correggio, Laghetti di Valle re, San Bartolomeo in Sas- soforte, Rubiera e dintorni della città di Reggio Emilia — S. Agnese, S. Faustino, Prati delle manovre, S. Matteo, Collegara, Collega- rola, Valli di S. Anna e S. Felice sul Panaro nel Modenese — Bologna — Pisa — Marina di Pisa — Lueca — Osimo — Napoli — Benevento — Calabria ulteriore — Palermo — Madonie — Sardegna — Corsica. SIN 61. (?) C. nicaensis Risso. Nizza (1). 62. C. virgo L. Torino — Nizzardo — Sondrio — Pavia — Mortara — Bre- sciano — Cremona — Canonica d’ Adda nel Milanese — Varesotto — Friuli — Bergamasco — Ligornetto, boschi del Ticino tra Giu- basca e Bellinzona — Tirolo Meridionale e Trentino — Padova — Vicentino — Veronese — Mantovano — Laghetti di Valle re, Rubiera e dintorni di Reggio Emilia — S. Agnese, S. Faustino Bomporto, Collegara, Valli di S. Anna, Colombaro e Verica nel Modenese — Bologna — Ravenna — Riccione — Massa — Marina di Pisa — Lucca — Osimo — Napoli — Calabria ulteriore, Pa- lermo — Anapo — Madonie — Sardegna — Corsica. 63. C. haemorrhoidalis Vander. Modenese (2) — Massa Carrara -—- Quiesa, Camajore e dintorni della città di Lucca — Napoli -- Mollarino — Lecce — Calabria ulteriore — Rive del Ciane — Paternò — Catania — Madonie — Caltagirone — Sardegna —- Corsica. Gen. Lestes Leach. 64. L. viridis Vander. Torino — Pavia — Varesotto — Colico — Barissima, Palma- nova (Friuli) — Bresciano — Capolago nel canton Ticino — Ro- vereto, lago di Loppio, Val Cei e Civizzano nel Tirolo Meridionale — Vicentino — Rive dell’ Adige a San Pangrazio — Vigasio, Gazzo, Montorio e dintorni di Verona — Olmeneta (Cremona) — Gazzoldo degli Ippoliti (Mantova) — Collegara e dintorni di Modena — Viareggio — Livorno — Osimo — Rimini — Laconi in Sar- degna — Sicilia — Corsica. (1) Specie creata da Risso. Con tutta probabilità è una delle tante varietà della specie precedente (C. splendens). dr e 65. L. macrostigma Ever. Lecce — Sardegna — Madonie — Catania. 66. L. nympha Selys. Castello d’ Agogna (Mortara) — Merano, Bleggio e Piave nel Tirolo Meridionale — S. Michele al Tagliamento — Padova — Cancello di Mizzolo nel Veronese — Gazoldo degli Ippoliti (Ma- ntovano) — Correggio — Modena -- Pisa — Livorno — Avezzano (Aquila) — Sicilia. 67. L. sponsa Haus. Brescia — Verolanova, alla Morta — Stergis, Merano, Bolzano, Salorno, Taio, Rovereto, Nogaredo, Bleggio, Monte Misone, lago di Garda ed Idro nel Tirolo meridionale — Trentino — Friuli — Padova — Bardolino, — Peschiera, Garda, Vigasio, Montorio, e Gazzo nel Veronese — Viareggio — Rimini. 68. L. virens Charp. Merano — Lungo il Crostolo a S. Pelegrino presso Reggio Emilia — Prati delle manovre, S. Agnese, Collegara, S. Felice sul Panaro, Valli di S. Anna e Verica nel Modenese -— Bologna, . Pisa — Cardito — Melfi —- Napoli — Sicilia — Sardegna — Corsica, 69. L. barbara Fabr. Lombardia — Salorno, Rovereto — lago di Levico, Val di Cei — Trento, lago di Tollino, Chiese presso Roncone ed al Cap- paro nel Trentino — Gornas (Friuli) — Padova — Modena — Bologna — Pisa — Livorno — Viareggio — Massa (alla dogana) — Rimini — Napoli — Calabria ulteriore — Lecce — Gran Sasso — Persano — Lago d’Averno — Siracusa -- Catania — Ma- donie. — Sardegna a Portoscuro, Iglesias e Sassu — Corsica. gono Gen. Sympyena Charp. 70. S. fusca Vander. Torino — Tortona — Pavia — Mortara — Brugliere di Senago presso Milano — Varesotto — Porto lignano, Marano, (Friuli) — Bresciano — Cancello di Mizzole, Fontana di Sommavalle, Cerea e Montorio nel Veronese — Ligornetto nel Canton Ticino — Salorno, canale del lago di Caldaro, Rovereto, Nogaredo, Merano, lago di Réschen nel Tirolo Meridionale — Padova — Canicossa (Mantova) — Vicentino — Collegara, San Felice sul Panaro, Salvarola e Verica nel Modenese — Bologna — Pisa — Marina di Pisa — Lucca — Vallombrosa — Viareggio — Livorno — Atina — Mon- tiecchio — Vitulano — Cusano — Calabria ulteriore — Catania — Girgenti — Madonie — Laconi — Cagliari, Tempio e Monte Varba in Sardegna — Corsica. Gen. Platycnemis Charp. 71. P. pennipes Pall. Piemonte — Tortona — Pavia — Mortara — Friuli — Monti- rone, laghetti di Poncarale, Verolanova, Timolino, nel Bresciano — Montorio, Peschiera, Bardolino, Garda, Cerea, Vigasio e Gazzo nel Veronese — Lago di Muzzano nel Canton Ticino, Merano, Bolzano, Rovereto, Trento, Cimone, laghetti di Cei, lago di Lappio, lago di Toblino ed Idro, Caldonazzo, Levico, laghetto di Castelfondo, Bleggio nel Tirolo meridionale e Trentino — Canicossa e Gaz- zoldo degli Ippoliti (Mantova) — Padova — Correggio, laghetti di Valle re, Fontana (Rubiera) e dintorni della città di Reggio Emilia — Modena ai prati delle manovre, S. Agnese, Collegara, Valli di S. Anna, S. Faustino — Bologna — Viareggio — Marina di Massa — Marina di Pisa — Calabria ulteriore — Laghi di Mon- tiechio ( Potenza) Cerignola — Fondi — Cassino — Mollarino — Palermo — Sardegna — Corsica. 72. P. latipes Camb. Laghi di Loppio e laghetti di Marco nel Trentino — Padova — Collegara (Modena) — Corsica. Li AE Gen. PRESSO Fabr. 73. A. viridulum Charp. Pisa lungo la strada a S. Giuliano -— Sicilia — Sardegna. 74. A. najas Haus. Milanese — Pavia — Mortara — Gonars (Friuli) — Garda (Ve- ronese) — Laghetti di Marco presso Rovereto, lago di Toblino e lago di Garda nel Tirolo Meridionale — Modenese a S. Faustino e Collegara — Livorno al Vione di Coltano — Marina di Pisa — Viareggio — Pietrasanta — Torre del lago — Lucca — Massa di Carrara (alla dogana a San Giuseppe vecchio). 75. A. minium. Har. Pavia — Milanese — Bresciano — Malcesine e Gazzo nel Veronese — lago di Muzzano, dintorni di Lugano, lago d'Idro, lago di Toblino, lago di Loppio, Bleggio, al Leno di Valle Arsa, Brenta, Levico, Salerno nel Trentino — Monte Summano nel Vi- centino — Laghetti di Valle. re (Reggio Emilia) — Fontana (Rubiera) — Valli di S. Anna e dintorni di Modena — Bologna — Toscana — Lucca — Roma — Palermo — Corsica. 76. A. tenellum Daev. - Piemonte — Brughiere di Senago nel Milanese — Peschiera e Nogara nel Veronese — Lago di Loppio — Lago di Garda nel Trentino — Trieste — Collegara e Valli di S. Anna nel Mo- denese — Bologna — Pisa — Calabria ulteriore — Mollarino — Lecce — Cirò (Carafone di S. Nicola) Laghi di Montecchio (Potenza) — Siracusa — Sardegna (Tirsi) — Corsica. (RAG pumilio. Charp. Torino — Milanese — Varesotto — Laghetti di Ponchiareale nel Bresciano — Bolzano, Merano, Mezzotedesco, Rovereto, Val di Cei, lago di Caldaro, Arenta, Bleggio nel Tirolo meridionale e Trentino — Friuli — Gazzoldo degli Ippoliti nel Mantovano — Rio € Livorno (alla Paludetta) — Calabria ulteriore — Cirò .— Pin- torna nelle Madonie. ‘ 78. A. Genei. Pict. Siracusa — Catania — Madonie — Oristano — Monte Norba e Sorso Corsica. 79. A. elegans. Vander. Torino — Tortona — Pavia — Mortara — Milanese — Va- resotto — Friuli — Bresciano — Capolago e lago di Muzzano nel Canton Ticino — Peschiera, rive Paludose dell'Adige, Fontana di Sommavalle, S. Martino e Vigasio nel Veronese — Bolzano, Me- rano, Rovereto, Civezzano, laghi di Garda, Idro, Toblino, Caldonazzo e Castelfondo nel Tirolo Meridionale — Padova — Vicentino — Mantovano — Reggio Emilia — S. Faustino — Saliceta S. Giuliano, lungo il Naviglio ai Mulini Nuovi, Collegara, Valli di S. Anna, S. Felice sul Panaro, Vignola, Sassuolo, Verica e dintorni della città di Modena -— Bologna — Nizzardo — Pisa — Marina di Pisa — Firenze — Livorno — Massa di Carrara — Lucca — Torre del lago — Viareggio — Forte dei marmi — Bocca di Magra (Sarzana) — Rimini — Riccione — Laghi di Montecchio (Potenza) Lago d’Averno — Lagopesole — Catania — Monastir — Porto Torres — Isola d'Elba — Repubblica di San Marino. 80. A. pulchellum. Vander. Tirolo Meridionale e Trentino — Torre di Zuino (Friuli) — — Vicentino -- Vigasio nel Veronese — S. Agnese e Rovereto nel Modenese — Canicossa nel Mantovano -- Bologna — Cirò (Calabria) — Oristano e Tirsi in Sardegna — Corsica. 81. A. puella. L. Piemonte — Sondrio —- Morbengo — Friuli — Mortara — Pavia — Milanese — Colico (Como) — Bresciano — Gazzoldo degli Ippoliti e lago di Mantova — Chiesanuova, Reverè di Velo, Spredino di Romagnano, Peschiera del Garda, Montorio, rive palu- dose dell'Adige, Vigasio, Cerea, Gazzo nel Veronese — Tirolo Me- ridionale, Trentino — Padova — Venezia — Vicentino — Dintorni | pa, VISI Apt Rada E di ReggioEmilia, laghetti di Valle rè, Fontana (Rubiera) — S. Fau- stino, prati delle manovre, Saliceta S. Giuliano, S. Agnese, Colle- gara, Vignola, Sassuolo e Canali attorno alla città di Modena — Bologna — Ravenna — Nizzardo — Toscana — Viareggio — Ma- rina di Massa (alla dogana) — Osimo — Mollarino — Carafone di S. Nicola (Cirò) — Calabria ulteriore — Siracusa — Catania — Madonie — Sardegna — Corsica. 82. A. ornatum. Heyer. Lago di Garda, lago di Loppio e laghetti di Marco nel Trentino — Assenza presso Malcessine nel lago di Garda (Veronese) — Prati delle Manovre presso Modena — Mollarino nell’ Italia Meridionale. 83. A. cyathigerum. Charp. Tirolo Meridionale e Trentino — Varesotto — Lugano — Bosco di Chiesannova nel Veronese — Lago di Glusone nel Bre- sciano — Lago di Levico, lago di Pinè, lago di Caldonazzo, lago di Loppio, Laghetti di Cei, laghetti di Marco, laghetti di Costa presso Pergine, rive del Chiese presso Roncone, Bolzano nel Tentino e Tirolo Meridionale — Padova — Fossi lungo 1’ Ugione in Palu- detta a Livorno — Torre del Lago (Lucca) — Osimo — Iglesias e Siliqua in Sardegna. 84. A. hastulatum. Charp. Chiesannova, Cancello, Mezzane di sotto, (laghetto e sorgente di S. Ambrogio) Garda, S. Vigilio, Montorio, rive paludose del’-_ l’ Adige, Villafranca e Vigasio nel Veronese — Lago di Clusone nel Bresciano — Lago di Levico, lago di Pinè, lago di Caldonazzo, lago di Loppio, laghetti di Cei, laghetti di Marco, laghetti di Costa presso Pergigne, rive del Chiesa presso Roncone, Bolzano nel Tirolo meridionale — Padova — Fossi lungo 1’ Agione in Palu- detta a Livorno — Torre del lago (Lucca) — Marina di Pisa — Vallombrosa — Iglesias e Siliqua in Sardegna. : 85. A. lunulafum. Charp. Rovereto, Vale Dei, Mezzo lombardo e lago di Toblino nel Trentino. e Lp 86. A. scitulum. Ramb. ‘Pisa — Livorno nei fossi lungo l’ Ugione — Catania — Si. racusa — Sardegna. 87. A. coerulescens. Fons. Iglesias in Sardegna — Catania -— Siracusa — Madonie. 88. A. mercuriale. Hey. Valli di S. Anna nel Modenese — Lago d’ Averno. 89. A. lindenil. Selys. Pavia — Tortona — Varesotto — Verolanova nel Bresciano — Capolago nel Canton Ticino — laghi di Loppio e di Idro nel Ti:olo Meridionale — Pisa — Livorno — Girgenti Siracusa. 90. A. Tacconi. Friuli. Nelle varie regioni la distribuzione delle libellula è la se- guente: Italia settentrionale... .. ::. ; specie 72 (1) aio centrale sio Sela a eee] >lmeridionale. da i sn. D:24790 Nizzardoi se e + 12.(2) Birolole-Wrentitig: tie... » 61 SEA ge ICI » 46 Sandesnar ia SA e uE9D.(8) Corsica so FG » 25 Elba - Pantelleria - Ustica . . » 5 e meglio si può vedere nella tabella a pag. 45. (1) Tre specie sono incerte. (2) Una specie è dubbia. (3) Una spefie è incerta. sua Affi SAC Sono diffuse tanto nel continente che nelle isole 28, specie e cioè: Diplax striolata, vulgata, meridionalis, Fonscolombi — Li- bellula depressa, fulva, quadrimaculata — Libella coerulescens, brunnea, cancellata — Crocothemis erythraea — Anax formosus — Aeschna cyanea, mixta, rufescens — Calopteryx splendens, virgo haemorroidalis — Lestes viridis, virens, barbara — Sympyena fusca — Platycnemis pennipes — Agrion minium, tenellum, elegans, puella. — Sono esclusive nel continente 35 specie, e cioè: Leu- corhinia rubicunda, albifrons — Diplax flaveola, scotica, pede- montana — Libella albystyla — Trithemis nigra — Cordulia, aenea, Vicentina (?) — Epitheca bimmaculata, metallica, aretica, alpestris, favomaculata — Oxygastra Custisii — Anax partenope — Brachythron pratense — Aeschna juncata, borealis, grandis, Loren- zonii (2?) — Onychogomphus uncatus — Ophioyomphus serpentinus. — Gomphus vulgatissimus, pulchellus, flavipes — Lindenia tetra- pylla — Lestes sponsa — Agrion najas, ornatum, hastulatum, lunulatum, mercuriale. Sono esclusive delle isole 5 specie, cioè: Lepthemis trinacria, Libella Sardoa, Ramburii — Amphiaeschna irene — Lestes ma- crostigma — Onychogomphus Genei. Ulteriori ricerche, coudotte diligentemente, specialmente nel- l’Italia Meridionale e nelle isole porteranno certamente importanti modificazioni a queste conclusioni. | E (è) I È E 2 ® Ss ES è à ‘> ; 2|S|£|s|8|3|3{3[8|5]3 s [4|2]°[=]2|20]|0]A A D 1. Leucorhinia rubicunda . +|+ 2 » albifrons . Pi ETA dea) PI I arti DO PN 3. Diplax striolata - JT]. .1+[+{-.{4-[{+{t 4 » vulgata 4: +4]: 1+]-|-|> D. » meridionalis . A+: +4] +{+[+{]4+]--|--|- 6 » Fonscolombii «A+ S4[+|- [+++]: [++ 7 » Aaveola. - {+{1+{+[+]{+ 8 » scotica. SES RAENE 9 » sanguinea «TA +4]. 14]. .|. . 10. » depressiuscula +. .|1+ -J+|]+[+ rl. » pedemontana. -SP|- 14 RIO NE 12. Lepthemis trinacria . Se St TS 8 0A a 0 13. Libellula depressa SU pai Seo IA) E SE 14. » fulva . -{S+]--{[+{+{+|+ 15. » quadrimaculata. . +14{+[+{[+{[+]-.{--|- 16. Libella coerulescens A+ ++] +|1+{+{+4|- 17. » brunnea +++ +{+{+|- 18. » sardoa «Be PL: 19. >» Rambreri. SR i +{+|]- 20. » nitidinervia 0/00 ee ie A 21. » cancellata. +{1+[{+]+]-[{+]+]|- 22. » atbystyla 0.4]. [+]. ta a 23. Trithemis rubrinervis . . .|..K..K..{+|- {+ 24. » US IRE SIOE RARA ETOI EP Ia) PED 2 VEDO SS PA 25. Crocothemis erythraea +|..{+{+]+{+[+|+]|- on 26. C'ordulia aenea +]. .1+|. ’ Dina vicentina. spiato 28. Epitheca bimacu'ata . +|-.{+].. 29. » metallica . +|-.|{+{+ l'A LAP Si 3 © E GS = sede Sliel |= 30. Epitheca arctica . . . . .|+ sione Sl. » AIPESMIIE TOT ES SOS ae 32. » Aavomaculata. . +]. .|]+|+ 33. Orygastra Curtisi. . . +]... K. da 5 84. Anax formosus . . è. , +|..{t+|+[+t|+{+ + 35. » parthenope . +]. .1+[+[4+|.. 36. Cyrthosoma ephippigerus DIS ea Pr DL Fe 37. Brachythron pratense se TIR x À 38. Aeschna cyanea . . . DI ig St, (OR E Di 39. » Juncata . DO e) Rea (E 40. » borealîs Sal 5 41. » mixta . PV EA ST SS TICA ZIONE - 42. » affinis +. .14[+|-.|1+ 43. » viridis E È se 44. » ruphescens +]. .1+]+[+[+[+|[+ 45. » Irandisto e +|+|{+[+ $ P 461006 Lorenzonti . Re E TS 47. Amphiaeschna irene . È .SJA|J+ 48. Onichogomphus uncatus. . . Ere pai (ES CI LS d'a 49, » forcpatus.: <<. {4-3 50. » Gene tagli pi SR £ 5I. Ophiogomphus serpentinus . .|+|..|4|+ 3 52. Gomphus vulgatissimus . LE SOLE : 53. » simillimus . . , è» z Ras 54. » pulchellus . . . .{4+]..|, i ; È DD. »i i favipes: sc e ae ì DG. iti eatceleuio. i e Ana -57., Lindenia tetraphilla . 58, Cordulegaster annulatus 59. SE bidentatus . ++: ++ + + ++! SI. L'Acpe Meridionale Sardegna Pantelleria ; pa tia SG to fe 2 È > E GE £ ù PAR * dii Centrale Corsica + | Settentrionale Nizzardo 60. Calopterya splendes +1+[+[+[+[+ È 61. » nicaensis . + GESU i 62. . » virgo < ... + |+]1+[+[+[+[+[4+{+|. È 63. » haemorrhoidalis . +]. . +{+|+]+{[+]|. - b 64. Lestes viridis +|-.1++[+[+]|..[+|. È 65. .» macrostigma +|+ 3 66. » nynpha . +]. .[+|+ == c 67. >» sponsa +f-.[1+|+ Cani MEP, È 68. » virens +|-.1+[+[+[+[+[+|. | 69. » Bdarbara +|-[+1+[+[+[{+{|+|. È 70. Sympyena fusca +. .1+]+[+[+[+[+|. ì | 71. Platicnemis pennipes . +. .{+[+[1+{[+]+|[#+|. R. 12. > latipes Si ea - edu]. È 73. Agrian viridulum . Lic + ar n. » najas +]. .|+|+ HD. » minium +]. .1+[+]1+[+]..[1+ 76. » fenellum +[.-.[+[+{[+[+[+]|+ 17.» pomilio +]. .1+[+[+{[+]..|. 78. » Genei +]. . [tr|l4[{+].|- 79.» elegans +1+1+f{+14+[+[+|..{+|- i 80. » pulchellum +. +f+[+[41{+{[+#+|. 1 81. » puella . 2 Gai fe pi Sao lai ALII rl li È È 82. » ornatum SAS e 3 È 83. » cyatigerum +|..1+[+|. + È 84 » hastruatum +|..[+|+ 4 85. » lunulatum Rao 35 - | 86. RARA DIL MAI MAIA SI PERSI IREIO DE A SE dr I 3 87. » coerulescens . +]. + |. 1 88. » mercuriale +|. | 89. » Lindenii . ppi] -|3- | 90.? » Tacconi. +. RR TOI SP RN TITO BENTIVOGLIO o_o BIBLIOGRAFIA E SINONIMIA DEI LIBELLULIDI ITALIANI Nel 1879 il prof. Romualdo Pirotta pubblicò ne gli Annali del Museo Civico di Storia naturale di Genova, un pregiato lavoro su i Libdellulidi italiani: in esso la parte bibliografica comprende 66 voci. Nel 1897 il prof. Adriano Garbini, trattando dei libellulidi della provincia di Verona enumerò 34 lavori dei quali cinque però interessano la paleontologia, perchè in essi sono menzionate libellule fossili, degli altri 29 solo 17 non figurano nella parte bibliografica del lavoro del Pirotta perchè pubblicati posterior- mente al 1879. Nel lavoro presente le voci sono portate a 125. Ho segnato con # i 66 lavori già menzionati dal Pirotta ed i 17 citati dal Garbini. Per qualcuno ho anzi riportato integralmente le osser- |. vazioni fatte dal Pirotta stesso. Nel compilare l'elenco sinonimico «ho tenuto calcolo solo dei nomi usati da gli autori monzionati nella bibliografia presente. BIBLIOGRAFIA 1.* - 1638. ALpRovanDI U. — De Animalibus insectis, Libri È septem, Bononiae 1638. Al capo decimo, del libro secondo, tratta diffusamente de Perlis (indicando sotto questo nome le Libellule), parla dei loro caratteri e descrive e figura molte specie, che difficilmente però si potrebbero riferire alle specie conosciute. 2.* - 1763. VAnDELLI D. — Saggio d'’ Istoria Naturale del Lago di Como e della Valsassina, Padova 17653. Il volume manoscritto si conserva nella Biblioteca Universi- | taria di Pavia; in esso sono descritte cinque Libellule 3.# - 1766. ALLIONI C. — Manipulus insectorum taurinensium- Mélanges de Philosophie et Mathematique de la Société royale de Turin, T. III, p. 185. per gli anni 1762-65, edito nel 1766. Sono descritte otto specie di Libellule; sono indicate due va- rietà della L. albifrons, e vi è la diagnosi della Diplax pede- montana, nuova specie da lui istitnita col nome di Libellula pedemontana. 4,# - 1774. GINANNI F. — Istoria civile e naturale delle Pinete Ravennati, Roma 1774. Sono enumerate quattro specie di Libellule. 5.* - 1779-1793. Giorna. — Calendario entomologico, Torino 1779-1793, ripubblicato dal Prof. M. LEssona nel Vol. XVI (1873) degli Annali della R. Accademia di Agricoltura di Torino. Sono citate diciotto specie italiane. dARI i È 6. - 1780. TURRA. — Insecta vicentina, Vicentae, 1780. Sono citate otto specie dei più comuni Libellulidi. 7.# - 1781 Fagsricius J. Ch. — Species insectorum, Hafniae, 1781: A pag. 522. del Vol. I. indica, per il Piemonte, la Libellula pedemontana. 8. — 1786. PertAagnaA V. — Specimen insectorum Ulterioris Cai labriae, Neapoli, 1786. Si trovano citate tre specie di Libellule della Calabria. 9.# - 1787. CyrILLUs D. — Entomologiae Neapolitanae Specimen primus, Napoli 1787. L'A. descrive e figura una nuova specie di Libellula col nome di L. ferruginata, la quale però non è che la L. fulva. 10.# - 1790. Rossi P. — Fauna etrusca, Libourni, 1790. Sono indicate otto specie di Libellule raccolte nelle provincie di Pisa e Firenze, senza indicazioni precise intorno all’ habitat delle medesime. : 11,4 - 1793. Fapricius J. Ch. — Entomologia systematica emen- DI dI data et aucta, Hafniae. 1793. i Come nel lavoro segnato col N. 7, indica per il Piemonte la sola Libellula pedemontana. 12.* - 1816. PoLLINnI C. — Viaggio al Lago di Garda ed al. Monte Baldo, Verona, 1816. Indica la L. pedemontana come specie che frequenta il Benaco. 13.# - 1818. ScinA D. — Topografia di Palermo e suoi dintorni, Palermo, 1818. Indica, fra l’altro, tre libellulidi trovati nella campagna della Conca d’ oro. 14.* - 1823. MAIRONI DA PONTE G. — L tre regni della natura nella Provincia Bergamasca — Memorie della società italiana di Scienze, Vol, XIX, fisica, p. II, p. 287; Verona, 1823. ° SAL at Due sole specie di Libellule sono indicate in questo lavoro nel quale è dato largo posto a gli insetti de gli altri gruppi. 15.* - 1823. VAN DER LINDEN P. L. — Agriones bononiensis — Opuscoli scientifici di Bologna, T. IV, p. 101-106, Bologna, 1823. Le specie descritte sono sette e fra queste sono indicate come nuove le seguenti: A. viridis (Lestes), A. fusca (Sympycus), A. platypoda (Plstycenemis), A. elegans ed A. rubella (A. tenellum Devill). 16.* - 1823, VAN DER LINDEN P. L. — Aeshnae bononiensis — Opuscoli scientifici di Bologna, T. IV, p. 158-165, Bologna, 1823. È Descrive sette specie e fra queste quattro sono nuove e cioè: Aeshna formosa (Anax), Ae. vernalis (Bracythron pratense), Ae. affinis, Ae unguiculata (Onychogomphus forcipatus).. 17.# - 1825. VAN DER LINDEN P. L. — Monographiae Libellu- linarum Specimen, Bruxelles, 1825. È un riassunto dei lavori precedentemente pubblicati dal- l’autore; si trovano descritte varie specie italiane e dei dintorni di Bruxelles. 18.* - 1825. TOUSSAINT DE CHARPENTIER — /Morae entomologicae, Wratislaviae, 1825. Quattro sole specie di Libellulidi italiani sono menzionati in questo lavoro, e di queste tre sono date come nuove, ma realmente solo una (Agrion pumilio) è tale. 19,4 - 1826. Risso A. — Historie naturelle des principales produc-. tions de V’ Europe meridionale, T. V. Paris, 1826. Sono enumerate tredici specie di Libellulidi, raccolti nei din- torni di Nizza e fra queste una viene indicata come nuova col nome di Libellula nicaensis; probabilmente non è che una delle tante varietà della Calopteryx splendens. 20.* - 1826. LanFOSSI P. —- Saggio di storia naturale dei contorni di Mantova. Giornale di fisica, chimica e storia naturale di CONFIGLIACCHI e BRUGNATELLI Dec. II, t. IX, Pavia, 1826. PI Molte sono le specie di insetti menzionati in questo lavoro; le Libellule ricordate sono dieci e fra queste la L. rubicunda specie assai rara in Italia. Molti agrionidi, sono dal Lanfossi, indi- cate come varietà della specie A. virgo e puella. 21,.* - 1888. G. Von MARTENS. — Reise nach. Venedig. Ulm. 1838. In questo lavoro si trova il prospetto sistematico degli animali terrestri e marini del Veneto, nel quale sono segnate undici specie di Libellulidi. 22.* - 1840 SeLvs LonecHamps E. —- Monographie des Libellu- lidées d’ Europe, Paris 1840. In questo classico lavoro, il numero delle specie citate come esistenti in Italia è di 33. Oltre al riportare le indicazioni del Van der Linden, Carpentier e Rossi l'A. enumera anche le specie da lui raccolte in un viaggio in Italia o viste in vari musei italiani. 23.* - 1840. ToussAINt DE CHARPENTIER. — Libellulinae eu- ropeae descriptae ac depictae, Lipsia, 1840. - Importantissimo lavoro, nel quale spesso sono citate specie italiane, però è da lamentare che in generale le indicazioni di abitat siano poco chiàre; per lo più si trova, Italia, Italia supe- riore ecc. Le molte tavole colorate che accompagnano il testo ac- crescono il pregio di questa opera. - 24.* - 1840. HAGEN H. A. — Synonymia Libellularum europacarum, Regimonti Prussorum, 1840. Lavoro sinonimico importante, perchè primo per questo gruppo di insetti, quantunque vi si trovino indicazioni non esatte. Le specie italiane menzionate sono quattro. 25.* - 1840. GHILIANI V. — Catalogus insectorum Siciliae. Atti dell Accademia Gioenia di Scienze naturali dil i Catania, t. XVIII, Catania, 1840. È il primo lavoro di una certa importanza nel quale si tro- vino enumerate specie di Libellulidi della Sicilia, il numero di queste sale a 21. 26.*- 1841 SELYS LooecHamPs E. — Nouvelles Libellulidées d’ Eu- rope. Revue zoologique de GUERIN MENEVILLE, 1841, Paris. — 55 — Vi sono descritte otto specie nuove italiane, una però, più tardi, fu dallo stesso Selys riconosciuta come mostruosità della L. striolata. 27.* - 1842. SeLys LonecHamPs E. — Enumeration des Libel= lulidées d’ Italie. Atti della III riunione degli Scienziati italiani in Firenze nel 1841. Fi- renze 1842. Con questo elenco il numero delle specie, italiane di Libel- lulidi viene portato a 63, parecchie sono date come nuove o per la prima volta trovate in Italia. Nell’ elenco trovasi menzionato il Platyenemis acutipennis trovato a Pisa, ma poi questa specie non figura più nei lavori posteriori dello stesso autore. 28.* - 1842. RamBur M. P. — Mistoire naturelle des insectes Neuroptères. Suitesà Burron DI RORET, Paris 1842. L'autore descrive in questo lavoro tutte le specie, fino allora conosciute, di Neurotteri. Molte trovate in Italia figurano come nuove, ma poi passarono in sinonimia perchè già descritte spe- cialmente da Selys e Charpentier: solo la Libellula sardoa vera- mente era nuova. 29.* - 1843. SeLys LonecHAaMPs E. — Note sus quelques Libel- lules d’ Europe. Annal Soc. Entom. Franc. 2" Sér. t. I, Paris 1843. Viene per la prima volta descritto il maschio della Lindenia tetrapylla raccolto da Pecchioli a Pisa. 30.* - 1844. G. von MaRTENS. — Italien. Stuttgart, 1844, Nel secondo volume, ove, fra l’ altro, tratta degli insetti, indica dodici specie di libellule che si trovano nelle pianure d’Italia. È 31.* - 1846. CHINDIENI S. — LL’ Anapo, il Ciane, ed il Papiro. È Giornale del Gabinetto di Lettura dell’ Accademia 9 Gioenia, t. IX, p. 26, Catania, 1846. L'A. dice di aver trovato la Libellula (Calopteryx ) virgo sui margini dell’ Anapo. 32.* - 1847. — Venezia e le sue lagune, Venezia, 1847. La parte riguardante l’entomologia fu compilata dal Conta- rini il quale enumera nove specie di libellule, ea le it aio 33.4 - 1848. SeLys E. — Liste des Libellules d'Europe et diagnose de quatre espèces nouvelles. Revue zoologique de Guèrin, Paris, 1848. Sono indicate anche delle libellule d’Italia e fra queste due nuove, secondo l’autore, e cioè Libellula cyenos e L. ramburii : la prima però fu riconosciuta una varietà della L. brunnea. 34.* - 1850. SeLys E. ET HAGEN H. — Revue des Odonates ou o Libellules d’ Europe, Bruxelles et Paris, 1850. Questo importante lavoro del sommo naturalista belga rappre- senta una delle opere migliori in fatto di Pseudoneuroteri; in esso sono menzionate 63 specie italiane. La parte riguardante la distri- buzione geografica è largamente trattata. 35.* - 1851. SeLys LonecHAMPS E. — Resumè géographique sur les Libellules de l° Italie continentale et insulare. Memorie della R. Accad. delle Scienze di To- rino. Ser. II, Vol. XI, p. LXIV-LXVIII, Torino, 1851. Benchè pubblicato nel 1851 questo riassunto era stato già dal- l'A. presentato all’ Accademia nell’ adunanza del 17 dicembre 1848, corrisponde al capitolo sulla distribuzione geografica dei Libellulidi contenuto nel lavoro precedente. 36. - 1854. SeLys E. et HAGEN H. — Monographie del Calopté- rygines. Bruxelles, 1854. Come specie che si ritrovano anche in Italia sono menzionate la Calopteryx virgo, (race septentrionale) e la C. haemorrhoidalis. | 37.* - 1856. BRAUER F. — Verzeichniss der in Kaiserthume Oes- terreich angefundenen Odonaten und Perliden. Verhandl. zool. botan. Verein.. Wien, B. VI, pa- gina 229-234, Wien, 1856. È un semplice elenco coll’indicazione delle località e della epoca in cui furono trovate le specie. Tre sono indicate come esi- stenti in Italia. i 38. - 1857. SeLys E. et HAGHEN H. Monographie des Gomphines. Bruxelles, 1854. Esteso lavoro monografico nel quale sono menzionate alcune specie ritrovate in località italiane. i 39.* - 1858. Minà-PaLuMBO F. — Escursione entomologica nelle Madonie. La Polingenesi, T. I, p. 112. Palermo, 1858. Sette sono le specie di Libellulidi citati in questo lavoro. 40.* - 1860. SeLys LonccHamPs E. — Catalogue des Odonates de la Sicilie. Annales Soc. Entom. Franc. 3.9 Sér., t. VIII, p. 741-745. Paris, 1860. Il numero delle specie citato in questo catalogo sale a 37, cioè cinque in più di quelle conosciute per lo innanzi. 41.4 - 1860. Erra E. — Odonatologiae brixiensis Prodromus. Atti soc. It. Sc. Nat. T. II, p. 983-109. Milano, 1860. Buon lavoro per le osservazioni e note critiche che accompa- gnano la diagnosi di ogni specie, che sale al numero di 28.. 42.* - 1861. TAccHETTI A. — Su alcune libellule del Bresciano. Atti Soc. It. Sc. nat. T. III, Milano, 1861. L’A. enumera 36 specie di libellule bresciane; otto di più di quelle indicate dall’ Erra. 43. - 1862. SeLys E. — Synopsis des agrionines. Seconde légion, Lestes, Bruxelles, 1862. A pag. 12 viene indicata la specie, Lestes macrostigma, come propria della Sardegna e Sicilia. 44. - 1862. CostA A. -—- Nuovi studii sulla entomologia della Calabria ulteriore, Atti, R. Acc. Sc. Fis. e Nat. Napoli, Vol. I, N. 2, Napoli, 1862. 14 specie di Libellulidi figurano in questo catatogo; alcune sono indicate per la prima volta fra quelle dell’Italia meridionale, 45.4 - 1863. — Cremona e la sua provincia, Cremona 1863. L’autore del capitolo che riguarda la fauna e flora è sco- nosciuto; enumera sette specie di Libellule con la nomenclatura linneana. 46.* - 1863. MayER - DiiRR. — Betrachtungen auf einer entomo- logischen Reise wihrend des Sommers 1868 durch das Seegebit von Tessin nach dem Oberengadin, Mittheil, d. Schweiz, Entom. Gesells, B. I, 1863, SABINE É il resoconto delle caccie entomologiche fatte nel Canton Li- cino e nell’Engadina. Molti sono gli insetti enumerati; ma sol- tanto quattro specie di Libellulidi furono catturati nel territorio italiano (al lago di Muzzano), e cioè: Libellula quadrimaculata; Cordulia aenea, Agrion elegans, Agrion minium. 47. 1863 - MEYER - DiiRR. — Zusammenstellung des auf meiner Reise durch Tessin und Oberengadin (1863) beo- bachteten und eingesammelten Neuropteren, Mitth. d. Schweiz, entomol. Gesellsch. B. I, p. 219, 1863. Sono 15 le libellule ricordate, la maggior parte prese nel territorio italiano. i 48. - 1863. SeLys- LonccHnames. E. — Synopsis des agrionines, Quatrième légion: Platycnemis, Bruxelles 1863. A pag. 21 è descritto il Platyenemis pennipes; fra le varietà ‘ne è indicata una della toscana, raccolta da Pecchioli. 49.# - 1864. SeLys LonecHamps E. — Catalogue des Neuropteres Odonates de la Corse, Annal. Soc. Entom. Franc. IVe Sér. T. IV, p. 35, Paris, 1864. Sono enumerati 24 specie di Odonati della Corsica. L°A. di- mostra che la specie da lui creata, in altro lavoro, ( Libellula cycnos) non è che la L. brunnea lievemente modificata. 50.* - 1865. BagcatTA F. — La provincia di Verona: quadro 7 geografico - naturalistico - statistico- ammnistrativo, Volume I, Verona, 1865. In questo volume, riguardo a gli insetti, 1’ A. riporta le indi- cazioni date dal Pollini nel lavoro: Viaggio al lago di Garda ed al Monte Baldo (N.° 12). 51,4 - 1865. Disconzi F. — Entomologia Vicentina, ossia cata- logo sistematico degli insetti della provincia di Vicenza, Padova 1865. È una semplice enumerazione di specie raccolte dall’ autore specialmente nei dintorni di Vicenza. Per qualcuna vi sono indi- cazioni intorno al tempo ed al luogo di loro presa. Il numero delle specie ricordate è di 33 delle quali due sono proposte come nuove, però i caratteri specifici sono di così piccola importanza che non si può con certezza dire se si debbono o no conservare queste due specie. ENIT fr 92.* - 1867. GHILIANI V. — Sull''Anax ephippigerus ( Burm), in Gazzetta di Torino, Ottobre 1867 numeri 272, 277, 280, Torino 1867. Annuncia l’invasione nel Piemonte di una quantità enorme di Cyrthosoma ephippigerus provenienti probabilmente dall’ Africa. 53.* - 1869. GHILIANI V. — Acclimatazione spontanea. Bull. Soc. entom. Ital., Anno I, p. 200 Firenze, 1869. Ricordata l'invasione del Cyrthosoma ephippigerus, annun- ciata nel 1867 (vedi lavoro precedente ), dice come questa specie si è acclimatata nel Piemonte. 54.* - 1869. AussEeRER C. — Neurotteri T'irolesi, Parte I, Pseu- do-neurotteri. Annuario della Società dei Natu- ralisti di Modena, Anno IV, p. 71-156 con due tavole, Modena 1869. È il primo lavoro di importanza che tratti dei Pseudoneu- rotteri di una parte d’Italia; specialmente riguarda il Tirolo austriaco, il Tirolo meridionale ,il Trentino, parte della Lombardia e del Veneto. Buona è la chiave dicotomica per la determinazione dei generi e delle specie, ricavata dai lavori di Selys. Le specie ricordate sono 63. Nelle tavole sono disegnati i vari tipi di ali e le appendici adominali. 55.* - 1871. MinA-PaLomBo F. — Newurotteri della Sicilia. Bi- blioteca del Naturulista Siciliano. Entomologia, fasc. IX, Palermo, 1871. Il numero delle specie di Libellulidi menzionato dall'A, ed in gran parte da lui raccolte in varie località della Sicilia, sale a 44. 56.* - 1873. SPAGNOLINI A. — Comunicazione preventiva sopra i Neurotteri ( Odonati) del Modenese. Bull. Soc. entom. It., anno V, Firenze, 1873. È l'elenco di 20 specie di Libellulidi raccolte nel Modenese e conservate nel museo di Zoologia della R.* Università di Modena. Per ogni specie vi sono indicazioni sul luogo e sul tempo in cui furono trovate. 57.# - 1873. TAccHETTI A. — Di alcuni Neurotteri dei dintorni della città di Padova. Bull. Soc. Entom. It., anno V, Firenze, 1877. TATO Trentadue sono le specie che il Tacchetti trovò nei dintorni di Padova. Per ognuna indica le località ed il tempo d’ apparizione. 58.# - 1874. GHiLianI V. — Notizie di escursioni e caccie ento- molugiche. Bull. Soc. Etomol. It., anno VI, Fi- renze 1874. L'A. cita alcune specie di Libellule raccolte a Sangano nei dintorni di Susa nell'agosto e settembre del 1874, fra tutte è importante l’ Anax parthenope. 59.# - 1874. SPAGNOLINI A. -—— Notizie sopra i Neurotteri (Odo- nati) del Modenese, nelle Contribuzioni dalla co- noscenza della fauna entomologica d’ Italia. Bull. Soc. Entom. It., anno VI, Firenze 1874. Il numero delle specie ricordate in questa memoria è di 28; otto di più di quelle menzionate nell’anno precedente. Per ogni specie vi sono indicazioni sull’epoca di apparizione e sulla fre- quenza nella regione. 60.* - 1874. SPAGNOLINI A. — Notizie sopra î Neurotteri ( Odo-. nati) del Livornese, nelle C'ontribuzioni alla co- noscenza della fuuna entomologica d° Italia. Bull. soc. entom. ital., anno VI, Firenze 1874. Il numero delle specie ricordato è di 17 tutte raccolte dal- l’autore nei dintorni di Livorno. Questo è il primo contributo della regione. 61.* - 1874. SPAGNOLINI A. — Sulle specie di Neurotteri ( Odo- nati) Modenesi esistenti nel Museo Zoologico della Regia Università di Modena. Ann. Soc. dei Nat. di Modena, Serie II, anno VIII, Modena 1874. Oltre alle specie indicate nei lavori precedenti ve ne sono menzionate altre nuove per il Modenese, raccolte specialmente dal- lA. dal Prof. Carruccio e Dott. Ragazzi. Così il numero delle specie Modenesi viene portato a 31. 62.* - 1875. RAGUSA E. — Gita entomologica all’isola di Pantellaria. Bull. soc. entom. Ital., anno VII, Firenze 1875. In una nota, a pag. 248, l’A. dice di avere raccolte al Lago Bagno le due specie D. Fonscolombii e L. cancellata che ivi erano abbondantissime. SLA 63,* - 1876. BRAUER F. — Die Neuropteren Europas und insbe- sondere Oesterreichs, mit Riicksicht auf ihre geo- graphische Verbreitung. Festschv. g. Feier des Funfundzwanzigjihrigen Bestehens d. K. K. zool. botan. Gesellsch, in Wien, 1876. L’A. enumera sistematicamente i Neurotteri d’ Europa, indica la loro distribuzione geografica, e spesso ricorda l’Italia e le sue isole. i 64. - 1876. SeLys LonecHamPs E, — Synopsîis des agrionines, V.me legion, Agrion, Bruxelles, 1876. In questo bel lavoro sono date le diagnosi degli Agrionidi di tutti i paesi del mondo con indicazioni riguardo al loro habitat. dodici specie sono menzionate come esistenti in Italia..L’ A., esclude l’agrion hastulatum dalle specie italiane. 65.* - 1877. Det A. — Una varietà della Libellula depressa. — 2.2 Ulteriori dilucidazioni sulla varietà di Libellula presa al Monte Amiata. Note nel giornale îl <« Pos- sidente », anno VIII, p. 17 e 41, Siena, 1877. Nella prima nota è descritta una femmina di Libellula depressa che l'A. crede di potere considerare come specie distinta dalla pre- cedente. Nella seconda nota l'A. riconosce che quella che aveva descritta come specie, non è che una varietà già conosciuta da gli autori. 66.* - 1877. STEFANELLI P. — Sui Libellulidi ( Odonati) dei din- torni di Firenze. Bull. d. Soc. Entom. It., anno IX, Firenze, 1877. È una comunicazione preventiva, colla quale l’autore annuncia di aver studiati i Libellulidi dei dintorni di Firenze e di aver raccolte 25 specie, che si riserva di indicare più tardi. 67.* - 1877. Ragazzi V. — Sul agrion mercuriale. Bull. d. Soc. Entom. Ital., anno IX, Resoconti d. Adunanze, Firenze, 1877. Il dottor Ragazzi, comunica d’aver raccolto, sulle rive del Panaro (a Sant. Anna) nel Modenese, alcuni esemplari di A. mer- curiale, specie non ancora citata fra le italiane. Dimostra, con appositi disegni, la variabilità delle macchie bronzine del dorso e del 2.° anello addominale. È da deplorarrsì che i disegni presen- LO Ugg tati alla società dall'A. non siano stati riprodotti negli atti perchè, sarebbero riusciti di grande interesse scientifico. 68.* - 1878. PirorTA R. — Libellulidi dei dintorni di Pavia. Atti, Soc. Ital. d. Sc. Nat. d. Milano, vol. XXI, Milano, 1878. L'autore di questa nota dopo aver esposta la bibliografia dei Libellulidi di Lombardia, dà l enumerazione di quelli da lui e dal dottor Maestri trovati nei dintorni di Pavia, arricchendo 1’ elenco delle indicazioni riguardanti la distribuzione geografica di queste specie in Italia. Con questo lavoro viene confermata l’esistenza nella penisola del Cyrthosoma ephippigerus, viene assegnata una stazione di pianura all’ abitat della Diplax pedemontana e si ag- giunge una nuova specie alla fauna italiana, cioè l’ Oxygastra Curtisii. Il numero delle specie enumerate è di 37, 69.* - 1878. SpaGNOLINI A. — Sull' Aeschna affinis, Bull. d. Soc. Eniom. Ital., anno X. Resoconti d. adunanze, Firenze, 1873. L'A. parla della cattura da lui fatta nei dintorni di Livorno di numerosi individui di questa specie. DA particolari sui suoi costumi, sulla colorazione e sui caratteri distintivi della specie. 70.* - 1879. PirotTA kR. — Sugli Ortotteri e Miriopodi del Vare- sotto. Atti d. Soc. Ital. d. Sc. Nat., vol. XXI, Milano, 1879. IRSA L'A. enumera 21 specie di Libellulidi raccolte nel territorio varesino dal prof. P. Pavesi, indicando per ciascuna la località in cui fu trovata e facendo qualche osservazione sulle varietà pre- sentate da alcune specie. 71.* - 1879. PiroTTA R. — Libellulidi italiani. Annali del Museo Civico di Stor. Nat. di Genova, vol. XIV, giu- gno, 1879, Genova. Questo è il più importante lavoro che si sia sino ad ora pub- blicato intorno ai Libellulidi d’Italia, ad esso non si può a meno di attingere quando si voglia occupare di questi insetti. Nella prima parte vi è la bibiografia, la quale (come ho già indicato nella prefazione di questa mia memoria) comprende 66 voci: per ogni lavoro citato vi sono importanti indicazioni riguardo al con- tenuto. SR La seconda parte comprende la distribuzione geografica degli Odonati italiani, qui vi sono elenchi delle specie italiane comuni con quelle proprie del Nord, cioè Svezia, Lapponi e Siberia, e - quelle comuni con le meridionali, cioè Algeria ed Asia minore. La parte più importante del lavoro è costituita dall’ elenco sistematico e sinonimico, ove sono ricordate 85 specie, e per ognuna di esse vi sono ampie indicazioni riguardo, l’ estensione geografica, le località italiane in cui si riscontrano, l'epoca della comparsa ed alle varietà principali delle singole specie. 72.8 - 1879. PAGLIA E. — Saggio di storia naturale sul territorio Mantovano, Mantova, 1879. Fra gli insetti, sono menzionate nove specie di libellule rac- colte al lago di Mantova. 73. - 1881. Bonizzi P. — Primo catalogo delle collezioni dei prodotti naturali della provincia di Modena ece., Modena, 1881. Il prof. Banizzi elenca ciò che esisteva nelle collezioni di storia naturale dell’ Istituto Tecnico di Modena, così non è a farsi meraviglia se il numero dei Libellulidi menzionato in questo lavoro è solo di dodici mentre già lo Spagnolini aveva indicati nei suoi lavori un numero molto più grande di specie. È merito però non piccolo dell’ A. quello di avere per primo pensato di compilareun catalogo dei prodotti naturali della provincia di Modena. È male che non siano indicate le località ove i singoli esemplari furonotrovati. 74. - 1882. CAVANNA G. — Al Volture ed al Pollino- Narrazione del viaggio fatto nel 1880. Bull. Soc. Entom. It., anno XIV, Firenze, 1882, pag. 1 a 29. A pag. 10 di questa relazione vi sono indicate 5 specie di Libellulidi raccolti ai laghi di Monticchio. ‘75. .- 1882. SterANELLI P. & A’ Volture ed al Pollino-Libellu- lidae. Bull. Soc. Entom. It., anno XIV, p. 54, Firenze, 1882. Alla parte narrativa del viaggio (vedi n. precedente) compi- lata dal prof. Cavanna fa seguito l'elenco degli insetti raccolt in diverse località, vari sono gli autori che hanno studiati i sin- goli gruppi: per ciò che riguarda i Libellulidi sono indicate 5 specie studiate dal prof. Stefanelli. (TELO 76. - 1882. STEFANELLI P. — Osservazioni sui costumi e sullo sviluppo dell’ Aeschna cyanea, Bull. Soc. Entom. Ital., anno XVI, pagg. 236 a 238, Firenze, 1882. In questo lavoro l’autore spiega come il numero delle 9 sia apparentemente minore di quello dei g' perchè queste vengono di- vorate facilmente da altri animali. 77. - 1882. Costa A. — Geofauna Sarda. Memoria I. Atti d. Acc. d. Scienze di Napoli, vol. IX, Napoli, 1882. Otto sono le specie di Libellulidi registrati nell’elenco degli : insetti sardi, per ognuno vi sono indicazioni riguardanti le loca- lità ove si trovano e la loro frequenza. 78. - 1882. TARGIONI-TOZZETTI. — Ortotteri agrari. Annali di Agricoltura. Atti del Ministero di Ag. Ind. e Com., Firenze - Roma 1882. : A p. 89 è indicato l’ Anax mediterraneus come frequente in Italia. 79. - 1882. Costa A. — Relazione di un viaggio nelle Calabrie per ricerche zoologiche fatto nella state del 1876. Atti Acc. d. sc. di Napoli, Vol. IX, N.° 6, Na- poli 1882. Quattro sono le specie di Libellulidi menzionati in questo lavoro. 80. - 1883. RostER D. A. — Caccia di Libellule, in Rivista scientiflca industriale. di Gi. Vimercati, anno XV, Firenze 1883. l Sono elencate 21 specie di libellule per la massima parte prese in una vasca, presso la fortezza, a Firenze. 81. - 1883. RosTtER D. A. — Osservazione biologica sull’Agrion Lindenii. Rivista scientifico-industriale e giornale del Naturalista di. G. Vimercati, anno XV, 15 febbraio 18383, N. 3, p. 59, Firenze. Spiega il maggior numero dei maschi di questa specie, col fatto che le femmine tuffandosi nell’acqua per deporre le uova facilmente restano preda di altri animali. 82. - 1883. Costa A. — Geofauna Sarda. Memoria 2.* Atti d. Acc. d. Scienze Napoli, Serie II, Vol. I, Napoli 1883. Ve A ita i N LL nin ù E nam , } i ì CIN EVE STILATA IRA e ana ha erat dali eri iertaliied den im ari at vpi cà i sai x ( > ù ag dda rt het 33 3 t-, 3 x» “ si ARI È aa; nn nni iaia eno vinz ditte Sono indicati 19 libellulidi della Sardegna, alcuni di questi fisuravano già nell'elenco pubblicato nell’anno precedente. È de- scritto come nuova specie un Gomphus (G. excelsus), l'A. afferma che le appendici addominali sono diverse da quelle di tutti gli altri Gomphus, specialmente su questo carattere fonda la nuova specie. 83. - 1884. Costa A. — Diagnosi di nuovi artropodi trovati in Sardegna. Boll: d. Soc. Entom. It., anno XV, pag. 332 a 341; Firenze 1884. A pag, 333 è data la diagnosi del G. excelsus già descritto, come specie nuova, nel lavoro precedente. 84.* - 1884. BertToNI E. — Prodromi della fauna Bresciana, Brescia 1884 (1). 85. - 1884. Costa A. — Geofauna sarda, Memoria 3.* Atti d. R. Acc. d. Scien. di Napoli, Serie II, Vol. I, Napoli 1884. Il numero delle specie di Libellule menzionate è 14, per ognuna vi è l'indicazione del luogo di cattura. 86. - 1885. DE CARLINI A. — Artropodi dell’ isola di S. Pietro. Boll. d. Soc. Entom. It., anno XVII, p. 192-196, Firenze 1885. Fra gli artropodi dell’isola di S. Pietro o Carloforte l’ A rac- colse una sola libellula che riconobbe essere una Diplax meridio- nalis 9. 87. - 1885. Riccio G. — Materiali per una fauna entomologica dell’isola d’ Ustica. Il naturalista Siciliano, gior- nale di scienze naturali, anno IV, 1884-85, Pa- lermo 1885. A pag. 56 sono ricordati tre libellulidi, 88. - 1885. Costa A. — Geofauna sarda. Memoria IV, Atti d. Acc. d. Se. di Napoli, Serie II, Vol. II, Napoli 1885. (1) Non posso dare indicazioni sul contenuto di questo lavoro per- chè non mi è stato possibile consultarlo. Tr, RSI L'A. indica 14 libellule trovate durante le nuove escur- sioni fatte nell'isola; dà indicazioni delle località ove le singole specie si trovano. 89.* - 1886. RostER D. — Cenno monografico degli odonati del gruppo Ischnura, p. 138 a 158, tre tavole colo- rate. Boll. Soc. Entom. It., anno XVIII, Firenze 1886. la L'autore descrive alcune varietà da lui riscontrate in fem- mine di agrion del gruppo Ischnura e specialmente nell’A. elegans. 90. - 1886. Costa A. — Geofauna sarda. Mem. VI. Atti d. Acc. d. Sc. di Napoli, Serie II, Vol. II° N. 8, : Napoli 1886. Poche sono le libellule menzionate in questo lavoro, quasi tutte già ricordate nelle memorie precedenti. 91. - 1888. RostER D. A. — Contributo allo studio delle forme larvali degli odonati. Boll. Soc. Entom., It. anno XX, pag. 159, Firenze 1888. 92. - 1888. TAccONI C. — Le libellule del Friuli. Boll. dell’ As- sociazione Agraria Friulana, Serie IV, Vol, V, Udine 1888. Sono enumerate 31 specie, raccolte in varie località del Friuli, per ognuna vi è un cenno dei caratteri che servono al ricono- scimento della specie. ‘93. - 1889. De CARLINI A. — Artropodi di Valtellina. Bull. Soc. Entom. It., anno XXI, pag. 9 a 19, Firenze 1889. A pag. 16. ai numeri 152-155 sono indicati quattro Libellu- lidi raccolti a Molbengo e Sondrio. 94. - 1889. RiecIo C. — Materiali per una fauna entomologica dell’isola d’ Ustica. 2.° contribuzione. Il natura- lista siciliano, anno VIII, N.° 5; 1.° febbraio 1889, Palermo. Scopo dell'autore era quello di raccogliere insetti, ma non del gruppo dei pseudoneurotteri, così solo incidentalmente cita due specie di Libellulidi. e: dei vinti dal tri n i dn i iii A ie tieniti n dà a e; à PO Cee : DI 5 ni " y ù è he VI set de ci 4 ae ; ? 3 o; si. è 3 , i. è ale a secc iii Cigna. 95.* - 1890. SENNA A. — Escursione zoolegica a due laghi Friulani. Boll. d. Soc. Eniom. Ital., anno XXII, p. 93, Firenze 1890. Nel lago di Cavazzo l’autore ha trovato qurdliiro libellule ed in quello di S. Daniele sette. 96. - 1891. Bezzi MARIO. — Aggiunte alla fauna entomologica della provincia di Pavia. Boll. Soc. Entom. It., anno XXIII, p. 120, Firenze 1891. A p. 28, in nota, è indicata la Diplax pedemontana trovata, abbondante al Sicomario sull’argine lungo il Gravellone, dal Sig. Carabelli. 97.* - 1891. MassoLonco O. — Prospeito ragionato degli insetti della Provincia di Verona. Mem. d. Ace. di Verona. Vol. 67, Verona 1891. Le specie di Libellulidi menzionate in questo lavoro è di ventiquattro, per alcune vi è l'indicazione della località ove fu- rono trovate. 98.* - 1891. SpapA LEONELLO. — Entomologia Osimiana. Osimo 1891. Otto sono le libellule raccolte dal Dottor Spada nel territorio di Osimo, per ognuna è data l’ indicazione del luogo e data di cattura. 99. - 1892. De CARLINI A. — Artropodi di Val Vigezzo. Boll. p. Soc. Entom. It., anno XXIII, p. 83, Firenze 1892. Quattro SE specie di libellulidi sono ricordate in questo lavoro. 100.* - 1892. BenTIvogLIO T. — Contribuzione allo studio dei Pseudoneurotteri del Modenese. Atti d. Soc. d. Nat. d. Modena, Serie III, Vol. XI. anno XXVI, p. 122, Modena 1892. Otto specie e varietà di libellulidi sono menzionati in questa nota, di queste sette sono nuove per il Modenese. Per ciascuna specie è indicato il luogo di cattura. 101, - 1892-93. Spapa L. — Contributo all’entomologia marchi- giana. Gli ortotteri del Territorio di Osimo. Il naturalista siciliano, anno XII, N.° 1-2, Palermo 1892-93. ur aaiRRuere Sono ricordate le stesse specie già indicate nel lavoro men- zionato al N.° 90. 102.# - 1893. GARBINI A. — Primi materiali per una monografia limnologica del lago di Garda. Mem. d. Acc. di Verona, Vol, 69, Verona 1893. Vi si trova l'elenco di undici specie di Libellulidi, dall’ A. ritrovate allo stato di larva. 103.* - 1894. GARBINI A. — Primi materiali per una monografia timnologica del lago di Garda. Bull. Soc. Entom. It., anno XXVI, Firenze, 1894. È lo stesso elenco indicato nel lavoro precedente. i 104. - 1894, TAccONI G. — La fauna del Canal del Ferro — in: Guida del Canal del Ferro. Società alpina Friu- lana, Udine 1894. j A pag. 84 è menzionata la Libellula vulgata (Diglox) e 1’ Ae- schna maculatissima. 105.* - 1894. BenTIvoGLIO T. — Note sui pseudoneurotteri, Atti d. Soc. d. Nat. di Modena, serie III, vol. XIII, anno XXVIII, p. 20, Modena, 1894. Nella prima di queste note è annunciata la cattura della L. fla- vomaculata, che per la prima volta viene trovata nel modenese. Nella seconda nota è dato l’elenco di tre Libellulidi raccolti dal dottor Benzi Armando ad Olmeneta (Cremona) e che non figu- ravano ancora fra le specie esistenti in quella provincia. 106.* - 1894. BENTIVOGLIO A. E T. — Libellulidi dei dintorni di Tortona, Atti d. Soc. d. Nat. d. Modena, serie III, vol. XIII, anno XXVIII, p. 101, Modena, 1894. — Il territorio di Tortona non era stato esplorato per ciò che riguarda i Libellulidi, dal primo degli autori di questa memoria furono catturate undici specie che qui vengono classificate con in- dicazioni dei luoghi ed epoca di cattura. 107.# - 1895. GARBINI A. — Distribuzione e intensità della fauna Atesina, Mem. d. Acc. d. Verona, vol. 75 Ve- rona, 1895. Diecisette specie sono menzionate in questo lavoro. T ta di re n a rm PRI agi 108.#* - 1895. GARBINI A. — Appunti per una limnobiotica ita- liana, Bull. Soc. Entom. It., anno XXVII, Fi- renze, 1895. Il numero delle specie di Libellulidi del Veronese è por- tato a 31. 109.* - 1895. BenTIvoGLIO T. — Libellulidi dei dintorni di Mor- tara, Atti, Soc. Nat. di Modena, serie III, vol. XIII, anno XXVIII, Modena, 1895. Diecinove specie, raccolte dall’ autore, sono menzionate in questo lavoro, per ogni specie vi è indicata l'epoca ed il luogo di cattura, la distribuzione geografica e le località italiane ove furono trovate. 110.* - 1896. LAZZARINI A. — Catalogo di Ortotieri e Neurotteri del Friuli, in Pastorizia del Veneto, n.i 20-21- 22-23, Udine, 1896. Le indicazioni riguardanti i Libellulidi si trovano a p. 166 e 167; 51 sono le specie indicate, una fra.esse è dall'autore in- dicata come nuova (Agrion Taconii), ma lo stesso Lazzarini mette in dubbio la bontà della diagnosi 111, - 1897. GARBINI A. — Libellulidi del Veronese e delle pro- vincie limitrofe, Bull. Soc. Entom. It., anno XXIX, Firenze, 1897. Lavoro pregievolissimo condotto con concetto scientifico buono; comprende tutto ciò che si conosce sui libellulidi della provincia di Verona. Molte sono le indicazioni riguardanti la distribuzione geografica e le abitudini di questi insetti. Nell'ultima parte vi è la chiave analitica dei generi italiani. Per le ricerche del prof. Garbini il numero delle specie indicate per la provincia di Verona sale a 55. 112. - 1897. GRIFFINI A. — Imenotteri, Neurotteri, Pseudoneu- rotteri, Ortotteri e Rincoti Italiani, Manuali Hoepli, Milano, 1897. Dal titolo si potrebbe credere che tutte le specie conosciute come esistenti in Italia per ogni gruppo, fossero menzionate. Tra- lasciando gli altri gruppi, osserviamo per ciò che riguarda i Libel- lulidi che delle 85 specie già menzionate dal prof. Pirotta molte sono tralasciate dall’ autore, il quale dà indicazioni di 47 specie, per molte di queste usa la nomenclatura vecchia. SRI 113. - 1897. BeNnTIVOGLIO T. — Osservazioni intorno alla varietà della specie Platycnemis pennipes, Atti d. Soc. d. Nat. di Modena, serie III, vol XV, anno XXX, Modena, 1897. Dall'esame di molti individui del genere ver penni- pes l’autore ‘è venuto nella conclusione che le due varietà lactea e bilineata non si debbano conservare, perchè rappresentano un caso spiccato di dimorfismo di stagione, così la varietà lactea rappre- senta lo stadio giovanile e la varietà bilineata l’ adulto. 114. - 1897. BentIvoGLIO T. — Libellulidi dei dintorni di Ri-. mini, Atti Soc. Nat. di Modena, serie III, vol. XIV, anno XXIX, Modena, 1897. Questa nota rappresenta il primo contributo alla conoscenza dei Libellulidi di Rimini; il numero delle specie raccolte dall'autore è di undici, per ognuna è indicata l’esatta località di cattura. 115. — 1898. CecconI Giacomo. — Contributo alla fauna Val- lombrosiana, Bull. Soc. Entom. It., anno XXIX, p. 145, Firenze, 1898. A pag. 161 sono elencati cinque Libellulidi raccolti dall’ au tore. Con indicazioni su la loro frequenza nella regione. 116. - 1899. BenTtIvoeLIO T. — Libellulidi del Modenese, Atti d. Soc. Nat. e Mat. di Modena, serie IV, vol. I, anno XXXII, Modena, 1899. Quarantaquattro specie vengono elencate in questo lavoro che rappresenta il riassunto di tutto ciò che è stato scritto da i vari autori riguardo ai Libellulidi della provincia di Modena. 117. - 1900. BenTIVogLIO T. — Contribuzione allo studio dei pseudoneurotteri della Toscana, Libellulidi di Massa Carrara, Atti Soc. Nat. e Mat. di Modena, serie IV, vol. II, anno XXXIII, Modena, 1900. L’autore dà le indicazioni riguardo al luogo e tempo di cat- tura di 17 specie da lui prese nella provincia di Massa-Carrara. Il lavoro è accompagnato da una tavola di raffronto fra le specie Massesi e quelle delle altre provincie della toscana. atei NEREO. Sui it rire bedimi 4 bia iii E ROS RTAS II e Manila crt sli A ‘e DER 118. - 1900. BenTIVoGLIO T. —. Ulteriori osservazioni intorno } alla varietà della specie Platycnemis pennipes, Atti Soc. Nat. e Mat. di Modena, serie IV, vol. II, anno XXXIII, Modena, 1900, Nella memoria pubblicata negli atti della Società dei Natura- listi di Modena nel 1897 (vedi n.° 105) l’autore aveva dimostrato, dall'esame delle macchie e colorazione dell’ adome, che le due varietà della specie Platycnemis pennipes non si dovevano con- servare. In questa memoria viene riconfermata la stessa opinione dopo che l’autore ha potuto mantenere in schiavitù per dieci giorni ‘due individui aventi i caratteri corrispondenti a quelli della varietà lactea; in detto tempo il colore dell’adome dal bianco giallognolo era passato all’azzurrognolo, ed i punti che prima si trovavano in ogni segmento erano sostituiti da due linee nere cioè dai ca- ratteri della var. lactea gli individui erano passati a quelli della var. Cilimeata. 119. - 1902. BenTIvoGLIO T. — Sul valore sistematico delle va- rietà della specie Platycnemis pennipes, (Sunto) Rendiconto della terza assemblea ordinaria e del Convegno dell’ Unione Zoologica Italiana in Roma, 31 ottobre, 3 novembre 1902, in Monitore Zoolo- 1 gico, anno XIII; (Supplemento), dicembre 1902. L'autore, basandosi sopra nuove osservazioni, insiste nella affermazione che non debbono conservarsi le due varietà della specie Platycnemis pennipes. 120. - 1905. BenTIvoGLIO T. — Libellulidi dell’ Italia meridio- nale esistenti nel Museo Zoologico della R. Uni- versità di Napoli, Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli. Nuova serie, vol. I, Napoli, 1905. Incaricato, dal prof. Monticelli, a riordinare i Libellulidi della collezione entomologica dell’Italia meridionale esistente nel Museo Zoologico della R. Università di Napoli, l’autore ha trovato-39 specie delle quali solo diecinove erano già citate come esistenti nella regione, dà l’indicazione delle località ove furono catturati (sulla fede delle indivazioni scritte su i cartellini, per la massima parte di pugno del prof. Costa). In ‘una tabella che accompagna la me- moria è indicata l'epoca nella quale le varie specie furono per la prima volta indicate come esistenti nell’ Italia meridionale. — 70—- 121. - 1905. BENTI.OGLIO T. — Libellulidi della Sardegna esi- stenti nel Museo Zoologico della R. Università di Napoli, Annuario del Museo Zoologico della R. Uni- versità di Napoli. Nuova .serie, vol. I. N. 35, Napoli, 1905. Delle 24 specie esistenti nella collezione studiata tre e cioè: Trithemis rubrinervis, Aeschna grandis e Onycogomphus Genei, vengono per la prima volta menzionate fra le specie sarde, 122. - 1905 BeNTIVOGLIO T. — Contribuzione allo studio dei Pseudoneurotteri del Mantovano. Libellulidi di Gazoldo degli Ippoliti e C'anicossa. Atti Soc. Nat. e Mat. di Modena, Serie IV, Vol. VII, Modena 1905. Nello studiare una collezione di Libellule raccolte dal Signor Crema l’autore riscontra 25 specie delle quali solo tre erano già state trovate in altro luogo della provincia. Dopo questo lavoro il numero delle specie Mantovane è portato a 31. La nota è ac- compagnata da una tabella comparativa dei Libellulidi del Man- tovano con quelli delle provincie limitrofe. 123. - 1905. BenTtIvoGLIO T. — Libellulidi di Reggio - Emilia. Atti Soc. Nat. e Mat. di Mod., Serie IV, Vol. VII, Modena 1905. i Nella provincia di Reggio Emilia vengono segnalati 16 libel- lulidi catturati in vari punti del piano e monte; nella nota vi sono molte indicazioni delle località esplorate. 124. - 1906. BentIvoGLIO T. — Libdellulidi della provincia di Lucca, Atti Soc. Nat. e Mat. di Modena, Serie IV, Vol. VIII, Modena 1906. i Ventidue specie raccolte, dall’ autore, in vari punti della pro- vincia di Lucca vengono elencate con indicazioni del tempo e luogo di cattura. 125. - 1907. BentIVoGLIO T. — Distribuzione geografica dei Libellulidi d' Italia. Atti Soc. Nat. e Mat. di Mo- dena, Serie IV, Vol. IX, Modena 1907. In questo lavoro sono menzionate tutte le specie ritrovate fino ad ora nel territorio geograficamente italiano. Per ognuna è dato l'elenco dei luoghi di cattura. iiniliiacii bd AATETTE PRIANO TI ee tie 1790. 1826. 1826. 1338. 1865. 1879. 1379. 1891. 1895. 1397. 1905. 1907. 1766. 1865. 1879. 1907. 1840. 1840. SINONIMIA Gen. Leucorhinia Brittg. 1. Leucorhinia rubicunda L. Libellula: rubicunda: = Rossi. .0:.. 10, > » anos a 51320. » » - Risso ale cat Rea Ta 19, » » Selartenss sir edi » » MPUSCONZI n » » = Paglia SI ORACLE AO 72, Leucorhinii » sabicoftàa ot ea ne, Libellula > - Massalongo. . . . 97; » » = Garbini . 0 . Gul 108, Diplax » - > Tic aa Sa OE Leucorhinia >» =‘ Bentivoglio... 0.122, » a Bentivoglio Lu 21425; 2. Leucorhinia albifrons Burm. Libellula triedra PC CATOnIE ita ia 3, » DITO = DISCONZIOA A Leucorhinia » iroko se LITI, > > - Bentivoglio . . . 125, Gen. Diplax Charp. 3. Diplax striolata Charp. Libellula striolata - Charperitier . . .’ 23, » sicula Sallatent Di Sao RR . 194 09 . 433 78 39 a 1841. Libellula macrocefula - Selys . . ... . 26, p. 244 1812. > vulgata = Rambla 09 1850. » striolata - Sea ia edo pr 1851. » » i e a, ES DI 1860. » ’ REA 1360. ta SEL + Era t uM a 1864. » » SClya. ha 0 ene Apa di 1869. » s i Ausserer: 8054 pe 0 1871. » » s Min al O AAA Ap # 1373. > » “sTacchetti, a Spe 8 1874. » » = Ghiliani op: 500 pat da 1874. DI » ; - Spagnolini Sì t) È » 59, p 33 1874. c » - » n'e 000 nno 1874. d » = Li atti dat tte 61, p. 6 1878. Diplax » - «Dirotta: Gu irotlottoe sea 1879. » 2 = » earn 70, P 9 1879. è » - d a) Cer atea e pie 11, P 433 1882. Libellula PRENOTARE 03 RI O o 1883. Diplax » ira Roster 80; 1886. Libellula » SRO RE SERIA Si 1892. Diplux > =i:De Carlini: >» prov 599) pessoa 1894. > > - Bentivoglio . . . 109, p. 200 1897. Jubellula » SAGEM Rope zo 1897. Diplax a -#Garbini. aut Ape 1898. > » =Ceccomi i: ca DD pr 1899. » » : ‘Bentivoglio... 34116) pe d3: 1905. » È) _ » Vis 20: p. 2 1905. € » - » n; meal 121, p. 2 1905. » » _ » NERO E 122, P. 66 1906. » » - » 5 c î 124, P. 85 1907. » » = » Pe 125, p. 23 4. Diplax vulgata L. 1774. Libellulu vulgata =‘ Ginanni.. . . . .° 4 p. 416 1780. » > SAU IA 6,5 Deal 1818. > » SSA AAT 13, p. 188 1826. » » =ilbanfossicg fu at tir 207 2205 1338. » > - Martena ia ai piedi 1840 » ALe = Ghiltani: Ri E vip 1847. » ». - Venezia e Laguna. . 32, p. 173 cilla e iti i a rete ei ai cia inn Re rin pi ida n 1850. Libellula vulgata - Selys . 1858. » » - Minà . 1863. » » - Cremona e prov.. 1865. > > - Disconzi 1869. » > - Ausserez 1871. » » - Minà . 1873. » > - Spagnolini . 1873. » » - Tachetti . 1878 Diplax » - Pirotta 1879. » » - » 1879. Libellula > - Paglia 1879. Diplux > - Pirotta 1882. Libellula » - Costa . 1883. » » bia 1885. » » - Riggio 1888. » Roeselii - Tacconi 1888. » vulgata - » 3 1891. Diplax » - Massolongo . 1892. Libellula > - De Carlini . 1895. Diplax » - Garbini . 1896. Libellula » - Lazzarini 1897. » > = Griffini 1399. Diplax » - Bentivoglio . 1905. » > zi Va 1905. » » z » 1905. » » E, 5 1906. » > = 3 1907. » » z > 5. Diplax meridionalis Selys. 1841. Libellula meridionalis - Selys . 1842. » hibrida - Rambur . 1850. » meridionalis - Selys 1851. » » _ » 1860. » » - » 1864. » » - » ; 1869. » » - Ausserer ISTI. « » - Minà . 1874. x » - Spagnolini . 1879. Diplax «. - Pirotta pn (3 IVES 34, 39, 45, 51, 54, 55, 56, 57, 68, 70, Te TÀ: TI 82, 87, 90, 91, 97, 99, 103, 110, 112, 108, 120, 121, 122, 124, 125, 26, 28, 94, 35, 40, 49, 54, 55, 60, 84, p. 45 p. 112 p. 124 p. 109 p. 108 p. 14 prio p 4 P 3 p. 10 p. 410 p. 494 p. 52 p.o Di p. 56 po laz poacla p. 353 p.i: 90 piso p. 166 p. 264 pi 44 p- 2 pane p. 67 p. 85 p. 24 p. 244 past l00 ‘p. 39 p. LXIV p. 742 p. 36 pi 107 p. 18 pei89 p. 435 BEI 1883. Libellula meridionalis - Costa. . ... . . 82, 1885. Diplax » = Robert. BO: 1885. >» > = Der Carlini Ap a 8b, 1892. Libellula » - Bentivoglio. . . . 100, 1897. Diplax » = ariani A a e 1899%6.0 » - Bentivoglio. . . . 116, 1900. » » - » STR di Ve SALE 1905: » - » NERISE DE MIRI 1905. » i i » - » SIE 8 IRA 1905. » » - : ER 1907.» » - » SERI RATA 6. Diplax Fonscolombii $Selys. 1840. Libellula Fonscolombii - Selys. . . . . . 22, 1842. » > = Rambur is g028; 1850. d » - Selys Rino, Rod elite E 34, 1851. » » - » MER RR 1860. » » =UBelysto o 0 40; 1860. dato » citare i IL ee 1864. » » AE PTT MR SL 1869. » > = Ausserer i? e e: 1871. » D) csM nare Vee ao 55, 1873. » » - Spagnolini.. . . . 56, 1874. » » -—“Ghidiamit + 2 1874. > » —#Spaguolini 08059, 1874. » » - » ia) 1874. » ». - » LS 1875. » D) Ci Ragusa RIA 62, 1876. Diplax » = DIARI po RO, I873502.05 D =#Pinottasi sno Tee 57608) 1879. > » - » I re 10 1579. » » SUDO, RR ae e (I 1881. Libellula » = Bozza e 1883. Diplax air. cet ROstenti Ceca ed) 1883. Libellula » = Costi LELE 1884. Diplax » =Bettoni i WANTS RO, 1885. Libellula » cARiomosi nate 1888. » » Sacconi ione) 1896. » » siLazzarimni;* te AMO; TAO: Ato 189%. Diplax Fonscolombii: - Garbini . . . ... 111, p. 8 1899. » » - Bentivoglio. . . . 116, p. 44 1900. » » - » DE gi 1905. » » - » OO NR 121, Pe 2 1907. » » - > Faroe. pa 2 7. Diplax flaveola L. Wi79-93. Libellula fiaveola:**-—'Giorna. .. -.. ......:5, p. 1 1780. » » MRurtat aristata 0, pro46 1790. 3 » Arsia, Op 0% 1826. » » - Risso RIME: 19; p. 219 1826. » » Salatosni; ti ta 20, pr 203 1838. » » SiiMaetensi o een pato 1840. » » RS RR pro 1847. ) » - Venezia e Laguna . 32, p. 173 1850. » È) - Selys. al de RO pela 34, p. 35 1863. » > ._ — Cremona e prov. . 45, p. 124 1865. > > MsconzE ce oe 09 1869. » » = Ausserer: nt 4 po 107 1873. > » is Magchetti 03 pork 1873. » » - Spagnolini.. . ... 59, p. 2 1874. » » - » PIRA LO paetso 1874. 3 tr = » pnt, 600) poso 1878. Diptax > = Piotta A 0 pra ind, ù Bs SRI RA ROR | CIES i) 1891. » » - Massolongo. . . . 97, pp. 353 1891. Libellula >» SFOPIR io perdo 1892-93. » » cai » TRA Cao oO 101, p. 44 1895. Diplax » = Bentivostio: i... 109, p. 200 1395. » » = Garinei 087 parte 1896. » » Siazzarini uo RO ope 06 1896. » » - Bentivoglio . . . 114, p. 146 1897. » » ="tGarpimi e p. 74758 1897. Libellula » = Grftialto: a Ces 112;) 4 pi200 1899. Diplax » - Bentivoglio . . . 116, p. 45 1905. » » - » e ente 120, p. 2 1905. » > È » si AZZ po 6 1907. » » - » sia o PRIZE — 76 — 8. Diplax scotica Don. 1825. Libellula veronensis - Carpentier .. . . 18, p. 48 1840. » nigra - » e ERO 1840. » scotica ely di 226 pedoni 1850. » »d = » TRI RO RC Ao 34, P. 48 1851. » » RIE: AN RN) 1861. » a Raf hettigos 0 SAR, ee 1865. » veronensis ‘= Disconzi o 0. (BIN pai09 + TBGOr: “a scotica siGAUSSserer Lo (DA, po 06 1876. Diplax » «a Briaguer i IZ 1879. » » ipsrearottasi3-- 9 ap Vele p. 438 1897. Libellula >». tito 0112 ped 26008 1897. Diplax » - Gabi p. 9 1907. » > - Bentivoglio. <... 125, p..1725 9. Diplax sanguinea Miill. 1766. Libellulu sqnguigears= Alioni 0 cut. 3, p..l9£ 1709-95. 5 » nati 5; ptt 1840. » Roeselii voSelys oi ste RIP 1840. » » 2 Ghiliant 001 29,08 pote 1850. vr sanguinga "(> Selyalt. «o, du 194,50 piega 1851. » » i » EVE ot I tO 35, p. LXIV 1860. » > — atrata ao ea passa 1869. È »_ iris A sseret; 1.0 tV pr 08 1871. » » = Mini 55, P. 13 1873. » » = Spagnolini.;. vu. 56, 00fpeioi 1873. » > + Pacchetti 010 2 e DIR 1874, » » >éGhimiani 0 , _ 5580 po 1874. » » - iSpagmolini: >. 6100 piso 1876. Diplax » =*Baguer®.0L.0/y= 63) RSI 1878. » » e TT e ca) Di 4 1879. » » i Gi » O IO ORI 70, . P. 10 1879. SIP. DE - » am VO ee Sela 11, pi 438 1883. » » t/a Rosteri: dee e 80 pe 1885. Libellula > «Riolo nia 0 0 1891. Diplax » - Massolongo . . . 97, p. 358 1895. » » =“ Garbin i. 108 1896. » c - Bentivoglio. 5 .3%:116, 0 pela ni e. det A inc ini ia ict aL Se) Agra 1897. Diplax sanguinea Fi Garbinb® prat 1899. Diplux ». 1900, 1905. 1905. 1905. » 1897. Libellula » agata TA 411425 = Bentivoglio... 116, » ch > Re CITE » ce » nia 20 » = » E RIN Ie edi > = >» Lr RIT ta » 2 » PA SIERO 1907. 10. Diplax depressiuscula, Selys. 1825. Libellula flaveola var. - Van Der Linden . 17, 1840. > Roeselii FASE I Oa 1841. » depressiusegla ends en 1842. » Genei Ra 28, 1850. » depressiuscula- Selys . +... . 394, ES5I; » » EVE ATENEA SLI £ 1860...» » STRANA RATIO 1860. » DI "a Selys E RO e le 40, 1864. » » a » . Deco . . 49, 1869. » » SL AUWSSCROR Ser 1871. » » - Minà ef” Ta Men] ge ®p 55, (B11975: » » SM Racehetti » SG lai 9a DS, 1876. Diplax » = prati e e; 1878. » » = CRIPotta” Er 06: 1879. » » sn DI . . . . . 70, 1879. » » - » RAI MEET, 1883. Libellula > Sosta SI 0 1894. DEUDI,. - >» - Bentivoglio . . . 106, 1897. » » CRT FILI0]) A PON i 11 00 1897. Diplax » snearbioicie ii SU 1905. » » -. ‘+ Bentivoglio... ‘121, 1907. » » - » PRATI 125, 1l. Diplax pedemontana All. 1766. Libellula pedemontana - Allioni 3, 1779-93. » » - Giorna 5, 1781. » » - Fabricius 7, F793. » - Fabricius 11 n p.. 10 p. 266 p. 40 p.- -90 p. 2 pi; 0% pESLStSO pi-125 p. 15 p. 47 p. 245 p. 103 p.itoo piitely p. 102 p. 742 p.. 39 p. 109 pose 2 porti p:- 96 p. 297 parc pi e6t0 p. 439 p. 54 p. 101 p. 265 p.. 10 Di 2 p-- ‘129 p. 194 p. 63 p. 522 p. 378 1816. Libellula pedemontana - Pollini . . ..- 12, pp. 1825. > » «Carpentieri. Us ti RA B e 1840. » » - » . . . 23, |» 1840. » » = Selys ai n nre 22, D. 1842. » » chambre eee ABI: 1850. » » = Selys SEE 34, p- 1851. » » = dò RS e ALA RR 1860. » » i Faeohettibt ar AR 1869. » » = AMESerem e e 1876. Diplax » La Beaune Sla Le 1t188,00 iù 1878. » » = SPicotfazi ali I. 1879. » » PIER TI RD 1889. » » =DeCarlint * ba 1891. » » Bezzi a | da i DO e 1891. » > - Massolongo . . . 97, pp. 1892. S » = DetCanlinisaso eh 99, P 1895. » < = Garbimi 0, SeT0Brie 1397. Diplax » Garbin tepe 1397. Libellula » Lai I 1907. Diplax » - Bentivoglio . . . 125, p. Gen. Lepthemis Hag. 12. Lepthemis Trinacria Selys. 1841. Libellula Trinacria = Selys on aa, pe 1842. » Bremii Rambo ea ZO 1842. > clathrata - » a Oo © 1850. > Mrinacria:-=» Mal SR RO 40, P 1871. » » Miniere e 55, P. 1876. Lepthemis » BAUER i o BI E 1879. » » = SEirotta nei ago pa 1907. » » - Bentivoglio . . . 125, p. Gen. Libellula L. 13. Libellula depressa L. 1763. Libellula depressa - Vandelli. . . . 2 ITA. a SIE ETTI L10 VARONE MT 4A, Upi È 1779-93. Libellula depressa 1780. 1790. 1792. 1826. 1826. 1838. 1840. 1847. 1850. 1851. 1858. 1860. 1860. 1862. 1863. 1864. 1865. 1869. TASTI: 1773. 1873. 1874. 1874.. 1877. 1878. 1879. 1879. 1881. 1882. 1833. 1883, 1888. 1891. 1891. 1892-93. 1894. 1895. 1796. 1897. 1897. — 79 - Giorna Tuurras. Rossptot, Petagna . Risso . Lanfossi . Martens . Selys . DER Venezia e Laguna Selys . » ‘ Minà . Erra Selys . Costa . Cremona e prov. . Selys . Disconzi . Ausserer . Minà . Tacchetti . Spagnolini » Der Pirotta DI Paglia. Bonizzi Costa . » A) Roster . Tacconi Spada . Massalongo . Spada . Bentivoglio . Garbini Lazzarini Garbini x Gritti; i 1898. Libellula depressa 1899. » 1900. » 1905. . » 1905. » 1905. » 1806. > 1907. » 1796. Libell. 1779-93. » 1840. » 1840. » 1850. » 1850. » 1851. PÒ) 1860. » 1862. » 1865. » 1869. », IStd=Mazo 1873, o 1878. » 1879. » 1888. > 1891. > 1894. » 1895. < 1896. » 1897. s 1897. » 1905. > 1905. > 1907. Do 14. Libellula fulva Mill: » conspurcata » » Ffulva » » conspurcata Jah fulva conspurcata fulva » » conspurcata fulva 03 "> 3 FA Cecconi Bentivoglio . friedrichsdalensis - Allioni Giorna Sely Ghiliani . Hagen. Selys . Selys . Selys. Costa... Disconzi . Ausserer. Minà . Tacchetti. Piratta Tacconi . . Massalongo . Bentivoglio . Garbini . Lazzarini Garbini . Griffini Bentivoglio . » » 97 109, 108, IO, III, II2, 120, 122, 125, 15. Libellula quadrimaculata L. 1766. Libellula quadrifasciata - Allioni 1779-93. » quadrimaculata - Giorna 3, Ò, p. 161 p. 46 praS84 D 3 p.. 68 p.. 80 p..' 85 p: 120. p. 194 Ti, (990 p.- 39 p. 42 p.le piste p. LXIV p. 341 p. 64 p. 109 p. 104 piro pi b) ID Di p. 443 p 11 p. 442 p. 201 P 4 p. 166 pi nta p. 260 p. 3 p. 68 pi 26 p. 194 p.. 63 o ina 1780. Libell. quadrimaculata - Turra. . . . . Grandi si 1787. » » =Cyrillusto tac Gil TPIOCARA fi 1825. » ’ ferruginata Nan der Linden; 17,» (p.3/9 $ li826... » quadrimaculata- Risso. ... ... 19,. p. 219 È 1838. > » = Martone e 21 pon v 1840. » > ROSIE AA i RIZZA SE Po : 1847. » DOSE, - Venezia e Laguna 32, p. 187 5 i960).- > » RSI PERA OR) RSA 1851. » » ISEE Ra Senape DELV ; 1858. » « sa o e 39, p. 112 È 1863. » » - Cremona e prov. 45, p. 124 È 1863. » » - Meyer-Dùr . . . 46, p. 139 ; 17015 ARES i; PA SIA ATE psp i 1865. > > BADIA IVA E NA RARE GA) PS IRRg DAI) È 1869. » > - Ausserer. . . . 54, p. 104 MISTI". > ) Mn A OI pia Ì 1873. » » artRaechettiat on ano a pago È 1878. » » = Spagholini*., (98 690 po 6 à 1878. » » =sPirottarb 5 piana 68, p. 6 ist. > ° I OOO a È 1881. » » La Bonizzl zi Vasa, Dai pos OS v 1888. » » SMVACCONITE O IZ YA È 112/30 PART EEE » SEDE ari IE, pih È 1896. > » =ubazzarini 0.000 110,%-p. 166 Miss... i ALT ; Miggi , ; “n o pico F, 1899. > » - Bentivoglio. . . 116, p. 46 Mr 1905 > » = » PRE RO A È 1905. » » - » DIS EZIATE Pa O 3 1907. 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Libellula » ui Racconti 90 1888. >» © olympia - > e e 1388. > opalina - » SOR A92 PR 1891. » coerulescens - Massalongo . . . 97, p. 353 1895. Libella » = Garbo 0 108, pre 1896. » - Bentivoglio. . . 114, p. 147 1896. Libellula » =Lazzarini: .0-.0 1 110).6-‘p(2606 1896. » olympia - > Solta VI, pEr 1896. » opalina - » sufitai i IO pa 1897. Libella coerulescens - Garbini . . . . 111, p. 14 1897. Libellula > — Griffin e RE 1899. Libella » - Bentivoglio. . . 116, p. 47 1900. Libellula » — » O TP to 1905. Libella » - » pet WAPPVALE, 120, p- 3 1905. » » - » anta 121, P- 3 1905. D) b -_ « SARI 124, p. 68 19005 » - > fred 12; pa 17. Libella brunea, Fons. 1848. Libellula cycnos = Delys au ei pe ‘0 1850. » brunnea SEZ SCR ASP 1850. » cycnos ARAN SE RIE O re o 1851. » brunnea E sus è VA | Lia Bentiwvoglio i. 4120; LIO » = 4 Soiano ra] 2.4 1907. Si e - » ae 6g (7/1) | 21. Libella cancellata, L. 1766. Libellula frumenti Alioni: edo 3, 1789-93» » GIONI e Si 1826. « cancellata issg vene Ro 1840. » » sSelyspo estati al; 1850. DI G - >| erre 34, 1851. » » Suo TIMO, Aol 1860. d. » = » ae ie 40, 1860. »i » ARIA UA 1865. ». » vite Disconzi a 1869. » » S'LAUSBErera 0 soho PO98 1871. » » SaMina: i eh 1873. » » — Paechettoc e 1875. » » Wa asa as ita 1876. » » — Brauer .. Da 63, 1878. Libella » SPINOTTO) 68, TSO! » d - DIN SA TA0 1883. Libellula » Roster. erano so; 1883. » » - Costa LIRE STI REI 1891. » » - Massalongo . . . 97, 1895. Libella » ZL" Ganbii si 108: 1896: Libellula » — “Lazzari ino. 0. 1897. Libella » GARDA ee SA i ì. 1897. 1900. 1905. 1905. 1905. 1896. 1907. 1848. 1850. 1851. 1860. 1869. 1874. 1876. 1878. 1879. 1881. 1883. 1884. 1897. 1899. 1905. 1907. 1841. 1842. 1850. 1851. 1860. 1871. 1876. 1879. 1897. 1905. 1907. ag 7; GE Libellula cancellata - Griffini Libella > - Bentivoglio . » » ma » » » - » » » » » > » - » » >» = » 22. Libella albistyla, Selys. » » Libella » » Libellula » Libella 112, 117, 120, 121, 122, 124, 126, Libellula albistyla - Selys . 33, » SETE 34, » niet dD; » - Erra 40, » - Ausserer. 54, » - Spagnolini . 61, » - Braner 63, » - Pirotta 68, » Fonni Vaia Ta » - Bonizzi 73; » = SMOSter ee 80, > - Bentivoglio . 109, » - Garbini . 111, ‘> - Bentivoglio . 116, « = » Mk22; y “i » OE Gen. Trithemis, Brau. . 23. Trithemis rubrinervis $elys. Libellula rubrinervis - Selys . » » Trithemis » Libellula Trithemis » haematina - Rambur.. rubrinervis - Selys . » au » - » » - » » - Brauer » - Pirotta » - Gippini. . » - Bentivoglio . » - » 26. 28, 34, 39, 40, 99, 63; DI 112, 121, 125, p. 262 piipo p. 3 p- 3 pi a9 p. 85 p. 28 DI pia L6 pio p. LXIV pai 101 p. 105 p- 6 PESSZI p. 7 p. 448 pr 198 parstligk p. 201 pirlo ASTI polis Pirito p. 245 p. 84 p. 26 p. LXIV p. 742 per 2 p. 298 p. 449 p. 263 p. 3 p. 28 elit 24. Trithemis nigra, Vander. 1825. Libellula nigra - Van der Linden . 17, p. 16 1840.» » SNST I RN 1842. » » i = Rambur att 20 1850. » » - Selys-Hgen. . . 34, p. 65 1851. » » # Sly CO Sp 1876. Trithemis > SIBA REI 0 1879.e » » ="“Pirotta 38. wo Zito AAA 1905. » » - Bentivoglio. . . ‘120, p. 4 1907. » » - » RT CARI PES Gen. Crocothemis, Brau. 29. Crocothemis erythraea, Brull. 1825. Libellula ferruginea - Van'der Linden . 17, p. 18 1840, » » =SSelye/ A cosce Lo PI 1840.» coccinea = iCarpentieri 0a 260) p.le 1840. » iferruginea. orde, 1873. » » Figi AGCRET Ip 4 1874. Libeilulu . » = Spagnolimi\ x... ‘99, peaa i 1874. » » - » VOR gie 60, P. 39 1874. » » - » A o . 61, p.- 5 1876. Crocothemis » = BIAUen.ga aio RARI 1878. > » 2 Piotta tape e 68,0% Pei 1879. » » Tag » a Met gore Fe 70, P. db 1879. » ) » - DI . Pant 71 , P 450 1881. Libellula » Bonizza got o OR Pa ia MTA RE, CENTO GRA pi nica ve? LE 37% 87 — 1882. Crocothemis erythraeae - Cavanna . 1882. 1882. Libellula ferruginea 1883. » » 1888. Libellula 1891. 1891. 1891. d » » rubiconda » 1892. Crocothemis eryiraea - 1892-93 » 1894. Libellula 1896. Crothemis erythraea 1896. L:bellula ferroginea 1897. Crocothemis erythraea 1897. 1899. 1800. 1905. 1905. 1905. 1906. 1907. » ferruginea Crocothemis % » » » Stefanelli Costa . Roster Tacconi Spada . Massalongo , » . De Carlini . Spada . Bentivoglio . » Lazzarini Garbini Griffini Bentivoglio . Gen. Cordulia, Leach. 26. Cordulia aenea, L. 1763. Libellula acnea 1779-93. » 1826. 1838. 1847. » » » » 1850. Cordulia» » 1863. Libellula 1863. 1863. 1865. 1869. 1874. 1874. 1875. Cordulia Vandelli . Giorna Lanfossi . Martens . Venezia e lag. Selys.. Cremona e prov. Mayer Dùr. P Disconzi . Ausserer. Spagnolini . Pi » 74, 75, Di, 80, 92, 98, 97, 97, 99, 101, 106, 114, 110, TL 112, 116, 117, 120, 121° 122, 124, 125, 1878. 1879. 1879. 1891. 1895. 1897. 1897. 1899. 100Dr- 1907. 1865. 1907. 1825. 1850. 1869. 1879. 1893. 1895. 1897. 1907. 1825. 1840. 1850. 1851. 1860. 1865. 1865. 1869. 1873. 1873. 1874. lg >(0) Cordulta aenea - Pirotta » » - » » » - Paglia » « - Massalongo » » - Garbini . » » ann » » - Griffini » » - Bentivoglio . » » - SNA » » i - » 108, 111, 112, 116, 122, 125, 27. Cordulia vicentina, Dics. Cordulia vicentina - Disconzi . » » - Bentivoglio . Gen. Epitheca, Charp. 41, 125, 28. Epitheca bimaculata, Charp. Libellula bimaculata — Charpentier 17, Epitheca » - Selys . 34, » » - Ausserer. 54, » » - Pirotta 71, Cordulia » ‘- Garbini . 102, » » co » 108, Epitheca » e Mes i 108, » c - Bentivoglio. 125, 29. Epitheca metallica, Vander. Libellula metallica - Van der Linden . 17, Cordulia > - Selys . 22. » » - Selys . 34, » » — » 35, > » - Erra ° 41, » » - Meyer-Dur . 47, » > - Disconzi 51. » » - Ausserer. . , 54, c » - Spagnolini 56, » » - Tacchetti. 57, » > - - Spagnolini . 99, RS: OSS Epithecu metallica sbranato 0 pa t890 » » MO ire 08 pe PS > » pe » ai SOLI pa . Cordulia » = Massalone0 + 089) ‘più 398 . Epitheca » - Bentivoglio . . . 106, p. 202 Ca . Cordulia » ROTTE 100; p- 5 È 1896. Epitheca >» E Puzzarini o oi Og | pi 166 | AE » rie MI pe 18 La 1897.» » Lidia A 105 po 1267 wo 1899. » » - Bentivoglio . . . 116, p. 48 LE 1905. » » iù » NI i 22 p: 69 È 1905.» » RS sue MR o BI e 1907. » b) - » 3 c È 125, P 30 a 30. Epitheca arctica, Zett. 3 1869. Cordulia artica =" Ausserer. po LEL È 1879. Ephiteca » = BRICOLII: e RI p. 452 È. 1597. » » AED aa pie hO w REEOO7. cp > — ‘Bentivoglio... .. .. 125; pi 30 31. Epitheca alpestris, Selys. È; 1840. Cordulia alpestris SO ZI Pe È. 1869. > » DARMISEPFOr Can si 54 podi i 1879. Epitheca > Piro nai AI È 1907. > a - Bentivoglio. . . 125, p. 30 5; 32. Epitheca flavomaculata, Vander. 3 1779-93. Libellula cecilia suora ino 2 DA p.t9a cd 1825. » fiavomaculata - Van der Linden . 17, p. 19 1850. » » SSR ie SR pa LI 1851. C'ordulia » RARI gi pr LE 1860. Libellula » Abitare a MI pe L0E 1869. » » =“Amaserer.o: wo. 054,0 po D10 1873. » > =isbaccletti ae St prod 1876. Epitheca > NdT e e a So pord99 1878. » » = Riotta vio o BB P 8 1379. » » = ha ea tg Se pon 1891. 1894. 1895. 1896. 1897. 13897. 1899. 1905.. 1907. 1878. 1879. 1907. 1823. 1825. 1840. 1840. 1840. 1350. 1851. 1860. 1863. 1865. 1869.. arl. 1873... 1874. 1874. 1878. 1878. 1879. 1879. ! — 90. Fin: Cordulia > - Bentivoglio . . . 100, » » - » SR Ioni | 11:19) Epitheca » = Garbini: cara 08ì Cordulia. >» - Lazzarini. .. . . 110, Epitheca] » BRE PT TITIt1) MRRSGICO RAC (III > sin ati i O a a » » - Bentivoglio . . . 116, » » sito SMR 20 » ESE - ai VAR i A ZII Gen. Orygastra, Selys. 33. Oxygastra Curtisii, Dale. Cordulia Curtisii = PINOLI e 68, Oxygastra » =» A AR ESITA » » - Bentivoglio. . . 125, Gen. Anax, Leach. 34. Anax formosus, Vander. Aeschna formosa —‘’—- Van der Linden . 16, » » - » n 17, Anax > —SElyS IA Ze Aeschna azurea “= Charpentier.; 4.28; Anax formosus = Ghillani: 00 ala 5 » Do Selys ROLE II PARTA RE AID » » = » STA OE 35; E » » - » LI MEMI SIINO to 40, si » - Meyer-Dirr, . . 47, » 2w2 -NIDISCONZI n e » » S'AMISSERENI e E) » - Mina... .) VAI 55, » > Racchette, > » - Spagnolini . . . 60, » » - Spagnolini . . . 61, » » vii I » » - Spagnolini . . . 69, > este Riotta » » - » RA e SCO A 71, Dda rslu to sa RDS SE | 1883, | 1883. | 1897. AE CIAD A | deg ea 1882. Anax formosus - Cavanna. 1882. » » . — Stefanelli 1882. >» Tee - Costa . » » - » Anas » - Roster. 1888. » > - Tacconi . 1889. Anax » - Riggio TSg9daino» » - Massalongo . 18935 “> » - Garbini 1895. > » - » IDA: > - » î 1895. >» » - Bentivoglio. 1896. > » C » 1896. » formosa ‘- Lazzarini 1897. Aeschna > - Griffini . 1897. Anax formosus - » i » » - Garbini . Radi999..- o » - Bentivoglio . 905. 5 > È 5 4905. » » a): 1905. + » Z » SRO: » » - » Di A 1906. » » - » 1907.» » z 5 35. Anax parthenope, Selys. 1840. Anax parthenope - Selys . 1850. >» » : E Ripa: 1851.» LAO Sara PA 1869, > » - Ausserer . MIABTA > - Spaguolini . 1874. >» > - Ghiliani . 1876. >» » - Brauer 1878. >» > - Pirotta Saf o. RE, = Aeon 1879. » 3 — » d9SL in - Bonizzi 1883. >» » - Roster 1883. » duff - Costa . 1896.» partenope - Lazzarini 74, 79, DI; 82, 80, 92, 93. 97, 102, 107, 108, 109, 114, 110, 112, 112, 111, 116, 120, 121, 122, 123, 124, 125, 22, 34, 39, 53, 61, 62, 63, 68, 70, Til 73, 80, 82, 110, Sepe PPS 0I Pa i O ‘4 — 92 RR 1897. Anax parthenope EER e | 1899. » » - Bentivoglio CA. (AMI 1905. » » Te » VSS BO 1905. » » - » Re (1) 1907. Di » \- » DR ZRA E 125, Gen. Cyrthosoma, Selys. 36. Cyrthosoma ephippigerus, Burm. i i é 1867. Anax ephippigerus Guanto Ra 1869. DI DI pun, DI . . . . 53, -1869. » mediterraneus - Ausserer. . . . 54, 1874. » ephippigerus - Ghiliami . . . . 58, 1876. Cyrthosoma > Brawernsts, ar a 1878. 3 tato Li Praggiaicoi ria sarniagi 1879. » » - 0» CSR GI RATA 1883. » Do Si ROSEELO Ue RI 80, 1885. Anax mediterranea - Riggio. . . . . 87, 1897. Cyrthos. ephippigerus - Garbini . . . . 111 1897. Aeschna ephippigera - Griffini . . . . 112, 1897. Anax mediterraneus - » RR) 1907. Cyrthos. ephippigerus - Bentivoglio . . . 125, Gen. Brachythron, Evans. . 37. Brachytheron pratense, Muller. 1779-93, Libellula pratensis - Giorna 5 5, 1823. Aeschna vernalis - Van der Linden. 16, 1825. » > - c (O 1940-90, > A e Nn] 1850. » pratensis = 0» if VA 1851. » » =» MR O 1a) 1865. « vernalis = Disconzii..: 9048 1869. » partensis - Ausserer . .*. 54, 1873. > > -Spagnolini >. 40456; 1873. » » =>Tagclietti lac: W 487, 1874. sReri i ‘ce Spagno]ini: 099; er. ; D, ; Ls MOT = Ma Me riscatta aloe at ignore 1876. Brachytheron pratensis - Brauer 1879. . Aeschna » 1881 1888. 1894. 1897. . Brachytheron pratense 1897 < » » 1899. 1905. 1907. 1786 1825 » » vernalis pratensis »d Gen. Aeschna, Fabr. 38. Aeschna cyanea, Mill. . Libellula grandis . Aeschna maculatissima 1840. 1850. 1851. 1860. 1864. 1865. 1869. 1874. 1874. 1874. 1878. 1879. 1879. 1882. 1888. 1859. 1891. 1894. 1S0D= 1896. 1897. 1897. 1898. Lo » cyanea 2. » » maculatissima cyanea » maculatissima d d cyanea maculatissima » cyanea - Pirotta . - Bonizzi - Tacconi - Bentivoglio - Griffini . - Garbini - Bentivoglio L > —, » - Petagna - Van der Linden - Selys -_ d - » - Erra. - Selys - Disconzi - Ausserer . - Spagnolini = » - » - Pirotta . - » "= » . - Stefanelli . - Tacconi. - Costa. - Massalongo - Bentivoglio - Garbini . - Lazzarini - Garbini . - Bentivoglio - Cecconi . 63, 71, 73, 92, 106, 112, 111, 116, 123, 125, TE 11, 106, 108, 110, 111, 114, 115, mp pippi plot dosso o pos toopte use vp 36 456 98 13 102 98 22 50 SI 31 rai ci ie BE RIT 1899. Aeschna cyanea - Bentivoglio. . . 116, 1900. > gite”) - » pone (A 1905. » » SLA » SIRIO RAT) 120, 1906. » DION - » RA RE EI 1907. » » - » n; n . 125, 39. Aeschna juncea, L. 1779-93. Libellula juncea - Giorna. . . . . Di pied 1850. Aeschna » = MSely6 LAc ra e So ee 1869. » » A ssenet i OLE eine pri 1879. » » I PITPIEA ST o re ii I 1388 » = Tacconi: ze i 2 1896. » O = Dazzaraio pate O po 1897 » » Grifone Zip 1907. » » n _ P- i Bentivoglio . ded SIRZIO 40. Aeschna borealis, Zett. 1850. Aeschna borealis -Selys oi e 1860. » » - Tacchetti ... . 42, 1869. 3 SES SA UESETER i E, 1873. » » i Miagi 1873. 25 » - Spagnolini . . . 56, 1873. » » WWaechett: ciro 6, — 1823. Aeshna affinis — 1825. Aeschna 1840. MOZZO. 1840. 1850. 1851. 1860. 1860. | 1869. BASI. 1873. 1874. 2A LS76." 1878. 1879. MINISS8," | 1896. 1897: 1897. 1899. 1907. di BR RT SRL - Spagnolini -_ » - >» - » - Pirotta - » - Tacconi - Lazzarini . 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Aeschna irene > Selys- 00000006086; 1864. >» » e RILL Sat ISAME = p: 1876. Amphiaeschna irene - Brauer . . . . 63; pi 209008 1879. » » ="Pitotta o Siero; 71, P 463 1883. Aeschna » “Catani e an A pt 1905. Amplaiaeschna » = Bentivoglio. —.. ‘121; cp. ads 1907. » » - » Me PARI I. Gen. Onychogomphus, Selys. 48. Onychogomphus uncatus, Charp. 1840. Aeschna uncata —-Carpentier:....-. 29; * paekas 1850, Gomphus uncatus = Selys in gap 1856. » » -*Brauern dh ue pi 1860. » » -. ‘Facchetti... 0.042; 00 p. 896 1869. » » <= Ausserer 00 DA) pare 1876. Onychogomphus uncatus - Brauer . . . . 63, p. 299 1879. < » — Pipotta roth Te P. 463 1895. Gomphus » ='Garbini. ©," 108), pe 1897. Onychogomphus » - > ei A pe 1907. » » - Bentivoglio —. <. 125) possi 49 Onychogomphus forcipatus, L. 1780. Libellula forcipata: - Tura 0. 05006, pon 1790. Aeschna » = Rossi siate pe 1879-93. Libellula » = Giona Lar 5, p. 43 1818. » » = Scinà aa VO DUET OLO 13, p. 118 1823. Aeschna unguiculata - Van der Linden . 16, p. 164 1823. Libellula forcipata = Marani ee 1825. Aeschna unguiculata - Van der Linden . 17, p. 31 1826. » forcipata e RISO TE N AR E 1838. » 0 = -Martenssos 0 #o0e 2e pato 1840. Gomphus unguiculatus - Selys . . +... 22, p. 80° 1840. » » =: Ghilane 25 Pat 1840. Aeschna hamata - Charpentier. -. . 23, p. 120 1847. » Ffercipata - Venezia e Lag. . 32, p. 173 1850. Gomphus forcipatus - Selys . . . .. 34, p. 98 1851. > » RNA Sasa e 1858. > unguiculatus ‘= Minà. . .-. . 0 89, p. 112 ein Ad => delie. ee" + ve IM La aa x Vitta ne, TRA IT O aa RETTE Lo LOL Sie Ms ci agi . Gomphus forcipatus .-- Erra. . . . . 41 pp. 104 . Onychogomphus forcip.- Selys . . . .. 40, p. 742 . Gomphus hamatus See e 15; OOO O OT CEN, PONGONO (IURIS C » forcipathws “- IDisconzi .-:.. . ‘51, p.. 109 » » = Ausserer... ...4. 54, p. 143 > » RAM DB . Onychogomphus forcip. - Pirotta. . . . . 68, p. 10 » a Sostene ciao (a por 404 . Gomphus forcipatis —- Bentivoglio. . . 80, p. 21 » unguiculatus - Tacconi... . . . 92, p. 13 » forcipatus. - Massolongo .-. . 97, p. 354 > » iarbii tu 10857 p. 4 » unguiculatus - Lazzarini . . . 110, p. 166 . Cordulegaster forcip. - » dita 10, pr 166 . Gomphus > esere 11250 pr 280 . Onychogomphus > = Garbagna SII pi 28 » » - ‘Bentivoglio... .. 116, p. 51 » » - » CAR 120, P.- 5 » » - » TR at 123, p. 81 » » - » Ae] PL 50. Onychogomphus Genei, Selys. . Gomphus Genei =iSelye ot a 26; 246. » » ne » . 5 . . . 34, 101 » » - » CSR NE LEE 35, XLV . Onychogomphus Genei =»... 40, 142 . Gomphus > nu Mib ae . Onychogomphus » - Brauer . . . . 63, Fia deere (e (di » Sis nO Rae LO 464 . Gomphus ARES Co DELLI RN MANN 0° 281 . Onychogomphus » - Bentivoglio. . . 121, 4 » » = » Ò . 125, 34 Gen. Ophiogomphus, Selys. GIA Ophiogomphus serpentinus, Charp. . Gomphus serpentinus - Selys . . . . . 34, Di 93 » » = » 31 SS ARTI 35; p. LXV » » = Distonzi pts Bi pord08 'APELSEST it STE Ma E AA 1869. Gomphus serpentinus - Ausserer . . +. 54, p. 1876. Ophiogomphus » —— Brauer PRE BR 1879. » » = JBlirotta usa ae CO pi 1894. Gomphus >? - Bentivoglio. . . 106, p 1895. Ophiogomphus » - » 09 1897. Gomphus nie REA 1907. Ophiogomphus » - Bentivoglio. . . 125, p. «Gen. Gomphus, Leach. 52. Gomphus vulgatissimus, L. 1763. Libellula vulgatissima - Vandelli. . . . 2; p. 1790. » » FIRMO si a 1779-95. >» » Giornate ao Bi ANpoi 1825. Aeschna forcipata - Van. der Linden . 17, p. 1826. Libellula vulgatissima - Risso . . . ... 19, p. 1326. . >» > e oanfossi. serio 0 RON; 13858. » ‘ = Martens si e dpi 1850. Gomphus vulgatissimus - Selys..... 34, p. 1851. » » - » De Lar etor MLit, 35, P. 1860. » » SA] DI III VARI PR I E E 1 [SUI] 1865. » \» DISCO A Depe 1869. » ‘9 -Audselent o Dai 1373. > A) = ‘Spagmnolini '..* 3.56, p: 1875. » » = Pacchetti Wan BT epa 1874. » » —ASpasmolmi. 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Brauer - Birotta - Bentivoglio . - Van der Linden . - Charpentier . - Van der Linden . - Carpentier . Selys . "e. » ni » Ln » - Brauer - Pirotta ‘= Garbinl - Griffini - Bentivoglio . - Costa. - » - Bentivoglio . Ea; 91, TL 125, 54. Gomphus simillimus, Selys. 22 63, Db 125, 55. Gomphus fiavipes, Charp. 16, 18, 17, 23, 22; 22. 34, 35, 63, Tp, t 111, 112, 20: 56. Gomphus excelsus, Costa. 82, 83, 125, SIA SERENE iS; Mm 'Pie dots Bisso rd ro 109 466 299 466 333 Gen. Lindenia, Selys. 57. Lindenia tetraphilla, Vander. . 1840. Lindenia tetraphylla - Selys . . ... 22, p. 1842. » » = Ramburo e 28 . 1843. » » DM ZI pi 1850. » » in] RE fune 34, p- 1851. « » ni RISE LE de api 1857. » » - Selys-Hagen. . . 38, p. 1876. » » = BIAMO i pi 1877. » > misbivottat 0 Rai 1905. » » - Bentivoglio . . . 120, p. 1907. » » 28 »° ESSI TA 125, P. DS Gen. Cordulegaster, Leach. 58. Cordulegaster annulatus, Latr. 1340. 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RISI. > » mi 3 1854. » » OR bo 1860. » » - » Io: 1860. > 5. - Erra BS ca 862. » ludoviciana - Costa . . . , e 1864. » splendens - Selys . SG wo: 1865. » » - Disconzi . AGG 1869. » » - Ausserer . E‘ 1871. » 3 - Minà . 1373. > 5) - Spagnolini 3 IO 1874. » » - » A i i i 1874. »: » - » B: 1878. 5 » - Pirotta bo: 1879. » » - > fit 14879. > > - a Selys. 22, 29, 34, 40, 42, 47, 54, 55, 71, 111, 125, Trib. Agriominae, Selys. 60. Calopteryx splendens, Harris. 17, 22, 25, 34, 35, 36, 40, 41, to;talliguoiy ‘D igtotpi rata I vie IS oe el'igiie gru “pro sta uo i 108 107 743 337 221 114 1 468 27 36 e VORO a Mt E RAEE Si SLA 1881. C'alopterix splendes - Bonizzi 1888. » » - Spada . 1891. » ludoviciana - Tacconi . . . 1891. > splendens —»— Massolongo . 1892-93. » » = Spada . 1893. > »o ‘-- Garbini 1894. » PRO - Bentivoglio . 1894. » » - » $ 1895. » » > » 1395. » » - Garbini 1895. » » CA. 1896, » ludoviciana - Lazzarini 1897. » splendes - Garbini 1899. » > - Bentivoglio . 1905. » di de » ; 1905. » » csi » 1905. » d Di » 1906. » » - » 1907. » » - » 61. Calopteryx virgo, L. 1763. Libellula virgo - Vandelli . 1766. » » . = Allioni 1774. » » - Ginanni . 1780. » » - Turra 1786. » » - Petagna . 1790. Agrion » - Rossi . 1779-93. Libellula » - Giorna 1818. » » - Scinà . De IO 1823.. Agrion » - Van der Linden . 1823. Libellula » - Maironi NES 1825. Agrion » - Van der Linden 1825. » » - Charpentier . -. 1826. Libellula » - Lanfossi . 1326. Agrion » - Risso . 1838. ed » - Martens 1340. Caloptery® >» - Selys . 1846. Libellula > - Chindieni 1347.. » > - Venezia e Lag. 1850. 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Agrion cyathigerum = >» hastulatum - » cyati gerum - » » - »d »d - »d » _ » » i » » - » » - > » -_ » » - » » n » » - » < - » » - »d » - » » - Charpentier . Rambur . Selys Meyer-Diir . Ausserer Spagnolini . Brauer . - Pirotta » Spada . Bentivoglio . Spada Garbini . Griffini Bentivoglio . ) 23, 28, 34, 35, 41, 54; 59, 61, 63, 70, ii 98, 100, 101, 111, 112; 116, oleodotto. Sito gig, to toto roi E o RI AA i ee) 163 278 205 LXVI 221 127 37 ll 300 13 485 13 123. 45 37 291 59 Dai a Rataci sti RA E epiLào si o, VEE } a de 709 si di; Sori Peg e Ci eee + È 1905. Agrion cyatigerum. >) NI » 83. Agrion . Agrion hastulatum 1906. » 1907. » 1825 1850. » 1860. » 1869. » 1873. » 1979. » 1888. » 1895. » 1897. » 1897. » 1898.» 1905. » 1906. » 1907. » 84. Agrion 1840. Agrion lunulatum » » DI d FIGI» Si 124, - » RIO 1207 hastulatum, Charp. =; Carpentieri. 001%; a Belyg ii = Rai RL, = ‘Nusspren 0004 Se 54 = Lace hei ini. RO, Rrobtartyr ce args MELA e 2, Rara e AS - Garbin Stra Sla = GEIE UE 2 PECONI OTO - Bentivoglio. . . 121, - » perte r245 ES di, lunulatum, Charp. — (Charpenticni snpi 05023: im sBelpas sat dla - Ausserer. . . . 54, - Pirotta. ...... > E, - Bentivoglio . . . 125, 85. Agrion scitulum, Ramb. . Agrion scitulum 198500; > 1869: > (879.05 daoge ii > 1842 1850. 3 SSL 1860... » aio 1876. » 1876... 0: » La94Hs MOTTA - Ramburi. i. è ‘28, "= Belysi o a ah Da Pai ARSO7 CS OO RIGA DN cal SS VERA i “Brallo n 0 Selo Piena sa Bentivoglio . . . 125, ir "I ® To, M SRI . 2 i, RR Psp BE PPP PIO brAy 4 86. Agrion coerulescens, Fons. i 1842. Agrion aquisexrtanum - Rambur . . . . 28, p. 267 3 alll'icoerulescent’’ = ‘Selys-. ... . . . 34, -p.. 218 » » - CAETANI pro LITRO 35, p. LXVI » ur i li n ai » SMI Be Pe » » ratori a 708: pe » » = Relyssson e 76040 pier 103 » » - Pirotta FEET NO 71, p. 488 » » OTRANTO 88, P. 5 » > = Bemtivoglio i. 121,0 p: p. 43 dò , i » END - » ‘ Ù . 125, 87. Agrion mercuriale, Hey. . Agrion mercuriale — Charpentier. . . 23, p. 159 di » hagazzi or o 04, pi ,23 A LI » = Eteobtal > LIO RE pi 488 Ko 4899. DI - Bentivoglio . . . 116, p. 59 1905. 5 » PSR » een 1205 Pp. 9 Di 1907. » » _ » Pt 745) p. 43 88. Agrion Lindenii, Selys. | 1840. Agrion Lindenii | - Selys. . . . .- 26, i p. 167 — 1850. » > ra AR I eriObo Pe dI 1851. » “dn SA LIS e Se BV 1860. » DIS - » nia DIES 40, i p. T44 1860. » » eran e poi 1088 1871. » » Fina ic ee i AT 1874. > » capasnolnnso 0,0%, 100; poi CAL ‘ani Ko gx » > =SBIAUEn: 4 08, pe 000 1876. » SEE FoSelysito to rapa 1878.» » SSR Son 68 Do ptt a 1879. » » - ie) FEESEET A 70, P. 13 aC 056: RES » So (la esa Rete PeGdS 1883. » » PREME ge n + (I MIRI TIRO E; 1894. » » - "Bentivoglio... ©. 7106, pi. /103 » » - » IRSISCOTORAA TN N 5, - Lazzarini .. . . 110 - Bentivoglio . . . 125 1896. Agrion Tacconii 1907. » » 60 bis Calopteryx nicaensis, Risso (1). 1826. Calopterye nicaensis ‘— -Risso.... 0 +0. 19, 1907. » » - a MCR EE: parlerò in din a di prossima i, (1) Questa dae va collocata a pag. 104 dopo il N. 60. . . - lele CO) . . per Distribuzione geografica dei Libellulidi in ‘sinonimia dei Libellulidi ita- Par Intorno si a (unt del Caldesi . D. —_ Note d a MAoganene . . ©. . O 3 . Ù x j ou È CI A ” V & n ì 7 SITO i Sonnet di Vi dA NUME ; (IUINT N i ) hi A i | LI 000 ù NI) 1 I? ì tI i ' PA ’ LA v dui di dI CA, DARGIIT O VAS Dai, x: use 9 N per nane LILY. a so Rig pai 2448 capa TITLIMTYYOZZA aan Aaa. LI LLT'PORE A Aaa a Ri & “ahi pas O agpina e DAL > abile r ezh UN9RIA A Hasta abs 2, pagurb9 È jGas - s4# pra sQ) BISI Lim NQ ph 1 ATTERUHRAPR SITR ld sand 24960 NULLA (I AAD= nate Snia za’, A Pa add PIPELIAAAIN PART w MALL A NÙ | ue Ra did e”, ud DI TIÙ . smimata, y 4 spa. À "ama A, ai LIE ALE Sal Mena sa } 0 st Than 'UÙ se TL sta. ast; STANTE ; TTT eh I n PARAM TISL E gt andra RI ge A - Maia ad PIRATE IZZAA Ran a a a, eh i qu BARA \ f absai Vida van patate it Vidalel BMLEYN da ia) n pal MA Gates.) AAA caga gg Al IAZANVINTRA TI NALI LUNI ; MESSI, i alata ITALICI Lan mm ai ag SATA dasgl da [PAL NARA alal 2042 fifa MNT RA A Se ni "Si ALT "FARA RAALA A | plm aa AnaDi La IV ida SMAAANA, 0% la TITO RARI 1905 BRPANNYTTTÀ V ETA LARA NATA N mal ip. e aaa... “ga i dr ne MI ; 58 ca, Ben: ASCA - do np aa Vac ta l ERE. TIM dea danni ® - = pv Fia VAARARARA = sf SÉ pv gr AVAZZA AAA reo Ma vr VALI: Pi midi, ALLAN -aRPaara Ala MAX, 6 MRI, sa | ARMA gp cen | | À } i W PI RENT ei ala. TENNE | a ENI Di Arta li si VITI NINA Eau Ni LT Or di “A RNNNNE UNA RANA RARA È LA #° z LITÀ ARR d' DA LAT I colaleli i te . 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